Yesterday Upon The Stair

di PitViperOfDoom
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Note traduttrice: Ciao a tutti, per chi ancora non mi conosce sono Nereisi. Sono un'autrice attiva su EFP anche come traduttrice. Questa fic è una delle più belle che abbia mai letto in vita mia. E parlo in generale. Nel fandom di BNHA, questo capolavoro è una vera e propria perla, tantè che ha una pagina su TV Tropes e decine di fanartist e fanwriter l'hanno omaggiata con fanart e fanfiction a essa ispirate. Cercherò di linkarli tutti, capitolo dopo capitolo.
La storia in inglese ha attualmente 50 capitoli e non è ancora finita, quindi direi che ne avremo per un bel po'! Pit ha pubblicato altri lavori, non solo nel fandom di BNHA - tutti delle perle a mio parere che prima o poi conto di tradurre.
Se volete seguire i miei aggiornamenti potete trovarmi sul mio tumbrl, il nick è nerewrites!
E ora, finalmente... Buona lettura!


 
Capitolo 1
 



“Mi scusi? Uhm, mi scusi?”

Ci volle un po’ affinché la donna lo notasse, e ci volle ancora di più per farle alzare lo sguardo. Sedeva con le gambe incrociate su una panchina del parco, incurvata su se stessa mentre si dondolava e piangeva e stava lì seduta a tremare e singhiozzare da quando Izuku era arrivato, dieci minuti prima. Poteva sentire una dolorosa pressione alla gola e gli occhi che gli bruciavano solamente a guardarla. Cercò di scacciare la sensazione. È difficile non piangere quando altre persone stanno piangendo, e quella donna aveva pianto a dirotto per tutto il tempo in cui Izuku aveva aspettato che tutti i presenti a portata d’orecchio se ne fossero andati.

Desiderò di essere sorpreso della situazione, ma nemmeno tre giorni prima un super villain era stato nella zona. Degli Hero di un’agenzia locale lo avevano fermato, ma non prima di aver abbattuto alcuni edifici. Le macerie non erano ancora state portate via.
Finalmente la donna alzò lentamente la testa.

“Stavi parlando con me?” Chiese sottovoce.
Izuku si fece scappare un sorriso. “Sì.” Disse. Non c’era nulla di cui vergognarsi, non ora che non c’era nessuno abbastanza vicino da sentire. “S-scusi se l’ho disturbata. Se vuole che me ne vada-“
Una mano si chiuse attorno al suo polso e Izuku riuscì a rimanere fermo e calmo invece di sussultare. Non poteva farne a meno, lo sapeva che non poteva farne a meno, ma ogni tanto si spaventava ancora. “No,” Disse lei. “No, per favore, non te ne andare.”

Izuku si sedette composto di fianco a lei. “Va tutto bene.” Rispose. “Come si chiama? Io sono Midoriya.”
Dopo un momento, lei sussurrò: “Y-Yamamoto.”
“Piacere di conoscerla signora Yamamoto.” Gli stava ancora tenendo il polso. “Ha bisogno di aiuto per qualcosa?”
Sì.” Esalò lei, e ci fu un singhiozzo non dato solo dalla paura e dal dolore- c’era anche sollievo.
“Per cosa?” Chiese Izuku, gentile come sempre. “In che cosa posso aiutarla?”
“Io…” Con la mano libera cercò invano di asciugare le lacrime che scorrevano sul suo viso. “Io… Ci sto provando. Non riesco a ricordare. Perché non riesco a ricordare?”

“Va tutto bene signora Yamamoto.” Ripeté lui. “Va tutto bene. Niente le farà del male. Solo… Cerchi di respirare.” È una cosa assurda da dirle, ma non riusciva a pensare a nient’altro e, in ogni caso, ripetere l’atto di inspirare e espirare sembrò calmarla lo stesso.
“Io, uhm…” La signora Yamamoto tirò su col naso. “Era… Era qualcosa di importante.”
“Ha bisogno di dire qualcosa a qualcuno?” Chiese Izuku.
“I-in realtà no, non… Non c’è nessuno a cui dire… Non ho nessuno…”
“Okay. Ha bisogno di trovare qualcosa?”
“Sì! Sì, io… Uhm…” Si interruppe; la fredda stretta sul suo polso si allentò. “O forse…”
“Ha perso qualcosa?” Incalzò Izuku. “Ha… Lasciato qualcosa da qualche parte?”
“Sì!” La sua voce raschiò fastidiosamente nelle sue orecchie, causandogli brividi per la spina dorsale, ma lei stava sorridendo tra le lacrime. “Sì, sì! Ecco cos’era! Ho lasciato… Ho lasciato…”
“A casa? A lavoro? Dove l’ha lasciato?”
“A casa.” Disse Yamamoto. “Casa. Portami a casa.”
Izuku annuì e le sorrise, sperando fosse rassicurante. “Mi dica dove.”

La donna lo portò in un complesso residenziale distante solamente qualche via. Gli spiegò di vivere al quinto piano e di prendere tutti i giorni l’ascensore per scendere e salire. Izuku lo evitò e prese invece le scale.
Non c’era nessuna convenientissima chiave sotto lo zerbino, il che fu un piccolo inconveniente per Izuku. Bussò, giusto per essere sicuro, ma quando nessuno rispose lanciò un’occhiata da sopra la spalla per controllare che non ci fossero telecamere di sicurezza. Quando non ne vide nessuna, scassinò la serratura ed entrò.

Aveva appena chiuso la porta dietro di sé quando ci fu un tintinnio flebile e ritmico, accompagnato da un trillo acuto. La signora Yamamoto si lasciò scappare uno singhiozzo quando un piccolo gatto con un occhio solo trotterellò verso l’ingresso dell’appartamento, miagolando a pieni polmoni e sovrastando il suono del campanello appeso al collare. Sotto lo sguardo di Izuku, il gatto si fece strada verso le caviglie della signora Yamamoto facendo le fusa rumorosamente. La punta delle dita della donna sfiorarono il pelo del gatto, toccandolo appena.
Izuku si spostò e esplorò l’appartamento vuoto. Non era particolarmente disordinato ma sembrava ingombro e vissuto e poteva intuire che la signora Yamamoto non avesse avuto altri coinquilini al di fuori del suo gatto. C’era un calendario sul bancone della cucina che mostrava la pagina di tre giorni prima. Ai piedi della dispensa c’era un tappetino con sopra le ciotole di cibo e acqua per il gatto. Entrambe erano vuote e Izuku si corrucciò. Le riempì, dopo aver cercato e spostato varie scatole e contenitori per trovare il cibo per gatti, e attimi dopo il gatto trotterellò verso di lui e si lanciò sulle ciotole. Izuku controllò la medaglietta sul collare; si chiamava Mika.
“L’ho lasciata.”

Izuku si girò verso il suono della voce della signora Yamamoto. La donna stava all’entrata della cucina, le mani che si torcevano lungo i suoi fianchi. “L’ho lasciata.” Ripeté. “Tre giorni fa, quando quell’uomo… Il palazzo è crollato… Non sono stata abbastanza veloce. Lei avrebbe potuto…” La donna sfarfallò come un vecchio video. Per un frangente del sangue le colò per la faccia, i suoi vestiti puliti erano stracciati e insozzati di macchie scure e umide; ma quando Izuku sbatté le palpebre era di nuovo normale. “L’ho lasciata.”
I suoi occhi bruciarono, e quando sbatté le palpebre vide tutto sfocato. “Non è colpa sua.” Sussurrò.

“Avrebbe potuto morire di fame.” I suoi occhi – o le orbite opache dove avrebbero dovuto esserci i suoi occhi, tre giorni prima – si girarono verso di lui. “Avrebbe potuto morire, ma tu mi hai aiutato.”
Izuku si costrinse un sorriso tremolante. “Ha bisogno di qualcos’altro?”
“Assicurati- assicurati che stia bene.” Izuku sbatté di nuovo le palpebre e la signora Yamamoto era di fianco a lui, chinata per accarezzare la sua gatta. “Puoi farlo?”
“Certo.”

La signora Yamamoto sorrise e smise di piangere. Izuku sbatté le palpebre un’ultima volta, riaprendo gli occhi su una cucina vuota e una gatta che faceva le fusa ai suoi piedi.
 
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“Non capisco.” Disse sua madre, probabilmente per la quinta volta. Izuku sedeva in silenzio sulle sue gambe, la fronte aggrottata in un’espressione pensierosa. Si sentiva lo stomaco aggrovigliato e pesante e non era abbastanza grande per capire come si chiamava quella sensazione. “I raggi X-“
“I raggi X suggeriscono una… falla nella diagnosi, effettivamente.” Il dottore sospirò. “È vero, ad Izuku manca la falange in più che solitamente hanno i senza quirk. Statisticamente parlando, la sua mancanza di un quirk è altamente inusuale, ma-“
“L’altro dottore aveva detto che era praticamente impossibile.” Lo interruppe sua madre.
“Ma è ora di affrontare i fatti.” Continuò pazientemente il dottore. “Anche se avesse un quirk, non possiamo registrarlo se non sappiamo cosa sia.”
“Cosa intende con ‘anche se’?! Potrebbe solo metterci un po’ più tempo!”

“Con tutto il rispetto, signora Midoriya.” Gli occhi del dottore erano pieni di compassione. “Il suo sesto compleanno è arrivato e passato. Ha superato di gran lunga la finestra di tempo in cui solitamente si manifestano i quirk.” Sua madre sospirò pesantemente; il dottore si chinò in avanti. “C’è un’altra possibilità. È raro, ma alcune persone nascono con quelli che noi chiamiamo ‘quirk invisibili’.”

“Quirk invisibili?” Ripeté il ragazzo del pronto soccorso. Era un po’ più grande di Izuku, stava seduto all’angolo sulla sedia di plastica dove sua madre aveva lasciato la borsa, sgocciolando acqua per terra. Izuku lo aveva visto per la prima volta quando si stava facendo misurare l’altezza e si era presentato come Takada. “Sembrano fighi.”
Izuku si illuminò, speranzoso.

“Per alcune persone, i loro quirk solo talmente incomprensibili che semplicemente non sono distinguibili.” Spiegò il dottore. “Oppure i loro quirk possono essere attivati solo durante una serie estremamente specifica di circostanze. Queste persone possono passare tutta la loro vita senza accorgersi dei propri quirk, semplicemente perché quelle circostanze specifiche non si verificano mai, e non hanno un uso pratico.” Il dottore di strinse nelle spalle, come per scusarsi. “Questa è la spiegazione migliore che le posso offrire.”

Il sorriso di Izuku si sgretolò. Dall’altra parte della stanza Takada fece una pernacchia con la bocca. “Che sfiga.” Commentò. “È brutto quasi come non avere un quirk.”
Mamma stette in silenzio per un po’, le labbra premute in una linea sottile. “E se v-vedesse delle cose?” Chiese, infine. “Ci sono state delle volte… Voglio dire, parla di persone che non ci sono, a volte parla da solo o fissa il muro per ore- Quando aveva tre anni ha detto qualcosa riguardo a suo padre che lo rimboccava, e… e H-Hisashi è morto appena dopo la sua nascita-“

“Signora Midoriya,” Disse il dottore pazientemente. “So che è preoccupata. E so che vuole il meglio per suo figlio e i suoi sogni, ma… è pericoloso nutrire false speranze. I bambini hanno una grande immaginazione e se li incoraggia a vedere qualcosa dove non c’è nulla, potrebbe essere dannoso a lungo termine. Se dovesse effettivamente avere un quirk invisibile, si potrebbe mostrare come no.” Si alzò in piedi, sorridendo. “Nel frattempo, essere tecnicamente quirkless non gli impedirà in nessun modo di vivere una vita normale e felice. È in perfetta salute, e anche beneducato.” Il dottore scompigliò i capelli di Izuku, ma Izuku lo notò appena. Era troppo impegnato a guardare Takada mentre girava gli occhi, si alzava dalla sedia e marciava fuori dalla stanza, colpendo svogliatamente cadere il barattolo di spatole di legno mentre passava.
Il barattolo barcollò per poi rovesciarsi.

Il dottore lanciò un’occhiata sorpresa da sopra la spalla. “Che strano.” Mormorò, raddrizzandolo di nuovo. “Ci dev’essere uno spiffero.”
Izuku fissò il barattolo e non spiccicò parola per il resto della visita medica, anche quando sua madre lottò contro le lacrime, lo baciò su una guancia e lo prese per mano. La sentì appena, percepì a fatica la stretta gentile delle sue dita mentre lo guidava verso l’uscita. Era troppo impegnato a pensare, a passare al setaccio quello che sapeva, quello che pensava e quello che ricordava, pezzo dopo pezzo finché, finalmente, non gli fu tutto chiaro.

Nessun altro poteva vedere i suoi amici, quello lo sapeva già. Ma quella era la prima volta che uno dei suoi amici aveva mai fatto qualcosa che qualcun altro aveva visto.
Aveva visto Papà, quando aveva tre anni, era sicuro di averlo visto, sapeva che di non averlo sognato perché Mamma si ricordava di quando glielo aveva raccontato. Ma Papà era morto.
Takada sgocciolava acqua da tutte le parti, ma il pavimento era asciutto. Izuku però lo aveva visto far cadere il barattolo; e il dottore aveva visto il barattolo cadere ma non aveva visto Takada.
Izuku alzò lo sguardo mentre passavano per il corridoio dell’ufficio medico. L’ospedale era vicino, e Izuku si guardò intorno e vide-

Tra i dottori e le infermiere e i pazienti, c’erano delle persone che camminavano in camicie ospedaliere, pallidi e senza meta. Persi. Una di loro si avvicinò a sua madre, chiamando a gran voce suo marito, e sua madre non girò nemmeno la testa. Izuku allungò la mano e le sue dita sfiorarono della pelle fredda. La donna girò la faccia rigata di lacrime verso di lui, lo guardò negli occhi e vomitò sangue.

Izuku nascose il viso nel fianco di sua madre e pianse. Lei non vedeva quello che lui vedeva. Non aveva modo di sapere che stava piangendo di paura. Lei pensava che fosse perché non aveva un quirk, o perché aveva un quirk talmente inutile che tanto valeva non averlo.

Avrebbe dovuto essere felice. Perché, dopotutto, un quirk ce l’aveva, e non uno inutile. E quando avrà pianto tutte le sue paure, quando saranno al sicuro a casa, allora dirà a sua mamma che non c’è niente per cui lei avrebbe dovuto essere dispiaciuta.
 
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Lasciò a Mika il suo collare quando la portò al rifugio a cui di solito andava per queste cose. Avrebbero chiamato il numero sulla medaglietta, fatto le loro ricerche e scoperto che il proprietario del gatto era deceduto. Era una gatta carina anche senza un occhio. Era amichevole e affettuosa, bianca con macchie grigie e arancioni e delle fusa disarmanti. Aveva delle ottime probabilità di venire adottata e non avrebbe mai più dovuto soffrire la fame.

(Diede il suo numero di cellulare alla donna dietro il bancone, perché non si poteva mai sapere.)

Tutta la faccenda lo fece arrivare a casa in ritardo, ma non troppo tardi da perdersi la cena. Sua madre era ancora impegnata in cucina, quindi Izuku si parcheggiò davanti alla TV e la accese. Il volume era alto tanto quanto bastava per non dare fastidio ai vicini. Lo tenevano sempre alto: soffocava lo strano sussurrare dei tubi, la bizzarra porta che sbatteva da sola e la miriade di rumori che avrebbero potuto essere classificati come “rumori di assestamento” se non fossero stati così frequenti. Izuku cambiò fiaccamente un canale dopo l’altro, fino a fermarsi su quello che cercava.

Una pacchiana musichetta simil-eterea segnalò la fine di una pausa pubblicitaria, accompagnata da un applauso generale da parte del pubblico mentre il presentatore entrava nello studio. I suoi vestiti erano kitsch sotto ogni punto di vista: un gilè ricoperto di lustrini sopra una camicia bianca inamidata e pantaloni blu acceso. A coronare il tutto, un cravattino texano – un cravattino texano, per l’amor del cielo – con una spilla decorativa a forma di mezzaluna. L’annunciatore presentò l’appariscente conduttore con un monologo che fece vergognare Izuku per lui, desiderando di cancellarlo immediatamente dalla sua memoria.

C’erano molti effetti sonori, gesticolazioni frenetiche e annunciazioni pompose con una voce amplificata che allungava ogni vocale. Alcuni spettatori si avvicinarono al centro del palco per avere il quarto d’ora di notorietà in televisione e il presentatore vestito in modo fin troppo appariscente procedette a esorcizzare un demone da uno, entrò in contatto con il defunto marito di un’altra e curò qualcuno dai suoi ricorrenti incubi. Ad un certo punto crollò in ginocchio, indebolito dalla ‘fatica’ che comportava usare il suo ‘quirk’. Una signora dal pubblico scoppiò in lacrime quando il conduttore si imbarcò in una conversazione a senso unico con la sua sorella gemella morta da piccola.
Il palco era vuoto, eccezion fatta per il conduttore e la donna che piangeva. Non stava parlando con nessuno. Aveva parlato al nulla sin da quando Izuku aveva iniziato a guardare.

“Non riesco a capire come tu possa guardare cose del genere.” Sua madre entrò e si mise proprio dietro Izuku. Si appoggiò sullo schienale del divano e sospirò, scuotendo la testa con disapprovazione. “Mi chiedo chi abbia approvato questo programma.”
“Perché pensi che la gente faccia queste cose?” Chiese Izuku. Non si aspettava per davvero una risposta, né ne stava cercando una. “Solo… Perché inventarsi cose di questo tipo e spacciarle per vere?”

Sua madre sospirò di nuovo. “Penso che forse sia perché… anche in un mondo come il nostro, ci sono ancora cose impossibili. O meglio, cose che tutti credono impossibili.” Gli schioccò un bacio sulla testa. “Anche se si sbagliano. E fin quando ci saranno cose impossibili, ci saranno persone che vorranno renderle reali.” Sbuffò, un po’ divertita. “E finché la gente vorrà qualcosa, ci saranno altri che useranno quel desiderio per fare soldi facili.”
“Ma non è impossibile.” Disse sommessamente Izuku. Sentiva la gola stringersi. “Nel mondo in cui viviamo, non possiamo nemmeno sapere cosa sia l’impossibile.” Gesticolò vagamente verso lo schermo. “È solo per colpa di roba come questa che la gente pensa che sia tutta una presa in giro.”

Stava ancora fissando lo schermo, guardando la colorata messinscena, ma poteva sentire gli occhi di sua madre su di lui. Sapeva che si preoccupava per lui.
“Lo so, Izuku.” Disse dopo un po’. “E certo che non è impossibile. Tu ne sei la prova, non è vero? E un giorno… un giorno la gente lo saprà. Non so molto riguardo ai fantasmi, ma se qualcuno può trovare un modo, quello sei tu.” Un altro bacio, e Izuku riuscì a sorridere. “Ringrazia la tua stella fortunata che hai ereditato il cervello di tua madre. Non ti preoccupare di truffatori come quello. Il tuo quirk è tuo e di nessun altro.”

“Sarebbe bello se fosse utile per lavorare come hero.” Mormorò Izuku. “E anche se lo fosse, sono ancora quirkless sulla carta, quindi nessuna scuola mi vorrebbe-“
“Hey.” Sua madre gli sfiorò gentilmente la guancia. Lui alzò automaticamente la testa, e il suo cuore sprofondò un po’ vedendo la pietà sul suo volto. “Mi dispiace Izuku. So che non è quello che volevi. Ma sai, non devi essere per forza un pro hero per aiutare le persone. Tu aiuti persone che gli hero nemmeno sanno abbiano bisogno di aiuto.” Sorrise di nuovo. “E io credo che sia davvero incredibile, non pensi?”

Izuku cambiò canale. Quando non rispose, sua madre lasciò la stanza. La sua mano era diventata un pugno, dolorosamente stretta intorno alla matita mentre cercava di ritornare con la mente ai compiti. A dispetto dell’incoraggiamento di sua madre, il programma gli aveva lasciato una sensazione disgustosa in fondo allo stomaco. Non era giusto. Era come gridare ‘al lupo’, solo che tutti quanti avevano già urlato prima di lui, e ora che aveva davvero un lupo per le mani non sapeva cosa fare.

Sperando di risollevarsi il morale, Izuku fece zapping fino al telegiornale per vedere se riusciva a sentire dei report su qualche hero. Non c’era molto – ad un certo punto, durante il pomeriggio, Kamui Woods aveva fermato una rapina a mano armata in un negozietto; ma a parte quello era stata una giornata tranquilla. L’interesse di Izuku sfumò e finalmente concentrò la sua attenzione sui compiti per casa mentre le notizie si dilungavano in sottofondo.

Aveva quasi finito i compiti di matematica quando la voce dell’inviata sibilò fino a esaurirsi. All’inizio non lo notò, ma poi l’interferenza esplose e la penna gli scappò di mano, segnando una linea scura sulla carta. Brontolando tra sé e sé, scoccò un’occhiataccia alla televisione. Lo schermo tornò normale, poi statico. Il bianco singhiozzò, diradandosi, e per un secondo fu come se l’immagine stesse tornando normale. O meglio… un’immagine. Non sembrava il telegiornale. Sembrava il video di una vecchia stanza, ma svanì troppo in fretta perché Izuku potesse esserne sicuro. Mentre guardava, lo schermo sfarfallò di nuovo, lasciando nuovamente spazio all’interferenza.
“Oh cielo.” Mormorò sua madre mentre passava di nuovo per la stanza. Prese il telecomando e cercò di cambiare canale, senza successo, prima di consegnarlo a Izuku. “È la terza volta questa settimana, sai?”

L’interferenza sussultò violentemente. Mentre Izuku guardava, una mano pallida emerse dallo schermo, artigliando l’aria. La mano raggiunse il pavimento, le unghie che graffiavano per cercare sostegno, e di seguitò uscì una testa. Capelli neri, arruffati e sfilacciati si rovesciarono fuori dallo schermo bianco, seguiti da delle spalle e un’altra mano che tastava in giro; infine la pallida apparizione artigliò il pavimento per uscire del tutto dallo schermo.

“Beh, fammi sapere se cambia qualcosa.” Sospirò sua madre. “La cena è quasi pronta.”
“Okay.” Disse Izuku. La figura simile a un cadavere si trascinò sul tappeto, la faccia nascosta dai capelli neri. Izuku terminò l’ultimo problema di matematica. Sua madre lasciò la stanza.

L’apparizione gli afferrò una caviglia.

“Sono abbastanza sicuro che faccia male alla TV.” Disse Izuku, scuotendo il piede. Poteva sentire il freddo della mano anche attraverso il calzino.

Il verso che fece in risposta non somigliava a nulla che una bambina di otto o nove anni avrebbe potuto fare, ma suonava stranamente simile all’interferenza della TV. Come per provarlo del contrario, lo schermo sfarfallò di nuovo e il telegiornale tornò visibile.
“Mamma, la TV va!” Urlò verso la cucina.
“Oh, perfetto! Ora fate i bravi voi due!”

Il cuscino del divano non si affossò quando il fantasma cinereo gli si sedette di fianco, ma i suoi lunghi capelli umidi lo intralciarono quando lei si piegò a sbirciare i suoi compiti. Izuku scivolò un po’ più in là, posizionandosi in modo da avere spazio per lavorare e lasciarle una vista migliore. “È abbastanza noioso, Rei.” Disse, quasi scusandosi. “Solo matematica.”

Altri rantoli da fantasma. Izuku non l’aveva mai sentita parlare da che la conosceva, ed era un’amica vecchia quasi quanto Bakugou. Ma andava tutto bene. Non aveva bisogno di parlare per farlo sentire meno solo.










Link alla storia originale: 
https://archiveofourown.org/works/8337607/chapters/19098982
Pagina TV Tropes: https://tvtropes.org/pmwiki/pmwiki.php/Fanfic/YesterdayUponTheStair

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Note traduttrice: Sto avendo un momento catartico. Ora che sto scrivendo queste note c’è un’atmosfera da sogno: il quartiere silenzioso e soleggiato, gli uccellini, il venticello, la candela profumata… Sono in pace con il mondo. Parlando di questo aggiornamento: questo capitolo avevo già iniziato a tradurlo, ma in questi ultimi due giorni mi sono decisa e ho fatto un super sprint per finire la traduzione. Da qui fino a settembre inoltrato non avrete più mie notizie - nemmeno sul profilo principale - a causa della sessione di esami, quindi vi volevo lasciare qualcosa di bello per non notare la mia assenza. Dal momento che la mia beta è invischiata in esami anche peggiori dei miei non me la sono sentita di chiederle di togliere tempo al suo studio, quindi perdonate eventuali errori che troverete in questo capitolo. Cercherò di farmi una auto-beta, ma sapete che non è un metodo molto affidabile. Spero che il capitolo vi piaccia, buona lettura!
Note autrice: Un paio di note prima di continuare:
Prima di tutto, mi scuso se il ritmo della fic è sconcatenato in qualche modo. Uno dei pericoli di questo tipo di AU che vorrei evitare è semplicemente ripetere gli eventi canon esattamente come sono successi. Quindi, se salto qualche evento o scena senza descriverla particolarmente, date per scontato che si è svolta più o meno come in canon.
In secondo luogo, il personaggio di Rei, anche se è tecnicamente un OC, è largamente ispirato dal personaggio Erma dell’omonimo webcomic di Bandon Santiago. Lo consiglio caldamente se pensate che delle strisce comiche slice-of-life carine che giocano su tropi horror mantenendo un’atmosfera alla Calvin & Hobbes sia il vostro tipo di lettura.
Inoltre, ho effettuato dei leggeri cambiamenti al capitolo precedente per quanto riguarda l’aspetto del gatto della signora Yamamoto. È una cosa minore, nulla che vada a intaccare la trama principale.
Ora che ho finito, godetevi il capitolo 2!


 
Capitolo 2
 



Il giorno dopo Rei lo seguì a scuola.
Non era nulla di strano. Lo aveva seguito a scuola sin da quel giorno di seconda elementare. Non sarebbe successo di nuovo, Izuku glielo aveva detto, ma lei lo seguiva lo stesso. Dopo anni di allenamento, Izuku era diventato un professionista nello stare fermo e perfettamente attento mentre lei andava a zonzo, soffiando dei fogli giù dai banchi per vedere gli studenti affaccendarsi a riprenderli, facendo sfarfallare le luci per spaventarne altri, oppure ancora affiancando il professore imitando le sue pose o i gesti. Izuku era finito nei guai molte volte per essere scoppiato a ridere, ma non più.

Quel giorno, Izuku era silenzioso in mezzo ai suoi scatenati compagni di classe. Sorrideva leggermente di facciata mentre in realtà si stava pisciando addosso dalle risate guardando Rei che improvvisava la danza Hare Hare Yukai sul banco di Hanamura tre file più indietro; quando la voce del professore gli fece ghiacciare il sangue nelle vene.
“A proposito, sbaglio o anche Midoriya voleva andare alla Yūei?”

Izuku era stato in molti cimiteri. I successivi secondi di silenzio glieli fecero ricordare tutti.

Poi, all’unisono, la classe esplose in una cacofonia di risate. Izuku fissò dritto davanti a sé, lasciando che il disprezzo dei suoi compagni lo colpisse da ogni lato. Rei si infuriò, il suo grido di rabbia che sovrastava le loro voci, ma Izuku guardò la parete opposta e continuò a fissarla finché un’esplosione in miniatura venne rilasciata dalla sua scrivania e lo fece ruzzolare per terra.

“Avessi un quirk del cazzo.” La voce fece bloccare gli arti di Izuku nella posizione in cui erano. Cercò di guardare Bakugou negli occhi, ci provò sul serio. “Ma tu manco ce l’ha un fottuto quirk! Cosa cazzo pensi di fare mettendoti sul mio stesso piano?!”
Guardarlo in faccia era troppo, quindi Izuku tornò a fissare dritto avanti a sé. “Mi sto solo iscrivendo ad una scuola.” Disse. “Non ha nulla a che fare con te.”
“Fanculo Deku, riconosco una sfida quando ne vedo una!” Un passo avanti. Izuku continuò a fissare dritto davanti a sé e aspettò. “Vuoi forse morire?”
“No.” disse Izuku. “Sto cercando di entrare in una scuola. Solo questo. Sto solo… provando. Non c’è nulla di male nel provare.”
La classe lo schernì con risate derisorie. Rei urlò e artigliò il suo aggressore senza successo. Ci volle un po’ prima che fosse nuovamente ristabilito l’ordine.

Prima che la lezione finisse, Izuku si era immerso nella sicurezza delle notizie di report online. Video, fotografie e testimonianze di atti eroici lo fecero stare meglio, e quella sensazione disgustosa e orribile pian piano morì mentre ripensava ai suoi obiettivi.
Il sibilo di allarme di Rei, però, lo riportò al presente e istintivamente iniziò a recuperare le sue cose. Mentre un’ombra familiare si proiettava sul suo banco e il sibilo della sua spettrale amica diventava un ringhio minaccioso, Izuku afferrò il suo quaderno e tentò di ficcarlo nel suo zaino. Prima riusciva a prendere le sue cose e prima sarebbe potuto scappare.

Il quaderno fu strattonato via dalle sue mani e lontano dalla sua portata. Rei balzò, le dita ad artiglio spiegate, ma attraversò la faccia il petto e le braccia di Bakugou senza lasciare danni, senza che lui battesse ciglio. Con un grido di frustrazione Rei fece volare dei fogli dai banchi vicini, ma né Bakugou né i suoi amici sembrarono notarlo.
“Non abbiamo finito, Deku.”

La frustrazione di Rei poteva essere contagiosa, perché Izuku la sentì montare dentro di sé. “È solo un’iscrizione per un liceo.” Cercò di riprendersi il quaderno, senza successo. Bakugou lo sollevò fuori dalla sua portata.
“Ecco che c’è, Deku. Cerca di ficcartelo bene in quel piccolo cervello da quirkless che ti ritrovi. Sarò il primo e unico studente da questa scuola di merda a venire accettato alla Yūei.” Un’esplosione a palmo pieno trapassò il suo quaderno e Izuku si fece scappare un verso, come se fosse stato colpito allo stomaco. “Quindi non gradisco che un inutile nessuno come te tenti di mettermi i bastoni tra le ruote.”

È troppo vicino. A Rei non piacque particolarmente la situazione e Izuku poté vedere con la coda dell’occhio in cosa si trasformò. Era difficile da descrivere e ancora più difficile da guardare a lungo senza sentire il  pranzo risalirgli l’esofago. Staccò lo sguardo da lei e lo riportò sul suo compagno di classe e il suo cervello immediatamente iniziò a raschiarsi via quell’immagine, finché tutto quello che rimase furono capelli scarmigliati e scuri e pozze nere dove dovrebbero essere gli occhi. Non poteva dare nulla per i suoni, però. Izuku si sarebbe portato quei suoni nella tomba.

Almeno, però, rimise le cose nella giusta prospettiva. La pressione sul suo petto diminuì e la facoltà della parola gli ritornò. “Se sono così inutile perché ritieni che io sia una minaccia?” Chiese.
Non lo sei!” Il banco subì ulteriori danni a causa di un altro pugno esplosivo. “Non te lo dimenticare mai! Non sei una minaccia per me! Tu sei niente e sarai niente, sempre! Prova a ricordartelo la prossima volta che provi a sparare cazzate del genere!”

Rei è così arrabbiata, così arrabbiata. Qualche volta Izuku doveva distogliere lo sguardo e ricordarsi che non poteva ferire Bakugou anche se ci avesse provato. (E ci aveva provato.)

“Questo è il tuo problema, Bakugou.” Mormorò. “Pensi sempre che tutto giri intorno a te.”
Si pentì di quelle parole il secondo successivo, quando la mano di Bakugou si chiuse sulla sua spalla.

C’erano molti modi in cui Izuku avrebbe potuto reagire. Il numero era limitato, e non includeva cose come chiamare aiuto, ribellarsi o cercare di scusarsi. Il motivo era che quello che Izuku fece per prima cosa fe farsi prendere automaticamente dal panico.
Per essere precisi, il numero era due. Un’opzione è quella di piegarsi su sé stesso come un fazzoletto bagnato e lasciare che “fuga” avesse la meglio visto che “combatti” era parecchio improbabile. L’opzione si palesò per un secondo nella mente di Izuku, ma quel poco che rimaneva della parte razionale del suo cervello la vietò prontamente. Perciò, Izuku si congelò.

Appena un momento dopo che Bakugou lo ebbe afferrato, Izuku si immobilizzò del tutto. I suoi arti si bloccarono sul posto, le sue mani poggiate sul suo grembo, paralizzate, mentre fissava assente la faccia furiosa di Bakugou.
(Una delle pannelli di luce fluorescente sul soffitto di spense, e fu tutto quello che chiunque poté vedere di cosa stava facendo in quel momento l’amica di Izuku. Lui poteva vedere il resto, ed era comunque meno spaventoso di quell’adolescente in carne e ossa che non lasciava andare la sua spalla.)

Non c’era nulla che poteva fare per fermare Bakugou dallo stringergli la spalla e urlargli addosso, quindi non fece niente. Stette semplicemente seduto a fissare il vuoto con la bocca fermamente chiusa e i pugni sul grembo e si ripeté, ancora e ancora, che stringere e urlare era tutto ciò che Bakugou avrebbe fatto. Non succederà di nuovo, si disse.

Non succederà.
La rabbia sarebbe passata. Tutto quello che Izuku doveva fare era aspettare.

Non dovette nemmeno aspettare a lungo. Bakugou finì la sua filippica e il ghiaccio nelle vene di Izuku sparì nel momento stesso in cui la mano di Bakugou lasciò la sua spalla. Rei stava ancora cercando di ferirlo. Izuku desiderò che la smettesse.

Nonostante quello, Izuku fugrato che lei fosse lì, perché quando Bakugou lanciò il suo quaderno fuori dalla finestra, si tuffò al suo inseguimento. Non c’era niente da fare per le bruciature date dal quirk di Bakugou, ma quando Izuku finalmente arrancò fino al cortile sottostante su gambe tremolanti la trovò in piedi vicino allo stagno delle carpe koi con il suo quaderno per terra vicino ai piedi scalzi, perfettamente asciutto.

Più tardi, Izuku le fu anche riconoscente.
Fu tutto invano, ma Izuku lo apprezzò lo stesso. Stavano camminando insieme sotto un cavalcava, o meglio: Izuku camminava e lei gli svolazzava di fianco con i piedi che fluttuavano distanti dal terreno. Izuku calpestò un tombino e lo oltrepassò, ignaro dell’ambiente circostante mentre combatteva con i suoi pensieri, le sue paure e le sue speranze. Non prestò attenzione finché lei non gli si parò davanti.

La sua faccia si torse in una maschera orripilante. Si librava davanti a lui, i suoi lineamenti che sgocciolavano e si scioglievano in un ringhio, i capelli che si contorcevano e si agitavano intorno a lei come serpenti. Ma non stava guardando lui, stava guardando dietro di lui.
Seguendo il suo sguardo, Izuku si girò proprio mentre la melma usciva dalla fogna. Aveva del tempo per scappare, ma non era abbastanza; la melma gli fu addosso prima ancora che riuscisse a uscire all’aperto. Lo ricoprì, appiccicosa e collosa, grondando sulla sua bocca e sul suo naso finché i suoi occhi si annebbiarono. Vide Rei sfarfallare e le sue orecchie fischiarono e vibrarono dolorosamente a causa delle sue urla, sembrò quasi che gli si spaccasse in due il cranio, ma non era abbastanza. Quella cosa non poteva vederla e lei non poteva toccarla; le sue unghie facevano anche meno danni di quelle di Izuku.

Una piccola parte del suo cervello – a malapena coerente – realizzò che il suo quirk era davvero inutile in una lotta. Aiutava persone che nessun altro poteva vedere, risolveva problemi che nessun altro sapeva esistessero; ma poi eccolo lì, a soffocare sotto un criminale con un quirk del genere, e non c’era niente che lui o i suoi amici potessero fare.
In momenti come quelli, come in seconda elementare, come tutti gli anni delle scuole medie passati a venire picchiato e spinto negli armadietti, era esattamente come un quirkless.

Il panico che gli annebbiò la mente era puramente istintivo, causato dall’istinto di sopravvivenza. Ma mentre Izuku stava lentamente soffocando, il suo ultimo pensiero mentre la sua vista si anneriva era che avrebbe presto raggiunto Rei; e quello significava che forse avrebbe potuto finalmente scoprire il vero nome della sua migliore amica.
 
 
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Non ci si annoiava mai con quel testone, vero?
“Stai diventando lento.” Gli disse, affettuosamente. “Anni fa lo avresti acchiappato per la coda come un gatto col topo prima ancora che riuscisse ad arrivare al tombino.”
Toshi non rispose. Non lo faceva mai.

In verità, Shimura Nana non sapeva giudicare molto bene la velocità negli ultimi tempi. Toshi avrebbe potuto superare un treno ad alta velocità e lei gli sarebbe stata appresso senza nemmeno sudare. Certo, non era molto onesto: non avrebbe potuto sudare nemmeno provandoci. Non si può sudare senza non si ha la pelle, o respirare senza dei polmoni, o stancarsi senza avere un corpo.
Non si può fare molto, ad essere sinceri.
Quindi lo seguiva e lo guardava, senza che i suoi acuti commenti venissero uditi.

Quel giorno, il suo leale allievo aveva inseguito un criminale fino in una fogna. Era un criminale insignificante, a malapena lo si poteva chiamare villain, ma Toshi non avrebbe mai potuto ignorare un grido d’aiuto. Sfortunatamente si era perso, e c’era poco che lei potesse fare per aiutarlo o guidarlo.
No, tutto quello che Nana poteva fare era fluttuargli di fianco, come aveva fatto per anni, guardandolo mentre correva avanti e indietro per cercare la strada giusta. Il corpo del criminale era fatto di melma viscosa, e nella fretta aveva lasciato delle tracce. Non che Nana fosse più di tanto preoccupata. Toshi trovava sempre la strada, prima o dopo.

L’urlo la fece sussultare. Era in giro da un po’, abbastanza a lungo da sapere cos’era parte del suo nuovo ‘normale’ e cosa non lo fosse. Questo non era l’urlo di un innocente in pericolo; sa che non lo era, perché se lo fosse stato Toshi lo avrebbe sentito e si sarebbe catapultato direttamente verso la fonte invece di girovagare sul posto, esaminando le tracce di quella roba viscida lasciata dal colpevole. Quello era il tipo di urlo che poteva essere imitato forse solo dal suono di unghie su una lavagna, il tipo di rumore che faceva torcere lo stomaco e che era come se ti stessero trapanando le orecchie, come se fossero più voci costrette in una sola, che scuoteva i muri e faceva tremare le finestre diventando la colonna sonora dei tuoi incubi per settimane a venire.
Non che Nana possa più dormire, ormai.

Ma a dispetto della sua inconsapevolezza, Toshi si stava dirigendo proprio verso quel suono e quello significava che stava andando incontro a qualcosa per cui poteva non essere ancora pronto. E che razza di fantasma custode sarebbe stata lei se lo avesse lasciato accadere?
In un battito di ciglia lo aveva superato, seguendo le sue orecchie e qualsiasi altro senso possa spingere un morto a muoversi. Lasciò Toshi indietro, la traccia vischiosa che diventava sempre più densa e abbondante finché non Nana non risalì un tombino e-

Oh buon Dio.

Il villain melmoso era lì e non era solo. Che il cielo li aiutasse, c’erano dei bambini lì. Uno di loro era catturato nella sua morsa, avvolto nel muco come se stesse affogando in una palude. I suoi movimenti erano privi di forza e lenti, e stavano rallentando sempre di più lenti con il passare dei secondi mentre perdeva conoscenza. E l’altra…

L’altra stava ancora urlando, la forma che cambiava e si contorceva mentre ululava talmente forte da svegliare i morti. Solo la sua altezza e la vaga impressione di un vestitino fecero capire a Nana che stava in realtà guardando una bambina e non qualche sinistro demone uscito dalle profonde nebbie di un incubo. Il resto di lei era tutto uno scuotersi e tremare di ombre, dita che si allungavano come ombre di rami su una finestra scura, ciocche impazzite di capelli neri e un viso che fece andare in fumo la memoria di Nana.

Gridava e ululava, non di paura ma di rabbia, mentre le sue dita simili a zampe di ragno graffiavano inutilmente il bozzolo melmoso. Stava attaccando il villain, non il ragazzo; con un sussulto Nana realizzò che stava cercando di liberarlo.
E poi arrivò Toshi.

La battaglia fu breve, ringraziando il cielo; sempre che potesse essere chiamata ‘battaglia’. In un paio di mosse, il villain fu intrappolato in un paio di bottiglie di soda e Toshi prese tra le braccia il ragazzo privo di sensi e lo portò fuori, alla luce del sole. La bambina era finalmente calma, le ombre ferme, e Nana si ritrovò a guardare una bimba di otto o nove anni, tutta pelle pallida e ossa magre e capelli scuri e arruffati. I suoi occhi neri si alzarono verso Nana, curiosi ma non ostili come alcuni poltergeist potevano essere. Nana le sorrise e, dopo un momento di esitazione e uno sguardo di sfuggita al ragazzo sopravvissuto, la piccola fantasma le sorrise di rimando.
Fu un sorriso che la mise a disagio, in verità, ma un sorriso sincero.

“Amico tuo?” Le chiese Nana. La bambina annuì. “Ah. È molto leale da parte tua. Non ti senti mai sola? Avrà una lunga vita da vivere, sai.”
La ragazzina si arricciò il naso con un sorriso ironico, come se trovasse le parole di Nana in qualche modo divertenti.

Fu un sollievo quando il ragazzino di svegliò, e fu parecchio esilarante quando diede di matto per aver incontrato Toshi. Nana desiderò di poter sgattaiolare dietro il suo allievo e fargli le corna, di fare qualcosa per mostrare a quel povero ragazzo che il suo allievo era il peggior sfigato esistente e che non c’era nulla per cui essere nervosi; ma in ogni caso non avrebbe potuto vederla quindi desistette.

Le dita della bambina erano come cubetti di ghiaccio quando prese la mano di Nana. La tirò finché non ebbe la sua attenzione, poi puntò al suo balbettante amico con un sorriso entusiasta.

“Cosa?” Nana lo guardò, ma più di vederlo rendersi adorabilmente ridicolo davanti al suo studente, non stava facendo nulla di particolare.
La ragazza lo indicò ancora, più urgentemente, ma non proferì parola e Nana non era esperta nel linguaggio dei bambini, tantomeno in quello dei bambini fantasma.
“Scusa, non- oh dannazione.” Toshi decollò in quel momento – letteralmente, come un razzo – con il ragazzo aggrappato alla gamba e Nana cercò di non ridere fino a morire per la seconda volta mentre gli andava dietro.
 
 
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“Posso diventare un hero come te anche se non ho un quirk?” Chiese il ragazzo. Caspita se era una domanda trabocchetto.

Nana però era distratta in quel momento, visto che c’era solo una nuvola di fumo che si parava tra Toshi e una scoperta indesiderata - e si stava velocemente dissipando. Desiderò di poter agitare le braccia per distrarre il ragazzo, sbattere le mani davanti ai suoi occhi, qualcosa per aiutare Toshi a nascondersi, ma sarebbe stato inutile. Una semplice folata di vento svelò la forma malaticcia e scarna di Toshi e il ragazzo abbandonò gli sproloqui imbarazzati per emettere un suono come di un ratto calpestato.

“Che sfiga.” Nana sospirò, anche se sapeva che Toshi non poteva sentirla. “Potresti provare a battere in ritirata prima che questo moccioso sbatta il tuo muso su ogni bacheca di Instagram.”
“C-cosa- cosa sta succedendo- tu non sei-“ Balbettò il ragazzo.

“Dai, vattene e basta!” Lo incitò Nana. Ogni tanto era come urlare a dei personaggi di un film. “Domani tornerai in piena forza e nessuno crederà a lui se dirà di aver visto All Might sgonfiarsi come un triste palloncino muscoloso!”
La faccia del ragazzino si contrasse, gli occhi che fremevano per quella che Nana riconobbe essere una risata mal trattenuta. Gli lanciò un’occhiataccia. Stava… ridendo della sfortuna del suo allievo? Prima che potesse arrabbiarsi, il ragazzo riformò il viso in un’espressione più neutrale e curiosa.
“Tu sei…” Mormorò, gli occhi sgranati per la sorpresa. “Ti… ti è successo qualcosa?”
Toshi aprì la bocca e vomitò sangue.

Nana fece una smorfia di compassione, maggiormente per Toshi ma anche un pochino per il moccioso. Dev’essere spaventoso vedere il Simbolo Della Pace tossire come se stesse per tirare le cuoia. Gli lanciò un’occhiata, cercando svogliatamente di indovinare a quale categoria sarebbe appartenuto. Era uno che gridava? Uno svenevole emofobo? Oppure uno coscienzioso dalla razionalità veloce che optava immediatamente per il telefono e doveva essere convinto a non chiamare un’ambulanza? Curiosa e disinteressata, Nana lo guardò per vedere la sua reazione.
E…

Non ce ne fu una.

No, aspetta, quello era un battito di ciglia. Almeno le palpebre le stava sbattendo. Certo, era anche vero che aveva appena fatto un volo tra i grattacieli della città, quindi forse aveva solo gli occhi secchi.

“Stai bene?” Chiede il ragazzo, e non aggiunse altro.
“Sì.” Rispose bruscamente Toshi, pulendosi la bocca con il braccio. “Senti… Ho bisogno che tu ti tenga questa cosa per te, va bene?”
E basta. Toshi cambiò argomento e il ragazzo… gli diede corda.

Va… bene…

Nana si avvicinò mentre Toshi spiegava la sua condizione e il ragazzo ascoltava. Essere morti significava essere un osservatore, ed qualche volta essere un osservatore significava inseguire qualsiasi scintilla d’interesse per rimanere sana di mente. Non c’era motivo di ignorare la sua curiosità; era già più che morta e anche se la soddisfazione non l’avrebbe fatta resuscitare, avrebbe certamente tenuto a bada la minaccia della noia.

Era abbastanza basso, quel ragazzo. Magro, anche per gli standard degli adolescenti sgraziati. Era il tipo di persona che si mimetizzava con lo sfondo senza nemmeno provarci. L’unica cosa remotamente interessante di lui era l’accennato riflesso verde dei suoi capelli e le occhiaie scure. C’era anche un pallore particolare sul suo viso che sarebbe stato inquietante se non avesse messo in risalto le sue lentiggini.

Ma non era il suo aspetto che aveva catturato e imprigionato l’attenzione di Nana: era come stava prendendo la storia di Toshi. O meglio, come non la stava prendendo.
Non lo interruppe, tranne per piccoli versi di circostanza e risposte per mostrare che stava ascoltando. La sua espressione non cambiò. Non c’era sorpresa, non c’era orrore, neppure repulsione quando Toshi gli mostrò la raccapricciante cicatrice sul suo fianco. Il ragazzo assorbì il tutto con la stessa espressione di triste, triste compassione.

“Dev’essere stato orribile.” Mormorò piano quando Toshi si fermò. “Non l’avevo mai notato.”
“E questo è un bene.” Disse Toshi, aggiustandosi di nuovo la maglietta. “Non ho raccontato al pubblico della mia condizione e non intendo farlo. Sono il Simbolo Della Pace, dopotutto. L’Hero che salva le persone con un sorriso. Non posso soccombere al male o alla paura.”
“Lo so.” Sussurrò il ragazzo, quasi troppo piano per essere sentito. “È, uhm. È il motivo per il quale voglio diventare un hero. Voglio essere quel tipo di eroe. Come te.” E, oh, Nana non voleva nient’altro che ficcarsi quel ragazzino in tasca e portarselo a casa.

Toshi sospirò pesantemente. “Ascolta. La verità è che non c’è molto altro a parte quel sorriso. La gloria e la felicità non c’entrano quando fai già abbastanza fatica a restare vivo e salvare più persone che puoi. Sorrido per distrarmi dalla paura e dalla pressione.”
“Oh… Capisco.” Il ragazzo si mostrò pensieroso, le sopracciglia aggrottate mentre assorbiva quello che Toshi gli stava dicendo. “Direi che… So cosa significa.” Scosse la testa come per liberarla dai pensieri. “Mi dispiace, non volevo. È stato davvero stupido da parte mia e- Non dirò nulla a nessuno, quindi non devi preoccuparti per quello.” Il ragazzo riuscì ad esibire un tremulo e nervoso sorriso.

“Grazie.” Disse Toshi, e diceva sul serio. “E con questo in mente, per rispondere alla tua domanda… No. Non penso che tu possa essere un hero senza un quirk.”

Il sorriso svanì come se lo avessero schiaffeggiato via dal suo viso.

“Questi sono i rischi del mestiere.” Continuò Toshi. “E questo è quello che succede con un quirk. Se non ne hai uno, uno utile al combattimento intendo, non hai molte speranze. È pericoloso e credimi: nonostante sembri fantastico, non vale la tua vita se non hai un quirk per difendere te stesso e gli altri.”

Il ragazzo e la sua espressione le stavano spezzando il cuore. “Molto crudo da parte tua.” Mormorò. “E ipocrita, Dio santo.”

Nana si ricordava di quando le venne fatta quella domanda, il giorno in cui era incappata in un ragazzetto smilzo con cuore da vendere e una sfortunata mancanza di forza a supportarlo. Perché sì, un quirkless può diventare un hero, sempre che riceva un quirk, ma era raro. Non è che Nana o Toshi potessero dare via One For All ad ogni speranzoso che lo desiderasse abbastanza.

Tutto quello non impedì all’espressione del ragazzo di volerglielo fare abbracciare. Toshi lanciò l’idea di entrare nelle forze di polizia come se fosse un premio di consolazione e Nana sussultò perché sembrava che il ragazzino stesse per mettersi a piangere.

“Guarda cosa hai fatto.” Disse, lanciando un’occhiata piatta al suo studente. “Lo vedi? Ecco- lì. Quello è il suo cuore che si spezza, è l’esatto momento in cui va in frantumi. Mostro.”

Lo seguì giù dal tetto, lasciando il ragazzo con le lacrime che gli gonfiavano gli occhi e una piccola bambina fantasma che lo accarezzava cercando di confortarlo. Beh, è andata così, pensò.

Prima che la giornata finisse, Midoriya Izuku colpì un mostro melmoso nell’occhio e singhiozzò mentre accettava l’offerta di Toshi di ricevere One For All, e Nana non era mai stata così felice di essersi sbagliata.
 
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Izuku era ancora preda di un euforico stordimento mentre si trascinava a casa. Le sue gambe erano poco più solide della gelatina e la sua mente riecheggiava con le parole di All Might.

Puoi diventare un eroe. Puoi diventare un eroe. Puoi diventare un eroe.

“Avrei dovuto lanciare il mio zaino ad un supervillain mesi fa.” Disse ad alta voce. Rei emise una risata tremolante che fece scappare un gatto randagio dentro i cespugli, sputacchiando indemoniato.
Fu solo quando poggiò un piede nell’ingresso che la nebbia di incredulità e gioia si dissipò e una spietata e severa realizzazione lo colpì come un raggio di sole dritto negli occhi.
“Oh mio Dio. Oh mio Dio io non sono quirkless.”
Rei lo guardò con occhi grandi come piattini.

“Ho appena mentito ad All Might. Gli ho raccontato delle balle.” Il cuore di Izuku sprofondò e si coprì il viso con le mani. “Ho appena guardato il Simbolo Della Pace dritto negli occhi e gli ho mentito come una faccia di bronzo- Oh mio Dio sono una persona orribile e… mamma.” La seconda realizzazione non fu meno brutale della prima. In una frazione di secondo, una lampante falla nel suo piano mezzo abbozzato si fece palesemente notare.

Aveva detto di sì. Certo che aveva detto di sì. All Might, il Simbolo Della Pace, l’Hero numero uno, il più grande professionista che Izuku avesse mai conosciuto, l’uomo la cui faccia aveva tappezzato tutti i muri della sua camera gli aveva teso una mano e gli aveva offerto di allenarlo personalmente come suo successore e passargli un quirk potentissimo. Cosa avrebbe dovuto fare, stringergli la mano e dirgli ‘no, grazie’?

“Mamma non sarà mai d’accordo.” Sussurrò.
Rei lo guardò piattamente.
“Non posso non dirglielo!” Soffiò Izuku, controllando i dintorni per assicurarsi che nessuno lo vedesse o sentisse discutere con un fantasma. “Ho già un quirk. Lei sa che tipo di quirk è. Se all’improvviso se ne manifesta un altro, lei-“
La porta d’ingresso si aprì e Izuku giurò di aver perso almeno cinque anni di vita. “Izuku!” Fu tirato in un abbraccio prima che avesse la possibilità di reagire. “Izuku, santo cielo, ho visto il telegiornale e stavo per chiamarti. Stai bene? Sei ferito?”
“Mamma, ho fatto una cavolata.” Scivolò fuori dalla bocca di Izuku prima che decidesse davvero quello che voleva fare. “Ho fatto diverse cavolate.”

Sua madre lo controllò dalla testa ai piedi mentre entravano, guardando e ricontrollando se fosse davvero sano e salvo. In pochi minuti, si era tolto scarpe e giacca e si erano seduti per cenare. Izuku fissò il suo piatto, la fronte aggrottata. Da qualche parte dentro i muri una voce incorporea sussurrò qualcosa senza senso prima che il suo proprietario si allontanasse.

“Izuku?” Non la stava guardando in faccia, ma poteva sentire quanto preoccupata fosse sua madre. “Tesoro, sai… Qualsiasi cosa sia, non posso aiutarti se non mi dici cosa c’è che non va.”
“Ho incontrato All Might oggi.” Disse Izuku.
“Oh!” Squittì sua madre per la sorpresa. “Oh santo cielo, tu- wow. È fantastico! Sono molto felice per te, tesoro, ma… Allora cosa c’è che non va?”
“Il fatto è… che non c’è nulla che non vada.” Disse Izuku, alzando finalmente lo sguardo. “Tutto va… alla grande, in verità. È solo che… tu potresti non… condividere il sentimento.”
Sua madre si corrucciò. “Io… Non capisco. Penso che sia fantastico che tu abbia incontrato il tuo idolo.”
“Vuole allenarmi.”

Il cipiglio svanì, e sua madre lo fissò con uno sguardo assolutamente esterrefatto che sarebbe stato comico in qualsiasi altra situazione. “Come scusa.”
“Vedi. Lui- Io-“ Izuku si fermò, il cuore che galoppava. Le parole gli si incastrarono in gola: era incappato in un dilemma.

Aveva due opzioni. Poteva mentire a sua madre e poi eventualmente cercare un modo per spiegarle la verità quando avrebbe improvvisamente sviluppato la super forza, o poteva dirle la verità e tradire la fiducia di All Might rivelando il segreto del suo quirk, o anche della sua ferita.
Che schifo di scelte. Altro che giornata da sogno.
“Izuku?” Lo spronò sua madre. “Uhm. Ho bisogno di un po’ di contesto, tesoro.”
“Mi ha rivelato qualcosa a proposito di sé.” Disse infine Izuku. “Qualcosa che non vuole che la gente sappia. Ma non posso farcela senza raccontarti tutto, e non posso raccontarti tutto senza dirti di quella cosa. Quindi sono… bloccato.”

“Oh.” Le spalle di sua madre si abbassarono. “Oh, tesoro. Sei in una brutta posizione.” Aggrottò le sopracciglia, ma era più un’espressione corrucciata mentre cercava una soluzione. “Questa cosa che non vuole la gente sappia… Ti potrebbe mettere in pericolo?”
“No.” Disse Izuku. “Non direi.”
“Metterebbe qualcun altro in pericolo?”
“Solo lui.” Disse Izuku, ricordando la raccapricciante cicatrice.
“Ok.” Sua madre annuì, ancora pensierosa. “Se non è nulla che potrebbe farti del male, Izuku, allora… Penso che vada bene che non la sappia. Ma solo in questo caso, hai capito?” Izuku annuì. “C’è un modo per dirmi il resto senza tradire la fiducia di nessuno?”
“Io… ci proverò.”
“E se non puoi, allora… Preferirei davvero sapere, Izuku.”

“Lo so, mamma. Okay.” Fece un respiro profondo. “All Might sta… cercando un successore. Il suo quirk… uhm.” Questo non poteva evitarlo. “Lui può passare il suo quirk, mamma. Mi ha chiesto se volevo riceverlo.”
Sua madre fece cadere le bacchette con un rumore sordo. Lo fissò, scioccata e senza parole.
“Io… non gli ho detto del mio potere.” Continuò Izuku. I suoi occhi tornarono a guardare il piatto. “Lui crede che io sia quirkless. Ma lui- Crede che io abbia quello che serve per ereditare il suo potere.” Fece una pausa, la gola che sobbalzava mentre deglutiva. “Mamma, io… gli ho detto di sì.”
Izuku!
“Lo so!” Esclamò Izuku, facendo cadere anche le sue bacchette. “Lo so, so che è stato stupido ma- È All Might, mamma! E io sono io! Cosa pensavi che gli avrei risposto?”
“Avresti dovuto parlarne con me prima.” Sua madre nascose il viso dietro le mani. Dall’altra parte del tavolo, Izuku poteva vederle tremare.

“Non eri lì, non potevo chiedere un tuo parere.” Mormorò Izuku. “Ecco perché te ne sto parlando adesso. Mamma, voglio davvero farlo.”
“Lo so, Izuku, lo so, ma-“
“Io non-“ La voce gli si bloccò in gola. “Non penso che avrò mai un’altra occasione del genere, mamma. Io…” Il senso di colpa gli gorgogliò in gola e sentì delle lacrime pungergli gli occhi, perché il suo sogno impossibile era improvvisamente a portata di mano ma lei avrebbe potuto dire no. “Quasi non te lo volevo dire, ma… Conosci già il mio quirk e non avrei potuto tenertelo nascosto se ne avessi ricevuto improvvisamente un altro, e-“
“Tu mi dici sempre tutto.” La sua voce era morbida, la viso nascosto tra le mani. Izuku non riusciva a capire cosa stava provando e la cosa lo spaventava. “Non importa cosa, tu mi dici sempre tutto, perché se non lo fai e finisci nei guai allora-“
“Lo so.”

“Izuku.” Lentamente, le sue mani scesero verso il suo grembo e Izuku trovò difficile guardarla in faccia per molto. “Questo è- questo ti cambierà la vita. E hai solo quattordici anni. Non so se è una buona idea. Hai- sai almeno cosa ha in mente?”
“Tutto quello che so,” disse Izuku, “è che All Might vuole allenarmi e che questa è l’unica opportunità che ho per diventare un hero.”
“Izuku-“
“Mamma.” La sua voce si spezzò. “Ho bisogno- Ho bisogno di dirti cosa è successo. Mamma, c’era Bakugou.” Vide la sua espressione diventare di pietra. “No, voglio dire- era in pericolo. Io sono stato attaccato per primo, e poi il tizio è andato dietro a Bakugou e…” Singhiozzò. “M-mamma, aveva paura.”
Lo sguardo ferreo nei suoi occhi si spezzò.

“Era così spaventato, mamma. Era spaventato come lo ero io quando- e nemmeno mi importava che lui- Non mi importava di tutto quello che aveva fatto, io- Lo aveva preso e-“ La figura di sua madre si sfocò quando le lacrime eruppero e Izuku cercò di parlare nonostante stesse tremando e nonostante il cupo dolore nella sua gola. “E tutto quello che riuscivo a pensare era che non volevo vederlo così. Né ora, né mai. I-io non volevo vederlo in quel modo. Quindi ho cercato di fermarlo e, mamma, non sono riuscito a fare niente. Tutto quello che ho fatto è stato solo… rallentarlo. Ho lanciato il mio zaino, e poi basta. E poi ha continuato a fargli del male e-e io non potevo fare nient’altro. E poi è arrivato All Might e- e poi era tutto finito.” Tirò su col naso, asciugandosi le lacrime sulla manica. “So che ho un quirk e so che è unico e speciale ma non posso salvare nessuno. Non posso salvare la vita di qualcuno. Tutto quello che posso fare è parlarci dopo che sono già morti.” Delle braccia lo avvolsero, calde e morbide, e Izuku pianse contro il maglione di sua madre. “Non voglio sentirmi mai più in quel modo.”

“Oh, amore mio.” La sua voce tremò e Izuku si chiese se anche lei stesse per piangere. “Mi dispiace. Mi dispiace che fossi spaventato e mi dispiace che tu abbia dovuto sentirti in quel modo.” Gli premette un bacio sulla tempia e gli massaggiò gentilmente la schiena. “Tu sei buono, mi hai capito? Sei una persona buona è il mondo è fortunato che tu esista.”

“Ce la posso fare.” Le disse Izuku a mezza voce. “So che ce la posso fare. E ,mamma, se non lo faccio, se non ci provo, me ne pentirò per tutta la vita.”

“Io…” Il suo respirò si fermò un momento. Poi lasciò andare un lungo sospiro. “Io… lo so, tesoro. Lo so. E credo…” Si tirò indietro, spostandogli un po’ di ciocche che gli erano cadute davanti agli occhi. Fece un altro respiro profondo. “Credo che se ti fermassi, allora… probabilmente me ne pentirei anche io.”
Izuku sbatté gli occhi, improvvisamente sgranati, le lacrime che si stavano seccando sulle guance. “Vuoi dire…”
“Voglio che tu stia al sicuro.” Disse lei. “Lo voglio tantissimo. Ma desidero ancora di più che tu sia felice.” Sua madre gli incorniciò gentilmente il viso con le mani. “Questo ti renderà felice?”
“Più di qualsiasi altra cosa.” Sussurrò Izuku.

“Beh.” Dopo un momento, tentò un sorrisino coraggioso che in qualche modo sembrò anche più brillante di quello di All Might. “Allora va bene. Dimmi cosa posso fare per aiutarti.”

Rei fece un grido di trionfo, facendo esplodere la lampadina della cucina e facendo volare una spatola dall’altra parte della stanza.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Note autrice: Edit del 26/12/17: A grande richiesta e per gusto personale, ho apportato una modifica estetica a Izuku in questa storia; questo capitolo è stato editato per includerla.
Note traduttrice: Sono ufficialmente ammalata. Sto scrivendo queste note con i miei ultimi rantoli di vita. Come vi ho detto, mi prendo un periodo di pausa dai lavori di Rama per concentrarmi su Pit e sulle mie fic personali (e, a tal proposito, state tranquilli, sono già al lavoro sul quinto capitolo di Barefoot).
Questo capitolo è stato veramente pesante da tradurre. Spero vi piaccia, buon inizio di scuola/universià a tutti!


Capitolo 3
 


I lavori socialmente utili autoimposti erano sorprendentemente ardui con tutte quelle urla.
Non era Izuku a urlare – beh sì, aveva urlato un pochino, come quando aveva sbattuto lo stinco contro spigolo di un forno abbandonato o aveva accidentalmente lasciato cadere un microonde sul suo povero piede. Ma ora non era distratto dal suono della sua voce.

La prima volta che accadde fu il primissimo giorno e Izuku era così esausto per essersi dovuto alzare alle prime luci dell’alba che fu sicuro di aver avuto un’allucinazione uditiva particolarmente vivida.
Ma no, non lo era, perché quel suono fece zampettare Rei giù dal trespolo che si era ricavata da una montagna di spazzatura, e la donna fantasma al fianco di All Might gli si avvicinò ancora di più, guardandosi attorno con preoccupazione. Dal momento che la donna era girata di spalle, Rei gli strattonò una mano e indicò un punto. Izuku seguì la direzione del suo dito, gli occhi assonnati, ma tutto quello che vide furono montagne di spazzatura rotolante.
Spazzatura rotolante che urlava.
Era già stanco e ammaccato per il duro sollevamento pesi a cui si era sottopoosto da quando aveva iniziato ad allenarsi, ma in quel momento c’era una specie di ronzio nei suoi nervi. Non era paura, non ancora, ma un’energia silenziosa, inafferrabile, ansiosa. Assomigliava molto all’istinto di attacco o fuga, ma non riusciva ancora a capire se desiderava più scappare o combattere; tutto quello che sapeva era che non voleva stare fermo. Voleva fare qualcosa, qualsiasi cosa affinché quelle urla finissero.
Prima di potersi fermare, gemette ad alta voce e si massaggiò disperatamente la fronte, cercando di impedire un mal di testa incombente.

Una vigorosa pacca sulla schiena quasi lo spedì col muso per terra, e il suo balbettio intermittente mascherò lo spavento che lo fece saltare in aria come un coniglio terrorizzato. “Ti stai già riposando?” Tuonò la voce di All Might, sovrastando momentaneamente le urla incorporee. “Non starai gettando la spugna così presto, vero, giovane Midoriya?”
“No!” Izuku fece il suo sorriso più luminoso e determinato e tornò a trascinare l’immondizia sul camioncino. Non ci volle molto prima che rimanesse a corto di fiato, ma insistette. Mentre lo faceva, girava la testa in più direzioni, cercando di capire da dove provenissero le urla. La sua amica lo tallonò, lanciando occhiatacce in giro per tutto il tempo.

In breve tempo Izuku comprese che la voce non stava solo urlando; stava anche piangendo. I suoi nervi si sciolsero un pochino ma il ronzio causato da quella strana energia era ancora lì. Izuku si gettò anima e corpo nel suo compito.

“Non mi piace.”
Izuku lanciò una veloce occhiata verso chi aveva parlato. L’aveva sempre vista al fianco di All Might, sin dal giorno dell’incidente con il villain melmoso. Non li aveva mai visti separati.

Non la riconosceva e quel particolare serviva solo ad aumentare la sua curiosità. Era ben piazzata e muscolosa, con capelli scuri semi raccolti. Molti fantasmi apparivano in qualunque fosse l’outfit indossato quando erano morti, ma la maggior parte di loro poteva cambiare aspetto se lo desiderava; Izuku non poteva sapere quale delle due fosse a meno di non vedere del sangue o dei danni ai vestiti. Nel caso di questo fantasma, la sua canotta e pantaloni da ginnastica suggerivano che fosse morta mentre andava in palestra. Non sembrava ci fossero segni su di lei, però, quindi, a meno che non fosse stata avvelenata, aveva cambiato il suo aspetto.
Izuku si chiese quale fosse il suo nome.

Non le aveva parlato – non ancora. Non l’aveva mai vista senza All Might intorno e non poteva assolutamente rischiare di parlarle quando l’Hero numero uno poteva sentirlo. Se All Might lo avesse sentito avrebbe chiesto con chi stava parlando, e Izuku non poteva dirgli la verità. Non poteva assolutamente.
Gli era stata offerta un’opportunità, la sua prima e unica opportunità di diventare un eroe. Non l’avrebbe sprecata quando aveva a malapena cominciato. Non era necessario che All Might lo sapesse.

Mentre la osservava con la coda dell’occhio, la donna indirizzò uno scappellotto sulla nuca di All Might, anche se gli passò solamente attraverso. “Beh, io vado a controllare quel macello e, uh… Se tutto va bene m’inventerò un modo per far capire a voi due teste di legno che c’è un fantasma con allegata crisi di nervi se ce ne fosse il bisogno. Aspettami, Toshi.” Detto ciò, scomparve nel nulla.

Izuku strinse le labbra mentre si chinava e avvolgeva le braccia intorno a quelli che sembravano i resti di un microonde. Se la situazione si fosse rivelata davvero pericolosa allora avrebbe dovuto trovare un modo per avvertire All Might senza rivelare troppo. Poteva inventarsi qualche scusa per andarsene senza far pensare ad All Might di non essere serio?

Prima che potesse struggersi ulteriormente sulla questione, alla voce inquietante se ne aggiunse una seconda, e da quel momento il pianto angoscioso si trasformò nell’equivalente spettrale dei suoni che facevano i gatti quando combattevano nei vicoli. Izuku non se lo aspettava, ovviamente, e quando lasciò cadere il microonde sul suo piede anche lui levò il proprio guaito, unendolo alla cacofonia.
Grazie al cielo dopo essere stato abbandonato a marcire per tutto quel tempo era ridotto solo alla metà di un microonde, quindi Izuku riuscì a evitare una frattura al piede. Non poté evitare, però, l’attenzione di All Might.
“Haha, o-ooops!” Con cautela levò il piede da sotto l’elettrodomestico rotto. “Che sciocco, ho le mani di pasta frolla, haha. Nessun danno, non ti preoccupare, posso semplicemente… Riprenderlo.” E lo fece mentre lo diceva, mugugnando tra sé e sé nella flebile speranza che All Might non desse troppo peso all’accaduto. “Ecco fatto, posso ancora continuare. Nessun problema. E via sul furgone!” Se non fosse per il fatto che l’amica fantasma di All Might si stesse accapigliando con un poltergeist per niente affabile al momento e Izuku non aveva modo di eludere la sua attenzione abbastanza a lungo da disinnescare la situazione.

Caricò il microonde rotto e quasi si scontrò con Rei. I suoi capelli avevano iniziato a muoversi senza che ci fosse vento; di solito era un segno che anche lei era a disagio. Izuku si mordicchiò il labbro e ciondolava mentre decideva il prossimo pezzo di spazzatura da prendere. La donna doveva essere qualcuno che All Might conosceva. Non gli sembrava così vecchia da essere una parente… forse un’amica? Una fidanzata? All Might aveva mai avuto una fidanzata? Sicuramente aveva un sacco di fan sfegatate- si stava perdendo. Il punto era: se sta passando la sua non-vita a seguirlo dappertutto, doveva esserci qualche tipo di legame. Doveva esserci. Rei era diversa: se non fosse per il fatto che la poteva vedere e sentire e parlare con lei, Izuku dubitava che lo avrebbe mai calcolato. Ma se questa donna era importante per All Might…
Beh, stare con le mani in mano mentre si metteva nei guai con un poltergeist non gli sembrava per niente giusto.

Non poteva arrischiarsi a parlare con Rei visto che All Might era così vicino, quindi prese tempo per avere le mani libere ancora per qualche secondo.
“Valla a controllare.” Segnò, dando le spalle ad All Might per nascondere il movimento delle mani. “Assicurati che stia bene.” La sua amica svanì e Izuku raccolse un altro copertone, se lo caricò in spalla e fece una corsetta fino al camion.

L’urlo bitonale fu interrotto da un grido agghiacciante che accartocciò lo stomaco di Izuku fino a costringerlo a fermarsi per lasciar passare la nausea; e per pochi, gloriosi secondi calò il silenzio. Izuku aspettò col fiato sospeso; poi, la voce originaria levò di nuovo il suo urlo lamentoso.
Rei si materializzò lì vicino e dopo pochi secondi Izuku emise un sospiro di sollievo quando la donna dai capelli scuri tornò al fianco di All Might. Era esausta e sfocata nei contorni, ma in generale sembrava stare bene. “Merda.” La sentì sibilare. “Merda. Anche io sono diventata debole, Toshi. Tempo fa avrei potuto vincere una lotta del genere col mio mignolino. Ora ho bisogno che delle ragazzine mostruose vengano in mio soccorso – senza offesa tesoro, anzi, grazie. Ahia. Okay. Devi solo… stare lontano da quella berlina. Per l’amor di Dio, Toshi, stai lontano da quella berlina.”

Izuku lanciò un’occhiata sopra la spalla, corrucciò leggermente lo sguardo e vide la macchina in questione. Era ammaccata e in stato di abbandono come qualsiasi cosa su quella spiaggia-discarica, piegata e distorta rispetto alla sua forma originale, la maggior parte dei finestrini era distrutta, ed era proprio la direzione da cui proveniva il pianto. Era anche nella zona che All Might gli aveva assegnato da pulire, ma ben al di fuori della sua portata in quel momento. Ci sarebbe stato bisogno di attrezzatura professionale anche solo per trascinarla attraverso il resto della spazzatura.

Le grida si persero in un singhiozzo, solo per un momento.

Izuku strinse la mascella e si incamminò in direzione della vecchia berlina. C’era parecchia immondizia sul suo cammino, ma ci sarebbe arrivato. Doveva: poltergeist o meno, c’era qualcuno che forse aveva bisogno di aiuto e non avrebbe considerato il suo lavoro concluso se non dopo aver sistemato anche quella faccenda.

Appoggiò la spalla contro una lavatrice scassata, piantò i talloni nella sabbia e continuò a lavorare.
 
 
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Ci vollero due settimane e mezzo per arrivare alla berlina. Se All Might capì che si stava muovendo in una direzione precisa, non disse nulla e Izuku non diede segno di essersene accorto né tantomeno offrì una spiegazione. La donna però lo notò – quella che seguiva All Might. Era sempre nervosa, probabilmente per colpa dell’incessante urlo che rimbalzava tra le pile di spazzatura, ma qualche giorno prima che Izuku raggiungesse la macchina capì che era diretto proprio in quella direzione.
Cercò di fermarlo. Per la maggior parte della giornata, Izuku lavorò ignorando sia le sue grida di avvertimento che l’urlo spaccatimpani. Cercò di segnarle mentre All Might era di spalle, ma non se ne accorse mai. E non cercò mai di fermarlo fisicamente dal momento che Rei ringhiava quando si avvicinava troppo.

(Considerò anche di rischiare il tutto per tutto. All Might era nella sua forma scheletrica il più delle volte… Che fosse meno vigile quando non stava usando il suo quirk?)

I nodi vennero al pettine il giorno che Izuku finì finalmente di sgomberare la strada. Riuscì a portare via tre biciclette che erano state piegate e aggrovigliate tra di loro e si rivelò essere una specie di chiave di volta nello sgomberare la via verso la berlina. Dopo che Izuku si accapigliò per caricare quel disastro nel retro del camion, tornò indietro di corsa per continuare. All Might guardò e aspettò, tanto scarno da quasi scomparire nella giacca che indossava.

La strada che Izuku aveva creato si insinuava tra due pile più grandi come una stretta vallata di immondizia. In cima alla pila sulla destra c’era una televisione in precario equilibrio. Poteva sembrare stabile ai più, ma i più non avrebbero preso in considerazione gli improvvisi scoppi d’ira di un fantasma più che nervoso.

“Un passo alla volta, giovane Midoriya.” Disse All Might mentre Izuku tornava velocemente indietro. “Per come sei adesso dubito che tu possa spostarla.” Indicò con un cenno della testa la berlina distrutta. “A meno che tu non voglia provare, ovviamente.”
“Ci arriverò.” Disse Izuku, e resistette alla tentazione di massaggiarsi le orecchie. A quel punto l’urlo era talmente vicino da fare male.
No, non lo farai.” Il fantasma che seguiva All Might appariva sempre più agitato. Sfarfallò dalla sua vista, finendo in cima alla pila di destra. Izuku le lanciò uno sguardo, ma era troppo agitata per notarlo. “State lontani da lì, tutti e due! Toshi, sono seria!” Rei soffiò nella sua direzione e la forma della donna tremolò. “Non possiamo avvisarli?” Urlò lei di rimando. La forza della sua frustrazione fece rabbrividire Izuku; poi, la donna urtò la televisione.
All Might si avvicinò alla pila di un passo. Izuku non ci pensò due volte: la sua mano scattò, fermando All Might dal fare un altro passo. In quel momento, la televisione vacillò, cadde e si sfracellò sulla sabbia poche spanne avanti a loro.

Merda-“ Sentì sibilare Izuku, prima che Rei zompasse in cima alla pila per urlare la sua furia direttamente in faccia alla donna.
Senza una parola si accucciò, sollevò la televisione e barcollò verso il camioncino, piegato sotto il suo peso; il tutto mentre le scuse convulse della donna si mischiavano alle urla e ringhi furiosi della sua amica.
All Might lo sorprese arruffandogli i capelli quando tornò al suo fianco e Izuku deviò la sua pulizia nuovamente lontano dalla berlina.

Fu solo durante la notte che osò avvicinarla di nuovo. Una volta mangiato e finiti i compiti, lo studio e i suoi esercizi quotidiani Izuku si incamminò di nuovo verso la spiaggia. All Might e la sua protettiva compagna non erano in vista. Izuku era da solo, escludendo Rei, e libero di fare tutto quello che doveva fare.
“Stai indietro.” Le disse. Lei lo guardò storto, e lui le scoccò un’occhiataccia di rimando. “Stai indietro. Ho solo bisogno di parlarci.”

La sabbia scricchiolò sotto le sue scarpe mentre zigzagava tra la sporcizia. Il poltergeist stava ancora urlando e piangendo, aumentando il volume mentre Izuku avanzava lentamente per il sentiero che aveva creato e si avvicinava alla berlina malconcia. Le sue falcate diminuirono finché non avanzò solo di pochi centimetri alla volta. Un passo, poi una pausa. Un passo, poi una pausa. Un passo, poi una pausa. Finalmente, Izuku poté allungare la mano e sfiorare la porta ammaccata con la punta delle dita.

Una mano pallida, insanguinata e menomata di due dita scattò fuori dal finestrino, lo afferrò per il polso e tirò. Izuku si puntellò sul bordo della portiera, l’unica cosa che gli impediva di essere trascinato attraverso il finestrino rotto. Fu comunque strattonato fino all’apertura e si ritrovò quasi naso a naso con il fantasma in lacrime.
La sua faccia era malconcia oltre ogni immaginazione, il teschio collassato e dalla forma sbagliata. Schegge del parabrezza distrutto sporgevano dalla sua gola, e il suo urlo gorgogliava in modo bagnato. L’altra sua mano, maciullata e per metà mancante, cercò inutilmente di afferrargli la gola.

Il terrore lo invase e per una frazione di secondo Izuku ci affogò. Riempì il suo petto e si gonfiò, ronzando appena sotto la sua pelle, ovattandogli la testa come cotone.

Izuku inspirò, espirò e continuò a farlo mentre aspettava che la paura refluisse e recedesse. Poteva vagamente sentire le onde lambire il bagnasciuga; si appigliò a quel suono. Il terrore lo investì come le onde che si infrangevano sulla sabbia, e intorbidì il suo stomaco per alcuni secondi prima di scolare via, lasciandolo tremante ma con la mente lucida.

(La sua amica era rimasta indietro, tecnicamente, ma la sentiva appesa alla manica della sua giacca e udiva il suo flebile e acuto ringhio di avvertimento.)

Izuku tossì, inghiottì il nodo che gli si era formato in gola e spostò il peso da un piede all’altro, muovendo la sabbia. “Buonasera. Il mio nome è Midoriya. Qual è il suo?”
L’ho perso!” Le sue orecchie fischiarono quando lei urlò in loro eccessiva prossimità. “L’ho perso, l’ho perso e basta! Devo trovarlo prima che sia troppo tardi!”
“Mi dispiace.” Rispose Izuku. “Che cosa ha perso?”
“Lui taglierà i freni.” Singhiozzò il poltergeist mentre del sangue sgocciolava dai sui occhi e dal suo naso, e sgorgava liberamente dalla sua bocca. “Ho perso l’anello e non mi crede. Mi stavo solo nascondendo – qui. Mi sono nascosta qui. Non mi avrebbe cercata qui. Mi ha chiamato schifosa quindi mi sono nascosta nella spazzatura. E l’ho perso!”
“Un anello? Qui, su questa spiaggia?”
“Lui ha pensato che lo avessi buttato via. Ha pensato che lo stessi lasciando.” Il fantasma lasciò la sua gola e si palpeggiò disperatamente il davanti della giacca. “Stavo guidando per venire qui. A questa spiaggia. Per cercarlo – è qui. È da qualche parte. Devo trovarlo – se non lo trovo lui penserà che lo sto lasciando e lui ha detto che avrebbe tagliato i freni se avessi provato a lasciarlo!”
“La aiuterò.” Disse Izuku. “La aiuterò, lo prometto. Sto pulendo la spiaggia. Lo cercherò e se lo troverò glielo porterò.”
“Digli che lo cercherò.” Lo implorò il fantasma. “Diglielo. Digli che non dovrà tagliare i freni.”
“La aiuterò.” Ripeté Izuku, anche se sentiva una stretta alla gola. “Andrà tutto bene. La aiuterò.”
Le mani sulla sua giacca e sul polso svanirono. La donna svanì. Izuku si ritrovò piegato verso la berlina, fissando il vuoto attraverso il finestrino rotto di una macchina vuota.

Un dolore pungente si fece improvvisamente sentire. Nell’afferrare la porta, si era tagliato il palmo con uno dei frammenti rimasti sull’intelaiatura. Sull’altra mano, dei lividi a forma di dita gli circondavano il polso.

Quella notte, prima di andare a letto, Izuku fece una veloce ricerca internet. Trovò una notizia di qualche mese prima: dopo un processo durato un anno, un certo Takeshi Matsumoto era stato condannato per l’omicidio della sua fidanzata tramite il sabotaggio della sua macchina. Izuku riconobbe la macchina e la sua conducente intrappolata dalle foto, spense il computer e dormì male come si era aspettato.
 
 
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Il poltergeist fu più calmo dopo quella notte. Era una buona cosa, perché significava che l’amica fantasma di All Might era meno nervosa, Rei era meno incline a scatti di rabbia, televisioni erano meno inclini a cadere su qualcuno e Izuku poteva concentrarsi meglio sul compito che aveva fra le mani.
O meglio, i compiti.

Era interamente possibile (altamente improbabile) che avesse già trovato l’anello, buttandolo via senza darci troppo peso. Ma finché non avesse ripulito la spiaggia, non aveva modo di saperlo con certezza. Dunque, piuttosto che pulire solo una sezione come All Might gli aveva detto di fare, avrebbe dovuto sgombrare tutta la dannata spiaggia.

Oh, beh. Stava pensava di farlo in ogni caso. Era solo motivazione in più.

L’unica, vera differenza era che ora andava alla spiaggia anche di notte e aiutava il fantasma a setacciare la sabbia in cerca del suo anello perduto, il che lo lasciava sempre esausto per il giorno dopo e All Might lo notò.
“Non stai seguendo la tabella di marcia, vero?” Lo sgridò All Might quando Izuku collassò nel bel mezzo di una corsa. “Esagerare fa male come non allenarsi per niente, sai. Se ti logori, ti darai solo la zappa sui piedi.”
“Devo continuare.” Ansimò Izuku.
“Con criterio, moccioso.”
Izuku digrignò i denti. Non poteva certo spiegare perché si stava affaticando così tanto.

“Va bene cercare di superare i propri limiti.” Continuò All Might. “È l’obiettivo primario di ogni allenamento, dopotutto. Ma devi conoscerli quei limiti, in modo da poter regolare le tue abilità in tempo per l’esame.”

“Non solo l’esame.” Izuku cercò di rialzarsi, ci provò davvero. “Il mio- Non sono- Devo diventare più forte. Così che io possa…” salvare delle persone, salvare più persone che posso, fermare omicidi così che nessuno si debba preoccupare di freni tagliati e anelli perduti, fermare supervillain così che le persone possano andare a casa e dare da mangiare ai loro animali invece di morire negli ospedali, creare un mondo con meno fantasmi con cui io debba parlare-
Non disse nulla di tutto quello. Quello che disse fu: “Devo diventare più forte. Forte come l’hero più forte.” Alzò la testa e incontrò lo sguardo di All Might, desiderando ardentemente che capisse, ma non troppo.

Un istante più tardi, All Might attivò il suo quirk e lo tirò su dal cemento come un gatto stanco. “Sei davvero zelante!” C’era una risata malcelata nella sua voce. “Non posso dire di non approvare. Ma! La fretta nell’allenarsi non aiuterà nessuno, tantomeno te. Non ti preoccupare: questo vecchietto rivedrà il tuo programma.”
“Toshi, smettila con ‘ste cagate!” Urlò la donna fantasma. “’Vecchietto’ un paio di palle!”

Nonostante tutto, Izuku rise così forte da stare male.
 
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Poco a poco, il panorama della spiaggia si liberò. Immondizia e sporco e spazzatura lasciarono spazio alla sabbia bianca sottostante e ad ogni pesante sacco di robaccia e elettrodomestici rotti che Izuku portava via, il successivo si alleggeriva. Poteva a malapena ricordare com’era svegliarsi la mattina senza i muscoli doloranti, ma era diventato più facile
Il rifugio lo chiamò un giorno, dicendogli che il gatto con un occhio solo della signora Yamamoto non era ancora stato adottato e sarebbe probabilmente stato trasferito in un altro rifugio per liberare dello spazio. Izuku lo riferì a sua madre e quella stessa notte si addormentò con Mika che gli faceva le fusa sul petto.

Durante il giorno si teneva a debita distanza dalla berlina fatiscente. Izuku sentiva ancora il poltergeist piangere ogni tanto. Non lasciava mai la macchina, né durante le ore di sole né quando Izuku tornava di notte; nemmeno quando Izuku le parlava e cercava di convincerla ad uscire. Forse non poteva uscire.
Dopo un po’ Izuku smise di provarci. Non si sarebbe arrischiato ad avvicinarsi di nuovo, e oltre a quello c’era solo un altro modo che conosceva per aiutarla. Quindi si allenò, studiò, ripulì la spiaggia e cercò l’anello ogni giorno. Quando non stava facendo nessuna di queste cose, cercava di dormire.
L’esame d’ingresso era sempre più vicino. Il sudiciume scemò. Nessun anello fu trovato.

Ripulì la spiaggia. Durante il giorno lavorava sotto la supervisione di All Might e con il favore della notte insieme alla sua migliore amica, solo la luna e una torcia ad illuminare la loro ricerca. Pulì molto di più di quanto gli aveva chiesto All Might, liberando la sabbia chiara e l’orizzonte.

Mancava una settimana all’esame d’ingresso quando Izuku riuscì a caricarsi una bicicletta rotta sopra una spalla e ficcarsi un condizionatore distrutto sotto l’altro braccio libero, trotterellando senza problemi con entrambi gli oggetti dalla spiaggia fino al camioncino. Il fantasma nella macchina piangeva e si disperava notte e giorno. Izuku pensava a lei mentre studiava, mentre correva, mentre allenava la sua presa sotto il tavolo e mentre stava sveglio la notte, accarezzando il suo nuovo gatto e aspettando che il sonno lo sopraffacesse.

Alle sei di mattina il giorno dell’esame d’ingresso Izuku si erse sulla sabbia bianchissima e sovrastò le grida urlando la propria frustrazione all’alba, perché non aveva trovato il dannato anello.
Gli rimase in testa, un pensiero fastidioso come una mosca in una stanza. Fu quasi grato per l’occasione di tirare un pugno a un robot gigante in piena faccia (?) perché almeno gli concesse qualche momento di benedetta distrazione. Anche se gli distrusse più o meno del tutto il braccio ed entrambe le gambe. Uscì dall’infermeria di Recovery Girl quasi certo di aver mandato tutto all’aria, di aver spedito sei mesi di duro lavoro giù per lo scarico; e per la prima volta in almeno cinque mesi, quella notte non si avventurò verso la spiaggia.

Nel complesso, non fu per niente la sua giornata fortunata.

 
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Contrariamente a qualsiasi aspettativa, superò l’esame.
All Might lo incontrò alla Spiaggia Strillante, con il solito spettro alle calcagna e la mano tenuta alzata per un cinque. Izuku sbatté le palpebre per un momento, spiazzato, prima di raccogliere abbastanza coraggio per restituirlo. Chi era lui per lasciare appeso l’hero numero uno?

“Quindi, uhm… il mio braccio.” Disse Izuku, cercando di non alzare troppo la voce per sovrastare grida che All Might non poteva nemmeno sentire. “E le mie gambe. Era normale… che succedesse?”
“L’avevo ipotizzato.”
“Cosa.”
L’amica fantasma di All Might esalò un sospiro. “Avresti almeno potuto avvertirlo, Toshi.”

“Non si poteva evitare.” Continuò All Might. “Sei forte abbastanza per essere il ricettacolo di One For All, ma sei ancora un principiante nell’utilizzarlo.”
“E a proposito di questo avresti potuto avvertirlo, Toshi.” Brontolò il suo fantasma. “Non tutti possono essere dei manzoni nerboruti come te.”
Izuku riuscì per il rotto della cuffia a mascherare lo sbuffo di una risata come un colpo di tosse.
“C’è qualche problema?” Chiese All Might.
“Sì. No. Allergia.” Izuku si costrinse a tornare serio. “Allora, il mio braccio? Beh, di più le mie gambe. Posso capire in qualche modo il mio braccio, voglio dire, ho dato un pugno in faccia ad un robot gigante – penso fosse la faccia, almeno… Era davvero difficile da capire – ma perché le mie gambe? Tutto quello che ho fatto è stato saltare e le ho polverizzate entrambe-“
“Come stavo dicendo,” lo interruppe All Might. “Ora hai un quirk, dopo aver vissuto la tua intera vita senza. Non puoi utilizzarlo come un esperto sin dal primo giorno, perché quei sei mesi non c’entravano, giovanotto. Quello era il primo giorno di One For All per te; questo lo rende il tuo Day One.

“Avresti potuto avvertirmi.” Mugugnò Izuku.
“Non c’era tempo. E poi ha funzionato, no?” All Might lo pungolò leggermente sul metto, facendosi guardare negli occhi da Izuku. “Ricordi cosa mi hai detto a proposito di essere più forte? Beh, avevi ragione. Tu devi essere più forte. Dovrai lavorare più duramente di ogni altro studente. Loro… Loro hanno vissuto con arti in più e lo sguardo laser o chissà cosa per tutte le loro vite. Ora hai lasciato alle spalle il tuo primo ostacolo, ma hai ancora una lunga strada davanti a te.” Si piegò leggermente, così da essere faccia a faccia. “E te lo prometto, ti aiuterò a percorrerla. Intesi?”
Izuku sentì un gonfiore nel petto mentre annuiva freneticamente. Rei gli scosse il braccio con entusiasmo e Izuku cercò di non dare a vedere di star tremando.

“E a tal proposito” Continuò All Might, mettendo la mano in tasca. “C’era qualcosa che volevo mostrarti. Volevo mostrartelo prima, ma… Beh, guarda.” Izuku si avvicinò; All Might teneva in mano due fotografie. Erano entrambe fotografie di Izuku, un confronto prima-e-dopo per mostrare il suo progresso. In una era il ragazzino smagrito che ricordava essere. Nell’altra, scattata la mattina che aveva finito di pulire la spiaggia, la sua forma si era riempita, sostituendo braccia ossute con una muscolatura definita.
In entrambe, le sue pupille brillavano di rosso a causa del flash.

“Avevo pensato di aggiustarlo” Disse timidamente All Might. “Ma temo di non essere molto versato nella tecnologia.”
“Va bene!” Lo rassicurò Izuku. “Succede sempre, in realtà. Mia mamma dice che è un incubo cercare di farmi una foto.”
“Beh, se è inevitabile, allora… Anche se non era quello il punto, in ogni caso. La tua crescita parla da sola.” All Might fece una pausa per guardarlo cautamente negli occhi. “Ricorda, sei arrivato a questo punto solamente con il tuo duro lavoro. Da qui in poi avanzare costerà ancora più sforzo. Più forte diventi, meglio potrai gestire One For All. Richiederà lavoro, e richiederà tempo. Ma per ora… Ti sei guadagnato una pausa. Goditela finché dura e recupera le energie. Sei uno studente della Yūei ora, e non sono per niente gentili con le matricole.”
“Non ti deluderò.” Disse d’impulso Izuku.
“Bene.”

Stavano per andarsene. La luna era alta e luminosa e Izuku scoppiava di energia e orgoglio, e se non fosse stato per queste due cose sarebbe potuto non succedere. Era sul serio una possibilità su un milione. Proprio nel momento giusto, Izuku girò la testa per ammirare il frutto del suo lavoro di sei mesi, e vide la luce lunare riflettere su qualcosa nella sabbia.

No.
No, non poteva essere.

Izuku fece una corsetta verso l’oggetto, sollevando sabbia al suo passaggio, gli occhi fissati su quel piccolo bagliore di luce riflessa. Rallentò mentre si avvicinava, non volendo calciarci della sabbia sopra e perderlo di nuovo. Si accucciò, spazzò via un po’ di sabbia e prese l’anello d’argento dalla spiaggia.
Era una fascia semplice, incastonata con una pietra simile a un diamante. Un anello di fidanzamento, a giudicare da come si presentava. Era un po’ sporco per il lungo tempo passato sulla spiaggia, ma ancora brillava.

All Might lo chiamò da lontano. “Midoriya! Tutto bene?”
“Uhm, vai pure!” Rispose Izuku. “Vado a casa da solo!” Stette dov’era, facendo finta di ammirare la luce della luna riflettersi sulle onde finché non fu sicuro che All Might se ne fosse andato.

Non aveva mai toccato la berlina durante la sua opera di pulizia. In quel momento sembrava più isolata che mai, un ultimo pezzo di spazzatura che sporcava l’orizzonte. Izuku si fermò a qualche passo di distanza dalla portiera del guidatore e allungò la mano con l’anello posato sul palmo.
Cadde il silenzio.

“L’hai trovato.”

Izuku si girò cautamente. Il fantasma piangente si ergeva sulla sabbia, apparendo per la frazione di un secondo orribile e maciullata com’era la prima volta che Izuku l’aveva vista. Poi sbatté gli occhi, e davanti ai suoi occhi tornò d nuovo intera, pallida e magra in un candido cardigan e una gonna.

“L’hai trovato.” Lacrime si formarono nei suoi occhi, e la donna si avvicinò e allungò la mano verso l’anello. “Volevo cercarlo… Per mostrargli che l’avevo solamente perso. Non me ne stavo andando… lui taglierà i freni se me ne vado.” Ad un centimetro di distanza dall’anello, la sua mano si fermò. Izuku non riusciva a capire se stava sfarfallando o se stava tremando. Altre lacrime si aggiunsero alle prime e la sua voce tremò e si spezzò. “Solo che… Non devo più preoccuparmi di quello. Vero?” Occhi bianchi e vuoti, brillanti di luce spettrale e lacrime, incontrarono quelli di Izuku. “Perché l’ha già fatto.”

“Mi dispiace.” La voce di Izuku era rauca per il dolore nella sua gola. “Mi dispiace che ti abbia fatto questo. Non lo meritavi.” Abbassò lo sguardo verso l’anello. “Ora è in prigione, sai. Non se l’è cavata. Non farà più del male a nessun altro.”
“Bene. Questo è un bene.” La mano della donna stava chiaramente tremando in quel momento. “Il mio nome è Sachi. Grazie per aver trovato il mio anello.”
“Lieto di poter aiutare.”
“Mi dispiace.” Sachi tirò su col naso e abbassò la mano al fianco. “Mi dispiace, ti ho creato tutti quei problemi per niente. Non lo voglio più.”
“Va bene.” Disse Izuku. “Non penso che tu ne abbia bisogno. E non era per niente. Non lo era.”
“Non riesco a ricordare l’ultima volta che qualcuno mi abbia aiutata. Senza un motivo.” Sachi alzò di nuovo la mano, ma solo per sfregarsi gli occhi. “Grazie. Grazie mille. Non me ne dimenticherò.”
Izuku sorrise. “Nemmeno io credo che lo farò. Non so se riesco a spiegarlo, ma in qualche modo anche tu mi hai aiutato. Grazie.”
Sachi non rispose, ma annuì.
“Pensi…” La gola di Izuku sussultò quando deglutì. “Pensi di essere a posto ora?”
“Penso… di sì.” Sachi gli sorrise tra le lacrime, ed era uno dei sorrisi più luminosi che Izuku avesse mai visto. “Penso… penso di poter andare adesso. Sto bene. Starò bene.”

Quando Izuku si asciugò gli occhi dalle lacrime, lei se n’era andata. La macchina era vuota. La spiaggia silenziosa.

Tirò un po’ su con il naso e si strofinò gli occhi. Un refolo gelido gli fece alzare lo sguardo per vedere Rei che fluttuava nelle vicinanze, sorridendo.
“E tu?” Chiese Izuku. “Pensi che andrai mai…?”
Lei sembrò pensierosa alla sua domanda, poi si strinse nelle spalle e gli svolazzò vicino per attaccarsi al suo braccio.
“Beh, okay.” Disse Izuku. “Se sei sicura…”

Tornò a casa; il suo corpo era appesantito ma aveva il cuore leggero.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Note traduttrice: Grazie ad uno sforzo combinato mio e della mia mirabilante beta posso aggiornare anche Pit dopo poco tempo. Non solo, ma per YUTS abbiamo altri capitoli già pronti in saccoccia da gettarvi in pasto; cercherò però di razionarli perchè il periodo attuale - e soprattutto quello a venire - è tremendamente impegnativo per me e per _Senpai_ . 
Come al solito, vi prego di farmi sapere che ne pensate. Buona lettura!

 
Capitolo 4



Izuku non era estraneo alla paura.

Anzi, ne era un esperto. Respirava nonostante il cuore che batteva all’impazzata, mangiava nonostante le farfalle nello stomaco e dormiva nonostante le porte scricchiolanti e lamenti nei muri. Quando la paura bussava alla porta lui la accoglieva come se fosse un’irritante coinquilina e andava avanti con la sua giornata.

Ma nonostante questo, quando lo sguardo di Bakugou scavò un buco nella sua nuca, volle scappare. Quando Bakugou lo seguì fuori, volle nascondersi. Quando Bakugou lo afferrò per la spalla e lo sbatté contro un muro, volle raggomitolarsi e aspettare che se ne andasse. Ma non poteva, non con Bakugou che lo teneva in piedi. Quindi Izuku si sentì congelare di nuovo. Rei cercò di strappargli Bakugou di dosso, ma non funzionò. Non funzionava mai. I suoni intorno a lui sembravano stranamente ovattati, come se avesse dei tappi per le orecchie, ma non abbastanza da bloccare quello che Bakugou stava dicendo.
“Che cazzo di dannatissimo trucco hai usato per passare l’esame? Rispondimi, stupida merda!”

Izuku non rispose. Non poteva, non con la lingua pietrificata. Tutto quello che poteva fare era fissare stupidamente la faccia di Bakugou. Non succederà. Non lo farà. Non c’è modo che possa farlo anche se volesse. E non lo farà. Tutto quello che farà sarà urlarmi addosso come fa sempre. Non succederà. No.
“-stai ascoltando, cazzo? Dovevo essere io il primo della nostra schifosa scuola a entrare nella Yūei! E tu hai sputtanato tutto!”

Izuku lo fissò, silenzioso e immobile e assente come una TV statica. Non lo farà di nuovo. Non succederà. La presa di Bakugou sulla sua spalla era abbastanza stretta da lasciare dei lividi, proprio come il fantasma della spiaggia; la spiaggia dove si era allenato, dove aveva sanguinato e vomitato e sudato per sei mesi fino al giorno dell’esame. Il mantra scemò e la frustrazione fece nascere dei nuovi pensieri nella sua testa. Non è stato un trucco. Sono stato io. Me lo sono guadagnato. L’ha detto All Might. Tu non c’entri. Non è stato un trucco.

“Ti avevo detto di andartene da un’altra parte, bastardo!” Bakugou lo scosse malamente e la nuca di Izuku sbatté contro il muro alle sue spalle.

I miei amici fanno più paura di te.

Izuku incrociò nuovamente il suo sguardo, gli occhi spalancati, i suoi sensi ovattati.

“Ti fa sentire grande?” chiese.
Bakugou fu il primo a sbattere le palpebre.
“Cosa-“
“Ti fa sentire grande ferire qualcuno che non reagisce?”
Bakugou assottigliò gli occhi. Le sue labbra si arricciarono, mostrando i suoi denti digrignati. “Di che cazzo stai parlando-“

“Ti fa sentire forte picchiare bambini che non hanno quirk?” una parte di lui, una piccola parte, gli sta urlando di tacere prima di irritarlo abbastanza da farsi colpire. Ma cosa farebbe? È solo un pugno. Tutto quello che può fare è lasciare un livido o farlo sanguinare. “Ti fa sentire coraggioso quando hanno paura di te?”
“Chiudi quella cazzo di bocca.” Ringhiò Bakugou, e Izuku vide scintille e fumo nella mano stretta sulla sua spalla.

La cosa peggiore che potrebbe fare è ucciderti per sbaglio.

“Dovrai farlo.” Disse Izuku senza pensare.
“Dovrà fare cosa?” sputò Bakugou.
“Uccidermi. Se vuoi fermarmi.” All Might sorrideva per ingannare la paura che lo attanagliava, quindi Izuku sorrise a Bakugou. “Se non lo fai, andrò alla Yūei.” Guardò i suoi occhi nello stesso modo in cui aveva guardato i fanali di un treno in arrivo. “O vuoi solamente vedermi piangere, Bakugou? Ti farebbe sentire grande?”

Bakugou lasciò la presa.

Fu strano. Per un momento fu come se non avesse nemmeno notato di averlo fatto. Ma lo fece, e sembrò quasi sorpreso quando accadde.

Le gambe di Izuku si mossero di nuovo e scivolò via dal muro, fuori dalla sua portata. Non corse. Camminò, e Bakugou non lo seguì.
 
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Era in momenti come quelli Izuku si rendeva dolorosamente conto di quanto inutile fosse il suo quirk.

Non One For All – One For All era strepitoso e fantastico e esattamente quello che gli serviva per diventare un pro hero. Perlomeno, lo sarebbe diventato una volta capito come usarlo senza obliterare del tutto le sue braccia e gambe. Era un’abitudine che voleva eliminare il prima possibile.
Ma non c’era ancora riuscito, il che era un problema visto che la prima lezione del primo giorno si rivelò essere una valutazione dei quirk, e sarebbe stato espulso se avesse totalizzato un punteggio troppo basso. Visto che non era interessato a concludere il suo primo giorno di scuola con un viaggio all’ospedale, si sarebbe dovuto arrangiare con quello che aveva prima di One For All.

Da quando era diventato abbastanza grande e sufficientemente conscio per riflettere riguardo al suo quirk, Izuku aveva imparato ad accettare che vedere fantasmi non lo avrebbe aiutato a correre veloce, saltare in alto o fare più squat. Quindi sperava che i sei mesi di estenuante allenamento avrebbero contato qualcosa e lo avrebbero aiutato a evitare l’espulsione il primo giorno.

Il campo atletico della scuola era animato da molte conversazioni, e non solo da parte dei suoi compagni di classe più chiacchieroni. C’erano fantasmi lì, non necessariamente legati al posto o infestanti qualcuno, ma semplicemente passando e guardando il mondo attorno a loro. Mentre Izuku rimbalzava sui talloni e aspettava che il test cominciasse, lanciò per caso un’occhiata e vide Rei in piedi vicino al bordocampo, pallida e smunta contro il verde prillante del prato, che lo guardava tramite uno spiraglio dei suoi capelli come se lo stesse spiando da dietro una tenda.

Izuku controllò intorno a sé per assicurarsi che nessuno lo notasse e le lanciò un piccolo sorriso agitando la mano. Lei si illuminò, alzando la testa quel poco che bastava perché altri capelli si allontanassero dal suo viso, saltellando un pochino mentre rispondeva al saluto.
“Ehi, avete visto? Ha appena salutato?” Izuku andò quasi in panico, ma si rilassò quando il proprietario della voce si scoprì essere un altro fantasma che fluttuava casualmente di lì, un adolescente con un buco nella tempia che ancora sgocciolava sangue. “Ehi, bimba. Sbaglio o quel ragazzo ti ha appena salutato?” lei annuì vigorosamente. “Porca vacca. Può… Può vederci?”
Oh, perché no. Izuku incrociò lo sguardo con il fantasma, sorrise e gli fece un occhiolino. La faccia del ragazzo si illuminò come se fosse la sera di Capodanno.

Le notizie giravano velocemente tra i morti. Prima che se ne rendesse conto, Izuku aveva accumulato un piccolo pubblico a bordocampo. Rei era sempre lì davanti, guardando con premura mentre il test cominciava.
Voleva fare una bella figura davanti a loro, lo voleva davvero. In fin dei conti, sarebbe dovuto riuscirci. Sei mesi di allenamento non erano proprio un nonnulla, giusto? Aveva mangiato bene, rinforzando il suo corpo in quasi ogni momento disponibile, sviluppando la sua resistenza a livelli che non avrebbe mai osato immaginare prima. Ma per ogni test, ogni gara, ogni valutazione di ogni abilità atletica immaginabile esistente, c’era sempre qualcuno di più bravo. C’era sempre qualcuno, o più di uno, o più di due o tre i cui quirk erano perfetti per vanificare i suoi sforzi. La velocità di Iida gli permetteva di dominare lo sprint. Per la manipolazione gravitazionale di Uraraka il salto in lungo era uno scherzo. Satou si buttava nelle flessioni come un assatanato (tanto per dire).
Izuku, d’altra parte, aveva una… curva tifosi che nessun altro poteva vedere.

Era…

Beh, non era un nonnulla.

“Ehi amico, stai andando alla grande!”
“Sì, andiamo, ragazzo, vai a testa alta! Sei più veloce di quanto io sia mai stato anche quando avevo dei polmoni!”
“Non ti arrendere!”
“Hai visto gli altri due? Gli hai fatto mangiare la polvere! Continua così!”

Rei saltellava su e giù, anche se i suoi piedi non toccarono effettivamente mai il terreno. I suoi capelli si attorcigliarono grazie ad un vento invisibile, rivelando dei buchi neri al posto degli occhi, e i suoi suoni d’incoraggiamento sembravano i richiami di un Nazgûl, ma era comunque una bella sensazione. Le voci dei morti soffocavano le derisioni di Bakugou e gli permettevano di concentrarsi su qualcosa che non fosse lo sguardo glaciale di Aizawa.
A dispetto di se stesso, Izuku sorrise. Il suo potere non era adatto al lavoro da hero, ma era perfetto per non sentirsi soli ogni tanto.

Nonostante tutto, il suo stomaco si rigirò come un calzino quando raccolse la palla per il test di lancio. Le prove erano quasi terminate. Forse quello di cui aveva bisogno era dare fondo a tutto quello che aveva, solo per una volta. Non aveva avuto l’occasione di mostrare il suo quirk (il suo secondo quirk, per essere precisi) e non era sicuro che il resto dei test fosse adatto per usare One For All. Forse, se si fosse rotto qualcosa in quel momento, sarebbe andato comunque bene. Forse tutto quello che doveva dare era catturare l’attenzione di Aizawa e dimostrare che almeno poteva fare qualcosa. Era questo il punto della valutazione dei quirk, giusto? Mostrargli dov’era in termini di forza?

Valeva almeno la pena di fare un tentativo. E ciò significava che quella era l’unica strategia a cui Izuku fosse riuscito a pensare.
Una dose di One For All e sarebbe stato fuori gioco, ma almeno avrebbe lasciato un qualche tipo di impressione.

I fantasmi verseggiarono rumorosamente mentre il suo braccio pulsava di energia. Izuku si caricò per il lanciò, si concentrò sul tifo e-
 
 

Silenzio.
Izuku stava per mollare il braccio per effettuare il lancio quando le voci che lo incoraggiavano svanirono all’improvviso. Quella sensazione ovattata nelle orecchie gli fecero alzare la testa, scansionando il bordocampo per capire cosa avesse zittito i fantasmi, e si ritrovò a fissare un campo vuoto. I fantasmi erano spariti e Rei – la sua terrificante e muta migliore amica, che non aveva mai lasciato il suo fianco da quando aveva compiuto sette anni – non si vedeva da nessuna parte. Le uniche persone che rimanevano a guardare erano i suoi compagni di classe in carne e ossa, ed erano in diciannove più il loro insegnante ma il campo di atletica sembrava improvvisamente così vuoto.

Lo shock del silenzio, di quell’improvvisa e assoluta sensazione di solitudine, ruppe la concentrazione di Izuku. Perse la presa su One For All, il che sballò il peso del lancio. La palla si librò in aria per circa venti metri prima di rimbalzare pietosamente sul terreno.

Per un istante, il panico lo sopraffece con talmente tanta forza e violenza che non riuscì a reagire, a parte uno sguardo spento. I fantasmi se n’erano andati? Perché avrebbero dovuto farlo? Non avevano semplicemente perso interesse e deciso di andarsene, erano spariti nel bel mezzo di urla e incoraggiamenti. E perché Rei avrebbe dovuto andarsene? Che gli fosse successo qualcosa? Poteva succedere qualcosa a dei fantasmi?

“Ho cancellato il tuo quirk.” La voce di Aizawa saettò attraverso il suo muto e sordo stupore, e Izuku si spaventò come un coniglio, non riuscendo a camuffare un piccolo suono sorpreso. Qualcuno tra i suoi compagni ridacchiò.
“C-cosa?” il suo cuore batté all’impazzata e percepì vagamente il dolore pulsante nel suo petto e il peso sul suo stomaco come nientemeno che paura.

(Non era strano che fosse terrorizzato dall’assenza di fantasmi?)

Aizawa cominciava a sembrare lui stesso un fantasma, con quel viso pallido, gli occhi cerchiati di rosso e i capelli scuri sollevati come se mossi da un vento invisibile. Izuku assimilò la sciarpa, gli occhialoni e lo strano quirk, e la realizzazione di chi fosse veramente il suo insegnante lo colpì in pieno.
“Non hai idea di come usare il tuo quirk decentemente, vero?” disse freddamente Eraserhead, avanzando. La sua sciarpa ondeggiava intorno a lui come se avesse una vita propria. “Cos’è, credevi che qualcuno ti avrebbe salvato se ti fossi menomato di nuovo?”

Pessima idea pessima idea sarebbe stato meglio attenersi al piano originale-

La sciarpa si avvolse intorno a lui, strattonandolo in avanti, e una nuova dose di paura gli fece vedere bianco per un momento. L’istinto di attacco o fuga entrò in azione, e mentre la voce di Aizawa scemava in secondo piano, sopraffatta dalle pulsazioni nelle sue orecchie, Izuku riuscì a guardare in basso verso le sue mani. Provò a contrarre il suo dito e fu ricompensato da una scintilla di One For All nella sua falange.

Ha cancellato il mio quirk, realizzò nonostante il rombo nelle sue orecchie. Ma ha cancellato quello sbagliato.

“Accettalo, Midoriya Izuku.” La voce di Aizawa, piatta e fredda lo trascinò via dal suo attacco di panico e nuovamente nel presente. “Con un potere del genere, non diventerai mai un hero.”
Passò un momento, poi i capelli di Aizawa caddero di nuovo sulla sua faccia, le orecchie di Izuku schioccarono mentre le voci dei morti ritornavano e oh wow, ecco dov’era andata.

Rei non stava più guardando da bordocampo. La sua faccia non era più bianca, i suoi occhi non erano più neri. Era come se i colori si fossero scambiati: la sua intera forma, dalla sua pelle alla sua camicia da notte fino ai suoi capelli era di quel nero che inghiottiva anche la luce senza riflettere nulla. L’unico pallore rimasto era nell’inquietante luce opaca che filtrava fuori dai suoi occhi e dalla sua bocca (una bocca non dovrebbe essere fatta così, le labbra non dovrebbero allargarsi così tanto, delle dolci bambine non dovrebbero possedere zanne che si ergevano come spine nere contro la luce). La sciarpa del professore era nulla in confronto a come si contorcevano i suoi capelli mentre schioccavano come fruste e strisciavano intorno alle braccia e alla gola del suo insegnante, e le sue dita si allungavano e curvavano in duri e sottili artigli che scattavano verso di lui. La sua bocca strappò e si aprì, lunga come quella di un coccodrillo, e diede sfogo alla sua furia a pochi centimetri dalla faccia di Aizawa. Le orecchie di Izuku dolevano per le sue urla e la sua rabbia lo schiacciò come un ferro rovente.

Aizawa sbatté gli occhi. “C’è qualche problema?”
“Mi lasci andare,” si fece scappare Izuku prima di riuscire a fermarsi. Aizawa inarcò un sopracciglio. “Voglio dire, uhm. Per favore? Dovrebbe, cosicché… io possa… tirare. La palla.”

Aizawa sembrò annoiato, ma fece come richiesto e si girò per tornare a guardare da bordocampo. Non fu finché la sciarpa fu a lunga distanza da Izuku che Rei lanciò un ultimo grido, graffiò la nuca di Aizawa e si fece indietro. L’oscurità svanì, e una pallida bambina fu nuovamente al fianco di Izuku.

Non riusciva a smettere di tremare.

Si era fatto scoprire? Che Aizawa avesse capito? Come diavolo avrebbe fatto a cavarsela questa volta? Forse non sarebbe stato così male. Forse All Might si sarebbe fatto avanti per lui. Forse invece di essere espulso sarebbe stato trasferito in una sezione differente. Gli sarebbe andato. Sarebbe-

Delle dita fredde si chiusero intorno alla sua mano libera. Izuku sussultò per la sorpresa e guardò giù per vedere la sua amica stringergli la mano nelle sue, guardandolo dal basso con grandi occhi colmi di preoccupazione. Emise una sorta di suono mormorato, come un distante ronzio di insetti.
Il tremore si fermò. Izuku prese un respiro profondo, riuscì a sorridere e provò, più furtivamente che poté, a stringerle le mani per rassicurarla.
Doveva essere stato pauroso anche per lei, quando improvvisamente non poteva più vederla.

Lanciò un’occhiata a bordocampo e trovò la folla di fantasmi proprio dov’era prima, tutti che guardavano e aspettavano trepidanti. Nessuno di loro se n’era andato.

Beh. Qualsiasi fosse il risultato, poteva anche mostrargli qualcosa che valeva la pena di essere visto. Le dita di Izuku si arricciarono intorno alla palla, e riportò alla mente come aveva richiamato la scintilla di One For All sulla punta del suo dito. Un’idea iniziò a formarsi nella sua mente, e avrebbe potuto essere abbastanza folle da funzionare.

Poteva finire il resto dei test anche solo con nove dita, giusto?

 
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Era passato molto tempo da quando Nana aveva camminato per l’ultima volta per i corridoi della Yūei. La sensazione era di nostalgia, una nostalgia quasi dolorosa, ed era quello e quello soltanto che rendeva sopportabile l’aver lasciato il fianco di Toshi.

Sin dalla battaglia con All For One sei anni prima, sin da quando il suo fedele successore era arrivato a un soffio dal fare la sua stessa fine, Nana rimaneva accanto a Toshi il più possibile. Era facile; non necessitava né di dormire né di mangiare cibo di nessun tipo, e esisteva da talmente tanto che pazientare era una bazzecola. Solitamente allontanarsi da lui le causava una costante e crescente sensazione di panico che non poteva essere calmata da niente se non ritornare di corsa da lui, controllando e assicurandosi per certo che non fosse morto mentre lei non c’era.

Sembrava così disperatamente fragile in quel momento. Era un uomo adulto, ovviamente, stagionato e indurito dagli anni passati a lavorare come hero, ma non importava quanto tempo passasse, parte di lei non lo avrebbe mai visto come nient’altro che il l’adolescente goffo e meravigliato che era quando lo aveva scorto per la prima volta.
E oh, com’era cresciuto; si era persino guadagnato un pupillo.

Ma per ora, la Yūei era sicura. Non si era sentita così calma e a suo agio dall’ultima volta in cui aveva messo piede nel suo cimitero e aveva guardato la terra sotto la quale era stata sepolta. La Yūei sapeva di casa e, per la prima volta dopo tanti anni, Nana si sentì tranquilla al pensiero di allontanarsi da Toshi. Non c’era nulla di pericoloso nell’intrufolarsi a guardare Aizawa tenere la prima lezione dell’anno. Quindi fluttuò per la scuola per conto suo, sbirciando nelle classi e nei laboratori, esplorando quella scuola che era stata sua.
Era diversa in molti aspetti e in molti altri non era cambiata affatto.

Perse la cognizione del tempo e, prima che se ne rendesse conto, la giornata era giunta al termine e lei aveva finito per bighellonare nell’infermeria. Forse Toshi non se n’era ancora andato – o almeno, così sperava. In ogni caso avrebbe potuto raggiungerlo facilmente. Nana si girò per andarsene proprio mentre la porta dell’infermeria si apriva e chiudeva.

“Oh! Uhm, mi scusi…” disse una voce dietro di lei; ma lei era troppo concentrata a orecchiare una conversazione che non la riguardava.
Dei rapidi suoni di passi la seguirono. “A-aspetti! Uhm, signora?”

Una bambina le bloccò la strada, e se Nana avesse avuto dei piedi li avrebbe puntati per terra per frenare. Era la piccola fantasma, l’inquietante bambina dai capelli scuri che seguiva fedelmente l’ombra di Midoriya Izuku. Stava sorridendo, ed era tutta denti.

“Mi scusi,” disse di nuovo la voce ormai familiare, e Nana guardò indietro per vedere cosa stesse causando tutto quel subbuglio-

- e incrociò in pieno gli occhi di Midoriya.

Nel momento in cui lo guardò, il suo viso si illuminò di un sorriso costellato da lentiggini. Le parlò.

“Buongiorno.”

Nana urlò, facendo esplodere una delle luci dei pannelli fluorescenti sul soffitto. Senza volerlo, si ritrovò catapultata alla fine del corridoio in un battito di ciglia, lontanissima da lui. La bambina fantasma rise, ed era lo stesso suono dello statico di una televisione rotta.

“M-mi dispiace!” Midoriya la raggiunse con una corsetta. “Mi dispiace. Non volevo spaventarla. Sta bene?”

“Ebbuh,” fu la prima parola che Nana Shimura disse allo studente del suo successore.

Il suo sorriso si addolcì e controllò i dintorni un paio di volte prima di rivolgerle di nuovo la parola. “Succede spesso. Mi dispiace di non averle parlato prima; è solo che questi ultimi mesi sono stati molto impegnativi e lei era sempre vicina ad All Might, quindi è stata una combinazione del mio essere stanco e distratto unito al fatto di non trovare mai l’occasione giusta. Ma sono contento di averla trovata ora.” Allungò la mano. “Piacere di conoscerla! Sono Midoriya Izuku, ma, uh, credo che lei lo sappia già. Qual è il suo nome?”

Nana lo fissò per un’altra quindicina di secondi prima di riuscire a trovare di nuovo la sua voce. “È- Uhm, io sono- è Shimura. Shimura Nana. Cosa-“
“Ha bisogno di aiuto con qualcosa?”

Qualsiasi cosa Nana si aspettasse di sentirsi dire non era quella. “Prego?”
“Ha bisogno di aiuto?” Ripeté Midoriya, lasciando cadere di nuovo la mano lungo il fianco. “Va bene in ogni caso, è solo che, sa, di solito io. Offro. Voglio dire, ha bisogno che io consegni un messaggio? O trovi qualcosa? O è… a posto?”
“Avrei davvero bisogno di una spiegazione, direi.” Disse Nana con un fil di voce. “Uhm. Come?

Midoriya aprì la bocca per rispondere, poi gettò uno sguardo all’infermeria. “Non qui. Non credo sia sicuro. Le va bene se ci spostassimo fuori?”
Per un istante Nana stava per dire di sì, assolutamente, andiamo fuori e spiegami tutto per filo e per segno per cortesia, ma poi si ricordò di che ore fossero e del suo dovere autoimposto. “Sai cosa, tienilo a mente, io devo tornare da- da All Might.” Dannazione, pensò. Dannazione, dannazione, dannazione, quante volte aveva chiamato Toshi per nome davanti al ragazzo? “Ora devo andare, ma più tardi, più tardi sicuramente faremo un, un discorso. Di qualche tipo.”

“Certo!” Midoriya le sorrise. “Forse potremmo parlare domani, signora Shimura? Cercherò di stare alla larga dall’infermeria così ne avremo l’occasione. Buona serata, allora.” E poi se ne trotterellò via, senza un pensiero al mondo, con una bambina fantasma dai capelli tutti sfilacciati alle calcagna.

Guardò la sua ritirata rimanendo a bocca aperta anche ben dopo che se n’era andato.

“Che cazzo.”

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Note traduttrice: come al solito mi farebbe piacere sapere cosa pensate! Ricordatevi che è il vostro supporto che ci da la motivazione per andare avanti. A voi non costa niente, tranne il tempo impiegato per scrivere!
Buona lettura ^^
 
Capitolo 5
 


Nessuno si era mai preso il disturbo di dire a Toshinori che insegnare sarebbe stato così… complicato.

Da studente sembrava tutto così semplice. Entrava con la testa vuota e i suoi insegnanti la riempivano. Lui sbagliava e loro lo correggevano.

Ma essere un’insegnante, a quanto pareva, era molto più complicato che essere un pro hero.

L’esercizio “Hero VS Villain” era stato, secondo il suo modesto parere, un relativo successo. Aveva già inquadrato i vari quirk dei suoi studenti dopo aver guardato la lezione di Aizawa del giorno prima, ma ora riusciva a concepirli meglio come potenziali combattenti. Dopotutto c’era un mondo di differenza tra vederli usare i propri quirk per aumentare i loro voti in ambito atletico e vederli usare i loro poteri in uno scontro.

Nonostante il generale successo della sua prima lezione, trascorse la maggior parte della giornata a mettere da parte la fastidiosa sensazione che gli tormentava lo stomaco. Il primo match lo preoccupò, e continuò a farlo per il resto della giornata. Il giovane Iida e Uraraka sembravano stare bene e la loro performance era stata esemplare. Ma per quanto riguardava gli altri due…

Midoriya passò il resto della lezione in infermeria, e Toshinori si beccò una sfuriata da Recovery Girl quando si infilò dentro a controllare le condizioni del suo discepolo e a nascondersi dopo che il suo tempo si fu esaurito.

“Perché hai permesso che si spingessero a tanto?” lo sgridò. “È il secondo giorno di scuola e questa è la terza volta che viene qui!”

“Le mie scuse-“

“Non è con me che ti dovresti scusare!” gli occhi di Recovery Girl si assottigliarono fino quasi a chiudersi da quanto lo stava fulminando con lo sguardo. “Cosa diavolo stavi pensando?”

“Io…” la voce di Toshinori si affievolì mentre girava la testa per guardare Midoriya. Il suo braccio destro era un disastro, floscio e leggermente sformato, scurito dai lividi dove le bende non lo coprivano. One For All era un quirk miracoloso, ma abusava ogni recipiente che non era pronto per contenerlo. Per Toshinori imponeva un duro sforzo al suo corpo emaciato che lo lasciava a vomitare sangue. Per Midoriya, solo un pizzico gli rompeva le ossa.

E sì, aveva ipotizzato che sarebbe andata così mentre stava osservando l’esercitazione; ma dopo che il match ebbe inizio Toshinori non aveva avuto la forza di costringere il giovane a interromperlo per una cosa del genere.

“Credo di aver commesso un errore.” Disse dopo un po’ Toshinori.

“Oh, un errore.” Disse acidamente Recovery Girl. “E quando ti è sovvenuto questo pensiero? Prima o dopo che concludesse l’esercizio polverizzandosi ogni osso del suo braccio destro?”

“Poco dopo aver fatto iniziare lo scontro.” Rispose Toshinori. Recovery Girl sbatté le palpebre, e per un secondo la rabbia lasciò il posto alla sorpresa.

“Oh?”

“È possibile che il primo sbaglio che ho fatto sia stato designare quelle particolari squadre come avversarie.” Spiegò. “La selezione era casuale e non sapevo- Avevo immaginato fossero amici, dopo…” Scosse la testa. “Midoriya di certo non aveva detto nulla.”

“All Might.” Disse Recovery Girl sforzandosi di restare calma. “Non ho la più pallida idea di cosa tu stia dicendo.”

“È… difficile da spiegare.”

Il match era iniziato non con un pugno, ma con una presa. Bakugou gli aveva teso un agguato con un’esplosione, e nell’istante in cui Midoriya fu alla sua portata, aveva allungato la mano e l’aveva chiusa intorno all’avanbraccio del ragazzo.

Toshinori si era aspettato di veder partire una scazzottata. Si aspettava che Midoriya rispondesse al colpo, o peggio, che Bakugou attivasse il suo quirk mentre lo teneva ancora fermo. Era un po’ una testa calda, dopotutto.

Ma nell’istante in cui la mano di Bakugou fu su di lui, Midoriya smise di muoversi.

C’era qualcosa che non andava. Bakugou era forte, certo, ma aveva afferrato solo un braccio. Midoriya non era intrappolato, neanche lontanamente.

Toshinori aveva guardato le telecamere di sicurezza, sperando di trovare un migliore angolo visivo di quello che registrava solamente la nuca del suo successore, ma non ne trovò. Dannazione, se solo potesse vedere la faccia del giovane!

“Lo sapevo.” La voce di Bakugou era strafottente quando Toshinori la sentì tramite gli auricolari degli studenti. “Qual è il problema, Deku? Pensavo che avessi un quirk adesso. Continuerai a bloccarti come un cadavere?”

La voce di Uraraka squillò all’improvviso, acuta e preoccupata. “Deku! Deku, cosa succede?” Il suo tono divenne accusatorio. “Cosa gli ha fatto?”

“Niente. Non gli devo fare nulla. È un peccato che ti sia stato rifilato lui come partner- cos’è, non sapevi che si scioglie come carta bagnata ogni volta che qualcuno lo afferra?”

E non era vero, aveva pensato Toshinori. Aveva afferrato il ragazzo per le spalle parecchie volte. Aveva visto anche altri studenti farlo, aveva addirittura visto Aizawa intrappolarlo solo il giorno prima. Ma mai prima di quel momento aveva visto il giovane Midoriya che semplicemente smetteva di muoversi.

“Quest’inutile Deku è un debole nerd.” Aggiunse Bakugou. “Lo è sempre stato.”
Uraraka lo tolse dai guai perdendo le staffe e gridando: “Lascialo stare, bullo che non sei altro!”

Midoriya si scosse, come se si fosse svegliato, divincolandosi dalla presa di Bakugou. “Non sono inutile-“ Saltò indietro in ritirata, urlando a Uraraka di correre. Bakugou lo assalì di nuovo, preparandosi a tirare un pugno-

Questa volta, Midoriya era pronto. Toshinori riuscì a malapena a impedirsi di esultare quando scaraventò Bakugou sopra la sua spalla – non bisogna avere dei preferiti, bisogna rimanere imparziali. Dopodiché, Uraraka sparì e Izuku stava di nuovo correndo.

“Hai continuato a mentire tutto questo tempo, vero?” Gli gridò dietro Bakugou con voce rauca. “Hai avuto un quirk per tutto questo tempo e hai raccontato balle a tutti quanti! Torna qui, Deku!”

Nella trasmissione audio, Toshinori poté giurare di aver sentito un singhiozzo disperato.

“Non ero assolutamente intenzionato a farlo, ma non avrei dovuto metterli l’uno contro l’altro così presto.” Disse Toshinori dopo un po’. “Non so i dettagli, ma sembra che abbiano dei trascorsi. Credo che il giovane Midoriya dovesse, uh, risolvere alcune cose.” Aggrottò la fronte. “Esorcizzare fantasmi del passato, suppongo.” Sul lettino Midoriya farfugliò qualcosa e si mosse, ma non si svegliò.

“Beh, fin qui tutto bene.” Recovery Girl fece un piccolo verso di disapprovazione. “Ma se diventerà il tuo successore, All Might, allora non devi dargli corda quando mette a rischio la sua vita o i suoi arti così precocemente nel suo sviluppo.”

“… Beh, però ha vinto.” Fece notare Toshinori.

“Non senza distruggere mezzo edificio e ogni osso nel suo braccio!” Esclamò lei. “All Might, non dovresti essere così ingenuo da lasciare che un ragazzo così giovane si butti in un’esercitazione così violenta quando è così emotivamente vulnerabile!”

“Se lo avessi saputo-“

“Non lo sapevi. Ma non è una scusa per non mettere in pratica del comune buonsenso.” La sua occhiataccia si addolcì, ma solo di un po’. “Sei un insegnante ora, All Might. E in quell’ambito sei un principiante tanto quanto il ragazzo. Hai una responsabilità verso gli alunni, non solo verso te stesso o un vago ideale di pace. Non riuscirai ad andare avanti menandoti con qualcuno e seguendo il tuo cuore. È ora che impari a usare un po’ di raziocinio, tesoro.”

Quindi, Toshinori ci provò. Le sue emozioni, i suoi impulsi e il suo istinto lo spingevano a stare dalla parte del suo successore, a occhieggiare il giovane Bakugou con sfiducia e sospetto e andare a fondo della questione seguendo solamente la campana di Midoriya. Ma il suo raziocinio gli fece ricordare lo sguardo pietrificato e inerme sulla faccia del giovane Bakugou quando la battaglia finì. Il suo buonsenso, quieto e docile ma così fastidiosamente nel giusto, gli disse che l’orgoglio esagerato di Bakugou non meritava disprezzo, ma una rettifica. Era un ragazzo come un altro; doveva essere aiutato per le sue mancanze, non punito.

Raggiunse il ragazzo mentre Bakugou arrancava giù per la scalinata principale della scuola, facendogli prendere un colpo senza volerlo visto l’urlo che lanciò. Ops, meglio fare un passo indietro, non doveva farlo correre via prima di avere l’occasione di dirgli qualcosa.

“Bakugou!” iniziò. “Te lo dirò una sola volta! La fiducia in sé stessi è sicuramente una qualità importantissima e non sei in errore a pensare di avere un talento degno di un professionista! Ma da ora in poi-“

Bakugou lo sorprese girandosi di scatto verso d lui e urlandogli di rimando: “Beh, MI È  SERVITO A MOLTO, VERO?”

Toshinori perse alcuni secondi per disincagliarsi dal filo dei suoi pensieri. “Ehm.”

“Oh, meraviglioso.” La voce di Bakugou gocciolava sarcasmo. “Ho talento. Quanto talento dovrei avere se Deku mi ha letto nel pensiero come se fossi un dannato libro e mi ha fatto fare la figura dell’idiota di fronte a tutta la classe?”

Chi diavolo è Deku è il primo pensiero che si formò nella sua mente, prima di ricordarsi che Bakugou lo aveva urlato prima e ragionando sui kanji che formavano il nome del suo successore…. Oh… beh, non era molto carino. “Andiamo, ti da così tanto fastidio?” chiese. “Non dovrebbe, sai. È il tuo secondo giorno e hai così tanto da imparare-“

“Tu non lo conosci!” scattò Bakugou, digrignando i denti. Sembrò rabbia, ma era solo una maschera, e si stava pure sgretolando velocemente. Il ragazzo aveva assaggiato la sconfitta, e lo terrorizzava. “Lo conosco da tutta la mia fottuta vita ed è un debole! È sempre stato debole! Non ha mai avuto un quirk e ora improvvisamente lui-“ le sue parole scemarono per trasformarsi in intellegibili suoni di frustrazione.

La realizzazione gli arrivò di colpo, e si mise le mani sui fianchi. “E ora, improvvisamente,” continuò al suo posto Toshinori. “Lui ti ha battuto a qualcosa.”
Gli occhi di Bakugou lampeggiarono.

“Che ti piaccia o no,” disse Toshinori. “Ti ha battuto. Hai perso, oggi, e a meno che io mi sbagli, perderai ancora molto prima di diplomarti.”
“Deve aver barato.” Soffiò Bakugou. “Ha barato oppure mi ha preso in giro per tutto questo tempo-“

“E anche se l’avesse fatto, che differenza farebbe?” chiese Toshinori. “Hai visto il resto degli scontri, come li ho visti io. Cosa pensi dei tuoi compagni di classe, ragazzo?”

Il suo studente non rispose ad alta voce, ma sollevò le spalle e strinse i pungi mentre il suo quirk scoppiettava come un mucchio di petardi. Toshinori poteva quasi sentire la sua mandibola scricchiolare. Dopo un momento, la risposta di Bakugou arrivò, soffocata e secca mentre guardava per terra. “Non posso batterli.”

“Questo perché, giovane Bakugou, tu stai partendo dal basso.” Lo informò Toshinori. “Come il resto di loro. Il tuo orgoglio non ti porterà da nessuna parte. Non so cosa ti abbiano detto fin’ora, ma questa è la Yūei, l’alma mater di metà dei top hero del paese. Non sei speciale qui.”

Questo strappò una reazione al suo interlocutore. “Beh, e allora?!” esplose Bakugou, e i suoi occhi scattarono verso la faccia di Toshinori. “Non hai ancora visto niente! Mi ha battuto solo una volta! Tutto qui! E quella ragazza con la coda di cavallo e il tizio ghiacciato- fanculo, non importa! Non mi interessa quanto forti siano tutti gli altri, perché diventerò più forte!” I suoi occhi si assottigliarono quando incontrarono quelli di Toshinori. “Li supererò, e supererò anche te. Ti passerò davanti e diventerò il top hero.”

Toshinori sbatté gli occhi. Cielo, me le ha proprio cantate. Per un momento cercò una risposta appropriata, una qualche perla di saggezza educazionale da regalare al giovane, ma il suo cervello era vuoto. Alla fine, tutto quello che poté dire fu: “Non vedo l’ora.”

La conversazione finì lì, lasciando che Bakugou andasse verso casa e Toshinori tornasse nell’aula insegnanti per calmarsi e analizzare i suoi pensieri. Si era già spinto oltre i suoi limiti per discutere con Bakugou e non poteva rischiare di essere visto dagli altri studenti nel suo stato emaciato, quindi probabilmente non avrebbe avuto tempo per intercettare Midoriya e parlarci prima che il ragazzo tornasse a casa.

Aveva fatto bene? Non aveva agito male, giusto? Non gli sembrava di aver rovinato qualcosa.

Lo scopriremo solo vivendo, decise infine. Aveva acceso un fuoco dentro Bakugou, poco ma sicuro. Sperava solo che fosse la cosa giusta da fare, e che riuscisse a fare lo stesso per Midoriya e il resto dei loro compagni.

“Cos’hai?” chiese Aizawa mentre gli passava accanto.

“Insegnare è difficile.”

Ha.” Rise Aizawa, ma non suonava come una risata. “Ha. Ha. Benvenuto all’inferno, Numero Uno. Non hai altri da incolpare che te stesso.”

 
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Nana era sia irritata che colpita.

Guarda caso, Midoriya non riuscì a evitare di stare alla larga dall’infermeria. Infatti, Nana si ritrovò ad aspettare che uscisse per tutto il giorno prima che si mostrasse finalmente di nuovo nel corridoio.

“Bel placcaggio.” Disse, ed era leggermente delusa quando le fece a malapena un cenno invece di spaventarsi come aveva sperato. La sua onnipresente compagna fantasma doveva averlo avvertito in qualche modo. “Peccato per cosa hai dovuto fare per prenderti quella vittoria, porca miseria moccioso, sii più prudente. Continua a sparare One For All in giro in quel modo e finirai per far diventare il tuo scheletro una poltiglia prima della fine dell’anno.” Non la si poteva biasimare in alcun modo se gli parlava così entusiasticamente: quella era la prima volta dopo anni che poteva essere arguta di fronte a un pubblico vivo. Con suo immenso disappunto, il ragazzo continuò a considerarla poco o niente mentre continuava a camminare. Preoccupata, Nana lo raggiunse.

“Ehi, dai, su.” Disse, occhieggiando la fascia che gli adornava il braccio. “Non volevo insinuare nulla. Ehi. Ragazzino. Non mi sono immaginata tu che mi vedevi ieri, vero?”

“Oh, uh. No. Scusi.” Ebbe la decenza di apparire imbarazzato, e Nana notò che aveva scelto la via più lunga per tornare in classe.

“Sarai in ritardo.” Gli fece notare.

“Sono già in ritardo.” Disse lui, troppo stanco per fingere allegria nella sua voce.

Insistente come sempre, Nana si insinuò sotto di lui per dare uno sguardo alla sua faccia. Era scura come una lavagna vuota, ma c’era una tensione nella sua mascella che chiedeva di essere spiegata. “Qual è il problema? È stata una battaglia dura, ma hai comunque vinto, tecnicamente.”

Occhi verdi e lucidi saettarono momentaneamente verso di lei prima di tornare a fissare il pavimento davanti a lui. “Lo so.”

“Stai pure perdendo tempo piuttosto che tornare in classe. Come mai?”

Borbottò qualcosa.

“Alza la voce ragazzino, le mie orecchie sono qui sopra.”

“Non voglio vedere Bakugou.”

“Il dinamitardo? Lui?” Nana cercò di sgomitarlo scherzosamente. “Dai Midoriya, ti sei già fatto valere. Voglio dire, certo, è stata una partenza brusca. Ti sei bloccato, succede. Non vuol dire che tu non lo abbia rivoltato come un’omelette.”

“Non voglio parlargli.”

Quel discorso non la stava portando da nessuna parte. Nana sospirò pesantemente. “Beh, come vuoi. Comunque, vuoi ancora parlarmi?”

“Oh, giusto!” alzò lo sguardo e si illuminò di nuovo, sorridendole; anche se si chiese quanto genuino fosse quel sorriso. “Allora… ieri aveva delle domande?”

“Ho mille domande.” Nana scosse la testa. “Prima di tutto, com’è potuto succedere? Com’è che stiamo facendo questa conversazione? Tu sei vivo, io sono morta. Ma tu mi vedi. Come?”

“Come pensa che faccia?”

Gli fece uno sguardo acido.

“Scusi, non dovrei essere ironico.” Midoriya si aggiusto cautamente la fascia che gli teneva il braccio. “Beh, per farla breve è il mio quirk.”

La risposta non sorprese del tutto Nana, ma le fece comunque rivoltare lo stomaco – o qualunque cosa fosse che i fantasmi avevano. “… Quello che avevi detto di non avere, sei mesi fa.” Notò Nana, il tono accusatorio. La sua pietà e preoccupazione erano svanite in fretta.

Midoriya interruppe il contatto visivo e tornò a guardare il pavimento. “… Sì.”

Nana cercò di mantenere il tono di voce normale, ma non ci riuscì del tutto. Era abbastanza arrabbiata, e perché non avrebbe dovuto? Quel ragazzino aveva sfoderato degli occhioni tristi e lacrimosi e raccontato a Toshinori la favoletta del povero piccolo quirkless tenendolo all’oscuro riguardo la verità. Chi si credeva di essere? “Gli hai mentito.” Disse seccamente.

“Non la prenda sul personale. Io mento a tutti.”

Per un momento Nana fu distratta dalla sua lista di domande. Lo aveva osservato solamente da lontano, ma da quanto aveva visto Midoriya era risultato essere ai suoi occhi… beh… non proprio un raggio di sole incarnato, ma ci andava abbastanza vicino. Però in quel momento sembrava quasi… non voleva usare la parola “amareggiato”. Non era nemmeno cinico. Acido, forse? Secco? Stanco?
… Quelle occhiaie di sicuro non se n’erano mai andate.

Nana sospirò, più irritata che incazzata. “Non mi piace che tu gli abbia mentito.” Disse dopo un po’. “Ma posso più o meno capire perché, con un quirk del genere.” Lo guardò di nuovo. “Però, ho sentito tutto quello che hai detto su quanto faccia schifo essere quirkless, e ti credo. Quindi mi sembra che tu stia perdendo un sacco di attenzione, non sbandierando ai quattro venti un quirk del genere.” Fece finta di non vederlo irrigidirsi. “Almeno riusciresti a chiudere la bocca a quel ragazzo bombarolo.”

No.” Fu talmente enfatico che quasi riecheggiò nel corridoio, mentre la piccola poltergeist emanò un basso sibilo. “Io…” Midoriya scosse improvvisamente la testa, come se per liberarla. “Non è che non voglia. Lo voglio fare. ma non posso. Nessuno mi crederebbe in ogni caso.”

“Non puoi saperlo-“

“Invece sì.” La mano indenne di Midoriya si arricciò in un pugno. “Ci sono programmi, dei programmi TV stupidi. Con i sensitivi, ha presente?”

“Oh.” Disse Nana acidamente. “Quelli.”

“Vero? Voglio dire, alcuni di loro sono reali. Le cose minori come leggere nel pensiero sono vere. Per la maggior parte sono persone con quirk deboli e un sacco di artisticità, e quella roba va bene, non fa male a nessuno. Ma poi… Poi ci sono persone che dicono di possedere un quirk come il mio, e… beh, hanno un loro pubblico, ma sono più che altro persone che deridono i sensitivi o chi ci crede.” Midoriya si fermò e si girò verso di lei. “E li ho guardati. Tutti. Ogni episodio, anche di programmi stranieri. Mia madre pensa che io sia pazzo per guardare quella spazzatura, ma a me non piace, io solo… Continuo a pensare che forse…” Una scintilla di disperata tristezza gli attraversò il viso e sparì l’istante dopo. “Ma non sono mai veri. Usano tavole Ouija e sedute spiritiche e cose del genere, e ogni volta stanno parlando al nulla oppure i fantasmi gli stanno ridendo in faccia.” Fece una pausa, singhiozzando, e si asciugò gli occhi con la mano buona. “E-e so che se cercassi di parlarne con qualcuno penserebbero solamente a questo. Solo a bugiardi sulla TV. Quindi non posso dirlo a nessuno. Nemmeno a All Might.” Incrociò i suoi occhi e qualunque tipo di disapprovazione avesse in cuore si sciolse di fronte a quanto le si stesse spezzando il cuore. Sembrava così esasperatamente giovane e piccolo e solo. “Mi dispiace di avergli mentito. Mi- mi sembra di barare ad avere due quirk.”

Nana cercò di mantenere l’espressione seria per un altro po’; infine sospirò e scosse la testa. “Beh… Non devi preoccuparti di averne due.” Disse. “Solo il cielo sa quanto tu ti stia preoccupando abbastanza per tutto il resto, non vale la pena di perderci il sonno. Non è barare, e non sei certo il primo.”

Nana sapeva di non essersi immaginata la nota di sollievo nel modo in cui si rilassarono le sue spalle. “Comunque è abbastanza inutile.” Disse lui. “Voglio dire, per un hero. Tutto quello che posso fare è… vedere e sentire cose che non possono influenzare nessun’altro. Non posso usarlo in combattimento o per guarire. Quindi non è un grande vantaggio. Sto comunque andando avanti solamente con le mie forze.”

Nana gli sparò il suo sorriso da supereroina e insieme ricominciarono a camminare. “Questo è lo spirito. Prossima domanda: chi è la tua amica?”

Midoriya lanciò uno sguardo alla bambina fantasma. “Oh, lei? Si chiama Rei. Voglio dire, non so il suo vero nome, non me l’ha mai detto, quindi la chiamo Rei e sembra che le vada bene.” La bambina sorrise, come se il nomignolo fosse un regalo molto apprezzato di cui vantarsi. “L’ho incontrata quando avevo sette anni. Si era nascosta nel mio armadio e aveva cercato di spaventarmi, quindi le ho prestato i miei giocattoli e siamo migliori amici da allora. Non so se ha qualche problema irrisolto, ma sembra che le vada bene semplicemente seguirmi in giro.” Rei annuì vigorosamente, i capelli scuri che le cadevano davanti al viso. “Può uscire dalla TV come Sadako*.”

“Oh… capisco.”

“Una volta la stavo ignorando e ha deciso di uscire dal mio 3DS.”

“… Forte.” Nana si schiarì goffamente la gola. “E, ultima domanda per ora: ieri mi hai chiesto se avevo bisogno di aiuto per qualcosa…?”

Midoriya si illuminò. “Sì! Ne ha bisogno?”

“Nnnnnon che io sappia, mi stavo solo chiedendo cosa intendevi.”

“Per molti fantasmi è quello il problema.” Spiegò Midoriya. “Alcune volte il motivo per cui restano è perché hanno davvero, davvero bisogno di fare qualcosa che non sono riusciti a fare prima di morire. Per esempio, un’ultima cosa da dire a qualcuno, oppure hanno perso qualcosa, o c’è un problema che devono risolvere e hanno bisogno di un paio di mani. Ecco perché chiedo sempre appena incontro un nuovo fantasma. Qualche volta riesco ad aiutarli. O a volte hanno semplicemente bisogno di parlare con qualcuno che non sia un altro fantasma.”

Nana lo fissò, momentaneamente senza parole. “Questo… è un carico molto pesante per un ragazzo così giovane.”

“Sì, ma lo posso fare.” Midoriya si strinse nelle spalle. “Forse sono l’unico che può farlo. Quindi lo faccio. E ho incontrato un sacco di persone interessanti, il che è fantastico perché non ho mai avuto degli amici prima di venire alla Yūei. Amici vivi, almeno.” Esitò, corrucciandosi un po’. “Questa è una delle ragioni per le quali voglio diventare un hero. Aiuto persone morte tutto il tempo. Vorrei impedire la morte di qualcuno, tanto per cambiare.”

Nana guardò la sua faccia e non poté evitare di evitare di scuotere lentamente la testa per la meraviglia. Le scappò una risata.

“Cosa c’è di così divertente?”

“Stavo solo pensando.” Nana ghignò. “Sei un ragazzino dannatamente strano, ma penso che Toshi abbia fatto un’ottima scelta con te.” Accorgendosi dello scivolone distolse lo sguardo e si tirò un calcio mentalmente. “Uh. Voglio dire, All Might.”

Nana continuò a guardare avanti, ma sentiva gli occhi del ragazzo su di sé. Era un tipo curioso, realizzò con un sussulto. Un ragazzino curioso e fan di All Might, per niente una buona accoppiata per un ragazzino che poteva vederla e sentirla.

“Allooora… Conosce All Might?” chiese Midoriya.

Nana esalò un sospiro. “Sì lo conosco, ma penso che tu lo sapessi già, il che rende quella domanda abbastanza inutile, non credi?”

“Uh. Sì.”

“Farò qualcosa di scorretto.” Continuò Nana, fermandosi in mezzo al corridoio e girandosi verso di lui. “Ma devo chiederti di non assillarmi con domande riguardo a questo argomento. Ci sono… ci sono cose di cui non penso lui sia pronto a parlare, e io sono un fantasma, ragazzino. Sono morta stecchita, e questo significa-“ dovette fermarsi un momento quando le parole le vennero meno. “Questo significa che non faccio più parte della sua storia. Ho mantenuto i suoi segreti perché era impossibile per me fare altrimenti, ma ora che è possibile vorrei continuare a custodirli. Ti dirà lui certe cose, spero, quando sarà pronto; quindi non cercare informazioni da me prima di allora.”

“Questo… non è scorretto.” Disse Midoriya. “E non lo farò. Lo prometto. Uhm. Però devo dire che, uhm, so che dev’essere molto triste seguirlo quando non lui non può vederti o sentirti… quindi. Se avrà mai, non so. Bisogno di parlare con qualcuno? Anche se è solo riguardo al tempo… o a una barzelletta che ha sentito. Io di certo- è solo un’offerta. Non deve per forza farlo. Ho solo pensato di dirglielo…” la sua voce di affievolì per l’imbarazzo.

Nana rise di nuovo, scuotendo la testa. “Diavolo. Hai proprio un cuore d’oro, Midoriya. Non fartelo mai portare via da nessuno, capito?”

“Oh, uh, va bene.”

“Beh, bella chiacchierata. È meglio che io vada. Ci vediamo in giro, ragazzo.” Nana si girò per andarsene.

“Aspetti, uhm, signora Shimura?”

Lei si fermò. “Sì?”

“Avrei una domanda, e, uhm, non deve rispondere per forza se non vuole.” Midoriya spostò il peso da un piede all’altro, a disagio. “Ma… aveva menzionato One For All, quindi deve sapere almeno qualcosa a riguardo. E mi stavo chiedendo se lo conoscesse prima di morire? E di quanto fosse a conoscenza? perché se la risposta fosse , e molto, allora lei potrebbe, non lo so, darmi qualche consiglio?” Si strinse al petto il braccio maciullato. “Così che questo non accada di nuovo.”

Nana ponderò la questione per un momento. Il suo essere insegnante non era sempre esistito: si era creato con e per Toshi e ora Nana poteva sentirlo scalpitare per uscire. Il desiderio di prendere quel piccoletto sotto la sua ala protettrice e dirgli tutto quello che sapeva dello One For All era forte. Ma…

“Non posso, davvero.” Disse riluttante.

La guardò con la più totale mortificazione negli occhi. “Non può o non vuole?”

“Non dovrei.” Rispose. “Come ho detto, ci sono delle cose di cui non posso parlare senza menzionare altre cose che so che Toshi- All Might ti direbbe quando sarà pronto. O quando sarai pronto tu.” Lo guardò mestamente. “Sono morta, piccolo. Lui è il tuo insegnante, non io.”

“Beh… se è sicura…” Midoriya la stava guardando come se fosse un cucciolo che Nana stava lasciando in una scatola di cartone bagnata sul bordo della strada. “È sicura di non poter darmi, non lo so, un suggerimento?”

Nana chiuse gli occhi e pregò che qualcuno le prestasse della pazienza. Non avrebbe dovuto farlo. Non dovrebbe usurpare una posizione che non era più sua- una posizione che aveva gettato via come un’idiota.

Però… gli occhioni erano sempre stati una sua debolezza, e Midoriya li sfoggiava con precisione letale. Forse un solo suggerimento…? Una piccola spintarella…?

“Beh…” disse dopo un po’. “Non sono sicura di cosa poterti dire riguardo a One For All, ma immagino di poterti dare una dritta verso la giusta direzione. Hmm… Gran potrebbe aiutarti.” Sorrise, congratulandosi mentalmente con sé stessa. Gran poteva aiutarlo di sicuro. A Midoriya non sarebbe piaciuto come, ma non aveva specificato che dovesse essere facile.
Era meglio lasciare che se ne occupassero i vivi.

“Gran?” le fece eco Midoriya.

“Intendo Torino. Un vecchio amico di All Might.” Nana gli fece un occhiolino. “È uno dei più forti pro che ci siano in circolazione, ma è un vecchiaccio riservato ed è difficile da trovare, e non alzerà un dito a meno che non creda che ne valga la pena.”

“Allora come posso fare affinché mi aiuti?” La pressò Midoriya. “Non ho nemmeno mai sentito di nessuno con quel nome.”

“Semplicemente lui funziona così. Tutto quello che devi fare è cercare un modo per attirare la sua attenzione: ho il presentimento che saprà cosa bolle in pentola quando lo vedrà.” Si picchiettò pensosamente il mento. “Il Festival dello Sport potrebbe andare, quindi dovresti avere un po’ di tempo per trovare il tuo ritmo.”

“Non saprei…” Midoriya abbassò lo sguardo verso il braccio martoriato. “Mi ci sono voluti sei mesi per ricevere One For All. Il Festival dello Sport-“

“-non gira solo intorno chi molla il pugno più forte.” Lo interruppe Nana, senza riuscire a fermarsi. “E ringrazia la tua buona stella che sia così, giovane, altrimenti dovresti distruggerti di nuovo da solo per avere una possibilità.” Lui trasalì. “Ehi. Un idiota può lanciare pugni a caso. E tu, piccolo Midoriya, non se un idiota.”

“Questo è da vedere.” Disse seccamente Midoriya.

“Davvero? Ho visto il mostro di melma. Non è stato un colpo fortunato: tu hai mirato agli occhi, non è così? Sapevi esattamente quello che stavi facendo.”

“Sì, e guardi com’è andata-“

“Esattamente come ti serviva che andasse, ed è quello di cui hai bisogno ora: hai attirato l’attenzione della persona giusta.” Impulsivamente, Nana allungò la mano per scompigliargli i capelli e fu piacevolmente sorpresa di scoprire che ci riusciva. La sua mano arruffò i suoi ricci selvaggi invece di passargli attraverso come un miraggio, e Nana riusciva a sentirli. “E in aggiunta ha tenuto te e il tuo amichetto vivi abbastanza a lungo da permettere ai rinforzi di arrivare.”

“Mm.” Midoriya aggrottò la fronte, pensieroso, e non necessariamente nel senso buono.

“Ehi. Ragazzino. Hai capito qualcosa? Me l’hai chiesto tu.” Nana inclinò la testa, studiando l’ultimo custode di un potere che una volta era stato suo. Era piccolo, ancora più piccolo di com’era Toshi alla sua età. Un nanerottolo gracile che sembrava non avesse dormito bene per una settimana. Eppure, c’era una scintilla in lui che non poteva ignorare. “Sei un novellino, lo so. Non sei abituato a essere così forte. Lavora per abituarti a questa sensazione, lavora per diventare più forte, ma non dimenticare quello che hai già.” Quando lui alzò lo sguardo, Nana gli diede un buffetto carico di significato sulla fronte. “Continua a tenere in esercizio anche quel muscolo. Intesi?”

“Io… penso di sì.” Disse Midoriya. “Penso di riuscire ad arrangiarmi.”

“Bene.” Nana si mise le mani sui fianchi. “Sei ancora un principiante, ragazzino. Ogni tanto ‘arrangiati’ sarà il miglior consiglio che riceverai.” Gli fece un occhiolino. “Ci vediamo in giro.”

Svanì, guizzando via per trovare Toshi. Il senso di colpa si agitava in un angolo della sua testa: voleva dargli solo un indizio e aveva finito per fargli un intero discorso motivazionale.

Nana si disse, fermamente, che non lo poteva fare più. Doveva lasciare che Toshi fosse il suo insegnante, soprattutto dal momento che non aveva idea che lei fosse ancora in circolazione per aiutare. Ma il ragazzino gliel’aveva chiesto direttamente, e non aveva potuto dire di no a quel viso.

Ma doveva dire di no. Non sarebbe stato giusto, altrimenti.




*Sadako è il nome del personaggio su cui è basato quello di Samara; in pratica è la ragazzina fantasma che esce dalla TV nel famosissimo horror The Ring.

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Note traduttrice: con questo capitolo chiudo la mia produzione per l'anno 2018. Essendo l'ultimo dei capitoli pronti che mi ero messa da parte, per il prossimo aggiornamento dovrete aspettare un pochino. Dal prossimo capitolo YUTS entrerà nel pieno della trama e diventerà ancora più godibile! Non vedo l'ora. 
Come al solito fate sapere cosa ne pensate! Buon 2019 a tutti!



 
Capitolo 6

 
 
Ci sono poche cose a questo mondo più imbarazzanti di incrociare il tuo insegnante mentre stai facendo la spesa.

Toshinori lo sapeva perché anche lui era stato un adolescente e sapeva perfettamente che a quell’età avrebbe desiderato un quirk dell’invisibilità come prevenzione nel caso avesse mai incrociato, per esempio, Gran Torino al negozietto all’angolo.

Quindi non aveva assolutamente nessuna intenzione di mettere il giovane Midoriya in una situazione del genere. Come poteva sapere che il suo studente e successore avrebbe passato il primo weekend dell’anno scolastico visitando gli stessi grandi magazzini di Toshinori?

Aveva solo intenzione di prendere un paio di cose al piano terra. I prezzi erano buoni e l’assortimento era migliore di quello di un negozio all’angolo. Era un viaggio semplice e veloce; doveva esserlo, se voleva riuscire a farlo nella sua vera forma.

Le persone gli cedevano il passo quando potevano. Non che lo stupisse: anche senza il vomito sanguinolento la gente tendeva a essere presa in contropiede dalla sua figura emaciata. Possedeva il tipo di aspetto che le madri indicavano ai loro figli, sussurrando loro dei pericoli di non mangiare le verdure.

I precedenti sei anni gli avevano insegnato molto riguardo alla sua capacità di ignorare le persone.

Nonostante tutto, mentre si metteva in fila dietro alla coda più breve, non stava ignorando i dintorni abbastanza da perdersi una familiare zazzera di capelli verdi che era apparsa agli estremi del suo campo visivo. Qualche cassa più in là, il giovane Midoriya aveva gli occhi puntati sulla sua fila e non lo aveva visto. Toshinori non riusciva a vedere la sua faccia, ma pareva che stesse fissando il vuoto. Lo faceva spesso.

E se andasse a salutarlo? Toshinori voleva parlare con lui a tu per tu sin dalla conclusione dell’esercizio Hero VS Villain, ma non ne aveva ancora avuto l’occasione. Anche dopo sei mesi di monitoraggio del suo allenamento intensivo, Toshinori non aveva mai realizzato quanto fosse sfuggente. E quella era la conferma: il giovane non aveva mai saltato un allenamento semplicemente perché non ci aveva mai provato. Era esattamente dove voleva essere.

Sarebbe stato  strano avvicinarlo in quel momento? Toshinori esitò; il ragazzo aveva l’insana abitudine di urlare istintivamente il suo nome senza pensare ad eventuali testimoni.

Gli andrò incontro all’uscita, decise, e nel momento in cui aveva completato quel pensiero arrivò alla fine della coda.

Aveva appena finito di pagare le sue cose quando ci fu un po’ di trambusto nell’altra fila. C’era un uomo che cercava di pagare la sua spesa, ma sembrava che stesse avendo problemi a comunicare alla cassa. Il cliente gesticolava, apparentemente ignorando quello che il cassiere stava cercando di dirgli o fraintendendolo… Toshinori non riuscì a capirlo da quella distanza. Mentre si spostava per lasciar posto alla persona dietro di lui, continuò a guardare e a chiedersi quale fosse il problema.

E poi Midoriya fu lì, insinuandosi tra la folla per raggiungere la cassa. Si avvicinò cautamente, agitando la mano per attirare l’attenzione del cliente. Sotto gli occhi di Toshinori, Midoriya aspettò finché il cliente non lo guardò; poi fece una serie di gesti con le mani.

Il sollievo sul viso del cliente fu palese. Gesticolò in risposta, e il tutto si trasformò in una conversazione silenziosa tra i due. Midoriya si girò, disse qualcosa al cassiere, segnò qualcosa all’uomo, e continuò a fare avanti e indietro tra i due, fungendo da mediatore per la loro conversazione.

Beh. Toshinori aveva pensato che il ragazzo avrebbe smesso di sorprenderlo, ma sembrava che Midoriya avesse ancora qualche asso nella manica.

Il cliente finì la sua transazione e si prodigò in una serie di gesti entusiasti che Toshinori immaginò fossero sentiti ringraziamenti. Midoriya rispose e si girò per tornare al suo posto in fila, ma il cliente successivo sorrise e gli indicò di passargli davanti. Toshinori vide il suo studente arrossire per i complimenti mentre lo assecondava. Non aveva molto da comprare e sembrava impaziente di sgattaiolare timidamente via dalla gratitudine del cassiere. Uscì, e quando alzò la testa incontrò gli occhi di Toshinori.

Toshinori si irrigidì in previsione di un eventuale saluto urlato, ma con suo grande sollievo Midoriya si bloccò all’ultimo secondo. Invece di chiamarlo, il ragazzo strinse la bocca e lo avvicinò con un timido saluto.

“Era linguaggio dei segni?” chiese Toshinori quando fu a portata d’orecchio.

“Oh! Hai, uhm, lo hai visto?”

“Sì.”

“Sì, era, uhm…” Midoriya si strinse nelle spalle. “Era sordo e aveva problemi a parlare con il cassiere, quindi… sì. Cosa ci fai qui?” Sbatté le palpebre prima di fare retromarcia. “V-voglio dire, non è che tu non abbia lo stesso diritto di venire qui di tutti gli altri, voglio dire, è un luogo pubblico e un bel negozio e non intendevo- Sono solo sorpreso di vederti e-“

“Calmati, ragazzo mio.” Toshinori gli diede una leggera pacca sulla spalla. “Una fortunata coincidenza, tutto qui. Sto solo facendo un po’ di spesa. E tu?”

“Oh, uh, mia mamma mi ha mandato a prendere delle cose.” Midoriya sollevò la sua busta. “Avevamo bisogno di nuovi stracci per la cucina. Dovrei, uhm, anche andare sul tetto.”

Toshinori inclinò la testa. “Ai ristoranti?”

“Negozio per animali.” Disse Midoriya. “Mi, uh, serve del cibo per gatti.”

“Ah. In questo caso, ragazzo mio, ti darebbe fastidio se ti accompagnassi?”

“Cosa? Voglio dire, n-no, per niente. Certo.” Midoriya si girò e aspettò che Toshinori si adattasse al suo passo; poi entrambi si diressero verso gli ascensori.

“Se posso chiedere…” disse Toshinori. “Dove hai imparato il linguaggio dei segni?”

“Oh, è solo una cosa che ho… imparato da piccolo.” La voce di Midoriya si affievolì, a disagio, e non aggiunse nient’altro.

“Ah.” Sembrava metà della risposta. Forse sarebbe stata necessaria un po’ più di persuasione per scoprire il resto della storia. “Beh, suppongo che tutti abbiamo le nostre passioni. Io ogni tanto mi dedico al giardinaggio.”

Midoriya alzò lo sguardo, la sorpresa stampata in faccia. “Davvero? Tu?”

“Non essere così sorpreso, ragazzo mio.” Toshinori ridacchiò. Fece una pausa, inclinando pensosamente la testa. “Per gli eroi, è bene avere qualcosa del genere. Una parte della nostra vita che non ha niente a che fare con il lavoro. Ci esauriremmo, altrimenti. Qualcuno impara dei lavoretti artigianali, o impara delle lingue per il semplice piacere di farlo. Per me sono fiori sui davanzali, del basilico fresco in un vaso, quel genere di cose. Mi distrae. Sorridere non può risolvere ogni cosa, dopotutto.”

Midoriya fece un suono per indicare che stava ascoltando, ma a parte quello era silenzioso. Si rigirò tra le dita le maniglie della borsetta di plastica; poi, finalmente, parlò di nuovo. “Davvero è lo fanno tutti gli hero?”

“Certo. Present Mic ha il suo show radiofonico. Aizawa prende in affidamento i gatti dei rifugi – ma io non ti ho detto nulla, eh.”

Quello strappò una risata a Midoriya, e un po’ della tensione nelle sue spalle sembrò dissolversi. “Beh, c’è stato-“ Si mordicchiò il labbro, cercando le parole giuste. “Quando avevo sette anni ho attraversato una strana fase dove non volevo parlare. Ero molto timido quindi- insomma, mia mamma non voleva spingermi a parlare se non volevo, quindi si è procurata dei libri sul linguaggio dei segni e abbiamo imparato insieme.” Si illuminò un pochino. “Ogni tanto è ancora molto utile, per esempio se siamo in un luogo confusionario, oppure se ci dividiamo in un supermercato. È meglio di urlare da un capo all’altro del negozio.”

Raggiunsero gli ascensori e Toshinori premette il pulsante per salire. Midoriya quasi inciampò mentre si fermava. Rimbalzò un pochino sui talloni e tormentò di nuovo le maniglie della busta.

“Uhm,” cominciò. “Posso incontrarti di sopra? Io prendo le scale.”

“Fino al tetto?”

“Beh, sì.” Midoriya sorrise. “Non posso tralasciare l’allenamento per le gambe, giusto?”

Toshinori sbatté le palpebre, poi gli scappò un’altra risata. “Sei davvero ossessionato.” La porta dell’ascensore si aprì, ma Toshinori la ignorò e si girò invece verso l’entrata delle scale. “Andiamo, allora.”

“Oh! Uhm, sei sicuro che tu…” Midoriya trotterellò per raggiungerlo.

“Non ti preoccupare per me.” Una volta che la porta si fu chiusa dietro di loro, Toshinori attivò il suo quirk. “Non ho fatto alcuna azione eroica oggi. Ho ancora parecchio tempo.”

“Oh, bene.” Midoriya sembrava sollevato.

“In verità è una fortuna che ti abbia incontrato.” Disse Toshinori. One For All rendeva nove piani di scale una quisquilia. “Speravo di poterti parlare.”

“Okay.” Disse Midoriya, cautamente. “Di cosa?”

“L’esercizio del secondo giorno di scuola.” Rispose Toshinori. “Ero un po’ preoccupato, se devo essere onesto.”

“D-davvero?” la cautela si era trasformata in vero e proprio nervosismo. “Come mai?”

Toshinori ponderò se allungare la minestra ancora un po’ e spingerlo a parlare da solo, ma quella scalinata vuota non sarebbe durata all’infinito. “Ho notato che ti sei bloccato all’inizio.” Disse. Sperava di non suonare troppo critico, non voleva imbarazzare il ragazzo fino a farlo tacere.

“Oh.” Midoriya guardò il muro mentre salivano gli scalini. “Quello.”

“E, nel caso non lo sapessi, potevo sentire tutto quello che vi stavate dicendo.” Aggiunse Toshinori. “Anche se sapevo che tu e il giovane Bakugou eravate conoscenti, non sapevo che aveste quella sorta di trascorso.”

“Sì, b-beh, è tutto qui.” Balbettò Midoriya. “Sono trascorsi. Nuova scuola, nuovo inizio, nuove persone. Va bene, è solo…”

“Recovery Girl me le ha cantate mentre eri addormentato.” Ammise Toshinori.

Quella volta Midoriya si girò verso di lui, gli occhi spalancati. “Mi dispiace molto, non intendevo-“

“Non è colpa tua, ragazzo mio.” Lo rassicurò Toshinori. “In realtà è mia, e lei aveva ragione. Avrei dovuto fermare quel match prima che tu ti ferissi in quel modo.”

Midoriya fece un verso vago e spostò di nuovo l’attenzione verso il pavimento.

“La ragione per cui non l’ho fatto è stata… beh, sembrava che tu dovessi dimostrare qualcosa.” Continuò Toshinori.

“Oh.” Disse Midoriya. Lo diceva spesso.

“Dovevi?”

“Fare cosa?”

“Dimostrare qualcosa?” chiese Toshinori. “Sei riuscito a trasmettere quello che volevi dire?”

“Uhm, forse?” Midoriya si strinse nelle spalle. “Non lo so. Penso di sì. Oppure l’ho fatto incazzare ancora di più. Non penso- voglio dire, non posso-“ sospirò, frustrato. “Non è qualcosa che posso aggiustare. E anche se potessi, non ce la farei in un giorno. Ci sono semplicemente troppe cose che sono andate nel verso sbagliato.”

“Vorresti, ehm, insomma.” Toshinori si tirò mentalmente un calcio per essersi impappinato. “Vorresti parlarne o…?”

“In realtà no.”

“Va bene” non era sicuro se dovesse sentirsi deluso per essere stato allontanato in quel modo, o preoccupato di quanto sembrava essere a disagio il giovane Midoriya. “Sappi solo che se lo vorrai, sono disposto ad ascoltare.”
 
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“Allora, linguaggio dei segni, uh?”

Izuku non rispose ad alta voce ma annuì, e la signora Shimura esalò un pensieroso “Huh.”

“Potrei impararlo anche io, allora.” Disse lei. “Renderebbe più facile per te parlarmi senza farti scoprire.”

“Posso essere silenzioso.” Mormorò, muovendo la bocca il meno possibile. Passò il dito sul contorno delle scatolette di cibo per gatti finché non trovò la marca giusta. All Might, di nuovo nella sua vera forma, era momentaneamente distratto dai conigli. Rei era appiccicata al fianco di Izuku, occhieggiando la signora Shimura con cauta condiscendenza.

“Buon per te. Allora, come vanno le cose?”

“Beh…” Izuku mise una confezione di scatolette nel suo cestino. “Sto cercando di comprendere One For All, come mi ha detto di fare. Mi sto allenando ad attivarlo, e quello riesco a farlo senza problemi. Ma non posso farci niente. Non ci ho provato.” Le lanciò una veloce occhiata. “È sicura che non ci sia niente che può dirmi che potrebbe aiutare?”

“Non spetta a me, ragazzino.” Gli disse dolcemente la signora Shimura.

“Glielo sto chiedendo, però. Lo sto chiedendo a lei.”

Un sospiro. “Senti, ragazzino, io semplicemente… semplicemente non posso. Non sarebbe giusto.” Prima che Izuku potesse chiederle cosa intendeva, aggiunse: “Voglio dire, il tuo vero maestro è proprio lì.”

“Quando chiedo a lui non capisco.” Mormorò Izuku. “È talmente bravo che non deve nemmeno provarci. Semplicemente... per me non funziona nello stesso modo.” Un colorato giocattolo con le piume catturò la sua attenzione e Izuku lo prese dallo scaffale per poi avviarsi verso la cassa.

“Non è colpa tua, ragazzino.” Lo rassicurò la signora Shimura. “Stai imparando. E anche lui.”

Izuku lanciò un’occhiata ad All Might, corrugando la fronte. All Might, imparare? Sa che, a logica, All Might doveva essere stato uno studente ad un certo punto. Ma era un fatto troppo lontano nel passato e, ferito o meno, era il top hero e era molto più potente di tutti gli altri. Il pensiero che lui avesse bisogno di imparare qualcosa sembrava quasi assurdo.

“Anche un vecchio cane può imparare nuovi trucchi.” Disse la signora Shimura, come se gli avesse letto nel pensiero. “Penso che voi due abbiate molto da insegnarvi a vicenda.”

“Pensavo che avesse detto che non era vecchio.” Sussurrò Izuku, e sorrise quando la sua battuta le strappò una risata.
 
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La seconda settimana di scuola passò. Iida e Yaoyorozu, da poco eletti rappresentanti di classe, ogni tanto erano esitanti riguardo i loro doveri, ma Iida specialmente si trovava a suo agio come un pesce nell’acqua. Dentro di sé, Izuku era contento: per quanto avesse desiderato quel ruolo, era sicuro che Iida avrebbe fatto sicuramente un lavoro migliore del suo.

Innanzitutto, Iida non era neanche lontanamente distratto quando lui. Non fissava allegramente i muri quando avrebbe dovuto prestare attenzione in classe. Non borbottava fra sé e sé cose che non avevano nulla a che fare con i problemi di matematica sulla lavagna. Non guardava il vuoto sorridendo e ridendo sotto i baffi per battute che gli tornavano in mente.

Ovviamente, neanche Izuku lo faceva. E non era per niente colpa sua se tutti pensavano il contrario.

“Midoriya. Ehi, Midoriya!” Non era che a Izuku non piacesse Kirishima; Kirishima era una delle persone più gentili che conoscesse, probabilmente. (O era segretamente uno stronzo oppure un santo, a giudicare da come desiderava stare intorno a Bakugou, senza nessun particolare motivo.) Ma Rei era testa a testa con un altro fantasma che gironzolava nella classe in una gara per vedere chi riusciva a fare la faccia più grottesca e Izuku non riusciva a staccare gli occhi dalla scena. Fu solamente quando Kirishima lo colpì scherzosamente alla nuca con il libro di letteratura moderna di Cementoss che si ricordò dov’era.

Riscuotendosi dal suo sogno a occhi aperti, Izuku riuscì finalmente a distogliere lo sguardo sbattendo le palpebre, confuso. “Huh?”

“Oh grazie a Dio, pensavo che ti avessimo perso.” Kirishima sorrise. “Stavi dormendo con gli occhi aperti o cosa?”

“No. Stavo solo guardando la gente.” Izuku lanciò un’altra occhiata ai fantasmi. Narita, il fantasma che stava sfidando Rei, mutò e riuscì a far sciogliere e sgocciolare la sua faccia come se fosse la cera di una candela. Rei rise e lo imitò. Qualche altro fantasma si era riunito allo spettacolo e tutti risero quando Narita continuò piegando la testa in un angolo grottesco, gorgogliando un urlo.

“Davvero?” chiese Kirishima.

“È un passatempo come un altro.” Aveva finito quasi tutti i compiti. Aizawa gli aveva assegnato un’ora nell’aula studio mentre lui discuteva alcune cose con un altro docente, e continuava ad essere evasivo riguardo cosa fosse in programma per la settimana. Izuku ci scommetteva che era qualcosa di grosso.

Kirishima si grattò la nuca. “Beh sì, ma di solito non si fa in uno spazio pubblico con degli sconosciuti?”

Uno dei fantasmi che stava guardando le pagliacciate di Narita e Rei si allontanò ridacchiando per vomitare due polmoni di acqua sul pavimento. Il grido di divertimento di Rei fece sfarfallare una delle luci fluorescenti. “… A me basta.” Disse Izuku.

“Devi star morendo di noia, amico.”

“Non è così male.” I partecipanti sembravano giunti ad un pareggio; Rei avrebbe probabilmente vinto con alcune delle smorfie che faceva quando Bakugou era nelle vicinanze, ma Izuku ipotizzò che si stesse divertendo troppo per essere così seria.

Narita lo sorprese a guardare e lo salutò con la mano. Izuku non contraccambiò, ma abbozzò un piccolo sorriso. Ad essere sincero, Izuku era curioso nei riguardi di Narita; molti fantasmi alla Yūei erano semplicemente di passaggio, davano un’occhiata per far scemare un po’ la monotonia della vita nell’aldilà, e poi se ne andavano di nuovo; ma Narita sembrava fosse lì dal primo giorno di scuola. Izuku ricordava di averlo visto partecipare al test di valutazione dei quirk, e da quel momento lo aveva visto quasi ogni giorno. Non era l’unico fantasma che Izuku aveva visto ciondolare nella classe – la signora Kitayama ogni tanto lo veniva a trovare, sgocciolando per terra acqua che nessun altro poteva vedere – ma lui era quello che Izuku aveva visto più spesso.

Era difficile non notarlo. Narita era più giovane della maggior parte dei fantasmi che Izuku vedeva; sembrava un ragazzo al terzo anno delle scuole superiori, volendo esagerare. E a parte quello, era uno di quei fantasmi che non sentiva il bisogno di cambiare aspetto. Il foro di proiettile sul lato della sua testa era visibile in quel momento come probabilmente lo era il giorno in cui lo aveva ucciso.

Arrivò l’ora di pranzo e Izuku stava ancora guardando Narita che faceva il buffone per la classe. Non era per niente preoccupato dalla sua presenza; era uno dei fantasmi più innocui e tranquilli che avesse mai visto. Era solo interessato alla sua storia. Ma non c’era mai un buon momento per una chiacchierata e lui non conosceva il linguaggio dei segni come Rei.

Era uno sveglio, però. Fu Narita ad approcciare Izuku, nel corridoio. “Ehi, vieni da questa parte.” Disse, fluttuando poco più avanti. “Vuoi parlare, giusto? Te lo leggo negli occhi.” Izuku annuì. “Dai, allora. Questo posto ha un sacco di punti dove la gente non passa molto spesso. Penso che facciano al caso tuo.”

Izuku sorrise, grato, e seguì il fantasma con la sempre presente Rei alle calcagna. Narita li portò a fare un tortuoso percorso nei corridoi, fino a fermarsi in una quieta nicchia fuori dalla portata di occhi indiscreti. Rei si staccò dal suo fianco per gironzolare un po’ e guardare i volantini colorati e gli annunci attaccati alle bacheche.

“Non ho bisogno di nulla, se è questo che stai per chiedere.” Disse Narita. Izuku sbatté le palpebre per la sorpresa e Narita si strinse tra le spalle, sorridendo. “Alcuni dei fantasmi hanno detto che chiedevi quello. Io sono a posto, però. Non ho bisogno del tuo aiuto.”

“Ne sono felice.” Disse Izuku. “Immagino… di essere semplicemente curioso. Eri uno studente della Yūei?”

Narita rise. “Io? Nah. Il mio quirk mi permetteva di rendere di nuovo commestibile del cibo scaduto. Che era perfetto per, sai, tenere il frigo sempre fresco. Non era molto adatto per fare l’hero.”

“Oh.” Izuku inclinò la testa, squadrando Narita curiosamente. “Cosa c’è di così speciale in questa scuola da farti rimanere, allora?“

“Non è la scuola.” Narita scosse la testa. “Non sono nemmeno qui per tutto il tempo. Sono solo dove c’è anche Eraserhead.”

“Aizawa?” Izuku sbatté gli occhi. Di tutte le risposte che si era aspettato, quella non era contemplata. “Lo conoscevi quando eri vivo’”

“No. Non l’ho nemmeno mai incontrato. Diavolo, è sempre sfuggente e odia essere perseguitato dai media; non avevo nemmeno mai sentito parlare di lui.” Narita si picchiettò la tempia, dove un piccolo buco rotondo colava ancora sangue. “Vedi questo? Non è il foro di un proiettile. Sono stato trascinato in un vicolo mentre stavo tornando a casa da scuola. Quel maledetto bastardo aveva degli artigli lunghissimi, ti ci trapanava il cranio.” Narita tremò, e per la prima volta da quando Izuku lo aveva incontrato, il suo atteggiamento solare venne meno. “Quel tizio aveva dei seri problemi. Era così che si sballava.”

“Dev’essere stato orribile.” Disse Izuku, perché non c’era null’altro che poteva dire che non fosse offensivo o banale, e l’ultima opzione era generalmente la più preferibile.

“Non è stato il mio mercoledì sera preferito, lo ammetto.” Narita si strinse nelle spalle. “Allora ho preso a seguire questo tizio in giro per un po’, cercando di perseguitarlo in qualche dannato modo. Non ha funzionato, ma ha fatto sì che io fossi lì quando Eraserhead lo catturò. Sicuramente la cosa più figa che io abbia mai visto. Quanto volevo avere il mio cellulare.”

“Quindi… segui il professor Aizawa perché ha sconfitto l’uomo che ti ha ucciso?”

“In parte.” Il sorriso di Narita si addolcì. “Vedi… quella notte… quel tizio stava per attaccare mia sorella.” Izuku non poté evitare di trattenere il respiro. “Ero quasi certo che mi avrebbe raggiunto, capisci? Ma poi Eraserhead è apparso dal nulla e ha fatto il culo a quel bastardo. E voglio dire – lo ha fatto diventare un tutt’uno con la strada.” Alzò le spalle. “Poi lo ha appeso a una scala anti incendio per i gioielli e si è preso cura di Kanon mentre stava avendo un attacco di panico, finché non è arrivata la polizia. Se n’è andato nell’istante in cui si è calmata ed è stata presa in custodia dai paramedici. Era troppo scossa per ringraziarlo. Credo che lo rimpianga ancora.” Un’altra alzata di spalle. “Quindi, ho pensato… Non ho nulla di meglio da fare, giusto? Se gli sto intorno è probabile che ci riesca io per lei. Voglio dire, salva così tante persone e sconfigge così tanti villains che probabilmente non se ne ricorderà nemmeno, ma comunque. Mi farebbe sentire meglio.”

“Sicuro che non vuoi che glielo riferisca io?” offrì Izuku.

“Nah. Grazie, però. Io e la signora Kitayama vogliamo farlo da soli, vero signora Kitayama?” Gli occhi completamente bianchi di Narita guardarono improvvisamente dietro Izuku; girò la testa per trovare la fradicia signora Kitayama a fluttuare alle sue spalle.

“Oh cielo, stiamo parlando del signor Eraserhead?”

“Anche lei vuole ringraziarlo?” disse Izuku.

“Beh, sì. Circa. È un po’ diverso da Narita. Io l’ho incontrato… in qualche modo.” Corrugò la fronte e giocherellò con le dita, evidentemente a disagio. “Beh. Credo che mi abbia vista morire.”

Il cuore di Izuku sprofondò.

“La mia macchina era nell’acqua. Un villain stava attaccando e aveva distrutto il ponte mentre stavo guidando. Si è tuffato per salvarci proprio mentre la macchina si stava riempiendo d’acqua, ma la mia cintura si è inceppata e- beh. Ce l’ha messa tutta. So che l’ha fatto.” Le spalle della signora Kitayama si abbassarono, ma poi le raddrizzò di nuovo. “Ma! Mio figlio era nel sedile posteriore. Stava per compiere cinque anni quando la macchina è affondata. Quest’anno ha cominciato le scuole medie, ed è grazie al signor Eraserhead che è riuscito a farlo. Ma non poteva salvarci entrambi, pover’uomo, e credo che gli pesò molto all’epoca.”

“…Wow.” Izuku si sentiva gonfio di… qualcosa. Era un’emozione che non riusciva bene a identificare. Ammirazione? Simpatia? Rispetto? Forse una combinazione delle tre?

“In più è super discreto, no?” disse Narita. “Se ne va sempre prima che qualcuno riesca a ringraziarlo. Quindi persone come noi… Potremmo aspettare la nostra occasione, capisci?”

“Non so per certo se c’è qualcosa di cui ha bisogno, o addirittura qualcosa che desidera.” Disse la signora Kitayama. “Ma prima che io vada, vorrei fargli sapere che… che quello che è successo per me ormai è passato. Quindi anche se non è molto conosciuto, almeno saprà che è apprezzato.”

“Quando arriverà il suo momento.” aggiunse Narita.

Per un momento un’immagine apparve nella mente di Izuku; del professor Aizawa, l’insegnante che lo aveva quasi espulso il primo giorno, stagliarsi davanti a lui pallido e smunto, gli occhi tetri e bianchi invece di arrossati. Izuku chiuse gli occhi e scosse la testa per scacciare l’immagine.

“Prima o poi accadrà.” Gli ricordò Narita. “Se tutto va per il verso giusto non succederà per un bel po’ di tempo, ma succederà. Tutti muoiono, ragazzo.”

“Sì.” Izuku fece un respiro profondo, sperando di calmare l’annodarsi del suo stomaco. “Lo so. È stato bello parlare con voi due. Grazie.”
“Perché mai?” chiese la signora Kitayama.

“Sono solo… felice che il mio professore sia quel tipo di persona.” Izuku sorrise nonostante il groppo di tristezza che si formava nel suo petto ogni volta che i fantasmi gli raccontavano le loro storie. “Sono contendo che sia il tipo di persona che i fantasmi vogliono aspettare solo per poterlo ringraziare.”

“Ahhh, sparisci.” Narita lo spinse amichevolmente. “Prima che mi faccia venire le carie ai miei denti inesistenti con tutta questa sdolcinatezza.”

Sorridendo, Izuku lo accontentò. Rei lo seguì a qualche passo di distanza, lasciandolo a combattere con l’improvvisa e indesiderata immagine di Aizawa come fantasma. Non era un pensiero piacevole. Sul cammino per la mensa, Izuku pensò a quell’immagine, forzandola fuori dalla sua mente finché si offuscò abbastanza da riuscire, infine, a spazzarla via.

Aizawa era un pro, in ogni caso. Se era rimasto underground e aveva avuto successo per tutta la sua carriera allora ovviamente era forte e intelligente ed era fortunato a imparare tanto da lui quanto da All Might. Aizawa non aveva bisogno che Izuku si preoccupasse per lui.

E poi, il giorno dopo era mercoledì e c’era qualcosa di grosso e interessante che bolliva in pentola.

Se le voci erano vere, poteva addirittura essere un campo di allenamento.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Note traduttrice: come al solito vi ricordo che i vostri commenti sono sempre molto graditi.
Potete rimanere aggiornati su tutti i miei lavori e traduzioni su Tumblr !


 
Capitolo 7
 

 
Se Izuku avesse pensato di farla franca, avrebbe fatto un piccolo ballo di gioia. Era solo la seconda settimana di scuola e stavano già andando in gita! La sua prima gita alla Yūei! E qualcosa gli diceva che sarebbe stata diversa da quelle a cui aveva partecipato alle elementari e medie. Tanto per cominciare, avrebbero viaggiato solo fino a una struttura scolastica fuori dal campus. E poi, era lì più per imparare che per fare un giro della città o imparare la storia.

(Inoltre, aveva dei veri e propri amici ora, quindi le possibilità di essere abbandonato in un bagno mentre il suo gruppo se la svigna a ridere di lui da qualche parte con il resto della classe erano considerevolmente ridotte.)

Il suo costume era ancora ridotto a brandelli a causa dell’allenamento, quindi si infilò la divisa da ginnastica e indossò i guanti, la cintura e il nuovo paradenti che aveva comprato per rimpiazzare quello vecchio. Rei volteggiò intorno a lui, ammirandolo, e Izuku le porse una mano per lasciarle esaminare uno dei guanti. Dentro di sé stava praticamente vibrando per l’agitazione. Per la prima volta, Aizawa e All Might avrebbero tenuto una lezione insieme. Era sempre una gioia imparare da All Might e persino Aizawa sembrava più o meno bendisposto nei suoi confronti dopo aver evitato il disastro per il rotto della cuffia il primo giorno di scuola. Il pensiero era incoraggiante; dopo aver parlato con Narita e la signorina Kitayama il giorno prima, Izuku era ormai certo che l’approvazione di Aizawa fosse qualcosa per cui lottare.

Si avviò fuori, chiacchierando con Uraraka. Un refolo gelido lo raggiunse e una figura familiare iniziò a passeggiare insieme a lui.

“’Giorno, tappo.”

Izuku sbatté le palpebre, alzando brevemente la testa in direzione della signora Shimura. Era lì; All Might, invece, no. Accadeva spesso quando non erano alla Yūei, ma era comunque strano.

Forse lei riconobbe la confusione sul suo viso, perché alzò le spalle e gli scoccò uno sguardo mesto. “All Might dovrà rinunciare a questa lezione. Ha finito per, uh, fare troppe commissioni questa mattina. Le sue tre ore erano praticamente esaurite e sembra che Nedzu voglia assicurarsi che stia nell’aula insegnanti invece di correre incontro ad altri pericoli. Lo giuro, quel tizio potrebbe convincere un villain ad andare in pensione prima del dovuto se solo lo volesse.” Incurvò un angolo della bocca. “Penso che abbia la sua babysitter per oggi, quindi tanto vale farti compagnia. Sono curiosa, sai?”

Izuku annuì quasi impercettibilmente, ma non poté evitare di immusonirsi alla notizia sgradita. E dire che non vedeva l’ora di assistere a quella lezione…

“Deku?” la voce di Uraraka riportò la sua attenzione sull’amica ancora in vita. “Qualcosa non va? Ti sei come incantato.” Seguì la direzione del precedente sguardo di Izuku, fissando la signora Shimura senza vederla.

“Sto bene. Io ho, uh, credevo di aver visto un uccello o qualcosa di simile.”

Lei gli credette sulla parola. Certo che lo fece: non aveva nessuna ragione di pensare che le mentisse su una cosa così insignificante.
Meno di un anno fa, Izuku sarebbe stato fuori di sé dalla gioia se qualcuno gli avesse creduto così facilmente; ma ora tutto quello che poteva sentire era una fitta acuta e colpevole. Per chissà quale ragione, Uraraka si fidava ciecamente di lui. Dava per scontato che si potesse fidare di lui, che qualsiasi cosa lui dicesse fosse vera. Rendeva molto più facile mentirle rispetto ai suoi bulli, ai suoi compagni di classe delle medie.

Izuku non si era mai sentito così a disagio a mentire a qualcuno. Forse era solo perché nessuno glielo aveva mai reso così facile, diventando suo amico.

Sotto l’efficiente guida di Iida, la classe riempì il bus. Izuku passò di fianco a Aizawa mentre saliva e cercò di non sussultare quando Rei gli ringhiò contro, tentando di morderlo quando furono troppo vicini. Narita le lanciò un’occhiataccia dal fianco del professore, ma lei lo ignorò.

“Wow.” Disse seccamente la signora Shimura. “La tua piccola amica sa come portare rancore.”

Izuku ciondolò mentre saliva sul bus, la bocca che si muoveva a malapena mentre mormorava: “Non lo ha ancora perdonato per il primo giorno.”

“Hai detto qualcosa, Deku?” Uraraka lanciò uno sguardo sopra la spalla.

“Stavo parlando fra me e me.” Mentì di nuovo.

Prima che avesse la possibilità di sentirsi di nuovo in colpa, Kirishima gli diede una spallata giocosa e si sedettero ai loro posti. “Ecco il nostro Midoriya.” Rise. “Scommetto che il tuo nome da eroe sarà Il Borbottone.”

Gli altri si misero a ridere e Izuku arrossì di botto, ma quella volta non per l’imbarazzo o il dolore. Non stavano ridendo di lui, né lo stavano giudicando; il commento di Kirishima non era un insulto. Era uno scherzo bonario. Stavano ridendo insieme a lui e Kirishima lo aveva chiamato il “loro” Midoriya. Come se fosse davvero uno di loro.

Non era facile abituarsi a quell’idea.

È tutto  al contrario qui, pensò. I suoi compagni ridevano con lui, lo includevano, gli parlavano e lo trattavano come qualcuno che meritasse la loro amicizia. Meno di una settimana prima, quando aveva racimolato tre voti nelle elezioni per il rappresentante di classe erano sembrati addirittura… genuinamente felici per lui? E ora Kirishima lo stava includendo in una conversazione, complimentando il suo quirk e sorridendo a trentadue denti quando lui fece altrettanto, come se la sua opinione gli importasse per davvero.

Piaceva a tutti loro. Era come se lo avessero scambiato per qualcuno di figo.

“Il carattere di Bakugou è orribile.” Esclamò Tsuyu nel mezzo di una conversazione. “Non lo vedo a diventare popolare.” Bakugou esplose, letteralmente, mentre gli altri ridacchiavano a sue spese.

E ora, quello preso in giro e sbeffeggiato era Bakugou.

“È stranissimo.” Mormorò a Rei, che sembrava si stesse divertendo anche troppo a guardare.

“Cosa è strano?” chiese Tsuyu. Fortunatamente aveva abbassato la voce, e la filippica di Bakugou era abbastanza rumorosa da impedire a chiunque altro di sentire il loro discorso.

“Uh, Bakugou.” Le mormorò Izuku. “Vederlo bullizzato. È strano.”

“È solo per ridere.” Disse lei.

Era Bakugou, il che significava che Izuku aveva alcuni blocchi mentali che gli impedivano di dispiacersi per lui, ma quelle parole gli fecero comunque attorcigliare lo stomaco. Anche solo perché le aveva già sentite, prima, quando era lui quello preso di mira. “Davvero?”

“Certo.” Tsuyu inclinò la testa. “Non stiamo cercando di denigrarlo. È solo che ci rende molto facile stuzzicarlo e farlo reagire. Vedi? Non è rimasto male né niente.”

Ed era vero; non lo era. Era difficile immaginare Bakugou ferito nei suoi sentimenti. E… tutti quanti sembravano pensarla allo stesso modo
Quello che stavano facendo non era malizioso o crudele, come invece era stato per Izuku. Persino quando un eloquente paragone verbale tra Bakugou e “merda macerata nelle fogne” scivolò senza sforzo dalla lingua di Kaminari, Izuku realizzò con un sussulto che non lo stavano facendo con cattiveria.

“Sono prese in giro amichevoli.” Disse Tsuyu.

“Oh.” Izuku guardò mentre Bakugou mise il muso, lanciando occhiate di fuoco a Kirishima quando cercò di allungare una mano e dargli una pacca sulla spalla. “Io… non sapevo che si potesse fare.”

Non era sicuro che Tsuyu lo avesse sentito. La signora Shimura invece sì, a giudicare dallo sguardo stranito che gli indirizzò. Non gli fece domande, e nemmeno Tsuyu.

No, pensò Izuku mentre sedeva su un bus, circondato da amici vivi, in carne e ossa. Quella gita non era per niente come quelle delle medie.
Completamente diversa, pensò, mentre cercava di non cadere preda dell’isteria quando incontrò l’Hero Spaziale Tredici.

Per nulla come quella delle medie, pensò, mentre lui e i suoi compagni esultavano, sbalorditi di fronte alla magnificenza della struttura dell’Ubicazione delle Sciagure e Jelle fittizie.

Per nulla come quelle delle medie, pensò, quando un buco nero si aprì in mezzo all’aria, gli spiriti che urlavano e ululavano mentre si riversavano fuori da esso.

Izuku fece un passo indietro e Rei gli si premette contro, aprendo le fauci. Di fianco a loro, la signora Shimura si parò di fronte a Izuku, piazzandosi tra lui e l’incombente onda di spettri. “Che diavolo-“

La mandria ululante sgorgò dal buco nero, disperdendosi mentre piangeva e singhiozzava e urlava.

Izuku guardò i suoi amici. Stavano tutti guardando in direzione del buco nero, incuriositi. Nessuno sembrava spaventato o allarmato, solo confuso.

I morti volarono sopra le loro teste, e i loro pianti formarono parole.

“Stanno arrivando!”

“Scappate! Scappate, o siete tutti morti!”

“Oh, Dio… Oh, Dio, ci sono dei bambini qui…”

“Andatevene da qui!”

“Correte!”

“Non possono sentirci!”

Senza pensare, Izuku fece un passo avanti. “Cosa sta succedendo?” esclamò, cercando di catturare l’attenzione di almeno uno di loro.
Cercò di avanzare ancora verso il portale e i suoi fantasmi, ma una mano decisa di fronte a lui lo fermò. Rei emise un ringhio. Aizawa si era spostato in avanti, piazzandosi tra gli studenti e il buco nero. Tredici aveva fatto lo stesso.

Aizawa parlò, la sua voce che quasi si perse tra la cacofonia dei morti. “Villain.” Disse semplicemente, e un momento dopo Izuku li vide emergere. Erano vivi, raggruppati in ranghi approssimativi e disorganizzati, e uscirono dal buco nero come esseri provenienti da un incubo.

“Tredici e Eraserhead.” Tuonò una voce. “Che strano. Il programma che abbiamo ricevuto diceva che dovevano esserci Tredici e All Might a tenere questa lezione.”

“Lui dov’è?” La voce sconosciuta si fece strada in mezzo al chiasso così chiara che per un momento Izuku fu certo che appartenesse a un altro fantasma. Ma no, Izuku vide gli spettri girarsi, sentì le loro voci acquietarsi. Stavano tutti guardando nella stessa direzione, la stessa persona.

Un uomo si stagliava nelle retrovie dei villain, le spalle incurvate, le mani a penzoloni lungo i fianchi. O almeno, le mani che gli appartenevano. C’erano svariate paia di mani, prive di corpo e pallide, attaccate a lui come se fossero parte di un grottesco costume. Sulle sue braccia, sul torso, intorno al collo quasi come per strangolarlo. Una mano gli copriva la faccia come una maschera.

“Dopo tutta la fatica che ho fatto per portarli.” Disse l’uomo con le mani cadaveriche. “E lui non è nemmeno qui. Dov’è All Might? Avevano detto che ci sarebbe stato.” La sua testa si inclinò da un lato. “Chissà se arriverà se uccidiamo qualche ragazzino?”

Un respiro spezzato fece girare la testa a Izuku e il sangue gli si ghiacciò nelle vene. La signora Shimura prima era di fianco a lui, ma in quel momento fluttuava svariati metri più indietro, pietrificata quasi come se… beh, come se avesse visto un fantasma. I suoi occhi erano ancora vuoti e bianchi, ma i contorni del suo corpo stavano sfarfallando e il suo viso era una maschera di incredulo orrore.

Le sue labbra si schiusero e la sua voce ne uscì, flebile. “No.” Stava tremando dalla testa ai piedi. “No, no, non avrebbe potuto-“

Izuku le si avvicinò, concentrandosi su di lei in modo da far svanire le altri voci. “Signora Shimura?” chiese sottovoce.

Lei si coprì la bocca con una mano e non rispose.

“Tornate al bus, tutti quanti.” Disse Aizawa. La sciarpa si increspò intorno a lui mentre avanzava. Afferrò gli occhialoni che gli pendevano dal collo. “Tredici, inizia l’evacuazione. Cerca di chiamare la scuola. Se i sensori non funzionano ci potrebbe essere qualcuno con un quirk che crea interferenze radio.”

“Ohhh, cavolo.” Mormorò Narita, la voce carica di anticipazione. “Lo vedrete andarci giù pesante. Sarà fighissimo.”

“È in svantaggio numerico.” Disse Izuku sottovoce. “Il suo stile comprende un agguato, la cancellazione del quirk e poi la cattura, non combattere una folla da solo…”

Con le urla dei fantasmi che gli bruciavano le orecchie, calcolò male il volume della sua voce. Aizawa lo guardò da sopra la spalla e incrociò brevemente il suo sguardo. “Torna al bus, Midoriya.” Disse, e si mise gli occhialoni.

“Ma-“

Senza guardarsi indietro, Aizawa si lanciò giù dalle gradinate. Narita gli stava alle calcagna, strillando per la frenesia. Izuku poté solo guardare, pietrificato sul posto, finché Iida non gli urlò di scappare con il resto della classe.

La signora Shimura era ancora sul bordo della scalinata, immobile mentre guardava lo scenario sottostante. Si mosse solo quando Rei le volò addosso, urlando e tirandola finché non si lasciò trascinare via.

Quasi ce la fecero ad arrivare alle porte. Rei urlò quando la stessa oscurità che aveva formato il buco nero apparve improvvisamente in mezzo a loro. Non era solo un buco nero, o delle ombre semoventi; era un uomo fatto di oscurità, con solamente un paio di occhi luminosi e la vaga presenza di vestiti a provare che fosse una persona vera e propria.

Un quirk di teletrasporto, disse una piccola voce nella mente di Izuku. È raro.

Gli studenti erano un turbinio di frenetica energia. La maggior parte di loro rimase docilmente dietro Tredici. Altri erano pietrificati dalla paura o dalla confusione mentre l’uomo fatto di tenebra gli bloccava la strada e li minacciava.

La Lega dei Villain, così chiamò il loro gruppo. Il loro scopo era trovare All Might e ucciderlo.

Ignorando gli ammonimenti dei loro insegnanti, Bakugou e Kirishima si lanciarono in avanti per contrattaccare. Izuku era troppo distratto per cercare di fermarli o unirsi a loro. La signora Shimura era in preda al panico. Sfarfallava e guizzava qua e là, come se potesse a malapena mantenere la propria forma. Rei lo lasciò andare per correrle dietro e cercare di calmarla.

“Signora Shimura.” Disse a metà tra un sussurro e un urlo. I suoi compagni erano troppo distratti per notarlo o sentirlo e lui era troppo allarmato per preoccuparsene. “Signora Shimura, per favore. Cosa c’è che non va? Sa che cosa sta succedendo?”

“Lasciami andare.” Disse lei, perché Rei aveva le braccia avvolte intorno alla sua vita per impedirle di sfarfallare. Il suo viso era teso. “Devo andare. Devo-“ si interruppe, lanciando uno sguardo verso la battaglia al centro della struttura.

Izuku seguì il suo sguardo. I suoi compagni erano distratti, combattendo il terrore o concentrandosi sul varchi che si stavano formando intorno a loro. Dovevano fuggire. “Chi sono?” chiese. “Li conosce?”

Un singhiozzo soffocato le impedì qualsiasi riposta. Izuku sentì il cuore torcersi nel petto. “Devo andare.” Gli disse lei. “Devo trovare Toshi.” I suoi occhi larghi e vuoti si girarono verso di lui, fissandolo mentre le lacrime si raccoglievano a inumidirli. “Lo poterò qui, lui- lui vi aiuterà.”

“Ma aveva detto- E Aizawa e Tredici, si stavano segnalando qualcosa. Lui non ha più tempo a disposizione.” Un’esplosione – Bakugou – scosse la struttura, levando una nuvola di fumo denso, e Izuku sussultò, parlando nonostante le orecchie che gli fischiavano. “E in ogni caso lui non può vederla!”

“Lo so. Lo so. Ma devo provare. Devo provarci. Non posso lasciare che questo- Non posso lasciare che lui-“ Si interruppe di nuovo, premendosi i polsi contro gli occhi prima che le lacrime potessero cadere. Dopo un momento abbassò le braccia e si girò verso Izuku, pallida per la paura e la disperazione. Gli accarezzò una guancia con una mano che sembrava fatta di ghiaccio.

Cercò di non tremare al suo tocco. “Signora Shimura.” Sussurrò.

Lei si lanciò verso di lui, avvolgendolo in un abbraccio ancora più freddo. Il suoi sussurro gli solleticò l’orecchio, così fievole che non avrebbe dovuto sentirlo, ma lo sentì comunque.

Non morire, piccoletto. Non lasciare che ti uccidano.”

Il respiro gli si bloccò in gola. “Non lo farò.” Mormorò in risposta. “Ho troppe cose da fare.”

E poi lei svanì, e l’oscurità lo avvolse come una nebbia accecante. Corse, ma il terreno non sembrava più solido e quasi riuscì a tornare verso la luce; solo per sprofondare in una pozza di tenebra con un grido. Altre mani fredde come il ghiaccio afferrarono la sua e Izuku alzò la testa per vedere la faccia di Rei accartocciarsi e contorcersi con una paura che sconfinava nella ferocia. Lo strinse talmente forte da far male, ma la sua forma era debole e l’attrazione del varco era molto più forte.

Rei-“ le sue mani scivolarono via da quelle di lei. L’ultima cosa che vide prima che il varco lo inghiottisse fu la faccia fatta di incubi della sua amica, le fauci che si spalancavano per sfogare la sua furia.
 
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Fratellino è spaventato.

Lo so perché lo vedo nei suoi occhi, lo sento nel suo respiro, sento l’odore della paura su di lui. Ne è intriso.

Non va bene. Fratellino non è mai spaventato, a meno che il bullo non gli si avvicini troppo. Non era spaventato nemmeno da me, quando l’ho incontrato per la prima volta quando era piccolo, anche più piccolo di me. Ora non è più così piccolo ma rimane comunque il mio Fratellino, perché io lo proteggerò. Baderò a lui e se qualcosa tenta di fargli del male lo ridurrò a brandelli e lo spezzerò perché lui è mio, mio, mio.

Ma ora è spaventato, e anche io sono spaventata, perché l’oscurità è qui e non è la mia oscurità, non è la stessa, è di qualcun altro. È di qualcuno che vuole fargli del male e non glielo lascerò fare, N͙̤̙̯̟o̜̯n̼̖ ͏̮̼͎͙ͅ ́ ͏̞͓g̩̙̯̜̻̣͜l͔̳̪ie͖̹͇͓͉͈͔l̰͇̳̮̳o̠̬͚ ͙̱͔͈̜͉͞ͅ ̦̦́l҉̞a̱̥͍̭̫͍̩s̪̯͞c̡̙͇͓ę̩͖̻rò͔͉̩̼͖͖ ̖̙̭͎̭ ̝ ̮̤̙̱̫̦̕ͅf̧̝̬͓̲̝a̞̱͔̪̗̱͓r̬͉̤͖̱͜e̶.

Ma è troppo veloce e io sono morta e sono stata morta per molto, molto tempo, e non riesco a ricordare di essere stata nient’altro. Non posso toccare questa tenebra, non posso fermarla quando circonda Fratellino e lui inizia a cadere.

Prendo la sua mano nelle mie e urlo e voglio piangere e lui mi guarda con occhi grandi, grandissimi e ha p a u r a.

La tenebra lo prende. Lo prende e lo inghiotte intero e lui è sparito, sparito, sparito e io non posso trovarlo nell’oscurità.

Ci sono molte persone qui, persone grandi, persone vive, circondate da persone morte. Sono assassini, spargono morte e la morte li segue.

Sono arrivati e hanno portato cose morte con loro, e hanno portato la tenebra che lo ha rubato da me.


Lo hanno PRESO.

Hanno preso Fratellino gli hanno fatto del male lo hanno portato via e NON è GIUSTO e loro non hanno il permesso di prendere ciò che non gli appartiene.

Lui è MIO. Io l’ho trovato. Io l’ho scelto. Lui mi parla e mi ha dato un nome e lui non è vostro, è mio, mio, M͝͝ ̧͜I ̡͝O̵̡ ̵̸ ̸ ͘ ̷͢.̧̡

R̀͠I̵ ̡D͞ A̸͠ ̷͞ ̛ ͟͠T̡E̕M̴ ͠ ̶̡̧E̵ ̕͘ ̀LO̢

ŔID̴͢ ͏̛ ͠AT̨ ̧͞ ̶̕E ̧ ̡M̨̨Ȩ̸͜ ̶L ͘҉ ̵́O͠ ҉ ̧Ǫ̵ ́V̕͜҉È̶ ̶̀͟ ͡ ͏N͜ ̨ ̢̧͘ ̶ ̴E̴͠ ̷̧ P̀ ̕ ҉͝Ę͟ ͟NT̷Į̕͟ ̕RE̵̛͟ ͟͠ T̴͢͠ ̧̨É

̶̡ǸO̴ ̨N͡ ͞͏ ̵̴ ̨͜ ͝è̵ ̶̧ ̷͝ V̛ ͜O̧̢҉ ͘͘͝ ̧͏ S͝TR҉̢O҉̴҉

́̕è͡ ͞ ̀M ̴̀ ̕͜͠ ̡͝ ҉I̶̢͞ ̸ ͏O̶͢ ̶̡ ͝ ͞.̴́͡ ̕ ̕͠ ̀I̷͘͢L̶͜ ̡̛ M͝͞I͘͜ ̛ ̡̕͝Ò͢ ̸̵ ͡F͏RA ̵͘͝ ҉́T̡͞ ҉ ̸̵E͢͏͢Ĺ͏L̶̶ ͝͠ ͢ ́I͘ ҉ ́ ̸̢NÓ ͏̕ ͢ I̛͢͞L͢͢͡ ̧͘͢ ͜͟͡ ̡͜͡M̧I͝O͟͞ ͏҉ ͝À͞Ḿ̕ ̧ ̷I̷͡ ̢͘C̢ ̛̕ ̶͘Ǫ͜

̷M̧͡҉ ̵ ͟͠ I̛ ̶̨͝ ͜ O̧͘͟.̛҉

 
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Izuku sarebbe probabilmente morto se non fosse stato per Asui – affogato oppure azzannato e lasciato dissanguare nell’acqua. Ma il potente calcio della sua compagna scaraventò lontano il villain con la faccia di squalo, poi la sua lingua si avvolse intorno al suo torso e lo trainò in superficie. Tossendo e sputando, Izuku si diede da fare per essere più utile di un peso morto mentre Asui trascinava sulla momentanea sicurezza della barca sia lui che uno sgocciolante Mineta.

La prima cosa che udì quando le sue orecchie furono libere dall’acqua furono le urla. Non riusciva nemmeno a identificare la voce responsabile di quel fracasso, perché non sembrava per niente una voce. Quel suono aveva quasi un peso fisico che lo teneva rannicchiato a terra sul ponte della nave, a stringere i denti mentre gli rimbombava dolorosamente nel cranio. Era il quirk di qualcuno? Che i villain avessero un quirk vocale come quello di Present Mic? Delle lacrime fecero capolino sulle ciglia mentre la testa gli esplodeva, ma fortunatamente era troppo inzuppato perché qualcuno se ne accorgesse.

“E-ehi.” Disse Mineta, punzecchiandolo con preoccupazione. “Midoriya, non sei ferito, vero? Cos’è che non va?”

“Chi è che sta urlando in questo modo?” riuscì a esalare. Come possono sopportarlo? Asui non sembrava nemmeno infastidita dal rumore.
Mineta inclinò la testa. “Quali urla?”

Vicino alla balaustra, Asui girò la testa a destra e a sinistra. “Penso di sentirlo, un pochino. Devi avere davvero un ottimo udito, Midoriya.” Gracidò, preoccupata. “Potrebbero essere i nostri compagni. Quel villain aveva il potere del teletrasporto… deve averci sparpagliato per tutta la struttura. Spero che stiano tutti bene.”

Izuku si costrinse a mettersi in piedi, barcollando un pochino mentre il rumore lancinante gli penetrava nelle ossa e ne faceva vibrare persino il midollo. Asui e Mineta stavano parlando tra di loro, impassibili. Non lo sentivano, realizzò debolmente. E quello poteva significare solo una cosa: chiunque stava producendo quell’urlo era morto.

Si avvicinò alla balaustra e si sporse, strizzando gli occhi sul panorama intorno a loro. Il villain d’ombra li aveva catapultati nella zona di simulazione delle inondazioni; l’acqua si increspava mentre vari villain con poteri acquatici si avvicinavano alla barca. Oltre, verso la piazza centrale della struttura…

La bile gli risalì in gola e il suo respiro si spezzò. “Rei.”

Sull’altra sponda, distante dall’acqua, c’era un altro buco nero; molto diverso e più che familiare rispetto ai portali del villain. Almeno quei varchi avevano una qualche forma di ordine e controllo. Quella tenebra schioccava e si rimestava, muovendosi e ondeggiando come se fosse viva. Come se fosse arrabbiata.

Le sue dimostrazioni di rabbia quando Bakugou gli si avvicinava non erano comparabili. Nemmeno il suo scatto d’ira dopo che Aizawa aveva cancellato il suo quirk ci si avvicinava minimamente.

L’aveva già vista in quello stato. Forse non a quei livelli, ma l’aveva vista. Rei era arrabbiata. Era terrorizzata. E se non fosse andato da lei, avrebbe potuto arrabbiarsi o spaventarsi abbastanza da ferire qualcuno.

“Mineta.” Sentì Tsuyu dire. “Non pensi che, se hanno un piano per uccidere All Might, è probabilmente perché hanno un modo per farlo?”

Uccidere All Might. Perché avrebbero dovuto farlo? Perché era il Numero Uno? Per la fama? O era per liberarsi del principale deterrente contro il crimine?

Le urla di Rei raggiunsero un livello frenetico e Izuku si riscosse. Non c’era tempo per preoccuparsene. E, comunque, volevano uccidere l’uomo che aveva ammirato sin da prima di saper leggere, lo stesso uomo che gli aveva dato la sua unica e personale chance di far avverare il sogno della sua vita. Il “perché” non importava. “Dobbiamo andare lì.” Disse, stringendo la balaustra fino a farsi sbiancare le nocche. “Dobbiamo aiutarli.” Lanciò uno sguardo di fuoco ai suoi compagni. “E se vogliono uccidere All Might, allora dobbiamo are tutto quello che è in nostro potere per assicurarci che falliscano.”

Asui – o meglio, Tsuyu – esitò e Mineta si fece prendere dal panico; ma Izuku aveva già deciso. Nella sua mente era già dall’altra parte del lago, a cercare Rei in mezzo a tutta quell’oscurità per calmarla e riportarla indietro. Era spaventata. Aveva bisogno di lui. Aveva bisogno di sapere che stava bene.

Il loro unico vantaggio era la sorpresa, e quella che potevano presumere che fosse una mancanza di informazioni da parte dei villain. Doveva farselo bastare. Tutti e tre si scambiarono informazioni sui loro quirk, mentre Izuku cercava di ignorare le urla di Rei per poterli ascoltare. Lanciò uno sguardo verso i loro nemici, e iniziò ad abbozzare nella sua testa una strategia.

Nel giro di pochi minuti, completò il piano. Avrebbe dovuto sacrificare un paio di dita; non c’era modo di evitarlo. Ma erano solo due dita. Aveva visto fantasmi con arti mancanti, teste mezze mozzate e colli sgozzati. Poteva andare avanti con solo otto dita.

Si lanciò dalla barca, e con uno schiocco polverizzò le ossa nel suo pollice e medio, scagliando un’onda d’urto dritta sulla superfice dell’acqua. I villain ruzzolarono, impotenti, mentre l’acqua si separava rapidamente nel punto d’impatto; quelli che non avevano perso conoscenza rimasero a combattere contro la corrente per tenere la testa sopra l’acqua. Digrignando i denti per il dolore, chiamò i suoi compagni. Tsuyu compì un poderoso balzo e lo acchiappò con la lingua intorno ai suoi fianchi. A penzoloni tra le sue braccia, Mineta urlò di paura e sprezzo, lanciando palle appiccicose nell’acqua finché il sangue non gli scorse giù per il viso.

L’acqua si riunì nuovamente, portando con sé i villain e le sfere appiccicose. Nel giro di pochi istanti, i loro nemici furono radunati in una pila semovente, legati gli uni agli altri mentre galleggiavano nel lago che doveva ancora calmarsi. Tsuyu li portò lontano dai villain. Tornarono in superficie a distanza di sicurezza e nuotarono fino ad arrivare alla terraferma.

“Allora, cosa facciamo?” chiese Tsuyu, mentre si avvicinavano alla riva. “Voglio dire… Midoriya, siamo solo studenti. Cosa possiamo fare contro tutti quei villain?”

“Quello che possiamo.” Disse Izuku distrattamente. “Sentite, non dovete venire con me, è solo una cosa che devo fare.”

“Tu sei pazzo.” Mormorò Mineta, aggrappandosi a Tsuyu con troppo entusiasmo rispetto a quello che la loro attuale situazione richiedeva.

Tsuyu esitò. Non è che corrucciò lo sguardo; la sua bocca non era fatta per poter fare delle smorfie. Ma aggrottò la fronte, pensierosa. “Vengo con te.” Disse. “Sei tu quello con il piano, Midoriya.”

Izuku si morse il labbro. Non aveva un vero e proprio piano in quel momento. Era circondato da villain armati e da fantasmi urlanti. La presenza di questi ultimi gli fece realizzare un crudele fatto: quelli non erano dei semplici criminali. Erano assassini, tagliagole e omicidi. Erano lì per uccidere All Might, erano lì per uccidere i suoi compagni se fosse servito ad attirarlo. Se Izuku fosse stato troppo lento, troppo debole o se avesse esitato… avrebbero ucciso anche lui.

Avrebbe preferito non morire quel giorno, se poteva evitarlo. La signora Shimura glielo aveva chiesto e, in ogni caso, aveva troppe cose da fare.

“Non ho un piano.” Disse.

“Ci hai tirato fuori di lì.” Tsuyu indicò la nave nella zona del naufragio con un cenno della testa.

Le urla di Rei gli martoriavano il cervello, stritolandogli il cuore. L’oscurità scattò. Non poteva vedere dov’era, e poteva a malapena vedere la battaglia che si stava ancora svolgendo in mezzo a tutti quei villain.

Si girò e incontrò lo sguardo di Tsuyu, fissandola a lungo e con intensità finché lei non sbatté le palpebre. “Tsuyu.” Disse, piano; così piano che poté a malapena sentire la sua stessa voce sopra le terribili urla della sua amica. “Non seguirmi.”

Girandosi, Izuku corse dritto verso il cuore della battaglia, dritto verso la tenebra dirompente che solo lui poteva vedere.



 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Note traduttrice: Ho mentito, ok? Non ce la faccio ad aspettare fino a giugno per postare questo capitolo! Era pronto da un po' e volevo tenermelo buono perchè gli esami incombono e una volta iniziata la sessione non avrei pubblicato per un bel po', ma... Non sono riuscita a resistere. In fin dei conti, non aggiornavo questa fanfiction da due mesi e mezzo. Avete aspettato abbastanza.
Vi ringrazio per i vostri bellissimi commenti, spero di leggerne altri. 
Come al solito, un ringraziamento speciale alla mia beta DanceLikeAnHippogryff (alcuni di voi la conosceranno come _Senpai_ , ma ha cambiato nome!). Senza di lei nulla di tutto questo vedrebbe mai la luce.
Potete rimanere aggiornati su tutti i miei lavori e traduzioni su Tumblr !
Buona lettura!
 
Capitolo 8
 

 
Izuku sapeva che, se Tsuyu e Mineta lo avessero guardato, avrebbero visto uno spettacolo bizzarro. Correva a zigzag invece che in linea retta, facendosi strada tra la folla di morti urlanti. Non poteva evitarla in ogni caso. Non poteva solo sentire e vedere i fantasmi: li toccava pure; il che significava che non poteva semplicemente passarci attraverso come facevano tutti gli altri.

Mentre schizzava verso la piazza centrale, non poté fare a meno di notare che i fantasmi si stavano muovendo in direzione opposta rispetto a lui. Si lanciavano occhiate impaurite alle spalle, all’oscurità dirompente che segnava il luogo dove si trovava Rei. Li spaventava. Erano tutti morti e Rei li spaventava.

Sussultò quando vide un viso familiare in mezzo alle figure pallide, smunte e insanguinate. Narita lo incrociò poco prima di arrivare alla piazza. Izuku frenò e Narita quasi si scontrò con lui. Mani fredde e morte gli afferrarono le spalle, ghiacciandolo attraverso la stoffa della sua tuta da ginnastica.

Falla smettere.” Il sangue sgorgava a fiotti dalla ferita che aveva sulla testa, colandogli sul viso. Anche senza occhi, sembrava disperato. “Ti prego, Midoriya, devi farla smettere- Non riesco a raggiungerla ed è così arrabbiata-“ Le urla di Rei si alzarono di tono e scattò come se gli avessero tirato un pugno. “E gli sta facendo del male.”

“Cosa?” A Izuku si bloccò il respiro. Gli altri fantasmi li stavano fissando, sorpresi. Nessuno di loro aveva capito che poteva vederli; invece eccolo lì, scosso da uno di loro.

“Eraserhead.” La gelida presa si strinse. “È talmente pazza che lui riesce a sentirla e gli sta facendo perdere la concentrazione. Non l’ho mai visto sussultare così tanto durante una battaglia, perde l’equilibrio ogni volta che lei lo tocca.” Del sangue gli gocciolò nelle orbite, rendendo il suo sguardo scarlatto. “Falla smettere, Midoriya. Falla smettere, altrimenti lui diventerà uno di noi e non ti perdonerò mai per averla portata da lui.”

“Lei dov’è?” chiese Izuku, il cuore che gli galoppava nel petto. “La farò uscire, lo prometto- è solo spaventata, pensa che io sia in pericolo. Dimmi dov’è. Si sta spostando?”

“No.” Narita si girò, lasciandolo per indicargli un punto. “Ecco, è dall’altra parte della battaglia, vicino a quella pila di villain a terra. Li ha attaccati per tutto il tempo. Si muove solamente se la mischia si avvicina troppo. Non penso nemmeno che capisca cosa sta facendo, a questo punto.”

Izuku strinse gli occhi, senza riuscire a vederla.

“Dove l’oscurità è più densa.” Disse Narita. “È lì che la troverai.”

E Izuku la vide. Non vide Rei, ma piuttosto quello che Narita gli aveva descritto. La fortuna era dalla sua parte: l’epicentro del buco nero di Rei non era nel mezzo della lotta. Sarebbe stato pericoloso e stupido, due delle due dita erano molli e inutilizzabili; ma se avesse aggirato la battaglia e non avesse fatto casini, poteva farcela. Poteva raggiungerla.

“No, che stai- sei impazzito?” Un altro fantasma, un uomo di mezza età con la testa piegata in una strana angolazione. “Non mandarlo lì!” Si girò verso Izuku. “Non hai sentito, per caso? Ti uccideranno!”

“Taci!” Scattò Narita. “È l’unico che può portare via di qui quel poltergeist!”

“Non morirò.” Sussurrò Izuku, tra sé e sé. Non poteva stare lì ancora a lungo: era all’aperto, se avesse aspettato ancora i villain non si sarebbero lasciati scappare un bersaglio così facile. “Ce la posso fare. Io non morirò. Non morirò.”

“Con chi stai parlando?”

Izuku sobbalzò, girandosi di scatto per vedere Tsuyu di fianco a lui. Di Mineta non c’era traccia. “Dov’è-“

“È scappato verso l’entrata.” Disse lei. “Meglio così. Non può correre veloce e, se ti seguo, non posso avercelo attaccato addosso.” Girò la testa, scandagliando i dintorni dietro di lui. “Non so cosa stai cercando di fare, Midoriya.” Disse. “Ma se continuiamo a stare qui, ci vedranno.”

“Ti ho detto di non seguirmi.” Quasi sibilò. Era il riguardo che lo spingeva a dirlo; e anche se la sua paura più grande era indirizzarla verso ferite e pericolo mortale, aveva anche timore che lo vedesse parlare con i fantasmi, oppure agire in modi che non poteva spiegare.

“Beh, non mi interessa.” Disse lei. “Allora, qual è il tuo piano?”

“Non darò fastidio ad Aizawa.” Disse Izuku. “Voglio solo… voglio solo vedere se c’è qualcosa che posso fare per facilitargli le cose.” Non le stava dicendo una bugia. Era proprio quello che avrebbe fatto. “Senti. Sto puntando all’altro lato della piazza. C’è roba seria all’entrata, quindi non possiamo andare in quella direzione. Ma se troviamo un posto più tranquillo dove poterci riprendere sarebbe molto meglio, non è vero?”

“Stai cercando di aiutare Aizawa-sensei o di andare in un posto sicuro?” chiese Tsuyu.

“Entrambi. Se devi seguirmi, allora incontriamoci lì, ok?”

Non aspettò una risposta: se era determinata a seguirlo non c’era modo di dissuaderla. Izuku fece un giro largo, tenendo a debita distanza la mischia dov’era Aizawa, e corse come non aveva mai corso prima. Più di ogni altra cosa, voleva chiamare Rei, farle sapere il prima possibile che era vivo e praticamente illeso. Ma se lo avesse fatto anche i villain lo avrebbero sentito; e non sarebbe rimasto vivo molto a lungo.
 
-

 
C’era qualcosa di molto, molto sbagliato.

Aizawa Shouta ne era fin troppo cosciente sin da quando quel dannato villain con il quirk di teletrasporto aveva sparpagliato i suoi studenti per tutta la struttura della USJ. L’istinto gli urlava di aiutarli, di radunarli e condurli alla salvezza, ma non poteva seguire il suo cuore nonostante lo desiderasse. Era circondato da ogni lato ed era in inferiorità numerica. Tutto quello che poteva fare era tenere a bada più villain possibili e mantenere la maggior parte del combattimento e i membri più forti della schiera nemica lì, nella piazza, invece di farli correre per la struttura a inseguire gli studenti.

I suoi studenti.

Inizialmente, lo aveva scambiato per un semplice preoccupazione, la naturale paura che avrebbe dovuto sentire vedendo i ragazzi sotto la sua cura in pericolo. Ma anche in quel momento, mentre la battaglia infuriava e l’adrenalina gli scorreva nelle vene, il terrore non scemò come faceva di solito. Come faceva sempre. Al contrario, aumentava ogni minuto di più.

La sensazione lo strozzava, stringendogli il cuore nel petto a tal punto da quasi bloccargli i battiti. I suoi tempi di reazione ne risentivano: aveva evitato per un soffio la morte più volte in quella singola battaglia che in tutto il suo anno passato come hero. E, ogni tanto, un brivido lo coglieva, la sensazione della morte che lo sfiorava. Se era troppo repentino lo forzava a sbattere le palpebre e la presa del suo quirk rilasciava qualsivoglia villain stesse guardando. Era disorientato, sanguinante e incapace di respirare normalmente.

Fece un salto indietro e inspirò profondamente per cercare di calmarsi e controllare il suo terrore rampante. Il respiro fece rumore, un quieto rantolio interno, mentre risucchiava l’aria nei suoi polmoni.

Quello… non era normale.

No- non è normale, realizzò. Quella paura non era normale. Non l’aveva mai provata prima. Era come se qualcuno fosse sprofondato nel suo cervello, facendo a brandelli coscienza e inconscio, schiantando un pugno sul pulsante “Terrore”.

Un quirk che amplificava le emozioni? Ne aveva sentito parlare: tendevano ad andare mano nella mano con la più comune empatia. Fece scattare lo sguardo da un villain all’altro, cercando di trovare il responsabile, ma il terrore che lo predava, rivoltandogli lo stomaco, rifiutò di scomparire.

Guardò il leader, quello pallido vestito di nero, con una mano mozzata come maschera. Lui doveva ancora rivelare il suo quirk. Forse era lui?

… No. Ma chi altri avrebbe potuto essere? Che ci fosse un altro villain nelle retrovie che lo stava sabotando a distanza di sicurezza?

Si guardò intorno. Non vide un villain, ma colse il guizzo di un movimento. Un movimento veloce, quasi impercettibile.

La paura dentro di lui gli strizzò l’intestino: quello era Midoriya Izuku, il ragazzo che aveva quasi fallito il suo primo giorno, che costeggiava la mischia come un folle. Cosa pensava di fare?

Shouta si assicurò di non girare la testa verso di lui mentre combatteva. Se il ragazzo voleva fare l’idiota, Shouta non poteva permettersi di rivelare la sua posizione guardandolo. Controllò i progressi di Midoriya con la coda dell’occhio. Bisognava dargliene atto: era veloce e stava usando quel minimo di copertura che c’era a suo vantaggio. Se Shouta non fosse stato occupato a cercare di resistere a una schiacciante superiorità numerica – essendo nel mentre spaventato a morte contro la sua volontà – avrebbe anche potuto prendersi un momento per compiacersi. Si fece bastare il sollievo: in qualche modo attutiva la paura.

Midoriya si abbassò fuori dal suo campo visivo e Shouta era troppo impegnato a schivare una scarica di attacchi da un altro villain per continuare a guardare. La sua sciarpa si avvolse intorno al nemico, scagliandolo dritto contro un altro che lo stava per attaccare. Crollarono entrambi con un tonfo sordo e Shouta era di nuovo in balia del terrore e-

Tutto d’un colpo, la morsa intorno al suo cuore scivolò via. Shouta poté di nuovo respirare e lo fece di nuovo con una quieta disperazione che lo lasciò quasi ansimante.

Prima che potesse impedirselo, guardò indietro per vedere Midoriya non molto lontano che scappava a tutto gas da un gruppo di villain svenuti lasciati in una pila dopo che Shouta li aveva neutralizzati quando la mischia era iniziata Avrebbe voluto tirarsi un calcio da solo per l’irritazione: non aveva pensato di cercare il colpevole tra i villain che aveva già sconfitto. Uno di loro probabilmente si era ripreso abbastanza da mettergli i bastoni tra le ruote dai bordi del campo di battaglia. La pila giaceva ancora a terra, immobile, mentre Midoriya correva via, tenendo le braccia in una posizione strana.

Il suo studente guardò indietro e incontrò i suoi occhi per un istante. Nonostante la distanza, attraverso i suoi occhialoni, Shouta colse il barlume di una disperata speranza nei suoi occhi.

Non sapeva cosa avesse fatto. Alla fine di quella giornata non avrebbe avuto modo di immaginarlo, né di sgridare il ragazzo per la sua avventatezza. Ma, almeno in quel momento, poteva prendersi un secondo di gratitudine; prima di tornare a girarsi verso i villain, trovandosi il loro leader che correva per attaccarlo per la prima volta.
 

 
-
 

Izuku aveva il cuore in gola mentre schizzava attraverso il campo di battaglia, sguazzando dentro e fuori l’oscurità. Scorse il punto più denso poco più avanti; stava fluttuando nel bel mezzo di una pila di villain svenuti e immobili. Altri villain stavano combattendo intorno a lui, dalle mezze calzette ai colossi imponenti e muscolosi con la pelle blu scuro e gli occhi spalancati. L’oscurità di Rei lo sferzò, ghiacciandolo fino al midollo osseo, ma continuò a muovere i piedi e si lanciò dritto dove la tenebra era più buia.

Più che vederla la sentì, un freddo punto fluttuante nel cuore del buco nero. Izuku allungò la mano e le sue dita sfiorarono qualcosa che bruciava come del ghiaccio secco. Avvolse le braccia intorno a una figura piccola e familiare e, quando emerse dall’altra parte dell’oscurità, la portò con sé.

Lei si dimenò tra le sue braccia, artigliandolo e attaccandolo con pura furia.

“Rei.” Sussurrò. “Rei, sono io.”

Si guardò indietro. La tenebra si stava già diradando, dandogli una visuale migliore della battaglia. La scandagliò velocemente, trovando Aizawa che guardava nella sua direzione. Con gli occhialoni addosso era impossibile capire se stesse guardando lui.

Izuku si fermò a distanza di sicurezza, rischiando quasi di perdere l’equilibrio. Crollò in ginocchio, stringendo Rei con entrambe le braccia per assicurarsi che non si liberasse e tornasse a infuriare.

Si stava ancora dimenando. Izuku si accucciò e la abbracciò forte. “Rei. Rei, smettila.” Sussurrò. “Stai tranquilla. Sono io. Mi dispiace, non volevo spaventarti a quel modo.” Rei smise di divincolarsi, afflosciandosi a peso morto tra le sue braccia. Quando sentì delle mani piccole e intirizzite stringergli il braccio, abbassò finalmente la testa a guardarla.

Occhi neri risposero al suo sguardo, grandi e pieni di paura.

“Mi dispiace.” Sussurrò. “Va tutto bene. Andrà tutto bene, lo prometto.”

Lei si girò tra le sue braccia e lo abbracciò, affondando il viso nel suo petto. Le urla si erano finalmente interrotte. La sua amica era silenziosa.

“Midoriya!”

Alzò gli occhi per vedere Tsuyu raggiungerlo, tenendosi bassa mentre gli si avvicinava. “Tsuyu?”

“Stai bene?” sussurrò Tsuyu, accucciandosi di fianco a lui. Quel riparo bastava a malapena per due.

“Sì.” Disse fermamente. Guardò la lotta. A chiunque non vedesse quello che vedeva lui, Aizawa sembrava essere tornato alla carica con più forza di prima. Non esitava o inciampava più mentre combatteva e l’oscurità di Rei era scomparsa, quindi Izuku poteva chiaramente vedere tutta la scena. Narita era tornato, stava guardando la battaglia e seguendo ogni mossa di Aizawa. Per la prima volta, Izuku sentì il groppo nel suo petto sciogliersi e osò sperare. “Penso… penso che andrà bene. Abbiamo una possibilità ora.”

E poi, dall’altra parte, l’uomo che indossava delle mani mozzate alzò il braccio e afferrò il gomito di Aizawa prima che potesse colpirlo. Mentre Izuku guardava, inorridito, il tessuto nero del costume di Aizawa si sbriciolò; e anche il braccio sottostante iniziò a farlo prima che l’hero riuscisse a liberarsi. Rei, che aveva alzato la testa per guardare, emise un soffio.

“Che razza di quirk è quello?” Sussurò Tsuyu, orripilata.

Izuku la zittì. “Non è ancora finita.” Mormorò disperatamente. “Non è finita, è solo ferito, può ancora-“

Non vide il gigantesco essere finché non fu sopra Aizawa. Era veloce, molto più veloce di come dovrebbe essere normalmente una persona di quella stazza. Il loro insegnante si girò a guardarlo, dovendo piegare il collo indietro solo per poterlo guardare in faccia; quella faccia deformata e deturpata, con il cervello scoperto e gli occhi roteanti e senza palpebre.

Il colosso calò la sua mano alzata e la battaglia finì prima che Izuku potesse sbattere le palpebre. Davanti ai suoi occhi, gli occhialoni distrutti di Aizawa volarono via e il sangue del suo insegnante bagnò la terra. La situazione si era ribaltata così velocemente che Izuku si sentì nauseato e in preda alle vertigini; poté solamente guardare mentre il suo professore subiva il pestaggio più brutale a cui Izuku avesse mai assistito.

Si fece scappare un verso strozzato. Non ragionò – il panico gli aveva carbonizzato la mente. Tutto quello che vedeva era il viso spaventato di Tsuyu di fianco a lui, Narita che urlava fino a consumarsi i polmoni mentre scagliava il suo corpo intangibile contro il mostro, Aizawa molle e rotto sul terreno- Aizawa pallido e smunto e insanguinato, in piedi davanti a lui con gli occhi bianchi e spenti, solamente un altro fantasma con cui Izuku avrebbe dovuto parlare.

Anche quando il pestaggio si concluse, non lo fece del tutto. Il mostro – Noumu, Izuku sentì il villain pallido chiamarlo Noumu – lo inchiodò a terra, rompendogli le braccia e sbriciolandole finché Aizawa urlò di dolore. Le urla di Narita si unirono alle sue.

Si mosse, perché in quel momento andare verso morte certa era meno terrificante che farsi piccolo e non fare niente mentre l’ennesimo fantasma stava venendo alla luce di fronte a lui. Il suo corpo si mosse, senza pensare. Con Rei al suo fianco, ignorò gli avvertimenti della sua compagna di classe e corse.

Non fece alcun rumore. I nemici più deboli erano fuori combattimento oppure fermi a guardare il pestaggio, il Noumu era impegnato con Aizawa e il villain pallido gli stava dando la schiena. Rei era con lui e non vedeva l’ora. Voleva fargli del male, farli morire di paura, voleva fargliela pagare e la potenza del suo fervore lo fece accelerare. Izuku strinse i pugni e richiamò One For All mentre si lanciava verso la schiena indifesa del villain.

Mi dispiace, Aizawa-sensei, pensò. Mi sa che questa volta mi dovrò storpiare.

Non voleva vedere Aizawa che diventava un fantasma. Non voleva che parlasse con Narita e con la signorina Kitayama, non ancora. Voleva che li facesse aspettare più a lungo, più a lungo possibile. Non poteva essere già la sua ora, non poteva.

Tirò indietro il braccio, scoppiettante di One For All. Si sarebbe probabilmente rotto le ossa di nuovo ma, se avesse sconfitto il loro capo facendolo, ne sarebbe valsa la pena.

All’ultimo momento, il villain pallido si girò a guardarlo, gli occhi che brillavano di una luce selvaggia e gioiosa. Precisamente in quell’istante, la lingua di Tsuyu si avvolse intorno al suo torso con uno schiocco e lo strattonò via dalla portata del villain proprio mentre una delle sue mani pallide ed esangui scattava verso di lui. Izuku perse il controllo di One For All e l’energia si dissipò.

“Oh.” La voce del villain pallido vibrò, divertita. “Cosa c’è? Volevi unirti a lui?”

Rei gridò e la sua rabbia penetrò nella pelle di Izuku. Si costrinse a stare calmo per evitare di digrignare i denti. Tsuyu lo trascinò ancora più indietro, lontano dall’uomo con le mani mozzate. La sua lingua lo lasciò e lei corse in avanti per prendere il suo braccio e tirarlo ancora più indietro con tutto il suo peso.

“Scusa, Midoriya.” Mormorò. “Ma se ti lasciassi ammazzare non potrei perdonarmelo.”

Izuku strinse i denti finché la mascella non gli scricchiolò. Fece correre lo sguardo dal villain pallido al punto dove Narita si era raggomitolato di fianco al corpo di Aizawa, e gli occhi gli bruciarono. “Non avresti dovuto-“

Narita girò la faccia insanguinata verso di lui e spalancò le fauci per urlare: “SCAPPA!

Fu il turno di Izuku di afferrare Tsuyu per un braccio e strattonarla finché non iniziò anche lei a correre. L’avvertimento di Narita gli offrì solamente mezzo secondo di anticipo; e non fu abbastanza: era già su di loro.

Uno stridio agghiacciante gli trapanò il cranio mentre Rei si lanciava tra loro; ma la mano del loro nemico l’attraversò e Izuku riuscì a malapena ad alzare le braccia per difendersi dal suo quirk.

Una delle mani si era chiusa intorno al suo polso. L’altra afferrò Tsuyu per il retro del collo. Rei ululò, le sue dita-artigli che scavavano nel viso nascosto del loro assalitore. Izuku lo fissò, pietrificato, e aspettò il dolore.

Che non arrivò.

Aspettarono con il fiato sospeso, congelati dalla paura; il villain indecifrabile mentre osservava come la loro pelle si rifiutava di sbriciolarsi e sfaldarsi come vernice vecchia.

Il villain sembrò sospirare. “Dannazione.” Disse, la presa che si allentava mentre guardava indietro da sopra la spalla. Izuku seguì il suo sguardo fino a dove Aizawa giaceva per terra, spezzato, la testa alzata, gli occhi che brillavano di rosso e velati di sangue mentre li teneva fissati sul villain pallido. “Questo è stato abbastanza figo, Eraserhead.”

Il Noumu schiantò la testa di Aizawa nel cemento con un tonfo rivoltante. Il sangue si sparse sul terreno; Aizawa non emise un suono.

La presa del loro nemico si era rilassata abbastanza da permettere loro di liberarsi prima che il suo quirk potesse attivarsi di nuovo. Avevano solo un paio di secondi prima che lo notasse e attaccasse di nuovo, ma per Izuku quel momento si allungò in una breve eternità.

Non guardò Tsuyu, rigida per la paura di fianco a lui. Non guardò nemmeno il villain pallido, vestito di nero e adornato di mani mozzate.

Guardò dietro di lui, dove il suo insegnate giaceva immobile e silenzioso sul terreno. Dove, lentamente, una forma sfarfallò fino a essere visibile – trasparente, debole e tremante come un segnale con cattiva ricezione – di fianco al corpo e al Noumu e al silenzioso Narita.

Aizawa si erse di fianco al suo corpo, pallido, sbrindellato e insanguinato, la sua forma opaca e trasparente, ma ben visibile.

Un urlo invase Izuku da capo a piedi, minacciando di strapparsi un’uscita nel suo corpo; ma Izuku tenne la bocca chiusa e allora l’urlo gli sfociò nelle vene sotto forma di adrenalina pulsante. Staccò gli occhi dall’apparizione e li riportò sul villain che l’aveva causata. Non aveva mai voluto creare un fantasma prima ma, in quel momento, comprese perché alcune persone desideravano farlo.

Della tenebra si accumulò poco lontano da loro e Rei urlò per la furia quando l’uomo con il quirk teletrasporto apparve nel suo centro. Il villain pallido raddrizzò la schiena quando lo vide.

“Kurogiri.” Disse. “Hai ucciso Tredici?”

La distanza non era abbastanza per impedire a Izuku di sentire la voce fredda e roboante del nemico. “No, Shigaraki Tomura.” Disse. “Ho messo Tredici fuori gioco, ma uno degli studenti è scappato dalla struttura.” Gli occhi lucenti si assottigliarono. “Quando sarà fuori dalla portata del nostro segnale d’interferenza sarà presto in grado di chiamare la scuola.”

La speranza germogliò nel cuore di Izuku, ma la calpestò senza pietà. No: aveva già fatto l’errore di essere fiducioso prima. Non l’avrebbe ripetuto.

Davanti ai suoi occhi, il leader nemico si lasciò andare in un silenzioso attacco isterico, artigliandosi i lati del collo dove le mani mozzate non lo coprivano. Borbottò qualcosa tra sé e sé, ringhiando minacce al suo compagno, e Izuku poteva sentire il modo in cui la voce del villain singhiozzava e si spezzava.

E poi, improvvisamente com’era iniziata, la filippica si interruppe. Lentamente, le sue mani scivolarono lungo i suoi fianchi, lasciando graffi arrossati sul collo. “Non va bene.” disse calmo, come se non avesse sproloquiato fino a qualche secondo prima. “Non possiamo combattere decine di pro. Quindi per ora è game over. Sì…” Le sue mani tremarono lungo i suoi fianchi. “Andiamo a casa. Ma prima…”

Tornò a guardarli, le dita che si arricciarono come se stesse immaginando di strangolarli. Izuku sentì un misto di terrore e rabbia crescere dentro di lui mentre osservava il villain pallido e esangue. Lo riempì dallo stomaco, passando per il cuore e arrivando ai polmoni, soffocandolo. Il villain gli si avvicinò di nuovo, le dita che si muovevano con impazienza, e ogni pensiero fuggì dalla testa di Izuku.

E così, senza nessun pensiero a distrarlo, furono la forza dell’abitudine e il puro istinto che continuarono a farlo inspirare ed espirare, ancora e ancora finché la tempesta non scemò e defluì via di nuovo. Lentamente, mentre guardava il viso nascosto del suo nemico – pallido, smunto, non tanto diverso da un fantasma – l’inondazione scolò via da sola e lasciò al suo posto una nebbia di quieto torpore.

La forma distorta di Rei si contorse da qualche parte nel suo campo visivo mentre lei ringhiava come una bestia uscita da chissà quale profondo inferno. A qualche metro di distanza, Narita stava con lo spirito di Aizawa, entrambi opachi e insanguinati. Mentre Izuku guardava, la mano di Narita – solida alla sua vista – si allungò verso la figura traslucida di Aizawa, passandole attraverso nello stesso modo in cui i vivi passavano attraverso i morti. Quello che Izuku non poteva fare.

Quella che gli entrò in testa non fu speranza, ma solamente un’idea, né felice né triste, che gli schiarì la mente. L’Aizawa che stava guardando era differente da tutti i fantasmi che aveva visto fino a quel momento. il suo fantasma era lì, ma non proprio lì. Forse significava che non morto, ma quasi.

Tutt’intorno alla struttura, i morti camminavano. Spezzati, maciullati, senza corpi per respirare e nessun cuore che batteva, piangevano e si disperavano e seguivano i loro assassini e aspettavano, eternamente pazienti, il momento della resa dei conti.

Izuku incrociò lo sguardo del villain, ed espirò di nuovo.

I miei amici sono più spaventosi di te.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Note autrice: volevo aspettare prima di postare questo capitolo, ma poi ho pensato “al diavolo!”
Note traduttrice: rieccoci finalmente con un nuovo capitolo! Ricordo a tutti i meno addetti ai lavori che dopo il capitolo 10 e prima dell'11 pubblicheremo una delle one-shot di Pit, più precisamente "Like Cats and Dogs" (One Piece). Speriamo che anche questo capitolo vi piaccia!
Per rimanere aggiornati su tutte le mie traduzioni e lavori e sapere a che punto sono potete seguirmi su Tumblr !


 
CAPITOLO 9

 
 
Era libero.

Il peso schiacciante del Noumu era sparito e Shouta era libero e il dolore era svanito e la sua mente era libera, tranne che per quel ruggito nelle sue orecchie; e non sapeva come fosse successo ma non poteva concedersi il lusso di preoccuparsene.

Aveva distolto lo sguardo. Quel villain, quello con il tocco disintegrante… C’era Midoriya lì, e Asui Tsuyu… Erano lì, proprio lì, e il villain era sopra di loro e lui aveva distolto lo sguardo.

I suoi occhi si schiarirono. Stava guardando la schiena del villain, che era esattamente davanti a lui. L’uomo pallido non si era mosso da dov’era prima, torreggiante sui ragazzi- erano bambini - erano i suoi ragazzi, i suoi studenti - e Shouta si mosse senza pensare. Li raggiunse molto più velocemente di quanto si fosse mai mosso prima- aveva sbattuto le palpebre ed era arrivato- e gli urlò di scappare.
Poteva ancora muoversi, poteva ancora lottare, poteva ancora proteggerli prima di crollare.

Nessuna testa si girò a guardarlo.

Il villain lo ignorò, continuando a parlare con quello con il quirk di teletrasporto. Shouta si era messo tra l’uomo e i suoi studenti in uno spazio fin troppo ristretto, ma nessuno arretrò. Guardò oltre la sua spalla e trovò Asui, senza parole e con un’espressione di orrore mentre fissava non lui, ma oltre; gli occhi di Midoriya, invece, erano vitrei e opachi come se stesse provando troppe emozioni ma senza riuscire a manifestarne nessuna.

“Ehi. Ehi, devi calmarti, prima di dare di matto.”

Non aveva sentito nessuno avvicinarsi, sentì la voce e basta. Una voce giovane, appartenente a un altro ragazzino, ma non era un viso che riconosceva. Era più grande dei suoi studenti, pallido e insanguinato e con gli occhi grandi.

Grandi, vuoti, bianchi occhi morti.

Shouta sbatté le palpebre e finalmente guardò; e vide.

La struttura era affollata di persone. Figure pallide e spettrali, troppe da contare. Quella più vicina era quella di una bambina, con i capelli scuri e vestita di bianco. Lo stava guardando in silenzio, una tra infiniti altri. La maggior parte di loro erano maciullati, sfigurati e piangevano mentre i villain li ignoravano.

No, non era corretto. Non li stavano ignorando.

Non li vedevano e basta.

Shouta guardò in basso, e vide il terreno attraverso le proprie mani.

“No.” sussurrò. “No, no, no-no-no-“

“Ehi!” era di nuovo lui, il ragazzo che sanguinava da un buco nella testa (ed era familiare, lo riconosceva, sapeva cosa significava ma la memoria era appena oltre la sua portata) e lo guardò con silente soggezione e terrore. “Senti, tu- ti devi calmare, non è-“

Ma Shouta smise di ascoltare, perché in quel momento guardò la direzione da dov’era venuto, dove il Noumu era ancora accucciato mentre faceva la guardia…

Mentre

schiacciava a terra

Tirò un pugno all’uomo davanti a sé, feroce nella sua disperazione, e il colpo gli passò attraverso come se il pugno dfosse fatto di nebbia.
Sputò un’imprecazione che nessuno di loro udì.

“Eraserhead.” Il ragazzo che non conosceva cercò di afferrarlo e fermarlo, ma nemmeno lui poteva toccarlo. “Guarda, non sei… Se ti può far sentire meglio, non penso che tu sia del tutto morto, solo… quasi.”

“Non importa.” Le parole di Shouta erano quasi un ringhio, e suonavano distanti persino alle sue orecchie. “Non posso starmene buono in disparte e lasciarglielo fare!”

“Non hai scelta. Se avessimo avuto una scelta, li avrei fermati dal fare questo a te. Mi dispiace.” Il ragazzo rispose alla sua rabbia e frustrazione con tristezza e pietà, ma Shouta non aveva bisogno della pietà, non voleva pietà-

Qualcosa di caldo gli avvolse il polso.

Fu solo perché sentì qualcosa di caldo che realizzò con un sussulto che mentre era in quello stato non sentiva nulla. Non il dolore, non la temperatura dell’aria, nemmeno il terreno che sarebbe dovuto essere sotto i suoi piedi. Non sentiva nulla; e quello fu il motivo per cui notò quel qualcosa di caldo.

Guardò indietro

Midoriya stava guardando dritto avanti a sé mentre le sue dita avvolgevano il polso di Shouta, senza toccarlo per davvero – non poteva toccarlo – ma provandoci. In qualche modo.

La voce del suo studente era talmente fievole che poté a malapena sentire le sue parole.

“Va tutto bene.” Gli occhi di Midoriya erano grandi e fissi mentre sussurrava. “Mi dispiace. Mi dispiace così tanto.” Lacrime si raccolsero sulle sue ciglia. “Andrà tutto bene. Nessuno deve morire, qui.”

Midoriya alzò i suoi occhi umidi e luccicanti e incontrò quelli di Shouta.

“Che hai detto?” il suono della voce del villain esalò nell’aria come del fumo oleoso. “Nessuno deve morire?” la sua voce tremava per le risate trattenute. “Beh, non sta a te deciderlo, no?”

Midoriya non distolse lo sguardo dal viso di Shouta, ma quando parlò di nuovo la sua voce era fredda e ferma. “Non stavo parlando con te.”

Shouta non sapeva cosa stava succedendo. Non capiva nulla; nulla di quello che stava succedendo aveva senso, tranne il fatto che il suo studente stava rispondendo a tono ad un villain invece di scappare e che in quel modo si sarebbe fatto ammazzare. “Che stai facendo?” sibilò Shouta. Cercò di spingere via Midoriya, ma invano. “Vattene da qui e scappa.”

“Non andrebbero lontano.” Gli disse il giovane fantasma. “Quello lì è veloce e quell’altro si teletrasporta. Li catturerebbero nel giro di secondi.” Shouta gli scoccò uno sguardo tagliente e il ragazzo si strinse nelle spalle. “Era così per dire.”

Dietro di lui il villain parlò di nuovo, la voce pregna di una minaccia silenziosa. “Cosa… hai appena detto…?”

A quello, gli occhi di Midoriya si spostarono dal viso di Shouta al villain che stava dietro di lui. “Ho detto” rispose pazientemente Midoriya, “Che non stavo parlando con te.” La sua testa si inclinò da un lato, sbattendo lentamente le palpebre mentre studiava il villain davanti a lui. “Ma, visto che me l’hai chiesto… ti va di parlare?”

“Midoriya, che stai facendo?” Se avesse potuto, Shouta lo avrebbe trascinato via, anche tirandolo per i capelli se ce ne fosse stato bisogno. Ma la sua mano passò impotente attraverso il suo studente . Midoriya non reagì, tranne che per chiudere gli occhi un momento. “Scappa, idiota!” Ci fu un sibilo, non diverso dallo statico di una radio e la bambina in bianco gli si avventò addosso con un viso che sgocciolava e si scioglieva in un ringhio. Si tirò indietro d’istinto e Midoriya rimase davanti al villain senza ostacoli.

Gli occhi di Midoriya incontrarono brevemente i suoi, per poi scivolare oltre ancora una volta sul villain. Shouta non si era mai sentito così impotente in vita sua.

L’uomo che indossava mani mozzate lo fissò di rimando. I suoi occhi scintillavano tra gli spiragli delle dita.

“Se lo devi uccidere, fallo in fretta.” borbottò urgentemente l’altro villain.

“È… Shigaraki?” disse Midoriya. “È così che ti chiamano?” Non ci fu risposta. “Scusa l’interruzione, mi stavo solo chiedendo… Significa che te ne andrai lo stesso?” Nonostante la tensione e il terrore che Shouta stava provando, era ancora abbastanza calmo per approvare la forza della compostezza di Midoriya. Era impressionante, viste le circostanze. Inquietante, ma impressionante. Eppure quella stessa compostezza lo fece pensare, perché non apparteneva a quel viso. Non avrebbe dovuto appartenere. Dov’era il ragazzo che balbettava e tremava di fronte a una sfida? Dov’era il ragazzo che incoraggiava gli altri con un sorriso determinato?

Midoriya… non stava sorridendo in quel momento. Non stava esprimendo nulla. Il suo viso era assente come quello di una bambola.

“Forse.” Il villain alzò di nuovo una delle sue mani. “Ma tu non sarai vivo per vederlo.”

“Oh.” Midoriya non indietreggiò, ma si sporse indietro, premendo contro Asui e allontanandola ulteriormente dal villain davanti a lui. “Vuoi ucciderci lo stesso?” chiese, così sfacciatamente, così casualmente, come se il pensiero della morte non gli mettesse paura; lo rendeva semplicemente freddo.

“Non sarebbe carino?” gli occhi di Shigaraki brillarono per l’anticipazione. “Se non possiamo uccidere All Might tanto vale ferire il suo orgoglio.” La mano copriva la maggior parte del suo viso, ma Shouta poteva quasi sentire il suo ghigno.

“Oh, beh, se è quello che vuoi fare.” disse Midoriya. Shouta vide il modo in cui occhieggiava le mani letali di Shigaraki. “Penso che tu lo abbia già fatto altre volte. E non so quale sia il tuo piano, ma per ora sembra efficiente.”

Quello fece bloccare il villain. Inclinò la testa, quasi simile ad un uccello nella sua curiosità. “…Oh?”

“Shigaraki Tomura.” Ringhiò il villain che poteva aprire varchi. “Perché stai perdendo tempo a parlare con questo ragazzino?”

“Beh, sì.” Rispose Midoriya, ignorandolo. Parlava lentamente, senza fretta, come se stesse chiacchierando per la strada. “Voglio dire, non devi per forza ucciderci se vuoi ferire l’orgoglio di All Might. Penso che tu sia riuscito a farlo anche solo introducendoti qui.” I suoi occhi saettarono per un momento verso Shouta. Un occhio spasimò, ma non era veramente uno spasmo: era un occhiolino, dal lato che Shigaraki non poteva vedere. “E, non so se lo sai, ma… Aizawa-sensei e All Might non si piacciono molto. Quindi già il fatto che Eraserhead abbia fatto tutto il lavoro e riceva tutta la gloria per avervi combattuto urterà il suo orgoglio.” Era una bugia, Shouta lo sapeva. All Might non era così permaloso e qualcuno che lo ammirava tanto quanto Midoriya avrebbe dovuto ben saperlo. Vide la gola di Midoriya sussultare mentre deglutiva. “E il fatto che non si sia fatto vivo quando lo hai battuto… non potrà andarne molto fiero.”

“Ohh.” C’era un tremolio eccitato nella voce di Shigaraki. Se la sta bevendo, sta ascoltando sul serio. “Non lo sapevo. Non ci avevo pensato. È molto interessante… qual era il tuo nome?”

“Oh, io sono solo… un tizio.” Disse Midoriya. “Quindi, voglio dire… Non penso che nessuno vi svaluterebbe se ve ne andaste ora. Avete già fatto molto introducendovi qui e battendo Eraserhead, è notevole. Però…”

“Però cosa?” Shigaraki si fece più vicino. Shouta poteva sentire l’odore delle sostanze chimiche che impedivano alle mani di decomporsi e, a giudicare dal modo in cui il naso di Midoriya si era arricciato, anche lui lo sentiva. Le dita del villain danzarono più vicine al viso di Midoriya, senza toccarlo, ma… tenendogliele a mente. Midoriya sbatté le palpebre, ma non fece molto altro. “Vai avanti. Sei proprio un tipetto sfacciato e divertente, lo sai?”

“Puoi davvero uccidere All Might?” chiese Midoriya, la voce mellifluamente curiosa. “È il più forte, sai. Non so se qualcuno possa ucciderlo.”

“Sta prendendo tempo.” Sussurrò il giovane fantasma, come se ci fosse la possibilità che i villain lo sentissero. La sua voce tremò per l’agitazione. “Porca merda, sta prendendo tempo! Dai, cazzo, Midoriya!”

“Stai attento.” Anche Shouta mantenne la sua voce bassa. Se avesse spaventato Midoriya, allora Midoriya avrebbe potuto spaventare i villain, o comunque perdere la delicata presa che aveva su Shigaraki. Era fragile. L’intera situazione era fragile e se il suo studente non fosse stato attento li avrebbe fatti ammazzare tutti quanti.

La voce del villain tremò per il divertimento alla domanda di Midoriya. “Ti piacerebbe saperlo, eh?”

“Shigaraki…” lo mise in guardia l’altro villain, venendo ignorato.

“Quindi devi aver pianificato qualcosa di grosso, se sei qui per uccidere All Might.” Disse Midoriya. La sua voce suonava aliena alle orecchie di Shouta, lontana e innaturalmente ferma. “Devi avere un gigantesco asso nella manica, qualcosa che sai che lo ucciderà. Altrimenti non avresti fatto tanta fatica, giusto? Hai fatto così tanto e hai battuto Aizawa-sensei e Tredici, quindi devi essere furbo.”

“Shigaraki!” esclamò il tirapiedi.

“Stai zitto, Kurogiri.” Replicò Shigaraki, petulante. “Morirà comunque. Tu morirai.” Aggiunse, lanciando uno sguardo a Izuku. “E noi possiamo uccidere il Simbolo della Pace. E anche se non lo facessimo, quanto pensi che lo colpirà trovare dei bambini morti quando arriverà qui? Forse possiamo ancora aspettarlo. Sarebbe carino, dopo aver fatto tutta questa strada.”

“Beh, è proprio quello il punto, no?” disse Midoriya. “Tu sai che puoi ucciderlo… Proprio come sapevi che sarebbe stato qui.” Midoriya inclinò di nuovo la testa e in quel momento Shouta vide il suo studente mirare alla giugulare. “Eppure non c’è, o mi sbaglio?”

Shigaraki si bloccò.

“Non sapevi che All Might non sarebbe stato qui.” Disse Midoriya. “Non sapevi che Eraserhead ci sarebbe stato. Non sapevi nemmeno quali erano i nostri quirk.” E in quel momento, Midoriya, finalmente, sorrise a Shigaraki Tomura.

“Immagina quali altre cose non sai, signor Shigaraki.”

Non era un sorrisetto strafottente, oppure uno felice; era solo un sorriso blando e vago che non gli raggiungeva gli occhi perché questi ultimi erano impegnati ad ospitare una tempesta di paura e fredda rabbia. Shouta poteva vederla chiaramente, come se fosse stampata su di essi; ed era qualcosa di così alieno su un viso gentile come quello di Midoriya che Shouta poteva immaginare dei brividi corrergli su per la schiena.

Ci fu un tremore nelle mani del villain, ancora sollevata per toccare il viso di Midoriya e ridurlo in polvere.

“Penso.” Disse Midoriya, “che tu avessi ragione la prima volta. Hai fatto così tanta strada e hai fatto così tanto fino ad ora e tutti saranno molto colpiti. Quindi… perché rischiare?” il suo sorriso si allargò. “Immagina quanto sarebbe bello se tu, dopo essere venuto qui, e aver fatto tutto questo… se tu semplicemente svanissi senza lasciare tracce, prima che chiunque riesca anche solo ad arrivare per fermarti? Giusto? Sarebbe molto figo.”

Shigaraki non rispose ad alta voce, ma fece un piccolo suono di anticipazione. È come un bambino, pensò Shouta. Facilmente distraibile. Facile da lusingare. Facile da imbrogliare. E a quanto pareva, Midoriya lo aveva notato. Era la cosa più vicina ad un punto debole che aveva, e Midoriya ci stava piantando le unghie con tutte le forze.

“Shigaraki.” Disse seccamente l’altro villain. “Smettila di dar retta a questo ragazzino. Se lo vuoi uccidere, fallo ora.”

“Stai zitto, Kurogiri.” Quasi piagnucolò. “Sto pensando.”

“Il moccioso con il quirk di velocità è già andato a cercare aiuto.” Lo mise in guardia il villain del teletrasporto, Kurogiri. Il sollievo si fece strada nella mente di Shouta. Quindi almeno Iida era al sicuro. I rinforzi stavano arrivando. “Non abbiamo molto tempo.”

“Nessuno dei pro hero che insegna alla Yūei ha un quirk di velocità.” Disse Shigaraki, petulante.

“A meno che non lo abbiano, invece.” Si intromise Midoriya. “Dovresti ascoltarlo.”

Fu un errore. Shigaraki si girò di scatto verso di lui in uno scatto d’ira imprevedibile, la mano nuovamente alzata verso di lui. “Non dirmi cosa fare-“ ringhiò.

Boom.

L’esplosione verso l’entrata galvanizzò Midoriya, facendolo entrare in azione prima ancora che Shouta capisse cosa l’avesse causata. Il suo studente schizzò indietro, fuori dalla portata di Shigaraki, e afferrò il braccio di Tsuyu per trascinarla via assieme a lui. Non ebbero bisogno di andare lontano: Shigaraki non li stava inseguendo. Era troppo impegnato a guardare in giro per capire cosa fosse tutta quella confusione. Il
Noumu lasciò il corpo di Shouta per terra e andò ad affiancarlo.

Il polverone si abbassò e All Might fece il suo ingresso nella struttura, la sua voce che echeggiava in modo da raggiungere quasi ogni angolo.

“Va tutto bene ora.” Disse, e Shouta era abbastanza vicino da sentire lo strozzato mezzo singhiozzo di sollievo di Midoriya.  “Sapete perché?”

I suoi denti erano in bella vista, di un bianco abbacinante sotto le labbra. Ma non stava sorridendo. C’era una donna al suo fianco, tetra e silenziosa. Non era Midnight. Non era nessuno che Shouta riconosceva. La sua pelle era pallida e i suoi occhi erano spenti e bianchi - un altro fantasma.

“Perché io sono qui.”

Shouta stava guardando per assistere a cosa sarebbe successo dopo, eppure non vide praticamente nulla. Nel giro di un battito di ciglia, svariati villain vennero sbalzati all’aria prima che All Might ricomparisse di fianco al suo corpo. Un istante dopo, Shouta si sentì violentemente strattonato di lato da una qualche forza invisibile. Quando tornò in sé, erano a metà strada della piazza rispetto a dov’erano prima. Tutti loro: Midoriya, Asui e All Might, che appoggiò il suo corpo a terra con una gentilezza che Shouta apprezzò a denti stretti.

Il ragazzo morto apparve di nuovo di fianco a lui, sorridendo. “Wow. Per un secondo ho pensato che ti avesse acchiappato con un lasso o qualcosa del genere. Devi essere vivo sul serio se sei connesso al tuo corpo in questo modo.”

Shouta lo ascoltò solo per metà, troppo preso dal proprio sollievo. “Era ora che arrivasse qualcuno.” Mormorò.

“Lascialo stare.” Scattò la donna fantasma al fianco di All Might. “Il preside lo ha trattenuto. Ho dovuto far saltare metà delle luci della stanza e rovesciare the su tutto il tappeto per potergli dare l’occasione di svignarsela.”

Shouta vide il sorriso allargarsi sul viso di Midoriya; vide il ragazzo guardare dritto verso la donna e vederla. Grazie, mimò con la bocca il suo studente.

Midoriya poteva vederli. Non c’era altra spiegazione; i morti erano dappertutto e Midoriya poteva vederli.

“Midoriya, Asui.” Disse a bassa voce All Might. “Dirigetevi all’entrata. Portate Aizawa con voi- ve lo affido.”

Era strano e disagevole, venire menzionato come se non fosse nemmeno lì. “Sono esattamente qui.” Disse Shouta.  

“Non ti possono vedere.” Gli ricordò il ragazzo morto.

“Non lo hanno ucciso?” sussurrò Asui. I suoi occhi erano incollati sul suo corpo, sgranati per l’orrore.

Midoriya incrociò nuovamente gli occhi con Shouta. Il suo sguardo si aguzzò, scrutandolo, cercando qualcosa. Shouta poté solamente guardarlo di rimando, completamente smarrito, prima che Midoriya si girasse di nuovo verso Asui.

“No.” le disse. “È ancora vivo.”

“Sbrigatevi!” li spronò All Might.

Si sbrigarono ad obbedire e Shouta si sarebbe lasciato commuovere se la situazione non fosse così grave. Ed era grave, anche se gli studenti non lo sapevano. Lui e Tredici si erano segnalati a vicenda prima: All Might aveva già consumato il suo tempo limite. Doveva star tirando avanti solo attraverso la rabbia e la preghiera, arrivato a quel punto.

Midoriya e Asui sollevarono la sua figura priva di sensi dal terreno, mentre il ragazzo morto fluttuava ansiosamente e la bambina schizzava intorno a loro senza essere vista, raccogliendo la sua sciarpa sfatta e insanguinata per evitare che finisse loro tra i piedi e li facesse inciampare. Fu allora che Midoriya esitò e guardò indietro.

“All Might.” Disse. “C’è qualcosa di strano riguardo a quello grosso, il Noumu. E tu…” È stranamente solenne, pensò Shouta. Per un ragazzo che praticamente venerava All Might come un eroe, sembrava quasi infelice di vederlo. Midoriya scoccò un’occhiata furtiva verso Asui, prima che di deglutire e parlare di nuovo. “C’è ancora tempo?”

Lui sa, realizzò Shouta con un sussulto.

“Giovane Midoriya.” All Might si girò verso di lui e il sorriso era tornato al suo posto. Al suo fianco, il viso della donna fantasma rispecchiava il suo. “Andrà tutto bene. Ora, per favore, portatelo al sicuro.”

Midoriya sapeva del limite di tempo. Sapeva, e All Might sapeva che lui sapeva. Cosa significava?
 

Tsuyu lo stava fissando.

Izuku riusciva a sentire l’intero peso della sua attenzione che gli premeva sulla nuca. Non la stava guardando direttamente, ma poteva comunque sentire i suoi occhi larghi fissarlo con insistenza, guardandolo come se si aspettasse che gli spuntassero delle zanne e iniziasse a sputare veleno.

E perché non avrebbe dovuto, dopo quello che gli aveva visto fare?

La maggior parte delle persone non avrebbe parlato in quel modo ad un villain. La maggior parte delle persone sarebbe scappata, avrebbe urlato e imprecato e minacciato e sputato in segno di sprezzo. La maggior parte delle persone avrebbe tremato di fronte a uomini che indossavano delle mani mozzate come dei trofei e polverizzavano le carni con un tocco.

Ma Tsuyu lo aveva visto guardare un uomo simile negli occhi e parlargli come se fosse una vecchia conoscenza. Lo aveva visto adulare e canzonare e mentire con un sorriso sulla faccia, neanche mezzo minuto dopo aver visto il villain ergersi e ridere mentre il suo tirapiedi pestava il loro insegnante quasi fino ad ucciderlo.

Per tutto quel tempo i suoi compagni lo avevano erroneamente preso per qualcuno di normale. Qualcuno di figo, addirittura. Cosa avrebbero pensato ora di lui, quando Tsuyu avrebbe detto agli altri cosa gli aveva visto fare? Cosa avrebbero fatto dopo aver scoperto quanto fosse inquietante e strano?

Gli occhi di Izuku bruciarono e lui chinò la testa, fingendo di essere in difficoltà sotto il peso del corpo privo di sensi di Aizawa. L’amicizia era bella finché durava.

“Ts-Tsu- Asui.” Disse a bassa voce. La sua compagna di classe sussultò al suono della sua voce. Il bruciore nei suoi occhi quasi sfociò in delle lacrime, ma sbatté le palpebre più che poté per ricacciarle indietro. Si girò verso di lei e cercò di leggere il suo sguardo. Era paura quelle che vedeva? Tsuyu lo stava guardando come se non l’avesse mai visto prima. “Puoi andare avanti per prima?”

“Cosa?” gracidò lei, sorpresa. “E lasciarti, Midoriya? Perché mai?”

“Siamo dei bersagli facili in questo modo.” Disse. “Posso trasportarlo da loro finché non torni con dei rinforzi, qualcuno che aiuti a trasportarlo, qualcuno per coprire le spalle agli altri. Okay?”

Lei sbatté le palpebre, e l’emozione precedentemente innominabile nei suoi occhi fu rimpiazzata da una determinata preoccupazione. “Sei sicuro?”

“Starò bene, basta che torni in fretta.”

“…Okay.” Scivolò via da sotto la figura incosciente di Aizawa e rimase giusto per aiutare Izuku a sistemarsi meglio il peso prima di schizzare via con salti e rimbalzi.

Finalmente solo, Izuku alzò la testa e guardò di nuovo Aizawa; non il suo corpo privo di sensi che stava trasportando, ma il quasi-fantasma smunto che fluttuava di fianco a lui. “Avete già parlato tu e Narita?” chiese. Non era neanche lontanamente vicino al problema più pressante al momento, ma a Izuku avrebbe fatto piacere una distrazione.

“Cosa-“

“Non ancora.” Disse Narita. “Sto ancora aspettando.”

“Oh.” Disse Izuku. Il peso morto di Aizawa non era così male se si concentrava a fare un passo alla volta. Tsuyu era veloce e forte; sarebbe tornata con dell’aiuto in men che non si dica. Non aveva molto tempo per parlare. “Perché?”

“Se morirà, allora parleremo.” Disse Narita. “Se dopo tutto questo si sveglia, allora dimenticherà tutto quello che ha visto e sentito. Succede sempre così a quelli che fanno un’esperienza extracorporea in questo modo. Quindi non sprecherò il mio fiato.”

“Non hai bisogno di respirare.” Disse Izuku.

“Smettetela di parlare di me come se non fossi qui.” Disse seccamente Aizawa.

“Scusi.” Disse automaticamente Izuku. L’istante in cui la parola gli uscì, la gola gli si strinse e il bruciore negli occhi tornò alla carica.

“Non piangere, Midoriya.” In qualche modo, la voce di Aizawa era burbera ma gentile.

“Scusi.” Rantolò Izuku. “Mi dispiace, è colpa mia, è… e lei ci ha salvati, me e Tsuyu, e… Se lei muore sarà colpa mia e non è mai successo prima, e io non volevo- non volevo che questo succedesse.”

Loro lo volevano.” Disse Aizawa.

Izuku lo guardò, gli occhi offuscati.

“Tu non volevi che tutto questo accadesse. Loro invece sì.” Aizawa lanciò uno sguardo ai villain impegnati nella lotta. “Il che la rende più colpa loro che tua, non credi?”

Izuku strinse la labbra per impedirsi di piangere. “Ha finito il tempo, non è vero?” sussurrò a mezza voce. “All Might. Se non arrivano dei rinforzi in tempo, loro… lui perderà.”

“Non finirà il tempo.” Gli disse Aizawa. “È testardo come te. Starà bene.”

Ci voleva un bugiardo per scovare una bugia e Izuku aveva custodito segreti da quando aveva cinque anni. Non gli credette, anche se fu grato che il suo insegnante ci tenesse abbastanza a lui da cercare di tirarlo su.

“Visto che abbiamo cose più urgenti a cui pensare, non ti chiederò come ne sei venuto a conoscenza.” continuò Aizawa. “Ma non hai risposto alla mia domanda di prima: tu puoi vedermi. Come mai?”

“No.” disse Izuku d’impulso.

“Come, prego?”

Izuku incontrò di nuovo gli occhi del suo insegnante. “Se le dicessi tutto,” disse, la voce tremante “Significherebbe che lei è morto e necessita di sapere. Ma lei non è morto.” La sua vista si offuscò in una sbavatura bagnata e lui sbatté le palpebre per lasciar cadere le lacrime e liberarsi gli occhi. “Lei non è morto e non morirà e questo significa che non ha senso che io glielo dica. Perché lei si sveglierà, Aizawa-sensei. E tutto questo svanirà come un brutto sogno.” Le sue mani erano occupate e non poteva asciugarsi gli occhi. “Lo prometto, lei si sveglierà.”

Prima che Aizawa potesse rispondere, ci fu un grido rauco e distorto e Rei sfarfallò, apparendo davanti a Izuku. Lui inciampò, facendo quasi cadere Aizawa, ma le sue mani fredde come il ghiaccio mantennero in equilibrio sia lui che il suo carico. I suoi capelli scuri si aprirono come una tenda, mostrando abbastanza del suo viso da far vedere a Izuku quanto fosse agitata.

“Rei? Cosa c’è che non va?”

Lei lo lasciò andare per liberarsi le mani, in modo da poter segnare. È nei guai, gli disse senza parlare. Le sue mani si mossero freneticamente mentre costruivano le parole, una dopo l’altra come un fiume. Lo hanno intrappolato è nei guai ha bisogno di aiuto sta soffrendo.

Izuku si fermò così all’improvviso che quasi inciampò, prima di guardare indietro. Il suo stomaco si attorcigliò. All Might era in equilibrio precario sopra uno dei varchi di Kurogiri. Il Noumu era visibile dal bacino in su, spuntando dal varco giusto quanto bastava per afferrare All Might nelle costole. Le sue dita si erano piantate nella carne, proprio nel punto dove Izuku sapeva essere la cicatrice. La signora Shimura stava artigliando il Noumu senza successo mentre urlava la sua furia.

Il fantasma di Aizawa imprecò a bassa voce.

Sento odore di sangue, segnò Rei. Lo uccideranno.

Izuku singhiozzò mentre ogni istinto che possedeva gli gridava di correre indietro e aiutare. Ma non poteva farlo senza lasciare Aizawa a morire. Poteva salvare Aizawa, il cui quasi-fantasma era davanti a lui e poteva diventare un vero fantasma se non fossero arrivati presto dei rinforzi; o poteva aiutare All Might, che gli aveva affidato il suo potere e i suoi segreti e gli aveva promesso di allenarlo e farlo diventare il grande eroe che Izuku aveva sempre sognato di essere.

“Qualsiasi cosa tu stia pensando di fare” disse Aizawa, “Non farla. E non lo sto dicendo per essere egoista. È per salvarti, Midoriya.”

“Non voglio salvarmi.” Sussurrò Izuku.

“Dannazione, Midoriya, è rimasto a combattere per darti la possibilità di scappare!” scattò Aizawa. “Non sprecarla così facilmente!”

“Sono l’unico che sa!” rantolò Midoriya. “Nessun altro! Nessuno sa che è ferito, nessuno sa che-“

Deku!

Si girò nuovamente e la speranza lo pugnalò al cuore quando vide Tsuyu tornare con Uraraka, Sero e Satou. “Sbrigatevi!” gli urlò e la sua voce gli uscì spezzata, rauca e cruda.

Un tocco di Uraraka alleggerì il suo carico e Izuku sgusciò via da sotto il corpo inerme di Aizawa. “Portatelo al sicuro.” Esclamò.

“Midoriya, no.” gli ringhiò il quasi fantasma di Aizawa.

“Devo farlo.” Rispose.

“Devi fare cosa?” chiese Uraraka, ma Izuku stava già correndo. Rei gli tenne testa, i capelli che si attorcigliavano come neri serpenti, e lui finalmente sentì la propria paura disperata e la rabbia traboccare. Questo gli donò forza e velocità.

Lo avrebbe aiutato. Qualsiasi cosa poteva fare per aiutare, tutto quello che poteva sacrificare; lo avrebbe fatto. All Might avrebbe vinto.
 
-
 

Ovviamente, non fu così facile. Non era mai facile.

Alla fin fine, più che aver rischiato troppo una volta sola, si trattò di un susseguirsi di momenti in cui se la videro brutta. Ogni volta che All Might stava per essere sconfitto, qualcosa metteva il bastone tra le ruote al villain. Prima fu Izuku, che si rigettò nella mischia dopo aver lasciato Aizawa alle cure dei suoi compagni. Non poteva fare molto da solo, ma i suoi compagni di classe arrivarono successivamente: Bakugou, che sconfisse il villain dei varchi con un’esplosione ben piazzata, e Todoroki, che congelò gli arti del Noumu in modo che All Might potesse sfuggire dalla sua presa.

E finalmente, quando la battaglia si fece davvero disperata, quando One For All stava fluendo via dal corpo di All Might e spaccando le ossa delle gambe di Izuku con un singolo salto disperato, il resto del corpo docenti della Yūei arrivò, con Iida a fare strada.

Per riassumere la giornata, due villain erano riusciti a scappare e nessun nuovo fantasma venne alla luce quel giorno.

Izuku era a terra, gravemente ferito. Rei gli fluttuò sopra, ronzando ansiosamente, mentre la signora Shimura stava al fianco di All Might come una guardia del corpo. Era rimasta stranamente in silenzio per tutto il tempo, sin da quando era tornata assieme a lui. Ma aveva tempo per preoccuparsi di quello più tardi; in quel momento lacrime di sollievo, vergogna e paura residua gli stavano rigando il viso.

Stava bene. All Might stava bene. Izuku non aveva potuto fare molto, ma era riuscito a guadagnare tempo; aveva tenuto in stallo i villain per un po’ prima che All Might arrivasse e aveva strappato una preziosa manciata di secondi impedendogli di ucciderlo prima che Iida tornasse con i rinforzi.

Non era una persona inutile. Non aveva fatto molto, ma non era inutile.

Un’ultima cosa degna di nota accadde quel pomeriggio, prima che i paramedici arrivassero a prendere in carico lui e All Might.

“Ehi! Midoriya!”

Al suono della voce di Kirishima, Izuku alzò lo sguardo e vide il suo compagno di classe correre verso di loro con un’espressione preoccupata sul viso.

“State bene?”

Izuku si tirò su con i gomiti. “Sto bene, ma non posso alzarmi.” Gli urlò di rimando. “E- aspetta!” La realizzazione lo colpì come una scossa elettrica. C’era solo una nuvola di vapore a nascondere la vera forma di All Might. Se Kirishima si fosse avvicinato troppo… “Kirishima, fermo! Non ti avvicinare!”

Rei lasciò il suo fianco, sfarfallando, per poi riapparire sulla strada di Kirishima. I suoi capelli si gonfiarono e lei gettò le mani in avanti per fermarlo; e lui le corse attraverso come aveva sempre fatto.

Il viso del ragazzo si congelò. Inciampò, crollando su un ginocchio per poi di riprendere l’equilibrio poco dopo. Rimase un attimo fermo in piedi, gli occhi spalancati all’inverosimile.

“Stai bene?” chiese Izuku.

“Sì, sto bene.” rispose Kirishima. “Ho solo… Ho avuto una strana sensazione.”

Cementoss arrivò in quel momento e spedì Kirishima di corsa all’entrata. Rei tornò al fianco di Izuku con un sorriso orgoglioso sul viso.

Izuku poté solo fissarla, senza parole. Rei aveva attaccato delle persone prima, molte volte. Aveva provato a ferirle, o rallentarle.

Ci aveva provato. Quella era la prima volta che Izuku l’aveva vista riuscirci davvero.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Note traduttrice: rieccoci! Grazie a tutti per aver aspettato, siamo pronte a tornare nel marasma delle traduzioni. Ora abbiamo terminato anche un nostro progetto personale, per cui speriamo di potervi portare più capitoli tradotti in minor tempo. L'opera originale è ufficialmente conclusa e conta 60 capitoli, quindi con questo noi siamo a un sesto dell'opera... piano piano ce la faremo anche noi! Vi ricordo che per quanto riguarda Pit la prossima pubblicazione sarà un'altra one-shot su One Piece, per poi tornare a YUTS. Se volete seguirci vi aspettiamo su Tumblr !
Buona lettura!
 

Capitolo 10
 


Grazie a Recovery Girl, le gambe di Izuku guarirono in poco tempo.

Fu una benedizione, perché Izuku era certo che se avesse dovuto mettersi gessi o usare le grucce sua madre si sarebbe preoccupata fino a farsi venire un esaurimento nervoso. Si preoccupava per lui fin troppo; e lui la lasciava fare senza lamentarsi. Sua madre era sempre lì per offrirgli abbracci silenziosi e per cucinargli i suoi piatti preferiti dopo un incontro paranormale particolarmente brutto; e dopo quello che aveva appena passato, Izuku ne aveva proprio bisogno. Nonostante le sue gambe fossero guarite, non riusciva comunque a stare in piedi per molto; non senza tremare come una foglia fino a quando non cedeva.

La scuola era chiusa il giorno dopo; Izuku colse quell’opportunità per dormire fino a quando il suo cervello non decise di farlo svegliare. Rei rimase di guardia in camera sua per la notte, mormorando sottovoce finché il ronzio non lo cullò fino a farlo dormire. Si addormentò con Mika acciambellata sul cuscino di fianco alla testa ma, ad un certo punto della notte, la micia gattonò tra le sue braccia e si addormentò facendo le fusa sul suo petto. Dopo tutto quel combattere, il terrore e la guarigione tramite quirk a cui era stato sottoposto per tutto il giorno, dormì come un sasso.

In più, fu la prima dopo molte notti in cui riuscì a dormire senza sogni.

Si svegliò sentendosi morbido e appagato. Lasciò che le sue palpebre si aprissero lentamente. Aveva tra le braccia la sua micia affettuosa e il suo stomaco stava brontolando, pronto per una buona colazione; la luce del sole brillava attraverso le finestre e Rei soffiava e ringhiava in sottofondo.

… Aspetta, cosa?

Mika trillò piano mentre Izuku si alzava dal letto. Non riusciva a vedere Rei, ma la sentiva; conosceva i suoi suoni a memoria. Sbadigliando, si vestì e si avventurò in bagno.

Il bagno era già occupato dal fantasma di una giovane donna che si stava sistemando i capelli davanti allo specchio. Non aveva un vero motivo per farlo visto che non possedeva un riflesso, ma Izuku non la giudicava per quello.

“Buongiorno signorina Morino.” Izuku soffocò uno sbadiglio. “Posso avere velocemente il bagno? Faccio in due minuti.”

“Oh, ma certo!” Morino Naoko svanì e non riapparve finché Izuku non ebbe scaricato il W.C. e aperto il rubinetto. “Hai dormito molto.”

“Giornata lunga, sono quasi morto.”

Lei fischiò e tornò a cercare di sistemarsi i capelli di fronte all’inutile specchio. “Sarebbe stato orribile. È per questo che Rei è così intrattabile stamattina? Sta facendo i capricci da un po’ e sta tenendo il resto di noi sulle spine. Kurosawa ha detto che non uscirà dal guardaroba finché non si sarà calmata.” Fece una pausa. “Mi potresti dare una mano? Dovresti solo tenere questo per un paio di secondi.”

“Certo.” Izuku allungò la mano e tenne fermo lo chignon intrecciato mentre Morino lo appuntava con delle forcine. “Non può semplicemente… apparire così?”

“Immagino di sì. Mi piace acconciarmi i capelli, però. È il viaggio che conta, non la destinazione. Grazie, Midoriya.”

“Di niente. Vado a controllare Rei.” Izuku si sciacquò il viso con dell’acqua per svegliarsi e uscì in salotto.

“Oh, bene, sei sveglio.” Disse la mamma, dandogli un abbraccio e un bacio sulla guancia. “Come ti senti?”

“Ho dormito… molto bene.” disse. “Meglio di come pensavo.”

“Sono contenta.” Gli sorrise. “Anche i tuoi amici stanno bene?”

“Oh, sì. Nessuno è rimasto ferito.” Tranne me. E Aizawa-sensei. E All Might.

“E i tuoi amici fantasmi?” Chiese lei. “Temevo che qualcosa non fosse a posto. Mi sono svegliata presto stamattina perché la TV si è accesa da sola e ho continuato a sentire dei rumori ogni tanto. E non erano i soliti rumori.”

Come a volerle rispondere, Izuku sentì Rei urlare in lontananza. Le luci sfarfallarono e una finestra vicina tremò contro l’intelaiatura. “Qualcosa potrebbe aver infastidito Rei. Vado a controllare, torno subito.”

“Stai attento, Izuku.”

Indossò le scarpe senza scomodarsi di allacciarle prima di uscire. Succedeva, di tanto in tanto, che Rei diventasse territoriale e perdesse le staffe se qualche nuovo fantasma cercava di intrufolarsi e infestare la casa senza la sua autorizzazione. Tollerava i fantasmi più tranquilli, come la signorina Morino (studentessa di specialistica, investita da un guidatore ubriaco) e Kurosawa (negoziante, ucciso da un colpo di pistola in una rapina finita male) e la signora Masuda (insegnate di yoga in pensione, infarto) che facevano poco più che giocare con le luci in entrata, sussurrare nei muri o trafficare con le porte; ma alcuni fantasmi le davano sui nervi e basta. Non ci voleva molto per placare quei conflitti, però.

Mika lo tallonò mentre usciva dalla casa. “Rei?” Chiamò, cauto. “Rei, che succede?”

Un momento dopo, Rei gli apparve davanti, imbronciata come se le avessero negato dei dolcetti. Gli segnò: non se ne va, disse.

“Chi non se ne va?” chiese.

Le parole avevano appena lasciato le sue labbra quando la fonte della costernazione di Rei si materializzò in aria e gli fece fare un passo indietro per la sorpresa.

“Oh, bene, sei sveglio.” Disse la signora Shimura senza preamboli. “Stavo per svegliarti prima, ma la tua piccola amica mi ha sclerato contro e non me l’ha lasciato fare.”

Rei le mostrò la lingua, molto più lunga di quanto una qualsiasi lingua umana avrebbe potuto allungarsi.

“E voglio dire, sono passate ore.” Continuò la signora Shimura. “So che sono morta e il tempo non ha più significato, ma… Andiamo.”

“C-che ci fa qui?” Izuku si sforzò di tenere la voce bassa. Aveva già disturbato i vicini una volta per errore e l’ultima cosa che voleva era svegliare qualcuno, anche se era mattina inoltrata.

“Volevo parlarti a riguardo di- hai fatto colazione?”

Aveva rigirato quella frase così velocemente da far venire a Izuku un colpo di frusta. “Io… no? Mi sono appena svegliato. Recovery Girl ha guarito le mie gambe ieri, quindi ero davvero stanco, e…”

“Vai a fare colazione.” Disse la signora Shimura. “E poi vieni al parco. Ti aspetto.”

Poi sparì e Izuku sbatté le palpebre un paio di volte prima di tornare dentro.

“Tutto bene?” Gli chiese sua mamma.

“Penso di sì.” Disse. “C’era solo un… Va bene se esco dopo la colazione? C’è qualcuno ha bisogno di parlarmi.”

“Beh… N-non vedo perché no.” Era ancora nervosa; dopo quello che era successo il giorno prima, Izuku non la biasimava per volerlo tenere dentro tutto il giorno. Se fosse rimasto ferito, era sicuro che avrebbe insistito. Ma fortunatamente, almeno per quel momento, sembrava disposta a lasciare che le cose continuassero normalmente.

Assaggiò appena la colazione, troppo impegnato a chiedersi perché la signora Shimura fosse venuta a casa sua. Aveva detto che era lì da ore, persino. Dov’era All Might? Perché non era con lui? Non si allontanava mai da lui, e quando lo faceva non era mai per molto tempo.

E, dopo quello che era successo alla USJ, Izuku si era aspettato di vederla incollata al suo fianco, almeno per un po’ di tempo. Eppure eccola lì, che gli faceva visita, sopportando ore e ore dei rimproveri iracondi di Rei solo per aspettare che lui si svegliasse.

Quando ebbe finito portò i suoi piatti in cucina, ma sua madre glieli prese dalle mani. “Puoi andare.” Disse. “Qualsiasi cosa sia, vai pure e occupatene. Lavo io.”

“Posso- ci metto solo un momento, non devi-“

Lei non accettò un no per risposta e lo spinse fuori dalla porta. Mika sgattaiolò fuori con lui.

“Assicurati che non scappi.” Gli ricordò sua madre.

“Staremo bene.” Rispose. “Grazie mamma.”

Il parco era solo a qualche isolato di distanza. Era un posticino accogliente, con tavoli da picnic e giostre per bambini. C’erano degli alberi un po’ più in là che creavano una zona d’ombra e un angolo tranquillo lontano dalla strada. Era interamente ricoperto d’erba, ben curato e, al momento, praticamente deserto. La signora Shimura lo stava aspettando lontano dalla strada, dove gli alberi e l’ombra smorzavano l’attenzione dei passanti. Appena la vide, Izuku fece una corsetta.

“Signora Shimura!” Rallentò quando la raggiunse. “Che succede? All Might sta bene? Come mai è così lontana da lui?”

Lei non rispose immediatamente. Teneva le braccia incrociate al petto e lo stava fissando con le sue orbite bianche e vuote, il viso pallido e severo. Izuku non riuscì a non mostrarsi imbarazzato sotto quello scrutinio. Rei gli stava vicino, silenziosa. Mika si strofinò sulla sua gamba, miagolando finché Izuku non si accucciò ad accarezzarla.

“D-di che si tratta?” Chiese, tirandosi di nuovo su.

“Si tratta di te.” Rispose lei. “Si tratta di quello che è successo ieri. E… si tratta di me, del mio cambiare idea su… certe cose.”

Izuku le scrutò il viso e la sua confusione si trasformò in curiosità. “Che tipo di cose?”

La sua forma sfarfallò e lei gli si parò davanti con un braccio allungato verso di lui, il palmo della mano aperto. “Colpiscimi.”

“C-cosa?”

“Mi hai sentita.” La sua espressione era indecifrabile. “Tira un pugno. Non infonderci One For All, voglio solo vedere la tua postura.”

Perplesso, la assecondò e sentì il proprio pugno colpirle il palmo della mano.

Lei scosse la testa. “Proprio come pensavo.”

Izuku aggrottò la fronte. “Che problema ha la mia forma?”

“Non ne hai una, ecco cosa.” Disse lei. “È il tuo problema più grande al momento, piccoletto. La forza ce l’hai, anche senza One For All hai la corporatura di un dannato muro di mattoni e hai vagonate di forza, ma non sai che farci.”

“Uhm.” Si sentiva come se dovesse sentirsi insultato, ma per la maggior parte sapeva che aveva ragione. “Non ho…”

“Non hai imparato le basi.” Concluse al posto suo. “Non è colpa tua. All Might è nuovo nell’insegnamento e il programma della Yūei si concentra su strategia, lavoro di squadra e più di ogni altra cosa sul rafforzamento dei quirk. Ma tu? Il tuo quirk non ha bisogno di essere rinforzato; tu sì.”

“Questo lo so.” Rispose Izuku, tentando di ignorare la pesante sensazione di vergogna che provò a quell’affermazione. Sbatté le palpebre e la sensazione si affievolì. “Aspetti… aspetti, questo significa…? Mi sta dicendo che lei mi-“

“Non volevo arrivare a questo.” Gli disse la signora Shimura, l’espressione incupita. “Io volevo solamente… restare una spettatrice. Volevo lasciare che fosse All Might ad allenarti, è suo diritto crescerti come hero e non volevo portarglielo via.” La sua fronte si corrucciò e lo guardò con un’espressione determinata. “Ma dopo quello che è successo ieri, mi è chiaro che non posso permettermi di rimanere in panchina. E se tu ancora non riesci ad usare One For All senza finire all’ospedale, allora il minimo che posso fare è insegnarti a difenderti, quirk o meno.”

Izuku raddrizzò la schiena. “Mi insegnerà a combattere?”

Lei si mosse prima che Izuku avesse l’occasione di reagire, scivolò tra le insignificanti difese che aveva e gli spazzò via i piedi da sotto le gambe. Prima che se ne potesse accorgere, era stesso sull’erba a fissarla in faccia mentre lei gli torreggiava sopra. “Ecco cosa succederà, mezza calzetta.” Disse lei. “Continuerai i tuoi studi alla Yūei e il tuo allenamento con All Might. E nel frattempo, io ti ficcherò le basi del combattimento corpo a corpo in quello che ti ritrovi tra le orecchie con ogni mezzo necessario.” Si chinò verso di lui. “Con un po’ di fortuna, riuscirò a insegnarti qualche lezione e a fartele assimilare abbastanza da aver qualcosa da mostrare al festival dello sport.” Lanciò un’occhiata di lato, dove Rei stava sibilando in protesta a quel suo trattamento brusco. “Quindi, tenendo queste cose a mente, apprezzerei se dicessi alla tua amichetta di non rivoltarsi contro di me solo perché tu potresti rivelarti un allievo lento.”

Le palpitazioni di Izuku accelerarono e si affrettò a mettersi in piedi e a mettersi il più dritto possibile. “Non lo farà. Si comporterà bene.”

Lanciò uno sguardo significativo a Rei prima di girarsi di nuovo verso la signora Shimura. “E non sarò lento.” Fece calare la testa in un breve inchino di gratitudine. “Non se ne pentirà, glielo prometto. Grazie in anticipo per le lezioni.”

Il sorriso che gli indirizzò era uno di quello pericolosi. “Non ringraziarmi di già, tappo.” La sua forma sfarfallò e riapparve al suo fianco, le mani sulle sue spalle per modificare la sua postura. “Lezione numero uno. Questo è il modo giusto per tirare un pugno.”
 
-
 

Alla fine della lezione, Izuku era dolorante, sudato, con i vestiti macchiati d’erba e aveva incassato un pugno nello stomaco non meno di quattro volte separate.

Senza contare il momento in cui All Might lo aveva preso come suo successore, non era mai stato così felice.
 
-

 
Izuku trascinò i piedi mentre avanzava lungo il corridoio, verso la sua classe. Non era solo la stanchezza che gli faceva sentire il corpo pesante, anche se di quella ne aveva in abbondanza. L’incidente alla USJ lo aveva lasciato abbastanza esausto da farlo dormire senza sognare quella notte; ma la notte dopo non fu così fortunato. Dopo otto ore di incubi e sudori freddi che nemmeno le fusa di Mika riuscirono a tenere lontani, Izuku si sentiva un cadavere.

E come ciliegina sulla torta, c’erano persone che doveva affrontare. I suoi compagni di classe. Tsuyu.

Aizawa.

Di quest’ultimo, almeno, non dovette aver paura a lungo: Narita lo incrociò nel corridoio e gli diede delle buone notizie.

“Non si ricorda nulla.” Fu la prima cosa che Narita gli disse. “Almeno, non penso che si ricordi. E sta bene. Probabilmente è questa la cosa più importante.”

“Okay.” Sussurrò Izuku. Si sentiva come se potesse sprofondare nel pavimento. Era un bel peso tolto dalla sua coscienza: non aveva fatto ammazzare il suo insegnante, e per di più Aizawa non si ricordava quello che aveva visto.

Nonostante ciò, si preparò per il peggio quando aprì la porta ed entrò in classe. C’erano delle cose che aveva accanitamente sperato di poter lasciare agli anni delle scuole medie; ma ora, mentre entrava, le poteva quasi già sentire di nuovo.

Che scherzo della natura. Se non fosse quirkless mi farebbe persino paura.

Non si sa mai. È il tipo di persona che potrebbe dare di matto.

È così inquietante. L’ho visto parlare con un muro.

Ti fissa come se non esistessi nemmeno. È come un cadavere ambulante.

Schifoso quirkless.

Non puoi curare la pazzia.

“Midoriya!”

La voce di Kirishima si differenziò dal resto del chiacchiericcio dentro l’aula e Izuku si pietrificò sul posto mentre il suo compagno di classe saltava oltre un banco per avvicinarglisi. Afferrò istintivamente la mano di Rei e cercò di ancorarsi quando lei gliela strinse di rimando. Tutti gli altri presenti nella stanza, allertati dal saluto di Kirishima, lo stavano guardando. Kaminari, Uraraka, Sero, Iida, Tsuyu… anche Bakugou. Le orecchie di Izuku rimbombarono per il panico e gli ci volle tutto sé stesso per non darsela a gambe quando Kirishima lo raggiunse.

“Amico!” Kirishima mostrò i denti affilati quando sorrise. “Tsuyu ci ha detto che alla USJ hai tenuto a bada quel tizio strano con le mani solo con lo sguardo! È vero?”

Izuku sbatté le palpebre. L’eco nelle sue orecchie sfumò improvvisamente.  “U-uhm. Io… più o meno?”

Kirishima lo colpì sulla spalla, facendogli quasi perdere l’equilibrio. “Cavolo, non sapevo che avessi così tanto fegato, amico!”

“I-io… cosa?”

“Ho sentito che aveva un qualche tipo di quirk disintegrante!” Esclamò Sero. “Non ti aveva quasi preso?”

“L-lui, uhm, mi ha afferrato.” Izuku balbettò. “Entrambi, sia me che Tsuyu. Ma Aizawa-sensei gli ha cancellato il quirk e…”

“Cacchio, amico.” Kaminari scosse la testa. “Dev’essere stata dura.”

“Io ero così spaventata che non riuscivo a muovermi.” Disse Tsuyu ad alta voce. “Ero sicura che stesse per ucciderci; ma poi Midoriya lo ha fissato dritto negli occhi e ha iniziato a parlargli, come se non ci fosse nulla di strano. E l’ha tenuto a parlare finché non è arrivato All Might.”

“È stato molto furbo da parte tua, Deku!” Esclamò Uraraka.

“Non eri spaventato, Midoriya?” Chiese Ashido.

“Me la stavo facendo sotto.” Izuku non era molto sicuro di come doversi comportare. Non era quello che si era aspettato. “Ho solo… Mi sono spaventato così tanto che ho fatto il giro e mi sono calmato, credo? N-non sapevo veramente cosa stavo facendo, volevo solo distrarlo abbastanza a lungo da impedirgli di ucciderci.” Stava nuovamente per avere un attacco di panico, ma questa volta per una ragione diversa.

“Dev’essere stato fichissimo.” Lo complimentò Kirishima. “Vorrei averlo visto.”

“L-lo pensate davvero?” Chiese Izuku.

“Certo che lo pensiamo!” Kirishima lo fissò come se fosse la domanda più stupida che avesse mai sentito. “Perché non dovremmo? Hai fissato negli occhi un villain e non hai nemmeno battuto ciglio.”

“Quindi tu…” Le parole gli si bloccarono in gola per un momento. “Non pensi che sia… non so… inquietante?”

“Oh, è stato super inquietante.” Esclamò nuovamente Tsuyu. “Specialmente quando gli hai sorriso”

Izuku sussultò.

“No no no, amico, non ti preoccupare.” Kirishima gli schiaffò una mano sulla spalla, sballottandolo un pochino. “È una cosa buona.”

“Lo è?” Izuku lo fissò, sconcertato.

“Certo!” Kirishima allargò le braccia. “Diventeremo degli eroi, giusto? Se sei inquietante significa che puoi spaventare i villain, no?”

“Oh.” Izuku aprì e chiuse la bocca un paio di volte, troppo preso in contropiede per riuscire a rispondere subito. “Io… non ci avevo mai pensato in questo modo.”

“È tipo All Might, ma diverso.” Meditò Tsuyu. “Lui spaventa i villain perché è super forte, tu invece li puoi spaventare sorridendo come se stessi per divorare un neonato.”

“Uhm…” Izuku sentiva come se quella frase fosse intesa come un complimento, ma non ne era del tutto sicuro. Era strabiliante essere paragonato ad All Might in qualsiasi modo, ma divoratore di neonati non era decisamente quello a cui stava puntando.

“Il tuo quirk è già molto simile al suo.” Aggiunse Tsuyu. Izuku quasi si strozzò con la propria saliva.

“Tu stai bene?” Chiese Uraraka. “Quello che hai fatto è stato molto coraggioso, ma ti sei anche fatto molto male.”

“Sto bene.” La rassicurò Izuku. Il peso dell’attenzione di tutti lo stava schiacciando, quindi cercò disperatamente una via di fuga. “V-voglio dire, non possiamo dimenticarci di Iida. È stato lui ad andare a chiamare i rinforzi, ricordate? Saremmo stati tutti nei guai altrimenti.”

Questo fece deviare l’attenzione, almeno per un momento, e la conversazione si spostò sul dare manate sulla schiena a Iida mentre Izuku batteva in ritirata verso il suo posto. Passò di fianco al banco di Todoroki e quasi inciampò sui propri piedi quando vide che il compagno – il più forte della classe, oltretutto – lo stava ancora fissando con un’espressione che Izuku non riuscì a decifrare. Ma Todoroki non lo fermò e non gli disse nulla, quindi Izuku lo oltrepassò e si sedette.

Sotto tutto quello lo shock, la confusione e il bruciante imbarazzo, non poteva negare che la conversazione di poco prima non gli aveva procurato una piccola scintilla di inaspettato piacere. I suoi compagni di classe lo avevano visto, lo avevano davvero visto. Forse non abbastanza da capire dei fantasmi, ma avevano visto quello che i suoi compagni delle medie erano abituati a vedere ogni giorno; e non stavano bisbigliando nascondendosi dietro alle mani, non si stavano allontanando da lui, non gli stavano dando del pazzo.

Forse… forse non lo avevano scambiato per qualcuno di figo. Forse pensavano che fosse figo lui e basta.

Izuku si spaventò quando Aizawa apparì, la faccia avvolta da bende come una mummia, ma riuscì ad arrivare alla fine della lezione senza altri incidenti.

Nonostante l’attacco alla scuola, le cose procedevano normalmente. Mancavano due settimane al Festival dello Sport; e quando Aizawa fece quell’annuncio, Izuku si massaggiò con fare assente uno dei tanti lividi lasciatigli dall’allenamento della signora Shimura. Se tutto andava bene, con il suo aiuto sarebbe stato pronto a fronteggiare qualsiasi cosa i suoi compagni di classe avrebbero usato contro di lui.

Stava uscendo dalla classe per pranzare, quando la voce di Aizawa lo fermò. “Midoriya, una parola.”

Merda, pensò; ma non c’era modo di evitarlo. I suoi compagni uscirono tutti, lasciandolo da solo con il suo insegnante responsabile.

Quasi solo, in realtà. Narita era ancora lì e Rei era al suo fianco, come sempre. Quando Aizawa si avvicinò, Izuku guardò istintivamente verso di lei, in caso cercasse di morderlo di nuovo come faceva di solito. Dopo che aveva fermato Kirishima alla USJ, non era sicuro di poterglielo lasciar fare ancora.

Ma lei non si mosse.

Non scattò, o ringhiò, o cambiò la sua faccia in una maschera terrificante. Quando Aizawa entrò nel suo raggio d’azione, gli fluttuò semplicemente vicino per giocare con i lembi della sua sciarpa.

“S-sì, sensei?” Rispose, ricordandosi dov’era. Aveva il cuore in gola.

“Mi sembra di ricordare un atteggiamento piuttosto incosciente da parte tua, l’altro giorno.” Disse Aizawa.

“Uhm.”

“Senza parlare di quello che ho sentito dire da Asui.” Continuò Aizawa.

“O-oh.” Non stava parlando dei fantasmi, realizzò Izuku con un tremolio di sollievo. Stava parlando della sua avventatezza. Quello lo poteva gestire.

“C’è un proverbio riguardo la differenza tra coraggio e stupidità.” Gli disse Aizawa. “È coraggio solo se funziona. Credo che tu comprenda quanto tu sia stato vicino all’essere ucciso, mercoledì.” Non era una domanda.

“Sì.” Il pavimento attirò gli occhi di Izuku. Ricordò, non per la prima volta, che era stato solo grazie all’uomo di fronte a lui se Shigaraki non aveva ridotto in polvere lui e Asui.

“I nervi saldi non ti mancano, lo devo ammettere.” Era così simile a un complimento che Izuku alzò la testa di scatto, sorpreso. “Ma non penso di doverti dire io che se All Might non fosse arrivato quando è arrivato, in questo momento tu e Asui sareste entrambi morti.”

“L-lo so.”

“Quindi, in futuro,” continuò Aizawa. “non correre incontro al pericolo a meno che non ci sia una buona possibilità di non diventare un’altra vittima.”

“Capisco, sensei.” Voleva guardare di nuovo il pavimento, ma si sforzò di tenere la testa alta. “Grazie.”

Non vide Aizawa alzare il sopracciglio, visto che le bende lo coprivano, ma poteva praticamente percepirlo.

“Per-“ Le parole gli si bloccarono nella gola. “Voglio dire, quando lei…”

Aizawa sospirò e si girò di nuovo verso la sua scrivania. “Vai a pranzare, Midoriya. Prima di imbarazzare entrambi.”

Arrossendo, Izuku mugugnò qualcosa in risposta e obbedì.

Parlare con i fantasmi era facile. Parlare con i vivi non lo era.
 
-
 

Le due settimane di allenamento di Izuku si impennarono da quel momento.

Era uno strano equilibrio per Izuku, cercare di concentrarsi sul diventare più forte senza passare troppo tempo a chiedersene il motivo. Se lasciava che la sua mente si fissasse su quello, sarebbe esploso di sicuro. Dopo l’incidente alla USJ tutti gli occhi erano puntati sulla sua classe. Tutti li avrebbero guardati: c’erano pro hero a caccia di nuovi partner da accaparrarsi; e la maggior parte degli altri studenti del loro anno sembravano condividere la determinazione di batterli e dimostrare al mondo che la classe 1-A non era poi così tosta.

Il limite di tempo di All Might si stava accorciando sempre di più ora che aveva passato a Izuku il suo quirk e il suo mentore voleva che usasse il festival per annunciare il suo arrivo al mondo intero.

Nessuna pressione, eh!

E così, Izuku si lanciò anima e corpo nelle preparazioni. Rinforzava la sua presa durante i pasti, si sorprendeva a cercare i propri pesi e a fare set di sollevamenti senza ricordarsi di avere iniziato. La signora Masuda, un’insegnante di yoga in pensione nella sua vita precedente, gli mostrò qualche esercizio di stretching utile che poteva fare mentre si riposava, guardava la TV o faceva i compiti.

E, ovviamente, la signora Shimura lo portava fuori ogni giorno per insegnargli a evitare di farsi pestare come un caco.

“Allora.” Disse la signora Shimura durante un allenamento, dopo aver mandato Izuku a gambe all’aria per la centesima volta. “Che insegnamento trai da questo?”

Izuku sputò erba e si rimise in piedi. “Che gioca sporco?”

Lei rise. “Non è giocare sporco se stai giocando allo stesso livello dei villain che stai cercando di sottomettere, tappo. Perché, credimi, giocheranno sporco.” Stava in piedi sopra di lui con le mani sui fianchi, sfoggiando dei muscoli tonici.

Non per la prima volta, Izuku si chiese chi fosse quando era viva. Si chiese se fosse anche lei una hero. Dopo ogni sessione e lezione che lasciava Izuku sudato e dolorante, sembrava sempre più plausibile. Gli stava facendo da insegnante solo da una settimana, ma aveva imparato così tanto che si trovava a immaginare movimenti e lanci in classe, a tavola, mentre andava a scuola, persino quando era steso a letto. Ripassava mentalmente le difese che gli inculcava, spingendosi anche a riprovare le movenze con le mani ogni volta che stava fermo. Non era una buona combinazione con la sua tendenza a imbambolarsi di punto in bianco: giusto il giorno prima aveva involontariamente tirato una gomitata nelle costole a Todoroki fuori dal bagno e aveva quasi schiaffato via dalle mani di Iida il suo vassoio mentre erano in fila per il pranzo. Aveva poco tempo prima dell’inizio del festival; Izuku era determinato a stamparsi le lezioni della signora Shimura nel cervello e nei muscoli. Se non poteva contare sul fatto che la sua mente non si sarebbe paralizzata in caso di necessità, almeno avrebbe potuto fidarsi della sua memoria muscolare.

Izuku barcollò e si rimise in piedi, ansimando un po’ mentre riprendeva fiato. “Devo per forza abbassarmi al loro livello? Pensavo che il punto fosse che siamo migliori di loro.”

“Non è un gioco, scricciolo.” Gli disse la signora Shimura, scuotendo la testa. “Non puoi permetterti di tenere il conto quando ci sono vite di civili in ballo, vite che tu stai proteggendo e che i villain stanno minacciando, se hai bisogno che renda l’idea.” Allungò una mano e gli afferrò leggermente il mento. “Ricordati, gli hero sono allenati ad agire in una crisi, a distruggere cose se devono, e a proteggere le persone sconfiggendo chiunque o qualunque cosa stia cercando di fargli del male. Non puoi permetterti di fare il santarellino quando combatti con un villain, specialmente con un quirk come il tuo.”

“Il mio quirk è forte, però.” Mormorò Izuku.

“Certo che lo è.” Annuì la signora Shimura. “È forte in un combattimento ravvicinato. Non sei come quel Todoroki, o quello ricoperto di glitter che spara laser dall’ombelico: non puoi attaccare se sei a distanza, per come sei ora. Finché non saprai sfruttare questo potere come si deve, il tuo unico modo per combattere sarà di avvicinarti. E quando qualcuno sta cercando di spaccarti la testa, non puoi fare lo schizzinoso. Mira ai punti deboli. Tiragli la sabbia negli occhi. Insultagli le madri. Trova una debolezza per fargli abbassare la guardia.”

“Non suona molto eroico.” Izuku strofinò inutilmente la macchia verde sul davanti della sua maglietta.

“L’eroismo non è sempre bello da vedere, nano.” La signora Shimura sospirò. “Non è sempre felicità e gloria. A volte è una faccenda shifosa. Se ti può aiutare, non pensarlo come giocare sporco, ma piuttosto come giocare furbo. Devi essere disposto a combattere in questo modo se vuoi sperare di difenderti contro degli avversari più grandi e forti.” Fece una pausa. “Che potrebbe succedere, a meno che tu non ti limiti a combattere crimini causati da bambini. O dei gatti domestici molto grandi.”

“Ehi!”

Rei rise.

“Questa è l’amara verità, almeno finché non riuscirai a capire il tuo quirk.” Gli disse la signora Shimura. “Fino a quel momento, mi assicurerò che tu sappia cavartela in una lotta.”

“Per adesso ho solo cavato la mia faccia dal terreno dove ho finito per piantarla.” Disse Izuku. Era sollevato di aver scelto una maglietta e dei pantaloni a cui non teneva particolarmente, perché non era sicuro che sua madre sarebbe riuscita a lavare via quelle macchie d’erba.

“Stai migliorando, però.” Gli assicurò la signora Shimura con un sorriso. “Stai diventando più veloce, lo posso già vedere. Sto iniziando a dovermi impegnare per buttarti giù.”

“Non penso di aver combattuto così tanto in… tutta la mia vita.” Ammise Izuku. “Diciamo che… Non ho mai lottato più di tanto. La maggior parte delle volte cercavo di parlare e basta, o scappare.”

“Beh, lo stai facendo molto meno da quando abbiamo iniziato.” Disse lei. “TI ho visto quando… Quando quei villain hanno attaccato. Non sei arretrato di un passo, è una cosa positiva.”

“Tranne quando le mie gambe si sono rotte.” Fece notare Izuku.

“Ci stai lavorando.” La signora Shimura schiaffò il pugno nel proprio palmo. “Per adesso, in ogni battaglia in cui ti ho visto, l’altro tizio era sempre avvantaggiato. Tu sei uno studente e non hai esperienza con il tuo quirk, quindi questo scenario si ripeterà.”

“Allora cosa devo fare?” Chiese Izuku.

“Semplice, bimbo.” La signora Shimura gli sorrise, prima di mettersi di nuovo in posizione di combattimento. “Se qualcuno pensa di avere un vantaggio, tu distruggiglielo. Ora attaccami di nuovo.”

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Note traduttrice: Finalmente, dopo essere stato bistrattato per mesi, YUTS è tornato! Spero perdoniate la nostra assenza, avevamo altri progetti a cui badare - tra cui un'altra one shot proprio di Pit, ve n'eravate accorti? Sicuramente se ci seguite sul nostro Tumblr saprete già tutto! Se vi va seguiteci, giusto recentemente abbiamo fatto un recap di tutte le traduzioni e lavori che abbiamo preso in carico e come le gestiremo. Speriamo che il capitolo vi piaccia, buona lettura! Mi raccomando, state a casa!

 
Capitolo 11



“Ultimo giorno di scuola prima del Festival dello Sport, ragazzo mio.” Disse All Might. “Come ti senti?”

C’erano fin troppe risposte a quella domanda perché Izuku potesse sceglierne solo una. Alla fine, il suo cervello era talmente intasato di aggettivi che la sua bocca si mosse senza pensare; e quello che ne uscì fu: “Affamato, perlopiù.”

Non era colpa sua se All Might aveva deciso di prenderlo da parte per una chiacchierata proprio quando le lezioni si interrompevano per la pausa pranzo, dopotutto.

Prima che Izuku potesse imbarazzarsi, All Might esalò una risata bonaria che lo fece rilassare. “Penso di essermelo meritato.” Disse. “Non ti preoccupare, non ti tratterrò per molto.”

Izuku ci riprovò. “Sono… nervoso, credo? Sto cercando di prepararmi, ma sto anche cercando di non pensarci troppo.”

“Cerca di non evitare troppo di pensarci, ragazzo mio.” Gli disse All Might. “Altrimenti diventa un ottimo modo per farsi sopraffare quando giungerà il momento.”

Stringendo le labbra, Izuku fece un suono vago e cercò di ignorare la sensazione di gelo nelle viscere. Solitamente era facile ignorarla, come la maggior parte delle paure. Ma quando pensava troppo a lungo all’incombente Festival dello Sport, la paura lo attanagliava come gelidi artigli.

“Ti ho visto durante l’allenamento.” Continuò All Might. “Stai diventando più veloce e il tuo tempo di reazione sta migliorando.”

C’era una nota di calore nella voce di All Might mentre lo diceva che sciolse un po’ del ghiaccio che sentiva nelle vene. A dispetto di se stesso, alzò lo sguardo e si illuminò quando vide il sorriso onnipresente del suo insegnante con una punta di approvazione. “Ho fatto pratica.” Disse, prima che avesse il tempo di pensarci meglio.

“Oh?” All Might sembrava interessato e Izuku avrebbe voluto tirarsi un calcio, perché ora avrebbe dovuto spiegarsi. Non molto lontano, la signora Shimura si bloccò mente stava svolazzando lì intorno, facendo da vedetta, per poi girarsi e offrirgli un sorriso incoraggiante e un pollice in su, che fu gentile da parte sua ma non molto d’aiuto.

“Una delle amiche di mia mamma era un’insegnante di yoga.” Disse Izuku. “Conosce persone nel mondo del fitness e mi sto facendo dare consigli per l’auto-difesa.” Lanciò uno sguardo alla signora Shimura con un breve guizzo degli occhi. “Ho pensato di, uhm, essere già abbastanza forte anche senza One For All, quindi se solo io riuscissi… ad applicarlo.” Le bugie erano più facili se ci includeva dentro abbastanza verità.

Il sorriso di All Might si allargò. “Eccellente idea.” Per una frazione di secondo sembrò quasi imbarazzato. “Avrei dovuto pensarci prima- Beh, in ogni caso, sembra che funzioni.”

Lì vicino, il sorriso della signora Shimura scomparve e lei cambiò scomodamente postura. Izuku sbatté gli occhi in sua direzione, sperando di star trasmettendo la sua preoccupazione senza attirare l’attenzione di All Might.”

“Ottimo.” Continuò All Might, inconsapevole. “A pensarci, ho trascurato di insegnarti il corpo a corpo di base.” La sua fronte si aggrottò mentre pensava. “Hmm. Stavo esitando per la differenza di forza tra di noi, specialmente visto che ti stai ancora rinforzando per usare One For All. Nonostante questo, devo porvi rimedio. Sarò tra il pubblico durante il Festival: vedrò a che punto sei, come puoi migliorare e modificherò le mie strategie di allenamento di conseguenza.”

Izuku spostò il peso da un piede all’altro, facendo una leggera smorfia per la stilettata di sensi di colpa. Avrebbe potuto chiedere aiuto ad All Might prima di quel momento. Ma, invece, era rimasto così preso dall’eccitazione che aveva lasciato il suo vero mentore nell’ombra, puramente per sbaglio. Avrebbe dovuto farsi perdonare ottenendo un buon risultato al Festival dello Sport.

In quel momento, un pensiero gli si affacciò alla mente. “Quanto tempo ti rimane?” chiese. “Hai detto che il tuo limite si era ridotto dopo quello che è successo alla USJ.”

“Non ti preoccupare.” Lo rassicurò All Might. “Ho cercato di rimanere nella sala insegnanti proprio per questo motivo; sono uscito solo per discutere con te del Festival dello Sport un’ultima volta.”

“È ancora cinquanta minuti, vero?” Izuku non riuscì a impedirsi di approfondire. “È diminuito così velocemente-“

La signora Shimura riapparve al suo fianco. “Sta arrivando Todoroki.” Lo avvisò, e la bocca di Izuku si chiuse di scatto istintivamente mentre si girava nella direzione dalla quale era appena venuta.

E infatti, il suo compagno di classe girò l’angolo un secondo dopo, fermandosi improvvisamente quando li vide. I suoi occhi scattarono su e- Izuku era in qualche modo imbarazzato di aver notato solo in quel momento gli occhi di Todoroki. Erano eterocromi: il destro era marrone scuro, quasi nero, e il sinistro era azzurro chiaro. Perché non lo aveva mai notato prima?

… Probabilmente perché Todoroki non gli aveva letteralmente mai parlato prima. Non che fosse una sorpresa: da quanto ne sapeva, Todoroki non parlava con nessuno.

“Buon pomeriggio, giovane Todoroki.” Lo salutò All Might. Izuku, ancora con i nervi a fior di pelle dopo che Todoroki era arrivato a tanto così dal sentirli, abbozzò un sorriso nervoso e un gesto della mano.

L’espressione piatta di Todoroki non cambiò – per quanto guardasse raramente verso di lui, Izuku non lo aveva mai visto con nessun’altra espressione – e offrì un inchino educato in risposta prima di superarli.

“È andato via.” Commentò la signora Shimura. Izuku si lasciò scappare uno dei pensieri che aveva sulla punta della lingua.

“È lui quello da battere, non è così.” Disse. Non era una domanda.

“Non ti concentrare troppo su uno solo dei tuoi compagni di classe, ragazzo mio.” Gli ricordò All Might. “Parteciperà ogni studente del tuo anno, dopotutto. Hai parecchi avversari da battere.”

Quell’affermazione sicuramente non aiutò i suoi nervi. Izuku fece un respiro profondo e sbatté forte gli occhi, sperando di scacciarli.

“Ora non è il momento di essere timidi, giovane Midoriya.” All Might gli diede una pacca sulla spalla. Nonostante il limite di tempo, fu comunque abbastanza per scuoterlo. “A meno che tu non ti senta pronto?”

No, non si sentiva pronto. Non si sarebbe sentito pronto nemmeno se avesse avuto mesi per prepararsi. Aveva un quirk che non poteva controllare e un’armata di compagni di classe pronti a distruggere gli avversari. Eppure…

“Sto facendo tutto quello che posso per prepararmi.” Mormorò, tra sé e sé. “Non penso che ci sia nient’altro che io possa fare, a parte quello che sto già facendo.”

“Allora non c’è motivo di essere nervosi, non credi?” Disse All Might. “Prova a credere in te stesso, Midoriya.”

Izuku fece un altro respiro profondo e lo lasciò andare.

“Immagino che dovrò farlo.”
 
-
 

Il giorno del festival arrivò. Izuku si svegliò con la sensazione di Rei che gli solleticava il naso e si precipitò a vestirsi, fare colazione e dare un abbraccio a sua mamma.

“Ti guarderò alla TV.” Gli sussurrò lei all’orecchio. “Buona fortuna, amore mio.”

“Grazie, mamma.” Mormorò in risposta, dopodiché uscì di casa. Fu sorpreso quando Rei non lo seguì immediatamente, ma non preoccupato. Sarebbe arrivato in ritardo se non si fosse dato una mossa; lei lo avrebbe raggiunto. Come sempre.

Si diresse a scuola con la mente annebbiata. La nebbia era meglio che nervi tesi e panico crescente – era solo un ronzio calmo e sussurrato mentre camminava. Non per la prima volta, desiderò che sua madre potesse accompagnarlo, ma la sicurezza era stretta e i posti nell’arena erano più per i talent scout che per i genitori. E poi, sarebbe stata nervosa e terrorizzata proprio come lui; se quel festival andava come Izuku pensava sarebbe andato, allora era probabilmente una buona cosa che fosse restata a casa.

Sarebbe stato carino avere Rei per distrarsi un pochino. Come mai ci stava mettendo così tanto?

Raggiunse lo stadio e il suo sguardo si alzò sempre di più. La struttura era gigantesca e la folla cresceva mentre spettatori e pro hero che si guardavano in giro per scovare qualche studente promettente si radunavano vicino alle entrate. Izuku si tenne a debita distanza e si avviò verso la ben più tranquilla entrata per gli studenti. Si preparò, sperando di non imbattersi in nessuno dei ragazzi della 1-B o in quello studente del dipartimento di Studi Generali. Qual era il suo nome? Shinsou, se non andava errato.

All Might aveva ragione: c’erano molte persone da battere in quella competizione.

Un brivido gli corse per la schiena. Si fermò, sorpreso. Cosa l’aveva causato? Era spaventato? Nervoso?

No. Beh, sì. Lo era, certo che lo era. Era impossibile non esserlo. Eppure...

Era su di giri.

“Ehi, Midoriya!”

“Deku!”

La nebbia nella sua testa iniziò a dissiparsi quando sentì le voci di Kirishima e Uraraka. I suoi compagni di classe si stavano avvicinando da direzioni diverse, agitando le braccia per attirare la sua attenzione, e Izuku fece una corsetta per raggiungerli.

Uraraka stava sorridendo, ma non era il suo solito sorriso allegro. Stava ghignando come se stesse per tirare un pugno sui denti a qualcuno. “Sei pronto per oggi, Deku?” Chiese.

Lui cercò di imitare il suo sorriso, ma non era sicuro che la sua faccia fosse fatta per un’espressione del genere. (Anche se, apparentemente, poteva sorridere come se stesse per mangiare un neonato.) “Pronto come mai lo sarò.”

“Io sono così gasato!” Kirishima alzò un pugno per enfatizzare. “Sono nato pronto. Fatevi sotto!”

Izuku scoppiò a ridere e il nodo di nervi nelle sue viscere si allentò un poco. Era difficile non sentirsi a proprio agio quando c’era Kirishima.
“Quindi siamo rivali per un giorno?”

“E vabbè!” Uraraka diede un pugno a vuoto. “Potete essere rivali e amici allo stesso tempo!”

“Immagino… di sì…” Izuku non era proprio un esperto nell’avere amici, quindi non poteva commentare.

“Cavolo, Uraraka, sei proprio carica!” Rise Kirishima. “Tu come ti senti, Midoriya?”

“Uh, beh, immagino di essere-“

Izuku non riuscì a finire la frase, a causa di un lamento acuto e trillante che lo interruppe prima che riuscisse a esalare un’altra parola. Il suo primo pensiero fu fantasma, il che sarebbe stato imbarazzante, perché dal punto di vista dei suoi amici aveva perso il filo del discorso a metà frase. Ma non era un fantasma, perché Kirishima si stava guardando intorno, confuso, e Uraraka sembrava spaventata. Lei guardò dietro di sé e i suoi occhi si allargarono un pochino. Izuku seguì il suo sguardo e rimase a bocca aperta.

Rei lo aveva finalmente raggiunto. Stava trotterellando vicino all’entrata studenti, i piedi nudi che non toccavano per davvero il pavimento. Alle sue calcagna, la medaglietta che tintinnava, Mika le trotterellava vicino e fece un altro miagolio esuberante per salutarlo. Quando fu abbastanza vicina, decise di schiantarsi sulle caviglie di Izuku.

“Mika, cosa-“ Izuku si piegò e la tirò su da per terra. Lei diede una testata al suo mento e fece rumorosamente le fusa. “Perché?” Diresse la domanda a Rei con un rapido sguardo.

Voleva venire, segnò Rei con un sorriso impertinente.

“Midoriya, è il tuo gatto?” Chiese Kirishima. Sembrava che stesse cercando di trattenere le risate.

Izuku rifilò a entrambi uno sguardo impotente da sopra la gatta che gli faceva le fusa tra le braccia. “Io non- dev’essere uscita e mi ha seguito.”

“È così carina!” esclamò Uraraka. Alzò una mano e Mika allungò la testa per incontrarla a metà strada e farsi grattare dietro le orecchie. “Come hai detto che si chiama?”

“M-Mika.” Non ci voleva. Era già abbastanza nervoso, non aveva bisogno di un imprevisto simile. Doveva competere al festival. Cosa diavolo avrebbe dovuto fare con lei mentre era impegnato? Era troppo tardi per riportarla a casa.

“Ciao, Mika!” Kirishima si avvicinò per accarezzarla. “Ma guardati, sei un amore! Oh- il suo occhio. Hai una piccola cicatrice di guerra, non è vero?”

“Faremmo meglio a entrare.” Disse Uraraka, ancora intenta a girare il dito intorno all’orecchio di Mika.

“Che faccio?” Izuku non stava avendo un vero attacco di panico, ma non sapeva dove sbattere la testa. “Non posso portarla al festival, devo competere e-“

“Sono sicuro che starebbe bene nella sala d’attesa.” Disse Kirishima. “E poi, hai tempo di controllarla tra un evento e l’altro. Sai. Se ci arrivi.”

“Grazie.” Disse seccamente Izuku.

“Intanto entriamo.” Suggerì Uraraka. “Ci inventeremo qualcosa per strada. A meno che tu non voglia chiamare tua mamma, o cercare di riportarla a casa.”

“Non posso.” Sospirò Izuku. “Vivo troppo lontano e mia mamma non ha una macchina.”

“Accidenti.” Disse Kirishima. “Beh, come ha detto Uraraka, entriamo e vediamo che succede. Forse qualcuno la può tenere d’occhio per te. Recovery Girl, forse?”

“Non so se vorrebbe un gatto intorno mentre si occupa dei pazienti.” Si preoccupò Izuku, mentre Mika continuava a fare le fusa senza un problema al mondo.

“Scommetto che se chiedessi a Kouda, le direbbe di stare nella sala d’attesa e fare la brava.” Fece notare Uraraka. “Probabilmente non è così terribile come pensi, Deku.”

“Di solito è peggio, infatti.” Deku li seguì, riluttante, ma non prima di lanciare un’occhiataccia a Rei. Non poteva credere alla sua sfortuna. Aveva passato le precedenti due settimane a evitare il suo muro d’ansia incombente e ora ci avrebbe sbattuto dritto contro grazie alla sua gatta.

Fortunatamente, l’entrata studenti era molto più tranquilla di quella principale, quindi non incontrarono molte persone mentre camminavano. Persone vive, ovviamente. C’erano svariati fantasmi che Izuku poteva vedere mentre avanzavano per i corridoi.

… Più di quelli che si sarebbe aspettato, a essere onesto.

Ce n’erano dozzine, di tutte le forme e grandezze e età, uomini e donne e anche bambini, che si muovevano costantemente, parlando fra di loro a bassa voce. Qualche paio di occhi vitrei e bianchi si girava a guardarlo mentre passava, guardandoli. Alcuni di loro gli svolazzarono vicino, solo per poi allontanarsi quando Rei ringhiava.

Gli ci vollero un paio di minuti mentre camminava e guardava per capire cos’era che non andava. Non solo ce n’erano molti, ma erano anche agitati. Guizzavano costantemente, girovagando nei corridoi, tutti tesi. Li faceva sembrare più numerosi di quanti erano veramente.

Erano quasi arrivati alla classe 1-A quando scorse una faccia familiare. La signorina Kitayama lo vide da in fondo al corridoio e riapparì al suo fianco. “Oh, Midoriya, ti stavamo cercando.”

“Stavamo?” Chiese piano Izuku.

Uraraka lo guardò con la coda dell’occhio. “Hai detto qualcosa, Deku?”

“No, parlavo con me stesso.”

“Narita e io.” Disse la signorina Kitayama. “Volevamo darti un veloce avvertimento.” Stavolta Izuku annuì semplicemente con la testa invece di rispondere a voce. “Siamo qui da un po’, a causa di Eraserhead, e la situazione non era così prima. Ma è successo qualcosa. Potrebbe essere un’altra anima arrivata qui, anche se non sono sicura di chi. O dove, se è per questo.” Si interruppe, guardandosi in giro. “Chiunque sia, ha un bel caratterino. Sufficiente da renderci nervosi.”

Le sopracciglia di Izuku si alzarono. Non era raro; strettamente parlando, l’unica cosa che poteva ferire un fantasma era un altro fantasma. E quando perdevano la pazienza, tendevano a sfogarsi su chiunque o qualsiasi cosa fosse nel loro raggio d’azione. Era abbastanza perché gli altri fantasmi li evitassero.

In un posto di quella grandezza, però… O l’anima iraconda era vicina, oppure era solo davvero, davvero arrabbiata.

Fantastico, pensò, mentre Rei ringhiava a mezza voce di fianco a lui. Un’altra cosa di cui preoccuparmi.

Entrò nella sala d’attesa con la sua gatta da un occhio solo che gli trotterellava felicemente alle calcagna e scoprì che la maggior parte della sua classe era già lì…

… assieme a Aizawa.

Izuku si congelò sul posto, lasciando che la porta si chiudesse con un botto dietro di lui. Il suo insegnante lo guardò di striscio, ebbe una reazione a scoppio ritardato e abbassò la sua attenzione sulla gatta che attualmente si stava acciambellando intorno ai piedi di Izuku, il tutto senza dire una parola.

Izuku si chiese disperatamente perché il pavimento non si fosse ancora aperto per inghiottirlo.

“Posso spiegare.” Disse.

“È il tuo gatto, Midoriya?” Chiese Aizawa, avvicinandosi per vedere meglio. La sua faccia era ancora avvolta dalle bende a causa dell’incidente della USJ, ma questo non lo rendeva meno intimidatorio.

Izuku fu improvvisamente cosciente di ogni paia di occhi nella stanza, perché stavano puntando tutti dritti a lui. “Uh, s-sì, ma giuro che non l’ho portata apposta. Dev’essere riuscita a uscire e mi ha seguito fino a qui e, quando l’ho scoperto, ero già qui fuori ed era troppo tardi per riportarla indietro… quindi…” La sua voce venne meno.

“Ma che bella che sei.” La voce di Hagakure lo fece sobbalzare; non l’aveva nemmeno notata avvicinarsi. Ora si stava accucciando davanti a Mika e… la stava accarezzando, immaginò Izuku. Era un po’ difficile da capire quando poteva solo vedere la posizione dei suoi vestiti. “Midoriya, qual è il suo nome?”

“Uh, Mika, ma-“

“Ciao, piccola Mika.” Hagakure era completamente rapita e altri ragazzi si stavano avvicinando.

Ashido si intrufolò, mettendo una mano sulla spalla di Hagakure. “Ooh, oooh, dopo tocca a me accarezzarla!”

Lo sguardo che Aizawa gli indirizzò era di pura sofferenza. Izuku voleva abbastanza morire, solo un pochino. Rei, Uraraka e Kirishima non stavano certamente aiutando, da come ridevano.

“Oh, povera piccola!” Esclamò di nuovo Ashido, facendo dei versetti a Mika mentre la grattava sotto al mento. “Midoriya, che è successo al suo occhio?”

“Non lo so.” Izuku gesticolò. “Era già così quando l’abbiamo trovata? Ed era al rifugio da un po’ e nessuno la adottava, quindi…”

Quell’affermazione fece partire un coro di “aaawww” dalle ragazze, più qualche ragazzo.

“Ecco perché ti vuole così bene!” Aggiunse Uraraka, e Izuku si coprì la faccia con entrambe le mani.

Un sospiro pesante e stanco della vita lo costrinse ad alzare di nuovo lo sguardo, giusto in tempo per vedere Aizawa accucciarsi, passare una mano sotto alla sua gatta e tirarsela addosso sollevandola morbidamente con un braccio. Lei si innamorò immediatamente della sua sciarpa, colpendola con le zampe e cercando di infilarsi nelle pieghe. Aizawa la mosse e, con facilità data dall’esperienza, la sistemò più comodamente contro il petto. Si ficcò una mano nella tasca, frugò un poco, tirò fuori uno snack per gatti e glielo offrì.

In quel momento, a Izuku tornò alla mente la memoria di una conversazione con All Might. Aizawa fa da stallo ai gatti dei rifugi.

“Il primo evento inizia tra venti minuti.” Disse piattamente Aizawa. “Non ci sarà una vera e propria pausa prima del secondo evento, ma tra-“ Mika lo interruppe con il miagolio più musicale e imbevuto di fusa che Izuku le avesse mai sentito fare. Prima che Aizawa avesse la possibilità di continuare, Mika si alzò e, di fronte all’intera classe, gli diede un buffetto sul naso con la zampa.

Izuku realizzò in quel momento che la sua gatta era una gigantesca ruffiana.

“-tra il secondo e il terzo.” Concluse Aizawa, come se non fosse successo nulla. “Che è anche quando potrai venire a prendere la tua gatta.”

In qualche modo, Izuku ritrovò la voce. “Come faccio con lei per il terzo evento?” Chiese cautamente.

Aizawa gli lanciò uno sguardo indifferente. “Dovresti prima preoccuparti di arrivarci, Midoriya.”

“Giusto.” Il pavimento attirò nuovamente gli occhi di Izuku e, prima che potesse riprendersi, Aizawa era già uscito dalla porta con Mika comoda e vibrante tra le sue braccia.

Risate rimbalzarono tra il resto della classe. Izuku barcollò un pochino e si chiese quanto costasse un coma farmacologico di quei tempi.

“Visto?” Uraraka gli diede una calorosa pacca sulla spalla. Stava ancora ridacchiando, giusto un pochino. “Te l’avevo detto che si sarebbe sistemato tutto!”

“Uraraka.” Disse debolmente Izuku.

“Sì, Deku?”

“Per favore, lanciami nel sole.”

Uraraka si limitò a ridere più forte.

Miracolosamente, i suoi compagni di classe tornarono a parlare tra di loro e a fare le ultime preparazioni per il festival. Si stavano vestendo con la tuta; visto che tutti i dipartimenti avrebbero partecipando, e non solo il dipartimento Eroi, i costumi e i gadget erano proibiti. Gradualmente, i minuti passarono e piano piano arrivò anche il resto della classe 1-A. Izuku si spostò ai lati della stanza per scambiare un’ultima parola con Rei.

Ricorda, limitati a guardare dalle panchine, gli disse, sperando che il suo segnare sembrasse un nervoso torturarsi le mani agli occhi di un osservatore casuale.

Rei mise il broncio. Perché?

Non è una vera lotta, disse Izuku. È come l’esame di ammissione. È una gara. Non devi proteggermi.

E se il bullo ti prende?

Andrà tutto bene, insistette, corrucciandosi mentre segnava. Se finirò per combatterci sarà un incontro amichevole. Non sono in pericolo, quindi non devi farmi la guardia.

Rei lo guardò male. Se il bullo cerca di farti del male, lo spavento e lo faccio andare via.

Andrà tutto bene, disse lui. Limitati a guardare e fai il tifo per me.

Va bene. Disse lei, controvoglia. Ma se vedo qualcosa che non mi piace, la fermerò, non importa cosa mi dici. Probabilmente era il massimo che sarebbe riuscito a cavarle.

“Midoriya.”

Izuku non riconobbe la voce che lo aveva chiamato fino a quando non si girò e si ritrovò a fissare un familiare viso sfregiato e due occhi spaiati. Da qualche parte nel suo cervello, il suo istinto di attacco o fuga gli diedero un’educata spintarella mentale. “Uh, cosa c’è Todoroki?” Era un po’ difficile parlare mentre la sua gola si stringeva istintivamente, quindi dovette sforzarsi di fare uscire le parole. Non era colpa sua; la Yūei era infinitamente migliore della scuola precedente; ed era fantastico avere degli amici, ma quando compagni di classe con quirk spaventosamente potenti notavano la sua esistenza, solitamente non finiva bene per lui.

La prima cosa in assoluto che gli disse Todoroki, a parte il suo nome, fu: “Oggettivamente, penso di essere superiore a te in termini di forza pratica.”

Per un momento, Izuku poté solamente fissarlo in modo assente, come se Todoroki gli avesse appena parlato in gallese o qualcosa del genere. Quando ritrovò la voce, riuscì solamente a balbettare, sulla difensiva. “Beh, non lo so, voglio dire, penso di essere stato… Sì. Sì, probabilmente hai ragione.”

“Sei riuscito ad attirare l’attenzione di All Might, vero?” Disse Todoroki.

Izuku si strozzò con la sua stessa saliva e cercò di camuffarlo schiarendosi la gola. Poteva sentire Rei aggrappata al bordo della maglia della tuta da ginnastica.

“Non voglio impicciarmi.” Continuò Todoroki. I suoi occhi non lasciarono mai quelli di Izuku, ma per quanto si sforzò Izuku non riuscì a capire quello che stava pensando. Niente rabbia, niente ostilità, nemmeno più di tanta determinazione. Era solo… freddo. Tutto di lui era freddo, dai suoi occhi alla sua faccia alla sua voce mentre finiva quello che aveva da dire. “Ma ti batterò.”

Izuku sentì una voragine nello stomaco.

“Wowow!” Esclamò Kaminari da uno dei tavoli. “Il ragazzo più forte della classe ha appena lanciato il guanto della sfida!”

Izuku voleva nuovamente sprofondare nel fondale oceanico. Anche mentre Kirishima accorreva in sua difesa, non poté evitare sentire l’ansia che gli rivoltava lo stomaco.

“Che problemi hai, amico?” Disse Kirishima, spintonando non troppo gentilmente la spalla di Todoroki. “Non puoi sparargli addosso una cosa del genere prima di scendere in campo. Non va bene.”

“Non sono qui per essere simpatico o farmi amici, ma ok.” Disse piattamente Todoroki.

“È perché ti ho dato una gomitata per sbaglio quella volta?” Si fece scappare Izuku. “Perché ti avevo già chiesto scusa.”

Todoroki gli lanciò un’occhiata raggelante. “No.”

“Oh. Ok. Uh. Bene.” Per una frazione di secondo, Izuku ebbe la lingua annodata. Tutte le sue ansie si stavano schiantando su di lui come una marea – dopo due settimane che le stava tenendo a bada, un ragazzo che non gli aveva mai parlato e a malapena guardato dall’inizio del liceo era riuscito a mandarlo a sbatterci addosso di muso. Non era per niente giusto. Che aveva Todoroki contro di lui?

In quel momento, Rei si spinse in avanti. Ancora tenendo il bordo della maglietta di Izuku, fece una smorfia a Todoroki, tirò fuori la lingua e rilasciò la pernacchia più rumorosa e liquida che Izuku avesse mai avuto il piacere di sentire.

Izuku sbatté gli occhi; e improvvisamente non dovette più preoccuparsi della possibilità che Todoroki gli spaccasse i denti perché era troppo impegnato a non ridere o a non sembrare come se stesse per ridere. Si morse il labbro per impedirsi di sorridere mentre Rei – la sua invisibile cheerleader personale -  indirizzava smorfie raccapriccianti e gesti offensivi a Todoroki.

Sentì, almeno per un momento, di avere la mente frastornata ma in un posto migliore. Era ancora nervoso, ancora preoccupato, ma… più calmo.

“Non so cosa ti ha spinto a dirlo.” Disse dopo un po’, spostando gli occhi da Rei a Todoroki. “Non ti conosco bene e non so che problema hai con me, ma immagino che non sia molto importante, perché non posso farci niente. Tutto quello che posso fare è affrontarti. Forse.”

“Un po’ troppo pessimista, Midoriya.” Mormorò Kirishima.

Izuku scrollò le spalle. “Era quello che avrei fatto in ogni caso. Quindi se mi verrai incontro con tutte le tue forze, allora spero che tu sia pronto per la stessa cosa.” E poi Izuku provò a fare una cosa. Rilasciò il suo labbro inferiore dalla stretta dei denti, affondo a piene mani in tutte le sue preoccupazioni, i suoi dubbi e la sua costante paura latente, inclinò un po’ la testa e gli sorrise. “Quindi immagino che vedremo chi è il più forte, non credi?”

Ci fu un coro di “oooohhhh” da qualcuno degli altri, tra cui Kirishima, Uraraka, Sero e Kaminari. Per una frazione di secondo, la faccia di
Todoroki sembrò cedere.

“Ora sì che lo vedo.” Izuku sentì mormorare Uraraka a Tsuyu. “Il sorriso divora-neonati. È abbastanza figo.”

Tsuyu sorrise. “Vero?”

Dopodiché, non ci fu più tempo per parlare. Arrivò il segnale per dirigersi fuori e Izuku finì vicino all’inizio della fila assieme a Iida mentre uscivano tra i raggi del sole di uno stadio strapieno. Il cuore gli batteva nel petto, ma non per la paura e i nervi.

Per la prima volta in vita sua, era circondato da persone che non stavano solo aspettando con gioia un suo fallimento. Volevano batterlo, sì. Volevano tutti vincere e questo significava batterlo, tra le altre cose. Ma non lo stavano sottovalutando, non lo deridevano come se fosse il più debole – erano allo stesso livello; in lui vedevano un rivale e una minaccia. Lo vedevano non come qualcuno da picchiare, ma come qualcuno da battere.

Sua madre stava guardando da casa, il suo maestro – il suo idolo – lo stava guardando dagli spalti e la sua migliore amica avrebbe guardato da bordocampo.

Non si era mai sentito così.

Era decisamente qualcosa a cui si sarebbe potuto abituare.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12

 

Per la fine del primo e secondo evento del Festival dello Sport della Yūei, due cose risultarono palesemente chiare a Izuku. Primo: l’universo ce l’aveva con lui. E secondo: anche Todoroki Shouto.

Non che non lo sapesse già - Todoroki aveva messo in chiaro le sue intenzioni; e l’universo non si era risparmiato di recente. Ma entrambe le cose erano state promosse da educate ipotesi a valide, replicabili teorie.

Per spezzare una lancia in favore di Todoroki, Izuku era riuscito a piazzarsi al primo posto nella corsa, facendogli guadagnare la fascia da dieci milioni di punti nel secondo evento, quindi in quel momento tutti stavano cercando di mettergli le mani addosso.

Il che non faceva che provare la sua prima teoria.

Mentre per la seconda… beh.

Izuku aveva visto Todoroki in battaglia solamente una volta, ed era stato durante l’incidente alla USJ. Non era qualcosa che avrebbe dimenticato tanto presto: il suo compagno di classe aveva congelato quel mostro di un Noumu, così meticolosamente che due dei suoi arti si erano spezzati.

I suoi arti. Gli erano caduti.

Quel mostro aveva continuato a dimenarsi per terra come un pesce troppo grosso finchè il suo quirk rigenerativo non gli aveva fatto ricrescere il braccio e la gamba mancanti.

Si era perso la performance di Todoroki nel gioco di guardie e ladri di All Might, ma ne aveva sentito parlare più di una volta dai suoi compagni di classe. In quell’occasione, Todoroki aveva congelato un intero edificio, intrappolando entrambi gli avversari e vincendo la partita da solo. Non aveva nemmeno avuto bisogno dell’aiuto di Shouji.

Ma Izuku non aveva mai sentito o visto Todoroki usare il fuoco, almeno finché il suo compagno di classe non lo aveva sfoderato durante la battaglia a cavallo. L’unica volta che Izuku avesse mai visto del fuoco da parte sua; ed era stato dritto in faccia a lui. In un colpo solo, Izuku aveva quasi perso sia le sopracciglia che il torneo.

Ma, miracolosamente (più precisamente grazie alla prontezza mentale di Tokoyami), lui e il resto della squadra erano riusciti a infilarsi nel terzo evento. Izuku riuscì a malapena a finire di esalare il suo sospiro di sollievo quando un familiare urlo sferragliato gli grattò i timpani.

Non più contenta di restare a bordocampo, Rei gli si precipitò addosso attraversando il resto dei suoi compagni di classe e si schiantò contro il suo fianco con un grido di gioia spaccatimpani. Izuku barcollò per l’impatto e riuscì a tenersi in equilibrio solo sbattendo contro qualcuno prima di cadere a terra.

“Scusa!” Esclamò mentre riprendeva l’equilibrio e cercava di racimolare i brandelli della sua dignità. Rei, la piccola peste, gli si era aggrappata addosso con le braccia intorno al torso ed era scoppiata a ridere.

“Deku, stai bene?” Uraraka fu al suo fianco in un istante, aiutandolo a riprendersi con una mano sulla spalla. “Sei stato ferito durante la battaglia a cavallo? Cosa c’è che non va?”

Izuku fece una risata forzata. “Ahahah, nulla! Assolutamente nulla, solo… Il terreno è accidentato. Sono scivolato. Sto bene. Grazie Uraraka.”

Lei gli sorrise, un po’ divertita ora che sapeva che non si era fatto male. “Beh, stai più attento, va bene?”

Izuku si appiccicò un sorriso sulla faccia e si costrinse a ridere. “Ahahah, certo.” In quel momento, Iida spostò l’attenzione di Uraraka da un’altra parte. Rosso per l’imbarazzo, Izuku fece una smorfia e si girò per dare un’occhiata a chiunque avesse avuto la sfortuna di impedire la sua caduta. “Mi dispiace davvero, stai be… ne… ?” Il sorriso sul suo viso si congelò e le parole gli morirono in gola.

Todoroki lo stava incenerendo come se stesse cercando di usare il suo quirk tramite gli occhi.

Rei gli strinse le braccia intorno ai fianchi e rilasciò un basso ringhio di avvertimento che Todoroki non ebbe modo di sentire.

“È-è stato un incidente.” Si affrettò a dire Izuku, perché non aveva bisogno di nessun potere speciale per sentire l’ostilità emanata da Todoroki. Poteva anche essere fredda – fin troppo fredda per essere confusa con l’ira bollente di Bakugou – ma Izuku si ritrovò comunque a farsi piccolo, mettendo le mani dietro la schiena per nasconderne il tremolio. Non avrebbe dovuto sentirsi così spaventato, si disse. Non era Bakugou. Per quanto forte fosse Todoroki, erano sullo stesso piano. Non avrebbe dovuto sentirsi così. Ma con Todoroki che lo guardava come se Izuku lo avesse personalmente offeso in qualche modo, era difficile sentirsi altro che non minuscolo.

Il ringhiare di Rei aumentò un po’ di volume.

“S-senti, io…” Balbettò Izuku. “Voglio dire, non pr-“

“Una parola, se non ti dispiace.” Lo interruppe Todoroki.

“Uh, va bene?” Izuku sfiorò leggermente la mano sulla spalla di Rei, aprendo e chiudendo le dita in modo da farlo sembrare un tic nervoso. “Cosa c’è?”

“In privato.” Disse Todoroki. Con un brusco cenno della testa, si allontanò.

Per un secondo, Izuku prese in considerazione l’idea di dargli buca e unirsi alla conversazione tra Iida e Uraraka. Lanciò uno sguardo a Rei e la trovò a guardare il suo compagno di classe, accigliata. Ma non era lo stesso cipiglio cupo che indossava quando qualcuno lo metteva alle strette; sembrava che nemmeno lei sapesse cosa pensare di Todoroki.

Con un sospiro, Izuku fece una corsetta per raggiungerlo.
 
-
 

Il mio fratellino ha fatto un buon lavoro.

Ero preoccupata per lui e volevo aiutarlo a vincere i giochi, ma non avrei dovuto preoccuparmi, dopotutto. Il bullo non ha avuto l’occasione di fargli del male e il mio fratellino è stato molto furbo e molto forte e i suoi altri amici lo hanno aiutato.

Sono contenta. È bello che abbia amici che lo possano aiutare meglio di quanto possa fare io. È bello che il bullo non lo possa toccare.

Ma questo qui, con la cicatrice… Questo qui non lo conosco. Non mi piace, questo qui. È freddo, persino più freddo di me, anche se io sono morta e lui ha del fuoco da un lato. Non sorride, nemmeno con un sorriso finto o uno cattivo. Le uniche volte che parla, dice cose che fanno spaventare il mio fratellino.

(Fratellino è sempre spaventato, ogni minuto di ogni giorno. Posso sentirgli la paura addosso, annusarla. Ma di solito non la sente finché il bullo non si avvicina troppo.)

Non mi piace e non mi piace lui. Se fa qualcosa di cattivo al mio fratellino, se fa qualsiasi cosa che non sia parlare, farò sentire a lui la paura.

Ha portato il mio fratellino in un posto tranquillo, dove nessuno li possa sentire. Guarda il mio fratellino per molto tempo, abbastanza da far innervosire il mio fratellino.

Volevi dirmi qualcosa, dice il mio fratellino. Di cosa si tratta?

Quello con la cicatrice ci mette molto tempo per rispondere, abbastanza da far venire anche a me voglia di fare domande. Non mi piace lo sguardo che ha. Almeno, quando il bullo fa lo sguardo cattivo, so che significa. Posso sentirlo nelle ossa. Sono-arrabbiato-ti-odio-voglio-far-male-male-male, ma quello con la cicatrice è solamente freddo. Cerco di sentire di più, di ascoltare di più, ma il freddo è profondo, sempre più profondo, sempre più giù, come ghiaccio e morte e solitudine-

Ecco.

Non mi piace quello che trovo. Rabbia-odio-disprezzo sarebbero stati più facili. Significherebbe che quello con la cicatrice è crudele e cattivo, proprio come il bullo. Significherebbe che posso farlo scappare via e fargli paura, anche se il mio fratellino non è d’accordo.

Ma quello con la cicatrice non ha rabbia-odio-disprezzo dentro di lui. Invece c’è freddo, freddo, freddo, e poi c’è il dolore.

Non il desiderio di ferire, come il bullo. Solo dolore. Sta male, sta male, giù in profondità sotto tutto il freddo c’è dolore e paura e solitudine e non posso odiarlo perché anche il mio fratellino li aveva. C’è rabbia dentro di lui, e anche odio, ma è per qualcun altro; non odia il mio fratellino.

Mi hai preso alla sprovvista, dice quello con la cicatrice. E io ho infranto la mia promessa.

Quello significa qualcosa per il mio fratellino, ma non per me. Fratellino lo sa e le sue mani si muovono  lungo i suoi fianchi, parlandomi. Ha usato il fuoco. Non l’ha sentito nessuno, tranne me.

È per questo che è così freddo? Ha il fuoco ma ha promesso di non usarlo?

Ehi, dice quello con la cicatrice. Sei il figlio segreto di All Might, o qualcosa del genere?

Il mio fratellino va nel panico. Le sue mani volano e danzano e ondeggiano, senza dire nulla, proprio come non vogliono dire nulla le parole che escono dalla sua bocca. No, non è così e Hai completamente frainteso e oltre cose che non riflettono quello che sente. Le cose che sente sono profonde, evidenti, facili da leggere: paura e panico e imbarazzo e timidezza; ma quelle sono sottili e deboli mentre ribollono in superficie. Ci sono cose più felici sotto: speranza e piacere. Vorrei-vorrei-se-solo-fosse-vero. C’è amore, lì, timido e silenzioso ma caldo, sempre caldo. Il mio fratellino è sempre spaventato, ma se mi spingo abbastanza oltre la paura, è caldo.

Quello con la cicatrice non è caldo come lui. Se mai lo era stato, qualcosa deve avergli strappato quel calore.

Il modo in cui l’hai detto, dice quello con la cicatrice. Hai detto che non è così. Quindi c’è un qualche tipo di connessione di cui non puoi parlare.

(Il mio fratellino sente di nuovo paura.)

Sai di mio padre, Endeavor, dice quello con la cicatrice. (Ha ragione, il mio fratellino sapeva di lui. Me l’aveva detto. Mi ha detto che Endeavor ha poteri di fuoco, proprio come il padre del mio fratellino. E molto, molto tempo fa, il mio fratellino aveva tanto sperato di avere il fuoco anche lui, così che potesse essere forte come Endeavor. Ma invece il suo potere era vedermi e sentirmi; e io sono contenta che il mio fratellino non abbia ricevuto il fuoco di suo padre.)

È il numero due da un po’ di tempo, dice quello con la cicatrice. Se sei connesso all’hero numero uno, allora questo significa che ho ancora più motivi per vincere.

Penso che sia una ragione stupida. Penso che forse anche quello con la cicatrice pensa che lo sia, ma non lo avrebbe ammesso perché forse c’è talmente tanto freddo di mezzo che non può sentire nemmeno i suoi stessi sentimenti; e non sa scavare a fondo come faccio io. Forse lo dirò al mio fratellino più tardi, così che possa dire a quello con la cicatrice quanto si stia comportando da stupido.

Farebbe qualsiasi cosa per avanzare di posizione, dice quello con la cicatrice. Si è fatto un nome, ma non gli è mai bastato per superare All Might.

Il freddo si sta dissipando. È ancora profondo e buio, ma le cose che stavano sotto stanno risalendo in superficie.

Quindi lui… Quello con la cicatrice esita; e so che è perché sta sentendo tutte quelle cose. Il freddo non lo può proteggere per sempre. Ha ideato un piano.

Il mio fratellino è nervoso ora. Un… piano? Di cosa stai parlando, Todoroki?

Quello con la cicatrice risponde con un’altra domanda: Sai cosa sono i matrimoni quirk?

Il mio fratellino è facile da leggere. Sembra come se il suo cuore gli sia sprofondato nello stomaco. Non capisco. Cosa sono i matrimoni quirk?

Fortunatamente, non devo chiederlo al mio fratellino, perché quello con la cicatrice lo spiega. È un’usanza delle precedenti generazioni, dice; e il dolore-paura-rabbia-odio-disgusto-disprezzo ribolle attraverso il freddo e il buio, sempre più vicino alla superficie come bile e nausea. Scelgono i propri partner solamente per accrescere il proprio quirk, per farlo ereditare ai propri figli, forzando dei matrimoni con quell’obiettivo.

Tengo la mano al mio fratellino. Sento il suo stomaco rivoltarsi. Non gliene faccio una colpa. Non mi piace molto questa storia.

È stato facile per mio padre ingraziarsi la famiglia di mia madre e prendere possesso del suo potere. Quello con la cicatrice parla come se il freddo fosse ancora lì, profondo, sempre più giù e silenzioso e fermo, ma non c’è più. Il dolore è salito. Gli fa male parlare di questo e il dolore non rispecchia il freddo sul suo viso e nei suoi occhi.

Ecco perché sono nato, dice quello con la cicatrice, ma coprendosela con una mano. Non poteva battere All Might, quindi ha deciso di creare un qualcuno che potesse riuscirci. Il freddo si spezza, come ghiaccio screpolato, e sta male, male, male. Che vada all’inferno. Non sarò mai la sua marionetta!

Allora perché, cerca di dire il mio fratellino.

Nei miei ricordi, dice quello con la cicatrice, mia madre sta sempre piangendo.

Il mio fratellino è molto intelligente. Mi chiedo se sappia quanto stia male quello con la cicatrice. Le sue dita si arricciano intorno alla cicatrice. Sta così male che mi chiedo come la sua faccia rimanga così fredda. Se giro la mia testa e ascolto, se sto abbastanza ferma, posso sentire cose nel suo dolore: solitudine e amore e dolore e perché, perché, perché?

Mi ha detto che il mio lato sinistro era brutto, dice quello con la cicatrice. Io mi nascondo dietro a fratellino. Il dolore è così vicino, così forte, che lo sento anche io; e mi fa male e punge e brucia.

E poi, dice quello con la cicatrice, mi ha versato addosso dell’acqua bollente.

Il male si spezza e c’è amore e confusione e non-è-colpa-sua-era-spaventata-spaventata-spaventata-così-spaventata-sono-spaventato----

Anche il mio fratellino sta male, ora. Sta sempre male quando la gente gli racconta le sue storia. Penso che sia perché nessuno di quelli che ha bisogno di raccontargli la propria storia ne ha mai di felici. Non i morti; e nemmeno i vivi. Spero che un giorno qualcuno avrà una storia felice da fargli sentire.

Quello con la cicatrice abbassa la mano e anche il dolore si abbassa. Torna a sprofondare, giù, giù, giù sotto il freddo dietro al quale si nasconde. C’è paura, ora, insieme al freddo. Ha paura. Mentre guarda il mio fratellino ha paura e non so perché.

Todoroki, sussurrò il mio fratellino, senza nascondere il suo male.

La ragione per voglio batterti è per una vittoria personale, dice quello con la cicatrice. Non userò il suo potere per farlo. Diventerò il numero uno senza averne bisogno.

E poi si gira e fa per allontanarsi. I sentimenti del mio fratellino turbinano ancora e ancora. Se quello con la cicatrice è profondo e buio e freddo come un oceano, allora il mio fratellino è come una tempesta: tutto turbina insieme, tutto è confuso, troppi sentimenti per sceglierne solo uno.

Se non puoi dirmi nulla, va bene, dice quello con la cicatrice mentre va via. Il freddo è tornato, troppo profondo e scuro perché qualcuno potesse vedere il dolore. Continua a essere il “qualcosa” di All Might. Ti supererò usando solo il mio lato destro. Scusa se ti ho fatto perdere tempo.

La cosa strana è che è dispiaciuto, in qualche modo. Solo, non per avergli fatto perdere tempo. Ma non è arrabbiato con il mio fratellino. Non odia il mio fratellino. Non cerca nemmeno di fargli male, non veramente. E questo significa che non posso essere arrabbiata con lui o farlo scappare via come con il bullo. È troppo simile al mio fratellino – se fossi cattiva con lui, non mi sentirei bene.

Todoroki?

Il mio fratellino fa un passo avanti per seguirlo e pietà-tristezza-dolore-orrore gli vorticano intorno. C’è… molto che non sai di me. Che non posso dirti, nemmeno se volessi. Non so perché mi hai detto queste cose, ma… grazie. E mi dispiace, per tutto quello che ti è successo. Dev’essere stato orribile. Qualunque cosa fosse, non te la meritavi.

Il freddo si incrina e sorpresa fuoriesce dalle fessure, talmente vicina alla superficie che forse quasi si riflette sul suo viso sfregiato.
Ma ci sono cose che anche io devo fare, dice il mio fratellino. Ci sono persone a cui lo devo e non le posso deludere. Ci sono persone che mi stanno guardando. Persone che mi hanno aiutato e protetto; e gliene sono grato, ma sono stanco di essere protetto. Mi guarda mentre lo dice e io gli sorrido, perché continuerò a proteggerlo, non importa quanto forte diventerà. Le sue mani si stringono in pugni e le nuvole vorticose si calmano e si sistemano intorno a lui come una coperta. Non sorride. Non c’è nulla da nascondere, qui. Quindi, questo non cambia quello che ti ho detto prima. Ti batterò.

I sentimenti si calmano, tornando com’erano prima. Quello con la cicatrice e il suo profondo, profondo freddo e tutto il dolore che nasconde sotto di essi; e il mio fratellino e la sua paura che non va mai via del tutto, perché aveva visto e sentito troppe cose per riuscire a debellarla.
 

 
-
 
 

Nana era pronta a tremare talmente forte da perdere la propria forma.

Era possibile per un fantasma sgretolarsi nel nulla solo per lo stress? Per la prima volta dopo anni, pensò alla sua tomba – un posto tranquillo, calmo e silenzioso; probabilmente pieno di erbacce, a meno che Gran Torino non avesse nulla di meglio da fare in quei giorni. Pensò a quanto sarebbe stato bello poter semplicemente sprofondare sotto la terra e dormire- non trapassare, no, ma semplicemente nascondersi nel buio e lasciare che il mondo girasse senza di lei per un po’.

Il suo problema iniziò quando Toshi mise per la prima volta piede nello stadio e Nana fu quasi investita da una folla di spiriti agitati e occhi morti. Fu frastornata solo inizialmente, ma la loro agitazione era contagiosa abbastanza che iniziò a sentirla anche lei.

Guardare Izuku restare a galla durante la competizione fu una gradita distrazione, ma aveva comunque passato ore a crogiolarsi in un circolo vizioso di isterismo quando il suo problema Numero Due fece capolino.

Amava Toshi, davvero. Era orgogliosissima di lui ed era una gioia guardarlo lavorare e combattere e vivere, ma qualche volta il suo ragazzo era un ignaro zuccone che non sapeva leggere l’atmosfera nemmeno se fosse stata scritta su un cartellone.

“Per l’amor di Dio, Toshi, impara a leggere il linguaggio del corpo.” Sussurrò, mentre Toshi andava verso Todoroki Enji come se stesse salutando un vecchio amico e Endeavor si irrigidiva dalla testa ai piedi e lo guardava come se stesse calcolando quanto fuoco gli occorreva per ridurlo in cenere.

“Inutile lamentarsi.” La sbeffeggiò una voce. Nana si spostò di lato e vide chi aveva parlato: il fantasma di un uomo sui trent’anni. Indossava un completo, ma la sua cravatta era allentata e la camicia era infilata nei pantaloni solo per metà. A giudicare dalle rughe d’espressione, lo sguardo inacidito era probabilmente permanente.

“Che vuoi dire?” Nana occhieggiò sospettosamente Endeavor mentre Toshi lo salutava, allegro e con la testa tra le nuvole davanti all’ostilità a malapena celata del suo collega.

“Siamo morti.” Fece notare il fantasma. “Non è che ci sentono se gli urliamo perché sono stupidi. Perché lo stai seguendo?”

Nana si irritò un po’. “Lo conoscevo quando ero viva.” Disse. “Sono morta quando lui era un ragazzino e lo tengo d’occhio da allora.” Guardò Endeavor. “E tu? Come mai stai seguendo lui?”

“Per divertimento.”

“Cosa.”

L’uomo le indirizzò un sorriso amaro. “Signorina, sono morto. Non rimane nulla di me tranne i miei ricordi e come mi fanno sentire. Lo sto seguendo perché è un pezzo di merda e sono letteralmente fatto di ripicca.”

Prima che Nana potesse rispondere, Toshi la distrasse, tagliando la strada a Endeavor alla fine delle scale per chiedergli – tra tutte le cose possibili - consigli su come insegnare.

“Sono serio, voglio imparare.” Disse calorosamente, in faccia al grugno di Endeavor. “Mi potrebbero servire dei consigli su come crescere la prossima generazione di eroi.”

Il fantasma rise raucamente. “Fidati, amico, stai chiedendo alla persona sbagliata!”

Nana lo guardò male mentre Endeavor snobbava Toshi. “Cos’era che stavi dicendo sul fatto che non potessero sentirci?”

Lui scrollò cupamente le spalle. “Devo sfogarmi in qualche modo. Non voglio finire come Okumura.”

“Chi?”

“Il poltergeist.”

“Quale poltergeist?” Nana si costrinse a essere paziente, a quel punto.

“Pfft.” Rise il fantasma. “Vuoi dirmi che non hai notato che tutti si stanno silenziosamente cagando sotto? Okumura è diventato una bomba a orologeria da quando ha cominciato a infestare quella testa di cazzo.” Indicò Endeavor con un pollice. “Non avevo mai incontrato un poltergeist prima di lui. Quando siamo arrivati qui se n’è andato a fanculo da qualche altra parte e tutti i morti sono in stato di agitazione da allora. Suzuki è uscito per cercare di trovarlo, ma… al diavolo. È abbastanza incazzato da distruggere chiunque se si avvicinasse troppo. Quindi ti conviene tenere gli occhi aperti.” La conversazione tra Toshi e Endeavor si concluse con il secondo che se ne andava a passo di marcia. “Beh, devo andare. Occhio a Okumura.”

“Certo, grazie.” Disse acidamente Nana. “Tu che farai?”

“Spero che la Mirabolante Merda ordini da bere a qualche punto, così glielo posso far cadere non appena se lo versa.” Disse seccamente il fantasma. “Non guardarmi così, non tutti possono seguire i loro amati straordinariamente di successo. Ci vediamo in giro, signorina. Vedi se riesci a far trovare degli amici migliori al tuo compare.” Dopodiché, sia lui che Endeavor sparirono.

Mentre Toshi si fermava un momento per riprendersi, Nana fece un respiro profondo e lo lasciò andare.

Quindi. Un poltergeist a piede libero. Quello spiegava molto. Il ragazzino probabilmente avrebbe voluto saperlo, ma allo stesso tempo doveva concentrarsi sul festival.

… Non sarebbe stata una cattiva idea avvertirlo, però.
 
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Izuku tornò dagli altri con la mente annebbiata, arrivando giusto in tempo per sentire le disposizioni per il terzo evento del festival. Ci fu un po’ di movimento tra i partecipanti: alcuni dei vincitori della battaglia a cavallo si ritirarono, incluso Ojiro, e quando tutto fu finito Midnight espose l’ordine degli scontri perché tutti potessero vederlo. Izuku strinse gli occhi per trovare il proprio nome, alzandosi in punta di piedi finché Rei non volò lì vicino per dargli una mano. Poi, con un suono preoccupato e tremolante, puntò all’altro nome lì accanto.

Izuku sentì un nodo formarsi in gola, e gli ci volle un momento o due perché riuscisse a deglutirlo. Se avesse vinto il primo round, era molto probabile che avrebbe affrontato Todoroki nel secondo.

“Succederà prima di quanto mi aspettassi.” Le mormorò quando lei ritornò al suo fianco. Fece un respiro profondo. “Non serve a niente preoccuparsi già di lui. Sembra che il mio primo avversario sarà… Shinsou. Dipartimento di Studi Generali, non è vero?” Il suo stomaco si attorcigliò, in ansia. Ojiro era nella squadra di Shinsou durante la battaglia a cavallo, e si era ritirato per qualche motivo. Izuku non sapeva molto di Shinsou, a parte che era uno dei tanti studenti che volevano battere la 1-A. Il che significava anche che non sapeva quale fosse il quirk del suo avversario.

Rei indicò qualcosa e Izuku seguì il suo dito per vedere Shinsou passare dietro di lui. Sembrava stanco, gli occhi infossati e ombreggiati, anche se Izuku immaginava di non poterlo giudicare.

“Sei tu, vero?” Disse Shinsou. Chissà perché, ma il tono della sua voce era persino più atono di quello di Todoroki. “Midoriya Izuku?”

Izuku stava per rispondere quando Ojiro gli spuntò alle spalle e lo imbavagliò con la sua coda. Il ciuffo di peli biondi gli finì dritto in bocca.

“Midoriya.” Disse Ojiro, tagliente, mentre Shinsou se ne andava con un sorrisetto. “Non rispondere, qualsiasi cosa ti dica.” Prima che Izuku potesse chiedergli cosa volesse dire, Ojiro lo trascinò in una delle stanze laterali.

Dovette farsi strada tra una folla di fantasmi nervosi. Rei ringhiò e mostrò i denti per aprirgli il cammino, ma Izuku aveva comunque la pelle d’oca quando lui e Ojiro arrivarono in un posto tranquillo. Il nervoso lo faceva parlare più in fretta, impaziente di distrarsi da qualunque cosa avesse mandato nel panico i morti.

“È stato onesto, da parte tua.” Si fece scappare, mentre si sedeva di fianco al suo compagno di classe.

Ojiro sbatté gli occhi. “Eh?”

“Ritirarsi dalla competizione in quel modo.” Disse Izuku. “Invece che… non so… continuare.”

“Ci ho pensato.” Ojiro distolse lo sguardo, imbarazzato. “Ma… davvero, non mi sembrava giusto.” Si contorse un pochino nella sedia. “L’obiettivo del secondo round era vedere chi era abbastanza bravo per continuare. Se non posso nemmeno ricordare cos’ho fatto per passare, allora non ho modo di sapere se lo sono stato davvero.”

“Capisco.” Disse Izuku. “Circa. Voglio dire…. L’unica parte che non capisco è perché non ti ricordi niente.”

“Volevo parlarti proprio di questo.” Disse Ojiro. La sua faccia si scurì. “È stato quel tizio del Dipartimento Generale. Shinsou. Ha un qualche tipo di quirk di controllo della mente.”

Lo stomaco di Izuku si attorcigliò. Non appena gli eventi ricreativi sarebbero finiti, avrebbe dovuto affrontare quel tipo in battaglia. “Controllo mentale.” Gli fece eco, la voce debole.

“Ecco perché ti ho impedito di parlargli.” Continuò Ojiro. “Come ho detto, non mi ricordo nulla della battaglia a cavallo. L’ultima cosa che ricordo era Shinsou che mi parlava. Gli ho risposto, e da lì la mia memoria si interrompe. Scommetto quello che vuoi che è così che funziona il suo quirk: se rispondi a qualcosa che dice, può controllarti.”

Izuku si coprì il viso con le mani, attorcigliando le dita tra i capelli. “Okay. Va bene, quindi questo significa… Devo solo tenere la bocca chiusa. Non dovrebbe essere difficile, ora che lo so.”

“Non è tutto.” Continuò Ojiro. “Durante la battaglia, uno dei ragazzi dell’altra squadra mi ha urtato abbastanza forte, tanto da fare male. I miei ricordi ripartono da lì. Quindi, se vieni controllato, hai bisogno di qualcosa del genere per liberarti.” Si sedette di nuovo. “Questo è tutto quello che so… Spero ti sia d’aiuto.”

Izuku fece un respiro profondo, tremando un pochino. Ojiro era un altro compagno di classe che lo conosceva a malapena. Ma eccolo lì, a dargli informazioni vitali che molto probabilmente avrebbero potuto salvargli la pelle nella prima battaglia. “Lo è. Lo è davvero.” Riuscì a fare un sorriso, riflettendolo anche negli occhi, stavolta. “Grazie, Ojiro. Non dovevi.”

“Invece sì.” Rise lui. “Mi ha trasformato in una marionetta, ricordi? Chiamami vendicativo, ma lo voglio veder perdere.” Si girò verso Izuku con un sorriso sghembo. “Quindi… Battilo per me, okay?”

Izuku gli sorrise di rimando. “Andata.”

Si separarono; Izuku girovagò per schiarirsi la mente. Rei svanì poco più avanti e Izuku la lasciò andare. Ora che se n’era ricordato, poteva anche cercare la strada per la cabina dov’erano Aizawa e Present Mic, così poteva controllare Mika e magari capire cosa fare con lei se Aizawa non la voleva più tenere d’occhio. Parecchi dei suoi compagni di classe non avrebbero partecipato all’evento successivo. Kouda era uno di quelli; a lui probabilmente non sarebbe importato.

Izuku era a metà strada, teso, affrettandosi nella miriade di fantasmi nevrotici, quando una voce familiare lo chiamò e lo fece sobbalzare.

“Eccoti!” La signora Shimura planò nel suo campo visivo, salutandolo. All Might non si vedeva da nessuna parte. “Ti stavo cercando. Ascolta, c’è un poltergeist che gira da queste parti.”

Lo abbiamo notato.” Mugugnò uno dei fantasmi di passaggio, prima di allontanarsi. Lei lo ignorò.

“Io, uh, lo avevo capito, circa.” Rispose Izuku, dando un’occhiata ai suoi dintorni per controllare che nessuno lo potesse sentire. “Sa qualcosa di questa… persona?”

“Penso sia un lui.” Disse la signora Shimura. “Sapevi che Todoroki Enji ha dei fantasmi che lo seguono?”

Al nome di Endeavor, le viscere di Izuku si torsero. Solo il suono era come un pugno nello stomaco. “Io, uh. No.”

“Beh, solo uno, ora come ora. Non ho afferrato il suo nome, ma era un po’ uno stronzo.” La signora Shimura si guardò intorno. “Ma, a quanto pare, uno dei fantasmi di Endeavor era abbastanza incazzato da diventare un poltergeist; e sta girovagando e spaventando tutti.” I suoi occhi vitrei si posarono di nuovo su Izuku. “Ragazzino, ascolta. Ho visto il tabellone. Gioca bene le tue carte e andrai contro Todoroki nel secondo round, giusto? Devi stare attento perché c’è… qualcosa di strano, riguardo a suo padre.”

“Lo so.” Disse Izuku a bassa voce.

“Oh, bene, allora- Aspetta, lo sai?” La signora Shimura sbatté gli occhi. “Beh, in ogni caso, stai attento a quel ragazzo. Non mi fido di suo padre. Non riesco a capire bene il perché, a parte il fatto che si comporta come un coglione, ma… Non so cosa voglia dire per suo figlio.”

Izuku lo sapeva.

“Sa dov’è il poltergeist?” Chiese.

“Huh? No. So che il suo nome è Okumura e che probabilmente è incazzato a causa di Endeavor, ma a parte questo, nulla.”

Izuku controllò l’ora sul telefono. “Scommetto che posso trovarlo prima di dover uscire.”

“Tappo, sei serio-?”

“Non ho niente di meglio da fare.” Disse Izuku. “Devo solo andare a prendere Mika e poi-“

Mrrrow.

Seriamente, Izuku non sapeva nemmeno più perché si scomodava a sorprendersi.

Si girò per guardare verso dov’era diretto poco prima, trovando la sua gatta a trotterellare nuovamente alle calcagna di Rei. Entrambe sembravano parecchio compiaciute di loro stesse e Izuku si chiese vagamente se Aizawa sapesse che se l’era svignata.

Beh, non c’era molto da fare.

“Grazie, Rei.” Disse. “Abbiamo un po’ di tempo prima del terzo evento. Vuoi aiutarmi a trovare un fantasma arrabbiato?”

Il sorriso di Rei era un pelo più largo di quanto una bocca umana potesse permettersi, ma Izuku lo prese per un sì.
 

 

Note traduttrice: Ciao a tutti, è un po’ che non ci si vede! Speriamo entrambe che stiate tutti bene. Scusate l’attesa, ma purtroppo dopo aver caricato il capitolo di SIAT siamo andate in hiatus per un mese per stare dietro gli esami. Ora che una di noi due si è appena liberata un pochino cercheremo di riprendere con le regolari trasmissioni!
Come al solito, per rimanere aggiornati su tutte le traduzioni e lavori e sapere a che punto siamo potete seguirci su Tumblr !

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Note autrice: Grazie a tutti per aver aspettato! Ho alcune adorabili fanart da mostrarvi: un paio di Izuku inquietanti e fantastici e qualche adorabile Rei. Grazie a Rene-Elric  e  BrushstrokeApocalyptic ! Cliccate sui loro nomi per vedere le fanart!  

Capitolo 13
 


La signora Shimura esalò un sospiro. “Chissà se Toshi ha capito davvero che razza di peste sei.” Mormorò, incrociando le braccia. “Beh, qui è abbastanza al sicuro, non ho bisogno di controllarlo. Mostrami la strada, marmocchio. Non penso di averti mai visto all’opera prima d’ora.”

“Oh, beh, non è nulla di eclatante.” Disse Izuku, scrollando le spalle. “Rei, puoi a trovarlo?”

Lei annuì con forza.

“Aspetta, cosa? Tutto qui?” La signora Shimura sbatté le palpebre. “Sono confusa. Era già andata a cercarlo, prima?”

“Uh, no.” Izuku guardò Rei per avere conferma. La sua amica scosse la testa e si strinse nelle spalle. “Ecco perché lo dobbiamo cercare adesso.” Rei rimase ferma sul posto per una manciata di secondi, inclinando la testa in questa o quell’altra direzione con una smorfia sul viso. Infine svolazzò lungo il corridoio, verso la direzione dalla quale erano arrivati. Izuku raccolse Mika da per terra e la seguì.

“Oh.” La signora Shimura si mosse per affiancarlo. “Okay allora. Quindi… come funziona, però? Come sa dove andare?”

Izuku corrugò la fronte, confuso dalla domanda. “Beh… È un poltergeist.”

“… Sì?”

“Tendono a essere parecchio arrabbiati, di solito.” Continuò Izuku.

“… E?”

“È… abbastanza semplice.” Disse Izuku. “Rei si limita a fare… quella cosa con cui percepisce.”

La signora Shimura lo fissò, presa in contropiede. “Quale cosa?”

“Sa, quella con cui… sente le emozioni?”

“Non ti seguo.”

“… Oh.” Izuku si girò per guardare Rei. Aveva sempre avuto un alto livello di empatia; non era mai riuscito a nasconderle i suoi sentimenti. Anni passati a vederla e comunicare con lei gli avevamo dimostrato che non era solo questione di analizzare la situazione: poteva percepirlo nelle persone. Izuku aveva sempre pensato che fosse semplicemente una caratteristica dei fantasmi, ma se la signora Shimura non lo poteva fare, allora… Forse era solo una prerogativa di Rei. “Beh, è solo qualcosa che riesce a fare. Ho immaginato… Gli altri fantasmi sono sempre così nervosi quando c’è un poltergeist nei dintorni, quindi ho pensato che lo potessero fare tutti.”

“Marmocchio, gli altri fantasmi sono nervosi quando ci sono poltergeist nei dintorni perché i poltergeist sono forti e solitamente anche schizzati.” Disse la signora Shimura, tagliente. “Come quello sulla spiaggia, prima che iniziassi la scuola. Non appena sono entrata nella sua portata, ha cercato di farmi un nuovo buco del culo.”

“Quella.” Disse Izuku.

“Cosa?”

“Quella.” La sua voce era molto più fievole quando Izuku si ripeté. “Il suo nome era Sachi.”

“Oh.” Il viso e la voce della signora Shimura si addolcirono. “Giusto. È…?”

“Se n’è andata.” Disse. “È passata oltre. Nessuno le potrà più fare del male.”

La signora Shimura non gli chiese più nulla dopo quelle parole, così Rei li guidò in silenzio. Nonostante il mutismo della sua migliore amica, Izuku non poté evitare di notare quanto fosse nervosa. I suoi capelli si muovevano, assieme al bordo della sua camicia da notte. Poteva sentire il nervosismo radiare dal suo corpo, mandandogli dei brividi giù per la spina dorsale. Un veloce sguardo alla signora Shimura gli confermò che lo sentiva anche lei.

Non molto dopo iniziò a udirlo e percepirlo. Era più freddo lì, talmente tanto che Izuku quasi si aspettava di vedere la condensa del suo respiro. I muri emanavano dei bisbigli incomprensibili, suoni che non potevano essere ricondotti a rumori di tubature o muri. Ulteriori brividi lo informarono del fatto che stavano seguendo la direzione giusta. In più, sapeva che quei suoni non provenivano da nessun essere vivente, perché in quel momento avevano superato i corridoi e le aree che qualsiasi studente, insegnante o spettatore avrebbe usato. I vivi evitavano quel luogo.

E anche i morti, a quanto pareva. A parte loro tre e la gatta, non c’era nessuno lì.

E poi, in un batter d’occhio, apparve qualcuno.

Rei soffiò alla volta dell’improvvisa apparizione – non le piacevano le sorprese. Questa in particolare si tradusse nella forma di una donna che Izuku non aveva mai visto prima. Non sembrava molto un poltergeist; in realtà sembrava perlopiù… preoccupata? Spaventata? Normale, principalmente. Non riusciva a capire come fosse morta semplicemente guardandola, cosa che capiva sempre con i poltergeist. Erano un libro aperto per quel genere di cose, se era rimasto qualcosa di loro che ricordava chi erano, un tempo.

“Oh, cielo.” Si agitò lei. “Oh cielo- vi prego, tornate indietro. Non venite da questa parte.” Si rivolse a Rei e alla signora Shimura mentre parlava. “Vi prego, se avete modo di avvertirlo-“

“Posso sentirla.” Le disse. Lei fece un piccolo urletto spaventato. “C’è un poltergeist da questa parte, non è vero? Mi può dire cosa non va? Vorrei aiutare, se posso.”

I suoi occhi vitrei erano sgranati mentre lo guardava. “Io… oh.” Esitò. “Io, uhm.” Dopo un momento di titubanza, si girò verso la signora Shimura per chiedere aiuto.

“A quanto pare è abituato a questo genere di cose.” Disse lei al fantasma della donna. “Non è la sua prima volta.” Fece una pausa, poi schioccò le dita. “Se posso chiedere, per caso il tuo nome è Suzuki?”

“Come fa- oh.” Suzuki sbatté le palpebre. “Avete parlato con Hino?”

“Chi?” Fece Izuku.

“Penso di averci parlato io.” Disse la signora Shimura. “È lo stronzo col completo, giusto?”

Suzuki fece una smorfia. “Vi chiedo scusa per lui. In ogni caso, ascoltate. Voi… non volete essere qui, ora. Ho avvertito tutti di andare via per adesso, giusto per assicurarmi che Okumura non facesse del male a nessuno, ma a parte questo non c’è molto che possa fare. Nei giorni migliori non ascolta e in questo momento…” La paura lampeggiò sul suo viso. “Preferirei davvero non stargli intorno, se posso essere sincera con voi.”

Neanche a farlo apposta, un urlo agghiacciante fece tremare le mura circostanti. La voce suonava a malapena umana e fece formicolare le spalle a Izuku, che le scrollò per scacciare la sensazione.

“Sa perché è arrabbiato?”

La risposta arrivò immediatamente, ma non da Suzuki. Qualcosa sbatté, come una porta lasciata aperta con troppa corrente d’aria, e Izuku ebbe a malapena il tempo di sbattere le palpebre prima che qualcosa lo trascinasse via, sbalzandolo. La sua schiena colpì il muro con abbastanza forza da fargli battere i denti e Izuku chiuse gli occhi mentre un poltergeist ululava la sua furia ad un centimetro dalla sua faccia. Dita gelate e simili ad artigli si insinuarono nel tessuto della sua uniforme da ginnastica. Da qualche parte sulla destra, per la maggior parte sovrastata dall’urlare del poltergeist, Suzuki gli gridava di lasciar andare Izuku.

Sentì il familiare urlo di Rei risuonare in risposta, come una pressione fisica sui suoi timpani, e il poltergeist gli fu brutalmente strappato via di dosso. Quello- Lui- Okumura? – lo aveva tenuto almeno a qualche centimetro più in alto di quello che la sua normale altezza avrebbe consentito e, una volta che fu rilasciato, Izuku scivolò lungo il muro finché non toccò il pavimento. Aprì gli occhi per vedere la signora Shimura, che si era parata davanti a lui, mentre Rei e il poltergeist sconosciuto si azzuffavano al centro del corridoio. Le ombre si contorsero lungo il muro e le luci più vicine sfarfallarono. Una di loro si spense del tutto. Ai suoi piedi, Mika si premette contro le sue caviglie e soffiò.

Dovette provarci un paio di volte prima di riuscire a prendere una boccata d’aria decente, ma alla fine riuscì a controllare di nuovo il suo petto singhiozzante. “Signora Shimura,” disse, quando si fidò nuovamente della sua voce. “Tenga d’occhio i dintorni, per favore. Mi faccia sapere se sta arrivando qualcuno. Qualcuno di vivo.”

“Piccoletto, non penso-“

Izuku alzò un po’ la voce mentre le girava attorno. “Rei?” Un viso pallido, i cui tratti sgocciolavano come cera di una candela, si distolse dal quello equamente distorto del poltergeist e inclinò interrogativamente la testa da un lato. Izuku sorrise. “Grazie Rei, ma lo puoi lasciar andare ora.” Al poltergeist, disse: “Voglio solo parlare. Per favore, non lo faccia di nuovo. Dà fastidio alla mia amica e quando si arrabbia non posso dirle cosa fare.”

La sagoma deformata sfarfallò e, per una frazione di secondo, Izuku poté vedere la persona che era stato. Un paio di caratteristiche gli saltarono all’occhio – capelli scuri e ricci, un naso a punta e una tinta grigiastra della pelle cadaverica – prima che tornasse a essere ombre gonfie, la manifestazione fisica di un incubo. Rei si fece indietro, ma non cedette terreno. Izuku era grato che nessuno fosse lì, perché avrebbe detestato immaginare quanto di quello che era appena accaduto fosse visibile a qualcuno che non aveva i suoi occhi.

“Salve.” Disse Izuku – forse avrebbe dovuto iniziare con quello. “Il mio nome è Midoriya. Le farebbe piacere parlare con me?”

La risposta fu un misto di rumore bianco spettrale e parolacce.

“Qualunque sia la ragione per cui è arrabbiato,” continuò Izuku. “le assicuro che non risolverà niente urlandoci contro. Si tratta di Endeavor, giusto?”

Sentì della pressione accumularsi nel cranio, come se fosse stato improvvisamente seppellito chilometri sottoterra. Le orecchie gli dolevano per lo sforzo. Capì di aver toccato un nervo scoperto.

Sono morto per causa sua.” La voce di Okumura fece sussultare Izuku per il dolore.

“Oh. Mi dispiace, dev’essere stato orribile-“

Chiudi quella cazzo di bocca, moccioso saccente.” Le parole crude scivolarono su Izuku senza danno. “Se avessi voluto una ramanzina, avrei parlato con quella stronza di Hino.”

“Mi scusi.”

Non intralciarmi.” Ringhiò Okumura.

“Non intendo farlo.” Disse Izuku, ancora tranquillo. Era importante mantenere la calma. L’esperienza gli aveva insegnato che i poltergeist si nutrivano delle forti emozioni dei vivi – paura e rabbia e rancore. “Vorrei aiutare, se posso.”

Non ho bisogno dell’aiuto di una merdina come te.” Scattò Okumura. “Non appena quel bastardo morirà, ridurrò la sua anima a brandelli.” Le ombre fluttuarono e per un momento Izuku si chiese se il poltergeist avrebbe provocato Rei, scatenando un’altra lotta. Ma poi, in un istante, le ombre svanirono e portarono il poltergeist con loro. Il corridoio tornò silenzioso.

“Beh, poteva andare meglio.” La signora Shimura sembrava… non spaventata, per l’esattezza. Ansiosa. Forse addirittura un pochino spossata.

“Non proprio.” Disse Izuku. “Ci vuole più di una conversazione per risolvere questioni simili. Continuerò a lavorarci se riesco a ritagliarmi del tempo libero.”

“Continuerai a lavorarci?” Gli fece eco Suzuki, incredula. “Stai scherzando, vero? Ti ha quasi strappato la faccia!”

“Va tutto bene.” La rassicurò Izuku, mentre Rei tornava normale e si accucciava per accarezzare Mika. “Era solo arrabbiato. Succede. Sa per caso qual è il suo problema? Ci vorrebbe più tempo se dovessi cavarglielo di bocca.”

“Non conosco i dettagli.” Disse lei, lentamente. Lo stava fissando come se non sapesse cosa pensare di lui, il che era abbastanza normale.

“Ha detto che Endeavor lo ha ucciso.” Disse Izuku. “O, quantomeno, causato la sua morte.”

“Oh, beh… Non direttamente, o a sangue freddo. Non penso.” Gli disse Suzuki. “Era… Oh, dovrei parlare con Hino. Lui era già con Endeavor quando Okumura si è unito, penso. Io sono arrivata solo recentemente. La sua figura sfarfallò, l’equivalente spettrale dell’essere irrequieti.

“E lei?” Chiese Izuku. “Se posso chiedere. Perché si è unita a loro?” Se Okumura le fa così paura; non lo disse.

“Beh… è…” Ancora uno sfarfallio. “È difficile dirlo ad alta voce senza suonare sciocca. E… avventata.”

“Non la giudicherò.” Le promise Izuku.

“Non li conoscevo nemmeno.” Sospirò lei. “A malapena. Ho fatto da babysitter per alcuni di quelli più grandi un paio di volte, quando ero viva. Devo aver visto qualcosa allora, qualcosa che non ho ben registrato. Così, dopo essere morta, sono andata a fargli visita. Per un capriccio. E ho continuato a tornare.” 

“Cosa l’ha attirata?”

“È-“ Un’ultima falsa partenza; poi lo spettro sembrò farsi coraggio. “Oh, non so perché rimango. Non so cosa farei, se mai potessi fare qualcosa. Ma riguarda quel suo figlio. Quello più giovane.”

“Todoroki Shouto?” Izuku sbatté le palpebre. “Cosa c’entra lui?”

“Come ho già detto,” Suzuki sospirò. “non so cosa penso di fare a riguardo. Ma parte di me non può fare a meno di chiedersi se non lo ucciderà, un giorno o l’altro; in modo accidentale, oppure spingendolo a fare qualcosa di avventato, o… Non lo so. È un posto talmente infelice, quella casa. Dovrei andarmene, non ha nulla a che vedere con me… Ma quel povero ragazzo è così solo.”

Izuku strinse i pugni lungo i fianchi.

“Mi dispiace di non poter essere di ulteriore aiuto.” Suzuki sospirò. “Cercherò di parlare con Hino. Incontriamoci più tardi, che ne dici? Se riuscissi a trovare un modo di fare qualcosa con Okumura, sarebbe un tale sollievo per me.”

“Farò del mio meglio.” Disse a bassa voce Izuku. “Grazie, signorina Suzuki.”

Prima che potesse pensare a qualcos’altro da dire, la signora Shimura apparve di fianco lui. Non l’aveva nemmeno notata allontanarsi. “Abbassa la voce, piccoletto.” Lo mise in guardia. “Toshi sta arrivando.”

Izuku salutò velocemente con la mano Suzuki prima che sparisse. Dei passi familiari annunciarono l’arrivo di All Might. Un momento prima che il suo insegnante girasse l’angolo, Izuku si accucciò a terra, mettendosi ad accarezzare Mika.

“Oh, eccoti qui.” Disse All Might quando lo vide. “Il torneo sta continuando, ragazzo mio. Cosa stai facendo qui?”

“Cercavo solo un posto tranquillo.” Disse, mentre Mika spingeva la testa contro la sua mano. “Ho perso la cognizione del tempo, mi dispiace.” All Might si avvicinò e Mika gli trotterellò vicino per fare le fusa come un trattore e insinuarsi tra le sue caviglie.

“Cielo, salve!” All Might si abbassò cautamente per coccolarla, prima di tirarsi di nuovo su con un grugnito di fatica. Izuku si chiese quanto forte fosse la sua vera forma. Doveva avere almeno un po’ di forza fisica per accomodare One For All, ma sembrava così… fiacco. “Non sei ancora in ritardo.” Lo rassicurò. “C’è ancora del tempo per passeggiare. Mi sono solo preoccupato quando non ti ho visto assieme agli altri.” Gli tese una mano mentre Izuku prendeva in braccio la sua gatta per poi seguirlo. La mano si posò con leggerezza sulla spalla di Izuku. “Allora. nervoso?”

“Un po’, sì.” Disse Izuku. Si ricordò gli avvertimenti che aveva ricevuto – il consiglio di Ojiro riguardo a Shinsou e la sua conversazione con Todoroki. “Ma è come l’esame di ammissione. Non c’è modo per me di essere più preparato di quanto non lo sia già.”

“Bene.” All Might strinse affettuosamente la presa.

Camminarono insieme per il corridoio in silenzio, con Rei e la signora Shimura che fluttuavano di fianco a loro. Non c’era traccia di Suzuki; probabilmente era andata a cercare Okumura o Hino. Che avesse vinto o meno quell’incontro, sarebbe dovuto andare a cercarla più tardi. Okumura sembrava odiare Endeavor, ma il pensiero che uno qualsiasi dei suoi compagni di classe vivesse così vicino a uno spirito così instabile non lo faceva stare tranquillo.

“A proposito.” Disse improvvisamente All Might. “Domanda strana, ma…” Puntò un dito inquisitore verso Mika.

Izuku sentì il viso arrossarsi per l’imbarazzo. “Giusto. Uhm.” Abbracciò più forte la micia, sistemandola tra le sue braccia quando lei gli diede un buffetto sul mento. “Mi ha seguito fino a qui. Il professor Aizawa la stava tenendo d’occhio per i primi due eventi, ma…” Esitò prima di alzare la testa per guardare All Might. “Mi dispiace chiederlo-“

L’espressione sul viso del suo insegnante era di divertimento, piuttosto che fastidio, quindi fu un sollievo. “Midoriya, hai bisogno che controlli il tuo gatto mentre gareggi?”

“Se non è di troppo disturbo.” Disse Izuku, flebilmente. “Sono davvero spiacente-“

All Might lo interruppe con una risata. La mano lasciò la sua spalla per grattare un orecchio a Mika e Izuku la sentì fare le fusa contro il suo petto. “È una tipa affettuosa, non è vero?”

“Non ho mai incontrato una persona che non le piacesse.” Si stavano avvicinando allo stadio centrale e Izuku vedeva nuovamente delle persone – vive e morte – anche se All Might si assicurò di guidarlo lontano dalle prime. Era nella sua vera forma e, anche se le probabilità di venire riconosciuto erano basse, la gente poteva fare domande scomode. “Non ha nemmeno mai avuto problemi a farsi tenere in braccio.” Gli disse Izuku. Si sentì timido mentre alzava lo sguardo verso All Might. “Sicuro che non sia un problema? Potrei trovare una stanza libera in cui metterla, o chiedere di nuovo ad Aizawa-sensei.”

Invece di rispondere, All Might gli porse le mani. Afferrando il suggerimento, Izuku depositò gentilmente Mika tra le sue braccia. Anche senza la sua forma da eroe, le proporzioni di All Might erano molto più grandi di quelle di una persona normale: Izuku era poco più alto del suo gomito. Mika stava nelle due mani unite e ne sembrava contenta. “La terrò d’occhio, ragazzo mio. Tu concentrati sul tuo incontro.” Fece una risatina. “Chissà, magari. se incontro di nuovo Endeavor, vederla gli farà cambiare umore.”

“Oh.” Era quasi ora di andare, ma l’occasione era troppo ghiotta per lasciarsela scappare. “Era arrabbiato, prima?”

“Endeavor sa essere… difficile.” All Might mosse le braccia per cullare Mika più comodamente e lei sgusciò via dalle sue mani per agganciarsi alla sua giacca con gli artigli e arrampicarsi sulla sua spalla. “È un buon eroe, ma non è il più affabile.”

“Capisco.” Il ricordo della faccia tesa di Todoroki gli lampeggiò in testa e dovette sbattere gli occhi per scacciarla. Todoroki aveva fatto intendere che Endeavor odiasse All Might. “E andate d’accordo?” Chiese. “Voglio dire, sei il Numero Uno e lui è il Numero Due, quindi… Lavorate insieme spesso, perlomeno?”

“Lo facevamo, ma…” La voce di All Might si spense. “Beh, era molto tempo fa. Ho viaggiato parecchio negli ultimi anni, quindi ho perso i contati con molte delle mie conoscenze.” Alzò una mano per accarezzare la gatta sulla sua spalla. “Spero che un vantaggio della mia posizione attuale da insegnante sia… Mi piacerebbe riprendere i contatti con i miei vecchi colleghi. Per quanto riguarda il mio rapporto con Endeavor, beh… Le nostre posizioni sono quelle che sono, siamo entrambi molto portati a combattere in solitaria, quindi non abbiamo avuto molte occasioni per collaborare. Ma lo rispetto enormemente come eroe e mi piace pensare che anche lui lo faccia, a modo suo. Penso che il Giappone sia fortunato ad averlo.”

“Gesù Cristo.” Mormorò la signora Shimura. “Ehi, tappo. Endeavor lo odia. E voglio dire, lo detesta. Ed è uno stronzo.”

Izuku annuì per rispondere ad entrambi. L’entrata dello stadio era poco più avanti e All Might si fermò.

“Giovane Midoriya.” Iniziò. Poi fece una pausa, abbastanza lunga per fissare Izuku con uno sguardo profondo e pensieroso. Izuku lo rispecchiò con calma, chiedendosi cosa stesse pensando il suo mentore. Alla fine, All Might gli fece un piccolo sorriso e gli diede un’ultima pacca sulla spalla. “Fagli vedere di cosa sei capace, ragazzo mio. Assicurati che prestino attenzione.”

“Sì, signore.” Raddrizzandosi, si girò e marciò dritto verso l’entrata dello stadio.
 
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“Hai sentito cosa ha detto quella scimmia deficiente poco fa?” Chiese Shinsou, forte abbastanza da essere sentito dall’altra parte del ring. “Ha parlato molto di orgoglio, ma è stato stupido da parte sua gettare la sua occasione nel cesso a quel modo, no?”

Izuku aprì la bocca per dire a Shinsou esattamente dove poteva ficcarsi la sua opinione, fermandosi appena in tempo quando Rei gli urlò contro da fuoricampo. Chiuse la bocca così velocemente che quasi si morse la lingua e lanciò a Shinsou quella che sentiva essere l’occhiata più velenosa che avesse mai indirizzato a qualcuno.

“Cosa?” Ghignò Shinsou. “È vero. Ci sono persone che ucciderebbero per metà dell’occasione che gli ho dato; e lui l’ha spedita giù per il tubo senza pensarci. Abbastanza arrogante da parte sua, dico solo questo.”

È la sua strategia, pensò Izuku. Mi adescherà per farmi parlare, così da ipnotizzarmi e farmi uscire dal ring. Strinse le labbra, strinse i pugni e fece un passo per ridurre la distanza tra loro. Era meglio farla finita velocemente, prima che potesse cadere nel suo inganno; ma non aveva idea di cosa fosse capace Shinsou, fisicamente parlando. Meglio non sottovalutarlo.

Shinsou si mise in guardia, girandogli attorno invece di affrontarlo, forzando Izuku a copiare i suoi movimenti per impedirgli di arrivargli alle spalle. “Dev’essere bello per qualcuno come te.” Disse. “Con un quirk del genere, devi essere nato con “eroe” stampato sul culo.”

Izuku si morse il labbro.

“E ci siete tutti voi del corso eroi, a correre in giro come idioti perché avete già la pappa pronta, mentre noialtri dobbiamo inchinarci e pregare solo per essere notati.” Gli occhi infossati di Shinsou si strinsero. “Cos’è quello sguardo? Perché mi guardi come se fossi tu lo sfavorito?” Scoprì i denti bianchi quando arricciò le labbra. “Tu sei il ragazzo d’oro, hai un quirk come se fossi la seconda venuta di All Might. Non devi fare praticamente niente per essere notato, qui!”

Se solo sapessi, quasi si fece scappare Izuku. Era una sfida solamente ignorarlo.

“Nessuno guarderà mai il tuo quirk dicendo che sei adatto per essere un villain!” La voce di Shinsou si alzò. “Hai almeno idea di come ci si senta? A sentirti rinfacciare il tuo sogno solo perché sei nato con il potere sbagliato?”

Quelle parole lo colpirono come un pugno nel cuore.

La sua bocca si mosse senza input da parte del cervello. Fu pura abitudine, una banalità senza senso, una parolina insignificante, ma gli scivolò dalle labbra come era già successo innumerevoli altre volte.

“Mi dispiace.” Disse, prima che il suo cervello riuscisse a comprendere il suo errore. “Dev’essere stato orrib-“

La lingua gli si bloccò in bocca e il corpo si paralizzò sul posto dalla testa ai piedi. Merda, cercò di dire, ma la bocca non gli obbediva più. L’unica cosa che poteva fare era fissare con sguardo inespressivo il sorriso trionfante di Shinsou.

Girati.” Gli disse Shinsou, e l’ordine rimbombò nella sua testa come un eco che gli rimbalzava dentro il cranio. “Girati ed esci dal ring.”

Le sue gambe risposero, ubbidienti. Il suo corpo girò su se stesso e iniziò a trascinarlo, passo dopo passo, verso la linea del ring.

La testa di Izuku non era un luogo piacevole, al momento. Tutte le imprecazioni colorite che avrebbe pronunciato se solo avesse avuto il controllo della sua bocca, stavano invece prendendo piede nel limitare della sua mente.

Bella mossa, idiota. Una cosa dovevi fare. Una! Non parlare e basta. Bene, abbiamo fallito il Passo Uno. Ottimo lavoro, Deku.

Forse avrebbe dovuto preoccuparsi del dal fatto che la sua voce interiore suonasse tremendamente simile a Bakugou.

Sentì la frustrazione accumularsi inutilmente dentro di lui. Avrebbe dovuto provare il suo valore. Avrebbe dovuto annunciare il suo arrivo, attirare l’attenzione di Gran Torino. E invece l’unica cosa che avrebbe fatto sarebbe stata sgambettare stupidamente fuori dal ring con un’espressione strabica.

Che peccato.

Stava andando così bene.

Troppo gentile, è quello il problema.

Non esiste una persona “troppo gentile”.

Izuku sbatté le palpebre. Quelli… non sembravano dei suoi pensieri.

È giovane. Trarrà una lezione da questo.

Meglio fare un errore qui, piuttosto che in una battaglia vera.

Meglio ora che contro mio fratello.

Possiamo fare qualcosa per lui?

Sì.

Una visione fiorì davanti ai suoi occhi mentre camminava disperatamente in avanti. Non erano fantasmi – erano troppo opachi. Sembravano più dei miraggi all’orizzonte, come un luccichio di calore misto a fumo e ombra. Izuku avrebbe reagito, avrebbe gridato, ma non era lui in controllo. Delle figure scure e indefinite incomberono su di lui – ce n’erano otto- nove? Due di loro sembravano quasi familiari.

Non ci ringrazierà.

Sarà una dura lezione.

Ma non dimenticate, ha subito di peggio.

Era quasi giunto al limite, quando una mano ghiacciata gli prese il braccio. Izuku non poteva girarsi a guardare, ma riconobbe la misura delle mani e il ringhiare ingarbugliato e lamentoso. Rei lo tirò, rallentando il suo incedere, ma senza riuscire a fermarlo.

Si concentrò. Non poteva muovere la bocca. Non poteva parlare.

Ma forse… Forse, se si concentrava e faceva del suo meglio…

Lo sforzo gli spedì una stilettata di dolore al cervello, ma riuscì nel suo intento. Le sue dita quasi vinte, rigide e lente sotto il controllo di qualcun altro, formarono con fatica delle lettere.

“Rei colpiscimi” le disse, segnando, e lei apparve di fronte a lui, con un urlo talmente potente da… Beh, svegliare i morti. Non spezzò il controllo di Shinsou, ma lo aveva già rallentato tirandolo. Rei gli gridò in faccia, spingendolo per rimandarlo indietro verso il centro del ring. Degli occhi neri guizzarono verso i suoi, disperati e dispiaciuti.

“Scusa.” Gli segnò; e la sua mano scattò.

Rozzi artigli gli scossero la faccia e la testa di Izuku scattò di lato per la forza del colpo.

- unghie corte lo strinsero nel buio, artigliando in cerca della sua gola. Molte mani, molte voci, respiri affannati sul suo collo, lamenti inquietanti che gli grattavano le orecchie. Erano arrabbiati. Non poteva uscire. Non poteva scappare-

Si risvegliò prendendo una violenta boccata d’aria. Le figure ombrose della sua visione erano sparite. I suoi piedi erano giusto sul bordo del ring, ma ancora all’interno. Rei lo abbracciò e continuò a tacere, ma poteva sentire lo scusascusascusa nel suo basso singhiozzare.

Si è fermato? È libero?

Sembra di sì.

Il ragazzo ha buoni amici.

Ora prova di nuovo, piccolo.

Izuku si morse il labbro. La sua faccia era dolorante. Guardò in basso alla sua migliore amica e sorrise. Grazie, mimò con la bocca.

Rei sorrise di rimando, fece un occhiolino e mimò il chiudersi la bocca con una zip.

Izuku fece un respiro profondo; poi girò sui tacchi e corse indietro per vincere.

 

 
Note autrice: Congratulazioni a chi aveva predetto che sarebbe stata Rei a farlo uscire dall’ipnosi.
Note traduttrice: Speriamo che il capitolo vi sia piaciuto! Siate pazienti, purtroppo siamo entrambe molto prese e non abbiamo molto tempo per tradurre/betare. Fateci sapere che ne pensate!

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14
 



“C’è mancato poco, Midoriya.” Rise Ojiro.

Izuku sussultò mentre si sedeva sugli spalti con Ojiro da un lato e Iida e Uraraka dall’altro. Aveva appena parlato con All Might e aveva molto a cui pensare. Ma andava tutto bene, perché aveva recuperato Mika e lei aveva la strana abilità di… ovattare i suoi pensieri. Ora gli si era acciambellata con facilità in grembo e fece le fusa quando Iida allungò una mano per grattarle le orecchie. “Scusa, Ojiro.” Disse, con un sorriso imbarazzato. “Nonostante il tuo aiuto, stavo quasi per perdere.”

“Tranquillo, quello che conta è che tu sia riuscito a passare.” Gli disse il compagno di classe.

“Devo ammetterlo, non sono riuscito a vedere come ti sei liberato, Midoriya.” Disse Iida. “Avevi un’angolazione strana e non avevo una buona visuale.”

“Sì, ti sei mosso velocissimo.” Aggiunse Uraraka. “Sembra che ti sia scorticato, però. Ti fa male la faccia?”

“Fa spavento?” Izuku si strofinò la pelle ancora sensibile. Gli bruciava ancora per le unghiate di Rei, ma non stava sanguinando e sembrava che la pelle non si fosse squarciata, quindi non c’era bisogno dell’aiuto di Recovery Girl.

“Non troppo.” Lo rassicurò lei. “Più che altro è molto gonfia.”

“Però è stato fico, il modo in cui ti sei liberato dal controllo mentale con la forza bruta.” Ojiro sembrava imbarazzato. “Non so se sarei riuscito a fare lo stesso.”

“Beh ho una testa parecchio dura, a quanto pare.” Rise nervosamente Izuku. Meno diceva su come era riuscito a liberarsi, meglio era. Impaziente di cambiare argomento, tornò a guardare lo scontro che stava per svolgersi davanti a loro. Si chinò in avanti con entusiasmo, concentrandosi sulle due figure sul ring sotto di loro. Da una parte c’era Sero, dall’altra Todoroki.

Non voleva mancare di rispetto a Sero ma, se avesse voluto scommettere, avrebbe puntato tutti i suoi soldi su Todoroki. Però valeva la pena vedere come si sarebbe svolto l’incontro in ogni caso. Chiunque avrebbe dovuto affrontare, sperava almeno di poter raccogliere delle informazioni utili guardando quel match. Sarebbe stato bello vedere se lo scontro con Sero avrebbe esposto qualsiasi debolezza di Todoroki, o vicever-

CRACK.

… Oppure sarebbe finito tutto in tre secondi e wow, improvvisamente gli scappava tremendamente la pipì.

C’era un ghiacciaio che svettava sopra la cima dello stadio, le punte frastagliate che si tendevano verso il cielo. Il ghiaccio gemette e scricchiolò sotto il suo stesso peso ma, a parte quel rumore, per un’incredibile manciata di secondi gli spalti furono avvolti da un silenzio tombale.

Alla base del ghiacciaio, Sero era quasi interamente avvolto dal ghiaccio. La sua voce venne trasportata dall’aria, tremula per il freddo.

“Un po’ esagerato, non credi?”

C’era una distanza di circa due metri tra Todoroki e il bordo del ghiacciaio. La distanza tra Todoroki e Sero era ancora maggiore. Izuku era abbastanza vicino da vedere Todoroki tremare mentre si avvicinava.

Vide Todoroki dire qualcosa, ma la distanza unita alle urla di incoraggiamento della folla – tutte dirette a Sero – resero impossibile sentire anche la minima parola. Sero rispose e Todoroki iniziò a sciogliere il ghiaccio che aveva appena creato.

Le sue spalle si incurvarono e c’era qualcosa nella sua postura, nell’angolazione della sua schiena, che tradiva un senso di infelicità. Non c’era trionfo. Nemmeno sollievo per una vittoria veloce.

Sembrava semplicemente… solo.

Con l’angolo dell’occhio, fu a malapena cosciente di Uraraka che si spinse oltre Iida per dargli una pacca d’incoraggiamento con quattro dita sulla spalla. “È stato bello conoscerti, Deku.” Disse.

Izuku non riusciva a distogliere lo sguardo, anche se non c’era nulla di utile che poteva cogliere da quella scena. Cosa poteva imparare? Che il suo prossimo avversario poteva battere in un colpo solo qualcuno anche lontano due o tre metri?

Due o tre metri.

Le mani fredde di Rei si aggrapparono alla sua manica e Mika rotolò nel suo grembo per impastare sul suo stomaco.

Due o tre metri.

Un sacco di spazio-

Izuku si spinse in avanti così all’improvviso da quasi far cadere la sua gatta. Fissò davanti a sé, gli occhi sgranati, la bocca semiaperta, prima Todoroki, poi il ghiacciaio che si stava lentamente sciogliendo e poi le proprie mani.

“Midoriya?” Lo spinse gentilmente Iida. “Stai bene?”

“C’è qualcosa che non va con le tue mani?” Chiese Ojiro.

“Non ancora.” Disse.

“Non… Ancora?” Gli fece eco Ojiro.

“Sto cercando di decidere.” Spiegò Izuku, fissandosi ancora le mani. “Senza quale dito posso combattere.” Si fermò, la testa che galoppava, e aggrottò la fronte mentre guardava il ring e il ghiaccio e il suo prossimo avversario. “I pollici direi di no. Mi serviranno.”

“Oooookay.” Mormorò Ojiro.

“Deku, che succede?” Chiese Uraraka. “Stai facendo una faccia strana.”

“Penso di sapere cosa devo fare.” Disse. Sentì l’angolo della bocca inarcarsi. “Non è infallibile, ma…” Pezzo dopo pezzo, un piano iniziava a delinearsi nella sua mente. Si girò verso Uraraka e sentiva la bocca tirargli troppo  per resistere, quindi sorrise fino a quando le labbra non si divisero. Era abbastanza sicuro che potessero vedergli le gengive. “Ho un’idea.”

Iida sembrava preoccupato. Uraraka era elettrizzata. Nel suo grembo, Mika si mise in una posizione più comoda e fece le fusa.

Il primo round di incontri si concluse. Una parte di Izuku voleva andare a parlare nuovamente col fantasma, ma non sopportava il pensiero di perdersi gli incontri dei suoi compagni di classe. Rei si avventurò da qualche parte per divertirsi e Izuku risolse di guardare i suoi amici e conoscenti scontrarsi tra loro. Vide Kaminari combattere con Ibara della classe B e un incontro sconcertante tra Iida e Hatsume. Fu allora che Uraraka si allontanò per andare in una sala d’attesa. Il suo match si stava avvicinando e avrebbe combattuto contro Bakugou per primo.

Izuku sperava davvero, davvero tanto che riuscisse a batterlo.

Dopo poco che Uraraka se n’era andata, Izuku prese in braccio la propria gatta e si avvicinò agli spalti per unirsi ai suoi amici. I fantasmi erano silenziosi e tranquilli. Il poltergeist sembrava introvabile.

 
-
 

Uraraka perse.

Fu difficile da guardare. Non perché Bakugou la distrusse, assolutamente no. Fu difficile perché Uraraka resistette a lungo e arrivò vicinissima alla vittoria. La sua strategia fu spericolata, disperata e assolutamente ingegnosa. A Izuku piacque pensare che, se fosse stato al suo posto, sarebbe riuscito a inventarsi qualcosa del genere, ma non ne era sicuro. Uraraka diede tutta sé stessa e Izuku non poté impedirsi di chiedersi come sarebbe andata se avesse dovuto scontrarsi con lei.

Per ora non lo avrebbe saputo. Perché non importava quanto si era impegnata o quanto aveva cercato di superarlo in astuzia, non era stato comunque abbastanza contro Bakugou.
Izuku, pur dando il meglio di sé, aveva continuato a perdere contro Bakugou ancora prima che lui ricevesse il suo quirk. Sapeva che doveva far male. Aveva memorizzato quel dolore così bene che poteva sentirlo mentre Uraraka veniva trasportata fuori dall’arena su una barella.

(Bakugou non si vantò, più tardi. Non si lamentò di quanto lei fosse arrivata vicino alla vittoria. Forse aveva compreso anche lui la sua bravura.)

Più tardi Rei lo aiutò a rintracciarla, dopo che Recovery Girl l’aveva lasciata andare. Per strada, Izuku incespicò tra le parole che gli turbinavano in testa, affaticandosi a districarle e metterle in fila per creare qualcosa che le tirasse su il morale. Fu preso in contropiede quando entrò nella stanza e lei lo accolse con un sorriso radioso che le tirava allo stremo le labbra. Sembrava stanca, ma perlopiù illesa. Izuku si era preparato a vedere una delusione schiacciante e fu completamente preso in contropiede per il suo timido ottimismo.

“Cavolo.” Disse lei. “Mi sa che ho perso dopotutto, ahah!”

“Stai bene?” Le chiese.

“Sono così frustrata.” Rise lei, scuotendo il pugno il modo esagerato. “Lo batterò la prossima volta, però.” Gli sorrise, la faccia arrossata per l’imbarazzo. Non lo stava guardando negli occhi. “Mi dispiace, Deku. Volevo davvero tanto combattere contro di te oggi.”

“Sì, anche io.” Si bloccò, le braccia occupate dalla gatta. “Sei sicura di stare bene?”

“Certo!” Alzò di nuovo il pugno. “Sono stata frettolosa e mi ha fregato, tutto qui. Sono davvero frustrata e devo solo… lavorarci su, capisci?”

Rei era al suo fianco, ma Izuku non ebbe bisogno di guardarla per sapere che Uraraka stava mentendo. “Sì-“ Il commentario di Present Mic li raggiunse. Da quello che diceva, il match di Kirishima e Tetsutetsu era quasi finito. Stava per cominciare il secondo round e questo significava…

“Manca poco e poi tocca di nuovo a te, eh?” Disse Uraraka. “È meglio se ti sbrighi. Io esco tra un minuto-“ Sorrise così forzatamente che gli occhi quasi le si chiusero. “Non mi voglio perdere il tuo incontro.”

“Certo.” Disse.

Si era allontanato solo di qualche passo quando la sentì singhiozzare al telefono.

Era un bene che si fosse allontanato. Era sempre stato troppo sensibile. Se fosse stato lì dentro con lei, probabilmente sarebbe scoppiato anche lui a piangere. Per come stavano le cose, l’unica cosa che poteva fare era rimanere nel corridoio e stringere la sua gatta al petto per scacciare le lacrime.

Fece un respiro profondo, poi due, poi tre e infine guardò Mika. Guardò indietro verso la sala d’attesa da cui era appena uscito. La voce di Uraraka era fievole, i suoi singhiozzi ovattati.

Fu una decisione rapida e semplice. Due piccioni con una fava.

“Uraraka?” Chiamò il suo nome qualche secondo prima di palesarsi sull’uscio della porta, per darle il tempo di asciugare le lacrime e darsi un contegno. (Si era calmata, ma prevenire non faceva mai male.) Fu facile fingere di essere distratto: con il suo incontro che si avvicinava, il nervosismo stava iniziando a farsi sentire. Entrò velocemente, balbettando un fiume di parole prima ancora che lei potesse dire qualcosa.

“Mi dispiace davvero dovertelo chiedere e con così poco preavviso ma mi rimangono solo un paio di minuti e non so se ho il tempo di trovare All Might e di sicuro non ho tempo di cercare il professor Aizawa quindi potresti tenermi la gatta?” Non aspettò la sua risposta prima di depositarle Mika in grembo.

“Uhm.” Disse lei, sconcertata.

Le scoccò un veloce sorriso. “Grazie Uraraka, sei la migliore!” Detto quello, non si scapicollò fuori dalla stanza, ma uscì comunque a passo svelto.
 
-
 


Ochako continuò a fissare l’uscio vuoto anche molto dopo che Deku se n’era andato. Lo sconcerto le aveva fermato le lacrime e tutto quello che riusciva a fare era sbattere le palpebre senza trovare le parole per reagire, per poi guardare la gatta leggermente disorientata che ora occupava il suo grembo.

“Ochako?” La voce di suo padre le fece riavvicinare il telefono all’orecchio. “Ochako, cos’è stato? È successo qualcosa?”

“S-Sì.” Rispose, squittendo un pochino quando la gatta di Deku si alzò in piedi e girò un poco su se stessa, prima di accucciarsi di nuovo. “Mi dispiace papà, è solo…” Abbassò la mano libera per toccare il pelo morbido e il basso tremolio delle fuse di Mika fu praticamente immediato.

Non poté impedirselo. Forse era perché stava ancora più o meno piangendo, forse le sue emozioni erano fuori controllo, ma Ochako era seduta in una sala d’attesa vuota, con un gatto che le faceva le fusa accoccolato sulle sue gambe, e rise.

“Era uno dei miei amici.” Disse, infine. “Penso, uhm… Penso che stesse cercando di tirarmi su il morale.”

“Beh, ha funzionato?” Chiese suo papà.

Mika le spinse la testa contro la mano, pretendendo altre coccole. Gli occhi le pizzicavano ancora e sentiva la faccia tirare per le lacrime secche, ma le strappò comunque un sorriso. “Un po’.” Rispose.

“Bene. Sono contento che tu abbia degli amici del genere, Ochako. Sono fiero di te, mi hai capito?”

“Chiarissimo, papà.”

Quel giorno imparò una lezione importante: piangere tutte le proprie lacrime con il gatto del proprio migliore amico che faceva le fusa come un trattore sulle gambe era molto meglio di piangere tutte le proprie lacrime in solitudine.
 
-
 

I sentimenti del mio fratellino ronzano come se fosse pieno di api, da quanto è nervoso. Nervoso per la battaglia e nervoso per quello che ha appena fatto, lasciare Mika sulle gambe della sua amica. Le domande ronzano nella sua testa e io non le posso sentire, ma le posso indovinare: ho fatto bene? Ho migliorato o peggiorato la situazione? È giusto così?

(Non deve preoccuparsi. Non siamo così distanti da lei che non posso più sentirla. Ha fatto bene. Ha migliorato le cose.)

Glielo direi, ma ci sono cose più importanti da dirgli. Come il fatto che il fantasma arrabbiato di prima è nei dintorni e si sta avvicinando. E la ragione per cui è vicino è perché-

Strattono il braccio del mio fratellino. Punto all’angolo più vicino, dove un altro corridoio si unisce a quello in cui siamo ora. Lui si blocca e il suo nervosismo va a mille quando l’uomo vestito di fiamme gira l’angolo.

È lui. È lui Endeavor. Il fantasma arrabbiato è con lui, calmo per adesso, ma ancora teso. Ce n’è un altro assieme a loro e il suo sorriso non è tanto bello e la sua risata non è tanto bella.

Oh, ehi, sei quel ragazzino di cui Suzuki parlava, disse quando vide il mio fratellino. Fa un cenno con la testa verso Endeavor, facendo quel suo sorriso maligno. State attenti a questo stronzo, ha le palle che girano. Aveva comprato una bottiglia d’acqua e gliel’ho rovesciata addosso. Ha urlato addosso al tizio di fianco a lui. La cosa più divertente che ho visto tutto il giorno.

Quello arrabbiato non dice molto, ma Endeavor invece sì e non devo scavare a fondo per sentire cosa c’è dentro di lui. Veste la sua rabbia come un’armatura e il suo orgoglio come una seconda pelle. Tutto è all’esterno e anche se cerco di scavare più a fondo, c’è solo quello ancora e ancora e ancora. È arrabbiato e cattivo e pensa di essere il migliore.

Non mi piace.

Se si avvicina al mio fratellino gli farò p a u r a.

Intelligente da parte tua, dice al mio fratellino. Vincere senza nemmeno usare il tuo quirk. Spero che tu non pensi di poter usare questo stratagemma fino alla fine. Soprattutto se vuoi durare contro mio figlio.

È un bullo è un bullo è un bullo è un odioso, grosso bullo

Ma ho sentito voci su di te, dice mentre la paura del mio fratellino si risveglia e si torce dentro di lui. Sul tuo quirk, potente abbastanza da rivaleggiare quello di All Might.

La sua rabbia si impenna e il mio fratellino finge che la sua paura non lo stia strozzando.

“Vieni via.” Gli dico con le mani. Non ho bisogno di mettergli fretta, sta già camminando più veloce. Vuole andarsene. Al mio fratellino non piacciono i bulli.

Il mio Shouto ha il dovere di sorpassare All Might, dice Endeavor prima che possiamo scappare. Il suo incontro contro di te sarà un eccellente primo test.

(Sei una nullità, è quello che gli sta realmente dicendo. Non sei una sfida. Sei qualcosa da calpestare.

Deve sperare di non morire troppo presto. Se lo fa, allora il signor Okumura dovrà aspettare il suo turno.

Nessuno parla così al mio fratellino.)

Quindi faresti meglio a opporre una resistenza decente, continua Endeavor. Non voglio vedere un incontro disonorevole.

(La rabbia del mio fratellino aumenta, talmente dirompente e bianca accecante che la scambio per la mia. La paura deve farsi da parte perché ora la rabbia lo riempie dal cuore alla gola.

Sarebbe un fantasma spaventoso.)

Sorride.

Beh, ora sono indeciso, dice.

Endeavor gli chiede perché.

Lo avrei fatto comunque, dice il mio fratellino. Ma ora non mi va più.

Cosa-

Non sono bravo a seguire gli ordini, continua il mio fratellino. Chieda a chiunque.

Endeavor si agita, rabbia affilata come spine. Tu-

Non si preoccupi, dice il mio fratellino prima di continuare a camminare. Non perderò per fare un dispetto a lei. Sarebbe stupido.

Endeavor ribolle all’interno, ma dentro o fuori per me non fa differenza. Chiaramente il tuo quirk non è l’unica cosa simile ad All Might, dice.

Io non sono All Might, dice il mio fratellino, e la sua rabbia brucia calda ma la sua voce è fredda, fredda, fredda.

Questo è ovvio, dice Endeavor, traboccante di disdegno.

Bene, dice il mio fratellino. E Todoroki non è lei. Anche questo è ovvio.

Endeavor non ha nulla da dire in risposta, perché ora è il suo turno di strozzarsi con la sua rabbia. Io rido e rido e rido.

Meglio affrettarsi, dice il mio fratellino mentre si allontana. Scommetto che se si sbriga, riesce a trovare qualcos’altro da bere prima che l’incontro inizi.

È un peccato che sia di spalle, perché si perde l’espressione sulla faccia di Endeavor. Hino ride con me e la rabbia di mio fratello lo fa sorridere con tutti i denti di fuori.
 
-
 

Rei rimase a bordocampo mentre Izuku entrava nel ring. La camminata dai corridoi fino allo stadio aveva calmato la sua rabbia e almeno in parte i suoi nervi. Era difficile rimanere tranquillo con Todoroki che lo fissava intentamente mentre aspettavano il segnale di Midnight.

Al via, Izuku udì a malapena la voce di Todoroki sopra il rombo nelle proprie orecchie.

“Niente di personale.” Disse. Izuku aveva già iniziato a correre.

La prima parte era la più importante. Se sbagliava, sarebbe finito tutto ancora prima di cominciare. Aveva paura persino di sbattere gli occhi, di chiuderli per anche solo una frazione di secondo e perdersi qualcosa o inciampare o sbagliare tempismo. E, per quello che aveva in mente, il tempismo era tutto.

Mancavano circa tre metri e i suoi occhi erano fissi sulle mani di Todoroki. Il movimento ampio del suo braccio era familiare: Izuku lo riconobbe perché lo aveva visto l’istante prima che Sero perdesse.

In quel momento i suoi occhi si mossero da Todoroki al terreno tra di loro e vide il ghiaccio diffondersi rapidamente, crescendo nel contempo. Quando lo avrebbe raggiunto sarebbe stato alto abbastanza da intrappolarlo e terminare l’incontro.

Il tempo rallentò mentre Izuku si faceva coraggio e saltava più in alto che poteva senza il suo quirk. Puntò il braccio sinistro verso il basso, tenendo il polso con la mano destra per supportarlo.

Ora o mai più.

Irradiò il suo mignolo sinistro di One For All e lo frustò. L’adrenalina mantenne la fitta di dolore a un livello sopportabile e Izuku mascherò il suo urlo di dolore. Il ghiaccio, che poco prima stava crescendo per intrappolarlo, esplose sotto l’onda d’urto, facendolo schizzare ancora più in alto. L’impatto sbalzò via pezzi di ghiaccio e vapore e Izuku atterrò nel centro.

L’atterraggio gli gravò sulle caviglie senza ferirlo e Izuku fu di nuovo in movimento non appena i suoi piedi toccarono il terreno. La nebbia lo disorientava, ma non gli bloccava del tutto la visuale e riuscì a vedere Todoroki qualche metro più in là che sbatteva gli occhi per la sorpresa.

Izuku gli fu addosso dal lato sinistro, il braccio caricato, e gli tirò un pugno dritto in un occhio.

Fu ricompensato da un grugnito di dolore e gli costò ogni goccia di autocontrollo per non imitarlo. Poteva già immaginarsi la ramanzina che gli avrebbe probabilmente fatto la signora Shimura.

Quante volte te lo devo dire, tappo? Le ossa delle tue dita sono delicate come fiori. Il cranio ha solo un compito e quel compito è impedire che il tuo molle cervellino venga
spiaccicato. Se fai incontrare le prime al secondo, non avrai bisogno di One For All per polverizzarti la mano. 


Era abbastanza sicuro che le sue dita non fossero rotte, ma anche se lo fossero allora non era neanche paragonabile al danno che il suo quirk gli procurava. Quindi non si tirò indietro. Non poteva permetterselo. Todoroki barcollò sotto quel primo pugno e Izuku mirò un altro colpo verso le costole prima che potesse riprendersi.

Sul fianco sinistro. Sempre sul fianco sinistro.

Non mancò molto prima che Todoroki mangiasse la foglia, ma Izuku persistette, inseguendo quel lato e sferrando colpo dopo colpo. Se avesse mirato a destra sarebbe stato congelato, ma sulla sinistra le parole dello stesso Todoroki avevano confermato che c’era una possibilità molto bassa perché venisse bruciato. Anche Todoroki stava iniziando a capirlo: Izuku continuava a zigzagare, mirando sempre a quel lato, quindi Todoroki rispose a sua volta con calci e pugni. Dopo pochi secondi dall’inizio del loro incontro il tutto era degenerato in una scazzottata.

La mano destra gli doleva ancora per il primo colpo e quella sinistra aveva un dito inutilizzabile, ma aveva ancora gambe e gomiti. E anche un cranio perfettamente funzionante, se la situazione si fosse fatta disperata.

Il piano era disgustosamente semplice: mirare all’unico, ovvio lato debole di cui era a conoscenza.

Colpirlo abbastanza forte da scombussolarlo e distruggere la sua concentrazione, così da impedirgli di usare il suo quirk. E sopra ogni altra cosa, non farlo allontanare.

L’aveva capito quando aveva visto lo spazio tra Todoroki e il ghiacciaio gigante che aveva eliminato Sero: al ghiaccio di Todoroki serviva spazio per crescere. Lo rendeva un’ottima arma a lungo raggio e una poco efficace quando l’avversario gli era muso a muso. Quindi Izuku prese fiato quando poteva e rimase addosso al suo avversario.

A parte il primo colpo, non aveva nemmeno attivato il suo quirk. eppure, in apparenza, il piano funzionava.

Percepiva comunque il divario tra loro. Todoroki era difficile da leggere: non ci furono avvisaglie o il tempo di schivare il suo gancio prima che gli spaccasse il labbro. Izuku fece per ricambiare e per tutta risposta ricevette un palmo sul naso. Si leccò le labbra e sentì il sapore del sangue.

Eppure…

Mettere un colpo a segno non gli era difficile come avrebbe dovuto essere. Lui non si allenava che da qualche settimana e invece Todoroki lo faceva da quando il suo quirk si era manifestato. Ma nella sua mente, la parte del suo cervello che non era annebbiata da dolore e dall’adrenalina collegò i puntini. Todoroki si concentrava sul ghiaccio, che funzionava al meglio a distanza. Questo significava che non aveva altrettanta pratica con il combattimento corpo a corpo e metà del suo corpo era un palese bersaglio che Izuku stava sfruttando più che poteva.

Se avesse continuato in quel modo, se fosse riuscito a resistere e non avesse fatto errori stupidi, allora…

Forse avrebbe potuto vincere, in quel modo.

Forse avrebbe potuto vincere vincere, mirando solo all’unico punto in cui Todoroki era debole.
Il pensiero lo destabilizzò e l’altro vide la sua esitazione, attaccando con la mano destra. Izuku vide i cristalli di ghiaccio formarsi sul braccio nudo del suo compagno di classe, si abbassò e scattò in avanti con un urlo. Colpì le costole di Todoroki con il gomito, più forte che poté. Sul lato sinistro.

Il colpo strappò a Todoroki un gemito strozzato dalla bocca e, improvvisamente, il saporaccio che Izuku aveva in bocca non aveva più niente a che fare con il sangue del labbro spaccato.

Si disse che era una strategia. Ripensò a quello che gli aveva detto la signora Shimura sul combattere in modo intelligente. Si ricordò che Todoroki era la persona più forte della classe e che non poteva assolutamente vincere contro di lui senza usare ogni vantaggio che riusciva a racimolare.

Ma questo non gli impedì di sentirsi uno schifo. Non cambiava il fatto che stava sfruttando le paure e insicurezze del suo compagno di classe – qualcosa che gli aveva causato immenso dolore – piantandoci le unghie solo per vincere.

Non fermò pensieri tipo e se questo fosse l’unico modo che aveva per essere forte? Approfittandosi del dolore degli altri?

Non si sentiva come qualcuno che stava dando tutto quello che aveva in uno scontro.

Gli sembrava di essere Bakugou, in realtà.

Il pensiero non lo fece esitare. Ebbe l’effetto opposto: la sua frustrazione ribollì fino a diventare indistinguibile dalla rabbia e si scagliò nuovamente contro le costole di Todoroki con il gomito. Questa volta, quando Todoroki fu sbalzato indietro, cadde su un ginocchio.

“Mi stai prendendo in giro?” La sua voce si incrinò mentre la forzava ad uscire. Si chiese che aspetto aveva, mentre urlava a pieni polmoni con il sangue che gli colava da naso e bocca.

Todoroki alzò lo sguardò verso di lui, scioccato.

“Dovresti essere il più forte, non è così?” La voce di Izuku era stremata mentre lottava per prendere fiato. “Dopo tutto quello che ho dovuto subire per entrare in questa stupida scuola, posso combattere alla pari con la persona più forte della mia classe senza nemmeno usare il mio dannato quirk?

Sentì uno spiffero gelato prima di vedere il ghiaccio formarsi e scattò in avanti, riducendo la distanza poco prima di far collidere la pianta del piede contro la faccia di Todoroki. All’ultimo momento cercò di ammorbidire il colpo – e forse fu una cosa stupida, forse avrebbe potuto vincere lo scontro tramortendolo e trascinandolo fuori dal ring per la collottola, ma era troppo agitato perché gliene importasse qualcosa. Il colpo arrivò comunque e le schegge di ghiaccio si dispersero. Alcune gli si attaccarono sulla spalla sinistra, cristallizzandosi, ma l’avevano preso solo di striscio e le spaccò piantando la spalla nel petto di Todoroki.

“Puoi usare il tuo quirk a piena potenza!” Urlò Izuku. “Avresti potuto annientarmi in pochi secondi se lo avessi usato come si deve-“

Gli occhi di Todoroki lampeggiarono. “Non lo farò-“ ringhiò. Izuku ebbe un conato quando il ginocchio dell’avversario affondò nella pancia. “Mi hai sentito, Midoriya!” Le orecchie di Izuku fischiarono mentre lottava per non rimettere quel poco che aveva nello stomaco. “Te l’ho detto, ti avrei superato solo con il mio lato destro.”

“Un gran bel lavoro finora.”

“Non ho bisogno-“ Un altro colpo sulle costole. “-del potere di quel bastardo!” Izuku si abbassò per evitare un gancio destro e indirizzò un pugno verso lo stomaco di Todoroki, ma il suo compagno di classe riuscì a incassarlo. “Raggiungerò lo stesso la vetta!”

Izuku era accucciato in quel momento e quando si slanciò in piedi la sua fronte collise con il mento di Todoroki. Fece male e, a giudicare dal suono strozzato che fece, gli aveva fatto mordere la lingua. “Senza il suo potere?” Sputò. La sua rabbia lo rendeva stupido. Lo rendeva crudele. “Mi prendi in giro? È un po’ troppo tardi per dirlo, non credi?”

I denti digrignati di Todoroki erano coperti di sangue. “Non farò-“

“Oh, scusami!” Urlò Izuku mentre l’altro ragazzo girava la testa per sputare saliva rossa. “Ricordami una cosa, chi di noi è entrato dietro raccomandazione di chi, esattamente?”

Era crudele. Le parole sapevano di feccia mentre le pronunciava, ma le sputò fuori comunque e il risultato fu immediato.

Ricevette un pugno all’occhio sinistro, ma quella volta fu diverso. Non gli fece solo male: gli pizzicò e bruciò e barcollò all’indietro con un grido di dolore. Il collo gli doleva per la frustata, ma non era quello il problema più urgente. Il problema più urgente era che la mano che si era portato all’occhio venne via ricoperta di rosso. Aprì l’occhio e il sangue lo invase, facendoglielo bruciare. Lo chiuse. Avrebbe dovuto farcela senza la percezione della profondità.

La sua vista si ridusse quando guardò Todoroki e vide il suo compagno di classe che lo fissava con gli occhi sgranati, la mano destra ricoperta di ghiaccio sanguinolento. Si ripresero allo stesso momento e Izuku notò a malapena che c’era fin troppo spazio tra di loro.

Non ci fu tempo per pensare quando l’onda di ghiaccio lo travolse, quindi Izuku non pensò. Si limitò a muoversi e il suo braccio destro si frantumò quando evocò One For All per difendersi.

Il ghiaccio esplose con un rumore tonante, abbastanza da soffocare l’urlo di dolore di Izuku. Non fu solo l’impatto a ferirlo, c’era anche il rinculo del pugno. Quando tutto fu finito, il suo braccio ciondolava al suo fianco, flaccido e inutilizzabile.

Sentì a malapena le voci di Present Mic e Aizawa dagli altoparlanti, ma ormai non stava più prestando attenzione al commentario. E poi, non aveva ancora finito.

“Capisci perché mi da così tanto fastidio?” La voce gli si incrinò mentre andava di nuovo muso a muso con Todoroki. Era difficile fare danni con solo un braccio funzionante, munito peraltro di un dito rotto. Ma non poteva finire tutto in quel momento. Era arrivato troppo lontano.

“Ho dovuto dare tutto me stesso!” Todoroki schivò un pugno e Izuku usò la distrazione per calciare il piede su cui si stava reggendo. “Tutto! Solo per entrare in questa scuola!” Tirò il fiato. “Hai una minima idea di quanto sia fastidioso vederti fare le cose letteralmente a metà?” Il sangue dal naso e dal labbro gli entrò di nuovo in bocca e lo sputò di lato. “Cos’è, pensi che siamo tutti così deboli che puoi arrivare in cima senza impegnarti?”

“Beh, ti sto battendo.” Disse Todoroki a denti stretti. “Pensi davvero di poter vincere con quel braccio?”

“Sì, congratulazioni.” Disse, il tono pieno di sarcasmo. “Certo, puoi battermi, quando ho un braccio e un occhio funzionanti. Bravo, Todoroki! Se usi metà del tuo potere, puoi battere una persona a metà!” Pensò a Uraraka, che aveva comunque perso contro Bakugou, e Ojiro che si era ritirato perché non aveva avuto l’occasione di provare a vincere per conto suo. “Dio, sei fastidioso! Tutti stanno facendo del loro meglio!” Pensò a Shinsou, che aveva un quirk perfetto per sottomettere i villain ma aveva perso la sua occasione perché era inutile per sconfiggere dei robot d’allenamento. “Ragazzi che non sono nemmeno nel corso Eroi stanno dando tutto quello che hanno!”

“Non posso-“

“Smettila di cazzeggiare!” Urlò Izuku. “Pensi davvero di poter battere B-Bakugou così? Pensi davvero di poter fare le cose a metà da hero? Salvare delle persone vere?”

Todoroki lo calciò indietro, finché non ebbe abbastanza spazio per lanciare altro ghiaccio. “Non posso!” Anche quando Izuku sacrificò un altro dito della mano sinistra per annullare quell’ondata glaciale, la voce di Todoroki lo raggiunse, più alta dell’esplosione.

“Che significa che non puoi-“

“Ma sai almeno cosa significa?!” Lo interruppe Todoroki. Un’altra onda di ghiaccio e Izuku ripeté la manovra fatta all’inizio del match. Le uniche dita che gli erano rimaste a sinistra erano pollice e indice, ma lo portarono di nuovo vicino. Si ritrovò con la schiena girata verso Todoroki e sentì il freddo che lo inseguiva. Solo per istinto, il suo gomito scattò all’indietro. Si girò velocemente all’altezza dei fianchi, caricando il colpo con la forza di tutto il corpo e fu ricompensato quando impattò e sentì qualcosa cedere sotto il suo attacco. Finendo di girare, vide Todoroki con una fontana di sangue che schizzava dal naso appena rotto. Lacrime adornavano gli occhi del suo compagno di classe e Izuku non sapeva se fossero dovute al dolore causato dal colpo o se fosse semplicemente agitato.

“Che significa cosa?”

“Mi hai visto, quando mi hai guardato per la prima volta?” Sibilò Todoroki, mentre il sangue gli scorreva senza freni dal naso. “O hai visto solo il figlio di Endeavor?”

Izuku lo fissò, ancora mezzo cieco. “C-cosa?”

“Non importa quello che faccio.” Ringhiò Todoroki. “Questo è tutto quello che vedono. Se uso il mio fuoco, sarà quello che tutti vedranno! Non vedranno me, vedranno solo l’uomo che ha fatto soffrire mia mamma per poi disfarsene quando si è rotta.” Il suo respiro sibilò tra i denti. “Non gli darò nessuna ragione per vedere quel bastardo in me.”

E per una frazione di secondo, Izuku lo fissò con un occhio sgranato.

Oh.

E la risposta era… Sì. Sì, sapeva cosa significava. Quante ore aveva passato soffrendo per degli stupidi medium truffatori?

Quanto tempo aveva passato agonizzando sul fatto che un ciarlatano sarebbe tutto quello che tutti avrebbero visto se avesse rivelato il suo quirk originale?

Oh.

Vide del ghiaccio formarsi sul braccio destro di Todoroki mentre disse: “Cazzate.”

Todoroki lo udì per miracolo. “Cosa.”

“Ho detto che sono cazzate e tu lo sai.” Strinse i denti. La voce gli tremò. “Ti stai azzoppando da solo per dispetto ed è stupido e offensivo nei nostri confronti. Tutto quello che stai facendo è sprecare qualcosa che… che alcune persone darebbero qualsiasi cosa per avere.”

“Non mi hai sentito?” Todoroki si rimise in piedi, barcollando. Sembrava esausto quasi tanto quanto Izuku. “Tutto quello che vedrebbero è-“

“Allora dimostragli che si sbagliano!” Urlò Izuku. “Almeno tu puoi. Se non ti vedono, costringili a guardarti!

“Ma-“

Cos’aveva detto mamma sul suo quirk? “Niente ma.” Ringhiò Izuku. “Ora smettila di farmi perdere tempo e finiamola!”

“Mio padre-“

Non sto combattendo con tuo padre, cazzo!

La voce gli si incrinò e gli grattò la gola e per un momento Todoroki lo fissò. Avrebbe avuto gli occhi sgranati se uno di essi non fosse stato pesto e gonfio.

La frustrazione di Izuku era appesa a un filo. “E nemmeno tu! Non è in questo ring in questo momento, noi sì!” Ora gli bruciavano entrambi gli occhi, non per il sangue ma per le lacrime, e finalmente le parole di sua madre gli giunsero in soccorso. “Il tuo quirk è tuo e di nessun altro. Quindi muoviti e usalo.”

Scorse gli occhi increduli di Todoroki un’ultima volta prima che il suo compagno di classe venisse ingoiato dalle fiamme.

Beh, pensò quando l’onda d’urto generò una ventata che gli spazzò via i capelli dal viso. È stato bello finché è durato.

“Sei dannatamente pazzo, lo sai?” La voce di Todoroki giunse dalla massa di potere che si stagliava di fronte a lui – fuoco da una parte, ghiaccio dall’altra. “Avresti potuto vincerla. Ma no, hai dovuto per forza dare aria alla bocca. E scomodarti solo per…” Vide il suo compagno di classe nell’occhio del ciclone fissarlo con uno sguardo di fuoco. “Perché?”

Izuku non sapeva nemmeno se lo poteva sentire. “Mi sembrava che avessi bisogno di aiuto.”

“Non puoi vincere questo scontro.” Gli disse Todoroki.

“Probabilmente no.” Disse Izuku, alzando la spalla buona che gli rimaneva. “Ma almeno lo possiamo rendere fico da vedere, no?”

Questa volta, quando scoprì i denti per un sorriso, Todoroki lo imitò.

Il mondo fu avvolto dal bianco per un po’.

Quando riprese i sensi, era steso sulla schiena fuori dal ring, con i capelli di Rei che gli solleticavano il naso mentre lei si chinava sul suo viso. Gli faceva male tutto il corpo e una sconfitta non aveva mai avuto così tanto il sapore della vittoria.
 
 
Note traduttrice: Perdonate l’attesa, finalmente possiamo aggiornare anche YUTS! Questo sarà l’ultimo aggiornamento per quest’anno, con yuts ci rivedremo probabilmente dopo gennaio. Consiglio a tutti di seguirci su tumblr per evitare di perdersi eventuali soprese o nuovi progetti! 

 Speriamo che questo nuovo capitolo vi piaccia, fateci sapere che ne pensate! Se volete tenervi aggiornati sui miei lavori potete seguirmi su Tumblr (<-CLICCA QUI!)!

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15

 
 
Dovettero trasportare Midoriya Izuku via dal ring. Shouto non ne ebbe bisogno, ma poco ci mancò.

Si ricordava vagamente di aver ricevuto un calcio in faccia da parte di Midoriya, a un certo punto. Doveva essere successo, altrimenti perché il suo occhio sinistro era gonfio al punto da non riuscire ad aprirlo? Avrebbe dato la colpa alla gomitata ma no, quella gli aveva disintegrato il naso. Era divertente: il più flebile alito di vento gli faceva divampare il dolore per tutta la faccia.

Per non parlare del fatto che si sentiva incredibilmente disorientato al momento. Sulla destra era a posto, ma il lato sinistro del suo corpo era un mosaico di dolori e fitte acute. La caviglia sinistra sembrava slogata e doveva starci attento per non rovinare a terra. Era sicuro almeno all’ottanta percento che il suo polso fosse rotto. Il motivo principale per cui era ancora in piedi era che si stava già tenendo del ghiaccio sul fianco sinistro.

Era stata… un’esperienza educativa.

Aveva iniziato solo recentemente a prestare attenzione a Midoriya e fino ad ora l’impressione generale del suo compagno di classe consisteva di una corta lista di aggettivi, che includeva – ma non si limitava a – “fin troppo chiacchierone”, “esageratamente allegro” e “inquietante oltre ogni ragione.”

Ora poteva aggiungerci “dannatamente aggressivo”.

Oh e la sua lingua stava ancora sanguinando. Fastidioso.

Shouto lanciò un’altra occhiata veloce a Midoriya e strinse i denti per far fronte alla sensazione disagevole nel suo stomaco. Per quanto si sentisse male, Midoriya sembrava messo molto peggio. L’occhio sinistro del suo compagno di classe era ancora chiuso e incrostato di sangue.

Midoriya lo beccò a guardarlo e mostrò i denti nell’ennesimo sorriso che sarebbe stato già inquietante di suo anche senza la ferita all’occhio e le tracce di sangue secco. “Ehi, Todoroki.” Disse, prima che venisse trasportato troppo lontano per l’udito di Shouto. “Dì a tuo padre da parte mia- non male come battaglia disonorevole!”

… Era ancora inquietante.

 
-
 

C’era da aspettarselo: Recovery Girl aveva un diavolo per capello.

“Ne ho abbastanza di te!” L’infermiera della scuola era su di giri dalla rabbia e Izuku non poteva fargliene una colpa. Aveva perso il conto di quante ossa rotte gli aveva dovuto aggiustare. “Di tutte le bravate spericolate, stupide, folli, senza riguardo-“

“Non me ne pento.” Disse Izuku.

Quella sparata non aiutò a calmare l’ira di Recovery Girl e Izuku non ne aveva l’intento. Era la verità; e nessuna quantità di rimproveri – che fossero diretti a lui o a Todoroki, che con aria mansueta si stava cautamente risciacquando la bocca con acqua salata calda vicino al lavandino – l’avrebbe cambiato.

“Non ho detto di esserne contento.” Ammise. Aveva una garza sull’occhio sinistro e il sangue si stava ancora coagulando sulla maggior parte della sua faccia. Le sue mani erano un casino e il suo braccio destro stava sanguinando ed era rotto. Non sapeva se fosse stata colpa del ghiaccio o se avesse dato un pugno così forte da farsi esplodere il braccio. Stava cercando di non pensarci troppo. Recovery Girl era più che impegnata a preoccuparsi e rimproverarli. (Quasi si aspettò che Rei se la prendesse con la donna per avergli urlato addosso, ma fino a quel momento si era limitata a fissare l’anziana minuta con occhi spalancati.) “Ma, sinceramente, lo rifarei. Forse, addirittura, mi ci impegnerei di più.”

Recovery Girl lo fulminò con lo sguardo per poi alzarsi e finire di medicare Todoroki. Aveva già guarito il suo occhio: non era più gonfio e chiuso, anche se era ancora un po’ viola.

“Credo di stare bene.” Disse Todoroki a bassa voce.

“Todoroki, non è davvero giornata.”

“No, voglio dire…. Il suo quirk utilizza la mia resistenza, giusto?” Disse Todoroki. “Devo combattere ancora, perciò-“

“Se ti aspetti che ti mandi lì fuori con fratture nel polso e cassa toracica, stai per avere una brutta sorpresa bello mio.” Scattò Recovery Girl.

“Okay.” Si arrese Todoroki. “Ma ho comunque bisogno di tutte le energie possibili.”

“Signore, risparmiami dai ragazzi senza amor proprio che pensano sia un’operatrice di miracoli.” Mormorò Recovery Girl. “Va bene, ti risparmierò il naso, ammesso che me lo lasci steccare.”

“Sì, signora.”

“Mi piacerebbe dire due paroline a quel Present Mic.” Continuò Recovery Girl mentre esaminava cautamente il suo naso. “Incitare voi bambini, creandomi più lavoro… Resta fermo- riesci a respirare normalmente?”

“Sì, signora.”

“Bene. Finché non devi combattere, potrai sfruttare il tuo quirk e metterci del ghiaccio, ora che puoi.” Todoroki sussultò mentre gli applicava una piccola steccatura. “E parlando del tuo quirk- in futuro, stai più attento a come lo usi sui tuoi compagni di classe! Se lo avessi colpito un po’ più forte gli avresti causato seri danni all’occhio – e credimi quando ti dico che gli occhi sono complicati. Specialmente quando uno ha già un braccio polverizzato di cui preoccuparsi.”

Izuku vide Todoroki piegarsi su se stesso, solo un pochino, e parlò. “Non è colpa sua-“

“Oh, credimi, non ho finito nemmeno con te.” Brontolò Recovery Girl. “Fatto.” Disse a Todoroki. “Per adesso andrà bene.” Gli indicò di andarsene con un gesto. “Adesso esci. Ho almeno trenta ossa da ricostruire nel braccio del tuo compagno di classe.”

Todoroki se ne andò senza dire una parola. Mentre usciva fu quasi travolto quando Uraraka, Iida, Tsuyu e Mineta fecero irruzione nella stanza, ma riuscì a scivolare dietro di loro e a sparire.

“Deku, è stato così brutale, che cavolo!” La voce di Uraraka trillò sopra al resto, anche se si era tenuta in disparte e dietro gli altri tre. Teneva Mika avvolta tra le braccia, quindi forse non era sicura che un gatto potesse entrare nell’infermeria di Recovery Girl.

“È stato estremamente imprudente, Midoriya!” Aggiunse Iida. “A che diavolo stavi pensando mentre combattevi ridotto in quelle condizioni?”

“Davvero.” Disse Tsuyu. “Avete ridotto l’arena così male che hanno indetto una pausa per poterla riparare.”

“È stato spaventoso!” Aggiunse Mineta.

Ma Recovery Girl non aveva intenzione di sopportare alcunché. “Fuori, tutti voi.” Disse imperiosamente. “Lo farò uscire quando sarà in grado di camminare di nuovo ma, fino ad allora, ho bisogno che usciate tutti.”

I suoi amici lo salutarono velocemente prima di essere scacciati dalla stanza. L’unica amica che era ancora con lui era Rei, anche se si stava tenendo distante da ogni attrezzatura medica. All Might non era lì anche se, considerando che sia lui che Todoroki erano stati trascinati lì dentro, aveva senso.

Tenendo fede alla propria parola, la donna lo mise sotto anestesia mentre gli riparava il braccio. I suoi sogni furono destabilizzanti e strani come al solito e si svegliò scombussolato, trovando Rei a pochi centimetri dalla sua faccia che lo fissava come un gatto. Spaventato, fece un urletto e sentì subito la mano di Recovery Girl sulla sua spalla.

“Non ti muovere troppo.” Lo avvisò. “Stai bene?”

“Sì.” Disse. “Ho fatto un sogno strano.” Si guardò intorno, sbattendo gli occhi, e vide che la stanza era più affollata di prima. All Might e la signora Shimura dovevano essere entrati a una certa.

“È stato… Davvero uno spettacolo, ragazzo mio.” All Might sospirò. Sembrava stremato mentre si avvicinava, mantenendo le distanze da Recovery Girl. C’era uno sguardo corrucciato sul suo viso e Izuku fu improvvisamente conscio di come avesse probabilmente passato gli ultimi minuti.

“Te lo sei perso, tappo.” Disse la signora Shimura, confermando la sua ipotesi. “Gliele ha davvero cantate.”

Izuku fece un verso vago mentre si sedeva e Recovery Girl lo aiutò a indossare una maglietta con cautela. Si accorse di avere ancora l’occhio sinistro bendato.

“Come ti senti, ragazzo mio?” Gli chiese All Might.

“Come se mi avesse investito un treno.” Rispose Izuku. “Ma ho fatto deragliare il vagone nel mentre, quindi chi ha vinto davvero?” Sussultò mentre Recovery Girl gli aggiustavaun’imbracatura addosso. “Voglio dire, il treno, ovviamente, ma almeno c’è un’ammaccatura sul paraurti. È la parola giusta? I treni hanno il paraurti?”

“Si chiama guida.” Lo aiuto la signora Shimura. “Oppure cacciapietre.”

“Giusto, cacciapietre, quello.”

All Might fece un sospiro. “Non posso complimentarmi per esserti spinto a tanto, ragazzo mio.” Disse. “Non voglio più vedere che ti autodistruggi. Specialmente non in una battaglia finta.”

Izuku alzò il braccio buono, toccando gentilmente la garza sul suo viso. “Non mi è sembrata molto finta.”

Recovery Girl gli schiaffeggiò gentilmente la mano. “I tuoi occhi stanno bene.” Gli assicurò, brusca. “Non ho usato il mio quirk, considerando com’era messo il resto del tuo corpo: ho dovuto dare la precedenza ad altro. Ti rimarrà una cicatrice, perché è questo che succede quando lo fai guarire lentamente… e non è solo questo.” Indicò il suo braccio ferito e lui lo guardò. Per la prima volta notò le cicatrici sul braccio e la mano. Le sue dita sembravano leggermente storte. “Il mio quirk può arrivare solo fino a un certo punto. Il tuo braccio è ancora perfettamente funzionale, ma è sfigurato per sempre.” Gli lanciò un’occhiata di fuoco, fissandolo in modo che non potesse distoglierlo. “Ora ascoltami. Non ti curerò più ferite come questa, mi hai capito?” Fulminò All Might. “Così non va. Trova un altro modo per insegnargli come usare quel quirk.”

All Might annuì.

Izuku rimase in silenzio mentre se ne andavano. Il braccio gli doleva e Rei si assicurò di non toccarlo.

“La prima parte della lotta è stata fantastica, però.” Gli disse la signora Shimura. “È stato bello vedere che hai interiorizzato l’allenamento delle settimane scorse.” Gli diede un buffetto sulla spalla buona. “Sei andato bene finché non sei arrivato alla parte dove ti sei fatto esplodere il braccio. L’hai davvero gonfiato di botte.”

Izuku si fermò nel corridoio. All Might lo notò immediatamente e lo imitò.

“La colpa è mia.” Disse All Might, prima che Izuku potesse aprire bocca. “Vero, ti sei spinto tropo oltre, ma se fossi un insegnante migliore probabilmente avrei potuto trovare un modo-“

“Non è solo quello.” Lo interruppe Izuku. “È solo…” Si sentiva la gola stretta. Una parte di lui voleva piangere un pochino, ma non così tanto da farlo davvero. “Mi sento in colpa per pensarlo, però io… A volte vorrei avere un quirk utile per combattere. Voglio dire, senza One For All. Perché allora potrei fare la mia parte senza…” Lanciò uno sguardo di scuse a Rei. Sembrava triste, quindi allungò il braccio e le strinse la mano furtivamente. Quelli erano pensieri stupidi e inutili che non poteva evitare durante i suoi momenti più miseri; in verità non avrebbe scambiato la loro amicizia con niente al mondo. Però.

“Non è colpa tua.”

“Lo so.” Disse. “Lo so e non c’è niente che possa fare a riguardo, solo…”

“Lascia che ti dica una cosa.” La mano di All Might si posò sulla sua spalla. “Prima che ricevessi One For All dal suo predecessore, anche io ero un senza quirk.”

Fremette a quell’”anche”. Alzò lentamente la testa per guardare All Might. “Davvero?”

“Sì.” All Might sorrise un pochino. “Esserlo non era raro come adesso, ma non era comunque comune.”

“Non l’hai mai detto.” Non sapeva se l’avesse detto più ad All Might o alla signora Shimura. Lo sapeva, soprattutto? Per quanto tempo aveva conosciuto All Might prima di morire?

“Non l’hai mai chiesto.” All Might gli strinse gentilmente la spalla. “Quindi posso capire la tua frustrazione, ragazzo mio. E, nonostante le tue difficoltà, sei partito bene. Ti ho visto all’inizio dello scontro: con o senza quirk, ti sei fatto valere.”

Izuku strinse i denti. “Sì, ma…”

“Cosa c’è che non va, ragazzo mio?”

“È… È stupido pensare che…” Strinse la mano sinistra in un pugno. “Che non mi piaceva come stavo combattendo?”

Una pausa. “Cosa intendi?”

“Voglio dire, era… Una parte era piacevole.” Ammise Izuku. “Perché era la prima volta in assoluto in cui ero in uno scontro equo in cui mi sentivo come se mi stessi facendo valere. Ma ho dovuto giocare sporco per riuscirci. Ho dovuto approfittarmi di alcune cose e non avrei voluto farlo.” Si indicò il viso. “Ecco com’è successo questo. Gli ho detto una cosa che era… davvero, era solo crudele. Sapevo che lo avrebbe ferito e l’ho detta ugualmente, per questo mi ha colpito a quel modo. E questo è il motivo per cui ho quello stupido desiderio ogni tanto, perché magari allora non dovrei fare roba di questo genere.” Scosse la testa. “E comunque non ha nemmeno funzionato. Volevo davvero vincere. Volevo batterlo più di qualsiasi altra cosa, ma non potevo…”

“Sapevi che qualcosa non andava.” Disse All Might. “E non potevi ignorarlo.”

“Non riesco mai a ignorarlo.” Disse piano Izuku.

“L’ho visto. Verso la fine, il tuo obiettivo è cambiato.” Continuò All Might. “Non è vero? Volevi aiutarlo.”

Qualcuno doveva farlo.” La voce gli uscì più roca del previsto. “Chi altri l’avrebbe fatto? Bakugou?” Strinse i denti finché non gli fece male la testa. “E questo è il motivo per cui non riesco a dispiacermi di come è finita. Anche se volevo vincere, anche se tu non approvi, anche se era una cosa stupida da fare e nessuno dei suoi problemi aveva niente a che fare con me. Perché… se sai che c’è qualcosa che non va e sai che puoi fare qualcosa, non è forse una tua responsabilità aiutare?”

All Might rimase in silenzio per un momento. “Sai,” disse, infine, “penso che tu abbia appena riassunto cosa significhi essere un eroe in una frase.” Izuku alzò lo sguardo e vide All Might scuotere la testa con un sorriso. “Ficcare il naso in problemi che non c’entrano nulla con te è la pietra d’angolo dell’eroismo. Quindi… per quanto possa rimproverarti per essere stato incosciente ed esserti ferito così gravemente nel processo, non posso rimproverarti per i tuoi motivi. Forse avrei fatto la stessa cosa al tuo posto.”

“Ehi, fagiolino.” Aggiunse la signora Shimura. “Quando dice “forse”, intende “lo avrei fatto sicuramente, in un batter d’occhio”. Volevo esplicitartelo.”

Izuku sorrise. I suoi sentimenti riguardo tutta la faccenda erano confusi e contradittori e tremendamente distorti, ma almeno poteva sorridere quando la signora Shimura faceva una battuta.

Erano quasi arrivati allo stadio quando sentì il sibilo d’avvertimento di Rei. Si girò e la vide fermarsi all’entrata di un corridoio secondario, fulminando con lo sguardo i suoi occupanti, i capelli come agitati dal vento. Emanava della luce ectoplasmatica bianca dalla bocca.

È vicino, segnò, e una familiare voce rombante si trascinò per le mura. Erano troppo distanti perché Izuku riuscisse a distinguere delle parole o sentire la pressione gravante sul suo cranio come quando quella voce gli stava urlando in faccia. Quello arrabbiato gli sta urlando addosso. Non può sentirlo, ma lo ferisce ugualmente.

Captò un movimento alla fine di una delle entrate situate nel corridoio e un familiare fantasma di donna apparve, come se fosse stata sbalzata via. Suzuki sembrava scarmigliata quanto poteva esserlo uno spirito incorporeo.

“Okumura, fermati!” Chiamò verso la stanza. “Non ti ha fatto niente!”

“Midoriya?” La voce di All Might attirò la tua attenzione e Izuku realizzò di essersi fermato in mezzo al corridoio, di nuovo. “Stai-?”

“Ti raggiungerò più tardi.” Disse. “Vai pure avanti, io arrivo tra un attimo. Devo solo controllare una cosa.”

“Sei sicuro che-?”

“Sì.” Izuku stava già marciando verso il corridoio, segnando a Rei mentre andava: assicurati che non mi segua.

Non lo sta facendo, fu la sua risposta. Se ne sta andando.

“Bimbo, cosa pensi di fare?” All Might non lo stava seguendo, ma la signora Shimura sì. “Se c’entra quello che penso c’entri, tieni a mente che il tuo braccio è inutilizzabile e quel tizio ti ha appeso al muro meno di un’ora fa.”

Rei ringhiò a quell’affermazione. Suzuki li sentì arrivare e sussultò un pochino. Izuku non gliene fece una colpa: era difficile non spaventarsi quando Rei era irritata.

“È- lui sta-” Suzuki intravide il viso di Izuku e il suo si accartocciò. “Oh.” Si torse le mani. “Tu-sai che quel povero ragazzo non voleva, vero? Lui…”

Izuku toccò la garza sul suo viso e alzò le spalle.

La oltrepassò, varcando la porta, e immediatamente la voce di Okumura riverberò nei suoi timpani.

“---e forse quest’intera famiglia è tossica. Tuo padre avvelena tutto ciò che tocca, non è così?”

Todoroki sedeva nella sala d’attesa, la fronte aggrottata mentre fissava il muro in modo assente. Non alzò lo sguardo quando Izuku entrò. Izuku dubitava l’avesse notato. Il suo naso era steccato, il viso chiazzato di viola per i lividi, e stava fissando il vuoto mentre un incubo gli incombeva sopra, sputandogli addosso parole velenose.

“Persino per un moccioso, sei patetico.” Ringhiò Okumura. “Sei diverso da lui? Non farmi ridere. Blateri tanto e dieci minuti dopo la fai da padrone, esattamente come lui. Ehi, dovevi proprio sconfiggere quel ragazzo con un fottuto iceberg, oppure l’hai fatto solo per mostrare a tutti quanto sei grande e forte?” Si chinò più vicino, il viso che si distorceva. “E quel ragazzo a cui hai dato un pugno? Magari gli lascerai una bella cicatrice, proprio come la tua.”

La spina di paura incastrata nella schiena di Izuku svanì, consumata da una rabbia incandescente.
 
-
 


I pensieri di Shouto erano oscuri.

Era inevitabile, seduto com’era da sollo in una stanza vuota senza nessuno con cui parlare, senza distrazioni, senza niente che soffocasse il caos nella sua testa. A quel punto avrebbe quasi accolto a braccia aperte un’altra conversazione con suo padre. Almeno sapeva come prendere tutto quello che usciva dalla bocca di suo padre come spazzatura. Non riusciva a fare lo stesso con le cose che il suo stesso cervello aveva da dire su di lui.

Non sentiva più di averne il controllo.

La testa gli si ingolfava se anche solo cercava di ricordare quando aveva perso il controllo. La sua prima ipotesi individuava quel momento giusto prima di quando aveva smesso di pensare, quasi cavando un occhio a Midoriya. Oppure era stato prima di allora, con il primo pugno scagliato da Midoriya? O prima ancora, quando aveva perso il controllo, lanciando
un iceberg contro Sero.

O forse… non aveva il controllo da… mai.

Forse non aveva mai avuto il controllo.

Forse Endeavor avvelenava tutto ciò che toccava e Shouto aveva vissuto con lui abbastanza a lungo da assorbire questa sua caratteristica.

Era patetico. Diverso da suo padre? Che barzelletta. Dopo tutti i suoi discorsi, tutti i suoi stupidi giuramenti e promesse, la faceva da padrone esattamente come quel vecchio bastardo. Quella battaglia con Sero- ha, “battaglia”, che ridere. Tutto quello che aveva fatto era andare nel panico, perdere la calma e sfogare i suoi problemi su qualcuno che non c’entrava nulla. In cosa era diverso da quello che stava facendo Endeavor, che aveva trascinato la sua famiglia nella sua stupida rivalità?

E Midoriya.

Aveva colpito Midoriya; ma non era quello il problema. Il problema era che non aveva voluto farlo. Non lo aveva programmato. Era semplicemente successo. Il suo corpo si era semplicemente mosso, perché era arrabbiato e spaventato e le parole di Midoriya avevano tagliato particolarmente a fondo visto che sapeva di non poter contraddire il suo compagno di classe.

Forse gli rimarrà una cicatrice, proprio come me.

Stava diventando sempre più difficile respirare.

Smettila.”

Shouto sussultò, lasciando una chiazza di ghiaccio sul tavolo sotto la sua mano destra. Alzò lo sguardo, preso in contropiede, e vide Midoriya Izuku fissare verso di lui con lo sguardo di furia più nera che Shouto gli avesse mai visto addosso. E considerando la vasta gamma di espressioni che gli aveva visto indossare durante il loro combattimento, voleva dire molto. Sentì un brivido per la schiena e fu combattuto tra il rimpicciolirsi sotto quello sguardo perforante e il non riuscire a distogliere il proprio.

L’occhio sinistro di Midoriya era bendato. La fasciatura non era estesa com’era stata quella di Shouto, anni prima, ma era abbastanza per essere terribilmente familiare.

Era abbastanza perché Shouto capisse perché Midoriya lo guardasse in quel modo.

Il brivido sulla sua schiena divenne talmente gelido da quasi bruciarlo. La testa gli pulsò per la pressione, mentre si sistemava sulla sedia e finalmente riuscì a guardare da un’altra parte. Il naso rotto gli mandava fitte di dolore nel cranio.

“Smettere cosa.” Disse.

Per un secondo, Midoriya non gli rispose. C’era tensione nell’aria, spessa come ghiaccio, e Shouto dovette stringere i pugni e forzarsi a non agitarsi.

Cosa avrebbe dovuto dire? Scusa per averti quasi cavato un occhio, non mi è piaciuto che tu abbia fatto notare che quel pezzo di merda di mio padre mi abbia fatto entrare in questa scuola e che forse stavo facendo sembrare il vostro duro lavoro una stupidaggine, mi dispiace.

“Ti stai piangendo addosso.” Disse infine Midoriya. “Il che va bene. Non c’è nulla di sbagliato.” Una pausa. “A meno che non sia per causa mia?”

Shouto non rispose. Sperò che bastasse quello, come risposta.

Un altro momento di silenzio passò tra di loro. Shouto tenne gli occhi fissi sul tavolo e smise di guardare Midoriya in faccia.

“Cosa vuoi, Midoriya?”

Non aveva nemmeno bisogno di guardarlo in faccia: poteva sentire gli occhi del suo compagno di classe (un solo occhio, in quel momento) bucargli la nuca. “Sto solo cercando il mio gatto.” Rispose, dopo una pausa fin troppo lunga.

“Oh.” Disse Shouto. “Beh. Non è qui.”

Midoriya esitò sull’uscio della porta ancora un momento, prima di rispondere. “Ti lascio solo.” Disse meccanicamente. Shouto non si mosse finché il rumore dei passi di Midoriya non si affievolì.

 
-
 
 
Okumura era talmente furioso da diventare più forte. Izuku lo aveva capito bene perché c’erano volute Rei e la signora Shimura insieme per trascinarlo via da Todoroki. Lo aveva capito perché quando c’erano riuscite e quando Okumura aveva contrattaccato contro di loro e contro Todoroki e in generale a qualsiasi cosa si muovesse all’interno del suo raggio d’azione, Todoroki l’aveva sentito. Aveva sentito qualcosa, perlomeno, e sembrava averlo ferito.

Era un miracolo che Izuku avesse mantenuto la calma a quel modo.

Izuku non aveva tenuto d’occhio Rei mentre trascinava Okumura fuori dalla stanza con l’aiuto della signora Shimura, ma non ne avrebbe avuto comunque bisogno. Okumura stava facendo abbastanza casino da indicargli esattamente dov’erano. Tutto quello che doveva fare era seguire i ruggiti di furia e la pista di luci che sfarfallavano.

Non c’era un’anima viva nel corridoio quando li raggiunse. Rei era di nuovo mutata nella sua terrificante forma occulta, contorcendosi di tenebra e orrore e luci spettrali e ciocche di capelli neri che si annodavano. I pannelli fluorescenti lì vicino sembravano più luci stroboscopiche mentre si fronteggiavano. La signora Shimura si stava tenendo a distanza di sicurezza, con Suzuki nascosta dietro di lei.

Se prima Okumura era irritato, in quel momento era letteralmente furibondo. Lo scontro con Rei lo rallentò, ma si scagliò comunque contro Izuku, cercando di artigliarlo mentre Rei gli azzannava le calcagna. “Come osi.” Izuku continuò ad avanzare.

“Midoriya.” Mormorò la signora Shimura, ma Izuku non si fermò finché non fu quasi naso a naso con Okumura, sputando il proprio veleno contro la faccia distorta del poltergeist.

“Come osi tu.”

Anche Izuku poteva arrabbiarsi. Poteva arrabbiarsi così tanto che gli occhi gli bruciavano e il cuore diventava di pietra e la sua voce diventava fredda, sempre più fredda e ancora più fredda.

“Non m’interessa cos’hai contro Endeavor.” Disse, e la voce non gli tremò. Era troppo arrabbiato per non essere pervaso dalla calma glaciale. “Non m’interessa cosa ti ha fatto o come ti ha ferito.” La sua voce si abbassò, rigida e tranquilla ma salda come l’ascia di un boia. “Non m’interessa se ti ha sputato in faccia o assassinato a sangue freddo. Non usarmi mai come scusa per ferire uno dei miei compagni di classe.”

Ti schiereresti dalla parte del figlio di quel bastardo?” Ringhiò Okumura. La paura fece del suo meglio per risalirgli la schiena, ma la rabbia trasformò le sue viscere in ghiaccio e il freddo lo rese insensibile.

“Non ha niente a che fare con il tuo rancore.” Sputò Izuku. “Il nostro scontro non ha niente a che fare con il tuo rancore. Quindi non osare usarlo per fare il bullo con lui.”

Okumura rilasciò un ringhio privo di parole.

“Perché lo odi così tanto?” Chiese Izuku. “Endeavor. Cos’ha fatto? In che modo ha causato la tua morte?”

Inizialmente, lo spirito furioso non rispose all’infuori di ulteriori urla contorte. Izuku aspettò che scacciasse un po’ di quella rabbia fuori di sé. Era una persona paziente. Dopo qualche minuto, raccolse i suoi frutti.

Ci avevano messi con le spalle al muro.” Rispose Okumura, la voce ansimante e ruvida. “La polizia ci aveva messo con le spalle al muro. Quello che avevamo fatto era stupido e lo sapevamo. Lo sapevamo.” La sua voce mutò. Le ombre si quietarono. La sua faccia si stabilizzò. Per un momento, Izuku vide un uomo – era giovane, persino più giovane del professor Aizawa. Sembrava più frustrato che arrabbiato. Sembrava triste. “Eravamo disperati. Stanchi. Eravamo…” Si irrigidì e si contorse, come se il ricordo gli causasse dolore fisico. Forse era così. “Eravamo terrorizzati. Volevamo fermarci. Eravamo pronti a fermarci. Eravamo pronti ad arrenderci e consegnarci.” La sua voce si incrinò. Si fece nuovamente forza. Le ombre gli si radunarono di nuovo intorno e la sua faccia sfarfallò e si sciolse in un incubo. “E poi è arrivato lui.”

“Endeavor.” Disse piano Izuku.

Ci stavamo mettendo troppo tempo per lui. Si è spazientito. Ha interrotto lo stallo e tutti hanno dato di matto. Degenerò in una sparatoria. Io sono scappato e qualcuno mi ha sparato nella schiena.” La sua forma sfarfallò e per un istante Izuku poté vedere nel petto il foro dove il proiettile l’aveva trapassato. “Non so chi mi ha sparato. Forse è stato un poliziotto. Forse uno dei miei compari. Ma non mi interessa. Sono morto per colpa sua.

“Ma non per colpa di Todoroki.” Disse Izuku, piatto. “Mi dispiace. Non è stato giusto nei tuoi confronti. Avresti dovuto avere la possibilità di arrenderti e lui ha sbagliato a togliertela. Ma Todoroki non ha niente a che fare con quello che ti è successo.”

Tale padre, tale figlio. Succederà di nuovo. Quel bastardo ha insegnato al suo moccioso a fare del male alla gente.

“Io non credo.” Ribatté Izuku. “E anche se fosse vero, cosa fa non sono affari tuoi. Non ha niente a che fare con te e tu non hai diritto di parlare di lui in quel modo perché sei furioso che Endeavor ti abbia portato via la tua seconda possibilità.” Era ancora arrabbiato e lasciò che quell’emozione gli facesse bruciare gli occhi mentre la sua bocca si torceva in un sorriso che mostrava tutti i suoi denti. “Lascialo in pace, o ti farò pentire di non essere andato oltre quando sei morto.”

Un ringhio risuonò dalle viscere del poltergeist, che svanì nell’istante in cui Izuku sbatté le palpebre.

Controllò i dintorni d’istinto. Finora i suoi compagni di classe erano stati più tolleranti di quelli nelle sue precedenti scuole, ma l’ultima cosa che voleva era che qualcuno lo beccasse a sputare minacce nel vuoto.

Nel corridoio non c’era anima viva.

Izuku fece un respiro profondo e lo lasciò uscire.

“Porca puttana, ragazzo.” Sussurrò la signora Shimura.

“È stato…” La voce di Suzuki si affievolì.

“Coraggioso.” La signora Shimura la aiutò a finire.

Izuku si strofinò la faccia con la mano buona, stando attento a non danneggiare il bendaggio dell’occhio. Si sentiva stanco. “Vado fuori sugli spalti.” Disse. Forse a Uraraka o Iida non avrebbe dato fastidio se avesse preso sonno su una delle loro spalle.

O forse la concitazione degli scontri lo avrebbe svegliato di nuovo; o almeno lo avrebbe distratto da tutto, lasciandogli dimenticare per un po’ quanto potessero essere pesanti i morti.



Note traduttrice: Rieccoci finalmente a buttarci nella mischia! Speriamo di non avervi fatto attendere troppo. Come annunciato anche sul blog, questo capitolo è stato preceduto - e sarà anche seguto - da una pubblicazione speciale! Assicuratevi di non esservela persa!
Speriamo che questo nuovo capitolo vi piaccia, fateci sapere che ne pensate! Se volete tenervi aggiornati sui miei lavori potete seguirmi su Tumblr (<-CLICCA QUI!)!

 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16

 

 

Tornò giusto in tempo per vedere Iida affrontare Todoroki. I suoi compagni di classe lo salutarono. Venne accolto con scherzi e affettuose prese in giro e delle caute pacche sulla schiena evitando le sue ferite. Mineta chiese a gran voce se Todoroki gli avesse veramente fatto saltare via un occhio a pugni, finché Tsuyu non lo cacciò sotto la sedia. Se avevano notato quanto di poche parole fosse, non dissero nulla.

Uraraka si mise di nuovo Mika sulle gambe. “Che sfortuna.” Disse a bassa voce. Sotto di loro, il match si concluse rapidamente. Iida stava per farcela, ma Todoroki congelò i suoi motori e gli soffiò la vittoria – senza usare il fuoco, non poté fare a meno di notare.

Stava ascoltando solo con un orecchio. “Eh?”

“Avremmo potuto durare di più, io e te.” Disse lei. “Ma siamo stati accoppiati subito con i due più forti.”

“Immagino di sì.” Izuku accarezzò Mika con fare assente. “Non è una scusa sufficiente, però. Non è che i villain ci farebbero combattere le loro pedine più deboli per prime solo per farci salire di livello.”

Uraraka rise. “È un modo un po’ nerd di vedere le cose. Mi piace.” Era seduta dal suo lato non dolorante e quindi gli diede una gentile spallata. “Dovremo diventare più forti e basta.”

“Già.”

Iida si riunì a loro tra amichevoli cori di congratulazioni. Era rosso dall’imbarazzo, ma comunque sorrise e salutò tutti. Da quanto poteva vedere Izuku, non era vicino alle lacrime come lo era stata Uraraka, ma sollevò comunque Mika con un braccio e gliela offrì con cautela. Iida non la prese, ma il suo sorriso si allargò mentre le faceva i grattini a un orecchio.

“Sono un po’ imbarazzato. Ho cercato di imparare dal tuo scontro contro di lui, ma suppongo che non sia stato comunque abbastanza. Probabilmente hai dedotto più cose tu dal match contro Sero che io nel tuo match contro di lui.”

“Però mi sembri conciato molto meglio di me, ora come ora.” Rispose Izuku.

“Suppongo di sì- e seriamente, Midoriya, avresti dovuto essere più cauto.” E in quel momento Izuku seppe per certo che il suo amico stava bene, perché nulla diceva più “pimpante” per Iida che una filippica ufficiosa sulla sicurezza, completa di vigoroso gesticolare. “Sai, hanno visto tutti che hai fatto del tuo meglio e combattuto con tutto te stesso, non ci sarebbe stata nessuna vergogna – assolutamente nessuna vergogna – nel ritirarsi quando non eri più in grado di continuare!”

Sedendosi, Izuku sorrise e scosse la testa. “Ci sei andato molto vicino, Iida.” Disse.

“Suppongo di sì.” Il sorriso di Iida tornò ad essere timido. “Vorrei che mio fratello mi avesse visto, ma non è riuscito a venire.”

“Peccato.”

“Sì, sfortunatamente è stato molto impegnato con le sue mansioni da eroe.” Iida corrucciò la fronte. “C’è un certo villain a piede libero che fa danni e tutti sono in allerta.”

“Ho sentito.” Disse Izuku con un cenno. “Un tizio di nome Stain?” Che razza di nome, Stain. I rapporti che Izuku aveva letto lo descrivevano come molto pericoloso, però.

“Già, è apparso sui telegiornali, non è vero?” Disse Kirishima. “Sembra una brutta gatta da pelare. Alcune persone lo chiamano l’Assassino di Eroi.”

“Verrà sconfitto presto.” Disse Iida scrollando le spalle. “Come minimo, All Might non gli permetterà di continuare per molto.”

Lo scontro successivo catturò di nuovo la loro attenzione. Il Festival dello Sport si stava avviando al suo termine e i partecipanti erano rimasti in tre.

Izuku non fu sorpreso quando Bakugou sconfisse Tokoyami. Però era contento che Tokoyami fosse arrivato fino a lì. Se lo meritava; era praticamente l’unica ragione per cui la squadra di Izuku era riuscita a tirare avanti alla fine della battaglia a cavallo.

Lo scontro finale vedeva Bakugou contro Todoroki. Izuku già sapeva chi avrebbe tifato.

Le esplosioni di Bakugou lo facevano sussultare ogni volta che detonavano. Le orecchie gli fischiavano, le dita erano intorpidite da quanto stava stringendo la sedia e stava serrando i denti così tanto che gli faceva male la mascella. Fu molto combattuta – più del suo scontro contro Todoroki, quasi combattuta come quello di Kirishima contro Tetsutetsu, a detta degli altri.

Non vedeva bene a causa dei lampi causati dalle esplosioni di Bakugou, ma quella fu l’unica luce che vide. Todoroki non rilasciò una singola scintilla.

Izuku era riuscito a farsi valere contro di lui senza nemmeno usare One For All. Ma Bakugou aveva un quirk potente ed era un combattente forte e selvaggio anche senza usarlo. Il ghiaccio da solo non sarebbe bastato, ma Todoroki ancora si ostinava a non scatenare il suo fuoco come aveva fatto contro Izuku.

“Pensi che ci sia qualcosa che non va in lui?” Poteva a malapena sentire Uraraka mormorare di fianco a lui; il quirk di Bakugou la ovattava quasi completamente. “Scommetto che andrebbe meglio se usasse il suo fuoco, non pensi?”

“Potrebbe essere ancora ferito.” Si intromise Tsuyu, alzando la voce sopra il fracasso. “Sono abbastanza sicura che abbia il naso steccato.”

Kirishima sgomitò leggermente Izuku da dietro. “Già, vi siete davvero scombinati le facce. Il tuo occhio è a posto?”

“È a posto.” Rispose Izuku. Sul ring, Todoroki incassò un brutto colpo. Fu un brutale pugno allo stomaco, con in aggiunta un’esplosione detonata dal palmo di Bakugou, e lo fece volare via. Quando fece contatto, Izuku chiuse l’occhio e sussultò. Lo aveva provato sulla sua stessa pelle. Non era divertente.

Di fianco a lui, Rei ringhiò.

“Penso che questo scontro finirà presto.” Disse Uraraka a bassa voce. “Todoroki è a metà della potenza e Bakugou…”

“Bakugou sembra incazzato.” Disse Kirishima.

“Sembra sempre incazzato.” Fece notare Tsuyu.

“Sì, ma… Non so, sembra diverso.”

Izuku capiva benissimo cosa intendesse Kirishima, ma stava cercando di non pensarci troppo. La rabbia di Bakugou era qualcosa a cui non gli faceva troppo piacere pensare. Era già abbastanza doverla vedere e ricordare tutte le volte che l’aveva sentita sulla propria pelle.

“Ha usato a malapena il suo fuoco però.” Disse Uraraka. “Deku, tu sei l’unico che l’ha visto da vicino. Pensi che ci sia qualche problema?”

La risposta, ovviamente, era no. Non lo pensava, sapeva che qualcosa non andava. Sarebbe stato difficile trovare qualcosa che andasse.

Era tristemente semplice, in realtà. Significava solo che ci voleva più di una conversazione nel mentre di una scazzottata per aggiustare ciò che era rotto.

Le dita di Izuku si strinsero nel pelo morbido e setoso di Mika guardò con l’occhio che gli pizzicava mentre Bakugou ruggiva e si apriva la strada verso la vittoria a suon di esplosioni. Quando Midnight dichiarò la fine del match, la sua determinazione, infine, si incrinò. Non poteva guardare oltre. Non poteva nemmeno guardare la cerimonia di premiazione.

“Deku?” Disse Uraraka quando si alzò dal suo posto. “C’è qualche problema?”

Stava già marciando verso l’uscita più vicina agli spalti.

Trovò rifugio in una sala d’attesa, abbastanza distante dallo stadio che il tifo e il chiasso degli spettatori era solo un fioco ruggire di sottofondo, ovattato da spessi muri d’acciaio. Tutto quello che aveva come compagnia erano un gatto, un fantasma e l’occasionale spirito che non lo degnava di uno sguardo; e gli andava bene così. Sistemandosi su una sedia, si piegò attorno al suo gatto e respirò dentro e fuori e dentro e fuori finché smise di sentire pugni nello stomaco che gli echeggiavano nella memoria.

Probabilmente era meschino. Probabilmente era un po’ patetico. Ma aveva davvero, davvero sperato che Bakugou non vincesse.

Ovviamente, aveva cominciato il Festival dello Sport con un bruciante desiderio di vittoria. Ma nel (fin troppo possibile) caso in cui non ce l’avesse fatta, sapeva che almeno c’erano svariate altre classi piene di studenti che non erano Bakugou che potevano vincere; e quella era stata una consolazione. Ma no. Bakugou aveva vinto, di nuovo. Aveva vinto contro Todoroki che aveva combattuto con metà del suo potere, e Izuku aveva potuto a malapena tenere il passo di Todoroki a metà della potenza.

Si chiese, per un folle momento, se fosse così che Endeavor si era sentito, guardando la schiena di All Might per anni e anni.

Non poteva essere così, però. Izuku non era arrabbiato per la sconfitta. Sapeva perché aveva perso e sapeva di aver scambiato la sua occasione di vincere per qualcosa di altrettanto prezioso. Non riguardava il suo vincere o perdere. Non c’entrava solo il fatto che Bakugou aveva vinto (ancora, ancora, ancora e ancora; il vincitore aveva automaticamente ragione, come se vincere cancellasse tutte le cose che aveva fatto). Quella era una vecchia spina nel fianco, un circolo vizioso che ricominciava sempre daccapo in cui Bakugou vinceva e vinceva e vinceva e dal momento che vinceva non pensava mai di essere nel torto. Non pensava mai che, solo perché vinceva, questo non lo rendeva un grande o anche solo una bella persona o quantomeno una decente.

Lui vinceva e vinceva e basta, tutti cantavano le sue lodi e chiudevano gli occhi sul suo carattere e la sua vena perfida e Izuku era stanco di vederlo accadere ed era stanco di sentirsi come un bimbo petulante perché lasciava che gli facesse così male.

Gli occhi di Izuku bruciavano, ma stavolta trattenne le lacrime. Non valeva la pena di piangere. Si sarebbe sentito in questo modo anche se non fosse stato stufo ed esasperato di lasciare che Bakugou lo facesse piangere.

Mika fece le fusa contro la sua pancia e il freddo abbraccio di Rei gli avvolse il braccio sano. Izuku respirò dentro e fuori, lento e regolare, finché non si sentì meglio.

Quando finalmente si tirò dritto, di nuovo pronto ad affrontare il mondo, si era perso la cerimonia di premiazione. C’erano voci e passi nel corridoio. Non molti – Izuku aveva scelto una sala d’attesa che era lontana dal percorso principale. In silenzio, scivolò nuovamente nel corridoio. Forse i suoi amici si stavano chiedendo dove fosse.

“Um, scusami? Detesto scocciarti ancora ma…”

Izuku alzò gli occhi e vide Suzuki non molto più in là, a girarsi i pollici pallidi.

“È solo che, non so a chi altro chiedere.” Disse lei. “Non ho mai incontrato qualcuno come te prima d’ora.”

“Okumura lo sta infastidendo di nuovo?” Chiese Izuku.

“No, è solo che…” La sua voce le morì in gola, imbarazzata. I suoi occhi lo implorarono di capire.

E lui capì, un pochino.

“Dov’è?” Chiese.

Lei svanì dopo avergli dato direttive e Izuku si strinse Mika al petto con un braccio e si incamminò per vedere cosa poteva fare.

Trovò Todoroki esattamente dove Suzuki aveva detto che sarebbe stato. Era un’altra sala d’attesa ben lontana dal corridoio principale, vuota e silenziosa a parte per uno spettatore che si era perso o spiriti che passavano senza interessarsi. Izuku si fermò sull’uscio e sbirciò dentro; non voleva ancora essere notato. Todoroki era più o meno nello stesso stato in cui Izuku era stato negli ultimi dieci minuti. Era ingobbito, quasi arricciato su ss stesso, le dita impigliate nei capelli. Non era conciato troppo male, ma sembrava comunque a pezzi.

L’unica differenza tra lui e Izuku in quel momento era che lui non aveva nessuno ad offrigli conforto.

Per il momento, Izuku si allontanò dall’uscio. Si sentiva tirare in due direzioni opposte. Da un lato, voleva aiutarlo. Aveva fatto il primo passo per aiutare Todoroki e sarebbe stato stupido lasciare incompleto il percorso. Ma dall’altro, non era sicuro di come Todoroki avrebbe accettato il suo aiuto in quel momento – o quello di chiunque altro, a dirla tutta.

Beh. Forse chiunque, tranne…

Izuku fece un respiro profondo, si allontanò ancora dalla sala d’attesa e sollevò la sua gatta finché non furono faccia a faccia. Fu difficile con un solo braccio, ma ce la fece, e Mika era sempre stata una gatta accomodante.

“Allora, ascoltami.” Sussurrò. “Ho un altro lavoro per te. Devi dare il tuo cento per cento, intesi?”

Mika gli premette la zampa sul mento.

“Non ho croccantini adesso.” Disse. “Croccantini a lavoro finito. Fai del tuo meglio, okay?” Le posò un bacio sulla fronte. “Rendimi fiero, Mika.”

“Oh, hey!” Disse mentre entrava nella sala d’attesa, come se fosse del tutto sorpreso di trovare Todoroki. L’altro si drizzò come se qualcuno lo avesse colpito con una scarica elettrica e Izuku fece finta di niente. “Non vorrei chiedertelo ma se ne stanno andando tutti quindi potresti tenere il mio gatto per un secondo per favore perché devo andare a-“ Non stava veramente pensando a cosa dire a Todoroki e dallo sguardo sbigottito sul suo viso non lo stava comunque ascoltando, quindi mollò Mika sulle sue gambe e scappò via con un “Grazie, torno subito!”

Qualche minuto e sarebbe tornato. Cinque minuti. Forse dieci.

Il suo insegnante era nel corridoio, impossibile da vedere dalla sala d’attesa ma perfettamente a portata d’orecchio. Narita lo affiancava ancora, aspettando paziente come sempre.

Anche con le bende sul suo viso, Izuku poté vedere le sopracciglia di Aizawa alzarsi gentilmente.

Alzò le spalle e continuò a camminare. Non era qualcosa che poteva davvero spiegare a parole.

 

-

 

C’era un gatto sulle gambe di Shouto e non era del tutto sicuro di come fosse finito in quella situazione.

Non aveva contato quanto tempo fosse passato, seduto da solo in quella stanza, temendo di sentire la voce di suo padre e sentendosi l’equivalente emotivo di essere investiti da un camion. Un pugno lo aveva lanciato da un lato all’altro dello stadio per ben due volte in un giorno e aveva subito le urla di persone diverse e tutte per motivi diversi.

Si chiese se qualcuno fosse veramente felice dei risultati del Festival. Sapeva di non esserlo. Era pronto a scommettere che il suo inutile padre non lo era. A parte quell’improvviso sfogo non caratteristico, Midoriya si stava comportando come se avesse visto qualcuno tirare un calcio a un cucciolo, quindi sapeva che nemmeno lui lo era.

Bakugou non era felice del risultato, eppure lui aveva vinto.

E di chi è la colpa? Forse se avessi usato il fuoco invece di combattere come un codardo, avresti potuto offrirgli uno scontro decente invece di farlo a cazzo di cane, deludendo tutti-

La pressione di zampette sulla sua coscia lo scosse dai suoi pensieri. Shouto rimase immobile mentre il gatto di Midoriya fece un paio di giri sul suo grembo prima di spostarsi e accucciarsi.

Sul suo lato sinistro.

Shouto non era sicuro del perché lo fece. Era insicuro, non sapendo se il gatto di Midoriya era il tipo da graffiare, quando sollevò gentilmente il gatto e lo spostò, in modo da farlo stendere più verso il centro. La testa dell’animale si girò e- oh, aveva solo un occhio. Quello sinistro mancava, il pelo attraversato da cicatrici.

Il micio rilasciò un miagolio morbido e trillante e si spostò di nuovo, acciambellandosi sulla sua coscia sinistra. Cercò di spostarlo ancora un paio di volte, giusto per essere sicuro, ed entrambe le volte il gatto ritornò sul suo posto preferito.

I gatti amavano le cose calde – quel pensiero gli arrivò dal nulla. Ecco perché si vedevano sempre foto di gatti stesi al sole, o sui computer dei padroni. Era ovvio che preferisse il suo lato sinistro a quello destro.

Controllò la medaglietta sul collare viola. Era una lei e il suo nome era Mika. Quando abbassò di nuovo la mano per accarezzarla, lei rispose con delle fusa che gli penetrarono nelle ossa. Forse se lo stava immaginando, ma gli sembrava quasi come se gli acciacchi che aveva nel punto dove si era seduta stessero iniziando a svanire.

“Ciao.” Disse a bassa voce, mentre lei spingeva la testa contro la sua mano – la sinistra. Si stese sul fianco e premette le zampe contro la sua pancia. “Mi stavo chiedendo… Cosa deve fare di così importante da lasciarti a me? Tu lo sai?”

La gatta non gli rispose, ovviamente, a meno che girare su se stessa in modo da appoggiarsi di nuovo contro il suo stomaco potesse essere considerata una risposta.

Sfortunatamente, non passò molto tempo prima che suo padre scovasse il suo nascondiglio. Quando lo fece, Shouto stava facendo penzolare il laccio di una scarpa per farlo colpire a Mika. Non che si stesse sforzando, perché era più interessata a sciogliersi sul suo fianco sinistro, ma glielo aveva abbassato abbastanza perché lo potesse acchiappare tra le zampe.

“Se hai tempo di cazzeggiare con dei randagi, allora hai tempo per tornare a casa e allenarti.” Scattò Endeavor. “Dopo lo spettacolo di oggi, ne hai chiaramente bisogno – specialmente se hai finalmente deciso di piantarla con i tuoi capricci da ribelle.”

“Non è una randagia.” Disse, ignorando il resto di quello che gli aveva detto quel vecchio bastardo.

“Cosa?”

“È la gatta del mio compagno di classe.” Disse, senza alzare gli occhi. Mika tirò giù l’estremità del laccio e masticò la plastica finché non lo tirò di nuovo via. “Mi ha chiesto di tenerla d’occhio. Quindi, ovviamente, non posso muovermi da qui.”

Dall’altro lato della stanza, sentì la rabbia di suo padre pulsare.

“Ho le mani legate.” Disse con voce piatta. “A questo punto è meglio se torni a casa senza di me. Ti raggiungerò.”

Gli stivali di suo padre sfregarono il pavimento mentre si avvicinava. Spaventata, Mika si girò in modo da avere di nuovo le zampe sotto di sé, ed era rivolta verso Endeavor. La voce di suo padre era un ringhio e Shouto si concentrò sul gatto che aveva in grembo – per quanto lo riguardava, la cosa più interessante della stanza in quel momento. “Ne ho avuto abbastanza dei tuoi patetici, inutili capricci-“ Allungò la mano verso il gatto e Shouto si irrigidì, facendo per tirarsi indietro.

Artigli affilati come spine si piantarono nei suoi pantaloni, pungendogli la pelle. Il pelo sulla schiena di Mika si sollevò e lei appiattì le orecchie contro il cranio, soffiando abbastanza forte da zittire suo padre, il che era, francamente, impressionante. La coda sferzò l’aria e quando la mano di Endeavor arrivò troppo vicino, il sibilo divenne un ululato gorgogliante e la attaccò.

Endeavor ritirò di scatto la mano, nello stesso momento in cui Shouto spinse la propria sedia più lontano. Mika, apparentemente ignara di quanto stesse tentando il pericolo, mantenne le orecchie appiattite contro la testa e sputò. Il suo unico occhio era assottigliato e la bocca era aperta in quello che aveva solo una vaga somiglianza con un sorriso.

(Per un momento, gli ricordò il suo padrone.)

“Penso,” disse tranquillamente, evitando di accarezzarla finché non si fosse calmata, “che dovrei solo… Aspettare che il mio compagno di classe ritorni.”

Non ebbe bisogno di vedere l’occhiataccia di suo padre per sentirne la violenza. Ma guardare male era tutto ciò che Endeavor faceva. Evidentemente, non pensò ne valesse la pena, oppure non era interessato alla possibilità di perdere un dito, perché marciò fuori senza dire altro. Mika si accucciò di nuovo, anche se ci vollero un bel po’ di carezze perché riprendesse a fare le fusa.

Non che la cosa gli dispiacesse.

 

-

 

Izuku trovò un modo per tenersi occupato mentre dava tempo alla sua gatta di fare le sue magie. Odiava lasciare le cose a metà.

Perciò, Rei lo aiutò a ritrovare Okumura. Fortunatamente, il poltergeist non era vicino a Endeavor al momento. Probabilmente aveva realizzato che non sarebbe morto di lì a poco. Quindi aveva optato per svolazzare in giro e tenere il muso, innervosendo tutti i fantasmi nei dintorni.

Okumura lo notò immediatamente e i suoi passi esitarono quando il fantasma si avvicinò. Quella era la sua croce da portare, con l’abilità che aveva. Come minimo, rappresentava una novità. Al massimo, era – per mancanza di termini migliori – un’ancora di salvataggio. E, da che Izuku sapesse, era l’unico esistente.

Inizialmente non parlò. Si limitò a guidare Okumura lontano, dove potevano parlare in privato senza che qualcuno con un battito cardiaco potesse intromettersi e vedere Izuku discutere con un muro.

Giusto per essere sicuro, usò il suo trucco speciale. Tirò fuori un vecchio auricolare – uno di quegli apparecchi bluetooth che erano passati di moda. Era vecchio e inutile, non era connesso a nulla; ma almeno lo avrebbe fatto sembrare meno strano se qualcuno lo avesse beccato a conversare con il vuoto.

“Cosa vuoi?” Chiese, guardando il poltergeist direttamente negli occhi. Okumura appariva vagamente come la persona che era stata in vita, solo… strana. La ferita che lo aveva ucciso era visibile in maniera raccapricciante – non che Izuku non fosse abituato al sangue.

Smettila di mettermi i bastoni tra le ruote.” Ringhiò Okumura. A Rei non piacque il suo tono e Okumura indietreggiò quando gli ringhiò di rimando.

“Cosa vuoi da Endeavor?” Chiese Izuku. “Perché lo stai seguendo? Cosa intendi fare?”

Gliela farò pagare.

“Come?” Incalzò Izuku. “Cosa intendi fare, veramente?” Controllò di nuovo i dintorni. “E assillare Todoroki? A cosa dovrebbe servire?”

Non sai niente.” Borbottò pericolosamente Okumura.

“Hai ragione.” Gli disse Izuku. “Non capisco cosa stai cercando di fare.” Strinse i pugni. “Pensi che ti riporterà indietro, se gli strapperai l’anima?”

Stai zitto.

“Pensi che seminare pensieri orribili nella testa di Todoroki li scaccerà dalla tua?” Chiese. “Pensi che smetterà di farti male? Non funzionerà.”

Non puoi saperlo!

“È come grattare una puntura d’insetto.” Disse Izuku, ignorandolo. “Pensi che ti faccia stare meglio, ma stai solo peggiorando le cose e quindi non puoi smettere.”

Non m’interessa!” La voce di Okumura grattò come coltelli nelle sue orecchie. “Deve pagare.”

“Perché è così importante per te?”

Mi ha ucciso!” Ruggì Okumura. “Non volevo combattere ancoraNon volevo morire.” La sua voce sfarfallò, rimbalzando tra l’uomo che era stato e l’incubo che era diventato. “Non dovevo morire per forza, non era obbligato a farlo! È così sbagliato volere che lo sappia?

Izuku ci pensò per un momento. “Sì.” Rispose.

Gli occhi di Okumura lampeggiarono. “Tu-

“È sbagliato per te.” Gli disse Izuku.

Non sai niente di me!” Okumura scattò in avanti e Izuku saltò via dalla sua portata mentre Rei si spinse tra di loro. Okumura continuò la sua furia, incurante. “Non capisci? Tutto quello che voglio- tutto quello che voglio è che sappia quello che ha fatto. Che sappia che è sbagliato.” Si piegò su sé stesso. “Era sbagliato. Non è così? Non dovevo morire per forza.

“È colui che ti ha ferito.” Disse Izuku piano.

E cos’ho detto io?!

“Allora perché ti fidi che possa farti sentire meglio?”

Non mi fido di lui!

“Allora perché hai deciso che l’unico modo in cui ti sentirai meglio è che lui faccia qualcosa per te?” Chiese Izuku.

Okumura si zittì. Sembrò calmarsi e prima volta sembrò più un uomo che un mostro. “Non l’ho… non l’ho deciso io.”

“Forse.” Disse Izuku, cercando di essere fermo. “Ma non sei obbligato a lasciarlo così. Non dovresti permettere che rimanga così.”

Okumura lo fissò. La sua faccia continuò a mutare, come se non riuscisse a decidere se volesse sembrare arrabbiato o triste o frustrato o inerme.

“Non puoi aspettare che lui si senta in colpa.” Disse Izuku. Parlava a bassa voce adesso. Non era qualcosa da urlare. “Forse non se ne pentirà mai. Forse non sa di aver fatto qualcosa di sbagliato, oppure non gli interessa. Non importa.” Cautamente, fece un passo in avanti. “Non puoi dipendere dalle persone che ti hanno fatto del male per farti stare meglio, altrimenti non starai mai bene. Ti deluderanno e basta, o ti feriranno ancora di più, e poi se ne andranno e tu aspetterai per sempre.”

Okumura non si spostò. Rimase talmente tanto in silenzio che Izuku non era sicuro che avrebbe risposto; ma infine si mosse, come se stesse facendo un profondo respiro di cui non aveva bisogno. “Non voglio aspettare per sempre.” Sussurrò.

Izuku gli toccò il braccio. Era freddo come quello di qualsiasi altro fantasma e Okumura sussultò ma senza allontanarsi. “Allora non farlo. Prosegui per conto suo. Lascialo indietro. Puoi farlo?”

“Non lo so.”

“Penso che tu possa farcela.” Gli disse Izuku. “Non devi trapassare. Non se non sei pronto. Ma penso che tu possa lasciarlo indietro. Penso che tu possa essere di nuovo felice, senza il suo aiuto.”

Okumura lo fissò come se Izuku fosse la cosa più strana che avesse mai visto nella sua vita – e morte. “Io… Io ci posso provare.” Disse, dopo un po’. “Credo? Ci proverò.”

“Grazie.” Disse Izuku, e lo pensava davvero.

“Penso…” La forma di Okumura tremò e finalmente si stabilizzò. Sembrava più giovane, senza tutta quella furia a distorcerlo in qualcosa di mostruoso. “Ho bisogno di pensarci.”

“Va bene. Dovresti.” Izuku piegò la testa di lato. “Solo, lascia in pace Todoroki, ok? Non ti ha fatto niente.”

“… Va bene.” Le spalle gli crollarono. “Va bene, ok. Hai vinto.” Sparì prima che Izuku potesse dire altro.

Rei stava fluttuando abbastanza in alto da poter allungare le mani e toccargli il viso. La punta delle sue dita erano fredde come il ghiaccio mentre gli sfioravano la guancia e Izuku notò per la prima volta la scia salata lungo il lato destro del suo viso. Avrebbe potuto essercene un’altra identica sull’altro lato, se non fosse stato per le bende.

“È ok.” Sussurrò Izuku. “Sto bene. Sto solo piangendo di nuovo. Mi conosci. Succede sempre.”

Rei lo abbracciò forte in ogni caso.

 

Note autrice: Date un’occhiata a questa dolcissima fanart  fatta da the-creepy-unicorn su Tumblr!

Note traduttrice: Mi dispiace davvero di avervi fatto aspettare così tanto e di essere stata poco produttiva durante questa estate, ma per me è un momento veramente difficile. Spero di riuscire a intrattenervi almeno un pochino con questo capitolo. Buona estate a tutti 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Capitolo 17

 

 

Le lacrime stavano giusto smettendo di scendere quando la signora Shimura gli apparve davanti in mezzo alla folla, spaventando entrambi.

“Ehi, tappo.” Lo salutò. La sua voce era leggera, più gentile del solito una volta viste le sue lacrime. “Volevo solo darti un avvertimento in caso stessi facendo qualcosa di importante… Toshi sta arrivando.” Gli diede una manata sulla schiena. “Ehi, non so se mi hai sentito bene prima, ma sei andato alla grande lì fuori.”

“Grazie.” Disse, tirando su con il naso. “Pensa che sia riuscito ad attirare l’attenzione del suo amico? Gran Torino?”

“Se non l’ha fatto la tua piccola azzuffata sul ring, sicuramente l’avrà incuriosito il finale.” Rise la signora Shimura. “Non ti preoccupare del vecchio Gran. È un vecchio bastardo rachitico, ma sa quando deve muoversi. Si farà vivo.”

“Bene.” Mormorò Izuku, proprio mente sentiva il familiare suono dei passi del suo insegnante. Stava ancora piangendo quando All Might girò l’angolo e sentì il suo mentore sospirare mentre finiva di asciugarsi il viso con la manica.

“Piangi davvero troppo, ragazzo mio.” Disse All Might, confortandolo gentilmente. “Va tutto bene?”

“Sì, sto bene.” Disse Izuku. “Solo… tante emozioni.” Tirò su con il naso un’ultima volta e drizzò la schiena. Ora che ci pensava, aveva ancora un’ultima faccenda da sbrigare. “Stavo per andare a prendere la mia gatta e tornare a casa, ma volevo chiedere una cosa.”

Iniziarono a camminare insieme, Izuku diretto verso la stanza dove aveva lasciato Mika con Todoroki. All Might era al suo fianco, incurvato e leggermente instabile nella sua vera forma. “Cosa c’è, ragazzo mio?”

“Come pensi che sia andato?” Chiese Izuku. “Prima del pezzo in cui mi sono spezzato il braccio - so che tutto quello che è successo dopo è stato un casino.”

Un sorriso illuminò la faccia cinerea di All Might. “Non male.” Disse. “Per niente male. Sei veloce e hai una buona potenza anche senza il tuo quirk e hai un buon occhio per trovare i punti deboli. È una cosa buona.” Izuku annuì, attento. “D’altro canto, non sei abbastanza veloce da non comunicare i tuoi movimenti. Hai l’abitudine di fare movimenti troppo ampi – un combattente esperto potrebbe prevederli solo guardandoti il petto.”

“Il petto?” Izuku guardò verso il basso.

“Esattamente. Non è un problema così grande se avessi completo accesso a One For All – la tua velocità e potenza aumenterebbero ancora di più. Ma in questo mondo, quando potenza e velocità e preveggenza e cose simili sono sullo stesso piano, è meglio non fare affidamento solo sui quirk.” Scoprì i denti in un sorriso e gli fece un occhiolino. “Non sei d’accordo?”

Izuku si ritrovò a sorridere di rimando.

All Might rimase indietro quando Izuku sfrecciò dentro a riprendere Mika. Todoroki era silenzioso; lo guardava attraverso la frangia come se non fosse sicuro di come comportarsi, ma sembrava molto meno distrutto di poco prima. Le unghie di Mika si impigliarono nella sua maglia quando Izuku la prese in braccio e mormorò delle scuse, imbarazzato.

“Grazie,” Disse, nello stesso momento in cui Todoroki disse la stessa identica cosa. Izuku annuì, sistemò Mika sul braccio buono e se ne andò.

All Might passò il resto del loro tempo insieme a criticare con dovizia di particolari il suo stile di combattimento, mentre la signora Shimura si intrometteva – invisibile e non udita – ogni volta che faceva una pausa abbastanza lunga da permetterle di dire qualche parola. Izuku ascoltò, assorbendo con voracità i consigli. Non aveva niente per scrivere e la sua mano dominante era inutilizzabile in ogni caso; quindi prese il telefono e digitò degli appunti in una bozza e-mail, giusto per ricordarselo e poterlo mettere per iscritto più tardi. Il sole stava iniziando a calare quando finalmente decisero di separarsi. Izuku scambiò dei messaggi di saluto con Uraraka, Kirishima, Tsuyu e qualche altro compagno di classe.

Iida, stranamente, non rispose. Doveva essere impegnato.

Izuku stava finalmente rincasando, con un gatto sulla spalla e Rei che gli teneva la mano, quando un una ventata d’aria fredda lo fece girare.

“Non so cosa gli hai detto.” Bofonchiò Hino. “Ma sei riuscito a farlo stare zitto, quindi ottimo lavoro. Okumura, intendo. Quindi. Complimenti, direi.” Svolazzò in giro, poco distante da lui. “Oh, e hai preso per il culo Endeavor. Continui a guadagnare punti. La maggior parte delle persone, se vedono qualcosa, si fanno i cazzi loro. Ma tu? Hai una faccia come il culo.”

“Non tanto.” Disse Izuku. “È che non mi vergogno.”

Hino rise. “Ma guarda un po’, vuoi proprio farmi innamorare, eh? Non hai niente da dire su di me e i miei scherzetti innocenti, spero?”

Izuku si fermò e si girò a guardarlo. “Non direi.” Disse. “Finché non fai del male a nessuno.”

“Chi, io?” Chiese, facendo una faccia innocente. “Nemmeno una mosca. È solo che mi piace rendere la vita di quel bastardo un po’ più difficile, tutto qui.”

“Quello va bene.” Disse Izuku. “Posso capirlo.”

“Figo. Perché quella faccia seria, allora?”

“Non coinvolgere Todoroki.” Disse Izuku. “Se lo facessi arrabbiare e se la prendesse con lui, non ne sarò contento.”

Hino alzò gli occhi al cielo. “Non perderci il sonno, bimbo. Ho già Suzuki che mi rompe le palle riguardo a quello - e non posso sfuggirle, al contrario di te, e non ha nemmeno i polmoni, quindi non ha bisogno di riprendere fiato o fare pause quando mi parla.” Si incupì. “E poi, non sono come Okumura. Ho problemi con Endeavor, i suoi mocciosi non hanno nulla a che farci. E prima che tu me lo chieda, no, non sono cazzi tuoi, quindi non chiedere.”

“Okay.” Anche Izuku poteva alzare gli occhi al cielo. “Non lo avrei fatto. Non mi interessa particolarmente.” Non era del tutto vero, ma qualcosa di Hino gli faceva venire voglia di rispondere male. Funzionò, visto che riuscì ad avere l’ultima parola e Hino lo lasciò tornare a casa in pace.

Sua mamma gli saltò addosso non appena oltrepassò la soglia di casa. Si aspettava un accorato rimprovero; e lo ricevette. Non poté fare molto per impedirle di sclerare quando vide la benda sul suo occhio. I fantasmi furono più calmi riguardo la cosa: la signorina Morino e la signora Matsuda lo salutarono allegramente quando entrò, e persino Kurosawa fece sbucare la testa nel corridoio prima di svanire di nuovo chissà dove. Per molti fantasmi, se non eri morto, qualsiasi cosa poteva essere risolta e non meritava troppa preoccupazione.

“Il mio occhio è a posto.” Rassicurò sua madre per la quinta volta, aiutando come poteva ad apparecchiare la tavola. “Mi sono solo graffiato un po’ il viso, tutto qui.”

Lei sbuffò, non ancora convinta nemmeno quando la cena fu di fronte a loro. Gli riempì il piatto, ignorando le sue proteste – aveva ancora un braccio funzionante! “Ma perché hai continuato a lottare?” Chiese lei, la voce carica di disapprovazione. “Anche alla TV si vedeva che non potevi più usare il braccio! Non potevi fermarti? Arrenderti prima che potesse peggiorare?”

“No- beh.” Izuku esitò, fingendo che usare le bacchette con la mano sinistra fosse un problema più grande di quello che realmente era. “Voglio dire. Sì, ma…”

“Allora perché non l’hai fatto? Era solo una gara, non è così? Perché non ti sei fermato?”

Izuku punzecchiò il suo cibo, cercando di trovare un modo per spiegarsi senza vomitare la storia della vita di Todoroki. Qualcosa gli diceva che non avrebbe voluto che ne parlasse in giro. “Sai che, a volte, quando parlo coi fantasmi, ne incontro qualcuno di… problematico?”

Lei impallidì un poco. “S-sì?” Non aveva mai visto il peggio di quello che avevano da offrire, ma aveva visto quanto fosse intimorito quando i morti erano prepotenti o cattivi. E più di quello, c’erano alcune cose che non poteva e non avrebbe dimenticato.

“Ma qualche volta- beh, sempre- quando sono così, significa semplicemente che… hanno bisogno di aiuto?” Continuò Izuku. “Anche se fa paura aiutarli. È quello che faccio, ricordi? Come hai detto tu… Quando parlo con i fantasmi, posso aiutare persone che nessuno sa che hanno bisogno di aiuto.” Guardò il suo piatto di nuovo. “Era una questione del genere. Aveva bisogno di aiuto. E quando mi si è rotto il braccio, non potevo fermarmi perché non avevo finito.”

Lei sospirò pesantemente. “Izuku… so che ti piace aiutare le persone.”

“Piacere” forse era la parola sbagliata. Gli piaceva, la maggior parte delle volte, e non si era mai pentito di aver aiutato qualcuno prima, ma dire che gli piaceva lo faceva sembrare più un hobby, invece del bisogno quasi fisico che realmente era.

“E sono orgogliosa di te.” Continuò. “Non dimenticartelo mai. E so che essere un eroe è tutto ciò che hai sempre voluto. Ma… non puoi pensare sempre agli altri prima che a te stesso.”

“Gli eroi devono essere altruisti, non è così?” Chiese a bassa voce.

Lei sbatté il palmo sul tavolo. “Non c’entra l’essere egoisti.” Disse, la voce sorprendentemente affilata. “C’entra il rimanere in salute. C’entra il prendersi cura di sé stessi così che tu possa fare cose come- come saltare da posti alti e salvare persone e cose simili. Come puoi pretendere di fare tutte quelle cose se continui a ferirti subito?”

Izuku sbatté gli occhi e realizzò di non avere una risposta a quella domanda. Tutto quello che aveva era uno strano senso di deja-vu, prima di ricordarsi che Aizawa l’aveva rimproverato esattamente per la stessa cosa il primo giorno di scuola. E avevano ragione: non poteva salvare nessuno se i suoi metodi lo rendevano un’altra vittima.

“Starò più attento.” Disse a bassa voce. “Lo prometto, mamma” Sentì il viso andare a fuoco per l’imbarazzo. “Nemmeno All Might ne è stato contento.”

“E meno male.” Disse lei.

“Mi ha dato alcuni consigli.” Continuò Izuku. “Per combattere e cose simili.”

“Sì, ho notato- all’inizio, quando stavi lottando con quel ragazzo.” Disse. “Chi- ho sentito bene? Era il figlio di Endeavor?”

Rei ringhiò sommessamente e le luci sfarfallarono. Izuku cercò di non irrigidirsi. “Il suo nome è Todoroki.” Disse.

“Beh, devo dirlo,” Disse sua madre. “non ti ho mai visto combattere in quel modo.”

Izuku alzò gli occhi dal piatto. “In… in senso buono o cattivo?”

“In senso buono, credo.” Sorrise mestamente. “Ti sei davvero fatto valere lì fuori, per un po’. L’hai imparato a scuola?”

“Alcune cose.” Disse Izuku. “Mi ha aiutato moltissimo la signora Shimura.”

“Oh.” Mamma sembrava sorpresa. “È una dei tuoi insegnanti?”

Con un sussulto, si rese conto di non averle mai menzionato la signora Shimura. Non perché glielo voleva nascondere, ma semplicemente perché non gli era mai venuto in mente. “Non ufficialmente.” Disse. “In realtà, è uno dei miei fantasmi.” Fece una pausa. “Beh, non proprio mio?” Dopo un altro momento di esitazione, si chiese quanto avrebbe dovuto rivelare, e finì per fare spallucce mentalmente. Era principalmente il suo segreto, e sua mamma ne era a conoscenza già da anni. “In realtà, sarebbe il fantasma di All Might.”

Sua mamma sgranò gli occhi. “All Might ha un fantasma?”

“Anche io ne sono rimasto sorpreso.” Ammise. “Era lì quando l’ho incontrato per la prima volta e praticamente non l’ho mai visto senza di lei. Ancora non so chi fosse… Non me lo vuole dire ed All Might non l’ha mai menzionata. Ma penso che potrebbe essere stata una  sua amica.” La sua voce andò scemando. Era abbastanza sicuro che anche lei fosse stata un’eroina, se così fosse stato e fosse morta nell’adempiere il proprio dovere, beh… Erano ulteriori prove di quanto fosse pericolosa la vita da hero. “Comunque, è molto tosta e mi ha fatto vedere come si combatte.”

“Beh, sono contenta che sia così disponibile.” Disse Inko. “Sa nulla riguardo… riguardo il tuo quirk? Quello nuovo, intendo.”

“Penso di sì. Voglio dire, se ha seguito All Might per tutto questo tempo qualcosa deve sapere. Ma non so se può insegnarmi come usarlo.”

“Peccato.” Sospirò lei. “Dovrai analizzare il la testa di All Might un altro po’.”

“Oh, ci conto. Cercherò di analizzare anche quella della signora Shimura. Scommetto quello che vuoi che sappia qualcosa.

“Beh, sembra affabile.”

Izuku fece una risata nasale intorno al suo boccone. “Continua a prendermi in giro perché sono basso.”

Sua mamma sghignazzò e la risata le fece sparire le rughe di preoccupazione.

 

-

 

Da qualche altra parte, un altro giovane studente stava trascorrendo una serata decisamente meno piacevole.

Era tardi quando Shouto riuscì finalmente a crollare a letto. Sfortunatamente, era talmente esausto da cadere a faccia in giù, solo per girarsi con un verso di dolore, portandosi cautamente le mani al viso. La steccatura era ancora al suo posto. Recovery Girl gli aveva ordinato di lasciar stare il proprio naso e, nel caso avesse iniziato a gonfiarsi di nuovo, metterci del giaccio.

Gli aveva anche ordinato di riposarsi e, onestamente, avrebbe voluto farlo; ma dopo la sconfitta di quel giorno, suo padre aveva deciso di impartirgli un altro allenamento non appena era arrivato a casa.

Era semplicemente esausto, anche se, almeno, il dolore nel suo corpo era finalmente bilanciato – gli facevano male entrambe le metà, ora. Gli faceva male tutto; ed era una buona cosa che ci fosse un altro giorno di fine settimana, perché l’indomani sarebbe stato solo peggio.

Non era sicuro di dove fosse la sua medaglia d’argento. Probabilmente da qualche parte nella spazzatura; il suo vecchio aveva preso sul personale il suo secondo posto. Ma era ok. Non gli importava molto. Non la voleva.

C’erano cose che gli erano più care. Come farsi una bella notte di sonno e cercare di rimettersi in sesto da capo, dopo quella giornata.

Come, magari, fare visita a sua madre il giorno dopo.

Per prima cosa dormire, se ci riusciva. Era esausto, ma i suoi pensieri erano aggrovigliati nella sua testa in un nodo gordiano che avrebbe potuto benissimo tenerlo sveglio, ignorando quanto fosse pesante il suo corpo o le sue palpebre.

Tap tap.

Shouto si mise a sedere di scatto sul suo futon. Fu in piedi in un secondo, aria fredda che si concentrava nella sua mano destra mentre scansionava la stanza per cercare il possibile intruso.

Vide la faccia che lo guardava, fuori dalla finestra della sua stanza, e rimase a bocca aperta. La mano gli cadde inerte al fianco.

Gli ci volle un momento per riprendere controllo della propria bocca.

“Cosa.”

Tap tap tap. Era il suono di una zampina morbida che toccava il vetro mentre la sua padrona lo fissava con aspettativa attraverso un singolo occhio blu.

Non poteva essere.

Shouto attraversò la stanza. Esitò, ascoltando se c’erano suoni che indicavano che suo padre si stesse avvicinando per controllarlo, e infine aprì la finestra.

Non poteva essere nessun’altro. Shouto dubitava che in città ci fossero molti gatti con un occhio blu, manto calico e un collare viola brillante con una familiare medaglietta d’argento. La micia zampettò con grazia attraverso la finestra aperta e saltò giù sul pavimento della sua stanza, prima di girarsi e strusciarsi immediatamente sulle sue caviglie.

“Che ci fai qui?” Sibilò più piano che poté, il che era inutile e stupido perché stava rischiando di attirare l’attenzione di suo padre per parlare con un animale che sicuramente non gli avrebbe risposto. “Ti scuoierà viva se ti trova qui!”

Mika si sedette ai suoi piedi e alzò la testa per fissarlo e- non era giusto. Un gatto con un occhio solo non avrebbe dovuto essere così carino. Doveva esserci una qualche regola che stava infrangendo.

Shouto la fissò di rimando, completamente spiazzato sul da farsi. Quando Mika comprese che non c’erano coccole in arrivo, si girò e zampettò via, accomodandosi sul suo cuscino.

Si coprì il viso – cautamente, senza toccarsi il naso ferito – e soppesò la sua vita e le scelte che l’avevano portato a quel momento. Era ufficiale. Aveva perso il controllo della sua vita.

La sua dormita fu, purtroppo, ritardata. Shouto si arrabattò con il telefono, realizzando in ritardo che non aveva idea su come contattare Midoriya.

Fortunatamente, entrambi i rappresentanti di classe avevano scambiato i numeri di telefono con tutti dopo l’elezione. I messaggi a Iida non diedero frutti, ma fu fortunato quando Yaoyorozu gli rispose, offrendogli il numero di telefono senza chiedere troppi dettagli.

 

 

[11:28] Shouto:

Dov’è il tuo gatto adesso

[11:29] Midoriya:

???

[11:29] Shouto

Sono Todoroki. Sai dov’è il tuo gatto in questo momento

[11:31] Midoriya:

no??? La sto cercando da circa un’ora, ogni tanto esce da sola

aspetta perché

[11:32] Shouto:

Foto inviata.

[11:32] Midoriya:

????????!!!???

[11:32] Shouto:

Midoriya, perché il tuo gatto sta spadroneggiando sul mio futon

Come ha fatto il tuo gatto a scoprire dove vivo

[11:33] Midoriya:

questa

è una domanda eccellente a cui non conosco la risposta

mi dispiace tantissimo aspetta non ti metterà nei guai vero???

[11:34] Shouto:

Non penso. Sono abbastanza sicuro che abbia finito con me per oggi

La mia porta ha una chiave quindi se proverà a infastidirmi domattina avrò almeno il tempo per nasconderla

O rimetterla fuori dalla finestra

[11:35] Midoriya:

mi dispiace tanto, davvero

[11:36] Shouto:

basta che mi scrivi il tuo indirizzo così te la porto domattina. Sarò lì per le 8

 

Midoriya fece quanto detto e Shouto si girò verso l’intrusa spaparanzata comodamente sul suo cuscino. Grazie al cielo non stava facendo troppo rumore. Chiuse cautamente la porta a chiave. Suo padre non sarebbe stato troppo contento se avesse cercato di aprirla, ma lo sarebbe stato ancora meno se avesse fatto irruzione e avesse beccato Shouto a nascondere un gatto nella sua camera.

“Mi stai creando un sacco di problemi.” Mormorò mentre si sedeva di nuovo sul suo futon, le gambe incrociate. Mika rispose arrampicandosi sulle sue gambe e acciambellandosi nella piega a V della sua gamba sinistra. Rassegnato, la accarezzò. “Che gatta strana. Immagino che abbia senso, visto che sei di Midoriya.” Lei fece le fusa. Shouto si chiese se avesse riconosciuto il nome del suo padrone.

Alla fine, fu obbligato a condividere il suo futon. Non si poteva discutere con un gatto, specialmente con uno piccolo, molto morbido e steso lungo la parte sinistra del suo petto, ovattando il dolore nelle sue ossa con delle fusa ininterrotte. Era nascosta dal piumone per la maggiore e la sua porta era chiusa a chiave, quindi aveva esaurito le precauzioni. A quel punto, era troppo stanco perché gliene importasse.

C’era un lato positivo, però. A quanto sembrava, era impossibile rimanere svegli con un gatto che vibrava morbidamente sul petto.

 

-

 

Shouto quasi si svegliò per una pressione morbida e ritmica sul suo petto. Non fu abbastanza per svegliarlo; la sensazione era ovattata attraverso il piumone. Si mosse, ancora mezzo addormentato, finché la pressione si interruppe e una leggera testata sul mento lo destò del tutto. I suoi occhi si aprirono per un momento, solo per chiudersi immediatamente di nuovo.

La zampa sulla sua guancia fu molto più insistente. Aprì gli occhi, trovando il gatto con un occhio solo di Midoriya che lo fissava a pochi centimetri di distanza.

Non appena vide che era sveglio, iniziò subito a strofinare il muso sulla sua faccia, facendo le fusa nel mentre. Shouto sapeva che il suo compagno di classe Kouda poteva parlare con gli animali, ma non gli serviva un quirk come il suo per sentire Alzati, alzati, nelle sue insistenti fusa.

Comunque, venire svegliato da un gatto era una nuova esperienza, di certo migliore di venire svegliato da Endeavor che spalancava di scatto la porta o bussava imperiosamente.

Si mise a sedere, facendo capitombolare la gatta sulle sue gambe nel movimento. Lei non sembrò infastidita e continuò a finirgli sotto i piedi mentre si alzava per vestirsi. Controllò il suo telefono. La sua sveglia avrebbe dovuto suonare tra sette minuti. A quanto sembrava, Mika aveva altri piani per lui.

Gli faceva ancora male il corpo dal giorno precedente, anche se non tanto quanto aveva temuto. Il peggio erano le costole e il suo naso ancora in via di guarigione, ma almeno non stava lacrimando ad ogni passo – nelle prime fasi del suo addestramento, lo faceva spesso.

Una volta vestito, raccolse il – grazie al cielo – silenzioso gatto e la depositò dall’altro lato della sua cassettiera. Poi, ascoltando attentamente, sbloccò la porta e la aprì quanto bastava per infilarci la testa, controllando il corridoio.

Dei passi ovattati raggiunsero le sue orecchie, ma non lo misero in allarme: il suono di sua sorella era estremamente diverso da quello di suo padre. Preferiva di gran lunga farsi beccare da Fuyumi piuttosto che da Endeavor: lei teneva la bocca chiusa.

“’Giorno, Shouto.” Sbadigliò Fuyumi mentre si trascinava per il corridoio. “Via libero – papà è uscito prima oggi, quindi sei a posto.”

Shouto quasi crollò. “Oh, grazie al cielo.”

Sua sorella si bloccò, guardandolo. Lo fissò per un momento. “Okay, cos’hai fatto?”

“Nee-san-“

“Senti, dimmi cos’hai fatto e basta così possiamo inventarci un buon alibi prima che torni a casa.”

Io non ho fatto niente.” Disse acidamente Shouto; e in quel preciso momento sentì degli artigli afferrargli il lembo dei pantaloni vicino alla caviglia. Prima che potesse proferire parola, Mika lo scalò come un albero e si appollaiò sulla sua spalla sinistra.

Fuyumi sbatté le palpebre; poi scoppiò a ridere.

Con un sospiro, Shouto si raddrizzò e aprì del tutto la porta. Poteva sentire Mika vibrare sulla sua spalla, la coda che si arricciava sul retro del suo collo. “Posso spiegare.” Disse, quando Fuyumi smise di ridere così forte da non riuscire a sentirlo.

“Oh, ti prego, dimmi pure.” Ridacchiò Fuyumi, la mano premuta sulla bocca. “Questa la voglio sentire.”

“Per qualche motivo, uno dei miei compagni di classe ha portato il suo gatto al Festival dello Sport.” Disse. “Anche se- viste le circostanze, immagino che lo abbia seguito. Non lo so. Non ero attento.”

“Naturalmente.” La voce di Fuyumi tremò con ilarità malcelata.

Non si disturbò a guardarla male. “Quando sono terminati gli incontri, mi ha scaricato il suo gatto prima di sparire per circa un quarto d’ora e poi e venuto a prenderla. E poi, la scorsa notte, si è presentata alla mia finestra.”

“Aww, sei stato adottato.” Fuyumi si avvicinò. “È buona?”

“Penso di sì.” Disse, ricordandosi di come avesse cercato di strappare un dito a Endeavor quando si era avvicinato troppo.

Ma Mika si lasciò accarezzare da Fuyumi, conquistandola all’istante. “Oh, ma quanto sei bella!” Disse a bassa voce. “Poverina, che ti è successo all’occhio?”

“E comunque, devo riportarla a casa.” Concluse Shouto. “Se quell’altro chiama o torna a casa, non dirgli dove sono.”

“Ovvio.” Fuyumi sorrise e si fece da parte quando la superò per prendere le scarpe. “Ehi, Shouto?”

Si girò. “Sì?”

“Sono contenta che ti stai facendo degli amici.”

“… Non mi spingerei a tanto.” Disse. Era difficile considerare qualcuno un amico senza sentirsi presuntuoso quando vi eravate quasi pestati fino a perdere i sensi.

Grazie al cielo, il viaggio non fu troppo lungo e Mika si comportò bene durante il tragitto. Fu contenta di incollarsi al suo lato sinistro e fare le fusa. Sul treno, qualcuno gli fece i complimenti per il “suo” gatto, ma era troppo emotivamente stanco per correggerli.

Quando fu nelle vicinanze, mandò un messaggio a Midoriya.

 

[7:25] Shouto:

Sei sveglio? Ho il tuo gatto.

 

Quasi si aspettava che fosse ancora a letto: erano quasi le sette e mezza ed era cosciente del fatto che non tutti fossero disposti ad alzarsi presto di domenica. Ma no, Midoriya rispose subito.

 

[7:25] Midoriya:

sì! Grazie mille! Ancora, mi dispiace davvero tantissimo non ho idea di come ti abbia trovato

 

Shouto ricontrollò l’indirizzo per assicurarsi di essere nel posto giusto. Era… normale. Non sapeva cosa si fosse aspettato. Anche Midoriya sembrava normale, ma questo non gli aveva impedito di essere… beh Midoriya. Non era mai stato a casa di un suo compagno di classe prima e il fatto che la sua prima volta fosse con quel particolare compagno di classe sotto quelle particolari circostanze era… Beh, non sapeva come descriverlo. O come sentirsi a riguardo, tranne che incredibilmente nervoso. Comunque, salì i gradini verso la porta e alzò la mano per bussare.

Una sensazione lo colse, come uno spiffero freddo sul collo. Dietro di lui, i gradini scricchiolarono e una voce morbida e bisbigliante raggiunse le sue orecchie. Era una sensazione provava quando non era l’unica persona in una stanza e la stava provando in quel momento. Si irrigidì d’istinto e si guardò dietro la spalla per vedere chi lo stava prendendo di spalle.

Non c’era nessuno.

Scosse la testa, scocciato con sé stesso. Perché si stava innervosendo in pieno giorno in un quartiere perfettamente ordinario come quello? Solo perché Midoriya era un po’ strano non significava che vivesse in una casa infestata o roba simile. Scuotendosi mentalmente, bussò.

La porta si aprì e Midoriya apparve con un braccio ancora bendato e quella che sembrava una nuova garza sulla faccia. Le ombre sotto i suoi occhi erano profonde e scure, anche se Shouto era abbastanza sicuro che fossero così normalmente.

“Ciao.” Disse Shouto. Mika si divincolò tra le sue braccia finché non la porse cautamente.

“Ehi. Uh, grazie.” Midoriya prese il gatto con il braccio buono. “E, di nuovo, scusa.”

“Non ti preoccupare.” Disse Shouto. Aveva perso il conto di quante volte Midoriya gli avesse chiesto scusa. “Mio padre se n’è andato presto senza notarla stamattina, quindi… nessun danno.”

“Bene.” Da qualche parte nell’appartamento dietro Midoriya, una porta sbatté. Il suo compagno di classe non si scompose nemmeno, lanciò una rapida occhiata dietro sé e fece spallucce.

“Sono venuto in un brutto momento, o…?” La voce di Shouto si affievolì.

“Nah, solo una corrente d’aria.”

“Oh.”

Rimasero lì, a disagio, per un po’. Shouto non riuscì a fare a meno di guardare l’occhio bendato di Midoriya, e anche lui continuava a guardargli il viso. Il suo naso era ancora steccato. Si sentiva incredibilmente nervoso, in quel luogo. L’atmosfera era tesa e pesante e Shouto si scervellò per trovare una scusa e andarsene. Forse, se ci avesse pensato durante il tragitto e avesse creato un copione decente nella sua testa, non sarebbe stato così imbarazzante-

Midoriya fece una risata nasale.

Colse Shouto di sorpresa e riuscì solo a fissarlo mentre Midoriya cercò di trattenerla, fallendo e risolvendo di ridacchiare nel pelo del suo gatto.

Ci volle un po’ prima che si calmasse. “Scusa.” Si schiarì la gola e tossì, ma gli angoli della sua bocca stavano ancora tremando. “Solo- ci siamo davvero riempiti di mazzate, non è vero?”

Shouto sbatté le palpebre. “Ed è… divertente?”

Midoriya rinsavì. “Beh… forse no. Un po’ lo è… se ci pensi.”

“Oh.” Shouto lo fissò. Era un buon momento per andarsene?

“Voglio dire-“ Midoriya chiuse gli occhi. “Okay, senti. Volevo solo dire che, uhm, le cose sono diventate un po’… personali. Durante il match. E, uhm.” Fece una smorfia. “Ho detto delle cose che erano probabilmente, uhm, pesanti? Tipo quella cosa che sei e-entrato perché r-raccomandato, e-e quella era davvero… non una cosa bella da dire? Quindi non ti biasimo per aver perso la pazienza, è stato completamente-“

“Non è comunque giusto perdere la pazienza durante una lotta.” Lo interruppe Shouto. “E poi, non hai detto nulla che non fosse vero.”

“I-immagino di sì.” Midoriya grattò l’orecchio di Mika. “Mi è sembrato comunque sbagliato da dire, quindi… già.” I suoi occhi trovarono il viso di Shouto per un momento. “Uhm, siamo a posto… noi due?”

“Cosa?”

“S-sto solo chiedendo, perché, sai, come ho detto ci siamo davvero pestati a vicenda e preferirei che non ci rendesse, uhm… rendesse… nemici o simili.” Midoriya spostò il peso da un piede all’altro.

“Non ti considero un nemico.” Gli disse Shouto. Forse un rivale ad un certo punto, ma… ora non ne era così sicuro. Gli faceva girare la testa, cercare di tenersi in equilibrio tra non essere la persona che era suo padre e fare le sue scelte senza pensare a quel vecchio bastardo ad ogni bivio che si parava sulla sua strada.

“Oh. Uh, bene.” Midoriya lasciò che Mika gli si arrampicasse sulle spalle. “… Hai del tempo libero dopo la scuola?”

La domanda lo prese alla sprovvista. “Cosa?” Shouto sbatté gli occhi. “Beh… qualche volta, sì. I lunedì e mercoledì di solito sono giorni impegnativi per i pro hero, quindi mio padre sarà troppo impegnato per trascinarmi in un altro allenamento. Perché?”

“Vuoi scontrarti con me?”

Shouto sgranò gli occhi.

“N-non ti preoccupare se non vuoi!” Disse velocemente Midoriya. “Stavo solo pensando… Beh, sono abbastanza nuovo al, uhm. Combattere. E sto imparando, ma, sai, l’allenamento rende perfetti e tutto, e tu sei molto bravo, quindi forse… potresti… aiutarmi?” In quel momento sembrava meno cadaverico del solito, ma solo perché era rosso dall’imbarazzo.

Shouto alzò un sopracciglio. “Sei sicuro?”

Il suo compagno di classe alzò le spalle. “Non dovrei?”

“Potremmo finire nei guai se ci alleniamo senza supervisione.”

Midoriya lo guardò come se fosse la cosa più stupida che potesse dire. “Non se non usiamo i nostri quirk.”

“Vero.” Lo colse un po’ di sorpresa, sentirlo. Suo padre aveva passato così tanto tempo a spingerlo a rafforzare il suo quirk che allenarsi a combattere senza di esso era un pensiero estraniante.

Poteva essere utile, però. Aizawa-sensei non poteva essere l’unico lì fuori con dei poteri annulla-quirk.

“Il mio braccio dovrebbe finire di guarire abbastanza presto.” Disse Midoriya. “Quindi, magari, se ti interessa?”

“Va bene.” Disse Shouto.

Gli occhi di Midoriya si illuminarono. “Davvero?”

“Certo.” Shouto alzò le spalle. “Mi può sempre tornare utile un po’ di esercizio.” Esercizio tranquillo, pensò. Senza la costante pressione di dover rispondere agli standard del vecchio bastardo.

Sarebbe stato un sollievo.

“Oh, figo!” Midoriya gli sorrise. Per la prima volta sembrava un vero sorriso, invece che una sottile maschera che nascondeva qualcosa di profondamente inquietante. “Io- uhm, immagino che dovremmo parlarne meglio più tardi, ma grazie. E grazie per avermi riportato il gatto.”

“Nessun problema.” Shouto indietreggiò, intravedendo per concludere con classe la conversazione. “Ci vediamo in classe.”

“Già. Ci vediamo, Todoroki.”

La porta si chiuse gentilmente dietro di lui mentre se ne andava. Qualcosa di freddo lo sfiorò, come una corrente d’aria. Quasi suonò come un sussurro vicino al suo orecchio, o anche più di uno; ma quando si guardò intorno non vide nessuno.

 

-

 

“Ehi, dai.” Izuku rimproverò gentilmente Rei quando tornò dentro casa, l’aria che vibrava con la sua risata sussurrata. “Lascialo stare, non è carino stuzzicare qualcuno che non può vederti.”

 

 

Note autrice: ALTRE FANART!

The-creepy-unicorn su Tumblr è tornata con altri bellissimi disegni di Shouto e Mika

E Franqiworld ha disegnato un bellissimo Izuku circondato dai suoi fantasmi

Grazie, ad entrambe! Se qualcun altro ha fanart, post o qualsiasi altra cosa, la tag che uso su tumblr per questa fic è “deku sees dead people”. Non siate timidi, mostratemi qualsiasi cosa! Fidatevi. Anche se sono figurine disegnate su MS Paint, le amerò, rebloggherò e condividerò con chiunque si siederà abbastanza a lungo da ascoltare.

 

Note traduttrice: Ciao a tutti. So che è passato tanto tempo, ma noi siamo ancora qui! Cercherò di essere coincisa: non abbiamo abbandonato nessuno dei nostri lavori o traduzioni, ma è un periodo estremamente complicato sia per me che per dancelikeanhyppogriff. Per ringraziarvi della pazienza, ho deciso di postare questo capitolo anche senza beta - ho pensato che lo avreste apprezzato comunque. Invito caldamente chi è interessato ai nostri sforzi di seguirci su tumblr, dove posto i nostri progressi di tutti i profili, personali e di traduzione. Basta cliccare su questo link -> TUMBLR 

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