Il Diario di Sofia 2

di Federica20000824
(/viewuser.php?uid=613992)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


"Me lo concedi un ballo, Sofi?" Tommi le porge la mano, e le fa il suo sorriso dolce, di incoraggiamento.

E se sbaglio?

"Sì, certo..." Si fa portare in mezzo alla sala da ballo, le scarpe sono silenziose a contatto col parquet.

"Bachata?" Lei sorride e annuisce, abbassa lo sguardo, poi sente la mano di Tommi "esattamente in mezzo alle scapole" come dicono a lezione. Le dita di Sofia si appoggiano alla spalla del ragazzo, e i loro sguardi si incontrano, seri, mentre la musica inizia, e con lei i loro passi. 

Al primo giro, Sofia si appoggia finalmente a quella mano che la sostiene e la avvicina al corpo del suo proprietario.

Il vestito a fiori si apre in una ruota. Lei è inghiottita da esso, dalla canzone, e si lascia andare completamente alla guida sicura e precisa di Tommi.

"Guardami." Il rossetto rosso che disegna le labbra che fingono così tanto e spesso, sembra distendersi, quando esse si schiudono, all'ordine ricevuto da un sorriso.

"Tieni il tempo benissimo Sofi." Non lo tiene affatto, non sta pensando a niente che non sia la sensazione di leggerezza e felicità. E poi non ci sta neanche proprio pensando, più che altro la prova.

"Grazie..." con tre passi si trovano agganciati, Sofia di spalle a Tommaso.

"Adesso ti accarezzo..." Sembra avvisarla, vuole avvisarla, deve avvisarla.

Ma alle dita leggere del ragazzo sulle sue braccia coperte, Sofia rabbrividisce, impedendosi di scattare, controllandosi e respirando.

Ce la posso fare.

Non ce la fai.

Via, via, scappa Sofi.

Magari anche a lui interessa solo farsela.

Non toccarmi Tommi, no.

Non è vero, lui è il suo migliore amico.

L'ha già fatta soffrire una volta.

Per favore, non farmi male.

É colpa tua, brutta stupida, se non ti fossi fidata non l'avrebbe fatto.

Oh, ma lui è strano.

"Ti voglio bene, Sofi, lo sai vero?" Lo sa? Se ne rende conto?

"Io ti voglio bene." 

"Suona come la negazione del mio bene nei tuoi confronti." Lei lo fissa un attimo col suo sguardo che gli fa dimenticare il resto.

"Lo è."

"Pensi che non ti voglia bene?"

"Ne sono certa." 

"Perché sarei qui allora, a ballare con te?" Lui le stringe la mano, e gioca con l'anello.

"Per pena." Risponde Sofia senza esitazioni.

"Perché ti sarei stato vicino, in tutti questi mesi?"

Dov'eri quando piangevo perché non mi chiamavi?

Quando mi tagliavo perché non mi rispondevi?

Quando vomitavo dal dolore che provavo pensando di aver perso anche te?

Dov'eri finito?

Con chi parlavi?

Perché avevi smesso di parlarmi?

Perché Tommi?

Perché? 

Perché mi avevi lasciata, se prima avevi detto che non l'avresti mai fatto?

Perché?

Come avrebbe dovuto farmi sentire?

"Per pena."

"Io ti voglio bene Sofi, davvero. Non so come o cosa fare per fartelo capire."

"Guardami Tommi." Ora i suoi occhi sono un mare di disperazione.

"Lo sto facendo dall'inizio della serata." Sta affogando.

"Chi potrebbe mai innamorarsi di me? A chi potrei mai piacere? Chi potrebbe mai sopportarmi?"

"Troverai qualcuno che ti amerà più della sua stessa vita.

Sofi, sei una cosa bella, okay? Bella. Bellissima. Perché ti butti così giù?" Chiede stanco.

"Non fare finta di non saperlo. Soffro di depressione, ecco perché mi butto giù. Nessuno riesce fottutamente a capirlo. Bene, allora lasciatemi da sola tutti quanti." Detto questo, si divincola dalla stretta di Tommaso, prende la borsa ed esce.

 

-Perchè te ne sei andata così?

-Mi irrita il tuo atteggiamento.

-Che atteggiamento?

-Non fare finta di niente. Lo sai benissimo.

-Se te lo chiedo...

-Pensaci.

Sofi

Ultimo accesso alle 02:08

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Il telefono vibra vicino al cuscino dove Sofia è seduta, con la testa appoggiata alle ginocchia. 

La stanza le si sta chiudendo addosso. La vibrazione sembra un martello pneumatico, nel silenzio schiacciante e assordante.

"Tommi?" La voce rotta e rauca di Sofia raggiunge il respiro spezzato di Tommaso.

"Buonasera." Lui sorride mentre parla, così lei lo percepirà, forse.

"Che ore sono?" Chiede lei sfregandosi la mano nei capelli. Vuole dormire così tanto e non riuscirà. Sa che la depressione non la lascerà riposare.

"Mancano sette minuti alle due." Il sorriso si spegne sul viso del ragazzo. Era troppo artificioso.

"È successo qualcosa?" Le unghie graffiano il labbro rosato di Sofia, tirandolo leggermente, e scoprendo alla lingua il sapore del sangue. Passa ogni sabato notte sola, da qualche tempo. Qualche settimana, qualche mese. Forse più di sei. 

"Mi mancavi." Di sottofondo la mente pesante di Sofia percepisce delle voci.

Le voci delle serpi.

"L'hai lasciata, non è vero?"

"È vero." Tommi sa di poter essere completamente onesto e sincero

"Io..." Con lei, ovviamente, perché lei è lei.

"Ti ho disturbata, scusa, torna a dormire."

"Non stavo dormendo."

"E cosa stavi facendo nel cuore della notte?"

"Hai interrotto un attacco di panico, grazie."

"Come stai?"

"Come una che ha appena avuto un attacco di panico. E tu?"

"Come uno che ha appena lasciato la ragazza che gli piace, senza un motivo valido."

"Cosa senti?"

"Il senso di colpa da una parte, e un sollievo ingiustificato dall'altra."

"È ingiustificato?"

"Avrei dovuto provare sollievo nel lasciarla? Non ho sentito niente, se non la paura che non voglia più essere mia amica. Io ci tengo a lei."

"Avete passato insieme quasi sette mesi, è comprensibile."

"Le ho sempre detto che le voglio bene, lei mi ha sempre detto Ti amo. Io non gliel'ho mai detto."

"Se non era quello che sentivi non vedo perché avresti dovuto."

"Mi dispiace così tanto. Lei ora è arrabbiatissima, non mi vuole vedere."

"Lasciale del tempo. Le passerà. Ha 14 anni e tu non saresti stato ad ogni modo l'uomo della sua vita, se ne farà una ragione."

"Ti sei mai innamorata?"

"Di una persona profondamente sbagliata. Mi ha fatto del male. Mi ha presa in giro per mesi, dopo che io mi ero fidata di lui completamente. È stato due anni fa credo, più o meno. Sembrano passate ere geologiche."

"Sofi, io non ti farei mai del male intenzionalmente, lo sai vero?"

Me ne hai già fatto abbastanza.

"Lo so. Penso di essere in grado di fare del male alle persone, mi sono quasi scordata, sono così abituata ad essere la vittima che ho dimenticato che posso ferire anche io, e tanto." Il respiro della ragazza si fa lentamente più regolare.

"Lo credo anche io." Tommaso si siede sul letto.

"Tommi?"

"Dimmi."

"Il fatto che non fosse intenzionale non toglie quello che tu mi abbia fatto moltissimo male. È stata anche colpa mia, certo, in gran parte se vuoi, ma dopo tutto il dolore attraverso cui mi hai fatta passare, dovrei odiarti..."

"Sofi io..." A volte le parole non servono a nulla.

"Abbastanza stranamente, non potrei odiarti nemmeno se ci provassi."

"Scusa."

"Scusami anche tu. So cos'hai passato per colpa mia, non avresti dovuto."

"Io ti straamo, no?"

"Anche io, tantissimo." E nessuno dei due sorride.

"Sei tranquilla?"

"Affermativo, tu?"

"Affermativo."

"Proviamo a dormire?"

"Buonanotte." Il vuoto nella mente di Tommaso.

"Buonanotte, ti voglio bene." Il vuoto. Nella stanza di Sofia.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Sofia corre in bagno, si chiude dentro. La sua testa sta scoppiando, non capisce cosa stia davvero succedendo, le fa malissimo, il suo cuore è a pezzi e sta cadendo, e nessuno prova a prenderla. Nessuno o quasi.

"Dove sei?" 

Una voce anche troppo conosciuta risuona nella sua mente, tanto da farle credere di averla immaginata.

"Non ne ho idea."

Si mette la testa fra le mani, e desidera così tanto piangere.

"Okay, ti ho trovata." Dall'altra parte della barriera di legno, Tommaso è appena entrato, e gli è bastato seguire quella voce confusa, per capire in quale bagno fosse lei.

"Sei lì fuori dalla porta?" 

Gli chiede, appoggiando la testa all'angolo tra il muro e la tavola di legno che li separa, oltre a centinaia e migliaia di parole non dette ma solo accennate, guardate, capite a occhiate, ma soprattutto scritte.

"Aspetta che mi siedo per terra, la gamba mi sta mandando a cagare." Piano, il ragazzo si fa scivolare contro la porta, e si siede sulle mattonelle fredde del pavimento del bagno delle ragazze.

"Se ti trovano?" Le viene quasi da sorridere, al pensiero del rischio che sta correndo, non sa bene perché, ma per lei.

"Credo mi sospenderanno. Wow, ci si può mangiare su questo pavimento. Com'è che voi ragazze avete i bagni così puliti?" La sta buttando sul ridere, e lei ne approfitta per concentrare la testa da un'altra parte.

"Credo perché non siamo delle bestie come alcuni di voi." Sorridono, amaramente, nello stesso momento.

"Hai ragione." Si stringe i ricci biondi in una mano, e nel frattempo massaggia la gamba che gli dà fastidio con l'altra.

"Perché sei qui?" La ragazza inizia a grattarsi il polso. 

"Perché sei qui." È rosso adesso, e cominciano ad uscire piccole gocce di sangue, insieme al sospiro di Tommi, e al dolore nello stomaco di Sofia. 

"E allora?" Il male aumenta, la sua testa ricomincia a tormentarla, più decisa e ingiusta che mai.

"Se ti parlo magari non fai cose di cui puoi pentirti." O almeno così spera, con tutto il cuore.

"Voglio farmi male. Mi sta uccidendo lentamente e non voglio sentire il dolore." Non sa con che forza sia riuscita a dirlo. Non voleva, a dire la verità, ma le parole sono uscite dal suo cuore, senza controllo, senza inibizioni. E non ha nessun oggetto affilato intorno, se non la sua lametta fredda in mano.

"Vuoi farti male per non stare male?" In realtà Tommi sa cosa intende, ma non capisce, semplicemente perché non l'ha mai provato.

"Mi merito il dolore, ma questo non riesco a sopportarlo." Quando la confusione è totale e lei sul punto di urlare, una sola frase fa chiarezza.

"Non ti meriti di stare così." Tommi si alza in piedi, e stringe in pugno la moneta da un pound che ha trovato a Londra per terra il giorno del compleanno di Sofia.

"Voglio morire."

Sofia sente la porta aprirsi, anche se la serratura è girata. Evidentemente Tommi ha una moneta per girare il chiavistello.

Quando lei alza lo sguardo nel suo, entrambi sono appannati, e alcune lacrime stanno lasciando gli occhi verdi del ragazzo, che si ferma, e la stringe forte a lui.

"Non dirlo mai più, va bene? Io muoio se tu lo fai."

La lametta cade a terra tintinnando, e il suono leggero rimbomba nella stanza vuota. 

Sofia inizia a piangere a singhiozzi, e nasconde la testa vicino alla spalla del suo migliore amico.

"Sono così incasinata." Tommi la tiene lì, al sicuro, mentre le due parole peggiori che le sue orecchie potessero percepire, aleggiano nella sua mente. Nella sua bellissima, complicata e altrettanto incasinata mente.

"Sofi, chi non lo è?" Tirano su col naso, e lei toglie col pollice una lacrima dalla guancia di Tommaso.

"Ti ho fatto piangere, Tommi." Gli stampa un bacio sulla guancia, le labbra gonfie e rosse di pianto.

"Anche io, siamo pari." Si cullano a vicenda, spaventati ed estremamente protetti.

"Sofi, promettimi che non lo penserai neanche più, cavolo, promettimi che non lo vorrai, che non lo farai. Prometti. Come faccio a dormire di notte, se so che ci sei tu, da sola nella tua camera, che vuoi morire? Che ti fai del male? Come posso anche solo sperare di addormentarmi?" Non sa se avrà una risposta, di sicuro non ora, ma noi sappiamo che è negativa, e Tommi non dovrà neanche aspettare la prossima alba per venire a sapere del crollo di Sofia.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


"Sei una delusione." Un pugno al muro.

"Quanto sei patetica." Un altro colpo.

"Mi fai schifo." La fronte contro all'intonaco freddo.

Una lacrima, due, dieci, chi lo sa?

Si raggomitola nel letto, in un angolo. Non ce la fa più. Non può.

"Io non ce la faccio più." Adesso è da sola, completamente da sola e davanti a qualcosa di molto più grande di lei. Il suo lato oscuro, il buio. Prova a sfuggire al mostro.

Deve pensare ad un bel momento... No, non appare niente. 

Le braccia dalle quali sta andando via la stringono ed è al sicuro. 

La voce che cerca le dice "Devi essere forte okay? Combatti Sofi." 

Ma non ce la fa.

Non ci riesce. Il buio la vuole. La cerca, la trova, la inghiotte. E lei è altrove, in un posto in cui nessuno è mai stato. È da sola nel suo dolore più profondo.

La consapevolezza di essere una delusione. Solo tutta una completa delusione.

Vorrebbe urlare, ma chi la sentirebbe? Pensa di chiamare qualcuno, ma di sabato sera chi le risponderebbe?

Nessuno.

Nessuno.

Nessuno.

Sei sola, Sofia.

Sei sola e sei il più grande sbaglio vivente al mondo. A chi importerebbe?

Sale sul davanzale. E ha freddo. La camicia da notte, seppur pesante, non copre le gambe, e il gelo di gennaio le penetra nelle ossa. Sospira. Fra poco sarà tutto finito.

Un passo e sarà libera.

E lei lo fa.

Non cade, vola. Fa troppo freddo per gli angeli, per volare, ma lei riesce, e non sente niente.

Niente.

Niente di niente.

 

Sono le cinque del mattino quando il telefono di Tommi vibra. È sul comodino. Lui si rigira nelle lenzuola, è andato a letto tardi e dorme profondamente. 

Vibra di nuovo, e poi ancora. Finché lui non lo afferra e si passa la mano nei ricci.

"Sì?" È Serena.

"Tommi, vieni... Sono in ospedale." Lui salta a sedere sul letto.

"Cos'è successo?" Suo malgrado, di solito i brutti presentimenti si rivelano azzeccati, quelli che riguardano Sofia in particolar modo. Ha paura. Afferra i primi vestiti che trova, li infila così velocemente che quasi non se ne accorge.

"Vieni subito. Ecco... Lei... La finestra... E io non potevo... Non lo sapevo..." Scoppia a piangere.

"Arrivo subito." E riattacca.

Lui corre su per le scale, afferra la giacca, e corre ancora, anche se la gamba non vorrebbe. Ma lui la mette a tacere. Sale sulla bicicletta e pedala più forte che può, non lascia che la sua mente ragioni, perché sa che sarebbe un disastro. 

Pensa solo a pedalare il più velocemente possibile.

Quando scende dalla bicicletta , si costringe a legarla con la catena alle raggiere. Poi fa le scale, e richiama Serena 

"Dove sei?" 

"Terapia intensiva... È... La... La... salita... Verde."

L'ospedale è deserto, fa impressione.

Adesso che non può più non pensare, inizia a mettere insieme i pezzi.

"Voglio morire" beh, è già indicativo come pezzo. 

Non gli ha dato il peso che meritava, semplicemente non pensava potesse farlo sul serio. 

Non poteva crederci.

Doveva pure aver pensato alle conseguenze.

Ma a chi importa delle conseguenze?

Lei... Si è...

"Uccisa..." All'improvviso tutto crolla.

Niente ha più un senso. 

Tutto si spegne.

La sala d'attesa della terapia intensiva è vuota.

Solo Serena cammina avanti e indietro, e piange. 

Quando lo vede, si avvicina. Si abbracciano. È la prima volta che lo fanno, non si sono mai parlati più di tanto. Hanno solo Sofia in comune, e il bene che le vogliono.

"Lei... Si è buttata dalla finestra." Le parole attraversano il cuore di Tommi come un coltello, e il dolore non può essere descritto a parole. Non può pensare a niente che non sia il male che prova. Il male che sente.

Il coltello sembra girarsi più volte nel petto, aprendo una ferita sempre più grande. Non riesce neanche a piangere.

E adesso capisce cosa intendesse Sofia con "vorrei riuscire a piangere".

Il pianto è liberatorio e controllabile. Questa cosa invece non dà neppure l'impressione di esserlo. 

Si sentono toccare, e si girano.

"È in uno stato di coma leggero, ma è stabile, dobbiamo solo aspettare che si svegli." Si siedono.

Tommi non sa cosa provare adesso, ma è molto meglio di prima. Non sa se deve gioire del fatto che ci sia, e che sia lontana dalla morte. Non sa se deve disperarsi del fatto che abbia provato ad uccidersi, e non sa dove ha sbagliato. Quando non c'è stato, e avrebbe dovuto. Cosa avrebbe dovuto dire e non ha detto e cosa avrebbe dovuto fare, e non ha fatto.

Sente entrambe le correnti di emozioni che cozzano e si scontrano. E non ne uscirà fino a quando le parlerà.

Stanno in silenzio, ognuno immerso nel proprio dolore e nel proprio senso di colpa a struggersi e a disperarsi.

Serena piange sommessamente, sconfortata, neanche le braccia del ragazzo con cui condivide un dolore così personale riescono a calmarla.

E Tommi pensa. Gli fa male la testa, ma pensa.

Dove sono i suoi genitori? Dov'erano quando lei ha deciso di farla finita? Perché? Qual è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso? Cosa ha sbagliato? In parte è stata colpa sua? Come può non capire quanto le persone la amino? Come fa ad essere così cieca al bene che le vuole? Quanto odio deve aver provato verso la sua vita? Quanto male doveva fare? Non ha pensato a lui neanche per un momento? Davvero? 

Sentirsi impotente di fronte a lei. Il dolore che ha provato prima non lo aveva provato mai.

Prova a pensare ad un bel momento.

E non lo sa, ma è la stessa cosa che ha provato a fare Sofia solo poche ore prima.

Lei che gli sorride, e apre la mano, mostrandogli una lametta.

"The last one." E si avvicinano al cestino della spazzatura. 

La sua sorpresa, in un gesto così coraggioso. 

"No, aspetta..." La prende e prova a piegarla, spezzarla, ma lei gliela sfila dalle mani.

"Non ci riesci Tommi, è metallo." La lascia cadere, e la guarda per un tempo che sembra ad entrambi infinito, poi si sorridono, e se ne vanno. Parlano ridendo come se niente fosse.

Era stato un bel giorno quello.

Un bel periodo.

Sofia aveva successivamente ricominciato ad avere altri attacchi di panico, fino a questo momento, e ne aveva comprata un'altra, anche se non era stata mai usata. E Tommi lo sa.

La lametta in questione, le era caduta in bagno e l'ha lui.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Le ore passano, e i genitori di Sofia sono davanti alle porte scorrevoli, opache, cosicché nessuno possa guardare al di là di esse. Con le braccia incrociate aspettano la dottoressa.
Serena si è addormentata sulla spalla di Tommi, mentre lui finge di dormire sperando che nessuno lo noti. 
"Non è neanche capace di uccidersi."
Il ragazzo apre un occhio, e vede la coppia uscire dalla sala d'aspetto e andarsene. Chissà dove.
Tommi si alza, ancora sconvolto dalle parole dure. Non male. Nella vita di Sofia è inspiegabile il ruolo delle parole. Il male peggiore e il bene migliore, le sono stati provocati dalle parole. Ha odiato le parole e in loro ha trovato la sua unica salvezza. Tommi la vuole vedere. Le vuole consegnare le proprie, di parole. Non può stare lì e pensare ancora.
Guarda l'ora, e sono le nove e mezza del mattino. Sono passate circa quattro ore. Le più lunghe della sua vita.
Prova ad entrare più volte, in tutti i modi, ma non essendo un parente, non lo lasciano passare.
Poi, quando ormai si arrende, e torna a sedersi, rimettendosi la testa di Serena sulla spalla, provando a dormire anche lui, un rumore di tacchi familiare lo distrae.
Un camice bianco gli passa davanti e si ferma. 
"Tommaso, chissà perché non sono sorpresa di vederti qui. Lei dev'essere Serena." La Dottoressa Vecchioni ha il solito rossetto rosso, abbinato agli occhiali, ai capelli, e alle scarpe.
"Buongiorno. Sì, è lei." Tommi si stringe i capelli in pugno.
"Ho come l'impressione che non lo sarà. Qual è il problema?" Si siede dalla parte opposta rispetto a Serena, e si toglie gli occhiali.
"Sa, Sofia ha appena tentato il suicidio, ed è in coma. Non sarà una bella giornata di sicuro. E per di più non mi lasciano entrare." La psicologa rimette gli occhiali e fa un cenno ai due infermieri, poi lancia un'occhiata a Tommi, che si alza.
Attraversa le porte scorrevoli, e uno dei due lo guida lungo un corridoio, poi apre una porta e lo lascia passare.
Non vorrebbe essere entrato. Odia vedere le persone soffrire e in particolare modo Sofia.
Si siede al suo fianco comunque, perché il bisogno di farle sapere quelle che sono le sue, di parole, è più impellente del suo istinto di non vedere, non sapere e non soffrire.
"Ciao Sofi. Io... Beh, volevo solo chiederti scusa." Le prende la mano, fredda. Lei non ha mai le mani fredde. E le hanno tolto il suo claddagh. Quello con cui Tommi giocava mentre ballavano. Il suo anulare è leggermente più sottile alla base per quell'anello, ma non le è mai importato tanto. Anzi, ama talmente tanto quello strano simbolo che non vi fa caso nel modo più assoluto.
"So che mi senti. Perché Sofi? Perché volevi andartene via? Io ti aiuto. Io ci sono per te, sempre, e quando avrai bisogno di me sarò sempre al tuo fianco. Perché?"
Finalmente riesce a piangere.
E lo fa, le lacrime corrono giù per il suo viso, e finiscono sulla sua maglia.
"Sofi, vuoi uccidermi. Vuoi che io provi il tuo dolore? Te lo porterei via se potessi. Se potesse salvare te, vorrei prenderlo tutto. Fino all'ultimo pensiero. Siamo incasinati uguali, Sofi, nessuno è perfetto, e se qualcuno c'è, non può essere amato dalle persone normali. Ami i difetti di una persona più dei suoi pregi, perché te la rendono più umana, e più vicina alla tua imperfezione. 
Ho sentito quello che ha detto tuo padre. Sofi, so che secondo il suo punto di vista dovresti essere perfetta. Siamo esseri umani, non possiamo.
Sei perfetta per qualcuno, nelle tue imperfezioni.
Per lui non sei e non sarai mai abbastanza. E allora non prenderlo come metro.
Vuoi sentirlo?
Tu sei all'altezza."
Poi all'improvviso si ricorda della frase scritta sul retro del Diario. Una canzone. Locked away.
"If I showed you my flaws, if I couldn't be strong, tell me honestly, would you still love me the same?"
La risposta che si è sempre data è diversa da quella che Tommi sta per darle.
"Io ti voglio bene ugualmente. La Sere te ne vuole ugualmente, tutti te ne vogliamo ugualmente."
Tira su col naso, e non intende lasciarle la mano. Sorride.
"Sofi, quando hai detto 'Tu non hai idea di quanto ti straami...', ti ho risposto sinceramente. E quando straami qualcuno, non importa quanto distrutto, debole, o incasinato sia. Ami quella persona in un modo straordinario punto e basta. Non mi vergogno a dirlo, anche all'infinito: io ti straamo."
Le bacia le nocche, e le accarezza le gote pallide. Le labbra bianche, i tubi che entrano ed escono da lei. L'ormai familiare bip dell'ECG. 
Sei così infinitamente... Fragile e forte.
Tommi la lascia, quando l'infermiere compare sulla soglia.
Lo riporta in sala d'attesa. 
Serena è di fronte alla psicologa, e stanno parlando, evidentemente una seduta improvvisata. Inizia ad arrivare gente, l'orario delle visite è iniziato.
La donna, quando vede Tommi, gli fa segno di seguirla. E lo stesso con Serena.
Li conduce in silenzio nel suo studio, all'ultimo piano dell'ospedale, in uno spazio che non sembra neppure una clinica. 
Per Serena è la prima volta, ma non per Tommi.
Lui ci ha passato ore lì dentro. 
La dottoressa li fa sedere sul divanetto, mentre lei prende posto sulla sua poltrona.
Non ha il blocco di fogli pieni di appunti come al solito, nota il ragazzo. Vuole far sembrare il tutto una chiacchierata tranquilla.
"Allora, non è sicuramente un momento facile, per voi due, ragazzi. Prima di tutto voglio dirvi che se avete bisogno di parlare, io vi ricevo come ora, senza bisogno di appuntamenti, pagamenti o permessi.
Venite giù e dite che mi dovete vedere. Tanto con questa storia, adesso rimarrò tutto il giorno qui per un bel po'.
A parte questo, vorrei sapere se pensate di sapere il perché lei abbia preso questa decisione, o se avevate idea del fatto che ci stesse pensando.
Come sapete, non fa quasi mai cose di punto in bianco, prima ci pensa molto e..."
"Mi ha detto che voleva morire."
La psicologa si ferma, alle parole di Tommi.
"Quando?" Serena e la donna lo guardano e lui si sente tremendamente in colpa.
"Ieri, a scuola."

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Tommi esce dall'ospedale, e cammina per il viale alberato. C'è così freddo e sono solo le tre del pomeriggio. É la prima volta che batte i denti, a causa del clima, e sente come... semplicemente non pensa sia solo colpa della temperatura. Si sente svuotato del tutto. 

Sofia non si sveglia. Ma é anche vero che sono passate solo poche ore. Si sveglierà, no? 

Non lo sa. 

 Fa un giro intorno all'edificio, e pensa. Gli fa quasi male la testa, per tutto il tempo che ha passato a pensare.

Si ricorda della bicicletta quando è di nuovo davanti all'entrata, e ci sale sopra. Sa dove andare. 

 

Quando il cancelletto si apre senza che lui abbia suonato il campanello, Tommi alza lo sguardo, e vede Giacomo alla finestra, che sparisce per aprire la porta subito dopo e uscire. Ha ai piedi le pantofole pelose di Sofia, che sembrano stivaletti. I cerchi blu e viola intorno ai suoi occhi rossi non si addicono ad un ragazzino di undici anni e mezzo. 

"I miei sono fuori." Tommi tira un sospiro. 

"Posso entrare?" Il ragazzino annuisce, poi gli mette la bicicletta sotto al porticato, prima di attraversare il cortile al contrario e tornare in casa. 

Per terra c'è il ghiaccio.

L'albero è spaventoso, e le foglie sembrano raggrinzite di dolore.

Giacomo chiude la porta a chiave, dietro di loro, poi scompare in cucina con un fazzoletto in pugno.

Tommi sale le scale, e apre la porta della camera di Sofia. Tutto trattiene il fiato. Tutto è immobile. Neppure la gatta nera, Angie, dorme sul letto sfatto, ma è rimasta fuori sotto alla vetrina piena di liquori. Il diario giace di fianco all'armadio, chiaramente scaraventato via.

Il ragazzo lo raccoglie, si siede per terra a fatica, facendosi scivolare contro al muro.

Arriva all'ultima pagina scritta.

 

"Perché? Ti chiedi perché?

Perché sono le due di notte 

e sono seduta nella mia camera da sola

pensando a modi per uccidermi

pensando a motivi per cui odiarmi

mentre tu stai dormendo.

Perché ti ho detto che stavo bene.

Se morissi stanotte, a quante persone importerebbe? 

Quante persone piangerebbero? 

Quante persone vorrebbero riavermi indietro? 

Quante persone si pentirebbero di non essere state carine con me? 

Quante persone vorrebbero avermi amata di più? 

Quante persone vorrebbero avermi amata di meno?"

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3783840