L'ultimo marlin di Miwako_chan (/viewuser.php?uid=58642)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo capitolo ***
Capitolo 2: *** Secondo capitolo ***
Capitolo 3: *** Terzo capitolo ***
Capitolo 4: *** Quarto capitolo ***
Capitolo 1 *** Primo capitolo ***
tritone primo cap
L’ultimo
marlin
Quel giorno all’isola Yonaguni l’aria
particolarmente limpida rendeva i colori ancora più vividi.
Il mare era mosso da un vento di maestrale e le onde di un verde
traslucido s’infrangevano ritmicamente sulla riva in una
schiuma bianca e spumeggiante.
La vegetazione rigogliosa si estendeva a perdita d’occhio
lungo il litorale. Una coppia di cavallini brucava su
un’altura illuminata da uno squarcio di sole tra le nuvole,
avevano manti scuri e le criniere spazzate dal vento.
Naruto era solito allungare la strada di ritorno dalla scuola passando
per la spiaggia. Camminava a piedi scalzi e teneva le scarpe da
ginnastica legate con le stringhe tra loro a penzoloni sul collo.
Ripensava a quella strana ragazza che al termine delle lezioni gli
aveva consegnato, balbettando imbarazzata, una piccola busta da lettere
di un tenue color rosa. Non aveva ancora avuto il coraggio di aprirla,
ma l’avrebbe fatto sicuramente una volta arrivato a casa,
nella tranquillità della sua stanza.
Un sacchetto di plastica volteggiò davanti a Naruto, come
animato da una qualche magia sembrava danzare nell’aria
secondo le note di una musica sconosciuta. Naruto si fermò
incantato a guardarlo e si riscosse solo quando una folata di vento
più forte delle altre spinse il sacchetto fino al mare dove
fu preso e trascinato al largo dalle onde.
Un rifiuto galleggiante nel bel mezzo delle acque non solo era una
scena inusuale ma anche inaccettabile per un abitante di Yonaguni.
Naruto aveva ben radicati dentro di sé la devozione e il
rispetto per il luogo che l’aveva visto nascere.
Aggrottò le sopracciglia e un profondo solco si
formò tra queste come tutte le volte che qualcosa lo turbava.
Appoggiò a terra scarpe e zaino e arrotolò i
pantaloni al ginocchio. Salì sul molo,
l’acqua sciabordava con colpi sordi sotto le assi di legno.
Al termine della passerella si accovacciò e allungando un
braccio cercò di recuperare il sacchetto, ma se
un’onda lo avvicinava, la corrente di ritorno lo allontanava
ancora di più.
“Accidenti!” Sbraitò. Quando si metteva
in testa una cosa difficilmente desisteva, quindi si levò la
camicia. Era piuttosto bravo a nuotare. Aveva imparato da bambino e a
suo zio Jiraiya piaceva raccontare di come sua madre l’avesse
partorito in acqua quasi senza accorgersene, non provando nemmeno
dolore. Naruto non diversamente da tutti i neonati aveva nuotato fin in
superficie per poi mettersi a piangere disperato, ma secondo lo zio
quello era un innegabile segno di predestinazione.
All’orizzonte fosche nubi promettevano tempo di burrasca. Il
vento era impetuoso e alzava alti gli schizzi delle onde fino a
colpirlo in volto. Il fascio di sole che illuminava la distesa erbosa
dove pascolavano i piccoli cavalli era svanito.
Si tuffò, l’acqua era fredda e blu, e
nuotò a grandi bracciate per raggiungere il sacchetto che
galleggiava tra le onde. La corrente era molto forte e quando si
voltò verso riva si rese conto di quanto si fosse
allontanato dal molo. Tornò a cercare il sacchetto, ma non
riuscì a vederlo da nessuna parte, forse era affondato
riempendosi d’acqua e lui si era gettato in mare per niente.
Colpì di striscio l’acqua con un pugno,
chissà cosa avrebbe pensato quella ragazza di
lui… che era un perfetto idiota al cento per cento.
“Cercavi questo?”
Si voltò di colpo trattenendo il fiato.
All’incirca a un braccio di distanza c’era un
ragazzo sconosciuto dai lineamenti delicati e i capelli scuri. Doveva
avere tra i quattordici e quindici anni perché Naruto
riconobbe sul suo viso la stessa aria insolente di alcuni compagni di
classe. Inoltre aveva avuto la sua stessa brillante idea di farsi un
bagno nel preludio di una tempesta e con questo ebbe la certezza che
fossero coetanei.
“Il mare non è posto per la tua
robaccia.” Aggiunse restituendogli il sacchetto.
Naruto si riscosse a quelle parole, era rimasto imbambolato a guardarlo
per un lasso di tempo troppo lungo. Sentì le orecchie calde
come il fuoco, nonostante gli battessero i denti dal freddo.
“Ehi, non è mio!”
“Allora perché ti sei gettato in acqua per
recuperarlo?”
“Perché? Perché il mare è
parte di noi, ognuno ha il dovere di prendersene cura!”
Quel ragazzo socchiuse gli occhi dal taglio a mandorla. Sulle labbra
aveva un sorrisetto sottile che nonostante fosse quasi impercettibile,
riuscì a infastidire Naruto.
“Ti faccio ridere per caso?”
Non ebbe risposta, ma questo non lo fece desistere neppure per un
istante. “Chi sei?” Lo incalzò.
“Chi diavolo sei tu.” Lo vide stringere il
sacchetto nel pugno. Era un tipo ostico, Naruto aggrottò la
fronte.
“Non c’era nessuno in mare, da dove spunti
fuori?”
“Ero già qui, ti ho visto tuffarti dal
molo.”
Naruto fece una smorfia, poi protese il braccio. Voleva stringergli la
mano e se la sua presa fosse stata sufficientemente energica forse
avrebbe potuto fidarsi delle sue parole.
“Io sono Naruto Uzumaki, qual è il tuo
nome?”
“Sasuke.” Rispose, limitandosi a osservare il palmo
aperto dell’altro, non sapendo che farsene di preciso.
“Sasuke e basta?” Immerse il braccio.
“Sasuke e basta.”
“Ok, come vuoi. Sai, non ti ho mai visto in giro
e all’isola ci conosciamo praticamente tutti. Sei
venuto in vacanza con la tua famiglia per caso?”
“No. Vivo qui da sempre.”
Naruto rimase in silenzio, la voce bassa e pacata del ragazzo gli
vibrò nella testa con un eco assordante, tanto da coprire il
rumore del mare e il fischio del vento.
“Impossibile!” Urlò. “Una
faccia come la tua a scuola non passa di certo inosservata!”
Naruto si morse la lingua per quello che aveva appena detto.
“Cioè, intendevo, una faccia da schiaffi del
genere…”
“Vogliamo parlare della tua? Ho visto spigole dallo sguardo
più sveglio.” Disse quello con un certo astio.
Un’onda s’infranse contro il viso di Naruto che
sputacchiò fuori l’acqua salata.
Le nuvole correvano sopra le loro teste e il cielo era verde come il
petrolio. L’aria era elettrica, di una vigorosa freschezza.
“Adesso basta! È meglio tornare a riva.”
Disse Naruto nuotando al suo fianco, ma Sasuke non sembrava dargli
ascolto.
“Ehi, muoviti!”
“Vai pure.”
“Stai scherzando? È pericoloso, sta arrivando una
tempesta!”
“Ti ho detto di andare, non pensare a me.”
La mano di Naruto agì prima del suo pensiero e
afferrò con forza il braccio di Sasuke. Il pallore perlaceo
della sua pelle era cosa strana per un isolano. Naruto
rabbrividì all’idea che quel ragazzo apparso tra
le onde come un fantasma lo fosse per davvero. Il fantasma di un
ragazzino affogato.
“Non è che sei lo spirito demone di un
naufrago?” Vociò con l’urgenza di dar
vita ai suoi folli pensieri, conficcandogli i polpastrelli bluastri e
raggrinziti nel braccio.
“Sei un idiota.” Sasuke sgranò gli
occhi. “Lasciami!”
“Non me ne vado senza di te.”
Tossì, risputando acqua, era difficile mantenersi a galla
con quelle onde e al contempo strattonare Sasuke. “Vuoi
finire affogato? È un attimo con quest’acqua
gelida che ti prenda un crampo e… mio zio una volta mi ha
racconta—”
Non riuscì a finire il discorso, le parole gli morirono in
gola quando una grossa coda di pesce dalle fulgide squame blu fece
capolino dall’acqua.
“Un marlin!” Esalò con un misto di
terrore e ammirazione nella voce.
“Non c’è nessun marlin!”
“Lì di fianco a te!
T’infilzerà con la sua spada!”Gli
tirò il braccio e Sasuke reagì con violenza
liberandosi finalmente dalla presa. Naruto lo guardò
stralunato, mentre quella coda riemergeva a tratti.
La consapevolezza che non poteva appartenere a nessun altro che a
Sasuke quasi lo stroncò sul colpo.
“S-sei, tu sei una sirena!” Disse e un brivido gli
percorse la spina dorsale facendogli drizzare anche la peluria sulla
nuca. Deglutì a vuoto e iniziò a pensare che
Sasuke stesse per saltargli al collo da un momento all’altro,
perché aveva un’espressione così dura
da essere terrificante.
“Sono un tritone, idiota.” Lo aggredì
verbalmente. La faccia ebete di Naruto non mutò.
“Un cosa?” Biascicò.
Sasuke strinse i denti, come offeso, e s’immerse tra i
flutti. Naruto rimase inerme in mezzo alle onde, fissando il punto
indefinito nel mare dove Sasuke era scomparso.
Aveva la pelle d’oca alta un centimetro, mentre sedeva sulla
battigia. I capelli gli gocciolavano fastidiosamente sugli occhi e sul
naso. Guardava il mare in tumulto e le nuvole gonfiarsi di pioggia,
plumbee e ronzanti. Il sacchetto giaceva ai suoi piedi cosparso di
sabbia.
Mise una mano sotto il sedere, qualcosa lo stava pungendo. Si
tastò la tasca avvertendo lo spigolo di una busta, la prese
ed estrasse la lettera al suo interno, talmente fradicia da sfaldarsi
tra le dita. L’inchiostro si era spanso per la pagina in una
macchia slavata; sul margine superiore a stento si riconoscevano gli
ideogrammi del suo nome e la parola compagno.
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Capitolo 2 *** Secondo capitolo ***
tritone capitolo due
A luglio aveva inizio
la stagione
di pesca al pesce spada. Era il periodo dell’anno con il
maggior
afflusso di stranieri all’isola, provenienti soprattutto
dalla
Cina e dall’America. Il mare nelle notti limpide luccicava di
miriadi di bagliori colorati al largo. Sui pini adiacenti alle spiagge
venivano affisse strisce votive e verso sera le ombre dei traghetti
ormeggiati che si stagliavano sulla sabbia si trasformavano in perfetti
nascondigli per i giochi dei bambini.
A Naruto non era mai
piaciuto
particolarmente pescare e non era nemmeno molto portato, preferiva gli
sport di squadra e sperava di costruirsi un avvenire diverso rispetto a
molti giovani dell’isola che seguendo le orme dei loro padri
diventavano provetti pescatori. Eppure era contagiato ugualmente da
quel clima allegro, talvolta adrenalinico e di dura competizione che
caratterizzava le gare di pesca.
Suo zio Jiraiya era
specializzato
nella cattura dei granchi. Aveva la pelle scura, il volto bruciato dal
sole ricoperto da un fitto reticolo di grinze e le mani grandi piene di
calli. Portava una selvaggia chioma di capelli bianchissimi e irsuti.
Gli stranieri mostravano sempre un po’ di timore nei
suoi confronti, nonostante si dimostrasse da subito un uomo giovale e
di spirito.
Per Jiraiya la pesca
non
rappresentava né un divertimento né una fonte di
guadagno, bensì uno stile di vita. Letteralmente era il modo
di
vivere. Il mare dava, dava tantissimo, ma era necessario anche rendere
nella sua stessa misura.
La popolazione di
pesce spada
inoltre, col passare degli anni era drasticamente diminuita. Da bambino
Naruto li vedeva saltare tra le onde, puntando l’affilata
spada
al cielo, ma quelle scene una volta frequenti erano divenute
così rare che ora faticava a riportarle alla memoria.
Una sera, il sole era
rosso al
tramonto e l’aria mite, suo zio mentre preparava
l’attrezzatura per catturare i granchi gli
raccontò delle
nuove tecniche di pesca, talvolta distruttive per l’ambiente,
messe a punto negli ultimi anni.
“Cosa
faranno quando non ci saranno più marlin?”
“Non
succederà. Nulla
si estingue in questa terra se non è l’uomo a
volerlo.” Gli aveva risposto lo zio. Con abilità
annodava
la lenza formando un cappio e la fissava con del nastro alla canna di
bambù. Nelle retine delle cipolle richiudeva le sardine
usate
come esca.
“Anche
quando avranno preso l’ultimo?”
“Costruiranno
dei grandi
recinti in mezzo all’oceano e li faranno riprodurre e vivere
lì. Lo fanno già in altre parti del mondo, con
diverse
specie, i salmoni ad esempio.”
Con la mano
provò a indicargli immaginarie strutture, piattaforme che si
estendevano come villaggi nel vasto mare.
Nemmeno i cavalli
dell’isola
avevano mai conosciuto paddock dove fossero rinchiusi e Naruto faceva
davvero fatica a fantasticare su uno scenario del genere.
I giorni trascorrevano
lenti e il
tempo era sereno, come si addiceva bene a Yonaguni. Naruto si ritrovava
a mormorare a mezza voce di una sirena, mentre giocherellava con la
penna tra le dita. Nonostante il professore l’avesse
già
ripreso diverse volte, non riusciva in alcun modo a prestare attenzione
per più di mezzo minuto.
“Si
può sapere di che
farnetichi?” Al termine della lezione un suo compagno, Kiba
Inuzuka, lo raggiunse. Con un colpo secco gli spinse la sedia
poggiandoci sopra il piede.
Naruto smise di
scaccolarsi e raddrizzò la schiena. “Secondo te le
sirene esistono?”
Kiba rise di gusto.
“Ovvio che no! Ti senti bene?”
“Certo! Mai
sentito meglio.” Disse sbuffando. “La mia era solo
una domanda.”
“Una domanda
da idiota.”
Naruto si
alzò e raccolse lo
zaino da terra, ma Kiba non sembrava intenzionato lasciarlo passare.
“Andiamo a giocare a baseball.”
“Voi andate,
poi vi raggiungo.” Scostò il compagno con una
spallata, dirigendosi fuori dalla classe.
“Ehi!”
Gracchiò Kiba corrugando la fronte. “Ma che ti
piglia?”
Naruto era un ragazzo
che amava
agire d’impulso, senza rifletterci troppo sopra. Kiba
notò
subito il sorriso sghembo sulla sua faccia e sapeva bene che non
presagiva nulla di buono. “Scemo!” Lo
insultò
mettendo il broncio per essere stato ignorato. Sarebbe andato al campo
di gioco senza di lui.
I corridoi erano
affollati da studenti, le loro chiacchiere e risate risuonavano come
una felice notizia.
Quando uscì
sull’atrio, nonostante la confusione, riuscì a
notare
ugualmente una chioma corvina svolazzare dietro una colonna di mattoni
a vista. Quella ragazza era sempre nei paraggi, ora che ci pensava, ma
raramente faceva davvero caso alla sua presenza forse per via della sua
natura così elusiva e silenziosa.
Non sapeva molto di lei, a parte che facesse Hyuga di cognome e che
fosse sempre presente nell’elenco dei primi dieci migliori
studenti dell’istituto. Avevano parlato solo in
un’occasione, quando lei gli consegnò,
trattenendola con
entrambe le mani e tra tanti balbettii di scuse, una lettera. Aveva
tutta l’aria di essere una di quelle dichiarazioni
d’amore
che si vedono alla tv.
Le lanciò un’occhiata di sfuggita e
cacciò le mani
in tasca.
Hyuga probabilmente si aspettava una risposta in merito o
almeno una qualche reazione da parte sua, ma Naruto era già
tanto che avesse messo in dubbio la casualità delle sue
apparizioni e poi l’imbarazzo di avvicinarsi a lei e
chiederle
cosa gli avesse scritto perché, aimè, aveva
perduto la
lettera, era invalicabile.
Arrossì
sentendo lo sguardo
della ragazza su di sé. Anche se le circostanze sembravano
voler
dimostrare il contrario, si era convinto che una tipa del genere non
potesse certo essere interessata a lui, era pure brava a
scuola.
Tirò dritto a passo spedito, facendosi spazio tra i vari
gruppetti che si attardavano a chiacchierare sotto il portico. In
lontananza dei fulmini balenavano silenziosi nel cielo azzurro.
Camminando immerso nei
suoi
pensieri, era giunto fino alla spiaggia. Il vento freddo gli sferzava
il viso e nelle orecchie echeggiava forte il suo fischio mescolato al
rumore delle onde in tumulto. Nuvole fosche avanzavano coprendo gli
ultimi sprazzi di sole. Il tempo era cambiato repentinamente, in modo
spaventoso.
Era trascorso quasi un
mese e Naruto era arrivato al punto di chiedersi se Sasuke fosse stato
solo un sogno.
Si guardò
il palmo della
mano con cui aveva afferrato con forza il polso del tritone. Eppure gli
era sembrato tutto così reale, molto più reale
delle
lunghe mattinate trascorse sui banchi di scuola, che scivolavano via,
senza memoria.
Gli occhi di Sasuke
gli apparivano
di notte durante il dormiveglia, scuri eppure incredibilmente limpidi.
In quello sguardo c’era una domanda sempre aperta in attesa
di
una risposta. Sentiva che lui e Sasuke erano simili e accumunati dalla
stessa disperata ricerca.
Iniziò a
chiamarlo a gran voce.
“Sasuke!”
“Sasukeeee!” Urlò.
“Sasukeebasta!” Urlò così
forte da arrochirsi la voce.
Riprese fiato e
osservò
l’oceano nella speranza di scorgere lì, tra il
bianco
delle onde, il baluginare di una coda iridescente. Si portò
le
mani ai lati della bocca e ricominciò a chiamarlo con foga.
La spiaggia era
deserta. I pini
battuti dal vento disperdevano sull’arenile aghi e rametti.
All’orizzonte brillavano le luci verdi di alcuni pescherecci,
erano i più temerari e non si sarebbero fermati di fronte a
nessuna condizione atmosferica, finché l’ultimo
marlin non
fosse stato catturato.
La palla
roteò alta nel cielo, stagliandosi in controluce. Un tiro
notevole per una ragazza.
Shikamaru
rovinò a terra nel
tentativo di recuperarla, lasciando i presenti col fiato sospeso.
Quando si alzò, con la divisa sporca, e si passò
la palla
dal guantone alla mano libera, un fischio di approvazione
squarciò l’aria.
“Dannazione
Shika!” Sbraitò Sakura con un mezzo sorriso,
agitando la mazza. “Bella presa!”
Nara
rilanciò la palla a Kiba. “Ehi, ma
Uzumaki?”
“Non lo so!
Gli avevo detto
di raggiungerci in campo.” Rispose Kiba. In quel momento una
goccia di pioggia gli cadde sul naso. Sollevò lo sguardo
alle
nuvole grigie che si accalcavano in cielo. Macchioline
d’acqua
iniziarono a disseminarsi sulla terra battuta del triangolo di gioco.
Sakura si
scalzò il
berretto, sistemandosi la frangia appiccicata alla fronte madida di
sudore. Ritornò in posizione e sferzò un paio di
volte
l’aria con la mazza.
“Naruto
è un animale! Avrà fiutato l’odore del
temporale come i cani.” Chiosò.
“Che hai da
dire sui cani?” Sbraitò Inuzuka.
“Niente,
perché al
contrario di te una palla la sanno prendere!” Disse
riferendosi
alle scarse abilità del ragazzo come prima base durante le
semifinali del torneo scolastico.
Kiba
arrossì di rabbia. “Per quanto ancora dovrai
rinfacciarmelo?”
Shikamaru
sbadigliò e si
avvicinò agli altri due. “Fatela finita,
perché se
inizia a piovere davvero me ne vado a casa.”
Sakura
grugnì qualcosa
d’incomprensibile. Poi portò il bastone sopra la
spalla,
accanto all’orecchio destro. “Tira!”
Lanciò lo
zaino a terra e si
spogliò dalla divisa, restando con indosso solo i pantaloni.
S’immerse sino alle caviglie, l’acqua era gelida ma
era
così determinato nel voler rivedere Sasuke che non ci fece
nemmeno caso. Il cielo era lo stesso di quel giorno, coperto, e si
rifletteva come un’ombra indaco sul mare. Notò un
piccolo
scoglio contro cui le onde s’infrangevano facendosi schiuma.
Distava poco più di trecento braccia dalla riva, il suo
occhio
era ben allenato a decifrare le distanze in mare.
Giusto per porsi un obiettivo decise che avrebbe nuotato fino a
lì. Di certo Sasuke non sarebbe spuntato fuori dalla terra
ferma
e forse la sua voce non avrebbe mai potuto raggiungerlo nelle
profondità dell’oceano.
Si tuffò e nuotò a grandi bracciate. Non faceva
molta
fatica inizialmente, ma la corrente era forte e le onde erano violente
e alte come muraglie.
"Sasuke!"
Continuò a chiamarlo a gran voce e solo allora,
così
distante dalla riva e con lo scoglio che anziché avvicinarsi
sembrava farsi sempre più lontano a ogni bracciata, si rese
conto in che brutta situazione si fosse cacciato. Non sottovalutare
l’oceano: questa era una delle prime lezioni che aveva
ricevuto
da bambino, ma imparare non era mai stato il suo forte.
Un’onda
improvvisa lo
travolse, trascinandolo sott’acqua. Rigirò su se
stesso,
spinto dalle correnti. Filtrava una luce indistinta e soffusa che non
gli permetteva di riconoscere da che parte fosse la superficie o il
fondale.
Riemerse a fatica e
l’acqua
salata gli bruciò il naso e la gola. Si sfregò
gli occhi
arrossati. Stava piovendo, le gocce argentee precipitavano fitte e
sottili, trapassando la superficie del mare come spilli. Il cielo
tuonava e le nuvole minacciose si addensavano. Naruto fece appena
in tempo a prendere una boccata d’aria che fu di nuovo
sovrastato
dalle onde.
All’improvviso
un dolore
acuto gli trafisse un polpaccio. Annaspò inghiottendo acqua
e si
strinse convulsamente la parte colpita.
Recuperando un
briciolo di
lucidità distese la gamba e fletté la pianta del
piede
verso l’alto con le mani. Morire in mezzo al mare per via di
uno
stupido crampo? Non era proprio la strada che si era prefissato!
Strinse i denti, ma era ancora sott’acqua e i polmoni
iniziarono
a bruciargli in petto. L’adrenalina defluiva veloce nel
sangue
simile a un'alta marea.
L'oceano l’aveva catturato come uno stupido pesce,
pensò alle branchie insanguinate dei caranghi intrappolati
nelle
reti sulla barca dello zio. La testa gli pulsò tremendamente
e
non riuscì a capire subito se quella coda maestosa dalla
consistenza velata fosse reale o una mera illusione.
Nell’oscurità sentì due braccia
cingerlo per le
spalle con forza. Scorse il profilo del volto di Sasuke, bianco come la
neve d’inverno, aprì la bocca in preda allo
stupore e le
bolle d’ossigeno che ne uscirono fuori li guidarono verso la
superficie.
Una volta tornato a
galla Naruto
iniziò a tossire disperatamente, si sentiva confuso e senza
energie. Fu letteralmente trascinato a riva dal tritone.
Gattonò sputacchiando sulla spiaggia, quel tanto che bastava
per
non essere travolto dai cavalloni che si infrangevano sulla riva
ritmicamente.
“Razza di
idiota! Volevi
morire affogato?” Sasuke gli stava urlando contro, ma la sua
voce
giungeva ovattata e scricchiolante. Si sturò le orecchie con
le
dita.
“No—
non era quella
l’idea.” Disse tossendo e si rovesciò
sulla schiena
allargando le braccia. Faceva un freddo porco.
Aveva le palpebre
pesanti e il
petto gli doleva come se un grosso cormorano si fosse posato sopra. Si
sforzò di restare sveglio. “Io volevo solo
rivederti.” Mormorò e sollevò la testa,
quel tanto
che bastava per vedere Sasuke con la lucente coda arrotolata in una
spira. Le onde si battevano contro la sua schiena che però
si
manteneva salda al pari di uno scoglio.
Lo scrutava con occhi così severi che Naruto per un attimo
si sentì in colpa.
“Volevo
essere certo che non fossi un sogno.”
“Ora che ne
ha avuto la prova, sei soddisfatto?” Disse duramente.
“Dopo aver quasi rischiato la vita.”
“Nah, se non
fosse stato per quello stramaledetto crampo…”
“Testa
quadra, non eri tu a
farmi la ramanzina l’ultima volta? Tuo zio sarà
molto
soddisfatto di un nipote così idiota.”
Naruto rise e Sasuke
sgranò
gli occhi offeso. “Te lo ricordi!”
Gracchiò.
“Ti ricordi quello che ti avevo detto.” Era uno
sciocco
dettaglio al momento, ma il fatto che il tritone l'avesse tenuto a
mente gli rinfrancò lo spirito.
“Per chi
diavolo mi hai preso?”
Naruto aveva un
sorriso stampato in volto e guardava il cielo. La pioggia cadeva
leggera trasportata dal vento come per gioco.
“Perché
non ti sei più fatto vedere? Sono venuto qui praticamente
tutti i giorni!”
“Perché
non avremmo mai dovuto incontrarci, è stato un errore fin
dalla prima volta.”
“No,
affatto! Io non credo
sia successo per errore e nemmeno per caso. C’è un
motivo
per cui ci siamo incontrati e adesso non puoi assolutamente fare come
se nulla fosse.”
“Allora”
Sasuke
socchiuse le palpebre e strinse la sabbia bagnata nei pugni.
“quale sarebbe la vera ragione?”
“Non lo
so.” Ammise
Naruto. Poteva forse parlargli dei suoi occhi? No, non gli sembrava
tipo da ascoltare melensaggini del genere. Eppure in quelle iridi
grigie Naruto riusciva a ritrovare se stesso o, forse, qualcosa di
ciò che avrebbe voluto essere.
Si alzò a
fatica e si
avvicinò a Sasuke mantenendo però una certa
distanza. Gli
schizzi delle onde arrivavano a colpirlo lo stesso e non riusciva a
capire come il tritone potesse starsene tranquillo in mezzo a quel
putiferio. Il vento gli tirò i capelli bruniti e fradici
all’indietro e lo costrinse a strizzare gli occhi. Il suo
corpo
era un fascio di nervi.
“Non racconterò a nessuno del nostro incontro,
stai tranquillo. Fidati di me.”
Sasuke piegò il capo. “Ad ogni modo nessuno ti
crederebbe.” Lo derise con leggerezza.
Naruto gli
offrì la mano. Il
palmo aperto era proteso verso la creatura del mare.
“Verrò qui anche domani, ogni giorno se
sarà
necessario.”
Sasuke distolse lo
sguardo e si
acquattò sott’acqua lasciandosi trasportare dalla
corrente
di ritorno. Sparì in pochi attimi dalla vista di Naruto, ma
il
bagliore delle sue squame nell’acqua scura gli rimase
indelebile
negli occhi.
Chiuse le dita a
pugno. Sperava di poter stringere la mano di Sasuke, ma si ritrovava
tra le dita solo gocce di salsedine.
Come promesso Naruto
si
presentò in spiaggia i giorni a venire, ma di Sasuke non
c’era traccia. Al tramonto del settimo giorno, quando le sue
speranze si erano a malapena scalfite, Sasuke riapparve
inaspettatamente.
Iniziarono a vedersi
con una certa
costanza, almeno d’estate, d’inverno era
già tanto
se riuscivano a incontrarsi una volta al mese. Diventarono grandi amici
a dispetto delle divergenze caratteriali: Naruto era un sempliciotto
dallo sguardo limpido, privo tuttavia di acume, mentre Sasuke era molto
intelligente e spigoloso, capace di una durezza spiazzante.
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Capitolo 3 *** Terzo capitolo ***
tritone cap 3
Disteso sopra un piccolo scoglio, Sasuke s’inebriava del
calore del sole. Le gocce d’acqua sul suo corpo come piccole
perle riflettevano la luce riproducendo i colori
dell’arcobaleno.
Naruto a bordo della
Kaeru-maru, la bagnarola di zio Jiraiya, se ne stava coricato con le
braccia incrociate dietro la testa. Un delizioso torpore si era
impossessato di lui. Cullato da onde gentili osservava il tritone; il
profilo dritto del naso, le palpebre chiuse e le ciglia scure che gli
adombravano le guance, e si chiese con ingenuità se per caso
non si trattasse di un Dio.
Sasuke aprì
gli occhi e Naruto si calcò il cappello sulla fronte
fingendo di dormire.
Sentì il
rumore di un tuffo e alzò il capo giusto in tempo per vedere
degli schizzi d’acqua alzarsi a mezz'aria. Si sporse
dall’imbarcazione.
Fu un attimo. Sasuke
riemerse all’improvviso a pochi centimetri dal suo volto.
Barcollò all’indietro, non che si fosse
spaventato, ma non si era mai ritrovato il tritone così
vicino. La barca ondeggiò paurosamente e Sasuke dovette
appoggiarsi alla falchetta con un braccio per riequilibrarla.
“Datti una
calmata.” Lo ammonì con aria annoiata.
“Sei tu che
mi sei apparso davanti alla faccia dal nulla!”
Sasuke
assottigliò gli occhi e Naruto capì che lo stava
prendendo in giro. “Ti sei spaventato.”
“No!”
Abbaiò Naruto.
Sasuke si
aggrappò anche con l’altra mano facendo oscillare
la barca con veemenza.
“Hai
intenzione di passare tutta la giornata in questo modo? Sei un ragazzo
indolente.”
“Cosa
c’è di male? Credevo fossi dello stesso
avviso!”
Naruto si
avvicinò a carponi e lo guardò dritto negli
occhi, arricciando il naso.
“Stavi
facendo il sirenetto addormentato sullo scoglio!”
Sasuke si
issò sulle braccia, doveva avere molta forza
perché sorreggeva il torso fuori dell’acqua senza
mostrare alcuna fatica.
“Stai ancora
urlando, idiota.”
Naruto
serrò i denti e tutto il torpore di poco prima
sparì dal suo corpo una goccia di sudore dopo
l’altra. Il sole batteva incredibilmente forte sopra le loro
teste.
“Devo farti
vedere un posto.” Disse Sasuke. Naruto inarcò le
sopracciglia incuriosito e prima che potesse ribattere il tritone si
immerse.
“Ehi, che
posto?” Il ragazzo si mise alla prua, seguendo con lo sguardo
la sagoma di Sasuke un dito al di sotto della superficie del mare.
Il tritone riemerse
una ventina di metri più in là, Naruto era molto
abile a percepire le distanze in mare.
“Muoviti!”
“In barca o
a nuoto?”
“Vieni in
barca, ma poi dovrai proseguire a nuoto.”
Naruto
impugnò i remi e gli sorrise.
Faceva una gran fatica e aveva la schiena imperlata di sudore. La coda
cangiante del tritone che spuntava tra le piccole onde sembrava un
miraggio frutto delle alte temperature.
“Per quanto
ancora?” Gridò. “Merda!
Aspettami!”
Ma Sasuke non si
voltò nemmeno una volta fino a quando, percorsi almeno due
chilometri in prossimità della costa, non si
fermò. Le alture scoscese non avevano alcunché di
particolare, erano semplicemente belle come ogni altra cosa
dell’Isola. Sulle cime si scorgevano le chiome dei
pini e in alto nel cielo un’aquila dalla coda bianca
remeggiava lenta, disponendo le grandi ali a seconda delle correnti.
Sembrava sempre sul punto di piombare in picchiata a filo
dell’acqua, ma poi desisteva e rimaneva lassù come
una sagoma di carta sospesa nel vento.
Naruto
ormeggiò nei pressi di un’insenatura.
“Finirà per rompersi con queste onde.”
Disse preoccupato per la sua barca. Le onde confluivano con
più forza a causa del passaggio ristretto tra gli scogli, ma
non aveva a disposizione altri punti di attracco. La Kaeru-maru
oscillava disperata e il rumore dello sciabordio dell’acqua
contro la carena era molto forte. Una lunga fessura tra le assi di
legno lasciava intravedere la schiuma biancastra.
“Il mare
è calmo.” Commentò Sasuke con
pacatezza. Naruto sapeva di potersi fidare, eppure aveva un lieve nodo
alla gola.
“Non so se
hai notato ma questa bagnarola è piuttosto
fragile.” Disse. “È di mio zio e ci sono
molto affezionato, voglio dire, mi dispiacerebbe se le succedesse
qualcosa.”
Sasuke si
limitò a osservare le ampie spalle del ragazzo che
trafficava con le corde, erano nere e disseminate qua e là
da macchioline chiare dovute alle spellature. Non sapeva che dire, si
pentì di averlo condotto fino alla costa ovest,
perché se la barca si fosse rovinata sarebbe stata in parte
colpa sua. “Non sapevo ci tenessi tanto.”
Mormorò infine.
Naruto si
girò sghignazzando. “Questo vorrà dire
che se si affonda… mi porterai a cavalluccio!”
Il tritone
avvampò di rabbia. “Che diavolo, te lo scordi
idiota!”
Naruto scese in acqua.
Ridacchiava ancora con un’espressione in volto che Sasuke non
sopportava proprio. Eppure in fondo non gli dispiaceva quella sua
leggerezza, forse un po’ da sciocco, ma era ammirabile come
fosse attento a smorzare i toni per non dare mai inutili preoccupazioni
agli altri.
Fece schioccare la
lingua contro il palato, stizzito. “Falla finita.”
Naruto si
grattò il naso e si guardò attorno.
“Dove andiamo?”
“Sott’acqua.
Riesci a resistere?”
“Sì!
Ma per quanto?”
“Un paio di
minuti saranno sufficienti.” S’immerse e Naruto
dovette seguirlo temendo di essere lasciato nuovamente indietro.
Sott’acqua
lungo la parete rocciosa si apriva una fenditura, un passaggio della
grandezza di un tursiope. Vide Sasuke infilarsi lì dentro
seguito da una scia di bolle.
Naruto fece lo stesso, cercando di non perdere di vista la coda
flessuosa del compagno che si muoveva con estrema abilità;
il suo corpo sembrava scivolare nell’acqua come se fosse
ricoperto da un’impalpabile sostanza.
In alcuni punti il
passaggio diventava così angusto che era necessario tenere
le braccia adese ai fianchi e nuotare con il solo ausilio delle gambe.
In lontananza una vaga luce rischiarava l'oscurità, eppure
l’uscita non era ancora in vista.
Naruto iniziò a sentire i polmoni bruciargli nel petto, una
sensazione che divenne presto insopportabile. Gonfiò le
guance e dovette resistere all’impulso di spalancare la bocca
alla ricerca di ossigeno. Scansò un grosso cefalo
proveniente dalla direzione opposta. Anche se era sull’orlo
della disperazione nemmeno per un momento pensò a un crudele
inganno da parte di Sasuke. All’improvviso il cunicolo
virò verso l’alto e infine si aprì su
un vasto bacino. Sasuke si voltò verso Naruto e accorgendosi
del suo stato di sofferenza gli tese la mano. Il ragazzo
l’afferrò saldamente ed emersero insieme in
superficie. La luce del sole li investì quasi
accecandoli. Si ritrovarono in una conca d’acqua
cristallina. La vegetazione cresceva rigogliosa tutt’attorno
tra le rocce cangianti, le grandi foglie dei pandanus smosse dal vento
producevano un rumore simile a un tac tac, secco e vibrante.
Naruto spalancò gli occhi.
“È
fantastico!” Esordì con un sorriso aperto. Aveva
ancora il fiatone.
Sasuke non disse
niente, rimase a osservare gli occhi dell’altro, colmi di
meraviglia e limpidi come solo quelli di chi ha sempre vissuto
guardando il mare possono essere. Pensò di non aver
sbagliato, fin dall’inizio.
“Pazzesco,
avevo sentito parlare di questo luogo, dicevano che passando per la
foresta fosse troppo difficile da raggiungere.”
Si stavano ancora
tenendo per mano, Sasuke lasciò la presa cercando di far
apparire il gesto naturale. Naruto lo fissò negli occhi e,
anche se fu solo per una manciata di istanti, Sasuke dovette sviare lo
sguardo.
“Come vedi
esisteva un’altra strada via mare, c’è
sempre un modo basta saper cercare.”
Naruto rise.
“Tu non sembri affatto il tipo da mettersi pazientemente a
cercare.”
Sasuke non
capì bene quell’affermazione, ma si
sentì comunque in qualche modo offeso. Aveva trascorso tanti
di quegli anni a cercare insistentemente qualcosa di così
indefinito che ora non sapeva più bene per quale motivo
fosse partito.
“Vieni, c’è
dell’altro.”
L’acqua era talmente trasparente da permettere di vedere il
fondale in ogni suo dettaglio. C’erano delle rovine antiche
costituite da una piramide a gradoni e due colonne smozzate,
ormai integrate completamente da secoli nell’ambiente marino,
difatti erano ricoperte da basse formazioni vegetali e coralli di un
rosso fremente. I pesci nuotavano attorno alla piramide in branchi e
quando una murena si avvicinò fluttuando sulla sabbia alcuni
esemplari guizzarono via dentro le fessure dei blocchi di pietra e
negli angoli più remoti trovando rifugio.
L’acqua
confluiva in un passaggio più stretto all’interno
della costa. Si trattava di una piccola spelonca. La luce del sole
filtrava dalle fenditure nelle rocce disegnando ombre multiformi sulle
pareti. Un’aragosta blu
camminava placida sul fondale.
Naruto
si issò su una gradinata naturale che formava una specie di
bordo, mentre Sasuke nuotava a pelo dell’acqua.
L’umidità del luogo conferiva alle pareti di nuda
roccia un aspetto morbido e malleabile. Naruto si soffermò a
guardare la schiena bianca del tritone e la linea appena percettibile
lungo la quale la pelle a un certo punto si fondeva con le brillanti
squame. Quel corpo sprigionava forza e giovinezza.
Sasuke si accomodò su una sporgenza muovendo lentamente la
coda. Sul suo viso si agitavano ombre incerte dovute ai riflessi della
luce sull’acqua. Naruto si avvicinò e Sasuke
iniziò a cantare. La sua voce era quanto di più
bello avesse avuto mai la fortuna di poter udire. Non fu più
in grado di muoversi, come se anche un respiro di troppo o un movimento
azzardato avrebbero potuto spezzare quel momento.
La voce di Sasuke era morbida come il velluto, era sola ma al contempo
ne racchiudeva altre cento, più simile per le sue
qualità alla natura di uno strumento, complesso e
bellissimo, che a quella umana. Nel suo canto non c’erano
parole che Naruto potesse comprendere, eppure riusciva ugualmente a
cogliere un senso, un messaggio ancestrale proveniente direttamente
dalla sua stessa anima. Era come se Sasuke riuscisse a far
emergere dal profondo ciò che li rendeva simili, un ideale
comune. E mentre con sguardo vacuo osservava le labbra di Sasuke
intonare quel canto, muovendo impercettibilmente il capo per seguirne
la melodia, immaginò l’oceano incontaminato e
l’alba tingersi di rosa, il cielo ancora ricoperto di stelle.
Un formicolio gli percorse tutte le membra, aveva la sensazione che lo
spirito lo stesse abbandonando e ne fu spaventato e felice allo stesso
tempo. Quando il canto terminò fu come se avessero levato il
sole.
Deglutì a
fatica, aveva le fauci completamente secche. “Questo
è il canto delle sirene?” Biascicò.
“Che cosa
hai visto Naruto?” La voce dura e sommessa di Sasuke
risuonò nella grotta.
“L’oceano,
ma era diverso da quello che conosciamo.”
“In che
senso?”
“Come se non
fosse mai stato visto e toccato prima.”
“Era
puro.” Chiarì Sasuke.
Naruto si
rannicchiò di fianco a lui, non aveva mai guardato Sasuke da
così vicino. I capelli neri bagnati gli aderivano al viso,
aveva le sopracciglia scure e le ciglia unite da minuscole gocce
d’acqua. Senza capirne il motivo, sentì il cuore
stringersi in una morsa dolorosa.
“Un tempo il
mare era puro e incontaminato, ma la cupidigia dell’uomo ha
distrutto ogni cosa.”
Naruto
aggrottò la fronte. “Quasi ogni cosa.”
Lo disse con convinzione, proprio quella che gli mancò nel
modo incerto con cui gli sfiorò il braccio.
“Hanno
letteralmente rastrellato il mare.” Sasuke usava spesso
termini forti che lasciavano Naruto turbato. “I pesci muoiono
schiacciati, trascinati, infilzati. Gli uccelli del cielo vengono
ricoperti di nero. Gli squali privati delle loro pinne. I delfini
massacrati nelle conche fino a rendere l’acqua del colore del
sangue.”
Piccoli pesci
argentati, simili ad aguglie, nuotavano vicino alla superficie. Sasuke
abbassò le palpebre e la malinconia del suo sguardo trafisse
il cuore di Naruto.
“Laggiù
al largo, la plastica ha ricoperto la superficie dell’acqua.
Ma la marea riporta tutto indietro, nulla sparisce e nulla viene
dimenticato. Io per primo non riesco e non voglio dimenticare. Odio gli
umani con tutto me stesso e mi sento impotente perché non
c’è modo di fermarvi.”
“Come puoi
fermare l’umanità?” Naruto lo
guardò incredulo.
“So che non
è possibile. È come un gigantesco macchinario in
movimento e io sono disarmato, se ci metto un braccio dentro gli
ingranaggi me lo tranciano. Ho rotto reti con i denti, sabotato barche,
liberato i vostri animali seviziati, ma nonostante i miei sforzi,
nonostante tutte le volte abbia messo a repentaglio la mia vita, non
sono riuscito a cambiare nulla. Quello che faccio rappresenta
ironicamente una goccia nell’oceano.”
Naruto non sapeva che
dire, non voleva che Sasuke si arrendesse, non voleva che provasse
tutto quell’odio senza uscita… e soprattutto non
voleva che morisse.
“Quel giorno non è stato uno sbaglio.”
Alzò gli occhi sul tritone.
“E non ci
siamo nemmeno incontrati per caso.” Continuò
Sasuke. “Il mio corpo… è come se il mio
corpo si fosse mosso da solo. Qualcosa dentro di me mi suggeriva di
uscire allo scoperto.”
“È
stata una follia!” Disse Naruto, allargando un sorriso.
“Lo
so!” Disse. “Ma vederti fare una cosa
così stupida…”
“Stupida?”
“vederti
tuffare nel mare in burrasca per recuperare un sacchetto di plastica mi
ha dato speranza.”
Naruto
sghignazzò. “Non è male essere stupidi,
a volte ti porta a fare cose incredibili.”
Sasuke
agganciò il braccio intorno al collo dell’amico e
lo gettò in acqua, trascinandolo con sé. Naruto
riemerse ridendo e si scostò all’indietro i
capelli fradici.
“Ora non
montarti troppo la testa.” Sbuffò Sasuke.
S’era alzato
il vento e l’acqua pareva fremere, cosparsa dei bagliori
dorati del sole ormai al tramonto. Sasuke si appoggiò con
l’avambraccio alla falchetta della barca.
“Ora
è meglio che vai, è tardi.”
Per cosa fosse tardi
Naruto non lo capì al principio, però poi
pensò che il cielo sarebbe divenuto lilla e con la sola luce
della luna sarebbe stato difficile fare ritorno.
“Sì,
allora ci salutiamo.” Disse. Si mise in ginocchio,
afferrò la nuca di Sasuke con entrambe le mani e lo
baciò. Fu un bacio dettato dall’urgenza.
Arricciò il naso contro il suo, poi inclinò il
viso e premette con forza le labbra sulle sue come se volesse annullare
anche la più infinitesimale distanza, tra loro non poteva
intercorrere nemmeno una molecola di ossigeno. I capelli neri e umidi
tra le sue dita erano sorprendentemente morbidi. Sasuke
spalancò e strinse gli occhi in una frazione di secondo.
Tenendosi con una mano all’imbarcazione puntò
l’avambraccio al collo di Naruto e lo allontanò
con violenza, ricadendo all’indietro nell’acqua.
“Che diavolo
ti prende?” Sbraitò e fu lì con il
dorso della mano pronto a pulirsi le labbra.
“Cos’era questo?
“Un
bacio.”
“’Fanculo.”
Sibilo sputando nell’acqua. “E che
significa?” Odiava l’espressione calma di Naruto,
mentre il suo animo era tutt’altro che tranquillo.
Naruto si
grattò il collo. “È…
“ strascicò le parole. “È un
modo per salutarsi.”
“Tra
amici.” Specificò.
Sasuke
indurì lo sguardo. “Saluti in questo modo tutti i
tuoi amici?” La sua voce era fredda.
“No, beh,
solo con te.” Naruto era arrossito fino alla punta delle
orecchie e non sapeva più in che modo sostenere lo sguardo
di Sasuke. Afferrò un remo e si osservò
attentamente le nocche sbucciate, le schegge di legno divenute piccoli
puntini conficcati sul lato esterno dell’indice.
Sasuke
serrò la bocca in una linea severa e dovette metterci tutta
la buona volontà per trattenersi dal picchiarlo.
“Non osare mai più.”
A Naruto
tremò il labbro, sentiva la necessità di dire
qualcosa di stupido anche se aveva inteso quanto Sasuke fosse
incazzato. Fortunatamente non fece in tempo a peggiorare la situazione
perché il tritone s’immerse sott’acqua.
“Non
sparire!” Sbraitò Naruto, ora iniziava ad
arrabbiarsi anche lui. Iniziò a remare.
Sasuke lo
seguì per un breve tratto, nuotava appena sotto la
superficie del mare, zizzagando sotto l’imbarcazione.
La sua coda brillava
dei colori del tramonto, come cosparsa di gemme. Naruto
l’osservò sospirando, era sul punto di staccarsi
dai remi per immergere un braccio e provare a sfiorarla. Per dargli
fastidio o che altro non sapeva nemmeno lui. In un attimo il tritone
scomparve nel nulla tra un’onda più gonfia delle
altre e la bianca schiuma. Gabbiani dalla livrea giovanile volavano
bassi emettendo versi striduli, poi risalivano in alto nel cielo e
contro il sole spiegavano le ali nere.
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Capitolo 4 *** Quarto capitolo ***
ultimo cap tritone
Il tempo era sereno e il cielo era scalfito da sporadiche nuvole
bianche. Naruto stava costruendo una trappola in corda intrecciata per
polipi, malgrado le dita tozze aveva una grande manualità .
“Allora sei buono in qualcosa.”
Sobbalzò appena. Si era ormai abituato allo sguardo di
Sasuke fisso su di lui e al silenzio leggero sceso tra loro.
“Ah! Ma sta zitto!” Gli tirò una
spallata e Sasuke rispose spingendolo con altrettanta forza. Naruto si
sbilanciò e rischiò di perdere la cesta in mare.
Il tritone scese in acqua. Si erano messi seduti sul culmine di un molo
di legno dall’aspetto dimesso, in quel modo Sasuke in caso di
necessità avrebbe potuto nascondersi sott’acqua
rapidamente.
“Lasciami finire in pace!” Sbraitò
Naruto e allungò un piede per colpirlo, ma Sasuke lo
bloccò per la caviglia.
“Mi sto annoiando.” Dichiarò scrutandolo
con quei suoi occhi neri.
“E io che posso farci?”
“Vorrei vedere casa tua.”
Naruto si grattò la nuca in preda all’imbarazzo,
era la prima volta che Sasuke mostrava in modo così palese
curiosità nei suoi confronti.
“Non è…” Tentennò
un attimo. “non è niente di speciale.”
“Non avrò molte altre occasioni di vedere dove
vivete voi umani, ma se non vuoi—”
“Certo che voglio!”
Qualcosa cambiò sul volto di Sasuke, un angolo della bocca
appena spostato. Naruto colse al volo quel particolare.
“Abito pure qui vicino, da casa mia si vede il
mare.” Disse d’istinto con entusiasmo, avrebbe
pensato dopo alle conseguenze.
“Ottimo.” Sasuke galleggiò sulla schiena
e riversò il capo all'indietro, chiudendo gli occhi. Il sole
batteva forte contro il suo viso. “Agiremo col favore delle
tenebre.”
“Un appuntamento notturno.” Mugugnò
Naruto legando le corde di coir.
Con un colpo di reni Sasuke si rigirò nell’acqua.
“Che hai detto?”
“Che va bene! Verrò a prenderti questa sera, verso
la piana dove pascolano i cavalli. Casa mia è giù
di lì.” Gli indicò la zona con un vago
gesto della mano.
Sasuke non lo guardò nemmeno, s’incassò
nelle spalle e sbatté la coda. “Non so che intendi
per appuntamento, idiota, ma la mia è semplice
curiosità.” Disse così serio che Naruto
non poté trattenersi dallo scoppiare a ridere.
La notte era limpida e tirava un leggero maestrale. Naruto per qualche
ragione sentiva che Sasuke questa volta sarebbe stato puntuale.
Avanzò faticosamente con la carriola sulla spiaggia, non era
riuscito a pensare a nulla di meglio per trasportare il tritone sino a
casa.
Vide la coda guizzare fuori dall’acqua e brillare riflettendo
la luce della luna.
Naruto appoggiò sulla sabbia la lanterna a olio e si
accovacciò, le onde che s’infrangevano placide
sulla riva gli sfioravano i piedi.
“Ehi! Sasuke!” Disse a voce bassa.
Il tritone emerse dall’acqua e si fece più vicino.
Teneva per la coda una sogliola di modeste dimensioni. “Non
urlare, idiota.”
“Io…” Naruto strinse i denti.
“Io non stavo urlando! Ci stavo facendo attenzione!”
Sasuke ghignò e Naruto capì di essere cascato in
pieno nelle sue stupide provocazioni.
Il tritone gli porse il pesce. Sanguinava ancora dalle branchie e il
ventre biancastro riluceva a tratti nell’oscurità.
Naruto accettò felice l’offerta. “Wow!
Che bell’esemplare.” Osservò
accuratamente la sogliola e l'agitò un paio di
volte davanti al viso per vedere se reagiva ancora.
“È per sdebitarmi
dell’ospitalità.” Disse e facendo leva
sulle braccia iniziò a trascinarsi fuori
dall’acqua. “Dai, andiamo.”
Naruto fece un mezzo sorriso stupito. Raccolse la lanterna, illuminando
il corpo del tritone. “Così non ce la faremo
mai.”
“Che intendi?” Si girò di scatto e
dovette schermarsi gli occhi con una mano a causa della luce intensa
prodotta dalla lampadina. “Hai detto che casa tua
è vicina al mare... e levami questa luce dalla
faccia!”
Naruto alzò lo sguardo. “Ho detto che si vede il
mare, non mi ascolti allora. Dista mezzo chilometro.”
Vide le spalle di Sasuke fremere e pensò fosse rabbia, ma
forse era semplicemente molto dispiaciuto.
“Finiremo per farci scoprire…“
“Per questo ho portato una carriola!” Disse
battendosi il palmo aperto sul petto.
Sasuke guardò il mezzo di trasporto sconfortato: una stupida
carriola verde mezza arrugginita. Aggrottò la fronte, si
sentiva preso in giro ma si rendeva conto che mancavano alternative
valide.
Naruto lo aiutò a salirci sopra, ovvero lo
scaraventò dentro a fatica. Il tritone ci stava a malapena e
la lunga coda quasi toccava terra.
Naruto afferrò i manici e spinse. Anche se l’aria
era fresca dopo poco tempo iniziò a grondare sudore e la
canottiera gli si appiccò alla schiena madida.
Appena imboccato il sentiero di sassi, Sasuke spense il fuoco della
lanterna che Naruto gli aveva affidato per illuminare il cammino.
“Che diavolo fai? Non si vede più
niente!”
“Era troppo rischioso, avrebbero potuto scoprirci.”
Disse. “Stai calmo ci vedo bene al buio.”
“Ma non sai la strada.” Replicò Naruto,
facendo attenzione a parlare a bassa voce.
“Anche i tuoi occhi si abitueranno presto
all’oscurità.”
Il sentiero attraversava campi brulli, l’erba era rada e
bruciata dal sole, sparsi qua e là c’erano dei
piccoli arbusti tra i cui rami i piccoli uccellini trovavano rifugio.
Un fruscio di sterpaglie e il rintocco di zoccoli sul terreno
segnalarono la presenza di un branco di cavallini dell’Isola.
Alcuni pascolavano spostandosi con passo lento e cadenzato, altri
invece si fermavano a osservarli incuriositi. I loro grandi occhi scuri
brillavano nella notte.
Sasuke li osservò in silenzio, era diventato
più taciturno del solito. “Quanto puoi resistere
fuori dall’acqua?” Disse Naruto sperando di
spostare l’attenzione su di sé.
“I miei polmoni sono più piccoli di quelli di voi
umani, quindi faccio solo un po’ più di fatica a
respirare e non posso fare grossi sforzi sulla terra ferma. Tutto
qui.”
“Volevi farti la strada a piedi! Cioè, a mani,
trascinandoti in giro! Sei un pazzo!”
“Ti ho detto di non urlare!”
“Chi vuoi che ci senta? Non c’è nessuno
qui!”
“Chiudi il becco e spingi.”
“Perché?” Disse Naruto, fingendosi
tranquillo. “Stiamo andando troppo piano?”
“Già.”
Naruto si asciugò il sudore dalla fronte e strinse la presa
sui manici. “Ora ti faccio vedere!”
Si mise a correre, anche se con le infradito ai piedi faceva una fatica
immane. Il terreno era sconnesso e più di una volta
rischiò di finire a terra e ribaltare la carriola. Sasuke
gli inveì contro inutilmente e quando arrivarono alla
discesa Naruto alzò un urlo di felicità.
L’irta salita poco dopo però gli
stroncò il fiato e verso metà dovette arrendersi
e riprendere a camminare.
“Se mi facevi cadere non ne uscivi vivo.”
Sibilò cercando di sgranchirsi la schiena che aveva accusato
diversi colpi a causa della guida folle del ragazzo.
“Non mi sarei pentito di nulla.” Esclamò
Naruto ansando. “Siamo quasi arrivati.”
La casa era piccola, in stile occidentale e dall’intonaco
bianco. Il giardino sul davanti era soggetto all’incuria,
l’erba era alta e gli alberi di limone mai potati innalzavano
al cielo i loro rami sparuti carichi di frutti. Lo steccato basso che
circondava la casa s’interrompeva al livello di un vialetto
in ghiaia che conduceva all’ingresso. Accatastate alla parete
c’erano diverse attrezzature per la pesca, una spessa corda
faceva capolino da sotto un telone di plastica che sembrava celare una
piccola barca.
Naruto tirò giù Sasuke di peso, anche se fu per
un breve istante dovette prenderlo in braccio e sentì
qualcosa di strano, un dolore piacevole forse, all’altezza
dello stomaco. Una volta messo a terra il tritone si sollevò
facendo forza sulle braccia, mentre Naruto gli sorreggeva la coda con
qualche difficoltà dato che era grossa, scivolosa e pesava
moltissimo.
“Benvenuto a casa!”
L’anticamera era divisa dalla stanza centrale con cucina
annessa da un gradino. La sala di appena otto tatami era arredata da un
divano, un tavolino basso e un mobile con sopra un televisore. In un
angolo troneggiava una pianta di pandanus dalle lunghe foglie
impolverate. La stanza era illuminata da un’ampia
portafinestra che incorniciava una bella vista sui prati, i boschi di
pini e infine un pezzetto di mare. Lo squarcio di cielo visibile era
luminoso di stelle.
Stretta tra il divano e il kotatsu c’era una piscinetta per
bambini di plastica arancione trasparente decorata con disegni di pesci
farfalla.
Sasuke sollevò un sopracciglio.
“Pensavo fossi più comodo in qualcosa che ti
ricordasse il tuo ambiente.” Disse Naruto.
Il tritone commentò con qualcosa d’incomprensibile
a denti stretti e nascose il viso dietro i lunghi capelli. Non
l’avrebbe mai confessato a voce alta ma aveva apprezzato il
gesto.
Si accomodò nell’acqua tiepidina della piscina. La
coda rimaneva per metà fuori adagiata sul pavimento, ma
rispetto al viaggio ora stava decisamente più comodo.
“Pensavo di portarti nella vasca da bagno, ma poi ci saremmo
annoiati dovendo passare tutta la serata lì
dentro.” Naruto lo scavalcò per recuperare il
telecomando sul divano. “Toh, guardati qualcosa.”
Disse accendendo la tv su un canale a caso.
Sasuke dovette strizzare gli occhi, la luce del televisore era davvero
fastidiosa nella penombra.
Naruto si mise ai fornelli, intento a cucinare la sogliola gentilmente
offerta dall'amico. Non era molto bravo in cucina, sapeva giusto
grigliare e miscelare qualche condimento. Aveva l’abitudine
di fare le cose di fretta e anche questa volta non pulì
accuratamente il pesce cosicché quando lo mangiarono si
ritrovarono dei granelli di sabbia sotto i denti.
“Com’è? Non male l’invenzione
del fuoco.”
Vide Sasuke accigliarsi. “È buono.”
Acconsentì alla fine.
Naruto gli lasciò metà del suo piatto.
Il pesce cotto aveva un sapore delizioso e molto delicato. Il profumo
sprigionato dal succo di limone e la sapidità della salsa di
soya risvegliarono i suoi sensi. Sasuke era certo che non avrebbe mai
dimenticato quei sapori e odori.
In tv davano la replica della partita di baseball del
mercoledì, gli Indians contro i Minnesota Twins. Nonostante
sapesse già i risultati Naruto non riuscì a
trattenersi dall'esultare per una valida della sua squadra preferita.
Sasuke lo fissò perplesso, non capiva tanto entusiasmo
per... per qualunque cosa fosse quello che stavano guardando.
Naruto intercettò il suo sguardo e gli accennò un
sorriso.
“Si chiama baseball, è un gioco di squadra molto
famoso e divertente. Ci sono nove giocatori per squadra e nove fasi
chiamate inning in cui ogni squadra ha un turno di battuta. Quello
lì con la mazza in mano è il battitore, chiaro? E
deve tentare di segnare.”
Sasuke inclinò il viso e storse la bocca. “Non ho
capito, come diavolo dovrebbero segnare? Non c’è
nemmeno una porta.”
A Naruto s’illuminarono gli occhi, le parti si erano
ribaltate e per una volta era Sasuke quello completamente ignaro, si
sentì particolarmente utile. Spiegò in modo
semplice, ma senza omettere particolari, e ogni tanto si faceva
prendere dall’entusiasmo raccontandogli qualche aneddoto sui
suoi compagni di squadra.
Sasuke rimase stupito da quanta sicurezza dimostrasse Naruto in quel
momento, non sembrava più il solito ragazzo imbranato e un
po’ superficiale. Il baseball sembrava stargli veramente a
cuore.
“Sakura è pazzesca, lei batte più forte
di qualsiasi giocatore io abbia mai incontrato. Purtroppo il prossimo
anno dovremmo dividerci in squadre diverse.”
“Perché mai?”
“Maschi e femmine non giocano insieme a livello agonistico.
Potremmo continuare ad allenarci insieme ma non sarà
più la stessa cosa.”
“Ti dispiace così tanto?”
“Beh, sì.” Naruto si passò
una mano dietro la nuca. Spense il televisore e la sala illuminata solo
dalla luce della luna sembrò sprofondare nelle acque quiete
e misteriose dell’oceano.
“Si vede la via lattea.” Sasuke lo
invitò a guardare attraverso la finestra il drappo violetto
di stelle avvolto da un pallido chiarore.
“Già. Le stelle sembrano così vicine
questa notte.”
“Naruto.”
Il ragazzo si girò guardandolo in viso.
“Vivi qui da solo?”
“Vivevo insieme a mio zio Jiraiya fino a quando, un paio di
mesi fa, non si è ammalato gravemente al cuore ed
è stato ricoverato in ospedale.” Naruto
rigirò le bacchette di legno tra le dita. “Stavamo
così bene insieme. Non ricordo molto dei miei genitori e lui
è la persona che si è sempre presa cura di me da
quando ero piccolo. “
Sasuke sbarrò gli occhi. “Perché non me
ne hai parlato?”
“Io…” Naruto distolse lo sguardo e
tornò a osservare il cielo. “Io mi
vergognavo.”
Sasuke sferrò un pugno nell’acqua, sollevando
schizzi. “Di cosa dovresti vergognarti, dello zio che sta
male? Idio—”
“Non sono più riuscito ad andare a trovarlo,
capisci? Non ne ho più avuto la forza. È di
questo che provo vergogna.” Naruto si guardò i
palmi aperti, la sua voce era calma, inerme, e Sasuke capì
che qualcosa era sfuggito completamente al suo controllo. Aveva
sottovaluto quel ragazzo.
“Tuo zio… sta così male? Sono certo
guarirà presto, me ne hai sempre parlato come un uomo
forte.” Disse deciso.
Naruto si asciugò l’angolo dell’occhio.
“I medici gli hanno dato pochi mesi. L’operazione
che poteva salvarlo non è riuscita e ora è in
coma.”
Sasuke rimase in silenzio, aspettando che fosse l’amico a
rimettere in ordine i pensieri.
“Ogni volta che ne parlo, non va bene, perché
sento il cuore stringersi.” Naruto si prese la canottiera e
ne strizzò la stoffa. “È come se
facesse
freddo all’improvviso, inizio a piangere fissando questa
finestra e non riesco più ad alzarmi per tutta la giornata.
L’idea di restare da solo…” Si
passò una mano sul collo come a svelare un senso di
soffocamento. “questo senso di solitudine alle volte
è insopportabile.”
“So bene di cosa parli.”
“Anche tu senti la mancanza di qualcuno?” Naruto si
sporse verso la piscinetta.
“Di mio fratello, dei miei genitori e non solo. Di tutti,
perché non è rimasto più nessuno della
mia stirpe.”
“Vorresti dire—”
“Che sono l’ultimo tritone rimasto, non
c’è più nessun altro come me.”
Lo stupore, la rabbia e la tristezza si susseguirono sul volto di
Naruto in un goffo guazzabuglio. Sentì di aver sbagliato
tutto perché aveva creduto fin dall’inizio che lui
e Sasuke fossero simili, che potessero comprendersi a vicenda e invece
non era affatto così. I ruoli al contrario di ogni
aspettativa si erano invertiti ed era lui a non poter assolutamente
comprendere Sasuke. Perché la sua solitudine era immensa
come l’universo, incalcolabile come le stelle nel cielo di
Yonaguni. Gli afferrò un braccio, anche se si sentiva un
puntino insignificante non gli avrebbe permesso di portare quel peso da
solo. Gli si buttò addosso, abbracciandolo. Il peso dei loro
corpi schiacciò un lato della piscinetta e l’acqua
si riversò lentamente sul pavimento.
“Che fai? Sei impazzito?” Sasuke oppose una debole
resistenza che terminò non appena sentì le
lacrime tiepide di Naruto bagnargli l’incavo del collo.
“Anche se siamo così diversi non ha
importanza.” Mormorò Naruto stringendolo a
sé.
Sasuke lo lasciò fare e inconsciamente regolò il
ritmo del proprio respiro su quello dell’amico.
“Io non ti lascerò mai solo.”
Circondò a sua volta Naruto con un braccio e con le dita gli
sfiorò i capelli morbidi. Socchiuse gli occhi e
osservò il soffitto soffusamente illuminato.
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