Mystery of Love

di padme83
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rapture ***
Capitolo 2: *** Devotion ***
Capitolo 3: *** Annihilation ***
Capitolo 4: *** Choices ***



Capitolo 1
*** Rapture ***


( ... blessed be the... )
- Mystery of Love -




 

Summer 1983, somewhere in northern Italy


 


 


Egli mi costringeva ad amarlo senza guardarmi.
(Charlotte Brontë – Jane Eyre)


 



 

~ Rapture ~

 


 


 

"I think I'm drowning, asphyxiated
I want to break the spell that you've created.
You're something beautiful, a contradiction,
I want to play the game, I want the friction.

You will be the death of me.
Yeah, you will be the death of me.

Bury it, I won't let you bury it,
I won't let you smother it, I won't let you murder it.

Our time is running out, and our time is running out.
You can't push it underground. We can't stop it screaming out."

 

 

 

È seduto in giardino, accarezzato dalle fronde ombrose dei tigli, e legge un libro, come sempre.
Questa mattina, però, la lettura sembra appassionarlo ancor più del solito: ne sono testimoni il quaderno con gli spartiti e l'immancabile walk-man, che giacciono dimenticati ormai da tempo in un angolo del grande tavolo di pietra sopra il quale è sua abitudine studiare. La vecchia pendola, nel vestibolo della villa, ha già battuto dodici sonori rintocchi: tra poco Mafalda chiamerà tutti a raccolta per il pranzo, ma Elio non dà segno di curarsene, un lieve sorriso a illuminare il raffinato cesello del viso, gli occhi che si muovono voraci sulle pagine, assaporando parole, immagini, sogni.
Né tu, Oliver, vorresti scuoterlo dalle sue fantasticherie, perché – saresti uno sciocco a negarlo – da interminabili minuti lo stai osservando di nascosto, completamente rapito.
Ringrazi il cielo per questa inaspettata possibilità: scrutarlo in silenzio, mentre la sua mente vaga ignara per universi sconosciuti fatti di carta e inchiostro, è da giorni l'unico modo per avere un contatto con lui, seppur effimero. Dovresti sentirti un po' in colpa, per questo, lo ammetti. Poco meno di un ladro, di un impostore, ecco ciò che sei, Oliver. In realtà, se solo potessi, se davvero fossi tanto abile, protrarresti questi rari momenti di quiete il più a lungo possibile. C'è un limite alla tensione che un uomo può sopportare, diamine, e lo sa Dio a quali vette di tormento e frustrazione Elio Perlman è in grado di condurti, quando ci si mette d'impegno.
Per fortuna, oggi non è una di quelle giornate. Pensi che, qualunque sia l'autore capace di coinvolgere il ragazzo a tal punto – tanto da concedere a entrambi un'intera mattinata di tregua –, meriti come minimo la tua imperitura gratitudine – unita, naturalmente, ad una buona dose di pungente gelosia, come qualsiasi altra cosa che distolga da te le attenzioni di Elio, anche se solo per un poco.
La sua capacità di restare immobile per ore, con un libro aperto fra le mani eleganti, non manca mai di lasciarti profondamente stupito; alla sua età nulla riusciva a tenerti fermo, avevi l'argento vivo addosso, come era solita ripetere tua nonna, e correvi il rischio di romperti l'osso del collo almeno un paio di volte al giorno. Elio invece sembra sempre così calmo, distaccato, imperturbabile: come se non facesse davvero parte di questo mondo, come se nulla potesse toccarlo o ferirlo. Tuttavia, tu hai ben presente quanto le apparenze possano trarre in inganno, e la verità, nel caso del rampollo della famiglia Perlman, è assai più ambigua e complessa di quanto risulti ad uno sguardo distratto.
Elio è un idealista, un sognatore, su questo non hai alcun dubbio. È un introverso, anche, e sentirsi a proprio agio in mezzo alla gente e alla confusione non rientra certo fra le attività in cui eccelle. Eppure, tu hai visto cosa si cela dietro quel suo cipiglio serio e i suoi modi garbati; tu sai cosa dissimulano i suoi silenzi infiniti. C'è così tanto in lui, in ogni suo gesto, in ogni sua parola, in ogni nota che ruba al pianoforte quasi da essa dipendesse la sua stessa salvezza: un caleidoscopio di vibranti sfumature che ti irretiscono e, in egual misura, ti attraggono, ecco cos'è Elio Perlman. Un'anima antica, eterea solo in apparenza, un torrente di montagna in perenne subbuglio, una creatura incantevole resa ancora più preziosa da una fame di vita talmente urgente e bruciante da risultare a tratti dolorosa. Uno spirito indomito, a malapena tenuto a freno dalle briglie di un carattere fiero, appassionato, dolce e feroce ad un tempo.
Ti è bastato un istante, durante la prima passeggiata in paese, per capire, per avere l'assoluta certezza che con quella massa scomposta di ricci scuri niente sarebbe stato facile – per te, più che per lui. Hai incrociato il suo sguardo per la frazione di un secondo, e ti sei sentito perduto. Quegli occhi – ricordi di aver pensato quella sera stessa, avvolto dal profumo fresco e inebriante delle sue lenzuola – quegli occhi potrebbero strappare segreti alla più tenebrosa fra le anime dell'Inferno. Occhi che vedono, non guardano soltanto, occhi capaci di squarciare il velo impenetrabile dell'oscurità, di passare incolumi oltre il terribile confine che divide la pelle dal sangue che scorre impetuoso nelle vene. Occhi impossibili da dimenticare, di un punto di verde talmente insolito e intenso da sembrare irreale. Sfiorati da un caldo raggio di sole, avevano brillato, luminosi, come ossidiana bagnata, e ardenti, simili a lampi nel buio inviolabile di una notte priva di stelle.
Da allora non fai che struggerti al cospetto della perversa ostinazione con cui Elio si rifiuta di guardarti, occultando alla tua vista quel tesoro inestimabile che porta incastonato nel volto, e del cui immenso potere sembra essere totalmente inconsapevole – o magari no.
Ma, in fondo, forse – forse – è meglio così, anzi. Dovresti essergli grato, per la cura meticolosa con cui evita di indurti in tentazione. Il problema è che, per quanto si sforzi, Elio non può comunque nasconderti tutto se stesso: non è un ragazzo che passa inosservato in condizioni normali, figuriamoci davanti a te, che quasi sei consapevole della sua presenza – o assenza – anche mentre stai dormendo. Le sue labbra – due archi pieni e perfetti, rossi come pesche mature, e altrettanto invitanti –, quelle dannate labbra, ad esempio, sarebbero un motivo più che sufficiente per spingerti a stargli alla larga – sempre, ovviamente, che tu voglia continuare a conservare intatte tutte le tue facoltà mentali. Peccato che tu non sia affatto sicuro di volerlo. Non vuoi o non puoi, schiavo come sei di un incantesimo che non ti lascia alcuno scampo, nessuna possibilità di salvezza? Smarrito in una malia che intorpidisce i sensi, ti scopri incapace di opporti al capriccio sconveniente che ti tortura le dita, a quella voglia impudica che ti toglie il fiato. E ti infiamma il cuore.
Quando Elio è teso, ha l'abitudine di mordersi lentamente il labbro inferiore.
Come in questo momento.

Un invito esplicito.
Impudente.
Irresistibile.
Dio, cosa non faresti a quelle labbra!
- Ragazzi, avanti, venite a tavola, il pranzo è pronto. -
Un sospiro, l'ennesimo, e ritorni tuo malgrado alla realtà.
Les jeux sont faits, rien ne va plus.
- Arriviamo, Signora Perlman. -
Per quanto tempo ancora combatterai contro te stesso, Oliver?



 

"I wanted freedom, but I'm restricted.
I tried to give you up, but I'm addicted.
Now that you know I'm trapped sense of elation.
You'll never dream of breaking this fixation.
You will squeeze the life out of me.

Bury it, I won't let you bury it,
I won't let you smother it, I won't let you murder it.

Our time is running out, and our time is running out.
You can't push it underground, we can't stop it screaming out.
How did it come to this?

You will suck the life out of me..."


 

 



 

{Words Count: 1032}

 

 

 



 

Nota:

Buonasera a tutt*!

Chi non muore si rivede ^^'

Cosa volete che dica a mia discolpa? Doveva essere una flashfic (anzi, è nata come una drabble, giusto così per togliermi il prurito dalle mani), ma poi giuro che non so cosa sia successo, e questo è il risultato.

"Chiamami col tuo nome" (sia il magnifico libro di Aciman che il film di Guadagnino) è al momento quasi un'ossessione per me, e se da una parte avvertivo il bisogno di scrivere qualcosa al riguardo, dall'altra ora mi sento molto, moooolto inadeguata – e anche abbastanza stupida – per essermi accostata a qualcosa di assolutamente perfetto, e che di certo non necessitava del mio contributo.

Insomma, crush nuova, dilemmi vecchi, siam sempre lì XD

Spero di essere riuscita a restituire un ritratto perlomeno accettabile di Oliver, personaggio per il quale confesso di avere ben più di un debole.

La colonna sonora (Mystery of Love, Sufjan Stevens), immancabile as usual, è forse in questo caso scontata, ma altresì doverosa.

-- EDIT: dato che, da One-Shot, questa storia si è trasformata in una raccolta (ed è a questa nel suo insieme che fa riferimento Mystery of Love), ho pensato che anche "Rapture" meritasse una ost tutta sua, esattamente come gli altri capitoli. E cosa c'è di più assolutamente perfetto di Time is running out dei Muse? L'ho riportata tutta perché, davvero, si adatta come un vestito fatto su misura all'intero testo. --

Ringrazio come sempre chi vorrà leggere, e magari lasciarmi un piccolo commento :)

Vi aspetto su Lost Fantasy, se vi va (per raggiungermi in fretta, basta cliccare sull'icona con i due gioppini vicino all'immagine del profilo) ;)

A presto! (leggete il post scriptum di cui sotto per capire quanto purtroppo sia tragicamente improbabile un mio prossimo ritorno)


Baci :*


padme



 

P.S: il 17 giugno 2018 è nato il #PiccoloPadawan_n2! :D

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Capitolo 2
*** Devotion ***


Velia, sempre e per sempre.


 

Ti cammino sul cuore,
ed è un trovarsi d'astri
in arcipelaghi insonni...

(Salvatore Quasimodo - Dammi il mio giorno)

 

 

 


 

Devotion ~


 

 

 

"Do you remember the way that you touched me before,
all the trembling sweetness I loved and adored.
Your face saving promises whispered like prayers.
I don't need them.
I need the darkness, the sweetness,
the sadness, the weakness,
oh I need this.
I need a lullabye, a kiss goodnight,
angel, sweet love of my life
oh I need this.
"


 


 


 

 

Apri gli occhi, lentamente.
Pieghi cauto il capo, inseguendo la fonte del chiarore che ti ha pizzicato con dolcezza le palpebre, costringendole a sollevarsi.
Non sei abituato a svegliarti in questo modo. A New York, la città che non dorme mai (e c'è un motivo se la chiamano così), le luci violente e perpetue dei palazzi e il frastuono delle strade che circondano il tuo appartamento ti impongono ogni sera di chiudere con cura le tende, se vuoi avere la possibilità di riposare per qualche ora.
La campagna cremasca è invece talmente diversa dalla metropoli in cui vivi, talmente aliena, che a volte ti sembra di aver compiuto un infinito pellegrinaggio nello spazio, attraverso universi lontani e sconosciuti, prima di ottenere l'ambito privilegio di violare la sacralità dei suoi confini.
Oltre i battenti spalancati della finestra, uno spiraglio d'aurora tinge di madreperla il cielo limpido di inizio agosto.
Una brezza leggera ghermisce le fronde degli alberi, trascinandole in un gioco armonioso, e al suo leggiadro cospetto persino il caldo torrido tipico della pianura lombarda deve ammansire l'orgoglio e cedere temporaneamente il passo, fino a che il sole non infiammerà ancora d'oro rosso e bronzo il profilo terso e luminoso dell'orizzonte.
Adori questo momento.
La camera si riempie del profumo lussureggiante dei gelsomini, dei fiori di campo e delle pesche mature, mentre una luce morbida e purissima irrora d'azzurro il candore vibrante delle pareti.
Le ombre dei tigli si stagliano tremule sui muri e sull'alto soffitto, in una danza ipnotica e onirica che trasfigura le tue percezioni, cullandoti con appassionata tenerezza, trasportando te e la creatura abbandonata fra le tue braccia nella quiete ovattata e silenziosa di un esotico fondale marino.
L'aria appena più fresca spinge Elio, profondamente addormentato, a stringersi sempre di più contro il tuo fianco. Sorridi fra i suoi capelli, mentre con una mano gli accarezzi la schiena nuda e con l'altra recuperi a tentoni il lenzuolo che giace scomposto da qualche parte fra le vostre gambe intrecciate, per cercare di coprirlo e riscaldarlo almeno un po'. Il ragazzo emette un gemito flebile nel sonno, e il fiato che ti solletica la spalla e l'incavo del collo è umido e tiepido, pregno del suo sapore – e anche del tuo.
Ti scosti un poco, facendo leva sul gomito, portando gentilmente Elio a poggiare la bella fronte sul cuscino, per poterlo ammirare meglio, con tutta la calma e il trasporto di cui senti il pressante bisogno. È un piccolo rito che celebri ogni mattina, dal momento in cui avete iniziato a condividere l'intimità della notte, e ti piace quasi – quasi – quanto fare l'amore con lui, anche se non glielo hai mai detto e, in fondo, nemmeno pensi che sia davvero necessario che lui lo sappia.
Lasci vagare lo sguardo, beandoti della perfezione di quel corpo etereo e sensuale ad un tempo, colmandoti di lui in ogni fibra del tuo essere, come un supplice dinnanzi all'effige del dio al quale è devoto, e ti chiedi, tra la meraviglia e lo sgomento, se anche Psiche abbia avvertito la stessa emozione, lo stesso struggimento, gli stessi artigli conficcati nel petto quando, contravvenendo all'ordine del suo misterioso amante, ha contemplato le sublimi sembianze di Amore per la prima volta.
Perché con Elio è così, con lui è sempre la prima volta, per tutto. E ogni sospiro raccolto, ogni bacio rubato, ogni nuovo brivido d'estasi è come rinascere, è come tornare a casa dopo un lungo viaggio, o rivedere finalmente terra in seguito ad un rovinoso naufragio.
Lo osservi ancora, senza battere ciglio. Vuoi che la sua immagine rimanga marchiata a fuoco dentro la retina dei tuoi occhi, per custodirla, come un tesoro prezioso, in una teca di cristallo al centro del tuo cuore. Sarà il simulacro al quale fare appello quando le tue mani saranno vuote e le tue labbra divorate dalla solitudine e dal crudo desiderio, quando ogni singola cellula del tuo corpo urlerà la mancanza di lui e di quella parte di te che senza di lui non ha alcuna ragione di esistere.
Perché sulla sua pelle hai trovato te stesso, e tutto ciò che ti mancava per essere completo.
La sua bocca spicca purpurea sul pallore immacolato del volto, liscia e fragrante come un bocciolo di rosa, e tu non provi nemmeno a resistere. La sfiori delicatamente con l'indice, delineandone piano i contorni, percorrendola avanti e indietro, saggiandone avido il tepore e la consistenza, scoprendola piena, vellutata, arrendevole sotto il tocco affamato delle tue dita.
In questo modo, però, Elio presto si sveglia – non che la cosa ti dispiaccia, anzi; nella lieve penombra della stanza, le sue iridi, trasparenti come schegge di vetro, splendono simili a stelle gemelle. Ti guarda divertito – la sua timidezza, così come l'impaccio iniziale, non sono altro che un vago ricordo – e il suo sorriso è un miracolo del quale ancora non riesci a capacitarti. Si erge rilassato fra le lenzuola, scivolandoti addosso con la grazia e l'eleganza di un cigno che volteggia sulle acque placide di un lago. Un ultimo pensiero razionale ti attraversa la mente, prima che i vostri corpi si fondano e la sua lingua coinvolga la tua in una lotta senza esclusione di colpi, scivolosa e ardente, antica ed eterna quanto l'umanità stessa: ora sai come Zeus sedusse Leda, Regina di Sparta, per amarla e farla sua fra le vette del monte Taigeto.
I vostri respiri si infrangono nel bagliore rarefatto dell'alba. Ed è l'incantesimo di una sirena che vi lega a sé con la sua voce ammaliante, chiamandovi per nome dalle sponde di un oceano perduto al di là delle soglie del tempo.

 

 


 

"Well, is it dark enough, can you see me?
Do you want me? Can you reach me?
Oh I'm leaving.
You better shut your mouth and hold your breath.
You kiss me now, you catch your death.
Oh I mean this."


 


 



 

{Words count: 925}


 


 



 

Nota:

E niente, finché ce n'è si va avanti, quando non ce n'è più ci si ferma, punto. Semplice, chiaro, preciso.

Tanto dipende sempre dal #PiccoloPadawan e dal #PiccoloSith (promosso sul campo perché, a soli due mesi, si è già guadagnato la fama di più grande stracciaboccini della storia dell'umanità). Insomma, non garantisco niente, come al solito. Abbiate pazienza.

La canzone che mi ha accompagnata nella stesura di questo capitolo è My Skin, di Natalie Merchant: ascoltatela, ne vale la pena.

Ringrazio come sempre chi vorrà leggere, e magari lasciarmi un piccolo commento :)

Vi aspetto su Lost Fantasy, dove il fangirlamento selvaggio in questo periodo sta conquistando vette più alte che mai (per raggiungermi in fretta, basta cliccare sull'icona con i due gioppini vicino all'immagine del profilo) ;)

A presto!


Bacioni :*


padme


 

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Capitolo 3
*** Annihilation ***


Il mondo intero è una spaventosa collezione di ricordi,
e ognuno di essi grida che lei è esistita, e io l'ho perduta.

(Emily Brontë - Cime Tempestose)


 


 


 

~ Annihilation ~

 

 


 

"No one knows what it's like to be the bad man,
to be the sad man behind blue eyes.
And no one knows what it's like to be hated,
to be faded to telling only lies.
But my dreams they aren't as empty
as my conscious seems to be.
I have hours, only lonely.
My love is vengeance that's never free."

 

 

 


 

"Oh dolci baci, oh languide carezze!
Mentre io fremente, le belle forme

disciogliea dai veli."

 

Le strofe struggenti della "Tosca" di Puccini[1] echeggiano malinconiche nella tua mente, ricordo di una gelida serata d'inverno trascorsa al Lincoln Center di New York[2] in compagnia di tutta la tua famiglia. Tua madre era una vera bellezza, e camminava altera al tuo fianco porgendoti il braccio, elegantissima nel raffinato soprabito di seta azzurra ricevuto in dono per il compleanno, che tanto bene si intonava ai suoi soffici capelli color del grano maturo. Quando la voce del pittore Cavaradossi, interpretato da un famoso tenore italiano, si era inerpicata vigorosa e disperata sulle battute finali di "E lucevan le stelle", i suoi occhi d'oltremare avevano brillato, umidi di lacrime; la sua mano, ancora liscia come quella di una ragazzina, tremava nel cercare furtiva la tua, quasi a volersi scusare di averti reso partecipe di quel passeggero – e, forse, per lei inopportuno – momento di debolezza. Le avevi stretto le dita fra le tue, piano, e le avevi sorriso, con premurosa sollecitudine, in quel tuo modo aperto e rassicurante che non manca mai di incantare chiunque, lei compresa. In realtà, allora non avevi capito affatto cosa l'avesse scossa tanto profondamente, proprio lei che, da che avevi memoria, si era sempre distinta per la tempra e la freddezza invidiabili dimostrate davanti a ogni tipo di situazione. Certo, la musica era divina, tra le più belle che avessi mai udito, e la vicenda portata in scena intensa e drammatica – il protagonista condannato a morte e il suo sogno d'amore svanito per sempre –, tuttavia tu non riuscivi, neppure con un enorme sforzo d'immaginazione – e sì che, di fantasia, nei hai sempre avuta parecchia –, a entrare in empatia con quel giovane sventurato... Semplicemente perché, di quel sentimento impetuoso, puro e carnale ad un tempo, consumato tra l'estasi e la rovina sopra i bastioni di Castel S.Angelo, nella città più seducente e passionale del mondo, di quel moto dell'animo che artiglia lo stomaco e prosciuga i polmoni, tu... tu non sapevi niente.
Ti porti una mano sul viso, in un muto cenno di resa. Dal balcone si intravede una sottile striscia di cielo, e la sua iridescenza è soffusa; al di là del profilo frastagliato dei tetti, il nero lucido della volta celeste viene trafitto soltanto dal baluginio effimero di uno sparuto grumo di stelle.
Bergamo come Roma, il sagrato della Basilica di S.Maria Maggiore[3] come la Cappella degli Attavanti, una piccola camera d'albergo come le alcove di Palazzo Farnese. E lo sa Dio se non preferiresti sfidare un plotone d'esecuzione, bendato e spogliato di ogni cosa, persino della dignità, piuttosto che salire sul quel dannato treno e affrontare l'interminabile viaggio che, da qui a qualche ora, ti porterà lontano dall'Italia, lontano dall'ultima estate felice della tua vita, lontano dal frammento più prezioso e autentico di te stesso. Lontano da lui.

 

"Svanì per sempre il sogno mio d'amore.
L'ora è fuggita, e muoio disperato, e muoio disperato...
e non ho amato mai tanto la vita. Tanto la vita."

 

Ti volti incerto verso l'interno della stanza, rischiarata appena dal fioco bagliore di una notte non ancora pronta a mutarsi in mattino, ed eccolo lì il tuo magnifico Endimione, steso supino fra le lenzuola di un letto sfatto, mollemente abbandonato nelle spire di un sonno inviolabile, accarezzato dalla luce morbida e discreta di un gentile raggio di luna. Sei geloso anche di lei.
Lo raggiungi a passi lenti, e ti siedi con cautela al suo fianco. Invidi quel riverbero affettuoso, quasi timido, che ne può sfiorare l'epidermide senza il timore di smarrirsi in essa per sempre. Vorresti fare tuo quel corpo esile che tanto adori fino a renderlo parte di te, fino a non poterlo più distinguere dalle tue stesse membra. Carne, ossa e sangue. Una cosa sola. Eppure, lo ammetti, urgente è anche il bisogno di fuggire via da questa tortura continua che ti sta uccidendo nell'intimo, dal logorio insopportabile che ti rosicchia il cranio con le sue zanne affilate e mostruose, perché la verità, Oliver, è che hai paura, una paura fottuta, indicibile, di te stesso, di Elio e delle emozioni sconosciute e travolgenti che ti fa provare quando siete vicini. Con lui è tutto così grande, così spaventosamente immenso, da non poterlo reggere, in alcun modo. Non eri preparato ad una tale epifania, sei abbastanza onesto da riconoscerlo: ti ha colpito subdola alle spalle, con una energia inattesa, violenta, distruttiva. Sei atterrito, privo di difese, incapace di reagire e combattere. Anni di studi accademici, passati a spaccarsi la testa sui più criptici pensatori della storia dell'umanità, spazzati via da un elementare gioco di sguardi. Che ironia.
Un rumore secco e improvviso, proveniente dalla strada – forse lo sbattere della portiera di un'auto –, scuote bruscamente Elio dal suo torpore. Allunga una mano per cercarti accanto a sé, sussurrando confuso il tuo nome, e, non trovandoti, alza di scatto il capo. Si guarda attorno con una frenesia che non fai fatica a comprendere, e quando finalmente si accorge della tua presenza silenziosa, si volta subito verso di te, mentre un sommesso sospiro di sollievo gli sfugge involontario dai denti.
Ed è proprio in questo momento, nell'istante preciso in cui i vostri pensieri entrano di nuovo in collisione tra loro, che l'intero Universo si frantuma, e voi insieme a lui.
Gli occhi di Elio scintillano ardenti nella penombra, percorsi da lampi di cieco terrore. Sono lo specchio esatto dei tuoi, non hai alcun dubbio a riguardo. Elio e Oliver. Oliver ed Elio. Mai come ora siete stati l'uno il riflesso perfetto dell'altro. Niente più maschere, niente più finzioni, bugie, sotterfugi per non confrontarsi con la realtà. Solo due anime messe a nudo, epurate di qualsivoglia inibizione o condizionamento, esposte e sconvolte dalla consapevolezza di una separazione tanto imminente quanto inevitabile e dolorosa. Vi siete appena trovati, e già siete costretti a perdervi.
Restate così, immobili, sopraffatti da una verità tanto potente e terribile da lasciarvi senza fiato, spezzati, tramortiti, annullati.
Ancora una volta, è Elio a recuperare per primo la forza di ribellarsi all'incantesimo, troncandone di netto l'occulto fluire: si sporge deciso verso di te, per poi portarsi lentamente alla tua medesima altezza. Prende il tuo volto fra le mani con estrema delicatezza, e la tensione creata da quel lieve contatto inizia a pulsare tra voi come il magma di un vulcano attivo in procinto di esplodere. Le iridi del ragazzo, sfolgoranti di malachite e giada, si tingono di tenebra, e la certezza di essere stato tu, tu e nessun altro, a generare quell'ombra cupa e strisciante al centro del suo cuore ti fa tremare le vene per l'angoscia e il senso di colpa. E, ciò nonostante, lo sguardo che Elio incatena al tuo è fermo, determinato, fiero. Asciutto. Non piange – oh no, no, non piangerànon adesso, non ti caricherà di questo peso (che tale non sarebbe per te, ma non riesci a dirglielo), ne sei fermamente convinto: si trattiene, per rammentarti anche in quest'occasione che, tra voi due, il più forte e coraggioso rimane sempre e comunque lui.
Perché Elio non conosce la paura, e la sua volontà può smuovere le montagne.
Avvicina dolcemente la fronte alla tua, e il fiato caldo che ti solletica le palpebre è seta e fuoco, desiderio e tormento, ammaliante tentazione ed ebbrezza stupita. Ti àncori alla sua bocca come un naufrago disperso tra le onde di un mare in tempesta, affidandoti completamente a lui mentre ti attira sicuro su di sé un attimo prima di sprofondare fra i cuscini.
Lo baci famelico, con tenerezza e ferocia, avvolgendolo con tutto te stesso, anima e corpo, per rimarcargli la tua presenza, il tuo esserci – qui, ora, in quest'ultima notte d'estate profumata di pesche e bagnata dal pianto remoto e commosso delle Perseidi.
- Non ti staccare da me. - soffi sulle sue labbra - Per nessuna ragione al mondo. - Il "No" che ricevi in risposta è a malapena un sussurro, così flebile che non sei nemmeno certo di averlo udito davvero. Lo stringi fra le braccia, forte, sempre più forte, fino a strappargli dalla gola un gemito strozzato. Gli fai male, ma non allenti la presa, non questa volta, e non gli chiedi perdono: delle tue scuse Elio non saprebbe che farsene. Non ti penti neppure dei segni con i quali le tue unghie stanno marchiando la sua pelle immacolata, ustionandola, vergandola senza pietà di stigmati che tra qualche minuto sporcheranno di carminio il candore virginale della sua schiena e delle scapole finemente cesellate. Ti scosti appena, quando l'ossigeno comincia a mancare a entrambi, e ti avventi con furia sulla linea pulita degli zigomi e della mascella, per poi scendere avido lungo la curva sinuosa del collo, dove indugi per un tempo infinito prima di proseguire ingordo verso il petto, il ventre e i fianchi, imprigionando fra i denti ogni singolo lembo di pelle che incontri sul tuo cammino, mordendolo, succhiandolo, consapevole di ogni minimo spasmo, di ogni sussulto che percuote il corpo di Elio, conscio che il modo in cui freme e singhiozza sotto il tocco bruciante della tua lingua sarà un ricordo che perdurerà in eterno, e che conserverai con imperitura devozione fra le pieghe nascoste e sigillate della memoria. Per il resto dei tuoi giorni, ricordare sarà la tua benedizione più grande... e la tua più perversa maledizione.
Torni a divorargli la bocca, disperatamente. Lo lasci solo per riprendere fiato, ma non resisti a lungo. Oltre il velo opaco delle lacrime – le tue –, Elio sorride, radioso, trionfante, e ti scruta come se volesse rubarti l'anima, inglobando i tuoi sospiri tra i graffi roventi e le spinte di una marea che monta smaniosa e implacabile in mezzo alle cosce. Si modella come creta nelle tue mani, agonizzante di piacere, arreso, accogliente, mentre ti penetra da parte a parte con quei suoi occhi così luminosi che nemmeno il firmamento intero sarebbe in grado di restituirne a pieno lo splendore.
Lo vuoi. Lo vuoi ancora. Lo vuoi così tanto che ti sembra di impazzire.
Un'ultima volta, prima che sorga il sole.


 

- Chiamami col tuo nome e io ti chiamerò col mio. -

 

 


 

"No one knows what its like to be mistreated,
to be defeated behind blue eyes.
No one knows how to say that they're sorry,

and don't worry I'm not telling lies.
But my dreams they aren't as empty
as my conscious seems to be.
I have hours, only lonely.
My love is vengeance that's never free."

 

 

 

 

[1] https://it.wikipedia.org/wiki/Tosca_(opera)
[2] Cercate su youtube Pavarotti - E lucevan le stelle (1980, Lincoln Center, New York). Non sono riuscita a scoprire in quale mese si sia tenuto questo concerto, per cui la "gelida serata d'inverno" è una mia spudorata licenza poetica. Nel caso disponiate di informazioni più specifiche, rendetemi edotta al riguardo.
[3] La Chiesa di Bergamo sul sagrato della quale Oliver... balla. A modo suo.

 

 

{Words Count: 1635}

 

 

 


 

Nota:

Avete presente quando le parole vi ronzano in testa continuamente, e l'unico modo per non impazzire è quello di buttarle tutte quante fuori, in un modo o nell'altro? Ecco, è proprio ciò che mi sta succedendo in questi giorni: la preoccupazione per l'integrità della mia salute mentale mi ha imposto di scrivere subito questo capitolo, anche e soprattutto per il benessere del #PiccoloPadawan e del #PiccoloSith, per i quali sarebbe opportuno avere una madre ancora capace di intendere e di volere. Più o meno insomma.

Ora, come è evidente, la storia in pratica finisce qui. Sappiamo tutti cosa succede dopo l'ultima notte a Bergamo. Però... c'è un però. Oliver potrebbe – e ribadisco potrebbe – avere ancora qualcosina da dire a proposito dell'intera faccenda. Per cui... stay tuned :D

Tra l'altro, è la prima volta che una delle mie raccolte assume una struttura così precisa, perché è chiaro che a questo punto le tre OS debbano essere lette in successione. Non era una cosa voluta all'inizio, ma è capitata, quindi ora bisogna effettivamente tenerne conto.

La colonna sonora che, anche in questo caso, mi ha accompagnata nella stesura del capitolo è, come avrete notato, duplice (ma dai?): oltre a "Lucevan le stelle" (che è parte integrante del testo, e non ha certo bisogno di presentazioni), la OS prende il via sulle note di Behind blue eyes dei The Who – anche se io l'ho ascoltata e ri-ascoltata e ri-ri-ascoltata nella versione dei Limp Bizkit. Sembrerebbe non avere nulla a che fare con la storia, ma in realtà non più di tanto, perché altro non è che un mio sentitissimo omaggio al personaggio di Oliver, nei confronti del quale in questi ultimi mesi si sono riversate le più terribili ingiurie. È passato per lo stron*o di turno, per il narcisista anaffettivo, bastardo e opportunista, e di più non mi dilungo, per carità di Dio. Ovviamente, se sono arrivata fin qua calandomi completamente nel suo punto di vista è lapalissiano che io a tal riguardo la pensi in maniera del tutto opposta (perché i suoi sogni non sono così vuoti come la sua coscienza sembra essere): si tratta certo di una mia opinione personale, che potrebbe naturalmente essere smentita, anche se questo è uno di quei rari casi in cui sono abbastanza sicura del fatto mio.

Comunque.

Prima Rumplestiltskin, poi Kylo Ren, adesso Oliver... tutti personaggi a cui la gente vuole un gran bene. Non è che il problema, alla fin della fiera, sono io? Mi chiedo quale sarà il prossimo disgraziato a difesa del quale mi ergerò a paladina XD

Ringrazio come sempre chi vorrà leggere, e magari lasciarmi un piccolo commento :)

Ringrazio chi ha già recensito, e chi ha inserito la storia fra le preferite.

Mi trovate su Lost Fantasy, venghino ragazzuole e ragazzuoli, venghino! (per raggiungermi in fretta, basta cliccare sull'icona con i due gioppini vicino all'immagine del profilo) ;)

Alla prossima!


Bacioni :****


padme

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Capitolo 4
*** Choices ***


I mortali lo chiamano Eros alato,
gli immortali invece Pteros, perché costringe a mettere le ali.

(Platone - Fedro)

 

 

 

Choices ~

 

 

 

 

"E a ogni passo lasciare portarci via
da un'emozione non piena, non colta:
rivedersi era come rinascere ancora una volta.
"

 

 

 

Le nuvole danzano pigre nel cielo di New York, volteggiando sulle note di una brezza leggera.
In alto, oltre il profilo irregolare dei grattacieli, l'orizzonte è tinto di un azzurro così limpido e intenso da apparire irreale, frutto dell'estro sapiente di un pittore che nessun pennello umano, per quanto visionario, sarà mai in grado di eguagliare.
L'aria è tiepida, nonostante Ottobre abbia già compiuto metà del suo percorso sul calendario, e ovunque attorno a te è un rincorrersi festante di colori vividi e sgargianti, un tripudio di giallo, ocra, porpora e rosso scuro che lambisce divertito il nervo ottico, stuzzicandolo con la grazia e l'impertinenza di un bambino vivace e un po' dispettoso. È la magia dell'Autunno, e Central Park in questo periodo sfoggia le sue vesti migliori.
Ci vieni spesso, e non solo per correre: trascorri giornate intere, soprattutto nei fine settimana, seduto su di una panchina o appoggiato al tronco di un albero, con l'unica compagnia di un buon libro e degli elaborati dei tuoi studenti da correggere. Ti sembra di lavorare meglio e con maggior profitto in questo modo; di certo sei più rilassato quando ti capita di imbatterti in una fra le tante improbabili scemenze partorite di continuo dalla fervida immaginazione dei ragazzi che frequentano i tuoi corsi.
Oggi, però, la tua mente non ne vuole proprio sapere di rimanere concentrata: ogni cinque o sei righe sei costretto a interrompere la lettura, obbedendo all'imperativo irresistibile di posare lo sguardo sulla figura longilinea ed elegante che se ne sta tranquilla a pochi passi da te, appoggiata alla balaustra, intenta ad ammirare in silenzio le acque scintillanti del JKO Reservoir. Sei combattuto fra il desiderio di continuare a osservarla a sua insaputa – anche se hai il fondato sospetto che sia sempre consapevole di tutte le tue occhiate, palesi o furtive che siano –, e la voglia urgente di attirare la sua attenzione, di ascoltare di nuovo quella voce calda e vibrante capace di far tremare parti di te che nemmeno credevi di possedere ancora.
- Ehi, Holden, - butti fuori in un soffio, senza riuscire a trattenerti - guarda che se non la smetti di fissarle così quelle anatre finiranno col denunciarti per molestie. -
Elio si volta con calma verso di te, aggrottando le sopracciglia e increspando le labbra perfette in una lieve smorfia ironica.
- Non sto fissando le anatre, professore. -
- E allora che fai? -
- Penso. -
- A cosa? -
- Questioni private. -
Ridi. Una volta una risposta del genere ti avrebbe probabilmente ferito, spingendoti ad allontanarti da lui, ma adesso questo semplice scambio di battute non fa altro che riempirti l'anima di una gioia profonda. È una sensazione strana, pervasiva, totalizzante, alla quale non sei abituato; l'avverti bruciare simile ad una fiamma guizzante proprio lì, all'altezza del petto, e il suo calore dolce ti fa stare bene, in pace con te stesso, come non accadeva da tempo.
Sono passate appena due settimane da quando Elio è rientrato nella tua vita, due settimane dal momento in cui te lo sei visto comparire davanti alla fine di una delle tue lezioni pomeridiane alla Columbia. Nell'attimo esatto in cui hai sollevato gli occhi e hai incontrato i suoi, che ti scrutavano attenti e inquieti, ogni cosa nel raggio di un chilometro ha immediatamente cessato di esistere. Il cuore ti è rimbalzato in gola, bloccando l'afflusso di ossigeno da e verso i polmoni. Ricordi di esserti sentito alla stregua di una creatura deforme e miserabile, un novello Ecatonchiro che, dopo aver passato l'intera esistenza prigioniero negli abissi più isolati e tenebrosi del Tartaro, all'improvviso viene trascinato in superficie, e, una volta libero, si lascia incantare dalla prima cosa che scorge attorno a sé: la luce dorata e splendente del fratello Iperione. Per interminabili secondi sei rimasto immobile, incollato alla sedia, sconvolto, attonito, incapace di pensare o fare alcunché. Quando la tensione è diventata insostenibile – o, almeno, a te è parso che lo fosse –, Elio si è deciso a spezzare l'incantesimo, cominciando a parlare piano, con un tono incerto, carico d'apprensione, esitante. - Scommetto che non ti ricordi di me. - ha avuto l'impudenza di dire, e tu, al cospetto di quell'affermazione così intrinsecamente assurda (però tipica di Elio), non hai potuto fare a meno di alzarti in piedi scuotendo la testa esasperato, per poi attirarlo d'impulso a te e stringerlo con ardore fra le braccia. L'intera manovra è durata meno di un battito di ciglia, eppure entrambi siete coscienti che da quell'istante tutto è stato di nuovo messo in discussione, le vostre prospettive e priorità redistribuite, le carte in tavola rimescolate. La Terra ha ricominciato a girare correttamente intorno al suo asse, tornando a posizionarsi nell'orbita ad essa destinata e alla quale appartiene di diritto, dopo aver vagato in lungo e in largo nello spazio, come la pallina impazzita e abbandonata a se stessa di un vecchio giocattolo rotto.
Da allora non avete lasciato passare un solo giorno senza trovare un pretesto per incontrarvi, malgrado i numerosi impegni di Elio; i tuoi riesci a gestirli senza troppi problemi, avendo a che fare principalmente con il tuo lavoro in Facoltà. Il ragazzo invece si trova nella Grande Mela per organizzare con il suo agente il tour che lo porterà a esibirsi nei più prestigiosi teatri d'America. Che fosse un prodigio al pianoforte l'hai sempre saputo: ora c'è un mondo intero pronto a scoprire il suo incredibile talento, un mondo che non aspetta altro che ascoltare la sua musica straordinaria per poi prostrarsi adorante ai suoi piedi. Sei fiero di lui, tantissimo, e non perdi occasione per ribadirlo, anche se conosci bene il modo in cui Elio tende a reagire alle lusinghe e ai complimenti, in particolare quando è convinto di non meritarseli.
Ma, che ne sia conscio o meno, Apollo ormai vola con lui, ed Euterpe lo accompagna, donandogli ali di diamante, e un universo infinito da conquistare.

 

 

"Time, it needs time to win back your love again.
I will be there, I will be there.
Love, only love can bring back your love someday.
I will be there, I will be there.

Fight, babe, I'll fight to win back your love again.
I will be there, I will be there.
Love, only love can break down the wall someday.
I will be there, I will be there.

If we'd go again all the way from the start
I would try to change things that killed our love.
Your pride has built a wall,

so strong that I can't get through.
Is there really no chance to start once again?
I'm loving you."


 


 

"And try, baby try to trust in my love again.
I will be there, I will be there.
Love, our love just shouldn't be thrown away.
I will be there, I will be there.

If we'd go again all the way from the start
I would try to change things that killed our love.
Yes, I've hurt your pride, and I know
what you've been through.
You should give me a chance,

this can't be the end.
I'm still loving you."

 

 

Tuttavia, sebbene sia indiscutibile il piacere che avete riscoperto nello stare l'uno in compagnia dell'altro, c'è qualcosa che si interpone fra voi, una sorta di inquietudine sfuggente che vi impedisce di avvicinarvi, di ritrovare la sintonia e la chimica di quell'estate lontana. Elio è cauto nei tuoi confronti, lo percepisci chiaramente: lo intuisci dal suo modo di muoversi, trattenuto, quasi timoroso, dalla sottile agitazione che lo coglie tutte le volte in cui, per un qualsiasi motivo, siete obbligati a entrare in più stretto contatto; oppure dal velo d'oscurità che, di tanto in tanto, sporca la trasparenza pura e cristallina del suo sguardo. Questa sfiducia ti fa male, ma la comprendi e, in fondo, riconosci di meritarla: non si guarisce facilmente dal tipo di ferita che gli hai inferto, anzi, semmai è vero il contrario; a maggior ragione nel caso in cui, oltre alla testa e al cuore, a essere coinvolto è anche l'orgoglio. Puoi intravedere le tracce del tuo passaggio nei lineamenti scavati del volto di Elio, nelle minuscole fessure attorno alla bocca e alle palpebre, anche se non hai – non puoi avere – la pretesa di pensare che ogni singolo segno impresso su quei tratti raffinati porti il tuo marchio esclusivo. Dopo il tuo ritorno negli Stati Uniti, Elio è andato avanti per la sua strada, facendo esattamente ciò che ti eri aspettato da lui; quel che è accaduto da allora a oggi non è argomento che ti riguardi. Non gli fai domande, rispettando il suo riserbo; sempre che, naturalmente, non sia lui, in piena autonomia, a volerti rendere partecipe degli avvenimenti e delle esperienze che hanno arricchito la sua vita al di là dell'Oceano Atlantico. E, d'altra parte, nemmeno tu senti il bisogno di portare allo scoperto quell'intricato cespuglio di rovi che, negli anni trascorsi lontano da lui, ha cosparso di spine aguzze e taglienti il tuo cammino, trasformandolo in un campo minato, dal quale sei emerso a fatica e solo dopo esserti battuto con tutte le tue forze e aver versato fino all'ultima goccia del tuo sangue. Elio non è uno sciocco, tutt'altro, e può vedere attraverso di te come se fossi una porta aperta: sei convinto – no, ne hai la certezza – che abbia capito ogni cosa sin dal principio. Avete sofferto entrambi, seppure per motivi diversi, ma tutti riconducibili a quel legame raro, speciale e indissolubile che è nato fra voi all'ombra dei peschi profumati di Villa Perlman: tu, però, all'epoca hai fatto una scelta, una scelta precisa (e ai tuoi occhi obbligata), credendo – erroneamente, certo, ma in totale buonafede – di avere il diritto e, soprattutto, il dovere, di decidere non solo per te, ma anche per Elio. Ora sei tenuto a pagare una ad una le conseguenze delle tue azioni: non ti sei mai tirato indietro di fronte alle responsabilità, e questa circostanza non fa eccezione, a meno che... a meno che non sia Elio – Elio, sempre Elio, inevitabilmente Elio – a muovere in maniera differente i pezzi sulla scacchiera. Non lo forzerai in alcun modo, sia chiaro: lo hai già fatto una volta, e non ripeterai il medesimo sbaglio; raccoglierai il tuo coraggio e accetterai la sua scelta, qualunque essa sia, anche se dovesse decidere di intraprendere un percorso che non implichi un "noi" nel suo futuro. Speri soltanto di avere la possibilità di dimostrargli quanto la situazione adesso sia radicalmente cambiata, quanto la sua mancanza abbia spazzato via la paura di un tempo, dissolvendola come neve al sole. Ti ci sono voluti dieci anni per comprendere che, a volte, le scelte giuste si rivelano sbagliate, e quelle sbagliate sono le uniche che contano davvero[1].
Il ragazzo che hai davanti non è più tale da un pezzo, e una voragine divide te dal giovane e spensierato dottorando partito per l'Italia in quel torrido luglio del 1983: siete cresciuti, tutti e due, e questo è un dato di fatto incontrovertibile, ma, alla resa dei conti, non ha alcuna rilevanza, perché ora siete insieme, spalla a spalla sulla griglia di partenza, e tu sei impaziente di svelare ogni minimo dettaglio, ogni nuova sfumatura dell'uomo intrigante e sicuro di sé che Elio si appresta a diventare. Pur di riaverlo al tuo fianco sei pronto ad affrontare qualsiasi ostacolo e, dai recessi più intimi e segreti del tuo animo, ringrazi Dio per averti concesso questa seconda opportunità.
Solo, hai il timore che per Elio non valga lo stesso discorso.

 

 

"Continuerai a farti scegliere,
o finalmente sceglierai?"

 

 

- È tardi, vuoi mangiare qualcosa? - chiedi d'un tratto, più per smorzare l'angoscia che per una reale esigenza.
- No, non mi va adesso. Dopo. -
Come può una parola così piccola racchiudere dentro di sé un significato così grande?
- E allora che vorresti fare? - continui, cercando inutilmente di celare l'emozione incontrollata e selvaggia che ti sta consumando fin sotto la pelle.
- Non lo so. Che ne dici di un salto in libreria? -
- Ancora? Ma ci siamo andati ieri! -
- Sì, ma io non ho finito di fare rifornimento. Non ho potuto portare molti libri con me, lo sai, e in qualche modo devo pur sopravvivere. -
- Io ho una lista, se vuoi. - esali d'un fiato.
- Lista? Che lista? - domanda stupito, non riuscendo, come al solito, a dissimulare la sua curiosità.
- Nulla di che. Ogni volta che terminavo un libro particolarmente interessante mi ripetevo sempre "questo sì che sarebbe piaciuto a Elio", così ho iniziato ad annotarmi tutti i titoli in una lista che, in pratica, non ho mai smesso di aggiornare. Se ti va te la porto. -
- Mi farebbe piacere, grazie. - sussurra, gettando gli occhi nei tuoi, e le sue iridi, verdi e oscure come le foreste più fitte, sono così luminose che ti sembra di contemplare lo scintillio immoto e misterioso di un cielo trapunto di stelle. - Ma ho una proposta migliore. Li hai tenuti, quei libri? -
- Ovvio che sì. Perché? - lo incalzi, cominciando però a intuire dove Elio voglia andare a parare con il suo ragionamento.
- Perché così me li puoi prestare. -
- Ti avverto che io non sono il tipo di persona che va in giro a prestar libri a chiunque, eh. -
- Oh, non ho dubbi a riguardo. - insiste. - Ma io non sono chiunque, Elio. -
Colpito e affondato.
Te lo saresti dovuto immaginare, lo ammetti. Elio fiuta le tue intenzioni come un serpente che saggia gli odori nell'aria, lo hai forse dimenticato?
No, tu ricordi tutto.
Trattieni a stento le lacrime, mentre una domanda ti attraversa la mente, rapida come un lampo, terribile e meravigliosa ad un tempo: è meglio parlare o morire?
Avanti, dannato stupido, parla ora o taci per sempre
. - No, tu non sei chiunque, Oliver. -
Finalmente.
Il sorriso di Elio è un'esperienza mistica, adesso lo sai per certo. È una droga della quale non potrai più fare a meno, un sortilegio dai cui lacci non vorrai mai liberarti.
- E se mi prometti che torneranno indietro... -
- Sì, beh, mi sembra che sia così che funzioni con i prestiti, no? - conclude, leggermente spazientito – ma le sue labbra continuano a sorridere. - Allora, domani? -
- Domani. -
Domani, dopodomani e poi il giorno successivo ancora.
In uno sprazzo di struggente consapevolezza, realizzi che non hai mai desiderato altro che questo, per te, per lui, per voi: poter pensare d'avere un domani e non stare lontani. Si chiama fiducia, e ha un suono bellissimo, melodioso, accattivante, identico alla risata di Elio – un inno alla vita in grado di ancorarti a sé con la sola forza della sua presenza.
Un lieto fine? No, un nuovo inizio[2].
Ed è più di quanto voi due abbiate mai avuto.
Elio si incammina a passi svelti verso i confini del parco, avvolto dal bagliore rosseggiante del crepuscolo, e ti invita a seguirlo con un muto cenno del capo; mentre raduni in fretta le tue cose e ti alzi per raggiungerlo, ti coglie l'improvviso sospetto che sia in realtà l'amore, e non la morte, a non avere limiti[3].
Sbrigati, Oliver.
Corri, se necessario.
Ad aspettarti c'è la tua scelta.

 

 

"We've got to hold on to what we've got.
It doesn't make a difference if we make it or not.
We've got each other and that's a lot for love.
We'll give it a shot.
Woah, we're half way there.
Woah, livin' on a prayer.
Take my hand, we'll make it I swear.
Woah, livin' on a prayer.
"

 


 


 


 

[1] Sia benedetto Gagnor che mi infila queste perle nelle storie più improbabili (Gagnor – Sciarrone, "Paperoga eroe dello spazio", Topolino 3007);
[2] ringraziamo i Rumbelle che, in quanto ad amori travagliati e a seconde (e terze, quarte, quinte... centesime) occasioni possono tranquillamente impartir lezioni al mondo intero (Once Upon a Time – E22xS06);
[3] parafrasando Gabriel Garcia Màrquez, in "L'amore ai tempi del colera".

 

 

{Words count: 2315}

 


 

- FINE -

 


 


 

Nota:

Ed eccoci giunti al termine anche di questa piccola avventura.

Lo confesso, sono stata indecisa fino all'ultimo se pubblicare o meno questo capitolo: per intenderci, non sono sicura che la proverbiale ciambella stavolta sia riuscita col buco. Mi farebbe piacere conoscere la vostra opinione a riguardo. L'unica cosa che so è che dare un minimo di speranza a questi due disgraziati, a prescindere dal finale del libro e del film, ad un certo punto è diventato un imperativo categorico impossibile da ignorare. Riconosco che come what if? sia abbastanza utopistico: non sono tanto ingenua da credere che un futuro simile si sarebbe potuto realizzare sul serio – non così facilmente, perlomeno. Capiamoci, rimanendo sempre sul vago – non era questa la sede opportuna per una approfondita analisi psicologica e sociologica della situazione, cosa per la quale comunque io non possiedo le competenze necessarie – ho immaginato un Oliver divorziato (dopo una difficile e dolorosa – ma completamente autonoma – presa di coscienza) e senza figli (circostanza improbabile, me ne rendo conto, ma non impossibile), e un Elio che da un lato lo sa (dato che Oliver ne ha fatto cenno nella sua corrispondenza con il Prof. Perlman), e dall'altro però si guarda bene dal precipitarsi immediatamente da lui, perché, appunto, sta andando avanti per la sua strada. Passano 10 anni divisi, di cui, dopo il divorzio di Oliver, almeno 4\5 ciascuno per i fatti propri, anche se senza mai dimenticarsi l'uno dell'altro, naturalmente. Poi Elio capita a New York per lavoro, va a trovare Oliver – come accade nel libro, del resto – e, sostanzialmente, entrambi ci ricadono subito dentro, pur con tutti i dubbi, le paure e le cautele del caso, soprattutto da parte di Elio. Insomma, per farla breve, in questo piccolo angolino, dove sono io e solo io a decidere*Elio ed Oliver DOVEVANO in qualche modo avere una seconda possibilità. L'idea era di scrivere una flashfic, giusto per mostrare i nostri protagonisti in procinto di intraprendere un nuovo percorso di vita insieme, ma, mannaggia a Oliver che ha deciso tutto d'un colpo di diventare ancora più logorroico di Elio, dalle cinquecento parole iniziali siamo arrivati a duemila e passa. Parbleau. Giuro che ho dovuto intimargli di chiudere la bocca, perché davvero non la smetteva più di blaterare. Spero comunque di essere riuscita a rendergli giustizia, e chiedo perdono se ogni tanto mi sono presa con lui ben più di una libertà (ma chi resisterebbe alla tentazione davanti ad un personaggio del genere?) XD

Scrivere questa storia è stato un processo molto difficile ma estremamente terapeutico, una vera e propria catarsi: mi ha aiutata a sbrogliare l'intricata matassa di emozioni non sempre positive che quest'ultimo anno si è trascinato dietro, dandomi la possibilità di analizzarle ed elaborarle nel dettaglio per poi, finalmente, lasciarle andare, almeno per un po', almeno fino al prossimo giro di giostra.

Comunque, vi lascio con l'original soundtrack del capitolo (questa volta ho voluto strafare, lo so): in ordine "Farewell"Francesco Guccini (che ritorna anche più avanti nel testo); "Still loving you"Scorpions (INTERA, rigorosamente, c'è anche bisogno di spiegare perché?); "Verranno a chiederti del nostro amore"Fabrizio De André"Livin' on a prayer"Bon Jovi.

*(ed eccolo qui, quel famoso complesso di Dio misto a delirio di onnipotenza col quale prima o poi ogni autore – termine che nel mio caso è da prendere sempre con la dovuta elasticità, ovviamente – si ritrova a fare i conti)


 

Ringraziamenti:

Un grazie sentitissimo a Velia, che con la sua sola presenza ha scacciato via l'orrido blocco, facendo riemergere la mia voglia di scrivere dalla palude melmosa in cui stava affogando. E i risultati si vedono. Che la Forza sia sempre con noi, carissima.

Ringrazio le ragazze del gruppo fb Boys Love – Fanfic & Fanart World, che in pochissimo tempo mi hanno fatta sentire a casa.

Ringrazio me stessa, perché sono riuscita a portare a compimento questo progetto nonostante tutto, scrivendo, letteralmente, tutti e quattro i capitoli agli orari più improbabili e nei luoghi più impensabili. Sempre con una mano sola. L'altra, ovviamente, era impegnata – lo è tutt'ora – a sorreggere il #PiccoloSith, o ad accarezzare il #PiccoloPadawan.

Ringrazio come sempre chi vorrà leggere, e magari lasciarmi un piccolo commento.

Ringrazio chi ha già recensito, e chi ha inserito la storia fra le preferite\ricordate.

Infine, ringrazio Elio Oliver, che mi hanno insegnato ad amare di nuovo.

Scriverò ancora di loro? Forse. Quel che è certo è che ne sento già la mancanza.

At least, mi trovate su Lost Fantasy, se vi va ;)

Later!

Pescosamente vostra,


padme


 

EDIT: non so se ve ne siete resi conto, ma ognuno dei 4 capitoli di questa raccolta corrisponde perfettamente (in base alla sua collocazione temporale) ad una delle 4 parti in cui è diviso il libro di Aciman (Rapture – Se non dopo, quando?; Devotion – La collina di Monet; Annihilation – La sindrome di S.Clemente; Choices – I luoghi dello spirito). Pensavate che l'avessi fatto apposta? E invece no, me ne sono accorta solo a cose fatte. Per la serie cervelli – diluiti nella trielina – fantastici e dove trovarli. Però obbiettivamente ci sta, vero? Sono parecchio soddisfatta, lo ammetto :D E se l'avessi pianificata in questo modo fin dall'inizio sono sicurissima che non mi sarebbe uscita così bene.

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