The After Story - Redux

di DARKOS
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Episodio Zero ***
Capitolo 2: *** Braccio e Mente ***
Capitolo 3: *** Il Cuore del Regno ***
Capitolo 4: *** Lo Sai Perché ***
Capitolo 5: *** A Casa ***
Capitolo 6: *** Inizia l'Esame ***
Capitolo 7: *** Crescita ***
Capitolo 8: *** Notte di Incontri ***
Capitolo 9: *** Unità ***
Capitolo 10: *** Questione di Tempo ***
Capitolo 11: *** Dark Secret Saga ***
Capitolo 12: *** Movimento ***
Capitolo 13: *** Seguire gli Ordini ***
Capitolo 14: *** Prova di Maturità ***
Capitolo 15: *** Genesi e Lascito ***
Capitolo 16: *** Diramazioni ***
Capitolo 17: *** Rinascita ***
Capitolo 18: *** Conciliaboli ***
Capitolo 19: *** Ombre dal Passato ***
Capitolo 20: *** Separati ***
Capitolo 21: *** Decisioni ***
Capitolo 22: *** Tradimento! ***
Capitolo 23: *** Punto di Rottura ***
Capitolo 24: *** Viaggi ***



Capitolo 1
*** Episodio Zero ***


Per chi avesse letto la prima versione: salvo qualche leggera modifica ai dialoghi e qualche descrizione in più, la storia procede pressapoco come nella versione precedente fino al capitolo 9 escluso.

1) Episodio Zero


Anno 2613, Quinto Periodo

Questo fu l’anno durante il quale ebbe luogo la battaglia finale tra i Guerrieri della Luce e i Cercatori Oscuri. Molte verità e molti segreti vennero alla luce in quei giorni turbolenti, ma è una storia da riservare per un altro momento. Il giorno della disfatta del vecchio Maestro Xehanort fu in seguito segnato come l’inizio del Sesto Periodo, e il numero degli anni si azzerò.
[Storia dell’Ordine, capitolo XXV]

Anno XX18, Sesto Periodo

Le urla strazianti di Kairi si facevano sentire per tutto il castello. Sora passeggiava irrequieto, e perfino Riku non conservava la sua solita calma.
“Starà bene?” Chiese Sora per l’ennesima volta. Terra sorrise: l’amico poteva anche essere cresciuto esteriormente, ma dentro di sé conservava sempre il solito cuore premuroso e l’animo inquieto. Comunque, stavolta poteva capirlo.
“Aqua è con lei. Se la caverà, vedrai. Se andrà storto qualcosa, la sua magia rimedierà.”
Sora annuì, per nulla rincuorato, e continuò la sua ansiosa marcia.
Un altro urlo lacerò l’aria. Ventus sobbalzò, prima di rimettersi a sedere e riprendere la lettura del suo libro, simulando indifferenza: cercava sempre di comportarsi da adulto in presenza dei suoi colleghi “più giovani”.

Ma la tensione era comprensibile: gli eventi passati avevano annullato le differenze di età fra di loro e Terra era l’unico ad essere già passato per questo faticoso rito, eccetto Aqua che oltre al saperlo l’aveva anche sperimentato sulla propria pelle. Ragione di più per averla accanto a Kairi in un momento simile.
Un altro grido, e poi silenzio prolungato. Una pausa così lunga non si era mai sentita fino a quel momento.
Nessuno osava anche solo pensare lo scenario peggiore. Sora era fermo e immobile come una delle statue della sala.
Dopo quella che parve un’eternità, Naminé scese dalla scalinata principale, il vestito macchiato di sangue, ma un enorme sorriso stampato sul volto.
“Siete qui! Venite su, presto!”
Gli uomini salirono i gradini ed entrarono nella sala. Kairi si trovava abbandonata sul letto, madida di sudore e con una grande chiazza rossa tra le lenzuola all’altezza delle gambe. Aveva gli occhi chiusi e respirava leggermente.
“Il parto l’ha stremata, ma c’era da aspettarselo.” Aqua sostava a un tavolinetto accanto a lei, serena, reggendo in mano un fagotto.
Sora fece un timido passo verso di lei. “Aqua… quello… è lui?”
Lei gli sorrise. “Lui” e scostò un lembo del fagotto “O meglio, loro.”
Davanti al Maestro stavano due bambini quasi perfettamente identici, tranne che nell’atteggiamento. Uno piangeva come tutti i neonati, l’altro guardava il papà con uno sguardo attento e indagatore, quasi stesse valutando se il suo genitore fosse alla sua altezza.
“Il frignone è un maschio, la scrutatrice una femmina” rise la Maestra che li teneva. “Sono gemelli eterozigoti, un caso davvero raro.”
“I miei figli…” Sora si girò verso gli amici. “I miei figli!”
Lea lo sostenne per un braccio. “Complimenti, vecchio mio. Ora però tirati su: non vorrai che il primo ricordo dei bambini sia il loro padre in lacrime, no?”
Sora annuì, e tutti si strinsero per osservare meglio questi due nuovi doni della natura. Riku però partecipò poco alle feste, e scuro in volto prese il neo-papà per un braccio, portandolo in un angolo della sala.
“Congratulazioni, Sora. Questo è il tuo- il giorno tuo e di Kairi e non vorrei rovinarlo per nulla al mondo. Ma…”
“Me ne sono accorto, Riku.” Sora era ancora palesemente agitato, ma non gli era sfuggito il tremendo dettaglio appena aveva posato lo sguardo sulle due creature. “Ma non è il caso di farsi prendere dal panico. Non credo siamo in una situazione che richieda intervento immediato, e poi… magari non significa niente? Io non sono certo un esperto di gemelli, e tu?” Si esibì in una smorfia tirata che voleva essere un sorriso.
Riku decise di non obiettare. La semplicità e l’ottimismo del suo migliore amico si erano rivelati corretti in passato, e sperava con tutto il cuore che fosse lo stesso anche per quella volta. “Va bene. E riguardo alla casa natale, immagino tu sia ancora deciso.”
Sora annuì. “Hanno diritto ad un’infanzia, anche se la propensione per il dono è già presente in loro.”

Anno XX28, Sesto Periodo

“Ahahahah! Ho vinto di nuovo!”
Mizumi si ergeva sopra Kazeshi, riverso nella sabbia. La sua spada di legno era a pezzi, spaccata a metà dopo un gioco particolarmente violento.
“Non è giusto, Mizu! Avevo il sole negli occhi!”
“Non vedo come sia colpa mia se sei uno scarso combattente, Kaze. E poi davvero cerchi pretesti quando perdi contro tua sorella? Sii uomo!”
Una mano si posò sulla bambina, scompigliandole i capelli con fermezza ma senza farle male.
“Ahi, mamma!”
“Quante volte ti ho detto di essere gentile con tuo fratello?”
Kairi indossava un completo bianco, che però catturava i riflessi del sole e assumeva tinte rosate. I capelli normalmente sciolti erano raccolti in una crocchia per non crearle problemi mentre si destreggiava tra la vegetazione dell’isola. I piedi nudi, come li portava chi in luoghi simili era nato e cresciuto e non aveva paura della sabbia cocente. Sarebbe potuta passare per una popolana come le altre, se non fosse per lo scintillante anello che portava all’anulare, anello che nessun orefice di villaggio poteva riprodurre. Ma non avrebbe mai potuto rinunciare ad esso.
Poggiò il cesto pieno di conchiglie a terra e aiutò Kazeshi a rialzarsi, e ammonì entrambi i suoi figli fingendo irritazione.
“E avete di nuovo rotto una spada? Così vi farete male! Vi ho detto di andarci piano! Vostro padre e vostro zio Riku se le suonavano, ma non cercavano di uccidersi.” ‘Non da piccoli, almeno.’
“Io le ho detto di aspettare un attimo, ma non ha voluto darmi retta…”
“Chi mai si fermerebbe in battaglia solo perché l’avversario ha detto ‘Tregua!’?”
“Ma noi non siamo in battaglia!”
“Sì, invece!”
Kairi capì cosa intendeva dire la figlia. “A quanto è arrivato il vostro punteggio?”
“Siamo ventitré a ventuno per me. Sulla corsa invece, trenta pari.”
“Solo perché mi trattengo, o tu non la finiresti di lamentarti.”
“Sbruffone. Dimostramelo! Possiamo mamma?” Mizumi la guardò con due occhi da cucciolo abbandonato.
‘Ma che attrice.’ pensò Kairi divertita. “Beh, non me ne voglio andare subito. Immagino che potrei godermi un po’ le onde mentre arrivano a prenderci.”
I due monelli erano già corsi via, diretti alle piattaforme di legno per mettersi alla prova.

Le Isole erano davvero il posto migliore per far crescere un bambino, pensò la donna. Sora aveva insistito tanto per quella sistemazione, e d’altronde lei era d’accordo. Purtroppo questo significava che non potevano stare sempre assieme, visti i suoi impegni nel resto del cosmo, ma per i loro tesori era un sacrificio tollerabile. Era solo preoccupata che Kaze e Mizu non avessero passato abbastanza tempo col loro papà, e che questo possa aver avuto ripercussioni sulla loro crescita, ma sapeva di non poterli proteggere in eterno, specie da un destino come il loro. E ormai era giunto il momento…
Quasi a leggerle nel pensiero, un portale oscuro si aprì alle sue spalle. Lei percepì il suo cuore anche senza voltarsi.
“Non pensavo saresti venuto tu. Odi avere a che fare con i bambini.”
Vanitas incrociò le braccia dietro la testa. “Ordini dall’alto, quando il grande capo chiede c’è poco da fare. I nanerottoli dove sono?”
“Stanno giocando. Arriveranno a breve, credo.”
“Mh. Beh, sarà la loro ultima vacanza qui, quindi immagino posso chiudere un occhio.”
Vanitas si distese sulla spiaggia, vicino alla riva. Kairi lo guardò: era passato così tanto tempo, eppure a volte ancora rivedeva in lui il loro vecchio avversario. Trovarselo davanti dopo la battaglia fu una sorpresa per tutti. Aqua, e in seguito anche Sora, avevano deciso che meritava un’altra opportunità a una vita che non aveva mai avuto e lo accolsero nei loro ranghi. E visto quanto era successo con la stessa cerulea, ci fu ben poco spazio per recriminare.
Non sarebbe neanche servito: Vanitas si era integrato bene, sopportando ostilità e diffidenze con la forza interiore che lo contraddistingueva, e il suo operato così come la sua natura risultarono efficaci in più di un’occasione. Più sorprendente fu la sua scelta in materie più personali, ma a pensarci poi molto azzeccata secondo Kairi.
I gemelli tornarono presto, ansimanti e un po’ sudati. A giudicare dal broncio di Mizumi, Kazeshi non si era vantato a vuoto prima.
“Bambini, siete pronti? Vanitas è venuto a prenderci. Vi ricordate di lui, no?”
I suoi figli rimasero in silenzio: evidentemente l’adulto silenzioso e dallo sguardo cupo li spaventava ancora un po’. Mizumi mantenne lo sguardo, Kazeshi si mise dietro le sottane della madre.
Kairi prese entrambi i pargoli e li voltò verso l’oceano, lì dove si intravedeva anche la sagoma dell’isola principale e del villaggio. “Abbiamo passato molto tempo qui, e sebbene avete dimostrato molta fretta nel partire, imprimete questa visione nei vostri cuori. Questa è casa, e lo sarà sempre quando vorrete farvi ritorno.” Kazeshi tirò su col naso, Mizumi celò le sue emozioni dietro una maschera impassibile.
“Per il momento però, andrete altrove,  e io mi concentrerei più su quello.” Vanitas riaprì il portale, allargandolo secondo le esigenze del gruppetto. “Coraggio, dentro.”

Il portale li avvolse nelle tenebre più profonde. Tentacoli di Oscurità si dipanarono in mezzo a loro, tastando l’aria. Kairi ci era già passata e si fidava dell’amico, ma le brutte esperienze passate le provocarono comunque dei brividi: non amava l’Oscurità, anche quando c’era un Manipolatore a plasmarla e a renderla inoffensiva.
Fortunatamente, il viaggio fu breve e dinanzi a loro si materializzarono le torri familiari dell’Accademia. Beh, familiari per quasi tutti.
“Mizu, guarda! Un castello! È più grande perfino del municipio!”
“Non lo so se è più grande. Ma è di sicuro più bello.”
“Non farti sentire da Topolino o dallo zio Paperino, amore. Anche loro hanno un castello, e un giorno potresti voler fare attenzione a quale loderai di più.” Commentò Kairi divertita.
In quel momento si aprirono le porte e emerse un’alta figura, con alcune parti di armatura addosso.
“Riku.”
“Kairi. Che bello rivederti. E anche a voi due monelli, ovviamente.”
I gemelli salutarono Riku con molta più confidenza. Mizumi specialmente, lo abbracciò forte circondando la gamba dell’uomo, mentre Kazeshi si limitò ad un sonoro saluto.
“Ne è passato di tempo, ma ora eccovi qui. Benvenuti nella vostra nuova casa.” 

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Capitolo 2
*** Braccio e Mente ***


2) Braccio e Mente


“Dobbiamo tenere questo luogo,” riassunse Riku. “Bisogna solo decidere cosa farne. Se non la base di tutto, qualcos’altro.”
Kairi sfiorò uno dei muri, meditabonda. “Perché non un centro di addestramento e ricerca? Ci sono Custodi che verranno a trovarci, e col passare degli anni molti altri ancora. Magari non sarà la nostra base, ma una base per chiunque cerchi un nuovo inizio.”
Si voltò verso Aqua e i suoi due amici, tutti e tre estremamente commossi all’udire tali parole. “Il Maestro Eraqus ne sarebbe orgoglioso.” confermarono.
La mano di Sora stretta attorno a quella di Kairi bastò a siglare la sua approvazione.
[Grillario 5.0, ad uso e consumo strettamente personale dell’autore]

Anno XX33, Sesto Periodo

Era una pigra giornata d’estate, il caldo si mischiava al ronzio degli insetti in una sensazione di pace e tranquillità, intervallato soltanto da un’occasionale brezza fra le finestre. I Cavalieri e gli Apprendisti in giornate come questa di solito decidevano o di buttarsi nelle attività fisiche per infrangere quella quiete, o di assecondarla e passare la giornata studiando al riparo delle fresche mura, mentre ripassavano la storia del loro Ordine interrogati da un Precettore. Due tipi di agire, due diverse mentalità. Due persone.

Si muoveva con una fluidità innaturale, come se avesse fuoco liquido nelle vene. La grazia dei suoi movimenti celava quanto micidiali fossero i suoi colpi. Due praticanti caddero a terra cullandosi uno il braccio armato e l’altro la caviglia, mentre un terzo tentava di non soccombere subito davanti ai suoi assalti.
Ci giocava, usando colpi spettacolari o mosse perfette da manuale, con la sicurezza supportata dall’abilità che solo un vero talento poteva sfoggiare.

“La nostra dottrina prevede il preservare l’equilibrio delle cose. La bilancia non deve pendere né troppo da una parte, né troppo dall’altra. Per questo interveniamo attivamente solo quando forze esterne sono all’opera. Una volta c’era anche il divieto di rivelare la nostra identità o provenienza, ma è stato abolito nel quinto anno del Sesto Periodo.”
“Bene, molto bene. E perché questo?”
“Perché in molti casi suscitava sfiducia e sospetto verso di noi. E con l’aumentare dei nostri numeri e la tecnologia di vari Mondi, mantenere la segretezza si è rivelato impossibile.”
“Visto che hai tirato in ballo il Sesto Periodo e l’Ordine, non ti seccherà ripetermi le modifiche effettuate e la nostra funzione primaria.”

Anche il terzo era stato sconfitto, ma altri due erano entrati sul ring. Già affrontati, uno aveva ancora i lividi dell’ultima volta. Non doveva nemmeno leggergli il cuore per percepire il suo desiderio di rivalsa. L’avrebbe accontentato. Finse una carica e finì in mezzo a loro. Come previsto, i due attaccarono da entrambi i lati pensando di avere gioco facile. Magari, se loro due avessero usato Keyblade veri contro la sua replica di legno da addestramento. Si spostò verso il fendente che sarebbe arrivato prima e si piegò leggermente in avanti. Sentì l’oggetto sfiorare la sua nuca, mentre con la sua arma inarcava l’altro Keyblade verso l’esterno per evitare l’affondo. Ora si trovava in mezzo alle due armi, senza che i proprietari potessero fare nulla. Proprio dove voleva essere.
Portò all’indietro il braccio libero e lo incatenò con quello armato dell’attaccante che stava di spalle, e iniziò a menare fendenti corti contro quello di fronte. Appena quest’ultimo provò a reagire eseguì una piroetta e si scambiò di posto con l’altro, facendogli subire l’attacco al posto suo. Il colpo andò alla faccia del malcapitato, che cadde di colpo. Approfittando del il corpo esanime che intralciava l’ultimo avversario si avventò su di lui, mise il suo Keyblade tra i suoi piedi per fargli perdere l’equilibrio e lo finì con un calcio sul naso. Nuovo scontro, nuova ferita per dimostrarlo. Niente rimorsi, specie con chi era prepotente e rubava il cibo agli apprendisti più giovani.

“L’Ordine è stato completamente ripensato dopo la Battaglia, e nel corso degli anni sono state effettuate modifiche sempre più radicali al sistema. Come l’Accademia, che addestra i giovani Custodi ad adempiere ai loro futuri incarichi. I diversi Ordini, che in passato erano isolati e autonomi sono ora tutti collegati e ogni Maestro risponde al Gran Maestro, carica riesumata e resa come il comandante supremo di tutti i Cavalieri del Keyblade. Il Gran Maestro e il Consiglio hanno sede al GranCastello, che assieme all’Accademia è uno dei principali luoghi d’interesse.”
“E la funzione primaria? Prima hai parlato di preservare l’equilibrio. È quella la risposta?”
“…no. Una volta si pensava così, ma quella filosofia assolutista ha portato l’Ordine e i Mondi stessi sull’orlo della distruzione in diverse occasioni. La nostra funzione primaria è seguire il nostro cuore rispettando i precetti: studiare i misteri dell’Universo, proteggere l’equilibrio, servire i bisognosi, sono tutte risposte valide.”
“Eccellente analisi. Un Maestro non avrebbe saputo dire di meglio.”

Cinque erano andati giù, ma non bastava, non bastava mai. Un combattente mediocre si accontentava di una vittoria. Un vero guerriero di tre. Un fenomeno di cinque. Un genio assoluto puntava ad essere il doppio di un fenomeno.
Il record precedente era sempre suo, sette avversari di seguito, ma quello era un giorno speciale. Quel giorno non ci si tratteneva. Il tempo di pensare ciò, e il sesto già mangiava la polvere. C’era quasi da avere compassione di loro, battuti prima ancora di capire cosa li aveva colpiti. Ma la verità era che se non avevano il talento, il Keyblade era quasi inutile. I miti e le storie su Cavalieri che valevano quando un migliaio o più di soldati erano vere, ma non erano per tutti: che imparassero in fretta che c’era sempre qualcuno di superiore.
Settimo e ottavo a terra. Già aveva infranto il record. Nei dintorni la gente smetteva di occuparsi delle proprie mansioni e veniva a vedere il duello. Il Maestro d’Armi non badava alla piccola folla di curiosi e osservava impassibile.
Salirono gli ultimi due. Uno era un altro dotato di grande talento, futuro Cavaliere già da ora. L’altra una smorfiosa che si credeva chissà chi solo per le sue qualità. Avrebbe voluto prendere il Keyblade vero e mostrare loro la differenza, ma si trattenne. I due non erano sprovveduti e sapevano con chi avevano a che fare, ma avevano anche uno sguardo di complicità. Iniziarono a combattere, e dopo pochi scambi il suo Keyblade di legno si spezzò a causa dei troppi scontri. Ecco cosa avevano notato quei due, ecco spiegata la loro sicurezza.
Illusi.

“Direi proprio che passi a pieni voti. L’Encomio di Merlino non te lo toglie nessuno, e alla tua età è un grande privilegio. Comunicherò subito il mio verdetto ai Maestri, vuoi accompagnarmi?”
“No grazie, io-“ dalla finestra provenivano i rumori del combattimento e le esclamazioni della folla. “…ho altro di cui occuparmi.”

La smorfiosa era riversa sul terreno e si reggeva la pancia. Colpa sua per essersi fatta disarmare così facilmente e per aver pensato che un Custode senza arma fosse indifeso. Adesso aveva un nuovo Keyblade sottratto alla sua avversaria, e stava duellando contro il decimo sfidante. La stanchezza iniziava a farsi sentire: sostenere quel livello di bravura per nove scontri non era semplice, e l’ultimo avversario era in gamba e riposato. Questi contava molto sulla sua stazza e forza fisica, era il classico ragazzino al quale del Keyblade e degli insegnamenti importava poco o niente: voleva solo un’arma per fare il soldato e aveva scelto quella più forte. Li odiava quelli così, ma sapeva anche che di solito reputavano la magia un gioco da codardi o per femminucce. Difatti brandiva la sua arma a due mani, con fendenti che avrebbero provocato seri danni a un cadetto meno abile.
Dietro di loro c’era uno dei barili adibiti a raccogliere l’acqua piovana, e nei giorni passati aveva piovuto in modo regolare. Perfetto, aveva vinto di nuovo. Indietreggiò verso di esso deviando i colpi del suo avversario, e all’ultimo scartò di lato uscendo dal suo raggio d’azione. Lui non era così sprovveduto da rompere il barile, ma lo urtò comunque facendo cadere dell’acqua per terra, come sperato.
“Gran bel colpo davvero. Forse dovrei andarmene e lasciarti contro il barile, mi sembra un avversario più che adatto.”
La provocazione sortì l’effetto previsto. Il ragazzo, stanco del combattimento, usò l’ira per caricare a testa bassa e finirla lì. Ma perse rapidamente l’equilibrio in corsa, inciampò e in breve tempo si ritrovò disteso a terra con un Keyblade puntato alla gola.
“Mi… mi arrendo.” Fu l’unica cosa che riuscì a mormorare.

La gente si congratulò o rimase spiazzata da una simile prova finché con voce rauca il Maestro d’Armi non riportò tutti all’ordine, disperdendoli. Rimase solo una persona sul campo, che si godeva gli ultimi effetti dell’adrenalina che aveva in corpo.
“Non ti hanno impegnato troppo, vero?” Un ragazzo sui quindici anni, di corporatura esile ma dal fisico asciutto, con capelli castano scuro e occhi blu come il mare si avvicinò ed entrò sul ring.
La ragazza che aveva appena battuto dieci altri cadetti in successione si voltò, il sudore che si posava sul volto espressivo, i capelli appuntiti legati in una crocchia con un ciuffo che spuntava dalla nuca. “Una noia mortale. Saresti dovuto venire tu, invece di perdere tempo a recitare i libri di testo per deliziare qualche vecchia reliquia. Almeno sarebbe stato più divertente.”
“Ho imparato a starti lontano quando hai sete di battaglia, una lezione che d’ora in poi ricorderanno altre dieci persone. A proposito, hai stabilito un nuovo record, complimenti… con un aiuto magico, ma facciamo finta che non è stato così.”
“Ho solo usato l’acqua per fargli cedere una caviglia. E comunque, in un vero scontro non solo avrei usato la magia, ma la mia arma non si sarebbe spezzata e avrei vinto lo stesso.”
“Ma la tua arma si È spezzata, Mizu. Forse dovresti combattere con meno violenza e senza prolungare troppo gli scontri.”  
“Grazie mille per il consiglio, Kaze. Me ne ricorderò quando non userò una chiave mistica indistruttibile a qualsiasi urto.”
“In realtà non è proprio così. In alcuni casi documentati…”
“Oh, taci.”
Erano ormai cinque anni che i gemelli si allenavano nella loro nuova casa, la Terra di Partenza, ora rimodellata come Accademia. In questo lasso di tempo avevano appreso quanto più possibile e svolto le loro mansioni in modo encomiabile, ciascuno mostrando diverse abilità e inclinazioni: Kazeshi era inclinato a risolvere e analizzare misteri e fenomeni passati e presenti, Mizumi invece era interessata più al lato pratico dell’essere un Cavaliere del Keyblade.
Ma entrambi fremevano di aspettativa per quel giorno. Fratello e sorella spinsero le pesanti porte ed entrarono nella sala principale. Come al solito era un viavai continuo di gente, visto che da quell’androne si passava nei vari quartieri dell’edificio. Stavolta però la processione era eseguita in silenzio e con discrezione, e il motivo era che i troni posti in fondo alla sala erano tutti occupati da personalità influenti.

In quello di sinistra sedeva il responsabile dell’Accademia stessa, quello di destra era occupato da colui che viaggiava e monitorava le nuove reclute, e al centro l’emissario del GranCastello richiesto per le questioni atipiche. Doveva essere da un po’ che Terra, Ventus e Aqua non si ritrovavano assieme in quel Mondo.
“Ah, eccovi qua. I nostri due prodigi.” Parlò Terra, che con tono gioviale invitò i due a procedere al loro cospetto.
Pur essendo figure relativamente note grazie ai contatti familiari, il confronto con quegli eroi leggendari li metteva sempre a disagio. Kazeshi e Mizumi eseguirono rigidi il gesto di obbedienza e rimasero sull’attenti.
“Comodi, comodi. In fin dei conti siamo qui per circostanze liete, seppur anomale. Chi comincia? Tu, Ven?”
“Immagino di sì. Dunque, come di certo saprete ogni cadetto deve sostenere un esame intermedio per ottenere il Cavalierato. Di norma si aspetta fino alla maggiore età, ma visto che entrambi avete sostenuto prove notevoli abbiamo deciso di concedervi quest’eccezione. D’altronde è una regola nuova non in vigore ai nostri tempi, c’è spazio per modificarla.”
Era quello che aspettavano, il Cavalierato. Diventare un Cavaliere a tutti gli effetti implicava poter viaggiare per i Mondi, affinare le capacità fisiche o spirituali... apriva una vasta gamma di opportunità per chi sapeva coglierle.
Ventus continuò. “Dunque… lodevoli qualifiche teoriche e di applicazione arcana per Kazeshi, supportate dalla raccomandazione di ben quattro insegnanti. Mentre il Maestro d’Armi in persona si spertica sulle qualità combattive di Mizumi. E nei campi opposti avete comunque riscontrato discreto successo. Questo è quanto mi è stato riferito, e non vedo ragione per confutare tali giudizi.”
“In quanto Sovrintendente dell’Accademia posso confermare le vostre qualità superiori alla norma, e vi conferisco il diritto di prendere parte all’Esame di Cavalierato." Sentenziò Terra.
Parlò infine Aqua. “E io, in quanto Membro del Consiglio, ho ascoltato la conversazione e approvo le decisioni prese. Bene, è tutto per le formalità.” La donna si esibì in un sorriso raggiante e rassicurante al tempo stesso. “Complimenti davvero.”
Mizumi si emozionò. Bramava quel permesso con una veemenza rara perfino per la sua età. “Quando cominciamo?” chiese.
Terra si alzò assieme agli altri. “Al tempo, non spetta a noi decidere. Questa sessione è servita solo a rendere ufficiale la cosa. Per reclute e esami così atipici, bisogna recarsi direttamente a GranCastello dal Gran Maestro.”
Kazeshi si bloccò. Sapeva che la loro era un’eccezione, ma non pensava la cosa fosse così seria da mandarli direttamente al quartier generale. E questo voleva anche dire dare prova delle loro abilità di fronte a LUI.
Guardò la sorella. La determinazione nei suoi occhi era evidente. Il suo cuore era tinto di molteplici sensazioni: qualcosa da dimostrare, ambizione, senso di appartenenza. E forse ancora un po’ di risentimento.
“Papà…”

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Capitolo 3
*** Il Cuore del Regno ***


3) Il Cuore del Regno

Con la trasformazione della Terra di Partenza in un’accademia e la decisione di rivelarsi al pubblico, ai Custodi serviva una base operativa da cui monitorare tutto l’Universo. Fu così che in poco tempo nacque GranCastello, la più grande delle fortezze, simbolo di sicurezza ma anche della potenza dell’Ordine.
[Storia dell’Ordine, capitolo XXIX]

Avvicinandosi dallo spazio a GranCastello, la prima cosa che si notava erano gli enormi portoni in bronzo che sigillavano il Mondo stesso: perfino con le risorse del Keyblade, un’opera di tale proporzioni era mastodontica e le tecniche impiegate per la produzione erano ignote ai più. I cancelli erano stati annunciati e risultarono pronti dopo qualche anno, comparendo in modo misterioso. Ovviamente tutti potevano dedurre c’entrasse la magia, ma quale e compiuta da chi nessuno sapeva dirlo. I giganteschi battenti recavano una chiave su entrambe le ante, si aprivano solo al passaggio delle Gummiship e respingevano eventuali intrusi.
Chi aveva un permesso speciale poteva generare un portale direttamente all’interno del Mondo, ma salvo quei casi eccezionali ogni individuo che giungeva lì per la prima volta doveva usare il vecchio metodo, come Mizumi stava sperimentando sulle proprie gambe.
“Manca ancora molto?”
Non era la prima volta che lo chiedeva, ma nella voce di Aqua non c’era la minima traccia di irritazione. Andava anche detto che più che risponderle la stuzzicava.
“Al mio arrivo sono stata accolta da voci che mi assicuravano la tua vittoria contro dieci cadetti di fila, e già vuoi fermarti? Mi aspettavo di più dalla giovane promessa dell’Accademia! Con una così scarsa resistenza, come farai se verrai attaccata, mh?”
“Un eventuale nemico mi affronterebbe, non mi farebbe camminare per chilometri sotto il sole cocente. Insomma, guarda dove siamo! Nel mezzo del nulla più assoluto!”
Era vero. Superati i cancelli di bronzo vi erano delle verdi praterie sconfinate, sede più che altro di fattorie, centri per le Gummiship e altri mezzi di trasporto. Si vociferava che negli angoli più desolati vi erano strutture segrete dell’Ordine, e a Kazeshi sarebbe tanto piaciuto verificarlo; ma per il momento dovevano seguire la loro accompagnatrice.
“State tranquilli. Vedete quella sagoma in fondo? È la nostra nave, la prenderemo fino ai cancelli d’argento.”
“Avremmo dovuto prenderla da subito e risparmiarci questa maratona.”
“Avremmo potuto e potrai farlo in futuro, se così deciderai: ma un Cavaliere deve imparare a conoscere il territorio e questo vale in particolare per te, Mizumi.”

Noleggiarono una vecchia e sgangherata Gummiship per proseguire il viaggio. Il veicolo non era un granché, di quelli meno potenti che non potevano viaggiare fuori dall’atmosfera, ciononostante a quelle altitudini si dimostrava assai efficace: le distese d’erba sfrecciavano sotto di loro come un’onda verde intervallata di tanto in tanto da case e complessi. Kazeshi si godeva la brezza sul viso, ma allo stesso tempo lanciava di continuo occhiate furtive verso Mizumi. Sua sorella era sempre stata un peperino dalla lingua tagliente che nemmeno il Maestro d’Armi aveva saputo smussare; all’Accademia invece di sottostare alle regole aveva dato subito prova del suo talento, lasciando che la sua bravura con la lama parlasse per lei. Ma questa volta la sua abilità non l’avrebbe aiutata, non dove stavano andando, e questa era la causa del suo umore anche peggiore del solito.
O meglio, una delle cause.
Dopo nemmeno un’ora già intravidero i cancelli d’argento. Assai meno grandi dei precedenti, erano tuttavia comunque imponenti barriere poste a guardia della cittadella fortificata. Al posto della chiave recavano un’incisione raffigurante un cuore, che poteva essere ammirato a figura intera solo quando i cancelli erano chiusi. Cosa che capitava assai di rado, in quanto il traffico terrestre e aereo era ancora più frenetico di quello accanto ai cancelli di bronzo. I cancelli d’argento erano infatti sempre aperti, dato l’elevato traffico commerciale: se fossero stati chiusi significava che una minaccia era in atto. La nave entrò dall’alto e si andò a sistemare in una cuccetta dedicata ai velivoli nelle alcove poste subito dopo i battenti.
Maestra e gemelli scesero a terra, ringraziarono il conducente e si incamminarono per le vie cittadine. In realtà fu Aqua a incamminarsi: Kaze e Mizu erano sconcertati dal caos e dalle forme di vita presenti, e si fermavano a ogni vetrina e traversa. La donna comprendeva il loro stupore: nati e cresciuti in un piccolo villaggio, conoscevano solo le realtà delle Isole e dell’Accademia. Invece la cittadella di GranCastello era tutto un ammasso di vie lastricate da ciottoli e case in pietra, intervallate ogni tanto da un edificio o un negozio più grosso. I tetti rossi svettavano gli uni sugli altri senza una vera e propria logica, ma nell’insieme le forme e dimensioni disunite servivano a dare fascino e non disorientavano. Le strade poi, sembravano essere progettate specificatamente per accogliere una calca continua di gente di ogni razza e specie: nonostante bisognasse evitare qualche gruppetto, era possibile camminare in relativo agio anche nelle strade più trafficate. La cittadella di GranCastello era un insediamento gigantesco, e sebbene esistessero posti anche più densamente popolati nessuno raggiungeva la stessa estensione. Questo perché GranCastello era stato progettato in modo tale da poter ospitare un gran numero di persone in caso di crisi, dunque spiegato l’enorme numero di edifici e quartieri disabitati.
“Kaze.”
“Mh.”
“Questo posto è il quartier generale dell’intero cosmo.”
“In pratica.”
“Perché questo? Perché non l’Accademia?”
“Il Mondo sul quale sorge l’Accademia soffriva di una brutta posizione, più un luogo per allenarsi che per monitorare i dintorni. GranCastello gode di un’ottima posizione, e come l’Accademia possiede alcune… peculiarità.”
“Ma so il Giardino è ancora più centrato.”
“Il Giardino è il crocevia per eccellenza, sì, e proprio per questo si è deciso di non turbare la vita delle persone fortificandolo e sconvolgendone il territorio. GranCastello è vicino sia al Giardino e altri luoghi d’interesse, in caso di pericolo può raggiungere i posti più importanti in poco tempo e con efficienza.”
Aqua seguì la conversazione fra i due soddisfatta, dando lei stessa estrema importanza a queste cose.
“C’è anche un altro motivo per il quale il Castello Disney… GranCastello è stato scelto. La Prima Pietra.”
“Ooh, l’artefatto che respinge gli intenti malvagi?”
“Precisamente, Mizumi. Lo vedrai quando arriveremo.”
Intanto alcuni avevano notato e identificato l’accompagnatrice, e spesso tra la folla comparivano occhi strabuzzati e espressioni esterrefatte, seguite da un mormorio eccitato.
“Beh, di sicuro non è a noi che guardano” commentò Mizumi. “Essere accompagnati da uno dei Maestri più famosi deve produrre quest’effetto.”
“Mi chiedo se sia solo il rango a causare questo scompiglio,” pensò Kazeshi. Aqua era sì una figura con la sua dose di leggende, ma era anche una donna tutto sommato ancora giovane e di bell’aspetto. I corti capelli cerulei evidenziavano un paio di orecchini identici a forma di goccia, che tintinnavano lievemente ad ogni passo della proprietaria. Il suo vestiario comprendeva un corpetto blu scuro senza spalline, adornato da delle maniche color indaco che scendevano e si intrecciavano a formare una gonna di media lunghezza, non troppo appariscente ma neanche troppo modesta.
Kazeshi supponeva che se a camminare fossero stati Riku o Vanitas avrebbero attratto meno attenzione, o comunque di altro tipo. Scosse la testa, sperando che Mizumi e Aqua non stessero capendo cosa stava pensando.

Una scalinata in granito svettava verso l’alto, conducendo chi la saliva verso i cancelli dorati, l’ultima barriera, che portava al castello vero e proprio. Finemente elaborati e solo poco più alti di un normale ingresso, recavano immagini pregne di significato: sul battente di sinistra vi era raffigurato un piccolo mago, avvolto in una veste riccamente elaborata; su quello di destra un soldato in armatura e lo scudo levato verso l’alto. Scettro e scudo puntavano al centro esatto del portone e al suo simbolo più importante, la corona a tre punte.
Un ingresso che non serviva a comunicare “vietato l’accesso”, ma informava piuttosto dei poteri che rappresentava, del rango delle entità che l’avevano costruito. Se si cercavano guai, quello era decisamente il posto sbagliato. Al contrario degli altri due, i cancelli dorati erano sempre chiusi. Quando Mizumi e Kazeshi vi arrivarono davanti, Aqua sfiorò un piccolo globo che spuntava dal suo vestito, all’altezza del gomito, poi fece loro cenno di seguirla da vicino. Quando i tre entrarono in collisione coi cancelli, una luce abbagliante li avvolse e li trasportò dall’altra parte, senza che i battenti si mossero di un millimetro.
“A consentire l’accesso è un incantesimo di sorveglianza, che peraltro funge anche da barriera magica contro i non invitati. Se i cancelli venissero aperti fisicamente, sarebbe segno che qualcuno è penetrato con la forza. Ma bando alle ciance, e benvenuti!”
Fratello e sorella osservarono il monumentale apparato con tanto d’occhi. Davanti a loro si profilava un androne che si apriva direttamente sui rinomati giardini del castello, oggetto di numerose storie e dicerie da parte di chiunque li avesse visti. Le siepi e gli alberelli rendevano il posto non troppo dissimile da una foresta, sebbene fosse subito palese che una foresta non avrebbe avuto cespugli intagliati a forma di personaggi e oggetti. Così come l’enorme muro di cinta circondava l’intera cittadella sottostante, i giardini erano accerchiati da enormi corridoi di bianco marmo, intervallati da porte, finestre e quadri di ogni varietà. E dalla parte opposta rispetto all’ingresso l’ennesimo portone, stavolta viola e con tre cerchi appoggiati a formare un topo stilizzato a decorarlo.
Il palazzo dell’Accademia era grossomodo delle stesse dimensioni, ma chiaramente non aveva tutte quelle statue, quei simboli, quelle rifiniture. Aqua li superò e gli parlò, sempre guardando il castello.
“Ora verrete ricevuti dal Consiglio e dal Gran Maestro per discutere del vostro futuro. Superato questo ingresso legami di parentela e abilità crollano, e rimane solo la catena di comando. Ci aspettiamo vi comporterete di conseguenza. Siete pronti?”
“Sì” risposero in coro.
“Molto bene. Vi concedo l’ingresso al quartier generale dell’Ordine dei Cavalieri del Keyblade, GranCastello.”
Arrivarono di fronte al portone viola e la Maestra evocò il Keyblade bussando tre volte su un cardine, mentre Mizumi e Kazeshi trattenevano persino il fiato in attesa di scoprire quale meccanismo proteggeva quell’ulteriore ingresso. Si aprì rapidamente e in silenzio una piccola porticina, delle dimensioni di un uomo nemmeno troppo alto, in un angolo del battente destro.
Aqua entrò, seguita dagli adolescenti più delusi del cosmo conosciuto.

“Tutti possono, sorvegliati da guardie e con apposito permesso, visitare il palazzo di GranCastello e tutto ciò che contiene; ma solo pochi hanno il privilegio di essere ricevuti dal Gran Maestro e dal suo consiglio.”
[Annuario di GranCastello]

L’interno del castello era almeno interessante quanto il suo colorito ingresso. Aqua scortò i due passando oltre una fontana, salendo una rampa di scale, aprendo una porta, percorrendo sette arcate e imboccando un’ultima scalinata… verso il basso.

“Il gioiello più prezioso dell’Ordine si cela al livello più basso, come tutti i tesori migliori. E come tutti i tesori migliori, ha un guardiano formidabile.”
 [Hotreus Poxo, Re dei Mercanti]

“Dopo essere stato ricevuto al piano più basso per i miei servigi, non ho più potuto dimenticare quella sensazione. Tornato al piano terra, mi pareva quasi di sentire il potere scorrere sotto ai miei piedi.”
[Diario di un monarca]

“Scendiamo? Strano, credevo saremmo saliti.”
“Oh, ai piani più alti ci sono un sacco di settori importanti, primi fra tutti le stanze dei Maestri.” Aqua sospirò brevemente, ripensando alla sua bella vasca da bagno e ai sali effervescenti che la attendevano. “Ma la sala del trono è ubicata esattamente sotto di noi.”
I gemelli la seguirono, nervosi. Nonostante stessero scendendo la luminosità non diminuiva, sebbene non ci fossero candele sul tragitto. La luce proveniva dalla loro meta, una luminosità chiaramente innaturale ma allo stesso tempo benefica. Pochi passi ancora e le scale terminarono assieme alla stretta galleria.
Davanti a loro un salone gigantesco, dei troni stretti attorno ad un tavolo e il loro passato e futuro che li fissava.

“Mi chiedono spesso se abbia mai visto il Gran Maestro. La risposta è sì, e lasciate che ve lo dica: non sapevo chi dei due fosse più emozionato.”
[Arato Chem, attore di fama planetaria]

“Il Gran Maestro è assai più giovane di quanto le storie narrino, ma che non si venga ingannati. Dietro ai suoi modi affabili e l’aura di spensieratezza si nasconde una persona che sa suscitare timore e rispetto quando vuole.”
[Hotreus Poxo, Re dei Mercanti]

“Il Sovrano siede sul suo trono sotterraneo, circondato dagli amici.
Ha vinto la guerra, e rinunciato alla sua vita normale per il bene di tutti.”
[???]

Seduto sul trono più grande, direttamente davanti all’ingresso stava un uomo ancora nel fiore degli anni. La sua espressione era segnata dalle numerose battaglie ma ancora predisposta al riso e allo scherzo, così come i suoi occhi blu cielo. Una capigliatura castana appena più lunga dell’ordinario e dalla forma bizzarra si espandeva verso l’alto ma non il basso. Il fisico era assai sviluppato, forse in modo lievemente eccessivo rispetto alla sua statura  ma non al punto da risultare brutto o inappropriato, specie se si considerava chi si aveva di fronte, qual era il suo mestiere e il fatto che tutto il corpo eccetto la testa era ricoperto da un’armatura bianca.
Il Gran Maestro dei Cavalieri del Keyblade, Sora.
“Dunque siete arrivati. Mizumi, Kazeshi.” La sua voce era sorprendentemente lieve. Sorrideva, chiaramente aspettava da tanto quel momento. Kazeshi avrebbe voluto abbracciarlo e parlare con lui, ma era trattenuto dall’importanza del momento e da sua sorella. Mizumi era rigida come una delle statue.
“Quanta allegria. E meno male che questo testone voleva farne una cerimonia pubblica.”
“Beh, c’era da aspettarselo. Conoscendo la famiglia, sono invece sorpreso siano ancora tutti ai loro posti.”
Un sibilo irritato e una risata sciocca seguirono questo breve scambio di battute, mentre due figure si avvicinavano al Maestro. Una era piccola e portava una casacca viola e un cappello a punta, l’altra alta e allampanata con pezzi sparsi di armatura. Il loro aspetto buffo li rendeva anche impossibili da confondere: il Braccio Sinistro e Destro del Gran Maestro, il Mago e il Cavaliere.
“Ehi, ragazzi. Caspita, siete cresciuti dall’ultima volta!”
“Ovviamente, Pippo. Erano solo bambini, e l’ultima visita risale a ben cinque anni prima che lasciassero l’Isola. Mi sorprenderebbe se si fossero ricordati di Ventus.”
Paperino e Pippo, gli unici non Custodi che venivano definiti Maestri perfino dai Cavalieri… qualche altro apprendista avrebbe avuto le gambe molli vedendo tutti questi personaggi assieme, ma le sorprese non erano finite.
Un’ennesima figura si alzò da uno dei troni, avvolta dalla testa ai piedi in un’armatura nera: se Sora era di media statura quest’ultimo era assai alto e massiccio, forse persino più di Terra, sebbene fosse impossibile appurarlo con la corazza addosso. Il misterioso figuro risolse parzialmente il problema levandosi l’elmo e rivelando una lunga massa di capelli argentei che incorniciavano uno sguardo serio e rigido.
Questa volta anche Mizumi sussultò, nel trovarsi davanti l’unica figura che poteva competere con suo padre su parecchi piani. L’Eroe Oscuro, il primo che aveva abbracciato l’Oscurità per servire la Luce e aveva rivoluzionato il sistema di combattimento dell’Ordine.
Riku si avvicinò ai gemelli e li osservò dall’alto della sua mole. Dopo quella che parve un’eternità parlò con la sua voce profonda ma rassicurante allo stesso tempo.
“Paperino ha ragione, ne è passato di tempo. E tuttavia, anche meno di quanto mi sarei aspettato. Sedetevi, prego. C’è molto di cui discutere.”

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Capitolo 4
*** Lo Sai Perché ***


4) Lo sai perché

Kazeshi si sedette timorosamente su uno dei troni quasi di fronte a quello dove poggiava Sora. Mizumi lo imitò poco dopo ma mettendosi di tre quarti verso destra, e non vi era nulla di timoroso nei suoi modi.
Una luce brillò negli occhi del loro genitore. “Sei un ragazzo pieno di rispetto, Kaze. Hai obbedito presto e ti sei seduto nel posto più facile per me da osservare. D’altro canto Mizu è come al solito riluttante a seguire un’indicazione che non provenga da lei stessa, e si è messa in modo tale da tenere tutti sott’occhio senza perdere di vista l’uscita. E allo stesso tempo noi siamo invece costretti a girarci verso di lei per guardarla.”
La ragazza sbuffò. “Non significa niente.” Ma i suoi occhi esprimevano disagio.
“Forse. Ma intanto siete seduti rispettivamente sui troni di Aqua e Vanitas, e se dovessi dare un volto all’obbedienza e all’indipendenza… sarai d’accordo con me che c’è un limite alle coincidenze.”
Il Maestro si rilassò sullo schienale. “Ah, perdonatemi. Vedo e analizzo così tante persone e gesti che ormai è diventata un’abitudine. L’abilità di leggere un cuore è potente e utile, ma può condizionarti a lungo andare. Non prendete troppo sul serio ciò che ho detto, ma ricordate: a volte assecondare gli altri non significa debolezza, Mizu. E al contrario un po’ di atteggiamento serve anche al più docile degli animi, Kaze.”
Il clangore metallico di due guanti che si scontravano risuonò quando Riku batté le mani.
“Tutto ciò è senza dubbio importante, ma chiederei di rimandare la paternale a dopo, Sora. Svolgiamo il nostro dovere ufficiale.” Nella sua voce c’era una sfumatura di esasperazione, ma del tipo che lasciava supporre non fosse la prima volta che richiamasse l’amico all’ordine.
Paperino confermò quel sospetto brontolando. “Se non ti si ricorda di qualcosa ogni cinque minuti ti perdi nel tuo mondo.”
“Eheheh…”

“Allora. Siamo qui oggi per approvare l’Esame di Cavalierato di Kazeshi e Mizumi. Nonostante abbiano solo quindici anni hanno dimostrato una perizia fuori dal comune, di braccio quanto di mente. Ma vista appunto la giovane età e le circostanze speciali del caso, bisogna anche decidere un Esame appropriato.”
Riku aveva deciso di prendere in mano la situazione. Kazeshi capiva cosa intendeva dire: di norma, l’Esame per ottenere il cavalierato si svolgeva a gruppi in una sorta di piccolo torneo sotto la supervisione di Maestri, in periodi ricorrenti durante l’anno. Ma stavolta erano solo loro due, e non potevano semplicemente affrontarsi uno contro l’altra.
“Fatemi affrontare un cadetto, e mi promuoverete appena lo avrò battuto. Facile.”
Sora si accigliò leggermente. “Non esserne così sicura. So quanto sei brava più di chiunque altro, ma un cadetto che ha già combattuto nei Mondi esterni potrebbe non rivelarsi la passeggiata che ti aspetti. L’esperienza può essere più letale del talento.”
Un cenno del capo da parte di Riku. “A prescindere da ciò, ci sono altri problemi. Far tornare uno o due Cavalieri solo per un esame non è appropriato, per non parlare dell’imbarazzo immeritato che riceverebbero dovessero perdere. No, abbiamo pensato ad altro. L’Esame serve a valutare se avete appreso altro oltre alle basi, e se siete pronti per procedere al livello successivo. Ed è proprio ciò che faremo, assegnandovi una missione ufficiale.”
I due gemelli non poterono nascondere la sorpresa. Le missioni erano materiale per soli Cavalieri, e quando la situazione lo richiedeva per i Maestri. Ce n’erano di tutti i tipi e difficoltà, ma chiaramente una missione atta a valutare il Cavalierato doveva comportare dei rischi.
“Domani mattina attraverserete un portale per un Mondo esterno. Arrivati lì agirete come squadra e seguirete le istruzioni che vi sono state affidate. Naturalmente terremo tutto sotto controllo, ma ci aspettiamo agiate come se così non fosse. Nemmeno dovrei dirvelo, ma non vogliamo assistere a gesti inconsulti o vite messe a repentaglio solo perché sapete di essere osservati. Domande?”
“Mh, è che… parlate di agire come una squadra, ma siamo solo in due. E non penso ci sarà un Maestro a guidarci, non sarà eccessivo?”
Pippo rise di cuore. “Attento ragazzo, o tua sorella non avrà bisogno di un portale per rispedirti a casa! Yuk!”
Kazeshi sapeva sua sorella lo avrebbe incenerito con lo sguardo se avesse potuto, ma non le badò. Ci era abituato, e sopportare le sue scenate si era rivelata più volte la giusta via.
“Un’ottima osservazione, Kaze. Non sarete soli, no. Ma non sarà un Maestro a guidarvi. E a giudicare dalle vostre espressioni, mi pare né Ven né Aqua vi abbiano informati. Pur essendo i più giovani, non siete gli unici che verranno sottoposti a questo esame speciale.”

Come intuito dalla prima occhiata, i giardini di GranCastello erano davvero curiosi. Dai piccoli fiori emettevano basse melodie se accarezzati, all’acqua che saltava letteralmente da una colonna all’altra, in quel posto ci si dimenticava di essere in un’importante roccaforte. A quanto pareva, Sora aveva chiesto che parte dei giardini fosse modellata secondo il bosco di un Mondo particolare da lui visitato. Ma in quel momento nemmeno Kazeshi era di spirito contemplativo: l’ansia per la missione imminente era raddoppiata dal pensiero di dover incontrare nuove reclute. Di certo non era nessuno dell’Accademia, conoscevano tutti lì e non c’erano potenziali candidati. A sentire Riku, questi ragazzi erano stati addestrati privatamente fin da piccoli.
Accanto a lui Mizumi strappava piccoli ciuffetti d’erba sovrappensiero. Sapendo quanto non le piacessero posti ampi e affollati si erano messi in una piccola siepe dentro uno dei labirinti, in silenzio e nascosti da sguardi curiosi.
“Avresti voluto ricevere anche tu lezioni private?”
“Perché me lo chiedi?”
“Lo sai perché. Mizu… papà non ci ha abbandonato. Ha scelto di farci vivere prima come bambini comuni e poi in mezzo ad altri ragazzi. Era un suo diritto.”
“Non volevo il trattamento di favore. Non mi importa di apparire speciale se già so di esserlo, così come non mi è pesato trascorrere gli anni all’Accademia. Quando mi sentivo sprecata, picchiavo un po’ di ragazzi più grandi e passava tutto.”
“E allora perché ce l’hai tanto con lui? Perché hai così tanta rabbia appena lo vedi?”
“Lo sai perché.” Gli fece eco lei, alzandosi. Ma qualcosa la fece bloccare a metà del movimento: seguendo il suo sguardo, Kazeshi notò un ragazzo alto e piazzato che li osservava in piedi sulla cima di una delle pareti del labirinto.
Portava una corta maglietta verde militare e dei larghi pantaloni marroni. I suoi capelli erano di un blu notte scurissimo, tagliati corti senza tentare di seguire un qualche verso ma solo per praticità. Ma la cosa più impressionante erano gli occhi: azzurri, ma con un anello blu dello stesso colore dei capelli attorno alle pupille. Occhi profondi e sinceri, ma anche capaci di scrutarti dentro. E proprio quello sembrava fare l’intruso, con una smorfia sarcastica sul volto.
“Bene, bene, voi dovete essere i giovani prodigi. Un tipetto mingherlino dai capelli neri e… uh. A quanto pare le voci erano vere. Sei curiosa, sai?”
Kazeshi era abituato ai commenti sulle sue proporzioni mediocri, ma non sapeva come avrebbe reagito Mizumi.
“Sei venuto qui solo per attaccare rogna? Bene, ci hai visti, ora puoi andare.”
“Che sbadato, non mi sono presentato! Il mio nome è Lutum. Sono uno dei candidati che sosterrà la prova assieme a voi domani.”
Mizumi lo squadrò meglio. Non poteva avere più di diciassette anni. Perché fare ora un Esame speciale, a solo un anno dal poter affrontare quello standard? I suoi pensieri vennero interrotti, quando notò il fascio di molecole di luce che si addensava nella sua mano destra…
“Kaze! Salta!”
L’esplosione fu quasi immediata. Detriti di terreno volarono in ogni direzione assieme a foglie e terriccio. Con un trambusto simile, non ci sarebbe voluto molto perché accorressero a vedere cos’era accaduto. Mizumi restava impassibile a braccia conserte accanto a una grossa depressione nel terreno dove prima c’era la siepe. Si guardò attorno: a giudicare dal tipo di impatto e dallo stato delle foglie non era stata una magia di fuoco o esplosiva, ma un semplice attacco fisico, di notevole potenza.
Lutum si raddrizzò, e parlò con rinnovata ammirazione. “Ce ne vuole per spostarsi leggermente e evocare una barriera. Se il tuo tempismo fosse stato anche di un solo istante meno preciso, saresti a pezzi. Sono colpito.”
“Cosa vuoi?”
“Solo scoprire il potenziale dei miei futuri alleati. Non voglio ritrovarmi a trascinarmi due pesi morti, men che mai fallire a causa loro. Bene, sarebbe un peccato chiudere tutto così dopo aver fatto una scena simile. Perché non mi mostri cosa si fare?”
Il ragazzo assunse una posizione di guardia, mettendo il Keyblade di fianco all’altezza del bacino. Mizumi si guardò alle spalle. Kazeshi era a qualche decina di metri, probabilmente trascinato dalla forte corrente dell’impatto mentre era in aria. Sembrava incolume, ma non sarebbe stato in grado di alzarsi o intervenire per qualche momento. Meglio così.
“E va bene, sbruffone. Te ne pentirai.”

Sora si stiracchiò, a disagio. L’armatura dei Cavalieri non provocava effetti dannosi nemmeno a indossarla tutto il giorno, ma dopo quella chiacchierata si sentiva tutto intorpidito. Era sempre così coi suoi figli, specialmente con Mizu: non sapeva mai come comportarsi, o se quello che faceva era giusto. Gli sembrava sempre che lei lo guardasse con una sorta di rimprovero negli occhi, era da quando era piccola che aveva quello sguardo. Per l’ennesima volta, il Maestro si chiese se la sua scelta di non allenarli personalmente fosse stata quella corretta.
“Non ti torturare così tanto.” Una voce alla sua sinistra. Era difficile serbare segreti quando i tuoi migliori amici erano sempre al tuo fianco. Sora si voltò verso Riku, di ritorno dalla Torre Meridionale.
“Allora?”
“Ho messo a punto i dettagli per la prova di domani e mi sono assicurato tutti sappiano il loro compito. Perfino Yen si è dimostrato interessato, e mi ha riempito di ammonimenti. Tu invece come stai?”
Sora scrollò le spalle. “Al solito. Mi chiedo sempre dove finisca il ruolo di Maestro e dove inizi quello di padre.”
“Sai che non ti posso aiutare lì.”
“Kairi lo fa sembrare così facile… dev’essere l’istinto materno. È strano: leggo benissimo i cuori altrui, ma quando si tratta dei miei stessi consanguinei non ci capisco nulla. Quando pensi di aver decifrato i loro pensieri, tutto cambia.”
L’Eroe Oscuro rise. “Immagino sia normale con dei ragazzi. Nemmeno noi eravamo un libro aperto, no?”
Poi mutò espressione, e si fece molto serio. “Ma è vero che sono casi speciali. Mizumi… Sora, ne abbiamo già parlato, ma mi raccomando.”
“È mia figlia, non la posso estromettere a forza.”
“Non dico questo, ma è sempre opportuno avere un occhio di riguardo. La sua abilità è magnifica, ma anche spaventosa. E il suo as-“
“Riku. Può bastare. Conosco e comprendo i tuoi timori, ma la decisione finale è la mia.”
Riku ammutolì all’istante. Col tempo, il suo migliore amico aveva sviluppato l’autorità che si confaceva al titolo di Gran Maestro. La usava poco e malvolentieri, ma ogni volta serviva a troncare ogni discussione. A volte rimpiangeva l’ingenuità di Sora, ma sapeva che era per il meglio.
Tacque, eppure il suo senso di inquietudine su quella faccenda non lo abbandonava. Un forte tremore scosse appena il tavolo.
Sora scattò in piedi. “Sembrava provenire dai giardini. Che diamine succede?”
Il senso di inquietudine in Riku cresceva.

Mizumi indietreggiò. Il suo Keyblade, Squamadoro, tremava. Un più attento esame dimostrò che era la sua mano a tremare. I colpi di Lutum erano più pesanti del previsto; la ragazza dovette riconoscere che il suo avversario era fisicamente più forte di lei.
“Un Keyblade medio, abbastanza bilanciato. Carino l’aspetto delle scaglie dorate, ma preferisco la potenza all’eleganza. Come io e Squarcio abbiamo appena dimostrato.” Il suo Keyblade era grosso, chiaramente pensato per l’attacco, e sembrava quasi un’ascia più che una chiave. Marrone così scuro da sembrare nero, non aveva decorazioni degne di nota e pareva un pezzo di fondo di palude staccato e trasformato in arma.
“Parli sempre così tanto quando combatti?”
Lutum sorrise. “Solo con avversari che so di poter battere.”
Mizumi si morse la lingua. ‘Calma. Ti sta provocando solo per deconcentrarti. Puoi vincere. Sei la più abile.’
Arretrò di qualche passo: era ovvio lo scontro diretto non era un’opzione. Accumulò magia nel Keyblade e lanciò alcuni incantesimi di secondo livello, che Lutum intercettò con delle semplici sfere magiche prive di elemento. Era anche un discreto mago, quindi. Mizumi non si fece impressionare e preparò il suo incantesimo più forte. Quando fu pronta, urlò “Thundaga!” e un potente fulmine si generò sopra Lutum. Gli occhi di quest’ultimo si dilatarono di sorpresa, ma solo per un istante; senza perdere altro tempo conficcò il Keyblade nel terreno e tracciò un cerchio intorno a sé. Una volta finito, richiamò della magia e puntando la sua chiave contro il cielo evocò dalla spaccatura una barriera che assorbì l’impatto. Il tutto durò pochi attimi, e appena le magie si dissolsero Lutum era già in aria, diretto verso Mizumi con un attacco in salto.
La ragazza parò in fretta l’assalto e si ritrovò impegnata in un confronto di forza con lui, e non sembrava avere la meglio. Dove prima stava il suo rivale risuonarono alcuni scoppi.
“Mine esplosive? Quando hai avuto il tempo di piazzarle?” Lutum esercitò ancora più pressione. Le gambe di Mizumi tremavano come le sue braccia, ancora poco e sarebbe crollata. “Davvero notevole, sia la tua magia che la tua resistenza. Ma evidentemente sono comunque in vantaggio. Non te la prendere, in fin dei conti ho due anni di esperienza più di-“
“Iter Fatale.”
Lentamente, l’equilibrio di forze si spezzò, e Mizumi guadagnò terreno. Stavolta Lutum si impressionò sul serio, mentre la ragazza ormai lo sovrastava. Non credeva avesse imparato a usare uno Stile: quella era materia da Cavalieri avanzata. La rinnovata forza fisica della giovane lo spinse infine via, mentre lei portava indietro il braccio armato per sferrare il colpo decisivo.
Una sagoma infuocata passò vicinissima alla guancia di Mizumi: non l’aveva sfiorata, ma comunque il calore la distrasse impedendole di proseguire l’attacco. Un’altra di quelle figure circolari di fuoco si piantò in mezzo ai piedi di Lutum.
“Direi che può bastare, non pensate?”
La ragazza guardò in direzione della voce e notò che una piccola folla si era radunata intorno a loro. Kazeshi li aveva raggiunti, ma non era stato lui a parlare, bensì la figura che lo teneva con delicata fermezza per un braccio. Un uomo alto e magro, con un gilet dai colori caldi e accesi e due occhi verde smeraldo. Una folta capigliatura rossa gli adornava la testa, come se il suo intero cranio fosse in fiamme. Sapeva chi era quell’uomo. Sospirò: era solo questione di tempo prima che intervenisse un Maestro, ma non si aspettava un membro del Consiglio.
“Dunque, non amo far protrarre le cose più a lungo del dovuto, quindi sarò breve: raccogliete le vostre armi e venite con me. Vi porterò dritti alla camera disciplinare, ragazzi.”
Lutum su rialzò. “Maestro Lea-“
“Ragazzo, non sono in vena di ascoltarti. Ringrazia che sia stato io a occuparmene: un altro vi avrebbe dato una bella botta in testa e lasciato a sbollire in una cella. Eh, sempre a me toccano i lavori più fastidiosi…”

I tre sedevano nella sala d’aspetto antecedente alla camera disciplinare, dove sarebbero stati giudicati per le loro azioni e gli sarebbe stata somministrata una pena adeguata. Mizumi aveva deciso di chiudersi in un ostinato mutismo. Suo fratello invece no.
“Spero sarai contenta! Ti avevo avvertito di non creare problemi, ma ovviamente non sia mai che tu dia retta a qualcuno. Dimmi, cosa ci hai guadagnato da questo scontro? Anzi non dirmelo, non finché non scopriremo quanto ci costerà la tua bravata. E perché io sono qui? Non ho fatto niente! L’unica colpa che ho è l’essere accomunato a te ma sai com’è, è difficile non esserlo quando siamo assieme fin dalla culla!”
Era sempre così ogni volta che la sua preziosa condotta immacolata era a rischio. Mizumi lo lasciò sfogare come al solito.
Lutum aveva fissato il soffitto tutto il tempo, e non sembrava per niente preoccupato dell’imminente processo: la ragazza scommetteva con una punta d’orgoglio che stava ancora pensando al combattimento. Lui confermò i suoi sospetti quando approfittò che Kazeshi riprendesse fiato per dire: “Avevi mai usato Stili prima d’ora?”
“..un paio di volte. Mai in combattimento.” Mizumi ritenne che le sessioni private con suo fratello non contassero.
“Sei davvero incredibile. Più di quanto dicessero. Sei curiosa.”
“L’hai già detto. Non m’importa di cosa dicano di me.”
“A te no, ma alla comunità sì. Vedi, io non sono uno studioso e so che non è una scienza esatta, ma noto le somiglianze fra i consanguinei.” Lutum si toccò una ciocca di capelli. “Ho ereditato questi da mia madre. Tuo fratello è simile in questo senso, se pensiamo che il castano si scurisca con-“
“Vieni al punto.” Mizumi già sapeva dove voleva andare a parare. All’Accademia l’argomento si era ormai esaurito, ma lì nessuno la conosceva. Doveva immaginarsi che i mormorii sarebbero ricominciati.
“Beh, se proprio insisti. Come ho detto, la genetica non è sempre scontata e prevedibile.” Il ragazzo si avvicinò di più ai gemelli. Dietro di lui, la porta per la camera disciplinare si apriva lentamente.
“Ma mi chiedevo perché, con tutti i colori possibili, i tuoi capelli siano di un argento così vivido.”

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Capitolo 5
*** A Casa ***


5) A Casa

“Testimoni hanno visto il Gran Maestro passare la notte nella Stanza.”
“Che ci vuoi fare, sua moglie è molto severa!”
[Barzelletta che circola fra i Cavalieri]

La camera disciplinare non era il titolo ufficiale di quell’ambiente, che nemmeno ne aveva uno. Per tutti era “la Stanza”, e occasionalmente la camera disciplinare quando si cercava di essere più autoritari. Lì tre Maestri, di cui almeno uno membro del Consiglio, giudicavano e in caso punivano i Custodi quando infrangevano le regole. I crimini andavano dal vandalismo leggero a questioni gravi di importanza planetaria, e ciò influiva spesso anche sull’identità dei Maestri, che non erano fissi: se Mizumi e gli altri erano fortunati e i giudici clementi, se la sarebbero cavata con poco. Mentre entravano la ragazza diede una rapida occhiata ai seggi. No, decisamente non erano fortunati.
Sul seggio di sinistra sedeva Aqua; la clemenza e affabilità erano scomparse dal volto della donna, facendo spazio a un’ira austera. Su quello di destra il Maestro Lea, la cui irritazione per il tempo perso sembrava purtroppo superare il suo disinteresse verso la faccenda. E su quello centrale il vecchio e saggio Yen Sid, non più Maestro da numerosi decenni e ormai prossimo al tramonto della sua esistenza, ma ancora sapiente e tenuto in altissima considerazione dall’Ordine. Due erano Membri del Consiglio, e ancora due erano assai ligi alle regole: no, non era affatto una buona situazione. Anche Lutum aveva intuito l’aria che tirava e aveva messo a freno la lingua. I ragazzi presero posto sul bancone centrale, di fronte agli esaminatori.

L’anziano mago teneva gli occhi chiusi fin dal loro ingresso in sala, tanto che Mizumi ebbe lo sciocco pensiero che si fosse addormentato. D’altronde, perfino per un essere legato alla magia e ai poteri occulti, era assai vecchio. Aqua aveva gli occhi aperti e li teneva fissi su Lutum, che al contrario guardava basso e pareva voler essere risucchiato dal terreno. Lea si guardò brevemente attorno, e decise di dare il via al processo: “Dunque, siamo qui riuniti per… no, aspetta, sembra un matrimonio. Mizumi, Lutum, Kazeshi, avete ingaggiato in un combattimento fuori dalle aree adibite, impiegando poteri pericolosi e senza supervisione; avete apportato danni al labirinto verde e disturbato la quiete… quieta. Se avete qualcosa da dire, ditelo adesso.”
Kazeshi si limitò a rilassare le spalle e sbuffare. Ormai si era da tempo rassegnato nel condividere i guai della sorella. In più, oltre al fatto che non gli piaceva fare la figura della spia, effettivamente c’era chi avrebbe detto era suo dovere fermarli o convocare un Maestro. Sentì un’ondata di gratitudine e complicità emanare da Mizumi al suo fianco, quel tipo di legame che solo i gemelli potevano percepire.
Dopo alcuni istanti di silenzio totale, Lutum parlò con un filo di voce. “Stavamo solo facendo pratica.”
L’ondata di gelo che riempì la stanza fu stavolta percepibile da tutti. Aqua parlò con voce sepolcrale, la bocca coperta dalle dita intrecciate.
“Confinamento per due settimane. Ovviamente l’Esame è annullato.”
I ragazzi non credettero alle proprie orecchie. Kazeshi era sempre favorevole a eventi che facessero maturare Mizumi, ma riconobbe che questo era eccessivo. Mizumi era un blocco di nervi in tensione, Lutum lo stesso. Lea notò le espressioni di sconforto dei giovani e sospirò: ancora una volta gli toccava fare lo zio buono.
“Eddai, Aqua. Hanno sbagliato, ma sono ragazzi. Capisco l’amore materno, ma mettiti nei loro panni.”
“Non promuoverò a Cavaliere chi pensa che il Keyblade sia un giocattolo da sfoderare per distruggere tutto ciò che incontra. Forse siamo troppo benevoli col nostro sistema di formazione.”
“Ehm, quella parte sull’amore materno? Lascia… lascia perdere.” Aveva perfino tirato in ballo l’Accademia, quindi Terra avrebbe ricevuto una doppia sfuriata. C’erano stati momenti in cui Lea aveva invidiato il compagno per essersi riservato quell’avvenente Maestra, ma ora era abbastanza soddisfatto delle sue scelte di vita.
La discussione non poté proseguire perché in quel momento Yen Sid aprì gli occhi. Fissò a lungo i tre cadetti, specialmente Mizumi. Kazeshi era in apprensione: conosceva di fama il Maestro e la sua indole cauta. Come avrebbe reagito di fronte a quella mina ambulante di sua sorella?
“Mizumi.” La voce dell’uomo era profonda ma crepitante, come una vecchia pergamena. “Non hai detto ancora nulla. Cosa significa il tuo silenzio?”
“Nemmeno Kaze ha detto niente, Maestro.”
“Non chiamarmi Maestro: non lo sono da tanto di quel tempo, e ormai sono anni che non insegno più nulla. Ma vorrei che tu rispondessi comunque alla domanda. La nobiltà di tuo fratello nel non scaricare la colpa su di voi non necessita altre spiegazioni.”
“Lutum mi ha lanciato una sfida e io l’ho accettata… signore.”
“Quindi dici è stato lui a provocarti?”
“Ero consapevole di ciò che facevo. Ho accettato il duello, perché non volevo rinunciare e volevo vedere quanto era abile.”
“Pur sapendo che questa era una chiara infrazione delle regole. E che di lì a breve avresti sostenuto un Esame accelerato, un onore rarissimo. Non potevi attendere? O cercare un giudice?”
“Non ho detto che ciò che ho fatto sia giusto. A volte le cose accadono, e si sbaglia. All’Accademia insegnano che gli errori fanno crescere.”
“Non quando fatti di proposito.” Yen si lisciò la folta barba argentata. “Dimmi, non è forse importante per te questo Esame? Valeva la pena sbagliare proprio ora? Hai imparato qualcosa da questo scontro?”
“…no, signore.” Mizumi era mortificata. Avrebbe quindi dovuto fare ritorno all’Accademia? Avrebbe deluso tutti in questo modo, lei stessa per prima?
“Quindi hai commesso un errore grave, sapendolo, senza imparare granché da ciò. Mi vedo costretto ad appoggiare la proposta della Maestra Aqua.”
Calò un silenzio di tomba. La mente di Mizumi era uno spazio bianco, incapace di pensare a nulla. Lutum si mordeva il labbro inferiore: era ovvio gli dispiacesse da matti. Kazeshi rimase un po’ scosso dal ferreo regime, che non era come si aspettava.
“Tuttavia, Aqua. Vorrei chiederti se sei davvero convinta della tua decisione. In quanto giudice la tua parola è legge; ma ritieni sia giusto privare i due ragazzi del loro diritto per via della tua severità con tuo figlio? Sora potrebbe obiettare.” Aqua rimase in silenzio, ma appariva turbata.
“Come vuoi educare Lutum è una decisione che spetta solo a te. Ma mi permetto di farti notare che decidere di infervorarsi così tanto su una trasgressione -che non sarà l’ultima- non fornisce un buon messaggio sul saper controllare i propri impulsi. Quindi? Procediamo con i voti per la mozione di allontanamento?”
“…ritiro la mia proposta. Possono partecipare all’esame.”
Lea sorrise sotto i baffi. “Anch’io voto per l’annullamento della punizione ufficiale, e il proseguimento dell’esame.”
Yen si unì al sorriso. “Quindi due no contro il mio sì. Allora lasceremo che i genitori decidano come punire i figli, e non ne parleremo più. Potete andare.”

Nonostante fossero liberi e nessuno di loro avesse voglia di rimanere vicino alla Stanza, Kazeshi e Mizumi restarono nei paraggi abbastanza a lungo per godersi la scena.
“Dai, ma! Non tirare così tanto!”
“Silenzio! Ufficialmente sei stato perdonato, ma rimani mio figlio e subirai le conseguenze delle tue azioni! Impulsivo come tuo padre, ma ci penserò io a farti sbollire.”
“Ma ti ho detto che era un gioco! Nessuno si sarebbe fatto male, e poi stavo pure perdendo…”
“Stavi COSA?! Di bene in meglio! Rompi le regole, e nemmeno a tuo vantaggio!”
Il duo ceruleo si allontanò nel lungo corridoio, portando con sé il resto della lite. I gemelli aspettarono ancora un po’ per lasciargli un certo vantaggio.
“La Maestra Aqua è cambiata completamente rispetto a prima.”
“So che ha avuto una dose non indifferente di problemi a causa di regole infrante, in gioventù. In più è suo figlio. Anche mamma diventava un demonio quando ci comportavamo male.”
“A proposito… ora noi dovremmo andare a ricevere la nostra punizione, vero?”
“Già. Non è finita qui, Mizu.”
“Lo so, Kaze.”
Uscirono dal corridoio e cercarono un modo per evitare di passare per il giardino per ovvi motivi. Pur non essendo abitanti di quel luogo sapevano che dovevano raggiungere la cupola della torre centrale, la più alta. Tornarono nel salone appena dopo l’ingresso a GranCastello e imboccarono una grossa rampa di scale ricoperta da velluto rosso. Fortunatamente non era richiesto ai visitatori di salire decine di piani a piedi, e presto trovarono alcuni dei pannelli di teletrasporto della fortezza. Era ignoto come, ma senza che l’utilizzatore facesse alcunché il pannello sapeva dove mandarti: Kazeshi ipotizzava che qualunque cosa lo azionasse sapesse anche come impedire il suo abuso, e impedisse a qualche ficcanaso o recluta sovrappensiero di accedere a sezioni vietate.
Si ritrovarono molto in alto. Davanti a loro, un paio di gradini ancora portavano a una modesta porta in legno socchiusa (ovviamente a GranCastello e nelle altre roccaforti piene di possessori del Keyblade ogni accesso importante aveva un piccolo incantesimo di sigillo, e comunque le pene di effrazione erano severissime e fatte imparare a memoria ai cadetti: perfino Mizumi e Kazeshi trovavano l’idea di aprire qualcosa appartenente a un estraneo assai più grave di un duello irregolare).
“Dentro sì, ma la campagna ce la siamo girata a piedi…” mugugnò Mizumi.
“Che bofonchi?”
“Niente. Andiamo.”

L’ambiente interno era una deliziosa camera arredata in stile tropicale, come i bungalow ai villaggi vacanze. Dappertutto figure di pesci, onde dell’oceano, utensili a forma di stelle e conchiglie; il pavimento stesso era un’imitazione magica di una spiaggia (in alcune parti era sabbia vera) e col lieve rumore del mare in sottofondo. Una stanza che ti faceva pensare di essere sempre in vacanza, tutta la parete in fondo e parte abbondante del soffitto erano una gigantesca vetrata che si affacciava su GranCastello e dintorni, arrivando a fornire colpi d’occhio anche sulle campagne e i fiumi circostanti. I muri interni e quello dell’ingresso erano gradevoli e finemente decorate nel caso non si avesse voglia di fissare costantemente il panorama e gli spazi aperti. Il bianco onnipresente del palazzo era qui rimpiazzato da vari colori: un rilassante blu cielo per la parte superiore delle pareti, un marrone ligneo per le porte e la parte inferiore. Palme in giganteschi vasi o nelle zone sabbiose ricevevano l’enorme quantità di luce che la finestra faceva passare.
Un ambiente rilassante e compatto, con molti elementi al suo interno, ma che risultava confortevole e non opprimente. Eppure l’attenzione dei gemelli era tutta per la donna dai capelli rosso carminio che apparecchiava la tavola. Finì di sistemare una forchetta e alzò lo sguardo, trasmettendo un amore sconfinato col più dolce dei sorrisi.
“Kaze. Mizu. Benvenuti.”
I gemelli abbracciarono Kairi, con gli occhi umidi. “Mamma…”
Non che Sora e Kairi fossero stati assenti per Mizumi e Kazeshi. Si vedevano spesso, e quando non potevano si sentivano almeno una volta al giorno. Ma comunque la consapevolezza di non avere i genitori sempre vicino a volte gravava sui loro cuori. Per questo abbracciarono con trasporto la loro madre, in quella camera che gli ricordava tanto la loro casa natale.
“Mettetevi comodi e mangiate qualcosa. Vostro padre arriverà presto, e allora parleremo della vostra bravata di oggi.” I due si irrigidirono: la magia era finita presto. Potevano solo obbedire e sperare il loro buonumore continuasse.

“Dopo numerosi studi, sono arrivato alla conclusione che nell’Ordine circolino forme di vita assai diverse da quelle che conosciamo. I nostri teoricamente benevoli padroni ci nascondono qualcosa?”
[Da un quotidiano della cittadella]

“Ansem studiava la vita. Sfruttando le sue ricerche, sarebbe possibile ripristinare certe funzioni.”
“Ciò che è importante è cosa proviamo, non come lo dimostriamo. Sto parlando di un altro livello di intimità, Ventus.”
[Frammento nella Banca della Memoria]

Un’altra stanza, in un’altra zona del castello. Una porta nascosta tra le mura al pianterreno rivelava una piccola scala a chiocciola che scendeva per pochi metri in profondità. L’ambiente era scuro e con poca luce, illuminato solo da un paio di candele ogni tanto. C’era chi poteva definirlo tetro e deprimente, ma chi vi abitava trovava conforto nelle tenebre. E occasionalmente nella depressione.
Vanitas accedette direttamente all’interno della sua stanza con un corridoio oscuro e si massaggiò il braccio. Riku era l’Eroe Oscuro, ma era umano. Nemmeno lui era totalmente immune alle tenebre; e quindi c’erano missioni che solo chi era composto interamente d’Oscurità poteva compiere. E tuttavia niente lodi o canzoni per lui e le sue imprese, solo il timore che a volte incuteva. Non che gli importasse o desiderasse degli encomi. Gettò via l’elmo e si diresse verso il suo vero tesoro.
Una figura minuta dormiva su una poltroncina, un libro ancora aperto le scivolava dalle mani. Vanitas sospirò: non importa quante volte le avesse detto di andarsene a letto, lei insisteva nel cercare di aspettarlo alzata. Si chinò e preparò le dita.
“Ah!”
“Ora sei sveglia?”
Xion si tirò su e si stropicciò gli occhi. “Un po’. Ma vorrei che non mi tirassi una schicchera ogni volta che ne hai l’occasione.”
“Non erano questi i patti.”
Vanitas la osservò. Aveva messo la tuta che le aveva regalato per l’anniversario, e sotto un maglioncino di quelli a spalla larga. Era più o meno il suo stile ordinario quando non faceva troppo freddo, ma la trovò comunque irresistibile.
Si erano messi insieme relativamente presto, quando lui si sentiva ancora estraniato dal gruppo e parlava solo con Aqua. L’aveva trattata con la stessa arroganza riservata agli altri ma lei non l’aveva allontanato, anzi era riuscita a comprenderlo meglio di chiunque altro, visto che condividevano lo stesso destino: creature che non sarebbero dovute esistere create per scopi malvagi. E trovandosi l’uno con l’altra, avevano deciso di trascorrere quel destino assieme.
“Sono arrivati i figli di Sora e Kairi oggi.”
“Vuoi andare a trovarli? In fin dei conti siete praticamente imparentati. Puoi passare come loro zia.”
“Non parlare come se non ti riguardasse, sei legato a lui anche tu.” Si sedettero sul letto, mentre Vanitas si liberava di guanti e stivali. Xion gli lanciava occhiate furtive: sembrava provato. Conosceva l’abilità del suo compagno meglio di chiunque altro, e sapeva che era tra i guerrieri più letali del cosmo.
“Com’è andata?”
“Il gran capo ha fatto bene a mandarmi. Ci sono dei disturbi nel Regno dell’Oscurità. Posti profondi, dove non sono mai stato. Gli Heartless si moltiplicano.”
“Devi fargli rapporto immediatamente?”
“Nah. La famiglia viene prima.”
“Sì… non li vedono da tanto.” Xion abbassò lo sguardo. Vanitas capiva la reazione: loro erano creature non previste dalla natura, e in quanto tali non potevano avere figli. Lui aveva fatto pace con questa realtà, ma vedeva che a volte gli istinti materni erano più difficili da mettere a tacere.
La cinse e si sdraiarono sul materasso. “Ehi, chi ti ha detto parlavo solo di lui?”
Lei capì e sorrise. Non era un palliativo. Sapevano a cosa andavano incontro stando assieme, ma lo accettavano. Vanitas baciò teneramente la sua piccola compagna.
Qualunque cosa fosse in atto nell’Oscurità, poteva aspettare.

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Capitolo 6
*** Inizia l'Esame ***


6) Inizia l’Esame

“Infine, la Sala d’Allenamento. Qui discepoli e Maestri possono affinare le loro abilità da soli o uno contro l’altro. Siccome le mura e le attrezzature sono permeate da potenti sigilli in grado di resistere agli attacchi più devastanti, devo chiedervi di astenervi dal toccare alcunché…”
[Visita guidata a GranCastello per turisti]

“I cinque principi: Ogni cosa è un’arma.
Non si combatte per ferire, ma per proteggere.
Quindi ogni arma è anche uno scudo.
Arma o scudo che sia, non protegge senza un cuore forte e coscienzioso.”
 [Compendio appeso nella Sala d’Allenamento dal Maestro Pippo (il perché i cinque principi siano quattro è materia di accesi dibattiti fra le reclute)]

Le chiavi si scontrarono con violenza, percuotendo l’intero ambiente. I proprietari ingaggiarono una breve prova di forza, ma il raggio e le dimensioni di Ultima rendevano vano il confronto, e uno dei due venne presto sbalzato via.
Ultima Weapon non lasciava punti ciechi: di piatto era enorme e ampia, di filo sottile e maneggevole. Aveva i punti di forza di uno spadone e la mobilità di un fioretto, senza considerare le vaste proprietà magiche. Il Keyblade più forte impugnato dal Maestro più forte avrebbe scoraggiato chiunque ad anche solo tentare uno scontro, ma non Vanitas. Void Gear era lì a incrociare Ultima ad ogni scambio di fendenti: i due ingranaggi opposti, uno in basso e uno in alto davano vita a un preciso e fenomenale gioco di parata e risposta al quale persino Sora doveva prestare attenzione.
“La situazione nel Regno dell’Oscurità?”
“Non buona. C’è molta attività e gli Heartless sono agitati. Mi hanno assalito con una ferocia mai vista prima.”
Nonostante il tremendo duello i due non avevano nemmeno il fiatone e parlavano in modo perfettamente comprensibile e senza scomporsi, forse perché ormai erano abituati a incrociare le lame ad ogni riunione. Nessuno aveva mai capito da dove nasceva questa loro bizzarra usanza e forse nemmeno loro l’avrebbero saputo spiegare, ma funzionava.
Vanitas incanalò energia nel Keyblade e scagliò diversi fendenti oscuri, per creare distanza. Sora non si scompose e respinse ogni singolo fendente senza farsi prendere dall’agitazione, sospettando fosse solo una manovra diversiva. Difatti Vanitas aveva già una pesante bomba infuocata nella mano libera, che scagliò contro il Maestro. Bomba Firaga era un incantesimo lento, ma senza alcun dubbio quella sfera si sarebbe divisa in rapidi Firaga di lì a breve: era lo stile di Vanitas. Sora non aspettò ed evocò un pilastro di ghiaccio dal terreno, lasciando che il fuoco ci sbattesse contro, e si voltò a intercettare il teletrasporto dell’avversario alle sue spalle. Applicò forza sul braccio armato, lasciando che il suo Keyblade facesse il resto, e in breve tempo Vanitas ebbe entrambe le braccia impegnate ad evitare la regale ghigliottina sopra di lui.
“Dovremmo organizzare una spedizione e tentare di fermare qualunque cosa stia accadendo?”
“Dove, laggiù? Impossibile. Mi sono spinto in meandri oscuri che nessuno di voi ha mai raggiunto né potrebbe, e ho visto creature capaci di dare battaglia anche al più fiero dei Maestri. Andare lì in gran numero servirebbe solo ad aumentare le perdite. A proposito di numeri, quello che ho combinato dovrebbe piacerti.”
Lo schianto che seguì rese chiare le sue parole: l’iceberg era stato distrutto dall’incantesimo, e ora una sfera di fuoco grossa il doppio della Bomba avanzava verso la schiena di Sora. Evidentemente i Firaga si erano di nuovo riuniti assieme, e stavolta l’impatto aveva donato rapidità alla sfera, facendola ruotare vorticosamente su se stessa.
“Lo chiamerò Vortice Esplosivo Firaga, credo.”
Il sorriso di Sora si estese fino agli occhi: non ci si poteva aspettare niente di meno combattendo contro un Maestro del Consiglio. Tenne con un braccio Ultima chino su Vanitas mentre si girava per dare il fianco a entrambe le minacce. Nella mano libera brillò una luce vivida e abbagliante, che si tramutò in una vampa bianca. Il Gran Maestro portò l’intera mano infuocata contro la sfera Firaga, e le fiamme bianche divorarono quelle rosse. Vanitas approfittò del momento per sfondare la guardia avversaria e colpire, ma Sora fu più rapido e fece svanire il Keyblade. Privo del punto che tentava di forzare Vanitas perse l’equilibrio e cadde in avanti. Sora portò quindi la mano rivolta verso il basso sopra la sua schiena ed evocò nuovamente Ultima Weapon, che si conficcò nel terreno infilzando e trapassando ciò che c’era sul suo passaggio.
Il clone oscuro trafitto scomparve e Sora si voltò verso il vero Vanitas, seduto comodamente su una sedia.
“Sei diventato violento. Mi piace.”
“Ho avuto un po’ di cose a cui pensare. Devo avere ancora energie da sfogare.”
“Tua figlia? Ho saputo del suo duello irregolare. La parte peggiore è che non puoi nemmeno ‘sfogarti’ con la tua signora come ho fatto io, perché ora loro stanno lì a casa… ah, i figli sono una benedizione, vero?”
Come chiunque lo conosceva, Sora sapeva che quel sarcasmo era come Vanitas tentava di fornire supporto senza voler offendere, quindi lo accettò divertito.
“E domani lei e Kaze hanno pure l’Esame, quindi altre preoccupazioni… sarà meglio mettere a posto e andare a dormire.”
“Non abbiamo deciso cosa fare a proposito del problema, però. Tu una volta hai visto Heartless più forti e aggressivi, vero? E se qualcuno avesse creato un nuova Porta per l’Oscurità?”
“…”
“Sora… l’abbiamo già visto. Più volte. E se lui fosse tornato?”
“…Ci vogliono sette Principesse per aprire la porta. E non penso piani simili potrebbero svolgersi senza che a noi ci giunga notizia, non più almeno. Per ora manteniamo un basso profilo.”
Il Maestro dell’Oscurità si strinse nelle spalle. “Sei tu il capo.”
Fece per andarsene, ma Sora aveva altro da aggiungere.
“Domani convoca i Maestri del Consiglio, Van. Tutti. Dì loro che voglio una riunione straordinaria.”

Kazeshi soffocò uno sbadiglio, mentre si infilava i pantaloni con in bocca un toast caldo di sua madre. Mizumi lo aveva praticamente buttato giù dal letto per l’emozione, e sospettava lei non avesse nemmeno dormito. Sperò che questo significasse che aveva preso a cuore la brutta esperienza di ieri.
“Dai Kaze, muoviti o facciamo tardi! Se ci hanno quasi espulso per quella sciocchezza del duello irregolare, figurati se non arriviamo in tempo!”
Speranza vana, come al solito. Il ragazzo sospirò e iniziò anche lui ad avvertire qualcosa nello stomaco, dopotutto era un esame importante: superato quello sarebbero diventati Cavalieri, con molteplici strade da intraprendere. Ma per ora aveva soltanto una sorella che saltava su e giù per la camera da pranzo.
“Mamma, dille qualcosa pure tu.”
“Quando mai è servito? Risparmia le energie per la prova e non rimanere indietro. Lo so come ti senti quando attorno a te c’è gente motivata, ma stavolta mi aspetto il massimo da entrambi.”
Dietro la figura sorridente della madre si aprì la porta della loro camera da letto e ne uscì Sora, sbadigliando come il figlio. Kazeshi notò che teneva la mano sinistra rigida e vicina al corpo, come se fosse ustionata.
“Buongiorno. Siete già in piedi, eh? Mi ricorda quando io e Riku abbiamo sostenuto l’Esame… ripensandoci, spero il vostro non ci assomigli troppo. Sei pronto Kaze? Ricorda che non hai nulla da invidiare agli altri.”
“Sì, la mamma stava giusto-“ Kazeshi non poté finire la frase che Mizumi si gettò contro il petto di suo padre, rendendo lui per primo il più confuso.
“Papà, io non sarò tra i migliori. Io sarò LA migliore. E non perché sono tua figlia: supererò l’Esame in modo che tutti riconosceranno il mio talento. Vedrai!”
Mizumi guardò in alto con una luce negli occhi che tanto ricordava il ragazzo che un tempo salvò i Mondi. Sora accarezzò la testa della figlia con fare un po’ goffo e orgoglioso, Kairi si asciugava le guance di nascosto. Kazeshi sospirò felice: a prescindere dall’esito della giornata, recarsi lì era servito allo scopo. Iniziavano finalmente a diventare una vera famiglia.

Uno dei Moguri di servizio li condusse su una piazzuola rialzata la quale non sapevano nemmeno esistesse.
Non c’era molto, se non qualche panchina e aiuola; ma l’interesse dei gemelli fu subito attratto non dall’ambiente ma dalle persone presenti.
Con un piede appoggiato su una panchina stava Lutum, intento a parlare a una ragazza carina dai capelli rossi corti appuntiti e il fisico snello e asciutto. Vedendo il suo interlocutore voltarsi verso i gemelli, seguì il suo sguardo dando loro l’opportunità di ammirare i suoi occhi di un verde smeraldo cristallino e l’espressione facciale di chi è abituato a ridere spesso. Seduto sull’altra estremità della panchina stava un ragazzo biondo dai capelli lisci che leggeva con aria annoiata un piccolo libricino tascabile. Di corporatura era addirittura più piccolo dei gemelli.
Lutum si avvicinò per dare loro il benvenuto, ma la ragazza fu più rapida. Tantissimo, in effetti: strinse le mani a entrambi mentre parlava velocissima.
“Così voi siete Kazeshi e Mizumi, eh? Ho saputo del vostro guaio ieri con Lutum, ma so che è stato lui a provocare come al solito. Che roba, incontrare i pezzi grossi ed essere giudicati da loro! Ma immagino ci sarete abituati, visto di chi siete figli. A proposito, anche se non è esattamente a proposito di questo, io mi chiamo Wanda: piuttosto banale lo so, ma in giapponese è scritto con i simboli di ‘inaspettata’ e ‘meraviglia’, che assieme significano ‘fenice’! Notevole, eh?”
Sciorinò questa catena di informazioni senza nemmeno fermarsi a riprendere fiato. Kazeshi guardò Mizumi e si rallegrò del fatto che per una volta l’estraneo lasciava spiazzata anche lei.
Lutum ridacchiò sotto i baffi. “Tranquilli, a Wanda ci si fa l’abitudine. Non che si abbia una scelta al riguardo.”
Il piccoletto biondo venne da loro e così notarono che non era annoiato: aveva degli occhi grandi e vacqui che facevano sembrare ogni suo sguardo come intriso da uno sconforto senza fine. Ma a loro si rivolse in modo amichevole e per nulla supponente.
“Ben ritrovati. Io sono-“
“Lui è Axius.” “Non è bene interrompere, Wanda. Posso dirlo da solo il mio nome.” “Se è per questo puoi fare un sacco di cose, ma non vuol dire sarà sempre ciò che farai. Specialmente parlare.” Axius la guardò lievemente seccato, accentuando la ruga che aveva in mezzo alla fronte. “Essere parchi di parole può essere un vantaggio. Il silenzio, come dicono, è d’oro.” “Ah. Quindi la tua è taccagneria.”
Lutum batté le mani e pose fine al battibecco. “Va bene, finiamola ora. Stiamo annoiando i nostri compagni di prova.”
Kazeshi diede quindi voce al sospetto che covava: “Compagni di prova? Quindi siete anche voi partecipanti all’Esame? Pensavo fosse una procedura straordinaria.”
“Difatti è così, il tuo errore è stato pensare che tu e tua sorella foste gli unici anormali. Io ho un anno più di voi, mentre Lutum e Wanda due. Come voi siamo ancora al di sotto dell’età consentita… ma come voi non abbiamo intenzione di aspettare.”
Lutum si accodò. “Beh, sapere che a prescindere dalla nostra scelta i due figli del Gran Maestro avrebbero affrontato una prova speciale ha influito molto sulla nostra partecipazione.”
Wanda sfoggiò un sorriso selvaggio. Unito alla sua parlata chiaramente diversa dalla loro che indicava lei veniva da una regione assai remota, ricordò a Kazeshi un animale esotico. Si ritrovò incapace di distoglierle lo sguardo… finché Mizumi non gli rifilò una gomitata nelle costole.
“Va bene siete tutti fenomenali, ho capito… quando si comincia?”
“Subito, direi.”
Pur essendo massiccio e imponente, Riku riuscì ad arrivare senza che nessuno dei ragazzi ne percepì la presenza. L’Eroe Oscuro sovrastava ora i ragazzi impressionati in silenzio, creando tensione.
“Avete atteso, e finalmente avrete modo di mostrarci se abbiamo fatto bene a darvi tanta fiducia. Non amo ripetere cose ovvie, quindi mi auguro le raccomandazioni sulla condotta siano sottintese. Non è così?” Il suo sguardo andò soprattutto su Lutum e Mizumi, per rendere ancora più marcato a chi si riferiva. Tutti annuirono energicamente. “Bene. Allora lasciate che vi illustri l’Esame per il Cavalierato.
“Abbiamo deciso di mandarvi alle Rovine dell’Alba. È un luogo già completamente esplorato e conosciuto dall’Ordine. Attenzione però: conosciuto non significa privo di pericoli. Il vostro compito è farvi strada fra le rovine evitando trappole e creature, e ritrovare il pegno. Tornate qui col pegno, e passerete la prova… se i giudici che vi osserveranno lo riterranno opportuno. Domande?”
“Che tipo di pegno?” Dal tono Axius sembrava intimorito.
Riku esibì uno strano sorriso. “Lo saprete quando lo vedrete, non potete sbagliarvi. Per evitare una condotta negativa vi dico subito che ce n’è uno per ciascuno di voi, quindi non mettetevi a sabotarvi l’un l’altro. Per alcuni di noi la forza sta proprio nella collaborazione. Ora andate!”
Così dicendo il Maestro sfoderò il suo Keyblade, Great Oblivion. L’arma, completamente nera e circondata da catene e ali demoniache infondeva paura e voglia di combattere solo a vederla: gli allievi si rammaricarono servisse solo ad aprire un portale.
Il portale in questione scintillava di Luce abbagliante: essendo le reclute prive di accompagnatore e di armatura, non potevano attraversare impunemente i portali oscuri. Wanda ci si buttò dentro quasi con un tuffo. Lutum ridacchiò e la seguì con Axius subito dietro che strascicava i passi.
Mizumi fissava il portale quasi in tralice. Suo fratello le sfiorò la spalla facendola trasalire, e dicendo: “Oltre questo varco c’è l’inizio della fine.” Lei ricambiò lo sguardo e rispose: “Ma anche la fine dell’inizio.”
Sorrisero entrambi: era uno scambio di battute che avevano ideato anni fa, con la loro intesa tutta particolare da gemelli. La loro stretta di mano segreta.
Fratello e sorella si presero per mano e camminarono dritti nello squarcio fra i Mondi.

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Capitolo 7
*** Crescita ***


7) Crescita

Dinanzi a loro si stagliavano le rovine descritte da Riku. Si trovavano su un colle brullo e arido, disseminato di tronchi grigi e rovinati, simili a mozziconi che spuntavano dal terreno. In lontananza si ergevano delle forme scure presumibilmente di edifici diroccati. Il tutto dava l’idea di un luogo desolato e privo di vita.
I gemelli raggiunsero gli altri tre cadetti. Wanda stava facendo dei piegamenti stando eretta e molleggiando gli arti: era impaziente di entrare in azione. Mizumi squadrò lei e Axius, come le era stato insegnato. Si poteva capire molto di un guerriero già solo dal vestiario.
Wanda vestiva una tuta nera aderente al corpo, con un giacchetto aperto che le arrivava poco sopra la vita e una minigonna leggera, entrambi rosa carminio come gli stivaletti che calzava. Indumenti suggestivi a parte, si vedeva era assai mobile e scattante, ma il suo fisico non lasciava pensare portasse troppa potenza ai suoi attacchi.
‘Una rapida. Probabilmente sferra attacchi molteplici e incorpora magia nelle sue combo.’ Mizumi immaginava non fosse come Lutum, che usava singoli colpi potenti in ambo le categorie: il miscuglio di attacco e magia con lei sarebbe stato di tutt’altro tipo.
Anche l’abbigliamento di Axius parlava da sé. Indossava una lunga casacca con cappuccio viola dai risvolti arancioni sulle maniche e i bordi. Che fosse un mago era chiaro: toccava vedere quanto abile.
Kazeshi investigava sui suoi rivali usando vie più dirette.
“Stavo pensando che anche voi dovete essere nati in famiglie importanti come Lutum, per aver avuto un’occasione prematura. Sarebbe scortese ipotizzare, ma…“
“Mh-hm! Mia mamma è una potente Maestra di una regione remota. Cioè, di un Mondo remoto. Ho passato lì l’addestramento, e sono qui solo da alcuni mesi. Mio papà l’avete visto.”
Lutum parlò per Axius. “In quanto a me e Ax, siamo cresciuti assieme. Mio padre e il Maestro Ventus sono amici da sempre, era impossibile evitarlo. E non so se sapete chi è sua madre.”
“Lady Naminé.” L’unico motivo per il quale la coppia non aveva fatto scalpore era che c’erano Vanitas e Xion ad attirare l’attenzione. Naminé era corsa dietro a Riku per un po’, ma quando fu palese che le sue attenzioni non erano reciprocate conobbe meglio Ventus. Anche loro sentivano di avere alcune cose in comune che ad altri sfuggivano.
“E quindi vi siete allenati con loro, presumo?”
“Sì sì, va bene.” Ancora una volta Mizumi tagliò corte le chiacchiere del fratello. Non era arrivata tanto lontano per assistere a amicizie da salotto. “Kaze, che mi dici del posto?”
“Le Rovine dell’Alba. Risalgono a molto addietro nella storia del Keyblade, ai tempi della Guerra dei Keyblade. Una volta erano popolate di Custodi che operavano nella città, ma ora… dovremo aspettarci di tutto, Oscurità compresa.”
Axius piegò la testa di lato in modo quasi comico. “Non è troppo, per un Esame da Cavalierato? Sono pronto a scommettere ci sono Cavalieri che non sopravvivrebbero.”
“Allora dovremmo mostrarci meglio di loro! Facile!” Wanda era davvero un’inguaribile ottimista.
“Sì, d’altronde se vogliamo essere considerati speciali, dobbiamo darne prova. In più ritengo l’Esame sarà comunque controllato. E ci sono pegni per ciascuno di noi… che dici Ax, facciamo squadra?”
“Per forza, Lu: Wanda è già andata.”
Era vero: la ragazza si era buttata giù dal colle e si muoveva agile fra le nere erbacce. Lutum rimase a guardarla a metà fra l’esasperato e l’ammirato.
“Perdiana! Sarà già arrivata alle rovine. Quella ragazza avrà un viso carino, ma chiunque se la prenderà non avrà vita facile.” Guardò i gemelli. “È arroganza da parte mia presumere che voi due andrete assieme?”
“Faremo così” decise Mizumi. “C’è troppa carne al fuoco per lasciare spazio a qualunque imprevisto. Andiamo, Kaze.”
Come al solito sua sorella decideva anche il suo destino; Kazeshi ci era abituato, e d’altro canto condivideva. Sarebbe arrivato il momento in cui avrebbero dovuto dimostrare la loro indipendenza, ma non ancora. Seguì Mizumi e con un cenno augurò buona fortuna ai rivali.

Terra scese le scale per la Sala dei Troni. Si chiese se sua moglie era già lì: da quando era tornato non aveva avuto il tempo di andare a cercarla, complice anche il fatto che il giorno prima l’aveva contattato inferocita riguardo l’infrazione commessa da loro figlio. Terra aveva dovuto annuire per quaranta minuti mentre lei inventava ogni possibile variante della frase “Tuo figlio è impulsivo e sconsiderato proprio come te!”.
L’enorme Maestro sospirò a lungo. Una manata alla schiena lo fece rinsavire: Ven lo guardava sorridendo.
“Che faccia! È crollata l’Accademia?”
“Peggio. Aqua è convinta che Lutum sia diventato un delinquente irrecuperabile.”
“Capisco, amico, capisco. Dai, non ci pensare più: oggi è il momento dei ragazzi, e dobbiamo fare loro il tifo!”
Terra sorrise e cinse con un braccio le spalle dell’amico. Ven era ancora il ragazzo di una volta, ed era giusto cresciuto di dimensione. Una più attenta analisi del suo volto rivelò a Terra che il compagno aveva attuato il progetto di cui parlava. Dietro di lui c’era Naminé, radiosa come sempre. Terra la salutò con un cenno educato.
“Toh, guarda, la coppietta felice! E c’è anche Naminé!”
La classica, indimenticabile voce, stavolta udita dal vivo. Terra esibì un sorriso di sfida e si voltò verso la vecchia canaglia.
“Vanitas, come siamo mattinieri.”
“Vuoi dire che per te ADESSO è mattina? Poveri allievi tuoi. Poi ci stupiamo organizzano risse e finiscono in tribunale.”
Naminé si fece avanti. “Sono sicura non è stato così terribile, e se lo è stato ti sarà piaciuto. Anche Xion è qui?”
“Sì, è dentro con le altre, più che una riunione pare un ritrovo di famiglie. Perfino Lea si è portato dietro la sua amazzone.”
“La Maestra Hokori è qui?” Terra si irrigidì, pensando all’unica altra donna che lo terrorizzava quanto Aqua.
Ventus si lisciò il mento. “Sarà una amazzone, ma fa la sua figura.”
“Non ho detto non fosse la solita sventola. A proposito Terra, tua moglie ancora non la sopporta? È incredibile come le belle donne si facciano la guerra.”
“Ma Vanitas, io e Xion non ci facciamo la guerra, che vorrebbe dire?” Civettò Naminé giocosa.
“Mi avvalgo della facoltà di non rispondere.”
Malgrado tutto Terra trovò conforto da questa scenetta familiare, e rise di cuore come gli altri. In più voleva dire che nonostante l’improvvisa convocazione potevano ancora permettersi di ridere in compagnia.
“Bene, abbiamo passato fin troppo tempo sull’uscio, uniamoci agli altri.”
Ma Vanitas si era bloccato, impietrito. “Ven… cos’è quella cosa?”
“Eh? Questo? È un… pizzetto. Ho pensato di farmelo crescere.”
“Santo cielo.”
“Dai, non mi sta così male, no?”
“Santo. Cielo.”
“Van, ma non ti eri avvalso della facoltà di non rispondere?”
“SANTO. CIELO.”

Wanda si muoveva con agilità sui tetti diroccati, saltando abilmente le depressioni e le voragini presenti.
Era cresciuta nel remoto Emisfero Orientale, dove erano presenti ecosistemi simili: non solo la sua gente vantava costruzioni immani, ma il tutto era fatto senza recare danno alla natura e quindi conservando i giganteschi baobab del suo pianeta natale: per lei saltare un paio di pilastri era un passatempo.
Altri al suo posto si sarebbero trovati a disagio, a sostenere un pericoloso esame in terra straniera e sotto le costanti aspettative di sua madre, ma Wanda non si era mai fatta questi problemi. Suo padre le aveva trasmesso un amore per la vita, per ciò che la circondava e per le cose che davvero contavano che non aveva nemmeno lo stimolo di provare negatività. Non godersi il magnifico mondo in cui viveva era per lei uno spreco. Ovviamente, ciò non significava che non fosse vigile e pronta a tutto mentre esplorava.
Fu quello a salvarla e ad avvertirla dell’imboscata imminente: i suoi sensi affinati percepirono che qualcosa non andava e la ragazza frenò di scatto, rivelando la presenza di cinque sagome oscure che andarono a sbattere pochi passi davanti a lei.
Quelli si rialzarono in fretta e la fronteggiarono, dandole modo di osservarli meglio. Erano certamente Heartless, ma c’era qualcosa di diverso. Indossavano una sorta di tunica stracciata che fluttuava nel vento, e avevano una forma solo vagamente umanoide.
I Black Cape risero gutturalmente e parlarono con una voce stridula: “Ehi, questa qui si muove bene… sarà molto tenera! E non è potente come quelli prima, quindi possiamo prenderla noi!”
“Ho già visto comportamenti simili a casa,” disse tranquillamente Wanda. “Chiamiamo animali simili… beh, in questa lingua suonerebbe come gruppo di carogne, credo. Di solito non fanno una bella fine.”
“All’attacco! Strappatele il cuore! Prendetele la luce!”
Tre si lanciarono verso un attacco frontale, mentre gli altri due fecero un giro largo: dunque sapevano anche escogitare tattiche. Wanda non si scompose ed evocò Flambé. Il Keyblade affusolato di media lunghezza apparve tra sbuffi di fumo colorato: l’intera forma pareva un fuoco d’artificio in salita che culminava nell’esplosione in cima, e un carretto cinese come impugnatura. La rossa si lanciò in avanti e la sua spada emise un sibilo, che anticipò il primo Black Cape cadere a terra con uno squarcio verticale lungo il corpo.
“Non farti ingannare dalla forma, il mio stile è così leggero da non lasciare nemmeno il ricordo.”
A conferma delle sue parole, gli altri due che formavano il trio frontale caddero, stavolta con una sferzata orizzontale a entrambi. I due attaccanti laterali si trovavano ora uniti contro di lei, indecisi sul da farsi.
“Ehi, voi sapete niente di un qualche tesoro? Devo evitare di presentarmi a mani vuote.”
Uno dei due superstiti lanciò un sibilo e si preparò ad un nuovo assalto, ma venne incenerito da un fulmine quasi all’istante. L’ultimo Heartless emise un verso strozzato e si ritrasse: non aveva nemmeno percepito la ragazza usare una magia.
“Ultimo avviso, lo sai o no? Sennò perdo solo tempo.”
“Keh! Tutti all’assalto! Non lasciatela in vita!”
Da innumerevoli buchi e pozze disseminate in giro sbucarono altre sagome oscure, ciascuna con una tunica. Ora Wanda aveva nemici avanti e dietro, per un totale di forse cinque decine. Le ricordò ancora di più una scena vista da piccola, un branco di animali simili a iene prendersela contro una creatura più grossa.
Il Black Cape che aveva chiamato gli altri avanzò ridendo. “Ihihihi, ora non fai più la spavalda eh, ragazzina? Adesso-“ Non poté finire la frase che Wanda con una capriola in avanti si era appoggiata su di lui con una mano mentre con l’altra roteò il Keyblade tutto attorno. L’arma vibrò un attimo e poi, come fosse metallo liquido, mutò forma in una frusta infuocata che colpì senza pietà gli Heartless malcapitati, facendone fuori almeno una dozzina. Poi la rossa scese dalla pedana improvvisata e lasciò che l’arma tornasse allo stato originale, con una modifica: l’altra estremità infatti assunse brevemente un aspetto falciforme mentre tornava da lei, segando in due il malcapitato Black Cape che aveva usato per l’acrobazia precedente. Sì, questo le ricordava di quando quelle iene infastidirono quell’orso gigante: si era rivelato un grosso errore per loro.
Gli occhi della ragazza scintillarono di luce felina mentre scattava con un sorriso verso il prossimo bersaglio.

Nella Sala dei Troni l’immagine veniva proiettata da un ologramma magico sospeso in aria. Sora si rilassò sul suo scranno, impressionato.
“Sa già manipolare la forma del Keyblade? Notevole!”
Lea emise uno sbuffo orgoglioso, la sua piccola cometa stava facendo un figurone.
“Nella nostra capitale adottiamo un sistema di apprendimento lievemente diverso dal vostro. Ma mia figlia ha comunque varie carenze in altri ambiti.” Quella voce fredda e autoritaria apparteneva alla Maestra Hokori, la rappresentante dell’Emisfero Orientale: un assembramento di Mondi e avamposti non toccati dalla minaccia di Xehanort e unificati al resto dell’Ordine in seguito, dopo lunghe ere di isolamento voluto. Davvero un peccato, visto che già all’epoca del loro primo incontro Sora e compagni si erano trovati di fronte a una giovane donna dall’indiscusso potenziale, da poco divenuta Maestra, in grado di mettere persino Riku alle strette.
Superata l’iniziale diffidenza e con l’aiuto del padre quella fiera guerriera aveva imparato a conoscere la congrega e a farne in qualche misura parte, per poi invaghirsi di Lea (forse perché tanto diverso da lei nel carattere).
Ora Hokori era un Maestro del Consiglio e il più forte dell’intero Emisfero Orientale, e rinomata non solo per il suo potere. Alta, imponente senza essere troppo massiccia, aveva un viso morbido con un paio di labbra carnose adornate di rossetto e due occhi con un taglio a mandorla appena accennato dalle iridi purpuree e le palpebre pesanti. I suoi capelli erano una colata di magma scuro che si raccoglievano in una gigantesca treccia fino quasi ai polpacci; indossava un completo lungo tipico della sua gente, di un rosso più tenue alla vista ma sopra a un’uniforme in stile occidentale, una giacca elaborata e un cappello ampio da mago.
Il suo corpo era dolcemente proporzionato alla statura, ma negli arti aveva anche l’elasticità per sostenere prodezze d’agilità e potenza, anche se teneva fede al “Ho” della sua lingua presente nel suo nome: le sue fiamme potevano incenerire l’avversario più resistente.
Questo pacchetto di potenza ed eleganza era la madre di Wanda, e seguiva la prova della figlia con la solita espressione austera di chi non solo non era impressionato ma si aspettava anche qualcosa in più. Ventus, sempre disponibile a sdrammatizzare, intervenne: “Ma sì, rimane comunque davvero in gamba, non trovi?”
“Lascia perdere Ventus, sai che per la Maestra Hokori nulla è mai abbastanza, mi sorprende la cara Wanda riesca ancora a sorridere.”
Hokori si voltò lentamente verso Aqua, che aveva dato voce a quella frecciatina. “Mia figlia sa benissimo come comportarsi e cosa ci si aspetta da lei. Almeno la mia educazione impedisce che provochi danni al Castello e attacchi altre persone irresponsabilmente.”
Aqua si alzò rumorosamente in piedi. “Oh? Perché ho come l’impressione ti riferisci a qualcuno in particolare?”
Gli occhi di Hokori si strinsero mentre le sue labbra si schiudevano in un sorriso velenoso. “Non saprei, perché non me lo dici tu, o saggia Maestra Aqua?”
In mezzo ai due fuochi, Xion aveva l’espressione di un coniglio spaurito e cercò Vanitas, chiedendogli silenziosamente aiuto: lui si limitò a ridacchiare dentro l’elmetto. Lea si grattò la testa e guardò Terra, per vedere se era il caso di intervenire, ma quest’ultimo aveva improvvisamente trovato le incisioni del tavolo centrale così interessanti da richiedere tutta la sua attenzione.
Sora intanto era ignaro a tutto ciò e osservava sempre il monitor. Wanda aveva probabilmente raggiunto il suo scopo, ma con apprensione constatò che i suoi due figli stavano per arrivare anch’essi a destinazione.

In quel momento i gemelli attraversavano quella che un tempo doveva essere stata la piazza cittadina, ma che ora era solamente uno spiazzo devastato e pieno di crepe con una fontana spaccata a metà al centro. Kazeshi non si prendeva la briga di nascondere il suo interesse: quel luogo era una testimonianza del passato, un importante reperto pieno di segreti. Era il genere di posti che voleva visitare da Cavaliere, e considerava l’essere lì già una ricompensa di suo. Anche Mizumi avrebbe voluto dare un’occhiata in una di quelle case, invece marciava spedita guardando solo avanti.
“Mizu, dove andiamo?”
“Nell’edificio principale. Se c’è qualcosa, sarà lì.” Indicò un gigantesco campanile diroccato e pericolante.
“Sei sicura? Mi sembra un po’ scontato.”
“Kaze, questa è una prova fatta apposta per noi. Non siamo esploratori di frontiera, siamo cadetti che devono fare sfoggio delle loro abilità. È ovvio che qualunque cosa abbiano in serbo per noi ci aspetti nei luoghi più probabili.”
Il tempo di questo scambio di battute ed erano già al portone d’ingresso. L’ambiente era inaspettatamente illuminato dalla poca luce che però filtrava da gigantesche fessure disseminate sulle pareti, dando loro modo di ammirare le scalinate che si attorcigliavano a giganteschi ingranaggi fermi. I gemelli si mossero con circospezione iniziando una cauta salita. Arrivarono ben presto in cima, e si trovarono davanti a un locale semivuoto, con un paio di sedie di legno e qualche foglio di carta che si sbriciolavano pian piano. E su due sedie ancora intatte, due individui avvolti in tuniche bianche.
“Chissà perché ma me lo sentivo che eravate voi.” Esclamò Pippo. “Esistevano varie prove e varie strade, e questa è quella più classica. Una prova in vecchio stile.”
“Maestri Paperino e Pippo! Non vorrete dire che sarete i nostri avversari?”
“Avversari è un parolone, ragazzo.” sbottò Paperino. “Diciamo che vi valuteremo. Pippo e io combattevamo demoni e altri brutti ceffi fin da quando i vostri genitori non sapevano nemmeno impugnare l'arma dalla parte giusta, quindi direi siamo più che qualificati. Ma chiaramente se pensate che vi prenderemo sul serio, state freschi.”
Kazeshi provava comunque molta apprensione. Paperino e Pippo non erano Prescelti, ma avevano affrontato schiere di Heartless, potenti Nessuno e chissà cos’altro solo stando accanto a Sora: il loro potere e la loro esperienza non erano poi tanto inferiori a quelli di un vero Maestro, e si diceva che assieme potessero eguagliarne uno con facilità.
Ma Mizumi aveva già Squamadoro in mano e uno scintillio negli occhi. Toccò la spalla del fratello come a dire ‘Mi segui, vero?’ e si lanciò alla carica. Kazeshi allora si riscosse e chiamò a sé Nebula, il Keyblade a medio raggio fatto di nuvole che si avvolgevano intorno a una rupe. Era arrivato il momento di fare sul serio.

Mizumi aveva puntato sull’effetto sorpresa e sul fatto che i due fossero seduti, ma si sbagliava. Pippo passò in piedi con estrema facilità e bloccò il suo assalto. La sua cappa si gonfiò con lo spostamento d’aria, rivelando che portava la sua classica armatura che copriva solo parti del suo corpo, come il braccio armato con cui stava respingendo il Keyblade. Mizumi tornò in posizione e lanciò una serie di assalti, che il Maestro deviò col braccio o schivò di lato. Intanto questi era sempre sorridente e la trattava come una delle sue reclute, dandole perfino dei consigli.
“Yuk! Piega di più le ginocchia quando attacchi verso il basso… riduci il movimento delle braccia… ecco, così va già meglio.”
Intanto Paperino era ancora sulla sedia a braccia conserte. Kazeshi iniziò a pensare stesse per attuare un incantesimo, e volgendo l’arma verso di lui emise un proiettile di vento concentrato. Ma senza che il piccolo mago facesse nulla di visibile, la sfera volò verso di lui per poi fare il giro e tornare contro Kazeshi mandandolo a terra.
“Siete proprio i figli di Sora” commentò irritato. “Davvero volete affrontarci sul nostro stesso livello? Fateci vedere come lavorate assieme. Pippo, spicciamoci!”
Pippo recepì l’ordine, e tornò sulla traiettoria di un fendente che stava evitando. Stavolta però la sua mano si chiuse sul Keyblade, trattenendo Mizumi, e nell’altra sua mano spuntò fuori uno scudo rotondo con l’emblema del topo, col quale colpì la ragazza scaraventandola sul pavimento. Anche Paperino si alzò ed evocò un piccolo scettro viola col cappello da mago.
I due avevano iniziato la vera prova. Kazeshi e Mizumi si rimisero in piedi e osservarono la situazione.
“Come procediamo?”
“Io vado all’attacco. Tenta di tenere Pippo fuori portata, mentre io mi avvicinerò a Paperino.”
“Aspetta! La nostra prova consiste nel prendere un pegno. Più che a combattere, dovremmo pensare a quello!”
“Credi non lo sappia? Ma dubito loro ci lasceranno fare. …io li trattengo, tu cerca i due oggetti ai quali fanno guardia.”
“Tu da sola? Mizu-“
“Preferisci farlo tu? Kaze, dobbiamo muoverci! Vai!”
Senza aspettare replica la ragazza coprì in pochi passi la distanza che li separava dai due Maestri ed attinse al suo potere. La magia del fulmine riverberò in lei mentre esclamava: “Lampomania!” e si gettava nella mischia, colpendo con precise stoccate e usando il fulmine per amplificare il raggio dell’attacco. Pippo usò lo scudo per difendersi, evitando di venire troppo a contatto con l’elettricità, mentre Paperino si preoccupava solo di scansare l’arma: quando un fulmine arrivava nella sua direzione si poteva intravedere il riflesso di una sottilissima barriera magica che lo proteggeva, annullando qualsiasi forma di potere magico. Mizumi si batteva bene, anche se i suoi bersagli erano naturalmente tutt’altro che in difficoltà, ma aveva un problema di tempo: era la seconda volta soltanto che usava uno Stile in una battaglia, e non sarebbe durata a lungo.
Frattanto Kazeshi approfittava del caos per guardarsi attorno, e finalmente trovò quello che cercava: due anelli, uno d’oro e l’altro d’argento, posti su una credenza in fondo alla stanza. Il ragazzo non sapeva usare Vanish (e sospettava comunque che Paperino l’avrebbe individuato), ma si mosse lo stesso verso l’obiettivo, nella speranza di prendere gli oggetti e fuggire. Arrivato a metà strada però si ritrovò bloccato da un globo di energia: guardandosi dietro vide che erano disseminati per tutta la stanza.
Paperino aveva lo scettro puntato in aria. “Un tentativo migliore del primo, ma non ci siamo ancora. Pippo!”
Il Cavaliere lanciò lo scudo verso uno dei globi apparentemente a caso, ma il rimbalzo fu così preciso che andò a finire contro la schiena di Kazeshi, per poi tornare a colpire i globi. Mizumi, nel tentativo di fare qualcosa e attrarre l’attenzione, fece come aveva visto fare a Lutum e conficcò il Keyblade nel terreno, per poi tracciare una linea piena di potere magico verso i due. Ma l’onda di energia fu meno potente del previsto: Pippo saltò e ripreso al volo lo scudo lo usò per schiacciare a terra e annullare l’attacco. L’onda d’urto sbalzò Mizumi di lato accanto al fratello.
“Quella mossa è dello stile terrestre, assai diverso da quello che usa Lampomania. Unire due energie così a pelo non produce mai buoni risultati.” Stavolta fu lo stesso Pippo a convogliare il messaggio.
Mizumi gemette: iniziava ad accusare i colpi, ma soprattutto il senso di impotenza. E se non era così brava come pensava? Magari gli altri erano già tornati a GranCastello con i loro trofei, e lei aveva trascinato suo fratello nel fallimento. Forse avrebbero dovuto ritirarsi, forse il senso della prova era che stavano combattendo una battaglia impossibile e dovevano cercare altrove.
“Kaze, mi dispiace. Ora evoco un incantesimo per fare scena e proviamo a scappare…”
“No.” Kazeshi aveva riflettuto. Da quando erano arrivati lui non aveva fatto quasi nulla, ed era sempre sua sorella a prendersi i rischi maggiori. Ripensò a suo padre, e a come non aveva mai mancato di rimarcare che la sua indolenza poteva essere dannosa quanto l’argento vivo di Mizumi. Se Kazeshi fosse stato più rapido, avrebbe potuto evitare lo scontro con Lutum. Se non si fosse attardato, avrebbero potuto trovare un pegno più adatto. Se lui fosse stato più deciso, magari a quell’ora avrebbero già vinto.
“Alla fine anche Paperino ci ha passato un consiglio. Non bisogna mischiare i poteri a caso, né da soli.”
Gli occhi di sua sorella si spalancarono appena capì. “Non l’abbiamo mai fatto prima.”
Il giovane dai capelli corvini sorrise. “Allora è una sfida perfetta per noi.”

Pippo si grattava la testa. Non si trovava troppo a suo agio, essendo abituato a guidare gli studenti invece di affrontarli, ma capiva che non aveva scelta. Però aveva sempre il terrore di non dosare la potenza, e sperava di non aver esagerato.
“Paperino, abbiamo finito?”
“Lo scopriremo presto.” Paperino sapeva di aver ormai impartito la lezione. Cosa sarebbe successo da quel momento in poi avrebbe giocato una grossa parte nel futuro di quei ragazzi. 'Sora continuò a lottare anche solo e senza Keyblade. Voi cosa farete?'
La risposta giunse immediatamente: i gemelli si rialzarono, senza voler dare segno di arrendersi. Uno accanto all’altra, iniziarono a sincronizzare i loro poteri magici finché non divennero una cosa sola. Normalmente era molto difficile eseguire una pratica del genere ed era quasi al livello di un Maestro; ma non solo loro avevano già un legame indissolubile, erano anche figli dell’unica persona che riusciva a connettersi ai cuori altrui con un talento innaturale. Quando furono pronti, i due attivarono il Limite.
Mizumi si trasportò all’indietro e iniziò a lanciare lingue di fuoco e di ghiaccio, mentre Kazeshi scattò in avanti e traeva energia dagli incantesimi  in arrivo per lanciare fendenti elementali. Un’onda di ghiaccio e un fendente di fuoco; un’onda di fuoco e un fendente di ghiaccio. Gli attacchi si susseguivano a un ritmo serrato e cambiando sempre elemento e natura, che Paperino e Pippo potevano solo respingerli senza contrattaccare. Raggiunto il climax, il Limite si sviluppò nel colpo di grazia: Kazeshi e Mizumi si accostarono e lanciarono i loro Keyblade, che iniziarono a ruotare e ad emettere Fire e Blizzard. La punta al doppio elemento si scagliò contro i due esaminatori, provocando un’esplosione che li nascose alla vista. I ragazzi si reggevano a stento sulle gambe: erano a pezzi, e il Limite li aveva prosciugati di ogni potere magico, ma almeno l’attacco sembrava essere andato a segno. Un clangore metallico li riscosse, e videro i loro Keyblade cadere sul pavimento.
Pippo reggeva lo scudo con due mani, sul quale si concentrava tutta la magia dei due incantesimi, che non era esplosa. La ragione si poteva individuare in degli esagoni di luce presenti tutt’attorno allo scudo, originati probabilmente dal bagliore che emanava lo scettro di Paperino: appena visto l’attacco aveva dotato lo scudo di Reflex, catturando la magia. Il clangore e l’esplosione erano dovuti principalmente all’urto fisico di scudo e Keyblade.
Lo sguardo di Kazeshi era vacuo: non avevano nemmeno la forza di richiamare le chiavi, figurarsi reagire. Se Pippo avesse rispedito loro l’attacco, sarebbe stata la fine. Invece due piccoli anelli d’oro e d’argento atterrarono di fronte a lui e a Mizumi.
Con l’indice sotto al naso, un compiaciuto Pippo esclamò: “Direi che passate! In pochi avrebbero potuto costringerci a passare a un tale livello. Congratulazioni!”
“Umpf. Il vostro Limite non era altro che una rozza sovversione dei ruoli, e avete molto da imparare. Ma se terrete a mente quello appreso oggi, sarà già qualcosa.”
Poi Pippo lanciò lo scudo in aria, mandando il potere magico a sfogarsi contro il soffitto.
Fratello e sorella non riuscirono a pronunciare parola per l’emozione, e si limitarono a tenere stretti i ninnoli.

Sora si accasciò di nuovo sul trono, stavolta per riprendersi.
“Hanno fatto una buona prova.”
“Ci sono ancora angoli da smussare, ma sono giovani. Gli altri come sono andati?”
“Lutum e Axius hanno finito poco fa. Wanda è già al portale.”
Riku aspettò che il brusio dei Maestri cessasse per riportare l’attenzione al vero significato della riunione.
“Ora che ci siamo divertiti e assicurati della validità dei cadetti, passiamo alla questione del giorno. Siete stati convocati qui per via di attività insolita nel Regno dell’Oscurità. Detto questo, cedo la parola a Vanitas. Raccontaci com’è andata.”
“Potete immaginare. Heartless in agitazione, pilastri oscuri, diffusione del miasma… a preoccuparmi è che se fosse un evento della superficie, non sarebbe nemmeno necessario il mio intervento. Chiunque stia facendo ciò è sceso anche più in profondità di me.”
Calò un silenzio sugli astanti. L’implicazione di ciò era che c’erano creature dotate di coscienza capaci di guadare abissi oscuri che nemmeno Riku poteva oltrepassare. Altri Heartless… o Xehanort. Difatti la prima a rompere il silenzio fu la persona che non l’aveva conosciuto.
“Non mi sembra poi così grave. Andiamo lì e risolviamo il problema alla radice.”
“Non è così semplice arrivare lì Hokori, né sicuro. E il Regno dell’Oscurità è vasto almeno quanto quello della Luce.”
“Allora blocchiamo gli ingressi per quel luogo. Facile.”
Ventus si sporse in avanti sul tavolo. “Si può fare una cosa simile?”
Terra respinse l’idea. “Se anche fosse, meglio di no. I nostri predecessori hanno provato a bloccare o distruggere l’Oscurità, e non è andata bene. Sono due facce della stessa medaglia, non si possono separare. Difatti c’è Luce perfino laggiù.”
“Beh, se non possiamo toccare quel Regno, operiamo nel nostro.” La voce provenne da uno scranno che era circa il doppio del suo occupante. “Se qualcuno sta operando nell’Oscurità, vorrà attaccare la Luce: dobbiamo rimanere vigili. E magari utilizzerà altre vie meno ovvie.”
Riku si lisciò il volto. “Il Regno del Nulla. Saranno anni che non ci penso più. Vale la pena controllare quello e i Mondi nei Sogni, per buona misura.”
La sala risuonò di un sordo rintocco quando Sora appoggiò le mani sulla tavola. “Bene allora. Riku, Ventus, Lea; fate una capatina nel Regno del Nulla e date un’occhiata. Modi per entrare, per tenerlo sotto sorveglianza, qualunque cosa utile, mi fido di voi. Hokori, Terra, occupatevi della sicurezza dei nostri avamposti qui nella galassia. Con gli altri vedremo di monitorare il Reame Dormiente.” Il Gran Maestro tacque, poi aggiunse: “Naturalmente prima potrete complimentarvi coi vostri ragazzi per il loro successo.”
I Maestri si alzarono, ciascuno che ripassava mentalmente il proprio compito e le manovre successive. Solo Sora si diresse verso lo scranno più piccolo per discutere con l’ideatore del piano.
“Come al solito, il tuo giudizio si dimostra prezioso.”
“Sciocchezze Sora. Ho solo visto che la discussione si stava arenando su come invadere l’Oscurità, e ho pensato di sottoporre il problema sotto un altro aspetto.”
“Sia come sia, sei sempre un’ispirazione dopo tutti questi anni.”
Topolino sorrise. “Lieto di poter ancora dare una mano.”

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Capitolo 8
*** Notte di Incontri ***


8) Notte di Incontri

I cadetti si raggrupparono sullo spiazzo desolato dove il portale li aveva depositati. Wanda accolse i gemelli con la solita raffica di parole: “Ehi ce l’avete fatta anche voi, o avete fallito? Come aspetto siete ridotti maluccio. Ma non sareste così allegri se non aveste superato la prova! Io ho preso il mio pegno, il vostro cos’era?”
Lei era messa giusto un po’ meglio di loro, ricoperta di graffi e lividi che non sembravano però capaci di intaccare la sua vitalità. Lutum e Axius erano quasi privi di segni di battaglia, ma l’alto ragazzo dai capelli blu notte sembrava seccato.
“Abbiamo trovato il nostro pegno dopo vari enigmi,” spiegò il compagno. “Evidentemente senza volerlo abbiamo scelto la prova d’intelletto, e Lu è scontento per non aver potuto combattere quanto voi.”
Lutum si grattò la testa. “E dopo aver passato tutti quei guai per quel duello…”
“Ulteriore prova del fatto che non bisogna mai agire con irresponsabilità.”
Apparve, nuovamente senza farsi notare, il Maestro Riku. I cadetti superarono il breve spavento e si allinearono per essere giudicati, ma lui li fermò.
“Non qui. Torniamo a GranCastello.”

“Il giovane Maestro Ren era assai curioso sul perché il Trono di Mezzo era situato a destra. Quando provò a chiederlo al suo occupante, il Maestro Topolino mosse le orecchie ormai tendenti al grigio e rispose che il trono non era suo, ma lo teneva in caldo ‘per un amico’.”
[???]

Percorsero nuovamente i corridoi della fortezza ma stavolta non scesero ai piani più bassi nella Sala dei Troni. Invece una elegante e massiccia scalinata con tanto di tappeto rosso li indirizzava verso l’alto, a circa metà dell’edificio dove si tagliava un grosso arco senza porta: la sala per le udienze ufficiali.
Dietro ai tre troni principali per i Maestri più autorevoli brillava la Prima Pietra della Luce, la gemma gigante che con la sua energia teneva lontano i malintenzionati: voci di corridoio dicevano che da quando c’era il Gran Maestro la Pietra era diventata anche più grossa e radiosa. Il resto della lunga sala -in marmo bianco come il resto del castello- era composto dallo spazio centrale dove i visitatori o Custodi prendevano parte all’udienza e dagli alti scranni ai lati per i Maestri e Cavalieri che vi assistevano.
Quella fu la maggiore sorpresa dei cinque esaminati: si aspettavano una piccola cerimonia nascosta, invece lì era radunata buona parte del loro Ordine. Maestri e Cavalieri affollavano i seggi: alcuni in armatura completa o parziale, altri in abiti comuni o con le tuniche da studioso che li scrutavano curiosi. Era ovvio, se si considerava erano reclute dotate di grande talento che avevano affrontato un Esame irregolare. Per la prima volta i ragazzi realizzarono cosa significava essere anomalie sotto analisi: la pressione delle decine di sguardi era opprimente, senza contare che tra le figure svettavano i Maestri del Consiglio nonché genitori dei cadetti. Kairi sorrideva ai gemelli e Terra alzò il pollice al suo ragazzo, ma forse era l’espressione grave della splendida donna rossa a tenere a freno l’esuberanza di Wanda più che il resto della folla.
Riku prese posto sul trono d’ebano indurito di sinistra, il Trono dell’Oscurità; Sora sedeva già su quello dorato della Luce al centro mentre a destra il piccolo Trono di Mezzo fatto d’argento e d’onice ospitava Topolino, il più anziano Maestro in attività. La piccola attempata figura faceva dubitare il popolino delle eroiche gesta che il suo nome portava, ma per i guerrieri dubitarne era assai più folle che credervi.
A un gesto di Sora ogni rumore cessò, ogni distrazione venne rimossa per concentrarsi su ciò che stava accadendo. Il pesante braccio in armatura del Gran Maestro tornò a posarsi sullo scranno mentre parlava ai giovani cadetti: “Bentornati. Nel corso della giornata avete affrontato una prova inusuale e fuori dalle regole per dimostrare di essere degni del Cavalierato. Ora che il sole inizia a tramontare e sia il giorno che l’Esame volgono al termine, sentiamo il parere dei vostri esaminatori.
“Lutum e Axius si sono inoltrati nel bosco e hanno affrontato nel tempietto lì situato la prova del Mistico, dimostrando saggezza e ingegno. Le loro abilità negli altri campi sono state già confermate dall’occhio… particolarmente attento dei loro familiari. Mostrate i pegni che avete trovato a Yen Sid, il giudice della vostra prova.”
Axius frugò nelle tasche della sua casacca e mostrò un’aquila e un lupo intagliati nel legno verso la sezione della platea dove vi era Yen Sid: il vecchio mago annuì lentamente e non aggiunse altro.
“Wanda ha affrontato la prova del Guerriero misurandosi contro varie creature pronte a nuocere alla sua vita, dato che il suo spirito e il suo cuore saldo erano qualità già note. Anche tu mostra il tuo trofeo al tuo giudice, Vanitas.”
Wanda esibì tutta contenta una gemma rossa grande quanto un pugno verso Vanitas. Questi indossava l’elmetto, quindi la dismise con un gesto della mano; ma vedendo come la ragazzina spostava il peso da una gamba all’altra, chiaramente smaniosa di essere lodata del suo successo, la accontentò con un “Per me va bene.” Al suo fianco Xion soffocò una risatina tra le mani.
“Mizumi e Kazeshi. Le più giovani reclute, se le vostre abilità fisiche e intellettuali non fossero state eccellenti non avremmo nemmeno preso in considerazione la vostra candidatura. Per questo a voi è stata riservata la prova del Guardiano, per farvi agire assieme e realizzare le vostre mancanze. Mostratemi i vostri pegni.”
Kazeshi, che era già pronto a voltarsi verso Pippo e Paperino si bloccò: non pensava fosse stato suo padre in persona a dirigere il loro Esame, anche per evitare voci sui favoritismi, ma Sora era da tempo oltre i pregiudizi della gente. Lui e Mizumi estrassero gli anelli e li presentarono al Gran Maestro, che si voltò verso Paperino e Pippo per vedere se avessero qualcosa da aggiungere: ma tutto ciò che fecero fu adornare la scena con larghi sorrisi.
“Così sia, quindi. I vostri giudici vi hanno ritenuti validi e nessun altro ha mosso obiezioni: io vi nomino tutti e cinque Cavalieri del Keyblade, dandovi accesso ai privilegi e alle responsabilità del vostro rango. Direi che è tutto, quindi ora c’è solo una cosa da fare…”
Sora fece un cenno a Riku che annuì con aria grave. Si alzarono tutti e tre dai troni e così facendo fecero spuntare festoni dal soffitto, mentre da porticine di servizio i Moguri portavano vassoi colmi di cibo.
“Festeggiamo!”

Il banchetto si protrasse per tutta la serata e in ogni parte del castello c’erano gruppi di cavalieri che chiacchieravano allegramente, si godevano la brezza nei giardini o appoggiati alle colonne esterne si scambiavano racconti delle loro avventure: molti non si vedevano se non in simili occasioni.
Mizumi e Kazeshi erano appena stati con i loro genitori -Sora aveva scarmigliato i capelli del figlio e Mizumi si era liberata a fatica dell’abbraccio della madre- e ora stavano girovagando, rispondendo gentilmente ai vari cenni di saluto che gli venivano rivolti.
“Katsy! Micchi! Siete qui, finalmente. Guarda papà, sono loro!”
“Non tirare, mi hanno già incontrato…”
Wanda si parò davanti trascinando per la manica Lea, che sembrava solo divertito dalla foga della figlia. I due ragazzi iniziarono la posa formale, ma lui li bloccò subito: “Non siamo sotto processo, ora. E io sono l’ultima persona alla quale dovete prestare così tanta attenzione all’etichetta. Godetevi il successo e dimentichiamoci dei ranghi, per una sera.”
Kazeshi ora poteva osservare meglio l’uomo e capire da chi Wanda avesse preso tutta questa energia e leggerezza per simili questioni. Mizumi aveva uno sguardo un po’ confuso.
“…Micchi?”
“Ti piace? È il tuo soprannome! Avete nomi troppo lunghi da dire insieme e voi siete sempre insieme. Vorrei avere un fratello, chissà se rientra nei progetti dei miei, ma immagino ormai verrebbe fuori troppo piccolo.
Avevo pensato di chiamarvi KaMi per accorciare ma mamma ha detto che sembrerebbe vi ho elevati a divinità, quindi meglio di no.”
Il Maestro dai capelli fiamma rise e mise un braccio attorno alla figlia. “Raffredda i motori ogni tanto principessa, o consumerai il fiato tuo e le orecchie di chi ti ascolta.”
Approfittando della pausa, la donna che i due gemelli avevano visto prima tra gli spalti si avvicinò al gruppetto.
“Ah! Mamma!”
Hokori squadrò per bene i due neo-Cavalieri, e Kazeshi avvertì che la donna era abituata a guardare dall’alto in basso. C’era una sorta di potere e autorità in lei che anche Mizumi, di solito irritata da questo modo di fare, non disse niente e distolse lo sguardo. La Maestra si prese tutto il tempo necessario per inquadrarli e probabilmente paragonarli al loro padre, poi interloquì con la sua voce severa ma stranamente calda e dalla pronuncia morbida: “Ho visto la vostra esecuzione da qui.”
Pausa. Dopo un po’ Mizumi si azzardò a chiedere: “E?”
“E niente. Dovresti imparare a non chiedere ulteriori parole a chi ti supera, in rango o in età. C’è sempre un motivo se ti dice solo quello che ha deciso di dirti.”
Tutta l’opposto del marito, una donna che non andava mai contrariata. Dallo sguardo pareva che Lea fosse a conoscenza anche di ciò che la moglie non stava dicendo, ma si limitò a bere un altro sorso dal suo calice.
Wanda si staccò da lui per abbracciare improvvisamente la madre, e a giudicare dal sorriso che comparve sul volto di Hokori mentre ricambiava con un braccio, i gemelli pensarono era una tattica che Wanda usava spesso per rompere il ghiaccio con lei. Sembrò funzionare anche quella volta, perché la Maestra proseguì: “Avete molto potere, e da dove veniamo noi il potere è venerato. Ma veneriamo ancora di più il controllo, e ci sono assai poche scorciatoie per quello: state sempre attenti e non disonorate mai il nome che portate.”
“Grazie per il consiglio, Maestra.” rispose Mizumi, con un tono che di rado Kaze le aveva sentito usare: sembrava rispettasse molto la Maestra Orientale. I due presero poi educatamente congedo; Hokori li osservò allontanarsi prima di dire: “Wanda, quel ragazzo ha in sé un grande talento e una mente matura, nonché una nobile stirpe. Reclamane possesso finché sei in tempo.”
Ci mancò poco che Lea si strozzasse con la sua stessa bevanda.

Procedettero verso l’esterno, tra le file di colonne che davano sui giardini. Ormai il cielo notturno aveva richiesto l’accensione dei lampioni lungo tutto il perimetro: i Moguri si erano innamorati di quegli apparecchi adornandone l’intera roccaforte. Nessuno se ne era lamentato, anzi tutti trovavano romantico passeggiare per le aiuole tra panchine e lampioni, e le regole della decenza e delle effusioni in pubblico avevano richiesto da subito più severità.
Proseguendo nel loro giro fratello e sorella si ritrovarono davanti a Lutum e Axius con rispettiva parentela, e si scambiarono i saluti. Conoscevano già Terra dopo gli anni trascorsi all’Accademia, e ormai anche Aqua: mentre Naminé gli era praticamente estranea, ma lei sembrava desiderosa di rimediare.
“Che bella prova la vostra! Terra gestisce proprio un bel posto, pare!”
“Loro due sono casi speciali, l’Accademia ha poco merito in questo... anche se forse a Lutum un paio d’anni lì avrebbero giovato.”
“Eddai pa, le lezioni private che tu e la mamma mi avete dato sono bastate, poi avevo Ax con cui fare pratica. La prova di oggi ha mostrato non mi manca niente, no?” Il ragazzo diede un’occhiata alla madre, speranzoso.
Aqua girò la testa e replicò: “Mi sarebbe piaciuto che non ti fosse servita la minaccia di espulsione per farti ragionare a mente fredda.”
Naminé passò un altro cioccolatino all’amica. “Su, su, sono pur sempre ragazzi. Almeno oggi sii felice per lui.”
“Mh, ma so Axius avrà svolto la maggior parte del lavoro d’ingegno. Quando c’è da usare il cervello, lui è sempre il primo.”
Lutum ormai non si sarebbe più potuto risollevare nemmeno con Magnete, tanto era abbattuto. “Ma…”
Lei lo prese sottobraccio e iniziò a colpirgli la testa. “Dai che sto scherzando! Cavaliere quanto ti pare ma ancora vuoi l’amore di mamma, eh?”
Terra sospirò. “E ora so l’origine di tutti quei boccali vuoti.”
Kazeshi fissò Axius, che aveva la solita espressione indecifrabile. “Tutto a posto? Non hai detto nulla.”
“Pensavo a ciò che ci aspetta ora che siamo Cavalieri in giovane età: ora festeggiamo, ma tutte queste celebrazioni servono a introdurre aspettative altrettanto elevate. Inoltre,” aggiunse guardando il gruppetto ridere della scena di madre, padre e figlio avvinghiati assieme, “è a volte difficile stare assieme a tante persone energiche e non sentirsi travolti.”
Kazeshi guardò sorridendo la sorella, che rideva assieme agli altri. “Capisco che vuoi dire.”

Fu una piacevole nottata. Gli invitati stavano ormai scambiandosi gli ultimi saluti e ritirandosi nei propri alloggi: tempo una notte di sonno, e sarebbero dovuti tornare alle loro mansioni. Ma né Kazeshi né Mizumi avevano voglia di dormire, e decisero di proseguire le loro esplorazioni passando per il giardino più grande. Lì quelle che si potevano definire sculture vegetali raffiguravano abitanti e creature di vari Mondi nelle attività più disparate, con al centro una gigantesca aiuola a forma di cuore ricolma di fiori di ogni specie e gradazione di colore circondata da panchine e piccole fontane: uno dei luoghi più belli di GranCastello.
Fu lì che i gemelli incontrarono gli ultimi ospiti della serata, anche se per puro caso. Vanitas e Xion erano seduti su una delle panche e sebbene si accorsero di loro ben prima di vederli non pareva li stessero aspettando.
“Ah! Salve, noi… non volevamo disturbare.”
La signora in nero sorrise. “Nessun disturbo, cara. È bello vedervi.”
C’era un po’ di disagio: gli sfuggivano i dettagli precisi, ma i due sapevano Xion era intimamente legata ai loro genitori e quindi anche a loro. Kazeshi pensò ricordasse molto sua madre, mentre Mizumi ebbe la netta sensazione di trovarsi di nuovo di fronte a Sora. Xion continuava a sorridere amabilmente senza dire nulla.
Vanitas sbuffò come al solito e puntò il dito su Mizumi. “Ehi scricciolo, siamo di nuovo nei giardini. Che ne dici di un duello veloce? Hai il mio permesso stavolta.”
“Credo che rifiuterò.”
“Allora hai imparato qualcosa. Ok, concedo a Lea che aveva ragione nell’essere magnanimo ma rimango dell’idea che tutto ciò che mandi Aqua fuori di sé merita di essere perseguito.”
Kazeshi stentava a credere alle sue orecchie: gli altri Maestri potevano essere un po’ emotivi, ma lui sembrava davvero ambire alla distruzione, nonché alla loro estromissione dall’Esame. “Con tutto il rispetto Maestro Vanitas, credo dovremmo perseguire scopi più nobili del puro divertimento. Specie se concerne il futuro di tre reclute.”
Gli occhi di Xion si ingrandirono, e si capiva anche l’uomo con la maschera provava stupore. Dopo una breve pausa, replicò: “Maestro? Ragazzo, non sono mai stato un Maestro; non ho mai preso parte a nessun dannato Esame e non ho mai allenato nessuno. Né potrei, visto che colui che ha insegnato a me… diciamo aveva un concetto un po’ spartano dell’addestramento. Oh, ma di sicuro perseguiva uno scopo nobile, come lo chiami tu. Nobilissimo a sentir lui, un balsamo per l’umanità. Peccato ci fossero queste piccole seccature chiamate i vostri genitori a impedirglielo.”
Mizumi drizzò le orecchie all’istante e si intromise nella conversazione.
“Parli di Xehanort, non è così?” disse in un soffio. “Che tipo era?”
Stavolta Xion sembrò rammaricarsi un po’, ma comunque non disse nulla; l’elmo di Vanitas guardava in alto e rifletteva le stelle.
“Era fuori dal comune in ogni senso. Se mi chiedi com’era con il Keyblade, era un genio: né prima né dopo è nato un altro col suo talento o il suo intelletto. Nessuna forza che riesci a immaginare può eguagliare ciò che lui era.”
“Ma i Maestri lo sconfissero quando erano ragazzi, e sette contro tredici. E da quel momento in poi il loro potere non ha fatto altro che aumentare.” insistette la ragazza.
“Vedo che le cose che ti appassionano le ricordi bene, eh? Allora ricorderai di aver letto non fu una battaglia facile. Non era solo il potere a rendere Xehanort temibile ma il suo cervello, il suo genio tattico. Manipolava eventi e persone anche a distanza di decenni: tempo e spazio, realtà e finzione non erano altro che suoi strumenti.”
“Sembri parlare molto bene di lui.”
“So riconoscere il valore di chi mi sono trovato davanti. Era anche senza scrupoli e pronto a sacrificare chiunque per i suoi piani, ma davvero avete bisogno di sentirvelo dire? Sia come sia, nessuno che lo abbia conosciuto ha mai mancato di provare rispetto o comunque di temere Xehanort. Quelli che lo hanno fatto non sono più qui. E sì, io ero dalla sua parte nella battaglia, uno dei Tredici; uno dei motivi per i quali esco di notte è che è dura stare dietro a tutti i tontoloni che vogliono solo vedere il tipo brutto e cattivo.”
Mizumi guardava fisso per terra, e rispose con un filo di voce: “So come ci si sente ad essere giudicati. Non era mia intenzione offenderti.”
Xion decise che era il momento di intervenire, e unendo le mani esclamò: “Non avete offeso nessuno, piccoli: la curiosità è normale, specie ora che vi sentite un passo più vicini a quelle leggende. Ma perché non tornate dai vostri genitori? So che non ve la sentite di dormire ma immagino loro vogliano passare un po’ di tempo in famiglia stanotte. Voi no?”
“Allora, col vostro permesso.”
Non parlarono molto sulla via del ritorno: Mizumi era affascinata e turbata dalle parole di Vanitas, uno dei personaggi più interessanti del castello. Lui non era stato solo un partecipante della Guerra, era cresciuto e si era allenato sotto il più grande Maestro di tutti i tempi… doveva avere un sacco di cose interessanti da dire. Kazeshi era di tutt’altro parere sul guerriero, lo reputava troppo concentrato sul potere e aveva una visione delle cose che mal si sposava con la sua. Insieme presero uno dei pochi teletrasporti ancora attivi per la stanza dei loro genitori.

Buio, tutto attorno. L’aria sapeva perennemente di qualcosa di stantio e il terreno era pieno di depressioni e crepacci, ma lui immaginava che ciò a cui non avrebbe mai fatto l’abitudine erano quelle tenebre perenni che celavano ogni cosa finché non ci sbattevi il naso contro.
Aveva incontrato gli ultimi sbandati in un pianetino dimenticato e si era sbrigato a radunarli: dovevano prelevarli a piccoli gruppi, o quelli della Luce avrebbero capito il trucco. Il Cercatore sosteneva che già adesso avevano iniziato a sospettare qualcosa. La Luce… quanto gli mancava. Erano anni che non vedeva più nemmeno un riflesso di luminosità, tranne qualche fiaccola artificiale tenue. E lì, nel cuore più profondo del Regno dell’Oscurità, luci di quel genere morivano quasi all’istante.
Finalmente davanti a loro emersero le immense rovine che fungevano da quartier generale. Capì l’agitazione delle nuove reclute: anche lui ci era rimasto secco quando le aveva viste la prima volta. Sembravano un gigantesco disco volante con un’architettura mai vista in nessun Mondo conosciuto, la civiltà che le aveva create doveva essere anche più vecchia del Keyblade o magari un residuato di una qualche forma di vita dell’Oscurità.
“Sei tu, Ren?”
Uno dei fratelli sbucò da un ingresso per accoglierli. Era quello grosso con le spalle larghe: Ren non si era preso lo sforzo di impararne il nome, non sarebbe durato molto.
“Sei qui con i nuovi ragazzi? Oh sì, adesso li vedo… altri guai con quel ficcanaso traditore?”
“Se così fosse, non sarei qui a raccontartelo. Egli è uno dei più letali guerrieri di entrambi i Regni, e siamo fortunati abbia deciso di abbandonare le indagini a pochi passi dalla nostra posizione.”
“Bah! Se lo dici tu. Portami le reclute, che le sistemo. Tranquilli ragazzi, non vi mordo mica.”
Sottovalutare così tanto Vanitas era uno dei motivi per i quali Ren non memorizzava il volto o il nome di simili incapaci, che servivano solo a fare numero e lavori di bassa manovalanza. Consegnò a lui i nuovi pupilli tenendo d’occhio quei pochi che gli sembravano promettenti.
“Dov’è Shika?”
“L’ultima volta l’ho visto agli scavi, era molto agitato. Ren… credo l’abbiano trovato.”
Questa era una notizia interessante. Ren mancava agli scavi da parecchi mesi, e quindi doveva essere ancora informato degli sviluppi. Si concesse un sorriso, pensando con clemenza che persino gli inetti avevano uno scopo nel mondo.
Presto il Cercatore avrebbe ottenuto ciò che voleva e la supremazia dei falsi idoli sarebbe stata annientata.

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Capitolo 9
*** Unità ***


Ai miei precedenti lettori: da questo capitolo in poi la storia divergerà dalla versione precedente che pubblicai anni fa.

9) Unità


Se i neo-Cavalieri si aspettavano di entrare nel vivo dell’azione, placare conflitti o esplorare nuove contrade, dovettero presto ricredersi. I loro primi mesi li passarono quasi esclusivamente a GranCastello a svolgere mansioni, imparare nuovi poteri (ma quasi solo a livello teorico) e occasionalmente essere mandati nei Mondi vicini ad osservare altri Cavalieri risolvere piccole dispute per nulla influenti. Mizumi si aspettava la gavetta e che i Maestri li reputassero troppo galvanizzati dall’Esame, ma iniziava a chiedersi quando avrebbero potuto gettare le fondamenta per il passo successivo: non si diventava Maestri in un giorno, ma appunto per quello voleva iniziare il prima possibile.
Almeno la convivenza forzata aveva reso il gruppetto molto unito: i gemelli si incontravano con Lutum, Axius e Wanda ogni volta che potevano per chiacchierare o fare pratica di quanto appreso (rigorosamente nelle aree adibite). Avevano anche scoperto che nonostante i Cavalieri componessero il grosso dell’Ordine ve ne erano davvero pochi vicini alla loro età: ultimamente il Dono pareva essersi fatto raro. In più era difficile fare vere amicizie perché i Cavalieri erano i veri e propri alfieri dell’Universo, sempre in giro o impegnati in missioni di ogni genere. Il Cavaliere con cui chiacchieravi una mattina poteva essersene andato già il giorno dopo e non fare ritorno per settimane o mesi, quindi i ragazzi aveva deciso di lasciare che fossero gli anni d’esperienza a creare nuovi legami.
Appresero inoltre che l’atmosfera familiare dell’Esame era stata solo un’eccezione del momento. Quasi tutti i Maestri erano già tornati ai loro avamposti o in giro per missioni e al castello restavano Sora, Paperino, Pippo, Vanitas, Aqua e Topolino. Il Gran Maestro era quasi sempre impegnato e i suoi due aiutanti addestravano le reclute, quindi furono Aqua e il piccolo monarca a gestire i compiti dei ragazzi.

Al momento erano sorprendentemente tutti assieme nella vasta biblioteca del castello impegnati nell’approfondire le loro conoscenze: stando a Aqua, dovevano apprendere cinque cose diverse ciascuno entro la giornata. Lutum riemerse dal tomo che stava sfogliando e sbadigliò sonoramente.
“Vorrei che mia madre dicesse chiaramente cosa vuole che impari, invece di gettarmi alla cieca.”
“Penso faccia parte della prova, vuole vedere se sappiamo cosa è giusto approfondire e cosa no.” Mizumi stava sfogliando un capitolo interessante sulle unioni dimensionali, praticamente un’applicazione del Limite che non richiedeva la presenza di un compagno.
Kazeshi invece ammirava un dettagliato mappamondo di una qualche lontana regione. “Io lo trovo affascinante. Non è nemmeno una ricerca limitata a una sola materia, quindi ognuno può soffermarsi sui propri interessi… non credi anche tu Wanda?”
“Bwhahahahahahah! I nomi di questi tizi sono troppo buffi!” La rossa aveva tra le mani un elenco dei vari soggetti pericolosi nei vari Mondi che avevano tentato di prendere il potere. Non proprio materiale comico, ma lei aveva le lacrime agli occhi. Inoltre Kazeshi aveva già sfogliato quel manuale, ed era certo che all’epoca metà di quei ceffi non avesse quei baffoni e barbe che ora sfoggiavano tutte le foto.
“Ehm… già, i propri interessi, per l’appunto.”
Mizumi dovette trattenersi dall’alzare gli occhi al cielo: suo fratello era sempre stato un tipetto serio e intellettuale, ma poteva diventare davvero stupido se con loro c’era Wanda.
Axius prese la sua pila di libri e si alzò per rimetterli a posto.
“Già finito, Ax?”
“Sei proprio un topo di biblioteca.”
“Considerato dove siamo e le fattezze di uno dei nostri Maestri forse dovresti scegliere altre espressioni, Mizumi. Comunque ho visto ciò che mi interessava e ho imparato le cinque nozioni. Vado a prendermi una boccata d’aria fresca.”
“Vengo anch’io!”
“Ehi, se Wanda può prendersi una pausa, perché non io?”
Kazeshi già in piedi lo riprese: “Perché è TUA madre ad avertelo ordinato!” Poi si volse verso la sorella: “Tu vieni?”
Lei sospirò. “Preferisco finire e non pensarci più. E poi Lutum si sente solo se nessuno sta ad ascoltare le sue lamentele. Divertitevi… per un poco.”
I tre uscirono battibeccando allegramente. Mizumi guardò Lutum che invece girava più volte un libro, cercando di capire da che senso leggerlo. Si ritrovò a ripensare a quanto era cambiata la sua vita in quei pochi mesi: ora aveva amici, un rapporto familiare stabile, e sentiva di iniziare a fare la differenza, per quanto gradatamente. Per la prima volta da moltissimo tempo percepiva che le nubi sul suo cuore si fossero diradate, come se qualcuno avesse solo ora levato un velo che la soffocava. Sorrise e si concentrò nuovamente sul suo libro, desiderosa di finire in fretta e prendersi un gelato con gli altri: “È importante ricordare che l’unione dimensionale necessita un profondo legame con quella persona, e che se anche solo teoricamente si avesse un’abilità nell’usarla pari a quella del Gran Maestro, non va abusata…”

“Voglio esplorare.” Lutum se n’era uscito con questa affermazione solo qualche attimo prima.
Erano tutti assieme a gustarsi un gelato giù alla cittadella dopo il lavoro svolto in biblioteca (Aqua aveva degnato Mizumi e Lutum con un “passabile”, lodando invece Kazeshi e Axius. Con Wanda aveva perso le speranze e adottava un tono rassegnato da catastrofe ineluttabile ogni volta che interagiva con lei), e appoggiati ad un muretto guardavano le persone passare per un pò prima di rimettersi sotto con l’addestramento. Fino a quel momento.
“Che intendi con esplorare? Vuoi farti una passeggiata nelle praterie?”
“Voglio esplorare GranCastello. Ci deve essere qualcosa di interessante, no?”
“Riesco a pensare a un mucchio di cose, e nessuna che non ci metterebbe nei guai se venissimo scoperti a ficcanasare in giro. Dai, pensavo avessi imparato la lezione.” Kazeshi voleva troncare in fretta quella proposta, in caso sua sorella fosse di simile umore. Mizumi aveva accettato gli incarichi di buono spirito, ma lui sapeva che non vedeva l’ora di rimettersi alla prova.
“Qui non si tratta di menarci o deturpare le strutture, ma di una banale ricognizione che accrescerà anche la nostra cultura! È per il sapere!”
“Ah, scusami tanto. Quindi invece di un combattimento irregolare, stai suggerendo di andare alla ricerca di conoscenze proibite in barba ai precetti, come fece un certo Maestro che venne radiato e gettò i Mondi nel caos.”
“Ok, forse non ho scelto la sequenza di parole più adatta…”
“Non è la sequenza il problema, Lutum. È l’idea di base.” Kazeshi si voltò verso gli altri. “Aiutatemi a dissuaderlo, così che possiamo tutti tornare alle nostre mansioni in fretta.”
“Ehi Kaze, questo è un colpo basso! Solo perché sai che Wanda è l’unica che mi appoggerebbe-“
“Ma io concordo con Katsy. Non dovremmo farlo.”
Ora Lutum fu davvero preso in contropiede. “Non pensavo tu avessi paura nell’infrangere le regole.”
“Le regole sono mucchi di parole. Non ho paura delle parole, ma ho molta paura di mia mamma. A meno che il tuo segreto non riveli come teletrasportarsi da un capo all’altro del cosmo, o rendersi immuni alle punizioni, non ne voglio sapere nulla.”
Kazeshi era più rincuorato, e all’approvazione di Wanda percepì un calore nello stomaco che sapeva non aveva a che fare con lo scampato pericolo. Axius, che si era messo a pensare in maniera così assorta da lasciar squagliare il gelato, si ricosse e disse: “Io invece approvo la proposta di Lutum.”
Ennesimo silenzio esterrefatto. “Se dici così solo perché il tuo destino sarebbe più clemente…”
“Se tu dici così, significa che non hai mai visto cosa sa fare mia madre quando vuole. Una volta le ho disubbidito, e lei non diede segni di essersene accorta. Ma poi per tutto il mese seguente il ricordo della mia bugia continuava ad ossessionarmi, finché non sono andato da lei a confessare tutto. Ancora oggi fa finta di non avere saputo nulla finché non gliel’avessi detto…” Axius si riscosse e scrollò le spalle, come a voler dimenticare un ricordo spiacevole. “Sono consapevole dei rischi, ma credo valgano la candela, di certo più di una zuffa tra cadetti. Ci sono cose sul castello che brucio dalla voglia di scoprire.”
“E volete farlo ora? Credevo che voi viveste qui.” A Kazeshi non piacque che Mizumi si unisse solo ora alla discussione.
“Nah, siamo cresciuti al Giardino Radioso, lì dove i genitori miei e di Ax hanno preso casa. Non abbiamo visto GranCastello troppe più volte di voi.”
Mizumi scrutò prima Axius, poi Lutum. “Avevi già un’idea? Immagino tu non voglia provare pannelli di teletrasporto a casaccio o… o scassinare porte.”
“Mai. C’è una statua di gargoyle sulle balconate, l’avrai vista dal basso. So che c’è una scala sotto di essa, perché l’ho vista spuntare dal piano inferiore, ma è evidente nessuno la usi al momento.”
“Va bene, ci sto. Io, te e Axius. Wanda?”
Wanda scosse energicamente la testa in segno di diniego.
“Guarda che non devi venire per forza” fece di nuovo Mizumi, anticipando le proteste del fratello. “Voi vi date di nuovo da fare in modo che tutti vi vedano, e quan- SE verremo catturati, nessuno incolperà anche voi. Se ve lo chiedono, non ne sapevate nulla. Facile, no?”
A Kazeshi non andava comunque a genio l’idea di essere quantomeno al corrente di questa missione suicida né di averla vista formarsi, e stava per sciorinare una lunga sequenza di ragioni che rendevano il piano folle e le ripercussioni per tutti certe. “Nostro padre sa leggere i cuori” gli sembrava un ottimo punto di partenza: ma mentre si accingeva a parlare Mizumi lo prese da una parte e in un istante gli fu all’orecchio: “Sarete soli… vedi di combinare qualcosa, pesce lesso.”
Il tutto durò un paio di secondi: poi Mizumi raggiunse Lutum e Axius nel percorso verso il castello, con Wanda che camminava come se la cosa davvero non la riguardasse e non ne fosse al corrente. Kazeshi pensò che sua sorella era forse più arguta del previsto.

Aqua sedeva su un trono, pile e pile di pergamene contenti schizzi, planimetrie e elenchi di ogni genere accatastati sul tavolo di fronte a lei. Rughe di concentrazione e timori solcavano la sua fronte.
“È tutto così… ambizioso.”
Lea sullo scranno accanto a lei scrollò le spalle. “Una volta che hai visto Xemnas creare un castello letteralmente dal Nulla e tramutare gli oppositori in Simili non ti chiedi più cosa sia possibile e cosa no. Spero che Sora e voialtri abbiate medesimi poteri, ma un tantino di clemenza in più.”
“Non è che non penso che non sia fattibile, ma non staremo correndo troppo? Nessuno nel nostro Ordine si è mai espanso così tanto. E Sora vorrebbe fare tutto ciò entro la nostra generazione?”
“So che sono nuovo, ma c’erano regole nell’Ordine, no? Regole che ora abbiamo infranto. E fatti consigliare da un esperto: quando cambi stile di vita e rifuggi ciò che rappresentava il tuo credo, non esistono più i concetti di giusto e sbagliato, solo quanto ti fidi della via che hai scelto di seguire. Tu ti fidi di Sora?”
Paperino e Topolino entrarono nel salone, le braccia cariche di sfere magiche. Aqua sospirò, incapace di eliminare del tutto la preoccupazione.
[Grillario 5.0, ad uso e consumo strettamente personale dell’autore]

Mizumi, Lutum e Axius erano di fronte all’imponente gargoyle in pietra, sulle mura. La cinta di GranCastello era la stessa che circondava la cittadella, e dalla parte su cui poggiava la fortezza si potevano intravedere le gigantesche catene magiche che andavano ad avvolgere parte dei Cancelli di Bronzo. Una triplice difesa formidabile, ma anche un luogo vasto e scarsamente pattugliato in alcune zone. Mizumi si fece una nota mentale sul dirlo a suo padre più tardi, poi pensò che forse vi erano altri meccanismi a sopperire la presenza di guardie.
Axius doveva essersi posto quesiti simili, perché sporse in fuori una mano e tracciò un cerchio nell’aria. Una vampa di energia praticamente incolore sprigionò dalle sue dita, per poi affievolirsi.
“Tutto ok. Non ci sono incantesimi, almeno non del tipo che attiveremmo noi.”
“Non sarebbe stato più efficace usare il Keyblade?”
“Sì, ma oltre a potenziarci il Keyblade può essere percepito. La nostra magia ha la qualità a doppio taglio di essere facilmente captata e azionata dalla presenza di altre chiavi.”
A conferma delle sue parole, Lutum stava lavorando di puri muscoli per spostare la statua. Mizumi lo aiutò e in breve tempo i tre si trovarono a fissare una botola di legno nero, consunto dal tempo ma non marcio. Un ulteriore esame rivelò che non era chiusa a chiave (Axius lo indicò a conferma del fatto che imporre un sigillo l’avrebbe resa nota ai Custodi che passavano nei paraggi).
“Se non dovessimo farcela, e ci trovassimo di nuovo di fronte a mia madre… è stato bello conoscervi.”
“Se invece dovessimo trovarci di fronte a MIA madre… ricordatevi che vi ho conosciuto, perché io potrei non farlo.”
Mizumi alzò le spalle. “Se dentro ci troviamo mio padre, probabilmente scoppierebbe a ridere e ci scorterebbe amichevolmente fuori.”
“Cavolo. Perché sei così seria quando la tua famiglia è magnifica?”
“Forse è proprio per questo. Così come noi facciamo battute per distrarci, lei si è autoimposta la rigidità che cercava.”
Mizumi aprì la botola e si tuffò dentro, e Lutum e Axius capirono che il tempo delle confidenze era terminato.

Intanto Kazeshi era tornato, e dopo aver fatto rapporto e scoperto che non avevano altri incarichi per la giornata si era ritirato nella sua stanza negli alloggi del Gran Maestro. La sua camera era piccola ma confortevole e piena di oggetti e decorazioni legati ai suoi interessi: il ragazzo non dubitava che Sora fosse costantemente informato su cosa piacesse a lui e Mizumi. Suo padre era fatto così: poteva istintivamente piacere a tutti con estrema facilità, ma solo con i figli aveva questo spasmodico bisogno di dimostrare affetto. A Kaze non dispiaceva, piuttosto come per altre cose tentava di analizzare questo comportamento di suo padre. ‘Forse quando hai intrecciato così tanti legami, quelli più profondi assumono un significato ancora più speciale.’
Fu distratto quando sentì bussare alla porta principale degli alloggi. Mentre Kairi andava ad aprire, lui tese un orecchio per scoprire se Mizumi ci aveva ripensato, o peggio se l’avessero già scoperta.
“Sì? Oh, ciao Wanda!”
“Ehhhiiiii Kairissima! C’è Katsy?”
Kazeshi ebbe una sorta di infarto mentre si precipitava fuori dalla porta e osservava Wanda entrare con assoluta noncuranza e abbracciare sua madre, per poi squadrarlo.
“Eccoti! Bene, dato che non abbiamo altro da fare e da sola mi annoio, tu vieni con me! Andiamo fuori!”
E marciò nella direzione da cui era venuta, senza nemmeno aspettare la risposta. Wanda poteva essere forse più simile alla madre di quanto potesse sembrare, almeno nel pensare che ogni sua richiesta era un ordine.
Kairi ebbe pietà del figlio imbambolato e gli diede un colpetto sulla schiena per farlo rinsavire. “Vai, su! Tanto non vedi l’ora, no?”
“Eh? Certo! Cioè… immagino di sì.” Kazeshi provò a darsi un contegno, ma il sorriso della madre era di chi la sapeva lunga su cosa stava accadendo.
“Ah, una cosa ancora. Wanda ha detto che da sola si annoia. Quindi Lutum e Axius sono con Mizumi?”
Kazeshi si bloccò sulla porta, lottando per non sudare freddo. “Sì. Hanno detto che girovagavano un po’ per la città. Sai, sono quelli che si lamentano di più per le sedute forzate in biblioteca. Lutum e Mizu, cioè. Axius li sorveglia.”
Una lunga pausa. Kazeshi provava a tenere i battiti del cuore sotto controllo, ma non era mai stato appurato se funzionasse o meno per i Custodi.
“Va bene allora. Divertiti pure… ma non troppo, è chiaro?” Le sue ultime parole si persero nel rumore della porta che si chiudeva sbattendo. Evidentemente suo figlio aveva molta fretta, e sebbene fosse normale alla sua età da madre Kairi non poteva non impensierirsi.
“Ah, ma non dovrei avere paure, Wanda è la figlia di Hokori dopotutto. Kaze potrebbe non avere idea a cosa sta andando incontro.”

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Capitolo 10
*** Questione di Tempo ***


10) Questione di Tempo

Ad accogliere Mizumi, Lutum e Axius fu, prima di ogni altra cosa, l’oscurità. Non quella aliena, divoratrice, che emanava energia; ma quella derivata dall’assenza di luce e dal convogliare di molteplici oggetti e delle ombre che gettavano gli uni sugli altri.
Dopo una breve discesa il trio si era ritrovato in quella che pareva essere una sezione in disuso della fortezza: i loro passi riecheggiavano sui muri disadorni, e nuvole di polvere si levavano ad ogni respiro esalato. Nella penombra c’erano sagome di tavoli, sedie e qualche armatura, ma non sembravano recare nulla di speciale. Se anche erano state infuse di un qualche tipo di potere in passato, ogni traccia era svanita.
“Perché quest’area è così dimessa? Le risorse per mantenerla non ci mancano di certo. E quanta polvere… mi sembra assurdo che sia tutto così usurato, fosse anche stato dimesso dalla sua costruzione.”
Axius non rispose, Lutum neppure. Forse erano entrambi tesi perché non si aspettavano di trovare realmente qualcosa, ma tutto in quel luogo silenzioso sembrava emanare un’aura di mistero. Il corridoio terminò bruscamente verso una porta chiusa, di legno anch’essa.
“Fine della corsa. Se c’è davvero un segreto che vale la pena scoprire, è qui.”
Ancora silenzio. Lutum si avvicinò per constatare se la porta fosse davvero chiusa a chiave. Lo era.
Mizumi iniziava a spazientirsi. “Sì, è chiusa, e dubito troveremo la chiave sotto uno zerbino. Siete davvero venuti fino a qui solo per farvela addosso? Ma che Cavalieri siete?”
Lutum si voltò verso di lei, probabilmente per rispondere a tono: ma Mizumi non seppe mai quello che voleva dirle, perché spalancò gli occhi e divenne pallido come un cencio.
“Papà?”
All’udire queste parole anche gli altri due si voltarono: non vi era dubbio, era proprio Terra quello che marciava verso di loro, il portamento marziale, lo sguardo serio. Era dunque così che finiva? Forse li stavano monitorando da quando erano ancora nel villaggio, non sarebbe stato strano visto che tre di loro erano già finiti nella Stanza per la loro condotta.
Il cervello di Mizumi lavorava a mille ma mai come quello di Axius, che levò un braccio a placare i due amici. “Un momento. C’è qualcosa di strano.”
La ragazza tornò a concentrarsi sul Terra che veniva nella loro direzione: effettivamente portava vestiti diversi dal solito, Mizumi non ricordava di averlo mai visto indossare pantaloni di quel colore, e a meno che non fosse passato dal barbiere tra una visita e l’altra aveva i capelli di gran lunga più corti rispetto al loro ultimo incontro. E poi man mano che si avvicinava il suo viso diventava sempre più giovane, fino a sembrare loro coetaneo. Anzi, ormai non lo sembrava più: quello era un Terra di poco più grande di Lutum.
Questi continuava a fissare la figura del padre senza proferire parola, capendoci ben poco.
Il Terra più giovane li raggiunse e li oltrepassò senza degnarli di uno sguardo, attraversando la porta chiusa che a quanto pareva per lui doveva risultare aperta.
Passò un minuto, poi due. Alla fine Lutum si riebbe, e senza dire nulla evocò Squarcio puntandolo contro la porta.
“Sei sicuro, Lu?”
“È come ha detto Mizumi, no? Sarebbe folle andarsene senza aver visto niente. E ora più che mai voglio vedere cosa c’è oltre.”
 Il Keyblade fece scattare la serratura, e i tre spinsero i battenti per entrare in un grosso salone.

Ren era inquieto. Dopo aver aperto la botola, non avevano fatto altro che camminare lungo lo stesso corridoio.
“Perdonate l’insistenza, ma dove stiamo andando?”
“Lo vedrai, yuk” rise Pippo. “Scusa la riservatezza, ma Sora voleva fosse una sorpresa.”
“Il Gran Maestro? Sarà lì anche lui?”
“Anche? Ragazzo, forse tu ancora non hai ben capito che ruolo ricopri. Sei Maestro ormai, e stai per far parte della cerchia più intima!”
Ren si agitò. “Se ciò che dite è vero, non chiamatemi più ragazzo, Maestro Paperino.”
“Scusa, scusa. Capisci, sei stato uno dei primi allievi. È difficile pensare a te come ad un nostro pari, meriti permettendo.”
Erano arrivati alla porta, e a Riku lì davanti. “Eccoti, Ren. Sono tutti dentro… o quasi. Van ancora è restio ad allargare il gruppo.”
Ren abbozzò un sorriso. “Anche se la Maestra Aqua mi trova ‘deliziosamente irriverente’? Oppure è quello uno dei fattori per l'assenza di Vanitas?”
Riku ridacchiò. “Vedrai che a poco a poco si aprirà, e oggi compirai il primo passo anche in tale senso. Varcata questa soglia, scoprirai ciò che hai sempre chiesto di conoscere.”
Ren sembrava voler aggiungere qualcosa, ma si limitò ad annuire solennemente.
Riku aprì la porta.
[Ricordo Sigillato]

La sala era in disuso come il resto dell’ambiente, ma di certo più interessante. Numerose sedie erano sparse in giro, rovesciate o accatastate in pile destinate all’accogliere eventuali nuovi membri. Sembravano essere di pregevole fattura e destinate a eventi o raduni importanti, così come il grosso lampadario che penzolava di sbieco ancora appeso al centro della stanza. Il bianco sui muri era ormai sbiadito, ma lasciava supporre che un tempo fosse dello stesso colore e tonalità del resto del castello.
Tutto sembrava abbandonato da decenni, e Mizumi e gli altri si sarebbero soffermati a domandarsi il motivo di tale usura… se non fosse che vi era anche un lungo tavolo in pietra (anch’esso terribilmente rovinato e crepato in più punti) attorno al quale erano radunati tutti i membri più importanti dell’Ordine.
Aqua era china su dei disegni e liste di oggetti, con Topolino al suo fianco. Il Re sembrava molto più forte e vispo di quello attuale, e la Maestra era come Terra inequivocabilmente più giovane; anche Lea era lì, ma portava un lungo soprabito nero. Ma lo spettacolo di maggiore impatto lo davano Sora, Riku, Kairi, perfino Ventus: niente altro che ragazzi, con espressioni gioviali e vestiti alla moda dell’epoca. Mizumi era certa che fosse la prima volta che vedeva Riku e suo padre in pantaloncini. E quelle scarpe…

“Illusioni.” Axius ruppe il silenzio. “O meglio, ricordi di un tempo passato. Stiamo assistendo ad uno dei primissimi raduni del nuovo Ordine.”
Lutum, decisamente più calmo ora che aveva ricevuto una spiegazione sensibile dell’accaduto, si avvicinò ancora un po’. Nessuna delle figure diede segno di averlo notato. “Agghiacciante davvero. Questi erano i miei vecchi? Beh, ‘vecchi’… complimenti a mamma per essersi mantenuta, ma perché li stiamo vedendo? Credevo ci volessero circostanze speciali perché accadesse una cosa simile, come un intimo legame.”
“Dubito che tutti e tre abbiamo sviluppato quel tipo di legame con ogni membro del Consiglio” commentò Mizumi.
Axius era ora di fronte al tavolo, e guardava le stesse mappe dell’Aqua eterea. “Infatti non può essere. Per avere una visione così nitida del passato bisognerebbe di regola viaggiare noi stessi verso quell’epoca. Ma è impossibile spostarsi dove non si è stati, e questo accadeva chiaramente prima della nostra nascita.”
“E se la porta, o perfino la botola, fosse stata una sorta di portale? So che mio padre si spostò nel passato così una volta.”
“E un potere tale non è stato rivelato dalla mia magia? Mi sembra difficile. Evocare magie temporali richiede una notevole maestria, celarli del tutto dieci volte tanto.” Axius, si tormentò una ciocca di capelli biondo paglierino, chiaramente seccato dall’apparentemente insolubile dilemma. Iniziò ad elencare parole sulle pergamene che leggeva.
“Contenimento ricordi… progettazione Cancelli… interconnessione tra i Mondi… qua c’è scritto ‘impiccionarsi’ sottolineato e con una marea di punti esclamativi, non capisco la battuta… trattamento del Reame del Sogno… un momento!”
“Hai capito la battuta, Ax? Io pensavo potesse riferirsi all’aspetto del Maestro Paperino-“
“No, ma forse so cosa succede! Il Reame del Sogno. Di certo ne avete sentito parlare.” Axius prese a camminare per la sala, provando a toccare tutto (la sua mano passò attraverso i personaggi presenti e gli oggetti sul tavolo).
“Il più misterioso e atipico dei Regni. Oscurità e Luce, perfino tempo e spazio sono distorti lì. E spesso e possibile vedere luoghi, persone, interi eventi che appartengono ad un’altra epoca. Chiaramente sono dicerie, bisogna essere Maestri anche solo per studiare quel luogo, ma… e se fosse ciò che stiamo vedendo?”
Mizumi finalmente si sincronizzò con la sua linea di pensiero. “Vuoi dire che siamo in un sogno?”
“No, non lo so, ma forse loro sì! Questa scena avveniva in un sogno, ed ecco perché la vediamo! I nostri genitori erano in un sogno, e data la natura instabile la sequenza si è preservata, giungendo ai giorni nostri.”
Il ragazzo minuto dallo sguardo vacuo sembrava nel suo elemento. Lutum appariva impensierito, e già Mizumi pensava non avesse seguito il ragionamento quando se ne uscì con la domanda più pertinente: “Ma perché avrebbero dovuto farlo? Entrare in un sogno, dico.”
Quest’osservazione sembrò frenare l’impeto di Axius. “Già, perché? Mi sembra stiano solamente discutendo dei piani da approvare. Forse un nemico li braccava? Ma sembrano così rilassati, non c’è traccia di apprensione sui loro volti. Chissà.” Il resto si perse in un borbottio pensoso.
Lutum intervenne nuovamente: “Ehi, Ax. Forse c’entra quella storia di cui mi hai parlato. Il debito di anni.”
Ora era decisamente Mizumi ad essere rimasta indietro. “Cos’è il debito di anni?”
Fu Axius a risponderle, ora molto serio e asciutto nei toni. “Un pensiero che mi ronza in testa da una vita. C’è qualcosa che non va nella nostra storia, nei resoconti. Avrai notato che la botola che abbiamo aperto sembrava molto vecchia, come se avesse cent’anni. Come mai? GranCastello è stato fondato dai nostri genitori, che non sono nemmeno in età avanzata.”
La ragazza alzò le spalle. “GranCastello è fondato su un vecchio Mondo, di proprietà della famiglia del Maestro Topolino da generazioni. Sarà di allora.”
“C’è altro. I tre Cancelli. La cittadella. Questa stessa sala. So per certo che non tutto risale ad epoche precedenti.”
Axius si voltò ora verso Mizumi: era chiaro che ritenesse molto importante renderla partecipe di questa sua teoria. “E gli stessi mezzi che usiamo. Viene detto che l’afflusso di Cavalieri e Maestri deriva dall’aver scoperto e intessuto legami con altri Ordini come quello di Wanda, ma non può essere tutto lì. I soli incantesimi che sorreggono il sistema sono assurdamente complessi e potenti: solo idearli e perfezionarli dovrebbe richiedere un lasso di tempo di più vite umane. No, c’è dell’altro, qualcosa che speravo di scoprire venendo qui. Troppo è stato messo a punto in troppo poco tempo.”
“Oh, io non sottovaluterei ciò che il Keyblade può fare.” Una voce profonda risuonò nel salone, facendo sobbalzare i tre ragazzi. “Ma in questo caso potresti anche avere ragione.”

“Wanda, questo è—non credo di poterlo fare.”
“Dai Katsy! Non avere paura, non sarà certo la tua prima volta.”
“No, non è quello. Ma… insomma, se ci trovassero?”
“E allora? Non stiamo facendo nulla di male. Cosa, lo puoi fare con tua sorella e con me no?”
“È diverso.”
“Senti, io sono pronta. Quindi o ti prepari anche tu, o verrai travolto!”
Kazeshi guardò sconsolato il ring accuratamente ripulito e preparato per l’incontro. Wanda lo aveva portato nella Sala d’Allenamento, ed ora aveva sguainato il Keyblade e si era messa in posa, pronta a riceverlo: era evidente che la sua idea di uscita serale fosse in realtà un pretesto per azzuffarsi. Il ragazzo dai capelli corvini sospirò, chiedendosi se tra sua sorella e lei ci fossero esponenti del Keyblade del gentil sesso che non pensassero sempre a combattere.
“Ma Wanda non cambierà idea facilmente, quindi tanto vale trarre il meglio da quest’esperienza.” Anche Kazeshi evocò Nebula, e assunse la sua solita posa: mani in avanti, il Keyblade quasi una linea verticale di fronte a sé, la gamba sinistra lievemente più arretrata della destra e in flessione verso l’esterno.
“Ho letto di questa posa. Era una delle favorite da un famoso Maestro del vostro emisfero.” Anche Wanda sembrava onorare le tradizioni, ma le sue: teneva Flambé vicino la spalla destra, impugnandolo con entrambe le mani e la punta rivolta verso l’avversario, i piedi uniti. Kazeshi non aveva mai visto un Custode brandire in tal modo il Keyblade, deducendo quindi che fosse una posa del suo luogo d’origine. In ogni caso, era fiducioso.
Senza ulteriori segnali Wanda partì all’attacco, ma Kazeshi se l’aspettava. La rossa era rapidissima e dai movimenti fluidi, ma tutti i suoi attacchi furono parati con brevi e controllati scatti del Keyblade avversario. Per attaccare Wanda ruotava soltanto i fianchi tenendo le gambe salde, dunque ben presto sarebbe arrivata la sorpresa.
E difatti appena la ragazza capì che l’assalto era infruttuoso fletté le ginocchia e scomparve alla vista. Kazeshi non aveva seguito tutto il movimento, ma giudicando lo stile sapeva cosa aspettarsi: con le gambe già in posizione effettuò un rapido scatto di lato, evitando il micidiale attacco in salto di Wanda. Flambé colpì il pavimento, ma senza conficcarsi troppo in profondità. Kazeshi doveva agire in fretta.

Tenendo sempre il Keyblade dinnanzi a sé per proteggersi balzò all'indietro, mettendo ancora più distanza tra di lorto, liberò una mano e con essa scagliò diversi globi di ghiaccio: il primo aveva quasi raggiunto Wanda, quando quest’ultima estrasse la sua arma dal terreno e lo neutralizzò con un fendente infuocato. La ragazza passò poi ad occuparsi in maniera simile degli altri proiettili magici, schizzando da una parte all’altra ed usando perfino il braccio libero come terza gamba.
Kazeshi non si scompose: che il suo avversario avesse affinità col fuoco era scontato, molto più interessante era che si stesse comportando esattamente come previsto. Aveva fatto bene ad informarsi su come si era svolto l’Esame per i suoi amici, le frenetiche movenze di Wanda sarebbero andate a suo discapito.
Mentre pensava ciò interruppe la sua guardia e fece roteare il Keyblade con una mano sola. Nebula acquistò sempre più velocità, e tra le nubi ornamentali della lama iniziò a delinearsi una sottile linea verde, finché al parossismo della tecnica Kazeshi impugnò il Keyblade con entrambe le mani e lanciò un potente fendente dal basso verso l’alto. Wanda era ancora distante di qualche passo, e scagliata contro di lei non ci fu il Keyblade ma un’onda di magia Aero, una spaccatura verticale di pura energia.
La ragazza riaggiustò la presa sulla propria arma e si scagliò contro il fendente, certa di poterlo contrastare. Tutto come pianificato. Pochi attimi prima dell’impatto il fendente verdognolo di Kazeshi acquisì notevole potenza e aumentò ragguardevolmente di dimensione: inutilmente Wanda provò ad opporsi al rinnovato vigore del colpo, che la travolse e la fece finire a gambe all’aria.
“Vento e ghiaccio sono elementi complementari, Wanda.” pensò Kazeshi. “Avresti dovuto evitare di distruggere i miei cristalli col fuoco e sollevare quel polverone: hai creato la perfetta atmosfera ghiacciata volta a potenziare il mio colpo.” Quella del fendente combinato era la sua tecnica prediletta, con la quale aveva messo in scacco (almeno le prime volte) anche sua sorella. Lo scontro era finito.
Wanda intanto si era rialzata, scrollandosi di dosso il torpore della botta. “Accidenti, Katsy! Quello sì che era un colpo! Non è facile raggiungere un equilibrio simile tra forza e magia, e anche la tua guardia non è male!”
Kazeshi provò ancora più piacere del solito a quelle parole. Chissà che non ci sarebbe potuto essere del tempo per un appuntamento autentico, ora che era finito tutto così bene per lui…
“Peccato. Se solo tu fossi più forte, più… deciso in quello che fai.”
A colpire il ragazzo con l’intensità di un manrovescio furono non tanto le parole in sé, quanto l’improvviso cambio di tonalità nella voce della sua avversaria. Non solo la voce: gli occhi di Wanda, prima così allegri e vispi, sembravano ora fissi e concentrati su di lui, quasi a volerlo paralizzare con lo sguardo. Kazeshi si sentiva come se fosse passato dal guardare una buffa scimmietta all’essere braccato da una tigre.
“Come, scusa? A me sembra tanto di aver vinto, su tutta la linea.”
“Oh, no caro mio. No. Da dove vengo io, perfino negli scontri amichevoli si continua finché l’avversario non si arrende o perde conoscenza… e in alcuni casi, visto che molti fra la mia gente fanno dell’onore una questione… sì insomma, di onore, viene stipulata una clausola speciale. Se uno dei due contendenti si dimostra talmente superiore da giocare l’altro nel palmo della mano, è lui o lei l’indiscusso vincitore.”
“Va bene allora. Mi pare di capire che non ti reputi così inferiore, quindi non ci resta che proseguire fino alla resa.” Superato l’iniziale sbigottimento, Kazeshi ritrovò in fretta il sangue freddo. Di spavalderie ne aveva sentite di tutti i colori (era pur sempre cresciuto con Mizumi) e se anche Wanda avesse ribaltato le sorti dell’incontro, sapeva non avrebbe subito una disfatta totale. Non era il più forte delle reclute, ma né i suoi genitori né sua sorella mettevano in dubbio le sue competenze.
“Ah, vedi? È tutto qui il tuo problema.” Wanda si picchiettò la tempia. “Appena reputi di aver compreso la soluzione ti fossilizzi su quella, senza cercare altre vie. E quando ti accade… e ti accade… di non averci pensato troppo a fondo, commetti errori e il tuo approccio risulta superficiale. Prendi la tua posa, per esempio.”
Wanda scattò nuovamente in avanti senza preavviso. Kazeshi riassunse la posizione da guardia, ma stavolta i colpi furono assolutamente impossibili da prevedere: laddove sembrava che il Keyblade avrebbe colpito a sinistra, arrivava un fendente da destra; quello che sembrava un affondo si tramutò in un colpo d’elsa che lo colpì dritto sul ginocchio, costringendolo ad abbassarsi e rompere la posa. Conscio della sua vulnerabilità il ragazzo compì una spazzata per forzare Wanda a ritirarsi e lei tanto fece, ma riuscì comunque ad infilarci una rapidissima stoccata. Un livido violaceo iniziò ad allargarsi sulla fronte di Kazeshi.
“Il Maestro Eraqus ci avrà anche apportato delle modifiche, ma quello stile viene dalla nostra cultura. Una volta individuato il tuo ritmo, è facile dissiparlo. E il tuo trucchetto d’aria è bello, ma manca di mordente. Tu rimani fermo lì e cosa, aspetti e speri che il colpo funzioni? Hai un ampio margine di tempo per approfittarne e proseguire l’attacco. L’hai memorizzato?”

Detto questo la rossa eseguì un lento movimento ad arco con l’arma, e lì Kazeshi constatò che il suo Keyblade non era più Flambé: era una chiave diversa, rossa e nera, con due cerchi ornati di spuntoni in cima e sull’elsa. Lui conosceva quel Keyblade, anche di nome. Era far quelli che da bambino chiedeva sempre a suo padre di mostrargli, divertito dalla sua forma. Era Legame di Fuoco.
Wanda sorrise, gli occhi in penombra. “Vittoria su tutta la linea, così hai detto prima. Bene…”
Gli occhi verde smeraldo si accesero, mentre la tigre puntava l’ennesima preda.
“Concordo.”

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Capitolo 11
*** Dark Secret Saga ***


11) Dark Secret Saga

“M-Maestro Riku?”
Stavolta non ci fu neanche bisogno dell’esclamazione attonita di Lutum: quello che si parava davanti ai tre intrusi era Riku, il “vero” Riku, il grosso uomo in armatura. Mizumi fece un rapido confronto: rispetto alla sua controparte diciassettenne era di poco più alto, e anche più muscoloso. La zazzera di capelli grigi del ragazzo del passato era nell’uomo del presente l’inizio per quella che si poteva solo definire una fiera criniera, senza il minimo accenno di ilarità al riguardo. Riku seguì il suo sguardo e posò gli occhi sulla sua immagine, senza rimanerne apparentemente troppo turbato.
“Sembra passata una vita, e invece ne saranno passate almeno due.” Poi indugiò su Kairi, guardandola con una tenerezza che a Mizumi ricordava come le era stato detto lei guardava Kazeshi a volte, e si fermò su Sora. Qui il suo volto fu segnato da rughe che la ragazza non riuscì a decifrare.
“Maestro. Questo posto… che cos’è?” Fu nuovamente Lutum a parlare. In altre circostanze Mizumi lo avrebbe degnato di un’occhiataccia per aver interrotto Riku in un momento simile, ma ricordava la sua espressione nell’aprire la porta e capiva che l’amico voleva vederci chiaro. Accanto a lui Axius bruciava dello stesso fervore, senza però osare farsi avanti.
Riku lasciò passare ancora qualche istante, poi parlò senza però voltarsi a guardarli.
“C’è ben poco da spiegare, avete già intuito gran parte del processo. Questi siamo, o eravamo, noi mentre ci accingevamo a porre le basi per un progetto che sembrava pura follia.” Il Maestro sorrise, seguendo i contorni delle sagome (come gli altri, non poteva toccarle) con le dita. “Quante volte ho sentito Paperino scaraventare un foglio accartocciato contro il muro sbraitando per la frustrazione, e percepito Aqua trattenersi dal fare lo stesso. Ventus che voleva aiutare, ma faceva più danni che altro. Naminé passava più tempo a guidarlo che ad assisterci. Lea stava contro un muro senza proferire parola… e usciva fuori quando la tensione si faceva insostenibile.
“E nonostante ciò credo ancora oggi che l’unica cosa che ci spingesse ad andare avanti era l’inguaribile ottimismo del nostro leader. Sora era il primo a suggerire una pausa quando serviva, ad escogitare un nuovo piano quando veniva respinto il precedente, a valutare ogni proposta, non importa quanto bislacca. E ci ha sempre spronato a dare il meglio di noi, come fa tutt’ora.”
Ora Riku si girò a fissare i tre. Tutta la reminiscenza giovanile era scomparsa in un istante, ed esibiva un cipiglio severo.
“Non penso sia necessario informarvi che state commettendo un’infrazione, dubito avete spostato un gargoyle e aperto la porta per puro caso. E tutto ciò con l’aggravante, per due di voi, di essere reduci da una convocazione nella camera disciplinare…”
Lutum perse parte della sua spavalderia, ma Mizumi non si lasciò impressionare. Se il Maestro voleva punirli, l’avrebbe fatto prima di perdersi nei ricordi.
“Che c’è di male nel venire quaggiù e vedere i primi passi dei nostri mentori? Dovrebbe essere oggetto di studio, non un segreto proibito. A meno che lei non voglia tenere nascosto il suo gusto in fatto di abbigliamento di quasi vent’anni fa.”
A quelle parole Riku rise energicamente: nessuno dei tre cadetti ricordava di averlo mai sentito ridere, addirittura si mormorava fosse una leggenda.
“Giuro, la figlia spiccicata, la stessa sfacciataggine… ma non me la fai fino in fondo, Mizumi: so che racconterai di questa scoperta a tuo fratello con molto più fervore di quello che riserveresti a banali nozioni di storia. E questo perché comprendi il valore del sapere, ma non la sua pericolosità. Non puoi. Ergo la segretezza.” La ragazza si morse il labbro, ma non disse niente.
“Eppure… non lo so, sembra inevitabile che si vengano a formare segreti e misteri nelle grandi organizzazioni, a prescindere dalle intenzioni dei loro vertici. E i segreti sono lì per essere adocchiati e sfidati dai più ambiziosi. E sia: volete delle risposte e risposte avrete, ma solo finché lo riterrò opportuno.”

Riku prese posto su una sedia vuota e indicò loro di fare altrettanto. Non mancò comunque di indicare loro sedie distanti dalla sua: ci teneva comunque a far rispettare i gradi e la differenza di autorità.
“Voi sapete quanti Custodi abbiamo addestrato e formato?”
“Tanti” disse subito Axius in un soffio. “Troppi.”
“Esattamente. Ma non se ne sente mai parlare, il popolino non si fa domande e molti Cavalieri e Maestri vengono indicati come guerrieri già affermatisi in qualche parte del cosmo. Custodi contemporanei a noi, che col nostro Ordine hanno solo completato gli ultimi studi o occupato un posto a sedere.
“Balle. Dopo la Guerra coi Tredici eravamo quasi solo il gruppo che vedete qui, eccetto l’Ordine di Hokori che comunque era all’epoca più disunito di quanto facesse sembrare. Il grosso delle forze? Li abbiamo forgiati noi, in una maniera non troppo dissimile da quella con la quale abbiamo forgiato i tre cancelli e le connessioni magiche.”
Mizumi pendeva da ogni sillaba delle sue labbra. “Ma come?”
“Col Reame del Sogno, come ipotizzato dal tuo perspicace amico. E con l’ausilio della Città di Mezzo.”
Axius trattenne il respiro così rumorosamente a quelle parole che la ragazza pensò Kazeshi si fosse unito a loro di nascosto. “Oh, non farti pregare, illuminaci.”
“La Città di Mezzo è uno dei Mondi che esistono nel Reame Intermedio, uno dei pochi rimanenti. Si narra sia una città in costante cambiamento, che si adatta alle esigenze dei suoi abitanti e che li protegga dall’Oscurità!” Axius sospirò. “L’ho sempre ritenuta un posto da visitare assolutamente. Non sapevo fosse stata studiata per replicarne gli effetti.”
“Chi ha parlato di replicare? Non penso nemmeno sia nelle nostre capacità. La cittadella di GranCastello è la Città di Mezzo.” Riku si godette le loro espressioni sbalordite.
“Pensavo che questo fosse il Castello di Topolino!”
“Lo è, o meglio, lo era. Abbiamo fuso insieme due Mondi.”
“Come avete preso controllo della Città di Mezzo e i suoi arcani meccanismi?”
“Capendo come funzionavano e ponendoli verso i nostri scopi. Il cuore bizzarro e imprevedibile della Città esiste ancora, per questo motivo vari distretti della cittadella sono chiusi al pubblico.”
“Avete fuso due Mondi?!”
“Ragazzi, se vi impressionate per queste cose non posso arrivare alla parte davvero interessante.”
Le rimostranze cessarono immediatamente.
“Come dicevo, avevamo messo gli occhi sulla Città di Mezzo. Più volte si era dimostrata un luogo utile e di grande valore, e con Sora ci eravamo spesso proposti di liberarla almeno in parte della sua Oscurità e renderla un vero crocevia, sicuro e regolamentato. Unendo ad essa le protezioni fornite dal Castello Disney, il più era fatto.
“Il vero problema è stato che questo e altri progetti richiedevano tempo e risorse, che perfino noi non avevamo. Già soltanto convincere il resto dell’universo civilizzato ad accettarci era un’impresa quasi impossibile: perfino chi era a conoscenza del nostro Ordine e ci era grato per la recente vittoria non era così entusiasta di passarci le redini del comando. Comprensibile, dato che gran parte delle miserie che hanno colpito i Mondi derivano da lotte intestine fra Custodi. Anche un solo Keyblade può portare devastazione in lungo e in largo. Non dimenticatelo mai!” L’improvviso ammonimento fece sobbalzare i tre ragazzi. Questi annuirono, impazienti di proseguire col racconto.
“Ma Sora e gli altri erano determinati, e li capivo. Volevano impedire proprio questo, che un singolo Custode o un manipolatore dell’Oscurità potesse scuotere il sistema come fu in passato. Pace e controllo, e schiere di protettori pronti a intervenire contro invasioni di Heartless o simili creature. Un progetto lodevole… ma ci mancavano uomini e strumenti, e perfino noi stessi necessitavamo di qualche ritocco. Eravamo un manipolo di ragazzi più qualche adulto, di certo non eravamo già astri del sapere. Fu in un momento di assoluta perdizione e una fortunata battuta di Pippo, se pensammo al Reame del Sogno.
“Vedete, nel regno in cui albergano i sogni, il tempo scorre in maniera del tutto diversa. Non si può nemmeno dire che ‘scorra’, perché ciò implicherebbe dargli una sola direzione. Ma con le giuste accortezze… non ritengo sia necessario illustrarvi nel dettaglio quali… è possibile portare lì individui, Mondi, anche incantesimi e farli crescere. Mutarli, perfino.”
Mizumi iniziava a perdere colpi. “In che senso?”
“È esattamente questo il punto: in qualsiasi senso. Puoi evocare una sfera Fire e farla diventare immediatamente Firaga. Oppure lasciarla a maturare, raccogliere energia per anni e anni fino ad ottenere una fonte quasi inestinguibile di calore. La magia permea perfino l’atmosfera, nel Regno dei Sogni. Si possono creare creature partendo da semplici frammenti, e con lo stesso sistema erigere torri e murature più robuste della più solida lega metallica. Ancora, si possono evocare Spiriti per purificare fonti di Luce da ogni singola traccia di Oscurità… o anche l’incontrario, appena Vanitas ebbe preso confidenza con gli Incubi… e anche addestrare nuovi Custodi. Reclute che si sono addestrate per decenni in quelli che qui sarebbero anni da poter contare sulle dita di una mano.”
“Un attimo, un attimo!” Lutum era chiaramente sconvolto. “E voi eravate i loro istruttori, vero? Quindi voi in realtà avete… centinaia di anni, o cose così?”
Riku accennò una smorfia divertita, chiaramente aspettandosi quella domanda. “No Lutum, puoi stare tranquillo. Fidati che l’immortalità era l’ultima cosa che volevamo. Come ho detto prima, quello dei sogni è un regno particolare: lo si può anche visitare tenendosi ben saldi al ritmo del proprio Regno, evitando quindi di venire investiti da altri flussi temporali. Noi addestravamo i cadetti e stavamo a contatto con loro, ma percepivamo il tempo molto più lentamente. Giusto qualche volta ci siamo concessi il lusso di apprendere qualcosa in minor tempo e scoprire un segreto o due in più, ma altrimenti volevamo che fosse tutto naturale.“
“Naturale? Per me c’è assai poco di naturale. L’intero Ordine è formato da esperimenti magicamente modificati, e il tutto prendendo per buono che al loro interno non vi siano altri incantesimi di cui ora non ci stai parlando.”
Mizumi si chiede se non si fosse spinta troppo oltre: era una forte accusa, la sua. Riku aveva tutto il diritto di offendersi, annullare la seduta straordinaria e trascinarla per un orecchio dritta da suo padre.
Invece quando il Maestro parlò, la sua voce fu incredibilmente tenera e comprensiva.
“Mizumi credimi, tuo padre non avrebbe mai permesso orrori come quelli che sicuramente ti stai immaginando, né noi avremmo seguito un tiranno assetato di potere. I Cavalieri e Maestri di cui parlo sono ragazzi e ragazze di famiglie volontarie che hanno vissuto una vita piena con i loro cari all’interno dei Mondi sognanti. Come te hanno giocato da bambini, come te hanno imbracciato il Keyblade solo verso una certa età e hanno percorso una carriera simile alla tua. Nel Regno della Luce erano solo pochi anni, ma per loro sono e sono state vite piene e appaganti. Non era nei piani di Sora creare un esercito di schiavi o incantesimi di dominio ma vedere un solido sistema e i mezzi per difenderlo nell’arco della sua vita, in modo da prevenire corruzione e inadempimento.”
Mizumi soppesò le sue parole. Riku era il suo idolo fin da piccola, la manifestazione vivente dell’eroismo e la cavalleria. E conosceva troppo bene suo padre che anche solo il pensare a lui come ad un uomo non dedito ad aiutare il prossimo ad ogni occasione suonava assurdo. Forse avevano ragione, e questo piano era così magnificamente assurdo da funzionare.
Axius, però, aveva un’ulteriore domanda. “Maestro Riku, signore. Ho capito cosa vuole comunicarci e le confesso che si tratta di rivelazioni al di là di ogni mia fantasia sfrenata. Ma ancora non comprendo… se gli intenti erano questi, perché non renderli noti? Comprendo che ci sarebbero state reticenze, ma non vedo come escogitare tutto questo nell’ombra sia stata una soluzione migliore.”

A queste parole, Riku chiuse gli occhi e nascose il volto dietro le mani intrecciate. Era ancora doloroso rievocare quei ricordi, il più clamoroso dei loro errori. Ma dovevano sapere, o mandarli a riflettere su informazioni incompiute avrebbe prodotto altri casi simili al suo.
“Una buona domanda, Axius. Vedi, tutto risale all’epoca dei nostri primi cadetti addestrati con questo metodo. Erano altri tempi, voi ragazzi dovevate ancora nascere, e i primi Custodi di talento avevano raggiunto un grado di abilità e coscienza tale da farci prendere in considerazione l’idea di conferire loro il rango di Maestro. Volevamo comunicare i nostri sforzi e successi non appena questi neo-Maestri avrebbero dato prova di sé, come segno di buon auspicio. Erano comunque passati dieci anni buoni dalla Guerra, e già molte delle nostre idee avevano preso forma nel Regno della Luce: i cancelli si ergevano maestosi, GranCastello era luminoso e imponente, la Banca della Memoria e il Centro Magico apprezzati e visitati da tutti. Era un’epoca d’oro, dove la pace regnava quieta e nulla sembrava frapporsi ad essa. Ed è proprio in momenti simili che si annidano le future complicazioni.
“Fu un nostro apprendista. Un Maestro, così abile e dotato da venire perfino accettato nella nostra cerchia più stretta. Come allievo ci riempiva d’orgoglio e come amico ci divertiva e rinfrancava, ma lui non sembrava pensarla così, non del tutto almeno. Iniziò a fare domande, a dubitare delle risposte, a cercarne di sue. Vi ho detto prima di come il sapere può essere pericoloso se non viene acquisito nel modo giusto. Bene, Ren lo acquisì nel modo più sbagliato possibile. Quando ormai l’illusione si dissipò e vedemmo cosa era diventato, ci stava già puntando il Keyblade alla gola.”
Riku si alzò dalla sedia e piantò sonoramente i palmi delle mani sul tavolo della stanza. Una tale sofferenza era ancora più impressionante su un uomo del genere: i tre ragazzi si chiesero quali sofferenze avessero incurvato quelle forti spalle.
“Ironico, non è vero? Volevamo un Ordine nuovo, privo degli errori del passato. Ed eccolo lì… un altro Xehanort. Oh, lo abbiamo rimosso e scacciato, ma è immensamente più difficile quando è un nemico che hai creato tu. Aqua era distrutta, Terra e Lea mortificati. Vanitas era silente, il che fu forse l’evento più sconcertante e Sora era semplicemente devastato. Nessuno ci ha mai preparato per questo, non si può.
“Fu fondata l’Accademia per avviare una procedura di addestramento più plausibile, era anche giusto. Ma ci furono conseguenze, e quando il seme dell’Oscurità viene piantato è dura estirparlo. In qualche modo e nonostante gli sforzi di Naminé qualche dettaglio fuoriuscì, e nei Mondi riaffiorarono i conflitti che oggi ci tengono impegnati. E per di più, ora-“ si interruppe, ma Mizumi non se lo fece sfuggire.
“Ora cosa?”
Una pausa, poi Riku si raddrizzò e sorrise. “Ora è il momento di tornare all’aperto. Fuori da questa sala polverosa.”
Mizumi, Lutum e Axius non nascosero il loro disappunto, ma sapevamo che era impossibile replicare. Riku non concedeva spiragli, e a loro era già andata di lusso.
“Non posso imporvi nulla con le vostre famiglie, ma spero capirete perché vi chiedo di non mettervi a parlarne quando non sarebbe opportuno e con le persone sbagliate. Abbiamo imparato duramente che qualche segreto va mantenuto, quindi voi cercate di far tesoro dei nostri errori ed essere migliori di noi.”

Nessuno parlò molto sulla via del ritorno. Axius era chiaramente impegnato a far quadrare tutto ciò che aveva appreso, e Mizumi non era nemmeno certa si sarebbe consultato con i suoi genitori; Lutum fu accompagnato personalmente -con disappunto della ragazza- da Riku alle sue stanze. Lei rincasò e notò che l’atmosfera era incredibilmente silenziosa. Passando per la cucina e il salotto deserti, entrò nell’unica stanza dalla quale fuoriusciva un filo di luce.
Vi trovò Kazeshi, intento a spalmarsi una sorta di crema sul visto. Numerose scottature minori lo marchiavano in faccia, e portava dei grossi lividi violacei sul braccio e sul collo.
“Ehi.” La salutò lui. “Sei tutta intera. Bene.”
“Vorrei poter dire lo stesso di te. Che diavolo ti è successo?”
Kazeshi non rispose. “Allora, avete scoperto qualcosa di interessante?”
“Oh, altroché. Nemmeno lo immagini.”
Quando ebbe finito di raccontare tutto suo fratello scosse piano la testa, come a far sedimentare la valanga di nuove informazioni.
“Cavolo, questo è… cavolo. Lasciamo perdere solo per un momento l’avere un tu per tu con l’Eroe Oscuro, le implicazioni sono fenomenali.” Fissò Mizumi. “Comprendi cosa questo significa per noi, vero?”
“Il nostro retaggio è spettacolare! Il potere che si può ottenere, le capacità del Reame del Sogno-“
“Mizumi, mi riferisco alla parte in cui un cadetto si ribella e genera caos e distruzione. E lo ha fatto infrangendo-le-regole. Spero tu abbia capito che Riku non ha voluto premiarti, ma darti un severo ammonimento.”
Mizumi sbuffò, poi vedendo che il cipiglio del fratello non si alleggeriva: “L’ho capito! Ti prometto che starò più attenta. Non togliermi la soddisfazione subito, che anche tu sei emozionato.”
Kazeshi si rilassò. “Va bene, in fondo hai ragione. Si tratta di una cosa grossa, ne avremo di cui discuterne con gli altri per settimane. Vuoi dirlo a mamma e papà?”
“Probabilmente sì, o lo farà certamente il Maestro Riku. A proposito, dove sono?”
“Papà sarà di nuovo impegnato, non l’ho visto. Mamma mi ha lasciato un biglietto dicendo che aveva da fare e la cena da riscaldare nel forno. Credo li vedremo direttamente domani.”
“Beh, anche mamma è una Maestra. Chissà come si misura contro Aqua o Hokori.”
“Hmf.”
Restarono per un po’ in silenzio, l’uno appoggiato all’altro.
“Beh, devo picchiare Wanda quando la vedo?”
“…no. Oggi ho imparato anche io qualcosa sull’umiltà.”
“Accidenti fratello, che risposta seria. Speravo di strapparti almeno una risata.”
“Fa più male se rido.”
“Ah.”

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Capitolo 12
*** Movimento ***


12) Movimento

Il giorno seguente tutti e cinque i neo-Cavalieri passarono la mattinata a sbrigare in fretta le solite mansioni d’ufficio per potersi concentrare sull’intera faccenda e le scottanti rivelazioni. Dopo aver avuto una notte per dormirci su Axius era tornato padrone di sé e trattava l’intera situazione con accademico distacco, mentre Lutum era chiaramente ancora a disagio nel parlare di fusione di Mondi e persone vissute per decenni dentro un sogno. Era ancora più nervoso quando si toccava l’argomento del Custode traditore, e se qualcun altro lo menzionava cercava di sviare subito il discorso.
Wanda era molto interessata all’utilizzo del Regno dei Sogni, meno del destino della Città di Mezzo. “Da noi tutti i Mondi sono stati ri-unificati tempo addietro. È tutto un posto assurdamente grande, quindi ci sono abituata.”
Mizumi trovava la cosa assurda. “Come hanno fatto a incastrare le terre e gli oceani?”
“Non l’hanno fatto! Ci sono vie che collegano la maggior parte dei luoghi senza bisogno di unirli fisicamente. Ma non chiedere come fanno i pesci a sapere di non dover nuotare oltre i bordi, perché me lo domando io stessa da una vita.”
“Beh, se tu camminassi e arrivassi al bordo, salteresti giù verso l’oblio?”
“No, ma io non sono un pesce e un pesce non è me.”
Axius era fermamente deciso a non dedicare troppo del loro prezioso tempo per quelle scempiaggini. “La domanda di rito è scontata, ma tocca farla: Wanda, i tuoi genitori hanno mai detto nulla riguardo certi eventi?”
“Mhhh… no, non mi pare. E di solito presto sempre attenzione quando usano il tono da ora-mi-devi-ascoltare. Se invece l’hanno detto tra un ‘rimetti a posto la coda del gatto’ e ‘non dare fuoco a quel vaso’ potrebbe essermi sfuggito, ma non so se si metterebbero a parlare di progetti segreti e traditori in quei momenti. Posso chiedere a mamma, ma per molte di queste cose lei nemmeno c’era.”
“Mi immagino come la Maestra Hokori avrebbe gestito quel tale Ren. Magari oggi pregheremmo sulla sua lapide ogni volta che entriamo nel cortile.”
Lutum si alzò rumorosamente dalla panca dove stavano soggiacendo, e si massaggiò le braccia. “Bene, penso sia ora di tornare al lavoro! Se ci attardiamo troppo ci crederanno così ottusi da non riuscire nemmeno a consegnare scartoffie, e allora non ci faranno mai avanzare a mansioni più impegnative. Coraggio, in marcia!”
Mizumi notò che aveva nuovamente evitato l’argomento “traditore”. Imitò Lutum e Axius che erano già diretti verso l’ufficio generale, non prima però di aver assistito per bene alla scena che si lasciavano dietro.
“Tutto a posto Katsy? Non ti ho strapazzato troppo, vero?”
“Non… non è un problema. Mi riprendo abbastanza in fretta, e non è la prima volta che mi becco qualche colpo.”
“Questo è lo spirito! Come dice sempre mio papà, se cadi puoi solo rialzarti… o rotolare via, immagino. Mi aspetto grandi cose la prossima volta che ci batteremo!”
“Eh… sì…”
Uscirono anche loro, Kazeshi che seguiva ogni movimento di Wanda andandole dietro. Probabilmente se lo si fosse guardato bene in faccia vi si sarebbe trovato ancora il riflesso degli occhi di Wanda nei suoi.
Mizumi scosse la testa sconsolata e raggiunse il resto della comitiva.

L’ufficio generale non sarebbe sfigurato in una classica gilda, con monitor che riferivano le ultime notizie nei vari Mondi, tabelloni tappezzati di avvisi e manifesti e Moguri che correvano da una parte e l’altra in cerca di questo o quel Custode. Alcuni Cavalieri avevano anche un proprio Moguri personale, spesso un amico che li seguiva nei loro viaggi o a volte anche solo un informatore fidato che passava loro le notizie migliori più in fretta: era un tipo di competizione amichevole che veniva tollerato finché rientrava nelle regole. Era assolutamente vietato tenere classifiche o dividersi in fazioni, però.
Lutum portò la pila di fogli di carta ad un Moguri situato dietro una scrivania.
“Ecco gli ultimi rapporti dei Mondi del Settore Nord-Ovest, tutti catalogati e verificati…”
“Kupò!”
“È stato un lavoraccio, perciò vedi di non mischiarli. E non c’è di che, comunque.”
“Kupò!”
“Ora, c’è altro per noi? Magari qualcosa di meno, come dire… mortalmente noioso e vagamente inutile?”
“Kupò!”
“Dì, ma mi stai prendendo in giro?”
“Un ku-po’, sì.”
“Perfetto. Puoi dirmi il tuo nome, così lo riferisco a mio padre? Recentemente diceva di volere un nuovo bersaglio mobile.”
“Mogulgamesh, e per riferirmi a tuo padre ti basta raggiungerlo un paio di tavoli più avanti. Dice che vi voleva parlare.”
Era vero: Terra sedeva su una sedia rivolto verso uno degli schermi. Mentre si avvicinavano, i ragazzi sentirono che parlava della situazione ai Campi di Battaglia, il nome dato ad una zona particolarmente densa di attività violenta.
“E con il colpo di stato ormai ultimato, sembra che il nuovo sovrano non abbia intenzione di negoziare. Ormai è scontato che l’Ordine interverrà presto, ma la milizia locale ha già schierato contromisure…”
Terra si passò una mano sugli occhi sospirando, poi notò la comitiva. “Salve, ragazzi! Lieto di vedervi.”
“Ehi pà. Preoccupato per le notizie?”
“Non preoccupato quanto frustrato. Il vecchio re non ci aveva in simpatia ma si teneva neutrale, questo nuovo tiranno invece… dovremo intervenire in forze, puntando a non sacrificare nessuno contro soldati disposti a immolarsi. Non invidio affatto Riku.”
Mizumi gonfiò il petto. “Non hanno speranze!”
“Questo potrebbe complicare le cose, se la loro paura offuscherà il buonsenso.” Il Maestro interruppe le sue riflessioni e si alzò, ricordando a tutti la sua possanza. Né Riku né Sora, che pure esercitavano una presenza non indifferente, potevano competere con il fisico scolpito di Terra. Non era solo stazza la sua: i muscoli si intravedevano attraverso il tessuto dell’uniforme grigio scuro, massicci anche quando non in tensione. Combattere contro di lui doveva davvero dare l’impressione di spostare una montagna, come testimoniava chiunque avesse incrociato le lame con uno dei più letali spadaccini del cosmo conosciuto. Mizumi si chiese se Lutum, che già era di gran lunga il più muscoloso tra loro, sarebbe diventato come il padre da grande. “Se erediterà anche solo parte del talento magico della madre, dovrò impegnarmi davvero per la supremazia.”
“Tornando a noi,” proseguì Terra, “volevo affidarvi un incarico differente dalle solite scartoffie. Vi abbiamo visto in azione come singole unità o col vostro partner ideale, e ora vogliamo verificare come ve la cavate come gruppo, e in un luogo a voi estraneo.”
Gli occhi di Kazeshi brillarono quando capì a cosa alludeva. “Vuole dire…?”
“Sì. Cavalieri, radunate le vostre cose e salutate i cari. Pronti per un’esplorazione!”
Terra si chiese se non l’avesse buttata troppo sul drammatico, ma vedendo le loro esultanze sbuffò divertito. Sperò solo che non si fossero fatti chissà che aspettative.

Poco prima di varcare la soglia della sala, Sora chiuse gli occhi e iniziò il suo solito giochetto. Una presenza oscura, chiaramente Riku. Un fiume tranquillo, che solcava il terreno al suo passaggio: quindi era andato Terra a dare la notizia, non Aqua. Un pozzo oscuro vorticante… Vanitas era lì, per qualche motivo. E infine, un dolce profumo che ricordava l’estate e i campi in fiore. L’uomo sorrise nel percepire quest’ultima sensazione ed entrò.
La Sala dei Troni era sempre una lotteria perché non si sapeva mai quale membro del Consiglio ci sarebbe stato, quindi Sora aveva da tempo cercato di percepire prima chi vi fosse situato. Un passatempo divertente, ma un po’ monotono visto che da anni non sbagliava più. Squadrò e salutò i presenti: Vanitas era come al solito a parlare con Aqua, Riku dava le spalle a tutti rivolto verso la parete, e Kairi era seduta su una sedia in silenzio. Sembrava un po’ insonnolita, ma accolse comunque il marito con un sorriso.
“Ehilà, gente! Come andiamo?”
“Guarda Aqua, sta tentando di fingere di non essere preoccupato per l’incidente politico che causerà sua figlia in missione. Devo ammettere che ci riesce benissimo.”
“Mi preoccupa più mio figlio, Van. Spero che Terra non lo stia fomentando inutilmente con l’annuncio.”
Il Gran Maestro prese posto sul suo trono. “Mamma di ferro anche oggi, eh?”
“Come potrei non esserlo? Sono… sono andati... nella stanza! Hanno violato l’accesso, aperto una porta senza permesso-“
“E sono stati trovati e ammoniti da un Maestro il prima possibile.” Anche Riku si unì al gruppetto. “E nessuno di loro ha influenzato Serrature, rapito Principesse, combattuto amici e minato all’ordine cosmico. Direi che rispetto a noi alla loro età, c’è un gran miglioramento. Li lascerei aprire il mio armadietto privato tre volte al giorno se mi fosse garantito sia il massimo a cui si spingeranno.”
Aqua non era decisa ad abbandonare il malumore. “Non possiamo usare questa scusa ogni volta. Sono comunque bam- ragazzi, e possono sbagliare in altri modi. E ora sanno cose fin troppo scottanti. E noi li ricompensiamo mandandoli a zonzo!”
Sora si grattò il capo nel suo solito modo. “Aqua, secondo me incatenarli in uno stanzino a compilare inventari per il resto della vita servirà solo ad ingigantire i sentimenti oscuri in loro. Diamine, perfino io odio occuparmi della burocrazia!”
“E infatti lo faccio io per te.”
“Il punto è, abbiamo visto che i ragazzi hanno una, ehm, tendenza a rompere le regole nei perimetri del castello. E allora mandiamoli fuori, e vediamo come si comportano. Nel peggiore dei casi, gli faremo bruciare un po’ di energie. Nel migliore… beh, diciamo che con Riku abbiamo messo a punto un piano. Non li stiamo esattamente ricompensando.”
Intervenne Vanitas. “Se parliamo di piani, almeno questo sembra promettere meglio del dividere i ragazzi in parti da sette e tredici e farli combattere fra loro. Che comunque era la mia seconda opzione.”
“Difficile creare versioni oscure e di luce di tutti e cinque. E con le proporzioni come ti regoleresti?”
“Nah, non  mi segui. Li dividiamo fisicamente in venti parti, e le lanciamo fra loro. Una gamba di luce qui, un orecchio oscuro là, con un po’ di fortuna qualcosa succederà.”
Aqua dovette arrendersi e liberare la risata che si stava accumulando di fronte all’unione delle due menti più tonte del cosmo conosciuto. “Va bene, va bene. Approvo la decisione, se servirà a liberarmi dai vostri assurdi progetti.”
Anche Sora rise, poi tornò serio e fissò i Maestri. “E adesso, cosa avete da riferire sulle indagini?”
Parlò Kairi: “Ho visitato i vari avamposti e parlato con i sovrintendenti, ma nessuno riferisce nulla di inusuale. E nemmeno le altre Principesse percepiscono le alterazioni dell’Oscurità captate da Vanitas.”
Sora si voltò verso la moglie. “Nessun aumento di creature registrato?”
“Nessuno che valga la pena riportare. C’era qualche Principessa nuova, ma non pen-penso che…“ Kairi si portò una mano davanti alla bocca e sbadigliò. “Scusate. Non penso che non avessero capito cosa chiedevo.”
“Hai viaggiato tutta la notte, è comprensibile che tu sia stanca. Aqua, che notizie hai?”
“Forse un po’ più promettenti. Nel Reame dei Sogni qualche variazione si è sentita, degli Spiriti che già dimoravano da tempo in alcune zone ci hanno contattato per riferircelo. Qualunque cosa stia succedendo, si è verificata nei sogni ma deve ancora raggiungere il Regno della Luce.”
“O è stata occultata di proposito.” sentenziò Vanitas.
Aqua si strinse nelle spalle. “Sia come sia, almeno da noi è così. Hokori è tornata nella sua patria, ma visto il ritmo della burocrazia dalle sue parti ci vorrà ancora un po’ per risultati soddisfacenti.”
Un minuto di silenzio, mentre tutti riflettevano sulle implicazioni del caso -Kairi in parte pensava anche al suo letto- quando prese parola Riku, lapidario: “Il Regno del Nulla è sigillato.”
Il silenzio riflessivo fu presto sostituito dallo sbigottimento generale. Sora scattò in direzione dell’amico.
“Che cosa?! Perché lo vengo a sapere solo ora?”
“Perché aspettavo di sentire anche gli altri rapporti. Confesso che speravo in qualcosa che mi dimostrasse non c’era correlazione fra i due eventi, anche se purtroppo non sembra essere così.”
“Riku, come può non esserci relazione? Il Regno è stato appena sigillato!”
“Appena? E come lo sai? Sora, non mettiamo piede in quel posto da decenni, e con buona ragione. Un Regno che è solo un gigantesco spazio vuoto, che esiste su se stesso.”
“Ma è anche una fonte di energia…” obiettò Vanitas.
“Xemnas era l’unico in grado di saperla manifestare e controllare. Magari Xehanort ha fatto sigillare l’accesso prima di partire per la battaglia finale, non lo sappiamo. Magari è così da quel momento.” Riku concesse loro un momento per riprendersi: menzionare due degli antichi nemici creava sempre un certo nervosismo. “Rifacendomi a ciò che ho appena detto, non è stato possibile superare il sigillo, né col Keyblade né con l’Oscurità. È potere del Nulla in tutto e per tutto.”
Aqua si morse il pollice, pensierosa. “Sono un po’ troppi ‘magari’ per rimanercene tranquilli e sperare sia solo una coincidenza. Meglio agire aspettandosi il peggiore dei casi, e cioè che qualcuno stia manipolando Nulla e Oscurità. Qualcuno… di ostile.”
Kairi era a disagio. “Dovremmo rendere pubblica la cosa? Non abbiamo risposte, ma salvaguardare le popolazioni che contano su di noi vale qualche figuraccia pubblica.”
“Non le salvaguarderesti gettandole nella paura e facendoci apparire come inetti. Ci siamo erti come protettori del cosmo, e se ci mostriamo impreparati dopo così poco tempo Nulla e Oscurità potrebbero non essere le uniche forze da cui guardarci le spalle.” Come al solito, Vanitas portava un’ondata di ottimismo sulla questione.
Sora aveva ascoltato in silenzio tutto il tempo. Capiva perché Riku non gliene aveva parlato prima: avrebbe portato solo a quello che lui stesso stava per dire. “Non è una decisione da prendere ora, e con così tanti Maestri assenti. Terremo presto un’assemblea per decidere il da farsi: nel mentre… occhi e orecchie aperti per qualsiasi cambiamento.”
Riku si alzò e prese l’elmo dal tavolo. “Purtroppo il mio soggiorno qui si è protratto anche troppo, e devo tornare ai Campi di Battaglia. Forse però è una buona cosa: magari qualcuno di questi provocatori, come il nuovo sovrano despota, hanno avuto contatti con questi fenomeni. Li interrogherò dopo la loro cattura.”
L’amico annuì. “Fammi sapere e buon viaggio.”
Anche Aqua prese congedo, Kairi voleva fare altrettanto ma era evidente aspettava Sora per tornare nelle stanze assieme. Questi recepì il messaggio e si rivolse a Vanitas in maniera sbrigativa: “Van, se non hai altri impegni, una richiesta.”
“Immagino sia la stessa che mi ha fatto Aqua prima che tu entrassi.”
“Immagino di sì. Sei ancora capace di pedinare senza essere visto nel Regno della Luce?”
“Per piacere Sora, sono cinque ragazzi. Marcerò per il castello sulle mani cantando la marcia di Topolino se percepiranno anche solo la mia presenza.”
“Sembra… un’idea carina…” mormorò Kairi nel dormiveglia.

Qualche ora più tardi Mizumi, Kazeshi, Axius, Lutum e Wanda seguivano un Moguri verso il punto di raccolta per avviare la missione. Notando che non erano diretti verso le piazzole per i portali, Mizumi trasse le sue conclusioni.
“Stiamo andando agli hangar? Prenderemo una Gummiship! Voglio la Falcon!”
“Mizu, non penso useremo la nave più veloce del cosmo per una ricognizione.”
“Non con quell’atteggiamento!”
“Ma poi, non era possibile viaggiare nello spazio con le armature? Noi a casa ne abbiamo ancora parecchie.” domandò Wanda.
Kazeshi intuì che con “casa” intendeva quella nel suo Emisfero. Axius rispose: “Perché le armature vengono via o possono essere infrante. Non che le Gummiship siano indistruttibili, ma sempre meglio di null’altro che un sottile strato tra te e l’Oscurità dello spazio profondo. Vengono ancora create armature coi Gummi, ma sempre meno e le navi e i portali sono i metodi prevalenti.”
Lutum si stiracchiò. “Peccato, da piccolo il mio vecchio mi portava spesso sulla sua moto. È un modo gagliardo di andare in giro.”
Chiacchierando in questa maniera erano ormai davanti ai portelloni per gli hangar interni, situati sotto uno dei cardini interni dei cancelli d’argento. Gli hangar facevano parte di tutta una serie di costruzioni interne, perlopiù magazzini e officine, che attraverso le mura di cinta si snodavano lungo tutta la cittadella e proseguivano sottoterra attraverso le campagne. Ma il Moguri li fece fermare lì, e si dileguò prendendo la via opposta.
Lutum si spazientì: “Sto iniziando a detestare i Moguri, sapete. Che dobbiamo aspettare, ora?”
“Questa volta è colpa tua, Lu. Davvero non ricordi? Oltre al briefing della missione, bisogna aspettare che venga nominato un leader per la squadra. Tutti i gruppi dalle tre unità in su necessitano una gerarchia interna.”
Questa volta le spiegazioni di Axius sortirono l’effetto opposto e gettarono tutti in uno stato di tensione. Essere designati come caposquadra era chiaramente una situazione nuova, fonte di grandi successi quanto di notevole responsabilità. Per Mizumi e Kazeshi, significava seguire le orme del padre; per gli altri tre, un modo di mostrarsi degni dei nomi che portavano.
Kazeshi provò a smorzare i toni. “Chissà chi verrà a dichiararlo. Stando alle regole potrebbe essere chiunque di rango superiore al nostro con l’approvazione di un Maestro, giusto? Ci sarà da ridere se si trattasse di un Cavaliere di poco più grande di noi…”
“Scusami tanto figliolo, ma allora mi sa rimanderemo le risate ad un altro momento. Dovrete accontentarvi di me stavolta.”
Di certo i gemelli non si aspettavano di veder arrivare proprio il loro padre in un momento simile, eppure quello che aveva appena parlato e li stava raggiungendo percorrendo la merlatura era proprio Sora: al vederlo, Lutum e gli altri si batterono immediatamente il braccio destro sul petto prostrandosi su un ginocchio, nel segno ufficiale di saluto. A quanto pareva perfino i figli di Maestri famosi provavano soggezione nel venire a confronto col Gran Maestro in persona.
“Comodi, comodi. Risparmiate la stoffa dei vostri vestiti, che sono sicuro vale più di questi quattro sassi. Bene, la vostra prima esplorazione! Che bello. Non posso lanciarmi in nostalgiche rievocazioni della mia prima volta, perché fu assai diversa dalla vostra e sotto circostanze che francamente non consiglierei al mio peggior nemico. Ma posso designare chi tra voi guiderà gli altri, quindi perché non procediamo?”
“Lo farà lei, signore?”
“Ritieni ci sia qualcuno di più adatto, Axius?”
“No, signore! Io volevo solo, cioè-“
“Hahahahah! Tranquillo ragazzo, non è un processo questo! Dì sempre ciò che pensi, almeno con me. Mh… facciamo con me e senza certe altre persone, va. Alcuni sono tipi un po’ suscettibili su queste cose.”
Kazeshi non poté trattenersi dal sorridere: eccolo lì, il magnetismo di suo padre in azione. Sapeva esercitare simpatia e rispetto in parti uguali, e non vi era dubbio che tutti e tre i suoi amici fossero già completamente affascinati. Ma c’era almeno una persona che non si faceva vincere così facilmente.
“Sì sì, sono sicura avrete tutto il tempo per farvi autografare gli stivali al nostro ritorno. Papà scegli il leader, così possiamo andare. E scegli bene!”
Lutum, Wanda e Axius sobbalzarono a queste parole, ma il sorriso di Sora si fece solo più largo. “Da te non si scappa, eh Mizu? Ho sempre saputo che tua madre ti ha addestrato fin dal grembo nel tenermi d’occhio e farmi rigare dritto! Ah, bene, hai ragione pure tu: il leader, dunque. Valutiamo la cosa.
“Non serve certo la sfera di cristallo per vedere che vuoi esserlo tu. Sei forte, Mizu, davvero forte, e anche notevolmente sveglia… forse perfino troppo. Vedi, credo tu sia così sveglia da decidere di tenermi nascoste delle cose in qualsiasi rapporto faresti.”
A quelle parole fecero tutti tanto d’occhi, ma Sora era ancora sorridente e gioviale. Né il suo volto né i suoi modi lasciavano intendere ci fosse anche solo un’oncia di fastidio o rabbia: stava parlando in allegria e con il cuore come al solito. Eppure anche Mizumi sapeva che stavolta non avrebbe dovuto interromperlo.
“No, penso che seguire qualcuno, qualcuno che non è tenuto a trattarti coi guanti per via del tuo sangue o del tuo essere giovane ti farà bene a questo giro. Lutum certo non ha mostrato alcuna esitazione nello sfidarti.” Sora si voltò verso quest’ultimo, che trattenne il fiato. “Lutum, ragazzo mio, sei il figlio di un grande uomo e una grande donna, e il più grande tra i tuoi amici. Per età e competenze, perfino loro ti vedono come fonte d’ispirazione. Ora dimmi, ritieni di esserti meritato il diritto di guidarli?”
Il giovane dai capelli cerulei esitò, le labbra tremanti. Poi abbassò gli occhi e disse piano: “No, signore.”
Il Gran Maestro annuì, sempre sorridente. “Ottimo, l’averlo ammesso significa che di progressi ne hai fatti. So che tua madre è dura con te, ma sono questi i momenti dove le fai onore.
“Poi abbiamo Axius. Axius, tu possiedi una mente tra le più analitiche che io abbia mai visto. Credo che già da ora mi batteresti in una competizione basata esclusivamente sull’analisi ed il ragionamento, due aree note per non essere il mio punto di forza.” Axius non si compiacque: era ovvio che, nonostante si percepisse che erano lodi assolutamente genuine, servissero come preludio ad altro.
“Non insulterò la tua intelligenza facendo considerazioni sulle tue esplorazioni clandestine e le informazioni che hai ottenuto. Però ti chiedo: hai mai provato a chiedere a tua madre o qualcuno più esperto di te riguardo i tuoi dubbi e perplessità?”
“No, signore.”
“Hai mai provato a cercarmi, o mostrato l’intenzione di farmi delle domande a tal proposito?”
“…No.”
“Ovviamente avevi ragione a intuire fosse un qualcosa da non trattare con leggerezza, ma hai deciso da solo che nessuno di noi ti avrebbe aiutato o fornito risposte in alcun modo. Forse non ti avremmo detto tutto, o non nel modo in cui te lo aspettavi, ma ci sarebbe stato un motivo. Se agisci di testa tua appena sospetti ci sia qualcosa che non sai, la gente avrà difficoltà a darti delle istruzioni da seguire.”
“Comprendo, Maestro.”
“Sono sicuro che lo stai facendo.” Seguendo il giro in senso antiorario, era il turno di Kazeshi: i tre trasgressori erano stati giudicati, ora toccava ai presunti innocenti. “Kaze. L’altro mio figlio, colui che non dovrebbe sapere nulla sulla gita clandestina di sua sorella e i due compari. E che, se immaginiamo l’avesse saputo, si sarebbe sicuramente battuto per far rispettare le regole ed evitare guai. Qualcuno potrebbe definirti privo di iniziativa, ma non chi ti ha osservato batterti nel tuo Esame di Cavalierato speciale, in una sfida tutt’altro che banale. Forse avere gente che dipende da te potrebbe darti l’ultima spinta verso la crescita-“
“No.”
Kazeshi fu il più sorpreso a sentire quella parola uscire dalle sue labbra, ma approfittò del vantaggio per incalzare: “Sarei onorato della nomina padre, ma se questa era tua intenzione devo chiederti di ripensarci. Non sono né forte né preparato come pensavo di essere, e sebbene non sia questo a preoccuparmi non vorrei che altri concetti che reputavo banali fossero in realtà diversi da come pensavo mentre siamo in missione.” Il ragazzo concluse con un breve ma rigido inchino, per poi tornare a guardare il padre con espressione seria. “La mia capacità di giudizio non è salda come ritenevo.”
Che Sora fosse rimasto sorpreso si intuì dal suo rompere l’espressione paternale e serena, inarcando lievemente un sopracciglio. “Risposta senza dubbio interessante, anche se inutile. Capisci che in definitiva la decisione è mia, vero? A volte non ci si può sottrarre dai propri incarichi, e questo vale doppiamente per un Custode.
“Tuttavia, agire così significherebbe rendere la situazione ancora più pesante dopo questa tua risposta, e non voglio rovinarvi l’escursione. Wanda! Tu sei stata l’unica ad affrontare e superare l’Esame da sola, e le tue capacità sono state verificate qui e dai tuoi tutori nell’Emisfero Orientale. E non ti sei mai cacciata in qualche guaio durante la tua permanenza, sebbene io non abbia dimenticato i baffi ai quadri e i cappelli 'misteriosamente' carbonizzati… guiderai tu la squadra?”
Wanda guardò prima lui poi Kazeshi, un’espressione diversa dalla solita: Mizumi pensò che somigliava un po’ di più a sua madre. “Certo! Prometto di portare a termine l’obiettivo! Che è…?”
“Farete rotta per un Mondo qui vicino, dove sono già stazionati alcuni Cavalieri. Risponderete a loro e completerete gli incarichi che vi affideranno. Tutto chiaro?”
“Sissignore!” risposero i cinque neo-Cavalieri all’unisono.
Sora sorrise un’ultima volta.

“Un Maestro dei tempi andati, uno fra i primi dell’Ordine a coprirsi d’infamia. A renderlo temuto non era tanto il potere che possedeva di suo quanto i folli esperimenti che aveva portato a termine…”
[???]
Ren ricordava ancora quelle poche righe a malapena visibili sul libro nero del settore segreto, riservato ai soli Maestri. Furono quelle righe e le domande che lui stesso fece in giro al riguardo ad aprire gli occhi a Ren sulle falsità e il marciume dell’Ordine al quale faceva parte. Le stesse guide che un tempo lo lodavano e lo incoraggiavano ad espandere i propri confini avevano ignorato i suoi quesiti e lo avevano invitato al silenzio: e lui si era sentito tradito e abbandonato, dopo che Lui in persona gli aveva assicurato che quei tempi erano finiti…
“Ancora perso nei ricordi, vedo.”
Un compagno incappucciato emerse dal muro di dura roccia come se fosse aria. I segni viola delle vesti (l’unico altro colore che si riusciva a percepire in mezzo a quelle tenebre perenni) lo identificavano come uno dei Superiori, ma Ren sapeva anche esattamente chi era. Conosceva tutti i suoi pari.
“Sanguinis. Ho saputo del tuo giochetto di illusioni fatto a Vanitas.”
Quello chiamato Sanguinis rise, una risata melliflua e viscida. “Ha capito c’era sotto qualcosa, ma deve aver deciso che riportare le sue scoperte aveva la priorità. Che soldatino modello.”
“Mi sorprende non ti abbia dato battaglia.”
“Vorrei ci avesse provato.” Si fermò e studiò l’oggetto Ren aveva tra le mani. “Sei stato agli scavi, eh? E io sono stato al centro delle reclute. Abbiamo esaminato i tuoi raccomandati, e complimenti: non hai sbagliato un colpo. Diventeranno ottimi compagni. E gli altri…” rise di nuovo. “Troveremo loro uno scopo.”
Ren annuì. “Shika ha detto quanto ci vorrà?”
“Pare necessiti qualche altro anno. Il processo è spedito, ma non immediato. E non gli è sfuggito che i nostri cari colleghi nel Regno della Luce hanno iniziato a mangiare la foglia.”
“Quelli non si muoveranno. Avranno avvisato cautela, ma non comprometteranno la loro insulsa pace.”
Sanguinis fece una smorfia, ma ricordando che non poteva essere visto aggiunse: “Dimenticavo, tu lo conosci bene.”
Le sue parole sortirono l’effetto desiderato, e Ren aumentò la pressione delle sue dita sull’oggetto che teneva. “Anche se Sora starà buono, so che altri agiranno, individui meno offuscati dal loro credersi eroi e capaci di più discernimento. Diamo loro un’esca, un contentino sacrificabile. Quel gorilla che supervisiona le entrate è facilmente rimpiazzabile.”
Sanguinis annuì. “Ci penserò io, e Shika non farò domande. Credo ci sia altro nella sua mente…”
“La Chiave.” Ren l’aveva vista, tanto tempo fa. Rigirò tra le mani, consunto e rovinato, il gigantesco elmo leonino.
“Immagino potrà aspettarci un altro po’.”

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Capitolo 13
*** Seguire gli Ordini ***


13) Seguire gli Ordini

Giù nell’hangar i cinque amici fecero tanto d’occhi dinnanzi alle numerose astronavi parcheggiate nelle alcove o trasportate da gigantesche braccia meccaniche verso le piste per la partenza. C’erano navi di ogni tipo: dalle quelle grosse e lente destinate al trasporto merci prive di vere e proprie armi fino ai veloci esploratori monoposto, c’erano anche navi più estrose appartenenti a Cavalieri specifici, che avevano dato libero sfogo alla loro creatività creando le forme più disparate.
“Certo che con i Gummi si può fare proprio tutto, eh?”
“Oh, i loro utilizzi non cessano mai di stupirmi. Eppure i Moguri rimangono gli unici a saperli modellare e plasmare per bene.” Sora era ancora con loro, i Moguri e qualsiasi altro individuo sul loro passaggio che si scostava per cedere il passo al Maestro. “Le nostre armature, così come quella che indosso ora, sono fatte di Gummi. Incredibile che quei blocchi squadrati possano venire usati in modo così raffinato!”
Wanda era l’unica che, superato l’iniziale disagio, si era subito abituata e gli camminava quasi affianco. “A proposito, avremo anche noi armature nostre? O sono davvero così peggio delle navi?”
“Mhh… non direi peggiori, solo diverse. Ci vuole tempo, anni per la precisione, per fare anche una sola armatura che conferisca una difesa degna di questo nome. I primi modelli dell’antichità erano appunto fragili perché prodotti in massa, e sono quasi tutti distrutti. Si cerca appunto di padroneggiare altri mezzi, e quindi anche per voi se ne riparlerà solo una volta Maestri-“ Sora si bloccò un istante, poi sorrise. “Ah, me la stavate per fare di nuovo! Avete un talento naturale per estorcere segreti!”
Mizumi si passò una mano sugli occhi. “Nessuno ti stava estorcendo nulla, vecchio.” Anche Kazeshi ebbe difficoltà a non provare un certo imbarazzo.
“Siamo arrivati!” Di fronte a loro si stagliava una Gummiship dai colori bianco e oro, di stampo classico ma dalla forma allungata. La ragione di questa modifica diveniva chiara appena si guardava nel vano pilota: sette sedili, tre centrali e due coppie per ciascun lato, costringevano l’intera sezione a prendere più spazio del necessario per consentire ai passeggeri di muoversi agevolmente. Il muso affilato e il corpo completamente bianchi e il vano motori bordato d’oro davano l’idea di guidare una specie di spada medievale.
Sora la guardò con uno sbuffo d’orgoglio. “La Highwind rimarrà sempre nel mio cuore, ma quando il nostro gruppo si allargò e ci fu bisogno di spostare più persone in una volta, era con Excalibur che viaggiavamo. Questa nave si è spinta in luoghi remoti durante un’epoca di transizione tra il caos e l’ordine, vedete di portarle rispetto. Detto questo divertitevi, impegnatevi, e fate buon viaggio!”
“Sissignore!”
Saltati a bordo, i ragazzi iniziarono subito ad armeggiare con le console e decidere che posto prendere.
Lutum adocchiò subito il posto di pilota, ma si fermò e chiese: “All’Accademia fanno fare anche i corsi di volo, vero?”
“Certo! Tu invece?” Mizumi prese subito uno dei quattro posti laterali: le Gummiship non le dispiacevano, ma non era una patita di pilotaggio.
“Ti ho detto mio padre mi ha insegnato, no? Anche Ax ha ricevuto lezioni, ma penso imparerà a spostarsi con la magia prima di pilotare una nave sul serio.” A conferma delle sue parole, Axius restituiva uno sguardo vitreo a Mizumi dall’altro lato dei sedili.
Wanda non si era nemmeno seduta, e guardava fuori dall’oblò. “Perfetto, allora piloti tu?”
“Tu no, Wanda? Non sai come si fa?”
“No. Mai imparato.”
“Oh. Beh… immagino che insegnarti ora sia controproducente.”
“Infatti. Vai, Lutum! Muoviamoci con la missione, squadra!”
Lutum prese infine il posto di pilota tanto agognato e sbuffò divertito. “Giusto, mi ero dimenticato ora darà lei gli ordini. Predizioni al riguardo?”
Mizumi si aggiustò sulla sedia. “Ormai ho capito che con Wanda o andrà incredibilmente bene o passeremo tutto il tempo dell’escursione a salvare gattini sugli alberi. O a metterceli noi stessi.”
Il ceruleo ridacchiò. “Kazeshi, dubito avremo problemi, ma vuoi essere il mio addetto agli armamenti per questo viaggio?”
La nave vibrò, e una volta ricevuto il via libera i motori ruggirono e la fecero schizzare oltre i cancelli d’argento, verso quelli di bronzo e il cosmo dietro di essi.

Come Lutum aveva predetto, fu un viaggio privo di intoppi e con ben poco a cui sparare se non qualche frammento di asteroide. Salvo quando una qualche struttura spaziale si rompeva e si spargevano Gummi ovunque lo spazio aperto era privo di ostacoli e solo i pirati spaziali che operavano negli angoli più remoti costituivano una vera e propria minaccia.
I neo-Cavalieri passarono il tempo fantasticando sulla loro meta e controllando che fosse tutto in ordine.
“Wanda, il Maestro Sora ti ha detto alcunché sulla nostra destinazione?”
“Al-kwoon-kay…?”
Axius sospirò. “Hai ricevuto altre informazioni su cosa dobbiamo fare?”   
“Oh! No, solo che dovremmo trovare un cerchio magico proprio accanto a dove sono stazionati i nostri. Atterriamo lì, e ci diranno loro cosa viene dopo.”
“Speriamo bene.” Brontolò Mizumi.
Lutum fece loro un cenno. “Siamo arrivati, e sul radar vedo il cerchio d’atterraggio: stabilisco un contatto.”
Sul pavimento della nave prese forma un disco lucente, collegato ad un pilastro di luce che conduceva fino a terra. I cinque vi si collocarono, lasciando la nave ad orbitare nell’atmosfera.
A contatto col suolo Mizumi notò subito una notevole differenza rispetto a quanto era abituata: il “suolo” era freddo, friabile e le arrivava alle caviglie. La ragazza incespicò incerta, realizzando che era un qualcosa di cui aveva sentito parlare ma mai visto di persona.
“Neve! È neve!” Accanto a lei Lutum e Axius, un po’ più saldi sulle gambe ma comunque sorpresi confermarono i suoi sospetti. “Ci hanno portato sulla neve qualche volta da piccoli, ma… accidenti!”
Kazeshi era impressionato quanto la sorella, Wanda invece si mise subito a saltare dalla gioia. “E vai! Mi ricorda le montagne vicino casa! Angelo della neve!” Detto questo si buttò subito per terra ed iniziò ad agitare le braccia e le gambe.
Il divertimento durò poco quando un uomo si avvicinò al gruppetto, gesticolando e praticamente urlando nella loro direzione. “La vogliamo finire, con questo baccano? Nemmeno siete arrivati e già voglio rimandarvi indietro! Ma cos’è, pensate che questa sia una gita?”
A quelle parole così ostili i ragazzi si voltarono a guardarlo. Era invero un uomo sulla trentina, con una prominente mascella coperta da un sottile strato di barba e occhi piccoli e ravvicinati. La sua testa così come il resto del suo corpo erano coperti da indumenti di pelliccia di orso. Al solo guardarli Mizumi realizzò improvvisamente di avere freddo.
Quel rozzo individuo doveva aver avuto un processo di idee simile perché li squadrò da capo a piedi e mormorò sprezzante: “Vestiti ordinari e anonimi della città… un gran baccano e nemmeno si sono vestiti a dovere.”
Lutum non perse occasione per gonfiare il petto e rispondere a tono. “Posso chiedere chi sei o devo rimanere qui a venire insultato ancora a lungo?”
L’omaccione non si mostrò impressionato. “Gerold, e rimarrai dove dico io fino a nuove istruzioni, ragazzino. Fosse per me ti terrei qui in piedi finché non ti penetri il rispetto per i superiori assieme al freddo nelle ossa… ma congelati non potreste offrire nemmeno quel poco aiuto che sapete dare. Seguitemi, andiamo dal Comandante.”
Si incamminò senza nemmeno badare che lo stessero seguendo. Lutum era ancora vibrante di rabbia, ma Wanda si rialzò e gli batté una mano sulla schiena.
“Forza, se c’è una cosa giusta che ha detto è che se rimaniamo qui ci congeliamo. Cercate di camminare nelle sue impronte, andrete più veloci.”
Kazeshi la seguì assieme agli altri col peggiore dei presentimenti che gli ronzava in testa.

Dopo qualche minuto notarono un paio di tende con pile di casse di legno accumulate qua e là: un accampamento temporaneo, non fatto per durare. L’uomo chiamato Gerold scostò un lembo della tenda blu più grossa e con un brusco cenno del capo indicò ai cinque di entrare.
All’interno vi erano solo due persone, radunate attorno ad una panca sulla quale era adagiata quella che era con tutta probabilità la mappa del mondo. Kazeshi notò soltanto un paio di segni prima che una mano guantata li coprisse, il che lo portò ad analizzare i due individui.
A guardarli era una donna sulla quarantina, di corporatura esile e secca ma che non dava l’idea di debolezza o malnutrizione: vestiva un abito di pelliccia non dissimile da quello del suo compare, e dal colbacco spuntavano ciocche di capelli di un azzurro così pallido e smorto da sembrare grigio. Degli occhiali scintillavano davanti ai suoi occhi gelidi, le labbra sottili chiuse in una smorfia.
Chiunque accanto a lei sarebbe sembrato in carne, eppure l’altro era forse l’unico in grado di batterla: anzi, quell’uomo era letteralmente uno scheletro, vestito con quello che pareva un elegante abito da sera. La testa calva era niente altro che un teschio con due orbite vuote per gli occhi e uno strappo semi scucito per bocca. Malgrado l’interessante aspetto dell’ultimo esaminato fu la donna a parlare, senza maggior calore dell’interlocutore precedente.
“Dunque eccovi qui, i cadetti. Ho sentito i vostri schiamazzi da qui dentro. Mi aspetto che terrete a freno questi impulsi nello svolgere le future mansioni che vi saranno affidate.”
Fu la volta di Mizumi di alzare la cresta. “Saremmo Cavalieri, miss…”
“Greta, e non interrompermi più, cadetta. Sta a me decidere chi o cosa sei fintantoché avrò autorità su di te.” Si concesse un breve ghigno. “Purtroppo per te, io giudico Cavaliere chi ha passato la sua dose di tempo sul campo, a rischiare la vita e proteggere la pace. Non chi si fa trainare dalla reputazione dei genitori.”
Più persone dentro la tenda erano sul punto di scoppiare a quelle parole. Lo scheletro osservava tutto quello che veniva detto, ma non era possibile capire se era interessato alla conversazione o incredibilmente annoiato. Greta proseguì: “Se abbiamo finito con le recriminazioni, vi do ufficialmente il benvenuto nella Città del Natale. Attualmente sono riemersi Heartless nella vicina Città di Halloween, ma questo è un nostro problema: voi scenderete giù in città con Gerold e vi assicurerete che sia tutto in ordine. Non sappiamo perché e come si sia riaccesa la minaccia, e Jack mi assicura che non è colpa loro stavolta.”
“Un momento! Jack? Jack Skeletron?” Kazeshi si rizzò e avanzò verso lo scheletro, ma prima di poter approfittare della distrazione gli morirono le parole in gola. “Cosa dovrei dirgli? Che mio padre lo conosceva? Anche ammesso che se ne ricordi, perché dovrebbe importargli?” Per conto suo Jack si limitò a restituirgli lo sguardo, perplesso.
Ripreso il controllo della situazione, Greta si frappose fra di loro. “Basta così. Avevo detto niente più interruzioni, e lo pretendo. Avete il vostro incarico: andate.”
Usciti dalla tenda trovarono Gerold con cinque diversi cappotti di pelliccia. “Vestitevi. Appena pronti, ci incamminiamo” grugnì. Non avendo altro posto dove cambiarsi, i ragazzi si infilarono i cappotti sopra ciò che avevano addosso. Discesero una ripida collinetta e iniziarono a comparire le prime case. Malgrado l’atmosfera deprimente, Wanda era decisa a godersi la visita.
“Questo è il villaggio di Babbo Natale, vero? Voglio dire, Babbo Natale! Che consegna i regali a tutte le persone del cosmo!”
“Non aspettatevi di vederlo. Manca poco a Natale, ed è molto impegnato. Non ha tempo per accogliere qualunque fannullone bussi alla sua porta.“
Queste parole riuscirono ad intristire la ragazza più di tutto il resto. La tetra comitiva raggiunse il centro della città, deserto come pronosticato. Gerold fece loro segno di fermarsi e procedette verso la porta del laboratorio di Babbo Natale.
“Voi restate qui e pattugliate. Io controllo dentro.” Come suo solito, entrò e si chiuse dietro la porta senza nemmeno attendere una risposta. Lutum ne approfittò per dare finalmente sfogo alla sua rabbia.
“Come si permettono, lui e quella megera! Ci trattano come mocciosi, quando probabilmente sono rosi dall’invidia che loro GranCastello lo vedranno giusto col binocolo! E ora stiamo qui al freddo mentre lui probabilmente si gode la pausa al calduccio!” Tirò un pugno verso un palo lì vicino, che vibrò e fece cadere altra neve a terra.
Mizumi era arrabbiata quanto lui, ma scelse un bersaglio diverso su cui concentrarsi.
“Kaze, perché ti sei bloccato lì? Pareva che stessi per dire qualcosa!”
Suo fratello distolse lo sguardo, rosso in faccia. “Non era importante.”
“Non era importante? Quello era il Re delle Zucche! Hai incontrato uno degli storici alleati di papà e non lo reputi importante? Chissà, magari a sapere chi eravamo ci aiutava pure!”
“Esatto, Mizu! Fare così sarebbe servito solo a convincere definitivamente Greta e il suo scagnozzo che siamo dei figli d’arte viziati e pronti ad avere gente genuflettersi al nostro comando. E poi non sapevo che dirgli. Hai mai provato la sensazione di conoscere una persona senza averla mai vista, volerglielo comunicare ma non poterlo fare perché, effettivamente, non la conosci? È struggente.”
Wanda gli rivolse un sorriso mesto. “Ben detto, Katsy. Sapevo che tu avresti capito.”
“Beh, io non capisco!” Lutum non si era minimamente calmato. “Parentela o meno, non è un buon pretesto per farmi trattare a quel modo, e se si azzardano di nuovo a parlare male di me o della mia famiglia-“
La rossa lo fulminò con lo sguardo. “Tu farai cosa, esattamente? Tu prendi ordini da me, e io li prendo da loro. Non agirai di tua iniziativa, dovessi paralizzarti dai fianchi in giù.”
Intervenne Mizumi: “Wanda, ma a te nulla di tutto questo ha dato fastidio?”
“Certo che me l’ha dato. Dalle mie parti se ti rivolgi in questo modo vieni messo ai lavori forzati come minimo. Ma so che qua avete un modo più libero di porvi.”
“Ah, ti garantisco che se fossi libero lascerei l’impronta del mio stivale sul grugno di quel-“
Mizumi cercò di prevenire l’ennesima sfuriata di Lutum, seppur a malincuore. “Allora come mai sei così remissiva, specie visto che ho la netta sensazione che non ci lasceranno svolgere chissà che compiti? Aiutami a capire.”
Wanda si strinse nelle spalle. “Non c’è molto da capire. Ci è stato dato un ordine, e noi lo seguiamo. Non ho motivo di dubitare delle intenzioni del Maestro Sora, né delle loro. Sono maleducati e aggressivi, ma non sono pecche che mi inducono a ribellarmi. Il pretesto per fidarmi è assai più solido.”
“E sarebbe?”
“L’hai percepito anche tu. Hanno il Keyblade, sono stati scelti.”
Lutum sbuffò sprezzante. “Ti dirò, secondo me il Keyblade a volte fallisce. Non so quale tipo di equilibrio potrebbe mai tutelare quell’orco.”
“Interessante lo dica tu fra tutti.”
Mizumi non comprese quelle ultime parole di Wanda, ma dal tono era chiaro non era il solito punzecchiamento fra amici. Lutum apparve visibilmente turbato, ma non rispose e si girò verso Axius.
“Ax, lo so che essendo cresciuto con te dovrei esserci abituato, ma il tuo silenzio sta iniziando a innervosirmi. Dì la tua su tutta questa faccenda.”

Il minuto biondino era stato zitto tutto il tempo, ma non era rimasto inerte. Durante la conversazione aveva diligentemente scrutato la zona come da istruzioni, e si era apparentemente imbambolato fissando lo spazio oscuro fra due case. Un movimento quasi impercettibile, come un frullo d’ali nelle tenebre. Il grido di Axius arrivò subito dopo.
“PRONTI!”
Sei sagome balzarono fuori e caricarono i ragazzi, le corna lucenti rivolte nella loro direzione. Lutum fu il più svelto, ed evocato Squarcio si mise contro una delle creature in posizione di Iperguardia. Rendendo onore allo stile pesante, la lama posta in orizzontale rispetto al suo corpo assorbì perfettamente l’impatto con l’assalitore: Lutum non vacillò nemmeno.
I neo-Cavalieri poterono osservare la creatura: indubbiamente una renna, solo che le corna erano fatte di puro ghiaccio e tutto tranne il pelo era nero come il carbone. Gli occhi gialli senza emozioni e un macabro stemma identificavano il nemico come Heartless. Le altre renne si dispersero e provarono ad attaccare dai lati. In un paio di scatti Wanda fu faccia a muso contro una di loro e le piantò Flambé nel fianco; più veloce di Wanda fu solo l’incantesimo di Axius dalla parte opposta. Un proiettile Fira scaturì da un Keyblade apparentemente senza punta né scanalature, un tubo grigio e esile connesso ad un’impugnatura violetta. Le fiamme ghermirono una renna, vaporizzandola in breve tempo: il potere magico di quell’arma non era da sottovalutare.
“Quindi quello è Amethysta. Gentile da parte sua mostrarsi a noi” notò Mizumi.
Axius stirò le labbra in un sorriso. “Non dovresti badare alla tua parte?”
La ragazza si voltò verso l’altra delle due renne rimaste su quel lato e scartò per evitare il suo attacco. Squamadoro balenò nelle sue mani mentre si accingeva a rilasciare una combo sulla malcapitata: colpo al collo, spazzata alla zampe, fendente a due mani. Mizumi portò il Keyblade dietro la testa e balzò, sferrandolo con tutta la forza contro il nemico. “Blitz!”
L’Heartless rovinò a terra e scomparve in una nuvola di fumo, un cuore solitario che si levava verso il cielo.
Lutum aveva intanto sopraffatto la prima renna ed eliminata con due colpi possenti. Non pago, si voltò subito verso la successiva e la investì con una spallata di potenza, mandandola a sbattere contro una parete. Poi puntò il Keyblade e gridò: “Antima!”
La forza della gravità schiacciò l’Heartless già indebolito dalla colluttazione, distruggendolo. Il ragazzo si voltò verso Mizumi. “Scusa, ma avevo davvero bisogno di scaricare la tensione.”
Rimanevano la renna contro la quale combatteva Wanda e l’ultima del branco, vicino a Kazeshi. Quest’ultimo non aveva nemmeno estratto Nebula e teneva il mento appoggiato su una mano, pensieroso.
“La devo eliminare io per te, fratellino?”
“No, ma ho un’idea. Forse non serve agitarsi più del dovuto.”
Lutum si avvicinò, arma in pugno. “Magari non tu, ma il tuo partner per questo ballo potrebbe avere voglia di scatenarsi.”
“Ne dubito, ho lanciato Fissità: non si muoverà ancora per un po’.” L’Heartless potendo sarebbe stato chiaramente di diverso avviso ma non poteva fare altro che tremare, lottando contro il cerchio magico che lo paralizzava.
“Ci sono. Wanda! Fai in modo che ti carichi, e balza sulla giostra!”
Se Wanda trovò strano questo suggerimento, non lo diede a vedere e fece come ordinatole: attirò la sua renna e la mando a urtare la giostra, che iniziò subito a vorticare. Qualsiasi altro combattente ne sarebbe stato sbilanciato, ma Wanda trovò rapidamente l’equilibrio sulla punta roteante dell’attrazione.
Intanto la renna era stata sbattuta proprio contro l’altra paralizzata, e nello scontro l’incantesimo di Fissità si estese anche a lei. Kazeshi balzò indietro e fece un segnale alla compagna.
“Ora!”
Sfruttando la forza motrice Wanda saltò puntando Flambé in avanti e roteò verso i bersagli. Neve e detriti si levarono in aria, assieme all’ultimo paio di cuori mentre un’allegra e solo lievemente scombussolata ragazza dai capelli rossi cercava di rimettersi in piedi.
Lutum e Axius riposero i Keyblade, Mizumi si avvicinò al fratello.
“Ammettilo, la verità è che morivi dalla voglia di vedere se funzionava.”
“È incredibile che non l’abbiano aggiustata dopo tutto questo tempo.”
In quell’attimo si spalancò la porta ed uscì Gerold trafilato, col suo Keyblade in mano. “Si può sapere cosa sta succedendo?”
“Heartless, ecco cosa.” Sentenziò Lutum tranquillo. Il breve scontro aveva disteso i nervi un po’ a tutti, tranne forse all’ultimo arrivato.
“Heartless? Nella piazza?” Gerold batté le palpebre più volte, confuso.
“Sì, Heartless, quelle creature che rubano i cuori alle persone. Non era forse questo il motivo per relegarci qui?” Wanda diede un’altra occhiata nei dintorni, ma tutto appariva tranquillo. “Qualcuno di noi farà meglio a tornare alle tende e riferire che l’invasione si sta espandendo. Katsy, Micchi, mi accompagnate voi? Axius, ti vorrei qui di vedetta assieme a Lutum.”
Tutti annuirono, tranne Gerold che stava ancora tentando di riprendersi. “Fermatevi! Qui non saranno certo dei cadetti a decidere.”
“Oh, ma stai zitto.” Mizumi ne aveva veramente abbastanza di quella manfrina.
“Cosa? Riferirò immediatamente la tua condotta, ragazzina, e stai pur certa che-“
La ragazza fece due passi verso di lui. “Allora fallo, anzi vai direttamente da mio padre e digli tutto in faccia. Ma mi raccomando, parla anche di come sono stati i cadetti a fare tutto il lavoro mentre tu te ne stavi in panciolle! Sono sicura ti ricompenserà ampiamente, ammesso abbia abbastanza tempo libero per ascoltare le tue lagne in primo luogo.”
E così dicendo tirò dritto verso la salita innevata, lasciando per una volta che fosse l’omaccione a perdere il suo diritto di recriminare. Lutum apparve visibilmente divertito, Wanda molto meno.
“Non avresti dovuto farlo, Micchi.”
“Dammi tregua, va bene? Ho detto solo quello che pensavamo tutti. E tu hai comunque deciso di testa tua!”
“Io ho potere decisionale sui membri della mia squadra, e fare rapporto è un ordine che ho ricevuto direttamente dal Gran Maestro. Non mi serve che me lo comandi Gerold e posso ignorarlo se mi dice di fare il contrario. Quello che hai fatto tu è stata semplice mancanza di rispetto.”
“Forse non voglio rispettarlo.”
“Ora ti stai comportando come una bambina.”
Mizumi non comprendeva cosa fosse successo a Wanda in quelle ultime ore. Si fermò, e costrinse l’altra a fare lo stesso prendendola per un braccio. “Mi spieghi qual è il tuo problema? Da quando siamo arrivati è come se tu fossi diventata un’altra persona.”
Gli occhi verde smeraldo di Wanda si dilatarono per un istante, ma quando poi parlò lo fece in modo calmo e controllato. “Cosa, Micchi? Pensi farei meglio a litigare con ogni persona che non si pieghi immediatamente ai miei desideri? Dovrei passare il tempo a lamentarmi che non tutti sono paladini di giustizia e hanno dei difetti? Beh, in quel caso mi sa che hai passato un po’ troppo tempo con gli eroi, e ti sei scordata come sono fatte le persone normali.” Con uno strattone si liberò dalla presa, non che Mizumi stesse ancora applicando molta forza. “Il mio problema è che capitanando questa squadra pensavo di avere a che fare con elementi competenti, ma a quanto pare mi sbagliavo. Devi crescere, Micchi, o mi dispiace informarti che se continui ad agire come hai fatto prima ben presto scoprirai che agli altri non dai un’immagine di prode guerriera, ma esattamente della novizia che sei. E ora non voglio sentire altre storie o ti faccio scambiare di posto con Lutum.”
Wanda concluse e divenne l’ennesima persona a piantare in asso l’interlocutore. Mizumi rimase inebetita nella neve, con Kazeshi che le si avvicinava.
“Io… non so cosa dire.”
“Già. A conti fatti ti insulta, ma non ti senti mai in grado di recriminare. Beh, almeno mi hai confermato non accade solo a me.” Suo fratello le batté amorevolmente sulla spalla e si rimise in marcia verso l’accampamento.
“Kaze?”
“Mh?”
“Tu sai cosa ha turbato Wanda? Cosa lei pensa che mi manchi?”
“Sì, mi sono fatto un’idea. Prima che tu me lo chieda, sono d’accordo con lei. Avrà mancato di tatto, ma tu non sei esattamente stata da meno. Vuoi che ti dia qualche indizio?”
“No.” Mizumi si scosse e riacquistò il solito portamento marziale. “Se ho veramente qualcosa da imparare, è giusto che faccia da sola. Capirò… e poi la affronterò di nuovo al riguardo.”
Kazeshi sorrise. “Va bene, soldato. Ma ricordati che in tutta questa guerra psicologica ci sono Heartless da affrontare.”

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Capitolo 14
*** Prova di Maturità ***


14) Prova di Maturità

Arrivarono all’accampamento proprio mentre Greta usciva dalla tenda. Lei li squadrò con sospetto e li apostrofò: “Cosa ci fate di nuovo qui?”
“Siamo stati attaccati da degli Heartless nella piazza.”
“E allora?”
“E allora è mio dovere venire a fare rapporto al Cavaliere in carica ad ogni nuovo sviluppo sulla situazione.” Greta ebbe più buonsenso di Gerold ed evitò di controbattere. Si tolse gli occhiali e strofinò le lenti, parlando apparentemente al vento: “Ormai è chiaro sono stati attirati da qualcosa, se non qualcuno. Gli Heartless appariranno sempre, provocati dal Keyblade o da qualche altro fenomeno, ma questa sembra un’operazione controllata. Con Jack stavo andando alla Città di Halloween per tentare di localizzare la probabile fonte…” Rimessasi a posto gli occhiali, Greta scrutò il trio con aperta ostilità: Mizumi era convinta stesse per rimproverarli comunque. Invece disse: “Sarà meglio che veniate con me. Non credo che all’opera ci sia chissà quale mente diabolica, ma appunto se si tratta di un avvenimento accidentale allora la causa scatenante potrebbe già essere stata corrotta dagli Heartless e quindi imprevedibile. Muovetevi e non rallentate il passo.”
Wanda annuì, e i gemelli fecero altrettanto. Jack fece nuovamente capolino dalla tenda e si unì a loro senza proferire parola: i tre ragazzi non poterono evitare di lanciargli qualche occhiata, un po’ per il suo aspetto inusuale e un po’ perché sapevano che Jack aveva affrontato gli Heartless fin dalla loro massiccia invasione, tanti decenni addietro.
Arrivati di fronte all’albero che collegava la Città del Natale a quella di Halloween, Greta si fermò.
“Ah, dimenticavo. Ci sono protocolli da rispettare, e dovete cambiarvi d’abito.”
“Ancora? E perché?”
“Gli abitanti della Città di Halloween sono abituati così e hanno insistito per mantenere la tradizione. Fosse per me non perderemmo tempo in simili sciocchezze, ma…” sbuffò. “Se non ci travestiamo è loro usanza farci degli scherzi durante tutta la permanenza. È una seccatura, quindi vediamo di procedere.”
Detto questo evocò il suo Keyblade in una folata di cristalli di neve e toccò con la punta i loro abiti, che iniziarono a risplendere e mutare di forma e colore: quando l’effetto svanì, Mizumi constatò che ora vestiva un gilet nero sopra una camicia bianca con tanto di mantello svolazzante al vento, e due canini appuntiti che le scendevano dal labbro superiore.
“Che vestiti mascolini, Mizu. Non che possa esattamente prenderti in giro al riguardo.” Il volto e le mani di Kazeshi presentavano delle piccole squame verdastre, e indossava un completo che sembrava fatto di alghe. La sua espressione diceva tutto su come si sentiva al riguardo. Wanda invece si rimirava nel suo completo orientale, e le uniche altre differenze erano una targa con dei sigilli impressi attaccata sul suo copricapo e una tinta verdognola sulla sua pelle. Sembrava soddisfatta del risultato.
“Se avete problemi con il vostro aspetto, imparate voi stessi l’incantesimo finché non raggiungete una forma che vi soddisfa. Fintantoché non lo farete…” Greta sembrava praticamente identica, solo completamente trasparente come un fantasma: si tuffò nell’apertura a forma di zucca e scomparve. Jack batté le mani di fronte al nuovo aspetto dei ragazzi e la seguì.
“Però intanto lei si è trattata piuttosto bene col suo incantesimo…” brontolò Kazeshi.
“Dai mostro delle paludi, andiamo. Aspetta di vedere se questo mantello si comporterà a dovere in battaglia prima di invidiarmi.”

Come la Città del Natale, anche la Città di Halloween appariva deserta per via della minaccia in corso. Difatti per la strada incontrarono solo un paio di Heartless che Greta abbatté in fretta. Il gruppo superò la città e percorse vari cimiteri costellati da lapidi e qualche zucca.
“Dove stiamo andando?”
“Gerold ha battuto la città in lungo e in largo non trovando nulla, quindi mi sono fatta dire da Jack quale altro luogo poteva essere la fonte e lui è riuscito a pensare a solo un’altra zona. Dovrebbe essere visibile tra poco.”
Dopo qualche minuto giunsero di fronte ad un vasto cratere, in fondo al quale si intravedevano i resti di un ponte con parecchie pietre e assi sparse lungo tutto il diametro.
“I resti della Tana del Baubau” fece Greta.
Kazeshi ruotò la testa così in fretta che a Mizumi sembro di udire il collo spezzarsi. “La Tana del Baubau!”
“Non c’è più nulla qui da decenni e gli abitanti se ne sono sempre tenuti alla larga fin da quando il suo proprietario era in circolazione, ma forse proprio per questo qualche rimasuglio è riaffiorato dopo tutto questo tempo. Scendiamo e vediamo.”
Arrivati sul fondo furono immediatamente accolti da molteplici apparizioni: gargoyle fluttuanti e mummie dalle dita affilate si materializzarono a decine, come non aspettassero altro. Greta assunse una posizione di guardia e segnalò ai neo-Cavalieri di fare lo stesso. “A quanto pare l’ipotesi si è rivelata corretta. Ai posti, cadetti! Eliminatene più che potete!”
Le due fazioni si scontrarono, spandendosi ben presto lungo tutto il campo. Mentre schivava artigliate e attacchi magici, Mizumi realizzò che stava effettivamente combattendo Heartless per la prima volta in vita sua. L’incontro con le renne era stato poco più di una scaramuccia, e aveva potuto eliminare i nemici singolarmente come da protocollo: ma in quel momento era assediata da ogni direzione, e divenne chiaro ben presto che combattere un Heartless era diverso che combattere un umano o un animale. Non c’erano esitazione, dubbio e nemmeno variazioni legate a rabbia o paura nei loro attacchi. Gli Heartless si fermavano solo se venivano colpiti o intercettati, per il resto nulla li distoglieva dal loro desiderio di distruggere il bersaglio che si trovavano davanti. Fu quello più che la stanchezza fisica a fiaccarla: all’Accademia non insegnavano cosa si provava di fronte a questa ostile indifferenza. A Mizumi sembrava di combattere non una serie di nemici distinti, ma un abisso freddo e oscuro con infiniti tentacoli.
“Papà ha eliminato mille di queste creature da solo quando aveva la mia età?”
La troppa pressione mentale la costrinse su un ginocchio, e non riuscì a notare in tempo una mummia che le si avventava dall’alto. Un cristallo di ghiaccio le passò sopra la testa e investì l’assalitore, trasportandolo con sé sul suo cammino: la ragazza si voltò e vide Jack Skeletron venire dalla sua parte, sempre sorridente. Lo scheletro non sembrava minimamente turbato dalla situazione, e dopo averle rivolto un cenno amichevole procedette verso altre zone della battaglia, dispensando fiamme e fulmini dalle mani ad ogni Heartless che incontrava.
Mizumi si rialzò e osservò il resto dello scontro: Kazeshi si muoveva parecchio e cercava di non venire accerchiato, ma tutto sommato se la cavava bene. Wanda era passata in modalità frusta e falciava nemici a più non posso e Greta era forse la più rilassata di tutti, gestendo con estrema facilità anche gruppi di avversari alla volta. Mizumi dovette ammettere a malincuore che quello che diceva suo padre sull’esperienza era vero e che la Cavaliera era ad un livello drasticamente superiore al suo. La ragazza si scrollò la tensione di dosso e si impose di concentrarsi ed eliminare quanti più avversari possibile.

Tuttavia gli Heartless non accennavano a diminuire, e ben presto anche la stanchezza vera e propria iniziò a manifestarsi. Kazeshi decise di dare voce ai suoi timori: “Qua c’è qualcosa che non va! Sono troppi!”
“L’ho già visto accadere altre volte.” Perfino Greta aveva un leggero accenno di fiatone. “Quando c’è un catalizzatore, il processo di rigenerazione degli Heartless viene accelerato notevolmente. I cuori che liberiamo si riformano nel giro di minuti!”
“Allora che facciamo?”
“Nulla è cambiato, dobbiamo trovare la fonte. Eccetto che questa parrebbe essere una trappola.” Greta tacque un istante mentre gli Heartless si raggruppavano per l’ennesima carica. “Voi due,” indicò Mizumi e Kazeshi, “tornate alla Città del Natale e aggiornatevi con Gerold, se non vedete nulla di strano durante il tragitto. Noi rimarremo qui per tenerli a bada.”
Mizumi abbassò l’arma. “Sicura?”
“Sì! Non discutere gli ordini e seguite quel canale, vi riporterà all’ingresso.” Gli Heartless erano di nuovo in gran numero, e puntarono nuovamente i Custodi. “Andate!”
Kazeshi convinse la sorella a muoversi, e saltando nel canale seguirono il corso d’acqua fino alle porte della Città. Non incontrarono minacce lungo il tragitto, ed evitarono di ingaggiare altri scontri con Heartless girovaghi -Mizumi fu grata per questo, dato che ancora non riusciva a scacciare completamente i suoi timori- dirigendosi verso il portale che conduceva alla Città del Natale.
“Kaze, andrà davvero tutto bene se troviamo il catalizzatore?”
“Non sono il più grande esperto al riguardo, ma ogni volta che si è verificato un fenomeno simile eliminare il catalizzatore ha fatto sì che gli Heartless si disperdessero in fretta.”
“E può essere qualsiasi cosa, da una persona ad un frutto o un Heartless più grosso, vero?”
Kazeshi annuì. “Spera solo che questa volta non sia Kingdom Hearts.”
Quando giunsero in vista della piazza notarono un po’ di movimento: due figure si muovevano attorno ad una più grande, ed una terza sagoma era immobile. I gemelli accelerarono il passo.
Lutum e Axius erano alle prese con quello che sembrava un enorme pupazzo di neve semovente, con tanto di sciarpa e un secchio per cappello, adornato del famoso emblema e con la pelle oscura e gli occhi inespressivi che lo identificavano come un abitante delle tenebre. Gerold era riverso sul terreno, il Keyblade ancora stretto nel pugno.
Lutum schivò uno dei poderosi pugni dell’Heartless e li vide arrivare. “Ehilà! Lieto di vedervi e non vi preoccupate per Gerry, è solo svenuto. Il nostro nuovo amico lo ha colto di sorpresa.”
Per tutta risposta “l’amico” prese un cumulo di neve e lo lanciò con veemenza contro i rinforzi, costringendoli a separarsi per evitarlo. Mizumi rotolò vicino ad Axius: “Non puoi semplicemente mandargli contro del fuoco?”
Invece di risponderle Axius scagliò un proiettile verso il bersaglio, che però compì un rapido movimento laterale come se scivolasse: il Custode anticipò la reazione di Mizumi indicando i pattini di ghiaccio ai suoi piedi.
“Malgrado la stazza, è molto rapido. Finora mi ha risposto o così o prendendo della neve e tramutandola in ghiaccio per bloccare i miei attacchi.”
L’argentea annuì. “Serve una strategia allora.”
“Ci stavamo giusto lavorando. Se riusciamo a distrarlo da Lutum…”
Mizumi non attese il resto della frase e compì un balzo verso il Pupazzo, che levò un braccio per parare il colpo. Il Keyblade rimbalzò contro la neve e la spessa sostanza di cui era fatto l’Heartless senza scalfirlo, e questi caricò col secondo braccio per liberarsi dell’assalitore. Lutum si intromise con un fendente verticale, costringendo il Pupazzo ad indietreggiare e interrompere l’attacco. Nel mentre Kazeshi si era posizionato alle spalle del nemico per colpirlo dove era più vulnerabile, ma l’Heartless aveva una risposta anche per questo: tenendosi su un piede calciò forte il suolo con l’altro, gettando un’ondata di neve dietro di sé in direzione del ragazzo. Kazeshi non ebbe altra scelta che scartare di lato per portarsi fuori tiro.
Lutum fece un gesto in direzione di Mizumi: “Con la forza bruta ci ho provato io per un bel pezzo. Fattelo dire: non funziona.”
“Faccio del mio meglio!” La ragazza era stizzita, non tanto per il tono del compagno quanto per le proprie scarse prestazioni. “Che cosa mi sta succedendo?”
“Ho tanti nomi per quello che hai fatto, e di certo non il tuo meglio. Se tu non ti senti in forma faccio io, basta che ti scansi o fai qualcosa di utile. Non ho passato le ultime settimane a grattarmi la pancia.”
Mizumi comprese che per una volta non sarebbe stata l’eroina della situazione e decise di dare il tutto per tutto: non potendo eliminare il nemico, ricorse al modo più rapido che conosceva per infliggergli danni. “Thundaga!”
Il Pupazzo non era evidentemente preparato per questo tipo di attacco, e fremette quando i fulmini si abbatterono con violenza percorrendo il suo corpo. D’altro canto la magia privò Mizumi dell’energia rimanente e portandola in debito di potere magico, costringendola a sedersi. Kazeshi approfittò del primo momento di debolezza dell’Heartless e vibrò il suo famoso fendente Aero, solo che subito dopo scattò lui stesso verso il nemico seguendo il suo attacco: Mizumi aveva già visto il colpo segreto del fratello, ma questa variante le risultava nuova. Fendente magico e colpo di Keyblade colpirono duramente il Pupazzo, tracciandogli una X sulla schiena. Il nemico pareva accusare duramente i colpi subiti, e vacillò invece di preparare una contromossa.
In quel momento fiamme intense avvolsero Lutum, crepitando a contatto con l’aria gelida della zona. Il ragazzo buttò fuori l’aria come dopo un notevole sforzo, e si gettò alla carica. Ogni suo colpo era ora accompagnato dal fuoco, e falciò la scorza dell’Heartless con facilità.
“Lanciafuoco” mormorò Mizumi. Lutum aveva detto il vero: si era allenato sul serio, arrivando a padroneggiare anch’egli uno Stile. Il Pupazzo non era ancora deciso ad arrendersi, e superato il momento di sbandamento cercò di porre distanza scivolando sui pattini. Axius puntò allora Amethysta gridando “Lentezza!”: i movimenti dell’Heartless divennero improvvisamente lenti e flaccidi, come se fosse immerso nel miele. Lutum aumentò l’intensità delle fiamme e si preparò per il colpo di grazia.
Mizumi osservava la scena rapita e per puro caso il suo sguardo si posò su Kazeshi che, ancora dietro al nemico, sembrava imitarne i movimenti. Dopo averlo guardato interdetta Mizumi capì. Il fratello non stava imitando il Pupazzo, era stato rallentato anche lui. Accanto a lei Axius sbiancò in volto: non aveva messo in conto che indietreggiando il nemico avesse fatto includere anche Kazeshi nel raggio d’azione dell’incantesimo.
“Lu! Aspetta!”
Troppo tardi. Lutum lanciò il Keyblade, che a contatto col bersaglio generò varie colonne di fuoco: Heartless e l’area circostante furono avviluppati dalle fiamme, lasciando solo un anello di terra annerita e fumante.
Di Kazeshi, neanche l’ombra. Mizumi piantò le unghie nel terreno, incapace anche solo di pensare allo scenario più tetro.

“Ne ho salvato uno senza farmi notare, direi che conta. Meglio così, marcia per il castello sulle mani evitata.”
Una voce fece girare i tre ragazzi: accanto al corpo ancora esanime di Gerold vi erano Vanitas e Kazeshi, quest’ultimo con solo le sopracciglia un po’ abbrustolite ed un’espressione molto confusa. Dietro di loro, i resti di un corridoio oscuro che Vanitas doveva aver usato per salvare il ragazzo.
“Kaze!” Mizumi dimenticò la stanchezza e corse ad abbracciarlo; Axius si concesse di distendere l’espressione perennemente corrucciata, e Lutum iniziò a fare mente locale su cosa fosse accaduto. Guardò prima il sito dell’esplosione e poi Kazeshi, agghiacciato: notando che nessuno sembrava volergli rinfacciare qualcosa, decise di lasciar perdere.
“Stai bene! Meno male!”
’Mille grazie anche a lei, signor Vanitas! Le siamo debitori!’ Dovere, ma grazie a te per avermelo detto. Non averlo fatto vi avrebbe reso così antipatici e ingrati.”
La ragazza arrossì lievemente e chinò il capo. “Mi scusi. La ringrazio di cuore.”
“Nah, sto solo scherzando. I ringraziamenti valgono la pena solo quando a farli è qualcuno di veramente spassoso, tipo Hokori o Paperino. Voi potete ringraziarmi in altro modo… magari tenendo presente in futuro che non basta sperare intensamente che i vostri attacchi sappiano distinguere gli amici dai nemici.
“Tuttavia non sono venuto solo per ricordarvi quanto sono gagliardi i vostri superiori, ma per questo.”
“Argh!”
Vanitas conficcò il Keyblade in un punto apparentemente a caso, ma all’urlo di sorpresa seguì l’apparizione di un figuro dalle spalle larghe avvolto in una tunica nera. Il nuovo venuto si massaggiò un punto nel braccio dove Void Gear aveva squarciato la veste e dal quale usciva un filo di fumo nero.
“Tsk, più grosso del normale, ecco perché non ho preso il cuore. Peccato.”
“Come hai fatto a trovarmi?”
“L’Oscurità lascia sempre una traccia, e noi Manipolatori siamo addestrati apposta. L’Ordine è diventato giusto un tantino più tollerante rispetto al passato… io invece tollero poche cose di te, prima fra tutte il vestiario. Santo cielo, almeno le nostre tuniche erano dotate di accessori. Quello cos’è, un lenzuolo?”
Lo sconosciuto non rispose alle provocazioni, e smise di cullarsi il braccio per tenderlo avanti a sé. Una corrente oscura uscì e si condensò attorno alla sua mano facendo apparire quello che era indubbiamente un Keyblade, ma completamente nero. E, cosa ancora più strana, era colori a parte assolutamente identico ad un Keyblade di fama leggendaria appartenente ad un Maestro del Consiglio.
Lutum sbarrò gli occhi. “Cosa diamine…”
Nonostante fosse interamente coperto dall’elmetto, si intuì che Vanitas aveva cambiato espressione. “Nessuno di voi si azzardi ad intervenire. Me la vedo io.”
L’avversario rise sprezzante. “Tu da solo? Ovviamente. Vediamo quanto vali.”
“Chiaramente più di quanto te ne renda conto, immondizia.”
Il misterioso figuro ruggì e partì all’attacco, menando fendenti come un ossesso: già dai primi scontri Mizumi capì che era incredibilmente più forte e abile dell’Heartless da loro appena battuto. Vanitas tuttavia parò ogni fendente tenendo Void Gear con una mano sola, sviando la lama nemica con apparente facilità. Sembrava più interessato al nemico in sé che al combattimento.
“Allora, dimmi di te: sempre stato così atroce a duellare o stamattina hai pensato che era il momento di esplorare nuovi orizzonti?”
“…”
“Tipo di poche parole, eh? Lo posso rispettare. Solo che non voglio.”
“…”
“Ho un indovinello per te: perché il grosso tizio stupido e muto ha attraversato la strada?”
“Aaah! Muori! Muori! MUORI!”
Menando colpi fuori controllo l’assalitore iniziò a perdere stabilità sul terreno innevato, senza riuscire a guadagnare vantaggio nello scontro. Vanitas continuò a deflettere gli attacchi riducendo la distanza fra loro.
“Non te la prendere, diciamo che incrociare le lame col Gran Maestro ha i suoi vantaggi. Sora mi aiuta a rimanere in forma…” Vanitas bloccò l’ultimo fendente con la mano libera, intrappolando il Keyblade avversario. “Questo però me l’ha insegnato il vecchio.”
La magia del gelo si propagò dalla mano ed in un istante pietrificò arma e utilizzatore. “Ah, riguardo l’indovinello di prima? Il tizio grosso e stupido ha attraversato la strada per evitare di incontrarmi, il suo unico gesto di saggezza. Peccato tu non sia stato altrettanto furbo.”
Il Guerriero dell’Oscurità interruppe il contatto e strappò di mano il Keyblade nero, buttandolo a terra e spezzandolo con lo stivale. Il suo possessore cadde come corpo morto a terra, solo gli occhi che si muovevano rabbiosi.
“Pessima fattura come pensavo. Non che ci volesse un genio.”
Con il combattimento apparentemente concluso, Mizumi osò avvicinarsi. “Signore, cosa significa tutto ciò?”
“Per voi significa missione compiuta. Fate ritorno all’accampamento, dove penso troverete miss Acida e la vostra amichetta. Per me… significa che io e Sorbetto qui ci faremo una lunga chiacchierata.” Detto questo prese l’individuo congelato senza sforzo ed evocò un portale oscuro.
Prima che potesse entrarvi, Kazeshi si fece avanti. “Mae-Signor Vanitas, signore!” Il ragazzo esitò, poi fece un rigido inchino. “La ringrazio per il suo intervento. Mi dispiace di averle detto quelle dure parole, durante il nostro ultimo incontro.”
Vanitas si bloccò ancora rivolto verso il portale, dando loro la schiena. Dopo un momento, rispose: “Te l’ho detto, pivello. Non ringraziare e non ti scusare così tanto. Essere flessibili può dare una sensazione di superiorità ma se cambi idea troppo spesso diventi vuoto dentro, un idiota disposto a tutto pur di compiacere il prossimo. E tu vali troppo per ridurti a questo.”
Il Maestro che non era tale entrò nel corridoio oscuro e scomparve. Tutti rimasero a riflettere sull’assurdità di quanto appena visto e sulle lezioni apprese, finché Gerold non si rialzò e restituì loro una perplessa occhiata.
“Si può sapere come vi siete conciati, voi due?”

“Quindi gli avvistamenti alla Città di Halloween erano tutta una trappola, ed il vero nemico era alla Città del Natale.”
“Sì. Molto probabilmente le renne che abbiamo incontrato erano un’avanguardia per vedere se la via era libera.”
Greta annuì. “Ora tutti gli Heartless sono distrutti o in fuga. Non è chiaro se il catalizzatore fosse l’Heartless più grosso o il misterioso utilizzatore del Keyblade, ma non sono questioni di nostra competenza. E Gerold?”
“Axius riferisce che quando avevano apparentemente battuto l’Heartless, questi ha aumentato di dimensione e potenza. Gerold è stato sopraffatto, ma nulla da cui non possa guarire.”
“Allora è tutto. Potete andare.”
Kazeshi fece per uscire ma Mizumi si attardò, sperando di non sembrare troppo irrispettosa.
“Signora, dov’è Wanda?”
Se Greta fu infastidita dall’ennesima domanda importuna, per una volta non lo diede a vedere. “Ha preso congedo non appena vi ha visti arrivare. Molto probabilmente ha attraversato il portale.”
I gemelli eseguirono il saluto di rito ed uscirono. Lutum e Axius li aspettavano, seduti su un ceppo.
“Che ha detto la strega delle nevi?”
“Dai, Lu.”
“Sto solo scherzando.”
“A quanto pare è stato un successo.” Mizumi si strofinò gli occhi: per la prima volta in vita sua sentiva di aver vissuto abbastanza emozioni per una giornata. Ma c’era ancora qualcosa da fare. “Credo ci rimanderà presto a casa.”
Lutum si fregò le mani. “Spero non vi dispiaccia se me ne rallegro. Non sopporto questo freddo, e la compagnia qui non piaceva a nessuno.”
“Fai pure.” Mizumi si alzò e si incamminò verso l’albero-portale.
“Ehi, dove vai?”
Invece di rispondere, la ragazza si voltò verso di loro. “Nessuno di voi ha avvertito… sensazioni strane durante la battaglia?”
I tre si guardarono per un istante. Axius si strinse nelle spalle; Kazeshi, al quale Mizumi era interessata per vedere se fosse un tratto genetico, rimase silente; Lutum rispose: “Beh, era la prima volta che ciascuno di noi affrontava Heartless in una vera battaglia, quindi la tensione c’era. Ma niente altro a parte il freddo.”
Lei annuì e li oltrepassò. Prima di raggiungere la porta incrociò Gerold, che si teneva una borsa d’acqua calda su una tempia. Lui la notò, grugnì qualcosa ma la lasciò passare senza fare storie.

Trovò Wanda nella foresta appena prima della Città di Halloween, su un tronco caduto. La rossa non diede segno di averla udita e spezzava legnetti morti con aria assente.
“Ehi.”
“Avete fatto un buon lavoro.”
Quindi l’aveva sentita arrivare. Mizumi si sedette accanto a lei e la studiò: appariva calma, solo un po’ malinconica. “Qualcosa non va?”
Wanda scosse il capo. “Non lo so. È stata la mia prima esplorazione, la mia prima volta come leader, e sento di non aver soddisfatto le aspettative.”
Di tutte le risposte possibili quella lasciò Mizumi esterrefatta. “Come puoi pensarlo? Hai combattuto contro tutti quegli Heartless, anche dopo che ce ne siamo andati, e ci hai guidato e consigliato sempre al meglio!”
Lei sorrise. “La nostra visione delle cose è davvero diversa se questa è l’impressione che hai avuto tu.”
“Wanda, tu mascheri ciò che pensi davvero sotto un’aria di leggerezza, e quando sei turbata parli per enigmi. Dimmi cosa pensi davvero.”
“Hai già imparato parecchio. Sono colpita.”
“Se lo sei davvero, smetti di trattarmi come un qualcosa da respingere e spiegami cosa ti turba. Siamo amiche, noi.”
Per la prima volta Mizumi ebbe l’occasione di vedere Wanda rimanere di stucco. Alle sue parole si era voltata e l’aveva fissata con stupore, le labbra carnose aperte in una piccola “o” di meraviglia. Mizumi si ricordò che era cresciuta altrove e la figlia di una potente Maestra, quindi doveva aver vissuto una vita isolata e lasciato indietro qualsiasi amicizia avesse fatto e si chiese se non avesse esagerato nel definirsi sua amica: ma quando Wanda parlò, lo fece con la voce piena di affetto.
“Vuoi sapere cosa mi infastidisce? Non siete voi o gli altri, ma me stessa.” Gettò indietro la testa e osservò le cime spoglie degli alberi. “Mia madre mi ha cresciuto per essere perfetta, sempre migliore dei miei pari; mio padre mi ha insegnato a godermi la vita e a giudicare correttamente le persone e cosa le guida. Le mie aspettative sono alte, e perdonami se dico che sono forse persino più alte di quelle che sopportate tu e Katsy: per giunta io sono anche l’erede di un intero sistema di Custodi differente dal tuo, e non ho fratelli a condividerne il peso.
“Credimi quando dico che il mio atteggiamento non è una maschera fatta per ingannarvi. Io adoro guardare al lato positivo delle cose, e forse proprio per contrasto con la mia educazione amo perdermi nella leggerezza del momento.”
Mizumi iniziò a mettere assieme i pezzi: Wanda era la solita anche quando erano appena atterrati sul pianeta, ed aveva iniziato a comportarsi in modo serio solo quando era arrivato Gerold. “Appena ha incontrato la persona con cui doveva relazionarsi in quanto leader, e appena saputo della minaccia degli Heartless.”
Si rese anche conto che lei e Lutum non le avevano reso le cose facili lamentandosi e perdendo la calma, che Wanda stessa ne aveva una gran voglia ma non poteva viste le sue responsabilità e che tenerli in riga doveva averle richiesto parecchio sforzo vista la sua indole pacifica. Iniziò a provare vergogna per il suo comportamento.
“Non c’è da meravigliarsi se mi hai definito una bambina.”
Wanda la guardò. “Te la sei presa, eh? Non c’è da sorprendersi. No, non iniziare a dire che te lo meritavi: un buon capo non perde la pazienza con i suoi sottoposti ma li aiuta a capire. Io ero così frustrata per la situazione che ho finito col prendermela e invece di calmarti ho fatto agitare tutte e due.”
“Non ti sembra di esagerare? Hai perso un attimo la calma, succede a tutti. Non sei fatta di pietra.”
“Mph. Fossimo state in un momento critico, o in battaglia, avrei potuto causare la morte di entrambe.”
Rimasero in silenzio per un po’. Cercando di ravvivare la conversazione, Mizumi le raccontò di Vanitas e dello scontro. Wanda ascoltò tutto con genuino interesse.
“Mia madre sarebbe molto interessata ad un modo simile di combattere. Ma fanno parte entrambi del Consiglio, quindi lo saprà già. Sono sicura abbia già sfidato Vanitas a duello una dozzina di volte.”
“E voi invece? Gli Heartless si sono dispersi?”
“Appena voi avete concluso il vostro scontro, presumo. Ed è stato un bene perché ero allo stremo delle forze. Se non ci fosse stata Greta…”
Mizumi ripensò a come sembrasse solo lievemente affaticata dallo scontro. “È davvero così forte?”
“Micchi, ancora una volta guardi le persone senza vederle davvero. Va bene, ti do una mano. Di che rango è Greta?”
“Certamente un Cavaliere. Lo saprei se fosse una Maestra.”
“Giusto, ogni Maestro è discretamente famoso. Hai notato il suo Keyblade? Conosci il suo nome?”
“È mio fratello quello fissato con queste cose. Quindi non era il suo personale?”
“No, quello era Diamanpolvere. È un Keyblade che prende quella forma grazie ad un artefatto speciale, donato a chi sa distinguersi in prove particolari. Greta ha abbattuto un Titano per averlo.”
Qualcosa risuonò nella memoria di Mizumi. “Un Titano? Sono entità di alto livello! Quelli noti sono praticamente tutti contenuti nell’Olimpo.”
“Esatto, e se non hanno cambiato le regole vanno affrontati in battaglie singole. Quindi Greta ha battuto un Titano, da sola, e adopera quel Keyblade anche in un luogo ghiacciato dove non è avvantaggiato.”
“Dev’essere forte. Ma forse crede troppo nelle sue capacità, se commette errori simili.”
Wanda sorrise dolcemente. “Hai ragione solo a metà: è forte, ma dubito si sopravvaluti. Il motivo per il quale sfoggia Diamanpolvere è perché vuole che lo si noti.”
“Ma per quale ragione?”
“Davvero non ci arrivi? Le tue risposte già hanno svelato il mistero: ora sai che Greta è forte, ma prima non sapevi nemmeno chi era. Questo perché se non sei un Maestro sei solo uno degli innumerevoli Cavalieri sparsi per la galassia. Lutum ha detto che Greta può vedere GranCastello solo da lontano, e ha ragione. Probabilmente è una donna che ha passato la vita a combattere, nei vari Mondi o nel Reame dei Sogni. La sua forza e i suoi riconoscimenti sono tutto ciò che ha: il suo Keyblade, e il fatto che le sue abilità l’abbiano fatta diventare un Cavaliere che organizza e capitana spedizioni. Per questo se la prende tanto se si scavalcano i protocolli. Per lei è come se tu insultassi tutto ciò per cui si è battuta.”
Mizumi non sapeva cosa dire: era come se finora avesse visto solo la copertina di un libro, e Wanda la stesse aiutando a leggerne le pagine. L’amica la fissò nuovamente, con sguardo severo:
“Capisci perché vi ho chiesto di non rispondere ai loro insulti? Lei e Gerold sono persone maleducate e piene d’odio, ma sono anche individui che hanno o hanno avuto sogni e credono in qualcosa di più grande come noi. Il Keyblade li ha scelti, ma non ha potuto aiutarli a scalare tutte le barriere. Non lasciare che ti trattino male se non pensi di meritartelo, ma non infierire e non essere crudele: abbi compassione e non togliergli la convinzione che ciò che fanno ha uno scopo, perché potrebbe essere tutto ciò che hanno.”
“Non avevo idea che si potesse capire così tanto su una persona solo guardandola.”
Wanda sorrise, stavolta un sorriso allegro. “Diciamo che la pratica aiuta. Chiedi a tuo padre la prossima volta, dicono sia persino meglio del mio in questo. Ora capisci perché penso che avrei potuto fare di meglio guidandovi?”
“Almeno adesso puoi migliorare anche tu. Abbiamo ottenuto tutti qualcosa da questa esperienza… compresa qualche aggiunta inusuale nel vestiario.”
Wanda stavolta rise di cuore, e Mizumi si unì a lei: percepiva un calore diverso dal solito, simile a quello che provava quando erano tutti assieme ma in un modo distinto, speciale. Ora che Wanda si era aperta a lei, ora che si erano rinfacciate i propri difetti e accettate per quel che erano si potevano definire davvero amiche.

Kazeshi sostava accanto ad un palo con tanto di insegna, facendo il punto della situazione. Il suo attacco speciale e le sue prestazioni generali sembravano migliorati notevolmente, ma le continue sfide e i cambiamenti di situazione lo avevano disorientato: della propria condotta si rimproverava la scarsa prontezza nell’agire e trovare una soluzione e la capacità di discernimento.
“Ho fatto bene a rifiutare il comando: non riesco a immaginare come deve essere affrontare questo marasma con tutte le responsabilità da caposquadra. Wanda era veramente l’unica tra noi dotata della fermezza necessaria.”
Eppure sapeva che suo padre si aspettava di più, e che se anche non l’avrebbe detto a parole si sarebbe impensierito al sentire che suo figlio aveva svolto nuovamente un ruolo di supporto e aveva dovuto essere salvato per il rotto della cuffia. Sospirò, cercando di scacciare il mal di testa incombente.
“Qualcosa ti turba?”
“No, è solo che- uh?” Voltandosi Kazeshi notò che a parlare era stato Jack, Jack Skeletron, che ora sostava accanto a lui. Il Re delle Zucche aveva la stessa espressione allegra di sempre.
“Lei… Lei è Jack Skeletron.” Subito Kazeshi volle mordersi la lingua: che risposta idiota. Ma lo scheletro non vi diede peso, e sfoggiò una posa spaventosa.
“Esatto, sono Jack Skeletron il Re delle Zucche! E tu se non mi sbaglio ti chiami Kazeshi.” Jack lo indicò con una delle sue lunghe ed esili dita, e corrugò la fronte (o quel che ne restava). “Prima hai provato a dirmi qualcosa, ma poi ti sei fermato.”
“Sì, in realtà no… è-è imbarazzante in verità.”
“Ragazzo, da innumerevoli anni mi occupo di organizzare Halloween per la città, e per il resto del tempo sono attorniato da folle di fan di ogni genere e età. Dì pure quello che pensi, non riderò di te.”
“Io ti conosco già! Sono un tuo fan- beh, non proprio, non sono sicuro di aver mai festeggiato Halloween, ma so di te perché tu e mio padre avete lottato assieme, e il tuo nome è presente perfino negli annali e… e…” Kazeshi si fermò per riprendere fiato e aspettò una reazione. Come promesso, Jack non rise di lui né mostro disagio nel sentirsi lodato da uno sconosciuto, ma sbatté lentamente le palpebre sulle orbite vuote.
“Capisco. Deduco tuo padre sia Sora.”
“Sì. Sono passati parecchi anni dall’ultima volta che vi siete visti, credo.”
“Così pare, se ha già un figlio della tua età. Effettivamente ne è passato di tempo da quando ha fatto visita: credo che venne con la consorte per il seicento ventinovesimo Halloween, e lascia che ti dica che fu uno dei più memorabili, e poi ovviamente molto prima quando ci fu sempre il problema di quegli Heartless.”
“Immagino che combatterli di nuovo abbia portato alla mente parecchi ricordi.”
“Sì, e proprio Sora mi disse di smettere di provare a coinvolgerli nelle nostre recite.” Jack sospirò platealmente. “E anche se ho seguito il suo consiglio, quella donna persisteva nel ritenermi responsabile… ti dirò, avrà pure carisma ma è un tantino insistente.”
“Intendi Greta? Ehm, tu pensi abbia carisma?”
“Ma certo! Quella faccia da statua di cera, quei modi bruschi, quegli orribili occhiali… è uno spasso! Avevo perso le speranze con voi Custodi, ma vedo che sapete essere molto divertenti quando volete.”
Kazeshi ancora non riusciva a credere di stare parlando con un personaggio leggendario come Jack in modo così casuale. Decise che un giorno avrebbe convinto suo padre a fargli di nuovo visita: sarebbe stato un momento memorabile.
“Suppongo che presto partirete, quindi un’ultima cosa.” Jack si frugò nelle tasche e tirò fuori due piccoli oggetti, una zucca e un piccolo cane fantasma intagliati. “Diedi ninnoli come questi a tuo padre in ricordo delle nostre avventure. Tienine uno tu e dai l’altro a tua sorella. Halloween purtroppo è già passato, ma fai conto che siano i miei regali di Natale!”
Il ragazzo prese gli accessori con gli occhi lucidi. “Grazie davvero Jack, non so come ripagarti.”
“Sciocchezze, non bisogna ripagare un regalo fatto col cuore, solo accettarlo. Mi ci è voluto un po’ ma l’ho imparato.”
Notarono che Lutum, Axius ed anche Mizumi e Wanda avevano ultimato i preparativi e li stavano chiamando: era ora di partire. Kazeshi ringraziò ancora Jack e corse verso i suoi amici e il cerchio connesso alla Gummiship.
“Kazeshi!” Il Re delle Zucche lo chiamò un’ultima volta.
“Sì?”
“Quando torni a casa, dì a tuo padre di far celebrare Halloween anche altrove! Digli anche che sarò lieto di fargli da mentore se ne avesse bisogno!”

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Capitolo 15
*** Genesi e Lascito ***


Eccoci dopo un'altra lunga pausa! Non proprio un blocco stavolta, ma con Kingdom Hearts III prima in dirittura d'arrivo e poi finalmente qui difficilmente era il momento di proseguire la storia. Il gioco l'ho introiettato, quindi vediamo in che modo posso usarlo a mio vantaggio qui. Eviterò comunque grossi spoiler, almeno per il momento.
Buona lettura!


15) Genesi e lascito

“Non mi fido. Non si può ammassare un potere simile e cavarsela con sorrisi e moine. Fatemi fare un giro di tutte, e dico tutte, le stanze di GranCastello e allora mi dimostrerò soddisfatto.”
[Re Zibahir XX, sovrano delle Terre d’Oltremare]

“Tutti  noi vediamo i risultati della pace e i benefici che comportano l’allearsi con l’Ordine. Ma che succede a chi viene reputato una minaccia? Quali altri metodi impiegano Cavalieri capaci di manipolare il cuore stesso?”
[Da un quotidiano nella cittadella]

“Ma certo che ho pensato all’esistenza di stanze segrete. Qualsiasi onesto imprenditore ne ha qualcuna, e non dovremmo aspettarci niente di meno dai nostri solerti guardiani. Né criticarli per questo.”
[Hotreus Poxo, Re dei Mercanti]

Quando si riebbe, la prima cosa che notò fu la penombra dell’ambiente. La seconda che aveva entrambe le braccia ammanettate da catene magiche, e la terza un paio di stivali così neri da stagliarsi sulle tenebre della stanza. Alzò lo sguardo e rise in faccia al suo aguzzino.
“Hanno scomodato l’Eroe Oscuro in persona? O siete a corto di gente fidata, o vi abbiamo impaurito parecchio. Magari tutte e due!”
Per tutta risposta Riku incrociò le braccia: era evidente che non aveva intenzione di farlo sentire importante prestandogli ascolto. Guardò invece in un punto oltre la sua testa, e capì che non erano soli. Ghignò: “Chi altro c’è qui? Devo vedere se ho vinto una scommessa.”
Entrò Aqua nel suo campo visivo, seguita da Terra e una donna bionda di dimensioni minute. “Che ti importa? Tanto è improbabile tu riscuota, a meno che non ci indichi dove trovare i tuoi compagni.”
“Ah, è di questo che si tratta. Ma voi già sapete dove sono, no? Avete solo deciso di non agire e vivere nella vostra illusione di essere ancora in controllo. Ad ogni modo è inutile: i miei compagni, come li chiami tu, mi hanno abbandonato quando mi hanno ordinato di fare da esca.”
“Mh. Almeno ne sei consapevole.” Terra marciò verso di lui e lo afferrò per il bavero, sollevandolo assieme alle catene e facendo gemere i punti in cui erano ancorate al suolo. “Fossi in te allora eviterei la spavalderia e capirei anche che noi non siamo tenuti ad essere gentili. Faresti meglio a collaborare, e in fretta.”
La bionda si allontanò da loro, e anche Aqua apparve inquieta. Invece lui rise nuovamente: perdere aveva già perso, ma vederli così visibilmente scossi era dolce quasi quanto la vittoria. Se li era immaginati più tosti dalle descrizioni che aveva ricevuto da Ren.
“Ti rode eh? Non sai chi sono, né come ho fatto quello che ho fatto. E fai la voce grossa perché vorresti spezzarmi in due, ma non puoi. È questo il vostro problema, sarò pure io quello incatenato ma voi non siete da meno… che siano le vostre stramaledette regole o paura del tipo che avete messo a capo di tutto, siete prigionieri quanto me. La differenza è che io lo so di essere solo una pedina e lo accetto. Voi invece vi considerate amici.” Sputò ai piedi di Terra. Il colpo che seguì produsse un rintocco sordo che aleggiò nella stanza per qualche secondo.
“Ora basta, Terra. Lascialo.” Aqua non sembrava arrabbiata con lui, ma il tono non ammetteva repliche. Terra aprì la mano e lasciò che cadesse di peso sul marmo duro e levigato. La montagna di muscoli si rilassò e tornò nella penombra, rassicurando la donna bionda con un gesto a far capire che si era calmato. Riku entrò di nuovo nel suo campo visivo.
“Immagino che con ‘quello che ho fatto’ tu ti riferisca al tuo Keyblade, identico nell’aspetto a quello del signore che ti ha or ora malmenato… o qualunque cosa fosse. Dico bene?”
Annuì: andava bene punzecchiarli, ma Terra colpiva duro quanto si vociferava. Lui stesso non era certo un peso mosca, ma sentiva il sangue in bocca e gli girava ancora un po’ la testa. Non valeva la pena continuare a insultarli solo per prenderne un’altra, specie perché Riku non sembrava avere una mano tanto più leggera. Si chiese cosa servissero da mangiare a questi ragazzi nelle cucine del castello.
“Non mi dirai che cos’è e quali erano i tuoi scopi, vero?”
Sorrise. “Quel Keyblade rappresenta sia la vostra distruzione, sia la facciata di voi e del vostro Ordine che tenete nascosta. Quanto ai miei scopi, li saprete molto presto. Spero vi sia piaciuta la pace… perché non c’è nulla che possiate fare per mantenerla!”
Recitò la frase che gli avevano impartito ponendo l’enfasi sulla parola come gli avevano ordinato. Ma se avesse fatto effetto su Riku, di certo non glielo si poteva leggere in faccia. L’Eroe Oscuro rimase a fissarlo imperscrutabile e poi si ritirò, facendo cenno a Terra e Aqua di seguirlo. La bionda li seguì con lo sguardo e quando la porta si chiuse alle sue spalle si avvicinò lei stessa, mostrando che quello che teneva in mano era un blocco da disegno. Ora che la vedeva bene, capì chi aveva di fronte.
“La Strega.” Cercò di mascherare la tensione ridendo per l’ennesima volta. “Mi fai il ritratto, tesoro? Accomodati pure. Mi hanno dato questa stanza e penso che ci rimarrò per molto tempo…”

Quando Mizumi e gli altri riportarono l’Excalibur nell’hangar, due Moguri li informarono che erano attesi nella Sala dei Troni ai livelli inferiori.
“Addirittura.”
“Immagino sia per l’incidente avvenuto col losco figuro e Vanitas. Abbiamo visto troppo, e vogliono affrontare la cosa apertamente… oppure temono che se non lo faranno combineremo qualche altra avventatezza.”
“Forse entrambe. Andiamo allora, squadra!”
“Wanda. Non sei più il nostro capo.”
“Questo sì che mi dispiace. Cominciavo a prenderci gusto.”
Non dovettero percorrere tutta la strada a piedi, ma utilizzarono il pannello di teletrasporto magico situato negli hangar: Mizumi li usava ormai da qualche settimana e si era abituata alla sensazione di formicolio che comportava il processo, ma continuava a domandarsi come facesse il sistema a portarla sempre alla sua destinazione senza che lei desse alcun comando o segnale. Il gruppetto riapparve sul pannello situato proprio accanto il portone della sala, che attraversarono dopo un attimo di esitazione.
Ad attenderli vi era una piccola folla: Sora e Kairi, Aqua e Terra, Lea e perfino Ventus restituivano a giovani ampi sorrisi seduti ciascuno sul proprio scranno. I ragazzi, un po’ a disagio dall’improvvisa comparsa di quella torma di genitori fecero per sedersi, ma Sora levò una mano: “Tranquilli, non resteremo qui a lungo.”
Furono infatti i Maestri ad alzarsi e raggiungere le reclute. Terra levò la mano e sferrò a Lutum una pacca sulla schiena che giusto lui poteva sostenere senza cadere in ginocchio, mentre Lea si lasciò andare e trascinò Wanda in un abbraccio caloroso, e Kairi fece altrettanto con i suoi gemelli.
“Mia madre non è potuta venire?” domandò Axius a Sora, anche se non sembrava troppo turbato o deluso.
“Purtroppo no Ax, ma ti manda le sue più sentite congratulazioni per il successo della missione. La vedrai sicuramente più tardi, non si perderà il tuo resoconto.”
“Sapete già tutto, non è così?” Lutum sorrise, ma ben presto assunse un’espressione nervosa e per precauzione mise qualche passo di distanza da Aqua. “Vanitas non vi ha detto niente di grave, vero?”
“Tesoro, cosa sono questi modi? Devi chiamarlo…” anche Aqua si interruppe, realizzando che Vanitas tecnicamente non era un Maestro. “Ci penserò su, ma comunque dovrai usare un onorifico adeguato.”
“Sì sì, un onorifico, certo. Ha senso.” Lutum pareva molto felice di sviare la discussione su quel dettaglio, ma la madre non si fece ingannare.
“E ora sarà bene che mi racconti cosa temi che Vanitas possa aver detto su di te.”
Sora smise di spupazzare i suoi figli e tornò verso il centro della stanza. “Su, se facciamo il quinto grado tanto valeva sederci. Voglio sentire il resoconto ufficiale della squadra come da regolamento, e poi ognuno sarà libero di passare il resto della giornata in famiglia.”
Sora realizzò solo dopo aver finito la frase che in quel momento a GranCastello era mattina presto e che quindi aveva appena dato a metà Consiglio e cinque Cavalieri un giorno di ferie gratuito, ma di certo non poteva rimangiarsi le parole dinnanzi all’entusiasmo generale. Lea stesso gli batté un pungo sul braccio entusiasta: “È anche per questo che ti si vuole bene, capo.”
“Eh, sai, faccio quel che… eh. Mizu, perché non ci racconti?”
Mizumi scattò sull’attenti e portò la mano in segno di saluto, sbagliando però tempismo e dandosela in fronte.
“Ahia! Maestro, il compito di fornire un resoconto spetta al caposquadra, e non ero io quello designato.”
Lo sguardo d’intesa che passò tra Mizumi e Wanda era uno che Sora aveva visto parecchie volte, e sorrise lui stesso: era questo che sperava succedesse. Decidendo che il giorno di ferie non era poi una cattiva idea, fece cenno a Wanda di cominciare a raccontare.

“Capisco.”
Wanda aveva terminato l’esposizione dei fatti -aiutata dagli altri per i momenti nei quali non era coinvolta- e tutti i presenti erano assorti nei loro pensieri… tranne Aqua, che teneva il volto coperto con entrambe le mani.
Lutum apparve sconfortato da quella visione. “Ma, mi dispiace. Non avevo idea di aver calcolato così male il raggio dell’incantesimo… so che non ci sono scuse per come ho agito.”
Nessun altro si scompose: chi la conosceva da tempo sapeva perfettamente che dietro quelle mani Aqua stava ridendo della sbadataggine circense dell’evento ma che chiaramente doveva salvare le apparenze, specie visto che Lutum sembrava sinceramente mortificato. Terra arrivò a togliere la moglie d’impiccio.
“Ehm, si vede che hai imparato la lezione, quindi suppongo vada bene. Ora tua madre anche assentirà, non è vero?” disse, rifilando una gomitata nel fianco della compagna ancora ridacchiante.
“Oh sì, certo figliolo. Non preoccuparti, eh… cose che succedono.”
Mizumi osservò la scena senza capire, e decise era il momento adatto per colpire. “Allora, riguardo all’assalitore col Geoflagello nero.”
Parlò nel tono più casuale e innocente possibile, ma l’atmosfera nella stanza raggelò all’istante. Sora, che se l’aspettava, raccolse la provocazione.
“Lui, sì. Cosa vuoi sapere?”
“Lo tenete rinchiuso?”
“Conosci la risposta a questa domanda.”
“Posso vederlo?”
“Anche a questa.”
“Vi ha detto nulla di rilevante?”
“Mizu!” L’esclamazione partì da numerose gole, Kairi e Kazeshi in primis.
La ragazza si strinse nelle spalle. “Cosa? Si tratta di un sicario che ha provato ad eliminarmi, è giusto che io ne capisca di più, ma nessuno vuole dirmi niente!”
“Bel tentativo, ma sai perfettamente che non puoi semplicemente pretendere di prendere in mano l’investigazione.”
“E se mi ricapita? Sapere di più sulla minaccia può solo aiutarmi. Ma tu continui a ripetermi cose che già so!”
“Perché tu queste cose le sai, il che significa che stai solo sprecando il tempo tuo e di tutti noi con domande ridicole. Dannazione, Mizu!” Tutti, Maestri e cadetti, si irrigidirono. Sora sembrava davvero alterato in quel momento. “Non voglio tenerti all’oscuro di tutto, ma devi dimostrarmi che sei in grado di pensare e agire con giudizio. Facendo così mi deludi soltanto.”
Un cenno improvviso, quasi impercettibile, ma Mizumi lo colse lo stesso. Il mignolo di Wanda aveva avuto per un attimo una contrazione strana, volta proprio a catturare la sua attenzione: la ragazza capì che era uno di quei momenti dove doveva rilassarsi e cercare di guardare alle cose da un’altra prospettiva.
Inspirò a fondo, ricacciò indietro la rispostaccia che le stava salendo in gola e disse: “Non era mia intenzione, pa-Maestro. Allora dimmi: cosa sai sul misterioso assalitore, e ti era mai capitato di vedere un’arma come la sua? Mi rifaccio a ciò che vorrai condividere con me e i miei compagni.”
Sora inarcò un sopracciglio, ma quando parlò lo fece col tono di sempre. “Sulla persona, ben poco. Né le sue vesti né altre attività da parte sua erano mai comparse prima, almeno non episodi che possiamo collegare a lui o a qualche complice. E sarebbe sciocco e controproducente esporti teorie delle quali non sono sicuro nemmeno io.
“Quanto all’arma e all’averla già vista prima d’ora, io… sì, in realtà. È capitato.” Qualche scambio d’occhiata tra gli altri Maestri rivelò che loro stessi non erano a conoscenza di questo dettaglio, o che non si aspettavano Sora lo condividesse. “Tanto tempo fa, e so di altre circostanze vagamente simili. Si tratta senza dubbio di un potere oscuro, e ogni volta era presente un Keyblade, ma di più non si può evincere da quelle circostanze. Non è un fenomeno mai investigato prima d’ora. Ho risposto alle tue domande?”
“Naturalmente. Ti ringrazio.” “Come se fosse anche solo contemplato che io possa dire di no.”
“Bene così allora. Se non ci sono altre domande,” Sora tacque un momento, ma nessuno intervenne. “posso procedere con gli ultimi oneri del caso. Ancora una volta mi congratulo con voi tutti per il lavoro svolto, e sebbene non fosse prevista una ricompensa aggiuntiva per una missione di questo tipo direi che le interferenze ed il loro lieto esito meritano un riconoscimento. A partire da domani inizierete a frequentare classi speciali per accrescere la vostra abilità ed il vostro sapere!”
I Cavalieri fecero tanto d’occhi a quella proclamazione, tranne Lutum e Mizumi che andarono ad abbracciare direttamente il Gran Maestro. Kazeshi approfittò del baccano per un breve scambio con Axius.
“Va bene il pupazzo di neve, ma rientrava nei rischi. Contro l’incappucciato è intervenuto Vanitas, spetterebbe a lui un encomio.”
“Sono abbastanza sicuro che questo sia più un modo per tenerci occupati e al tempo stesso addestrarci senza destare sospetti… ma non roviniamo la cosa per tua sorella e Lutum.”

Dopo l’annuncio le rispettive famiglie si separarono per passare un po’ di tempo fra loro e ripercorrere momenti della missione in discussioni più personali.
Terra e Lutum avevano preso la parte sul ripercorrere alla lettera e nei giardini interni simulavano le battaglie che il ragazzo aveva affrontato, coprendo tutte le particolari tecniche impiegate. Aqua come suo solito quando questo scenario si verificava aveva preso posto su una panchina e si godeva il flusso quasi ininterrotto di “Ottimo, figliolo!” e “In quella situazione avresti potuto anche usare questa contromossa, te la insegnerò quando avremo tempo.”
La Maestra chiuse gli occhi, e le sembrò di tornare indietro di circa una decina d’anni e di vedere quel piccolo bambino dai capelli del suo stesso colore pendere dalle labbra del padre, e ripetere per ore e ore i vari esercizi di scherma ignorando i lividi e i calli sulle mani. Si ricordò di come Terra avesse voluto che Lutum venisse addestrato all’Accademia per poterlo tramutare in una sorta di suo allievo prediletto, e che solo le insistenze di Aqua sul volerlo a GranCastello erano riuscite infine a persuaderlo.
“Avrò fatto bene? So cosa ho detto a Terra e a me stessa sulle ragioni per volerlo seguire personalmente, ma chissà. Forse semplicemente non sono riuscita a sconfiggere il mio istinto materno.” Sapeva di essere severa col ragazzo, che Lutum aveva bisogno anche di vivere la sua vita e prendere le sue decisioni, anche se a volte errate: però ogni volta non riusciva a controllarsi e lo voleva sempre più sveglio, più forte, più saggio… più. Aqua pensò che a conti fatti magari era lei che cercava di trasformarlo in un Maestro perfetto più di Terra.
“Ma! Ehi, ma!” Aqua aprì gli occhi, sbattendoli rapidamente per riabituarsi alla luce del sole, e guardò il figlio che l’aveva raggiunta e la chiamava. Terra non era lì, probabilmente andato a prendere delle bibite o dei gelati.
“Ehi. Tuo padre ti ha già insegnato il Controimpatto?”
“Come sai che era quella la mossa?”
“Parlavate di quando eri accerchiato dagli Heartless, no? È una buona tecnica per sbarazzarsi di più nemici, ma il tempismo dev’essere perfetto. Se aspetti troppo o troppo poco, ti lasci scoperto a lungo.”
“Già… papà me l’ha solo spiegata in teoria, la proveremo oggi pomeriggio. Ma dubito richiederà tutto il giorno comunque.”
“Lutum, hai da poco padroneggiato uno Stile, non sforzarti troppo. Ricorda che è bene far riposare il corpo quando necessario.”
“Lo so, infatti è della mente che vorrei parlarti.” Lutum si morse il labbro inferiore. “Ripenso spesso all’incidente con Kazeshi. Mi sono assolutamente dato da fare con i miei incantesimi, ma confesso che con Axius sempre vicino ho spesso pensato di lasciare a lui le sottigliezze dell’arte. Quindi ti volevo chiedere se oggi… dato che hai del tempo libero… potevi aiutarmi a tornare sulle basi della magia, e verificare se sono ad un livello accettabile per le classi speciali. Voglio assicurarmi di stare al passo e dare il buon esempio.”
Lo sguardo del ragazzo trasmetteva la serietà che aveva sempre contraddistinto Terra, riflesso da quegli occhi blu scuro che risplendevano come quelli di lei ogni volta che sentiva di dover guidare Sora e il resto della banda verso la giusta direzione.
Aqua sorrise: impegno, giudizio e onestà incrollabile. Forse il Maestro perfetto era già lì, in attesa di sbocciare.

Naminé aveva raggiunto Axius su un parapetto sulle mura che dava sulla cittadella e i campi al di là.
“Perdonami se non ero presente al tuo rientro.”
“Cose che succedono. Eri di sicuro impegnata.”
Nessun sentore di rimprovero: suo figlio parlava poco ma era incredibilmente franco e pragmatico. E avvertiva che c’era altro che gli frullava in testa, ma attese pazientemente che fosse lui stesso ad esporlo.
“Mamma, ho pensato parecchio a parti specifiche della missione.”
“Posso dire di non essere sorpresa. Cosa hai trovato di così particolare?”
“Senza dubbio i punti espressi da Mizumi sull’individuo misterioso hanno rilevanza, ma…” Axius fece un gesto stizzito. “Inutile domandarsi a tale proposito, specie quando sono proprio gli elementi necessari ad identificare aggressore e movente che ci nascondereste.”
“Per la vostra salvaguardia.”
“Naturalmente. Beh, sono certo che Mizumi sia comunque soddisfatta -quella ragazza vive anche solo per sentir nominare eventi importanti del passato- ma io mi domandavo se per caso tu non potessi illuminarmi su un quesito minore.”
Naminé sapeva che Axius detestava girare attorno alle questioni e preferiva andare al punto, l’esatto opposto di come si stava comportando in quel momento. “Deve davvero tenere alla mia risposta, se cerca di ammorbidirmi così.”
“Tu chiedi e io farò del mio meglio.”
“Gli Heartless che ci hanno attaccato. Erano controllati da un catalizzatore, ovvio, e ciò può a volte manifestarsi anche in modo spontaneo, come ad esempio se un essere umano cede agli impulsi negativi nel suo cuore attirando gli Heartless. Fin qui ci siamo. Il problema è che ero convinto sarebbero stati Purosangue.”
Qui Axius fece una pausa, guardando la madre di sottecchi per studiare una reazione, ed effettivamente Naminé necessitò di un momento per analizzare la questione: sapeva che si stava riferendo alla sostanziale differenza fra gli Heartless. I Purosangue erano gli Heartless “genuini”, creature dell’ombra che dimoravano nel Regno dell’Oscurità e occasionalmente nascevano dalle tenebre del cuore di un individuo, mentre gli altri…
“Quelli che abbiamo combattuto io e i miei amici erano senza dubbio Emblemi: anche senza vederli non avrei potuto non riconoscere la mostrina. E gli Emblemi sono Heartless artificiali, creati in massa tramutando forzatamente persone in Heartless… da Xehanort in persona.”
Naminé ascoltò tutto attentamente, e ponderò la cosa con deliberata lentezza.
“Capisco. Dove volevi arrivare con questo?”
Axius sembrò perplesso. “Speravo potessi dirmelo tu. Se Xehanort, per quanto assurdo sia, è tornato o qualche suo potere è stato resuscitato, allora è una situazione gravissima!”
A quelle parole la donna si rilassò: Axius era solo preoccupato, non stava suggerendo niente di più pericoloso. Decise di correggere in fretta il figlio sulle sue lacune.
“Axius, come al solito hai fatto buone ricerche, ma non hai trovato tutto stavolta. Creare un Heartless artificialmente è una pratica quasi scientifica, che si può insegnare e persino usare sul momento. Pensa, ad un certo punto era diventato un processo interamente automatizzato di un computer. Come conseguenza di ciò, ci sono ancora parecchi Emblemi in giro per il cosmo.”
“Davvero? Non ne avevo idea.”
“Mi stupirebbe il contrario, non hai vissuto esposto agli Heartless e per ovvie ragioni non lasciamo in giro manuali su come crearli. Anche se ovviamente l’intruso catturato da Vanitas, come avrai capito, era a conoscenza di queste tecniche.”
“Tu ti fidi di Vanitas?”
L’improvviso cambio di direzione nella conversazione spiazzò nuovamente la madre. “In che senso?”
“So chi è. Più o meno. È Oscurità, di un tipo molto concentrato. Simile a quella contro cui lottiamo. Non hai a volte paura di lui? Come se… potesse incarnare i lati peggiori delle persone?”
“L’Oscurità non è malvagia di per sé.”
“L’Oscurità distrugge e corrompe.”
“Anche la Luce può rovinare e corrompere, fidati: non pensare di conoscere tutte le vicende del passato. E un essere come Vanitas o un Heartless, ammesso tu ne trovi uno senziente, non avrebbe problemi a confermarti che dal suo punto di vista è la Luce che invade le ombre e le distrugge. La realtà è più relativa del bianco e nero, figliolo.”
“Ha senso. È solo che ho pensato anche alla tua natura e disposizione, e siete così… diversi. Vanitas sembra molto diverso dagli altri membri del Consiglio.”
“Non hai torto nemmeno tu, ma se lavoriamo assieme da così tanto tempo ci sono per forza punti in comune. Se dovessi esprimere un parere, a volte penso che Vanitas assomigli molto a Sora, nella personalità.”
“Al Gran Maestro?”
“Sì, sono… è una lunga storia, ma non sono esattamente entità estranee tra loro, e secondo me c’è dell’affinità nella loro tenacia, nello spirito, sebbene chiaramente le differenze caratteriali abbiano smussato gli angoli in modo differente. Sarà per questo che apprezzano la compagnia reciproca. Ma sono solo mie supposizioni: Vanitas e io abbiamo rapporti più, ehm, cordiali rispetto al passato, ma non siamo molto uniti.”
Il ragazzo rimase in silenzio, assorbendo le nozioni ricevute: Naminé notò con una punta di soddisfazione che erano informazioni che reputava preziose quanto quelle sugli Heartless.
“Va bene, ti ringrazio delle delucidazioni. Ma credo che ora tu debba tornare al lavoro.”
Lei rise. “Sora ti ha promosso a mio segretario mentre non c’ero?”
“Ho forse torto?”
“…effettivamente no. Ci vediamo più tardi.”


La famiglia di Sora aveva organizzato una piccola gita: dopo aver fatto rilassare Mizumi e Kazeshi nelle loro stanze per un poco Gran Maestro, consorte e figli erano usciti per un giro in città. Mizumi pensò sulle prime che circolare liberamente sarebbe stato impossibile vista la fama, ma Sora e Kairi sembravano attirare anche meno attenzione di Aqua quando li aveva scortati la prima volta. I cittadini trattavano Kairi con gentilezza e Sora quasi con genuina amicizia, ma senza mancare mai loro di rispetto. Tutto sommato il gruppetto veniva lasciato relativamente in pace, il che era d’aiuto visto che da quando Kazeshi aveva appreso che la cittadella era in parte la Città di Mezzo non la finiva con le domande.
“Quel negozio di accessori, c’è qualcosa di speciale a riguardo?”
“Non so se possa definirlo speciale, ma di certo per me lo è. Ci ho passato molto tempo, specie quando i Moguri mi consentirono di forgiare degli oggetti speciali.”
“E questa cassetta delle lettere?”
“Quella conduce al magazzino di sotto, che smista tutta la posta della città. Beh, prima era solo un magazzino, ora ci abbiamo aggiunto altri macchinari utili.”
“E quella casa, lì, con la porta verde?”
“Sora! Kaze!” Kairi li chiamò, segnalando che i camerieri erano pronti. “Venite che aprono!”
Pranzarono in un piccolo ristorantino con i tavoli all’aperto che dava su uno spiazzo rettangolare, dove non passavano che pochi individui sporadici permettendo di rilassarsi in pace. Il posto riparato ma all’aperto, i muretti ed il pavimento di piastrelle antiche e il mangiare accanto a degli alberelli e lampioni ben tenuti fornivano a Kazeshi una sensazione di calma serafica: suo padre doveva pensarla allo stesso modo, perché fissava ogni cosa senza vederla davvero, lo sguardo perso in un altro tempo.
Mizumi gli sventolò una mano davanti agli occhi, senza risultato. “Papà si è incantato.”
“Tuo padre diventa sempre così quando visitiamo questi luoghi, rievocano innumerevoli ricordi nella sua mente. Tranquilla, tornerà normale appena sentirà l’odore del cibo.”
Mizumi abbandonò il proposito di vedere quanto vicino poteva andare ad infilargli una forchetta nella guancia e si voltò verso Kairi. “E tu mamma? Sentiamo sempre parlare delle imprese di papà, ma sei una Maestra come lui no? Quali sono i tuoi ricordi e le tue storie da raccontare?”
“Uh, vediamo.” Kairi prese il menù e cominciò a sfogliarlo distrattamente, mentre rifletteva. “Per un po’ di tempo mi è stato impossibile muovermi in prima linea… il Keyblade ci ha messo parecchio a trovarmi. Anche dopo aver smesso di aspettare, ho passato più tempo ad allenarmi che a combattere seriamente.” La rossa si interruppe e scosse lievemente la testa, come a voler scacciare un ricordo sgradevole. “Superata la fase del caos iniziò la ricostruzione e la fondazione del nuovo Ordine, e allora iniziai davvero a farmi valere.”
Mizumi sbuffò. “Sì, ma in quelle circostanze eri comunque assieme a papà.”
“Oh, Mizu. Lui è sempre con me, ovunque io vada.”
Kazeshi e Mizumi si scambiarono occhiate eloquenti: volevano bene ai loro genitori, ma a volte sapevano essere smielati fino all’inverosimile. Kairi notò le loro facce e proseguì: “E poi non credere che sia stata una passeggiata! C’erano ruoli e obiettivi che non si potevano raggiungere con una vittoria in battaglia o qualche posa virile. Alleanze da stringere, corti da convincere, palazzi sontuosi dove dimostrare l’utilità dell’accettare l’Ordine e in cui sventare trame e intrighi, e spesso era la sottoscritta a farsi valere. Sora e Riku non sono mai stati Maestri di tatto e galanteria, e Aqua per quanto dai modi aggraziati era comunque troppo militaresca; Naminé era sì più raffinata, ma allora dava ancora meno confidenza agli estranei di quanto faccia al momento; meno parlo del resto in questo senso meglio è per loro. Mh, immagino che la faccia tosta e il carisma di Lea abbiano fatto comodo in qualche occasione.” Kairi si picchiettò sulla tempia e sbuffò orgogliosa. “Ma i veri trionfi li abbiamo avuti grazie a me.”
Era un’asserzione fin troppo egocentrica per molti individui ma i gemelli non avevano ragione di dubitarne, specie dopo aver incontrato parecchi dei Maestri e aver appreso il loro carattere.
“Dev’essere stato interessante visitare tutti quei luoghi e conoscere quelle persone. Non stento a credere che il risultato abbia riscosso enormi benefici.” Fece Kazeshi.
“Intrighi e trame? Quindi, complotti di assassinio e rivolte? Duelli a corte al chiaro di luna? Voglio saperne di più, mamma!”
Per tutta risposta Kairi tirò su il foglio delle bevande a coprirle tutto il volto e tacque. Sora, riscuotendosi senza alcun sentore di cibo, le batté amorevolmente sulla mano.
“Scusatela, non è abituata a ricevere così tante attenzioni. Ma quello che dice è assolutamente vero- e anche lei è sempre con me in ogni momento. Senza Kairi dubito vi sarebbe perfino un Ordine a cui badare.”
La faccia di Kairi rimase coperta e impassibile, ma ai gemelli erano perfettamente visibili le gambe che sotto al tavolo sferravano una miriade di emozionatissimi calci all’aria.

Dopo il pranzo -durante il quale Sora raccontò ai gemelli di un altro bistrot che conosceva portato avanti però da topi- decisero di separarsi: Kairi voleva visitare un luogo oltre le mura della cittadella assieme a Kazeshi, Sora invece portò invece Mizumi a visitare la Stanza Meccanica o più che altro le parti visibili in superfice.
Kazeshi provò un misto di ansia ed eccitazione una volta giunto nei vasti campi erbosi: dopo essere stato in un nuovo Mondo e aver dovuto combattere per la sua vita perfino gli imponenti Cancelli di bronzo sembravano un esile riparo, specie se accoppiati con l’immensità del territorio pianeggiante tutto attorno a lui. Il ragazzo si ricosse e cercò di darsi un contegno, ricordandosi che erano paure infondate e che l’intero Mondo era protetto da difese formidabili. Si voltò verso la madre, che in piedi accanto a quella che sembrava una lastra di marmo caduta dal cielo si godeva il vento fra i capelli.
“Dovremmo proseguire? Non si vedono altre costruzioni nei paraggi.”
“No, sono sicura il posto sia questo… oh!”
Tutta una porzione di terreno accanto al lastrone cominciò a vibrare e sollevarsi, rivelando un pannello segreto delle dimensioni di un autocarro: ne uscirono un uomo e una donna, che localizzarono Kairi e le porsero un anonimo fagotto per poi ritirarsi nuovamente nel pannello segreto richiudendolo. Impiegarono solo qualche secondo e non prestarono la minima attenzione a Kazeshi.
“Chi erano quelle persone?”
“Due Cavalieri. Non prendertela se non ti hanno detto nulla, non tutti amano fermarsi a chiacchierare e loro sono appena tornati da una missione difficile.”
“Ovvero? Se posso chiedere.”
“Hanno recuperato dei materiali rari.” Così dicendo Kairi rovistò nel fagotto e tirò fuori un paio di stelle luminose, esaminandole con cura.
Kazeshi comprendeva che numerose componenti dell’Ordine poggiavano sull’elaborazione e che quindi recuperare materiali era invero un compito importante, ma ancora non capiva tutta quella segretezza. Perché avevano consegnato i materiali a sua madre e non ai Moguri?
“Esistono materiali molto più preziosi di altri,” disse Kairi dopo che le ebbe esposto i suoi dubbi. “I più vogliono soltanto arricchirsi, altri invece sanno quanto ci servono e cercano di tagliarci fuori per indebolirci. Quindi per qualche carico è bene avere un Maestro a sorvegliare il tutto e assicurarsi non vi siano inganni.”
Suo figlio rifletté. “Un Maestro lo posso capire, ma a me sembra che premesse ottenere questi oggetti a te personalmente. E non credo che mi hai portato qui solo per rivelarmi questa cosa.”
“Giusto! Lascia perdere i materiali perché tanto non ti posso dire altro, ma sia io che vostro padre pensavamo fosse ora di parlare un po’. Non hai detto molto sulla missione.”
“Non c’è molto altro da dire… ho tentato di agire il meglio che potevo, ma non posso certo dire di essere mai stato l’elemento risolutore in alcuna situazione. Ho fatto bene a non farmi avanti come caposquadra.”
“Kaze. Sempre così severo con te stesso.” Kairi ripose il fagotto nella sua borsa e lo guardò teneramente. “Ogni volta che parliamo della tua situazione sento solo un continuo avrei potuto, dovrei fare di più, non sono riuscito a. Non pensi mai che quando qualcuno ti chiede come vanno le cose, potresti raccontare qualcos’altro? O la tua vita è soltanto negativa?”
“No, certo che no! È solo che…” Kazeshi voleva giustificarsi, ma non sapeva come continuare. Naturalmente era consapevole dei lati positivi della sua vita e di appartenere ad un gruppo privilegiato, ma c’era qualcosa in lui che lo bloccava, anche se non sapeva dire cosa fosse.
Kairi proseguì: “Penso di saperlo io cosa ti spinge a metterti così sotto torchio. Sei un ragazzo incredibilmente sensibile, e in quanto tale perfettamente consapevole del tuo retaggio e eredità, nonché delle aspettative, e dentro di te non vedi l’ora di metterti alla prova. Tu e Mizu non siete poi così diversi come potresti pensare.
“Ma al contrario tuo Mizu si getta con gioia in quello che reputa suo di diritto. Non che la sua indole non sia a volte preoccupante, ma tua sorella ha sempre un obiettivo fisso e sa quello che vuole. O almeno pensa sia così, e tanto le basta. Tu invece a tratti la vuoi seguire e a tratti pensi si stia tuffando in un baratro dal quale la dovrai poi salvare, e ciò ti rende… come dire, indeciso.”
Sentire sua madre elencare le stesse debolezze che aveva trovato in lui Wanda fece a Kazeshi più male di quanto si aspettava, e lo spinse a rispondere con un po’ troppa veemenza.
“Se mi sento così è forse perché è successo parecchie volte esattamente quello che temevo. Non penso che lo stile di mia sorella di farsi quasi annullare l’Esame e poi escogitare esplorazioni clandestine sia un qualcosa da incoraggiare, anche se visto che non viene altro che ricompensata forse mi sbaglio.”
Da parte sua Kairi si dispiacque parecchio sentendo il figlio parlare in quel modo: percepiva che Kazeshi si stava sentendo criticato mentre sua sorella unicamente lodata, quando secondo il suo punto di vista al massimo doveva avvenire l’opposto. Ferire i suoi sentimenti era l’ultima cosa che la donna volesse fare, ma strinse i denti tenendo a mente che tirargli fuori le emozioni che veramente provava gli avrebbe fatto solo che bene, specialmente se davvero Kazeshi considerava il suo monitorare Mizumi una sorta di compito impostogli dal destino. “Odiami pure se devi figlio, ma non lascerò che tu diventi un glorificato protettore prigioniero della tua stessa condotta mentre l’invidia ti rode dentro.”
“Hai ragione, tua sorella è stata molto fortunata. Tagliamola fuori dal discorso allora: Mizumi è Mizumi e tu sei tu. Puoi guardarmi dritto negli occhi e giurarmi che quella stessa indecisione non si verifica in altre parti della tua vita?” Kazeshi esitò ma non rispose, restìo ad abbandonare il malumore, e distolse lo sguardo.
“Non sto cercando di farti stare male indicandoti ragazzi che reputo migliori di te, credimi. Ma è un dato di fatto che quegli individui della tua stessa età sembrano avere qualcosa che tu non hai, e forse è il caso di cominciare a chiedersi perché. Lutum, ad esempio: reputi che sia un incapace, o uno che viene solo agevolato quando non dovrebbe?”
Stavolta Kazeshi sapeva avrebbe dovuto rispondere, quindi inspirò a fondo e disse: “No. È un combattente capace, non privo di intelligenza e giudizio e… e in questa missione la sua prontezza ci ha salvato più di una volta.”
“E secondo te Lutum prima di agire o mentre agisce, si fa un sacco di domande sul futuro e il destino e inizia a sospettare su chi sia più bravo di lui?”
“Non possiamo sapere cosa pensa con certezza,” Kazeshi sbuffò amareggiato vedendo il sopracciglio inarcato della madre. “ma probabilmente no.”
“Esattamente. Lutum è giovane e umano come tutti noi, e sono certa ha i suoi momenti di debolezza e i suoi demoni da affrontare. Tu aiutalo in quei momenti e vedi cosa ti può insegnare lui per combattere i tuoi, anche indirettamente.”
Kairi si avvicinò e abbracciò il figlio, e con gioia notò che Kazeshi non si ritrasse. “Una ragazza ti piace ma non sta andando bene? Hai perso un duello? Sei frustrato per qualcosa? Dillo! Non ti portare tutto dentro, pensando che sia un disonore verso di noi se qualche volta ti capita di essere nervoso o voler fare qualcosa di infantile. Ovvio che poi ti sembri che tutti siano perfetti e tu l’unico ad arrancare, e pensi di dover costantemente migliorare anche solo per stare al passo. Non devi diventare Mizumi o Lutum, ma devi lasciare che tutte le parti di te possano emergere quando serve. Fai questo, e vedrai che le tue prestazioni miglioreranno su vari fronti.” “E allora vedrai che ti sembrerà quasi naturale assumere il comando quando nessun altro può farlo.”
Madre e figlio si lasciarono, e di tacito accordo iniziarono a tornare verso la cittadella. Ad un certo punto Kazeshi esordì: “Mamma, alcune delle cose che mi hai detto mi erano state già fatte notare. Wanda mi ha sfidato a duello, per poi battermi sfruttando le mie debolezze.”
Kairi sorrise. “Dimmi di più.”

Sora aveva portato Mizumi alla Stanza Meccanica, ma lei sembrava distratta. Non aveva parlato molto tutto il giorno, e da quando erano rimasti soli la tensione sembrava invadere uno spazio concreto fra di loro. Ancora una volta il Gran Maestro temette di aver infranto una delle galassie di regole e punti che un padre doveva osservare in presenza della figlia e represse a fatica un sospiro: quando faceva qualcosa che Kairi disapprovava lei si limitava a un secco colpo di tosse o a brandire minacciosamente l’oggetto facilmente rimpiazzabile più vicino se l’infrazione era ripetuta. Sora ne era quasi grato perché era un modo chiaro e diretto per stabilire delle norme, ma non poteva aspettarsi che Mizumi si adattasse alle sue esigenze, era pur sempre lui l’adulto. Iniziò a pensare la frase meno offensiva con cui approcciare l’argomento.
“Papà. Posso chiederti una cosa?”
Sforzo risparmiato. “Naturalmente. Cosa ti turba?”
“Tu hai mai avuto paura di combattere gli Heartless? Una paura profonda, che ti paralizza il braccio e ti annebbia la mente?”
“Beh… no, altrimenti non sarei qui ora, no?” fece Sora, ma la faccia di Mizumi gli indicò chiaramente che non era il momento di scherzare. “Va bene allora. Perché non mi spieghi nel dettaglio cosa intendi?”
Quando Mizumi ebbe finito, l’uomo si poggiò contro un muro e rifletté. Gli era capitato di sentire di Custodi che riscontravano difficoltà simili, ma erano legate più alle normali paure di venire feriti o sopraffatti. Quello che raccontava Mizumi sembrava più… alieno, in un certo senso. Ma non poteva certo dirglielo.
“Sarò onesto Mizu: no, a me personalmente non è mai capitato. Ma non vuol dire non debba capitare anche a te, o che sia un male: a me non capitava anche perché non avevo il lusso di farmelo accadere. Gli Heartless mi hanno dato la caccia fin dentro ai miei sogni, quando il mio mondo stava per scomparire e praticamente in ogni altro momento degli anni successivi. Se io esitavo tutto crollava, quindi probabilmente non mi sono nemmeno permesso di pensare a cosa stavo facendo esattamente e alle possibili conseguenze. Ma se chiedi a me, è molto più normale avere paura di queste creature.”
Mizumi alzò le spalle, mogia. “Io non ho mai avuto paura di nulla. Ho sempre aspettato il momento in cui sarei scesa sul campo, fin da quando ho toccato un Keyblade per la prima volta… ma di certo non mi aspettavo questo. Ed è successo solo a me: se accadesse di nuovo? E se semplicemente io fossi inadatta per questi compiti? Già mi immagino, le storie sul Custode che non poteva affrontare gli Heartless!”
Sora intuì che la figlia si stava facendo prendere dal panico ed intervenne: “Mizu, in primo luogo stai davvero svalutando cosa significa affrontare un Heartless: non lo facciamo perché ci dà gloria o come passatempo, e nemmeno perché siamo macchine programmate per farlo. Lo facciamo perché altrimenti degli innocenti soffrirebbero e per salvaguardare loro ma anche noi stessi.” Tacque, chiedendosi se andare fino in fondo alla questione. “So che molti Cavalieri fanno di questa caccia una sorta di sport, e mentirei se ti dicessi che non vado fiero delle mie vittorie, ma cerca di non adottare questa mentalità il più che puoi. Molti degli Heartless che affronterai un tempo erano persone, tramutate spesso contro il loro volere. Non vedere la loro eliminazione come un tuo trofeo personale.
“Dici poi che saresti finita se la tua fobia fosse permanente. Mettiamo che lo sia, anche se ho i miei dubbi: non penso sarebbe così, affatto. Yen Sid ha abbandonato il Keyblade e la vita attiva da prima che io iniziassi, ma è rimasto un venerabile sapiente e nessuno oserebbe asserire che sia inutile o farsi beffe di lui. E così anche altri che conosco, che sono brillanti pensatori o anche comunque abili spadaccini senza che abbiano fatto dell’eliminare Heartless la loro ragione di vita.”
“Ma tutti loro potrebbero eliminarli, se costretti. Lo hanno fatto almeno una volta.”
“…sì, probabilmente sì. Ma di nuovo, io non credo che tu rimarrai inerme di fronte ad una minaccia. Nemmeno durante la missione eri totalmente fuori combattimento, vero? Ed era la tua prima volta, logicamente dovresti migliorare soltanto. Ti conosco Mizu, e so che non rimarresti immobile se ne valesse della tua vita o di qualcuno che dipendesse da te. Semplicemente non ne saresti il tipo.”
Mizumi pareva rincuorata, ma solo un po’. “Non lo so… so che ti rendo la vita difficile a volte, ma è perché voglio renderti fiero e allo stesso tempo dimostrare a tutti la mia abilità. Voglio essere te… ma voglio esserlo a modo mio, capisci? Voglio che la me del futuro sia la mia versione di te. Quindi sono consapevole che non siamo identici, ma allo stesso tempo mi piace pensare che siamo simili abbastanza, ma in momenti del genere…
“È quasi come se non fossi tua figl-“
“Non dirlo.” Sora l’aveva interrotta bruscamente come prima nella sala, ma stavolta sembrava davvero turbato. “Non pensarlo neanche. Tu sei mia figlia, nata assieme a tuo fratello, e entrambi avete reso me e vostra madre orgogliosi di essere i vostri genitori. Renditi conto che questo non cambierà mai.”
Lei annuì, ma Sora si rese conto che era più spaventata che altro. Si costrinse a rilassare i muscoli del volto, e aggiunse con tono più leggero: “E poi, non pensare di essere davvero così diversa. Ci sono stati momenti in cui mi sono sentito devastato, sapevo di dover agire ma il mio corpo si rifiutava di muoversi. Solo perché non mi capita nelle stesse situazioni non vuol dire io non abbia sperimentato quello che stai passando.”
“E in quei momenti cosa hai fatto?”
“Il punto era proprio quello: fare, non potevo fare niente. Ma era proprio durante quelle avversità che gli amici mi sono stati accanto. Riku, Kairi, Paperino, Pippo, tutti… ricorda Mizu, potranno mancarti le tecniche, l’abilità, a volte perfino il coraggio, ma gli amici mai se ti comporterai nel modo giusto. Credi in loro e loro crederanno in te, e vedrai che basterà questo a darti la forza. E io credo in te.”
Questa volta Mizumi era davvero commossa, e abbracciò il padre con trasporto. Sora ricambiò, sollevandola come faceva quando era piccola, e pensò che tutto sommato forse sarebbe riuscito a strappare una sufficienza come padre.

Anche Lea dovette pensarla su quei termini mentre origliava da dietro l’angolo la conversazione fra Wanda e Hokori. Con lui la figlia aveva già parlato, e ora riferiva gli eventi alla madre tramite una gemma luminosa incastonata in un meccanismo per le conversazioni a lunga distanza: Hokori era ancora nell’Emisfero Orientale e non sarebbe potuta tornare molto presto.
La voce di Hokori filtrava chiara e forte dall’apparecchio.
“Hai condotto la tua squadra e posto la loro incolumità al primo posto, ma fossi stata più decisa e accorta avresti potuto fare meglio. Le imboscate erano facilmente evitabili con un diverso abbinamento per le squadre.”
Lea si passò una mano fra i capelli, gemendo internamente anche se le critiche non erano rivolte a lui.
“Kori, come al solito non ti risparmi mai, eh?”
Wanda annuì. “Me ne rendo conto! Pensavo che mantenendo Lu e Ax e Katsy e Micchi avrei ottenuto il meglio da loro, ma mi sa che esitavano a uscire dalla loro bolla personale così.”
“Infatti. La sincronia è importante, ma un guerriero inesperto non darà mai il massimo se pensa di essere sempre protetto. Toccava a te porli in una condizione ideale, anche se l’avessero trovata scomoda.”
“Ora lo so. Spero lo sappia anche il prossimo caposquadra che avrò.”
“Mh. Dei vantaggi dell’insubordinazione parleremo un’altra volta.”
Stavolta Lea sospirò di sollievo: sua figlia era una roccia. Non sarebbe stato il carattere materno a sgretolarla, e certamente Wanda sapeva che erano critiche fatte a fin di bene. Ciononostante Lea contattò lievemente il cuore di Hokori, esprimendo una distinta nota di disappunto.
Ci fu una breve pausa, poi dalla gemma risuonò ancora la voce della Maestra: “…comunque hai fatto un buon lavoro per essere la tua prima volta, tra imprevisti e rapporti difficili. Sono contenta.”
Lea quasi riusciva a immaginarsi sua moglie che, all’altro capo della galassia, serrava i suoi bei occhi a mandorla e arricciava le labbra come aveva fatto la prima volta che aveva provato il gelato al sale marino. Il rinforzo positivo non faceva parte della cultura di Hokori e men che mai del suo carattere, e aveva sempre un po’ di problemi nel manifestare affetto. Lea ci aveva fatto presto l’abitudine, ma tradizioni o meno voleva che sua figlia amasse i genitori e non considerasse la vita come un esame costante. Dal canto suo, Hokori non si era mai lamentata apertamente per queste intromissioni del marito nel suo percorso genitoriale.
“Aw, grazie mamma!”
“C’è altro, Wanda? Sentire il tuo rapporto è stato molto interessante, ma qui stiamo per iniziare una lunga giornata di assemblee.”
“Ops, il fuso orario, mi ero dimenticata! Allora-” Wanda rimase con la bocca aperta come per aggiungere altro, ma poi ci ripensò. “…buonanotte per me e buon lavoro per te, mamma. Ci sentiamo.”
Lea notò lo strano atteggiamento, ma Hokori poteva solo sentire la sua voce quindi non registrò la cosa.
“Buonanotte, cara.”

La luce nel cristallo si spense, e dopo aver fatto passare una ragionevole quantità di tempo l’altro genitore entrò nella stanza.
“Come va, principessa?”
“Papà! Tutto bene, ho appena finito di parlare con mamma.”
“Ho sentito qualcosa. Ti ha strapazzato un po’, eh?”
“Sì, beh, sai com’è fatta.” Wanda rise, poi si erse e gonfiò il petto, dicendo in tono austero: “Sei una principessa Wanda, devi comportarti in modo adeguato! Non dare confidenza alla marmaglia! Cosa? Quell’uomo porta calzini spaiati? A morte! Tagliategli la testa!”
Anche Lea rise: ai tempi aveva sposato Hokori perché la trovava indubbiamente affascinante e perché non la riteneva un tipo materno, prima di scoprire che nella sua cultura il procreare dei figli era un rito sacro e ritenuto fondamentale nella vita di un individuo, specie per lei che era una principessa guerriera. All’inizio era un po’ spaventato alla prospettiva di diventare padre, ma erano bastati pochi anni in compagnia di quel peperino minuscolo che lo seguiva in ogni stanza borbottando “Dada” per dissipare ogni suo dubbio.
Non che non vi fosse la passione dietro la sua scelta: Hokori era sempre così seria e altera, che Lea aveva deciso di scoprire a tutti i costi il suo lato nascosto. Era quasi una sfida, che col tempo divenne amore vero e proprio. D’altronde, interessarsi di chi sembrava portare il peso del mondo sulle spalle non era certo una novità per lui…
“Papà?”
Lea si costrinse a tornare al presente. “Sì, principessa?” disse sorridendo.
“C’era una cosa che volevo dire a mamma, ma non era tempo. In realtà non ero sicura se dirglielo proprio. Ho parlato a lungo con Mizumi, in missione. All’inizio è stato praticamente un litigio.”
Suo padre si sistemò meglio sulla sponda del letto, incuriosito.
“Diciamo che i nostri modi di vedere il mondo si sono scontrati, ed erano molto diversi. Non volevo essere troppo dura, ma quando ho capito che non arrivava nemmeno a quello che cercavo di dire mi sono sentita così… frustrata. Avrei dovuto evitare di arrabbiarmi e comportarmi da persona matura.”
“Ma tu ti sei comportata esattamente così. Una persona matura prova emozioni, le riconosce e capisce se la stanno portando fuori rotta, presto o tardi. Solo un automa non percepisce nulla. Non volevi che tua madre ti rimproverasse?”
Wanda scosse il capo. “No, non è quello: è che dopo ci siamo chiarite, e Micchi… Mizu… ha detto che mi considera sua amica. Che siamo amiche.”
A Lea quasi si inumidirono gli occhi di fronte ad una tale innocenza. “Ma è meraviglioso, tesoro! Perché mai la mamma non dovrebbe saperlo?”
“Non so quanto esattamente le piacciano i gemelli. In realtà non so mai quanto le piaccia chiunque eccetto me e te.”
Lea finse di pensare. “Va bene, allora la tua prossima missione, della massima urgenza, è scoprire chi piace a tua madre e come capirlo. Potrei dirtelo io, ma eventualmente ti toccherà trattare anche con musoni come lei ed è bene tu faccia pratica. L’hai memorizzato, Rossa?”
Wanda ridacchiò, e imitò il classico gesto col dito del padre. “Tutto qui dentro, Rosso.”
Padre e figlia si abbracciarono e poi il Maestro uscì dalla camera, chiudendosi dietro la porta. Sì, Wanda era davvero il suo tesoro, che riusciva a colmare l’unico rimpianto di Lea.
Il pugno dell’uomo si serrò, mentre pensava per l’ennesima volta a Isa: dopo la Guerra, dopo Xehanort, pensava che sarebbe riuscito a rimettere tutto come prima, ma aveva dovuto constatare l’amara verità sul mondo e sulle persone. Ancora ricordava la sensazione di vuoto allo stomaco quando, con l’ordine di cattura in una mano e il Keyblade nell’altra, osservava l’amico restituirgli lo stesso sguardo e alzare la Claymore contro di lui.
“Wanda. Le persone non perdonano e non lasceranno che i buoni propositi si mettano tra loro e i loro scopi. Un giorno lo capirai anche tu, e prego solo che sia un dolore assai minore di quello che ho sofferto io.”
Ricacciando indietro i brutti ricordi Lea si buttò sul divano, tenendo aperto il suo cuore per quando Hokori avesse voluto contattarlo.

Nella cella il tempo sembrava non passare mai. Lo avevano nutrito, si erano assicurati che nessuna ferita si fosse infettata, ma per il resto non aveva altra compagnia se non il quasi impercettibile graffiare della matita su carta. La Strega non faceva che disegnare, e ogni tanto gli mostrava il risultato: lui da piccolo con i genitori, la sua prima casa, lui col suo migliore amico. Un uomo comune sarebbe impazzito ben presto di fronte a questi malefici, ma lui era stato messo in guardia. Sapeva a cosa andava incontro.
“So molte cose su di te.”
Eccola che ricominciava. Anche questa era diventata una routine.
“La tua infanzia, la tua giovinezza, le tue esperienze… conservi tutto gelosamente, ed è una cosa meravigliosa: è ciò che ti rende speciale.” Sorrise, forse pensando che gli avrebbe fatto piacere. Lui l’avrebbe strangolata con le catene, se avesse potuto. “Ma c’è una parte della tua vita che non riesco proprio a visualizzare, e riguarda gli anni recenti. Sai questo che cosa significa? Che sei-“
“Che sono vuoto, schiavo, che nell’obbedire a persone volte solo a sfruttarmi ho perso vista di me stesso. Mi pare continui così la solfa, no? Ma è meglio che tu ti metta in testa che non importa quante volte me lo dirai, io non implorerò perdono, e non ti chiamerò mia salvatrice. Quindi fai un favore a entrambi e sta’ zitta.”
Lei lo fissò, per niente turbata, e riprese a disegnare. Tutto come al solito, e la notte non si prospettava più movimentata.
Senonché proprio in quel momento la porta si spalancò di nuovo. Non essendo ora del pasto o delle cure era incuriosito dall’identità del nuovo aguzzino, e quando lo vide quasi non ci credette. L’Eroe Oscuro già era tanto, ma lui?
“No. Quale onore!” ghignò. “E alla fine arriva il gran capo in persona a farmi visita. O forse ti dovrei chiamare 'mio Sovrano'? Hah!”
Sora non lo degnò di uno sguardo e si rivolse alla Strega. “Ehi Naminé! Vedo che ti sei impegnata tutto il tempo.”
La bionda appariva vagamente confusa: non era nei piani, evidentemente. “Sora, cosa-“ poi la comprensione si fece strada nel suo sguardo, che abbassò a terra.
Anche Sora sembrava dispiaciuto. “Non te la prendere… ma a seconda dei casi può essere una questione urgente, e dobbiamo riconoscere entrambi che non hai fatto molti progressi. Perdonami.”
“No, no. Lo capisco. La mia arte è efficace, ma richiede tempo.” La donna chiuse il blocco da disegno, si alzò e si diresse verso la porta. “Con permesso, allora.” Nel voltarsi gli restituì uno sguardo quasi di commiserazione.
La porta si chiuse, lasciandolo a tu per tu col Gran Maestro. Solo in quel momento Sora decise di guardarlo in faccia, e pensò di tornare alla carica con le provocazioni: era curioso di vedere che tipo di uomo era.
“Sarai di certo più imponente della Strega, ma nel caso ti sia sfuggito il rapporto sulla scrivania, minacce e intimidazioni non funzioneranno. Io non ti dirò un bel niente.”
“Sì, ti credo.” Rispose Sora con leggerezza, mantenendo il contatto visivo. Passarono alcuni istanti e poi si ritrasse, deluso. “Ah, che peccato: non otterremo nulla in questo modo. I tuoi ricordi sono stati sigillati da qualcuno, se non completamente rimossi. Perfino rompendo il sigillo, potrei trovare solo il vuoto.”
Malgrado dovesse mantenere un contegno, non riuscì a nascondere la sorpresa. In solo pochi istanti gli aveva letto il cuore, scoprendo sia l’occultamento che la rimozione dei ricordi? Serrò i denti: inutile farsi impressionare, non era certo diventato Gran Maestro per caso. Decise di provare a sfruttare la cosa.
“I miei Maestri sono individui assai potenti, capaci di questa e altre prodezze: non mi hanno mentito, sono io che mi sono votato alla loro causa-“
“Sì, ti credo.” Sora sembrava quasi scocciato stavolta, mentre si picchiettava il labbro col dito. Sospirò: “Beh, inutile starci qui a pensare, la soluzione è una. Purtroppo ci metteremo più tempo così, ma non si può evitare. Sappi che non piace a me quanto non piace a te, se mi puoi credere.”
Non sapeva a cosa si stesse riferendo, ma era pronto ad ogni tipo di tortura. Eccetto che Sora non prese uno strumento, ma evocò della luce nel palmo della mano. Magia, quindi? E va bene. Avrebbe sopportato anche quella, di qualsiasi tipo. La luce però rimaneva semplicemente sospesa nella mano di Sora, continuando a brillare e illuminando la piccola cella. E dentro la luce, qualcosa si agitava. Era…
Provò a scappare, a muoversi soltanto, ma le catene lo tenevano inchiodato. Cercava di ritrarsi ma era la luce ad avvicinarsi, sempre più vicina assieme al suo portatore.
Non l’avevano preparato per quello. Non sapeva a cosa stava andando incontro.
“Io… io non chiederò perdono…” tentò con voce stridula.
“Sì.” Sora levò alta la mano, quasi a contatto con i suoi occhi.
“Ti credo.”

“Kingdom Hearts?”
“È la soluzione migliore. Un uso certamente più adatto dei suoi poteri.”
“Isa…”
“Risparmia il fiato, Lea. È lui che mi deve rispondere. Dunque, Sora?”
“Non è la prima volta che mi sottoponi la questione, e nemmeno nei casi precedenti hai difettato di argomenti convincenti. Purtroppo anche la mia risposta rimane invariata.”
“Ma perché? Non capisci l’utilità di quello che propongo? Che senso ha avere una fonte di potere e lasciarla a marcire? Qualche rischio vale sicuramente per il bene superiore!”
“Io ci andrei un po’ cauto con i discorsi da bene superiore, specie se riguardano Kingdom Hearts. Te lo dico anche come tuo ex-collega nel club di quelli che Kingdom Hearts non dovrebbero più nemmeno guardarlo per scaramanzia. Se il capo dice di no, seguiamo il suo giudizio.”
“I tuoi discorsi non hanno senso, Vanitas. Ti rendi conto di cosa stai dicendo?”
“Isa, per piacere.” Sora appariva davvero amareggiato. “Ti considero un amico e non voglio certo che pensi che ti vado contro perché mi diverto così o perché non ti reputo degno di fiducia. Ma devi capire che su questo argomento devo far valere altro sulle mie preferenze personali. Kingdom Hearts deve rimanere dove sta.”
Isa gli puntò l’indice contro, i lineamenti del viso deturpati dalla rabbia e l’indignazione. “Così che solo tu possa sfruttare i suoi poteri?”
[Ricordo Sigillato]

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Capitolo 16
*** Diramazioni ***


16) Diramazioni

Il giorno seguente i gemelli si svegliarono di buon’ora e uscirono dalle stanze che fungevano loro da alloggi dopo aver salutato la madre. A metà strada si incontrarono con Lutum, Wanda e Axius e assieme presero delle rampe di scale che portavano all’ala est di GranCastello, contenente i locali adibiti allo studio e l’addestramento.
“Allora, pronti per queste lezioni speciali? Vi voglio carichi.” Lutum sembrava parecchio di buonumore.
Wanda esibiva il suo consueto ottimismo. “Sarà come tornare a scuola, eccetto che non sono mai stata in quelle del vostro tipo. Quindi una doppia esperienza per me!”
“Ahahah, non dire così, non ho mai sopportato le lezioni ordinarie… forse stavolta però starò al passo con Ax.”
“Mh.”
Mizumi teneva la testa china, procedendo in silenzio; Kazeshi non sapeva di cosa avesse parlato con Sora, ma sua sorella era in quello stato fin dal loro rientro. Ricordando le parole di sua madre, tentò di scrollarsi di dosso l’impulso di indagare e si unì all’enfasi generale.
Arrivarono nella Sala d’Allenamento, dove trovarono un Pippo indaffarato a seguire la sessione di allenamento di giovani reclute con spade e altri arnesi di pratica. Tra aspiranti Custodi e figli di personaggi illustri venuti ad apprendere di più sulla magia o l’arte della scherma (dietro compenso) l’Accademia da sola non poteva soddisfare la richiesta, quindi GranCastello si prendeva parte del carico. Pippo aveva assunto con gioia l’incarico, e passava per le arene passando qualche consiglio e controllando che nessuno si facesse male.
Di fronte a quello spettacolo Mizumi dimenticò i crucci del giorno prima e ripensò con nostalgia ai tempi d’addestramento.
“Anche voi due vi siete allenati qui, vero?” chiese a Lutum e Axius.
“A volte sì, anche se non sempre seguivamo i corsi standard. Abbiamo imparato le basi, e poi ci hanno seguito i nostri genitori.”
“Chissà perché i vostri genitori sì e i nostri no,” mormorò improvvisamente Kazeshi.
Lutum si stupì di fronte a quel commento. “Wow, come mai quest’uscita di punto in bianco?”
“Voglio dire, erano tutti Maestri e figure importanti, no? Ma i vostri hanno trovato ritagli di tempo da dedicarvi. Noi abbiamo passato i primi anni con nostra madre e nostro padre andava e veniva spesso, ma poi siamo stati mandati all’Accademia.”
Lutum si grattò la testa nel suo solito modo. “Sì, beh… immagino che essere Gran Maestro sia comunque differente, no? Se manca il mio vecchio, qualcuno può coprire il vuoto la maggior parte delle volte. Ma se manca tuo padre chi altri prende le decisioni finali? Credo che verrebbe a mancare perfino chi dovrebbe decidere il rimpiazzo.”
Axius si intromise. “No, quello può essere stabilito prima, e le decisioni importanti delegate. Tuttavia,” si scansò per far passare un paio di ragazzini troppo esuberanti nei loro esercizi, “vero è che gestire l’Ordine richiede una notevole presenza. Suppongo il Maestro Sora avrà giudicato che avreste reso di più venendo seguiti attentamente che con qualche suo intervento saltuario e magari frettoloso.”
“E sia. Ormai quello che è fatto è fatto.” Mizumi era arrivata ai pannelli per i piani superiori. “Dobbiamo salire, vero? Mi pare ci era stato detto di raggiungere il secondo livello… ah, giusto, il teletrasporto saprà da solo dove mandarci. In qualche modo.”

Al secondo piano dell’ala est della fortezza vi era la Sala della Magia, un nome altisonante che indicava in realtà una semplice area circolare priva di oggetti. Rimaneva però un titolo ben guadagnato: l’intero ambiente permeava di potere magico che stimolava la rigenerazione del suddetto nei visitatori, permettendo di impratichirsi lanciando incantesimi in quantità. Normalmente lì Merlino, il leggendario e pittoresco mago, seguiva l’andazzo degli apprendisti e dispensava conoscenza e magie di base: ma con le reclute impegnate nell’addestramento fisico al piano di sotto la Sala era deserta.
I cinque ragazzi si piazzarono al centro e si guardarono attorno.
“Nessuno qui. Saremo in anticipo?”
“Il fatto che siate qui almeno mi rinfranca che non mi sono sbagliato sul luogo.”
“Oh! Forse l’addestramento è iniziato e dobbiamo cercare l’istruttore invisibile!”
“Dubito Merlino si presenterebbe in un modo così balzano, Wanda.”
Una voce risuonò all’improvviso, accompagnata dall’apparizione di una sedia e una figura minuta seduta su di essa. “Avete sbagliato entrambi, anche se per ragioni diverse. Cominciamo bene…”

“Ah, la magia! Un elemento grande e potente, affascinante ma terribile. Colui che la impugna deve esercitare controllo e fermezza, e dimostrare saggezza e virtù note solo a pochi eletti. Fuoco, vento, fulmini, ma anche le più sottili arti per manipolare e plasmare il mondo circostante! Magia, signore e signori!
Ah, se solo la sapessi usare!”
[Mac Quinst, superstar]

“Encomio di Merlino numero quattro, Paolino Paperino. Conferito per Eccellenza negli studi e competenze nell’arte magica, con lode. A questo seguono onorificenze specifiche per scoperte e traguardi personali conseguiti nel campo…”
[Archivi di Magia]

“Sembra ridicolo, ma fra tutti chi non combatterei volentieri di questi tempi è proprio il papero. So gestire uno o due incantesimi, anche se a lanciarmeli contro è Aqua. Anche tre. Ma non diciotto.
…mi state registrando, vero?”
[Archivi della Memoria, Vanitas]

Sulla sedia a fissarli vi era Paperino, imbronciato e mugugnante come suo solito. Rispetto a quando i gemelli lo avevano affrontato durante l’Esame vestiva una normale casacca da mago e un cappello di simile fattura con la punta arricciata.
“Maestro Paperino? Pensavo ci sarebbe stato Merlino…” Kazeshi provò un po’ di apprensione: non aveva dimenticato la facilità con cui il mago lo aveva umiliato tempo addietro.
“Merlino si occupa già di gestire quei monelli scalmanati, onere che io ho letteralmente implorato Sora di risparmiarmi tempo addietro. Ma dopo aver sentito delle vostre, ehm, prodezze in missione sono stato interpellato allo scopo di insegnarvi ad usare meglio la magia, e magari evitare che un giorno ci bruciate tutti.” Il modo in cui guardò Lutum fece capire che sapeva molto bene del suo errore di calcolo durante l’ultimo scontro. Il ragazzo fremette lievemente, ma non abbassò lo sguardo.
Wanda chinò la testa di lato, incuriosita. “Come ha fatto ad apparire così all’improvviso? So che di solito per farlo si creano lampi di luce e sbuffi di fumo.”
“E credo che sia precisamente questo il motivo per cui sarò io a insegnare a voi e non viceversa, signorina.” Il piccolo papero si alzò -non che facesse troppa differenza- e fece cenno loro di avvicinarsi al centro della stanza. Si venne a formare un piccolo cerchio con i cinque ragazzi tutti rivolti verso il loro insegnante, che prese nuovamente la parola.
“Dunque, eccovi qua. L’ultima volta che vi ho visti è stato quando eravate ancora cadetti e provavate a dimostrare a tutti che potevate fare molto di più di quanto si pensasse. Sarò sincero: mi sembrate ancora i ragazzini imberbi che ho lasciato e che si ficcano in guai più grandi di loro. Ma Cavalieri siete, almeno di nome, e non è impossibile che vi troviate a dover fronteggiare pericoli seri prima di quanto dovuto. Sarà compito mio e degli altri assicurarmi che abbiate almeno una possibilità di farcela.”
Di fronte a quella sequela di insulti, Mizumi ritrovò il suo classico fervore e cocciutaggine. “Tutti sempre a trattarci da bambini, come se fossimo inadatti ad ogni compito poco più complicato dello spostare una penna. Alla nostra età mio padre aveva già vinto numerose battaglie importanti, quindi perché noi dovremmo essere da meno?”
Lo scintillio irritato negli occhi di Paperino fece temere a Kazeshi il peggio, ma quando parlò la sua voce fu calma. “Sono sicuro te l’abbiano già detto e tu lo stia solo ignorando perché ti conviene, ma quelli furono tempi eccezionali che richiesero misure drastiche e tanta, ma tanta fortuna. Certo, fossimo in circostanze simili non avrei remore ad assegnarvi delle magie e ringraziare il cielo ogni volta che sopravvivete ad ogni singolo scontro, ma fortunatamente oggi possiamo prenderci il giusto tempo anche grazie a quei sacrifici. Potresti certamente padroneggiare tecniche assurdamente forti e sfidare i nemici peggiori e forse cavartela se la tua vita dipendesse da ciò, ma perché rischiare se si può evitarlo? Nessuno dei tuoi mentori si augura che tu debba passare una tale prova del fuoco e non dovresti augurartelo nemmeno tu.” Vedendo che la giovane manteneva un cipiglio frustrato, aggiunse sardonico: “Riguardo il farmi smettere di considerarti una bambina, quello dipende unicamente da te e dall’impegno che mi dimostrerai.”
Alla fine tutto si riduceva sempre a qualcuno che le raccomandava di stare serena e lasciar correre. Mizumi iniziò a chiedersi se davvero certi impulsi li provasse soltanto lei. Mentre tirava un sospiro per calmarsi, Lutum si aggiunse alla conversazione: “Quindi immagino oggi impareremo di più sulla magia.”
Paperino annuì e prese a camminare per la sala, apparentemente dimenticando che era stato lui ad insistere perché formassero quel cerchio. “In un certo senso sì, ma non ho dubbi che non sarà quello che vi aspettate voi. La magia non è soltanto un’imposizione delle braccia e l’evocare incantesimi sempre più grossi e potenti. Esistono sfumature, sottigliezze che non hanno riscontri con l’arte della spada o poteri simili.”
“Questa la sento spesso,” disse Wanda, “ma non l’ho mai capita. Alla fine della festa, i maghi più potenti non sono quelli che utilizzano incantesimi assurdamente forti? Uno che sa sollevare una montagna col pensiero non è più abile di chi sa avvelenare? E di sicuro vincerebbe in uno scontro diretto.”
Paperino sbuffò. “Si dice alla fine della fiera. Sì, il ragionamento di voi scavezzacollo è sempre questo. Quindi, secondo il tuo discorso, se ora voi cinque usaste il vostro incantesimo più potente contro di me il mio unico modo per difendermi sarebbe contrattaccare con uno ancora più forte, non è così?”
Il tono retorico del maestro era ovvio, ma nessuno dei cinque era ansioso di testare la cosa.
“Provateci comunque. Credo che andremo più spediti con una dimostrazione pratica. Tranquilli, non vi verrà fatto alcun male. Nella peggiore delle ipotesi sarò io ad avere il portapiume un po’ bruciacchiato.”
Ciascuno dei Custodi estrasse il proprio Keyblade, mentre Paperino rimase immobile a braccia conserte. Non volendo optare per la soluzione più banale controllarono tutti lo spazio circostante, il soffitto, il pavimento ai loro piedi: niente che facesse suggerire un incantesimo premeditato da parte del mago.
Dopo un ultimo istante di esitazione, Mizumi si fece forza e iniziò ad incanalare la magia… per poi ritrovarsi distesa a faccia in giù, priva della sensazione del Keyblade nella mano. Rialzandosi constatò che la stessa sorte era toccata ai suoi amici.
Paperino era di nuovo sulla sedia e ghignava. “Qualcuno vuole provare a indovinare cosa è successo?”
Parlò Axius: “Ha usato Stop. E poi immagino Antima per farci cadere.”
Kazeshi sbatté le palpebre rapidamente. Stop faceva fermare completamente il tempo per il bersaglio, spiegando perché nessuno sapesse con certezza cos’altro avesse fatto Paperino dopo. “Ma i nostri Keyblade?” Chiese. Axius indicò con un dito un punto sopra di loro, dove le cinque armi gravitavano attorno ad un polo di energia. Magnete. Con un gesto Paperino dissolse l’incantesimo e le armi tornarono ai loro possessori.
“Per riassumere: ciascuno di voi aveva preparato un potente incantesimo elementale, eppure eccovi sconfitti dalle mie tre magie. Ed erano tutti incantesimi che non servono a provocare chissà quali danni e perderebbero contro i vostri in uno scontro diretto.
“Questo è successo perché voi avete posto l’accezione sul momento dello scontro, dandolo per scontato, mentre io ho agito prima che tutto avvenisse. Perché la magia è proprio questo, è il pensiero, il controllo della situazione. Il mago che sa far levitare le montagne non andrà sempre in giro con una che gli fluttua sopra la testa pronta all’uso. E se anche l’avesse, servirebbe solo ad annunciare la sua presenza a tutti nel raggio di chilometri. Il mago che sa avvelenare invece, può adoperare tale potere in mille modi diversi e impercettibili. Più ne padroneggerà, più il levitamontagne dovrà temerlo. Tenete bene a mente tutto ciò, perché il momento che incontrerete un praticante di magia che ha afferrato questi concetti -e credetemi, ce ne sono in giro- egli vi avrà alla sua mercé anche se avesse solo un decimo del vostro potere.”
Mizumi provò una scarica di adrenalina addosso per via del breve confronto, ed era completamente sveglia e ricettiva; anche Kazeshi si sentiva carico. Wanda compiva dei piccoli saltelli, e gli occhi di Axius brillavano di rinnovato interesse. Notando con soddisfazione di averli impressionati, Paperino continuò.
“C’è del vero nel dire che i maghi più potenti conoscono anche le magie più temibili, ma ciò è dovuto anche e soprattutto al fatto che hanno l’esperienza e la saggezza per saperli adoperare. Se anche un apprendista avesse il potere di usarli il più delle volte finirebbe col rimanerci secco lui stesso, per non aver compreso appieno alcuni aspetti dell’incantesimo. Lo stesso si può dire per quanto riguarda il Keyblade e i poteri che potreste, un giorno, comandare quindi prestate attenzione. Vi ho tenuti sulle spine abbastanza a lungo: sì, vi insegnerò qualche nuova magia. E saranno magie forti, come direste voi. Ma prima di ogni altra cosa vi insegnerò a riflettere.”

Per il resto della lezione Paperino impartì loro alcune lezioni e aneddoti su come questa o quella branca della magia funzionava, su come si comportavano certi elementi e via dicendo. Si manteneva sempre sul concetto dell’oggetto in discussione, e taceva -probabilmente di proposito- sui meccanismi concreti per effettuare quel tipo di cambiamento. Voleva davvero insegnare ai ragazzi a sviluppare il pensiero in direzioni diverse, e ad adattare la magia a seconda della situazione.
“Firaga!” esclamò ad un certo punto. Una sfera brillante di fuoco si generò nel palmo aperto della sua mano. Mizumi e gli altri constatarono che era davvero una sfera perfetta, con una consistenza lontana anni luce dai globi informi che i loro Fira sprigionavano. Paperino puntò la mano libera verso il Firaga, e le fiamme all’interno presero a ruotare vorticosamente.
“Tempesta Firaga. Non vi consiglio di trovarvi nelle vicinanze quando uno di questi viene rilasciato: il vortice che si crea è impressionante.” Gesticolò nuovamente con la mano ed il Firaga tornò compatto, per poi procedere placidamente in una direzione. “Firaga Lenta. La magia viene da sempre vista come un qualcosa di rapido e istantaneo, ed è per sfruttare questa falla di ragionamento che esistono incantesimi lenti. Ti mandano completamente a gambe all’aria il tempismo.” Ad un nuovo cenno del papero l’incantesimo si fermò e tornò nella sua mano. Stavolta Paperino mise la mano libera sul palmo dell’altra e chiuse gli occhi. Il Firaga riverberò nella sua mano, investito da una nuova scarica di energia, ed il suo bagliore illuminò per un istante l’intera Sala. I cinque non seppero spiegarsi tale fenomeno e indietreggiarono, percependo l’incredibile potere che il globo infuocato sprigionava.
“Bomba Firaga. Una potenza almeno quattro volte superiore al comune Firaga. Sono sicuro abbiate già intuito che i precedenti incantesimi derivavano dall’accomunare Aero e Lentezza, ma non ho trucchi o esempi per questo qui: può essere padroneggiato solo da chi ha realmente compreso la vera essenza dell’incantesimo Fire. Tranquilli, nessuno si aspetta voi ci riusciate dall’oggi al domani.”
Il papero dissolse del tutto la magia e si strofinò le mani. “E questi sono solo alcuni dei possibili utilizzi, perlomeno quelli che posso mostrarvi senza effettivamente mettere in pericolo la stabilità della stanza. Ma pensate: cosa accadrebbe usando Antima invece di Aero o Lentezza? E se si modificasse la forma di Firaga al principio, rendendolo diverso da una sfera di fuoco, quali altre strade si potrebbero prendere? Questo discorso vale ovviamente anche per gli altri tipi di magia, grossomodo. Nessuno li conosce tutti: un vero mago rimane innanzitutto uno studioso fino alla fine dei suoi giorni.”
Dopo quell’ultima dimostrazione la lezione si concluse, e gli allievi vennero congedati. Prima di andare però, Axius si rivolse di nuovo a Paperino: “Maestro, un’ultima cosa. Sto pensando, come richiesto, e non ho potuto fare a meno di notare un paio di particolari. So bene che uno scettro o un Keyblade servono per amplificare gli effetti delle magie, e che un mago che non si affidi ad essi deve condurre gli incantesimi con l’imposizione delle mani, come lei ha fatto poc’anzi.”
Paperino era girato di spalle mentre trafficava con la sedia. Mizumi era pronta a giurare stesse sogghignando di nuovo. “E quindi?”
“E quindi… lei è arrivato qui senza emettere alcun tipo di suono o gesto. E ha usato Stop su di noi senza nessun cenno delle braccia visibile. Ho provato a pensare, ma ancora non ho capito.”
Paperino si voltò verso di loro, stavolta con un genuino sorriso e un’espressione amichevole e paternale. “E il non aver capito testimonia che c’è sempre qualcosa da imparare, e servirà come stimolo per procedere per gradi e trovare la risposta. La vera comprensione arriverà solo alla fine del percorso… oppure qualcuno vuole che gli sveli subito come ho fatto? Non è chissà che segreto, e non mi costa nulla rivelarlo.”
Ciascuno dei ragazzi scosse il capo in segno di diniego. Il mago annuì compiaciuto e li salutò.

Mentre si svolgeva la lezione Kairi si era concessa una pausa dallo sbrigare le questioni amministrative dell’Ordine e passeggiava per i giardini gustandosi un sorbetto. I gemelli erano impegnati, Sora era… via, e non c’era nessuna questione urgente da sistemare. La donna chiuse gli occhi, assaporando il tepore del sole di mezzogiorno.
“Yo! Disturbiamo?”
Kairi si riebbe e sorrise: non era l’unico genitore a zonzo. “Aqua, Lea. Qual buon vento? Ansiosi per i ragazzi?”
Lea si appoggiò ad una colonna lì vicino. “Nah, sono in buone mani. Almeno so che non succederà nulla finché non faranno arrabbiare Paperino sul serio.”
Aqua sorrise. “Non credo abbiamo di che preoccuparci: ha insistito lui stesso per addestrarli, è segno che ci tiene. Non che vi fossero dubbi al riguardo, è sempre stato un pessimo bugiardo.”
I tre amici risero con leggerezza, cercando di scacciare l’argomento “lavoro”. Ma i pensieri aleggiavano tra loro come una coltre di fumo, quindi Lea spezzò il silenzio.
“Ho sentito che Sora l’ha fatto, alla fine.”
Kairi si rabbuiò, ma rimase composta. “Purtroppo è stato costretto. Il nemico ha preparato tutto per bene.”
Il rosso fece un gesto stizzito. “Troppo bene, direi. Ci hanno studiato meglio di un compito in classe. E quel Keyb- quell’arma che il tizio impugnava? Ormai è palese siamo di fronte a qualcosa di grosso.”
Aqua rispose: “Non è il primo conflitto che affrontiamo, e non penso qualcuno di noi si illudesse non ce ne fossero altri. Abbiamo sempre vinto alla fine.”
“Può darsi, ma ho una brutta sensazione. Tutto questo mistero è frustrante… persino Xehanort e chi ne faceva le veci ti confrontava direttamente.” Notò che i suoi discorsi stavano turbando le sue amiche, quindi aggiunse: “Non mi piace stare con le mani in mano, ecco tutto. Di solito non le posso soffrire, ma non vedo l’ora si svolga l’assemblea. Almeno decideremo qualcosa.”
Kairi finì il gelato e fissò il bastoncino. “Non potremo fare molto finché Riku e Hokori… e Sora… non saranno tornati. Senza di loro non possiamo iniziare, nemmeno quando si raduneranno tutti i Maestri.”
“Riku non potrà impiegarci più di qualche giorno, deve rimettere al suo posto il solito despota, e di Sora mi fido proprio perché è Sora. Hokori mi preoccupa: potrebbe metterci un po’ a svicolarsi da tutte quelle scartoffie e cerimonie.”
“Potremmo fare anche senza di lei- scherzo, sto scherzando” Aqua alzò le mani di fronte all’espressione degli altri due. I tre adulti fecero passare qualche altro minuto in serenità prima di ritornare alle proprie mansioni.
“Penso che i ragazzi finiranno a breve, saranno affamati. Meglio preparare qualcosa.”
“Mh, io pensavo di portare la mia Wanda a mangiare fuori. Qualcun altro si aggrega?”
“Vorrei, ma noi quattro siamo usciti proprio ieri.”
“So che Naminé vuole stare un po’ con Axius, specie dopo tutto il tempo che le ha preso il suo incarico. Sento Lutum e Terra e ti dico cosa facciamo.”
Lea iniziò ad allontanarsi, ma dopo nemmeno due passi si voltò e disse: “Sapete, dovremmo anche iniziare a valutare cosa fare con loro quando… se. Se la situazione precipita prima del previsto, o se dopo l’assemblea si giunge a determinate soluzioni. So che è inutile pensarci ora, ma…”
“No, è giusto. Ci pensavo anche io.” Aqua si accarezzò il mento, meditabonda. “Mi dite tutti che sono severa, ma penso siamo d’accordo che non sono pronti. Non a questo livello. Devono sperimentare di più del mondo, anche se di questi tempi e con l’espansione è difficile. Sarà stato un progresso su molti fronti, ma un po’ rimpiango quando l’universo era una dozzina scarsa di pianeti.”
“Se non possono andare nel mondo, forse il mondo può arrivare da loro.” Kairi giocherellò col bastoncino fino a romperlo con due dita. “Parlerò con Ventus e vedrò se non si possono rendere queste lezioni speciali più… movimentate. Forse potremmo risolvere più problemi in un colpo solo.”
Aqua inarcò un sopracciglio sorpresa quando afferrò le implicazioni. Lea ghignò: “Sai, a volte mi chiedo dove saremmo se tu non fossi qui.”
La rossa lanciò con noncuranza i resti del bastoncino centrando un contenitore poco distante. “Probabilmente sempre qui, ma con un giardino meno curato.”

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Capitolo 17
*** Rinascita ***




17) Rinascita    


Per i giorni a seguire i cinque giovani Cavalieri continuarono a seguire le lezioni, che iniziarono a prendere il posto dei loro incarichi quotidiani. Alle lezioni di magia di Paperino si affiancarono quelle di combattimento con Pippo, che -nonostante fosse reduce dall’allenare le reclute la mattina- egli praticava con entusiasmo. I ragazzi scoprirono sgomenti che perfino dopo una giornata passata ad insegnare era impossibile prendere il guerriero per stanchezza, e alla fine di ogni corso Pippo era l’unico a lasciare la Sala d’Allenamento senza nuovi lividi o il fiatone. Mentre l’addestramento di Paperino si concentrava su un processo più concettuale, quello fisico era incredibilmente diretto: pur non maneggiando lui stesso nemmeno una spada Pippo era incredibilmente versato nelle tecniche di scherma, e non si risparmiava nel condividere il suo sapere anche in maniera molto concreta. Mizumi scoprì che perfino i colpi più basilari potevano nascondere qualche sorpresa nascosta.
Seguiti tutti allo stesso modo e dai migliori tutori che si potesse desiderare, le differenze fra i cinque aumentarono esponenzialmente. Axius era prevedibilmente assai portato per gli scontri magici, mentre difettava parecchio nel combattimento fisico. Era un po’ lento, e preferiva affidarsi al suo notevole potere magico per sostituire anche le più semplici azioni motorie. Wanda era invece incredibilmente rapida, sia di corpo che di mente: cercava di compensare la mancanza di forza col numero di attacchi. Si scoprì inoltre che non aveva molto potenziale magico, e Kazeshi rifletté se non fosse per quel motivo che aveva confrontato Paperino sull’importanza del padroneggiare le magie più disparate rispetto a quelle più potenti. Effettivamente da quell’incontro la rossa si impegnava parecchio ad apprendere magie minori e di supporto.
Durante le prove e gli scontri divenne chiaro che Kazeshi aveva un buon intuito per la magia, mentre con la scherma se la cavava ma senza eccellere. Pippo disse che Kazeshi “viveva la scherma in modo tragico, come un ostacolo da superare che un piacere a cui dedicarsi”. Il ragazzo tenne a mente queste parole, ma non era sicuro di voler intraprendere un cammino monotematico come Axius, e meditava parecchio su come amalgamare i due mondi.
Mizumi eccelleva: dopo i vari episodi nei quali aveva dovuto esplorare territori sconosciuti, tornare in un’area dove sapeva di poter primeggiare era un toccasana. I successi ottenuti nelle sessioni d’addestramento riuscirono a cancellare i suoi dubbi e la sua amarezza dovuti al confronto con gli Heartless. L’unico cruccio era costituito da Lutum. Forte come il padre, durante gli allenamenti magici dimostrò che non era figlio di Aqua per niente, e Mizumi doveva sudarsi duramente ogni primo posto. Il ceruleo sembrava non avere punti deboli, ma lei attendeva una prova che decidesse una volta per tutte chi era il migliore in cosa.
La prima variazione dal solito regime si presentò dopo una settimana dal suo inizio. Invece della Sala della Magia, i pannelli di teletrasporto li scaricarono in un luogo mai visto prima. Una stanza rettangolare parecchio ampia, senza porte né finestre e con delle torce alimentate da fiamme bluastre come unica fonte di luce. Le pareti erano sicuramente in marmo bianco come il resto di GranCastello, ma la scarsa illuminazione assieme alle dimensioni del locale rendevano il tutto avvolto dalla penombra.
“Dove siamo?” chiese Wanda.
“Non ne ho idea.” Axius si guardava attorno col suo solito fare inquisitore. “A giudicare dall’atmosfera, credo che siamo parecchio in profondità, forse anche più di dove ci siamo spinti noi quella volta.”
“Non dirmelo. È la volta buona che quei maledetti affari hanno avuto un guasto.”
Lutum provò ad avanzare di qualche passo. “Ehilà? Fa parte dell’allenamento questo?”
“Puoi giurarci.”
Emerse dalla penombra una figura minuta, ma non si trattava di Paperino. Quella volta fu un qualcuno che fece scattare tutti e cinque sull’attenti, per poi genuflettersi.
“Vostra Maestà!”
“Comodi, comodi. Abbiamo parecchio di cui discutere.”

Nel mentre, Kairi si trovava nella Sala delle Udienze. La mattinata del Gran Maestro era dedicata ad ascoltare chiunque venisse a richiedere aiuto o consiglio, e con Sora assente quel lavoro spettava a lei. Era ancora presto, ma vi era già una folta schiera di visitatori: dopo aver congedato un emissario della Terra dei Dragoni che richiedeva un risarcimento per danni recati alla piazza del castello, Kairi cercò di sistemarsi più a suo agio sul trono. Accanto a lei Xion soffocò uno sbadiglio, e Aqua manteneva un contegno solo perché abituata, essendo comunque sempre presente vicino a Sora durante le udienze. Ciò non l’aveva resa più benevolente, in quanto mentre le porte si chiudevano Kairi la sentì distintamente mormorare: “Te li sbatterei in faccia, i munny richiesti, dal primo all’ultimo.”
Xion si ringalluzzì. “Vero? Come se fosse davvero colpa nostra: i nostri Custodi stavano combattendo un drago per loro! A sentir lui, sembra che abbiamo fatto male a non lasciare che gli Heartless devastassero il palazzo.”
Kairi evitò di aggiungersi al coro, o sapeva che non sarebbe riuscita a mantenersi calma e imparziale per i prossimi ospiti. “Possiamo sottrarci al pagamento, indicando che i danni minori non fanno parte del contratto?”
“Purtroppo dalla sua descrizione pare che i nostri si siano davvero lasciati prendere un po’ troppo la mano, e abbiano seriamente danneggiato le mura. Potrei mandare qualcuno a verificare, ma quando si tratta di esigere soldi questi funzionari sono sempre molto precisi. Inoltre, con le sommosse riguardo il nostro operato nelle Terre d’Oltremare…” Aqua fece un gesto stizzito. “Spero Riku risolva il tutto al più presto. Per il momento, credo ci tocchi pagare e basta.”
Kairi annuì, e segnalò al Moguri di far entrare il prossimo visitatore.
“Da Agrabah, il Sultano, kupò!”
“Il Sultano? Di persona?”
Le porte si aprirono di nuovo ed effettivamente fu proprio Jasmine ad incedere nella sala, con un vestito sontuoso adornato di mantello e gioielli, un diadema e bracciali d’oro purissimo e due guardie al seguito. Come al solito le guardie fissarono in cagnesco i Cavalieri posti di fronte ai troni, quasi come per sfidarli; come al solito, i Cavalieri le ignorarono bellamente.
Kairi si compiacque nel rivedere la sua amica ed ex-Principessa del Cuore, ma sapeva che se era venuta di persona non era certo per una visita di cortesia.
“Jasmine. Che piacere. A cosa dobbiamo l’onore?”
Il Sultano chinò la testa a sua volta. “Il piacere è mio, Kairi. Aqua. Xion. Se non è troppo scomoda come domanda, posso immaginare che l’assenza di Sora significhi che anche lui è impegnato altrove?”
“Immagini bene. Come mai dici ‘anche’?”
Jasmine arricciò le labbra in una smorfia prima di proseguire. “Sono venuta per parlare proprio di questo. Di recente gli attacchi alla città si sono fatti più ripetuti e violenti, e contavano la presenza di numerosi Heartless. Ho lasciato che Aladdin andasse in esplorazione, e dal suo ultimo rapporto risulta che si tratta di una minaccia di proporzioni ben più ampie di quello che pensavamo. Sono qui per informarvi e chiedervi aiuto.”
Aqua prese parola, con una nota tremula nella voce. “Come da accordi, c’è un contingente stabile dei nostri Custodi ad Agrabah. Se sei venuta qui senza di loro significa che…?”
L’ex-Principessa chinò il capo. “Mi dispiace moltissimo. Tuttavia, non siamo certi che siano caduti in battaglia: gran parte dello squadrone è misteriosamente scomparsa, e anche per questo motivo gli ultimi Custodi sono assieme a mio marito in avanscoperta. Mi hanno inoltre chiesto di porgervi le loro scuse per il mancato rapporto, ma sono dovuti partire in tutta fretta. Si uniscono a me nel sottolineare l’urgenza della situazione.”
“Sono notizie senza dubbio importanti.” Kairi non poté ignorare i suoi istinti e collegare quelle informazioni a ciò che già sapeva, ma si impose di rimandare il tutto ad una discussione privata. “Ti ringrazio per avercelo comunicato. Hai per caso notato altro di particolare? Qualsiasi elemento a questo punto potrebbe essere importante.”
Jasmine fece per parlare ancora, ma proprio in quel momento le porte si aprirono di nuovo. Custodi e guardie si voltarono mettendo mano alle armi, ma si ricomposero immediatamente: ad incedere nella sala era Riku, ancora l’armatura nera indosso. Sembrava affaticato, ma manteneva comunque il passo fermo e la postura salda. Passò accanto a Jasmine e la salutò con un sorriso, al quale lei rispose.
“Sultano, che bella sorpresa. Ci sono problemi che ti affliggono?”
“Purtroppo sì, Riku. Come a te, presumo.”
“Hai la mia parola che ce ne occuperemo appena possibile. Ora però, necessito di parlare con gli altri Maestri… Maestre,” si corresse, dopo essersi guardato attorno. “Se potessi cortesemente attendere qui per un poco.”
“Oh no, fate pure. Ho già comunicato tutto quello che avevo da dire comunque. Tornerò a casa: sono preoccupata per le sorti della mia gente.”
Jasmine raccattò il suo seguito e uscì. Riku rivolse uno sguardo eloquente a Kairi.
“Per ora la sessione è aggiornata. Vedete se c’è qualche Maestro che possa occuparsi delle questioni meno urgenti, e mi occuperò delle altre al mio ritorno.”
Si ritrovarono tutti e quattro nella sala del Consiglio. Riku attese solo qualche istante prima che le tre donne si fossero sedute per esordire: “Il combattimento contro il tiranno non sta andando bene.”
Aqua incrociò le gambe. “Quello l’avevo intuito. Anche tu Heartless?”
“Non solo. Ci aspettavano, e si erano preparati bene. La fortezza di Zibahir è diventata inespugnabile, c’è tutto un nuovo schieramento di armi e protezioni di ogni tipo. Ed è tecnologia Gummi.”
Un silenzio carico di tensione, l’ennesimo della giornata, riempì la stanza.
“Non potevamo aspettarci che il monopolio restasse in mano nostra per sempre.” disse Xion.
“Sì, ma tutto assieme, e nello stesso momento? È sospetto.”
Riku si costrinse a rilassarsi, pronto al peggio. “Credo sia ora che mi diciate che notizie ha portato Jasmine.”
Quando ebbero finito, il robusto guerriero intrecciò le mani. “Invasioni di Heartless, e Custodi che vengono a mancare… chi era in carica ad Agrabah?”
Aqua, previdente come sempre, aveva già rimediato un elenco mentre parlavano. “Gerey la Lama Scarlatta. Si è distinto durante i Tornei del ’24 e ha partecipato alla Guerra dei Dirupi.”
L’argenteo annuì. “Me lo ricordo, un guerriero in gamba. Molto ligio al dovere, a volte anche troppo. Jasmine ha detto perché non ha fatto rapporto?”
Xion rifletté. “Ha detto che i Custodi sono dovuti partire in fretta, ma non sappiamo nemmeno se era ancora lui a guidare il contingente, no? Forse era tra quelli scomparsi?”
Kairi si batté una mano in fronte. “Maledizione! Non gliel’ho chiesto. Troppe cose a cui pensare… mi dispiace, Riku.”
Riku liquidò la cosa con un gesto, ma si fece scuro in volto. “La situazione è seria. Anche senza tutto il… resto, a questo punto dichiarerei che qualcuno sta istruendo ed equipaggiando individui di vari Mondi, e che siamo di fronte alla nascita di una nuova coalizione. Ci serve l’assemblea, subito. Sora è ancora via?”
“Sì. Non sono stati registrati cambiamenti.”
“Accidenti. Non ci aveva mai messo così tanto!” Riku batté un pugno sul muro, frustrato.
“Calmati. Non serve a niente lasciarsi prendere dall’ira.” Aqua continuava a sfogliare il compendio di Custodi e risorse. “Per ora le priorità. Dobbiamo mantenere la posizione nella lotta contro l’usurpatore di Zibahir, e accertarci che i Custodi stiano bene. Tutto il resto, anche le più ardite contromosse, è secondario.”
Kairi si costrinse a respirare a fondo e sciogliere il nodo allo stomaco. Tutto stava precipitando, e in modo repentino. Voleva che Sora tornasse al più presto. “Dobbiamo inviare almeno un Maestro in entrambi i luoghi. Facciamo in modo siano più che fidati, e non degli scalda panchine. Perfino con l’utilizzo dei Portali non penso possiamo più averti lì, Riku, non fino alla fine dell’assemblea.
“Quanto all’assemblea stessa, dobbiamo capire di quanti Maestri ciascun luogo può privarsi…”

Il Maestro Topolino guardò i cinque ragazzi di fronte a lui, con un’espressione serena segnata dall’età. Paperino e Pippo si tenevano in forma, ma per qualche motivo su di lui il tempo aveva lasciato la sua firma indelebile molto più a fondo. Figure come Yen Sid e Merlino erano chiaramente dei portenti in quanto a longevità, ma solo al suo cospetto ci si rendeva conto di quanto a lungo avesse combattuto, da quanto tempo servisse l’Ordine.
“Allora, eccovi qui. Non penso ci siamo mai trovati a tu per tu, se non in rare occasioni. Come di certo avrete capito, oggi affronterete una lezione diversa in mia presenza.”
“Che tipo di lezione?” Mizumi era ansiosa di conoscerne i contenuti. Poteva solo essere un qualcosa di cui Paperino e Pippo non erano capaci, il che significava… la testa della ragazza cominciò a girare al solo pensiero.
“Si tratta di qualcosa di particolare. State sviluppando le vostre abilità magiche e della scherma, e i vostri insegnanti non hanno che lodi per voi ed il vostro entusiasmo, ma non occorre chiaramente scordare la vostra arma più potente, ciò che vi rende speciali.” Il minuto Maestro tese la mano di fronte a sé, e in un fascio di luce Mizumi e gli altri poterono ammirare un’arma leggendaria: una delle due Catene Regali, le Chiavi Sostanziali. Contrariamente a quanto descritto nei volumi d’apprendimento però, il Keyblade di Topolino era interamente ricoperto da stelle e presentava un colorito bluastro, e nessuno seppe spiegarsene il motivo.
“Il Keyblade. L’arma che può fungere da spada o scettro possiede tutta una vasta gamma di poteri unici, la vera fonte del perché è così importante e rispettata. Senza dubbio vi sarete già informati al riguardo, ma la teoria e la ricerca personale possono portarvi solo fino ad un certo punto. Per proseguire è necessario addentrarsi nei recessi del proprio cuore, esplorare la nostra stessa coscienza, e compiere un tuffo profondo.”
L’arma del Maestro era rivolta ora verso il gruppetto, e iniziava ad accumulare energia nella punta. I ragazzi esitarono, incerti se dovessero estrarre a loro volta i propri Keyblade, ma Topolino non sembrava cercare lo scontro. Sorrideva, tranquillo.
“Capire di più sul Keyblade e sulla vostra eredità richiederà capire di più su voi stessi. Niente competizione stavolta: sarete soli, anche se sarò sempre presente a guidarvi. Fate un bel respiro… iniziamo.”
Il Keyblade rilasciò un fascio di luce che divenne in breve tempo accecante, offuscando la vista della sala ai presenti.

Quando Kazeshi riaprì gli occhi scoprì che invece di trovarsi nella sala assieme ai suoi amici era solo, a fissare il vuoto in un luogo mai visto prima. I suoi piedi poggiavano su quella che pareva essere un’enorme vetrata circolare che mostrava uno scenario a dir poco surreale: vedeva se stesso, raffigurato mentre brandiva il suo Keyblade Nebula con le Isole del Destino sullo sfondo. La vetrata era situata in cima ad un pilastro che sembrava emergere dall’Oscurità stessa. Kazeshi guardò il nero circostante, a disagio.
“È normale che lo scenario sia questo. In fin dei conti i cuori nascono dalle tenebre, pure contenendo Luce.”
Una voce che sembrava originare dall’alto lo fece sobbalzare.
“Maestà? Siete voi?”
“Sì. Avevo detto che vi avrei guidato, no? Kazeshi, ciò che ti si pone davanti è lo stato attuale del tuo cuore. Non è sempre facile accettare o capire ciò che ti pone davanti. Ma è un passo necessario per ogni detentore del Keyblade.”
Il ragazzo esaminò più attentamente la vetrata. Notò che accanto a lui vi erano dei ritratti raffiguranti persone che conosceva: suo padre, sua madre, Mizumi… Wanda. Un po’ imbarazzato da quest’ultima rivelazione, Kazeshi voltò lo sguardo e vide che tre pilastri stavano emergendo dal bordo esterno. Ciascuno divenne un piedistallo per un oggetto diverso.
“Il potere è con te. Se gli dai forma, ti darà forza.”
Una spada, uno scettro e uno scudo. Kazeshi camminò verso il centro, meditabondo. Il significato della spada e dello scettro erano ovvi, ma lo scudo? Poteva davvero essere solo un modo per plasmare il proprio stile o le proprie capacità? Non sapendo se servisse davvero, levò la testa verso l’alto.
“Maestro Topolino! Quante scelte dovrò fare? Ne esistono altre, dopo questa?”
“Sì. Ti verrà chiesto di scegliere quale potere cerchi, e poi da quale allontanarti di più. Tieni presente che il potere cercato non deve necessariamente essere il tuo unico interesse, così come l’allontanamento da un potere non ne implica il totale abbandono.”
Dunque il Re rispondeva se interpellato. Kazeshi fissò di nuovo ciascuna arma, domandandosi se avesse dovuto scegliere la spada per colmare le lacune evidenziate dal Maestro Pippo o se, invece, dovesse allontanarsene e abbracciare una forma completamente diversa. Ma lo scudo continuava ad attirarlo: la curiosità prevalse infine e Kazeshi si mosse per prenderlo. Appena lo toccò, Topolino tornò a farsi sentire.
“Il potere del Guardiano. La bontà per aiutare gli amici. Uno scudo per difenderti. È questo il potere che cerchi?”
Il figlio di Sora rifletté. Era davvero questo il potere che cercava? Gli ritornò in mente la discussione avuta con sua madre riguardo il modo in cui si sentiva legato alle azioni altrui. Scegliere lo scudo non avrebbe contribuito ad accentuare questi lati del suo carattere? D’altro canto, Topolino aveva parlato semplicemente della bontà di aiutare il prossimo.
“Forse” pensò, “sto nuovamente osservando la questione dalla prospettiva sbagliata, come ha detto Wanda. Non è il voler supportare gli altri il problema, è il senso di costrizione derivato dal percepirla come un’imposizione: accadrebbe anche se iniziassi a perseguire obiettivi più personali, cambierebbe solo il mezzo. E non c’è nulla di male a voler aiutare qualcuno.”
Topolino rimase silente durante tutto il monologo, ma quando terminò Kazeshi percepì una nota di soddisfazione risuonare nello spazio sconfinato. Il ragazzo inspirò e afferrò saldamente lo scudo.
“La tua strada è decisa. Ora, a cosa rinuncerai in cambio?”
La seconda scelta prevedeva il rinunciare, almeno in parte, ad un’altra delle forme che il potere era in grado di assumere. Spada o scettro. Forza o magia, coraggio o intelletto. Kazeshi pensò che in fin dei conti il suo dilemma originale non era svanito.
Anche qui, si sforzò di giudicare il tutto da un’altra prospettiva: cosa accadeva alla terza forma, quella che non veniva scelta in nessun caso? Andava a sommarsi alla prima scelta, il potere designato? Ma in quel caso scegliere lo scudo avrebbe avuto meno valore.
“Solo perché non viene scelta come forma a cui rinunciare non significa necessariamente che venga esaltata in qualche modo. In questo caso, anche se abbandonassi la spada non implicherebbe una mia predilezione per lo scettro. Rimarrebbe semplicemente ‘lì’, qualunque cosa ciò rappresenti.”
Una volta raggiunta quella conclusione, la scelta era ovvia. Kazeshi avanzò fino al piedistallo ed impugnò lo scettro.
“Rinunci a questo potere?”
“Sì. La rinuncia non vuol dire abbandono totale, no? Mi trovo bene con la magia al punto in cui sono. È il momento di battere altri sentieri.”
Non sapeva se dovesse fornire una spiegazione o perché l’avesse fatto, ma Topolino non disse nulla comunque. Lo scettro evaporò nelle sue mani, suddividendosi in particelle di luce che fluttuarono verso l’alto. Solo allora Kazeshi notò che le piattaforme erano illuminate da dei coni di luce che squarciavano le tenebre.

Lutum era rimasto abbastanza impressionato dalla vetrata e successivamente dalla voce nella sua testa. Ogni volta che pensava di averle viste tutte qualcos’altro lo faceva sobbalzare, riconfermandolo come il tipo più impressionabile della compagnia. Sospirò, fissando il se stesso impresso sul vetro colorato.
Brandiva Squarcio mentre dietro di lui si ergeva GranCastello. Lutum lo giudicò appropriato: era il posto dove voleva stare, dove sentiva di appartenere. Non che non volesse visitare altri luoghi eventualmente, ma sapeva che si sarebbe sentito completo solo marciando fra gli androni con una qualche missione importante da compiere, o seduto su uno degli scranni.
“Di certo è importante essere onesti con le proprie ambizioni. Molto spesso è il cercare di negarle che le distorce e le rende delle ossessioni… tu ad esempio non vorresti soltanto un posto a sedere, ma uno dei Troni. Forse proprio quello centrale. Ma non vuoi dirlo apertamente.”
Il ragazzo sogghignò. “Ora che ci penso, voi eravate seduto su uno di essi, vero? Come ci si sta, se posso chiedere?”
“Un po’ scomodi, specie dopo cerimonie di parecchie ore.”
Lutum giudicò appropriato ricevere una risposta del genere dopo che lui stesso aveva evitato le constatazioni del Re, e tornò a rivolgersi alle piattaforme con le tre armi. Si era voluto lasciare un po’ di tempo per riflettere, ma non vedeva molte altre soluzioni: afferrò l’elsa della spada con fare sicuro.
“Il potere del Guerriero. Un coraggio indomabile. Una spada distruttiva. È questo il potere che cerchi?”
Il ceruleo annuì. Trovava la spada molto bella, e si chiese se non gli fosse concesso di portarla con sé una volta che tutto fosse terminato. Chissà se non esisteva il modo di modellare il suo Keyblade su di essa.
“La tua strada è decisa. Ora, a cosa rinuncerai in cambio?”
Altra domanda, altra risposta abbastanza semplice. Lutum marciò dritto verso lo scettro e lo impugnò, facendolo scomparire.
“Non volermene ma’, penso di essere coperto pienamente dai miei compagni quando si tratta di magia, e comunque so che col tuo addestramento infernale non mi permetterai di tralasciare qualcosa. Quindi, fosse anche per liberazione, almeno qui voglio allentare un po’ la corda come posso.”
Una nota divertita fu il contributo di Topolino.

Axius era abbastanza sicuro di sapere dove tutto andasse a parare, e infatti non batté ciglio quando vide la vetrata materializzarsi attorno a lui. Era una Stazione, il che significava che era in atto un processo che lo riguardava personalmente. Studiò la vetrata, che stando a quanto ricordava doveva rappresentare lo stato del suo cuore mostrando luoghi e persone a cui era legato.
Era proprio lui quello raffigurato al centro, con Amethysta in pugno. Nei riquadri in alto vi era sua madre, Lutum e Kazeshi: niente di sorprendente, ed era certo che fosse quasi lo stesso per il suo amico, con i suoi genitori e forse Mizumi. Fu invece sorpreso nel constatare che il luogo sullo sfondo era il Giardino Radioso, l’altra sua casa. Certo, amava passeggiare per i giardini e le fontane e la sensazione di pace e tranquillità, ma non pensava avessero lasciato su di lui un’impressione così profonda. Si domandò cosa vedesse Lutum, decidendo che con tutta probabilità era GranCastello. Le Isole per Kazeshi e Mizumi, il pianeta natale di Wanda…
“C’è un motivo se l’arte di esaminare i cuori altrui è materia da Maestri. Ciò che per te può essere una semplice curiosità potrebbe rappresentare un segreto prezioso per quella persona, o al contrario anche le risposte più banali potrebbero cambiare radicalmente le tue impressioni su qualcuno.”
Iniziavano già le lezioni. Non che fosse nulla di nuovo: sua madre gli ripeteva sempre che era importante non strumentalizzare mai le persone per i propri fini. Axius attese quindi che la prova successiva si rivelasse.
Quando comparirono le armi le guardò bene una ad una, ma si mosse comunque verso lo scettro.
“Il potere del Mistico. La forza interiore. Uno scettro di meraviglia e rovina. È questo il potere che cerchi?”
Il biondo annuì. Francamente, aveva sempre ritenuto eccessivo il fardello del Keyblade, così come la sua eredità. Ne era riconoscente, ma riteneva che avrebbe potuto ottenere gli stessi risultati per le sue aspirazioni come semplice studioso e praticante di magia. Non aveva problemi a lasciare a Lutum e Mizumi e gli altri i sogni di grandezza.
“Le cose succedono sempre per un motivo. A volte tocca farsi avanti anche a chi non chiede la gloria. Magari conosci già i tuoi obiettivi, ma non ciò che incontrerai sul tuo cammino.”
Axius rifletté che c’era del vero in quelle parole, il solo aver incontrato i suoi amici era prova sufficiente di ciò. Esortato a scegliere da cosa distanziarsi, puntò comunque alla risposta più naturale e scelse la spada.
“Se è vero che il destino mi metterà dinnanzi a delle prove in ogni caso, inutile torturarsi per ogni decisione. Meglio fare il possibile con ciò che ci è stato dato e lasciare siano gli eventi a decretare il nostro valore.”
Topolino sottolineò queste parole con una nota di profondità.

Wanda era molto perplessa. Prima erano spariti tutti, poi si era ritrovata a fissare un disegno come su quei vasi a casa sua che tutti le dicevano di non toccare: e a parlando di casa, compariva proprio nel disegno assieme a lei che portava Flambé e Legame di Fuoco nelle mani. I suoi genitori, suo nonno e Mizumi erano presenti sotto forma di ritratto e la ragazza si chiese quando avessero posato per essi e perché nessuno le aveva mai detto niente. Era forse una sorpresa per lei? Ma non era il suo compleanno.
“Non nutro dubbi che lo detesti, ma prova ad andare più piano coi ragionamenti e accettare che non tutto possa avere sempre una spiegazione apparente.”
“Mi parlano i miei antenati dall’aldilà!”
“No. Ciò che stai vedendo è una rappresentazione del tuo cuore, non sei morta. Interessante tu tenga due Keyblade. In te vi è una profonda spaccatura tra chi Wanda dovrebbe essere e chi vuoi che Wanda sia.”
“Non mi sono spaccata. E se fosse, allora vorrei solo che Wanda sia una persona intera.”
“E noto che quando non tocca a te assumere il controllo, sei disposta a lasciare tutta la parte seria ad altri e trattare tutto con leggerezza. Temi l’avvicinarsi delle tue responsabilità così tanto?”
“Mh. Non è divertente. Voi non siete divertente. Parliamo d’altro.”
“Come preferisci.”
Apparvero tre armi dal nulla, e Wanda si mosse verso lo scudo. Sfiorandolo, la voce di Topolino la informò su cosa quello scudo rappresentava. La ragazza si ritrasse e andò dalle altre due armi, ascoltando le descrizioni di ognuna. Poi tornò al centro della vetrata, riflettendo per un po’.
“Non le posso prendere tutte? Mi sembra sbagliato lasciarne due indietro.”
Seguì una pausa da parte di Topolino, che Wanda aveva già registrato in altre persone quando lei faceva loro alcune domande.
“Devi scegliere. Ogni decisione viene con una perdita, ma anche con una acquisizione di potere.”
“E se scelgo male? Se non è quello il potere giusto per me?”
“Parli molto di giusto e sbagliato, ma hai la certezza esistano davvero risposte corrette?”
“Se non esistessero, non avremmo tutti questi problemi con gente corrotta. Forse la gente si corrompe proprio perché la obblighiamo a scegliere tutto di continuo.”
“Potrebbe esserci del vero nelle tue parole. Ma so anche che non stai parlando della scelta del potere adesso.”
“Forse sto parlando anche di quella.”
“Puoi non scegliere, ma sarebbe comunque una scelta. Acquisteresti indipendenza, ma perderesti consapevolezza di te.”
“Beccata,” mormorò Wanda. La rossa ci pensò su per qualche altro minuto, poi prese lo scudo.
“Se mi proteggo, non puoi sapere se ti colpirò con una magia o un colpo di spada. E penso di avere qualcosa da proteggere a mia volta.”
“La tua strada è decisa. Ora, a cosa rinuncerai in cambio?”
“Oh, ma che rottura. E va bene… via la spada! Che già ho qualche problemuccio magico di mio, figurarsi se l’abbandono. Senti, ma il motivo per cui c’è il tuo simbolo su ogni arma? Manie di protagonismo?”
Una nota esasperata pervase l’atmosfera circostante.

Mizumi si riebbe dagli effetti riverberanti del fascio di luce e venne avvolta dalle tenebre. Indietreggiò spaventata, temendo il peggio, ma dopo qualche passo sentì il vuoto dietro di sé e capì di essere su una piattaforma circolare sospesa nel nulla.
A quel punto si sforzò di distogliere lo sguardo dalle profondità dell’abisso ed osservare il luogo in cui si trovava. Vedeva se stessa su di una vetrata, assieme a Squamadoro. Racchiusi in dei cerchi Kazeshi, Wanda, Axius e Lutum. E sullo sfondo, un luogo misterioso: un’intera città bianca, posizionata in modo da formare una gigantesca struttura che poggiava sull’acqua. Fili di quella che pareva una funivia collegavano la struttura ad altre identiche fino a perdersi in lontananza. Mizumi sapeva di non aver mai visto quel luogo, ma per qualche motivo ne era fortemente attratta. Per un momento ebbe la sensazione di volersi tuffare all’interno dell’immagine, verso quel posto.
“Mizumi? Mi senti?”
La ragazza ebbe un sussulto. “Maestro Topolino?”
“Non ti vedo bene. Forse suddividere il mio potere in troppe parti è risultato eccessivo. Le tue fluttuazioni emotive sembrano instabili: ti trovi su una vetrata?”
“Sì. In mezzo ad un mare di tenebre.”
“È del tutto normale. Bene, non sembra ci siano intoppi. Ci sei tu nella vetrata?”
“A figura intera, sì.”
“E sullo sfondo? Vedi le Isole del Destino?”
Mizumi esitò. Faceva parte della prova? Topolino stava mentendo di proposito, per testare la sua lealtà? Ma a che scopo? La ragazza osservò meglio l’immagine, riflettendo sulle parole del Maestro prima che la prova iniziasse. Sembrava scontato che fosse una rappresentazione di se stessa. Se Topolino stava dicendo il vero riguardo le interferenze, era probabile che quella non fosse una prova e Kazeshi stesse vedendo le Isole.
“Mizumi?”
“…Sì. Ci sono le Isole sullo sfondo.”
 Silenzio, che sembrò durare in eterno. Mizumi aspettava col cuore palpitante di scoprire se aveva fallito l’ennesimo scrutinio personale. Perché aveva mentito?
“Molto bene, sembra che possiamo procedere. Non mi piace l’idea di andare a tentoni, ma credo di riuscire a portare la scelta fino a te. Aspetta un momento…”
Se era ancora una messinscena, stava andando troppo per le lunghe. Mizumi decise di concedersi un respiro di sollievo, e vedere se poteva scoprire qualcosa di più sulla città bianca. Ma proprio mentre fece per avvicinarsi, al centro della piattaforma comparve dal nulla una porta finemente elaborata.
La ragazza rimase interdetta. Era quella la scelta? Aprire o non aprire? Ma la porta era lì, e non vi erano indicazioni da parte del Re. Mizumi decise di aprire la porta.
Fu il secondo cambiamento repentino di scenario: si ritrovò in uno spazio immenso e sconfinato, camminando su quella che pareva essere acqua -ma priva di profondità- mentre sopra di lei nuvole si rincorrevano in un cielo sconfinato. La giovane guerriera rimase a bocca aperta. Non era la città bianca, ma un luogo egualmente affascinante, con una bellezza onirica.
“Mizumi! Cosa stai…?”
Mizumi vedeva delle costruzioni in lontananza, che sembravano ruotare ad intervalli di tempo. Vi erano come delle figure su di esse, anche se erano troppo lontane perché lei potesse distinguere alcunché. In basso, sullo stesso piano dove camminava lei, una figura sembrava osservare il tutto.
“Non ti trovo più! Riesci a sentirmi?”
La ragazza si mosse verso lo sconosciuto. Le enormi proporzioni del luogo in cui si trovavano e la piattezza del paesaggio rendevano impossibile percepire la distanza, ma sembrava parecchio lontano. Ogni tanto, sul percorso brillavano quelle che sembravano stelle trasparenti.
La figura ebbe un sussulto e si voltò nella sua direzione, avendola chiaramente percepita. Vederla da davanti rese il suo profilo impossibile da confondere.
“Papà?”
Una nota allarmata si propagò da dove veniva la voce di Topolino, e Mizumi si sentì come afferrata per le caviglie e trascinata all’indietro, verso un portale oscuro.

Si ritrovò distesa sul pavimento, ad osservare il soffitto della sala dove era iniziata la prova. Kazeshi e Wanda erano chini su di lei, preoccupati.
“Micchi!”
“Mizu!”
“Sto… sto bene. Davvero, tranquilli. Ora fatemi alzare.”
Erano di nuovo tutti lì, e preoccupazione a parte sembravano tutti in perfetta forma: Mizumi dedusse che quella strana esperienza l’aveva vissuta solo lei. Topolino era in disparte, e tiratosi su il cappuccio fin sopra le orecchie era chiuso in un silenzio meditabondo.
“Ti ha trascinata fuori da un portale” spiegò Axius. “Noi siamo tornati qui praticamente nello stesso momento, poi siete apparsi voi due. Si è chiuso in quella trance da allora.”
Proprio in quel momento il Maestro si riebbe e si levò il cappuccio. Voltatosi verso di loro, sembrava conservare la solita espressione pacifica.
“Ah, il cuore non finisce mai di stupirci: è impossibile anche per i veterani prevedere in che modo deciderà di fare i capricci. Una lezione senza dubbio vitale, anche se non nelle circostanze ideali per impartirvela… ma come ho appena detto, non si può pianificare una cosa del genere. Stai bene, Mizumi?”
“Credo di sì. Ma cos’è successo? Cos’era-“
“La colpa è mia” Topolino la interruppe bruscamente. “Per esaminarvi tutti, ho deciso di ricorrere ad una tecnica per suddividere la mia coscienza, ma la riduzione del mio potere ne ha pagato le conseguenze. Non devo aver dosato correttamente le parti, e il mio quinto che si è rivolto a te non aveva abbastanza presa e ti ha mandata a zonzo. Preoccupato, devo aver istintivamente contattato Sora, e questo potrebbe aver influenzato la tua destinazione.”
Lutum era come al solito molto confuso. “Il Gran Maestro? Che cosa hai visto?”
“Niente.” Mizumi ritenne che non fosse necessario insistere, specie visto che Topolino sembrava voler mantenere parecchi dettagli volutamente all’oscuro. E se avesse fatto domande inevitabilmente avrebbe dovuto rivelare lei della porta, e della sua bugia riguardo alla vetrata. Per una volta era d’accordo nel condividere la segretezza. “Come ha detto il Maestro, ero sulla vetrata come voi e poi il luogo stava per cambiare. Credo di aver intravisto mio padre, e poi mi sono ritrovata qui.”
Era impossibile capire quanto Topolino sapesse essere una bugia dal suo sguardo. Il minuto topo batté le mani e disse: “Bene! Un po’ movimentata come lezione, ma badate di non dimenticare nulla di quanto appreso: si tratta di concetti importanti. Vi addestrerete con Paperino e Pippo durante la settimana, e ogni tanto verrete convocati qui per altre situazioni simili. Non stupitevi quando accadrà. Mizumi, la prossima volta mi prenderò un po’ di tempo e finire con te quello iniziato con gli altri oggi. Per il momento è tutto! Potete andare!”

Sinistra. Destra. Sopra. Sotto. Tutto era confuso, privo di senso. Eppure correva, correva, non sapendo nemmeno lui dove stesse andando.
Ad ogni svolta, loro si manifestavano. Nemmeno loro avevano senso. All’inizio li ignorava, era letteralmente scappato via dai primi, ma ora aveva iniziato a raccoglierli, sembrava fargli bene. E più ne raccoglieva, più gli risultava difficile distaccarsi da loro: aveva davvero fatto quelle cose, danzato in quella maniera? Avevano le sue stesse sembianze, d’altronde. Forse erano parti di lui. O forse erano versioni precedenti di lui, che a loro volta avevano preso parte a quell’infernale girotondo. Chi poteva dire da quanto tempo era lì? Anni, sembrava. Magari eventualmente anche lui avrebbe perso il senno, e si sarebbe unito ai riflessi in quella danza insensata.
Un familiare tremore lo avvertì che la struttura stava ruotando di nuovo. Sinistra, destra, sopra, sotto. Da che era sul pavimento si ritrovò a pendere dal soffitto, e quelli che prima erano pilastri ora scendevano assieme a lui verso il suolo. Atterrò ad elevata velocità, ma non si fece male. Lì il dolore fisico non esisteva: se fosse esistito sarebbe stato facile per lui farla finita, ma non vi era uscita da quel gioco diabolico.
Riapparve Lui, l’unica cosa che avesse senso. L’unico con cui parlare. Gli disse l’unica cosa a cui pensava da un po’, un concetto maturato dopo il loro ultimo dialogo.
“Questo posto è la morte?”
“Non proprio. Il Mondo Finale è un luogo di transito. Da qui si va verso la morte, o in alcuni casi verso il sonno. Raramente si ritorna alla vita.”
“Vorrei morire. È possibile?”
Lui ci pensò su per un po’. “Possibile sì, ma preferirei evitarlo. Oltre al vanificare gran parte di tutto ciò e alla tua utilità da vivo, mi rattristerebbe molto che tu giunga ad una simile fine. Questo posto è così bello.”
“Bello? È un incubo.”
“Può mettere a dura prova la mente, ma se soffri è solo per via del patto oscuro che hai accettato. La tua sofferenza è il tuo cuore che si ribella. Il Mondo Finale può offrirti conforto e redenzione, se gli permetti di cambiarti.”
Ci pensò su. Il patto oscuro se lo ricordava, ma sembrava così distante e insulso ormai. Cosa cercava? Potere, rispetto, ammirazione? Che concetti banali. Non avevano valore, lì.
Come ogni volta che aveva dei dubbi la nube oscura si riformò, come tentacoli venuti a punirlo per venire meno alla sua promessa. Non aveva idea che la nube oscura esistesse, ma sapeva che era lui ad attirarla, veniva lì per lui. Ma Lui la scaccio con un pigro gesto della mano: Lui era potente lì, forse ancora più che nel mondo reale. Reale? Quello da cui venivano era il mondo reale?
“Se ti aiuto, mi riporterai indietro?”
“Ne ho sempre avuto l’intenzione.”
Questo gli bastava.
“Cosa vuoi che faccia?”
Lui sorrise e gli batté una mano sulla spalla. Un gesto d’affetto.
“Speravo di sentirtelo dire! Voglio solo che tu mi dica alcune cose. Niente altro.”

Quando Sora ritornò nel Regno della Luce trovò una piccola folla nella sala del Consiglio. Riku, Kairi, Xion, Aqua e Lea stavano parlando con un altro paio di Custodi: Sora ricordava chi fossero, ma in quel momento non riusciva ad associare un nome ad ogni volto. Detestava sentirsi così, ma d’altronde il numero dei suoi alleati era fin troppo grande per la sua memoria.
Non perdendo neanche un battito e agendo come se l’improvvisa apparizione del Gran Maestro fosse la cosa più naturale del mondo, Riku venne in suo soccorso.
“Sora, perfetto. Ecco qui il Maestro Rader e la Maestra Ethed, che si occuperanno degli incarichi. Ethed rimarrà di stanza ad Agrabah, mentre Rader manterrà l’ordine ai Campi di Battaglia fino al suo ritorno per partecipare all’assemblea.”
Un uomo sulla cinquantina coi capelli brizzolati e un paio di baffi chevron e una giovane donna con una lunga treccia bionda chinarono il capo e si portarono un braccio al petto salutando Sora. Questi avanzò verso di loro, cercando di captare l’urgenza della questione dalle parole di Riku.
“Ottimo, ottimo. Si tratta di questioni della massima urgenza: contiamo su di voi. Buona fortuna e buon viaggio.”
Congedati i due Maestri si mise a sedere vicino a Kairi, sbuffando.
“Meno male che abbiamo esperienza nel recepire queste cose al volo.”
Aqua sorrise. “Almeno stavolta eri via per validi motivi e non a bighellonare.”
“Mi è parso di capire ci sono problemi ad Agrabah, ora?”
Lea fece un gesto con la mano. “Inizia tu a dirci come è andata, potrebbe cambiare tutto. Non vedo il nostro amico con te. È…?”
“Sta bene. L’ho riportato nella cella prima di venire qui, anche se penso che potremmo già liberarlo. È pentito.”
Fu il turno di Riku di sbuffare: “Conosco il tuo metro di giudizio. Non lo libereremo se non dopo averlo esaminato per bene.”
Sora rise. “Ed è per questo che l’ho rimesso in cella... venendo a noi: non mi ha saputo dire molto, perché lui stesso non sapeva un granché. Era un teppista da due soldi nel suo Mondo, lo hanno preso e portato nell’Oscurità. Non chiedetemi chi fossero ‘loro’, ogni traccia è stata rimossa per bene. Lì faceva la guardia ad un qualcosa, ignoro cosa, e accoglieva altri iniziati. Ci sono persone che vengono condotte nell’Oscurità per venire plasmate a qualche scopo.”
Lea si stuzzicava un’estremità dei capelli. “E sappiamo da Van che si sono spinti parecchio a fondo. Cosa diamine stanno facendo lì?”
Prese parola Xion: “Io sono più interessata al fatto che stanno prelevando persone dal Regno della Luce senza che nessuno lo segnali o se ne accorga, specialmente noi. Procederanno sicuramente a piccoli gruppi, ma rimane sconcertante.”
“Non possiamo essere dappertutto nello stesso momento, non per tutte le persone del cosmo.” Obiettò Riku.
Xion lo guardò severa. “Dobbiamo provarci, o inizierò ad avere seri ripensamenti sul nostro diritto di governare.”
“Ehi, ehi, calma.” Sora tentò di ristabilire l’ordine. “Non serve a nulla litigare, è ovvio che faremo tutto il possibile. Non mi è stato rivelato molto altro, eccetto che il Keyblade oscuro che lui brandiva era una provocazione nei nostri riguardi. Qualcosa nei suoi ricordi lo aveva persuaso di questa definizione.”
“Forse si riferisce al fatto che il Keyblade oscuro imitasse quello di Terra?”
“Per favore, smettetela di chiamarlo Keyblade oscuro. Quella paccottiglia neanche ci si avvicina.”
Vanitas emerse dall’ennesimo portale: aveva l’elmo incrinato in più punti, il braccio destro era contratto e tenuto vicino al petto e una parte della sua pelle oscura era squarciata, esalando filamenti di Oscurità da sotto. Tutti i presenti si mossero sconcertati ma Xion fu più rapida ed in un secondo fu accanto a lui, aiutandolo a sedersi.
Aqua si avvicinò, facendo per toccare l’elmo, ma lui la scansò con un breve cenno.
“Chi ti ha fatto tutto questo?”
“Ciao anche a te.”
“Vanitas!”
“Non c’è alcun pericolo immediato, quindi fatemi il piacere di non stare tutti lì come chiocce spaventate e ricomponetevi- ironico debba dirlo io a voi, nonostante il mio stato attuale.
Nel caso l’assenza dei miei modi principeschi e il mio tono soave non siano stati registrati, ho passato gli ultimi giorni nel vecchio abisso in attesa di vedere del movimento dove erano riusciti ad eludermi. Sapete, non mi piace perdere.”
Lea inarcò un sopracciglio. “A costo di essere il prossimo bersaglio delle tue frecciatine, mi pare di vedere che hai avuto successo.”
“Staccate l’occhio a Lea e mettetelo su un Keyblade, le sue capacità di osservazione fanno paura. È saltato fuori qualcuno diretto verso l’esterno e ho ingaggiato battaglia. Fin da subito è diventato evidente che il sicario mandato contro i vostri ragazzi non era indicativo delle abilità del nemico. O forse ho beccato il più forte in assoluto stavolta, ma io e l’ottimismo non siamo mai stati buoni amici.”
Sora si lisciò il mento, pensieroso. Le persone capaci di ridurre così Vanitas si contavano sulla punta di una mano.
“Impugnava anche lui un Keyblade nero?”
“No, niente paccottiglia per le alte sfere. Il Keyblade era autentico, e posso affermare che era oscuro. Forgiato lì.”
“Siete diventati tutti mio figlio da un momento all’altro?” Aqua era sconcertata. “Possiamo parlare in un secondo momento di queste cose e concentrarci su, non so, magari cosa è successo dopo lo scontro? Vanitas, lo hai sconfitto?”
“Vedi forse un prigioniero o un cadavere?”
“Quindi hai perso!”
“Non ho detto questo. Il tipo è fuggito, purtroppo, ma ti garantisco che anche col braccio in questo stato non sono io quello messo peggio dei due. E ho qualcosa.” Il Custode oscuro sventolò quello che sembrava un frammento di pergamena con la mano sana. “Come ho detto, non mi piace perdere.”
Era ovvio tutti morissero dalla voglia di leggere cosa vi fosse scritto sopra, ma in quel momento Sora si alzò.
“Non ora, a meno che non sia della massima urgenza. Vanitas è qui, io anche, e ci sono tutti i motivi per indire l’assemblea collettiva dei Maestri. Lea, contatta Hokori e dille che ha un giorno a disposizione per chiudere gli affari in sospeso e presentarsi.”
Fece per avviarsi verso la porta, ma Vanitas parlò di nuovo. “Va bene mostrare il mio trofeo più tardi. Ma spero vivamente che tu non stia evitando il problema.”
Il Gran Maestro si bloccò sull’uscio. Aveva temuto quel confronto, ma sapeva sarebbe giunto. “Quale problema?”
“Oh bene, lo stai evitando davvero. Quindi immagino che dobbiamo pensare che Keyblade fatti per deriderci, persone che ci sfuggono e sanno dove colpirci e i nostri nemici che sia armano come per andare in guerra siano tutte coincidenze.” Vanitas si alzò, ignorando la flebile protesta di Xion e anche con un braccio solo costrinse Sora a voltarsi e guardarlo in faccia.
“Te lo dico adesso e te lo ridirò di fronte a tutto l’Ordine se sarà necessario, tu prova a lasciarti prendere dai sentimenti e saranno cavoli amari. Credo tu abbia notato che c’è un notevole parallelismo tra quello che questi individui stanno facendo portando persone nell’Oscurità e il nostro sperimentare con i Custodi nel Regno dei Sogni. Dimmi, com’è lo stato delle cose, nel Mondo Finale? Che dicono le stelle?”
Era ovvio che Vanitas avesse speso parecchio tempo a pensare a tutto quanto da solo: lo stava incalzando lì dove non poteva ribattere. Era probabile si aspettasse che la discussione arrivasse a quel punto fin dall’inizio, e Sora non poté non essere onesto con lui.
“Il numero di stelle è aumentato. Non ho potuto ascoltarle tutte, ma quello che alcune avevano da dire indicava chiaramente grossi guai in vista. Vite spezzate, o costrette a vivere nel buio.”
Vanitas era così vicino che tramite l’elmo fratturato Sora poté vedere gli occhi dorati fremere di rabbia, che fortunatamente non era però rivolta verso di lui ma al passato, a ricordi dolorosi. Lo lasciò andare, e tornò verso il tavolo.
“Abbiamo passato tutti dei bei momenti di pace e tranquillità e messo su famiglia. Ottimo, direi. Ma era ovvio che tutte queste chiavi in circolazione non sarebbero rimaste per bellezza in eterno, ed è ora di fare i conti col passato.”
Vanitas estrasse Void Gear e lo piantò con violenza nel tavolo. La chiave rimase inchiodata lì, vibrante, provocando sulla superficie delle crepe non dissimili a quelle presenti sul casco del proprietario.
“Vi avverto fin da ora: se vedo Ren, la sua testa è mia.”

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Capitolo 18
*** Conciliaboli ***


18) Conciliaboli

“Lanciafuoco!”
“Aeroga!”
“Zero Assoluto!”
“Doppio Vortice!”
I gemelli e i loro compagni d’addestramento scatenarono le loro mosse più potenti, ma senza effetto: Topolino sembrava fluttuare senza peso nell’aria usando il suo Keyblade per deflettere ogni minaccia, fosse un Limite, dei fendenti magici o Wanda che saettava per la stanza. Proprio all’inizio di quella lezione speciale il Maestro aveva chiesto agli allievi di utilizzare i loro attacchi migliori nel tentativo di colpirlo.
“Che siano sul serio i migliori, però: voglio che proviate con tutte le vostre forze fin da subito, come se doveste concludere lo scontro immediatamente.”
Lutum aveva invocato il suo Stile, Axius l’incantesimo più potente che conosceva, Wanda un Tiro imparato di recente e Mizumi e Kazeshi avevano sfoderato il Limite che nell’Esame aveva fruttato loro la vittoria, ma dovettero tutti constatare amaramente che nonostante i progressi fatti un Maestro poteva ancora rendere vani i loro sforzi se si concentrava esclusivamente sulla difesa. O almeno Mizumi voleva pensare che Topolino dovesse mettersi sulla difensiva per sfoggiare quei pezzi di bravura, e che non fossero ancora talmente deboli al suo confronto.
Erano ormai diverse settimane che i cinque venivano addestrati dai loro nuovi tutori, sebbene Topolino col suo ritmo incostante e mai preannunciato avesse potuto impartire giusto sei lezioni. Dopo aver effettuato un ennesimo Tuffo con Mizumi -senza alcun tipo di interferenza- l’ex-Monarca aveva iniziato le sue classi sul Keyblade. Laddove Paperino prediligeva un approccio più teorico soffermandosi sui concetti, e Pippo il vecchio metodo della pratica costante, Topolino sceglieva una via mediana e allo stesso tempo assai estrema. Le sue lezioni potevano essere incredibilmente descrittive, dove il Maestro parlava a loro anche per ore illustrando le caratteristiche del Keyblade o vecchie leggende che lo riguardavano, oppure molto intense come la prova dei Tuffi. Ogni nuovo appuntamento era un’assoluta incognita, con argomenti che potevano spaziare in ogni direzione: da Topolino appresero di più sui legami del cuore e sul funzionamento degli Stili e dei Limiti, e cosa comportava il potere del Keyblade per loro e per altri coinvolti. Vi furono anche altre parentesi personali nelle quali ognuno dei cinque sperimentava lezioni diverse, ma di comune accordo evitavano di parlarne troppo e scelsero di non condividere molte di quelle scoperte (come d’altronde le scelte effettuate in ciascun Tuffo) tra di loro. Per il resto, Mizumi stava ancora cercando di capire quale fosse stato lo scopo del far cavalcare loro delle ondate d’acqua sopra un libro aperto.
Topolino atterrò, dopo aver deviato Wanda per l’ennesima volta mandandola a gambe all’aria, e si spazzolò un po’ di polvere dalla tunica.
“Un assalto deciso, bene.”
“E adesso?” Kazeshi aveva ancora il fiatone: l’esecuzione di un Limite costituiva ancora uno sforzo considerevole.
“Adesso basta. Abbiamo concluso.”
“Cosa?” Mizumi, impegnata ad aiutare Wanda che aveva la testa incastrata in un vaso, la lasciò andare per la sorpresa e si voltò verso il mentore. “Ma abbiamo appena iniziato!”
“E tanto è sufficiente. Avevate bisogno di proseguire il vostro addestramento e siete stati addestrati. E anche se forse non lo avete ancora notato, i vostri corpi e le vostre menti stanno già manifestando gli effetti del vostro progresso.”
Mizumi dovette constatare che aveva ragione. Lutum aveva controllato le fiamme sprigionate dal suo Stile in maniera inappuntabile, evitando anche di farle collidere contro Wanda, e l’incantesimo di Axius aveva una potenza che sarebbe bastata ad impensierire il grosso Heartless affrontato alla Città del Natale. Anche lei e Kazeshi erano di certo meno spossati rispetto alla volta scorsa. In più percepiva che dopo la frequentazione delle classi di Topolino tutti loro sembravano maturare anche internamente, come se un nuovo tipo di energia stesse facendo il suo ingresso.
“Lo vedo, ma fatico a comprendere.” Come era possibile ottenere quei miglioramenti con un po’ di esercizio e molte sedute teoriche?
“E come probabilmente il mio amico Paperino già vi ha detto, questo è il motivo per il quale il vostro ruolo è ancora quello di apprendere e il nostro quello di insegnare. Ricordate, la forza di una persona si misura dalla forza del suo cuore… e questo può valere anche al di fuori del contesto del Keyblade… e ci sono molti modi per stimularne la crescita, non tutti facilmente intuibili.”
Topolino sembrava volesse aggiungere qualcosa, ma improvvisamente barcollò e perdette qualche centimetro di statura: i ragazzi dedussero si era accasciato su un ginocchio. Lutum accorse immediatamente al suo fianco e Wanda, che stava ricevendo il suo aiuto per rialzarsi e liberarsi del vaso, cadde per la seconda volta a terra.
“Maestà! Tutto bene?”
Il volto del monarca, che sulle prime era contratto in una smorfia di dolore, si distese e riuscì anche a produrre un sorriso tirato.
“Tutto bene, Lutum, grazie… purtroppo non sono più in forma come un tempo. No, non colpevolizzatevi: gli anni passano per tutti, e la natura deve fare il suo corso. Sto bene ora, e Mizumi sarà lieta di poter confermare che mi avete impegnato almeno un po’.”
La ragazza arrossì e abbassò lo sguardo. Topolino fece capire gentilmente a Lutum che poteva lasciarlo, raggiunse il pannello di teletrasporto e si voltò a guardarli un’ultima volta.
“Come stavo dicendo abbiamo concluso, almeno per il momento. Sarà scontato, ma fate tesoro di quanto appreso e mantenete un cuore saldo e risoluto, anche di fronte alle avversità. Se riuscirete a fare ciò scoprirete che io e i vostri futuri mentori non abbiamo poi tanto altro da insegnarvi. Alla prossima, allora!”
I Cavalieri si irrigidirono e lo salutarono non genuflettendosi di fronte ad una figura nobile, ma con l’inchino che si tributava agli insegnanti. Topolino annuì e produsse un vero sorriso prima di scomparire.
Lutum si stiracchiò sbuffando rumorosamente. “Fiuuu! Sarà durato poco, ma sono tutto dolorante. E quindi anche questa è finita? Chissà se vale anche come commiato dalle lezioni di Paperino e Pippo.”
“Se è così, avrei voluto aver potuto salutare anche loro come si deve,” commentò Mizumi.
“Forse l’interpretazione è che possiamo sempre tornare da loro se pensiamo di necessitare di più pratica, quindi non c’era bisogno di salutarci.”
Mizumi come al solito si trattenne dal roteare gli occhi di fronte alle speculazioni del fratello. “Mi sa stai leggendo un po’ troppo a fondo, Kaze.”
“Non credo, viste le precauzioni che hanno preso nell’imbottigliarci. I nostri maestri hanno tirato fuori tutto l’arsenale stavolta, metafore incluse.”
Kazeshi si voltò a guardarli con fare eloquente, ma vide solo sua sorella e Lutum che gli restituivano uno sguardo incerto, e fu il suo turno di voler alzare gli occhi al cielo.
“Davvero? Non vi siete accorti nemmeno della data? Ma avete guardato mai un calendario in questi giorni?”
“N-No. Non ne ho visto il motivo.” Mizumi sembrava risentita.
“Immagina, pensare che i nostri nemici potrebbero fregarti anche solo spostandoti le calamite dal frigorifero.”
“Kaze, parla chiaro e dimmi cosa intendi!”
“Ci proverò. Io me ne sono accorto prestando attenzione al cielo notturno, ma… qual è la data di oggi?”
“Dodici Novembre, anno trentatré del Sesto Periodo.”
“Giusto a metà. Nel senso, bisogna stabilire dove è quella data. Perché qui è certamente il dodici, ma scoprirai che in camera tua e altrove sul pianeta potrebbe essere molto prima. Addirittura ancora Ottobre.”
Mizumi rimase in silenzio per un po’, sulle prime non capendo il discorso del fratello, poi pian piano la comprensione si fece spazio nella sua mente.
“Hanno usato i Sogni?”
“O quelli, o qualcosa di simile. Ho sentito voci all’Accademia dire che Merlino è molto ferrato con la magia temporale… comunque di certo hanno accelerato le cose, facendoci addestrare per settimane in nemmeno qualche giorno. Non ci hanno allenato per nulla o come ricompensa: qualcosa bolle in pentola, e ci vogliono pronti.”
Lutum era rimasto altrettanto sgomento da quella rivelazione, ma aveva iniziato presto a riflettere. “Inutile dire che c’è di mezzo il simpaticone che abbiamo incontrato in missione, e qualunque informazione siano riusciti a spremergli.”
I tre rimasero in silenzio, meditabondi. Poi Axius parlò.
“Wanda dice che se avete finito di sballottarla in giro, gradirebbe moltissimo essere liberata e potersi unire alla confabulazione generale.”

Topolino emerse dalla luce del teletrasporto e studiò l’ambiente circostante: non era vicino ai suoi alloggi, come pianificato, ma nei pressi della Sala delle Udienze. Se l’avevano portato lì, poteva voler dire solo una cosa. A conferma dei suoi sospetti, Riku era accanto ad una colonna e sembrava attendere proprio lui.
“Topolino. Concluso l’addestramento?”
“Direi di sì, anche se non ho più l’età per tutti questi spostamenti temporali. Una volta che sai che il tempo scorre più velocemente, ti senti sempre più stanco. Piuttosto, se siamo qui immagino che sia iniziata.”
“Non ancora, ma manca poco. Vieni: gli altri sono già dentro.”
Le dimensioni ridotte della sala del Consiglio non permettevano di accomodare la moltitudine di Maestri e Cavalieri veterani che componevano l’Ordine; era necessario qualora si verificassero eventi importanti che richiedevano un gran numero di spettatori recarsi nella Sala delle Udienze, dove al cospetto della Prima Pietra della Luce e dei tre troni i Custodi provenienti dagli angoli più remoti prendevano posto nelle innumerevoli panche a loro adibite. Con l’arrivo di Topolino e Riku ad occupare i Troni di Mezzo e d’Oscurità ai lati di Sora, l’Ordine fu ritenuto al completo e l’assemblea poté incominciare.
“Ordine.” Ad un cenno di Sora, il brusio concitato cessò quasi all’istante. “Le voci corrono, anche quando controllate, quindi sono certo almeno una parte di voi sa perché siamo qui oggi. Ma per buona misura: negli ultimi tempi l’Oscurità aumenta e sono stati registrati numerosi elementi di disturbo nel resto del cosmo. Gli Heartless si stanno moltiplicando ad un ritmo spropositato, gli Spiriti sono irrequieti, Agrabah è solo uno dei tanti Mondi bersagliati e prima il Maestro Riku e poi il Maestro Rader” a quelle parole l’uomo brizzolato si alzò brevemente e chinò di nuovo il capo, “sono stati ai Campi di Battaglia e possono confermare come lì la situazione abbia preso una brutta piega. Un quadretto piuttosto cupo, e purtroppo non è finita qui.” Sora inspirò a fondo, preparandosi a sganciare la vera bomba.
“Ecco la parte che probabilmente non sapete ancora. Ci sono ombre in agguato nel buio. Il Regno dell’Oscurità è in crescente attività, popolato da individui volti ad attaccarci. E l’hanno già fatto.”
Il Gran Maestro non ricordava un’esclamazione di sorpresa tale da quando aveva battuto il suo precedente record di acrobazie con la palla a Crepuscopoli. Maestri e Cavalieri iniziarono a parlottare nervosamente l’uno con l’altro, dimentichi dell’assemblea e apparentemente interessati solo all’opinione del vicino.
Pochi individui erano rimasti tranquilli e composti, e quasi tutti erano i membri del Consiglio.
“Penseresti Sora abbia già finito di parlare, con tutto questo marasma.” Commentò sarcastico Lea.
Kairi incrociò le braccia, guardando il marito mentre si faceva consigliare da Riku su come procedere. “Dovremmo capirli. Per la maggior parte di loro il Regno dell’Oscurità è un qualcosa solamente accennato in teoria e mai sperimentato di persona. Solo i Maestri già formati nell’Emisfero Orientale hanno avuto contatti più profondi dell’affrontare qualche Heartless.”
Fu proprio un giovane guerriero delle terre di Wanda e Hokori ad ergersi sul suo sedile e parlare con voce chiara e forte, sovrastando il mormorio generale.
“Che elementi abbiamo per meglio identificare la minaccia?”
“Oh, un ragazzo sveglio.” Malgrado la situazione, Riku ghignò compiaciuto. “Impossibile sbagliare, quello è Lon Shen, nuova promessa dell’Emisfero dopo Hokori… ad ogni modo ti ha fornito l’apertura giusta, Sora.”
Per tutta risposta Sora puntò ad un punto differente negli spalti, facendo cenno di lasciar avvicinare chi chiamava. “Greta, prego.”
Greta aveva chiaramente avuto il tempo di tirare le somme dopo ciò che era avvenuto alla Città di Halloween, ma era impossibile stabilire se fosse rimasta sorpresa dalla menzione del Regno dell’Oscurità o meno: come ordinato prese posto di fronte al Trono della Luce e dando le spalle a Sora espose alla folla in modo secco e militaresco quanto avvenuto con gli Heartless e con il misterioso individuo.
“…ed impugnava quello che è stato accertato essere un Geoflagello nero, senza ombra di dubbio.” Accanto ad Aqua, Terra fece un gesto stizzito come quando gli era stato riferito per la prima volta di quell’imitazione.
“Grazie, Greta. Puoi tornare al tuo posto.” La Cavaliera fece un breve inchino e si allontanò. “L’uomo è stato preso in custodia e interrogato a fondo per scoprire quanto più possibile sul suo movente e sulle origini del Keyblade replica che impugnava.”
“Heh, ‘interrogato’… più che altro scomposto e riassemblato a piacimento.” Mormorò Vanitas. L’elmo era stato riparato dai Moguri a tempo di record, e sia il braccio che il resto del corpo erano di nuovo integri.
“Shh!” Xion si portò un indice alle labbra nella sua direzione.
“Le sue risposte coincidono con quanto scoperto da Vanitas, che chiamo quindi ora a testimoniare.”
“Beh, è il mio turno tesoro: augurami buona fortuna.”
“Buona fortuna, Vanitas!”
“Non sei divertente, Venty.”

Quando il guerriero si alzò per andare a parlare si levò l’ormai familiare concerto di mormorii e sguardi apertamente ostili provenienti da molteplici figure nella sala, un classico tristemente noto a Vanitas quanto ai suoi più cari amici. Nessuno diceva niente di chiaramente udibile -nessuno ne avrebbe avuto il coraggio- ma lui poteva percepire cosa pensassero anche senza la facoltà di leggere i loro cuori.
“Non c’è da fidarsi di esseri dal cuore completamente oscuro.”
“Combattiamo creature come lui da sempre, accettarne una nelle nostre fila è assurdo.”
“Il Maestro Riku è un conto: lui domina l’Oscurità, non la lascia imperversare senza ritegno.”
“Come sappiamo che costui non sia in combutta con questi nuovi nemici? È l’unico ad aver scoperto qualcosa, non sarà sospetto?”
Simili voci circolavano su di lui da anni, assieme alla sfiducia generata dal suo ruolo nella Guerra tanto tempo addietro. Non ci badava, come aveva sempre fatto. Aqua, Ven e gli altri avevano provato a mettere a tacere le rimostranze, ma erano riusciti solo a contenerle e ad evitare che fossero palesi. Il suo unico cruccio era vedere quanto mortificata era Xion: quello solamente a volte lo spingeva a voler sfidare a duello tutti i maldicenti.
Sora non era cieco o sordo all’agitazione generale, ma rimase impassibile e non emise nemmeno un richiamo all’ordine. Vanitas lo apprezzava molto: sicuramente la situazione gli dispiaceva come agli altri, ma Sora sapeva di avere una responsabilità nel non cedere alla tentazione di imporre il suo volere sul prossimo, indipendentemente dalle motivazioni, tenendo fede così alle parole che aveva pronunciato durante quello scontro così importante.
“Un vero leader sa che non può modificare gli eventi e lo accetta, no?”
Non era per l’Ordine che Vanitas combatteva, né per tutti quei damerini tronfi presenti sugli spalti. Era nato due volte, ed in entrambi i casi costretto alla volontà di un perfido padrone che non nascondeva il suo vederlo come nient’altro che uno strumento. Veniva trattato come una pedina, e come tale si era convinto di dover vivere, finché qualcuno non gli aveva mostrato di stimarlo in modo incondizionato, e di voler estendere quella stima a chiunque la meritasse, non importa quanto difficile fosse. Xion aveva donato a Vanitas conforto nella loro condizione, tutti gli altri amicizia e rispetto, ma era per Sora che Vanitas combatteva: a volte la sua natura pacata poteva frustrarlo ed essere causa di diverbi, ma era l’unico leader che valesse la pena seguire. Un bel miglioramento rispetto a Xehanort.
Il guerriero oscuro arrivò al centro della stanza e senza rivolgersi a nessuno in particolare cominciò: “Nel Regno dell’Oscurità, che nel caso non fosse noto a tutti è quel luogo molto buio e umidiccio dove i sassi sono blu, vi è un’intera organizzazione impegnata a trafficare con chissà quali diavolerie per… beh, di norma azioni simili non sono esattamente per il bene della comunità, anche quando chi le compie ne è convinto. Francamente tipi come quello che si è mostrato alla Città del Natale non dovrebbero impensierire la maggior parte di voi, ma vi assicuro che tra i nemici vi sono guerrieri abili, nonché utilizzatori del Keyblade genuini. E uno di loro aveva questo cucito nella veste, e credo che l’averlo perduto bruci più della maggior parte delle ferite che gli ho inflitto.”
Vanitas produsse quello che sembrava un piccolo foglio di pergamena ingiallito dal tempo e lo lasciò a levitare magicamente a mezz’aria. Mentre gli occhi della folla erano concentrati sull’oggetto svolazzante, Riku prese parola.
“Abbiamo già analizzato il contenuto ovviamente, e risulta scritto in un idioma molto antico, risalente persino all’epoca delle fiabe.” Nuovo brusio generale, stavolta dovuto alla menzione di un’era assai remota. Se le avventure dei Maestri del Consiglio erano già leggende, i lacunosi eventi dell’epoca delle fiabe costituivano materiale studiato solo dai più dotti eruditi.
“Un riscontro con antichi testi presenti nelle biblioteche dell’Ordine esistente prima del nostro ci ha permesso di capire grossomodo il senso del messaggio. Non si tratta di qualcosa di piacevole: si parla di carichi di persone introdotti di contrabbando nell’Oscurità, probabilmente per forgiare nuovi adepti, e di un piano atto a rovesciare il nostro sistema. Non illudetevi! Chiunque sia dietro tutto questo, ha noi come principale obiettivo.”
Riku mescolò abilmente le parole sparse sulla missiva con quanto scoperto da Sora al Mondo Finale in un unico resoconto. Ormai le esclamazioni dei presenti non si potevano più contenere.
“Che vengano! Sconfiggeremo qualsiasi minaccia!”
“Noi siamo i protettori del cosmo!”
“I nostri predecessori hanno scacciato l’Oscurità in passato. Lo faremo di nuovo.”
Appena la figura del Gran Maestro si erse dal trono però, il frastuono si interruppe e per la seconda volta il silenzio scese nella Sala delle Udienze. Sora si guardò attorno con espressione serena e affabile, instillando fiducia.
“Mi fa piacere vedere il vostro spirito e la vostra passione per la causa: senza dubbio saranno necessari per gli scontri futuri. Mi piacerebbe evitare di arrivare a tanto smascherando le operazioni prima del tempo, ma non sono più sicuro sia possibile. Un conflitto tra Custodi, per quanto terribile come prospettiva, appare probabile.”
Vanitas si voltò a guardarlo, con un’espressione come a dire “Se sei arrivato a dire questo, tanto vale andare avanti.” Sora si ricordò delle sue minacce qualche giorno prima, e con un sospiro decise che era sicuramente meglio introducesse lui l’argomento rispetto a Vanitas.
“A proposito di questo. I Keyblade neri erano già apparsi in altre occasioni, e sono poco più che imitazioni oscure degli originali, che pur rimanendo armi fuori dal comune non conservano molte tracce dei vari poteri comuni al Keyblade: sono sicuro servano più ad armare coloro che non sono degni per fare numero, ma come avrete sentito da Vanitas il nemico fa uso anche di chiavi autentiche. È opportuno considerare che i Keyblade non vengono da soli, e sicuramente non assieme alla vasta gamma di conoscenze che questa organizzazione sembra possedere. Non voglio e mi rifiuterò ancora per parecchio ad anche solo considerare l’idea di un traditore o di una spia, ma vorrei ricordare a tutti l’ultima volta che ci siamo riuniti qui in gran numero e abbiamo dovuto prendere le armi. Alcuni di voi sono troppo giovani, specie chi è vissuto a lungo nei Sogni emergendone da poco… ma tutti gli altri ricorderanno senza dubbio l’anno quattordici del Sesto Periodo, e la Rivolta.”
Non vi fu nessuna sorta di reazione quella volta, un mutismo che Sora non seppe interpretare. Sapevano già? Erano arrivati a quella deduzione anche senza il suo intervento? O forse… il condottiero decise di fermarsi lì col pensiero, e non procedere oltre. La Rivolta rappresentava amicizie perdute, giuramenti infranti, tragedie consumate. La fine del sogno, letteralmente.
“Magari  sanno che non è il momento di parlare, che qualunque cosa venga detta apparirebbe ovvia e scontata. Oppure nessuno vuole toccare troppo da vicino i fantasmi del passato.”
Fu nuovamente il turno di Riku di parlare. “La situazione è senza subbio snervante, ma non priva di qualche buona notizia. Dal resto del frammento abbiamo capito che sono in cerca di una Chiave, una diversa da quelle che sappiamo tutti noi materializzare, senza la quale i loro progetti non possono realizzarsi. Non dev’essere un Keyblade artificiale dei loro, e l’unica altra chiave davvero speciale,” gli occhi di Riku guizzarono per un istante verso Sora. “…è al sicuro. Se volessero venire a prenderla potrebbero tentare solo un attacco frontale, e la loro inazione è la conferma principale che non possono farlo. Malgrado tutto, non siamo certo deboli o disorganizzati quanto vogliono farci sembrare.” Mormorii di approvazione seguirono queste parole. Il coraggio dei presenti pareva ristabilito. “Inoltre è possibile che i punti meno chiari di questa situazione possano esserlo per noi come per loro. Il testo sembrava abbastanza incerto su parecchie questioni, quindi possiamo azzardare l’ipotesi che parte dell’operazione nemica sia ancora da definire e non in corso d’opera. Stando al frammento, le stesse alte sfere non sanno cosa sia la Chiave esattamente, e questo è certamente un gran vantaggio.
“Vi abbiamo comunicato una quantità impressionante di notizie, e non c’è dubbio che ci voglia del tempo per digerire il tutto. Si avvicinano tempi incerti, e se da una parte possiamo sperare per il meglio e non c’è ragione di disperarsi, dall’altra non conviene nemmeno dormire sugli allori: il successo va sempre guadagnato. Se non c’è altro da discutere, col permesso del Gran Maestro inviterei chi è a guardia dei presidi principali di tornarvi ed organizzare al meglio le postazioni, e a tutti gli altri di attendere e ricevere istruzioni per operazioni future.”
Sora attese per qualche istante in caso vi fossero altre questioni, ma visto che nessuno parlava alzò un braccio. “Niente da obiettare. L’assemblea è sciolta!”

Parecchie ore più tardi, quando anche l’ultimo dei Cavalieri ebbe ricevuto i propri incarichi, il Gran Maestro e il suo Consiglio si ritrovarono nella sala del Consiglio. Lo sforzo di mobilitare e direzionare centinaia di guerrieri si era fatto sentire: tutti erano nervosi e stanchi, perfino Riku lasciava intravedere una momentanea debolezza massaggiandosi le tempie con due dita. Quanto ad Aqua, aveva direttamente appoggiato la testa sul tavolo senza dire una parola. Consapevole di quanto i suoi amici fossero importanti in quelle situazioni, Sora pensò bene di prendere delle bevande per tutti.
“Sapete, forse essere odiati ha i suoi vantaggi. Nessuno ha chiesto niente a me.” Vanitas si era abbarbicato sullo schienale della sua sedia, come di consueto.
“Già, e nessuno ti chiederà niente cercando di pugnalarti alla schiena, convinto tu sia in realtà in procinto di divorare i loro bambini o qualcosa del genere.” Terra fletté le braccia sbuffando. “Ho ricevuto innumerevoli richieste di conferma che l’Accademia sia sicura e i ragazzi non corrano rischi… forse era meglio coinvolgere più persone nella difesa del perimetro, in effetti.”
Naminé cercava di rilassarsi disegnando. “Hm. Ma se c’è una cosa che sappiamo è che l’organizzazione… scusate, possiamo trovare un altro modo di chiamarli? Dicevo, non hanno problemi a reperire delle cavie, quindi non vedo perché rischiare assaltando l’Accademia.”
Lea aveva girato il suo trono e sedeva all’incontrario, il mento sulle mani intrecciate. “Forse quando avremo conferma di un imminente attacco potremmo voler difendere meglio il posto. L’Accademia potrebbe essere un notevole punto d’accesso, se venisse presa. Riguardo al nome, perché non i Falsari? Sapete, per via delle chiavi.”
“E quelli con armi autentiche, sono i Genuini?” Scherzò Kairi. Sora era tornato con il rinfresco, e chiaramente la prima tazza di tè spettava a lei. “Se serve dar loro un titolo, dovremmo evitare scherzi o battute. D’altro canto anche un nome troppo altisonante o minaccioso ci si rivolterebbe contro.”
Riku inspirò a fondo gli effluvi del suo caffè nero bollente per ridarsi la carica. “Riguardo ai presidi e agli incarichi assegnati, credo abbiamo agito al meglio. Inutile tormentarci al riguardo, specialmente ora.”
Aqua interruppe le lunghe sorsate alla sua camomilla solo per mormorare uno stanco “Concordo”. In quanto amministratrice generale quasi ogni decisione doveva passare da lei o comunque esserle notificata, il che incrementava il suo lavoro di quasi il triplo rispetto ai colleghi.
Vanitas, che non aveva preso niente, approfittò del silenzio e schioccò le dita. “Il nome per loro è semplice. Gli Oscuri!”
“Vanitas, piantala.” Xion poggiò la sua coppa di tè verde e gli lanciò un’occhiata seria.
“Era solo per-“
“Lo so. Ma può bastare. Non chiameremo Oscuri un gruppo di persone che vuole fare del male al prossimo.”
Il guerriero si chiuse nel silenzio del suo elmetto. Sora finì la sua cioccolata e si rilassò distendendosi verso il tavolo. “Sì, meglio evitare gli Oscuri, per ovvie ragioni. Ma concordo che non deve essere un nome troppo complicato: basta qualcosa che faccia capire subito che parliamo di loro, senza dare troppo nell’occhio. Sono individui che disturbano la quiete… i Disturbatori.”
Più di una persona strizzò gli occhi a quel nome, specie perché consci che Sora era serio. Kairi gli batté gentilmente una mano sull’avambraccio e Riku tornò al suo boccale. Ventus sorseggiava il suo liquore dolce e ad un tratto esclamò: “Ma certo!”
“Ven, dimmi che non sei davvero d’accordo nel chiamarli Disturbatori.” Terra aveva appena finito di passare ad Aqua parte della sua birra, che lei adocchiava da un po’.
“No, ma la linea di pensiero è giusta. Sono individui che vogliono spezzare la pace e riportare tutto nel caos… non era scritto anche nel frammento? Il Keyblade apre la strada alla rovina? Persone che vagano nell’Oscurità, senza trovare quiete nell’ordine: sono i Perduti. O Custodi Perduti, se volete.”
Solo la pausa priva di osservazioni salaci dimostrava che non era una proposta da buttare. Hokori, che dal suo rientro aveva raramente aperto bocca, ripose la sua tisana personale nella borraccia e sbatté le palpebre lentamente.
“Perduti. Un po’ apocalittico, ma può andare.”
“Di sicuro suona meglio di tante altre proposte, non che io possa parlare” sentenziò Lea.
“Perduti non è male,” concordò Sora. Il Gran Maestro notò che Paperino e Pippo sedevano in un angolo in silenzio senza partecipare davvero alla conversazione, e si incuriosì. “Ragazzi, che avete? Strano aver potuto scherzare così a lungo senza che Paperino ci richiamasse all’ordine.”
Fu Pippo a voltarsi e a guardare Sora, l’espressione abbastanza impensierita. “Oh, forse non è niente, ma è da un pezzo che né a me né a Paperino quadra un passaggio nel frammento, e ci stavamo arrovellando sopra. C’è questa parola che nessuno è riuscito a tradurre…”
Il piccolo papero lo interruppe sbottando: “Perché non è una parola, ma un nome! Un nome in un’altra lingua, e scritto con l’alfabeto runico antico. Ecco perché i conti non tornavano.”
Paperino fece scivolare il frammento lungo il tavolo, ed il piccolo foglio attirò lo sguardo dei presenti come aveva fatto ore prima nella sala gremita.
“Leggete la frase in fondo, ma non tentate di tradurre normalmente. La versione che avevamo concordato, per quanto strana, era: la Chiave cercare contattare per la riuscita del piano. Il Keyblade apre la strada alla rovina. Ma se uno dei due verbi non fosse tale?”
Aqua sentì riaffiorare il mal di testa. “Non avevamo decretato che probabilmente mancava una parte, qualcosa come 'cercare E contattare'? Devono individuare la Chiave e stabilire un contatto.” Tentò debolmente.
“Sarebbe molto semplice e comodo, ma è il mio lavoro essere pessimista. Un verbo è strano e non dovrebbe esserci. Se prendiamo le rune che lo compongono e ignoriamo il contesto, ecco cosa viene fuori.”
Il mago agitò il dito, evocando lettere dell’alfabeto comune nell’aria che ruotarono vorticosamente fino a delineare la parola scelta, in caratteri splendenti. Appena la soluzione fu visibile un alone di nervosismo calò su tutti i Maestri eccetto Hokori, che difatti lesse ad alta voce senza farsi troppi problemi.
“Shika. Non vuole forse dire ‘Cercatore’?”
Sora si grattò il capo, cercando di ignorare i brutti presagi contenuti nella parola ‘Cercatore’ e con una nuova idea che gli ronzava in testa. “Contattare Shika per- no, sarebbe più Shika contatterà la Chiave per la riuscita del piano. Accidenti, quindi sarebbe questo Shika che deve interagire con la Chiave?”
“Temo che il peggio non sia quello, amico mio.” Fece Lea, l’espressione grave in volto. “Significa che la nostra supposizione che i Perduti navigassero in alto mare non è probabile e che la Chiave non deve essere cercata. Sanno cos’è, e possibilmente anche dov’è.”

C’era potere nel silenzio. Il Regno dell’Oscurità aveva le sue fonti sonore, da fenomeni di aree in decomposizione ai rumori molesti delle creature più grosse, ma a quelle profondità persino quei suoni sparivano e rimaneva solo il buio, ed ogni tanto il bagliore di un paio di occhi rossi in attesa. Se anche quegli occhi si fossero mossi per colpire, sarebbe stato silenzioso e indolore.
Un tale silenzio poteva soverchiare anche il più forte degli uomini, ma a Ren piaceva. E anche per quel motivo la sua irritazione nel dover sentire le rimostranze assordanti di quell’incapace cresceva esponenzialmente.
“In questo siamo pari, eguali, quindi non hai alcun diritto-“
“Il diritto di criticarti, Gashur, l’ho ottenuto quando hai volontariamente portato il tuo grugno fuori dalla base per dare battaglia, battaglia che -ti ricordo- non hai vinto. Quindi evita di comportarti come una vittima.”
Ma la collera di Gashur non fece che aumentare. “Come osi? Quello che faccio lo faccio per la causa! Vanitas era tornato perché il vostro pedone sacrificale l’ha insospettito, quindi casomai siete voi nel torto!”
Sanguinis rise la sua risata viscida. “E quindi, Gashur? Vuoi attaccare noi ora? Perlomeno aspetta che ti si ricuciano le ferite al fianco e alla gamba. A differenza del tuo macellaio, tu non puoi rigenerarti versandoci un po’ di Oscurità sopra.”
Le provocazioni non a vuoto smorzarono un po’ lo spirito di Gashur, ma non del tutto. “Dico solo che mentre è vero che non avrei dovuto farmi sottrarre il rapporto, se hanno catturato e torturato quell’incompetente per informazioni e sono poi tornati nel punto dove iniziano i nostri incantesimi di occultamento, non erano troppo lontani dalla verità. Hanno già fatto due più due.”
Il fatto che le sue osservazioni non fossero completamente prive di senso irritava Ren ancora di più: non era abituato al fallimento. Era passato parecchio tempo da quando qualcuno aveva osato rinfacciargli qualcosa, e anche in quei casi erano spesso gli altri nel torto. Si convinse che doveva essere così anche quella volta, ma comunque non spiegava come fosse stato possibile per Sora interrogare quel guscio vuoto. Aveva provveduto Ren in persona a privarlo di ogni ricordo.
“Visto? Tace perché sa! Ah, ti sei sempre creduto migliore di noi Ren, ma questo dimostra che puoi sbagliarti anche tu come chiunque altro! Che ti serva da lezione!”
La mano scattò in avanti, e in un momento il Keyblade apparve. L’unico Keyblade della Luce in quel regno oscuro, la sua improvvisa comparsa gettò Gashur in confusione, ma un momento dopo anche le dita della sua mano sana iniziarono a flettersi per evocare…
“Basta.” La voce proveniva da un altro individuo presente nella camera, seduto su quello che sembrava un gigantesco osso primordiale. Era l’unico che non vestiva i loro abiti neri contornati di viola, ma un soprabito nero consunto con cappuccio. L’unica persona che poteva, qualche volta, contraddire effettivamente Ren senza conseguenze.
Parlò di nuovo. “Gashur, solo un guerriero mediocre incolpa gli altri dei propri fallimenti. Ci sarà sempre una causa esterna sfavorevole, ma tutto ciò che puoi fare da parte tua è impegnarti e cercare comunque la vittoria. Vanitas vivo e con parte delle nostre informazioni NON è una vittoria.”
Gashur si morse il labbro inferiore, ma non osò replicare. L’unica persona per la quale Ren provava rispetto si rivolse quindi a lui, e come a leggergli nel pensiero disse: “Ren, hai imparato bene, ma non hai imparato tutto. L’Ordine si serve di numerosi trucchi e inganni, tecniche abominevoli per spremere il cuore altrui senza curarsi dei diritti o del raziocinio di quella persona. È ancora possibile per loro accedere a dei ricordi, anche se bloccati o rimossi.”
Ren si limitò ad annuire, e ad apprendere. Era una di quelle giornate in cui aveva ragione l’altro. Con gli occhi che si erano ormai abituati all’Oscurità, perfino attraverso il cappuccio intravedeva il sorriso del suo ammonitore, nonché la famosa cicatrice che gli adornava il volto.
“Per quel che mi riguarda nessuno è nella posizione di criticare l’altro, resta il fatto che due errori di valutazione sono stati commessi. Shika non può rimanerne all’oscuro, quindi è opportuno fargli rapporto: vieni tu, Ren.”

Camminavano lungo lo stretto corridoio nel vasto mare di tenebre. Sotto di loro, un abisso senza fondo: persino dopo aver scavato così tanto, il Regno dell’Oscurità rimaneva ancora ampiamente inesplorato.
“Ren. Che te ne pare di Vanitas?”
“Tu dovresti dirmelo. Hai servito in ben due gruppi con lui, e lo conosci molto meglio.”
“Ah, penseresti così, eppure ci ho sempre scambiato solo poche parole. Il Vanitas che conosco io stava sulle sue, non rivolgeva quasi parola a nessuno se non per insultarlo e serviva il diretto intervento di Xehanort per spingerlo ad obbedire.” Qualche altro passo in silenzio, poi una nota divertita nella voce. “Detto questo, il Vanitas che conosco io non sarebbe accorso in difesa di qualche ragazzino al primo accenno di pericolo, e non avrebbe mostrato clemenza contro un avversario inferiore.”
“Quindi perfino la sua Oscurità può deperire.” Ren avanzava in retrovia, ma già intravedeva le porte degli scavi. “Un peccato, pensavo fosse l’unico che potesse ancora redimersi. Oltre naturalmente a te, Isa.”
Isa si voltò a guardarlo, un altro ghigno beffardo sulle labbra. “Ha un cuore anche lui, dopotutto. Il cuore troverà sempre il proprio veleno, a volte desiderandolo ardentemente per via della natura umana. E ti prego di ricordarti che ormai è Saix.”
“Scusami, abitudine.”
“Visto? Anche tu devi esercitare controllo sul tuo cuore, di tanto in tanto.”
Continuarono a camminare, i contorni della struttura ormai visibili anche in quell’Oscurità. Era in quello che sembrava un gigantesco anfiteatro che avevano dato il via agli Scavi, che non servivano a perforare l’ennesimo strato di roccia sotto i loro piedi ma i segreti celati tutto attorno a loro dalle ombre. Davanti alle porte semidiroccate, due sentinelle che vestivano gli indumenti neri e viola.
“Chi sono questi?” Chiese Ren, innervosito. Per la prima volta, non conosceva qualcuno delle cerchie più alte.
“I risultati della Crescita, e ti farà piacere sapere che non sono affatto male con la lama e la velocità di ragionamento. I nostri numeri aumentano, non solo in quantità ma anche in qualità… e potresti voler tornare all’arena a mettere alla prova le tue capacità, Ren.”
“Con questi qui? Inutile. Mi serve un compagno perfettamente senziente, ma ormai riesco a battere persino te.”
“Che la tua forza possa solo aumentare Ren, solo io e te sappiamo quanto ne avremo bisogno. Vedrò di trovare un avversario alla tua altezza.”
Isa e Ren entrarono nell’enorme spiazzo, e a seconda dei casi avrebbero trovato o il silenzio dei rari momenti in cui Shika si riposava, o una cerimonia in corso. Ren constatò che era la seconda.
Un pilastro oscuro di dimensioni immani che sembrava emergere direttamente dal sottosuolo ardeva furente di energia, mentre un vecchio dall’aspetto quasi scheletrico, che portava solo un paio di pantaloni logori e una borraccia a tracolla, danzava attorno ad esso cantando una nenia deprimente. Ren non aveva mai nemmeno provato a comprendere i meccanismi di quel processo, ma solo dopo pochi istanti Isa fu capace di affermare: “Manca poco ad una pausa, meglio così. Attendiamo.”
Passò poco più di una mezz’ora prima che Shika smise di danzare, e nel momento in cui si allontanò il pilastro di Oscurità cessò di divampare, riportando i segreti che custodiva alla terra. Il vecchio si mosse verso gli scalini dove i due uomini si erano seduti e vi crollò accanto, apparentemente sfinito a morte.
Isa non accennò minimamente ad aiutarlo e chiese invece: “Cosa hai appreso oggi, Shika?”
Nonostante la dimostrazione di spossatezza, la voce che fuoriuscì da quella gola esile e rugosa risuonò forte e calda. “Insetti, locomozione, parole d’ordine. I cento modi di impiegare la magia Blizzard. Qualcosa sui tradimenti in una torre di granito.”
“Insetti e granito? Non c’è veramente modo di direzionare il flusso di coscienza verso qualcosa di più utile?” Ren aveva letto e memorizzato il volume sui modi di impiegare Blizzard secoli fa, nelle biblioteche del castello.
Nuovamente Isa non si scompose. “Non affrettarti a giudicare cosa è utile e cosa no, Ren. Ad esempio, molti insetti hanno qualità insolite che si potrebbero assimilare, e non credo sia un caso se alcuni Heartless già li imitino. O forse è avvenuto il contrario… comunque l’utilità può manifestarsi in molti modi.”
“Quindi creare una grossa mantide religiosa sotto forma di Heartless ci aiuterà a fare man bassa del Consiglio e non verrà liquidata in pochi attimi?”
“…Mh, va bene, messa così hai ragione. Passiamo allora alle cose davvero utili, come comunicare a Shika il tuo recente operato.”
Shika ascoltò il resoconto senza tradire la minima emozione, come per qualsiasi cosa gli si riferisse che non riguardasse il Regno dell’Oscurità o la Chiave. Una volta che Isa ebbe terminato tracannò lo strano liquido che teneva nella borraccia e si sedette normalmente.
“Il Mondo Finale… il Sovrano è andato lì.”
“Il luogo tra sogno e morte? Ha valicato i confini della vita per portarci quel pezzente?” Ren era senza parole. Lui avrebbe dato la mano destra per visitare quel posto anche solo per pochi istanti, ma ogni sua richiesta ai tempi gli era stata negata.
“Ho sentito i tentacoli del patto oscuro cercare il nostro accolito, ma lui li ha annientati… il Sovrano ha speso una quantità di tempo lì superiore a qualsiasi entità mortale.”
Ren sibilò sprezzante.
“Shika, l’Ordine si è sicuramente iniziato a mobilitare contro di noi, e saranno all’erta. Questo ti preoccupa?” Chiese Isa.
Shika rise, e la sua bocca nell’Oscurità non scintillava come le altre avendo perso molti dei suoi denti. “Il flusso mi ha detto che arriveremo dove serve. Non subito, ma ci arriveremo. E incontreremo la Chiave. Niente altro importa.”
Quello che ripeteva sempre, pensò Ren. Decise di interpretarlo come un fatto che Shika non riteneva i suoi errori di valutazione un problema.
“Ma dovete ispessire le difese. Quel camminatore oscuro è troppo vicino… ah, è fatto tutto di Oscurità, e a volte il flusso vorrebbe parlare più con lui che con me. Non deve avvicinarsi più.”
“Non penso lo rifarà, ma prenderemo provvedimenti giusto in caso.” Isa si alzò, e Ren fece altrettanto, ma prima di avviarsi continuò: “Ah, e mi chiedevo se non fosse possibile mostrare a Ren i progressi della Crescita. Sai, si è dimostrato un po’ scettico.”
Shika stava già tornando verso il centro dello spiazzo e senza rallentare o voltarsi batté le mani un paio di volte. Da due gorghi neri emersero un paio di figuri, avvolti non nelle comuni vesti ma in delle corazze nere. Brandivano due Keyblade a testa.
Isa si era rimesso seduto. “Visto che nessuno può davvero impensierirti, non penso ci saranno problemi se evitiamo le scaramucce e partiamo subito con una sfida seria.”
Ren sospirò, evitando di raccogliere la provocazione. Si batté un colpo sulla spalla, ed indossando la sua armatura impugnò il Keyblade e partì all’attacco.

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Capitolo 19
*** Ombre dal Passato ***


19) Ombre dal Passato

“Sora.”
Il richiamo di Topolino non sorprese il Gran Maestro: non aveva detto nulla per tutto il tempo, ma sapevano entrambi vi era una faccenda che non poteva essere ignorata.
“Topolino, come va? Ti vedo un po’ provato per via dell’addestramento.”
“Riassorbire lo sbalzo temporale diventa difficile per chi non è più così giovane, ma nulla di grave. E tu e Riku avete gestito l’assemblea alla perfezione, quindi posso concedermi un attimo di riposo quando serve.”
Sora annuì. “Tra la mia assenza ed il tuo vivere in una linea temporale diversa non abbiamo avuto modo di sentirci, ma è ovvio di cosa dobbiamo parlare. Ti confesso che tornare alla mia interrogazione dopo aver visto mia figlia nel Mondo Finale non è stato facile.”
“Né lo è stato per me perderla. Qualcosa non andava fin da subito, e poi… era come scomparsa. Fortunatamente il mio primo impulso è stato cercare di raggiungerti, perché è solo così che l’ho ritrovata.”
“Sì, ma queste cose non succedono per caso. Cosa è accaduto, esattamente?”
Topolino lo guardò, sulla punta delle labbra le parole che non era sicuro di voler pronunciare in sua presenza, né Sora era sicuro di voler sentire. Sapeva cosa il piccolo monarca voleva dirgli. Tuttavia, dopo averci pensato su disse invece: “Vorrei poterti dare delle risposte, ma la verità è che non le ho davvero. E non ti tormenterò con i presentimenti su Mizumi che già conosci, perché ugualmente non ho niente su cui basarmi.”
“Mizu che dice?”
“Sembrava impensierita, e chiaramente avrà avuto mille domande, ma pare non ne abbia parlato nemmeno con Kairi. Durante la lezione successiva l’ho sottoposta nuovamente al Tuffo, e tutto si è svolto correttamente.”
Sora tirò un sospiro di sollievo. “Quindi è davvero possibile che gestirne cinque assieme ti sia costato troppa energia, e da lì le anomalie.”
Topolino socchiuse gli occhi. “È possibile, ma non è assolutamente certo. E non spiegherebbe come o cosa l’abbia mandata a finire fuori rotta, per giunta nel Mondo Finale.”
“Io ci sono finito altre volte, proprio dopo un Tuffo,” fece Sora con noncuranza. “Hai detto tu stesso che le lezioni con lo scorrere del tempo alterato richiedono uno sforzo notevole. Avrai impiegato più energia del previsto, e uno dei Tuffi ne ha pagato lo scotto.”
 “È certamente una possibilità.” Fece l’altro, ma Sora intuiva non ne era molto convinto. Ancora un po’ irrequieto, ringraziò Topolino per il suo interessamento e assieme raggiunsero gli altri Maestri che si affrettavano ad uscire.

Quando Sora e Kairi rientrarono nei loro alloggi vi trovarono uno spettacolo familiare: i loro due figli impegnati in un’accesa discussione, solo per interrompersi bruscamente vedendoli arrivare. Kairi guardò il marito, vi erano pochi dubbi su cosa stessero confabulando per l’ennesima volta.
“Papà! Era da un po’ che non ti si vedeva.” I tentativi di Mizumi di dissimulare qualsiasi piano stesse architettando cercando di sembrare naturale non erano cambiati da quando era bambina, e il Gran Maestro dovette sforzarsi per rimanere serio.
“Eh già, alcuni impegni mi hanno trattenuto per un qualche giorno.”
“Un giorno dei tuoi o uno dei nostri?”
“Ah, l’avete capito, eh? Sono sicuro avrete qualche domanda al riguardo, quindi sentiamo.” Sora si sedette sulla sua poltrona preferita nel piccolo salotto.
Mizumi guardò Kazeshi come a dire che lei aveva fatto la sua parte avviando la conversazione e toccasse a lui proseguire. Suo fratello scosse lievemente la testa, ma continuò: “Beh, non è che siano rimasti molti quesiti da risolvere, non ci vuole un genio a comprendere cosa speravate di ottenere e come siete arrivati a questa decisione. Immagino che rimanga solo da domandarsi fino a che punto ci dobbiamo preoccupare.”
Era l’ennesima richiesta di informazioni, ma articolata in un modo tale da farla sembrare una domanda perfettamente legittima e ragionevole. Kairi si chiese per l’ennesima volta come fosse possibile che Mizumi non avesse assimilato nemmeno in minima parte la diplomazia del fratello, decidendo invece di procedere sempre in modo sfacciato caricando a testa bassa, e concluse che nel bene e nel male in qualche modo la testardaggine di Sora era riuscita a tramandarsi alla generazione successiva.
Sora dal canto suo ponderò brevemente la questione, poi disse: “Timore comprensibile, ma che non vi compete.”
Ci volle qualche secondo prima che i gemelli capissero che la risposta era terminata. Mizumi sembrava quasi offesa.
“Come! Abbiamo scoperto proprio alla fine del corso che abbiamo speso più giorni del dovuto ad allenarci, e non ci dici nient’altro?”
“Proprio alla fine del corso l’avrai scoperto tu”, fece Kazeshi piano.
Sora non si lasciò impressionare. “Mi sono spesso schierato in vostro favore con gli altri, ma a volte hanno ragione loro: non è che vi possiamo ricompensare ogni volta che scoprite qualcosa. Le informazioni che Riku vi ha passato e le lezioni che vi sono state impartite mi sembrano più che sufficienti, e sono state elargite anche come segno di fiducia. Badate bene a non tradirla o darla per scontata.”
Anche Kairi era rimasta un po’ colpita dalla durezza di quelle parole, ma era anche lieta che per una volta non toccasse a lei fare la parte del cattivo. Kazeshi sembrava aver già accettato la realtà dei fatti, ma Mizumi non si diede ancora per vinta.
“Va bene, ma questa non è una situazione normale, sappiamo che c’è qualcosa che non va! Non sarebbe meglio informarci invece di lasciarci all’oscuro?”
“Dipende. Tu vuoi parlare della volta del Tuffo?”
Le parole colpirono quasi come uno schiaffo sul viso. Mizumi si ritrasse, incerta, e Kazeshi guardava a turno lei e loro padre. Ma lo sguardo di Sora rimaneva implacabile sulla figlia.
“Tra gli sbalzi temporali e i miei impegni non abbiamo avuto modo di parlarne prima, ma dovevi presumere Topolino mi avesse informato. Non che servisse, io ti ho percepito e tu hai probabilmente percepito me. Ebbene?”
Mizumi non si era mai sentita così sotto torchio, nemmeno quando era stata portata al cospetto di tre Maestri nella Stanza. Suo padre le appariva molto diverso e assai meno affabile, e si chiese se il genitore fosse scomparso lasciando posto al Gran Maestro.
Rifletté. Era forse il momento di confessare cosa aveva visto sulla vetrata? Non riusciva a pensare in che modo ciò l’avrebbe messa nei guai, eccetto il mentire a Topolino, e magari suo padre fra tutti poteva aiutarla a sciogliere il mistero. Eppure una vocina in lei sembrava ribellarsi a quell’idea, suggerendole che se ne avesse parlato con gli adulti essi avrebbero fatto in modo che lei non raggiungesse mai la città bianca. Sarebbe stato l’ennesimo segreto archiviato e rimosso.
Racimolando tutto il coraggio e la sicurezza di cui si sentiva capace, Mizumi rispose: “Non c’è molto da dire. Ero sulla vetrata, il Maestro Topolino non riusciva a contattarmi bene, e poi mi sono ritrovata in quel posto strano. Te lo avrà detto lui stesso, no?”
“Sai dove ti trovavi? Conosci quel luogo?”
“No. Mai visto prima.”
“E ci sei arrivata per caso? Niente che tu abbia fatto che possa aver istigato quel cambiamento?”
La porta, la seconda bugia. Ma confessare in quel frangente sarebbe servito solo a minare la sua credibilità su tutto il resto.
“Niente a cui io possa pensare. Vuoi provare a vedere tu stesso?” La spavalderia di Mizumi era dovuta al fatto che la seconda volta che Topolino l’aveva esaminata aveva visto la vetrata con le Isole, e riteneva che sarebbe stato lo stesso con suo padre. O almeno sperava. “O forse spero l’esatto contrario.”
Sora la fissò per un lasso di tempo che parve interminabile, poi si rilassò e si appoggiò allo schienale. “No. Non ho motivo di dubitare delle tue parole… per questa volta. E Topolino ha in effetti esposto un resoconto simile.” Qualche altro istante, poi l’uomo si massaggiò le tempie con due dita, sbuffando. “Scusatemi, è solo che… sono state giornate impegnative. E il futuro non si prospetta molto più semplice.”
Percependo che il padre sembrava tornato del solito umore, Mizumi ripartì all’attacco. “E questo perché…?”
“Per via di questioni riguardanti l’Ordine che solo i Maestri devono affrontare,” si intromise nella discussione Kairi. “Voi dovete soltanto pensare a riposarvi, allenarvi e studiare. Se vi avanza del tempo libero anche svagarvi un po’. E lasciare a noi il compito di preoccuparci.”
I gemelli sospirarono: la parola della mamma siglava la conclusione delle trattative. Mentre lei e Sora preparavano una cena tardiva per loro due, Kazeshi e Mizumi decisero di ritirarsi nelle loro camere e non turbare ulteriormente i genitori. Quasi sull’uscio del salotto Sora si fece sentire ancora.
“Ragazzi, diciamo sul serio stavolta. Se noi o altri vi dovessimo beccare ancora a ficcare il naso dove non dovreste, non finirà tutto a racconti e risate. La tensione è alta, il nervosismo pure. Promettetemi che eviterete ogni scelleratezza.”
“Va bene.”
“D’accordo.”

“E, dopo aver promesso ciò, eccoci qui.” Concluse Lutum alla fine del resoconto.
Mizumi fece spallucce. “Non definirei certo la biblioteca un luogo scellerato, anzi. È, mh, come dire… una fonte di sapere e simbolo di quieta dedizione all’Ordine, sì.”
“Ceeerto, capitano, l’importante è che ne sia convinta tu. Non che a me sia andata diversamente, d’altronde. Mamma aveva la faccia di una a cui non bisogna chiedere nulla, e il mio vecchio mi ha rifilato praticamente la stessa manfrina che è toccata a voi due. Se siamo qui è solo per l’idea venuta ad Ax.”
“Cercare informazioni in una biblioteca non è certo la trovata del secolo,” si schernì Axius “ma mentre mia madre mi rimbrottava di starmene buono stavolta -non le è andata molto a genio la mia esplorazione clandestina- mi sono rivenute in mente le sue parole in una conversazione passata: 'non lasciamo manuali su come creare Heartless in giro'. Ora, a noi quelli non servono, ma se la conoscenza esiste da qualche parte allora può essere trovata.”
“Quindi cercheremo libri rari e non pensati per gli occhi del pubblico in una biblioteca? Geniale, chissà come mai non è venuto in mente a nessun altro.” Commentò Mizumi.
“L’ironia è facile, ma fu proprio tuo padre a rivelarti che aveva già incontrato i Keyblade neri, sebbene raramente. Se è scoppiato all’improvviso qualcosa di nemmeno troppo comune, è possibile i volumi giusti non siano stati occultati in tempo. Oppure proprio tralasciati per sbaglio, direi che non è impossibile.”
Le sue ultime parole erano fin troppo veritiere per i cinque ragazzi: la biblioteca era ormai a loro familiare, eppure questo non ne sminuiva le ragguardevoli dimensioni occupate da un altrettanto impressionante numero di scaffali e vetrinette straripanti di tomi e fascicoli che si dilungavano su più piani dell’edificio. L’unica interruzione nelle schiere di legno e carta stampata era fornita esclusivamente dai tavoli muniti di sedie adibiti alla lettura ogni due o tre sezioni, oppure i grossi banconi per le letture di gruppo al piano terra. Ritrovare uno specifico libro, specie uno con scarsa documentazione al riguardo, non rappresentava un’impresa facile: l’unica alternativa peggiore sarebbe stata doverlo rintracciare senza sapere se esistesse in primo luogo, ovvero quello che i ragazzi si erano proposti di fare.
“Stavolta dovremo cercare per conto nostro, invece di incaricare un Moguri. Non sappiamo nemmeno verso quale reparto muoverci con esattezza.” Osservò Axius per niente incoraggiante.
Lutum sospirò, sentendo già le forze venire meno. “Non posso credere che siamo qui anche durante un giorno libero.”
Kazeshi gli batté sulla spalla. “Ringrazia che le udienze straordinarie ci abbiano perfino concesso un giorno libero. Sono sicuro che per buona misura ci avrebbero incatenato dietro una lista infinita di mansioni pur di tenerci buoni, se avessero avuto il tempo.”
“Ti vedo stranamente ribelle, fratello. Cosa ti è successo? Stanco di fare il soldatino modello?”
“Non ho intenzione di associarmi a nulla di compromettente, ma condivido almeno in parte il desiderio di saperne di più. E diciamo che l’essere quasi incenerito per colpa di uno di questi strani individui fornisce un ottimo stimolo.”
Mizumi ghignò. “Al lavoro, allora.”
Fu un processo lungo e difficoltoso. I settori della biblioteca non erano catalogati per argomento o autore ma per luogo di provenienza, dunque non era possibile scartarne alcuni finché non si aveva l’assoluta certezza che il soggetto in questione non era stato mai trattato. Per di più fare troppe visite consecutive in aree diversi avrebbe fatto capire ai Moguri e Cavalieri presenti che stavano procedendo a casaccio: dovevano fare finta di essere impegnati ciascuno in una ricerca diversa e non dare nell’occhio. L’unica fortuna, rifletté Kazeshi, stava nel fatto che l’Ordine era recente e per molto tempo i Mondi avevano vissuto in pieno isolamento rendendo la documentazione scarsa o addirittura assente in alcuni ambiti, altrimenti la loro ricerca sarebbe stata impossibile da portare a termine con solo loro cinque.
Ciononostante quasi tre ore erano passate senza produrre grossi risultati. Si incontrarono nel corridoio approfittando di una pausa per pranzare e si scambiarono informazioni.
“Io non ho trovato nulla nei registri dell’Accademia, quindi spero a voi sia andata meglio.” iniziò Lutum.
“Hai puntato dritto all’Accademia?”
“Ehi, se c’è un luogo dove si studiano i Keyblade dovrebbe essere quello, no? Sempre meglio che scegliere un qualche Mondo alla rinfusa. O tu hai ottenuto maggior successo?”
“Effettivamente no,” fece Mizumi, un po’ amareggiata. “Dato che mio padre ha detto di aver visto i Keyblade neri solo qualche volta ho pensato all’Emisfero Orientale, ma se ve n’è effettivamente traccia, deve trovarsi nei loro archivi e non in quei pochi volumi presenti qui.”
Sopraggiunse Axius, che stava terminando la lettura di un volume mentre loro uscivano. “Io ho ottenuto un po’ più di fortuna. Ho trovato menzione di un Keyblade completamente nero, in passato.”
Tutti scattarono a queste sue parole, cercando di mantenere un tono di voce basso in caso li stessero ascoltando.
“Davvero?”
“Sapevo ce l’avresti fatta, Ax!”
“E quindi?”
Il biondo controllò i dintorni e poi si appoggiò alla ringhiera in marmo. “I nostri processi logici hanno percorso direzioni opposte. Ho pensando che se il Gran Maestro soltanto aveva incontrato un tale fenomeno, doveva essere successo prima che rimanesse invischiato nelle faccende più complesse che hanno coinvolto gli altri Maestri. Sono tornato molto indietro, ripercorrendo gli annali riguardanti i primi Mondi catalogati, finché non mi sono imbattuto nei resoconti di una certa nave pirata, molti anni fa.”
Axius proseguì con un tono nervoso e concitato, simile a quando aveva esposto la sua teoria riguardo il Regno dei Sogni. “Avete mai sentito parlare degli Anti?”
A quella domanda Lutum ebbe una reazione strana: si voltò di scatto, la faccia rivolta verso la parete, e serrò il pugno. I gemelli sobbalzarono di fronte al movimento improvviso, ma Wanda parve non badarci.
“Sì. Sono un… come direste nella vostra lingua? Una sorta di riflesso oscuro di una persona.”
“I dettagli precisi mancano anche a me, quindi andiamo pure con la tua definizione. Gli Anti possono appunto replicare un individuo, dalle fattezze agli oggetti che possiede. Ci dev’essere sicuramente dell’altro nel procedimento, ma in ogni caso parrebbe che almeno una volta fu generato l’Anti del Gran Maestro, e portava una replica della sua chiave.”
“Solo replicare? Come fosse un lavoro fatto da terzi?” la voce di Lutum era roca, quasi sul punto di incrinarsi.
Axius restituì alla sua schiena uno sguardo più vacuo del solito, che si tinteggiò poi di una strana espressione: Kazeshi capì che doveva aver appena intuito la causa del turbamento dell’amico. Frattanto Wanda guardava altrove, esibendo un cipiglio altero che ricordava a Mizumi sua madre Hokori. Sembrava essere a conoscenza di cosa stava passando Lutum, anche se esibiva un atteggiamento disinteressato.
Axius rispose alla domanda: “Nel libro si parlava di copie genuine. Nulla di più.”
Lutum si girò di nuovo verso di loro, apparentemente rassicurato. Invece di fornire spiegazioni a Kazeshi e Mizumi, inspirò a fondo e disse: “Bene, stando a quanto appreso quindi quel Keyblade, se non proprio anche l’utilizzatore stesso, è un Anti. La domanda è: come hanno replicato un’arma simile, per giunta quella di mio padre?”
“Mi pare inutile sottolineare che quello che abbiamo visto non era l’Anti del Maestro Terra,” sottolineò Mizumi. Al suo fianco Lutum la guardò e annuì.
“C’entra l’Oscurità, e ovviamente una buona dose di conoscenza della materia. Probabile che l’utilizzatore conoscesse il Maestro Terra.” fece Axius.
Mizumi si emozionò. “Oh, che sia un qualche vecchio nemico del Maestro in cerca di vendetta?”
“Ma perché è venuto da noi allora?”
“Forse per via di Lutum.”
“I problemi alla Città di Halloween erano iniziati da molto prima del nostro arrivo” obiettò Axius.
Kazeshi rifletté. Di solito sua sorella viveva tutto come un poema epico, ma stavolta le sue fantasie potevano avere qualche fondamento. “Magari non è una cattiva idea spostare le nostre ricerche sui possibili malfattori e avversari del Maestro Terra,” concluse.
Wanda abbandonò l’espressione imbronciata e si voltò verso di lui con la solita leggerezza. “Oh, non serve. Qualunque cosa sia, è sicuramente legata alla Rivolta.”
Tutti gli occhi furono su di lei. “In che senso? Come fai a saperlo?”
“Ieri sera ho chiesto a mia madre e lei mi ha detto che secondo lei dovevo almeno sapere le origini del nemico, e prima che papà potesse arrivare a portata d’orecchio è saltato fuori il nome della Rivolta.”
Mizumi sentiva la collera e la curiosità montare di pari passo. “E dimmi Wanda, c’è una qualche ragione per la quale hai aspettato fino ad ora per dircelo?”
“Oh, è una storiella divertente: a che fare con me, un vaso in cui sono incastrata e nessuno che mi aiuta. Dai, non fate quelle facce, ve l’avrei detto comunque ad un certo punto. Non avrei fatto buttare tutta la giornata.”
“Insomma, riguarda della Rivolta” ragionò Kazeshi. “Non ne so molto, ma dovrebbe essere semplice da ricercare: si tratta di un evento grossomodo recente. Più complicato sarà approfondire l’argomento senza rendere ovvio ciò che facciamo. Mi sa che non possiamo comunque chiedere ai Moguri nemmeno stavolta.”
Mizumi sospirò: “Questa giornata è interminabile.”

“Questa giornata è interminabile.” Sospirò Sora.
“E non è ancora finita quindi vedi di stringere i denti e sopportare, ok?” fece Aqua dall’altro scranno.
Il Gran Maestro si trattenne dall’emettere un secondo gemito, mentre faceva il suo ingresso l’ennesimo visitatore a chiedere udienza. In modo da prepararsi al meglio e poter dedicare i giorni successivi a gestire la minaccia imminente si era deciso nottetempo di accelerare le altre mansioni dell’Ordine e risolverle tutte in un colpo solo, il che purtroppo si traduceva per Sora e i suoi compagni nell’impiegare una giornata intera a risolvere le questioni normalmente sparse nell’arco di una settimana.
“Aqua, questa faticherò a perdonartela, sappilo.”
“Pensi che a me l’idea piaccia? Ma era l’unico modo. Nel caso scoppi un conflitto improvviso non voglio dovermi districare fra dignitari convinti che il loro tempo valga più delle vite di persone innocenti. Diamo loro quello che vogliono e avremo campo libero.”
Il terzo trono era occupato quel giorno da Ventus, che visti i suoi continui viaggi in giro per i Mondi aveva spesso un’idea precisa della situazione corrente dei medesimi. In apparenza più resistente alle spossanti diatribe amministrative, sussurrò: “Va bene, ora però torniamo all’ospite attuale che secondo me può già capire di cosa state parlando.”
Sora non aveva mai avuto problemi nel voler aiutare il prossimo, tutt’altro, ma dopo aver preso in mano le redini di un Ordine di estensione multi planetaria aveva dovuto constatare che era un procedimento molto più lungo ed estenuante quando non poteva semplicemente sfoderare il Keyblade e correre sul posto. C’erano incarichi da delegare, imprevisti che si verificano a galassie di distanza da dover affrontare letteralmente alla cieca e le rimostranze delle persone che sembravano farsi sempre più esagerate e ridicole. Nelle giornate positive riusciva a rallegrarsene pensando che lamentarsi inutilmente era il lusso di chi viveva in pace, ma sapeva di doversi concedere delle pause di tanto in tanto: ragione che lo aveva spinto a chiedere ad Aqua di suddividere le udienze in orari prestabiliti, salvo emergenze. Sulle prime la donna aveva esitato, ma bastarono poche altre sedute per renderla dello stesso parere. E anche in quel modo era a volte difficile mantenere la calma e trovare un compromesso che soddisfacesse tutti quanti.
“Chissà se è per questo che i nostri predecessori scelsero l’anonimato. La gente inizia a dipendere da te ed è bello, ma vuole anche dire che ti riterranno responsabile della risoluzione di ogni problema, e diventeranno immediatamente sospettosi se provi a intervenire più in là di quanto vogliano.” Eppure non potevano fare altrimenti, non dopo i numerosi ed evidenti problemi che lasciare i Mondi isolati aveva comportato.
Sora ascoltò distrattamente il funzionario di Port Royal elencare le solite lamentele legate alle incursioni dei pirati, decidere che fossero problemi legati all’Ordine per via dei contatti fra Sora e uno dei Pirati Nobili e minacciare i presenti dell’uscita di Port Royal e i domini sulle acque circostanti dall’alleanza fra i Mondi se non si fossero presi adeguati provvedimenti. Siccome era uno scenario che si ripeteva almeno una volta all’anno, nessuno ne rimase particolarmente impressionato e il messaggero prese congedo.
“Razza di buffoni,” disse Aqua non appena le porte si chiusero di nuovo. “Come se la loro cittadella potesse costituire una minaccia.”
“Beh, hanno delle buone navi.” Fece Ventus.
“Oh, le loro flotte sono impressionanti, peccato possano andare solo sull’acqua e sparino perlopiù ferro. Più che altro Port Royal e i Caraibi rimangono zone limitrofe: solo i regnanti e poche persone fidate sanno dell’esistenza dell’Ordine ed il resto dei Mondi, quindi per poter coinvolgere la gente in una guerra cosmica dovrebbero prima spiegar loro l’intero concetto. Buona fortuna introdurre le linee temporali e le alterazioni da danno magico a chi ancora bussa su uno stipite tre volte per scacciare gli spiriti maligni.”
Sora rilasciò lo sbadiglio a lungo trattenuto. Per abitudine pensò a Jack e al fatto che doveva essere in qualche modo invischiato nella maggior parte dei problemi esposti dal funzionario, poi si ricordò che ormai non era più in attività da tempo, o almeno era la versione che andava raccontando.
“Era l’ultimo? Abbiamo finito?” chiese non senza una certa impazienza.
Aqua riordinò i suoi fogli. “Ora che ci penso dovremmo tornare sul discorso dei Mondi limitrofi, essendo più sguarniti degli altri. Necessiteranno altra protezione… ma per il momento abbiamo terminato.”
I battenti della sala di aprirono nuovamente portando la Maestra a controllare meglio i suoi documenti, perplessa. Sora vide di chi si trattava e placò i suoi dubbi: “Va tutto bene, questa volta è stata una mia iniziativa personale.”
Il Sultano di Agrabah venne annunciato e fece il suo ingresso. Arrivando alla svelta al cospetto dei troni, si esibì in un regale inchino.
“Ah, Sora. Lieta di constatare il tuo ritorno.”
“Jasmine, grazie per essere venuta, nonostante la situazione che grava sulla tua città. So che hai avuto udienza qualche giorno fa, ma volevo vederti di persona e…” la voce di Sora si interruppe bruscamente, e la sua espressione assunse un cipiglio corrucciato.
Jasmine sbatté le palpebre lentamente, interdetta. “Qualcosa non va, Sora?”
Il Gran Maestro si alzò dal Trono della Luce, ergendosi in tutta la sua statura: nel palmo della sua mano si manifestò all’istante Ultima Weapon, splendente e fiera. Dietro di lui la Prima Pietra della Luce sembrava raddoppiare la sua radiosità, le correnti luminose al suo interno che vorticavano frenetiche.
“Furbo.” Ignorando le sciabole sguainate della scorta del Sultano, Sora puntò il Keyblade direttamente verso Jasmine. “Molto furbo.”
Il raggio di luce che partì da Ultima Weapon colpì il Sultano dritta al petto, ma prima che qualcuno potesse fare alcunché un’aura oscura si propagò dal corpo di Jasmine, andando ad accumularsi in un globo violaceo che venne spazzato via come un refolo di vento: la Prima Pietra della Luce aveva annientato istantaneamente l’Oscurità portata allo scoperto.
Jasmine, incolume ma priva di sensi, venne presa al volo dalle sue confuse guardie. “Cosa significa tutto ciò?”
Sora ripose il Keyblade con tranquillità. “Significa che qualcuno era arrivato al vostro Sultano, insinuandole delle emozioni oscure per controllarla. Non vi preoccupate, sta bene ora. Portatela pure in uno degli alloggi finché non si riprenderà: uno dei Moguri vi indicherà la via.”
Dopo un attimo di esitazione, dovuto un po’ alla sicurezza che Sora emanava e un po’ alla consapevolezza che iniziare uno scontro con lui sarebbe stato poco saggio, le guardie si affrettarono ad obbedire. I Cavalieri di guardia le lasciarono passare mentre parlottavano tra loro.
“Il Sultano! Che fosse un’impostora?”
“Impossibile, la Prima Pietra lo avrebbe scoperto.”
“La Prima Pietra dovrebbe anche riconoscere e bloccare l’Oscurità, eppure così non è stato.”
Ventus udì lo scambio di pareri e si intromise: “Se fosse come dite voi, né Vanitas né il Maestro Riku potrebbero presenziare di fronte alla Pietra o nei pressi del castello, né potrebbero i corridoi oscuri funzionare. La Prima Pietra della Luce si attiva quando vi sono entità o pensieri che vogliono recare danno ai residenti, e sebbene siano spesso di origine oscura l’Oscurità stessa non è il nemico della Pietra.”
“Se al posto di Jasmine ci fosse stato un impostore, il mentire con intenzioni nocive sarebbe stato captato dalla Pietra,” concluse Aqua. “Quindi hanno usato la vera Jasmine… ma come? È una Principessa.”
“Ex-Principessa, quindi probabilmente di nuovo vulnerabile entro certi limiti. Ma credo che il suo retaggio debba aver avuto l’effetto sperato. La sua Luce ha celato alla Pietra qualunque cosa le avessero impiantato nel cuore.” Sora era tornato seduto sul trono, ma appariva molto pensieroso.
“Ciò che non mi torna è perché. Se erano sentimenti negativi non potevano comunque essere rivolti verso di noi, o sarebbero emersi comunque.”
Aqua venne folgorata da un’idea improvvisa. “Non se erano intenti comunque negativi, ma non direttamente mirati a noi. Jasmine era venuta qui con l’obiettivo di chiedere aiuto e inviare truppe, ma… se fosse già stata un’idea di chiunque la controlli, allora era una richiesta teoricamente benefica ma che portava i nostri Custodi verso una trappola. La Pietra non è capace di ragionamenti così complessi.”
Sora iniziava a rimpiangere le udienze, ma sapeva non vi era tempo nemmeno per quello. I suoi erano in pericolo. “Aqua, organizza subito un piano di emergenza. Dobbiamo verificare immediatamente la situazione. Chiamami quando hai finito: penso che alcune dinamiche siano cambiate.”
Mentre la Maestra si affrettava a mettere in atto le istruzioni, Ventus commentò gramo: “Chiunque abbia orchestrato ciò aveva una notevole conoscenza di come la Pietra funzioni.”
Sora afferrò al volo l’allusione. “Non dite niente a Lea per il momento.”

Il sole aveva ormai avviato la sua parabola discendente quando i ragazzi uscirono dalla biblioteca, indolenziti per il lungo tempo passato chini sulle scartoffie ma soddisfatti di quanto erano riusciti ad apprendere. Avendo intuito che parlare apertamente della Rivolta avrebbe potuto destare sospetti di comune accordo avevano deciso di trovare un posto più appartato dove discuterne, in quel caso la camera di Lutum.
“Sicuro sia una buona idea?” chiese nuovamente Mizumi.
“Papà è all’Accademia e mamma ne avrà fino a tardi. Se anche uno dei due rincasasse prima, potremmo sempre dire è una sessione di studio. Con un po’ di faccia tosta, non potranno certo rimproverarci.”
Malgrado fosse Lutum a fungere da padrone di casa Wanda camminava davanti a tutti, le mani intrecciate dietro la testa. “ Certo meglio di camera mia, papà è spesso presente e mamma potrebbe comparire ad ogni momento. Lì le facce toste non aiuterebbero, anzi.” Kazeshi si dispiacque un po’ nel sapere che la sua stanza era così inaccessibile, e non seppe dire se non fosse anche per altre motivazioni.
Giunsero agli alloggi della Maestra Aqua e per Mizumi e Kazeshi fu come un tuffo nel passato: gli interni erano molto simili allo stile delle stanze dell’Accademia, comprensibilmente un omaggio al luogo che aveva formato lei e il Maestro Terra. Sicuramente vi erano decorazioni ancora più personalizzate nelle loro stanze, ma erano chiuse e i ragazzi si guardarono bene dall’entrarvi. La camera di Lutum era invece assai diversa, le pareti tappezzate di poster e ritagli di riviste, apparentemente qualsiasi cosa Lutum ritenesse “uno sballo” finiva appesa al muro. Sul muro opposto al suo letto poggiava un Keyblade in legno, con inciso “A Lutum da mamma e papà” sul manico.
Kazeshi notò subito qualcos’altro riguardo il locale. “Mizu, questa stanza… non dico è due volte le nostre, ma quasi ci arriviamo.”
“Figli unici.” Sbuffò Mizumi.
Axius si mosse con la sicurezza di chi era stato lì parecchie volte e prese posto sulla sedia accanto al piccolo tavolo presente al centro della stanza. “Bene, direi di passare ai fatti.”
“Vuoi dire alla teoria. Stiamo per discutere di nozioni apprese sui libri.” Wanda si accomodò per terra, la schiena appoggiata al bordo del letto di Lutum. Non essendoci altri posti a sedere, i gemelli la imitarono.
“Quello che è. Dunque, la Rivolta è il nome dato ad un particolare evento verificatosi nell’anno quattordici del Sesto Periodo, quindi diciannove anni fa, e fu… beh, una rivolta. Una fazione di Cavalieri -i testi li definiscono solo come dissidenti, ma penso sia facile comprendere si trattasse di membri dell’Ordine- tentò di rovesciare il Consiglio e prendere il potere.”
“Anno quattordici… per molti sarà storia recente, ma noi non eravamo nemmeno nati.” Lutum, seduto sul proprio letto, fischiò piano. Mizumi si era aspettata di vederlo nuovamente turbato dall’argomento sui traditori, ma forse proprio a causa della scena di qualche ora fa il ragazzo si era prefissato di rimanere calmo.
Vedendo che non vi era altro input da parte dei presenti, Axius continuò. “Ovviamente persero. La sola potenza del Gran Maestro e il suo entourage era soverchiante, e in più il resto dell’Ordine continuava a supportarli. Tuttavia lo scontro non fu affatto breve: durò oltre un anno, e in parecchi Mondi i Keyblade si incrociarono più di una volta. Perfino scontri fra pochi individui potevano lasciare una scia di distruzione.”
Mizumi ricordò le parole che il Maestro Riku aveva rivolto loro durante l’esplorazione clandestina. “Anche un solo Keyblade può portare devastazione in lungo e in largo,” ripeté.
Kazeshi era sulla stessa lunghezza d’onda. “Questo deve avere a che fare con quanto vi è stato raccontato. Il che significa che tra i responsabili c’era quel Custode… com’è che si chiamava? Ren?”
“Lui, sì. Viene effettivamente menzionato negli annali, sebbene non vi sia rimasta traccia di lui né prima né dopo il fattaccio. Immagino lo stesso sia avvenuto per gli altri, perché non conoscevo nessun altro nome di quelli fra i rivoltosi.”
“Peccato, sono sicura dovessero essere stati quantomeno forti.”
Axius rimase interdetto e fissò Mizumi. “Cosa te lo fa dire?”
“Beh, ma è ovvio, no? Se fossero stati delle schiappe, non sarebbe nemmeno partita una vera e propria rivolta. Il potere ricerca altro potere, basta guardare a Xehanort.” A queste parole Lutum annuì, come fossero il concetto più naturale del mondo.
“Ah, sì… capisco.”
“Mi chiedo quanti anni avesse avuto questo Ren.” Fece Wanda pensierosa.
“Ha importanza?”
“Direi. È successo quasi venti anni fa, quindi a seconda dei casi oggi potrebbe essere ancora piuttosto giovane, in età avanzata o anche un vecchio. Senza altre informazioni su di lui questo sarebbe abbastanza utile.”
Kazeshi domandò: “Hai detto quanti anni avrà oggi, quindi sappiamo che è ancora vivo? Cosa è successo ai rivoltosi?”
Axius fu contento di poter riprendere il racconto. “L’ultima cosa che si sa è che si affrontarono nella battaglia finale in un Mondo noto solo come la Frontiera. Niente eserciti su un campo aperto però, nei vari frammenti reperibili si parla di un castello o una magione… Alcuni dissidenti vennero catturati, immagino siano stati tutti processati nella Stanza, e purtroppo ci furono perdite da entrambe le parti. Quanto a Ren e gli altri pochi nomi noti, scomparvero senza mai fare più ritorno. L’autore del libro sembrava concludere, senza però alcuna prova concreta, che fossero caduti preda dei loro stessi sortilegi proibiti e divennero ombre scacciate via dall’Ordine: pare ovvio ormai che si sbagliava di grosso.”
“Saranno fuggiti, o hanno tramandato le proprie conoscenze a qualcuno.” Fece Lutum. “Giusto per curiosità, chi erano gli altri nomi?”
“Mettendo assieme le varie fonti consultate abbiamo Ren, Nelka, Aburnas, Isa e Osmer. Almeno uno di questi vi dice qualcosa?”
I ragazzi scossero la testa: mai sentiti prima. “Sappiamo cosa può essere successo ai ribelli catturati?”
“Non credo, non senza lanciarci in qualche folle speculazione. Mi verrebbe da pensare che abbiano ricevuto qualche punizione, ma come punisci un Custode del Keyblade? Forse svolgono lavori forzati nei Sogni?”
“Accidenti! Se solo i nostri genitori fossero disposti a parlarcene per bene.” Mizumi era di nuovo in preda alla frustrazione. “Non sappiamo perché la Rivolta ha avuto luogo, la vera identità degli organizzatori o il loro destino… capirei se fosse solo un nostro capriccio, ma la minaccia è reale, e se me li trovassi davanti di certo non potrei fermarmi e dire ‘scusi, ma lei è per caso Osmer, e se sì, era un Maestro? Mi illustrerebbe come mai si è infervorato tanto ai tempi?’ che roba…” Mizumi interruppe la sua lamentela, notando che tutti la guardavano. “Che avete?”
Lutum esitò, perplesso. “Che intendi quando dici che non sappiamo perché la Rivolta ha avuto luogo? Sei stata proprio tu a spiegare che i potenti cercheranno sempre altro potere.”
“Beh certo, ma c’è modo e modo, no? Ci dev’essere stato qualcos’altro a convincere questi individui che il potere andava preso con la forza, e mi chiedo cosa fosse.” La ragazza fece per roteare gli occhi come suo solito, ma il gruppetto non appariva convinto.
“Hanno voluto prendere il potere per soddisfare i loro bassi istinti di gloria e controllo, senza dubbio.“ rispose Axius pragmatico. “Non lo vedo come un quesito da perseguire in cerca di una risposta così banale.”
“Ma non hai le basi per stabilirlo. Potrebbe essere stata qualsiasi cosa, magari anche importante, e voi vi state attaccando alla versione, chiaramente di parte, di uno che lavorava per l’altra fazione… Wanda, tu mi capisci, no? Sei stata tu a spiegarmi quanto è importante osservare le persone.”
Wanda, che normalmente non aveva problemi a dire come la pensava, appariva un po’ a disagio. “Osservarle sì, e se serve anche provare empatia per loro. Può tornare utile per cercare di prevederne le mosse e magari prevenire qualcosa di spiacevole, ma capire gli istinti di un gruppo del passato, artefice di oggettive malefatte, sembra solo cercare di assolverli e rendere più nobile le loro azioni.” La rossa tacque, poi aggiunse in fretta: “Ma se non era questo che intendevi fare, allora va bene. Possiamo anche parlarne, se vuoi.”
Mizumi era allibita. Le sembrava che Lutum, Axius e Wanda stessero abbracciando la dottrina che i rivoltosi avessero torto non per via di prove concrete, ma soltanto perché così erano stati descritti e tanto bastava. Era una visione così miope, e il loro atteggiamento di sufficienza nei suoi confronti così simile a quello degli adulti che tanto detestava da farle salire una sequela di rispostacce alle labbra, finché non intervenne Kazeshi.
“In un mondo neutrale fatto di carta bianca avresti anche ragione Mizu, ma stai ignorando altri elementi nella tua analisi. Tu pensi che la Rivolta sia stata giusta, che persone anche innocenti siano state coinvolte loro malgrado?”
“Naturalmente no, ma non puoi sapere-“
“So che dall’altra parte del conflitto c’era l’Ordine, lo stesso Ordine che io e te serviamo e di cui facciamo parte. Credo che rappresenti la giustizia perché incarna i miei stessi ideali, non perché me l’ha detto qualcuno. Alla Rivolta hanno partecipato i nostri genitori, così come quelli di Ax, Lutum e Wanda. Pensi che fossero loro in torto? Li ritieni capaci di scorrettezze, magari contro Custodi che -per forza di cose- dovevano conoscere e con i quali magari erano stati anche in buoni rapporti?”
Quando voleva Kazeshi sapeva dimostrare un cipiglio come quello del padre, Mizumi lo sapeva meglio di chiunque altro.
“No,” fece lei. “Non volevo dire quello. Sono sicura che i rivoltosi avevano sbagliato, ma volevo capirci di più perché nulla di buono viene dal restare nell’ombra, su quello penso siamo tutti d’accordo. Mi dispiace se si è pensato stessi accusando qualcuno.”
Le espressioni dei tre ragazzi si rilassarono immediatamente, e Mizumi comprese che non la stavano trattando con sufficienza: non avevano capito proprio le sue intenzioni, ed avevano assunto una posizione guardinga nel dubbio. Kazeshi annuì. “Purtroppo non vedo come poter saperne di più sul movente, a meno di non chiedere a qualcuno che era presente all’epoca. Abbiamo qualcos’altro?”
Axius scorse i ghirigori incomprensibili che erano i suoi appunti. Aveva un modo tutto suo di scrivere e disegnare, e sembrava l’unico a capirlo. “Non molto, anche se ad un certo punto si faceva menzione del sortilegio di una strega. Ma per quanto ne sappiamo poteva anche solo essere una Maestra molto potente.”

Nessuno dormì molto quella notte: i Maestri erano impegnati a consultarsi e gestire l’increscioso avvenimento riguardante Jasmine e Agrabah, e i ragazzi ripensavano alla Rivolta e a cosa potesse aver comportato l’essere un Custode durante quella situazione. Avevano concluso che era un argomento senza dubbio affascinante, ma senza conoscere meglio l’identità e le vite dei traditori era impossibile cavarne fuori qualcosa di concreto su quanto stesse accadendo nel presente, ed si erano accomiatati prima che la Maestra Aqua tornasse agli alloggi. Mizumi e Kazeshi avevano parlottato un altro poco, ma senza approdare a chissà quale scoperta. Si erano però ripromessi di esplorare la Frontiera, un giorno che avessero appreso dove si trovasse: il nome di quel Mondo era estraneo ai ragazzi tanto quanto quelli dei ribelli.
Il mattino seguente Sora ricontrollava i dati presenti sul suo monitor per l’ennesima volta. Non aveva mai apprezzato particolarmente la tecnologia, ma era impensabile mantenere tutte le informazioni dell’Ordine su carta.
“Avremo fatto bene gli accostamenti?” Chiese a nessuno in particolare, ma anche solo per abitudine Riku rispose comunque.
“Un estremo di forza e uno di magia, due bilanciati pendenti uno su forza e l’altro in magia e un eclettico, abbinati come da manuale. Formiamo squadre di Custodi da anni, lo sai.”
Le nomenclature protocollari ebbero scarso effetto nel placare il Gran Maestro, visto che non era certo di Custodi normali che si parlava. Avvertendo le presenze ammassarsi proprio fuori dalla stanza, capì però che non aveva più tempo: ricacciando indietro l’ansia si sedette e fece segno di far aprire le porte.
Entrarono i suoi due figli e i loro amici, con al seguito altri tre Cavalieri. Kazeshi si inchinò di fronte ai Maestri nella Sala dei Troni, mentre il modo in cui Mizumi squadrava gli altri Custodi faceva intendere che non avesse fatto altro da quando li aveva incrociati.
“Siete qui, bene. Il tempo è contro di noi, quindi mi perdonerete se sarò breve e andrò dritto al punto.”
Il tono secco di Sora fece capire che non era una convocazione di cortesia e tutti imitarono il gesto di Kazeshi, mettendosi sull’attenti. Mizumi continuava però a squadrare i tre Cavalieri che erano entrati assieme a loro.
Il più grande era un uomo sulla quarantina, il cui tratto distintivo primario era una benda sull’occhio sinistro accompagnata da un taglio quasi orizzontale sullo stesso zigomo; la stazza corpulenta e il mento pronunciato lo potevano far sembrare una sorta di evoluzione di Gerod, se non fosse stato per il sorrisetto beffardo e lo sguardo vispo del suo unico occhio che tradivano un certo livello di intelligenza. I lineamenti del viso decisamente più eleganti della sua controparte e i capelli castano scuro che terminavano in un piccolo codino gli conferivano un’aura misteriosa e a tratti perfino affascinante.
A seguire vi era una giovane donna con dei folti capelli ricci e azzurri, la terza che Mizumi incontrava dopo Lutum e Aqua con un colore simile. Salvo la stravagante capigliatura non vi era alcunché di fuori dall’ordinario in lei e il modo in cui rimaneva perfettamente sull’attenti le ricordava così tanto Kaze da farle pensare che potesse essere una loro sorella maggiore scomparsa.
L’ultimo membro del terzetto era un ragazzo alto e molto giovane, tanto che non poteva aver avuto più di un anno rispetto a Lutum: i suoi ispidi capelli tagliati corti erano di un biondo platino così chiaro da sembrare direttamente bianchi. Come tutti gli altri prestava attenzione ai Maestri, ma c’era qualcosa nel suo sguardo che sembrava andare oltre la semplice voglia di obbedire.
Un trio molto particolare ed eterogeneo, che non aveva degnato Mizumi e gli altri di un’occhiata quando si erano ritrovati davanti alle porte della sala. La ragazza si chiese se potessero essere per caso una squadra che li avrebbe accompagnati in una qualche missione.
“Ho detto questo, ma sarà quantomeno il caso che vi presenti. Sono certo già li conosciate almeno di nome, ma loro sono Mizumi, Kazeshi, lì c’è Wanda, poi Lutum e Axius.” Sora indicò ciascuno dei ragazzi mentre li nominava, ma solo l’uomo e la giovane si voltarono a guardarli. “Quanto a voi ragazzi, vi trovate al cospetto di vostri pari: Cyde, Cavaliere di grande esperienza, Deisa, una valida guerriera e Zane. Zane ha ottenuto il Cavalierato tramite mezzi ordinari nel vostro stesso anno, e ci aspettiamo molto da lui.
“Tolte le introduzioni… sarò schietto: si sono verificate delle situazioni di emergenza che richiedono la nostra immediata attenzione in più aree. Purtroppo i nostri numeri stanno venendo già messi a dura prova al momento, quindi abbiamo dovuto improvvisare delle squadre per gestire al meglio la situazione. È qui che entrate in gioco voi.”
“Squadre.” Fece Lutum. “Questo significa verremo divisi in missioni separate?”
“Mf.” Lo sbuffo di Zane fu udibile a tutti, ma Sora si concentrò sulla domanda di Lutum.
“Esatto, una formazione di otto Cavalieri sarebbe troppo per situazioni simili e avrebbe più difficoltà a spostarsi. Agirete in gruppi da tre, la misura standard: un caposquadra e altri due che seguono. Abbiamo già creato gli abbinamenti.”
Mizumi rimase sorpresa nel vedersi affidata una missione d’urgenza, specie dopo tutti quei discorsi sulla segretezza e lo starsene buona, ma sapeva anche che molto probabilmente nessuno di loro cinque avrebbe fatto il caposquadra in quelle circostanze. Si chiese se lo stesso valeva per Zane, dato che stando alle parole di suo padre doveva avere solo diciott’anni: stando alle prime impressioni era l’unico con cui Mizumi non avrebbe voluto ritrovarsi in squadra.
“Le squadre saranno composte da tre elementi, ma noi siamo in otto. C’è forse qualcun altro che prenderà parte alle operazioni?” chiese Axius.
“Osservazione pertinente, Axius.” Ventus si alzò dal suo trono e raggiunse il gruppetto, mettendosi di fianco a Sora. “Per questioni della massima importanza, condurrò io stesso una di queste sortite.”
Tutti fecero tanto d’occhi, e anche Zane dovette incrinare la sua maschera beffarda. Se un Maestro del Consiglio si portava sul campo, la faccenda doveva essere seria davvero.
Sora annuì, poi riprese: “Ventus si dirigerà ad Agrabah, dove una situazione abbastanza incresciosa sta consumando la città e probabilmente i territori circostanti. Come dovreste sapere, Agrabah è uno dei Mondi più legati alla nostra causa, tanto da ospitare una nostra postazione fissa. Si tratta di un incarico pericoloso e dagli sviluppi incerti, anche con la presenza di Ven. Lutum, Kazeshi, voi lo accompagnerete.”
I due ragazzi annuirono, entrambi un po’ frastornati dalle prospettive, mentre Mizumi dovette trattenersi dall’imprecare ad alta voce: quell’incarico era tutto ciò che desiderava e ancora di più. Lutum avrebbe guadagnato una bella marcia in più rispetto a lei, e Kaze… Mizumi realizzò che Kaze non sarebbe stato in squadra con lei, e quello la disorientò ancora di più. Ormai i gemelli si davano quasi per scontati.
“Cyde, forse lo avrai già intuito, ma mi servi a Port Royal e nei dintorni, a testare il terreno… per non dire le acque.”
Cyde aveva l’espressione di chi non si aspettasse niente di meno, ma parlò con un tono sorprendentemente pulito e rispettoso. “Immagino abbiano presentato le solite lamentele.”
“Sì, ma tra Agrabah e le Terre d’Oltremare meglio non fidarsi troppo. Voglio la solita ispezione approfondita, senza ingaggiare. Porterai Mizumi e Zane con te.”
I nervi di Mizumi stavano venendo messi a dura prova, mentre inghiottiva l’ennesimo boccone amaro. Nemmeno la prospettiva di visitare un nuovo Mondo la entusiasmava abbastanza dal farle sopportare quella che si figurava essere una missione estremamente tediosa, e la compagnia non sembrava delle migliori. Zane era tornato a fissare Sora, senza far capire se fosse soddisfatto o meno dell’incarico.
“Rimangono quindi Axius e Wanda, sotto il comando di Deisa. Il vostro sarà un compito particolare… un oggetto, o per meglio dire una reliquia abbastanza cara all’Ordine è stata avvistata nella città di Mostropoli. Si tratta di un luogo decisamente ehm, pittoresco, quindi preparatevi al meglio. E se l’esperienza mi insegna qualcosa, non escludete di dover combattere.
“Riconosco che si tratta di preparativi dell’ultimo minuto, ma avete i vostri ordini. Cercate di mantenere il cuore saldo e la mente lucida, e non esponetevi a più rischi del necessario. È tutto: partirete non appena sarete pronti.”
Tutti i partecipanti annuirono, eseguirono il gesto di rispetto ed uscirono. Sora si accasciò sospirando sullo scranno più vicino. Riku gli batté comprensivo sul braccio: “Prima o poi il grande salto andava fatto.”
Il Gran Maestro si passò le mani sul volto. “E dopo tutto quel discorso sul volerli tenere fuori dai guai…”
“Era inevitabile, la situazione è precipitata e siamo davvero a corto di persone.” Le dita di Aqua picchiettavano velocemente sulla tastiera, forse anche per scacciare il nervosismo. “Se le prove e le lezioni che abbiamo impartito ai ragazzi sono state efficaci come dite, non dovremmo avere troppi problemi… e Ven è con loro.”
L’Eroe Oscuro annuì. “Solo Agrabah dovrebbe rappresentare davvero una minaccia concreta, le altre due sono più che altro nostre paranoie. Con un po’ di fortuna andrà tutto bene.”
Sora si concesse un ultimo momento di preoccupazione, poi si costrinse ad ignorare le ansie genitoriali in favore delle infinite questioni rimaste da affrontare. “Comunque ricordate l’altra parte di ciò che abbiamo discusso. Mi sono reso conto che se vogliamo far fronte a questa minaccia, sia per il nostro che per il loro bene, eventualmente anche i ragazzi dovranno andare.”
Riku e Aqua interruppero momentaneamente i loro incarichi per ricambiare il suo sguardo serio con cenni d’assenso.
Una volta fuori, Deisa marciò svelta senza nemmeno preoccuparsi di Wanda e Axius, quindi fu Ventus a confermare ai cadetti che sarebbero dovuti tornare agli hangar per prendere una Gummiship. Wanda e Zane fecero per seguirli, ma Cyde li bloccò.
“No. Raggiungetemi alle piazzole fuori dal castello non appena sarete pronti.” E se ne andò anche lui.
“Immagino useremo direttamente un portale, quindi.” Mizumi non fece sembrare che volesse iniziare una conversazione a tutti i costi, ma essendo rimasti solo lei e Zane voleva vedere che tipo di reazione avrebbe suscitato in lui. Quest’ultimo le voltò le spalle e si incamminò senza dire una parola.
“Magnifico.” Sibilò la ragazza a denti stretti.

Malgrado gli costasse ammetterlo, Ren doveva riconoscere di essere sorpreso. Dopo i primi risultati mediocri non aveva più dato troppo peso a quegli esperimenti, ritenendo che fosse un’ennesima prova che la genuinità del Keyblade non potesse essere veramente riprodotta, ma i guerrieri che stava affrontando erano indiscutibilmente forti. La Crescita, antica verità oscura scoperta da Shika, sembrava ripagare gli sforzi fatti per procurarsi le innumerevoli cavie necessarie.
Uno dei suoi avversari giaceva a terra, l’elmo ed il pettorale rotti in più punti rivelando che non vi era occupante nell’armatura; l’altro aveva solo un Keyblade integro e stava partendo nuovamente alla carica. Ren tracciò un complicato arabesco con la sua arma, e in men che non si dica braccio e Keyblade dell’assessore furono separati dal resto del corpo da una sottile lama di luce.
“Bel colpo.” Commentò Isa con finta approvazione. “Ma penso che sfoderarlo sia la dimostrazione dell’efficacia dei nostri metodi.”
Ren sbuffò. “Di fronte ad un Maestro del Consiglio, verrebbero annientati con la stessa facilità.”
“Vero. Ma loro hanno un qualcosa che nemmeno i Maestri hanno…” A queste sue parole, il secondo guerriero rigenerò un nuovo braccio dal nulla, che richiamò a sé il Keyblade nero. L’armatura nera si rialzò e riassunse la posa da battaglia.
“Rigenerazione istantanea.” Ren analizzò la nuova scoperta: chiaramente aveva effetto solo in quel Regno, ma si poteva ovviare facilmente al problema trasportando Oscurità in quello della Luce. Un trucchetto che sarebbe tornato utile in uno scontro esteso. Sogghignando, il Maestro si preparò al secondo round.
Mentre meditava sulla sua prossima mossa, un leggero sibilo alle sue spalle lo avvertì proprio al momento giusto facendolo scartare di lato. Lo spostamento d’aria legato al grosso oggetto che si muoveva nella sua direzione a velocità folle graffiò la sua armatura, e pochi secondi dopo l’arma in questione travolse il suo avversario con la forza di un uragano: vicino al luogo dove danzava Shika vi era l’armatura nera, squarciata in due da un gigantesco Keyblade scheggiato sulla tempra. Una lunga catena era attaccata all’elsa, andandosi a sostituire al tipico Keyholder.
“Quindi è qui che eravate.” Fece il suo ingresso un uomo ancora più impressionante della sua arma, un colosso che sovrastava anche Isa con facilità. Portava stretta attorno al pugno l’altra estremità della pesante catena.
“Aburnas.” Ren fu sorpreso nel vedere il vecchio compagno, dopo un periodo di tempo che risultava lungo anche secondo i canoni distorti del Regno dell’Oscurità.
“Ren. Hai cambiato idea riguardo questi pupazzi, vedo.” Con uno strattone l’uomo liberò la sua arma e la richiamò fisicamente a sé afferrandola a mezz’aria con l’altra mano, rendendo palese l’inumana forza che possedeva. “E cosa sarebbero, la vostra idea della Volontà Residua?”
Isa li raggiunse. “La butti un po’ sul drammatico. Saranno utili guerrieri, specialmente quando avranno anche delle persone dentro. È una fortuna che avessi deciso preventivamente di far addestrare Ren con dei gusci a controllo remoto: credo che nessuno avrebbe potuto resistere al tuo peculiare modo di salutare.”
Aburnas non diede segno di provare rimorso per i danni causati, né sollievo per la consapevolezza di non aver effettivamente ucciso qualcuno. Un uomo stoico e zelante, perfetto per esplorazioni solitarie nelle tenebre sconfinate.
“Deduco la tua missione sia conclusa.”
“Sì, ne ho catturato un buon numero. Immagino che non abbiate sentito il chiasso che fanno, isolati nei vostri giochetti.”
“O forse non ne hai trovati abbastanza, ma lo vedremo presto.” Malgrado la provocazione Isa sembrava estremamente compiaciuto nell’apprendere che Aburnas aveva avuto successo. “Se hai fatto ritorno tu allora anche gli altri non tarderanno. Sarà meglio tornare alla roccaforte principale e perché no, anche indire un banchetto: la riunione degli originali Quattro non può che giovare alla nostra causa.”
“Quattro? Perché non Cinque? Chi manca?”
Anche Ren condivideva la perplessità di Aburnas. Isa si calò nuovamente il cappuccio sul volto, celando il suo solito sorriso animalesco.
“Giusto, non ve l’ho detto… uno dei nostri è invischiato in una propria missione personale, ed è tornato alla Luce. Un po’ rischioso esporsi così, ma chissà che non se ne ricavi qualcosa.”
“Cosa? Non sei stato proprio tu ad ammonirmi riguardo ad azioni simili nei confronti dell’Ordine?”
“Calma, Ren. Non è di un accolito qualunque che stiamo parlando stavolta. Stando ai suoi rapporti, è già riuscito ad aggirare le protezioni di GranCastello e sfidare indirettamente il Gran Maestro stesso, e se tutto va bene non sarà solo danno psicologico quello che arrecheremo.
“Se invece va male… beh, l’ho detto che era rischioso. D’altronde, conoscete Osmer.” 

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Capitolo 20
*** Separati ***


20) Separati

In camera sua Mizumi osservava una serie di oggetti che aveva ammassato sul suo letto, decidendo cosa portare: non avendo ricevuto alcuna direttiva precisa sul quando recarsi in missione, aveva pensato bene di prendersi tutto il tempo necessario e tornare direttamente a casa a prepararsi. Inoltre sentiva di avere bisogno di una pausa preparatoria prima di andare in missione con degli sconosciuti, in particolar modo Zane.
“Mizu, amore? Cerca di non fare troppo tardi.” La voce di Kairi si fece sentire attraverso la porta aperta.
“Sì, mamma. Sto decidendo.”
Gli oggetti erano una componente che la preoccupava un po’. All’Accademia aveva imparato che normalmente un Custode in missione non riceveva granché dall’Ordine per la partenza, ma doveva rimediare gran parte delle risorse sul campo. Anche per questo ogni Cavaliere finiva per ammassare la propria riserva personale dopo molti viaggi, ma la sua era parecchio scarna. Afferrò giusto un paio di pozioni da tenere nelle tasche, per un utilizzo tempestivo.
“Peccato tu non sia potuta andare con Wanda, iniziavate ad avere un’intesa.”
“Penso che Kaze sia anche più triste di me, su questo versante perlomeno.”
Per gli accessori la decisione era più semplice: ne aveva solo due, regalo di compleanno e di diploma. Gli accessori costavano, e farli elaborare ai Moguri richiedeva materiali che lo stesso Custode doveva fornire. La ragazza sospirò, riflettendo che tra un apprendista e un Cavaliere alle prime armi la differenza era giusto nel titolo.
“A proposito, dove hai detto che hanno mandato tuo fratello?”
L’ultima scelta ricadeva sulla piccola zucca intagliata che le aveva dato proprio Kazeshi dopo la loro precedente missione. Un regalo di Jack Skeletron, il Re delle Zucche. Mizumi l’aveva accettata senza mai utilizzarla, volendo aspettare un’occasione speciale. Si succhiò l’interno della guancia, incerta.
“Solo a fare la migliore missione di sempre.”
Mizumi prese il piccolo ciondolo e se lo mise in tasca. Era pur sempre una missione. Avrebbe dato il meglio di sé. Abbracciò la madre ed uscì di corsa.

Comprensibilmente arrivò alle piazzole che gli altri la stavano già aspettando. Zane era ritto in piedi e la degnò giusto di un’occhiata, Cyde appoggiava la gamba su una panchina. La vide anche lui, ma le fece semplicemente cenno di avvicinarsi senza mostrarsi irritato. Quando sia lei che Zane gli si misero di fronte rivolse il palmo della mano verso di loro e li toccò lievemente con la punta delle dita sugli abiti. Zane si irrigidì, ma Mizumi conosceva la magia, rimanendo giusto sorpresa che Cyde fosse in grado di usarla senza evocare il Keyblade.
Quando ebbe finito entrambi i ragazzi vestivano abiti di stoffa e cuoio, adornati di merletti e legacci. La tenuta ordinaria di Zane era stata cambiata in un elegante soprabito al quale mancavano alcuni bottoni, con sotto una maglietta bianca e pesanti stivali. Mizumi aveva una camicia bianca anch’essa sotto alla quale sentiva l’abbraccio di un corpetto e pantaloni semplici. Anche Cyde nel frattempo aveva cambiato guardaroba con vestiti simili, e tra quelli e la benda all’occhio sembrava un vero pirata. Li squadrò brevemente e commentò: “Purtroppo non è possibile farti passare per un semplice sgherro col portamento che hai, ragazzo. Dovremmo accontentarci di renderti uno dei talaltri, e sperare tutto vada liscio.”
“Un che?” fece Mizumi.
“I talaltri sono quei pirati che si vestono in maniera ricercata, quasi da nobile… alcuni lo erano davvero, prima di dover cambiare vita.”
“E sono malvisti dal resto della… società pirata?”
“Come per quasi tutto concernente i pirati: se hai fama, potere e fortuna nessuno ti dirà niente, se invece pensano tu sia una facile preda aspettati un po’ di rogne. È utile in alcuni ambienti, meno in altri… ma vedremo sul momento.
“Se tutto è in ordine e possiamo procedere, prima di aprire il portale vorrei fissare un paio di punti. La nostra missione consiste nel raccogliere informazioni su qualunque cosa accada nei Caraibi che possa interessare l’Ordine: stato della popolazione, affari delle città, influenze esterne, cose così. Una volta fatto il quadro della situazione si torna a riferire tutto. Io comando questa operazione, e mi preme che capiate che non ho molta pazienza per l’insubordinazione. Niente iniziative o colpi di testa, e nel momento in cui vi dico ‘salta’ voi eseguite, senza nemmeno chiedermi quanto in alto. Se farete questo, andremo d’amore e d’accordo. Tutto chiaro?”
Entrambi annuirono: a Mizumi Cyde stava già simpatico. Esibiva un atteggiamento che non ammetteva repliche, ma senza sembrare sprezzante e anzi non aveva neanche liquidato le domande che gli erano state poste, riuscendo a far sembrare anche una discussione sui vestiti intrigante e pericolosa. Forse la missione sarebbe stata più fruttuosa del previsto.
Non avendo altro da aggiungere l’uomo evocò finalmente la sua arma: un Keyblade incredibilmente corto e dai denti smussati, tonalità grigie sia per l’elsa che per la lama. La chiave emise il familiare raggio di luce ed il portale si aprì, irradiando energia nell’area circostante.
“Andiamo.”

Giù nell’hangar Kazeshi vide Wanda e Axius volare via con Deisa in una piccola nave che doveva essere di proprietà della Cavaliera, interamente a forma di Moguri. Sbuffò divertito, pensando alle battute di spirito che Axius si stava probabilmente subendo al posto suo in quel momento.
“Maestro Ventus, trasformerai il tuo Keyblade?”
“Lutum, che maniere sono queste? Siamo in missione, io sono il tuo caposquadra nonché tuo superiore, e tua madre… non è qui, quindi chiamami pure Zio Ven come tuo solito.” Il Maestro rise alla sua stessa battuta, e anche Lutum abbozzò un sorriso. Era chiaro che si conoscevano molto bene.
“Penso Kaze apprezzerebbe almeno un po’ di professionalità. Ma dimmi, userai il tuo Keyblade per viaggiare?”
“E lasciare voi ragazzi sprovvisti di armature in balìa dell’Oscurità del cosmo? Ho come il presentimento che non sia una buona idea. No, sarà una Gummiship a portarci ad Agrabah.”
“Peccato. Oh beh, sarà comunque un bel modo di viaggiare.”
Pronta a riceverli era una nave anch’essa di modeste dimensioni, dal colore viola adornata di numerose alette e vari propulsori. Aveva solo un piccolo abitacolo con tre sedili, mentre il resto dello spazio era stato sacrificato per far posto a numerosi Gummi per le armi.
“Sarà un bel modo sì,” fece Ventus. “Vi abbiamo detto che ad Agrabah le cose non sono esattamente tranquille, no? Prima andiamo meglio è, e con la Falcon si viaggia veloci.”
Lutum, patito di astronavi, era fuori di sé, ma trovò comunque la forza di distogliere lo sguardo e rivolgersi a Kazeshi.
“Kaze, amico mio. Tua sorella…”
“…ci ucciderà se lo verrà a sapere, sì.” Concluse lui. “Vediamo di lasciare almeno questa parte fuori dai resoconti.”
Salirono a bordo e partirono, sfrecciando come saette. Nemmeno il tempo di mettersi seduti e già i Cancelli di Bronzo scorrevano di fianco a loro: la Falcon non aveva la fama di nave più veloce del cosmo per niente. Lutum osservava quasi rapito il quadro comandi, ma era scontato la guida spettasse a Ventus.
“Mi perdoni Maestro, ma se la situazione richiede celerità, perché non abbiamo usato un portale?” chiese Kazeshi.
“Ah sì, questa è una parte che non viene sempre spiegata… so che i portali vi affascinano e sembrano il mezzo più comodo del mondo, ma appunto per la loro efficienza devono essere soggetti a costanti controlli e regolamentazioni. È stato deciso di comune accordo che quando dei Custodi si devono recare in un Mondo utilizzino le Gummiship per annunciare la loro presenza. Creare un portale significherebbe dare l’impressione che non vogliamo che si sappia del nostro arrivo, e questo non gioverebbe molto alla nostra immagine… anche se si possono usare liberamente nei casi di assoluta necessità.”
Lutum si riebbe, interessato alla conversazione. Nel mentre erano già nello spazio profondo e GranCastello rimpiccioliva sempre più.
“Ma non vi era una situazione pericolosa ad Agrabah? Forse non venire individuati sarebbe meglio.”
“Non in questo caso, Lu. Il che mi ricorda, non vi ho ancora informato a dovere sulla missione! Scusate. Dunque, si tratta proprio dei nostri compagni di stanza ad Agrabah: la maggior parte di loro risulta scomparsa, incluso il capitano. Il Sultano Jasmine è venuta fino a GranCastello ad informarci, ma è risultato essere un inganno di chiunque vi è dietro a tutto. Un trucco subdolo, ma l’averlo scoperto va a nostro favore: dobbiamo sfruttare il nostro vantaggio continuando in apparenza a fingere di non sapere e allo stesso tempo andando ad esaminare l’ovvia trappola che ci stanno preparando. Per questo motivo annunciamo la nostra presenza, come se non sospettassimo nulla e si trattasse solo di una normale visita.”
“Aaaah!” esclamò Kazeshi.
“Sì, so che suona incredibilmente pericoloso Kaze, ma è proprio per questo che ci sono anche io-“
“No! Lì davanti! Guardi fuori!”
Davanti a loro sostava nello spazio aperto una gigantesca figura a croce, con le quattro estremità provviste di artigli e armi e due occhi gialli e malevoli che spuntavano dal centro. Le pulsazioni che emetteva di tanto in tanto non davano dubbi sul fatto che fosse viva, e l’emblema la identificava come Heartless.
Ventus era l’unico che non sembrava impensierito. “Oh, un Cacciatore. Ne è passato di tempo da quando ne ho visto uno.”
“Un Cacciatore? E cosa caccia, nello spazio?”
Kazeshi sbatté gli occhi, pensando che quelli della creatura erano fissi proprio su di lui. “Noi, mi pare ovvio. Attacchiamo con la Falcon? Con l’arsenale che ha penso possiamo farcela.”
“Potremmo, ma si scatenerebbe un putiferio. Ho in mente un approccio diverso.” Ventus arrestò la nave e si alzò, procedendo verso il pannello di trasferimento al centro. “Sarai contento, Lu. Potrai infine vedere la trasformazione che chiedevi.”
I due ragazzi non ebbero nemmeno il tempo di chiedere spiegazioni che subito videro il Maestro avvampare di luce mentre un’armatura iniziava a formarsi tutta attorno a lui. Ventus venne ricoperto da una corazza verde smeraldo con placche dorate sulle spalle ed un elmo con corna che uscivano verso l’esterno, mentre al posto del volto vi era un visore scuro che riproduceva l’ambiente esterno ad una visuale anche maggiore del normale occhio umano. Un mantello violaceo comparve e si gonfiò all’improvviso completando la trasformazione: così protetto, Ventus uscì all’esterno della nave per andare ad incontrare la creatura. Dall’oblò Lutum e Kazeshi lo videro cavalcare una sorta di aliante improvvisato che sapevano essere il suo Keyblade.
“Lo vuole affrontare personalmente? Non che io sia preoccupato, ma cavolo! Quel mostro emetterà raggi laser grossi due volte lui… e non si era detto che le armature fatte di Gummi erano fragili?”
“Le armature del passato senza dubbio, ma mio padre ha detto che col tempo è possibile temprare i materiali abbastanza a lungo da renderli una protezione davvero efficace. È questo uno dei tanti poteri garantiti ai Maestri del Consiglio.” Kazeshi ancora non riusciva a capacitarsi di ciò che aveva appena visto. “Ed è stata creata così anche l’armatura Odino, di proprietà del Maestro Ventus.”
“Spero che Mizu faccia una buona missione, altrimenti questa volta mi ammazza sul serio.”

Superato il portale, la prima cosa che colpì Mizumi fu il miscuglio di suoni e odori: non diversi e ignoti come di consueto, ma incredibilmente familiari e nostalgici. Frutta esotica, il vociare di persone al mercato, l’odore di brezza marina… essendo nata e cresciuta su un’isola, per la ragazza queste sensazioni furono l’equivalente di una rimpatriata. La vista non offriva altrettanti spunti, essendo che poco di fronte a lei ci fosse l’alto muro di un edificio. Erano probabilmente in una piccola via secondaria, al riparo da sguardi indiscreti.
Cyde spuntò dopo Zane, soddisfatto. “Lieto che il vecchio pertugio serva ancora allo scopo. Sarebbe stato un problema, materializzarsi davanti ad una massa di popolani atterriti.”
“Usare un portale costituisce qualche pericolo?” chiese Mizumi.
“È un sistema che ispira diffidenza e sotterfugio, ed è proprio per questo che l’abbiamo usato. Siamo qui per vedere se avviene qualcosa in questo Mondo che non si vuole far sapere all’Ordine… e che l’Ordine dovrebbe invece sapere. Ah, e sebbene mi paia scontato non adoperate le vostre armi, non chiamatele nemmeno per nome -eviterei anche la semplice menzione di chiavi- e ovviamente non usate i vostri nomi. Dubito che siate già riusciti a diventare famosi, ma meglio prevenire ed evitare che qualche parola di troppo arrivi dove non dovrebbe. Vi stupireste di chi riuscirebbe a fare quali collegamenti.”
A queste parole Zane rimase interdetto. “E come dovremmo difenderci in caso di attacco?”
Fu il turno di Cyde di guardarlo di traverso. “In primo luogo, non entrare in conflitto è una buona idea. E se proprio ti attaccano fuggi, o rifila loro un pugno. Usa la magia, se sei già in grado di evitare di renderla palese. Sei un Cavaliere ragazzo, usa un po’ di inventiva.”
Zane bofonchiò qualcosa, ma Mizumi era carica. “Ho calci e pugni per tutti.”
“Tienili dove sono allora, come ho detto cercare lo scontro è l’ultimo dei nostri pensieri.” Cyde si sporse oltre l’angolo della strada, scrutando i dintorni. “Non noto nulla di insolito per il momento.”
“Dubito avverrebbe qualcosa fuori dall’ordinario in pieno giorno, con così tanta gente.”
“Ne rimarresti sorpresa. Andiamo a lavorare ora, ho giusto un paio di piste promettenti.”
Mizumi e Zane seguirono Cyde per tutto il giorno lungo le strade affollate, evitando di dare nell’occhio. Lui intanto cercava di istruirli a cogliere ogni possibile indizio: lo sguardo furtivo di una persona al loro passaggio, scambi sospetti di monete, eventuali pedinatori. Mizumi capì che dovesse essere abituato a lavori del genere, ma lei dovette riconoscere di non riuscire a notare nulla, e di doversi continuamente fidare delle parole di Cyde per ogni cosa.
“L’ideale sarebbe se qualcuno mostrasse di riconoscerci comunque,” ripeteva. “Capiremmo allora che ci aspettavano e che qualcosa bolle in pentola. Altrimenti, dovremo continuare a scavare per conto nostro.”
“E se non c’è nulla?” chiese Zane.
“Allora potrai tornare a GranCastello a riferirlo, e prenderti elogi e ricompense. E vederteli sottratti e rimpiazzati con punizioni e ammonimenti nel caso tu ti sia sbagliato.”
Dopo quella seconda rimbeccata il ragazzo tacque. Mizumi se l’era immaginato diverso: si era figurata che Zane sarebbe stato molto più insopportabile, pronto a trattarli con sufficienza, e invece aveva fatto al massimo qualche domanda di tanto in tanto.
“O è più taciturno del previsto, oppure Cyde lo intimorisce troppo per fargli alzare la cresta.”
Si chiese se non fosse stata messa anche lei in quella squadra per assicurarsi che seguisse gli ordini. Sospirò, pensando al fatto che mentre lei scrutava mendicanti sdentati suo fratello e Lutum erano assieme al Maestro Ventus a combinare chissà cosa.
Al calar del sole Cyde li fece fermare e si riunirono vicino ad uno dei moli del porto. Zane rimase in piedi, ma il modo in cui si appoggiava alle casse lì presenti tradiva la sua stanchezza: Mizumi non badò nemmeno a nasconderla e si sedette sul bordo del pontile, con gli stivali che sfioravano la superficie dell’acqua. Osservò pigramente un paio di pesci nuotare vicino ai suoi piedi, e poi si rivolse a Cyde: “Non abbiamo ricavato nulla di importante.”
“Vero. Ma non riuscire ad ottenere nulla è comunque un’informazione: sappiamo che se c’è qualcosa in ballo non è giunta alle orecchie di questo genere di persone, il che riduce il terreno che dobbiamo controllare.”
“Che si fa ora?”
L’uomo incrociò le braccia, meditabondo. “Potrei fare un altro giro tra poco per conto mio, si possono imparare altre cose di notte… ma l’istinto mi dice che sarebbe inutile. Stasera ci riposiamo, e domani proveremo al forte. È uno di quei posti dove dovremo usare altri nomi però.”
“Ma perché tutta questa segretezza?” sbottò Zane all’improvviso. “Perché non possiamo semplicemente esigere di eseguire un controllo? Dubito che si potrebbero opporre alla decisione del Consiglio stesso. E comunque perché mai dovrebbero avere qualcosa da nascondere?”
Mizumi trovò strano il suo sfogo ma Cyde non batté ciglio, come se non aspettasse altro. Parlò in maniera più conciliante e misurata delle altre volte: “Quello che dici si può fare Zane, ma ogni azione comporta dei costi. Prendere tutto con la forza dopo esserci presentati come protettori del cosmo sarebbe un gran brutto colpo alla nostra immagine e renderebbe i Caraibi la vittima agli occhi di tutti gli altri. Se non stessero combinando nulla di male avremmo fatto una figuraccia, e se ci fosse qualcosa in ballo diventerebbe una reazione motivata di fronte ai nostri metodi. Purtroppo più o meno chiunque ha la sua scorta di segreti e lo sanno grossomodo tutti, ma bisogna mantenere un’illusione di reciproca fiducia.
“Quanto alle motivazioni, la situazione qui ai Caraibi è particolare. Per varie ragioni le autorità non ci hanno mai visto troppo di buon’occhio, e quando abbiamo spiegato alle poche persone fidate il quadro generale, beh… sappiate che dover accettare che esistono creature e poteri arcani al di là della comprensione umana può destabilizzare una persona. Si sentono continuamente insicuri, e l’insicurezza porta alla paranoia.”
Zane aprì la bocca come per voler aggiungere qualcosa, ma poi ci ripensò e si allontanò in fretta, a passi agitati. Mizumi lo guardò stranita. “Che problemi ha?“
Se Cyde l’aveva sentita scelse di non rispondere e lei, colta da un’improvvisa ispirazione per cavare informazioni, cambiò approccio.
“Cyde,” disse. “Zane non sa dello stato attuale delle cose, vero?”
Lui la guardò accigliato. “Tu invece sì? Non ricordo di averti visto all’assemblea. Mi chiedo che ne direbbe tuo padre.”
La ragazza arrossì, ma Cyde continuò: “Tranquilla, non dirò nulla. Hai i tuoi modi di reperire informazioni. Sarebbe ipocrita da parte mia giudicarti per questo. Sì comunque, si è pensato di tenere giovani come Zane fuori dalle questioni riguardanti la Rivolta e questi nuovi confabulatori. Si sentirà un po’ confuso, certo, ma almeno può ancora dormire sonni tranquilli la notte. È un lusso sempre più raro per chi fa il nostro mestiere.”
“L’illusione della fiducia reciproca?”
“Un paragone tagliente il tuo. Le alte sfere hanno fiducia che voi facciate del vostro meglio, e le nuove leve si fidano della guida dei loro superiori. Non ci vedo nulla di illusorio in questo.”
Era un modo di vederla, pensò Mizumi. Le venne in mente come Wanda e gli altri l’avevano trattata quando aveva espresso i suoi dubbi sui traditori, e si chiese se anche quello facesse parte del rapporto di fiducia sconfinata verso l’Ordine. Continuava a considerarla una visione un po’ miope e semplicista delle cose.
“E tu, dove ti collochi? Di certo non sei una nuova leva, e sembri sapere il fatto tuo. Ho conosciuto altri Cavalieri, ma tu parli come un Maestro.”
Cyde rise: “O sono più saggio del previsto, oppure hanno fatto Maestro qualche bellimbusto di troppo. No, sono solo-“ fece per continuare, ma venne allertato da qualcosa. Il Cavaliere rivolse lo sguardo verso la città sopita, e Mizumi alzandosi lo imitò.
Videro Zane correre verso di loro, seguito da alcuni sottili fili bianchi. Man mano che si avvicinava, Mizumi poté constatare che i fili sembravano muoversi per volontà propria, e diventavano sempre più spessi: capì che non erano fili, ma corpi dalla forma affusolata. Guardò Cyde per chiedere spiegazioni, ma l’uomo era sbiancato in volto.
“Per lo scrigno di Davy Jones.” Ad inquietare Mizumi non fu tanto l’esclamazione quanto il vederlo estrarre il Keyblade.
“Sfodera anche il tuo e preparati allo scontro. Dobbiamo soccorrere Zane.”
“Ma non avevi detto-“
“Ragazza, fai come ordinato e non discutere! Il tempo dei giochi è finito.
“Questi sono Nessuno. Se ti deconcentri, sei spacciata.”

“Eccoci arrivati. Entriamo nello spazio aereo di Agrabah.”
Le parole di Ventus servirono a riscuotere i ragazzi dai loro sogni ad occhi aperti, e la prospettiva di visitare il nuovo Mondo fece dimenticare a Kazeshi la visione che gli occupava la mente: l’immagine del Maestro Ventus mentre evitava laser e proiettili e trafiggeva il Cacciatore, spezzandogli gli arti prima di finirlo. Il ragazzo pensò che tutto sommato era una fortuna che gli Heartless svanissero appena sconfitti, in modo da risparmiarsi ulteriori sofferenze. Si chiese poi se gli Heartless erano capaci di provare dolore.
“Ormeggiamo qui, capo?” chiese Lutum.
“Normalmente ti direi di sì, ma… eviterei di lasciare la nave incustodita, per ogni evenienza. La prudenza non è mai troppa in questi casi.”
“E allora che si fa? Mica la possiamo portare con noi.”
Ventus sorrise. “Ah, appena atterrati vi mostrerò un altro piccolo trucchetto.”
Arrivarono fino a terra e posarono la nave in mezzo a delle dune non troppo distanti dalla capitale. Kazeshi scese, avvertendo la familiare sensazione della sabbia sotto i piedi -ma un eccesso di temperatura decisamente tutto nuovo- e ammirò Agrabah, altro luogo storico e citato di frequente negli archivi dell’Ordine. Per un motivo o per l’altro la città era stata così spesso minacciata dalle forze dell’Oscurità che un’alleanza con i Custodi era stata praticamente inevitabile: in più a regnare vi era l’ex-Principessa del Cuore Jasmine che era in ottimi rapporti con Sora e gli altri membri del Consiglio. E poi il deserto, un luogo duro e inospitale ma anche incredibilmente intrigante e pittoresco.
Kazeshi era così assorto nel rimirare i dintorni da farsi quasi sfuggire che la Falcon era scomparsa: guardando meglio notò che il Maestro Ventus era appoggiato al nulla e se la rideva davanti all’espressione sua e di Lutum.
“Trasgummi, molto utili per modificare l’aspetto o la forma di una nave.” Spiegò. “Anche se questo non fa altro che renderla invisibile. Ricordatevi dove abbiamo parcheggiato!”
Percorsero la breve distanza che li separava dalla capitale e arrivarono ai cancelli. Le guardie notarono il loro abbigliamento bizzarro, ma li fecero passare senza degnarli di una seconda occhiata. Anche i cittadini all’interno della città non sembravano fare troppo caso a loro.
“Certo che i luoghi dove abbiamo avamposti sono tutta un’altra cosa, eh?” fece Lutum. “Sembrerebbe quasi di essere ancora a casa… se escludiamo il caldo torrido.”
“Era un po’ difficile mantenere la segretezza visto il ruolo giocato sia da Jasmine che da Jafar in passato” ammise Ventus. “Non c’è stata altra scelta che far abituare le persone alla vista di stranieri con misteriose chiavi come arma. Ma quando tappeti volanti e lampade magiche non sono così fuori dall’ordinario, una cosa del genere diventa solo l’ennesima stranezza di cui tener conto.”
I tre Custodi marciarono fino al palazzo reale che malgrado non potesse reggere il confronto con GranCastello rimaneva una struttura impressionante, e all’apparenza anche molto più sfarzosa: le enormi cupole rivestite d’oro e lo scintillio delle gemme incastonate nelle mura trasmettevano una sensazione di opulenza che rendeva subito credibili tutte le storie che circolavano sui formidabili tesori che venivano spesso rinvenuti in quel Mondo. Proprio quando Kazeshi pensò che avrebbero varcato la soglia principale Ventus deviò a destra verso un’apertura nei giardini del sultanato, che portava ad un quadrato lambito da cespuglietti curati. Il ragazzo poteva già sentire il cozzare di metallo ed un vociare concitato: qualcuno si stava allenando.
In mezzo al quadrato vi erano due Custodi impegnati in un duello di pratica sotto lo sguardo vigile di un terzo. Al loro incedere cessarono immediatamente l’esercizio e salutarono pomposamente i nuovi arrivati.
“Maestro Ventus! Lei ci onora.”
Ven agitò la mano in un modo non dissimile da Sora: Kazeshi pensò che vi erano un sacco di cerimonie e gesti formali nonostante il fatto che parecchi Maestri sembravano non gradirli affatto.
“Purtroppo è più il senso del dovere a portarmi qui, ma non devo certo spiegarlo a voi. Com’è la situazione, qui? Sei tu in carica?”
Il Custode che precedentemente stava osservando l’allenamento degli altri due annuì. “Sono stato nominato da Maestro Gerey in persona, prima che partisse. Siamo rimasti in pochi: oltre a noi vi sono solo altri due membri della spedizione miracolosamente tornati a riferirci l’accaduto. Stanno riposando all’interno della caserma.”
Ventus assunse un’espressione sorpresa. “Ci sono superstiti della spedizione? Non lo sapevo.”
“Nessuno vi ha avvisati? Credevamo che il Sultano Jasmine…” I tre Custodi sembravano altrettanto spaesati. Kazeshi notò che erano tutti e tre relativamente giovani.
“Ci sono state alcune complicazioni riguardo il Sultano. Per il momento evitate contatti diretti col palazzo, risponderete solo a me. Portatemi dentro a parlare con gli altri.”
Prima di avviarsi, Ventus si voltò verso Lutum e Kazeshi. “Voi aspettate pure qui e riposatevi: potremmo dover partire molto presto.”

I ragazzi si appoggiarono a dei cespugli vicini. Non avendo molta voglia di parlare, Kazeshi considerò la situazione attuale. Malgrado tutto, non si sentiva troppo emozionato dell’essere in un nuovo Mondo: si trovava comunque a svolgere le mansioni consuete, presenziare a degli eventi ed attendere ordini. Sentendo le storie sulle avventure del padre aveva sempre sognato di vedere nuovi luoghi, per poter esplorare aree impressionanti e paesaggi mozzafiato, ma fino a quel momento tutto era stato così… protocollare.
“L’Ordine ha davvero catalogato tutto. Non ho dubbi che esistano altri Mondi da esplorare nello spazio infinito, ma sono rimasti inesplorati per un motivo e difficilmente sarò io a raggiungerli per primo.” Lo sconfortava anche notare come nonostante tutti gli sforzi dei suoi genitori e dell’intero sistema di cui faceva parte la maggioranza delle sue mansioni era comunque dedicata al combattimento e ad affinare tali capacità. Kazeshi comprendeva l’utilità del sapersi difendere, ma aveva sempre reputato la componente bellica la parte meno affascinante del Keyblade. Che gusto c’era a combattere quando si disponeva di vantaggi ingiusti contro pressappoco chiunque altro? Il ragazzo pensava che se le “armi” erano a forma di chiave e non di spada il motivo era perché servissero a scopi ben più nobili. Una chiave poteva aprire molte porte.
“Kaze? Hai mai sentito parlare del Maestro Gerey prima d’ora?” Lutum lo riscosse dalle sue riflessioni.
“Naturalmente. La Spada Scarlatta, titolo non troppo originale che si è guadagnato partecipando alla Guerra dei Dirupi per via del fatto che adorasse far prendere fuoco al suo Keyblade durante la battaglia. Un guerriero formidabile.”
Lutum annuì distrattamente, senza guardarlo. “Io l’ho visto una volta.”
“Davvero?”
“I Giochi del ’24, all’Olimpo. Ve l’ho detto che il mio vecchio adorava portarmi in giro. Avrò avuto nemmeno otto anni.”
Kazeshi ricordava che nell’anno ventiquattro si svolsero numerosi Tornei che compresero diversi giorni di feste e competizioni. I Giochi del ’24, come venivano ricordati, erano diventati un’annata che i patiti di combattimento non si scordavano facilmente, e parecchi Custodi si fecero un nome durante essi. Mizumi li venerava in modo quasi religioso -rara occasione in cui teneva a mente nomi e date quasi meglio di suo fratello- e per parecchio tempo si era rosa il fegato di non averli potuti vedere di persona.
“Non sapevo tu fossi stato lì.”
“Davvero? Tua sorella invece non ha fatto altro che tempestarmi di domande quando l’ha saputo. Purtroppo per me e per lei, ho potuto assistere solo ad una giornata di combattimenti… ed è appunto lì che vidi Gerey, che non era ancora Maestro. Ti assicuro però che la sua abilità era di prim’ordine già allora, e si batteva in modo incredibile. Perse contro il Maestro Riku, ma fu un duello splendido.”
Lutum era esattamente l’opposto di Kazeshi in quello, ed un grande alleato di Mizumi: adorava lo scontro e l’arte della lotta in ogni sua forma. Kaze non lo disprezzava per ciò, anche se dopo aver passato una vita con Mizumi trovava difficile interessarsi ai soliti argomenti.
“A proposito, conobbi anche Wanda lì, ora che ci penso.”
Il ragazzo quasi ebbe un colpo a quelle parole. “Che co- tu e Wanda… vi conoscevate già?”
“Forse conoscerci è esagerato. Sapevamo a vicenda chi fosse l’altro, e ci siamo incrociati un paio di volte negli anni prima di fare gruppo assieme a voi. Nel caso te lo stessi chiedendo, era ugualmente vivace da bambina. Forse pure peggio.”
Kazeshi riuscì a fatica a mantenere un contegno, e al non pensare troppo intensamente al fatto che Lutum conosceva Wanda da molti anni e aveva ricordi di come fosse da piccola, cose che lui non avrebbe mai avuto. Ma il pensiero era già divenuto insostenibile.
“Ti piace, eh?“
“Come?”
“Beh, Wanda no? Avevo sentito qualche voce, ma la tua reazione lo conferma. Hai un debole per la rossa.” Fece Lutum sornione.
“Cos- Io- …sì.” Ammise infine Kazeshi, per la prima volta ad alta voce. “È un problema?” disse poi, quasi volendo sfidare Lutum a riconoscerlo come tale.
“Principi di un complesso di Edipo permettendo, direi di no. Ok, a parte gli scherzi, se sono io a preoccuparti tranquillizzati. Wanda è molto carina, ma decisamente non il mio tipo. E poi ha… rimaniamo sul fatto che non è il mio tipo. E Ax penso si ucciderebbe se dovesse stare a sentire i suoi sproloqui anche all’infuori dell’orario lavorativo. L’unica cosa a doverti preoccupare è se ha un qualche fidanzato nella sua casa natale: potresti ritrovarti a dover fare a botte con un ammasso di muscoli della Galassia Orientale.”
Lutum sembrava divertirsi molto a punzecchiarlo, tanto che Kazeshi decise di rispondere per le rime.
“Sembri molto esperto in materia di relazioni.”
“Beh, non mi vanto, ma ho conosciuto un paio di ragazze negli anni.”
“Ma sei single ora, dico bene? Immagino sia per il meglio, l’ultima cosa che vorresti è che mia sorella si facesse l’idea sbagliata.”
Le sue parole sortirono l’effetto sperato e fu Lutum ad iniziare a balbettare. “Eh? Co-Cosa c’entra Mizumi ora con tutto questo?”
“Mh, chissà. Perché non me lo dici tu, Guru dell’Amore?”
I loro battibecchi vennero interrotti dal ritorno di Ventus: aveva abbandonato l’espressione gioviale e affabile, ed esibiva un cipiglio corrucciato.
Anticipò le loro domande: “Non qui. Seguitemi.”
Li scortò fino ad un corridoio lì vicino, mettendosi tra le colonne e la parete. “Ecco, così non siamo completamente allo scoperto. Non pare ci stessero aspettando, ma la prudenza non è mai troppa.
“È ovvio che vogliate sapere cosa mi hanno detto e vi accontento subito. I due superstiti mi hanno raccontato di aver marciato assieme agli altri verso la Caverna delle Meraviglie, poiché Gerey aveva ricevuto notizie riguardo attività sospette nei paraggi. Una volta arrivati, sono stati immediatamente attaccati da un folto numero di Heartless: pare che sia solo grazie all’eroismo del capitano se loro due sono riusciti a tornare, anche se hanno riportato ferite gravi nello scontro.”
L’umore di Kazeshi migliorò nettamente al sentir menzionare la Caverna delle Meraviglie, luogo pregno di magia e mistero.
“Quindi il Maestro Gerey è ancora lì a combattere?” fece Lutum.
“O comunque qualcosa lo mantiene lì, dubito stiano lottando ininterrottamente da giorni. Anche Aladdin era con loro, come guida: si tratta di un altro valente guerriero, come forse saprete.”
“Allora dobbiamo assolutamente andare a salvarli!”
“Sì… e no.” Ventus sembrava d’improvviso riluttante. “La situazione è un po’ più complicata di così.”
“In che senso?”
Il Maestro fece per rispondere, poi si bloccò e squadrò meglio i due ragazzi. “Perché non me lo dite voi? Credo che siamo arrivati ad un punto dove avete tutte le informazioni per ricavare la risposta senza che ve la dica io.”
Lutum rimase interdetto, e iniziò a rimuginare. Conscio che non era una delle sue più grandi doti, Kazeshi cercò di dargli una mano.
“Vediamo… sappiamo che questa è una trappola, quindi conviene partire da lì. E lo sappiamo perché il Sultano è stato manipolato.”
“Giusto fin qui” assentì Ventus.
“Quindi non salviamo ancora la squadra perché li porteremmo qui, in una città controllata dal nemico?” Tentò Lutum, ma le sue parole diedero una spinta ai ragionamenti di Kazeshi.
“Un momento! Il Sultano Jasmine era controllata dal nemico, quindi è impossibile che l’abbiate già fatta tornare… significa che noi siamo qui prima di lei, e non credo fosse previsto. Dovevamo venire spinti dalla sua richiesta senza sospettare nulla.” Il ragazzo guardò Ventus, che esibiva un guizzo di soddisfazione negli occhi. “Non andiamo a salvarli perché abbiamo un vantaggio inaspettato sul piano nemico.”
Ventus annuì di nuovo. “Ottime considerazioni. Esattamente, anche se siamo venuti qui per affrontare la trappola non significa dobbiamo marciarle incontro come degli sprovveduti. E visto che siamo arrivati fino a qui, credo di potervi dire anche il resto.”
Il Maestro si era portato davvero vicino a Kazeshi e Lutum, accertandosi di non farsi sentire. “Nessuna menzione è stata fatta da Jasmine sui dei sopravvissuti, segno che non dovevano esserci. Non so se sia stata solo una fortunata coincidenza o se quei poveracci se la siano data a gambe, fatto sta venendo prima abbiamo probabilmente impedito che facessero far loro una brutta fine per nasconderceli. E hanno effettivamente detto qualcosa di interessante, parlando di individui misteriosi nei rapporti di Gerey: rapporti che a noi non sono mai arrivati.”
Ormai il cervello di Kazeshi andava a pieno regime, e anticipò la prevedibile richiesta di spiegazioni da parte di Lutum. “Significa che il Maestro Gerey sapeva di persone simili. E lo ha saputo prima dell’assemblea, forse anche prima della nostra precedente missione, senza rivelarlo.”
Ennesimo cenno di assenso da parte di Ven. “State sempre all’erta. Potremmo dover combattere in luoghi e contro avversari inaspettati.”

Mizumi estrasse il Keyblade ed assunse la posizione di combattimento. Cyde, che essendo scattato subito aveva un po’ più di vantaggio su di lei, fu subito accanto a Zane e faccia a faccia coi primi aggressori, i tanto temuti Nessuno. Gli esseri bianchi iniziarono a saltellare tutto attorno, muovendosi in modo assolutamente innaturale: ma Cyde doveva avere ben chiaro il loro schema di attacco, perché non si fece impressionare e rimase in guardia. All’ultimo momento, un lieve tremito permeò uno dei Nessuno, che partì all’attacco. Cyde aspettò fino all’ultimo prima di scartare ed infilzarlo con decisione col suo corto Keyblade, eliminandolo. Un altro provò ad assalirlo alle spalle, e reagì in modo quantomeno singolare di fronte alla parata del Custode: iniziò ad accartocciarsi su se stesso, peraltro levitando sospeso in aria come se fosse privo di peso.
Quella danza assurda bastò a far comprendere a Mizumi come mai i Nessuno erano sempre descritti come nemici anche più alieni degli Heartless, e spesso più difficili da affrontare. Zane era intanto arrivato fino a lei, e aveva seguito lo scambio di colpi con lo stesso sgomento.
“Immagino ci abbia dato il via libera per sguainare le armi.” Senza attendere risposta, evocò il suo Keyblade e si mosse guardingo verso il nemico.
Mizumi pensò che se c’era un momento per sfoderare tutto l’arsenale era quello. Estrasse dalla tasca la piccola zucca intagliata. “Si dice che normalmente quasi qualsiasi Keyholder sia più forte di quello di un Custode ancora agli inizi. Fammi vedere che sai fare!”
La ragazza scambiò le catene come le era stato insegnato e trattenne il fiato, ma con suo stupore la chiave rimase Squamadoro. Frustrata, provò di nuovo, ma senza ulteriore successo.
“Oh, andiamo! Può mai andarmi bene qualcosa, negli ultimi tempi, o è chiedere troppo?”
“Ragazza! Si può sapere che stai facendo? Ti sono addosso!”
Mizumi si riebbe e notò che tre di quegli esseri erano effettivamente di fronte a lei. Uno di loro fremette in maniera simile a quello che aveva attaccato Cyde, e difatti spalancò l’enorme cerniera che aveva al posto della bocca e partì all’attacco.
“E va bene. Ho perso un po’ di punti, ultimamente.” Mizumi parò il colpo, portando Squamadoro di piatto contro il muso dell’aggressore. Fu lì che si accorse che oltre il “cappuccio” del Nessuno c’era un altro volto, più simile ad un Heartless e provvisto di denti: era quella la sua vera arma. La Cavaliera non si fece impressionare ed effettuò una rotazione con tutto il corpo, affettando il nemico con l’energia cinetica del colpo. “Vediamo di recuperarli.”
Una combinazione di fendenti e saette bastò a fare piazza pulita dei Nessuno rimanenti. Mizumi si sentiva molto meglio: non solo avvertiva il miglioramento dovuto alle lezioni speciali seguite, ma non avvertiva traccia del disagio provato contro gli Heartless. Si chiese se anche quello era dovuto all’addestramento, magari proprio alle prove del cuore sostenute da Topolino.
Un gemito attirò la sua attenzione, giusto in tempo per vedere Zane accasciarsi su un ginocchio davanti all’ultimo Nessuno. La ragazza inarcò il braccio all’indietro, ma Cyde doveva aver avuto la sua stessa idea: lanciò il proprio Keyblade, che però invece di ruotare si trasformò in una lama di energia e trafisse il bersaglio con la forza di un proiettile. Mizumi vide se Zane aveva bisogno di aiuto, ma questi si rialzò da solo senza spiccicare parola. Avendoci ormai fatto l’abitudine, raggiunse Cyde.
“Bel colpo. Come hai fatto a farlo?”
“Esistono diversi effetti che si possono applicare al lancio. I più ti riempiranno la testa con nozioni di fisica e aerodinamicità, ma la verità è che è tutta questione di polso.” Il guerriero recuperò l’arma e si guardò attorno. “Pare fossero gli ultimi, ma per sicurezza spostiamoci da qui. Parleremo una volta più al sicuro.”

Cyde li condusse lungo la via portuale, fino ad un piccolo ponticello che collegava due strade separate da un corso d’acqua. I tre si ripararono sotto l’arco di pietra, al riparo da sguardi indiscreti.
“Non vi siete comportati male, per essere la vostra prima volta contro dei Nessuno.”
Zane si sfiorò il ginocchio e mugugnò qualcosa. Cyde dovette aver compreso, perché rispose: “Be, fidati quando dico che molti al loro primo scontro di solito collezionano ben più di qualche caduta.”
“Sono davvero così temibili?” chiese Mizumi.
Il suo superiore la guardò sorpreso. “Un Nessuno è di norma più potente della sua controparte Heartless, ma non è solo lì la differenza. I Nessuno hanno una vera e propria mente e sono molto più furbi di quanto lascino intendere sulle prime, in combattimento e non. Se per te non sono stati chissà che sfida, devi essere anche tu più in gamba di quanto lasci intendere. Oppure sei solo un po’ matta. Magari entrambe le cose.”
Mizumi decise di accettare quello che tutto sommato le sembrava un complimento e rifletté sulle creature appena affrontate. Di certo si muovevano in modo particolare, e dovevano sferrare colpi pesanti nonostante gli arti esili, ma avrebbe volentieri affrontato un’altra dozzina di quelle creature rispetto all’angoscia paralizzante che le suscitavano gli Heartless.
“Sarà veramente solo per via dell’allenamento? O forse le diverse creature suscitano diversi effetti a seconda del combattente?” Per il momento accantonò la questione, ma si ripromise di andare fino in fondo alla faccenda.
Qualcos’altro turbava Zane. “Abbiamo dovuto usare i nostri Keyblade per difenderci.”
“Già.” Fece Cyde, lapidario.
“Ma non c’era nessuno a vederci.”
“…Non si può stabilire con certezza. Di solito i Nessuno vengono mandati da soli a svolgere alcune missioni, visto che appunto sono anche capaci di ragionare, ma ‘di solito’ non è una garanzia. Una cosa è certa: qualcuno sa che siamo qui e che stiamo ficcanasando in giro. L’unico dubbio è se sanno esattamente chi siamo. Se mi conoscono, dubito che avrebbero mandato qualche Simile alla cieca senza assicurarsi dell’esito. Può darsi che questo fosse solo un ammonimento.”
“Prima dici che i Nessuno sono pericolosi, poi che contro di te sarebbero solo un ammonimento?” Mizumi sentiva riaffiorare la classica testardaggine, pur sapendo che Cyde poteva non essere così affabile come il Maestro Riku o suo padre. “Chi sei in realtà? Sembri sapere il fatto tuo su tantissime cose, dai funzionamenti dell’Ordine e dei Mondi a come gestire varie situazioni non coperte dai libri di testo. E so che i Nessuno non sono poi così frequenti, quindi una tale conoscenza sulle loro abitudini è quantomeno curiosa.”
Come previsto, Cyde esibì un cipiglio duro di fronte a quell’assalto frontale: ma prima che potesse replicare, sopraggiunse in soccorso di Mizumi un alleato inaspettato.
“Secondo il briefing, dovevamo svolgere un semplice lavoro di ricognizione senza dare troppo nell’occhio” disse Zane. “Ma se il nostro capitano è una figura tale da provocare la comparsa di Nessuno, allora la nostra incolumità così come la missione stessa sono in pericolo. Quantomeno dobbiamo sapere a cosa andiamo incontro.”
Mizumi rimase impressionata da questa sua uscita e temette che per entrambi sarebbe arrivata una dura risposta di badare ai propri ordini, e invece Cyde esibì il suo solito sorriso sardonico grattandosi la corta barba ispida con la punta dell’indice.
“Vedo che mi hanno assegnato due tipi tosti, eh? Beh, in parte quello che dite è vero, quindi vedrò di darvi almeno qualche risposta. Non vorrei dovermi guardare le spalle anche da voi durante la nostra permanenza.
“Riprendendo la nostra chiacchierata sul molo, io sono effettivamente solo un Cavaliere, ma di una cerchia un po’ diversa da quella dei paladini in mantello e abito da cerimonia. Noi siamo quelli che in tempo di guerra si infilano nelle linee avversarie per operazioni di sabotaggio, e in tempo di pace monitoriamo le possibili attività nemiche. Niente lezioni di scherma per noi, a formarci ci hanno pensato le costanti situazioni di pericolo dei luoghi meno ospitali… da cui comunque molti di noi provengono.”
Mizumi iniziava ad afferrare. “Il motivo per cui sai tante cose su Port Royal…”
“Sono nato e cresciuto qui, spendendo i miei giorni in mezzo alla strada fino a quando uno strano signore non mi ha detto che avevo una sorta di dono per delle chiavi. Sulle prime pensavo mi stesse ingaggiando per scassinare qualcosa.” L’uomo ridacchiò, per poi assumere un’espressione pensosa. “Non sono passati nemmeno così tanti anni, eppure pare una vita fa. Ho partecipato alla Guerra dei Dirupi, e anche ad altre, ma dubito troverete il mio nome nei libri di storia. Un po’ un peccato, ne abbiamo fatte di cose.”
Cyde tacque, segnalando che il momento delle confessioni era finito. Mizumi pensò che aveva rivelato anche più di quanto si aspettasse, sebbene si fosse comunque mantenuto vago su molti elementi. Ma le andava bene, e nemmeno Zane sembrava avere qualche obiezione. Avevano capito che Cyde era certamente più pericoloso di tanti Cavalieri, e forse allo stesso livello di minaccia di alcuni Maestri.
“Quindi per quanto non celebrato, puoi rivelarti un osso duro e qualcuno qui lo sa. Quindi proveranno nuovamente a farci secchi. La domanda è: ora che si fa?”
“Beh, quantomeno ora è appurato che c’è effettivamente qualcosa degno di nota da riportare al Consiglio, dunque la nostra missione procede. Inutile avvertirli, però: la nostra posizione è da considerarsi compromessa. Ma so come possiamo ribaltare le carte in tavola.”
Cyde batté due volte su una pietra alle sue spalle, e nel muro del sottopassaggio si aprì un piccolo ingresso nascosto.
“Cosa, pensavate che vi avessi portato qui solo per qualche storiella strappalacrime? Abbiamo provato coi popolani e siamo stati assaliti. Per la prossima parte delle nostre indagini è arrivato il momento di affidarci alla ‘società pirata’.”

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Capitolo 21
*** Decisioni ***


21) Decisioni

Il sole batteva a picco su Agrabah, rendendo onore alla fama del clima torrido e afoso del deserto. Kazeshi arrivò in cima ad una cupola e decise di fermarsi a riposare, facendo attenzione a non venire abbagliato dai riflessi di luce delle guglie vicine. Si appoggiò ad un supporto vicino dopo aver controllato che non fosse ancora stato reso rovente dal clima, e tirò un lungo sospirò di sollievo: non aveva ancora padroneggiato la scalata a parete, tecnica che permetteva ai Custodi di risalire anche le superfici più impervie, e l’arrampicata sul possente edificio aveva richiesto parecchie energie. Da lì comunque aveva un’ottima visuale della città, dai tetti più bassi alle vie meno trafficate, e la piattezza del deserto aiutava ad espandere ancora di più il campo di osservazione. Sarebbe stato difficile coglierli alla sprovvista.
Ventus aveva decretato che avrebbero atteso il ritorno di Gerey e della spedizione in città, in modo da prepararsi e contrattaccare l’eventuale imboscata con una delle loro.
“E se nel frattempo farà ritorno Jasmine, meglio ancora” aveva sentenziato il Maestro. “Dovrebbe essere libera dalla manipolazione nemica, quindi sarebbe un’utile alleata. E potremmo anche capire come hanno fatto ad avvicinarla la prima volta.”
“Quindi combatteremo in città? In mezzo alla gente?” esclamò Lutum incredulo.
“Immaginavo il vostro sgomento, ma state tranquilli che non arriveremo allo scenario catastrofico che di certo state immaginando. Sono fiducioso di poter porre fine ai tafferugli senza sradicare palazzi… qualche bancarella, tutt’al più.” ridacchiò Ventus.
Anche a Kazeshi il piano non sembrava ideale, ma se c’era una cosa che sua sorella era maestra nell’insegnare era l’inutilità di intestardirsi con le decisioni dei più esperti. Se Ventus era sicuro che quella fosse la strada migliore, chi era lui per dubitarne?
Un raro refolo di vento gli accarezzò la guancia, liberandolo temporaneamente dall’arsura. Avevano ricevuto libertà di muoversi all’interno della città, a patto di mantenere un profilo basso e fare molta attenzione. Lutum aveva subito marciato verso una direzione senza consultarlo, ma Kazeshi una volta tanto lo capiva.
“Non ci vuole un genio a capire che è molto probabile Gerey sia dietro a queste macchinazioni. Dev’essere difficile per lui da accettare, visto quanto lo idolatrava.” Il ragazzo si ritrovò a pensare nuovamente ai Custodi, alla corruzione e al Keyblade, ma erano tutti concetti che andavano al di là della sua immaginazione. Per lui decidere di sovvertire l’ordine prestabilito era inconcepibile, così come usare la propria arma per fare del male agli innocenti solo per sete di potere. Ma ci doveva essere qualche aspetto della questione che gli sfuggiva, e che non fosse tutto così bianco o nero. In questo capiva i ragionamenti di Mizumi… ma capiva anche perché non erano argomenti da portare alla luce del sole.
Un tonfo accanto a lui lo fece sussultare: Kazeshi capì di essersi appisolato.
“Incredibile tu riesca a dormire con questo caldo.” Disse Lutum.
A giudicare dalla posizione del sole, non poteva essere passata più di un’ora. “Ricorda, vengo da un’isola tropicale.”
“Penseresti che il deserto sia un tantino peggio però.”
“Non necessariamente, se ti sai premunire. A volte l’umidità del mare può essere anche più fastidiosa.”
“Mh. Non l’avrei mai detto.”
Riabituandosi alla luce, Kazeshi guardò il ragazzo che sedeva vicino a lui, e capì dall’espressione che non era venuto per chiacchierare del clima o riprendere la discussione sulle relazioni romantiche.
“Ti senti meglio?”
“Cosa? …Oh, dici per Gerey. Sì. Credo. Non lo so. Avevo bisogno di tempo per riflettere.”
“Immaginavo. E…?”
“E ritengo che non sia davvero compito mio decidere, no? Insomma, lo ammiravo sì, ma ero solo un ragazzino che vedeva dei baldi guerrieri combattere. Effettivamente non ho idea di che tipo di persona sia Gerey veramente. Sono lieto che ci debba pensare Ventus, comunque: io non ne avrei la forza. Passare giudizio su una persona di cui ti sei fidato, con cui hai combattuto…”
“Deve essere pesante, sì. Ma credo che il Maestro Ventus ci abbia portato con sé anche per farci vedere questo aspetto dell’autorità, e farci capire cosa ci riserva il futuro.”
I due rimasero ad osservare l’orizzonte per qualche tempo in silenzio. Dinnanzi al cielo limpido e alle dune in lontananza erose dai venti del deserto, i loro problemi sembravano incredibilmente distanti.
“Stavo anche pensando se fosse poi così giusto aspettare.”
Ci volle un po’ a Kazeshi per capire Lutum si stava riferendo alla decisione di accogliere Gerey e i suoi in città. “È il volere del Maestro, c’è poco da discutere. Non penso che lui fra tutti metterebbe mai in pericolo le vite dei cittadini: l’empatia e la gentilezza del Maestro Ventus sono ben note, a volte anche più di quelle di mio padre.”
“Oh, non ho paura per i cittadini, non me ne volessero. Mi fido ciecamente di Ven.” disse Lutum. “Sono i membri della spedizione a preoccuparmi. Siamo davvero certi siano tutti traditori, o che nessuno abbia bisogno invece del nostro aiuto? È strano, anche per questioni, beh, più intime.”
Sembrava invece che Lutum volesse riaprire quella discussione, dopotutto.
“Ah, ehm… c’è qualcuna che ti piace, nella spedizione?” fece Kazeshi, esitante.
“Eh? Non parlavo di me, ma del Sultano Jasmine. Suo marito è Aladdin, sono sicuro conosci bene il nome. È un valente guerriero, e sono certo che sia andato con Gerey e gli altri. E crederei prima a Wanda che batte Axius in un confronto magico che ad un suo possibile ruolo nell’imboscata.”
Kazeshi non aveva pensato molto né ai possibili Custodi innocenti né alla presenza di Aladdin, e dovette dar credito a Lutum. E prima ancora a sua madre, per i suoi consigli riguardo le diverse qualità di ognuno.
Lui era molto analitico e riflessivo, più portato a vedere le conseguenze durature degli eventi, invece Lutum riusciva a provare un’immediata e genuina preoccupazione per i singoli individui ponendoli al centro dell’attenzione. Mentre considerava ciò ascoltando Lutum, qualcos’altro iniziò a farsi strada nei suoi pensieri.
“L’empatia e la gentilezza del Maestro Ventus sono ben note…”
“Quindi mi chiedo, perché non andiamo a salvare almeno Aladdin?”
“Immaginavo il vostro sgomento, ma state tranquilli che non arriveremo allo scenario catastrofico che di certo state immaginando.”
“A meno che non sia riuscito in qualche modo a lasciare il pianeta, visto che qui in città non c’è. Ma dubito abbia una Gummiship.”
“Ricordate dove abbiamo parcheggiato!”
Pian piano gli ingranaggi nella testa di Kazeshi iniziarono a ruotare, ed il ragazzo ebbe come un sussulto: aveva capito il piano di Ventus. Era quasi assurdo, ma da un lato la rivelazione fu così banale che si diede dello stupido per non esserci arrivato prima. Ma ora che lo sapeva, cosa avrebbe dovuto fare? Era programmato che lo scoprisse, o si era trattato di una fortunata coincidenza?
Deglutì: era ovvio cosa sarebbe successo informando Lutum al riguardo. Poteva però non essere la cosa giusta da fare, anzi un disastro. Prendere la decisione sbagliata avrebbe significato mettere a repentaglio l’intera missione, oltre alla loro stessa incolumità.
“Kaze? Che succede, amico? Ti sei irrigidito di colpo.”
Kazeshi pensò a suo padre, e a quando aveva sostenuto il Tuffo del Cuore con Topolino. Ci sarebbero stati momenti nella sua vita dove sarebbe stato tenuto a scegliere, senza poter delegare il compito ad altri. E tutto ciò che poteva fare, aveva imparato, era fidarsi di se stesso e portare avanti la sua decisione nel migliore dei modi.
Inspirò a fondo, poi disse: “Lutum, preparati. Credo che quando avrai finito di ascoltare, vorrai partire immediatamente.”
“Partire? Per dove?”
“Questo starà a te deciderlo, ma credo che sarà ovunque sia andato il Maestro Ventus dopo averci congedato.”

Il passaggio aperto da Cyde non condusse, come Mizumi aveva inizialmente supposto, verso un covo segreto pirata o un’antica catacomba tra le fogne della città, ma ad una piccola e modesta insenatura che dava sul mare. Quando la ragazza espresse il suo disappunto al capogruppo, l’uomo rise di gusto.
“Ti aspettavi una sorta di sancta sanctorum proprio sotto agli occhi di tutti? E come te ci avranno pensato a centinaia, e già solo quello è un ottimo motivo per non fare mai qualcosa del genere. Non dubito che da qualche parte ci siano più di quattro esaltati che si radunano negli scantinati di casa a confabulare, ma i pirati con un po’ di sale in zucca hanno da tempo capito che c’è solo un modo per continuare a fare il proprio mestiere e sopravvivere alla legge: starne dignitosamente alla larga.”
Attraccate alla riva vi erano due piccole barchette di legno, ciascuna in grado di trasportare due persone anche per lunghe distanze. Mizumi le guardò con tenerezza, ripensando alle traversate sulla sua isola.
“Sai governare una di queste?” domandò Cyde.
“Sì, non salgo su un’imbarcazione da anni ma certe cose non si scordano mai.”
“Buono a sapersi.” Vedendo che sia Mizumi che Zane si apprestavano a mollare gli ormeggi, li richiamò.
“Ehi, piantatela e venite qui. Ci spostiamo coi portali, vi siete dimenticati?”
“Ma tu hai detto-“
“Ti ho solo chiesto se ne eri in grado, per ogni evenienza. Certe cose è bene saperle, specie ora che la situazione è cambiata. Come vi chiamate?”
La domanda improvvisa colse Mizumi alla sprovvista, ma la ragazza afferrò infine il senso. “Sono Ione, la tua più recente apprendista.”
“E io Pym” fece Zane. Dopo l’agguato dei Nessuno si era fatto quantomeno più collaborativo. “Sono il tuo protetto.”
“Ottimo, e ricordate di chiamare me Dean. Non serve che ve lo dica, ma stiamo per andare in uno di quei posti dove sarà meglio usare le nuove identità. Non faremo fessi chi mi conosce da tempo, ma fortunatamente non sono quelli di cui mi preoccupo. Ma usiamo i nomi falsi anche con loro. È una forma di cortesia.”
Il Keyblade di Cyde emise il familiare raggio di luce e i tre varcarono nuovamente il portale.
Riapparvero nei pressi di un castello scolpito praticamente dentro la montagna su cui si appoggiava, circondato dalla vegetazione. Malgrado l’ora tarda, le luci erano accese e i rumori di festeggiamenti arrivavano fino al molo, dove Mizumi notò vi erano ormeggiate parecchie navi di notevoli dimensioni.
“Benvenuti sull’Isla Verdemontaña” disse Cyde. “Generoso omaggio del Gran Maestro all’alleanza pirata… un altro modo per tentare di guadagnarsi la loro lealtà e tenerseli buoni. Venite, entriamo dentro e non badate più di tanto all’odore.”
“Mi pare di ricordare mio fratello dirmi che il Gran Maestro aveva un pirata importante come amico.”
“Senza dubbio parlava di Sparrow. Ma avere Jack come alleato può aiutarti tanto quanto complicarti la vita a seconda del contesto, è un tipo bizzarro. Ad ogni modo, si è ritirato dalla vita da pirata e non conta più molto come una volta.”
Il castello doveva essere stato pensato come vero e proprio maniero, ai ragazzi ricordava perfino GranCastello in certi punti, ma era chiaro i pirati non ci avevano badato molto: a giudicare dai rimasugli che costellavano il pavimento ed i beoni ad ogni angolo, un pirata sembrava calcolare il valore di qualcosa solo se si poteva bere, mangiare o vendere, e le indentature sulle pareti illustravano che gli oggetti preziosi erano stati i primi a scomparire. Nessun pirata che incontrarono sul loro percorso dall’ingresso al salone -che fosse ancora lucido- li degnò di un’occhiata e Mizumi iniziò a pensare che tutto sommato non avevano avuto bisogno di tanti sotterfugi quando un energumeno sbarrò la porta che Cyde aveva cercato di raggiungere, un portone in legno ancora in buono stato col classico Jolly Roger su entrambi i battenti.
“Fermi. Di qui si va alla sala dei capitani.”
Cyde non si fece impressionare. “Lo so bene, è l’unico luogo dove poter parlare con qualcuno ancora in sé. Chi c’è dei Pirati Nobili?”
L’omaccione ridusse gli occhi a due fessure, e mise una mano sul pomolo della spada. “Chi lo chiede?”
“Dean del Mar Caspio. Ho delle informazioni su un carico prezioso e voglio venderle al miglior offerente.”
“Piacere Dean, io sono Timothy il Dolce. E mi sembra che ti porti dietro un bel seguito per una misera contrattazione.” Agitò una mano verso Mizumi e Zane.
“Chi, loro? Il ragazzo ha perso la flotta del padre e ha deciso di votarsi alla vita di ventura, gli sto solo mostrando le redini. E chiaramente gli serve una sguattera, ecco spiegato l’altra.”
Mizumi avrebbe voluto digrignare i denti a quelle parole, ma doveva far finta che fosse la cosa più giusta e naturale del mondo, quindi assunse un’espressione che sperava fosse di umiltà e dedizione. Quantomeno il cipiglio altero di Zane si sposava bene con la loro storiella.
Chiunque altro sarebbe tornato alla propria bottiglia a quel punto, ma Timothy il Dolce doveva aver ricevuto incarichi precisi o era un raro caso di zelo piratesco, e si massaggiò il mento pensieroso.
“Dov’è la vostra nave? Il mio posto è sulla finestra che dà sul molo, e non ho visto movimento da diverse ore.”
Mizumi non ci aveva pensato, e per un attimo temette che anche Cyde se ne fosse dimenticato: ma questi sfoderò il suo solito sorriso ammaliatore e parlò con fare sicuro ed anche un po’ seccato: “Ovvio, ho scoperto un carico abbordabile e sono subito corso al rifugio portandomi dietro mezza Marina di Port Royal. Sono qui da un pezzo, e la notizia me l’ha inviata un mio contatto tramite piccione. O mi stai dicendo che eri anche accanto alla finestra che dà sulla voliera?”
“E io non ricordo di averti mai visto perché…”
“Perché sono dannatamente bravo nel mio lavoro e passo inosservato.” Cyde si voltò verso quel che restava di un tavolo da pranzo, o per meglio dire alle carcasse semoventi sdraiate sopra. “Fergus! Ti ho ripulito per bene ai dadi ieri notte, eh? Vuoi la rivincita, appena ho finito?”
Uno dei corpi si mosse un po’ di più, e seguì una voce roca e impastata di birra. “Mi riprenderò tutti i miei averi, sporco baro che non sei altro!”
Quell’assist sembrò convincere Timothy. “Va bene furbone, passa pure coi tuoi scagnozzi. Guarda tu stesso chi è presente tra i capitani: ho sentito degli spari provenire dall’interno qualche giorno fa quindi il numero dei tuoi acquirenti potrebbe essere cambiato rispetto a quello che so io.”
Aprì loro la porta e la richiuse con un tonfo, lasciando il trio in uno stretto corridoio di pietra. Zane e Mizumi attesero di essere quasi a metà prima di tornare a respirare normalmente.
“Tipino sveglio e simpatico, anche se suppongo lo sarebbe stato molto meno se avesse intuito qualcosa. Mi ricorderò la faccia, potrebbe tornare utile all’Ordine come informatore.” Sentenziò Cyde.
“Per fortuna che hai pensato ad una spiegazione per la nave.”
“Quella non era fortuna ragazza, era essere preparati. La vera fortuna è stata chiamare ‘Fergus’ e trovarne uno tra i presenti.
“Ora siamo forse alla parte finale di questa caccia alla volpe, ma anche la più delicata: per il vostro come il mio bene, state attenti a tutto ciò che dite. Quelli che stiamo per incontrare sono pirati che vi faranno sembrare Timothy il Dolce un agnellino.”

Entrarono in una stanza dalle dimensioni certamente più esigue rispetto all’androne di poco prima ma che non era certo modesta. Bastava un’occhiata per capire che doveva rappresentare, almeno secondo i desideri dell’architetto, una sorta di sala del Consiglio, un ritrovo per i grandi capi: un grosso tavolo centrale, buona illuminazione, perfino un bancone ad una parete dove preparare e servire rinfreschi. L’aspetto più sorprendente era che la stanza era rimasta in condizioni quasi immacolate: era palese che i suoi occupanti fossero di tutta altra pasta rispetto ai soliti gaglioffi e tagliagole che comandavano.
Di tali figuri ve ne erano quattro nel locale. Un uomo dalla pelle scura ed il cranio rasato discuteva animatamente con una donna dai capelli color d’ebano, mentre un secondo uomo di corporatura esile con indossava una di quelle parrucche bianche che Mizumi aveva visto nei fumetti che leggeva da piccola era la bancone e centellinava un boccale di vino. Una quarta sagoma si dondolava su una sedia in un apparente dormiveglia, col cappello a tricorno calato completamente sul volto. Vestivano abiti di un certo valore e tutti assieme avrebbero potuto rifornire una piccola oreficeria con i preziosi che portavano addosso.
“Ti ho già detto, razza di imbecille, che la Daisy è affondata nelle mie acque, ed è quindi mio diritto recuperarne il contenuto!”
“Brutta arpia di mare, la Daisy trasportava merci indiane, quindi spetta a me il bottino!”
“Come puoi reclamare la merce quando ogni legge pirata indica che il relitto è di mia proprietà?”
“Non mi importa dove è il carico, ma solo che era il frutto di una soffiata dei miei informatori! Con la nave puoi farci quello che vuoi.”
“Bah!”
A quel punto l’uomo ebbe come un fremito, tirò fuori una pistola e scaricò due colpi contro il muro, andando a creare due nuovi fori per la collezione. Il pirata che gustava la sua bevanda prese un altro sorso e commentò divertito: “Dodici.”
Mizumi pensò che quella diatriba ricordava i racconti sulle sedute più infervorate del Consiglio, solo con molto più piombo. Cyde sembrò ringalluzzito a quella vista. “Ah, ed ecco spiegati gli spari.”
Tutti i presenti meno il membro in catalessi si voltarono verso il trio. Cyde si esibì in un pittoresco inchino e con voce squillante esclamò: “Salute a voi, miei lord e lady delle acque! Sono qui per conferire. Abbiamo l’incantevole Lady Gabriella, i Lord Arjun e Thompson, e se posso chiedere l’identità del-”
“Chi sei?” berciò l’uomo che doveva essere lord Arjun. “Che vuoi? Perché non ti ho mai visto prima?”
Il tono ostile mise i ragazzi nuovamente in guardia, ma al contrario della volta con Timothy Cyde non assunse un atteggiamento scontroso. Sorrise, e con lo stesso tono gaudente di prima rispose: “Mi chiamo Dean, sono qui per recare informazioni di una certa importanza, e la mia faccia non è nota ai miei lord e lady perché…”
“Perché non è mia usanza mostrare le facce dei miei più stretti collaboratori ai miei rivali” fece l’uomo al bancone, presumibilmente lord Thompson. “Vieni pure Dean, lascia che serva a te e ai ragazzi qualcosa. Avrai viaggiato molto, e sono interessato alle informazioni che mi porti.”
Mizumi e Zane sentirono gli sguardi di Arjun e Gabriella dritti sulle loro nuche mentre attraversavano la sala e prendevano posto sugli sgabelli. Notando il loro disagio, Thompson si rivolse ai compari.
“Dunque, mi pareva che lo stallo sulla proprietà della Daisy fosse arrivato alle dodici pallottole e ventidue insulti.”
“Fai pure ventitré. Questo babbuino imparerà prima a volare che a soffiarmi una nave sotto al naso!”
La ripresa della discussione sembrò riassorbire completamente i due, e Thompson si avvicinò di più a Cyde.
“Vecchia volpe, non contavo di rivederti presto qui ai piani alti. Avresti dovuto dirmelo, Arjun ha messo il suo cane di guardia.”
“Ah, è suo l’energumeno? Peccato, volevo reclutarlo ma so che Ar i suoi se li tiene stretti. Comunque la visita non era prevista John, ma siamo incorsi in… complicazioni inaspettate.”
Gli occhi di Thompson saettarono rapidamente verso Mizumi e Zane. “Ah, devono essere questioni dei… nostri cari amici, quindi. Dimmi se posso aiutarti, anche se non metto piede a Port Royal da qualche tempo.”
“In città sono già stato io, è zona calda ma non scotta abbastanza. Che si dice a mollo?”
“Tutto calmo, quindi è chiaro che ci sono grossi guai in arrivo. Non è ancora notizia di dominio pubblico ma corre voce che la Marina si stia armando, e che le vuote minacce diventeranno presto realtà.”
Cyde aggrottò le sopracciglia. “Non ne sapevo niente. Che Marina, John? E contro chi?”
Thompson sbatte le palpebre simulando educato stupore. “Tutta la Marina, Dean. E contro i nostri cari amici.”
“CHE COSA?”
L’urlo di Mizumi fu così intenso da distrarre anche Arjun e Gabriella, ormai con le rivoltelle puntate l’uno contro l’altro. La ragazza si ritrovò ben presto al centro dell’attenzione, con solo il ronfare dello stoccafisso sulla sedia a scandire i secondi.
“Uh… Co… Co… Corpo di mille balene signorino Pym, non può usare un simile linguaggio! Ci troviamo comunque in presenza di uno dei lord delle acque!” e batté vigorosamente una mano sulla spalla di Zane.
Il sotterfugio sembrò bastare e ben presto le voci concitate del lord e della lady tornarono a riempire il locale.
“Bel salvataggio. Riferirò solo metà incidente al Gran Maestro.” Bisbigliò Cyde.
“Sì, sì, ma ora lascia perdere! La Marina vuole muovere guerra al Consiglio?”
“Piano” sibilò Thompson. “Evitiamo certi termini così alla leggera, ok? Dean, non mi ero accorto fossi così all’oscuro, altrimenti te ne avrei parlato prima. Ho una buona notizia: alla Baia del Pescecane dovrebbe tenersi un concilio che quei pomposi lord ritengono sia segreto. Potrebbe essere stasera stessa. Magari se ci vai esiste una minima possibilità che tutto non vada in malora.”
“Ottime informazioni John, ti ringrazio. Dov’è la fregatura?”
“La fregatura è che il nostro caro quarto incomodo ti sta battendo sul tempo.”
Cyde si voltò di scatto, quasi colpendo Mizumi con una gomitata. La ragazza seguì il suo sguardo e capì: il sedile che ospitava il pirata sonnolento era vuoto, il suo occupante più sveglio di quanto avesse lasciato intendere.
“È successo quando la tua sguattera ha escogitato il bel salvataggio. Stai perdendo colpi, amico mio.”
“Chi-“ la domanda di Cyde gli morì in gola, mentre un’altra parola gli affiorò sulle labbra. “Sparrow!”
“E chi altri? Quel vegliardo ha un talento per trovarsi al posto giusto al momento giusto. Ti conviene muoverti in fretta.”
Un rumore seguito da un tonfo, e lady Gabriella scavalcò il corpo esanime di Arjun, additando apparentemente Zane.
“Oh, steso con le sue stesse droghe… ne è valsa la pena effettuare un recupero preventivo. Ora non avrà altra scelta se non cedermi parte del carico per salvare la faccia, appena si riprende. A proposito… tu hai un bel faccino, sei già in una ciurma?”
Cyde li fece muovere in fretta e furia, attraversando corridoi e rampe di scale come un forsennato.
Mizumi tentava di tenergli il passo e al tempo stesso parlare in codice, operazione alquanto complicata.
“Andiamo veramente alla Baia del Pescecane?”
“Come minimo ci incamminiamo. Useremo la nave di John, ce l’ha gentilmente concessa. È un po’ più grande delle tue barchette, ma seguite le mie istruzioni e ce la caveremo.”
“Come mai Jack Sparrow è scappato? Non è dalla nostra parte?” domandò Zane. Mizumi dovette riconoscere era un’osservazione pertinente.
“Ve l’ho detto, no? È strano, anche per un pirata, e ormai ne avete conosciuto qualcuno. È anche possibile che mi abbia riconosciuto ma abbia deciso comunque di darsela a gambe, nonostante l’alleanza con l’Ordine. Sparrow risponde unicamente alla sua coscienza, che è più scassata della sua bussola.”
“Allora dobbiamo avvertire mio padre! Di sicuro lui saprà come fermarlo!”
“E il messaggio secondo te come glielo recapitiamo? E comunque non abbiamo tempo. Questa è una faccenda seria, e se Sparrow se la gestisce da solo potrebbero essere guai per tutte le parti coinvolte. Non c’è tempo per ricevere ordini: dovremo improvvisare.”
Cyde si bloccò, facendo quasi schiantare Zane e Mizumi contro la sua schiena. L’uomo si voltò a guardare i due ragazzi ansimanti.
“Il che mi ricorda. Avete presente che vi ho detto di non sfoderare le armi? Bene, pensate che potremmo dover rompere di nuovo quella regola.”

Mizumi non era la sola a doversi muovere in fretta. Kazeshi non era nuovo al correre sulla sabbia, ma dovette constatare ben presto che le dune del deserto non erano proprio come la spiaggia di casa sua. I piedi affondavano molto di più nel terreno, e tirarli fuori ogni volta richiedeva uno sforzo considerevole soprattutto sotto al sole cocente. Nonostante ciò inspirò a fondo e raddoppiò i suoi sforzi per agguantare la persona poco più avanti.
Lui e Lutum ruzzolarono giù per una duna avvinghiati l’uno all’altro.
“Lasciami!”
“Non finché non ti calmi!”
Le minacce erano quanto Kazeshi potesse promettere, visto che l’amico era notevolmente più grosso e meglio piazzato di lui. Lutum lo prese per la vita e se lo levò di dosso con apparente facilità.
“Non puoi dirmi di calmarmi! Sei stato tu a mettere in moto tutto!”
“La fai sembrare come se fosse colpa mia. Il Maestro Ventus sarebbe lì anche se io non l’avessi intuito.”
Lutum lo fissò respirando profondamente, e Kazeshi quasi pensò di doversi preparare ad uno scontro. Ma il ragazzo si voltò e prese a calci la duna dalla quale erano caduti, mandando sabbia tutto attorno.
“No, non è colpa tua, scusa. È che… sono stanco di queste cose. Mi sembra sempre che ogni volta che mi assegnino un incarico importante prima mi bendino e mi facciano perdere l’orientamento per sicurezza. Non sarebbe male un po’ di fiducia in più.”
“Farà piacere a Mizu sapere che ha un alleato.”
“Non sono irrispettoso quanto lei, mia mamma mi spezzerebbe le gambe, ma non pensare non sia spesso d’accordo con le sue lamentele.”
Lutum inspirò un’ultima volta, e volse lo sguardo verso l’orizzonte. Che però era tutto attorno a loro eccetto per la sagoma della città, pensò Kazeshi.
“Allora. Vediamo quello che sappiamo. Tu mi hai detto che Ven è andato a salvare gli altri senza di noi.”
“Sì, io credo… non penso fosse sempre stato l’obiettivo, ma quantomeno era una delle opzioni nel caso la faccenda fosse più seria del previsto.”
“Quindi da Cavalieri siamo passati a zavorra inutile.”
Kazeshi percepì distintamente un tono Mizumesco in quelle parole, e cercò di soppesare le sue come meglio poteva. “Cavalieri siamo e tali rimaniamo, o nemmeno ci avrebbero notificato di questa missione. Il Maestro Ventus si aspetta chiaramente qualcosa da noi. La domanda è: cosa, esattamente? Questa è la nostra sfida stavolta.”
Lutum rimuginava così tanto che pareva gli fumasse il cervello. “Senza di noi la città non è difesa. Manca il Sultano, e gli unici Custodi sono feriti e poco esperti. Se ce ne andiamo, e per una trappola o pura coincidenza Agrabah venisse attaccata ce ne pentiremmo amaramente.”
“Immagino di sì. E non c’è garanzia su cosa andremmo incontro nella Caverna delle Meraviglie.”
“Allora la scelta pare si faccia da sola.”
Sarebbe stato facile per Kazeshi assentire, e tornare di corsa in città fintantoché era ancora visibile. Era la scelta più sicura, e anche più sensata. Eppure qualcosa nel tono di Lutum, di come serrava il pugno, gli fece capire che se avesse agito così se lo sarebbe rimproverato più avanti. Qualcosa in lui gli sussurrava che per quanto sicura e sensata non sembrava la cosa giusta da fare.
“Non gli ho rivelato tutto quanto solo per continuare a fare la guardia.”
“Lutum. Malgrado quanto mi hai detto tu vuoi ancora vedere Gerey, vero?”
L’amico a quelle parole sussultò visibilmente. “Ho paura, Kaze. Se è veramente lui… se è stato corrotto… non penso di potercela fare.”
“Ma se non lo vedrai con i tuoi occhi,” insistette Kazeshi, “Non saprai mai se puoi farcela o no. Io credo che sia una cosa che devi affrontare.”
Negli occhi di Lutum si leggeva molta paura e sconforto. Kazeshi rifletté che per quanto forte poteva apparire aveva comunque solo diciassette anni. Ma ben presto la debolezza cedette alla risolutezza, ed il figlio di Terra e Aqua annuì vigorosamente.
“Diamine, mi hai convinto! Non pensavo di avere bisogno di sentirmelo dire, ma… diciamo che ha fatto bene. Dunque partiamo?”
“Calma, prima ti ho bloccato anche per un’altra ragione. Come pensi di raggiungere la Caverna? Siamo a piedi, nel deserto e durante le ore più calde della giornata, se non agiamo con metodo saremo noi a necessitare soccorso.”
“Ma ce l’abbiamo un metodo. Ora è invisibile, ma se non ricordo male dovrebbe trovarsi poco più in là vicino alle due palme dal tronco contorto. Credevi stessi correndo nel deserto senza meta?” Lutum gesticolò alle sue spalle, e Kazeshi sgranò gli occhi.
“Tu vuoi pilotare la Falcon?”
Un ghigno spuntò sulla faccia di Lutum. “Confesso che me ne morivo dalla voglia. Né tu né io sappiamo dove sia esattamente la Caverna, ma con la Falcon persino il deserto sembrerà un fazzoletto.”

I calcoli di Lutum si rivelarono inesatti: la Falcon era la nave più veloce quando si trattava di lunghe traversate, ma quando bisognava rimanere su uno stesso pianeta e cercare qualcosa bisognava procedere molto più lentamente o si rischiava di uscire dal deserto senza accorgersene.
Fu quindi solo quando il sole si avviava verso il tramonto che i due riconobbero la famosa testa della Tigre che fungeva da guardia alla Caverna delle Meraviglie. Atterrarono nello spiazzo proprio di fronte al gigantesco felino e sbarcarono.
Kazeshi ritrovò finalmente l’emozione che stava perdendo durante quel viaggio: la Caverna era un luogo che definire magico era dir poco, con un sistema interno che mutava ogni volta che la si visitava, e l’unica costante che in fondo al labirinto di trappole e prove si celassero magnifici tesori. Da piccolo sua madre gli raccontava parecchio di quel posto come favola della buonanotte, e lui puntualmente si addormentava sognando tutti i misteri e le avventure che poteva desiderare.
Non era però il momento per fantasticherie simili. Lutum gli batté sul braccio per richiamare la sua attenzione e indicò le fauci spalancate.
“Significa che c’è qualcuno dentro e possiamo entrare, vero? Muoviamoci.”
L’ingresso della Caverna era un’anticamera con le pareti di pietra e colonne che sorreggevano il soffitto. Quasi subito Kazeshi e Lutum intravidero un gruppetto di persone ammucchiato vicino ad uno dei pilastri: i loro indumenti li identificavano come i Custodi della spedizione.
“Ehi! Ehi! Tutto bene?” Lutum tentò di rianimarne qualcuno, ma non davano cenni di vita.
“Credo sia successo qualcosa loro. Qualcosa direttamente al cuore.”
“Sono…?”
“Non sono un esperto, ma vedo che sono stati curati dalle ferite fisiche. Senza dubbio è stato il Maestro Ventus, e dubito si sarebbe preso la briga di farlo per dei casi senza speranza.”
Lutum si rasserenò. “Quantomeno sappiamo di essere sulla strada giusta, e che Ventus non è ad Agrabah con tre gelati in mano a chiedersi dove siamo finiti.”
Malgrado la situazione tesa, Kazeshi ridacchiò all’immaginarsi la scena. “Vieni, ormai non deve mancare molto.”
Il corridoio che i due ragazzi stavano percorrendo divenne ben presto una sequenza di piattaforme poco più grandi di un piede che si alzavano e abbassavano ritmicamente.
“Una delle sfide della Caverna.” Pensò Kazeshi. “Se non altro è una prova fisica: Lutum sarà nel suo elemento.”
Difatti il suo amico non si fece troppi problemi, e perfino quando la piattaforma successiva si alzava troppo la scalava invece di attendere che scendesse. Kazeshi dovette prestare più attenzione a se stesso, evitando di fare un brutto volo nel vuoto. Ad un certo punto del tracciato rimase incastrato in una zona particolarmente ostica e fu solo per la prontezza di riflessi di Lutum se riuscirono entrambi a superare la prova indenni.
“Kaze, amico, se vuoi diventare un provetto esploratore dovresti passare meno tempo sui libri e più al campo di addestramento. Ax è una causa persa, ma per te c’è ancora speranza.”
“Lutum.”
“Mh?”
“Non abbiamo ancora incontrato Heartless.”
“Più avanti. C’è sentore di molta Oscurità, saranno in parecchi.”
“Riesci a percepirli?”
Il ragazzo si strinse nelle spalle. “È successo man mano che Topolino ci addestrava. Ho iniziato ogni tanto a  sentire qualcosa, e stando a quanto mi hanno detto quel qualcosa è l’Oscurità. Per ora non è molto né un sistema preciso, ma so sempre quando Vanitas entra o esce da GranCastello.”
Kazeshi non aveva percepito nessuna qualità speciale, e si chiese se non stesse davvero trascurando il suo allenamento. Ma per il momento si limitò a seguire Lutum lungo una scalinata in discesa verso la fonte di Oscurità.
Arrivarono in quella che sembrava essere l’apoteosi della sfida appena affrontata: interi blocchi di pietra, ciascuno delle stesse dimensioni di quello centrale dove si trovavano, levitavano magicamente in varie posizioni, andando a creare molteplici piattaforme per ogni angolazione. Su di esse continuava rimbalzare una gigantesca palla di fuoco, e al centro di quella normale vi era un’unica figura apparentemente genuflessa. I due corsero verso quest’ultima per vedere se era cosciente, ma la risposta venne loro quando la figura si voltò rivelando di essere un uomo con una corta barba ed una scimitarra, che urlò: “Attenti! Dall’alto!”
La palla di fuoco si abbatté dove poco prima sostavano i ragazzi, facendo fare loro un notevole volo in avanti atterrando malamente sul duro pavimento.
“Che maniere! Quindi schivare la sfera è la nuova sfida?” fece Lutum rialzandosi in piedi.
L’uomo li raggiunse, ed essi videro che portava indumenti regali ma rovinati dalle ustioni: era ovvio fosse lì da parecchio. “Sfida? Oh no ragazzo, ti stai sbagliando. Quello non è parte della Caverna, ma l’ultimo regalino di quel folle.”
Anche Kazeshi si rimise in piedi, e sebbene l’avesse già intuito osservò meglio il figuro per sincerarsene. Era proprio lui.
“Mi chiamo Aladdin. Voi siete altri Custodi? In tal caso sfoderate le armi, che questo qui è un osso duro.”
“Aladdin… è un vero piacere, signore. Chi è l’osso duro?” disse Lutum, evocando Squarcio.
Come per rispondere alla sua domanda la sfera di fuoco si schiantò di nuovo sulla piattaforma centrale, ma stavolta le fiamme si propagarono per poi estinguersi in un pilastro di fuoco. Al loro posto troneggiava un gigantesco Heartless sotto forma di scimmia alto quasi cinque metri, che brandiva un altrettanto lungo “bastone” che sarebbe potuto benissimo passare come una delle colonne portanti della prima stanza. La parte superiore della sua testa era costantemente in fiamme, e probabilmente la sorgente del fuoco con il quale si era avvolto fino a poco prima.
“Quando è arrivato qui Ventus, Gerey l’ha evocato ed è fuggito verso il fondo della Caverna.” Commentò Aladdin. “Avrei voluto inseguirlo, ma Ven ha detto che era meglio se questa bestia non raggiungeva Agrabah e mi sento di concordare con lui.”
Lutum appariva mortalmente calmo, nonostante la minaccia di fronte a lui e la conferma della colpevolezza del suo idolo. “Kaze, tu ne saprai più di noi. Quanto è pericoloso?”
“Quello? Quello è un Macaco Marziale. È un Heartless formato da una grande dose di Oscurità, probabilmente quella che hai percepito prima. Non pensare che sia al livello del pupazzo di neve o delle creature dell’Esame, questo qui è molto più pericoloso.”
Il ragazzo annuì. “Meglio rendere fieri i nostri insegnanti, allora. Non ci siamo allenati per niente.”
L’Heartless batté un’estremità del bastone a terra e fece avvampare nuovamente le fiamme tutto attorno a lui, segnalando l’inizio del secondo round.

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Capitolo 22
*** Tradimento! ***


22) Tradimento!

Quando comparvero le fiamme la creatura si trasformò nuovamente nella palla di fuoco, riesumando il suo macabro sport. Kazeshi e Lutum scoprirono ben presto che i rimbalzi non erano affatto casuali ma servivano ad attirare le vittime in posizioni ben precise, e che l’Heartless poteva rilasciare le fiamme a comando: ogni volta che lo faceva, ripartiva l’esplosione ed il Macaco diventava visibile per qualche momento prima di ripartire.
“Questo gioco comincia a stancarmi.” Disse Lutum ad un certo punto. Il ragazzo osservò la sfera roteare sopra le loro teste, e rapidamente puntò il Keyblade verso la direzione dell’impatto successivo. “Blizzara!”
“No!” esclamò Aladdin, correndo verso di lui. Il guerriero delle sabbie fece appena in tempo: la sfera si schiantò  al suolo ed il muro di fiamme obliterò il cristallo di ghiaccio di Lutum come niente. Il Macaco Marziale eseguì un affondo col bastone per colpire i bersagli ora che erano a portata, ma Aladdin con un braccio portò Lutum dietro di sé e con l’altro deviò il colpo con un fendente della sua scimitarra, tornando nuovamente a distanza di sicurezza mentre l’Heartless recuperava l’equilibrio.
Kazeshi rimase colpito dall’abilità di Al: senza possedere un Keyblade o controllo della magia, l’uomo dimostrava una prontezza di riflessi e prestanza fisica che avrebbero fatto invidia ai Cavalieri più in forma. Era diverso dal ragazzo imberbe di cui Kazeshi aveva sentito parlare, gli anni erano passati anche per lui  e avevano reso Aladdin un uomo fatto e finito, con una corta barba curata ed un fisico asciutto. Fino a quel momento era solo grazie al suo intuito che lui e Lutum erano sopravvissuti all’assalto infuocato dell’Heartless.
“Ti vuole provocare ad attaccarlo” disse loro Al. “Così che possa isolarti e finirti in fretta. Crede che da soli non abbiamo i mezzi per nuocergli, e temo abbia ragione.”
La palla di fuoco aveva ricominciato a rimbalzare. Lutum si scrollò qualche fiammella dai vestiti.
“Dobbiamo interromperlo allora! Sembra un avversario potente, ma scommetto che in tre ce la caveremmo meglio in uno scontro diretto.” Si voltò verso Kazeshi, ed il ragazzo capì che ancora una volta faceva affidamento sulla sua capacità tattica.
Il ragazzo rifletté, e per aiutarsi ripensò agli insegnamenti di Pippo: “Per costringere un avversario ad abbandonare la propria protezione, bisogna dimostrargli che non è così sicura e vantaggiosa come crede. Di sicuro l’Heartless sa che questo è comunque un metodo lento e inefficiente, se riuscissimo anche a danneggiarlo non avrebbe motivo per continuare così.”
Arrivare fin lì era semplice, il problema era formulare una strategia adatta. Purtroppo le lezioni di Pippo non avevano coperto giganteschi globi infuocati.
“Pippo forse no, ma…” “…Certo!” Kazeshi afferrò Lutum per un braccio -il massimo a cui potesse arrivare per differenza di altezza. “Qual è il massimo potere magico che puoi sprigionare?”
“Se mi chiedi incantesimi di livello –ga, purtroppo tua sorella lì ancora mi batte. Ma posso scagliare quelli del livello inferiore che fanno il loro dovere. Sicuro di non volere un supporto più… muscolare?”
“No, serve la magia. Stavolta sarà Paperino a toglierci dai pasticci.” Kazeshi si voltò quindi verso Aladdin, che teneva d’occhio l’Heartless ma non si era comunque perso una parola. “È vero però che un colpo rapido e d’impatto ci farebbe comodo. Spero di poter contare su di lei.”
“Dami pure del tu, ragazzo. Dimmi dove e quando ti serve una buona sciabolata e lì la troverai, non un secondo dopo né prima.”
Le parole che Kazeshi voleva sentire. “Sto collaborando con Aladdin…”
Il ragazzo tirò fuori il piccolo modellino di Zero intagliato, il dono di Jack. La gratitudine ed i ricordi di quell’evento riempirono il cuore di Kazeshi, che piazzò il ninnolo sulla catena del suo Keyblade. Brandendo la Zucca Decisiva, spiegò ai suoi due compagni la strategia da attuare.

“Accidenti.” Esclamò Mizumi a denti stretti. Ancora una volta il suo Keyblade sembrava non volerne sapere di riconoscere la zucca come Keyholder, e si rifiutava di cambiare forma. La ragazza lo avrebbe scagliato lontano in un gesto di frustrazione, se non fosse stata una pessima idea vista la loro posizione al momento.
Avevano effettivamente preso il largo usando il brigantino di John, imparando ben presto a manovrarlo sotto la guida di Cyde, ed erano arrivati nei pressi della Baia del Pescecane al tramonto del giorno successivo. Ad accoglierli, i profili di varie navi da guerra ancorate l’una accanto all’altra. Dopo aver studiato la situazione Cyde aveva concesso loro il tanto agognato riposo, istituendo però dei turni di guardia.
“Dalla nostra posizione non dovremmo risultare visibili, ma non si sa mai.”
Lui aveva fatto il primo turno, poi Zane, e ora Mizumi stava completando la sua veglia. Non che ci fosse chissà cosa da vedere: era ormai notte inoltrata e le fioche luci delle navi permettevano a malapena di intuirne la presenza. La ragazza trovò comunque affascinante l’idea di così tante navi radunate assieme, e si chiese come si svolgessero le trattative e se i marinai passassero spesso da un ponte all’altro. Ma in mancanza di risposte era tornata ad occupare la mente dedicandosi al suo Keyholder, seppur con scarso successo.
“Niente di nuovo?” Cyde fece la sua comparsa, accennando uno sbadiglio.
“A parte il fatto che non capirei nemmeno se ci stessero puntando i cannoni contro, penso di sì. Solo qualche fiaccola e nient’altro.”
L’esperto Cavaliere e pirata scrutò l’orizzonte. “Mh, se le vedi da questa distanza allora quelle non sono fiaccole, ma fuochi veri e propri. Qualcosa di grosso bolle in pentola.”    
“Dici che hanno finito di trattare?”
“Se c’è una cosa che imparerai è che gli ufficiali non hanno mai finito di trattare. Ma quantomeno i marinai stanno festeggiando, ergo la conclusione è abbastanza vicina da poterla percepire. Perfetto, questo vuol dire che quando avranno finito di gozzovigliare potremo agire quasi indisturbati.”
“E cosa facciamo con Jack Sparrow?”
“Lo scopriremo presto, come ho detto è una costante incognita. Tieniti pronta a tutto.”
“Pronta non so quanto potrò esserlo” sbuffò Mizumi. “Visto che non riesco nemmeno a far funzionare questo affare.”
Cyde si avvicinò a lei e fissò il Keyblade. “Ah, il tuo primo Keyholder, eh?”
“All’Accademia mi hanno spiegato tutto in teoria, ma nella pratica non riesco. È come se sbagliassi un passaggio.”
“Provato a chiedere a Zane? Magari lui l’ha già fatto.”
“Zane? Con me Zane non parla. Il maggior numero di parole che gli ho sentito dire è stato con la discussione che avete avuto ieri riguardo l’Ordine.”
“Sicura che è lui a non parlare a te, e non tu a non parlare con lui?”
La ragazza aggrottò la fronte. “Che intendi?”
“Mizumi, tu sai come stanno andando le cose con l’Ordine e questi nuovi nemici. No, non preoccuparti, non mi interessa farti una ramanzina: ci siamo già passati. Così come siamo già passati sul fatto che Zane invece non ne sa nulla.”
“Quindi?”
“Quindi Zane è un neo-Cavaliere che si è ritrovato coinvolto in una complessa missione di spionaggio con la figlia del Gran Maestro e me, una sorta di gaglioffo, e che ha da poco ottenuto conferma del fatto che Port Royal e amici stanno muovendosi contro l’Ordine di cui fa parte. Direi che ce n’è abbastanza da far preoccupare un ragazzino che fino a due giorni prima credeva tutto fosse tranquillo.
“Ha molto da rimuginare ed è lampante che voi due non vi eravate mai visti prima, quindi non stupirti se non ha provato ad attaccare bottone. Sarebbe lui a perderci, nel caso facesse qualcosa che non ti andasse a genio. Ricorda che mano a mano che ti muoverai nella gerarchia non saranno sempre gli altri a compiere l’iniziativa nei tuoi confronti.”
Mizumi rifletté. Quello che diceva Cyde aveva senso, e rendeva il comportamento di Zane molto più ragionevole. Non era altezzoso, piuttosto parecchio emozionato: era stato convocato e ricevuto dal Gran Maestro in persona, gli era stata affidata una missione della massima priorità della quale però lui non ne capiva lo scopo, ed il tutto poco tempo dopo essere stato investito del titolo di Cavaliere, ad appena diciotto anni. E lui non era certo qualcuno che poteva vantare parentele con i Maestri del Consiglio o simili. Era probabilmente molto impaurito, specie considerato che era stato lui il primo a vedersi comparire i Nessuno davanti.
“Essere scelti dal Keyblade non è più così speciale ormai. Si vengono comunque a creare situazioni dove non si è speciali abbastanza.”
Pensò a come lei e Lutum si erano arrabbiati quando Gerold li aveva trattati alla stregua di ragazzini viziati, e di come forse lei aveva fatto lo stesso con Zane sulle prime. Sospirò, ringraziando che Wanda non fosse lì a vederla.
“Mi hai dato parecchio su cui pensare. Cercherò di parlargli di più.”
“Forse ne avrai occasione a breve, lo sto andando a svegliare.” Cyde tornò verso le cabine, poi schioccò le dita. “Giusto! Il Keyholder. Vedi, non basta avere un accessorio per il Keyblade come fosse una nuova lama per il coltello. Il cambiamento deve venire dal cuore, dal legame che per te quell’oggetto simboleggia. Sennò tutti i Custodi potrebbero usare centinaia di Keyblade diversi.”
Il Cavaliere andò a svegliare Zane lasciando Mizumi pensierosa. Non era così sicura di poter evocare dei ricordi per la zucca, lei non aveva nemmeno parlato con Jack. Tutto quel procedimento sembrava molto più nelle corde di suo fratello.
Mentre i barlumi delle navi in lontananza iniziavano ad affievolirsi, la ragazza meditò per la prima volta sui legami tra cuori e la loro importanza. Per il momento li trovava ancora un po’ macchinosi e poco efficienti.

Cyde li fece attendere che anche l’ultima luce si fosse spenta, e poi partirono tutti e tre su di una barchetta verso la nave più vicina.
“Il piano è semplice ma l’esecuzione delicata: arriviamo su una nave e saliamo a bordo. Se tutto va bene, ce ne andremo non appena dato un’occhiata ai loro piani e su quanto altro riusciamo a metter mano. Se c’è qualcosa che non va, che sia Sparrow o i nostri grigi amichetti… mano ai Keyblade.”
Contavano sul fatto che dopo la baldoria e le varie giornate senza interferenze la sorveglianza della Marina fosse ai minimi storici e perfino le guardie dormissero profondamente. Mentre remavano Mizumi si ritrovò di fianco a Zane ed al suo cipiglio concentrato: provò a fare qualche gesto per attirare la sua attenzione, ma senza risultato. Purtroppo la socievolezza non era tra le migliori doti della ragazza.
Giunsero sotto una delle navi senza problemi. I galeoni da guerra erano enormi, dovevano ospitare molti soldati al loro interno. Essendo cresciuta tra Custodi Mizumi aveva ereditato la spavalderia ed il senso di superiorità rispetto alle popolazioni meno avanzate, ma in quel momento realizzò che in uno scontro aperto perfino tre Cavalieri non sarebbero rimasti in controllo della situazione a lungo. Deglutì, contenta che fossero tutti a nanna.
“Allora vado.” Disse improvvisamente Cyde.
“E noi?”
“Voi state qui, a meno che non abbiate qualcosa che mi dimostri senza alcun dubbio che sapete muovervi in silenzio e senza destare alcun allarme su un vecchio galeone in mare aperto. Se mi succede qualcosa… eh, sono certo lo capirete.”
Detto questo l’uomo corse su per la fiancata della nave, denotando un’altra abilità notevole eseguita con apparente disinvoltura. A Mizumi il lupo di mare stava sempre più simpatico, e si ritrovò a pensare che non sarebbe stato male effettuare altri lavori con Cyde, magari combattendo in mare aperto o apprendendo l’arte dell’intrigo. Il Cavaliere aveva un modo di fare che stava pericolosamente scalzando perfino il Maestro Riku dal piedistallo della ragazza.
Dopo qualche momento immersa nelle sue fantasticherie prestò nuovamente attenzione a Zane. Era rimasto sempre seduto in disparte, a corrugare la fronte e tormentarsi una ciocca dei capelli biondo platino.
“Sai, se continui così ti verrà il mal di testa.”
Mizumi rimase sorpresa dalla sua stessa intraprendenza, ma mai quanto Zane che quasi trasalì.
“Dico davvero,” insistette lei. “Se c’è qualche problema, parla. Tenerti tutto dentro fa solo male a te e alla missione.”
“Se anche parlassi Cyde mi direbbe solo di stare zitto e seguire gli ordini.” Bofonchiò il ragazzo a mezza bocca.
Questa visione sorprese Mizumi, che non si sentiva affatto così limitata dal loro caposquadra.
“Quindi è così che ci si sente quando per una volta non sei tu la pecora nera del gruppo.”
“Va bene, parla a me allora.”
Di nuovo Zane la fissò in tralice, ma Mizumi ormai comprendeva di cosa veramente si trattava.
“Tranquillizzati quando parli con me, non sono il tipo da andare a riferire tutto a papino. Fidati che se lo facessi probabilmente sarei io a prendermi una lavata di capo.”
L’espressione sul volto del suo compagno si ammorbidì, ma rimase comunque una ruga a solcargli la fronte.
“Tu non… a te va bene tutto quello che sta succedendo?”
Mizumi avrebbe voluto rispondere “sì, certo” ma qualcosa le disse che non era il caso. “È una situazione delicata, non mi aspettavo certo di sentire che si vuole muovere guerra all’Ordine. Non che me ne preoccupi, la vedo molto dura per dei marinai anche solo intuire dove sia GranCastello.”
Zane annuì, visibilmente più rassicurato. “Anche veder spuntare dei Nessuno è stata una gran sorpresa.”
“Non me lo dire. Sono solo contenta di essermela cavata meglio che contro gli Heartless.”
“Sì, ho sentito che ne parlavi con Cyde. Quindi tu… sei già andata in altre missioni.”
“Solo una.” Precisò Mizumi.
“Io no. Dopo il corso base, sono stato investito del Cavalierato e poi solo mansioni ordinarie, come organizzare l’inventario del castello o qualche piccola visita di circostanza nei Mondi satellite.”
“Oh, ehm, anche io. Solo che poi ho… avuto la fortuna di ricevere un piccolo bonus all’addestramento.”
“Si vede. Sei fenomenale in battaglia. Mi dispiace se sulle prime vi ho giudicato male, ma credevo davvero alle voci che circolavano su di voi e del trattamento preferenziale. Ma sembrate di tutt’altra pasta.”
Mizumi ci mise un po’ a ricollegare che Zane si riferiva a quando erano riuniti tutti assieme davanti a Sora e lui aveva deriso le osservazioni di Lutum. Con una punta d’orgoglio denotò che almeno all’inizio c’era davvero un atteggiamento sprezzante, ma poi la consapevolezza che Zane l’aveva definita “fenomenale” penetrò in lei lasciandole una sensazione di calore nello stomaco.
“Beh, sono felice che tu abbia cambiato idea. E senza doverti minacciare, mio fratello sarà felice del miglioramento.”
Entrambi sorrisero, molto più a loro agio di quanto la situazione circostante lasciasse intuire. Mizumi ragionò che Zane era davvero solo in cerca di conferme e rassicurazioni, che il modo brusco e spiccio di Cyde non poteva soddisfare appieno.
Cyde. La ragazza alzò lo sguardo verso la nave e tese l’orecchio, ma non vi era altro rumore che il lieve sciabordare delle onde e lo scricchiolio del legno.
Accanto a lei Zane condivideva i suoi timori. “È via da un po’. Dovremmo controllare?”
“Penso… penso di sì. Aveva detto ce ne saremmo accorti se succedeva qualcosa, no? Bene, direi che siamo entrambi molto sull’attenti.” Mizumi osservò il punto dove iniziavano le sartie del galeone: se saltava dalla punta della nave, poteva aggrapparsi e raggiungere il ponte. Illustrò il piano a Zane, che mugugnò.
“Oh piantala, sarai dieci centimetri più alto di me. Se ce la faccio io, ce la fai anche tu.”

La prima cosa che videro fu l’aspetto del ponte di una nave nel cuore della notte, ovverosia il buio quasi totale. Man mano che gli occhi si abituavano all’oscurità iniziarono ad intravedere barili, casse e gli alberi, ma nessun segno di vita.
“Ragiona. Cyde sarà probabilmente entrato in una qualche cabina, ma non c’è il tempo di controllarle tutte. E non avrà di sicuro tirato a indovinare. C’è modo di capire quale sia quella giusta?”
Zane la tirò per una manica e le indicò la terza nave da sinistra rispetto alla loro posizione. Sulle prime Mizumi non capì, ma poi iniziò a percepire dei movimenti sul ponte, finché non divennero delle movenze che avevano già visto.
“Maledizione.” Fece un cenno a Zane, ed entrambi sfoderarono i Keyblade per andare contro i Nessuno.
C’erano effettivamente delle lunghe assi di legno che collegavano i vari vascelli, quindi non fu difficile raggiungere l’obiettivo. Qualche movimento e tonfo nell’acqua rivelò loro che la Baia dei Pescecani non era solo un nome. Entrambi evitarono di guardare giù per accertarsene del tutto.
Le grigie creature vorticavano attorno alle porte che conducevano agli alloggi del capitano, molto probabilmente l’ubicazione di Cyde. Quando li videro arrivare fremettero e si gettarono contro di loro.
“Yah!” urlò Mizumi mentre conficcava Squamadoro nel primo bersaglio a portata. Per un momento pensò che non avrebbe dovuto urlare, ma poi decise che il rumore della battaglia avrebbe mandato la cautela alle ortiche in ogni caso. Falciò altri due nemici, e constatò che anche Zane non se la stava cavando male.
“Come lo hanno trovato?” le chiese lui.
“Scommetto che uno degli ufficiali qui a bordo è una spia, o qualcosa di simile. O magari è stato perfino un pirata del covo segreto.” C’era anche l’ipotesi di Jack Sparrow, ma Mizumi la scartò all’istante: il vecchio pirata non era di certo in combutta con quelle creature. Respinse un altro assalitore scaraventandolo contro l’albero maestro. “Attento, alcuni sono ancora corporei!”
“Tutti in realtà, però non si muovono.”
Era vero. Sia i Nessuno di Zane che quelli di Mizumi restavano a contorcersi a terra senza evaporare. La ragazza lo trovò strano a dir poco, ma finché non si rialzavano per continuare a combattere non era un problema. Magari era una cosa normale.
Proseguirono finché tutto il mucchio non venne stordito e loro rimasero le uniche figure erette sul ponte.
“Ora che si fa?” chiese Zane.
Mizumi avrebbe gradito un po’ di iniziativa da parte sua, in fin dei conti nessuno l’aveva nominata caposquadra. “Ora…”
Un improvviso bagliore quasi li accecò dopo tanto buio. Pian piano le torce su ciascuna nave si accesero, mentre di pari passo aumentavano i rumori delle ciurme che si svegliavano e accorrevano.
“Oh. Questo è un grosso problema.”
“No-Non ti preoccupare.” Mizumi si impose di sembrare quanto più calma ed in controllo della situazione i suoi nervi le concedessero. “Non abbiamo fatto nulla di male, anzi abbiamo strani Nessuno che non scompaiono come prova. Chissà che non smascheriamo proprio noi il traditore, immagina la faccia di Cyde.”
Zane non rise. I marinai erano ormai presenti a frotte, e si scorgevano anche parecchi ufficiali. Mizumi pensò che l’unico neo era che avrebbero trovato Cyde colto in flagrante mentre ficcanasava, ma sapeva che se c’era qualcuno in grado di gestire quell’evenienza era proprio lui.
Finalmente gli uomini vinsero la paura e arrivarono dinnanzi ai due ragazzi, ma nessuno osò aprire bocca. Rimasero a fissare la scena finché un omaccione corpulento e con varie medaglie sulla casacca non si fece avanti, per nulla intimorito. Quando parlò, lo fece con voce mortalmente calma.
“Lo trovo quantomeno superfluo, ma che non si dica che la Marina è alla stessa stregua della feccia pirata e non segue i protocolli. Esprimetevi, se volete.”
Mizumi si fece avanti di un passo. “Ascoltatemi! Siete tutti vittime di un inganno. So la ragione per la quale siete qui, ma vi assicuro che l’Or- che noi non siamo il nemico! Queste creature sono la causa di tutto! Abbiamo combattuto per aiutarvi.” Detto questo, indicò i corpi sul pavimento e tacque, sperando andasse tutto per il meglio.
La folla di marinai fu attraversata da un brusio incredulo, mentre l’ufficiale che li aveva interpellati si passò una mano sul volto e inspirò profondamente. Si pronunciò nuovamente, e la sua voce fu incrinata dalla rabbia.
“Queste… creature… mh. Quindi tu mi aiuti attaccando e ferendo i miei uomini?”
“Cosa?” Mizumi rimase sbalordita e fece per spiegarsi… quando posò nuovamente gli occhi sulle figure che si contorcevano e notò con sbigottimento che non erano più Nessuno, ma uomini in uniforme che gemevano e si lamentavano, tenendosi le braccia o altri punti doloranti del corpo. Zane li osservava con gli occhi sbarrati dall’orrore, incapace di proferire parola.
“Mi sembrate sopresi.” Continuò l’uomo. “I Custodi si sono così abituati a combattere le ombre che non riconoscono più altri esseri umani senza fonti di illuminazione? Oppure ci considerate davvero alla stregua di bestie?”
“No! Noi non… non è andata così, dovete credermi! Questi erano Nessuno!”
“Nessuno? Pah! Cos’è, un gioco di parole?” E sputò per terra. Molti marinai, vedendo che il loro superiore era in controllo e che i loro compagni non sembravano in condizioni gravi, iniziarono a ridere in maniera provocatoria.
Mizumi dal canto suo voleva piangere, ma c’era troppo che non comprendeva. Dei passi alle sue spalle ed il rumore delle porte che si aprivano riaccese le sue speranze che Cyde venisse a salvarli: ma ne uscì solo un vecchio commodoro, con la casacca unta e macchie di vino sul colletto. Vedendo i corpi a terra il poveretto ebbe quasi un sobbalzo e si aggrappò a Zane, per poi schizzare via anche da lui dopo averlo visto in faccia. Quella scena sembrò divertire ancora di più la folla.
L’ufficiale decise che c’era stato abbastanza svago per il momento. “Mi sembra chiaro che la ragione per la quale avete sopportato giorni e giorni di trattative è tutto fuorché infondata. Oh, siamo vittime eccome, vittime di questi fantomatici protettori che non vedono l’ora di massacrarci non appena protestiamo!” Gesticolò verso i marinai. “Molti di voi hanno preso per pazzi me e i miei colleghi quando vi abbiamo narrato di armi magiche e regni distanti, ma spero che ora abbiate visto la luce. Questo è un segreto che i nostri governatori hanno conservato per vari anni, finché non ne abbiamo potuto più. Basta!”
“Non ci credevo fin quando non l’ho visto con i miei occhi…”
“Guardate come hanno conciato James!”
“Noi eravamo osservati da questi qua?”
“E hanno mandato solo due ragazzini! Ci credono davvero così inermi?”
Il vociare crebbe di intensità fino a diventare insostenibile. A Mizumi pareva che ogni frase fosse una valanga, ogni sguardo intriso d’odio un’ondata pronta a spazzarla via. Era andato tutto verso uno scenario ben peggiore di quanto Cyde avesse mai paventato.
“Direi che può bastare. Mi piacerebbe mostrarvi quanto inermi siamo davvero, ma ritengo che sarete più utili tutti interi… per il momento. Legateli, e domani decideremo esattamente come disporre di loro. I nostri superiori di certo avranno varie idee al riguardo.”
La mano della ragazza si strinse sull’impugnatura di Squamadoro fino a farle male. Era andato tutto storto, ma di certo non si sarebbe fatta catturare e torturare. “Zane” bisbigliò. “Tieniti pronto…”
Un tonfo sordo riecheggiò sull’acqua, mentre una delle navi si agitava un po’ più delle altre. Gli uomini tacquero all’istante, ma l’ufficiale li richiamò subito all’ordine. “Che avete da spaventarvi, signorine?” berciò. “Sarà stato un pescecane un po’ più grosso degli altri, nulla che debba impensierire un galeone pieno di soldati.”
Ripetuti tonfi, e ora più navi oscillavano notevolmente. Qualche marinaio corse verso le fiancate e da vari punti riecheggiò il richiamo che il mare stava ribollendo.
L’uomo tornò verso Mizumi e Zane, meno spavaldo e arrogante di prima. “Che state facendo, eh? Che altro avete fatto?”
Pilastri d’acqua eruppero dal centro del conciliabolo di navi mentre un enorme squalo, dalla testa grande quando la prua delle medesime, saltava fuori dall’acqua. Durante la ricaduta, per un momento Mizumi notò chiaramente l’emblema degli Heartless sul suo muso. Il corpo della ragazza fu scosso da familiari tremiti.
La folla di marinai si sciolse in preda al panico, gli ufficiali che avrebbero dovuto richiamarli al dovere i primi a correre sottocoperta. Le assi-ponte si ruppero mentre i vascelli ruotavano e i cannoni venivano esposti.
Mizumi andò da Zane e lo scrollò con foga. “Dai, dobbiamo muoverci!” Pensò poi a verso dove: non era certa che dovessero fuggire. Oltre al fatto che Cyde era ancora a bordo, sapeva che la Marina non avrebbe mai potuto sconfiggere quell’Heartless. Aiutarli poteva forse redimere la loro posizione più delle parole.
Zane la fissò, poi disse: “C’è… credo di aver visto qualcuno camminare su una delle navi, mentre ci interrogavano.”
“Tutto qui? Sarà stato un marinaio ritardatario!”
“No, è successo quando tutti erano immobili per i tonfi. Io sulle prime neanche li avevo sentiti… ma lui camminava nella direzione opposta a noi.”
Mizumi lo lasciò andare. “Dalla parte opposta? Sicuro?” “Il catalizzatore? Oppure uno di quei figuri- i traditori?”
La Cavaliera inspirò a fondo. Decise che non avrebbe reso quella missione un fallimento totale. “Qualunque cosa possa ottenere, qualsiasi informazione in più…" “Zane. Ascoltami bene. Voglio che trovi Cyde, se possibile, e che affronti quell’Heartless.”
“Che cosa? Affrontare quel mostro?”
“Mi rendo conto. Credimi, se me ne rendo conto. Ma siamo stati scelti esattamente per incarichi come questo, ed è nostro dovere fare il massimo per portarlo a termine. I cannoni della Marina faranno il loro lavoro, ma sai bene quanto me che se non è un Keyblade ad impartire il colpo finale la distruzione dell’Heartless è solo temporanea. Dobbiamo farlo.”
Zane teneva gli occhi fissi sullo squalo gigante che ogni tanto emergeva per scontrarsi contro una nave, mandando l’equipaggio per aria prima di farlo ricadere in mare. Per un momento Mizumi pensò sarebbe crollato, ma infine il Custode si dimostrò per quello che era e annuì.
“Bene, buona fortuna. Io invece devo inseguire il possibile mandante.”
Senza aspettare risposta si lanciò nella direzione che prima Zane aveva indicato e raggiunse la nave successiva con un balzo. Attorno a lei esplodevano schegge di legno e metallo e correvano marinai in ogni direzione, ma li scansò senza fermarsi.
“Ti sei allenata. Sei più forte. Ce la puoi fare.”
Percorrendo la seconda nave, Mizumi notò che c’era un’imbarcazione assai più piccola che si stava staccando dalla distruzione generale e procedeva verso il mare aperto. Tombola. Raggiunse la terza nave da guerra e si mosse verso il nuovo obiettivo.
“L’altro sconosciuto era più forte del pupazzo, ma ormai il pupazzo non è più un problema. Ce la puoi fare.”
La corvetta era connessa alle altre navi da un sistema di cavi e corde, ma qualcuno le stava dipanando in fretta. Mizumi valutò che il salto sarebbe stato maggiore, ma la differenza di altezza fra il galeone dove si trovava lei e la corvetta avrebbe fatto la differenza.
“Cyde capirà e arriverà al momento giusto. Magari è già lì, ci ha battuto tutti sul tempo e si trova lì dove stai andando. Ce la puoi fare.”
Saltò. La distanza sembrò raddoppiare durante il volo, e l’impatto con la corvetta fu tale che non riuscì ad assorbirlo con le gambe e dovette rotolare per qualche metro prima di fermarsi. Si alzò, ma non appena si rimise in piedi trovò l’estremità di un Keyblade puntata contro la sua faccia. Il Keyblade, purtroppo, non era nero. L’aiuto, purtroppo, non sarebbe arrivato né per lei né per Zane.
Cyde sorrise a Mizumi, il suo solito sorrisetto beffardo e accattivante allo stesso tempo.
“Bel lavoro, Mizumi. Ce l’hai fatta.”

Lutum era in posizione. Arrampicarsi su uno dei pilastri orizzontali non era stata un’impresa facile, ma si poteva sempre contare su di lui per questo genere di prove fisiche. Nessuna reazione da parte dell’Heartless ma non si sarebbe fatto attendere a lungo, o almeno così Kazeshi sperava. La sfera di fuoco fremette ed iniziò a rimbalzare apparentemente a caso ma sempre più vicina a Lutum. Proprio come previsto, ora toccava a lui.
Kazeshi si mise in posa, col Keyblade dietro di sé e iniziando ad incanalare il potere magico: doveva dare il cento per cento. Quando sentì di essere pronto, si portò in avanti e scagliò la sua tecnica prediletta in diagonale verso il bersaglio.
“Fendente Aerora!”
L’abilità di Kazeshi non era soltanto migliorata nella potenza dell’incantesimo, ma anche dal fatto che ora poteva sferrare due fendenti elementali assieme, sebbene ciò comportasse uno sforzo eccessivo al braccio che rendeva impossibile seguire con un terzo attacco. Ma non ve ne fu bisogno: i due fendenti di vento urtarono la sfera e dissiparono le fiamme, lasciando il Macaco Marziale in un duplice stato di sospensione e confusione.
La scimmia infernale non rinunciò all’assalto e caricò il bastone all’indietro per raggiungere comunque Lutum. L’Heartless era stato rapido, ma nuovamente Aladdin si dimostrò più veloce ancora. Il guerriero era scattato quasi subito dopo Lutum e con un’agilità mostruosa era arrivato su una pedana ancora più in alto, dalla quale si era lanciato quando Kazeshi aveva fatto partire il suo attacco. Il fendente verticale colpì il Macaco al braccio facendogli cadere l’arma di mano: apparentemente privo di mezzi di offesa e difesa, l’Heartless fece per tornare dentro la sfera infuocata.
“Lutum, vai!”
Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte. “Antimara!”
La forza della gravità saettò da Squarcio, avvolgendo lo spazio aereo dell’Heartless con una sfera d’energia del potere delle stelle. Le fiamme che avevano iniziato a comparire tremarono al contatto, e in men che non si dica una violenta esplosione investì il Macaco fermando la sua inerzia e scaraventandolo verso il pavimento. Kazeshi avrebbe voluto infierire con un colpo di grazia, ma non ne era momentaneamente in grado e quindi si gustò la vittoria ottenuta, grato di aver ripensato alle vecchie lezioni.
“Waaagh!” urlò Wanda. Il Maestro Paperino sceglieva sempre una vittima per dimostrare l’efficacia dei suoi insegnamenti, e la tendenza della ragazza nel parlare a sproposito l’aveva resa uno dei suoi bersagli preferiti. Era anche vero che farle scoppiare una magia in faccia era forse più di quanto si meritava.
“Ahiaiahi… che mi è successo stavolta?”
“La lezione di oggi: non mischiare gli attributi.” Aveva detto Paperino.
“Gli… attributi, signore?” Mizumi si era addirittura permessa di accennare un sorrisetto alla parola. Una volta che Paperino aveva selezionato la vittima di solito rimaneva calmo per il resto della lezione. Per i suoi standard, quantomeno.
“Passa meno tempo a sghignazzare e forse quando sbaglierai anche tu non ti salteranno via tutti i denti” la redarguì il severo insegnante. “Vi ho già spiegato durante la prima sessione che si possono impartire attributi agli incantesimi, no? Bene, una volta scelto uno dovete attenervi a quello e basta. Offrire un attributo significa piegare l’incantesimo al vostro volere, e se provate a piegare in due direzioni diverse contemporaneamente…”
“L’incantesimo si spezza.” aveva concluso Kazeshi.
Axius domandò: “In che modo questo differisce da quando due incantesimi diversi si scontrano?”
“Un’ottima domanda, partiremo proprio da lì. Prendiamo in esame…”
Le fiamme del globo che l’Heartless evocava avevano ricordato fin da subito a Kazeshi l’effetto che la magia Aero donava a Fire: una volta interrotte, quando l’Heartless aveva cercato di rievocarle Lutum non aveva dovuto fare altro che aggiungere Antima al miscuglio, generando l’effetto sperato.
“Perfino gli Heartless devono sottostare alle regole della magia.”
Aladdin e Lutum tornarono in fretta accanto a lui mentre il Macaco Marziale si rialzava. La bestia oscura era stata fermata e stordita, ma non sconfitta. Anzi, lo scontro vero e proprio doveva ancora iniziare.
Lutum quantomeno era carico ora che poteva affrontare apertamente il nemico: il Custode partì immediatamente a sferrare un assalto fisico. L’Heartless aveva intanto recuperato il bastone e lo usò a mo’ di mazza per colpire dall’alto. Invece di provare a parare l’impatto, Lutum scivolò di lato e si portò verso la gamba del bestione.
Dopo l’ultima missione suo padre gli aveva accennato che prima o poi avrebbe affrontato avversari fisicamente superiori a lui, che cercare la prova di forza sarebbe stato stupido e che c’erano invece dei sistemi per gestire nemici del genere. Approfittando del fatto che l’Heartless dovesse recuperare l’equilibrio dopo il colpo, il ragazzo andò dietro la gamba e riversò un’intera combo di attacchi alla giuntura del ginocchio. L’impeto portò il Macaco carponi, che provò quindi a girarsi e colpire Lutum con il suo grosso pugno: ma nel frattempo Aladdin era sopraggiunto nella mischia, anche lui ansioso di rifarsi contro la creatura. Il guerriero delle sabbie acquistò notevole rapidità mentre correva, e quando fu a portata con la sua scimitarra inflisse un duro colpo al fianco sinistro dell’Heartless, l’impatto amplificato dalla velocità della rincorsa. Lutum frattanto approfittò del tentennamento nemico e condusse un potente affondo a due mani contro il petto della creatura.
Il Macaco era stato ferito gravemente, e si rialzò sprigionando un’ondata di calore per tenere a distanza i suoi aguzzini. Kazeshi giudicò che stavano facendo progressi, anche se riteneva che la presenza di Aladdin avesse accelerato di parecchio quello che altrimenti sarebbe risultato uno scontro molto più impegnativo. Fletté il braccio e constatò compiaciuto che il dolore si era attenuato: era il momento di concludere. Il ragazzo inspirò a fondo e cercò di non farsi distrarre dal cuore che batteva all’impazzata.
“Non falliamo proprio ora.”
“Idee?” chiese Lutum vedendolo arrivare. “Dico solo per cortesia, io mi sto divertendo un mondo.”
“Ti divertirai di meno se anche solo uno di quei pugni ti colpisce dove non dovrebbe. Un gioco rischioso deve avere vita breve.” Disse Aladdin. Kazeshi pensò che lui di certo preferiva tornare da Jasmine e la sua gente.
“Ora che abbiamo eliminato il fuoco, tornare alla strategia del ghiaccio non sarebbe male. Semplice ma efficace.”
“Ah, io Diamanpolvere non l’ho padroneggiato. Mi secca, ma se parliamo di proprietà degli elementi il tuo fendente rimane la scelta migliore.”
“Non essere così lesto a farti da parte, mi servirà tutto l’aiuto possibile. Se mi vede arrivare-“
Kazeshi fu interrotto poiché l’Heartless aveva iniziato a battere i pugni sul petto in maniera ritmica e costante, e ad ogni colpo le fiamme avvampavano di più. Ma invece di generare correnti di fuoco come prima fu lo stesso corpo del Macaco ad incendiarsi, le vampe a ricoprirlo come un’armatura: l’intera scimmia era ora incandescente, con una temperatura in grado di far sciogliere anche la roccia circostante.
Con questo nuovo micidiale mezzo di offesa e difesa partì alla carica, senza nemmeno prendere il bastone.
Il trio dovette dividersi e far fronte ai micidiali pugni e calci del nemico che ora non potevano nemmeno più contrastare o deflettere. Perfino l’aria attorno agli arti del Macaco era diventata più densa, rendendo difficile anche solo avvicinarsi per colpire. Questo permise all’Heartless di portare finalmente a segno degli attacchi, calciando Lutum a parecchi metri di distanza e mandando Aladdin contro un pilastro con un rovescio poderoso. Entrambi i guerrieri si fecero da scudo con le armi, ma come Al aveva predetto i danni risultarono ingenti comunque.
Lutum fu il primo a rialzarsi. “Ritiro tutto! Prima lo finiamo meglio è!”
“Gah!” Anche Kazeshi venne sbalzato via dall’impeto della belva. Pensando ad un piano d’azione, dovette riconoscere che la nuova condizione del nemico non avrebbe reso il suo fendente un colpo decisivo neppure caricandolo con Blizzard. Avrebbe al massimo fatto breccia nell’armatura infuocata, forse.
Un grido belluino richiamò l’attenzione dei due ragazzi: Aladdin aveva colpito il Macaco negli occhi, unica parte ancora vulnerabile. Ritirandosi in fretta per non essere investito dalla furia cieca del mostro, l’uomo tornò da loro. I begli abiti erano praticamente carbonizzati in più punti per via del contatto con le fiamme.
“Sentitemi, non conosco bene i gradi del vostro Ordine quindi ve lo chiedo: sapete effettuare un Limite?”
Lutum esclamò: “Un Limite! Non… non nella pratica, no. Almeno io non l’ho mai fatto, ma Kaze sì.”
Kazeshi scosse la testa. “Con mia sorella soltanto, e già quello fu solo un successo a metà. Il legame non è abbastanza forte con uno sconosciuto.” “Però ci siamo allenati… Topolino ci ha allenato. No, non solo lui: Paperino, mio padre, perfino il Maestro Ventus ci hanno dato tutti una mano in un modo o nell’altro. Questa è l’occasione per provare a ripagarli.”
“Lutum, fallo. Dai tutto te stesso. Io-“ si rialzò con una smorfia di dolore. “Io cercherò di aprirvi un varco.”
Col fare pragmatico che lo contraddistingueva Lutum annuì e non perse tempo, cercando di sincronizzare il suo potere magico con Aladdin. Kazeshi osservava rapito i movimenti dell’Heartless che rallentavano e capì che l’apertura concessa loro da Al stava volgendo al termine. Il Cavaliere si preparò alla carica ma venne superato da due figure fulminee dirette contro il bersaglio. Rimase esterrefatto: Lutum aveva completato il Limite in tempo record e ora lui e Aladdin sembravano quasi volare per l’arena, sostenuti dal potere del Keyblade che aveva amplificato le capacità di Al e trasmesse al suo possessore. I due ricopersero il Macaco con una gragnuola di colpi, così veloci che il fuoco non aveva nemmeno tempo di attecchire.
Malgrado l’impressionante acrobazia Kazeshi realizzò che quelle ferite erano troppo leggere per finirlo e che toccava comunque a lui generare l’apertura giusta. Portò Zucca Decisiva dietro di sé e incanalò il potere del ghiaccio.
“Fendente Blizzara!” Decise di optare per la combinazione magica e fisica già usata contro il pupazzo di neve. Lanciò l’onda magica e poi corse in avanti per aggiungere il colpo di spada. Il risultato fu a dir poco inaspettato: mentre il primo fendente ebbe un effetto limitato come previsto, il secondo colpo perforò facilmente l’armatura dell’Heartless e incise un segno sulla pelle, generando non solo un’apertura ma infliggendo anche un bel danno. Kazeshi sulle prime non seppe spiegarselo, poi guardò la sua arma e si ricordò che non era più Nebula. “Sei stato tu a fare questo?” Il Keyblade non rispose, ma il piccolo Jack Babbo Natale che si era formato sull’elsa sembrava quasi sorridergli furbescamente.
Aladdin e Lutum non attendevano altro. Il tempo sembrò quasi fermarsi quando i due, poggiando i piedi l’uno su quelli dell’altro, inquadrarono il varco lasciato dal fendente di Kazeshi e levarono le armi per colpire. Colpi su colpi andarono ad accumularsi, finché con un ultimo sprazzo di vigore l’Heartless si contorse e scomparve in una nuvola di fumo ed un cuore gigante, che andò presto a perdersi nell’Oscurità.
Il Macaco Marziale era stato sconfitto.
Kazeshi si accasciò a terra, e la stanchezza dell’intera giornata si abbatté su di lui come un macigno. Non poteva credere a tutto lo stress fisico e mentale che aveva sopportato, e a quanto piccoli sembravano i suoi problemi di tutti i giorni in quel momento.
Lutum camminava ancora malgrado il notevole dispendio di magia, ed esibiva un sorriso a trentadue denti.
“Dovremo stare tutti molto attenti, ora che sai sfoderare quelle bellezze in combattimento.”
“E ringrazia che ti ho lasciato dare il colpo finale. L’ho fatto solo per te, sai.”
I due ragazzi risero di cuore, e anche Aladdin sembrava propenso a lasciarsi trasportare dal buonumore. Studiandosi i vestiti disse: “Completamente andati, e il Genio è pure in vacanza. Jasmine mi ucciderà.” Poi si ricompose, almeno un poco di più. “Vorrei poter mantenere lo sguardo arcigno e dire che non è ancora finita, ma di certo non reputo Ven una delle persone alle quali noi riusciremmo a dare una mano. Però forse dovremmo comunque andare a vedere la conclusione di questa faccenda, non vi pare?”
Kazeshi aveva quasi scordato che mentre loro si occupavano dell’Heartless Ventus era a fare i conti con Gerey, e tanto bastò a far passare anche a Lutum la voglia di ridere. Recuperate brevemente le forze, i tre presero l’ennesima scalinata per la stanza del tesoro.

Mizumi ne aveva passate così tante ed in così poco tempo che nulla poteva più turbarla, o almeno così pensava fino a dieci secondi prima. Ma ciò che si delineava dinnanzi ai suoi occhi la annichiliva, riusciva a stento ad accettarlo. Solo una domanda affiorò sulle sue labbra: “Perché?”
Cyde si grattò il mento con la mano libera, sempre tenendola d’occhio. “Perché? Accidenti, questa è una domanda che meriterebbe una risposta lunga quanto gli anni che si porta dietro, e pesante come il debito di sangue sulla quale è poggiata. E comunque non la capiresti. Ma a tuo beneficio, e poiché sono un narratore dannatamente bravo, diciamo che è perché l’Ordine mi ha tolto dalla mia prima casa per darmene un’altra, per poi togliermele entrambe. E io li ripagherò con la stessa moneta.”
L’uomo accennò alle navi e la battaglia che infuriava. “Diamine comunque, se sei stata brava. Dico, almeno sette Custodi su dieci si farebbero due domande vedendo dei Nessuno che non scompaiono, ma non tu! Tu combatti finché il tuo avversario non va giù, chiunque esso sia. Ma ti confesso che è forse la qualità che ammiro di più in te.”
“Quei Nessuno…”
“Un incantesimo di illusione dei sensi, di livello abbastanza avanzato. L’unica pecca è che c’è bisogno che il soggetto abbia già avuto modo di familiarizzare con ciò che gli vuoi far vedere, quindi ho dovuto architettare quell’imboscata a Port Royal, e introdurvi ai miei grigi amichetti.”
Più Mizumi sentiva, più voleva che tacesse. Ma allo stesso tempo pendeva da ogni sua parola. Vedendo l’espressione sconfitta sul volto della ragazza, Cyde abbassò il Keyblade e continuò la sua teatrale esposizione camminando avanti e indietro.
“Non ti aspettavi nulla, vero? Sul serio ragazza, devi svegliarti: ho passato gli ultimi due giorni a insegnarti ad aguzzare l’ingegno. Davvero non ti è sembrato strano che non incontrassimo nemici, tranne in situazioni incredibilmente comode per farmi casualmente cambiare posizione e portarci sempre più lontano dallo scopo iniziale della missione? O che vi facessi andare da una parte all’altra del Mondo, senza mai informare GranCastello? Parola mia, quando vi ho detto di mollare tutto e inseguire Jack stavo più che altro facendo una scommessa su me stesso, per vedere se vi facevate intortare fino a tal punto.”
Lo squalo-Heartless ruggì di nuovo, e Mizumi sussultò: la cosa non sfuggì a Cyde, che si chinò su di lei con un ghigno crudele.
“Ah già, ho anche deciso sull’utilizzare l’Heartless quando mi hai candidamente raccontato che ti trovavi in svantaggio con loro. Ennesima lezione di vita, Mizumi: non aprire il tuo cuore al primo venuto con modi affabili che ti si presenta davanti. Il più delle volte ti racconterà solo un mucchio di balle.”
“Quindi le tue erano tutte menzogne? Dalla prima parola all’ultima?”
Cyde fece una smorfia, soppesando la domanda. “…No. La storia sulla mia gioventù e come ho incontrato l’Ordine è perlopiù veritiera, anche se è avvenuta un bel po’ prima di quanto vi abbia lasciato intuire. E vi ho seriamente cercato di impartire qualche insegnamento, d’altronde ne andava del mio onore di pirata e di specialista nel mio campo. O forse volevo solo divertirmi un po’, decidilo tu.
“Vediamo, che altro… ah, penso sul serio tutte quelle cose su Jack Sparrow, più o meno anche i meccanismi interni dell’Ordine e dei Mondi sono quelli, e se non sbaglio ti ho anche parlato delle guerre a cui ho preso parte. Ebbene, anche quelle sono vere… ma il mio coinvolgimento e la causa per la quale ero schierato erano un po’ diversi.” L’uomo si avvicinò di nuovo a Mizumi. “Scommetto che non vedi l’ora di sentire di più.”
Lei alzò lo sguardo e lo fissò dritto negli occhi. “No, non proprio. Sei un nemico dell’Ordine e colui che stavamo cercando. Direi che ho sentito abbastanza.”
Afferrò Squamadoro e colpì, cercando di infondere tutta la sua rabbia e frustrazione nell’attacco, ma Cyde non si fece cogliere alla sprovvista e intercettò il fendente tenendo la sua chiave con una mano come un pugnale. Mizumi non si lasciò scoraggiare e piroettò su se stessa,  lanciando altri colpi e cercando di insistere sul punto cieco dell’occhio mancante di Cyde, ma ogni sua mossa venne intercettata e respinta con facilità.
“Oh già, dimenticavo. Mentre è vero che se pensi a me come ad un venerabile Maestro dell’Ordine tutto ciò che farò è apostrofarli come idioti, potrei avere un tantino sottostimato le mie capacità personali. Vuoi farmi la pelle, ragazzina? Portati dietro uno dei tuoi amati mentori del Consiglio.”
“Tu… parli… troppo!”
Ma malgrado il tentativo di spavalderia Mizumi non poté non collegare che Cyde si comportava con lei proprio come Vanitas contro il tizio incappucciato: le sue sbruffonate erano supportate da un abisso di differenza tra le loro abilità.
Il suo avversario cementò la realtà dei fatti imprimendo giusto un po’ più di forza nel contrasto successivo e mandando il Keyblade di Mizumi a conficcarsi in una parete. Lei avrebbe potuto richiamarlo, ma non vedeva davvero che differenza avrebbe fatto. Era spossata, ed il suo avversario aveva pensato solo a difendersi senza mai attaccare.
Uno schianto fragoroso attirò l’attenzione di entrambi: uno dei galeoni affondava miseramente, e anche le altre navi non versavano in buono stato. Cyde rise sguaiatamente, i lineamenti del viso contorti da un sadico piacere.
“Sentiranno i rumori fino in città! La Marina così come l’Alleanza Pirata non si scorderanno facilmente di quando due Custodi hanno distrutto cinque navi da guerra ed il loro equipaggio e sguinzagliato quella bestia per i mari. E anche se da soli valgono poco e niente le voci si spargeranno, e gli altri Mondi rafforzeranno i loro dubbi verso i Custodi!”
Mizumi era intenzionata quantomeno a non dargli nemmeno la minima soddisfazione. “O forse Zane vincerà quel mostro, ed il tuo inganno verrà scoperto.”
“Zane! Quel rammollito? Crederò prima agli asini volanti. In due forse avreste potuto farcela, se tu non fossi corsa qui verso la tua inevitabile disfatta. Ma d’altronde contro gli Heartless sei quasi inservibile.
“Sai, sulle prime ci ho anche provato a reclutare Zane. Pensavo che fosse ancora possibile salvarlo, giovane com’è… ma è privo di intraprendenza e assai più stupido di quanto lasci apparire, il massimo a cui potrà mai aspirare nella vita sarà essere il fedele cagnolino di qualcuno con più sale in zucca, e io voglio solo gente che sappia servirmi con intelligenza. Chiaramente con te non ci ho nemmeno provato, non sia mai togliessi al Gran Maestro la sua soldatessa.”
A quelle parole Mizumi richiamò il Keyblade e assalì nuovamente il traditore. Oramai non le importava più nulla: il tradimento, gli inganni, i ripetuti affronti a lei e all’Ordine… tutto si era fuso in un turbine di odio e rabbia cocente il cui unico scopo era ferire Cyde ad ogni costo. Rispetto a prima l’uomo si fece effettivamente sorprendere dalla foga della ragazza, e la punta di Squamadoro incontrò il suo petto, brillando per un istante. La sorpresa si lesse sul volto del traditore, che però accennò un’ennesima risata.
“Mi hai colpito, brava. Ti meriti un premio: un’altra lezione. Che sia l’ultima però.”
Cyde abbandonò il suo Keyblade e con una mano la afferrò alla gola, sollevandola in aria mentre con l’altra le torse il braccio fino a farle cadere il Keyblade. Mizumi sapeva di non essere la più imponente delle creature, ma qualcosa nei suoi movimenti e nella pressione che esercitava le disse che c’era dell’inumano in quella stretta.
“I Nessuno sono entità sovrannaturali. Sono più intelligenti degli Heartless, perché mantengono la mente dell’essere vivente che li ha generati. Questo li rende anche ottimi recipienti per superare la vecchiaia, la morte… e gli sciocchi limiti imposti all’uomo da Luce e Oscurità. E i Nessuno dei più meritevoli mantengono anche la forma umana, accentuando le capacità ed i poteri acquisiti. C’è chi ti dirà che hanno i loro difetti ed in passato sono stati sfruttati anche male, ma supponiamo esista un Custode, uno particolarmente in gamba e potente.” Cyde si passò la lingua sulle labbra, assaporando ogni parola. “Il Nessuno di quel Custode diventerebbe un vero portento, non ti pare?”
Mizumi aveva superato lo stremo delle forze. Il Nessuno la tenne sospesa ancora un altro po’, dopodiché la lasciò cadere a terra senza tanti complimenti, ed evocò un portale oscuro.
“Avevo pensato di portare questa bagnarola al largo per indurre eventuali curiosoni a pensare che i Custodi colpevoli erano scappati in bella vista, ma ora che ci penso mi sembra una precauzione di troppo. E poi c’è ancora il brigantino di John… sì, quello servirà allo scopo.
“Ah giusto. Riguardo allo smascherarmi, buona fortuna: John non ne sa sul vero me ed i miei obiettivi più di voi, e né con lui né da nessun altro ho usato il mio vero nome. Nemmeno Cyde è il mio vero nome: è solo una copertura, un lato di ciò che ero una volta. Una personalità che ho assunto solo per spiare attentamente l’Ordine, proprio sotto i loro nasi fetenti.”
“Ma perché?” La ragazza quasi urlò per la frustrazione. “Perché odi l’Ordine a tal punto? Che cosa ti hanno mai fatto?”
L’uomo che si faceva chiamare Cyde non si alterò ma sfoggiò un nuovo sorriso, uno più malinconico e triste degli altri. “Possibile? Avevi detto di aver fatto delle ricerche al riguardo. Ci hanno dimenticati a tal punto? Forse nemmeno questo nome ti dirà niente, ma vale la pena tentare.”
Andò nuovamente da Mizumi, prendendola per il mento e guardandola dall’alto in basso. “Il mio vero nome è Osmer. Insieme ai miei compagni diedi il via alla Rivolta, tentai di rovesciare l’Ordine e fui investito dalla furia distruttrice dei tuoi genitori ed i loro valenti amici. Siamo sopravvissuti, più morti che vivi, e ora siamo tornati… e credimi quando ti dico che questo è solo l’inizio.”
Osmer varcò il portale e svanì senza lasciare traccia. Mizumi rimase lì seduta, in silenzio, anche dopo che tutti i suoni della battaglia morirono e l’ultima voce si spense nelle profondità marine. Qualcuno arrivò poco dopo: ma non era Zane bensì il vecchio commodoro, con in mano una bottiglia di rum salvata chissà come dal disastro.
“Dunque eri qui. Lui invece è andato?”
Mizumi annuì senza parlare né voltarsi.
“Allora siamo stati battuti su tutta la linea, ed il mio brillante piano non è servito a niente. Ne ho viste di sconfitte clamorose solcando i mari… alcune anche mie… ma questa sarà una dura da mandar giù. Anche perché ho come l’impressione non sia finita qui.”
Mizumi annuì di nuovo.
“Il tuo amico sta bene, tutto considerato. Non ha battuto il pesce, quello no, ma è durato abbastanza da evitare a dei poveri marinai superstiti di diventare il buffet della baia. Non di quel pescecane, almeno.”
Il cielo iniziava a tinteggiarsi delle prime luci dell’alba. Era il terzo giorno dall’inizio della missione, missione che era ormai conclusa. Mizumi si alzò: doveva prendere Zane, cercare un Moguri, contattare GranCastello e farsi venire a riprendere. In quel momento era l’unica cosa alla quale riuscisse a pensare. Il resto, doloroso che fosse, sarebbe venuto dopo.
Jack Sparrow finì l’ultimo sorso di rum e mentre la ragazza andava via le disse: “Fammi un favore. Dì a tuo padre che questo vecchio pirata porge le sue scuse per aver provato a fare l’eroe, che aveva ragione lui e che gli offro tutto il mio aiuto, per quanto non posso garantire ammonterà a granché nei prossimi tempi. E fatti una bella dormita nel mentre.”

La costante della Caverna delle Meraviglie era che il sancta sanctorum rimaneva invariabilmente la stanza del tesoro, l’ambito premio che nel corso dei secoli aveva spinto orde di avventurieri e predoni a sfidare la testa della Tigre nella speranza di accaparrarsi un po’ di quell’infinita ricchezza. Fin dall’ingresso cumuli di monete d’oro svettarono sui tre avventurieri, ma Aladdin avanzava come se non ci fossero. Kazeshi pensò bene di voltarsi verso Lutum e dire: “Alcuni di questi tesori sono comunque protetti da altre trappole. Non siamo davvero nelle condizioni di gestire altre sorprese, quindi teniamo tutto così com’è, ok?”
Lutum mostrò le mani aperte come a scagionarsi, ma dal suo sguardo Kazeshi ritenne di aver appena risparmiato a tutti loro un’ennesima magagna.
“Ci siamo. Tenetevi a distanza, mi raccomando.” Disse improvvisamente Al, e rafforzò il messaggio estendendo un braccio per bloccare i ragazzi. Da oltre la sua spalla, i due osservarono la scena che si svolgeva all’interno della stanza.
Sia Kazeshi che Lutum avevano visto Vanitas combattere il tizio alla Città del Natale, ma quella era paragonabile ad una scaramuccia tra un maestro annoiato ed un allievo troppo esuberante. Invece non vi era nulla di frivolo nello scontro tra Ventus e Gerey mentre si scambiavano raffiche di colpi che facevano tremare le pareti. I loro Keyblade si muovevano così rapidamente che a tratti scomparivano alla vista, e solo i mucchi di monete che esplodevano tutto attorno ai due contendenti faceva intuire il raggio d’azione della battaglia.
“Quindi è lui davvero. Dannazione.” Lutum mormorò quelle poche parole e poi tacque, serrando la mascella e fissando lo scontro. Kazeshi poté osservare per la prima volta Gerey. La Lama Scarlatta aveva una folta zazzera di capelli neri, ed una barba che non poteva certo competere con quella di Yen Sid ma che comunque proseguiva un bel po’ oltre il mento: gli occhi erano grigi e d’acciaio, le pupille dilatate per la concentrazione. In quel momento dimostrava in tutto e per tutto la fama di formidabile guerriero che si era meritato.
Kazeshi avrebbe dovuto essere impressionato da quello spettacolo, eppure la sua attenzione fu presto catturata dal Maestro Ventus. Il ragazzo come tutti i suoi coetanei aveva ovviamente sentito le storie riguardo i potenti Maestri del Consiglio, ma a volte gli veniva difficile farle coincidere con la schiera di adulti curiosi e bizzarri che aveva imparato a conoscere. Ma in quel momento non vi era ilarità in Ventus: il volto del biondo Maestro era inespressivo, non toccato né dalla fatica né dalla rabbia. Solo i suoi occhi lasciavano trasparire dell’emozione, che sembrava essere di grande rammarico. Kazeshi si chiese che espressione avesse Vanitas sotto l’elmetto quando combatteva, e poi quale doveva essere quella di suo padre. Notò fra le altre cose che Ventus brandiva il Keyblade al rovescio.
Vedendo che iniziava a perdere terreno Gerey arretrò di qualche passo, impugnò il Keyblade a due mani e produsse uno squarcio infuocato contro il quale il fendente magico di Kazeshi poteva ben poco. Ventus non si fece impressionare e con una capriola si portò sopra l’attacco nemico: Kazeshi e Lutum pensarono entrambi che lo volesse scavalcare, ma il Maestro generò delle forti correnti acquatiche attorno a lui che estinsero le fiamme, e poi le indirizzò contro Gerey. Questi fu costretto ad evocare una barriera per proteggersi, e come se non attendesse altro Ventus gli fu immediatamente alle spalle pronto a colpire.
L’attacco mandò la Lama Scarlatta per aria e lo fece ricadere duramente sulla pietra, mettendolo fra Ventus ed il terzetto di spettatori.
“Sarebbe inutile proseguire, l’avrai capito anche tu.” Disse Ventus. “Getta il Keyblade a terra e arrenditi, così che possa interrogarti su quanto successo qui.”
Gerey non rispose, e rialzandosi sembrò notare per la prima volta Aladdin e gli altri: ma invece di disperarsi puntò immediatamente il Keyblade contro di loro. “Yah!”
Le pareti iniziarono a ondulare così come anche il soffitto, il pavimento, i mucchi di monete, l’aria. A Kazeshi sembrò che il mondo intero stesse iniziando a liquefarsi, ma non per il calore: era avvolto da una sensazione strana, e lui stesso si sentiva più leggero e più pesante nello stesso momento. Qualunque cosa fosse comunque non doveva essere positiva per loro.
Ventus non perse tempo. Portò indietro il Keyblade, inarcando il corpo, e poi lo lanciò. Durante il tragitto l’arma iniziò a sprigionare luce e una volta colpita la schiena di Gerey si infranse in più versioni di chiavi luminose: alcune ruotarono sempre attorno all’uomo e lo finirono, altre arrivarono fino ai tre prigionieri e infransero qualunque effetto l’incantesimo stesse avendo su di loro.
Sia Kazeshi che Lutum erano sbalorditi: in qualche modo Ventus aveva concluso la battaglia e salvaguardato i presenti con una sola tecnica.
Il Maestro riottenne il Keyblade in mano e lo fece scomparire, avvicinandosi all’ormai inerme Gerey.
“Perdonate le misure drastiche. Non riesco a credere che quel folle abbia davvero tentato di usare Trascendenza. Sarebbe potuta finire molto, molto male.” Parlò in modo quasi meccanico, poi li guardò meglio e scoppiò a ridere, facendo riaffiorare lo spiritosone di sempre. “Lutum! Kazeshi! Ce l’avete fatta, bravi!”
Le sue parole ridestarono i sospetti di Kazeshi. “Allora era così. Lei lo sapeva, e ha architettato tutto.”
“Oddio, dipende da cosa intendi. Sapevo che Gerey aveva dato di matto e stava propiziando un qualche rituale oscuro all’interno della Caverna? Ebbene no! Ma qualcosa di simile era tra le opzioni, e abbiamo solo pianificato di conseguenza. Avete seguito tutti i miei indizi, eh?”
“Ci ha detto di ricordarci della nave. Ci ha esposto l’opzione che i Cavalieri mancanti potessero essere ancora in pericolo. E poi ci ha lasciato in città con un piano fasullo.”
“Colpevole,” ammise Ventus. “Mi è costato dirvi alcune di quelle cose, ma la capacità di discernimento va spesso dimostrata più che insegnata. Nel peggiore dei casi avrei probabilmente risolto comunque da solo… ma nel migliore, cioè questo, avete imparato a fidarvi del vostro giudizio e notare le imprecisioni nei piani da seguire! Punteggio pieno a entrambi!”
Aladdin decise che era il momento di fare il suo ingresso. “E direi di aggiungere la vittoria contro un potente avversario alla lista.”
“Al! Cielo, i tuoi vestiti. Sono contento che abbiate sconfitto l’Heartless, purtroppo Gerey qui mi ha impegnato più a lungo del previsto.”
Lutum domandò: “È davvero un traditore? Cioè… l’ho visto con i miei occhi, ma… non le ha detto nulla?”
Ventus tornò serio e si fece scuro in volto. “Non mi ha rivolto neanche una parola, appena sono arrivato per dare man forte ad Al ha evocato l’Heartless ed è scappato. L’ho raggiunto, ha estratto il Keyblade, l’ho fatto anch’io… non vi siete persi molto altro da quel momento in poi.”
Il fatto che Lutum non rispose che probabilmente avrebbe dato tre dita per vedere anche solo qualche altro momento dello scontro la diceva lunga sull’amarezza che provava. Per sviare almeno temporaneamente l’argomento, Kazeshi chiese: “Ha detto che stava cercando di attuare una sorta di rituale?”
“Ah sì, non sono esattamente un esperto, ma l’idea sembrava proprio quella. Credo un qualcosa rivolto verso Agrabah, ma ad ogni modo non ha più importanza ormai: è stato sventato del tutto.”
Un rumoroso boato seguito da un costante tremore fece il suo ingresso nella stanza, con scosse che facevano pensare stesse accadendo qualcosa in superfice. Si voltarono tutti verso il Maestro.
“Oh, ehm… forse quasi sventato del tutto. Al, se mi fai la cortesia di trasportare Gerey andiamo tutti a vedere che succede.”

Tornati all’entrata Ventus fece mettere il Cavaliere privo di conoscenza vicino agli altri Custodi.
“Nel caso vi abbiano impressionato state tranquilli, stanno bene. Sono stati colpiti al cuore, ma nulla che i nostri esperti a casa non sappiano guarire.” Evocò un portale e vi trascinò all’interno Gerey e le varie vittime. A Kazeshi fece uno strano effetto pensare che Ventus stava tecnicamente rimettendo piede a GranCastello ogni volta.
“Niente portale per noi, a parte che abbiamo una nave da rimettere nell’hangar dobbiamo fornire un resoconto di quanto accaduto ad Agrabah. E vedere di dare un taglio a questo sisma.”
I quattro uscirono finalmente fuori dalla Caverna delle Meraviglie, e arrancando per via dei continui tremori risalirono una duna per capire l’entità del danno. Arrivati in cima poterono ammirare l’ultima trappola ordita da Gerey.
“Bontà divina.” Disse Lutum.
Sembrava che il deserto stesso marciasse verso Agrabah, le sabbie che fremevano e si sovrapponevano le une alle altre. Enormi depressioni inghiottivano quantità di sabbia per poi risputarla fuori come geyser, creando dei veri e propri “cavalloni” capaci di seppellire qualsiasi cosa.
“Uno smottamento, di proporzioni colossali.” Analizzò atterrito Kazeshi. “Gerey deve aver preso una qualche antica maledizione del deserto e corrotta ai propri scopi.”
“Inghiottiranno la città! Jasmine e tutta la nostra gente non hanno dove andare!” Aladdin era sbiancato e sembrava pronto a rincorrere lui stesso l’ondata divoratrice.
Ventus era l’unico che sembrava aver conservato la calma. Parlò tra sé e sé, ad un tono di voce così basso che sulle prime Kazeshi nemmeno se ne accorse, e aguzzando l’udito poté sentire: “…ed è per questo che tocca a noi farci carico di questi compiti, Van. Maestro Eraqus, so che ne sarai orgoglioso.”
Poi superò tutti quanti e fissando le dune in tumulto disse: “Lutum, hai pilotato la Falcon per venire qui, vero?”
“S-Sì.”
“Perfetto, dovrò chiederti di farlo di nuovo per tornare in città, e forse anche fino a GranCastello. Purtroppo quello che sto per fare potrebbe lasciarmi alquanto stremato… e con un gran brutto senso di nausea.”
Senza attendere risposta evocò nuovamente il suo Keyblade, Ala Splendente. Il Keyblade grigio-verde che rassomigliava ad una grossa ala d’uccello iniziò immediatamente a caricarsi di potere magico, facendo brillare lo smeraldo sull’elsa. Ventus tenne il Keyblade dritto di fronte a sé con due mani, mentre le correnti d’aria iniziarono a vorticare attorno a lui. La quantità di magia che stava venendo accumulata era tale che a Kazeshi iniziarono a rizzarsi i capelli e i pochi peli sulle braccia.
“Coraggio, stavolta ce ne serve uno grosso.” Il Maestro del Consiglio inspirò a fondo, e innalzò il Keyblade verso il cielo. “Tornado!”
Quello che seguì eclissò completamente la Falcon, il Macaco Marziale, il duello con Gerey e le dune semoventi dalle menti di Kazeshi e Lutum. Al centro del deserto si generò un’enorme colonna di vento, che sembrava collegare cielo e terra. L’ululato della tempesta era tale che pareva quasi che il terreno avesse smesso di tremare, come volesse far spazio ad un cataclisma anche più imponente.
Ventus manovrò con grande sforzo l’enorme uragano verso la maledizione del deserto. Il tornado iniziò ad assorbire la sabbia, annullando qualsiasi altro movimento nei paraggi, e con un ultimo grande strattone il Maestro del Keyblade mandò il suo incantesimo lontano, ad esaurirsi all’orizzonte.
“Non smetterò mai di dirlo, tu Sora e tutti gli altri siete al di fuori di ogni regola.” Commentò serafico Aladdin.
Kazeshi, che non ammirava il lato bellico del Keyblade, sentiva il sangue ribollirgli nelle vene. Percepiva che quell’epica dimostrazione di potenza lo aveva aiutato non poco a capire cosa affascinasse e spaventasse tanto le persone riguardo al Keyblade, al peso della sua eredità e cosa rappresentava.
“Questo è ciò che altri ricercano e temono. La capacità- no, il potenziale di poter ripristinare l’ordine, o di generare caos illimitato. Questo è il potere di un Maestro.”
“Fiuuu! La sabbia verrà sparsa, come si suol dire, ai quattro venti. Manderemo qualcuno a controllare ovviamente, ma dubito la maledizione avesse pronta una contro risposta a questo.” Ventus conficcò il Keyblade nel terreno e vi si appoggiò. “No, tranquillo Al, sto bene… ma non è stato esattamente uno scherzetto. Torniamo al villaggio, assicuriamoci che Jasmine stia bene, e poi godiamoci tutti un po’ di riposo! Ah giusto, non penso di averti detto cosa era successo a Jasmine… tranquillo-tranquillo, non c’è più pericolo…”

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Capitolo 23
*** Punto di Rottura ***


23) Punto di Rottura

GranCastello. Kairi percorreva la strada per la sala del Consiglio, meditando su cos’altro potesse dire o fare per alleviare il clima di tensione e sconforto. Incrociò Aqua, che sembrava sostare proprio nella speranza che succedesse qualcosa o incontrasse qualcuno: il suo senso del dovere le impediva di stare con le mani in mano, ma la sua capacità di gestire il malumore altrui non era delle migliori.
“Oh, Kairi. È appena arrivato il rapporto di Ven sulla missione. Non è che puoi…?”
“Ci penserò io, sì.” Disse stancamente la donna. “Spero almeno rechi buone notizie.”
“Ci ha già inviato Gerey sotto custodia e ha risolto la situazione ad Agrabah. Jasmine e Aladdin stanno bene, e per i nostri figli ci sono solo parole di elogio.”
Aqua pronunciò le ultime parole assolutamente in buona fede e pensando di farle piacere, poi un lampo di comprensione le passò sul volto e assunse un’espressione mesta. Effettivamente Kairi non riuscì ad accettare le belle notizie senza soffrirne un poco, ma si limitò a sorridere amabilmente.
“Si direbbe un successo su tutta la linea. Riferirò, direi ne abbiamo tutti bisogno.”
Salutò Aqua, raggiunse la porta e si preparò ad entrare nella sala, che sarebbe risultata certamente semivuota. Riku era peggio di Aqua nel fornire supporto emotivo, sembrava convinto che tutti reagissero al dolore andando in completo isolamento come lui, il sarcasmo di Vanitas non aiutava- anche se a suo onore almeno capiva quando non era il caso ed evitava di parlare, Paperino e Pippo erano troppo di buon cuore per agire con decisione. Terra e Xion si arrabbiavano soltanto, e Topolino per quanto triste poteva suonare iniziava ad avere un’età, quindi a volte le cattive notizie non gli venivano sempre sottoposte per dare a lui un po’ di pace.
Toccava quindi a lei consolare ed essere di sostegno all’uomo sofferente seduto sullo scranno. Conscia del fatto che perfino la sua abilità di leggere i cuori poteva essersi affievolita, annunciò la propria presenza con un colpo di tosse.  
“Ven ha completato la sua missione. Gerey è sotto la nostra supervisione, i Custodi sono relativamente illesi, la città è salva, Kaze ha dato il massimo.”
Sora alzò lievemente il capo, o per meglio dire abbassò le mani che lo serravano. Esalò un sospiro, ma fu il massimo a cui si spinse: Kairi capì che doveva insistere.
“Sora? Nostro figlio rientrerà al castello a breve, e sarà bene mostrargli quanto siamo orgogliosi di lui e del successo che si è guadagnato.”
“Sarà forse lui a non voler festeggiare, una volta data un’occhiata in giro.”
“Ragione di più: non ho alcuna intenzione di crescere un ennesimo paladino che se non va tutto come previsto non riesce a mettere la testa fuori di casa.”
Non va tutto come previsto? Kairi, quel… quell’uomo… era qui! Davanti a me! E io l’ho mandato in missione, affidandogli due reclute tra cui nostra figlia! Ha distrutto i nostri rapporti con un Mondo, ed è solo ciò che abbiamo appena appreso. Potrebbe esserci tanto altro ancora.” Sora seppellì nuovamente il viso tra le mani, ed in mezzo a quel fiume di negatività mormorò l’unico pensiero che lo struggeva sul serio: “Mizu è a pezzi ed è tutta colpa mia.”
Kairi si ricacciò in gola una risposta più amara del dovuto: suo marito era forte, lo sapeva meglio di chiunque altro. Ma aveva anche lui i suoi momenti di debolezza, specie quando si trattava di sofferenze altrui che Sora interpretava come una sua responsabilità, ed era una sensazione che si era solo acuita da quando era stato messo a capo dell’Ordine. Kairi sapeva che non aveva mai chiesto tutta quella responsabilità, per quanto avesse imparato a conviverci e vederne anche i lati positivi come faceva sempre.
Sedendosi sul trono accanto a quello di Sora, disse: “Non puoi dire che è tutta colpa tua. Lo so che ti viene da colpevolizzarti perché sono persone che conoscevi, quindi sotto la tua tutela… ma questo vale anche nell’altro senso. Sapevano esattamente come colpirci e come muoversi senza venire presi. Tutti questi anni, passati nell’ombra a meditare vendetta… ma tu sei diverso. Noi siamo diversi. Se la situazione è questa è anche perché noi non andiamo ad ingannare le persone e farci giustizia a tutti i costi. Siamo migliori di così, e dovremmo trarne conforto nel dolore.” Tacque, poi con un tono più freddo aggiunse: “Certo, dobbiamo anche pensare a come tutelarci e rispondere in maniera appropriata.”
Dal silenzio di Sora intuì che stava combattendo contro gli spettri del passato, e gli diede qualche altro minuto. Rimasero assieme lì, uniti nel silenzio.
“Sono così fortunato ad averti. Anzi, lo siamo tutti.”
“Mh. Dimentichi che ho una certa esperienza con situazioni senza via d’uscita e fallimenti personali. Ma ogni volta che mi buttavano giù, continuavo a rialzarmi. È l’unico modo per andare avanti.”
“Sei indistruttibile.” Sora sorrise, poi permise al senso di colpa di penetrare un’ultima volta. “Mizu si era anche aperta con me prima di partire, almeno un poco. E ora… non so nemmeno cosa starà pensando, di me o di se stessa.”
“Mizumi è forte, e spinta da un grande senso di giustizia. Anche quando tutto era perduto ha impugnato il Keyblade e lottato fino alla fine. Conosco un certo ragazzo che tempo addietro si fece strada con la stessa tenacia, ed è grazie a lui se siamo tutti qui oggi.” Kairi si interruppe, e nonostante volesse essere positiva fece una smorfia. “A tal proposito, converrai con me che è giunta l’ora di un’altra riunione del Consiglio al completo.”
Sora imitò l’espressione della compagna. “Per quanto sia brutto a dirsi, qualcuno a fine giornata potrebbe stare peggio di me.”

Il viaggio di ritorno con la Falcon fu fin troppo breve per i gusti di Lutum, che anche una volta atterrato nell’hangar esitava a staccare le mani dai comandi.
“Mi mancherà questo gioiello. Chissà quando mai mi ricapiterà.”
“Oh, facile. Basta che alla prossima missione fai sfinire di nuovo il Maestro Ventus.”
“Ehi Kazeshi, ora ti ci metti anche tu? Diamine, speravo che quell’esibizione avesse aumentato il vostro rispetto nei miei confronti… altrimenti che l’ho fatta a fare?”
Risero tutti e tre, galvanizzati dall’ottimo lavoro ed il ritorno alla base. Kazeshi saltò giù dalla nave ed il suo umore migliorò soltanto alla vista di una ragazza dai capelli rossi che saltava su e giù, agitando le braccia nella loro direzione.
“Beh, va riconosciuto che è un gradevole spettacolo. Posso pensare ad accoglienze peggiori.”
“Ehi.”
“Tranquillo, tranquillo, ti ho già detto che ne sono fuori. Ah giusto, non ti ho più dato la mia assistenza al riguardo…” Lutum si chinò rapidamente verso l’orecchio di Kazeshi. “Era stata lei a dirti di migliorare il tuo fendente speciale, no? Raccontale di quanto lavoro ha fatto la tua tecnica, e ricordale che è stata una sua idea. Non risultare troppo ovvio però, o sembrerai un tantino disperato. A nessuna ragazza piacciono i disperati.”
“Grazie mille, Guru dell’Amore.”
“Ehi!” Wanda aveva già rinunciato all’attenderli ed era corsa verso di loro. “Che state bisbigliando? Siete diventati più intimi, o sbaglio? Avrete avuto una missione molto eccitante!”
“Non metterla in questi termini, Wanda, o almeno non urlarli a mezzo hangar,” la redarguì Lutum. “Sembri un filino più agitata del solito, anche la tua missione deve essere stata interessante.”
“No! Una noia. Non abbiamo fatto altro che seguire Deisa mentre raccoglieva delle pagine strappate di un certo libro. A me non è che abbiano detto molto, ma agli Heartless sì da come le difendevano… forse sono avidi lettori?”
“Boh. Mostriamo loro la biblioteca reale e vediamo come reagiscono.”
Kazeshi ritenne che non fosse il caso di mostrare il suo fanatismo per quello che sembrava proprio essere il mitico Libro di Pooh con quei due, e si astenne dalla discussione. A distrarlo dalle farneticazioni di Wanda e Lutum fu l’altro amico che si stava tenendo in disparte, conversando -o forse trascinato in una conversazione- con Ventus.
“Axius!”
“Kazeshi, bentornato. Il Maestro mi diceva che ti sei fatto valere sul campo di battaglia.”
Ventus era perplesso. “Ho detto una cosa del genere?”
“Hai fatto il suo nome parlando dell’Heartless distrutto, posso solo desumere che sia stato merito suo.”
“Ah, mille grazie Ax! Quindi secondo te ho scaldato le poltrone del Sultanato?” si intromise Lutum.
Axius sorrise. “Ne dubito, se tu fossi riuscito a poggiare il fondoschiena su una di quelle poltrone saresti ancora lì a ronfare.”
“Oppure Katsy e Ventus avrebbero dovuto portarsi via l’intera poltrona con lui sopra.”
Il gruppetto condivise il momento di ilarità, ma un Moguri annunciò che Ventus era atteso nella sala del Consiglio. Kazeshi notò che aveva un cipiglio corrucciato mentre si allontanava.
“Chissà perché non hanno chiesto anche di voi due. Noi eravamo assieme a Deisa quando ha fatto rapporto.” Si domandò Wanda.
Lutum fletté le braccia per sgranchirsi un po’. “Probabilmente avranno questioni segretissime da Maestri di cui discutere… lasciate che ve lo dica, ne abbiamo viste di cose in questa missione. Vi racconteremo tutto.”
Kazeshi si guardò attorno. “Sono sicuro anche Mizu vorrà sentire i particolari. Voi l’avete vista?”
Axius scosse il capo. “Subito dopo aver fatto rapporto, ci hanno avvertito che stavate per rientrare e siamo venuti ad accogliervi. Non sappiamo nemmeno se sia tornata.”
“Mh, se non vi spiace vorrei almeno provare a cercarla. Possiamo rimandare la conversazione?”
Wanda gli sorrise. “Assolutamente, Katsy! Veniamo con te.”

Quando Lea entrò in fretta e furia nella sala erano già riuniti tutti gli altri Maestri del Consiglio. Ventus aveva appena finito di ascoltare il punto della situazione e sfregava le mani, pensieroso. Il Maestro dai capelli di fiamma marciò dritto verso il suo trono e senza riuscire a sedersi fissò Sora, gli occhi animati da intense emozioni.
“È vero? Osmer è riapparso?”
Ci fu una consueta pausa generale in cui tutti aspettarono una rispostina salace da parte di Vanitas, il suo famoso “Ve l’avevo detto”, ma il Cavaliere taceva. Sora inspirò, preparandosi a rivivere quegli eventi per la terza volta nello stesso giorno.
“Osmer era Cyde. Se lo è sempre stato o ha ad un certo punto rimpiazzato l’uomo non ci è dato saperlo. Sappiamo solo quello che ha raccontato a Mizumi, e memoria traumatizzata e confusa di lei a parte non è da escludere che le abbia detto anche delle falsità. Ma che fosse veramente lui non sembra essere in discussione, tutto quello che è accaduto rientra nel suo modo di operare.”
Lea serrò i pugni, ma non esplose in qualche accusa o invettiva. Riuscì miracolosamente a sedersi, e portandosi una mano alla tempia chiese sarcastico: “E la Prima Pietra è riuscita a guardare dall’altra parte ogni volta che lui entrava a GranCastello in tutti questi anni?”
Accanto a lui Hokori lo osservava senza dire nulla, forse impressionata dallo stato emotivo del compagno.
Intervenne Riku: “Se Mizumi ha capito bene, parrebbe che Osmer sia diventato un Nessuno.” Una pausa, mentre perfino chi già aveva sentito la storia corrugava la fronte dinnanzi a quella rivelazione. “I Nessuno sono quasi tutti scomparsi assieme a Xemnas, e non abbiamo mai avuto prove che la Pietra reagisca alla loro presenza. Almeno non con Nessuno che non abbiano ricevuto… trattamenti particolari.” Concluse, guardando verso Naminé.
“Che disastro.” fece Xion. Si guadagnò un’occhiataccia da parte di Kairi, ma la liquidò con un gesto stizzito. “Ci eravamo  detti pronti ad affrontare la minaccia, ma non potevamo immaginare avrebbero colpito da così vicino, e abbiamo perso un Mondo per questo. Sarà difficile ora trattare con gli altri, e guadagnarci il rispetto di chi già era diffidente.”
Lea sembrava fisicamente ed emotivamente sfinito. “Mi state dicendo che Osmer e gli altri… che sono ancora in circolazione, e che sono dei Nessuno?”
“Davvero ti sorprende?” Vanitas prese finalmente parola. “Che erano in giro lo sapevamo, o almeno io non ho mai creduto alla favola che erano scomparsi per sempre nelle tenebre. Quanto all’essere Nessuno… che dire, non gli sono certo mancati i modelli teorici da seguire. Ennesima conferma a posteriori che a Ren e gli altri abbiamo insegnato troppo.”
“No. Stavolta non c’entra lui, o noi.” La voce di Lea riacquistò vigore, grazie all’ira da tempo sopita. “È Isa. Ne sono certo.”
In quella sala, solo Xion poteva arrivare a comprendere pienamente il dolore che in quel momento Lea stava provando. “Pensi si spingerebbe di nuovo a tanto?” gli chiese, conoscendo già la risposta.
“Che si sia ritrasformato lui stesso oppure no, ha di certo condiviso le informazioni per farlo. Ma lo sapevo da tempo, da quella notte alla Frontiera: I Nessuno saranno tornati solo ora, ma Saix è rinato in quel momento.”
Seguì una pausa, che aveva un significato diverso per ciascuno dei presenti. Quando ritenne che era ora di ripartire con la discussione, Terra si rivolse a Ventus: “Ven, tu sei riuscito a prendere Gerey, giusto? Direi di partire da lì, ovviamente la sua trasgressione non è stata una coincidenza.”
“Concordo. Prima di decidere qualsiasi grande piano d’azione, occorre venire a capo di questa faccenda.” Aggiunse Aqua.
Nuovamente Riku sopraggiunse col suo tono piatto e pragmatico. “Siamo già stati da Gerey. Ho pensato anch’io che fosse l’anello di congiunzione, e non volendo restare con le mani in mano… comunque, controllandolo è risultato abbastanza chiaro che le sue azioni siano state manipolate.”
Kairi non ne era a conoscenza. Forse Riku non era andato a chiudersi in se stesso senza far nulla, dopotutto. “Manipolate? Come Jasmine?”
Naminé annuì: “Riteniamo sia stata la stessa possessione usata su di lei, anche se più forzata. Rispetto all’altro soggetto che abbiamo studiato, non c’è voluto molto per far rinsavire Gerey: probabilmente i Perduti non lo consideravano nemmeno uno di loro.”
“Oppure volevano farcelo scoprire” commentò Vanitas. “Probabilmente entrambe le cose.”
Sora si voltò verso Naminé. “Hai detto che Gerey è rinsavito?”
“Sì. Sembrava assolutamente disgustato quando gli abbiamo raccontato delle sue azioni, e giura di non serbarne ricordo. Collima con altri casi simili, ma potrai giudicarlo tu stesso se vuoi.”
“Almeno non abbiamo perso un valente guerriero. Certo, dovrà rinforzare il suo addestramento contro la corruzione, ma se è stato irretito da Osmer in persona non gliene possiamo fare completamente una colpa.” Concluse Riku.
Considerato che Topolino era stato tenuto fuori dalla riunione almeno fino all’ottenimento di informazioni più precise, Hokori era rimasta l’unica a non aver detto nulla. La Maestra incrociò le braccia, fissò Sora e chiese: “Come sta tua figlia?”
Il Gran Maestro accusò il colpo, ma memore delle parole di Kairi si ripromise di non cedere e rispose: “Mizumi è… in un brutto luogo al momento. Ci siamo passati un po’ tutti, prima o poi. Con lei speravo accadesse più poi che prima.”
“Allora è a quello che devi dare priorità, poi a tutto il resto. Non salverai l’universo attuale se non riesci a tutelare i Custodi futuri.”
Prese parola Terra: “Giustissimo. Il fallimento è un qualcosa con il quale tutti i Custodi devono rapportarsi, ma si può rendere l’esperienza assai meno nociva con il giusto supporto. A Mizumi gioverà avere delle persone che credono in lei.” Il Maestro guardò sia Aqua che Ventus, ed entrambi sorrisero teneramente a quelle parole.
Lea si rivolse a Hokori. “Mostrare supporto e comprensione con i ragazzi? A Wanda sembrerà che siano arrivati Natale e compleanno assieme.”
La Maestra assunse un cipiglio altero, replicando: “Non ho mai maltrattato o trascurato nostra figlia, nonostante quello che si possa pensare. Magari con un approccio più diretto finirà anche il tuo continuo bastonarmi al riguardo.”
Tutti ridacchiarono, portando un clima di serenità che spazzò l’agitazione ed il nervosismo del momento e delle giornate precedenti. Kairi pensò di potersi finalmente rilassare e andare ad abbracciare suo figlio. Entrambi i suoi figli.

Kazeshi richiuse la porta degli alloggi e fece cenno di no ai compagni con la testa. Avevano cercato ovunque: sale di addestramento, giardini, i loro appartamenti, ma di Mizumi non vi era traccia.
“Se non covasse un’antipatia congenita per i pannelli di teletrasporto mi verrebbe da dire che sia salita su uno e sia finalmente riuscita a perdersi.” Fece Axius.
“E se non fosse che al massimo sopporta le altre persone e le folle le danno il mal di testa, oserei dire che stia facendo un giro in città.” Disse Lutum. “Rimarrebbe il bagno, ma per ovvi motivi i nostri mezzi di ricerca si ridurrebbero di tre quarti.”
Guardò Wanda, che prendendolo sul serio rispose: “Io non li vado a controllare tutti i gabinetti della fortezza.”
“Che strano…” mormorò Kazeshi. Chiunque a quel punto avrebbe semplicemente concluso che non era ancora tornata, eppure una brutta sensazione si era impadronita di lui e non lo lasciava andare. Sentiva che doveva trovare sua sorella il prima possibile, ma l’unica opzione rimasta era vedere se il Consiglio avesse terminato la riunione e chiedere direttamente ai suoi genitori. Stava per dirlo agli altri, quando scorse una sagoma attraversare uno dei corridoi: superò i suoi amici e la raggiunse, tirandole un braccio per fermarla.
Se Zane fosse rimasto infastidito dal suo gesto, non lo diede a vedere. Rimase a fissare Kazeshi con uno sguardo che quest’ultimo non riuscì a decifrare.
“Ehi!” fece Lutum, raggiungendoli. “Tu eri in squadra con Mizumi! Zane, se non ricordo male.”
“…sì.”
“Quindi siete tornati! Quando avete fatto rapporto? Nessun Moguri ce l’ha saputo dire.”
“Il rapporto… il rapporto.” Il ragazzo inspirò a fondo, e poterono notare il tremolio nel suo respiro. “Sono venuti a prenderci, e il Gran Maestro ci ha interrogati privatamente stamattina. Non c’è stato rapporto.”
Il suo comportamento apparve strano a tutti, ma Kazeshi per una volta aveva fretta di andare al sodo.
“Ascolta, abbiamo cercato ovunque ma non siamo riusciti a trovare mia sorella. È chiaro che c’è davvero qualcosa che non va. Ti prego, dimmi cosa è successo e se sai dov’è Mizumi.”
Zane non si fece pregare. “D’accordo. Mi hanno detto dov’è Mizumi, ma anche di lasciarla in pace per il momento… ma penso che meriti di sapere com’è andata.” Esitò un momento, guardando Wanda e gli altri, ma Kazeshi intervenne: “Se posso sentirlo io, possono sentirlo anche loro.”
Raccontò loro tutto, dall’inizio della missione fino alle tremende verità emerse alla fine, che aveva sentito Mizumi stessa riferire ai suoi genitori ore prima. Quando ebbe terminato, Kazeshi non sapeva cosa dire. Axius sembrava a corto di parole quanto lui, e Lutum si era portato una mano alla bocca forse per nascondere la sua espressione sconvolta. Wanda aveva tirato fuori lo sguardo duro della madre e sembrava assorta in pensieri profondi.
“Abbiamo trovato un Moguri e contattato GranCastello. Come ho detto, ci sono venuti a prendere e il Gran Maestro ci ha detto di non dire nulla per il momento. Ma non penso terrebbe il segreto con te, e hai diritto di sapere. Quanto a dove si trova tua sorella-“
Kazeshi lo interruppe. “Lo so. So dov’è ora.” Si voltò verso gli altri e disse: “So che si era detto di andare tutti assieme, ma-“
“Kaze, ma ti pare? Vai, e ricordati solo di dirle che ha tutto il nostro sostegno. E se dovessero convocarci per il resoconto sulla nostra missione, ti coprirò le spalle. Mi prenderò chiaramente il merito di tutte le strategie come compenso, ovvio.” Lutum gli tirò un pugno sul braccio per tirarlo su.
Il ragazzo annuì riconoscente, ed imboccò il corridoio che l’avrebbe portato più vicino a sua sorella.

[Le Isole del Destino, otto anni prima]
Kazeshi sperava sinceramente che la mamma non l’avrebbe messo in castigo. Sapeva che gli aveva detto di restare a casa, ma sapeva anche di essere l’unico che poteva trovarla. E poi lì in città non succedeva mai niente di pericoloso, erano tutti buoni e gentili. Aprì pian piano la porta di casa e controllò che le luci degli adulti fossero ancora alla spiaggia.
Mizumi aveva picchiato tre altri bambini (ricavandone lei stessa un livido sotto lo zigomo, evento raro), che non condividevano però il suo codice d’onore ed erano andati a dirlo in lacrime ai loro genitori, che di conseguenza avevano bussato alla loro porta poco dopo. Quella volta la mamma si era arrabbiata sul serio con Mizu, aveva alzato la voce e parlato di punizioni, ma Mizu non aveva pianto né detto nulla. E altrettanto silenziosamente doveva aver lasciato la loro cameretta dopo cena, portando la mamma e gli altri adulti a cercarla.
Kazeshi prese la via centrale verso la piazza. Poteva sembrare logico andare alla spiaggia o addirittura all’isola visto che era dove loro e gli altri bambini passavano il tempo, ma lui sapeva che proprio per quel motivo Mizu non sarebbe mai andata nel primo luogo dove l’avrebbero cercata: rifletté anche che a volte gli adulti sembravano convinti che i bambini fossero completamente scemi.
Giù alla piazza c’era il Municipio. Il Nonno Sindaco era in carica fin da quando la mamma era piccola e non era il loro vero nonno, ma loro lo trattavano con lo stesso affetto e lui ricambiava amorevolmente. Era quindi abituato a raggiungere il suo ufficio per fargli visita, e fu proprio lì che la trovò. Mizumi sedeva per terra in un angolo, le ginocchia rannicchiate. Ebbe un leggero sussulto quando Kazeshi aprì la porta, ma poi si ricompose.
“Tana.”
“Bravo.” Solito scambio di battute. Aveva iniziato a dirgli “bravo” ogni volta che lui la trovava, il che accadeva spesso. Non le aveva mai chiesto il motivo, forse era il suo modo di fargli dei complimenti: o forse sperava che fosse così, perché a lui a faceva piacere.
“Mamma e gli altri ti stanno cercando.”
“…”
“Saranno molto arrabbiati poi” insistette Kazeshi.
“Non mi importa. Sono già in castigo, no? Torna a casa o ci finirai anche tu.”
Gli diceva sempre di lasciarla e tornare indietro e aveva senso, ma Kazeshi era sempre rimasto. Meditò su cos’altro dirle.
“Non penso dovresti fare queste cose a mamma. Mi sa che è più triste che arrabbiata quando fai così.”
“È colpa loro. Stupidi spioni.”
“Tu li hai picchiati.”
“Loro hanno detto che papà è un bugiardo. E mi hanno chiamata mostro quando gli ho detto di smetterla. E si sono messi in tre contro una bambina.”
Kazeshi aggrottò le sopracciglia e la guardò strano. “Ma li hai riempiti di botte, quindi sull’ultima cosa non avevano tutti i torti.”
Mizumi rise, e dopo un po’ rise anche lui. Poi le tese la mano.
“Ora andiamo da mamma, d’accordo?”
Lei annuì e gli permise di aiutarla a rialzarsi.

Kazeshi svoltò l’angolo verso l’entrata della camera disciplinare e non fu sorpreso di vedere sua madre ad attenderlo.
“Ormai hai imparato, eh?”
Kairi sorrise mestamente. “Che tu ci creda o meno, i cuori dei bambini sono molto difficili da leggere e localizzare. Se avessi potuto tracciarvi così anche all'epoca mi sarei risparmiata un sacco di grattacapi.”    
“Sei… ci avete…”
“Le abbiamo parlato? Certo, subito dopo il rapporto sulla missione. È andata come ti puoi immaginare.”
Madre e figlio rimasero in silenzio per qualche secondo, meditando su tutto ciò che era successo nelle ultime ore. Ripensando con mente lucida al racconto di Zane, Kazeshi si rese conto solo in quel momento che c’erano molti elementi paradossali e dei quali era profondamente ignorante in ciò che era successo a Mizumi, e si chiese anche se parlarle fosse un compito adatto a lui.
“Un bel casino.” Disse ad alta voce.
“…già.” Rispose Kairi, sebbene dal tono sembrava anche lei immersa nei propri pensieri. “Allora, pensi di voler entrare?”
Il ragazzo inspirò a fondo prima di rispondere. “Sì. Avevi ragione, sai? Negli ultimi tempi mi sono apparse chiare molte più cose. Sono sicuro lo stesso vale per Mizu, ha solo bisogno che qualcuno la aiuti a vederla in questo modo.”
“D’accordo. Ah, prima che me ne dimentichi. Tuo padre sta chiamando Lutum a rapporto, immaginavamo entrambi che tu non ci saresti stato, e quindi si unisce a me nel darti questo.”
La Maestra corse ad abbracciare il figlio, stringendolo teneramente a sé. “Congratulazioni per il tuo successo, figliolo.”
Kazeshi ricambiò l’abbraccio, prendendolo sia come un complimento personale che come sostegno da passare anche a Mizumi. Guardò la madre un’ultima volta, poi aprì le porte della camera.
Dentro era tutto buio, come se non ci fosse nessuno, e sapeva che era proprio la sensazione che lei voleva dare. Non provò nemmeno a cercarla con lo sguardo sugli scranni dei giudici, e mentre gli occhi si abituavano all’oscurità procedette verso la pedana degli imputati, dove la vide: stessa posa, ginocchia rannicchiate e braccia conserte, acquattata con la schiena addosso al banco.
“Tana.”
“…bravo.”
Un filo di voce, che impensierì Kazeshi molto più della pausa. Anche quando colpevole di qualcosa o dopo un fallimento, Mizumi non perdeva mai quella sua sfacciataggine e durezza d’animo che denotavano la sua innata forza interiore. In quel momento era davvero fragile.
“Come mai sei qui?”
“Tu scegli sempre dei posti che rispecchiano l’autorità quando senti di aver sbagliato. Per coincidenza si tratta anche di luoghi che di solito non frequenti, quindi diminuisci le probabilità che qualcuno ti trovi.“
Lei rise, ma non una delle sue risate piene e allegre, solo un flebile risolino sarcastico. “No, no. Mi chiedevo perché sei qui a perdere tempo, invece di godere del tuo successo.”
“Mizu, dai” fece Kazeshi, addolorato. “Lo sai che non è vero. Dici così solo perché vuoi crederci.”
“Non so più che cosa voglio. Ultimamente mi sembra che tutto ciò che voglio o è sbagliato nel principio, oppure produrrà risvolti catastrofici.”
“Non potevi prevedere-“
“Sì, lo so! LO SO!” Mizumi scattò in piedi, e si mise letteralmente a urlare dalla frustrazione. “So che non potevo prevedere un Maestro traditore diventare uno stramaledettissimo Nessuno, non potevo sconfiggerlo in combattimento, e dovrei trarre conforto dal fatto che anche papà e gli altri sono stati ingannati! Ma non posso. Ogni volta che succede un imprevisto, sorge una minaccia, ogni volta che c’è… qualcosa, io ne esco sempre peggio. Tu, Wanda e gli altri fate sempre un po’ di più, avete quel barlume, quel singolo pensiero o movimento al momento giusto.”
“È normale vederla così, Mizu, succede a tutti. Ci si colpevolizza, e gli altri appaiono migliori di quanto in realtà siano.”
“Oh, ma per piacere, Kaze. Non mi parlare anche tu come se fossi soltanto una ragazzina in cerca di rassicurazioni.” Dato che la pedana su cui si trovavano non permetteva loro di muoversi agevolmente, Mizumi scese e camminò per la sala buia.
“Wanda è stata la migliore durante l’esame, e la prima a comandare una squadra. Axius arriva ai concetti più profondi come se già li conoscesse. Lutum ha sistemato l’Heartless durante la nostra prima missione. E non vedo l’ora di sapere quali prodezze hai dimostrato nel tuo ultimo incarico.”
Non era stato possibile per Mizumi ricevere notizie sull’esito delle altre missioni, quindi stava procedendo per puro intuito. Era incredibilmente precisa in quello, ma Kazeshi sapeva che non era il tipo di lode che cercava.
“Dimmi: tra il farmi beccare non una, ma ben due volte mentre sto infrangendo le regole, non riuscire ad affrontare gli Heartless, rispondere continuamente male ai superiori ed ottenere probabilmente il più clamoroso fallimento nella storia dell’Ordine, qual è stato il mio momento di gloria? Dove mi sono distinta, ripagando tutti gli sforzi fatti e le aspettative nei miei confronti? Dove? Dimmelo!”
Kaze ascoltò tutta la sfuriata serafico. Sua sorella era frapposta fra lui e i sedili dei giudici, ed il modo in cui allargava le braccia creava una strana dicotomia: poteva sembrare sia una colpevole che si stesse arrendendo alla propria condanna, sia un emissario che stava giudicando lui sulla pedana. Considerato quanto erano legati l’uno all’altra, trovò la cosa alquanto interessante.
Ma non si arrabbiò con Mizumi, né alzò la voce; non si mise a cercare una possibile occasione in cui lei si fosse distinta, e non iniziò ad elencarle le sue qualità o i difetti degli altri. Non era ciò di cui aveva bisogno in quel momento. Senza dire nulla si avvicinò a lei e la abbracciò forte, cercando di imitare i loro genitori e di infondere in quel gesto il medesimo amore e accettazione. E Mizumi si lasciò andare e scoppiò a piangere.
“Dev’essere stato terribile. Mi dispiace tantissimo che la tua missione sia andata a finire così. Dispiace a tutti noi.”
Attraverso il contatto poteva sentire il corpo di Mizumi venire scosso dai singhiozzi. “Erano… così tanti… all’inizio pensavo di doverli combattere, di dover fare loro del male. Poi… lui è apparso… e ha rovinato tutto. Sentivo le urla degli uomini che si spegnevano, e l’Heartless che ruggiva, e poi lui che mi diceva tutte quelle cose. Io… Io mi fidavo…”
“Lo so. Lo immagino. È stato un fallimento, e lo dobbiamo accettare. Ma l’importante è che ora tu non crolli. Adesso si piange, ma verrà il tempo di tornare ad essere felici… e di migliorare.”
Kazeshi la prese per le spalle e la guardò negli occhi. Pur essendo spesso la voce della ragione nel duo, mai era stato così deciso e assertivo. “Che dici, andiamo fuori da qui? Respirare aria fresca ti farà bene, e prima o poi dovrai affrontare gli altri.”
Mizumi si asciugò gli occhi e tirò su col naso. “Sì. D’accordo. Dobbiamo anche celebrare la tua missione, e in famiglia condividiamo tutto, no? Sto bene ora, è tutto apposto.”
Ma lui sapeva che non era tutto apposto, e che quella volta non si sarebbe risolto tutto con la loro madre in lacrime che dopo averli rimproverati gli avrebbe portato due coppe di gelato, dicendo che valeva la pena festeggiare anche solo che fossero ancora tutti sani e salvi. Guardando la schiena di sua sorella mentre uscivano Kazeshi sapeva che qualcosa si era spezzato, e serrando i pugni in un inusuale accesso d’ira giurò silenziosamente che il responsabile non l’avrebbe passata liscia.

Il corridoio oscuro eruppe sul percorso malandato, Oscurità concretizzata rispetto a quella presente nell’atmosfera. Osmer ne uscì fuori, imprecò sottovoce e si affannò a mettersi il mantello. Troppo tempo passato nella Luce gli aveva fatto dimenticare di prendere le giuste precauzioni una volta tornato negli abissi oscuri.
“O forse parte di me rimpiange ancora la mia vecchia armatura.”
Vedendo il lato positivo come suo solito, si rallegrò di essersene accorto da solo invece di venire ammonito dalle risate bercianti dei suoi compari. Sulla via verso il ritrovo notò i vari figuri che pattugliavano i dintorni e come alcuni non fossero palesemente esseri viventi ma non si fece troppe domande, gli avrebbero sicuramente raccontato tutto al suo ingresso.
Ogni volta che apriva una delle porte a GranCastello veniva accolto da risate e toni allegri, il tutto circondato dalla radiosità e magnificenza del posto, impressionante senza mai cadere nell’ostentazione di opulenza. Invece i due pesanti battenti di pietra scandirono il suo rientro in una sala debolmente illuminata da fuochi bluastri, con solo una decina scarsa di individui tetri che a stento proferivano parola. Sorrise, non sapendo se fosse più inquietante che quella era la sua organizzazione o che la sola vista di quel tugurio lo appagasse molto di più.
“Una festa per me, signori? Non dovevate!”
Non una risata, né un verso di sfida: quelli che avrebbero voluto provocarlo si ricordavano bene di cosa era capace. Si chiese se Gashur avesse ancora la cicatrice.
Una forma melliflua si adagiò meglio posando le gambe sul tavolo, e perfino in quelle tenebre e col cappuccio si intravedevano le iridi così chiare da risultare praticamente bianche.
“E torna il figliol prodigo… almeno hai messo il mantello. Sarebbe stato triste, tutti quegli anni passati sotto copertura per poi diventare un ammasso di Oscurità incoerente a due passi dalla porta.”
“Nelka, le tue parole mi feriscono. Hai davvero una così bassa stima di me?” “Razza di…” In condizioni ideali Osmer era sempre in grado di accorgersi degli occhi inopportuni di Nelka, ma dovette riconoscere che era decisamente fuori allenamento.
“Allora non mi sbagliavo, sei proprio tu Osmer. Sei cambiato.”
“Aburnas! Ti piace il mio aspetto? Naturalmente ho dovuto… reinventarmi un poco.” Si voltò verso l’ennesimo incappucciato. “Mi sono ispirato a te per la cicatrice, Gashur! L’ho sempre considerata una sorta di memento che ci univa, ma mi pare di aver capito che permettere ad altri guerrieri di sfregiarti sia diventato un tuo hobby.”
Gashur emise un verso che esprimeva chiaramente la sua voglia di regalargli qualche altro “memento”, ma o per via delle ferite o perché sapeva sarebbe stato un azzardo, si trattene.
Nelka riprese a parlare: “Se non sbaglio sei anche un Nessuno adesso, no? Dovremmo cambiarti nome. Qualcosa come Morxes o Semrox, forse?”
Parlava con apparente noncuranza, ma senza provare a nascondere la totale freddezza ed il disinteresse verso la persona alla quale si riferiva. Osmer ricordava di come queste sue qualità le avessero dato problemi anche all’interno dell’Ordine, sebbene qualcuno ne fosse stato addirittura attratto.
“Una manica di pervertiti. Chissà cosa ne ha fatto Nelka di loro.” “Per carità! Non ritengo di dover cambiare nome, ne possiedo già troppi. E, sempre senza offesa, non sono mai stato troppo entusiasta di quella… particolare nomenclatura.”
Fece la sua comparsa il famoso ghigno animalesco di Isa, o appunto Saix. “Riconosco che come pratica non è invecchiata benissimo, ma personalmente non ho potuto distaccarmene. È il mio vezzo, lo ammetto.”
“Ora basta.”
Osmer sorrise di nuovo. Eccolo lì, il caro vecchio Ren, impaziente come al solito. La lama accuratamente plasmata da Saix per lacerare il cuore del vecchio Ordine. Non gli era mai piaciuto, eppure sentendolo parlare scoprì di aver sentito perfino la sua di mancanza.
Ren proseguì: “Quando ci siamo suddivisi i compiti proprio qui in questa stanza tu, Osmer, te ne andasti dicendo che avevi molto da sperimentare e verificare, assicurando che sarebbe stato tutto per il bene della nostra causa. E solo di recente vengo a sapere che ti sei tramutato in Nessuno, che sei tornato all’Ordine e che hai anche agito contro di loro senza consultarci! Direi che hai sperimentato abbastanza, e ora esigo delle risposte.”
Perfino uno come Ren non avrebbe potuto trattare un suo pari con tanta sfacciataggine, ma a Osmer non sfuggì che aveva formulato il tutto in maniera assai astuta, ponendogli davanti una scelta: condividere le sue informazioni o tacere. Se avesse optato per il silenzio di fronte a quel gruppo di rinnegati che percepivano la segretezza dell’Ordine come un affronto avrebbe perso tutta la loro già instabile fiducia, e non sarebbe passato troppo tempo prima di ritrovarsi un Keyblade piantato nella schiena. Riconobbe suo malgrado che Ren aveva imparato a ben direzionare la sua arroganza, ma era un’evenienza che aveva messo in conto.
“Naturalmente, lungi da me voler tenere altri segreti: inizierei a confondermi tra cosa dovrei celare a voi e cosa all’Ordine. Rimediatemi una sedia e prometto che soddisferò tutte le tue curiosità.”

“Cominciamo da ciò che farebbe prendere a questa discussione una brutta piega nel caso la risposta non sia quella giusta,” riprese Ren dopo che anche Osmer si fu seduto. “Ovvero la tua decisione di iniziare una sorta di ribellione contro l’Ordine nei Caraibi.”
“Non solo nei Caraibi. Ho provveduto a mettere non poche pulci nelle orecchie di varie organizzazioni in giro per il cosmo, ottenendo un notevole successo col nuovo sovrano delle Terre d’Oltremare.” Osmer non riuscì a celare la sua soddisfazione ripensando a quegli eventi. “Avevo anche organizzato un intrigante rito di sepoltura per la gloriosa Agrabah, ma hanno mandato Ventus quindi immagino siano riusciti a sventare quel piano. Pazienza.”
“Proprio un bel progettino, il tuo! Tutta roba che se scoperta avrebbe mandato a monte i nostri piani!” Gashur batté rabbiosamente un pugno sul bracciolo semidistrutto del suo sedile.
“Con chi pensi di parlare? Ovviamente mi sono mosso solo dopo aver avuto la più assoluta certezza che nessuno sospettasse niente e che non fosse possibile far risalire nulla di tutto quanto a me.”
Ren non batté ciglio. “In ogni caso non hai pienamente risposto alla mia domanda sul perché fare tutto questo, e che risultati pensi possa aver ottenuto che ci agevoleranno in futuro.”
“Beh, vedi Ren, per quanto io adori -e dico sul serio- questo luogo cupo e deprimente, ho pensato che esistevano modi più proficui di far passare il tempo che scrutare le tenebre infinite e vedere quanto ci volesse a Shika per fratturarsi un osso a furia di ballare. Tu avevi il tuo compito di radunare nuove cavie, che hai continuato a svolgere con successo, e io ho pensato di alleggerirti il numero di pericoli a cui prestare attenzione divergendo gli occhi dell’Ordine verso rivoltosi, signorotti diffidenti assetati di potere, e ogni altra sorta di magagna che potessi generare nei Mondi.”
“Come se quegli stolti potessero anche solo intaccare minimamente i Custodi.” Sbuffò Ren incredulo.
“Non sai quanto ti sbagli. Ho sentito i continui sospiri di Aqua dopo varie riunioni, ho visto qualche scatto d’ira dovuto alle tensioni diplomatiche, e ho potuto percepire i dubbi su come affrontare questa nuova minaccia. Quelli che affrontiamo sono persone, non semidei, ed infliggere danno psicologico è efficace quanto accumulare potere.”
“E hai deciso tutto quanto da solo perché…”
“Ero pronto a prendermi tutta la colpa in caso di fallimento, quindi meno contatti avevo con voi meglio era per tutti. E in seguito si sono aggiunte altre ragioni… converrete con me che tra il buco nell’acqua di quell’adepto che hai mandato e la batosta presa da Gashur ad opera di Vanitas non vi siete esattamente dimostrati degni di fiducia.”
Finalmente anche l’assalto di Ren iniziò a dare segni di cedimento, e un silenzio carico di nervosismo seguì le parole di Osmer. Dopo un po’ intervenne Saix.
“Avendo appurato le tue motivazioni, mi interesserebbe sapere della tua conversione in Nessuno. Malgrado tu non lo stia dicendo apertamente per qualche motivo, ho già detto agli altri che mi hai mandato alcuni rapporti contenenti parte dei tuoi scopi e dove mi rassicuravi della riuscita dei tuoi piani, che mi hanno convinto a non ostacolarti. Immagino strapparti il cuore facesse parte di queste contromisure che dicevi di aver preso.”
“Esatto. Non c’è bisogno che dica a nessuno di voi che prima di poter anche solo pensare di infiltrarsi a GranCastello occorre affrontare il problema della vigilanza del Gran Maestro e della Pietra della Luce, che rivelerebbe intenzioni malintenzionate all’istante. Ma se fosse una misura preventiva contro l’Oscurità, come potrebbe Vanitas girare liberamente? Se si trattasse di percepire la ‘malvagità’ come concetto, a che pro tenere udienze? Basterebbe far sfilare il popolino davanti alla Pietra e a Sora, e individuare così immediatamente i malfattori. No, ci sono delle regole in gioco, e io dovevo scoprirle.
“Dopo varie prove indirette e tanto rimuginare, ho realizzato che la Pietra passa giudizio sulla volontà delle persone, mentre Sora ne legge il cuore. La quasi totalità degli esseri viventi hanno sia Luce che Oscurità nel loro cuore, quindi quel sasso magico non può semplicemente bloccare chi ha un cuore oscuro, a meno che quell’Oscurità non si manifesti in modo violento.”
Discorsi di questo genere affascinavano infinitamente Sanguinis. “E quindi la Pietra valuta le intenzioni, che sono codificate nella volontà dell’individuo. E visto che si possono avere intenti diversi di volta in volta, sono necessarie le udienze. Desumo quindi che diventare Nessuno aiuti a non farsi identificare?”
Osmer approfittò dell’assist. “Indovinato! Mi sono ispirato molto a Naminé, e a come potesse scivolare nei cuori altrui con la facilità che la contraddistingue. I Nessuno sono diventati la mia principale fonte di studio, e ho appreso di come un entità fatta interamente di volontà mandi in tilt la Pietra. D’altronde, si è sempre studiato che i Nessuno non dovrebbero esistere e vanno contro natura… non c’è di che stupirsi se la Pietra non fosse preparata ad essi.
“Anticipo la prossima domanda: e Sora? Già, in qualche modo il Consiglio deve aver compreso che la Pietra da sola non è un giudice perfetto, e il Gran Maestro serve proprio ad ovviare alcune di queste pecche. Ad esempio, se si controllasse il cuore altrui usando l’Oscurità sarebbe possibile mascherare l’ostilità dell’individuo, ma chiaramente Sora percepisce questo tipo di sotterfugi come l’aria che respira. Ma nuovamente i Nessuno si sono dimostrati formidabili. Essi possono generare una sorta di cuore di rimpiazzo, che risulta essere una replica abbastanza convincente da fregare persino lui… oppure sono solo io che sono molto in gamba.”
Saix parlò di nuovo: “Sono esterrefatto, non dal tuo piano ma dalla scarsa preparazione dell’Ordine nel far fronte a questo tipo di evenienza. Sono ancora più incapaci e inadatti a governare di quanto pensassi: parrebbe quasi che non abbiano affrontato la precedente minaccia dei Nessuno, a vederli così.”
Osmer aveva parlato a lungo senza venire attaccato, e stava già iniziando a rallegrarsi del miracolo quando Ren dimostrò di non avere ancora gettato la spugna.
“Non me la bevo. Non mi convince.” Disse.
“Oh? C’è qualcosa nel mio racconto che non ti torna?” rispose Osmer, preparandosi mentalmente allo scontro.
“Qualcosa? Nulla torna! Tutta la tua storia si basa su ragionamenti di semantica che sfiorano il ridicolo, calcoli basati su falle logiche che miracolosamente nessuno ha mai notato e continue inadempienze da parte dell’Ordine! Sembra andare tutto troppo bene, considerando che dopo la nostra ultima sortita ci siamo ritrovati a vagare nell’Oscurità e racimolare le forze, mentre tu sei tornato direttamente al quartier generale facendola sotto il naso a tutti! Parli di Sora e dei Maestri come di una massa di stolti, ma dà più l’impressione che… che…”
“Che siamo noi un branco di falliti per esserci fatti sconfiggere da quegli stolti.” completò Nelka, rimanendo però impassibile.
Ren annuì, tremando di indignazione, poi riprese: “Chi ci dice che tu non sia stato scoperto immediatamente, e riprogrammato per credere di aver avuto successo mentre invece sei ora qui per spiarci e condurci in una trappola? A pensarci bene, sembri davvero aver preso gusto nel trattare con i vari Maestri, riferendoti a loro con familiarità! Puah!” e così dicendo spuntò per terra, ai piedi di Osmer.
Questi ascoltò la sfuriata del compagno con espressione neutra, ma chiunque conoscesse il suo carattere sapeva che dentro ribolliva di rabbia. Quando parlò, il tono della sua voce era sardonico, ma con un’evidente nota di malcelato furore.
“Stai pur certo che non ho dimenticato le vecchie vicende, Ren. Ricordo benissimo la Frontiera, così come Sora ed il resto del Consiglio far arrivare la loro furia devastatrice su ogni cosa si trovasse a tiro: la Luce era abbagliante, e spaventosa. Persi tutto quel giorno, quindi non osare mai più insinuare che li tratto in modo amichevole.
“Sei tu quello che mi impensierisce da questo punto di vista, in realtà. Vedi Ren, non riesco a fare a meno di pensare che la tua rabbia di fronte allo scoprire che il nostro nemico è pieno di difetti sia oltremodo ingiustificata e sospetta. Ti dico come la penso: secondo me sei tu che non vuoi ammettere che i Maestri sono umani e vulnerabili, perché in fondo ancora li reputi gli eroi coi quali desideravi misurarti e confrontarti. Ti riempi tanto la bocca di vendetta, ma per come la vedo io a te piace crogiolarti nell’eterno dolore di aver perso contro un nemico imbattibile.”

Aveva esagerato, ma non gli interessava. L’approccio paterno e permissivo di Saix chiaramente non aveva funzionato del tutto: qualcuno doveva dare una svegliata a quel damerino viziato. Ren in un attimo sfoderò il Keyblade e gli sarebbe immediatamente saltato addosso, se non fossero intervenuti Aburnas e Gashur a fermarlo.
“COME OSI? Razza di vigliacco! Ti ridurrò a brandelli se provi a ripeterlo!”
“Dannazione, Ren! Calmati!” Gashur doveva tenersi un fianco dolorante con un braccio, il che rendeva difficile contenere l’impeto del Maestro del Keyblade infuriato. Saix non diceva una parola.
“Se sei ancora in grado di ascoltare, Ren,” proseguì Osmer, “sappi che non tutto è andato a gonfie vele, e non parlo solo di Agrabah. Avevo intenzione di presentarmi a voi con un gran bel trofeo, nientepopodimeno che il sangue del Gran Maestro, ma la ragazza si è rivelata una seccatura che non valeva sprecare troppe energie per tenerla buona nel tragitto fino a qui.”
“La ragazza?” Nelka finalmente guardò i presenti, come se fino a quel momento non avesse nemmeno avuto sentore che ci fossero altre persone intente a urlare e provare ad infilzarsi a vicenda.
“Oh Nelka, l’adoreresti, credimi. È capace quel tanto che basta a renderla spavalda, ma incredibilmente goffa e desiderosa di attenzioni come un cucciolo abbandonato sul ciglio della strada. Schiacciarle lo spirito è stato-“
“Ahhhhhhhhhhhh!”
Un grido rauco fece voltare tutti i presenti verso il portone per assistere ad un evento più unico che raro: Shika aveva abbandonato il suo posto e li aveva raggiunti. Fissava Osmer in tralice, puntandogli contro un lungo dito scheletrico.
Con una velocità che nessuno gli avrebbe attribuito, fu accanto ad Osmer in pochi attimi ed iniziò a tastarlo ovunque.
“Ah! Ahhhh! La Chiave! La Chiave! Il tuo cuore vuoto sa, il tuo corpo ricorda! Sei entrato in contatto con la Chiave!”
La sorpresa fu tale che Ren smise immediatamente di lottare e lasciò svanire il Keyblade, scoccando uno sguardo eloquente a Saix. Quest’ultimo interpellò Osmer: “Non serve io ti illustri l’ovvia domanda, vero?”
Il Nessuno si strinse nelle spalle, per quanto glielo permettesse il vecchio avviluppato attorno al suo torace. “Sono stato anni a GranCastello e in giro per vari Mondi. O Shika ci fornisce informazioni più precise, o non posso restringere il campo.”
“L’ultimo incontro è recente, parecchio recente.” Disse Shika. “E non è successo tante volte. L’impronta della Chiave aleggia su di te, ma è sfocata.”
Sapendo di avere gli sguardi di tutti fissi sulla nuca, Osmer considerò le possibilità, ma la risposta gli sembrava scontata. “Beh, ho ricevuto la mia ultima missione da Sora direttamente. Non è esattamente un evento giornaliero, anche contando tutto il periodo della mia infiltrazione sarà capitato una manciata di volte. Ma non è che questo ci dica nulla di nuovo.”
“Esatto, era già facilmente intuibile che la Chiave fosse o Sora stesso, o un qualcosa in suo possesso” fece Saix. “Ma possiamo comunque ottenere dei risultati da ciò. Ora Shika dovrebbe avere informazioni più precise riguardo la data fatidica in cui muoverci.”
Il vecchio Cercatore si staccò da Osmer e bevette un lungo sorso dalla sua borraccia. Intrecciò le dita e meditò, per un lasso di tempo che tutti trovarono abbastanza snervante dopo i progressi appena compiuti.
Quando infine parlò, tutta la foga con cui era arrivato svanì, facendogli ritornare la sua aria completamente folle ma a modo suo imperturbabile.
“Il tempo di nascondersi è finito. Radunate le forze, organizzate gli squadroni, studiate i piani: usciremo dopo la decima volta che il flusso mi avrà parlato, a partire da ora.”
Saix effettuò la conversione per i suoi compagni: “La decima volta che il flusso avrà parlato equivale ad un lasso di tempo che noi troveremmo relativamente breve, ma che per il Regno della Luce risulterà essere molto più dilatato. Si parla di anni, e non solo un paio.”
“Cosa? E come facciamo? Ci sono troppe incognite!” Ren si voltò verso Shika, ma il vecchio era già quasi al portone.
“Pensateci voi. Devo tornare dal flusso,” fu l’ultima cosa che disse.
“È quello che è. A me va bene, i bestioni più grossi potrebbero scalpitare se li teniamo incatenati troppo a lungo.” Sentenziò Aburnas.
“Anni. Aumento di potere dei nostri avversari, o forse deperimento. Toccherà valutare le varie situazioni, e che molto probabilmente il caos lasciato da Osmer verrà smaltito nel frattempo.” Disse Nelka in tono piatto.
Osmer si grattò il naso, fingendo di sentirsi in colpa. “Che dire, io ci ho provato. Ma vi porto un altro dono: Nessunificazione! È facile e i vantaggi sono garantiti! Chi è interessato mi faccia sapere…”
“Ren.” La voce di Saix, nel mentre i vari incappucciati si mobilitavano, era solo per lui. “L’obiettivo è in vista. Devi dimenticare il passato ed imparare a non farti sviare dalle emozioni. Ho un addestramento specifico da farti seguire, nel poco tempo che ci resta.”
Ren annuì, seppellendo la furia residua sotto una coltre di fredda determinazione. “D’accordo.”
I Custodi rinnegati ed i loro alleati, la progenie oscura, si ritirarono nuovamente nelle tenebre.

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Capitolo 24
*** Viaggi ***


ANNUNCIO IMPORTANTE E CONCLUSIVO

Visto che penso sempre che sia importante comunicare queste cose piuttosto che svanire nel nulla, annuncio che purtroppo la storia non continuerà.
Senza dilungarmi troppo, dopo un lungo e tortuoso processo di introspezione e graduale allontanamento nei confronti della saga ho decisamente e in modo molto netto perso interesse nell'esplorare e ampliare il mondo di Kingdom Hearts. Iniziai a scrivere quando ancora la passione in me era forte, ma negli ultimi anni ideare i concetti e scrivere i capitoli si stava rivelando più una sorta di sfogo e piccola "vendetta" personale, e sebbene in piccole dosi questo sia una buona fonte d'ispirazione alla lunga non è più un buon modo per portare avanti una storia come l'avevo ideata.
Riguardo After Story, seguirò un consiglio che mi hanno dato parecchie persone e ri-adatterò tutto come storia personale (la quarta riscrittura totale... evvai...) eliminando i contenuti originali della saga. Non voglio smettere di scrivere, passione che mi ha donato veramente tanto in questi anni.
A chiunque stesse seguendo porgo le mie scuse e il mio rammarico, e ringrazio sentitamente tutti i commenti, i complimenti e anche solo chiunque si fosse fermato a leggere anche solo un capitolo di una qualsiasi delle mie fiction. Che abbiate deciso di dedicare parte del vostro tempo per leggere qualcosa messo su da me, un nessuno inesperto, significa davvero molto.
Arrivederci e grazie. - Darkos

24) Viaggi

Erano passati numerosi giorni dalla conclusione delle missioni per i giovani Cavalieri. Con la riorganizzazione delle forze dell’Ordine a pieno regime e l’apparentemente cessata attività dei Custodi Perduti, nessuno di loro fu sorpreso nel vedersi riaffidare i soliti incarichi mondani. Ogni tanto Paperino e Pippo li convocavano per qualche “lezione”, ma si trattava giusto di brevi sessioni di addestramento seguite da occhi vigili.
Kazeshi non ebbe problemi a riabbracciare l’ordinaria monotonia, e scoprì che lo stesso valeva per gli altri: persino Lutum, per quanto chiaramente ancora smanioso di crescere e migliorare, sembrava avere un atteggiamento più maturo e paziente del solito. Le lezioni speciali ed un assaggio del vero mondo al di fuori dalle mura aveva temprato i loro caratteri e rinnovato la loro fiducia che quanto facevano non era mai inutile o pensato solo per tenerli occupati.
Dopo due giorni Mizumi si ripresentò al gruppo, sebbene fosse meno vivace e molto più silenziosa che in passato. Pian piano la sua natura prevalse sul trauma e tornò a ridere e scherzare come suo solito, ma non aveva ancora riacquistato la spavalderia che la contraddistingueva. Dal canto loro, Wanda e gli altri non l’avevano interrogata al riguardo e la trattavano normalmente, senza prestarle attenzioni speciali, cosa della quale Kazeshi fu grato: sua sorella non avrebbe mai voluto ricevere la loro commiserazione.
Ad un certo punto vennero a sapere dell’operazione di epurazione dell’Heartless-squalo che infestava le acque dei Caraibi. Un Moguri era volato a riferirglielo su ordine del Maestro Riku, che era anche il Custode scelto per occuparsi della faccenda.
“Addirittura!” disse Lutum. “È un nemico così tosto?”
“Considerato chi lo ha evocato e per quali scopi, sicuramente non stiamo parlando di un Heartless comune. Inoltre…” Axius fece per continuare, ma Mizumi lo precedette.
“In più non penso che ai Caraibi ora la presenza di Custodi sia ben accetta. Se c’è qualcuno che può eliminare la minaccia in fretta senza ricevere grosse rogne dai locali, è il Maestro Riku.” Mizumi comprensibilmente si era fatta scura in volto parlando dell’argomento, ma non era troppo scossa. Aveva messo in conto che la faccenda dell’Heartless sarebbe stata affrontata a breve e che lei avrebbe dovuto rimanerne informata, volente o nolente. Forse lo scopo del messaggio di Riku era proprio rammentarle ciò.
“Chissà come si combatte sott’acqua. A noi non l’hanno ancora insegnato.” Commentò Wanda, come al solito poco interessata a tutto il resto.
Kazeshi ci pensò su. “Dev’essere interessante. Particolare, quantomeno: è come stare in un mondo con regole e gravità completamente diverse.”
Lutum mandò via il Moguri e si grattò il naso. “Bah. Tutte le volte che ho sentito qualche Custode esprimersi al riguardo, nessuno ne era particolarmente entusiasta. Pare sia descritto come una gran rottura di scatole.”

I giorni diventarono settimane, e le settimane mesi. Il trentatreesimo anno giunse al termine, e quello nuovo iniziò senza che vi fosse alcun cambiamento nelle mansioni quotidiane. Il quintetto prendeva il sole primaverile su una delle siepi nei giardini, riparati alla vista di chi passava dabbasso. La loro missione giornaliera, una visita al seguito di un Cavaliere più anziano in un Mondo pacifico, era saltata a causa di una rivolta popolare nei confronti dell’Ordine e loro non avevano l’esperienza e l’autorità per occuparsene: avevano quindi convenientemente deciso che erano affari che non li riguardavano più, e che avevano dato il massimo per quella giornata.
“Queste rivolte sono sempre più frequenti. Dà da pensare.”
“A te, Wanda? Questa sì che è bella. Se inizi a preoccuparti tu, allora siamo davvero nei guai.”
“Però preoccuparsi ha senso, in fin dei conti.” Disse Kazeshi.
“Ovvio che per te abbia senso,” lo canzonò Mizumi. “L’ha detto Wanda.”
“Dai, non è vero!” rispose lui. Kazeshi arrossì e guardò di soppiatto verso Wanda, ma la rossa come al solito quando si presentavano simili allusioni faceva finta di non aver sentito, atteggiamento che lui non riusciva a interpretare.
“Penso soltanto che se il malcontento è tale da generarsi anche in uno dei Mondi più prossimi a GranCastello, significa che la situazione potrebbe essere più grave del previsto.”
Axius, che più che prendere il sole sostava nella poca ombra concessa da una curvatura nella siepe, intervenne serafico: “Non necessariamente, io ne ricavo un’interpretazione diversa. Quando qualcosa di questo genere accade nei Mondi più lontani, è molto probabile sia a causa di influenze esterne, ma nel piccolo circolo di Mondi affini all’Ordine, è abbastanza naturale si creino gruppi di dissenso e ogni tanto qualche tafferuglio. È più frequente di quanto possiate pensare.”
“È come dice Ax” sbadigliò Lutum. “Siamo ragazzi di Radiant Garden, sappiamo come vanno le cose lì. Non tutti sono pronti a prostrarsi e venerare i Custodi.”
“Che strano.” Commentò Wanda, ma non specificò cosa esattamente trovasse bizzarro.
Rimasero sdraiati lì per un po’, a fissare le nuvole immersi nei propri pensieri. Ad un tratto, Kazeshi si mise in posizione seduta (non poteva alzarsi in piedi, o li avrebbero scoperti) e disse: “Penso sia arrivato il momento di fare qualcosa di produttivo.”
La risposta della sorella non tardò ad arrivare. “Ti pareva. Mi sembrava fin troppo strano che ti lasciassi andare così facilmente all’ozio, specie durante l’orario di lavoro.”
“Non avrai più tanta voglia di fare del sarcasmo, una volta saputo cos’ho in mente” Kazeshi se li guardò tutti, e dopo una breve pausa ad effetto continuò: “Perché non una pura e semplice prova di combattimento? Tra noi, s’intende.”
A riconferma delle sue parole Mizumi restò basita come gli altri. “Davvero? Vuoi combattere? Tu?”
“Non è che muoia dalla voglia, ma lo scontro è un’eventualità alla quale non potremo sempre sottrarci. Tanto vale trattarlo come un’ennesima materia di studio, e prepararci al meglio.”
“Ma siamo cinque, un numero dispari.” Obiettò Wanda.
“Forse ho la soluzione,” disse Lutum. “Ax?”
“Passo, ma voi malmenatevi pure.”
“Perfetto, problema risolto.”
Dopo un lungo periodo di inattività Mizumi non doveva certo farsi pregare per menare un po’ le mani, ma era pensierosa. “Mh… ma non corriamo il rischio di cacciarci nei guai?”
“Ti delizierà sapere che se si combatte nelle sale adibite e si evita di provare seriamente a rompere le ossa a qualcuno, nessuno ti porterà più nella Stanza. Potremmo addirittura farla passare come attività sostitutiva alla missione che avremmo dovuto svolgere!”
“Va bene professore, mi hai convinto. Un piano niente male…”
“…che purtroppo mi vedo costretta a bocciare. Quindi eravate qui, ragazzi.”
Da un’estremità della siepe comparvero un paio di occhi blu mare contornati da un casco di capelli ramati.
“Mamma!”
“Maestra Kairi!”
“In persona. Non una brutta idea la tua Kaze, ma avreste dovuto attuarla prima di decidere di piantare in asso i vostri incarichi e venirvi a fare un bel riposino. I Moguri non sono istruiti per fermarvi con la forza, ma non pensiate non prendono nota di tutto quanto per poi riferirlo a chi di dovere.”
Kazeshi arrossì, ma Mizumi aveva capito dal tono che la madre non era veramente arrabbiata con loro. “Come ci hai trovati? Non dirmi che percepite anche intenzioni così leggere come l’evitare il lavoro!”
“Tesoro, non dire mai che Custodi che evitano i propri doveri sono un qualcosa di ‘leggero’, specialmente se la Maestra Aqua è a portata d’orecchio. No, diciamo soltanto che ho sempre avuto un sesto senso nel localizzare chi batte la fiacca, e ho una certa esperienza in materia di posti in cui nascondersi. Con vostro padre, noi… ehm, una storia per un’altra volta. Ma non è solo per questo che devo dirvi di posticipare il vostro scontro: siete stati convocati.”
“Convocati? Dove?”
Kairi rivolse loro uno strano, enigmatico sorriso. “Alla Torre Meridionale, al piano più alto. Meglio sbrigarsi: Yen Sid è molto anziano, e non è bene farlo aspettare.”

Se la Sala della Magia, nonostante il nome e gli effetti peculiari, era più che altro un luogo di pratica per principianti, la Torre Meridionale era dove la vera magia veniva studiata ed analizzata. Salendo per i vari piani si potevano trovare veri e propri laboratori e centri di studio che, usando metodi diversi, si prefiggevano lo stesso obiettivo: tentare di catalogare quanto più fosse possibile riguardo le arti arcane.
L’intera struttura era così pregna di etere che non era stato possibile installare pannelli di teletrasporto, e salvo capacità personali la lunga scalinata a chiocciola era l’unico modo di spostarsi nella torre.
“Adoro.” Fece Mizumi.
“Cos- ah, i panelli. Un giorno dovrà pur passarti questa tua fobia.”
“Fammi capire, Mizu: i Portali e le Gummiship sì, ma i pannelli no?”
“Non mi piace la sensazione che danno… è strana. Le mie gambe vanno benissimo per muovermi all’interno del castello.”
“E se le tue gambe smettessero di funzionare cosa, passeresti direttamente agli scivoli?”
Superarono una stanza dove vi era solo un enorme globo di ghiaccio e numerosi maghi ad osservarlo silenziosamente, come fossero immersi in una trance: Kazeshi e Axius riconobbero la famosa meditazione ascetica che alcuni praticavano per avvicinarsi il più possibile ad un dato elemento magico.
Non sapendo bene se fossero effettivamente in grado di udirli, sussurrarono per non disturbare. “Incredibile… una veglia di riflessione costante: si dice che una volta raggiunta la comunione con l’elemento magico, bastino le energie del medesimo a mantenerti in forze per il resto dell’esercizio.”
Mizumi sbuffò piano. “Bah. A me sembra soltanto un mettersi volutamente a digiuno per chissà quanto tempo così che inizi a sentire le voci nella testa dalla disperazione e ti autoconvinci che gli spiriti stanno comunicando con te. E non parliamo nemmeno di quanto tutto questo rispedirebbe indietro il tuo addestramento fisico.”
“Concordo che nemmeno io morirei dalla voglia. E mangiare è importante.” Sentenziò Lutum. Wanda aveva direttamente distolto lo sguardo e fissava fuori da una delle finestre mentre continuavano a salire.
“Immagino che ogni mago o Custode abbia i propri metodi per addestrarsi. Riesco a pensare anche a certi Maestri di nostra conoscenza che non si sono certamente sottoposti ad un tale rito.” Concedette Axius.
Giunsero finalmente all’ultimo piano, lo studio dello stregone. Davanti alla porta chiusa trovarono uno zelante attendente, più o meno sulla trentina, che distogliendo lo sguardo dalle pagine di un libro li accolse col sorriso più artificiale e di circostanza che potesse esibire, e indicò loro una panca di legno addossata al muro.
“Attendete lì, prego. Verrete chiamati uno alla volta.”
“Ma chiamati per cosa, di preciso? Mia madre non ci ha detto niente.”
L’espressione dell’attendente si incrinò lievemente: “Il Maestro Yen Sid ha i suoi motivi, e se non vi sono ancora chiari è perché ve li esporrà lui stesso a tempo debito… sempre se riterrà necessario farlo, chiaramente. Potrebbe anche aver deciso che non rivelarvi sempre tutto quanto possa essere un buon modo di forgiare carattere,” concluse con tono sprezzante.
Mizumi non ebbe bisogno delle gomitate dei suoi amici: era ovvio il tipo era un altro di quelli che li reputavano solo dei figli d’arte e godeva nel provocarli, forse sperando addirittura di revocare loro quello che Yen Sid aveva in mente qualora la situazione fosse precipitata. La ragazza non raccolse la sfida e si sedette senza dire altro.
Il segretario non nascose il suo disappunto, ma i minuti passavano ed era tenuto a rispettare i suoi incarichi. Aprì la porta dietro di sé e fece un cenno a Wanda: “Entra tu per prima.”
La rossa salutò amichevolmente gli altri e passando disse velocemente all’attendente: “Sai, Yen Sid non ama essere chiamato ‘Maestro’.”
Chiuse la porta lasciando l’uomo esterrefatto e indispettito, mentre Mizumi e gli altri ridacchiavano sotto i baffi. Questi pensò se dire loro qualcosa, ma proprio in quel momento Lutum scrocchiò le nocche e lo fissò con un’espressione eloquente, quindi l’attendente tornò bofonchiando sul suo libro.
I minuti passarono lentamente, e dalla pesante porta di legno non trasparivano che dei vaghi sussurri: non vi era modo di anche solo capire di cosa Wanda e Yen Sid stessero discutendo.
“Quindi entreremo uno alla volta? Magnifico, quindi qualunque sia il tempo che ci impiegherà Wanda potrebbe protrarsi fino a cinque volte tanto.”
“Sarà probabilmente peggio per l’ultimo tra noi, che ad un certo punto si ritroverà da solo.” Disse Axius.
Lutum lo guardò incuriosito. “Perché? Wanda uscirà con tutta probabilità da dove è entrata, nulla le vieta di rimanere e farci compagnia.”
“Chiamala intuizione. Una chiacchierata a tu per tu con Yen Sid non dev’essere qualcosa di superficiale, e potrebbe portare a conseguenze anche immediate.”
Le sue parole si rivelarono veritiere. Quando Wanda finalmente uscì, si limitò a sorridere loro e scendere le scale: Kazeshi fu chiamato dopo di lei. Rimasero Axius, Mizumi e Lutum, che non si ritrovavano da soli fin dalla loro illecita esplorazione. A Mizumi sembrava avvenuta un sacco di tempo fa.
Lutum disse: “Non pensate che ci stiano chiamando in ordine di buona condotta, vero?”
“Eh? Come ti è uscita questa?”
“Niente, pensavo… niente.”
“Secondo me l’unica cosa a cui devi pensare è a rilassarti di più. Non hai un bersaglio dipinto sulla schiena.”
Che Lutum avesse ragione o meno, fu Axius a dare il cambio a Kazeshi. Mizumi scoccò uno sguardo interrogativo al fratello, ma lui si limitò a scrollare la testa e mormorare “Ci vediamo dopo” prima di prendere le scale. Mizumi e Lutum sedevano sulla panca, e la prima iniziò a valutare se la teoria di Lutum non avesse qualche fondamento.
“Nell’improbabile caso sia come dici tu…”
“Mh?”
“Non conta come sconfitta se mi chiamano per ultima.”
“Ah. Sì. Okay.”
Axius concluse il suo colloquio e l’indice dell’attendente si mosse verso Lutum. Il ragazzo inspirò a fondo e varcò la soglia quasi si stesse immergendo in acqua ghiacciata. Axius guardò Mizumi, poi guardò le scale, poi di nuovo Mizumi. Lei annuì e lo lasciò andare: non si aspettava agisse diversamente, a quel punto.
Rimase solo lei, senza contare la muta compagnia dell’attendente ancora preso dal suo libro. Cercò di non pensare troppo a cosa la aspettava, o si sarebbe fatta influenzare dalle sue paure.
Uscì infine anche Lutum, e a giudicare dall’aspetto non sembrava avesse ricevuto qualche terribile notizia, anzi sembrava addirittura galvanizzato. Mizumi non attese nemmeno di essere nominata e spinse la porta per entrare.

Lo studio era una saletta circolare piena zeppa di libri e pergamene posti su degli scaffali, così tanti che l’unica variante nel mobilio era una scrivania corredata di una sedia per lato. Chino su di essa il vecchio stregone scrutava intensamente un foglio con alcuni frettolosi scarabocchi sopra, forse gli appunti delle precedenti interviste.
“Mizumi. Prego.”
La ragazza prese posto sulla sedia libera e Yen Sid smise di fissare il foglio per concentrarsi su di lei, intrecciando le mani. Rimasero in silenzio per qualche istante, poi l’anziano mago incominciò:
“Ne sono successe di cose dal nostro ultimo incontro.”
Il suo tono era gentile, senza però sminuire la serietà degli avvenimenti passati. Mizumi sbuffò: “Un eufemismo a dir poco. Temo di non essere troppo diversa dal cadetto impertinente che avete redarguito nella Stan- alla camera disciplinare.”
“Oh? Quindi non ritieni più di dover aggirare regole e ammonimenti per ottenere la gloria che reputi ti spetti di diritto? In tal caso il tuo sentirti uguale a come eri prima non fa altro che dimostrare i progressi che hai fatto.”
Mizumi non capì bene se stava venendo davvero complimentata, quindi decise di non controbattere e lasciar proseguire Yen Sid.
Interpretando correttamente il suo silenzio, questi disse: “Sì, direi abbiamo altro di cui parlare. Confesso che volevo prima sincerarmi che tu ti fossi ripresa, ma vedendoti non penso di poterti confortare meglio di quanto abbiano già fatto i tuoi amici e la tua famiglia. Vedrò di fornirti un tipo di aiuto diverso.”
“E di certo non ha mandato a chiamare tutti noi solo per discutere della mia… del mio fallimento in missione.”
“Sì… e no. Vedi Mizumi, tu e i tuoi compagni imparerete ben presto che tutto è collegato. Bada bene, questo non deve diventare un pretesto per cercare un significato o un messaggio segreto dietro ogni cosa, ma allo stesso tempo non devi lasciare che un singolo evento significativo, positivo o negativo che sia, diventi il centro di tutto facendoti dimenticare il resto.”
Nonostante non insegnasse più di persona, Mizumi constatò che possedeva ancora una propensione ai sermoni e gli ammonimenti. L’ex-Maestro si lisciò la lunga barba bianca prima di continuare.
“Il vostro Esame per diventare Cavalieri, concessovi per riconoscimento delle vostre capacità e in alcuni casi per amore e orgoglio genitoriale. All’epoca nessuno di noi pensava ci potesse essere qualcosa dietro, ma i preparativi per la vostra valutazione coincidono con quando l’Ordine ha iniziato ad osservare attività sospette nell’Oscurità. Vi abbiamo poi mandato in missione, un modo per abituarvi gradualmente a muovervi nel mondo esterno e stimolare la vostra crescita personale, e vi siete imbattuti in un accolito di questa nuova congrega oscura: se non fosse stato per le precauzioni di tuo padre, che vi ha messo Vanitas alle calcagna, sareste potuti uscire molto male da quell’incontro.
“Dopo un simile evento, non siete praticamente mai rimasti soli. Mentre il Consiglio indagava sul da farsi voi vi addestravate sotto lo sguardo vigile di Paperino, Pippo o Topolino, in modo da tenervi sotto controllo mentre vi impartivano insegnamenti utili per difendervi. Non reputavamo ci fosse bisogno d’altro. E poi siete andati nuovamente in missione. Missioni assai più importanti, compiti di natura e pericolosità variabili. Ti confesso, come ho d’altronde detto a Kazeshi e gli altri, che stavamo testando le acque.”
“Testando le acque, signore?”
“Nemmeno alcuni Maestri lo ammetterebbero mai, ma nonostante i nostri sforzi ed il potere che governiamo la nostra mancanza di informazioni era lampante. Dovevamo capire meglio che cosa accadeva, cosa spingeva il nostro nemico a colpire e quali forme poteva assumere.”
In altre circostanze Mizumi sarebbe stata estasiata di ricevere informazioni in maniera così esplicita, ma era stata colta da una brutta sensazione. “In pratica eravamo cavie?”
Yen Sid scosse la testa con fermezza. “No, non cavie: tuo fratello e Lutum erano sotto la tutela di Ventus, Wanda e Axius avevano la missione meno rischiosa ed in compagnia di Deisa, e stai certa che nonostante le apparenze è più che in grado di garantire la loro incolumità, e tu e Zane eravate seguiti da un Cavaliere di grande competenza e con capacità adatte a varie situazioni… o così pensavamo. Vi credevamo al sicuro, ma è evidente ci sbagliavamo. Ti chiedo di perdonarci.”
Il vecchio chinò il capo, e Mizumi capì che erano scuse sincere e che si rammaricava davvero del triste esito.
“Va bene, dico davvero: non potevate prevederlo.” Ma quegli ultimi scambi nella conversazione fecero riaffiorare nella mente della ragazza alcune parole, provenienti da un volto che non voleva ricordare: “…più o meno chiunque ha la sua scorta di segreti e lo sanno grossomodo tutti, ma bisogna mantenere un’illusione di reciproca fiducia. […] Le alte sfere hanno fiducia che voi facciate del vostro meglio, e le nuove leve si fidano della guida dei loro superiori.”
Scacciò in fretta quei pensieri e domandò a Yen Sid: “Ma continuo a non capire qual è il punto allora. Sembrate suggerire che i nostri movimenti e quelli dei traditori siano collegati? Che vadano dove andiamo noi?”
Questi si passò nuovamente una mano sulla barba mentre formulava la risposta. “No, non un legame così profondo: Axius e Wanda non hanno incontrato pericoli di sorta nella loro escursione, e anche la presenza di Lutum e Kazeshi non sembrava pianificata nell’insurrezione di Gerey. Ma il nemico è astuto, è stato capace di leggere le nostre mosse e intercettarci come pochi altri, e se ha realizzato sia la vostra inesperienza sia il vostro legame di sangue con alcuni elementi chiave dell’Ordine… beh, vi vedrebbe come un’opportunità per infliggere ulteriore sofferenza, e vi darebbe la caccia. E questo potrebbe essere un problema.”
“Insomma, siamo l’anello debole dell’Ordine.”
“Questo è ciò che vorrebbero indurti a pensare. Che non hai posto. Che non hai valore. Che il tuo commettere errori e avere debolezze è praticamente imperdonabile. Mi pare qualcuno ti abbia apostrofato in modo simile, quell’infausto giorno. Dimmi, ritieni che avesse ragione?”
Ora Mizumi non poteva evitare di vedere il volto spettrale di Cyde -di Osmer- volteggiarle davanti agli occhi, la bocca aperta in una risata derisoria. Il suo corpo fu scosso da tremiti, ma si sorprese nello scoprire che c’era una considerevole parte di rabbia e non di paura, a provocare i sussulti.
“No,” mormorò, stringendo i pugni. “Si sbagliava. E ha commesso un grave errore a sottovalutarmi.”
Yen Sid annuì, sorridendo per la prima volta dall’inizio della conversazione. “Noi la pensiamo allo stesso modo. E adesso, arriviamo finalmente alla vera ragione della tua presenza qui. Ti piacerebbe fare un viaggio?”
Non era la piega che Mizumi si aspettava prendesse il discorso. “Come, signore?”
“Tutta questa discussione è avvenuta per cercare di farti capire che GranCastello potrebbe non essere sempre il luogo più sicuro, a meno di non volerti letteralmente incatenare alla Prima Pietra della Luce senza muoverti di un passo. E anche senza ricorrere a simili estremismi e offrendoti un ragionevole livello di protezione, c’è un limite a quanto potresti imparare rimanendo confinata qui: un Custode del Keyblade deve vedere il mondo, conoscere le persone, accumulare esperienze di ogni tipo. Tuo padre e gran parte del suo entourage sono partiti all’avventura svariate volte per questo o quel motivo, e forse è il momento di riesumare le vecchie pratiche. Bada bene che non ti sto dicendo di fare una o due missioni, ma di prefiggerti un obiettivo anche a lungo termine per ampliare i tuoi orizzonti. Dimmi, c’è qualcosa che ti piacerebbe fare? Una branca da approfondire, o qualcuno sotto cui imparare?”
Mizumi si prese del tempo per riflettere. Era ovvio la stessa proposta era stata fatta agli altri, ma decise di non chiedere a Yen Sid cosa avessero scelto: non voleva farsi influenzare. Quella doveva essere la sua idea, basata su ciò che lei sentiva di voler fare.
Pensò al suo primo addestramento, all’Accademia. Pensò alle lezioni speciali seguite a GranCastello. Ai suoi punti di forza e di debolezza, alla sua fobia degli Heartless. E agli insuccessi della missione ai Caraibi dovuta alla sua inadeguatezza e mancanza di giudizio.
“Signore.”
“Sì, dimmi.” Il mago era rimasto in silenzio, senza metterle alcuna fretta.
“Ecco signore, io non penso di volermi specializzare in qualcosa, lo vedrei più come un limitarmi. So bene che ci sono qualità per le quali sono più portata, ma se c’è una cosa che ho sempre voluto fare è essere un Custode del Keyblade, con tutto ciò che questo comporta. Pur tuttavia,” proseguì, prendendo fiato, “mi rendo conto che più di ogni altra cosa in me manca una sorta di… fermezza? Fermezza nelle decisioni e nel comportamento, e quindi è su ciò che vorrei concentrarmi.”
Ennesima lisciata di barba, mentre Yen Sid ponderava la richiesta. “Un’esposizione concisa e dritta al punto, che nasconde un desiderio assai ambizioso. Vuoi il potere. Vuoi la saggezza. E vuoi l’abilità di sfruttare bene le due. Molti sbufferebbero di fronte a ciò che hai esposto, ma hai parlato con sincerità e quindi è in queste parole che troveremo la risposta.”
Tacque di nuovo. Mizumi non poté evitare di paragonarsi nuovamente agli altri e chiedersi se non era nello studio da molto più tempo di loro.
“Dici bene nel trovarti insoddisfatta per non aver acquisito certe caratteristiche, nonostante il tuo impegno nell’addestramento sia noto a tutti. Forse i metodi che usiamo qui non fanno per te. In tal caso, che ne diresti di visitare i nostri distanti alleati? Ti piacerebbe visitare l’Emisfero Orientale?”
“L’Emisfero Orientale! È… effettivamente molto lontano.” riconobbe la ragazza.
“Sì, non riesco a immaginare che Sora e Kairi prenderanno la notizia di buon grado, e in generale si tratta di un cambiamento culturale non indifferente. Ma a te l’idea interessa?”
Visitare la terra natale della Maestra Hokori, e di Wanda. Una landa piena di formidabili guerrieri, con tradizioni e metodi ancora in parte avvolti nel mistero… si vociferava che l’Emisfero fosse in proporzione assai più vasto dei Mondi della controparte occidentale. Solo voci, che lei avrebbe potuto constatare di persona.
“Sì, direi che è esattamente ciò che cercavo. La ringrazio, signore. Maestro.”
Mizumi ringraziò la saggia guida, che ricambiò con un cenno del capo, e ottenuto congedo si diresse verso l’uscita per comunicare la notizia agli altri.

“Nell’Emisfero Orientale?”
La famiglia era riunita a cena nei loro alloggi. Le lanterne realizzate secondo lo stile delle Isole accentuavano l’atmosfera di ritrovarsi ancora a casa, sensazione che Kairi aveva scoperto sarebbe durata ancora per poco. “È un gran bel viaggio.”
“Yen Sid dice che un’esperienza simile mi farà crescere su tutti i fronti.”
“Beh, se ne sei convinta, non può farti che bene. Ricorda di chiedere a Wanda tutto quello che pensi possa servirti durante la tua permanenza lì.” Batté un colpetto affettuoso sul braccio di Kazeshi. “E tu dove vai di bello?”
Il ragazzo aveva lo stesso sguardo incredulo di quando era uscito dallo studio, ma conoscendo la sua destinazione Mizumi non si sentiva di biasimarlo.
“Nel Reame del Sogno.”
Probabilmente i loro genitori si aspettavano che la notizia di Mizumi fosse il piatto forte della serata, ma si dovettero ricredere. Kairi inarcò un sopracciglio sorpresa, e anche Sora smise di divorare la pietanza sul suo piatto. Per un poco.
“Chiaramente seguirò i percorsi più sicuri, dove il flusso del tempo è simile al nostro” si giustificò Kazeshi. “Avrò la compagnia di altri Custodi a guidarmi, in modo da non commetter passi falsi e- ma non devo spiegare queste cose a voi fra tutti.”
“Certamente. È solo che ci aspettavamo… come dire… hai sempre voluto esplorare la natura, e non hai mai avuto troppa simpatia per situazioni troppo fuori dall’ordinario.”
Per un momento sembrò che Kazeshi condividesse i timori della madre, ma poi disse con risolutezza: “È come per Mizumi e gli altri. In questi casi è meglio uscire fuori dalla propria area di conforto e mettersi alla prova. Ci sarà tempo per dedicarci a cosa ci piace di più in futuro.”
“Giusto, gli altri. Sapete che mete hanno scelto?” chiese Sora.
“Lutum  seguirà il Maestro Riku ai Campi di Battaglia.” Mizumi ancora stentava a credere all’incredibile fortuna sfacciata dell’amico. “Se avessi saputo che tutto era sul tavolo delle discussioni, avrei risposto in modo diverso assai.”
Kazeshi la rimbeccò: “Penso sia un bene allora che Yen Sid ti abbia tenuto nascosto ciò, in modo da farti rispondere onestamente. Secondo me stiamo andando tutti nel luogo giusto.”
“Ma sul fronte di vere battaglie potrei imparare ad affrontare meglio gli Heartless!”
“Oh, per piacere, gli Heartless li puoi affrontare ovunque. È la compagnia che ti intriga… e non nascondo che sono sollevato al pensiero che il Maestro Riku riuscirà a svolgere i suoi incarichi senza la sua fan numero uno a seguirlo come un’ombra.”
Pur divertita, Kairi evitò di far deragliare la discussione. “Axius?”
“Fa una roba strana.” Disse Mizumi.
“Effettuerà il Cammino del Mistico” rispose Kazeshi, facendo una smorfia rispetto la scelta di termini della sorella. “Il peregrinaggio magico per eccellenza, dove si visitano i principali luoghi di potere magico e si impara sul campo. Dovresti conoscerlo, era materiale di studio all’Accademia.”
“Pfft! Tu avrai pure studiato tutte quelle cose… eeee anche io, ovviamente,” si corresse Mizumi, percependo già lo sguardo della madre inasprirsi. “Ma rimane un concetto che fatico a capire. Si viaggia di luogo in luogo sì, ma sotto un severo itinerario e con rigide regole. Il tutto in un costante studio monitorato da barbosi -in ogni senso- maghi. Per me sarebbe una punizione più che un’opportunità, ma a ciascuno il suo. Tu non l’avrai fatto mica, vero papà?”
Sora finì di mangiare e intrecciò le mani dietro la testa. “Io no… vostra madre nemmeno… ehm, il fatto è che il Cammino del Mistico è un’idea che è venuta in mente ad Aqua come prova definitiva nell’unificare i vari tipi di magie e conoscenze arcane disseminate nel cosmo, e anche lei nei giorni buoni ammette di essersi lasciata prendere la mano e aver messo su una pratica piuttosto… estrema. Ma ormai il progetto aveva ottenuto popolarità fra piccoli gruppi di individui, e non era più possibile smantellarlo o modificarlo.”
Kairi si voltò verso di lui: “Mi ricordo Vanitas le disse… aspetta, come erano le parole esatte? Ah sì: che era una tortura per fanatici mascherata da viaggio di lavoro, e che Aqua era diventata la seconda donna più sadica che conoscesse.”
Sora rise. “Se non ricordo male una volta Aqua provò a convincere Riku a tentare e dare il buon esempio. …non gli ho mai chiesto se infine l’avesse fatto.”
“Per concludere, Wanda ha fatto richiesta di prestare servizio a Radiant Garden.” Aggiunse Kazeshi.
“Oh, che dolce! Vorrà vedere il mondo dove è cresciuto suo padre.”
“Un’altra richiesta strana. Che ci sarà mai a Radiant Garden…”
“Mizu. Tua madre è di Radiant Garden.”
“Non ho detto non ci siano nate persone in gamba, ho detto che il posto è una noia.”
“Non giudicare solo dalle apparenze. Ovviamente non passerà tutto il tempo lì, se è stazionata a Radiant Garden Wanda continuerà a ricevere ordini e direttive da GranCastello… sarà l’unica tra voi, a pensarci bene.”
Le chiacchiere in famiglia continuarono un altro po’, finché Sora non mandò i figli a riposare in vista dei preparativi per la loro partenza. Rimasti soli, moglie e marito finirono di sparecchiare e si rilassarono sulla loro modesta veranda, che dava sul resto della città. GranCastello non dormiva mai, e le luci della cittadella sembravano eguagliare le stelle nel cielo notturno. Eccetto i Distretti Ombra, ma il Gran Maestro scacciò via il pensiero e sospirò.
Identificando la causa, Kairi disse: “Sarà dura senza i ragazzi, iniziavo giusto a riabituarmi al chiasso. Non riesco a credere sia già passato un anno.”
“E che anno. Pensavo che le adolescenze più devastanti le avessimo vissute noi.”
“Le abbiamo vissute noi. Riku ha ragione a dire che esageriamo nel volerli proteggere costantemente: preoccuparsi è normale, ma a volte sembra che ci dimentichiamo di quante ne abbiamo passate noi da ragazzi. Ciò che abbiamo fatto noi loro sapranno fare anche meglio.”
Sora annuì. “Hai reso questo concetto abbondantemente chiaro quando hai proposto di mandarli in missioni separate: la loro crescita e la capacità di Mizu di riprendersi hanno sorpreso tutti. Ideare questi viaggi è stato solo il passo successivo.”
“A proposito, Yen Sid ha contattato anche te finiti i colloqui, vero?”
“Sì, sapevo delle scelte di Kaze e Mizu prima che ce lo dicessero loro. L’Emisfero Orientale… sarà una bella esperienza.”
Tacquero per un momento. Kairi riprese: “Sei preoccupato per il futuro?”
“Chiaramente sono in ansia per tutti e due, ma come hai detto è giusto dar loro fiducia.”
“Non è solo ai ragazzi che mi riferivo. Abbiamo parlato spesso del precipitare della situazione in questi mesi, ma sempre a delle riunioni e mai… a tu per tu. Sora… è stato ingiusto da parte di Vanitas aggredirti in quel modo, ma aveva ragione sull’identità dei traditori. E questo significa che a tornare non è stato solo Osmer, ma anche Ren. E Isa.”
Sora inspirò a fondo. “Da ragazzo pensavo che la cosa più difficile fosse perdonare chi aveva sbagliato, o convincerlo di ciò. Riku, Xehanort, gli altri Nessuno: avevano i loro scopi e riuscivano a ferirti se lo volevano, ma sembrava sempre così chiaro cosa andava fatto, nel bene o nel male. Ma quando ho incrociato gli sguardi con Ren e gli altri, quando la situazione era diventata irreparabile, e vi ho letto il loro sdegno… ho compreso come ci si sentiva a stare dall’altra parte. Essere traditi fa male, ma vedere le altre persone sentirsi tradite da ciò che rappresenti è mille volte peggio.”
Lei gli mise una mano sulla spalla per confortarlo. “Molte persone non si fermano nemmeno a considerare l’effetto che hanno sugli altri. Che tu lo percepisca in modo così acuto ti fa onore.”
“Può darsi, ma renderà più facile fare ciò che va fatto?”
Silenzio. Poi Kairi aggiunse: “Dubito sia possibile. Ma ci faremo trovare pronti.”

Seguirono giornate frementi di preparativi, nervosismo e infinita raccomandazione genitoriale. A fremere erano anche i ragazzi, di trepidazione mista ad ansia.
“E allora! Siamo abituati a vedere posti nuovi e cambiare luogo in cui viviamo, no? Piantatela con tutta questa indecisione, o crederanno che abbiamo dei ripensamenti!” disse Lutum una volta, mentre portava il suo Keyblade di legno dalla parete alla valigia per la quarta volta quella mattina.
Perfino Wanda, che prendeva tutto come veniva e sembrava sempre pronta all’avventura, era più silenziosa del solito. E lei aveva letteralmente cambiato emisfero, pensò Mizumi. Sarebbe successo così anche a lei?
“Ok cambiare luogo, ma qua stiamo letteralmente barattando il luogo al quale tutti sapevamo saremmo finiti con l’ignoto.” Razionalizzò Axius. “Addirittura Kazeshi finirà dentro i sogni: non nascondo una certa invidia, ma allo stesso tempo non so se sarei pronto a gettarmici a capofitto.”
“Stai attento, Katsy.” Disse Wanda con aria solenne.
“Oh, io… sì, certo. Beh, qualunque cosa incontrerò, probabilmente non mi sottoporrà alle domande trabocchetto del Maestro Paperino, no?” tentò di scherzare Kazeshi. La verità era che la causa del loro disagio era dovuta soprattutto alla consapevolezza che non si sarebbero rivisti per un bel pezzo, salvo casi eccezionali. Quando l’aveva realizzato Mizumi ne era rimasta sorpresa: sapeva che non vedere più il fratello sarebbe stata dura, ma non aveva realizzato come anche Lutum, Wanda e perfino Axius fossero diventati parte del suo mondo. Tutti lo avevano realizzato, ma nessuno si prendeva il coraggio di dirlo apertamente ogni qualvolta si incontravano. Anche quella volta il momento passò e i cinque tornarono ai preparativi.
E venne infine il giorno della partenza. Alle piazzole adibite per l’apertura dei portali si era radunata una piccola folla, con le varie famiglie a salutare i rispettivi pargoli.
“Comportati bene. I Campi di Battaglia non sono una festa o un torneo, non sfidare nessuno a duello. Sii d’aiuto al Maestro Riku. Sii sempre vigile e attento a ciò che ti circonda.”
Lutum annuiva meccanicamente senza protestare: sapeva che sua madre aveva bisogno di sfogarsi in quel modo, e forse serviva anche a lui. Quando Aqua ebbe finito si avvicinò Terra, che però rimase a lungo in silenzio.
“Comportati bene.” Disse infine, poggiando una mano sulla spalla del figlio con espressione seria. Lutum annuì di nuovo, ma era chiaro dalla luce nei suoi occhi che vi era stata una conversazione tra lui e il padre che andava oltre le parole espresse.
Naminé e Axius sostavano vicino al portale, e nemmeno quell’occasione sembrava rompere la loro quieta comunicazione. Oppure si erano già detti tutto quello che dovevano la sera prima. Quasi a voler compensare ciò, Wanda e Lea non facevano che abbracciarsi.
“Hokori ti aspetta dall’altra parte, mi auguro tu sopravviva. E no, non mi riferisco al viaggio.” Disse questi a Mizumi, dopo essersi separato dalla figlia.
“Salutami mamma!”
“Ehm, certamente.”
Anche Kairi e Sora terminarono i commiati coi figli. Il Gran Maestro rimase ancora di fronte a loro, apparentemente temporeggiando mentre cercava di dire qualcosa.
“Mi spiace di non avervi… se la vostra…” incominciò goffamente. Si fece forza, prese un bel respiro e disse: “Perdonatemi se non tutto è andato come previsto.”
I gemelli si guardarono l’un l’altra, poi restituirono gli sguardi al padre sorridendo.
“Non è stata colpa tua. O di nessun altro qui presente, e di nessuno che- mi sto incartando. Tocca a te.”
“Come al solito.” Mizumi finse di sbuffare. “Non ti preoccupare papà: sarei andata via comunque, prima o poi. La vita quieta di castello non fa per me, e mi è risultato abbastanza evidente voi non siete del parere che debba essere meno quieta. Le cose cambieranno quando sarò Gran Maestra, ma fino ad allora delizierò i nostri vicini Orientali con la mia presenza.”
Intervenne Lutum: “Ehi ehi, chi ti dice sarai tu Gran Maestra?”
“Pfft. Perché mi piacerebbe vedere in carica qualcuno con abbastanza sale in zucca da saper mandare avanti la baracca.”
“Oh, non sapevo che tu mi volessi candidare così disperatamente, ma farò del mio meglio Mizu.” Fece Kazeshi.
“Magari invece toccherà a me, la prima ad aver capitanato una squadra! Che dicono i miei sottoposti?” domandò Wanda. Lutum, Kazeshi e Mizumi si scambiarono sguardi atterriti.
“Guarda, se proprio dovesse toccare a te Kaze, non me ne lamenterei.”
“E volendo ammortizzare i danni Mizumi non sarebbe poi così male, in fin dei conti.”
“Tutto sommato Lutum potrebbe dare il meglio di sé, se venisse ben consigliato.”
“Ehi! Che significano questi commenti?”
Axius dedicò ai quattro un ultimo sguardo vacuo di commiato, poi guardò i Moguri che avevano azionato i portali da un bel po’. “Penso sia ora di andare.”
I cinque salutarono per l’ennesima volta i genitori, poi si radunarono direttamente davanti ai coni di luce. Sarebbero stati lontani molto tempo, anni sicuramente, ciascuno occupato col proprio regime di studio e addestramento, rifletterono Kazeshi e Mizumi. E constatando quanto bene si erano trovati assieme dopo solo qualche mese, la prospettiva di perdere o danneggiare ciò che avevano ottenuto li spaventava.
Che Wanda condividesse quei pensieri o meno, si limitò a sorridere e varcare il portale per Radiant Garden.
“Oh beh.” Fu tutto ciò che aggiunse Axius, procedendo verso l’apertura che l’avrebbe condotto alla sua prima tappa.
Lutum mise le mani sui fianchi, accigliato dall’anti-conformismo dei suoi compagni come al solito. “La spensieratezza di una che tanto rimarrà qui -ah ma che dico, si comporterebbe così anche dovesse andare nel Regno dell’Oscurità- e l’ermetismo di Ax. Buona fortuna ai suoi esaminatori nel cavargli qualcosa.” Si voltò verso i gemelli, e sembrò voler dire qualcosa di specifico a Mizumi, ma poi in una maniera che ricordava suo padre Terra si limitò a: “In bocca al lupo ragazzi. Ci si rivede.” E prese la via per i Campi di Battaglia, dove avrebbe trovato veri scontri e avversità di ogni tipo ad attenderlo.

Kazeshi e Mizumi erano rimasti praticamente inseparabili sin dalla nascita. Erano cresciuti assieme sulle Isole, avevano studiato all’Accademia, si erano avventurati nel loro inizio di carriera da Custodi a GranCastello. E per la prima volta avrebbero affrontato il successivo cambiamento radicale di stile di vita da soli. C’erano stati momenti in cui avevano anelato ad ottenere più individualità, ma non si aspettavano sarebbe venuta sul serio e non così all’improvviso. Formulare quello che stavano provando era assai più difficile che salutare amici o parenti.
“Mizu?”
“Mh?”
“Fa’ vedere i sorci verdi a tutti i Custodi laggiù.”
“Mi stai dando un compito arduo: loro hanno conosciuto Wanda. …e tu, vedi di perdere la testa per ogni assurdità vedrai lì nei sogni. Voglio tante foto al tuo ritorno.”
Fratello e sorella si abbracciarono, e senza guardarsi indietro si immersero nella luce accecante dei portali.

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