The Woman Who Fell to Earth

di SwanShine
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La donna piovuta dal cielo ***
Capitolo 2: *** Latte Cattivo ***



Capitolo 1
*** La donna piovuta dal cielo ***


La sveglia suonò le ore 07:00 del mattino, Rooney Smith bloccò il suo scampanellare odioso e irrefrenabile spiaccicandovi pesantemente una mano sopra, mormorando strani versi con lo stesso fare di chi non ha voglia di alzarsi e lasciare il letto.

E, sinceramente, la nostra giovane amica non ne aveva completamente voglia. 

Tuttavia, se non si fosse data una mossa, si sarebbe trovata sua madre farle una lavata di capo mattutina. 

Dunque rotolò su un fianco scivolando poi fuori dal letto, con ciocche di capelli che andavano qua e là e davanti ai suoi occhi ancora socchiusi. 

Si trascinò fino al lavandino del bagno per darsi una sciacquata al viso e lavarsi i denti, pensando nel frattempo di non aver dato il "buongiorno" ai suoi genitori. 

Anzi, ripensandoci, non aveva sentito il minimo rumore da quando era scesa dal letto.

Risciacquò la bocca dai residui del dentifricio e si affacciò dalla porta del bagno che dava sul corridoio del piano superiore di casa sua.

 

«Mamma?»

 

Niente.

 

«Papà?»

 

Ancora niente.

Passandosi le mani fra i capelli raggiunse la camera dei genitori, trovandola vuota e solo allora ricordò.

Sono partiti! 

Pensò.

I coniugi Smith dovevano essere in aeroporto alle sette del mattino e quindi erano usciti prima per poter raggiungere la loro destinazione nell'orario giusto.

Rooney spalancò gli occhi e fece un largo sorriso, saltellando in camera sua, felice come una pasqua. 

Si gettò ancora sul suo letto con l'intenzione di riaddormentarsi e saltare la scuola, ma ecco che le balenò una delle sue idee in mente.

Perché sprecare una giornata del genere stando a casa? 

Si tirò nuovamente su e corse a prendere qualcosa da indossare da dentro il suo armadio, tirando fuori un paio di pantaloni neri e una vecchia felpa rosa insieme ad una semplice T-shirt bianca dalle maniche nere, dopodiché scelse di indossare le sue solite converse nere. 

Ed ecco che, con zaino in spalla contenente un paio di libri e tutto l'occorrente per un'uscita come la sua, era pronta per la sua avventura mattutina da figlia ribelle che dà uno strappo alle regole. 

Nel momento stesso in cui scese le scale per raggiungere la porta d'ingresso, il suo cellulare prese a squillare.

Era sua madre, le rispose e nel frattempo lasciò casa chiudendosi la porta alle spalle.

 

«Ehi, ciao mamma!»

 

«Tesoro! Ti sei svegliata, pensavo che ti saresti addormentata. Sei già a scuola, vero?»

 

«Uhm... quasi.»

 

«Quasi? Rooney, sono le 07:30! Sei ancora a casa?»

 

«Cosa!?» Rooney si finse preoccupata «Diamine non mi ero resa conto dell'orario! Sono uscita proprio ora di casa... Devo correre! Ciao mamma! Salutami papà!»

 

«Corri!»

 

E la giovane ragazzina chiuse la chiamata continuando a camminare in tutta tranquillità, posando il cellulare in una tasca. 

Rooney aveva diciassette anni e frequentava un Liceo Scientifico, era la più brillante alunna della sua classe se non di tutto il plesso, nonostante non andasse matta per le materie che studiava lì.

Non saltava quasi mai la scuola, ma quando ne aveva la possibilità lo faceva più che volentieri, di nascosto dai suoi genitori, e il giorno dopo falsificava le firme nella giustificazione della sua assenza.

La giovane ragazza si guardò intorno, la gente che lavorava ai negozi era indaffarata nel sistemare le decorazioni per le vetrine in vista del Natale, era ancora il quattordici dicembre ma sembrava di essere già nel bel mezzo delle feste. Mancavano solo i cori per strada... No, invece! Non mancavano!

Rooney, raggiunta una piazza, notò un gruppo di tizi coperti con mantelli rossi che suonavano una tipica canzone natalizia con delle trombe.

Ma non è ancora presto per queste cose?

Pensò. 

E proprio in quel momento il gruppo smise di suonare.

Accidenti, non l'avrò mica detto ad alta voce?

Imbarazzata, Rooney velocizzò il passo e scomparì dalla vista di quello strano gruppetto.

Imboccò in una stradina, una scorciatoia, che portava al centro di Londra, lì avrebbe probabilmente raggiunto un posto dove comprare delle patatine fritte da mangiare seduta su una panchina, a guardare distrattamente i passanti intenti nel loro shopping natalizio.

La ragazzina ad un certo punto frenò la sua camminata, fermandosi poco prima di un vicolo sulla destra, giurando di aver sentito un mormorio.

Aggrottò le sopracciglia e fece qualche piccolo passo avanti, avvicinandosi al vicolo, guidata da quel mormorio confuso che sembrava chiamare un nome. 

Tuttavia, non fece in tempo per guardare dentro al vicolo poiché qualcuno poggiò una mano sulla sua spalla facendola trasalire.

Per un attimo temette che fosse uno di quei tizi che suonavano nella piazza, ma, fortunatamente (se così si poteva dire), era solo il Signor Duncan, poliziotto e suo vicino di casa. Aveva due folti baffoni bianchi che facevano pensare ad un tricheco, ed ogni volta che indossava la sua amata divisa il Signor Duncan parlava gonfiando il petto con fierezza.

 

«Signorina Smith, non dovrebbe essere a scuola a quest'ora del mattino?»

 

Rooney si mordicchiò l'interno della guancia pensando a qualche scusa da dire all'uomo.

 

«Ecco... uhm... io...»

 

L'uomo sollevò una mano con un gesto fulmineo per farle un cenno come "alt, non parlare" o qualcosa di simile.

 

«Non è saggio girare soli, ragazzina. Non hai sentito delle ultime sparizioni?» chiese indicando un paio di manifesti appesi al muro, dove visi di persone sconosciute e che erano scomparse facevano capolino. «Vedi di tornare a casa subito. E non andare da qualche altra parte se non vuoi che dica ai tuoi genitori che hai marinato la scuola, teppistella!»

 

«Sissignore.»

 

Rooney obbedì e tirò su il cappuccio della felpa coprendosi il capo, allontanandosi.

Nel frattempo, il Signor Duncan era rimasto lì per qualche altro minuto, ritrovandosi anche lui a guardare nel vicolo dopo aver sentito mormorare una parola, o forse un nome, e sospirò sbiancando: «Accidenti...»

 

Intanto Rooney rifaceva la strada a ritroso per tornare a casa sua, arrivata in piazza sentì che il gruppetto stava suonando di nuovo, ma non li guardò, non accorgendosi così che quegli strani individui, che indossavano delle maschere da Babbo Natale, la stavano seguendo con lo sguardo.

 

A pochi passi da casa, Rooney si tolse il cappuccio dalla testa con fare annoiato, cercando le chiavi della porta d'ingresso frugando nelle tasche. 

C'era silenzio, probabilmente tutti coloro che abitavano il suo quartiere erano a lavorare o a fare compere, dunque si sentiva solo il lieve rumore delle foglie degli alberi mossi da un venticello leggero. 

Rooney aggrottò la fronte. 

Non era solo il vento a fare rumore. 

Si guardò intorno con circospezione, ma non vide nulla. 

Eppure, c'era un rumorino di sottofondo che non capiva da dove provenisse. 

Guardò in alto, ovviamente non c'era nulla oltre a qualche nuvola anonima.

Decise di lasciar perdere la ricerca di cosa potesse provocare quel rumorino, decidendo che probabilmente era un qualche insetto o una macchina lontana che faceva parecchio rumore anche a distanza. 

Quindi entrò in casa e lasciò cadere lo zaino sul pavimento dell'ingresso.

E poi SBAAAAAADABUM! un forte frastuono provenne dal piano di sopra, Rooney spalancò gli occhi.

IL TETTO! SARÀ CROLLATO IL TETTO! OH ACCIDENTI! 

Fece per piombarsi al piano di sopra, ma si bloccò per correre prima in cucina a recuperare una pesante mazza da baseball che sua madre teneva nascosta sotto il mobile del piano cottura, giusto per sicurezza.

Tornò sui suoi passi verso il piano superiore, con il manico della mazza stretto fra le mani. 

Una volta al primo piano, guardò da entrambi i lati del corridoio, erano vuoti dunque quel tonfo doveva provenire dalla soffitta. 

Si avvicinò al punto dell'entrata per la soffitta e saltellò un paio di volte per afferrare il laccio che serviva a far scendere la scala; quando la porticina fu aperta scese un sacco di polvere e qualche sassolino... e pezzi di tegole.

Il tetto, il tetto doveva essere decisamente crollato.

Salì le scale con cautela, tenendo la mazza di lato, assottigliando lo sguardo con il tentativo di vedere qualcosa in mezzo a tutto quel gran polverone che si era alzato.

Sul tetto vi era un enorme buco, ma sembrava fosse stato provocato da qualcosa precipitato dall'alto... e che ora si trovava probabilmente in mezzo agli scatoloni ormai ammaccati e i pezzi frantumati di soffitto.

Strinse la mazza fra le mani e si avvicinò a quel cumulo polveroso pian piano.

Cosa poteva essere?

Il reattore di un aereo?

Un volatile enorme?

Si avvicinò ancora e si fermò a pochissimi centimetri di distanza, mentre la polvere scendeva tutta sul pavimento rendendo più chiara la visuale.

Rooney spalancò gli occhi.

Lì, in mezzo a quel grosso cumulo di detriti, stava stesa una donna! 

Ciuffi scomposti di corti capelli biondi le coprivano il viso che riportava un paio di graffi profondi, indossava degli abiti... maschili! Tutti rovinati. 

La ragazzina si avvicinò di un piccolo passo, quella donna doveva essere caduta da qualche parte in alto, e probabilmente con quella caduta poteva essersi rotta qualcosa tipo la colonna vertebrale o... peggio... magari era morta all'impatto!

Rooney deglutì e allungò una mano facendo per toccare il braccio alla sconosciuta, per vedere se quella dava segni di vita, e a pochi millimetri dal toccarla, la bionda scattò a sedere urlando come se si fosse appena risvegliata da un incubo.

Rooney cadde all'indietro urlando appresso a lei, brandendo la mazza come messa in posizione di difesa.

La donna smise di urlare poco prima di Rooney, prendendo a respirare affannosamente. 

I suoi occhi verdi leggermente spalancati attraversarono la stanza, andandosi a posare poi sulla figura della giovane ragazza messa a terra.

 

«Perché sei a terra?»

 

Rooney la guardò ancora sconcertata.

 

«Tu... tu... COME SEI FINITA NELLA MIA SOFFITTA?»

 

«Abiti in una soffitta? Non è scomodo? Non vedo letti e... oh cielo, non ci sarò mica caduto sopra?»

 

La donna sconosciuta guardò il cumulo su cui era seduta, scendendo subito dopo, rivelando parecchi strappi nei vestiti che rivelavano tanti lividi e profondi graffi.

Tese una mano verso Rooney e fece un sorriso più simile ad una smorfia per via del graffio che le attraversava le labbra.

 

«Io sono il Do...»

 

E svenne prima di completare la frase, addosso alla povera Rooney che urlò per via del peso che si era ritrovata addosso.

 

«Oh... OH CAVOLO, CAVOLO! SI SVEGLI! NON PUÒ MORIRE ADDOSSO A ME!»

 

La povera Rooney si tirò fuori da sotto il corpo svenuto di quella sconosciuta e si portò le mani fra i capelli con fare disperato.

 

«Cosa faccio ora? Oddio cosa si fa in questi casi?! Oddio...»

 

Circa dieci minuti dopo, Rooney si era ritrovata a dover portare quella donna sulle spalle, fino alla propria camera, che era la più vicina alla scala della soffitta.

Dopo averla lasciata sul letto, era corsa in bagno a cercare il kit di pronto soccorso che trovò dentro allo sportello del mobiletto sotto al lavandino dopo un paio di imprecazioni. 

Ritornò in camera sua, pronta a medicare (o almeno pulire) le ferite della sconosciuta. O forse... forse conveniva chiamare un'ambulanza?

Si avvicinò al letto e preparò un paio di garze impregnate di disinfettante per pulire quei profondi graffi, cominciando da quelli in viso.

Però qualcosa non andava...

 

«Cosa diamine... non è possibile!»

 

Lasciò cadere le garze sul pavimento per chinarsi ad esaminare più da vicino il viso della donna. 

Non vi erano più graffi, nemmeno l'ombra.

Delle ferite del genere dovevano lasciare per forza delle cicatrici ma... il suo viso era completamente intatto! 

Rooney aggrottò le sopracciglia e cominciò a spostare i ciuffi biondi della sconosciuta dal suo viso per capire che fine avessero fatto tutte le sue ferite.

 

«Com'è possibile?!»

 

La donna aprì gli occhi e guardò la ragazzina con fare interrogativo.

 

«Mi stai... tirando... le guance...»

 

«ARGH!»

 

Rooney balzò all'indietro e la bionda sul letto si tirò su seduta massaggiandosi la faccia, toccandosi poi  il mento e la fronte come se stesse controllando di avere tutto al suo posto.

 

«Mh, ho un naso niente male questa volta...»

 

«SI PUÒ... sapere chi è lei? E soprattutto come ha fatto a... a far sparire tutti quei...»

 

«Shhhhhh!»

 

Rooney venne zittita dalla donna che si alzò in piedi e mise le braccia in avanti controllando i dorsi graffiati delle mani. Allora guardo la ragazzina che stava di fronte a lei, a distanza di sicurezza, e le sorrise.

In quello stesso attimo le sue ferite brillarono, e smisero solamente quando la pelle fu lasciata pulita da ogni minima ferita o livido.

 

«Rigenerazione.»

 

La giovane Rooney guardava ancora stupefatta e scioccata allo stesso tempo, con la bocca leggermente spalancata.

 

«Ri... Rigenerazione?»

 

«Rigenerazione!»

 

La donna pareva più che contenta, a giudicare dal suo largo sorriso che svelava dei denti perfettamente bianchi. 

 

«Si... si... MA SI PUÒ SAPERE CHI È LEI?»

 

«Oh, io sono il Dottore!»

 

«Il Dottore?»

 

«Sì!»

 

«Il Dottore... come

 

A quell'ultima domanda, "il Dottore", sospirò facendo cadere per un attimo le braccia lungo i fianchi.

 

«Oh e andiamo! Hanno sempre detto "chi" e non "come". Tralasciando l'ultima volta in cui mi hanno chiesto "il Dottore cosa?". Dai ragazze! Non è tanto difficile! "Il Dottore, chi?"»

 

Rooney la guardò stranita, con entrambe le sopracciglia inarcate. 

 

«O-Okay okay okay... Il Dottore chi

 

Il Dottore sorrise ancora una volta e si voltò per uscire dalla camera di Rooney.

 

«Solo il Dottore!»

 

Tutte quelle discussioni solo per una risposta simile! Ma che significava?

 

«...COME?»

 

«Ho detto "chi", non "come"! Dai... non è difficile!»

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Capitolo 2
*** Latte Cattivo ***


Il Dottore scese al piano inferiore dell'abitazione come se già sapesse dove andare.

Rooney cercò di starle dietro e la raggiunse solamente quando quella si fermò di fronte ad uno specchio ad osservare la sua immagine come se fosse la prima volta che lo facesse.

Si sfiorò gli zigomi, la punta del naso, la fronte e le orecchie, infine mise le mani fra i capelli.

Rooney aggrottò le sopracciglia e le chiese:

 

«Ehm... Tutto bene?»

 

Il Dottore fece un'espressione rassegnata e poi si voltò verso di lei inarcando le sopracciglia.

 

«Neanche questa volta capelli rossi!  Ho cambiato un sacco di volte faccia e ancora i miei capelli non sono diventati neanche una volta rossi! Non è assolutamente giusto, sai?»

 

Rooney spalancò gli occhi cercando di realizzare ciò che aveva appena sentito, stava per dire qualcosa ma il Dottore era partito a passo spedito verso la cucina e lei si era ritrovata di nuovo a rincorrerla. 

 

«Scusa, non credo di aver capito, tu... cos'è che hai cambiato un sacco di volte

 

«La faccia!» esclamò il Dottore spalancando il frigorifero «Credo sia... la dodi... tredi... la qualcosicesima volta. Ho ancora le idee confuse, sai, rigenerazione.»

 

Il Dottore prese una bottiglia di latte e si voltò per poggiarla sul piano della cucina, ma si ritrovò la giovane Rooney davanti che le puntava un matterello contro.

 

«...Immagino di aver fatto qualcosa, giusto?»

 

«Tanto per cominciare, hai sfondato il tetto della mia soffitta e dovrò sorbirmi la ramanzina di mia madre perché non mi crederà mai quando le dirò che una tizia è piovuta dal cielo combinando tutto quel caos. E seconda cosa... È Auguri di Buon Natale la canzone di sottofondo alla nostra discussione?» 

 

Rooney e il Dottore si guardarono negli occhi per un paio di secondi, e poi, lentamente, si voltarono a guardare verso la finestra della cucina. 

Entrambe videro un gruppo formato da quattro individui con mantelli rossi e maschere da Babbo Natale che suonavano con tromboni e corni francesi, appostati oltre al muretto che divideva l'abitazione degli Smith dalla strada.

 

«Oh, era tanto che non si facevano vedere.»

 

Disse il Dottore, catturando l'attenzione di Rooney.

 

«Tu sai chi sono quelli là!?»

 

«Più o meno. Non li vedo da... qualche secolo?»

 

La banda di quattro smise di suonare, ognuno dei suoi componenti mise il proprio strumento sotto braccio.

 

«E cosa vogliono?»

 

«Credo che ora sia il momento di correre.»

 

«Perc-AH!»

 

Non ebbe neanche il tempo di rispondere che il Dottore le afferrò una mano e cominciò a correre via, andando verso la porta d'ingresso che si trovava dalla parte opposta alla cucina dalla quale si sentì un gran frastuono. 

 

«OH MIO DIO!»

 

Fece Rooney continuando a correre senza sosta insieme al Dottore.

Le due lasciarono casa Smith e corsero per tutto il quartiere alla ricerca di un nascondiglio. Rooney pensò che, per quanto veloci erano andate, quei loschi individui armati, non le avrebbero mai trovate dato che li avevano seminati da un bel pezzo.

Girarono intorno ad una casa e saltarono dietro le aiuole del giardino, fra dei cespugli dove probabilmente cresceva qualche specie di fiore in primavera.

Rooney era seduta sul prato con gli occhi leggermente spalancati e le mani che stringevano fili d'erba. 

Non aveva mai corso a quel modo, normalmente si sarebbe stancata dopo pochissimo, ma col Dottore le era sembrata la corsa più leggera della sua vita, forse per via dello spavento dato da quei tizi o forse perché il Dottore l'aveva guidata per tutto il tempo tirandola per farla andare velocemente.

La ragazza notò che il Dottore teneva ancora la bottiglia contenente il latte in mano e aggrottò la fronte, stranita.

 

«Chi erano quelli là? O cos'erano... non lo so!»

 

«Erano pesci pilota.»

 

Rispose il Dottore aprendo la bottiglia del latte, bevendone poi un sorso.

Fece la stessa faccia che farebbe qualcuno se si ritrovasse a mangiare un cactus e sputò quel po' di latte che aveva bevuto dentro ad un cespuglio  che si trovava di lato.

 

«Oh cielo! Era... peggio delle pere... BLEAH!»

 

Rooney era davvero confusa.

Come potevano dei pesci fare cose simili? Ma probabilmente erano molto di più di quel che pensava, magari erano... 

 

«Sono alieni? E... passami quel latte, come può fare così schifo?»

 

Il Dottore passò la bottiglia del latte a Rooney che la esaminò e vide che non era ancora scaduto, dunque aprì il tappo della bottiglia per essere ancora più sicura.

 

«...Comunque non sembra andato a male.»

 

La bottiglia venne strappata via dalle mani di Rooney dal Dottore che cominciò a spiegare, riaprendo la bottiglia del latte nel frattempo.

 

«Era disgustoso comunque. E sì, i pesci pilota sono alieni. Sì sì, so che voi umani andate subito a pensare ai pesciolini che nuotano insieme agli squali, e magari ad una risposta come la mia passereste all'immaginare un droide che contiene un pesce col volante che guida, e ci starebbe, dato che si chiama pesce pilota... Ma no! Non sono questo! Appunto vengono dallo spazio e... per essere qui devono aver fiutato un'energia molto forte che intendono utilizzare per caricare qualcosa come un'astronave o chissà. L'ultima volta mi hanno portato un messaggio, forse volevano solo parlare! È colpa di quei corni francesi, non lo si prende mai sul serio.»

 

La povera Rooney cercò di stare al passo con il suo discorso, seguendo anche i suoi movimenti che facevano versare pericolosamente il latte qua e là sul prato dove le due erano sedute. 

 

«Volevano ucciderci! Stavamo per venire uccise da dei corni francesi! E poi perché "voi umani"? Mi vorresti dire che vieni da un altro pianeta pure tu? E credo che la cosa non mi stupirebbe, sei così...»

 

Il Dottore frugò dentro le tasche della sua giacca sgualcita mentre la ragazza parlava, uscendo poi uno strano strumento che parve rallegrarla.

 

«Stramba?»

 

Chiese poi.

 

«Non lo so.»

 

Fece Rooney, davvero poco convinta di ciò che diceva. Che aggettivo poteva adattare ad una donna così?

Il Dottore storse il naso annusando ancora il latte in bottiglia, mettendovi nuovamente il tappo.

 

«Comunque è vero che vengo dallo spazio. È un problema per te?»

 

Rooney inarcò le sopracciglia e fece spallucce.

 

«Immagino di no.»

 

«Oh, brillante!»

 

Il Dottore sorrise radiosamente e lanciò la bottiglia oltre la siepe con un gesto noncurante, colpendo qualcuno.

Un paio di secondi dopo uno di quei tizi-droidi cadde sulla siepe e immediatamente il Dottore gli puntò quello strano aggeggio che aveva uscito dalla tasca, facendo uno strano rumorino e provocando delle scintille nella testa del povero droide al quale era pure scivolata la maschera da babbo Natale, rivelando così la sua testa metallica che Rooney pensò avesse il tradizionale aspetto fantascientifico dei droidi che si vedevano in televisione.

Poi il Dottore fece un cenno verso la bottiglia di latte a terra.

 

«Vedi? Quel latte era cattivo.»

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