Sentimenti che attraversano il tempo

di MaikoxMilo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Risveglio ***
Capitolo 2: *** Nuove (e vecchie) conoscenze (prima parte) ***
Capitolo 3: *** Nuove (e vecchie) conoscenze (seconda parte) ***
Capitolo 4: *** In giro con Cardia ***
Capitolo 5: *** La presenza nel bosco ***
Capitolo 6: *** Una rivelazione difficile da accettare ***
Capitolo 7: *** I ricordi di Camus ***
Capitolo 8: *** Poche certezze e molti dubbi ***
Capitolo 9: *** Gita in montagna ***
Capitolo 10: *** Chrysos Synagein! ***
Capitolo 11: *** Nelle vesti di Maestro ***
Capitolo 12: *** Quello che il passato dice di noi ***
Capitolo 13: *** Attacco al Grande Tempio! ***
Capitolo 14: *** Due acquari e due scorpioni ***
Capitolo 15: *** Convivenza forzata ***
Capitolo 16: *** Nuovo giro al Grande Tempio ***
Capitolo 17: *** Punto di incontro tra i libri ***
Capitolo 18: *** Il ballo della presentazione ***
Capitolo 19: *** Gli occhiali perduti ***
Capitolo 20: *** Il primo scontro con il mago ***
Capitolo 21: *** Incontri e scontri ***
Capitolo 22: *** Cosa ti succede, Camus? ***
Capitolo 23: *** Riappacificazione... Momentanea ***
Capitolo 24: *** Sviluppi inquietanti ***
Capitolo 25: *** L'inizio della manifestazione ***
Capitolo 26: *** Verso la fine ***
Capitolo 27: *** Il contagio si diffonde ***
Capitolo 28: *** L'inevitabile ***
Capitolo 29: *** L'unica, l'ultima, possibilità ***
Capitolo 30: *** Ritorno a casa (prima parte) ***
Capitolo 31: *** Ritorno a casa (seconda parte) ***
Capitolo 32: *** Attacco a sorpresa ***
Capitolo 33: *** Riposo forzato ***
Capitolo 34: *** Genova (prima parte) ***
Capitolo 35: *** Genova (seconda parte) ***
Capitolo 36: *** Un aiuto inaspettato ***
Capitolo 37: *** Ritrovarsi dopo la tempesta ***
Capitolo 38: *** Il mistero è (in parte) svelato ***
Capitolo 39: *** L'ultima notte al mondo ***
Capitolo 40: *** Addio, amici... ***
Capitolo 41: *** Epilogo: Il Potere della Creazione ***



Capitolo 1
*** Risveglio ***


CAPITOLO 1

 

RISVEGLIO

 

22 Luglio 2011

 

Sei stata eccezionale, Marta! Tu e le tue amiche insieme ai Cavalieri d’Oro siete riuscite a sconfiggere Crono!” una voce dall'accento francese risuona nella mia testa. Sono confusa... conosco questo tono, ma come è possibile che riesca ancora a udirlo quando... quando tutti i miei cinque sensi si erano spenti in precedenza? Costui... costui mi ha aiutato, lo so, per motivi inspiegabili mi è altresì famigliare; così famigliare...

S-sono morta?” chiedo con un filo di voce.

Sono stati secoli, in apparenza, di buio totale, per cui mi sembra strano sentire di nuovo quella voce tranquilla che mi aveva spronato a non arrendermi durante la battaglia fatale contro il padre didel Divo Zeus.

Chi lo sa? D'altronde il confine tra la vita e la morte è poco più sottile di una lamina di ghiaccio...” mi risponde, enigmatico.

Sorrido tra me e me:

Parli in maniera ambigua, devi essere un filosofo o un intellettuale, visto tutte le cose che sai!”

Sapevo... ormai sono morto” sussurra tristemente la voce, improvvisamente laconica.

Il fatto di essere morti non cancella il proprio essere, o almeno quello che si è stati! Lo spirito indugia, trasmettendo ai posteri il dono più grande: la propria essenza!” ribatto, decisa.

Anche tu sai un sacco di cose, ma non ne sono stupito... sei davvero eccezionale, Marta!”

Una mia ipotetica risposta viene interrotta da una luce improvvisa. Ho sempre gli occhi chiusi, ma il bagliore è talmente accecante che lo riesco comunque ad avvertire distintamente. Dopo così tanto tempo tempo qui, nelle tenebre oscure, uno spiraglio si è aperto, forse so dove conduce...

Cosa dovrei fare adesso? Di là è così calmo e tranquillo...” mormoro, rapita dalla sensazione di pace che proviene dalla luce. Forse... forse se la attraverso riuscirò finalmente a raggiungerLO? Potremo tornare a parlare sotto il tiglio? Basta sofferenze, basta guerre... è un ipotetico sentiero per la pace imperitura, anche questo lo so, ma... qualcosa mi trattiene qui.

Hai la facoltà di scegliere, sei fortunata... Non tutti ce l’hanno! Tieni, però, presente che se andrai verso quel bagliore la persona ormai a te più cara patirà delle pene strazianti, più di quante ne abbia subite già nella sua vita, perché ti avrà perduta per sempre e il smarrirti condurrà anche lui alla perdizione. Viceversa, se non prenderai quella strada, sarai tu a dover passare indicibili sofferenze... Hai delle ferite piuttosto gravi, rimetterti in sesto non sarà di certo una passeggiata!” mi spiega la voce criptica ma leggermente incrinata.

Ho capito, finalmente ho capito, sono una sorta di coma o qualcosa del genere e la persona ormai a me più cara sta aspettando dall'altra parte un segno; un segno di vita. Sospiro un poco affranta, sorridendo malinconicamente: non è ancora destino che ti raggiunga, amico mio, abbi ancora un po' di pazienza. Non posso ancora andarmene da questo mondo, non ora che l'ho ritrovato.

Non mi voglio arrendere, non importa quanto dovrò soffrire! Scelgo la vita! Sceglierò sempre la vita!” affermo, seria.

Lo sapevo... Orbene, Marta, ci rincontreremo presto!” asserisce la voce, diventando però sempre più bassa.

Aspetta! Il tuo nome…” dico, aprendo gli occhi, ma non c’è più nulla intorno a me.

Poco dopo una luce mi avvolge, mentre il mio corpo, da leggero quale lo sentivo, diventa pesante come un macigno.

 

*****

 

Tossisco violentemente, quasi come se i miei polmoni avessero dimenticato cosa volesse dire respirare. Le membra sono stanche, appesantite, come se sentissero solo ora il peso della carne. L'anima è così leggera, a confronto, non me ne ero mai accorta prima d'ora!!

Mi sento svuotata, priva di energie. Il dolore lancinante sullo sterno e sul polso destro mi toglie quasi il respiro. E tuttavia sto respirando! Lo avverto distintamente dal nuovo fremito pulsante che percepisco in petto. Fa... quasi male!

Freddo. Sento ancora i brividi di freddo sparsi in tutto il corpo, ad eccezione della mano sinistra, lì si sta incanalando un calore arcano che lentamente si diffonde ovunque. Qualcuno deve avermi tenuta stretta per tutti questi giorni, come se non avesse voluto mai abbandonarmi, lasciarmi andare via... e continua tutt'ora a farlo!

Un sorriso si dipinge sul mio volto, mentre le mie dita tentano di chiudersi sulle sue e ricambiare quel contatto a me tanto caro, senza riuscirci perché non ho la forza necessaria. Tremo per la fatica. Devo e voglio farlo, ma il gesto si perde nel vuoto. Ansimo, non riesco a muovermi come vorrei e quasi mi viene da pingere, finché... non è lui stesso ad aumentare la stretta su me, richiudendo le mie dita nel suo palmo molto più grande del mio.

“M-Marta?” mi chiama tremante Camus, nel tono di chi ha pianto per molto tempo.

Apro a fatica gli occhi per troppo tempo tenuti chiusi. La luce me li ferisce, sono costretta a richiuderli perché è accecante. Mugugno frasi inconsistenti che neanche io so bene, sprofondo nel cuscino, mi mordo il labbro inferiore perché voglio impormi di svegliarmi. Perché non ci riesco? perché mi è così difficile?!

"M-Marta, n-non, aspetta, non..."

Forse vorrebbe dire altro, non lo so; so solo che si blocca completamente nell'istante in cui le mie palpebre, scollandosi finalmente, si aprono nella sua direzione e lo guardano. Compio uno sforzo immane a focalizzarlo davanti a me, perché le mie iridi non erano più abituate alla luminosità, ma non appena riesco nel mio intento, le mie labbra si stirano nel più bel sorriso di cui sono capace.

E' buffo così: ha un po' lo sguardo da pesce lesso, la bocca dischiusa, gli occhi rossi che sembra si sia infilato le unghie dentro e ci abbia scavato a fondo, ma mi mancava da matti il suo viso.

“C-ciao, fratellino...” sussurro con voce roca cercando di fargli percepire tutto l'affetto che provo per lui.

Lui sembra sgonfiarsi come un palloncino, quasi ride, quasi piange, forse non lo sa nemmeno lui, ma si sforza di ricambiare il mio saluto: "Ciao, piccola peste..."

"Di', anf, anf... hai reperito qual-cosa di b-bello dai tuoi occhi? - gli chiedo, sforzandomi di assumere un tono ilare - S-sembra tu ci abbia scavato a fondo, o... o, anf, tu sia an-dato in spedizione su un vulcano, anf!" termino di dire, respirando più pesantemente.

Lui ridacchia tenue e il solo sentirlo lasciarsi andare così mi fa palpitare con più forza il cuore, facendomi stare meglio.

"E' perché non vedi i tuoi. - mi fa notare, dandomi un buffetto sul naso con l'indice e il medio - Sembrano due giganteschi pozzi neri in cui ho temuto di perderti, ma sei forte e coriacela come pochi, tendo a dimenticarlo, a-a volte." si raschia la gola poi, tentando in ogni modo di non farmi percepire il tremore della sua voce quando invece è estremamente tangibile.

Il paragone rende l'idea dello stato in cui versavo. I miei occhi, in effetti, avevano smesso di vedere già da tempo. Mantenere le palpebre aperte è una azione che ora mi richiede non poche energie, ma riuscire nuovamente a distinguere le forme, pur ancora sfocate, mi fa dimenticare il dolore lancinante che sto ancora provando.

E, fra tutte le sagome intorno a me, scorgere di nuovo il tuo volto, fratellino mio, mi fa pensare davvero di aver fatto la scelta giusta!

"S-sono contenta, a-allora di e-esserne uscita da quel pozzo, anf. E' b-bello r-rivederti, C-Cam!" rantolo, strizzando un poco le palpebre per lo sforzo. E' come se mi mancasse l'aria, come se il solo parlare avesse già esaurito tutto l'ossigeno a mia disposizione.

Mio fratello quasi sighiozza a seguito delle mie parole, mi passa una mano sotto il collo, alzandomi un poco il capo per agevolare la respirazione. Lo sento tremare distintamente di paura.

"C-Cam, anf!" farfuglio, nel chiamarlo. Vorrei tranquillizzarlo, ma ora ho di nuovo difficoltà a riaprire gli occhi e devo fargli pena.

“E'... lo è anche per me, piccola, ma ora non... non devi compiere sforzi!"

E' scemo, non capisce i miei bisogni, o forse sì, ma ha troppo timore di farmi male. Scrollo la testa come a dire 'no'. Non voglio riposare, non ora che, così a fatica, mi sono svegliata.

"Marta!"

"Cam, m-mi abbracci?" gli chiedo, supplicante.

Lui si paralizza, il tremore aumenta: "N-non posso."

"S-scemo, sì, che puoi."

"N-no, tu non capisci in che condizioni sei, piccola, n-non..."

"S-solo un abbraccio, uno solo."

"N-no, i-io..."

"V-VOGLIO U-UN ABBRACCIO, E... COUGH! COUGH!"

L'aver alzato il tono ha immediatamente i suoi effetti collaterali, mi piego quasi su me stessa, la fitta di dolore al petto pre-esistente aumenta esponenzialmente, facendomi lacrimare gli occhi e troncando di netto il mio già stentatissimo respiro. Qualcosa che non sentivo prima prende a suonare all'impazzata, mandandomi ancora di più in agitazione. Provo a muovere le gambe ma non le sento. Piango, vorrei urlare, ma sono infine le forti braccia di Camus, che si stringono delicatamente a me, a funzionare da calmante.

"Hai una testa di granito, Marta, ti ho detto che non ti puoi muovere!!!"

Respiro. Ora posso farlo. I miei occhi si spalancano, mentre anche i contorni intorno a me, che prima non vedevo, si stampano nelle mie iridi. Mi guardo confusamente in giro, sebbene i capelli blu di Camus, che è corso finalmente ad abbracciarmi -oh, ci voleva tanto?!- occludono parte della visuale.

Sono su un letto con un lenzuolo sopra bianco. Intorno a me i muri sono bianchi. I pochi mobiletti nella stanza... bianchi. Il vaso contenente dei fiori sito vicino all'ingresso bianco. Tutto bianco.

Sbatto più volte le palpebre, confusa dalla totalità di quel colore, mentre una spiacevole sensazione di intorpedimento, unita alla consapevolezza di non potermi muovere perché legata a delle apparecchiature si fa largo in me. Ansimo un poco più forte.

Vengo distesa meglio sul cuscino, in modo che la mia schiena non sia arcuata per evitare... non lo so, che cosa, ma effettivamente c'è qualcosa che mi tira tantissimo sullo sterno, come se dovesse tenere chiuso qualcos'altro. Non capisco. Il cambio di visuale, passata dal muro verso l'entrata al soffitto in seguito al movimento di mio fratello, mi frastorna ancora di più.

"Camus..?" lo chiamo in tono interrogativo, ma non ho altre forze per arricchire il suo nome con una domanda.

Lui, però, sempre abbracciato a me, inizia ad accarezzarmi dolcemente i capelli più volte, dall'alto verso il basso, a lisciarmeli con tutte le premure di cui dispone. Mi calmo quasi del tutto.

“Stai tranquilla, ora, sei qui... SEI QUI! Ci sono io con te, non ti lascio più andare!”

"Fratellino..." biascico, chiudendo stancamente gli occhi. Vorrei ricambiare la stretta, quando parlavo di 'abbraccio' intendevo da entrambe le parti, non certo solo dalla sua, ma mi sento stanca, la testa è pesante, e la mano destra, vessata da due flebo -ora le vedo!- non ne vuole sapere di essere collaborativa. Sospiro.

"Stai tranquilla, ora. - mi ripete lui, sempre in quel tono che mi fa venire le lacrime agli occhi - Devi solo recuperare le energie, solo quello. Va tutto bene!"

Annuisco, lasciandomi andare un poco su di lui dopo aver buttato fuori aria, al che probabilmente Camus, pensandomi sfinita, mi riaccompagna giù sul cuscino, mettendomi comoda per poi alzarsi nuovamente in piedi e guardami.

“Riposa ora. Non fare sforzi inutili e soprattutto non alzarti dal letto. Le ferite sono medicate e procedono bene, ma si potrebbero riaprire!” mi da istruzioni, con un pizzico di severità, recuperando in gran parte il suo consueto tono. I suoi occhi sono ancora arrossati e lucidi, ma non c'è più tremore in lui.

“Ma... ma le altre dove sono, anf? Dove... dove ci troviamo? E Crono lo avete sconfitto? E tu... tu come stai?” domando a raffica, andando per la mia strada desiderosa di sapere di più. Tento quindi di rialzarmi per darmi un minimo di contegno, ma un dolore lancinante al petto, perfino più intenso di prima, mi fa ricadere pesantemente tra le lenzuola, ancora più ansante.

“PORCA MISERIA, Marta! – esclama subito Camus, prendendomi con uno scatto dalle spalle per poi costringermi immediatamente a coricarmi. Poco dopo mi scosta le coperte, controllando eventuali danni – Quante volte te lo devo ripetere?! NON DEVI SFORZARTI!"

"M-ma io..."

"Vuoi farmi passare un'altra settimana da incubo come quella appena trascorsa?! No, perché dimmelo chiaramente e chiedo a Shion di sedarti seduta stante!"

“Scusa...” sussurro, sentendomi colpevole. Non volevo farlo arrabbiare, non volevo si arrabbiasse con me. Guardo, ferita, altrove.

"Uff... - lui butta fuori aria, pesantemente, prima di picchiettarmi l'indice sulla punta del naso e farmi riscuotere - Non sono arrabbiato, Marta, solo... mi hai spaventato!"

"Lo so, non volevo." borbotto, desiderando nascondermi.

"Se lo sai, fallo almeno per me: non compiere sforzi inutili. Devi riposare!"

Acconsento con un cenno del capo, prima di tornare con lo sguardo su lui: "Dimmi però, come stanno le altre, anf, e-e c-come stai tu." insisto

“Le altre stanno bene, si sono svegliate prima di te ed ora stanno riposando. Come te, anche loro si trovano nell'infermeria del tredicesimo tempio. Shion stesso si è adoperato insieme a Zeus per tenervi in vita, s-senza il loro intervento... - la voce di Camus si incrina paurosamente di nuovo, sembra quasi sul punto di crollare un'altra volta, ma riesce a riprendersi – Crono è stato sconfitto, non ci darà più fastidio, ed io... ora che ti sei svegliara sto bene, Marta!” mi risponde a tutti i quesiti posti, regalandomi una delicata carezza che io mi godo tutta, anche se sto cominciando a non sentirmi bene e il mio sorriso gli arriva smorzato.

"A-anche le tue ferite vanno meglio?" chiedo ancora, imponendomi di non crollare. Non adesso.

"L-le mie..? Ah! - il suo tono appare incerto per qualche sparuto secondo - Sì."

"O-ora che Crono è sconfitto si stanno rimar-ginando, anf?"

"S-sì, piccola, sì... non devi essere così in pena per me, per quelle!" mi surrurra, melodioso, gli occhi dolci nel guardarmi.

“Mi dispiace... di averti fatto preoccupare.” pigolo, sinceramente dispiaciuta, sentendomi sempre più stanca.

Camus scuote la testa, mi regala un altro buffetto, stavolta, sulla guancia, prima di chinarsi verso di me e coprirmi meglio con il leggero lenzuolo.

“L’importante è che ora tu ti sia svegliata, ma soprattutto... cerca di recuperare in fretta le forze, sorellina mia!” conclude il dialogo, posandomi un delicato bacio sulla fronte e facendo per uscire, se la mia mano, per quanto dolorante e gremita di flebo, non si muovesse velocemente verso di lui per arpionarsi alla sua maglietta.

Ansimo. Il gesto, nella sua semplicità, mi ha totalmente sfiancato. Mi viene da tossire e la testa mi pulsa.

"Marta, no! N-non... - lui deve voltarsi immediatamente per sorreggermi e avvolgermi in un nuovo abbraccio, perfino più leggero del precedente, ma prezioso come l'acqua - Ti ho detto che non puoi fare ora simili movimenti!"

"N-non andart-ene, anf, cough! Cough! N-non lasciarmi!"

Ho paura e non so perchè, ho timore di separarmi da lui e non so perché.

"Non ti lascio, vado solo a prendere alcune cose e poi torno, ok?"

"P-prima devo dirti una cosa anf, p-prima..."

E' importante, non so se sono riuscita a dirgliela prima che accadesse quello che è accaduto. Non voglio più avere rimpianti, né esitazioni.

"Marta, ora basta fare i capricci! Tu devi capire che..." il suo tono è tornato rude, mi guarda con un pizzico di severità, probabilmente vorrebbe rimarcare il fatto che non sono in condizioni di compiere sforzi, ma io sono più veloce di lui ad esprimermi.

"T-ti voglio bene, anf, Camus."

Qualcosa passa nel suo sguardo che ora mi fissa sbalordito, mentre le sue mani ancora su di me tremano. Chiudo gli occhi e mi appoggio sfinita a lui, al suo busto, anziché sul cuscino. Sembra tanto alto in confronto a me, e forte. Sorrido automaticamente nell'avvertire quel calore intrinseco della sua pelle anche se indossa la maglietta.

Tra l'altro non si muove, al di là di tremare, ciò mi fa pensare che la frase mi sia uscita a stento, che non abbia udito, o che pure il tono era troppo basso per poter essere percepibile.

"Ti v-voglio... t-tanto bene, anf, C-Camus!" esalo ancora, prima di sentirmi raschiare la gola e dover tossire perché qualcosa mi stuzzica la laringe e mi da fastidio.

Ancora niente. Ho di nuovo il dubbio che non mi abbia udito per l'ennesima volta, solo che non credo più di riuscire a produrre altro, da quanto sono stanca.

Non riesco nemmeno più a mantenere la posizione, sono lì lì per ricadere sul letto, ma mio fratello finalmente mi abbraccia stretto stretto, pur con mille e più premure di non farmi male. Mi bacia la nuca, tra i capelli, mi fa appoggiare meglio contro di sé, mentre le sue lacrime, zitte zitte, hanno ripreso a scorrere. E, di nuovo, mi inumidiscono i capelli, da farmi sentire viva.

"Lo so, piccola mia... lo so!" mi sussurra, tremando con più forza, mentre io mi lascio cullare.

"A-avevo paura, anf, che il messag-gio non ti fosse, urgh, a-arrivato!" mi spiego, il cerchio alla testa sempre più opprimente, le palpebre nuovamente incollate.

"Mi è arrivato, invece, mi.. urf! - si deve fermare, stavolta gli è uscito un singhiozzo che non è riuscito a controllare - Potrai dirmelo quante volte vorrai, quando starai meglio, ma ora... ora riposa, mia coraggiosissima guerriera!" mi dice, accompagnandomi di nuovo sul letto, tra le lenzuola, con cura.

Mi corica lui, perché io non ho più energie, mi sembra quasi di respirare male, di far fatica, e questa cosa che mi raschia la gola che sembra quasi piena di spilli, non mi aiuta di certo. Sento le sue dita, leggere come piume, appoggiarsi alla mia fronte.

"Ti si sta alzando di nuovo la febbre..." constata in un fremito. Ed io vorrei dirgli che mi dispiace tanto, ma non riesco. Le parole non escono, si attorcigliano nella gola che mi brucia sempre di più.

Camus tira giù completamente il letto, mi discosta un poco il lenzuolo per poi sbottonarmi la camicia da notte che devono avermi fatto indossare in questi giorni. Non ho alcun controllo in tutto questo, avverto solo le sue mani su di me, le dita sollevare qualcosa che prima aderiva alla cute, probabilmente per guardare quello che c'è sotto, non lo so; so solo che la mia coscienza è sempre più a sprazzi, a momenti di buio si alternano attimi in cui avverto le sue dita sempre su di me. A volte tamponano qualcosa, a volte mi accarezzano lieve gli zigomi, mentre lui parla, mi parla sempre dolcemente, baciandomi la fronte, o la punta del naso, che mi farebbe quasi ridere se fossi in me...

Mi sento bagnata e inerme, non capisco bene le sue manovre, ma ad un tratto avverto le bende -bende nuove?!- stringere tantissimo. Sono molto fastidiose, vorrei liberarmente, forse ci provo anche, ma la sensazione di malessere si placa quando Camus, utilizzando il suo gelo, mi da un po' di sollievo.

"F-fratellino, anf..."

"Resisti, Marta, sono qui. Passerà... passerà tutto, piccola!" - mi rassicura, accarezzandomi i capelli impiastricciati dal sudore per poi rimanere lì con la destra mentre la sinistra scende nuovamente sulla mia mano per tenerla stretta stretta - Ti rimetterò in sesto, t-tornerai quella di prima, te lo prometto!"

Cedo del tutto alla stanchezza, un mezzo sorriso tra le labbra nel percepirlo così vicino. Che mi vuole bene anche lui non me l'ha detto, no, ma è come se, con i soli gesti, lo avesse espresso in ogni caso.

 

*****

25 Luglio 2011, mattina

 

Apro gli occhi nellìavvertire la gola secca, togliendomi dalla fronte il panno bagnato che stanotte Camus mi ha messo in testa. Vedo di traforo il bicchiere d'acqua che mi ha lasciato, lo afferro con mano tremante, portandomelo alla bocca per bere, finalmente, perché mi sembra di avere un deserto nella trachea.

Sono stati tre giorni molto difficili, in cui recuperavo la coscienza a fasi, più spesso vaneggiavo, rabbrividivo e ancora straparlavo. In questo esatto ordine.

Certo, la voce mi aveva avvisato che il prezzo da pagare per aver scelto di vivere sarebbe stato questo, ma non mi sarei aspettata di trascorre altri tre giorni nel delirio più totale!

Febbre, nausea, male alle ferite... credo che ad un certo punto mi abbiano dato perfino la morfina per tenere sotto controllo gli spasmi di dolore che erano insostenibili.

E Camus si è sempre preso cura di me senza mai lamentarsi, senza chiudere occhio.

Poso, con mano tremante, il bicchiere sul comodino. Ho ancora tanta sete, la brocca è nelle vicinanze ma dubito di riuscire a prenderla. E' scoraggiante e tremendamente imbarazzante, più o meno come tutti questi giorni in cui non ero autosufficiente.

Ripenso al mio stato e arrossisco di netto al solo rammentarlo. Già, non avevo alcun controllo su me, dipendevo in tutto e per tutto da mio fratello nelle cure e nella pulizia personale. Io, che non mi sono mai fatta vedere nuda da un uomo, eccetto mio nonno quando ero molto piccola, e che mi sono trovata in balia di altri che dovevano agire in mia vece nel pensare a farmi stare meglio perché io non ne ero in grado.

Ripenso al tocco delicato di Camus, alle sue mani che mi hanno privato più e più volte degli abiti, alla destrezza con la quale toglieva le bende sporche per metterne di pulite senza procurarmi altro dolore; alle sue parole nel farmi forza, alle sue labbra sulla mia fronte, quando vaneggiavo e stavo tanto, troppo, male, da chiamarlo in continuazione per paura che mi abbandonasse, come uno straccio vecchio.

Mi poso una mano sopra il cuore, provando una certa gioia nel sentire i suoi battiti. Vi era il calore in mezzo a tutto quel dolore, lo ho ancora adesso, soprattuto dentro al petto. Ora che il peggio sembra finalmente passato lo avverto ancora di più. Vorrei nascondermi dalla vergogna, eppure... mi ha fatto sentire così protetta!

Non ero da sola, nel buio. Ricordo le sue parole costantemente ripetute, mentre con una mano stringeva la mia e l'altra era posata sulla mia testa: "Non arrenderti, piccola, coraggio. Non sei sola... NON SEI SOLA! Adesso siamo in due!"

Sorrido, rasserenata: "Non mi hai mai lasciato da sola, Cam. GRAZIE!" sussurro a voce alta, anche se lui al momento non è qui, prima di ripensare ad altro, alle ultime cose successe i giorni scorsi.

Nello specifico, Francesca voleva venirmi a trovare, ma Camus glielo ha impedito con frasi tipo: “Ha la febbre alta ed è ancora molto debole”, alle quali, puntualmente, Francesca rispondeva: “Lo so ma non mi importa, devo vederla!” e Camus a quel punto ribatteva: “Cerca di capire, Francesca, già Sonia e Michela stanno male, non voglio che ti ammali anche tu!”

Solo a quel punto Francesca aveva desistito con un grosso sospiro, tornando alle sue faccende.

 

Mi stiracchio come un gatto, mentre un raggio di sole mi abbaglia, rendendomi felice.

Aaaah, finalmente! Credevo di non vederlo mai più!

Oggi sto molto meglio e, nonostante le ferite mi facciano ancora male, sento che una parte delle forze è tornata, tanto che ho una voglia matta di uscire.

Il mio pensiero va automaticamente alle mie amiche, chissà se anche loro hanno avuto dei miglioramenti da quando si sono riprese, perché non scoprirlo da me?

Conscia di disubbidire nuovamente a Camus ma di farlo per una causa più che giusta, metto lentamente un piede sul pavimento, seguito poco dopo dall'altro... Uao! Come è freddo! Non mi ricordavo fosse così gelido, o forse sono io che sono particolarmente calda! Faccio un primo tentativo di alzarmi, ma le gambe non reggono affatto e ricado sul letto.

“Pensate che mi arrenda così?! Non ci sperate!” esclamo, testarda.

Il secondo tentativo va un po’ meglio, ma solo perché riesco a poggiarmi al comodino. Bene, ora viene il difficile: camminare. Mi dirigo fuori dalla stanza a passi incerti e, stando attenta a non beccare Camus nei paraggi , mi guardo intorno, chiedendomi tacitamente dove possano essere le mie amiche.

“Ne sei sicura, Sonia?” la voce alta di Aiolia, proveniente da dietro una porta, mi indirizza su dove si possa trovare una di loro. Mi avvicino cautamente alla porta e, senza farmi notare, la apro leggermente.

La scena che si presenta ai miei occhi è la seguente: Milo e Aiolos ai due lati del letto in cui è seduta Sonia; quest’ultima, dopo essersi fatta una leggera ferita al polso sinistro, lo unisce con il polso destro di suo fratello Aiolia in quello che sembra uno scambio volontario. Alcune gocce di sangue cadono sul pavimento, trasmettendomi una sensazione di nausea che non riesco a comprendere... è forse il fatto che Crono ci ha mezze dissanguate partendo proprio dal polso?!

Senza nemmeno accorgermene perdo l’equilibrio e cado in avanti, facendomi discretamente male, tuttavia sono i capogiri il vero problema. Mi alzerei anche subito se non avessi queste fitte insistenti al petto. Speriamo non si sia aperto niente, altrimenti Camus mi ammazza definitivamente!

“Marta!” esclamano Sonia, Aiolia e Aiolos all'unisono, nello stesso momento sento qualcuno sollevarmi delicatamente e tenermi tra le sue braccia. Alzando lo sguardo, incrocio gli occhi azzurro cielo di Milo e subito un moto di gioia mi investe nel rivederlo.

“Stai bene, piccola? Non dovresti essere in piedi, se tuo fratello lo scopre, passerai un brutto quarto d'ora!” mi rimprovera lui, ma bonariamente. Sorrido di rimando, felice di vederlo malgrado il dolore lancinante al torace e il ronzio nelle orecchie..

“Marta!!! E’ così bello vederti!” ami fa eco Sonia, contenta, mentre Aiolia le richiude la ferita grazie ai suoi poteri.

Milo mi accompagna sul letto, affinché possa finalmente riabbracciarla con enfasi. E' così bello, sono talmente euforica che urlerei ai quattro venti che voglio un gran bene a tutti.

“Ehm, che stavi facendo, Sonia?” chiedo pochi secondi dopo, ricomponendomi, che già, cadendo come un sacco di patate, ho fatto una ben magra figura.

“Scambiavo il sangue con uno dei miei fratelli. Sai, ripensando a tutto quello che è successo, mi è tornato in mente quello che ci ha detto Francesca: tra semidei è possibile ‘vedersi’ se un qualcosa di uno è dentro l’altra persona; allora ho chiesto a Lia di ‘unire’ il nostro sangue, in modo tale che, se per qualche ragione veniamo nuovamente separati, possiamo capire comunque dove ci troviamo e se stiamo bene” mi spiega lei, sorridendo raggiante.

“Né io, né Aiolos eravamo d’accordo, ma Sonia è talmente testarda!” dice Aiolia, dandole un leggero colpetto in testa.

“E’ colpa di Milo, – afferma scherzosamente Aiolos – Sonia è stata troppo tempo con lui!”

Nella stanza riecheggiano le nostre risate divertite.

 

*****

Dopo le piacevoli chiacchierate tra amici, esco dalla camera di Sonia. Mi ha fatto davvero piacere vedere che tutti si sono ripresi, così facendo sono ancora più incentivata a guarire il più velocemente possibile. Ora cosa ci riserverà il futuro? Abbiamo sconfitto Crono, quindi abbiamo svolto il nostro compito e non ci resta che recuperare le forze, ma quando ci saremo riprese saremo rispedite dalla nostre madri? sarà arbitrariamente concluso il rapporto tra noi e i Cavalieri d'Oro? Circa un mese fa sarei stata contenta di questo, ma ora... è veramente ciò che voglio? Ormai mi sono abituata al Grande Tempio e ho conosciuto persone fantastiche con le quali mi piacerebbe approfondire i rapporti. Se riuscissi a diventare più forte, magari, potrei anche aiutarli a proteggere questo mondo e tutte le forme di vita che...

Improvvisamente mi sento afferrare violentemente il braccio sinistro (quello sano per fortuna!), voltandomi, trovo il viso infuriato di mio fratello a pochi centimetri dal mio... Oh, merda!

“Ca-Camus!” balbetto, preparandomi a ricevere la sfuriata di mio fratello.

“Mi pigli per il culo, Marta?! Mi raccomando di non uscire e di muoverti poco, e tu?! Non solo non fai quello che ti dico, ma anche mi passi di fianco come se nulla fosse!” esclama, sempre più scuro in volto.

Ahia, ha detto una parolaccia. Qui non si mette bene!

Maledico la mia mente quando si perde in mille congetture e non bada a ciò che ha intorno. Ora come ci esco da questa situazione, con mio fratello che, giustamente, mi sta per esplodere addosso?!?

“I-io...” comincio, incerta.

“Devo forse legarti al letto?! O rinchiuderti nella 'Bara di ghiaccio'!? Dimmi tu cosa preferisci, ti concedo il privilegio di scegliere, perché, a quanto pare, il tuo cervello da solo non è in grado di attenersi alle mie direttive!” alza ancora più la voce Camus, sovrastandomi completamente sia di mole che di parole.

"Io volevo..."

"Non mi interessa cosa vuoi TU! Se ti dico di stare allettata, STAI allettata, non vai a farti le passeggiate in giro!"

Abbasso lo sguardo, facendomi piccola piccola. Quando si arrabbia Camus fa davvero paura... ma sono anche consapevole che è colpa mia, se lo avessi ascoltato non sarei in questa situazione, quindi posso stare solo che zitta e aspettare che la furia si plachi.

"Ringrazia che sei ancora di salute malferma, perché oggi ero a tanto COSI' - e mi avvicina esaustivamente la mano al volto nel proferirlo - da prenderti a sberle, ragazzina! Chissà mai se in questo modo ti attieni a quanto ti dico!"

Ingoio vuoto, sentendomi pizzicare intorno agli occhi. Non ho le parole per controbattere, mi viene solo da piangere, tiro su con il naso, non guardandolo più in faccia. Mio fratello deve capire che ci sono rimasta male, un po' si pente, lo percepisco dal breve fremito che ha il suo corpo. Forse, se il discorso continuasse, proverebbe anche ad addolcire un minimo il tono, ma, fortuna o sfortuna, un urlo proveniente da dietro una porta, tronca sul nascere ogni possibilità.

“Brutto idiota! Allora è per colpa tua se Camus è morto nella Battaglia delle Dodici Case!” esclama la voce di Michela, alta più del normale. Mio fratello ed io ci guardiamo per un attimo, tetri, poi facciamo per entrare nella stanza dalla quale è uscito il vocalizzo, ma Hyoga, tremante e con le lacrime agli occhi, ci impedisce involontariamente il passaggio uscendo prima di poter compiere alcunché.

“Hyoga, non ci posso credere! Glielo hai detto?! - lo interroga Camus, apprensivo. Deve bastargli l'espressione mortificata del suo allievo come risposta non verbale. Sospira lungamente, esasperato - Cosa avete oggi nella testa, fra tutti?!? Marta, ferita com'è, va in giro come se niente fosse, tu non trovi un momento più propizio di questo per riferire a Michela della nostra battaglia all'undicesima casa! Io davvero non..."

“E' uscito il discorso, Maestro, e... non potevo più tacere. - si morde il labbro inferiore il Cavaliere del Cigno, dopo avermi dato un'occhiata indicariva - Perdonatemi!" si scusa e, senza aggiungere altro, si allontana in fretta e furia, come se il solo sguardo di Camus peggiorasse il suo stato.

Entriamo immediatamente nella stanza, notando subito che Michela sta singhiozzando sul letto, mentre Francesca la prova a consolare.

“Non può essere! Quello là lo ha ucciso, è stato lui... che ingrato! Ha assassinato chi lo ha fatto crescere, perché mi innamoro sempre delle persone sbagliate?!?” mormora tra le lacrime Michela, nascondendosi sotto le coperte.

“Mic...” faccio per avvicinarmi alle mie amiche, ma Camus si mette in mezzo, impedendomi di proseguire.

“Vai a letto, Marta! E’ un ordine perentorio! A Michela ci penso io, la tua presenza non è richiesta! ” mi dice mentre lentamente si allontana in direzione di Michela.

Francesca mi guarda triste.

“Ma... tu non sai il suo vissuto, lasciami stare qui, ti preg...” provo a ribattere, ostinata.

“E tu non sai il mio, di vissuto! - mi sibila, spietato, ammutolendomi - Non farmelo ripetere! Non voglio vederti gironzolare qua intorno per un bel po' di tempo! Esci di qui e vai a letto, o sarò costretto a prendere provvedimenti!” sentenzia lui, freddamente e con un pizzico di spietatezza.

Così, senza aggiungere altro, vinta su tutti i fronti, mi dirigo a capo chino verso la mia camera con il desiderio di sparire da questa dimensione.

 

*****

 

Mi volto e rivolto nel letto agitata.. No! Non puòa essere vero! Camus! Milo!

Loro moriranno, lo sai? Moriranno... così lontano da casa!” una voce mi rimbomba in testa, ma non è né dolce né tranquilla come quella che mi ha fatto compagnia quando ero in coma, né allegra e gioviale come quella che ho sentito prima di svenire dopo la battaglia contro Crono.

Nella mia testa scorrono veloci immagini orribili: Camus, Milo ed un altro ragazzo molto simile ad Aiolia, ma più giovane, sdraiati su dei letti... il loro respiro, debole come un battito d’ali di una farfalla, sembra quasi destinato a finire da un momento all'altro. Sul loro corpo sono impresse alcune macchie scure che lasciano ben poche speranze e ben pochi dubbi su quanto è accaduto...

No! No! Non è possibile!” grido disperata, coprendomi gli occhi con le mani.

Loro moriranno! E tu non potrai fare niente! NIENTE! Muhahaha!!!”

 

“Nooooooo!!!” urlo, aprendo di scatto gli occhi e alzandomi a sedere. Così facendo urto, involontariamente, contro qualcuno seduto sul bordo del letto.

Alzo lo sguardo, che si posa su due occhi del colore del mare, nel frattempo cerco di calmare il mio respiro e i miei battiti forsennati.

“C-Camus... sei qui, per fortuna! I-io...” mormoro, massaggiandomi la testa e cercando di trovare le parole giuste per chiedergli scusa.

“Ehm, temo... temo che mi stiate confondendo con qualcun altro, madamigella...”

Spalanco gli occhi al limite dell'incredulità: da quando Camus mi dà del ‘voi’ e mi chiama ‘madamigella’?! Anzi, da quando la voce di mio fratello ha un tono così cordiale e affabile?!

Sbatto le palpebre, cercando di mettere a fuoco la figura nella semi-oscurità. Appena compiuta questa azione rimango basita e imbambolata. Decisamente c’è qualcosa che non va... il ragazzo di fronte a me ha, si, gli occhi blu come quelli di Camus, ma a differenza di lui possiede dei bei capelli verde pascolo!

Cosa diavolo...?

Il giovane uomo mi sorride appena, porgendomi la mano in segno di saluto:

“Io sono Dègel... Dègel dell’Acquario! Sono lieto che vi siate svegliata!”

 

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Capitolo 2
*** Nuove (e vecchie) conoscenze (prima parte) ***


CAPITOLO 2

 

NUOVE (E VECCHIE) CONOSCENZE (prima parte)

 

Continuo a guardare stupita, con tanto di bocca aperta, il giovane di fronte a me... Deve trattarsi di un sogno, sì, è senz'altro così, altrimenti non si spiega perché ho davanti a me la reincarnazione di mio fratello, in tutto e per tutto simile a lui!

“Ehm, a quale nome rispondete, madamigella?” mi chiede leggermente imbarazzato il ragazzo.

Io, che fino a poco prima mi stavo dando dei pizzicotti per tentare di ridestarmi da quello strampalato sogno, mi blocco un attimo per rispondere, ma ormai il caos si è impadronito di me:

“Io... io, credo di chiamarmi Marta...”

“State bene? Forse avete un leggero trauma alla testa... fatemi dare un’occhiata, per favore!” mi dice con espressione stranita, avvicinandosi a me, ma io mi rifugio istantaneamente sotto le coperte del letto:

“St... stai lontano! Non... non c'è alcun bisogno che ti preoccupi per me!” esclamo, quasi spaventata. Per la verità i suoi modi gentili e la sua espressione dolce mi infondono coraggio, ma sono troppo sconcertata per ragionare bene, senza contare che non ho la più pallida idea di dove mi trovi al momento.

“Potrei farvi del male? –mi chiede ad un certo punto, posandomi delicatamente una mano sulla coperta, sotto la quale c’è la mia testa– Vi ho trovata svenuta due giorni fa nella scogliera qui vicino, ma a parte le ferite, che avevate già, non c’era nulla di strano. Se vi avessi voluto fare del male, ne avrei approfittato allora... credetemi, ve ne prego, non ho cattive intenzioni!”

Ascolto tutto il discorso in silenzio, colpita dalla dolcezza della sua voce e, ancora una volta, dai suoi modi gentili e ben educati. Probabilmente è lui ad essersi preso cura di me in questi due giorni, come potrei non fidarmi?!

“Ricominciamo dal principio: io mi chiamo Marta” dico a bassa voce, uscendo dalle coperte e dandogli goffamente la mano.

“Io sono Dègel, Cavaliere d’Oro dell’Acquario e sacro protettore della casa in cui vi trovate: l’undicesima!” mi sorride, presentandosi nuovamente.

Guardo attentamente la figura di Dègel e noto con stupore che indossa un’armatura del tutto uguale a quella di Camus. Non solo, la stanza in cui mi trovo è molto simile alla camera in cui dormivo dopo i duri allenamenti per imparare a conoscere il cosmo. Fremo appena, mentre nella mia mente si fa strada una sensazione sempre più amare e soffocante.

“In che anno siamo?” domando, capendo infine che non si tratta di un sogno.

“ Eh, 1741... –risponde Dègel, sorpreso– oggi è il 1° Agosto 1741, ma forse farei meglio a dire ‘è stato’ ” conclude, accennando alla finestra, dove gli ultimi raggi del sole languiscono in silenzio, metafora esatta del mio stato mentale (e fisico!).

“Ho capito... Grazie per esserti... esserVI preso cura di me” sussurro tristemente, cercando di trattenere le lacrime, almeno in presenza di Dègel.

“Vi lascio riposare ora, sicuramente ne avrete bisogno!” dice lui, forse intuendo il mio stato d’animo.

Aspetto che Dègel esca per buttarmi sul cuscino e mettermi a singhiozzare, in una crisi totale di nervi, di ansia e di tutto quello possibile e immaginabile.

Non può essere vero! Com'è potuta accadere una cosa simile?!?

Mi addormento nel letto della tredicesima casa nel 2011, dopo aver finalmente rivisto mio fratello e le mie amiche, e al mio risveglio sono nel 1741, due anni prima della fatidica Guerra Sacra in cui sopravvissero solo Dohko e Shion, così tremendamente lontano dalla mia epoca, dalle persone che amo, dai miei ricordi più cari...

'Non voglio vederti gironzolare qua intorno per un po’ di tempo', era l’ultima frase che mi aveva rivolto Camus, lo ricordo bene... alla faccia del tempo! Non riuscirò più ‘gironzolare intorno’ alle mie amiche, né al mio caro fratellino...

“Voglio tornare a casa!” singhiozzo tra me e me, mentre le lacrime cominciano a sgorgare dai miei occhi, lacrime che mi tengono compagnia fino a quando, ormai sfinita e con il petto dolorante, non scivolo di nuovo nel sonno delicato che annulla completamente le mie facoltà...

 

*****

2 Agosto 1741, mattina

 

Apro lentamente gli occhi, svegliata da un raggio di sole, rinato più forte di prima dopo aver versato il sangue che colora di rosso il cielo al tramonto. Ha vinto la battaglia contro la notte, e ora sembra splendente più che mai nel suo sito altolocato.

Le mie guance sono ancora bagnate dal giorno prima, ma nel mio cuore è sorta una nuova speranza: se sono finita qui, vuol dire che una via per tornare indietro, o meglio avanti, deve essere rimasta aperta per forza; del resto nessun sentiero preso in precedenza, per quanto oscuro e di difficile locazione può sparire una volta attraversato la prima volta!

“Ehm, tutto bene?” mi chiede una voce femminile da un punto non ben definito. Mi volto verso la fonte sonora e rimango per un attimo basita: a poca distanza da me c’è una ragazza dai capelli e gli occhi castani, la sua corporatura è molto simile a quella di Michela, tanto che, per un istante, la scambio per lei.

“Sc-scusami! Chi sei?” domando, ricacciando indietro l’idea che possa essere la mia amica.

“Mi chiamo Eleonora, sono un’inserviente dell’undicesima casa. Il Sommo Dègel mi ha detto di portarti questo vestito nuovo!” mi spiega, accennando al peplo che ha posato sul bordo del letto.

Un moto di gratitudine verso Dègel mi pervade, facendomi sentire più tranquilla. Mi ha soccorso, mi ha dato un posto dove dormire e mi ha pure preso un abito... eppure io sono una perfetta sconosciuta per lui!

Sorridendo, chiedo ad Eleonora se, gentilmente, può aspettarmi fuori. Ho così tante cose da chiedere e ho una discreta voglia di camminare, da troppo tempo sono rimasta immobile su un letto!

“Quanti anni hai, Eleonora?” chiedo, dopo essermi messa il peplo. Mi sento ancora profondamente triste e spersa ma non permetterò a questo di fermarmi.

“Ho quindici anni, a fine Ottobre ne compio sedici!” mi risponde, sorridendomi di rimando.

“Sei Scorpione, eh?” dico, ripensando a Milo e al suo carattere, forse anche Eleonora, sotto la tranquillità che dimostra, cela una natura focosa e passionale.

“Sì, e ne vado fiera!” risponde, sollevando un po’ la testa con fare orgoglioso.

Entrambe scoppiamo a ridere.

“Ad ogni modo, -riprende lei– mi sei simpatica, Marta, in genere difficilmente do confidenza al primo incontro, ma i tuoi occhi mi trasmettono talmente tanto calore che sono genuinamente portata ad aprirmi con te!”

Spalanco gli occhi, colpita da quella affermazione... è vero! Non è neanche da me fare subito amicizia e scherzare con una persona che non conosco, ma con Eleonora è diverso, mi sembra quasi di parlare con Michela.

“Anche per me è così...” mormoro, pensierosa.

Rimaniamo un po’ in silenzio, almeno fino a quando un urlo, proveniente da sotto, non ci ridesta dai nostri pensieri.

“Olaaaaaa, Dègel!” esclama una voce acuta e gioviale.

“Oh, no! E’ arrivato... Lui!” commenta Eleonora, mettendosi le mani tra i capelli nemmeno si trattasse di un cataclisma...

“Lui... chi?” chiedo, perplessa.

“Corriamo giù!” afferma lei, e senza aggiungere altro mi afferra il braccio e mi trascina per le scale. Arrivate al piano terra, ci nascondiamo dietro ad una colonna e osserviamo la scena da dietro di essa.

“Cosa fai qui, Cardia?” domanda gelido Dègel a... spalanco gli occhi al limite dell’umano possibile, non riuscendo a trattenere un singulto. Davanti a lui c’è un ragazzo del tutto identico a Milo, gli occhi azzurri, i capelli violacei… persino l’armatura che indossa è la stessa.

L’unica differenza è il modo di sorridere, quello di Milo mi ha sempre trasmesso calore e serenità,mentre questo, mi trasmette inquietudine e un vago senso di tristezza.

“Niente, -risponde il tizio con un ghigno– sono venuto solo a vedere se eri ancora vivo, sai, è da due giorni che sei sparito dalla circolazione.”

“Se non mi faccio vedere vuol dire, semplicemente, che ho urgenze ben più gravi da compiere!” afferma Dègel, posando una scodella di legno sul tavolino. Dalla sua espressione mi sembra un po' stizzito, che non ci sia, tra loro, l'ottimo rapporto che invece regna tra Milo e Camus?!

“Va bene, va bene non ti agitare! Se do così fastidio me ne vado via subito!” dice il tizio, voltandosi.

“Etciuuuu!” starnutisce all'improvviso Eleonora, facendomi prendere un colpo.

Il Cavaliere dello Scorpione arresta subito il suo passo, guardando nella nostra direzione con espressione folle. Le sue labbra si allargano ancora di più in una specie di ghigno sadico che fa quasi paura.

“Bene, bene... qualcuno si è intrufolato dentro!” commenta, alzando il dito indice della mano destra.

“No, aspetta Card...” fa appena in tempo a dire Dègel, mentre vedo il Cavaliere dello Scorpione venire a grande velocità verso di noi.

“Aaaah!!!” urliamo Eleonora ed io, buttandoci a terra appena in tempo.

La colonna che prima ci proteggeva, infatti, viene tagliata di netto dal tizio, facendo un gran frastuono che rimbomba per tutte le colonne del tempio.

“Cosa abbiamo qui? Due inservienti impaurite... Ah! Ah! Ed io che già vibravo al pensiero di un nemico... ahahahahaha, su, smammate all'istante!”

“Tu... che problemi turbano la tua psiche?!? Sei un pazzo!!!” gli urlo contro, alzandomi in piedi per fronteggiarlo faccia a faccia.

Vedo gli occhi del folle spalancarsi un attimo per la sorpresa.

“Ehi! Aspetta un secondo... non ti conosco!” esclama, squadrandomi da capo a piedi.

“Cardia! –interviene finalmente Dègel, avvicinandosi– non ti permetto di fare quello che vuoi nella mia casa!”

“Cavolo, Dègel! Non mi hai mai detto di avere una sorella!” esclama il tizio di nome Cardia, incredulo.

“Cardia, cosa diavolo stai...?” farfuglia Dègel, inarcando un sopracciglio.

“Ha i tuoi stessi occhi e possiede un cosmo! Se non è tua sorella chi è? Tua figlia? Ah ma no, anche se hai la mente da vecchio sei troppo giovane per averne una già così grande!” blatera Cardia, mettendo le mani sui fianchi e cominciando a sproloquiare ininterrottamente. Ma io non li sento più... intrappolata nuovamente nei miei pensieri.

Abbasso la sguardo, triste. Non sono sorella di Dègel, ma è come se lo fossi, e la somiglianza, volente o dolente, si vede... Camus, come starà mio fratello? Si sarà accorto della mia assenza? Le ferite sul suo petto staranno finalmente guarendo? Non... non ho avuto nemmeno il tempo per chiederglielo...

“...Non dire sciocchezze, Cardia! Te ne avrei parlato se avessi avuto una sorella! E’ una ragazza che ho trovato svenuta nella scogliera qua vicino” spiega Dègel, andando a prendere la scodella sul tavolo.

“P-piacere, mi chiamo Marta” mi presento infine, sforzandomi di tornare alla realtà senza esitazioni. Tuttavia, porgendo la mano al Cavaliere dello Scorpione, non riesco a nascondere una certa titubanza, retaggio del malessere che mi permea dal profondo del cuore.

“Io sono Cardia di Scorpio!” ribatte lui, prendendomi con forza la mano.

Cavolo, già che c’era faceva prima a tirarmi un pugno, mi avrebbe fatto meno male! Fra l'altro pure la mano destra ancora dolorante, che cacchio!

“Piuttosto, ragazzina, mi sembri alquanto giù di corda... capisco che stare con Dègel non sia il massimo dell’allegria, ma... Ahia!”

“Ci stai un po’ zitto, Cardia?!” esclama Dègel, dopo avergli tirato un calcio.

Nel frattempo osservo attonita Cardia, com'è riuscito a leggere così bene nel mio cuore? Possibile che il mio malessere si noti così tanto? O è solo Cardia ad essersene reso conto?

“Prendete, - mi dice Dègel con dolcezza, dandomi la scodella contenente un liquido verde – Albafica è andato apposta a prendervi delle erbe e dei fiori medicinali per restituirvi un po’ di forze. Ne ho fatto un infuso con le mie stesse mani, spero non sia troppo riprovevole a causa del suo sapore amaro”

Prendo la ciotola senza fiatare per poi avvicinarmela alla bocca, ma nella mia testa continua a rimbalzare una domanda: chi è Albafica?

“Bene, Dègel, ora che la ragazza ha preso la medicina, posso tornare alla mia casa” la voce che proviene dalla semi-oscurità della stanza sembra rispondere alla mia domanda. Mi volto verso di essa e il mio cuore perde un battito: riconosco, infatti, la reincarnazione di Aphrodite... però è così diverso da quest’ultimo, gli occhi e i capelli sono uguali, è vero, ma Albafica, malgrado il nome, sembra… sembra più... virile, ecco. Non cura infatti il suo corpo come lo stesso Fish fa nella mia epoca, e sembra molto meno altezzoso di quello che conosco io.

Faccio quindi per avvicinarmi a lui per ringraziarlo di tutto cuore, conoscere il Cavaliere delmio segno è sempre emozionante per me, ma inaspettatamente mi blocca con gesto della mano, prima di indietreggiare ulteriormente, neanche fossi appestata.

“Non fare un altro passo verso di me! E' per la tua incolumità! Dégel mi ha detto che sei ferita, non è saggio, per te, azzerare così le distanze, soprattutto con uno come me!” mi dice, un poco burbero, dandomi le spalle per poi incamminarsi verso il suo tempio. Aphrodite è di gran lunga più socievole, questo è sicuro!

Rimango un po’ interdetta per il suo modo di fare, quasi offesa: io volevo solo ringraziarlo, che necessità c'era di trattarmi così?!

“Grazie, comunque per la medicina!” esclamo ad alta voce, sperando che riesca ad udirmi, malgrado se ne sia già andato.

Subito dopo avverto una mano posarsi sulla mia spalla.

“Non date peso alle sue azioni, in verità ha un cuore molto grande e nobile, si preoccupa sempre per gli altri! Lui è fatto così, non perché lo sia veramente, né perché lo voglia, ma è costretto ad essere tale a causa dei suoi poteri!” mi cerca di tirare su il morale Dègel, guardando il punto in cui il Cavaliere dei Pesci è sparito.

Lo guardo senza capire del tutto. Dal modo di esprimersi, deve trattarsi di una persona molto colta, il suo sorriso gentile mi rasserena il cuore, ma sembra comunque che, per rispetto nei confronti del compagni d'armi, non voglia rivelare cose sue private.

“Sommo Dègel, - interviene Eleonora, allegra– facciamo conoscere a Marta gli altri Cavalieri d’Oro?”

“Ma... non mi conoscete neanche e... e non vorrei essere un peso, avrete le vostre faccende da sbrigare!” mi oppongo, guardandoli.

Come possono fidasi di me? Potrei essere chiunque! Dègel mi ha trovata svenuta, non ha esitato a prendersi cura di me; questo Albafica si è mosso in prima persona per cercare delle erbe medicinali, però sono una sconosciuta per loro, mi meraviglia il loro trattamento.

“Tuttavia possedete un cosmo, e il Grande Sacerdote ha divinato il vostro arrivo... rimarrete qui, al sicuro, fintanto che non scopriremo le intenzione della ‘presenza oscura’ che si percepisce da un paio di giorni” mi spiega Dègel cordialmente, guardandomi serio.

Il suo discorso è riuscito, se possibile, a confondermi ancora di più, l’unica cosa che ho capito è che il mio arrivo è stato sognato dal Grande Sacerdote e che,da una serie di giorni a questa parte, avvertono una presenza oscura di non facile individuazione, che potrebbe essere collegata alla mia venuta qui.

“E-ehi, Dègel... non ho capito niente del tuo discorso, cosa vuoi dire? Il vecchio sapeva che sarebbe giunta questa ragazza qui?! Ancora non ho capito dove l'hai pescata questa!” chiede a raffica Cardia, scettico, dando voce ai miei pensieri.

“ Sulla scogliera qui vicino! Per il resto, non lo so, il Grande Sacerdote mi ha rivelato solo questo, ma qualcuno, tempo fa, mi disse ‘non esistono le coincidenze, solo l’inevitabile'... soltanto continuando a vivere troveremo una risposta alle nostre domande’!” afferma Dègel sorridendo, anche se, per un solo attimo, mi sembra quasi di vedere un velo di tristezza coprire i suoi occhi.

 

*****

 

Scendiamo le scale che collegano il Tempio dell’Acquario a quello del Capricorno, e ancora una volta non riesco a nascondere la tristezza che alberga in me, tanto che sia Dègel, Cardia ed Eleonora mi chiedono ripetutamente se c’è qualcosa che non vada. Rispondo di no, come potrei dire il contrario? Come potrei dire che vengo dal futuro? Che conosco le loro reincarnazioni e che sono la sorella di quella di Dègel?! Ho un tale mal di testa, mi sento così stremata, stanca, sola... è come se li conoscessi, tutti loro, e al contempo sono degli sconosciuti. Mi sento così strana...

“El Cid! Facci passare, per favore!” la voce del Cavaliere dell'Acquario mi fa riscuotere dai miei pensieri. Non mi sono neanche accorta di aver raggiunto la casa del Capricorno! Un rumore di passi riecheggia nella sala, poco dopo, una figura ammantata di aurei bagliori fa capolino proprio davanti a noi.

“Perdona la nostra venuta, volevo presentarti madamigella Marta, abiterà nella mia casa, almeno fino a quando non starà meglio!” mi presenta formalmente Dégel, sempre pacato e tranquillo.

Mi sento avvampare all'istante, perché non può darmi del ‘tu’ e chiamarmi ‘Marta’ come fanno Cardia ed Eleonora? Quell'appellativo, in più, proprio non mi piace, mi fa sentire lontana, terribilmente lontana!

El Cid si avvicina a me, scrutandomi attentamente.

Un brivido corre lungo la mia schiena, molto simile a quello che mi procurava Camus i primi giorni che l’avevo conosciuto. Anche El Cid deve essere un tipo apparentemente freddo e taciturno. Mi sento quasi giudicata.

“E’ lei?” chiede solo.

“Credo di si” risponde Dègel, serio.

“Bene... passate pure!” conclude, andandosene.

“Proprio un mostro di simpatia, mi raccomando! Vai avanti così e morirai vergine!” commenta Cardia, sarcastico, facendo persino le boccacce.

“Cardia!!!” lo rimprovera Dègel, alzando gli occhi al cielo.

“Bah, andiamo avanti senza indugi! Sisifo almeno è più loquace!” afferma l'interpellato, mettendosi le mani dietro alla testa e ricominciando a camminare. Un tipetto spensierato e senza peli sulla lingua, non c'è che dire!

Ci dirigiamo quindi verso la nona casa, quella del Sagittario, che poi apparterrà ad uno dei fratelli di Sonia... scuoto la testa, ricacciando indietro quei pensieri, non devo più rievocarli, se voglio davvero nascondere il mio malessere.

Entriamo nel tempio del Sagittario, ma neanche il tempo di fare due passi che già Cardia si mette a chiamare il parigrado con voce ostentatamente alta:

“Sisifo!!! Sei in casa?!?”

“Non c’è bisogno di urlare nelle altrui case, Cardia!” risponde un ragazzo, appena uscito da una delle innumerevoli stanze.

Lo guardo attentamente e con stupore: è straordinario come i Cavalieri di questa epoca siamo simili a quelli che conosco già. Dègel, Cardia, Albafica, El Cid, Sisifo mi ricordano tanto Camus, Milo, Shura e Aiolos, tuttavia mi accorgo al contempo che sono persone diverse: Dègel, già come prima impressione, mi sembra più dolce di Camus e soprattutto lo è con tutti, non solo con i pochi entrati nelle sue grazie; Cardia è più sfrontato di Milo, nonché più infantile; mentre Albafica è più riservato di Aphrodite e cura assai di meno il suo aspetto fisico, anzi si può dire che non lo calcoli affatto.

“Cardia, Dègel, Eleonora e... chi è questa ragazzina?” chiede Sisifo, sorridendomi.

“Si chiama Marta... - dice Cardia, solare – Eh sì, non sembra ma il nostro Dègel va a caccia di giovani donzelle quando nessuno lo vede!”

Mi sento avvampare per l’imbarazzo, anche Dègel arrossisce un poco, riuscendo comunque a mascherarlo bene. Deve essere abituato alle battutine del compagno.

“Da dove vieni, fanciulla? Chi ti ha addestrato? Hai un cosmo niente male!” mi domanda Sisifo, posandomi una mano in testa.

Bene, che dico ora? Non ho le forze per rispondere, neanche posso farlo, se non voglio dare un grosso scossone al flusso temporale, e mi sento tanto, tanto, stanca, quasi stremata.

“So solo che vengo da un luogo molto, molto, lontano” sussurro, abbassando lo sguardo. Mi reggo in piedi per grazia ricevuta, sebbene stia ottusamente camminando, ora capisco perché mio fratello mi voleva a letto, lui, prima di me, ha capito che ero troppo indebolita per qualsiasi tipo di sforzo, ed io, puntualmente, da bastian contrario, ho fatto l'opposto.

Comunque come risposta non è un granché, ma ho speranza che così possono pensare che abbia perso la memoria, quindi non pormi più quesiti ai quali non posso rispondere.

“Sisifo, è meglio non farle troppe domande. Quando l’ho trovata, aveva delle brutte ferite sul petto e sul polso destro. Può darsi che abbia vissuto delle esperienze orribili e che la mente le abbia rimosse per preservarsi... Dalle il tempo di rimettersi, con le nuove erbe che ha portato Albafica è solo questione di tempo!” spiega Dègel, serio.

Arrossisco ulteriormente, voltandomi con espressione grata nella sua direzione. E' sorprendente come Dègel riesca a capire la situazione con così pochi elementi. Ha una sensibilità unica che mi ricorda molto quella di una persona a me molto cara conosciuta diversa anni prima... e persa per sempre in quell'incidente di due anni fa!

“Ho capito... povera piccola, deve essere stato terribile quello che hai passato... - mi sussurra malinconicamente Sisifo - ma ora sei qui e non ti devi preoccupare, Dègel è davvero una brava persona, si prenderà cura di te in maniera esemplare!”

“Gr-grazie... spero di non essere un peso per tutti voi...” balbetto con quasi le lacrime agli occhi.

"Non lo puoi essere di certo, visto il tuo sfavillante cosmo!" mi sorride Sisifo, regalandomi un buffetto sulla guancia, prima di guardare gli altri.

“Passate pure, ne avete di strada da fare!”

Usciti dalla nona casa, Cardia si mette a saltellare allegramente, così, senza neanche una ragione precisa.

“Il prossimo tempio è il mio, aspetterò voi lumache laggiù!” esclama, cominciando a correre a perdifiato. Ha energie da vendere, ne avei bisogno anche io che sono così a terra.

“Perdonatelo, non lo fa apposta, è così di natura! E' una personalità un tantinello, ehm... sopra le righe, non so se mi intendete, ma ci sia abitua alla sua esuberanza” mi dice Dègel, un leggero sorriso sul suo volto.

Eleonora, intanto, ridacchia tra sé e sé, come se già lo conoscesse molto bene: "E se lo dite voi, Nobile Dègel, che lo avete sempre intorno!"

Scendiamo le scale senza dire più una parola, almeno finché non giungiamo in prossimità della Casa della Scorpione, che conosco molto bene. Qui sarà molto difficile non farsi sommergere dai ricordi.

“Dègel...” inizio, un po’ incerta.

Lui mi guarda con curiosità. gli occhi blu profondi che fissano i miei e i capelli, del verde dei prati, smossi un po' dalla brezza leggera. Un singulto mi scappa nel vedermelo così, ma lo trattengo, abbassando subito la testa. Mi sento un fuoco sulle guance, ma non posso darci peso.

“Puoi... puoi darmi del 'tu' come fanno gli altri?” gli chiedo, paonazza.

“Non è così facile... Non so spiegarlo bene neanch'io, ma mi è naturale approcciarmi a voi in cotal guisa - mi rivela, un poco a disagio, prima di tornare a concentrarsi su di me - Perché non desiderate un appellativo simile?”

Faccio per rispondergli, ma la voce acuta di Cardia, proveniente dall'interno del tempio, blocca il mio proposito, facendomi sussultare.

“Cosa diavolo fai qui, Marika?!”

 

Note:

“Non esistono le coincidenze, solo l'inevitabilità”, mi sembrava giusto specificare che questa frase non è farina del mio sacco, ma di quelle grandi autrici di Tsubasa Reservoir Chronicle che sono le Clamp (è proprio da questo fantastico manga che ho attinto questa frase molto profonda).

Grazie a tutti quelli che seguono questa storia! :)

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Capitolo 3
*** Nuove (e vecchie) conoscenze (seconda parte) ***


CAPITOLO 3

 

NUOVE (E VECCHIE) CONOSCENZE (seconda parte)

 

Entriamo velocemente nella Casa dello Scorpione per vedere cosa stia succedendo, Dègel sembra già aver capito qualcosa e ha un’espressione preoccupata in volto.

Appena arrivati nella sala grande notiamo una ragazza in piedi di fronte a Cardia, probabilmente un’altra inserviente come Eleonora.

“Cardia... ciao...” sussurra, abbassando lo sguardo.

“Cosa vuoi?! Che ci fai qui?!” esclama Cardia in tono acido, fremendo visibilmente.

Un brivido scorre lungo la mia schiena, avverto il suo cosmo ribollire come se fosse una pentola a pressione destinata ad esplodere. Sul suo volto non c’è più traccia del sorriso allegro e solare di poca fa, avverto solo rabbia ora, oltre che a un calore decisamente innaturale che sembra circondare tutte le colonne vicine a noi.

La ragazza di nome Marika si avvicina lentamente a Cardia, facendo per posare una mano sul braccio sinistro:

“Non ti ho trovato nella tua casa e mi sono preoccupata... Come stai? Come va il tuo...” comincia timidamente, ma lo Scorpione con un gesto fulmineo la spinge violentemente via.

“Non sono cose che ti riguardano! Impara a farti i cazzi tuoi!” urla, furibondo. Sono sempre più sbigottita da un comportamento simile: certo il più piccolo degli artropodi provvisti di veleno, messo all'angolo, si difenderebbe con il proprio pungiglione o con qualunque altro tipo di arma in suo possesso, ma non è questo il caso e la ragazza sembra solo preoccupata per lui per via di qualcosa... Perché allora un simile trattamento?!

“M-ma io...” balbetta lei, incerta.

“Tu non puoi capire! Non pensare che solo perché ti preoccupi per me mi diventi simpatica da un momento all'altro!” continua Cardia, guardandola con disprezzo.

“Cardia, stai esagerando! Non è colpa di Marika e lo sai bene!” interviene Dègel, accennando un passo.

“E’ più forte di me! Tu conosci la storia...” bofonchia Cardia, abbassando la voce.

“Lo so, amico, ma non puoi lasciare che tutta questa rabbia ti consumi dentro, e ancora meno che si scagli contro di lei non appena ti rivolge la parola!” afferma Dègel, in tono agrodolce. Una predica bonaria, insomma, ma pur sempre una predica!

“Posso, invece! E’ mia sorella!” ribatte Cardia, sempre più furente.

Guardo incredula prima Cardia e poi Marika; loro due sono fratello e sorella?! Automaticamente stringo i pugni, avvertendo una fitta al petto.

“Tu devi essere il maggiore, vero?” chiedo improvvisamente a Cardia, seria.

Il mio tono di voce è freddo, più di quello che dovrebbe essere, forse perché mi sento ‘tirata in ballo’. Marika si sta solo preoccupando per lui perché gli vuole bene, non ha senso alcuno attaccarla così. Se... se Camus usasse quel tono con me, io...

“Non sono neanche affari tuoi!” esclama Cardia, arrogante. E' decisamente troppo!

“Certo che lo sono!!! Essere il fratello maggiore non ti autorizza a trattare tua sorella come se fosse un’appestata, lei era solo in pensiero per te e, anche se in teoria non sono fatti miei, non posso tollerare un simile comportamento!” esplodo, urlando a squarciagola con tutte le forze.

Tutti i presenti mi rivolgono uno sguardo misto tra la perplessità e lo stupore, mentre tra le pareti dell'ottava casa risuonano le mie parole.

Istintivamente abbasso la sguardo, imbarazzata, toccandomi il petto nello sentire che le fitte non si sono placate, anzi continuano ad essere fastidiosissime.

“Anche io ho un fratello maggiore e anche io mi preoccupo da morire per lui... se ricevessi delle risposte così... così brutali starei malissimo!” provo a spiegare, prima di correre via giù per le scale che uniscono l’ottavo tempio con il settimo. Mi vergogno per la scenata appena fatta, anche se non potevo non intervenire, oltretutto dovrei cercare di non farmi coinvolgere da queste faccende.

“Esatto, non devo... –dico tra me e me, arrestando improvvisamente la corsa– non devo e non posso farmi coinvolgere, ma soprattutto non mi devo affezionare... no! Perché troverò presto il modo di tornare a casa. Questo non è il mio tempo!”

In fondo non ci dovrebbe volere molto, basta essere freddi...

Sì! Devo essere fredda come il ghiaccio che è anche il mio potere, esattamente come ci ha sempre insegnato il Maestro Camus. Devo... essere come un ghiacciaio, ecco!

“Ehm, tutto bene, ragazzina?” una mano si posa sulla mia spalla, alzo lo sguardo come per ringraziare lo sconosciuto delle sue attenzioni, ma i miei occhi si spalancano per lo stupore:

“Dohko!!!” esclamo al culmine della sorpresa. I suoi capelli, i suoi occhi... non c’è dubbio, è proprio lui, ma come è possibile?!

“Ci conosciamo? Non mi sembra di averti mai visto!” mi domanda lui, un po’ stranito dal mio tono così confidenziale.

Una scintilla mi attraversa il cervello, riportandomi alla ragione.

Che stupida sono stata! Shion e Dohko non sono forse gli unici superstiti della Guerra Sacra avvenuta nel 1743? Perché non ci ho pensato prima?! E' naturale che si trovino qui... ma non sono comunque quelli che ho conosciuto io, sono altri, più inesperti e ingenui, perché il sacro conflitto non è ancora iniziato. Loro... non sanno...

“Marta!” la voce di Cardia mi salva in extremis da una probabile situazione in cui io non avrei avuto parole da dire, mentre il Cavaliere della Bilancia mi avrebbe tempestato di domande.

Mi volto verso l’entrata del tempio, sospirando impercettibilmente per il passato pericolo. Ma non finirà qui, lo so, ho parlato troppo.

“Hai un bel caratterino, ragazzina... Mi piace!” si congratula Cardia, facendo alcuni passi nella settima casa insieme a Dègel.

“Dov'è Eleonora?” chiedo, non vedendola più al loro fianco.

“A recar sollievo a Marika” risponde solo Dègel, fulminando con lo sguardo Cardia.

“Quindi conoscete questa ragazza?” domanda Dohko, scettico. Un brivido scorre lungo la spina dorsale, temendo eventuali domande.

“Sì, è la promessa sposa di Dègel!” interloquisce Cardia, ridendo sguaiatamente.

“Cardia! Se almeno stessi zitto... hai combinato abbastanza malestri per oggi!” lo rimprovera Dègel, sospirando. Inaspettatamente l'amico abbassa lo sguardo, trovando più interessante fissare il pavimento sotto di lui. Un comportamento che denota pentimento?

Improvvisamente Dohko si mette a ridere, incrociando le braccia al petto con fare bonario. Cardia e Dègel lo guardano interrogativamente.

“Scusate, amici, ma siete buffi insieme... ecco cosa accade quando fuoco e ghiaccio si incontrano e non si scontrano!” commenta Dohko, facendo l'occhiolino.

Anche sul mio volto appare un sorriso, Dohko ha proprio ragione, ancora di più perché ho nella mente e nel cuore l'esempio di Camus e Milo.

“Passate pure, dovevo chiedere delle cose alla ragazzina, ma ci penserò un'altra volta” afferma poi Dohko, facendomi comprendere che la prossima volta non ho speranze di fuga. Gli regalo un sorriso di circostanza, pregando in cuor mio di avere tempo per trovare una soluzione. Poi cammino verso l'uscita del tempio.

Prima di rivedere la luce del sole, do un’ultima, fugace, occhiata alla casa, così simile a quella che conosco io... il Santuario non è poi cambiato molto in più di 240 anni!

“Già... sarà impossibile non affezionarsi a questi Cavalieri d’Oro...” mormoro tra me e me, sospirando.

“Hai detto qualcosa?” mi chiede Cardia, voltandosi di scatto.

“Assolutamente nulla!” rispondo, sorridendo, poggiando le mani dietro la nuca con fare spensierato.

 

*****

 

Entriamo nella sesta casa e la prima cosa che notiamo è un uomo, vestito con un’armatura d’oro, seduto per terra a gambe incrociate. Il mio cuore perde nuovamente un battito nello scorgere la sua figura in tutto e per tutto identica a Shaka!

“Ehilà, Asmita! –lo saluta allegramente Cardia, forse in tono fin troppo alto– Stiamo portando la mocciosa a spasso come si fa con i cani... ci concedi di passare?”

“Non urlare, Cardia, sono cieco non sordo!” lo ammonisce il ragazzo di nome Asmita.

“Mi... dispiace” mormoro, triste. A quanto pare a differenza di Shaka, che tiene gli occhi chiusi per potenziare il cosmo, Asmita non ci vede proprio. Un mondo senza la vista... fatico a pensarlo!

“Tu sei la ragazzina della quale il Grande Sacerdote ha predetto l’arrivo... come ti chiami?” mi chiede Asmita, sorridendomi.

“Mi chiamo Marta, signore” rispondo solo, vagamente perplessa.

Qui tutti sapevano del mio arrivo, come è possibile?

“Marta è un nome antico, per quanto ne so, ma la pronuncia che mi hai dato e l’accento, mi fanno capire che hai origini francesi, è così?” mi domanda, tranquillo.

“Sì è così, ma sono nata... –un attimo di pausa per ricordarmi come è suddivisa la futura Italia in questa epoca– nella Repubblica di Genova... la Superba per uomini e per mura!"” concludo, orgogliosa. Un po' di sano patriottismo ligure non può certo mancare!

“Ehi, 'Superba per non ho capito che cosa', possiamo andare?!” interviene Cardia, sbuffando, probabilmente stufo da tanti discorsi. Sto per rispondergli con le rime per tanta insolenza, ma la voce del Cavaliere della Vergine mi blocca.

“Un’ultima domanda: qual è l’origine della forza, per te? Cosa intendi per ‘forza’?” mi chiede Asmita, non calcolando minimamente lo Scorpione.

Una specie di flash mi attraversa la mente... Dove ho già sentito una frase molto simile a questa?

“Tutto bene, Marta?” domanda Dègel, apprensivo.

Beh, almeno ha omesso il ‘madamigella’... è già un passo avanti.

Scuoto la testa, cercando di svegliarmi dal torpore.

“Scusate... per me ‘forte’ è qualcuno che riesce a proteggere le persone care dando tutto sé stesso, che combatte unicamente per difendere i proprio principi e ama il mondo per quello che è. Voi mi chiedete qual è l’origine della forza... ebbene gli esseri umani traggono potere dall'amore; l'amore in tutte le sue forme possibili, da quello per sé stessi, a quello fraterno o amicale, fino ad arrivare all'amore con la 'a' maiuscola".

“Tu sai... che l'amore può, sì, dare, ma anche togliere tutto, vero?" continua Asmita, serio.

Prendo un profondo respiro, mentre nella mia testa si affacciano i volti sorridenti di Camus, Milo, delle mie amiche e degli altri Cavalieri d’Oro... eccome se lo so!

“Ne sono consapevole... amare ti porta ad essere debole, a diventare vulnerabile. Quando una persona cara rischia la vita, o addirittura muore, sei come frantumato in mille pezzi alla deriva... Io ho... vissuto... questo stato! Ma parallelamente quando vuoi bene a una persona dentro di te si sprigiona un enorme potenziale, una scintilla di calda luce, che ti permette persino di compiere miracoli... -prendo una breve pausa, chiudendo gli occhi per non far trapelare troppo le mie emozioni- Io combatterò sempre per proteggere le persone vicine a me!" concludo alla fine, riaprendo le palpebre con impeto.

Nel frattempo il silenzio regna nella casa: Asmita sembra essere diventato improvvisamente triste; Dègel mi guarda con ammirazione, ma è come se avvertissi un grande vuoto dietro il suo sguardo, invece Cardia si tasta il petto abbastanza indifferente al mio discorso.

“E dopo questa sviolinata di combattere per gli altri e bla, bla, bla... chi combatte solo per sé stesso può tranquillamente andare a suicidarsi perché, a quanto sembra, inutile è la sua vita!” esclama questo ultimo, tagliente. Ma non sembra desideroso di ferire a parole, piuttosto di farci capire che lui la pensa diversamente da me.

“Cardia! Non puoi...” dice ad alta voce Dègel, infastidito.

“Cosa vuoi che ti dica, Dègel?! Odio questi discorsi filosofeggianti. Andiamo, su!” ci invita lo Scorpione, facendo per uscire.

Dègel farfuglia parole di scusa rivolte a me e al Cavaliere della Vergine, io lo provo a rassicurare con un sorriso, facendogli capire che, no, non me la sono presa per l'intervento del suo amico.

“Andate pure... - ci incoraggia invece Asmita,nettamente più infastidito di me– Marta! Mi piacerebbe fare un'altra chiacchierata con te, ma senza interventi esterni!” conclude poi, sorridendomi calorosamente.

Raggiungiamo abbastanza in fretta la quinta casa, dove un ragazzo molto simile ad Aiolia, ma più basso di statura ci saluta allegramente:

“Cardia! Dègel! Aha, buongiorno!”

“Buongiorno, Regulus! Ci permetti di attraversare il tuo tempio?” chiede Dègel, sorridendo.

“Sicuro che potete! Però chi è questa ragazza?” domanda lui di rimando.

“Lei è Marta, l’ho trovata tre giorni fa svenuta e...” spiega per la milionesima volta Dègel, con grande pazienza.

“Aaaaah, capito! Molto piacere madamigella, io mi chiamo Regulus e sono il Cavaliere del Leone!” si presenta lui, prendendomi la mano. Dal suo tono traspare un certo orgoglio.

“Non ‘madamigella’, per favore!” dico, imbarazzata.

“Va bene, Marta, anche io odio i titoli onorifici, l’importante... -afferma Regulus, prendendo una breve pausa– diventiamo amici? Va bene se ti considero già come tale?” domanda formalmente, saltellando allegramente, anche perché mi pare abbia già deciso tutto lui.

Il suo carattere così solare ed ingenuo mi spiazza, non credo di aver mai conosciuto un Cavaliere d’Oro con tali caratteristiche, sembrano quasi... sembrano quali quelle di un bambino!

“Quanti... quanti anni hai?” chiedo, quasi non rendendomene conto.

“Tredici anni, sono il Cavaliere d’Oro più giovane del Grande Tempio!” risponde, sorridendomi.

Solo tredici anni... la Guerra Sacra inizierà tra due anni, nel 1743, solo a Dohko e Shion sarà concesso di perpetrare il futuro, mentre tutti gli altri moriranno... Regulus all'età di quindici anni, Cardia, Dègel...

Stringo i pugni con forza. Perché il destino mi ha condotto qui? Perché mi ha sottoposto ad una prova così ardua? All'uomo non è concesso di cambiare il passato! Quale utilità posso avere in questa dimensione?!

“Andiamo avanti, coraggio!” esclamo ad un certo punto, cominciando a camminare per tentare di cancellare il senso di apprensione che, pian piano, si fa strada nel mio cuore.

 

 

*****

La prima peculiarità che trovo entrando nella quarta casa, è l’atmosfera, così diversa da quella che avevo avvertito con Death Mask la prima volta...

“Ma guarda chi mi è venuto a trovare, l’allegra famigliola felice!” commenta, sarcasticamente, una voce.

“Ma guarda chi c’è... Manigoldo il boia!” gli fa eco Cardia, salutandolo alla stessa maniera. Ho già capito che 'sti due si sono proprio trovati caratterialmente!

“Manigoldo, siamo venuti per...” comincia Dègel, ma il Cavaliere del Cancro lo blocca:

“Lo so, siete venuti per presentarmi vostra figlia! Qui tutti al Grande Tempio ci stavamo chiedendo quando sarebbe successo, e finalmente... finalmente l'ora è giunta!” conclude lui, mettendo le braccia sulle spalle di Cardia e Dègel per poi rivolgergli un sorriso amabile, quasi da irresistibile canaglia.

“Che... che scempiaggini vai dicendo, Manigoldo, noi...” riprova Dègel, rosso in viso, ma viene nuovamente fermato dal Cavaliere del Cancro.

“Lo so, caro Deggy, quel vegliardo di Sage, ha avvertito anche me al riguardo, questa è la ragazza del suo sogno!” afferma Manigoldo, dandomi un buffetto sulla guancia.

“Mi chiamo Marta e... non ho ben capito questa storia del sogno premonitore, che significa? Il Grande Sacerdote ha predetto il mio arrivo?” chiedo, massaggiandomi la guancia.

“Il tuo arrivo diretto no, la tua presenza sì. Neanche noi sappiamo molto, penso che a tempo debito ci sarà rivelato tutto. –risponde Manigoldo, facendomi l’occhiolino– A proposito Dègel... il mio Maestro Sage ha chiesto la tua presenza domani, pare ti voglia affidare una missione insieme a Cardia” spiega lui, serio.

Guardo Dègel, poi Manigoldo ed infine Cardia, quest’ultimo sbuffa contrariato. Aspetta un momento, Manigoldo ha parlato di ‘Maestro Sage’, vuoi vedere che il Cavaliere del Cancro di questa epoca è l’allievo del Grande Sacerdote?!

“E’ per la faccenda della presenza nel bosco, vero?” domanda Dègel, risoluto.

Manigoldo si limita a fare un breve cenno di assenso e, dopo averci salutato con un ghigno, va in una delle sue stanze private.

Attraversiamo la terza casa senza nemmeno fermarci, alle mie richieste di spiegazioni entrambi i Cavalieri mi rispondono in modo veloce e fugace, come se non volessero parlare di un argomento spiacevole.

L’unica cosa che ho capito al termine della ‘chiacchierata’ con Dègel e Cardia è il fatto che, ancora una volta, la storia del Cavaliere di Gemini è intrisa di oscuri presagi. Per questo motivo il terzo tempio è vuoto.

Raggiunta velocemente la seconda casa, noto con piacere che anche il Cavaliere del Toro precedente ad Aldebaran è simpatico come quello che ho conosciuto io! Purtroppo il dialogo tra noi e lui è abbastanza breve perché il tempo stringe, ma quasi subito riesco a capire che è impossibile non voler bene a questo ‘gigante buono’!

“Povera piccola! Gli avete dato qualcosa da mangiare?” chiede il Cavaliere del Toro, scompigliandomi i capelli.

Solo ora riesco a sentire veramente quanta fame ho, facendo rapidamente mente locale non riesco a ricordarmi da quanto tempo non metto qualcosa di solido sotto i denti!

Dègel e Cardia si danno una veloce occhiata, imbarazzati:

“No, non ci abbiamo nemmeno pensato!” sussurrano contemporaneamente.

“Male! E’ necessario nutrirsi per essere in forze, ecco spiegato perché questa ragazzina è così indebolita! Ora andate a salutare Shion e poi datele subito qualcosa da mangiare!” li ammonisce il Cavaliere del Toro.

Dègel e Cardia fanno un cenno di assenso e iniziano ad incamminarsi.

“Aspetta, non mi hai detto il tuo nome!” esclamo, prendendogli goffamente una mano tra le mie.

“Aldebaran! Proprio come la stella più luminosa della costellazione del Toro” mi risponde, fiero.

Dovrei chiedermi perché ha lo stesso nome del Cavaliere del Toro del presente, ma la stanchezza mi ha assalito all'improvviso, quindi mi limito a sorridere stancamente e a riprendere il cammino.

Giunti finalmente alla prima casa, non vediamo subito il Cavaliere dell’Ariete e quindi ci chiediamo dove possa essere.

“Shion, sei nel tempio?” domanda Dègel ad alta voce.

Un brivido scorre lungo la mia schiena al suono di questo nome così familiare, automaticamente rivivo i ricordi della prima volta in cui avevo conosciuto Shion… il suo sguardo mentre mi parlava proprio di Dègel era carico di un rispetto assoluto misto all'affetto più dolce; mi pareva quasi di poterlo vedere Dègel di Aquarius, protettore della Giara del Tesoro del XVIII secolo, ed ora... eccolo qui davanti a me intento a chiamare proprio l'amico della prima casa...

“Dègel? Sono qui fuori!” la voce del futuro Grande Sacerdote mi riporta alla realtà.

Usciamo lentamente dalla parte opposta a quella dove eravamo entrati e subito mi blocco nel vedere la scena: Shion, con i capelli molto più corti e lo sguardo più vivace rispetto a come l’ho conosciuto, è in ginocchio vicino a tre armature ricoperte di sangue; sangue che proviene dai polsi delle stesso Shion.

“Cosa diavolo stai facendo?!” esclama Cardia, osservando incredulo il compagno d'armi.

“Per riparare le armature occorre sangue di Cavaliere... la Guerra Sacra è ormai alle porte ed io farò di tutto per riparare queste vestigia!” proferisce Shion, mentre io cerco di combattere contro il senso di nausea che ancora una volta cerca di impadronirsi di me. S-sangue... sangue che zampillava fuori dal mio corpo dopo la battaglia contro Crono, togliendomi la vita...

“Ciò nonostante anche la tua presenza è insostituibile per la Guerra Sacra... -interviene Dègel, toccando delicatamente i polsi di Shion, i quali si rimarginano all'istante– quindi cerca di non esagerare, intesi?”

Shion gli rivolge un sorriso sincero e ricco di affetto, tutto questo mentre le orecchi mi iniziano a fischiare rumorosamente. Sangue che fuoriusciva dal petto dilaniato di mio fratello Camus, sporcandogli il volto e i lunghi capelli...

“Grazie, Dègel! Chi è la ragazzina?” domanda poi Shion, curioso.

“Lei è... Marta!!! Stai bene?!” esclama Dègel, preoccupato.

Ho appena il tempo di appurare che, finalmente, Dègel mi ha dato del ‘tu’, che un improvviso capogiro più forte degli altri mi priva dell’equilibrio e mi fa cadere...

“Ouuuueeee, Marta!! Che fai?! Mi svieni proprio adesso?!” esclama scherzosamente Cardia, afferrandomi comunque al volo.

Shion e Dègel accorrono vicino a me...

“Che ti succede, Marta?” chiede Dègel, posandomi una mano gelida sulla fronte.

“I-io non lo so... I-il sangue... le mie ferite che...” riesco ancora a balbettare prima di svenire completamente.

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Capitolo 4
*** In giro con Cardia ***


CAPITOLO 4

 

IN GIRO CON CARDIA

 

2 Agosto 1741, pomeriggio.

 

Apro lentamente gli occhi e mi metto seduta, massaggiandomi la fronte madida di sudore.

E’ successo di nuovo, ma perché? Perché la vista del sangue mi fa questo effetto?

Eppure prima della battaglia contro Crono non mi era mai capitato, se non quando ero in ospedale, al capezzale di mio fratello, ma in quel frangente era normale, ora invece... è come se avvertissi un malessere netto, invasivo, dentro di me al solo scorgere quella sostanza purpurea. Cosa mi sta succedendo?

Sospiro, voltando istintivamente la testa di lato. Grazie a questo gesto noto subito un cestino di mele sul tavolo al mio fianco; avvicinandomi ulteriormente vedo che c’è anche un bigliettino. Senza esitare lo apro e lo leggo tutto d'un fiato:

 

Sono il frutto preferito di Cardia, lui stesso è andato a prenderne un po’, ingiungendomi di dartele appena ti saresti svegliata. Ti dirò, mi ha molto stupito il suo interessamento. Nel qual caso non fossi li con te quando riaprirai gli occhi, mi trovi in biblioteca.

 

Dègel

 

Mangio con gusto le mele, provando un piacere incredibile nell'addentarle, nello stesso momento ricalco più e più volte la grafia elegante e un poco arzigogolata di Dègel. Che strana! Già da questa si ha una percezione del suo carattere raffinato, non avevo mai visto una scrittura così particolareggiata, profuma di antichità e di mistero.

Comunque non so se sia semplicemente la fame o il fatto che mi trovi nel XVIII secolo, ma non ricordo di avere mai assaggiato delle mele così buone e succose!

Appena finisco di divorare la frutta esco dalla camera, cercando di capire dove mi trovo. Da una rapida occhiata, comprendo essere proprio alla Casa dell’Acquario, questo significa che o Dègel o Cardia mi devono aver portato in braccio fino a qui! Arrossisco vistosamente a questo pensiero, tentando di scacciare la sensazione di imbarazzo che mi ha investita.

“Oooo, ciao! Tu devi essere Marta!” una voce alle mie spalle mi fa prendere un colpo. Mi volto, i miei occhi blu si posano su due verdi, così simili a quelli di Sonia...

“Tu sei Marika, vero?” le chiedo, ricordandomi della ragazza che, il giorno prima, si era preoccupata tanto per Cardia, ricevendo però solo risposte spietate.

“Sì, sono contenta che ti ricordi di me... volevo ringraziarti per il tuo interessamento di ieri, non era da tutti” mi dice, con una punta di tristezza.

“Quindi quel Cardia è tuo fratello maggiore, ma perché ti ha trattato così?” domando ancora, curiosa. Mi sento emotivamente coinvolta, non fosse altro che anche io ho scoperto di avere un fratello maggiore.

“E’ una storia assai lunga, non mi sento di raccontartela ora, scusa...” mormora, abbassando lo sguardo.

“Non preoccuparti, non devi dirmelo se non te la senti” la provo a rincuorare, capendo di aver toccato un tasto dolente e di essere stata discretamente inopportuna.

“Posso fare altro per te?” mi chiede di rimando, mettendosi in ordine i lunghi capelli scuri.

“Oh sì, sai dov'è la biblioteca dell’undicesima casa?”

“Certo! Vieni che te la mostro!”

Marika mi conduce davanti ad una grande porta già aperta. Dopo avermi dato delle indicazioni su come orientarmi all'interno, si dirige verso il Tempio dei Pesci, dovendo svolgere altre incombenze.

Entro con un po’ di riluttanza nella biblioteca e la prima cosa che noto è il numero estremamente elevato di libri appoggiati sugli scaffali in maniera ordinata e composta. Tutto l'opposto di quel che farei io, ecco, essendo abituata al disordine.

E’ meraviglioso! Non avrei ma immaginato che all'interno dell’undicesima casa ci fosse una biblioteca così enorme! So che molti direbbero: “sono solo un mucchio di pezzi di carta”, ma i libri mi hanno sempre affascinata, senza contare che dentro ognuno di essi ci sono le esperienze, le considerazioni e le storie di uomini che hanno camminato sulla Terra molto prima di me. Nonostante questo, le loro fatiche sono giunte alla mia epoca, proprio grazie al vettore di quelle pagine un poco ingiallite.

Sono presa talmente tanto dai miei pensieri da non accorgermi di un'esile figura che si sta avvicinando a me, o meglio, me ne rendo conto solo quando mi colpisce sulle gambe, facendomi traballare in avanti.

“Dannazione! Puoi stare più attenta?!” mi riprende un bambino, appena finito a terra, massaggiandosi il didietro dolorante in seguito alla caduta.

“Scusa, anche se a dirla tutta sei tu ad essermi piombato addosso!” ribatto, un po’ scocciata. Non ho particolare simpatia per i marmocchi, ancora meno verso quelli specificatamente impertinenti. Sarebbe ben diverso se avessi un gattino qui, allora sì che andrei in brodo di giuggiole, ma i bambini non mi sono mai piaciuti. Credo che una percentuale di colpa sia data anche dal fatto che da piccola sono stata presa di mira diverse volte, non ho mai capito perché, forse ero diversa o non so, del resto a quell'età non hanno proprio i peli sulla lingua. Sospiro, scacciando in fretta e furia i brutti ricordi.

“Ritira subito quello che hai detto, babbiona che non sei altro!” esclama "l'adorabile" pargolo, punto sul vivo. Avrà una decina d'anni, eppure il rispetto non sa neanche cosa sia, è anche discretamente impertinente.

Sbuffo, lasciando cadere il discorso, nel frattempo il ragazzino si mette in piedi, raccogliendo con dedizione i libri caduti.

“Sai dov'è Dègel?” gli chiedo, cercando di essere gentile il più possibile.

“Come ti permetti di chiamarlo solo ‘Dègel’ ?! Lui è l’uomo più intelligente del Santuario, non lo sai?! Dovresti inchinarti e...”

“Basta, Federico, finiscila!!!” la voce di Dègel, sbucato alle mie spalle, interrompe gli schiamazzi del piccolo.

Lo vedo immobilizzarsi seduta stante, lo stesso capita anche a me, per ragioni diverse, che mi sfuggono. In ogni caso avverto un brivido di imbarazzo solcarmi la spina dorsale.

“Ti ho già spiegato che l’intelligenza è anche capire i propri limiti umani; nessuno dovrebbe farsi lodare dal popolo e dalla gente con titoli onorifici, anzi, io, che sono un Cavaliere al servizio dell’umanità, dovrei essere l'ultimo appellato in cotal guisa!” lo rimprovera Dègel, serio.

"Ma lei... ti ha mancato di rispetto!" prova ad opporsi il pargolo, abbattutto. Mi fa quasi tenerezza.

Dégel si china nella sua direzione, sorridendo leggermente: "Davvero? E quando lo avrebbe fatto?"

Federico sembra corrucciato, guarda me diverse volte, poi lui, infine nega con la testa: "Ti ha chiamato per nome..."

"E questo sarebbe uno sgarbo? - gli domanda retoricamente, sospirando appena e vezzeggiandogli i capelli. Di certo è molto più espansivo di Camus, accipicchia - Lei è come te... l'ho trovata ferita a terra; sii gentile, sempre, perché non sai cosa abbia vissuto prima di giungere qui"

“Ho capito... scusa...” pigola Federico, mettendosi poi a correre verso l’uscita e sparendo poco dopo.

“Perdonalo, non è nefando come bambino, tutt'altro... ma per quanto mi ostini ad insegnargli di non attaccare verbalmente chiunque, a suo dire, non mi porti rispetto, lui continua per la sua strada...” mi spiega Dègel, voltandosi verso di me sempre con quel sorriso appena accennato ma ugualmente gentile.

Riesco ad accorgermi appena di guardarlo con espressione ricolma di meraviglia e con tanto di bocca aperta, qualcosa accelera dentro di me, qualcosa di non ben definito. Mi ricompongo a forza, avendo notato che in questo particolare frangente porta gli occhiali... che gli donano alquanto, porca miseria!

Al di là di questo, sono comnunque oggetti tutt'altro che ordinari in questo periodo storico, mi meraviglia quindi che li indossi, proprio lui, che è Cavaliere d'Oro, chissà a quale storia sono legati...

“E’ tuo fratello? O un tuo cugino?” gli domando, curiosa, distogliendo la mia attenzione dal suo volto per evitare di sembrare villana.

“Oh no, niente di tutto questo... cinque anni fa in una fredda sera d’inverno, l’ho trovato svenuto sulla neve, l’ho raccolto e me ne sono preso cura, finchè non si è ripreso completamente. Mi ha spiegato che la sua famiglia lo aveva mandato a prendere alcune medicine, ma quando era tornato la casa dove abitava con loro era vuota...” mi inizia a raccontare tristemente, modulando il tono della voce.

“Oh, no, che gli sarà successo?! Quanti anni ha ora?! Non può essere che... l'hanno abbandonato, vero?!" esclamo, incredula, portando le mani alla bocca.

“Non ho risposte... comunque nessuno è venuto più a cercarlo da allora. Aveva 4 anni, ora ne ha 9” continua a narrarmi, sospirando.

“Ti deve volere molto bene... ecco spiegato perché vorrebbe che tutti avessero lo stesso rispetto che prova lui per te!” provo ad ipotizzare.

“Forse hai ragione, ma i titoli onorifici mi imbarazzano, anche se, in fondo, mi piace essere chiamato ‘l’uomo più intelligente del Grande Tempio’...” sussurra Dègel, togliendosi gli occhiali.

Istintivamente faccio tre passi indietro, mentre la sua ultima frase mi rimbomba in testa, riportandomi indietro. Lui se ne accroge fin troppo bene.

“Marta, cos'hai? Il tuo volto è così cereo ora!” afferma Dègel, confuso dal mio cambiamento di espressione, non sapendo bene se annullare la distanza, per scrollarmi, o mantenerla.

Mi ha dato di nuovo del tu, proprio come la voce che mi ha sostenuto quando ero tra la vita e la morte... stesso timbro, stesso accento... possibile che...?!

Automaticamente sono io ad azzerare questa diastanza tra noi, la mia mano, come guidata da qualcosa, tocca la sua, che sta tenendo ancora gli occhiali, il mio sguardo si fissa intensamente nei suoi occhi blu mare profondo. Mi... ne sono come attratta, come se fossi carpita da un vortice.

“Allora eri tu... Come hai fatto a raggiungermi? Perché lo hai fatto? Sei... chi sei per me?” sussurro, mentre il cuore mi inizia istantaneamente a martellare forte nel petto, il respiro corto. Tuttavia si tratta di pochi attimi, poco dopo qualcosa di ancora più forte ci separa. Inevitabilmente.

“Non comprendo le tue parole, ci conosciamo solo da pochi giorni... no?” mormora Dègel, arrossendo notevolmente, guardando altrove. La pausa tra le sue parole... è come se anche lui, per un attimo, avesse avuto tutt'altra percezione.

Fisso il pavimento, mentre la sensazione di imbarazzo si fa sempre più forte. Non è possibile che sia la stessa voce, in effetti, come dice lui, è da pochissimi giorni che sono qua, abitiamo in due epoche diverse, intoccabili... che vado mai a pensare?!

“Scusa, deve essere la stanchezza...” sussurro, uscendo di corsa dalla biblioteca, non reggendo più la sua presenza.

***

 

3 Agosto 1741, notte

 

Stringo con forza le coperte, sentendomi perforare dalle mie stesse unghie la carne sottostante, avverto il sangue uscire, mentre il dolore si fa via via più intenso, ma non me ne curo più di tanto...

Fuori si ode il rumore della tempesta di neve, il vento soffia forte contro le finestre, facendole tremare vistosamente. Cederanno il passo alla perturbazione, spalancandosi? Non posso saperlo con certezza, quel che so è che io mi trovo nella medesima situazione, con la differenza che la tempesta nel mio cuore non si è mai realmente attenuata, e che anzi più passa il tempo più mi sento in balia di essa. Così fragile... il solo pensiero di esserlo mi terrorizza!

Quasi non mi accorgo di un singhiozzo che sfugge dalle mie labbra... ma faccio presto a ricacciarlo dentro di me con tutta la forza che possiedo. Se la battaglia è già persa, non uscirà comunque nulla da qui, giammai!

Dannazione! Se non gli avessi detto quella frase altisonante: 'Non voglio vederti gironzolare qua intorno per un bel po’ di tempo!', forse tutto questo non sarebbe successo! Non avrei mai pensato che il destino mi avrebbe preso in parola, e invece...

Ne sono sicuro... Marta è smarrita da qualche parte in questa dimensione, ferita e sola, non c’è traccia del suo niveo cosmo da nessuna parte, ma sento che è qui, da qualche parte, DEVE essere qui, VIVA.

Dove ti trovi, piccola mia? Ti senti tanto sola?”

Stringo ancora di più le coperte, sentendomi pizzicare fastidiosamente gli occhi, ma non posso permettere alle deboli lacrime di avere la meglio, a cosa servirebbero, d'altronde?

Io sono il Signore delle energie fredde, sono il ghiaccio e il gelo... presiedo la gelida banchisa, la neve ghiacciata nel rigido inverno, nulla hanno da spartire le lacrime con me, nulla! E tuttavia...

Credevo di aver rigettato alle mie spalle tutti i sentimenti molto tempo fa, di aver reso il mio cuore inaccessibile, solo così non avrei più sofferto, mi ero detto. Che patetico sciocco sono stato! Non avevo messo in preventivo Milo, Isaac e poi Hyoga, senza contare Francesca, Michela, Sonia e Marta. Sono state più forti di ogni altra cosa, ben poco ci hanno messo per fare breccia nel mio cuore ghiacciato e, all'apparenza, inospitale. Ma le lacrime, no, non vinceranno questa battaglia, non più!

Mi metto difficoltosamente seduto sul letto, contemplando la tempesta di neve fuori dalla finestra. Una pallida calma invade le mie membra, vincitrici della lunga guerra contro le lacrime. Respiro profondamente nel tentativo di controllare il dolore che, rapido, si è fatto sentire, bruciante come fruste di lava incandescente.

Resisti, Marta! Ti troverò in qualche modo, te lo prometto, piccola mia!”

 

*******

 

Apro lentamente gli occhi, rincuorata dalla nuova visione che ho avuto. Anche se non ho capito dove si trovi Camus né in quale tempo, due cose sono certe: è in un posto freddo e le sue condizioni sono abbastanza stabili, anche se sembra provare ancora dolore per le vecchie ferite. Sospiro, tremando appena, avvolta da una spiacevole sensazione.

“Chi è... Camus?” una voce molto vicina mi fa spalancare completamente gli occhi per mettere a fuoco il soggetto che letteralmente mi fiata sul collo. Solo ora noto un viso alquanto familiare a pochi centimetri dal mio, praticamente perpendicolare alla mia bocca:

”Aaaaaaah!!!” urlo, alzandomi di scatto e spintonandolo via con foga inaudita. Lo avverto rotolare come un barile, prima di picchiare contro il muro, imprecare, e mettersi a gesticolare nella mia direzione.

“Stai zitta, matta!!! Se Dègel mi scopre mi trasforma in una statuetta di ghiaccio ed io odio il freddo!” esclama Cardia, balzando di nuovo sopra di me per tapparmi completamente la bocca, ma non abbastanza da farmi tacere.

Gli provo a rifilare un mezzo calcio negli stinchi, ma lui balza indietro, forse non aspettandosi una reazione così pronta.

“Sei proprio pazzo!!! Chi ti dà il permesso di entrare nella camera di una ragazza a quest’ora di notte!? Il riguardo, sai almeno cos'è?!” strepito, coprendomi di riflesso con il lenzuolo

"Orsù quante sceneggiate per esserti venuto a trovare, dovresti fare i salti di gioia!"

"I-io ho il mio onore da difendere... - blatero, fulminandolo con lo sguardo nell'atteggiarmi davvero come una giovane fanciulla del Settecento - N-non puoi entrare c-così, come se niente fosse!"

"Non posso entrare così, eh? E dove sta scritto?!"

"Non sta scritto da nessuna parte, non si fa, punto!"

Cardia ridacchia rumorosamente a questa mia affermazione, nel frattempo fa luce con alcune candele, permettendomi così di scrutarlo con profondi occhi indagatori. Non so se è per una reazione di stress o cosa, ma mi viene da sdrammatizzare e agisco di conseguenza.

“Uhm, ma che carino con quel completino, stai andando alla sagra del pollo canterino?!” commento, accennando alla veste lunga che Cardia indossa con i pantaloni chiari. Ai piedi porta un paio di sandali greci che si attorcigliano sulla sua caviglia fino a salire di un po'.

“Ti piace? L’ultima volta che sono uscito dal Grande Tempio con qualcuno indossavo proprio questa veste!” mi risponde, sorridendomi allegramente.

L'ultima volta che...? Dove vuole andare a parare questo scemo ora?

“Proprio questo volevo proporti: usciamo un po’ da questa gabbia di matti, vedrai che ci divertiremo un sacco!” esclama ancora, porgendomi la mano.

Guardo stranita prima la sua mano, poi Cardia stesso... deve star scherzando sicuramente, non può parlare sul serio!

“Cioè tu stai chiedendo a me, perfetta sconosciuta, di uscire insieme a te in piena notte...” dico, scandendo bene le parole, convinta di aver capito male.

“Certo che sì! Ho notato la tua tristezza... vedrai, una bella gita ti farà tornare il buonumore! Dove vuoi andare? Ti do la facoltà di scelta, basta sia un luogo spassoso!” proferisce Cardia nel modo più ingenuo possibile.

“Mi conosci poco o niente e ti fidi già di me?” gli domando, cercando di oppormi.

“Embè? Io seguo unicamente il mio istinto, questo mi dice che sei simpatica e che potremmo andare d’accordo! Girare da soli è noioso, in più capiti a fagiolo in questa circostanza” afferma, prendendomi la mano a forza per farmi alzare. Ho come la vaghissima sensazione che non contempli un eventuale 'no'.

“Ma hai la minima idea di quello che penseranno se qualcuno ci vedesse girare assieme? L-l'onore, le maldicenze...” domando, incerta.

“Lasciali pensare quello che vogliono! Se incontreremo dei banditi sarò ben lieto di fare a botte con loro!” esclama Cardia, strattonandomi verso la porta. Sì, direi che il 'no' non è davvero contemplato, ora che faccio?

"S-sono in età maritabile, n-non..." continuo la mia sceneggiata da fanciulla del Settecento.

"Lo vedo anche io che avrai sui 13/14 anni, ma..."

"Veramente ne ho 17!" gli faccio notare, un poco infastidita. Lui mi guarda strano, come se non ci credesse, effettivamente, di aspetto, mi hanno sempre dato quattro anni in meno, probabilmente perché non mi trucco.

"Sei seria?!"

Annuisco, un poco orgogliosa, non mi dispiace affatto essere scambiata per più piccola. Sono già pronta ad aspettarmi un complimento, ma...

"Allora non ti ha voluta nessuno, tanto meglio, non hai alcun onore da difendere!"

Mi sento letteralmente morire dentro, arrossendo e annaspando visibilmente. Ma tu guarda questo screanzato, oh!

Sono in procinto di insultarlo, mi trattiene solo il fatto di non conoscerlo bene, problema che mi pongo solo io, a quanto pare, non di certo lui. Sbuffo, voltandomi, ma lo avverto di nuovo su di me, mi tira per un braccio.

"Devo pregarti ancora tanto per farti alzare? Dai, sui, ci stiamo perdendo le ore migliori!"

“Ma, Cardia, stai infrangendo le regole, rischi di...” mi sforzo di tornare ad un tono di voce normale, sebbene la sua affermazione di prima mi punga ancora un po'.

“Che due mele queste regole, non mi importa! N-O-N M-I I-M-P-O-R-T-A! Allora, dove vuoi andare? Sbrigati a scegliere, altrimenti andrò a casaccio dove mi porta il cuore!” mi avverte, gioviale.

Sospiro, capendo che è inutile farlo ragionare, senza contare che una gita nel diciottesimo secolo non mi capiterà mai più... Va bene allora, costui mi ha appena insultata senza rendersene conto, il minimo che può fare è essere il mio destriero in questa notte pazza e assolutamente fuori dagli schemi.

“Puoi portarmi a Genova?” domando, speranzosa.

Cardia fa una faccia strana, l'ennesima. Ecco, partiamo benissimo!

“E donde sarebbe?” mi chiede, scettico.

“Ehm, hai presente la penisola dove un tempo fu culla dell’Impero Romano? Genova si trova a nord-ovest” provo a spiegare, incerta.

“Al dire il vero non sono proprio uno studioso della storia, ma penso di aver capito!” afferma, e senza aspettare una mia eventuale risposta, mi prende in braccio. Il gesto è completamente privo di garbo, ma in un nanosecondo circa, la camera sparisce magicamente dalla mia vista.

 

*******

 

“Ecco, siamo arrivati! - esclama Cardia, posandomi per terra con ben poca grazia, prima di raddrizzarsi fiero e contemplare i dintorni - Aaaaaah, ottima nottata per andare a spasso, sapevo che la luna sarebbe stata grossa abbastanza per illuminare sufficientemente l'ambiente" si adula da solo, come se si volesse fare i complimenti per i profondissimi calcoli attuati per imbastire questa allegra scappatella.
Mi alzo un po’ traballante e con una certa nausea, forse è veramente troppo presto per riabituare il mio fisico alla velocità della luce, il petto mi duole terribilmente, ho il respiro affannoso e mi sento pulsare le tempie, ma non posso darlo a vedere, non posso dimostrarmi debole!

Ignorando comunque il dolore, mi guardo intorno, cercando di scorgere almeno le forme degli edifici nella semi-oscurità.

“Non mi avevi detto che Genova era sulla costa, cioè in riva al mare?! Io non vedo niente di simile!” afferma Cardia, stranito.

“Ma infatti, Cardia, questa non è Genova... - inizio in tono basso, andando sul sicuro – questa è Roma, idiota!!!” urlo alla fine, indicando il Colosseo a pochi passi da noi. Mi sono trattenutA da insultarlo fino ad ora a causa della poca conoscenza, ma non ne posso fare più a meno.

“Ho... sbagliato!” constata Cardia, grattandosi la testa, poco prima di scoppiare nuovamente a ridere come se avesse vinto il primo premio della lotteria... la lotteria dei deficienti, si! Vero che ho citato i Romani, ma confondere Roma con Genova ce ne vuole, eh!

Sospiro, pensando all'assurdità della situazione: Cardia che continua a ridere felice e contento, io con le vertigini e la nausea intenta a cercare un modo per raccapezzarmi in un frangente simile. Perché non gli ho dato un calcio in culo per buttarlo fuori dalla stanza?! Perché non ho chiesto l'aiuto di Dégel?! Come ho fatto a farmi coinvolgere da un coglione simile?!? Domande senza risposta...

“Poco male, sono cose che capitano... ripartiamo?” fa Cardia, avvicinandosi a me del tutto intenzionato a girare i tacchi il prima possibile.

“Aspetta solo un secondo!” lo fermo, barcollando verso il Colosseo per guardarlo meglio (almeno questo, no?!). E’ davvero incredibile che una costruzione così antica sia ancora in piedi dopo più di un millennio, anzi, dopo quasi due millenni, considerando che esiste anche nella mia epoca... Un brivido mi scorre lungo la schiena, trasmettendomi un'emozione forte: già, questo monumento è rimasto immutato per tutto questo tempo, questo vuol dire che potrebbe tranquillamente collegare due dimensioni temporali differenti. E se costituisse un passaggio per la mia epoca? Se trovassi un varco, potrei forse tornare a casa?

“Direi che è proprio il momento di andare!”

“No, aspet...” ma non ho il tempo di aggiungere altro che mi sento afferrare, una luce intensa mi costringe a chiudere gli occhi. Vengo sbattuta per terra con ancora meno garbo di prima, del tutto impotente. Sbiffo contrariata.

“Uaaaaooo!! – grida all'improvviso Cardia, sturandomi le orecchie – Nella tua città c’è una torre pendente! Che forte!”

Solo l’affermazione mi fa capire che abbiamo sbagliato nuovamente città... non ce a posso fare, perché mi sono fatta coinvolgere come uan cretina?!

“Questa è Pisa!!! Ti devo dare esplicitamente le coordinate per Genova, o pensi di arrivarci prima o poi?! E poi perché diavolo mi hai portato via così velocemente da Roma?!”

“Cosa urli!!! Mi domando perché voi donne gridiate sempre! Ti ho portato via perché avevi la faccia da Dègel quando legge i libri o parla di Storia, e non avevo propria voglia di passare tutta la notte li impalato con una che sbava perché vede un paio di pietre con dei buchi messe una sull'altra!” esclama lui, incrociando le braccia al petto, evidentemente offeso.

“Non puoi decidere solo tu, altrimenti andavi a passeggiare da solo e facevi prima!” lo riprendo, aspra.

“...E questa proverbiale ‘torre che cade, ma non cade’ mi incuriosisce assai!” afferma, non considerandomi affatto e anzi cambiando pure discorso.

Faccio per sedermi per terra, l'alternativa sarebbe mandarlo a quel paese, ma Cardia mi afferra la mano e mi costringe a a correre insieme a lui.

“Dove mi stai portando, matto?” gli chiedo, sarcasticamente.

“In cima alla torre, mia signora!” replica lui, facendomi l’occhiolino.

Senza quasi neanche rendermene conto mi trovo all'ultimo piano, un'attrazione che nella mia epoca è a pagamento, ma che qui, complice anche l'ora, è possibile fare senza compenso arrampicandosi bellamente sulla sommità, impresa sovrumana, ma i Cavalieri possiedono tale forza.

“Ma guarda che bella vista da qui! – esclama Cardia, guardando i dintorni della città – voglio proprio tastare quanto è alta...” conclude con uno strano, quanto sinistro, sorriso.

Non ho il tempo di capire le sue reali intenzioni che lo vedo prendere la rincorsa e lanciarsi nel vuoto... ma è scimunito o cosa?! Milo non è così ritardo, credo... spero!

“Cardia!!!” urlo, in un misto di preoccupazione e senso dell'assurdo, correndo ad affacciarmi.

“Che hai da urlare? Sono qui, ahahahah!!!” ridacchia una voce alle mie spalle.

“Ma sei scemo?! Mi hai fatto prendere un colpo! – esclamo, mentre il deficiente continua a ridere sguaiatamente – Quanti anni hai?!” lo rimprovero, cercando di attirare la sua attenzione nell'alzare la voce.

“Uff, diciannove... a novembre venti!” mi risponde con una punta d’orgoglio.

“Davvero?! Peccato, domani pensavo di andare a Rodorio a comprarti un ciuccio o qualcosa di simile, dato che ne dimostri molti di meno! Sei un pivellino troppo cresciuto, dovresto fare l'uomo, ormai, invece sei un ragazzetto impertinente e nient'altro!” commento sarcastica, gonfiando le gote e dandogli le spalle.

“Cosa?! Come ti permetti?!” esclama Cardia, offeso più di prima.

Non ho neanche il tempo di voltarmi verso di lui che mi sento buttare a terra per la seconda volta, il viso di Cardia a pochi centimetri dal mio... mi ha completamente immobilizzato!

"Permalosetto, eh?"

“Pensi di poter scherzare su tutto con me? E se ti avessi condotto qui per il semplice fatto di considerarti come una mia personale preda!? - mi chiede, mentre con l’unghia dell’indice destro, l’aculeo scarlatto dello scorpione, mi accarezza la guancia con fare provocatorio - Del resto sei molto bella, hai i tratti delicati e gli occhi di un blu profondo, per non parlare del tuo corpo snello e un poco nervoso, in verità non mi spiego come tu possa essere ancora 'libera'... Hai comunque parlato di onore, prima, sai, dovresti curarti un po' di più di te stessa. Dici di me, che ti ho preso senza conoscerti, ma... tu mi hai seguito senza sapere nulla, perché? E se volessi semplicemente approfittare di questa tua ingenuità per soddisfare le mie... voglie?" mi incalza, una strana luce nelle sue iridi, a tratti inquietante. Ma è tutto un bluff!

Lo guardo attentamente negli occhi, totalmente composta e per niente agitata. Lo osservo con sempre maggiore attenzione, scavando così nei recessi della sua anima. Mi soffermo particolarmente sul colore limpidamente azzurro, così simile e al contempo così diverso da quello di Milo...

Vi scorgo la stessa anima, come già sapevo...

“Io penso che... – inizio, afferrandogli la mano per discostarla dal mio viso – che tu abbia sbattuto varie volte la testa da piccolo per uscire così. Sei un pazzo assolutamente non in grado di percepire la gravità delle situazioni, né i pericoli! Tuttavia NON sei cattivo, potresti essere di tutto, ma non uno stupratore seriale o cose così, dico bene?! Non ti conosco, ma mi fido di te, così come so che, se realmente avessi voluto considerarmi una preda, mi avresti già marcato!” concludo, sollevandomi un poco sui gomiti.

"Che... che ne sai?" mi chiede, fremendo un poco.

"Con il potere che hai potresti farmi ciò che vuoi in un attimo, ma... non è questo il tuo scopo, vero? Tu... hai avvertito la mia tristezza, volevi cancellare via il broncio dal mio volto, anche se non mi conosci. Hai davvero... un cuore immenso, Cardia!" concludo, pratica, sorridendogli con naturalezza. E poi è la vita precedente di Milo, non posso non fidarmi!

Vedo diventare le sue guance di un leggero colo rosato, probabilmente colpito dalle mie parole. Sbuffo appena, notando finalmente che persino lui è in grado di assumere espressioni cosidette 'normali'. In fondo, è piacevole stare in sua compagnia, basta abituarsi alla sua esuberanza, alle sue frasi infelici, al suo fare di testa sua senza ascoltare minimamente gli altri. No, ok, è irritante, fortuna che, come Milo, rimodellerà questo suo lato, almeno in parte, ma è anche... un immenso mondo da scoprire!

“Smettila di fare tanti discorsi campati al vento, andiamo, piuttosto. Hai detto che volevi andare a Genova, giusto? Stiamo solo perdendo tempo!” sentenzia Cardia, alzandosi di scatto, quasi stare lì lo mettesse a disagio.

 

******

 

Un flash, che illumina tutti i dintorni e le case, sancisce il nostro arrivo in una nuova città.

Mi guardo intorno, non riuscendo però a riconosce il luogo, eh sì che la Genova del Settecento non è quella del mio tempo, ma dovrei almeno avvertire il suono del mare e il suo profumo, invece...

“Non mi dirai che neanche questo posto è quello giusto?!” mi domanda Cardia, fissandomi.

"No, non riesco nemmeno a riconoscere le forme!" scrollo la testa, buttando fuori aria. Le sue imprecazioni colorite giungono alle mie orecchie.

Continuo a non capire dove ci troviamo, ma c’è qualcosa di più preoccupante... una sensazione sinistra, quasi come se qualcuno ci stesse osservando nel buio intorno a noi.

“Cardia, forse sarebbe meglio...” ma non ho il tempo di finire la frase che, con la coda dell’occhio, noto una freccia avvicinarsi a gran velocità al Cavaliere dello Scorpione.

Istintivamente mi butto a capofitto su di lui, così finiamo entrambi a terra. Neanche il tempo di alzarci in piedi che ci ritroviamo completamente circondati da una ventina di brutti ceffi.

“Molto interessante... pare che adesso incominci il divertimento autentico!” afferma Cardia con un ghigno, mentre con una mano afferra il mio braccio e mi fa avvicinare protettivamente a lui.

“O la borsa, o la vita o la fanciulla!” ci minaccia uno dei tizi.

“Non ho borse, mi dispiace... tanto meno ho voglia di morire per mano di avversari infimi come voi, inoltre non credo siate di gradimento a questa pulzella, siete uno più brutto dell'altro e menomale che la luce della luna non è in grado di delinearvi totalmente, altrimenti sareste fin peggio! - ribatte sfacciatamente, ghignando - Quindi cosa facciamo, una scazzottata e via?!”

Nel frattempo osservo i nemici... dal modo in cui si sono espressi sembrano banditi, ma c’è qualcosa di strano, gli abiti che indossano, che sono illuminati dalla fioca luce, mi sembrano troppo moderni per appartenere a questa epoca, ma soprattutto... quel simbolo a forma di pipistrello rovesciato, cosa può simboleggiare?!

“Proprio come era nelle previsioni... Cardia!” dice uno dei ‘banditi’ prima di incitare gli altri ad attaccare.

Per un attimo l’espressione del Cavaliere di Scorpio diventa ricolma di sorpresa, così come la mia, ma poco dopo mi sento spingere malamente al suolo, finendo così con la schiena a terra.

“Stai lì, non cacciarti nei guai, ma soprattutto non starmi in mezzo ai piedi mentre mi diverto con questi qua!” mi ammonisce, mentre con un agile salto evita due nemici che, inevitabilmente, non aspettandosi una mossa simile, cozzano l’uno contro l’altro.

Sbuffo contrariata: è ovvio che Cardia non voglia rischiare che rimanga coinvolta in questa battaglia, visto che non dovremmo nemmeno trovarci qui, ma c’è proprio bisogno di spingermi così violentemente? E poi anche se malconcia so combattere, che cacchio, Camus mi ha addestrato per questo!

"Massì, arrangiti!" sibilo tra i denti, sentendomi offesa per la seconda volta, non ottenendo però alcuna risposta.

Cardia si sta proprio sbizzarrendo ad evitare gli attacchi dei nemici con capriole e virate varie, sembra quasi che li stia sfottendo alla grande. Devo ammettere che è abile, anche se in possesso di uno stile un po', come dire, totalizzante, ecco. Ad un certo punto, stufandosi di difendersi e basta, lo vedo passare al contrattacco a suon di pugni e calci, in poco più dieci secondi tutti i ‘banditi’ sono al tappeto.

“Ahaha! Sapevo che eravate deboli, però pensavo almeno di usare l’aculeo della scorpione contro di voi... Andatevene! Avversari come voi non sono degni neanche di morire per mano mia!” esclama Cardia, tronfio, posando le mani sui fianchi.

Ma la troppa sicurezza di sé, si sa, indebolisce la percezione dei pericoli, a volte, ed è proprio quello che accade in questa situazione. Infatti, con la coda dell’occhio, vedo due figure correre contro Cardia, girato loro di schiena.

“Cardia, attento! Dietro di teee...” lo provo ad avvertire, protraendo un braccio nella sua direzione. Troppo tardi.

Cardia ha appena il tempo di voltarsi che, uno dei due assalitori gli da’ un pugno molto violento in pieno petto, mentre l’altro, cogliendo l’occasione al volo, gli ferisce il braccio sinistro con una specie di coltellino.

Lo vedo cadere in ginocchio, tenendosi una mano sopra il cuore, come se provasse più dolore per il pugno che non per la ferita vera e propria. La sua espressione, prima allegra, è ora una smorfia tetra di dolore... fa quasi impressione.

Mi sento ribollire il sangue per la rabbia...

“Ahaha! Come era stato previsto... – fa il tizio più robusto, probabilmente il capo – sarai anche forte, Cardia di Scorpio, ma noi conosciamo il tuo segreto!” conclude, assestando un poderoso calcio alla sua schiena.

La goccia che fa traboccare il vaso... senza pensare alle ferite, ancora fresche e doloranti, subite nella battaglia contro Crono, mi precipito contro il nemico, dandogli una pedata dritta in faccia. Un rumore sordo mi fa capire di avergli rotto il setto nasale... con mia somma gioia, aggiungerei!

“E questo la avevi previsto, razza di babbuino?!” esclamo, atterrando al suolo, non senza provare una fitta di dolore al petto per la fatica.

Intanto il compare prova a ferirmi con il coltellino, ma io sono veloce ad evitarlo. Senza perdere ulteriore tempo, gli afferro il polso e, con un colpo di reni, lo sbatto ai miei piedi.

Lo sforzo, però, è tale da farmi perdere l’equilibrio e cadere a terra a mia volta, quasi rantolante.

Chiudo gli occhi per qualche secondo, cercando di recuperare un po’ di energie, so che non posso stare in questa posizione per molto tempo, so che devo muovermi per evitare di rimanere uccisa da un ipotetico colpo... ma quando recupero una posizione più vantaggiosa per il proseguo della battaglia, noto con sorpresa che i nemici sono scomparsi, quasi come se fossero stati dei fantasmi...

"Babbuino?! Che razza di insulto è? Mi è piaciuto!" esclama un affannato Cardia dietro alle mie spalle, spingendomi a voltarmi. Effettivamente non so se conosca cosa siano i babbuini...

"Sarebbe... come dire, ehm..."

Ma Cardia non sa sostenere il silenzio per più di cinque secondi.

“Vedo che sai combattere, anf, c-certo che... hai dato proprio spettacolo!” mi sussurra ancora lui, mettendosi faticosamente in ginocchio.

“Uff, proprio tu lo dici, che tra piroette, saltelli e schivate varie sembravi un piccione che dava mostra di sé!” affermo, provando a sdrammatizzare, ma non riuscendo a nascondere una velata preoccupazione per le sue condizioni.

Sta accadendo qualcosa di strano, tutto è iniziato da quel pugno assestato in pieno petto, da lì le cose sono precipitate... anche adesso Cardia non sembra più lo stesso, così piegato sulle ginocchia e con quell'espressione ricolma di dolore.

“Andiamocene via da questo dannato posto, prima di attirare troppo l’attenzione” propone Cardia, guardandomi.

“E’ Milano... ci troviamo a Milano, ho riconosciuto infine la città” mormoro assente, tutta la mia attenzione è concentrata sul suo viso così pallido.

“Che dir si voglia... Coraggio, andiamo!”

 

Appena arrivati nel nuovo posto, la prima cosa che mi colpisce è il profumo di mare e il suono tranquillo delle onde.

Aprendo gli occhi, noto subito la Lanterna davanti a me, che gitta luce ad intermittenza, bella come me la ricordavo... un sorriso si dipinge sul mio volto, mentre il mio cuore esulta: questa è la mia casa!

“Cardia, ce l’hai fatta! Siamo a...” la frase mi muore in bocca, vedendo l’espressione distrutta di Cardia, la sua mano destra sempre appoggiata sul petto, per non parlare delle gambe tremanti.

“Cardia!!!” urlo, precipitandomi verso di lui e afferrandolo proprio nel momento in cui si sta per afflosciare.

“Non preoccuparti... sto bene... Ho solo bisogno di rifiatare un attimo” dice, prima di chiudere gli occhi, addormentandosi di colpo, bel bello tra le mie braccia. E' il mio turno di imprecare, anche se non è esattamente da me.

“Si, stai proprio una meraviglia!” mormoro, tesa, appoggiandolo delicatamente al suolo.

Penso a quanto possa essere ridicola la scena per un osservatore esterno, ma scaccio subito il pensiero, dovendo occuparmi di questioni più urgenti.

Senza aspettare un secondo di più, strappo un lembo del peplo che indosso e, con estrema delicatezza, lo avvolgo sulla ferita di Cardia. Anche se non mi sembra questa la causa del suo malessere, è l'unica su cui posso agire, al momento!

“Ecco qui, così almeno il braccio è a posto! - gli dico, sbadigliando, sedendomi al suo fianco. Sono preoccupata ma con lui mi viene da ironizzare, non so perché - E-ehi, ti concedo cinque... no, facciamo sette, minuti di riposo, poi... poi... Yawn, a-andiamo alla scoperta di Ge-Genova..."

Mi stropiccio gli occhi, avvertendo la stanchezza farsi strada dentro di me. Forse non è proprio il caso di dormire qua all'aperto, ma.. ma il cielo è così stellato, la sabbia pare così soffice... ed è ancora notte fonda, dopotutto. Sono cos' stanca, del resto, è successo così tanto... potrei davvero far riposare un poco gli occhi. Solo un poco.

Senza quasi accorgermene, scivolo lentamente tra le braccia di Morfeo, la mia guancia si posa automaticamente contro il petto di Cardia, che mi fa da cuscino e da rifugio, sebbene non faccia freddo.

Posso sentire i battiti veloci del suo cuore farmi da culla, anche se, penso, forse sono un po' troppo veloci, sembra un tamburo e, soprattutto irregolari. Vorrei chiedergli spiegazioni in merito, ma la coscienza va defluendosi, non riesco più ad oppormi.

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Capitolo 5
*** La presenza nel bosco ***


CAPITOLO 5

 

LA PRESENZA NEL BOSCO

 

3 Agosto 1741, alba.

 

L'’infrangersi delle onde sugli scogli mi culla dolcemente come quando ero più piccola, trasmettendomi la pace dei sensi. Questa è la mia terra, questo il luogo in cui sono nata... nessun altro posto è in grado di farmi sentire così tranquilla e serena, solo e soltanto questo! Il mio cielo, il mio mare, i miei monti...

Nello stato di assopimento in cui vegeto da non so quanto tempo, sento qualcosa accarezzarmi lentamente la guancia. Apro lentamente gli occhi e incrocio una sguardo azzurrino; uno sguardo che ho ormai imparato a riconoscere,

“Che cosa rende le tue gote così rosse?” gli chiedo, prendendolo in giro.

Cardia abbassa lo sguardo, vistosamente imbarazzato, ma è questione di un attimo. Poco dopo infatti mi rivolge uno dei suoi soliti sorrisi canzonatori.

“E a te cosa impedisce di fare meno baccano quando dormi?! Poffarbacco, quanto russi!!!”esclama, mettendo le mani sui fianchi.

Colpita, stavolta è il mio turno di arrossire. Per non darlo a vedere a Cardia, però, mi guardo intorno, notando che le prime luci dell’alba stanno iniziando a rischiarare i dintorni... Un secondo! Non siamo nello stesso posto in cui mi sono addormentata, ci troviamo invece...

“Sì, ti ho portato io su questi scogli. Quando mi sono destato ti ho trovato a sbavare allegramente sulla mia veste; siccome non ti svegliavi ti ho preso in braccio e sono andato in giro a curiosare, è davvero un bel posto questa Genova!” mi spiega, divertito, capendo i miei pensieri dal mio sguardo perplesso.

Non posso comunque che dargli ragione, c’è tutto qui in Liguria: il mare, fonte di vita, la montagna a poca distanza dalla costa... Sorrido rasserenata, distinguendo il profilo del Beigua verso Ponente, le sue pendici sembrano quasi un tutt'uno con il blu del mare.

“Quindi... sei nata qui e hai un fratello di nome Camus” dice ad un certo punto Cardia, con noncuranza.

Lo guardo incredula, come fa a sapere?!

“Ahaha!!! Hai parlottato un po’ durante il sonno” mi spiega, facendomi l’occhiolino. Ancora una volta con allegria, ancora una volta leggendo le mie espressioni facciali.

“Sì, sono nata a Genova... c’è una leggenda sulla Lanterna, il simbolo della città, pare che i genovesi buttarono giù il costruttore dall'ultimo piano, così non avrebbe mai potuto fare un faro simile in un'altra sede. Come aneddoto è un po' macabro ma rende l'idea di quanto siamo orgogliosi del posto in cui viviamo” racconto, leggermente imbarazzata.

“Che mi dici di tuo fratello, invece?” mi chiede Cardia, curioso.

“Non credo di averne voglia di parlare...” sussurro, distogliendo lo sguardo. Anche se volessi che potrei dire?! Che ho un fratello perso nel XXI secolo?!

Seguono attimi di silenzio, dove, per scacciare dalla testa il viso di Camus, ripenso all'attacco subito a Milano e soprattutto al malore di Cardia.

“Come ti senti adesso?” gli domando, seria.

“Scherzi!? Sto benissimo!” ribatte lui, ridendo.

“Eppure è da quando ti hanno dato quel pugno in pieno petto che sei parecchio affaticato; puoi anche fingere di star bene e di sorridere, ma i tuoi occhi non mentono...” spiego, testarda. Non c'è più quella particolare luce vivace che brillava prima nelle sue iridi azzurre...

Cardia non risponde, si limita a guardare il mare con espressione mesta.

“Il tuo cuore batte troppo velocemente e in modo irregolare, questo non può essere normale... cosa hai?” chiedo, preoccupata.

“...E’ ancora presto e il mare è così tranquillo... mi viene veramente voglia di fare un bel bagno” mormora lui con sguardo assente, ma io so che è un modo come un altro per non rispondere!

Improvvisamente vedo Cardia alzarsi con un movimento brusco, liberarsi dei sandali e fare per togliersi la veste...

“Cosa diavolo stai facendo?!” esclamo, bloccandogli istintivamente i polsi. Non vorrà davvero denudarsi qui vicino a me, vero?!

“Mi spoglio, no? Non voglio certo fare il bagno vestito!” mi risponde, come se fosse la cosa più normale del mondo.

“Eh??? Cosa... COSAAA?!?” ho appena il tempo di urlare, mentre Cardia si libera velocemente della veste.

Automaticamente mi tappo gli occhi, avvertendo le guance divampare per l'imbarazzo.

Un tuffo e alcuni spruzzi che mi raggiungono mi fanno capire che Cardia si è buttato in acqua. Che situazione assurda! Io, che non ho mai visto un uomo completamente nudo, né ho mai desiderato farmi vedere in una tenuta simile, mi trovo con questo pazzo psicopatico che non ha problemi a palesare le sue grazie davanti ad una ragazza conosciuta da pochi giorni!!!

“Ahaha! Ma come siamo pudiche... su, apri gli occhi, l’acqua mi copre dal petto in giù!” mi incita quello, allegro e ridente.

Categoricamente no!!! Mi rifiuto di stare al suo gioco, e poi non ho chiesto di fare un bagno, solo di vedere la mia Genova! Rimango nella stessa posizione di prima, almeno finché non mi sento tirare dalla caviglia destra. Neanche un secondo dopo mi ritrovo in ammollo... il dannato mi ha buttato in acqua ed ora sghignazza divertito!

“Brutto pazzoide dei miei stivali! Ora la paghi!” gli urlo contro, sommergendolo d’acqua.

“Questo significa guerra!!!” esclama allora Cardia, iniziando a sua volta a schizzarmi l’acqua.

Passiamo così mezz'ora a giocare a ‘ce l’hai’ come due emeriti idioti; l'imbarazzo iniziale lascia presto spazio alla pura gioia e al divertimento più genuino. Mi sento davvero bene! Non avrei mai creduto di trovarmi così a mio agio con qualcuno, ma soprattutto non avrei mai pensato di lasciare indietro momentaneamente i ricordi del tempo a cui appartengo. Tutto questo, devo ammetterlo, è merito di questo Scorpione Dorato e pazzo!

Ad un certo punto vedo Cardia smettere di fare lo scemo e dirigere il suo capo verso Oriente in una direzione più o meno definita e che io tuttavia non comprendo.

“Cosa c’è?” chiedo, confusa dal suo cambiamento.

“Uh! Uh! Pare che il vecchio si sia accorto della mia assenza...” ridacchia lui, divertito.

Un brivido scorre lungo la mia schiena... ora Cardia sarà punito per colpa mia e, se non ricordo male, la punizione per aver disobbedito non è nemmeno tanto soft...

“Naaaaa, non ti preoccupare, sono abituato ai rimbrotti!” afferma lui, intuendo, per l'ennesima volta, i miei pensieri (ma come diamine fa?!).

Esco quindi dall'acqua, asciugandomi alla bene meglio, nel frattempo Cardia si riveste.

“Bene, possiamo andare!” sentenzia, una volta pronto.

“Aspetta, solo una cosa!” dico, avvicinandomi a lui.

“Che c’è anc...” inizia a lamentarsi lui, ma il bacio che gli do sulla guancia blocca la sua frase.

“Grazie per tutto!” dico, sorridendogli grata e inclinando leggermente la testa di lato.

Cardia si strofina la faccia, imbarazzatissimo... il Cavaliere con più parlantina di ogni altro sembra incapace di proferire anche solo una parola in questo momento!

 

******

Arriviamo alla Tredicesima Casa che è ormai mattina inoltrata. La prima cosa che noto è una persona seduta sul trono del Grande Sacerdote con indosso un elmo che gli nasconde una parte del volto, al suo fianco c’è Dègel, come sempre elegante e composto, solo il sopracciglio inarcato fa trasparire la sua rabbia...

“Buongiorno! Coma va? Dormito bene?” chiede Cardia, in tono canzonatorio.

“Cardia, ma sei impazzito?! Non...” inizia Dègel, ma il Grande Sacerdote lo blocca con il solo gesto imperioso della mano sinistra. Ingoio a vuoto, tesa oltre ogni misura alla sola idea di sentire finalmente la voce del più influente uomo del Santuario nel XVIII secolo.

“Cardia! Sei consapevole dei rischi che hai corso e che hai fatto correre alla ragazzina?” esclama, serio. Una voce anziana giunge alle mie orecchie, vecchia, ma assolutamente non tremante, anzi di una profondità così penetrante che raramente mi è capitato di udire. Forse nemmeno il Grande Shion riesce ad essere così... così risoluto soltanto parlando!

“Uff, io sono qui e sto bene, Marta è allegra come un fringuello, non mi sembra ci siano problemi” risponde Cardia, deciso. Lo guardo con un misto di ammirazione e preoccupazione. Non è che un ragazzo, ma sembra completamente immune dall'influsso del Grande Sacerdote, come se non si sentisse per niente sopraffatto dall'esperienza di chi gli sta davanti. La reazione opposta non tarda ad arrivare...

“Perché non riesci mai a capire la gravità delle tue azioni, stupido di uno Scorpione?! Potevi morire, o far ammazzare questa ragazza già debilitata!!!” urla il Grande Sacerdote, sovrastandolo completamente.

Stavolta Cardia non ribatte, ma nemmeno abbassa lo sguardo. Colpevole si sente, lo capisco dal fremito delle sue labbra, ma nei suoi occhi è percepibile anche il rifiuto a chinare il capo, malgrado la responsabilità dei fatti successi. Colpita dal coraggio di Cardia, e desiderosa di difenderlo in qualche modo, mi faccio coraggio per controbattere.

“Perdonate la presa di posizione, Grande Sacerdote, ma sono io ad aver indotto Cardia a portarmi via da codesto luogo. Se c’è qualcuno che deve essere punito, quella sono io! Perdonate questo giovane Scorpione, Eccellenza, perché se è vero che mi ha condotto a Genova, è altrettanto veritiero che le ragioni che lo hanno spinto sono soltanto dovute al suo buon cuore! Mi vedeva triste, ha agito solo per scacciare questa melanconia da me!” mento, cercando di essere più convincente possibile.

Il Grande Sacerdote e Dègel mi rivolgono una sguardo stupito, lo stesso fa Cardia, diventando, ancora una volta nell'arco di un'unica mattinata, rosso in faccia. Con la coda dell'occhio lo vedo grattarsi goffamente la testa, incapace nuovamente di parlare.

“Bene, mettiamoci momentaneamente una pietra sopra, se non altro questa esperienza è servita a portare ‘per altre vie’ il cuore di Cardia...” sospira Sage, chiudendo un attimo gli occhi.

Non riesco a comprendere quelle che dice, ma poco importa, dovrei essere riuscita nel mio intento!

“In questo momento è più importante scoprire chi si aggira nel bosco, perché potrebbe essere uno Specter... Dègel! Cardia! Marta! Vi affido questa missione!” ci ordina il Grande Sacerdote, risoluto. Sbatto le palpebre, capendo ancora meno il cambio drastico di discorso. Nello stato di straniamento che mi avvolge, mi rendo conto appena che Dégel si sta avvicinando a noi, probabilmente lui saprà già tutto e ce lo illustrerà strada facendo.

 

 

******

 

‘Andare nel bosco ed esplorare i suoi recessi più oscuri per vedere se c’è una Specter'.

Pare sia questa la missione affidataci da Sage, Grande Sacerdote di questa epoca. Mi sento stanca e vorrei solo dormire, probabilmente il mio corpo non si è ancora ripreso dallo scontro precedente, e Milano non è stato certo d'aiuto, ma farò del mio meglio per essere utile per quest'epoca!

Guardo tristemente i dintorni... questo bosco è lo stesso in cui Francesca e Michela hanno usato per la prima volta il loro potere per salvare il luogo dall'incendio causato dal finto Apollo... E' vero che solo alcuni alberi sono sopravvissuti al passaggio del tempo, è anche vero che uno stesso posto può cambiare di giorno in giorno, ma io lo riconosco nitidamente: è il Bosco delle Civette!

“Sei impazzito, Cardia?!”

L’esclamazione di Dègel tutta di un fiato mi fa sussultare pesantemente, sembra parecchio arrabbiato!

“No, sono nato così!” ribatte Cardia, secco.

“Non è divertente, Scorpio! Hai pensato ai rischi che potevi correre? Hai riflettuto sui pericoli a cui hai esposto Marta? Certo che no, tu non ragioni mai!” dice ad alta voce Dègel. Ha aspettato questo momento per parlare a tu per tu con Cardia, deve essersi preoccupato notevolmente.

“Uff, un’altra paternale! Non avete niente di meglio da fare, tu e il vecchio che assillarmi?!” esclama lo Scorpione Dorato, aumentando il passo e superandomi.

Sbuffo. Era così bella la pace che si avvertiva provenire dal bosco prima di entrare, oramai un lontano ricordo... Probabilmente chiedere un po' di pace dei sensi per quietare e pensare agli affari miei è chiedere troppo!

“Cardia! –lo chiama ancora Dègel– Ti sei chiesto PERCHE' siamo così assillanti?! Forse perché ci preoccupiamo per te?!”

Cardia si ferma di botto, impossibile capire cosa gli passi per la testa.

“Sei prezioso, Cardia... non solo per la Guerra Sacra ma anche per tutto noi!” conclude Dègel, lievemente imbarazzato dalla frase appena proferita. Li guardo a leggera distanza uno dall'altro, Dègel con le gote leggermente arrossate e lo sguardo basso, mentre Cardia...

Mi avvicino lentamente a Cardia per poterlo guardare in faccia: l'espressione che ha stampata sulle labbra è indecifrabile, ma i suoi occhi sono nitidamente lucidi, non sarà che...?!

“Ahaha! Non pensavo di imbarazzassi così facilmente, Car-Car!” lo prendo in giro per risollevargli il morale.

Non posso venderlo così triste, che diamine, è più forte di me! Non so per quale cagione, ma è così!

Per fortuna la mia frase ottiene l’effetto sperato, lo vedo scrollarsi improvvisamente, le sue iridi saetare verso la mia direzione.

“Cosa?! Come mi hai chiamato, mocciosa?!” esclama, recuperando la sua solita espressione irriverente.

Non ho il tempo di fare niente che mi sento acciuffare da Cardia, poco dopo mi ritrovo sulla sua spalla a mo’ di sacco di patate.

“Mettimi giù!!!” esclamo, dandogli scherzosamente dei piccoli pugnetti sulla schiena.

Sento la risata cristallina di Dègel, probabilmente divertito dalla scena, propagarsi per il bosco fitto, quasi senza accorgermene il mio cuore accelera di botto.

“E’ mostruoso! Dègel che ride... questa è la fine del mondo!” commenta Cardia, sarcastico, voltandosi in direzione dell'amico.

Concordo con il pazzo, se Dègel è anche solo un po’ simile a Camus come carattere, so per esperienza che è difficilissimo farlo ridere!

Un singhiozzo sfugge dalle mie labbra, rapido e inespugnabile. Ecco, ho di nuovo pensato a mio fratello, il suo viso si è nuovamente fatto strada dentro di me. E non è di certo il solo!

“Cosa fai ora, piangi? Hai dei cambiamenti di umore piuttosto repentini!” dice Cardia, posandomi per terra, la sua voce ha assunto una sfumatura dolce.

“No, non ho niente...” biascico, sfregandomi gli occhi per fermare due lacrime capricciose che tentano di uscire.

Sento la mano di Cardia posarsi sulla mia testa, i suoi occhi azzurri mi guardano intensamente.

“Non pensare alla cose brutte, mai! Ti distruggono... e la vita è degna di essere vissuta solo per le emozioni forti e positive che la accompagnano. Non c'è spazio né per la tristezza né per la paura. E' ciò che penso!” mi consiglia, prima di riprendere il cammino.

Dègel, nel frattempo, mi porge la mano per aiutarmi ad alzarmi: “Non ho idea di ciò che tu abbia vissuto fino ad ora, posso solo supporlo per le numerose cicatrici che segnano il tuo corpo... Ciò nonostante io ci sarò, quando ti fiderai abbastanza di me per parlarmene!” mi dice, sorridendomi.

Arrossisco vistosamente, mormorando parole di ringraziamento; i battiti del mio cuore, già sostenuti prima, accelerano ancora di più nel momento in cui la mia mano stringe quella di Dègel...

Abbasso lo sguardo, imbarazzata, mentre riprendo a camminare proprio dietro a lui. Automaticamente mi metto la mano sopra il cuore... non mi è mai capitato di provare una simile miscela di sentimenti toccando un ragazzo, eppure quando questo accade con Dègel, vengo travolta da una marea di sensazioni, alcune discordanti tra loro:

tristezza, perché il tempo è spietato e non è più possibile acciuffarlo... ciò che resta indietro... è perso per sempre!

nostalgia nel ricordo di un paese, rifugio sicuro, quasi scomparso nella tormenta di neve... più nessuno vi abita lì, solo i ruderi...

felicità, ho ritrovato il mio amico, compagno di un’epoca ormai lontana... la mia seconda occasione, il mio tempo perduto... ricordo profumato e sogno mai del tutto sparito, come se fosse una piccola speranza, la MIA speranza...

rabbia, per quello che accadrà, per quello che non potrò cambiare... per le mie colpe, per la mia debolezza amara...

Infine, un sentimento molto più luminoso e potente degli altri, qualcosa che è capace di unire più di ogni altra cosa, forse anche il tempo che non può più tornare indietro!

 

“Mi chiedo se il vecchio abbia le traveggole! Non c’è proprio niente in questo bosco!” esclama Cardia ad un certo punto, parecchio scocciato.

“Cardia! Stai parlando del Grande Sacerdote Sage, un po’ di rispetto!” lo riprende Dègel, infastidito.

“Cosa vuoi che me ne freghi?! E’ comunque un vecchio di oltre duecento anni che ci ha scambiati per dei cani da fiuto in un bosco tutto uguale! Cosa dovremmo fare? Pipi su un tronco? Ripeto: non c'è niente, solo gli alberi!” ribatte lo Scorpione dorato, cinico.

Sbatto più volte le palpebre, recuperando le mie facoltà, mi fisso sbigottita le mani, incredula. Ciò che ho provato... cosa è successo un attimo fa? Mi sembrava quasi di non essere più io... chi ero, quindi?!

Un fruscio poco distante da me blocca i miei movimenti, allertando i miei sensi, ma i miei occhi sono confusi e il mio corpo lento ad agire.

Dègel e Cardia, che stavano nuovamente iniziando a discutere, si zittiscono all'istante, mettendosi a loro volta in allerta.

Un altro fruscio, stavolta riesco a capire da dove provenga, ovvero dai cespugli di fianco a me. Parallelamente mi accorgo che il rumore è troppo forte per appartenere ad un serpente o ad una lucertola, deve essere per forza qualcosa d’altro. Rabbrividisco, ingoiando a vuoto. Sono io la più vicina alla fonte sonora, dovrò quindi io agire per...

“Il nemicooooo!!!” urla improvvisamente Cardia, tuffandosi letteralmente tra i cespugli e i rovi e lasciando me totalmente perplessa. Dègel, nel frattempo, mi circonda le spalle con un braccio, facendomi arrossire non poco. Lo osservo di sottecchi, sembra abbia tutte le intenzioni di proteggermi da ogni minaccia.

Seguono attimi di silenzio dove né io, né Dègel riusciamo più a sentire Cardia, nel frattempo la mia mente riprende man mano controllo sulla realtà circostante, permettendo così ai miei muscoli di irrigidirsi per prepararsi ad un eventuale attacco.

“Ouuee, amico! Ne ho trovata una anch'io!!!” esclama Cardia dopo un po', uscendo dai cespugli.

Dègel ed io non capiamo subito, almeno finché non vediamo Cardia tirare per il braccio una ragazza coperta di graffi; una ragazza che conosco anche fin troppo bene. Sussulto, incredula. Questo ha davvero dell'incredibile!

Per l’emozione non riesco a dire neanche più una parola, fremo vistosamente, tanto da spingere Dégel a rassicurarmi con una nuova stretta sulle spalle.

“Chi... chi sarebbe? Non sembra affatto perigliosa” chiede poco dopo all'amico, inarcando un sopracciglio. Il suo braccio tuttavia non si allontana dalle mie spalle.

“Eh, boh! Una ragazzina che continua a chiamarmi con un altro nome, un tale Milo, e ci aggiunge l’appellativo ‘sensei’, che, per inciso, non so nemmeno cosa diamine significhi!” spiega Cardia, fissando la 'preda' con espressione trionfante, nemmeno avesse partecipato ad una caccia al cinghiale e avesse vinto.

“S-s-s-Sonia?!” riesco infine a parlare con la voce rotta dall'emozione.

La ragazza spalanca gli occhi per la sorpresa nell'udire il mio tono di voce e mi rivolge uno sguardo a dir poco stupito.

“M-Marta? Sei proprio tu?!” mi chiede, titubante.

Io, per tutta risposta, discostandomi da Dégel, perplesso ben più di me, le corro incontro e l’abbraccio forte, quasi spintonando via Cardia nel gesto. Lei dopo un attimo di smarrimento fa lo stesso, scoppiando a piangere per il pericolo scampato. Deve essere stata terrorizzata, poverina...

“Sei giunta anche tu qui! Non ci posso credere, non sono più sola!!!” grido, al culmine della felicità, nascondendo il mio volto tra i suoi capelli.

“M-Marta, oddio che bello, sei proprio tu! i-io... ho avuto tanta paura, mi sono svegliata in questo bosco, avevo male alle ferite ed ero... sola..." l'ultima parola le esce mozzata.

Non lontano da noi, Cardia e Dègel si scambiano più volte occhiate sempre più confuse, alla ricerca di spiegazioni che non riescono a darsi. Ad un certo punto lo Scorpione, stufo di rimanere in balia degli eventi, subentra nel discorso.

“Ehi, ehi, voi due! Non dovreste spiegarci qualcosa?! Quindi vi conoscete?! E, se sì, dove, come, quando e perché?” interviene Cardia ad un tratto, mettendosi in mezzo con ben poca grazia, occhieggiando prima me e poi la mia amica.

Sento un fremito provenire da Sonia, che abbassa lo sguardo, i suoi occhi sempre più cupi. Per un attimo lo deve aver scambiato per Milo, lo so, ma il peso della consapevolezza deve essersi fatto strada in lei ben presto. Sarebbero tante le spiegazioni da darle, ma non posso farlo qui, non con Dégel e Cardia che ascoltano tutto.

“Forse sarebbe meglio far rapporto al Grande Sacerdote...” sussurra l'Acquario, teso nella postura e nei modi.  

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Capitolo 6
*** Una rivelazione difficile da accettare ***


CAPITOLO 6

 

UNA RIVELAZIONE DIFFICILE DA ACCETTARE

 

3 Agosto 1741, pomeriggio.

 

 

“Cosa DIAVOLO sta accadendo, Dègel?! Piovono ragazze del cielo?!?”

L'urlo di Cardia fa spaventare un gruppo di uccelli che, impauriti, volano via dai rami su cui si erano posati.

Dègel rimane in silenzio, probabilmente perso nei meandri della sua mente, lo stesso facciamo io e Sonia, non sapendo come ribattere, ma soprattutto non potendo dare nessuna spiegazione plausibile sull'accaduto. Non possiamo dire da dove veniamo, né del perché siamo qui, questo sfugge anche a noi.

Non fiatiamo per tutto il tragitto dal bosco alla tredicesima casa, solo il suono dei nostri passi aleggia nei dintorni. Nel frattempo osservo attentamente l’espressione della mia amica, un misto tra la tristezza e lo smarrimento infinito. Non so cosa abbia capito di quello che è successo, ma sicuramente ha compreso di non essere più nello stesso luogo, o meglio, nella stessa epoca. Sono passati giorni da quando mi sono ridestata in un letto caldo per merito di Dégel che mi ha trovata, ma lei, mi chiedo, sarà rimasta nel bosco per tutto questo tempo? Il suo viso è un po' smunto ma sembra sufficientemente idratata, deve essere terrorizzata. Quanto vorrei parlarle per rassicurarla in qualche modo, ma è impossibile farlo ora, in presenza dei due Cavalieri d'Oro, devo aspettare.

Arriviamo infine nella sala del Grande Sacerdote e notiamo subito due presenze, oltre a quella di Sage: Dohko e Shion.

“Ue! Ue! Di ritorno dalla ‘missione’ e guarda che ci ritroviamo: i due pulcini!” afferma Cardia, facendo con le dita le virgolette per prenderli spudoratamente in giro.

“Ti reputi molto più grande tu, Cardia?!” risponde Dohko, infastidito. Shion gli mette una mano sulla spalla per tentare di calmarlo. Chi lo avrebbe detto, il Cavaliere della Bilancia, emblema dell'equilibrio, da giovane era molto più impulsivo; il futuro Grande Sacerdote, invece, ha già un po' di quella patina solenne che ho avvertito in lui, nel presente, anche se ovviamente al momento è ancora in stato embrionale.

Intanto Sonia, non trattenendosi più nel vederli mi rivolge una sguardo stupito e perplesso come non mai, trovando infine il coraggio di pormi il primo quesito.

“Ci sono Dohko e Shion!? Proprio qui?!” mi sussurra più piano possibile.

“Si... siamo nel 1741, due anni prima dell’inizio della Guerra Sacra, quella di cui ci ha parlato proprio Shion quel giorno!”

“Ah... come è potuto accadere?! Abbiamo viaggiato nel tempo?! Che ne è stato degli altri?! Camus... Milo...” domanda lei, visibilmente scossa dalla rivelazione, avvicinandosi ulteriormente a me in cerca di conforto.

“Non ho risposte, mi dispiace, ma ora che siamo insieme, tu ed io, troveremo una soluzione, vedrai... il peggio è passato” le dico, abbracciandola dolcemente, desiderosa di proteggerla. Lei si rannicchia contro di me, quasi esasperata dalla crudezza della verità.

"Ho paura, Marta... quando ti ho vista, nel bosco, ho pensato anche io che il peggio fosse passato. Non ero più da sola, ad affrontare il bosco famelico alla disperata ricerca di una fonte dove poter bere, ma... ma ora questo! v-voglio Milo e... A-Aiolia..." balbetta, spaventata. La stringo con ancora più intensità, desiderando dirle qualcosa, qualunque cosa che possa farla sentire meglio, ma il discorso tra i Cavalieri d'Oro e il Sommo Sage, giunge al suo apice.

“...Cardia si è buttato nel cespuglio e, quando è uscito, aveva con sé la giovinetta” conclude infatti Dègel, inginocchiato per fare rapporto.

“Ho capito. Come ti chiami, piccola?” chiede il Grande Sacerdote, guardandola con dolcezza.

“S-Sonia, signore...” risponde lei, imbarazzata, ancora un po' tremante.

“Sonia è un bel nome, è una variante russa di ‘Sofia’ e, se la mente non mi inganna, significa ‘saggezza’, infatti ha la stessa desinenza di Filosofia. Porti un grande appellativo sulle tue giovani spalle!” afferma Dègel, sorridendole per rassicurarla. Sonia fa altrettanto, un poco più sicura colpita dalla gentilezza del Cavaliere. Io lo osservo ammirata, permettendo alle mie labbra di dischiudersi per la meraviglia. Lo sguardo e l'espressione di Dègel... sono così splendenti! I suoi occhi rassomigliano al cielo blu della Siberia Orientale durante il luccichio dell'Aurora Boreale.

“Bene, anche tu possiedi un cosmo e sei amica di Marta. Rimarrete qui, al Grande Tempio, non avrebbe senso mandarvi via, anche perché penso ci sia un motivo molto profondo dietro l'intrecciarsi delle nostre vite con le vostre!” dice Sage, sempre più pensieroso.

Sonia ed io annuiamo leggermente, sollevate ma anche un po’ tese. Entrambe abbiamo bisogno di cure e di un luogo caldo, un po' come una sorta di base. Le ferite mie e sue non sono ancora guarite, anche se ci stiamo ristabilendo piano piano. Qui avremo il tempo per rimetterci in forze e architettare una sorta di piano per tornare al nostro tempo, ma... essere in un luogo prima considerato casa e ora così estraneo non è affatto facile.

“Tu, Marta, ti stabilizzerai alla Casa dell’Acquario. E’ Dègel che ti ha trovato e, conoscendolo, si sente responsabile per la tua incolumità” sentenzia Sage, scoccando una strana occhiata all'Acquario, il quale annuisce con naturalezza e si affretta a celare il suo volto nella penombra.

“E tu, Sonia, sei stata appena trovata da Cardia, perciò andrai ad abitare alla Casa dello Scorpione!” conclude il Grande Sacerdote, categorico, sorridendo maliziosamente.

“COSAAAAA?!? – urla Cardia all'improvviso, quasi saltando all'indietro per la sorpresa – Non sono mica una balia io!!! Affibbiatela a Dègel, che stravede per queste cose, non a me!”

Vedo Sonia voltarsi indispettita, uno strano bagliore nei suoi occhi, il tremore di prima un lontano ricordo. Siamo fritti! Mai... mai far sentire la mia amica come un peso inutile, credo sia una delle cose che meno tollera in assoluto. Avverto aria di tempesta...

“Oh, senza dimenticarti di nutrirla e rifocillarla, mi raccomando! E' stata per giorni nel bosco, si vede dal suo volto che ha patito la fame, povera stellina... - prosegue Sage, apparentemente in tono pacifico e composto, ma con un non so che di trionfale nel tono - Cardia, considera questo come una punizione per essere uscito dal Grande Tempio senza permesso; inoltre non si sa mai che prenderti cura di qualcuno faccia bene al tuo ego, fin troppo infantile!”

“ ALTRO?!? Non so, lavare i suoi panni, rammendare le sue calzette e farle il bagnetto, già che ci siamo! Fantastico, davvero fantastico! Ora mi ritrovo a dover accudire una poppante solo perché mi sono sentito libero di scorrazzare un po' fuori da questa gabbia di matti!” brontola Cardia a voce tutt'altro che bassa. La classica goccia che fa traboccare il vaso e che porta la mia amica, fin troppo trattenuta fino a questo momento, a reagire.

“Peccato... direi che è piuttosto il contrario, visto che toccherà a me badare ad un poppante che non sa far altro che lagnarsi e urlare con quel tono di voce irritante da bambino viziato!” risponde, piccata e velenosa, con la stessa arguzia degna del suo maestro Milo.

“Che cosa?! Come ti permetti??? Io sono il grande...” fa Cardia, ma il Grande Sacerdote blocca sul nascere qualunque sua affermazione.

“Cardia! Sei un po’ più grande di lei, dimostra almeno quella poca maturità che hai, oppure sei un pulcino?!” conclude Sage, mentre Shion e Dohko ridacchiano tra loro, crogiolandosi nella rivalsa avuta tramite l'espressione adoperata dal Sommo Pope.

Osservo un po' preoccupata Cardia, ritto a pochi metri da me, i pugni chiusi e le guance accese di un rosso vivo. Tutto ciò che dice Sage è corretto, ma mi chiedo se davvero sia necessario trattarlo così male. Del resto, non è così egoista come vuol far credere, o almeno questo è quello che ho percepito in questi giorni, soprattutto a Genova.

“Dègel, ho bisogno che ti allontani da qui, portandoti dietro anche Cardia, che sembra indignato alla sola idea di essere stato zittito. Dohko, Shion ed io abbiamo bisogno di fare delle domande alle due fanciulle” proferisce Sage, in tono solenne.

Dègel annuisce e se ne va, prendendo Cardia per un braccio e, letteralmente, trascinandolo via, non prima però di avermi guardata dritta negli occhi con sguardo penetrante e profondo... così profondo da sentire distintamente un arcano calore invadermi il petto.

"Marta, ti aspetto a casa..." mi dice, sorridendomi teneramente e facendomi così rimbalzare il cuore in gola, a mille e più battiti. 'Casa'... Dei, quanto sto messa male!

“...capite, Grande Sage? Mi ha chiamato per nome come se mi conoscesse, ma io non l’avevo mai vista prima di allora!” la voce di Dohko mi fa raggelare improvvisamente il sangue, la piacevole sensazione di prima un lontano ricordo. Ecco perché ci troviamo qui, maledizione, Dohko deve essere venuto a far rapporto a Sage dopo il nostro dislogo. Se solo fossi stata più attenta e avessi soppesato meglio le parole...

Automaticamente faccio un passo indietro, inquieta. Sonia fa altrettanto, cercando il mio sguardo e stringendomi di riflesso la mano.

“Scusa, non volevo spaventarti, solo capire meglio questa faccenda. Il tuo tono così confidenziale mi ha meravigliato non poco!” mi dice Dohko, avvicinandosi a me per rassicurarmi, io per tutta risposta faccio un passo indietro.

Seguono attimi di assoluto silenzio, né io né Sonia abbiamo il coraggio di proferire niente, come potrebbe essere altrimenti?! Come uscire da una situazione del genere? Cosa inventarci?

“Forza e coraggio, ditelo... Voi venite dal futuro!” afferma Sage, come se nulla fosse, spezzando così il segreto che noi invece volevamo tentare in tutti i modi di mantenere celato.

Sonia ed io spalanchiamo gli occhi al limite dell’umano possibile per la sorpresa, Dohko e Shion si girano di scatto incapaci di dire anche una sola parola.

“In sogno ho visto il vostro arrivo... No, non solo il vostro, in verità anche quello di altre due ragazze e di due Cavalieri...” spiega Sage, serio, alzandosi dallo scanno e cominciando a camminare nelle vicinanze, probabilmente volendosi sgranchire le sue stanche gambe.

Sonia ed io ci guardiamo attentamente: questo vuol dire che anche Michela e Francesca potrebbero essere in quest'epoca da qualche parte, giacché la scarsa presenza femminile al Santuario ci porta a restringere di molto il campo, in più Sage ha parlato anche di due Cavalieri, che siano...? No, come potrebbe essere?! Sia io che lei dovremmo percepire i cosmi di Milo e Camus, se fossero in questo tempo, cosa che invece non avviene.

“Aspettate, Grande Sacerdote, cosa vuol dire ‘vengono dal futuro’?! Quale futuro?!? Di cosa stiamo parlando?!?” esclama Dohko, sempre più agitato a quelle rivelazioni, guardando più volte Sage e poi noi.

“Forse si intende da un luogo in cui le cose devono ancora accadere, o forse sono già accadute!” sussurra Shion, posandosi le dita sotto il mento con fare pensieroso, più contenuto ma decisamente esterrefatto come il suo amico.

“Ma stiamo parlando di cose realmente possibili?! Venire... dal futuro?!?” esclama Dohko, sconcertato.

“Aspettate, pare che non siamo più soli... - interviene Sage, voltandosi verso una colonna – Alle inservienti non è concesso di origliare le discussioni, non è forse così?! Cosa fate lì dietro, allora?!”

Lentamente vedo Eleonora e Marika uscire dalla semioscurità. Sui loro volti un’espressione colpevole:

“Sc-scusate, non lo abbiamo fatto apposta, ma passavamo di qua e...” comincia Eleonora, tesa.

“Lasciate perdere, l’importante è non dire a nessuno quello che avete udito, almeno per il momento, intesi? Shion, Dohko vale anche per voi” afferma Sage, deciso. Eleonora e Marika annuiscono, ancora sconcertate, non deve essere facile per loro accettare una simile verità, non lo è nemmeno per i Cavalieri, figurarsi per loro. E' Dohko a rompere l’innaturale silenzio dopo diversi secondi.

“Ma... Grande Sacerdote, se quelle due vengono veramente dal futuro, vuol dire che sanno come finirà la Guerra Sacra! Se loro ci aiutano, possiamo limitare il numero delle perdite. Forse potremmo addirittura ottenere una vittoria schiacciante su Hades!

Mi sento mancare, una parte di me vorrebbe raccontare quel poco che so (maledizione, potevo fare un po’ più di ricerche quando ero nel mio tempo!), ma un’altra, quella prevalente, è conscia che parlare provocherebbe un cataclisma di inaudita potenza. Vorrei salvare tutti loro, ma... questo sacrificherebbe gli altri Cavalieri d'Oro, quelli del presente, portando effetti incontrollati su tutto l'assetto globale.

“Non so molto, mi dispiace, non ho... non ho avuto il tempo di documentarmi, e poi... e poi se parlassi creerei una distorsione del tempo, non è forse così? Probabilmente abbiamo già causato uno scossone con la nostra sola presenza qui...” mormoro, tremante. Quando ero ancora nella mia epoca, ho letto di un sacco di storie a riguardo, tutte avevano in comune il viaggio nel tempo e il cambiamento che esso portava all'assetto temporale globale. Prende il nome di 'effetto farfalla', può il solo battito d'ali di una farfalla avere ripercussioni dall'altra parte del mondo, o in un'altra dimensione? O forse... si potrebbe creare 'un universo alternativo'? Che ripercussioni avrebbe questo sulla vita di altri, ignari, esseri umani?! Ho le vertigini al solo pensiero!

“Marta ha pienamente ragione, all'uomo non è concesso di conoscere il proprio futuro, e forse è meglio così...”

“Scusatemi se sono stato così inopportuno... Come Cavaliere d'Oro, dovrei essere molto più saggio e giudizioso...” sussurra Dohko, non sapendo più cosa dire o fare. Vorrebbe andarsene e portare dietro sia Shion che le due inservienti, ma Sage lo ferma ancora un attimo.

“Accompagnate anche Sonia alla Casa dello Scorpione... Mi sembra parecchio stanca e avrà bisogno certamente di nutrirsi!”

Guardo preoccupata la mia amica, in effetti ha parlato poco ad eccezione dello scontro verbale con Cardia; i suoi occhi e la sua espressione sembrano spenti, privi della luce allegra che di solito emanano. Nonostante questo, alza lo sguardo e lo punta sul Grande Sacerdote, sospirando: "Signore, devo per forza recarmi alla Casa dello Scorpione? Non posso fermarmi a quella dell'Acquario, con Marta?"

Inaspettatamente Sage ridacchia con un pizzico di dolcezza, sorridendo sornione: "Posso capire che non siate partiti benissimo, Sonia, ma è mia convinzione che tu e Cardia possiate diventare amici. Non è così terribile come sembra, e prendersi cura di te potrebbe aiutarlo... e aiutare te!" le confida, accomiatandoli con un cenno La vedo allontanarsi, sconfitta, insieme agli altri. Io la seguo a ruota, ma vengo nuovamente bloccata.

“Aspetta un attimo, Marta... ti va di fare ancora un po' di compagnia ad un vecchio’?” mi chiede, sorridendomi. Al mio cenno di assenso, mi incita a seguirlo.

“Allora andiamo nella sala studio ed osservazione degli astri!” dice, cordialmente, senza più fiatare fino al raggiungimento della sommità. Lo seguo velocemente, chiedendomi tacitamente il motivo di una simile richiesta.

 

Una volta arrivati, contemplo ammirata la stanza in questione: un tavolo di legno al centro, scaffali ricolmi di libri, perfino un telescopio ed un bel mappamondo di quelli antichi (per me, visto che ne vengo da tre secoli dopo!)

“Questo è il posto dove Dègel ed io ci ritroviamo per studiare e per interpretare le stelle. Mi aiuta sempre e spesso è addirittura più bravo di me in questo compito... ha una grande intelligenza quel ragazzo, di gran lunga superiore alla media!” mi spiega Sage, ammirato, trattandomi come se fossi una vecchia amica.

Non ribatto nulla, aspettando che il discorso cominci ad essere incanalato da qualche parte. Sage è irrequieto, un poco incerto, passa le mani più volte sul mappamondo, lo gira, prima di ritrovare il coraggio di parlare.

“Non ho detto tutta la verità prima, sai? Non sono riuscito a rivelare che i cosmi dei due Cavalieri sopraggiunti in questo tempo, ma in un altro luogo, assomigliano paurosamente a quelli di Cardia e Dègel!” confessa alla fine, sospirando platealmente.

Il mio cuore automaticamente accelera, facendo un tuffo, mentre il respiro si mozza, repentino. Quindi lui li ha percepiti?! Lui, che, pur essendo Grande Sacerdote, non ha vincoli con loro?!? Perché Sonia ed io non ne siamo in grado, invece, è per via della nostra inesperienza? Camus e Milo sono dunque qui, da qualche parte, molto facilmente anche Michela e Francesca si trovano in questo tempo. Mi chiedo come stiano, perché non ti percepisco, fratellino? E' il tuo cosmo ad essere troppo debole, o...

“Chi sopravvivrà a questa Sacra Guerra?” mi domanda schiettamente Sage, un vero e proprio fulmine a ciel sereno che interrompe le mie cogitazioni.

Lo guardo di sottecchi, un poco titubante, compiendo un passo indietro per precauzione. E' stato lui, prima, a dire saggiamente che il futuro non può essere cambiato, e ora se ne esce così.

“Io... io non credo di...”

“Lo so, e questo mi dimostra che sei una persona assai giudiziosa nonostante la tua giovane età, ma non interferirò; la Guerra Sacra di questa epoca DEVE essere combattuta dai Cavalieri d’Oro di questa epoca! Io sono solo un vecchio di oltre duecento anni, mi toglierò presto di torno, ho solo bisogno di sapere se, i sogni che mi turbano la notte, abbiano un qualche tipo di risvolto nel futuro, tutto qui...” mi spiega lui, con orgoglio misto a tristezza.

Lo guardo attentamente negli occhi, colpita dal suo sguardo ancora ardentemente brillante nonostante l’età. Ha detto che non interferirà, e che ha divinato qualcosa nei sogni, che sia chiaroveggente? Forse davvero vuole solo una conferma definitiva.

“Solo Dohko e Shion sopravvivranno, quest’ultimo perpetuerà il futuro come Grande Sacerdote!” gli rispondo, laconica ma decisa. Mi rendo conto di non sapere molto più d'altro, su questa guerra, sono stata talmente poco al Tempio da non conoscere neanche altri Cavalieri del presente, figurarsi questi, che sono del passato, ma non poter essere d'aiuto, condannandoli alla morte, mi fa comunque male al cuore.

“Solo Shion e Dohko, quindi... Manigoldo, Dègel, gli altri... Ah! Ecco il problema di essere il Grande Sacerdote, ti affezioni ai Cavalieri, come se fossero tuoi figli, e agli allievi di questi come se fossero nipoti, ma sai benissimo che devi comandare e mandarli in missione; missioni che potranno essere fatali per loro!” commenta Sage, tristemente. Sembra davvero rammaricato dalla rivelazione, che quindi i suoi sogni corrispondano alla verità?

Non so assolutamente cosa ribattere per alleviargli le pene, sembra così rattristato dalla rivelazione, mi dispiace enormemente per lui.

“Quindi tu sei la sorella della reincarnazione di Dègel” mormora Sage, appena ripresosi.

Lo guardo allibita, come ha fatto a capirlo? Eppure su questo sono stata attentissima a non far trasparire nulla. Non ho mai usato i miei poteri qui, non ho mai parlato di questo, mi sento quasi come mi avessero estorto un segreto con la forza.

“I tuoi occhi sono di un blu particolare, inusuale... non mi ci è voluto molto per arrivarci. Inoltre hai un cosmo candido e niveo, anche se non pienamente sviluppato, del tutto simile a quello di Dégel! - spiega, intuendo i miei pensieri - Hai un grosso potenziale dentro di te, ma non sei che all'inizio, ed è inusuale che il tuo potere sia così acerbo alla tua età... questo mi fa capire altresì che devi essere entrata nel nostro mondo da poco, probabilmente tuo fratello è stato strappato da te da bambino, strano anche questo, il cosmo ce l'hai, avrebbero dovuto condurre anche te al Santuario..."

Abbasso lo sguardo, non particolarmente allietata alla sola idea che, con un unico sguardo, abbia capito così tante cose di me, pertanto devio il discorso.

“Nel... nel vostro sogno avete visto dove sono atterrati mio fratello, il Cavaliere dello Scorpione e le mie amiche? Sapete dirmi come stanno?” domando, mentre sento il mio cuore battere sempre più forte. Mi basterebbe avere un'unica pista per seguirla pedissequamente e abbracciare così i miei cari. Dovrei solo ristabilirmi, dirlo a Sonia, e poi finalmente potremmo partire per andarli a recuperare. Mi mancano... mi mancano enormemente, da togliere il fiato.

“Uhm, purtroppo sì... sono finiti a Bluegrad, nella Siberia Orientale, che, guarda caso, è lo stesso luogo in cui Dègel è andato a fare il suo tirocinio per diventare Cavaliere. Non può essere stato solo un caso, chi vi ha condotti qui, ha un piano preciso, anche se oscuro” mi risponde, teso.

Il mio sguardo automaticamente si posa fuori dalla finestra, sulla linea dell’orizzonte, dove il sole sta scendendo lentamente ma inesorabilmente. Bluegrad... è la prima volta che sento questo nome, ma è come se già lo conoscessi. Sospiro tra me e me, tentando di scacciare dalla mia testa il ronzio fastidioso che non accenna a smettere. Non posso andare... là... non posso, io ho... paura, come è possibile?!

“Comunque sono in discrete condizioni fisiche, si rimetteranno presto in forze... - prova a rassicurarmi, avvertendomi agitata - Marta, si sta facendo tardi, torna alla Casa dell’Acquario e non parlare a nessuno della nostra chiacchierata, anche se penso che Dègel scoprirà presto la tua provenienza... è molto acuto, gli basteranno pochi indizi per avere una prova, forse addirittura sospetta già qualcosa...” dice Sage, sorridendo appena.

Abbasso lo sguardo, scacciando a forza la sensazione di impotenza che si è unita alla paura.

“Ok, non preoccupatevi, non aprirò bocca!” affermo, decisa, facendo per andarmene, ma la voce di Sage mi ferma un'ultima volta.

“E... Marta, occhi aperti, mi raccomando! Non so chi sia, ma qualcuno si sta divertendo a manovrare i destini delle persone a suo piacimento, se continua così, creerà una vera e propria distorsione del tempo, il che potrebbe causare una catastrofe a livello globale!”

 

******

 

4 agosto 1741, notte

 

Neanche nel dormiveglia riesco a trovare un po’ di pace, dannazione, ho troppo, troppo caldo, troppi pensieri, troppe sensazioni... troppo tutto!

Le parole del Grande Sacerdote mi continuano a rimbombare in testa, trasmettendomi un senso di irrequietezza. Chi può essere così tanto potente da riuscire a manovrare i destini delle persone? E a quale scopo, poi? C’è forse di nuovo Crono dietro tutto questo? Non può essere, Crono è morto grazie al nostro sacrificio, lo stesso Camus me lo aveva detto! E poi questa Bluegrad... che cavolo è Bluegrad, perché il solo nome di questo posto sperduto nel mondo, dimenticato dagli dei stessi, mi ha fatto venire il magone subitaneo?!

Con la testa piena di queste domande e la bocca secca per la calura notturna, spalanco gli occhi completamente, sbuffando irritata. Faccio per alzarmi con l’intenzione di scendere al piano di sotto e uscire dall'undicesima casa alla ricerca di una qualche fonte o magari di un bel trogolo per bere dell'acqua fresca, ma nel momento in cui butto un piede fuori dal letto, mi scontro con qualcosa, o meglio, con qualcuno...

“Ma porca di quella miseria, di una miseria di una...!!!” impreca una voce sin troppo familiare.

Scendo cautamente dal letto, stando attenta a non urtarlo una seconda volta, accendo velocemente una candela e la rivolgo verso l’intruso.

“Che diavolo fai qui, Cardia?!” esclamo, guardandolo basita.

“Dormivo, era così difficile da capire?!” ribatte lui, massaggiandosi la testa con la sua solita risposta irriverente.

“Non hai capito... COSA DIAVOLO FAI QUI?!?” ripeto, alzando la voce e inarcando un sopracciglio.

“Uff, non sopportavo più Sonia! L'ho nutrita, le ho fatto avere un peplo nuovo, come mi è stato ordinato da quella spina ne fianco di Sage, e lei, bel bella, invece di essermi grata e venerarmi, si è messa a dire frasi come: ‘Milo non lo farebbe mai il nodo così!’, oppure ‘Non sei neanche la centesima parte di quello che è Milo, come diavolo ha fatto l'armatura a sceglierti?!'. Poi ha perorato la causa di Marika, perché quella piaga, tanto per rovinarmi ancora di più la vita, è giunta all'ottava casa, e la tua amica ci fa: ‘Come fratello maggiore fai proprio schifo! Io conosco un ragazzo, un VERO fratello maggiore che è capace di rassicurare la sua sorellina con pochi, semplici gesti, tu invece sei inetto anche su questo!’. - mi parla a raffica, gesticolando come un matto da sembrare preda di un esorcismo. Breve pausa per rifiatare, poi... "A questo punto sono esploso, l’ho mandata a rivedere le sue priorità, le ho detto di arrangiarsi, e me ne sono venuto qui! Ma poi, chi diavolo è questo Milo?! Dalle descrizioni deve essere un tipo NOIOSISSIMO! Milo qui, Milo lì.. STICAZZI!” conclude, cominciando anche a verseggiare, sbuffare come una locomotiva e a dare piccoli calcetti al comodino, cosa che, non dovrei, lo so, ma mi fa sganasciare dal ridere. Tossicchio, cercando di recuperare un po' di contegno.

Mi fa tenerezza vedere quanto Sonia sia legata a Milo e Camus, lei, che li conosce da più tempo di me, da anni, lei, che è cresciuta con loro. Devo ammettere che è stata un po' cattivella con Cardia, probabilmente sarò esasperata dalla faccenda e, non andandoci d'accordo, le verrà sicuramente spontaneo prendersela con lui come valvola si sfogo. Peraltro lo Scorpione non ha la capacità empatica di Dègel, con la mia amica non si trova e ciò gli impedisce di avere un dialogo civile con lei.

“Per quanto riguarda Marika, do ragione a Sonia, dovresti fare più... il fratello maggiore, ecco!” dico solo, punzecchiandolo e ridacchiando.

“Beh, grazie mille, eh!” ribatte lui, offeso, voltandosi dall'altra parte con gesto di stizza. Proprio non è abituato ad ascoltare i pareri di altri, che citrullo!

“Quindi... ti sei appisolato contro il fianco sinistro del letto!” continuo, sorridendo sempre divertita. Ancora una volta la paura e le tenebre sono state scacciate dal suo arrivo, non so bene come faccia, sembra avere una dote naturale per questo.

“Sì, finché qualcuno non mi ha dato un calcio volante!”afferma lui, sarcastico, girando il suo volto nella mia direzione e facendo linguaccia.

“Sei proprio scemo! Il letto è grande, è ad una piazza e mezzo, ci stavamo benissimo in due senza bisogno di addormentarsi sul pavimento!” ribatto, trattenendomi la pancia con le mani, le lacrime agli occhi dalle risate.

“Giammai dormirò nella stessa stanza con una ragazza!” esclama, leggermente rosso in viso.

“Ma ci stavi già dormendo, idiota e, prima di questo, abbiamo dormito per terra, come due mendicanti!” affermo, decisa, tirandogli scherzosamente le orecchie.

Cardia abbassa lo sguardo, incapace di ribattere, il rossore del suo volto aumenta ancora di più, anche se in faccia ha sempre quell'espressione da falso offeso. Adorabile!

“Cardia, siamo... - mi blocco, non sapendo quale parole usare. Conoscenti? Amici? Si può essere amici dopo così pochi giorni di conoscenza? - Alleati! Che male c’è se dormiamo insieme, per questa volta? Del resto, sei venuto tu qui, saresti troppo scomodo a dormire sul pavimento!” asserisco, con più dolcezza.

Attimi di silenzio...

"Siamo... cosa?"

"A-alleati..."

"Alleati... che diavolo di legame sarebbe?!"

"Oh, ehm..."

“Comunque va bene, al diavolo, se insisti così tanto a offrirmi metà del tuo letto accetto, ciao!” ribatte lui, quasi in acido, neanche facesse un favore a me a stare più comodo, prendendo poi gelosamente la sua porzione di giaciglio e dando le spalle a me, sempre stizzito.

Rimango basita a guardare la sua schiena, non capendo pienamente cosa lo abbia fatto infuriare così tanto, ma è lui che, borbottando, mi spiega le sue ragioni.

"...pensavo che fossimo amici!"

Lo fisso ancora più incredula, quasi sgomenta, mentre, con naturalezza, cade in un sonno sempre più profondo. 'Amici'... posso ancora permettermi di chiamare con questo termine una persona maschile di cui mi fidi?! Sospiro, coricandomi a mia volta al suo fianco, perdendomi, per un secondo, a contemplare i suoi capelli ribelli sparpagliati sul cuscino. Sorrido ancora, stavolta tiepidamente: “Beh, buonanotte, teppista di un Cardia!” gli dico, prima di cadere a mia volta in un sonno tutt'altro che privo di sogni...   

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Capitolo 7
*** I ricordi di Camus ***


CAPITOLO 7

 

I RICORDI DI CAMUS

 

Dove si trova mio fratello? Dove le mie amiche? E Milo sarà con loro?

Stringo convulsamente le mie mani e strizzo ancora di più gli occhi, chiusi in un dormiveglia piuttosto agitato. Non ho alcuna percezione intorno a me; sebbene mi ricordi di star dormendo con Cardia, non lo avverto minimamente, quasi come se mi trovassi di nuovo in coma e la mia mente fosse altrove.

Tante, troppe, domande mi ronzano per la testa, trasmettendomi un senso di irrequietezza che accelera i miei battiti cardiaci e attanaglia la mia mente.

...Vuoi dunque vedere tuo fratello, Marta? Scoprire il perché siete ancora in vita, o meglio, perché siete tornate alle vita? Perché, in fondo in fondo, sai di essere morta, vero? Hai avvertito il tuo cuore cessare di battere!"

Una voce mi rimbomba dentro la testa, facendomi sussultare. Riconosco questo cosmo, anche se giunge a me con sfumature alquanto diverse da allora. Forse non dovrei, ma provo un istinto innaturale alla fiducia.

Puoi farlo? Mi è concesso di attivare il mio potere per vedere mio fratello nel sogno?" chiedo mentalmente, cercando di trasmettere più determinazione possibile. Camus... sono così in pena per lui, se solo riuscissi a controllare questa capacità potrei riuscire a localizzarlo più dettagliatamente.

Sì, è giusto, hai il mio appoggio! Devi sapere dove sono Camus, Milo e le tue amiche; devi sapere anche cosa hanno fatto i Cavalieri per salvarvi, ma soprattutto… TU devi fermarlo!” esclama la voce, seria. Il tono con cui giungono le sue ultime parole mi fanno rabbrividire. Fermare... chi?!

Faccio per ribattere, ma un’improvvisa luce mi avvolge completamente, è calda e rassicurante, ma per qualche oscura ragione mi sembra quasi di essere trasportata chissà dove. Mi irrigidisco istintivamente.

 

Apro quindi gli occhi di scatto, divaricando le gambe per evitare di cadere a terra. Mi trovo davanti ad una parete bianca, quasi fluorescente da quanto brilla.

 

Mi sfrego ripetutamente gli occhi, sempre più infastidita da quel colore innaturale, per fortuna la luce ben presto svanisce, permettendo così al mio sguardo di vedere tutto l'ambiente circostante oltre che la parete di fronte a me.

 

Volto la mia testa a destra e a sinistra, cercando di familiarizzare con l’ambiente circostante: l’armadio appoggiato alla parete, lo scaffale ricolmo di libri, la scrivania vicino alla finestra... ehi, un momento! Questo posto lo conosco, è la mia camera nel 2011!!!

“Ti prego, Marta, devi farcela, altrimenti non so... cosa farò!”

Un singhiozzo dietro alle mie spalle mi fa sussultare pesantemente, mentre una fitta repentina e intensa mi colpisce il petto. Riconosco questo particolare accento francese, non posso sbagliarmi, anche se giunge alle mie orecchie strozzato e distorto.

Mi volto lentamente verso di lui, in preda ad una forte emozione, accenno qualche passo ma le gambe rischiano di non reggermi, quindi mi fermo di nuovo, prendendo un profondo respiro. Osservo la figura, girata di spalle, di mio fratello, malgrado l'atmosfera sempre più pesante, sorrido rincuorata: disperavo di poterlo rivedere un'altra volta, e invece eccolo qui, a poca distanza da me, quasi potrei toccarlo, anzi VORREI toccarlo, sembra così angustiato!

“Fratellino, cosa ti rende così triste?” gli chiedo dolcemente, riprendendo a camminare verso la sua direzione. Non riesco a vederlo direttamente in faccia, la mia vista è offuscata, ma basta avvicinarmi ancora di qualche centimetro, e...

Mi blocco immediatamente, non riuscendo a trattenere il singulto strozzato che fuoriesce dalle mie labbra: Camus è seduto su una sedia vicino al letto, la sua mano, tremante, sta tenendo quella di qualcun altro che non riesco ancora a distinguere. Ma è la sua espressione a farmi sentire così male. La straordinaria brillantezza dei suoi occhi mi ha sempre affascinato; brillantezza che non si è mai spenta neanche durante il lungo periodo di sofferenza causato dagli artigli del nemico, eppure adesso... adesso non vi è più niente di quella luce! Ingoio a vuoto, guardando incredula i fiotti di lacrime che gli rigano le guance diafane, come un fiume in piena che ha appena rotto gli argini costruiti con fatica dagli esseri umani. Non l'ho mai visto così... così smarrito, così disperato, ne ho quasi paura.

“Camus, non mi senti? Che sta succedendo? Chi c’è sul letto?!”domando a raffica, invano, mentre una strana consapevolezza si fa strada nel mio cuore; certezza che diventa reale, tangibile quando, avvicinandomi al letto, vedo tra le coperte proprio me stessa.

“Questo non può essere vero!!!” esclamo, spaventata più che, facendo alcuni passi indietro. Vorrei solo scappare, scappare via!

Il cigolio della porta che si apre dietro di me... ma non ho il tempo di fare alcunché, Shion mi passa da parte a parte come se non esistessi, come se fossi completamente inconsistente, il che mi terrorizza ancora di più.

“Ecco, Camus, Ti ho portato l’Acqua della Vita! Come sai anche tu, ha delle proprietà benefiche eccellenti, dovrebbe servire anche per le ragazze!” dice il nuovo arrivato, preoccupato, guardandomi, o meglio, guardando la me stessa nel letto.

Camus, che a seguito dell'apertura della porta, si era velocemente passato le mani sul volto, alza lo sguardo in direzione del Grande Sacerdote. Non vi sono più lacrime sul suo volto, ma gli occhi continuano ad apparire spenti, dannatamente spenti!

“Grazie, Shion... mi dispiace che tu abbia riportato delle ferite per andarla a prendere, te ne sono immensamente grato!” biascica mio fratello, preferendo usare il 'tu' in un simile frangente.

Solo ora noto che Shion ha delle ferite in testa e sulle braccia, le mani addirittura sono diventate una poltiglia di sangue, come se si fosse arrampicato in qualche luogo montuoso assai lontano da qui.

“Ma figurati, Camus! Anche io mi sono affezionato alle ragazze, farei il possibile per loro! Piuttosto, come sta la piccola Marta?” chiede Shion, serio.

Camus mi stringe ancora di più la mano, portandosela contro la fronte, esattamente come avevo fatto anche io quando era lui a trovarsi in coma. La sua risposta tarda ad arrivare, fermandosi a metà strada nella trachea. Sta trattenendo le lacrime in presenza di Shion, riesco a percepire nitidamente il suo enorme sforzo.

“Sempre uguale... la sua mano è così fredda! - inizia a dire mio fratello, fermandosi per prendere dei grossi respiri, il suo petto trema vistosamente, sconquassato dai singhiozzi che tuttavia non vuole far trapelare fuori da sé- Se lei dovesse morire, io... non me lo perdonerei mai, mai e poi mai! Dovevo essere io a proteggerla, avrei dovuto essere io a... a..." balbetta, con estrema fatica.

“Non accadrà ciò che temi, Camus, vedrai che con l'Acqua della Vita...” comincia Shion, stringendo la mano a pugno alla ricerca della speranza, che tuttavia languisce con l'arrivo di una terza entità.

“No, non può farcela... non da sola!”

Una voce proveniente dalla porta, catalizza tutta l’attenzione di Camus e Shion verso il nuovo venuto.

Quasi un singulto mi scappa dalla bocca nel riconoscere la figura dal padre degli dei: Zeus. Il Dio dei Fulmini sta lì, barbuto in volto e regale nell'aspetto. Una tunica lunga con dei disegni complessi ricamati d'oro lo rende ancora più possente di quanto ci si aspetterebbe da una persona della sua età, sempre che di età si possa parlare per le divinità.

Lo fisso ancora più sconvolta, chiedendomi cosa diavolo ci faccia proprio qui e proprio ora.

“Cosa volete insinuare?!” ribatte Camus, alzandosi in piedi di scatto, i suoi occhi, arrossati dal pianto precedente, guizzano comunque fulminei verso il dio.

Vedo Zeus sospirare impercettibilmente, avvicinarsi al mio corpo tra le lenzuola e posarmi una mano sulla fronte. Nello stesso momento avverto sussultare anche il corpo di mio fratello, posizionandosi sul chi vive e preparandosi all'attacco in caso di bisogno. E' chiaro che non apprezzi la mossa del Padre degli Dei, perché, per un breve secondo, le pupille si assottigliano e le labbra sibilano sinistramente.

“L’anima di questa ragazza, come quella di Sonia e Michela, non è più nel proprio corpo. Come si può dire nella vostra Medicina: è clinicamente morta. L’unica cosa che tiene il suo corpo in vita è il tuo cosmo, Camus! Così come quello di Milo e Hyoga preserva dalla decomposizione le altre due” spiega Zeus, visibilmente dispiaciuto.

“Q-questo non può essere vero!!! – singhiozza mio fratello disperato, una sola volta, ma sufficiente alle lacrime per riprendere a scorrere – Ci deve essere un modo per salvarle! Ci DEVE essere!!!" Seguono attimi di silenzio, rotti solo dal pianto sommesso di mio fratello, ritto in piedi a poca distanza dal letto. Le sue palpebre e i suoi pugni serrati in un'espressione carica di disperazione. Sta soffrendo tantissimo per me, ed è come se lo avvertissi, il suo dolore, non posso resistere, mi sento cedere. Fatico a respirare, ma è anche come se non riuscissi ad accettare, in nessuna maniera, la frase proferita da... da... "ZEUS!!! - l'urlo improvviso di mio fratello è quanto di più distorto possa giungere alle mie orecchie - Michela, Marta e Sonia si sono sacrificate per salvare tutti noi e voi Olimpi! Non potete lasciarle morire, avete un debito nei loro confronti!!!” solleva infine il viso, fradicio di lacrime.

Le sento anche io, le lacrime, mi bagnano le guance e cadono giù, qualcuna riesce ad arrivare anche al collo. Sto sempre peggio... quindi questo è ciò che sta provando Camus in questo momento? Questo devastante senso di impotenza, rabbia e frustrazione misto alla più nera disperazione?! Non avverto più niente in me, è come se il mio cuore avesse perso un battito e non fosse più ripartito, spezzandomi da dentro.

“C’è una soluzione, la nostra unica speranza di recuperarle... l’ho già proposta a Milo, Aiolia e Hyoga, ma...” dice ad un tratto Zeus, serio più che mai.

“Qualunque cosa, vi prego! Sono disposto... a qualunque cosa!” esclama Camus, arrivando addirittura a mettersi in ginocchio; le lacrime, oramai fuori controllo, che gli continuano a rigare le guance di velluto - Se servirà a riportare in vita la mia piccola Marta, sono disposto a pagare qualunque prezzo, vi supplico!"

“Il prezzo che tu dici... comporta il patire una immane sofferenza per te. Potresti non sopportarlo o, in caso di riuscita, debilitarti fino a morire dopo una lunga agonia che ti priverà di tutto, perfino... di te stesso! Sei disposto ad accettare simili condizioni per tua sorella, Camus dell'Acquario?” gli chiede Zeus, guardandolo dritto negli occhi.

Camus accusa la rivelazione, nei suoi occhi passa, velocissima, una scintilla di paura, poi posa il suo sguardo sul mio corpo steso sul letto, recuperando una parvenza di controllo, voltandosi infine con espressione decisa verso il dio, gli occhi determinati come non mai.

“Farò qualunque cosa a qualsiasi prezzo, Divino, qualunque cosa... per permettere al sole di tornare a scaldare la sua nivea pelle!

“Nooooo!!!” urlo, correndo verso il mio fratello, ma in pochi attimi tutto l’ambiente circostante si dissolve completamente.

 

*******

 

Per pochi attimi mi sembra quasi di cadere nel vuoto, lentamente ma inesorabilmente... finché non sento i piedi toccare terra, automaticamente metto le mani davanti a me per controbilanciare l’urto e, nel farlo, rabbrividisco più volte a seguito di una sensazione di freddo che si sviluppa proprio dai polsi per poi irradiarsi per tutto il corpo. Cos’è questa sensazione di gelo che si sta impossessando di me, dove...?

Apro di scatto gli occhi e quello che vedo mi sorprende non poco: tutto intorno a me vi è un paesaggio innevato, formato da cime ispide e ghiacciate. Poco lontano, verso l'orizzonte, si intravede una cittadina lontana pressoché assediata dal gelo. Questa particolare visione, in apparenza triste e terribile, ha invece il potere di trasmettermi una remota sensazione di felicità completamente misteriosa.

“Ma dove diavolo sono adesso?! Sembra quasi...” comincio a dire tra me e me, abbassando lo sguardo... un nuovo singulto mi esce dalla bocca nello scorgere quattro figure svenute a terra. Sono famigliari... sin troppo!

“Camus!!! Milo!!! Michela!!! Francesca!!! Oddio, no!” urlo disperata, correndo verso di loro, stesi a poca distanza da me, ma arrivata in prossimità dei loro corpi mi blocco, consapevole di non poter intervenire. Proprio per questo, sento ben presto l'ansia invadermi la mente: i loro volti sono tremendamente pallidi, i loro indumenti completamente inadatti per il clima del luogo e il loro corpo è già semi-coperto dalla neve... ed io non posso fare nulla per loro, se non... rimanere ad osservare, dannazione!

“Qualcuno... C’è qualcuno che può aiutarli?!” grido, mentre le lacrime escono nuovamente dai miei occhi. Stavolta sono le mie, le avverto marcatamente differenti.

“Ehi, voi! Cosa è successo?” una voce femminile sembra rispondere alla mia domanda.

Mi volto verso di essa e, di nuovo, inesplicabilmente, il mio cuore inizia a battere più velocemente. Potrebbe trattarsi di una reazione normale, come quando, per un rigiro della sorte, si è scampati da un grosso pericolo, ma così non è. La sensazione che provo è veramente slegata dalla realtà alla quale sto assistendo, come fosse separata da me ma inequivocabilmente dentro il mio passato. Non è comunque qualcosa che ha a che fare con il presente, non solo, non maggiormente. In cosa consiste ordunque?! Perché tutto questo?

Lottando contro l'illogicità di cui sono vittima, assisto impotente all'arrivo di una ragazza dai lunghi capelli argentati e i lineamenti fini, che sopraggiunge di corsa per poi bloccarsi di colpo davanti al corpo inerme di Camus. Appare totalmente ammutolita dalla sorpresa.

“No... non è possibile...” sussurra in seguito, rianimatasi poco dopo. Con mio sommo stupore, mi rendo nitidamente conto che è proprio lei a procurarmi tutto quel coacervo di emozioni incastrato nel mio stomaco.

Vedo la giovane donna prendere delicatamente tra le proprie braccia Camus, sollevandogli il busto tanto quanto basta per sorreggerlo. Poco dopo gli toglie la neve dai capelli e si sofferma sul suo volto per altri brevi secondi. Successivamente la sua mano esperta si appoggia prima sul polso di mio fratello e poi sul collo, scendendo giù lungo la carotide per poi sostare, sotto la maglietta, sul petto per altri istanti. La paura è nei suoi occhi; paura che tuttavia cede presto spazio al sollievo: i battiti ci sono, seppur fievoli, è vivo, non è troppo tardi! Lo stesso procedimento viene eseguito anche sugli altri, in maniera più repentina ma ugualmente scrupolosa.

“Grazie al cielo sono ancora tutti vivi, ma non ho un minuto da perdere... Iago! Iago, vieni quei per favore, è un'emergenza, queste persone sono mezze assiderate, accorri!” dice a gran voce la ragazza, un tono urgente nella sua voce melodiosa.

 

E la scena cambia un'altra volta...

 

*********

 

Mi trovo in una camera accogliente e calda composta da una piccola libreria in legno, da un tavolino dello stesso materiale, da una finestra sferzata dal vento e, ovviamente, da un letto caldo e accogliente su cui è coricato Camus. Tutto questo profuma di pulito e di odorosa primavera, come se il Generale Inverno fosse esiliato da codesto luogo.

Grazie a questi elementi, non ci metto molto a capire che la ragazza deve aver portato qui Camus per farlo riprendere, ma non ho la minima idea di dove siano Milo e le mie amiche... mi sento così inquieta! Sospiro sonoramente, sempre più prostrata. Mio fratello ha avuto la febbre alta, si vede, ciò mi provoca un enorme senso di smarrimento e apprensione, ma non è questo a mozzarmi così il fiato: è il tono con cui invoca il mio nome tra le tenebre dell'incoscienza, che mi procura una stilettata al cuore ad ogni più piccolo suono che esce dalle sue labbra erose dalla malattia. Vorrei toccarlo, rassicurarlo che sto bene, ma non posso, riesco solo a guardarlo agitarsi nel sonno, continuando a chiamarmi con sempre maggior patimento. Questo è mio fratello, questa la sua fragilità... una persona che cerca sempre di apparire forte davanti a me, per farmi sentire protetta e al sicuro, ma che in verità si strugge enormemente per me appena mi succede, o sente succedermi, qualcosa.

Ti voglio bene, fratellino... ora che sono così lontana mi pento di non essere riuscita a dirtelo più spesso. All'improvviso il rumore di una porta che si apre mi fa sussultare, mi volto e vedo la giovane donna entrare nella stanza con una bacinella piena d’acqua e dei panni candidi. Prendo un profondo respiro, rasserenata, mentre la guardo operare con maestria. Lentamente, con delicatezza, scopre il busto di mio fratello, ammucchiando le lenzuola sul suo grembo e apprestandosi a lavargli l'addome con cura, senza tralasciare alcun punto, successivamente ritira il panno, lo immerge nella bacinella e passa al torace, prestando attenzione a non bagnare le bende che lo fasciano. Anche in questo caso, finita quella porzione di corpo, attua lo stesso procedimento, passando quindi al volto.

Nel momento stesso in cui gli posa più volte il panno sulla fronte e sulle guance, Camus inizia debolmente a muoversi, aprendo finalmente suoi meravigliosi occhi, pur tremendamente stanchi.

“Chi... chi sei tu che, con così tanta cura, si occupa di me?” riesce a chiedere, con voce rauca e un poco affannata.

La ragazza, si blocca nell'istante medesimo in cui i suoi occhi, di lago di montagna, si incrociano con il mare profondo e un poco tenebroso di mio fratello. Per qualche istante non è in grado di parlare, freme, posandosi una mano sul petto, ma poi riesce a recuperare parzialmente il controllo, modulando la sua voce allo scopo di tranquillizzarlo.

“Ti sei ripreso, per fortuna! Io mi chiamo Seraphina... Seraphina di Bluegrad”

“S-Seraphina? Bluegrad? M-mi trovo in Siberia?! Come... come è possibile? L-la città dovrebbe...” domanda ancora Camus, confuso, provando a sollevarsi un poco, ma le forze non sono sufficienti, le braccia tremano, facendolo ricadere immediatamente, il fiato corto. Si guarda intorno, spaesato e agitato, mentre la ragazza, sempre adoperando magistralmente l'autocontrollo di cui deve essere dotata, si sforza di calmarlo sia a parole che a gesti.

“Calmati, sei al sicuro qui! Vi ho trovati svenuti due giorni fa sulla neve, sono immediatamente corsa verso di te, perché pensavo... pensavo fossi una persona che conosco e che mi sta molto a cuore... ” mormora lei, sfiorandogli i lunghi capelli blu e abbassando lo sguardo per non far vedere il leggero colorito che hanno assunto le sue dolci gote. Fa tenerezza al solo vedersi, tuttavia non basta per tranquillizzare mio fratello, che al suono di quelle parole si agita ancora di più, provando per l'ennesima volta ad alzarsi.

“Hai detto 'vi'... significa che c'era qualcuno con me... chi?!? Dove sono ora?! Come stanno???” prorompe infatti, puntellando le braccia con ancora più foga per darsi nuovo slancio, che tuttavia si usura in un attimo, facendolo ricadere pesantemente sul letto, il fiato ancora più corto di prima, le energie nulle. Non si da per vinto, ci prova una terza volta, ansimando, tanto da costringere la ragazza a forzarlo a rimanere giù, coniugando tutte le sue forze nel convincerlo a sdraiarsi.

“Non ti fa bene agitarti così, sei ancora troppo debole!! Hai rischiato l’ipotermia e hai delle brutte ferite sul torace. Quando ti ho trovato, a poca distanza da te c'era un giovane uomo muscoloso dai capelli violacei, e altre due ragazze, una un po’ più robusta e l’altra un po’ più minuta, entrambe con i capelli molto lunghi di tonalità diverse, una più chiara di pelle e l'altra più scura. Purtroppo non so dirti di più, non si sono ancora svegliate - asserisce in tono dolce ma deciso, affrettandosi poi a dare spiegazioni nel vedere l'espressione di mio fratello diventare sempre più allarmata - Non temere, non sono in pericolo di vita. Hai rischiato molto più tu, avevamo paura di perderti, ma... sei stato forte, hai superato la crisi!" prova ad incoraggiarlo, sempre in quel tono particolare che riesce a confortare persino me, che sono esterna in questa scena. Comunque una bella lavata di capo, a mio fratello, non gliela toglie proprio nessuno! Guardalo lì come si dimena per alzarsi, colui che nel presente mi ha minacciata di surgelarmi se avessi compiuto altri sforzi. Sei un testone, Camus, ma mi manchi da morire!

Nel frattempo noto il suo sguardo assente vagare vacuo per tutta la stanza, soffermandosi sulla finestra, dalla quale si vede la neve che sta cadendo. Lo vedo chiaramente, mentre tenta di concentrarsi per individuare i cosmi nelle vicinanze, identificandoli poi con quelli di Francesca, Michela e Milo. Purtroppo questo sforzo gli procura un netto colpo di tosse, portandolo finalmente ad accasciarsi, stremato, sul letto, vinto dalla sua stessa spossatezza.

“Bravissimo così, respira con calma ora, nessuna delle persone che ami sta rischiando di morire... - riesce infine a rassicurarlo, accarezzandogli con naturalezza il braccio, quasi avesse già di lui una conoscenza approfondita, rimboccandogli poi le coperte - Purtroppo il freddo di questi luoghi non perdona, ma ho fatto in tempo a trovarvi, vedrai che staranno presto meglio, lasciali riposare e recuperare le forze, ho disposto i curatori migliori per loro!”

Camus intanto continua a guardare la neve che cade dalla finestra, apparentemente arreso. La sua espressione nasconde una profonda tristezza a stento velata. Seraphina decide quindi di cambiare discorso.

“Sì, anche quest'anno l’estate non è mai arrivata, è il 1° Agosto ma continua a far freddo e a nevicare. E' sempre così da quando Lui se ne è andato, o forse è così che vedo io il mondo adesso!” sussurra, tristemente, continuando a parlare per stemperare la tensione.

“Lui... chi?” domanda Camus, come riscossosi dal torpore.

Vedo Seraphina arrossire vistosamente, soffermandosi sugli occhi di Camus, di nuovo brillanti nonostante la stanchezza; mio fratello fa altrettanto, diventando rosso a sua volta. Come guidato da un qualche istinto primordiale, si risolleva di nuovo sui gomiti (ed io che pensavo si fosse arreso!) desiderando ardentemente avvicinare il suo volto a quello della ragazza per osservarla meglio. Leggo smarrimento in lui, unito ad una sensazione di perduto e appena ritrovato, ma non riesco pienamente a capire, neanche lui sembra riuscirci.

“Parlo di Dègel... Dègel il Cavaliere d’Oro dell'Acquario, ti dice qualcosa questo... questo nome? Sei così... - ma si interrompe, scrollando il capo - Scusami per questa scempiaggine..."

Gli occhi di Camus si spalancano al limite dell’umano possibile, un singulto fuoriesce dalle sue labbra, screpolate per il freddo. E capisce. Capisce di essere in un'altra linea temporale. Capisce di essere lontano. Da me. Dal suo tempo.

“Che succede? Ti senti male? Sei sbiancato di colpo...” chiede Seraphina, apprensiva, provando a fargli coraggio in qualche modo, perché mio fratello sembra quasi traumatizzato da quel solitario nome.

“No, no nulla... Perdonatemi, voi mi avete salvato la vita ed io non mi sono nemmeno presentato: io mi chiamo Camus e... e...” sussurra lui, sempre più debolmente, mentre un nuovo capogiro lo priva dell'equilibrio.

Seraphina, istintivamente lo sorregge, nell'atto di acciuffarlo il volto di lui si posa sulla sua spalla, portandola a toccargli la fronte, che probabilmente avverte calda vista la reazione conseguente.

“Camus... è un bellissimo nome, sai? - sorride lei, un poco rattristata, prima di accompagnarlo a sdraiarsi per la quarta volta di fila - Avremo tempo di parlare quando starai meglio, ora hai ancora la febbre alta, riposati ancora un poco” dice, riprendendo poi il panno e tamponandoglielo sulla fronte. Mio fratello freme impercettibilmente a quel contatto, tenendo disperatamente ancorate le emozioni che hanno cominciato ad avvolgerlo, spietate. Non le capisce quelle emozioni, o forse sì, ne è sempre più soverchiato e questo lo spaventa terribilmente. Perché lui non la conosce, eppure è come se l'avesse sempre conosciuta.

“Non posso riposare mentre il mio migliore amico e le due ragazze, che considero come figlie, stanno male! - esclama, ostinato, tentando per la quinta (quinta!!!) volta a rimettersi almeno seduto, ma stavolta Seraphina, capendo l'antifona, non lo fa nemmeno sollevare sui gomiti, trattenendolo giù con tutte le energie di cui dispone - Io posso reggere temperature simili, loro no! Vi prego, datemi qualcosa per vestirmi, ho bisogno di vederli!"

“NO, non posso permettertelo! Me ne occuperò io, te lo prometto, insieme ai curatori, ma tu pensa solo a riposare. Sei malconcio e il tuo battito, quando ti ho trovato, era debolissimo. Se compi sforzi fuori dalla tua portata, rischieresti anche tu, non lo posso permettere!” afferma Seraphina, riuscendo nell'impresa di placarlo, rimboccargli le coperte e guardarlo con un pizzico di severità, come avvertimento. Poi esce subito dopo, con un non so che di frettoloso, come se anche per lei fosse troppo dura rimanere lì e lasciando dietro di sé un dolce profumo che ricorda l'odorosa primavera.

Mentre i contorni dell’ambiente circostante ricominciano di nuovo a scomparire, vedo Camus cercare di sollevarsi, con esiti nulli, passandosi poi una mano sulla fronte ancora bagnata in un gesto di stizza malcelata quando comprende di essere troppo debole per essere in grado anche solo di rimanere in posizione seduta. Lo sento imprecare tra sé e sé in francese, stringendo i pugni: ancora una volta, non è in grado di essere d'aiuto alle persone a lui care, ma non esserlo in quel momento, dopo i fatti accaduti, che avrebbero dovuto provocare in lui un cambiamento, è ancora più frustrante. Si sforza si tornare alla calma, prendendo dei profondi respiri e soppesando quanto è venuto a sapere.

“Milo, Francesca, Michela ed io ci siamo addormentati nella stessa stanza, Sonia in un'altra e Marta in un’altra ancora... Deve essere successo qualcosa per finire, non solo in diversi luoghi, ma anche in un'epoca differente, lontani dai nostri affetti. Ah, Marta, non avverto il tuo cosmo da nessuna parte, ed è così anche per Sonia... perché? - sussurra tra sé e sé Camus, sfregandosi gli occhi nel tentativo di scacciare le vertigini - Ti ho... persa di nuovo, e l'ultima frase che ti ho rivolto è di non volerti vedere gironzolare intorno a me per un po'. Mi dispiace, piccola mia! Mi ero ripromesso che non ti sarebbe successo più nulla dopo Crono, ed invece eccomi qui, del tutto incapace persino di individuarti con il cosmo, figurarsi di raggiungerti!”

 Tutto intorno a me è in procinto di svanire, mentre scorgo il suo petto sussultare più volte, il viso nascosto dalle mani. Singhiozza, un'unica volta: "Sono talmente debole da non riuscire a reggermi in piedi... come posso pensare di proteggerti?! Io... che razza di fratello maggiore sono?!?"

********

 

Mi trovo nuovamente all'esterno, probabilmente nel cortile del paese assediato dai ghiacci. Mi guardo intorno, cercando di raccapezzarmi su quanto tempo possa essere passato e sul perché mi trovi qui in questo momento.

Una risata argentina indirizza il mio sguardo sotto un portico dove Serafina e Camus stanno passeggiando. Sollevata, mi dirigo verso di loro, notando che mio fratello indossa un vestito lungo e pesante di un qualche tessuto particolare, alquanto strano considerando che è il signore delle energie fredde, per cui non dovrebbe patire le temperature così rigide.

“Tutto bene? Forse era un po’ troppo presto per alzarti!”dice Seraphina, sorridendogli genuinamente. La guardo ammirata, percependo uno strano calore: il suo sorriso sembra proprio un raggio di sole, incredibile!

“Sì, tutto a posto! Grazie per esservi presa cura di me e di avermi rimesso in forze!” risponde Camus, arrossendo non poco nel guardarla in faccia.

Conosco bene mio fratello, so che anche se dice così è molto stanco e fisicamente provato; lo capisco dal suo modo di camminare così, ma soprattutto dai suoi occhi ancora spenti, privi di luce.

“Sono passati due giorni da quando sono rinvenuto, proprio non ce la facevo più a rimanere nel letto. Grazie per avermi prestato questo abito, nobile Seraphina! - continua Camus, grato, un leggero sorriso ad incurvargli le labbra - Michela, Francesca e Milo non hanno ancora ripreso coscienza, ma oggi ho potuto rivederli, toccarli... si riprenderanno presto, lo sento! Grazie anche per questo, io... vi sono grato, sono persone molto importanti per me!"

“Spero anche io che si rimetteranno presto, secondo i curatori è solo questione di poco, i segni vitali sono ottimi! Invece per quanto concerne l'abito, è di mio fratello Unity, che in questo periodo è fuori con mio padre, quindi non preoccuparti!”

 

Per l’ennesima volta il mio cuore perde un battito, di nuovo una miriade di emozioni, che non riesco a comprendere, mi investe e inizio a tremare.

Pochi secondi dopo, mi rendo conto che ciò che avverto ora è ben diverso dall'emozione di prima. Questa sensazione, pur avendo in comune il calore come base, è praticamente opposta, quasi di incendio che tutto travolge, non più di vento tiepido. Sbatto le palpebre, fissando sbalordita la mia mano, affondata nella neve, accorgendomi così di aver sferrato un pugno al suolo. Perché... sono così arrabbiata al suono di quel nome oscuro?!

 

“Camus! Che ti succede?” domanda nel mentre Seraphina, agitata. Mio fratello, infatti, ha tirato anch'egli un pugno ad una colonna, ora incrinata in vari punti.

La sua espressione è ricolma d’ira, una rabbia cieca e, apparentemente, ingiustificata.

“Camus, cosa ti sta...?” continua ancora Seraphina, apprensiva, poggiando la sua candida mano sul pugno di mio fratello, che sanguina un poco.

“Io... io sto impazzendo!!! - mormora Camus, scivolando a terra in ginocchio. Seraphina con lui– Non riesco più a dominare i miei sentimenti e stati d'animo! Avverto emozioni che non riesco a comprendere, io... io... che accidenti mi sta succedendo?!"

“E' la ragione per cui, quando l’anima si reincarna, i ricordi della vita precedente vengono soppiantati, pur rimanendo nella pare più profonda del nostro io. E' un po' come l'istinto di conservazione, funziona allo stesso modo: il cervello umano non tollererebbe mai il peso di due vite...” sospira Seraphina, sorridendo tristemente e socchiudendo gli occhi.

Mi volto verso di lei con espressione basita, lo stesso fa mio fratello:

“Voi, come sapete...?” inizia, ma un tonfo sordo attira la sua attenzione.

Poco più in là, nel cortile, riesco a scorgere due figure femminili che tentano di rialzarsi; due figure che conosco anche troppo bene: Francesca e Michela. Istintivamente corro verso la loro direzione, al settimo cielo nel vederle. So che non posso interferire, ma provo il forte impulso di abbracciarle, di chiederle come stanno, di... fare qualcosa per farmi percepire.

“Maestro!!!” urla Michela, riuscendo finalmente a distinguerlo e andando subito incontro a Camus. Francesca la segue a ruota. Entrambe corrono a stento e sembrano sul punto di cadere, ma questo non ferma il loro moto, quasi disperato, verso mio fratello: stabilire un contatto dopo così tanto tempo è il loro unico pensiero. Non importa il luogo e nemmeno il tempo, conta solamente lo spazio di un abbraccio, quello di Camus, che si precipita immediatamente nella loro direzione.

“Michela! Francesca! – esclama mio fratello, correndo come un forsennato e arrivando giusto in tempo per sorreggerle entrambe, perché entrambe, complice la debolezza, stavano cadendo in avanti – Siete due incoscienti! Cosa vi è saltato in mente di uscire con questo freddo dopo aver rischiato l'ipotermia?! Pazze! Non c'era bisogno di cercarmi in questa maniera!!!”

“Eravamo preoccupate per te, Camus... abbiamo visto in che condizione si trova Milo, abbiamo appurato che è ancora incosciente, ma non ti abbiamo trovato nella tua stanza. Che importa quello che abbiamo rischiato, avevamo bisogno di vederti e percepirti!” mormora, Michela, tesa, affondando il suo volto nell'incavo della spalla del maestro, il quale ammutolisce all'istante, bloccandosi conseguentemente.

“Ha ragione Michela, tu... tu.. sei ferito, come potevi pensare che non ci saremmo preoccupate?! - interviene a sua volta Francesca, scambiandogli un'occhiata indecifrabile - Piuttosto...dove sono Marta e Sonia? Non... non riesco a percepirle...” anche la mia amica più grande sembra preda dell'agitazione più frenetica.

Vedo un’ombra passare negli occhi cobalto di Camus, la stretta delle sue braccia aumenta. Lo vedo posare il mento tra le due spalle delle allieve, abbracciandole con forza, come se si trattasse dell'ultimo appiglio.

“Non sono qui, purtroppo, e il loro cosmo è sparito nel nulla... ma il mio cuore dice che sono vive e che stanno bene. DEVONO stare bene! - afferma infine, tremando senza vergogna, non è più necessario celare il suo vero sé stesso, non in quel frangente - Sia Marta che Sonia sono forti, io lo so... so quanto sono coraggiose quelle due piccolette, non temete! Ci riabbracceremo presto, ne sono certo!" prende un profondo respiro, buttando fuori l'aria. Gli occhi si inumidiscono anche a me, come a lui, mentre le mie braccia automaticamente si sollevano per stringere i corpi di Camus, Francesca e Michela. So che non mi possono né sentire né avvertire, so che non li possono abbracciare, so anche di essere inconsistente, ma così facendo è come se partecipassi alla stretta. Io sono qui e sto bene... vorrei che il vento libero e senza confini a cui sottostare, portasse questo messaggio così importante nelle lande desolate della Siberia Orientale. Trattengo il fiato, prima di parlare a cuore aperto.

"Io sto bene e resisterò; resisterò con tutte le mie forze fino a quando potrò nuovamente protrarre le mie braccia nella vostra direzione sapendo di riuscire a toccarvi. Cercate di riprendervi anche voi, vi prego! Siete la mia famiglia! Vi voglio bene!" confesso, con una intensità sempre maggiore. Riapro lentamente gli occhi, gonfi di lacrime ricolme di malinconia. Nel farlo, sono pressoché certa che tutti i contorni intorno a me saranno nuovamente sfumati, ma sorprendentemente, mi incrocio con lo sguardo traslucido di mio fratello. Sussulto nel constatare che sta guardando proprio nella mia direzione, sbigottito, come lo sono io. Rimaniamo diversi secondi così. "Ma-Marta?! Sei proprio tu, piccola mia?" Tremo convulsamente, vorrei ribattere, ma non faccio in tempo a pronunciare la terza lettera del suo nome, che accorrono in tutta fretta tre guardie che, probabilmente, avevano il compito di stare dietro alle mie amiche.L'effetto è quello di uno strappo netto che mi addolora.

“Ci perdoni, nobile Seraphina, ci sono fuggite all'improvviso come due alci imbizzarrite, non abbiamo avuto il tempo di fare nulla!” spiega una di esse, lievemente imbarazzata.

“Non ti preoccupare, erano in pena per il loro maestro, è più che normale. Ora però riportatele in camera e tenetele al caldo, sono ancora molto deboli!” afferma Seraphina, rimasta un po' in disparte. Il suo tono è gentile e lo sguardo caldo, ma si tratta pur sempre di un ordine perentorio.

Le guardie, dopo un leggero inchino, recuperano le mie due amiche, che tuttavia non hanno minimamente intenzione di abbandonare il rifugio caldo e sicuro costituito dalle braccia del maestro. Deve essere lui stesso a raccomandarsi di fare le brave e rassicurarle che, appena finito di parlare con Seraphina, andrà da loro. Michela sembra ancora ostile a separarsi di nuovo da lui, così bisognosa d'affetto, e tocca a Francesca prendere la situazione in mano e allontanarsi, non prima di aver scambiato un'altra occhiata particolare con Camus.

E' di nuovo il silenzio a fare da sovrano, lo sguardo di mio fratello non smette di fissare il punto in cui le sue allieve sono sparite, ancora tremendamente apprensivo. Non parla, ma è come se il suo pensiero prendesse forma nel mio cervello, come se lo avessi creato io stessa. "Eravate così in pena per me da rischiare la vostra salute solo per vedermi... quando vi ho stretto a me ho percepito chiaramente il calore innaturale dei vostri corpi, eppure tremavate dal freddo! Siate prudenti, vi prego, non fate più simili pazzie, mi fate preoccupare..."

“Sei così diverso da lui, in apparenza... tu riesci ad ostentare molta più freddezza, ma lo fai unicamente per celare la tua reale dolcezza e perché hai paura di rimanere ferito dalle brutalità della vita, nevvero? - domanda improvvisamente Seraphina, trovando il coraggio di spezzare il silenzio - Devi aver sofferto molto, in vita tua, se hai così tanto terrore a stringere legami profondi, eppure il tuo cuore è così grande, e gentile, come quello di Dégel...

“Come... come avete fatto a capirlo, che io e lui siamo la stessa essenza?” chiede solo Camus, laconico, come sempre quando si sente esposto.

“Non è facile incontrare persone che hanno gli occhi di un blu così brillante come il tuo; inoltre le ferite impresse sul tuo corpo testimoniano che, come Cavaliere, hai affrontato nemici di una certa levatura. Tuttavia la certezza definitiva... quella, me l'ha potuta dare solo il mio cuore, le emozioni che ne sono scaturite nel... vederti. Sei il futuro di Dégel, la sua reincarnazione, l'ho avvertito chiaramente dal principio...” afferma Seraphina, non riuscendo a controllare il tremolio della sua voce.

Il suo tono così cristallino, però, è strano, sembra quasi... affievolirsi sempre di più parola per parola. La osservo. Effettivamente è sudata e, anche se non lo ha dato a vedere, ha il fiato corto, troppo... corto,

“Nobile Seraphna, cosa vi...” ha appena il tempo di angustiarsi Camus, prima di precipitarsi a sorreggere la donna, che si è appena sbilanciata in avanti come vinta da un'entità nascosta.

“Nobile Seraphina?! Che vi sta succedendo?!” esclama ancora Camus, preoccupandosi ulteriormente nel constatare il peggioramento delle sue condizioni. Madamigella Seraphina non risponde subito, sembra quasi preda di un violento attacco respiratorio che le impedisce di parlare con chiarezza. Diversi secondi passano, tra un Camus sempre più angosciato e una Seraphina che tenta disperatamente di articolare una frase di senso compiuto.

“Ho visto il futuro... s-so cosa accadrà...” singhiozza ad un certo punto Seraphina, tra le forti braccia di Camus. Quest'ultimo la fissa inebetito nell'averla così vicina a lui, il bel volto adagiato sulla spalla. Prova altresì l'istinto innato di baciarla, cosa assolutamente non da lui, e infatti è la ragione assai abile a rimescolare le carte e a seppellire quei sentimenti troppo dolorosi per permettersi di riaffiorare.

“Non... non dovreste fare simili sforzi, se sapete di essere in così cattive condizioni fisiche! Siete una incosciente, esattamente come... come...”

“C-come la persona che invochi spesso nel sonno, vero? Mi dispiace... vi facciamo proprio tribolare, eh?” finisce per lui Seraphina, respirando pesantemente ma sforzandosi ugualmente di sorridere. Mio fratello sbatte più volte le palpebre, come se si fosse accorto solo ora di aver usato un tono troppo confidenziale in maniera più che naturale. Tuttavia decide di proseguire in quel discorso in grado di tranquillizzarlo.

“L-la mia sorellina Marta, sì voi me la ricordate molto, siete due testone, anche se, grazie al vostro visetto gentile e innocente, non lo date a vedere subito e... - si blocca, in vistosa difficoltà a parlare - L-la mia piccola Marta... so che si trova anche lei in quest'epoca, sono riuscito a fare un sogno, sfuggente, su di lei, dopo notti che ci ho provato inutilmente, ma.. anche lei è in cattive condizioni, sapete? E' ferita gravemente, le è successa una cosa davvero brutta a causa mia, ed era mio compito proteggerla, ma non ci sono riuscito... e... dovevo proteggere anche Voi, ma nemmeno questo sono stato in grado di fare, non me lo perdonerò mai!” sussurra a fatica Camus, gli occhi nuovamente lucidi a quel fluire di parole, che lo colgono impreparato e sorpreso. Due lacrime capricciose, del tutto fuori controllo, gli rigano le guance, trasmettendogli dolore, che tuttavia viene subito tamponato dalla mano di Seraphina, che corre ad accarezzargli il volto. Subito il desiderio di piangere si insinua dentro di lui. Può farlo, può cedere al pianto, questa volta, perché ad accogliere i suoi sentimenti c'è il caldo sorriso di lei, il suo delicato profumo che lo riporta alla primavera, sciogliendo le nevi perenni del suo cuore. E' al sicuro con lei... e sa, sa che una parte di lui, sempre più forte, vorrebbe rimanere lì, con la donna un tempo amata.

 

MARTA!!! DANNAZIONE, SVEGLIATI!!! STAI MALE!?” una voce, oltremodo preoccupata, mi sconquassa la mente, frastornando i miei sensi.

No, Cardia, non ora... voglio restare!” penso disperatamente tra me e me, sforzandomi di mantenere gli occhi aperti in questo sogno, ma l’ambiente intorno a me incomincia a sfumare via, a partire proprio dai contorni vicini.

 

 

“Lei sta bene, ne sono sicura. E' forte, molto più di me, non temere così per lei, Camus. La speranza, anf, non bisogna mai perderla, finché si è vivi!” afferma a sua volta Seraphina, mentre alcune lacrime scendono anche dai suoi occhi azzurri, come le frizzanti acque dei laghi di montagna alimentati dai ghiacciai. Paura nel suo sguardo, che viene immediatamente percepita.

“Nobile Seraphna! Perché siete così indebolita?! Respirate a fatica... cosa... cosa vi sta...?

“Coff, sono malata, mi rimane ben poco da vivere... per questa cagione tu... tu mi devi fare una promessa, anf, te ne prego!” farfuglia ancora Seraphina, sostenendo lo sguardo di mio fratello, malgrado una tosse rauca, apparentemente secca, ha cominciato a sconquassarle i polmoni.

“Di quale promessa andate dicendo?! Voi dovete curarvi, e basta, non siete che nel fiore della vostra vita, non posso accettare simili discorsi!” esclama invece mio fratello, con voce tremante ma decisa, mentre un raggio di sole, finalmente uscito dalle spesse nubi, rischiara il suo viso d'avorio.

Seraphina sorride, constatando, ancora una volta la durezza della testa degli Acquari, come il diamante, anzi peggio, poi passa ad accarezzargli lievemente la guancia destra, quel chiarore sul viso, quella pelle morbida... davvero non sembra cambiato niente.

“Grazie a questo piccolo gesto mi risveglierò QUEL giorno; quel giorno in cui io e Dègel saremo di nuovo insieme, condividendo lo stesso destino... Camus, probabilmente, col permanere della tua presenza in questo mondo, alcuni ricordi della tua precedente vita riemergeranno in te in maniera quasi del tutto naturale, ma ugualmente dolorosa. Io... io vorrei proteggerti, con tutta me stessa, ma... ma devo avvisarti,prima, e dirti cosa accadrà tra esattamente due anni e 86 giorni... anf... però... però tu mi devi promettere che, una volta saputolo, NON cambierai la storia per come è stata scritta, intesi?”

“Adempiere ad un tale giuramento... richiede il vostro sacrificio? - chiede delucidazioni mio fratello, percependone l'antifona. Seraphina non risponde, di fatto una conferma - Allora non posso accettarlo in alcun modo!”

 

“Dovrai farlo, invece, per il bene del mondo e... di tua sorella, perché...”

MARTAAAAA!!!” l’urlo di Cardia che si propaga nella mia mente mi fa cadere a terra, rompendo così la mia concentrazione. L'ambiente intorno a me svanisce in un breve respiro sfuggente.

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Capitolo 8
*** Poche certezze e molti dubbi ***


CAPITOLO 8

 

POCHE CERTEZZE E MOLTI DUBBI

 

4 Agosto 1741, mattina.

 

 

“MARTA!!! MARTA!!! MARTA!!!”

La voce di Cardia, che mi urla nelle orecchie, mi fa ridestare completamente con un sussulto. Come se non bastasse il pazzo continua a scrollarmi con ben poca grazia; un grugnito di disapprovazione mi sfugge dalle labbra, ma non aggiungo altro, limitandomi a guardarlo torvo. Bastava che se ne stesse buono ancora per due minuti, DUE minuti, soltanto, e invece no! Cosa avrà raccontato Seraphina a mio fratello?! Sembrava così stravolta, così indebolita...

“Finalmente! E’ da un’ora che ti provo a svegliare! Sei proprio un caso disperato, o russi, o parli nel sonno, o non ti svegli proprio... Ah! Ah! Non ho mai incontrato in vita mia una persona con così tante problematiche in un corpicino come il tuo!” esclama Cardia con malizia, probabilmente per nascondere la preoccupazione per il mio stato di incoscienza.

Fisso per un attimo il suo volto rischiarato da un raggio di sole, mi sorride scanzonato, come sempre, del tutto ignara del peso di ciò che ho visto. Subito, il desiderio di raccontare quanto ho scoperto mi investe, portandomi a scattare in piedi.

“Sonia! Le devo parlare assolutamente!!!” urlo, buttandomi praticamente giù dal letto e correndo verso l’uscita dalla stanza senza dare ulteriori spiegazioni

Quando spalanco la porta di getto, quasi non mi accorgo di sbatterla violentemente contro il muro, producendo un gran fracasso che riecheggia nelle pareti di marmo dell'undicesima casa.

“Ehi, un secondo! Cosa è tutta questa fretta? Perché devi parlare con quell'essere?” mi domanda Cardia, raggiungendomi di corsa e afferrandomi il braccio destro.

Non ho tempo di rispondere perché un capogiro fortissimo fa girare l'ambiente intorno a me di almeno 180 gradi. Strabuzzo gli occhi nel tentativo di placarlo, appoggiandomi di conseguenza a lui per evitare di cadere e recuperare così il controllo. Nel medesimo istante una voce famigliare raggiunge le mie orecchie.

“Marta? Hai qualche problema?” chiede Dègel dal piano inferiore, già sveglio (che ore saranno, poi?!)

“Merdaaa!!! Ora se quello mi becca mi congela i polmoni... Aiutoooo!!!” grida Cardia, cominciando ad agitarsi e a muoversi di qua e di là in cerca di una via di fuga. Lo guardo rientrare nella camera, che lascia aperta, valutando se calarsi dalla finestra, poi però torna indietro, come una trottola, guardandosi spaesato intorno.

Lo fisso allibita, non capendo il motivo di una tale agitazione, ma, in fondo, la colpa è stata mia se Dègel si è insospettito per causa del baccano che io stessa ho creato.

Alcuni passi risuonano nelle pareti, avvicinandosi sempre di più a noi, mentre lo Scorpione diventa sempre più frenetico. "Dove vado?", "Dove vado?" continua a ripetere. Tutto questo ha un che di paradossale, ma...

L'Insight, comunemente chiamato come ‘lampo di genio’, mi illumina la mente nello scorgere la porta in fondo al corridoio.

“Cardia, imbucati nella biblioteca, è su questo piano, là, dritto davanti” esclamo tutto di un fiato, spingendolo verso la porta.

“Eeeehhhhhh?! Io non entro lì dentro! Quei cosi vecchi e ammuffiti sugli scaffali potrebbero saltarmi addosso! E poi mi viene tristezza solo a vederli!” urla di rimando lui, opponendosi.

I passi si fanno sempre più vicini...

“Tu ci entri e basta, idiota! E’ l’unica soluzione se non vuoi avere i tuoi gioiellini congelati per il resto della vita, anche se non capisco perché Dègel dovrebbe farlo!"” ribatto, buttandolo quasi dentro e richiudendogli subito la porta dietro. Cardia non ha il tempo di reagire, semplicemente viene imprigionato.

"Marta... ho cambiato idea, preferisco essere ibernato che stare qui..."

"Sssssssssh!"

“Marta! Cosa stai combinando?”

La voce di Dègel mi fa prendere un soprassalto. Mi volto lentamente verso di lui, notando che indossa la sacra armatura dell'Acquario. Per un solo attimo, il volto di mio fratello si sovrappone alla sua figura longilinea, trasmettendomi un nodo alla gola. Ho sempre pensato che le vestigia potessero adattarsi solo e soltanto al corpo tonico di Camus, che ci sembra nato dentro, ma... vedere anche lui nella stessa tenuta mi causa una sensazione agrodolce che non so decifrare.

“I-io? N-niente!” balbetto, imbarazzata.

“A meno che non abbia preso un abbaglio, mi è sembrato di udire la voce di Cardia...” continua Dègel, avvicinandosi a me.

“Cardia??? Sì... cioè NO! Perché dovrebbe essere qui, ti sembra forse tipo da stare in contatto con i libri?!” dico con un tono di voce alto, TROPPO alto. Rido di gusto per nascondere la vergogna, tuttavia sono consapevole di essere già spacciata. Che magra figura, proprio...

Dègel infatti sospira:

“Molti dicono che mentire sia un arte, e tu se una ragazza sin troppo proba e cristallina per farlo adeguatamente, vero?” mi chiede retoricamente, con dolcezza, regalandomi il solito sorriso garbato da mille e una notte.

Abbasso lo sguardo, sentendomi nuovamente divampare... Proprio non sono capace a dissimulare, tanto meno davanti a lui. Mi sento così stupida quando sono in sua presenza, così insignificante...

“Marta, so che c’è Cardia qui dentro. Lo conosco da così tanto tempo da distinguere il rumore dei suoi passi ancora prima del gracchiare della sua voce!” mi spiega Dègel, posandomi una mano sulla testa e accarezzandomela.

Mi scosto con lentezza dalla porta senza fiatare, permettendo così a Dègel di entrare. E' inutile fingere ancora, visto che ha capito tutto, sarebbe soltanto un insulto dalla sua grande intelligenza.

Varchiamo la soglia della biblioteca, ma non vediamo nessuno al suo interno. Può darsi che Cardia sia più furbo di quanto sembri e che si sia nascosto da qualche parte, riuscendo poi infine a svicolarsi di lato, o da qualche uscita secondaria.

“Cosa fai qui? Non voglio gente ignorante nella biblioteca del sommo Dègel!” la voce infantile di Federico ci indirizza verso la direzione giusta.

Temendo il peggio, Dègel ed io ci dirigiamo verso la fonte sonora e la scena che si presenta davanti ai nostri occhi è la seguente: Federico è davanti a Cardia e lo guarda con espressione contrariata; d’altra parte quest'ultimo ha le braccia incrociate al petto, una leggera smorfia sul suo volto ad esemplificare il suo stato d'animo. Il tonto non si è nascosto, si è messo a litigare con il bambino.

“E tu cosa fai? Ah, dimenticavo! Tu ci vivi tra questi scaffali polverosi!” risponde al quesito con un'altra domanda. Il suo volto è un nugolo di disgusto e senso di superiorità che quasi m confonde.

“Cosa sta succedendo qui?” interviene Dègel, leggermente infastidito dall'aura proveniente dall'amico. Sono proprio agli antipodi questi due, c'è poco da fare!

Cardia gli rivolge un sguardo spaurito, quasi si fosse accorto solo ora della sua presenza qui, mentre in un lampo il senso di superiorità si scioglie in un tremito appena accennato.

“C-ciao, amico mio, compare dei miei giorni, fratello di...”

“Poche ciance, Cardia, inizia a spiegarmi il motivo della tua presenza qui!” taglia corto Dègel, inarcando un sopracciglio.

“Io.. Io... dovevo pisciare e mi sono perso nella tua casa e... toh, ma che bello questo libro!” esclama un concitato Cardia, strappando della mani la copertina che teneva in mano Federico.

“Dammelo subito, maledetto, e di' la verità! Vi ho sentiti stamattina, tu e Marta, cosa stavate..." comincia il piccolo, ma Cardia gli tappa tempestivamente la bocca.

“Cardia, non ti uccido se mi dici la verità... hai dormito con Marta stanotte, vero?” chiede Dègel, guardandolo negli occhi.

Cardia gli rivolge un’espressione sgomenta, fa per ribattere, ma il morso che Federico gli assesta alla mano, lo fa urlare, più per la sorpresa che per il dolore effettivo.

“Aaaahh!!! Brutto moccioso! Ora se ti prendo vedi come ti concio, saputello che non sei altro!” grida Cardia, arrabbiato.

Federico, dopo essere sfuggito alle grinfie dello Scorpione, si nasconde dietro la schiena di Dègel.

“Torna qui, codardo! Sei così vile da nasconderti dopo aver compiuto un simile gesto?! Affrontami da uomo!!!” esclama ancora Cardia, estraendo il pungiglione dello Scorpione dall'unghia dell’indice destro.

“Hai perso la tramontana, Cardia?! E’ solo un fantolino!” grida Dègel, frapponendosi tra Federico e il suo amico allo scopo di porre fine a quella zizzania.

“Non me ne frega un accidente! E’ maleducato, presuntuoso e pieno di sé! Si merita una lezione, e tu dei troppo indulgente, Dégel!” continua l’altro, furibondo.

“Non è che ti stai confondendo... con te stesso?” intervengo io, in tono freddo.

Lo sguardo incredulo che mi rivolge Cardia è quanto di più simile all'espressione colpevole che assumono certi cani quando combinano una qualche marachella. Velocemente il furore dell'orgoglio ferito scompare come acqua che scorre, venendo sostituito da un'ombra scura e implacabile.

“Sei un bel po' più grande di lui, gli hai strappato il libro in mano e ti sei messo a sbraitare... è comprensibile che Federico abbia reagito così!” continuo, imperterrita, addolcendo però il mio tono di voce.

Cardia abbassa lentamente il braccio, nei suoi occhi azzurri non c’è più traccia di rabbia, ma solo di un profondo malessere che non riesco completamente a capire.

“Anche per Sonia è così, sai? Hai un carattere... particolare... Cardia, non tutti possono riuscire ad accettarlo e tollerarlo su due piedi. Cerca... cerca di contenerti un po' di più la prossima volta!” concludo, cercando di acciuffare il suo sguardo ora sfuggente. Sono disorientata dal suo atteggiamento, ora così drasticamente cambiato rispetto a prima, ma mi sforzo di imprimere fermezza nella mia voce.

“Va a finire sempre così, non ne combino mai una giusta...” sussurra per tutta risposta lo Scorpione, voltandosi dall'altra parte.

“Cardia, ma cosa...?” mormora Dègel, anche lui frastornato dal cambiamento così drastico del'amico.

Senza dire una parola raccolgo il libro, che nel frattempo era caduto a terra, e lo do a Federico, poi rivolgo un mezzo sorriso a Dègel.

“Scusa per tutto, la prossima volta penserò prima di agire!” gli dico e senza aggiungere altro mi dirigo verso l’uscita per andare a parlare finalmente con Sonia.

 

*********

 

Scendo di corsa le scale, ripensando a Cardia e al suo improvviso cambiamento. Probabilmente ho esagerato con le parole e con il tono, ma non avrei mai pensato di ricevere una reazione del genere da parte sua. Non basta Dégel, a volte, per calmare il suo carattere così spigoloso ed eccessivo, come le acque turbinose di un fiume sempre in piena, o anche come un incendio che viene costantemente incrementando dal flusso dell'aria, eppure... eppure sono bastate poche mie parole per domarlo, quasi spegnerlo... cosa diavolo è successo?!

Per un attimo la faccia abbattuta di Cardia si fa strada nella mia mente... Chi sono io per lui? Cosa rappresento? Non ci conosciamo che da pochi giorni, eppure sembra già essersi affezionato genuinamente a me. Certo, non ha un carattere dei più facili, ma è completamente sincero con me, sempre! La vera domanda è: chi è lui, per me? Un mero sostituto di Milo? Un'ancora di salvezza in questa dimensione sconosciuta, o... qualcosa di più?

Senza quasi accorgermene mi ritrovo davanti all'ottava casa. Il fatto che non mi abbia fermato nessuno ai templi precedenti può voler dire sola una cosa: Sisifo ed El Cid devono essere impegnati in qualche missione, insieme, o forse in una udienza. Meglio, comunque, devo perseguire il mio obiettivo.

Attraverso di slancio l’entrata, chiamando a gran voce la mia amica, un pizzico d'urgenza nella voce.

Nessuna risposta...

Guardo in giro, controllando tutte le stanze e tutti gli anfratti. Nessuno...

Ora che ci penso... Cardia l'ha lasciata sola, dicendole di arrangiarsi, prima di giungere alla Casa dell'Acquario. Stante la situazione, non penso che lei se la sia sentita di rimanere in un luogo che, in tutto e per tutto, le ricorda di Milo, quindi deve essere uscita, senz'altro.

Poi mi viene un flash, il volto sorridente di Aiolia appare un attimo nella mia mente. Senza Milo, senza Camus, senza i suoi due fratelli... da chi può essersi quindi recata? Ma certo!

Perché non ci ho pensato prima? Sisifo non c’è, quindi Sonia non può essere andata da lui, ma c’è Regulus! Se fossi in lei sarei curiosa di conoscere le reincarnazioni dei miei fratelli e sfrutterei l'assenza del mio 'tutore' per andarli a cercare.

Senza perdere ulteriore tempo, ricomincio la mia corsa diretta alla quinta casa. Attraverso velocemente la settima, malgrado la stanchezza e il peso delle ferite precedenti comincia a farsi sentire, e lo farei anche per la sesta dimora, se la voce di Asmita non mi richiamasse appena salutatolo e avergli girato dato le spalle.

“E io che pensavo venissi a fare un'altra chiacchierata con me...” dice, falsamente offeso.

“Scusa, Asmita, ma sto cercando la mia amica Sonia... hai visto per caso passare una ragazza un po’ più bassa di me?” mi mordo immediatamente la lingua, maledicendomi per quello che ho appena detto. Questa è una gaffe bella e buona, che vergogna!

“Sc-scusa, io non volevo...” mi affretto ad aggiungere, imbarazzata.

“Non ti preoccupare. Non l’ho vista, per ovvie ragioni, ma da qui è passata una ragazza dal cosmo alquanto turbato, deve essere senz'altro lei! Non l'ho fermata perché sembrava davvero sconvolta!” mi spiega Asmita, ignorando bonariamente la mia sbadataggine.

“Grazie mille, Asmita, e scusa per il disturbo!” lo ringrazio sorridendo, prima di ricominciare a correre.

Giungo finalmente alla quinta casa, dove colgo l’occasione per riposarmi finalmente un attimo. Le ferite che ho subito nello scontro contro Crono mi continuano a bruciare, trasmettendomi la sensazione di avere un tizzone ardente sia polso che al petto. Prendo un profondo respiro, tentando di nascondere la smorfia di dolore apparsa sul mio volto. Non posso permettermi di manifestare agli altri il mio dolore, hanno già i loro problemi e la situazione è sempre più sul filo della lama. Devo... essere forte! Solo così potrò rivedere i miei cari. Resistere, resistere e resistere, come diceva la mia adorata professoressa di Storia e Latino.

“Ahaha! Ma davvero?! Questa non me la sarei mai potuta immaginare”

La risata di Sonia, proveniente dall'interno del tempio, mi convince a varcarne la soglia. Fatti pochi passi, noto con sollievo che la mia amica è venuta proprio a conoscere il Cavaliere di Leo di quest'epoca!

Regulus e Sonia sono seduti vicino ad una colonna, il primo ha uno strano colorito rosso sulle guance, la seconda sembra tranquilla e divertita, anche se certamente, come me, sta cercando di non far notare il suo malessere. Il suo viso ha recuperato un po' di lucentezza e spessore, il che mi indica che è riuscita fortunatamente a mettere sotto i denti qualcosa. Sorrido, avvicinandomi a loro.

“Sonia! Per fortuna sei qui!” esclamo, contenta.

“Oooooh! Salve! Felice di rivederti, Marta! - mi saluta allegro Regulus, sbracciandosi - Sonia mi ha detto che siete amiche, sai? Ero contento! Ci siamo conosciuti ieri sera, le ho dato ospitalità e abbiamo parlato tantissimo!" mi informa il piccolo tutto trafelato.

“Ma è meraviglioso, ravanello! Avrete sicuramente tempo per parlare ancora, ma ora... - gli sorrido con affetto, addolcendo la mia espressione - Scusami, non vorrei disturbarvi, ma devo parlare urgentemente con Sonia... da sola!”

“Certo, intanto devo andare da Manigoldo! Ehm, spero che ci rivedremo, Sonia...” mormora, imbarazzato, prima di andarsene con una strana andatura. Incespica un po' nei piedi ma per lo più ballonzola goffamente, con la testa fra le nuvole. E' un Cavaliere d'Oro ma, complice la giovane età è ancora ingenuo, fa tenerezza.

Lo osservo allontanarsi, un sorrisetto permea le mie labbra. Qui, decisamente gatta ci cova, ehe!

“Sono felice che almeno la reincarnazione di mio fratello sia simpatica. Sai, è anche più piccolo di me, una sorta di genio del combattimento, quindi in quest'epoca sarei io la maggiore. Fa uno strano effetto, a dirti la verità, ma mi ci trovo bene in questo ruolo” mormora Sonia, assai più distesa del giorno prima.

La frase appena pronunciata mi riporta completamente alla mente tutta la mia visione. Afferro la mia amica per un braccio, imprimendo il mio sguardo nel suo, per farle capire che l'argomento richiede la massima segretezza e delicatezza.

“Sonia! Crono!!! Crono, credo, mi ha mostrato dove si trovano Camus, Milo, Michela e Francesca!” esclamo tutto d’un fiato, dimenticandomi di respirare.

“C-cosa?! Ne sei sicura, Marta?! Era davvero Crono? L-la parte buona ha interagito con te?” mi domanda, sbalordita, strabuzzando gli occhi.

“Sì, il suo cosmo era più cristallino e sereno, ma l’ho riconosciuto comunque! Sono certa che sia lui!” rispondo, guardandola. Attimi di silenzio, il tempo di digerire la notizia.

“Dove sono quindi, Marta? Possiamo raggiungerli in qualche modo?” continua poi Sonia, cupa, alzandosi in piedi

Prendo un profondo respiro, iniziando a raccontare tutto con dovizia di particolari, tutto ciò di cui mi ricordo di quella visione così concreta che è stata possibile grazie al CIMP e all'espansione del cosmo del dio medesimo.

Così spiego il fatto che dovevamo essere morte, o quasi, a metà... non lo so nemmeno io, non l'ho capito, della disperazione dei Cavalieri e della loro decisione, a noi ancora sconosciuta nei modi, di tentare il tutto per tutto per recuperarci... e poi ancora di Bluegrad, di Seraphina, del dialogo tra lei e mio fratello, delle mie emozioni che non riesco a minimamente a comprendere.

“Quindi... anche loro sono stati catapultati in questa epoca... - sussurra Sonia, sconvolta dalla mie rivelazioni, abbassando lo sguardo prima di rialzarlo, una strana luce negli occhi - Hai detto che Camus è già in piedi, che Michela e Francesca sono deboli ma stanno recuperando le forze, e che Milo... è ancora incosciente?"

Annuisco appena con un cenno del capo, percependo la delicatezza dell'argomento.

“Allora non perdiamo tempo! Organizziamo una spedizione e partiamo, io e te, non ha più senso perdere tempo qui! Sai dove si trova con precisione questa Bluegrad?” esclama di botto, decisa come non mai già pronta a mettersi le gambe in spalla e andare

“Aspetta, non possiamo! Cosa diciamo ai Cavalieri del Grande Tempio? E poi non siamo sufficientemente in forze per tentare l'impresa!" provo a farla ragionare, posandole le mani sulle spalle.

"Mi hai detto tu che Milo è ancora incosciente, e che gli altri non stanno bene! Non sei preoccupata per loro? Non vuoi riabbracciare tuo fratello?"

“C-certo che vorrei...” inizio, corrucciata, ma un rumore di passi affrettati mi blocca all'istante. Qualcuno sta correndo freneticamente verso di noi. Taccio, mettendomi istintivamente sulla difensiva e pregando che, in caso si trattasse di un Cavaliere, non abbia udito il nostro dialogo.

“Sei qui, dannata! Cosa ti salta in mente di fuggire dall'ottava casa?!” domanda concitatamente Cardia, appena sopraggiunto.

Il suo tono tradisce una certa apprensione, ma Sonia non sembra notarlo a giudicare dalla sua espressione scura in volto.

"Cosa mi spinge a fuggire?! Sei tu che ieri sera te ne sei andato!"

“Non ha importanza ora chi ha fatto cosa, forza, torna al Tempio dello Scorpione Celeste. Il Grande Sacerdote ha affidato a me la tua...” riprende Cardia, prima di essere interrotto.

“Lasciami stare!!! – urla Sonia di rimando, scansando la mano che Cardia le aveva dato– Perché non vivi la tua vita senza venirmi appresso come se fossi un cane da guardia?! Non ci voglio stare con te, preferisco Regulus, e questa è la sua casa!”

“C-come ti permetti?! Non hai alcuna facoltà di scelta, qui, Sage ti ha affidato a me, ed io...”

“Perfetto, allora andrò a parlare con il Grande Sacerdote per convincerlo a cambiarmi dimora. Tu stammi lontano!!!” grida ancora Sonia, prima di fuggire via, di nuovo verso la sesta casa e quindi ancora più su. Sembra decisa nelle sue scelte... sta davvero reagendo male a tutto questo, forse persino peggio di me.

Cardia rimane fermo ed immobile ancora per pochi secondi, poi sospira e abbassa la mano (mi sarei aspettata una imprecazione, non di certo una reazione così arrendevole). Sembra sinceramente dispiaciuto.

“Mi chiedo perché diavolo nessuno di voi mi riesca ad accettare per quello che sono... - mormora ad un certo punto, posandosi una mano sul petto – Possibile che tra tutti solo Dégel e Sasha mi riescano ad apprezzare per come sono fatto?! Sono scemi loro che, nonostante tutto, sono comunque miei amici?! Io davvero non vi capisco, cosa non vi va a genio di me?” blatera, stringendo il pugno e imprimendo il suo sguardo nel mio. Sussulto impercettibilmente.

Non ribatto comunque nulla, continuando a guardarlo nel tentativo di scrutarlo a fondo... è evidente che con il 'voi' generico che sta usando si riferisca a me e ai restanti Cavalieri, come se lo disprezzassimo, ma non è come crede, almeno per quanto concerne me.

“Io voglio semplicemente fare qualcosa di grandioso nella mia vita, se voi davvero non riuscite ad accettarmi per quello che sono, posso pure passarci sopra... se... se tu mi odi per i miei modi di fare, troverò un modo per non soffrirne, ma voglio almeno sapere cosa c'è in me che non va per i tuoi canoni!” prosegue imperterrito Cardia, mentre la sfumatura della sua voce cambia varie volte nell'arco della stessa frase. A volte sale fino a strozzarsi, altre volte scende, assomigliando ad un pigolare, un po' come la medesima essenza di questo Scorpione un po' pazzerello che sto cominciando ad apprezzare, fatta di eccessi.

“Hai finito di dire cazzate o pensi di continuare a piangerti addosso ancora per molto?!" lo interrompo, in apparente tono freddo. Cardia si volta nella mia direzione, una scintilla di rabbia nei suoi occhi turchesi, tuttavia l'abbraccio che gli regalo, senza ulteriori cerimonie, lo fa barcollare indietro, sbigottendolo. E rimane lì, fisso a guardarmi, non ricambia la stretta, un po' come Camus quella volta sulla spiaggia. Anche lui pare troppo sorpreso per muoversi.

“Tanto per cominciare, chi ti ha detto che ti odio?! Io prima ho sostenuto che il tuo carattere è particolare, non ho mai professato il mio presunto odio per te, testa di rapa! Io NON ti posso odiare in alcun modo!” affermo, aumentando la stretta. Sento un singulto sfuggire dalla sua bocca.

“Non ti odio! Non ti odio! - continuo poi a ripetere, guardandolo negli occhi, come per approfondire sempre di più il concetto - Ora te lo ripeterò finché non te lo sarai stampato a caratteri cubitali in testa, ok?" sorrido sorniona.

L’espressione stupita di Cardia si trasforma ben presto in un sorriso aperto ed affettuoso.

“Va bene, va bene... non c’è bisogno di continuarlo a ripetere come una lagna! - afferma, scompigliandomi dolcemente i capelli, perché probabilmente altro gesto non sarebbe stato in grado di compierlo – Pensavo tu mi avessi preso in antipatia, e... non ha importanza, le tue parole mi hanno reso felice...” aggiunge poi in tono più basso e leggermente imbarazzato, guardando altrove, le guance leggermente arrossate.

Gli regalo un nuovo, ampio, sorriso, soddisfatta di essere riuscita a risollevargli un minimo il morale.

“Ehi! Pensi di rimanere avvinghiata a me ancora per molto? So di essere un bel ragazzo, ma così mi sciupi, e neanche poco!” mi punzecchia, divertito, tornando sfrontato come di consueto. Ah, menomale, l'imbarazzo non si adatta al suo bel visetto ricolmo di emozioni, per un istante pensavo si fosse un attimo smarrito.

“Uff... stupido... hai una parlantina ed un modo di relazionarti tutto tuo. Forse è per questo che sono riuscita a fidarmi così velocemente di te!” ribatto, staccandomi da lui e dirigendomi verso l’uscita con l'intenzione di precederlo, ma Cardia mi afferra improvvisamente il braccio. Per alcuni secondi interminabili lo guardo negli occhi, in attesa.

“Marta... lo siamo adesso, almeno amici? - mi chiede, nuovamente in tono strano, non suo, imbarazzato, ma stavolta riesce a riprendersi immediatamente - Oppure hai bisogno di altri giorni per decidere una cosa che il tuo cuore ha già percepito da tempo?!" mi domanda, tagliente, quasi supponente. Il mio cuore, dice, effettivamente lui su è già fidato, è successo a Genova, sebbene non lo conoscessi che appena. Non è quindi il mio cuore ad esitare, ma il cervello, incerto. Non è passato che pochissimo, eppure... ha ancora senso esitare?

“Dunque, vediamo... - fingo di pensarci un po' su, giusto per tenerlo sulle spine - Beh, non c'è molto da fare, se tu hai tutta questa smania di diventare mio amico... non posso che accettare, Cardiuccio!” lo prendo allegramente in giro, sogghignando, voltandomi verso di lui, chiudendo un occhio e facendo fuoriuscire la punta della mia lingua dalle labbra, con l'ovvio intento di assumere un'espressione giuista.

“Come mi hai chiamato, dannata?! L'accordo non prevede questo, tra noi, niente storpiamenti di nomi o...” ribatte lui, falsamente arrabbiato, tentando di afferrarmi, ma io svicolo via, mentre fuggo dalla sua morsa, dirigendomi nell'atrio e superandolo.

"E va bene! - mi urla dietro lui, a gran voce, in modo da poterlo udire - Ti darò due minuti di vantaggio, prima di raggiungerti e farti mangiare la polvere, non sarei un Cavaliere d'Oro altrimenti!"

********

5 agosto 1741, notte

 

“Aaaahhh!!!” urlo improvvisamente, cadendo malamente dal letto, fortunatamente con le mani già protratte davanti.

Mi alzo in piedi ancora frastornata, massaggiandomi la testa e stropicciandomi gli occhi per scacciare gli ultimi residui del sonno.

Ho sognato per l’ennesima volta Camus e Milo sul letto in fin di vita... cosa significa questo incubo così ricorrente che mi lascia sempre una sensazione di profonda inquietudine? E' come se qualcuno cercasse costantemente di manovrare il mio inconscio per farmi perdere tutte le speranze di opporre resistenza. E' davvero terribile! Mi appoggio alla parete fresca della stanza, guardando il buio vuoto intorno a me. Io vorrei solo sapere se mio fratello e gli altri stiano bene... come se la staranno cavando in Siberia?! Se solo riuscissi a controllare il mio potere di vedere Camus ogni qualvolta lo desideri, sarei molto più tranquilla. Vorrei... ho bisogno di essere abbracciata da lui, che è sempre in grado di rassicurarmi, eppure è anche come se una parte di me desiderasse che lui rimanesse là in Siberia, con Seraphina. Non riesco a definire questo squarcio che avverto dentro, vorrei solo che lui fosse finalmente felice e lì, per lui, ho intravisto uno spiraglio di luce, in qualche modo, che però al contempo mi provoca una fitta al petto.

Sospiro tentando di scacciare l'immenso marasma dei miei pensieri. Mi incammino così verso l’uscita dell’undicesima casa per prendere una boccata d’aria. Ho bisogno di respirare il fresco della notte, unica speranza di calmarmi almeno un poco, ma neanche il tempo di mettere un piede all'esterno, sul sagrato, che mi accorgo di non essere la sola ad avere avuta una simile idea.

Sul primo scalino, infatti, è seduto proprio Dègel. Il suo sguardo è perso a guardare le stelle. Il suo profilo, vagamente corrucciato, è diretto alla luna quasi del tutto piena, preda di una malinconia che percepisco fino a qua.

Mi blocco come una emerita cretina, indecisa sul da farsi, nello stesso momento il mio cuore ricomincia a battere al ritmo del tamburo e la temperatura corporea inizia a salirmi vertiginosamente. C'è una bella luna, qui fuori, il suo viso è rischiarato appena, dandogli un'aria ancora più misteriosa ed evanescente. E' la sua stessa mestizia ad attirarmi, vorrei scacciargliela via da quel bel volto che meriterebbe tutta la felicità del mondo, anziché i tormenti.

“C-ciao, Dègel!” lo saluto, dopo degli interminabili secondi, avvicinandomi finalmente a lui. In verità il suono della mia voce è quanto di più simile ad un cinguettio, ma è quanto mi è uscito dalla gola. Lo vedo riscuotersi.

“Marta! Pensavo stessi dormendo...” risponde lui, voltandosi sorpreso e alzandosi in piedi.

Appropinquandomi ulteriormente, noto che non indossa la sua solita armatura, bensì una sorta di camicia sbottonata in prossimità del petto... no, aspetta... non è solo sbottonata sul petto, ma anche...

Per gli dei nivei!!!

“Dègel, ehm...” inizio, poco prima di inciampare nel nulla in stile Michela, la testa ancora preda dell'ultima cosa che hanno visto i miei occhi: la pelle del suo addome rischiarata dai raggi lunari stessi, perché a quanto pare lui, per uscire, si è giusto messo la camicia abbottonata in un unico punto, ovvero sullo sterno.

Non so come né perché, ma invece di fare un frontale sul pavimento, come mi ero già immaginata di finire, mi ritrovo tra le braccia dello stesso Dégel, il quale, pur imbarazzato mi sorride. Come diavol...? Ah, giusto! La velocità della luce!

“Tutto bene?” mi chiede, tramutando il suo timbro vocale in uno un poco più divertito. Io non so... che razza di potere abbia, oltre a quelli tipici dei ghiacci eterni, però che diavolo... non può presentarsi in questa simile tenuta e poi sorridermi pure con quella solita espressione gentile. Io non...

Non rispondo, affrettandomi a sistemarmi in piedi da sola. Le mie guance stanno divampando per l'agitazione. Questa casa è sua, se volesse potrebbe girare pure nudo, sono io il problema qui, non posso davvero essermi emozionata solo a intravedere quella sua... pelle... è mio fratello, del resto. O no?

“Non riuscivo a dormire” tento di giustificarmi, con lo sguardo basso, tossicchiando e fingendo indifferenza.

“Già, anche io ho il tuo stesso problema…” mormora lui, staccandosi da me e rimettendosi a sedere. Nel farlo si riallaccia l'intera camicia, senza risparmiare un singolo bottone, fino al colletto.

Rimango ferma immobile, ponderando l’idea di ritornare in camera seduta stante, dove posso affogare la mia vergogna, tuttavia la sua voce mi richiama.

“Vuoi... vuoi metterti vicino a me?” mi chiede, con un tono alquanto imbarazzato, indicandomi con la mano il marmo.

Senza fiatare mi siedo accanto a lui, a diversi centimetri di distanza. Una arcana sensazione di felicità mi attraversa, unita a ricordi lontani e agrodolci che non riesco ad acciuffare. Una sensazione di deja vu mi investe, ma non ci do peso. E' come se non fosse la prima volta in cui mi trovo qui, al suo fianco, a rimirare il cielo lontano ma incommensurabilmente vicino, eppure non lo conosco che da pochi giorni.

“Sai... qui è bellissimo insieme agli altri Cavalieri d’Oro che considero come fratelli, eppure ogni tanto ho questa sensazione di vuoto. Questo non è il mio vero luogo, il più delle volte mi costringo a non pensarci, ma di notte le riflessioni aumentano e mi ritrovo a non dormire. Quando succede ho bisogno di stare all'aperto, a respirare quest'aria e questo cielo infinitamente più grande di noi” mi sussurra lui, continuando a guardare le stelle.

 

Per un fugace attimo le immagini di Camus che parla con Seraphina si impossessano della mia mente. Una sensazione così simile... so a quale luogo si riferisce Dègel, l'ho ben visto nel sogno.

 

“Ho fatto una promessa, e la sto tuttora mantenendo. Tuttavia sapere che loro sono così lontani... mi fa star male, e spesso, troppo spesso, mi chiedo cosa stiano facendo in questo momento... staranno bene? Guarderanno ogni tanto il cielo, pensandomi, come io faccio con loro? Mi mancano tremendamente..." continua tristemente Dègel, manifestando pienamente la sua sofferenza senza paura di essere vulnerabile.

Lo osservo ancora per un attimo, poi, spinta da non so quale istinto, gli prendo delicatamente la mano. Lui sussulta piano, voltandosi verso di me, ma i miei occhi sono puntati all'immensa volta celeste, che brilla di mille e più luci.

“Sai, vi sono tanti mondi oltre al nostro, tante dimensioni, ma tutti condividono uno stesso cielo: un solo cielo, un solo destino. Li rivedrai, in un modo o nell'altro, finché siamo vivi non bisogna mai abbandonare la speranza!” dico, completamente assorta in direzione della stella polare, che sembra quasi richiamarmi indietro, con una dolce melodia.

Intravedo l'espressione incredula di Dègel, colpito dal mio monologo, poi una scintilla nei suoi occhi e successivamente un ampio e dolcissimo sorriso, che mi fa arrossire. Ringrazio che ci sia l'oscurità tra noi, a schermarmi, perché altrimenti morirei ancora più di vergogna.

“Grazie, Marta... Sei brava con le parole, quasi come se fossi un libro già scritto che tuttavia regala emozioni insostituibili ogni qualvolta che viene aperto. Non so come, ma mi hai fatto stare meglio. Per un istante, mi sono sentito come se fossi davvero ritornato a casa, ed è stato merito tuo! - mi sussurra. grato, ricambiando la stretta, poco prima di sospirare un poco - La cosa più terribile è che io non possa fare niente per te.."

Stavolta i miei occhi, vincendo l'imbarazzo, si posano sui suoi, luminosi e profondi. Le mie labbra si permettono di dischiudersi, mute.

“...Mi hai parlato di dimensioni, perché tu non appartieni a questa epoca, vero?” mi domanda, dopo aver preso un profondo respiro.

Mi lascio scivolare per terra, finendo sdraiata con la schiena sul pavimento fresco, un vero e proprio toccasana in questa calda serata di Agosto. Come sostegno per la mia testa adopero le mie mani, intrecciate sulla nuca.

“Come... come lo hai capito? Da quando?” gli chiedo solo, laconica.

“Sin dall'inizio ho avuto questo dubbio, poi le tue domande, il tuo sguardo assente in determinati momenti, la tua amica Sonia... tutti questi moltiplicandi mi hanno portato a pensare a questo, ovvero che tu non appartieni a questo tempo” mi spiega, totalmente a suo agio, stendendosi per terra a sua volta.

“Sì, è come dici tu, Sonia ed io veniamo dal futuro. Purtroppo non sappiamo niente su come siamo finite qua... Dopo una dura battaglia ci siamo risvegliate qui, il resto lo sai...” dico, mentre sento affiorare le lacrime dai miei occhi. Capisco molto bene la malinconia di Dègel, il suo sentirsi fratturato, senza possibilità di ricongiungere i due lembi delle ferite; io sto provando con mio fratello e le mie amiche, e Milo, ovviamente. Ironia della sorte, il posto in cui vorremmo essere ora, il posto chiamato casa, in questo momento combacia. Casa per Dègel e Bluegrad, per me è il luogo dove si trovano i miei cari, che è il medesimo.

“Mirabolante! Allora siete aspiranti Cavalieri o Sacerdotesse... chi è il vostro maestro? Come vi trovate? Che livello di maturazione avete raggiunto?” inizia a domandarmi Dègel, spinto da una irrefrenabile curiosità e voglia di conoscenza, voltandosi verso di me con un sorriso. Nel scorgere il mio viso rigato dalle lacrime, però, si blocca immediatamente.

Mi asciugo velocemente il volto, contrariata all'idea di essermi fatta vedere in un momento di tale debolezza, nel mentre mi alzo a sedere, ricacciando indietro tutto come mi ha insegnato Camus.

“Perdonami, Marta, non avrei dovuto... - sussurra Dègel, pentito, alzandosi a sedere. Le sue braccia mi circondando automaticamente le spalle, con una naturalezza quasi disarmante – ho lasciato che la mia voglia di sapere calpestasse i tuoi sentimenti. Imperdonabile..." conclude, stringendomi forte, quasi come i battiti del mio cuore che sono come impazziti. Prendo un profondo respiro, inspiro, e butto fuori l'aria. Tutto... è... sotto... controllo!

“No! Sono io ad aver permesso alle lacrime di avere la meglio per una sciocchezza simile, non sono sufficientemente forte, il mio maestro avrebbe di che rimproverarmi, se mi vedesse adesso!” rispondo, arrabbiata contro me stessa.

“Non è assolutamente una corbelleria, questa, tu sei ancora più lontana da casa di quanto lo sia io! Marta, non è una bagattella quella che tu stai passando ora, le lacrime non avranno utilità specifica in battaglia, ma permetti loro di sfogarsi quando ne senti realmente il bisogno, altrimenti esploderai! - esclama Dègel, deciso, imprimendo il suo sguardo nel mio - Siamo umani, questa fragilità che avvertiamo lo dimostra una volta in più, non c'è niente di cui vergognarsi!" Lo fisso per qualche istante, accorgendomi, per la prima volta, della reale differenza tra Dégel e mio fratello. Camus mi avrebbe sgridato, dicendomi che non aveva alcun senso piangere, poiché le lacrime sono inutili in battaglia e un guerriero deve lasciare alle spalle i sentimenti umani, per imprimere forza al suo pugno, che profuma di giustizia; Dègel invece, al contrario, non solo accetta il pianto per sfogarsi, ma addirittura pensa sia indispensabile, quasi una dimostrazione ulteriore della nostra specialità in quanto esseri senzienti. Due punti di vista così diversi...

“G-grazie per il consiglio... davvero!” balbetto, rincuorata dalle sue parole, mentre vengo stretta al suo petto. Il respiro mi si spezza nella trachea.

“E ora dormi, piccola peste, finché sarai qui, non permetterò a nessuno di farti del male, te lo prometto sul mio onore, Marta! Anche ru riabbraccerai i tuoi cari, prima o poi, non bisogna mai perdere la speranza, vero? Lo ripeteva spesso anche la persona per me più importante...” mi sussurra dolcemente lui, giocherellando un attimo con uno dei miei ciuffi, poco prima di stendersi, nuovamente insieme a me, sul marmo dell'undicesima casa dello zodiaco e cullarmi in un tenero abbraccio.

Mi sento... così protetta, come se tutti i mali del mondo fossero lontani e non mi potessero nuocere. Per un unico secondo, anche a me sembra quasi di essere tornata a casa... dopo secoli!

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Capitolo 9
*** Gita in montagna ***


CAPITOLO 9

 

"GITA" IN MONTAGNA

 

5 Agosto 1741, mattina.

 

Un venticello leggero mi accarezza la pelle, trasmettendomi una piacevole sensazione di beatitudine, riportandomi alla mente i prati a tarda primavera del color verde smeraldo, i profumi nell'aria, la casa sulla collina nella Valle Segreta... mi sembra quasi di essere tornata bambina in mezzo a questa flagranza nell'aria.

Il sole ha iniziato a lambire la terra di Grecia con i suoi caldi raggi, una parte di me sa di non essere più là, dove mi porta la memoria, ma mi sento comunque protetta e al sicuro come allora. Sono tra le braccia di qualcuno, forti e accoglienti come un bosco di faggi sulle pendici della montagna fiorita. Profumo di fresco, di selvatico... di casa, verso un tempo in cui la preoccupazione più grande era l'inizio del nuovo anno scolastico, quel senso di attesa, di speranza...

Qualcuno parla in lontananza, ancora distante da me, il suo suono giunge alle mie orecchie come echi di torrenti che scorrono. Non vorrei risvegliarmi per nessuna ragione al mondo, ma devo.

Apro lentamente gli occhi, sussultando nel trovare il viso addormentato di Dègel a poca, pochissima distanza dal mio.

Arrossisco violentemente, serrando la bocca per non emettere alcun suono che possa ridestarlo. Sembra così tranquillo e disteso quando dorme, le sue labbra si sono stirate in un leggero sorriso che, se è possibile, incrementa ancora di più la sua naturale bellezza. Il suo respiro è leggero, perfettamente in linea con il suo corpo, totalmente rilassato anche nella postura. Riesco solo a pensare che rimarrei a fissare questo spettacolo per tutta la vita.

Scrollo la testa, come a scacciare una mosca fastidiosa. Cosa vado a pensare?! E' il ritratto di mio fratello, ad eccezione di alcuni particolari, come posso esserne così attratta?! No, c'è qualcosa che non va, in tutto questo...

“Dègel! Emergenza!!!” la voce che avevo sentito prima da lontano si è fatta più vicina e squillante, definendo così il suo proprietario: Cardia.

Ho appena il tempo di girare la testa verso le scalinate, che vedo quest’ultimo, appena salito, bloccarsi di colpo nello scorgerci sdraiati per terra così vicino.

“Aaaahhhh, dannato!!! Cosa hai fatto?! Cosa AVETE fatto???” urla poi, sbracciandosi, come se avesse visto chissà cosa.

Mi alzo a sedere, come se mi sentissi colta in fallo. Arrossisco vistosamente, cominciando a balbettare frasi incomprensibili, fintanto che Dègel, ridestatosi a sua volta, alza la testa, ancora mezzo rimbambito dal sonno, guardandosi intorno prima di stropicciarsi gli occhi nello scorgere il suo amico.

“Cardia! Cosa hai da strepitare di primo mattino?!’” dice, appena infastidito, comprendo la bocca con le mani nell'atto di sbadigliare.

“Tu! Voi!! Cosa facevate abbracciati fuori dalla Casa dell’Acquario?!?” esclama ancora Cardia, completamente paonazzo in volto.

“Noi cosa?! – gli occhi di Dègel si spalancano per lo stupore, posa lo sguardo su di me, poi sul pavimento, poi nuovamente su di me – SANTI NUMI!!! Scusa, Marta... i-io, devo essermi addormentato qui al tuo fianco stanotte, dopo averti stretta a me perché sembravi davvero amareggiata. Forse non avrei dovuto...” mi dice, alzandosi di scatto e allontanandosi da me come se fossi un'appestata. Le sue gote sono completamente rosse e il suo respiro è tutto un fremito appena udibile.

“Non mi avevi detto che anche a te piac...” inizia a sussurrare a denti stretti Cardia, in evidente disagio.

“Io cosa?!” il tono di voce di Dègel è duro, severo.

“Tu niente....” mormora Cardia, stranamente laconico.

“BENE. Pensa prima di aprir bocca, Cardia!” afferma Dègel, gelido.

Rimango a guardarli, una mano sul petto, in apprensione. Vorrei fermarli in qualche modo...

Dei passi molto vicini attirano la nostra attenzione, tutti ci voltiamo appena in tempo per vedere un Sisifo alquanto trafelato far capolino davanti a noi.

“Uff, Uff... Cardia! Ho controllato ovunque al Grande Tempio, ma non c’è traccia né di Regulus né della giovane di nome Sonia. L'unica spiegazione è che si siano allontanati assieme, oppure... no! Non posso credere ci sia lo zampino di un qualche nemico!” esclama, preoccupato.

Il mio sguardo disperato si posa automaticamente su Dégel...

 

*******

 

“Porca di quella miseria, Marta! Ti vuoi fermare?! - sento la voce di Cardia dietro alle mie spalle, ma non ci bado molto - Ehi! Ehiiiii! Smettila di saltellare come un capriolo di bosco giù dalle scalinate del Tempio!"

 

Sonia deve essersi allontanata dal Santuario per cercare di recuperare Milo, Camus e le mie amiche, ne sono più che certa. La sua espressione di ieri, quando le ho detto del mio sogno, non presagiva nulla di buono. Ho scorto in lei un intenso desiderio di raggiungerli, lo stesso che avrei io, se non mi sentissi così inesorabilmente fratturata, tuttavia uscire dai confini sicuri del Tempio la mette in pericolo e la rende un potenziale bersaglio per questa essenza misteriosa che aleggia nell'aria e che è sempre più soffocante, esattamente come mi ha detto Sage. Devo raggiungerla ad ogni costo, non posso permetterle che si ritrovi ad affrontarla da sola, in più Regulus, per quanto Cavaliere d'Oro, è poco più che un bambino, anche se una sorta di genio non può avere così tanta esperienza sul campo di battaglia!

 

Qualcuno mi afferra il braccio con un poco di irruenza, arrestando a forza il mio moto e costringendomi a divaricare le gambe per evitare di cadere.

“Marta! Qualunque cosa ti sia venuta in mente, non andare da sola, può essere rischioso!” mi avverte Dègel, con uno sguardo di intesa. Non è stato lui a fermarmi, ma la sua occhiata è più incisiva di mille parole.

Annuisco leggermente, scrutando i dintorni: la seconda casa, ecco dove mi ha portato la mia corsa a perdifiato. Le conseguenze dello sforzo prolungato incominciano già a farsi sentire con i consueti dolori al petto, ma non posso dargli peso.

“Ah, Marta! Non sei con Sonia e Regulus?” mi chiede ad un tratto una voce, che riconosco come quella di Marika. La ragazza, infatti, è appena uscita insieme ad Eleonora da una stanza, ma si è subito bloccata quando ha incrociato gli occhi di suo fratello.

“Aspettate un momento! Voi sapete qualcosa di Sonia?” interviene Dègel, preoccupato.

“Sì, certo, non ve l'ha detto? Voleva trovare un modo per giungere sull'Olimpo, quello autentico, la residenza degli dei e che, tanto per cominciare, sarebbe andata sul monte omonimo per trovare una breccia spaziale che l'avrebbe condotta verso la sua vera meta. Sembrava davvero agitata, si è rivolta a noi per informare poi Marta dei suoi spostamenti... forse vuole che la raggiungi?” spiega Eleonora, un poco scettica, inarcando un sopracciglio.

Un brivido scorre lungo la mia schiena. Che idee ti vengono il mente, Sonia?! Vuoi davvero provare ad ascendere all'Olimpo, luogo irraggiungibile per noi mortali? Pensi forse di... di chiedere aiuto a tuo padre Hermes per raggiungere gli altri? Ma l'Hermes attuale, di quest'epoca, non è il nostro... chi ci dice che sia un nostro alleato?! Stai davvero rischiando tantissimo, amica mia, rendendoti vulnerabile ad un eventuale attacco di questo presunto nemico.

“Dègel, dobbiamo andare!!! Sonia si è sicuramente recata sul monte omonimo nel tentativo di ascendere al regno degli dei, ed io so perché... dobbiamo arrivare là anche noi, te ne prego!” inizio a dire, cominciando visibilmente ad agitarmi.

“Calmati, Marta! Va bene, andremo... insieme!” afferma lui, afferrandomi la mano e guardandomi con infinita dolcezza.

“Veniamo anche noi!” esclama Eleonora, risoluta.

“Stati scherzando?! Che utilità potreste mai avere se non siete neanc...” incomincia Cardia, con fare strafottente, ma sua sorella lo blocca.

“Verremo in ogni caso. E' anche colpa nostra che non l'abbiamo fermata in tempo. Niente e nessuno ci può far desistere da questo proposito!”ribatte lei, decisa.

“No, no e no! Sei mia sorella, non posso permettere che ti... ti infili in qualche guaio dal quale poi il sottoscritto dovrà salvarti!” continua Cardia, imperterrito, dal suo tono trasparisce una certa agitazione, tuttavia non comprendo se per la situazione o se per qualche altro motivo.

“Cardia... loro sono abili a sanare le ferite, se per qualche ragione rimedieremo qualche danno, possiamo contare su di loro! Non ti devi angustiare per loro, siam due Cavalieri d'Oro, riusciremo a difendere sia loro che Marta!” propone pacatamente Dègel, rivolto all'amico di sempre.

Cardia rimane in silenzio a fissare il pavimento con espressione ambigua.

“Non succederà niente a tua sorella, hai la mia parola e, se occorre, la protezione del mio corpo!” afferma Dègel, solenne. Gli occhi luminosi come non mai.

“Puah! Come se mi importasse veramente qualcosa! Semplicemente non voglio avere altre seccature ed essere pienamente libero di agire! Per cui prometti pure ciò che vuoi, basta che andiamo, il tempo stringe!” esclama, mettendosi le mani sui fianchi e cominciando ad incamminarsi verso l’uscita.

Lo seguo senza esitare, notando, per un attimo, un sorriso dipingersi sulla bocca di Dègel: "Sei il solito finto cialtrone, amico mio, ma io riesco a leggere bene nel tuo cuore!" asserisce tra sé e sé, il tono di uno che la sa lunga sul suo conto.

 

*********

Sento i miei piedi toccare terra. Di nuovo abbiamo usato la velocità della luce e di nuovo il senso di nausea si è impossessato di me. Le mie gambe sono molli e tremanti, non riescono... non riescono a sorreggermi.

“Marta, attenta!” esclama Dègel afferrandomi per la vita e trattenendomi contro di sé, probabilmente resosi conto della mia debolezza.

Apro gli occhi, scrollando lievemente la testa per scacciare la sensazione di malessere crescente. Come sempre in questi casi, cerco di non darci peso, portando la mia mente a pensare ad altro. Stavolta però non sembra passare così velocemente come le altre volte, tutt'altro.

Cardia mi fissa preoccupato, i pugni chiusi in attesa di una reazione da parte mia che non sia ansimare preda di una sofferenza che a lui sfugge.

“Cosa ti succede? Sono stato troppo brusco nei modi?” mi chiede ancora Dègel, apprensivo, vedendo il mio volto sempre più pallido.

“Ah, niente... è una lunga storia che c’entra con queste ferite. Mi sento costantemente prosciugata e fiacca nello spirito, tuttavia non posso fermarmi in alcun modo, la mia amica potrebbe essere in guai seri” rispondo, indicandogli il polso destro e il petto.

Lui si è preso cura di me quando sono atterrata qui, quindi sa cosa intendo e... sussulto a quell'ultimo pensiero, diventando paonazza in volto. G-già, si è preso cura di me, significa... DEI DEL CIELO! Fortunatamente la sua direzione è diretta altrove, al suo amico, ciò mi permette forzatamente di ricompormi e tossicchiare.

“E tu l’hai portata in giro in simili condizioni?!” ringhia Dègel, severo.

“Io...io non sapevo che fosse così grave! E poi... e poi mica mi hai avvertito che era ferita!” mormora Cardia, quasi in un latrato sommesso

Dègel continua ad osservarlo con un'espressione d'accusa che parla da sé, tuttavia i movimenti delle due inservienti spostano la sua concentrazione su loro. Tutto in regola, basta che non mi guardi, perché sono convinta di essere ancora rossa.

“Ahi! Non pensavo che i viaggi alla velocità della luce fossero così... così vomitevoli!” si lamenta Eleonora, massaggiandosi la testa.

“Ho una nausea terribile!” le fa eco Marika, inginocchiata a terra, permettendo altresì a suo fratello di ricomporsi a sua volta e ritornare quello di sempre.

“Invece di lamentarvi, voi due, aprite bene gli occhi e ammirate l’Olimpo!” interviene Cardia, sbuffando, spalancando le braccia quasi come farebbe una guida turistica nella nostra epoca nel mostrare un palazzo meraviglioso.

Marika ed Eleonora contemplano estasiate il monte di fronte a noi, che probabilmente vedono per la prima volta. Io faccio altrettanto ben contenta che l'attenzione non sia più su di me.

 

Con i suoi 2917 metri della vetta Mytikos, l’Olimpo è il monte più alto della Grecia, una terra differente dalla mia Liguria, eppure, per certi versi, non così dissimile.

Cosa avrà spinto gli antichi Greci a credere che lì in cima ci fosse la dimora degli dei, al punto da considerarla inviolabile?

Sicuramente il fatto che la vetta sia costantemente avvolta dalle nubi, e che raramente vi si possa ammirare la cima assai frastagliata, ha contribuito a mitizzare questo luogo, che anche in questo secolo, piena Età dei Lumi, continua ad essere considerato inaccessibile.

Infatti anche oggi, bellissima giornata, non si riesce a scorgere la sommità. Come se non bastasse, c'è qualcosa di più preoccupante, un fenomeno che non dovrebbe esserci, non qui, almeno...

“Perché le nuvole sono rosse? Sembrano incandescenti... non sarà per caso un vulcano, questo monte!” esclama Marika, allibita, materializzando il mio pensiero.

“Non so rispondere ala ragione per cui i nembi siano di quel colore, ma sicuramente non si tratta di un vulcano attivo. Marta, riesci a capire dove si trova di preciso il cosmo di Sonia? Tu sei molto più affine a lei rispetto a noi” mi domanda Dègel, serio.

Mi concentro al massimo per riuscire a scorgere il cosmo famigliare della mia amica. C'è una certa affinità tra noi, Dégel ha ragione, fin da quando l'ho conosciuta la prima volta al mio arrivo nella Spiaggia Segreta. Mi sono affezionata molto velocemente a lei, in un modo che non riesco neanche razionalmente a comprendere, ma la cosa è reciproca, perché molto spesso ci capiamo con una semplice occhiata. Non la lascerò sola!

“E’ quasi sulla vetta, insieme a lei c’è Regulus!” rispondo, aprendo gli occhi.

“Sì, non c’è dubbio, è il gattino dorato!” esclama Cardia con un ghigno, dopo aver analizzato a sua volta le due identità in questione.

“Allora andiamo!” afferma Eleonora, con un pugno alzato. E così cominciamo la scalata, così, a mani nude, non avendo né delle corde di fortuna, né tanto meno l'equipaggiamento adatto.

 

Pochi minuti dopo l'inizio del tortuoso percorso, sono già a corto di fiato. Ho sempre adorato la montagna e le passeggiate sui sentieri, ma non mi è mai capitato di fare alpinismo su un monte roccioso di quasi 3.000 metri, così maestoso da rassomigliare in tutto e per tutto alle Alpi a me tanto care. Oltre a questo, sebbene mi sforzi di celarlo, sono comunque ferita, le energie difficoltosamente recuperate in questi giorni, sono rapide a defluire.

Le mie mani, piene di tagli, non hanno più la forza per reggermi, ma non posso assolutamente demordere! Marika ed Eleonora, pur essendo anche loro stanche, reggono meglio di me e sono ‘solo’ delle inservienti! Serro la mandibola, tentando di mascherare una fitta acuta di dolore. Mi sento come se fossi calcare; calcare dell'Antola, per la precisione, la montagna fiorita dei miei sogni che abbraccia la Valle Segreta. Come tale roccia sedimentaria mi sento drasticamente erosa, esattamente come la corrente del fiume strappa e porta via, verso l'estuario, i pezzi di tale roccia.

Sono sempre più convinta che i danni causati da Crono siano più gravi ed estesi rispetto a quello che avevo inizialmente pensato. Non è stato solo il sogno a dimostrarmelo, ma anche diversi altri fattori. Le ferite sembrano non guarire del tutto, un po' come quelle di mio fratello, ancora...

Mi blocco un attimo, il viso stremato di Camus mi ritorna alla memoria, così come il suo sacrificio per farmi guarire, che è ancora avvolto nel mistero. I sogni che ho fatto su di lui, mi hanno mostrato una sua parziale ripresa. Prima aveva detto che era in grado di localizzarmi, poi che mi aveva percepito, anche se non sapeva bene dove. Se lui riuscisse a raggiungere il mio cosmo, non ci metterebbe nulla per recarsi qui, riuscendo a muoversi alla velocità della luce, almeno credo, ci deve essere qualcos'altro, oltre alle condizioni di Milo a bloccarlo là...

 

“Aaaaahhhh!!!” l’urlo improvviso di Marika mi strappa dai miei pensieri.

“Marikaaa!!!” grida Eleonora, rivolta all'amica che sta cadendo nel vuoto.

Il mio cuore accelera per la preoccupazione, ma non ho il tempo di fare niente che una mano, lesta, l’ha già afferrata.

“Io te l'avevo detto che ti saresti cacciata in qualche pasticcio e che al sottoscritto sarebbe toccato di salvare le tue preziose chiappe, non è forse così, mocciosa?!” esclama Cardia, traendola verso di sé con l'ausilio di un solo braccio.

“Cardia! Tu mi hai... mi hai appena salvato la vita!” balbetta Marika, incredula

“Sì, beh... ora pensa ad andare, ci sto io dietro di te, non vorrei ti venisse nuovamente voglia di capitombolare giù come una scema!” ribatte Cardia, sbuffando.

Marika gli sorride di rimando, felice, anche Eleonora sembra rasserenata. In fondo, un fratello maggiore ci sarà sempre per la propria sorellina, non è forse così? E' così, Camus?

“Marta, tutto bene? Mi sembri un po' lassa...” mi domanda Dègel, guardandomi con apprensione. Lassa? Cosa...? Ah, intende stanca, devo ancora abituarmi al suo buffo linguaggio.

“Uhm, no, sono solo un po'...”

“Ho capito, tendi a mascherare il tuo dolore, nevvero? - mi chiede con dolcezza, guardandomi con quei due meravigliosi occhi blu che si ritrova e che mi tolgono il fiato - Vai avanti, preferisco rimanere dietro di te come ha appena fatto Cardia con sua sorella, così, se ti senti cedere, posso acciuffarti subito” propone Dègel, leggermente affaticato a sua volta. Mai quanto me.

Annuisco e faccio come mi dice, sorpassandolo con non poca fatica. Sono rincuorata dalle sue attenzioni, Camus, ci stavo proprio pensando prima, avrebbe fatto lo stesso per me, ma diverso è il calore che sento premermi nel petto. Non riesco davvero a capire...

Continuiamo la scalata del monte, quasi non mi accorgo del tempo che passa... minuti, ma più probabilmente ore. Stiamo procedendo a passo d'uomo per non destare attenzione per la presenza dell'ipotetico nemico sulla sommità, tuttavia questa decisione pesa nettamente di più sulla nostra fibra di uomini, indipendentemente dall'essere già feriti o meno.

L’aria è sempre più pesante e rarefatta, decisamente TROPPO rarefatta per una montagna che non supera i 3.000 metri di altezza, sembra quasi di scalare l’Everest! Inoltre questa sensazione di freddo così pungente mi preoccupa sempre di più, risultando alla mia esperienza sempre più innaturale ed enigmatica. Mi è capitato di stare a queste altitudini in piena estate con mia madre, e NON è mai stato così GELIDO! Vero anche che il clima nel XVIII secolo era nettamente diverso dal nostro, siamo ancora nel pieno dei quella che è passata alla storia come 'Piccola Era Glaciale', ma...

“CARDIA! Cosa ti succede?!” grida ad un certo punto Dègel, apprensivo, procurandomi un risalto non da poco.

Spostando il mio sguardo più in su, noto che Cardia è parecchio affaticato, forse addirittura più di me. La sua fronte si è posata su uno sperone di roccia, quasi come se volesse cercare di resistere ad un improvviso capogiro che lo farebbe precipitare per metri e metri.

“Anf, anf... faccio... faccio fatica a respirare, maledizione!” dice, con il fiato corto, mentre le sue mani perdono definitivamente la presa. Cardia scivola giù, ma per fortuna Dègel è lesto ad afferrarlo con un braccio e a dargli un valido sostegno con le sue spalle.

“Sei un dissenato, Cardia! Con... con il problema che hai dovresti sapere che uno sforzo troppo elevato ti può costare caro!” lo rimprovera Dègel, preoccupato, scrollandolo lievemente per impedirgli di perdere coscienza.

“Ehi! Non trattarmi come un vecchio decrepito, anche io sono un Cavaliere d’Oro come te e gli altri! Inoltre non puoi dirmi che tutto questo sia normale, non... non lo è, anf...” ribatte Cardia, cercando di imprimere fermezza nella sua voce, anche se terribilmente affaticato.

"No, non lo è infatti, per questo devi essere più prudente, razza di incosciente!"

“Guardate là! C’è un’incavatura! Resistete ancora un po'!” interviene Marika, indicando poco sopra davanti a noi.

Butto un occhio nella direzione indicata, notandola e prendendo un respiro di sollievo: la nostra salvezza! Nel frattempo, più sotto, continuano a parlare tra loro.

“So perfettamente di trovarmi davanti ad uno zuccone, ma lascia almeno che il tuo amico e compagno più vecchio ti dia una mano!” afferma Dègel, imprimendo il suo sguardo in quello di Cardia, che gli sorride di rimando, quasi divertito.

“Compagno più vecchio un paio di balle, intercorrono solo pochi mesi fra noi, siamo nati lo stesso anno! - ribatte lui, pronto, ritrovando le forze perse in quello scambio di battute - Ma accetto il tuo aiuto! In fondo, non sarei qui se il mio migliore amico, nonché rompipalle preferito, non mi avesse salvato più di una volta la vita!”

E' senza ombra di dubbio stravolto, ma l'occhiata che passa istantaneamente tra loro, carica di significati nascosti, fa parte del loro mondo segreto che, a quanto pare, non ha cessato di esistere nelle loro rispettive reincarnazioni.

Li osservo per qualche secondo, commossa ed emozionata, poi riprendo la scalata con più vigore, decisa più che mai a non arrendermi. Sono sfinita, ho freddo malgrado il mio stesso potere dipenda dal ghiaccio, tuttavia non mollerò per nessuna ragione al mondo. Devo farcela, anche e soprattutto per me stessa!

 

********

Mi lascio cadere supina sulla sporgenza che abbiamo finalmente raggiunto, il respiro affannoso, un sibilo continuo alle orecchie e il cuore che sembra stare per esplodermi in petto. Anche Marika ed Eleonora si stanno riposando, una contro la schiena dell’altra. Per loro questa, ehm, 'gita fuori porta' deve essere stata tre, quattro volte, più tosta che per noi, eppure resistono strenuamente senza lamentarsi.

“Cardia! Ce l’abbiamo fatta fin qui!” afferma Dègel, cercando di tirare su il morale all'amico che, appena arrivato, si è praticamente buttato a terra, stringendo con la mano destra la veste in prossimità del petto. Non è la prima volta che vedo Cardia sofferente per il suo cuore, quasi come... quasi come se non fosse completamente sano!

“Cardia! – lo chiamo, strepitante, correndogli incontro e abbracciandolo di riflesso – Come stai?”

“Sche-scherzi?! Sono un Cavaliere d'Oro, io, questa arrampicata è una bazzecola per me!" mi ribatte, tutto tronfio, ridendo poi sguaiatamente per tranquillizzarmi. Non mi è comunque sfuggito l'incremento del suo rossore sulle sue gote.

"Ohibò, dalla tua reazione non si direbbe..."

"Uhmpf, una pinzillacchera, nient'altro!" ribadisce, discostando lo sguardo altrove, ancora più rosso. Lo vedo molto agitato.

“Marta, stai sanguinando dalle ferite sulle mani!” mi fa notare Dégel, avvicinandosi a me e guardando l'entità del danno con sguardo clinico e portando me ad arrossire di nuovo.

"Oh, tu sempre in mezzo, mi raccomando!" bofonchia allora Cardia, un poco irritato.

"Appurato che tu te la sei cavata per merito della tua solita pellaccia, bisogna prendersi cura delle fanciulle, non trovi? Sono nostra responsabilità come Cavalieri d'Oro!"

"E immagino che il tuo plateale interessamento per Marta sia per i doveri imposti dal tuo grado, vero? Uhmpf!"

Mi sento nuovamente divampare, mentre una discreta voglia di sparire dalla circolazione si fa strada in me. Mi mettono a disagio, 'sti due, quando fanno così. Prima andavano così d'accordo, ora sembrano due gatti che si soffiano. Dégel pare irritato dall'ultima affermazione del compagno, lo capisco dall'espressione di stizza che ha preso il sopravvento, tuttavia quando torna a parlare sembra tornato il solito, calmo, Cavaliere dell'Acquario.

“Va bene, tu occupati di Marta, visto che pare tu abbia un particolare penchant, per lei. Io penso ad Eleonora e Marika... anche loro sono stremate e ferite!” sentenzia alla fine Dègel estraendo dalla grande sacca che si era portato dietro, cinque grossi mantelli e delle bende. Guardo istintivamente il cielo sopra di noi, già grigio, effettivamente sta cominciando a piovere, non ci voleva!

“Sei un geniaccio! Hai pensato proprio a tutto!” lo punzecchia Cardia, asciugandosi il sudore sulla fronte. Malgrado la spossatezza sembra essersi ripreso perfettamente.

“Certo, se aspetto la tua organizzazione sto fresco!” lo congeda momentaneamente Dègel, in tono definitivo, che placa la zizzania scaturita tra loro.

Lo vedo allontanarsi e andare verso Eleonora e Marika, non ne capisco il motivo ma ne sono irrimediabilmente attratta. Ingoio a vuoto, avvertendo la gola improvvisamente secca, tornando a fissare i suoi movimenti sinuosi nel prendersi cura delle due ragazze. Indossa una casacca e dei pantaloni ordinari; la sua pelle candida, leggermente bagnata dalle gocce di pioggia che hanno cominciato a cadere dal cielo, lo rende quasi una presenza evanescente e sicura al tempo stesso. Fremo impercettibilmente, avvertendo una strana sensazione di desiderio. Il suo sorriso aggraziato, la sua parlata leggerissimamente francese, i suoi bei lineamenti delicati... Oddio, tutto, TUTTO, di lui mi farebbe venir voglia di seguirlo fedelmente e ovunque!

“Ecco qui! Non sono proprio bravo a fare questo genere di cose, ma almeno così dovrebbero smettere di sanguinare!” afferma Cardia, sorridendo radioso. La sua voce, insieme al rombo di un tuono lontano, mi fanno sussultare, facendomi cadere dalle nuvole.

Per gli dei! Ora capisco il perenne stato di Michela quando vede Hyoga o, prima di lui, ammirava e si infatuava degli altri ragazzi, così, in un nanosecondo dopo averli conosciuti. Ed io che credevo di esserne immune, di resistere al fascino maschile di... non con Dégel, comunque, questo è sicuro!

Scuoto la testa, chiudendo nel frattempo gli occhi. Come posso essere così egoista?! Mi sono accorta ora che Cardia si è messo d'impegno a medicarmi e fasciarmi le mani, ed io cosa faccio? Sbavo dietro alla figura di Dègel?! Santo cielo, Marta, ripigliati!

“Scusa...” pigolo, abbassando lo sguardo, non sapendo neanche bene cosa dire.

“Uff, ora cosa ti è preso, di grazia? Mi chiedi scusa a caso senza che ci sia nemmeno il motivo per farlo?! Sei proprio scema, eh! Piuttosto... copriti! Non voglio che tu prenda freddo!” esclama Cardia, mettendomi sopra la testa uno dei due mantelli e frizionandomi la testa.

Mi scosto la cappa, riuscendo al contempo a riemergere nel mondo reale, nuovamente concentrata sulla missione. Lo Scorpione mi regala un altro sorriso raggiante, che io non posso fare a meno di ricambiare. Se solo sapesse il potere che governo, probabilmente non sarebbe così attento a non procurarmi sbalzi di temperatura.

Istintivamente guardo Marika ed Eleonora per vedere se sono pronte, quest’ultima intuendo i miei pensieri, fa un cenno di assenso.

Dégel intanto si alza in piedi, lo sguardo serio.

“Cardia! Marta! lo sentite anche voi?! Proviene dall'altra parte di quella grotta!” ci avverte, indicando la cavità a pochi passi da noi.

Chiudo gli occhi per concentrarmi... Dall'altra parte della cavità vi è un dirupo, Sonia è in bilico sul bordo. Alcuni raggi dal cielo colpiscono violentemente determinati punti della montagna, producendo un rombo e un tremore ben percettibile al timpano umano... quelle nuvole sono rosse, come avevano già notato, non può essere quindi un attacco al casaccio, l'entità ha sicuramente un obiettivo; e quell'obiettivo è...

“SONIAAA!!!” l’urlo di Regulus si propaga all'infinito nei dintorni, accompagnato da un lampo e da un tuono insolitamente potenti.

Apro di scatto gli occhi, agitata.

“Accidenti! Quei due disgraziati sono in pericolo! Ed io che pensavo avessero fatto una fuga d'amore, allora questo nemico esiste davvero... bene!!! Spero sia abbastanza forte da infiammare il mio cuore!” esclama Cardia correndo immediatamente verso la grotta con scatto felino.

“Aspetta, Card...” ha appena il tempo di dire Dègel, prima che lo Scorpione sparisca nel buio della cavità.

“Cardia!!! Il solito impulsivo sei!” lo chiama ancora Dègel, avvicinandosi a sua volta all'entrata della grotta, in pena per il suo amico.

Accade tutto in pochi attimi... Un proverbiale ‘ouch’ precede l’uscita, alquanto tempestosa, di Cardia che, non vedendo l’amico, ci va a sbattere contro, finendo con lui a terra. Una scenetta quasi comica, se non ci trovassimo in una situazione critica!

“State bene?” chiedono Marika, Eleonora, apprestandosi a raggiungere i due Cavalieri. Io le seguo, avvertendo una strana sensazione di pericolo accapponarmi la pelle. Cosa...?

“Non muovete un passo, voi altre!” ci ordina malamente Cardia, stranamente teso.

Eleonora e Marika hanno appena il tempo di bloccarsi, confuse, che subito vengono spinte per terra da me. Nonostante la mia mossa sia estremamente tempestiva, non ho il tempo di evitare completamente l'oggetto, non ben identificato, che mi sfiora il labbro, provocandomi un leggere taglio. Immediatamente dopo, una fitta pioggia di quelle che sembrano rocce appuntite, mi costringe a buttarmi a mia volta a terra nel trattenere le mie compagne al suolo per impedire loro di alzarsi e farsi male. Per un solo istante, serro il pugno e faccio per attaccare, con l'evidente intenzione di ghiacciare una ad una quelle pietre appuntite, ma mi blocco a metà strada, ben conscia di non potere rivelare la mia specialità. Troppo rischioso...

“Che diavolo sta succedendo?! Shion si sta divertendo a prenderci come bersaglio per la sua psicocinesi?’” sbotta, Cardia, avvicinandosi a noi rasoterra.

“Non ha alcun senso! Ci deve essere qualcosa, o qualcuno, che provoca ciò!” afferma Eleonora, un po’ impaurita.

“Brava, ‘qualcosa’ è la parola giusta... perché non è un'entità umana costui...” mormora Dègel, cupo, steso a pancia sotto, sollevandosi appena sui gomiti.

Non ho il tempo di capire quello che vuol dire il Cavaliere dell'Acquario, perché improvvisamente e di colpo, le rocce smettono di piovere su di noi.

“Non ci sto capendo niente! So solo che costui deve essere un vigliacco, non ci sono altre parole per definirlo, perché ricorre a trucchetti di bassa lega invece che affrontarci da uomo!” sbuffa Cardia, alzandosi pochi secondi dopo e pulendosi il sangue che cola da un taglio sulla sua guancia destra. Il suo corpo è teso e pronto allo scatto in caso di pericolo, ma il primo bombardamento sembra finito, almeno per il momento.

“Ma il nobile Regulus e Sonia sono dall'altra parte! Non possiamo fermarci proprio adesso!” afferma Marika, preoccupata.

“Hai ragione, infatti andremo!” sentenzia Dègel, deciso, alzandosi a sua volta in piedi.

“Hai qualche idea, genio incompreso?” lo prende scherzosamente in giro Cardia, speranzoso.

“Sì, ci teniamo la mano per attraversare la grotta, io starò davanti per fermare le rocce che ci verranno contro!”

"Ci teniamo la mano, ma che carino! Sei in carenza di affetto, Deg?" lo canzona amichevolmente lo Scorpione, recuperando la solita baldanza.

"Cardia, non è più il momento di baloccarsi ora! Sono solo preoccupato per la vostra incolumità..."

“No, Dègel! Sei talmente preoccupato da esporti tu ai rischi, non posso permetterlo!” esclamo, afferrandogli un braccio per fargli capire la mia più concreta contrarietà.

Lui mi posa delicatamente l’altra mano tra i capelli e mi sorride dolcemente: “Ho promesso che ti avrei protetta, giusto ieri sera, e non vale solo per te, ma per tutti! Che Cavaliere sarei se non proteggessi chi si fida di me?” mi risponde, guardando con affetto anche Eleonora e Marika. Nel mentre con il mantello mi pulisce delicatamente il labbro, dal quale è uscito un rivolo di sangue, riportandomi ancora, per l'ennesima volta alla mente, il mio caro fratellino. Sono la stessa essenza... non ne ho mai avuto il minimo dubbio, ma i suoi gesti, del tutto simili a quelli che Camus regala a me, non fanno che ricordarmelo di giorno in giorno, di ora in ora.

“Ne sei sicuro?” domanda Cardia, guardandolo negli occhi, in una insperata scintilla di solennità che manifesta così la sua reale preoccupazione dietro alle battute di spirito.

Fa uno strano effetto vederlo così serio...

“Sì, ho il potere più adatto: posso ghiacciare e frantumare le rocce che ci vengono contro!” afferma Dègel, ricambiando lo sguardo con una fierezza e una maestosità tipiche dell'undicesimo segno dello zodiaco.

Cardia, fa un cenno di assenso, posizionandosi dietro di me e prendendo per mano sua sorella, che afferra a sua volta Eleonora.

“Confidi in me?” chiede Dègel, porgendomi la mano nel vedermi ancora un poco titubante.

Rimango per un attimo persa nei blu dei suoi occhi... fidarsi di lui? Chi potrebbe non farlo?!

“Certo! – rispondo, ricambiandogli la stretta – Ma dentro è buio e le rocce sono appuntite, non voglio che tu rimanga ferito!” dico, preoccupata, recuperando una parvenza di dignità a dispetto della mia espressione un poco trasognata.

“Tu confida in me e vedrai che non ti deluderò per nessuna ragione al mondo!” ribatte Dègel, ancora più deciso.

Sospiro, ancora un po’ agitata per la situazione, ma alla fine gli sorrido per incoraggiarlo.

"Non posso non fidarmi ciecamente di te, Dégel..." sussurro, sorridendo tra me e me, la mente di nuovo persa verso qualcosa che credevo smarrito per sempre.

“Usando il sesto e il settimo senso, propri di noi Cavalieri d’Oro, dovrebbe essere abbastanza facile orientarsi all'interno, anche se privati della vista!” ci spiega Cardia, afferrandomi con forza la mano libera.

“Sì... anche se chi ci sta controllando probabilmente farà di tutto per impedirci di attraversare la grotta! Non credo voglia permetterci di raggiungere i nostri compagni” mormora Dègel, cupo in volto.

Un brivido mi scorre lungo la schiena. E' paura, ma ancora una volta non posso permetterle di avere la meglio su di me.

"Basta che tu sappia quello che fai, Dégel..." afferma ancora Cardia, imprimendo fermezza nel suo sguardo. Due frasi senza dire battute, sono veramente colpita!

“Andiamo di corsa? – chiede l'Acquario, un po’ teso. Al nostro cenno di assenso il suo sguardo si tranquillizza appena – Bene... ora!”

Come se avessimo le molle sotto ai piedi, scattiamo in sincronia, senza più tentennare.

Il brusco cambiamento dalla luce alle tenebre mi disorienta per pochi attimi, il tempo per far abituare le mie pupille allo sbalzo. Ingoio a vuoto.

 

Stringo meccanicamente le mani di Cardia e Dègel con ancora più forza; non sono sola, forse non lo sono mai stata... sono lontana da casa, dagli affetti, da tutto... Nonostante questo non demorderò, ho dei validi compagni con me, e... amici! Sì, amici... perché ormai mi sento come parte integrante di questo gruppo, quasi... di questo tempo medesimo.

 

...Un sibilo da qualche parte indefinita della grotta...

“ Sommo Dègel!!!” lo chiama Eleonora, agitandosi.

“Diamond Dust!!!” grida lui, lanciando il colpo, tutt'altro che sconosciuto per me, con la mano libera. Per pochi istanti la grotta viene rischiarata da una luce azzurrina, mentre il rumore di rocce sbriciolate si propaga nei dintorni, poi un suono secco, come di un qualcosa che colpisce qualcosa d’altro.

"Dégel!!!" lo chiamo, nella paura che sia stato colpito, tuttavia quasi non avverto più l'ambiente intorno a me, né le mani dei miei amici che dovrebbero stringere le mie. Mi sento come se fossi slegata dalla realtà.

 

La fiducia, Marta... cosa è, per te?! Davvero eri convinta che Dégel potesse avere qualche chance di opporsi a me?! Pensaci meglio la prossima volta, ragazza! La fiducia, da sola, questo sentimento che voi divinizzate così tanto, non porta da nessuna parte.

 

“C-che cosa sta...?” biascico, cercando di scacciare via la voce che, per qualche attimo, si è impadronita della mia testa.

“Non ti preoccupare per me! Siamo quasi all'uscita!”

La voce di Dègel torna prepotentemente alle mie orecchie, riportandomi così al vero, con lo stesso risalto con sui ci si risveglia da un incubo.

Usciti finalmente dalla caverna, una strana luce ci investe, costringendoci a serrare nuovamente le palpebre.

“MARTAAA!!! Sei qui, dei del cielo, SIETE qui, grazie! - sento la voce di Sonia frastornarmi le orecchie - Regulus è... Regulus è...”

Apro di scatto gli occhi, iniziando istantaneamente a tremare davanti alla scena che si è presentata: Regulus è a pochi metri da noi, svenuto e ferito in vari punti, lo spallaccio dell'armatura danneggiato; Sonia invece è sull'orlo dell'abisso, praticamente stremata, il volto tirato, l'espressione carica di rimorso.

“Ragazzi! L’entità... l'entità oscura!!! Non l'ho vista direttamente, ma ne percepisco l'immane forza... deve essere lui il nemico temuto da...” prova ad avvertirci Sonia, ma improvvisamente un lampo fende il cielo e, contemporaneamente, la sporgenza su cui era appoggiata cede di un colpo solo...

Non posso fare altro che guardare, impotente, Sonia cadere giù, il braccio che si protrae invano verso la sua direzione, mentre la mano di Cardia, scattato in avanti in un rapido movimento, cerca maldestramente di afferrarla, compiendo un altro, disperato, balzo felino che si perde in un precipizio di mille e più metri...

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Capitolo 10
*** Chrysos Synagein! ***


CAPITOLO 10

 

CHRYSOS SYNAGEIN!

 

Accade tutto in pochissimi secondi, più veloce di un battito d’ali di un colibrì, più veloce persino di un lampo...

Cardia si butta di slancio dal dirupo, facendo leva con le gambe per avere una maggiore spinta, lo vedo sparire completamente in un soffio tra il nero e il grigio, ammantato di cremisi, poi il nulla.

“Soniaaaaaa!!! Cardiaaaaa!!!” urlo, quasi fuori di me, scattando di corsa in direzione della sporgenza. Il mio cuore totalmente in fibrillazione, la mia mente che non fa che ripetere un: "No! No! Non è possibile, non..."

Non avverto affatto quello che accade intorno a me, in mente ho solo l’attimo in cui ho visto sparire Sonia e Cardia dal mio campo visivo. Qualcuno dietro di me mi richiama, forse cercando di avvertirmi di un pericolo imminente, ma non gli do retta.

Mi affaccio sul dirupo, ansiosa e spaventata allo stesso tempo, almeno finché non riesco a scorgere le figure di Cardia e Sonia pochi metri più sotto. Il primo sta tenendo con il braccio sinistro la seconda, alquanto sorpresa e incredula per il gesto dello Scorpione.

Mi sento scivolare per terra per il sollievo.

“Oueee!!! Sei talmente schifata da avermi come compagno di dimora da preferire il suicidio?! O hai fatto semplicemente una scappatella con Regulus, eh?! Potevate andare fino a Timbuctù, già che c'eravate, sarebbe stato più semplice recuperarvi!” esclama Cardia, stringendo ancora di più la presa sulla roccia e ferendosi di conseguenza. Tuttavia il suo sorriso scanzonato non smette di solcargli il viso.

“C-Cardia... ma tu mi hai appena...?” balbetta Sonia, sempre più stupita, sgranando gli occhi.

“Cardia!!!” lo chiamano Marika, Eleonora e Dègel all'unisono, sopraggiungendo al mio fianco nel tentativo di essere di qualche aiuto.

Con la coda dell’occhio noto che il Cavaliere dell'Acquario tiene in braccio un Regulus ancora svenuto e leggermente ferito in alcuni punti. Non sembra in gravi condizioni fortunatamente.

“Ola! Sto benone, non ansatevi, anzi, attualmente sono fascio di nervi, ahahahaha, meraviglioso!!!” ci tranquillizza Cardia, alzando lo sguardo. Prendo un secondo respiro di sollievo, sorridendogli di rimando. Ho davvero temuto il peggio per qualche secondo, ma la situazione sembra sotto controllo, che agilità nell'afferrarla così!

"Sei sempre il solito... ma questa volta hai agito con prontezza!" gli dice ancora Dègel, sollevato a sua volta, scambiandogli un'occhiata indicativa.

 

Uhm, riflessi pronti, non c'è che dire... vediamo di complicare un po' le cose adesso!

 

Mi metto una mano sulla fronte, cercando di scacciare la sensazione di mancamento; un brivido mi corre lungo la schiena, incancrenendosi proprio nella spina dorsale in una remota, quanto ineluttabile, sensazione di pericolo imminente. Mi sento schiacciare da un forte senso di pericolo.

“Cardia!!! Non è ancora finita! Quello lì sta per...” ma non ho il tempo di aggiungere altro che un raggio cosmico proveniente da un punto non ben definito colpisce in pieno e con precisione il polso destro di Cardia, proprio quello che sta sorreggendo la mia amica.

“CARDIAAA!!!” grida Sonia, mentre il sangue comincia a sgorgare dalla ferita del Cavaliere di Scorpio, sporcandole a sua volta il braccio con il quale è legata a lui, unica ancora di salvezza su un precipizio fatto di metri e metri di roccia. Vedo distintamente le sue iridi traballare per la paura, non sapendo più che cosa fare.

“Uh, UH... – mormora intanto Cardia a denti stretti, mentre il suo corpo trema vistosamente, senza tuttavia mollare la presa – Uh... Aha! ahahahahah!!!” si mette infine a ridere, sempre più sguaiatamente.

Lo guardo con un misto di sconcerto e preoccupazione: sta perdendo sangue dal polso, deve avere un male dell'anima e lui... uggiola non per il dolore, per lo spasso! La sua reazione è talmente lontana dal mio essere e dalla mia mente razionale, eppure, in qualche misura, lo ammiro profondamente. Non ho mai conosciuto nessuno come lui, così... pazzo, in senso buono, neanche Milo lo è... come diavolo ci riesce?!

“Aha! Non so chi tu sia, né tanto meno dove diavolo ti trovi adesso; ancora meno mi interessa sapere come tu riesca a sferrare colpi passando inosservato. Però hai sbagliato totalmente soggetto se eri realmente convinto che avrei mollato la presa. Tu non conosci Cardia Magno, giammai mi arrendo, hai compreso ora?!? Ritirati, pezzente, se non hai il coraggio di affrontarci da uomo!” afferma lo Scorpione, orgoglioso e al limite della spavalderia, con quell'espressione totalmente folle che ogni tanto lo contraddistingue. Poi, senza aspettare un'eventuale risposta, fa leva sul braccio sano per ricominciare l'arrampicata dal punto in cui sono caduti a noi.

“Cardia, i-io...” inizia quest’ultima, imbarazzata, non trovando più le parole per continuare.

“Aggrappati con tutte le tue forze alla mi schiena, mi serve quanto meno un braccio per risalire, visto che l'altro, al momento, è andato!” taglia corto lui, cominciando ad arrampicarsi con estrema fatica.

Servono diversi minuti per permettere a Cardia di ascendere completamente fino al punto in cui ci troviamo noi quanto basta per essere d'aiuto, ma finalmente possiamo tirare tutti un sospiro di sollievo per il pericolo scampato.

“Anf... Anf... Uuuuff! E anche questa è andata!” ansima platealmente Cardia, respirando affannosamente.

Sonia, a pochi passi da lui, seduta sulla roccia, lo guarda, incapace di spiccicar parola; nei suoi occhi leggo quasi un senso di colpevolezza, mascherato comunque da un qualcosa di ancora non ben definito che la tiene ancorata al suolo. Forse diffidenza? In questo frangente mi è difficile capirla.

“Cosa hai da guardarmi così, adesso?! Il tuo Milo sarebbe riuscito a salvarti senza farsi male?! Il tuo Milo vola sui mufloni con tre spade, sparando fuoco e fiamme da quanto è figo?! Beh, sai cosa ti dico?! Non mi frega un acc...” inizia Cardia sarcastico, ma l’abbraccio di Sonia blocca la sua parlantina, oltre che ai suoi muscoli.

“Perdonami!!! Sono stata una stupida! Non riuscivo minimamente a comprenderti e ho frainteso tutto di te, dai tuoi modi al tuo essere... mi sentivo sola e frustrata, così ti ho gridato contro di tutto, perché, sai, in fondo, mi ricordi una persona tremendamente essenziale per me. Ma non ho scusanti, lo so... ti prego, scusami... per tutto... In genere non sono così...” singhiozza disperata, affondando il volto nella chioma violacea dello Scorpione come l'ho vista fare, spesso, con Milo nei momenti di maggiore sconforto. Si sente sinceramente pentita della brutta reazione avuta con lui, il dramma è non poterne spiegare le motivazioni, ma Cardia, l'ho capito, ha un cuore grande.

“E-ehi, calmati ora... - sussurra stranito lui, posandole la mano sinistra, quella sana, sopra la testa in una maniera alquanto imbarazzata – Uff, ora che accidenti ho detto di sbagliato per farti piangere?"

"Nulla... sono solo contenta che tu, alla fine, sia rimasto sempre uguale..."

"I-io cosa?"

"Sigh... buaaaaaah!"

"E-ehi, non piangere! Sarò anche uno scavezzacollo, ma non sopporto di vedere quei lacrimoni solcare le guance di voi piccolette!"

Sorrido contenta, intenerita dalla scena, nello stesso momento tento di alzarmi in piedi, ma ricado pesantemente in ginocchio, sentendomi pulsare violentemente le ferite precedenti, gli occhi e le orecchie. La sensazione è tremenda, quasi mi farebbe svenire se non riuscissi, in qualche modo, a controllarla dentro di me. Tuttavia la voce gelida che mi risuona in testa, frastornandomi le pareti del cervello, è quanto di più spiacevole io possa avvertire in un simile momento.

 

Tutto è andato a meraviglia... Cardia di Scorpio, Dègel di Aquarius! Continuerete a seguire la via del vostro destino, la via che farà avverare il mio sogno! Le ferite subite oggi non sono altro che versioni più piccole di quelle che patirete il giorno dalla vostra morte! SOFFRIRETE... SOFFRIRETE TUTTI, POICHE' E' IL FATO A RICHIEDERLO!

 

“Marta! Marta! Guardami!” mi chiama Dègel, scuotendomi leggermente.

Sbatto più volte le palpebre, come per ridestarmi da un incubo. Gli occhi e le orecchie mi fanno ancora male, ronzano, ma per il resto il dolore sembra svanito.

“Menomale, stai bene ora. Hai avuto una sorta di mancamento, ed io... ad ogni modo, sembri esserti ripresa!” mi sorride Dègel rilassandosi impercettibilmente.

Il mio sguardo indugia sul lato destro della sua fronte, dove spicca un profondo taglio dal quale è uscito un po' di sangue che gli ha sporcato quasi del tutto la parte destra del bel volto.

“D-Dègel, i-io...” biascico, accorgendomi di essere stremata e di far fatica a parlare.

“Non ti preoccupare per me, piuttosto dobbiamo cercare di scendere a valle, lì c’è una baita dove possiamo passare il resto della giornata. La usano gli esploratori e i mercanti per riposarsi dalle loro fatiche” mi spiega Dègel, mentre si posiziona Regulus sulle spalle per trasportarlo meglio. Annuisco stancamente, cercando di non fissare il mio sguardo in quello dei presenti. Non capisco cosa mi sia successo ma mi sento, letteralmente, a terra...

"Sicuro di stare bene, Dégel?" chiedo stancamente.

"Oh, non è che un'inezia, tu sei abbastanza in forze per muoverti?" mi chiede, deviando per l'ennesima volta la domanda sulla sua persona. Annuisco con determinazione, sforzandomi di celare il malessere.

 

**********

 

5 Agosto 1741, sera.

 

Raggiungiamo la vallata sottostante che il sole è già quasi totalmente tramontato, i suoi caldi raggi rossi rendono bene il contrasto con le nuvole di passaggio che, a loro volta, vengono tinte di rosa dalla stella del nostro sistema solare. Le nubi sono passate, veloci come erano arrivate, e sta sopraggiungendo la sera; la tacita sera, che accompagna il nostro incedere sempre più fiacco.

Dègel ci guida fino a una vecchia costruzione in pietra, probabilmente ci abitava qualcuno tanti anni fa, lo si capisce grazie ai resti delle recinzioni che un tempo delimitava il terreno circostante. Oggi, invece, è rifugio sicuro degli avventurieri, chissà cosa ne rimane di queste quattro mura nel mio tempo... probabilmente sarà stata completamente inghiottita dalla vegetazione, non ne resteranno che le fondamenta. La mente mi riporta nuovamente indietro, quando, da bambina, andavo alla ricerca di paesi abbandonati, ne tracciavo il profilo, che appuntavo su un libro apposta, con tutte le informazioni in mio possesso. Lo facevo perché era ingiusto dimenticare, era... troppo spietato! Se solo ci penso, mi manca quel tempo, mi manca terribilmente.

“Di qua” dice stancamente Dègel, aprendo la porta mezza scassata con una delicatezza comunque inusuale. Chiunque non ci presterebbe troppa attenzione, in fondo quel residuo umano è più distrutto che altro, ma lui no, sembra quasi accarezzare il legno della porta, incitandola teneramente a non cedere.

Entriamo lentamente nella piccola dimora, composta da un'unica stanza abitabile e dalla stalla dismessa al piano di sotto. Un tempo probabilmente si poteva raggiungere anche il piano di sopra, le camere, ma le scale sono marce. Mi guardo intorno, soffermando il mio sguardo sul camino di pietra, sul tavolino in legno al centro della stanza e sulla lanterna ad olio appesa ad una trave. Chi abitava qui non ha lasciato nulla di sé, ad eccezione di questa piccola casetta. Molto presto, il tempo non lascerà più nemmeno questa. Devo... se avessi ancora quel libro con me, lo appunterei da qualche parte e vi darei un nome, per esempio 'Ca' d'ambrosia', o, chissà, 'casina sospesa', e così via.

Catturata dai movimenti intorno a me, vedo Dègel posare delicatamente Regulus per terra, utilizzando il suo mantello come cuscino per far stare più comodo il giovane Leone. Sonia si avvicina quatta quatta, prendendo posto nelle vicinanze senza dire niente, sentendosi a disagio.

Tutto questo mentre Cardia si spancia, molto teatralmente, in un angolo della stanza, seguito da Marika ed Eleonora ben più educate e fini nei modi.

Solo dopo una serie di minuti la mia amica trova il coraggio di parlare.

“Sta bene?” chiede Sonia a Dègel, guardando il compagno d'avventure.

“Sì, non ti preoccupare, non ha ferite gravi! Deve solo riposare!” afferma Dègel, passando un fazzoletto, estratto dalla sacca, sulle ferite di Regulus.

"Mi ha voluto seguire ad ogni costo... mi dispiace, non volevo coinvolgervi!" si scusa ancora la mia amica, cercando sostegno nel mio sguardo.

"Non hai motivo di giustificarti, Sonia... avrai avuto le tue ragioni per agire così e Regulus ha fatto bene a non lasciarti sola"

“No, è una mia responsabilità, invece! Sono stata veramente una stupida a farmi venire una simile idea e ancora di più ad accettare che Regulus venisse con me. Non so perché, ma ad un certo punto della scalata hanno cominciato ad accadere fatti strani, come se fossero controllati da qualcuno...” cerca di spiegare Sonia, cupa, senza scendere maggiormente nei dettagli.

Dègel rispetta la scelta della ragazza, non ponendo ulteriori quesiti ma limitandosi a sorridere tiepidamente, gesto che comunque viene interrotto dai lamenti di Cardia.

“Aaaahh!!! Mi fai male!!!” grida, rivolto a Marika, la quale gli ha preso il polso ferito per controllarlo.

"Uff, fa tanto il gradasso e poi strepita per un nonnulla, aspettatemi qui per favore!" commenta Dégel, alzandosi in piedi e avvicinandosi all'amico.

Anche se cerca di tenerlo nascosto, è a sua volta molto stanco, lo si percepisce dal tremolio delle sue gambe e dall'espressione sfinita.

"Mi... piace Dégel, è la degna precedente vita di tuo fratello, Marta!" si lascia sfuggire Sonia, gli occhi luminosi. Non posso far altro che annuire e sorridere tristemente.

“Aaaaahh!!” un urlo ancora più forte di Cardia, riecheggia nella stanza nel momento in cui Dègel gli afferra il polso senza troppo convenevoli e glielo controlla con sguardo clinico.

“Il polso... oltre ad essere ferito è anche rotto, probabilmente in seguito a quel raggio” dice solamente, nascondendo con il suo apparente tono freddo la reale preoccupazione per l’amico.

“Questa me l'ero data, sai, genio?! Quindi cosa dovrei...? Aaaaahhh!!! E’ freddo!!! E’ freddo!!! Vade retro Satana! VADE RETRO!!!” esclama a voce altra Cardia, cercando di sfuggire alla morsa di Dègel che, nel frattempo, ha espanso il suo cosmo ghiacciato.

“Finiscila di fare l'infante, Cardia! Sto cercando di saldarti la frattura, per farlo devo saper dosare sia la pressione che il mio gelo. Come pensi di aiutarmi se ti divincoli come un forsennato?! Aaaaaah, tanto sprezzo del pericolo a parole, per poi scappare come un pavido coniglio quando bisogna agire!” esclama Dègel, inarcando un sopracciglio.

"Un pavido coniglio a chi?! Chi l'ha salvata Sonia?!"

"Tu... rischiando però di sfracellarsi diversi metri più sotto..."

"Tze, in battaglia contano i risultati ottenuti, non i rischi!"

"Un pavido coniglio e pure sciocco..."

"Se io sono un coniglio tu sei un topo quattr'occhi saccente che squittisce in maniera fastidiosa!"

A questo punto sia Sonia che io vediamo Dégel sorridere con dolcezza, facendo ammutolire Cardia nell'immediato: "Bene, hai la solita risposta pronta, non sembri in gravi condizioni..."

Nel frattempo osservo ammirata quello che fa, colpita e incuriosita. Non sapevo che il potere del ghiaccio potesse essere usato anche per scopi curativi come saldare una frattura o, perché no, abbassare la febbre. Se solo ne fossi capace anche io...

"...Se eri così preoccupato per me, non bastava dimostrarmelo?" chiede ad un certo punto Cardia, arrossendo un poco nel capire la reale preoccupazione del compagno.

“Ecco qua! – afferma Dègel cambiando totalmente discorso – Ho saldato la frattura, ma cerca comunque di non sforzare troppo il polso. Per quanto concerne la lesione vera e propria, beh, penso che ci sia già qualcuno disposto a curartela!” conclude poi, indicando Marika che, dopo aver estratto le bende dalla sacca di Dègel, si sta avvicinando a suo fratello.

“Per Atena, Priamo e Santippe, NO, che cacchio, NO! Mi state torturando con questa continua solfa dei rimedi medicamentosi, non potete lasciarmi stare?!” ribatte lo Scorpione, cercando di allontanarsi, ma Marika gli impedisce ogni via di fuga.

“Ti prego! Voglio poter fare qualcosa per te, dopo... dopo tutto quello che hai passato per colpa mia!” lo supplica, posizionandosi davanti a lui.

Cardia la osserva negli occhi per qualche attimo, sconcertato. E' tornato improvvisamente serio.

“Tu, quindi sapevi? Conosci tutta la storia dei nostri genitori e delle loro azioni... - constata, sospirando - Io non avrei mai immaginato che questo ti facesse veramente soffrire, ho sempre pensato che ti premesse soltanto sentirti in pace con te stessa per quello che hanno fatto quelli là, ma... sembri davvero preoccupata per me” mormora Cardia, abbassando lo sguardo. Sonia ed io ci guardiamo un attimo in cerca dell'ennesimo sostegno reciproco, colpite dalle parole inframezzate di Cardia. Davvero siamo fuori da tutti questi eventi, come degli estranei; ed estranee infatti siamo. La sensazione che ne deriva è quanto di più simile a guardare un servizio al telegiornale.

“Sei mio fratello, è ovvio che mi preoccupi per te! I nostri genitori... loro hanno fatto un terribile sbaglio e non li perdonerò mai per averti...” dice Marika a denti stretti, prima di essere fermata da un abbraccio, alquanto impacciato, di Cardia.

“Va bene così, allora, non c'è bisogno di aggiungere altro. Ho compreso!” mormora, improvvisamente laconico. Ha interrotto la frase di Marika a metà, probabilmente non volendo rivelare questo particolare del loro passato anche a noi.

“Sìììì! Anche Eleonora partecipa all'abbraccio!” interviene l'altra inserviente al settimo cielo per l'amica, saltando letteralmente addosso a Marika e a Cardia.

"Sembra un po' Michela... non ti sembra?" mi chiede Sonia, in uno sbuffo divertito

"Hai ragione, e... e Marika mi ricorda te!" biascico sbigottita, quasi indicandola.

"Marta, cosa stai...?"

Tuttavia non la sto più guardando, i miei occhi sono catturati dall'incedere di Dégel che lentamente si dirige nell'angolo adiacente, sistemandosi finalmente a sedere. E' nuovamente Cardia a rallegrare gli umori generali

“Beh, come si può dire?! Sembriamo una vera e propria famigliola, ma sappiate che io NON sono la madre, quella la fa Dégel che è ben più femminile di me!” afferma un entusiasta Cardia, ignorando la relativamente poca differenza di età che si interpone tra noi. Tutti i Cavalieri d'Oro, pur essendo ventenni, ci considerano 'piccole', e sono protettivi nei nostri confronti. Deve essere sicuramente a causa degli allenamenti cui sono stati costretti fin dalla più tenera età a modificare così il loro pensiero. Mi riscalda il cuore pensare che ci vedano sotto questa luce, ma mi imbarazza comunque un po'.

Dopo una serie di minuti di assoluto silenzio, il respiro profondo di Cardia invade la stanza. Guardandolo, vedo che si è addormentato con sua sorella praticamente in braccio, la quale dorme a sua volta. Eleonora è poco più in là, appoggiata con la testa sul muro come sostegno.

Anche Sonia, sbadigliando educatamente, si accuccia al fianco di Regulus, ricordandomi un po' un gatto che 'fa la pasta'. Sorrido automaticamente, mentre, prima di chiudere gli occhi, mi sussurra ancora qualcosa.

"Marta... grazie per essermi venuta a cercare e aver capito dove mi trovassi. Sai, sono lontana da casa, ma mi sento meno sola a pensare che tu sia con me. Ora so che insieme ce la faremo, in un modo o nell'altro!"

Annuisco ancora una volta, avvicinandomi a accarezzandole istintivamente i capelli per accompagnarla nel sonno. Cosa che mi riesce, perché pochi secondi dopo, anche lei cede. Sì, hai ragione, Sonia, insieme ce la faremo, ritroveremo Milo, Camus, Francesca e Michela e torneremo nel nostro tempo. Non possiamo arrenderci!

“Marta!”

Sussulto nell'udire la voce di Dégel, credendolo già addormentato, istantaneamente arrossisco, mentre gli ultimi raggi di sole si eclissano fino a cedere all'oscurità. Questo giorno è trascorso, come è naturale che sia.

"Tendi a preoccuparti più per gli altri che per stessa, ma anche tu sei stremata, ti consiglio di dormire a tua volta..."

Mi sorridi... con naturalezza, Dègel, come hai sempre fatto e, sempre come al solito, dai a me consigli che dovresti riservare per te stesso, ma tu... non ne sei in grado, in vero? Non sei in grado di preoccuparti per te stesso, solo per gli altri. Del resto... hai un cuore immenso!

Quasi automaticamente, invece di stendermi, mi dirigo verso la sacca per prendere altre bende e un panno per la ferita sulla fronte di Dègel, poi, senza esitare, vado verso di lui con decisione.

“Marta, non pr...” inizia, ma il panno che gli poso delicatamente sul taglio, lo blocca, facendogli anche scappare un leggerissimo gemito di dolore.

“Ecco, lo sapevo... ti ho inquadrato, sai? Hai male, ma non te ne curi, perché ti preme di più che stiano bene le persone a cui tieni di più!” sentenzio, pulendogli con cura il volto sporco di sangue.

Troppo spesso, mio caro Dégel, ti dimentichi di te stesso, ma anche tu meriti di avere qualcuno che si occupi di te, così come tu fai sempre con gli altri.

Nessuna risposta, l’unico cambiamento sul suo volto è il colore, diventato più rosso, delle sue guance diafane. La sua pelle... sembra avere la stessa consistenza della luna, chiara, quasi intangibile, ma oltremodo concreta qui davanti a me.

“...Ma anche tu sei importante per qualcuno, non dimenticartelo! - continuo, con naturalezza, sorridendogli - Quindi, per favore, prenditi cura anche di te stesso!” concludo, pensando a bendargli la ferita come meglio riesco.

“G-grazie!” balbetta lui, sempre più imbarazzato.

Rimango immobile, indecisa sul da farsi. Una parte di me vorrebbe allontanarsi, non tollerando più quella immensa pressione e quel vertiginoso calore che sento scoppiarmi in petto ogni volta che mi avvicino a lui, ma un'altra parte, quella prevalente, vorrebbe rimanere accoccolata sul suo petto, magari addormentandosi in un abbraccio concreto sperduto nel tempo e nello spazio etereo. Tuttavia non posso... non posso permettermelo!

A malincuore scelgo quindi di trovarmi un giaciglio mio, magari vicina a Sonia, ma la presa ferrea di Dégel sul mio polso, mi toglie il respiro.

“Per favore... rimani!” esclama, tutto trafelato, come se avesse provato il mio stesso conflitto interiore e ne fosse in qualche modo uscito.

“Io... non vorrei disturbarti, sarai stanchissimo...” mormoro, imbarazzatissima.

Ma che diavolo sto facendo ora?! Era quello che volevo, no?! Perché mi sto ritraendo?!?

“Lo sono. Ma vorrei ancora di più averti vicina a me e... parlare, non so, anche semplicemente avere una presenza amica dopo tutti gli avvenimenti della giornata!” risponde lui, dolcemente, regalandomi un'occhiata un po'... un po'...

Al diavolo il non potere!

Mi siedo quindi lentamente vicina a lui, appoggiando anche la mia guancia contro la sua spalla, automaticamente poso la mia mano sinistra contro il mio petto, tentando disperatamente di riuscire a controllare i battiti frenetici del mio cuore. Sto seguendo un sogno effimero e pressoché impossibile, me ne rendo conto da me, ma... è esattamente qui che voglio stare, come se questo posto fosse capace, da solo, di aggiustare tutti i pezzi della mia anima.

Perché questo sentimento così forte e incontrollabile?! Perché?! Appartengo ad un'altra dimensione e devo riuscire a tornare indietro, o avanti che dir si voglia, non posso... non posso permettermi di innamorarmi realmente di Dégel, della persona che costituisce la vita precedente di mio fratello Camus. NO, è tutto sbagliato!

Sono perfettamente consapevole di questo, eppure, in un certo qual modo è come se non importasse, mi sembra di essere finalmente tornata a casa dopo tanto, troppo, tempo.

 

Ti fai di questi simili problemi, Marta? Lui non è tuo fratello, o, per meglio dire, non lo è ancora. Stiamo parlando di due entità profondamente diverse tra loro. Camus è Dégel... cioè è stato Dégel, ma non vale il contrario... Dégel è in potenza Camus, ma può anche non esserlo, dipende da te...

 

“Marta... domani chiederò al Grande Sacerdote una speciale riunione dorata: il Chrysos Synagein!”

La voce di Dègel, per fortuna, riesce a farmi fuggire dall'allucinazione uditiva che, ancora una volta, si era impossessata della mia mente. Tuttavia la riconosco come diversa, questa. Non è gelida e metallica, sembra più...calda e pacifica, e mi ricorda comunque qualcosa; qualcosa che adesso non riesco ad afferrare.

E' tutto così assurdamente confuso...

“Dobbiamo far sapere agli altri Cavalieri d’Oro il segreto tuo e di Sonia, è l’unico modo per riuscire ad affrontare il nemico...” mi spiega ancora l'Acquario, serio in volto, trovando appiglio, nel continuare, nel mio sguardo partecipe.

Lo fisso comunque scandalizzata.

“Ma Dègel!!! Le conseguenze potrebbero essere disastrose, potremmo cambiare la storia e mettere in pericolo le vite del futuro!” esclamo, tesa, negando con la testa.

“Ho piena fiducia nei miei parigrado e inoltre sono sicuro che tu saprai dosare bene la verità! - mi risponde Dègel, sorridendomi - Non allieta neanche a me l'idea, credimi, ma... oggi ho avvertito quel... quell'entità, non possiamo farcela senza l'aiuto di tutti"

“Se un uomo saggio come te sta perorando questa soluzione altamente rischiosa, significa che la situazione è molto grave, ed io non posso darti torto...” ammetto, lugubre, ma ancora dubbiosa.

“Quella creatura... spia i nostri movimenti. Ha certamente saputo di Sonia, delle sue intenzioni di arrivare sulla vetta del Monte Olimpo e... ha agito di conseguenza. Non mi piace per niente!"

Lo guardo negli occhi, in attesa che prosegua. Le luci esterne si stanno spegnendo, ormai non vedo che i suoi soli lineamenti e gli occhi, che emanano quella luce affascinante. Mi stringo di più contro il suo petto, in cerca di un conforto. La sua sola presenza mi rassicura e, insieme, mi fa coraggio. Socchiudo gli occhi, palpitante.

“Credo, ma è solo una mia supposizione, che questa figura sia collegata alla vostra presenza qui, forse addirittura ha permesso il formarsi della breccia spazio-temporale che vi ha condotte lontane dalla vostra casa. Non riesco a immaginare che cosa voglia, ma farò quanto in mio potere per frappormi ai suoi piani, qualunque essi siano!” continua lui, in tono sempre più grave.

Comincio davvero ad avere paura ora, nonostante lui mi tenga stretta tra le braccia, nonostante Sonia sia con me. Tremo con ancora più forza, talmente tanto che Dègel deve percepirlo, perché, con gesto soffice, mi adagia meglio la testa contro il suo petto.

“Scusa, Marta, non volevo spaventarti con le mie congetture prive di prove... perdonami, sono stato veramente inopportuno!” si auto rimprovera Dègel, sospirando.

“Non ti preoccupare, se le cose dono davvero così serie, allora non possiamo fare diversamente e raccontare la verità anche agli altri Cavalieri d'Oro. Non so se ci crederanno, non so come reagiranno, ma se tu ti fidi così tanto di loro, io mi attengo al tuo giudizio!” proferisco, non riuscendo a nascondere una certa ansia.

Dègel mi tiene la mano, soppesando le mie parole, poi annuisce e comincia a giocherellale con i miei capelli, in un modo che mi ricorda dolcemente mio fratello. Ancora una volta, le figure dei due Cavalieri si sovrappongono. Camus è certamente Dègel, ma quest'ultimo non è lui, o meglio, non è ancora lui... se diventerà lui, questo, dipenderà da me... cosa significa realmente questa frase?!

“Qualunque cosa accada... io sarò con te, sempre! Andrà tutto bene, Marta!” mi sussurra ancora lui, adagiando la sua guancia sopra la mia testa e facendomi così percepire il suo tiepido respiro tra i capelli. E, di nuovo, il senso di protezione si fa strada dentro di me, riportandomi indietro, tra i ghiacci della Siberia, in un luogo che, malgrado il freddo, era sacro per la mia vita.

 

*********

 

7 Agosto 1741, mattina.

 

Il luogo dove i Cavalieri d’Oro si radunano per il Chrysos Synagein oggi, ovvero la riunione dorata che si convoca in casi di emergenza, è dentro la meridiana dello zodiaco e consiste in una grande sala circolare. Ci hanno spiegato che, generalmente, si ritrovano tutti nella sala del tredicesimo tempio, ma questa volta l'argomento da dibattere è segretissimo e quindi urge un luogo altrettanto nascosto.

Ieri Dègel, appena siamo tornati, è andato subito a parlare con il Grande Sacerdote per chiedere di convocare questa riunione. Non ha voluto dare indicazioni agli altri, ed è scattato immediatamente verso l'obiettivo senza tergiversare. L'assemblea è stata convocata direttamente oggi, il che rende l'idea dell'emergenza di questa situazione. Certo, il Grande Sacerdote ha piena fiducia nel Cavaliere dell'Acquario, credo sia una delle persone più vicine a lui, e i suoi parigrado ne sono consapevoli, Cardia compreso, che comunque non sembrava particolarmente convinto.

I Cavalieri d’Oro sono tutti qui, così come Sonia ed io, anche se, teoricamente, non potremmo partecipare in quanto semplici 'tirocinanti'. Abbiamo avuto occasione di parlare un po', noi due, pare che con Cardia vada bene adesso, è certamente diverso da Milo, ma sembra abbiano trovato un punto d'incontro. Regulus si è ripreso subito, nonostante le ferite, e l'ho incontrato tutto saltellante ieri, insieme con Sisifo.

Si è respirata un'aria serena e confortevole... per un giorno, almeno, perché poi è arrivata la notizia della riunione, per l'appunto, e le facce di tutti si sono fatte corrucciate. Quelle facce... posso vederle proprio ora una ad una.

Sul volto di tutti leggo turbamento, ed è una caratteristica che contraddistingue ognuno: da Regulus, un po’ più tranquillo a seguito della giovane età, ad Albafica, un po’ più in disparte e, fra tutti, il più criptico.

Fra tutte le personalità degli altri Cavalieri d'Oro, la sua è quella che mi attira di più, devo ammetterlo. E' talmente agli antipodi con Aphrodite da non riuscire a spiegarmi come facciano ad essere uno la reincarnazione dell'altro... che caspiterina sarà successo nel passaggio da una all'altra vita? Nondimeno vorrei conoscerlo meglio, porta il mio segno dello zodiaco, ma non parla quasi mai, si isola. Sarà davvero difficile avere un dialogo con lui.

In ogni caso, gli unici che mancano all'appello sono il Cavaliere di Gemini, disperso, e...

“Santi numi!!! Sono in stramaledettissimo ritardo!” esclama Cardia, entrando di corsa e fermandosi al centro. Ecco appunto. Ci sorride raggiante a tutti, quasi come se ci fossimo riuniti per una gita e non per una riunione importante. Ha ancora il polso fasciato, ma è vivace come di consueto, tanto da far scoccare un'occhiata esasperata a Sisifo. Credo che non scorra buon sangue tra loro...

“Cardia... anche in questi frangenti riesci ad arrivare in ritardo?!” lo rimprovera Dègel, sospirando, acciuffandolo, perché si è posizionato proprio al centro, vicino a me, e riportandolo nelle schiere, tra Dohko e Sisifo.

“Beh ora sono qui, no?! – ribatte Cardia, mettendosi l’elmo con un gesto meccanico - Dunque? Quale è il problema?” dice poi, rivolto a Sage.

"Sfrontato come al solito, Scorpio..."

"Oh, Sifo, non cominciare già a rompere i coglioni di prima mattina, che non ne ho voglia!"

"Certo..." sibila il Sagittario, guardando da un'altra parte.

“Bene, coff coff, ci siamo... dichiaro aperto il Chrysos Synagein!” sentenzia il Grande Sacerdote, dopo aver scoccato un’occhiata truce ad entrambi.

“G-grande Sacerdote, perdonate se vi interrompo subito... - interviene immediatamente Albafica, inginocchiandosi in segno di rispetto – ma cosa sta succedendo?! Il cosmo di Hades si è manifestato?!? E le due ragazze? Perché sono qui?!”

“Calmati, Albafica, ora vi spiegherò tutto! – Sage si prende una breve pausa, caricando l'atmosfera di tensione – Ieri Dègel è venuto a parlarmi, i suoi dubbi e i suoi consigli mi hanno smosso dall'indecisione in cui ero caduto da quando so la verità su queste due ragazze. Non sapevo davvero se era il caso di informarvi, così facendo rischiamo davvero grosso, non solo per noi, ma soprattutto per il futuro, però... non c'è altro modo, il pericolo è troppo grande, è quindi giusto che veniate a conoscenza anche voi di questa sconvolgente verità” inizia a spiegare Sage, serio.

Nella sala regna un silenzio quasi assordante, nessuno dei Cavalieri d’Oro muove un muscolo, a parte Dohko e Shion che si scambiano uno sguardo d’intesa. Loro hanno capito dove andrà a parare il dialogo e sussultano.

Sage chiude e apre lentamente gli occhi prima di proseguire.

“Quello che sto per dirvi... è difficile da credere, ma il caso vuole che si tratti della pura verità. Dovete però promettermi di non farne parola con nessuno, altrimenti accadrà l’imponderabile. L'equilibrio sul quale ci stiamo reggendo ora è drasticamente in bilico con altri equilibri di altre realtà. Uno scossone ad una di esse e tutto crolla, come il domino.” continua il Grande Sacerdote, sempre più scuro in volto.

“Quindi, sommo Sage, gli eventi di cui ci state portando a conoscenza sono talmente gravi da poter creare un cataclisma nel nostro mondo solo se ne facciamo parola?!” chiede delucidazioni Asmita, perfettamente calmo in apparenza.

“In verità la questione è ancora più delicata di così, per questo sono rimasto per molto tempo nel dubbio se rivelarvelo o meno...” sospira Sage, posizionandosi le mani dietro alla schiena e cominciando a girare intorno.

Nella sala cala di nuovo il silenzio carico di attesa e di timore, c'è che strabuzza gli occhi, chi fissa un punto non definito e chi scruta intensamente sia Dègel che il Sommo Sage, come a cercare di carpire quella terribile verità prima degli altri.

“Intanto per cominciare... un essere infinitamente potente e atemporale ci sta spiando. Non sappiamo niente sul suo conto, tranne che non appartiene a questa dimensione ed è capace di interferire sulle nostre vite a piacimento. In più, sembra che sia collegato alla presenza di Marta e Sonia qui nel nostro mondo” continua dopo un po' Sage, teso.

“Quindi, in sostanza, c’è un nuovo dio da affrontare che è interessato a Sonia e Marta? Non sarebbe neanche una novità questa, non vedo perché farla così drammatica, Sommo!” la butta lì Manigoldo, con quel solito pizzico di irriverenza che lo accomuna a Cardia, il quale infatti, ascoltando quella presunta teoria del Cavaliere di Cancer, si infiamma già nello sguardo, desideroso di far vedere quanto vale.

“No, Manigoldo, non è classificabile come un dio e non appartiene a questa dimensione, ma è più forte di ogni altra cosa presente in questo mondo, anzi, molto probabilmente in TUTTI i mondi!” risponde Sage, soffermandosi nel guardarlo direttamente negli occhi.

“Ma... ma le fanciulle cosa c’entrano in tutto questo? Hanno un cosmo potenzialmente molto potente, lo si avverte distintamente, ma non sono che all'inizio del loro percorso, possibile che abbiano destato l'interesse di questo nemico onnipotente che andate dicendo?” si domanda Sisifo, guardandoci con interesse.

Un brivido mi passa lungo la schiena e, ancora una volta, il mio istinto capisce prima di tutto il resto. Il momento della rivelazione è, infine arrivato, ora Sage ci tirerà in ballo e noi dovremo dare le tanto fatidiche spiegazioni. Guardo Sonia, la quale annuisce e mi stringe ancora una volta la mano per farmi, anzi farci coraggio.

Tuttavia sorprendentemente è Dègel a proiettarci, con cautela dentro alla discussione.

“Perché... nemmeno loro fanno parte di questo mondo. Loro provengono dal futuro; il futuro di questa dimensione!”

Il silenzio regna sovrano per la terza volta in pochi minuti. Tutti i Cavalieri d'oro, forse rifiutando quella spiegazione, forse convinti di aver capito male, osservano allibiti prima lui e poi noi, che arrossiamo a dismisura sentendoci al centro dell'attenzione, almeno finché nei dintorni non riecheggiano delle sonore risate che io abbino subito a Cardia, il quale effettivamente si sta allegramente tenendo le mani sulla pancia per non finire a terra e rotolare.

“Ahahahah!!! Cosa ti sei bevuto, Dègel?! Venire dal futuro?! Stiamo parlando di cose impossibili, a meno che 'futuro' non sia un luogo remoto di questo pianeta, magari un paese situato al Polo oppure negli abissi marini. Perché no, in cielo?! Ma di cosa stiamo parlando, ragazzi?!

Lo guardo indignata, quasi ferita dalla sua reazione spropositata.

“E’ la verità, Cardia! Non... non ci credi? Futuro non è un luogo determinato, ma temporale!” interviene Sonia, cercando di sovrastare gli sghignazzi dello Scorpione, anche lei è livida, ma meno arrabbiata di me, sembra più... delusa, ecco.

“Come posso credere ad una tale assurdità?! Stiamo dunque realmente parlando di anni?! E, se sì, quanti?! Mille? Quattrocento? MA DAI! Stiamo parlando di cose che non esistono, non sussiste il futuro, ma solo il presente... e voi mi state dicendo di venire da un luogo che manco esiste!” ribatte Cardia, sempre più divertito, con le lacrime agli occhi.

Non ci vedo più dalla rabbia e dedico di cedere ad essa per fermare quell'insano schiamazzo che proviene dal mio amico.

“Dannazione, Cardia!!! – sbotto ad un certo punto, pestando il piede per terra. Non mi interessa se gli altri non mi credono, ma lui deve, accidenti – Ti sembra che potremmo scherzare su un fatto simile?! Se vogliamo parlare di filosofia spicciola, neanche il passato esiste più, non sei quindi mai nato?! Cosa esiste, quindi? Ciò che vediamo e tocchiamo? E se fosse sbagliato anche quello? Se vivessimo in un sogno in cui nulla è reale e siamo costituiti da nient'altro che ombre?!”

Vedo Cardia ammutolirsi di botto, non aspettandosi una mia reazione così esorbitante, poi abbassa lo sguardo, arrossendo un poco.

“Avete... avete delle prove? – domanda a sua volta Sisifo, avanzando di qualche passo nella nostra direzione – Non è che non mi fidi di voi, solo che è... è così difficile da credere!”

“Non ce n’è bisogno! Ho visto con i miei occhi Sonia creare delle trombe d’aria grazie al suo cosmo quando eravamo in montagna. Ecco, il fatto che possiedano un cosmo sviluppato senza essersi allenate qui, questa è la prova! E a me basta per accettarle come parte di noi!!!” spiega Regulus semplicisticamente, in tono allegro. Non sembra per nulla scioccato dalla rivelazione, anche se è solo poco più che un bambino, forse proprio per questo.

Sonia sorride raggiante nel vedere che almeno il piccolo Leone crede alle sue parole, ma si intromette Manigoldo che, dopo aver scompigliato affettuosamente la testa del piccolo, si avvicina a grandi falcate a me.

“Reggy, quella non è una prova concreta, servirebbe ben altro per crederlo! Comunque già che siamo in argomento... tu, Marta, che potere hai? Questo non ci darà una sicurezza, ma almeno sapremo qualcosa sul tuo passato e su come hai conosciuto i segreti del cosmo”.

Ho appena il tempo di vedermelo appresso, che mi rendo conto che, con la sua arguta domanda, mi ha già messo all'angolo: i-il mio potere... non posso certo rivelarlo!

Istintivamente faccio un passo indietro, tesa e inquieta. La mia espressione spaurita si fissa su quella di Dègel, la mia prima paura è quella di rovinare il rapporto che mi sto costruendo con lui, una ragione più che sufficiente per farmi sentire refrattaria all'idea di mostrare le doti che fino ad oggi ho celato.

“Coraggio, piccola, non ti faremo niente, vogliamo solo cominciare a mettere insieme i pezzi, è l'unico modo per fare fronte comune contro questo nemico!” si aggiunge dolcemente Sisifo, sorridendomi, mentre Dègel, percependo il mio stato, mi posa una mano sulla spalla.

"Sono con te, l'ho detto, no? Non aver paura di mostrare quanto vali!"

Sospiro sonoramente, allontanandomi bruscamente da entrambi, quanto basta per non vedere con nitidezza i loro occhi quando userò il mio potere. Infine, mi concentro sul soffitto, che sembra altissimo, mentre, quasi automaticamente, alzo il pugno destro dal quale scaturiscono cristalli di ghiaccio che, dopo aver roteato più volte in giro per la stanza, si infrangono contro una colonna. Nello stesso momento mormorii di esclamazione sfuggono dalla bocca di tutti i Cavalieri d’Oro, compreso specialmente Dègel che osserva stupito ed esterrefatto, perché lo percepisco, sebbene gli abbia voltato le spalle, prima la versione depotenziata della Polvere di Diamanti, poi la mia figura. Mi sento addosso tutto il peso della rivelazione.

"P-poteri simili... in pochi li possiedono..." avverto il balbettio di Albafica, non molto lontano da me.

“Chi... chi sei tu veramente?” sussurra quasi sibilando Dégel. Prego in tutte le lingue del mondo di non aver rovinato il mio rapporto con lui, nello stesso momento, utilizzo tutte le forze che ho in corpo per parlare in tono limpido e chiaro senza far trasparire la tremarella che mi ha invaso. Raddrizzo la schiena, riuscendo finalmente a voltarmi, una strana luce negli occhi, nei miei, ma anche nei suoi, che mi guardano in modo assai diverso da prima.

Perdonami se te l'ho nascosto fino ad ora, non avrei voluto...

“Io sono Marta, sorella minore e allieva di Camus, Cavaliere d’Oro dell’Acquario del XXI secolo, colui in cui ti rincarnerai nella prossima vita... Dégel! ”

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Capitolo 11
*** Nelle vesti di Maestro ***


CAPITOLO 11

 

NELLE VESTI DI MAESTRO

 

1….2…3… tre minuti passano senza che uno dei Cavalieri faccia anche solo un piccolissimo movimento, quasi come se il mio colpo avesse congelato tutti i presenti. C'è chi ancora guarda per aria, convinto di aver avuto un abbaglio, chi mi fissa esterrefatto, come se fossi un prodigio, chi sgomento, e chi, rispettosamente, guarda di sottecchi Dégel, arguendo il suo destino davanti ad una simile affermazione.

“I-io, invece, sono allieva di Milo, Cavaliere dello Scorpione, e inoltre sono sorella di Aiolia di Leo e Aiolos di Sagitter... po-possiedono il potere dell'aria, come vi ha accennato Regulus...” si presenta Sonia a disagio a sua volta. Probabilmente le è sembrato giusto parlare anche lei per non farmi sentire sola in una situazione simile, non posso che esserle grata. Se non altro, siamo in due a spartirci tutti gli occhi puntati addosso.

"Aspe... gasp, aspettate un attimo, e che cavolo! - riesce infine ad intervenire Cardia, sbracciandosi, correndo nella nostra direzione ma arrestandosi prudentemente a distanza di sicurezza - Q-quindi Marta è DAVVERO sorella di Dégel e, e tu, S-Sonia, ho capito bene?! Milo?! Quello di cui tu parli sempre?!? Sarebbe... la mia reincarnazione?!?" esclama, scioccato.

"Sì, è Milo di Scorpio, il mio maestro e... la persona più importante per me!" risponde incerta Sonia, un poco refrattaria all'idea di svelare quel particolare.

"Milo... il tipo noioso, rompicoglioni, che tu poni ad esempio per ogni cosa?!"

"S-sì..."

"QUELLO è il tuo maestro, che poi sarei io?" chiede ulteriore conferma, sempre più livido. A questo punto anche Sonia si esaspera, cominciando a sbottare.

"Sì, Cardia, sììììì! E, ad onor del vero, conoscendoti meglio, non sei neanche così diverso da lui!"

Seguono attimi di silenzio, poi...

“Io... io... credo che mi verrà un infarto!” si lascia infine andare Cardia, sedendosi platealmente a terra. Lo stupore è sul suo volto; lo stupore misto alla più concreta e tangibile incredulità.

Sia io che Sonia abbassiamo lo sguardo, incapaci di aggiungere altro. Abbiamo ufficialmente distorto il tempo e lo spazio di questa dimensione, devo cercare di non pensare alle possibili conseguenze.

“Da... che epoca avete detto di venire?!” domanda Albafica, sconcertato, guardandoci come se fossimo dei fantasmi.

“Dal XXI secolo, la Guerra Sacra contro Hades posteriore alla vostra è già stata combattuta, ma non chiedeteci i dettagli, vi prego...” risponde quindi Sonia, rimanendo sul vago.

"N-no, certo che no... è... è giusto, solo... così difficile da credere!" prova a tranquillizzarla Albafica, nonostante lui stesso sia sconvolto fin dal profondo.

“Non ci posso credere! Gente che viaggia nel tempo ed è imparentata con alcuni dei nostri successori... non dovrebbe essere nemmeno possibile!” esclama Manigoldo, grattandosi distrattamente la testa, avendo cura di non incrociare il suo sguardo al nostro. Si scambia un'occhiata ambigua con il Cavaliere dei Pesci, il quale, assottigliando le labbra, fa un segno d'assenso. Deve esserci un particolare feeling tra loro.

“Ad ogni modo... - interviene finalmente Dègel, appena ripresosi dal pallore crescente. Nel parlare si avvicina cautamente a noi, protettivo – ora si trovano qui, e c’è un nemico che, per qualche ragione a noi ancora sconosciuta, è avvinto da loro due. E' nostro dovere di Cavaliere proteggerle fintanto che sono qui. Loro non sono altro che vittime innocenti di questo progetto, qualunque esso sia, per cui cerchiamo di vederle con la stessa luce di prima, anche se posso capire che sia difficile” conclude, guardando i compagni ad uno ad uno negli occhi.

"Difficile?! Io direi impossibile!!!" gli fa eco Manigoldo, ancora frastornato.

"Posso capirlo..."

Manigoldo, nel vedere le iridi sfavillanti dell'Acquario, torna serio, sorprendendomi non poco: "Ma... se va bene per te, Dégel... che ne sei pienamente coinvolto, vedrò, con il tempo, di accettarlo pure io, del resto... hai ragione: loro sono innocenti!"

“Non c'è niente da aggiungere, quindi! Ce ne occuperemo noi e non permetteremo a nessuno di fare del male alle nostre nuove amiche, non importa se vengono da un altro mondo, sono comunque loro!!!” afferma Regulus con vivacità, saltellando su di un piede e regalandoci un grande sorriso. Per lui sembra tutto così semplice, lo invidio parecchio!

“Sì... potete contare su di noi, questo è certo, solo... lasciateci un attimo di tempo per digerire questa rivelazione!” gli fa eco Sisifo, ancora scettico. Tuttavia il suo sguardo è infinitamente caldo e gentile, quasi mi tranquillizza. Gli altri annuiscono leggermente, sebbene sui loro volti continui ad essere presente quella smorfia mista tra sgomento e incredulità.

Li guardo uno ad uno con gratitudine, un poco vergognosa. Ad ogni epoca, i Cavalieri d'Oro sono proprio i migliori uomini presenti su questo pianeta (con le dovute eccezioni, certo, ma pazienza), è davvero sorprendente il loro modo di agire in qualsiasi circostanza. Sono davvero contenta di averli conosciuti, sia questi che coloro che appartengono al presente.

“Grazie... davvero!” mormoro, fremendo visibilmente.

Dègel mi mette una mano sulla spalla per rincuorarmi e io gli sorrido di rimando, tuttavia non riesco a non pensare a come si possa sentire in questa circostanza. Ha appena appreso che abbiamo lo stesso potere e che, nella vita futura, sono sua sorella, senza contare le implicazioni che questo fattore comporta per la sua esistenza attuale, eppure mi sorride, con quella solita espressione dolce che mi fa impazzire, che mi fa desiderare di essere sempre al suo fianco. Gli tocco istintivamente la mano, desiderando stabilire un contatto.

“Comunque, per concludere... proteggeremo le ragazzine come prima, però dovremo anche scoprire qualcosa di più sul nemico e, una volta svolto questo compito, attaccarlo senza pietà!” propone Manigoldo, ghignando sinistramente,recuperando due toni nella voce alla sola idea di far baruffa.

“No, Manigoldo, sarebbe un errore... sappiamo ancora troppo poco sul suo conto, quindi non ci resta che aspettare il suo prossimo attacco, o la sua prossima manifestazione. La situazione è molto delicata, Cavalieri, state all'erta!” spiega Sage, serio.

“Uff, dovremo fare da prede e rimanere in attesa, ordunque? Che immane seccatura!” borbotta Cardia, alzando il pugno sinistro con noncuranza, anche lui parzialmente ripresosi alla sola idea di fare a botte. Sono uomini d'azione...

“Purtroppo per te è proprio così Cardia... questo è quanto, Cavalieri d’Oro, dichiaro conclusa questa riunione, prendetevi il tempo che vi occorre per digerire la notizia, come ha detto Sisifo!” ordina Sage, con un gesto imperiale della mano.

Lentamente vedo i guerrieri fare un movimento con la testa in segno di riverenza e uscire dalla porta. Aspetto con pazienza in attesa che tutti, fuorché Dègel e Sonia, se ne vadano. Non so bene come agire, da ora in poi, ma questo senso di attesa mi pesa, non posso permettermi di riposare ulteriormente, devo tornare agli allenamenti per diventare più forte.

“Marta? Andiamo?” mi chiede Dégel, dandomi una leggera pacca per ridestarmi dal torpore.

"Andare... dove?" chiedo di riflesso, incrociando i miei occhi con i suoi.

"Che quesito bislacco... - commenta lui, ridacchiando, mentre il cuore mi si accelera nel petto - Al Tempio dell'Acquario, il luogo che puoi chiamare casa, o rifugio, se preferisci.

Lo guardo sbigottita, mentre Sonia, scrutandomi nel profondo, comincia a capire la reale natura del mio sentimento per lui. Sono infatti arrossita ulteriormente.

“Dègel, io...” inizio, un po’ imbarazzata dalla situazione. Vorrei chiedergli se per lui va bene, se questo non cambia le cose tra noi, nondimeno vorrei sapere come si sente, ora che ha appurato di dover morire, ma le parole mi affogano in gola senza poter venire a galla

“Che succede? Mi devi parlare?” mi domanda ancora lui, accarezzandomi con dolcezza la testa. Sospiro, decidendo di cambiare tempestivamente discorso su un'altra questione che mi preme.

“Tu... puoi farmi da maestro?!”

Sento la mano di Dègel bloccarsi improvvisamente, la sua espressione si tramuta in puro stupore.

“I-io non credo di...” mormora, abbassando lo sguardo e stringendo il pugno.

“So che per te è una seccatura, ma ti prego... ho appreso solo un attacco perché Camus, mio fratello, nonché maestro, non ha avuto il tempo di insegnarmi altro, e poi... vorrei tanto poter saldare le fratture e abbassare la temperatura corporea come sai fare tu!” dico, tutto in un fiato.

"No, non è una scocciatura, se è questo che intendi, solo..."

“Anche io! Anche io voglio essere un’esperta combattente e imparare cose nuove!” esclama Sonia, facendomi eco per la seconda volta, alzando la mano. Mi sento unita a lei più che mai.

Dègel continua a guardare il pavimento, incapace di proferire parola, gli occhi persi in qualche nebbia del passato che non riesco a decifrare. Non vi è che una mattonella nella direzione dei suoi occhi, ma, ne sono sicura, la sua mente è lontana e irraggiungibile.

“Hai paura di non essere all'altezza di quello che è stato Krest per te? – domanda Sage, intervenendo nel discorso – Non dovresti preoccupartene, queste ragazze si fidano di te e tu sei una persona abile e capace. Coraggio, mostra quello che il tuo maestro ti ha insegnato!” lo incoraggia Sage, sorridendogli.

"Pensate che ne possa essere degno?" chiede a sua volta l'antico Acquario, un poco meno rigido nella postura.

"Senza alcun dubbio! E... non era forse il tuo sogno, Dégel, avere degli allievi a cui poter insegnare ciò che l'esperienza plurisecolare di Krest ha trasmesso a te?" domanda ancora Sage, avvicinandosi ulteriormente a noi. Dégel esita ancora un attimo; un attimo solo.

“Io... va bene, se volete continuare gli allenamenti lasciati in sospeso, farò del mio meglio per essere alla vostra altezza, ve lo prometto!” sussurra alla fine Dègel, imbarazzato, regalandoci un timido sorriso.

“Sìììì!!! Grazie, Dègel!!!” urliamo Sonia ed io, saltandogli letteralmente addosso e facendolo cadere a terra tra le nostre risate generali. E' stata una nostra azione genuina quanto imprevista, completamente dettata dal cuore.

Dègel è la precedente vita di mio fratello, da tutti conosciuto come 'l'uomo più intelligente che il Santuario abbia mai ospitato', gentile fin nei più profondi recessi dell'anima e dotato di un sorriso dolce, che ti rassicura come la brezza fresca. Così. Semplicemente. Così diverso in apparenza, ma così intessuto nella tempra di Camus... sarà una faticaccia, già lo so!

 

**********

7 Agosto 1741, pomeriggio.

 

Ricordo nitidamente che gli allenamenti con Camus si facevano sempre alla Spiaggia Segreta ed erano terribilmente faticosi, ma anche bellissimi e interessanti. Ora tutto questo sembra così lontano, ed effettivamente così è, oltre duecentocinquanta anni ne futuro in un'epoca completamente diversa da questa. Tuttavia, nel mio tempo interno, non è passato altro che poco più di un mese, e questo destabilizza ulteriormente le mie percezioni.

Dègel ci accompagna, con passo spedito e leggero, fino all'arena dove le reclute e i Cavalieri si allenano solitamente nel combattimento. I suoi movimenti sono sinuosi e aggraziati come quelli di mio fratello, ma contrariamente a lui, l'andatura è molto più incerta. Indossa la sua bellissima armatura d'oro, ormai mi sono abituata a vedergliela indosso, e questo mi spaventa non poco. Sonia invece, lo percepisco dallo sguardo, fa ancora fatica a vederla su un corpo che non appartiene a Camus, infatti tiene gli occhi bassi, anche se cerca di non darlo a vedere.

Dopo un breve tratto, ci posizioniamo proprio al centro dell'arena, giacché a quest'ora non c’è nessuno nei paraggi, quindi aspettiamo in trepidante attesa che Dègel prenda la parola, perché sembra ancora piuttosto esitante.

“Ho bisogno di sapere... a che punto siete con l’allenamento?” chiede lui ad un certo punto, visibilmente a disagio.

“Di teoria sappiamo tutto! E’ la pratica che ci manca, e anche l’esperienza! - spiega Sonia brevemente - Purtroppo siamo stati attaccati subito, nel nostro tempo, né Camus né Milo hanno avuto il tempo fisico per insegnarci più dello stretto necessario"

“Va bene. Come potere Marta possiede il ghiaccio, e tu, Sonia, l'etere, giusto?” continua Dègel osservandoci con attenzione.

“Sì, ma in realtà Sonia è molto più brava di me e ha anche maggior esperienza, perché è da più tempo che si allena” dico, imbarazzata.

"Marta, non c'era bisogno di... uff, sei sempre la solita, io avrò anche più esperienza, ma tu sei un vero e proprio prodigio!" mi incoraggia, con un sorriso.

"Ma quale prodigio, a malapena conosco un colpo!"

“Quindi, in sostanza tu, Marta, vorresti conoscere più mosse e tu, Sonia, vorresti fare più pratica con le tue, giusto?” domanda ancora Dègel, fermando il dialogo fra noi.

Entrambe annuiamo con forza e vivacità, curiose più che mai di scoprire il suo metodo di allenamento. La cosa più importante di tutte è ripartire con gli allenamenti, ci siamo riposate anche fin troppo dopo la battaglia contro Crono.

“Allora, Marta, ti posso insegnare il ‘Gran Koliso’, poi puoi fare un po’ di allenamento con Sonia e, infine, potete provare a fare un attacco combinato!” ci illustra Dègel, sorridendo appena.

“I-il ‘Gran Koliso’?! Ma è una versione potenziata degli ‘Anelli di Ghiaccio?!” esclamo sorpresa, ripensando agli anelli che Camus lanciava per bloccare i movimenti del nemico.

“Non proprio. Il ‘Koliso’, chiamato anche ‘Anelli di Ghiaccio’ è una tecnica che, tramite il cosmo, blocca i movimenti del nemico attraverso l’aria gelida che assume la forma di un cerchio. Il ‘Gran Koliso’, invece, è più incisivo, poiché adoperato ad una temperatura vicinissima allo Zero Assoluto. E' portatore di una forte pressione che schiaccia il nemico” mi spiega dettagliatamente Dègel.

Io abbasso lo sguardo imbarazzata, ho capito il suo funzionamento, ma non ho mai usato neanche una volta il Koliso, come faccio ad imparare la versione potenziata?!

“I-io non so usare neanche gli ‘Anelli di Ghiaccio’... ho solo visto il loro utilizzo, ma personalmente non li ho mai...” inizio, abbassando lo sguardo.

“Non ti preoccupare, imparerai presto... nello scontro con Sonia!” mi rassicura Dègel, accarezzandomi la testa con delicatezza.

Istintivamente scocco un’occhiata di puro terrore a Sonia, la quale mi sorride come se nulla fosse. Dègel non pretenderà davvero che combatta contro la mia amica?!

“Sì, Marta, facciamolo! Una sorta di scontro è un'ottima idea per provare le nostre abilità!” esclama lei, entusiasta. Le nostre abilità?! Ma se io mi sto allenando da poco più di mese, come diavolo posso combattere con una più esperta di me?! Fisso ancora Dègel nella recondita speranza che si ripigli da questa decisione, tutto inutile, anche Sonia pare concorde. Che diavolo hanno questi due, nella testa?!

“V-va bene, - rispondo rassegnata, non trovando altre soluzioni – allora a te la prima mossa...”

Così dopo che Dègel si allontana da me, vedo Sonia preparare, con grande maestria, un colpo consistente nel creare un vortice d’aria da lanciare contro l’avversario. Rimango meravigliata dalla dinamica dell’attacco e dalle sue movenze: questa è Sonia, l’allieva di Milo che, sotto un’apparente tranquillità, cela una grande forza e un altrettanto grande coraggio. Ricordo ancora il nostro primo incontro, il suo rompere lo scoglio con estrema precisione, riducendolo in pezzi malgrado le sue dimensioni ridotte.

Scrollo la testa, ricordandomi di essere in piena sessione di allenamento, provo quindi a preparare il Koliso, ricordandomi della grazia di mio fratello, il mio esempio da seguire sempre e comunque, ma un pensiero mi passa velocemente per la testa: come posso attaccare una mia amica a cui tengo molto?! E se, non riuscendo a padroneggiare il colpo, la ferissi per sbaglio?! E' vero che lei è più esperta di me, tuttavia...

Con la mente distratta da questo, quasi non mi accorgo di essere colpita in pieno dal devastante colpo della mia amica, se non quando avverto il mio corpo, del tutto fuori controllo, essere sollevato per aria, dopo un lungo volo, mi ritrovo sbattuta sugli spalti. Cavolo! Ora so cosa prova un pesce appena pescato!

“Dioniso, che colpo!!!”

Nello stato dei intontimento in cui mi ritrovo, mi sembra quasi di sentire una voce trillante proveniente da dietro una colonna. Questo particolare timbro mi ricorda Cardia, ma non può essere reale, che ci farebbe qui, non dovrebbe presiedere il suo tempio?!

“Martaaa!!!” mi chiamano Dègel e Sonia, avvicinandosi di corsa a me. E la prima magra figura della giornata l'ho portata a casa, evvai!

Sento le mani di Dègel sollevarmi e mettermi seduta, mentre Sonia mi toglie i detriti dalla testa. Dei, non guardatemi così, con quell'espressione allarmata, mi fate vergognare ancora di più!

“Per Atena, Marta! Va tutto bene?” mi domanda Dègel, con una certa apprensione.

“Uh, sì, sto bene...” mormoro, ancora intontita, cercando comunque di darmi un tono.

“Perdindirindina, Marta! Non eri pronta?! Se lo avessi capito, non ti avrei di certo attaccata!” esclama Sonia, colpevolizzandosi.

Trascorrono momenti di silenzio in cui Dègel mi medica con cura alcuni tagli che ho sulle braccia, ben poca cosa come entità di danno, se non mi sentissi così abbattuta dentro. Ho subito il colpo senza opporre resistenza, come una vera e propria novellina, cosa che effettivamente sono, ma lo smacco è tremendo, al solo pensare che tra me e Sonia c'è più di un anno e mezzo di differenza e che, contro dei nemici, se la caverebbe molto più lei che io, che invece dovrei proteggerla, perché più piccola di me.

“Eppure, Marta... ti ho osservato con attenzione e mi sembravi pronta. C’è qualcosa che ti ha bloccato, vero?” mi chiede ad un certo punto l'Acquario, rompendo il silenzio.

Abbasso lo sguardo, sorridendo tristemente. Ha fatto centro, non mi meraviglia, con quel suo intuito potrebbe carpire tutto e tutti, soprattutto me.

“Sì, è stato il pensiero di Sonia a fermarmi. Non volevo colpire una mia cara amica...”

“Ma... ma, Marta! Non mi devi vedere come tale durante lo scontro, anzi, devi pensare che sia un avversario da battere, solo così puoi far scaturire il tuo reale potenziale!” mi consiglia Sonia, alzandosi a sua volta.

"Non credo di esserci portata, e poi con Camus..." lascio volutamente la frase in sospeso.

"Già... non ha avuto il tempo di farvi combattere tra voi, per questo non sei abituata"

Continuo a guardare il terreno, incapace di proferir parola. Ha centrato il problema: la poca esperienza, ma... mi chiedo se, anche in possesso di quella, riuscirei comunque ad avventarmi su una figura amica con tutto il mio potenziale.

“Sai, anche io ho avuto il tuo stesso problema. – interviene allora Dègel con un sorriso triste dipinto in volto – In passato mi è già capitato di dover affrontare una persona a cui tenevo tantissimo, malgrado i miei sforzi di mantenere il sangue freddo, tipico dei Cavalieri che governano i ghiacci, non ci riuscivo... è sempre così quando le persone a me care sono coinvolte, proprio è più forte di me!”

Osservo attentamente i suoi occhi velati da un misto di malinconia e consapevolezza. Senza sapere concretamente perché, ho capito perfettamente a cosa si stia riferendo.

 

Già, è proprio vero, mio caro Dégel, tu non sei in grado... proprio come accadrà in quel lontano giorno dove sarai tradito dal tuo amico più caro e, per salvarlo contro il dio che non perdona, darai tutto te stesso per proteggere il pianeta, lui, il tuo sogno. Hai vissuto di speranze, mio piccolo fiocco di neve, quelle stesse speranze che ci hanno unito e disunito in vita e che, quello stesso giorno non più tanto lontano, ci riporteranno a toccarci di nuovo, un'ultima volta...

 

“Coraggio, Marta, non abbatterti, vuoi riprovare ad usare il Koliso?” mi chiede Dègel, facendomi riscuotere dall'ennesima ipnosi che mi aveva investito. Scrollo con forza la testa, rialzandomi in piedi. Chi era a parlare, dentro la mia testa, chi...? Ero forse io? Ho partorito io un simile pensiero?

“Uhm, s-sì!” affermo, ancora intontita e confusa. Malgrado il mio tono incerto, i miei occhi devono aver assunto un'aria determinata, motivo per cui sia Dégel che Sonia annuiscono a loro volta, ravvivati.

“Allora tieniti pronta, Marta, stavolta voglio una valida contro-reazione!” mi avverte quest'ultima, sorridendo furba, allontanandosi e iniziando a preparare il colpo.

Piego leggermente le ginocchia, accentuando tutti i miei sensi: sì, stavolta non mi troverai impreparata, sarà pronta a riceverti con tutte le premure!

Aspetto quindi il momento giusto, cioè il secondo prima che Sonia lanci il suo attacco, quel momento in cui le difese sono sguarnite e lo vedo distintamente... ecco, adesso!!!

Fratellino... prendo esempio da te, dalla tua eleganza e forza!

“Koliso!” esclamo, alzando immediatamente il dito indice dal quale parte l’aria congelante sotto forma di un piccolo raggio che, appena colpisce Sonia, si tramuta in anelli di ghiaccio che si espandono, bloccando di fatto i suoi movimenti. L'aria che aveva preso a vorticare intorno a lei, smette di soffiare.

“Bravissima, Marta! Hai visto che ce l’hai fatta?!” si congratula Dègel, facendomi l’occhiolino. Sorrido contenta, tentando di nascondere le mie guance completamente rosse, istintivamente ondeggio appena, felice di averlo reso fiero.

“Vedi? Sei un prodigio! Non mi potevo aspettare altro dalla sorella di Camus, che è riuscita a padroneggiare la Diamond Dust già pochi giorni dopo essere arrivata al Santuario!” mi sorride con calore lei, genuinamente felice.

Sarebbe bello se fosse stato veramente così, la verità è che, per utilizzare quella tecnica, Camus si è quasi dovuto far ammazzare... un nodo mi si stringe in gola al solo pensiero.

Dègel si avvicina a lei e, con un rapido movimento, la libera con una facilità estrema. Forse prima di provare con il potenziamento, dovrei migliorare sulla capacità di blocco...

“Ora cosa facciamo, Maestro? Prima parlavi di un attacco combinato...” continua Sonia, allegra.

“N-no, non... non chiamarmi così, per favore! E' un appellativo che non si confa al mio essere” afferma Dègel, imbarazzato.

Nei suoi occhi vedo passare un'ombra scura. Eppure lo hai sempre voluto Dègel, perché rifiutarlo proprio ora? Ne dei più che degno!

“Va bene, Dègel, scusa” pigola Sonia, dispiaciuta. E' del tutto calata nella parte dell'allieva, forse, la sola idea, la aiuta ad andare avanti, a distrarsi dal pensiero che Milo è da qualche parte in questa dimensione, però lontano.

Sussulto a quest'ultimo pensiero, soffermandoci. Già, ormai sono passati giorni e non ho avuto più notizie di mio fratello, non sono più riuscita a raggiungerlo nei sogni, ma la vera domanda è: perché loro non sono ancora qui? Noi ci stiamo riprendendo, piano piano, certamente anche loro, che ci potrebbero raggiungere grazie alla velocità della luce, ma non lo fanno, perché?

“Comunque potrei teorizzarvi l’idea che mi era venuta in mente per combinare i vostri poteri, poi potrete allenarvi un po’ singolarmente!” propone Dègel, guardandoci, riportandomi alla realtà.

Annuisco con forza, prima di porre a mia volta quesito che mi ronza in testa.

“Il mio potere del ghiaccio e quello dell’aria di Sonia, si possono combinare con facilità insieme?”

“Sì, Marta, la Polvere di Diamanti si può unire molto facilmente con i vortici d’aria che riesce a generare Sonia, infatti la ‘Diamond Dust’ è aria congelante a bassissima temperatura!” spiega Dègel, sorridendo appena.

“Quindi Sonia ed io...?!”

“Grandioso! Quando iniziamo?” esclama invece la mia amica, nuovamente entusiasta. Sprizza energia da tutti i pori... WOW!

“In teoria uno scontro tra Cavalieri è uno contro uno, ma voi siete ancora piccole e inesperte, inoltre vi può servire se venite attaccate da più nemici! – dice Dègel con una punta di affetto nella voce. Ridacchio tra me e me, rendendomi conto, ancora una volta, che il vederci così 'piccole', proprio di tutti i Cavalieri, è proprio 'distorsione professionale', se così si può dire – In ogni caso, ora si è fatto tardi per sperimentare questo attacco combinato, avremo tempo per dedicarci una lezione intera, per il momento è meglio se vi alleniate per conto vostro, potenziando le tecniche che avete già appreso!” conclude poi, indicandoci con la punta dell’indice dove andare: io a destra, Sonia a sinistra.

Mi dirigo quindi verso gli spalti, vicino ad una colonna, la zona che mi ha mostrato Dègel. Il Koliso è di facile attuazione, dopo averne utilizzati un po', mi sento abbastanza carica per provare la nuova tecnica, così faccio.

Ho solo un pensiero per la testa: imparare il ‘Gran Koliso’ per diventare più forte. Mi guardo frettolosamente intorno in cerca di un obiettivo da abbattere, lo trovo in una roccia di grandi dimensioni. Comincio quindi a sparare 'anelli di ghiaccio' a destra e a manca, senza esiti positivi che non siano quelli di un modestissimo Koliso di media potenza.

Dannazione! Cosa è che diceva Dègel?! Ghiaccio e pressione, pressione e ghiaccio, ma se non lancio altro che deboli anelli, come posso proteggere le persone a cui tengo? O curarle se stanno male?

Chiudo gli occhi per concentrarmi meglio, ricercando nella mia mente quello che non potrò mai dimenticare. Nello stesso momento il mio respiro si fa più profondo, come se dormissi, e il cuore accelera il suo moto. Camus... Camus, ricordo ancora il suo sacrifico per me nel tentativo di difendermi, rimembro distintamente le mie emozioni, il trauma, il senso di colpa, tutto quel sangue che gli insozzava il torace e colava sula sabbia sottostante tramite rigagnoli purpurei; il terrore di perderlo, perché l'emorragia non si arrestava, poi la corsa disperata in ospedale...

Avevo promesso... gli ho promesso che sarei diventata più forte per proteggerlo e per prendermi cura di lui, e, insieme a lui, a tutte le persone a me care. Voglio infondere tutta me stessa negli attacchi, solo così posso combattere per ciò in cui credo. Io... assolutamente devo apprendere questa nuova tecnica!!!

In meno di un nanosecondo riapro di scatto gli occhi e faccio uscire dal mio indice destro l’aria congelante sotto forma di anelli di ghiaccio che circondano istantaneamente la roccia. E' questione di un istante, prima che tutti i frammenti vengano sparpagliati al suolo a seguito dell'immane pressione che li ha avvolti.

“Dègel!!!” lo chiamo, voltandomi verso di lui per sorridergli radiosa, tuttavia la sua espressione ambigua mi blocca immediatamente.

Arrossisco vistosamente, riuscendo a riconoscere ALTRO dietro quello sguardo trasognato rivolto verso la mia figura. Camus sorride molto raramente, ma quando lo fa è dolce e rassicurante al tempo stesso; Milo al contrario sorride sempre, è irriverente e semplice, il classico compagnone di bevute che non ti tradirà mai; ma il sorriso di Dégel... non assomiglia a nessuno dei due archetipi che ho in mente, a nessuno... è dolce e malinconico al tempo stesso, come la profumata primavera che si esaurisce nella bollente estate, come un piccolo fiocco di neve che si dilegua nell'immenso bianco ovattato dell'ambiente circostante.

Bramo quello sguardo su di me, ma, allo stesso tempo mi confonde e destabilizza di più, facendomi perdere totalmente la concentrazione. Quasi inciampo a terra nel nulla.

“Dègel!!!” grido, non sopportando più quel suo sguardo su di me, quel suo sorriso così perfetto e quelle labbra che, a fatica, mi trattengo ogni giorno da baciare. Tremo. Tremo vistosamente, sentendomi indifesa davanti a quel cenno teoricamente naturale, come se fossi nuda davanti a lui.

Dopo la mia esclamazione, Dègel si scuote di soprassalto. E, come un dormiente che prende coscienza una volta aperti gli occhi, così fa l'Acquario, rendendosi conto, forse, di aver osato troppo con quello sguardo così prolungato e... languido.

“Io... mi dispiace! Non so cosa mi sia preso, davvero!” sussurra, abbassando ancora di più il capo e stringendo le mani a pugno.

...Cade dunque il silenzio, come in una notte senza luna e priva di luci. Ho come la sensazione che gli allenamenti, per oggi, almeno per me, termineranno qui. Sono troppo deconcentrata per proseguire!

 

*********

 

7 Agosto 1741, sera.

 

Scendo velocemente dalla rupe su cui ero seduta ad ammirare il tramonto, il primo che riesco a godere da sola, come facevo un tempo. Solo io e i miei pensieri.

Non riesco a togliermi dalla testa lui e il suo comportamento... Dègel è sempre stato gentile e disponibile con me, ma oggi i suoi sguardi sembrano celare qualcosa in più del semplice affetto, qualcosa di irreprimibile... o forse sono io che mi sto illudendo, magari è solo la mia mente bacata che si immagina ciò. Sospiro, posandomi una mano sul cuore mentre continuo a camminare: quali sono i miei sentimenti, invece? Perché questa sensazione di soffocamento? Mi sento divampare, ricordandomi di come, per un solo istante, avessi bramato follemente le labbra di Dègel e... il suo corpo. Trasalisco a quell'ultimo pensiero, accelerando la mia andatura.

Entro nell'undicesima casa con tutte le intenzioni di andare subito a dormire senza nemmeno cenare, meno sto con Dègel e più riesco a chiarirmi con me stessa, tuttavia un rumore forte, come di qualcuno che sbatte contro qualcosa, mi fa cambiare rotta verso la cucina.

Apro leggermente la porta della suddetta, tanto quanto basta per vedere la figura di Dègel. E' appoggiato con la fronte sullo scaffale dei piatti, gli occhi sono socchiusi, l'espressione contrita. Ingoio a vuoto, avvertendo di nuovo la stessa sensazione di prima. Questo continuo bisogno di toccarlo... no, mi devo dare una calmata!

“Cosa diavolo ho combinato?! Non devo forse... proteggerla, fintanto che è qui? !Invece sono riuscita solo a terrorizzarla con il mio... con i miei modi, accidenti, non è da me una tale manifestazione!" esclama lui, fremendo visibilmente. Dall'angolazione in cui mi trovo riesco solo a guardare parte del suo volto, ma posso giurare di vedere la sua guancia destra di un colorito più rosso del solito.

Faccio per entrare con l’intento di dire qualcosa, qualunque cosa, pur di farlo sentire meglio, ma un'altra voce, proveniente dalla seconda entrata, blocca il mio proposito.

“Dai un altro colpo del genere allo scaffale e domani dovrai spiegare a Marta, non solo il tuo comportamento, ma anche il bernoccolo che, magicamente, apparirà sulla tua fronte!"”

Mi sporgo ancora di più dalla fessura, stando ben attenta a non farmi scoprire. Ho riconosciuto la voce, dannazione, cosa fa qui?!

“Cosa vuoi, Cardia?” chiede subito Dègel, mettendosi immediatamente sulla difensiva, come se fosse stato colto in un momento di subitanea debolezza.

“Solo parlare, rilassati!” risponde l’altro, schietto, il suo volto è stranamente serio... troppo serio!

“Cosa stai cianc...?” inizia Dègel, ma Cardia lo interrompe bruscamente con gesto della mano.

“Pensi non me ne sia accorto?! Dei sorrisetti ebeti che hai quando i tuoi occhi si incrociano con quelli di Marta, intendo!”

Silenzio assoluto, rotto solo dai battiti come impazziti del mio cuore che però posso avvertire solo io. mi tengo una mano sulla bocca nella paura di essere tradita dal mio respiro, che va veloce, sin troppo.

“Cardia, come... un momento! Tu stavi spiando i miei allenamenti con le fanciulle?!” esclama ad un tratto Dègel, capendo al volo. Vedo la rabbia montare in lui, secca, quasi spietata, come di bestia ferita che deve difendersi, particolarità che, per la prima volta, si rispecchia perfettamente in Camus.

“I-io... sono andato a trovare Albafica e... Oooooh, al diavolo! E se anche fosse?!” enfatizza Cardia di rimando, colto in fallo e... arrossendo, possibile?

“Cardia, come hai potuto... era una faccenda privata tra noi!” continua Dègel, sibilando sinistramente.

"Mi hanno affidato Sonia, ricordi?! Volevo sapere dove fosse andata e, soprattutto con chi, sveglia!"

"Lo hai fatto per Sonia? Io non credo proprio, Cardia, no, lo hai fatto per..."

“Non tentare di sviare il discorso su di me, tu, fai sempre così quando si parla dei tuoi sentimenti! - lo ferma immediatamente lo Scorpione, prima di proseguire - Allora, voglio sapere perché non mi hai detto che ti sei innamorato di Marta!” esclama ancora completamente rosso in viso, le mani chiuse a pugno e una vistosa tremarella, esattamente come la mia ora.

Per pochi attimi Dègel abbassa lo sguardo, incerto, sembra sul punto di svelare qualcosa, ma subito dopo cambia espressione, rialzando il capo più determinato che mai.

“Questo è un colpo basso, Cardia! Sai benissimo che sono innamorato di un'altra persona!”

Stilettata in pieno cuore. Precisa. Tremenda. Senza possibilità di difesa. Per degli interminabili secondi la mia vista si offusca, come pioggia che picchietta sul vetro. Mi sento come se fossi stata colpita da una sberla troppo grande e troppo potente per riuscire a riprendermi in fretta, e il nemico è davanti a me, pronto a colpire di nuovo.

Ma... aspetta, non lo sapevo forse già?! L'ho visto nei miei sogni, del resto, quella ragazza così fortunata non può essere altri che...

“Ah, certo! Seraphina, giusto? La tua amica d'infanzia con cui sei andato in cerca di Krest, il tuo maestro!” ribatte lo Scorpione, sbuffando.

"Madamigella Seraphina... Cardia!"

"Perché, le dai ancora del Voi e i titoli onorifici dopo tutto questo tempo?!"

"Lei è... di un altro grado... rispetto a me!" tenta di spiegare, imbarazzato.

"Per me sei nescio e nient'altro, ma lei è DECISAMENTE più sveglia e intraprendente di te, volerà di fiore in fiore e tanti saluti alle pippe mentali, quelle sono un tuo campo!"

Dègel non dice niente, ma dalla sua mano stretta a pugno, capisco che si sta controllando per non colpire Cardia in pieno volto. Che sia il particolare tono denigratorio con il quale si è rivolto parlando di lei, di loro, oppure il fatto di essere all'angolo, a farlo tremare così, io non lo posso di certo sapere. Non sono nemmeno completamente in me al momento!

"Lei... può fare quello che vuole, noi non possiamo stare insieme, lo sappiamo bene entrambi e lo abbiamo accettato. Io sono un Cavaliere di Atena, non posso darle quello che vorrebbe, non posso... amarla... come meriterebbe!"

"E a te questo va bene?!"

"..."

"Dal tuo silenzio suppongo di no e allora perché sei ancora qui a torturarti sui tuoi sentimenti, se ne sei così certo?! Perché tu ti stai chiedendo come sia possibile provare lo stesso sentimento per Marta, dico male?!"

"N-no, Marta è..." tenta, ma si inceppa, non sapendo bene come definirmi. Il mio cuore perde un battito, probabilmente anche il suo.

“Allora è esattamente come dico io!!! - salta su Cardia, quasi ringhiando, imporporando ulteriormente - Senti, amico, ti do un consiglio... Se ti fai venire di simili dubbi lasciala perdere questa tua amica e qualcos'altro! Da quanto è che non la vedi? Due anni? Tre? Sarò malfidato io, ma non credo a queste cose a distanza, io ho bisogno della concretezza. Non è un caso che, infatti, da quando è sopraggiunta Marta tu abbia preso a gironzolarle intorno, attratto da lei, che di certo è molto più tangibile di quell'altra!” continua lo Scorpione, del tutto indifferente rispetto a quello che si sta muovendo dentro l'animo del compagno d’armi.

"Sei un... vigliacco, Cardia, a colpirmi proprio su questo punto, proprio tu, che conosci la situazione! I nostri doveri ci tengono lontani, lo sai bene, lei è-è... i-io sono..."

"Sì, sì, non cominciare ad agitarti che mi vai in iperventilazione! Lei è principessa del suo regno e tu Cavaliere di Atena, lo ripeti una volta sì e l'altra pure e lo hai ribadito fino a dieci secondi fa! Entrambi consapevolmente avete avuto la grandiosa idea di mettere i vostri doveri in cima, e così morirete infelici entrambi! Bravi!" continua imperterrito lo Scorpione, del tutto indifferente a ciò che si muove dentro Dègel, sempre più in difficoltà e livido di rabbia.

"Non osare parlare così di lei, Cardia... sei mio amico, ma alcune cose non puoi permetterti di dirle neanche tu!" il suo solo tono mette i brividi, così snaturato come appare.

"Se ti importa così tanto di lei come dici... dimostralo! Vai a prenderla e dichiarale il tuo amore ancora una volta, il resto è fuffa! - sibila a sua volta Cardia, guardandolo torvo, prima di continuare - Oppure preferisci Marta? E... oh, hai cambiato ancora una volta espressione, allora preferisci veramente lei?! Ammet..."

“Allora vogliamo parlare di te, Cardia? Di quello che provi TU per Marta?! Per quale recondita cagione ti spasima così tanto sapere se il mio interesse per lei sia amoroso?!?” esplode alla fine Dègel, innervosito, oltremisura, gettando la situazione di nuovo a suo favore.

Vedo le guance di Cardia diventare di un rosso vivo, più intenso di prima, come se avesse corso a perdifiato per chilometri e chilometri.

“Cheeee?! Sei fuori strada!!! E' mia amica, voglio solo sapere se ha speranze con te! Anche perché... - si ferma un attimo, abbassando lo sguardo e serrando la mascella - Sembra piuttosto interessata a te!” mormora a bassissima voce.

“Ah, ma non mi dire, artropode! Ti conosco fin troppo bene, Cardia, e ti posso assicurare che non ti sei mai comportato così con una ragazza! I casi sono due: o ti infiamma dal punto di vista competitivo, oppure qui, quello che si è preso una sbandata bella e buona tra noi due, sei solo tu!” afferma Dègel, incrociando le braccia al petto. Duro. Severo. Inflessibile. Ancora una volta... come mio fratello.

“Ehmbé? Mi sta simpatica...”

Dègel inarca un sopracciglio, perentorio.

“Uuuuuu e va bene! Il mio cuore batte all'impazzata quando sono con lei, la mia temperatura corporea aumenta quasi come se stessi usando il Katakaio, ma questo non vuol dire ASSOLUTAMENTE che sono innamorato!!!” esclama Cardia, incrociando a sua volta le braccia al petto e alzando la testa con fare indifferente, ma le sue gote rosse tradiscono i suoi stessi sentimenti.

Dègel sbuffa sonoramente, voltandosi poi dall'altro lato: "Non ha senso trattare di un simile argomento, se l'interlocutore non è onesto con sé stesso!" sancisce, in un tono che non ammette repliche. Probabilmente considera finito il colloquio, ma la speranza è vana.

“Chi è che non sarebbe onesto con sé stesso?! Ehi, dove vai, fermo qui!" schiamazza Cardia, afferrando l'amico per il polso sinistro.

“NOLI ME TANGERE!” ribatte Dègel, sfuggendo alla sua morsa, quasi spingendolo via.

"Ora parli pure il burgundo, per non rispondere alla mia domanda?!?"

A questo punto Dègel lo fissa negli occhi, regalandogli un'occhiata gelida, che mai avevo scorto in lui. Rabbrividisco persino io.

“Ascoltami bene, perché lo dirò una volta sola: io AMO Seraphina, e non mi interessa se tu lo consideri platonico, non mi importa se ci reputi due idioti, abbiamo scelto consapevolmente di perseguire i nostri doveri, malgrado il nostro sentimento! - esclama, iracondo, facendo ammutolire per un attimo la parlantina dello Scorpione - Marta, che pure è entrata nel mio cuore come la brezza leggera a primavera, è come una sorella per me, anzi... E' mia sorella, considerando quello che sarà il futuro, ed io le voglio nient'altro che un bene dell'anima!” una strana luce balugina nei suoi occhi.

Cardia rimane ancora per pochi attimi a fissare il pavimento, i suoi occhi azzurri emanano ventagli di tristezza inframezzati alla rabbia. Poi.. esplode a sua volta.

“Sei soltanto un gran coglione, Dègel!!!” gli grida contro, lapidario.

Il Cavaliere dell’Acquario gli rivolge una sguardo sorpreso, fa per aprir bocca, ma Cardia non lo sta più ascoltando poiché gli ha voltato le spalle e si appresta a venire verso la mia direzione.

Sussulto tra me e me, appena ripigliatami dal torpore che mi aveva avvolto in seguito alla dichiarazione di Dégel. Fortunatamente ho il tempo di nascondermi nella penombra del corridoio, vicino alle scale che portano in camera mia, non vista.

SBAM

Rumore netto della porta che viene sbattuta molto poco gentilmente da Cardia. Le pareti tutte intorno vibrano in seguito a quell'urto.

“Sei proprio un imbecille, Dègel! Non sai la fortuna che hai avuto: quella di amare e di essere ricambiato!” dice tra sé e sé Cardia, correndo rumorosamente via dall'undicesima casa.

 

E lasciando me con un profondo malessere a dilaniarmi l'anima...  

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Capitolo 12
*** Quello che il passato dice di noi ***


CAPITOLO 12

 

QUELLO CHE IL PASSATO DICE DI NOI

 

Sento qualcosa di tiepido e rassicurante invadermi le membra stanche e logore. E' così strano... prima il caldo soffocante, poi il dolce gelo che tutto abbraccia con il suo manto bianco, ora questo... Apro lentamente gli occhi, sorridendo leggermente nel distinguere la figura del ragazzo accanto a me. Mi sta tenendo la mano destra con una dolcezza assai apprensiva. Quel suo volto niveo, la sua espressione... sembra stare abbastanza bene anche se, come al solito, anche questa notte è stata dura per lui. Sono consapevole dello sforzo che compie ogni volta per svegliarsi ed essere ancora sé stesso, lo fiacca fin nello spirito. Ma sei qui, Camus... mi sei così caro!

Nobile Seraphina! - mi chiama, sollevato, dopo essersi accorto del mio risveglio. la sua stretta sulla mia mano aumenta di intensità, e i suoi occhi brillano di una nuova speranza - Per fortuna state bene ora, non... non ero sicuro che funzionasse e... mi avete terrorizzato con il vostro malessere!"

Mi alzo lentamente a sedere, accorgendomi di stare molto meglio del solito. Mi guardo allibita le mani, tastandomi poi la fronte fresca. Più nessun malessere, neanche il più piccolo. Non ho tosse, non fatico più a respirare, il mio corpo non è più logorato né vessato dalla malattia che lentamente mi sta portando alla morte. Come...?

Un atroce dubbio invade la mia mente.

Camus! Cosa hai fatto?!” esclamo, preoccupata, spalancando le iridi.

Il giovane uomo esita qualche attimo prima di rispondere. Lo vedo abbassare lo sguardo quasi spaurito, come se non sapesse la strada giusta da intraprendere. la giornata di ieri... è stata meravigliosa, non credo di essere mai stata così felice in vita mia, c'eravamo solo noi due; noi due e il respiro degli alberi, la pioggia... era una sorta di regalo di addio, questo avevo percepito, ma oggi mi sveglio e sono nel pieno delle forze, come non succedeva da mesi. Non c'è che un'unica spiegazione.

Io... non vi lascerò morire, Madamigella Seraphina! Non permetterò che quello che mi avete raccontato possa accadere!” ammette infatti lui, fremendo visibilmente.

Ed io non posso permettere che tu cambi i fatti futuri! Ne va anche della tua vita, Camus, lo capisci? SOPRATTUTTO della tua vita!” ribatto, testarda.

Siamo nel 1741 ora, nessuno ha ancora deciso alcunché, quindi noi, in quanto essere umani dotati di libero arbitrio, possiamo scegliere!” afferma Camus, risoluto. I suoi occhi brillano di una strana luce; una luce che non ho mai visto in Dègel. Lo fisso quasi spaventata, non capendo pienamente l'entità di quello che ho davanti e che, con ogni probabilità, si cova dentro il futuro Acquario.

Sospiro impercettibilmente, prendendogli delicatamente le mani tra le mie. E' così difficile parlare con lui, è molto più irraggiungibile di Dégel, come un animaletto ferito, non dovrei meravigliarmi visto quello che ha dovuto passare...

Quello che dici è vero, ma difetta di un particolare: voi non dovreste essere qui e non dovreste essere in grado di interagire con questo tempo. Tu... hai usato il tuo cosmo per farmi stare meglio, vero? Sei gentile, proprio come Dègel, infatti sono sicura che anche lui, se sapesse della mia situazione, farebbe di tutto per salvarmi... ma non ne è consapevole e continuerà ad ignorarlo fino a quando non arriverà QUEL giorno... Camus, anche tu, lasciami andare... permetti al destino di compiersi...”

Camus abbassa lo sguardo, incapace di proferire anche solo una sillaba in seguito alle mie parole, tuttavia capisco dalla sua espressione che non è intenzionato a desistere dai suoi propositi.

Sei un uomo molto intelligente e sicuramente capisci quello che voglio dire: non impuntarti più su questo, lascia che le cose vadano come devono andare e vivi anche per me, puoi farlo?” insisto, ferma nei miei propositi, posandogli due dita sotto il mento e voltandolo gentilmente nella mia direzione.

Oh, Camus... ieri abbiamo avuto finalmente il coraggio di toccarci, non più solo sfiorarci, come successo per troppo tempo in vita. La mia pelle rabbrividisce al solo pensiero della tue mani su di me, del tuo farmi appoggiare sulla tua spalla, mentre mi stringevi a te e mi baciavi teneramente la fronte, come a volermi proteggere da tutto e tutti, persino dalla malattia, che è dentro di me, mentre le mie dita, prima con riluttanza, poi con sempre maggior forza, quasi ingordigia, avevano trovato finalmente il coraggio di scendere sul tuo addome, tracciandone con delicatezza le dolci colline, i solchi, gli avvallamenti per poi addormentarci l'uno tra le braccia dell'altro. La morbidezza della tua pelle, il tuo respiro un poco accelerato, i tuoi meravigliosi occhi che mi guardavano con tenerezza, sebbene fossi tanto, troppo, stanco... se solo ci penso mi sento permeare da un calore invincibile e sovrumano. E' stato tutto meravigliosamente intenso, come la brevissima primavera, proprio per questo non si ripeterà più. E' stato il nostro ennesimo addio...

V-voi come diavolo fate ad essere così tranquilla con quello che avete visto del vostro futuro?! Come fate ad... arrendervi, semplicemente?! Non ci pensate a D-Dègel, o alle altre persone a cui tenete?! No, io non riesco a fare come voi, una soluzione ci deve essere e io la troverò, a qualunque prezzo!” ribatte lui, deciso.

No, Camus, non c’è, questo non è volersi arrendere ma prendere atto che un intervento simile risulterebbe fatale! Perché tu sai che, se Dègel ed io sopravvivessimo, la tua stessa esistenza verrà cancellata dall'intero corso temporale!” esclamo ancora, seria. Mi sto cominciando ad irritare, cosa alquanto rara per me, ma mi sembra di avere a che fare con un ostacolo troppo arduo e troppo difficile da attraversare. Lui non si vuole arrendere, non è nella sua natura farlo, ma rischia la vita, ed io non posso accettarlo. Non posso accettare... di perderlo un'altra volta!

Attimi di silenzio, solo le ventate alla finestra si odono in questa situazione quasi irreale. Per un unico istante, vivo nella speranza di averlo convinto.

Quello che dite... è solo una delle ipotesi possibili. Io ho la speranza che si possa creare un cosiddetto 'futuro alternativo', inoltre...” mormora Camus, sempre con quella strana luce negli occhi. Purtroppo non ce la faccio più a tacere...

NON ESISTE UN FUTURO ALTERNATIVO IN QUESTA DIMENSIONE, LO VUOI CAPIRE?!? - urlo, disperata, le lacrime e il peso delle parole taciute che si fanno sempre più strada in me, non posso continuare così, mi mancano le forze... decido di giocare l'ultima carta - E poi, non mi hai forse detto che hai una sorellina più piccola alla quale tieni tantissimo?! Pensa almeno a lei, te ne prego...” concludo, con la voce mozzata. Camus tace, sbalordito e un po' preoccupato dal tono che ho usato. Non era mia intenzione essere così rude, e non è assolutamente nella mia natura, ma sono così disperata... conoscere i fatti futuri ed essere impotente è semplicemente devastante!

Lei... lei sta bene ora, sapete, è con... no, non ha importanza, ma è felice, questo conta. Ho potuto percepire le sue emozioni, qualche giorno fa, si sta rimettendo, anche se le ferite le fanno ancora male. Meglio quindi per lei mantenere le distanze da me, dalla mia presenza. Non voglio più... rischiare di perderla, non voglio più che stia male per colpa mia!” riprende tristemente Camus, stringendo con forza la coperta del letto. Decido di continuare su questo discorso, consapevole dei forti sentimenti emotivi che lo stanno attanagliando in questo momento. Sua sorella... forse è l'unica cosa che può farlo desistere dai suoi folli progetti, unico baluardo, unico sentimento in grado di soppiantare quello provato per me e che si è risvegliato con la sua venuta qui. Non deve! Non posso permettere che sacrifichi la sua sorellina per me... devo fermarlo!

Quello che dici non ha senso, Camus! Può anche darsi che lei si trovi in mille pericoli ANCHE in seguito alla tua presenza, ma è comunque tua sorella! Sicuramente farebbe di tutto per stare al tuo fianco e inoltre sentirà certamente la tua mancanza! Io so... come ci si sente!" lo rimprovero, cercando di soppesare bene le parole.

Avete pienamente ragione, Madamigella, anche a me... anche a me manca da morire, da togliermi il fiato, però... Però anche voi avete bisogno di me, non vi lascerò affrontare da sola questo terribile momento! Ieri siete stata molto male, ma il mio intervento è riuscito a migliorare tempestivamente le vostre condizioni. Se io rimanessi qui, forse... ne gioverebbe pure la vostra salute precaria!” biascica ancora Camus, in un singulto, soverchiato da emozioni che non può più controllare. Gli sorrido grata, mentre alcune lacrime capricciose si fanno strada sul mio volto. So a cosa ho rinunciato, so per quale ragione combatto, affogare oggi per risplendere un domani, non ho altra scelta che questo, ma... è così doloroso!

Camus, io... ringrazio gli dei nivei per avermi dato l'occasione di poterti incontrare ancora una volta, prima di morire, grazie per la bellissima giornata di ieri, e... sono felice, voglio che tu lo sappia! Il destino ha voluto così, ma non mi arrenderò davanti a tutto questo. Io... sono impossibilitata a muovermi in questo momento presente, ma ti prometto che... che sarò al tuo fianco, SEMPRE!” mormoro, con la voce rotta dal pianto, posando la mia fronte con la sua, in un gesto che lo meraviglia e lo sconvolge al tempo stesso. Sono consapevole che non può comprendere pienamente questo mio messaggio, non ancora, anche se probabilmente ci sta arrivando per via induttiva ed è vicino al risolvimento, ma davvero avevo bisogno di dirglielo con tutto il cuore. La strada che ho scelto di intraprendere nella possibilità di arrivare a QUEL mondo in cui tutti sorridiamo, è irta di difficoltà, ma la proseguirò con tutte forze in mio possesso.

Avverto le braccia di Camus cingermi le spalle con foga, in un gesto che racchiude un desiderio ricolmo e inespresso, il mio volto si posa automaticamente contro la sua spalla, mentre le mie iridi sembrano quasi abbracciare il cielo. E' calda e accogliente la sua stretta, proprio come quella di Dègel. Tutto ciò che vorrei è qui, sono spaventata, ma ho più di una ragione per non arrendermi.

Io non posso fare niente, avete scelto di lottare da sola ed io non posso raggiungervi là dove volete andare. Ho una paura folle adesso; paura di perdervi di nuovo, come è già successo... - mi sussurra dolcemente Camus, in tono tremante, poco prima di prendere un respiro profondo e continuare, stringendomi con ancora più forza a sé - I-io, ieri, desidero lo sappiate, mi sentivo protetto e al sicuro al vostro fianco, persino durante le vertigini del sonno, attorniate dagli incubi... eravate lì, vicino a me, mi accarezzavate l'addome e i fianchi, cingendomi la vita, come a non volermi lasciare andare, mentre mi sussurravate parole di conforto all'orecchio e le vostre dita tracciavano il mio profilo. E poi... poi ancora I vostri baci, che scacciavano le tenebre dentro di me. Non... non mi sono mai sentito così, bramerei e bramerei ancora il vostro tocco sulla mia pelle, riuscite a farmi sentire vivo persino in mezzo alla sofferenza più atroce. Ho bisogno di voi, ho sempre avuto bisogno di voi, perché..."

Ingoia a vuoto nel tentativo di sbloccare il magone crescente. Anche lui in vistosa difficoltà con le parole. Capisco quello che vorrebbe dirmi, lo percepisco dai suoi occhi languidi, eppure esita. Come esito anche io. Mi asciugo velocemente le lacrime, devo smettere di piangere, non voglio più farmi vedere così, e non lo vorrebbe neanche Dègel, il piccolo fiocco di neve che ha reso la mia vita degna di essere vissuta. Sospiro, prendendogli il volto tra le mani e avvicinando il mio al suo. Avverto il suo corpo palpitare.

"Non occorre dirlo, Camus... l'ho capito, ho capito il tuo messaggio e... anche per me è così. Ti ho... sempre amato, e continuerò a farlo fino alla fine del tempo!" affermo, guardandolo un'ultima volta negli occhi, prima di azzerare la distanza tra me e lui. Dischiudo le labbra e lui fa altrettanto, permettendo alla mia lingua di partire all'esplorazione della sua bocca. Il ritmo lo do io, ma lui lo segue pedissequamente, traendomi ancora più contro di sé, la mano destra che si stringe tra i miei capelli, la sinistra che mi accarezza ritmicamente la schiena. Mi rendo conto appena di avere solo una sottilissima camicia da notte a dividere le sue dita dalla mia pelle, questo mi rende ancora più frenetica. Fremo vistosamente, mentre cedo al desiderio. Con la mano tremante, gli scopro lentamente la schiena, tracciando con decisione la sua colonna vertebrale fino alle scapole, lì mi viene da stringergli la pelle, desiderando ardentemente continuare, andare oltre, ancora... Basterebbe sfilargli la maglietta che tiene indosso, adagiarlo su questo letto e bandire nuovamente la ragione, i doveri, ma qualcosa mi blocca di nuovo: la consapevolezza che il suo fisico, vessato dalle ferite e dalla spossatezza, non possa reggere un ulteriore, simile, pressione. Mi stacco a malincuore da lui, domandomi, come è successo ieri, sebbene lui desidererebbe proseguire. Sono ancora trafelata, respiro a scatti, mentre una famigliare sensazione di bagnato mi scivola tra le gambe, ma... Ho fatto bene! Lo guardo intensamente, sì, ho fatto bene a reprimere il grande balzo, perché Camus sembra davvero stremato, respira più irregolarmente di me, le guance arrossate e... sudate.

"Perdonatemi, I-io..." sussurra, rauco. Diniego con la testa, cercando di sorridergli.

Ti passo una mano tra i capelli per rassicurarti, ti sollevo i ciuffi sulla fronte, prima di soffiarti delicatamente sopra. Nello Sciamanesimo è un augurio di lunga vita. Sei così fragile... eppure proprio adesso sfavilli come non mai, covando dentro di te l'ideale di proteggere tutte le persone a te care. Le tue labbra fremono, alla ricerca delle parole perdute, mentre, del tutto stremato, ti accasci al mio fianco, serrando dolorosamente gli occhi nel tentare di trattenere gli spasmi incontrollabili del tuo torace. Percepisco che ti senti in colpa per non riuscire ad essere 'forte', come un tempo, qualunque sforzo al di là della tua portata ti fiacca irrimediabilmente. Vorresti chiedermi scusa, vedo le tue intenzioni passare nelle tue iridi, ora di nuovo aperte, prima che sulle tua labbra, ma io, posando i due indici sulla tua bocca, nego con la testa un'altra volta. Non occorrono più parole. Poso così la mia fronte contro la tua, adagiandomi al tuo fianco e accarezzandoti la guance così tiepide e delicate, sorridendo malinconicamente, mentre le lacrime permeano le mie palpebre. Cerchi di sorridermi ancora una volta, stremato, ringraziandomi tacitamente per non avercela con te per questa tua debolezza. Non posso avercela con te in alcun modo, amore mio, ma con l'essere che ti fa stare così male. Infine chiudi gli occhi cedendo alla stanchezza, il tuo respiro non tarda a farsi più profondo, vittima di una spossatezza colossale: hai usato quasi tutte le tue forze per prenderti cura di me, lo so, sei sempre il solito!

"Non ti lascerò mai più da solo, Camus... te lo prometto!" ti sussurro all'orecchio, mentre, con la mano destra, scostandoti ancora di più la maglietta per scoprirti interamente il ventre, disegno un percorso immaginario sulla tua pelle morbida come piume di cigno. Tu ti rannicchi istintivamente contro di me, mostrandomi letteralmente la pancia come in un tacito desiderio di coccole e rassicurazioni. Ti sorrido sempre più intenerita, continuando a farti percepire la mia presenza tramite il tocco. Mi acquieto a mia volta socchiudendo, e poi chiudendo, le palpebre, stanca. Mi accorgo appena di star cadendo a mia volta in un sonno sempre più profondo, la mia mano è ancora sotto la tua maglietta, il mio palmo posto sopra il tuo diaframma, mi fa percepire il tuo respiro sempre più ritmato. Sorrido, mentre vengo cullata fino alle nebbie dell'incoscienza.

 

*********

“Marta, destati! Cosa ti sta succedendo?! EHI!”

Sento la voce di Dègel, solitamente gentile, farsi sempre più preoccupata, nello stesso momento qualcosa si strofina delicatamente sulla mia guancia, come alla ricerca di una reazione che non si manifesta.

Mi muovo leggermente, accorgendomi di essere sollevata da due forti braccia che mi sorreggono da dietro la schiena.

Apro a fatica gli occhi, non riconoscendo subito la figura che mi sta abbracciando, ancora del tutto presa dal sogno dove non ero io. E' come se fossi sconnessa dal mio cervello, ma fortunatamente la coscienza è piuttosto veloce a tornare a galla.

“Per fortuna sembri stare meglio, che sollievo! Producevi mormorii sconnessi e verseggiavi, mi hai fatto angustiare! esclama una voce dall'accento francese che riconosco come Dégel. Sobbalzo, quasi cozzando la mia fronte contro la sua.

Senza aver razionalizzato completamente la faccenda, scatto immediatamente in piedi in direzione della finestra, il volto sudato e accaldato come non mai. Quasi ci sbatto dentro, mentre, con gesto piuttosto imbranato. la spalanco. Aria, aria, aria! Ho bisogno di respirare, accidenti!

"M-Marta, stai...?"

“STO BENONE, UNA FAVOLA! Non c’è bisogno che ti preoccupi per me!” strepito, non guardandolo negli occhi. Sì, una favola, mi ripeto mentalmente, mi sono solo sognata di... di... mio fratello... oddio, non riesco neanche a pensarlo! C'è qualcosa che non va in me, qualcosa enormemente sbagliato!

“Va bene... solo... cerca di non sforzarti troppo per oggi, hai avuto la febbre alta stanotte. Perdonami se ti ho disturbata, torno alle mie faccende” mormora, sinceramente preoccupato, alzandosi e dirigendosi verso la porta.

 

Avevo... avevo la febbre alta allo stesso modo in cui l'aveva Seraphina nel mio sogno?! Come... come è possibile?!

 

Mi mordo il labbro, sentendomi in colpa per il trattamento che gli ho riservato quando si era solo preoccupato per me. Sì, è vero, lui e Seraphina si amano, e Camus, essendo a sua volta reincarnazione di Dégel, non può che amarla a sua volta, m-ma io cosa ci incastro in questo circolo? Perché ho provato le stesse sensazioni della giovane figlia del Governatore di Bluegrad, ormai è lampante che siamo collegate in qualche modo, ma... esattamente come è possibile, questo?!

La testa mi sibila sinistramente, ricordandomi di non essere ancora pronta ad arguire la realtà e portandomi così a chiudere la questione nell'immediato.

“Aspettaaaa!!!” gli urlo improvvisamente per bloccarlo, correndogli appresso e abbracciandolo istintivamente da dietro. Seraphina... me... Camus... Dégel... non ha importanza tutto questo ora, non voglio fare gli stessi errori fatti in passato, non voglio perdere la mia nuova occasione di passare del tempo con l'antico Acquario. Stavolta non seguirò i doveri, ma le mie emozioni!

Dègel, ancora girato di spalle, quasi si sbilancia e rischia di cadere, fortunatamente è lesto ad appoggiarsi al muro davanti a lui. La mia stretta aumenta d'intensità. Mi avrà presa per pazza, poco ma sicuro, e non può ricambiare il sentimento, questo l'ho capito. A me basta camminare al suo fianco, non chiedo altro.

“M-Marta, cosa?” mi chiede, stranito dal mio comportamento.

“Mi dispiace... non volevo trattarti così, è che ero tremendamente sconvolta dal sogno!” dico, dispiaciuta, chiudendo gli occhi e tremando un poco.

Dègel, mi fa cenno di permettergli di voltarsi verso di me, dopo averlo fatto, mi tiene contro il suo petto, un lieve sorriso a permeagli il viso delicato. Sembra a suo agio in queste effusioni, malgrado il dialogo avuto ieri con Cardia. Non riesco a non pensare che lui sia comunque, in qualche modo, interessato a me, checché si rifiuti di ammetterlo. Mi crogiolo in questa pallida speranza.

“Non è successo nulla, davvero! Devi aver fatto un terribile incubo per esserti così agitata!” mi rassicura, accarezzandomi i capelli con dolcezza.

Così cullata tra le sue braccia, non ribatto niente, ripensando invece al sogno, più probabilmente un'altra visione, stavolta nei panni di Seraphina. Tralasciando questo particolare, assolutamente non trascurabile, ma che se mi ci lambicco, mi fa impazzire, c'è un'altra cosa, nel loro dialogo, che mi ha fatto preoccupare enormemente: Camus ha detto di sapere che mi trovo in un luogo sicuro, come può esserne certo?! Mi ha forse... vista... in un sogno?! No, non può essere! Io posso vedere i suoi ricordi, a volte, perché gli ho donato il mio sangue; questo potere unico è possibile tra due semidei notevolmente affiatati tra loro, tuttavia richiede particolari requisiti che Camus non dovrebbe possedere, a meno che... NO, TUTTO MA NON QUELLO!

“Marta, ti sento profondamente scossa, vuoi parlare?” mi domanda ad un certo punto Dègel, scostandomi una ciocca di capelli dalla fronte e interrompendo così il mio ragionamento.

“Del sogno? No, scusa... non me la sento proprio!” farfuglio, abbassando lo sguardo e arrossendo.

La visione è stata abbastanza... particolareggiata... non credo riuscirò più a vedere Camus sotto la stessa luce, da ora in poi, senza contare che non posso certo riferirla a lui, che dovrei dire? Cose tipo: 'ehi, Deg, ma lo sai che la tua reincarnazione ci sta dando dentro con la persona che ami, in barba alle tue pippe sulla fedeltà?!'

Sospiro, augurandomi di scacciare il prima possibile quelle immagini dalla mia testa. Certo che quella Seraphina non se ne fa proprio di problemi, eh, qui c' è Degel che si strugge per lei e quella... Mi censuro, cercando di seppellire l'ondata di biasimo che ho appena provato. Tuttavia sorrido anche tra me e me: la luce che emanava mio fratello era sfavillante, non credo di averlo mai visto così, e mi fa tanta tenerezza, insieme al senso di protezione.

Fratellino... sembravi così felice, anche se stremato. Ora capisco perché non sei ancora giunto qui, sei... innamorato, ed io... io... se questa è la tua decisione, non posso far altro che assecondarla!

“Allora, puoi parlarmi di te? O anche d-di Camus, è così che si chiama la mia prossima vita, giusto? Ovviamente nei limiti di quello che mi è dato conoscere!” riprova lui poco dopo, curioso.

“E’ davvero una lunga storia...” sussurro, interdetta, un poco rattristata al pensiero che rischio di non vedere più mio fratello. Voglio che lui sia felice, eppure... mi manca da impazzire, non sono in vena di chiacchiere, al momento.

Ma è destino, si vede, che Dègel riesca a raggiungermi con naturalezza dovunque io mi nasconda, perché infatti mi solleva delicatamente il viso per scrutarmi a fondo con quei due meravigliosi occhi che si ritrova, trasmettendomi così una naturale sensazione di benessere.

“Beh, sono un lettore accanito, più il libro è lungo più mi incuriosisce, vale anche per le storie personali!” ribatte lui, sorridendomi genuinamente per poi sedersi sul bordo letto e farmi spazio.

Ancora lievemente a disagio, ma con umore migliore, compio il suo stesso gesto, poi prendo un profondo respiro e mi appresto ad iniziare il racconto.

Così gli parlo di come Michela, Francesca ed io siamo venute a contatto con il mondo del Cavalieri; del nostro incontro con Sonia, allieva di Milo dello Scorpione; dei nostri allenamenti con Camus; della battaglia contro Crono... In verità ometto un sacco di particolari, in primo luogo di essere una semidea, in secundis del sacrificio di mio fratello per salvarmi dal nemico, persino nel parlare di lui esito, non sapendo ben identificare il limite del conoscibile.

“Quindi le ferite impresse sul tuo corpo sono state causate da... CRONO?!?” mi chiede Dègel, improvvisamente apprensivo.

Annuisco in segno di assenso, prima di avvertire un brivido solcarmi la schiena. Di nuovo il mio cervello ripensa alla visione che ho avuto su Camus e Seraphina, mentre una vocina si fa sempre più strada nella mia testa, diventando consapevolezza: io non dovrei essere qui, costituisco un abominio contro la natura medesima, il mio posto dovrebbe essere sotto qualche metro di terra, perché so, in fondo so, di averla persa questa vita, eppure sono qui, respiro...

“Marta, che succede? Stai tremando... - mi domanda ancora Dègel, notando i miei occhi lucidi e movimenti involontari del mio petto - Perdonami, non è stata una buona idea rinvangare quella battaglia, quando sei giunta qui avevi ferite terribili, e ora capisco perché..."

"N-no, non è per quello che sto così, è per... per quello che temo abbia fatto mio fratello per salvarmi..."

"Tuo fratello?"

“I-io credo che Camus abbia fatto qualcosa per salvarmi dopo la battaglia contro Crono, altrimenti non sarei qui, viva! Ho paura, Dègel, paura per lui, per quello che può aver fatto, e per le ripercussioni che certamente subirà. - quasi boccheggio, il cerchio alla testa si fa più forte - I-io forse non dovrei essere qui... lui, non lo so con sicurezza, ma qualcosa deve aver fatto, qualcosa di brutto, altrimenti sarei morta... anzi, sono sicuramente morta. Ho percepito distintamente il mio cuore smettere di battere, s-sono sicura di aver smesso di respirare, e... e poi il b-buio...” balbetto, coprendomi gli occhi con le mani. E' da quando mi sono svegliata accanto a mio fratello, preda di una sofferenza tangibile, che ho questo sospetto, è da quando ho riaperto gli occhi che ho avvertito il sangue riprendere a defluire, il respiro tornare a riempirmi i polmoni. E' stato davvero terribile... non... non...

Ancora una volta sento due braccia forti cingermi le spalle in una stretta aperta e sincera. Questo, da solo, è in grado di riportarmi alla realtà, il malessere che mi aveva pervaso, si dilegua come era venuto, tutto grazie al calore che percepisco provenire da lui. Sa davvero come raggiungermi sempre e comunque, quasi fosse... la mia metà!

“Non pensarlo neanche per scherzo, Marta, che non dovresti essere qui! La vita è meravigliosa e a te è stata data la possibilità di viverla di nuovo, non può essere peccato questo! Camus, lui, deve averti molto a cuore, è normale che abbia rischiato il tutto e per tutto per salvarti. Sei parte della sua anima e lo sarai sempre, non dimenticarlo mai!” mi dice con voce dolce e rassicurante.

"Sono... parte della sua anima?" chiedo conferma, gli occhi lucidi.

"Sempre, malgrado la distanza e il tempo, non può cambiare, questo! Coraggio!"

Sorrido lievemente, chiedendomi come faccia sempre Dègel, con semplici parole, a riuscire a tranquillizzarmi e a farmi sentire meglio. E' davvero un uomo eccezionale, meriterebbe di vivere in eterno. Sono parte dell'anima di mio fratello, ha detto, lo sono, è vero, questo mi riscalda il cuore; e lui fa parte della mia, questo non potrà togliermelo nessuno!

“Lui... come è?” riprende poco dopo Dègel, rompendo il silenzio. Mi stacco un poco da lui per guardarlo negli occhi caldi e avvolgenti. Mi fa davvero bene parlare con lui.

“Beh, è molto diverso da te, su questo non ci piove. Cioè, di aspetto siete praticamente identici, a parte il colore e la lunghezza dei capelli, tanto che potreste sembrare quasi fratelli gemelli, ma il suo carattere si differenzia notevolmente dal tuo” spiego, ripensando ai due diversi temperamenti.

“In che cosa si discosta così' tanto da me?” continua a domandarmi, sempre più curioso.

“Lui tende a nascondere di più le sue emozioni, agli altri appare freddo e scostante, quasi superbo. E' davvero difficile capire cosa gli frulli per la testa, a volte, perché tende a non parlare mai dei suoi problemi. In verità, se lo si conosce bene, si capisce che cela un grande cuore. La sua sensibilità è talmente elevata da rassomigliare ad uno sparuto fiocco di neve, e tu sai quanto è fragile la neve, se presa singolarmente. Penso che sia per questo che tende a celarsi al mondo. Io... gli voglio un bene dell'anima, è la persona più importante della mia vita!”

Sbatto tre volte le palpebre, ripensando a quell'ultima frase. E' vero, non lo conosco che da poco più di un mese, eppure mi è entrato dentro con naturalezza e spontaneità, come acqua che scorre. Davvero mi sento legata a lui come a nessun altro, è un sentimento traboccante, che faccio fatica a catalogare nel giusto modo. So solo che è immenso il bene che gli voglio, e che farei di tutto per lui. Non avrei mai pensato di provare un sentimento così... oltre... un po' ne sono spaventata.

“Un fiocco di neve... quanto è bella questa metafora, Marta! - commenta Dègel, sorridendo, mentre gli occhi, lo vedo, si inumidiscono per un solo istante – Tuttavia non sembra così diverso da me, mi riconosco molto in questa descrizione! Vorrei tanto conoscerlo, sembra una personalità interessante!”

Annuisco in maniera non molto convinta, sono sicura che c’è una differenza abissale tra i due Acquari, ma non riesco a capire quale sia in questo momento.

“Marta, mi hai detto che tuo fratello è anche il tuo maestro, quindi ti ha insegnato a combattere. Io non credo di essere alla sua altezza, ma se vuoi imparare qualcosa non hai che da chiedere!” afferma Dègel, lievemente imbarazzato. Probabilmente desidera essere degno ai miei occhi, ma gli sfugge che lo è ampiamente già, sotto ogni punto di vista!

“Mi piacerebbe aiutare gli altri quanto stanno male, per esempio quando hanno la febbre o un osso rotto. Per farlo devo, però, migliorare la mia padronanza del ghiaccio!” asserisco, decisa, stringendo la mano a pugno. Guardo fuori dalla finestra, è già mattino, meglio non perdere ulteriore tempo e buttarci sugli allenamenti. Devo diventare più forte!

“Ti capisco perfettamente, e ciò mi dimostra, una volta in più, la tua sensibilità, Marta! - si alza in piedi anche Dégel, intuendo i miei pensieri - Dovresti quindi imparare ad usare il ‘Gran Koliso’, perché io mi baso su quello per saldare le fratture. Ricordati: servono temperatura e pressione giustamente dosate per essere d'aiuto senza mettere in pericolo la vita che vogliamo salvare. Il ghiaccio, purtroppo, se non correttamente controllato, è tremendo, perché può arrivare a fermare gli atomi e... oltre..."

Abbasso lo sguardo, leggermente demotivata. Di esercitare il controllo e il distacco me lo diceva pure Camus per i medesimi motivi, ma non è per niente facile, nella pratica. Io immetto tutta me stessa nei colpi, tutta la mia anima, i miei ideali, i sentimenti... e forse, questo, per loro, è uno sbaglio che un Cavaliere dei Ghiacci non dovrebbe fare!

Sento la mano di Dègel scompigliarmi dolcemente i capelli, torno così ad arrossire a quella nuova manifestazione di affetto.

“Tu ce la farai, ne sono sicuro! Sei sorella di un Cavaliere d'Oro, nonché... un prodigio!” mi rincuora, sorridermi con dolcezza.

"Ancora questa storia del prodigio?! Sonia esagera, non..."

"No, Sonia è esperta e lo ha capito. Hai una dote naturale, Marta, per le tecniche che convergono sul ghiaccio, in breve tempo tu vedi una tecnica e riesci a farla tua, sei davvero... un portento, credimi!"

 

**********

8 Agosto 1741, sera.

 

“Gran... Koliso!” esclamo con una punta di rabbia nella voce. Ho come obiettivo un'altra roccia proprio di fronte a me, tuttavia non sembra scalfita dal patetico anello di ghiaccio che ha prodotto il mio dito. Sembra che la pressione non la senta neanche, forse nemmeno c'è.

Mi siedo sconsolata per terra, guardando la mia amica Sonia che sta producendo un forte vortice d’aria dall'altra parte dell’arena. Dègel osserva i suoi allenamenti con aria soddisfatta e le braccia conserte, ormai totalmente a suo agio nel suo ruolo di maestro.

“Uff, beata lei che riesce a controllare il suo potere con così tanta maestria. Io invece, o rendo il mio colpo troppo potente o, al contrario, troppo debole!” sbuffo, giocherellando con un sassolino per smaltire la rabbia per non riuscire a dosare il gelo. Ora mi sto allenando con una roccia inanimata, ma cosa potrebbe succedere se, per esempio, Michela o Francesca avessero un osso rotto ed io non riuscissi a controllare il potere?! Rabbrividisco alla sola idea.

Tamburello le dita al suolo, sempre più frustrata. Sia Sonia che Dègel hanno piena fiducia nelle mie capacità, vorrei che me ne cedessero un po', perché io non lo riesco a trovare tutto questo entusiasmo. Mi chiamano 'prodigio', io sono scettica a riguardo. Mio fratello lo è, non di certo io... Cercando di reprimere di nuovo la sensazione di mancanza che provo nel pensare a lui, mi alzo in piedi di scatto, del tutto intenzionata a non arrendermi.

“Ooooohh!!! Al diavolo! Ci voglio riprovare!” sbotto, accorgendomi di aver appena detto un’espressione tipicamente cardiana, o meglio, di Cardia Magno. Ridacchio divertita, pensando che 'chi va con lo zoppo impara a zoppicare', prima di prepararmi per un nuovo assalto.

Fisso con sguardo truce la roccia di fronte a me, cercando di scacciare i futili pensieri, poi mi concentro e sparo, letteralmente, il colpo che frantuma in mille pezzi l’obiettivo appena lo raggiunge.

“Santi numi! Ho usato troppo potere!” impreco, facendo un salto indietro.

Solo ora capisco appieno quello che Camus mi ha sempre detto, nonché le parole medesime di Dègel. Per un Cavaliere delle energie fredde è indispensabile mantenere l’autocontrollo in modo da soppesare il proprio potere. E ci credo! l'aria congelante è una tecnica terribile, se chi la padroneggia prova sentimenti forti, rischia di perdere il controllo e far del male anche alle persone care che gli stanno intorno.

Sarò mai in grado di padroneggiare un potere così tremendo?

“Pssss... ehi!”

Un mormorio dietro ad una colonna mi fa attirare l’attenzione, portandomi a raddrizzare la schiena.

Avvicinandomi cautamente verso la fonte sonora, scorgo una figura sin troppo familiare, coperta da una sorta di mantello con il cappuccio, neanche facesse parte degli 007.

“Cardia... che fai qui?” gli chiedo, ridacchiando divertita nello scorgerlo.

“Sssshh! Non ridere, matta! Dègel ha un udito sin troppo fine...” mi rimprovera lui, agitando la braccia. e guardando terrorizzato in direzione del Cavaliere dell'Acquario, il quale però sembra del tutto preso dalla spiegazione che sta dando a Sonia a proposito del potere dell'aere.

“Non hai di meglio da fare che vedere i miei allenamenti?” gli domando, sempre più divertita dal suo modo di fare. Vederlo è come prendere una boccata d'aria dopo essere stati tanto sott'acqua, non avrei mai immaginato di legarmi così a qualcuno in un così breve lasso di tempo.

“Mi piace... guardarti” sussurra lui, mentre le sue guance diventano rosse e gli indici picchiettano uno contro l'altro, ritmicamente.

Abbasso lo sguardo, imbarazzata, ricordandomi della sera precedente. Sono legata a lui, ma non in quel particolare senso. Non vorrei dargli false speranze con i miei modi di fare, eppure non mi va neanche di chiudere così i nostri rapporti. Decido di cambiare argomento.

"Pensavo... che dopo aver appurato che fossi la sorella della reincarnazione di Dégel, tu mi potessi vedere sotto tutt'altra luce..." gli confido, un poco imbarazzata. Lui produce un verso strano, come di pernacchia, prima di sollevare un sopracciglio.

"Pensi che sia un problema per me?"

"B-beh, non sono cose che capitano tutti i giorni..."

"Uhmpf, in tutta franchezza, sin dal primo giorno ho notato una certa somiglianza con Dègel, ricordi? Poi... beh, non sei sua sorella diretta, ma è come se lo fossi e... suppongo che il tipo problematico, tuo fratello, sia piuttosto simile a lui!"

"Tipo problematico?" ripeto, sbigottita.

"Massì, nel sonno parli spesso di lui, ti deve far tribolare un casino, oltre ad essere senza speranza!" continua, come se niente fosse.

"Oh..." riesco solo a mormorare, sentendomi sfasata dall'intuito del mio amico, anche se ci dovrei essere abituata. Non dico altro, ma è di nuovo Cardia a prendere parola con una certa urgenza.

“Ehi, non è posto adatto questo, per parlare! - mi dice, rompendo il silenzio e dandomi una gomitata ben poco gentile tra le costole – Volevo portarti in un altro posto...”

“Cardia, ti ringrazio per l'offerta, ma mi sto allenando, devo diventare assolutamente più forte!” esclamo, un poco contrariata.

“Eddai, cosa ti costa?! Non ci metteremo molto, dai, dai!” continua imperterrito lui, ostinato come al solito.

"Ma Dègel..."

"Quello, quando spiega, perde il controllo del tempo e tira fino a notte, vedrai che facciamo in tempo ad andare e tornare!" mi rassicura, sporgendosi un po' e indicandomelo. Effettivamente è tutto intento a discorrere con una meravigliata Sonia che pende dalle sue labbra, non sembra accorgersi di nient'altro.

"Poveraccia... lo starà ascoltando per pietà..."

"Non mi sembra, Cardia, anzi, è più che interessata!" ribatto, un poco infastidita.

"Ad ogni modo, vieni?" mi chiede ancora, come se niente fosse. Si è proprio fissato, eh...

“Cardia... uff, allora va bene!” sospiro alla fine, non riuscendo a dirgli di no quando mi fissa con quell'espressione da cucciolo bisognoso di attenzioni.

“GRANDE!!!” prorompe lui, saltandomi letteralmente addosso, portarmi dietro la colonna e abbracciarmi; peccato solo che il movimento sia stato talmente repentino da non permettermi di riparare la mia faccia dallo scontro a tu per tu con la sua armatura dorata.

“Ahia!” dico solo, massaggiandomi il naso e la fronte.

“Merda! – esclama lui, accorgendosi di avermi fatto male - Aha, scusa, ero talmente felice della tua risposta che ho agito senza pensarci”

“Non ti preoccupare, non è niente di grave!” lo rassicuro, sorridendo e abbassando il braccio in modo da scoprire il volto.

“Ahahahaha!!! Sembri un pagliaccio con il naso e la fronte di quel colore rosso” ridacchia, ancora più divertito.

Arrossisco mio malgrado, guardando istintivamente dietro alle mie spalle per vedere se Dègel e Sonia si sono accorti del baccano creato da Cardia. Niente da fare, l'antico Acquario è proprio in un altro mondo quando spiega, la sua passione si percepisce fin da qua.

“Allora? Andiamo?” mi domanda lo Scorpione, afferrandomi la mano destra.

Al mio cenno di assenso mi ritrovo, praticamente, trascinata da lui che si è messo a correre. Non è la velocità della luce, no, ma comunque stiamo procedendo assai repentinamente, quasi non riesco a distinguere l’ambiente circostante.

“Occhio ai rami!” mi avverte Cardia nel vento.

Non ho il tempo di ribattere nulla che, per evitare uno dei suddetti, sono costretta ad abbassare la testa.

Mi guardo confusa intorno, distinguendo solo uno sfondo verde e il rumore di passi in corsa che schiacciano le foglie. Molto probabilmente siamo nel bosco vicino al Santuario, quello in cui abbiamo recuperato Sonia; quello stesso bosco in cui Francesca e Michela hanno scoperto il loro potere, o forse dovrei dire 'scopriranno', trattandosi di un avvenimento futuro. Mi stupisce il fatto di non stancarmi minimamente, nonostante le ferite, ma forse il cosmo di Cardia, brillante d'oro, mi protegge, per questo che, al momento, non so nemmeno cosa sia la stanchezza.

Nel giro di pochi minuti gli alberi e i cespugli lasciano il posto al cielo che si sta cominciando a far rosato: dovremo essere vicini al tramonto, che sia proprio questo ciò che mi vuole far vedere?

“Dobbiamo sbrigarci! Stavolta il sole non me la farà sotto gli occhi!” mi incita Cardia, confermando così la mia teoria, poi, con un rapido movimento, mi prende in braccio senza nemmeno avvisare. Mi ritrovo così sbilanciata, sono costretta a reggermi a lui, al suo collo e a socchiudere gli occhi.

Nel giro di un secondo o poco meno, mi sento finalmente posare per terra con delicatezza.

Mi affaccio istintivamente alla sporgenza a pochi metri da me e quello che vedo mi fa spalancare la bocca per lo stupore.

Cardia mi ha portato su una altura da dove si vede il blu sgargiante dell’Egeo in violenta antitesi con il cielo che va tingendosi di rosso. Una piacevole brezza giocherella con i miei capelli, rendendo tutto ancora più magico e unico. Non so bene dove mi trovi, né quanto ci siamo distanziati dal Tempio, ma è come se non mi importasse.

Sono semplicemente meravigliose le diverse tonalità che assume il mare a seconda della profondità, il bosco sotto di noi, colpito dai raggi perpendicoli del sole, ha preso a colorarsi di bagliori di un dorato scarlatto; come se non bastasse, i cirrostrati, ormai arancioni per effetto del tramonto, creano un'atmosfera da sogno.

Sono... totalmente senza parole!

“Ho notato che ti piacciono i paesaggi naturali, quindi ho pensato di portarti qui” mi spiega Cardia avvicinandosi a me per contemplare lo spettacolo davanti ai nostri occhi.

“E’... è bellissimo, non vedevo un tramonto così magnifico da un sacco di tempo, i cirrostrati sono proprio al posto giusto!” riesco solo a biascicare, quasi commossa. Per tutta risposta Cardia ridacchia, producendo un sonoro sbuffo.

“Certo che anche tu parli in maniera strana come quella piaga di Dègel, eh! - commenta, prima di avvicinarsi ulteriormente e indicarmi il sole che tocca l'orizzonte del mare - Ero sicuro che avresti apprezzato, ho aspettato proprio che si palesassero le condizioni propizie!”

Rimango incantata ad osservare piano piano la stella del Sistema Solare manguire sul mare, colorando il cielo di riflessi gialli, arancioni e rossi. Continuo a fissarlo mentre scende sempre di più... ormai è quasi scomparso, quindi significa che sta per arrivare quel preciso fenomeno, è solo questione di attimi.

“Ah! Ah! Dalla tua espressione deduco che ti pia...”

Cardia non ha però il tempo di finire la frase che subito gli salto addosso, contenta come non mai e desiderosa di vedere con lui quello che succederà da qui a poco.

“Grazie! Grazie, Car! Ora però guarda, guarda che bello...” continuo a ripetere frenetica, stritolandolo in un poderoso abbraccio.

Cardia arrossisce ulteriormente, facendo a gara con il rossore del cielo sull'orizzonte, tuttavia docilmente segue le mie indicazioni e dirige i suoi occhi nella mia stessa direzione. Ed eccolo lì, il quasi leggendario fenomeno del raggio verde. Non dura che pochi istanti, ma è ben nitido verso l'orizzonte e risplende dei colori dello smeraldo.

“I-incredibile, quello è il famoso raggio verde che si può vedere sul mare al tramonto?!” esclama, meravigliato, colpito da quello strano fenomeno. Annuisco senza proferire parola, gli occhi ancora avvolti dalla luce rossa del tramonto che mi porta, per l'ennesima volta, lontano da qui. Così concentrata sull'orizzonte, quasi non mi accorgo che Cardia mi ha stretto la mano con forza.

"Sei straordinaria... volevo io farti vedere una cosa meravigliosa, ma tu mi hai mostrato il leggendario raggio verde..."

“C-Cardia...?” mi risveglio dal torpore, rendendomi conto di essere vicina al volto del mio amico, troppo vicina...

“Sai, non so cosa mi succede, e non sono bravo con le parole, eppure ti posso dire che mi sento... frenetico... quando sono con te. Perché succede questo?!" si chiede, un poco rattristato. Io mi blocco seduta stante, ingoiando a vuoto, nell'avvertire la sua mano premere sulla mia schiena. Rabbrividisco. Non c'è che il peplo a dividere me da lui, questo mi fa sentire inaspettatamente fragile.

"Ehm, C-Cardia?"

"Perché?! perché la tua sola figura è capace di eccitarmi come se fossi un vero e proprio nemico da abbattere? Perché?! Che razza di poteri hai... Marta?" dice, traendomi ancora di più a sé. Io istintivamente mi puntello con le braccia, non so so neanche io perché, non ho occasione di capirlo, né il tempo per comprendere.

La temperatura infatti cala bruscamente di parecchie decine di gradi, tanto da farmi tremare violentemente, malgrado il mio potere si basi proprio sul gelo. Immediatamente sia Cardia che io ci allontaniamo bruscamente l'un l'altro. Toccando di riflesso il suolo con la mano, avverto nitidamente della brina sul terreno, di certo non un fenomeno normale in questo periodo dell'anno!

Lo sguardo terrorizzato di Cardia è una risposta più che sufficiente...

Lentamente mi volto verso la direzione da cui siamo venuti, scorgendo la figura di un indignato Dègel fissarlo con intensità crescente. Rabbrividisco ulteriormente, ma non più per il freddo, bensì per la sua espressione così truce. Non l'ho mai visto così, fa davvero paura! Accanto a lui c'è una più che sorpresa Sonia che guarda a sua volta Cardia, come si fissa un malintenzionato. Che abbiano udito le ultime parole dello Scorpione, per questo sono così protettivi?!

“Ma guarda chi si vede, il ghiacc...”

“Non sono in vena di scherzi, Cardia!!! Cosa stavi facendo a Marta?! Ti... ti sembra il caso di... di toccarla in quella maniera?!” esclama Dègel ad altissima voce, tanto che un gruppo di rondini montane vola via tra acuti garriti.

"Dimmi... - si rivolge a me, una strana scintilla negli occhi - Ti ho spaventata con i miei modi?"

Ingoio a vuoto, sempre più terrorizzata da quello che sta succedendo: "N-no, sono più... più scombussolata adesso che..." ma non riesco a finire la frase.

“Vedi? La fanciulla non è rimasta traumatizzata dai miei modi, non so cosa tu abbia visto, ma vatti a fare un bagno fresco, non si sa mai che smetti di dire cazzate!" ribatte Cardia, stizzito.

“Lei si stava allenando all'arena e tu hai pensato bene di distoglierla dai suoi obiettivi per... per condurla qui e approfittare della sua ingenuità?! Sei un villano, Cardia!” persevera Dègel, sempre più furibondo.

Davvero, ma che cavolo ha visto?! Oppure sono io a non aver compreso correttamente la gestualità dello Scorpione? Sono sempre più confusa.

A questo punto, anche Cardia sembra esplodere davanti all'ultima illazione dell'amico, si imporpora, e la luce nei suoi occhi muta ancora una volta, in una molto più furente: "Pensi che io possa essere così bieco con lei?! Ho difficoltà a controllarmi, è vero, ma non le farei MAI del male! -strepita, fuori di sé - Era triste, è da un po' di giorni che è molto triste, probabilmente sente la mancanza di suo fratello, volevo semplicemente farle vedere una cosa bella, che sapevo le sarebbe piaciuta, nella speranza di scorgere sulle sue guance un autentico sorriso, non di quelli di circostanza che si sforza di regalare a tutti!" palesa le sue reali intenzioni, con enfasi.

Lo fisso incredula, lo stesso fa Sonia, ma per me è diverso: davvero Cardia è riuscito a capire tutto questo dal mio sguardo? Per questo, prima, si è riferito a mio fratello? Per questo mi ha portato qui?! Oh, Cardia... non lo avevo affatto compreso... ero convinta di essere stata impenetrabile!

Dègel abbassa lo sguardo contrito, la luce del giorno sta ormai scemando ma si vede con distinzione il rossore delle sue gote. Sembra sinceramente pentito di aver attaccato l'amico, la discussione potrebbe anche terminare qui, VORREI che terminasse qui, ma il mio amico ormai è partito lancia in resta.

“E menomale che non te ne fregava niente, vero? Sei peggio di una moglie gelosa!” continua Cardia, pestando un piede per terra con impeto. Ha difficoltà a controllarsi, aveva detto... è dannatamente vero!

“C-cosa stai insinuando?!” esclama Dègel, afferrando malamente Cardia per un braccio. Un azione esorbitante non da lui, che da l'idea del suo profondo dissidio interiore. Vorrebbe che tacesse, solo quello.

La situazione sta degenerando, ed è tutta colpa mia, se solo non avessi seguito Cardia...

“B-basta, vi prego... Siete amici, non potete fare così!!!” li imploro, cercando di spostare il baricentro su me stessa, ma nessuno mi ascolta, ad eccezione di Sonia che mi guarda mestamente, borbottando un "Maschi..."

“Che fai?! Vuoi picchiarmi adesso?! Non è da te, Signor Dègel, non sei mai stato un tipo violento, ma l'amore, si sa, ti fa cambiare...” lo stuzzica il Cavaliere di Scorpio, con un ghigno.

“TACI! Tu non sai niente, Cardia, quindi fatti una bella barcata di affari tuoi, intesi?!” ringhia Dègel, mollando violentemente la presa e dandogli le spalle. Cardia tuttavia si oppone a quel gesto, prendendolo a sua volta da sotto il braccio e imprimendo la sua espressione in quella dell'amico.

"Stai sottintendendo di farmi da parte quando tu stesso hai detto che non ti interessa?! Fino a tal punto sei egoista?!"

"Esatto, stai lontano da lei, non ti appartiene, e non è destinata a te!"

"Non è...?!? Oh, pensi che sia destinata a te, allora?!?"

"..."

"Rispondi, pezzo d'idiota, o io..."

"HO DETTO BASTA!!!"

Il mio urlo viscerale ferma il proposito di Cardia di dare un pugno a Dégel, portando così l'attenzione dei due su me, i quali, nello scorgere la mia espressione, si bloccano seduta stante. Avverto con distinzione lacrime uscire fatalmente dai miei occhi. Non vorrei piangere qui, non con loro che mi vedono, ma non riesco a controllarmi. Q-questo non dovrebbe proprio succedere: Cardia e Dègel sono migliori amici, proprio come Milo e Camus, eppure ora stanno litigando a causa mia!

"Non ha alcun senso che vi prendiate come aquile per me, non dovrei neanche essere qui, non ci saremmo mai dovuti incontrare. Smettetela, vi prego!!!" enfatizzo, stringendo i pugni e serrando le palpebre.

"Marta..." mi chiamano all'unisono, non sapendo più come approcciarsi. La palla passa quindi a Sonia.

“Bravi!!! Perché non era già abbastanza sconvolta in questi giorni, ci mancavate voi due con le vostre beghe sentimentali!” mi difende la mia amica, preoccupata per la mia reazione, posizionandosi davanti a me. Né Dégel né Cardia trovano modo per ribattere, limitandosi a fissarmi tristemente nell'incertezza sul da farsi.

Rimango ferma immobile, incapace di parlare, tuttavia poco dopo non riesco più a sopportare il peso di quegli sguardi su di me e, desiderando solo rifugiarmi da qualche parte, al sicuro, mi volto e scappo via in direzione delle dodici case, senza più voltarmi.

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Capitolo 13
*** Attacco al Grande Tempio! ***


CAPITOLO 13

 

ATTACCO AL GRANDE TEMPIO!

 

9 Agosto 1741, alba

 

Per la milionesima volta nell'arco di un'unica nottata, mi giro in direzione della finestra di camera mia, sospirando pesantemente senza riuscire a prendere totalmente sonno. Le immagini e i fatti del giorno precedente continuano a rimbalzarmi in testa senza darmi requie, mentre il nodo alla gola si stringe sempre di più.

Il suono della porta che si apre dietro di me mi fa spalancare, per un istante gli occhi. Qualcuno deve essere entrato, ma non ho alcuna voglia di parlare, perciò farò finta di dormire...

“C-ciao, Marta...” mormora una voce dal tono pentito. I miei occhi sono ora chiusi, ma il mio cuore ha riconosciuto quel particolare timbro vocale: Dégel!

Mi muovo leggerissimamente, tanto quanto basta per dare l'idea di un movimento involontario nel sonno. In realtà sono tutta un fremito, ma non lo posso dare a vedere.

“So che stai dormendo, però avevo davvero bisogno di chiederti scusa per la mia condotta di ieri. Io... ti ho fatto star male e non era certo mi intenzione... sai, non so più cosa sto facendo, come se fossi fuori da me...” mi sussurra dolcemente Dégel, sedendosi sul bordo del letto e posando una mano sopra il leggerissimo lenzuolo, come il primo giorno.

Rimane in silenzio per qualche istante, quasi come se non sapesse più che parole usare per continuare il suo discorso. Lo sento tentennare, ingoiare a vuoto e tremare appena, prima di proseguire.

“Io, davvero, mi sembra di impazzire, non riesco nemmeno a spiegarti cosa provo nel...vederti, e ancora meno capisco perché senta questo fastidio nel vedere Cardia gironzolarti intorno, più o meno come un'ape gira intorno al proprio fiore preferito - dice ancora, sospirando affranto, cominciando a giocherellare con i miei ciuffi – Però... Cardia è un mio carissimo amico e ieri l'errore è stato mio, non avrei dovuto agire in quella maniera senza comprendere prima la situazione. Non era da me un simile comportamento, pertanto ora andrò a chiedergli scusa, glielo devo! Non angustiarti ulteriormente, ci chiariremo, non hai di che temere!”

E dopo aver affermato questo, si alza e si incammina verso la porta, non prima, però, di aver tracciato il mio profilo con le sue dita di seta che tanto mi fanno sognare.

 

**********

 

9 Agosto 1741, mattina

 

Mi alzo finalmente dal letto dopo un breve riposo durato qualche ora. Mi sento calda e febbricitante, ma so di non aver contratto un morbo. Sfioro la punta dei capelli e la guancia, ricordandomi del breve contatto di Dègel e delle sue mani di velluto. Il mio cuore batte velocemente, come sospinto da una entità propria, mentre il mio cervello, infine, arriva alla conclusione alla quale il mio corpo era già arrivato da un pezzo: ormai è tardi per correre ai ripari, gli argini si sono rotti, mi sono innamorata di lui... indipendentemente da tutto il resto!

Mi dirigo goffamente verso la porta, ancora intontita da quel pensiero a lungo rigettato indietro e che non posso più nascondere, men che meno a me stessa. Non si tratta di una infatuazione passeggera, come credevo all'inizio, no, questo sentimento continua a crescere giorno per giorno ed io non ho la minima idea di cosa fare. Mi sento confusa e sola, potrei provare a parlarne con Sonia, sono sicuro che lei abbia capito. Esco dalla camera con questo pensiero, tuttavia appena messo un piede fuori dalla porta, una nuova ondata di sensazioni mi travolge, questa volta tutt'altro che positive. Per un breve attimo mi sento mancare, dovendomi appoggiare al muro per evitare di finire in terra.

“Questa pressione... cosa è questa tensione schiacciante nell'aria?! Mi sento sommergere da un forte senso di pericolo!” riesco a mormorare tra me e me, faticando persino a respirare regolarmente. Mi copro gli occhi con una mano, cercando di mantenermi vigile, ma prima di riuscire a muovere un passo, sento qualcosa fiondarsi letteralmente in grembo.

Questa suddetta ‘cosa’ trema visibilmente e mi stringe sempre di più, forse alla ricerca di una figura amica, o di un sostegno. E' spaventata, forse più di me. Impiego pochi secondi per riconoscerlo.

“E’ lui!!! Lui è qui!!! Marta, è pericolosissimo e non ci si può opporre in alcun modo!” blatera la ‘cosetta’ alias il piccolo Federico, nascondendo il viso nel mio peplo.

“Aspetta, anche tu avverti questa terribile pressione?” gli chiedo, stupita. Federico impiega diverso tempo a rispondere, tremante com'è a seguito del cosmo maligno che si fa sempre più incombente.

“Sì, sì, è lui! Tu sai di chi parlo! E' il nemico con cui avete combattuto nella vostra epoca, tu lo sai, Marta, perché il suo cosmo maligno è dentro di te!” esclama il nanerottolo, sempre più terrorizzato.

Un brivido scorre lungo la mia schiena e la bocca si fa secca, mentre la consapevolezza dilaga a sua volta in me. Sto per precipitare anche io nella paura più atroce, ma le parole di mio fratello a proposito del sangue freddo da mantenere in battaglia mi risuonano dolcemente in testa: no, non posso farmi distrarre ora, sono la più grande tra i due, non posso permettermi di essere atterrita!

Devolvendo quindi tutte le mie forze per mantenere la calma, sorrido a Federico per incoraggiarlo, sussurrandogli un 'andrà tutto bene' più melodioso possibile. Poi lo prendo per la manina e scendo al piano di sotto con passo deciso.

L'aura cosmica è sempre più potente e sta avvolgendo l'intero Santuario nelle sue nefaste spire. Temo per Cardia e Dégel, nonché per tutti gli atri, cosa posso fare in una situazione simile? Dove sarà Sonia? Mi concentro nel tentativo di contattarla con il cosmo, impresa ardua perché, per qualche ragione, fatico a focalizzarmi su di lei.

“Marta!” la voce di Albafica giunge alle mie spalle proprio nel momento in cui riesco ad individuare almeno cosmi di Cardia e Dégel, che pulsano con forza.

“Che sta succedendo?! Questo cosmo così diabolico ha origine da dove? Sembra voglia impossessarsi di ogni cosa vivente... Dègel è nel tempio dell’Acquario?” continua lui, fermandosi a breve distanza da me.

“No, è andato da Cardia. Entrambi i loro cosmi stanno pulsando, che stiano combattendo?!” ribatto, cupa in volto.

“E' molto probabile, dannazione, questo sembra essere un vero e proprio attacco nemico! Marta, tu rimani con Federico, io... ”

“NO! Porta tu Federico dal Grande Sacerdote, è parecchio spaventato adesso. Io andrò all'ottavo tempio ad aiutare gli altri!” affermo, afferrandogli il braccio che lui ritrae subito.

“Marta! Te lo dissi la prima volta che ci incontrammo, non mi devi assolutamente toccare, ne va della tua vita!” mi rimprovera, allontanandosi di qualche passo per precauzione.

"Non ti devo assolutamente toccare... - ripeto, alzando di una tacca il mio tono di voce - Ma tu ti sei mosso, senza neanche conoscermi, per andarmi a prendere delle erbe medicinali per le mie ferite, vero? Me lo ha detto Dègel, perché lo hai fatto?" gli chiedo, guardandolo negli occhi con determinazione.

Lui discosta lo sguardo, prima di rispondermi:" Non mi sembra il momento giusto per parlare, ma è dovere di un Cavaliere proteggere i più deboli!" afferma, secco. Io sospiro, convinta di averlo finalmente compreso.

“Come immaginavo... una persona buona che si è condannata, per qualche ragione, alla solitudine... - lo identifico, tornando poi a concentrarmi sulla situazione - Comunque, come dicevo prima, lascia andare me!”

“...Noi Cavalieri d’Oro abbiamo promesso di proteggervi, perché vuoi andare da sola a qualsiasi costo, ben sapendo cosa rischi?” mi domanda, guardandomi negli occhi.

“Uhmpf, perché sono un Pesci come te... - lo stuzzico sottile, prima di tornare seria, perché non mi sembra il tipo giusto con cui fare battute - la ragione è che ho già avuto a che fare con questa cosa, non so come sia possibile, ma lo avverto nitidamente, Lui... vuole eliminare me! Voi, di questa epoca, siete innocenti, non permetterò che vi accada qualcosa per causa mia!” ribatto, seria, stringendo i pugni.

Albafica mantiene il contatto visivo con i miei occhi ancora per qualche secondo, poi fa un leggero segno di assenso. Forse anche lui mi ha compreso a sua volta.

“Va bene allora, porterò Federico dal Grande Sage, ma poi verrò subito ad aiutarvi. Non mi piace quello che dici su questa entità, tuttavia concepisco perfettamente le motivazioni dietro ad una tale, rischiosa, scelta! - accetta il compromesso, poco prima di regalarmi un leggerissimo sorriso - Effettivamente sei una Pesci come me!"

Detto questo, dopo aver incitato Federico a seguirlo, fa per andarsene, ma quest’ultimo mi si avvinghia ad un braccio, scuotendomelo leggermente, gli occhi, se possibile, ancora più vitrei di prima.

“Marta! – esclama, sempre agitato – Milo, Camus e le tue amiche! Loro verranno qui a breve, ma non dovrebbero, è quello che vuole lui!!!”

Spalanco gli occhi al limite dell’umano possibile, questa volta sinceramente scioccata.

“Cos...?! Tu... chi sei in realtà? Come fai ad esserne certo?!” biascico, esterrefatta.

"Non ha importanza, verranno qui, e la distorsione del tempo avrà quindi inizio..."

Lo guardo totalmente incredula, poco prima di darmi uno scossone volontario e rispondere: "N-no, ascolta... non so come fai a sapere di mio fratello e dei miei amici, ma lui... è felice dov'è, non ha b-bisogno di venire qui e... non credo lo voglia!" mi sforzo di essere più chiara possibile, ma la mia voce tremula.

Anche Federico nega con la testa, stringendo la mia presa sul mio braccio: "Lui la sua scelta l'ha già fatta!"

Vorrei chiedere spiegazioni, ma un rombo assordante proveniente dalla Casa dello Scorpione tronca sul nascere qualsiasi chiarimento.

"La situazione sta precipitando, dobbiamo muoverci!" ci avverte Albafica, apprensivo, facendo per prendere la manina di Federico, prima di arrestarsi a metà strada, ricordandosi che non può. Il piccolo quindi si fa guidare da lui, dalla sua voce, accostandosi al suo fianco, non prima comunque di aver aggiunto una cosa, tanto enigmatica come le precedenti.

“ Tu devi fermarlo, Marta, solo tu puoi, crediamo entrambi in te!"

 

*********

Sopraggiungo di corsa alla nona casa, non prestando neanche attenzione all'ambiente circostante. Sono sinceramente sconvolta dalle parole di Federico, in più cosmi di Dègel e Cardia non accennano a placarsi, portandomi a pensare che stiano combattendo duramente contro qualcuno che però non riesco a percepire minimamente, fattore che mi preoccupa ancora di più.

TUMP!

Senza neanche rendermene conto, mi ritrovo per terra dopo aver picchiato contro qualcosa di incredibilmente duro. Alzo lo sguardo per vedere dove sono andata a cozzare, ciò che percepisce immediatamente la mia vista mi fa rabbrividire: davanti a me c’è un ‘uomo’, o meglio una cosa completamente nera avente forma di umanoide, senonché il suddetto non ha una faccia distinta, è privo di occhi, di bocca, di qualunque organo sensoriale. Alle estremità delle due braccia, poi, al posto delle mani e delle dita, ha delle fessure dalle quali fuoriescono dei lunghi artigli desiderosi di affondare nella mia carne. Dovrei reagire, non posso restare qui ferma, ma l'unica cosa che riesco a pensare è che sulle spalle si può riconoscere un simbolo che ha qualcosa di facilmente assimilabile ad un pipistrello capovolto su uno sfondo rosso, un simbolo misterioso che deve per forza significare qualcosa.

La ‘cosa’ non dice niente ma, quasi meccanicamente, solleva gli artigli quasi a volermi lacerare in minuscoli brandelli. Lo fisso sgomenta, incapace di muovermi, le lame calano, riportandomi bruscamente alla memoria l'odore ferroso del sangue e il suo colore rosso vivo, tuttavia ancora prima di essere anche solo sfiorata, lui stesso subisce lo stesso destino che, molto probabilmente, aveva stabilito per me.

Ancora scioccata dalla situazione, penso stupidamente di trovarmi davanti mio fratello Camus; invece, con il braccio destro protratto davanti a sé, scorgo El Cid. Tagliarlo in due parti completamente uguali non deve essere stato difficile per la sua lama, ma il fatto inspiegabile è che il nemico non perde sangue e/o altro, semplicemente si smaterializza nel nulla, non lasciando alcuna traccia.

“Gra-grazie, El Cid!”

“A quanto vedo, sei all'inizio del tuo apprendistato, non sei minimamente abituata al campo di battaglia - mi inquadra, senza scomporsi - Devi stare più attenta, altrimenti finirai artigliata, o peggio, farai artigliare qualcuno per proteggerti!” mi rimbrotta, chiudendo gli occhi. Mi mordo il labbro, cercando di soffocare in un cenno di assenso il mormorio soffocato che stava per uscire dalla mia gola. Lo so, dannazione, eccome se lo so!

E'... è già successo!

“El Cid! Li abbiamo sconfitti tutti questi cosi!” interviene Sisifo, sopraggiungendo insieme a Sonia e a Regulus.

"Sonia!!! Sia ringraziato il cielo!" esclamo, al settimo cielo, alzandomi in piedi per abbracciarla, ma lei è più veloce di me.

“Marta, sei qui!” si fionda tra le mie braccia, stringendomi a sé.

“Se tu sei scesa qui, significa che non sono ancora arrivati alla Casa dell’Acquario!” le fa eco Regulus, sorridendo, raggiante.

Esattamente, non ci sono nemici dall'undicesimo tempio in poi!" confermo, desiderosa di dare il mio contributo.

“Allora, ora che abbiamo anche Marta con noi, possiamo andare tutti insieme al Tempio dello Scorpione! E’ da lì che arrivano questi cosi, ma non ne capisco il motivo” afferma Sisifo, serio, mettendosi, in quanto più grande, a capo del nostro gruppetto.

Lo guardo con serietà, i miei occhi brillano e lo stesso quelli di Sonia, condividendo i miei pensieri.

“Questi ‘cosi’ credo siano degli androidi o qualcosa di simile, chi li governa non può in alcun modo appartenere a quest'epoca... tutto ciò è surreale!” constato, sempre più cupa. Chi diavolo è il nemico? Un altro viaggiatore del tempo o qualcosa di persino più potente?!

Intanto noto le facce perplesse di Sisifo, Regulus ed El Cid al mio sproloquio ad alta voce... ah, giusto, siamo nel XVIII secolo, non possono sapere il significato dietro alla parola utilizzata.

“Lasciate perdere, è qualcosa che riguarda la nostra epoca, pensiamo piuttosto ad andare ad aiutare Dègel e Cardia!” esclama sbrigativa Sonia, appoggiandomi per l'ennesima volta.

Dopo un breve cenno di assenso, ci mettiamo a correre a più non posso, i Cavalieri d'Oro davanti a noi, ben consapevoli di come muoversi. Scambio un nuovo sguardo con la mia amica, ricercando il suo sostegno, che trovo in un cenno si assenso: il momento è infine arrivato, metteremo alla prova il nostro allenamento proprio qui e proprio adesso, non abbiamo alternative!

 

***********

 

Attraversiamo di slancio l’entrata dell’ottava casa, non un solo respiro si ode tra noi, essendo concentrati ai massimi livelli sull'ambiente circostante. Siamo sotto attacco, una qualsiasi distrazione ci può essere fatale, non sbaglierò una terza volta!

Arrivati al centro del corridoio, noto subito dei cadaveri per terra, alcuni in una pozza di sangue e altri completamente congelati. Li fisso per qualche istante, trattenendo un conato di vomito: questi sono esseri umani come me e gli altri, per qualche ragione hanno un qualcosa di famigliare.

“Ho sempre detto che Dègel e Cardia insieme sono imbattibili, aha! Penso che il nostro intervento sia completamente superfluo, ma anche io voglio divertirmi!” commenta Regulus, allegro. Lui è un combattente nato, non sembra rendesi conto del pericolo, anzi, non vede l'ora di fare faville.

Una veloce occhiata da parte di Sonia mi fa comprendere che anche lei condivide il mio stesso stato animo nel vedere i cadaveri. Sono davvero felice di averla qui, mi sento invincibile con lei al mio fianco, mi da coraggio, anche se gli altri sono lontani

“Ma guarda chi si rivede!”

L’esclamazione di Cardia ci indirizza ancora più avanti, vicino all'uscita anteriore del tempio.

Avvicinandoci all'atrio, notiamo un manipolo di uomini, che io riconosco come i banditi di Milano, feriti a terra. A pochi passi da loro Cardia e Dégel, il primo ha il braccio proteso in avanti e, con un sorriso di scherno, contempla le conseguenze del suo attacco, mentre il secondo è sul chi vive, non sembra particolarmente felice di dover 'menar le mani', ma nei suoi occhi non esiste esitazione.

“Come fai a conoscerli?” chiede ad un certo punto Dègel, sorpreso. La sua armatura riflette bagliori dorati come quella del sua amico.

“Tsè! Siete avversari mediocri, ma almeno avete il dono dell’ubiquità, visto che apparite e scomparite con se niente fosse!” esclama lo Scorpione con baldanza, non considerando la domanda dell'amico.

“Cardia... - sospira quest’ultimo, grattandosi la testa a disagio – sai, perlomeno, cosa significhi la parola ‘ubiquità’, oppure usi parole a casaccio come tuo solito?!”

“Certo che uso parole a casaccio come mio solito, era semplicemente figo dirlo!” ribatte Cardia, sbuffando con alterigia.

“Uhmpf, maledizione! Il nostro capo ci aveva avvisato di stare attenti allo Scorpione e Acquario, ma non ci arrederemo per nulla al mondo! Abbiamo una missione da compiere” afferma il capo dei ‘banditi’, quello che a Milano aveva tirato un pugno a Cardia in pieno petto, ora lo riconosco.

Lo guardo confusa, il suo atteggiamento è strano, non sembra granché forte, tuttavia sta perdendo tempo in discorsi, che intenzioni avrà?

“Ehi, chiacchierino! Ci dici o no cosa siete venuti a fare, chi vi comanda e i mezzi che utilizza per distorcere il tempo e lo spazio?” ridacchia Cardia, divertito, parafrasando i miei pensieri.

“I nostri scopi... Uh! Uh! Noi non abbiamo una nostra identità, siamo prodotti del nostro Signore, i suoi piani sono i nostri, e voi fate parte del complesso!” dice il tizio, sibilando paurosamente.

La mia attenzione viene distratta da un movimento alle spalle di Cardia e Dègel, come se si stesse per formare una breccia nello spazio tempo stesso. La vedo, l'apertura, sta comparendo nel nulla ed emana una luce bianca, quasi inconsistente.

“Quale è il reale significato di queste tue parole?” domanda Dègel, sempre più teso.

“La rottura dei sigilli per arrivare a QUEL potere... per far ripartire tutto dal principio... i nostri nemici provano ad opporsi a noi, anzi a LUI, da secoli e secoli, ma lui può tutto, prevede tutto e voi siete nelle sue mani, qualsiasi cosa facciate!”

Sotto i miei occhi sbalorditi, vedo aprirsi completamente la fessura dietro alle spalle di Dègel e Cardia, da questa breccia escono due robot identici a quello di prima. Stesse movenze. Stessa forma. Sembrano quasi fatti con lo stampino, come se ad assemblarli fosse stato un unico, irriducibile, ingegno.

“Marta!” mi chiama mentalmente Sonia, preoccupata nello scorgerli. Anche lei si è accorta del pericolo.

“Sì, lo so. Aspettiamo solo il momento giusto, amica mia, ora come ora necessitiamo di calma e sangue freddo!” le ricordo, trepidante. Forse i nemici diranno altro, questo non è il momento giusto...

“Sigilli?! Potere di cosa?!? Mi state stufando!” esclama Cardia, innervosito e del tutto ignaro del pericolo incombente.

“Diteci voi, piuttosto... dove nascondete le semidee?” controbatte il nemico, in tono beffardo.

Sonia ed io ci guardiamo nuovamente, tese. Questi esseri sono qui per noi, come immaginavamo, ci conoscono, e questo ci riconduce al nemico primigenio, misterioso, quello che probabilmente ci ha condotte qui.

“Che diavolo state dicendo?! Qui non c’è nessun semidio, siamo tutti esseri umani che seguono la via della giustizia e che combattono per Atena, la nostra dea!” afferma Dègel, cominciando a sua volta a perdere la pazienza. Dal suo palmo fuoriescono cristalli di luce ghiacciata.

“Fate gli gnorri?! Bene, allora lo scopriremo seguendo altre vie” dice il capo dei banditi,, schioccando le dita.

“Dègel! Cardia! Attenzione, dietro di voi!” li prova ad avvertire Sisifo, come se si fosse accorto solo ora dei due figuri che, già da un po', si muovono dietro i nostri amici.

I due interpellati si voltano nel momento stesso in cui i due robot stanno per affondare i propri artigli nelle loro teste, ma con un agile scatto Sonia ed io ci buttiamo, letteralmente, contro di loro, bloccandogli gli artigli con le mani nude e ferendocele di conseguenza.

Il sangue gocciola sul pavimento, mentre tutti i Cavalieri d’Oro ci guardano sorpresi e stupiti dalla nostra reazione più che pronta, come se fossimo nate per questo.
”Eccole, le semidee...”

Ho capito, finalmente ho capito! Questo varco nello spazio non era altro che una trappola per farci uscire allo scoperto, perché questi androidi non hanno un cosmo, non sono neanche esseri viventi; per questo motivo sfuggono all'occhio umano, solo colui che li ha creati può renderli visibili a suo piacimento. Così ha fatto per farci uscire allo scoperto.

Siamo state ingannate, nondimeno non avevamo alternativa alcuna, quindi non me ne rammarico.

“Sonia!” la chiamo, intrecciando la mia mano destra con la sua sinistra, mentre le due libere continuano a tenere saldamente la presa per impedire agli artigli di calare su di noi.

“Sì! E’ giunto il momento di combinare i nostri attacchi!” mi fa eco lei, sostenendomi con le parole e con il cosmo.

Dai palmi delle nostre mani congiunte scaturisce una sfera di energia gelida che si tramuta ben presto, grazie al potere del vento di Sonia, in un tempesta di neve estremamente potente.

I due nemici, appena sfiorati, congelano e svaniscono nell'arco di un respiro, mentre Sonia ed io ci sentiamo cadere all'indietro, sfinite. Prima di toccare terra, sento due braccia forti afferrarmi delicatamente per impedirmi d toccare il pavimento.

“Ci avete salvato la vita... grazie!” ci dice Dègel, grato, stringendomi delicatamente le mani ferite per fermare la perdita di sangue.

“Siete proprio dei vigliacchi!” esclama Cardia, rivolto ai nemici, tra le braccia stringe una Sonia alquanto affaticata.

“Sono... stremata... che sia questa la maledizione che avverto dentro di me dal dopo battaglia contro Crono? Marta, tu... come stai?” chiede mentalmente Sonia, in tono sofferente.

Non ho il tempo di rispondere che mi sento sballottata e sfiancata come lei, perché Regulus. Sisifo ed El Cid sopraggiungono e si posizionano di fronte a noi.

“Mi fate schifo! Vi nascondete dietro sporchi giochetti e attaccate due ragazze!” ringhia Regulus, arrabbiato.

Ma il capo del manipolo di banditi, o qualunque cosa siano i nemici, batte le mani in modo canzonatorio.

“Sorprendente la forza delle semidee, nonostante dovrebbero essere state fiaccate dall'espediente Crono... e ora vediamo se riconoscete queste due ragazze!” dice il tizio, schioccando nuovamente le dita. Come dal nulla appaiono altri due robot che tengono imprigionate con le proprie braccia oblunghe Marika ed Eleonora.

“Dannato!!! Come hai fatto a trovarle?! Liberale subito!” urla Cardia, scaldandosi nel vedere la sorella in pericolo.

“Coloro in possesso di sangue divino dovrebbero essere in tutto quattro; quattro ragazze. Supponiamo quindi che queste due lo siano, occorre portarle con noi, perché, sapete, per fare gli esperimenti occorrono i corpi!” afferma sempre il loro capo, ghignando.

“Ma di che stai parlando?! Noi siamo delle semplici inservienti!” prova a rispondere Eleonora, ma l’artiglio vicino alla sua gola la fa desistere dal proposito.

“Lo vedremo presto! - mormora il nemico di rimando, poi si rivolge ai robot – Ve le affido, anche se siete degli errori di sistema, preoccupatevi di portarle sane e salve a Lui, i corpi servono INTERI!”

“Fermo lì, brutto disgraziato!!!” prorompe Cardia, correndogli contro, ma il tizio alzando e abbassando la mano sinistra in un istante, butta per terra una specie di fumogeno.

Subito un fumo denso e nero si propaga per tutta la sala, facendoci tossire violentemente. Quando finalmente riusciamo a riaprire gli occhi, ci accorgiamo di essere completamente circondati da una cinquantina di robot minacciosi. Non vi è più traccia né Marika né di Eleonora!

“Maledizione!!! Ce le siamo fatte rapire sotto i nostri occhi, a che cazzo servono i nostri poteri, se basta lo stramaledettissimo fumo a fotterci con così tanta facilità?!” ringhia Cardia, pestando il piede per terra per la rabbia. Deve essere preoccupato per le sorti di sua sorella, visto che è così agitato e la manifestazione che gli riesce meglio è proprio l'ira funesta, che, proprio in questo momento, trabocca fuori.

I robot fanno un passo avanti con fare inquietante, non parlano, forse non ne sono nemmeno in grado...

“Non siete in grado di comunicare, eh?! Allora vi costringerò io ad imparare a farlo... con la Cuspide Scarlatta!” esclama ancora il Cavaliere di Scorpio, alzando il braccio e preparandosi a colpire.

“No, Cardia! Non servirà, Marta ha detto che...” lo prova ad avvisare Sisifo, ma il compagno d’armi non lo ascolta minimamente, del tutto intenzionato a massacrarli.

Un brivido mi percorre la schiena, so cosa ha pensato il Cavaliere del Sagittario, so anche che sarà esattamente quello che accadrà. Questi cosi non sono umani, lo han capito tutti ormai, per cui i colpi di Cardia che si basano nel'immettere in circolo il veleno tramite i vasi sanguigni, non sono affatto efficaci. Il colpo... rimbalzerà!

Come se si trattasse di una triste premonizione, accade proprio quello che Sisifo ed io avevamo immaginato: le cuspidi, dopo aver sfiorato il bersaglio, deviano la loro traiettoria e si dirigono verso il medesimo Cardia.

Guidata più dall'istinto che non dalla ragione, mi alzo istantaneamente in piedi, correndo verso il mio amico. Mi stupisco della mia prontezza di riflessi, quasi come se il voler proteggere una persona cara mi avesse restituito immediatamente le forze. Tuttavia non ho il tempo per starci a rimuginare.

“Cardia!!!” urlo, buttandolo a terra per evitare il suo stesso colpo. Finiamo ambedue sul pavimento, scivolando per pochi metri in lungo.

“Marta, sei impazzita?!” esclama Cardia, sollevandosi un poco non appena capisce quello che è accaduto.

Non riesco a rispondere subito, avvertendo un dolore acuto e penetrante avvolgermi la caviglia destra per poi diffondersi in tutto il corpo, proprio come se fossi stata punta da uno scorpione in chele ed esoscheletro.

“Sciocca, perché lo hai fatto?! Sono immune al veleno della mia Cuspide Scarlatta, potevi lasciare che mi colpisse, non mi avrebbe fatto niente!” mi rimprovera Cardia, toccandomi delicatamente la zona colpita con una cura e un'attenzione di cui pensavo non fosse capace.

“Ci ho... pensato dopo. In quel momento ti ho visto in pericolo e ho avuto l'impulso di proteggerti! Che genia mancata, eh?!” esclamo, buttandola sul ridere.

Cardia arrossisce notevolmente e abbassa lo sguardo, poco prima di premermi un punto vicino alla caviglia. Il dolore istantaneamente diminuisce fino a diventare un semplice fastidio.

“Perdonami... sei l'ultima persona a cui avrei voluto far assaggiare il mio pungiglione, e invece...”

Faccio per ribattere, ma il grido da battaglia di Sonia, catalizza l'attenzione su di lei.

“MALEDETTI!!!”

L’azione della mia amica è completamente inaspettata, così come il suo attacco contro i nemici davanti a noi, che subito vengono avvolti da un fulmineo vortice e sbattuti contro le colonne. Che immane potenza!

“Marta, dobbiamo andare a salvare Eleonora e Marika! Quel pazzo... non ho idea di cosa possa o voglia fare, ma loro sono innocenti in tutto questo!” mi incita, dopo aver atterrato cinque nemici e avermi fatto cenno verso la direzione che hanno preso i due cosi neri.

In un lampo capisco quello che vuol dire la mia amica e, un po’ traballante sul piede destro, corro insieme a lei verso l’uscita, incurante dei richiami degli altri Cavalieri d'Oro, che comunque non possono seguirci, perché costretti a difendersi dall'attacco degli androidi.

Faccio del mio meglio per stare dietro a Sonia che, non so come, è riuscita a capire la direzione presa dai due che hanno rapito Marika ed Eleonora, ma la stanchezza e il dolore rallentano la mia corsa di molto. Cerco comunque di mascherare la sensazione crescente di torpore, tornando a concentrarmi sull'obiettivo da raggiungere. Non avrei mai voluto coinvolgere tutti gli altri in questo sterminio, soprattutto perché i nemici vogliono noi, hanno attaccato il Santuario al solo scopo di mettere le grinfie su me e e Sonia... e questo non possiamo accettarlo, né io né lei.

“Sono per di là, li avverto!” esclama Sonia, appena giunte in prossimità dell’area di combattimento.

Guardo oltre il punto indicatomi, riuscendo a scorgere le figure dei due robot girati di spalle. Sembrano confusi, quasi come se avessero ricevuto una ramanzina ingiustificata da qualcuno e non capissero più le direttive impartitegli.

“Brutti manigoldi, lasciatele immediatamente, loro non c'entrano in questa storia, siamo noi le semidee!!!” urla Sonia, furibonda, lanciando una ventata d'aria con lo scopo di farli concentrare su di noi.

Il suo cosmo sembra straordinariamente offensivo, sono consapevole sia stanca come me, ma non per questo si arrende. Non posso che seguirla a testa bassa!

I due cosi si voltano minacciosi, alzando il braccio destro e puntando gli artigli contro il collo delle nostre amiche. Sono privi di volontà propria ma è come se fossero preimpostati da qualcuno ad agire in determinati modi a determinate situazioni. Non sanno parlare, non sono umani... il materiale che li compone mi è sconosciuto in larga parte, quasi fosse... alieno!

“Sonia, Marta, lo abbiamo visto! C’era un signore con gli occhiali che...” inizia Marika, ma l’essere che la tiene prigioniera le graffia il volto come per avvertirla di non parlare.

A quel punto non ci vedo più, decido di agire immediatamente.

“Siete dei maledetti codardi! – prorompo, sentendo nuovamente la rabbia ribollirmi dentro – Non avrò alcuna pietà di voi, e visto che non siete nemmeno esseri senzienti, non ho alcuna ragione per esitare ancora!” li minaccio, alzando meccanicamente il dito indice della mano sinistra che, seppur ferita, risponde al mio comando senza farmi avvertire troppo dolore (che sia il ghiaccio che mi sto apprestando a lanciare, a placarlo?!)

“Marta, qu-quella posa è...” sussurra Sonia, sbalordita e meravigliata.

“GRAN KOLISO!” dico con enfasi, mentre dalla punta del dito fuoriescono degli anelli di ghiaccio che circondano soltanto i due robot, evitando cosi di colpire Eleonora e Marika. Ghiaccio, pressione e precisione, è tutto qui il trucco... ora so come usare questa tecnica!

Nel momento stesso in cui i nemici finiscono irrimediabilmente in scaglie di ghiaccio, ed Eleonora e Marika, quasi gattonando, si rifugiano dietro una roccia, sento le forze mancarmi, privandomi anche della capacità di stare in piedi. Cado a gattoni, cercando di calmare i giramenti di testa e il respiro affannoso.

"Marta!" la mano si Sonia è sopra di me, vorrebbe aiutarmi, ma io nego con la testa, gli occhi ancora chiusi.

"Non... non pensare a me, vai dalle due ragazze, non... non vorrei che fossero rimaste ferite dal rimbalzo del mio colpo!"

"Ma tu..."

Vai, Sonia! In battaglia non bisogna esitare!" le ripeto, cercando di apparire più sicura possibile.

Rantolo ancora più pesantemente, mentre la mia amica, pur riluttante, si allontana da me per apprestarsi a soccorrere Marika ed Eleonora. Inaspettatamente sorrido tra me e me: sono felice di essere stata, finalmente, di una qualche utilità, ora devo recuperare le forze perdute il più presto possibile e raggiungere di nuovo i Cavalieri d'Oro che stanno combattendo contro quegli strani esseri. La situazione non mi piace per niente, devo sbrigarmi, devo...

“Oddio, Martaaaaa, ce ne sono altri!!! DIETRO DI TE!” grida ad un tratto Sonia, completamente terrorizzata da qualcosa. Non la riesco ad udire bene, ma capisco quello che sta accadendo dalla nota di orrore che è giunta alle mie orecchie. Riapro faticosamente gli occhi, accorgendomi di essere oscurata da un'ombra; un'ombra alta e dalle dita fatte di artigli.

Con un titanico sforzo, alzo la testa, che pulsa selvaggiamente, ciò che vedo incombere su di me mi paralizza all'istante. Un altro androide, un altro, tale e quale a quelli di prima ma più vicino a me, anzi dannatamente vicino, troppo... Il suo braccio sinistra cala, sibilando sinistramente come il cigolio di un treno in piena corsa che all'improvviso tenta di frenare.

Non posso fare più niente, non posso scansare l'attacco, non posso proteggermi, non ho capacità difensive potenti, ma... ma il tentativo di oppormi c'è comunque, in barba a quella fetta di cervello che mi sta già dando per spacciata... NO, non voglio morire, non ora, non... DI NUOVO! Istintivamente il braccio sinistro si alza sopra la mia faccia, il mio cosmo gelido crea un sottile strato di ghiaccio tra me e lui; strato assolutamente non in grado di fermare l'attacco spietato del nemico, ma sufficiente per rallentare il colpo tanto quanto basta perché esso non mi tranci di netto la mano.

Un bruciore intenso mi lambisce sia l'avambraccio che la guancia sinistra, trasmettendomi una fitta di dolore che assomiglia in tutto e per tutto al fuoco che carbonizza. Li posso sentire, quei dannati tagli che mi hanno lacerato le carni, li posso sentire... così come avverto di essere sbalzata in aria di qualche decina di metri e di picchiare violentemente la testa contro qualcosa di tremendamente duro.

Sdrucita, dolorante e intontita, avverto appena il mio corpo cadere a terra in malo modo, i cinque sensi sempre più deboli e la coscienza che va svanendosi. L’ultima cosa che avverto distintamente prima di chiudere gli occhi, è il diffondersi nell'aria di un freddo implacabile, quasi come se fosse portatore di un inverno precoce e gelido...

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

Alla fine di questo capitolo pieno di casini (spero di averlo descritto in maniera decente), colgo l’occasione per ringraziare tutti quelli che seguono la storia, sia che commentano che no, perché è proprio grazie a voi che sono sempre incitata a scrivere e a continuare a scrivere .

Questo, come ho già detto è un capitolo un po’ incasinato, non si capisce ancora la vera identità del nemico (e non si capirà ancora per un po’) quindi mi farebbe piacere ricevere dei consigli su come vi è sembrato questo particolare chappy. Un saluto a tutti!!!!

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Capitolo 14
*** Due acquari e due scorpioni ***


CAPITOLO 14: DUE ACQUARI E DUE SCORPIONI

 

“Marta... santi numi, Marta!!!”

Una voce giunge alle mie orecchie, ma è lontana e impossibile da codificare. Qualcuno... qualcuno mi sta scrollando con forza nel tentativo di ridestarmi, con il risultato unico di trasmettermi ancora più dolore. Non riesco... non posso proprio aprire gli occhi, mi sento assolutamente priva di energia.

“Marta!!! Oh, dannazione! Non avrei dovuto lasciarti sola, piccola, non avrei dovuto! T-ti prego, riapri gli occhi!”

Tremo appena, impercettibilmente. La sfumatura di quella voce a me tanto cara sta cominciando a giungere nitidamente alle mie orecchie... che questo sia un sogno? Io... ti sapevo lontano, possibile che ora tu sia qui, al mio fianco? Raccolgo quanto rimane delle mie forze per provare a parlare.

“R-riconoscere il tuo buffo accento francese tra mille, tuttavia sei... reale? Ho così tanta paura di essere preda di una qualche illusione...” biascico lentamente, avvertendo la mandibola indolenzita da un lato. Il sapore del sangue mi permea le labbra secche. Ho sete, dannatamente sete e mi sento spaventata senza neanche sapere perché.

Avverto la figura vicina a me tirare un profondo sospiro di sollievo, i suoi muscoli si rilassano completamente, come se fossero stati vinti da una pressione sin troppo grande. Qualcosa... qualcosa mi stringe forte il braccio sinistro in prossimità di un bruciore netto e invasivo, dandomi comunque sollievo per azione del gelo. Possibile che veramente sia lui...? E' davvero... davvero qui, al mio fianco?

“Per quanto ancora... per quanto ancora hai intenzione di farmi prendere simili spaventi? Pensi che non sia reale? Se solo... se solo ti potessi muovere, ti chiederei di sentire i battiti accelerati del mio cuore, così avresti la conferma che sono realmente qui... Marta!” il suo tono appare rude, ma il leggero tremore della sua voce giunge a me come una certezza.

Mi convinco quindi ad aprire gli occhi, sebbene le palpebre si siano fatte terribilmente pesanti e restie all'ordine del mio cervello di spalancarsi. E lo vedo. Il suo viso è parzialmente oscurato e la sua espressione è molto simile a quella scorta quando mi sono svegliata dal coma, sebbene questa volta sia priva di lacrime. Il volto è pallido, la piega delle sue labbra è all'ingiù, in un estremo tentativo di autocontrollo che tuttavia fatica a contenersi. Ingoio a vuoto, sentendo le mie, di lacrime, prendere il sopravvento per la troppa emozione.

“Sei... sei veramente tu, fratellino, m-mi sei mancato così tanto... Non riuscivo quasi a respirare nel saperti lontano e... e... oddio, scusami per... per tutto!" farfuglio, mentre, con un titanico sforzo, alzo il braccio destro, anch'esso terribilmente fiacco, per posargli una mano sulla guancia e toccare così la sua pelle. E' calda e morbida come la rammentavo, riesce a darmi ancora più la certezza che lui sia qui, che ci siamo veramente riuniti.

Camus annuisce leggermente, gli occhi lucidi ma, come sempre, profondi, poi mi stringe delicatamente al suo petto, sorreggendomi con le braccia. Un ciuffo dei suoi lunghi capelli mi solletica il naso, facendomi automaticamente sorridere per la felicità.

“Sono davvero qui, piccola mia, perdonami... perdonami se mi sono attardato così tanto, ti ho lasciata sola per troppo tempo. So che stai diventando una guerriera, Marta, lo dimostra l'intuizione che hai avuto quando il nemico si è palesato davanti a te come dal nulla e tu hai agito prontamente - mi dice, prima di regalarmi un sorriso e accarezzarmi delicatamente la testa come solo lui sa fare - Ti ho vista, sai? Sono fiero dei tuoi progressi, davvero fiero, mi riempi il cuore di orgoglio!” afferma, utilizzando ogni mezzo in suo possesso per tranquillizzarmi. Nel mentre accentua la stretta su di me, avendo, come sempre, cura di non farmi male.

“Non è affatto colpa tua, Cam, a onor del vero, mi hai salvato ancora una volta e... sei qui, questa in assoluto è la cosa più importante per me, fratellino. Se puoi, ti prego, non andartene più!” ripeto tra i singhiozzi, stringendo con la mano destra il tessuto della sua maglietta per paura che possa scomparire da un momento all'altro.

“Ehi, peste, posso capire che Camus ha la precedenza su tutto, ma ci sono anche io!” interviene una voce gioviale sin troppo famigliare.

“M-Milo?!” lo chiamo, contenta, voltandomi verso di lui e notando che tiene tra le braccia una Sonia alquanto malridotta e allo stremo delle forze.

“C-che cosa è successo? Perché Sonia è...” domando, ricordandomi di colpo dello scontro che abbiamo avuto con i due cosi.

“Marta, asp...” inizia Camus, vedendo il mio movimento, ma io non lo ascolto, completamente presa dalle condizioni della mia amica. Pessima idea quella di tentare di alzarmi così repentinamente.

Neanche il tempo di mettermi in piedi che una fitta improvvisa e simultanea alla caviglia e al braccio sinistro, nonché un capogiro, mi fanno perdere totalmente l’equilibrio.

“Marta, stai attenta! Hai picchiato violentemente la testa, inoltre i tagli sul braccio e sulla guancia, sebbene non troppo profondi, necessitano di cure!” mi avverte Camus, afferrandomi al volo e facendomi distendere a forza per terra, la mia nuca appoggiata alle sue gambe.

“Io... cosa?” chiedo, stordita, cercando di sforzarmi di ricordare il motivo della mia debolezza.

La mano fresca di Camus sulla mia fronte è quasi una doccia fredda di ricordi che mi investono improvvisamente. La battaglia all'ottava casa, l'inseguimento dei robot, l'attacco a sorpresa...

“Marika! Eleonora! Loro...?”

“Ti riferisci alle due ragazze? Sì, stanno bene!”

Una voce femminile, anch'essa sin troppo famigliare, mi fa spalancare gli occhi dalla stupore. Ma certo, perché non ci ho pensato prima? Camus era, nei miei sogni, nello stesso luogo di Milo e delle mie amiche, quindi se è arrivato lui...

“F-Francesca?!” domando, con la speranza nel cuore, appoggiandomi sui gomiti nel tentativo di vederle.

Ed eccole lì... le mie sorelle da una vita Francesca e Michela,  si trovano a poca distanza da me e mi scrutano con degli occhioni ricchi di aspettative e, un po', di paura.

Dietro di loro ci sono Eleonora e Marika, parecchio confuse e spaventate ma, per lo meno, sane.

“Maestro, possiamo?!” trilla Michela, piegando e stendendo le ginocchia in continuazione come se fosse da parecchio tempo in attesa.

“Vi avevo detto di proteggere le due ragazze durante l'infuriare della battaglia, ma ora che il pericolo è passato, potete...” inizia mio fratello, ma lo scatto felino di Michela interrompe la frase.

In quattro e quattr'otto mi ritrovo nell'abbraccio poderoso della mia amica, che mi stringe a sé, dimenticandosi però che non sono proprio al cento per cento della mia forma fisica per tollerare una simile manifestazione di affetto.

“Ti abbiamo ritrovata!!! Non sai quanto ci sei mancata, Marta! MARTAAAA!!!” mi urla nelle orecchi Michela, iniziando a piangere.

“Mich... sof-soffoco!” blatero, annaspando in cerca di ossigeno.

“Michela!!! Ti ho detto che potevi riabbracciarla, non di darle il colpo di grazia! E' già ferita!” la rimprovera Camus, preoccupato per le mie effettive condizioni.

“Cavolo, è vero! Scusa...” mormora lei, mollando la presa e abbassando lo sguardo dispiaciuta.

Non le rispondo, anche perché non ci riuscirei con tutte le emozioni che mi stanno travolgendo in questo momento, ma l’abbraccio dolcemente di rimando.

“Pure a me sei mancataaaa!!!” esclama Francesca, inginocchiandosi accanto a me e abbracciandomi a sua volta dopo una breve corsa.

Ora si... ora si che posso dire di essere completamente felice insieme alle mie amiche. Dègel e Cardia hanno contribuito molto a farmi sentire a mio agio in questa epoca sconosciuta, ma senza mio fratello, Milo, Michela e Francesca mi sentivo comunque spaurita in un mondo troppo diverso dal mio. Ora loro sono di nuovo qui, siamo di nuovo insieme e niente e nessuno potrà separarci! di nuovo!

“MARTA!!! SONIA!!!”

Un brivido mi attraversa tutto il corpo nel sentire la voce di Dègel in avvicinamento e al solo pensare alle possibili reazioni da entrambe le parti. Ora gli antichi Acquario e Scorpione incontreranno i nuovi... la collisione tra due epoche diverse, cosa può comportare?!

Istintivamente mi volto verso la fonte sonora, appena in tempo per vedere Dègel e Cardia irrigidirsi di botto nello scorgere le loro rispettive reincarnazioni. Silenzio assoluto,tensione palpabile, poi...

"Oh, merda... non credo di essere ancora pronto..." biascica Milo, facendo due passi indietro. Poche parole ma esaustive, non c'è che dire!

Camus si alza di riflesso senza apparentemente scomporsi, in verità lo sta studiando in tutti i suoi particolari, posso capirlo dallo sguardo felino e acuminato come non mai. Il suo sguardo, infatti, puntato verso il suo 'io del passato', non si stacca minimamente dalla sua figura, scrutandola a fondo, sempre di più, come a volerne scoprire i recessi. Anche Michela e Francesca imitano il maestro, rimanendo però sbigottite e assolutamente incapaci a parlare. Solo io resto per terra, impossibilitata a muovermi e con il cuore in gola.

Trascorrono minuti di totale silenzio e tensione dove posso ben vedere i volti feriti e stanchi di Cardia e Dègel; nonostante ciò le loro facce non riescono a mascherare lo stupore. E' comprensibilissima la loro incredulità! Dopo pochi attimi ancora è inaspettatamente Dègel a tentare di rompere la tensione immane che si è creata.

“Tu... tu devi essere Camus, il fratello maggiore di Marta... – prova come primo approccio, avvicinandosi cautamente a lui e porgendo la mano destra in segno di affabilità – Io... io sono davvero felice di conoscerti! Marta mi aveva detto che c'era una certa somiglianza tra noi, ma non credevo che tu... che tu sembrassi, in tutto e per tutto, la mia goccia d'acqua!”

Lo sguardo di Camus si sposta silenziosamente dalla mano al volto di Dègel; non c’è espressione negli occhi di mio fratello, solo e soltanto... il ghiaccio...

“Tu invece sei il Cavaliere dell'Acquario di quest'epoca, giusto? Dunque... dovresti essere mio pari in tutto e per tutto! Ho fatto.. ho fatto dei sogni sul tuo conto, so per certo che hai promesso a Marta, mia sorella, di proteggerla da qualsiasi pericolo, per questo mi sono attardato così tanto, non... volevo interferire! Tuttavia arrivo qui ed è ferita, arrivo qui e stava rischiando di morire a seguito dell'attacco di quegli esseri, e tu... e tu non c'eri, l'hai lasciata sola contro nemici ben più forti di lei... - sibila sinistramente, come una vipera in procinto di attaccare - Che razza di Cavaliere non mantiene le promesse che fa?! Questa volta è andata bene perché siamo intervenuti noi, che non avremmo neanche dovuto impicciarci, ma cosa sarebbe successo, se non ci fossimo stati?!” esclama Camus in tono freddo, stringendo i pugni con forza.

Non solo non gli ha stretto la mano, ma lo ha anche cassato di brutto! Dègel, colpito e affondato dalle parole spietate di mio fratello, abbassa lo sguardo colpevole, la sua mano ritorna mollemente al suo posto.

“Ehi tu, non so neanche come ti chiami, ma tanto per cominciare, ti calmi! Sono il primo a sostenere che Dégel sia un rompicoglioni a volte, ma solo io, che lo conosco bene, ho il diritto di insultarlo, non di certo tu che sei una sua pallida copia fatta, per giunta, male! Cosa avresti fatto tu, grand'uomo?! Mi risulta che Marta sia comunque ferita, malgrado la tua gloriosa intromissione!” interviene Cardia, prendendo le difese dell'amico. Sembra sul punto di attaccare briga, ma i miei tentativi di muovermi attirano la sua attenzione e quella degli altri presenti.

“C-Camus, tu non sai tutto quello che è successo! Dègel mi ha sempre protetta, ed è grazie a lui se...” provo a calmare gli animi, alzandomi lentamente e tentando di rimanere in piedi da sola, ma con scarsi esiti. Le gambe non mi reggono e la testa continua a girare vorticosamente. Mi sento come se... se qualcosa di oscuro di muovesse proprio al suo interno, facendomi perdere la lucidità e la coordinazione del mio corpo.

“Marta, non sforzarti, ti prego! Di una cosa Camus ha ragione: non sei ridotta molto bene, muoverti ti mette in pericolo!” mi chiama debolmente Sonia, tra le braccia di Milo, mentre le mie gambe cedono sotto il peso delle ferite. Non tocco terra, perché mio fratello, lesto, corre a sorreggermi, permettendo alla mia testa di adagiarsi contro la sua spalla.

“Marta, non devi muoverti, te l'ho già spiegato. Non sappiamo l'entità del colpo che hai ricevuto in testa, come dice anche Sonia, è pernicioso per te dimenarti in questa maniera!” mi avverte Camus, tastandomi preoccupato il corpo per controllare ancora una volta le mie effettive condizioni.

“Non è vero! Sto bene! Sto bene, davvero!!! Ma, per favore, non litigate, non...” mi dibatto, agitandomi ulteriormente.

"Va bene, non lo farò, rimanderò i convenevoli a dopo. Ora devo pensare a te!"

“Hai... ragione ad essere preoccupato per Marta e Sonia, entrambe necessitano di cure, ma... p-prima d-dovremmo andare alla tredicesima casa, perché il Grande Sacerdote di questa epoca ha indetto una riunione... penso che la vostra presenza sia necessaria, e anche quella di Eleonora e Marika!” mormora Dègel, guardando per terra visibilmente a disagio.

"Cosa?! Proprio adesso che siamo appena arrivati? Le ragazze sono ferite!" si intromette Milo, cercando una possibile scappatoia.

"E' proprio perché siete arrivati ora..." sospira ancora Dègel, fiacco. Tutti i presenti, non avendo alternative, annuiscono leggermente, vagamente prostrati dagli ultimi fatti, iniziando poi ad a incamminarsi verso la meta.

Anche Camus, prendendo un profondo respiro e facendomi accomodare sulle sue spalle, segue gli altri, non dimenticandosi però di accarezzarmi delicatamente il braccio per farmi forza.

"Marta... sarà breve, vedrai. Tu cerca di muoverti il meno possibile, ti porto io!" mi sussurra in tono dolce. Annuisco brevemente, voltandomi però verso Dègel, che è ancora fermo immobile: i miei occhi si posano sui suoi, tremendamente tristi.

“Mi dispiace, Marta, – mi parla telepaticamente lui, scoccandomi un'occhiata colpevole – ti avevo promesso che non ti sarebbe successo niente, invece per colpa della mia incapacità ora sei ferita. Tuo fratello ha ragione ad essere furioso nei miei confronti, lo comprendo bene!”

Stringo convulsamente le mani a pugno, cercando di dare sfogo al senso di tristezza che mi opprime. Vorrei tanto confortarlo con le parole e con i gesti ma non è nelle mie facoltà al momento. Sono stremata... come se non bastasse avverto sempre di più questo 'qualcosa' invadermi il cervello con la sua ombra scura e onnipotente.

 

***********

Mi da dannatamente fastidio la luce del sole, quasi come se fossi andata dall'oculista a farmi mettere le gocce, che cavolo! Vedo l'ambiente intorno a me sin troppo luminoso, quasi come se mi volesse accecare. Sibilano... le orecchie stanno prendendo a sibilarmi sempre di più, qusi avessi un calo di pressione.

Ho i brividi, le vertigini, la nausea e male grossomodo a 3/4 del mio corpo. Mi sento... totalmente devastata!

Nascondo il mio volto contro la spalla di mio fratello per tentare di avere un po’ di sollievo al senso di malessere che mi opprime. Respiro pesantemente, cercando di regolarizzare almeno quello. Il consueto profumo di pini e abeti si diffonde nelle mie narici, trasmettendomi un po' di conforto.

Non faccio che ripetermi che ora andrà tutto bene perché c'è lui, che sono al sicuro, eppure non ne sono altrettanto certa proprio perché avverto sempre di più questa gigantesca forza invadermi ogni spazio della mia coscienza.

“Marta, sei così bollente...” commenta ad un certo punto Camus, preoccupato, percependo il calore innaturale della mia pelle

“S-starò bene, fratellino, ho solo bisogno di un po' di riposo.” rispondo, cercando di rassicurarlo.

"Resisti ancora un po' piccola mia, appena avranno termine i convenevoli, ti porterò in un luogo sicuro; un luogo adatto per medicarti, e mi prenderò cura io stesso delle tue ferite. Coraggio, non cedere proprio adesso, dopo avrai tempo per addormentarti, senza più alcun dolore né pensieri: sono al tuo fianco!" afferma ancora lui, incrinando la sua voce con quella sfumatura di dolcezza che ben conosco perché utilizza in maniera speciale con me. Sorrido meccanicamente, rassicurata, avvertendo un intenso calore nel petto. Nello stesso momento, accanto a me, i due Scorpioni provano ad instaurare il primo dialogo tra loro, utilizzando come vettore Sonia.

“Quindi, Cardia... – sussurra quest’ultima debolmente, rivolta all'amico che la fissa con interesse – hai il piacere di incontrare finalmente il mio Maestro Milo!”

“Aha, ci stai comoda lì, Sonietta? – dice l'interpellato, facendo un cenno alle forti braccia di Milo che la stanno portando – Dunque tu sei il famoso Milo?! Sonia era un continuo 'Milo di qui, Milo di lì', ora capisco perché!” esclama poi con vivacità, spostando l’attenzione sulla sua reincarnazione.

“Aha! Anche tu hai una bella parlantina, a quanto vedo! Scommetto che per colpa della tua linguaccia, sei finito in grossi guai, proprio come me!” esclama Milo, ridendo e facendo l’occhiolino a sua volta. Per fortuna che lui è ben più solare di mio fratello!

“Mah, e chi lo sa, questo! Sai, non sono comunque solito a dare troppa confidenza a una persona che non conosco, sebbene questa sia il mio ritratto!” afferma Cardia, rimanendo sul vago.

Milo gli sorride bonariamente, ma non appena si accorge di essere arrivato in prossimità del tredicesimo tempio, si blocca improvvisamente, intimidito.

Cardia, stranito dal suo comportamento, fa lo stesso e la medesima azione la compiono le mie amiche, ma Camus no... Camus vuole andare diretto.

“Si può sapere che avete?! Non abbiamo tempo da perdere!” afferma, seccato, voltandosi verso Milo.

“M-ma Camus... siamo in un’altra epoca e... e la tua precedente vita ha detto che là dentro ci sono gli altri Cavalieri d’Oro, ma non sono i nostri amici, sono... altri. Come fai ad essere così tranquillo?” balbetta Milo, teso.

“Non abbiamo tempo da perdere ponendoci sciocchi problemi per lo più superflui. Marta e Sonia sono ferite, l'unica cosa che mi preme è che questa riunione si concluda presto. Avremo tempo dopo per indagare su questo misterioso nemico!” ribatte Camus, diretto.

Fisso mio fratello, avvertendo l'impercettibile tremore del suo corpo. Che sia in pena per me, o altro, non lo posso sapere con certezza, ciò che è sicuro che, al momento, è impenetrabile, come la prima volta che ci incontrammo.

“Va bene, grand'uomo! Allora varca prima tu la soglia, visto che Dègel non è ancora arrivato, ma sbrigati che stiamo perdendo più tempo ad ascoltarti che non a fare altro!” interviene Cardia, sbuffando.

Camus lo fulmina con lo sguardo, poi entra senza esitazione nel tempio. Il passo leggermente baldanzoso di chi vuole togliersi al più presto dagli impicci.

“Ma quel tipo squinternato e con evidenti problemi di socialità è davvero il fratello maggiore di Marta?! Da non crederci!” sbuffa ancora Cardia, entrando a sua volta nel tempio seguito dalle mie amiche e da Milo.

“Quel tipo squinternato e con evidenti problemi di socialità è il mio migliore amico. E' di sicuro sentimentalmente dislessico, ma cerca di moderare i termini!” lo rimprovera scherzosamente lui, sorridendo appena.

“Ah... quindi siamo migliori amici anche nel futuro?! Divino!!!”

“Dègel!!!”

La voce di un agitato Regulus interrompe il discorso tra i due Scorpioni.

Vedo il giovane Leone correre incontro a mio fratello, scambiandolo certamente per Dègel, tuttavia non appena si avvicina un po’ di più si blocca, irrigidendosi di colpo.

Il suo sguardo esterrefatto si sposta da Camus a Milo e successivamente Cardia; da me a Sonia e da Eleonora e Marika a Michela e Francesca.

Milo fa un leggero passo avanti, probabilmente per rompere il ghiaccio con la reincarnazione di Aiolia, ma Regulus scappa improvvisamente nella direzione da cui era venuto.

“Sisifooo!!! C’è un sosia di Dègel con la faccia più truce!!! Inoltre Cardia si è sdoppiato e Sonia e Marta sono ferite!!!” strepita, urlando a squarciagola. Sarebbe comico se fossimo in una commedia di Plauto, ma questa situazione è ben lungi da essere anche solo minimamente divertente!

Senza dire una parola, entriamo nella sala del Grande Sacerdote dove regna un silenzio assoluto carico di tensione; solamente gli echi dei passi delle mie amiche e dei Cavalieri risuonano nella stanza.

Istintivamente mi nascondo ancora di più dietro la schiena di mio fratello, arrossendo non poco: ecco il futuro, al quale appartengo, davanti agli occhi di tutti, tutto ciò mi fa sentire totalmente a disagio!

Una cosa è sicura: abbiamo catalizzato tutta l’attenzione, infatti tutti ci guardano con espressione sgomenta, dimenticandosi quasi di respirare.

Camus mi posa delicatamente per terra, mi passa una mano tra i capelli e mi sussurra un: "stai qui, torno subito" poi come se nulla fosse si inginocchia in segno di rispetto. Milo fa lo stesso seppur con un po’ di esitazione.

“Marta! – mi chiama Federico, correndomi incontro, facendo terminare così sia il silenzio, sia l’attenzione univoca rivolta a noi – dov'è Dègel?? Sta bene? E voi...?” mi domanda a raffica, abbracciandomi convulsamente per dare sfogo alla sua preoccupazione.

“Sono qui...”

La voce di Dègel alle mie spalle sembra rispondere alla domanda del piccolo.

“Dègel! Stai bene?” prorompe Federico, correndogli incontro e serrandolo in un forte abbraccio. E' davvero terrorizzato, non c'è alcun dubbio!

“Sto bene, stai tranquillo” risponde lui, accarezzandogli dolcemente la testam e regalandogli un leggero sorriso.

“Ma stai sanguinando dai numerosi tagli che hai subito!” continua Federico, imperterrito.

“Non ti preoccupare, non sono ulcerazioni, bensì piaghe di lieve entità, come tali, si rimargineranno in fretta!” lo tranquillizza Dègel, prendendolo in braccio e avvicinandosi  con passo incerto.

Lo vedo passare accanto a noi, superarci e andare di fronte a Sage inginocchiandosi poi a sua volta in segno di rispetto.

“Grande Sacerdote, direi che il tempo è infine giunto. Noi abbiamo fatto quanto era in nostro potere per mantenere divise le due dimensioni, ma visto che ci siamo incontrati comunque, probabilmente questo era voluto dal destino” dice, serio.

“Sì, Dègel... in fondo sapevamo già che prima o poi le vostre reincarnazioni sarebbero giunte qua, ma speravo in cuor mio di tardare ancora un po’ questo momento!” sospira Sage, alzandosi dal trono.

Dalla bocca di tutti i Cavalieri, prima ammutoliti, sfuggono esclamazioni di sorpresa.

“V-voi due sapevate che sarebbero arrivati i due sosia di Cardia e Dègel???” esclama Manigoldo, con una punta di timore.

“Non lo sapevamo con certezza, ma il Grande Sage ha avvertito nitidamente i loro cosmi arrivare in questo universo. – spiega Dègel, guardandolo – Loro sono il futuro mio e di Cardia, come potete ben vedere, data la somiglianza che intercorre tra noi!”

“V-vengono dal futuro come Marta e Sonia?” balbetta Sisifo, incerto.

Sage e Dègel annuiscono meccanicamente.

“E le due ragazze in più, allora? Anche loro hanno un cosmo, possiamo fidarci anche di loro?” domanda Albafica, accennando a Michela e a Francesca, che subito abbassano lo sguardo, vergognose.

“Sono semplicemente mie allieve, come tali si sono ritrovate qui anche loro! Garantisco io, Cavaliere dei Pesci! - risponde secco e lapidario Camus, fulminandolo con lo sguardo - In quanto reincarnazione di un tuo parigrado, ciò dovrebbe bastarti!

"Mi sarebbe bastata anche la parola di Marta, Cavaliere di Aquarius, non volevo infangare il tuo onore con le mie parole, né quello delle tue allieve, ma siete giunti qui all'improvviso, un po' di smarrimento è il minimo!" ribatté Albafica, ostentando lo stesso tono di mio fratello. Ora cosa fanno, litigano pure loro?! Che mal di testa...

“Sc-scusate, non vorremo creare casini... – interviene pronto Milo, visibilmente a disagio – siamo corsi qua perché abbiamo avvertito una sensazione di pericolo invadere tutto il Santuario. Quando siamo arrivati all'arena di combattimento Marta e Sonia stavano affrontando un gruppo di androidi, abbiamo fatto quanto era in nostro potere, ma purtroppo sono comunque rimaste ferite”

Vedo Dègel abbassare ancora di più gli occhi e serrare le mani in un pugno, testimone lampante della sua rabbia verso se stesso e del suo malessere.

“Siamo venuti qui solo per riprenderci le due ragazze, toglieremo subito il disturbo onde evitare ulteriori ripercussioni su questo tempo, ma abbiamo bisogno di sapere una cosa: voi la conoscete questa misteriosa entità che permea questa dimensione con il suo ampio e malvagio sostrato?” indaga Camus, in tono gelido.

“Mi dispiace, Cavaliere, ne sappiamo quanto voi. Siamo totalmente impotenti in questa situazione! Chi ci osserva, infatti, non appartiene a questo mondo, ed è in grado di piegare il tempo e lo spazio a suo piacimento! Non so altro!” ribatte Sage, brevemente.

“E’ un negromante...”

La voce di Marika attira l’attenzione di tutti.

“C-cosa? Voi lo avete visto?!” domanda Asmita, seduto a gambe incrociate come di consueto.

“Sì, quando Eleonora ed io siamo state prese da quei cosi, ci hanno condotto all'arena di combattimento, ed è lì che si è aperta una specie di breccia nello spazio-tempo...” mormora timidamente la ragazza.

“Frena, frena frana, ci stai dicendo che questo mentecatto ha aperto l'aria e si è palesato davanti a voi?!” chiede conferma Cardia, scettico.

“Sì, in questa apertura c’era un uomo dai capelli bianchi e neri che portava una lente sull'occhio destro, indossava un mantello lungo e nero ed era terribilmente inquietante!” continua Marika, rabbrividendo.

“Ha detto qualcosa questo uomo? E’ molto importante, ragazze!” chiede Sage, diretto.

“Sì... - prosegue Eleonora – ha detto ai due cosi che sono degli esperimenti andati a male e che non sono neanche in grado di riconoscere la merce adatta per i suoi scopi, figurarsi dei semidio. Poi probabilmente ha percepito qualcuno in avvicinamento, credo Marta e Sonia, quindi si è dileguato nel nulla congedandosi con queste parole: vedete se almeno riuscite a metterle alla prova, gli altri stanno arrivando come da piani”

“Semidio?! Esperimenti?! Ha tirato fuori proprio queste due parole?!” esclama Camus, sorpreso ed inquieto allo stesso tempo, mostrando per la prima volta le emozioni anche agli altri.

“Ora che ci penso... anche i banditi si sono riferiti a Sonia e Marta con il termine ‘semidee’, cosa c’è sotto?” indaga Cardia, guardando Camus, Milo e conseguentemente me.

“Sc-scusa Cardia, non me la sono sentita di dirvelo per paura che mi consideraste un mostro, però devi sapere che... ” inizio a dire in tono flebile, massaggiandomi le meningi, tuttavia sono costretta a bloccarmi subito dopo, avvertendolo...

 

So che percepisci la mia presenza già da un po' sebbene tenti di non darci peso; il tuo far finta di niente mi offende, piccola semidea... Allora sarò più insistente, ti renderò un servigio che non potrai in alcun modo rifiutare!

Di nuovo... quella voce che sibila sinistramente dentro al mio cervello, propagandosi ovunque...

Il piano procede a regola d'arte, sai? Tuo fratello è qui, gli altri anche...

“Basta! Basta!” strillo, prendendomi la testa con le mani e divincolandomi in preda agli spasmi.

Ah, giusto... non sei in ottime condizioni fisiche e la tua strenua resistenza sta cedendo sempre più il passo a me. In questo momento il dolore che provi non è dissimile dalla prima fase di un ictus ischemico di media intensità... ma può peggiorare, sai?

Non so più dove sono, so solo di star tremando convulsamente, in testa la netta sensazione che si sia realmente rotto qualcosa in me. Mi accartoccio istintivamente su me stessa, non vedo più nulla intorno a me, solo... il buio!

Uhm? Non sembra tu sia intenzionata a cedere il passo, vuoi dunque soffrire ulteriormente?

“Tu... tu sei la stessa entità che, da quando mi trovo in quest'epoca, continua a minacciare le persone a cui tengo, vero? Gli incubi... sono causati da te, sei dunque davvero un negromante?! Non ti permetterò di fare del male ai miei amici!!!

Apprezzo sempre l'intelligenza in deboli esseri finiti come voi, tuttavia destino vuole che la persona, anzi LE persone a cui tu tieni di più, siano indispensabili per la realizzazione dei miei piani. Per ora ti lascio stare, ma ci rivedremo presto, Marta!

 

Tum- tum -tutum- tutum- TUTUM- TUTUM!!!!!!  

 

Che diavolo sta succedendo?! Il mio cuore... il mio cuore... i battiti del mio cuore sono come impazziti; il mio corpo non risponde più ai comandi, l'unica cosa che avverto è il dolore, sto impazzendo!

“Martaaa!!!!”

La voce di mio fratello giunge alle mie orecchie sin troppo alta, tanto che quasi mi da fastidio. Vorrei aprire gli occhi e parlargli ma non riesco... non riesco!

Una mano gelida sulla mia fronte... e una sul polso. Spalanco gli occhi, colpita da quell'improvviso freddo che anestetizza tutto, persino i miei pensieri.

“La sua temperatura corporea è di gran lunga troppo alta, i battiti del suo cuore sono troppo accelerati! D-devo fare qualcosa, altrimenti...”     

La voce di Dègel, anch'essa preoccupata. Devo trovarmi tra le sue braccia, non so altro... la mia mente è sempre più un vortice nero che mi risucchia nei recessi dell'incoscienza. Una vocina mi sibila alle orecchie di non cedere ancora, non ancora!

“ Dègel, cosa diavolo le sta succedendo?! Perché ha i miei stessi sintomi? E-ehi, ghiacciolo, non sarà che tua sorella...?” urla Cardia da qualche punto non ben definito della stanza. Lontano, vicino... La sua frase rimane comunque incompiuta, svanendo negli schiamazzi generali.

Non vedo nulla attorno a me, non capisco nemmeno se ho gli occhi aperti o chiusi, ma per qualche strano motivo riesco ad intravedere il volto di mio fratello Camus. Esso è una pallida maschera di terrore, immobile, sgomento e sopraffatto dalle sue stesse paure. Solo le labbra si muovono appena, ripetendo quasi meccanicamente un'unica frase, a me totalmente oscura: "N-no... Lui... Lui si è insinuato anche dentro di te, ecco perché..."

Il passaggio da una situazione di caldo soffocante ed una di gelo pungente mi fa sussultare pesantemente, cambiando il dolore in qualcosa di più sopportabile.

“Marta, ti prego, resisti ancora un po', ti prometto che presto starai meglio, non cedere!” mi incita Dègel; la mano destra appoggiato sul mio petto e la sinistra a sorreggermi.

“L-l'ho v-visto. Ha detto che... ha detto che le persone a cui tengo fanno parte del suo ambizioso piano. I-io non voglio che vi succeda qualcosa!!! NON VOGLIO! Dègel... Camus...” riesco ancora a balbettare, prima di abbandonarmi all'oblio dell’incoscienza.

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Capitolo 15
*** Convivenza forzata ***


CAPITOLO 15

 

CONVIVENZA FORZATA

 

La mia testa... è come se fosse spaccata a metà da una falce. Me la sento esplodere, mentre immagini e suoni si susseguono frenetici intorno a me. Sto malissimo... vorrei urlare e divincolarmi tanto è il dolore.

 

Non so bene né quando, né perché, ma vengo adagiata sul letto da due braccia forti, anche se tremanti. Ansimo al limite della sofferenza, serrando ancora di più le palpebre. Quasi non riesco a respirare, mi fa male il petto, il cuore... mi sembra quasi di morire, ed è una sensazione terribile, peggio del risveglio dopo Crono.

O-oddio, n-non... che mi succede? Ho male ovunque, il braccio sinistro mi pulsa terribilmente, dal polso alla spalla. Anf, anf... mi è sempre più difficile trovare l'ossigeno.

"Resisti, p-piccola, ti prego... sono qui! SONO QUI! Ora andrà meglio!" avverto una voce terribilmente penosa da qualche parte al di fuori delle mie orecchie, unita ad una nuova sensazione di gelo che mi investe, dandomi un briciolo di refrigerio. Mio fratello è qui fuori, non... non sono sola, non più.

"Fr... fr..." farfuglio, muovendo debolmente la testa. Sono talmente sfinita da non ricordarmi se volevo dire 'fratellino' oppure 'freddo', perché sono due percezioni che ho entrambe, così come le sue mani, quelle di Camus, che dopo avermi tastato velocemente il cuore e l'addome, corrono a privarmi del disastrato peplo.

Ho un nuovo buco, non c'è più lui, mio fratello, ma... qualcun altro, ne distinguo solo la sagoma ombrosa. Mi tocca. E le sue mani su me sono insostenibili. Lo sento ridere, beffandosi di me, di noi.

Inarco la schiena di riflesso nel sentire i miei seni nudi, esposti, senza possibilità di potermeli coprire. Vorrei scappare, ho tanta paura.

"Nnnn-nooooo, anf!" tento di oppormi, il cuore nuovamente a mille.

"Marta, sono io! Devi calmarti... calmati, piccola!"

E' di nuovo la voce di Camus, ora. Ho la sua mano fresca sopra il cuore, appena appoggiata, l'altra mi sorregge il viso per non farlo ricadere di lato. Respiro con un poco più di tranquillità, lui mi bacia la fronte, rassicurandomi ulteriormente.

"Coraggio, sei forte, lo sai tu e lo so anche io!"

La consapevolezza di essere completamente nuda tra le coperte, ma con lui vicino, annebbia ulteriormente i miei sensi, spingendomi ad abbandonare ogni tentativo di resistenza.

Camus mi sistema meglio sul cuscino, mi carezza brevemente i capelli, prima di dimostrare accortezza e sensibilità di coprirmi con il lenzuolo, come a volermi proteggere da ogni male. Mi lascia comunque interamente fuori il braccio ferito, nonché il volto, perché che stanno ancora sanguinando.

Mi lascio andare ulteriormente, le sue mani sul mio corpo tremano, dense di paura, ma i suoi gesti scrupolosi per richiudere quasi magicamente le ferite sono decisi. Devo essere così fragile per lui, in questo momento, avverto con chiarezza il suo cuore stringersi davanti alle mie condizioni.

"Fr... fr..." vorrei rassicurarlo, dirgli che starò bene, che non deve preoccuparsi così per me, che la sua espressione segnata, quasi distrutta, che riesco a vedere nonostante l'incoscienza, è quanto di più doloroso possa provare in un momento così difficile, ma non riesco, non riesco a parlare, le mie labbra tremano, rifiutando di produrre il suono che rimane così incastonato nelle corde vocali.

Lo so che hai freddo, piccola mia, ma non ho altri modi per ridurti ulteriormente la temperatura corporea e rallentare così i tuoi battiti. Resisti... resisti, ti prego, tra poco starai meglio!" prova ancora a farmi forza, accarezzandomi dolcemente la fronte.

La ferita al braccio ha ora smesso di sanguinare, i tagli vengono avvolti da una luce dorata, misteriosa e attrattiva. Quando cessa, non sono rimaste che delle piccole piaghette di color rosato. Finito lì, passa alla guancia, attuando lo stesso procedimento, mi adagia meglio la testa sul cuscino in modo che io possa essere più comoda, soffiandomi poi sulla pelle con tenerezza. Anche in questo caso ciò che rimane non è dissimile da una vecchia cicatrice rosata un poco in rilievo.

Torno a respirare con maggior regolarità, mentre una sensazione di stanchezza colossale mi investe, portandomi non poche difficoltà a mantenere quella visione. Mi sento quasi scivolare nella tranquillità del sonno, le carezze che mi regala Camus aiutano questo procedimento, portandomi ad essere sempre più acquietata. Anche il corpo di mio fratello cede infine alla tensione, piegandosi in avanti. Un singhiozzo sfugge dalle sue labbra serrate. Non una lacrima, ma quel mormorio strozzato. Non so spiegare perché, ma è come se significasse molto più di quello che riesco a comprendere.

Fratellino, tu... dov'è Seraphina? Che le hai detto per venire qui? Che dovevi badare a me? Eppure... eravate così felici insieme!

E' tutto finito ora, s-sei fuori pericolo, pi-piccola mia... - biascica, sofferente, sull'orlo delle lacrime pur senza manifestarle - E' tutto finito, n-non avrei dovuto lasciarti sola fino ad adesso... non avrei dovuto! P-perdonami, a causa mia sei ridotta così, p-perché ho esitato, ho perso tempo, lasciandoti sola in un mondo troppo grosso per te. P-er... per un soffio non mi sfuggivi via... di nuovo... quando ti avevo promesso di proteggerti!" si confida, riaprendo faticosamente gli occhi e tornando a guardarmi. Di nuovo le sue dita sulla mia pelle, mi accarezzano la fronte e la guancia sana, trasmettendomi calore. Poco dopo lo avverto posare le sue labbra su di me, tra i capelli, in un tangibile palpito. Mi bacia di nuovo, con una tenerezza che mi emoziona.

"Ora dormi, mia piccola guerriera, le ferite guariranno presto e... ci sono io al tuo fianco, ora!" aggiunge, il respiro rotto. Ed è l'ultima cosa che riesco ad udire per diverso tempo...

 

10 agosto 1741, mattina

Apro di scatto gli occhi, mettendomi repentinamente a sedere in un impeto. Il braccio sinistro automaticamente protratto verso il nulla, come in un disperato tentativo di acciuffare qualcosa, mi rammenta, con una sonora fitta che lo attraversa interamente, di essere ferita.

Mi metto di riflesso l'altra mano sopra il petto, accorgendomi ben presto di essere priva di abiti.

“C-cosa?! Perché... ah!” balbetto, sentendomi divampare per l'imbarazzo, prima di ricordarmi della visione avuta prima. Fortunatamente non mi è mai capitato di dover essere operata, ma ricordo perfettamente Michela quando le è successo. La sensazione al risveglio è di totale straniamento, esattamente come sta succedendo a me ora. La mia mente è ancora confusa, fa difficoltà a rammentare la giusta sequenza delle immagini che mi si sono formate in testa.

Scrollo la testa con decisione, tornando a ricoprirmi istintivamente il seno con il braccio destro, quello che non mi fa male. Mi guardo intorno nella semioscurità, tentando di mettere a fuoco i contorni e riconoscendo così il profilo della camera che mi ospita nel 1741.

Improvvisamente i ricordi del giorno prima tornano ad investirmi come una mareggiata, trasmettendomi nuovamente la nausea al ricordo del dolore provato quando il nemico si era insinuato dentro di me. La mia testa... posso avvertire ancora la sensazione di averla spaccata a metà e di netto. E' indelebile, marchiato a fuoco in me

“La battaglia contro quel mostro, la voce dentro di me, insopportabile... N-nel sogno, dopo tutto questo, c'era...” mormoro tra me e me, tentando di scacciare le vertigini e il senso di impotenza. Abbasso istintivamente lo sguardo sul bordo del letto, e...

"C-Camus!" farfuglio, con voce strozzata, tossendo immediatamente per lo sforzo a cui ho sottoposto le mie corde vocali.

Mio fratello, forse percependo il richiamo del suo nome, si muove appena, sistemandosi meglio sul braccio su cui è appoggiato. Il suo volto è pallido e la sua espressione non è affatto serena.

Mi chino difficoltosamente su di lui, sorridendo meccanicamente nel riuscire a rivederlo. Istintivamente gli passo le dita tra i ciuffi che gli ricadono sulla fronte, tracciando poi il suo profilo. Sembra molto stanco, al punto da non riuscire a reagire al tocco.

“Allora sei qui veramente... ti sei preso cura di me!" gli sussurro, quasi commossa, ritornando a tracciare la pelle della fronte con movimenti quasi lineari.

Lui continua a non reagire, nonostante in genere abbia il sonno leggero e si svegli per un nonnulla, tuttavia le mie carezze sembrano fargli piacere, perché la sua espressione si fa un poco più distesa, le labbra si dischiudono e il respiro si fa un poco più profondo, chiaro indizio di una serenità appena raggiunta.

Scendo cautamente dal letto e provo a mettermi in piedi senza disturbarlo, notando però, con disappunto, che la caviglia destra, quella ferita dalla Cuspide Scarlatta di Cardia, non riesce molto bene a sorreggermi. Per il resto, il braccio sinistro è bendato e sulla guancia è apparsa una garza; la testa, che pure avverto ancora dolorante e fratturata, non sembra avere subito danni a lungo termine.

“Sono tutti qui... ci siamo ritrovati!” commento tra me eme, paradossalmente sorridendo, allietata nel sentire vicino a me i cosmi di tutti.

Vago, zoppicando, per la stanza, cercando qualcosa per vestirmi, giacché ho freddo. Ricordo a sprazzi quanto avvenuto, ma sufficientemente bene. Prima Dégel, poi Camus... entrambi hanno usato il loro gelo per farmi stare bene.

Mi immobilizzo al centro della camera, sospirando. Già, Dégel... chissà come se la sta passando dopo quello che è successo, Camus non l'ha trattato per niente bene, conoscendolo, avrà passato una notte insonne.

Quasi meccanicamente poso il mio sguardo sulla sedia vicino al tavolo, notando un indumento bianco su di essa. Mi avvicino lentamente e lo prendo tra le mani, un poco meravigliata: un chitone discretamente lungo e ricamato sui bordi con un vivace color dorato.

Senza esitare, lo indosso, permettendo così all'imbarazzo di scivolare via. Gli abiti sono una seconda pelle, per noi animali che nasciamo nudi, ci permettono di sentirci ancora più protetti tra noi e il mondo esterno. Questo è vero ancora più per me, non sentendomi a mio agio, il più delle volte, con il mio solo corpo. Prima di muovermi, guardo come mi ricade, sperando che, vista la tonalità di bianco, non faccia vedere più del necessario. Sicuramente sarei più a mio agio con un reggipetto, o una fascia e delle mutande, ma ci sarà tempo per richiederle quando tutti saranno svegli. Prendo un profondo respiro, trepidante, riavvicinandomi a mio fratello, ancora placidamente addormentato.

Dopo così tanti giorni di separazione, ho una voglia genuina di trascorrere del tempo con lui, magari farmi raccontare di Bluegrad, di quello che ha vissuto con Madamigella Seraphina, e cose così. Dalle mie visioni, c'era del tenero tra lei e lui, e la cosa non mi meraviglia, visto che Camus condivide la stessa essenza di Dégel. Sorrido sorniona tra me e me, mentre, appoggiandomi al comodino, torno a guardarlo. Mio fratello innamorato deve essere uno spettacolo meraviglioso, quanto vorrei che me lo raccontasse, eppure so che è molto discreto, ci vorrà tempo per 'farlo uscire dal guscio', ma ci riuscirò, eccome se ci riuscirò!

Mi siedo ancora un attimo sul letto, cercando di non ridestarlo, mentre, ancora una volta, le mie dita, quasi avessero volontà propria, gli accarezzano i capelli. Mi chino ancora una volta su di lui, dandogli un leggero bacio, della consistenza della brezza estiva, sulla guancia.

“Grazie per esserti preso cura di me, ti voglio bene, fratellino!” gli dico, grata, prima di zoppicare fuori dalla stanza alla ricerca di Dègel.

Nel tragitto da camera mia all'esterno, cerco di fare più silenzio possibile per non svegliare Federico o le mie amiche, nel caso fossero ancora nel mondo dei sogni, ma la caviglia dolorante mette a dura prova la mia resistenza, cosicché alcuni gemiti mi sfuggono comunque dalle labbra.

Arrivo finalmente all'uscita della undicesima casa dove noto, con mia grande soddisfazione, la figura di Dègel ammirare il cielo blu cobalto sopra di lui; a giudicare dalla luce, è mattina, ma non così tardi. Uhmpf, tipico di lui quando pensa, ormai credo di averlo imparato a conoscere.

“Ehi, Socrate!” lo chiamo, prendendolo scherzosamente in giro, felicissima di vederlo.

Dègel si volta, sorpreso, così noto che indossa la stessa camicia della volta scorsa, ma stavolta perfettamente chiusa e in ordine. Le mie coronarie ringraziano!

“Marta?! Sei forse impazzita?! Non puoi muoverti così ridotta, è pernicioso!” mi rimprovera, correndomi appresso e sorreggendomi. In verità non stavo rischiando di cadere, ma le sue attenzioni mi fanno sentire ancora più emozionata. Il mio cuore, letteralmente implode, accelerando il suo moto.

“Io... avevo bisogno di vederti” mormoro, imbarazzata, appoggiando la testa contro la sua spalla.

Istantaneamente il volto di Dègel assume un colore rosso vivo, sebbene cerchi di mascherarlo immediatamente.

“Sei una pazza incosciente al pari di Cardia, ecco perché andate così d'accordo voi due! - bofonchia, preoccupato, facendomi sedere sullo scalino più in alto e accomodandosi poi accanto a me - Mi lascia di stucco che... che Ca... volevo dire, tuo fratello, ti abbia permesso di alzarti conciata come sei!"

"E' molto stanco... dormiva profondamente quando me ne sono andata"

"Capisco..."

Rimaniamo in silenzio per qualche attimo, tornando a concentrarci su quel cielo blu cobalto che sembra inneggiare all'estate. Siamo in agosto, il torrido agosto, eppure non credo di aver mai visto un cielo così pulito, nel mio tempo, in questa stessa stagione. Davvero l'aria sembra diversa, più pura, meno rovente, nonostante faccia comunque caldo.

“Mi dispiace immensamente...” sussurra lui ad un certo punto, abbassando lo sguardo sulle scalinate del Tempio.

I miei occhi si posano automaticamente su quelli sfuggenti di Dègel, nel tentativo di scrutarli a fondo.

“Ti avevo promesso che ti avrei protetta da tutto, eppure ora sei ridotta così perché sono stato un incapace! Anzi, ancora di più... mi hai dovuto tu difendere da quegli strani umanoidi!” si colpevolizza, stringendo i pugni. In questo momento le sue iridi rassomigliano profondamente ad un antro abissale, lontano da tutti e oscuro sopra ogni dire. Percepisco le sue emozioni, così negative, nitidamente, proprio per questo non posso accettarlo.

“Non è vero, Dègel, tu mi hai sempre protetta in questi giorni, fin dall'inizio, questa volta è andata così, non poteva essere diversamente visto il gran numero di nemici, per cui non devi fartene cruccio!” esclamo, avvicinandomi istintivamente a lui per abbracciarlo.

Le sue guance, se possibile, diventano ancora più rosse, e così le mie. Mi è venuto naturale approcciarmi così, ma ora... cosa fare? Per una serie di interminabili secondi ci guardiamo fissi, così vicini che quasi i nostri nasi si sfiorano. Basterebbe un movimento; un unico movimento per azzerare interamente la distanza tra noi.

“Ehm, M-Marta...?” balbetta, presagendo qualcosa dal mio sguardo, tuttavia né si allontana da me, né fa niente per azzerarla, quella dannata distanza che ci separa. Posso però avvertire distintamente il suo corpo fremere notevolmente, in una disperata lotta tra ragione e sentimento.

Sarebbe davvero questione di un attimo... ma non posso, il suo cuore appartiene già ad un'altra.

Sospiro tra me e me staccandomi leggermente da lui ma rimanendo comunque in contatto; un contatto assai meno intimo ma foriero comunque di emozioni che riesco trattenere appena.

“Non voglio tu ti senta così male per me, questo è persino peggiore delle ferite sul campo di battaglia, mi capisci? ” chiedo retoricamente, intrecciando le mie dita con le sue.

Dègel sospira a sua volta, non capisco se di sollievo o perché ha condiviso, per un attimo, le mie stesse emozioni. Il suo sguardo cerca il mio, ma in un certo senso gli sfugge...

“Anche per me la tua sofferenza è insopportabile, ma so bene che questo, purtroppo, è il nostro destino di guerrieri. Tu sei forte, Marta, e non intendo solo fisicamente! Però il pensiero di vederti patire come è successo ieri mi fa stare davvero male!” mormora, appoggiandosi su un braccio e circondandomi con l’altro. Neanche lui vuole staccarsi, quindi...

“Come pensavo, sto bene grazie al tuo intervento, quindi. Sei stato tu ad abbassarmi la temperatura corporea con il tuo gelo, riportandomi ad un briciolo di coscienza, prima di svenire di nuovo" continuo, guardandolo negli occhi.

“Sì, sono stato io, ma è Camus che ti ha curato e bendato le ferite. Da quanto ho potuto appurare, ha doti sovrumane, ben più sviluppate delle mie... - mi dice, serio, passando poi a concentrare il discorso su di lui - Tuo fratello, lo saprai senz'altro, ti vuole molto bene, sai? Era... terrorizzato, davvero. Lo potevo capire dalla sua espressione. Non faceva altro che incoraggiarti a bassa voce, pur sapendo che eri svenuta. Ti ha presa in braccio e ti ha cullato, come si fa con i bambini, e ho visto in quel breve gesto tutto l'affetto che nutre per te. Ho provato un intenso moto di tenerezza verso di lui, mi sono detto che, in fondo, in questo siamo rimasti simili!” mi spiega, leggermente a disagio. Ha difficoltà a pronunciare il suo nome, nonché a parlare di lui.

Sospiro, appoggiando la guancia contro il torace di Dègel e ascoltando così il suo cuore, che ha una cadenza leggermente diversa da quella di mio fratello, batte ad un ritmo un poco più accelerato.

“Non so davvero cosa mi sia successo, io... mi sembrava di avere un'ascia piantata nel cervello e tutto il mio corpo sembrava impazzito.” mormoro, toccandomi istintivamente il petto.

“Ti è venuta improvvisamente la febbre alta e hai cominciato a contorcerti dal nulla. Io non credo alla stregoneria, né agli incantesimi, ma al momento non saprei come altro spiegare la tua crisi. Inoltre i battiti del tuo cuore erano fin troppo accelerati, hai rischiato... tantissimo... per questo anche Cardia si è preoccupato da morire per te. Marta, io davvero non so cosa sia accaduto, ma ti prometto che indagherò, non permetterò più che ti accada una cosa simile!” afferma Dègel, risoluto come non mai.

Mi alzo in piedi, tornando a fissare il cielo. Non ho mai avuto problemi al cuore o legati alla pressione, tuttavia sembrava davvero di essere nel mezzo di un attacco ischemico, o simili, ma questo a Dègel non posso certo dirlo.

“Hai parlato un po’ con Camus?” chiedo ad un tratto, voltandomi verso la sua direzione per cambiare discorso. Ripensare a quei momenti mi fa sentire di nuovo male, meglio concentrarsi su altro.

“No... né con lui né con le tue amiche, l'unico che ha provato a spicciare parola è stato Milo, è lui ad aver rotto il ghiaccio con me, sai? Mi è sembrato quasi di rivedere un vecchio amico, in fondo così è, visto che è la reincarnazione di Cardia. Gli sono... grato... di aver provato a conoscermi! - sospira, prendendosi un attimo di pausa - Tuo fratello, invece, è così... così impenetrabile! Hai asserito che il suo temperamento rassomiglia a quello di un fiocco di neve, ti credo, perché ho visto come si è comportato con te. Tuttavia, ciò che si pone davanti a me, è solo uno spesso, quanto impenetrabile, strato di permafrost...” sospira, triste, muovendo ritmicamente le dita.

Spalanco gli occhi, colpita dalla sua espressione.

“Impenetrabile come il permafrost con chiunque, uno sparuto fiocco di neve con pochi... è proprio questa la differenza più marcata tra te e lui!”

"Che cosa gli è successo, per renderlo così scostante?" mi chiede ancora Dègel, lievemente corrucciato.

"Magari lo sapessi... siamo fratelli, ma ci conosciamo da pochissimo, tutto il suo passato è avvolto nel mistero per me, ma... - è il mio turno di prendere una pausa, in vistosa difficoltà a parlare di questo - Troverete il modo di capirvi, voglio crederlo fermamente! Siete la stessa essenza, d'altronde..."

 

************

 

10 Agosto 1741, tarda serata.

Il mattino e il pomeriggio sono passati ad una velocità lampo grazie alle mie amiche appena ritrovate. Ho passato quasi tutto il tempo con loro e, ovviamente, con Dègel per aiutarlo con le faccende di casa, malgrado fosse contrario perché, a suo dire, dovrei riposare riposare. Da quello che ho capito, il Grande Sacerdote ha stabilito di far convivere Camus, Michela e Francesca nello stesso tempio di Dègel; Milo invece nel medesimo di Cardia. Abbiamo parlato moltissimo, le mie amiche ed io, tuttavia ci sono ancora un sacco di cose da raccontarci, ma spero avremo tempo più in là, visto che, tra una cosa e l'altra, è dalla battaglia contro Crono che non abbiamo un dialogo civile. Abbiamo parlato del più e del meno, ma nessuna delle due ha trattato di Bluegrad, ed io non l'ho tirato fuori, visto che, in linea teorica, neanche dovrei sapere che loro sono finite lì. Tutto questo clima di mistero, un po' mi stordisce.

Questo sembrerebbe indicare un'atmosfera familiare serena e tranquilla ma, purtroppo, così non è. Infatti, se è vero che Michela e Francesca mi hanno chiesto con curiosità di raccontare e spiegare, con dovizia di particolari, la natura ed il carattere di tutti i Cavalieri d’Oro conosciuti, è anche vero che hanno tentato in tutti i modi di non trovarsi nella stessa stanza con Dègel. Posso capirne il motivo, comunque, ma mi dispiace umanamente per lui, che fa di tutto per avere un approccio con gli altri, invano.

Al di là di ciò, è Camus quello più problematico...

Certo, con me è sempre una sorta di ‘mamma chioccia’, nel senso che mi segue ovunque e, per carità, questo mi fa anche piacere, tuttavia se si impegnasse anche un po' di più per socializzare con la sua precedente vita, si respirerebbe un clima assai più gradevole!

Ma il problema maggiore è ancora un altro...

“C-Camus, sei sicuro che non necessiti di niente?” chiede Dègel per la milionesima volta, cercando di iniziare un discorso con mio fratello che non si riduca ad una singola risposta secca seguita da un'occhiata glaciale. Il permafrost, dicevamo... no, è sin peggio!

Camus non dice niente, si limita a guardare dall'altra parte con una certa baldanza. Ecco, questo è il problema. Va bene non socializzare, ma per lo meno l'educazione, che cacchio, è quasi irritante. Sembra quasi non riesca neanche a guardarlo in faccia.

Federico, seduto accanto a me sul divano, lo guarda quasi con odio.

La situazione è la seguente: siamo nel salotto dell’undicesima casa, Federico ed io guardiamo l’ambiente circostante; Michela e Francesca sono sedute su delle sedie con il capo chino; Camus se ne sta in disparte vicino alla finestra e Dègel, non demordendo, fa di tutto per imbastire un dialogo con lui... con scarsissimi esiti.

Questo Tempio ormai è diventata sovraffollato, ci stiamo appena, ma la Giara del Tesoro è di Dègel quanto di Camus, e noi che siamo allieve di quest'ultimo, non possiamo essere da nessun'altra parte se non qui. Sospiro, guardando il soffitto. In questo momento vorrei quasi essere con Albafica, non escludo che chieda il trasferimento se questi due continueranno così, almeno lui è scorbutico ma per una ragione precisa, anche se non so quale sia. Comunque ogni posto è meglio che qua, con l'aria che si respira!

“Continueremo così per tutto il tempo in cui starete qui, Camus? Non dobbiamo essere amici per forza, ma per lo meno parlare civilmente...” sospira Dègel, appoggiando affranto la schiena contro il muro, quasi del tutto arreso alla chiusura di mio fratello.

“Una cosa giusta, tra il tuo sproloquiare, l'hai detta: non dobbiamo essere amici per forza, quindi che senso ha cianciare se non rappresentiamo nulla per l'altro?! La trovo una irritante perdita di tempo!” esclama Camus, quasi spietato.

Eccoli che ricominciano, non ce la posso fare!

“Beh, almeno hai già fatto un passo avanti: è la frase più lunga che tu mi abbia rivolto da ieri!” commenta Dègel, sorridendo appena nel tentativo si smorzare la tensione.

Mio fratello sbuffa contrariato e fa per allontanarsi, ma l’antico Acquario lo afferra istintivamente per un braccio, fermandolo, ritrovando forse nuova speranza di relazionarsi.

“Lasciami! – esclama Camus, sfuggendo immediatamente alla sua morsa, fulminandolo con lo sguardo – Cosa c'è che non va in te per continuare a tediarmi con discorsi superflui?!”

Lo scruto a fondo, percependo, forse per la prima volta, qualcosa di sinistro muoversi dentro di lui. E' molto arrabbiato, ciò non può essere legato solo alle condizioni in cui mi ha trovato, anche perché Dégel non c'entra, non stava facendo una pennichella, quando è successo, stava combattendo altrove. E allora perché è così spietato con lui? Non ne riesco a venire a capo...

“Sei la mia reincarnazione, solo per questo, come puoi dire che non rappresenti niente per me? Non pensi che ambisca a conoscerti un poco?” domanda Dègel, con naturalezza, gli occhi luminosi e un poco ingenui.

“Allora, mettiamo subito una cosa in chiaro...” comincia Camus, ma il movimento che compio per tentare di alzarmi lo distrae.

“Marta, devi andare in bagno? Hai bisogno di una mano?” mi chiede, tramutando il suo tono da freddo a dolce nell'arco di un solo secondo.

“N-no, faccio solo due passi per sgranchirmi le gambe" rispondo, a corto di parole, non avendo voglia di dialogare con lui. Ero così felice di vederlo, eppure adesso è impenetrabile, quasi mi ferisce.

"E' proprio questo il punto, non dovresti muoverti se non per ragioni di prima necessità!" prosegue però lui, avvicinandosi a me. Dei, adesso fa la chioccia di nuovo, no, non ne ho voglia.

"Sto bene, non sono impedita, riesco a fare una cosa naturale come camminare senza avere una balia, sai?" ribatto, quasi seccata, accelerando l'andatura per allontanarmi da lui, in modo da non essere toccata, perché già aveva protratto la sua mano per prendermi per il polso sano.

Lo vedo mordersi il labbro inferiore, forse abbattuto dalla mia risposta così fredda, ma non ci do peso, andando dalla finestra per vedere fuori.

“Vedi? Sei dolce con lei e con le tue allieve... eppure quando parli con qualcuno che non conosci ti chiudi nella tua apparente scorza di ghiaccio. ne parlavo stamattina con tua sorella, deve esserti successo qualcosa di terribile per alterare un uomo gentile come te in qualcos'altro!” afferma Dègel, guardandolo negli occhi, certo più che mai di quello che dice.

Le sue veritiere parole, purtroppo, hanno solo l’effetto di mettere alle strette un già esasperato Camus che, proprio come gli animali feriti, quando subentrano grosse difficoltà agisce nell'unica maniera possibile... attaccando!

“Pardieu, un novello Freud prima del tempo! E' strano che la Storia non abbia fatto il tuo nome come esimio psicologo, anche se, immagino, in questo secolo non esista ancora tale disciplina! - sibila lui, guardandolo trucemente - Tieni le tue supposizioni per te, non mi conosci, non puoi minimamente sapere le ragioni che mi hanno portato a diventare così!"

“I-io... chiedo venia, non volevo darti la parvenza di avere pregiudizi su di te. Ho solo pensato che...” prova a scusarsi Dègel, a disagio.

“Mettiamo in chiaro una cosa: ti sono grato per aver soccorso la mia sorellina ieri, mentre io ero paralizzato dalla paura, ma in tutta onestà non voglio avere niente a che fare con te! Il fatto di essere simili non significa niente, non comporta niente e non dimostra niente. Prima lo capirai e meglio sarà per entrambi convivere qui!” esclama Camus, stringendo i pugni e assottigliando ulteriormente lo sguardo, che diventa incisivo e tagliente come pochi.

“Camus, io...” inizia Dègel, tentennante, ma mio fratello non gli permette di proseguire.

“Ficcatelo bene in testa, Dègel! Non ho altro da aggiungere!”

E senza dire altro se ne va dalla stanza con passo svelto, non prima di avermi scoccato un'occhiata delle sue, che mi trafigge il petto per il significato espresso, ovvero un: "Ti consiglio caldamente di andarti a riposare, oppure..."

Sbuffo, facendo finta di nulla, dirigendo il mio sguardo altrove: "Immagino sottintendi che mi rinchiuderei nella Bara di Ghiaccio... - sibilo tra i denti, non facendomi udire da nessuno - "Peccato, Camus, che io non segua i consigli di uno che, più moribondo che vivo, ha provato ad alzarsi sei volte dal letto!"

Proprio tu, fratellino, vuoi che mi riposi, quando tu fai uguale a me, se non peggio. Non lo accetto!

Silenzio per qualche secondo, poi...

“Maestro, aspetta, non puoi fare così! Torna qui!” lo chiama Michela, alzandosi dalla sedia e prendendo la sua direzione, probabilmente non sopportando neanche lei l'atmosfera tra noi.

Francesca fa lo stesso ma, prima di uscire dalla stanza, si ferma e si volta verso Dègel, volendo dare delle scusanti per il suo comportamento.

“Mi dispiace... tanto... per il suo atteggiamento, è un momento brutto per lui. Non è cattivo, è solo chiuso e... in difficoltà... vedrete che quando si abituerà a Voi sarà il primo a sciogliersi!”

Detto questo se ne va nello stesso momento in cui Federico si alza dal divano e osserva tristemente la porta.

Dègel si lascia scivolare lentamente, la schiena contro il muro, fino a sedersi praticamente a terra, la mano a coprirsi il bel volto.

“E' la mia reincarnazione, eppure... possibile che siamo così tanto agli antipodi? Dove ho mancato?” sussurra, sconfortato.

Apro la bocca desiderosa di parlare, dispiaciuta dalla sua reazione che mi fa capire che ci teneva particolarmente a conoscere mio fratello, ma il suo monologo prosegue.

“Eppure non capisco... perché è così? Voglio dire, so che siamo due persone diverse, con due vissuti che non si rispecchiano, ma almeno l’anima è la stessa, come ho fatto a diventare così freddo e chiuso verso il mondo? Quello che il Maestro Krest voleva che diventassi... sono riuscito, infine, ad esaudire il suo desiderio in un’altra vita? Eppure io avevo scelto la mia via, indipendentemente da quella indicata dal mio maestro!” si continua ad interrogare, tremando vistosamente.

 

Lui ancora non sa il dolore che da qui a due anni lo colpirà, spezzandogli il cuore e l’anima stessa... perdere la persona amata, essere tradito dal suo migliore amico, sentirsi responsabile della morte di chi, forse più di ogni altro, gli si era affezionato come un fratello... I vostri sentimenti da esseri umani non sono infiniti, possono spezzarsi, e se questo accade... è la morte dell'anima senziente stessa!

 

Un’altra voce nella mia testa, ormai ci sto facendo il callo, ma stavolta ho capito a chi appartiene, perché riconosco perfettamente il suo cosmo, sebbene ora più rispendente di luce e nettamente diverso, come il giorno e la notte: "S-siete Crono, vero? Stavolta vi ho distinti! Ma cosa volete da me, cosa mai..."

 

Sono io, ma non è questo il tempio delle risposte, Marta. La tua scelta, ricordati la scelta... sarà determinante!

"La mia... COSA?"

 

Fisso inebetita la luce, accorgendomi appena di essere perfettamente consapevole di quanto proferito dal dio del tempo. Già, ho fatto una scelta, ma... quale? E' così ovvio, eppure così misterioso...

Nello stesso momento Dègel si alza, aiutandosi con il braccio, riscuotendomi dai miei pensieri.

“Marta! Federico! Ho bisogno di rimanere un po' da solo a pensare... perdonatemi...” ci dice, allontanandosi anche lui.

Sospiro tristemente, non sapendo se seguirlo per dire qualcosa o rimanere immobile; ad ogni modo il gesto di Federico, che mi viene appresso in lacrime, mi toglie ogni dubbio: restare con il piccolo, che mi sembra piuttosto agitato. Anche lui è un mistero per me, avrei così tante domande da porgli, tanto per cominciare come faceva a sapere che mio fratello sarebbe giunto qui, ma temo non sia questo il momento idoneo.

“Non voglio, non voglio che Dègel stia male e soffra così! Perché tuo fratello non lo capisce?! Dègel soffrirà già tanto tra due anni, non è giusto che provi dolore anche adesso, merita un po' di felicità anche lui!” singhiozza, stringendosi a me.

Ah, quindi il piccolo conosce anche il futuro... ma chi sarà mai questo bambino?!

"Se ti chiedessi... come fai a conoscere tutte queste cose, mi risponderesti?" pongo finalmente un quesito, cercando il suo sguardo, che ora è lucido ma sempre determinato. Ben oltre a quello di un normale bambino.

"..."

"Ecco, appunto! - sospiro, buttando platealmente fuori aria - "Forse non dovrei neanche fidarmi di te, ma percepisco che vuoi sinceramente bene a Dègel..."

"Dégel è mio amico... tuo fratello ha dimenticato cosa voglia dire essere Dégel, ma non posso fargliene una colpa..."

Parla ancora per enigmi, 'sto soldo di cacio, mi confonde ancora di più, ma... per una qualche ragione assurda, pur non comprendendolo appieno, riesco a seguire il filo logico del suo discorso, come verità celata nella mia anima

"Cosa posso fare io?" gli domando, la gola secca.

“La scelta... devi ricordare quella scelta, innanzitutto, è da lì che è nato tutto!"

Sobbalzo a quella rivelazione, accorgendomi che le parole usate sono le stesse del Divino Crono.

"Federico... che legame hai, tu, con il dio del tempo?! E soprattutto, con QUALE delle due parti?"

So per certo che non mi risponderà, o che cambierò discorso, ma non riesco più a trattenermi. A questo punto, il bambino si stacca leggermente da me, dandomi la schiena. Ha il viso di un infante, le lacrime a fior di palpebre, ma è maestoso, sin troppo.

“Tuo fratello si sta avventurando in una strada senza uscita, si sta... smarrendo, ormai è solo questione di giorni prima di cominciare a perdere, piano piano, sé stesso e il controllo di sé..." mi dice solo, chiudendo gli occhi.

Ingoio a vuoto, in attesa che prosegua, la gola non è più solo secca, è proprio arida, mi fa male, sembra quasi di avere delle puntine acuminate che mi raschiano: "Ed io cosa ne posso...?"

"Puoi tutto... o niente... dipenderà dalla tua scelta, ancora una volta!" mi dice, ancora, prima di uscire dalla stanza e chiudere la porta dietro di sé. In un impeto d'urgenza, lo seguo a ruota, uscendo in corridoio per riacciuffarlo, ma... non c'è più nessuno!

Istintivamente il mio sguardo, attirato da un lampo, naviga verso l'esterno, mentre un borbottio lontano tonfa tra le pareti, che vibrano appena. Ho una paura folle adesso, non mi raccapezzo più, forse un'unica persona potrebbe farmi stare bene, così naturalmente come solo lui sa fare. Rabbrividisco, un nuovo lampo, un nuovo tuono, prima di prendere una decisione: devo andare da Cardia, il più presto possibile!

 

*************

10 Agosto 1741, notte.

 

Scendo faticosamente le scale che collegano, credo, la decima casa alla nona. La visibilità è al minimo causa burrasca di mare, ma non ho intenzione di arrendermi.

Mi stringo forte sulle spalle il mantello chiamato 'Himation', ovvero l’abito fatto in lino usato dalle donne dell’antica Grecia, Dègel ne aveva un paio in casa, non so dove li abbia reperiti, ma non ha importanza adesso.

Ho perso un sacco di tempo nel cercare Federico, non avrei mai immaginato potesse dileguarsi nel nulla, ma lo ha fatto, non l'ho più trovato, si è davvero volatilizzato, e questo ha incrementato ancora di più i miei dubbi già preesistenti. Così è successo che sono uscita di soppiatto proprio nel pieno dell'infuriare della bufera di vento, neanche fatti tre passi fuori dal Tempio dell'Acquario, che ero già scola.

Trascino a fatica il piede destro, cercando al contempo di non cadere e di non far volare via il mantello. Non so con precisione dove mi trovo, ma di una cosa sono sicura: riuscirei a riconoscere la Casa dello Scorpione anche nell'oscurità più completa. Ho bisogno di loro, di Cardia, soprattutto, ma anche di Sonia e di Milo, che non sono nemmeno riuscita a salutare per bene, non troverei requie a rimanere nel letto, non con tutte le cose che ho in testa.

Improvvisamente una folata di vento più forte delle precedenti rischia di farmi sfuggire via il mantello dalle mani. Nell'atto di voltarmi per impedire ciò, il rimbombo di un tuono caduto nelle vicinanze mi fa perdere totalmente l’equilibrio, così, in meno di un secondo, mi ritrovo poco più sotto con un ginocchio, quello destro, completamente per terra e dolorante, mentre l’altro piegato per rimanere in equilibrio.

Lentamente provo a rimettermi in piedi ma un dolore acutissimo alla testa e al braccio ferito mi impedisce di compiere il movimento, facendomi ricadere a terra. Camus ha curato le mie ferite, ma queste non fanno che pulsare selvaggiamente, trasmettendomi nausea. Forse avrei dovuto ascoltarlo, per una volta, non strafare come mio solito...

Per un po’, intontita come sono, avverto solo lo scrosciare irrefrenabile dell’acqua picchiarmi su tutto il corpo. Devo essere zuppa e patetica, accetterei davvero di farmi vedere in simili circostanze dai due Scorpioni?! Forse faccio ancora in tempo a tornare indietro, ma poi odo una voce in lontananza...

“E santi numi, Martaaa!!!”

“C-Cardia?” sussurro, confusa, non riuscendo a capire se si tratta di un sogno oppure no, ma il rumore di passi in avvicinamento mi toglie ogni dubbio.

Immediatamente sento delle braccia forti mettermi seduta e coprirmi con un altro mantello, ben più impermeabile del mio. Scrollo la testa, sentendomi ancora più scola, mentre vengo abbracciata in un impeto.

“E poi sono io il pazzo! Ma che ti è saltato in mente stanotte?!” esclama Cardia, cercando di sembrare polemico, ma non vedendo alcuna reazione verbale da parte mia, incomincia a mostrarsi realmente preoccupato.

“Ehi, Marta! Martaaa!! Apri gli occhi! Aprili!!” comincia ad urlarmi nelle orecchie, frastornandomi ulteriormente.

“Ti sento, eh! Non c’è bisogno di urlare!” biascico, aprendo gli occhi e posando le mie mani sulle sue braccia.

“Uff, mi stai facendo perdere un sacco di anni della mia già breve vita, lo sai questo? No? Te lo dico schiettamente!” afferma lui, frullandomi la testa con gesto un poco impacciato.

“C-che fai qui? Come mi hai trovata?” chiedo, scostandomi un poco dal suo corpo caldo e muscoloso. Non posso vedere bene il suo volto, ma posso avvertire limpidamente il suo imbarazzo salire fino alla punta dei capelli.

“Il mio cuore... ho sentito come un peso impossessarsene, per questo motivo, seguendo il suo suggerimento, sono giunti qui!" mi spiega con naturalezza.

"Ah, giusto! Tu non segui il cervello, ma direttamente il cuore!" asserisco, un poco divertita, sorridendo tra me e me.

“Stai tremando...” nota semplicemente lui, tastandomi istintivamente il petto e... b-beh, si nota che non è esperto come Dégel o mio fratello, perché le sue movenze sono... poco aggraziate, diciamo.

“E-ehi, Car, stai tranquillo, il cuore va bene, puoi smettere di... ehm, controllarmi... sto tremando per il freddo di Dég..."

“C'ero anche io ieri alla convocazione speciale, eh, ti ho visto, e ho sentito che avevi una tachicardia piuttosto inusuale, quindi risparmiami la parte in cui mi dici che stai bene... BALLE!"” mi interrompe, alzandosi di scatto in piedi e portandosi dietro il mio corpo, che si appoggia a lui come sostegno. Le sue mani corrono in basso, a prendere tra le dita i lembi della maglia che indossa.

Ho già capito le sue intenzioni...

“Cardia! Che diavolo vuoi fare? Fermati!” lo blocco, stringendogli i polsi.

“Uff, perché fai sempre domande stupide quando faccio per spogliarmi?!” mi stuzzica, in tono di sfida.

“Non dire scemenze, non voglio che tu...” inizio a dire, ma non ho il tempo di aggiungere altro che lui, alla velocità della luce, si è già denudato della maglia e, senza troppi convenevoli, me la infila indosso.

“Tu le persone non le ascolti mai, vero? Avevo già il mantello, non avevo bisogno di..." biascico, cercando di mascherare l'imbarazzo.

“Esattamente! Allora si va!” risponde lui, allegro.

Faccio per alzare lo sguardo e chiedergli il significato della sua frase, ma Cardia è nuovamente più veloce di me e mi prende in braccio, di nuovo senza troppi convenevoli.

No, di gran lunga, le persone lui non le ascolta, mai!

“Per gli dei, ma cosa fai?! Dai, lasciami... LASCIAMI, ho detto, è tremendamente imbarazzante!” ululo, completamente rossa in viso, non avendo la più pallida idea di dove mettere le mani. In linea teorica, dovrei arpionarmi a lui, come una principessa appena salvata, Michela al mio posto, sarebbe ben lieta di passare un meraviglioso quarto d'ora in braccio ad un esemplare maschile così ben fornito, tuttavia, io, assai meno preparata di lei a gestire simili situazioni, racchiudo le mie mani tra le cosce, non sapendo dove altro posarle.

“Ssssh! Che hai da gridare?! Hai intenzione di svegliare tutto il Santuario?!?” mi riprende scherzosamente Cardia. Se lo potessi guardare in volto avrebbe il classico sorriso canzonatorio, lo so. Beato lui che riesce ad essere così naturale in quello che fa, io vorrei sprofondare.

“M-Milo e Sonia dove sono?” domando, cambiando bruscamente discorso, tossicchiando violentemente.

"Hai anche la tosse?!"

"N-no, certo che no, scemo!"

“Comunque non finirai mai di stupirmi, sei tra le braccia di un Cavaliere d'Oro, se solo lo volessi, ti darei il permesso di toccare ovunque, addominali, pettorali, spalle... e la tua prima richiesta è di sapere dove sono gli altri due. Sei proprio fatta strana, eh!" ridacchia, compiacente.

"..."

"Ad ogni modo, dormono come due beoti appena ricongiunti, uno abbracciato all'altro, nonostante il caldo. Loro sono tranquilli, ero io che mi stavo crogiolando nella preoccupazione per qualcosa di ignoto... Beh, avrei dovuto immaginarlo che fossi finita in qualche guaio, conciata come sei dovresti stare a letto a dormire, tu invece vai a spasso!” prosegue nel suo discorso, come se niente fosse.

Non dico nient'altro, un leggero movimento mi fa capire che Cardia si è messo in marcia verso la sua casa , del tutto incurante del peso (alias me) che sta portando. Chiudo gli occhi, tentando di rilassarmi completamente, la stanchezza si fa sentire, tuttavia non mi sento affatto a mio agio qua sopra. Lui ha ammesso candidamente che mi farebbe toccare di tutto di lui... come diavolo fa a dire simile simili così con una naturalezza disarmante?! Cioè...

“Piuttosto tu, signorinella, dove diavolo credevi di andare con questa burrasca?! Perché sei scappata dal Tempio, eppure hai ritrovato il fratello che ti mancava così tanto, pensavo avreste passato più tempo insieme!” esclama lui, con una punta di rimprovero nella sua voce.

Automaticamente dalla mia bocca fuoriesce un sospiro. Ecco, malgrado la mia posizione, a parlare mi sento molto di più a mio agio, sono contenta abbia cominciato lui il discorso.

“E’ proprio questo il problema! Lui... ha mostrato una faccia diversa dall'idea che mi ero fatta sul suo conto, io... quasi non lo riesco più a riconoscere, oppure, mi chiedo, non l'ho mai conosciuto, a fondo. So solo che Dégel ha provato a dialogare con lui, ma è stato impossibile, gli ha risposto male, sgarbatamente, troppo e... e gli incubi poi, la sensazione che stia per accadere qualcosa di imponderabile... - tento di spiegargli, portandomi una mano al petto. - mi rendo conto di essere tornata a tremare, con più intensità rispetto a prima - La verità è che Camus mi ha fatto paura e avevo bisogno di allontanarmi e di... parlare con qualcuno, Cardia. Per questo ti stavo cercando: tu sei l’unico capace di farmi sentire spontaneamente bene!”

Il mio tono di voce è salito fino a strozzarsi, mio malgrado. Quell'ombra scura in Camus, che ho avvertito distintamente, cosa può essere? Perché questa orrenda sensazione? E poi... e poi il dialogo con Federico, quello è la chiave di tutto il mio malessere, ma di questo non posso certo trattare a lui, non avrei neanche le parole per farlo!

“E-ehi, non piangere Marta, intesi? Non mi piace vederti o sentirti così. Tu stavi cercando me, giusto? Quindi non pensare a quello da cui sei scappata lassù” sussurra Cardia, con una dolcezza che non sono solita scorgere in lui.

“Mi dispiace, io... sono piuttosto brava a farvi preoccupare. Dégel mi ha detto che anche tu hai avuto paura ieri, anche per questo sono qui, per chiederti scusa...” mormoro in tono colpevole, rannicchiandomi finalmente contro il suo petto, la sua pelle bagnata sotto la mia guancia.

“Quello che ti ha detto quella spina nel fianco di Dègel è vero, vederti in quelle condizioni senza una ragione apparente mi ha rammentato ricordi spiacevoli. Tuttavia non ha più senso parlarne, come non ha senso che tu mi chieda scusa per una cagata simile in cui non c'entri nulla! - afferma, perseverante e genuino come suo solito - Di altri è la colpa, di qualcuno che non è qui, a quanto dice Sage, ma che prenderò volentieri a calci in culo quando ne avrò l'occasione!” esclama, posizionandomi meglio tra le sue braccia.

Senza quasi accorgermene, non sento più cadere le gocce di pioggia sul mio corpo. Guardandomi intorno, per quanto permette la vista, mi accorgo che siamo entrati nel Tempio dello Scorpione. Mi acquieto ulteriormente, come se quella quattro mura, da sole, funzionassero già come una catarsi.

Senza esitare, quasi come se avesse già una mappa in testa su come muoversi al buio, Cardia mi porta in una stanza e mi posa delicatamente sul divano, poi accende una piccola lanterna e varie candele che teneva negli armadietti.

Alla luce delle suddette, riesco a scorgere il corpo scolpito e temprato dai numerosi allenamenti di Cardia. Nulla è fuori posto, tutto è perfetto ed armonioso allo stesso tempo, la schiena tonica, i muscoli ben sviluppati e la pelle abbronzata. Mi è già capitato di vedere il torace di Milo, quello di Cardia non è molto diverso nella sua interezza. Raffino lo sguardo, intravedendo qualcosa sull'ampio petto, in prossimità del cuore, una cicatrice oblunga e incisiva, come quella di un bisturi della nostra epoca, verticale, che traccia gran parte dello sterno, essa è netta e un poco più chiara, portandomi a comprendere che deve essere parecchio datata.

Nello stesso momento in cui io, mio malgrado, perdo letteralmente le bave su quella manifestazione della sua nudità, il suo sguardo si solleva, incrociandosi con il mio, traslucido, cogliendomi totalmente in flagranza.

“Sì, però... però copriti!!! – prorompo, voltandomi dall'altra parte, completamente rossa in viso – Dannazione, Cardia, probabilmente sai di non avere un corpo ordinario, ma evita di mostrarmelo così, su due piedi!” aggiungo poi, sottovoce, rivolta più a me stessa che a lui. Mi ha beccato in pieno, ed io, come una scema, a guardarmelo da capo a piedi!

Una nuova coperta sopra di me, seguita da una poderosa ‘frullata’ sulla mia testa, quasi fossi un micio miagolante e completamente fradicio.. cosa che, in effetti, non si discosta così tanto dalla realtà.

“Aha! Ma allora ce li hai pure tu gli stimoli, o almeno così sembra, vista la reazione insperata. Mi lusinga! - mi prende in giro, spupazzandomi - Scema, non c'è bisogno che ti imbarazzi in questa maniera con me!”

Non diciamo più niente, né io, né lui, per un paio di minuti, il tempo per asciugarmi alla ben meglio.

Lo osservo sedersi di fianco al divano con noncuranza, del tutto indifferente al fatto di essere completamente fradicio, a busto scoperto. E' un bel ragazzo che, se solo volesse, ne avrebbe cento che, con uno schiocco di dita, gli cadrebbero ai piedi, eppure non sembra così interessato all'argomento.

“Cardia, ti ammalerai se non ti asciughi... smetti di pavoneggiarti e stai attento alla tua salute, piuttosto!”

“Ah, mi starei pavoneggiando, secondo te? Nah, io amo stare scoperto, ho sempre caldo, se fosse per me farei andare tutti in giro nudi, come mamma li ha fatti! - afferma, ancora più gaudente, prima di regalarmi un sorriso malizioso - Oppure, sei tu, furbina, a volermi mascherare la reazione che, molto probabilmente, ha avuto la tua..."

Ma per una volta il mio movimento, consistente nel lanciargli la coperta addosso, è più veloce di lui.

“Ehi, birba! Ti avevo detto che...” si lagna quindi lui, sbuffando.

“Sì, sì, tu dici sempre un sacco di cose, ma in questo caso è meglio agire, vieni qui che ti asciugo per bene, peste!” rispondo, sorridendogli raggiante.

Cardia arrossisce nuovamente, strofinandosi la fronte con fare imbarazzato, poi si accosta a me e si lascia ‘frullare’ anche lui. Pareggio!

Al termine dell’operazione, mi sdraio stancamente sul divano, totalmente felice e tranquilla, mentre Cardia (sempre a petto nudo, ovvio!) poggia la testa sulla sponda del sofà.

Mi giro lentamente verso di lui, sorridendo quando i miei occhi si posano sui suoi, che mi fissano con interesse.

“Non vorrai dormire lì!”

“Ovvio, non ti voglio certo lasciare sola in un simile frangente! -risponde lui, chiudendo gli occhi con fare indifferente - Notti agitate passate a chiamare tuo fratello nel sonno, poi lo rivedi e fa il pirla! Ci penso io stanotte, a te!"

Non riesco a trattenere una risata, prendendogli istintivamente la mano destra tra le mie, facendolo sussultare.

“Grazie per tutto quello che hai fatto per me... grazie, davvero! Ora sono tranquilla!” lo rassicuro, con occhi luminosi.

“Ugh, hai... hai finito di cianciare?” ribatte lui, diventando completamente rosso. Non l'avrei mai detto, ma è quasi adorabile.

Alzo un attimo lo sguardo, ripensando al modo in cui Cardia mi ha trovato, nonché alla cicatrice presente sul suo petto. E' inusuale quel segno, soprattutto considerando che siamo nel XVIII secolo, se fossimo nella mia epoca, lo accosterei immediatamente ad un intervento cardiaco d'urgenza, ma così non me lo spiego affatto.

“Cardia, ma il tuo cuore... cosa ha che non va?” trovo infine il coraggio di chiedere, voltandomi di nuovo verso di lui.

Il suo viso rilassato e soddisfatto, appoggiato sul sofà, mi fa capire che si è beatamente addormentato e che, ancora una volta, non risponderà alla mia domanda.

“Lo fai apposta, eh? Quando ti chiedo qualcosa sul tuo cuore, in un modo o nell'altro, riesci sempre a eludermi!” gli sussurro, accarezzandogli i capelli con dolcezza, mista ad un po' di mestizia.

Poi lentamente, quasi inconsciamente, con ancora le dita tra i suoi ciuffi ribelli, scivolo anch'io tra le braccia di Morfeo.

 

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Capitolo 16
*** Nuovo giro al Grande Tempio ***


CAPITOLO 16

 

NUOVO GIRO AL GRANDE TEMPIO

 

11 Agosto 1741, mattina

 

“Miseria! Potevi avvertirmi che Marta era arrivata qui!”

La voce trillante di Milo mi fa risvegliare dal sogno che stavo facendo e che, quasi miracolosamente, scompare dalla mia testa con la stessa tranquillità con cui si era formato.

“E come?! Ronfavate della grossa, voi due!” prorompe Cardia, sbuffando.

Sorrido tra me e me, ritrovandomi a pensare che questo è uno dei risvegli più dolci di questi ultimi tempi, il che è tutto dire!

“Paguri, non urlate che Marta si sveglia!”

Mi muovo leggermente, attirata dal suono della voce della mia amica Sonia, probabilmente l’unica persona normale e razionale a vivere nelle quattro mura del tempio dell'ottavo segno zodiacale.

“Ecco! Complimenti, siete riusciti a ridestarla!”

“Intanto ero già semisveglia, Car!” biascico, aprendo gli occhi ancora appiccicosi.

Noto che Cardia è ancora allegramente a petto nudo, mentre Milo ha un’espressione furba dipinta sul volto, Sonia invece è coperta di bende su tutte le braccia e la fronte, ma la sua espressione non fa trasparire il minimo dolore.

“Voi due non me la raccontate mica giusta eh... - dice Milo, guardando me e Cardia con sorriso sornione – Innanzitutto vorrei sapere cosa ci facesse la mia reincarnazione a torso nudo...”

“Ma sei anche tu svitato come quel pazzo del tuo amico Camus?! – prorompe Cardia, completamente rosso in viso – Non facevo un bel niente!”

Sonia accorre tempestivamente in suo aiuto.

“Perché tanta sorpresa? E’ appunto la tua reincarnazione e anche tu, caro Milo, poco si manca che non giri completamente nudo per la tua casa. Di cosa ti meravigli, quindi?”

“Tu! Come ti permetti a parlare così del tuo maestro?! Una sonora punizione non te la leva nessuno!” prorompe Milo in tono giocoso, iniziando a fare il solletico a Sonia, la quale cade a terra per la sorpresa, ridendo a crepapelle. Anche Cardia ridacchia divertito, ed io non posso fare a meno di sorridere di fronte a questa scena ricca di affetto e simile ad una tipica scena familiare.

Fossero anche Dègel e Camus così, e invece... ci sarà mai un modo per farli andare d'accordo?

Quasi automaticamente provo ad alzarmi, ma il dolore istantaneo al piede destro mi fa ricordare che, per il momento, sono impossibilitata a muovermi. Le restanti ferite si rimargineranno in fretta, ma la caviglia colpita da Cardia ha qualcosa di strano, sembra quasi che le terminazioni nervose in quella zona lì siano andate a farsi una vacanza ai Caraibi, rendendomi, di fatto, inferma. inferma.

“Ehi, piccola cosa hai?” mi chiede Milo, tornando serio, avvicinandosi a me con fare preoccupato.

“Giusto! Me ne sono dimenticato, maledizione!” si rimprovera Cardia, dandosi una botta in testa e correndo in cucina. Pochi secondi dopo torna con un panno bagnato e delle bende.

“Mi dispiace, Marta... non potevo sapere che il colpo verso quel coso inquietante sarebbe rimbalzato indietro, finendo per colpire te che ti sei lanciata nel proteggermi... - inizia Cardia, dopo avermi sollevando il mio abito fino al ginocchio – La Cuspide Scarlatta è il mio attacco peculiare, stimola il sistema nervoso procurando, nella vittima, un dolore indicibile, avrei preferito non fartela mai provare sulla tua pelle...”

Nego con la testa, abbracciandolo con delicatezza. Sorprendente davvero con quanta naturalezza riesca a compiere un simile gesto, considerando il mio usuale imbarazzo con l’altro sesso, ma con Cardia... è tutto così diverso!

“E’ tutto a posto, non devi scusarti di nulla. Inoltre lo sappiamo benissimo che sei un tipo sbadato, Cardia!” gli dico, grata, mentre lui ricambia la stretta sorridendo imbarazzato.

“La situazione che si sta delineando non porterà nulla di buono né da una parte né dall'altra, eppure... è così bello vederli insieme, non trovi, Milo? ” sussurra Sonia, sospirando rumorosamente.

Milo la guarda interrogativamente, non riuscendo a capire pienamente quanto proferito dalla giovane allieva, tuttavia il discorso viene troncato sul nascere da due voci fin troppo famigliari.

“Martaaaa!!!”

Le esclamazioni di Francesca e Michela, appena sopraggiunte di corsa, catalizzano l’attenzione sulle due nuove venute. Sembrano preoccupate per qualcosa, ma come mai? Oh, miseria, è vero!!! Me ne sono andata dal tempio dell’Acquario senza dire niente!!!

“Buongiorno, ragazze!” le saluta Milo, allegro.

Le mie amiche non rispondono, essendo i loro sguardi focalizzati su Cardia, sui suoi pettorali, sui suoi muscoli, sulla sua pelle abbronzata... Insomma, su tutta la beltà che si sono ritrovate improvvisamente davanti!

“Uao, che dolce risveglio trovarsi uno così!” commenta solo Michela, con espressione sgomenta, aprendo automaticamente la bocca nella più sincera contemplazione.

“Macché, non mi ascoltano... quasi quasi mi spoglio anche io, così forse mi guardano e ricambiano il saluto!” commenta Milo, ironico, mettendosi in mezzo per sfoggiare il suo più ammaliante sorriso.

“Finiscila, idiota, ne abbiamo già uno che è più nudo che vestito, non ne occorre un altro!” lo riprende Sonia, sbuffando sonoramente e trascinandolo nuovamente di lato.

Cardia si alza lentamente in piedi con fare soddisfatto, un po' ubriaco di tutte le attenzioni sul suo fisico da statua greca.

“Che c’è, pargole?! Non avete mai visto un ragazzo a petto nudo?!” le stuzzica sottile, mettendosi le mani sui fianchi.

Francesca, per tutta risposta, soffoca una risata dentro di se, non riuscendo più a trattenersi:

“Chi lo sa, Cardia, forse è in parte come tu dici, ma oltre a ciò siamo contente di vedere che, in Milo, non è cambiato praticamente nulla nell'arco di più di duecento anni, vero Michela?”

“Hai proprio ragione, Fra! Pur rimanendo due persone distinte e diverse hanno molto in comune. E' bello vedere, per esempio, che vi spogliate sempre; bello per voi, ma anche e soprattutto per noi che... ammiriamo due gnocchi invece di uno!” continua Michela, vivace. Non sono sicura abbia colto tutto il senso di quello che voleva dire Francesca con la sua allusione, ma sono davvero felice di averle ritrovate, mi mancavano davvero tanto!

“Bene, ora che siete arrivate a questa brillante deduzione, potete anche smettere di guardarmi come se fossi qualcosa di raro. Sapete, ho un cuore, due braccia e due gambe come voi altre!” le punzecchia leggermente Cardia, probabilmente non apprezzando il fatto di essere eguagliato a Milo. Conoscendolo a fondo, ci tiene veramente molto alla sua personalità.

“Siccome ci siamo praticamente tutti, potremo andare a salutare e a conoscere gli altri Cavalieri d’Oro! Non vedo l’ora di sapere tutto su di loro!” propone Milo, mettendo le braccia dietro la testa.

“Grande idea, mio omonimo, o quasi! E come facciamo visto che Marta non può camminare?!” domanda Cardia, guardandolo.

“Più che altro... - intervengo, attirando l’attenzione – è che sono praticamente scappata dalla Casa dell’Acquario, Dègel e Camus saranno di certo...”

“Marta... Camus non è in casa, si è allontanato e Dégel dorme ancora, stai tranquilla, non si sono ancore resi conto della tua assenza...” spiega Francesca, in un tono strano, che oserei dire ambiguo.

Inutile dire che le sue parole mi fanno solo preoccupare di più.

“Camus si è allontanano dal Tempio?! in un momento simile?!? Solo l'altro giorno siamo stati attaccati, e lui..."

"Sai com'è fatto tuo fratello e..."

" Certo che lo so, Michela, ma è proprio per questo che sono così agitata, non dovevate permetterglielo, dannazione!"

Sono scalpitante, quasi vorrei correre fuori dall'ottava casa e andarlo a cercare, ma Milo attira la mia attenzione con una leggere carezza e tossicchiando, mi giro dunque verso di lui, che deve percepire il mio stato.

"Marta... Camus ha bisogno di stare un po' da solo, non volergliene, gli è... costato molto... venire qui e ti ha ritrovata ferita, sentendosi quindi ulteriormente responsabile per i danni che hai subito..."

“Oh...” mormoro, rimanendoci un po’ male. Milo come sempre è comprensivo, sa quali tasti toccare per fare sentire meglio le persone, o, se solo volesse, pungerle a morte. Questi due eccessi che convergono in lui mi hanno sempre affascinata, come la sua fedeltà nei confronti di Camus, il suo modo di porsi, ma le sue parole mi hanno comunque recato un dispiacere tangibile che, ancora una volta, riaffiora nella mia espressione dolente.

"Riesci a percepire quanto tu sia importante per lui, piccola, nonostante lo conosci da così poco?" mi chiede, accucciandosi davanti a me e discostandomi un ciuffo.

"I-io credo di sì..."

"Credi in me, che lo conosco da molto più tempo, il bene che ti vuole è immenso e non è pentito della sua... scelta... non lo sarà mai, ma... - mi dice altre parole ambigue, un poco rammaricato - ma dagli il tempo di digerire questo nuovo... mondo... e le conseguenze delle sue decisioni..."

Non ribatto nulla, non capendo pienamente il reale significato, ma la gravità del discorso, il dolore di mio fratello, questo sì, è come se fosse dentro di me. Alzo lo sguardo, incrociandolo con quello di Michela e Francesca, che invece sembrano partecipi pienamente di ciò che sta dicendo lo Scorpione, infatti hanno la medesima espressione.

“Tanto meglio se i due cerbiatti non possono interferire, tanto con loro ci si annoia e basta! – prorompe improvvisamente Cardia, prelevandomi con ben poco garbo dal divano e mettendomi in spalla, neanche avesse fretta di togliermi dalle 'grinfie' della sua controparte del presente – Andiamo quindi a fare un giro al Grande Tempio, bastiamo noi per divertirci, inoltre il sole splende in cielo, sarebbe un peccato sprecarla, no?!"

“F-FERMO! – balbetto, in tono alto, tanto che Cardia volta la testa verso di me, stupito e un po' preoccupato – P-prima non puoi rivestirti? Mi crea disagio toccarti la p-pelle”

“...Già, forse hai ragione! Si sta così bene nudi, con questo caldo fuori, ma se davvero hai tutti questi problemi, posso fare lo sforzo di rivestirmi” rimugina, fissandosi il torace del tutto privo di peli.

Tutti i presenti, tranne me, scoppiano in una fragorosa risata, mentre io discosto lo sguardo al limite dell'imbarazzo.

 

************

 

“Ed eccoci pronti per la grande scalata!” sentenzia Cardia, appena arrivati in vista della prima casa, dopo aver fatto una piccola stradina che ci ha permesso di saltare i templi sottostanti e collegarci direttamente all'inizio del Grande Tempio.

“Uff, e chi se lo sarebbe immaginato che vi è un sentiero poco battuto come scorciatoia per il Santuario!” commenta Milo, ridacchiando, mentre con la mano si leva via le foglie dal capo. Più che 'sentiero poco battuto' direi una vera e propria pista per gli animali selvatici, vista l'immensa vegetazione che lo ricopre. "Speriamo di non esserci beccati delle zecche" rimugino, mentre la mia mente mi porta, per un istante, al passato e alla mia Liguria.

“Eh! Eh! Ben pochi la conoscono, infatti. Diciamo che per uscire inosservato dal Santuario conosco varie scappatoie, ma tu mi sorprendi, Milo! Visto che sei la mia reincarnazione dovresti conoscerle anche tu!” spiega Cardia, allegro.

“Quando ero piccolo sapevo molti trucchi per fuggire via, effettivamente non ero molto diverso da te, Cardia. Poi, crescendo, sono successe alcune cose e... non so neanche come spiegarlo adeguatamente, ma sono diventato un'altra persona, più... vecchia, ecco!” spiega Milo, sorridendo amaramente.

Dalla sua espressione capisco che si sta riferendo al trauma per la perdita di Camus e a tutte le innumerevoli battaglie combattute per Atena.

Cardia lo scruta attentamente per un po’, poi inizia a camminare con passo deciso verso il tempio dell’Ariete.

“Uff... di nuovo le scale” si lamenta Francesca, guardandomi con invidia.

“Già... c’è chi non ha fortuna e chi, invece, ne ha molta. Anche se io, cara Marta, col piffero che avrei chiesto a Cardia di rivestirsi, me lo sarei palpato per benino, anzi!” commenta Michela, sorridendomi maliziosamente.

"MICHELA!!!" le intimo di tacere con lo sguardo, arrossendo di colpo. Ci mancano giusto i pensieri poco casti su di me e sul mio amico, come se non fossi già abbastanza imbarazzata dalla situazione.

“Shion!!! Dai, vieni! Ho portato gli amici!” esclama Cardia, una volta entrato dentro al tempio con tutto il gruppo al seguito.

Sento un singulto sfuggire dalle bocche di Milo, Michela e Francesca al suono del nome del futuro Grande Sacerdote. Probabilmente nessuno di loro si era realmente reso conto di essere nell'epoca della Guerra Sacra combattuta proprio da Shion e Dohko.

“Cardia! Si può sapere cosa...?” chiede Shion, appena sopraggiunto frettolosamente, ma si blocca non appena scorge la figura di Milo.

“Uhm... s-salve...” mormora Shion a disagio.

“Shiooon!!” prorompe improvvisamente Milo, avvicinandosi notevolmente a lui.

Il futuro Grande Sacerdote indietreggia appena, discostando lo sguardo e sussurrando un: "S-sì sono io, posso fare qualcosa per Voi?"

“Cavolo! Sapevo che eravamo nel 1741, ero a conoscenza della tua presenza qui, ma non mi ero reso conto... cioè, vedere persone conosciute in un'altra epoca è sempre uno shock!” continua Milo a raffica, stritolandolo improvvisamente in una morsa assai simile a quella di un serpente.

“Milo, dannazione! Parli troppo!!!” lo rimbecca ad alta voce Sonia, pestando con forza un piede.

L'interpellato spalanca gli occhi, quasi si fosse accorto solo in questo preciso momento di aver rivelato il futuro.

“Ooooh, merda! Io non volevo...”

“Non ti preoccupare, Marta è già stata costretta dalle circostanze a rivelarmi che sopravvivrò a questa guerra. Comunque ti prego di non aggiungere altro, M-Milo...” lo prova a tranquillizza Shion, tentennando un attimo nel pronunciare il nome del futuro Cavaliere di Scorpio.

“Uhm, sei diverso dal Shion che conosciamo noi! – interviene Michela, avvicinandosi anche lei – Sembri meno… imperiale! Addirittura ti sei riferito al 'voi' nel parlare con Milo, devi sapere che, nella nostra epoca, siamo invece noi a... ”

Un nuovo brivido scorre lungo la mia schiena nel momento stesso in cui Michela comincia a sproloquiare come suo solito, per fortuna Francesca è lesta a tappargli la bocca.

“N-niente! Parla soltanto perché ha la lingua in bocca!” esclama lei, rispondendo all'occhiata stranita di Shion. Cinque minuti che siamo qui a parlare e già casini su casini, parole di troppo e cose così... non va per niente bene!

“Bene, io direi che ora ce ne andiamo, quatti quatti e tanti saluti, vero, amiche?” chiede retoricamente Sonia spingendo, più in fretta possibile, Michela e Francesca verso l’uscita.

“Aha! Aha! Le tue amiche sono proprio divertenti!” mi dice Cardia ridacchiando, dopo aver salutato un ancora interdetto Shion, si dirige verso l’uscita e quindi verso la Casa del Toro.

 

A metà della scalinata, però, Michela si arresta di colpo e si volta arrabbiata verso Sonia e Francesca.

“Perché mi avete spinto via?! Volevo rimanere ancora un po’ con Shion e parlare con lui, giacché non ha quell'aria inquietante come nella nostra epoca! Nel 2011 non posso chiacchierare, questo sembra più umano, e allora perché...?”

“Perché parli troppo, Michela! Siamo un un'altra epoca, dovresti averlo capito, ormai, e tu stavi spifferando a Shion che diventerà Grande Sacerdote! Sai cosa potrebbe comportare ciò?! Stiamo già interferendo troppo per le'equilibrio della nostra dimensione!” esclama Francesca, sostenendo lo sguardo dell’amica con aria di sfida.

Michela, abbassa la testa e si morde il labbro.

“Oueee! Co'’è questa novità?! Il buon vecchio Shion diventerà Grande Sacerdote?! Il pulcino si trasformerà in un gallo di assoluto rispetto?!” interviene Cardia, divertito da quelle rivelazioni.

Francesca lo guarda terrorizzata, consapevole di aver parlato troppo a sua volta.

“Ecco, brava Fra! Poi sono io eh?! E' sempre colpa mia, anche quando sono gli altri a fare casini!” prorompe Michela, mettendosi a correre verso la ormai vicina Casa del Toro.

Dall'alto della mia postazione osservo confusa la scena, chiedendomi il motivo di una reazione così smodata. E sì sa che Michela è sempre stata così eccessiva già di suo, ma ora mi pare ancora più instabile emotivamente.

“Da quando ha litigato con Hyoga basta davvero poco per farla scattare...” sospira tristemente Francesca, guardandola sparire nel tempio.

“C-cosa?! Che sono questi gossip?!” chiede delucidazioni Sonia, ignara di quello che è accaduto poco prima della nostra partenza. Ricordo della furiosa litigata tra lei e Hyoga, anche se, ad onor del vero, quest'ultimo ha subito in silenzio. Michela è venuta a sapere per bocca dello stesso biondino dell'implicazione del suo ragazzo nella morte di Camus, la reazione è stata piuttosto accesa. Lei si è affezionata molto a mio fratello, lo vede come un padre, il padre che non ha mai avuto, ed è sempre stata molto impulsiva, ma QUANTO effettivamente siano andati a fondo nel dialogo, lei e Hyoga, non lo so. Che Michela sia arrivata al punto di lasciarlo?

“Sì, è successo l’ultima notte che abbiamo trascorso nel nostro tempo, perché...” inizia a raccontare Francesca, ma un tonfo sordo proveniente dell’interno del tempio del Toro attira la nostra attenzione.

“Accidenti... scusa!” esclama la voce di Michela, oltremodo imbarazzata.

Istantaneamente Milo, Francesca, Sonia ed io ci mettiamo a ridere sotto lo sguardo stralunato di Cardia che non capisce il nostro tempestivo cambiamento di umore.

“Non ci posso credere!!! E’ andata a sbattere anche contro il Cavaliere del Toro di questa epoca!” sghignazza Francesca, tenendosi le mani sulla pancia.

“Ahahah!!! Mi ricorda tanto l’incontro con Aldebaran nel nostro tempo!” le faccio eco, divertita, mentre senza aggiungere altro Cardia riprende il cammino verso il secondo tempio.

Una volta arrivati, proprio come avevamo predetto Francesca ed io, troviamo Michela per terra che contempla esterrefatta la figura colossale dell’omonimo del nostro Toro del presente.

“Oh, cielo! Scusa, piccoletta, non volevo farti male!” dice quest'ultimo, tirando su da terra Michela, mentre una vaga sensazione di deja vu mi invade la mente.

“Buongiorno, Hasghy” lo saluta festosamente Cardia, dandogli pacche sulla schiena.

“Uff, Cardia! Sai bene che ho rinunciato a quel nome, ora sono semplicemente Aldebaran!” ribatte lui, leggermente a disagio.

“Ah, capisco, quindi Aldebaran non è il tuo vero nome...” mormora Francesca, pensierosa.

Il Cavaliere del Toro annuisce, poi domanda:

“Cosa fate qua?”

“Niente, porto in giro il me stesso del futuro e le piccolette, è divertente, sai? Per la prima volta mi sembra di fare la balia di qualcuno, aspetta solo che lo racconti a Dègel, ahaha!” risponde Cardia, divertito più che mai.

“Certo che è proprio strano, ancora stento a crederci!” dice Aldebaran, facendo per incrociare le braccia al petto ma Milo, più veloce, gli afferra la mano destra.

“E’ un piacere! E’ un piacere conoscerti!” afferma, scuotendogli con forza il braccio.

“P-piacere mio... Milo, suppongo, giusto? Sembri la goccia d'acqua di Cardia, davvero!” mormora Aldebaran a disagio.

Siccome per i restanti minuti Milo non accenna a muoversi dalla sua posizione con sguardo trasognato, e dato che non abbiamo tutta la vita davanti per rimanere alla seconda casa, Sonia decide di intervenire nuovamente.

“Andiamo, Milo, su, che in questo momento mi sembri davvero un cane che ha fiutato qualcosa e che pertantp non accenna a muoversi!” afferma lei, afferrando Milo per la maglietta e strattonandolo fuori dal tempio.

Dopo aver salutato con un sorriso un assai divertito Aldebaran, ci incamminiamo anche noi verso l’uscita.

“Non ci resta che andare fino alla Casa del Leone anche perché, se conosco bene Manigoldo, anche lui sarà andato a fare una passeggiata fuori per schiarirsi le idee!” ci avvisa Cardia, sorridendo allegro, ma l’ombra che per un attimo attraversa i suoi occhi non sfugge al mio sguardo.
 

*************

Come predetto da Cardia, attraversiamo sia il tempio dei Gemelli che quello del Cancro senza trovare nessuno.

“Perché Manigoldo non c’era?” domando scettica al mio amico, il quale sospira.

“Se per Dègel e Sisifo, che hanno un elevato grado di cultura, o per Regulus che è ancora praticamente un bambino, è stato facile credere subito alle vostre rivelazioni e accettare la presenza di Milo e quell'altro essere, alias tuo fratello, per Manigoldo e per me non è così semplice!” mi spiega lui, con il respiro un po’ affannoso. Deve essere faticoso portare un peso morto, ma oltre a questo Cardia mi ha esplicitamente detto che, nonostante tutto, fatica ancora a credere alla nostra reale provenienza.

Giungiamo alla Casa del Leone e ne varchiamo la soglia, ma non abbiamo neanche il tempo di chiamare il custode che sentiamo riecheggiare nella stanza i passi di qualcuno, più precisamente Sisifo, appena entrato dalla parte opposta del tempio.

“Regulus! Mi hai chiamato?” chiede, mentre noi ci aggrappiamo ad una colonna nella penombra per non disturbare. Cardia mi posa a terra, arruffandomi brevemente i capelli con gesto giocoso.

Come dal nulla vediamo apparire una scheggia gialla che attraversa il corridoio e si fionda proprio sullo stesso Sisifo.

“Maestro! Maestro! Sto male!!! Sto male, ho detto!” urla, cominciando a saltellare e a girare intorno al Cavaliere del Sagittario .

“Uao! Non sapevo fosse anche il suo Maestro, così come Aiolos è stato insegnante di Lia!” commenta Sonia, sorpresa, a bassa voce.

“Cosa c’è, Regulus? E’ successo qualcosa?” domanda Sisifo iniziando a preoccuparsi per gli atteggiamenti strambi del suo allievo.

“Sto davvero male! Sto davvero male, e ho capito perché! Sono Cardia, Maestro!!!” continua il piccolo Leone, imperterrito.

Il diretto interessato, seduto vicino a me, si alza leggermente, non capendo cosa c’entri lui in un discorso simile.

“Cardia? Cos...?” inizia Sisifo, interdetto, ma Regulus lo blocca.

“Mi sento divampare... il mio cuore batte all'impazzata quando sono... beh, quando sono in presenza di Sonia! Ho la tachicardia, Maestro, quindi sono Cardia!!!”

Sento un singulto sfuggire dalle labbra della mia amica. Voltandomi verso di lei noto che le orecchie e le guance hanno assunto un colore praticamente viola. Istantaneamente.

“Eh! Eh! Hai l’antenato di Aiolia come ammiratore, e brava la nostra Sonia!” si congratula Milo, sussurrando a bassa voce e dando gomitate alla propria allieva, la quale lo fulmina con lo sguardo.

“Sisifo... – continua Regulus, imbarazzatissimo – mi verrà un infarto come a Cardia? E' così che morirò???”

Sisifo sorride con dolcezza, poi accarezza delicatamente la testa del piccolo Leone, negli occhi una gentilezza quasi paterna.

“Certo che no, sciocchino! La malattia che ti ha colpito non è nulla di pericoloso per la tua salute, anzi, proprio grazie a questa diventerai ancora più forte. Sei innamorato, Regulus, per la prima volta nella tua vita... per questo che il tuo corpo reagisce così!”

“Davvero?! – esclama Regulus, spalancando la bocca sorpresa – Cosa vuol dire ‘essere innamorato’? Sei sicuro che il mio cuore non sia malato come quello di C...”

“Ma la finite di parlare di me?! interviene Cardia, uscendo di scatto dalla sua postazione e andando verso di loro con passo furioso.

“C-Cardia?! Cosa fai qui?!” domanda Sisifo, guardandolo esterrefatto.

Il Cavaliere dello Scorpione non lo calcola nemmeno, furibondo più che mai.

“Perché quando c’è qualcosa di anormale parlate di me?! Sempre, e che diamine!!! Cardia qui, Cardia lì... 'non morirò come Cardia, vero?', noooo, sì, forse... Perché, a quanto pare, io devo essere il metro negativo del Grande Tempio!” grida, alzando ancora di più i toni.

Non sapendo come comportarci, abbandoniamo anche noi il nostro nascondiglio, sentendoci in colpa per aver assistito ad una scena così intima.

“Cardia, calmati! Va tutto bene...” lo implora Sonia, afferrandolo per un braccio, nel farlo però incrocia lo sguardo di Regulus, sussultando visibilmente.

“S-Sonia!! Ma tu eri dietro?! Questo vuol che... Aaaaaa!!! Devo andare a nascondermi!!!” urla Regulus, scappando via di corsa in direzione delle stanze private.

“Regulus, aspetta!” - lo chiama Sisifo, apprensivo, posi si volta verso di noi - Perdonatemi, ragazzi, ora devo andarlo a recuperare, se rimanete qui, quando torno, possiamo parlare!" ci assicura, seguendo poi il piccolo.

Nella stanza cala un silenzio imbarazzante...

“Perché diavolo Regulus doveva usare me come metro di paragone? Questo mio cuore, è tale e quale al vostro o al loro, eppure, no, se non va qualcosa devo essere per forza io l'anormale!” sibila Cardia con rabbia, posandosi una mano sul petto e chiudendo gli occhi.

Eccola di nuovo... la tristezza che certe volte pervade il sempre allegro Cardia, mio amico, mio... migliore amico! Mi avvicinano a lui, zoppicando, avvertendo il suo malessere, nel mentre lo abbraccio forte rimanendo però in silenzio. Non so niente sul suo ipotetico problema cardiaco, eppure...

“C-cosa ha il tuo cuore?” domanda Milo, incerto, posandosi, di riflesso, la mano sopra il torace. Una strana ombra negli occhi.

“Niente! Cosa deve avere?!? – esclama Cardia, sciogliendo bruscamente l’abbraccio – Mi ci manca che anche voi pensiate che sono un mostro anormale!” aggiunge infine, mettendosi a correre verso la sesta casa senza nemmeno aspettarci.

Lo guardiamo andare via, non sapendo come comportarci in seguito alla sua reazione così snaturata.

“Che cosa ha?” chiede Michela, cupa.

“Non lo so, non mi hai mai detto niente nemmeno a me...” sospiro, triste, prima di incamminarmi, con passa incerto, verso la casa di Asmita. Con Sisifo parleremo un altro giorno, forse è meglio così per il momento.

 

***********

“Cardia, calmati! Non credo che ti reputino anormale per una bazzecola simile, su! Regulus ha fatto il paragone con te perché era vittima di un qualcosa a lui sconosciuto, se solo provassi ad immedesimarti un po' in lui, riusciresti a capire!”

La voce pacata di Asmita il Filosofo ci accoglie all'entrata del tempio della Vergine.

“Non mi interessa! Per colpa di quello stupido micio dimezzato, Marta e gli altri stavano per venire a conoscenza del mio cuore, come puoi dirmi di immedesimarmi in lui?!” la voce alta ed acuta di Cardia è in giusta contrapposizione a quella di Virgo.

“Non è colpa di nessuno, lo sai bene! Ma perché poi ti fai di questi simili problemi? Non te li sei mai posti da quando ti ho conosciuto, infatti noi tutti qui sappiamo del tuo stato, ad eccezione dei nuovi arrivati” ribatte Asmita, serio.

“Ho vissuto un’infanzia da schifo per via del mio cuore! Non voglio che anche Marta mi consideri... diverso...” si giustifica Cardia, in tono basso.

“Ah, capisco, è per Marta che fingi di non aver QUEL problema, per paura che lei, così come i tuoi genitori, ti possa abbandonare...” comprende Asmita, addolcendo un po' il tono di voce.

“Ehm, ehm... scusate...” tossicchia Milo, attirando l’attenzione dei due interlocutori.

“Buongiorno! Felice di conoscervi ufficialmente!” saluta Asmita, sorridendo e accennando con il capo verso Milo, Michela e Francesca. Cardia invece rimane in silenzio, in disparte.

“Ciao!!!” trillano vivacemente le mie amiche, tentando di alleggerire l'atmosfera.

“Permettete una domanda esistenziale per conoscervi meglio... quale è lo scopo della vita, secondo voi?” chiede il Cavaliere della Vergine, pacato, come se nulla fosse.

“No, non ci credo... di nuovo!!!” esclama Francesca, ridacchiando tra sé e sé finalmente rilassata.

“Ahahah!! Sono proprio uguali, è vero! L’anima è la stessa, d'altronde!” le fa eco Michela, saltellando.

“Scusate, non comprendo la vostra risposta...” mormora Asmita, rimanendo interdetto.

“E’ la stessa domanda che ci ha posto la tua reincarnazione quando ci ha conosciuto”

“Sssshh!! Ma stai zitta, Michela!!!” la rimbrotto ad alta voce, non potendo comunque fare alcun movimento tempestivo per fermarla. La caviglia mi pulsa fastidiosamente, è già un miracolo che mi abbia condotto fin qui.

“Non fa niente, mi fa piacere sapere che, nel futuro, sarò simile a come sono oggi!” si tranquillizza Asmita, rilassato.

Un eventuale risposta viene però bloccata da dei passi frettolosi sempre più vicini a noi, sollevo automaticamente la testa verso la loro direzione.

“Per Atena!!! Siete qui!” sento dire da una voce alquanto familiare. Incespico da sola nei miei piedi, riconoscendo Dègel nella figura che, correndo, si sta approcciando a noi. Il cuore sussulta, una volta sola, prima di avere una parvenza di calma.

“Uff, cane e gatto si sono finalmente trovati, alla buonora, eh!” sbuffa Cardia, contrariato, riferendosi a Camus e Dègel appena sopraggiunti.

Mio fratello si ferma all'istante, guardandolo torvo, mentre Dègel si approccia a me, sinceramente preoccupato per le mie condizioni.

“Non vi ho più trovate in casa, ho temuto il peggio, ma per fortuna state bene!” - dice frettolosamente, non riuscendo a controllare una certa agitazione - Marta... la prossima volta però avvertimi, non voglio certo controllarti, ma..."

“ ‘Stare bene’, mio caro Dègel, è uno dei tuoi amati... come si chiamano? Eufemismi?! - interviene risoluto Cardia, frapponendosi tra me e lui - Marta mi ha raccontato dei vostri bisticci ieri sera. A causa tua e dell'altro acefalo là che mi guarda male, è scappata ieri notte nelle sue attuali condizioni che, come sappiamo, non sono certo rose e fiori... Vedete di andare d'accordo, o chiederò al Grande Sacerdote il suo affido nella mia dimora, visto che Sonia, Milo ed io siamo di certo più affiatati di voi, non che ci voglia un genio, comunque!" conclude il lungo monologo, sbuffando.

Dègel abbassa lo sguardo, arrossendo a dismisura, io faccio altrettanto, sentendomi come una sottospecie di bambina da dare in adozione alla famiglia più stabile.

“Hai ragione, Cardia, non immagini quanto mi dispiaccia questa situazione, ma... non dipende solo da me!” farfuglia, pentito, il capo chino.

Di diverso parere è, invece, mio fratello, il quale senza troppi complimenti, si avvicina a lui e lo sfida con lo sguardo.

“Questi non sono affari tuoi, Scorpio! Marta è mia sorella minore, so io cosa è meglio per lei, e non permetterò di certo che si continui a frequentare con un tipo inaffidabile come te! Inoltre... mi spiace dovertelo dire, ma sono l'unico suo consanguineo in questo mondo, non credo proprio che il Sommo Sage accetterà la tua proposta!” ribatte, tagliente, espandendo il cosmo a mo' di avvertimento.

“Come ti permetti di decidere per lei quali rapporti può avere?! Marta ed io siamo ottimi amici, ora arrivi tu e pretendi di sapere tutto... Chi stracazzo credi di essere, Camus dell'Acquario?! Fai scegliere a lei chi può frequentare!” prorompe Cardia, alzando il pugno come a voler usare le mani.

"Sono suo fratello maggiore, tanto basta per..."

"Ah, davvero un ottimo fratello maggiore, sì, dove cazzo eri in tutti questi giorni che Marta è stata qui?" lo provoca ancora Cardia, ben certo di avere molte frecce al proprio arco.

"Questi non sono affari tuoi!"

"Non lo sono?! Forse! Almeno sai che la tua sorellina minore che dici di amare, invocava una notte sì e l'altra pure il tuo nome?! Te l'ha detto questo?!?"

Abbasso lo sguardo, trovando improvvisamente interessante la mattonella sotto i miei piedi, mentre sento lo sguardo apprensivo di Camus su di me. Avrei preferito che questo non venisse a galla, ma la lingua di Cardia è più veloce di un pitone.

"Tu giungi qua, nelle vesti del fratello maggiore per eccellenza, pensando di trattare tua sorella come se fosse un giocattolino, perché 'so io cosa è meglio per lei' - fa la vocetta Cardia, con tutte le intenzioni di ferirlo verbalmente - La verità è che tu non c'eri quando lei invocava il tuo nome, non ci sei mai stato questi giorni, l'hai lasciata sola, in un mondo che non conosceva. Non sei quindi nelle condizioni da atteggiarti, tanto meno di parlare!"

Mio fratello abbassa lo sguardo e stringe i pugni, sentendosi ulteriormente in colpa, poco dopo sibila tra i denti un "stai zitto!" che non porterà a nulla di buono, ma Cardia non ha finito il rimbrotto.

"Troppo facile, così! Ora..."

Faccio per intervenire, spaventata per il clima che si respira e infastidita per non essere stata contemplata in una discussione che riguarda me, ma la voce imperiale di Asmita blocca tutti i presenti.

“Vi prego di non altercare nella mia dimora, anche se sarebbe meglio che non litigaste affatto!”

Tutti i presenti quindi tacciono, ancora tesi dallo scambio di battute avvenuto poc'anzi. Milo guarda compartecipe il suo migliore amico, ben sapendo cosa sta passando in questo periodo turbolento, ma non riesce a muovere alcun passo nella sua direzione.

“Camus, è così che ti chiami, giusto? – continua poi Asmita, mantenendo la calma più assoluta – Perché ti comporti così? Hai detto che Marta è tua sorella, quindi è comprensibile tu voglia proteggerla, ma Cardia non ha solo difetti come invece tu hai lasciato intendere... è senza dubbio poco affidabile su alcuni campi, tuttavia puoi porre in lui la tua fiducia, così come la riponi in Milo, a meno che... non ci sia qualcosa nel tuo animo che ti fa agire così. E' forse... paura quello che scorgo in te? Cosa temi, giovane Aquarius? Cosa sai... più di noi? lo interroga pacatamente, scrutandolo a fondo con quegli occhi che, anche se non vedono, riescono arrivare ben più in là dell'umano sguardo.

Vedo mio fratello irrigidirsi di botto, stringendo forte i pugni nel sentirsi in trappola. E' impossibile capire i suo sentimenti, in questo momento è chiuso al mondo come non mai, non c'è alcuno spiraglio per passare oltre. Faccio un passo nella sua direzione, ma le sue parole mi immobilizzano.

“Anche se ve lo raccontassi non potreste comunque capire!” esclama, uscendo di colpo dalla sala della Vergine, ferito nell'animo.

Rimango a fissare, con occhi spenti, la direzione presa da mio fratello, mentre un nodo mi si stringe al petto, provocandomi una fitta dolorosa nel vederlo così dannatamente instabile. La riesco ad avvertire, la frattura insanabile dentro di lui, esiste, c'è, ed è sempre più profonda e buia... mi atterrisce.

"Dea Atena, ti prego, proteggilo... - odo appena l'invocazione di Milo per la divinità in cui crede, come se si trattasse di un'accorata preghiera - Questa volta rischia davvero di fratturarsi irreversibilmente, e Hyoga ed io, stavolta, non abbiamo il potere di fare alcunché..."

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Capitolo 17
*** Punto di incontro tra i libri ***


CAPITOLO 17

 

PUNTO DI INCONTRO TRA I LIBRI

 

12 Agosto 1741, mattina.

 

“Camus! Sei qui?” chiedo ad alta voce, girovagando per la Casa dell'Acquario con sguardo perso. Dove diavolo è andato ad infilarsi adesso?!

Ieri dopo essersene andato dal Tempio della Vergine, non lo abbiamo più trovato (di nuovo!) e a nulla è servito cercarlo nei dintorni. Volatilizzato!

Certo, Milo ci ha rassicurato dicendo che, quando non vuole farsi trovare, Camus è irreperibile e solo quando lo desidererà lui si farà rintracciare in qualche modo, dice che ha più di una ragione per comportarsi così e Michela e Francesca sembrano concordare, nonostante mi abbiano aiutato cercarlo, però... una volta bene, due no, senza neanche darmi spiegazioni! Sospiro pesantemente, un po' stizzita dal suo comportamento.

Dopo una notte totalmente insonne, ghermita dall'ansia e da mille pensieri,percependo la sua aurea vicina, lo sto cercando per tutta la casa, urlando con tutte le forze che ho in corpo e non ottenendo risposta. La caviglia mi duole ancora e le ferite non si sono risanate del tutto, tuttavia sono talmente presa nella sua ricerca da darci poco peso. Sbuffo sonoramente, rendendomi conto che un simile atteggiamento è comprensibile, io stessa tendo ad isolarmi quando sto male per qualche motivo, ma almeno avvertire gli affetti, che cacchio, non sparire nel nulla senza neanche scrivere un bigliettino!

A quest'ultimo pensiero, mi mordo il labbro inferiore: chi sono io per arrabbiarmi così? In effetti io medesima, l'altra sera, sono scappata senza avvisare nessuno, e non è stata neanche la prima volta, quella. Crogiolandomi in una tale risma di cogitazioni diverse, per un fortuito caso il mio occhio cade sulla porta semiaperta della biblioteca.

“Che mio fratello sia lì?” mi chiedo retoricamente, spalancandola completamente ed entrando lentamente dentro. In punta di piedi, mi dirigo automaticamente verso l'ala della biblioteca specializzata in Filosofia. Non ho una pista sicura su dove andare, ma il mio cuore mi dice di seguire questa direzione.

Finalmente sorrido soddisfatta, notando con piacere che le mie teorie si sono rivelate giuste: Camus, infatti, avvolto da un delicatissimo chitone bianco, che mette in risalto il suo fisico tonico, anche se un po' smagrito rispetto all'ultima volta che indossava una veste simile, è girato di spalle a contemplare un immenso scaffale. La sua attenzione è completamente rivolta su un libro dalla copertina rilegata in pelle, ciò non gli permette di accorgersi del mio arrivo.

Subito un misto di sollievo e di rabbia invade il mio corpo nel vederlo così tranquillo e rilassato mentre noi, da ieri sera, siamo agitate per la quasi venuta alle mani sua e di Cardia. Mi avvicino a lui con passo felpato, la calma del vulcano che sta per eruttare.

“SEI UNO SCEMO!!! Si può sapere cosa diavolo ti è saltato in mente?!” gli urlo contro, facendogli prendere un risalto tale da farlo quasi appendere allo scaffale davanti.

“M-Marta?!” esclama voltandosi di scatto, appena ripresosi.

“Sai che non ho dormito stanotte?! E tutto perché tu hai avuto la brillante idea di sparire nel nulla per la seconda volta consecutiva! Non un bigliettino, non un avvertimento... abbiamo pensato addirittura di trovarti in un crepaccio, giacché qui in Grecia ce ne sono tanti!” affermo, con una punta di stizza nella voce.

“Addirittura in un dirupo?! So badare a me stesso, dovresti ben saperlo, sono tuo fratello maggiore, del resto!” ribatte lui, secco, riprendendo il libro, che noto essere il 'Timeo' di Platone, tra le mani.

Il timbro della sua voce mi spiazza e, un po', mi ferisce. Non usava quel tono con me dai primi giorni del nostro incontro, ormai mi ero quasi dimenticata di cosa si provasse ad avere a che fare con il 'vecchio' Camus, inamovibile, irraggiungibile, austero e quasi spietato. Cederò il passo questa volta, l'ultima cosa che vorrei è litigare con lui.

“Scusa, io... ero solo preoccupata per te... Sai, è da un sacco di tempo che non ci vediamo e in questi giorni non abbiamo avuto occasione di parlare. Mi sei mancato tanto, fratellino...” biascico,imbarazzata, discostando lo sguardo nella migliore interpretazione dell'espressione detta 'da cane bastonato'.

Lo vedo sussultare mentre, voltandosi completamente dopo aver posato il libro, mi scruta con occhi profondi e... un poco a disagio. Non ne capisco il reale motivo, ma anche io mi sento imbarazzata, tanto da mantenere lo sguardo basso. Ho davanti a me mio fratello, che ho imparato ad amare e a conoscere passo per passo, eppure, quest'esperienza in un tempo non nostro, sembra cambiarci sempre più radicalmente. Camus esita nell'accorciare le distanze tra noi, come se ci fosse un muro, ma alla fine, raschiandosi la gola, trova il coraggio di parlarmi.

"Marta... guardami un secondo negli occhi, per favore..." mi esorta con non poca difficoltà.

E' una richiesta strana, proferita in un tono quasi angosciato, ma lo eseguo, incrociando finalmente i miei occhi blu come i suoi. La sua mano si muove goffamente verso di me, mi accarezza il volto, come se fosse la prima volta che mi vede, percorrendo con le dita gli zigomi fino a scendere sotto il mento, e poi i capelli, intessendo trame sottili. Per qualche strana ragione, le sue carezze mi danno una sensazione strana, questa volta, non più solo protezione, come di consueto, ma anche qualcos'altro di inspiegabile. Percepisco solo... che non sarà più come prima, nel bene e nel male.

Vedo il suo sguardo farsi sempre più lucido, le labbra tremano appena, poco prima di soffermarsi con i polpastrelli dei due pollici appena sotto gli occhi, andando oltre la corporeità per toccare la mia anima.

"Non puoi che essere tu... ora lo so per certo"

"Ca-Camus?" lo chiamo in un sussurro strozzato, preoccupata nel vedermelo così trasparente in tutta la sua fragilità.

"Marta, p-posso... stringerti a me, per un solo attimo?"

"M-ma certo! Quando mai hai avuto bisogno di chiedermi il..."

Non faccio in tempo a finire la frase che vengo avvolta dalle sue forti braccia, una mano dietro la mia testa e l'altra sulla schiena. Il mio cuore accelera a quel gesto, mentre anche le mie, di mani, si posano sulla sua schiena, in una stretta intensa ed emozionante al tempo stesso.

“Perdonami, non era mia intenzione trattarti in malo modo, prima, ma è un momento molto difficile per me... - mi spiega lui, tremando appena - Anche tu... anche tu mi sei mancata, piccola mia, non sapevo dove ti trovassi ed ero terrorizzato all'idea che ti potesse essere successo qualcosa. Poi, un giorno, ho avuto la sensazione che tu fossi al mio fianco, potevo quasi sentire le tue braccia su di me, come a volermi abbracciare, esattamente come sto facendo io adesso. Da quel momento in poi sono riuscito a vederti nei sogni e questo mi ha tranquillizzato un po'... ti sapevo al sicuro, protetta, per questo ho aspettato. Non avrei mai dovuto farlo, con questo nemico che incombe su di noi, MAI!” spiega mio fratello, stringendomi ancora di più contro di sé.

Spalanco gli occhi per la sorpresa, intuendo perfettamente la circostanza in cui è potuto avvenire un simile episodio, è stato quando ho fatto il primo sogno su Bluegrad. Ha detto inoltre che da allora mi vede nei sogni, capacità che ho anche io di vederlo indipendentemente da dove mi trovo, tale abilità che viene chiamata 'CIMP' da Francesca ed un potere unico nel suo genere, ma questo può significare solo una cosa...

“Camus, che cosa hai fatto? Anche io riesco a vederti nei sogni, ma è solo grazie al fatto che parte del mio sangue scorre in te da quel giorno in cui hai rischiato la tua vita per salvare la mia. E' una condizione necessaria per l'attivazione della visione stessa. Tu... hai fatto qualcosa per salvarmi dopo la battaglia contro Crono?” domando, cominciando visibilmente ad agitarmi. Il tremore del corpo di mio fratello si fa, per un attimo, più intenso, sembra quasi un vero e proprio spasmo, talmente violento che sono costretta ad accarezzargli la schiena per tranquillizzarlo. Il gesto provoca in me un nuovo, inspiegabile, flash che mi disorienta e che mi riporta alla sensazione palpabile delle mani di Seraphina che percorrono la sua colonna vertebrale, con costanza, soffermandosi sulla consistenza della sua pelle, morbida come piume di cigno. Ingoio a vuoto, la gola secca, per fortuna riesco a scacciarla via, relegandola alla parte più profonda del mio inconscio, ma mi spavento lo stesso.

“Marta... - inizia quindi Camus, incerto, in tono ancora più basso – tu... tu stavi morendo, ed io... Io non avevo scelta alcuna! Ti avrei... persa, se non avessi fatto nulla...”

"Che cosa... cosa hai...?"

"Non ne voglio parlare, scusami..."

Faccio per ribattere, ostinata, ma un tonfo sordo, come di libri caduti, attira la nostra attenzione, facendoci staccare l'uno dall'altro immediatamente.

Dirigendoci dietro l'angolo, attirati dalla fonte sonora, non troviamo altri che un alquanto imbarazzato Dègel inginocchiato sul pavimento nell'intento di raccogliere i libri finiti a terra.

“S-scusate, sono qui da stamattina presto e... mi sono messo in disparte quando ho avvertito qualcuno entrare, non volevo certo origliare, né interrompere il vostro ricongiungimento, e quindi... sì, ecco...” tenta di giustificarsi, mantenendo lo sguardo basso e farfugliando parole di scusa, la quintessenza del disagio.

Faccio per andargli incontro nell'intenzione di tranquillizzarlo, giacché mi sembra talmente rammaricato da fare sentire me in colpa, ma Camus mi trattiene per un braccio, una strana luce gli brilla negli occhi, che saettano verso la sua reincarnazione con fare enigmatico. Non vorrà attaccare briga di nuovo, spero!

“Vado via subito, vi chiedo umilmente scusa!” aggiunge sempre Dègel, facendo per andarsene.

“Aspetta...”

La voce di Camus blocca la scena, facendo arrestare i passi di Dègel che si gira sorpreso. Osservo il volto di mio fratello finalmente disteso in un'espressione di cordiale affabilità e non più con quell'astio che gli avevo visto fino a ieri. Si avvicina alla reincarnazione con grazia, il chitone che oscilla elegantemente in un movimento sinuoso. Nella fretta di andarsene, uno dei libri che portava Dègel è finito nuovamente a terra, mio fratello si china a raccoglierlo, lo spolvera, prima di porgerlo alla sua precedente vita, che lo fissa con occhi sempre più meravigliati. Non hanno che pochi anni di differenza, ma l'ingenuità di Dégel è tale che mi ricorda quasi il Cavaliere del Cigno.

“Ho dato una occhiata alla tua biblioteca, molti dei volumi qui attualmente presenti non lo sono più nella mia epoca, purtroppo. Ne ho dedotto che ti piacesse leggere più di ogni altra cosa, è così?” chiede Camus, imbarazzato, sorridendo lievemente. Tremo leggermente, posandomi una mano sul cuore, finalmente il tono dolce e gentile del mio caro fratellino è tornato, è così bello poterlo risentire.

“Uh... sì, è la mia dedizione, se così la si può chiamare. Io... adoro conoscere i pensieri e la vita di chi mi ha preceduto a camminare su questa Terra, è come se li avessi incontrati realmente: Galileo, Platone, Montaigne... La loro esistenza si protrae, in qualche modo, nella mia, come lascito testamentario, perpetuandosi così nel futuro!” spiega Dègel, stringendo i libri raccolti contro il suo petto, gli occhi brillanti più che mai.

"Capisco bene la tua passione, io stesso amo leggere più di ogni altra cosa, inoltre mia madre, nostra, volevo dire... - si corregge, dandomi una breve occhiata - ha il tuo stesso pensiero, infatti mi diede il nome di uno scrittore" gli confida, facendo emozionare anche me, perché è la prima volta che parla di nostra madre con qualcuno, spiegando le origini del suo nome e quindi, regalando un frammento della sua anima, il primo, alla precedente vita.

"Camus... è nome di scrittore?"

"Cognome per l'esattezza, ma mia madre lo scelse come nome. E' posteriore al XVIII secolo, non puoi conoscerlo!"

"Porti... un nome molto importante, allora!" sorride Dègel, abbassando timidamente lo sguardo. Lo stesso fa mio fratello, imbarazzato, prima di proseguire nel discorso.

“Sai, nella mia epoca i miei parigrado non sono propriamente dei... letterati, ecco, a parte qualche eccezione, non ho occasione di parlare con loro di questo, ma tu... tu hai questa particolare sensibilità di approcciarti ai libri in questa maniera. Mi piacerebbe davvero poter discorrere con te!” afferma Camus, accarezzando lo scaffale con gesto gentile.

“Ne sarei... ne sarei onorato, Camus, davvero! Tuttavia questo non è un posto adatto con la bellissima giornata di sole che c'è fuori, potremmo uscire, vi va? Conosco un posto perfetto!” propone Dègel, gli occhi meravigliosamente brillanti più di prima e un largo sorriso a solcargli la pelle candida.

 

*********

Il suono leggero dell'acqua del ruscello che scorre a poca distanza da noi mi fa fischiettare felice, trasmettendomi la consueta calma che riesco a ritrovare solo vicino ai corsi d'acqua e in mezzo alla natura. In questa bizzarra estate, le occasioni di svago sono state ridotte all'osso, tutto è cambiato freneticamente, eppure, nonostante questo, ogni tanto riusciamo a ritagliare del tempo, peraltro preziosissimo, per noi.

Dopo una lunga camminata nella sempre affollata città di Atene e nella campagna al di fuori di essa, ci ritroviamo al gran completo, Michela, Francesca, Federico, Camus, Dègel ed io, seduto sotto un maestoso platano secolare che ci offre gentilmente la sua fresca ombra nel caldo torrido della stagione estiva.

Il paesaggio circostante è semplicemente meraviglioso, quasi divino, ma non so perché ha qualcosa di già conosciuto, o meglio, letto. Sembra il classico luogo ameno con elementi in più, ma non riesco a localizzarlo. Non credo di esserci mai stata, non so neanche se esiste ancora nella nostra epoca, eppure la sensazione che ne deriva è famigliare: il ruscello, lo stesso platano, quei pioppi tremuli che fanno da sfondo, le cui foglie danzanti, smosse dal vento, cadono in acqua...

“Questo non è forse il luogo in cui Platone ha ambientato il suo dialogo 'Fedro'? E' irriconoscibile nel mio tempo, perché inghiottito dallo sviluppo urbano, ma rammento bene le descrizioni!” interviene Camus, dopo esserci guardato intorno, rompendo così il silenzio.

Ah, allora questo deve essere il fiume Ilisso, dove Socrate e il giovane Fedro si ritrovano a trattare il tema dell'amore. Meraviglioso!!! Da appassionata di Platone, e della filosofia in generale, è un'emozione incommensurabile trovarmi proprio qui.

“Sono contento che tu lo riconosca, non è da tutti! Vedete, è il mio posto preferito in cui pensare, volevo davvero condividerlo con voi!” ci spiega Dègel, mentre i suoi occhi brillano illuminati dal sole, dando ancora più risalto al suo bellissimo e delicato fisico.

"Era un luogo sacro per gli antichi greci, se non ricordo male..." accenno, desiderando far vedere, ad entrambi, che anche io conosco qualcosa, anche se non ovviamente come loro.

"E' così, Marta, lo è ancora! - mi sorride Dégel, arruffandomi i capelli, prima di proseguire - Prende il nome da Ilissos, un semidio figlio di Poseidone e Demetra, inoltre, si vocifera, che le nove Muse, figlie di Zeus, vivano su queste sponde!"

"Le nove Muse?! Quindi anche Urania?!" interviene Francesca, spalancando la bocca sorpresa, di colpo interessatissima all'argomento.

"Anche lei, sì, ma nessuno le ha mai viste..."

A questo punto Francesca si avvicina a me, che sono ancora seduta, un poco affaticata dalla camminata precedente, si inginocchia e bisbiglia: "Hai sentito, Marta? Mia madre potrebbe essere qui!!!"

"Non lo... non lo sapevi?"

"N-no, sai, nella nostra epoca questo posto è sepolto dal cemento, nelle altre vite non ero qui e... non lo sapevo affatto!" rimugina, un poco rammaricata. Sepolto dal cemento... che meraviglia lo sviluppo urbano!

Nel frattempo Camus fa per porre un'altra domanda, ma prima di riuscirci, la trottola Michela, ripresa dall'iniziale stupore nell'ammirare questo luogo, gli si fionda tra le braccia, frenetica.

“Maestro! Maestro! Il fiume!!! Possiamo fare un bagno?!” esclama, totalmente euforica, abbracciandolo di getto, quasi i raggi solari le regalassero una carica invincibile.

"Vai, Michela, se vuoi, ma stai attenta a non disturbare i pesci, tu hai caldo, vuoi rinfrescarti, ma ricordati che il fiume è la loro casa, meritano il massimo rispetto!" la avverte mio fratello, sorridendo gentilmente nell'accarezzarle teneramente la testa. La mia amica non se lo fa ripetere due volte, semplicemente, rotolando nell'erba come Heidi, raggiunge le sue sponde.

Francesca intanto, dopo essersi alzata in piedi, corre a sua volta verso il torrente, bevendo l'acqua direttamente da lì e lavandosi poi il volto con espressione gaudente. Sorrido istintivamente, sono felice che riescano a distrarsi un po', ne hanno veramente bisogno dopo quello che hanno passato. Giornate così ti ricaricano dalle fatiche di mille giorni.

In mezzo agli schizzi d'acqua di Francesca e Michela, tra lo sbuffo di Camus che ripete tra sé e sé "e menomale che le avevo chiesto di non recare troppo fastidio ai pesci" e Dègel che ridacchia rasserenato, vi è Federico che, infastidito dal baccano e dalla troppa luce del sole, si attacca di riflesso alla tunica dell'antico Acquario. Lo osservo sempre più allibita, mentre i dubbi su di lui si fanno più intensi, ogni tanto mostra caratteristiche infantili, ma il più delle volte non sembra neanche un bambino, la mente già impostata da adulto.

Così presa a guardarlo, quasi non mi accorgo della leggera carezza che mi regala mio fratello.

“Mi dispiace che tu non possa correre per via di quella caviglia, Marta, altrimenti, lo so, salteresti in giro anche tu, curiosando ovunque" mi dice Camus, rammaricato. In effetti la mia caviglia non è ancora in buone condizioni, riesce a sostenermi nel camminare ma se provassi a correre finirei per terra come un sacco di patate, inoltre, anche se non lo do a vedere, la passeggiata mi ha fiaccato più di quanto avrebbe dovuto, ho i muscoli indolenziti e le ferite, anche se risanate, mi dolgono ancora.

“Non ti preoccupare, Cam, mi piace molto stare anche qua, all'ombra di questo meraviglioso platano che ci offre riparo - lo tranquillizzo, sdraiandomi sull'erba e socchiudendo gli occhi, concentrandomi sui suoni e sull'aria pulita che riesco a respirare - E' così rilassante il suono del vento che accarezza le foglie, ogni albero ha la propria voce, sai? Mi sembra quasi di udirla..." biascico, in tono evocativo, prendendo un profondo respiro. Mio fratello sussulta per una qualche ragione che non comprendo pienamente, sono quasi tentata di aprire gli occhi e chiedergli cosa non vada, ma ben presto le sue dita indugiano sulla mia fronte e tra i miei capelli, portandomi quasi ad appisolarmi a seguito delle sue carezze.

"Sei... un essere speciale! - mi sussurra a bassa a voce, come una ninna nanna, come un canto - Avrò cura almeno di te, e... quando starai meglio, ti farò vedere le meraviglie di questo mondo!"

Trascorrono così minuti di totale silenzio in cui io mi faccio coccolare da mio fratello, il quale, sempre al mio fianco, non smette di farmi percepire la sua presenza. L'allegro chiacchiericcio delle mie amiche sembra lontano anni luce, quasi uno stormire di qualche suono distante, infine il tutto viene interrotto da Dégel che decide di parlare, facendomi così riaprire gli occhi.

“Secondo la filosofia di Platone, come saprete di certo anche voi, sono due i mondi in questa dimensione, uno è il nostro, delle ombre, delle imperfezioni, l'altro è l'Iperuranio, ovvero il mondo delle idee, degli ideali, della perfezione. Secondo lui solo l'amore può unirci a questo ideale massimo, rappresentando la piena coscienza dell'anima umana stessa. E voi cosa pensate di questo sentimento?” ci domanda lanciando così il 'sassolino' per un discorso filosofico.

Camus discosta immediatamente lo sguardo dolente, stringendo con foga il pugno sinistro, quello nascosto alla vista di Dégel, come se, così facendo, il dolore dentro di lui si potesse attenuare. Mi ritrovo ben presto nuovamente seduta, gli occhi puntati su un ciuffo d'erba che si muove appena, avvertendo distintamente in me salire il disagio. Mio fratello non sembra in grado di rispondere al quesito, dovrei farlo io, che non trovo le parole, ma quando i suoi occhi tornano su di noi per apprestarsi ad esprimere il proprio parere, una strana scintilla li attraversa.

“L'amore... andrebbe bandito, per un guerriero, non è né utile né vantaggioso, tutt'altro! L'amore frattura, dilania... e un Cavaliere non può permettersi ciò, ha già perso in partenza se vittima di tali sentimenti e sentimentalismi. Sul campo di battaglia, bisogna trattare le emozioni come i cavalli imbizzarriti, ovvero domarli!” esclama con energia. Inarco un sopracciglio, scettica, sembra davvero uno scienziato in questo momento, ma se la canta e se la suona da solo, e ciò mi irrita.

"Andiamo! Tu non sei così, lo sai!" gli faccio notare, gonfiando le guance e guardandolo torvamente.

"Se io sono imperfetto, non significa che sia un ideale irraggiungibile! Guarda Shura, lui si che è un degno Cavaliere di Atena, devoto a lei, inflessibile, intento a percorrere la via della giustizia e..."

"...arido!"

"Marta!!! E così che si dovrebbe essere, Shura merita il massimo del rispetto!"

"Lo rispetto, ma preferisco te!"

"Io dovrei essere come lui, sto lottando per diventare simile alla sua essenza e... non percepire più niente... - si lascia sfuggire, discostando lo sguardo, ora ancora più dolente - Ho... ho cercato di insegnarlo ai miei allievi, lo penso veramente che essere un guerriero debba significare questo, ma..."

"Fammi indovinare, non ci sei riuscito, eh? - mi è uscito un tono fin troppo ironico, tanto che lui mi fulmina con lo sguardo, offeso - Rinuncia, sei troppo sensibile per essere così e difetti di avere un cuore troppo grande!" rincaro piccata la dose.

"Io... IO NON SONO SENSIBILE, NON..."

Sembra essersela presa a morte per una frase che, almeno per me, era un complimento, quasi essere così emotivo per lui equivalga ad essere offeso e dileggiato sopra ogni limite, ma la risata cristallina di Dégel interrompe il nostro scambio di opinioni.

“Siete proprio fratello e sorella, non c'è alcun dubbio! - commenta, pacato, entrando dolcemente nella discussione come acqua cristallina - Quindi, in sostanza, il tuo ideale, Camus, è che il cuore non debba mai avere la meglio sulla mente, giusto?” chiede Dègel, in tono incalzante.

“Precisamente! E' debolezza umana, un Cavaliere deve sapersi elevare!”

“Eppure io non sono totalmente d'accordo.... - lo contraddice Dègel, alzandosi in piedi con gesto composto – Nel mio modesto parere, sono proprio i sentimenti a rendere forte l'umana specie, un Cavaliere non fa differenza! Proteggere le persone care conduce alla vera forza, così come essere innamorato di qualcuno. L'amore... un misero uomo, da solo, non può fare alcunché, ma per la persona amata potrebbe compiere miracoli!”

“In parte hai ragione, Dègel, senza dubbio un uomo, per le persone care, farebbe di tutto, anche combattere contro le divinità o il fato stesso, ma bisogna liberarsi delle emozioni sul campo di battaglia, peccare di troppo sentimentalismo conduce alla morte, poiché annichilisce la ragione, e un uomo senza la razionalità non è degno di chiamarsi tale!” ribatte Camus, serio.

“Uff, parlare con te mi porta alla mente il mio defunto Maestro Krest, sareste andati d'accordo, sai? Sei un uomo intelligente, Camus, ma sei cocciuto nelle tue posizioni, proprio per questo mi ritrovo un po' in difficoltà: non avrei mai immaginato questo, del mio futuro!” sbuffa Dègel, in un leggerissimo tono di delusione; tono che l'Acquario del presente nota perfettamente.

"Spiacente di essere una delusione per te, ma forse dovresti dare ascolto al tuo maestro, forse ti insegnava quelle cose per una ragione ben precisa, per evitare che tu morissi davanti al primo nemico senza che lui potesse farci alcunché!"

"Devo molto al mio Maestro Krest, Camus, non solo l'investitura, ma anche le mie conoscenze attuali, tuttavia... è giusto scegliere la propria strada da soli; io, la mia, l'ho scelta, non la rimpiangerò mai!"

"Come dissi al mio allievo Hyoga, a cui tu assomigli sotto molti aspetti, non ho nulla contro le persone che si lasciano soverchiare dai rimpianti del passato, vivendo una vita sotto l'egida dei sentimenti, ma tu sei un Cavaliere, Dégel, non puoi permetterti questa debolezza. Un giorno morirai proprio a causa di questo e il mondo perderà una personalità così... splendente... non posso permetterlo!"

Dégel scuote il capo, sospirando sonoramente, un poco rammaricato: "Sei davvero così diverso da me, Camus, non c'è... non c'è nulla di me in te, ancora mi chiedo come abbia fatto a cambiare così drasticamente. Se penso al futuro, è questo che mi spaventa di più, non la mia morte, non la mia sofferenza, ma il fatto di aver assunto la forma che Krest voleva per me, malgrado la mia scelta. Un allievo... non dovrebbe mai ripercorrere le orme del proprio maestro, ma, consapevole dei suoi insegnamenti, creare un percorso nuovo!" si lascia ancora sfuggire, inequivocabilmente deluso.

Camus si morde il labbro inferiore, stringendo entrambi i pugni, non trovando le parole adatte per ribattere, lo faccio io per lui, alzandomi a mia volta in piedi, anche se traballante.

“Questa volta ti inganni, mio caro Dégel, forse abbagliato dalla troppa luce, che ottenebra così il tuo giudizio. Camus, in verità, è molto più te di quanto pensi, ma cela tale essenza nel profondo, come un animaletto ferito che, per evitare di essere carpito ancora, si salvaguardia rimanendo celato...” intervengo improvvisamente, in un accento che non mi è proprio, attirando l'attenzione di tutti i presenti, comprese Francesca e Michela, che smettono di sguazzare nell'acqua, attirate dalla mia nuova manifestazione.

Mi dirigo verso il torrente del tutto indifferente all'ambiente circostante, come se fossi sotto ipnosi ma al contempo consapevole di tutto... La vita intorno a me pulsa vivace, la avverto, come la avvertivo da piccola, ma so di non essere totalmente in me in questo momento. Mi sento... fratturata e, probabilmente non sono ancora pronta per il risveglio.

“Marta! Cosa hai adesso?! La tua espressione vuota mi spaventa!” esclama Francesca, avvicinandosi a me per toccarmi, mentre Dègel e Camus si alzano apprensivi.

La mia amica mi tiene per mano, ritrovandosi poi ben presto a sussultare, consapevole di quello che mi sta accadendo. Michela invece, mantenendo prudentemente le distanze, sembra seria come non mai.

“Mia dea, non lo sai forse già? O meglio, non lo avete entrambi già intuito?” le chiedo di riflesso, guardando poi in direzione di Camus.

Con la coda dell'occhio, vedo il suo volto irrigidirsi di botto, la mascella serrarsi completamente e gli occhi spalancarsi dallo stupore. Dégel fa per avvicinarsi a me, ma è proprio Camus a bloccarlo, cercando di mantenere il sangue freddo e venendo nella mia direzione. Io sono sull'altra riva del ruscello, Francesca si è allontanata, di qualche passo, l'acqua mi scorre delicatamente appena sopra le caviglie. Lo aspetto.

“Che cosa ti sta... NO! N-no..." freme, nel pronunciare quelle poche parole. Ha capito.

Istintivamente gli circondo il collo con le braccia, stringendolo per fargli forza, ora ne ha bisogno più che mai, come quella notte nella grotta, dopo essere stati bagnati dalla pioggia che aveva inumidito e poi inzuppato le fronde della foresta boreale, come quella notte in cui lui, Camus, Cavaliere dell'Acquario, aveva deciso di essere un semplice uomo, rilassandosi e facendosi cullare dal mio tocco ed io, figlia del governatore di Bluegrad, avevo messo da parte, ancora una volta, i doveri. Attimo intenso nel fluire del tempo, ma imperituro.

“S-stai m-mor... - non riesce a parlare, palpita, prima di buttare fuori l'aria e abbracciarmi con tutta la forza di cui dispone, affondando il volto tra i miei capelli - Perdonami... perdonami per averti abbandonata una seconda volta, io... non ci sono mai, non riesco mai a..."

"A proteggermi? - finisco io la frase per lui, passandogli una mano tra i capelli - Lo hai sempre fatto, invece e... sai anche tu che la tua scelta è giusta; la tua scelta, dettata dal cuore, che ha fatto di Marta la persona per te più importante. Il futuro va preservato, lo sai!" provo a tranquillizzarlo, consapevole che gli altri non ci possono udire. Siamo solo io e lui, le nostre anime, null'altro.

"Il futuro va preservato... ma a quale prezzo, nobile Seraphina?!" mi chiede, in tono strozzato

La leggera brezza che si è messa a soffiare scompiglia i suoi capelli, mentre io vengo ulteriormente stretta contro il suo petto. Non vedo distintamente i suoi occhi, ma li so chiusi, le palpebre serrate e le ciglia inumidite da un'altra pioggia, più salata, le sue lacrime.

“Sto precipitando nel buio, lo sai, la malattia, senza le tue dolci cure, mi sta prendendo, presto mi ghermirà, occludendomi il respiro. Più mi avvicinerò alla morte, più la mia anima si risveglierà dentro il corpo di Marta, è la sua scelta del resto, lo sai...” riesco a mormorare a stento, sempre più provata.

"L-lo so..."

"Non affrettare le cose, Camus, ti supplico, anche se sai. Il risveglio di un'anima è qualcosa di molto delicato e potenzialmente distruttivo, tua sorella è in bilico, rischia molto, un passo falso e..."

"Non lo permetterò, no, ho perso Isaac, ho perso te, non una, ma ben due volte, non permetterò a nessuno di portarmi via anche Marta, né nessuna delle persone che amo!"

Sorrido, poco prima che si oscuri tutto, appoggiando di riflesso il mio orecchio sopra il suo cuore, che è spezzato: "T-te l'ho promesso, ricordi? Sarò... sempre al tuo fianco!"

 

*********************

I canti delle cicale mi accompagnano nel lento viaggio dall'oblio dell'incoscienza alla consapevolezza, portandomi lentamente alla ragione.

Devo essermi addormentata sotto quel bel platano secolare, guidata sia dai chiassosi insetti simbolo dell'afa, sia dal lento suono del ruscello che stimola la mia fantasia, ancora brancolante nel sonno più tenue. L'estate... malgrado il caldo, mi regala sensazioni nuove, quasi sopite nel limbo: la luce calda del sole, la libertà, i tuffi in acqua, le notti fresche...

Mi giro lentamente sul fianco destro, nascondendo la faccia tra le braccia e stringendo le palpebre, più o meno come farebbe un gatto appallottolato sulla sedia. Non ho alcuna voglia di aprire gli occhi, dormirei qui per ore, cullata da questo arcano chiacchiericcio a me famigliare, eppure l'ho perso, ho smarrito il sonno, il mio cervello è sempre più vigile e lavora febbrilmente. Una mano mi accarezza la fronte con dolcezza, spingendomi ad azionarmi.

“Marta? Sei... sei tu?” mi chiama preoccupato Camus, passandomi delicatamente due dita sulla pelle nel tracciare il mio profilo.

"Che domanda strampalata, fratellino, quasi potessi essere qualcun altro!" bofonchio, divertita, aprendo gli occhi e sorridendogli nell'acciuffare la sua mano con le mie. Sembra spaventato, ha gli occhi stranamente lucidi, il fiato corto, ma si sforza di sorridermi.

"Sono... sono così sollevato!"

Lo osservo stranita, mentre lo vedo ritrarre la mano e sfregarsi gli occhi, come a volersi nascondere. Il gesto mi spinge a sollevarmi prima sui gomiti e poi seduta, prima di acciuffare la sua mano tremante e provare a calmarlo, giacché è così agitato, ma la tempesta Michela si caracolla verso di me, frenetica e genuinamente vivace, come è nel suo stile.

“Dormigliona!!! Non sai cosa ti sei persa, Marta!!!" trilla felice, assolutamente entusiasta.

"Cosa... cosa mi sono persa?"

“Le Muse!!! Hai presente, no, il racconto di Dègel?! ” esclama ancora lei, sbracciandosi.

Annuisco con la testa, guardandola intensamente in attesa che prosegua, pendo dalle sue labbra.

"Ecco, sono arrivate! Cioè Dègel ed io non le abbiamo viste fisicamente, ma è salita una nebbiolina tenue, poi sempre più spessa, siamo arrivati ad un punto che non si vedeva un palmo dal naso, e dire che fino a cinque minuti prima c'era il sole splendente in cielo!!! Dégel dice che le Muse si manifestano così, quindi devono essere loro!"

“Noooo, cosa mi sono persa! - ribatto, sinceramente dispiaciuta, accorgendomi che probabilmente qualcosa devo aver percepito, perché, effettivamente, il mio cervello è pieno di quelle nebbie di cui parla Michela - E' che stavo bene qui, con voi, con il suono delle cicale, più che bene e mi devo essere addormentata!" ridacchio, vergognandomi un poco, nuovamente di buonumore.

"Avremo sicuramente un'altra occasione, Marta!" mi sorride a sua volta Dégel, sereno, adagiato a poca distanza da me contro il platano. Non si può dire però lo stesso di Francesca e Camus, che si scambiano occhiate e ne regalano a me di perplesse.

"Fra, quindi hai visto tua madre, Urania?" chiedo, sorridendole.

"E-eh? Cosa?"

"Tua madre, Fra, c'erano le Muse, giusto? Tu forse sei riuscita a scorgerla..."

“B-beh, ecco... - vedo il suo sguardo che naufraga su Camus, il quale scuote la testa, l'espressione turbata - S-sì, l'ho vista, ma di sfuggita, non ho avuto il tempo di parlarci..."

Il loro comportamento è strano, mi inquieta, è come se dovessi afferrare un filo, ma che non mi tornasse, e più tento di riportarlo alla mente più esso si sfilacciata. Cosa...?

“Tranquilla, ho ingannato gli occhi di Michela e Dégel, loro non sanno, quest'ultimo non deve ESPRESSAMENTE sapere, ma Francesca era troppo vicina a te e Camus... beh, ti sei parzialmente svegliata per lui, no?”

La voce di Federico nella mia mente mi fa voltare, stupita, verso di lui, verso un bambino che non dimostra più di otto anni e che, malgrado questo, mi incute reverenza. Non riesco a capire neanche le sue parole però, perché dopo il mio risveglio sono tutti così strani? Cosa è realmente successo? Perché non ho memorie di questo?!

“Marta, Camus, permettete una domanda a bruciapelo?” chiede ad un tratto Dègel, incerto, come a esplicare qualcosa che ha a lungo soppesato.

Al nostro cenno di assenso prosegue: "Voi... siete semidei?"

“Sì, siamo semidei. Mia sorella ed io come figli di Efesto, Michela come figlia di Ares e Sonia come figlia di Hermes” proferisce Camus, ancora scuro in volto. Non un fremito, solo e soltanto la consapevolezza, che lo fa diventare improvvisamente laconico.

“Lo supponevo... So che i semidei, pur essendo mortali, hanno potenzialità più elevate rispetto agli uomini comuni. Ora capisco perché Marta e Sonia apprendono così velocemente durante gli allenamenti, così si spiega inoltre perché le loro ferite si rimarginano meglio. Sono sinceramente meravigliato!” parafrasa il suo pensiero Dègel, guardando tristemente il ruscello. Camus sospira pesantemente, le mani strette a pugno nell'urgenza di dire qualcosa che però non può esprimere, ciò lo fa tornare al discorso di prima.

“Riprendendo la questione maestro/allievi, cosa intendi fare? Continuare per la tua strada, incurante della via che ti ha mostrato Krest? Vuoi... perseguire il tuo percorso a modo tuo, anche se ciò equivarrà alla tua disfatta?” trova il coraggio di porre la domanda mio fratello, una tacita speranza non pienamente espressa.

“Mi comporterò come ho sempre fatto, se davvero morirò mettendo i sentimenti al primo posto non avrò rimpianti, perché sono un essere umano, come tale, vivo di emozioni. Non rinuncerò ad esse per cambiare il destino, non farò questo torto a me stesso!” esclama l'antico Cavaliere dell'Acquario, risoluto più che mai, palesando a sua volta la sua tipica cocciutaggine.

“Dégel, gli esseri umani hanno il potere di cambiare il fato, non inchiodarti su posizioni assurde solo perché sei fatto così. Puoi cambiare, lo sai, sei un uomo molto intelligente, modifica il tuo modo di vedere le cose!” ribatte ancora mio fratello, sempre più pressante.

Automaticamente i miei occhi si posano sulla sua figura, un brivido scorre su tutta la pelle e un singulto sfugge dalle mie labbra, tempestivamente bloccate dalla mia mano.

Fratellino... pensi di essere tanto diverso da lui? Davvero credi di essere inamovibile, arido e imperturbabile come ti sforzi di apparire? No, non è così, vero? Tu conosci la sofferenza dietro ogni sentimento, il dolore delle tue scelte, per questo stai cercando di mettere in guardia la tua precedente vita dal rimpianto che ti ha più volte ghermito, ferendoti talmente profondamente da renderti più fragile che mai, come il cristallo, come un fiocco di neve... Lo stesso hai provato ad insegnare a Hyoga nella pallida speranza di proteggerlo dal nemico più insidioso: sé stesso, perché siamo sempre noi stessi gli avversari impossibili da sconfiggere...

“No, non voglio coinvolgere te, tanto meno tua sorella o le persone del futuro! Non voglio sopravvivere a scapito di altri esseri viventi. Io sono vivo e, per quanto possa essere breve la mia vita, ho avuto l'occasione di esistere, vedere con i miei occhi, udire con queste mie orecchie, sentire gli odori, vivere con il cuore, come mi ha insegnato anche Cardia. No, non priverò qualcun altro di tutto questo per dar voce al mio egoismo!” obietta ulteriormente Dègel, sempre più deciso. Lo guardo, completamente ammirata dal suo approccio alla vita. Anche io l'ho sempre amata, questa vita, in ogni sua forma e colore. Odio con tutta me stessa la morte, ma so che è inscindibile dall'esistenza... tuttavia perché proprio Dègel, fra tutti, è destinato ad una tale fine? Proprio lui... che meriterebbe di vivere e perpetuare il futuro!

Camus sospira rumorosamente, sdraiandosi rassegnato sull'erba, una mano sopra il suo addome e l'altra che giocherella con un ciuffo.

“Sei davvero simile al mio Hyoga, Dègel, forse non immagini neanche quanto gli rassomigli, stessi ideali, stessa testardaggine, stessa smania di bruciare nel proprio sogno... - mormora, rattristato, socchiudendo gli occhi - Proprio per questo, io... devo proteggervi!"

“Hyo-Hyoga sarebbe il tuo primo all..." fa per porre un'ulteriore domanda l'antico Acquario, sinceramente interessato, ma l'arrivo di Eleonora, in tutta fretta, lo distoglie dai propri propositi.

“Sommo Dègel e voi tutti, siete richiesti alla Casa dell'Acquario immediatamente. Qualcuno vi attende per darvi alcune informazioni importanti!” ci avverte, sorridendo e facendo un impacciato inchino.

“Va bene, arriviamo subito! - asserisce l'interpellato, alzandosi poi in piedi e girandosi verso di noi - Spero davvero di avere altre occasioni per discorrere con voi in tutta tranquillità!"

 

***************

“Si può sapere dove è?!” esclama Dègel, accigliato, appena tornato in cucina dopo l'ennesimo giro a vuoto per il suo tempio.

“Magari era uno scherzo, non c'è nessun messaggero!” ipotizza Francesca, guardandosi intorno, dubbiosa.

“No, è escluso, accade così anche nella nostra epoca, se è un inserviente a portarti l'informazione è ufficiale!” spiega Camus, impegnato a contemplare la piccola libreria vicino all'ingresso.

“Ma qui non c'è proprio nessuno...” dice la sua anche Michela, ma un tonfo al piano di sopra, più precisamente nella biblioteca, attira l'attenzione di tutti.

“Ma non è poss... la biblioteca dovrebbe essere chiusa a chiave!” esclama Dègel, cominciando a salire le scale, seguito a ruota da noi.

Arrivati dalla porta notiamo che, effettivamente, è semiaperta, cosa alquanto strana dato che Dègel è sempre preciso in questi frangenti.

Varchiamo lentamente la soglia, guardandoci intorno incuriositi. La mattinata, per me e Camus, è cominciata qui e, pare proprio, terminerà lo stesso qui.

“Toh! Sto pirla è nella mia stessa situazione!”

La voce prorompente che ci accoglie ci fa prendere un risalto collettivo. Automaticamente il mio sguardo stupito si posa su Dègel, che a sua volta, dopo averlo ricambiato, guarda un altrettanto sorpreso Federico, ritto in tutto il suo metro e trenta di altezza.

“Questa voce... non è Cardia?” domanda ingenuamente Michela, confusa dalle nostre espressioni scettiche.

“Sììììì! Cioè noooo!!! E' impensabile che si trovi in biblioteca... A meno che non sia arrivata la fine del mondo!” commento io, dirigendomi verso il baccano che sta producendo il mio caro amico.

Una volta arrivati nell'ala delle biblioteca inerente la letteratura, troviamo nientepopodimeno che un essere più unico che raro in questo particolare habitat: lo Scorpione Cardia, abituato alle calde sabbie della spiaggia, intento sempre a divertirsi e a gozzovigliare più o meno ovunque, lo si trova in qualunque posto possa creare casino, tranne, appunto, qui, eppure...

“C-Cardia, che diavolo fai in codesta sede?!” sussurra Dègel, stupefatto, arricciando il naso e inarcando un sopracciglio.

Il diretto interessato, non essendosi accorto del nostro arrivo, fa cadere maldestramente il libro per terra, raccogliendolo però subito dopo.

“Non stavo facendo niente, lo giuro!!!” grida Cardia, nascondendo 'il mucchio di carta' dietro la schiena.

Dègel, si avvicina a lui, facendo per prendergli il libro dalle mani, intuendo la mossa, Cardia schiva di lato, portandosi il cartaceo davanti. E' di nuovo il turno di Dégel, il quale prende il polso libero dell'amico per sgraffignargli il maltolto, tutto inutile, Cardia oppone strenua resistenza, fino a quando, capendo il profilarsi di una battaglia dei 'mille giorni', si arrende, cedendo quanto teneva tra le grinfie.

La Vita nuova, cap. XXVI... - recita Dègel, sempre più sbalordito, come se avesse visto un miraggio in un deserto – Stai leggendo 'Tanto gentile e tanto onesta pare' di Dante Alighieri?!?” conclude poi, alzando la voce a causa della sorpresa.

“Ah... il pirla si chiama Dante?!” ribatte Cardia, sarcastico, mentre io mi chiedo come faccia lo Scorpione a leggere una lingua così diversa dal greco. Non mi stupisco di Dègel, ma Cardia?!

“Non chiamarlo con quel termine obbrobrioso!!! Fu il primo a scrivere in volgare italiano, è stato un grande innovatore e inoltre l'intera letteratura italiana deve molto a lui! Tuttavia, parte questo particolare di NON trascurabile importanza...” esclama tutto d'un fiato Dègel, prendendosi una breve pausa solo alla fine della frase.

Cardia fa per aprire bocca, ma la mano fresca che il Cavaliere de''Acquario gli mette sulla fronte lo blocca e lo zittisce all'istante.

“Hai un'altra delle tue crisi?! Stai male?! Questo non è normale! L'alterazione della personalità può essere causata da più ragioni, occorre di certo indagare per stare più cheti!” afferma preoccupato, controllando l'amico in vari punti, in particolar modo sul petto, temendo per la salute dell'amico.

“Uff, hai finito, mamma Dègel?! Sto bene!” esclama Cardia, lievemente imbarazzato dalle attenzioni del compagno d'armi.

“Eeeeehhhh... abbiamo parlato dell'amore, oggi, eccolo qui l'AMORE, e i suoi effetti, aggiungerei!” commenta Federico, ghignando divertito, ricordandosi forse di essere un bambino di appena 8 anni. Devo ammettere che è la prima, o la seconda, volta che si comporta da tale, mi stupisce.

“Tu, piccola peste, dovresti imparare a stare zitto!” schiamazza Cardia, questa volta completamente rosso in viso, acciuffando il piccolo e iniziando a fargli il solletico alla Milo. Stavolta il piccolo non si oppone, divertendosi a tirare calcetti nel guazzabuglio più totale.

“Cough! Cough! - tossicchia Camus attirando l'attenzione generale - Queste manfrine sono inutili al momento... perché sei entrato qui? Cosa ci devi dire?” chiede, con un tono abbastanza altezzoso. Miseria, ha fatto uno sforzo verso Dègel, non può farlo anche con Cardia?! No, proprio non ci siamo!

"Ah, ci sei anche tu... sai com'è, stai sempre zitto, come se facessi da muro, non ti si nota se non parli!" ribatte, tutto piccato, smettendo di solleticare Federico. Purtroppo mio fratello ha la risposta pronta.

"Mi piacerebbe dire lo stesso di te, invece sei fastidioso come una zanzara, ovunque vai, fai il baccano di un esercito!"

Cardia sbuffa ancora seccato, trattenendosi a stento. Poi posa lo sguardo su di me, sempre più scettico: "Siamo proprio sicuri, eh, che sia tuo fratello di sangue, non è passabile di sbaglio? - mi chiede retoricamente, al mio fare spallucce, prosegue - Simpatico come un bacco in c..."

"Cardia! Modera il linguaggio nella mia biblioteca, sei anche vicino ad un bambino!" lo intercetta Dègel, riconoscendo comunque il suo amico dietro quelle ultime frasi. Lo Scorpione decide finalmente di lasciar perdere.

“Uff, vi volevo aspettare in corridoio, ma siccome impiegavate troppo tempo ho fatto un giro e ho notato che la biblioteca, che doveva essere chiusa, era stranamente aperta, mi sono permesso di entrarci senza remore” spiega, chiudendo gli occhi, in apparente tono pacifico.

“E' strano, credevo di averla chiusa!” sussurra Dègel, abbassando gli occhi e trovando grande interesse nel pavimento.

“Chissà perché, Dègel, eh... chissà quale sarà poi il motivo perché ultimamente sei tra le nuvole ed esponi i tuoi sguardi ebeti quando osservi una persona in particolare...” commenta lo Scorpione, sarcastico, recuperando il consueto modo di porsi.

Divento letteralmente viola una volta ultimata la frase, lo stesso fa Dègel, voltandosi però dall'altra parte... fossi stata talmente lesta da farlo anch'io, ora Michela non mi starebbe a guardare con lo sguardo malizioso di chi la sa lunga.

“Aaaaah, Marta, Marta, Marta! Tanti problemi in passato, per farti destare interesse nell'altro sesso e ora ti ritroviamo in un'altra dimensione con due uomini ai tuoi piedi. Fortunella, amica mia!” mi pungola lei, scrutandomi profondamente, quasi volesse carpirmi tutti i segreti.

I due uomini ai miei piedi se li è visti nei suoi sogni avventurosi, mi sa, non riesco comunque ad obiettare, perché i miei occhi si posano su quelli di mio fratello.

Anche Camus mi fissa, serissimo in volto, non una parola dalle sue labbra sottili, ma le avverto tutte, come un severo monito. Non posso innamorarmi di Dègel, lo so, questo mi sta dicendo, eppure... eppure lui, fra tutti, dovrebbe capirmi, no? Lui ha vissuto qualcosa di simile con Seraphina, quindi... mi fermo un attimo, ripensando alle visioni che ho avuto di lui. Ci siamo appena ritrovati, ma non abbiamo parlato ancora di questo, dell'argomento più importante, vorrei capire bene cosa è successo tra loro, se, alla fine, sono andati oltre oppure no, se la rinuncia di mio fratello ha a che fare con lei, con la donna che amava nella sua precedente vita; allo stesso modo anche io vorrei potermi confidare con lui, dirgli di Dègel, di quello che lui è per me, anche se so che non ho alcun diritto di amarlo. Dovremmo parlare di un sacco di cose, in fondo, ma... ho paura, qualcosa mi blocca.

“Che cosa ci devi dire, ordunque?” chiede Dègel in tono freddo, recuperando due toni di voce, rivolgendosi a Cardia.

“Preparatevi per un bel ballo in maschera!” esclama lui, fingendo entusiasmo e improvvisando una giravolta sfarzosa, seguita da un inchino.

Silenzio assoluto...

“Eeeeehhh?! Cosa?!” gridiamo ad un tratto ad una sola voce.

“Sì, quel vegliardo di Sage non dorme la notte per partorire simili idee: ha detto che tra tre giorni avrà luogo 'il ballo della presentazione' nella sala del Grande Sacerdote. Tutti i Cavalieri, tutti gli allievi di questi e persino gli inservienti sono invitati a partecipare e a contribuire all'allestimento!” spiega Cardia, soddisfatto dalle nostre espressioni stupite.

“E' uno scherzo, vero?! Siamo in guerra e il Grande Sacerdote di quest'epoca ha l'idea geniale di fare un ballo?!” prorompe Camus, scettico, punto sul vivo

"Beh, se non vuoi venire non è una gran perdita, eh!" ribatte Cardia, ghignando con ancora più enfasi.

“No... è una buona idea, invece!” interviene Dègel pensieroso.

Tutti noi dirigiamo il nostro sguardo verso di lui, colpiti dalla sua affermazione: una buona idea? Sarebbe, questa, una buona idea?! Io non sono mai neanche andata alla festa delle scuole, tanto meno in discoteca, e mi ritrovo ora a dover fare un ballo in maschera in un'epoca non mia... ottimo!

“E' un modo come un altro per capire le intenzioni del nemico e, inoltre, potremo avere la conferma se questo essere ci osserva sempre, oppure no!” teorizza ancora Dègel, cupo in volto.

“C-cosa intendi?” domanda Michela, tesa.

“Che grazie a questa copertura potremo capire se il nemico ha uno scopo prettamente bellico, o è mosso da intenti più difficili da comprendere. Nel primo caso infatti attaccherà senz'altro, nel secondo starà sull'attenti... vado immediatamente a parlare con il Grande Sage per l'organizzazione!” sentenzia alla fine, uscendo di corsa dalla biblioteca, più vivace del solito.

L'idea sembra piacergli alquanto, a giudicare dal suo sorriso...

“Aspetta, veniamo anche noi, anche perché non vedo altre alternative!” aggiunge Camus, seguendolo insieme a Michela e Francesca, incuriosite da una tale proposta.

Rimango indecisa sul da farsi, ma prima di poter compiere qualsiasi azione, Cardia mi afferra tempestivamente la mano.

“Devo avvertire tutti gli altri, mi piacerebbe che tu venissi con me!” mi dice tutto d'un fiato, guardandomi speranzoso.

“V-va bene!” balbetto, incerta.

Federico mi osserva con un'espressione strana, simile a quella di Camus poco fa, anche lui non dice niente, limitandosi ad andare nelle profondità della biblioteca, suo completo territorio.

“Fantastico! Però affrettiamoci ad uscire da qui, non sopporto più di essere accerchiato da questi libri ammuffiti!” dichiara Cardia, uscendo dalla biblioteca e trascinandomi, letteralmente, con lui.

“Cardia, se tu odi i libri perché stavi leggendo?” gli chiedo, confusa.

“Aha! Vuoi veramente saperlo?” mi domanda, ridacchiando.

Mi limito ad annuire, certa di pentirmene.

“Sai, non mi è mai capitato di non capire i miei sentimenti, mai in vita mio, fino... fino a quando ti ho conosciuto, ecco. Mi sentivo... eccitato, un fascio di muscoli, accaldato e... dannatamente felice, quindi mi sono chiesto... mi sono chiesto se tra gli ammassi di carta di Dègel ci fosse qualcosa che mi avrebbe potuto far schiarire le idee!” spiega Cardia, sorridendo, ma il suo è un sorriso triste, privo della solita giocosità che lo contraddistingue.

Avverto ancora disagio, di nuovo, repentinamente, alla sola idea di essere la prima causa della sua infelicità, quando invece vorrei solo il suo bene... bene, appunto, non l'amore di cui abbiamo parlato oggi, non... quello... che provo invece per qualcun altro, anche se non dovrei, anche se mi dovrei vietare di provarlo.

“Aha! Che fai, ti deprimi adesso? Non mi piace vederti triste, poi sei così bella quando sorridi!” mi dice Cardia, di nuovo solare, riuscendo ad osservare bene, da fuori, le mie sensazioni. E tuttavia so che non possiamo lasciare in sospeso questo discorso ancora per molto, so che lo dovremo trattare, prima o poi, e che, quel giorno, lo perderò come amico, anche questo è ben oltre rispetto ai miei desideri, anche questo mi addolora, mi frattura, irreversibilmente.

“Cardia, io...” comincio, titubante, ma il dito che mi posa lo Scorpione sulle labbra, mi fa tacere.

“Va bene così, non devi aggiungere altro... - mi sussurra allontanandosi un poco – intanto so già che hai fatto la tua scelta!" aggiunge poi, in un mormorio praticamente impercettibile. Stringo convulsamente le mani, sentendomi nuovamente in colpa. Ho sempre pensato di essere inadatta a provare un sentimento così forte come l'amore, ora ne ho la piena conferma...

“Cardia, tu non immagini neanche quanto sei importante per me!” esclamo all'improvviso, abbracciandolo con forza da dietro, facendo così sbilanciare in avanti. Non voglio che se ne vada, non voglio perderlo, che terribile egoismo da parte mia!

“Davvero, Cardia! Tu sei... il mio preziosissimo migliore amico, la velocità con cui mi sono affezionata a te è strabiliante, dato che di solito impiego un sacco a socializzare, ma tu... tu sei speciale; una delle persone più speciali che io abbia mai conosciuto!” continuo poi, in tono alto, ripetendo il suo nome per imprimere ancora più fermezza alla verità che gli ho appena rivelato. Fa male... eccome!

“Lo so, lo vedo che ti sei genuinamente affezionata a me, ma per me tu sei ancora di più, molto di più, ormai l'ho pienamente capito. Il mio cuore impazzisce ogni volta che sono con te e più ci conosciamo più divento... frenetico...” biascica Cardia, sempre più distante, lo capisco dal suo tono appena accennato e dallo sguardo sempre più lontano. Quando è così serio fa davvero paura, sembra così innaturale, così... lontano.

"Cardia..."

“Marta, io... devo pensarci bene su, so che tu hai già scelto, e lo concepisco... ma devo decidere se a me possa andar bene pure così, oppure..." la frase si perde nel vuoto, non arrivando alla sua fine. Sento l'aria farsi sempre più pesante, il mio cuore accelerare di colpo e il mio cervello, irrazionalmente, si rifiuta di proseguire un discorso così delicato con una persona che non voglio assolutamente perdere dalla mia vita.

“Lo capisco... è tuo diritto!” è la mia laconica risposta, mentre il mio sguardo si fissa sugli scaffali impolverati, senza guardarli veramente. Tuttavia una manata sulla mia testa mi distrae completamente, riportandomi alla realtà.

“Devo fare il solletico anche a te per far scacciare quell'espressione corrucciata dal tuo bel visino? Guarda che non me lo faccio ripetere, eh!” asserisce vivacemente Cardia, buttandomi con poco garbo per terra e iniziando a farmi il solletico.

“Ahiahaha, hai sbagliato tattica con me, non ha effetto questo!" sentenzio, buttandolo a mia volta a terra per scompigliargli tutti i capelli ribelli che si trova in testa.

Cardia ride, sinceramente divertito dalla situazione, e tra un 'maledetta' e un 'dannata' rigorosamente scherzosi, passano alcuni minuti in cui il malessere di prima è poco più che un lontano ricordo, come un lampo che, perso nel buio, si allontana, senza tornare più. Davvero... non posso accettare in alcun modo che lui esca dalla mia vita, è insostituibile per me, anche se non posso dargli l'amore che tanto si meriterebbe di ricevere.

Dopo una baruffa in cui io esco vincitrice, probabilmente perché è stato lui stesso a volerlo, lo vedo alzarsi un poco, sfregandosi l'occhio, prima di aiutarmi ad alzarmi.

“Ahaha, se continuiamo così faranno in tempo a tornare i due ghiaccioli, e sinceramente mi risparmierei di vedere ancora quel brutto muso di tuo fratello! - esclama, gioviale, il malessere di prima è passato anche per lui, veloce come un temporale estivo - Allora, mia pulzella, mi accompagnerai in questa mia missione di invitare tutti al ballo?" mi chiede poi, porgendomi la mano.

Annuisco con forza, sorridendo felice nel vedere l'espressione furbetta del mio amico. Già, di persone come te, caro Cardia, non se ne troverebbe nemmeno mezza in tutte le epoche storiche della nostra dimensione!

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Capitolo 18
*** Il ballo della presentazione ***


CAPITOLO 18

 

IL BALLO DELLA PRESENTAZIONE

 

15 Agosto 1741, tardo pomeriggio.

 

“Ancora non mi capacito... cosa ci mettiamo?! Non pretenderanno davvero che ci vestiamo con un semplice peplo!” dichiara Francesca, rovistando nell'armadio in cerca di qualcosa di decente da indossare per il famigerato ballo.

"Già, saranno tutti eleganti, di tutto punto, e poi ci saremo noi, dei criceti... no, cioè, io mi rifiuto, ragazze!" le fa eco Michela, evidentemente agitata alla sola idea di fare una brutta figura.

Guardo dalla finestra in cerca di una possibile scappatoia. I miei problemi si discostano da quelli delle mie amiche, loro smaniano dalla voglia di indossare qualcosa di bello e fascinoso, io invece vorrei solo che fossimo già a stasera, ballo concluso, tanti saluti e ci vediamo domani. Sospiro, affranta, appoggiando la testa contro il muro. Per me, che sono sempre stata un maschiaccio, questa non è un'occasione di divertimento, bensì un appuntamento dal dentista, per rendere l'idea sul mio stato. Mi sento così irrequieta...

Sono passati tre giorni da quando Cardia ci ha avvisato dell'idea di Sage e, se per i maschi è stato facile trovare dei vestiti adeguati (soprattutto per merito dei guardaroba super riforniti di Dègel, Sisifo ed El Cid), non si può dire altrettanto per noi ragazze, che brancoliamo ancora nel buio a distanza di poche ore dall'evento.

“Beh, ma anche se rimanessimo in peplo che male ci sarebbe? Non è poi così brutto, no?!” esclama Sonia, cercando di mantenersi vivace, sebbene le sue guance siano un poco rosse. Anche lei non deve essere abituata a questo genere di cose, lo si capisce dai muscoli tutti tesi e dall'imbarazzo crescente. Mi sento meno sola, grazie a lei.

“Comunque bando ai musi lunghi e pensiamo solo a divertirci, ragazze! Questa sarà un'occasione irripetibile, un ballo d'epoca, avreste mai immaginato di partecipare?!” ritrova il buonumore Michela, guardandoci ad una ad una con un largo sorriso.

Come al solito il suo ottimismo riesce a contagiare anche noi, malgrado la consapevolezza del non trattarsi di una semplice festa, ma una sorta di prova per il nemico. Non riesco a rilassarmi completamente a causa di questa consapevolezza, oppure, al solito, sono io che penso troppo, dimenticandomi di vivere pienamente il momento.

"Senza contare poi che siamo attorniati dai fighi, ci dobbiamo sbizzarrirci, amiche!" prosegue, ancora più motivata.

"Michela, non devo ricordati che sei fidanzata, vero?" chiede Sonia, ridacchiando comunque sotto i baffi. Inaspettatamente il sorriso della nostra amica si spegne veloce come era apparso, la vedo irrigidirsi, barcollare e appoggiarsi al muro. La sua reazione mi mette in allarme, faccio per chiedere spiegazioni, ricordandomi che, nel presente, non si erano lasciati molto bene, ma...

TOC TOC.

Il rumore di qualcuno che bussa alla porta ci fa attirare l'attenzione verso di essa. La situazione pare bloccarsi per qualche secondo.

“C-chi è?” chiede Michela a voce alta ma un po' traballante, cogliendo l'occasione per cambiare discorso.

“Sc-scusate... sono venuta a portarvi i vestiti per il ballo!” risponde timidamente una voce femminile, non appartenente però né a Marika né ad Eleonora. Un'altra inserviente del tempio?!

Mi dirigo quindi verso la porta, aprendola lentamente e trovandomi davanti una ragazza poco più che bambina, che avrà all'incirca sui dodici anni, a ben vedersi. I suoi capelli sono abbastanza lunghi e colorati di lilla, mentre gli occhi verde smeraldo danno una autentica sensazione di pace e speranza che non riesco bene totalmente a comprendere.

“Oh, ehm... ciao!” la saluto, chinando istintivamente il capo in segno di rispetto. E' molto più piccola di me, sia di età che di altezza, ma quasi mi sento sovrastare da qualcosa di indecifrabile e che non riesco molto bene a comprendere. Sembra così minuta, eppure... immensa!

“Ciao, sono felice di fare la tua conoscenza! Ti riconosco dai tuoi occhi meravigliosamente blu, tu devi essere senz'altro Marta. Dègel e Cardia mi hanno parlato molto di te, soprattutto il secondo, sei riuscita a fare breccia nei loro cuori molto velocemente, anche per questo strepitavo dalla voglia di conoscerti” ribatte lei, felice.

"Oh, ehm..." vorrei quasi dirle che per me è lo stesso, ma lo Scorpione non mi ha ancora parlato approfonditamente di lei, non so chi sia. Lei ridacchia in maniera buffa, forse comprendendo le mie difficoltà dal tono di voce.

"Anche tu eri un po' sperduta quando sei giunta qui, vero?" mi chiede, affabile.

"Sperduta?" ripeto, sicura di non aver udito bene.

"Sì, sperduta... Cardia ha un debole per le persone così, che sembrano non sapere dove andare, con chi, spaventate dal futuro, o da qualcosa. Fa tanto lo sbruffone ma ha un cuore immenso!" continua a dirmi, per tranquillizzarmi.

E' il mio turno di sorridere, finalmente meno tesa: "Hai ragione, Cardia è esattamente così!"

Mi scosto leggermente dalla porta per farla entrare, giacché reca con sé degli abiti molto lunghi e fa del suo meglio per non farli strisciare sul pavimento, sebbene sia così minuta.

“Ciao a tutte! - saluta felice anche le altre, posando finalmente quanto recava con sé sopra alla sedie – Questi sono per voi, scusate se ci abbiamo messo così tanto!” afferma poi, indicandoli uno ad uno.

Francesca le scocca un'occhiata indecifrabile, sosta a lungo su di lei, la vedo arrossire di netto, annuendo un poco con il capo e solleticandosi imbarazzata la guancia come se si fossero scambiate un tacito messaggio che hanno compreso solo loro. Poi inizia il degenero...

“Noooo, questo deve essere mio!!!” prorompe Michela, adocchiando con sguardo felino uno dei capi e fiondandosi letteralmente sul vestito rosso con i ricami neri e avente in aggiunta una maschera con una sorta di piuma da mettere in testa come diadema. Un abito indiscutibilmente bello, non c'è che dire, ma la scollatura mi pare un po' troppo eccessiva per i miei standard, o forse sono io ad imbarazzarmi per poco!

Sta già per metterci le mani sopra ma viene bloccata da Francesca sul più bello, la quale, tutta trionfante, ammiccando un poco nella sua direzione, lo prende in mano al posto suo.

"Tu non pensarci nemmeno, questo spetta a me di diritto!" afferma, occhieggiando, ma Michela è tutto fuorché arrendevole, senza esitare prende il vestito dall'altro capo, per nulla intenzionata a mollarlo.

"Pussa via, l'ho visto prima io!"

"Non è discorso di chi l'ha visto per prima, ma di chi stia meglio con questo indosso!" cantilena lei, con una aplomb impeccabile.

"A me! A me! Starà d'incanto!" esclama Michela, gonfiando le guance.

"Non ne sono così sicura, cara amica mia!"

"Ho le tette più grandi, Fra! La scollatura le valorizza, sembra un abito fatto apposta per me!"

"Non ne sono così sicura... vedi questo? E' un rinforzo! Proprio perché tu hai le tette già grandi ti sta male, rischi di sembrare rifatta!"

"E tu pensi di fare di meglio?" le soffia Michela, punta sul vivo, tutt'altro che rassegnata.

"Ma certamente! Io le ho più piccole, come mi hai detto poc'anzi, l'abito me le accentua senza eccedere!"

"Gne, gne, tutte storie perché vuoi indossarlo tu!"

E via così senza fermarsi.

“Non cambieranno mai quelle due...” commenta sarcastica Sonia, sorridendo bonariamente e facendo spallucce, divertita dalla baruffa di Michela e Francesca.

“Uhm, tu quale vuoi, Sonia?” le chiedo, mentre il mio sguardo viaggia tra un vestito bianco ed azzurro con le maniche larghe e uno celeste chiaro che mi attrae parecchio. Purtroppo anche questi ultimi due sono vistosamente scollati, fattore che non mi aiuta certo a sentirmi meno a disagio. Forse faccio in tempo a darmi per malata e non partecipare al ballo...

“Per me è uguale, visto che non bado molto a queste cose, però, Marta... ti consiglio quello celeste, rende al meglio con i tuoi occhi blu e in più scopre anche la parte alta della schiena. Tu hai dei bellissimi lineamenti, amica mia, sono convinta che con i capelli raccolti in una treccia risalterai al massimo!” mi consiglia Sonia, sorridendomi con naturalezza, come se fosse la cosa più scontata del mondo.

Un singulto sfugge dalla mia bocca, mentre le guance mi si colorano di rosso porpora: "I-io, ecco... non so farmi la treccia..." la butto lì, vergognosa.

"Tua madre non ti ha mai insegnato?" mi chiede lei, genuinamente sorpresa. Mia madre non ha mai badato molto a queste cose, le poche volte che mi toccava i capelli io, da buon maschiaccio, strillavo e svicolavo via, perché per me era tempo rubato alle esplorazioni. Ho tenuto per un po' i capelli corti, poi finalmente me li sono fatti crescere, e allora, forse per miracolo, mi facevo fare due codine, perché mi piacevano, ma di imparare cose così frivole, almeno per me, non ne ho mai voluto sentire ragioni. E ora, un po', me ne pento.

Mi limito a negare con la testa, non dando altre spiegazioni, la mia amica pare capire, ridacchia tra sé e sé e aggiunge un: "allora ci penserò io!"

Mi riscuoto, visibilmente a disagio, prima di annuire con convinzione e prendere l'abito selezionato. Nello stesso momento Francesca mette finalmente le mani sull'agognato vestito, stravincendo contro una corrucciata Michela che la fissa offesa.

“Uffa, non è giusto, sei spietata, Fra!” sbuffa infatti lei, puntando rassegnata sull'unico vestito rimasto.

"Non ti è andata così male, fidati!" la rassicura comunque lei, indicando con gli occhi un abito tutto rosso e sinuoso che, a vedersi così, metterà comunque in risalto tutte le sue forme, non che ce ne sia comunque bisogno, Michela è sempre stata piuttosto giunonica, fin dalla prima adolescenza.

“Sono contenta che abbiate scelto. Allora io aspetto fuori che vi cambiate!” afferma allegramente la ragazza, rimasta a guardarci incuriosite fino ad ora, facendo per uscire.

“Aspetta, non ci hai detto il tuo nome!” la chiamo, protendendo di riflesso un braccio in avanti. E' senza dubbio un essere fuori dal comune, me ne accorgo distintamente, e sembra conoscere molto bene Cardia, ne vorrei sapere di più!

La ragazza arresta il suo moto istantaneamente, poi per qualche secondo rimane in silenzio, come indecisa su qualcosa.

“Mi chiamo Sasha e sono veramente felice di conoscervi!” esclama infine, dopo essersi voltata e averci regalato un sorriso aperto e solare.

 

*************

“Ma come diavolo si mette questo affare?!” impreco tra me e me, rivolta alla mia figura riflessa nello specchio.

Con molte difficoltà ho indossato il vestito azzurro, ora sto lottando per mettermi una sorta di fascia con i fiorellini bianchi intorno al collo. Dei, sembra un collare o qualcosa di simile, chi può trovare attraente questa roba?!

“Stai proprio bene, Marta! Sonia ti ha consigliato davvero divinamente!” si congratula Francesca, sfoggiando il suo bellissimo vestito rosso e nero. Nel farlo si avvicina a me, giocherellando con la maschera inclusa nell'abito. Ci si nasconde dietro, sosta un po', poi riappare. E' totalmente a suo agio, non so come faccia, vorrei sentirmi come lei, invece avverto l'abito stretto sul busto, mi irrita, mi sento un manichino... davvero non si poteva proprio stare con il peplo?! Era così comodo, sigh...

Aggrotto le sopracciglia nella sua direzione, tesa. Lei non ha nulla di fuori posto, invece, quella piuma rossa che si è messa in testa, la maschera dello stesso colore, per non parlare del ciondolo che posa delicatamente tra le sue due clavicole... le donano davvero molto, sembra che ci sia nata dentro, sia nel portamento che nel modo in cui le calza. Totalmente. Tutto completamente perfetto! Istintivamente mi copro il petto, maledicendo il vestito per essere così dannatamente scollato.

“Arrivo, Marta, ti do una mano con l'acconciatura!” interviene Sonia divertita oltremisura dalla mia espressione. Avverto le sue mani pratiche tra i capelli, me li liscia brevemente poco prima di farne una treccia laterale.

“I-io... non posso palesarmi così davanti agli altri Cavalieri d'Oro e a D-Dégel, in questa tenuta, mi vergogno!” biascico, arrossendo vistosamente, le dita delle mie mani si muovono quasi da sole per smaltire l'ansia crescente.

“A chi lo dici... - mi fa eco lei, ultimandomi la coda prima di sistemarsi delicatamente il vestito bianco ed azzurro – Ma tu sei una bella ragazza, Marta, non c'è alcun motivo di essere così agitata, farai un figurone!” mi incita, passando ad umettarmi le guance e a distribuire una leggera linea di trucco sugli occhi, altra cosa a cui non sono affatto abituata. Le mie vecchie compagne di classe, infatti, dicevano che ero sciatta.

Sospiro, ricacciando indietro quei ricordi: "Vale anche per te, Sonia, per Michela e Francesca! Siete tutte molto belle!" sorrido teneramente, rinfrancata da averle lì anche se ancora un poco titubante.

"Io??? ma io sono un maschiaccio, Marta!" si mette a ridere Sonia, arrossendo a quel complimento.

"Sei bella comunque, So..."

"G-grazie, ma..."

“Oh, ma che cucciole!!! - interviene Michela, abbracciandoci di slancio, lusingata dalla mia affermazione e volendo dimostrare il suo affetto alla solita sua maniera - Grazie, avete ragione, siamo tutte belle e brave, dobbiamo essere fiere di noi! Anche se voi due, stante il fatto di avere dei fratelli che sono dei gnocchi da paura, partite avvantaggiate!" afferma, gonfiando il petto e acquisendo una espressione determinata. Risate generali di noi tutte.

“Mancano le scarpe!!!” salta su Francesca ad un certo punto, afferrando di slancio il paio di tacchi color rosso sgargiante con i bordini neri di pizzo. Lo stesso facciamo noi con i corrispettivi dei nostri abiti.

“Va bene, ora possiamo andare... aaaaahh!!”

Neanche il tempo di fare un passo che mi ritrovo distesa lunga per terra... Gran bell'inizio, direi!

“Tutto bene?” mi chiede Sonia, preoccupata.

“Sì, mi sono, per un attimo, dimenticata che sono negata con questo tipo di scarpe!” biascico, osservando le mie amiche da terra. Sembro una papera con indosso un bell'abito, altro che eleganza, mi renderò ridicola così! Ed io dovrei farmi vedere da Dégel in questa tenuta? Voglio sotterrarmi in un buco e non riemergere più!

Faccio altri tentativi per camminare il più normalmente possibile, ma ben presto mi accorgo che, o perché mi inciampo nel lungo vestito, o perché la caviglia destra, ancora contusa, fa fatica a sorreggermi, non sono assolutamente in grado di muovermi con questi affari nei piedi.

“Tutto bene?” ci domanda Sasha da dietro la porta, Francesca, disinvolta, la apre subito per farla entrare.

“Sì, stiamo solo ultimando i preparativiiiiiii!!” dice a gran voce Michela inciampando nei propri piedi e andando a sbattere contro Sonia, la quale, già in posizione precaria, cade definitivamente a terra. Le guardo, non sapendo se ridere o piangere.

Un circo.. ecco quello che sembriamo! Se i preamboli sono questi me ne starà seduta in disparte fino alla fine della cerimonia, ho il mio orgoglio, farmi vedere in questa tenuta... ANCHE NO!

“Siete buffe!” ridacchia Sasha, mettendosi educatamente una mano davanti alla bocca.

"No, siamo imbranate, è diverso!" le faccio eco, rimettendomi a sedere e massaggiandomi le caviglie.

“Fraaaa!!! Tu come diavolo fai a rimanere in piedi?!” impreca Michela, guardando con invidia l'amica bel bella in posizione eretta, ancora intenta a giocare a nascondino con la maschera.

“Oh? Ho una certa esperienza a riguardo, sai? Non è la mia prima vita, questa, e poi sono una divinità, quindi ho ben presente tutti gli usi e i costumi di ogni epoca! Mi sento totalmente a mio agio!” risponde lei, con una punta di orgoglio nella voce.

“Sapete cosa vi dico io? - salto su, togliendomi gli aggeggi infernali dai piedi e prendendoli con due dita della mano destra - Fa caldo, il Grande Tempio è pulito, io giro a piedi nudi come facevo in campagna sui prati!" dichiaro, un poco infastidita.

“Pffff, ma, Marta, non puoi ballare senza le scarpe addosso, rischi di farti calpestare i piedi!” mi fa notare giustamente Francesca, una mezza risatina divertita.

“E chi ha voglia di ballare?! Me ne starò seduta a strafogarmi di cibo! Forza, andiamo!” le incito, sforzandomi di scacciare via l'imbarazzo. Finalmente usciamo, ancora un po' traballanti, noi tre, e ci rechiamo verso il tredicesimo tempio.

 

Dopo essere arrivate, con non poca fatica, all'ultimo casa, ci blocchiamo davanti ad essa, intimorite e imbarazzate. Siamo riuscite a zampettare fino a qui, anche se, tra io con i piedi nudi e Sonia e Michela, il nostro modo di camminare rasenta quello delle oche e delle papere. L'eccezione è ovviamente Francesca, sublimemente aggraziata come si confà ad una vera e propria divinità.

“Ehm, bene... dovremo entrare, no?” dice Sonia, un poco incerta.

Cala nuovamente il silenzio, nessuna di noi sembra intenzionata a fare il primo passo, neanche Francesca che, malgrado la sua camminata elegante, non sembra comunque propensa a fare il primo passo. Ci deve pensare Sasha ad incoraggiarci.

“Dai su, forza! - esclama la piccoletta, mettendosi davanti all'entrata e allargando le braccia con fare vivace - Farete un figurone, non dovete temere nulla!"

“Ma guarda chi si vede!” esclama un'altra voce, che riconosco subito come quella di Cardia.

Poco dopo, infatti, vediamo il Cavaliere di Scorpio, in compagnia di Manigoldo, uscire dalle colonne del tredicesimo tempio.

“Cardiaaa!!!” lo chiama con gioia Sasha, correndo ed abbracciarlo, lui per tutta risposta le pizzica le guance, divertito. Li guardo intenerita da quella strana dimostrazione di effusione, meravigliandomi un poco per la spontaneità con cui si sono letteralmente lanciati una su l'altro. Si devono conoscere da un bel po', lo avevo già intuito dalle parole della piccola, ma ora ne ho la piena conferma.

"Ma guardati, sembri ancora una cuccioletta, quando crescerai, Sashina, ormai ci dovresti quasi essere, no?" la pizzica sottile, tirandole gli zigomi.

"Sto crescendo, sto crescendo!!! Non lo vedi? Negli ultimi mesi ho acquisito un altro paio di centimetri?! Ti arrivo quasi al petto!!!" ribatte lei, quasi saltellando, gonfiando poi le gote in un'espressione adorabile.

"Un paio di centimetri?! Te li devi essere mangiati, io non vedo alcuna differenza!" la stuzzica, facendole l'occhiolino.

"Non è vero, non è vero!!!"

"Hai le guance ancora da bambina, Sasha, nonché l'espressione, ne hai ancora di strada da fare!" ripete sorridendole con tenerezza, continuando allegramente a spupazzarsela.

“Mi fai male, Car, non sono più un infante, sai?! Anche se ti ostini a vedermi come tale!” si lamenta Sasha, strofinandosi la zona che Cardia si sta divertendo continuamente a stropicciare con insistenza.

Le mie amiche ed io rimaniamo un po' in disparte, non sapendo come comportarci in questa situazione, c'è senza dubbio una forte intesa tra loro due, lo si capisce dai gesti e, tutto sommato, lo pensiamo un po' tutte, se l'attenzione rimanesse su di lei sarebbe anche meglio.

L'arrivo tempestivo di un Sisifo alquanto incollerito, sembra sbloccare il tutto. Lo vedo correre in direzione del parigrado tutto trafelato, la camicia un po' scollata, una fascia tra i capelli, i pantaloni eleganti di coloro nero. Il nostro sguardo è catturato dalla sua corporeità.

"Apperò! Partiamo non bene, di più!" avverto appena l'esclamazione di Michela, prima di concentrarmi sulla scena davanti a noi.

“Cardia, insomma! Non puoi fare cose del genere alla Grande Atena!” lo rimbrotta Sisifo, paonazzo in volto, sbracciandosi.

Mi sento mancare... Atena?! Come è possibile?! Lei ha detto di chiamarsi Sasha! Siamo state veramente in compagnia della Divina Atena, che tutti i Cavalieri hanno il dovere di proteggere, per questo tempo, seppur limitato?!

"Non lo avevi capito, Marta? - si avvicina Francesca, indovinando l'incredulità dietro la mia espressione - Sì, lei è Atena di quest'epoca, non la nostra..."

"Ma è... piccola..."

"Atena sceglie sempre di incarnarsi in un corpo umano per difendere la giustizia sulla Terra insieme ai suoi Cavalieri, non farti ingannare dall'apparenza, ricordati che è nata direttamente dal cervello di mio nonno!"

"D'accordo, però..." biascico, prima di essere nuovamente attirata dalla voce squillante di Cardia.

“Uff, il solito piantagrane! Sifo, chiamala un po' come vuoi, ma secondo me l'appellativo 'grande' stona con questa piccoletta. Ad ogni modo, io l'ho conosciuta come Sasha, tale rimarrà, indipendentemente dal suo ruolo!” ribatte lui, sostenuto, alzando la testa in segno di protesta. Poi tornai a concentrarsi nuovamente sul faccino, un po' arrossato, della dea, negli occhi un'espressione intenerita.

“Cardia... sei sempre il solito!” mormora Atena, o meglio Sasha, sorridendogli con affetto e abbracciandolo di slancio.

Sisifo si massaggia la testa, radunando tutta la sua pazienza, prima di produrre un lungo sospiro.

Ed eccola quindi qui la Sasha che, per sua stessa detta, lo accetta per quello che è, nonostante i suoi difetti, solo ora mi sono rammentata che lui mi ha già parlato di lei, ora capisco il motivo. Si devono volere molto bene, ma probabilmente, dagli occhi di Sisifo e degli altri Cavalieri, ben consci del proprio ruolo, Cardia deve essere senza dubbio considerato un tipo un po' troppo sfrontato.

“Invece di basarsi su questi particolari irrilevanti... consiglio di dare il benvenuto alle damigelle là in fondo!” interviene Manigoldo, dopo una attenta e minuziosa perizia su di noi. Davvero pessima idea! Ci stavo benissimo a rimanere al margine della faccenda, perché mi hai tradito, Mani, non potevate continuare a fare gli affaracci vostri?!

Cardia alza lo sguardo, bloccandosi nel momento stesso in cui i suoi occhi si posano sulla mia figura. Nonostante la lontananza, vedo con distinzione le sue pupille spalancarsi al limite dell'umano possibile, come una scintilla in procinto di accendere una miccia.

"Oh, cazzo, ma tu... tu sei Marta!"

"Sempre sveglio, eh, Cardia, certo che è lei!" lo prende un poco in giro Sonia, ridacchiando.

Arrossisco violentemente a quelle attenzioni, nascondendomi alla ben meglio dietro a Francesca, a sua volta assorta da qualcosa che tuttavia non comprendo pienamente.

Sbuco di nuovo da dietro le sue spalle poco dopo, accorgendomi comunque che il mio amico continua a fissare nella mia direzione, ha pure accennato qualche passo, come se non credesse a quanto appena visto.

"Hai... hai finito di assimilarmi con gli occhi, Car?! S-sono sempre i-io!" barbuglio, sbracciandomi.

"Quasi non ti riconoscevo, sei... sei..."

"Sono Marta, sì, credevo ci fossimo già presentati!" provo a buttarla sul ridere per scacciare via l'imbarazzo crescente.

“Fiu, fiu... uao!” fischietta meccanicamente lo Scorpione, non aggiungendo comunque nient'altro.

“Fiu, fiu davvero! Ma io mi riferisco a tutte e quattro le ragazze, non solo ad una! Perbacco, finalmente, dopo tanto tempo abbiamo un po' di elementi interessati dell'altro sesso che non siano Sacerdotesse Guerriere o inservienti, era davvero l'ora!” gli fa eco Manigoldo, sorridendoci raggiante. Ancora nascosta dietro Francesca, la avverto tremare distintamente, come colpita da qualcosa.

“Tu! Tu sei il cavaliere di Cancer!!! Da tanto... da tanto tempo volevo fare la tua conoscenza, per vedere cosa avessi di diverso, e di simile, rispetto al tuo successore e... e, diamine, anche voi sembrate due gocce d'acqua!” afferma lei ad un tratto, avvicinandosi al gruppetto davanti a noi e lasciandomi quindi, inavvertitamente, scoperta. Istintivamente mi copro il petto con un braccio, focalizzando comunque l'attenzione sullo strano comportamento della mia amica.

Sonia e Michela inclinano di lato il capo, a loro volta stranite dall'atteggiamento apparentemente inspiegabile di Francesca, che raramente mostra le sue emozioni, e che invece ora sembra del tutto trepidante per uno sconosciuto.

“Fra, ma cosa blateri?” chiede Michela, rimasta interdetta.

“Voi non sapete cosa ha fatto il suo successore! - ci dice Francesca, voltandosi verso di noi, una strana ombra negli occhi – E' solo per merito suo se voi...” ma si blocca, mordendosi il labbro. Istintivamente si attorciglia un dito con una ciocca di capelli, atteggiamento che fa di solito quando stava per dire qualcosa che non doveva.

“Ti sei invaghita di Death Mask?!?” urla improvvisamente Sonia, esterrefatta, arrivando alla sua conclusione.

“N-no, certo che n...”

“E basta! - grida Manigoldo, stufandosi della situazione, gonfiando il petto e posando le mani sui fianchi, in un atteggiamento quasi tronfio – Io sono Manigoldo il boia, punto! Sono io e basta, non sono nessun altro, intesi?!” conclude, facendoci l'occhiolino.

"C-certo, lo so, ma... è comunque bello conoscere il te stesso di epoche fa... - biascica Francesca, un poco timida - Deathy..." aggiunge ancora, mentre un sorriso aperto e sincero le solca le guance. Qui gatta ci cova e anche in maniera abbastanza evidente.

Nel frattempo anche Sasha, Cardia e Sisifo si sono avvicinati ancora di più, incuriositi dalla situazione. Siamo molto vicini ora, non ha più senso tentennare. Speriamo semplicemente che questa tortura passi presto. Raddrizzo la schiena, mostrando finalmente il petto, anche se l'imbarazzo non è cessato per niente. Nel frattempo il dialogo tra la mia amica e Manigoldo è proseguito.

"Tu... ti chiami Francesca, vero? In che relazione sei con l'altro me stesso?" le chiede incuriosito, l'espressione furbetta.

"In... in nessuna relazione!!!"

"Ma sei arrossita e... aspetta, vuoi dire che nel mio futuro staremo insieme?!"

"Ma certo che no!!!" grida Francesca, dandogli una sonora sberla sul braccio, in un atteggiamento fin troppo confidenziale.

"Me l'hai appena confermato con i tuoi gesti, invece! Interessante, non posso certo lamentarmi!" dice ancora, prima di scoppiare a ridere sguaiatamente.

"Ma tu senti questo, spaccone come lui!"

Decido di spostare la mia attenzione sul mio migliore amico.

“Uhm, sei un po' scarno di vestito, Cardia, rispetto a Manigoldo e Sisifo!” affermo, dopo essermi raschiata la gola per ricercare le parole, alludendo alla semplicità della camicia che indossa in confronto all'abito da sera, tutto puntiglioso e ricco di particolari ricami, del Cavaliere del Cancro. Cardia sulle prime non risponde, ancora ingarbugliato nel vedermi, credo, in una tenuta in cui non mi aveva mai visto, poi riesce infine a sbrogliarsi.

“Questo è di Dègel... Quel pazzo voleva che mi vestissi anche con la giacca, ma avevo caldo e ho gentilmente rifiutato!” risponde lui, tirando su con il naso.

“Sei raffreddato?!” gli domando ancora, ripensando al fatto che pochi giorni prima si era infradiciato per venirmi a soccorrere.

“No, no, ho... ho altre ragioni per sentirmi... così...” mi espone, sbrigativo, sempre più rosso, poi si allontana, fuggiasco.

“Scusate se vi interrompo, ma dovremmo entrare, la festa è già incominciata!” ci esorta Sisifo, accennando alla musica che si sta diffondendo nell'aria.

 

************

15 Agosto 1741, sera.

Sospiro pesantemente, sistemandomi meglio sulla sedia su cui sono seduta, nel mentre mi tocco distrattamente la coda, ora tirandomela, ora giocherellandoci, ora ancora spostandola più in là. Sono nervosa e si vede, non posso nasconderlo.

E' una bella e sfarzosa festa, non c'è che dire; il grande Sage, con l'aiuto di Dègel, Sisifo ed El Cid, ha fatto veramente di tutto per rendere la cerimonia soltanto per quello che dovrebbe sembrare: un semplice ballo, nonché una occasione di svago. Nessuno si potrebbe aspettare il fatto che sia anche un'esca per il nostro nemico, ma quest'ultimo non si è palesato, e non sembra intenzionato a farlo. Ancora di più mi viene da pensare quali siano le sue reali intenzioni, cosa voglia da noi e quando attaccherà di nuovo, solo una cosa mi è ben chiara: ci osserva sempre, quel maledetto! Non so come faccia, ogni tanto me lo sento ronzare in testa, ma poi se ne va, un po' come un dolore acuto che, dopo una fitta, scema fino a scomparire. Ma lo senti, è comunque lì, pronto a palesarsi di nuovo.

La mia attenzione si posa sul motivetto che Eleonora, Marika e le altre ancelle stanno suonando. Anche loro sono veramente brave, perfettamente a loro agio nei propri intenti, a differenza mia.

Incrocio le braccia al petto, sinonimo di totale chiusura verso l'ambiente circostante. So che dovrei farmi avanti, pensare a divertirmi, osare, ricacciare indietro i tristi pensieri ma proprio non ci riesco. Mi sento terribilmente frustrata, e tuttavia non vi è alcuno sbocco in un simile frangente.

Mi volto leggermente verso le mie amiche, anche loro nella mia medesima situazione, così come mio fratello che, vabbè, si sa che è un caso a parte... Effettivamente Camus sembra addirittura più a disagio di me, costantemente teso nella sua espressione malinconica e con tutti i muscoli rigidi. Ecco da chi ho preso, ohi, ohi!

Osservo attentamente la sua espressione glaciale seguire con gli occhi un Milo intento a sbafarsi tutte le portate presenti sulla tavola. In apparenza sembra freddo e imperturbabile, ma il leggero rossore sulle sue gote tradisce le sue vere sensazioni. Inavvertitamente sorrido nel vederlo così infagottato in una camicia forse fin troppo stretta e calda per lui, con il suo solito sguardo corrucciato a renderlo quasi... adorabile! Sembra costantemente un'anima in pena, è accaldato, si vede, si tira su le maniche di continuo sopra i gomiti, con un gesto di stizza. Potrebbe sbottonarsi un po', ma non lo fa, chiuso com'è in quell'indumento che gli dona ma che lo mette in costante disagio... mostrare l'addome? Il petto? Ma figuriamoci, meglio sudare che far vedere una porzione di pelle di troppo!

Ridacchio tra me e me, portandomi una mano davanti alla bocca. Lo capisco, io sono almeno più fortunata, con una scollatura simile non sto morendo di caldo come lui, anche se, effettivamente, sul busto, il corsetto mi da noia. Cosa dovevano patire le nobildonne di una volta!

“Ooooooh al diavolo! Non ha senso rimanere qui, io mi butto!” prorompe ad un tratto Francesca, alzandosi di scatto e dirigendosi, con passo felpato, verso... Cardia?!

Michela ed io ci sporgiamo di riflesso, seguendola con lo sguardo. Dopo il precedente scambio di battute, ci aspettavamo, entrambe, che chiedesse a Manigoldo, invece... perché proprio lo Scorpione?! Anche Sonia sembra sorpresa, ma poco dopo fa spallucce, tornando ad armeggiare con le scarpe.

Cardia, intento a gareggiare con Milo per vedere chi si abbuffava di più tra i due artropodi, alza lo sguardo, incuriosito.

“Mi concedi l'onore di un ballo?” chiede innocentemente Francesca, facendo un leggero inchino. Cavolo! Ci sa proprio fare! Michela mi arpiona il braccio, tutta eccitata nell'assistere ai prossimi svolgimenti, sembra che voglia imparare dalla sua amica più grande per essere ugualmente così spigliata.

“Non eri in una relazione strana con l'altro Manigoldo, quello del futuro? Perché chiedi proprio a me, eh?!” chiede Cardia, divertito, mentre ingoia l'ultimo pezzo di coscia di pollo.

“E' un ballo di presentazione, no? Serve per conoscerci, ed io ho scelto te!” afferma Francesca, facendo l'occhiolino.

"Mmm, pessima idea voler conoscere proprio me, tuttavia..."

Lo guardo pulirsi le mani e la bocca con i tovaglioli, poco prima di fare una leggera piroetta su sé stesso e ricambiare l'inchino con fare deciso. Io, tipo, spalanco la bocca e le palpebre, sinceramente sconvolta, stentando a riconoscere il mio amico nell'individuo che, con tale gusto sopraffino, si sta preparando a rispondere all'invito di Francesca.

“Non so ballare, signorinella, ma visto che ho appena mangiato e ho bisogno di smaltire... Accetto, farò del mio meglio!” esclama, con un che di malizioso in volto.

“Placa le tue fauci, leone, o farei meglio a dire le tue chele, Scorpione! Va bene, se non sai ballare ci penso io ad insegnarti! Abbiamo tutta la sera davanti!” replica la mia amica, guidando così Cardia verso la pista. Li guardo scomparire tra la folla, una strana sensazione nel petto, unita al disappunto per la mia incapacità nel non sapermi sbrogliare da quell'impaccio che è la mia timidezza. Forse dovrei buttarmi anche io e provare, ma qualcosa mi frena, tenendomi ancorata alla sedia.

Gomitata tra le costole, sussulto, non aspettandomela: "Marta, Francesca ti sta rubando Cardia!"

"Mi sta... ma che dici, Michy???"

"Io, fossi stata in te, sarei andata di corsa da lui, non vedi come ti guarda? E' cotto a puntino, parola mia, e poi... si sa che gli Scorpioni sono passionali!" prosegue, come se nulla fosse, continuando a darmi gomitate sul fianco.

"Cardia ed io non stiamo insieme, lui... è molto, molto importante per me, ma... non come pensi tu..." sussurro, stringendomi le mani sulla veste.

"Ma poverino, però!"

"Poverino sì, ma... non riesco..."

Socchiudo gli occhi, sentendomi una carnefice. Già, non riesco a ricambiare ciò che lui prova per me, è spietato, è ingiusto, non mi do pace, ma... io sento di amare un'altra persona, un... sogno contorno e impossibile, ma... il mio sogno!

“Comunque a questo punto mii butto anch'io, allora... mmm, vediamo... - interviene Michela, ispezionando i dintorni nel cercare un ipotetico partner, poi salta su in piedi, avendolo trovato - "MAESTRO!!!"

L'interpellato sussulta al solo tono della mia amica, che significa guai in vista, mentre lei, tutta contenta, trotterella nella sua direzione.

“No, Michela, levatelo dalla testa!” controbatte subito lui, chiudendosi ancora di più nella sua postura, netto rifiuto verso tutto l'ambiente circostante.

Stavolta è il turno mio e di Sonia di chinarci dall'altro lato per assistere meglio a quella scena, il tutto mentre Michela, con un largo sorriso si posiziona proprio davanti a mio fratello, sistemandosi meglio la lunga coda e i vestiti, prima di cominciare a tirarlo per il braccio.

“Dai, Maestro Camus, sembri il Grinch! Non c'è nulla di male a sfogarsi un po' senza pensare troppo! Balliamo?!”

"Michela, quale dettaglio della parola 'no', non ti è chiaro?"

"Dai, dai, Maestro!!!"

Continuano così per un po', lei a tirare e mio fratello a resistere passivamente ( e del resto gli sforzi di Michela non lo fanno schiodare di un millimetro), sono davvero buffi insieme, stanno attirando l'attenzione di tutti i presenti nelle vicinanze.

"Cioè... era partita, tutta euforica, oggi, che era l'occasione per conoscere persone nuove e poi chiedi di ballare a Camus?!" mi chiede delucidazioni Sonia, inarcando un sopracciglio, scettica. Sembra un goccio infastidita.

"Tipico di Michela! Parla tanto ma poi, in fondo, è molto timida, probabilmente Camus, con la sua sola presenza, la tranquillizza, ma... - sospiro affranta, vedendolo sempre più rosso in viso - Mio fratello è discretamente un caso disperato!"

"Parola mia, Michela, se non fosse fidanzata con Hyoga ci proverebbe con lo stesso Camus, la vedo... molto presa..." commenta ancora Sonia, rilassandosi sulla sedia e facendo ciondolare le gambe.

Ma sarà ancora fidanzata con il biondo, poi? I suoi atteggiamenti di oggi mi hanno destato sospetti e, prima di finire qui, hanno litigato violentemente, non vorrei che, stante la sua impulsività...

“Michela, insisti ancora una volta e, nei prossimi allenamenti, lavorerai il doppio rispetto alle altre!” sbraita infine Camus, ritirando il braccio dalla presa della mia amica, punto sul vivo e imbarazzato da tutti quegli occhi puntati su di loro. Michela, a seguito della minaccia, sulle prime si paralizza, ponderando l'eventualità di lasciar perdere, ma poi rendendosi conto che, probabilmente, il 'gioco vale la candela' prosegue nella sua opera di convincimento.Comincia a saltellargli davanti, vivace, come se si trattasse di un gioco, continuando ad incentivarlo con brevi frasi e ottenendo solo le sue occhiate esasperate.

Alla fine della tiritera, Milo decide di intervenire in favore del suo amico. Lo vediamo avvicinarsi a loro, forse finalmente sazio del cibo che ha allegramente ingurgitato (chi avrà vinto, alla fine, tra lui e Cardia?), regalandole poi un sorriso aperto e sornione, di quelli piacenti.

“Ehi, dolcezza, lascia in pace i vecchi dentro, io sono più che disponibile a concederti un ballo!”

“Davvero, Milo?! Tu eri la mia seconda scelta, yuppie!!!” esulta Michela, abbracciandolo di slancio.

"Ecco, apposto, anche loro si sono sistemati!" sento mormorare la voce di Sonia, al mio fianco.

Così anche Michela e Milo si preparano a ballare, non prima che quest'ultimo dia un ultimo monito a mio fratello.

“Camus, sciogliti un po', insomma! Non sei capace a non pensare a niente per una singola volta nella tua vita?!”

"Io non so nemmeno cosa ci stia facendo qui, dovrei essere... altrove..." borbotta lui, fremendo appena, discostando lo sguardo.

"E' proprio per questo che non dovresti pensarci, testone che non sei altro!" gli fa notare Milo, prima di sparire tra la folla.

Li seguo con lo sguardo, prima che il mio campo visivo venga riempito da qualcun altro, che riconosco come Regulus, in avvicinamento verso di noi. So a chi si vorrà rivolgere.

“S-Sonia... - inizia il giovane, giocherellando distrattamente con il foulard che si è stretto al collo – mi chiedevo se... si, insomma... per caso vuoi, puoi...?”

“Va bene!” afferma solo Sonia, sorridendo con naturalezza e alzandosi in piedi una volta risistemate le scarpe.

“Eeeeh?! Cosa?! DAVVERO?!?” esclama Regulus, sorpreso, sobbalzando distintamente.

“La risposta è sì, voglio ballare con te! Normalmente mi imbarazzerei davanti a così tanta gente, ma con te so che sarà diverso...” sussurra ancora lei, sorridendogli con naturalezza. Vedo gli occhioni di Regulus spalancarsi notevolmente, illuminando il volto infantile come se emanassero luce di propria iniziativa, prima di rendersi però conto di una cosa.

“Però io... non so ballare, ora che ci penso, in genere mi... mi muovo e basta!” ammette il giovane leoncino, grattandosi la testa a disagio.

“Tanto meglio, neanche io lo so fare, vorrà dire che ci muoveremo a casaccio, divertendoci e basta, senza curarci degli altri!” lo tranquillizza lei, ondeggiando appena con il vestito e compiendo un breve giro di 360 gradi.

“Vuoi dire che... che posso fare il leone?! Grrrr!" chiede conferma Regulus, imitando le fauci dell'animale che rappresenta e rumoreggiando un ringhio. Sonia scoppia istintivamente a ridere, non l'ho mai vista così tranquilla, così... naturale!

“Puoi fare quello che vuoi, monellaccio, anche io so imitarlo bene il leone, sai?" afferma, facendolo anche lei il gesto delle fauci.

Entrambi scoppiano in una fragorosa risata, sancita da un forte abbraccio fraterno. Regulus è più piccolo di lei, ma, per un solo istante, mi sembra di rivedere Aiolia.

Sorrido un poco mestamente, contenta che tutte le mie amiche abbiano trovato un partner per questa serata. Sono davvero felice per loro.

Probabilmente tra poco rimarrò qui da sola, a fare da tappezzeria, ma la cosa non mi pesa. Guardo brevemente mio fratello, che si sta sfregando l'occhio sinistro, come a voler scacciare qualcosa. Ogni tanto percepisco pienamente le sue sensazioni, altre no, come questa volta. Ci sarebbe tanto di cui discorrere con lui, questo potrebbe essere il momento giusto. Vorrei parlargli dei miei sentimenti, di come mi sento io da quando sono giunta qui, nondimeno chiedergli quanto a fondo è andato nel rapporto con Seraphina. Vorrei anche tranquillizzarlo, dirgli che non è un problema per me se lui volesse rimanere con lei, che lo capisco, che sono con lui, che lo sarò sempre, e che desidero la sua felicità, anche se magari, forse, dovrebbe prima chiarirsi con Dègel su questa questione, ma mi sento un po' bloccata in questo discorso, forse meglio partire con un dialogo normale, poi chissà...

Faccio quindi per alzarmi con l'ovvio intento di raggiungerlo, ma...

...una sonora gomitata mi strappa dai miei pensieri, facendomi trasalire non poco.

“Non ti preoccupare, Marta, lo sto osservando da un po', sai? C'è qualcuno che non vede l'ora di ballare con te e freme visibilmente. Può darsi che, ora che noi pulzelle ci siamo allontanate da te, questo baldo cavaliere decida di proporsi!” esclama Sonia, facendomi l'occhiolino prima di sparire nel mucchio con un saltellante Regulus.

Mi guardo nervosamente intorno, non capendo l'affermazione della mia amica, almeno fino a quando non scorgo la figura di Dègel, un poco titubante, in avvicinamento...

“No! No! Miseria, no!" inizio a balbettare tra me e me, frenetica, guardando dappertutto tranne nella sua direzione.

Automaticamente inizio a torturarmi le mani, sentendomi completamente avvampare da un fuoco che si propaga per tutto il corpo. Devo mettermi le scarpe, diavolo, e allontanarmi, non so dove, ma devo farlo. Afferro di riflesso il primo tacco, infilandoci alla ben meglio il piede, il procedimento ha successo, passo al secondo, ma il dannato mi scappa via, lo riprendo, ma cade di nuovo, diamine, ho le mani di burro, o...?

“Madamigella, sarei davvero onorato se... se mi concedeste l'onore di un ballo!”

Niente, il mio cuore perde un battito, mentre il resto del corpo, semplicemente, divampa, regalandomi una strana sensazione di 'sudore freddo' che stona con il mio sentire così dannatamente caldo.

Rimango fissa nella posizione di prima per diversi secondi, prima di trovare il coraggio di voltare la testa di lato, trovandomi davanti nientepopodimeno che la figura di Dègel dell'Acquario!

"Come, prego?" biascico, sguardo ebete, come se non avessi capito bene, ho capito benissimo, invece, ho i cori angelici dentro di me!

Rimango incantata a contemplare la sua figura a poca distanza da me, così incredibilmente elegante, così incredibilmente... familiare!

L'abito che indossa, infatti, mi è tutt'altro che sconosciuto, è come se ce lo avessi stampato nella retina quel suo modo di vestirsi, proprio come quel giorno.

Tossicchio violentemente, cercando di non far notare a Dègel che lo sto scrutando da capo a piedi: la giacca scura con i bordini ornati con dei disegni dorati, che tiene sopra un gilet bianco; i pantaloni attillati insieme a degli stivali alti; per finire la camicia bianca che si intravede comparire sotto le maniche della giacca...

Tutto questo non mi è nuovo, anzi, profuma di un vago senso di nostalgia e perduto.

Persino il foulard che Dègel porta intorno al collo e la maschera dorata che gli copre una parte del bel viso, mi sono familiari, così come il nastro che raccoglie i suoi lunghi capelli in una morbida coda.

Così presa a contemplarlo, quasi non mi accorgo che si è messo a ridacchiare davanti a me, con quel tono cristallino, la postura composta, senza eccedere nella misura. E'... è così bello!

“Scusami, Marta, ogni tanto dimentico che non ti piace essere chiamata con titoli e onorificenze varie. Tuttavia la mia richiesta permane: mi concederesti l'onore di un ballo?” mi chiede ancora, in maniera più informale, inginocchiandosi a terra e prendendomi delicatamente una mano tra le sue. Cosa che, in un istante, peggiora ulteriormente il tutto, facendomi sprofondare ancora di più in balia delle emozioni forti che mi soverchiano.

Vorrei urlargli di sì, che è ciò che ho sempre desiderato, persino in quella notte di tre anni fa, mentre cercavamo Krest e lui ballava con Madame Garnet, sotto il mio sguardo un poco lucido, combattuta tra il mantenere un profilo basso per la riuscita del piano e il desiderio viscerale di esserci io, lì, al suo posto, al posto di quella... donna. Oh, quanto ho patito quel giorno, quanto mi sono sentita... accessoria... io ancora non...

Sospiro, ciò che vorrei è chiaro, ma agisco in maniera opposta.

“N-no! Io... io stavo per... per andare a prendere dell'acqua perché non mi sento molto bene!” ribatto, guardando dappertutto e in nessun posto. Percepisco gli occhi di Camus su di me, questo mi manda in agitazione ancora di più, facendomi comprendere ancora meno la dissonanza che è in me. Sudo freddo, il cuore a mille, le guance mi divampano, e in tutto questo le iridi blu di mio fratello, spietate, sono puntate su di me, mi scrutano, CI scrutano...

“Ne sono consapevole, per questo ho esitato... ma... ma ne sarei davvero onorato, Marta!” mi sussurra, posandomi una mano sotto il mento per poi sorridermi con dolcezza, quasi come se mi stesse accarezzando con il solo sguardo, con quei due zaffiri che mi trasmettono un intenso, prolungato brivido alla schiena. Un singulto sfugge dalla mia bocca: è decisamente troppo per resistere!

Sfuggo elegantemente dalla sua morsa, spostandomi un po' più in là sulla sedia, in bilico. Mi vergogno troppo per fare qualsiasi cosa, anche se, in fondo, è sempre quello che ho desiderato.

“N-non so ballare, sono sicura che troverai una compagna ben più affidabile e gaudente rispetto alla sottoscritta!” mi giustifico, completamente rossa in viso, attorcigliandomi le cosce una sull'altra e nascondendoci dentro le mani sudate.

“Non desidero altri se non tu, ti prego...” insiste lui, implorante. Non è da lui essere così pertinace, maledizione, che gli è successo?!

“N-no, fidati, non so neanche... aaaahhhh!” inizio a balbettare, ma essendomi ulteriormente spostata, sono puntualmente caduta dalla sedia.

Figura di m...

“Ti sei fatta male?!” esclama Dègel, apprensivo, inginocchiandosi nuovamente davanti a me.

EH, PERO', NO, CHE CAVOLO, IO MI ALLONTANO E TU TI AVVICINI?! NON CAPISCI CHE... RISCHIO DI PERDERE IL CONTROLLO?!

Non ribatto comunque nulla, vergognandomi persino di respirare in questa situazione, almeno finché non avverto una mano afferrare la mia per aiutarmi ad alzarmi.

“Stai bene, vero? La caviglia... riesce a sorreggerti?”

“D-Dègel, io non... AHIA!” incespico nei miei stessi piedi nel momento in cui vengo tirata su, finendo puntualmente a cozzare contro la fronte di Dégel, il quale, in seguito all'urto, con la mano libera, si massaggia la zona in questione, divertito.

“Accidenti, sembri tanto gracile e indifesa ma la tua testolina è assai... coriacea! Non sembra, in apparenza!” afferma lui, sorridendomi lievemente imbarazzato, mentre mi sorregge con grazia, neanche fossi una piuma.

“D-Dègel, io non riesco a stare nemmeno in piedi!” biascico, discostando almeno lo sguardo, perché allontanarsi da quel corpo caldo che mi trae a sé è ormai impossibile.

“Non ti devi angustiare di questo, devi solo seguire le mie movenze!” ribatte lui, sorridendomi nuovamente. Prima di poter fare qualsiasi cosa, mi accompagna lentamente verso la pista da ballo.

Non capisco più niente, il mio cervello è partito per la tangenziale e tutti gli avvenimenti che accadono intorno a me sembrano lontani nel tempo e nello spazio, ad eccezione di lui, di Dégel... lui è vicino, tremendamente vicino, ma non abbastanza, vorrei... di più, toccare quel corpo con le mie dita, con le mie mani, tracciarlo in ogni minima sua parte, come era accaduto quella notte diversi giorni dopo la missione in Francia, che mi aveva lasciato l'amaro in bocca.

Avevo freddo quella notte, mi sentivo sola, credevo che non ti avrei mai più rivisto e sono scoppiata a piangere, ma tu... non so ancora bene come, sei giunto a me, il tuo amico Cardia stava meglio, e tu avevi voglia di parlarmi, di darmi delle spiegazioni per il comportamento al ballo. In verità non c'era nulla di cui discutere, tu eri giunto lì, per me, solo per me, di nascosto dal Santuario, quell'unica volta. Ed erano stati i nostri corpi a parlare, non avevamo avuto bisogno di parole, solo... del calore reciproco.

Riesco appena a sentire la musica dolce e tranquilla del brano propagarsi nell'aria, prima di ritrovarmi stretta contro il petto di Dègel, nuovamente così vicina a lui da poterlo quasi... vivere!

Eppure... sento che ancora non mi basta, vorrei... di più, ancora di più... gli abiti ostruiscono il contatto tra noi, io... vorrei ancora quella pelle contro la mia, le sue braccia che mi cullano un poco impacciate, il suo respiro dentro di me... Oh, Dégel!

“E' un brano lento, proprio l'ideale per cominciare!” mi avverte intanto lui, intrecciando le sue mani con le mie.

Sulle prime seguo completamente i suoi movimenti, non sapendo come comportarmi, ma in seguito, una volta acquisito il ritmo, agisco di libera iniziativa. È semplicemente meraviglioso! I nostri passi, i nostri gesti...riusciamo a muoverci all'unisono in un ritmo trascendentale! Mi sembra quasi di non essere più io, chi sono? Mi sento... così completa, come mai mi sono sentita fino ad adesso. Dove finisce il mio corpo, dove il suo? Siamo un tutt'uno, ed è qualcosa di magico e meraviglioso, vorrei che questa sensazione non avesse mai termine!

Mi avvinghio a lui, con le braccia, l'orecchio posato sul suo petto, il respiro corto, una strana sensazione di urgenza che non riesco bene ad inquadrare.

Pochi minuti dopo termina la musica, ma sia io che Dègel continuiamo a rimanere abbracciati, sembra quasi che un filo magico e indissolubile ci leghi. Alzo un poco il capo, i nostri volti si sfiorano, ed è come se i nostri occhi non scrutassero altro che la parte più profonda delle nostre rispettive anime.

“Sei davvero bellissima, io...” sussurra Dègel, mentre, con la mano destra, mi accarezza gli zigomi, delineando il mio profilo fino al collo, prima di tornare su, dove le sue dita si soffermano a contatto con il mio viso. Freme, lo sento nitidamente, poiché è come se quello stesso tremore si dilagasse in me.

Provi le mie stesse sensazioni, Dègel? Anche tu... anche tu vorresti privarmi degli abiti che indosso, che sono diventati solo un impiccio tra me e te? Anche tu... brami le mie labbra?

Automaticamente anche la mia mano destra si posa sulla sua guancia sinistra, la sua pelle così calda e morbida mi trasmette un brivido di piacere.

“Marta, davvero... sei davvero meravigliosa con questo vestito che mette in risalto i tuoi lineamenti delicati, con questo leggero trucco che... - si prende una lunga pausa, rabboccando aria, mentre i suoi occhi brillanti scrutano i miei, essi sono ricolmi di desideri inespressi e a stento taciuti - Sai, a volte quando sto con te mi sembra di essere con un'altra persona, una persona molto speciale per me, ma lontana...” mi dice, mentre con un rapido gesto mi porta ancora più vicino a lui. Ora sì che avverto concretamente il suo respiro su di me, mi fa, letteralmente impazzire, è tutto così appannato, vi è solo... lui, che è tutto!

“D-Dègel, i-io..." non so bene cosa dire, mi sento talmente sovraccaricata che persino le parole sono diventate inutili tra noi. Chiudo gli occhi, abbandonandomi a quella sensazione.

Massì, in fondo che male ci sarebbe a desiderare le sue labbra, che male ci sarebbe, ancora una volta, a dimenticarci dei nostri ruoli e dei nostri doveri?! In fondo, non facciamo del male a nessuno, ci amiamo, lo abbiamo sempre saputo, e ci siamo inseguiti a sufficienza, abbiamo rinunciato a molto, forse troppo, ed io... io non voglio più ricacciare indietro i miei desideri.

Automaticamente le mie mani si muovono da sole lungo la scia della sua schiena, lo stesso fa lui, sebbene il lungo vestito gli crei non poco impicci. La sua fronte è contro la mia, avverto tutto il calore esplodermi dentro, frastornandomi. Un solo secondo, uno solo, e finalmente...

 

...N-non posso, Madamigella Seraphina, n-non... non posso rinunciare alla mia sorellina, non posso! L-lei... lei è la mia piccola lucciola, la mia speranza, la mia... forza... n-non voglio che le accada più niente, ha sofferto fin troppo, ed io non sono riuscito a... a"

Mio fratello ha le guance rigate dalle lacrime, il petto scosso dai singhiozzi, gli occhi disintegrati da un dolore troppo intenso per non soccombere. Seraphina, pallida in volto, il respiro stentato, stesa sul letto, lo accarezza comunque, cercando di donagli le forze che lei stessa non ha, non più.

"Camus... non ho mai voluto che tu sacrificassi lei, tutt'altro, tu devi stare al suo fianco, è giusto così, le cose devono andare proprio in questo modo. Non lasciarla sola, mio piccolo fiocco di neve, lei è, come hai detto tu stesso, la tua speranza, ma ancora di più, è la speranza per il futuro! Quindi... non pensare che mi stai abbandonando, non lo hai mai fatto, Camus, neanche questa volta! Vai, e non voltarti più indietro. La strada scelta... è quella corretta!" mormora lei, sprofondando sul cuscino, sempre più pallida. Respirare sta diventando davvero troppo difficile...

Camus, ancora una volta è con lei, le stringe la mano, disperato alla sola idea di lasciarla scivolare via, di interrompere le cure, quelle dannate cure che, il giorno precedente, l'aveva fatta sentire meglio. Una lacrima cade silente sul lenzuolo, poi un'altra, sopra il braccio di Seraphina, e un'altra, l'ultima, sulle sue gote una volta che si è chinato a baciarla sulle labbra.

"Perché dovevate essere proprio voi... la stessa persona?!" fa fatica a parlare, freme, vinto dalla sofferenza.

Seraphina raduna un'ultima volta le sue forze, concentrandole sul braccio destro che alza nella sua direzione con lo scopo di accarezzargli teneramente la guancia: "N-non piangere, ti prego, io vorrei... che tu fossi felice, C-Cam-us... - rantola, in affanno, gli occhi lucidi - Sai perché, anf, lo sai... e proprio per questo devi farti forza, non è u-un addio, il nostro, m-ma... un arrivederci. Ci rivedremo nella prossima vita, aspettami... nel futuro!" gli sorride un'ultima volta, sforzandosi di regalargli il più bel sorriso di cui è capace.

 

Mi sento mancare aria nei polmoni, la dissonanza, già presente in me, si accentua, riportandomi così bruscamente alla ragione.

Automaticamente spingo via Dègel, interrompendo il magico incantesimo che ci aveva pervaso. Mi costa fatica farlo, una fatica sovrumana. Più difficile che combattere contro gli avversari, più duro anche che rischiare la vita in battaglia. Serro la mascella, rabbrividendo. Discosto lo sguardo, cercando di non dar peso al fatto che, la nostra separazione, ora che finalmente ero così vicina al suo corpo così caldo mi abbia trasmesso una ventata di gelo a cui non riesco più a resistere.

“Mi dispiace, Dègel, non posso... e neanche tu! E' come se... se fosse un tradimento...” mormoro, lasciandomi cadere in ginocchio, vinta dal dolore. Non so bene neanche io cosa ho detto, né perché lo abbia fatto. Immagini sempre più sfumate, quella della visione o qualunque cosa fosse, vanno via via dissolvendosi, sparendo nel tempo e nello spazio, come piccolissimi frammenti di un ricordo doloroso che deve essere cancellato.

La mia gola brucia da impazzire e le lacrime cominciano ad uscire fuori controllo dai miei occhi. E' dilaniante, questa sensazione, perché io lo desideravo per davvero, le volevo quelle labbra, il loro sapore, la loro consistenza... ma qualcosa mi punge la coscienza, frenando i miei desideri, le mie pulsioni, il mio stesso equilibrio. Cosa è stato? Cosa... ho visto? Perché... ho avuto l'impulso di fermarmi?!

 

Passano minuti di totale silenzio, Dègel sembra come paralizzato, lo sento incombere su di me, distante, non più raggiungibile. In tutto questo, il mio malessere non accenna a diminuire, incancrenendosi sempre di più nella gola ed intensificando i singhiozzi spietati che non intendono in alcun modo placarsi. Credevo che sarei stata meglio, una volta recuperata l'integrità della mia persona, l'integrità di Marta, ma... sto invece peggio di prima, non riesco neanche più a spiegarmi perché io abbia fermato Dégel, eravamo così vicini... così... indissolubili!

Riesco quasi ad avvertire anche il suo, di malessere, così ricco di pentimenti, patimenti e decisioni affrettate. Confusione... tanta, tantissima confusione. Non vi è alcun rimedio.

“Dègel, perdonami...”

“No, Marta hai ragione! Perdona tu me... perdona il mio comportamento così terribilmente inopportuno. Hai pienamente ragione, non posso e... sono stato ingiustificabile!” si colpevolizza, prima di scappare letteralmente via con le lacrime agli occhi.

“Dègel!!!" lo chiamo, inutilmente, colpita da una nuova, spiacevole, sensazione. Non voglio perderlo, dannazione! Non voglio abbandonare il suo fianco e, se non faccio niente, io non potrò più... NO, MALEDIZIONE!

Faccio per inseguirlo con lo scopo di chiarire in qualche modo, ma una mano sulla mia spalla e, contemporaneamente, l'arrivo delle mie amiche, bloccano i miei propositi.

“Marta, che è successo? Stava andando tutto bene, perché poi...?” mi chiede Michela, agitata.

"Lo hai... fermato, Marta, perché, cosa è successo, non..." interviene anche la voce tremante di Sonia come se percepisse il mio stato.

Incasso la testa tra le spalle, ancora singhiozzante, quindi hanno visto tutto? Ai già insostenibili sentimenti che mi avvolgono, duri e acuminati come degli speroni di roccia, si aggiunge anche la più intensa vergogna. Avrei voluto non farle assistere ad una scenetta così patetica.

“Lasciatela stare ora, ha bisogno di aria!” afferma mio fratello, in tono imperioso, togliendo tempestivamente la mano dalla mia spalla (ah quindi, era la sua? Me ne rendo conto solo adesso!). Lo guardo, tentando di focalizzare la sua figura nonostante veda tutto appannato, come se un'intensa nebbia avesse permeato questo luogo.

Attendo fiduciosa la sua voce, sperando in qualche parola di conforto, ma ciò che percepisco dal suo timbro è nient'altro che ghiaccio sterile, spietato. Ancora una volta, è lui la discrepante tra le perdizione e la salvezza.

“Marta, abbandona questo sogno il più presto possibile, è un avvertimento... da amico, se così si può dire!”

Abbasso lo sguardo, incapace di ribattere anche con una sola parola. Confusa, intontita, come se mancasse qualche tassello al susseguirsi logico degli avvenimenti antecedenti, spero, per lo meno, che il discorso termini qui, non ho le forze per continuare su questa strada, ma neanche questo mio desiderio viene ascoltato. Camus infatti prosegue per la sua via, in un modo che a me pare freddo e spietato, malgrado un'arcana parte della mia ragione si renda conto che le sue frasi siano invece dense di logicità, nonché pronunciate nel disperato tentativo di salvarmi, perché, lo avverto anche io, sono mutila, vado frantumandomi sempre di più...

“Così preda e in balia di sentimenti impossibili non andrai da nessuna parte, al primo nemico verrai uccisa, senza che io possa farci alcunché! Penso ti renda conto anche tu di essere fragile, talmente tanto che basterebbe un nulla per piegarti. E per cosa, poi?! Per un tuo presunto innamoramento per una persona che, in circostanze normali, non avresti mai dovuto conoscere?! No, Marta, non fare l'errore di dar adito ad emozioni così nefaste per la tua persona. Sei ancora in tempo: rinuncia al tuo amore per Dègel, altrimenti...”

Repentinamente, quasi senza accorgermene, mi alzo di scatto in piedi e lo colpisco con uno schiaffo. La situazione pare congelarsi, tutti intorno a noi si bloccano, ma io vedo solo lui, i suoi occhi, che mi fissano sbalorditi e un poco indignati.

“Cosa vuoi sentirti rispondere, Camus, eh?! Che hai ragione a dire che dovrei rinunciare a Dègel?! Ebbene: HAI RAGIONE! - gli grido contro, furibonda, fremendo vistosamente - Ma... è troppo tardi, ormai! TARDI!" esclamo ancora, prima di scattare nella direzione presa dal Cavaliere dell'Acquario de XVIII secolo.

Non so se quello che ho fatto sarà punito, visto che oltre ad essere mio fratello è anche il mio maestro, ma sinceramente non me ne frega niente in questo momento. Tu dovevi capirmi, Camus, eri l'unico a poterlo fare, potevi salvarmi, sarebbero bastate poche, semplici, parole, e tutto avrebbe potuto raddrizzarsi, tutto! Invece no, hai scelto di infierire su di me, io ti ho mostrato il fianco, tu me l'hai pugnalato, ed io... ed io... non so più neanche chi sono, né dove devo andare, mi sento così... smarrita!

“Non hai esagerato, amico mio?” sento di sfuggita la voce di Milo, da qualche parte non ben distinta dietro le mie spalle

“Sì, ho volutamente esagerato, ma sono solo preoccupato per lei, Milo. Io, più di chiunque altro riesco a comprenderla, in questo momento, ma... la sua fragilità... mi terrorizza, ed io stavolta non posso proteggerla!”

“Cosa intendi, Camus? L'hai sempre protetta a costo della vita, perché ora dici di non esserne in grado? Noi siamo cresciuti come Cavalieri, quindi siamo diversi, ma lei invece è una ragazza che, per 17 anni, ha vissuto una vita normale, entrata da poco nel nostro mondo. Ha il suo diritto di innamorarsi e avere le sue esperienze come adolescente, è indispensabile per diventare donna! Non impedirglielo, amico mio, ti prego, i sentimenti, molto spesso, ci rendono più forti!”

"Conosci la verità... come puoi chiedermi di... permetterglielo?!"

"La conosco, sì, ma devi concederle il tempo per arrivarci da sola, come hai fatto tu"

“Non c'è più... tempo... Milo! Non sono eterno e quando io non ci sarò più... chi la potrà salvare da questa sua situazione?! Non voglio che le succeda più niente, quindi non ha importanza se, per proteggerla, dovrò essere spietato in alcune circostanze, già, non ha alcuna importanza... il suo bene è la cosa più importante, per me. Che mi odi pure, se servirà per salvaguardarla!”

Non capisco niente di quello che blatera mio fratello, sono solo vaneggiamenti, per me. Ho una tale confusione in testa, quasi la avverto implodere, vittima di questa dissonanza interna che non mi da requie.

So solo una cosa con certezza: io amo Dègel, lo amo incondizionatamente!

Non importa se è un effimero sogno fuggevole, non importa se non avremmo mai dovuto incontrarci perché di due epoche diverse; è successo, questo non si può cancellare in alcun modo!

Che si tratti di un miracolo o di una maledizione non mi importa, voglio solo trascorrere più tempo possibile con lui, ora che ho una nuova possibilità, solo questo chiedo, nient'altro, non è poi... così tanto!  

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Capitolo 19
*** Gli occhiali perduti ***


CAPITOLO 19

 

GLI OCCHIALI PERDUTI

 

“Dègel! Dove sei!?”

La mia voce risuona per tutte le stanze dell'ultimo tempio, senza ricevere risposta alcuna. Mezz'ora è passata dal fattaccio, eppure di lui non c'è traccia. Potrebbe essere tornato al suo tempio, ma non è ciò che sento.

Mi guardo ancora intorno, sempre più apprensiva, complice una brutta sensazione che, col passare dei minuti, cresce sempre di più.

Lo continuo quindi a chiamare all'impazzata, guardando in ogni direzione per trovarlo, ma niente di niente...

“Dègel!! Si può sapere dove... Aaaaah!”

Mi ritrovo completamente distesa per terra, probabilmente sono inciampata nel lungo vestito, persino con i piedi nudi, lo dicevo che ero completamente inadatta per questo genere di cose! Ad ogni modo, do una controllata al lungo abito, sperando non si sia sgualcito o rovinato, mi dispiacerebbe se fossi così, chissà dove sono andati a prenderlo, chissà quanto è costato, ed io, al solito, complice la mia goffaggine...

“M-Marta, sei... sei tu?”

Raddrizzo la schiena, sentendomi chiamare da una voce impastata, pesantemente alterata. Difficile riconoscerne suono cristallino, ma tanto basta per farmi alzare del tutto.

Fisso dritto davanti a me, cercando di mettere a fuoco la figura del ragazzo appoggiato con la fronte ad una delle numerose colonne. E' ormai sera inoltrata, la luce soffusa delle candele non basta certo a delineare l'entità di colui che si trova davanti a me e che, pare, faccia una fatica assurda a compiere movimenti, persino i più banali.

Affilo lo sguardo, mentre la figura si stacca dalla colonna e si avvicina barcollante a me, sembra quasi sul punto di cadere da un momento all'altro, i passi goffi e pesanti, l'incedere sempre più incerto... il mio sentore si trasforma in realtà.

“D-Dègel?!” domando, esterrefatta, una volta che il ragazzo si è sufficientemente avvicinato. Spalanco gli occhi al limite dell'umano possibile, stentando a riconoscere in lui la consueta eleganza e il tipico portamento che lo contraddistingue.

“S-sì, io...ti...” biascica confusamente, poco prima di cadere in avanti.

“Santi numi! - impreco, acciuffandolo al volo e finendo con lui a terra, di nuovo – Cosa hai?!”

Più nessuna risposta...

Mi sta facendo davvero preoccupare, che sia ferito?! Che sia stato il nemico a ridurlo così?! ma come diavolo avrebbe fatto a profanare il Santuario?! Istintivamente inizio a controllare, tramite il tatto, se sul suo corpo siano presenti tracce di sangue... Sotto la camicia, anche se il solo farlo mi fa sentire sporca, mettendomi a disagio, sul collo, sulle spalle, arrivo persino a tastargli le gambe... Nulla di nulla!

“Dègel, non sento niente di bagnato... che ti è successo?! Non è che ti hanno attaccato in qualche maniera non consona?!” continuo, completamente terrorizzata da quest'ultima eventualità. Un colpo a suo cervello, perché no, visto che so che il Cavaliere di Gemini ne è capace, e chissà quanti altri.

“Cardia e Manigoldo... loro mi hanno...”

“Muahahaha!!!”

Nello stesso momento in cui Dègel prova a spiegarmi l'accaduto, delle risate gioviali rimbombano tutto intorno, trasmettendomi una velata sensazione di fastidio. Attendo pochi minuti, il tempo necessario per vedere avvicinarsi proprio le figure di Manigoldo e Cardia, quest'ultimo portatore anche di una lanterna per far luce.

“Ottimo lavoro, compare! Il piano è stato perfetto! Dégel non poteva mai immaginarselo!” si congratula Manigoldo con il compagno di merende, battendo il cinque.

"E' stato semplicemente geniale, la TUA idea era geniale!" prosegue Cardia, tutto agitato, con un largo sorriso.

"Beh, sai... - si fa fiero il Cavaliere del Cancro, gonfiando il petto - Sono abituato con Albafica che non è molto diverso dal tuo migliore amico. Potrai sempre contare su di me, per questo genere di cose!"

“Potete illuminarmi? - chiedo, in tono forzatamente calmo, mentre Cardia, da tonto, usa la lanterna per fare luce su me stessa - Non in QUEL senso, Car! Intendo darmi spiegazioni!" stavolta la mia voce è quasi un sibilo sempre più innaturale. Il mio amico deve percepire il limpido fastidio dietro il mio sguardo.

Lo vedo guardare altrove un punto non ben definito, incapace di ribattere, come se si sentisse colpevole di qualcosa, il che invece di tranquillizzarmi mi disturba ancora di più.

“E' tutto sotto controllo, signorina, raffredda i bollenti spiriti, non lo abbiamo mica ucciso! Per la tua domanda... beh, osservagli il volto” ribatte invece Manigoldo, più pratico su queste cose.

Automaticamente faccio come mi detto, notando, con grande sorpresa, che le guance appena sotto le palpebre abbassate di Dègel sono di un rosso vivo, del tutto innaturale in circostanze normali, a meno che non abbia la febbre, e così non è, perché non è caldo, oppure...

“E'... è ubriaco?” ipotizzo, sgomenta, mentre un brivido mi scorre lungo la schiena.

“Notare la grande acutezza della ragazza, eh... sì, hai vinto una manciata di monete d'oro come premio per la tua perspicacia!” risponde sarcastico Manigoldo, somigliando terribilmente a Death Mask in questo frangente.

Pessima scelta quella di sdrammatizzare in un momento simile, poiché la frase ha la sola utilità di farmi infuriare ancora di più...

“Lo avete fatto ubriacare?! Ma siete IDIOTI?!?” urlo, incollerita, fremendo distintamente.

Manigoldo trasalisce in seguito al mio tono di voce così alto, forse non aspettandosi la reazione così estremizzata da un Pesci, eppure dovrebbe averne fatto il callo, essendo migliore amico di Albafica.

“E'... è stato un piano di Cardia, eh! Io l'ho solo seguito!- esclama lui spaventato, incolpando l'allegro compagnone, il quale lo fulmina con lo sguardo – Lui mi ha detto che era una occasione perfetta, per voi due, ma che, conoscendovi, vi sareste bloccati di certo. Dovevamo quindi noi dare una spintarella a...”

“Ma ci stai zitto!?!” interviene Cardia, tappandogli la bocca per farlo tacere.

Manigoldo si divincola dalla 'morsa scorpionifera', così i due cominciano una baruffa che termina solo quando io, scocciata, prendo nuovamente la parola, stavolta nuovamente in una parvenza di tono calmo, come quando, prima dello scoppio di un temporale, sembra fermarsi, per un attimo, l'atmosfera intera.

“Ti spiacerebbe raccontarmi del tuo geniale piano, Cardia?” chiedo, tagliente.

L'interpellato smette istantaneamente di azzuffarsi e, ingoiando a vuoto, si appresta a narrare.

“Ho visto la scena al ballo e Dègel che scappava; Dègel era giù un po' alticcio in quel frangente, sai? Merito mio! - mi esclama, battendosi i pugni al petto come per farsi dire 'ma che bravo!' - Allora, essendomi già messo d'accordo con Manigoldo perché sospettavo sarebbe successo un fatto simile, e sapendo bene che quel pirlotto del mio amico si sarebbe andato ad isolare dopo quanto avvenuto con te, sono intervenuto in suo favore, se così si può dire...”

Non distolgo gli occhi da lui, iniziando già a capire cosa possano aver fatto Cardia e Manigoldo 'in favore' di Dègel. Proprio un piano grandioso, non c'è che dire, da applausi!

“L'ho trovato subito e, come previsto, era profondamente scosso. Mi ha raccontato quello che è successo, nonché del, a suo dire, terribile comportamento con te. Io, per tutta risposta, gli ho detto che c'era un unico modo per risolvere l'intera faccenda...” continua lui, serio, dannatamente serio, come se davvero credesse nella realizzazione dei suoi progetti.

“A quel punto sono intervenuto anche io! – prende la parola Manigoldo, facendomi vedere un fiasco che, probabilmente in precedenza conteneva vino o chissà quale alcolico, ma che adesso è vuoto, a parte alcune gocce scure in fondo – Sai come si dice, no?! Non bisogna mai abbassare la gradazione alcolica quando si beve, o si rischia di andare in botta. Ebbene questo è ciò che abbiamo fatto: immobilizzarlo per poi fargli bene questo intruglio, che tra l'altro è un mio pregiatissimo vino che viene dall'Italia, eh!” conclude il Cavaliere del Cancro, baldanzoso, quasi a voler vendere i prodotti della sua terra natia.

“C-cosa?! Com'è possibile?! Dègel non si è difeso?!” esclamo, sempre più incredula. Questi due beoti ne parlano con una leggerezza quasi esasperante, tanto da scandalizzarmi.

“Altroché se lo ha fatto! Sia verbalmente che fisicamente... - mi dice Cardia, massaggiandosi lo stinco della gamba destra – Ma, come ti dicevo, era già brillo, tra l'altro anche quello per merito nostro, avendogli corretto più volte ciò che ha bevuto durante la serata!” afferma ancora Cardia, accennando un largo sorriso nella mia direzione; un sorriso affabile di cui non ne capisco la natura, ancora meno in un momento simile. Assurdo... è tutto così assurdo!

Di riflesso stringo ancora di più il corpo semi-svenuto di Dègel, appoggiato al mio petto,non un movimento da parte sua, non un suono. Meglio così, perché sono follemente arrabbiata ora, quasi da non riuscire a trattenermi ulteriormente.

“Mi fate davvero schifo!” sibilo a denti stretti, tremando vistosamente.

“Uh?! Ma che...?” esclamano Cardia e Manigoldo, perplessi e sgomenti.

“Razza di idioti, mandatelo direttamente in coma etilico la prossima volta allora, solo perché così si sblocca con me, così toccate con mano dove possono condurre le vostre azioni sconsiderate, imbecilli debosciati che non siete altro!!! - ululo, permettendo alla rabbia di prendere totalmente possesso di me - Ma lo sapete cosa vuol dire avere una persona cara in coma?! Siete consapevoli delle conseguenze nell'assunzione di troppo alcool?! No, che non le sapete, cosa volete sapere voi, due ignoranti che non ne fanno mezzo!"!” gli grido contro, non riuscendo più a controllare le mie emozioni. Avrei tanta voglia di saltargli addosso, prendere le loro teste bacate e farle sbattere contro il muro, non sia mai che vi entri un po' di senno, ma mi trattengo, avendo altre urgenze.

"Che cosa... che cosa è un coma etilico?" chiede Cardia, guardando smarrito in direzione di Manigoldo.

"E lo chiedi a me?! Domandalo alla signorinella là davanti, che non sembra aver preso sportivamente il tuo intervento!" fa lui, alzando le mani al petto come a dire che non ne può niente.

"Non lo sapevi, dunque, sei davvero un coglione immaturo, Cardia! Dégel aveva bisogno di parlarti, di essere rinfrancato, e tu... tu lo hai tradito! Le persone possono morire, se assumono troppo alcool, soprattutto se non sono abituate a berlo!" lo fisso schifata, implacabile E' la delusione nei suoi confronti il sentimento più amaro e più cupo che provo adesso, secondo solo alla collera che, dopo il mio discorso, sta lentamente scemando.

Cardia lo sente, percepisce il grosso biasimo che nutro nei suoi confronti lo capisco dai suoi occhi sempre più vitrei e dal leggero senso di colpa che permea il suo viso. Abbassa nuovamente lo sguardo, stringendo forte i pugni e pestando i piedi per terra come a volersi sfogare in qualche modo. Alla fine riesce a trovare la forza per imprimere le sue iridi nelle mie, con tanta aggressività da trafiggermi il cuore. Il fuoco, ne vedo il fuoco... i suoi occhi azzurri sembrano ora fiamme brutali che tutto travolgono.

“Per chi credi lo abbia fatto, genia?! Per te e Dègel, ovviamente! Perché di due, voi, non ne fate mezzo! Ci hai dato degli ignoranti, secondo il mio modo di vedere le cose invece siete tu e Dégel ad essere degli inetti; due inetti che, malgrado sia lampante il piacervi e l'essere ricambiati dall'altro, state lì a non fare un cazzo, brancolando nell'incertezza più sfrenata, e la vita passa, razza di idioti! - ribatte lui, sempre più furente, prima di prendere un profondo respiro e proseguire - Ho dovuto rinunciare io al mio... al mio sentimento per te, per far in modo che il mio migliore amico e la ragazza che ama fossero felici, e tu cosa fai?! Ti incazzi con me e inoltre mi rivolgi parole spietate, proprio degne della sorella di Camus quale sei! Grazie mille davvero, ora ho compreso la tua vera natura, sei stata abile a celarla, scemo io che mi sono invaghito di te, come ho potuto?!”

"Intanto lascia fuori mio fratello dal dialogo, e poi, cosa ne vuoi sapere tu, eh, dimmelo! Che ne sai dei sentimenti di Dégel?! Che ne sai dei MIEI sentimenti?!? Sei un bambino che gioca col fuoco e non sa che si può bruciare, non conosci niente, Cardia, hai aiutato il tuo migliore amico nel modo sbagliato, ora prega che non stia male, o io..." mi fermo, lasciando intendere la velata minaccia.

"L'HO FATTO PER VOI, PER..."

"POTEVI FARTI UNA BARCATA DI CAZZI TUOI, INVECE, CONTINUARE A BALLARE CON FRANCESCA, ABBUFFARTI CON MILO! CHI LO HA CHIESTO QUESTO TUO INTERVENTO?!"

"Ne-nessuno..."

"Nessuno, esatto! Pensa, prima di agire, Cardia!"

Lo vedo fremere, non sapendo più cosa dire per difendersi o attaccare, infine, con un gesto di stizza, si volta bruscamente dall'altra parte, sibilando un "Vai al diavolo!" e correndo via.

“E-ehi, Cardia, aspetta! Marta, certo che anche tu potevi essere un po' più carina, eh, lui è proprio perso per te, le tue parole sono come macigni per lui! Lui ha sragionato, d'accordo, ma tu non sei da meno in certe circostanze!” mi rimprovera Manigoldo, una punta di biasimo anche nella voce, poco prima di inseguire il parigrado.

Rimango basita a guardarli andarsene, mentre una morsa mi pervade tutto il petto. E' stata solo un'apparenza, o gli occhi di Cardia erano veramente lucidi? L'ho ferito così tanto a parola, senza nemmeno rendermene conto?

Sospiro sonoramente, mentre le parole di mio fratello riguardo la fragilità mi ronzano fastidiosamente in testa. In tal senso è proprio come dice Camus: i sentimenti ci indeboliscono, lasciandoci sguarniti e indifesi nei confronti della persona che amiamo, il terrore di perderla, la paura di rovinare tutto... Mi alzo faticosamente in piedi, tentando di sorreggere Dègel, cosa affatto facile, considerando la diversità di peso, ma non posso lasciarlo qui nelle sue attuali condizioni.

“C-cosssa fai?” mi domanda ad un tratto lui, strascicando pesantemente la 's'. Probabilmente il mio movimento lo ha fatto in parte ridestare, malgrado le sue palpebre continuino a rimanere abbassate e il rossore delle sue gote non accenni a diminuire.

“Ti porto nel letto della tua casa, non puoi girare in queste condizioni!” raffermo, non riuscendo a nascondere un certo disagio. Ad ogni modo, meglio parlare con lui, non so quanto abbia effettivamente bevuto, non so quanto rischi, ma il conferire tra noi in qualche maniera sarà di sicuro di giovamento per entrambi.

“Io... sto bene!” afferma ancora lui, appoggiandosi completamente a me. Sussulto per il peso, ringraziando di aver abbandonato i tacchi già da un po' previa una facciata di entrambi contro il marmo del tredicesimo tempio.

“Uh... si certo! Ora, però, usciamo fuori, un po' d'aria ti farà bene!” biascico, arrossendo non poco e compiendo il primo, traballante, passo.

 

***********

15 Agosto 1741, tarda notte

Posso sentire il suo respiro leggero farsi sempre più profondo, mentre il mio corpo si rilassa impercettibilmente. I battiti del suo cuore sembrano regolari e, malgrado, il perenne rossore sulle sue guance, pare solo dormire di un sonno pesante, senza altre ripercussioni. Guardo di riflesso la luna fuori dalla finestra, il suo bagliore etereo, il suo proverbiale volto, l'unico che mostra alla Terra. Siamo infine giunti all'undicesima casa, ma non è stato affatto facile.

Dégel camminava storto, rischiando di cadere passo per passo e di tanto in tanto faceva delle uscite assurde, tipo: “Guarda le stelle... Sarebbe bellissimo se noi due ci librassimo in aria come due cigni, no?!”, o anche “Ma lo sai che Galileo Galilei è il mio studioso preferito? Capì tutto da una biglia, una biglia capisci?! Capisci fino a dove si può spingere il ragionamento umano?!”.

Mi ha parlato molto di Galilei, manifestando pienamente la stima che nutre per lui, ripetendomi il fatto che avrebbe voluto essere un suo allievo. Tra tutti gli aforismi che mi ha pedissequamente illustrato, alcuni dei quali che non conoscevo neanche, ce ne è uno, bellissimo, che recita così e si avvicina perfettamente al mio pensiero: "Le cose sono unite da legami invisibili. Non puoi cogliere un fiore senza turbare una stella". Bello, davvero bello! L'ho avvertito dentro di me, come vento tra i capelli, lo sento mio, ed è difficile da spiegare.

Comunque mi è capitato spesso di vedere le mie vecchie compagne di classe alle prese con la sbornia, la stessa Michela ha bevuto varie volte, toccando poi a me e Francesca controllarla e ricondurla a casa, perché lei eccedeva sempre, ma nessuno, e dico nessuno, a parità di condizione, ho visto destreggiarsi nel sapere, magari citando frasi di filosofi e formule scientifiche complicate come Dègel risultando completamente convincente, malgrado i passi incerti.

Ridacchio tra me e me, ricordandomi della cospicua spiegazione che mi ha dato a proposito del moto ondoso e delle maree, tutto questo mentre varcavamo i confini dell'undicesima casa per andare nella sua camera, poco prima di crollare completamente addormentato qui, dove ci troviamo adesso.

Gli slaccio il più delicatamente possibile il foulard che tiene al collo, passando poi alle scarpe, anche se queste ultime mi danno un po' più di problemi. Lo sistemo meglio sul cuscino, passandogli velocemente una mano tra i capelli.

“Così almeno dormirai meglio...” gli sussurro, sorridendo al suo volto lontano, chiaro come un riflesso lunare.

Rimango seduta sul bordo letto per alcuni minuti, non sapendo bene cosa fare, alla fine decido di andarmene, ritirandomi in camera mia per pensare e, soprattutto, per avere un po' di quiete visto tutto quello che è successo in un'unica serata. Mi alzo quindi in piedi e, prima di uscire, do un leggero bacio sulla fronte di Dègel, quasi mi sembra che le sue palpebre abbiano un fremito quando le mie labbra si posano su di lui, ma non do molto peso a quel movimento, ritrovandomi di colpo a sentirmi stanca e psicologicamente provata.

Faccio per andarmene, ma nel momento stesso in cui la mia mano si posa sulla maniglia della porta, la mia mente viene attraversata da un flash improvviso che prende il nome di Cardia.

“Cardia ha fatto ubriacare Dègel per 'noi', voleva aiutarci, spingerci l'uno tra le braccia dell'altra. Lo ha fatto in modo goffo e potenzialmente pericoloso, ma i suoi fini era positivi, solo che... non dovrebbe, forse, ben sapere di Seraphina?” mi chiedo, retoricamente, fremendo appena nel ricordarmi del loro dialogo in cucina.

Seraphina... non posso prendere il suo posto, nel cuore di Dègel, neanche voglio, ma... davvero non ci azzecco niente, con lei? Chi sono... per davvero... io?"

Un leggero movimento dietro di me... mi volto di scatto, trovandomi davanti il volto di Dègel. Inciampo nei miei stessi piedi, ritrovandomi ben presto appoggiata al muro della stanza.

“D-Dègel, ma che...?” gli chiedo, domandandomi come abbia fatto, ubriaco com'è, ad essere stato così veloce ad alzarsi e a venirmi dietro.

“Non puoi andartene, io... dobbiamo parlare!” afferma, chiudendomi ogni più piccola via di fuga e afferrandomi saldamene i polsi. Sono totalmente bloccata, l'unica scappatoia sarebbe quella di dargli un calcio, ma non voglio fargli del male. Annaspo, cercando di raggiungerlo a parole.

“Dègel, non dire assurdità! Ora sei ubriaco, avremo tempo dopo per parlare!” ribatto, cercando, con scarsi esiti, di liberare i polsi dalla sua morsa ferrea. Tutto inutile. le sue dita così incredibilmente sottili sembrano chele di granchio, impossibile fuggirgli.

"Liberami, ti prego... d'accordo, parliamo, ma... mi fai male... così..."

"No, non lo farò!"

"Dégel, ti prego..."

“Marta... sono io che supplico te, devi ascoltarmi! Io... io ci sto davvero male!”

Mi blocco improvvisamente, notando che alcune lacrime hanno cominciato a sgorgare dai suoi occhi, già lucidi in precedenza. Lo fisso sgomenta, colpita in pieno da quell'espressione così triste che era l'ultima cosa che volessi vedere in vita, o meglio... rivedere ancora una volta anche in questa vita. Le lacrime di Dègel solcano il suo viso, tiepide, saline... ne posso quasi avvertire il peso insostenibile stanziato nel petto. A fatica riprende a parlare:

“Io... io sto soffrendo, non immagini neanche quanto! Chi sei... chi sei tu, realmente? Perché mi pare di conoscerti da sempre?! Da quando sei qui mi sento come se la mia anima fosse dilaniata da Cerbero, mi sembra di essere morto, eppure non mi sono mai sentito così vivo. Chi sei realmente, Marta? Perché sento di amarti, malgrado il mio cuore appartenga già ad un'altra persona? Sono io ad essere infedele, oppure, oppure...” mormora ancora, stringendomi con più forza i polsi. Le sue parole sfumano nel vuoto, lontane e distanti da me, ma vicine, così vicine che quasi il mio cuore trabocca calore, e sanguina. Provo fitte di dolore intermittenti alle sue parole, quasi mi manca il fiato per rispondere, devo raccoglierlo nella laringe prima di riuscire ad esprimersi.

“Dègel, sei ubriaco... e confuso, non pensi ciò che dici!” tento, provando a farlo ragionare, con scarsi esiti. I suoi occhi, così tremendamente disperati, non accennano a discostarsi dalla mia figura, come se fossi il suo ultimo appiglio.

“Sono ubriaco, ma non confuso, anzi proprio adesso vedo chiaramente la verità che, da sobrio, è sempre celata al mio sguardo: tu e lei... siete la stessa persona, vero? Sei la sua reincarnazione, in qualche modo, dimmi che è così, te ne prego e, se sai, dimmi come è stato possibile tutto ciò. Io... bramo follemente baciarti, so che, se lo faccio, forse avrò le risposte che tanto vado ricercando...” sproloquia, convinto più che mai della veridicità della sua intuizione.

Spalanco gli occhi, incredula: Seraphina ed io la stessa essenza?! Ma non ho comunque il tempo di soffermarmi su questo, perché il suo volto si avvicina al mio, fin quasi a sfiorarmi. Automaticamente la sua fronte si posa sulla mia, pochissimi millimetri ci separano, talmente pochi che sento nitidamente il suo respiro un poco accelerato su di me. Chiude gli occhi, cercando di rabboccare aria.

“Dègel, n-non puoi farlo, tu...”

"Lasciami provare, un'unica volta, ho bisogno di sapere, mia piccola rondine!"

Sussulto a quell'appellativo, il cuore mi si accelera in petto: da quando non mi chiamava così?

Smetto di lottare a quelle ultime parole, mentre le sue labbra si posano dolcemente sulle mie, in un bacio che mi mozza il respiro nel petto. Che bramo con tutta me stessa e, insieme, mi fa vergognare di quello che sto facendo.

Dovrei fermarlo. Una parte di me mi urla di bloccarlo, di non macchiarmi di un simile peccato. Dovrei dirgli che sta prendendo un abbaglio, che non sono io la sua Seraphina, e che sta tradendo la donna amata, ma tutto ciò che riesco a fare è invece ricambiare quel gesto, dischiudere le labbra permettendo a lui di approfondire il bacio. E lo avverto. Il suo respiro dentro di me, la sua lingua che, teneramente, va ricercando la mia, ciò mi procura una gioia selvaggia, un senso d'urgenza, tanto da spingermi a liberarmi i polsi, a stringere i suoi capelli con una mano, mentre con l'altra, con decisione, passando sotto il tessuto della camicia, gli solco il fianco destro, fermandomi poco più in su, a calcargli le costole, che avverto sotto le mie dita. Il suo corpo sussulta a quella presa, forse avvertendo le unghie sulla sua pelle, ma non basta certo a fermarlo, anzi, se è possibile, lo fa agitare ancora di più.

Mio dio... cosa sto facendo?! Ho bloccato io Dègel, prima, parlando di tradimento, e ora... ora... perché non riesco a fermarmi?! Che diavolo... che diavolo di turpe persona sono?! Eppure... eppure non riesco minimamente a darmi un freno, lo desidero, vorrei le sue mani su di me, vorrei... fare l'amore con lui, ma... ma... fortunatamente è Dègel che, una volta esaurita l'aria nei polmoni, si ferma un attimo, annaspando pesantemente, mentre, con le dita gentili, mi accarezza il volto, sorridendomi con dolcezza.

"D-Dégel, io... perdonami, non... non riuscivo a..."

“Non c'è nulla da perdonarti, sei sempre tu, malgrado il tempo passato, malgrado la tua fisicità sia diversa... quel tuo modo di prendermi è solo tuo, ed io... ed io... finalmente ho la mia risposta! - mi sussurra lui, mentre una nuova lacrima gli solca la guancia destra, prima di cadere sopra il mio braccio - Ti amo, con tutto me stesso!

“D-Dègel, n-non so... non so a cosa..."

Non ho il tempo di aggiungere nient'altro, perché devolvo tutte le mie forze nel sostenerlo nuovamente, poiché, come era apparsa, quella lucina nei suoi occhi è sparita senza lasciare più traccia, facendo precipitare lui in un sonno di piombo.

“DIAVOLO, CHE SITUAZIONE DI MERDA!” impreco, esasperata dagli ultimi avvenimenti, sorreggendolo a stento e conducendolo fino al letto per poi riadagiarlo sopra in posizione comoda.

Sospiro pesantemente, lasciandomi scivolare sulla sedia con fare plateale. Vorrei urlare ai quattro venti, non sopportando più tutto questo. Mi sento... prosciugata da qualcosa più forte di me, nonché in balia di tutto e tutti, è così esasperante, così... spossante... NON CE LA FACCIO PIU'! Perché doveva succedere a me, tutto questo?!

Faccio passare diversi minuti, il tempo per placare la tremarella che, spietata, mi ha assalito, stremandomi ancora di più, poi, radunando tutte le mie forze, mi alzo, tornando a fissare il volto, ora sereno, di Dègel. E' come se la sua quiete defluisse anche in me, rinvigorendomi un poco. Il suo viso è così disteso ora, perfettamente tranquillo nella sua bellezza.

“Dégel... anche io ti amo, da sempre, ma gli altri hanno ragione: siamo due inetti che vivono un sogno sfuggevole, a nulla sono valsi gli insegnamenti del tuo Maestro Krest, a nulla anche quelli di mio fratello Camus, così simile a lui. Lo avresti mai pensato, mio piccolo fiocco di neve, di diventare come il tuo mentore, un giorno? Di avere un'altra vita, dove noi due abbiamo tutt'altro legame, eppure... anche tu sei sempre tu, nonostante il tempo passato!”

Il vento soffia intensamente contro la finestra, riportandomi alla mente ricordi non miei ma ben vivi dentro di me: il freddo della Siberia, il vecchio Krest, la nostra Bluegrad, la promessa... e poi ancora i nostri corpi, quella notte, stretti uno all'altro, il nostro voler fare l'amore, la paura che ne conseguiva, nella vertigine di non sapere più cosa fosse giusto o sbagliato.

Strabuzzo gli occhi, riprendendomi dall'assopimento in cui sono nuovamente caduta, tuttavia le memorie del tempo che fu stavolta permangono, non defluiscono più, come invece accadeva prima, diventando parte di me, della nuova me, dandomi una spiacevole sensazione di duplicità che, in circostanze normali, penserei rasentasse la pazzia, ma che, ora, comincia a delinearsi nella mia mente. Siamo dunque due corpi, un'unica essenza e due identità... davvero è possibile questo?

“Dègel, io non so davvero chi sono. Ho ricordi sempre più frequenti che non mi appartengono, in questi sogni ci sei tu ed un altro ragazzo dai capelli argentati. Mi riscalda il cuore pensarvi, mi pare di avervi di nuovo vicini, malgrado il dolore della perdita sia sempre più insostenibile. Che davvero ciò che vedo riguardi Seraphina?! Vedo davvero le vostre vite?! I vostri sogni? Le vostre paure?!”

Automaticamente e quasi inconsciamente l'ambiente intorno a me si fa sempre più ovattato e indefinito. Siamo nient'altro che sogni fuggevoli, anche per questo siamo morti, insieme, anche per questo le nostre anime saranno per sempre legate.

Mi avvicino ancora una volta al tuo volto, cadono due lacrime sulle tue guance ancora arrossate, scivolando e, dopo un breve tragitto, spariscono tra i tuoi lunghi capelli, inumidendoli appena.

Marta... Seraphina... non ha la benché minima importanza ora, ti sento vivere, ne avverto il tuo timido respirare, fosse anche la mia unica certezza, nulla potrà mai scalfire questo sentimento, ora ne sono consapevole più che mai... Dègel!

 

**************

16 Agosto 1741, mattina.

“Sveglia! Sveglia! Svegliaaaaa!!!”

Apro gli occhi di scatto, saltando letteralmente sull'attenti e attaccandomi terrorizzata al lenzuolo del letto.

“Buongiorno, dormigliona!” mi saluta Francesca, divertita, compostamente in piedi, mentre il mio sguardo omicida si posa sulla figura di Michela praticamente sopra di me. Non ero più abituata ad un simile risveglio e sinceramente non mi mancava nemmeno!

“Non avrai svegliato anche il povero Dègel così, spero...” mormoro, in tono pacifico ma con una leggera punta di fastidio, sbadigliando educatamente con una mano sopra alla bocca.

“No, Camus ci ha intimato di non ridestarlo. Maaaaaa... voi due cosa avete fatto ieri, invece, eh?! Lo possiamo sapere?” mi chiede lei, vivace, una strana luce negli occhi, che non promettono nulla di buono.

La guardo, stranita, inarcando le sopracciglia con fare interrogativo: ora dove vuole andare a parare?

“Avanti, Marta! Sappiamo che eravate insieme in camera sua, e che Dégel era ubriaco marcio, in questi casi solo una cosa può accadere... Vi siete baciati? Spogliati? Lo avete fatto l'amore? E il suo fisico com'è? Come quello di Camus? Se fosse così mi immagino già la piacevole nottata che hai trascorso, ci credo che non ti svegliavi più, ihihi, sarai stata sfinita!'”

“Ma sei scema, Michela?! Non dire simili baggianate!” ribatto, scattando istantaneamente in piedi e dando loro le spalle, sentendomi accaldata per l'imbarazzo.

Maledetta Michela, ha già capito qualcosa, anche se bisogna dire che lei con la fantasia va oltre quello che è realmente accaduto. Che poi... tanta audacia a parole non è seguita allo stesso nella pratica, considerando che dovrebbe essere ancora vergine. DOVREBBE, voglio sperare che con Hyoga non abbia ancora consumato!

“Sì, sì come no, mi hai fatto già capire che qualcosa è successo, ma non lo vuoi raccontare perché sei timida! Piuttosto, Camus ti vuole giù” dice lei, maliziosa, saltando da un discorso all'altro e diventando improvvisamente seria durante il processo.

Stringo i pugni con forza, intuendo già il motivo di una tale richiesta: il mio comportamento di ieri. Alzo gli occhi al cielo, tentando di prepararmi ad una nuova discussione. Forse potrei provare a mantenere la calma e rimanere sul pacifico andante, ma so già che non ci riuscirò, non con lui, almeno.

“Marta, cosa succede tra te e tuo fratello? Avverto un bel po' di tensione e di... incomprensioni!” afferma Francesca, guardandomi con apprensione

“Niente di trascendentale, è lui che è paurosamente lunatico da dopo la battaglia contro Crono!” taglio corto, andando verso lo specchio con stizza per sistemarmi i capelli.

"Tuo fratello, Marta... avevate costruito un così bel rapporto, se permetti... non allontanarti da lui... per Dégel..." mi fa notare la mia amica più grande, dandomi un'occhiata di circostanza.

"Che cosa vuoi insinuare?"

"Di non perdere Camus inseguendo Dègel, di non..."

"Capito!" taglio corto, capendo che lei è schierata dalla sua parte, non mi sorprende del resto.

Senza più degnarle di uno sguardo, mi dirigo giù con passo pesante. Ho detto poc'anzi che mio fratello è lunatico, è un vero e proprio eufemismo! Un giorno è dolce e gentile, l'altro ti pugnala alle spalle, l'altro ancora assurdamente freddo e il successivo abbattuto. Come può esserci dialogo tra noi, con questi sbalzi?!

Arrivata in modalità treno giù in cucina, mi siedo rumorosamente sulla sedia, tanto che mio fratello, girato di spalle verso la finestra, preda dei suoi pensieri, si volta di scatto nella mia direzione, stupito.

“Che vuoi?!” sibilo, in tono acido, scoccandogli un'occhiata di puro astio. Le mani incrociate sopra il petto, le gambe accavallate, in una vera e propria manifestazione di chiusura.

“Marta, sono tuo fratello, ma sono anche il tuo maestro... dovresti rivolgerti a me con più rispetto, soprattutto non schiaffeggiarmi come se nulla fosse, né in pubblico né nel privato! Per quest'ultimo particolare avrei la facoltà di metterti in punizione, sai?!” replica lui, innervosito dal mio modo di porsi. Bene, siamo entrambi sul piede di guerra. Ottimo inizio!

“Scusami, sommo mentore! Ti rifaccio la domanda: cosa vuoi?!” ripeto, con ancora più asprezza. Il mio sguardo truce è su di lui, lo scruta con estrema durezza, come se avesse un nemico davanti e non un alleato.

Tu dovresti capirmi più di ogni altro, fratellino... pensavo davvero che tu potessi sostenermi in questa situazione così difficile, ma... dalle tue parole di ieri, ho capito che non c'è nulla di tutto questo. Sono... sono così arrabbiata con te, anzi, peggio, delusa... e non mi do pace!

Camus sospira pesantemente, chiudendo gli occhi in un momento di indecisione. Che fare davanti al mio atteggiamento così ostile? Proseguire o lasciar cadere quel discorso? Inaspettatamente procede per vie diplomatiche, meravigliandomi un poco.

“Marta, è necessario che tu capisca il mio punto di vista. Ho notato già da un po' il tuo innamoramento per Dégel e ne ho paura; paura per te, per le conseguenze che ne deriveranno. Noi siamo qui solo per un tempo limitato, appena ne avremo la facoltà, torneremo nella nostra epoca, che ne sarà dunque di te? Come reagirai? No, Marta, è necessario che tu..."

Ho ascoltato a sufficienza e reagisco conseguentemente, ben sapendo di avere più di un'arma contro di lui: "Oh, io non posso, vero? Ma tu e Seraphina sì, invece!

Vedo la sua espressione forzatamente contenuta spalancarsi istantaneamente dallo stupore, prima di arrossire di netto. Indietreggia di qualche passo e poggia la schiena contro il muro per evitare di cadere, il respiro accelerato.

"T-tu che cosa hai visto di... di noi?!"

"Devo farti l'elenco?!"

"N-ngh no!"

“Ecco. Comunque quanto bastava! - affermo, sempre ostile, quasi sorridendo vittoriosamente, poiché lo vedo bene che è all'angolo, non ha vie d'uscita e posso ferirlo ancora e ancora, più volte - Ed ero felice per te, sai? Tu invece mi ostracizzi... sei solo un ipocrita, Camus!"

"I-io sono solo preoccupato per te, M-Marta..."

"Ma guarda! Io invece ero davvero contenta che tu avessi trovato una persona d'amare, dolce, delicata... che voleva prendersi cura di te, del caso patologico che sei, fratellino, perché lo sei, sei un casino, un... un labirinto inespugnabile! Quante persone potrebbero sopportarti, detta propria sinceramente?! Forse solo Seraphina che, da quanto ho visto, ha un'anima candida, profumata, la tenerezza giusta, quella che si adatta a te!"

...E che io non ho più. Mi trovo a pensare, ma non lo esprimo, custodendolo dentro di me.

Lui accusa malamente il colpo, non avendo difese contro di me, lo vedo abbassare lo sguardo e stringere i pugni, prima di barcollare nel vuoto fino alla credenza, dove, chiudendo gli occhi, ci si appoggia, vinto, il respiro affannoso, come di animale ferito

E mi rendo concretamente conto che Camus dell'Acquario è ferito, qui davanti a me, non ha più difese, il fianco è sguarnito. Potrei colpirlo ancora e ancora, non si opporrà, posso disporre di lui come voglio, farlo soffrire ancora di più. L'idea, per un qualche gioco malsano, non mi dispiace neppure, voglio che si senta come me ieri sera, quando tacitamente chiedevo il suo aiuto e lui, invece di darmi la mano, mi ha pugnalato il cuore con le sue parole.

"Camus, non rinuncerò al mio sentimento per Dégel per paura dell'emozione medesima, ti è chiaro, il concetto? Non seguirò la tua strada, non rinuncerò a vivere, chiudendomi a riccio per evitare di essere colpita da altri, non sono così debole! Non sono così fragile! Non sono... come te! Questo ficcatelo bene in testa, non..."

"Sc-sciocca... pensi che io non avrei voluto rimanere al fianco di Seraphina e... salvarla?! Pensi che mi diverta a stare qui, in mezzo a gente che non simboleggia niente per me, mentre lei è là, da sola, c-che sta m-male?! - mi ferma, tremando vistosamente, la testa incassata tra le spalle - Perché pensi che io non sia venuto subito da te, appena sono riuscito a localizzarti?! IO DESIDERAVO, DI TUTTO CUORE, RIMANERE CON LEI!"

Sto per rispondergli che non gli ho chiesto io di venire qui, di salvarmi, di rimanere in questo luogo a lui famigliare ma sconosciuto, e che, se ci tiene così tanto, che vada, non lo sto incatenando, ma le ultime parole che riesce a mormorare spezzano le mie intenzioni in mille frammenti.

"Ma tu sei più importante, Marta!"

Qualsivoglia desiderio di litigare mi muore istantaneamente in gola nel vedermelo così... così fragile, così... esausto. Sono occhi ricolmi di dolore, quelli che mi sta mostrando, di pena e di impotenza, mi dilaniano. Completamente.

"Allo stesso modo, mi reputi così tanto uno scienziato privo di sentimenti, al punto da desiderare ardentemente di mettere i bastoni tra le ruote tra te e Dègel? So che saresti felice, con lui, Marta, VORREI che tu fossi felice con lui, ma... allo stato attuale, non puoi, i-io... ma cosa importa, in fondo, per te io sono solo il carnefice che si sta mettendo in mezzo tra te e l'amore della tua vita, questo tu pensi, lo hai detto poc'anzi!" esclama, rialzando lo sguardo, che si imprime nel mio, con un non so che di disperazione. Mi sento semplicemente trafitta dai suoi occhi lucidi. Boccheggio, come se avessi subito un pugno in pieno stomaco.

"I-io non volevo..." tento di allacciare un discorso, di dare una spiegazione, ma so che è tardi.

"...Ferirmi? - finisce freddamente lui per me, una strana luce nelle sue iridi. Terribile. - E invece sì, è esattamente ciò che volevi, e ci sei riuscita benissimo! So bene che hai questa dote di colpire, e far sanguinare, il punto debole dell'altro anche e soprattutto a parole!

"N-no, no... ascolta, io volevo solo..."

"Ma lo sapevo! L'errore è stato mio, non posso fartene una colpa, tu hai semplicemente raccolto ciò che ti ho dato, sono stato io a mostrarti il fianco, ti ho persino indicato la zona dove farmi più male, e tu hai agito. Davvero un ottimo lavoro, Marta! - continua con intensità crescente e in tono rotto - Avevo giurato a me stesso di non farlo mai, di non dare agli altri il pretesto per farmi male, di non mostrare mai la parte più fragile del mio essere a nessuno... ma con te ho fallito, Marta! Sei penetrata nella mia corazza perché così ti ho lasciato fare e ora, da dentro, tu puoi distruggermi come e quando vuoi. Non ho difese contro di te, e sono stato io a permettertelo!"

L'ho senza dubbio ferito a morte con le parole, è lampante, eppure ora, anche se me ne rendo perfettamente conto, non c'è alcuna soluzione per accorciare questa tremenda voragine che si è creata tra noi. Camus è qui, davanti a me, ma è come se fosse ad anni luce di distanza. Entrambi ce ne rendiamo conto, entrambi ci sentiamo terribilmente male per questo. Mi sento così... fratturata! Non so più cosa dire, sempre che ci sia qualcosa da dire, in un momento simile...

Fortunatamente è la venuta tempestiva di Michela ad interrompe una situazione di simile disagio; la osservo attentamente, apparendomi stranamente trafelata.

“Dègel si è svegliato e, barcollante, si è diretto in biblioteca!” ci avverte, sbracciandosi.

“Dalle sue labbra esce solo la parola 'occhiali', forse è ancora un po' brillo?” aggiunge Francesca, sopraggiungendo a sua volta.

Istintivamente Camus ed io ci muoviamo verso la biblioteca, preoccupati per le condizioni effettive di Dègel, non una parola fra noi, ma la consapevolezza di doverci sbrigare.

“Ma dove... dove li ho messi?”

Appena entrati nella biblioteca sentiamo, appunto, la voce ancora un poco impastata di Dègel seguita da un rumore di libri che vengono poggiati e ripoggiati sulla scrivania.

“Dègel, che succede?” lo interroga Camus, inarcando il solito sopracciglio inquisitorio, non capendo l'ansia del compagno d'armi.

Il 'Vecchio Acquario' alza gli occhi verso di noi, ancora lucidi in seguito alla sbornia indesiderata del giorno precedente. Non è ancora stabile sulle ginocchia, ma fortunatamente abbastanza da camminare da solo.

Il mio cuore accelera bruscamente nel momento esatto in cui lui si avvicina; indossa gli stessi abiti della sera prima, anche se più stropicciati, il che mi fa sussultare istantaneamente, ricordandomi, ancora una volta, con più intensità, di ciò che è successo tra noi. Quel bacio... la mia mano che scorreva lesta sul suo fianco, il tepore della sua pelle... diavolo, devo essermi imporporata, perché una netta sensazione di calore mi ha appena bruciato le guance, scendendo poi più in giù. Discosto lo sguardo.

“Ho come un vuoto nella mia mente, non ricordo dove ho messo gli occhiali e li stavo cercando. So che può sembrare una quisquilia ma significano molto per me!” prova a spiegare Dègel, sorreggendosi alla scrivania per aver maggior sicurezza.

Camus mette una mano sotto il mento per pensare alle possibili soluzioni. Sembra genuinamente partecipe alle preoccupazioni della sua precedente vita, questo mi fa ben sperare che il rapporto di sincera concordia tra loro, malgrado l'inizio burrascoso, possa proseguire.

“E' strano che un tipo ordinato come te non trovi qualcosa, almeno che non sia stato qualcuno a prenderli per fare uno scherzo... può essere stato Cardia?” si interroga Camus, cupo in volto.

Vedo una smorfia comparire sulla bocca di Dègel, mentre lo sguardo si rabbuia un po'.

“Può darsi, visto che ieri non si è comportato propriamente da amico!” afferma, con una punta di rabbia. Sussulto a queste parole, allora qualcosa di ricorda, oddei!

In ogni caso, la delusione verso lo Scorpione è ben nitida nell'espressione di Dègel, non gliela farà passare liscia, non questa volta... cosa fare?! Stringo con forza in pugni, ricordandomi delle parole spietate che ci siamo rivolti Cardia ed io; già noi abbiamo litigano, non voglio che ciò succeda anche tra loro due, non posso permettere che tutto, ma proprio tutto, vada a rotoli.

“Allora vado a chiedere direttamente all'ottava casa, tu è meglio che rimani qui, Dègel, e vale anche per te e le tue amiche... Marta!” dice Camus, rimarcando l'ultima frase.

"E se non volessi?" controbatto, nuovamente sul piede di guerra, mentre Michela e Francesca, quasi disperate, mi fanno cenno di lasciar perdere.

"Sarà meglio per te che tu lo faccia, Marta, senza tante storie, non hai ancora ben compreso quanto possa essere spietato quando mi arrabbio!" sottolinea perentorio, alzando di due tacche la voce.

Produco un mormorio striminzito, facendo una smorfia, mentre lui, dopo avermi fatto colare addosso il suo disappunto, se ne va. Ci sono delle paurose incomprensioni fra noi, ma ormai ho capito, quando mio fratello fa così vuol dire che teme qualcosa; qualcosa di ancora sconosciuto a noi. Il suo è un pallido tentativo di preservarci, inutile, nonché dannoso, ma perfettamente umano. Le parole non dette... quanto ancora possiamo andare avanti così?!

Rimaniamo in silenzio, Dègel ed io, soli nella stanza, poiché Francesca e Michela si offrono di accompagnare Camus fino all'uscita dall'undicesimo tempio. Assoluto silenzio tra noi, lui ancora con un'espressione imbambolata sul volto e lo sguardo vuoto, ma la mente è già pienamente febbricitante, lavora con il doppio dell'intensità, non smettendo di ricercare possibili motivazioni alla sparizione dei suoi occhiali.

Devo... parlare io, tra noi? Eppure mi sento così a disagio!

“Dègel, dovresti stenderti, sei ancora provato da ieri!” gli consiglio, avvicinandomi cautamente a lui, prendendolo sottobraccio senza troppi fronzoli e dirigendomi verso il salotto al piano di sotto. Non vi è alcuna resistenza da parte sua, si lascia condurre da me, fiducioso, rimanendo in silenzio fino all'arrivo nella stanza in questione.

“Tu... sei stata tu a riportarmi alla Casa dell'Acquario, dopo il nostro, ehm, ballo, vero? Mi è sovvenuto or ora” dice poi, una volta steso sul divano, in tono quasi strozzato, vergognoso.

Un brivido mi percorre la schiena, mentre il tremore, che già avevo prima e che tentavo di celare, si fa più forte.

“ S-sì, eri parecchio messo male ieri... C-cosa ti ricordi?” gli domando, tesa come la corda di un violino.

“Di immagini ben nitide in me ne ho veramente poche, ancora stamattina faccio fatica a discernere cosa sia successo realmente e cosa invece è stato sogno.Tuttavia ricordo fin troppo bene che sono stati Cardia e Manigoldo a ridurmi così, inoltre, proprio adesso, ho rimembrato anche la tua presenza, sei stata tu ad accompagnarmi a casa, nonostante il mio comportamento tremendamente inopportuno durante la... cerimonia...” spiega, massaggiandosi le tempie.

Si prende una piccola pausa, tentando, invano, di ricordare altri particolari. Sento che vorrebbe trattare del ballo in questione, ma si vergogna, e comunque non è abbastanza vigile per riuscirci, per cui, sospirando pesantemente, tenta di soprassedere, regalandomi un nuovo, inaspettato, sguardo..

“Comunque grazie per avermi portato a letto e grazie ancora per la tua pazienza. Spero... spero di non aver detto, o fatto, cose strane, ieri, in quello stato” mi sorride con affetto, un sorriso che purtroppo riesco solo a vedere sfuocato. Le lacrime alla fine hanno avuto la meglio, assoggettandomi alle loro spire. Meglio così... meglio così che non ricordi nulla, allora perché questo tremendo male al petto?! Fatico quasi a respirare...

“Marta, perché piangi? E' per via di quello che ti ho fatto al ballo, o... o peggio? Ho fatto... ho fatto di peggio quando eravamo insieme nella mia stanza? Che Atena non voglia ciò!"

“N-no, figurati, sei una persona di gran lunga troppo buona per perpetrare azioni dissolute, è che... non so, cosa mi prenda! Sarà... sarà la stanchezza, Dègel!” rispondo frettolosamente, asciugandomi le lacrime.

Nonostante le mie dita tentino di dare un freno alla fontana sul mio volto, le operazioni sono pressoché inutili, venendo vanificate da nuovi pianti. Mi sento così ridicola con Dègel che mi fissa ed io qui, a piangere come una cretina. Sono così fragile, forse persino più di Camus, altroché!

Dègel non sa bene come reagire in una simile circostanza, esita ancora un po', forse temendo che un suo avvicinamento, visto i fatti di ieri, possa farmi irrigidire. Non sa, perché nemmeno se lo immagina, che invece il suo tocco raddrizzerebbe tutto, facendomi sentire bene, amata e protetta. Passano altri secondi, poi, infine, percepisco le sue braccia circondarmi le spalle, trasmettendomi subito una sensazione di benessere e di calore. E' così vicino, come ieri sera... cosa darei per riuscire a sbrogliarmi, dirgli che, quel tocco delle sue labbra sulle mie, lo bramerei ancora, senza mai stancarmi.

“Non piangere, detesto vederti soffrire! E' chiaro che qualcosa sia successo ieri, dopo il ballo, non sai quanto mi rincresce non riuscirlo a ricordare, tuttavia avremo tempo di parlarne, quando starò meglio. Per il momento, smetti di far arrossare i tuoi occhietti, puoi farlo?” mi sussurra dolcemente, stringendomi a sé con forza.

Se solo potessi dirtelo quello che provo davvero quando mi tieni tra le tue braccia, se solo riuscissi a spiegarti le sensazioni che mi trasmetti quando mi sorridi e mi guardi... se solo appartenessimo alla stessa epoca, ti direi ogni cosa, Dègel

“Ora... ora questo non ha importanza, i tuoi occhiali, piuttosto, perché sono così importanti per te?” gli chiedo, sforzandomi di cambiare discorso. E' meglio che ciò che non può essere espresso rimanga sotto la nuda terra, è meglio non ricadere nell'errore di ieri, non posso permettermi di perdere nuovamente il controllo come troppe volte succede.

“Rappresentano un caro ricordo, nonché una persona molto importante per me. Vedi, è successo tre anni fa, infatti è da tre anni che li indosso. Durante una battaglia ho rimediato questo leggero danno alla vista, nulla di eclatante, ma mi servono per leggere al meglio i libri, senza faccio molta più fatica” spiega lui, con un pizzico di tristezza.

“Va bene, se per te sono importanti lo sono anche per me, ma di sicuro non è stato Cardia a prenderteli, su questo posso anche metterci la mano sul fuoco. Te li andrò a recuperare, Dègel, è una promessa!” esclamo, decisa come non mai. Lui mi guarda incredulo, forse percependo il tono di urgenza della mia voce.

“Marta, cosa stai...?”

"E' stato il nemico... quello che Marika ed Eleonora hanno tratteggiato come un negromante!" dico, in tutta sicurezza, una strana luce negli occhi.

"Marta, non può essere come dici, quale senso avrebbe?"

"Perché lui vuole me, vuole... conferire con me!" ancora la luce sinistra nei miei occhi, sembrerò una pazza, ma Dègel sembra accettare per vero questo mio sentore senza ulteriori indugi.

"Se è come dici... bisogna avvertire subito tuo fratello! Tu... tu non andare, da sola, te ne prego, non..." prova a bloccarmi, tentando di alzarsi, ma nel momento in cui compie l'azione, un giramento di testa improvviso lo fa riaddormentare di botto.

“Accipicchia, Dègel! Hai preso una bella sbornia, fortuna che sei un Cavaliere di Atena, altrimenti davvero temerei il peggio!” commento, sistemandolo meglio sul divano. Poso una delle sue mani sopra la sua pancia, mentre l'altra ben allineata al corpo.

Sospiro, alzandomi in piedi.

“Michela! Francesca! Potete anche uscire da dietro la porta... tanto so che siete lì e avete origliato tutto!” dico ad alta voce, rivolta alle mie amiche che hanno assistito a tutta la scena dalla loro postazione.

Le suddette, infatti, escono dal loro nascondiglio, leggermente a disagio.

“Siete veramente dolci tu e Dègel... si capisce lontano un miglio che vi piacete e che siete innamorati l'uno dell'altra, perché uno di voi non si butta, quindi? Perché vi continuare a bloccare, torturandovi psicologicamente con mille e più problemi che non esistono?” domanda Michela, corrucciata.

"Magari non esistessero per davvero, Michy..." sento mormorare Francesca a bassissima voce, affranta.

“Lasciate perdere, non abbiamo tempo per crucciarci con simile quisquilie!” taglio corto, prima di allontanarmi da loro.

“Dove vai?! - mi interroga Francesca, stranita dal mio comportamento, prima di proseguire - E' davvero come dici? E' stato il Mago a rubare gli occhiali di Dégel per discorrere con te a tu per tu?"

“Non lo so con certezza, è come se lo sentissi, ma non ho prove a favore di questa tesi. Ciò che mi muove, è la necessità di scagionare Cardia, perché lui non c'entra niente in questa faccenda! Inoltre voglio recuperare il tesoro di Dègel ad ogni costo!” spiego, frettolosamente.

"Il tesoro di Dègel... Marta, gli occhiali si possono ricomprare, tu, se rimani ferita, di nuovo..."

"In quest'epoca non sono un accessorio così ordinario, sono anzi piuttosto rari, e comunque... lo avete sentito anche voi, gli ricordano una persona importante!"

"Ma è follia! - continua Francesca, contraria al mio intervento - Non si può rischiare la vita per una inezia simile!

"Se non vado io, da sola, il Mago attaccherà direttamente il Santuario, i nostri amici rimarranno feriti, per causa mia, ed io non posso accettarlo!"

Le mie amiche fanno per aprire bocca, ma l'arrivo misterioso di Federico (da dove non si sa) blocca la scena.

“E' come dice Marta! Se non va lei, il nemico verrà a prenderla, attaccando tutti coloro che si metteranno in mezzo!"

“E tu come diavolo lo sai?! Sei solo un bimbetto, non dovresti possedere informazioni così importanti!” lo incalza subito Michela, non fidandosi completamente di lui.

“Non ha importanza come lo sappia, sono un vostro alleato, non c'è bisogno di trattarmi così, con questa supponenza!" replica Federico, punto sul vivo.

“Sai troppe cose, e ne tieni nascoste altrettante troppe! E' da un po' che ti osservo... cosa nascondi e perché non ce lo riveli? Senza contare che il tuo cosmo è elevato per essere poco più che un poppante! Possiamo davvero fidarci di te?!” lo interroga Francesca, in tono di accusa.

“Insomma... non sono molto diverso da te, vero, Francesca?! - risponde lesto il bambino, ghignando. La mia amica accusa il colpo - Sono un amico, come vi ho già detto, ma ogni spiegazione a tempo debito. Noi non possiamo interferire più del dovuto, non ci è concesso e non è nemmeno nelle nostre facoltà, dipende tutto da voi! Voi siete l'ago della bilancia sulle quali si decideranno le sorti di tutte le dimensioni create, sia quelle passate, che quelle future!” afferma ancora, grintoso.

"Hai detto che non puoi intervenire, sei forse... una divinità anche tu?" prova ancora Francesca, forse cominciando a valutare una pista.

"Ogni spiegazione a tempo debito!"

Capendo di non poter ricevere risposte soddisfacenti nell'immediato, cambio discorso, ormai avvezza ai suoi discorsi in apparenza sconclusionati, ma che in verità celano molto più di quel che appare.

“Allora questa dissonanza che avverto nel cervello e che mi rende irrequieta è davvero lui, è il suo richiamo!” esclamo, stupita.

“Sì, al Mago non frega nulla del Santuario in questione, è una cosa troppo infinitesimale per lui, ma non esiterà a raderlo al suolo per raggiungerti! I suoi obiettivi sono ben altri, e tu sei un ostacolo di gran lunga fin troppo grosso!” risponde Federico, come se fosse una cosa ovvia.

Invece lo guardo senza capire: "E chi gli assicura che io abbocchi?!"

“L'amore! Lui sa che faresti di tutto per Dègel, quindi questo è un ottimo espediente per affrontarti e studiarti, no? Vuole saggiare il tuo potere, tutto qui, toccare con mano quanto tu ti sia risvegliata!” risponde lui, con fare pratico.

Non dico più niente, ma istintivamente mi avvicino a Dègel, ancora addormentato sul divano, accarezzandogli delicatamente una guancia. Le mie amiche seguono con lo sguardo i miei movimenti, in attesa di una risposta. Quel pezzo di merda ha completamente ragione! Il nemico vuole affrontarmi ed è onnisciente, sa già come ragiono, e sa che Dégel, o Camus, sono i miei punti deboli, né più né meno. Le frecce sono tutte al suo arco, io posso solo eseguire, assecondando il destino che lui ha in serbo per me.

“Il nemico conosce già la mia decisione, no? Ma non intendo desistere solo per questo: recupererò gli occhiali di Dègel a qualsiasi costo!” affermo, risoluta, raddrizzando la schiena e pronunciando le parole con fare solenne.

“Bene, allora noi verremo con te!” sancisce subito Francesca, saltando su, pronta.

“No, Fra, è pericoloso, inoltre Camus ha detto di rimanere qui, al sicuro!”

"E tu lo stai facendo? Stai seguendo questi dettami?!"

"No, ma io..."

"Finiscila di pensare di essere super partes, sei una sua allieva come me e Michela e, consapevolmente, stai infrangendo il suo volere!" mi fa notare Francesca, risoluta.

“Proprio per questo, il 'no' non è una risposta accettata. Se saltiamo, lo facciamo tutte insieme, è molto meglio subire una punizione ripartita per tre, che da sola, non trovi?! - ironizza Michela, correndo ad abbracciarmi - Ti prego, Marta, siamo già state separate per troppo tempo!”

Le guardo negli occhi, cercando di non far trasparire alcuna emozione, con esiti praticamente nulli. Non sono brava a celarmi, non davanti a loro che sono la mia famiglia.

“G-grazie, v-voi siete... il massimo!” riesco infine a farfugliare, regalandole un largo sorriso, di quelli più riusciti.

Francesca e Michela annuiscono felici, pronte come non mai a condividere la mia sorte.

“Già, il nemico conosce tutto, sa tutto, governa tutto... - sospira Federico, sembrando quasi prostrato – Nonostante questo, non possiamo arrenderci, dobbiamo combattere. Marta! Michela! Francesca! Noi tutti crediamo in voi, andate! Avvertirò io Camus della vostra scelta!”

"Ehm, se puoi, quando lo verrà a sapere, placalo!" prova a chiedergli Michela, tremando un poco all'idea di affrontare le sue ire.

"Sarà impossibile, lo sapete anche voi!" è la sua serafica risposta.

Annuisco decisa, mentre insieme alle mie compagne di mille avventure mi dirigo verso l'uscita del tempio, direzione bosco, perché è lì che lo sento chiamarmi, ancora una volta, sempre più insistente.

 

Molto bene, Marta! Finalmente ci incontreremo personalmente, tu ed io... Uh! Uh! La tua nuova forma corporea... non vedo l'ora di saggiarne la forza e la resistenza!

 

Maledetto negromante, non trattarmi come se mi conoscessi! Stavolta scriverò la parola fine su di te, una volta per tutte, neanche la sfiorerai, questa volta, la loro anima... e questa è una promessa!

 

 

ANGOLO AUTRICE:

Dedico il capitolo a Sherry per la sua centesima recensione, e a Sonomi perchè, come ho già detto, se non fosse stato per lei niente di tutto questo sarebbe cominciato! Colgo l'occasione per ringraziare di vero cuore tutti quelli che seguono senza commentare, che lasciano una recensione e che mettono la storia tra le seguite/preferite/ricordate... Grazie davvero a tutti!!!

Questo è uno dei capitoli a cui tengo di più (anche se il titolo sembra quasi comico XD) quindi mi farebbe davvero piacere sapere cosa ne pensate, uff, spero di non deludervi con questa storia!

 

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Capitolo 20
*** Il primo scontro con il mago ***


CAPITOLO 20

 

IL PRIMO SCONTRO CON IL MAGO

 

16 Agosto 1741, pomeriggio

 

“Le nostre beniamine si sono ritrovate in una mirabolante avventura degna delle più valenti gesta cavalleresche: recuperare gli occhiali del loro amico Dègel! Molti i pericoli in questa missione, molte le difficoltà, riusciranno a prevalere contro le insidie del Fato?! Tre giovani amiche unite da un forte legame di amicizia e fratellanza, cosa riserverà loro la missione?!” recita Michela, saltellando allegramente e fingendo di essere una telecronista improvvisata.

E' da un bel po' che camminiamo, forse quasi un'ora, inoltrandoci sempre più nel bosco sempre più cupo malgrado il chiarore del sole. Il mio cervello non sa quale sia la via, ma è come se qualcosa muovesse automaticamente le mie gambe, certe della meta da raggiungere.

“Marta, sei sicura che sia questa la direzione? Su quali basi stiamo procedendo?” mi domanda Francesca, tesa come la corda di un violino.

“Il nemico non è direttamente qui, ma nella radura più in là... tranquilla, è lui stesso che mi indica il percorso da seguire, lo avverto fremere con distinzione” spiego, con sguardo perso nel vuoto. Davvero sto dicendo di stare calma alla mia amica quando è lampante che si tratti di una trappola per metterci alla prova?!

“Oh, bene, un bellissimo agguato, insomma! Ti stiamo seguendo, Marta, per evitare che tu finisca, da sola, nella tela del ragno, ma... non mi piace per niente!” esclama infatti Francesca, ridacchiando nervosamente.

"Lo so..."

"Sai che Camus, quando lo scoprirà, ci scoppierà addosso, sì?!"

"Immagino di sì, e avrebbe anche ragione..."

"Sai che si preoccuperà da morire, vero? Perché ci aveva intimato di rimanere alla Casa dell'Acquario e..."

"LO SO! Fra, lo so! Ma non tornerò sui miei passi, né ora né mai!" la blocco, chiara. Precisa. Sintetica.

"Perfetto. Allora io farà del mio meglio per impedirti di rimanere ferita!"

"Grazie..." bofonchio, stringata, arrossendo un poco.

Mi rendo conto che ci stiamo, letteralmente, buttando nelle fauci del leone, ma so anche che non demorderò finché non recupererò gli occhiali di Dègel, sono... troppo importanti per lui! Mi volto un attimo verso di loro, ringraziandole mentalmente per accompagnarmi in questa totale follia priva di senno, prima di accelerare il passo, temeraria.

Ah, Camus, tu di certo hai ragione su tutto, le tue preoccupazioni sul mio conto sono fondate, nondimeno ciò che non riesci a capire è che tutto questo va al di là delle mie facoltà razionali. Prendo un profondo respiro, ripensando, con un peso sul cuore, al fatto che, quando mio fratello giungerà all'undicesima casa vi troverà solo Federico, il quale gli dirà dove siamo andate. A quel punto ci sarà ben poco da fare, o dire, per fermare la sua collera, dice bene Francesca.

Camminiamo un altro po', fino ad arrivare alla radura in questione che, sebbene non l'abbia mai vista dal vero, è ben chiara nella mia testa come una mappa.

Una volta uscite dal bosco, i raggi del sole ci colpiscono delicatamente, trasmettendoci una sensazione di tepore assai piacevole. Ci troviamo nel mese più caldo dell'anno, eppure oggi non c'è afa, il cielo è completamente azzurro, limpido come le giornate soleggiate in inverno.

“Che magnifico posto, sarebbe da portare anche gli altri a fare qui un pic-nic!” commenta Michela, dimenticandosi per un attimo del motivo della nostra venuta. Sbuffo divertita, mentre Francesca scrolla la testa, facendo spallucce. Stiamo andando a farci ammazzare da questo nemico misterioso, ma la nostra amica più piccola pensa ai pic-nic con gli altri, è davvero unica nel suo genere, non c'è che dire. Menomale che c'è, menomale che ci sono loro, qui con me, non avrei lo stesso coraggio, altrimenti!

Il venticello leggero scuote leggermente i fili d'erba, l'allegro cinguettare degli uccellini, che saltellano sul prato, si diffonde nell'aria e il profumo degli ultimi fiori di stagione ci penetra nelle narici, facendoci rilassare. La mia voglia di combattere... va lentamente scemandosi. Che pace, che momento piacevole! Quasi mi dimentico il motivo della mia venuta...

Improvvisamente una Cinciallegra appena uscita dall'erba mi viene appresso, posandosi docilmente sulla mia mano. Comportamento insolito, deve essere abituata alla presenza umana, visto il suo modo di fare così tranquillo. Forse qui intorno vi è qualche casa abitata? Magari il proprietario è solito nutrire i propri uccelli da giardino...

“Che carina! Ma cos'è?” chiede Francesca, sinceramente meravigliata, avvicinandosi a me per contemplare una simile manifestazione della natura.

"Aspetta, forse la riconosco, Marta... - entra in gioco Michela, accucciandosi a sua volta al mio fianco - Quando andavi nella casa in campagna, dai nonni, in primavera, uccellini non dissimili da questa non ti facevano, forse, il nido ogni anno? Non posso sbagliarmi!"

La creaturina, per tutta risposta, si scrolla vivacemente, diventando una graziosa e arruffata pallina di piume. La guardo ancora per qualche istante, mentre la mia mente riporta alla luce dolci ricordi passati, Conosco fin troppo bene questa specie, ha ragione Michela, è proprio lei!

“E' un giovane esemplare di Cinciallegra, sì, probabilmente della nidiata di maggio di quest'anno. Non ha molta esperienza e probabilmente è abituato alla presenza umana” spiego con dolcezza, sorridendo felice e accarezzandogli la testolina con delicatezza. Non sembra affatto temermi, anzi, si direbbe particolarmente affettuosa. E' semplicemente una piccola meraviglia, uno di quei piccoli tesori che mi fa desiderare proteggere sempre di più questa bella Terra che ci ospita con così tanta generosità.

"Si fa toccare!!! Marta... Marta!!! Posso tenerla?!" chiede Michela, non riuscendo più a trattenersi, facendo prendere un risalto sia a me che all'uccellino.

"Michela, hai la delicatezza di un carrarmato, io non lo farei..."

"Che cattiva!!! Quando mi ricapita un'occasione del genere?"

"Devi rispettare la natura, non puoi..."

"Non fare la sostenuta, Fra, secondo me vorresti accarezzarla anche tu!"

"B-beh, io..."

"Vedi? Sei arrossita, hai le ganasce tutte rosse, aha, buffa!!!"

Poi improvvisamente accade... come un incubo violento che si impossessa di un luminoso sogno, sradicando ogni più piccola speranza: un vento forte e minaccioso prende il posto della brezza piacevole di prima, mentre nuvole nero pece invadono completamente il cielo.

“Ciiiip!!!”

Il grido agonizzante dell'uccellino mi fa abbassare istintivamente lo sguardo, precedentemente alzato per gli evidenti segnali di pericolo.

“N-no!” riesco solo a sussurrare, mentre noto con terrore che la Cinciallegra è stramazzata nella mia stessa mano... morta. Mi guardo confusamente intorno, i colori sembrano spegnersi, vittime di un'ombra sconfinata. Marciscono i fiori, lasciando al loro posto il tetro odore della fine...

Sento un vuoto dentro di me, un vuoto assoluto... che cosa è successo? Prima era tutto così meraviglioso, vivo, ora è tutto avvolto dalla mano cadaverica della morte, quale è il senso di ciò?!

Fisso ancora incredulo l'uccellino nella mia mano, mentre piccole gocce di sangue cadono dal suo becco e mi sporcano la mano. Intorno a noi non vi è più niente di quel verde speranza che, tacitamente, indicava la vita, persino il sole pare averci abbandonato per sempre!

“Felice di vedervi, ragazze!”

Una voce alle nostre spalle ci fa voltare di scatto sull'attenti. Il nemico è ora apparso, non più nei miei sogni ma nella realtà, nella brutale realtà. Una strana scossa elettrica mi attraversa il cervello nel riconoscerlo, in qualche modo, anche se non mi spiego perché. La gola mi si fa secca, anzi, secchissima.

Davanti ai nostri occhi si erge una figura maschile ben più alta di noi che corrisponde alla descrizione fisica fatta da Eleonora e Marika: un uomo quasi colossale nella sua fisicità, con i capelli per metà bianchi e per metà scuri; i suoi occhi completamente neri non trasmettono alcuna emozione da quanto sono inespressivi, eppure sono capaci, da soli, di farmi raggelare le vene e trasmettermi una forte sensazione di pericolo. Ci troviamo davanti ad un'entità sovrumana, forse superiore agli dei stessi!

L'abito scuro che indossa, sopra il quale vi è un mantello con ricami rossi, possiede un motivo a cerchio a sua volta rosso, con a centro un pipistrello rovesciato all'ingiù, come se rappresentasse l'animale morto. Che significato ha... quel simbolo?

“Tu, maledetto!!! Perché hai distrutto tutto questo?!” urla Michela, furibonda, la prima in grado di articolare le parole.

“Per farvi capire l'inutilità del vostro mondo!” afferma lui, con espressione imperscrutabile.

"E tu chi pensi di essere, per reputare questo mondo inutile?!" lo incalza a sua volta Francesca, posizionandosi davanti a me e Michela con fare protettivo.

"Certo... voi mere divinità, generate da ciò che voi chiamate Caos, reputate questo mondo un qualcosa di simile al vostro giardino, no? E' prezioso, per voi, ma ignorate l'origine di tutto, nonché... - lo vedo passeggiare intorno a noi, come un predatore sulla vittima designata, il mantello svolazza leggero al suo movimento - "La sua fine... poiché tutte le dimensioni sono destinate a finire!" si ferma, ghignando e scoccandoci una nuova occhiata.

Le mie amiche ed io lo guardiamo senza capire, totalmente sconvolte ma anche carpite dalle sue parole. Nello stesso momento, poso quel che resta dell'uccellino su un sasso vicino a me, ancora incredula per quanto accaduto. Ho già avuto a che fare con la morte, e l'ho sempre odiata, rigettandola indietro con foga. Ho sempre cercato di credere nella vita, l'ho sempre amata incondizionatamente, reputandola superiore alla 'Nera Signora', eppure adesso cosa è questa disperazione che si diffonde sempre più in me?! Le sue parole... mi stanno forse soggiogando?!

“Come fate a non comprendere? Tutto in questa, e nella maggior parte delle dimensioni, è in continuo divenire! Ciò significa che nulla è certo: un secondo prima si è felici e vivi, un attimo dopo si è morti e putrefatti... - prosegue, avvicinandosi un poco, alzando il braccio sinistro in alto. Siamo pronte a scattare, percependo un attacco, ma tutto ciò che fa questo misterioso essere è porci un susseguirsi di domande senza nemmeno aspettare la risposta - Credete voi in Dio? O alle divinità immortali?! Pensate di essere gli unici esseri senzienti in milioni e milioni di galassie e dimensioni? Stolti! Credete veramente che alle entità in cui riponete la fede, qualunque esse siano, importi della vostra situazione? Poverini, siete soli... vi hanno lasciato soli!” dice in tono falsamente drammatico, alzando anche la sua mano destra, che tiene gli occhiali di Dégel.

Un singulto mi scappa nel vederli, mentre una spiacevole sensazione di 'già sentito' si fa strada in me. All'epoca non avevo dato fede alle sue false parole, perché invece ora vacillo? Ha a che fare con la disperazione, che avverto sempre più incombente?

“So cosa mi direte ora, perché conosco fin troppo bene il pensiero degli esseri finiti come voi, non importa se animali, piante o umani; lo vedo nel vostro agire: trasmettere la vita alle generazioni che verranno, vivere nei ricordi, per avere così la parvenza di esseri eterni. Ma tutto questo non è altro che una bugia, una sporca e lurida menzogna che vi è stata incanalata nella mente affinché non vi suicidaste in massa! - prosegue il suo monologo, tronfio, stordendoci ancora di più. Quel suo ghigno... che voglia di cancellarglielo dal viso! - Sapete quale è la verità? Agli dei inferiori che comandano questa e altre mille dimensioni, è più che necessaria la vostra incompletezza, poiché come il caldo non può esistere senza il freddo, la vita eterna non può essere attuata senza dare il respiro a entità mortali!”

Prosegue a parlare senza sosta... che intenzioni ha?! Di sicuro è un più che abile oratore, visto il buon uso che fa delle parole, confondendo l'interlocutore, ma in nessun modo dobbiamo dargli fede, non dobbiamo permetterci di essere abbindolati da lui, no!

Fremo, desiderosa di agire, di farlo tacere, sento di odiarlo, anche se non dovrei averlo mai visto, eppure... lo detesto, lo vorrei uccidere con tutte le mie forze. Stringo il pugno, cercando di rammentarmi del sangue freddo.

“Per questo io sono qui, nella vostra dimensione, per dare un freno a tutto questo mondo così sbagliato e assurdo. Il Principio Primo... sto cercando un modo per acquisirlo senza l'aiuto di sciocchi dei pagani, senza l'aiuto dell'Unico Dio, senza altre, ulteriori, interferenze. E sapete cosa? L'ho trovato, il modo, dopo lunghe ere l'ho trovato, il potere necessario per tornare all'origine, riavvolgendo il tempo per poi annullarlo. Venite a me, ragazze, e vi spiegherò ogni cosa nel dettaglio!” ci propone infine, porgendoci la mano libera. Non un'emozione sul suo viso, solo e soltanto la concretezza di un discorso oltre che razionale, primigenio. Sembra di avere a che fare con un'entità composta dal solo e unico Intelletto Reagente, motore immobile, ma che manovra tutti gli ingranaggi di tutti i mondi.

Non ho comunque il tempo per ribattere alcunché, perché vedo Michela scattare improvvisamente contro di lui, lanciandocisi contro, i suoi pugni vengono immediatamente avvolti dalle fiamme che, tuttavia, non la bruciano, avendone il pieno controllo.

“Non dire stronzate, maledetto assassino, se vuoi davvero circuirci con le parole, almeno abbi l'accortezza di parlare più terra terra, perché non si è capito assolutamente nulla di quello che hai blaterato!!!” urla, totalmente incollerita. Il colpo va al segno ma, senza un motivo logico, il suo corpo, ancora intento ad attaccare il Mago, rimane sospeso nell'aria, come se il tempo intorno a loro due si fosse fermato.

“Come pensi di battermi, figlia di Ares? In te scorre la scintilla divina, ma un simile, debole, sfavillio non può nulla nemmeno contro gli dei inferiori, figurarsi contro me!” ribatte lui, completamente impassibile, quasi etereo.

“Come diavolo..?!” sussurra lei, esterrefatta, accorgendosi di non poter muovere il suo corpo secondo la sua volontà.

Per tutta risposta, il nemico la respinge con l'ausilio di un unico movimento del dito indice. La nostra amica viene quindi proiettata indietro a gran velocità, rischiando di finire contro il primo tronco sulla sua strada, ma Francesca, lesta, l'afferra e la trattiene al volo, vanificando così la reazione del nemico.

“Michelaaaa! - la chiamo, scioccata, raggiungendole, accorgendomi che l'urto maggiore è stato annullato grazie all'intervento di Francesca, ma che sulla sua pelle, nella zona dove è stata colpita, si è creato istantaneamente un livido violaceo - Tu-tutto bene?!"

"Io.. credo di sì... - farfuglia dolorante, tastandosi la zona - Ma... ma cosa è successo? Credevo di averlo centrato!"

Non ho il tempo di rispondere, lo fa il nemico al posto mio.

“Non siete in grado di battermi, neppure tu, Marta, che pure sei il fulcro di tutto. Ve lo chiederò ancora una volta: venite con me, mi servite ai miei scopi, o meglio, ho eletto voi come rappresentati di un mondo che si estinguerà a breve, mi spiacerebbe cambiare i miei piani!" ci propone ancora lui, stavolta sorridendo sinistramente.

Guardo ancora per un attimo le mie due amiche prima di alzarmi e fronteggiarlo almeno con lo sguardo. Non avrebbero dovuto seguirmi, loro, le proteggerò, costi quel che costi!

“Sei bravo con le parole, le mie più sincere felicitazioni! Tuttavia ti faccio una contro-offerta: consegna gli occhiali che tieni in mano e leva le tende da qui, o da questa dimensione, come vaneggi tu. Se sei superiore agli dei, troverai senz'altro qualcos'altro da fare, senza mettere in mezzo i vari mondi e le persone che vi abitano!" lo avverto, cercando di dare fermezza alla mia voce.

“Vedi, Marta, ho sempre apprezzato questo di te: sembri fragile come un fuscello ma hai una forza devastante, originariamente del tutto simile alla mia, aggiungerei, ma vedi... - si prende una breve pausa, guardandomi con qualcosa di terribilmente somigliante ad una falsa lusinga, che si concretizza in odio nella frase dopo - Proprio per questo motivo sei una spina nel fianco e questo mi irrita terribilmente! Stai sempre in mezzo tu, tra me e il mio obiettivo, ti sto offrendo di unirti a me e fai la schizzinosa... quale peccato imperdonabile!"

Il suo cambio di tono mi spiazza, vedo una scintilla passare nei suoi occhi vitrei, mi spaventa, ma non indietreggio.

"Io non ti ho mai visto prima di adesso, secondo me vaneggi, i tanti millenni sulle tue spalle, come Demiurgo, devono averti rincoglionito, non ho altre..." ma mi blocco, esterrefatta. Come sapevo questa informazione?! Come conosco... la sua vera essenza?! Lo vedo sogghignare, di nuovo; di nuovo il desiderio di massacrarlo si fa strada in me, facendomi percepire distintamente l'odio ancestrale che provo per lui. Che diavolo mi sta succedendo, io...

"Non posso, in ogni caso, girare lo sguardo altrove, è qui ciò che cerco, racchiuso nelle mani di Camus!"

"Co-cosa?!" mi massaggio la testa, sempre più intontita. Vorrei farlo tacere, vorrei...

"Il tuo caro fratellino, sì... - lo vedo inumidirsi le labbra con la lingua, la sua espressione arde di desiderio nel dire quelle semplici parole, mi ripugna al solo vedersi. Prosegue, quasi vibrando - Camus, lui... ti ha parlato di ciò che sogna? Ti ha parlato di... me?!"

"St-stai zitto, perché mai dovrebbe..."

"Eppure dopo tutte le volte che sono... andato a trovarlo... la sua psiche, le sue difese, dovrebbero cominciare a cedere..."

"NON UNA PAROLA IN PIU', MALEDETTO!!!" urlo, facendomi prendere dall'ira a quelle ultime parole, scattando contro di lui a tutta forza. Tento di colpirlo con i miei pugni, non dandogli requie, ma è tutto vano, non gli occorre neanche fermare il tempo, gli basta scansare i miei ripetuti affondi.

Ad un certo punto mi blocca con una mano e mi solleva, facendomi trovare vicino a lui, talmente tanto da poterlo vedere dritto in faccia. Mi cerco di ribellare a suon di calci ma è tutto inutile. I miei piedi non lo raggiungono, quasi fosse inconsistente.

“Sei troppo preda dei sentimenti per Dègel, ma anche per le persone a te care, scommetto che te lo hanno già detto, vero Marta? Hai lo stesso problema del tuo amato, ed è un peccato... malgrado il tuo reale potenziale, continui a rimanere la fragile fanciulla indifesa di allora, non avvezza alle brutture della vita, né tanto meno al campo di battaglia!” afferma lui, con sicurezza, scrutandomi a fondo. Sgrano gli occhi, tremando violentemente, sono come soggiogata da questo tizio, lo sento incombere su di me e, insieme, provo un odio smisurato per lui, senza nemmeno sapere la motivazione. So solo che vorrei massacrarlo. Il Mago sbuffa sonoramente a seguito del nostro contatto visivo, piantandomi poi, con un rapido movimento, una sfera di energia viola in pieno stomaco. Mi sento scaraventare via in seguito alla sua immane potenza, proiettata all'indietro senza potermi riparare. Finalmente, dopo aver urtato contro qualcosa di non ben definito, ricado da qualche parte, riuscendo ad avvertire le presenze di Michela e Francesca vicino a me.

"Marta! Marta! Fermati ti prego... TI PREGO! Non lo puoi battere non... dannazione!!!" urla la mia amica più grande, arrestando alla ben meglio il sangue che proprio ora ha preso a scorrermi, non capisco neanche da dove, lo avverto solo, bollente, solcarmi la pelle. Il suo tono è strozzato, spaventato sopra ogni dire, non credo di averla mai vista così, in genere è sempre sicura di sé, conscia di essere una divinità, perché ora... perché costui la terrorizza così tanto?!

“Santi numi, Marta! Sei ancora tutta intera?!” chiede a sua volta Michela, scrollandomi con forza. Riapro a fatica gli occhi, tentando di sorriderle. Sono imbrattata di sangue, ma non posso cedere.

“Uhm si, solo qualche danno di lieve entità!” biascico, consapevole di mentire in quanto mi fa male ogni singola parte del mio corpo e... beh, il sanguinamento parla da solo.

"Qualche danno di lieve entità?! Per favore, sii onesta, non minimizzare come tuo fratello!" mi riprende Francesca, livida, posizionandosi nuovamente davanti a noi.

"Non è invulnerabile come sembra..." mi limito a dire, alzandomi in piedi sorretta da Michela. Il vedermelo così vicino, infatti, mi ha dato una nuova speranza in cui credere: poco sotto l'attaccatura dei capelli, ho visto una vecchia cicatrice ancora ben visibile. Questo può solo significare che non è inespugnabile come ci vuole far credere!

“Uh! Uh! Desidero solo ciò che è mio per diritto naturale, che male c'è in questo?! Perché perseverate a frapporsi tra me e QUEL potere?!” ci incalza il nemico, falsamente offeso.

"Io so cosa vuoi realmente, verme! E non lo avrai mai!" gli soffia contro Francesca, in atteggiamento offensivo, pronta ad attaccarlo con tutte le tue forze.

"Oh... lo sai, piccola dea?"

Francesca annuisce, mentre la folgore appare tra le sue mani: "Basta parlare, ora te la vedrai con me!"

"Che sciocca dea, sarai spazzata via insieme alle tue amiche!" la sbeffeggia, alzando le mani sopra le spalle.

Un brivido scorre lungo la mia schiena, mentre una parte della mia anima si muove tumultuosamente: sta per fare qualcosa, lo so, me lo ricordo, lo avverto... ma cosa, dannazione?!

“Avete arbitrariamente scelto di schierarvi contro di me, sarete spazzate via in un lampo. Peccato... Camus vi avrebbe voluto al suo fianco...” sentenzia ancora misteriosamente, portando me a reagire seduta stante. Continua a nominarlo impunemente, che farabutto! Cosa desidera da mio fratello?! Devo ucciderlo subito e... no, Marta... aspetta, aspetta, non scattare o finirai come prima, non... lo schiocco delle sue dita giunge alle mie orecchie prima che possa avviare qualsiasi tipo di contromisura.

Immediatamente alcune rocce appuntite si sollevano da terra e si dirigono a grande velocità contro di noi, proprio come quando Sonia, Cardia, Dègel ed io eravamo sul Monte Olimpo. Allora era stato davvero lui, è lui il colpevole... di tutto!

“Non ti permetterò di fare male alle mie amiche, non più!” dichiara caparbia Francesca, erigendo immediatamente un muro elettrico su cui si infrangono le rocce appuntite, come strenua difesa.

“Da quando sai creare barriere come fa Mu?” le chiedo, stupita e ammirata

“Mi sono allenata molto quando voi eravate in coma, sono stata aiutata da Zeus, Hermes ed Efesto, quindi sono progredita molto velocemente. Ho promesso a me stessa che non vi sarebbe successo più niente!” risponde lei, voltandosi verso di me e sorridendomi.

“Davvero notevole, Francesca, non c'è che dire, significa che nell'arco di una settimana circa sei progredita come in due anni di allenamento, non c'è male davvero! Tuttavia neppure uno dei Dodici Olimpi può anche solo lontanamente eguagliarmi, cosa pensi di fare dunque tu?!” ribatte il nemico, mentre aumenta di poco la potenza del suo attacco con un ulteriore schiocco di dita.

“Maled...” inizia Francesca, notando che la barriera sta cominciano a cedere, ma non ha il tempo di finire di parlare che si ritrova investita dalle rocce, e noi con lei.

Finiamo qualche metro più in là, picchiando malamente sul terreno. Di nuovo. Persino più violentemente di prima.

Dannazione, siamo completamente inermi, se ci colpisce ancora una volta siamo spacciate! Guardo per un attimo le mie amiche a poca distanza da me, Michela ha vari ematomi sulle braccia e sulle gambe, nonché due profondi tagli sulle spalle; Francesca è messa un poco meglio, avendo solo riportato delle leggere abrasioni su tutto il corpo e qualche taglietto superficiale; io sono quella conciata peggio, visto che le vecchie ferite si sono riaperte e ho nuovamente in bocca il sapore del sangue. Non ho forze per alzarmi, ma devo trovare un modo per contrattaccare, costi quel che costi!

“Bene... la prova termina qui!” dice inaspettatamente il nemico, girandosi di schiena e facendo per andarsene.

Ci solleviamo un poco, stupite da un simile atteggiamento.

“Cosa diavolo...? Si può sapere che intenzioni hai?! Prima rubi gli occhiali di Dègel per farci venire qui, poi ci attacchi e infine te ne vai come se nulla fosse!” esclama Michela, tentando di farsi grossa con la voce.

“Non fraintendetemi: posso uccidervi quando voglio, ma non è divertente così, soprattutto per te, Marta, ho in serbo il modo perfetto per toglierti la vita, dovrai solo attendere un poco e tutto sarà compiuto. Potrò finalmente tornare al Principio Primo!” afferma, sorridendoci beffardamente.

Rabbrividisco istantaneamente a queste ultime parole, trafitta dai suoi occhi che si soffermano su di me, spietati. Lo avevo già percepito prima, ora ne ho la piena conferma: l'odio è reciproco e ugualmente smisurato da entrambe le parti, dalla mia come dalla sua!

Non aggiunge comunque nient'altro, si allontana un altro po' per poi alzare la mano imperiosamente: subito una specie di breccia nel tempo si apre in seguito al suo gesto, una breccia nel nulla, rassomigliante ad un buco nero. Tento disperatamente di alzarmi, ma le ferite fanno male, non mi rimane nient'altro che fissare sconvolta il suo operato. Quest'uomo riesce veramente ad aprire un varco dimensionale così facilmente?! Chi diavolo è?! Nemmeno un dio... nemmeno un dio può tanto! Poco fa, mi è venuto da chiamarlo 'Demiurgo', è davvero l'intelligenza regolatrice?!

“Allora ci vediamo, ragazze... - ci saluta, canzonatorio, poi, con un altro gesto, alza la mano che tiene gli occhiali – Questi vengono di certo con me, li trovo molto belli esteticamente!” aggiunge, subdolo.

No... li sta portando via ed io non sto facendo niente per impedirlo! Davvero posso continuare a stare qui, quando il nemico ha detto limpidamente di essere interessato a mio fratello?! No, è troppo pericoloso per noi, per tutti noi, non posso... non posso permettergli di allontanarsi impunemente, dannazione! Gambe, muovetevi, forza!

Quegli occhiali, io non... Sgrano gli occhi, del tutto assorta. Mi ricordo... come Dègel li ha ricevuti, erano... un regalo!

 

Come potrei, Fluorite? Non sono un ricordo di tuo padre?”

Il volto stanco e sporco di sangue di Dègel non esita a regalare un'occhiata affettuosa alla piccola. Lo guardo con ammirazione, mentre il cuore mi accelera nel petto. Malgrado tutto... malgrado l'aver perso il suo amato Maestro Krest, malgrado il dolore che certamente proverà in questo momento, il suo viso è comunque in grado di regalare una scintilla di calore alla bambina, portando con sé la speranza del domani. Dègel, davvero sei la persona migliore che io abbia mai conosciuto in vita mia! Sei... così prezioso, mio piccolo fiocco di neve!

Aha ah ah! Non importa! Mi farebbe piacere se li teneste. Tanto a me non servono e ho già chiesto il permesso a mio padre... perché vorrei che non vi dimenticaste mai di me!"

 

Mi sento pizzicare gli occhi, un groppo mi sale in gola. Quel giorno perdesti il tuo adorato Maestro Krest, mio amato Dégel, ma riuscisti a raggiungere stabilmente lo Zero Assoluto, dando finalmente la tua risposta al quesito di Madame Garnet. Sei un sogno sfuggevole, lo sei sempre stato... ti amai, ti ho amato, e continuo tutt'ora ad amarti anche per questo e a mille e altre più cose, come avrebbe potuto essere diversamente?! Una lacrima mi solca il volto, prima di smarrirsi tra i capelli, le mie palpebre si riaprono, più determinate che mai.

Non ha importanza se Dègel o Camus... sei sempre tu, lo sarai sempre, ed io... farei di tutto, anche oltre, per te, anche se sembra sciocco, anche se, in fondo, come dice il Mago, sono rimasta sempre la stessa fanciulla fragile, non idonea al campo di battaglia. Non ha importanza! Lui è un pericolo per te, non posso permettergli in alcun modo di andarsene. Ancora una volta. Giammai!

 

Mi alzo di scatto in piedi, sotto lo sguardo esterrefatto delle mie amiche e dello stesso nemico che, percependo le velature del mio cosmo, si blocca improvvisamente, fissandomi con sguardo ricolmo di paura. E' tutto proprio come allora, vero, Demiurgo, da quattro soldi?! Hai sottovalutato la mia forza di volontà, pessimo sbaglio!

“Non ti permetterò di rubare gli occhiali che la piccola Fluorite ha regalato a Dègel, e, ancora, non andrai da nessuna parte, sei un pericolo per noi, non ritornerai nella tua dimensione, il tuo viaggio termina qui, stavolta per sempre!!! - dichiaro a denti stretti, correndogli appresso con il pugno destro in avanti. Tornerò ciò che ero, anche se per un solo istante – BLUE IMPULSE!!!” grido, mentre dal mio pugno esce un fiotto di aria congelante estremamente potente.

“Non è poss...!” riesce appena ad esclamare il nemico, mentre il mio attacco lo colpisce violentemente in faccia. Le dita perdono la presa sugli occhiali, i quali, dopo un breve volo, vengono tempestivamente riacciuffati da me, scattata in avanti per coglierli, come un frutto maturo che cade dall'albero.

“Ce... ce l'ho fatta, anf, anf... D-Dègel, C-Camus, siete..." sussurro, praticamente senza fiato, accasciandomi a terra, stremata e ansante. Dovrei avergli raggiunto i polmoni con quest'ultimo assalto. Dovrei. Anche se non vedo nulla intorno a me, il mio attacco ha creato una nebbiolina consistente che non mi permetter di vedere bene.

Provo a farmi forza per alzarmi, voglio essere certa di averlo ucciso, ma non riesco minimamente a muovermi, più mi dibatto più mi prosciugo.

Tutti i muscoli del mio corpo, infatti, sono rigidi e doloranti, trasmettendomi un indolenzimento diffuso e pressante. A questo si aggiunge il dolore alle ferite, ma la consapevolezza di aver recuperato il piccolo tesoro di Dègel, l'averlo tra le mani, mi fa sorridere per il sollievo. Sono felice... tutto qui, finalmente sono riuscita a...

Mi paralizzo nello scorgere gli occhi, ora quasi spiritati, del nemico. E' sopra di me... quando diavolo è successo?! Non solo non l'ho ucciso, non l'ho nemmeno...

"Argh!" un calcio violento allo stomaco mi mozza il respiro. Finisco qualche metro più in là, in posizione supina ma scomposta, le braccia e le gambe divaricate, la terribile sensazione di soffocare. Mi massaggerei la zona colpita con foga senza pari, se solo avessi la forza di farlo, ma il mio corpo non risponde, riesco a malapena a seguire i suoi movimenti con gli occhi, del tutto impotente. Non respiro... non riesco più a respirare...

“Il Blue Impulse... hai attaccato con la tua tecnica segreta per uccidermi, maledetta, le ho ben viste le tue intenzioni passare nei tuoi occhi, proprio come allora! Non avrei mai pensato di rivedere quell'attacco ancora una volta, men che meno di subirlo, e invece...” sbotta il nemico, una luce furente negli occhi. E' sopra di me, io... io devo scappare, altrimenti... un altro calcio nell'addome, di nuovo il respiro si mozza, i polmoni sussultano, Sarebbe così' facile svenire, cedere, ma non posso farlo, RIFIUTO di farlo! Sono completamente alla sua mercé, ma il mio sguardo, quello, il mio ribrezzo, voglio che lo percepisca tutto su di sé. Voglio che sappia che non ho dimenticato, che non mi sono arresa, e che mi opporrò con tutte le mie forze, ancora una volta. Sorrido, irriverente.

"Ti toglierò quel sorrisetto dalla tua faccia, sostituendolo con un ghigno mortale!

"N-non sei... così invulnerabile come vuoi far credere..." lo provoco, sicura di me, sebbene mi trovi in forte svantaggio. Lui non controbatte, semplicemente si pulisce il sangue che gli cola dalla vecchia ferita con la manica della larga veste. Appare sempre tranquillo e imperscrutabile, ma dentro di me so che la finta calma di prima è stata spazzata via, lo si percepisce dai suoi occhi. Uhmpf, così Superiore, eppure così vicino agli umani... patetico!

"S-sei un paz-zo... tale e quale ad allora, altroché Demiu... anf, anf... - raccolgo le forze per proseguire, provocandolo ulteriormente - Ti fermerò, non otterrai... ciò che cerchi. I-io lo... lo..."

“Lo proteggerai, nevvero?! Lo ripeti ogni volta, penosa e insulsa ragazzetta che non sei altro!" urla lui, centrando il suolo con un pugno, mentre dall'altra mano, sollevata esattamente sopra il mio petto, comincia a scaturire una luce sempre più luminosa - Decreto qui e ora la tua fine! Hai vissuto anche fin troppo. Muori!" sentenzia, totalmente fuori di sé, il volto irriconoscibile, distorto dall'ira.

Un brivido mi scorre lungo la schiena: è paura. Tutta la mia, finta, spavalderia cessa nell'esatto momento in cui la pressione su di me si fa sempre più insostenibile. Finirò schiacciata dal suo stesso colpo, qui, come una zanzara spiaccicata sul vetro.

"Martaaaaaa!!!"

Sgrano gli occhi, ancora più terrorizzata, come se mi fossi rammentata solo adesso che ci sono anche loro qui, le mie insostituibili amiche, stavolta non sono sola, non è un raffronto solitario tra me e il Mago, non più. Questa consapevolezza mi destabilizza ancora di più, facendomi tremare con ancora più forza.

"N-non venite qui, è-è pericoloso, n..." vorrei urlare con quanto fiato ho in gola, ma è tardi, Michela si getta su me, come a volermi difendere con suo corpo, mentre Francesca, disperatamente, si lancia contro il nemico, cercando di trattenere la sua furia.

"Avete tutte questa gran fretta di morire insieme con alla vostra amica?! Bene, vi detonerò all'istante, non rimarrà un solo atomo di voi!"

Nello stesso momento, scrollandosi di dosso Francesca, la quale viene barbaramente calciata a sua volta, finendo a breve distanza da me, unisce brevemente i palmi delle mani per poi separarli di netto. Tra le due estremità, che si allontanano una dall'altra, si crea un fascio di energia viola ricolmo di scritture arcane e simboli indecifrabili. Faccio del mio meglio per mantenermi vigile, mentre Michela, serrando disperatamente le palpebre, mi stringe con forza la mano. Non mi lascerà fino all'ultimo, lo so... Sono stanca, stremata, ad un passo dal baratro, la coscienza defluisce, anestetizzando il dolore, a malapena vedo il nemico, le sue braccia, che raggiungono l'ampiezza massima, l'aura di energia che è pronta ad essere lanciata, l'odore acre e pungente che ne deriva. Terra smossa, puzza di bruciato. Davvero... è... la fine...

“Q-questo non è un cosmo, è-è vera e propria magia...” riesco solo a balbettare, chiudendo istintivamente gli occhi per prepararmi a a subire il colpo, del tutto indifesa.

Non avrei mai voluto trascinarmi dietro anche loro, le mie insostituibili amiche, le mie... sorelle... perché, perché ho permesso loro di venire?! Perché faccio sempre questo errore?! Perché coinvolgo le persone che mi stanno più a cure?! Dovrei camminare da sola con le mie gambe, pensavo di averla imparata la lezione, eppure... eccomi di nuovo qui, a morire in maniera ancora più insulsa.

Chiudo gli occhi, non sapendo dove aggrapparmi per reagire. Ho ancora tanto a cui potrei sorreggermi, ho più di un motivo per vivere, allora perché... perché sto gettando la spugna?! Perché sono ancora così debole?! Camus... Camus, ti prego, perdonami, sono... un tale fallimento!

“NOOOOOOO!!!”

Come a rispondere alla mia preghiera, giunge alle mie orecchie proprio il grido disperato di mio fratello. Possibile?! E' davvero lui?! Non riesco tuttavia né ad aprire gli occhi, né a raccapezzarmi, perché un'improvvisa onda d'urto, risultato probabilmente dell'attacco deviato in qualche modo, mi investe in pieno, spingendomi violentemente indietro, almeno finché una presa ferrea, e neanche troppo gentile, mi afferra per la vita, premendomi poi contro il terreno.

Secondi di nulla passano, forse anche minuti... non percepisco più niente, non so neanche se sono viva oppure no, almeno per finché...

"Dannazione, Marta, respira! Non farmi anche questo, guai a te! Respira... RESPIRA, HO DETTO, MARTAAAA!!!"

Apro di scatto gli occhi a quella pressione e quel richiamo disperato, tossendo e sputando terra con forza, girandomi poi sul fianco e piegandomi dal dolore, le mani finalmente libere di stringersi sulla pancia, dalla quale avverto fitte acute e profonde.

"Continua così, tossisci quanto puoi e torna a respirare regolarmente! Continua, forza!"

Avverto a stento la voce di mio fratello, mi sta dando pacche tra le scapole, più forti del consueto, facendomi male ma permettendomi altresì di recuperare il fiato. Fatto questo, lo avverto prendermi bruscamente in braccio, ma la sua stretta non ha più nulla del calore che ricordavo, ciò mi confonde ancora di più. Non riesco a vedergli il viso, così come sono girata, ma dal suo modo di camminare direi che è piuttosto nervoso. Non capisco dove stiamo andando... che cosa è successo fino a ora?!

“Camus, io...” biascico, a disagio, tutta dolorante.

“Ora taci, Marta, non è il momento per le chiacchiere!" mi fredda subito, mentre, passandomi una mano poco sopra il bacino, mi conduce malamente a terra, la schiena contro un albero. Il movimento, così secco, senza un minimo di premura, mi fa sfuggire un mormorio di dolore. Finalmente riesco a riaprire le palpebre, distinguendo finalmente la conformità di mio fratello, che tuttavia mi da le spalle senza degnarmi di uno sguardo.

"M-Marta... - mi richiamano debolmente le mie amiche, nella mia stessa posizione, salvate anche loro da Camus - S-siamo un po'..."

Nei casini, immagino, sì... e neanche poco!

Non è comunque da me demordere.

“C-Camus, ti prego, ascoltami, io...” riprovo, ottusa, ma il rumore sordo che fa vibrare il tronco sopra la mia testa, mi fa sobbalzare per la paura. Camus ha sferrato un pugno all'albero, l'aria ancora trema, ma è la sua espressione infuriata a terrorizzarmi completamente.

“PER ATENA, CI VUOI STARE ZITTA?! Ti ho detto di rimanere alla Casa dell'Acquario e sei venuta qui, ora ti sto dicendo di tacere e parli, che cazzo devo fare per farmi ascoltare da te, sciocca ragazzina?!” mi urla, sovrastandomi completamente. I suoi occhi lampeggiano sinistramente... no, non l'ho mai visto così, non credevo neanche potesse rivelarsi così lontanamente terribile.

Tremo vistosamente, guardando il terreno sotto di me, ormai ricolmo di buche e solchi. Mi sento un verme, questo profumo di terriccio così penetrante non fa che mettermi ancora più a nudo, come un vero e proprio lombrico. Camus ha tutte le ragioni per essere spaventato e furibondo, ma il suo modo di fare mi ferisce più gravemente dei danni che ho subito.

“Scu-scusami..." riesco solo a biascicare, sul punto di piangere. Mi nascondo il viso con le mani, rendendomi conto di non avvertire più il male che sentivo prima, sostituito comunque da un dolore acuto al petto per via del trattamento ricevuto.

"Non me ne faccio niente delle tue scuse, se tanto fai sempre come ti gira... - Camus pare calmarsi almeno un poco. Ci osserva una ad una come si confà con i bambini piccoli, forse per lui lo siamo per davvero - Ora STATE qui! Non fatevi venire altre idee stupide, non agite, non pensate, per nessuna ragione dovete intervenire, chiaro?"

Nessuna risposta da parte nostra, umiliate e ferite, ma dimentico che Camus dell'Acquario ESIGE sempre una risposta, in qualunque circostanza.

"CHIARO?!?"

"S-sì, maestro..." risponde Francesca per noi, prostrata oltre l'inverosimile.

Camus non dice più niente, semplicemente lo vedo avanzare verso il nemico, pronto come non mai ad affrontarlo.

“Camus dell'Acquario... Ho fatto bene ad aspettare pazientemente tutti questi anni, il tuo potere progredisce a vista d'occhio, mirabolante! Sei riuscito ad annullare il mio attacco arrivando a manomettere il tempo medesimo! Sei davvero...” lo elogia il Mago, con un largo, quanto sinistro, sorriso.

“Pochi convenevoli, combatti piuttosto! Io e te abbiamo un conto da saldare, hai insozzato e ferito quanto ho di più prezioso, non avrò alcuna pietà per te!” lo minaccia verbalmente mio fratello, mettendosi in posizione di attacco, tuttavia non si muove di un passo, quasi come se qualcosa di più potente lo immobilizzasse.

“Camus... Camus... Camus! Io non posso combattere con te, ricordi? Mi servi, anzi sei indispensabile! Ti avevo avvisato: consegnati a me o distruggerò, ad uno ad uno, tutti i tuoi affetti più cari; spegnerò, con mano, tutte quelle piccole luci, di cui vai tanto fiero, che illuminano la tua vita... perché stupirti del mio operato, quindi? E comunque sono stato magnanimo, ho proposto alle tue pupille di schierarsi al mio fianco, prima di attaccarle, ho pensato che tu avresti potuto essere più felice, così, e accettare il tuo Destino... sbagliavo?” chiede retoricamente il nemico, in tono falsamente gentile, appropinquandosi ulteriormente a lui. La sua voce languida mi fa accapponare la pelle, faccio per alzarmi per reagire, ma cado subito a terra, sfinita. No... no, non posso permettergli di avvicinarsi a mio fratello... no!

"STAI LONTANO!" esclama Camus, fremendo, lanciando un colpo ai piedi del nemico, invano, perché l'energia congelante sparisce in un'altra breccia spazio-temporale.

"Di starti lontano... Lo dici anche nei sogni!" è la serafica risposta del Mago, che continua ad avanzare con passo sempre più incalzante.

Camus indietreggia ulteriormente, totalmente in balia di quell'essere, terrorizzato come non lo avevo mai visto. E' sconvolgente vederlo così, forse persino di più di quando è furioso, pronto a scoppiarmi addosso. Sembra così... così inerme!

"Fratellino!!!"

La mia voce sembra raggiungerlo, perché si volta un poco verso di noi, come a ricordarsi che non è solo contro il Mago, questo basta a dargli le forze necessarie per non indietreggiare ulteriormente. Anche la sua espressione muta istantaneamente, recuperando un po' di sicurezza.

"Consegnati a me, o..."

“Consegnarmi a te? Credo di averti già risposto: non mi arrenderò! - dichiara coraggiosamente - Puoi fare di me ciò che vuoi, ma loro... le proteggerò, costi quel che costi!" afferma, con vigoria, alzando il pugno per attaccare. Tuttavia dalla sua mano non fuoriesce niente, come se qualcosa gli impedisse di reagire.

“Loro? Quelle tre? Loro chi, Camus? Milo? Hyoga? Trai forza ed energia grazie alla loro presenza, ma tra poco non ci saranno più, Camus dell'Acquario, non avrai più nessuno da proteggere, perché io reciderò ogni tuo singolo legame. Loro soffriranno, oh sì, tanto, e la colpa sarà stata tua, della tua sciocca testardaggine!”

"NON OSERAI, NON OSERAI, MALED..."

“Camus, attento!!!” lo chiamiamo all'unisono Francesca, Michela ed io, spaventate, il cuore in gola nel vedere gli eventi succedere davanti a noi senza poter fare niente per intervenire.

Camus ha provato a reagire, attaccandolo nell'estremo tentativo di proteggerci, annullando così la distanza tra sé e il Mago, ma quest'ultimo ci ha messo poco a scansarlo, per poi afferrarlo per il polso destro e fare lo stesso giochetto che aveva fatto con me, ovvero tenerlo sollevato per il braccio. Inconcepibile! Non riesco a credere che anche mio fratello sia in balia degli eventi, lui, un Cavaliere d'Oro! Non riesco a vederlo così impotente, così... rabbrividisco istantaneamente nello scorgere la mano libera del suo avversario avvicinarsi al suo petto per poi solcargli le clavicole, salire sul collo e soffermarsi sul mento, che gli viene sollevato a forza come a contemplare della merce rara.

"U-urgh..." prova ad opporsi lui, piegando il volto di lato nell'estremo tentativo di ribellarsi. Non riesce a fare nient'altro, la mano libera è inerte lungo il fianco sinistro, lo stesso le gambe, del tutto immobilizzate, come se un qualche sortilegio lo avesse reso inattivo.

"D-dobbiamo fare qualcosa, n-non possiamo... urgh!" prova a rimettersi in piedi Michela, ricadendo pesantemente per terra, ansimando, il tutto mentre Francesca ed io, sempre più sconvolte, continuiamo ad essere spettatrici di quanto accade davanti ai nostri occhi. Tremo, e il corpo di mio fratello fa uguale, mentre la mano libera di quell'essere si dirige verso il suo addome, insinuandosi sotto la maglietta già parzialmente sollevata a seguito della posizione cui è costretto. Gli viene così scoperta la pancia, sulla quale le dita del Mago cominciano a stringere la presa, rivendicando un possesso che invece non gli spetta. Lo sento da qui... il suo respiro... esso accelera, voglioso, godendo della non reattività di mio fratello. Mi sento ribollire dalla rabbia, mentre un senso di ripugnanza dilaga in me, annebbiandomi il cervello. Le tempie mi pulsano e una foga selvaggia mi investe: quel bastardo lo sta toccando senza che Camus possa opporre la benché minima resistenza, ed io sono qui, ancora una volta debole, a non poter fare niente per impedirglielo, maledizione!!!

“La tua forza di volontà... è encomiabile! Sai, sarebbe molto più semplice se tu cedessi, proveresti meno dolore durante... la penetrazione... ma non vuoi arrenderti, nevvero? Non vuoi consegnarmi questo meraviglioso corpo che bramo così tanto! - gli dice a bassissima voce, mentre con la punta del dito indice traccia più volte l'ombelico e gli addominali, soffermandosi poi poco sotto lo sterno - ...Sai anche a cosa mi serve, è un mio diritto, del resto..."

A queste ultime parole le palpebre, prima serrate, di Camus, si spalancano in un nuovo guizzo di energia, la mano libera si alza di slancio, sferrando un pugno ghiacciato di estrema potenza che colpisce violentemente il Mago, facendogli mollare la presa.

“Maledetto, cosa ne vuoi sapere tu di diritti!!!” gli urla caricando e lanciando la Polvere di Diamanti nel giro di un attimo, ma il nemico, piegato in due dal dolore, riesce comunque a scomparire nel nulla.

Rimaniamo confuse a guardarci intorno, aspettandoci un nuovo attacco da qualche parte, il tutto mentre Camus, ricomponendosi, sistemandosi meglio la maglietta dismessa, si posiziona velocemente davanti a noi con fare protettivo.

“Lo avrete ormai capito, credo, che sono stato proprio io a spedirvi in questa epoca, mi è necessario per attuare i miei progetti. Per quanto concerne te, invece, Camus, hai dato la tua risposta definitiva, ne subirai le conseguenze, voi tutti ne pagherete il fio!”

E' solo la voce del nemico a raggiungerci sulla già devastata radura, la sua essenza è tornata nel luogo da dove proviene, non ci attaccherà più, per questa volta.

“Certo, è un peccato che l'Entrosfera e Crono malvagio, miei stratagemmi, abbiano fallito per colpa vostra, ma questo mi è stato utile per capire ancora meglio i segreti della vostra dimensione. Ci rivedremo presto, non temete!”

La voce scompare nel nulla, lentamente il sole, prima oscurato, torna a splendere nei dintorni.

Istintivamente mi accascio ancora di più a terra, stremata. Davvero tutto questo è stato escogitato da lui? Da Crono all'Entrosfera fino alla situazione attuale? Davvero ha il dono dell'onniscienza? Ma soprattutto cosa vuole da mio fratello? Perché un tale interessamento sul suo corpo? Quel gesto di possessione... sembrava lo volesse fare suo solo con uno sguardo. Ha solcato tutto il suo addome con quel dito, alzandogli la maglia per scoprire quanta più pelle possibile, come a voler assaporare quel momento. Sembrava davvero sul punto di spogliarlo, un solo secondo in più e gli avrebbe strappato le vesti di dosso. Ne ho limpidamente percepito le turpi intenzioni. Un brivido mi scorre lungo la schiena a quest'ultimo pensiero, automaticamente stringo le mani a pugno, furiosa. Gliela farò pagare, maledetto... gliela farò pagare, PER TUTTO!

“Le mie felicitazioni per la vostra encomiabile escalation di decisioni sbagliate e sforzi vani, siete le prime allieve a commettere così tante cazzate in un colpo solo, non lo credevo nemmeno possibile!” afferma Camus ad un tratto, avvicinandosi a noi con andatura incerta. Le sue mani stringono la maglietta in prossimità dell'addome, come se si sentisse profanato, mentre il suo volto, leggermente sudato, non cessa di guardarci con astio malgrado la spossatezza lampante.

“Maestro, noi...”

“Non c'è niente da aggiungere, Michela! Io avevo espressamente detto a Marta di rimanere all'undicesima casa, voi invece l'avete seguita in questa sciocca impresa, quando dovevate solo fermarla con ogni mezzo in vostro possesso! Per cosa lo avete fatto, poi?! Per degli stupidissimi occhiali?! Cosa avete al posto del cervello?! Le formiche?! Le scimmie urlatrici?! Vi credevo più intelligenti, tutte e tre!!!” ci sgrida, minaccioso. Ciò che ha subito poco fa non lo ha reso affatto più docile, anzi ha acutizzato la sua voglia di fare polemica e di strigliarci.

Con la coda dell'occhio, vedo Michela fissare il terreno con insistenza, singhiozzante, sull'orlo delle lacrime; invece Francesca annuisce con la testa, rendendosi pienamente conto che Camus ha ragione a reagire così, che è spaventato, anzi, terrorizzato, perché ha avuto paura di perderci, di nuovo. Pertanto rimane in silenzio.

Mio fratello prosegue nel rimbrotto, ricordandoci che ci stiamo allenando solo da pochi, pochissimi, mesi, che non siamo guerriere, che non abbiamo nemmeno un'armatura, e che siamo state delle presuntuose a pensare di riuscire ad affrontare un nemico così tanto superiore alle nostre forze. Dovrei dire qualcosa, starlo ad ascoltare, ma la mia mente mi riporta costantemente alla visione del Mago che toccava il corpo di Camus, alle sue allusioni, a quella luce sinistra negli occhi. Rabbrividisco, prima di essere ridestata a forza dai mie pensieri con una manata sul braccio. Mi riscuoto, tornando a focalizzarmi su di lui, su quegli occhi blu che mi guardano con una rabbia mista a qualcos'altro di ancora più insostenibile.

"Sto parlando anche con te, signorinella, anzi, SOPRATTUTTO con te! Mi hai molto deluso... Marta..."

Ingoio a vuoto, colpita in pieno dalla sua scoccata, ma mi barcameno alla ben meglio, cercando di non cedere, sebbene le palpebre mi punzecchino: ci sono questioni più importanti!

"Chi era... quello?"

Camus sembra ancora più infastidito dal mio cambio di discorso: "Cosa vuoi che ne sappia io, è la prima volta che..."

"BALLE! - lo freddò all'istante, imprimendo il mio sguardo nel suo - Non trattarci come delle ragazzine, abbiamo ben visto quello che ti ha fatto!"

Camus esita per un istante, la paura è nei suoi occhi, quasi indietreggia come aveva fatto precedentemente con il Mago, ma trova infine il modo per ribaltare la situazione a suo vantaggio.

"Non lo siete, forse?! Lo avete ampiamente dimostrato, quest'oggi!"

Ma io persevero, ottusa, desiderando andare al sodo. Voglio la verità, qui e ora.

"Camus, chi era quello, che vuole da te?!"

"Non sono affari tuoi, Marta... piuttosto spiegami tu perché accidenti hai desiderato a tutti i costi ingaggiare battaglia con..."

"IO NON TI SPIEGO UN EMERITO CAZZO, INTESI?! Perché dovrei motivarti le mie azioni, quando tu non rispondi MAI alle mie, di domande?!"

"Attenta, modera il tono, sono ANCHE il tuo maestro, non ti permetto di parlarmi sopra! Stai travalicando il limite..."

"Chi era quello, perché ti ha toccato così, cosa... cosa vuole da te? Quando vi siete visti la prima volta?!" insisto, sempre più pressante e furente.

"Basta con le domande, Marta..." mi sibila, quasi un serpente che soffia prima di attaccare, è l'ultimo avvertimento, lo capisco dal tono usato, un altro passo e mi farò del male, ma neanche questa consapevolezza è sufficiente a fermarmi. E supero così il limite.

"Non ha parlato di 'penetrazione' a caso, vero?!? Cosa ti ha fatto, fratellino, perché non ne parli?!"

"P-piantala, ho detto..."

"Non la pianterò, no, non finché non scoprirò la verità che ti sforzi di nascondere!"

"Non ho n-niente... da dirti!"

"Sì che ce l'hai, Camus, sei sconvolto, non solo per noi, ma anche per quello che hai dovuto subire e che ti ostini a non rivelare. Di-diccelo, ti prego, lui ti ha, forse...?"

"HO DETTO BASTA!"

Accade tutto in pochi secondi. Senza nemmeno farmi capacitare di quanto sia effettivamente avvenuto, cado malamente a terra, la parte destra del volto bollente e dolorante. Non l'ho neanche visto, il dorso della sua mano che si è mosso per schiaffeggiarmi la guancia, ma l'ho percepito, bruciante, netto. I miei occhi lacrimano, mentre, sbigottita, fisso mio fratello che mi sovrasta con la sua mole, gli occhi profondamente blu, quasi tendenti al nero, una strana ombra dilaga in lui.

"Camus, sei impazzito?!?"

Da qualche parte fuori da me giunge l'esclamazione di Francesca, ma è tutto ovattato, non riesco a vedere altro che il viso, snaturato, di mio fratello.

Istintivamente stringo gli occhiali che tengo ancora in mano, mentre con l'altra la zona lesa. Scocco un'occhiata di fuoco in direzione di mio fratello, le sue labbra, forse colte da un rimorso tangibile, fremono più volte. E' pentito, lo capisco, ma questo non mi addolcisce minimamente, anzi, mi fa partire per la direttissima. Dégel non avrebbe MAI reagito così, si sarebbe sicuramente arrabbiato per il mio comportamento, era suo diritto, ma ne avrebbe parlato con calma, con quel sorriso dolce velato di tenerezza, ci saremmo confrontati, senza filtri, lui avrebbe ricercato il mio sostegno, io il suo... l'avremmo vinta, questa entità, insieme, non come si ostina a fare Camus, combattendo da solo, urlandoci di tutto e mascherando il suo stato, anche laddove è lampante che non abbia armi per difendersi.

I-io... rivoglio il mio Dègel indietro, i miei ricordi, il mio passato, la mia precedente vita... è ingiusto che sia finita così, INGIUSTO!

“Non c'è nulla di lui in te, nulla! - sibilo in tono apparentemente basso, la calma prima della tempesta. Sto per esplodere, lo sento - Nulla, nulla, e ancora nulla! Non sei nulla a suo confronto, Camus! Aveva ragione Death Mask, i tuoi sentimenti non sono più recuperabili, sono annegati sotto il mare della Siberia dell'Est da tempo immemore. Non sei altro che una pallida ombra di ciò che eri, un involucro, una fievole rivisitazione di un passato glorioso, tutto qui! E sei stato tu a volere ciò, per vigliaccheria, per paura di soffrire ancora! Perché... perché non sei più lui, perché?!? Io voglio... IO RIVOGLIO DEGEL INDIETRO!!!”

Mi tappo immediatamente la bocca, maledicendomi mentalmente per aver proferito una frase così assurdamente cattiva nei suoi confronti. Io... DAVVERO GLI HO SPUTATO ADDOSSO TUTTO QUESTO VELENO?!?

I miei pensieri vengono bruscamente interrotti dalla presa ferrea di mio fratello sul mio chitone, finisco ben presto sbattuta a terra, schiacciata dalla sua mano. Annaspo. Non è da lui un tale comportamento, ma... questa volta me la sono andata proprio a cercare!

“C-Camus, io non v...” inizio a biascicare sforzandomi di riaprire almeno un occhio, ma l'espressione rivoltami, un misto tra la rabbia e la tristezza infinita, mi fa morire le parole in gola. Smetto di dibattermi, le braccia mi ricadono lungo i fianchi. Vinte. Lo lascio fare, la sua mano mi stringe con foga la veste, premendomi sulla gola. Tossisco, ma continuo a non oppormi.

“Non sono come Dégel, dici, e menomale, perché altrimenti sarei finito a pezzi, di nuovo, irreversibilmente! Non sai MINIMAMENTE che cosa ho passato, stupida ragazzina, ma punti il dito contro di me, tacciandomi di aver perso i sentimenti e così la capacità di amare. MAGARI LE AVESSI PERSE PER DAVVERO! - sbraita in tono alto, la sua voce è un frastuono che mi rimbalza in testa. Non riesce più a trattenersi, è totalmente fuori di sé, quei suoi occhi scuri, tendenti al nero mi spaventano terribilmente - Sarebbe la mia salvezza, perderle... VORREI averle perse, vorrei non sentire più niente, NIENTE, con tutte le mie forze, non immagini neanche quanto! E invece no, provo ancora emozioni, nonostante tutto, il mio cuore batte ancora, nonostante l'abbia distintamente sentito spezzarsi nell'esatto momento in cui tu mi sei morta tra le braccia dopo la lotta contro Crono!!!" afferma, stringendo la presa su di me e facendomi male, quasi come se l'asprezza del discorso si ripercuotesse su tutto il suo corpo, sul suo bisogno di farmi a sua volta del male.

Un brivido mi pervade tutto il corpo, che trema vistosamente: allora è andata davvero così: ero morta, senza mezzi termini, non c'era più vita in me, le mie percezioni erano giuste.

"N-non respiravi p-più, ma il sangue... - mi conferma lui stesso, fermandosi un attimo perché è a corto di fiato - il sangue continuava a scorrere! Non sapevo come fermarlo, non sapevo come r-rianimarti, ci ho provato, ho dato il tutto e per tutto, ma tu eri lì... i-immobile... e la colpa era la mia. V-volevo morire, non riuscivo ad accettare l'idea che tu ti fossi sacrificata per me, che io continuassi invece a respirare, che il mio cuore battesse, nonostante si fosse irrimediabilmente spezzato. E-eri lì, tra le mie braccia, m-morta, come un oggetto inanimato. T-ti ho stretto a me, al mio petto, v-volevo darti calore, v-volevo che riaprissi gli occhi, ti ho urlato di non lasciarmi, di non andare dove non potevo più raggiungerti, ma era tardi, tutto inutile, t-tutto vano. Non potevo accettarlo, non potevo!!! Urgh..."

Mi scrolla con forza, il corpo scosso dai tremori, le palpebre serrate. Completamente devastato... questa è l'impressione che giunge a me, mentre quasi senza accorgermene vengo sbattuta nuovamente per terra, con più violenza. Ma non sento dolore. Non posso sentirlo, con mio fratello ridotto in questo stato, con le lacrime che gli imperlano le ciglia, senza però riuscire a cadere.

Cosa ho fatto, cosa ho detto?! Camus... Camus... perdonami, ti prego, ho detto una cosa che non pensavo nemmeno, come mi accade spesso quando mi arrabbio. Ti giuro, non volevo, fratellino, NON VOLEVO!

Mi sto lasciando andare allo sconforto, non ho alcuna ragione per impedirgli di farmi del male. Non ce la fa più, c'è una voragine dentro di lui, lo sta risucchiando, ed io... ed io... Ancora una volta sono le mie amiche ad intervenire in mia vece.

“Camus! Camus, calmati adesso, non è il nemico, è la tua Marta, la tua Marta, mi senti?! FERMATIII!" urla, Francesca, abbracciandolo di getto, cercando di trattenerlo per il busto.

"Maestro, sei suo fratello, ma questo non ti da il diritto di soffocarla, non ti riconosciamo più, cosa ti succede?!"

Come svegliato da quelle due frasi, Camus si riscuote, i suoi occhi tornano limpidi come il mare, come di consueto, si allontana bruscamente da me, come se avesse ricevuto la scossa.

Mi porto automaticamente le mani alla gola, rendendomi conto che non stavo respirando. Le corde vocali mi bruciano, sono in affanno, a corto di ossigeno. Camus... Camus stava davvero... per strozzarmi?! La pressione sul collo.. erano le sue mani?! Quasi non me ne ero nemmeno resa conto. Ansimo con enorme patimento, sentendomi quasi svenire.

"N-No... NO!" lo sento biascicare, in tono angosciato, mentre le mie amiche si buttano di nuovo su di me, come a volermi proteggere.

“Camus, ma sei impazzito?!? Le hai lasciato i segni sul collo!!!" urla ancora Michela, spaventata come non mai.

"I-io non... non..." balbetta solo, in tono agitato, come se non si fosse reso neanche conto di quanto appena fatto, ma le parole erano le sue ne sono più che convinta, quel tono strozzato, era il suo...

Mi sforzo di alzare un braccio nella sua direzione, ma non riesco a raggiungerlo, perché lui si allontana ulteriormente, come se avesse paura anche solo a sfiorarmi.

"Va t-tutto b-bene..." provo a dirgli, stremata, cercando di sorridergli, cosa che non mi riesce benissimo. Le labbra di Camus fremono nel vedermi ridotta così, vorrebbe dire qualcosa ma non riesce, quindi si gira di spalle, non riuscendo più a sostenere il mio sguardo. Il suo corpo freme, le braccia lungo i fianchi, inerti ma strette a pugno. E' nuovamente irraggiungibile.

“To-torniamo al Santuario, non è posto per... fermarsi a parlare, questo..." dice, in tono più fermo possibile. In verità, la sua voce, le sue parole tremano più del suo suo stesso corpo.

Sei così spaventato, fratellino...

 

***********

16 Agosto 1741, sera.

 

“Marta, rammenti la dinamica del tuo ultimo attacco contro il nemico? Sei consapevole del colpo che hai lanciato?”

Siamo in prossimità dell'undicesima casa, ed io sono in uno stato d'animo talmente mortificato, che non ho proprio voglia di rispondere alle domande, per me assurde, di Francesca, che mi osserva con una strana luce negli occhi.

“Cosa... cosa significano queste domande? Non era la solita, basilare, Diamond Dust?” domando retoricamente, come se fosse ovvio. Ho ricordi molto annebbiati dell'ultimo assalto, come se non fossi stata completamente me, so solo che mi sono ritrovata per terra, con quell'essere pronto ad uccidermi, e poi è intervenuto Camus.

“No, Marta, non era la Diamond Dust, era un altro colpo, per l'esattezza un attacco che solo i leggendari guerrieri di Bluegrad possono usare!” ribatte ancora Francesca, scrollando il capo, come se la mia risposta le avesse dato le nozioni che le mancavano.

La guardo esterrefatta, non sapendo cos'altro dire, lei non sembra così scioccata quanto me, ma è tesa, il corpo rigido.

"I... i guerrieri di Bluegrad?" ripeto, cercando di digerire la notizia.

"Sì, i Blue Warriors..."

Faccio per aprir bocca, ma l'occhiata obliqua di mio fratello mi è sufficientemente da monito per tacere. Si è ripreso, rispetto a prima, reagendo nuovamente con la rabbia. E' ancora furioso per ciò che abbiamo rischiato, lo sarà ancora per un po' temo...

Entriamo così nella Casa dell'Acquario: noi, le allieve, tutte a capo chino come in una processione penitenziale; Camus, il maestro, come una furia in cerca di qualcosa su cui sfogarsi.

“Camus, sei tornato? Hai trovato le ragazze?”

La voce di Dègel mi fa, istantaneamente, battere il cuore all'impazzata. Subito dopo lo vedo comparire dalla porta insieme a Federico, Marika ed Eleonora, queste ultime probabilmente presenti per dare manforte psicologico. Devono tutte aver saputo del nostro folle progetto, lo si presagisce dai loro sguardi allarmati.

“Per Atena! Come vi siete ridotte?!” aggiunge infatti Dègel, guadando preoccupato le numerose ferite sui nostri corpi. Tutto questo mentre Camus si allontana da noi per appoggiarsi al muro con aria indifferente.

"Abbiamo fatto un casino, Dégel..." pigola Michela, con la faccia da cane bastonato e gli occhioni ancora rossi.

"Abbiamo ingaggiato una dura battaglia e... e questi sono i risultati!" aggiunge Francesca, lo sguardo basso, tutta vergognosa.

"Me ne sono accorto da me... non percepivo i vostri cosmi durante la lotta, ma Camus sì, ed è corso in vostro soccorso, avrei voluto localizzarvi, esservi d'aiuto ma non ho potuto fare altro che affidarvi a lui - ci spiega, avvicinandosi a noi con passo elegante e felpato - Comunque la cosa più importante è rivedervi qui, vive. Come vi sentite?"

Lo guardiamo incredule, aspettandoci, forse, il milionesimo rimbrotto, non certo una sincera richiesta di sapere il nostro stato di salute. Sorrido tra me e me, arrossendo, la presa sugli occhiali aumenta d'intensità.

"Pentite.... e spaventate, ce la siamo vista brutta, abbiamo avuto paura e... siamo state strigliate, ma ora va meglio..." risponde Michela, non sapendo bene se fiondarsi tra le braccia di Dègel per ricercare un po' di affetto o rimanere sulle sue, giacché non hanno ancora abbastanza confidenza.

"Marta ha subito più danni, perché ha caricato a spron battuto ben consapevole che il nemico aveva con sé una cosa per te molto importante. Non ha esitato, per te, le ferite precedenti le si sono riaperte, ma ha raggiunto il suo obiettivo..." mi elogia Francesca, dando così a me la facoltà di parlare. La ringrazio con lo sguardo nel percepire la nota di calore che ha usato per parlare.

"M-Marta...?" farfuglia Dègel, voltandosi finalmente nella mia direzione.

Sorrido leggermente, avvicinandomi a lui, incespicando nei piedi. Mi sono comportata male con tante persone tra ieri e oggi, e di questo mi vergogno, ma almeno sono felice di aver fatto una cosa positiva in tutto questo sfacelo. Arrivo davanti a lui, afferrandogli delicatamente la mano per poi richiudergliela con dentro gli occhiali, ancora miracolosamente intatti.

Camus, più distante da noi, segue le mie manovre con lo sguardo contrito, nell'espressione un qualcosa di malinconico.

“Questi sono tuoi di diritto!” dico, sorridendogli ancora, felice.

Dégel mi osserva per qualche attimo, stupito, poi mi stringe forte a sé, mettendomi anche una mano dietro alla testa per accorciare la distanza tra me e lui. Sussulto, spalancando le palpebre, mentre il cuore mi si accelera in un fremito. Socchiudo infine gli occhi, assaporando quel contatto. Mi sembra sempre di tornare a casa quando sono qui, tra le sue braccia, mi manca terribilmente non essere stretta da lui, quando ho paura, quando sto male, eppure quel tempo lontano ormai è andato, non ritornerà più, lo so, ma non riesco ad accettarlo!

“Avete fatto tutto questo per me?! Siete conciate così solo per essere andate a recuperare i miei occhiali?! Non dovevate farlo, sapete cosa avete rischiato per un quisquilia simile?” chiede retoricamente, con la voce un po' tremolante.

“Sì... il nemico li aveva presi, consapevole che Marta sarebbe andata in qualsiasi caso e che noi non l'avremmo lasciata sola. Penso che volesse studiarci, saggiare il nostro modo di combattere, prima di continuare con il suo piano. Ci ha rivelato di essere stato lui a spedirci qui nel passato, è lui che sta manomettendo tutto!” prova a spiegare Francesca, tentando di mascherare la stanchezza nella sua voce.

"Un nemico capace di manovrare il tempo medesimo... è ben al di là delle nostre capacità!" sussulta Dègel, facendosi pensieroso. Nel frattempo vedo Federico cambiare espressione, prima di allontanarsi tacitamente da noi senza dirci più niente.

"Non saremmo dovute andare..." biascica Michela, massaggiandosi la fronte.

"Non avreste dovuto, no, siete state fin troppo ardite, avrebbe potuto finire ben peggio di così, riuscire a rendervene conto?! - ci rimprovera bonariamente Dégel, con un pizzico di severità staccandosi da me. Più nessuno ha il coraggio di parlare, almeno finché non è lui stesso a cambiare espressione, addolcendosi - Ma anche straordinariamente audaci e coraggiose, di questo vi devo dare atto!" ci stima in tutta franchezza, lo sguardo luminoso.

Ci ritroviamo ben presto tutte e tre a guardarlo, la bocca semi-aperta per la sorpresa, mentre lui, posizionandosi al centro per guardarci una ad una, indossati gli occhiali, continua il suo discorso.

"L'esperienza sul campo è di basilare importanza per affinare le proprie doti da guerriero, questo è assolutamente imprescindibile, e voi ne capite l'importanza. Vi state allenando da pochi mesi, e già siete così caparbie, e un poco spericolate, aggiungerei, da ingaggiare una lotta contro il vostro avversario per difendere ciò in cui credete. Nondimeno non avete permesso a Marta di andare da sola, dimostrando non solo lealtà e amicizia, ma anche senso di squadra, tutte doti già pienamente sviluppate in voi, e non siete che all'inizio! - ci continua ad elogiare, genuinamente ammirato, prima comunque di tossicchiare per tornare a puntualizzare un'ultima cosa - Però la prossima volta pensate un po' di più prima di agire, anche alle conseguenze non solo su di voi, ma sulle persone che vi amano. Avete davvero terrorizzato il vostro maestro, che si è subito precipitato da voi senza un minimo di esitazione. Camus non ha alcuna protezione qui, è un Cavaliere dì'Oro, d'accordo, ma ciò non lo rende invulnerabile, si butterebbe tra le fiamme per voi, incurante di danneggiare il suo corpo, quindi, se potete, non fategli più prendere simili spaventi!" conclude finalmente il monologo Dègel, scoccando un'occhiata anche a mio fratello che tuttavia, sbuffando, richiude gli occhi, mantenendo le braccia conserte, la schiena sempre contro il muro.

A questo punto le mie amiche, ancora scosse dai fatti precedenti, si precipitano, senza più esitare ad abbracciare Dègel, il quale, sorpreso, non aspettandosi il loro gesto, quasi si sbilancia.

"Buaaaaaaaaaah!!! Scusaci, non volevamo! Non volevamo spaventarvi, te lo giuro!!!" esclama Michela, affondando il viso nella lunga veste dell'antico Acquario, il quale, ancora sorpreso, non ricambia subito il gesto.

"Non lo faremo più, non rischieremo così tanto, la prossima volta penseremo prima di agire, è una promessa!" afferma a sua volta Francesca, un poco impacciata nella stretta, ma ugualmente emozionata. Hanno così tanto bisogno di coccole, dopo l'esperienza passata... sorrido, intenerita dalla scenetta. Finalmente Dégel ricambia l'abbraccio, cingendogli le spalle con le braccia.

“Lo so, lo so che non volevate... siete ancora inesperte, su questo settore, ma avete un potenziale inesauribile, abbiate solo un po' di pazienza! - le rassicura, accarezzandole con le dita - E grazie... grazie per tutto! Avete rischiato molto per una bazzecola simile, lo avete fatto per me, ve ne sarò eternamente grato!”

"A che cosa mi tocca assistere..." commenta a bassissima voce Camus, tornando a sbuffare, suono che non sfugge di certo a Dègel, il quale, sospirando, si stacca dalle mie amiche.

“Eleonora! Marika! Potete occuparvi di loro tre mentre io parlo con Camus, sono molto provate e necessitano di riposo!”

Il suo tono di voce è cambiato, è diventato più grave, come a voler sottolineare l'urgenza della situazione. La sua espressione non è più gentile, si fissa in quella di Camus con severità. Mio fratello la ricambia, affatto intimorito. Spero che non litighino fra loro, si sono da poco trovati, capiti no, ma hanno fatto dei bei passi avanti, non vorrei che nullificassero i risultati raggiunti.

Marika ed Eleonora, intanto, annuiscono serie, prendendoci per mano e guidandoci verso le camere con l'intento di curarci lì, lasciando soli i due Cavalieri a chiarirsi. Io esco con loro ma, giunta in corridoio, mi fermo e mi volto, tentennando.

"Camus non sta bene... vorrei rimanere qui!" mormoro, rivelando le mie intenzioni di fermarmi a vedere cosa succede.

"Marta, devono parlare di questioni loro, non dovremmo..." tenta di opporsi Francesca, la più riservata tra noi, ma Michela giunge a darmi manforte.

“No, ha ragione Marta, avete visto come ha reagito il Maestro, non possiamo lasciarli soli!” esclama, appoggiandosi al muro e sbirciando nella stanza.

"Beh, noi non possiamo certo dirvi niente, siamo le regine dello spionaggio!" commenta Eleonora, le mani dietro la nuca, sorridendoci solare.

"Oh, sì, le regine! Sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato, ehe!" ridacchia a sua volta Marika, appoggiandoci. 4 contro 1! L'unica ancora titubante è Francesca, la quale comunque, rassegnata, sfinita, si siede per terra.

“Fate vobis allora, ma poi non piangete se Camus vi scoppia nuovamente addosso! Abbiamo messo a dura prova la sua pazienza oggi, più di una volta, se ci volesse mandare a fanculo ne avrebbe pienamente diritto!” ci fa notare comunque Francesca, cristallina come sempre. Ha ragione, non è bello origliare, mai, ma la situazione è talmente pesante che davvero non abbiamo a cuore di andare a dormire con Camus ancora in queste condizioni.

Le parole che mi ha rivolto, quella sua disperazione tangibile, mentre descriveva la scena della mia... morte... mi sono arrivate dritte al cuore. Non ho capito niente di lui, e gli ho detto quelle cose terribili, vorrei solo chiedergli scusa, dirgli che non lo penso per davvero, ma è ormai irraggiungibile e... fa male!

“Hai delle allieve straordinarie, lo sai, vero, Camus?” chiede retoricamente Dègel, avvicinandosi alla sua reincarnazione con passo leggero. Malgrado quel pizzico di severità, il suo tono è pacifico e gentile come sempre.

“Uhmpf, allieve straordinarie che non ascoltano minimamente quello che dico! I cani della muta che ho in Siberia mi ascoltano molto di più che loro! Se gli do un ordine lo adempiono, nei minimi dettagli, soprattutto sono abbastanza svegli da non finire in guai che si cercano loro!” esclama mio fratello, sempre con le braccia incrociate al petto, guardando altrove.

“Sono sicuramente un po' avventate, ma questo accade perché usano la loro testa, non è per forza un male! La cosa più importante fra tutte è che farebbero di tutto per te, non è forse così? Sono inestimabili, e soprattutto sono il migliore tesoro che ti potesse capitare! Guardandole... ho davvero fiducia nel futuro, malgrado tutta l'oscurità che aleggia sinistra nell'aria!” continua Dègel, sempre sorridendo.

“Se le stimi così tanto, se ti piace farti venire il nervoso a dare delle direttive che non seguono mai, te le cedo pure! Tanto non hai allievi tuoi, no? Inoltre hai il mio stesso potere. Sarebbero felici con te...”

Una pugnalata al cuore colpisce istantaneamente tutte e tre, procurandoci un dolore acuto e insostenibile. Francesca, a quell'ultima frase, si alza, raggiungendo la posizione mia e di Michela e sporgendosi insieme a noi. Certo, essere trattate come cuccioli da mandare in adozione è davvero terribile, ma nulla se paragonato al tono, sempre più pesante di Camus.

“Stai mentendo, non vorresti tu per primo separarti da loro, perché dire cose in cui non credi, Camus? Si vede senza alcun margine di errore che tieni molto a loro. Eri sconvolto, quando hai appurato che erano in pericolo, il tuo corpo tremava e avevi il viso piegato in un'espressione di terrore, ripetevi che non avresti più permesso che rimanessero ferite di nuovo, ed io ti chiedo: le hai già perse una volta? Hai perso altre persone che amavi, in vita tua? E' per questo che tenti disperatamente di mantenere le distanze dagli altri? Hai... paura di amare?” lo interroga Dègel, in tono pressante.

Camus non risponde, ma stringe forte i pugni e chiude di scatto gli occhi, parafrasando il dolore che è ben vivo in lui.

"Non sono cose che ti riguardano..."

"Non lo sono, no... volevo solo cercare di capire il motivo della tua trasformazione - ammette candidamente Dègel, cercando di avvicinarsi a lui - Te l'ho già detto, mi ricordi il mio Maestro Krest, lui... era diventato così apparentemente freddo proprio perché aveva perso molte persone nella sua lunga vita, tu hai solo 22 anni, ma..."

"B-basta, non andare oltre! Non intendo sfogarmi con te, né con nessun altro! Il peso sulle mie spalle... non permetto a nessuno di reggerlo al posto mio, lo porterò avanti, è mio dovere!"

"Dovere?! Peso?! Ma ti senti, quando parli?! - ribatte Dègel, stavolta punto sul vivo - Sai quante persone, in questo mondo, vorrebbero avere qualcuno al proprio fianco? Qualcuno che li sorregga quando sentono di non farcela più?! E tu, che ce li hai, ti ostini a fare da solo?! Pensi che le persone che ami non si accorgano di quello che stai passando?! Pensi che non soffrano, nel vederti così, nell'assistere impotenti al tuo affogamento senza poter fare nulla?! Marta... Milo..."

"S-STAI ZITTO! Non conosci Marta che da poco più di due settimane, e Milo da ancora meno, che ne vuoi sapere, tu, di loro...?!"

"Hai ragione, sono stato inopportuno a pensare di conoscere la vostra situazione..." ammette, sospirando.

Camus pare calmarsi un poco, anche se il suo corpo trema e le sue palpebre sono serrate in un'espressione sofferente, così come la piega delle sue labbra.

“Ma mi sento comunque emotivamente coinvolto dalla vostra situazione, nonché affine a voi, a te... - riprende Dègel poco dopo, con più vigore, per niente arrendevole - Camus, che ti succede? Cosa si muove nel tuo animo, portandoti un simile malessere?” prosegue, poggiando le mani sulle spalle di mio fratello, il quale però sfugge tempestivamente dal contatto con la sua precedente vita.

“Lasciami! I-io non riesco, non posso farle felici, non ne sono in grado!"

"Camus, cosa stai...?"

"Prima... le mie allieve erano molto spaventate a causa del nemico che hanno affrontato e anche per... per me! Io lo avevo capito, ma... ma... non sono riuscito a fare niente per farle stare meglio!" ammette, piegando la schiena in avanti, come se gli costasse una certa fatica parlare.

"Non hai... fatto niente?! Camus, sei corso a salvarle, sono tornate vive e vegete grazia a te!"

Ma Camus nega con la testa: "Sono bastate le tue parole, per risollevare il loro animo, le hai rinfrancate, con spontaneità, senza trascurare comunque di rimproverarle, e loro... loro si sono sentite protette!"

"Camus, puoi farlo anche tu, sono sicuro che..."

"No, non lo posso più fare, perché... non sono più te! - afferma mio fratello, mentre i suoi occhi diventano lucidi - Io... ho perso per sempre questo lato del carattere, sono freddo e scostante, riesco solo a farle soffrire con i miei modi, e questo malgrado io stia facendo di tutto per cercare di farle stare bene. Tu invece con un semplice gesto, e con poche parole, sei stato in grado di riscaldare i loro cuori, così naturalmente da sembrare quasi il sole stesso che, automaticamente, riscalda questa Terra. Era ciò di cui avevano bisogno, e tu lo hai capito!"

"Dove stai conducendo il discorso, Camus?" chiede improvvisamente Dègel, in tono imperioso e gelido, come se avesse già capito e non gli piacesse per niente

Mio fratello riapre e richiude gli occhi diverse volte, prima di trovare il coraggio di parlare in un tono che rassomiglia paurosamente ad un singhiozzo: "Sto cominciando a pensare... che sarebbero più felici se avessero te come maestro..."

Le mie amiche ed io ci guardiamo sconvolte: che cavolo sta dicendo ora?! No, non può pensare una cosa simile, non può, dannazione!

“Che diavolo stai farneticando, Camus?!” esclama Dègel, materializzando il nostro pensiero.

“Quello che ho detto: ho sbagliato tutto con loro, e... non solo con loro! Dovrei proteggerle, invece neanche questo sono stato capace di fare. Forse... forse se fossi stato tu al posto mio... le cose sarebbero andate diversamente, anche in altre circostanze!” continua Camus, in preda ad una sorta di lucida pazzia.

La temperatura nella casa cala drasticamente nell'arco di mezzo secondo. Osservando l'espressione ricolma d'ira di Dègel capisco che è opera sua. Sono davvero pochi gli argomenti che lo fanno imbestialire, e credo che Camus, in un colpo solo, li abbia toccati tutti.

“Stai dicendo solo fandonie su fandonie... come puoi pensarlo realmente, Camus?! Non lo vedi come ti guardano? Riesci a percepire il loro affetto per te? Io lo vedo chiaramente, non puoi dirmi di essere cieco davanti a questo, non ti credo, mio successore! ” gli grida contro lui, fremendo vistosamente. Nella sua espressione, solitamente gentile, non riesco a leggere altro che una rabbia a stento controllata.

“Lascia perdere tutto quello che ti ho detto, va bene?! Sono solo molto stanco, in questi contesti mi capita di parlare a vanvera!” risponde di rimando Camus, girandosi di spalle, del tutto intenzionato a non proseguire nella discussione.

Un silenzio carico di tensione permea interamente il tempio, ci guardiamo distrattamente l'un l'altra, prede dei nostri stessi pensieri ed emozioni. Più nessuno parlerà in questa casa, almeno fino a domani.

 

 

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ANGOLO AUTRICE:

Premessa maggiore: il capitolo non mi soddisfa proprio per niente...

Premessa minore: Marta e Camus si gridano l'un l'altra...

Conclusione: abbiate pietà di meeeeee!!!!

 

A parte gli scherzi, non so perchè ma questo capitolo non mi convince granchè, cioè la confusione dei motivi che spingono il nemico a comportarsi così e a Camus a comportarsi così saranno spiegati più avanti, ma temo di aver esagerato con la confusione, sappiatemi dire...

A parte questo mi odierete per come ho tratteggiato Camus (è OOC ai massimi livelli) ma come dico sempre “questioni di trama”...

Per il resto penso che occorra fare una precisazione sul Blue impulse, che è la tecnica che usano i guerrieri di Bluegrad in “the Cygnus story”, beh, la Shiori nel gaiden di Manigoldo ha fatto un extra con una vignetta che raffigurava Serafina che lanciava proprio questa tecnica, spiegando che voleva basare il gaiden di Dègel sul rapporto tra Dégel e Serafina, ma che, causa forza maggiore, non è riuscita a farlo così. Beh a me è sembrato carino aggiungere questo particolare nella mia storia, sappiatemi dire se vi sembra una buona idea oppure no.

 

Per il resto ringrazio ancora tutti coloro che continuano a seguire questa storia, e chiedo ancora scusa se questo capitolo è uscito un “po'” incasinato.

 

 

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Capitolo 21
*** Incontri e scontri ***


CAPITOLO 21

 

INCONTRI E SCONTRI

 

17 Agosto 1741, mattino presto

 

Mi raggomitolo su me stessa, ritrovandomi in posizione fetale. Come accade da quando mi sono riunita con le mie amiche, ho difficoltà ad addormentarmi, ora più che mai, perché i pensieri che vorticano rumorosamente nella mia mente mi tengono sveglia, quasi febbricitante, a maggior ragione dopo ciò che è successo con mio fratello.

Sento male ovunque su tutto il corpo, come se delle lance appuntite mi attraversassero di continuo, ma in realtà non è questo a farmi soffrire maggiormente, quanto piuttosto l'espressione rivoltami da Camus mentre stava provando a strangolarmi. Non sembrava nemmeno lui, da quando quel mostro lo ha... toccato... in quel modo. Non sembrava nemmeno lui, faceva paura, eppure le emozioni, quella disperazione tangibile era la sua allo stato puro, senza più alcun filtro. Dura. Espressa. Come una coltellata in pieno petto.

Lui... sta soffrendo molto per qualcosa che ancora mi sfugge, ed io non l'ho minimamente capito. Pensavo ormai di averlo imparato a conoscere, anche grazie al fatto che siamo indissolubilmente legati da qualcosa che avverto nitidamente tra noi e che va ben al di là del rapporto fraterno; credevo fermamente di riuscire a sostenerlo, di poter leggere nel suo cuore, invece così non è. Sono stata una sciocca, boriosa, sorella minore, che solo in virtù del legame sanguigno tra noi ha creduto, anzi, preteso che fosse tutto semplice e lineare tra noi, ma i diciassette anni di distanza pesano, enormemente. Non sono minimamente in grado di sfiorare il suo cuore, anzi sono io la prima ragione del suo stato, del suo malessere, lo percepisco nitidamente, e questo fa male, fa dannatamente male!

“Che diavolo è successo dopo la battaglia contro Crono cattivo e prima di ridestarmi su quel letto?! Non ho alcuna memoria di quel frangente, tra la perdita dei cinque segni e il recupero della coscienza tra le coperte di quel giaciglio, eppure buona parte della sofferenza che avverto in Camus deve derivare per forza da quello, non c'è altra spiegazione. Il fratello che ho lasciato poco prima di chiudere gli occhi, non è lo stesso che ho ritrovato al mio risveglio!” mi interrogo ad alta voce, stringendo convulsamente le mani sul soffice cuscino. Le dita sono intorpidite in seguito alla battaglia, le giunture scricchiolanti, mi sento terribilmente stanca ma non c'è verso di riuscire a dormire. Provo a chiudere testardamente le palpebre, devo assolutamente riposare, ma all'improvviso una voce nella mia testa.

 

Lo vuoi davvero sapere?! Ti reputi sufficientemente pronta per la verità? Sarà straziante!”

 

“Eccoti puntualmente qua, Divino Crono... Nei miei sogni appari sempre, ma nel momento in cui combattiamo contro il nemico non intervieni mai in nostro favore!” affermo, in tono lievemente contrariato. Non mi aggrada l'idea di non avere nemmeno la privacy nei miei pensieri più profondi, men che meno di condividerli con un'entità estranea tutte le mie paure, eppure lo avverto nitidamente dentro di me da un po', non posso farci assolutamente nulla, dubito che se ne andrà.

 

Mi dispiace, Marta, ma come ti ha detto anche Federico noi non possiamo intervenire più del dovuto. Il nemico sì, invece, lui ha piena libertà d'azione in questo campo, nessuna tra le divinità può opporsi”

 

“Non capisco... perché il nemico può e tu no?! Sei uno degli dei più forti, padre del Divino Zeus, nonché dio del tempo, nessuno, a rigor di logica, è superiore a te, se il tuo potenziale si avvicina alla forza della tua parte malvagia, stento davvero a credere che il Mago ti possa essere superiore!” affermo, cercando di dare un senso ai miei quesiti.

 

Pensi forse che non ci sia nulla di più forte di manovrare il tempo?" mi interroga, serio.

Assumo un'espressione come a sottolineare l'ovvietà di quella affermazione, ma poi mi ricordo che è dentro alla mia testa, non so se può vederla, quindi decido di spiegarmi: "Eh, beh... dimmi poco manipolare il tempo, chi ci potrebbe riuscire?!"

"Non così in pochi, ragazza! Tua fratello ci riesce, lo rallenta, per una durata massima di 1 o 2 secondi ma ne è in grado!"

"Mio fratello... ha un controllo, seppur parziale, sul tempo?!" esclamo, allibita, l'intensità di una doccia fredda in un giorno d'estate, poi spalanco gli occhi, totalmente carpita, ricordandomi di come sia riuscito a salvarci dal nemico, dei commenti conseguenti del Mago. Il mio cuore perde un battito.

"Chi padroneggia l'aria congelante potenzialmente possiede il dominio sula flusso temporale, Certo, occorre un'energia inesauribile, nessuno potrebbe provarci senza subire sul proprio corpo le conseguenze drastiche delle sue azioni!" mi dice schiettamente lui, diretto.

"Quindi... anche io?"

"Il potere del Mago è ben al di là della mia portata, si fa chiamare Demiurgo, vero? E' infatti lui ad avere la capacità di riordinare i mondi tutti. Puoi ben capire che noi siamo solo burattini privi di spina dorsale, a suo confronto!

"Su, dai, non essere così severo con te stesso! Anche tu sei un campione, nel tuo mestiere, superiore agli altri Olimpi, visto che ti basterebbe schioccare le dita per bloccare tutti! Peccato solo per quel piccolo particolare di divorare i propri figli, altrimenti..."

"...E' lui che ha fabbricato l'Entrosfera, la sfera del caos, ed è sempre lui che mi ha reso cattivo per seguire i suoi scopi. Se non fosse stato per Aiolia e gli altri Cavalieri d'Oro non mi sarei mai diviso dalla mia controparte malvagia, recuperando così la ragione. Immagino conoscerai il detto: contro il destino nemmeno gli dei possono nulla... Beh, lui, essere primigenio dai tempi della creazione, è la personificazione medesima del Fato, Intelligenza Ordinatrice, l'Essere al di là del Tempo; il suo potere è eterno, indiscriminante, criptico, nonché... Assoluto!” continua come se nulla fosse lui, incurante della mia ironia , forse non percependola neppure.

 

Rimango in silenzio, tornando sui miei passi. Non so nemmeno io da dove mi arrivi tutta questa botta ironica, tutta questa confidenza con un dio che per poco non mi uccideva. E sì non era lui lui, era lui l'altro, ma il succo è uguale.

Mi scrollo, rabbrividendo, ritornando a cogitare, la cosa che mi riesce meglio oltre a complicarmi la vita. Il mio focus è tutto su questo presunto nemico sovradivino. Possibile che una tale entità abbia tra le mani un potere simile?! Dove l'ha preso, o chi glielo ha concesso?! Non vi è giusta misura in lui, solo e soltanto un ego smisurato! Quando mi stava per colpire con quelle strane formule magiche ho avvertito con distinzione la ragione lasciare posto alla furia più cieca, nonostante fino a pochi attimi prima i suoi discorsi mi sembravano assolutamente sensati. E' come se, colpendolo con il mio attacco e prima ancora con il mio sguardo, fosse improvvisamente impazzito, tramutandosi in belva. Ho avvertito un odio smisurato in lui, direttamente proporzionale all'interessamento che ha invece per Camus, all'attrazione cieca che sembra provare verso il suo corpo -e solo a quello!- rabbrividisco, mentre la nausea mi investe nel ripensare a quella scena così disturbante per me.

 

Ad ogni modo, Marta, i tuoi pensieri sono fondati: è davvero successo qualcosa che ha cambiato irrimediabilmente tuo fratello, non una, ma due volte, tu sei la seconda, la batosta definitiva"

"La batosta definitiva?" ripeto, ingoiando a vuoto.

"Quella da cui non si potrebbe più rialzare..."

A questo punto mi faccio coraggio, ponendo finalmente la domanda che più mi preme: "Crono, io... sono morta, nella lotta contro di te?"

"Poco fa hai desiderato conoscere la realtà... io posso accontentarti, ma, mi domando, sei davvero pronta?"

"Non vedo altre soluzioni, Divino, se non lo sono lo diventerò!"

"E allora chiudi gli occhi del corpo, per poter aprire quelli del cuore...”

 

Senza avere più il tempo di ribattere, avverto una strana sensazione, come volare liberamente nel cielo, successivamente vengo raggiunta da una innaturale pressione sulla schiena e sulle braccia, infine cado nel vuoto a gran velocità.

“Aaaaaahhh!!!” urlo, nel momento in cui avverto il mio corpo picchiare violentemente contro qualcosa e rimbalzare poco più in là. Apro gli occhi e mi rimetto subito in piedi, notando di non essere né ferita né bendata: devo essere in questo luogo solo in forma spiritica, proprio come l'altra volta. Ne consegue che non potrò fare niente per intervenire nella scena che tra poco apparirà davanti ai miei occhi. Una strana sensazione di assurdità mi avvolge, mentre la testa mi inizia a girare vorticosamente.

 

Martaaaa!!!”

L'urlo straziante di mio fratello mi fa sollevare il capo, completamente terrorizzata. Una parte di me non vorrebbe vedere, mi accorgo di avere paura, anzi di essere proprio terrorizzata. Io ho preteso la verità senza essere minimamente pronta, e ora è troppo tardi per tornare indietro. Non avendo alternative, cammino a passi pesanti nel corridoio scuro, poco prima che la luce mi investa e che i contorni si definiscano introno a me, insieme all'ambiente. Il momento è infine arrivato, devo... essere forte!

La scena che si presenta immediatamente davanti mi priva del tutto del respiro per pochi secondi: Camus, vinto dalle lacrime e con indosso la sacra armatura d'oro dell'Acquario mi tiene, o meglio, tiene il mio corpo morto ( me ne rendo conto con un tremito!) tra le sue braccia. Il sangue che sgorga incessantemente dal mio petto e dal polso è l'unico testimone della battaglia appena conclusa.

Fremo, le gambe molli, non sapendo cosa dire o fare, vi è solo il gelo dentro di me, come se qualcosa si fosse definitivamente rotto, per sempre. Questo dannatissimo cuore... ancora mi batte, è insopportabile il suo suono, come insopportabile è la consapevolezza di star ancora respirando. Ne sto uscendo di testa!

Martaaaa!!! Non abbandonarmi... non abbandonarmi, TI PREGO! Ti... ti preg... NO! Ti ho appena ritrovata, sorellina mia... non puoi, non puoi, dannazione non puoi!!!" grida febbrilmente Camus, fuori di sé dalla disperazione, provando a scrollandomi con forza. Nessuna reazione, sono andata, s-sono davvero morta. Mi porto una mano sopra il petto, febbricitante, mentre lo vedo, con l'ultimo barlume di raziocinio, effettuare le prime misure di soccorso, che risultando tuttavia goffe e imprecise, nonché del tutto inutili.

 

Mi viene da sbattere a terra, ho le vertigini, nonché quasi un attacco di panico davanti a questa visione. Ce lo hanno insegnato a scuola come effettuare una rianimazione cardiopolmonare, mi sono sentita male nel farlo, immedesimandomi nel poveretto che la subiva. C'ero riuscita, infine, a svolgerla correttamente, ma il procedimento mi ha sempre impressionato. E ora... ora sto assistendo impotente a mio fratello che ci prova con tutte le sue forze, con foga inaudita, gli occhi vitrei, su di me, comprimendomi il torace, quasi rompendomi le costole, del tutto fuori di sé dalla disperazione. Mi sfugge un nuovo singulto, il mio sguardo non riesce a non fissare quel dannatissimo sangue che non accenna a diminuire il suo flusso, come se avesse vita propria, malgrado la morte ben tangibile abbia ormai colpito il mio corpo. Ma Camus prosegue, con tutto sé stesso, anche oltre, sforzandomi ad aprire la bocca, praticando le due insufflazioni come da protocollo. E' tutto inutile, fratellino, è tardi, basta... ti fa male, ti stai facendo solo del male, i-io... oddio!

 

Intorno a me si odono altri singhiozzi, uniti in un lamento comune e diffuso che colpisce tutti i presenti. Guardandomi intorno noto che Sonia e Michela versano nelle mie stesse disperate condizioni, la prima con Aiolia, Aiolos e Milo al suo capezzale, la seconda tra le braccia di un Hyoga completamente fuori di sé per il dolore. N-no loro no, maledizione, perché tutto questo, perché...?

MARTA, svegliati, ti prego! Apri... apri gli occhi, ti supplico! A-aprili, piccola, dammi un segno, un... - urla nuovamente mio fratello ancora più fuori di sé nel non vedere risultati al suo disperato tentativo di rianimarmi. Respira a scatti e piange, mentre, stringendomi al suo petto, affonda il viso tra i miei capelli - Ti voglio bene anche io... TI VOGLIO BENE! Ti prego non andare... non andare dove non posso più raggiungerti, dove non posso più parlarti, dove ogni cosa è nient'altro che buio. Non andartene..." mi implora infine, come se lo potessi sentire, mentre le sue lacrime, fuori controllo, mi bagnano il volto.

Camus... non immagini cosa darei per poter reagire, per tranquillizzarti e dirti che sto bene. Non ho capito nulla di te, in questi giorni, ti ho solo fatto soffrire quando tu... quando tu hai già patito tutto questo... Ti prego, perdonami!

Una mano fraterna sulla sua spalla lo fa voltare per pochi attimi.

Lasciala stare ora, dalle la pace che merita, ormai non puoi più fare niente, nessuno di noi può! La sua anima ha superato i confini del nostro mondo, non è più possibile riportarla qui...” gli dice il sommo Zeus, mentre anche dai suoi occhi escono delle calde lacrime; lacrime che scompaiono nel folto della sua lunga barba.

Un singulto strozzato, più forte degli altri, sfugge dalle labbra di Camus il quale, attraversato dalla consapevolezza di avermi perduta per sempre, affonda nuovamente il volto tra i miei capelli, continuando a piangere senza più alcun freno. Lo vedo tremare vistosamente, mentre le dita stringono la presa sul mio corpo immobile. Passano diversi minuti prima di essere nuovamente in grado di parlare.

E' tutta colpa mia! Mi sono affezionato troppo a loro, questo le ha soltanto danneggiate; sono stato uno stupido incapace, ecco la verità!!! Avrei dovuto proteggerle, prendermi cura di loro, invece sono stato la causa principale della loro morte! DI NUOVO! Come con Isaac, così ora, non è cambiato niente da allora... NIENTE!!! Continuo ad essere lo stesso inetto di sempre, continuo a trascinare nella morte le persone che più amo! ” esclama, al culmine del dolore, continuando ad accarezzarmi i capelli per farmi sentire, in qualche modo, la sua presenza, come se non mi volesse lasciare andare.

Nel frattempo anche Mu giunge per tentare di calmare l'amico, del tutto fuori di sé dalla disperazione, mentre, in tono sempre pi angosciato, inframezza i singhiozzi a parole dolci nei miei confronti. Mi chiama piccola guerriera, poi lucciola, la sua lucciola, e ancora che gli ho cambiato la vita dopo la perdita di Isaac, che non mi abbandonerà, che se non c'è davvero nulla da fare lui mi seguirà, perché non mi lascerà più da sola, mai più. Sta sempre peggio, lo vedo bene davanti a me. Ed io con lui. Da morire.

Camus, non colpevolizzarti ulteriormente, è stata semplicemente una loro eroica decisione per salvarci tutti, non moriranno mai veramente se noi ne conserveremo il ricordo... Ora, su, alzati! Fallo per tua sorella, che non avrebbe mai voluto vederti in queste condizioni, a dire queste cose! Seguirla nella morte quando lei ha donato sé stessa per salvarti?! No, NO, Camus, non rendere vano il suo sacrifico, né quello delle altre!” dice pacatamente, non riuscendo comunque a convincere mio fratello, completamente chiuso al mondo circostante, all'infuori di ciò che tiene tra le braccia.

Camus infatti scuote bruscamente la testa, non guardando neanche il parigrado che, nonostante il tono tranquillo, è a sua volta profondamente scosso dai fatti appena accaduti.

Non andrò da nessuna parte senza di lei... r-rimango qui, al suo fianco, come avrei dovuto fare per questi 17 lunghi anni. Non la voglio lasciare sola... Marta, non ti lascio sola, hai capito? Sono qui, accanto a te, piccola, lo sarò per sempre...” continua a singhiozzare mio fratello, perdendo sempre più il contatto con la realtà. Non vuole più alzarsi, lo si capisce nitidamente, la vita per lui non ha più significato. Il colpo fatale di cui accennava Crono è già giunto, e infatti non si sta rialzando, è vinto, indifeso, mi provoca un nodo in gola, acuendo il dolore già presente nel petto. Riesco a leggere tutto questo dentro di lui, mi sconvolge e mi terrorizza come nessun'altra cosa in questo creato. Mio fratello che si vuole arrendere, proprio lui, una montagna invalicabile... non ci posso credere!

Camus, non possiamo fare più niente, lo capisci?! Hai bisogno di cure urgenti. Pensi che tua sorella sarebbe felice di vederti ridotto così? Sarebbe contenta della tua decisione di arrenderti a tua volta alla morte? Marta ha dato la vita per te, sono sicuro che ti vorrebbe felice e nient'altro... So che è difficile, giovane Acquario, ma devi trovare una nuova motivazione in te!” esclama Zeus, provando a convincere il mio fratellino. Non un sussulto da parte sua, del tutto sordo alle farneticazioni delle divinità. Vedo Mu scambiare uno sguardo rassegnato con la divinità, poi all'improvviso accade, una voce famigliare risuona con forza per tutto l'ambiente circostante, scuotendo persino il disastrato Camus.

EH, CHE PALLE!!! Mi sono rotto i coglioni di queste scenate drammatiche da telefilm di serie B!”

Sussulto con forza, riconoscendo la voce del Cavaliere del Cancro della mia epoca che, a sua volta, alzandosi in piedi di scatto e mettendosi a gridare a gran voce, ha attirato l'attenzione di tutti i presenti.

Lo fisso sgomenta, meravigliandomi di scorgere in lui alcune lacrime capricciose, velocemente asciugate con il braccio sinistro. Ora è ritto in piedi, gli occhi chiusi come a ricercare qualcosa, il petto si gonfia e si sgonfia con forza, i muscoli ben scolpiti sono rigidi a seguito della tensione accumulata.

Lo vedo buttare fuori aria, avvicinandosi al mio corpo con passo pesante, si inginocchia, fermandosi solo un attimo ad osservare il mio viso, ancora bagnato dalle lacrime di mio fratello, poi la sua mano si protrae verso di me.

"STAI LONTANO DA LEI!!!" freme Camus, ringhiando selvaggiamente, provando ad allontanarlo bruscamente per evitare che mi tocchi, come ho visto far fare, nei documentari, a qualche animale con le carcasse di alcuni piccoli. Impiegavano sempre un po' a lasciarli andare...

"Voglio aiutarla, non le farò del male... è l'unica speranza, fammi fare un tentativo!"

"A-aiutarla?" balbetta mio fratello, gli occhi erosi dal pianto, stendendo quasi impercettibilmente i muscoli.

Death Mask si limita ad annuire, prima di avvicinarsi lentamente a me e sussurrargli un: "credimi..."

Camus non sembra intenzionato ad opporsi più, semplicemente lo guarda allibito, insieme agli altri, soprattutto i movimenti del Cavaliere del Cancro sono sotto gli occhi di Francesca, che continua a seguirlo con lo sguardo. La mano di Death Mask si posa sulla mia fronte, illuminandosi brevemente, anche il sangue cessa istantaneamente il suo moto.

Finito con me applica la stessa 'magia' anche su Sonia e Michela, le quali, esattamente come successo in precedenza con me, riacquistano un parziale colorito roseo, smettendo di sanguinare.

C-che cosa hai fatto?” chiede Francesca, con il viso completamente bagnato dalle lacrime.

Ho usato il 'sekishiki meikaiha' per fermare la loro anima alle porte dell'Ade allo scopo di impedire che accada l'imponderabile. In questo modo le tre ragazze avranno, almeno, la possibilità di scegliere la vita, anziché la morte, essendo per l'appunto in bilico tra i confini dei due mondi... In sostanza ho dato loro una piccola speranza di poter ritornare qui con noi, se lo vorranno...” spiega Death Mask, serio.

E' inutile, Cavaliere, la profezia dice chiaramente che...” inizia Zeus, cupo in volto, ma la voce infuriata di Death Mask lo blocca.

Me ne infischio della vostra beneamata profezia che è stata solo capace di causare dolore! Siamo mortali e la nostra esistenza è limitata, ma è proprio per questo motivo che faremo di tutto, per quanto è possibile, per riaverle al nostro fianco! Se voi dei, tronfi nella vostra eternità, vi volete arrendere, sono fattacci vostri; la nostra vita, contrariamente alla vostra, è una sola, noi tutti abbiamo già sperimentato la morte, proprio per questo faremo di tutto per impedire alle mani cadaveriche della Nera Signora di toccare ulteriormente queste tre piccole pesti!”

Guardo commossa Death Mask, mentre tra i presenti cala un silenzio assordante. Ho sempre saputo che anche un tipo come lui nascondesse una parte buona e splendente come la luce, questa ne è la conferma! Incredibile che, proprio lui, tra tutti, che guardava dal basso verso l'alto i suoi parigrado per le colpe passate, riesca invece ad essere l'unico a ridare la speranza a tutti i Cavalieri d'Oro in questa valle di lacrime che è il dopo battaglia contro Crono.

"Pi-piccola..." sento biascicare a fatica Camus, mentre lo vedo solcarmi sbalordito il volto con il pollice, incredulo nel ritrovare un briciolo di colore sulla mia pelle.

Accidenti, Camus, ed io che ti credevo un ghiacciolo, guardati invece ora... fatico a riconoscere l'altezzoso Mago dell'Acqua e del Ghiaccio nel tuo viso fradicio e stremato... Mi fai quasi tenerezza, proprio a me, pensa un po'! - commenta ancora Death Mask, avvicinandosi a mio fratello e accucciandosi davanti a lui – Sai, non ho mai avuto il coraggio di dirtelo ma... mi spiace immensamente per i casini che ho procurato a te e a tua sorella. A causa mia ti sei procurato quelle ferite al torace per salvarla e, sempre per causa mia, si è creata questa situazione allucinante in cui un patetico dio con problemi di personalità può fare di te ciò che vuole... Ma ora non ho intenzione di abbandonare al loro destino le tre pulci: farò di tutto per aiutarle, anche se, purtroppo, questa è l'unica cosa che mi è venuta in mente di fare nell'immediato!” conclude il suo monologo, sorridendo per incoraggiarlo.

G-grazie, Death Mask... è molto più di quello che immagini: mi hai ridato una, seppur velata, speranza di recuperare la mia sorellina e le altre, non la perderò, lo giuro! - risponde Camus, sforzandosi di sorridere a sua volta, malgrado le lacrime non cessino di sgorgare dai suoi occhi arrossati, prima di rivolgersi a me, accarezzarmi una guancia con la punta del suo naso - Non ti perderò, Marta, mia piccola... e coraggiosa... guerriera!" mormora ancora, sopraffatto, appoggiando la sua fronte su di me, il petto in tumulto.

Se terrete le ragazze in vita con il vostro cosmo, dando energia e vigore, allora forse troveranno la via per ridestarsi e potremo continuare a vivere insieme questa giostra un po' assurda, un po' meravigliosa che si chiama vita. Insieme sarà sicuramente più facile affrontare le difficoltà!” dice ancoro Death Mask, a disagio, guardando i suoi compagni uno a uno.

Dopo quell'ulteriore frase proferita dal compagno, Camus si alza in piedi a fatica, sorreggendomi tra le sue forti braccia; automaticamente il mio viso, ancora pallido, nonostante l'intervento del Cavaliere, si posa sulla sua spalla, mentre la mano sinistra ciondola mollemente a vuoto. Mio fratello me la raccoglie con cura, posizionandomela sopra il grembo, prima di baciarmi la fronte ancora sudata.

Te lo prometto, anche se ci fosse una sola possibilità di riaverti con me, farò di tutto per permetterti di continuare a vivere. Avrò cura io di te, non mollare! Non devi avere paura di nulla, non ti lascio da sola contro questa oscurità. Ormai fai parte della mia vita... - mi sussurra dolcemente all'orecchio, mentre il suo sguardo si posa per un attimo sui corpi di Michela e Sonia e su Francesca, che non smette di guardare Death Mask con una strana luce negli occhi - ...FATE parte, e così sarà per sempre!" si corregge Camus, tornando a fissarsi su di me, un fremito impercettibile a solcargli, ancora una volta, le membra logore.

Mentre i contorni dell'ambiente circostante iniziano a svanire, vedo Zeus osservare la scena e sospirare pesantemente.

Siete così prevedibili... state facendo il gioco del Vero Nemico, Lui lo sa bene, e tuttavia... se la speranza per questa dimensione deve trovare un terreno sul quale attecchire, deve farlo proprio su voi, i fautori di questo germoglio in procinto di nascere. Io credo nel vostro Libero Arbitrio, uomini e vi aiuterò per quanto possibile! - sussurra impercettibilmente il padre degli dei, una strana luce negli occhi, prima di fissare mio fratello in silenzio - Ti aiuterò, giovane erede di Ganimede!

 

Ti sei avvicinata di più a lui? - la voce di Crono mi rimbomba nelle orecchie, facendomi sussultare – Il dolore della perdita, il senso di inadeguatezza, il vederti morire tra le sue braccia senza possibilità alcuna di salvarti... tutto questo ha devastato ancora di più la sua anima, già messa più volte a dura prova dagli innumerevoli lutti della sua vita, portando, per certi versi, una regressione a livello embrionale della sua coscienza. Marta, il Mago tiene in scacco tuo fratello, poiché brama il suo corpo più di ogni altra cosa. Non importa a che prezzo, ma farà di tutto per ottenere ciò che vuole! Camus ha un bisogno disperato di credere in qualcosa, di aggrapparsi a qualcosa; e quel qualcosa non puoi che essere tu, la sua amata sorella più piccola. Stagli più vicino che puoi, mi raccomando, non abbandonarlo!" mi spiega ancora, poco prima che la totale oscurità si impadronisca delle mia mente, ancora più affollata di domande rispetto a prima.

 

************

Ha bisogno di me... io devo essere un sostegno per lui, così mi ha detto Crono. Io... un sostegno per lui. Non so minimamente come fare, non mi reputo così forte, non riesco nemmeno a capirlo, come posso, dunque, aiutarlo?!

“Marta, cosa ti sta succedendo?”

La voce gentile di Dègel, accompagnata da una delicata carezza sulla fronte, mi fa ridestare dalla visione/incubo appena avuta. Riapro a fatica gli occhi, ma Dègel deve vedere attraverso, forse sfiorando la mia anima, perché capisce che qualcosa non va, in me, e si preoccupa.

“Marta, stai...?”

Il mio tempestivo abbraccio blocca la sua frase a metà, facendolo trasalire non poco. Lo stringo forte, quasi tremando, mentre affondo il mio viso nella camicia che indossa.

“Sono così felice di averti conosciuto! Non immagini neanche quanto! S-sono morta per davvero, Dègel, non c'era più in vita in me! S-sono una sorta di zombie che cammina o... o... non lo so neanche io, sigh, NON LO SO!" blatero, totalmente fuori di me, arpionando il tessuto della sua camicia al punto da raschiarla. Dégel sussulta a quella stretta così intensa, ma non mi lascia, contraccambiando invece il gesto con più dolcezza, accarezzandomi i ciuffi castani che mi ricadono sulle spalle.

"Temo... temo di non sapere il significato della parola zombie, ma... ne sei davvero sicura, Marta? Eri davvero...?

"Lo ero, s-sì, l'ho visto nei ricordi di mio fratello, lui che provava a rianimarmi, m-ma è stato t-tutto vano! Era così disperato, Dègel, ed io.. IO NON HO CAPITO NIENTE!!!"

"Ma sei qui, viva, avverti il palpito del tuo cuore, il tepore del tuo corpo.., sei senz'altro viva, Marta, respiri, e mi stai abbracciando, non puoi in alcun modo essere un morto che cammina!" mi rassicura lui, con voce di miele, sussurrandomi parole dolce che cadenza con gesti che mi riempono il petto di nostalgia.

Non conosce la parola zombie, ma è arrivato al suo significato per via deduttiva, assolutamente degno di lui, della meravigliosa mente che è.

"Oh, Dègel..."

“Che cosa hai visto?" mi chiede, non allentando la stretta. Gliene sono immensamente grata.

Gli parlo più dettagliatamente del CIMP, di questo straordinario potere che condividiamo mio fratello ed io, stavolta persino gli spiego come ne sono entrata in possesso, quel giorno sulla spiaggia, il sacrifico di Camus, per poi passare al sogno di questa notte, cercando di essere più particolareggiata possibile. Termino il discorso, staccandomi leggermente da lui, lo sguardo dolente che fugge da un'altra parte. Ecco, glielo ho detto, ho ammesso che per poco non portavo alla morte la persona più importante della mia vita. Mi... vergogno!

"Il tuo sangue scorre nelle vene di Camus? - mi chiede ancora lui, sinceramente sbalordito dalla rivelazione, al mio mormorio sommesso e affermativo prosegue - E' davvero sensazionale il progresso della vostra medicina!"

"E' grazie a quello che io lo posso vedere nei sogni, sentendo ciò che sente lui..." borbotto, cupa. Conosco il meccanismo da parte mia, ma ancora mi è oscuro come ci riesca lui, visto che ha ammesso di aver acquisito la stessa capacità.

"Il vostro legame va oltre ogni aspettativa, sii fiera, Marta, non sarete mai realmente separati, né il tempo né lo spazio può dividervi!"

Mi sento molto più tranquilla rispetto a prima, Dègel continua a coccolarmi, ben sapendo come usare le parole per confortarmi. Lentamente mi acquieto, tornando a sedermi sul letto, ancora un poco appesantita dall'ultima visione.

Vorrei... non so più neanche io cosa vorrei, ma mi sento a pezzi, faccio fatica a... sussulto un poco, avvertendo la mano di Dègel posarsi sotto il mio mento e farmi sollevare il viso con dolcezza, forse indovinando il mio malessere. Mi guarda negli occhi mentre esprime ciò che sente.

"Marta... sai che tuo fratello non ti abbandonerebbe mai, MAI, anche se si trovasse contro tutto il mondo, vero?"

"S-sì, lo so..."

"Non coartare la tua mente a rinvangare quel che successe dopo la battaglia contro Crono, i ricordi troveranno da soli la via per giungere a te, soprattutto... - il suo sguardo si fa un poco più severo - Non voglio più sentirti asserire che sei un morto che cammina, sei molto di più, una luce, una vita che palpita con forza, una speranza... anche quando veniamo al mondo non sappiamo come sia successo, perché proprio noi, perché un pugno di atomi dati dall'unione di due esseri viventi, abbia poi sviluppato una coscienza, una persona, un futuro, che si intersecherà poi con altri futuri, generando qualcosa di straordinario e irripetibile. Tu sei irripetibile, Marta! La sola, l'unica! Per quanti milioni di miliardi di anni passeranno, non esisterà mai più, e non è mai esistita, un'altra come te, ed è questo il miracolo dell'esistenza!" mi incoraggia, regalandomi un buffetto sulla guancia.

Le sue parole mi emozionano, le capisco, anche se non mi sento così speciale, così unica, tremo un poco.

"Tu ti senti ugualmente speciale, Dégel, persino dopo aver appurato che vi è un altro individuo, nel futuro, fisicamente così simile a te e che ha così tanti problemi ad esprimere ciò che prova?" gli chiedo a bruciapelo, scoraggiata, ma la sua risata cristallina mi risuona nelle orecchie, portandomi a imporporare.

"Camus è il mio futuro, è vero, siamo la stessa essenza, ma questo non esclude la straordinarietà mia e sua, anzi la risalta ancora di più! Che le anime si possano reincarnare è una teoria che mi ha sempre affascinato; reincarnandosi però si perdono i ricordi della vita precedente, vero? E' giusto! Siamo polvere di stelle guidata da un principio infinito che attraversa il tempo e le dimensioni cambiando in continuazione, ma, in fondo, rimanendo sempre uguale. Camus è il mio futuro, è un essere unico e speciale, come lo sono io, e poi... e poi, chissà... magari non siamo stati solo Dègel del XVIII secolo e solo Camus dell'epoca da cui provenite, ma anche, non so, un Etienne, vissuto nel 1247. Forse, ancora più avanti, quando il sole sarà vicino al suo stadio finale, saremo anche qualcos'altro, un fiore, un gatto... non è una prospettiva assolutamente chimerica?!

Gli sorrido, annuendo tra me e me, carpita dalla sua mente. Pensare e sondare i misteri del cosmo mi ha sempre dato le vertigini, non ho risposte, non ne avrò mai, la mia mente; la mente umana è troppo limitante, sfiora l'infinito, l'eterno ma non può accedervi. Parlerei per tutto il giorno con lui, di tutto questo, ma non mi sento per niente in forze e decido di cambiare discorso.

“Piuttosto... dov'è Camus?” chiedo, desiderando ardentemente vederlo per chiarirmi con lui e chiedergli scusa per tutto quello che gli ho fatto passare nei giorni scorsi.

“Camus non è qui, al dire il vero non so dove sia..." risponde lui, non riuscendo comunque a mascherare una nota di disappunto.

"Non ti ha detto dove andava?" ritento, sperando di avere almeno una pista.

"No, solo che voleva stare da solo. Sai, ieri sera abbiamo discusso..."

Sospiro, osservando un angolo della mia stanza, ripensando a tutte le visioni avute su di lui e rabbrividendo: "E' molto fragile, Dègel, in questo periodo... non dovrebbe rimanere da solo!"

"Lo so, ma era irremovibile. Marta, lo vedo bene anche io che sta soffrendo e che non vuole farsi aiutare, ma, mi chiedo, come è diventato così? Ogni tanto mi sembra... mi sembra disilluso, come se avesse subito talmente tante barbarie, in vita sua, talmente tanti lutti da sfuggire agli altri nel disperato tentativo di non soffrire ulteriormente. Mi fa male... vederlo così!"

"I-io non lo so, Dègel... siamo stati separati da piccoli, io fino ad un mese fa neanche sapevo di avere un fratello, non ne avevo il ricordo. Non so quindi cosa abbia subito in tutti questi anni..."

"Ah... me lo avevi accennato, questo, perdonami, riesco sempre ad essere inopportuno!"

Scrollo la testa come a dire che non fa niente, ritrovandomi ben presto a sospirare, rassegnata all'idea che, ancora, non potrò fare niente per lui. Faccio per tornare a sdraiarmi, tuttavia mi salta in mente un'altra faccenda, anche questa di estrema importanza per me.

“Devo vedere subito Cardia, allora!” sobbalzo, scattando in piedi e facendo per correre, con tutte le mie forze, all'ottava casa, ma qualcosa mi blocca un poco bruscamente

“Perché... devi recarti da lui?!” mi interroga Dègel, infastidito, trattenendomi per un braccio.

Incredibile il suo cambiamento di tono e di luce negli occhi. Le sue guance hanno assunto un colore rosso, la piega delle sue labbra non è più tanto lieta, come invece era prima, quando mi parlava delle mille e una ipotesi di altre vite. Ora sì che sembra mio fratello, un po' mi inquieta, devo ammetterlo.

“Ehm... - mi blocco un attimo, accorgendomi di aver tirato in ballo una nota dolente – L'altro giorno l'ho trattato male, eccedendo fin troppo con le parole, volevo chiarirmi con lui” dico, incerta, perché mi pare che ci sia anche un po' di gelosia dietro alle sue parole, anche se probabilmente sto vaneggiando, è solo una mia, recondita, speranza.

“Vai dunque, ma non contare su di me. Io... non voglio averci a che fare con lui, almeno per qualche giorno” afferma Dègel, chiudendo gli occhi e girandosi di spalle, quasi brusco.

“Dai, Dègel! Cardia ha senza dubbio esagerato, facendoti ubriacare, l'ho già strigliato per benino per questo, ma dovresti saperlo anche tu: non è cattivo, semplicemente non pensa prima di agire!” provo a spiegargli, in tono affabile.

Dègel mi scruta un po', scettico. Sembra ancora terribilmente arrabbiato con il suo amico, vorrei tanto che si riappacificassero ma non so come fare. Ha ricordi sfumati degli ultimi avvenimenti, il capitolo camera da letto poi non è nemmeno presente sulle pagine della sua memoria, ma... arrossisco a mia volta, sfiorandomi le labbra con la punta delle dita, sforzandomi poi a ricacciare indietro quegli attimi così intensi, sembra che invece rammenti perfettamente le azioni dello Scorpione.

“Non è solo quello che ha fatto vigliaccamente a me, ma anche, come conseguenze del suo agire, a te. Se non mi avesse fatto bere quell'intruglio maleodorante non ci saremmo trovati in una simile situazione e voi non vi sareste ferite per recuperare i miei occhiali. Non posso fargliela passare liscia come se niente fosse...” ribatte lui, categorico.

"E' stato ingenuo, ma lo ha fatto per te, rinunciando ai suoi sentimenti..." mi lascio sfuggire, delusa dal suo continuo non ricordare quanto è accaduto.

"Lo avrebbe fatto per me? Non vedo cosa..."

Scrollo la testa, ricacciando indietro il malessere.

Mi avvicino quindi a lui, accarezzandogli una guancia con dolcezza, gesto che lo sorprende non poco, facendogli assumere un'espressione a metà strada tra lo sorpreso e l'ancora più imbarazzato. Dannazione, sei così bello, Dégel, qualunque emozione sfiori il tuo delicato viso. Mi sembra di scoppiare, non riesco a stare in una stanza con te senza provare ad avvicinarmi e toccarti. Mi...mi piaci davvero tantissimo!

“La vita non è forse troppo breve per litigare?! Ti prego, concedigli una possibilità, Cardia è pur sempre il tuo migliore amico, e poi io starò presto bene!” lo supplico, guardandolo negli occhi per imprimere concretezza alle mie parole.

"Il tuo niveo collo... è ancora segnato da quel livido bluastro che ho intravisto ieri sera, come se qualcuno avesse provato a soffocarti... tutto questo non sarebbe successo se io fossi stato libero di agire e proteggerti..." mi osserva, mentre con le lunghe dita eleganti mi traccia con dolcezza la zona lesa.

Discosto lo sguardo, tentando di non pensare che è stato Camus a procurarmelo, non il nemico.

"E lo stesso si può dire per le altre ferite sul tuo corpo..."

"Cardia non poteva sapere che la situazione sarebbe potuta precipitare, probabilmente da qui, dal Tempio, nessuno ha avvertito la battaglia, il nemico è capace di creare una sorta di spazio slegato dalla realtà!" gli dico, guardandolo negli occhi. Dégel sospira.

“Ti accompagnerò ordunque, ma non ho intenzione di essere affabile con lui, non ancora almeno... Cardia non è più un fantolino, deve capire le conseguenze delle sue azioni sconsiderate!” risponde lui, tornando a sorridermi con dolcezza.

Non è un passo ma un passino, meglio di niente! Annuisco con vigore, contenta di essere riuscita a convincerlo almeno ad accompagnarmi. Forse, guardandosi negli occhi, la voglia di chiarire giungerà da sé, è la mia speranza.

“Michela e Francesca stanno ancora dormendo, lasciamole riposare, hanno dato tutto, se non oltre, nello scontro con il nemico" affermo, prendendogli di riflesso la mano, prima di guidarlo giù. Avverto un mormorio sommesso provenire da lui, come di imbarazzo, per un solo secondo mi rendo conto dell'errore, dell'intimità del gesto, ma lui asseconda la mia stretta senza proferir parola, facendomi rimbalzare il cuore in bocca. Coraggio... è così facile trovarlo, con lui al mio fianco! E' come se... se tutto il male che ho provato venga spazzato via dalla sua semplice, ma salvifica, stretta.

 

*****************

Tap, tap...

Il rumore dei nostri passi riecheggia a vuoto nell'ottavo tempio solitamente ricolmo di cicalecci che rendono questa dimora una delle più accoglienti e amichevoli del Santuario... non questa volta però!

E' davvero inquietante! Il silenzio innaturale che regna non sarebbe assolutamente normale neanche nel caso in cui ci fosse solo Cardia, figurarsi con l'aggiunta della sua controparte milesca e della piccola Sonia, ormai stanziati a vivere con lui.

“Cardia!!! Sonia!!! Milo!!!” li chiamo, iniziando a preoccuparmi e a girare per tutto l'atrio e per gli angoli della casa. Non ci sono, come è possibile? Non sarà che...

Nel momento in cui nella mia mente passa il folle pensiero di un nuovo attacco del nemico diretto contro gli inquilini del Tempio dello Scorpione, Milo scende con noncuranza dalle scale insieme a Sonia, che ballonzola al suo fianco.

“Perdinci! Perché tutto questo baccano?! - esclama il primo, avvicinandosi incuriosito a noi con naturalezza - Marta e Dégel? Cosa...?"

"Maledizione... Milo!" gli soffio, vibrando come come un pullo in un nido, prima di assaltarlo con tutte le mie forze.

"Oh? Eh? Oh?" verseggia lui, confuso, in un tono che mi ricorda paurosamente Cardia.

“Sei... sei un idiota! Si risponde quando uno ti chiama, a maggior ragione se siamo in guerra!” lo insulto scherzosamente, strattonando per i due lunghi ciuffi di capelli ribelli che ricadono delicatamente sul petto, senza tuttavia fargli male.

“Ahi! Ahi! M-Marta, i miei bellissimi capelli, i miei...” mugugna, ma il respiro affannoso che proviene da me lo mette in allerta. Gli sono ancora praticamente addosso, ma ho esaurito già quasi completamente le mie energie. Forse ho un po' esagerato pretendendo di essere gioiosa come un fringuello quando, solo il giorno prima, il Mago me ne ha date di tutti i colori!

“Marta! Non dovresti sforzarti in cotal guisa, sei ferita!” mi fa notare Dègel, teso.

“E' ferita?! - esclama Milo, poggiandomi delicatamente a terra e osservando, con occhio clinico, il mio corpo – Che ti è successo, piccola? Non ho avvertito alcuna increspatura del tuo cosmo ieri, eppure, a ben vederti, non sei ridotta propriamente bene...”

"Non è... nulla di grave, anf..." riprendo fiato, stanca, cercando di sorridergli.

"Camus lo sa? Sa chi è stato? Dov'è? Perché non è con voi?"

Non so da che parte cominciare a rispondergli alle domande. E' lampante che, come avevo subodorato, anche grazie alle parole di Dégel, nessuno, qui al Tempio, è riuscito a percepirci, quindi è davvero nei poteri del nemico creare una sorta di spazio di relatività a cavallo delle dimensioni, come il Cavaliere di Gemini ha in dote. Davvero terribile!

“E' stato QUELLO, vero? - domanda invece Sonia, già in possesso di una pista – Ieri mi sentivo strana, mi faceva male tutto il corpo. E avevo la spiacevole sensazione che avrei dovuto essere in un altro posto... forse era questa la ragione!”

Annuisco con convinzione, cercando di darmi un contegno, regolarizzando i respiri così brevi e intensi che escono a forza dalle mie labbra.

"E' un nemico... molto insidioso!" confermo, guardandola.

"Ma questo suo trucchetto non deve funzionare con i semidei, o qualcosa di simile, oppure la spiegazione è un'altra..." riflette, decisamente preoccupata.

Quale che sia il motivo, non abbiamo sufficienti elementi per capire, e questo mi manda semplicemente in bestia. Sento come se il tempo stringesse...

“D-dove è Cardia?” chiedo ad un tratto, tutta tremolante. Mi sento stanca, la testa piena di domande, fatico a reggermi in piedi, ma voglio chiarire al più presto con lui.

“Ah! Ehm...”

"Ah ehm... cosa?" chiedo delucidazioni, puntando gli occhi su Milo, che ha cambiato espressione,

"Ci stavo provando a parlare prima, per questo che ho tardato a scendere"

"E..."

"E niente, è chiuso in un mutismo che mi desta preoccupazione, è dal dopo ballo che è così..."

"Dove si trova?"

"Di sopra, Marta, ma forse faresti meglio a..."

Senza aspettare che Milo termini la frase, scatto in direzione delle scale, guidata più dal cuore che dalla ragione stessa. La situazione tra noi non è mai stata così precaria, dobbiamo chiarire al più presto, in qualche modo, o lo perderò per sempre.

“Marta, aspetta! Uff, che cocciuta!” esclama Dègel, venendomi dietro.

"Ma che sta succedendo?" sento domandare intanto Milo, rivolgendosi alla sua allieva.

"Davvero non l'hai ancora capito, Milo? Eppure su queste cose sei sveglio!" ironizza lei, un poco tesa.

Una volta giunta al piano di sopra, la mia attenzione è attirata dallo sbattere di una porta che si chiude di scatto. Capendo che si tratti di Cardia, il quale deve essere rimasto nascosto per non incontrarmi, mi avvicino alla stanza in questione, iniziando a bussare con il cuore a mille.

“Cardia, sei tu, lo so, aprimi, ti prego!”

"..."

"Dai, ti prego, ti voglio solo parlare!"

"Non c'è nessun Cardia qui!" il suo tono strozzato giunge alle mie orecchie attutito dalla porta. Sbuffo mio malgrado, portando gli occhi al cielo, meravigliandomi del suo essere così tonto, in certi frangenti.

"Cardia, lo sai che, rispondendomi, hai confermato, di fatto, il tuo esserti nascosto?" provo ad ironizzare, tentando di alleggerire la tensione.

“E allora vattene semplicemente via!!! D'altronde io sono un 'poco di buono' per te, no?! Perché dovresti avere a che fare con uno sporco imbecille come me?!”

Sospiro, ricercando difficoltosamente le parole, che non riesco più a trovare. Prendo un profondo respiro, prima di appoggiare la fronte sulla porta, unico ostacolo tra me e il mio amico.

“Cardia, ti prego... Mi dispiace, mi dispiace così tanto! Ho esagerato con le parole, lo so, non immagini quanto me ne penta!” replico di rimando, sinceramente mortificata. Attimi di silenzio, poi...

“Marta, vattene, non sono in vena di parlare con te, oggi...” mugola lui, sempre più distante.

SBAM! SBAM!

Sussulto, rimettendomi sull'attenti nell'accorgermi dell'intervento affatto delicato di Dégel che sancisce così il suo arrivo.

“Cardia, smettila di fare l'idiota incompreso con scenate da poppante! Marta vuole solo discorrere con te, quindi esci senza tante cerimonie!”

Lo guardo colpita ed ammirata, capendo che è intervenuto in mio favore perché ha osservato e sentito tutta la scena. Non voleva averci nulla a che fare con il suo amico, aveva detto, ma ci sta parlando or ora, forse davvero riusciranno a chiarirsi.

Ancora silenzio dentro la stanza, poi...

“Dègel!!! Ma allora non sei in coma litico!!!” ulula Cardia, aprendo di scatto la porta, su cui ero ancora appoggiata, finendo così per farmi cadere poco delicatamente per terra. Ok, forse me lo sono un po' meritato, ma il mio corpo martoriato decisamente non ringrazia.

“Mart...!!!” sento appena l'esclamazione di Dègel, ma l'abbraccio di Cardia, il quale mi supera con un balzo, lo blocca.

“Dègel, che bello vederti sano e sobrio, pulito e profumato... non immagini che voglia avevo di incontrarti dopo il disguido della volta scorsa!” prorompe Cardia, stringendolo nella famigerata 'morsa dello scorpione'.

“Io no, invece!” ribatte Dègel, laconico, cercando di sfuggire all'abbraccio del compagno d'armi.

“Ma, amico mio, io ti devo...”

“Non appellarmi in codesta maniera, Cardia! Non dopo quello che hai perpetrato nei mie confronti” esclama Dègel, allontanandosi da lui di qualche passo.

Cardia rimane in silenzio a guardare per terra, teso. Poi infine, con un encomiabile sforzo, riesce a trovare le parole per tentare di avviare un discorso.

“Te la sei presa così tanto per quello? Certo, ho esagerato, me ne rendo conto anche da me, ma tu mi hai chiesto una mano ed io... te l'ho provata a dare!” prova a giustificarsi, sfregandosi nervosamente le mani.

“Mi hai fatto avvinazzare, Cardia!!! Io avevo bisogno di un consiglio e di un po' di comprensione, e tu hai pensato bene di ingaggiare Manigoldo per farmi bere quella... quella poltiglia puzzolente che era un misto di non so quale altra porcheria che probabilmente neanche la Divina Atena si immagina! Come pensi mi sia sentito?!” prorompe, arrabbiato.

Cardia tace nuovamente per una serie interminabile di secondi, prima di puntare gli indici uno contro l'altro e produrre un suono molto simile ad un pigolio: "Tu ti dovevi... sbrogliare, ed era l'unico modo..."

"Io mi dovevo...?! Santissima Atena, ne abbiamo già parlato!" risponde, freddamente, fulminandolo con lo sguardo.

"Tu non sei onesto con te stesso, non vuoi ammettere che..."

"BASTA COSI!"

Il tono è talmente lapidario che oltre a far sussultare me, raggela lo stesso Cardia, ormai non più in grado di rispondere.

“Comunque non è per questo che sono così incollerito. Certo, ci metterà un po' a passarmi, ma dimmi piuttosto, Cardia, hai visto il corpo di Marta'?” domanda, incrociando le braccia al petto.

“Cosa?! Perché dovrei...?” biascica, guardandomi di riflesso.

Nel momento in cui i suoi occhi si posano su di me, una sensazione di disagio mi investe ne trovarmi così sguarnita al suo sguardo. Sono bendata e dolorante, con un livido ampio sul collo, non mi piace farmi vedere in simili condizioni, men che meno da lui.

“Come vedi Marta è rimasta ferita, sai perché?! Perché il nemico ha preso i miei occhiali, consapevole che Marta, Michela e Francesca sarebbero andate a recuperarli! Io non ho potuto fare niente per fiancheggiarle, colpa del fatto che fossi ancora intontito dalla sbornia che tu stesso mi hai procurato! Avrebbero potuto morire, Cardia! Cosa che non sarebbe successa se fossi rimasto vigile e attento” spiega Dègel, non nascondendo l'insoddisfazione verso sé stesso. Nei dintorni cade un silenzio pressante, del tutto innaturale, tra le mura dell'ottava casa.

"Che cosa diavolo le è successo? Noi, qui, non abbiamo avvertito nient..."

“Non intendo darti altre esplicazioni, se vuoi, parlane con Marta, è lei che è venuta qui apposta per chiedere il tuo perdono, lo ha fatto perché tiene a te e, quindi vi consiglio di chiarire il prima possibile!” conclude, stringato, scendendo poi le scale e allontanandosi in tutta fretta.

La mia speranza di vederli riappacificarsi languisce al ritmo dei suoi passi sempre più distanti.

Cardia ed io rimaniamo alcuni secondi in silenzio, nessuno dei due riesce anche solo a muovere il più piccolo muscolo per aprire bocca o fare qualcosa, almeno finché non decido di intervenire. Non so cosa fare, ma devo adoperarmi, avverto la frattura tra noi sempre più insanabile.

“Card...”

“Marta, non ci sono motivi per cui tu ti debba scusare con me, ora lasciami in pace, per favore!” esclama, facendo per andarsene.

“Smettila di fare lo stupido! " gli grido di riflesso, scattando in avanti per afferrargli il braccio, il quale però si ritrae, spingendomi via. Vengo sbilanciata in avanti, mentre i suoi occhi, furenti, mi perforando con un unico sguardo. Mi manca aria da quanto sono acuminati, come l'unghia del pungiglione dello scorpione.

"Hai ragione, sono troppo stupido per te, e allora perché continui a cercarmi?! Vai da quelli intelligenti, ne abbiamo un sacco al Santuario, Sisifo, Asmita... andresti d'accordo con loro!"

"Smettila..." mormoro, con quasi le lacrime agli occhi, sto soffrendoci da matti per come sta reagendo,

"Sei troppo al di là di me, di un reietto come me, come hai lasciato intendere al ballo, perché quindi ti importa così tanto del mio stato?! Sono un pezzente, un..."

"SMETTILA, HO DETTO! - il mio tono cresce fin quasi a strozzarsi, le nocche mi si imbiancano per quanto sto stringendo i pugni. Ho il fiatone, lo sguardo basso, ma lo rialzo con determinazione - Tu sei la prima persona che ha voluto conoscermi, quando sono finita qui, quando stavo così male da riuscire a stento a reggermi in piedi. Mi hai fatto aggrappare a qualcosa, dandomi una speranza da stringere... è per merito tuo se sono tornata a sorridere, quando mio fratello e i miei amici erano tanto, tanto, lontani. N-non... non posso darti ciò che vorrei, n-non ce la faccio, Cardia, mi sento tanto, tanto, fratturata, ma sei ugualmente prezioso per me, il... il mio migliore amico! Come posso convincerti della veridicità delle mie parole? Non voglio... perderti!"

Cardia spalanca le iridi, totalmente incredulo, fa per aprire bocca per ribattere, ma l'arrivo di Milo e Sonia blocca i suoi propositi.

“Cardia, ma cosa sta succedendo? Dègel è, letteralmente, scappato via, non dovevate chiarire?” chiede delucidazioni lo Scorpione, teso.

Poi guarda meglio la scena e capisce:

“Sto... interrompendo qualcosa di importante, vero?”

Un'eventuale nostra risposta viene fermata da Sonia, la quale spinge via il suo maestro senza troppi convenevoli.

“Evidentemente sì! E' una faccenda tra Marta e Cardia, noi non c'entriamo nulla!” afferma, trascinando giù il suo maestro e sparendo con lui.

Ricade il silenzio tra noi, entrambi guardiamo da un'altra parte, le gote tendenti al rossiccio. Devo essere io a proseguire, lo so. Rabbocco aria.

“Mi dispiace così tanto, Car... sono stata io un'idiota a giudicare le tue azioni senza capire minimamente le tue reali intenzioni! Sono mortificata, vorrei rimediare in qualche modo ma mi sento così... spersa! - riprendo, triste - Ho... ho litigato anche con Camus, sai? E tutto per colpa di questa maledetta lingua. So dove colpire per ferire gli altri, non lo dovrei fare, non con voi, ma... ma...

"Va tutto bene, non hai bisogno di chiedermi scusa..."

"M-ma... ma..."

È il turno di Cardia di sospirare, tornando difficoltosamente a guardami, una strana ombra negli occhi.

“Ieri ho chiesto a Milo di spiegarmi cosa è questo presunto 'coma litico' che mi hai citato dopo il ballo..."

"Coma litico?! Ah, ti riferisci al coma etilico!" lo osservo, palpitante.

"Che dir si voglia, quello è! Lui lo ha fatto, dandomi una botta di idiota per le mie azioni, per cui non hai nulla di cui scusarti, ho capito di essere stato io ad aver esagerato, rischiando seriamente la pelle di Dégel..." proferisce, allontanandosi il più possibile da me.

"Cardia..."

"Milo mi ha anche detto che Camus, tuo fratello, è stato in coma recentemente. Non era coma lit... cioè etilico, ma lo hai comunque vissuto sulla tua pelle. Hai avuto paura di perderlo, vero? E' per questo che sei così sensibile sull'argomento?"

"Non solo per quello, ma... sì" dico, laconica, non riuscendo ad approfondire la questione.

"E allora, a maggior ragione, non occorre che tu mi chieda scusa... - tossicchia, ultimando il discorso per cominciarne subito un altro - Piuttosto, c'è un'altra questione che vorrei trattare già che sei qui..." il suo tono di voce così pesante mi spiazza completamente.

“Va bene, Cardia, dimmi pure..."

“Oggi mi hai ribadito per l'ennesima volta che mi vedi come un migliore amico. Per quanto sia prezioso, un amico rimane tale, non importa con quante parole infarcirai questo termine... - si prende una breve pausa, vedo i suoi muscoli sotto la veste tesi, trasmettendo tensione anche a me - Te lo chiederò ancora una volta: col tempo, ho qualche speranza che tu ti possa inn... insomma, ricambiare il sentimento nella stessa maniera in cui... lo sento io?!"

Domanda schietta, che merita una risposta altrettanto sincera, per quanto mi faccia male: "I-io... no, Cardia. N-non posso davvero, mi spiace, non... - quasi mi sfugge un singhiozzo, che riesco ad eclissare ingoiando saliva - Io amo Dègel, questo sentimento... è intessuto nella mia anima, non c'è... non c'è qualcosa di più forte al mondo, per me"

Non fiato più, in attesa che sia lui a parlare. Anche se, purtroppo, prevedo già il seguito...

“Lo supponevo... ed io penso di non farcela, Marta, ad essere solo tuo amico, davvero, mi è impossibile! Ogni giorno cresce il desiderio che nutro nei tuoi confronti, a-anche adesso, sai? Ti assicuro che se seguissi solo il mio istinto non saresti qui davanti a me, sopratutto non saresti vestita, e sai cosa? Non mi fermerebbe niente dal volerti possedere, né Milo e Sonia giù di sotto, né tanto meno tuo fratello che, con ogni probabilità, se osassi prenderti la verginità, mi ammazzerebbe seduta stante, riducendomi in polvere ghiacciata, ma non mi importa, io ti desidero, solo questo riesco a pensare!"

Un singulto mi sfugge dalle labbra nell'udire la schiettezza con cui si è espresso senza mezzi termini. Arrossisco, accavallando le gambe per stringermi le cosce, come per difesa. Chi glielo ha detto, poi, che sono...? Ah, deve averlo capito da solo...

"Ma non lo farò, puoi star tranquilla! Ti rispetto, mai ti farei del male, e so che, se perdessi il controllo, ti danneggerei peggio delle ferite che hai riportato nell'ultima battaglia, e non voglio, Marta! - dice poi, quasi fremendo, è chiaro che faccia sempre più difficoltà a controllarsi - Proprio per questo, proprio perché so che tu ami Dégel, ti invito a rimanere il più distante possibile da me, è meglio per la tua incolumità!"

"Cardia, mi... mi stai buttando fuori dalla tua vita?" gli chiedo, tutta tremante, capendo il reale significato della sua frase.

Cardia esita, ancora per un istante. Non lo vorrebbe, lo capisco, ma ha paura di perdere il controllo: "Non ho alternative..." mi soffia infine, andandosene poi a capo chino.

Un vuoto si fa strada dentro di me, cupo, unito però alla consapevolezza che, se questa strada lo farà soffrire meno, forse davvero è meglio così...

*******************

19 Agosto 1741, notte.

Anche oggi è stata una giornata fiacca, quasi ovattata. Camus non si trova da più di 24 ore, Dégel è di poche parole, mentre le mie amiche stanno cercando di riprendersi dallo scontro con il Mago; per quanto concerne me, i pensieri non mi hanno mai abbandonato per tutto l'arco del giorno, procurandomi uno stato catatonico che, se non parzialmente celato agli occhi degli altri, avrebbe senza ombra di dubbio fatto preoccupare Francesca e Michela.

Davvero non ne posso più di tutto questo! Ho discusso con mio fratello e ancora non ci siamo chiariti, sono in lite con Cardia, che poi 'lite' non è nemmeno la parola giusta, lui ha tutto il diritto di non rimanere al mio fianco, visto che l'origine dei nostri sentimenti è diversa, ma... sapevo che mi sarebbe mancato, ma non avrei mai immaginato di percepire questa perenne fitta al cuore.

Nell'arco di un unico giorno ho perso due delle persone a me più care, come se non bastasse Cardia e Dègel hanno discusso proprio per causa mia e il secondo non sembra intenzionato a trovare un accordo con il primo. Mi rannicchio ulteriormente, sparendo sotto le lenzuola del letto. Le giornate si stanno lentamente accorciando, lentamente ma inesorabilmente, tuttavia permane il caldo afoso persino a sera, particolare che, unito alle mie cogitazioni, non mi aiuta di certo a riposare.

Ripenso alla scena nella mia visione... a mio fratello, che tentava il tutto per tutto per rianimarmi e riportarmi alla vita... per cosa poi?! Perché sono viva, a che pro? Non sarebbe, forse, stato meglio... scomparire per sempre?!

“Dovrei semplicemente sparire da questa dimensione, sto incasinando tutto con la mia sola presenza qui, Cardia non avrebbe mai dovuto innamorarsi, non di me, almeno, non dovrei trovarmi qui...” mormoro tra me e me, stringendo convulsamente il cuscino del letto.

 

Non dire assurdità, Marta! E' esattamente ciò che desidera il nemico, non seguire la strada che sta prendendo, inevitabilmente, tuo fratello... tu devi proteggerle lui e gli altri, molte vite future dipendono dalla tua esistenza, non cedere, perché...

Perché tu sola hai il potere di fermarlo, lo hai già fatto una volta, del resto, devi solo ridestarti completamente, ormai non manca più molto...

 

“Che diavolo stai blaterando ora, Crono?! Lasciami un po' in pace, per pietà, mi da fastidio percepire qualcuno che fruga costantemente nella mia mente!” urlo, sollevandomi di scatto, arrabbiata per il fatto che il dio si stia facendo un nuovo giro nei miei pensieri senza il mio permesso. Tuttavia nello stesso momento la porta della mia camera, che prima era chiusa, si apre di scatto e sbatte violentemente contro il muro, facendomi cadere dal letto per lo spavento e la sorpresa.

“Martaaaa!!!”

Il suo tono di voce, che riconosco subito, malgrado sia quasi strozzato, mi spaventa terribilmente.

Riemergo dagli arcani segreti del pavimento, puntando la candela, appena accesa, contro il nuovo arrivato.

“C-Cardia, c-cosa? Sto forse sognando? Io... pensavo che tu non volessi più... avere a che fare con me?” chiedo, titubante, non sapendo se aggrapparmi ad una qualche speranza che lui abbia cambiato idea, oppure no.

“L'ho detto, sì... però... però il sogno che ho fatto...” biascica con fatica, il suo tono di voce si prosciuga fino a quasi scomparire.

Spalanco gli occhi al limite dell'umano possibile accorgendomi ben presto che Cardia ha le gambe tremanti e la mano destra sopra il cuore, indice di una cosa sola: una nuova crisi cardiaca.

“Santi di quei numi!!! - esclamo, correndogli istintivamente incontro in preda all'ansia e accorgendomi subito che la sua temperatura corporea è ben oltre i limiti sopportabili, persino per un Cavaliere d'Oro – Sei bollente!!!”

“Non ha importanza, t-ti ho sognata, sai, s-stanotte... è-è stato un tremendo incubo ma mi ha fatto pensare a cose che non avevo ancora valutato...” sussurra, mantenendo gli occhi chiusi. Il suo corpo, bagnato dal sudore che gli sta imperlando completamente la maglia ha il potere di farmi agitare ancora di più.

“Cardia, per carità, non parlare, sei allo stremo delle forze! - dico ad alta voce, spaventata, adagiandolo delicatamente sul mio letto e dandogli di tanto in tanto pacche per non fargli perdere totalmente la coscienza – Resisti, ti porto un bicchiere di acqua fresca!”

Scendo giù le scale a raffica, ma arrivata a tentoni al piano terra mi rendo presto conto che non sono nel mio XXI secolo, e che quindi l'acqua corrente e fresca in casa è pura utopia, dovendola andare a recuperare al trogolo più vicino, una operazione che richiederebbe troppo tempo, stante la situazione del mio amico. Con un sospiro torno quindi in camera mia, alla ricerca mentale di una qualche altra soluzione nel più breve tempo possibile.

“Cardia, non so dove prenderti dell'acqua, cosa devo fare per...”

Mi blocco nel vedere che le sue condizioni sono peggiorate nel corso di pochi secondi, in quanto Cardia è raggomitolato sul mio letto e stringe con forza la maglia in prossimità del petto. Non geme, ma è lampante il dolore che sta provando al cuore, probabilmente si sta diffondendo a tutto il corpo tramite i vasi sanguigni.

“No... NO! Cosa devo fare per farti star meglio, Car? Cosa posso fare io, dal basso della mia inesperienza?!” biascico disperata, completamente vinta dalla paura. Non so come comportarmi, ma sono consapevole che se non faccio niente Cardia rischia di morirmi davanti agli occhi, la sola idea mi getta ulteriormente nel panico.

"I-Il ghiac... urgh..."

“Giusto, il ghiaccio, chiamo Dègel!” esclamo infine, in un barlume di speranza. Faccio per uscire di nuovo, ma la flebile voce di Cardia mi blocca sul posto.

“N-no... si agiterebbe moltissimo, ed io non voglio essergli di nuovo di peso, non dopo quello che gli ho fatto l'altro giorno!” mormora nella semi-incoscienza dovuta dal delirio. Il suo respiro, intanto, si fa sempre più affannoso.

"Q-quindi cosa... cosa posso fare? Oh, C-Cardia..."

"V-vicino... a-a me..." farfuglia, sempre più preda del delirio, facendomi percepire il suo desiderio di avermi al suo fianco.

 

Marta, il potere del ghiaccio è molto particolare, per usarlo al meglio è necessario mantenere la calma. Sii la placida acqua che accoglie la fragorosa cascata, solo così potrai aiutare le persone a te care! Solo così potrai avere il totale controllo sul movimento degli atomi, piccola mia...”

 

La voce di mio fratello mi risuona leggiadra in testa, come a volermi trasmettere una sua raccomandazione. Decido in un lampo, dirigendomi verso Cardia e mettendogli tempestivamente una mano sotto la maglietta in modo che il mio palmo sia a contatto con il suo petto, che quasi brucia. Sussulto, avvertendone distintamente le palpitazioni. La mano su di lui, visto l'innalzamento anomalo della sua temperatura corporea, deve risultargli parecchio gelida, perché mugola sofferente

“ Non ti abbandonerò, Car, mi senti?! Farò di tutto per farti stare meglio, anche se Dègel è infinitamente migliore di me in questo... te lo prometto, Car!” affermo, risoluta, chiamando più volte per incoraggiarlo, iniziando al contempo ad espandere il mio cosmo ghiacciato come mi hanno insegnato i due Acquari

Chiudo gli occhi, pensando e ripensando con chiarezza alle parole di Dègel: servono pressione e gelo mediamente controllati per far sì che la temperatura di un corpo si abbassi senza conseguenze sulla persona che vogliamo salvare... pressione e gelo; gelo e pressione!

Sento la mano iniziarmi a formicolare, segno evidente del potere che sto esercitando. È meravigliosa la sensazione che si prova... Le forze mi abbandonano, è vero, ma una strana euforia mi pervade, rendendomi felice. E' davvero meraviglioso ciò che si può fare con il cosmo, non solo portatore di distruzione, ma anche di vita, che io amo in tutte le mie forze.

Passano alcuni minuti di totale silenzio finché non avverto un leggero movimento sotto di me.

“M-mi sento inaspettatamente meglio, c-cosa hai fatto, peste?” mormora Cardia, appena ripresosi, aprendo e chiudendo gli occhi varie volte, prima di tornare totalmente in sé. Nello stesso momento il mio cosmo cala fino a quasi scomparire.

Mi sorreggo al comodino, valutando il luogo migliore per cadere come peso morto, visto che la vista mi si oscura sempre di più a causa del potere appena usato. Controllare un potere salvifico, dosando le energie fredde è molto più estenuante che attaccare, solo adesso me ne rendo concretamente conto. Per offendere bisogna profondere tutto sé stessi, è un po' come dare il tutto per tutto per distruggere, ma salvare richiede molta più manualità, molta più calma.

“Cardia... mi dispiace di non essere riuscita a farti passare completamente la febbre, ma... è il meglio che sono riuscita a compiere...” biascico, con il respiro affannoso, notando i suoi occhi ancora lucidi insieme alle guance rosso vivo.

“Hai usato... hai usato lo stesso potere di Dégel? Sciocca! E' per questo che...”

“Non ti agitare, Car, devi riposare ora, ne va della tua salute” aggiungo, mentre finisco a terra in ginocchio. Ho davvero esaurito tutte le mie energie in un colpo solo.

“Marta, ma tu stai male?! Non dovevi usare tutto quel potere per me, non nelle tue condizioni!” esclama ancora lui, preoccupandosi ulteriormente, vorrebbe alzarsi per impedirmi la caduta, lo capisco bene, ma anche le sue energie sono al limite.

“Dovevo farlo, Car, ho visto quanto stavi male! Piuttosto... - gli sorrido, sempre più stremata, non resisterò cosciente ancora a lungo, devo fare in fretta - Mi dispiace... non immagini lontanamente quanto! Tutto questo non sarebbe dovuto succedere, non avrei mai dovuto trovarmi qui e sputtanare questa dimensione, ma la cosa che mi fa più male è l'aver incasinato i tuoi sentimenti, la tua vita, il tuo mondo... davvero, mi dispiace. Capisco perfettamente le motivazioni dietro il tuo non volermi più vedere, davvero... anche se so che mi mancherai tanto, da togliere il fiato!" riesco ancora a sussurrare, prima di precipitare tra le braccia di Morfeo.

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Capitolo 22
*** Cosa ti succede, Camus? ***


CAPITOLO 22

 

COSA TI SUCCEDE, CAMUS?

 

19 Agosto 1741, mattina.

 

“Svegliati, forza! E' da un bel po' che dormi, mi hai sufficientemente punito, non trovi? Mi dispiace, davvero, cos'altro devo fare per farti aprire gli occhi?!”

La voce leggermente incrinata di Cardia fa da ponte dal mondo dei sogni a quello reale, riportando lentamente la mia mente alla coscienza dei fatti avvenuti precedentemente. Mi sembra quasi di aver fatto una lunga corsa, sono spossata, le ossa scricchiolano, e ho un cerchio alla testa, ma riesco comunque a contrarre le palpebre nell'avvertire la sua presenza qui al mio fianco.

“Car... Cardia! Non c'era bisogno di angustiarti così per me, sono crollata a terra solo per via della stanchezza, non sono in pericolo di vita, a differenza tua!” lo rimprovero bonariamente, mantenendo comunque gli occhi chiusi. la mia voce è ancora impastata dal sonno, ma l'importante è che il messaggio sia arrivato alle sue orecchie.

“Non c'è stato verso di svegliarti, neanche a suon di pizzicotti, malgrado questo, mi dici di non agitarmi per te, come se fosse normale crollare come un sacco di patate! Hai usato i tuoi poteri in un momento di debolezza, razza di incosciente, almeno non raccontarmi minchiate!” ribatte lui, in tono alto. Il timbro della sua voce non è più allegro e canzonatorio come lo ricordavo, ma contrito e sin troppo serio, non mi piace per niente, non ci sono abituata.

Apro gli occhi, che si incrociano automaticamente con quelli di Cardia. Il suo viso è ancora pallido e provato, mentre i capelli ribelli, ancora attaccati alla sua fronte, mi fanno capire che la febbre non è del tutto passata. Nonostante questo le sue condizioni sembrano in lento, ma deciso, miglioramento.

Mi alzo a sedere, accorgendomi che il sole è già alto in cielo e che gli uccellini cinguettano allegri fuori. Deve già essere mattinata inoltrata, vedo distintamente la calura del giorno salire, invisibile, sulle colonne dei templi, sulle pareti e ovunque, creando un'atmosfera soffocante; soffocante è anche la mia tetra sensazione di un attacco imminente, anche se non riesco a capire come ciò possa accadere.

“Mi... mi dispiace veramente per quello che ti ho detto l'altro giorno!” balbetta Cardia, rompendo il silenzio tra noi e stringendo le mani a pugno.

Inarco un sopracciglio, chiedendomi da dove gli vengano certe uscite. Credevo che ormai avessimo chiarito, arrivando alla conclusione che forse sarebbe stato meglio vederci il meno possibile, ma stanotte Cardia è venuto da me, in preda ai fumi della febbre e chiedendomi di rimanere al suo fianco, quasi fosse l'ultimo desiderio di un condannato.

“Per cosa? Non mi hai fatto niente, Car! Riguardo alla discussione dell'altro giorno... come forse sono riuscita a dirti prima di svenire: davvero, capisco i motivi della tua scelta, li accetto!” dico solo, leggermente a disagio. In verità vedermelo arrivare stanotte è stato un sollievo misto alla paura, perché, dopo quanto successo l'altro ieri credevo davvero di non vederlo mai più e mi faceva male la sola idea, non potendo comunque oppormi.

"E liquidi la faccenda così?!" mi chiede lui, la voce da cucciolo, cercando di fermarmi.

"Cardia..."

“E' proprio di questo che ti volevo parlare, di cosa fare tra noi, di come imbastire, ora, il nostro rapporto, perché... neanche io voglio che vada tutta in malora! - si lascia sfuggire in un soffio, tremando distintamente, prima di proseguire - Ma poi ho cominciato a stare male e volevo rivederti, almeno un'ultima volta, ad ogni costo. Per questo sono venuto qui, stanotte, avevo paura di averti persa per sempre e, come se non bastasse, non sono stato onesto con te, a proposito della mia situazione...”

Il cuore mi rimbalza il bocca a quelle parole, dandomi l'illusione che tutto possa ristabilirsi come prima, ma il solo pensiero del compromesso a cui lui dovrà sottostare mi fa ricredere in un lampo. Io lo vorrei con me, con tutta me stessa, ma non posso essere così egoista, non con lui, non posso chiedergli di rinunciare al suo sentimento per me, né io posso ricambiarlo, eppure, eppure... uff, perché deve essere tutto così dannatamente difficile?!

“Non c'è problema, Cardia, io... al pensiero di come ti ho trattato al ballo sentivo una fitta repentina al petto. Avrei voluto dirti, anzi, urlarti di rimanere con me, come amico; migliore amico, ma poi mi sono resa conto che il mio era il desiderio di una bambina, che facendo così avresti sofferto solo tu, quindi mi sono trattenuta... e ho pensato attentamente a come comportarmi con te. Ora sono giunta alla conclusione che, se non vuoi più vedermi hai tutte le ragioni del mondo, è tuo diritto... dimenticarmi... ben sapendo che non ti posso dare ciò che cerchi, tuttavia io non posso fare a meno di considerati come parte integrante della mia stessa anima, qualunque cosa accada, per cui... non importa davvero la tua scelta, io ti vorrò sempre bene e, per non farti del male... mi correggo, per non farti ulteriormente male, accetterò anche di essere allontanata da te, se vorrai, solo ti chiedo di, ecco... non odiarmi, almeno questo..." gli spiego tristemente, lo sguardo sfuggente, alzandomi dal letto e facendo per andarmene, giacché l'aria nella stanza si è fatta sin troppo pesante per me.

"Posso farlo, posso provarci, ma..."

Ho solo il tempo di udirlo appena e di fare due passi, che lo percepisco puntare su di me, afferrandomi per i polsi, trattenendomeli, e buttandomi senza troppi complimenti per terra, sul tappeto, in un gesto molto simile a quello che aveva compiuto nel nostro giretto in Italia. Mi ritrovo così a terra con lui ad incombere su di me, le gambe tese, le braccia sopra la mia testa e una spiacevole sensazione di imbarazzo. Sono completamente alla sua mercé...

“...Non ti permetterò di andare da nessuna parte, Marta, non fino a quando non mi metterai alla prova, perdonami... ti chiedo solo un po' di fiducia, come amico!” afferma, fissandomi intensamente. Il volto davvero a pochissima distanza dal mio, perpendicolare.

“Cardia... - sospiro, mentre il mio respiro accelera bruscamente - Va bene, non me ne vado da nessuna parte, ma non c'è bisogno di tenermi così...” biascico, tentando di sfuggire, almeno con lo sguardo, a quei due occhioni color cielo che mi scrutano così intensamente, procurandomi non poco disagio.

"Non andrai!" mi ribadisce, aumentando la stretta sui miei polsi.

"Non me ne voglio andare, solo cambiare posizione, Car, ti prego, mi... mi imbarazza stare così, n-non riesco a..."

"Lo so bene, per questo ti chiedo di avere fiducia in me! Io... per essere davvero tuo amico, devo esercitare controllo su me stesso, capisci? Mi serve... che tu stia così..."

Lo fisso arrossendo a dismisura. E' un discorso un po' strampalato, degno della persona che è, che si basa più sui fatti che non sulle parole, ma lo comprendo bene, è una sorta di prova del nove. Ingoio a vuoto, sempre in perenne disagio, facendo un cenno d'assenso come a dirgli che va bene, che mi fido, e che se davvero gli serve per mettersi alla prova io sono disposta ad accettarlo.

“Grazie... - mi soffia, calcando la sua espressione nella mia, prima di sorridermi un poco tremante, cercando di domarsi - E' partito tutto da un sogno, sai?” mormora ancora, sforzandosi di continuare a guardarmi in faccia, senza scendere sul mio corpo.

Rimango in silenzio, in attesa che prosegua. Sono comunque del tutto impossibilitata a muovermi, stante la mia posizione e la mole considerevole dello Scorpione, così deve essere, d'altronde, è il suo volere, ed io... mi fido di lui!

“Credevo anche io di aver fatto la scelta giusta, sai? Ho pensato che non avevo speranze con te, e che quindi sarebbe stato meglio dividerci, ma me ne sono pentito fin da subito, da quando hai lasciato l'ottavo tempio dopo la nostra discussione... -continua Cardia, sospirando - Poi quella stessa notte ho fatto un sogno strano, ero sul tanto agognato campo di battaglia con un nemico potentissimo, anche se non ne ricordo l'aspetto nel dettaglio, il mio cuore era infiammato come non mai e quindi avevo deciso di usare la mia tecnica segreta, consumando così la mia vita. E' stato tutto tremendamente eccitante, ma... al termine dello scontro, mentre stavo morendo, mi sono reso conto che una parte del mio cuore non era più esistente, che i ricordi di te svanivano, senza porvi rimedio, e che avevo ancora un grande, grandissimo, rimpianto, nonostante tutto: il non aver trascorso tutto il mio, breve, tempo disponibile con te...”

Cardia si prende una breve pausa, nel tentativo di dare un freno alla sua voce tremante, insieme al suo corpo che, lo vedo, nell'avermi sotto di sé scalpita e neanche poco. Nel frattempo, un'altra sensazione di profonda inquietudine, che sopperisce in parte l'imbarazzo, mi invade completamente, quasi stordendomi.

Sta parlando di un avvenimento futuro... Perché è come se già lo sapessi?!

“Capisci?! Perfino al raggiungimento della mia apoteosi c'eri tu, il tuo caldo sorriso, il rimpianto di averti persa. Non potevo congedarmi da questo mondo senza aver chiarito con te, senza aver passato il mio tempo con te. E' per questo che ho avuto l'impulso di venire qui, prima che fosse troppo tardi, ma... tu mi hai salvato, ancora una volta!”

Ascolto il finale del suo discorso, guardandolo con attenzione. Cardia non è tipo da piangere, lo so, eppure i suoi occhi sono assurdamente lucidi, non so se per la febbre o per via delle emozioni provate, ma di una cosa sono sicura: il suo stesso desiderio è anche il mio, anche io vorrei passare più tempo possibile in sua presenza, però non si tratta di un rapporto alla pari, lui, di me, è innamorato, già solo questo lo mette in posizione di forte svantaggio.

“Quindi sei venuto qui, malgrado ti fossi sentito male... però, Cardia, ti invito a riflettere: ti stai sottoponendo ad una prova durissima, stai combattendo contro i tuoi stessi istinti per capire se puoi essere una amico per me, ma...”

"Mi pare ovvio, non posso esserlo, se ogni volta che ti vedo mi verrebbe da sbatterti al muro e... accidenti, anche adesso!" bofonchia, fremendo consistentemente.

Nego con la testa, fiacca, andando contro i miei stessi desideri ma volendogli comunque dare un consiglio: "Se, invece mi... lasciassi andare, forse col tempo potresti... innamorarti ancora!" butto fuori aria, sull'orlo delle lacrime, facendo per sgranchirmi le braccia, ma Cardia, con gesto liberatorio, mi si siede in grembo, liberandomi parzialmente dalla morsa. Sussulto nel percepire il suo non proprio dolce peso sulle ossa del bacino, ma almeno posso tornare a muovere le dita.

“Pensi che io possa dimenticarti?! Non succederà, no, è impossibile! Ho così poco tempo a disposizione... il mio cuore potrebbe cessare di battere da un momento all'altro, ed io non voglio rimpiangere di aver sprecato attimi, miseriaccia! Non so neanche... al momento non so neanche se riuscirei a vivere senza di te!” continua Cardia, leggermente imbarazzato, tornandomi a cingermi i i polsi con ancora più forza. Di bene in meglio!

Serro le palpebre, ormai del tutto dolorante a seguito della posizione che sono costretta ad assumere, dei, vorrei sprofondare dalla vergogna! Sospiro, cercando di recuperare controllo. Anche io ho un bisogno disperato di parlargli, quindi mi costringo ad avere un tono fermo e dolce allo stesso tempo nel rivolgergli la parola.

“Cardia... - sussurro a fatica, tentando di sistemarmi più comoda – Se avrai altre crisi io ci sarò, vale anche per Dègel, non ti permetteremo di morire! Sai bene che... faremmo il possibile, anche oltre, per te!” finisco di dire, riacciuffando il suo sguardo.

“Marta... prima o poi né tu né Dégel riuscirete a fare più niente, so di essere condannato ad una vita breve sin dalla nascita, per questo sto cercando un avversario forte contro cui esaurire tutte le energie che possiedo, non voglio morire su uno stupidissimo letto!!! Devo fare in fretta, io... I-io avrei già dovuto essere morto da tempo, ma ho usato...”

“Ssshhh! Non mi devi dire niente se non te la senti... quando sarai pronto me lo racconterai, se vorrai, altrimenti te lo terrai per te. Non sei assolutamente obbligato a raccontarmi tutto di te, e comunque non è necessario perché sei una persona più che unica già così!” lo fermo, sorridendogli con dolcezza.

"Gli amici... non si raccontano forse tutto?" mi chiede, ricambiando il sorriso.

"I-io sono tua amica, Car, ma tu... tu..."

"Voglio esserlo, Marta, voglio camminare al tuo fianco e... e te lo voglio dimostrare! QUI E ORA!" afferma con decisione, accarezzandomi dolcemente una delle due ciocche di capelli che mi ricade sul petto, un poco simili, entrambe, a quelle che ha anche mio fratello. Lo sento toccarmi il petto, prima di salire sul collo, tracciarmi il livido violaceo per poi fissare di nuovo la sua espressione nel mio sguardo. Occhi celesti del sole che sorge sui miei blu, del dopo tramonto.

"Quando sei giunta qui... Dègel mi ha detto che eri ferita"

"Sì..."

"Dove? Contro chi hai...?"

"Crono il dio del tempo, o meglio contro uno che si è impadronito del suo potere e... ed è ancora nostro nemico, qui, ci ha portato costui in questo mondo! - lo accontento placido, un poco agitata nel ricordami di quegli avvenimenti - Mi ha... tagliato la vena del polso destro, voleva che morissi lentamente e... e ho una ferita sul petto abbastanza estesa, ma non è stata causata da lui..."

"Posso... posso vederla? - mi chiede, un poco titubante - Non ti farò del male, s-solo che..."

"Ti serve... per la prova a cui ti stai sottoponendo?" chiedo a bruciapelo, seria in volto.

"Sì, e... voglio conoscere tutto... di te! A-anche io ho una cicatrice al petto, sai?"

"Lo so, te l'ho vista... non hai problemi a girare nudo, al contrario di me, Car!" gli sorrido, serena.

"E' piccola e buffa, sembra una falcetta, te la farò vedere di nuovo, s-se, se..."

"Cardia, mi fido di te, ciecamente! Procedi... procedi come meglio credi!" lo incoraggio, non smettendo di guardarlo.

Lui annuisce, mentre le guance gli si imporporano, poi, lentamente, con la mano destra, mi scosta il peplo, già un poco scollato, in modo da scoprirmi il petto fino alla ferita, ormai cicatrice, situata proprio al centro dei due seni e segmentata in due ramificazioni a forma di v, quasi come un fulmine. Un bel ricordino della lotta contro il dio del tempo e della freccia di Sagitter scoccata per uccidere la parte malvagia di Crono, anche se non era realmente lui.

"Per la miseria, che diavolo! Come hanno potuto farti una cosa del genere?!" esclama, tastandomela con naturalezza, spalancando le palpebre nell'avvertire la mia pelle un poco ruvida.

"Ne hanno una simile anche Michela e Sonia, ma si riassorbirà, Cardia, non temere. I semidei hanno un potere di rigenerazione migliore di quello umano, è già notevolmente migliorata in questi giorni, non resterà più alcun segno, né a me né a loro!" lo tranquillizzo, affabile, adagiando la mano libera di fianco al mio busto. Lui sospira, sostando con il palmo lì e socchiudendo gli occhi, carpito da un altro suono che pare rasserenarlo.

Che strana sensazione... mi sta toccando il petto, eppure il disagio, lentamente, sta scivolando via, sostituito da una naturalezza disarmante. So che il mio corpo lo attrae, eppure... ora mi sento completamente a mio agio con lui, come se questa prova a cui si è sottoposto portasse anche me ad avere più confidenza con il mio fisico.

“Allora è così che batte un cuore sano; il tuo cuore, Marta! E' davvero meraviglioso, non avrei mai creduto di emozionarmi per una simile bazzecola! Continui a piacermi da impazzire, questo desiderio non posso certo scacciarlo, ma... ma ora so che, se voglio, posso anche controllarmi, essere tuo amico, perché il bisogno di averti vicina supera qualsiasi altra cosa!”

"Oh, Cardia..." lo chiamo intenerita, gli occhi lucidi, inarcando la schiena per alzarmi e togliermi da questa scomoda posizione. Vorrei abbracciarlo, continuare a parlare, chiedergli se per lui va DAVVERO bene così, perché forse ancora non si rende conto di quanto sia difficile la strada che vuole intraprendere, ma la porta che si apre con uno scatto, sbattendo contro il muro, mi impedisce di compiere qualsiasi tipo di azione precedentemente pensata.

“Marta, ascolta, io...

La voce di mio fratello Camus, prima pentita, si spegne improvvisamente quando i suoi occhi si posano su di noi ancora stesi bellamente a terra.

Vedo il suo sguardo, oltremodo stupito, soffermarsi sulla posizione insolita mia e di Cardia, sulla mano di quest'ultimo ancora sopra al mio petto, dove, tra le sue dita, si intravede la cicatrice, poi sull'altra mano che tiene ancora legato il polso sinistro sopra di me, infine sul fondo schiena di Cardia posato sulle mie cosce, proprio nel punto in cui il peplo, sollevatosi un poco per la caduta, appare stropicciato.

Oddio no! Fa che non pensi a...

“C-cosa... cosa diavolo stai facendo a mia sorella?! E'... è ferita!” sibila Camus a denti stretti, il tono della tempesta in procinto di abbattersi.

“Calmati, campione! Non so se hai notato che siamo entrambi allegramente vestiti e inoltre...” ribatte Cardia, in tono strafottente, infastidito dalla tempestosa venuta qui di mio fratello, che lui reputa probabilmente come una interferenza bella e buona, e infatti lo vedo scalpitare e sbuffare nervosamente.

"E'... è ferita, maledetto! E tu... tu la stai... proprio lì, s-sul..." comincia a ripetere ad intermittenza Camus, posandosi una mano tra i capelli, spalancando gli occhi e fremendo notevolmente.

"Ecco che non ci capisce più un cazzo! Ehi, ghiacciolo, posso capire l'essere protettivo, ma qui mi sa tanto che sei andato un poco in..."

Ma il cosmo di Camus è ormai prosciugato, me ne rendo conto un attimo prima dell'insorgere della bufera. E rabbrividisco.

Il movimento di mio fratello è repentino, quasi invisibile, ci consegna appena il tempo di staccarci uno dall'altro per evitare la terribile Polvere di Diamanti, che capovolge istantaneamente il letto e congela metà della mia stanza in un sol colpo, facendo precipitare la temperatura di diverse decine di gradi sotto lo zero.

“Non sei andato semplicemente in cimbali, sei TOTALMENTE svitato!!!” urla Cardia, guardandolo terrorizzato. Io stessa non riesco a muovere neanche un muscolo per lo stupore: Camus ha veramente attaccato come se fossimo due nemici?! Ho visto passare nei suoi occhi la scintilla della rabbia, ma non mi sarei mai aspettata un simile gesto! Mi guardo per un attimo intorno, terrorizzata, la mia camera è completamente a soqquadro, le pareti sono ghiacciate, alcuni vasi sui mobili sono caduti per terra... il colpo di Camus, sparato non di certo al massimo livello, non è stato nemmeno di lieve intensità: aveva tutte le intenzioni quantomeno di ferirci, sia a me, che a Cardia!

Rabbrividisco di nuovo, stavolta non per il freddo, per qualcos'altro di più terribile.

“PUSILLANIME! Non mi importa nulla delle tue motivazioni, del tuo irritante starnazzo, eri sopra di lei, dannato, le stavi schiacciando la ferita, l-la... - lo vedo barcollare, come a tentare di controllarsi, tutto inutile, quando sembra riprendersi è peggio di prima, del tutto irriconoscibile - TI AMMAZZO! Non permetterò ad un troglodita come te di mettere le sue sporche mani sulla sua pelle! Troppo hanno osato! M-me l'hanno uccisa, ed io... io... non la toccherete più. MAI PIU!” ulula furioso, facendomi accapponare la pelle a seguito della rivelazione. Lo vedo correre contro Cardia con tutte le intenzioni di ucciderlo per davvero, quasi non lo riconoscesse più, un comportamento assolutamente non da lui, sebbene non scorra buon sangue tra loro. Fortunatamente lo Scorpione è lesto a schivarlo, saltando di lato, poco prima di dirigersi verso la porta, seguito a breve distanza da Camus, che non perde tempo.

Agisco istintivamente, frapponendomi tra loro, quasi buttandomi su mio fratello nel tentativo di trattenerlo, abbracciandolo di slancio, spaventatissima. Le mie parole possono ancora raggiungerlo, forse...

“Camus, riprenditi, ti prego!!! Cardia non stava affatto...” provo ad intervenire, gli occhi lucidi e supplichevoli, lui per tutta risposta mi rifila un nuovo manrovescio che mi spinge brutalmente via, facendomi picchiare violentemente contro la parete vicina. Il respiro quasi mi si mozza, data l'intensità del colpo.

“Tu stai zitta, sgualdrina, penserò dopo a te!” mi ammonisce, completamente fuori di sé dalla rabbia. Vedo la furia cieca nei suoi occhi; occhi che non mi vedono realmente ma che sembrano quelli di una belva. Neri... neri come la pece, esattamente come contro il Mago.

Soffoco dentro di me un singhiozzo, terrorizzata da quella presenza sovrumana che ho davanti, e la vedo, quell'ombra scura che lo domina e lo manipola... no, quello che ho davanti non è mio fratello, ne sono certa, come ne ero certa nella radura.

"Ca-Camus!" lo provo a chiamare, in tono strozzato, ma una luce scarlatta, piccola ma letale, lo colpisce in pieno addome, facendolo piegare in due per il dolore.

"Cardia, NO! Non è in sé!" provo ad avvisarlo, supplichevole, ma il mio amico sembra tanto fuori di sé dalla rabbia quanto mio fratello. La situazione sta precipitando...

"Stronzo! - sibila tra i denti, furioso, lanciandogli un'altra cuspide nel basso ventre, senza alcuna pietà - A tal punto sei uscito fuori di senno, Camus?! Hai appena dato della troia a tua sorella, ed io questo non te lo posso perdonare! Ringrazia che Marta ti vuole bene, altrimenti sarei io ad AMMAZZARTI, qui e subito!" ringhia, sparando una terza cuspide, stavolta di avvertimento,ai suoi piedi.

"U-urgh... grrrr!" mio fratello non risponde neanche più verbalmente, semplicemente si rimette in piedi, gli occhi nero pece puntati solo verso di lui, mentre cristalli di morte, anche loro più scuri rispetto al candore del suo cosmo, gli danzano intorno. Ormai non vede altro che lui, non sembra neanche percepire il dolore.

“Molto bene, così sia, Camus! Prenditela pure con me, con qualcuno della tua taglia, ora sì che cominciamo a ragionare!” esclama Cardia, uscendo di scatto dalla porta, convinto di farsi inseguire, cosa che infatti avviene, perché mio fratello non esita a pedinarlo, più o meno come una belva che ha localizzato la preda. Mi spariscono dalla vista, prima che io possa compiere la più piccola azione.

Rimango incantata a fissare l'uscita, ancora seduta a terra a seguito dell'urto, la guancia colpita mi brucia talmente tanto da farmi quasi lacrimare l'occhio; poi finalmente un gran baccano al piano di sotto mi fa ridestare dal torpore, dandomi la forza di volontà sufficiente per alzarmi.

Scendo le scale a tutta birra e, una volta arrivata nel corridoio, noto Dègel un poco intontito per terra con una marea di libri a poca distanza da lui; Francesca e Michela, che danno l'idea di essere sopraggiunte a loro volta a seguito del rumore, lo stanno aiutando ad alzarsi.

“Marta, che diavolo è successo?! Mi sono ritrovato addosso Cardia che fuggiva disperatamente da un Camus particolarmente... collerico! Santi numi, ma quello era veramente Camus?! Il suo cosmo era tremendamente ostile, quasi irriconoscibile!” asserisce Dègel, iniziando a raccogliere i libri per terra.

“In che... direzione sono andati?!” lo interrogo, agitata, non degnando la sua domanda. Il mio tono strozzato mi tradisce, spingendo l'antico Acquario a scrutarmi il volto

“V-verso la Casa del Capricorno e... Per Atena, cosa è successo su in camera? Sembra quasi che ti abbiano...”

“Dannazione, non sono io il problema, ma Cardia! Si è sentito molto male stanotte e Camus vuole ucciderlo!” proferisco velocemente. trafelata, raggiungendoli.

Il rumore di libri nuovamente caduti per terra, ancora prima della sua espressione, mi fa ben comprendere il suo sconcerto.

“C-cosa?! Intendi che ha avuto uno dei suoi attacchi?!?"

Annuisco un poco brusca, sto perdendo tempo con loro, non posso dilungarmi in spiegazioni superflue, devo fermarlo: "Se non facciamo niente, Camus lo ucciderà per davvero!"

"Marta... - boccheggia Dégel, cercando di prendermi la mano per tranquillizzarmi, vedendomi così agitata - E' vero, non scorre un buon rapporto tra loro, ma tuo fratello non farebbe mai..."

"Quell'essere ha solo la fisicità di mio fratello, non è lui, basta perdere tempo!" esclamo, correndo via. Sono stata secca, oltremodo sgarbata, ma è il momento di agire questo, non di fermarsi a chiacchierare.

“Veniamo anche noi, se è come penso, non è affatto un buon segno!” afferma a sua volta Francesca, risoluta, venendomi dietro mezza zoppicante a seguito delle ferite riportate nella precedente battaglia.

Michela fa lo stesso, non aprendo però bocca, indice della sua preoccupazione per quanto appena visto, anche Dégel ci segue, perché lo sento bisbigliare tra sé e sé un: "Accidenti, Cardia, sei uno stupido, perché non mi hai avvertito che stavi così male?! Sciocco..."

Scendo a capofitto le scale che collegano i vari templi, quasi avessi le ali ai piedi; per fortuna il cosmo furibondo di colui che si è impossessato di Camus si percepisce distintamente, quindi riesco a capire bene dove si stiano dirigendo,e quel luogo è l'ottavo tempio dello Scorpione Celeste.

“Marta, come fai ad andare così velocemente nonostante le ferite e i danni riportati nella precedente battaglia?” mi domanda ad un tratto Michela, seguendomi a breve distanza con estrema fatica.

Senza smettere di correre mi volto leggermente verso lei, Francesca e Dègel... è vero, sono più veloce nonostante il dolore che mi procura il richiedere uno sforzo simile al mio corpo. Effettivamente non me lo spiego, è come se sentissi un'energia inesauribile dentro di me, neanche avessi le batterie nuove incorporate. So solo che devo fare in fretta, correre, correre e ancora correre, la situazione è disperata! Se davvero, come penso, il nemico è riuscito a possedere Camus, anche se non mi spiego come ci riesca, è necessario rompere al più presto tale collegamento, limitando le conseguenze sul sul corpo che sicuramente ci saranno. Maledizione! Non posso dare adito al male sempre più fitto, né alle giunture scricchiolanti: la persona a me più cara è in grossi guai!

“Camus, te lo chiederò una seconda volta, perché esigo una risposta: che intenzioni hai?”

La domanda di Milo giunge alle nostre orecchie nel momento medesimo in cui varchiamo la soglia della sua casa, spingendoci ad affrettarci ulteriormente.

Giungiamo nella parte centrale del tempio, trovandovi Camus girato di spalle rispetto alla direzione da cui proveniamo, Milo a fronteggiarlo a poca distanza da lui, caparbio, con le braccia un poco alzate per proteggere Cardia inginocchiato sul pavimento con la mano sopra il cuore e il fiato corto. Praticamente si regge a Sonia, accucciata al suo fianco, densamente preoccupata, mentre scocca occhiate nervose verso i due contendenti.

"Cardia...cosa hai fatto a Camus? Non l'ho... non l'ho mai visto così..." la sento chiedere apprensiva all'amico.

"Deve... deve essere per forza stata colpa mia, anf? I-io... uff, non credevo neanche di arrivarci qui!" biascica, sorreggendosi ulteriormente a lei, da quanto è stremato.

"Cardia!" lo richiama lei, tenendolo da sotto le ascelle, sempre più preoccupata.

Accenno un passo nella loro direzione, prima di essere fermata da Francesca.

“Marta, prudenza! Se quel che penso è vero... il Mago tiene in ostaggio Camus, non possiamo fare alcun passo falso!”

"Ci sei arrivata anche tu, eh, Fra? E quindi cosa dovrei fare? Abbandonarlo? Abbandonare mio fratello?!"

"No, ma neanche caricare a spron battuto. Quello ti vuole secca, e ha il pieno controllo su tuo fratello, te ne rendi conto, vero?"

Annuisco cupamente, concentrando la mia attenzione sulla scena che abbiamo davanti: Camus e Milo sono sempre uno davanti all'altro; il primo freme dalla rabbia, il pugno alzato per attaccare, gli arti irrigiditi da qualcosa di oscuro e deforme; il secondo non cede di un millimetro, continuando a fissarlo per studiarlo a fondo. Non c'è benevolenza negli occhi di Milo di Scorpio, anzi il suo corpo è pronto a balzare all'attacco ad ogni minimo accenno di pericolo.

"Camus, pensi di parlare, oppure..."

"Grrrr, levati di... torno..."

"E' già un inizio, anche se non dei migliori..." ironizza, cercando di punzecchiarlo con l'ironia, cosa che gli riesce piuttosto bene.

“Grrrr, togliti dalla mia strada, Scorpio! - ribadisce per l'ennesima volta, fremendo con maggior forza - Non nutro alcun interesse per te, ma quel bitorzolo là, che ti ostini a difendere, frapponendoti tra me e lui, deve pagarla cara!”

Milo inarca un sopraccigli con fare inquisitorio, mentre dietro le sue spalle Cardia cerca di opporsi: "Ma quanti complimenti, anf, bitorzolo a c..."

"STAI ZITTA, PULCE SCHIFOSA!"

E' stato mio fratello ad urlare, con voce non sua, prima di stringersi la testa fra le dita, con foga talmente inaudita da spaventarci tutti quanti e cominciare a scrollarla senza più alcun controllo.

"Cardia... perdonami, temo di dover concordare con lui, è meglio se taci, la tua voce lo fa sclerare solo di più... - lo avvisa Milo, ammiccando con lo sguardo, prima di tornare a concentrarsi sul suo migliore amico - Perché questo, Camus? Perché ce l'hai così tanto con lui?!" chiede ancora, sperando di farlo ragionare.

"L-la mia... urgh... Me la stava uccidendo, s-stava facendo del male a... Marta..."

"A Marta? - ripete, calmo, squadrando prima me e poi la sua precedente vita, che scrolla la testa come a dire di no, che non lo farebbe mai - Dubito che Cardia possa fare del male proprio a lei, forse a te, che sei uscito di senno, ma non a lei, anzi, per essere arrivato ad usarti contro la Cuspide Scarlatta devi essere stato tu una minaccia per lei, non vedo altra spiegazione!" analizza la faccenda Milo, con audacia e sicurezza.

Lo fisso incredula, per un breve istante ho l'illusione che lui, da solo, possa riuscire a placarlo, essendo un così abile oratore, ma mio fratello, dopo un breve attimo di esitazione, non indietreggia di un millimetro.

"Era sopra di lei, la stava toccando... è ferita, ME l'hanno ferita, l-la mia... Marta! Era sopra di lei, le stava facendo male, la stava per... MALEDETTO, lo ucciderò con le mie mani!" ripete più volte lui, piegandosi su sé stesso più volte, come se provasse un dolore indicibile.

Camus è totalmente snaturato davanti a tutti noi, eppure i suoi discorsi, per qualche ragione, hanno un sostrato di logicità che dipende direttamente da lui. Non comprendo bene come sia possibile, fosse davvero il Mago non sarebbe così ansioso di proteggermi da un presunto pericolo, e allora perché? Eppure è anche come se la sua voce non appartenesse più a lui, risultando più acuta e profonda.

"Amico mio... - tenta il primo avvicinamento Milo, con cautela - Ecco dove ti porta il tuo continuare a non volerti sfogare con noi, vedi? Non ne puoi più, sei al limite, ma non ti fai aiutare. Non puoi continuare così, non dopo quello che hai passato!

"L-lui... la voleva stuprare, M-Milo, l-la mia..."

Per un altro, folle, secondo, la speranza di poterlo calmare si intravede nell'aria, per la seconda volta grazie alle parole dolci dello Scorpione, ma è di nuovo Cardia, indignato, a voler prendere nuovamente la parola. Erroneamente.

“Io... io cosa?! Pensi davvero che avrei potuto violentare tua sorella?! Le... le voglio bene, Camus! Ripigliati subito, o...” strepita, ma il raggio ghiacciato lanciato da mio fratello lo costringe a desistere.

“NON DIRE STRONZATE! L'ho ben notato che sbavi per lei, è lampante! Tu vuoi approfittarti della sua ingenuità e inesperienza, razza di vigliacco! Ed io... NON TE LO PERMETTERO'! GIAMMAI!" si spolmona, fuori di sé, bypassando Milo per arrivare a lui e colpirlo, ma è il turno di Sonia di mettersi in mezzo, braccia e gambe divaricate, imprimendo i suoi occhioni verdi in quelli di mio fratello nella speranza di dargli un freno.

"No, Camus... dovrai passare sul mio corpo, prima!" asserisce, determinata, facendomi rabbrividire.

Mio fratello esita ancora, per un solo istante, prima di riprendere il tragitto, come se nulla fosse: "E sia, dunque!"

Il coraggio della ragazza viene meno a seguito di quella breve, brevissima, frase, lo vedo nella sua espressione, un poco smarrita, lo percepisco dal suo indietreggiare e, non in ultimo, dal fremito delle sue labbra, mentre Cardia, dietro di lei, alzandosi in piedi con nuovo vigore, le circonda il petto con un braccio come a volerla proteggere.

Ci ammutoliamo, valutando l'imponderabile. Che non sia in sé è chiaro a tutti, ormai, so anche chi c'è dietro a tutto questo, avverto la sua aura, ma passare all'attacco è tutto un altro paio di maniche. Il corpo è di mio fratello, sono sicura che ci sia ancora la sua coscienza dentro, non è svanita, se gli faccio male sarà lui a soffrire, ma... come riportarlo alla superficie, se non per mezzo del dolore, come far riaffiorare la sua consapevolezza senza arrecargli danni?! Oh, Camus...

Un altro fascio di energia luminosa rossa saetta sul pavimento, creando un solco di diversi centimetri tra Camus, che avanza ad oltranza, e Cardia che trattiene Sonia di lato, preparandosi a spingerla via per evitare rimanga contusa in caso di attacco da parte dell'Acquario. Un secondo dopo, vedo Milo balzare tra loro, spintonando il suo migliore amico indietro ed estraendo il pungiglione dello scorpione dall'indice con l'intento di minacciarlo. La sua espressione è nuovamente mutata, sembra fatta di bagliori rosso cremisi.

“Camus, sei mio fratello e ti voglio un gran bene, ma non sei solo tu ad aver qualcuno da proteggere! - esclama, caparbio, serrando la mascella e stringendo a pugno la mano che gli ricade sul fianco – Ti perdonerei di tutto, ma tocca Sonia anche con un solo dito e ti spacco la faccia, persino a te! MI HAI SENTITO?!"

"Grrrr... TOGLITI, o io..."

"O io cosa, mi uccidi?! Non lo puoi fare, Cam, siamo amici, so che sei lì dentro, non mi faresti mai..." prova riscuoterlo a parole, ma l'aria congelante che lo colpisce violentemente in faccia, gli blocca per qualche istante il respiro. Annaspa, cadendo su sé stesso, il ginocchio sinistro per terra, il destro piegato nel tentativo di sorreggere l'intera struttura, che sussulta più volte, preda di brividi di freddo.

"Milo!!!"

Sonia vorrebbe correre da lui, ma Cardia la trattiene per le spalle, mordendosi il labbro inferiore e fremendo in direzione di Camus: "Sei proprio un pezzo di merda... - sibila, tra i denti - E mi riferisco a te che lo possiedi e che lo spingi ad attaccare, non solo sua sorella, ma persino il suo migliore amico! Vuoi proprio isolarlo da tutti, eh?! VILE!"

“TACI! Ucciderò chiunque osi toccarla, chiunque si frapporrà tra me e lei!” dichiara spasmodicamente, congiungendo le mani davanti a sé per attaccarlo con il suo massimo colpo.

Sussulto a quella piena manifestazione del tutto estranea. E capisco. Capisco che, stavolta, malgrado l'ambiguità nel parlare, è stato il Mago ad esprimersi in siffatta maniera. Lo sta soggiogando, se non ci opporremo sarà impossibile riportare Camus indietro. Impossibile. Tardi... no, non lo posso permettere!

“Camus, lasciali stare! Recupera il controllo ora, per le persone che ami!” interviene anche Dègel, dirottandosi in avanti per bloccare la sua futura reincarnazione da fare ulteriori danni.

Mi guardo velocemente intorno, la concentrazione ai massimi livelli. Michela e Francesca sono come congelate, la prima ancora confusa dall'atteggiamento del maestro, la seconda come totalmente incapace di compiere qualsiasi azione; Milo è ancora a terra, sta cercando di recuperare fiato, perché l'attacco di Camus deve essergli arrivato fino ai polmoni; Cardia e Sonia sono ancora lì, una tra le braccia dell'altro, nonostante vorrebbero agire non possono a loro volta, la ragazza perché è bloccata dalle sue mani, e il mio migliore amico perché è troppo stremato per opporsi.

No, così non va... sono troppo tesa, sto facendo troppo affidamento sui cinque sensi basilari, ma non è grazie a loro che posso localizzare quel bastardo, mi serve altro, il sesto, l'intuizione, per poi avvicinarmi al settimo, quello proprio dei Cavalieri d'Oro... devo farlo, assolutamente, è questione di vita o di morte!

Con un titanico sforzo chiudo gli occhi, mentre, quasi inconsciamente, le mie labbra pronunciano poche, semplici parole tra me e me: "Tu che sei dentro di me, ti prego, dammi la forza... - invoco, in tono solenne, mentre un calore immane, a stento controllabile viene a galla - ...Seraphina, ho bisogno del tuo aiuto!" esclamo, spalancando di riflesso le palpebre. Non sono più dove ero, ma sono esattamente dove voglio essere, anche se per poco. Sorrido, soddisfatta.

 

Hai indovinato, Scorpione del Settecento, patetico rifiuto umano insalubre di un unione altrettanto patetica, quella dei tuoi genitori, che non sono stati in grado nemmeno di farti nascere sano... Io voglio isolare Camus da voi, renderlo solo, possederne il corpo, come sto già riuscendo egregiamente a fare, sebbene il vostro amico ogni tanto si dimostri un po' recalcitrante e scalpiti, cercando di opporsi al mio controllo! Non ci devono essere interferenze tra me e Marta, questa è una guerra tra me e lei, voi siete solo delle mere pedine, null'altro! Avrete di certo il vostro ruolo in questa storia, la vostra specialità, il vostro momento di gloria, ma...

 

"Ma...? Oh, ci siamo ammutoliti, adesso? Oppure non ti aspettavi di vedermi qui?" lo incalzo, spietatamente, guardandolo torvo. Lui quasi cade a terra nell'indietreggiare, la sua espressione smarrita, quasi spaventata, mi da un senso di compiacimento difficile da controllare. Gli rivolgo un nuovo sorriso di scherno, osservando con attenzione le tenebre intorno a noi allo scopo di soffermarmi su maggiori dettagli possibili.

"Sai.. su una cosa concordo con te: questa lotta è tra me e te, nessun altro! Proprio per questo non ti permetterò di fare il bello e il cattivo tempo con le persone che amo! Ora posso agire, sì, posso agire CONTRO di te per proteggere mio fratello e tutti gli altri, posso perché ora ne ho la forza e sei stato proprio tu a darmela! - gli urlo irata, prima di alzare l'indice della mano destra sopra le mie spalle. Lui inorridisce, ancora una volta sempre più incredulo - CATEGORICAMENTE non ti permetterò più di toccare e insudiciare Camus con le tue sporche mani, non sfioreraii più la sua anima, che è anche quella di Dègel! GRAN KOLISO!"

Simultaneamente, anche la me stessa che è rimasta con i piedi ben ancorati al pavimento dell'ottava casa agisce con un scatto fulmineo, frapponendosi tra Cardia, che ancora abbraccia Sonia, e mio fratello, fissando quest'ultimo dritto negli occhi, come poc'anzi aveva fatto Milo. E' ancora una volta il vuoto l'unica cosa che riesco a scorgere dentro le sue iridi, ma stavolta, in fondo al pozzo scuro sono i suoi occhi, fatti di acqua nera e profondissima, vi scorgo una piccola, fievole, luce, che tuttavia significa tutto: posso ridestarlo... ora!

“Camus, devi combattere, coraggio! Lo sto trattenendo, ma devi essere tu a buttarlo fuori, con tutto te stesso! Puoi farlo, lo so, sei il mio... sei il mio eroe! Non permettere a quel bastardo di servirsi del tuo corpo a suo piacimento, sei uno dei dodici Cavalieri più forti della dea Atena, non puoi cedere così! Ti prego, ritorna da noi! DA NOI, DALLA TUA FAMIGLIA!” lo supplico, sempre più concitata, lasciando trasparire tutto l'orgoglio, l'affetto, che provo per lui.

Le mie parole hanno l'effetto sperato: Camus indietreggia di qualche passo, tenendosi la testa tra le mani e piegandosi in avanti, opponendo così una nuova, più decisa, resistenza. Nello stesso momento un'ombra scura esce da lui; un'ombra con le sembianze di un volto urlante, che tuttavia gli circonda ancora il collo tramite del fumo nero che affatica ulteriormente il suo respiro. Non c'è verso di farlo allontanare, vuole portarlo con sé, maledetto, non posso permetterglielo! Il colpo di prima, ovunque mi trovassi, mi ha fiaccato, devo ripeterlo anche qui per farlo andare via da questa dimensione.

“Ca-Camus... tra poco sarai libero, stringi i denti! Gran... Koliso!” esclamo con rabbia, dirigendo il mio colpo verso l'ombra niente, che strilla come in preda ad un forte dolore, prima di fuggire verso il soffitto, creare una sorta di breccia nello spazio-tempo, e dileguarsi nel nulla.

Un rumore assordante, una luce improvvisa, strizzo le palpebre, cercando di non richiuderle. Mio fratello è a poca distanza da me, abbastanza vicino per riuscire a scorgergli l'espressione sfinita del volto, ma troppo lontano per poterlo toccare. Improvvisamente le sue gambe cedono, ma non gli permetto di cadere, balzando in avanti per afferrarlo al volo. Non ho forze, ancora una volta, per sorreggerlo, solo per accompagnarlo a terra, facendolo inginocchiare delicatamente e permettendo al suo volto di posarsi sulla mia spalla sinistra. La mia testa automaticamente affonda tra i suoi folti capelli, trasmettendomi così il consueto profumo frizzante di foresta boreale che lo contraddistingue. Gli scosto dolcemente i ciuffi della frangia che gli ricadono sulla fronte per riuscire finalmente a scorgergli il viso. Sospiro sollevata, accorgendomi che fortunatamente sembra essere solo svenuto. Mi rilasso completamente, accarezzandogli la nivea guancia e buttando fuori aria, che avverto pressarmi in petto.

"Va tutto bene, Cam... sei qui, con noi... va tutto bene!" provo a rassicurarlo, tremando.

Più nessuno ha il coraggio di parlare, l'unico rumore presente nella sala è quello dei nostri respiri fin troppo accelerati per gli ultimi fatti accaduti.

“Cosa... cosa è infine successo? Il ghiacciolo è tornato in sé o è ancora qualcun altro?” chiede Cardia, scettico, rompendo il silenzio fra noi e accennando qualche passo nella mia direzione. Anche se ha tentato di nasconderlo, in realtà, si capisce benissimo il suo sfinimento.

"S-sì, è lui, è Camus, anf... - lo rassicuro, girando appena il collo nella sua direzione per poi mostrargli l'espressione esausta di mio fratello, ancora adagiato sulla mia spalla - Ce... ce l'abbiamo fatta!" dico ancora, trattenendo a forza un singhiozzo e aumentando la stretta.

Avevo così paura di smarrirti per sempre, ma... sei qui, sei qui, fratellino, grazie al cielo!

"Pe-perfetto, almeno una cosa l'abbiamo risolta, il punto è che... come diavolo è successo?" chiede ancora Cardia, grattandosi la testa e inarcando un sopracciglio, mentre si fiancheggia a Milo, ancora per terra, una mano sul petto e gli occhi, sorpresi come non mai, puntati verso di me.

“Non... non avete visto niente, voi? Quell'ombra scura... era il nemico, no?” domando a mia volta, confusa.

Tutti i presenti esclusi me e mio fratello, ancora incosciente tra le mie braccia, negano con la testa, del tutto allibiti. A quanto pare... solo io sono riuscita a distinguerla, come è possibile ciò? Quindi... quel fumo nero attorcigliato al collo di Camus... neanche quello sono riusciti a distinguere?

“Io... io ho visto solo che hai lanciato il 'Gran Koliso' e che il colpo è andato a cozzare contro il soffitto. sei stata virtuosa, Marta, la potenza era tremenda, tuttavia perché il colpo è andato a sbattere lassù? Hai... forse distinto qualcosa? Forse l'ombra che controllava Camus?” mi interroga Dègel, guardandosi intorno, stordito e arrivando alla conclusione, come sempre, per via deduttiva.

Li fisso sgomenta uno ad uno, nessuno dei presenti ha visto con nitidezza ciò che è successo, tutti mi chiedono spiegazioni sulle mie azioni, per i fatti accaduti, e tuttavia io non ne so niente! Quell'ombra scura, uscita dal corpo di mio fratello, non è più presente in questa dimensione. Sono sicura di averla colpita e, prima ancora, di aver colpito anche il Mago, mi trovavo lì, con lui, ne ho visto la stanza, eppure sono sempre rimasta qua, perché ho agito simultaneamente. Mi sento spossata, stremata, ho un vuoto nella mia testa e, per l'ennesima volta ho fatto cose strampalate, come troppo di frequente sta accadendo da quando sono qui, eppure, ora le riesco a rammentare con discernimento queste cose inspiegabili: io... davvero ero in due posti nello stesso momento e, per farlo, per attingere a quel potere, ho espressamente chiesto l'aiuto di Seraphina, che è qui... dentro... E' DENTRO ME! Non c'è più alcun dubbio!

E' dentro di me perché io stessa sono... ERO... Seraphina e, sotto quella forma, ho combattuto per davvero contro il Mago!

“Marta...”

La voce flebile di mio fratello placa immediatamente le mie disperate cogitazioni, accelerando al contempo i battiti del mio cuore e dandomi una parvenza di calma. Mi ritrovo ben presto a buttare fuori aria, stringendolo ancora di più a me, mentre lui muove debolmente la testa, tentando di raddrizzarsi, ma non ce la fa, è stremato.

“Stai tranquillo, Camus, è tutto finito! - gli sussurro dolcemente, accarezzandogli i lunghi capelli, rigettando a forza i singhiozzi dentro di me - Per... per fortuna sei tornato tra noi, fratellino! Ci hai... terrorizzato, ma ora sei qui, SEI QUI!”

I suo occhi, pur tremendamente stanchi, sono come quelli di sempre, ben fissi sulla mia figura e velati da un rimorso ben tangibile, riesce infine di mettersi dritto, sebbene le ginocchia siano ancora per terra ed io debba sostenerlo, perché da solo non ce la fa. Con enorme fatica, alza un braccio nella mia direzione, sfiorandomi con le dita il segno rosso sulla guancia dato dal suo colpo. Singhiozza, senza riuscire minimamente a trattenersi.

“Mi dispiace! Mi dispiace, piccola mia... rammento molto a sprazzi i fatti accaduti, ma ricordo sin troppo bene di averti fatto del male e averti detto una parola terribile... - biascica mio fratello, sull'orlo delle lacrime, incurante di trovarsi in mezzo agli altri - Per Atena, cosa... cosa ho fatto! Io non..."

Si sta agitando tantissimo, facendosi venire le palpitazioni, posso ben avvertire il suo cuore tamburellale disperatamente contro il mio, da quanto va veloce. Non gli fa bene, respira male, è spaventato, sfinito, disperato, lo avverto distintamente. Talmente fragile che rischierei di ucciderlo, se lo stringessi un altro po'...

“Ssshh! E' tutto finito adesso, fratellino, ti prego calmati, non ti fa bene reagire così, non eri in te, non sei stato tu a colpirmi! Calmati..." lo cullo, modulando la voce, ma lui sembra sempre tanto, troppo spaventato, scrolla la testa, serrando le palpebre, mentre ricade in avanti non riuscendo più a stare dritto. Devo sorreggerlo con tutte le mie forze, ma il cuore gli continua a battere nel petto all'impazzata, talmente tanto da farmi preoccupare.

"N-no, ha... ha usato il mio corpo, ed io non sono riuscito a impedirglielo, sono un debole, un..."

"Questo non lo voglio sentire, Camus, devi smetterla di colpevolizzarti per ogni cosa, non ti fa bene, NON TI FA BENE!" imprimo la mia voce con una tonalità un poco rude, pur continuando ad abbracciarlo, lui tace per una serie di secondi, il suo corpo trema, come uno scricciolo in un nido.

Rabbocco aria, tornando a passare la mano sulla sua lunga chioma, un poco ribelle e un poco liscia, abbasso la voce il più possibile, volendo comunicare una cosa solo a lui: "Va tutto bene, piccolo, non devi aver paura di mostrarti fragile agli occhi degli altri, non lo sei, lo sai, troveremo un modo per salvarti!"

Camus annuisce debolmente, continuando però a tremare, mi fa tanta tenerezza. Tento di non dare peso al senso di straniamento che mi ha colto nel definire mio fratello maggiore 'piccolo', ma non avevo altro modo per tranquillizzarlo.

Passano una serie di secondi e lo avverto placarsi un poco, decido quindi di staccarmi leggermente da lui, pur rimanendo in contatto, ma lui mi trattiene, desiderando rimanere ancora un po' lì.

"T-tienimi stretto, per favore..." riesce infine a farfugliare la richiesta, che mi fa stringere il cuore, mozzandomi il respiro.

"Oh, Camus..." lo cullo sempre dolcemente, in attesa che torni il guerriero che tutti conosciamo, il mio eroe.

Finalmente riesce a calmarsi definitivamente, dopo poco si stacca da me, pur mantenendosi vicino e nella stessa posizione di prima. Non riesce più a guardarmi in viso, i suoi occhi blu profondi fissano il pavimento a poca distanza da noi. Sembra tornato pienamente lucido, eppure la sua espressione non fa presagire nulla di buono. E' come una presa d'atto sulle sue condizioni... rabbrividisco.

“Dagli ultimi avvenimenti, è chiaro che io sia un pericolo per tutti voi... fatico a ricordare, fatico a riacciuffare il nesso logico delle numerose immagini che mi affollano il cervello. Forse... forse dovreste davvero valutare l'idea di sigillarmi in qualche maniera, o comunque di rendermi inoffensivo... prima che sia troppo tardi...”

Le sue parole mi paralizzano totalmente, un grande vuoto si impadronisce di me, come se fossi aspirata dalle sue iridi oscuramente profonde. La cosa più terribile è che, una vocina dentro di me, asseconderebbe anche questo suo volere, percependolo come pericolo, ed è semplicemente terribile, mi fa stare male, mi fa...

“Non dire assurdità, Cam, non eri in te! Non sei tu a dover essere sigillato, ma quel mostro!” interviene Milo, avvicinandosi un poco traballante a noi. Negli occhi ha ancora quell'espressione severa mista alla più cocente preoccupazione, ma poco dopo si ammorbidisce, sorridendogli con affetto.

“Milo... hai visto quello che ti ho fatto, no? Non voglio che... che si ripeta. P-posso fare anche di peggio, se quello...”

“Ahaha! Cosa vuoi che sia stato! Una brezza fresca contro la calura estiva, ne avevo giusto bisogno!"

"M-Milo..."

"Sei tu a stare male ora... ehi, riesci ad alzarti? - gli chiede poi, chinandosi verso di lui per studiarlo attentamente - Sei stato colpito da due cuspidi di Cardia, sebbene lui sia stato attento a non sollecitare i nervi, dovremmo medicarle, hanno un po' spurgato" gli fa notare, indicando le due macchiette di sangue che si sono venute a creare sulla sua maglietta.

"Non... non ha importanza, Milo, ti ho ferito, è questo che non mi posso perdon..."

"Aha, sei la solita piattola che si da colpe che non ha! Coraggio, riesci ad alzarti?" chiede ancora ottusamente, prendendolo da sottobraccio.

Camus prova ad opporsi, rifiutando il sostegno dell'amico per la solita questione dell'orgoglio, ma quando si rende conto di non riuscire a reggersi in piedi da solo, poiché le gambe gli tremano e minacciano di afflosciarsi, deve accettare di farsi praticamente condurre da lui.

Milo fa così qualche passo verso l'uscita, sotto gli sguardi attenti di Dègel e Cardia, che non si perdono un movimento. In particolare lo Scorpione tenta di ricercare lo sguardo dell'amico che, tuttavia, rifiuta il suo appoggio visivo. Li guardo con apprensione, mentre l'antico Scorpione, sospira sonoramente. La distanza che li separa è ancora percettibile, malgrado Dégel sembri assai meno ostile rispetto a prima.

“Noi po-possiamo fare qualcosa, Milo?" chiede Michela, il cuore gonfio di pena nel vedere le condizioni del suo maestro.

"Qualunque cosa... volgiamo renderci utili!" le fa eco Francesca, ancora visivamente sconvolta per tutti i fatti precedenti.

"Mmmh, sì, precedetemi alla Casa della Giara del Tesoro, Camus ha bisogno di un letto pulito per riposare e di medicamenti, pensate di poterlo fare?"

Le mie amiche annuiscono cupe e si allontanano di corsa in direzione del tempio dell'Acquario senza perdere ulteriore tempo.

Rimango ritta in piedi, indecisa sul da farsi, sto quasi per dire a Milo che avrei bisogno di parlargli, una volta che avrà terminato di curare mio fratello, ma un nuovo, potente, capogiro mi priva totalmente dell'equilibrio, mentre un brivido scorre lungo la mia spina dorsale. La vista mi si offusca, trasportandomi in tutt'altro posto.

 

Maledizione, è passato al contrattacco!”

Come prima, ma indipendentemente dalla mi volontà, mi ritrovo in un ambiente scuro e non ben definito, legata per i polsi e per terra, lo riesco ben a percepire, malgrado mi stia sforzando di mantenere gli occhi chiusi per tentare di oppormi. Ad un certo punto però, avverto una mano adunca passarmi tra i capelli e il viso per poi scendere, senza un goccio di premura, in mezzo al seno e lì sostare. Spalanco le palpebre, tremando per il disgusto, trovandomi davanti proprio lui, il Mago, con il fiato sul collo, vicinissimo al mio corpo, TROPPO, vicino.

"Ci si rivede, ma che piacere!" mi canzona, ghignando, schiacciandomi volontariamente il petto, dove vi è la cicatrice.

Scalpito, provando a calciarlo via con movimenti a vuoto: "STAI LONTANO DA ME, VISCIDO VERME!" urlo, in preda alla furia, sentendomi profanata.

"Stai tranquilla, non rispecchi MINIMAMENTE i miei gusti! - la butta lì, di nuovo con quel suo disgustoso inumidirsi le labbra con la lingua come aveva fatto con Camus. E capisco, una volta in più, rabbrividendo - Vorrei solo farti arguire quanto tu sia sciocca ad usare poteri che non conosci, anche se, devo ammetterlo, mio malgrado, mi hai stupito, ragazza mia! ” ghigna, mentre, sempre con le mani, scende, arrivando più giù, passando una delle mani sotto il peplo e fermandosi.

Mi irrigidisco ancora di più, sempre più schifata, stringendo istintivamente le cosce per impedirgli di andargli oltre, che ribrezzo, che... che... No, devo stare calma, non posso cedere, mi ritrovo nuovamente in questo suo mondo, riconosco lo specchio tramite il quale ci osserva, a ora mi devo concentrare sui ulteriori dettagli, forse sulla scacchiera posta sul tavolo, oppure sulle decorazioni a forma di dragoni delle colonne. Devo... prendere tempo!

"Se non rispecchio i tuoi gusti, se ti ho stupito, non merito, almeno, un premio di consolazione, prima di finire uccisa da te?" ironizzo, guardandolo con espressione decisa, lui per tutta risposta ride, togliendomi finalmente la mano da sotto la veste, ma continuando a sormontarmi, mentre l'altro palmo si posa sotto il mio mento, sollevandomelo a forza per sottoscrivere quel suo senso di onnipotenza che avverto da qua e che mi schifa ancora di più.

Certo che ti deve proprio piacere avere gli altri alla tua mercé, fargli quello che vuoi. TU... MI DISGUSTI!

"Ma io non ti voglio uccidere, non ora, almeno, i tempi non sono ancora maturi, del resto. Volevo semplicemente complimentarmi con te. Sapevo dei tuoi poteri latenti da Sciamana, ma non mi sarei mai aspettato che li potessi già dimostrare anche in questa nuova vita, con una tale destrezza! - mi lusinga, falsamente cordiale, obbligandomi a voltare viso dall'altra parte, perché intanto non posso far davvero niente, sono prosciugata - Hai usato la tua proiezione astrale per attaccarmi simultaneamente sia qui che nel tuo mondo, agendo così mi hai separato temporaneamente da ciò che è mio di diritto: il corpo di tuo fratello!"

Oh, e lo rifarei altre 100, 1000 volte, sai? Amo prenderti a calci in culo ad intermittenza! Tu fallo un'altra volta, prova ancora a possedere Camus e ti ammazzo, senza se e senza ma!" lo minaccio, fingendo baldanza.

"E con quali energie? Sei... stremata!" mi fa notare lui, insinuandosi sotto il peplo, di nuovo, stavolta andando oltre, pizzicandomi la pelle del basso ventre e procurandomi un male atroce, tanto da farmi lacrimare per il dolore.

Ha perfettamente ragione... sono riuscita ad arrivare a lui, un'unica volta, e mi sono prosciugata, lui invece, sebbene colpito dal mio attacco bilaterale, sembra un fiorellino, mi tiene soggiogata, potrebbe tutto sul mio corpo e, cosa non da poco, mi ha trasportato qui con uno schiocco di dita. Dunque potrebbe... sussulto, spaventata.

"Ci sei arrivata, brava! Io posso tutto su tuo fratello e, conseguentemente, su te, anche se devo ammettere che, con Camus, mi diverto molto di più, le volte che si trova qua e... giochiamo!"

"T-TACIIII, VIGLIACCO!" sibilo, fremendo selvaggiamente, inarcando la schiena per provare ad alzarmi, ma lui, con gesto veloce, mi prende per i capelli e mi costringe ad una posizione innaturale, che mi provoca dolore. Ansimo, sofferente.

"Io non sto PROVANDO a possedere tuo fratello, io... sono già parte di lui, da più tempo di quanto immagini! Stai diventando forte, Marta, di questo devo darti atto, ma sei avventata quando si tratta di salvare le persone che ami, in questo non sei cambiata!"

"La-lasciami, mostro!"

"Oh, lo farò, i tempi non sono ancora maturi, ritornerai nel tuo mondo di provenienza, prima di essere uccisa, ti invito solo a non ripetere l'errore di invadere il mio spazio vitale e il mio mondo! Come vedi, la proiezione astrale ti esaurisce in un attimo, rendendoti un fantoccio nelle mie mani. Ma tu non sei Camus, la tua impotenza non mi attizza come la sua, anzi, mi annoia! - rabbrividisco, mentre un odio profondo, viscerale, mi invade fino ai recessi più cupi della mia anima. Non ho comunque il tempo per reagire - Addio, anzi, arrivederci, Marta!" mi saluta, battendo le mani.

 

Tornata totalmente iin me, cerco di trovare un freno al mio respiro affannoso e ai battiti del mio cuore come impazziti. Mi giro su un fianco, sofferente, nascondendomi istintivamente l'inguine con entrambe le mani e stringendo disperatamente le cosce.

"Oddei, ora che CAZZO sta succedendo?!" urla Cardia in fibrillazione, dandomi una scrollata piuttosto potente.

"Car... Car..." biascico, cominciando ad aprire gli occhi.

"Va tutto bene, Marta, ci siamo solo noi qui, qualunque cosa ti sia successa è passata!" mi tranquillizza anche Dègel, accarezzandomi dolcemente i capelli e la guancia, facendomi sentire protetta.

Le sue parole mi ridestano completamente, permettendomi di alzarmi a sedere in tutta fretta.

“Marta, santo cielo! Tutto bene?” mi domanda da distanza Milo, agitato, rendendosi conto del mio stato, poco prima di accorgersi che Camus ha iniziato a tremare.

"U-urgh..." si lamenta debolmente, gli occhi completamente chiusi, un totale peso morto privo di qualsiasi volontà.

"Cammy, che ti succede ora, cosa...?"

Che avverta nuovamente l'effige del Mago dentro di sé?! No, devo farli allontanare il più in fretta possibile da qui, da me, è pericoloso.

“Milo, portalo a riposare, ti prego, lontano da me, non c'è tempo, non c'è... - mi blocco, ricordandomi di un particolare della visione - E' lo specchio, quel dannato usa lo specchio!!!” strepito, alzandomi difficoltosamente in piede, ma anche le mie gambe non mi reggono, Sonia deve correre a sorreggermi.

“Marta, cosa stai...?”

“Milo, non c'è tempo per spiegare, Camus ha bisogno di riposo e di... stare lontano da me, dalla mia interferenza! Il Mago può arrivare a lui tramite me, e viceversa! - esclamo, sull'orlo delle lacrime, calcando l'ultima frase - Qu-quell'essere usa uno specchio, grazie a quello può vederci e interferire nel nostro mondo. O-oltre a quello c'era... c'era... una scacchiera, ecco, ed era tutto molto scuro, come avvolto dall'oscurità!” affermo, sempre più cupa in volto.

"Marta! Vuoi forse dire che sei riuscita ad arrivare a... lui?" sibila Milo, in un respiro di tempo, sgranando gli occhi. Ho come la sensazione che abbia capito anche cosa questo comporti...

"S-sì, ma..."

"Cosa... cosa ti ha fatto? ha detto qualcosa su...?"

"Uuuurgh, anf, anf... v-via, vai v-via..." continua a lamentarsi debolmente Camus, riprendendo a tremare.

"Non c'è tempo, Milo... portalo via, ha b-bisogno di stare per un po' in un luogo tranquillo lontano da me, ti... prego..." lo supplico, imprimendo fermezza nel mio sguardo, facendogli cenno di andarsene, istruzioni che lui, a malincuore, esegue, mentre io, in preda a violenti fitte alle tempie, sono costretta a sorreggermi a Dègel e a Sonia.

 

***********

Arrivo finalmente alla Casa dell'Acquario dopo aver costretto Cardia a mettersi a letto per riposare. Malgrado le lamentele di quest'ultimo, che continuava a ripetere di stare bene e di non essere stanco, nonché perseguire ad opporsi, perché, a suo dire, quella che stava peggio ero io, nella pratica si è addormentato come un bimbo appena si è coricato, vinto dal dolore al cuore e dalla mattinata più che stressante.

Non glielo ho voluto dire, ma il suo fenomenale intuito ha fatto centro anche questa volta: neanche io sto bene, non dopo quello che mi ha fatto il Mago, non dopo le minuziose parole su mio fratello che mi ha rivolto. Stringo con forza i pugni, mentre nausea e senso di profanazione si mischiano. Quel verme ci prova gusto a lasciar intendere e sottintendere cose che io... che io non voglio neanche immaginarmi e che non voglio credere. Rabbrividisco, lasciandomi scivolare via le sue parole, il suo alito su di me, il suo toccarmi, specificando che non rientro nei suoi gusti, e che con Camus si... diverte... di più.

A quell'ultimo, spiacevole, pensiero, mi do una scrollata, ricacciando indietro tutto, persino il conato di vomito. Senza pensarci due volte salgo le scale che conducono alla camera di mio fratello, ben sapendo che Milo deve averlo portato lì. Infatti, appena arrivata al piano superiore, vedo proprio lo Scorpione chiudere lentamente la porta con tutte le attenzioni possibili. Mi dirigo istantaneamente verso di lui con il cuore che batte a mille.

“Come... sta?” domando, apprensiva, una mano sopra il cuore.

“Ah, Marta... - sospira, prima di continuare - E' riuscito finalmente a prendere sonno, ma è visibilmente agitato, farfuglia frasi inconsistenti e suda tantissimo. E' come se... se la sua anima si stesse spezzando in mille e più frammenti, destabilizzandolo del tutto e procurandogli un dolore atroce"

"Milo... che genere di frasi proferisce nell'incoscienza? Da quanto tempo succede?" chiedo, in tono lugubre, guardandolo negli occhi.

"Da quanto, mi chiedi... hai un sentore?"

"Tu rispondi alla domanda, intanto..." mi è uscito un tono più freddo del previsto, ma è irritante continuare a fare questo gioco delle tre tavolette. Sono sicura che lui sappia molto di più di quello che lascia intendere, ma per qualche ragione fa l'omertoso, continuando a tenere noi altre fuori dai discorsi.

Lo vedo assottigliare le palpebre, scrutandomi con occhi profondi, poi si raddrizza, decidendo di essere franco: "Per quel che so, da quando siamo atterrati in questa dimensione, ma non escludo possa essere da più tempo..."

"E cosa dice mentre vanneg..."

"Questo me lo devi dire tu, ragazza, sembra tu abbia già una pista, cosa hai visto quando sei caduta a terra?"

"Niente..." borbotto, arrossendo, trovando interessante fissare la parete a breve distanza da noi, Cosa dovrei dirgli? Che il nemico mi stava... toccando... aggiungendo che non sono eccitante come... come... NO! NON LO VOGLIO CREDERE!

Una mano sulla mia spalla mi riscuote, mentre Milo, sospirando leggermente, mi scompiglia i capelli, raggiungendomi nel luogo segreto, e lontano da tutti, dove ha cercato di rifugiarsi la mia mente: "Marta, ascolta, Camus è un guerriero, ha combattuto innumerevoli battaglie e gestito sofferenze inimmaginabili, lo sai, no? Il bene che ti vuole è immenso, anche se molto spesso non parla, non si sfoga, tenendosi tutto dentro, sei la persona più importante della sua vita, devo avertelo già detto..."

"Sì..."

"Proprio perché non parla, proprio perché è difficile arrivare al suo cuore, Hyoga, Sonia ed io non siamo mai riusciti a sostenerlo completamente, ma... ora ci sei tu; tu che puoi arrivare alla parte più profonda della sua essenza come nessun altro. Se, per dire, avessi visto qualcosa, qualunque cosa, ti prego di dirmela, mi aiuterebbe moltissimo!"

"Non posso..."

"Perché?"

"Perché è qualcosa di veramente brutto..." quasi singhiozzo nel proferire quest'ultima frase.

Un brivido mi scorre lungo la schiena, acuendosi proprio al centro della colonna vertebrale. Camus fa dei sogni tremendamente agitati da quando è tornato da Bluegrad, anche quando sembra dormire, la sua espressione non è affatto serena, come se fosse preda di una sofferenza che non riesce più a gestire e che si manifesta totalmente proprio quando lui abbandona tutte le difese naturali a causa dell'incoscienza.

“Non puoi, o non vuoi?"

"Camus non lo vorrebbe... - biascico, sempre più a disagio - Non vorrebbe che io raccontassi di questo fatto... non mi perdonerebbe mai se rivelassi quello che ho scoperto, non perdonerebbe neanche me per averlo inconsciamente... spiato!" proferisco una frase che sarebbe incomprensibile per chiunque, ma per Milo, visto il barbaglio che scorgo nei suoi occhi, sembra invece risultare come un'ulteriore prova delle sue supposizioni.

"Marta... dimmelo sinceramente, per favore: hai visto quell'essere? Ti ha trasportato nel suo mondo grazie al legame che c'è tra te e Camus?"

Lo fisso stupita come non mai, ancora una volta meravigliandomi della sua sagacia. E' chiaro che anche lui abbia già una pista, come pensavo, ma non immaginavo minimamente che questa cosiddetta pista fosse in verità un sentiero già tracciato con sicurezza. Annuisco, senza aggiungere comunque altro, e tuttavia a Milo non basta.

"E cosa ti ha...?"

"Mi ha... toccato... come avrebbe toccato Camus, a suo dire, ma io non sono spassosa per lui, ha altri gusti, mi ha detto, altre preferenze, e tuttavia continuava ad incombere su di me, a..."

Il pugno che Milo pianta con precisione contro il muro, evitando per un soffio di danneggiarlo, produce comunque un fracasso tale da farmi sussultare meccanicamente, spaventata. Il cuore mi si accelera di colpo.

“Bastardo! - sibila, con uno strascico da far paura, prima di darsi una parvenza di calma e incassare la testa fra le spalle, gli occhi lucidi, il corpo scosso da spasmi. Lo vedo serrare disperatamente le palpebre, come se stesse soffrendo lui per il suo migliore amico - E' peggio di quel che pensavo, Camus... e tu non me ne hai parlato, non ne parli con nessuno, come al solito! Come puoi pensare di tenerti dentro anche questo?! Non puoi, sciocco, NON PUOI!"

Non riesco più a spiccicare parola, semplicemente, con la mano sinistra, mi stringo convulsamente la piega del gomito del braccio destro, portandomela contro il fianco e tremando in silenzio, spossata, stremata, a quell'ennesima rivelazione che mi sconvolge.

Chiudo gli occhi, sentendomi un 'ravatto', termine che in genovese definisce gli oggetti di scarsa qualità, inutili. Sono quasi tentata di andarmene via in silenzio, a capo chino, ma le braccia di Milo mi circondano dolcemente, in un insperato abbraccio. Mi ritrovo contro di lui, appoggiata al suo fisico muscolo e forte, mentre l'aria mi manca e la vista si fa appannata.

“Piangi, se vuoi... con quello che hai subito avresti tutto il diritto di cedere alle lacrime" mi sussurra, in tono gentile, accarezzandomi con una mano i capelli, come farebbe mio fratello.

“Milo...”

"Sei stata più che forte e coraggiosa nell'affrontarlo senza paura alcuna e... ne hai subito le conseguenze sulla tua stessa pelle per amore. Ti ammiro per questo e per altre ragioni, voglio che tu lo sappia! - mi incoraggia, con parole accorate - Se Camus sapesse cosa hai dovuto passare, probabilmente metterebbe a soqquadro l'intera dimensione di quel tizio per fargliela pagare e... ti terrebbe stretta a sé per rassicurarti, Marta, lo so bene, vedo come si comporta con te. Ma tuo fratello non sta bene, piccola, lo sai meglio di me, quindi permettimi di provare a tranquillizzarti in sua vece, ne hai... un disperato bisogno!"

Mi nascondo ne tessuto del suo abito, contraccambiando il gesto quasi attaccandomi alla sua schiena. Il mio corpo non smette di tremare, ma non singhiozzo né piango, non in sua presenza, sebbene il suo gesto mi conforti e mi faccia sentire meglio. Rimaniamo diversi secondi così, stretti, più nessuno di noi ha il coraggio di aprir bocca.

“E tu, Milo? Devi forse dirmi qualcosa che non potresti raccontarmi?"

"Marta, cosa...?"

"Qualcosa a proposito del dopo battaglia contro Crono, per esempio" gli faccio notare, staccandomi leggermente da lui.

Lo vedo spalancare gli occhi al limite dell'umano possibile, guardandosi intorno alla ricerca di un qualsiasi tipo di via di fuga, che tuttavia non c'è. La parola passa nuovamente a me.

“Non eravamo in bilico tra la vita e la morte, Michela, Sonia ed io, eravamo proprio... morte! - faccio fatica a pronunciare una sentenza così terribile - Ma voi avete fatto qualcosa per salvarci, lo so, non è solo il Mago che vedo nei sogni, ma anche Camus, sento le sue emozioni, e ho visto la scena tramite i suoi occhi. Non c'era altro che sangue, distruzione e disperazione dopo la lotta contro il falso Crono. Ho assistito incredula a quello che ha fatto Deathy, ma poi la visione si è bloccata. Cosa è successo, dopo? Come ci avete riportato indietro?" lo interrogo, seria, come non mai.

“Marta, abbiamo agito, è vero, ma... non te lo posso dire, l'ho promesso a Camus. Tuo fratello non vuole che tu venga a sapere del dopo battaglia contro Crono, vuole... proteggerti da tutto e tutti, riesci a capirlo?"

Capire, capire, ancora capire... SONO STUFA!

"No, mi sono stancata di sforzarmi di comprenderlo! Non sono più una bambina, questo continuo preservarmi da tutto e tutti, costringendomi sempre in posizioni minoritarie, mi sta dando sui nervi! Voglio sapere la verità, Milo, voglio sapere perché lui si è ridotto così, c'entro io... vero? Lo ha fatto per me! Sta così male per causa mia!" arrivo alla conclusione, gli occhi che lampeggiano e il respiro accelerato, togliendo così il bavaglio ad una piccola percentuale di collera che avverto sempre più prorompente dentro di me.

"Questo non pensarlo neanche, non seguire la scia di tuo fratello, colpevolizzandoti per tutto! - mi rimprovera bonariamente, prima di proseguire - Non sei più una bambina, è vero, ma sarai sempre la sua piccolina, Marta, davvero non riesci a capire perché reagisca così? Perché abbia sempre questa paura atroce di perderti?! Eppure, a quanto dici, hai avuto la visione, sai come ha reagito alla tua morte..."

"Ma io..."

"Vuole proteggerti Marta, null'altro! Per te sarebbe disposto a subire sulla sua pelle qualsiasi tipo di dolore, a dannarsi l'anima, a perdere e riperdere la vita... Lo so, è irritante, quando fa così, lui può, incurante di sé stesso, se ci provi tu, a proteggerlo, si arrabbia. E' una testa di cazzo colossale, da prendere a sberle, o a testate nei denti, se preferisci, ma credimi quando ti dico che è il miglior essere umano che abbia mai conosciuto in vita mia, anzi, nelle mie vite!" afferma lui, sorridendomi, riferendosi anche alla sua precedente esistenza, ovvero Cardia.

Abbasso lo sguardo, stringendo i pugni, affranta ma non vinta: "Non sono io ad aver bisogno di protezione al momento, ma l-lui, lo hai visto, Milo..."

"Hai ragione, lui ha bisogno di te, di potersi aggrappare a qualcosa per non cedere, anche se non lo ammetterà mai. Devi capire che dentro di lui il suo ruolo di fratello maggiore è assai radicato, spingendolo ad anteporre la tua salute alla sua..." sospira ancora Milo, facendo per allontanarsi.

"Quindi... tutte queste belle parole per non dirmi, alla fine, nulla rispetto a quanto già sapevo. Continuerete a trattare me le altre come bambine, non rivelandoci la verità!" brontolo, corrucciata e un poco offesa.

"Già... perdonami, Marta, la verità non la saprai da mia bocca. Ho promesso a Camus di non dirtelo, ho fatto un giuramento da amico!"

"Lo scoprirò da sola, allora!" mi lascio sfuggire, nervosa, pur ammirando la sua fedeltà nei confronti di mio fratello.

Lui mi rivolge ancora uno sguardo a metà strada tra il dispiaciuto e il rassegnato: "In tutta franchezza mi auguro di no, Marta, spero per te che non attingerai mai a quelle scene, sebbene sappia che tu ne possa avere la facoltà. Sono stati... momenti strazianti!" si accomiata, scendendo poi le scale.

 

Che bellissima amicizia, tra lui e Camus, eh? Quello sciocco mette davanti voi altri piuttosto che sé stesso, senza rendersi conto di quanto questo lo renda fragile. Sarebbe un peccato davvero, se lo colpissi proprio negli affetti più intimi, eh, Marta? Crollerebbe come un bellissimo castello di carta!

 

“Maledetto bastardo, non te lo permetterò!” biascico, rivolta alla voce che ha ricominciato a tartassarmi la mente. Mi appoggio sofferente alla parte verticale, sbattendo più volte la fronte contro il muro.

"Continua... mi piace vederti impazzire!"

"Ti giuro che ti ammazzerò..."

"E siamo anche minacciosi, vedo..."

Stringo a pugno le mani, le nocche mi si imbiancano: "BASTA!"

 

Tu e tuo fratello siete fatti della stessa tempra: volete proteggere tutti, avendo la presunzione di poterlo fare, ma voi non avete idea di cosa significhi possedere il VERO potere! Tuo fratello sta già capitolando, dopo una resistenza vana, finalmente sta cedendo, supplicandomi di risparmiarvi..."

"Camus non supplicherebbe mai nessuno maledetto bastardo! Patirebbe su di sé qualsiasi pena senza far trasparire nulla fuori da sé, senza darti la soddisfazione di un lamento!!!" urlo furibonda, quasi si trattasse di una questione di orgoglio, premendo il più possibile contro la parete per scacciarlo via dalla mia testa, ma le sue turpi risate mi raggiungono.

"Hai proprio ragione, non è tipo da lamentarsi, il tuo caro fratellino! In effetti non mi soddisfa molto, da quel punto di vista, malgrado il dolore non cede mai, non urla, non strepita, non mi supplica... almeno fino a quando riesce a mantenersi cosciente e a... resistere!"

Rabbrividisco a quell'ultima frase, quasi boccheggiando.

"Capita però a volte che, in piena sessione, ceda, perdendo coscienza, è quello il momento in cui posso sondarlo approfonditamente, mettendo a nudo non solo la sua anima, ma anche i suoi segreti, le pietre miliari della sua esistenza, che io spezzerò, a partire proprio da Milo, il basamento portante! Goditi questi ultimi momenti con lui, perché saranno gli ultimi... muhahaha!!!"

 

Silenzio assoluto dopo questa dichiarazione di guerra, il mio petto, sebbene cavo, freme, regalandomi uno spiacevolissima sensazione...

Automaticamente, sempre massaggiandomi la testa, entro nella stanza in cui riposa Camus, tentando di scacciare gli ultimi residui dell'ingerenza del nemico. Devo fare qualcosa per lui, per noi, lo so, anche se non so bene cosa, ma...

Sussulto immediatamente nello scorgerlo, balzando in un lampo al suo fianco, spaventata a morte. Il suo corpo infatti, come se avesse vissuto il mio stesso incubo, giace scomposto sopra il letto, le lenzuola sono quasi cadute per terra. Una gamba a penzoloni fuori, come se avesse tentato di fuggire in qualche maniera, e il respiro corto, come di animale terrorizzato.

"Camus, sono qui ora, coraggio..." provo a rassicurarlo, rimettendolo in posizione comoda e recuperando le lenzuola, che ammucchio sul fondo del letto. La sua espressione è perennemente contratta, le sue palpebre abbassate fremono vistosamente. Ogni tanto si divincola, ma non ha abbastanza energie per opporsi, suda... suda tantissimo, come mi ha riferito Milo, ed io non sono da meno, visto che mi sento preda dei brividi di freddo.

“Fratellino...” lo richiamo, toccandolo, non notando alcun miglioramento. Non riesce minimamente a percepirmi. Prendo così un profondo respiro, dando voce al mio istinto, che mi dice di agire. Poso le labbra sulla sua fronte, socchiudendo gli occhi, mentre unisco le due mani sopra il suo petto, sul diaframma, nel tentativo di acciuffare il suo respiro. Camus sulle prime sussulta a quel tocco, non riconoscendolo, ma poi lentamente torna a calmarsi.

"Sei bravissimo..." gli sussurro, intenerita, staccandomi da lui e guardandolo con affetto, mentre con la mano gli sfioro una guancia. Non so come, ma pare essersi calmato, anche se la sua espressione continua a non essere affatto serena.

Sospiro sonoramente, accucciandomi il più vicino possibile al suo viso, sforzandomi di scacciare via tutto il resto. La mia vicinanza è veleno e antidoto per lui, ormai penso di averlo compreso. Prima, alla Casa dello Scorpione, si è sentito male per causa mia, ma ora...

Lo fisso con attenzione, solcandogli il contorno del viso con due dita, quasi una carezza. Posso sentirne il calore, la pelle morbida come piume di cigno, il respiro più regolare e ritmico. Tutto questo è una piacevole musica per le mie orecchie, potrei addormentarmi cullata da essa. Camus è qui accanto a me, vivo, finché potrò percepire tutto questo non mi arrenderò per nulla al mondo, dovessi anche ritrovarmi nuovamente nel mondo di quell'essere, dovessi sprofondare nelle tenebre fino a non rivedere più la luce.

Distrattamente mi metto a giocherellare con uno dei suoi lunghi ciuffi che gli ricadono sul petto un poco ansioso, saggiandone la setosità, insieme alla concretezza. Sono stati giorni che ci siamo presi come delle aquile, non lesinando in parole pesanti e affilate come rasoio. In tal senso il nostro rapporto fraterno ha ricevuto una brusca scossa, ma parallelamente mi sembra quasi di conoscerlo meglio, avvicinandomi ulteriormente alla sua essenza più nascosta.

“Camus, ami ripetere che il passato non conta, ma noi dipendiamo da esso, è lui che ci ha plasmato, e so fin troppo bene cosa è sfuggito dalle mia labbra i giorni scorsi... - asserisco, impiegando tutte le mie forze per non singhiozzare. Automaticamente la mia fronte si posa nell'incavo della sua spalla alla ricerca disperata di un contatto fisico che, sebbene rischioso, costituisce l'unica certezza su cui aggrapparsi - Ci siamo ripetutamente feriti a parole, IO ti ho ferito a parole, non immaginando nemmeno tutto il tuo vissuto passato e, anzi, avendo la presunzione di conoscere tutto di te. Sono stata una sciocca, fratellino, sciocca e impudente, di questo ti faccio le mie più sincere scuse, io... io davvero non penso ciò che ti ho detto, non lo penso davvero, ho mentito solo perché mi sono sentita ferita; non è vero che voglio che ci sia Dègel al tuo posto, non è affatto vero, ho bisogno di voi, di entrambi voi, mi riesci a sentire? Tu non sei da meno, credimi!" mi sfogo serrando le labbra per non emettere alcun suono. Prendo tempo prima di proseguire, perché è sempre più difficile farlo, ritrovandomi a rabboccare aria con forza.

"Cosa ti succede, Camus? Perché... perché non ce ne parli, perché questo mostro ti brama così tanto? Cosa... ti fa?"

Le mie domande si perdono nel vuoto, ne sono consapevole, non otterrò risposta, neanche se lui fosse cosciente davanti a me, no, neanche in quel caso.

"Quel negromante... sta volutamente esagerando, vero? Infarcisce di aria i suoi discorsi, credendo di riuscire a sottometterti... in verità, lo sappiamo bene entrambi, tu non ti spezzi, vero? E neanche ti pieghi! Non PUOI né spezzarti né piegarti, poiché sei un Cavaliere di Atena, il mio eroe, una montagna alta su cui si può sempre contare!" cerco di autoconvincermi, cercando al contempo di far ricordare a lui ciò che è, stringendolo in un leggero abbraccio che tuttavia non riesce minimamente a scuoterlo come invece era nei piani. Prendo un altro respiro, sballottata dalla paura, prima di ricordarmi che era stato ferito da due punture di Cardia sull'addome e che devo controllargliele.

Gli alzo quindi la maglietta per vedere se sono state trattate, notando subito che sopra le due zone colpite sono state attaccate con premura due garze. Milo si è già preso cura di lui, per fortuna, sullo Scorpione si può sempre contare. Faccio quindi per ricoprirlo, ma lo avverto fremere con maggior forza, il suo corpo sussulta, mentre la schiena si piega a vuoto più volte, come a tentare una fuga che non gli è però consentita. I suoi movimenti repentini mi spaventano, così come l'indubbia accelerazione del suo cuore.

"N-no, lasciami!" rantola, calciando a vuoto, come a volersi dibattere da qualcosa, le mani che corrono a coprirsi disperatamente il ventre scoperto.

"Camus, calmati, sono i..." provo a rassicurarlo, chinandomi su di lui, ma sono costretta subito a balzare indietro, perché poco ci manca che, con movimenti del tutto incontrollati, non mi rifili una gomitata in pieno naso. Rimango basita a guardarlo contorcersi, mani che arrancano ora sull'addome ora sul lenzuolo, quasi strappandolo, e comprendo pienamente ciò che la mia mente ha tentato fino all'ultimo di accettare. Non ci sono altre opzioni disponibili, purtroppo, ciò che subisce ogni volta che la sua coscienza va defluendosi... è palese! Il Mago non stava affatto esagerando, ha detto la più cruda realtà, e lo ha fatto per gettare anche me nella disperazione.

Passo cautamente larga rispetto al letto, almeno fino a raggiungere il suo volto, dove, alzandogli il mento, ripeto lo stesso, strambo, procedimento di prima. Mi chino su di lui per posare le mie labbra sulla sua fronte, le mani scendono fino allo sterno, ancora coperto dalla maglietta arricciata e comincio a rassicurarlo con voce un poco arcana ma infinitamente dolce. Stavolta mi occorrono più minuti per fargli raggiungere la calma, che arriva a fatica, in mezzo a frasi sconnesse di ferma opposizione o di lamento sommesso. Parole a cui non posso credere, parole a cui non VOGLIO credere, ma che devo inevitabilmente accettare come veritiere.

Ultimato il procedimento, mi lascio cadere sconfortata di fianco al letto, finendo a terra, prima di girarmi nella sua direzione. Sembra finalmente dormire senza più alcuna ingerenza, la testa leggermente reclinata sulla spalla, la bocca semi-aperta, le sopracciglia un poco arcuate. Appoggio la mia fronte al palmo della mano, gli occhi mi pizzicano e le lacrime infine hanno la meglio, intraprendendo il loro tacito percorso. Non c'è possibilità di errore, non più... le sue parole, il suo voler fuggire al mio tocco, scambiandolo con quello di qualcun altro, scambiandolo per quello di quel mostro, è tutto vero. Lo osservo, sentendomi svuotata per lui, alzandomi a fatica in piedi. La sua mano destra è ancora posata sull'addome, l'indice copre parzialmente l'ombelico, come a volerlo disperatamente nascondere, la sinistra invece sta stringendo ancora le lenzuola sottostanti. Singhiozzo, serrando la mascella, scacciando il fastidioso liquido per poi spostargli il braccio destro e tirargli giù la maglietta per coprirlo del tutto, perché non sembra affatto a suo agio così, nonostante il corpo atletico, la pelle adamantina e il fisico asciutto. Gli passo le dita tra i capelli, scacciando gli ultimi residui di irrequietudine.

Ho capito, Camus... ho capito cosa hai dovuto subire, una parte di me, forse, avrebbe voluto rimanerne ignara, e ciò dimostra la mia poca maturità, avevi ragione a definirmi una ragazzina...

Mi raddrizzo completamente solo pochi minuti dopo, asciugandomi i residui delle lacrime con il peplo. Checché ne dica mio fratello, è cosa buona il potersi sfogare in questa maniera, altrimenti scoppieremmo, e lui... lui sta rischiando davvero di scoppiare!

Osservo ancora mio fratello, dorme in apparenza più profondamente, finalmente sereno. Il suo viso, leggermente più disteso rispetto a prima, è comunque pallido come il lenzuolo sottostante.

Avrei così tanto da dirgli, eppure non riesco, non riesco a raggiungerlo, non so come fare, ci sto male, per lui, per quello che ha passato, che STA passando, e che però non posso comunicare, perché non me lo perdonerebbe e non si perdonerebbe mai di essersi fatto vedere così debole da me. Decido infine di esprimere la cosa più banale che sento, parlando a cuore aperto come mi è sempre stato difficile.

“Ti voglio bene, Camus! Mi... mi hai cambiato la vita, sai? Tu, si proprio tu! Non avrei mai pensato di avere un fratello maggiore, sono... ho patito molto la solitudine, sai, a scuola, perché venivo bullizzata e mamma, per mantenermi, faceva... no, non ha importanza ora, sei proprio tu a insegnarmi a non rinvangare il passato, a vivere il presente, e qui, in questo attimo, sei con me. Tutto ciò che ho patito finora non conta, farei e rifarei questo percorso se sapessi che mi condurrebbe a te. SEMPRE! - gli confido, trepidante, accarezzandogli i ciuffi che gli ricadono sulla fronte - Non mi arrenderò, ho una nuova forza e un nuovo motivo per combattere, non farlo neanche tu, ti prego! Sono con te, qui, mi puoi percepire, sono al tuo fianco, non sei solo. Vivi! Continua a vivere! ” termino il mio sfogo, posandogli un leggero bacio sulla guancia. Le sue palpebre si contraggono un poco a seguito del mio gesto, mentre prova a farfugliare qualcosa che sembra rispecchiarsi nel mio nome, anche se paurosamente difficoltoso.

"M-Mart...a"

"Sì... riposa ora, domani andrà meglio!" lo incoraggio ancora, sfiorandolo un'ultima volta per poi uscire dalla stanza, un poco imbarazzata per ciò che sono riuscita ad esprimere.

 

**************

Faccio per dirigermi in camera mia, giacché devo riordinarla da cima a fondo, ma la voce alta di Dégel, che mi fa battere il cuore all'impazzata, attira la mia curiosità. Proviene dal piano di sotto, sembra rivolgersi direttamente a Milo, che era precedentemente sceso. Quasi inconsciamente mi dirigo giù per capire cosa succede, capisco si possa trattare di un dialogo privato tra loro, e che probabilmente dovrei andarmene e non ficcare il naso, ma... il suo timbro vocale è così dolce, così cristallino, rassicura anche me, sebbene stia cercando di scrollare lo Scorpione, che al solo vedersi sembra tanto, troppo, sopraffatto a causa di quello che sta succedendo al suo migliore amico.

“Cosa sta accadendo, Milo? Il cosmo di Camus è talmente fievole, a stento riconoscibile. Non era in sé prima, è evidente, ma il quesito rimane: come ha potuto ridursi così?” chiede Dègel con delicatezza, non riuscendo comunque a nascondere il timore.

"Non sta... non sta affatto bene, Dégel, già lo sapevo, ma è persino peggio di quanto avessi immaginato" biascica lui, gli occhi lucidi, il capo chino, ingoiando a vuoto.

"Questo è palese, ohimè, il punto è che non mi capacito di come sia accaduto. Camus è un Cavaliere d'Oro, non dovrebbe essere nemmeno possibile... possederlo!"

“E' stato il nemico, questo è certo. Quello stronzo ha sfruttato l'astio che naturalmente Camus prova per Cardia, unito al suo desiderio di proteggere la sorellina per insinuarsi dentro di lui e prendere il controllo dei suoi muscoli e dei suoi nervi"

"Come?"

"Questo non lo so..."

“Perché ho la sensazione che sai molto di più di quello che vuoi far intendere? - domanda retoricamente Dègel, sospirando - Siete così testardi... perché non ci permettete di darvi una mano?"

"Non vogliamo coinvolgervi..."

"Siamo già implicati nella faccenda, non siamo forse il vostro passato?"

Intravedo Milo nell'atto di sedersi sulla sedia, facendola così strisciare con rumore secco e fastidioso. Sospira, al limite, comprendo che vorrebbe gridare ma non può. Per lui è inaccettabile vedere Camus così, più che patire il dolore sulla sua stessa pelle.

“Sono solo supposizioni, Dègel, nessuna certezza, quando avrò una qualche sicurezza la comunicherò, ma ora... sono qui per un'altra ragione!"

“Quale?”

“So che hai litigato con Cardia...”

Nella stanza cade un silenzio snervante. L'Acquario guarda altrove, passandosi nervosamente una mano tra i capelli, prima di piegare le labbra in una sorta di smorfia.

“Diciamo che siamo discordi, litigare è una parola pesante! Non ci stiamo accapigliando, semplicemente ci ignoriamo!” mormora alla fine Dègel, arrossendo.

Inaspettatamente Milo ridacchia, riconoscendo forse qualcosa del comportamento di Camus in lui: "Diciamo, più che altro, che sei tu che ignori lui, come accade sempre quando voi Acquari vi arrabbiate, Cardia invece mi sembra abbastanza volitivo nel desiderio di riappacificarsi con te!" gli fa notare, occhieggiandolo.

"Ebbene sì, ma ho i miei motivi" risponde Dègel, improvvisamente laconico.

“Non c'è proprio punto d'incontro? Te l'ha fatta così grossa?” chiede Milo, a metà strada tra il divertito e l'incuriosito.

“Ci sarebbe... ma prima Cardia dovrebbe capire che ogni azione sconsiderata porta a delle conseguenze e, questa volta, la sua immaturità ha travalicato i limiti. Purtroppo, a farne più le spese, sono state Marta e le sue amiche, e questo non posso condonarlo!” esclama lui, innervosendosi un poco.

“Dègel... capisco perfettamente il tuo punto di vista, Cardia mi ha raccontato quello che ha fatto, gli ho detto che è stato un idiota e che ha rischiato grosso, lui si è reso conto degli errori ed è sinceramente pentito"

"Non è sufficiente per..."

"Sai, il tempo continua a scorrere per tutti noi, la morte si avvicina inesorabilmente, penso che dovremmo rendercene conto più spesso...”

Cerco di affogare dentro me stessa un singhiozzo, rimanendo concentrata sulla scena. Cavolo, non pensavo che Milo fosse un filosofo! A dispetto delle apparenze gioviali e giocose, è davvero una persona matura con la testa sulle spalle. Sa bene quello che fa, non ha paura di dimostrarlo e, all'occorrenza, riesce a rivelarsi anche estremamente saggio.

“Stai... parlando per esperienza personale, o sono in errore?” chiede di riflesso Dègel, guardando oltre, oltre la corporeità di Milo per toccare la sua anima. Gli è così facile, del resto...

“Cardia non è completamente sano, vero? La sua vita ha un limite molto più della nostra” si lascia sfuggire Milo, una nota dolente nei suoi occhi, bypassando il quesito rivoltogli.

Un singulto sfugge dalle labbra di Dègel, che inizia a camminare in giro per la stanza con ampie e nervose falcate. Ovviamente mantiene il segreto sulle effettive condizioni dell'amico, ma il suo animo è teso come non mai, lo si percepisce anche visivamente.

“Te lo dico da amico e anche perché... beh, perché ho una certa esperienza a riguardo!” asserisce Milo, irrequieto a sua volta, non approfondendo ulteriormente la questione per rispetto alla riservatezza di Cardia, che si è già dimostrato più volte sfuggente circa la questione della sua salute.

“Camus... non mi dirai che...?” balbetta Dègel, arrestando il suo moto, spalancando le palpebre.

"No, è nato sano, se è questo che intendi, ma... ha una insana attitudine al sacrificio, a ferirsi, a rischiare la vita, incurante di sé stesso. Ed io... io non ne posso più, Dégel! Mi lascia sempre indietro, non parla, neanche sotto tortura, ed io sto cominciando a cedere, ho il terrore di perderlo, di nuovo, di trovarmelo lì, privo di vita, e quell'idiota non capisce, non capisce quanto lui sia importante per me, no, va avanti, ed io devo inseguirlo, ancora e ancora, ma arrivo tardi, me lo ritrovo sempre..."

"...Senza più un alito di vita, vero?"

Il corpo di Milo sussulta, mentre la sua espressione si fa sempre più sorpresa, lo stesso accade a me, quasi boccheggio.

"Come lo sai?"

"Dalle tue parole si comprende bene ciò che sottaci, ma non è solo questo - Dégel sospira, aprendo e chiudendo gli occhi - La verità è che come tu sogni di Cardia, accade lo stesso anche a me. Sono immagini sfumate, a stento conoscibili, ma le sensazioni mi giungono, passando attraverso la mia corporeità. So che Camus è già morto..." spiega, avvicinandosi al compagno d'armi.

“Sì, Camus è... - non riesce a dirlo, le sue palpebre si serrano, sofferenti - Non posso scendere in particolari, ma si è verificato un casino nel secolo da cui proveniamo. Comunque lui è, era... andato... e ha rischiato di perdere la vita anche più volte, l'ultima delle quali poco tempo fa"

"Quando si è sacrificato per la sorella, giusto? Me ne ha parlato Marta"

"Sì, quando si è sacrificato per l'ennesima volta, fosse l'unica, poi..." conferma, stringendo i pugni e fremendo.

"E' un uomo straordinario..."

"Sì, un coglione straordinario! - ironizza Milo, ma è sull'orlo delle lacrime, lo si vede distintamente - Ma gli voglio un bene dell'anima! E'... lui è la mia famiglia, Dégel, insieme a Sonia, riesci a capirmi?"

"Sì, credo di sì..."

"Proprio per questo mi sento di darti un consiglio, perché so cosa si prova a perdere un fratello, una persona amata, un... pezzo di cuore! Ti supplico, quindi, Dégel: tu e Cardia siete profondamente legati a me e a Camus, perché siete il nostro passato e la testimonianza dell'amicizia eterna che ci lega da moltissimo tempo... ti prego, in virtù di questo, seppellisci l'ascia di guerra con Cardia. Possiamo morire da un momento all'altro e non saranno nient'altro che rimpianti, non sprecare il tempo che puoi trascorrere con lui, sorridigli, abbraccialo, digli quanto è importante lui per te, sempre, senza paura di ripeterlo. Non vergognarti del bene che gli vuoi, afferra e tieni stretti gli attimi di cui puoi godere in sua compagnia!”

Il lungo monologo di Milo, proferito con estrema enfasi e in tono tremante, ha il potere di far ricadere il silenzio assoluto nella stanza e di farmi commuovere. Empaticamente mi sento così legata a lui, anche lui ha perso una persona indispensabile per la sua vita, un pilastro centrale, è comprensibilmente traumatizzato, nonché terrorizzato da questa situazione, da questo continuare ad inseguire Camus ma arrivare sempre quando troppo tardi. Ha sofferto molto, in passato, eppure ciò non gli ha frantumato il sorriso, né la voglia di vivere.

Alcuni passi che riecheggiano nella stanza, mi fanno risollevare il capo: Milo ha infine ceduto alle lacrime, tiene il viso nascosto tra le ginocchia, il suo corpo è piegato in due, scosso da spasmi, non credo di averlo mai visto così. E neanche Dègel, con ogni probabilità, e infatti si è mosso, approcciandosi a lui per... abbracciarlo! Spalanco la bocca in una 'o', muta, lo stesso accade allo Scorpione, sussultando a quel gesto inaspettato.

"Per Camus è lo stesso, Milo, anche per lui tu sei inestimabile, ma ha difficoltà a dimostrarlo, solo questo, noi Acquari possiamo essere ostriche"

"Dégel..."

"Camus è... davvero fortunato... ad assere circondato da persone come voi. Anche io lo sono, ho Cardia con me, ha un cuore immenso, ma lo nasconde dietro una presunta albagia che allontana di riflesso gli altri dal suo vero sé stesso"

Inaspettatamente Milo ridacchia, ricambiando la stretta: "Camus non è da meno, ma lui allontana gli altri con la sua, sempre presunta, freddezza, mi chiedo perché lo facciano, perché questo desiderio di distanziare gli altri..."

"Non lo so dire, no, ma sono pressoché certo che si accapiglino di conseguenza perché, in fondo, sono più simili di quanto pensino. Hanno qualcosa di infinitamente prezioso, dentro di sé, ma hanno paura a mostrarlo, non vedo altra spiegazione!"

Li vedo ridacchiare rumorosamente tra loro, sempre stretti nell'abbraccio reciproco. Da fare tenerezza. Poco dopo Dègel riprende il discorso.

“Ma... sul serio, grazie! Grazie davvero per le tue parole, mi hai fatto riflettere sul nostro rapporto, su quel che rappresenta Cardia per me e, infine, sui miei errori. Hai ragione su tutto, non ha più senso tenere uggia per un fatto simile” prosegue Dègel, il suo timbro vocale giunge un poco distorto, come se fosse a sua volta commosso.

“Scusami, non era mia intenzione farti la paternale, ma davvero mi sento emotivamente coinvolto, in più è un momento difficile per me, non so come aiutare Camus e alleviargli le sofferenze..." biascica ancora Milo, ingoiando a vuoto.

Sorrido tra me e me, risollevata un poco nello spirito e dandogli le spalle.

Lentamente accenno qualche passo, intenzionata a salire le scale per andare in camera mia, malgrado la violenta emozione che mi permea completamente.

“Non mi hai fatto nessuna paternale, Milo, anzi il tuo parere è stato indispensabile... grazie! Ora so cosa devo fare!” esclama ancora Dègel, alzando quasi involontariamente il suo tono di voce. Probabilmente continueranno a parlare ancora un po' dei loro rispettivi migliori amici, facendosi forza reciprocamente.

Arrivo a passi pesanti in camera mia, ricordandomi disperatamente del casino intorno a me. Il mio petto ha ormai smesso di singhiozzare, tuttavia mi sento ancora emotivamente scossa dai fatti accaduti. Do una veloce occhiata alla finestra, accorgendomi che il sole è ancora alto in cielo e che, come dice Milo, il tempo continua a scorrere, totalmente inclemente. Bene, ho ancora una manciata di ore di luce davanti a me: rimbocchiamoci le maniche!  

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Capitolo 23
*** Riappacificazione... Momentanea ***


CAPITOLO 23

 

RIAPPACIFICAZIONE...MOMENTANEA

 

20 Agosto 1741, mattina.

 

Nello stato di assopimento in cui mi trovo, cullata da un fresco lenzuolo che calma il bruciore delle ferite, avverto una mano posata delicatamente sulla mia testa, come a trasmettermi la dolcezza di una brezza leggera che, con il suo passaggio, da sollievo ai prati arsi dalla calura. Mi muovo appena, sistemandomi meglio, quasi del tutto stremata. La stessa mano che mi ha accarezzata fino ad ora, si allontana bruscamente, timorosa, prima di attendere pochi secondi prima di tornare su di me, tracciando il mio profilo fino al collo, dove ricalca il segno rosso ben visibile. A questo sfregamento, sebbene delicato, mi viene da lamentarmi debolmente per il dolore.

Non posso vederlo con gli occhi, sono troppo stanca per aprirli, ma lo percepisco nitidamente vicino a me, avverto il suo calore e il suo profumo che mi tranquillizzano. Permetto quindi alla mia mente di creare una immagine di lui, della sua espressione il più delle volte malinconica, del suo fisico tonico e della sua postura elegante. Così mi immagino mio fratello, seduto al mio fianco sul bordo del letto, la sua mano su di me, il suo sguardo ancora un poco stanco e le labbra ricolme; ricolme di parole difficili da pronunciare. Non so da quanto tempo sia qui, ma saperlo nuovamente vigile, nuovamente sé stesso, mi trasmette una profonda dolcezza al cuore. Che ci sia riuscita? Che il nemico sia stato scacciato, in qualche modo?

“Cosa... cosa ti ho fatto passare, piccola mia, proprio io, che avrei dovuto essere il primo a proteggerti e che invece... - il suo tono esce a fatica, si raschia la gola, secca, ingoiando a vuoto mentre continua ad accarezzarmi - Perdonami..." sussurra, chinandosi per posare le sue labbra sulla mia fronte un poco calda. Non mi bacia, ma rimane lì, appoggiato a me, quasi mi volesse ridare le energie che gli ho ceduto quando stava tanto, tanto, male.

Vorrei dirgli che non ha nulla da farsi perdonare, che non è colpa sua quello che sta vivendo, che non era in sé, e che anzi lui è la prima vittima, ma mi sento talmente fiacca che riesco solo a muovermi debolmente, le parole non ne vogliono proprio sapere di uscire.

“Calmati, sono io, riesci a percepirmi?"

Certo che ti percepisco, testone, s-solo che vorrei riuscire anche a comunicare con te, e invece...

"Marta, non agitarti così, sei al..."

Capisco che vorrebbe dire 'al sicuro', ma si blocca, ricordando gli ultimi avvenimenti. Me lo immagino a mordersi il labbro inferiore.

"Vorrei che tu ti sentissi al sicuro, Marta, in verità non so più cosa sto facendo..."

Una delle due mani si allontana da me per andare a coprirsi parzialmente il volto. Si lascia sfuggire un singhiozzo, prima di riprendersi.

"E-era t-tutto buio intorno a me e... no, lascia perdere, ora sono qui, s-sono di nuovo in me, non ha senso parlarne."

Ma quando mai mi hai parlato di te, Camus, quando??? Perché reprimi i tuoi bisogni, perché non ci parli?! Cosa sei venuto a fare? Sincerarti delle mie condizioni? Io sto bene, Cam, se solo riuscissi a muovermi, io...

"Già, non ha importanza ora, devo pensare a te, a voi, non conta nient'altro!"

Certo, al solito pensi ad altri e non a te stesso... non si può continuare così!

Seguono attimi di silenzio, rotti soltanto dai forti respiri di Camus che, per sua stessa ammissione, anche se figurarsi parlarne, si trova in una profonda situazione di travaglio emotivo difficilmente esplicabile. Comprendo comunque che ci sta provando con tutto sé stesso a far uscire la voce, ma che proprio non ce la fa. Esita, si guarda intorno... poi torna a coccolarmi con gesto delicato, ma le parole gli sfuggono ancora una volta. Alla fine, non si sa come, riesce a venire a capo di un qualche filo conduttore che lo porta a tentare di esprimersi. TENTARE, per l'appunto.

“Sai, Marta... la tua voce riesce comunque a raggiungermi anche in situazioni simili. Eri vicino a me, vero? Mi hai parlato, mi... mi hai fatto sentire meglio con il tuo tocco, ti ringrazio, io..."

Altra pausa, piuttosto lunga, lo avverto tremare distintamente. Non ce la fa, davvero non ce la fa, discorrere non è il suo forte.

"Le tue parole... mi hai accennato qualcosa del tuo passato, mi... mi hai reso felice e triste... perché avrei voluto essere con te, esserci, di giorno in giorno, sostenerti e invece non ho potuto, non mi... non mi è stata neanche data la possibilità!"

La sua voce si perde nel vuoto. Torna ad accarezzarmi ma non prosegue, in vistosa difficoltà. Finalmente riesco a sbloccarmi, riapro quindi gli occhi che si imprimono nei suoi in un brevissimo contatto visivo.

"Lo avrei voluto anche io, fratellino..." mormoro, sospirando, facendo per alzarmi. Prima ancora di poterlo fare, però, lo vedo scattare in piedi, neanche avesse preso la scossa. Rimango basita a guardarlo allontanarsi.

“Marta, ma allora eri sveglia?! Hai udito tutto?!”

Lo guardo di sottecchi, come a tentare di capire se stia scherzando oppure no. Tutto?! Ma se si bloccava ogni 2x3, tutto cosa?!

“I-io, b-beh, sì..." biascico, imbarazzata. Temo di aver appena rovinato ogni cosa, forse gli occorreva pià tempo per approfondire il discorso, forse non si aspettava la mia parola, forse... sono sempre la solita!

Lo osservo, ricolma di rimorso. E' rosso in viso, come se avesse fatto uno sforzo enorme a parlarmi, sebbene, dal mio punto di vista, abbia appena spiccicato parola; gli occhi sono stanchi come me li ero immaginati, sfuggenti come al solito, anzi di più, perché, con il mio risveglio, devo averlo fatto sentire esposto. Forse l'unica speranza di farlo parlare 'con il cuore in mano' era davvero essere addormentati, o incoscienti, ma non mi sarei mai aspettata una simile reazione così refrattaria. Fa male vederlo nuovamente così distante, quando sembrava esserci appena riuniti.

“Scusami, non era mia intenzione svegliarti, tolgo il disturbo!” sussurra a stento, voltandosi di schiena e facendo per andarsene. No stavolta non andrà così, non di nuovo.

“Aspettaaaa!!!” lo richiamo, cercando di afferrarlo per il polso, ma il movimento repentino ha il solo effetto di farmi sbilanciare e dirupare dal letto, faccia a terra.

Non sono riuscita a bloccarlo, ma fortunatamente la mia rovinosa, quanto ridicola, caduta, riesce nell'intento di farlo tornare sui suoi passi, Lo avverto nuovamente vicino a me, una mano sulla mia schiena, l'altra intenta a voltarmi in posizione prona.

"Stai bene? - mi chiede, in tono gentile - Devi stare all'occhio, le ferite si potrebbero riaprire! - mi rimprovera bonariamente, discostandomi teneramente la mano dal viso - "Brava, cerca di rompertelo la prossima volta!" tenta poi di prendermi in giro.

"E tu la prossima volta, se la reazione è questa, assicurati meglio che non ti possa ascoltare. Testa!" gli rispondo, lesta, asciugandomi con il mignolo una lacrima che è uscita per il dolore.

"Uff, sempre la risposta pronta hai! - sbuffa esaustivamente, prima di tornare serio - Meglio adesso?"

"S-sì, tutto bene, fratellino, ho anche l'appendice nasale dura!" lo rassicuro, con un mezzo sorriso, appoggiandomi contro di lui, gesto che lo immobilizza.

Rimaniamo diversi secondi così, lui rigido come non mai, sembra che in un secondo abbia nullificato tutti gli enormi passi avanti che, maldestramente, aveva compiuto. Non mi guarda in volto, è nuovamente sfuggente, come se avesse paura. Sorrido, pensando al caso disperato che mi sono ritrovata come fratello e che tuttavia adoro.

“Camus, non ti ho mai conosciuto quando tu eri un bambino, eppure adesso come non mai mi sembri un piccolo scricciolo tremante. Conosci gli scriccioli, no? Sono tra gli uccelli più piccoli delle nostre latitudini, quando sono ancora pulli, totalmente nudi, sembra che tremino nel nido. In un certo senso, mi ricordano te, soprattutto in quest'ultimo periodo, perché...” mi blocco per un attimo, pensierosa: come imbastire il discorso? Vorrei dirgli che... che so, o meglio, che ho intuito cosa gli fa passare il Mago, anche se forse non posso saperlo con certezza, non posso. Non ho idea di come avvicinarmi a lui, da che parte iniziare a dialogare su un argomento così delicato, ma so che devo farlo in un modo o nell'altro, un peso simile sarebbe troppo per chiunque, mi sento la gola secca a ricercare le parole.

"Sai, io... il Mago..."

"Ancora con questa storia, mi credi davvero così debole?!"

Annaspo davanti al suo tono così rude, non riuscendo quasi più a rabboccare aria, faccio per voltarmi verso di lui, per guardarlo negli occhi, per capire le sue reali emozioni, ma lui, per tutta risposta, si alza senza troppi complimenti, privandomi del suo sostegno e dandomi le spalle. Non c'è più alcuna dolcezza nella sua voce.

"Camus, lui ti ha..."

"Lui niente, ha mentito, non crederai davvero a quello che dice?! E'... è solo un b-bastardo, un mostro..."

"Ma io l'ho visto, mentre..."

"Mentre mi toccava l'addome, lo so, ma non significa niente, Marta, NIENTE! Mi credi davvero così' debole?! Tanto da... da..." non riesce a dirlo, lo vedo tremare, distintamente, i pugni serrati. La sua espressione mi è nascosta, ma la rigidità del suo corpo è sempre più concreta.

"E... e allora girati e giurami, guardandomi negli occhi, che lui non ti ha mai... - la voce fa fatica ad uscire anche a me, tremo - Non ti ha mai viol..."

"MARTA, PER CHI MI HAI PRESO?! Sono davvero così patetico per te, sono davvero come lo scricciolo che dicevi prima?! Io non sono così rammollito, sono un... - ingoia a vuoto nel voltarsi verso di me, la paura nei suoi occhi, ma lo sguardo saldo come non mai - Sono un Cavaliere d'Oro di Atene, non ho bisogno di essere compatito, non sono debole, non sono un... un mero oggetto di tr-trastullo n-nelle mani di q-qualcun altro!"

Balbetta nel terminare la frase, come se avesse paura, dando a me una spiacevole sensazione.

"Non ti ho mai... compatito!" mormoro, prostrata.

“E allora non disonorarmi ulteriormente, non definirmi più come uno stupido scricciolo che non sa nemmeno difendersi da solo. E'... tutto... sotto... controllo! N-non ho bisogno di nessuno, c-ce la faccio da s-solo a vedermela con il Mago. Non sono finito, non..."

Non ultima la frase, perché io, con un movimento rapido, lo avvolgo in un abbraccio, stringendolo con tutte le forze che possiedo, le braccia intorno al suo collo, il viso nascosto nella sua maglietta, gli occhi lucidi, perché ho capito; ho capito benissimo, me lo ha appena confermato lui, sebbene tenti di nasconderlo disperatamente. Singhiozzo in sua vece, perché si sta trattenendo, andando ben oltre al suo limite, non dandosi per vinto.

"T-ti ho detto più volte che sono qui, Camus! SONO QUI!" la mia voce è un singulto strozzato.

"Marta..."

"Sono qui, vicino a te... non sei solo!" gli ripeto, quasi non riuscendo a respirare, aumentando la stretta su di lui.

Finalmente la sua mano destra si muove per appoggiarsi dietro alla mia nuca, tra i capelli: "Lo so..." biascica, con enorme difficoltà. Lo sento tremare.

Annuisco automaticamente, nascondendomi ancora di più nel tessuto della sua maglietta, dove mi lascio andare in balia non solo dei miei sentimenti, ma anche dei suoi, che non vuole far trapelare.

"Non piangere... - mi sussura poi, cingendomi con l'altro braccio - Ricordi? Non risolve nulla e ti fa apparire solo più debole!"

"Non ho paura di risultare debole... se sono con te!" ribatto, decisa, provando tuttavia a calmarmi, anche se non è facile dosare tutte queste emozioni insieme.

Inaspettatamente lui ridacchia, accarezzandomi la testa con gesto delicato: "Sei testarda... non ne sono meravigliato, in verità!"

“E tu uno sciocco, neanche io ne sono meravigliata! - rispondo, ridacchiando a mia volta - Non vuoi essere definito scricciolo perché ciò implica, per te, il considerarti un debole, non è così, Cam, tu... tu sei il mio eroe!"

"Marta... io sarei cosa?!"

"Il mio eroe. Sei anche un po' un pullo di merlo, a onor del vero, loro escono dal nido prima di poter volare, sono coraggiosi e sprezzanti del pericolo, sebbene siano ancora vulnerabili, perché le piume non si sono ancora formate del tutto"

"Q.quuindi io sarei..."

"Un merlotto, già, forse ti calza di più come tipologia di volatile - sorrido tra me e me, prima di guardarlo negli occhi, che noto nuovamente brillanti - Mi piacciono molto!

"Un merlo... - sbuffa, sfiorandomi la fronte, finalmente rilassato - Nessuno mi aveva mai definito così. Ci volevi giusto tu per dirmelo!"

"Rende perfettamente l'idea, però!"

Camus non ribatte più niente per un po', limitandosi a vezzeggiarmi il viso e a stringermi tra le sue forti braccia, inspirando ed espirando diverse volte il mio profumo, finalmente rilassato malgrado l'ombra incombente.

"E' così anche per le altre, sai? Sei il nostro eroe, Cam!"

“Tu, Michela e Francesca siete davvero... inestimabili! Nonostante tutti gli sbagli che compio verso di voi, non fate altro che sorridermi con dolcezza, trasmettendomi le forze sufficienti per continuare a non arrendermi in questa battaglia che sembra persa in partenza - si lascia sfuggire, prima di scrollarsi, rifiatare, e ricominciare - Sai, è da quando avevo 13 anni che faccio da maestro a qualcuno, pensai di essere troppo piccolo per farlo, ma accettai questo compito con risolutezza e orgoglio, ma ora come non mai mi rendo conto che i veri insegnanti siete voi, che siete gli allievi, non di certo io...” sussurra, con voce quasi commossa.

Non vedo più quell'ombra nei suoi occhi che c'era i giorni scorsi e che mi faceva paura, quasi mi sembra di avere il solito Camus; quasi... poiché la spiacevole sensazione misteriosa continua a persistere nel mio cuore, anche se parecchio attenuata rispetto a prima.

Sorrido felice, mettendomi sulle punte per posare la testa contro il suo mento, del tutto ubriaca da quel contatto appena ritrovato e che rappresenta per me una delle cose più belle al mondo.

Camus continua ad accarezzarmi delicatamente i capelli, i muscoli finalmente sciolti davanti ad una sincera dimostrazione di affetto. Posso sentire nitidamente il suo caldo respiro tra i miei ciuffi, ed è qualcosa di davvero meraviglioso quanto unico.

Ad un certo punto, faccio per staccarmi un poco da lui, ma mi sento trattenere contro il suo petto, come se non volesse ancora interrompere l'abbraccio, cosa che mi meraviglia, perché so non trattarsi di un tipetto molto fisico, anche se io sono onorata di essere la sua eccezione. Lo guardo immobile, chiedendomi tacitamente cosa gli sia passato per la testa, perché la piega delle sue sopracciglia è di nuovo arcuata, come se stesse soffrendo in seguito ad un brutto pensiero.

"Camus..." lo chiamo con voce di miele, lui per tutta risposta riapre gli occhi un poco lucidi, regalandomi un bacio sulla fronte che mi lascia senza parole.

“Marta, vorrei, con tutto il cuore, continuare ad essere il tuo... eroe... come mi hai definito tu stessa. Vorrei... rimanere al tuo fianco da adesso in poi - prende un profondo respiro, prima di continuare - Non ho potuto vederti crescere, piccola mia, vorrei almeno assistere alla tua completa fioritura, essere con te quando ti farai donna...” mi sussurra debolmente lui, posando la fronte sulla mia e fremendo appena.

“Lo... lo sarai, fratellino... basta volerlo, no? Ormai ci siamo ritrovati, potremmo continuare a battibeccare, lo faremo di certo, ma non ci sono ragioni per separarci nuovamente... vero?"

Avrei bisogno di una conferma immediata da parte sua, un qualcosa che mi rassicuri che lui ci sarà sempre e comunque, ma alcuni secondi di esitazione in più, mi procurano un malessere che quasi mi mozza il respiro.

"Certo... basta volerlo!" biascica, producendo un lungo sospiro che mi fa rabbrividere.

Per sopperire al malessere, decido di cambiare brutalmente discorso: "Ora... ora andiamo giù, Michela e Francesca vorranno di sicuro vederti, dopo quello che è successo ieri!"

Devi crederlo veramente, Camus, altrimenti io... senza di te... non saprei proprio come continuare a combattere. Se crolli tu... anche io farei la stessa fine. Ce la dobbiamo fare... insieme!

“Già, è vero... devo inoltre andare alla Casa dello Scorpione, c'è qualcos'altro che devo fare assolutamente!” dice, raddrizzando la schiena e scacciando via il malessere che lo aveva avvolto. Malgrado si stacchi da me, la sua mano destra avvolge ancora il mio polso, desiderando mantenere così un contatto diretto tra noi.

“Allora andiamo!” esclamo forzatamente vivace, rigettando dietro di me i tristi pensieri.

Così scendiamo lentamente le scale e varchiamo la soglia della cucina. Appena entrati vediamo Francesca e Michela sedute sulle sedie e completamente prese a parlottare tra di loro in una conversazione che appare importante. Nel momento in cui ci vedono, però, si bloccano improvvisamente, meravigliate e frementi.

Camus si irrigidisce istantaneamente, non sapendo dove cominciare a parlare. Accena un passo, ma poi esita, abbassando lo sguardo al limite dell'imbarazzo. Vorrebbe quasi scappare, l'immobilità delle mie amiche non lo aiuta di certo.

"Vai, Camus... io sono con te!" gli sussurro, stringendo la presa sulla sua mani, prima di lasciargliela e incoraggiarlo con un sorriso. Lui annuisce, grato, prima di forzare il suo blocco e avvicinarsi a loro.

“Michela, Francesca... io non so come dirvelo dopo tutto quello che è successo ieri per causa mia, mi... dispiace per tutto! Dovrei essere un riferimento per voi, un sostegno, eppure ieri io stesso vi avrò certamente gettato nel panico. Non avrei mai voluto...” inizia a biascicare a disagio.

Nessun movimento da parte delle mie amiche, che rimangono trepidanti a guardarlo, non fiatando neppure. Certo così non lo aiutano, visto la sua difficoltà ad esprimersi, ma comprendo appieno il loro essere così titubanti. La giornata di ieri ha sconvolto un po' tutti, non poteva essere diversamente.

“Io... - continua mio fratello, dopo una breve pausa ricca di tensione – so che probabilmente sarà difficile tornare a fidarvi di me, ma... sono me stesso, qui davanti a voi e vi prometto che farò di tutto, anche oltre, per impedire che si verifichi ancora un simile episodio! Siete la mia..."

Questa volta non gli lasciano nemmeno ultimare la frase, semplicemente vedo Michela e Francesca scattare in avanti e correre ad abbracciare il loro amato maestro, il quale è costretto a puntellare le gambe per non cadere in seguito alla vivacità delle mie amiche. E' ancora terribilmente teso, malgrado quel contatto, lo si nota distintamente, ma l'espressione ricolma di sorpresa che regala, assolutamente impacciata, mi fa ridacchiare tra me e me.

“L'unica cosa che avevamo bisogno di sentire era la tua voce limpida e chiara, oltre che alla tua presenza austera e dolce al tempo stesso. Tutto il resto non conta!” esclama felice Michela, appoggiando la testa sulla spalla di Camus.

“Ci sei mancato così tanto in questi giorni, sembravi così lontano da tutti noi... inaccessibile e distante più del solito... non sapevamo come raggiungerti, ma ora sei tornato, sei qui, lo vedo distintamente dai tuoi occhi!” le fa eco Francesca, stringendolo a sé con ancora più forza.

Camus sorride leggermente, sforzandosi di sbloccarsi dal consueto torpore che gli rende difficile il far trapelare qualcosa fuori da sé, il suo meraviglioso mondo interno, precluso alla maggior parte degli esseri umani, ciò che lo rende così infinitamente prezioso.

“Io non so davvero cosa dire...” mormora in tono basso, fremendo appena nell'avvolgere Michela e Francesca in un dolce e impacciato abbraccio.

E non è neanche una novità, Camus, ma è anche per questo che ti vogliamo un bene dell'anima!

“Non servono le parole in questi frangenti, sei stato tu il primo ad insegnarci questo! Ciò che provi, ciò ch senti, il tuo affetto per noi, è ben visibile dal tuo sguardo, dai tuoi parchi gesti, dal calore che ci regali ogni singolo giorno. Non fa niente se non riesci ad esprimerlo verbalmente, noi lo percepiamo comunque!” intervengo, infine, sorridendogli da distanza. Vorrei intrufolarmi nell'abbraccio, ma non è questo il mio momento, è giusto che anche Francesca e Michela se lo godano un po', dopo tutto quello che hanno passato.

Camus non fiata, semplicemente socchiude gli occhi, aumentando così la stretta su di loro.

“Siete davvero la miglior cosa che mi potesse accadere!”

Vale anche per te, fratellino, ma non te ne rendi completamente conto, ed è un peccato. Ti ho strappato dal Mago e continuerò a farlo, senza esitazione. Lui non ti avrà, MAI! Questo te lo posso anche giurare, non...

 

E così il vincere una sola, patetica, battaglia, ti ha montato la testa, Marta, convincendoti che io sia debellato?! Illusa! Non sei un centesimo di ciò che eri, e anche allora non hai potuto fare granché per salvare il tuo Dégel, povera scellerata!

 

“Uh...” biascico, allontanandomi bruscamente dalle mie amiche e da mio fratello, massaggiandomi al contempo la fronte. Non è possibile, lui... è sempre stato qui, con noi?! Ha taciuto fino ad ora, per poi palesarsi in un momento simile, che davvero quindi... sia dentro di me, oltre che a mio fratello?! Esattamente come mi aveva detto quando mi ha 'rapita' nel suo mondo?!

“Marta, cosa succede?” chiede qualcuno dietro di me, tuttavia non riconosco più le voci di mio fratello e e delle mie amiche, del tutto assoggettata alla dissonanza che, via via, ingombra sempre di più la mia mente.

Infatti non rispondo, ma guardo in alto, in un punto imprecisato del soffitto preda dell'ira più funesta.

“Dannato negromante, ti piace anche giocare a nascondino?! Ha ragione Camus, sei un bastardo, un mostro e, come tutti i mostri, sarai debellato per sempre, feccia!”

 

IO SAREI UN MOSTRO?! IO OPERO SEMPLICEMENTE PER UN FINE SUPERIORE, PER LA SALVEZZA DEL MIO MONDO, CHE VOI AVETE DISTRUTTO!!! Chi sarebbe qui, il mostro, io, o tu?! E' vero, sto compiendo azioni spietate, ma lo faccio per un motivo giusto e sacrosanto! IO ESIGO QUEL CORPO, QUELLO DI TUO FRATELLO, E COSI' IL POTERE DELLA CREAZIONE! Lo bramo per i miei piani, mi è indispensabile, e voi, avendo un debito grandissimo nei miei confronti, dovreste cedermelo senza rimostranza alcuna, ma siete esseri imperfetti, vi dibattete, e allora agirò a modo mio per assolvere al mio sacro compito!"

 

Istintivamente inizio a tremare, cadendo in ginocchio. Un debito nei suoi confronti?! Ma cosa diavolo sproloquia quell'essere?! Noi non abbiamo niente da saldare con lui, non lo conosciamo neppure! E poi... il Potere delle Creazione?! Ma quali sciocchezze va dicendo?!

“Bastardo, cosa significano queste tue parole?! Non vi è alcun debito, tra noi e te, lasciaci in pace e vivi la tua merdosa vita senza sopprimere la nostra!” impreco, digrignando i denti all'apice della rabbia.

Nessuna risposta dal mio interlocutore, tutto cade nel silenzio più assordante, perlomeno fuori da me, dentro invece è tutto un fremito insostenibile. Di nuovo avverto l'urgenza di agire per fermarlo, di nuovo la sensazione di dover fare in fretta, ma qualcuno mi prende per il polso sinistro, trattenendomi contro di sé.

“Marta! Non seguirlo, non DEVI seguirlo! Lui ti potrebbe fare di tutto, ed io non potrei mai..."

Parole irrequiete, irrefrenabili, quelle di mio fratello, colui che mi sta trattenendo. Mi volto verso di lui, vorrei rassicurarlo, dirgli che, se lo blocco ora, anche lui potrà finalmente riposare, non ci sarà più alcun pericolo, per noi, per lui, ma l'espressione che mi rivolge, i suoi occhi vitrei, smarriti e spaventati, trasmettono anche a me il terrore che, forse, dovrei provare indipendentemente dal suo stato.

"Camus, dobbiamo fermarlo, prima che..."

"NO! Non è tuo compito, Marta, non sai di cosa è capace!"

Sembra davvero terrorizzato per me, per quello che mi potrebbe succedere, ancora di più per ciò che sta passando lui. E capisco; capisco che non sa minimamente che, ciò che più teme, è già accaduto, che conosco bene i poteri di quell'essere, e che non ho paura, anche se dovrei.

“Cam, io...” vorrei ribadirgli che sono pronta ad affrontarlo, ma un rumore di passi in avvicinamento mi fa voltare nella direzione della fonte sonora.

“M-Marta, c-cosa è successo?! Ti ho sentito urlare e mi sono preoccupato!” mi chiede Dègel, appena sopraggiunto al piano terra.

Guardo Camus, come se mi aspettassi un qualche tipo di imbeccata. Mio fratello prende tempo per ricondursi alla calma, ispirando ed espirando diverse volte per cammuffare alla ben meglio il suo tono di voce, nonché il malessere crescente.

“N-niente, non è successo niente, Dégel, le mie allieve sono solo tutt'ora scombussolate dagli ultimi avvenimenti” si affretta a dare una spiegazione, guardando altrove.

Tutti noi presenti lo osserviamo allibiti, confusi dal drastico cambio del suo tono. Dégel si liscia più volte la camicia che porta indosso, non sapendo bene se accettare la resistenza di mio fratello, il non voler coinvolgerlo, o insistere per tentare di dargli un sostegno che non cerca ma del quale avrebbe tanto bisogno.

Fortunatamente è la voce acuta e vivace di Michela a riportare la tranquillità tra noi, ancora un poco tesi.

"Uh? Stiamo andando da qualche parte di bello, Dégel? La tua camicia è un po' insolita, è festosa, sembra adatta alla stagione estiva, per... recarsi al mare, sai? Anche se, effettivamente non so se nel Settecento fossero di moda i bagni!"

“Uh... - biascica intanto Dègel, imbarazzato, come ridestatosi dal torpore – Mi era balenata una certa congettura, in effetti...”

"Guarda, basta che non sia inerente alla guerra che stiamo vivendo e va bene tutto, dico davvero!" commentra Francesca, solitamente ligia ai doveri, ma avendo altresì bisogno di staccare un po', lo si percepisce già dallo sguardo un poco spossato.

A questo punto Dégel fissa, con una certa apprensione, i suoi occhi in quelli della reincarnazione, cercando di acciuffare uno sguardo che invece è perso nel vuoto.

“...Camus, devo sapere: stai meglio?”

“Sì, sto molto... meglio... avrei solo bisogno, per un giorno, di non pensare a tutto questo. Sono un po'... un po' stanco!"

“Lo supponevo - sorride il 'Vecchio Acquario', un poco sollevato – Allora cambiamoci di abito e rechiamoci all'ottava tempio, devo risolvere ancora una faccenda prima di andare”

"Andare... dove?" chiede Michela, gli occhi già speranzosi come non li manifestava da un bel po'.

"...al mare a rilassarci, senza farci perseguitare da pensieri deleteri!"

 

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Una giornata al mare, malgrado il fatto di trovarci in piena emergenza. Ero convinta che solo Cardia facesse uscite simili, ma anche Dègel non scherza, a quanto pare!

Camus ha il mio stesso sguardo perplesso, non deve amare molto l'ambiente marino, anche se, stremato da tutti i fatti successi, non si oppone, tutto il contrario di Dègel, Francesca e Michela che sono invece perfettamente a loro agio. In particolare il primo ha un'insolita espressione felice stampata sul volto, come di bambino diretto al parco giochi e questo mi meraviglia ancora di più visto che lui, signore delle energie fredde al pari di mio fratello, non dovrebbe tollerare il caldo. Che sia un altro il motivo di una tale letizia? Che c'entri il discorso con Milo avvenuto la sera prima? Ma certo! Le parole dello Scorpione hanno toccato il suo cuore, deve essere così, vuole chiarire con il suo migliore amico.

Arrivati finalmente nei pressi dell'ottavo tempio, ne varchiamo la soglia, incontrando subito Milo e Cardia, vestiti con indumenti leggeri, che gironzolano nell'atrio.

Sospiro sollevata nel vedere che il pazzo si è ripreso bene dalla sua crisi, visto che si diverte a giocherellare con le guance di Sonia, seduta ai piedi di una colonna, intenta a leggere e a racimolare un po' di frescura dal pavimento. Ammiro la sua temperanza nel reggere le attenzioni di Cardia senza per forza dargli il libro, che tiene tra le mani, in testa. Quanta pazienza!

Il risuono dei nostri passi attira l'attenzione su di noi, ma se gli occhi di Milo, ancora in apprensione, si dirigono istantaneamente su quelli un poco sfuggenti di Camus, lo stesso non si può dire di Cardia che invece, una volta riconosciutoci, si immobilizza istantaneamente, tanto per Dégel quanto per mio fratello.

Contro ogni previsione, è però proprio Dégel a riempire lo spazio vuoto tra sé e gli amici, conpiendo grandi falcate per approcciarsi così a Cardia. Durante il tragitto, passa di fianco a Milo, un poco titubante nell'avvicinarsi a Camus, per posargli brevemente una mano sulla spalla, fare una accenno come a dirgli: "Sta meglio, non temere, la crisi è passata", e proseguire il suo tragitto fino alla colonna.

Tutto sembra arrestarsi quando lo vedo, senza esitazione, circondare il busto di Cardia con gesto soffice ma ugualmente intenso per avvolgerlo in un abbraccio che fa sbalordire lo Scorpione. Gli occhi sbarrati quasi come se non ci credesse. Effettivamente devono essere abbastanza rari i momenti così spontanei per loro. Sono pur sempre maschi, è più difficile l'approccio fisico tra loro, più che per noi femmine.

Milo e Camus guardano la scena con crescente partecipazione, sentendosi emotivamente coinvolti. Non hanno ancora spiccicato parola, tra loro, mio fratello si è giusto appena un po' avvicinato a lui, ma ancora è la difficoltà ad esprimersi che lo blocca. Le mie amiche, Sonia compresa, sorridono invece intenerite, gli occhi a cuore e brillanti come non mai.

“D-Dègel, s-ei impazzito?! S-sei in te, oppure...” riesce a biascicare infine Cardia, non ricambiando la stretta perché semplicemente troppo sbalordito per farlo. Tiene le braccia un poco alzate rispetto ai fianchi, non sapendo bene come comportarsi.

“Milo mi ha fatto rammentare quanto tu sia unico e prezioso per me... Sono mortificato, Cardia, non avrei dovuto avercela così con te, in fondo volevi agire a fin di bene, anche se avventatamente, cosa assolutamente da te!” gli dice dolcemente Dègel, il tono ovattato perché il suo viso è appoggiato nella spalla dell'amico.

“Q-quindi vuoi dire che... che mi perdoni?! Non dovrò più fingere di non vederti o di non conoscerti quando mi passi a fianco?! - esclama l'altro, guardandolo speranzoso - Siamo ancora amici?" chiede un ulteriore conferma.

“Parbleu! Non c'era bisogno di arrivare a questo, tonto!” risponde Dègel, ridacchiando sonoramente prima di raddrizzarsi e staccarsi dal compagno di mille avventure, pur rimanendo davanti a lui.

Cardia, per tutta risposta, come ridestatosi, si mette a stropicciargli, con l'ausilio delle dita della mano, gli zigomi, divertendosi non poco a fargli assumere un colorito tendente al rosso.

“Aha! Mi piace quando non fai l'algido e dimostri i tuoi sentimenti! Oh, ma guarda qui che espressione buffa che hai!” gli dice, sorridendo felice.

“Uff, si, però ora basta con le svenevolezze, Car! - lo blocca Dègel, allontanandosi un poco da lui e fingendosi sostenuto, ma quando il suo sguardo si posa nuovamente sul compagno d'armi, i suoi occhi sono caldi e accoglienti come non mai - La tua semplicità è il motivo per cui ci siamo ritrovati al Grande Tempio, te l'ho già detto, ma voglio ripetertelo!"

"La mia semplicità... e allora fatti abbracciare, Dègel, perché io non ho ancora ricambiato!" insiste Cardia, accennando un passo nella sua direzione.

"N-non occorre davvero, non..."

"Ti ho detto che devo ricambiare, non mi sfuggi! - tossicchia, e prima di poterglielo impedire, stringe a sua volta un imbarazzatissimo Dégel che, sospirando, accetta le moine - Bene così, cucciolo, sei proprio un bravo cagnetto, eh!" lo prende in giro Cardia, con tanto di frullata tra i capelli come se davvero si trattasse di un cane.

"Cardiaaaaaa!!!"

Nel frattempo, dall'altro lato della stanza, Milo e Camus si continuano ad osservare da distanza, non sapendo bene come comportarsi. Avverto distintamente il timore dello Scorpione, così come la fragilità di mio fratello, che vorrebbe comportarsi come Dégel ma non riesce. Non riesce ad essere così espansivo, non riesce a utilizzare le parole e, in ultimo, ma non meno importante, non riesce minimamente a sorreggere lo sguardo ricolmo del suo migliore amico. Stringei pugni, tenendo gli occhi fissi su una mattonella del pavimento.

“Cammy, stai... bene? Cioè... come ti senti?" riesce a chiedere alla fine lo Scorpione, accennando un passo, il braccio destro è protratto verso di lui.

“I-io non... - non lo sa, questo lo capisco dal suo modo di atteggiarsi, e mi graffia il cuore, come una sensazione sotto pelle. Eppure dovrebbe essere libero dal giogo del Mago - Sto meglio rispetto a ieri" risponde alla fine, alzando brevemente lo sguardo su di lui.

“Stai... meglio? - chiede conferma Milo, mordendosi il labbro inferiore, per qualche ragione sembra arrabbiato - Cosa significa meglio, Cam? Perché non lo esprimi?! Ricordi cosa ti è successo ieri, perché non..."

...Non ci dai spiegazioni?! E' questo che vorrebbe chiedergli, ma ha timore, e rimane fermo lì, fisso sulla sua figura, in attesa di qualcosa. La tensione è palpabile.

"Milo, ascolta..."

"No, non sono io a dover ascoltare, non siamo noi, ma tu, sei tu che dovresti ascoltarTI! - ribatte lo Scorpione, sul furente andante, fremendo per qualcosa che probabilmente sa solo lui e che a noi ragazze sfugge ancora - Voglio sapere dalle tue parole, mentre mi guardi negli occhi, cosa stai vivendo nello specifico, cosa ti sta succedendo e, in ultimo, cosa..."

Ma il gesto di Camus che, ricalcando le orme di Dégel, è corso ad avvolgerlo in una stretta sincera e un poco disperata, lo fa fermare di colpo, i suoi piedi incespicano nel tentativo di riequilibrare l'intera struttura prima di divaricarsi.

"Cam..." lo chiama, arrochito, ricambiando goffamente il gesto, non perché non sia in grado, ma perché proprio non se lo aspettava.

“Amico mio... ti devo così tanto! - farfuglia sommessamente, pronunciando, con difficoltà crescente, parole ricolme di sentimenti - Mi sono sempre rivelato una frana con le parole, ma tu sei stato il mio primo appiglio, il primo a voler tentare di crearsi un varco nella coltre di ghiaccio che inspessiva l'intero mio essere, rendendo irraggiungibile la mia stessa anima e facendomi sentire freddo. Sei stato il primo... a farmi vedere i colori in un mondo grigio, e di questo te ne sarò sempre grato, SEMPRE! Probabilmente non sarò mai in grado di ricambiare del tutto quanto mi hai donato, ma... ma ti ringrazio per rimanere al mio fianco qualunque cosa accada!"

Per un solo istante, gli occhi increduli di Milo si fanno lucidi, come di lacrime a fior di palpebre, che pungono per uscire. Scrolla il capo, stringendo a sé l'amico con il doppio dell'intensità.

“Maledizione, Camus! Questo bel fluire di parole gremite de tuo meraviglioso mondo interno proprio adesso, in un momento simile! - esclama, tremante - Sei riuscito nuovamente a compiere un abile periplo per evitare di parlarmi del tuo stato di salute, non è vero?! E' proprio più forte di te, non c'è verso!"

"..."

"Immagino che, ancora una volta, non mi dirai cosa stai passando, già, non CE lo dirai..."

Camus si irrigidisce a quelle ultime parole, prima di trovare la forza per riprendere a parlare: "Sto bene ora... sono con voi!"

"No, tu ti sforzi di stare bene PER noi, amico mio, è diverso, e... - breve pausa, dove stringe con ancora più foga il suo corpo, serrando le palpebre - Maledizione, sai che sei la mia debolezza, Camus, sai che ti perdonerei di tutto, ma... ma devi rimanere con noi, a tutti i costi! NON CEDERE!"

Devi rimanere con noi a tutti i costi... perché una frase simile proprio ora?! Perché questo brivido subitaneo?! QUANTO sa Milo più di noi? Dal discorso di ieri un universo di cose non dette, a quanto pare, per noi, per loro, per proteggerci. Il loro desiderio di salvaguardarci fa tenere all'oscuro me, Michela e Sonia, ne sono più che certa. Devo scoprire che cosa è successo il più presto possibile, questa situazione non mi piace affatto, chissà se invece Francesca...

La osservo di sottecchi, ma è criptica come sempre. Già, lei è rimasta viva mentre noi eravamo in coma, per non dire qualcos'altro, anche lei deve sapere qualcosa in più, devo capire che cosa, in un modo o nell'altro.

“Sentite, ma... non si doveva andare al mare? Siamo tutti pace e amore, ormai, no? Possiamo procedere!” interviene ad un certo punto Michela, con aria interrogativa. La guardo sconcertata, lo stesso fa Francesca e, più in là, Sonia. Dovremmo essere abituati alla semplicità di Michela, ma davvero non c'era un modo più consono per sbloccare la scena?!

Ancora una volta inaspettatamente è Camus ad accennare una risatina tra sé e sé davanti alla sua manifestazione di ingenuità, mentre Milo rimane un poco rigido, guardando altrove e sospirando tra sé e sé.

“Certo, Michela, ci andiamo subito! Aspetta solo un attimo che devo ancora risolvere una questione estremamente importante” le risponde mio fratello, rasserenato dalla scappatoia che gli è stata inconsapevolmente offerta dalla mia amica. Una scusa, ancora una volta, per non parlare.

Intuendo quello che vuole intendere, seguo con gli occhi i passi di mio fratello che si arrestano soltanto davanti a Cardia, il quale, temendo probabilmente un nuovo attacco, sfugge si posiziona immediatmente sul chi vive, quasi ringhiando nella sua direzione. Dégel, a poca distanza sia da uno che dall'altro, osserva la scena con il mio stesso interesse.

“Eh, no, Camus, non ci provare! Non ho fatto niente a tua sorella, sul serio, non lo farei mai, che diamine! - mette le mani avanti, gesticolando e occhieggiandolo nel medesimo istante - E' vero, ti ho ferito non una, due volte, ma eri irriconoscibile, non so cosa ti sia preso, avevo paura potessi arrivare a fare del male alla tua Marta, per questo ho usato la Cuspide Scarlatta, solo per questo!”

“Lo so... come sono consapevole che non hai fatto nulla a mia sorella, malgrado la, ehm... posizione insolita. Milo, del resto, non lo farebbe mai e tu... sei la sua precedente vita!” dice, imbarazzato nel ricordarsi, con gran fatica, di quei momenti. Mi sento avvampare seduta stante.

"Io non sono Milo, sono Cardia! - ci tiene a precisare lui, punto sul vivo, prima di buttare fuori aria - Ma non farei comunque nulla a Marta, devi credermi, chiedilo a tua sor..."

"Proprio per questo, ti chiedo scusa per il mio comportamento di ieri, per averti attaccato e per... tutto quello che è successo dopo!"

La breve frase proferita da mio fratello ha il potere di far bloccare Cardia in una espressione che trascende persino l'ammutolimento totale.

“Cos...? Ti stai davvero scusando con me?! SEI SERIO?!” urla appena ripresosi, come se qualcuno gli avesse dato un pizzicotto.

“Sì... sono partito un po' prevenuto con te, e questo senza una ragione apparente"

"Un po'?! Diciamo pure MOLTO, Camus!"

"Molto... hai ragione! - acconsente mio fratello con espressione mesta, annuendo brevemente - Quanto è successo ieri è stato l'apice, ti... ti ho visto su di lei, in quella posizione e... non so bene cosa mia sia preso nello specifico, i ricordi sono ancora molto confusi, rammento solo una gran rabbia e il desiderio di... di proteggerla, da te!"

"Concepisco tu voglia proteggerla, ma poi ti sei snaturato, Camus, ti... non eri in te, vero?"

"Non ero in me, ma percepivo comunque cosa succedeva all'esterno, solo... non riuscivo a fermarmi"

"Sai che hai colpito anche Marta?"

"Lo so..."

"Sei consapevole che ieri, il più pericoloso per lei, tra noi due, eri tu?" continua ad incalzarlo, quasi spietato.

"S-so..."

"E allora chiedi scusa a lei, non a me, per me è già acqua passata!"

"Con lei ho già chiarito, ora voglio risolvere la questione tra me e te, perché la situazione che si è creata è stata colpa della mia debolezza! Il nemico ha approfittato del mio... astio... per te, se non fossi stato così vulnerabile, tutto questo non sarebbe successo. Sono...sinceramente mortificato, Cardia, non ho nemmeno provato a conoscerti, per me eri un estraneo a priori, non ho fatto nulla per avvicinarmi a te, né per capire la tua reale personalità. La verità è che... - esita un attimo, indeciso se dirlo fino in fondo - Non eri Milo, per me tanto bastava per non voler avere nulla a che fare con te!"

Cardia si gratta la testa in vistoso disagio da tutta quella sincerità in un colpo solo, sbuffa, prima di tossicchiare e riprenderela parola.

“Oggi il mondo gira al contrario davvero: Dégel mi abbraccia, tu mi chiedi scusa... sembra arrivata la fine dei tempi!” commenta, ridacchiando.

“Cardia, ti prego, mio fratello è veramente pentito, non era in sé... Offrigli una seconda possibilità, almeno in virtù dell'amicizia che hai con Dégel!” intervengo, temendo un rifiuto da parte dello Scorpione, perché la luce che gli ho intravisto negli occhi mi piace affatto.

“Non ho ancora risposto, mi pare... - mi ferma lui, guardandomi brevemente prima di tornare su mio fratello, l'espressione un poco severa - Posso utilizzare la tua stessa sincerità, Camus?"

"E' tuo diritto..."

"Orbene, allora te lo dirò schiettamente senza fronzoli: non credo di sopportarti, presumo si veda anche, però... però non ti odio, non posso odiarti!"

"Beh, è già un passo avanti..." ironizza Camus, sbuffando a sua volta.

"In tutta franchezza mi sono chiesto, più volte, che caspiterina tu avessi di Dègel, a parte l'aspetto fisico così simile a lui; davvero non riuscivo a capacitarmente, tu non hai assolutamente NULLA di lui, non è vero? Sembri quasi un aborto, un qualcosa di uscito male..."

"CARDIA!" l'esclamazione è partita sia da me che da Dègel, ancora una volta uniti a far fronte comune.

"D'accordo, d'accordo, forse ho esagerato con la sincerità, non sapevo quale altra parola utilizzare, va bene?!" asserisce il nostro migliore amico in comune, rendendosi conto di aver osato forse un po' troppo.

"No, va bene così, non pentirti della parola utilizzata, se è ciò che senti... - commenta invece tiepidamente Camus, abbassando comunque lo sguardo - Non sei il primo a dirmi che non ho la minima traccia di Dègel..."

Anche se priva di rabbia, avverto la sua frecciatina nell'aria, e ciò mi mette ancora più a disagio. Lo guardo, vergognandomi di avergli detto una cosa così terribile. La sua tristezza, nel pronunciare una simile frase, mi è arrivata dritta al cuore, fa male, ma non è che una piccola parte, se paragonata al dolore che sta provando lui.

Cardia sembra essersi reso conto di aver esagerato, tossicchia a disagio, prima di proseguire: "In ogni caso, Marta ti adora, un motivo ci deve essere dietro a questo! Tu sei partito prevenuto, io pure, me ne rendo conto, quindi abbiamo sbagliato entrambi, non solo io, non solo tu; tu mi hai chiesto scusa, io faccio altrettanto, perché la colpa non è solo tua, ma anche mia” ammette, porgendogli la mano.

"Cardia..." mio fratello sembra stupito, ricambia quel gesto con sorpresa, stipulando così il primo, vero, contratto tra loro.

“Non so se sarà già tardi, davvero non lo so, ma ti prometto che, da adesso in poi, tenterò di conoscerti meglio indipendentemente da ciò che dovresti essere. Sei il futuro di Dègel, è vero, ma sei anche una persona a sé stante, ed è questo ciò che conta per davvero!"

Camus lo guarda per un po', la bocca semi-aperta, prima di abbassare lo sguardo davanti a quegli occhi azzurro cielo così simili al suo migliore amico: "Io... grazie"

"Uff, ora ti stai emozionando per queste poche, semplici, parole? Allora un po' di Dègel ce l'hai ancora dentro di te, ben nascosto! - commenta Cardia, ghignando, prima di staccarsi e dargli le spalle, fingendosi sostenuto - Ora basta con questo melodramma, sta diventando tutto troppo sdolcinato per i miei gusti! Si diceva di andare tutti insieme al mare, giusto? E allora in marcia, miei prodi!"

 

**********

20 Agosto 1741, pomeriggio.

Il rumore dell'infrangersi delle onde sulla spiaggia culla i miei pensieri nel dormiveglia, trasmettendomi la tanto sospirata serenità che, a causa dei fatti frenetici accaduti nell'arco di neanche due mesi, si era smarrita completamente, quasi evaporata.

Sono sempre stata attirata dall'acqua, dove si trovava lei stavo bene anche io, e questo per fortuna non è cambiato, perché solo questo elemento è in grado di farmi rilassare totalmente, procurandomi una piacevole sensazione di tepore che mi rammenta l'infanzia.

Ora finalmente mi è concesso di prendere un po' di tempo per me, pensare tra me e me, ritagliarmi spazio, come da troppo non riesco più a fare. Mi rendo così maggiormente conto che questa è di gran lunga l'estate più stramba della mia vita, ed è sicuramente così anche per le mie amiche Francesca e Michela. Chi lo avrebbe mai detto che una vacanza in Grecia avrebbe portato tutto questo?! L'entrata nel mondo dei Cavalieri, la scoperta di essere semidee, la lotta contro il falso Crono e, dulcius in fundo, un viaggio a ritroso nello spazio-tempo. Il rammentare ora tutto ciò che è successo mi da quasi una sensazione di straniamento ed intorpidimento, come se si trattasse di qualcosa assai distante da me e che invece è accaduto fino a ieri. Ci sono ancora in mezzo, eppure, se mi soffermo con la mente, mi sento quasi straniera in tutto questo, ed è strano, quasi distopico, perché invece ci sono dentro fino ai capelli, senza neanche sapere totalmente perché.

Vado sempre più assopendomi grazie ai caldi raggi del sole, intanto avverto il respiro di Camus, vicino a me, farsi sempre più profondo, segno evidente del suo prendere sonno malgrado l'ambiente non sia proprio propizio al suo essere. Fino a poco fa mi accarezzava i capelli con dolcezza, cullandomi con il suo tepore e la delicatezza dei suoi gesti. Ora il suo braccio è al mio fianco, immobile, perché si è finalmente addormentato. Ridacchio divertita tra me e me, girandomi sul fianco sinistro per acciuffarglielo e stringerglielo. Sono così felice di essere qui, è esattamente dove voglio stare.

Fino a due mesi fa, neanche immaginavo di avere un fratello, figurarsi poi maggiore! Sono cresciuta credendomi figlia unica e, per certi versi, imparando a convivere con la solitudine. E' vero che Francesca e Michela mi hanno sempre accompagnata, affrontando con me le difficoltà della vita, le prese in giro, perché eravamo 'diverse' e gli altri percepivano questa estraneità, rifiutandoci, ma oltre a ciò, mia madre era molto spesso impegnata per lavoro (e del resto doveva, da sola, mantenermi!), quindi non sono state poche le volte in cui tornavo a casa da scuola e la trovavo fredda e buia. Ho dovuto imparare velocemente a cucinare da sola, a fare i letti da sola, a bastarmi da sola... e vi sono stati momenti, spesso, in cui desideravo come non mai la presenza di qualcuno di spaciale nella mia vita, talvolta trovandomi a piangere nei momenti dove la tristezza incombente era talmente forte da quasi soffocarmi.

Ora ho scoperto che, in verità, un fratello ce l'ho, ce l'ho sempre avuto, non sono mai stata da sola, anche se lui era lontano, ed io non potevo ricordarmi di lui in alcun modo. Un fratello maggiore ce l'ho, è un essere delicato e speciale, eppure, con questa consapevolezza, è aumentata altresì la paura; la paura incontrollabile che mi venga strappato anche questo piccolo, piccolissimo, angolo di felicità.

Rabbrividisco, ingoiando a vuoto, aumentando la stretta sul suo braccio, nascondendomi nella sua piega del gomito e rimanendo lì, un poco tremante. Per una certa sfasatura della concezione di pericolo, rabbrividisco di più nel pensare al nemico che fa... quelle cose... a Camus, e che lo vuole possedere, che non per l'odio smisurato che prova per me e che avverto nitidamente. Non voglio che mio fratello, difficoltosamente ritrovato, mi venga strappato da quell'essere, non voglio, tutto qui. Sradicherei via chiunque osasse fargli del male, senza freni, al solo scopo di proteggere lui e le persone a me care.

Mi blocco, pugnalata da quell'ultimo pensiero, uno spasmo tumefatto mi sfugge dalle labbra, ripensando alle ultime parole del Mago questa mattina: chi è il mostro, tra me e lui, già, chi è? Secondo quanto dice, lui lo fa per il suo mondo, io... per cosa sto combattendo, per gli ideali della dea, oppure...?

Camus deve avvertire in qualche modo il mio malessere, o le mie emozioni, perché lo percepisco voltarsi verso di me, la sua mano destra mi accarezza brevemente i capelli e la fronte, prima di cingermi, facendomi così sentire protetta, rassicurata. Mi rilasso visibilmente al suo contatto, buttando fuori aria.

"Anche io sono qui, al tuo fianco, non devi avere paura..." riesce appena a farfugliare, in tono impastato, perché probabilmente è in bilico nel dormiveglia, ma è come se mi sentisse comunque.

"Camus..." lo chiamo, emozionata, rannicchiandomi ancora di più contro il suo corpo, che avvero caldo e rassicurante. Faccio quindi per voltarmi, ma l'arrivo di una terza forza blocca i miei propositi.

“Ehi, Marta, facciamo un tuffo?! Mi sto annoiando! Qui è un mortorio, Dégel si è portato i suoi soliti libri da leggere e ha contaminato Sonia, le tue amche ciarlano tra loro, Milo non mi considera, preferendo rilassarsi, almeno so che su di te posso sempre contare per fare qualcosa di spassoso!”

Ecco che a frenare questo bel momentino idilliaco, è subentrato quel diavoletto di Cardia, il solo, unico, e inimitabile rompiscatole, rivale indiscusso di Michela nel campionato di: 'stare fermi a rilassarsi? Giammai!'

Sbuffo, quasi divertita, aprendo un occhio per ricercare proprio lamia amica così simile a lui, la quale effettivamente è sul bagnasciuga a parlare con Francesca.

"Vai a divertirti con loro, Car, io ho bisogno di rilassarmi un attimo!" gli dico, in tono comunque dolce, voltandomi infine verso mio fratello, in modo da essere frontali. E' appisolato, come immaginavo.

"Eh, cosa? E mi abbandoni così?" si lamenta lui, deluso, allontanandosi comunque di qualche passo come se fosse indeciso sul da farsi.

Ho davvero bisogno di stare un po' con i miei pensieri, di stare vicina a mio fratello che, sdraiato in posizione quasi fetale, si sta concedendo un poco di riposo, anche se la sua espressione non è del tutto serena, non la è mai. In effetti, anche adesso, che dovrebbe essere rilassato, le sue sopracciglia sono un poco contratte, ciò mi desta preoccupazione. Gli liscio i capelli con dolcezza, alzandomi a sedere pur continuando a guardarlo: girandosi verso di me, la camicia gli si è un po' sollevata sul basso ventre, scoprendo così l'osso dell'anca, che mi sembra paurosamente in rilievo rispetto a come me lo ricordavo, e una sottile striscia di pelle. Ingoio a vuoto, irrequieta, avvicinandomi istintivamente con la mano in quel punto per tastarglielo e vedere se le mie supposizioni siano correte. Mio fratello non ama farsi vedere nudo, non sono molte le occasioni in cui l'ho visto privo di abiti, ma... sebbene ieri non me ne fossi accorta perché, stando lui male, non mi ci sono soffermata più del dovuto, sembra davvero dimagrito di un sacco rispetto ad un mese fa...

“Niente da fare, le tue amiche parlano dei fattacci loro, non mi va di entrare in discorsi non miei!" la voce di Cardia torna a raggiungermi, più pimpante di prima.

"Car..." sospiro, fermando i miei propositi e radunando tutta la mia pazienza.

"Pensi che rimarrai tutto il pomeriggio a contemplare tuo fratello maggiore, oppure...?"

“CARDIAAAA!!!"

"Vedessi come lo guardi tutta adorante, ne sembri quasi inn..."

"FINISCILIA, COGLIONE!" gli urlo, rifilandogli un calcio nello stinco per farlo tacere, ottenendo solo le sue risate.

Purtroppo la nostra mini baruffa fa ridestare Camus che, ancora mezzo addormentato, si mette a sua volta a sedere, strofinandosi gli occhi e le guance già arrossate per l'esposizione al sole.

"Mi dispiace, stavi cercando di rilassarti e noi..." farfuglio, pentita, cercando di oppormi agli strattonamenti di Cardia che diventano sempre più intensi.

"Non ti preoccupare per me, vai pure con lui, hai bisogno di distrarti, piccola..." mi rassicura, sorridendomi con dolcezza prima di nascondere un profondo sbadiglio con la mano e sforzarsi di rimanere seduto.

Sei sempre così stanco... non riesci a trovare un luogo dove placare il tuo animo irrequieto, non so proprio più che fare e... OUCH!

"Finalmente ti sei decisa a venire, ti sei fatta pregare questa volta!" esclama irriverente Cardia, regalandomi un largo sorriso nel trasciarmi praticamente sulla battigia.

"Veramente mi hai obbligata..."

"Uh, quante storie, ora sei qui, non ci resta che tuffarci!" minimizza lui, abbracciando con gli occhi la distesa marina davanti a noi.

“Come pensi di fare, genio? Siamo tutti vestiti! - esclamo, inarcando un sopracciglio, un poco infastidita - Pure Dègel e Camus, che patiscono il caldo più di te, indossano abiti, così come le mie amiche, mentre Milo... beh Milo è una eccezione!" sbuffo, accennando all'altro artropode sdraiato più in là.

Se si esclude infatti Milo, disteso a busto scoperto per crogiolarsi al sole, noi tutti indossiamo abiti più leggeri possibili. Mi pesa non avere dietro un costume per fare il bagno, devo ammetterlo, eravamo partite con una vacanza al mare e il mare lo abbiamo visto invece pochissimo, in più, in quest'epoca, credo non sia nemmeno contemplato un costume come outfit, anche perché farsi i bagni di sale e sole, non era certo in cima alla lista dei doveri da compiere.

“Perché solo Milo dovrebbe essere l'eccezione?! Dovresti ben sapere... che nemmeno io ho di questi problemi!” afferma lui, indicando con un largo sorriso lal leggera camiciola che indossa. Ecco, è arrivato l'altro nudista della situazione, uff, è proprio vero che alcune cose non cambiano mai, neanche a distanza di 270 anni!

Sbuffo di nuovo, soffermandomi a guardare con interesse l'ambiente costiero della “Spiaggia Segreta”, ovvero il luogo dove tutto è cominciato.

Cavoli, questo posto sembra davvero senza tempo! Gli scogli dove Dègel e Sonia si sono seduti a leggere un libro esistono anche nel 2011, persino la sabbia su cui Francesca e Michela discorrono tra loro, nella sua moltiplicità, non sembra poi così diversa dalla 'nostra'. Davvero... è proprio come se il tempo si fosse fermato qui, oppure è solo frutto della mia mente che, sballottata dal viaggio temporale, tende a stabilizzarsi e a stabilizzare tutto, donandogli connotati pressoché eterni.

“Invece di perderti in pensieri futili, vieni?!” mi incita nuovamente il pazzo che, irritato dalla mia immobilità, ha deciso arbitrariamente di prendermi di peso per la collottola, senza che io possa oppormi, e condurmi in cima agli scogli.

“Che palle, Cardia, sei insopportabile quando fai così! Buttati tu, se ci tieni tanto, io mi stavo rilassando, non mi dai requie!” sbotto, sedendomi per ripicca dove mi trovo, del tutto restia a qualsiasi coinvolgimento nel suo gioco.

“Santi numi, sei proprio una lagna! Va bene, se insisti...”

Non ho il tempo di ribattere niente che mi ritrovo la camiciola di Cardia in faccia. Subito dopo uno schizzo d'acqua mi raggiunge le gambe e le braccia, segno evidente che il pazzo si è buttato.

Che pazienza, davvero! Dégel deve essere un santo per reggerlo, chissà come farà, poi, a non farsi coinvolgere e a rimanere con eleganza sulle sue posizioni, non me ne capacito. Il mio sguardo furtivo si posa brevemente su di lui, intento a leggere con molta attenzione.

“Ma... si è spogliato di nuovo?!” sento esclamare da Francesca, alzatasi a sedere per il baccano, rimanendo sbigottita a guardarlo sbattere i piedi e produrre così schizzi su schizzi.

“Meglio per noi, Fra! Meglio due che uno, no?!” ridacchia Michela, assai soddisfatta da tutto quel trambusto. La vedo perdersi per un attimo in contemplazione di Milo, che si è tirato su dalla sabbia e ora si sta togliendo i residui dalla schiena e dai capelli, per poi tornare su Cardia, anche se non è che si veda chissà cosa, visto che non sta un attimo fermo.

Francesca sembra comunque imbarazzata, si costringe a rimanere composta, sebbene le sue guance siano evidentementi rosse, tossicchia, prima di grattarsi il naso.

“Michela, ma tu... come diavolo fai?" le chiede, voltandosi con un poco di severità nello sguardo.

"A fare cosa?"

“Beh... a fissare senza problemi sia Milo che Cardia, non ti senti... sporca?" le chiede ancora, tutta imbarazzata.

"Dovrei? Guardare ma non toccare, anche se... beh, non mi dispiacerebbe farlo, ihihi!" sorride, prendendola con leggerezza.

"Ma Hyoga..."

Un semplice nome, ma in grado, da solo, di rabbuiare il viso di Michela, che cambia così drasticamente espressione: "Quello là non c'entra niente!"

Gelida. Secca. Inamovibile. Cosa assolutamente non da lei. La mia amica più grande decide di soprassedere, non proseguendo oltre nel discorso, limitandosi a fissare il mare, la mente distante. Effettivamente sulla questione Hyoga, che pure ho intuito, non c'è mai stata occasione di parlarne. Dovrei farlo, invece, ma è davvero difficile trovare il momento per discorrere tra noi come facevamo prima di ritrovarci in questa assurda avventura.

“Ehi! Ma dormi in piedi?!”

Non ho il tempo per accennare un passo che mi ritrovo annaffiata da cima a fondo, mi volto, fulminando con lo sguardo un Cardia che aveva già cominciato a ridere sguaiatamente, oltre ad inondarmi con uno schizzo d'acqua sin troppo potente.

Sbuffo sonoramente, irritata ancora più di prima, allontanandomi senza degnarlo più di uno sguardo nella speranza che il pollo mi creda offesa a morte, cosa che infatti avviene, perché, con la coda dell'occhio, lo vedo agitarsi un poco.

“M-Marta, s-sei arrabbiata con me? Volevo solo un po' giocare a schizzarci l'acqua, s-solo questo!” mi chiede, in tono da cucciolo bastonato.

"Al solito, non capisci quando stai travalicando il limite, Cardia, un difetto piuttosto sviluppato della tua personalità sopra gli schemi!" lo freddo, facendo la preziosa, in realtà sto sogghignando sotto i baffi ma lui non mi può percepire.

"M-ma io volevo solo farti distrarre! Sembri sempre sul punto di esplodere, e quindi..."

“Lo sono, Car... - ammetto, le braccia lungo i fianchi, prima di voltarmi nella sua direzione - Diciamo che certi particolari potevi anche risparmiarteli, come la maglietta in faccia, ma... CI SEI RIUSCITO, BANZAI!” trillo, infine, saltandogli improvvisamente addosso. Lui non ha nemmeno il tempo di raccappezzarsi che finisce completamente sott'acqua, tra le mie risate euforiche e alcuni schiamazzi provenienti dalla battigia. Nuoto per qualche metro, arrivando così a sostenermi su uno degli scogli per riprendere fiato. Nel seguire il percorso che mi sono impartita io stessa, i miei occhi si ritrovano ben presto ad incrociarsi con quelli un poco mesti di mio fratello, che non si devono mai essere staccati da me. Sussulto, arrossendo un poco: non sono abituata a mostrare questo mio lato proprio a lui, mi sento quasi giudicata. Guardo quindi altrove, ostentando indifferenza.

"Cosa turba questa volta la tua mente, Mago dell'Acqua e del Ghiaccio?"

E' stato Milo a porre la domanda in tono squillante, avvicinandosi al suo migliore amico con passo quasi felpato. Fingo disinteresse, divertendomi a soffiare nell'acqua per produrre le bolle come mi hanno insegnato in piscina, ma in verità sono attentissima sulla conversazione.

"Per quanto mi voglia sforzare di conoscere meglio la tua precedente vita, sono comunque restio a questo interessamento così acceso per Marta!" ammette, un poco imbarazzato nel comunicare questo suo stato.

“Ah, Camus! Davvero ti poni simili problemi? La vita è la loro, si sono trovati e sembrano andare piuttosto d'accordo. Se Cardia riesce a scioglierla un po', portandola ad esprimere ciò che sente, a differenza tua, tanto di guadagnato! - ridacchia Milo, divertito, poco prima di trasalire inaspettatamente, forse nel vedere qualcosa passare negli occhi del compagno - Cammy, tranquillo, non intendo QUELLO! Volevo semplicemente dire che la presenza di Cardia può dare senza dubbio giovamento a Marta. Di ghiacciolino ne abbiamo già uno, qui, non ce ne è bisogno di un'altra!" si affretta a spiegare, scoppiando poi a ridere.

"Milo..." il tono di mio fratello è paurosamente strascicato, sembra tanto che risuoni come una avvertimento latente, tanto da far accapponare la pelle persino a me, che infatti mi allontano bruscamente.

"Marta, Cardia non è ancora tornato su!" mi avverte Michela, indicando il punto dove era sparito. Mi si accapona la pelle, stavolta per davvero.

Nuoto velocemente, sempre con la testa fuori dall'acqua, sul luogo del misfatto, il cuore a mille: che abbia esagerato?! Maledizione, perché ogni volta che agisco senza aver ponderato bene le possibili conseguenze poi me ne pento immediatamente?!

“Santi numi, Cardia!! Dove sei?!” esclamo, agitata, chiedendomi se sia il caso di immergermi ma rabbividendo, per qualche strano ragione, al solo pensarlo.

Improvvisamente mi sento afferrare da due forti braccia che mi tengono imprigionata, chiudo di scatto gli occhi, spaventata.

“Ahahaha!!! Questa volta me l'hai fatta, Marta, sei pronta a ricevere la punizione?!” afferma Cardia, aumentando la presa sul mio corpo.

Io, praticamente in braccio a lui, tento di divincolarmi e gli grido di tutto, ma Cardia fa orecchie da mercante e, nel momento in cui si immerge con me, io ho ancora la bocca aperta. Automaticamente l'acqua salata mi invace prima le narici e poi la gola, ma non è quello a terrorizzarmi, quanto invece il pensare all'acqua scura, come gli abissi, che brucia dentro di me. Non vi è più nulla intorno a me, sono sola... nell'oscurità dei flutti. Scalcio con foga, in preda a qualcosa che so per certo più potente di me, quasi mi getto in superficie, tornando ad aggrapparmi allo scoglio più vicino tossendo e sputando acqua a più non posso.

“E-ehi che ti succede?!” mi raggiunge immediatamente Cardia, prendendomi per le spalle e dandomi pacche di incoraggiamento.

Non rispondo subito, facendo preoccupare tutti i presenti ancora di più. La paura si incrementa con l'aumentare delle mie difficoltà a tornare a respirare regolarmente.

“Marta? Santi numi, non mi morire qui!!! Ho da poco avuto un dialogo civile con Camus, se, dopo questo, ti succedesse qualcosa, sarebbe la mia fine!" continua lui, scrollandomi appena.

“Non so che mi sia successo... Cough! Cough! Ho avuto una paura folle di finire sul fondo del mare e di non poter tornare più a galla!” biascico, aprendo finalmente gli occhi nel tentativo di placare la tremarella.

"A Genova non mi sembravi così mal partita, cosa ti è successo quest'oggi?" mi fa notare ancora lui, con una premura che palesa raramente.

Ha pienamente ragione, non so neanche io spiegare perché. So solo che, rispetto ad allora, anche se sono passate solo poche settimane, tutto sembra mutato in me. Mi sento strana, ogni tanto nemmeno in me, faccio fatica a controllare ciò che sono io, ciò che forse dovrei essere e, soprattutto, ciò che ero. Perché ormai mi è chiaro chi fossi in un'altra vita, ma non ho spiegazioni su come io sia finita qui. So solo che ho paura, avverto un freddo insinuarsi dentro di me, sempre più spietato e ho il terrore di finire nuovamente sola in mezzo al buio.

“Marta, non hai mai avuto di questi problemi, da piccola hai anche fatto anni di nuoto, ricordi? Eri bravissima ad immergerti e a guizzare nell'acqua, avevi una dote naturale e ti piaceva!” interviene Michela, un poco perplessa. La sento molto vicina, anche se non capisco dove.

Alzando lo sguardo dopo un paio di secondi, noto che lei e Francesca si sono avvicinate a me, in particolar modo quest'ultima mi guarda come se sapesse già tutto della mia situazione. Del resto lei è una dea, può darsi che abbia percepito le diverse vibrazioni che produce la mia anima in quest'ultimo periodo...

"Questi ricordi, queste paure... non sono le tue, vero?" mi domanda enigmatica, una strana luce negli occhi, come se mi volesse mettere alla prova.

"Già..." biascico semplicemente, buttando fuori aria. Non mi sfugge comunque l'occhiata della mia amica verso Camus, scattato in piedi allarmato, né il suo cenno di assenso nella sua direzione. C'è intesa tra loro, e dei segreti, anche questo è chiaro.

Mi costringo a smettere di tremare, sempre più innervosita dalla faccenda, solo il leggero tocco di Cardia mi fa ridestare dall'oblio oscuro in cui stavo sprofondando.

“Se ti stringo la mano... - e fa esattamente come appena proferito – te la senti di immergerti? Ti devo far vedere una cosa assolutamente meravigliosa!”

Sorrido imbarazzata, annuendo con la testa e sussurrando un "ci posso provare".

Ci posso provare per davvero, so di potermi fidare completamente di lui.

"Vedi là, dove si increspano le onde del mare?" mi chiede poi, indicandomi una zona situata non molto distante da noi. Affino lo sguardo, distinguendola.

"Sì, la vedo!"

"Quella è una secca, una rottura per le imbarcazioni, ma proprio lì si trovano una miriade di pesci diversi. Vuoi... vederli insieme a me?" mi porge anche l'altra mano, come un invito ad andare con lui.

“Conosco le secche, mi piacciono molto, Car, ma..." esito ancora un attimo, affatto tranquilla di immergermi. Eppure da piccola ero così a mio agio a vedere i pesci...

“Tu non hai nulla da ver paura, sono vicino a te, ti condurro io, non sei sola in mezzo al buio, vedrai che meraviglia di pesci che incroceremo nuotando!" mi tranquillizza, prima di partire.

Annuisco, un poco più decisa, prendendo una boccata d'aria.

“Tuttavia, se non sei del tutto tranquilla, tieni pure gli occhi chiusi, vedrai che, man mano che prosegui, li aprirai da sola!” afferma, rabboccando a sua volta aria. Faccio quindi come chiesto, avvertendo con precisione il momento in cui ci immergiamo completamente in acqua.

Avverto con chiarezza il fresco intorno a me, mentre, sbattendo i piedi, mi faccio guidare da Cardia più a largo, emozionata all'idea di raggiungere la secca e osservare i pesci che csi nascondono. E' così strano... l'acqua marina, il suo ambiente che percepisco intorno, mi offre sensazioni strane e altamente contrastanti tra di loro: paura, ma anche una certa beatitudine; senso di protezione, ma anche pericolo. Non sono più io, ma mi sento piena come non mai, fratturata e integra in ugual misura. Tutto questo mi confonde, mi stordisce, mi... entusiasma: finalmente sono di nuovo viva, sento le altre piccole vite intorno a me, che guizzano leggiadre, le percepisco, anche se non le vedo, ci sono alghe, c'è la posidonia... Respira. Respirano. Intorno a me. Le posso sentire perché sono... VIVA! Quasi non riesco a crederci!

“Hai ancora abbastanza fiato?” mi chiede mentalmente lui, arrestando il suo moto ma continuando a muovere le gambe e le braccia per mantenere la posizione. Lo stesso faccio io.

"S-sì, non so se è per via degli allenamenti ma non sono affatto in deficit di ossigeno" gli rispondo sempre telepaticamente, emozionata.

"E allora apri gli occhi e guarda!"

Lentamente faccio quanto chiesto, nonostante il bruciore dato dal sale, i miei occhi si adattano velocemente alle forme della vita sott'acqua, quel che vedo mi fa quasi aprire istantaneamente la bocca per la meraviglia: l'acqua intorno a noi è limpida e splendente come se avesse vita propria, regala sfumature azzurrine tutt'intorno, guizzi frenetici che ci sfiorano la pelle e che abbino subito ad un gruppo di Acciughe che, proprio adesso, ci è passato di fianco. Timidamente lascio la mano di Cardia, rimanendo comunque vicino a lui, perché mi rassicura, per contemplare la miriade di pesci che, proprio sulla secca, hanno trovato il loro habitat perfetto. Ci sono le Occhiate dagli argentei bagliori, i Saraghi, non dissimili dalle prime, e poi... e poi un scatto verdolino acciuffa il mio sguardo: è la Donzella pavonina che sta cercando il cibo, grufolando sopra la scogliera, insieme a lei, a poca distanza, una Bavosa, e altre infinità di altri pesci che non so distinguere, dalle più svariete forme e colori.

Ritorniamo infine in superficie, raggiungendo gli scogli per rifiatare, visto lo sforzo appena compiuto. Nessuno dei due è in grado di parlare subito, ma il primo a riuscirci è ovviamente Cardia.

“Allora? Cosa te ne pare? Hai visto che non è poi così..."

Io gli salto letteralmente addosso, abbracciandolo con forza. Mi verrebbe da urlare e da piangere insieme, non riesco ad esprimere tutto questo se non stringendolo con tutta la forza che possiedo.

“Grazie, Cardia! Grazie per regalarmi questi bellissimi momenti, sei davvero unico e speciale! - strepito, sorridendo per la felicità, che è talmente elevata da necessitare di essere manifestata - TI VOGLIO BENE!" mi lascio sfuggire, non riuscendo più a controllarmi. Purtroppo mi accorgo tardi del suo irrigidimento, sebbene tenti di nasconderlo.

“I-io non ho fatto niente di speciale, sei tu che... - prende una breve pausa, mordendosi il labbro inferiore - T-ti voglio bene anche io!"

So che non è vero, sappiamo entrambi che non può esserlo, fin troppo, eppure lui si è sforzato di dirlo per me, per assecondarmi, come amico, il ruolo a cui l'ho relegato perché incapace di altro. Sospiro, mentre salgo sugli scogli aiutata comunque da lui. Mi sento così a disagio adesso, vorrei inabissarmi per la vergogna, ma cerco di non dimostrarlo, alzandomi in piedi e cominciando a strizzare il peplo che è zuppo.

“A me basta trascorrere questo periodo della mia vita con te... - sussurra impercettibilmente - Come pensavo, non riuscirei a dimenticarti, per cui, va bene anche così, anche se vorrei con tutte le forze... ALTRO!"

Non ho il tempo di girarmi nella sua direzione che Michela e Francesca, senza neanche spogliarsi, si gettano a loro volta in acqua, innaffiando, tra gli schizzi, sia me che lui tra le risate generali.

“Ou, fratellone, fai vedere anche a me quello che hai fatto vedere a Marta!” esclama scherzosamente Michela, vivace, con l'argento vivo addosso esattamente come i saraghi.

"Fratellone a chi?! Mi fai sentire vecchio, così!" si lagna lo Scorpione, tornando giocoso come suo solito.

“Mmh, posso? - chiede titubante Francesca, visibilmente a disagio, torturandosi i capelli già umidi e guardando altrove - Anche io vorrei vedere i pesci!"

Per fortuna le mie amiche riescono a far passare l'alone di tristezza che, per un istante, aveva solcato gli occhi di Cardia. Ne sono grata.

“Aha! Mi avete preso per... come diavolo si chiamava quel tizio?! - il suo sguardo si posa sulla figura di Dègel ancora intento a leggere gelosamente il suo libro, ma con l'altro – Ah, giusto, Cicerone! Però vi devo avvertire, non sono bravo come insegnante, quindi o mi state dietro o niente, intesi?”

Mi allontano in silenzio tra le loro risate e lo sbattere di piedi, sentendomi nuovamente colpevole. Cardia è sempre così gentile con me, ed io non posso fare niente per renderlo felice, mi sento davvero un mostro. Sospiro, prendendo con le mani i miei capelli, legati in una coda, per strizzare via l'acqua. Già, non posso fare proprio niente, eppure lo vorrei con tutto il cuore, se lo merita!

Arrivo finalmente sul bagnasciuga sempre preda delle mie cogitazioni, che si manifestano esternamente solo con le mie mani che, nervosamente, continuano a tastarsi i capelli gocciolanti. Con un poco di difficoltà, mi tolgo finalmente il laccio, lasciando che mi ricadano al naturale sia sul mio petto che sulla schiena. Generalmente ce li ho lisci, dietro, ma tendono a incresparsi proprio con il sale, soprattutto quelli sul capo, che assumono pieghe non dissimili a quelle di mio fratello.

Compio ancora alcuni passi a riva, quasi imbronciata, prima di sollevare la testa e accorgermi simultaneamente sia dello sguardo di Dégel che, letteralmente, mi perfora, sia delle condizioni in cui mi sto mostrando. Incespico nei miei stessi piedi, correndo a coprirmi con il braccio il seno. I suoi occhi non sono proiettati verso il mio petto, fortunatamente, quanto attirati dai miei capelli, dal viso, dalle sembianze che gli devono ricordare qualcosa, ma comunque, quasi contro la sua volontà, l'occhiata ci scappa, lasciando lui fisso e inebetito su di me ed io sempre più imbarazzata. Del resto, il peplo zuppo si è appiccicato al mio corpo, lasciando ben poco spazio alla fantasia e all'immaginazione. Vorrei scavare una fossa ed infilarmici senza mezzi termini!

"SCU-SCUSAMI!" quasi urlo, buttandomi sulla sabbia nell'intento di celarmi, le guance bollenti. La mia affermazione provoca in lui un sussulto.

"S-sono mortificato, Marta! Pe-perdonami!" farfuglia lui a sua volta, in un'espressione e in un tono più complicato e sfaccettato possibile.

Lo vedo darsi il libro in testa, serrando gli occhi e accavallando le gambe, persino più imbarazzato di me. Lo fisso ammutolita, rialzandomi in piedi con naturalezza mentre la vergogna, come giunta, scivola via, scomparendo e non lasciando alcun residuo. E' così buffo, mi ritrovo ben presto a pensare, torturandomi una ciocca con la mano destra, è così vergognoso, così... adorabile... come allora...

Sei sempre stato così, Dégel, le reazioni umane del tuo corpo ti confondono, facendoti sentire a disagio. Neanche tu sei abituato ad ascoltarti, ad ascoltare il tuo corpo, così allora come ora. Perseguire i tuoi desideri, i tuoi bisogni, persino la tua felicità è sempre stato difficile per te, in testa avevi solo i doveri per la tua dea, per il mondo, per l'umanità -io avevo i miei, di doveri, quindi potevo capire, salvo poi essere schiacciata proprio da loro, insieme a te- era davvero difficile farti sciogliere, portarti alla comprensione che tu, prima di tutto, eri, sei, e sempre sarai, un uomo. Eppure con me... quella notte... hai messo a nudo tutto te stesso. Non eri più Dègel dell'Acquario, io non ero più Seraphina di Bluegrad, eravamo sono un uomo e una donna ordinari che si amavano per quello che erano, che si desideravano, e che avrebbero tanto voluto trascorrere il resto della loro vita insieme. Due persone normali...

“M-Marta, sono d-davvero avvillito per... per l'in-inconveniente, perdonami, sarebbe meglio se... se ti allontanassi d-da me...”

Le stesse parole di allora, mentre, tutto vergognoso, mi chiedevi perdono per la reazione del tuo corpo ed io, praticamente nuda davanti a te, ridacchiavo felice, finalmente libera dai miei doveri, come se, spogliandomi, mi fossi liberata anche di tutto il peso che mi portavo addosso. E' davvero tutto come allora, anche se l'ambiente è completamente diverso, la Foresta Boreale a quei tempi, il mare adesso, ma il significato non cambia, non vedo altro che te. Assecondo l'impulso di avvicinarmi ulteriormente, desiderando le tue labbra, ancora una volta, che mi sono mancate come l'ossigeno. Non provo più alcuna vergogna, ormai.

Tu continui a fissarmi quasi spaventato, tieni le gambe ormai incrociate, il libro in grembo, le guance imporporate, ma non per il sole, per altro. Scommetto che la tua pelle sarà bollente, ancora una volta, quanto vorrei... toccarti, ma qualcosa mi frena. Rimango a distanza, il continuo desiderio di accarezzarti ma una strana sensazione, che mi punge appena sotto il seno, di non poterlo fare: di chi sono questi sentimenti?

Non lo so... sono sempre più confusa, ma...

Ti sorrido, cercando almeno di abbracciarti con gli occhi, visto che tornare ad intrecciare le nostre mani non ci è consentito.

“Dègel, non ti preoccupare per questo. E' già successo, ci siamo già visti nudi e non c'è assolutamente nulla di male. Mi... - esito un attimo, gli occhi si fanno per un istante lucidi, no, non posso piangere, devo sorridere - Mi sei... mancato, non immagini neanche quanto!"

"MARTA, RIPIGLIATI SUBITO, CHE DIAVOLO STAI DICENDO?! TORNA IN TE! Non è in questo modo che deve andare, non così, piccola mia, non devi annichilirti... MARTA!"

Al secondo richiamo un poco burbero, riesco infine a distinguere la voce di mio fratello. Mi ridesto, come se mi avessero buttato addosso dell'acqua gelata, sussultando vistosamente e sgranando gli occhi. Mi sento cadere in avanti, finisco tra la sabbia totalmente scossa dagli spasmi. Ansimo.

Sono Marta, è vero... così mi chiamo, non ho nessun altro nome, sono solo io, ma allora... cosa stavo per fare?!

Mi guardo confusamente intorno, focalizzando, oltre a Dègel davanti a me, ancora rosso in viso, con espressione quasi spezzata, anche Sonia, che si è alzata in piedi, quasi boccheggiando, il libro ancora in mano; Milo e Camus, con il braccio protratto nella mia direzione, come se avessero voluto fermarmi da compiere un cataclisma.

“I-Io... cosa stavo per fare? N-non... - osservo le dita tremanti, nascondendomi poi il viso nei palmi e singhiozzando un'unica volta, ma senza lacrime - E'... è vero, sono Marta, me... me lo stavo dimenticando!" ammetto, spaventata a morte.

“Marta!!!" mi chiama Sonia, correndo al mio fianco a sorreggermi con premura. Dall'occhiata capisco che vorrebbe farlo anche Dègel, ma visti gli ultimi avvenimenti meglio che rimanga lì pietrificato come di fatto è, non riuscerei più a reggere il suo sguardo.

"N-non ero più in me, n-non avevo il controllo su... su niente!" tento di spiegare alla mia amica, nasconendomi contro di lei.

"Qualunque cosa sia stata, è passata, Marta, ora sei qui, SEI QUI!" mi rassicura lei, accarezzandomi i capelli. Annuisco, serrando le palpebre.

“Ti... ti aveva detto che il rischio fosse questo? Che una d-delle due potesse prevaricare sull'altra?" chiede intanto Milo, non so bene a chi, in tono grave e strascicato

"S-sì, ma... - il suono gutturale della voce di Camus, a stento riconoscibile, arriva alle mie orecchie - Non lo permetterò, maledizione, p-per nulla al mondo!" asserisce, con non poche difficoltà, quasi respirando irregolamente nel pronunciare una simile frase.

"Che cosa significano queste vostre parole?" chiede Dégel, parzialmente ripresosi dall'imbarazzo, respirando a sua volta quasi a scatti.

Vedo la disperazione passare negli occhi di Camus e Milo, come se si trovassero in un vicolo cieco e cercassero una scappatoia senza tuttavia trovarla. Per fortuna l'entrata in scena di due figure riconoscibilissime, smuove le carte in tavola.

“Salve! Sapevo della vostra giornata al mare e volevo venire anche io a giocare con voi, ma, tra tutti, sembrate parecchio scossi!” afferma Regulus contento, appena giunto in compagnia di Sisifo, tra le mani tiene una sorta di prototipo di quel che noi possiamo definire come 'pallone'.

“N-no, miglior momento per venire non potevate sceglierlo, invece!” mormora Sonia, tra i sospiri di sollievo, riconoscendo le figure dele precedenti vite dei suoi fratelli.

“Accidenti, avrebbe dovuto essere una giornata per distrarsi la mente, dico male? - chiede conferma Sisifo, ottenendo come risposta, il nostro accenno di assenso - Perfetto, allora via i logorroici pensieri, ci uniamo a voi, amici!

Il tutto mentre Cardia, Michela e Francesca, fortunatamente incosapevoli di ciò che è successo poco prima, escono dall'acqua tra gli schizzi e gli schiamazzi vivaci. Lo Scorpione guarda nella nostra direzione.

"Regulus va bene, ma tu, Sisifo, rovini la festa con la tua stessa presenza perché sei un puritano!" ridacchia, facendo linguaccia, mentre Regulus, senza aspettare un invito si spoglia (completamente!!!) e si getta in mare tra gli imbarazzi di Francesca e gli strilli di Michela, ben felice che ora i nudisti siano tre.

"Farò un'eccezione per questa volta, Cardia! Vengo in pace!" alza le mani Sisifo, salendo sugli scogli per contemplare, con un pizzico di malinconia, la distesa marina.

 

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Capitolo 24
*** Sviluppi inquietanti ***


CAPITOLO 24

 

SVILUPPI INQUIETANTI

 

21 Agosto 1741, mattina.

Mi dirigo in silenzio verso l'arena di combattimento insieme a Francesca e Michela. Ieri, dopo l'arrivo di Sisifo e Regulus ci siamo messi a parlare e, aggiungerei, menomale visto la situazione imbarazzante che si era creata tra me e Dègel, che infatti è rimasto muto, sulle sue, per tutto il tempo, ogni tanto squadrandomi, ma abbassando subito lo sguardo quando invece ero io a ricercare le sue iridi.

Oltre a questo, il Cavaliere del Sagittario ci ha rivelato che, parlando con il Sommo Sage, sono uscite fuori delle teorie sull'entità del nemico; teorie prive di fondamento ma comunque importanti perché ci aprono la via ad ipotetiche piste. Nel passato come nel presente i Cavalieri d'Oro sono sempre enigmatici, faticano a raccontarci la verità, come se anche loro celassero un qualche segreto da custodire gelosamente, o come se ci volessero proteggere, reputandoci comunque 'piccole'.

Questa loro concezione, da una parte, è tenere e rassicurante, nonché capibile, essendo loro uomini abituati alla dura vita del campo di battaglia fin da giovanissimi, e quindi più maturi rispetto alla loro età; ma dall'altra è paurosamente irritante per noi. Michela e Sonia la pensano come me, sono guidate dalle mie stesse emozioni, vorrebbero dimostrare di essere sufficientemente cresciute e di poter essere quindi un sostegno, ma non ci è permesso.

Sospiro tra me e me, rimuginando su questa questione e scoccando un'occhiata a Francesca, anche lei chiusa a riccio. in linea teorica dovrebbe prendere la nostra posizione, ma mi sembra, troppo spesso, che invece assecondi le linee guida dei Cavalieri d'Oro e specialmente di Camus.

Camus... lui è un crocevia labirintico che non consente a nessuno di raggiungerlo. E' lampante che gli frulli qualcosa per la testa; qualcosa di molto grosso. Dopo la mia, ehm, performance di ieri, dopo aver urlato per risvegliarmi dalla trance, non mi ha più rivolto parola, evitando persino di avvicinarsi a me. Questo mi ha molto addolorato, perché pensavo di essere riuscita a raggiungerlo, in qualche modo, di averlo toccato, e invece siamo nuovamente più divisi che mai.

Quali che siano i pensieri e le emozioni di tutti, pare che il Grande Sacerdote sia fermamente convinto di trovare risposte certe, circa i nostri poteri e potenzialità, facendoci combattere contro i Cavalieri medesimi... sì, un vero e proprio scontro, per quanto sia amichevole!

“Ben arrivate, fanciulle!” ci saluta Sisifo, non appena raggiungiamo l'arena. La sua armatura d'oro risplende di aurei bagliori grazie alla luce solare che la investe dolcemente.

“Ah, bene... siete anche in armatura! Alla faccia della parità!” esclama Michela, osservando timorosa Regulus, Cardia e Dègel.

"Beh, non volevate imparare come menare le mani? Ora avete cambiato idea?!" la pizzica sottile Cardia, ghignando.

"C-certo che voglio imparare come difendermi e attaccare, ma noi fanciulle, come ci chiama Sisifo, non abbiamo difese e voi, bel belli, con le armature!" prova ancora a spiegarsi lei, gonfiando le guance.

"Beh, vorrà dire che utilizzeremo solo 1/10 del nostroi potenziale, non vedo quale sia tutto 'sto problema!" prosegue semplicisticamente Cardia, facendosi schioccare le dita, totalmente carico.

"D-divino!"

“Noi siamo in tenuta civile, dolcezza, la nostra armatura non è qui, o meglio, è qui ma è indossata da altri. E comunque arriva sempre un momento in cui le apprendiste devono passare da un obiettivo statico ad uno mobile, del resto, sul campo di battaglia non esistono soggetti che stanno fermi ad aspettare passivamente i vostri colpi!” interviene Milo, cercando di essere positivo, sebbene la muscolatura tradisca una certa tensione. Lui è sempre così allegro, ma è anche straordinariamente forte, risoluto, determinato, perseverante, addirittura, noi invece siamo solo all'inizio, ad eccezione di Sonia che ha cominciato prima, effettivamente la battaglia è impari, anche se scorre del sangue divino in noi.

La mia amica sbuffa e si volta dall'altra parte, nervosa, mentre Sonia, rigettando indietro l'incertezza, si da delle sberlette sulle guance per darsi la carica.

La capisco entrambe benissimo, purtroppo: vogliamo tutte diventare più forti, ma siamo frenate dalla nostra inesperienza, dall'esserci trovate proiettate in un universo di dei greci, guerre, distruzione e morte. Non possiamo aumentare il nostro livello, se non ci alleniamo, ma il rischio di perdere il controllo sui nostri poteri c'è, è dietro l'angolo, e perdere la coscienza di sé in un combattimento amichevole, significa ferire le persone che amiamo.

Tremo a quest'ultimo pensiero: io... dopo i fatti accaduti ieri, posso davvero ingaggiare battaglia con uno di loro? I momenti in cui non sono in me si fanno sempre più frequenti, non è più come la settimana scorsa e, stante questo ritmo, non sarà neanche come la seguente... chi sarò fra cinque giorni? Io? O... Seraphina? Perché ormai è lampante che lei sia dento di me, ogni tanto cerca di prendere il sopravvento, ed io, quasi come una marionetta, sono del tutto impotente. Non so più chi sono... non so a chi appartenga il mio cuore e, più ancora, non so di chi siano questi sentimenti. A tratti, ho il dubbio che anche i miei pensieri non mi appartengano più.

Ho tanta paura, Camus... perché sei così distante proprio adesso? Perché mi stai lasciando sola, senza neanche poter chiedere l'aiuto di Dègel, ignaro di tutto?

“Ehm, bene... chi vuole iniziare? - chiede ad un tratto Sisifo, in forte disagio, riscattandomi dai miei pensieri - Coraggio, ragazze, so che è stato tutto improvviso, ma il vostro cosmo ha un potenziale altissimo, andrà tutto bene!” ci sprona poi, cercando di sorridere.

“Io! Io! Voglio combattere!!!” prorompe subito Regulus, iniziando a saltellare. Scommetto che non ha ben capito il motivo di questo incontro/scontro ma, conoscendolo, non vede l'ora di 'menare le mani' con qualcuno. Trasmette allegria al solo vedersi!

“Regulus, tu sei un caso a parte!” sospira il Sagittario, cercando di tenere fermo il piccolo che, però, continua a saltare e a gridare senza sosta. Sonia lo segue con lo sguardo, gli occhi dolci, ridacchiando tra sé e sé.

“Ma uffi, Sisifo! Voglio combattere!!! Voglio combattere!!!”

“Combatterai con me più tardi, va bene, Regulus?! In questo momento le fanciulle devono allenarsi con qualcuno che riesca a dosare le proprie energie, non sarà un vero scontro, capisci?”

“Sììììì!!! Allora combatterai con me dopo??? Me lo prometti?! Urràààà!!!”

Dopo lo scambio di battute tra l'esagitato Regulus ed il paziente Sisifo, ricade il silenzio assoluto. Nessuna di noi sembra intenzionata a muoversi, malgrado l'intenzione di diventare più forti. Forse non siamo davvero pronte a questa realtà, forse hanno davvero ragione i Cavalieri d'Oro a considerarci 'piccole'... comunque non vedo molte altre alternative, se non quella di buttarsi.

“E va bene, visto che qualcuno deve pur muoversi lo farò io, ma siate clementi, per favore...” mi offro, facendo un passo avanti. Ne avrei fatto volentieri a meno ma, così come a scuola, in mancanza di volontari, si procede secondo casualità, procurando così ansia a tutti, lo stesso vale in questa situazione. Non ha senso tergiversare ulteriormente se tanto va fatto, soffocherò dentro di me le mie incertezze, manterrò la mente ferma sui miei intenti, sulla me stessa di adesso.

“Brava, Marta! - mi elogia tiepidamente Sisifo - Cardia, vuoi combattere tu contro di lei?”

“Eeeeehhhh?! Cosa?! MA PROPRIO NO!” urla Cardia, guardandolo con terrore.

“Ma... non dicevi fino a due minuti fa che eri carico, che avresti..?”

“Sì... certo, non con lei, però!” ribatte Cardia, nascondendosi dietro le spalle di Dégel.

"Tanto fiato nel parlare per poi nasconderti come un pavido coniglio..." commenta Sisifo, massaggiandosi la testa con rassegnazione.

"Ou, vai tu, se ci tieni tanto!"

"Non è questo il mio compito..."

"E chi te l'ha dato il compito, tu stesso?!"

"Il Sommo Sage..."

"Tzé, i soliti favoritismi!"

Sisifo non da peso alle sue ultime parole, limitandosi a sbuffare e agendo così con grande diplomazia, poi si concentra su Dègel, il quale sussulta e indietreggia di un passo. Non intercorrono parole fra loro, ma la richiesta del Sagittario è chiara a tutti.

"Perdonami, Sisifo, io... non me la sento" farfuglia parole di scusa, arrossendo a dismisura.

"COSA?! Anche tu non vuoi combattere con lei, e ancora neghi il tuo coinvolgimento em..."

"CARDIA, basta così! La situazione è molto più intricata di come appare!" lo ferma, un poco infastidito, abbassando lo sguardo per nascondere il rossore.

Seguo il suo gesto, osservandomi la punta dei piedi e arrossendo a mia volta. Vorrei semplicemente nascondermi, andarmene a casa, non di certo continuare questa manfrina.

"Se nessuno vuole combattere con lei..."

“Ci sono io! Io voglio combattere con lei!” interviene bruscamente Milo, mettendosi esattamente davanti alla mia figura.

"Menomale... grazie, Cavaliere di Scorpio!" lo ringrazia cordialmente Sisifo, sollevato da aver trovato un volontario anche dall'altra parte.

Questa volta è il mio turno di indietreggiare, nettamente a disagio. Gli altri nel frattempo ci lasciano il posto per combattere senza proferir parola. Vorrei credere che sia uno scherzo, che Milo non voglia per davvero farmi assaggiare il suo pungiglione scarlatto, che, tra l'altro, so già che genere di dolore instilli nel corpo del povero sventurato che lo subisce, ma la sua faccia non mostra alcuna giocosità, ha tutte le intenzioni di saggiare i miei poteri, ciò mi paralizza.

“Forza, piccola! Ho toccato con mano il potenziale di Hyoga, non posso non testare anche te, che sei la sorellina di Camus!" afferma sistemandosi meglio il chitone che lo ricopre e scrocchiandosi le ossa delle dita proprio come aveva fatto Cardia prima di lui.

“U-urgh, l-la sorellina di Camus non ha lo stesso potenziale di Hyoga, c-cerca di ricordarlo, Milo!” biascico, tesa oltre misura, mentre le ginocchia quasi mi fanno 'giacomo giacomo'.

"Questo lascialo decidere a me... - mi rivolge un sorriso malizioso, a tratti adorabile - Tutti noi Cavalieri d'Oro abbiamo sempre provato un'immensa stima per Camus, tuo fratello. Tu non puoi essere da meno, pulce!"

Bravo, continua a sovraccaricarmi di aspettative, Milo! Lo stai facendo forse apposta? E' chiaro, mi stai pungolando per una ragione, il punto è capire quale sia.

Non vi è più alcun movimento tra noi, regna la più totale immobilità. Forse dovrei attaccare io per prima, ma non ho una motivazione sufficiente per farlo e, stante gli occhi puntati addosso, non mi sento nemmeno a mio agio.

Milo aspetta attende cavallerescamente ancora per qualche secondo, poi, stufandosi della mia inerzia, parte all'attacco lanciandomi, senza troppi fronzoli, proprio il suo colpo segreto: la Cuspide Scarlatta.

Un gridolino sfugge dalle mie labbra mentre, spaventata, schivo il colpo: fa davvero sul serio, altro che dosare le proprie risorse!

In verità, l'attacco non è stato lanciato alla velocità della luce, propria dei Cavalieri d'Oro, era ben visibile ai miei occhi inesperti, ma comunque, a giudicare dall'incisione procurata al terreno sottostante, l'intensità non era nemmeno debole.

“Milo, dannazione! Datti una calmata con quel colpo, non stai combattendo un nemico, ma Marta, se le fai del male, io non ho di certo problemi a menare le mani con te, chiaro?” strepita Cardia, alzando minacciosamente i pugni.

Milo, senza nemmeno calcolarlo, prosegue ad attaccarmi con una serie di pugni. Riesco a schivare e a parare quelli un più lenti, ma gli altri mi investono in pieno, procurandomi dei dolori lancinanti. Ad un certo punto finisco dritta e sparata contro una colonna. Ansimo impercettibilmente, asciugandomi il sudore con il braccio, cercando di affogare in me un mormorio di dolore. Cosa diceva Sonia a proposito di Milo? Che era un insegnante dannatamente severo? Accipicchia se è vero!

La mia vista è già offuscata, ma riesco ad udire bene i commenti del pubblico, sopra i quali svettano gli schiamazzi di Cardia.

"Camus, si può sapere che diavolo ha in mente il tuo migliore amico?! Non gli puoi dire qulcosa?! E' tua sorella quella che sta menando, non una qualsiasi! Ehi, EHI! Ghiacciolame, dammi una risposta!"

Non avverto però la risposta di mio fratello, come se mi stesse scrutando a braccia conserte senza dire, né fare, alcunché. Per l'ennesima volta mi sento abbandonata, forse mi ero abituata troppo bene alla sua presenza rassicurante, mi sono basata troppo su di lui, è per questo che sono debole. Tento comunque di farmi coraggio, rialzandomi in piedi. E' la voce di Milo a raggiungermi di nuovo.

“E allora?! Ci decidiamo ad attaccare, Marta? Se fossi un nemico ti avrei già ucciso almeno venti volte!” mi rimbrotta , mettendo le mani sui fianchi, un poco spazientito.

“Ma tu non sei un nemico, è questo il punto, Milo!” ribatto, ingoiando a vuoto e mettendomi in posizione di attacco.

“Non ha la minima importanza! Combatti come se lo fossi!” risponde brevemente, proiettendosi contro di me con foga.

Io fuggo, letteralmente, dall'altra parte dell'arena, senza la benché minima idea di cosa fare. Non riesco ad immaginarmi il mio amico come un avversario, figurarsi attaccarlo. No, davvero non ce la posso fare, come puà pretendere una cosa simile?!

“Marta... avevo percepito da te un'intensa volontà di proteggere le persone a te care, come pensi di farlo, se scappi?!”

Le parole di Milo mi fanno fermare di botto, paralizzandomi. E' vero, sto fuggendo come una completa idiota dal combattimento, dall'evidenza, persino da me stessa. Io...

“Vuoi forse continuare a fare la damigella in difficoltà che necessita dell'aiuto degli altri?! Vuoi forse che Camus si continui a sacrificare per te?! Non ti è bastato vedere le condizioni in cui versava QUEL giorno?!" mi incalza, quasi spietato, infilzandomi con quei due occhi azzurri che si ritrova, con la rabbia che non mi ha mai dimostrato apertamente, ma che, in fondo, ha provato nei miei confronti.

"I-io..."

"Quella volta la colpa è stata anche tua, sai? Il fatto di avergli comunque donato il sangue, non ti scagiona da ciò che gli hai fatto subire con le tue decisioni scellerate. Porta su di sé il peso di averti protetta quel giorno, senza darlo a vedere, malgrado ciò gli procuri una sofferenza inaudita!" continua ad essere implacabile, quasi portandomi alle lacrime.

"I-io... cosa avrei potuto fare, in quell'occasione, Milo? - gli chiedo, il petto cavo, quasi sibilando - Voi ci avete rapite dalla nostra quotidianità e non ci avete dato spiegazioni, non potevo sapere, allora, che si trattasse di mio fratello!"

"Non mi importa! - anche il suo tono raggiunge corde di freddezza che non credevo possibili. Mi fanno star male le sue accuse, anche se sono consapevole siano veritiere. - Tu non hai idea di quanto avesse già sofferto Camus fino a quel giorno, non hai idea del vuoto che ci... che MI aveva lasciato, con le sue scelte! Non avevi idea di nulla, sei semplicemente fuggita, e lo stai continuando a fare!"

"..."

Milo sembra sofferente, stringe i denti, l'espressione distrutta. Ha professato quest'ultima sequela di parole parlandomi mentalmente, ma ora sembra intenzionato a proclamare l'accusa utilizzando il timbro delle sue corde vocali. La avverto nitidamente colarmi addosso.

"Il suo malessere... è stato causato da te!"

La frase, così aspra, mi provoca istantaneamente una rabbia incontrollabile, mi sento quasi cadere a terra, il ginocchio destro si piega, così come il braccio medesimo, mentre l'altro si alza per dare equilibrio all'intera struttura.

D'accordo, è stata colpa mia, quell'infausto giorno, ma era necessario dovermelo ricordare con parole così crude?! Digrigno i denti, quasi ringhiando, mentre avverto distintamente un impulso sovrumano dentro di me, quasi incontrollabile. Ormai posso combattere, credo di averlo dimostrato, lo proteggerò maledizione, A TUTTI I COSTI!

Milo sorride soddisfatto, capendo di aver raggiunto il suo obiettivo, poi scatta nella mia direzione, senza più alcun rancore né accusa. Una parte di me capisce che stava solo provocando per spingermi ad una reazione, ma ormai è impossibile riprendere la totale padronanza di sé.

“Bene così, Marta... la vedo, la determinazione nei tuoi occhi! Se è il pensiero di tuo fratello a permetterti di sfoderare il massimo del tuo potenziale, attaccati ad esso con tutta te stessa, poiché anche tu... puoi proteggerlo!”

Ormai è vicinissimo a me, fa quasi per alzarei il braccio e colpirmi, ma qualcosa lo blocca istantaneamente, facendolo fermare. Lo guardo, furente, intravedendo appena la sua reazione sgomenta, del tutto impreparato davanti all'impulso cosmico che sto emanando. Picchio con violenza il pugno della mano sinistra contro il terreno, che ghiaccia in un istante e si spacca, facendolo così sbilanciare e poi cadere in avanti.

“D-devi... solo... TACERE!" sibilo, velenosa, lanciandomi in avanti per poi percuoterlo violentemente con un pugno che, malgrado la mole diversa tra me e lui, finisce comunque per scaraventarlo diversi metri più in là, aprendo un solco nel terreno.

"I-incredibile, Marta, è t-tutto come ci era stato detto, i-il tuo potere... - farfuglia, provando a rialzarsi in piedi, nonostante la fatica - potrebbe travalicare ogni confine fisico!"

Ero quasi tentata di incalzarlo nuovamente con una serie di pugni, come aveva fatto lui, per sfogare l'immensa oscurità che mi sento soffocare da dentro, ma il suo tono di voce, l'avermi chiamata per il nome che, ancora una volta, stavo per dimenticare, riesce a riscuotermi, spingendomi ad agire in altra maniera.

“Gran... Koliso!!” dico, con il mio timbro vocale, un pizzico di incertezza, mentre dalla punta del mio indice fuoriescono anelli di ghiaccio che circondano il mio amico, il quale tuttavia sorride, buttando fuori aria.

"Ma guarda un po', come Hyoga! Voi possessori dell'aria congelante siete davvero una spina nel fianco non da poco, nonché... amici fidati!" si lascia sfuggire, gli occhi nuovamente dolci. Davvero mi ha provocato solo per permettermi alla prova, anche se è stato un po' brutale nei modi.

Dall'altro lato dell'arena invece, avverto con distinzione l'esclamazione di mio fratello: "C-cosa?! Non conosco questa variante del Koliso!”

“E' più che naturale, ghiacciolo, è il colpo che ha appreso da Dègel, e lui lo ha imparato a sua volta dal Maestro Krest. Se paragonati a quel vegliardo, siamo tutti dei pivelli! - gli spiega sbrigativo Cardia, saltando poi sul posto, totalmente euforico - Iuuuu! Iuuuu! Grande Marta, era preciso e perfetto allo stesso tempo!!!”

"Ma c'era qualcosa di strano... - nota pacatamente Sonia, la più vicina alla posizione in cui mi trovo io - Non era un impulso cosmico... ordinario!"

Già, non lo era; non lo era affatto, e so... perché! Sei stata tu, Seraphina, il tuo cosmo si è unito al mio, ed io, ancora una volta, non mi sono dimostrata in grado di gestirlo.

"Quindi mi state dicendo che questi non sono anelli di ghiaccio normali? Non sono come quelli utilizzati da Camus?" chiede delucidazioni Milo, inarcando un sopracciglio, tentando di alzarsi in piedi.

“Ti consiglio di non compiere alcun passo, altrimenti la pressione schiaccierà il tuo corpo privo dell'armatura!" lo avverto, annullando la distanza tra me e lui.

Rompo così la mia tecnica, rimanendo, per brevi secondi, a fissare i suoi occhi. Lui fa altrettanto, trepidante, teso; la tensione in effetti, è alle stelle.

Vorrei dirgli qualcosa, porgergli la mano per aiutarlo ad alzarsi, ma mi scopro improvvisamente spossata e pesante, tanto da non riuscire a reggermi in piedi. Le ginocchia infine mi cedono, ma vengo presa abilmente proprio da Milo, che mi conduce con lui per terra.

"Ehi, piano, leonessa! Tutta l'energia consumata avrebbe annientato chiunque, non pretendere troppo dalle tue forze!" mi avverte, trattenendomi per le spalle.

"M-Milo... - biascico, spaesata - A te cosa importa, non ce l'hai forse con me per... per quello che ho fatto al tuo migliore amico?" gli chiedo a bruciapelo, sentendomi ferita.

"Io non ce l'ho con nessuno, piccola, tanto meno con te e Hyoga per... beh, tutta la questione! - mi rassicura, l'espressione triste, regalandomi un buffetto sulla guancia per poi discostare lo sguardo - Ho volutamente esagerato, scusami, dovevo controllare una cosa e... ma tu sei stata comunque bravissima, ricorda sempre ciò che sei; perché sei tu, nessun altro!"

Parole ambigue, che mi disorientano ancora di più. Mi mordo il labbro inferiore, fremendo: "Io non avrei mai voluto... rovinarvi ulterormente la vita!"

Milo sgrana gli occhi, mi solleva a forza il mento, imprimendo la sua espressione nella mia, ancora una volta. Comprendo bene che vorrebbe dirmi che mi sto fasciando la testa per niente, che non è corretto ciò che penso e che non ho rovinato la vita a nessuno, che anzi, semmai, l'ho arricchita, ma l'arrivo di Sisifo interrompe i suoi propositi.

“Direi che lo scontro può terminare così, complimenti ad entrambi, ma soprattutto a Marta che, anche se per brevi istanti, è riuscita quasi a reggere il confronto con un Cavaliere d'Oro” annuncia Sagitter, avvicinandosi a noi e posando le mani sulle nostre spalle.

Inizio a tremare ancora di più convulsamente, le mie braccia mi circondano istintivamente il busto: se non avessi rotto subito gli anelli di ghiaccio, persino Milo, privo della sacra armatura, avrebbe potuto rimediare danni seri. L'ho attaccato come se si fosse trattato di un nemico, ed è successo perché le sue parole mi hanno scosso fin dal profondo. Camus si raccomanda sempre con me il contenimento, la calma, perché il potere dei ghiacci sarebbe troppo distruttivo, altrimenti, io continuo a non esserne minimamente in grado, ed è successo di nuovo davanti a lui, ai suoi occhi...

“Sei stata davvero eccezionale, Marta!” si congratula nuovamente Milo in tono più alto, in modo che lo sentano tutti, alzandosi e dandomi la mano.

Rimango rannicchiata per terra per una serie di secondi, il tempo necessario al mio corpo per darsi una calmata, perché, come sempre accade quando non sono interamente io, mi sento poi frenetica, confusa, e stordita.

“Eccezionale?! Ho usato su di te una tecnica potenzialmente mortale, l'ho fatto senza rendermene nemmeno conto! Non proteggerò proprio nessuno, se continuerò ad essere così... vacillante!" ribatto, discostando lo sguardo, non trovando altro termine per esprimersi. Sono così frastornata, avrei solo voglia di dormire!

“Tu e Camus siete proprio fratelli, non c'è che dire... entrambi siete governati dalle stesse, solite, tare mentali! - commenta divertito Milo, costringendomi ad alzarmi – Hai fatto tua una tecnica propria di Dègel, a quanto ho capito, e questo, lo voglio ribadire, in pochi giorni. Sei migliorata molto, piccola, davvero, non mi potrei aspettare altro dalla sorella di Camus!”

Arrossisco notevolmente a seguito dei suoi complimenti, che, malgrado la situazione, mi provocano una gioia e un orgoglio verso me stessa senza pari. Mi ha instillato una nuova fiducia, mi vuole far capire che, malgrado le mie colpe, non ce l'ha in alcun modo con me, e questo, solo questo, dimostra l'uomo eccezionale che è. Vorrei ringraziarlo con tutta me stessa, vorrei chiedergli tante cose su quello che sa, ma l'arrivo in corsa di Regulus e Cardia non me lo consente.

“Marta, ma sei un fenomeno!!! Anch'io voglio combattere contro di te, sarebbe divertentissimo!” esclama vivace il leoncino, approcciandosi a me, prima di essere spintonato dal folle Cardia, il quale mi avvolge nella sua famigerata stretta, persino più intensa di quella di Milo.

“Sei davvero insuperabile! Eh, sì, te l'ha fatta proprio vedere, non c'è che dire!” si rivolge poi alla sua reincarnazione, quasi ghignando.

“Sono commosso dal tifo che mi hai rivolto, sai? Dimentichi, Cardia, che siamo la stessa essenza, quindi è come se avesse picchiato te. Io, al tuo posto, non inneggerei così tanto, sai?!” afferma Milo, regalandogli una smorfia adorabile.

“Diamine... hai ragione! Non ci avevo affatto pensato!” constata Cardia, grattandosi la testa.

“Però hai pensato bene di spintonarmi per abbracciare la tua Marta, eh! Sei un caso disperato, Cardia!” interviene Regulus, ancora a terra, rendendo le sue gote gonfie e rosse in stile 'gatto che soffia'.

"Tu zitto, micio spelacchiato!"

"Non sono un micio, sono un leone, diventerò potente come mio padre!"

"Al momento sei un cucciolo di lince, se va bene, null'altro!" lo provoca ancora Cardia, regalandogli un buffetto giocoso.

"Non è vero, NON E' VERO!!!"

Scoppiamo in una fragorosa risata, che si conclude solo quando Cardia, prendendomi in groppa senza, al solito, chiedere il mio pensiero a riguardo, mi riporta a lato dell'arena, vicino ad un Dègel in apparente stato catatonico. Con la coda dell'occhio lo vedo irrigidirsi visibilmente, fa così da ieri, da quando è successo quello che è successo... e questo mi fa stare male. Cerco comunque di non darci peso, devolvendo tutta la mia concentrazione sull'arena di combattimento.

“Orbene, adesso toccherebbe a Sonia e Michela, in coppia, se preferite... Camus, vuoi pensarci tu visto che le conosci meglio di noi?” chiede Sisifo, incerto.

Mio fratello, in piedi a braccia conserte come me lo ero immaginato, annuisce brevemente con il capo, sciogliendo la posizione e dirigendosi al centro dell'arena.

"Il Maestro Camus?! E' uno scherzo, vero?" si oppone Michela, quasi nascondendosi dietro Sonia, la quale sembra a sua volta un po' a disagio.

"Michela, ho l'aria di uno che sta scherzando? Venite al centro dell'arena, forza!" proferisce, secco come di consueto, attendendole.

"Non vedo molte altre alternative, sai?" fa spallucce Sonia, trovando infine il coraggio di azionarsi, seguita a breve distanza da una quasi disperata Michela.

"Saremo ibernate... ci troveranno come reperti tra milioni di anni!" commenta, rabbrividendo, sistemandosi meglio il peplo per prepararsi al raffronto.

“Bene, Dègel, finalmente vedremo di cosa è capace la tua reincarnazione, sarà davvero interessante!” esclama Cardia, vivace.

Dègel si riscuote improvvisamente, tornando a concentrarsi sugli astanti in procinto di affrontarsi.

"Camus è molto più forte di me, riesci ad avvertire il suo cosmo, no?" ammette candidamente, senza alcun tipo di vergogna, non trovando comunque il favore del suo migliore amico.

"Sei il solito insicuro di te stesso! Vedremo cosa sa fare, io non sono altrettando convinto della disparità del vostro valore!"

Nel frattempo lo scontro due contro uno incomincia con Camus che non esita ad attaccare con gli 'anelli di ghiaccio', i quali, con un po' di riluttanza, vengono schivate da entrambe le mie amiche. Sonia riesce addirittura a spazzarli via con folata di vento, mentre Michela, dopo aver esitato ancora un attimo, attacca il suo maestro con una specie di 'polvere di diamanti' però fatta di braci ardenti e lapilli di fuoco, un attacco che non le avevo mai visto utilizzare prima di adesso. Quando ha imparato una tale tecnica? Che si sia allenata di nascosto da qualche parte e che la stia provando a sperimentare per la prima volta?

La mia attenzione passa istintivamente a Camus, temendo per lui, in quanto il suo elemento è in svantaggio rispetto a quello della mia amica, ma lo vedo sorridere tra sé e sé, in un misto di compiacimento e orgoglio, per poi rispondere con un fiotto di aria congelante che, in un battibaleno, surclassa quello di Michela, che finisce, rotolando, parecchio più indietro. La acciuffa Sonia, che frena così il suo ruzzolamento.

“Ahiaa!! - si lamenta la mia amica, massaggiandosi dolorante il fondoschiena - Non vale, Maestro! Non hai dosato il tuo attacco!!!"

"Michela... non penserai davvero che abbia usato tutto il suo potere, vero?" le fa notare Sonia, squadrandola di sottecchi, prima di fissare ammirata proprio Camus, che si sta avvicinando a loro con passo elegante ma deciso.

"Non l'ha usato, forse?! Non è il suo potere massimo?!?"

"Decisamente no, Michela! Se va bene era una pernacchia, se paragonata al suo potenziale complessivo!" sottolinea ancora Sonia, continuando ad osservarlo con devozione mista a qualcos'altro di non ben definito, ma che affonda le sue radici probabilmente in un passato recente.

"COSAAAA?!?"

“Michela... - la voce solenne di mio fratello la fa tacere seduta stante. Si è fermato e la scruta con occhi profondi; scavandoci dentro, si percepisce qualcosa di caldo, ma è assolutamente il ruolo da maestro a dettare ogni sua più piccola azione in questo momento - dimmi, non avrai pensato realmente che bastasse essere avvantaggiati per elemento per sorprendermi, vero? Non puoi sconfiggere i ghiacci eterni con un misero fuocherello appena tiepido!”

"I-il ghiaccio si scioglie per il calore; e il calore non ha limiti, Maestro, il gelo sì, invece, perché non si può scendere sotto lo Zero Assoluto, ce lo avete insegnato voi stesso!" sciorina lestamente, desiderosa di mostrare ciò che ha imparato, una strana luce negli occhi. Predilige il 'voi' in un simile momento, per rispetto.

"E' corretto, sì, ma non avere limiti non significa essere matematicamente più forte, anzi! Sono proprio i limiti a spingere un essere umano a perfezionarsi e a superare sé stesso, anche questo ti ho insegnato!"

"Non capisco, Maestro..."

"Michela, hai forse la presunzione di essere più forte solo perché, come hai sottinteso tu stessa, il calore non ha limiti?! Sei quindi convinta che una temperatura di, per dire, diecimila gradi Celsius ne surclassi una di -273?!"

"S-sì, Maestro! Non c'è limite nell'accelerazione del moto degli atomi!" insiste la mia amica, punta sul vivo.

"E allora sei una sempliciotta ingenua, non è solo quello l'essenziale, non basta osare semplicemente di più, il segreto è tutt'altro, e tu... - Camus prende una breve pausa, affinando lo sguardo - Non andrai molto lontano se persisterai ad essere convinta di questo!" la provoca consapevolmente, quasi sbuffando, cosa che gli riesce benissimo, perché la mia amica si alza in piedi di scatto, arrabbiata e offesa.

"Staremo a vedere, Maestro, se davvero continuerete a resistere ad un calore sempre più intenso!" afferma, caricandosi, mentre i pugni si accendono in una scintilla e quasi crepitano.

"E allora dimostrami la tua perseveranza!" la sprona lui, mettendosi sulla difensiva.

“M-Michela, non dovevamo collab...” tenta di fermarla Sonia, non minimamente udita, perché la nostra amica in comune, presa com'è a far vedere a Camus i suoi miglioramenti in ambito bellico, non ascolta più niente e nessuno, si lancia semplicemente a testa bassa verso il maestro.

“Attacchi caricando a spron battuto... non mi meraviglia, data la natura del tuo potere!" asserisce ancora Camus, schivando elegamente il primo assalto di Michela, la quale però, affatto intimorita, non prende neanche tempo per rifiatare, decidendo di non dargli più requie.

Sonia sbuffa e si siede scocciata per terra, non sapendo più cosa fare. La vedo rimuginare sulle parole di Camus, che hanno colpito anche me, sul fatto di avere dei limiti, e che sono proprio quelli a spingerci a meravigliarci. Mi sento quasi di dare ragione a Michela, però! Lei può utilizzare tutto il calore che vuole, dal fuoco di un vulcano alla fusione nucleare, se solo lo volesse, non ha limiti, non ha confini, noi possessori dell'energia congelante, invece, non possiamo scendere sotto una certa soglia, già è impossibile fermare completamente l'atomo con lo Zero Assoluto, qualora anche ci riuscissimo non potremmo spingerci più in là... significa che non possiamo diventare più forti? Oppure mi sfugge qualcosa?

"Però! Bello il discorso del ghiacciolo, mi ha colpito! E' proprio perché un uomo ha dei limiti, che può favillare come non mai, non credevo avesse un animo così passionale!"

Avverto il commento a caldo di Cardia, interessato alle dinamiche dello scontro, che infatti fissa con esprema attenzione, le mani sui fianchi. La sua frase mi proietta nella mente un consiglio da dare nell'immediato alla mia amica che è rimasta indietro.

“Sonia, devi entrare nell'ottica di Michela se vuoi sperare di collaborare con lei”

“Nell'ottica di Michela?" ripete lei confusa, guardandomi

“Sì, devi essere più focosa di lei, o, al contrario, essere la placida acqua che spegne la devastazione del fuoco. Scegli tu la via da percorrere, ma sappi che in questo momento Michela è così agitata perché vuole dimostrare a tutti i costi a Camus che lei è diventata forte grazie ai suoi insegnamenti. Nutre una forte devozione per il suo maestro, non si fermerà finché non si reputerà degna ai suoi occhi!” sottolineo ulteriormente, cercando di essere più chiara possibile.

“Va bene, penso di aver capito! Muterò il mio temperamento, cambierò come cambia il vento...” non dice altro, preparandosi ad intervenire. Inspira profondamente, come ad assorbire l'aria intorno a sé.

Nel frattempo, dopo una serie di pugni, alcuni dei quali hanno giusto sfiorato il petto mio fratello, Michela cade in ginocchio, respirando affannosamente. Nonostante questo, si rimette difficoltosamente in piedi, alzando nuovamente il braccio che tuttavia viene parato da Camus, che fissa la sua espressione nei suoi occhi.

“Sei ancora troppo inesperta, ragazza mia, usi subito tutte le energie che hai a disposizione, finendo per essere stremata neanche a metà dello scontro. Non serve proseguire ottusamente ad oltranza, se poi ti basta un niente per crollare, come adesso!" le dice, severo, pichiettando con l'indice sopra la sua fronte, gesto che basta per farla cadere definitivamente a terra, ormai del tutto stremata.

"Quindi non ho superato la prova, Maestro..." mormora, imbronciata. Mio fratello, per tutta risposta, si china verso di lei con sguardo affabile.

"In verità, anf, ti ho trovata molto migliorata, Michela! I tuoi pugni sono molto potenti. T-tra tut-te le tue compagne, anf, hai la forza fisica più elevata, non dimenticarlo; come non dimenticare però che non è solo quella a dettare il vincitore!” proferisce ancora Camus, respirando affannosamente e stringendosi la maglietta in prossimità del petto.

Sembra quasi che provi dolore, eppure i colpi di Michela non lo hanno colpito e le ferite dovrebbero ormai... mi blocco seduta stante: già, le ferite, perché questa sensazione spiacevole?! Quel peso che, come mi ha ripetuto Milo, si è costretto a portare sul suo corpo, io... non glielo ho più visto. Non so davvero a che punto di cicatrizzazione siano le tre lacerazioni, ma è chiaro, dallo scontro di oggi, che sono tutt'altro che sulla via di guarigione, come invece credevo.

"Comunque la si voglia mettere, non sono riuscita nemmeno a sfiorarti, Maestro, e questo è certamente causato..." continua a rimproverarsi Michela, ma una folata di vento, la percuote, facendola sussultare e portando Camus a mettersi nuovamente in posizione di attacco.

"Questo è dato solo dalla tua esimia testa di fava, Michela, si era detto di combattere insieme! E' naturale che il nostro livello non sia minimamente paragonabile al suo!" interviene Sonia, carica a sua volta, le iridi rischiarate da una nuova luce.

“S-Sonia...” balbetta Michela a bocca spalancata, quasi si fosse accrota solo ora che anche lei avrebbe dovuto prendere parte al combattimento.

“UNIAMO LE FORZE! Sono sicura che gli daremo del filo da torcere!" la incita ancora, porgendole la mano e regalandole un largo sorriso.

“Siete coraggiose... ma ancora ben lontane dall'impensierirmi!" esclama Camus con espressione determinata, rigettando indietro il malessere che lo aveva avvolto (è visibilmente impallidito!) per apprestarsi ad ingaggiare ancora battaglia. Lo vedo buttare fuori aria, il suo corpo generalmente tonico è teso, apparendomi, ancora una volta, malgrado il vestiario indossato, più magro di come lo rammentassi. Rabbrividisco, ingoiando a vuoto.

Lo scontro prosegue e, con mia somma soddisfazione, noto che le mie amiche riescono a reggere meglio i colpi di mio fratello essendo in due, certo, non c'è storia: la disparità di livello tra noi e loro è un fatto indiscutibile, però anche noi ce la possiamo cavare, questa è la grande lezione che dobbiamo portare nel cuore quest'oggi.

“Va bene, direi che può bastare!- interviene Sisifo ad un certo punto, interrompendo il combattimento - Siete fenomenali, ragazze! Pensare che da relativamente poco siete precipitate in questo mondo, e che già avete raggiunto un simile livello, mi fa ben sperare. Prevedo un futuro radioso!” conclude poi, guardandole con ammirazione.

Sonia e Michela cadono a terra stremate, mentre Camus rimane ritto in piedi, lo sguardo perso a fissare le crepe del terreno. Respira a stento e sembra quasi sul punto di cadere, come se le energie vitali in lui scemassero con il doppio della velocità nostra. La sua salute, ormai compromessa, sembra quasi sabbia... sabbia che, nella clessidra, scivola via senza sosta con una celirità insostenibile.

Sto quasi per avvicinarmi a lui, spaventata dal suo dolore così visibile, sebbene, al solito, tenti di nasconderlo, ma la sua voce è più lesta a raggiungermi.

“Marta... puoi venire nell'arena?” mi chiede in tono cupo. I suoi occhi si rifiutano di incrociarsi con i miei, rimanendo puntati al suolo, ma almeno il respiro è forzatamente tornato regolare, sebbene il pallore del suo viso si sia invece accresciuto.

“C-cosa? M-ma io ho già dato con Milo, e poi... e poi tu...” provo ad oppormi, sussultando. Non voglio sfidare anche lui, no, non quando sembra già così assurdamente stremato!

Perché desideri una cosa simile, fratellino? Perché vuoi ingaggiare battaglia con me? Io... ti capisco sempre meno e, questo, mi fa male.

Gli occhi di Camus rimangono fissi ad osservare il terreno ancora per un po', poi guizzano improvvisamente in su e si stagliano nei miei, facendomi sussultare seduta stante.

“Voglio capire bene le tue reali capacità, forza! Io lancerò la Polvere di Diamanti, alla quale tu risponderai con il medesimo colpo... in questo modo toccherò con mano il livello che hai concretamente raggiunto!” spiega lui, imprimendo fermezza nella sua voce.

Sospiro pesantemente, dirigendomi, con ben poca convinzione, nell'arena. Non ho alcuna intenzione di combattere, non con lui, ma nessuno si sta opponendo a questa sua scellerata decisione, sono quindi sola, di nuovo, mentre...

"Non ne sei in grado, Camus, te ne rendi conto?! Non compiere pazzie, stai perseguendo una follia!!!"

...Sono caduta in errore, qualcuno che prova a smuoverlo c'è, ed è Milo, il quale, fremendo, cerca di farlo desistere. Mi blocco, guardando prima uno e poi l'altro, non sapendo più cosa fare.

"Marta, vieni, coraggio! Devi ascoltare me, che sono tuo fratello!" cerca di attirarmi Camus, in un tono strano, quasi forzatamente piatto.

"Ma io..."

"Ce la posso fare, credimi!"

"Non ce la puoi fare per un cazzo, tu!!! Marta l'ho già messa alla prova io, non c'è bisogno di..."

"TACI, MILO! E' mia sorella, solo io la conosco abbastanza bene da esaminarla, NON TU!"

"Conoscevi bene anche Hyoga, eppure..."

"Non osare! - gli soffia mio fratello, inviperito, tremando per la rabbia, gli occhi che saettano nella sua direzione, prima di rivolgersi nuovamente a me - Marta, per favore, vieni qui..."

"Cam, ne sei sicuro?" gli chiedo ancora, mogia, mentre Milo impreca e insulta l'amico in tutte le lingue che conosce e Cardia e Dégel provano a calmarlo.

"Tendi a sottovalutarmi troppo..."

Mi torturo il labbro inferiore, nervosa, i piedi che si muovono da soli verso il centro dell'arena. Non è mai stata mia intenzione sminuirlo, conosco bene la sua forza; la forza di chi si è costretto a tenere duro, senza crollare, sempre e comunque, ma sembra così debilitato in quest'ultimo periodo... il suo volto è pallido, ed è lampante che le ferite gli procurino un dolore atroce, insostenibile.

“DIAMOND DUST!!!”

Assorta così nei miei pensieri, non mi sono neanche resa conto che Camus è già passato all'attacco, la furia del guerriero consumato che tenta un ultimo assalto.

“Uaaaa!!!” grido istintivamente, saltando di lato per schivare il colpo, il quale si infrange contro un masso, ghiacciandolo completamente.

“Marta, ti ho chiesto di contrattaccare, non di scappare!”

Scappare, scappare... sempre questa parola! E' questo che ho sempre fatto, in vita? E' questo che sto continuando a fare? E, se sì, da cosa? Dalla cruda realtà, dalla vita, dalle responsabilità, o... da me stessa?

“Coraggio, Marta, usa i tuoi colpi senza remore alcuna, ti posso assicurare che sono tutt'altro che stremato!” mi incita ancora Camus, in tono però più dolce, instillandomi una nuova volontà.

Mi metto quindi in posizione d'attacco, stavolta determinata più che mai, preparandomi a ricevere il colpo che, infatti, arriva poco dopo.

“Polvere di Diamanti!” grido di rimando, sferrando la mia aria congelante che si incontra a metà con quella di mio fratello.

In un primo momento, i due attacchi sono ben bilanciati tra di loro, malgrado la tremenda intensità che tende a spingermi indietro, ma io puntello le gambe, desiderosa come non mai di non indietreggiare e anzi di accogliere la sfida di Camus con tutta l'energia che possiedo. Le mani e le braccia mi formicolano, come attraversate da una tremenda energia a stento tenuta a freno. Gelide le dita, ma non per queste insensibili alla pressione, che si sta facendo sempre più intensa. Voglio dimostrargli quanto valgo, perché ha ragione Milo; ha ragione su tutto, anche io posso proteggerlo ora, ne ho la forza, non più come all'epoca, non più...

 

Seraphina... sei veramente sicura della tua scelta? Rinascere come sorella della reincarnazione di Dègel, malgrado il futuro che tu conosci e che io stesso vi ho divinato... hai davvero idea della sofferenza dilaniante che dovrai provare?”

Guardo per un attimo il corpo di Dégel nell'oscurità tranquilla della morte, sembra così indifeso con il viso così pallido e il sangue che gli sporca il bel volto. Il suo futuro era già stato decretato, così come la sua sofferenza, quanto dolore prima della fine, quanto dolore dovrà ancora subire... Il destino non ti ha risparmiato alcuna sofferenza prima di richiamarti a sé e toglierti la vita e i sogni che caratterizzavano la tua giovane età... Ora sei qui, al mio fianco, siamo finalmente riuniti, ma lo percepisco... le ferite della tua anima sono ormai irrecuperabili, infliggendoti una menomazione eterna, per quanto invisibile agli occhi esterni. Ingoia a vuoto, concependo la triste realtà: Dègel dell'Acquario non esisterà più... MAI PIU'!

La mia sofferenza, dici... è nulla in confronto alla sua. Non sarà mai più quello di allora, vero? L'ho capito fin dal mio risveglio dopo la possessione de Dio dei Mari... li ho visti i suoi occhi, prima di essere avvolti dall'oscurità, li ho visti, ed erano ancora carichi di pena, degna parvenza della rottura che è avvenuta dentro di lui. la sua anima è irrimediabilmente fratturata, ma chiunque diventerà Dègel da ora in avanti, io sarò con lui, ne avrò cura, quindi sì, lo accetto: io rinascerò come sua sorella!"

"Un legame amoroso che trascende il tempo, attraversandolo, e trasmutandosi in qualcos'altro, un amore fraterno. E' questo ciò che desideri, Seraphina di Bluegrad?"

"E' questo! Sarò al suo fianco per sempre, anche se dovesse cascare il mondo e crollare il cielo, io... sarò con lui!"

"Per il potere concessomi come dio del tempo, per la tua straordinaria natura di Sciamana che oltrepassa il Confine insito nella natura stessa della vostra dimensione.... ti concedo quindi di rinascere come sua sorella e di legarti a lui con un vincolo profondissimo di sangue. Questo è il potere del tuo Libero Arbitrio, Seraphina, che spianerà la strada per il futuro. Così sia!"

 

 

 

Sono stata dunque io... io ho scelto di rinascere come sua sorella, non è stato il caso, non è stato il Destino, è stata... una mia libera scelta!

“Ugh...”

Il mormorio sommesso di mio fratello mi provoca un brivido che percorre tutta la spina dorsale, spingendomi a focalizzare l'attenzione davanti a me. Quando riesco infine a concentrarmi sulla realtà che ho davanti, uno spasmo strozzato esce dalle mie labbra, mentre la gola produce un gorgoglio a tratti inquietanti: l'attacco di Camus sta, lentamente, sopraffacendo il mio, e invece di scemare non fa che aumentare di intensità. Di questo passo verrò spazzata via!

“Camus!!! Ferma il tuo colpo, per Atena, altrimenti le due arie congelanti colpiranno il corpo di Marta, riducendolo in pezzi!!!" grida Dégel, completamente terrorizzato. Vedo gli sguardi di Cardia e Milo navigare da me a Camus, del tutto incapaci di muoversi a seguito dell'immenso potere sprigionato da noi che li immobilizza senza possibilità di agire. L'aria congelante è sempre più vicina a me, a distanza di pochi centimetri dalle mie braccia, senza accennare minimamente a diminuire. Non può essere che..? Proprio come un lampo inaspettato nel cielo sereno di mezza estate, realizzo che mio fratello mi vuole uccidere qui e ora.

Un nuovo singulto sfugge dalle mie labbra, le gambe mi tremano ma mantengono la posizione. Ben sanno loro, come lo sa il mio cervello, che retrocedere significherebbe finire polverizzata. Serro con foga le palpebre, schiacciando talmente tanto i denti che li sento quasi arrotare.

"Camus... CAMUUUUUUS!!!" urlo disperatamente, provando a sovrastare il sibilo gelido prodotto dal suo attacco. Non vedo i suoi occhi, tutto è bianco intorno a me, ma lo avverto bene il cosmo maligno del Mago che permea i dintorni.

Camus, fratellino, fermati, ti prego! Altrimenti io...

“M-maledizione, NO!!!” esclama a fatica Camus, nel frastuono generale, devolvendo tutti i suoi sforzi a deviare la traiettoria dei due colpi verso la colonna retrostante a cui, sospinta indietro con veemenza, mi sono avvicinata enormemente. La pressione davanti a me scema, spostandosi così di lato, dando così a me facoltà di muovermi.

E' questione di un attimo: le mie gambe decidono, spinte da chissà quale forza, di saltare a sinistra rispetto all'attacco, permettendo così alle due arie congelanti di schiantarsi poco dietro me, sulla già sopracitata colonna. Malgrado la mia manovra, alcune schegge di ghiaccio mi colpiscono in pieno stomaco, procurandomi una fitta ghiacciata nell'addome e facendomi rotolare diversi metri più in là. Per una frazione di secondo il mio respiro si mozza, quasi si fossilizza dentro di me, nei polmoni, che smettono di svolgere il loro compito. Mi rannicchio su me stessa, vinta, sputando saliva e tossendo a più non posso, finché non avverto di nuovo l'aria riprendere il suo percorso. Annaspo.

“Per gli dei delle stelle, Marta!!!”

Riconosco questo grido quasi disperato come appartenente a Dégel, avverto le sue mani su di me, il suo darmi delle pacche per farmi riprendere. Mi lacrimano gli occhi, un po' per effetto dell'attacco, un po' per la paura; le mie braccia si muovono comunque a tentone fino a toccare e circondare il suo busto, dove mi nascondo, tremante.

"D-Dé... D-D... COFF, COFF!"

"Non parlare, Marta! Respira, forza! Brava così, continua, sputa quanto riesci!" mi prova a rassicurare, avvolgendomi con il suo sconfinato cosmo.

Sono intontita e dolorante, ma riesco comunque a tastarmi la zona lesa, notando, per fortuna, di non essere ferita. Non ho traumi esterni, è vero, ma dentro di me è come se avessi un pezzo di ghiaccio incastonato tra il petto e lo sterno, ciò mi rende ben difficile la respirazione, che fortunatamente è comunque ripartita. Per un solo secondo, ho avuto la spiacevolissima sensazione che si sarebbe arrestata per sempre.

“S-sto bene, n-non preoccupatevi, io..." biascico, alzandomi faticosamente in piedi e ricadendo subito dopo.

"Non pretendere troppo dalle tue forze, Marta! Stai giù!" mi consiglia ancora Dègel, forzandomi a rimanere sdraiata, ma io mi oppongo, ricercando con lo sguardo mio fratello.

Finalmente lo scorgo, diversi metri più in là, coagulo tutti i miei sforzi per rimanere in piedi e parlare con voce chiara e cristallina.

"F-fratellino, s-sto bene, non è successo nulla, davvero, coff, coff! Sei... sei riuscito a controllarlo, hai visto?" continuo ostinata, avanzando qualche passo nella sua direzione, ma una nuova fitta mi fa ricadere sul terreno, la mia mano corre istintivamente a tastarsi la zona.

"Va... tutto... bene!" rantolò, desiderando avvicinarmi a lui ma non riuscendoci.

Nessun accenno di movimento da parte di Camus, sebbene la mia voce l'abbia raggiunto, semplicemente è ancora in ginocchio, gli occhi sgomenti a fissarsi le braccia tremanti, come se avesse paura che loro, da sole, di nuovo, potessero osare farmi del male al di fuori della sua volontà. E' visibilmente terrorizzato. Trema, con forza.

“Camus!!! - lo chiama Milo, raggiungendolo e mettendogli le mani sulle spalle – Cosa diavolo ti è preso adesso?!”

“I-io... io... stavo davvero per... Oh, Atena, no... NO!” biascica lui, in maniera sconnessa.

“Ma... ma che diavolo è successo?! Non ci sto capendo niente!! L'attacco di Marta e quello di Camus erano pari, poi... poi perché suo fratello ha reagito così male, usando tutta la forza in suo possesso?! - esclama Cardia a metà strada tra lo spaventato e l'incredulo - Non sarà che era nuovamente preda della volontà del negromante?! Volevi uccidere tua sorella, Camus?!?"

Vedo l'unghia dello Scorpione allungarsi e puntare contro di lui, ma Milo si mette rapidamente in mezzo tra la sua precedente vita e l'amico.

"Non c'è alcun bisogno di attaccarlo, Cardia! Non vedi quanto è stremato?!?"

"Lo vedo, ma... stava per colpire mortalmente Marta, non può esserti sfuggito, Milo! Se Camus non è più in grado di controllarsi, rappresenta un pericolo e, come tale, deve essere annientato!"

"Non è così, lui..."

“Ho avuto anche io la stessa, terribile, sensazione, come se Camus non fosse in sé e le sue azioni fossero governate da qualcun altro. Ditemi che sto sbagliando, vi prego! - sussurra Sisifo, con un'espressione costernata stampata in volto, prima di rabboccare aria e proseguire - Se davvero fosse così, io... noi... come Cavalieri d'Oro, dovremmo fermarlo!"

“Taci un po' con i tuoi sproloqui, Sifo, io voglio delle risposte da Milo che conosce meglio Camus di tutti noi messi assieme! - ribatte Cardia, nervoso, sempre con l'indice puntato contro mio fratello- Allora?! Cosa gli è successo?! Puoi garantirmi che non accadrà più nulla del genere? L'alternativa... sai qual'è!” lo minaccia senza alcun tipo di fronzolo, scrutandolo intensamente negli occhi, così simili ai suoi, eppure così diversi, privi dei bagliori cremisi che invece gli sono propri.

“Cardia... non c'è alcun bisogno che garantisca io, hai ben visto da te che Camus è riuscito, infine, a deviare la traiettoria del suo attacco. Non ho risposte certe a riguardo, ma lui non farebbe mai del male alla sua sorellina, né a nessuno di voi. E' un guerriero, ed un uomo, straordinario, in fondo al tuo cuore lo sai, perché è la reincarnazione di Dégel, faresti mai del male a lui?!"

"Dipende... - sibila Cardia, a denti stretti, abbassando però il suo pungiglione scarlatto - Se cominciasse a ferire le persone a cui tengo, Sasha in cima a tutte, forse comincerei a pensare a come sigillarlo o, quantomeno, renderlo inattivo. Camus sta diventando un pericolo per tutti, ormai è lampante"

"Non è così, ha deviato la traiettoria del colpo e..."

"NON MI INTERESSA! E' il gesto che conta! Cosa gli è preso? Se non era governato da quel pazzo, allora perché ha aumentato la forza del suo colpo contro Marta, che ragione aveva?!"

"I-io non lo so! Probabilmente le dinamiche dell'attacco lo hanno portato a ripensare allo scontro con Hyoga, il suo primo allievo e, forse, si è fatto prendere un po'..."

“NO, NON E' COSI'!!! - grida improvvisamente Camus, mettendosi le mani tra i capelli. Tutta l'attenzione è su di lui, mentre la voglia di battagliare di Cardia scema fino a scomparire - Non è così e lo sai bene, Milo! Non c'entra Hyoga in tutto questo, l'ho sentito dentro di me, capite?! L'ho avvertito nitidamente prendere il controllo dei miei muscoli, delle mie azioni, persino dei miei pensieri: volevo ucciderla! Per Atena, volevo uccidere la mia sorellina!!!" finisce di dire, coprendosi gli occhi con le mani.

"Smettila di dire minchiate, Camus, non l'hai fatto, non c'era il Mago, c'eri solo... solo..." prova ad opporsi Milo, strattonandolo per un braccio nel tentativo di riscuoterlo, perché mio fratello si sta lasciando andare.

"Hai ragione... non c'era il Mago, c'ero solo io, IO stavo per uccidere Marta, l'ho ferita con queste mie mani, i-io sono stato... io!" ripete più volte, sconvolto, singhiozzando senza lacrime.

“Camus... però ti sei fermato in tempo, ha ragione Milo, ascoltalo, sei riuscito a controllarti, hai colpito tua sorella solo di striscio, un po' di riposo e starà bene!" interviene pacatamente Sisifo, gentile e paziente come sempre.

"N-non riuscirò a fermarmi a-ancora per molto, lo sento... sta prendendo sempre più possesso di me, p-prima o poi... - impallidisce ulteriormente, sgranando gli occhi, rotto, fragile, sempre più impotente - No... NOOOOO!!!" il suo tono di voce sale fino a strozzarsi, mentre lo vedo rannicchiarsi a terra in posizione fetale, urlando a squarciagola, preda di quella che, davanti agli occhi di tutti, sembra una vera e propria crisi di panico.

Lui. Camus. Con una crisi di panico. Mi sento quasi morire...

Assisto a tutto questo impotente tra le braccia di Dègel, mentre mi viene da piangere, percependo chiaramente il peso dell'esistenza di mio fratello, della sua anima fratturata. Milo è con lui, prova un nuovo approccio, ma è la furia di Cardia a infrangersi per prima sulla scogliera, spietata come non mai. Prende mio fratello per il bavero della maglia, alzandolo da terra con l'ausilio di un'unica mano, la destra, e strattonandolo violentemente.

"CARDIA!" esclama Milo, mentre i suoi occhi lampeggiano. È deciso più che mai a fermarlo, ma l'intensità della voce della sua precedente vita, lo fa fermare.

"Non vuoi far del male a Marta, né a nessuna delle tue allieve?! BENE, Camus, e allora COMBATTI! Combatti, cazzo! Cos'è questo inutile piagnisteo, a cosa serve?! Pensi che salverà tua sorella, questo?! Combatti! COMBATTI, MI HAI SENTITO??? Il nemico è dentro di te, so perfettamente come ci si sente, e so che non bisogna arrendersi né indietreggiare, MAI! - ulula, neanche fosse un sergente pronto ad infuocare l'animo dei soldati - Dimostra quanto vali, sfodera gli attributi e butta fuori a calci in culo quell'essere, quel bastardo che ti sta usando come un burattino e che vuole far del male alla persona più importante della tua vita!"

Ingoio a vuoto, lo stesso fa Milo, rimasto incredulo a fissare la scena, senza parole, o quasi.

"Cardia, ma tu...?" riesce infine a biscicare, alzando un braccio, ma in quell'esatto momento una serie di fulminazioni scuotono e aprono il terreno, portando il Cavaliere di Scorpio del passato a mollare la presa su Camus, il quale ricade a terra tossendo, senza ribellarsi, semi-svenuto, mentre le braccia di Francesca corrono ad avvolgerlo in un tenero abbraccio, che lo sorregge e, in parte, lo riscuote.

"Basta così!" soffia la mia amica, fremendo visibilmente, a colui che, dalla sua prospettiva, appare come un esecutore. La sua voce raggiunge mio fratello che riapre difficoltosamente gli occhi.

"Fra... n-non dovevi, C-Cardia ha... perfettamente ragione!" gracchia a stento con una voce non sua, stringendosi con foga la maglia sul petto, ormai preda di violenti spasmi. Sta soffrendo così tanto...

"Lo sto facendo per lui... di questo passo non reggerà un altro giorno in queste condizioni. - tenta di spiegarsi Cardia, indietreggiando di un passo - So cosa significa avere un nemico insidioso... dentro..."

"Sai cosa significa, ma non sai cosa ha passato lui per arrivare fino a qui, non hai indossato le sue scarpe, Cardia, ma lo giudichi in base alle tue, è fondamentalmente sbagliato! - asserisce Francesca con determinazione, uno strano tremorio sulle sue labbra, appesantite da parole che non riesce a pronunciare - Lui ha sofferto molto, ha perso tantissimo, a cominciare proprio da Hyoga che gli ha..."

“Che diavolo c'entra adesso Hyoga?!?”

L'urlo di Michela fa catalizzare tutta l'attenzione verso di lei, compresa quella di Milo e Francesca, che sanno certamente più di noi, e che rimangono a guardarla con un misto di paura e agitazione.

“State parlando di quando Hyoga ha ucciso Camus?! E' per causa sua se il nostro maestro si è ridotto così, indebolendosi fino a lasciare il via libera a quello stronzo del Mago?! I-io non lo posso vedere in queste condizioni, dannazione!!!” grida ancora, scossa.

“La prima morte di Camus ha senz'altro indebolito il suo spirito, ma non ne puoi fare una colpa a Hyo...” inizia Milo, tentando di spiegarsi.

"Non nominarmelo nemmeno quello là! I-io lo odio... ODIO HYOGA!" grida per tutta risposta, correndo via a più non posso verso la spiaggia.

“Michela!!” la chiamiamo Francesca, Sonia ed io all'unisono, in apprensione, mentre le mie due amiche, la prima dopo aver affidato Camus alle cure di Milo, scattano dietro di lei. Sapevamo bene che la faccenda con Hyoga era una cicatrice destinata a riaprirsi in un modo o nell'altro, solo speravamo non in questo modo, quando già la situazione è talmente incasinata da rendere ancora più in bilico la sorte su cui poggiano i nostri piedi. A casini si sovrappongono a casini...

Faccio quindi per alzarmi senza sostegno, ma Dègel mi blocca, ricercando finalmente il mio sguardo.

“Marta, non sforzarti troppo, intesi? E' stato un colpo tremendo e, anche se non sembri avere ferite, sono comunque in pena per te... - ammette, i muscoli tesi - Camus non voleva di certo colpirti, è stato davvero in gamba ad opporsi, ma è irrefutabile che ormai non riesca più a rispondere delle sue azioni. Il nemico è troppo potente, e lui... continua ad incaponirsi di fare da solo, anche se stremato...”

Annuisco, con convinzione, massaggiandomi un'ultima volta la zona lesa: "Occupati tu di lui, per favore, Dégel..."

“Puoi starne certa! Tu segui Michela insieme a Francesca e Sonia, siete le uniche in grado di mitigare le sue pene d'amore. Conto su di voi!” biascica, mentre i suoi occhi mi fissano tristi.

 

**************

21 Agosto 1741, pomeriggio.

Arrivo zoppicante alla spiaggia dove Francesca e Sonia stanno già cercando di consolare una Michela completamente in lacrime, preda a sua volta di un attacco di panico, che tuttavia, essendo io abituata alle sue crisi improvvise, non mi sconvolge come quello di mio fratello. Mi avvicino a lei in massimo silenzio per rispettare il suo stato d'animo. Ho ancora dolore e gelo dentro di me, mi sembra quasi di avere un coltello piantato nello sterno. Spero che si attenui presto.

“Camus è così fragile in questo periodo... vi giuro che non lo posso vedere in simili condizioni... - mormora proprio Michela, tra i singhiozzi, tentando di darsi una calmata - E' stato Hyoga a fargli così tanto male, vero? E' stato lui ad ucciderlo, causandogli un dolore insostenibile, non c'è altra spiegazione!"

“Se quello che cerchi è un pretesto per prendertela con qualcuno, fai pure, ma la verità è che dovremmo entrare nell'ottica che Camus ora è diventato così, indipendentemente da ciò che è avvenuto in passato. E' la sua anima ad essere debole, questo non può dipendere solo da Hyoga!" spiega meticolosamente Sonia, serissima in volto, lo sguardo lontano, a rinvangare qualcosa di distante ma ancora cocente.

"Tu c'eri durante la Battaglia delle 12 Case..." sospira Francesca, smettendo di accarezzare i capelli di Michela , che finalmente si sta calmando, per concentrarsi sull'amica.

"C'ero, sì, ma non ero al Tempio quando i Cavalieri d'Oro combattevano contro quelli di Bronzo" non sembra molto propensa a parlare, l'argomento deve ancora dolerle, sospira, trattenendosi nervosamente le ginocchia.

"Quindi tu, sebbene conosca il maestro da anni, non puoi dirci cosa accadde realmente" interviene Michela, gli occhi lucidi, la voce un poco tremante

"Lo rammento fin troppo bene, ho assisito, con i miei occhi, al dopo Battaglia delle 12 Case..."

"E...?" la sprona ancora Michela, desiderosa di sapere, sebbene la nostra amica più piccola sembri sempre più sfuggente. Sospira pesantemente prima di proseguire.

"Sapete, Camus è sempre stato un po' un bocciolo chiuso del tutto intenzionato a non mostrarsi a nessuno. Si è costretto a circondarsi di ghiaccio nella speranza di non venire ferito dalle brutture della vita, percepiva di essere delicato, fragile, forse anche troppo... per questo esercitava il distacco con tutti gli altri e tentava di non farsi coinvolgere, ma... lui è troppo prezioso e unico per non riuscire ad accarezzare gli altri con quelle dita eleganti che si ritrova; per non far sentire a proprio agio una bambina spaventata e ferita come ero io..." si lascia sfuggire, sorridendo dolcemente, come raramente mi è capitato di vederla. Sembra... ne parla quasi come se fosse stata innamorata di mio fratello, ma forse è solo un impressione. Anche le mie amiche la seguono trepidanti con una 'o' muta stampata sui loro visi.

"In ogni caso, era anche migliorato, sapete? Da un certo punto in poi, grazie a Milo e agli allievi era riuscito a diventare anche più espansivo, proprio come è adesso grazie alla presenza miracolosa della nostra Marta..." continua nel suo dialogo, scambiandomi un'occhiata d'intesa. Io mi sento divampare dall'imbarazzo.

"Però stai parlando al passato, perché?" chiede Francesca, non essendole sfuggita la leggera sfumatura di tristezza nella voce della ragazza.

"E' così, infatti! La morte dell'amato Isaac lo fece chiudere ancora più a riccio, divenne a tratti dispotico, assolutamente ingestibile, distante, etereo..."

"La morte di... Isaac?" chiedo, avvertendo un fremito nel cuore. Istintivamente poso una mano sul mio petto, ma non per il dolore precedentemente provato, bensì perché mi sento... strana!

"Il suo allievo prediletto, sì..."

"Non fu Hyoga ad avere questo ruolo?!" esclama Michela, sbalordita come non mai.

"No... il rapporto tra loro due crebbe vertiginosamente solo dopo la morte di Isaac. Ora, non fraintendetemi, ha sempre voluto un bene dell'anima al biondo, ma... con Isaac aveva proprio un legame, si può dire, embrionale, che trascende l'immaginabile! - prende una breve pausa, chiudendo e riaprendo gli occhi - In ogni caso, fu Hyoga a salvarlo; a salvare la sua anima, a non farlo smarrire. Hyoga insegnò a Camus come essere forte, invincibile, senza rigettare indietro la propria umanità, i propri sentimenti..."

"Hyoga... è s-stato il mio... Hyoga!!" ripete Michela, fissando i granelli di sabbia, sempre più sbalordita. Seguono attimi di silenzio, dove Francesca ed io ci scambiamo occhiate che parlano da sole.

"Non ti mentirò, Michy, anche io ho odiato Hyoga per un periodo della mia vita, tutt'ora non riesco a perdonarlo per ciò che ha fatto a Camus, ma... la verità è solo una, che ci piaccia o no: NON E' STATO IL CIGNO AD UCCIDERLO, E' CAMUS CHE SI E' FATTO UCCIDERE DA LUI!" continua Sonia dopo un po', stringendo i pugni.

"C-cosaaaa?! Ma è autolesionismo, questo!" afferma Michela, sconcertata.

"No, è Camus, non c'è da meravigliarsi!" commenta invece Francesca a braccia conserte.

"Camus si è prefissato di far crescere il suo Hyoga, per farlo, lo ha spinto a superare i suoi limiti a rischio della vita; il Cigno ce l'ha fatta, a prezzo, però altissimo, come sapete. Grazie a questo, acquisì lo Zero Assoluto, ed è tutt'ora il Cavaliere dei Ghiacci più potente che il Santuario abbia mai ospitato!"

"Lo Zero Assoluto..." ripeto, costernata, dunque Hyoga ha oltrepassato i confini insiti nella natura medesima, ha un potere davvero unico, immagino, anche se non so cosa effettivamente succeda una volta varcata quella soglia.

Il silenzio ricade tra noi, anche se il rumore dei nostri pensieri è discretamente percettibile agli occhi di un qualsiasi osservatore esterno.

Io non posso avercela in alcun modo con Hyoga, so bene che è stato lui a salvarlo, che si vogliono un bene dell'anima e che Camus, conoscendolo, sarà morto con il sorriso sulle labbra da quanto fosse fiero dell'allievo, ma altro conto è spiegarlo a Michela.

Devo molto a Milo, Hyoga, e ad... Isaac... se non fosse stato per loro, Camus sarebbe stato perduto, vittima delle stesse ferite dell'anima che si porta dietro da secoli e che lo hanno menomato per sempre. Eppure... come mai questo latente senso di colpa? Perché ho la sensazione di aver fallito la mia missione? Io avrei dovuto stare al suo fianco, aiutarlo... invece neanche sapevo di avere un fratello fino a qualche mese fa, a cosa mi è servito reincarnarmi?!

“Forse hai ragione, Sonia, Hyoga c'entra solo in parte, ma io... non riesco proprio a perdonarlo quello lì, eppure... eppure mi manca così tanto ora! Sogno di lui praticamente tutte le notti e vorrei solo rivederlo per chiarire tutti i malintesi... Mi manca lui, mi manca il nostro tempo!” sussurra Michela, triste, nascondendo il volto tra le ginocchia e tremando come una foglia.

Piccina... lei le emozioni se le vive sempre alla velocità della luce, deve esserne stravolta al momento...

“Già, qui è bellissimo, ma... il nostro mondo non è questo, anch'io voglio tornare a casa e rivedere tutti i Cavalieri d'Oro!” mormora Francesca, abbracciando forte l'amica, carezzandole la schiena.

“Io invece non so cosa voglio...” intervengo ad un tratto, sofferente.

“Marta, sei ancora frastornata a seguito del colpo? Hai appena detto che non vuoi... tornare indietro, o meglio, avanti?” chiede delucidazioni Sonia, stranita dal mio comportamento e dalla frase che mi è uscita dalle labbra.

“Ho ancora male, sì, ma non dipende da questo: io davvero non so se ho voglia di tornare al presente!” affermo, guardandomi il polso della mano laddove è ben visibile una delle cicatrici subite durante la battaglia contro Crono.

“Capisco le tue pene d'amore, Marta, ma questo non è il tuo tempo e se rimani qui... beh, tra due anni comincia la Guerra Sacra e... cioè, sai gli unici due che sopravviveranno! Non puoi rimanere qui, ne soffriresti e inoltre il corso temporale va ristabilito...” mi dice saggiamente Francesca, in tono cordiale ma con un pizzico di... non saprei bene come definirlo, ma di sicuro qualcosa di non detto.

“Lo so, ma non sono completamente sicura che questo tempo non mi appartenga...” biascico, nervosa.

“Cosa stai...?” inizia Michela, preoccupata, ma io scoppio nervosamente a ridere, nonostante le fitte intermittenti che mi provoca questo gesto.

“Lasciate perdere le mie stranezze, ahaha, so bene anche io che dobbiamo tornare al presente!”

"Ma non vuoi..." mi fa notare Francesca, scura in volto.

"Massì, che voglio, stavo solo scherzando, non ero io a parlare!" glisso l'argomento, minimizzando il mio stato.

"Lo so bene, purtroppo..."

Cerco di non dare peso all'ultima frase della mia amica, scrollandomela di dosso con enfasi: "Comunque sono contenta, era da tanto che non parlavamo un po', mi sembra sia passata una vita dall'ultima volta!"

Detto questo, rimango chiusa al mondo esterno, trovando nel mare davanti a me, nella sua contemplazione, la valvola di sfogo che mi serviva, la scappatoia, che focalizza la mia attenzione solo su me stessa.

Non Seraphina, ma Marta... devo ricordarmi sempre chi sono, ha ragione Milo, assolutamente!

“Insomma, chi per un motivo o per l'altro vuole tornare o rimanere, immagino che pure tu, Sonia, voglia restare...” afferma Michela, sorridendo leggermente.

“Giusto! Tu sei in coppia con Regulus, vero?” chiede Francesca, dandole una delicata gomitata tra le costole.

“V-veramente no...”

Istantaneamente la fissiamo, sconvolte. Eravamo tutte convinte che Regulus e Sonia si fossero messi insieme dopo il ballo, pensavamo a loro come una coppia fissa, invece... ohibò!

“Dopo il giro turistico al Grande Tempio con Cardia, e aver appurato che lui si era innamorato di me, gli ho detto che io non provavo lo stesso sentimento per lui, e che riuscivo a vederlo solo come un fratellino più piccolo... sapete, in lui scorgo l'ombra di Aiolia..."

"Ma quindi niente Regolini o Soniettine?! Io mi ero immaginata già di diventare zia!!!" si lamente scherzosamente Michela gonfiando le gote.

"Mi dispiace, dovrai puntare su un altro cavallo più vincente, io non vado d'accordo con l'amore, non mi vedo fidanzata con nessuno, amo la mia libertà e non sento il bisogno di instaurare un vincolo simile! - si spiega, discostando lo sguardo altrove, mentre le labbra si piegano in una smorfia - "L'amore... è solo sofferenza, non fa per me!" si lascia ancora sfuggire, gli occhi lucidi, un leggero fremito al corpo.

La guardo intensamente, capendo appieno quello che vuole intendere. Anche io la pensavo così, prima di conoscere Dégel, poi... ma mi blocco, l'ultimo pensiero che mi ha sfiorato, il suo stesso viso gentile, sempre presente, non è più in grado di rinfrancarmi. A chi appartengono questi sentimenti?! A me, o a Seraphina? Chi, delle due, ama Dègel? E se... se queste emozioni non fossero neanche le mie, ma frutto della mia scelta?! Posso davvero dire che il mio cuore sia ancora mio?! Io non so più...

“Ma Regulus ci è rimasto male?” domanda Francesca, inclinando leggermente la testa di lato e permettendomi così di riscuotermi, relegando nuovamete tutto in qualche parte di me.

“Un po'... ma poi mi ha detto che lui non ci capisce un granché di sentimenti e che il solo fatto di essere considerato come un fratello più piccolo gli sembrava una bella cosa!” risponde Sonia, leggermente imbarazzata d simili discorsi.

Tiriamo quindi un sospiro di sollievo, contente che il leoncino non l'abbia presa così male, complici anche la sua giovane età, l'inesperienza e l'ingenuità.

Rimaniamo ancora per un po' sulla spiaggia a crogiolarci sotto il sole cocente, cercando di rilassarci e, per una volta, non pensare a niente. Poi, dopo circa mezz'ora, ci alziamo quasi in sincronia, decidendo di tornare al Santuario tutte insieme.

Ci dirigiamo verso il Grande Tempio frettolosamente, con passo incalzante, preoccupate per le condizioni di Camus, ma, nel momento in cui passiamo attraverso le rovine situate vicino all'arena di combattimento, notiamo proprio Regulus con due 'cosi' non ben identificati tenuti tra le mani.

“Ehi, Reggy! Cosa fai?!” lo chiama Sonia, sbracciandosi. Non lo amerà, ma si vede che si trova davvero bene con lui, è un bene per entrambi.

Il piccolo gira la testa verso di noi e ci sorride raggiante, venendo poi nella nostra direzione, sempre con i due affari tra le mani. Un singulto mi sfugge dalla bocca quando riesco ad identificarli con certezza. Li riguardo di nuovo, convinta di sbagliarmi, ma più li fisso più mi persuado che sono proprio ciò che sembrano.

“Ragazze, meno male che avete recuperato Michela e che siete tornate! Stavamo per seguirvi, ma dei soldati semplici sono venuti ad avvertirci che dei fatti strani stavano accadendo nel templi...” ci spiega Regulus, leggermente cupo in volto.

“P-perché? Cosa...?” inizia Michela, titubante, ma la interrompo, non riuscendo più a trattenermi

“C-che ci fai con dei topi morti in mano!?!” esclamo, avvertendo l'ansia avvolgermi sempre di più, poiché veramente di ratti si tratta, nella loro completa concretezza.

 

Marta... io ti avevo avvertito che avrei agito a modo mio. Sono stufo di aspettare ciò che bramo... ora assisterai allo sfacelo delle tue, vostre, stesse azioni! Tue e di Camus!

 

“Ah, è proprio questo il problema... pare che una colonia di topi sia venuta a morire proprio al Santuario!” afferma Regulus, facendo spallucce, come se la questione avesse poca importanza e fosse solo un mistero fitto fitto da risolvere tutti insieme.

“E'... è parecchio inquietante tutto questo! Non è normale che dei topi moribondi riescano a penetrare al Grande Tempio, protetto dal leggiadro cosmo della dea Atena. Tutto questo non mi piace per niente..” sussurra Francesca, tesa, ispezionando i dintorni come se si aspettasse qualcos'altro.

“Dai, Fra! Non preoccuparti troppo! Le zone che circondano le dodici case sono piene di animali, probabilmente questa colonia di topi è entrata nei templi perché era attirata da qualcosa!” esclama Regulus, cercando di essere più ottimista possibile, regalandoci un sorriso aperto.

“Forse hai ragione...” mormora Sonia, anche se, in realtà, si capisce appieno la sua inquietudine.

Istintivamente fisso i due topi in questione... la loro pelliccia lurida è composta da macchie del tutto prive di peli, come se si fossero grattati fino allo sfinimento, senza contare che il loro muso è sporco di sangue...

Esistono vari tipi di malattie che possono ridurre così delle pantegane... fra tutte, una è la più tremenda in assoluto in questo tempo storico, ma, per il momento, non voglio nemmeno pensare a questa eventualità!

“Comunque non ha importanza ora, piuttosto dobbiamo vedere come sta Camus, non abbiamo altro tempo da perdere!” sancisce Michela, ispirata da una nuova determinazione, aprendo così la strada verso l'undicesima casa.

 

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Capitolo 25
*** L'inizio della manifestazione ***


CAPITOLO 25

 

L'INIZIO DELLA MANIFESTAZIONE

 

22 Agosto 1741, mattina.

 

Camus... te lo chiederò ancora una volta: vuoi realmente farlo?” chiede conferma Zeus, in tono possente ma velato da una certa preoccupazione.

"Sono l'unico a poterlo fare, corretto?" Camus lo scruta, diffidente, lo sguardo solo apparentemente freddo, segnato dalla sofferenza che non vuole comunque far trapelare e che tuttavia lo raschia dal profondo.

"Il tuo sangue è prezioso, ragazzo... non devi disprecarlo alla leggera, altrimenti..."

"SPRECARLO?! E' mia sorella colei che giace in fin di vita e voi mi volete suggerire di non donarglielo?!" ribatte subito Camus, oltraggiato. La temperatura nella stanza cala bruscamente.

"Non intendevo questo."

Le serve il sangue di un donatore, non... non può riprendersi senza questo, così mi avete detto."

"E' corretto, sì."

"Nessuno può donarlo oltre a me. - nonostante la disperazione del momento, sempre più vivida nel suo sguardo e nella sua espressione, Camus accenna un sorriso, si volta verso il mio corpo privo di calore, carezzandomi il volto con la punta delle dita - Nessuno. Perché siamo fratelli e perché... siamo figli di un semi-dio. Nessun altro tipo sangue può andar bene, anche se fosse del nostro stesso gruppo. Non sarebbe comunque compatibile al 100% e rischieremmo un rigetto." spiega poi in tono più basso, gli occhi nuovamente lucidi e l'espressione sul punto di spezzarsi.

Qualcosa mi trapassa da parte a parte, anche se sono incorporea, anche se sento vuoto e freddo dentro di me, dentro di lui, che sta provando lo stesso malgrado sia vivo.

"Lo avevi capito..." constata solo Zeus, in un fremito.

"Non subito. All'inizio, anzi, ne sono rimasto fortemente perplesso. Mi hanno riferito che, durante l'operazione di emergenza per richiudere queste ferite - e si tocca il petto nell'esprimerlo - ho avuto un pesante shock anafilattico che, per poco, non ha rischiato di uccidermi. I medici hanno dovuto tentare il tutto e per tutto nella rianimazione per... riportarmi indietro, non se lo aspettavano nemmeno loro, del resto è inusuale avere un rigetto di un gruppo sanguigno perfettamente compatibile."

"..."

"Il punto, però, è proprio questo: il mio sangue non può essere completamente compatibile con quello di altri, perché la presenza dell'Icore rende intollerabile qualsiasi altra derivazione che non contenga tracce divine."

"E' esattamente così. Proprio per questo vi è un'unica persona che può darti il sangue senza che il tuo corpo ne risenta, ed è..." lo sguardo del Padre degli dei naviga brevemente sulla me immobile nel letto.

"...Marta! - conclude per lui Camus, in un fremito, mentre la sua mano scende a stringere la mia tra le sue - Che mi ha donato il suo sangue con sclancio, senza pensarci due volte, senza valutare i rischi. Posso quindi esitare io che sono suo fratello maggiore?"

Non capisci però il punto... per salvare tua sorella occorre quasi la metà del tuo sangue, tu sei già debilitato in seguito alla battaglia appena conclusasi e un essere umano muore se ne perde anche solo un terzo, un Cavaliere non fa differenza! Non è una mera trasfusione, dovrò proprio dissanguarti, se non riuscirò a fermarmi in tempo, o se mi sfuggirà il controllo, tu morirai nell'immediato; se invece dovessimo riuscirci, ciò che ti aspetta è comunque una sofferenza imperitura, fino a che... lo sai! - il padre degli dei lascia la frase in sospeso, sospirando - E poi, Camus... non dovrei ferirti in un punto qualsiasi, ma dovrei riaprirti le lacerazioni che hai sul torace, perché è lì che il cosmo mortifero è penetrato nel tuo organismo; quello stesso cosmo che avrebbe ucciso tua sorella e le altre, se Death Mask non fosse intervenuto... Mi riesci a comprendere? Stai rischiando la vita e, anche se sopravvivessi, saresti più vulnerabile, a tal punto che una semplice influenza sarebbe in grado di condurti alla morte... non posso accettarlo! Il tuo maraviglioso, quanto arcaico, potere... è la nostra unica speranza di opporci a tutto questo!”

Camus, a seguito delle parole della divinità, crolla nuovamente a terra, vicino al mio letto, del tutto incapace di rimanere ancora in piedi, sul suo viso non scorre più alcuna lacrima, probabilmente le ha prosciugate, ma nei suoi occhi aleggia la pura e semplice disperazione.

Vi prego, fatemi fare un tentativo, per lei, per la mia Marta! Per voi Divini il tempo è eterno, imperituro, statico... quindi non sapete cosa voglia dire perdere una persona cara, ma per noi mortali, invece, sopravvivere a questo prezzo è peggio di morire, ed lo posso dire con certezza perché l-l'ho provato sulla mia stessa pelle... - biascica difficoltosamente Camus, guardando quasi implorante il dio davanti a lui - Vi prego, sommo Zeus... farei qualunque cosa per salvarla! Sembra così piccola, indifesa, eppure ha fatto così tanto per me da quando l'ho ritrovata... Non merita di morire così, e lo stesso vale per Michela e Sonia, anche loro sono ormai parte integrante della mia vita!”

Il padre degli dei sospira pesantemente, colpito dal monologo a vivo cuore di Camus. Scrolla il capo, affranto, prima di proseguire.

Ah, ragazzo... Sei molto coraggioso e temerario, ma questo è proprio quello che vuole lui... non hai vie di uscita, sei in trappola, te ne sei reso conto da solo, lo so, eppure stai continuando a combattere per le persone che ami. Ti ammiro con tutto me stesso, Cavaliere, sei degno di rappresentare il mito della tua costellazione, impersonato da Ganimede. Proprio per questo accetterò la tua richiesta: voi esseri umani siete effimeri, ma è questo il motivo per cui potete compiere miracoli! ” afferma Zeus, mentre nella sua mano destra appare una folgore, che inizia a scoppiettare nella sua stretta ferrea.

Grazie, Sommo Zeus... posso solo immaginare quanto vi costi fare il gioco del nemico, nonostante questo avete deciso di accettare la mia richiesta, ve ne sarò eternamente grato, lo giuro sul mio onore di Cavaliere!” ribatte ancora Camus, un sorriso amaro a solcargli il viso.

"Scopri le tre ferite che ti porti dietro da quel giorno, cercherò di essere più preciso possibile, anche se, molto probabilmente si allargheranno notevolmente..." gli da indicazioni, sollevando il braccio.

Camus annuisce, alzandosi in piedi e, con gesto meccanico, si sfila la maglietta di dosso, posandola a bordo del letto. Lo vedo fremere visibilmente, la testa incassata tra le spalle, un sussulto di paura ben tangibile, inconsolabile, ma quando il suo sguardo si posa sulla mia figura, avvolta dalle coperte, i suoi occhi tornano ad essere determinati, trovando così un appiglio per reagire.

"P-posso solo... avere un minuto con lei, prima che... facciate quanto richiesto?" chiede, rigettando indietro la paura. E' chiaro tema di non farcela, di morire durante il processo, ma per nessuna ragione al mondo tornerebbe indietro.

"Quanto vuoi."

Camus si china così verso di me, accarezzandomi teneramente i capelli con una mano, scendendo poi giù fino al braccio, dove mi stringe nuovamente il polso: "Resisti ancora un po', piccola, starai presto meglio, te lo prometto. S-sono con te, s-sarò sempre con te, qualsiasi cosa accada!" mi sussurra in tono rotto, posando le labbra sulla mia fronte, dove serra le palpebre per trattenere le lacrime, le quali però gli solcano il volto per cadermi sulle guance pallide. Me le asciuga con i due pollici, prima di circondarmi il busto in un leggero abbraccio.

"Ti voglio bene, sei la mia forza. Perdonami se non sono mai stato capace di dirtelo quando eri sveglia, ma è così, mia... piccola... guerriera! - mi sussurra con infinita dolcezza, lisciandomi un'ultima volta i capelli prima di staccarsi, avvicinarsi a Zeus e appoggiarsi al muro in modo da essere frontale con la divinità - Sono pronto, Sommo, fate quello che dovete, senza esitazione alcuna!" afferma, stringendo i pugni per prepararsi a ricevere dentro di sé il dolore atroce che sa perfettamente lo investirà con foga inaudita.

Camus... ti posso solo dire di cercare di resistere con tutte le tue forze, perché quello che proverai ora non ha nulla a che fare con la concezione del dolore che avevi fino a questo momento. Coraggio, ragazzo!” gli sussurra con dolcezza Zeus, alzando il braccio, che tiene la folgore, prendere le misure, per poi tagliare, con precisione netta e degna di un chirurgo, la carne di mio fratello proprio all'altezza delle ferite già preesistenti.

Istintivamente Camus urla, completamente sopraffatto dal un dolore così acuto come se gli stessero strappando le sue stesse viscere. Tuttavia non cede di un millimetro, sforzandosi in ogni maniera di rimanere vigile, serrando disperatamente le palpebre, che fremono completamente fuori controllo. Nel frattempo, il sangue che fuoriesce da lui defluisce, per magia divina, dentro una sorta di ampolla di luce, legata a me da delle strane linee immateriali che non comprendo. In ogni caso, tutto questo non ha la benché minima importanza in questa scena, il dolore passa tramite me, è vero, seppur in maniera più leggera, ma ciò che mi fa star male, privandomi del respiro, è il volto di mio fratello sempre più pallido, nonché le sue urla sempre più soffocate.

Lo vedo alzare il capo, quasi dando una testata contro il muro, del tutto fuori controllo. Stringe i pugni, serra la mascella... tutto inutile, sta troppo male, non riesce più a rimanere in piedi. Le sue gambe cedono, la maestosità del tronco che cade.

L'emorragia si sta facendo sempre più insostenibile per il tuo corpo già debilitato... - constata il dio nel vedere davanti a sé, con orrore, la coscienza di mio fratello farsi sempre più labile - Camus, forza, devi resistere! Non svenire... non ti devi permettere di svenire, malgrado l'immenso dolore che stai provando! Pensa a tua sorella, a tutto il bene che le vuoi; aggrappati al suo ricordo, all'immagine che hai di lei, non puoi in alcun modo arrenderti, non ora!” lo incita Zeus, sorreggendolo alla ben meglio con la mano libera. Ma le gambe di Camus sono comunque piegate in avanti, non reggono più tutto quel peso, quel dolore straziante, quella situazione... dalle sue labbra ora non esce più alcun grido, come se il pallore mortale che lo avvolge mettesse a tacere tutto il resto. E' l'incoscienza... che precede la morte. Lo capisco, e ne sono impressionata.

Zeus, fermati... fermati! Lo stai uccidendo, non vedi?!

Non posso fermarmi, Marta, non ora... - farfuglia, a sua volta prostrato, come se mi avesse udito - Il sangue versato non è sufficiente per riportarti in vita, devo... osare di più, altrimenti morirete qui in due e... Camus, resisti, ti supplico! Resiti! Camuuuus!!!”

Ma mio fratello non riesce a rispondere, le labbra semi-aperte in una smorfia, il corpo ormai abbandonato, mentre il sangue sprizza fuori, irrefrenabile, insozzando parte del pavimento, gocciolando fuori.

"Camus... Caaaaaamus!!!"

 

“Fratellinoooooo!!!”

Cado irrimediabilmente già dal letto, sbattendo leggermente la fronte contro il comodino, ritrovandomi così preda dei singhiozzi e per terra, del tutto incapace di muovermi. Il dolore al petto è straziante, mi immobilizza lì dove sono per un po', preda di convulsioni che riesco a stento a controllare raccontandomi che passeranno in fretta, che sto così perché è quello che ha vissuto Camus, non perché sia il mio corpo a stare male. Rabbocco aria.

Non ho idea di quanto tempo passi, prima che la situazione si acquieti, so solo che quando riapro gli occhi, la luce che penetra dalla finestra mi da un fastidio assurdo. Il fiato è ancora corto, il mio petto sobbalza ancora due o tre volte, come se avessi il sighiozzo, prima di ricondursi alla calma. Anche il cervello riprende lentamente le sue funzioni.

Mi giro su un fianco, rannicchiandomi su me stessa nello stringermi la pancia. Tossisco varie volte, cercando di interiorizzare quanto ho appena visto. Non avrei MAI voluto che Camus subisse una tale sorte per colpa mia, una sofferenza talmente inimmaginabile che sarebbe troppo per chiunque. Avrebbe potuto morire, Zeus lo ha detto senza mezzi termini, avrebbe potuto... ma è ancora qui, con me, a quale prezzo, però, mi chiedo? Cosa si sta portando dietro da quel giorno, cercando di nasconderlo a tutti? No, io... devo parlargli! Basta intrighi, devo affrontarlo andando dritta al punto. Non sopporto più tutto questo, anche questa volta la visione era parziale, mi ha consegnato una mezza verità, ovvero la consapevolezza che mio fratello, dopo quello che ha subito, ne è uscito vivo, ma come? E, soprattutto, fino a... quando?

Respirare mi risulta ancora una fatica insostenibile, avverto infatti distintamente un blocco in prossimità dello sterno; un blocco che non ha nulla da spartire con il colpo ricevuto ieri, ma, coniugando tutte le mie energie riesco comunque, con estrema fatica, a rimettermi in piedi.

“Camus... Camus... - ripeto il suo nome disperatamente, continuando a singhiozzare - Cosa hai dovuto subire per riportarmi alla vita?! Ora capisco le tue paure, il tuo dolore, la tua ansia di potermi perdere di nuovo... le capisco bene, ed io, al solito, ho fatto di testa mia, dandoti motivo di altra preoccupazione" biascico tra me e me, a bassissima voce, zampettando difficoltosamente verso la porta. Sono pronta per affrontare il mondo fuori? Per affrontare lui? No, affatto, ma non ho alternative.

Con le gambe ancora traballanti, mi dirigo quindi giù di sotto, soffermandomi sullo specchio del corridoio per fissare la mia figura minuta nel vetro. Ho giusto il tempo per appurare che, malgrado ancora un po' di arrossamento, i miei occhi sono quelli di sempre, che avverto un movimento alle mie spalle, prima di essere avvolta da due braccia prorompenti. Un abbraccio... forse ne avevo davvero bisogno, mi sento quasi meglio.

“Buongiorno, Marta!” mi saluta allegra Michela, positiva come suo solito, strusciandosi tra i miei capelli come un gatto che fa le fusa. Incredibile la sua capacità di recupero, quando, solo ieri pomeriggio, sembrava disintegrata.

"Buongiorno a te, Michela, briosa come tuo solito!" le sorrido di riflesso, stringendole il braccio che mi avvolge con la mano destra.

"Sai, è estate, il sole è alto in cielo, si sta bene fuori, non posso certo deprimermi!" mi risponde con semplicità, aumentando la stretta.

Fosse davvero così semplice... su questo dovrei prendere proprio da lei.

“Hai visto, Marta? - mi raggiunge anche Francesca con un sorriso gentile sul viso - Eravamo preoccupate per lei, ieri. Io ho passato una notte insonne, tu anche, a giudicare dall'arrossamento dei tuoi occhi, e invece lei è fresca come una rosa!"

Ha proprio ragione, sembra che tutto il malessere provato sia stato spazzato via con l'arrivo del nuovo giorno. Prendo un profondo respiro, ringraziando mentalmente che la mia amica abbia scambiato il rossore per l'insonnia e non per il pianto.

“Abbiamo novità sui ratti?” chiedo, mascherando alla ben meglio il mio stato d'animo.

“Pare che per adesso, e per fortuna, il fenomeno sia circoscritto solo all'interno della quinta casa e nei dintorni di essa” mi spiega Francesca, un poco crucciata.

“Questo è senza ombra di dubbio un bene, ma non è comunque... normale!” affermo, prendendo un profondo respiro, tastando la reazione dall'altra parte, ovvero se anche loro condividono le mie paure.

"Hai ragione, è un fatto insolito, ma senza contestualizzazione perde di significato. Rimaniamo in allerta, ma nulla di più, d'accordo?"

Annuisco, laconica, un fremito appena percettibile mi sconquassa.

"E poi... non può certo trattarsi di una pandemia, no?! Voglio dire, siamo, sì, nel XVIII secolo, ma il Santuario è sempre stato un mondo a parte, giusto? Dobbiamo pensare positivo!" trilla Michela, propositiva, staccandosi da me. Né io né Francesca abbiamo il coraggio di replicare.

Al di là della tensione palpabile in seguito agli ultimi avvenimenti, sono davvero contenta che ci siano le mie amiche, senza di loro sarei veramente preda dello sconforto, invece sono al mio fianco. So che, finché siamo insieme, non dobbiamo temere nulla, e poi ci sono anche i Cavalieri d'Oro, con noi, non siamo sole, ma affiancate da uomini straordinari. Sì, devo essere positiva anche io!

Parlando del più e del meno, ci dirigiamo verso il soggiorno dove, appena entrate, troviamo qualcosa, o meglio qualcuno che non dovrebbe esserci e che ci fa immobilizzare seduta stante. Le mie intenzioni di intavolare finalmente un discorso serio con loro, scambiandoci le nostre opinioni, vaporizzano all'istante sostituite da una agitazione subitanea.

Ancora prima di mettere totalmente a fuoco ciò che ho davanti, vedo Michela mettersi tempestivamente una mano sulla bocca per evitare di urlare come una pazza isterica per la meraviglia e lo stupore: Dégel è nella stanza... nudo, o meglio, quasi nudo. Infatti un asciugamano stretto ai fianchi ci permette di non vedere le 'zone basse'. Per Atena... almeno non si è accorto della nostra presenza qui in sede, perché, girato di spalle, è impiegato a spazzolarsi i lunghi capelli che gli arrivano fino ai glutei.

Come se si fosse improvvisamente svegliato dal torpore, sento il mio cuore iniziare a battere all'impazzata nel petto nel vedere la sua schiena perfetta e la sua pelle diafana leggermente arrossata in alcuni punti, probabilmente quelli in cui si è sfregato di più durante il bagno. Istantaneamente non avverto più la saliva nella mia bocca, come se si fosse prosciugata, al suo posto una sensazione di velato bagnato mi invade le zone intime, facendomi arrossire ancora di più. Oddio, devo uscire da questa stanza subito, non ci ha ancora visto, possiamo ancora salvarci in corner, forse...

“Mmm... MONDO BOIA CHE FICO!!!” urla d'un tratto Michela, non riuscendo più a contenersi. Come non detto...

Un'inumana voglia di sprofondare nei recessi degli abissi mi invade quando Dégel, dopo un singulto sfuggitogli dalla bocca, si volta verso di noi, imporporando istantaneamente.

“Porc... santi numi, scusaci!!!” esclamo, tentando di uscire dalla porta per andarmi a nascondere, prima di riuscirci, però, mi sento afferrare il braccio e buttare a terra con ben poca eleganza.

“Mi dispiace, Marta, tu rimani qui con il figone mezzo nudo, è finalmente giunta la tua occasione!” afferma Michela, prendendo Francesca praticamente di peso, ancora trasognata dalla visione non di certo indifferente, e uscendo con lei, bloccando così la porta per impedirmi di scappare.

“MICHELA, che cazzo fai?! Ti sembra il momento adatto per...?” sbraito, picchiando violentemente sul legno con l'ausilio di entrambe le mani.

“Cogli l'attimo, Marta!” dice ancora Michela, ridacchiando.

“MA NON E' QUESTO IL MOMENTO PER...!”

"Oh, lo è, lo è, sei piuttosto tesa, ragazza mia, a continuare a tenerti tutto dentro diventerai come il Maestro Camus... SFOGATI, ora che puoi!"

Ma sentila, come se lei, poi fosse stata super intraprendente, nonostante l'apparenza. Poso la mia testa sulla porta, sospirando sonoramente. Dovevo parlare con mio fratello Camus, non trovarmi in una stanza con Dégel più nudo che vestito!

Nel frattempo, da fuori, avverto la voce di Francesca, appena ripresa dalla faccenda, bofonchiare qualcosa nei confronti di Michela; qualcosa che non riesco bene a comprendere ma che sembra molto simile ad un rimprovero. Speriamo che almeno lei la faccia ragionare...

Cerco di ragionare a mente fredda: non posso voltarmi, o lo vedrei ancora... così... imbarazzandolo ancora di più. L'unica speranza è che davvero Francesca riesca a liberarmi o, se non lei, mio fratello Camus, che però non so dove sia, starà ancora dormendo? Devo parlare con lui, accidenti!

E vorrei davvero farlo, con urgenza, ma allo stesso tempo, percepisco un fastidioso prurito là sotto, nonché l'onnipresente sensazione di bagnato che, da quando l'ho visto, non fa che aumentare. Maledizione, che mi sta prendendo adesso?! No, Marta, controllati!

“M-Marta...”

La sua voce, oltremodo imbarazzata, un timido passo verso di me. Mi ci mancava pure questa, accidenti! Nel frattempo al di fuori della stanza le mie amiche hanno preso a discutere. Perfetto, davvero perfetto!

“Non muoverti di lì, o non posso garantire sulle mie azioni!!! Non fare assolutamente nulla, anzi no, fallo: rivestiti!” blatero, voltandomi verso di lui, puntandogli il dito contro, ma tenendo gli occhi serrati.

“Ho... ho il vestiario dall'altra parte, non... non pensavo che vi sareste svegliate così presto...” biascica, teso.

Ma porc... pure?!? In che razza di situazione mi sono trovata?!?

Automaticamente mi appoggio contro il muro e scivolo fino a sedermi per terra, il fastidio nelle zone intime sempre più elevato e il desiderio di non fargliene accorgere. Era partito tutto con un incubo... non pensavo sarei finita qui.

“Marta, stai tranquilla e non avere paura... sai che l'ultima cosa che vorrei fare è darti fastidio e, anche se in questa tenuta, non avrai alcun problema da parte mia!" sussurra lui in tono dolce, probabilmente preoccupato per me, visto il mio atteggiamento così apparentemente restio. Non sa che invece sto cercando di controllarmi con tutte le forze.

Questa sua ingenuità di porsi mi fa fuoriuscire un risolino dalla bocca, permettendo anche ai miei occhi di guardarlo in tutta la sua bellezza. Il corpo longilineo e tonico, i muscoli rifiniti, quei suoi capelli verdi che gli ricadono davanti, solleticando la pelle scultorea e... quell'ombelico, un piccolo bottoncino ovale, che mi ha sempre attirato particolarmente.

“Dégel, tu sei sempre il solito, la tua naturalezza è così disarmante che mi... Beh, in ogni caso sei molto bello ed io... scusami, ho preso a straparlare, mi dispiace di essere finita in questa situazione!"

Mi sarei aspettata un suo cenno di assenso, un suo allontanarsi ancora di più nell'attesa che Michela decida di tornare sui suoi passi accorgendosi dell'immane cazzata fatta, ma lo vedo invece avvicinarsi a me con passo cadenzato, fermandosi a breve distanza. Mi ritrovo ad ingoiare a vuoto, perdendomi ancora ad osservarlo, prima di discostare disperatamente lo sguardo.

“Marta, se... se sfruttassimo questa occasione che ci è stata donata per... un chiarimento?"

"D-Dègel, c-cosa vorresti..."

"Solo discorrere con te su un dato accadimento, su... ecco..."

Capisco pienamente dove voglia andare a parare, lo capisco nei suoi occhi sfuggenti, dal dolce colorito delle sue gote, dalla postura un poco rigida, ma non per l'imbarazzo.

"D-Dégel io... non volevo, l'altro giorno sulla spiaggia, n-on... uff, so che sei impegnato..." mi ritrovo a sproloquiare, avvertendo distintamente i 'sudori freddi'.

"Non... volevi?" mi chiede conferma lui, lo sguardo dolente. No, volevo, invece, con tutte le mie forze, ma... come faccio a dirtelo?!

"I-io..."

“Alzati, e guardami un secondo..." si avvicina ulteriormente a me, non aspettando neanche che io lo faccia con le mie forze. Semplicemente mi solleva, rimettendomi in piedi, prima di abbracciarmi e posarmi una mano dietro alla nuca.

Un fremito sempre più forte si diffonde in me, il calore nella zona inguinale è ormai incontrollabile, si amplifica nel rendermi ancora una volta conto che lui è nudo contro di me, che è il calore della sua pelle a rendermi così, ancora più... vogliosa... e che dovrebbe essere tutto sbagliato questo, ma più rimango in sua presenza, più mi dico che invece è esattamente così che dovrebbe andare.

"D-Dégel..." lo chiamo in tono non mio, quasi assuefatto, mentre le mie mani si stringono sulle sue scapole, prima di impormi di discostarmi un poco da lui per scorgergli il volto.

Gli occhi di Dégel sono meravigliosamente brillanti, di delicata primula la sua pelle e di pungente rosmarino il suo profumo. Mi sorride con garbo, non nascondendo però la sua crescente emozione che si percepisce dal suo velato tremore.

“Ti imbarazza stare così?" mi chiede, accarezzandomi la guancia con il pollice.

"S-sì, cioè... NO!"

Non so neanche io cosa dire...

"Ascoltami... - sussurra lui, desiderando andare dritto al punto - Hai detto che non c'è motivo di imbarazzarci, perché... ci siamo già visti nudi, giusto?"

"S-sì..."

"E' corretto, Marta, quando sei giunta qui ho dovuto spogliarti per prendermi cura delle tue ferite..."

Abbasso lo sguardo, desiderando sprofondare. Grazie per l'immagine, Dégel, grazie davvero!

"Ma tu... non ti stavi riferendo a quello, vero?" continua poi, e il cambio della sua voce mi spiazza.

Lo fisso sconvolta, totalmente impreparata a quel raffronto, nel frattempo anche lui si stacca da me, allontanandosi di qualche passo per darmi la schiena e fissare brevemente la sua espressione nel finestrino. Lontano... anche se dannatamente vicino.

Passano alcuni secondi di totale silenzio, attimi in cui io, sforzandomi il più possibile, cerco di mantenere lo sguardo basso e di non mettere alcuna fretta a Dègel, che pure sembra in evidente stato di difficoltà. La voglia che avrei di prenderlo e sbatterlo sul divano è folle e tremendamente imbarazzante allo stesso tempo, ma ancora la trattengo per le redini... ancora...

"Una consuetudine della dea vergine Atena tramanda che i suoi adepti mantengano un obbligo di castità. Non ci è quindi permesso di avere rapporti carnali, di innamorarci, di... vivere!" dice tutto in un soffio, rimanendo rigido nella sua postura.

Che regolamento... stupido! Mi trovo a pensare, sentendomi montare la rabbia, come se, un tale giuramento, inficiasse sulla mia stessa esistenza. E' così ingiusto, così...

"Io... non ne sono stato in grado, Marta! Non ho adempiuto a questo dovere e mi sono innamorato - si lascia nuovamente sfuggire lui, voltandosi nuovamente verso di me, più deciso di prima, anche nello sguardo - Ma non me ne pento affatto, è stato... il momento più intenso della mia vita, l-lo... lo rifarei se... se potessi..."

“Uh, oh... v-vuoi dirmi che... che non sei più vergine, Dègel?" chiedo, sentendomi una stupida a porre un simile quesito. Come se poi non lo sapessi...

Sento la tua risatina tranquilla e un poco rasserenata arrivare alle mie orecchie, aumentando i mei battiti cardiaci. Percepisco appena che ci stiamo avventurando troppo in là... continuo a pensare che sia sbagliato, che dovrei oppormi, eppure, questa voce, è sempre più lontana in me, sempre più... insignificante!

"Credo che... dovresti ben saperlo, Marta... o sono in errore?"

Ha capito. Io non avrei dovuto farglielo capire, forse, ma... perché continuare ad inseguirci invano, se ciò che bramiamo è univoco? Che male ci sarebbe a... cedere ancora una volta?

Vorrei fiondarmi tra le sue braccia, dirgli di sì, il resto verrebbe da sé, lo so, ma non obietto né acconsento, rimanendo invece immobile, tremante.

"Sto prendendo... un abbaglio?" insiste ancora lui, con voce dolce, premurosa, accennando un ulteriore passo, che tuttavia viene fermato da me, che mi sono dirottata tra le sue braccia, senza più alcuna vergogna. Non posso parlare... il mio corpo però non sa più trattenersi, quindi sarà lui a... comunicare!

Dégel rimane imbambolato a fissarmi per un tempo che a me pare lunghissimo ma che, in verità, so trattare di una manciata di secondi. Anche le sue parole sembrano accartocciate su sé stesse, fievoli, ma avverto la tensione del suo corpo, ora stretto al mio, quel suo desiderio inespresso, e che tuttavia percepisco palpabile contro di me.

"Non puoi... dirmelo? Cosa ci è successo per arrivare... a questo? Cosa TI è accaduto?" chiede ancora, anestetizzando forzatamente le sue reali intenzioni. La sua mano passa sui miei capelli, prima di scendere giù, sulla schiena, dandomi un brivido quando la avverto insinuarsi sotto la camicia da notte per accarezzarmi, lieve, la pelle. Effettivamente sono ancora vestita con gli abiti con cui ho dormito, ma la consapevolezza di ciò, invece di instillarmi vergogna, mi provoca un'emozione ancora più intensa, spingendomi così ad arpionare la sua pelle, quasi graffiandolo, preda di un'urgenza che non riesco più a sopperire.

A Dègel sfugge uno spasmo, il suo respiro accelera, lo posso ben avvertire, mentre anche con l'altra mano giunge al mio fianco, che mi percorre in tutta la sua lunghezza, fino ad arrivare in prossimità del seno, dove tuttavia esita ancora un attimo.

"Dé-gel..." lo chiamo ancora una volta per nome, in tono languido. Vorrei di più, molto di più, e glielo faccio percepire.

Ormai anche la ragione di Dégel va svanendosi, lo sa lui e lo so io, più ancora, lo sanno i nostri corpi, che si muovono ormai quasi all'unisono, famelici, cercandosi...

"Ma-Marta... i-io non riesco più a... - la sua voce sembra persino più affannata della mia, mentre l'ultimo barlume di raziocinio si estingue - Da-dannazione... n-non puoi r-rispondermi, ed io ho così tanto da chiederti, ma... m-ma... la tua presa su di me, vale più di cento, forse mille, parole..." riesce appena a biascicare, prima di cedere del tutto.

E' infine l'istinto ad avere la meglio. Per entrambi. Io, con uno slancio, gli circondo la vita con le gambe, avvinghiandomi ancora di più; lui, non più padrone di sé, con una mano mentre l'altra mi sorregge, mi inizia a sbottonare la camicia a partire dal collo, conducendomi al contempo verso il divano dove mi adagia, con dolcezza mista ad urgenza, posizionandosi poi sopra di me. Io, di riflesso, apro le gambe, circondando ancora una volta il suo busto. Il mio corpo si muove da solo, come se sapesse già cosa fare, m-ma io... io, in verità, non dovrei neanche...

“M-Marta, anf... - esita ancora un attimo Dègel, tra uno spasmo e l'altro, vicinissimo al mio volto, resistendo appena quel tanto che basta per assicurarsi che io stia davvero bene - N-ne sei davvero s-sicura? M-mi... vuoi?"

Mi sento accaldata, frenetica, scoppierò se non darò sfogo a tutto questo universo che sento dentro di me. Ancora una volta non rispondo verbalmente, semplicemente inarco la schiena per acciuffarlo e spingerlo giù, sempre sopra di me, ma più vicino, dannatamente più vicino, in modo che i nostri corpi siano in contatto, aderenti l'uno con l'altro.

“M-mia... piccola rondine!" biascica ancora, passandomi una mano tra i capelli, stringendoli tra le sue dita, mentre con l'altra mi apre ancora di più la camicia da notte, che ormai mi scopre l'intero petto scalpitante. Lo vedo soffermarsi un poco, con le dita, sulla cicatrice di Crono ancora un poco visibile, sita sul mio sterno, prima di sospirare e baciarmi teneramente il collo in più punti, ognuno dei quali mi trasmette un brivido di piacere.

"Immagino a stento cosa tu abbia passato, anf, m-ma... ci sono qui ora, con te, non ti lascerò più sola!" mi sussurra, prima di sollevarsi un poco ma venire fermato da me, che lo tengo delicatamente per il volto.

“Dè-Dégel... ti desidero da, anf, non immagini quanto e... e..."

"A-anche io, u-uff, m-mi sei mancata da... morire!"

Annuisco, sempre più trepidante, prima di arcuare ancora una volta la schiena e premergli sempre di più sulla pelle della schiena, come se da quel gesto dipendesse la mia intera vita.

"Fa-facciamolo ora, D-Dégel, io non... non resisto p-più..." provo a spiegarmi, mentre, socchiudendo gli occhi, mi appoggio sulla sua fronte e dischiudo le labbra che, ancora una volta, bramano il suo respiro dentro di me. Lui freme del tutto incontrollabilmente, prima di posare a sua volta le mani sulla mia schiena, ancora parzialmente coperta dalla camicia da notte per avvicinare il mio corpo, così apparentemente piccolo e fragile, al suo. Anche la sua bocca si apre, alla ricerca della mia, ne sento il dolce respirare. Siamo vicinissimi, ancora un istante, s-solo uno...

“MICHELA! FRANCESCA! CHE DIAVOLO STATE FACENDO DAVANTI ALLA PORTA DEL SOGGIORNO?!?"

Riconosco istantaneamente quella voce che, da sola, è in grado di farmi vergognare di tutte le cose fatte, finite o non finite, nella mia esistenza, nonché di rivedere totalmente le mie priorità. Anche Dégel sussulta, come ridestato, ma non ha il tempo di spostarsi che ci penso io a spintonarlo via, facendolo ruzzolare per terra. L'asciuganamo che gli cingeva a stento la vita finisce da tutt'altra parte rispetto al suo busto, ma non ho il tempo per soffermarmici, perché io, come se avessi una molla ai piedi, salto dalla direzione opposta, investendo però, nel processo, un mobiletto nelle vicinanze e cadendo a mia volta per terra come un sacco di patate e il fianco dolorante.

“AAAAAAAAAHHHH, MAESTROOOOO!!!”

L'urlo di Michela, se avesse consistenza, butterebbe giù i muri da quanta potenza abbia.

"Menomale, Camus... - dice a voce alta Francesca, risollevata, probabilmente da avercelo lì - Ho tentato di fermarla, ma Michela va per la sua strada..."

“M-Maestro, n-non entrare in soggiorno, l-lasciali un po' in intimità, Marta ne ha bisogno!" esclama Michela, in tono meno accentuato ma comunque palpabile.

“Lasciarli...?!? - ripete Camus, fingendo di non aver capito, in verità ha compreso benissimo - Michela, che diavolo stai combinando?! Dove è Marta?!”

"E' sotto, con Dègel!"

Sussulto al termine 'sotto', imporporando ancora di più: che mi stesse spiando dallo spioncino?! O-oddio, voglio morire...

Mi accorgo altresì di avere ancora la camicia sbottonata, corro a coprirmi alla rinfusa, il cuore in gola dall'agitazione.

"S-sotto a...? - anche in questo caso mio fratello ha capito benissimo, si sente il suo imbarazzo crescere, parallelo al mio, prima di tossicchiare e tentare di ricomporsi - Michela, apri la porta!"

"No, Maestro! Come dicevo, Marta ha bisogno di..."

"MICHELA. APRI. QUESTA. DANNATISSIMA. PORTA!"

Una richiesta a cui è impossibile dire di no...

Il 'click' della serratura sancisce l'entrata in scena delle mie amiche e di mio fratello, il quale mi fissa interrogativamente vedendomi stesa bella lunga per terra. Poi osserva Dégel, la sua NON tenuta, sebbene il Cavaliere sia riuscito a recuperare l'asciugamano che si è legato istantaneamente in vita, strabuzza gli occhi, prima di tornare su me e regalarmi un'altra occhiata assai meno clemente della prima. Di nuovo la sensazione di voler sparire dalla superficie terrestre mi avvolge. Deve aver capito, tanto mi basta per farmi vergognare di tutto. Celo istintivamente il viso con le braccia, provando l'istinto di piangere per non so neanche io bene che cosa.

"C-Camus! - richiama la sua attenzione Dégel, paonazzo in volto, inquadrando il rimprovero dietro la sua occhiata severissima - N-non biasimare tua sorella, l-la debolezza... è stata la mia!" tenta di difendermi, al limite dell'imbarazzo, ma sempre determinato in volto.

"N-non. Voglio. Neanche sapere. Di che. Debolezza. State parlando!" trancia il discorso di netto, rifiutando quell'ipotesi, o, perché no, il solo fatto che anche io abbia degli ormoni, degli stimoli. Dègel sembra intenzionato a ribattere, ma è ancora mio fratello parlare.

“Ad ogni modo, ti chiedo scusa in vece di Michela, Dégel, questa situazione... di un certo tipo... - mi fissa di nuovo pur non guardandomi negli occhi, totalmente a disagio - Si è verificato per inventiva sua, è una mina vagante questa ragazza!"

Torna a fissare la sua precedente vita, forse non tollerando la mia sola visione, quasi provasse disgusto o non so cos'altro, il che mi fa montare la rabbia.

"L'incipit ce lo ha dato Michela, è vero, ma i desideri sono..."

"No, Marta!" mi interrompe secco e lapidale lui, trovando infine il coraggio di trafiggermi con quei suoi due occhi che tutto sembrano giudicare. Nuovamente distante, nuovamente irraggiungibile.

Stringo con forza i pugni, capendo il messaggio celato in quelle due semplici parole: non sei in te, ragazza, non sei mentalmente stabile, i tuoi desideri non sono tuoi, il tuo stesso cuore non è completamente tuo, altrimenti queste cose non le faresti neanche!

Sussulto visibilmente, cominciando a tremare, mentre quelle parole non proferite da mio fratello, ma sottintese, mi trafiggono come lance accuminate. Non sopporto il suo continuare a trattarmi costantemente come una ragazzina incapace di intendere e volere solo perché lui è il maggiore, ma non possiedo nemmeno armi per ribattere. Effettivamente non so nemmeno più chi sono, da chi dipendano le mie azioni. Sono io... ad amare Dègel o... lei?!

“Chiedi scusa anche tu, piaga che non sei altro! - Camus passa ad ammonire anche Michela, avvicinandosi a lei e sfiorandole i capelli con gesto un poco burbero. Ha utilizzato un tono più leggero allo scopo di spezzare la tensione crescente - Che idee malsane che ti fai venire in mente, in un momento simile, poi!

“Eddai, Maestro! Un po' di elasticità in più non guasta! Uffa, hai rovinato un bel momento, ci poteva essere un ottimo mood! Che peccato!” ribatte Michela, facendogli l'occhiolino e posandogli brevemente la mano sul petto, che picchietta più volte con brio. Istantaneamente vedo Camus sbiancare, quasi come se, improvvisamente, gli mancasse aria nei polmoni. Il suo corpo si irrigidisce, prima di tremare con più forza.

"N-non ci sarà alcuna altra occasione, Michela, smettila di agire come vuoi, non pensando alle conseguenze, anf!" insiste tuttavia ancora, cercando di non dare peso al malessere crescente. La sua voce è alterata da un fremito; un fremito che, ora lo capisco bene, delinea la sua perenne sofferenza tenuta a forza sotto controllo.

Già.... eppure ci sono stati tantissimi indizi a testimoniare quello che aveva fatto Camus, così come il dolore che traspariva per pochi secondi dal suo sguardo quando qualcuno gli sfiorava il petto, ma io, non essendo al corrente di tutto, non gli avevo ingenuamente dato fede, sforzandomi di pensare che il peggio fosse passato. Ma eccolo qui il peggio: le ferite di Camus non sono affatto in via guarigione, poiché sono state riaperte da Zeus una terza volta, offrendo così uno spiraglio al Mago per entrare sempre di più dentro il suo corpo.

Ecco perché sta perdendo il controllo su sé stesso, lui dice di me, ma io... non sono certo l'unica ad essere instabile in questo periodo!

"Maestro! - continua Michela, come se nulla fosse, perseguendo nella sua opera di dare amichevoli patte al torace del maestro, che sta sempre peggio - Siamo in guerra è vero, ma i momenti di svago ci vogliono! Non dobbiamo abbatterci, ne va della nostra salute!"

"Michela, ma tu... non hai proprio capito niente, vero?" interviene Francesca, prendendole il braccio con decisione per allontanarla da Camus.

"Cosa c'è da capire? Io vedo due persone che si amano ma che non riescono ad esprimersi, e non posso far altro che tifare per loro. E poi che la nostra Marta sia innamorata è un evento, no, Fra? Sai che sono romantica!!!"

"Non è quello, Michela, tu proprio non hai idea di..." fa per replicare Francesca, prima che un tonfo sordo la metta sul chi vive.

Percepisco il mio cuore accelerare bruscamente nello stesso momento in cui Camus, mio fratello, cade ginocchioni per terra, tossendo disperatamente nel portarsi una mano davanti al petto ansante.

"Maestro!!!" urlano all'unisono Michela e Francesca, inginocchiandosi al suo fianco senza tuttavia sapere come fare. Ci pensa al loro posto Dégel che, appena alzatosi, si avvicina alla sua reincarnazione.

"Scostatevi un attimo per favore, ha bisogno di respirare... - le avverte mentre loro, trepidanti, fanno quanto richiesto - Camus, riesci a sentirmi?"

"S-sì, s-sto bene, è stato solo u-un attimo di... urgh!" sussulta nel momento in cui Dègel gli posa delicatamente una mano sul petto, una luce azzurrina che va da dal suo palmo alla zona tastata.

"Resisti ancora un poco, è l'unico modo che conosco per alleviare il dolore!" gli dice ancora, serio in volto, chiudendo gli occhi.

Rimango fissa a guardarli, un nodo al petto. Sembra quasi di avvertirlo, quel dannato negromante, gironzola nell'ombra dell'incoscienza di Camus, riaffiorando al momento propizio... come ora! Quelle stramaledettissime ferite non potranno mai guarire, non finché ci sarà Lui!

“Va meglio?" gli chiede con più dolcezza Dégel, una volta appurato che mio fratello è in ripresa, sebbene strabuzzi gli occhi, guardandosi intontito intorno.

"S-sì... - si affretta a rassicurarlo, alzandosi faticosamente in piedi, prima di allontanarsi un poco - E' stato solo un attimo di debolezza..."

"Non è vero, e lo sai bene, Camus..." sospiro, affranta, rimettendomi a mia volta in piedi.

Camus spalanca gli occhi a seguito della mia frase, voltandosi verso di me per poi fissare la sua espressione nella mia. Un velato fremito a solcargli le membra.

Riesco infine ad alzare lo sguardo verso la sua direzione, accennando qualche passo malfermo in avanti, fermandomi, prima di riproseguire, non sapendo bene come prenderlo. Decido infine di andare dritta al punto.

“C-Camus, come reagiresti se ti chiedessi di toglierti la camicia che indossi per far vedere agli occhi esperti di Dègel le tue REALI condizioni? Forse lui... qualcosa può fare, per te!" chiedo retoricamente, febbrilmente, mentre tutti i presenti mi rivolgono occhiate sconvolte; tutti i presenti eccetto Camus, l'unico a comprendere davvero il significato intrinseco della mia richiesta. Infatti lo vedo indietreggiare di molto, sgomento, portandosi una mano al petto come a coprirsi

"N-non occorre..."

"Supponevo questa tua reazione di rifiuto... - sospiro, tremante, prima di sorridergli tristemente - E' perché le tue ferite non sono affatto sulla via di guarigione, dico male?! Sono anzi state riaperte da Zeus, una terza volta..." mormoro, posizionandomi di fronte a lui, il respiro corto, lo sguardo dolente. Camus tace per una serie di secondi, non sapendo da dove partire. Guarda altrove, ma è consapevole di non avere più scappatoie.

“Sapevo che non sarei riuscito a celartelo per sempre... ma per un certo periodo mi sono fatto cullare dalla speranza di poterti mantenere all'oscuro di tutto... - confessa, discostando lo sguardo e lasciando cadere le braccia lungo i fianchi - Hai avuto una visione, vero? Il tuo potere sta crescendo, piccola, e hai desiderato scoprire cosa avessi fatto dopo... dopo la battaglia contro Crono..." mormora, sconfitto.

Annuisco, gli occhi lucidi, un sorriso amaro lungo il mio viso: "Sai... perdere la vita non è un'esperienza che può passare così tanto in sordina, immagino tu lo sappia!"

“Che... che significa ora questo?!” biascica Michela, esterrefatta, mentre Francesca abbassa lo sguardo, mordendosi il labbro inferiore. Sta diventando un'abitudine un po' troppo irritante che lei sappia sempre tutto e che ce lo continui a nascondere, a noi, che dovremmo essere sorelle per lei.

“Significa che noi eravamo morte, Michela, capisci? MORTE! Non è che siamo state in coma, il nostro cuore si è proprio fermato, e i Cavalieri hanno pagato un prezzo altissimo per riportarci alla vita: Milo ha salvato Sonia, Hyoga te. Per quanto concerne me e Camus, lui ha dovuto versare ingenti quantità di sangue, riaprendosi le ferite sul torace!" continuo, la voce nuovamente incrinata dal pianto, che tuttavia non trapela di fuori, rimanendo incastonato, come singhiozzo, nel mio petto.

“N-non è possibile... Hy-Hyoga mi ha riportato in vita?! C-Camus ha pagato il prezzo più alto per te?! No, non ci credo!” balbetta Michela, iniziando a tremare, sconvolta dalle rivelazioni.

“E' così! Ho visto molto di questa disperazione in sogno grazie al CIMP, grazie al quale posso percepire tutto della persona a cui sono collegata, soprattutto le emozioni provate in quel frangente - asserisco, una strana scintilla negli occhi, prima di tornare a concentrarmi su mio fratello - Camus... perdonami per quello che sto per fare, ma voglio constatare di persona gli effetti della folgore di Zeus sul tuo corpo. E' giusto che anche gli altri sappiano!” dico ancora, un brivido lungo la mia schiena, sollevando le braccia verso il suo busto.

"N-no, aspetta!" prova a fermarmi lui, indietreggiando notevolmente fino ad appoggiarsi al muro.

"Non mi fermerò intenzionalmente, dovrai usare la forza!"

"N-non dire assurdità, Marta!"

"Allora sono io ad aver preso un abbaglio? In verità le ferite si stanno rimarginando, come è giusto che sia?" lo pizzico ancora, un poco irriverente, recuperando terreno.

"..."

"Il tuo silenzio... vale più di mille parole, fratellino!" sussurro, cominciando a sbottonargli la camicia.

Lui non fiata più né cerca di opporsi, del tutto impotente, permettendomi così di agire. Per certi versi, mi sembra quasi di scoprire non solo il suo corpo, ma di mettere a nudo la sua stessa anima. Questo mi fa sentire sporca, ma... se non lo farò io, lui, di sua sponte, non ci mostrerà mai quanto ha patito. Per tutti questi giorni ha fatto del suo meglio per mascherare il suo dolore, celando dentro di sé questo intimo segreto, stando più che attento a non farci vedere le ferite. Ora io, sua sorella, sto mostrando tutto questo agli altri, vanificando tutti i suoi sforzi. Mi sento davvero un verme, ma... apro comunque l'ultimo bottone, sussultando nel vederle finalmente con i miei occhi.

“Per Atena! Cos... Cosa è tutto questo?!” interviene Dègel, scandalizzato, non appena riesce a scorgere la parte lesa.

Mi mordo con forza il labbro quando vedo con chiarezza le tre lacerazioni stagliarsi in rilievo sulla pelle candida. Hanno assunto un colore rosso vivo, ancora più impressionante rispetto a prima, soprattutto nei bordi, inoltre si sono allargate di uno o due centimetri, nonché allungate, visto che quella più in basso gli arriva ora sotto il capezzolo di sinistra.

“Santi numi, Camus! Quelle sono ferite suppurate, ormai! Devono farti un male atroce, come riesci solo a... camminare?! Oh, santissimi dei!!!” strepita Dègel, apprensivo, sinceramente preoccupato dalle sue condizioni.

"Non c'è comunque niente da fare..." mormora Camus, lo sguardo rivolto all'angolo della stanza, come ultima, estrema, difesa.

"C-che significa?"

"Che queste rimangono come parte di me..."

"E' assurdo ciò che dici, Camus, hai provato a... a..."

"Non sono affari tuoi, Dègel! - l'occhiata tagliente di Camus, indifeso tra noi, lo colpisce più spietatamente di quanto avrebbe voluto, come quando una belva ferita, all'angolo, prova a difendersi con le forze che gli restano - E' questa tua apprensione nei miei confronti ad essere illogica, non le mie intenzioni! Ho subito io questa ferita, sono il solo a poter portare questo peso!"

"Sei il solo a poter portare questo peso, è vero, ma non SEI solo, Camus, perché non lo riesci a capire? Perché non hai detto niente a tua sorella, o alle altre tue allieve?! Ti sei immolato per Marta, vero? Queste lacerazioni ne sono la dimostrazione, ma il processo infettivo è in stato di avanzamento... c-crollerai, se non ti farai aiutare!" lo rimprovera bonariamente Dègel, cercando di acciuffare il suo sguardo, che tuttavia lo rifugge.

"Non sai niente e non lo puoi nemmeno immaginare! - sbraita, sempre più minaccioso, prima tuttavia di richiudersi a riccio, gli occhi serrati - Sono solo, invece... dannatamente solo!"

Dégel fa per chiedergli nuove spiegazioni circa questa sua ultima affermazione, ma è il mio turno di parlare.

“E' successo per causa mia, io... ti ho lasciato solo, fratellino, perché non sono abbastanza forte, perché non riesco a sostenerti... - mi esprimo a fatica, sopportando sempre meno il peso di tutti gli ultimi avvenimenti - Non avresti dovuto subire tutto questo, riaprirti quelle ferite maledette per me, non... non lo merito, C-Cam!"

Ho di nuovo l'istinto di nascondermi, come prima, così faccio, celando il mio viso con le braccia, ma lui si avvicina a me, mi stringe con naturalezza e un'apprensione sempre più crescente.

“Marta, guardami! Queste cose non le devi dire neanche per scherzo! Hai un dono eccezionale, piccola mia, riesci a percepire le mie emozioni come fossero le tue, meglio di quanto riesca a fare io, sia con me stesso che con te, malgrado anche il mio sangue sia dentro di te, quindi avrai di certo provato come mi sentissi in quella situazione... - mi sussurra Camus, recuperando la dolcezza che, troppo spesso nell'ultimo periodo, non riesco più a percepire da lui. Annuisco, tremando visibilmente - E allora non pensare a tutto questo, tu sei... la mia preziosissima sorellina minore! Farei tutto il possibile per te, per farti stare bene, te l'ho già detto no? Tollero con piacere tutto questo, se so di essere stato in grado di proteggerti! E' il mio dovere di fratello maggiore, del resto, al quale non ho potuto adempiere per troppo tempo!" mi prova a calmare, carezzandomi i capelli.

“C-Cam, anche io volevo proteggerti, t-te lo avevo promesso alla spiaggia, rammenti? Ma non ci sto riuscendo, non... anf... peggioro solo le cose... - blatero, abbracciandolo di rimando. Come sempre la sua vicinanza fisica mi rende più tranquilla, così come il suo vero sé stesso, che raramente manifesta, ma avverto qualcos'altro insinuarsi dentro di me, qualcosa di strisciante e molto piccolo, che passa da lui a me - Hai detto che ti senti s-solo, n-no p-peggio, che s-sei s-solo..." non riesco più a proseguire, l'aria fatica a raggiungere i polmoni, causandomi un affanno sempre più insopportabile.

“Marta, cosa ti succede? Ti senti male?" mi chiede Camus, accorgendosi del mio malessere crescente.

Vorrei tranquillizzarlo in qualche modo, dirgli che è tutto a posto, ma mi sento mancare, la testa farsi sempre più pesante e le orecchie prendermi a fischiare rumorosamente, frastornandomi ulteriormente. Mi appoggio quasi inconsciamente a lui, reclinando il capo. Il suo corpo si irrigidisce nel sorreggermi.

"Marta! Marta, respira! Che ti succede adesso?!"

“Camus, presto, devi allontanarti da lei! - sento urlare la voce di Francesca da qualche parte nella stanza, completamente terrorizzata - E' il Mago! Sta interagendo con lei proprio grazie alle ferite sul tuo petto e al sangue che le hai donato!!!"”

TUTUTUM... Le ferite sul petto di mio fratello, possibile?! Effettivamente è da quando le ho viste che ho cominciato a sentirmi male, ma, più ancora, non riesco a tollerare il fatto di essere ancora così in balia di lui, del suo potere, che sta già tentando di soggiogare mio fratello, senza che io riesca minimamente a proteggerlo.

 

Sì, Marta, purtroppo è esattamente così, il Mago ha giocato bene le sue carte... Le ferite riaperte a Camus per salvarti erano l'unico modo per impedirti di morire, ma parallelamente hanno creato una breccia in cui entrare, non solo nell'organismo di tuo fratello, ma anche in te, che sei la cosa che il nemico odia di più al mondo. Non si fermerà finché non otterrà ciò che vuole, per farlo, sta piegando sempre di più la volontà di Camus, colpendolo negli affetti più profondi. Mi dispiace, vorrei tanto intervenire ma... ... ... CRONO! CRONO, SEI TU?!?

 

“Coraggio, Marta, non dovete permettere al nemico di fare quello che vuole, io credo nel vostro legame e nella forza dei vostri sentimenti! Siete voi l'unica speranza per batterlo!” mi incoraggia Dègel, prendendomi tra le braccia e calmando così i battiti del mio cuore grazie al suo potere.

Sussulto con forza, infreddolita dal ghiaccio di Dègel. Le sue parole da sole, sono però in grado di trasmettermi una tiepida speranza. Sembriamo de tutto preda dei piani del Mago, eppure il nostro legame continuerà ad esistere, cambiando, rifinendosi, ma non cesserà mai, in quanto io ho arbitrariamente scelto di reincarnarmi nella sorella di Camus. Sono stata io, ed è meraviglioso tutto questo!

Io. Le mie scelte: Io SONO le mie scelte! Non importa cosa accadrà, non importa se sembriamo caduti in trappola, io non mi arrenderò, non più!

Apro lentamente gli occhi, malgrado la sensazione di spossatezza mi spinga a cadere al sonno, ma trovo un ultimo appiglio nel viso sgomento di mio fratello a poca distanza da me. E' psicologicamente distrutto, lo percepisco, ma proprio per questo trovo la forza per parlare.

“Camus... io ti proteggerò dal Mago, in qualche modo, ti proteggerò... non dovrai più soffrire, non sarai più... solo! Se sarai stremato, io correrò a prendere il tuo posto, sopportando tutto il peso che ora ricade solo sulle tue spalle. Te lo prometto, fratellino mio, io... un modo per difendervi tutti lo troverò!" biascico, allo stremo delle forze, socchiudendo gli occhi. Il mio braccio si protrae nella sua direzione, in cerca di un contatto; contatto che tuttavia non riesco a trovare.

Con gli occhi della mente, come se mi trovassi ancora in un sogno e i confini fisici non esistessero più, vedo l'espressione martoriata di mio fratello, il suo braccio, che si solleva per tendermi la mano, gesto che tuttavia va a vuoto perché si ferma, tremante, mordandosi il labbro inferiore: ha troppa paura di nuocermi ulteriormente.

“Non posso nemmeno più toccarti, piccola mia, non senza ridurti in queste condizioni, e tu, nonostante questo, ti preoccupi comunque per me, con quel tuo solito modo di fare che mi riscalda il cuore. Perdonami... perdonami, Marta, non so più... non so più cosa fare per non metterti in pericolo!”

Scrolla il capo, incassando la testa fra le spalle, vinto, diruto, nel non trovare più un sentiero alternativo percorribile, nel non avere più speranze...

“Non posso coinvolgervi, non posso permettervi di rimanere ferite, o p-peggio morire per me, non posso permettere che l'incubo si ripeta! S-sono solo, non può essere diversamente ma, finché sarete al mio fianco... tenterò di non arrendermi!"

 

********************

23 Agosto 1741, mattina.

Una pesante sensazione di stordimento mi trapassa la mente, riportandomi dal mondo dei sogni a quello reale. Sono cosciente di essere sdraiata e ferma ma è come se il mio cervello fosse ancora tra le giostre delle vertigini, sballottato qua e là senza riposo alcuno. Il mio corpo è assai lento ad ingranare.

“Marta, stai riprendendo coscienza? Coraggio, sono qui!”

La voce di mio fratello mi fa aprire gli occhi completamente, spingendomi a cercarlo con lo sguardo, giacché me lo sarei aspettato più vicino, magari con una mano sulla mia fronte, l'altra a stringere la mia. Finalmente lo riesco a scorgere, anche se lontano, è a parecchia distanza dal letto, appoggiato al muro, le braccia conserte, il viso tirato, ma ho come la sensazione che non se ne sia mai andato da qui.

“C-ciao, Cam!” lo saluto affabile, tentando di sorridergli, mentre, sforzandomi non poco, puntello le braccia per raddrizzarmi.

Lui, accorgendosi che miei occhi hanno trovato nuova vitalità, si avvicina a me, ma si ferma nuovamente a debita distanza, lontano dal mio possibile tocco, lontano dalla possibilità di farmi di nuovo del male. Sospiro rassegnata, intuendo le ragioni che lo muovono.

"Non c'è bisogno di alzarti subito, riposa ancora un po' se vuoi, hai dormito di filato per un giorno intero!"

“Dove sono Michela e Francesca? E Dègel?” chiedo, deviando magistralmente discorso, non percependo alcun rumore provenire da sotto.

“Michela e Francesca sono andate ad indagare con Dègel perché pare che il numero di topi morti sia aumentato in maniera esponenziale rispetto a ieri - mi delucida in tono piatto, prima di farsi più serio - Marta, io invece dovrei parlarti...”

Lo guardo stranita, in attesa che prosegua, mentre lui, allontanandosi da me, mi da nuovamente le spalle. Potrebbe tirare fuori un sacco di argomenti, dalla mia, ehm, relazione con Dègel, a ciò che è successo ieri, o chissà cos'altro.

“Hai visto... tutto... nelle tue visioni?”

Eccola qui la prima patata bollente...

“Non so cosa tu intenda per 'tutto', poiché, come sai, io in quei momenti ero svenuta, a-anzi morta, non ho ricordi miei a riguardo. Però ho visto il dopo battaglia contro Crono, il tuo tentativo di rianimarmi, l'intervento di Death Mask... e poi ancora Zeus che ti proponeva una soluzione, il tuo accettarla, il tuo essere disposto a tutto per me. Potevo percepire le tue emozioni, il tuo dolore... è stato tremendo, Cam, s-straziante sopra ogni dire! Non riesco a... descriverlo... a parole!"

“Aspetta! Non vivi solo le mie emozioni sulla tua pelle, ma anche... il mio dolore fisico?!” mi interrompe, sorpreso e allarmato, spalancando gli occhi. Avverto una nota di disappunto nel suo tono, probabilmente, stante il tipetto che tende a nascondere sempre tutto, deve essere davvero dura da accettare.

“S-sì, ma non sempre, solo nei sogni, possiamo dire, quando siamo connessi. Conosci le dinamiche del CIMP, n-no? E' così che funziona questo potere possibile solo tra semi-dei legati da un legame molto profondo...”

"Me ne ha accennato, solo accennato, Zeus, in verità faccio molta fatica a usufruirne, possiamo dire... - ammette, sempre un poco indispettito - Tu, invece, sembri utilizzarlo decisamente meglio!"

"Ed è un male, questo?"

Camus mi scruta ancora per qualche attimo, tentando al contempo di celare sia il suo sconvolgimento interno che il suo velato fastidio alla sola idea che qualcuno possa sondare così nel suo inconscio. Non importa che quel qualcuno sia io, a lui non aggrada comunque, lo percepisco bene dai suoi occhi. Lui non mi ha risposto verbalmente per non urtarmi, ma ci è riuscito comunque.

“So comunque cosa significhi vivere il vissuto dell'altro, accade lo stesso a me da quando ti ho donato il sangue per salvarti dopo la battaglia contro Crono - prosegue, prendendo poi una breve pausa. Per un secondo lo vedo fremere di nuovo - Quindi... è nell'ultimo sogno che ti sei resa conto di queste?” chiede ancora lui, indicandomi il suo torace ora bel celato dalla maglia che indossa. Malgrado questo, mi pare ancora di vederle le tre lacerazioni, come se fossero macchie stampate sulla mia retina.

“Sì, nell'ultimo sogno ho visto Zeus che ti feriva nuovamente lì per instillare in me il tuo sangue, ma era molto confuso, mi sono sentita svenire e non ho visto nemmeno la fine. Del resto, credo che la mia coscienza, quindi la tua, fosse tremendamente labile. Se non ti avessi ora davanti agli occhi, se non ti avessi più visto, avrei pensato che fossi rimasto ucciso, fratellino... stavi soffrendo così tanto e io non potevo fare niente in quella scena. E' stato terribile, ho avuto tanta paura...” provo a spiegare, tesa.

Camus sospira pesantemente, addolcito dal mio tono così sommesso, poi si siede sul bordo del letto con lo sguardo basso. Mantiene la distanza fisica tra noi, ma lo avverto molto vicino, forse mi toccherebbe, se non avesse paura delle conseguenze.

“Mi dispiace moltissimo, Marta, non potevo fare diversamente. Il solo pensiero di poterti perdere mi distrugge ancora di più che queste ferite. Non rimpiango di certo ciò che ho fatto, perché ti ho salvata, piccola mia, ma non avrei mai voluto che tu ne venissi a conoscenza! MAI! Speravo in cuor mio che i ricordi non ti potessero tornare, ho cercato di ostruire il processo, ma tu hai comunque arginato i miei ostacoli... perdonami!" biascica lui, chiudendosi ancora di più a riccio.

La sua sofferenza è ben tangibile e vorrei poterla alleviare, ma il gesto della mia mano per confortarlo con una carezza si perde nel vuoto, essendosi lui alzato tempestivamente per scansarla. Dopo i fatti accaduti ha paura anche solo a sfiorarmi, è lampante, non solo si impedisce di toccarmi, ma lo impedisce anche a me, con il risultato che io mi sento solo più ferita e sola.

Per non dare comunque a vedere a mio fratello che ci sono rimasta veramente male per il suo gesto, concentro la mia attenzione sul davanzale della finestra, laddove una farfallina è stata appena catturata da una ragnatela. La poveretta lotta disperatamente per liberarsi, ma non sa che il ragno, un Pholcidae, quelli con le zampe oblunghe, nascosto nell'ombra più il là, sta aspettando con pazienza che si arrenda alla morte. Pensandoci a mente fredda, è più o meno la situazione in cui ci siamo trovate noi durante la battaglia di Crono... già, la battaglia di Crono...

“Marta, perdona il mio modo di fare così distante e un po' brusco, ma penso che sarebbe meglio, per la tua salute, se non ci toccassimo più fino a quando non saremo in grado di rendere il cosmo del nemico meno attivo. Sei stata molto male a causa mia, ed io non me la sento più di...” inizia mio fratello, cercando di acciuffare il mio sguardo, che nota essere tutto per la scena di predazione.

“La battaglia di Crono, cavolo!!!” urlo, scattando in avanti, rompendo la ragnatela e lasciando così libera la farfallina, che riprende a volare.

"Marta... non c'era bisogno di interferire, quel ragno probabilmente aveva molta fame, agendo così, hai dato una piccola scossa al fragile equilibrio naturale delle cose. Può sembrare una minuzia, ma non lo è..."

“Lo so, sono cose che non si dovrebbero fare, ma noi esseri umani non siamo solo assoggettati al Fato!"

"Cosa vorresti...?"

“Il libero arbitrio, Camus! Possiamo scegliere!”

“Questo lo so, ma...”

"Quindi non sei solo, puoi scegliere!"

"N-no, io non posso..."

“Fratellino, non te l'ho mai detto, ma nella battaglia contro Crono, Dègel e Cardia sono intervenuti per sostenermi! Io non potevo riconoscerli, ma ora finalmente è tutto chiaro!”

“Cosa!? Marta, sostieni che Dègel e Cardia ti abbiano aiutato nel nostro tempo?”

Prendo una breve pausa, pulendomi nel frattempo la mano appiccicosa nella tendina. Do una breve occhiata al ragno, effettivamente rimasto a bocca asciutta, ora intento a tessere un'altra ragnatela. Se dovessi trovare una mosca in agonia, o qualcosa di simile, proverò a dargliela, perché mi sento veramente in colpa, soprattutto dopo le parole di bonario rimprovero di mio fratello.

“Sì, Camus! - riprendo il discorso, guardandolo negli occhi - Dègel mi ha anche aiutato a scegliere la strada della vita quando... beh, lo sai”

Camus abbassa la testa, cupo. Probabilmente gli sto riportando alla memoria ricordi difficili da sopportare, che preferirebbe seppellire da qualche parte nel suo inconscio.

“Quello che voglio dire, fratellino... - proferisco, avvicinandomi a lui e prendendogli a forza le mani tra le mie, perché, come al solito, le sue raccomandanzioni mi entrano da un orecchio e mi escono dall'altro – è che nonostante il nemico abbia architettato vari piani, alcuni dei quali sono a noi ancora sconosciuti, Cardia e Dègel hanno scelto il Libero Arbitrio. Hanno fatto di tutto per ostacolare i suoi progetti anche da morti! Non so davvero come sia possibile ma, ora che ci penso, nel passato, la nostra presenza qui era già avvenuta nel 2011, quindi Cardia e Dègel, nella dimensione da cui veniamo, ci conoscevano già e sono riusciti ad attraversare i confini spazio-temporali per darci manforte! ” affermo, decisa, sempre più convinta di quel che dico.

Camus rimane in silenzio, una lieve malinconia nei suoi occhi, non ritrae subito le sue mani dalle mie, probabilmente non volendo neanche lui abbandonare quel contatto, ma è teso oltre ogni dire.

“Hanno fatto quello che avrei dovuto fare io e che puntualmente non ho fatto: proteggerti...” sussurra, triste.

"Camus..."

"Forse... se davvero ci fosse stato Dègel al mio posto... le cose avrebbero potuto essere diverse anche in altri campi..." bisbiglia, ai minimi termini, le labbra tremanti.

Faccio per aprir bocca per obbiettare, ma lui è più svelto di me a cambiare nuovamente discorso, allontanandosi velocemente. Fisso abbattuta il pavimento, credevo davvero che le mie parole riuscissero a tirargli su il morale, a renderlo partecipe della mia positività appena acquisita, ma sembra troppo difficile per lui. Non so davvero più che fare. Cerco di offrirgli un appiglio ma sembra che lui non lo voglia, lo rifiuta, non me ne spiego la ragione e lui non si spiega. Non riesco quasi più a comprenderlo... no, anzi... è già da un bel po' che accade così e ora non riesco nemmeno più a toccarlo, unica cosa che ci teneva ancora stretti reciprocamente... Fa dannatamente male!

“Ad ogni modo ci troviamo in svantaggio... il nemico può tutto, noi no, potrebbe persino attaccarci anche in questo...”

Quasi a voler confermare la questione di mio fratello, sentiamo un tonfo sordo provenire dalla biblioteca, seguito da un rumore di qualcuno che cade sul pavimento.

“Non ci dovrebbe essere nessuno a quest'ora, no?! Le mie amiche e Dégel sono fuori!”

Camus trema un poco, prima di farmi un cenno di assenso con la testa e indicarmi di seguirlo seduta stante. Ci dirottiamo quindi verso la biblioteca, ma non abbiamo neanche il tempo di aprire la porta che Regulus si butta, letteralmente, addosso a mio fratello, rischiando di cadere poco dopo.

“Regulus, ma cosa...?” biascica Camus, provando a sostenerlo, ma il leoncino è lesto ad alzarsi e a barcollare da tutt'altra parte.

“Regulus!” lo chiamo, tesa.

C'è qualcosa che non va, ed è qualcosa di molto grave, lo avverto...

Regulus, attirato dalla mia voce, che sembra riconoscere a stento, si volta e mi fissa con sguardo spento. Un singulto mi sfugge dalle labbra quando vedo i suoi occhi arrossati e infossati... così terribilmente privi di luce!

“Marta, per fortuna che ti ho trovata, volevo avvertire anche Sonia ma non mi è stato possibile - mi dice lui ad un certo punto, a fatica, come se stesse male – Non ho molto tempo, dovete venire con me, subito! Ho scoperto... L'ho scoperto!” esclama, alzando un braccio per farci cenno di seguirlo.

“Io... oddio no!” esclamo, notando che sotto l'ascella del piccolo si è formata una macchia scura, piena di pus, preludio a qualcosa di imponderabile.

“Regulus, che ti succede? Mi sembri parecchio agitato...” tenta mio fratello, non sapendo come approcciarsi a lui.

"Non avvicinarti, Cam! - lo blocco, quasi urlando, attirando la sua attenzione e indicandogli proprio quel punto - Q-quello non può essere altro che..."

“Non ha importanza il mio stato, dovete venire subito!!!” urla Regulus che, senza aspettare una nostra eventuale risposta, si mette a correre.

“Regulus, aspetta!!!” lo chiamiamo all'unisono mio fratello ed io, partendo al suo inseguimento. Dall'occhiata d'urgenza di Camus, comprendo che anche la sua mente è in fibrillazione. Non esitiamo più, semplicemente, zittendo i nostri pensieri, lo seguiamo.

Malgrado il piccolo corra in modo sbilanciato, rischiando di cadere varie volte, facciamo davvero fatica a tenere il suo passo. Sembra quasi che sia l'istinto di sopravvivenza a muoverlo, forse così è per davvero: le sue energie si stanno esaurendo, il suo cosmo è sempre più labile.

Infine, dopo vari minuti di corsa estenuante, vediamo il piccolo accasciarsi, stremato, davanti ad un masso sul bordo della scogliera.

“Regulus!!!"

“Non avvicinatevi, lo sapete, è pericoloso!” ci ammonisce, mentre con la mano destra tenta disperatamente di indicarci qualcosa inciso sulla pietra. Mio fratello ed io guardiamo brevemente, con sgomento, il simbolo, non capendo cosa significhi, ma tutta la nostra attenzione è sul di lui. Entrambi sappiamo di dover fare qualcosa, entrami intuiamo qualcosa, ma non abbiamo la minima idea di come comportarci.

“Me l'ha detto Dègel, è qui che ti ha trovata, Marta, quando sei giunta in questa epoca....” sussurra Regulus, mentre il suo tono di voce si affievolisce sempre di più.

“Regulus, come ha fatto a scoprire questo fatto? Tu... voi non avete smesso di fare ricerche per permetterci di tornare nella nostra epoca, vero?” biascico, il magone in gola.

“Questo simbolo, io... non so cosa sia! Me ne parlò una volta mio padre, ma... non ho mai approfondito! Mi... dispiace! Fossi stato intelligente come Dègel, forse... m-ma so che voi t-troverete una soluzione, d-dovete trovarla, per il... futuro!”

Nel momento in cui pronuncia l'ultima frase, la sua mano, prima appoggiata disperatamente alla roccia, ricade abbandonata sul terreno. Nello stesso momento i suoi occhi si chiudono, restii a tutta quella luce. Un brivido mi scorre lungo la schiena, implacabile. Scatto in avanti, con l'intenzione di soccorrerlo, sebbene sappia bene i rischi, ma mio fratello mi blocca con un raggio ghiacciato che immobilizza le mie gambe.

“CAMUS!!!" mi volto verso di lui, furente, ma nello scorgere il suo viso, un nugolo di paura e sconcerto, mi blocco.

"Camus... dobbiamo aiutarlo!" insisto, quasi supplicandolo. Ma mio fratello è perso a osservare il simbolo, un tremore sempre più diffuso gli attraversa il corpo.

"E'... è iniziata!" sibila solo, in un tono non suo, che, se può, mi spaventa ancora di più.

Il singulto strozzato di mio fratello si perde nel vuoto, mentre, quasi al rallentatore, del tutto sconvolta, prendo a fissare il simbolo inciso sulla roccia, proprio laddove prima c'era la mano del piccolo Regulus: dieci puntini scuri che costituiscono con nitidezza l'immagine di un triangolo, una immagine arcana, che stuzzica da qualche parte la mia memoria e che viene ben presto annebbiata dalle lacrime che prendono a rigarmi il volto.

"Che cosa è iniziato, Camus?" chiedo, disperata.

Non ottengo alcuna risposta verbale, ma l'ulteriore impallidire del viso di mio fratello, unito allo sbilanciarsi delle sue gambe, che lo reggono a stento, vale più di mille parole.

 

 

ANGOLO AUTRICE:

Se qualcuno di voi se lo sta chiedendo o si ricorda diversamente sì, ho cambiato il luogo del ritrovamento di Marta dalla radura alla scogliera per questioni di trama, e poi scusate se questo capitolo è venuto così noioso e melenso, ma è il meglio che sono riuscita a fare perché questa parte mi ha causato non pochi problemi! Come al solito ringrazio di vero cuore tutti coloro che seguono e/o commentano questa storia, è grazie a voi se vado avanti in questo mio progetto!  

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Capitolo 26
*** Verso la fine ***


CAPITOLO 26

 

VERSO LA FINE

 

"CAMUS! Cosa è iniziato?!" chiedo per l'ennesima volta, non ottenendo altra risposta che le sue pupille sbarrate, prive di quella luce sacra che le hanno sempre contraddistinte. Paura... terrore, questo prova mio fratello, ingoio a vuoto, tornando a fissare il corpo immobile di Regulus, che sembra quasi inanimato. No, non può essere possibile! Riesco ancora ad immaginarlo allegro e pimpante come l'altro giorno, i suoi salti da lepre, la sua irresistibile vivacità... Regulus non è che un bambino cresciuto troppo in fretta e che, malgrado i doveri da Cavaliere, non si è dimenticato di cosa voglia dire essere giocoso, no... non posso proprio accettarlo di vederlo così fermo... tutto questo deve essere un incubo!

“Ehiiii!!!”

Rumore di passi alle mie spalle. Sono ancora immobilizzata dal gelo di mio fratello, ma riesco a piegare abbastanza i fianchi per osservare, disperata, l'arrivo degli altri.

Dègel, Cardia, Milo, Sonia, Michela e Francesca sono intenti a correre tutti trafelati nella nostra direzione, si bloccano solo quando riescono a scorgere il piccolo steso per terra.

“NO! Regulus....” sussurra a stento Sonia, guardando con impotenza il corpo immobile del suo amico, con ancora il braccio protratto verso la roccia che conserva quel simbolo strano.

“Santo cielo, Sonia! Il tuo sogno di stanotte, il luogo... è tutto vero!” esclama Milo, avvicinandosi di corsa al corpo del 'piccolo leoncino' e facendo per prenderlo tra le braccia.

Un lampo improvviso mi attraversa violentemente il cervello, quasi come se mi fossi svegliata tutta d'un tratto e fossi tornata consapevole delle conseguenze che quel gesto potreppre avere sul mio amico, ma non sono comunque io la prima a parlare.

“NO, MILO, DANNAZIONE, NON TOCCARLO!” strepita Camus, appena ripresosi. Troppo tardi.

Il Cavaliere delle Scorpione del presente, infatti, sussulta pesantemente al suo grido, ma le sue mani sono già un fremito persistente sul corpo del piccolo, lo tastano da cima a fondo, alla ricerca di segni vitali. Solo il suo sguardo è nella sua direzione, cercando un appiglio, un aiuto, una collaborazione, che tuttavia non trova.

"Veloce, Camus! La sua temperatura è in rialzo, tu te ne intendi di cure, potresti..."

"Lascialo lì, è troppo tardi" il suo tono improvvisamente glaciale spiazza tutti, ma più ancora il suo migliore amico, che lo osserva quasi indignato, continuando ottusamente a tastare il polso e poi la carotide del giovane Leone per contare le pulsazioni.

"E' la precedente vita di Aiolia, Cam! Se ci fosse lui al suo posto cosa faresti?" insiste lo Scorpione, affatto convinto di fermarsi

"Lo lascerei lì, è troppo tardi. Allontanati! - ribadisce Camus, ancora in tono freddo, anche se un po' più tremante. Per tutta risposta ottiene un ringhio consistente, nonché un'occhiata di fuoco - MILO! Fa' ciò che ti dico!"

Rabbrividisco violentemente, mentre la paura si fa strada anche dentro di me in seguito a quel potenziale alterco. Regulus stesso non voleva essere toccato da noi, forse intuendo i rischi, ma ora mio fratello farnetica di abbandonare il piccolo al suo destino, anche se respira ancora, cosa gli sta prendendo adesso?! Anche io sono spaventata, ma...

"Milo, fa' come ti dice Camus, ci penso io ad abbassargli la temperatura corporea. Non lo lasceremo solo, puoi starne certo, ma bisogna prestare le dovute avvedutezze, la situazione è seria!"

"Dégel..." biascica Milo, osservandolo avvicinarsi a sua volta e inginocchiarsi al suo fianco per oi guardarlo dritto negli occhi.

"Fidati di me, ti prego!"

Lo Scorpione del presente annuisce, pur non spostandosi dal Cavaliere di Leo, rimanendo a osservare l'operato dell'amico che, con estrema manualità, volta il corpo del piccolo e tenta di abbassargli la temperatura, poggiandogli appena le dita.

“Che cosa diavolo è successo? Sonia ci ha guidati qui perché era agitata per il suo sogno di stanotte che raffigurava Regulus moribondo proprio su questa scogliera, ma che cosa sta accadendo, adesso? Cosa ha?! Il sogno di Sonia era dunque premonitore?!” biascica Cardia, confuso, massaggiandosi la fronte sudata.

"Dunque avevi visto questo scenario?" interrogo la mia amica, ricercando il suo sguardo, che tuttavia è puntato verso il basso.

"Sì, stanotte, ma a cosa è giovato se tanto è tutto come nell'incubo?! Cosa me ne faccio di un potere così tardivo?!?" si incolpa lei, sconvolta, serrando la mascella.

"Come lo avete trovato, Marta?" mi chiede intanto Francesca, accennando un passo verso di me.

“Poco dopo essermi svegliata questa mattina con Camus al mio fianco, ho sentito dei rumori provenienti dalla biblioteca, era Regulus! Sembrava già preda di un delirio crescente e mormorava qualcosa su questo luogo dicendo che è qui che Dègel mi ha trovata la prima volta. Poi è scappato via e ci ha guidati proprio qui, svenendo poco dopo nell'indicarci questo simbolo” spiego, seria, facendo un cenno con la mano ai dieci puntini che formano lo strano triangolo.

Gli occhi di tutti vengono puntati sulla strana effige, ma solo il cervello di uno riesce a collegare immediatamente questo segno inconsueto ad un nome.

“E' assurdo... il Tetractys?! Che senso ha?!” esclama Dègel, allibito, dopo averne riconosciuto la forma, tracciandone appena la superficie con le dita eleganti della mano libera.

Il Tetractys, certo! Il simbolo sacro su cui i Pitagorici prestavano giuramento e che raffigurava il 10, ovvero la perfezione, poiché i suoi puntini rappresentavano in ugual misura i numeri pari (il 2, il 4, il 6 e l'8) e i numeri dispari ( il 3, il 5, il 7 e il 9). Ricordo che me lo aveva spiegato la professoressa di Filosofia quando ancora andavo a scuola... ma questo cosa ha a che fare con me? Cosa con Regulus? Perché il piccolo era così agitato nel mostrarcelo?!

“Non capisco, è vero che ho trovato Marta qui, ma quando ciò è successo, non c'era questo simbolo. Di certo una tale effige non avrebbe potuto passare inosservata!” rimugina Dègel, teso, sperso come noi.

“Ora che ci penso questo simbolo è apparso anche nel luogo dove siamo atterrati noi! - proferisce ad un tratto Milo, guardando preoccupato la roccia in questione - Lo so perché passeggiavo in mezzo alla neve per sgranchirmi le gambe dopo l'inedia dei giorni precedenti, su un muro in rovina c'era questa specie di triangolo" conclude, senza badare troppo a quanto proferito. Pessimo errore!

“E... dove siete atterrati per esserci ancora la neve in questa stagione?” chiede Dègel, una strana luce negli occhi.

Milo si morde il labbro nello stesso memento in cui Camus lo fulmina nuovamente con lo sguardo. Lo Scorpione ha fatto un passo falso, rischiando di far scoprire a Dégel la verità sul suo futuro. D'altronde è così facile alterare il tempo, basta il battito d'ali di una farfalla per creare una tempesta da qualche altra parte. Ad azioni corrispondono reazioni, creando così una catena di eventi di portata mondiale. Incontrollabili.

L'intervento tempestivo di Sonia, per fortuna, sblocca la situazione in nostro favore.

“Che importa adesso?! Regulus versa in condizioni disperate e noi stiamo qui a chiacchierare come se nulla fosse! Ci vogliamo sbrigare?!” urla la mia amica, totalmente nel panico, le lacrime agli occhi.

Nessuno dei Cavalieri ha il coraggio di ribattere nulla. Solo Milo, dopo uno sguardo di gratitudine nei confronti dell'allieva, prende il giovane Leo tra le braccia, del tutto intenzionato a portarlo nelle stanze del Grande Sacerdote per farlo visitare da persone più esperte.

 

**************

 

23 Agosto 1741, pomeriggio.

Ci troviamo al tredicesimo tempio a fissare con insistenza una porta chiusa... sì, la porta della stanza in cui, un'ora fa, Sisifo e Sage hanno portato Regulus per visitarlo. Purtroppo un nome sinistro aleggia nei nostri pensieri, ma tutti cerchiano disperatamente di ricacciarlo indietro, raccontandoci la bugia che non può essere possibile, non qui al Santuario, non ora, non così velocemente. In verità, le macchie del piccolo lasciano ben poco spazio all'immaginazione...

La scena è molto simile a più di un mese fa, quando Camus, per proteggermi, era finito in ospedale. Rivivo quella scena quasi tutte le notti, ma non avrei mai pensato di ritrovarmi di nuovo davanti ad una porta chiusa, ad aspettare l'esito di un qualcosa da cui dipenderà la vita o la morte del soggetto stesso. Prima mio fratello, poi noi stesse, ora Regulus... il prossimo chi sarà? Perché ci sarà un prossimo sicuro e... NO, devo sforzarmi di pensare positivo, soprattutto ora che possiamo scegliere!

Sonia, tra tutti, è quella con la faccia più preoccupata, sembra quasi sul punto di piangere, gli angoli degli occhi arrossati, ma non lo fa, cercando di resistere con tutte le sue forze. La osservo ammirata, capendo perfettamente il suo sforzo e la sua scelta di non mostrare i sentimenti agli altri. Per certi versi è molto simile a Camus, entrambi così chiusi nella loro interiorità da risultare quasi freddi in apparenza. In verità, sono proprio loro a percepire i sentimenti così intensamente da risultare poi impossibile farli defluire all'esterno. Ogni tanto me lo domando perché siano così affini, Sonia conosce mio fratello da più tempo, chissà che rapporto c'è stato tra loro, chissà come è mutato in questi anni. Potrei chiedere a lei molte cose sul passato di Camus, eppure ancora non ci riesco, quasi timorosa, come se avessi paura di venire a conoscenza di determinati fatti.

“Perché solo stanotte questo maledetto sogno? Perché non prima?! Avrei potuto avvisare gli altri, se solo fosse successo un paio di giorni fa... perché? Perché?!? A cosa serve???” sento sussurrare tra sé e sé la più piccola fra noi, colpevolizzandosi.

Istintivamente, ricacciando indietro le domande a vuoto, mi dirigo verso di lei e l'abbraccio forte, posando la mia testa contro la sua spalla e permettere a lei di fare lo stesso per farci forza a vicenda.

“Non è colpa tua in alcun modo, Sonia, come non lo è stato più di un mese fa... il tuo potere è straordinario ma, come il mio, non è a comando. Non potevi fare nulla per impedire questo, ma possiamo combatterlo adesso. Non arrenderti per nulla al mondo e... finiscila di torturarti psicologicamente, o esploderai, e allora sì che sarebbe un bel problema!” affermo, dando fermezza alla mia voce e alleggerendo il tono soprattutto nell'ultima frase pronunciata. Non è bene tenersi tutto dentro, questo lo so, probabilmente ne è consapevole anche lei.

Sonia sussulta appena, abbracciandomi di riflesso e stringendo la presa contro di me. Dal suo singulto sommesso capisco che il mio messaggio le è arrivato. Rabbrividisco appena per la paura, prima di voler aggiungere qualcosa; qualcosa che tuttavia viene interrotto dall'aprirsi della porta stessa.

Vediamo così Sisifo uscire con sguardo rassegnato, spento... sembra quasi un automa che ha avuto l'ordine di camminare avanti a sé, le orbite vuote, poco ci manca che inciampi sui suoi stessi piedi, prima di essere accolto dallo slancio di Dégel che, percependo la gravità della situazione, è corso a sorreggerlo.

“Sisifo...” inizia in tono dolce, ma le parole gli muoiono in gola quando vede le lacrime del suo parigrado solcargli le guance.

“E' peste bubbonica, Dégel, del tutto affine a quella del 1348...” riesce solo a sussurrare il Sagittario, rauco. La sua voce non è che un sibilo sommesso, un grido strozzato che, non avendo possibilità di fuoriuscire, si stanzia nell'esofago, rendendo difficoltosa la respirazione.

"N-non è possibile!"

"Così è..."

Nella sala cade un silenzio agghiacciante ricolmo di consapevolezza. La peste nera del '300, quella delle petecchie, che causò la morte di più di 1/3 della popolazione europea di allora. Rabbrividisco. No, non può essere possibile, no!

“Che facciamo?! Cosa possiamo fare per aiutarlo?!” interviene Milo, agitato, rifiutando di arrendersi.

“Nulla... non esistono cure per questa pestilenza! Molte sono state le epidemie di peste che hanno dilaniato l'umanità in tutto l'arco della storia, ma mai nessuna qui al Grande Tempio, protetto dal leggiadro cosmo della Grande Atena; se neanche lei può nulla davanti a tutto questo... non possiamo far altro che rassegnarci e sperare che il giovane Regulus riesca a sopravvivere con le sue sole forze!” mormora Sage, uscendo a sua volta dalla porta, il tono distante, appena percettibilmente scosso. Sta cercando di mantenere la dirittura morale che il suo grado gli compete.

“Che state dicendo?! Vi arrendete già così?! Ci sarà un modo per salvarlo senza lasciare tutto al caso! Le altre divinità, per esempio, possibile che continuino a non poter far nulla contro questo negromante da due soldi?!” continua imperterrito Milo, cercando di spronare i presenti a non cedere allo sconforto.

“Nessun intervento da parte degli dei. Tutto ciò che mio nonno Zeus poteva fare, lo ha fatto, lo sai bene, Milo... Efesto ed Hermes sono troppo deboli per poter intervenire, senza contare che Poseidone e Hades sono fuori gioco!” dice solo Francesca, quasi meccanicamente, mentre il suo sguardo emana un vuoto indescrivibile.

“Ma ci deve essere un modo, dannazione!!! Se tutti gli dei non possono far nulla contro il Fato, vuol dire che saremo noi uomini ad azionarci in loro vece, l'essere umano è artefice del proprio destino, io stesso mi adopererò pienamente per...”

"Milo, ma hai compreso la situazione o vivi nel tuo mondo?! Li hai sentiti, E' PESTE, non c'è nulla da fare!"

"Camus, tu invece hai voglia di prendere botte, quest'oggi!? E' la seconda volta che utilizzi questo tono strafottente con me, da so tutto io! - ribatte lo Scorpione, fremendo notevolmente - So cosa è la peste, non è una valida ragione per arrendersi!"

"Cavaliere di Scorpio del futuro - lo chiama Sisifo con un filo di voce, allontanandosi di qualche passo da Dégel, che lo stava sorreggendo - Io ti ringrazio per la testardaggine, ma... non c'è davvero nulla... da fare..."

Ma Milo non sembra affatto intenzionato ad arrendersi, stringe i pugni, scalpita, prima di rispondere: "Sisifo, io conosco il tuo successore, so di cosa è capace. Anche lui, in passato, si è trovato in una situazione apparentemente priva di uscita, era solo contro tutti, abbandonato da tutti, persino dalla buona sorte, eppure non si è mai, MAI, arreso. Coraggio, tu hai la stessa tempra, combatti per Regulus, combattiamo contro questo morbo!"

"Ma io..."

"Un modo per opporci ci deve essere, ne sono..."

“MILO, FINISCILA!!! - sbotta Camus ad un tratto, cogliendo tutti di sorpresa per il tono adoperato – Lo vuoi capire che non possiamo fare niente?! Questa pestilenza non è qualcosa di normale, ma è voluta dal nemico stesso... NON C'E' NULLA DA FARE!”

Guardo sbigottita mio fratello, scorgendo dietro il suo volto apparentemente impassibile la più concreta paura, ma non comprendendone, ancora una volta, il motivo. Lui non si è mai arreso in tutti questi giorni, ha lottato per riportarmi in vita, non esitando a rischiare la sua, perché ora invece vacilla così tanto? C'è qualcosa di profondo e oscuro in lui, qualcosa che non riesco ad afferrare, più passa il tempo più si incancrenisce nelle profondità del suo essere, lo posso vedere chiaramente. Tuttavia non riesco più a prendergli la mano, perché è come se scivolasse via, sempre più giù, giù, giù...

"Dégel, nella biblioteca dell'undicesima casa hai libri che parlano di quella pandemia?" continua imperterrito Milo, cercando un sostegno, il tutto mentre Camus, oltraggiato dai suoi modi, serra la mascella, trattenendosi appena in un'espressione che non gli riconosco.

"C'è la collana di Storia, sì, sono un numero considerevole di tomi..."

"Molto bene, possiamo basarci su quelli per le cure palliative! - esclama, ritrovando il buon umore - Nobile Sage, permettete una domanda?"

"Certo, Cavaliere, ti ascolto..."

"Abbiamo guaritori qui al Santuario? Speziali, officinali, individui così?"

"C'è Albafica, è cresciuto in un roseto velenoso, il suo maestro era uno degli individui che citi, ma al momento è fuori in missione, non tornerà prima di stasera"

"Se fosse possibile, Sommo, fatelo venire qui il prima possibile, forse troviamo un modo per..."

E' costretto a fermarsi, un raggio ghiacciato lo ha colpito sulle gambe, congelandogliele. Lo vedo sbilanciarsi, senza tuttavia cadere, scoccando uno sguardo di fuoco all'artefice di tutto quello: "Camus!" ringhia sommessamente, squadrandolo da capo a piedi, con sdegno.

"Ti fermerò... anche con la forza, anf, Milo!"

Ha divaricato appena le gambe per lanciare scientemente il colpo con il giusto dosaggio, anche se lo sforzo sembra averlo stremato, perché ansima. La sua espressione tuttavia è quanto di più determinato possibile, spaventa e abbaglia al tempo stesso. Sonia ed io guardiamo prima uno e poi l'altro con crescente preoccupazione.

"Tra i ghiacci non puoi immobilizzare uno scorpione abituato alle calde sabbie del deserto, ricordi? Vale per il tuo Hyoga, vale anche per te! Soprattutto... - si prende una breve pausa, riducendo lo sguardo a due fessure - Con te in simili condizioni!" afferma, espandendo minimamente il suo cosmo dorato per poi mandare in mille frantumi il ghiaccio ai suoi piedi come se niente fosse.

"Non ha importanza, ti fermerò! Non farai quello che ti sei messo in testa di fare, MAI! Non finché ci sarò io! Lascia che le cose vadano come devono andare, non ti immischiare in faccende che non ci competono!"

"CHE COSA?!?"

La sua esclamazione rimbalza, come se avesse vita propria, tra le colonne corinzie del tempio, seguita a breve distanza dall'irrigidimento della sua muscolatura, nonché dalla sua espressione facciale ora distorta.

Non ho mai visto Milo in questa tenuta, lui, che ha sempre sopportato i silenzi di mio fratello e il suo non aprirsi, lui, sempre così allegro e gioviale, disposto a sostenere e assecondare tutti, persino un nemico, se lo percepisce degno... sembra ora invece giunto al culmine della sopportazione, un solo filo lo tiene ancora fermo, uno solo, ma anche questo si sta spezzando. Inevitabilmente.

“Da quando ti arrendi in questa maniera, Camus?!? Regulus è ancora vivo, c'è speranza di salvarlo e ci sarà sempre finché avrà respiro. Dovremmo forse abbandonarlo come se nulla fosse?! Io non lo farò mai, è un mio compagno, tanto mi basta per non gettare la spugna!” gli urla contro, fremendo vistosamente.

“Milo, sei un folle sognatore e basta! Non puoi far niente, quindi... NON FARE NIENTE, intesi?!? Le capisci, almeno tu, le mie parole?!? Ciò che accade qui non è pertinente alla nostra dimensione, non dobbiamo intervenire, quindi non interverrai, ficcatelo in testa!” ribatte Camus, raggiungendolo con ampie falcate per poi stringergli i polsi come a volerlo trattenere da commettere una pazzia. Il loro è un veloce scambio di sguardi, come se avessero già parlato in precedenza, e a lungo, di cose che io non so, per questo non riesco ad afferrare con precisione il reale significato espresso. So solo che sto provando una paura atroce!

"Non devo intervenire io, così intereverrai tu, rischiando di farti ammazzare di nuovo?! Interverrai tu, alla minchia di cazzo come tuo solito, sragionando?!?"

"N-no, i-io... tengo la situazione sotto controllo, posso..."

"Uhmpf! Ma che situazione sotto controllo stai tenendo tu, che ti stai sfaldando come una corda sgualcita! SPIEGAMI CHE CAZZO STAI TENENDO SOTTO CONTROLLO, CAMUS!!!"

"Non usare questo tono con me! So io cosa..."

“...Cosa è meglio per noi?! No, tu non sai niente, Camus, NIENTE! E non accetto un simile comportamento da te, soprattutto da te! Ripigliati subito o ti farò rinsavire a cazzotti! - esclama Milo, una scintilla furente negli occhi. Scorgo del vero e proprio fuoco, in lui, che divampa sempre di più, non si arrenderà davvero per nulla al mondo - Proprio tu mi dici di arrenderti, tu che, piuttosto che rassegnarti, sei disposto al supplizio eterno, incurante di me, di tua sorella, delle tue allieve?! COL CAZZO, che mi arrendo, hai poco da fare l'ipocrita con me!"

“Ah, quindi non accetti un tale comportamento da un ipocrita come me, è così?! Non hai la minima idea di cosa sto passando in questo periodo, non hai idea degli sforzi che sto compiendo per tentare di proteggervi tutti quanti! No, non ne hai proprio idea... non hai idea di cosa significhi cercare i possibili modi per salvarvi e rendersi conto di non poterlo fare!" anche il tono di mio fratello è salito fino a strozzarsi. Freme a sua volta distogliendo lo sguardo dall'amico, da tutti noi, lontano, dannatamente lontano, e si sta allontanando ancora di più, da noi, da tutti.

"Non ne abbiamo idea perché tu non parli, razza di caprone, sei più cocciuto di Mu e Shura messi insieme, che dovrebbero avere entrambi le corna, ma tu perseveri, credendo di poter risolver tutto da solo, ebbene, ti svelo un segreto: NON PUOI, a questo servono gli amici e la famiglia!" nonostante il tono brusco, percepisco il calore nelle sue parole; un calore immane, che riscalderebbe chiunque. Per pochi, brevi, brevissimi, secondi, ho l'illusione che persino Camus si possa riprendere, ma...

"Non. Posso. Fare. Più. Niente. Per voi. Per... salvarvi!" blatera mio fratello, in un crescendo di emozioni sempre più impossibili da tenere a freno. Sembra sul punto di cadere in ginocchio, preda delle lacrime, gli occhi sbarrati, mentre ripete con un mantra le parole di prima.

Lo Scorpione è lì lì per intervenire per provare a riscuoterlo, alza una mano cercando di posarla sulla spalla del compagno, ma Camus lo spintona via, prima di rialzare improvvisamente il volto su cui è stampato un ghigno assolutamente non da lui che ben presto si tramuta in una risata caustica quanto infelicissima. Sussultiamo all'unisono, scosse da quella manifestazione, mentre nei dintorni risuona una sghignazzata sinistra e sardonica.

"Ca-mus...?"

"NON POSSO PIU' FARE NULLA PER SALVARVI, e voi non ve ne siete neanche accorti, ahahahaha! Lo avete capito solo ora che sono un patetico vigliacco, per giunta ipocrita?!? E menomale che dite di essere miei amici, la mia famiglia!!! Nessuno si è accorto del reale me stesso fino ad adesso AHAHAHAHAHA, no, nessuno, cadete ora dal pero a questa rivelazione, ma, del resto, so dissimulare magnificamente, io!!! Ahahahahah!!! Avete davanti un ipocrita e un vigliacco... avete fatto affidamento su questo ipocrita e vigliacco e questi sono i risultati, NON AVRESTE MAI DOVUTO ENTRARE NELLA MIA VITA, MAI! MAAAAAAAI!!! Ma è troppo tardi ormai, TARDI, per tutto!"

Lo fissiamo sconvolte ed incredule, mentre lui continua a ridere sguiatamente, del tutto fuori controllo, la testa che gli ricade all'indietro, sconquassando ancora di più il suo già fragile corpo. I suoi schiamazzi nevrastenici hanno su di me lo stesso effetto di una sprangata in pieno stomaco.

Camus non ha mai riso in questa maniera da quando lo conosco, è sempre stato contenuto nei modi e nelle manifestazioni, come una ostrica che cela persistentemente il suo tesoro, ma ora le sue risate mi danno un senso di inquietudine e smarrimento che non riesco più ad ovviare. Deve essere arrivato al limite, per manifestare così la sua infelicità in un vero e proprio tracollo psicologico, emotivo, nervoso. Sta colando a picco, ed io non ho la più pallida idea di come riacciuffarlo. Nessuno di noi ce l'ha!

Faccio per muovere un passo verso mio fratello, terrorizzata dalla sua reazione, forse se lo tocco qualcosa cambierà, forse... ma Milo, dopo un breve attimo di sbigottimento, è più veloce di me nei suoi propositi: in un istante sferra un pugno a Camus in pieno volto, facendolo cadere malamente a terra e ponendo così termine a quel suono distorto che dovrebbero essere le sue risate.

“Aaaaaahhh!!!” gridano Francesca, Michela e Sonia all'unisono, sussultando pesantemente e indietreggiando, spaventate da una tale reazione.

“È da un po' che spari cazzate, amico! Ho sopportato fino ad ora i tuoi atteggiamenti da 'vittima sacrificabile', ma ora mi sono rotto i coglioni! Sei riuscito a rompermi i coglioni, Camus, sei contento?!? - gli urla in tono minaccioso, prima di avventarsi completamente su di lui - Se non ti raggiungono più le mie parole, allora ci penseranno i miei pugni!” grida ancora, sempre più furioso, riprendendo il pestaggio di Camus, il quale, dopo un iniziale smarrimento, risponde ai colpi con altrettanta aggressività pur essendo in concreto svantaggio.

"Perché non mi lasci mai in pace, Milo?! Urgh, perché perseveri con me?!? Lasciami andare, lasciami morire, lasciami..."

"STAI ZITTO, COGLIONE, non pensi realmente ciò che dici, non sei tu a a parlare! Svegliati! Finiscila con questo sproloquio, mostra le palle e torna ciò che eri, il Cavaliere di Aquarius, il difensore della giustizia, uno degli uomini che stimo di più al mondo!"

"Lasciami, ho detto! Che ne sai tu, Milo, perché pretendi sempre di sapere chi sono o cosa sono, chi credi di essere?! Non ti sopporto, LASCIAMI, HO DETTO!"

"Niente da fare, mi dispiace, non ti mollo finché non ti ripigli, a costo di gonfiarti di botte, Camus! CAAAAAMUUUS!!!

Mio fratello prova a rialzarsi, ma Scorpione è stato rapido a bloccarlo a terra, con il ginocchio ben piantato sul suo stomaco, l'altra gamba atta a bloccare le ginocchia dell'amico. Ha sfruttato la sua mole più possente per salirgli sopra, mirando meglio al volto allo scopo di fare il più male possibile, ma le braccia di Camus sono ancora libere di agire e parano la maggioranza dei colpi.

"Niente da fare, Cam, dovresti ben sapere che, nonostante l'altezza simile, la mia costituzione è assai più possente della tua, ci dividevano quasi 10 chili di differenza, prima, e ora il divario si è accentuato, vero? - vedo una strana luce passare nei suoi occhi, un lampo di tristezza - Come pensi di opporti, ordunque?"

"Vile!!! P-proprio tu, a dire una cosa simile davanti alle altre, AVEVI PROMESSO!!!" strepita mio fratello, furente, mollandogli a sua volta un pugno che lo stordisce per un breve istante.

"Avevo promesso, sì, ma sono stanco, Cam, tanto stanco di vederti buttare via la vita come se valesse meno di una cicca!"

E' il turno di mio fratello di dimostrarsi inaspettatamente indignato, passando così all'offesa, anziché alla difesa. Finalmente Dègel ed io riusciamo a muoverci quasi all'unisono per fermare quell'insana zizzania che non sembra esaurirsi da sola; nel frattempo, con la coda dell'occhio vedo Sisifo lasciarsi scivolare per terra, vinto dal pianto. Il suo gesto mi provoca una tristezza senza pari, facendomi vergognare per la prima volta di Milo e Camus che si stanno allegramente menando e urlando tra di loro senza rispettare il dolore che sta provando in questo momento il Cavaliere del Sagittario.

“Basta!!! Finitela!!! Sembrate dei bambini!” li provo a fermare, provando a mettermi in mezzo e subendo anche qualche gomitata tra le costole a causa della colluttazione. Ma Camus e Milo non sembrano sentirci, troppo intenti a farsi il più male possibile vicendevolmente, urlandosi parole spietate tra loro, che neanche pensano totalmente, dettate semplicemente dalla furia.

Ad un certo punto, sui pavimenti comincia a formarsi una spessa coltre di ghiaccio. Non capisco appieno cosa stia succedendo, almeno finché non vedo con distinzione un pugno colpire con violenza entrambi in testa, separandoli di netto. Lo Scorpione rotola poco più in là, lasciando finalmente libero Camus, che però non ha neanche il tempo di rialzarsi che è costretto a subire una nuova sfuriata verbale.

“SIETE DUE IMBECILLI!!!” urla un inviperito Dègel, alzandosi in piedi con furia senza limiti. Nello stesso momento un forte vento prende a soffiare nei dintorni, portando anche qualche fiocco di neve che danza nell'aria, ma non vi è nulla di meraviglioso negli occhi traboccanti d'ira dell'antico Acquario. Dègel si è infuriato... fa paura vederlo con quell'espressione di fuoco che gli solca il volto e che ha preso posto alla dolcezza del suo sguardo. Forse è quasi più estraniante della risata infelice di mio fratello.

Camus e Milo alzano lo sguardo con espressione colpevole, rendendosi conto di essersi comportati in maniera poco nobile per un frangente simile. Entrambi hanno il volto arrossato e le braccia graffiate, ma mentre il secondo tace, il primo trova comunque il coraggio di dire qualcosa.

“Non puoi capire, Dégel... non sono cose che ti competono! Non ho... scelta alcuna!” ribadisce mio fratello, passando il braccio vicino alla bocca per pulirsi dal sangue che gli sta colando giù dal labbro spaccato.

“IO CAPISCO SOLO CHE SIETE DUE IDIOTI!! - risponde la sua reincarnazione, non accennando a calmarsi – SIAMO IN UNA SITUAZIONE DISPERATA, REGULUS STA MALE, E VOI INVECE DI RIMANERE UNITI VI METTETE LE MANI ADDOSSO! COSA DOVREI PENSARE, EH?! DIMMELO TU, CAMUS, PER FAVORE!” continua Dègel, stringendo i pugni con forza, mentre il suo viso diventa paonazzo.

"Come dicevo prima... non sono cose che ti competono!"

"E competono forse a te?!? Hai idea di come tu ti sia comportato poc'anzi?! Di quanto tu abbia spaventato le tue giovani allieve?! Di quanto non sembrassi in te?!Cosa ti è preso?!"

"Non capiresti..."

"Finiscila di comportarti come un maestro di vita, quando è lampante che tu abbia a stento le forze per reggerti in piedi da solo! Io forse non avrò gli elementi per capire, ma tu ti stai comportando come un presuntuoso e nient'altro!"

Più nessuna risposta... Nella sala ricade un silenzio senza pari, rotto solo dal pianto appena accennato di Sisifo, ancora a terra chiuso nella sua disperazione. Mio fratello non ha più il coraggio di rispondere, vergognandosi ulteriormente di essersi comportato così davanti a noi e a Dégel. Quest'ultimo prende un profondo respiro, delle vere e proprie boccate d'aria, prima di ritrovare la calma e proseguire nel suo discorso.

“E' proprio in questi momenti che bisogna rimanere uniti e soprattutto non perdere la speranza... Infatti sono proprio questi due fattori a spingerci ad andare avanti, se li smarriamo abbiamo già perso in partenza!” spiega quest'ultimo, porgendo infine le mani a Milo e Camus per aiutarli ad alzarsi. Finalmente sembra giunta la bonaccia, ma una quarta forza scende in campo improvvisamente.

“Belle parole, mio caro Dègel, peccato che, come al solito, tu sia un eccellente oratore, ma nella pratica un po' meno incisivo e forse un po' troppo credulone!”

La voce di Cardia, rimasto insolitamente zitto fino ad ora, rompe la calma che si era faticosamente raggiunta, portando di nuovo la più completa instabilità nel gruppo.

“Cardia...” sussurra Dègel con sguardo implorante, forse comprendendo i pensieri del suo migliore amico.

“Vi siete accaniti contro Camus e sapete che tra me e lui non scorre buon sangue, ma... in questo frangente ha completamente ragione: non possiamo opporci a questo morbo, salvo forse decidere di recidere le nostre vite prima che la malattia ci renda larve prive di ogni umana parvenza!” dice, sin troppo pragmatico e arrendevole, in un atteggiamemento che non gli riconosco. Anche lui si sta arrendendo?! Che cosa hanno tutti, oggi?!

Mio fratello, ancora a terra, guarda sorpreso Cardia, non credendo a quanto appena udito, invece Milo, ancora furente, sembra quasi sul punto di saltare addosso anche alla sua reincarnazione, ma viene fermato dal gesto disperato di Sonia, che è corsa ad abbracciarlo, portandolo così istintivamente a calmarsi nel vederla così scioccata.

“Cardia, ti prego, non in questo momento, non proprio tu. Cerca di conservare la speranza, anche se so che è difficile per te” mormora Dègel, avvicinandosi a lui, tentando di poggiargli una mano sulla spalla che tuttavia scansa lestamente.

“QUALE, DEGEL??? L'unica speranza che avevo era quella di porre fine alla mia vita contro un nemico grandioso; sì, un nemico grandioso contro il quale consumare interamente questo mio fragile corpo! Ma ora la peste e Regulus conciato così... finiremo quindi tutti a morire su uno schifosissimo letto?! E' questa la meta ultima di questo strazio di vita?!?” esclama Cardia, pestando nervosamente i piedi per terra e iniziando a camminare avanti ed indietro.

Dégel abbassa lo sguardo, incapace di proferire altre parole di conforto, d'altro canto anche io non riesco a fare molto, scioccata come sono.

"Non è più una questione di combattere contro sé stessi, contro un presunto male che rischia di radicarsi dentro di noi, questo è oltre, è una malattia di cui non esiste cura!"

Riesco soltanto a fissarli sconvolta: Cardia così terrorizzato, privo di speranze, arrendevole come mai prima d'ora; Dègel così incapace di dare un sostegno a tutti come invece vorrebbe; le mie amiche, totalmente sconvolte e sballottate dagli avvenimenti; Sisifo in lacrime, irrecuperabile... mio fratello straziato, in piena crisi nervosa... e Milo... Oh, Milo sei l'unico qui che rifiuta di arrendersi, lo percepisco dal tuo sguardo ancora intensamente brillante, dai tuoi pugni ancora serrati, dalla determinazione del tuo sguardo.

Ad un cento punto del suo folle giro, Cardia si ferma di colpo e si mette a sua volta a ridere sguaiatamente, probabilmente per il nervosismo che non riesce più a mascherare. Un'altra risata del tutto priva di gioia...

“Che il trapasso sia rapido almeno! Vale per noi, ma anche per quel poveraccio di Regulus! Massì, forse il crepare e mettere la parola fine su questo schifo di esistenza non è poi così male!” afferma Cardia con enfasi, continuando a ridere nel pieno del delirio.

Non ci posso credere... perché qui, a parte Dègel e Milo, tutti si sono arresi alla morte? Anzi, credono addirittura che sia un'ancora di salvezza, LA MORTE!!!

Senza quasi accorgermene, la mia mente mi riporta agli ultimi giorni di vita di mia nonna, alla sua malattia, all'ospedale, alla luce che abbandonava le sue pupille per poi sparire come vapore. Vi era il profumo di pesco nell'aria, i fiori che nascevano, gli uccellini che si apprestavano a costruire il nido per accogliere la nuova nidiata e, in tutto questo, mia nonna che spirava, raccomandandomi di vivere la meravigliosa primavera della mia vita, sentendola con il cuore. La morte sarebbe una salvezza?!? NO, NON LO CREDERO' MAI!

Spinta da una rabbia irrefrenabile, mi avvento contro uno sconvolto Cardia, che non ha il tempo di reagire, prendendolo, con ben poca grazia, per il bavero della camicia. Sono più bassa di lui e molto più gracile, ma il mio gesto così violento raggiunge lo scopo prefissato, poiché vedo con distinzione il suo sguardo cambiare visibilmente, passando dalla più completa follia al più sincero stupore.

Neanche io voglio arrendermi, non più! Sono con Milo e Dégel!

“Ascoltami bene, razza di pseudo menefreghista che non sei! Nessuno qui è ancora morto, nessuno ha detto che è la fine di tutto e soprattutto la morte non è la salvezza di un bel niente! Noi combatteremo e cercheremo di trovare un modo per guarire Regulus, non accetto che il mio migliore amico si arrenda senza averci almeno provato!” urlo, strattonandolo violentemente e accorgendomi di aver usato lo stesso tono adoperato da Milo nei confronti di Camus.

Lo sguardo di Cardia, tolta la breve parentesi di sbalordimento seguita dall'averlo chiamato 'migliore amico', cambia nuovamente, diventando quanto di più vicino possibile alla furia cieca, mascherandosi, ancora una volta. Quasi simultaneamente le sue mani stringono i miei polsi, procurandomi una fitta di dolore repentina.

“Marta, ma allora non hai capito nulla neanche tu di me! Non dico queste frasi perché sono disperato per il pirla di là che vegeta in condizioni disperate, ma perché la verità è quella che è: la vita è solo sofferenza e, come diceva Manigoldo da bambino, noi siamo solo spazzatura senza alcuno scopo! Non mi frega nulla di Regulus, io arbitrariamente non voglio morire su un letto, non sono sconvolto dalla morte che gli ha già messo le mani addosso, quelli sono affari suoi, io penso ai miei!” risponde, beffardo, ricominciando a ridere.

Contro ogni previsione, sorrido a mia volta, consapevole di averlo fatto cadere in trappola. Già contro Crono si era presentato come 'uno che vive solo seguendo il suo istinto', un egoista ed egocentrico, in sostanza, ma so fin troppo bene che così non è.

“Ed è qui che ti sbagli, mio caro Cardia! Tu in questo momento stai elaborando una possibile perdita, e stai soffrendo... Io non ho mai capito, prima di oggi, come identificavi la vita, e sono stata un'incapace in questo! Ma di una cosa sono sicura: tu non sei egoista, hai solo paura, come Camus, ad affezionarti alle persone; hai solo paura, come lui, di mostrare la tua vera essenza! - ribatto decisa, mentre lui spalanca la bocca senza saper più cosa dire. Prendo una breve pausa, prima di ricominciare - Io non so che vissuto tu abbia avuto prima di giungere qui, ma di certo nutri dei forti sentimenti per gli altri Cavalieri, perché fanno parte integrante della tua famiglia, ti piace prenderli in giro, sei irrefrenabile e vivace, ma nella parte più intima di te sei stato profondamente triste, forse solo, hai patito la solitudine, eh? Questi sentimenti amari cerchi di sopprimerli in ogni maniera, vero? Del resto... se la gente si ferma prima, a ciò che tu mostri, nessuno ti può scalfire, ho ragione, vero?”

“Uh...” biascica soltanto lui, evidentemente a disagio dal mio spiattellamento della sua intimità che custodisce gelosamente.

“Cardia... puoi continuare a far finta di essere ciò che non sei, è tuo diritto, ma io riesco a leggere bene nel tuo cuore!” affermo ancora, allentando la presa, cosa che lui sfrutta immediatamente.

Un secondo dopo, infatti, mi ritrovo stesa per terra con il petto dolorante, davanti a me non vi è più traccia di Cardia, probabilmente, dopo avermi spintonato, è fuggito via, muovendosi alla velocità della luce.

“Marta!” mi chiama Michela, preoccupata, non sapendo bene cosa agire.

“Io sto bene, è Cardia che sta soffrendo! Voi pensate a Sisifo e gli altri, mai, come adesso, hanno più bisogno di noi, di aggrapparsi a qualcosa che non sia la tetra morte. Al resto ci penso io!” affermo, alzandomi dolorante e cominciando a correre verso l'uscita del tempio alla ricerca del mio migliore amico.

Per esperienza so dove è andato, se solo potessi vorrei aiutare tutti, ma non ho le forze per affrontare Camus e il mio istinto mi spinge comunque in là, lontano da lui. In là, verso le rive dell'Egeo, dove so per certo di trovare Cardia di Scorpio.

 

******************

 

23 Agosto 1741, tardo pomeriggio.

 

Il rumore delle onde che si infrangono sulla sabbia mi dà il benvenuto alla spiaggia, mentre il profumo marino e un po' salino mi entra nelle narici prima di scendere nei polmoni, trasmettendomi una sensazione di benessere.

L'odore intenso e salmastro dell'Egeo è come un toccasana per il mio spirito, nonché una ventata di aria pura e fresca dopo il senso di oppressione che mi ha avvolto dal ritrovamento di Regulus in poi.

Prendo un profondo respiro, cercando di memorizzare e di fissare nella mia mente questo momento... sì, questo attimo fuggente in cui sono ancora viva. Dopotutto sono stata ad un passo dalla morte, anzi, la Nera Signora mi aveva proprio avvolto nelle sue spire, ma mi è stata concessa una seconda possibilità e finché respiro non mi arrenderò, mai più! Farò di tutto per salvare Regulus, per permettergli di osservare e percepire con tutto sé stesso questa meravigliosa Terra traboccante di vita.

“Sigh...”

Mi volto alla mia destra, notando con piacere che vicino agli scogli è seduto Cardia che tiene la testa tra le gambe. Sorrido tra me e me, rincuorata dal fatto di essere riuscita a capire dove il mio amico si fosse rifugiato dopo il raffronto tra me e lui. Tutta quella puzza di morte, d'altronde, poteva essere solo cancellata da qualcosa che rasenta l'eternità come il mare.

Istintivamente mi tolgo i sandali e, cercando di fare meno rumore possibile, mi dirigo verso di lui in silenzio. Non so se vuole essere disturbato, io non lo vorrei, se fossi nella sua situazione, ma è come se avvertissi il bisogno di essergli vicino.

“Eccoti qui, Car... - dico solo, una volta avvicinata sufficientemente a lui, il mio amico sussulta al suono della mia voce e al contempo, senza incrociare il mio sguardo, cerca disperatamente di asciugarsi la faccia, rassomigliando non poco ad un gattino che si fa le pulizie – Non ti preoccupare, non ti voglio importunare... mi siedo solo, va bene?” lo rassicuro, posizionandomi vicina a lui.

Rimango in religioso silenzio, in attesa che sia lui a fare il primo passo, concentrandomi sul vorticare di una manciata di posidonia che, finendo il suo ciclo di vita, si è lasciata trasporare dalla corrente fino a qua, dove continua a farsi accarezzare dalle onde.

La reazione di Cardia non tarda arrivare. Senza dire nulla, si permette di appoggiare la testa sulla mia spalla, rimanendo fermo e immobile ad osservare la stessa cosa che sto guardando io.

“Va tutto bene, Car, non c'è bisogno che ti trattieni... sfogati più che puoi, senza curarti di essere un Cavaliere, perché prima ancora di questo sei un uomo!” lo rassicuro, compiendo un giro con il braccio per poi accarezzargli dolcemente i capelli ribelli con le dita.

Cardia non aggiunge una parola, ma il fremito nel suo petto mi fa capire che sta seguendo il mio consiglio. Anche se non lo vedo in volto, colpa della folta chioma che si ritrova, e forse è meglio così per il suo orgoglio.

Passano diversi minuti prima che si calmi del tutto, il tempo necessario per permettere al sole, di scendere ancora un po', allungando ulteriormente le ombre. Neanche il sole sarà eterno, come il mare, le rocce e molto altro ancora, ma per noi esseri finiti è quanto basta per vivere. La stella del nostro sistema continuerà a sorgere e tramontare ancora per un bel po', una volta giunto al termine della sua esistenza non svanirà mai del tutto, permettendo, forse, ad un nuovo sole di crearsi. E questo processo è davvero eterno, come gli atomi. La Vita, nelle più svariate forme, è eterna, cambia, ma eterna rimane... la morte può solo assecondare!

“Come... sei riuscita a trovarmi?” chiede ad un certo punto Cardia, staccandosi leggermente da me, i suoi occhi umidi ed ancora lucidi, anche se privi di lacrime, mi trasmettono una dolcezza infinita.

“E' buffo, sai? Penso che il mio cuore sia collegato al tuo, in qualche modo, forse batte anche all'unisono con il tuo: se seguo il suo ritmo io ti posso trovare, anche se sei ad anni luce di distanza!” affermo, serena, appoggiandomi di riflesso al suo petto, che sussulta un poco.

"Oh, ehm..."

“Va bene... effettivamente la frase smielata potevo anche risparmiartela!” ridacchio, cercando di rompere la tensione.

Le mie parole hanno l'effetto sperato, ovvero quello di riportare il sorriso sulle labbra di Cardia, che molto presto, passando per una sorta di pernacchia, si schiudono in una sonora risata.

“Ecco, ora ti riconosco, Car, il muso lungo non si adatta per niente a te, e poi è da vecchi!” gli faccio eco, contenta di aver raggiunto il mio intento.

Cardia mi prende le mani con dolcezza, stringendole a sé.

“Sei una piccola peste in grado di usare al momento giusto le parole giuste, il più delle volte... potrei considerarti irritante, sai?! - mi dice scherzoso, con la voce ancora un po' tremante - Come quando mi paragoni a tuo fratello! Di tutti gli insulti proprio quello?! Non lo meritavo, e che cavolo!"

Ridacchio a mia volta, constatando di aver fatto ancora centro: "E' così, siete molto simili!"

"Io e quello?! Ma se siamo agli antipodi! Va bene, questa volta mi trovavo d'accordo con lui, ma questo non significa assolutamente..."

"Siete entrambi molto passionali in quello che fate, le vostre emozioni traboccano, quasi zampillano fuori, solo che..."

"EEEEEEHH?! Camus sarebbe passionale?! Non lo stai divinizzando un po' troppo?!"

"... solo che tu lo mascheri atteggiandoti da sbruffone, lui invece lo nasconde dietro una presunta freddezza che non ha nulla da spartire con il suo reale sé stesso!"

"E quindi io sarei...NO!"

"Simile, sì, entrambi dareste l'anima per qualcosa o per qualcuno, è così che vi vedo!"

"Ohibò, questa poi..." rumoreggia lui, apparentemente sconfitto, guardando altrove e grattandosi la testa, a disagio.

“Sei buffo conciato così, sai? Hai ancora gli occhi arrossati dal pianto ma l'espressione un poco da tontolone tipica di te, proprio una vertigine di contraddizione sei! - affermo, con la sguardo furbetto, sogghignando - Vedi, in questo differite, mio fratello non farebbe mai..."

“E tu sei una birba rompiscatole!” ribatte istantaneamente lui, offeso, buttandomi a terra e iniziando a farmi il solletico, ma io con un'abile mossa svicolo, per poi essere riacciuffata pochi secondi dopo da lui in un balzo.

“Ehi, dove credi di scappare? Sei venuta ad importunarmi quando non dovevi, mi hai persino insultato, ora una sonora strigliata non te la leva nessuno!” continua lui, giocoso, saltandomi sopra per continuare con il suo operato, ma finendo per schiacciarmi un po' troppo forte il petto già dolorante, retaggio del combattimento contro Crono.

“CARDIA, NON LI', MI FAI MALE!!!” urlo di riflesso, con il risultato che lui si allontana da me come se avesse preso la scossa.

“Ti fa male per lo spintone che ti ho dato prima? Mi dispiace... è che non mi rendo proprio conto di quanta forza uso, soprattutto su un corpo mingherlino come il tuo!" mi sussurra lui, sinceramente pentito.

“Non ti preoccupare, Car, non sei stato tu, sono le vecchie ferite della battaglia contro Crono che mi fanno male di tanto in tanto" lo rassicuro, tirandolo a me con dolcezza per abbracciarlo, i suoi lunghi ciuffi mi solleticano il collo, è una bella sensazione.

“Cosa è che andrebbe bene, di grazia?!”

Cardia ed io sussultiamo pesantemente al suono della voce di Milo a poca distanza da noi, del tutto inaspettata. Voltandoci verso la fonte sonora, notiamo che è seduto su uno scoglio a fissarci, probabilmente già da un pezzo. Nessuno dei due se ne era accorto, è abile a celare il suo cosmo. Sussultiamo simultaneamente.

“Siete davvero adorabili insieme, non c'è che dire! Ora capisco... un po' di cose!” ironizza, scendendo dalla sua postazione per poi avvicinarsi impetuosamente a noi. Sembra ancora tremendamente arrabbiato...

“E a te chi diavolo lo da il permesso di spiare le cose che facciamo io e Marta?! Sei la mia reincarnazione, è vero, ma certe cose non te le puoi permettere neanche tu, Milo!” ribatte di riflesso Cardia, mettendosi istintivamente davanti a me. Deve aver avvertito il suo cosmo offensivo, non vi è dubbio, perché non l'ho mai visto così iracondo nei confronti del suo successore.

“Sono la tua reincarnazione, come tu hai giustamente detto. Per quanto non ti possa aggradare, conosco i tuoi pensieri, le tue emozioni, i tuoi luoghi prediletti, ho perfino sognato determinate cose sul tuo conto, anche se... - si prende una breve pausa, scuro in volto – A quanto ho potuto appurare oggi, sei completamente diverso da me. Mi hai profodamente deluso, Cardia!”

Accade tutto in un lampo confuso: semplicemente riesco solo a vedere Milo afferrare violentemente il mio migliore amico per il bavero della camicia per poi farlo sbattere contro la scoglio più vicino e trattenerlo violentemente contro di esso, i piedi sollevati che non toccano terra, le mani di Cardia che istintivamente arpionano la pelle del suo braccio, non destando comunque alcuna reazione in lui.

“Milo!!!” urlo, non riuscendo a capire perché diavolo i maschi debbano per forza comunicare con i pugni e non possano sedersi a parlare normalmente in un raffronto civile. Oggi poi lo Scorpione sembra su di giri in tutto e per tutto, prima la scazzottata con Camus, ora questo, non l'ho mai reputato un tipo violento, eppure...

“Cosa vuoi fare, dunque? Mi vuoi picchiare, come hai fatto con il tuo migliore amico, perché siamo così diversi?! Perché non sono all'altezza del tuo onore di Cavaliere, oppure perché ti vergogni di me?! Ebbene, fallo! Sappi però che non starò con le mani in mano!” lo sprona Cardia, ghignando. Negli occhi nuovamente quell'espressione folle che lo contraddistingue, così diversa da quella del suo successore.

“Non servirebbe a niente arrivare alle mani con te, però voglio comunque dirti quello che penso e, visto che non sono Marta, e che trattarti con le cattive è l'unico modo per farti ragionare, ben vengano i miei metodi gretti” ribatte Milo, aumentando la stretta su di lui.

"Ma che bravo! Eri tu, solo l'altro giorno, quello che mi ha fermato da strattonare Camus, e che oggi, non contento di aver pestato il suo migliore amico, alza pure le mani su di me?! Ti credi così diverso da me, Milo dello Scorpione?!"

"Moltissimo..." la sua voce è appena un sibilo che fa accaponare la pelle.

“Urgh... - vedo Cardia dirigere lo sguardo altrove, per un attimo in difficoltà, prima di provare a recuperare il terreno - Io sono comunque te, non si scappa da questo! Sono dentro di te, la tua ombra, i tuoi pensieri, il tuo passato, non sono... morto... vivo sotto le tue sembianze nel presente! Se questo ti schifa, ebbene sei disgustato da te stesso, allora!"

Inaspettatamente Milo sogghigna, prima di concedersi una breve risata, ben visibile dal tremore del suo corpo: "Oh, hai ragione su questo, completamente, perfettamente: tu sei parte di me!"

"E allora cosa...? Argh!"

“Proprio per questo, ascoltami bene, Cardia! Non accetto che la mia vita precedente disprezzi la vita e tutto quello che essa comporta, non lo posso accettare! Sei Cavaliere della dea Atena, anche se combatti per lo più per te stesso, non esiste proprio idolatrare la morte come liberazione dalle pene eterne, PROVA A MORIRE REALMENTE, e poi vediamo se continuerai a pensare questo! - urla, avvicinando paurosamente il suo volto a quello della precedente vita - Sei convinto che la vita non ti abbia dato nient'altro che un cuore malfatto?! Bene! Guardati intorno e ammira le mille e più ragioni per amarla. Amala follemente questa vita, amala quando la vedi in Dègel, quando la scorgi nella natura, negli uomini, in tutto ciò che è bello... e combatti per essa contro la morte, non viceversa!"

“Uh... Uh... prima hai spiattellato una cosa che Camus avrebbe preferito celare, e ora fai lo stesso con me... CHE RAZZA DI AMICO SEI, MILO?!"

"Uno che si è stufato di tacere perché voi glielo chiedete! Uno che si è stancato di rimanere inerte, mentre le persone a cui tiene di più si tolgono la vita, più o meno consapevolmente! E, infine, uno che adesso lotterà per strapparvi dall'ingrato destino che vi siete prefissati! - esclama, nervoso, agitato, come non lo avevo mai visto, prima di rincarare la dose - Sono io ora a dirlo a te come tu lo hai detto a Camus l'altro giorno: COMBATTI! COMBATTI PER LA VITA, NON PER LA MORTE!!!"

"Anf, urgh..."

“Milo! Così stai esagerando!” provo ad intervenire, capendo la sofferenza che sta provando il mio migliore amico, stretto in una morsa impossibile da cui sfuggire, con il fiato dell'altro a premergli sul collo.

“Mi hai inteso, Cardia?! Non è mai troppo tardi, nessuno ha proferito la parola fine, la speranza non è ancora morta, non è MAI morta, perché la puoi sempre trovare nascosta da qualche parte! Questo te lo devi stampare nel cervello a caratteri cubitali!” continua, non degnandomi di uno sguardo.

A questo punto metto disperatamente le mani sulle sue braccia, come a volerlo trattenere, mentre gli occhi si fanno lucidi ed umidi. Ho così paura di quel che ci sta succedendo, ci stiamo sfaldando, tremo alla sola idea del domani e lui... e lui reagisce così spietatamente, proprio lui, l'ultimo baluardo delle nostre speranze!

“Milo, basta!!! Hai accennato di aver fatto dei sogni su Cardia, e allora dovresti sapere perché ha una tale concezione della vita! - gli grido, implorante, alludendo alla presunta malattia cardiaca del mio amico, non ancora pronto a rivelarmela - Ti prego, fermati! Sono con voi, con te e Dégel, ma non alzare così le mani su di lui e mio fratello! Quasi non ti riconosco più... FERMATI, PER FAVORE!"

Milo rimane per qualche attimo a fissare i miei occhi, rendendosi nitidamente conto della sofferenza che mi procura vederlo in questa tenuta così sanguinaria. Prima Camus, ora Cardia... tutto questo non dovrebbe neanche esistere!

"Marta..."

"Sono con voi, non mi arrenderò, ma lascialo stare, non lo merita!" ripeto, implorante, provando a scuoterlo. La stretta finalmente scema fino a scomparire, facendo tonfare l'altro Scorpione per terra.

“Santi numi! Stai bene, Cardia?” chiedo al mio migliore amico, poggiandogli istintivamente una mano sul petto. Mi rendo conto di star tremando.

“I-io sto bene, ma tu sei di nuovo in pena per me?” mi domanda, guardandomi negli occhi. Avevo realmente paura che Milo potesse prendere a pugni anche lui, come aveva fatto con mio fratello, invece, a quanto pare, voleva solo parlare, anche se un po', ehm, violentemente.

“L'importante è che tu stia bene!” esclamo, sorridendo rassicurata, prendendo un respiro di sollievo per poi abbracciarlo.

“Non avresti dovuto metterti in mezzo, potevi rischiare di rimanere coinvolta nella nostra colluttazione, e se fosse partita una Cuspide, che avrebbe colpito te?! Io e Milo ne siamo immuni, abbiamo i muscoli, ma tu... hai rischiato troppo, Marta!” ribatte lui, stringendomi a sé con forza.

"Non puoi dirlo proprio tu... ho imparato da te!" provo a stemperare la tensione, massaggiandogli la schiena con dolcezza e accennando un sorriso.

"Sciocca..."

Alcuni passi sulla sabbia, però, mi fanno capire che Milo si sta allontanando senza aggiungere altro. Continuo a provare una paura incontrollabile, vorrei che stessimo tutti insieme, senza separarci più, ma le sue intenzioni divergono dalle mie, lo capisco fin troppo bene. Lui continuerà la sua lotta da solo, e questo mi fa temere ancora di più.

“Milo! Non andartene, ti prego! Se ci separiamo, noi... non avremo alcuna possibilità!” lo chiamo, supplichevole, mentre Cardia lo guarda incuriosito, cercando di capire i suoi reali intenti.

“Sai, Marta, da questa esperienza nel passato ho capito molte cose che prima non riuscivo a comprendere su di te... su Sonia... sullo stesso Camus...” inizia lui, guardandomi con un sorriso mesto. Il suo viso è pieno di lividi, ma la sua espressione è talmente gentile da sciogliermi il cuore. Riesco a riconoscerlo ora, soprattutto, riesco a capire le dinamiche che lo hanno condotto qui, a reagire così, a voler proseguire da solo. Ciò mi spaventa.

"Comunque hai ragione, piccoletta, non dovremmo separarci, ma... non ci sono alternative! Proprio perché non voglio arrendermi, devo proseguire la strada da solo, anche se solo non sono, lo so bene, ci sei tu, c'è Sonia, Dègel... mi sono scelto una famiglia eccezionale, anche se il destino non mi ha mai fatto conoscere i miei genitori..." mi dice, con voce rassicurante, sorridendomi a suo modo. Vorrei bloccarlo, trattenerlo lì, ma mi limito a fissarlo sgomenta, in attesa che prosegua nel suo discorso. Percepisco che ha molto da dire, un po' come un commiato, e taccio, fremendo.

“Ricordi la prima volta che ci siamo incontrati? Sì, quando Michela mi venne a sbattere addosso mentre nuotava... ecco, rammento con chiarezza di essere stato subito colpito dai tuoi occhi blu così dolci e al contempo determinati. Sai, sulle prime ero convinto che quella particolare scintilla, come di persona che avevo già conosciuto, fosse perché sei davvero simile a Camus nell'aspetto... ma ora mi rendo nitidamente conto che la ragione era un'altra: Cardia, o meglio, la sua anima, ti aveva riconosciuto, dopo una attesa di oltre due secoli, ed era straordinariamente felice di rivederti. Solo questo. Allo stesso modo io... mi sentii, per qualche strana ragione che allora non potevo comprendere, agitato, frenetico e infine gioioso!”

Rimango basita a guardarlo, felice ma agitata. Non mi ci sono mai soffermata troppo, eppure è tutto vero: quest'attimo che sto vivendo ora, a quel tempo, apparteneva al mio futuro, ma essendosi svolto nel passato, a causa del nostro viaggio temporale, era già successo. E' così meraviglioso che Dègel e Cardia abbiano attraversato i confini spazio-temporali, è così bello che una parte dell'anima di Camus e Milo conservi le sensazioni della precedente esistenza, pur non ricordandosi quasi nulla della vita antecedente... è talmente emozionante, eppure così triste!

"Allora... l'hai riconosciuta! I-io... sono riuscita a riconoscerla anche nella prossima vita!" ripete Cardia, quasi incredulo, osservandosi le mani con cui fino a poco prima mi accarezzava.

Silenzio intorno per qualche secondo, il vento sembra giocherellale con i nostri capelli, che ondeggiano appena. Vedo solo Milo adesso. Milo. E la sua espressione un poco triste, ma sempre decisa: andrà fino in fondo!

“Milo, io... l'ho capito oggi, che avresti proseguito da solo, ma... stai attento, ti prego! Ho... ho paura per te, per mio fratello, per tutti... - riesco solo a farfugliare, non capendo il perché di tanta agitazione da parte mia. Mi faccio coraggio per proseguire nella confidenza, ricercando i suoi occhi - Anche per me... anche per me voi, tutti voi, siete la famiglia che mi sono scelta!" gli confesso, stringendo convulsamente le dita, tremando. Lui inaspettatamente si avvicina a me un'ultima volta, scompigliandomi i capelli con dolcezza.

“Sei preoccupata per la mia incolumità perché faccio parte della tua famiglia? Che cara! - mi sorride con infinita dolcezza, le pupille più brillanti che mai - Marta... per me è lo stesso! Non abbandonerò né te né quell'impiastro che non parla mai di nome Camus. Non siete soli, non lo sarete mai più! Troverò un modo per aiutarvi, tu conta su di me, ciò mi da forza!”

Annuisco trepidante, non aggiungendo altro, il mio sguardo è basso, quasi mi verrebbe da singhiozzare, ma mi mordo le labbra per non cedere: mi fido di te, so che riesci a percepirlo, senza bisogno che io te lo dica!

Milo fa quindi per andarsene, ma lo vedo fermarsi improvvisamente, sgranando gli occhi, come se avesse dimenticato di dirmi qualcosa.

"Una cosa ancora, piccola... - attira infatti la mia attenzione, chiedendomi, con un gesto delle dita, di guardarlo senza più alcun filtro. Così faccio - Se... se mi dovesse succedere qualcosa, promettimi che ti prenderai cura di tuo fratello? Ha... ha così tanto bisogno di te, davvero, forse non te lo dirà spesso, perché è fatto così, ma sei la sua luce, la sua speranza. Ha... ha sofferto molto in vita sua, cose che ti racconterà lui stesso, quando se la sentirà, ma ora ci sei tu al suo fianco, so che è in mani sicure, so che farai quanto chiesto, però... ho bisogno di sentirtelo dire con fermezza: lo proteggerai, con tutta te stessa?" mi chiede, serio come non mai.

Le parole mi mancano in gola, il cuore accelera, ma riesco comunque a trovare le energie per fare un giuramenteo solenne; solenne come le parole che mi sono state rivolte: "Te lo prometto, Milo... con tutte le mie forze!"

Lo Scorpione del presente mi sorride, più sereno nello spirito, poi, senza aggiungere altro, sforzandosi un poco, si allontana lentamente senza più voltarsi indietro, e lasciando a me la spiacevole sensazione di non rivederlo mai più...

 

 

 

Angolo autrice

 

Eccomi qui, per fortuna sono riuscita a pubblicare prima della mia partenza, che dire? Spero che tra la Dègel che schizza, la depressione di Cardia, la volontà di Milo e la crisi di Camus questo capitolo vi possa piacere. Ringrazio come sempre chi mi segue e/o recensisce, e che per chi segue anche l'altra storia (vabbè solo il prologo in teoria XD, almeno per ora) cercherò di pubblicare entro domani.

Un bacione e 1231 grazie per la vostra pazienza nel seguire questa storia (più lunga della precedente).

 

 

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Capitolo 27
*** Il contagio si diffonde ***


CAPITOLO 27

 

IL CONTAGIO SI DIFFONDE

 

24 Agosto 1741, mattina.

 

Il cinguettare allegro degli uccellini mi fa risvegliare dal sonno ininterrotto che mi ha avvolto per tutta le notte. Mi stiracchio brevemente, ancora sdraiata, riprendendo lentamente facoltà completa sul mio corpo, ancora mezzo addormentato.

Dormire all'aperto non è la posizione più comoda, certo, ma è veramente sublime, soprattutto nella bella stagione in cui la frescura della sera ti culla insieme ai suoni degli animali, come una litania che ha in qualche modo il sapore dell'infanzia.

Ieri Cardia non voleva tornare al Grande Tempio perché sosteneva che si sarebbe sentito soffocare a tornare in un luogo che puzzava già di morte, quindi ha insistito per rimanere a dormire in una grotta vicino alla spiaggia, un'altro dei luoghi utilizzati da lui per le sue fughe. Per questo motivo ho deciso di rimanere con lui, malgrado il suo continuo convincermi ad andarmene per evitare che Dègel, Camus e le mie amiche si preoccupassero, ma io da buona ottusa ho fatto orecchie da mercante. Abbiamo discusso un po', lui era irremovibile, io pure, alla fine l'ho spuntata io per il rotto della cuffia.

Mi sollevo dalla paglia, non osando immaginare dove Cardia sia andatona prenderla, e mi metto a sedere, capendo, grazie alla posizione del sole, che deve essere mattino presto. Le giornate sono ancora piuttosti lunghe, anche se stanno, lentamente, già cominciando a declinare. E' la vittoria dell'oscurità su di loro, già a partire dal Solstizio d'estate, bisgognerà attendere dicembre per una ripresa. La consapevolezza mi getta nello sconforto più di quanto dovrebbe.

Istintivamente mi volto verso il mio amico, trovandolo ancora completamente addormentato e con un largo sorriso a sancire il suo stato d'animo tornato quasi alla normalità. Questo non può che rendermi felice e rassicurata, visto il suo stato emotivo di ieri e le lacrime addirittura versate, cosa assolutamente non da lui e che rende l'idea del suo stato d'animo dopo ciò che è avvenuto a Regulus.

Mi alzo finalmente in piedi, scacciando lo sconforto. Mi stiracchio ancora una volta, mentre nella mia testa si fa largo una certa idea...

“Car, io vado a prendere la colazione per te, torno subito” gli sussurro piano, accarezzandogli i ciuffi ribelli che gli ricadono sulla fronte.

Esco di corsa dalla grotta, prendendo un profondo respiro una volta fuori; l'aria un poco fresca del mattino, mi provoca una sorta di brivido di piacere. Ormai è fine agosto, i prati e le piante arse dalla siccità troveranno presto refrigerio, non è davvero da me deprimermi solo per l'imminente fine dell'estate. Ho sempre amato anche l'autunno e i suoi colori, e settembre, che profuma di innovazione e di nuovo inizio. Tra meno di un mese inizierà la scuola...

...Ma io non ci andrò, non più. Per un attimo penso ai docenti e ai vecchi compagni di classe, una sorta di malinconia mi avvolge, soprattutto per i primi.

Scaccio velocemente quest'ultimo pensiero, ben conscia che questo fatto appartiene alla mia vita passata, anzi soltanto a qualche mese fa, a dirla tutta, ma non ha importanza. Inizio quindi a passeggiare per la spiaggia, sforzandomi di pensare al present. Mi guardo intorno per scovare qualcosa di allettante da portare a Cardia, al solito non me la sento di uccidere qualche essere vivente di mio pugno, anche se probabilmente ora ne avrei la forza, per cui opterò per qualcosa di spontaneo come... quel melo là!

Sopra la scogliera, infatti, vi è un albero di mele alquanto allettante solo a vedersi, probabilmente scappato a qualche coltivazione. Qualcuno comunque deve prendersene cura, poiché le fronde sono parallele le une alle altre e il frutto non sembra affatto inselvatichito, come invece mi è capitato di scorgere nell'entroterra ligure, dove il bosco, i rovi, hanno preso possesso dei terreni coltivati con dedizione in passato.

Senza indugiare oltre, salto sugli spuntoni di roccia per poi arrampicarmi nelle zone più difficili e impossibili da raggiungere con un semplice salto. In un battibaleno sono su, meravigliandomi di me stessa.

Salgo quindi sull'albero e prendo quante più mele possibili possano trasportare le mie mani, del resto so che Cardia è ghiotto di questo frutto e inoltre gli farà sicuramente bene. Ridiscendo con un altro balzo, voltandomi verso il tronco e sorridendogli con naturalezza.

“Grazie per queste!” esclamo, rivolta al melo. Sembrerà strano parlare con un essere apparentemente insenziente, ma io sin da piccola 'chiacchieravo' più con i vegetali e gli animali che con le persone vere e proprie, ad eccezione ovviamente di Michela, Francesca e... lui -discosto lo sguardo nel pensare a quel paio di occhi azzurri che mi mancano da impazzire- sospiro; d'altronde facciamo tutti parte di un'unica Terra e, se pur in maniera diversa, combattiamo tutti per la sopravvivenza. L'uomo che si prende cura di questo albero... probabilmente è una persona anziana, certo non ne sono sicura ma è come se lo avvertissi, forse lo accudisce fin da quando era alto solo un metro, o forse semplicemente ama veder crescere qualcosa, soprattutto ora che la vecchiaia avanza e che il suo percorso si sta per concludere...

Con questi pensieri in testa, scendo dalla scogliera, non senza difficoltà, stante le mie mani ora occupate, dirigendomi di nuovo nella grotta dove Cardia sta ancora beatamente dormendo.

“Ehi, Car, svegliati!”

Nessuna risposta, solo un respiro più profondo del normale.

“Dormiglione, ti vuoi svegliare?! E' già mattina da un pezzo!” esclamo ancora, dandogli qualche scrollata per pungolarlo ad aprire gli occhi.

“Ummmm! - biascica lui, stiracchiandosi ancora mezzo addormentato - Chi c'è?!"

"L'omino formaggino!" ironizzò, scuotendolo con ancora più forza.

"Il... cosa?"

"Marta!"

"Ah, sei tu, piccola peste!" biascica, aprendo finalmente un occhio, mentre l'altra palpebra è ancora appiccicata. Compie uno sbadiglio più ampio del precedente, stavolta non curandosi nemmeno di celarlo.

“Buongiorno, Car, ben svegliato!” lo saluto, posando le mele sulla paglia e andandomi a sedere vicino all'entrata, dando così il tempo a lui di ricomporsi.

“Cavolo, hai una finezza nel ridestare la gente!” si lamenta lui mettendosi infine a sedere, rumoreggiando.

Sbuffo divertita, osservando il mare in attesa che il mio amico si accorga delle cinque mele che gli ho portato, operazione che richiede un po' di tempo, perché è davvero lento ad ingranare. Menomale che non ha da maestro Camus, ricordo che questo luglio ci buttava giù dal letto poco dopo il sorgere dell'alba e seduta di allenamenti di filato fino a pranzo, anche se la battaglia contro Crono ha interrotto tutto. Tremo a pensare a come saranno gli allenamenti invernali, ma sento che la scuola, se paragonata, era un'inezia.

“Uhm, e queste?” chiede poco dopo, afferrandone una e squadrandola nei minimi dettagli.

“Sono tutte tue!” dico solo, sorridendo.

Cardia arrossisce leggermente, mettendosi subito a sbafare la frutta con grande frenesia: da quanto diavolo è che non mangia?! Sembra un ludro!

Ieri, stando con Cardia, ho dimenticato, anche se solo per un attimo, tutte le problematiche che sono subentrate, ma adesso ho di nuovo questo senso di apprensione che mi avvolge completamente, dandomi un senso di irrequietezza che non riesco a placare. Continuo a ripercorrere le immagini del dialogo avuto con Milo, della promessa fatta sollenemente e che tuttavia non so se riuscirò ad adempiere. Chissà dove si trova lo Scorpione adesso, che ne è stato di lui? Perché questa paura?!

“Marta, tu non mangi?” mi chiede Cardia ad un certo punto, guardandomi con un velo di apprensione, probabilmente percependo il mio stato dall'esterno.

“No, Car, davvero! Ho lo stomaco chiuso” rispondo, non riuscendo a nascondere il malessere che provo.

“Uff, 'avere lo stomaco chiuso' è il modo che adoperi tu per non dire che stai una merda, vero?"

"Sono... in apprensione per Milo" gli spiego, sospirando sonoramente.

"Ha la pellaccia dura, dovresti ben saperlo! Farà di tutto per Camus, tu conta su di lui!"

"Ci conto, ma..."

"Ma?"

"Ho tanta paura, Car... p-per lui, per mio fratello, per tutti voi! Siamo così... soli!" tremo nel pronunciare quelle parole, non riuscendo a farne a meno. Mi porto le ginocchia al petto, nascondendo il volto.

Prima ancora di poter fare qualcosa, avverto le braccia di Cardia, che deve essersi alzato per darmi manforte, circondarmi le spalle per poi appoggiare la sua testa sulla mia spalla, un po' come aveva fatto il giorno prima. Spalanco gli occhi, sorpresa, prima di voltarmi nella sua direzione, pur rimanendo appoggiata alle mie gambe.

“Alla fine di questa giostra che è la vita siamo tutti un po' soli e tristi... Io penso che la parte più intima di noi sia pressoché irraggiungibile da chi sta al di fuori di noi, io me lo immagino come un fardello che ognuno deve portare espressamente da solo... - inizia a spiegare, con una serietà che gli scorgo raramente- Ma tu, Marta, hai il dono di far sentire meglio le persone con poche, semplici, parole e la tua presenza sicura e delicata al tempo stesso. E'... difficile da spiegare, sembri... fatta per questo, capisci? Il calore che riesci ad emanare farebbe sentire meglio chiunque, non devi mai perderlo, chiaro? Da questo può dipendere la salvezza..."

"C-Cardia, ma tu...?"

Cardia arrossisce notevolmente, grattandosi la testa e bofonchiando un: "Ogni tanto vanneggio anch'io".

Poi, applicando una leggera pressione sulla mela reduce, la spezza a metà, porgendomela.

“Marta, so che non hai fame ma, se puoi... accetta questa! Sai, Dègel mi ha consigliato di mangiarne una al giorno dicendo che fa bene per la salute del mio cuore... aha, non mi stupisco, visto che come forma sembra proprio l'organo che per eccellenza raffigura le emozioni! Solo che... - esita un attimo, prima di proseguire - Trovo che sia più bello mangiarle in compagnia.

"I-io non..."

“Lo so che hai lo stomaco chiuso e non hai fame, ma non ti fa bene non mangiare niente, ti indebolisce, e non mi sembra proprio il caso, stante la situazione che dobbiamo affrontare!"

Annuisco, prendendo il frutto e addentandolo con gusto. E' meravigliosamente succoso, non ho mai assaggiato della frutta così buona e nutriente come in questo periodo. Inavvertitamente sorrido, le papille gustative completamente concentrate sul gusto che ne deriva. Cardia ridacchia istintivamente vicino a me, prima di fare altrettanto. Lui è molto più veloce di me a finirla. Mi liscia dolcemente i capelli, guardandomi intensamente per pochi secondi, prima di girarsi altrove, in un punto imprecisato della grotta, forse nel tentativo di nascondere questo suo momento di debolezza.

“Anche se non puoi darmi quello che tanto cerco sono fortunato ad averti al mio fianco! - si lascia sfuggire, fremendo appena - Mi hai donato dei sentimenti che, fino a due mesi fa, mi erano sconosciuti e che, senza di te, non avrei mai provato! Di questo ti ringrazio!"

Rimango in silenzio, un nodo alla gola, la coscienza che mi punge un poco. Anche il mio sguardo sfugge in direzione opposta.

No, grazie a te, Car, per rimanere comunque al mio fianco. Non è qualcosa che farebbe chiunque...

 

***********************

 

24 Agosto 1741, tarda mattinata.

“Santo cielo!!!” urlo, spaventata a morte dalla scena che si è presentata davanti agli occhi miei e di Cardia.

Spinti da chissà quale istinto, infatti, ci siamo diretti all'arena di combattimento prima di salire ai templi. Nell'aria si respirava puzza di bruciato e, quando siamo scesi dai gradoni, quello che abbiamo trovato davanti a noi ci ha quasi mozzato il fiato per l'orrore: una pila di cadaveri, anneriti dal fuoco, accatastati uno sull'altro, come insulsi, patetici fogli di carta; nessuno nei dintorni, solo e soltanto questi resti. Impossibile scorgerne il volto, le carcasse giacciono scomposte, hanno a malapena forma umana, alcuni addirittura si sono già disgregati... le loro ceneri, sospinte dal vento, entrano agevolmente nelle noste narici.

“Ugh...” riesco solo a biascicare, prima di separarmi violentemente dal mio amico e dare di stomaco poco più in là. La puzza nauseabonda, di carne bruciata, le mosche che comunque gironzolano nei dintorni, i corpi che non hanno più nulla di umano...

Uno... due... tre... Cinque spasmi allo stomaco seguiti da altrettanti conati di vomito, ma solo il primo aveva tracce di cibo, la mela.

“Coraggio, Marta, dobbiamo proseguire...” mi incita Cardia, posandomi una mano sulla testa per poi passarmi un lembo del suo lungo vestito, precedentemente strappato, per farmi pulire.

“Cardia, come è possibile che ci siano già così tanti morti?! E' passato solo un giorno, ma... MA Regulus!!! Il piccolo sarà ancora...?” riesco solo a biascicare a fatica, un brivido che mi scorre lungo la schiena.

“Non pensarlo neanche! Regulus è un Cavaliere, è molto forte a dispetto della sua giovane età e questi non sono altro che soldati semplici!"

"E dovrebbe essere, anf, meno importante?! Erano comunque uomini!!!" esclamo, oltraggiata, guardandolo torvamente, sebbene affannata.

"Non intendevo quello! Che credi, ci sono cresciuto con loro!!!" ribatte, a sua volta, incollerito, fulminandomi con quei suoi occhi azzurri che emanano sempre scintille scarlatte.

Con la coda dell'occhio vedo che tiene tra le mani un frammento di qualcosa, forse una collana, o un bracciale, impossibile da definire, perché è bruciato... forse qualcuno, tra loro, che conosceva personalmente? Oppure lo ha preso per un qualche tipo di simbologia?

"Scusami..." biascico, sentendomi un verme. Così sconvolta com'ero ho infranteso il suo modo di esprimersi.

"...ma dobbiamo continuare a conservare la speranza, non siete stati tu e Milo a dirmelo? - mi chiede, aiutandomi a raddrizzarmi. Annuisco, non sapendo più che cosa dire - E allora andiamocene via di qui, verso l'ultima casa dello zodiaco!” afferma lui, costringendomi a seguirlo e a distogliere la mia attenzione dai morti.

Procediamo con passo svelto nel percorso segreto e alternativo per raggiungere più velocemente il tredicesimo tempio. La sensazione di nausea è tremenda, ma lascia presto spazio a dei veri e propri giramenti di testa che mi danno la sensazione di trovarmi da tutt'altra parte, rispetto a dove siamo. Una volta arrivati, accelero comunque i passi malfermi, desiderosa di vedere le condizioni del piccolo, ma un nuovo ostacolo di pone tra me e la porta: Sisifo del Sagittario che, a giudicare dal vestiario disordinato, non deve aver riposato un attimo, rimanendo invece vicino al piccolo.

“Marta, non puoi entrare, la peste è molto contagiosa...” mi avverte lui, quasi meccanicamente, gli occhi vitrei.

“Sisifo! Allora Regulus è ancora vivo?!”

“Per adesso sì... è molto debole ma respira ancora, anche se non so dire se sia un bene o un male. La malattia ha già causato le prime vittime, ma quelle guardie almeno sono morte quasi subito, invece Regulus, grazie alla sua costituzione fisica e al suo cosmo sviluppato è ancora vivo e, di conseguenza, condannato ad un'agonia molto più atroce...” sussurra Sisifo, sofferente.

"E Albafica? E' arrivato?" chiede di riflesso Cardia, in tono urgente.

"Sì, si sta adoperando pe lenire le sofferenze di tutti con l'aiuto di Manigoldo e Aldebaran. Lui è immune ai miasmi, può quindi avvicinarsi ai pazienti senza rischiare la vita, ma... questo morbo... sembra colpire atrocemente!" ci dice, franco, sempre con quell'aria abbattuta che io vorrei provare a combattere.

“Sisifo, se Regulus è ancora vivo esiste ancora una possibilità, non tutto è perduto!” esclamo, mentre Cardia mi guarda intensamente, prima di annuire a sua volta.

“Marta... grazie per continuare a non perdere la speranza, ma davvero c'è ben poco da fare!” afferma il Sagittario Dorato, sempre più cupo in volto. Gli fa male anche solo parlarne, lo si percepisce più che bene. Si sta arrendendo, ma... se getta lui la spugna, a cosa può aggrapparsi il piccolo Regulus?!

“Sisifo, troverò un modo, te lo prometto!!” ribatto, testarda, acciuffando il suo sguardo con il mio, aggrappandomi strenuamente alla fievole speranza.

“Ah, è la stessa cosa che ha detto Milo, ma non l'ho più visto da ieri sera...”

“Cosa?! Milo è sparito?!” interviene Cardia, un po' agitato a quella rivelazione, guardandosi nervosamente intorno.

“Sì, infatti Sonia ha passato la notte da sola. Povera piccola, era così scossa ieri... - mormora Sisifo, dispiaciuto, prima di sospirare e guardarci - E voi due dove siete stati, invece? Camus e Dègel erano in apprensione..."

"Oh, ehm..." biascico, imbarazzata, ma il prorompere della voce di Cardia mi fa prendere un risalto.

“Quell'idiota di Milo parla, parla e poi lascia la MIA sorellina da sola! Vado subito!” esclama Cardia, riferendosi a Sonia, prima di correre via.

"L-la sua sorellina? Da quando lo è? E Marika allora?" mi chiede Sisifo, gli occhi sempre spenti, nel pallido tentativo di parlare di altro, di distrarsi.

Faccio spallucce, non sapendo bene che dire, ma tempo due secondi e vedo Cardia tornare indietro, approcciarsi a me con slancio nel baciarmi la guancia. Sussulto al contatto delle sue labbra così bollenti sulla mia pelle.

“Grazie... di tutto! Se tu, Milo e Dègel non avete intenzione di arrendervi, non lo farò nemmeno io! - esclama, correndo via ma fermandosi ancora un attimo poco più in là, ricordandosi di una cosa - Ah, deliziose quelle mele, ottima scelta!"

E scompare, lasciando me e Sisifo impietriti. Sorrido tra me e me, constatando che comunque si è ripreso piuttosto bene, per fortuna, dopo il momentaneo smarrimento del giorno precedente.

“Marta, dovresti andare anche tu! Camus, Dègel e le tue amiche sono in pensiero perché non sei tornata stanotte” mi avverte Sisifo, facendo per entrare nella stanza.

“Ma Regulus...” provo, desiderosa di aiutarlo in qualche modo.

“Non ti preoccupare... se ne stanno occupando anche Eleonora e Marika, oltre agli altri Cavaliri d'Oro. Anche io farò del mio meglio!”

 

********************

24 Agosto 1741, pomeriggio.

 

Avrei dovuto scendere subito alla Casa dell'Acquario, ma ho beccato Albafica, affaccendato in mille e più manovre diverse. Gli ho chiesto se aveva bisogno di una mano e lui mi ha chiesto di setacciare alcune erbe che aveva trovato nel bosco, così ho fatto. La mistura che ne è derivata aveva un odore sgradevole, glielo ho lasciata sul tavolo, perché lui nel frattempo si è recato ad alleviare le pene di altri soldati. Spero sia utilizzabile... mi sento così inutile! Sto dicendo a tutti di non arrendersi, di mantenere viva la speranza ma io, di mio, che aiuto sto dando? Nulla...

Arrivo finalmente all'undicesimo tempio con la coda tra le gambe, subito il silenzio che lo avvolge mi accalappia, rigettandomi nella più nera disperazione.

Provo a chiamare gli altri, ma la mia voce è afona, mi sembra di urlare, ma non esce niente dalle mie corde vocali, come... come se non avessi più consistenza. Incespico nei miei stessi piedi, appoggiandomi ad una colonna e notando, con orrore, che le mie mani sembrano quasi trasparenti. Strabuzzo gli occhi, guardando meglio, il marmo duro della colonna, la sua percezione, mi giunge tardivamente al cervello, davvero come se, per un secondo, non avessi più avuto corporeità.

Sempre più tesa, vado a zonzo alla ricerca di Camus, Dègel o delle mie amiche, ma non trovando nessuno il senso di inquietudine sale. Tutto tace intorno a me, come se il tempo si fosse fermato. Non un ticchettio, non uno scricchiolio... persino i miei passi non risuonano più, di nuovo, come se fossi inconsistente. Il silenzio è sempre più assordante dentro di me, diventa un sibilo atroce nelle mie orecchie, nei timpani, nel mio stesso cervello.

Ma cosa diavolo...?!

Improvvisamente una sorta di bagliore di luce, come se un lampo avesse illuminato un paesaggio desolatamente buio, mi investe in pieno, sbalzandomi indietro. I miei piedi perdono contatto con il pavimento, cado nel vuoto, prima di essere afferrata da qualcosa di enormemente delicato. I miei occhi si chiudono e, con essi, la coscienza esterna.

 

Scusami, Marta... non avevo altro modo per presentarmi finalmente davanti a te"

 

Una voce femminile, melodiosa, mi risuona nelle orecchie, mentre una sensazione di impotenza e spossatezza mi fa rivivere antichi ricordi che credevo troppo lontani nel tempo per essere rammentati. Intorno a me vi è il buio imperituro, il buio dell'incoscienza, della paura e del sonno privo di sogni, ma qualcosa si sta formando davanti alle mie palpebre abbassate; immagini e rumori che lentamente tornano a defluire, come un fiume durante il disgelo, colmando gli argini, superandoli, da quanto sono prorompenti.

 

Quel giorno...

Non potevo fermarmi, non potevo fare assolutamente nulla per impedire che il potere di Poseidone si impadronisse completamente di me. In qualche modo ero priva di coscienza, morta... ma perfettamente cosciente. Il mio spirito indugiava su quella terra alla quale ero legata, su quel corpo ormai freddo che conservava però tracce di un calore che ancora mi rammenta le gioie della vita a cui mi ero aggrappata, perfino io, che, come Sciamana, ero stata abituata a rinunciare, talvolta, a tutto in virtù di un bene superiore.

Non ero riuscita a vegliare su mio fratello Unity, lo sapevo... ero morta per la mia debole costituzione fisica e, come se non bastasse, stavo per distruggere il mondo e tutte le sue forme di vita che tanto avevo amato quando il calore del sole baciava ancora la mia pelle. Ma più di tutto ancora...

Nobile Seraphina!”

Avevo alzato i miei occhi vitrei su di lui, ritto in piedi di fronte a me, anche se con le ginocchia leggermente piegate in avanti. Il suo respiro affannoso, le ferite che aveva impresse sul suo corpo, non bastavano comunque a fermare la mia collera divina, il mio odio smisurato per qualcosa che non capivo, il mio stesso rammarico...

Pochi istanti dopo, quasi inconsciamente, avevo sollevato il mio braccio destro, che teneva il tridente, con lo scopo di attaccarlo. Attaccare lui, il mio fiocco di neve, la persona più importante della mia intera esistenza. Non ero in me, non riuscivo ad oppormi, semplicemente volevo sbarazzarmi di quel patetico, insulso, umano che tentava scioccamente di contenere il mio potere con il suo ghiaccio da quattro soldi.

Sciocco! Il perenne mutare delle correnti, non può essere arrestato da qualcosa di così effimero! Era stato Poseidone a parlare, dentro di me...

Noooo!!! NO! NO!” credevo di aver urlato invece io, mentre assistevo impotente all'infrangersi del mio attacco sul corpo già martoriato di Dégel.

Acqua, sangue, ferite, ghiaccio... il terrore di vederlo sparire tra i flutti, ad opera del mio stesso assalto, mi aveva contorto nel profondo, ma poi... freddo intorno a me, sulle mie gambe. Quella consapevolezza, che avrebbe significato presto la mia totale dipartita, al di là dell'aggrapparmi strenuamente al calore, all'illusione stessa della vita, era giunta a me come una benedizione.

Sapevo bene di dover morire già da un po', era scritto nel mio destino, eppure... una parte di me non voleva, come avrei potuto volerlo?! La vita talvolta sembra così vera, che è impossibile anche il solo pensare di doverla lasciare!

Deve essere stata dura assistere da sola allo smarrimento in cui vostro fratello sprofondò in seguito alla vostra morte...” mi diceva intanto Dègel con un filo di voce, sorridendo tristemente.

Lui se ne era già fatto una ragione, era molto più avanti di me, come sempre, forse -mi ero trovata distrattamente a pensare- per un Cavaliere devoto ad Atena era completamente diverso. Sapeva già che ormai era finita, era pienamente consapevole di star trascorrendo gli ultimi attimi della sua vita, ed era altresì pienamente consapevole che il mostro che lo stava per uccidere non avrebbe dovuto avere più nulla di colei che, in vita, aveva appellato come Madamigella Seraphina. Eppure... mi percepiva, lo avevo capito con un unico, breve, sguardo.

Ero morta da due anni ormai, da agosto del 1741, il mio cadavere avrebbe dovuto essere vuoto, forse nemmeno più esserci sotto quella forma, ma, disfatto, tornare al ciclo del Grande Tutto, così come era giusto. Ma io c'ero, c'ero ancora e lui... lo sentiva! A me, proprio a me, si rivolgeva Dègel dell'Acquario, il mio fiocco di neve, a me, a nessun altro.

La consapevolezza di essere infine davanti a lui, nuda, imprigionata dentro un'essenza che non riuscivo a controllare e che era nettamente diversa dagli Eoni a cui ero abituata ad offrire il mio corpo per conseguire i riti, mi causò un dolore atroce, incontrollabile, nondimeno provocò in me il primo, autentico, desiderio di ribellarmi, di far tacere Poseidone, che mi stava utilizzando a suo piacimento per far del male alla persona che amavo. La scintilla era stata mia, ma Dègel l'aveva accolta in sè, azzerando la distanza tra noi con un ultimo, vero, contatto: la sua mano sopra la mia guancia.

Madamigella Seraphina, d'ora in avanti ci sarò anch'io al vostro fianco per salvaguardare... Bluegrad... e l'avvenire... di Unity. - mi aveva sussurrato dolcemente, sostenendomi con tutto sé stesso, mentre il buio e il freddo si impadronivano di noi. Ormai era al limite, ma covava ancora il desiderio di proteggermi da tutto il ghiaccio che solidificava intorno a noi - Mi dispiace così tanto... di avervi lasciata sola così a lungo!”

Furono le sue ultime parole, mentre i suoi meravigliosi occhi si chiudevano per sempre, per causa mia, per amor mio... Quell'unico gesto, quel capire i miei sentimenti e sofferenze con l'empatia che lo aveva sempre contraddistinto sin da piccolo, mi rese in grado di riprendere il controllo sul mio corpo, anche se per un solo istante, e di far placare Poseidone. La bara di ghiaccio intorno a noi ci avrebbe protetto per sempre; per sempre avremmo vegliato su Bluegrad e, successivamente, sulle sorti di questo mondo a noi tanto caro. Per sempre... come avevamo promesso.

 

Da quel giorno rimanemmo là sotto, mio caro Dègel, avvolti dal ghiaccio eterno che ci offriva un rifugio sicuro, racchiusi in un tenero gesto che significava tutto quello che in vita avevamo provato l'uno per l'altra... Che sciocchi sapere di amarci ma aver perso tutto quel tempo, non trovi? Che sciocchi aver fatto l'amore così poco, esserci messi da parte troppo spesso per i nostri doveri...

Ancora mi chiedo, se tu avessi saputo della mia scelta di diventare Sciamana, seguendo così le orme di mia madre e accettare il mio destino, avresti reagito in maniera diversa? Avresti messo da parte i tuoi obblighi? Mi avresti... afferrato e stretto a te, impedendo al gelo di lambirmi spietatamente?

Non rimpiango quasi nulla, mio caro Dégel, ho agito per fare del bene, per rinascere sotto un'altra forma, per concedere un favillio di speranza per il futuro, solo... avrei preferito non far passare te sotto il supplizio e la sofferenza, questo sì, lo ammetto candidamente, e me ne rammarico: alla ricerca del bene comune, non ho potuto far altro che calpestare persino te e di metterti davanti il mondo.

Ero ancora troppo debole e patetica per evitare questo. E fa male, tanto male, pensare a cosa tu abbia dovuto passare per accompagnarmi nel mio destino, che mi sono scelta da sola.

Me lo sono sempre chiesta, sai Dègel? Cosa provasti quando vedesti il tuo amico d'infanzia, creduto ucciso dalla Viverna Infernale, ergersi ostile contro di te?!

Cosa sentisti quando, dopo la battaglia più dolorosa della tua vita, mi passasti una mano sulla guancia, percependo solo freddo provenire da me?

Io ero rimasta a vegliare su mio fratello Unity, sulle sorti di questo mondo, non potevo parlare, non potevo esprimermi e neanche comunicare all'esterno, ma lo avvertii, sai? Lo avvertii distintamente quel tuo cuore traboccante di sogni e ideali spezzarsi definitivamente.

Esiste un limite per tutto, per le sofferenze, per le pulsioni, persino per la vita... quello fu il tuo limite, lo oltrepassasti per me e la tua anima si mutilò in mille pezzi. Non saresti mai più tornato come prima, sapevo anche questo ma, disillusa, lo accettai. Per una speranza.

Ma... può una speranza arrivare a calpestare, mutilare, la persona più importante della tua vita? A questo non sapevo rispondere...

Caro Dègel... quanto avrei voluto fare qualcosa per aiutarti, farti sentire la mia presenza, darti un qualcosa a cui poterti aggrappare... perché tu sei forte Dègel, lo sei sempre stato, non forte come Krest voleva, ma forte abbastanza per governare il ghiaccio e rimanere uomo; forte abbastanza per vivere di sentimenti senza averne paura. Tu più di tutti meritavi di vivere ancora, di far perpetuare i tuoi sogni, invece sei caduto per mano mia, per la mia scelta di creare una breccia nel futuro oscuro e far così penetrare la luce dallo spiraglio che si era creato. Eppure... eppure, nonostante tutto, sembravi felice di perire in quella maniera, sacrificandoti per tutte le persone del mondo e per permettere a Unity di mantenere la vostra promessa. Sembravi felice di perire... per mano mia!

Perché lo hai fatto, Dégel? Me lo sono sempre chiesta nel lungo sonno che precedeva la nuova vita. Eri forse... esausto? Non avevi più alcun appiglio in questa vita? O forse era perché lo avevi compreso? Avevi compreso le mie azioni? Quella breccia nel futuro, dalla quale può accedervi la luce, tu... l'avevi scorta?

Sì, l'avevi scorta, ma la tua reazione non dipese solo da quella...

Tu non ti sei mai arreso, mio caro Dègel, c'era sempre qualcosa che ti spingeva a lottare, a vivere... lo trovavi nel tuo amico Cardia, nella promessa fatta a Unity, nella nostra Bluegrad, nel mondo... ma quel giorno tutto il tuo mondo si sgretolò, cadde... e come si fa a vivere se il terreno sotto i nostri piedi cede? Come si fa a vivere, se la vita non è altro che una caduta nell'oscurità? Avevi adempiuto la tua missione, potevi scegliere di vivere sotto quella forma, almeno tu, tra noi due, ma non lo feci, preferendo rimanere al mio fianco a salvaguardare quel nostro mondo distrutto.

Forse non sarebbe stata nemmeno tua intenzione rinascere a nuova vita, ma... perdonami, mi sono riscoperta più egoista di quanto non avrei creduto. Tutto era spezzato, le promesse infrante, ma non quella breccia nel futuro che continuavo a distinguere da lontano, e alla quale mi ero ancorata come salvezza. Perdonami... ora so che posso rinunciare a tutto, alla mia vita, al nostro amore, ma non a te, io... desideravo che tu continuassi a vivere, in un modo o nell'altro, lo desideravo, perché tu meritavi di vivere ancora, meritavi di incontrare di nuovo Cardia, sebbene sotto un'altra forma, meritavi di percepire ancora il calore sulla tua pelle, quel calore indispensabile alla vita, quel calore che può tutto. Metitavi di rinascere a nuova vita, come Camus, certo non più Dégel, ma non importava. Io... desidero ancora che tu viva, più di ogni altra cosa!

 

Le lacrime sgorgano incessantemente dai miei occhi, inondandomi completamente le guance, nello stesso istante un dolore incessante e straziante mi perfora l'anima, trasmettendomi consistenti fitte ovunque. Il mio corpo sta rivivendo cià che è stato, ciò che ho vissuto, a rilento, al rallentatore, come se il dolore provato dovesse penetrare lentamente in me, rendendomi consapevole.

Riesco infine a ridestarmi, con lentezza. Sono ancora tra le braccia di quel qualcuno capace di emanare un calore sacro, un paio di occhi azzurri, candidi, mi osservano, trepidanti, lucidi, ricolmi a loro volta di emozioni.

“Ciao, Marta, sono davvero felice di conoscerti personalmente!”

Sbatto più volte le palpebre, cercando di focalizzarla meglio, poco dopo mi metto a sedere, scorgendo i dintorni e riconoscendoli come quelli di Atlantide, impossibile sbagliarsi, non capita tutti i giorni di guardare in alto e vedere un'immensa parete d'acqua, invece che il celeste del cielo!

Mi volto verso di lei, sorridendo leggermente alla figura femminile e inchinandomi leggermente in segno di rispetto. Lei è bella, bellissima, ed elegante, perfino stando semplicemente seduta sul marmo.

“Ciao, Seraphina, il piacere è reciproco. Da tempo desideravo incontrarti!” la saluto di rimando, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

La figlia del governatore di Bluegrad sorride e si inchina a sua volta, prima di alzarsi in piedi, seguita da me, in modo da essermi frontale. Indossa una nivea veste che le ricade morbida sul corpo, quasi trasparente da quanto è evanescente, perfino i capelli argentati e raccolti dietro le spalle non rassomigliano a nient'altro che spettri di pura luce. La carnagione è pallida, tendente all'evanescenza, eppure è davvero davanti ai miei occhi.

“Mi dispiace per quello che ti ho fatto passare in questo mese, il risveglio di un'anima non è mai facile, talvolta l'impulso vitale di noi spiriti è talmente prorompente da entrare in risonanza con quello dei vivi e... interscambiarci!” mi spiega, imbarazzata, toccandosi i capelli - Immagino tu te ne sia accorta...

Annuisco, ridacchiando nervosamente: eccome se me ne sono accorta. Tossicchiò, un poco a disagio, mi trovo comunque al cospetto di una nobildonna del Settecento, paragonata a lei mi sento, molto, un carciofo, ma devo tentare di farmi onore.

"Non crucciartene più del dovuto! Piuttosto, mi dispiace tanto per tutto quello che hai passato prima di poterti ricongiungere con Dègel. Ho sognato molto di te, ho percepito i tuoi sentimenti e... perdonami... eri dentro di me per tutto questo tempo, deve essere stato terribile assistere impotente a tutto. Prima Poseidone, ora io, e... sei una Sciamana, accipicchia, non lo avrei mai immaginato!” inizio a parlare a vanvera, forse per stemperare la tensione, prima di essere fermata da lei che, protraendo le mani nella mia direzione mi blocca.

“Marta, tranquilla, calmati, non c'è bisogno di essere così agitata nel parlarmi, fai conto di fare un soliloquio, perché..."

“...Noi siamo la stessa essenza, lo so!” termino io per lei, sorridendo. Tuttavia siamo anche persone diverse, ciò che ho visto nella sua visione, i suoi ultimi momenti, il suo sacrificarsi per il bene comune, io... non credo di esserne a mia volta in grado.

“E' proprio così, io e te siamo uguali, io sono te, tu sei me..." prova a tranquillizzarmi lei, appoggiando la sua fronte alla mia e socchiudendo gli occhi, gesto che, se possibile, mi agita ancora di più.

"I-io n-non... cioè, so che sei dentro di me, ma... ma... io sono molto meno di... erk!" mi blocco, in paurosa difficoltà, staccandomi di conseguenza e indietreggiando di un passo.

"Sei molto meno di...?" mi chiede lei, guardandomi stupita.

"D-di te! - in verità faccio un po' fatica ad ammetterlo, anche se ne sono consapevole - Voglio dire, tu hai scelto di reincarnarti, tu sei speciale, i-io... sono solo il risultato di questa tua... scelta!"

La vedo sorridere con mestizia, abbassando lo sguardo e dirigendolo altrove, sembra dispiaciuta, forse riesce a capire come mi senta e... aspetta, lei sicuramente sa le emozioni che sto provando, lei è me, non necessitiamo di troppe spiegazioni!

"In verità, tu puoi essere molto di più di me, soprattutto... SEI VIVA, respiri!" sussurra, prima di voltarsi e allontanarsi di qualche passo, dandomi la schiena.

Nonostante il suo gesto, il suo istinto di nascondersi, mi è chiaro cosa stia pensando, percepisco le sue emozioni, ricordo le sue parole.

"S-Sefi... posso chiamarti così? - chiedo, titubante, incerta, ricevendo per risposta un cenno della sua testa, unito ad uno sguardo tristissimo, traslucido - Nella visione che mi hai mostrato, tu... hai detto che sei morta ad agosto 1741, significa che..." non riesco a proseguire, lasciando la frase in sospeso, il mio respiro sembra quasi mozzarsi, ma ciò le basta per capire.

"Non avrei potuto parlarti direttamente in nessun'altra circostanza che... questa!"

Pugno nello stomaco, mi mordo il labbro inferiore, torturandomelo: "Mi... dispiace!" riesco solo a dire, sentendomi quasi in colpa.

“Tu non hai colpe, Marta, ma il tuo dispiacere dimostra la persona che sei... - mi sorride, voltandosi nuovamente verso di me, con quel suo modo di fare che riscalda il cuore, prima di tornare seria - Piuttosto, non ho molto tempo perché Lui è sempre vigile e ci osserva anche adesso, ma non può fare niente dentro la tua coscienza, ovvero dove ci troviamo in questo momento... ti devo chiedere se sei disposta ad accettare i miei ricordi come parte integrante del tuo vissuto”

“Me lo devi... chiedere? Necessiti del mio permesso?!" ripeto, del tutto incredula.

“Sì, ho bisogno del tuo consenso affinché i miei ricordi diventino completamente anche i tuoi, in questo modo potrai diventare più forte, perché sarà come aver vissuto due vite, una cosa che va al di là delle possibilità umane, poiché l'anima, una volta reincarnata, perde le memorie della vita precedente. Tuttavia devo anche dirti che mantenere i ricordi di due vite diverse non è per niente facile e può provocare un dolore spesso insostenibile. Devi dirmi tu se te la senti realmente... non ti nego che sia un procedimento rischioso...” sussurra Seraphina, triste.

"Che... che intendi?"

"Siamo la stessa essenza, è vero, ma le personalità sono diverse, solo una, la primaria, può emergere, l'altra si amalgama a quella vincente..." mi dice, senza mezzi termini, guardandomi negli occhi.

"Significa che io, come Marta, potrei anche scomparire per sempre?!" chiedo, un sussulto di paura, ben visibile dal fremito del mio corpo.

"Non ti mentirò... è una possibilità, me neanche io so bene cosa accadrà, per questo te lo sto chiedendo: sei disposta a correre il rischio?"

Rimango in silenzio per una decina di secondi, paralizzata dalla paura, tesa: potrò quindi risvegliarmi e non sapere più che Camus è mio fratello, che Michela e Francesca sono come sorelle per me... la sola idea mi fa accapponare, ma... ma c'è qualcosa di ancora più importante.

“E' questo che terrorizza il Mago, vero? Il nostro completo risveglio...”

“E' così! Questa dimensione, detta delle possibilità, è assolutamente unica nel suo genere, essa è... l'unica dimensione che, al momento, non si piega ai piani del Mago. Vivere due vite, averne la coscienza, regala al soggetto un potere eccezionale, in grado di contrastare i piani del folle nemico. Tu puoi scegliere, Marta, la tua stessa vita è dipesa da una scelta, ma non ti so proprio dire se sarai in grado concretamente di reggere due esistenze sulle tue spalle. C'è anche la possibilità che tu possa impazzire...” mi prova a spiegare ancora lei, sospirando. Si vede il suo dispiacere nel dirmi tutto questo, la sua velata paura che qualcosa possa andare storto, non solo per lei, ma anche e soprattutto per me.

La guardo intensamente negli occhi per un attimo... questo quindi è l'unico modo per opporsi a quel mostro? Se fosse anche solo una possibilità remota, sarebbe il modo concreto per salvare Regulus e riportare tutto alla normalità. Sorrido tra me e me, buttando fuori aria.

“Il mio desiderio primario è di pigliare a calci in culo quel bastardo che ha fatto del male a Camus! - dichiaro, con forza, facendo scappare a lei un singulto, velocemente nascosto educatamente con una mano. Sono consapevole di non essermi espressa propriamente in maniera principesca - Per cui... correrò il rischio! Dovessi anche emergere tu, al mio posto, avresti una seconda possibilità, e tu meriti una seconda possibilità, Sefi!" le dico, forzandomi di sorriderle per incoraggiarla, in qualche modo, nonostante tremi di paura.

"Marta... ne sei sicura?" mi chiede ancora, avvicinandosi a me e intrecciando le mani con le mie.

"Come non lo sono mai stata, procediamo, forza!" asserisco, ingoiado saliva a vuoto, fissando la mia espressione determinata nella sua, che ricambia, con la stessa risolutezza.

Una sensazione di calore mi riempie istantaneamente il petto, i contorni del fondale oceanico cominciano a sparire, ma non Seraphina, ancora ben presente davanti a me, le sue mani, calde, sulle mie, la sua fronte che si posa di nuovo su me.

“Chiudi gli occhi... - mi avverte, con voce melodiosa, prima di proseguire - A te, che scegli di sostenere il peso di due vite e di vivere quindi due volte, auguro tanta felicità, la stessa che non sono stata lesta ad afferrare io per paura e vigliaccheria. Marta, torna ora nel mondo reale e vivi più che puoi insieme a Dègel e Camus, tu sei tutto per loro!”

"I-io sono tutto per loro..." ripeto meccanicamente, come se lo dovessi imprimere, a marchio, nella mia effige, un fremito mi scuote.

"Io stessa ho piena fiducia nelle tue capacità, ora vai, risv..."

“Ancora una cosa, ti prego... - le parole fanno fatica ad uscire, sto scomparendo da questo luogo, accidenti, come se ne venissi risucchiata – I-il... il sentimento che provo per Dègel... è reale? Oppure dipende dal fatto che siamo la stessa essenza?!” esclamo con tutte le mie forze, mentre il cuore mi batte all'impazzata nel petto. Devo assolutamente sapere... che davvero l'amore che provo per lui dipenda da lei, da Seraphina?! A chi appartengono queste emozioni? Sono le mie, oppure..? Chi sarò, da adesso in poi?

La percepisco sorridere con dolcezza, la fronte ancora posata sulla mia, riesce a tranquillizzarmi con poco, una dote che io stessa credo di aver perso. Avrà senso parlare di 'io' da adesso in avanti? Oppure è più giusto il 'noi'? S-sono così confusa, mi sta scoppiando la testa!

“Davvero hai questo dubbio, Marta?!? La tua vita non si riduce certo ad essere una pallida rivisitazione della mia, tutt'altro! Sei molto più di quanto credi, covi in te potenzialità infinite, perciò... coraggio e continua a vivere. Io sarò al tuo fianco!”

 

********************

Il ritorno alla realtà non è per niente facile, soprattutto considerando che ho come la sensazione che la testa sia spaccata in due da un'ascia, conficcata con precisione nel mio cervello. Una nuova vita... sono sorta ad una nuova vita in un altro corpo, è tutto ciò che mi ricordo...

“Marta! MARTA!!!”

La voce famigliare di Dègel mi investe in pieno le orecchie, sta chiamando qualcuno, non so chi, eppure è vicino, molto vicino, sembra quasi che si rivolga a me, ma... non è possibile, questo! I-io... chi sono?

“Santi numi, Dègel, il suo è un pallore mortale, non respira! Non sta respirando!!!” grida un'altra voce dall'accento francese. Per qualche scherzo del destino mi ricorda comunque qualcosa, ma non riesco bene a ricordare, né a codificare. Cosa sta succedendo intorno a me? Ero in un luogo caldo e confortevole, prima... e prima ancora di questo non vi era nient'altro che ghiaccio. Ero con la persona che amo, ero con Dègel, finalmente sto cominciando a racappezzarmi.

Ad ogni modo, qualcuno mi sta tenendo tra le braccia, questo lo posso ben avvertire e, concentrandomi ancora di più, riesco anche a vedere i suoi lineamenti nella semi-oscurità, malgrado i miei occhi siano ancora chiusi e il mio corpo non risponda ai miei comandi.

“Maledizione, Marta, apri gli occhi!!!" mi incita ancora Dégel, fremendo tangibilmente, ostinandosi a chiamarmi con un nome che non mi è proprio.

Improvvisamente, una forte pressione sul petto mi mozza il respiro, o meglio lo riattiva, visto il dolore che improvvisamente sento provenirmi dai polmoni. Tossisco violentemente, sputando a terra qualcosa di non ben definito, mentre istintivamente mi metto una mano davanti alla bocca. Dègel è vicino a me, mi da delle leggere pacche sulle scapole per aiutarmi a respirare correttamente, cosa niente affatto semplice.

“Dègel... Dègel, ti ringrazio! Per Atena... grazie! - esclama una figura accanto a me, facendosi scivolare per terra con il respiro aritmico e tremendamente difficoltoso, quasi come se anche lui avesse avuto notevoli difficoltà a compiere l'azione che, per antonomasia, dovrebbe essere la più spontanea per un essere vivente. Poi alza leggermente lo sguardo carico di pena e si sforza di sorridermi - Menomale, sorellina mia, io... ti ho visto qui per terra, non respiravi più e... e..." non prosegue, incassando ancora di più la testa tra le spalle, sopraffatto. Il petto è sconquassato dai singhiozzi che tuttavia non trapelano fuori, rimanendo incastonati al suo interno.

Rimango imbambolata a fissarlo, preoccupata per il suo stato d'animo e per i lividi che segnano il suo bel viso, non capedone tuttavia la ragione.

“Scusami, eri così in pena per me, ma io... io non mi ricordo proprio chi tu sia...”

Nella stanza cala un silenzio colossale, mentre vedo con distinzione gli occhi di Dègel e dell'altro ragazzo aprirsi in un lampo di stupore e spavento.

“M-Marta, non mi riconosci più? I-io sono Camus, tuo fratello maggiore!” sussurra, incredulo, le labbra tremanti.

L'espressione ricolma di dolore di questo Camus mi fa star male, ma io... davvero ho un vuoto. Sarei... sua sorella? No, non è possibile, io ho un unico fratello e si chiama Unity; Unity di Bluegrad!

"I-io davvero non..." lo guardo smarrita, non sapendo come reagire, lui ricambia la mia occhiata, distingue qualcosa nei miei occhi, trema, inziando a comprendere qualcosa che a me pare ancora oscuro.

"N-non è possibile, allora è successo!"

"Successo cosa, Camus? Cosa sta...?" chiede a sua volta Dégel, fissando allibito entrambi, sia me che quest'altra essenza così simile a lui, eppure così diverso.

"Marta... so che ci sei, lì, so che mi puoi sentire, non sei persa, combatti!" cerca di spronarmi, avvicinandosi a me, che indietreggio di riflesso.

"Io non so chi sia questa Marta, scusami, a-allontanati d-da me, s-siamo troppo vicini" tento di oppormi, febbrilmente, cercando di sfuggirgli ancora una volta.

"Sei la ragione per cui non mi sono arreso fino ad adesso, la ragione per cui sto combattendo. Coraggio, non arrenderti, piccola, so che ce la puoi fare!"

Piccola... questo nomignolo giunge alle mie orecchie come famigliare, mi fa struggere il cuore, brucia. Indietreggio ancora, quasi inciampo sui miei stessi piedi, rischiando di cadere per terra, ma Dégel, lesto, mi afferra, mi stringe a sé. Il calore aumenta a ritmo del dolore, insieme però alla consapevolezza.

"Non posso toccarti, ma sono qui; sono qui, Marta, non arrenderti!" continua teneramente. So che vorrebbe stringermi, ma non ci è consentito, ma lo avverto vicino, mi incoraggia, mi fa forza.

Mi appendo istintivamente a Dégel, quasi fosse il vettore tra me e lui. Il dolore è sempre più forte, insostenibile. Urlerei, se potessi. Le orecchie mi sibilano, mi sembra di impazzire.

"C-C... Ca-mus!" riesco infine a pronunciare il suo nome, con enorme patimento.

"Sono qui, andrà tutto bene, ci sono io con te! Respira!"

Di respirare e che andrà tutto bene me lo ripeto anche mentalmente per farmi coraggio, mentre tutti i flash della mia vita passata e di quella presente mi attraversano prepotentemente, insieme ai sentimenti che avverto con il doppio dell'intensità e della sofferenze provata.

Sono qui... lui è qui, m-mio fratello è qui... improvvisamente qualcos'altro mi investe, una consapevolezza, slegata dai miei ricordi, un qualcosa che, lo avverto, si sta verificando ora, in questo momento. Sgrano gli occhi, allucinata.

N-no!

 

Milo camminava a fatica, trascinando i piedi nell'immensa biblioteca dell'undicesima casa. Finalmente aveva trovato qualcosa in un libro, la luce della speranza per risolvere la situazione disperata in cui tutti si erano ritrovati per colpa di quel gran bastardo. Teneva quella speranza nel pugno della mano destra, ma... ormai era troppo tardi!

Arresta il suo cammino Milo, consapevole che non si muoverà più, perché le forze lo hanno già abbandonato da un pezzo... troppo tardi, troppo tardi, maledizione! Per un soffio... per un solo soffio! Ecco a cosa si riferiva Camus con quel terrore apparentemente insensato, con quella voglia di arrendersi... Solo in quel momento infatti riusciva a capire appieno l'ansia e l'agitazione del suo migliore amico, così come la paura di Marta e le ultime parole che gli aveva rivolto in quel particolare tono. Avrebbe forse dovuto stare più attento, per tutti, ma le emozioni umane, si sa, portano a commettere azioni sconsiderate. Per amore.

Mi dispiace, Camus, avrei dovuto ascoltarti per una buona volta, tu... già sapevi tutto, vero? Per questo mi dicevi di non fare niente, perché sapevi, hai vissuto sotto le minacce di quel negromante, nel terrore di perdere le persone che amavi, e ora... ora... urgh!

Mi dispiace, Sonia, stai già perdendo Regulus, ci mancavo io a completare il quadro, maledizione, non voglio lasciarti! Chi ti farà il solletico, chi accoglierà i tuoi insulti scherzosi con un sorriso?

Mi dispiace, Marta e Cardia... vi avevo promesso che avrei fatto qualcosa, che vi avrei riportato la speranza, che saremmo usciti da questa situazione.. insieme... e invece... proprio io che mi vantavo di fare tutte queste cose, di ridarvi una luce, sono ora qui, allo stremo... perdonatemi, amici miei, è... tutto... nelle... vostre... mani... ormai!”

Un solo rumore secco, la maestosità dell'albero che crolla, è la sola testimonianza della caduta di Milo dello Scorpione, colui che non si è mai voluto arrendere al fato e che invece è stato ghermito dal fato medesimo...

 

“MILO, NOOOOO!!!” urlo, spintonando via la persona che mi sta trattenendo tra le braccia, muovendomi convulsamente, agitata come non mai. Navigo per tutta la stanza senza una meta, confusa e spaventata come non mai, compiendo non poca fatica a coordinare il mio corpo, quasi non mi appartenesse.

“Marta, per favore, calmati! Cosa ti sta succedendo? Ci stai facendo preoccupare da morire!” esclama ancora Dègel, prendendomi per il polso e costringendomi a voltarmi verso di lui. Lentamente le mie facoltà stanno tornando, lentamente, ma... non c'è più tempo!

Pochi secondi dopo il pensiero di Milo, che mi trafigge ripetutamente le pareti del cervello, mi rende ancora più irrequieta di prima. Anche la coordinazione sta tornando, dopo un breve momento di défaillance. Il tono della mia voce è di nuovo mio. Mi appartiene.

“Camus! Dègel! Milo... Milo è nella biblioteca!!!” urlo, arpionando le braccia di Dègel con foga inaudita, gli occhi sbarrati. Sto tremando, le gambe non mi reggono, ma non posso permettermi di crollare nuovamente a terra.

“Ugh... Cosa? Non è possibile, non lo abbiamo sentito entrare, eppure siamo stati sempre qui!” balbetta Dégel, incredulo, mentre cerca lo sguardo della sua reincarnazione, gli occhi terribilmente vacui ma tutt'altro che sorpresi, solo... spenti, come se davvero se lo aspettasse. Senza aspettare ulteriori movimenti da parte loro, esco di scatto dalla porta, dirigendomi con gran foga su per le scale in direzione della biblioteca.

Spalanco di scatto la porta, incurante di fare casino o rompere qualcosa, ma mi immobilizzo all'istante non appena lo vedo steso per terra, proprio come nella mia visione... stessa posizione, stesso respiro accelerato, stesso tutto.

“No, no... non è possibile, no! Milo...” riesco solo a balbettare, facendomi cadere per terra, vinta. A malapena riesco ad avvertire l'arrivo tempestivo di Dègel e Camus e il singulto che sfugge dalla bocca di quest'ultimo.

“Per Atena, NO! Non può... essere!”

Distinguo appena le sillabe di Dègel strisciare con gran fatica fuori dalle sue labbra per poi rimbalzare sulle pareti della biblioteca, cupe. Esse sono portatrici di qualcosa di intollerabile per i nostri giovani cuori; qualcosa che nessuno di noi vorrebbe accettare e che ci colpisce con insana violenza. Colui che più di tutti non voleva arrendersi è caduto e ora giace qui davanti a noi, follemente inanimato. Milo così immobile... è talmente assurdo che stento a crederci. No, non può essere vero tutto questo! Io ho fatto la mia scelta, le cose avrebbero dovuto sistemarsi, non peggiorare ulteriormente!!!

 

Ogni scelta porta a determinate conseguenze, e il vostro Libero Arbitrio, Marta e Seraphina, ha causato questo... Davvero pensavate che non avrei più agito? Davvero eravate convinte che non avevo pensato all'eventualità che vi poteste risvegliare?! Siete folli al pari di Camus, che ancora si ostina a non cedere sebbene sia ormai diruto. Ogni promessa è debita: distruggerò tutti i suoi affetti uno ad uno e lo farò assistere, impotente, alla fine di ogni vostro amico e compagno. Ormai non puoi più fermarmi, Seraphina, il tuo Libero Arbitrio ha perso efficacia su me, non farò più gli stessi errori di quella volta, non ti permetterò di ferirmi nuovamente!

 

No, tutto questo non ha senso... io ho corso il rischio di impazzire per scegliere di far rivivere Seraphina in me, quest'ultima ha rischiato molto per entrare finalmente in risonanza con me... no, non può essere... il nemico non può avere previsto anche tutto questo, no!!!

“Milo!!!” lo chiamo, i contorni delle cose intorno a me che sfumano nel vuoto, perdono concretezza. Devo avvicinarmi a lui, devo afferrare la sua mano, non può finire così, Milo non può essere caduto! Tuttavia qualcosa mi blocca il polso e i movimenti.

“Ti prego, fammi andare! Permettimi di toccarlo!” singhiozzo, divincolandomi alla ben meglio dalla sua morsa.

“No, ti prego, Marta, io... non potrei sopportate se ti ammalassi pure tu, lo farò io... Mi avvicinerò io a lui e lo porterò al tredicesimo tempio!” mormora Dègel, guardandomi con gli occhi lucidi ed arrossati, un cipiglio di disperazione ben nitida.

Mi blocco, impotente, continuando a fissare il corpo steso a terra di Milo: "I-io... non lo lascio qui..." sussurro, meccanicamente, il cuore in gola.

“Marta, ascoltami, ti prego, ho bisogno della tua completa lucidità ora: vai ad avvertire Cardia e Sonia, di' a loro quello che è accaduto qui e venite dal Grande Sacerdote appena potete. Camus non ne ha più la forza, è stremato... So quanto ti sto chiedendo ma, almeno tu, rimani con me, ti supplico!”

Il mio sguardo si posa automaticamente su mio fratello, completamente in lacrime e inginocchiato per terra, vinto, scosso dai singhiozzi, senza neanche curarsi di essere visto. Spezzato. Per sempre.

“Milo... perché lo hai fatto? Perché?! Ti avevo avvertito di non fare niente, perché non mi hai dato retta, perché?!? Stupido... SEI UNO STUPIDO!!!” continua a ripetere, picchiando violentemente il pugno destro contro il pavimento più e più volte, incapace di reagire in altra maniera.

"Camus..."

"Ho bisogno di te, non posso chiedere oltre a lui, non posso, capisci?"

Con il cuore gonfio di dolore e stretto in una morsa soffocante, annuisco meccanicamente, cercando di imprimere fermezza nei miei occhi per rassicurare Dègel e fargli capire che farò quanto chiesto, che rimarrò al suo fianco e che tenterò con ogni mezzo di non arrendermi. Vedo i suoi occhi arrossati accendersi, per un breve istante, in una scintilla di vita. Mi fa un cenno di assenso.

"Grazie per tutta la forza d'animo che stai dimostrando in questo momento, conto su di te, rondinella! Ora va', ci penso io qui!"

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Capitolo 28
*** L'inevitabile ***


CAPITOLO 28

ATTENZIONE AVVISO: OOC AI MASSIMI LIVELLI PER QUANTO RIGUARDA SOPRATTUTTO CARDIA E CAMUS!

 

L'INEVITABILE

 

“Marta, ci sei?! Saranno cinque minuti buoni che ci fissi con occhi sgomenti, sinceramente stai diventando un po' inquietante...”

Cardia e Sonia, davanti a me, sono alquanto preoccupati dalla mia apatia e mi osservano con ansia crescente. Sono giunta fino a qui, in qualche modo, ma è come se il mio cervello si fosse scollegato e il resto del corpo e andasse per i fatti propri, un po' come il vento sospinge al largo una bottiglia di vetro vuota; vuota è anche la mia testa ora e cave le mie corde vocali, incapaci di proferire alcuna parola sensata.

L'anima di Seraphina si è ridestata in me, la avverto pulsante, i suoi ricordi stanno diventando i miei, amalgamandosi come mi era stato detto, malgrado la breve fase di smarrimento, poi però la visione di Milo, quel suo cadere, che mi ha sconvolto nei recessi dell'anima. Io... non ricordo più cosa ci sono venuta a fare qui, Dègel mi aveva supplicato di reagire, di avvertire Cardia e Sonia, già... avvertirli... ma come gli posso riferire che Milo è caduto? Che proprio lui è crollato, lui, Milo... NO! No, maledizione!

“Marta! Marta!! E' successo qualcosa di grave, vero? Dimmelo, ti prego!” esclama Sonia, intuendo come sempre le parole taciute dietro alla mia espressione, si approccia a me, scrollandomi con forza nel tentativo di ridestarmi da questa orrenda afasia. I suoi occhi sono spalancati al vuoto, urlano qulcosa che la bocca non puiò pronunciare. Ha capito.

Istintivamente crollo a terra, mentre un singhiozzo sfugge dalle mie labbra aride. Non faccio nulla per impedirlo, e Sonia, ancorata a me, mi segue, non reggendosi più a sua volta.

Cardia si avvicina a noi, non potendone più di tutto quel mistero: "Si può sapere cosa...?"

“La peste! Milo... il batterio ha contagiato anche lui!” riesco infine a biascicare stentatamente, abbracciando di riflesso la mia amica, che non reagisce più, si appoggia semplicemente a me, imbambolata. Neanche ha la foza di piangere, non ora.

Cardia sgrana gli occhi, indietreggiando di qualche passo per poi appoggiarsi con la mano sinistra alla colonna e nascondersi il volto con la mano, improvvisamente privo di ogni vitalità, quasi come un oggetto vuoto.

Per Sonia è fin peggio, vinta dalla consapevolezza lampante di poter perdere, oltre al suo migliore amico Regulus, anche Milo, colui che più di ogni altro è stato importante per lei e che ha contribuito a farla diventare ciò che è ora, crescendola, si affloscia ancora di più su di me, sempre più immobile.

“Milo... no! Non è così debole, non può essersi fatto contagiare da questa cosa, quando fino a l'altro giorno mi mazzuolava come se fossi un fuscello!" tenta di opporsi Cardia, rifiutando con tutto sé stesso la verità, allo stesso modo in cui la sto cercando di rigettare io, ma i miei occhi hanno visto il suo corpo, le macchie, i capelli scomposti sparsi sul pavimento della biblioteca del'undicesima casa, non posso in alcun modo repellere questa spiacevole immagine.

Osservo Sonia tra le mie braccia il viso nascosto dalle mani, ha preso a singhiozzare senza più opporsi, vinta dalla realtà delle mie parole. Vorrei farla sentire meglio, ma non ne ho la forza e non so come muovermi... il mondo delle lacrime è così misterioso, del resto! Nessuno, di quelli al di fuori di esse, ha il potere di far nulla per alleviare le sofferenze dell'altro, totalmente chiuso nella sua intimità, ma le lacrime non sono forse la manifestazione del nostro mondo interno che crolla?! Perché quindi è così difficile asciugare quelle piccole gocce di liquido che sanno un poco di sale?!

"L'ho visto, Car..." riesco infine a biascicare in un fremito.

“Miseria ladra! Dov'è ora? Devo vederlo anch'io con i miei occhi!” strepita, dimenandosi come un'anguilla.

“I-io so solo che Dègel lo portava al tredicesimo tempio, per il resto non...”

Non ho nemmeno il tempo di raccapezzarmi o di concludere la frase, che mi ritrovo, insieme a Sonia, sollevata di colpo dalle robuste braccia di Cardia.

“Hai detto alla tredicesima casa, giusto? Perfetto, andiamoci subito! Servirà pur a qualcosa la velocità della luce, no?!" impreca, stringendoci i fianchi con forza, prima di partire senza esitazione.

Esattamente un attimo dopo veniamo posate, con ben poca grazia, sul pavimento dell'ultima casa; davanti a noi Dègel, Camus, Michela, Francesca e Albafica stanno a fissare la porta chiusa di fianco a quella in cui giace Regulus, percepiscono il nostro arrivo, ma solo il Cavaliere dei Pesci di volta brevemente verso di noi, prima di tornare a concentrarsi sul da farsi.

Ancora stesa a terra, riesco solo a vedere una parte dei loro volti, ma già da questo noto sgomento e incredulità nelle espressioni di tutti tranne che di mio fratello... No, in lui si legge qualcosa di molto più straziante e incontenibile, qualcosa di molto simile ad un urlo lacerante che però non è più in grado di manifestarsi all'esterno. Ha gli occhi arrossati, ancora i lividi a segnare il suo viso contraddistinto dalle occhiaie, un poco più affilato e spigoloso del solito, ma mi ostino a non darci peso, relegando dentro di me la spiacevole sensazione che mi investe.

“R-ragazzi... ci sono novità?” la mia voce fa fatica ad uscire e tradisce una certa paura. Con tutta la forza di volontà che possiedo, mi alzo infine in piedi, tremante.

"Ma quindi è... tutto vero?" chiede a vuoto Cardia, quasi languendo, in un tono non suo, come di presa di coscienza ormai impossibile fa rifiutare.

Dègel e Albafica, dopo un'occhiata simultanea tra loro, si voltano entrambi verso di me e si avvicinano, forse reputandomi erroneamente la più dotata di sangue freddo, quando invece sto lottando con tutte le mie forze contro le mie gambe per non voltarmi e scappare lontano, non riuscendo a sostenere questo immenso peso che avverto.

Sefi... forse sarebbe stato veramente meglio se la personalità dominante fosse stata la tua, non certo la mia, sto brancolando nel vuoto...

“Marta, dovrei parlarti...” la voce di Dègel mi giunge per un secondo quasi estranea, così come ho bisogno di qualche secondo per rammentare che, effettivamente, mi chiamo Marta e che la cruda realtà è questa, non si può certo fuggire.

Lo guardo per un attimo negli occhi, spenti come i miei, poi annuisco senza vigore, riuscendo a stento a tirare un sospiro ricolmo di amarezza.

Lui mi fa un cenno di assenso di rimando, poi mi prende delicatamente le mani e, senza parlare, mi consegna un foglietto, il quale subisce la mia occhiata interrogativa e non priva di un certo astio: un insulso pezzo di carta, bene... Cosa me ne può fregare in questo momento?! La spiegazione non tarda ad arrivare.

“Milo si trovava nella biblioteca in cerca di informazioni sul Tetractys, ha strappato questo foglio da uno dei miei libri...” mi racconta Dègel, sforzandosi di mantenere il sangue freddo, sebbene sia coinvolto emotivamente e faccia fatica a controllare il tremore della sua voce.

"E questo cosa mai dovrebbe..."

“Probabilmente il vostro amico aveva una pista, ma la pestilenza non gli ha dato il tempo di riferircelo. Credo inoltre che abbia cercato comunque di darci un indizio con le sue ultime forze; infatti, da quello che Dègel mi ha riferito, la mano di Milo indicava un punto preciso, per l'esattezza la stessa direzione che Regulus vi aveva accennato....” interviene Albafica, lugubre.

"Oppure semplicemente, nella caduta, hanno assunto quella posizione..." ribatto, secca, ormai disillusa.

"No, il Tetractys è formato da 10 puntini; 10 puntini che potrebbero identificare qualcos'altro. Dobbiamo cercare di pensare in grande, potrebbe trattarsi di una costellazione, o di coordinate segrete, o chissà cos'altro. La cosa certa è che Regulus e Milo hanno scoperto qualcosa in più di noi e volevano riferircela!" continua imperterrito Albafica, cercando di rendermi partecipe delle sue teorie.

Sbatto le palpebre, non capendo affatto quello che il Cavaliere dei Pesci stia cercando di dirmi, cercando di consegnarmi una velata speranza. Effettivamente il mio cervello fa fatica a razionalizzare le sue informazioni, del tutto avulso dalle condizioni disperate di Milo e da poco altro.

“Marta, ho una teoria... - riprende quindi Dégel, cercando di attirare la mia attenzione - Per me il simbolo è legato ad una delle 88 costellazioni, sto cercando di vagliare quale però... la teoria di Albafica potrebbe funzionare, in quel senso i puntini potrebbero essere associati a stelle, dovremmo quindi cercare una costellazione a 10 stelle, oppure, oppure... forse non è solo una mera questione quantitativa ma di forma e sostanza. Sto cercando di spremermi le meningi!"

"Il tempo che abbiamo è poco, però..." gli fa notare il Cavaliere dei Pesci, pratico.

"Lo so bene, ma ricuso di gettare la spugna, quando i nostri amici hanno dato il tutto e per tutto per offrirci questa pista!" risponde con grinta.

Vedo Albafica annuire comprensivo, prima di guardarsi desolatamente intorno nel constatare, ancora una volta, lo smarrimento di tutti: "Farò quanto in mio potere per aiutarti, lo sai"

Osservo ancora una volta, con sconforto crescente, il foglietto non capendo come può una simile sciocchezza darci una pista... certo, sul pezzo di carta c'è scritto ogni cosa sul Tetractys, come il fatto che era utilizzato dai Pitagorici, che costituiva sia il pari (l'imperfezione) che il dispari (la finitezza e la perfezione), che rappresentava l'ordine assoluto del cosmo, eccetera eccetera... in tal senso, su questo, le supposizioni di Dègel potrebbero pure essere corrette, potrebbe davvero raffigurare una costellazione, ma tutte queste informazioni al momento non hanno un significato per noi e tanto meno possiamo utilizzarle a nostro favore.

Semplicemente siamo bloccati, totalmente in pugno al nemico, non possiamo agire, non possiamo fare assolutamente nulla, neanche lenire le sofferenze dei nostri amici. E' straziante!

Non riesco ancora a credere che questo stupido bigliettino possa costare la vita a Milo! Seraphina ed io dovevamo riunirci per contrastare il Mago, NON per peggiorare ulteriormente una situazione già precaria! Cosa abbiamo ottenuto?! Niente...

Nel frattempo il rumore della porta che si apre e si chiude mi fa capire che Sisifo e Sage hanno appena finito di visitare Milo. Il mio cuore perde istantaneamente un battito.

“Oddio! Come sta?!” chiede Michela, cercando di cacciare indietro le lacrime.

“Purtroppo i sintomi e i segni sono gli stessi di Regulus...” sussurra Sisifo con voce roca, lasciando in sospesa la seconda metà della frase per discrezione, quella in cui ci avrebbe detto che quindi le possibilità di guarire sono esigue. Un messaggio che non viene proferito ma che tutti noi percepiamo.

Nei dintorni tutti tacciono, tentando di digerire, ancora una volta, una notizia che, pur intuita in precedenza, non vorremmo mai accettare. Tutto questo... è davvero troppo spietato!

“Non è tutto, questo male si abbatte con una forza superiore alla norma, è estremamente rapido nell'agire e svelto nel privare della vita; lo abbiamo visto colpire i soldati semplici e ucciderli nell'arco di poche, pochissime, ore, quando in realtà dovrebbe impiegare almeno una settimana... - ci spiega Sage, prendendo la parola. Ne deve aver viste di cose nella sua lunga vita per essere così pragmatico, ma lo trovo dannatamente spietato nella sua schiettezza - Regulus e Milo stanno resistendo di più soltanto in virtù del loro cosmo e del loro fisico temprato dalle fatiche” conclude, permettendosi un breve, intenso, sospiro prolungato.

Nella sala cade nuovamente un silenzio devastante, rotto soltanto dai singhiozzi di Sonia e Michela. Anche Francesca è sconvolta, ma si sforza di mantenere una postura composta, nonostante il peso degli avvenimenti.

Mio fratello a sua volta non piange, non strepita, non urla, non più... semplicemente fissa con sguardo vuoto la porta della camera in cui giace Milo. Io lo imito, avvicinandomi a lui, ma come era accaduto prima con Sonia, non ho parole da pronunciare in un simile frangente, come se dentro di me ci fosse null'altro che un buco nero in costante crescita. Mi accorgo, sì, di essere lacerata, e percepisco sempre di più il mio cuore sprofondare nei recessi di un dirupo senza fine, ma nello stesso momento ho la consapevolezza di non essere più in grado di esternare alcunché... parole di conforto risulterebbero false, motivazioni per non arrendersi davanti a tutto questo sarebbero sciocche, eppure... guardo silenziosamente Camus, sul punto di cedere, il suo malessere sempre più tangibile, il volto pallido, gli occhi duramente segnati: io una ragione per non cedere ce l'ho ancora, è proprio qui al mio fianco!

Rabboccò aria, ormai mi è difficilissimo parlare con lui, non so più come prenderlo, ho la sensazione che se usassi un mezzo tono sbagliato, o delle parole apparentemente fuorvianti lo distruggerei completamente, da quanto appare fragile. Tuttavia non posso lasciarlo così, ho promesso a Milo che lo avrei protetto, devo quindi avvicinarmi a lui, toccargli il cuore, tentare di farlo reagire per...

“MILO, DANNAZIONE!! SEI UN IMBECILLE!!”

Avverto con distinzione l'urlo di Cardia, prima di vederlo, letteralmente, scappare via dopo aver imprecato varie volte.

Non ho quasi più energie in corpo, ma la cognizione di quello che sta passando il mio migliore amico mi fa trovare le forze sufficienti per scattare nella sua direzione senza badare agli altri. Scelgo di nuovo lui, ancora una volta, non sapendo minimamente come ingaggiare un dialogo con mio fratello. Scelgo di nuovo Cardia... la consapevolezza spietata di dover dire qualcosa e di non esserci riuscita mi punge la coscienza, ma la repello con tutta me stessa.

Lo ritrovo poco dopo, mentre sta prendendo a pugni delle colonne lì vicino, rompendole e riducendole in frantumi, con sempre maggior foga. Finito con una, se la prende con un'altra, spietatamente, fuori di sé dalla rabbia. Il suo modo di reagire mi terrorizza ma l'intento di fermarlo c'è, si manifesta, in qualche modo.

“Cardia, per favore... fermati!” lo chiamo con un cipiglio di disperazione, non sapendo se raggiungerlo o no. Lui non sembra nemmeno udirmi, del tutto preso dalla sua opera di devasto, non ho altra scelta di precipitarmi verso di lui, afferrandogli il polso già maciullato, tanta è la forza che ci sta mettendo nel radere al suolo ogni cosa, persino sé stesso.

“Non bastava questo strazio di vita, no! Ora pure 'sto bastardo ci si mette, 'STO SCHIFOSISSIMO BASTARDO... 'sto maledetto, lurido, figlio di puttana!!! - continua imperterrito Cardia, del tutto incurante degli sforzi, per lo più inutili, che compio per trattenerlo in qualche maniera - Ma ora vedrai cosa gli faccio, appena me lo trovo tra i piedi... LO SPELLO, LO SQUARTO E, PRIMA DI LASCIARLO MORIRE, GLI FACCIO INGOIARE A FORZA IL MIO VELENO! E poi sarò lì, a contemplare il suo tirare le cuoia tra indicibili sofferenze, supplicancomi pietà, altroché se lo farò!!!" prosegue, sempre più furibondo, mentre le mani sanguinano sempre più copiosamente. Non ce la faccio, il mio fisico gracile non riesce a contrastarlo, ad impedirgli di autodistruggersi, ma devo trovare un modo, devo riscattarlo, almeno lui, visto che con mio fratello non riesco.

"IN QUESTO MOMENTO TI STAI FACENDO DEL MALE SOLO TU, FERMATI, TI PREGO!!!" scoppio infine, urlando con tutto il fiato che ho in gola. Inaspettatamente la mia voce riesce a raggiungerlo, fermando il suo operato e facendolo scivolare a terra, esausto, ed io con lui. Respiro affannosamente, stremata dal peso di tutti gli avvenimenti precedenti. Nello stesso momento Cardia singhiozza, un'unica volta e senza lacrime, ma sufficiente per rendere l'idea del suo stato emotivo, totalmente sopraffatto, come tutti, persino lui.

“Milo... Milo, sei un imbecille! Mi hai parlato di vita, mi hai detto che credi fermamente in essa... e ora proprio tu sei ad un passo dalla morte, che diavolo devo pensare di te?! Lascerai soli me e Sonia, in totale balia di questi eventi? Abbandonerai il tuo amico Camus, la piccola Marta e tutte le persone che tengono a te?! Dopo tanto cianciare... è questa la forza delle tue parole?!? Sei patetico, Milo... ” strepita ancora Cardia, prendendosela con la sua reincarnazione più per avere una valvola di sfogo che non per motivi reali. La sua disperazione è ben tangibile, ma non so come porvi rimedio.

Lo ascolto senza fiatare, rimanendo abbracciata a lui con tutta la forza che possiedo... tremo; tremiamo entrambi. Nello stesso momento le immagini del tempo passato con Milo si susseguono velocemente nella mia mente, trasmettendomi sempre di più una sensazione di impotenza e inutilità che mi rende sempre più fiacca e pesante. In fondo è proprio questo lo scopo del nemico, dovrei... dovrei cercare di trovare dentro di me la forza di reagire, ma sento di non farcela. Dove sto andando?

“No, vi prego... non arrendetevi anche voi, vi supplico! Non lo potrei sopportare!”

Mi volto sorpresa di lato, scorgendo Sonia a poca distanza da me e Cardia. Probabilmente deve trovarsi qui da un po', perché i suoi occhi gonfi di lacrime sono rivolti a noi con un'espressione ricolma di dolore: deve aver sentito il monologo dello Scorpione e assistito, almeno in parte, alla sua furia, ne sono certa.

Senza attendere una nostra risposta, compie subito uno scatto felino correndo verso di noi e abbracciandoci con foga inaudita, come un condannato alla forca che cerca con ogni mezzo di rimanere ancorato alla pallida vita, anche quando sotto di sé non vi è già più nulla.

Io sono quindi ancora appesa alla schiena di Cardia, lei è davanti, le sue braccia cingono sia me che lo Scorpione, il quale si trova in mezzo, sbalordito, non sapendo più che pesci pigliare.

“Vi prego, vi supplico!!! Già gli altri stanno perdendo sempre di più la speranza... voi siete l'unico sostegno che mi è rimasto, per favore... non abbandonatevi anche voi alla disperazione. Troviamo un modo per salvarli... insieme! Respirano ancora, no? C'è sempre speranza fintanto che si è in vita, me lo ha insegnato proprio Milo!" singhiozza la mia amica, affondando il volto nella spalla di Cardia.

"C'è ancora speranza, è vero, stiamo respirando, siamo ancora in forze!" biascico, ricordandomi dell'immensa voglia di vivere di Seraphina, della sua positività, che riusciva ad irradiare tutto e tutti.

Cardia esita ancora un attimo, prima di sospirare e annuire brevemente per poi mettere una mano dietro alla nuca di Sonia, mentre con l'altra mi stringe il polso. Il suo corpo smette di tremare.

"Va bene, non getteremo la spugna né ora né mai! - sentenzia, deciso, prima di osservare il cielo sopra di sé e rivolgersi così alla sua reincarnazione - Milo, seguirò quindi il percorso tracciato da te; lo seguirò come tua precedente vita, ma non prenderò il tuo posto. Io sono Cardia di Scorpio, nessun altro! Non posso essere te, ma posso prendermi cura della tua allieva in tua vece, e questo, sì, lo farò, dando tutto me stesso, te lo prometto, fintanto che tu non tornerai, perché DEVI tornare. Saresti solo un ipocrita, altrimenti!" esclama con convinzione, alzandosi finalmente in piedi e aiutando anche noi a raddrizzarci.

Qualcosa è cambiato nei suoi occhi, una scintilla, una strenua volontà di adempiere a quel dovere che si è prefissato. Ingoio a vuoto, fulminata dalla sua testardaggine, dal suo riprendersi così in fretta, accettando di essere un sostegno per noi. Anche io devo esserlo. Assolutamente!

 

***************************

25 Agosto 1741, primo pomeriggio.

Apro gli occhi, sforzandomi di trovare una ragione per alzarmi e cominciare un nuovo giorno. Con un movimento meccanico mi metto in piedi e, stremata, mi dirigo quasi inconsciamente verso la stanza dove giace Milo.

Ho sonnecchiato rannicchiata per terra, del tutto incurante dei richiami e dei tentativi di Cardia di andare a dormire nell'undicesima casa o nel suo tempio. Alla fine tra la sua ostinazione a farmi alzare e la mia a rimanere per terra, ha vinto quest'ultima e Cardia, sospirando, ha dovuto portare con sé un'ancora sconvolta Sonia. D'altronde nessun posto va bene per me, solo il pavimento dell'ultima casa, rimanendo così il più vicino possibile a Milo visto che ieri non è stato possibile entrare nella camera dove lo avevano portato.

“B-buongiorno, Marta!” mi saluta Sisifo, vedendomi in piedi. Il suo titanico sforzo per sorridermi è ben visibile ai miei occhi, trasmettendomi il forte impulso di voler far qualcosa per lui.

“Ciao, Sisifo... gli altri?” gli chiedo di rimando, guardandolo con apprensione.

“Dègel ha costretto Michela e Francesca a tornare alla Casa dell'Acquario, prima di riprendere le ricerche con Albafica, mentre Camus è rimasto qui e ha passato la notte con il suo migliore amico, malgrado i miei frequenti tentativi di impedirglielo!” mi racconta, serio, con una punta di preoccupazione nella voce.

Annuisco senza proferir parola, comprendendo fin troppo bene le ragioni che spingono mio fratello a stare al fianco di Milo, parallelamente però provo una paura atroce per le sue sorti. Non sono ancora riuscita a parlarci, forse questo è finalmente il momento propizio.

Faccio quindi per entrare a mia volta nella stanza, desiderosa di poter vedere chiaramente le condizioni in cui versa Milo, ma Sisifo mi blocca per un braccio, desideroso di impartirmi un avvertimento.

“Marta, anche se è inutile dirti che quello che troverai dentro non sarà il solito Milo a cui sei abituata, e che farai fatica a riconoscere il suo aspetto, ti voglio comunque mettere in guardia come ho fatto con Camus, che pure sta rischiando grosso a rimanere accanto al suo migliore amico: mi raccomando, sii prudente e ricordati che la peste è contagiosa, basta davvero poco per contrarla, quindi stargli vicino ma mantieniti ad una certa distanza da lui, per favore... Già in molti sono caduti, non voglio che succeda ad altri ciò che sta passando Regulus!” mi avverte Sisifo, guardandomi negli occhi.

Istintivamente fisso la porta davanti a me, la paura mi attanaglia, e di nuovo la sensazione di voler scappare lontano, ma la respingo. Devo farmi coraggio, devo essere anche io un sostegno per gli altri, è giunto il tempo.

“...Ma intanto so che sei consapevole di tutto questo, tu e le altre siete molto mature per la vostra età! - aggiunge Sisifo con dolcezza, regalandomi un nuovo sorriso che, per quanto mesto sia, mi trasmette una piccola scintilla di vita - Vorrei aggiungere anche un'altra cosa, se posso...” dice ancora Sisifo, prendendosi una breve pausa.

Lo guardo intensamente negli occhi in attesa che prosegua, riuscendo a percepire il calore del suo cosmo avvolgermi delicatamente le membra come a voler farmi sentire la sua presenza rassicurante.

“Per quanto può valere, Marta, vorrei... vorrei rendermi utile in qualche modo ma l'unica cosa che posso fare è dirti che capisco appieno la vostra sofferenza e mi dispiace davvero tanto per quello che vi è toccato passare con la vostra venuta qui!” mormora Sisifo con voce tremante e le labbra sottili tirate in una smorfia dolorosa, che tuttavia racchiude tutta la sua fierezza; la fierezza di un Cavaliere del Sagittario.

Sorrido, questa volta senza sforzarmi di farlo, e gli stringo con dolcezza la mano, tentando di ricambiare meglio che posso il calore che mi ha donato.

“Noi siamo con te, Sisifo! Il tuo dolore non vale certo meno del nostro! Io... Ecco, vedi sono una frana, ma... non mi arrenderò! Milo era così grintoso nelle sue scelte, nel difendere la vita che tanto amava e che tanto gli aveva regalato... io non posso essere da meno, altrimenti vanificherei la via tracciata da lui e... e inoltre c'è Camus con me, il mio preziosissimo fratellino, le mie amiche, voi tutti... non posso in alcun modo gettare la spugna!” esclamo, decisa, stringendo i pugni.

Vedo gli occhi di Sisifo illuminarsi per un attimo di una tenue luce, probabilmente sorpreso dal mio monologo.

“Grazie per le tue parole, Marta! Anche io proverò a non arrendermi e a combattere come state facendo tu e Dégel. Vedi, non so a chi aggrapparmi, mio fratello è morto, e l'unico parente che ho in vita è Regulus, ma... ma ti prometto che cercherò di trovare la ragione per continuare a sperare in un futuro migliore!!” ribatte, risoluto, prima di aprirmi la porta della camera di Milo e darmi un'occhiata di incoraggiamento.

Varco quindi la soglia in punta di piedi, ma fatti pochi passi all'interno della stanza mi blocco improvvisamente, sentendomi morire dentro in seguito all'odore pungente presente al suo interno, Mi faccio comunque coraggio, proseguendo testardamente e trovandomi dinnanzi a...

...Camus!

Vorrei chiamarlo, ma qualcosa mi trattiene per un paio di secondi, accenno ancora qualche passo, udendo finalmente la sua voce, roca, flebile, giungere alle mie orecchie. Sta parlando con Milo, convinto che lo possa sentire, la scena così drammatica mi mozza il fiato, mentre lo vedo accarezzargli teneramente i capelli. Faccio così fatica a riconoscere lo Scorpione, adagiato sul letto, con le coperte che lo coprono solo parzialmente. Non sembra affatto lui, avvolto così dalla penombra, il volto solo parzialmente accarezzato dalla luce, il viso tirato e sudato, i capelli appiccicati alla pelle.

Camus mi da la schiena, non si è accorto del mio arrivo, altrimenti avrebbe smesso di parlargli, meglio così.

"...lo ricordi, Milo? Era qualcosa di imperituro tra noi, il simbolo della nostra amicizia, nata proprio sotto quelle mimose. Ho sempre amato quell'albero, il suo profumo, che mi ricordava la sorellina che avevo perduto e, da quel giorno, anche il simbolo del nostro legame. Non posso... dimenticarlo!"

Gli sta parlando di quando sono diventati amici per provare a riscuoterlo? Lo accarezza con le dita del tocco di una piuma, con mille e più premure, partendo dai ciuffi ribelli fino a scendere sulla spalla, per poi ricominciare. Non credo di averli mai visti così, entrambi, fa male al cuore.

"Ci volevi giusto te per sopportare un bambino chiuso e scostante come me, tu... mi hai salvato, Milo, mi sono sentito spezzato quando mi hanno allontanato dalla famiglia d'origine, pensavo di non avere più un cuore che potesse battere, ma tu... mi sei stato vicino, ti sei preso cura di me, in tutti questi anni, ed io... io non ti ho mai ricambiato nulla!" singhiozza, senza lacrime, piegandosi verso di lui, quasi sorreggendosi al letto per evitare di cadere

Ingoio a vuoto, sforzandomi di trattenere dentro di me il malessere che percepisco come parte di lui e come parte di me: davvero ti senti così, Camus? Davvero pensi di non essere in grado di ricambiare nulla? Di essere un deserto ghiacciato e poco altro? No, non è così! Hai una paurosa difficoltà ad esprimerti, è vero, ma sei il nostro tesoro, perché non lo riesci a capire?!

Sempre senza fiatare, malgrado l'emozione crescente, rimango in disparte, sfrozandomi di osservare il corpo, coperto fino al basso ventre, di Milo, riconoscendo purtroppo che il decorso della malattia ha già quasi raggiunto il suo apice nel giro di pochissimo tempo: alcuni bubboni scuri, caratteristici della malattia, ricolmi di pus, si intravedono sotto le ascelle.

Automaticamente mi metto una mano sulla fronte, rifiutando l'idea che quell'individuo sul letto sia proprio l'allegro e solare Milo di Scorpio che fino a due giorni fa ci urlava di non arrenderci. Questa fastidiosa immagine che vedo davanti a me... ho come la sensazione che non la scorderò più, mai più!

"Non ho salvato te... non ho salvato Isaac... non riesco mai a salvare nessuno, i-io!!! Nonostante voi... mi abbiate dato tutto! Non sono mai riuscito a ricambiare, non sono mai stato un sostegno p-per voi, come ho potuto meritare di conoscervi, c-come ho potuto?!?"

“C-Camus, n-non dire così..." la mia voce trapela infine dalle mie labbra, ho le lacrime agli occhi, e capisco che anche lui deve averle, perché al mio richiamo sussulta, si passa il braccio sul viso, come gli avevo visto fare nel sogno con Shion, prima di trovare la forza di voltarsi.

Il terrore mi invade nel distinguere la sua espressione così vuota e priva di una qualsiasi luce che, per una breve frazione di tempo, sosta su di me. È uno sguardo ricolmo di disperazione, una richiesta di aiuto che si smarrisce nell'oblio. E' lampante che non voglia sostenersi a me, continua ottusamente a nascondere le sue emozioni, e questo, insieme, mi ferisce e mi fa arrabbiare, ma non è il momenro di manifestarlo.

“Marta... sei qui...” dice solo lui, in tono piatto, tornando a concentrarsi sull'indifeso Milo, che tuttavia smette di toccare.

“S-sì, s-sono qui, fratellino... come sta?” la voce mi muore in gola nel porre la domanda che mi sembra stupida e sciocca. A cosa mi sto aggrappando io?! Come posso pensare che lui si sostenga a me, se io stessa non so più dove sbattere la testa?!

“Come puoi vedere da te, il decorso della malattia è assai rapido. Come pensavo, come stavo cercando di fargli capire, non c'è più niente da fare, solo aspettare...” sussurra ancora Camus, stingendo i pugni in una evidente manifestazione di resa.

E' tutto vero... Milo ha già i sintomi della peste nello stadio più avanzato, tutto in un giorno solo! Non sembra esserci più speranza, eppure... eppure non posso permettere a mio fratello di arrendersi, devo scrollarlo,, o almeno provare ad instillare dentro di lui una nuova determinazione a reagire: possiamo scegliere, in qualche modo, del resto questa è la dimensione delle possibilità, no? Così mi ha detto Seraphina...

Devo... sforzarmi di essere forte, per entrambi!

Con questa unica speranza nel cuore, mi dirigo lentamente verso di lui con l'evidente intenzione di abbracciarlo o comunque di formare un contatto tra noi, al diavolo il Mago, ora posso contrastarlo, credo, ma devo afferrare mio fratello che sta precipitando nel vuoto, devo stringerlo, prima che sia troppo tardi.

“N-non è detta l'ultima parola, Camus, c'è speranza, perché... - ingoio a vuoto, gli dirò di Seraphina - Sai, io ancora non te l'ho detto, ma...”

Non ho il tempo di aggiungere nient'altro che lo vedo alzarsi bruscamente e allontanarsi, prima di voltarsi verso di me e imprimermi uno sguardo furente, che mi pugnala il cuore.

“STAI LONTANA DA ME E NON COMINCIARE A DIRE IDIOZIE PURE TU!!!”

Ghiacciata sul posto, la mano ancora protratta nella sua direzione. Lo fisso incredula, ferita a morte dalla sua reazione. le mie labbra tremano a vuoto, quasi mi verrebbe da piangere se non ci fossero motivi più seri per disperarsi.

Camus, intuendo il mio stato d'animo, si calma momentaneamente, forse pentito dal tono usato con me.

“Mi dispiace, Marta... hai visto cosa ne è stato di Milo dopo che ha provato a reagire, è tutto inutile, è finita, ormai..." biascica, prostrato.

Senza poter far nulla, lo guardo lasciarsi cadere in ginocchio e nascondere il suo viso tra le coperte del letto, vinto dall'impotenza tipica di chi, pur avendo dato l'anima per cercare una possibile soluzione, ha fallito miseramente. Affonda il suo viso nel lenzuolo, tirandolo a sé e singhiozzando sommessamente, mi si stringe il cuore a vederlo, vorrei toccarlo, fare qualcosa, ma... la frattura tra noi è ormai insanabile. Avevo un'unica possibilità di raggiungerlo, e l'ho persa. L'ho lasciato andare...

“E' tutta colpa mia!!! Se Dègel fosse stato al mio posto non avrebbe mai permesso tutto questo! Se aveste avuto lui come mentore, se Milo avesse avuto lui come migliore amico... non vi sarebbe successo nulla, vi avrebbe protetto e, insieme, avreste trovato una soluzione!” lo sento ancora biascicare, prima di vederlo bloccarsi improvvisamente, gli occhi spalancati, quasi come se fosse stato fulminato da una idea improvvisa.

Ora cosa sta...?

“MA CERTO! Posso tentare di creare un universo alternativo con que-questo potere! In tal modo il Mago non avrebbe più ragione di esistere, e voi...” farfuglia, in preda ad una lucida follia, lasciando volontariamente la frase a metà. Poi si raddrizza, gli occhi per un breve istante nuovamente luminosi. Leggo nelle sue iridi l'intenzione di andarsene senza rendermi partecipe dei suoi pensieri, così fa, in effetti, dirigendosi verso la porta, ma io, lesta, mi frappongo.

“Dove diavolo pensi di andare, adesso?! Un... mondo alternativo?! Che vai dicendo???” esclamo, guardandolo terrorizzata, aprendo le braccia come ad implorargli di fermarsi. Una bruttissima sensazione... una bruttissima sensazione mi appesantisce il cuore, già gonfio di dolore.

Camus si ferma di colpo e fa due passi indietro, presagendo la paura dietro il mio sguardo arrossato. Alza un braccio, avvicinandolo a me con l'evidente intenzione di accarezzarmi un'ultima volta, salvo poi ricordarsi che si è ripromesso di non toccarmi. Poco dopo infatti china e scrolla il capo, l'arto ritorna mollemente al suo posto, lungo la linea del fianco.

“Marta, io... - trema vistosamente, tornando almeno a guardarmi con quei due meravigliosi occhi che si ritrova. E' come se si volesse stampare in testa ogni minimo particolare della mia figura minuta, quasi come se fosse l'ultimo desiderio di un condannato. Non può toccarmi, ma mi abbraccia con lo sguardo, ancora caldo, ancora suo, ancora... - Perdonami se non te l'ho mai detto schiettamente quando eri cosciente, ma... ti voglio bene, piccola mia!"

La frase, che pure dovrebbe commuovermi, emozionarmi, mi trafigge più duramente di ogni altra cosa. Non mi ha...mai detto una cosa simile, se non quando ero morta e pensava di non rivedermi mai più, perché quindi ora... No... NO! Camus, cosa vuoi fare?!

"Probabilmente... probabilmente, se il procedimento avrà successo, ti dimenticherai di me, del mio volto, della mia voce, e accadrà in maniera del tutto naturale, come acqua che scorre in un fiume, come vento che accarezza le fronde degli alberi. Tuttavia, quando sarai sola e ti sentirai triste, senza nemmeno saperne il motivo, guarderai il cielo, pensando che esistono infiniti mondi e che, almeno in uno di questi, io e te siamo due ragazzi normali, due semplici fratelli, ma felici... - continua, mentre il suo corpo palpita in seguito alla violenta emozione - Marta, non avrai più memorie di me, ma il mio spirito sarà sempre, sempre, con te, anche se la tua mente potrà scordare le mie fattezze, te lo prometto, piccola!”

Sono talmente raggelata da non riuscire minimamente a muovermi, lui mi passa di fianco, avverto l'aria smossa dal suo passaggio, il suo profumo, che sta per svanire. Gli occhi mi si inumidiscono di riflesso.

"Prenditi cura di Milo e delle altre come non ho saputo fare io, ti supplico!" mi sussurra ancora, prima di aprire la porta e andarsene, richiudendola dietro di sé senza fare alcun rumore.

Mi sento quasi mancare, non so quale variabile mi impedisca di finire per terra, perché davvero è come se di colpo tutte le forze, la volontà stessa di non arrendermi venga prosciugata.

“Milo, ti prego!!! Aiutami! Ho... ho bisogno di te, adesso come non mai!" esclamo istintivamente, correndo con le gambe malferme verso di lui e appoggiando il mio volto sulla testata del letto, dove finalmente scoppio a piangere, dando libero sfogo alle lacrime, non solo singhiozzi, che da giorni mi affogano il petto. Rimango lì per un tempo indecifrabile, quasi ne perdo la cognizione, prima di riuscire a calmarmi un minimo.

“Camus... mi hai fatto promettere di proteggerlo e di prendermene cura, ma... ma come posso salvarlo da sé stesso?! I-io non sono te, ho... ho fallito!” farfuglio, sempre più spaventata da qualcosa di inevitabile che sento incombere su tutti noi.

Fisso per un attimo il volto pallido di Milo, riuscendo quasi a percepire, nuovamente, la sua muta richiesta di salvaguardare mio fratello, colui che, agli occhi dello Scorpione, deve costituire la persona più importante dell'intera sua esistenza. Mi chiede altresì di non lasciarlo solo, non ora, mai più, perché Camus ha già sofferto molto in vita sua, merita di sorridere da adesso in poi.

Sofferenza...

Quasi inconsciamente annuisco, proprio come se davvero Milo avesse comunicato con me in qualche modo. Non lo ha fatto, ma percepisco il suo desiderio come parte di me: "Ricordati la promessa, piccoletta, conto su di te! Solo tu puoi cambiare il suo destino, solo tu puoi ancora sostenerlo, seguilo!"

“Certo, lo farò, anche in tua vece! Tu non ti saresti mai arreso, avresti spronato mio fratello con tutto te stesso, non abbandonandolo per nessuna ragione al mondo, lo hai ampiamente dimostrato! Tu non ti arrendi mai davanti a nulla, questa malattia non farà eccezione! - lo provo a rassicurare, sfiorando la sua mano, posta sul lenzuolo, con le mie dita - Non ti preoccupare per Camus, non gli permetteremo di compiere azioni sconsiderate, te lo giuro solennemente ancora una volta! Tu però devi resistere con tutte le tue forze, lui... lui ha ancora un bisogno disperato di te, coraggio, Milo!” gli dico in un sussurro, accarezzandogli con dolcezza la fronte madida di sudore.

Poi, senza ulteriore indugio, dopo avergli rimboccato le coperte alla ben meglio, scatto all'inseguimento di mio fratello, decisa più che mai a fermare i suoi folli progetti, qualunque essi siano. Do una veloce occhiata al sole sopra la mia testa, al suo calore e alla sua luminosità, mentre un pensiero mi sfiora la mente: Camus, cadesse anche il mondo sotto i miei piedi, io continuerò a lottare finché tu sarai al mio fianco; sei la ragione che mi spinge a combattere e voglio dirtelo. Rimani al mio fianco, fratellino, te ne prego!

 

************************

 

Giunta al Tempio dell'Acquario faccio per andare in camera per cambiarmi velocemente di abito e prepararmi psicologicamente ad affrontare mio fratello, ma, vedendo che la porta della cucina è semiaperta e che da dietro di essa si sente un vociare confuso, mi sporgo leggermente dall'apertura, notando che Camus e Dègel sono uno davanti all'altro, intenti a parlare di un qualcosa che, si percepisce nell'aria, è di basilare importanza.

“Le ragazze... dormono?” chiede mio fratello a bassa voce, cercando di non incrociare lo sguardo della sua precedente vita.

“Sì, dopo una notte insonne sono riuscito finalmente a convincerle a riposare un poco” spiega Dègel, teso. Probabilmente, come me, avverte qualcosa di oscuro muoversi in Camus.

Mio fratello sospira tra i denti un "meglio così", sedendosi stancamente sulla sedia e coprendosi il volto con le mani, il respiro irregolare, visibile dagli spasmi quasi convulsi del suo petto. Qualcosa si muove dentro di lui, posso avvertirlo distintamente, ma come sempre è difficile capirlo quando si chiude così tanto nel suo guscio impenetrabile. Sta soffrendo in maniera inimmaginabile, probabilmente è vicino al limite, anzi, lo avrà di certo valicato, ma c'è ancora qualcosa che fa sì che lui continui a resistere strenuamente.

"Stiamo continuando le ricerche, vedrai che riusciremo a salvarli, te lo prometto!" dice ancora Dègel, ricercando un primo approccio, pur mantenendo le distanze.

"Quelle... non li salveranno, c'è un altro modo!" farfuglia mio fratello, sempre con la fronte appoggiata alle mani, tremando distintamente.

“Camus, cosa vuoi dire? Sei mentalmente distrutto per Milo, lo capisco bene, sarei come te se Cardia fosse in quelle condizioni, ma non possiamo permetterci la resa. I nostri amici stanno lottando, come possiamo noi gettare la spugna?!"

"Al momento stanno solo soffrendo a vuoto, la peste non li risparmierà, ma tu, e solo tu, puoi essere la chiave per la loro salvezza." biascica ancora, sforzandosi di raddrizzarsi per osservarlo negli occhi.

"Hai trovato una soluzione al problema? Come posso io... esserti di aiuto?" chiede delucidazioni Dègel, fissandolo incredulo.

Camus non fiata, si limita ad abbassare la mano destra, mentre con la sinistra si massaggia la fronte e poi gli occhi, come a voler scacciare qualcosa prima dalla sua pelle e poi dalla sua visuale. Poco dopo, riesce a produrre un breve cenno di assenso nella direzione dell'antico Acquario. Nel farlo, nella pallida speranza di darsi un contegno, alza totalmente lo sguardo su di lui. I suoi occhi appaiono così terribilmente scuri... sembrano due pozzi neri di petrolio!

“Puoi fare molto, Dégel, sei l'unico che mi può aiutare in questo momento, credimi..."

"Camus, dimmi cosa dovrei..."

"Devi promettermi di non partecipare alla Guerra Sacra che avverrà fra due anni, al resto... ci penso io!"

Gli occhi di Dègel si spalancano per lo stupore, nello stesso momento in cui il mio cuore accelera di botto, trafitto da una simile rivelazione. Automaticamente mi copro le labbra con una mano, cercando di non palesare il respiro mozzato al di fuori di me.

“Che... che dici?! Io non...”

“Ti prego, rifletti prima di obiettare! Avresti la possibilità di perpetuare il futuro e di rendere così il mondo un posto migliore! Sei prezioso, Dègel, troppo prezioso per morire in quel conflitto!” afferma ancora mio fratello, serio.

"E tu... tu... cosa hai in mente, Camus?"

"Non è necessario saperlo, io affronterò il mio destino."

"Il tuo destino... da solo?"

"Sì."

Repentinamente la temperatura della stanza incomincia ad abbassarsi, facendomi presagire che la rabbia dentro Dègel sta aumentando e che lui stesso, generalmente così calmo e tranquillo, sta facendo fatica a controllare il suo potere in un momento come questo. Rabbrividisco.

“Camus, mi stai dicendo di abbandonare i miei amici, di lasciare Cardia al suo destino e di infrangere la promessa che ho fatto ad Unity per rifuggire qualcosa che è già stato scritto?! Mi credi così pavido?!?” esclama oltraggiato, mentre la sua mano stretta a pugno trema vistosamente.

“Non ho detto questo! La vostra visione del tempo, attualmente, è sbagliata, perché voi pensate che esso si muova in avanti, secondo una linea che si sposta dal passato al presente e successivamente al futuro, non è così! Il tempo può espandersi e dilatarsi, ogni oscillazione provoca un mutamento, ogni mutamento provoca un cambio nella struttura del mondo, che quindi si può spostare da un punto, per così dire, A ad un altro punto, che può essere B, C, M, ecc... a seconda del cambiamento medesimo. Gli esseri umani sono gli unici fautori di questo mutamento, pertanto hanno il potere di cambiare le sorti del mondo intero! - racconta Camus, gli occhi che si fanno, per un breve istante, brillanti come di consueto nel trattare di uina teoria scientifica che lo deve affascinare parecchio - Quindi, se ora ti parlassi delle circostanze che condurranno alla tua morte e ti dicessi il modo per evitarle, si creerebbe una nuova linea dell'universo; una linea in cui il Mago non sarebbe così libero di agire, anzi, forse una linea in cui lui non esisterebbe neanche!” continua, cocciuto come non mai.

Dègel abbassa lo sguardo, che si fissa sul pavimento per pochi secondi, serra la mascella, probabilmente si chiede i motivi di una tale uscita, sforzandosi comunque di mantenere una pallida calma.

“Perché mi dici questo? Camus, sai benissimo cosa ti succederebbe se io rimanessi in vita, vero?” chiede retoricamente l'antico Acquario, colpito da quelle rivelazioni.

“Sì, la tua anima non si reincarnerebbe in un nuovo corpo, quindi io verrei cancellato dalla storia e da questa dimensione..." asserisce ancora mio fratello, abbassando lo sguardo, il respiro che si fa, per un solo attimo, regolare.

“Se sei consapevole di questo saprai anche che non lo permetterò! Non posso e non voglio accettare un prezzo così alto! Non voglio che si dica di Dégel dell'Acquario come di un codardo che ha procurato il dolore e le lacrime di molti solo per fuggire dal suo destino, e poi... Non voglio fare un torto a Marta e le altre! Se davvero creassimo questa ipotetica dimensione alternativa ne potremmo controllare anche gli effetti sulle altre persone? Io non credo... rischieremmo un cataclisma e, con esso, vittime innocenti!” è la risposta a viva voce di Dégel, risoluto come non mai.

"Molte vite non vedrebbero la luce, è vero, anf, altre, destinate all'oblio, invece la vedrebbero. In ogni caso, non essere mai nati è ben diverso che... morire!"

"E questo dovrebbe rendere questa tua azione meno turpe?! Non ti credevo così egoista, Camus!"

Sussulto nel percepire, per la prima volta, del vero e proprio disgusto provenire da lui, ed è tutto per lui, per mio fratello. Stringo con forza le mani sul muro che mi fa da appoggio, mentre la rabbia dilaga anche in me, repentina, come il gelo di Dègel.

“Ti prego, so che mi disprezzi per quello che ho, urgh, detto, ma... devi fidati di me! E' vero, siamo nel ventaglio delle ipotesi ora, ma... conosco un modo immediato per sparire da questa dimensione senza influire almeno sulle vite dei nostri compagni, di Milo, delle mie giovani allieve, d-devo solo provarci, finché posso, ma farlo in fretta, il tempo stringe e...” continua imperterrito mio fratello, ma viene bruscamente e brutalmente interrotto.

“Camus, non vuoi proprio capire allora!!! Non voglio sacrificarti per il mio interesse, tanto meno far soffrire le persone che ti vogliono bene! Non importa se sostieni di avere un modo per contenere i danni del passaggio da una linea di universo ad un'altra, ma non lo accetterò mai: anche tu sei indispensabile per questo mondo! - esclama Dégel, in tono crescente, sempre più nervoso - E inoltre... inoltre le persone comuni del futuro, che faranno?! Per quanto tu possa essere potente, non... non riuscirai a limitare i danni al livello globale, cambierebbe tutto!"

"Come dicevo prima... c'è una notevole differenza tra morire e non essere mai nati, è... è inevitabile che accada, se riscrivo la storia, ma..."

"Sei disposto ad accollarti un simile peso?!? Quelle vite non fiorirano mai per una TUA scelta, è un fatto gravissimo, Camus!!!"

Mio fratello esita, un solo attimo, prima di radunare tutte le forze che ancora possiede e imprimere, con fermezza, il suo sguardo in quello della precedente vita: "Sì, sono disposto a questo per... per salvare loro... di cadere nell'oblio, di... di finire smembrato, di morire infinite volte, qualunque cosa, ma... quel mostro non toccherà più le persone che amo! Deve sparire e, per farlo, devo sparire io..."

Un'occhiata di biasimo da parte di Dègel, che si limita a quello, nascondendo tutto il suo raccapriccio dietro un'unica, penetrante occhiata. Si volta nella direzione opposta, dandogli la schiena, prendendo atto delle sue parole, con lentezza. Non mi è più possibile scrutargli il volto.

Passano così alcuni minuti di totale silenzio, dove la situazione sembra calmarsi momentaneamente. Mio fratello intanto si alza faticosamente in piedi, respira peggio di prima e si regge a stento, le gambe quasi gli cedono, i movimenti, persino quelli più semplici, sono sempre più spossanti per lui, ma preso com'è a convincere la sua precedente vita ad assecondare i suoi progetti, non da minimamente peso al suo malessere sempre più tangibile.

“Ti devo confessare di aver provato un po' di invidia per te, quando ti ho conosciuto per la prima volta - a sorpresa, è la voce dell'Antico Acquario a palesarsi all'esterno, tanto che l'espressione spenta di Camus si illumina nuovamente per un solo attimo - Ho sempre desiderato avere delle allievo a cui insegnare quello che so, proprio come Krest aveva fatto con me, ma non ne ho mai avuto occasione, ahimè... Poi ho conosciuto te, il mio futuro, e le tue allieve, così ho scoperto cosa volesse concretamente dire essere mentore, ciò mi ha procurato, mio malgrado, una sorta di gelosia nei tuoi confronti... “

Camus ascolta il monologo senza fiatare, ma già a metà del discorso noto che la breve luce che, come una scintilla, gli aveva ravvivato il volto, sta di nuovo lasciando il posto ad un pallore crescente, sempre più concreto, nonostante i suoi tentativi di tenerlo racchiuso dentro di sé.

“Non pensavo che tu mi invidiassi, non lo avrei mai detto... Ironia della sorte, ho provato lo stesso per te, nel vedere come riuscivi a relazionarti con le persone. Ti stimo tantissimo, Dégel, anche se non abbiamo mai avuto troppe occasioni per parlare. Ci sono momenti in cui vorrei davvero essere ANCORA come te, anf, senza questa perenne coltre di ghiaccio che mi tiene separato dal mondo esterno” rivela a sua volta, con un sorriso amaro che gli solca le guance diafane.

“E' bizzarro, non trovi? Ognuno invidia l'altro per qualcosa, davvero un assurdo gioco del destino! - commenta Dègel, leggermente più rilassato rispetto a prima - Ma, vedi, le tue allieve, Camus, sono molto di più di sapersi relazionarsi con gli altri! Devi essere fiero di loro, sono inestimabili e, come forse ti ho già detto, la migliore cosa che ti potesse accadere! Anche per questo motivo non voglio assolutamente intromettermi, loro desiderano te come maestro, e te solo, nessun altro! Ed io non ti permetterò di creare un mondo nato dal sangue del tuo sacrificio! Il procedimento che vuoi attuare disintegrerà il tuo corpo, vero? Può esserci una notevole differenza tra morire e non essere mai nati, di questo ti do atto, anche se mi trovi discorde, io non lo farei mai, al tuo posto, ma la prima vittima saresti comunque tu, non posso accettare un simile compromesso!” sancisce Dégel, lapidale, convinto di aver volto il dialogo a suo favore.

“Tu no... ma io sì! - esclama Camus, senza alcuna esitazione, ricambiando per l'ennesima volta l'occhiata dell'altro in un crescendo di tensione - E' la mia vita, il mio corpo... ho la facoltà di decidere cosa sia meglio per le mie allieve e tutte le persone a me care!”

Riesco a fatica a soffocare un singulto dentro di me, mentre una sensazione di vuoto inghiotte tutte le residue speranze che, a stento, mi erano tornate. L'unico appiglio che ancora mi teneva in piedi, che mi faceva lottare e non arrendermi, l'unica speranza che ancora nutrivo... vuole recidere la sua vita, decidendo di patire l'inferno, il supplizio eterno, del tutto incurante delle mie scelte, di quelle di Milo, che darebbe l'anima per lui, e di tutte le persone che stanno continuando a lottare per averlo al loro fianco.

No, io... mi sento mancare, è come se qualcuno mi avesse conficcato un cacciavite nello sterno, da quanto mi fa male. Camus, come puoi...?!

“Per-perché?” riesce solo a biascicare l'antico Acquario, sbigottito.

“Tu sei migliore di me, Dègel. Saresti un ottimo amico per Milo, un autentico sostegno per le mie allieve, un punto di riferimento per i tuoi compagni... persino le persone comuni trarrebbero giovamento dal perdurare della tua vita, perché, con ogni probabilità, salveresti più vite di quante ne abbia protette io, per cui... Voglio che tu viva, Dégel, lo meriti più di me!” dice ancora Camus, mantenendo lo sguardo basso, mentre un altro sorriso amaro solca il suo viso pallido.

Accade tutto in pochi attimi... Dègel, con uno scatto fulmineo, afferra Camus per i colletto della maglietta, facendolo sbattere violentemente contro il muro opposto per poi bloccarlo lì, il gomito a premergli sulla trachea, il viso paurosamente vicino al suo. Mio fratello tossisce più volte, cercando di recuperare l'ossigeno che gli manca, arrancando disperatamente.

“SEI UNO STUPIDO, CAMUS!!! COSA DIAVOLO STAI BLATERANDO ADESSO?! CHI TE LO HA CONCESSO IL DIRITTO DI DECIDERE PER GLI ALTRI?!? - esplode Dégel, completamente fuori di sé dalla rabbia, anche lui deve aver raggiunto il suo culmine, come Milo, abbattendosi senza più alcuna esitazione - DA QUANDO L'IMPORTANZA DELLA VITA UMANA SI PUO' QUANTIFICARE SUL PIATTO DELLA BILANCIA COME STAI FACENDO TU ORA?!? DA QUANTO TEMPO HAI EREDITATO QUESTA PRESUNZIONE?!?" grida ancora, serrando la mascella di Camus per cercare un raffronto faccia a faccia con lui.

Mio fratello, incapace di mantenere quel confronto, cerca di girare leggermente la testa, ma non riuscendoci in seguito alla stretta poderosa di Dégel, si limita a tentare di ribellarsi da quella posizione scomoda, con scarsi esiti e con movimenti a vuoto, quasi ciechi. Alla fine riesce ad afferrargli i polsi che stringe, in un patetico tentativo di opposizione.

Dègel sospira pesantemente e, capendo di stargli facendo troppo male, allenta un po' la morsa, lasciandolo almeno libero di respirare. Lo trattiene sempre per il bavero della maglia, ma con meno astio di prima, permettendogli così di tornare a respirare con più regolarità, cosa che però non avviene, perché il respiro di Camus è sempre più dispnoico, non sembra neanche più dipendere dalla reazione violenta che ha subito, ma da altro.

“Camus? - ricomincia Dégel, con più dolcezza, non capendo pienamente i motivi del suo malessere – Quindi per te... se io salvassi, per esempio, 10 persone e tu 1 meriterei più io di vivere ? Allo stesso modo, visto che io sono una persona diversa da te, arbitrariamente sarei migliore? No, non credo a tutto questo... Ogni vita umana ha la sua importanza; ogni vita umana è indispensabile per qualche altro essere vivente... no, non voglio sconvolgere il tempo, non voglio elevarmi presuntuosamente a Demiurgo, il mio destino è già stato scelto, non mi opporrò! ”

“Ascoltami, anf... ascoltami, ti dico! - balbetta ancora Camus, serrando le palpebre per il troppo dolore, le sue braccia ricadono inerti lungo i fianchi, non si è ancora liberato da quella mostra, non sembra più in grado di farlo - Io non so con quale criterio oggettivo si possa definire una vita più importante di un'altra, ma ti posso dire il mio soggettivo... e in base a questo tu faresti molto più di me!"

“Sei un folle! Quindi solo per questo, tu...? E' solo perché non ti reputi all'altezza, Camus?!” chiede insistentemente Dègel, mentre l'aria intorno a lui vibra per la rabbia; rabbia che puntualmente cerca disperatamente di controllare dentro di sé, invano.

“Ascoltami, ti dico, il tempo che mi rimane si sta esaurendo, anf... I-io non sono stato in grado di proteggere le persone a me care, ho fallito... loro sono morte, oppure le ho fatte soffrire con i miei modi... che razza di uomo sono, se non riesco nemmeno a proteggere i miei affetti più intimi?!? Può un incapace come me salvaguardare il mondo intero?!? - singhiozza Camus, continuando nel suo delirio crescente, riaprendo gli occhi, sempre più arrossati, nonostante non abbia più lacrime - Forse sono un egoista e un vigliacco, è vero, ma la verità è che non voglio... non voglio vivere in un mondo privo di Milo, di Marta, di tutti gli altri... NON VOGLIO, TUTTO QUI! Non mi importa di salvare un pianeta che non possiede più queste luci; le luci della mia vita... il mio primo obiettivo è difenderli, questo è il mio criterio soggettivo! Pertanto... con il mio sacrifico creerò un mondo per loro, un mondo in cui potranno vivere senza correre questi pericoli e in cui potranno essere felici; questo stesso mondo vedrà te come Cavaliere dell'Acquario, perché solo una persona straordinaria e altruista come te, anf, può essere in grado di sottrarre alla morte l'umanità intera!"

Il mio cervello intanto è un fiume in piena: vuoi vivere in un mondo privo di noi, ma tu... tu, per primo, ti stai proiettando verso il martirio, incurante di noi, di lasciarci soli, di farci vivere in un mondo privo di te, del tuo tocco, del tuo sguardo fiero e del tuo sorriso delicato... TU PUOI PRIVARCI VIGLIACCAMENTE DELLA TUA PRESENZA, PER SALVARCI, NOI INVECE NON POSSIAMO! CAMUS. SEI... SEI... SEMPLICEMENTE...

La stretta di Dègel aumenta nuovamente d'intensità, facendo uscire un gemito di dolore dalla bocca di mio fratello. Quanto vorrei che infierisse ancora, e ancora, che lo picchiasse, fino a farlo sangunare, che gli urlasse di tutto, che gli facesse male, tanto male...

Così preda della collera, dell'ira più atroce, quasi non me ne accorgo, ma le mie mani, ancora strette sul muro, stanno aprendo tante crepature nello stesso. Alcuni pezzettini cadono ai miei piedi, insieme a gocce di sangue, ma non me ne curo minimamente. Non mi importa. Non mi importa più di nulla.

“E' così, dunque... io credevo che fossi preda di un momentaneo attimo di follia per le condizioni in cui versa Milo, ma le tue parole nascondono in verità una certa sicurezza!” esclama Dègel, sempre più fuori di sé, non accettando forse l'idea che, nel futuro remoto, lui sia diventando così. Non si riconosce più, quasi si disprezza. Anche io sto disprezzando Camus dell'Acquario, non riconoscendolo minimamente. No, non è lui, non può essere lui!

Vigliacco... sei un vigliacco, Camus!

Ormai pervasa dalla collera, che trattengo a malapena per le redini, vedo comunque il volto di Dègel avvicinarsi paurosamente a quello di mio fratello, il quale sembra talmente indifeso da mettere soggezione. Ha le palpebre nuovamente serrate, le braccia inerti lungo i fianchi, la maglia leggermente sollevata sull'addome, dal quale si intravede il bordo dei pantaloni, stretto a stento in vita da un laccio legato insieme da un doppio, anzi, triplo, nodo. Lo percepisco appena, ne percepisco la gravità, ma, ancora una volta, l'ennesima, decido di non curarmene. Lo stesso fa Dégel, sebbene, presumo, tenendolo a peso morto, si renda conto che è molto più leggero del solito. I suoi occhi sono semplicemente fissi su di lui, senza più un briciolo di indulgenza. E' visibilmente al limite...

...ma anche questo non importa più, mi fa soltanto una gran rabbia. Rabbia... rabbia... c'è solo quella, il resto è terra bruciata!

“Stammi un po' a sentire, incosciente, tu vivi per le persone che ami, e non ci sarebbe niente di male in tutto questo, se non fosse che la tua folle corsa non ti ha fatto soppesare bene un dettaglio fondamentale: Marta!” esclama tutto insieme Dégel, sempre più iracondo, riprendendo da dove lo aveva lasciato. La comparsa del mio nome mi riscuote appena, ma non abbastanza per sbollirmi. Vorrei semplicemente urlare; urlargli contro tutto l'ammasso nero che percepisco dentro di me.

Camus intanto, a seguito delle sue parole, spalanca gli occhi al limite dell'umano possibile, mentre un singulto sfugge dalle sue labbra, inspiegabilmente secche.

“Hai detto che vuoi difendere le persone a te care, giusto? Ma se tu cambi la storia e scompari, come puoi pensare che queste, essendo esseri viventi ormai senzienti, semplicemente, si dimentichino di te?!? Vuoi forse dargli una tristezza perpetua e inspiegabile?! Questo vuoi per loro?!? In più, la situazione di Marta è ancora più delicata...”

"La mia... Marta..." ripete Camus in un singulto, incapace di proferire altro. Non ci aveva assolutamente pensato, è evidente, troppo preso dal desiderio di scomparire e piegato dai numerosi fatti precedenti. Non ci aveva pensato, e ora, la verità, è limpida ai suoi occhi per bocca dello Dégel.

“Marta è senza ombra di dubbio tua sorella in questa dimensione... ma poniamo ad immaginare il caso in cui io sopravviva e tu non nasca mai, permettendo comunque a Milo e alle tue allieve di continuare a vivere... ebbene chi ci assicura che questo valga anche per Marta?!? Sei così certo di riuscire a permettere anche a lei di vivere in questa presunta dimensione che creerai con le tue forze?! Io, in tutta franchezza, non credo... Sei quindi talmente egoista da volerle strappare il futuro, il calore della vita stessa, solo perché tu ti senti un inetto?!? O forse non ci avevi proprio pensato?!? In entrambi i casi, riflettici, Camus!” continua, senza alcuna pietà, non mascherando comunque un certo coinvolgimento emotivo.

Mio fratello serra la bocca nel tentativo di non singhiozzare, con scarsi esiti. Dégel, capendo ancora una volta le difficoltà che la sua morsa così stretta provoca alla respirazione della sua reincarnazione, lo libera, facendolo cadere con un tonfo a terra. Più nessuna resistenza.

“Direi che il discorso è concluso, Camus, troveremo un altro modo per proteggere coloro che amiamo senza sradicare via questo mondo. Per farlo, sei indispensabile, quindi, per favore, smetti di vaneggiare, fatti forza e reagisci. Non sei solo!”

Mio fratello è ora seduto a terra, gli occhi lucidi, vitrei, sempre più arrossati, ma è la nuova consapevolezza a causargli un dolore sempre più insostenibile. Lo sento ansimare, piegandosi su sé stesso, ormai vinto. E' il crollo netto che precede la fine...

“N-non posso fare quindi niente... NIENTE, senza coinvolgere la mia amata sorellina, per-perché ha scelto lei di essere... no! NO! Per gli dei, no... anche questo supplizio, no! VI PREGO!” inizia a sussurrare, implorando un aiuto che nessuno può dare, nemmeno Dégel, che ci ha provato con tutto sé stesso e che ora esita, sconvolto da qualcosa che non riesco ad afferrare, non più. E' tutto così appannato...

Camus si nasconde il volto con le mani, serrando i denti per impedirsi di urlare. E' ormai in frantumi, totalmente... ma sfortuna vuole che io riesca a sbloccarmi solo in questo momento, incredula e ancora scossa da quanto appena udito.

Esco dal mio nascondiglio tutta tremante e, quasi inconsciamente, come se fossi un automa guidato da un'altra volontà, fisso la figura a terra di colui che dovrebbe essere un mio consanguineo, ma che ora vedo solo come un patetico essere privo di volontà. Lui ode i miei passi, discosta le mani dal suo volto, di un bianco innaturale, lo vedo bene, eppure è ancora tutto così strenuamente ovattato, la mia furia è cieca, non riesco più a controllarla.

E' tutto così appannato...

E' tutto così vacuo...

...e insensato!

INGIUSTO! Perché mi hai tradito proprio tu... Camus... perché mi hai fatto crollare la terra da sotto i piedi?! Tu, il mio unico sostegno... perché ho scelto di sostenermi a te, perché?!?

“Marta?! Cosa... cosa fai qui? Hai udito tutto?!” esclama lui, terrorizzato, il respiro mozzo, il petto ansante.

Tutto questo mentre Dègel fa due passi indietro, avvertendo la mia furia selvaggia. Vorrebbe fermarmi, lo percepisco, ma non può nulla neanche lui, solo Camus potrebbe, ma è la ragione prima della mia ira e colui sul quale mi abbatterò. Senza alcuna pietà.

“Ho sentito... quanto basta... che tu vuoi morire, anzi, non essere mai nato, poiché pensi che questo possa farci sentire meglio e migliorare la situazione in cui ci troviamo...” sibilo impercettibilmente, non discostando lo sguardo gelido dalla sua figura. Voglio che li senta tutti su di sé, i miei occhi, voglio che ne saggi il tremendo peso.

Ho sopportato tutto finora grazie soprattutto al pensiero di mio fratello. Era il mio pilastro centrale, la mia forza, ma ora... ora sono venuta a sapere che lui considera tutta la sua vita una schifosissima merda e che vuole essere cancellato dalla storia, pensando che così saremo belli che felici e contenti senza di lui! Tutto il mio mondo mi sta franando addosso, non ho più alcuno appiglio, se lui, proprio lui, crolla, e questo non... non riesco ad accettarlo!

“No, non è così, piccola mia, io...” inizia a stento lui, cercando le parole per tranquillizzarmi e, al contempo, le forze per alzarsi, che però gli mancano. Non ci riesce, non appena prova a darsi la spinta ricade, tremante, sempre più esausto.

Troppo tardi. Troppo tardi per tutto!

“MA SE E' QUELLO CHE HO SENTITO!!! HAI APPENA ASSERITO DI VOLER PORRE FINE ALLA TUA VITA!!! COME PUOI ANCORA NASCONDERMI LA VERITA', QUANDO L'HO UDITA CON QUESTE MIE ORECCHIE?!?” gli urlo contro, mentre le lacrime inondano i miei occhi già provati da tanto dolore - COME PUOI, CAMUS?!"

“Marta, anf, anf, t-ti prego, fammi spiegare, sono allo stremo d-delle forze e...”

Vedo l'espressione di Camus farsi sempre più addolorata, il suo corpo sussulta, trema, ma questo non basta a fermarmi, mi manda ancora di più fuori dai gangheri.

“ORA NON ARRAMPICARTI SUGLI SPECCHI, RAZZA DI VIGLIACCO!!!" grido, sempre più inviperita, sempre più fuori di me, tuttavia la mia voce si mozza nella trachea, lasciando invece spazio a veri e propri spasmi. Automaticamente mi copro il volto con le mani, nel tentativo di arrestare il pianto isterico che mi ha colto. E' tutto inutile. Ogni cosa è diventata inutile dopo ciò che ho ascoltato. A fatica, proseguo.

"Tu... tu non hai minimamente idea di quanto sia stato difficile, per me, crescere senza una figura maschile a farmi da conforto. Davvero non immagini quante volte io mi sia sentita tremendamente sola, di ritorno da scuola a trovare una casa dannatamente vuota, perché nostra madre faceva i turni lunghi in ospedale per permettermi una vita più che decorosa. Non sai quante volte io abbia desiderato avere un fratello maggiore su cui fare affidamento, un qualcuno che mi facesse sentire al sicuro quando le cose andavano male, NON LO SAI... Poi ti conosco, scopro chi sei, ed è stato il regalo più bello che potessi avere da questa vita. E ora... ora vengo a sapere che questa stessa vita, per me più che preziosa, tu la consideri niente di più che spazzatura, null'altro! QUESTO E' UNO STRAMALEDETTISSIMO COLPO BASSO, CAMUS!" finisco di dire, urlandogli a squarciagola tutta la mia rabbia.

Tra un singhiozzo e l'altro lo guardo, nella speranza che controbatta qualcosa, che si avvicini a me, che mi rassicuri con un semplice gesto, come solo lui sa fare, ma per ogni secondo che passa, la consapevolezza che non accadrà niente di tutto questo si fa sempre più strada in me. Mio fratello infatti non dice niente, si limita a fissarmi con espressione martoriata, le labbra, sinonimo del desiderio di parlare, semiaperte, tese in un silenzioso gemito, gli occhi più scuri del solito, quasi vitrei, completamente devastati; la pelle innaturalmente bianca che delinea ancora di più la sua espressione indicibilmente sempre più svuotata, come prosciugata della forza, della volontà, di ogni cosa... Tutto questo, per uno sporco gioco del destino, non solo non mi fa addolcire nei suoi confronti, ma bensì sblocca la parte più terribile del mio segno.

...E quello che non gli avrei mai voluto dire, trova da solo la strada per uscire ed essere lanciato.

“Se questi sono davvero i tuoi pensieri, se davvero volevi porre fine alla tua insulsa vita in questo modo, allora non ci saremmo mai dovuti incontrare, non avresti MAI dovuto entrare nel mio cuore, straziandomelo fino a questo punto! - sibilo, fremendo senza più alcun freno. Lo guardo un'ultima volta negli occhi, che riduco a due fessure. Implacabile - TI ODIO!"

Due sole parole, tutta l'acredine provata nel giro di pochi minuti. Il colpo di grazia. Per lui, che incassa malamente il colpo. Per me, che sfuggo letteralmente via, dandogli le spalle senza volerlo più vedere. MAI PIU'.

Non ti voglio più vedere, Camus!

“N-no.. M-Mart... asp... urgh!"

Qualcosa tonfa dietro di me. Non ci do peso.

“Santi di quei numi... CAMUS!”

Qualcuno urla dietro di me. Dégel. Non ci do peso.

Qualcosa si insinua dentro il mio cuore. Ancora, non ci do peso.

Non mi importa più di niente! Il mio mondo è a pezzi, non mi resta che correre via, il più lontano possibile. Sparire, per sempre. Non voler vedere più nessuno. Per sempre!

 

**********************

Perché?! Perché vuoi morire, Camus?! Come è possibile che tu dia un valore così basso alla sua vita quando... quando per me e le mie amiche sei tutto?!

Singhiozzo disperata tra me e me preda dei pensieri senza curarmi dei lamenti che trapelano dalla mia bocca. Sono da sola adesso, posso sfogarmi come e quanto voglio senza aver paura di essere giudicata da qualcuno. Di essere giudicata da lui.

Eri il mio appiglio, fratellino... la ferma volontà di non cedere, ma ora... cosa mi resta?! Cosa mi rimane?!

Istintivamente mi sono diretta al promontorio dove Dègel mi ha trovato quando sono finita in questa epoca, lo stesso luogo in cui Regulus ci ha condotto prima di svenire a causa della peste. Qui è stato il principio di tutto, la porta, si può dire, che mi ha connesso a questo mondo. Non so più se voglio tornare indietro o andare avanti, tanto avanti, dove non posso più avvertire questo dolore.

Sono rannicchiata per terra, nascondendo con forza la testa tra le gambe. Neanche il rumore armonioso dell'Egeo sotto di me riesce a dare un freno alla mia inconsolabile disperazione. Ho fatto due promesse diverse a Milo e a Sisifo, eppure ora le sto infrangendo tutte e due nel medesimo momento, ma che importanza può avere ora?!? Camus è crollato... a cos'altro posso aggrapparmi?! Oh, Milo... Milo ti prego, aiutami! Non riesco ad essere come te, non riesco a sostenerlo come hai fatto tu in questi anni, nonostante te l'abbia giurato, io...

"Milo non può ascoltarti, birba, ma, se vuoi, ci sono io..."

Improvvisamente mi sento avvolgere da due braccia, seguite da un tocco leggero sulla mia testa, come di mani che accarezzano i capelli vezzeggiati dal vento.

Alzando leggermente lo sguardo, riesco a distinguere Sonia seduta vicino a me che mi sta abbracciando, mentre Cardia, accucciato davanti, mi accarezza dolcemente i capelli.

“So che Milo ti darebbe più garanzie, io, in tutta franchezza, neanche tra duemila anni potrei essere giudizioso come lui, ma... sono qui, Marta!” mi ripete lo Scorpione con amarezza, tentando comunque di sorridermi per rassicurarmi.

Vederli qui vicino a me è come una boccata di ossigeno, provo ad asciugarmi in fretta gli occhi.

“C-come mi avete trovata?”

“Ci sei passata di fianco in lacrime, Marta! Per un po' ti abbiamo seguita ma poi, avendoti persa di vista, ci siamo dovuti basare sull'istinto di Cardia che si è rivelato un radar per trovarti con successo!” mi spiega Sonia, guardandomi negli occhi e cercando di sdrammatizzare un po', mantenendo comunque il contatto reciproco.

"Grazie... davvero..." farfuglio con voce flebile, continuando a sfregarmi il volto per scacciare via il bagnato.

“Che cosa è successo? Oltre alle brutte notizie di Milo e Regulus, intendo!” mi chiede Cardia, incitandomi a parlare.

“E'... è mio fratello, lui... lui... – non riesco a terminare la frase a causa dell'immenso peso che mi si è creato in gola e sullo sterno. Sto per scoppiare di nuovo a piangere, vanificando il mio intervento, ma mi trattengo – Lui... ha dei pensieri sulla sua esistenza che... che non avrei mai creduto! L'ho sentito parlare con Dégel del suo desiderio di sparire, di non essere mai nato... ed io... ed io non sono riuscita a controllarmi, gli ho detto che lo odio e, oddio, altre cose cattive, veramente cattive!” singhiozzo, rannicchiandomi ancora di più.

"Quanto... cattive?"

"S-sono stata spregevole, Sonia! L-lui, vedevo bene che non ne poteva più, che era stremato, c-che aveva bisogno di... di non lo so, qualcuno che lo aiutasse, ed io... io ho solo sputato altro veleno, non facendolo parlare! - biascico, incassando la testa nelle ginocchia per la vergogna - L-lui... lui mi odierà adesso, e me lo meriterei pure!"

Sonia si stacca leggermente da me, un poco irrigidita. Per un istante ho come l'impressione che non tornerà ad abbracciarmi, ma poi mi stringe di nuovo, posando la testa contro la mia e convincendomi così a raddrizzare almeno un poco il volto per tornare a guardarli.

"Non ti preoccupare, capita di dire cose cattive quando si è molto scossi o arrabbiati. Qualunque cosa tu gli abbia detto, Camus non lo penserà di certo, vi siete semplicemente presi in un momento sbagliato!"

Ricerco la sua mano, che stringo tra le mie e il sostegno visivo di Cardia, più serio del solito, che mi fissa partecipe: "L-lui... lui voleva scomparire da questo mondo, crearne uno nuovo per... diavolo, non so perché, non so che cazzo gli abbia preso! - sono di nuovo arrabbiata, nonostante il dispiacere. Non capisco. Non MI capisco, è ciò mi terrorizza. Sgrano gli occhi, prima di tornare a spiegare - L-lui... voleva sacrificarsi, per consegnarci un mondo nuovo, i-io... non ci ho più visto!"

"CHE COSA?!" esclamano all'unisono loro, sinceramente sconvolti dalle mie parole,

Annuisco, prima di discostare il mio sguardo dolente al sole rossiccio: "D-dovevo avere cura di lui, fargli vedere quanto bella fosse questa vita... non ci sono riuscita! La consapevolezza di ciò, la mia colpa, mi ha fatto invece infierire vilmente su di lui. Non è lui il vigliacco, s-sono io!"

"Come stracazzo pensava di costruire un mondo?! Può farlo?!?" strepita Cardia, scosso.

Diniego con la testa, non sapendo cosa rispondere, mentre il viso di Sonia si incupisce, rabbuiandosi notevolmente: "Forse sì, poteva farlo veramente, ma..."

"Ma sarebbe criccato lui, no?! E voleva farlo comunque???"

"Era disposto... a subire qualsiasi conseguenza - dico, affranta - I-io non so come possa svilire così la sua vita! I-io credevo di essere speciale per lui, di... essere riuscita... a comprenderlo, a capirlo... invece... non ho nemmeno sfiorato il suo cuore!" mi rimprovero, mettendomi le mani tra i capelli, sentendo una nuova crisi dilatarsi in me, fortunatamente tamponata da Sonia, che mi tiene stretta.

“Quindi abbiamo questo che è sentimentalmente dislessico, come dice Milo, pieno di turbe psichiche, asociale, scostante, e pure autolesionista... hai fatto bingo, Dègel, che cappero ti è successo per ridurti così?!" tenta di alleviare la tensione lo Scorpione.

Nessuna risposta da parte mia, mi limito a nascondere nuovamente la testa tra le gambe per non far vedere al mio migliore amico i miei occhi arrossati. Io... per cosa mi sono arrabbiata? E' stato perché... il mio mondo, il mio unico appiglio, mi è franato da sotto i piedi? Oppure perché ero delusa da me stessa, da non essere riuscita a sostenerlo e, pertanto, mi sono sfogata su di lui?! Sia in un mondo, che nell'altro, non ho alcuna scusante! Percepivo bene il malessere di mio fratello, ma ciò non mi ha minimamente fermato. E poi.. e poi... quei suoi pantaloni stretti a malapena in vita, le ossa dell'anca così in rilievo, la magrezza estrema... perché mi sono raccontata che andasse tutto bene?! Perché non ci ho dato il giusto peso, pensavo forse che, non trattando di quell'argomento, si sarebbe risolto da solo?! E' da giorni che si vede il suo pauroso deperimento fisico, quest'oggi mi è parso ancora più accentuato, tanto da impedirgli di reggersi sulle sue gambe senza barcollare, eppure io... continuo ad essere furibonda con lui, se me lo vedessi davanti urlerei ancora ancora. Io... s-sono un mostro, nient'altro che un mostro!!!

“E-ehi, Marta, guardami!” esclama Cardia, prendendomi dolcemente le mani e costringendomi ad alzare il capo, forse intuendo le vagonate dei miei pensieri.

Il suo sguardo, automaticamente, si imprime nel mio. Ha ancora quella luce che lo ha illuminato quando Milo è caduto, non è affatto arrendevole, anzi, deve aver trovato la forza in qualcosa. Posso quindi io rimanere immobile?!

“Andrà tutto bene, birba, mi hai sentito? Ci vado io a parlare con Camus, lo convincerò a cambiare le sue tare mentali anche a suon di cazzotti! Però tu mi devi fare la promessa che smetterai di piangere, intesi? Non mi piace affatto vederti così, tu devi sorridere!” mi rincuora, trasmettendomi calore e speranza come solo lui sa fare.

Ingoio a vuoto e mi sforzo di sorridere per esaudire la sua richiesta, cosa che mi riesce abbastanza facile, per fortuna.

“Oh, brava così, è esattamente questo che intendevo!” esclama scherzosamente Cardia, facendomi l'occhiolino.

“E' davvero buffo... l'altro giorno ero io a consolare te, oggi accade l'inverso! Grazie, Cardia e Sonia, per la vostra presenza e per le vostre parole! Mi sento già molto meglio! Siete riusciti a farmi coraggio!” sorrido, un poco rasserenata.

Sonia annuisce e mi abbraccia nuovamente, anche lei in condizioni migliori rispettoi a ieri, mentre Cardia arrossisce e abbassa lo sguardo.

“Beh, è così che si fa tra amici, no?! Piangiamo a turno uno sulle spalle dell'altro e ci consoliamo vicendevolmente...”

La sua espressione è ancora abbastanza vispa, ma ho percepito fin troppo bene il tono strascicato con cui ha pronunciato la parola 'amici' e ne comprendo il motivo, purtroppo.

“Forza, torniamo all'undicesima casa, Marta! Anche io parlerò con Camus! Dobbiamo rimanere uniti!” mi sprona la mia amica, prendendomi per mano e tirandomi un poco per convincermi ad alzarmi.

“Va bene, Sonia, aspettate però solo un attimo che devo asciugarmi queste fastidiose lacrime - asserisco a fatica, pulendomi il volto, poco prima alzarmi e proseguire nel dialogo - Voi parlate pure con Camus quando arriviamo là, io andrò in camera perché davvero non me la sento di affrontarlo già ora, di nuovo, lo farò domani, promesso, ma non stasera... anche lui deve riflettere sui suoi sproloqui!" concludo, con una punta di disappunto.

Sì, domani è un altro giorno, un nuovo sole... domani farò pace con mio fratello, lascerò ad oggi questa rabbia che mi incancrenisce il petto.

Domani... domani andrà meglio!

 

*********************

25 Agosto 1741, sera.

 

Il tempio dell'Acquario ha un'aria davvero sinistra al suo interno, un refolo gelido, ben diverso dal fresco a cui sono abituata. Quasi non riconosco più il luogo.

Ingoio a vuoto, avvicinandomi istintivamente a Cardia, il quale proprio come me e Sonia non capisce perché tutte le stanze vertano sulle ombre, complice anche l'orario crepuscolare, e perché ci sia un'atmosfera così tetra. Ci fermiamo davanti alla cucina, dalla quale proviene una fioca luce di candele, per la verità vi è ancora abbastanza luce naturale negli interni, non comprendo proprio il senso di utilizzare quello strumento in un momento simile. Con il cuore in gola, ne varchiamo la soglia, trovandoci all'interno Dègel, girato di spalle. Rimango all'entrata, mentre Cardia e Sonia si avvicinano a lui. Mi guardo nervosamente intorno, mio fratello non c'è, se mi concentro sul suo cosmo lo avverto appena pulsare flebilmente, ma cosa...?

“Accipicchia, amico mio, cos'è quest'aria tetra che si respira in codesta casa?! Sembra quasi un mortorio!” lo saluta Cardia, con il suo solito tono scanzonato. Prima di proseguire dritto per la sua strada senza aspettare un'eventuale reazione.

“Vorrei parlare con la tua reincarnazione, dov'è quello scriteriato di...” ma la frase gli muore in gola nell'esatto momento in cui Dègel si volta, scoprendo così i suoi occhi arrossati ed inondati di lacrime che gli rigano le guance.

Il mio respiro automaticamente si mozza e il cuore accelera bruscamente, mentre un brivido freddo mi trapassa la schiena con forza inaudita, quasi pari ad un coltello affilato impresso nella nuda carne.

“E-ehi, Dègel, che ti succede?”

Come in un sogno, o meglio, in un incubo, mi dirigo lentamente verso di lui, fissandolo negli occhi in attesa di risposte; risposte che trovano conferma nel momento in cui Dègel, non riuscendo a sostenere il mio sguardo, abbassa mestamente il suo.

“Marta, io... mi dispiace!”

“Che cosa... che cosa è successo?” chiedo in un sussurro, le punta delle dita fredde e un gelo che mi pervade l'addome e il petto, continuando a diffondersi all'intero corpo.

L'esitazione di Dègel, che inizia a guardare ovunque tranne me, mi trasmette una sensazione ancora più spiacevole. Con la coda dell'occhio, vedo Sonia, vicino a me, irrigidirsi, forse intuendo qualcosa che io continuo a non volere accettare, e che non accetterò mai, anche se dovessi andare contro l'evidenza.

“Dégel... rispondi, ti prego. Cosa è successo a... mio fratello?” mormoro ancora, afferrandolo per le spalle e costringendolo a guardarmi in faccia. Crollerei a terra se non ci fosse qualcosa di più forte a inchiodarmi al pavimento.

E' il suo turno di ingoiare a vuoto, infine con un titanico sforzo trova la forza di parlare; le sillabe che mi giungono alle orecchie sono roche, lontane... ma ugualmente acuminate, tanto da trapassarmi da parte a parte l'anima.

“Marta... Camus ha perso coscienza subito dopo che te ne sei andata. L'ho preso tra le braccia, voltandolo e urlando il suo nome con tutte le forze che avevo in corpo. Non volevo e non potevo accettare quell'eventualità! Dalle sue labbra usciva solo un debole rantolio, n-non rispondeva nemmeno agli stimoli e allora l'ho riadagiato a terra, sollevandogli la maglietta per percepire meglio, tramite il tocco, le sue funzioni vitali, il suo stato fisico... è così che... - racconta, fremendo visibilmente, serrando dolorosamente le palpebre nel dire il seguito - ...glieli ho visti!"

“Cosa? Cosa... hai... visto?”

Ma conosco già la risposta...

“Ho visto... dei grossi bubboni sotto le ascelle e, più giù ancora, nella zona inguinale... - rivela, tremante, riprendendo a piangere sommessamente - Non c'è alcuna possibilità di equivoco: la peste ha contagiato anche lui!”

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

Ed eccoci giunti a questo capitolo troppo... insomma troppo di tutto! XD Scusate per il ritardo ma questo capitolo mi ha impegnato molto perché è sta alla base di tutto quello che accadrà nei capitoli dopo (tirate un sospiro di sollievo, la carica depressiva ha avuto il suo apice qui, dal prossimo si inizia a risalire!) e... Niente, spero che vi possa piacere e di non essere uccisa da nessuna di voi per come ho descritto e trattato Camus e Cardia!

Alla prossima e grazie come sempre!

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Capitolo 29
*** L'unica, l'ultima, possibilità ***


CAPITOLO 29


 

L'UNICA, L'ULTIMA, POSSIBILITA'

 

Istintivamente faccio tre passi indietro. La mia testa, come priva di volontà si abbassa, mentre i miei occhi, ancora increduli, si ritrovano a fissare un pavimento fumoso... non può essere, no, deve esserci un errore! No! NO! Io non lo posso credere, ci deve essere sicuramente uno sbaglio, deve essere così, mio fratello non è così debole, non può... non può essersi ammalato!

Odo a malapena il singulto che fuoriesce dalle bocche di Sonia e Cardia, intravedo con poca chiarezza il volto di Dègel fissarmi con un senso di prostrazione che mai gli avevo visto prima. Le mie pupille si sono offuscate, quasi come se un'ombra di morte fosse scesa su di me con prepotenza e avesse cominciato a dilaniarmi l'anima. Vorrei urlare con tutte le mie forze, non so neanche contro chi, non lo so proprio, non so... non so più niente!

Qualcuno singhiozza dietro di me, il suono mi giunge ovattato ma lo abbino a Sonia, la quale, infatti, poco dopo balbetta frasi inconsistenti, il cui fulcro è la mia stessa incredulità.

Soltanto dopo un tempo che mi pare interminabile trovo il coraggio di parlare nuovamente, aggrappandomi alla più fievole delle speranze.

“Non è possibile quanto dici... il Mago ha limpidamente ammesso di essere interessato al corpo di Camus, non può averlo contaminato con il morbo, gli serve! E poi... e poi non aveva i sintomi della peste, non può essere stato così improvviso, l-la malattia ha un periodo di incubazione minimo di due giorni, se anche fosse voluta dal nemico non può... NON PUO', PUNTO!” tento di obiettare, con voce roca e tremante.

Non ci crederò mai, neanche se lo vedessi, il mio fratellino non può essersi ammalato, non dopo le parole spietate che gli ho rivolto, non dopo la mia decisione di fare pace con lui domani, non dopo tutto quello che è successo tra noi.

Dègel sospira e chiude gli occhi con espressione sofferente, cercando di trovare le parole giuste per spiegarmi quello che io non voglio né ascoltare né tanto meno accettare.

“No, Marta, ce li aveva invece, ma io non sono stato abbastanza solerte da coglierli. Era poco reattivo quando ho alzato le mani su di lui e i suoi occhi erano arrossati, chiaro sintomo della malattia. Ho scambiato questi segni per il dolore causato dalle condizioni disperate di Milo e dalla forte sofferenza provata in questo periodo, ma purtroppo non erano solo queste le ragioni... - cerca di farmi capire, provando ad asciugarsi le lacrime che non hanno smesso per un secondo di rigargli le guance - Lui... è arrivato al limite, Marta, ha provato a resistere, a lottare, ma non ce l'ha più fatta, e..."

"NOOOOOO!!!"

Crollo letteralmente in ginocchio, non sopportando più il peso di tutti gli avvenimenti. Non ho più nulla a cui aggrapparmi... NULLA! A cosa è giovata la scelta mia e di Seraphina?! A che pro vivere nella dimensione detta delle possibilità, se tutte le strade ci sono precluse?! Da quando ho detto sì, rischiando di smarrirmi, la situazione non ha fatto altro che peggiorare, peggiorare e ulteriormente peggiorare, sono stanca, non ne posso più!

“La colpa è stata inequivocabilmente mia, Marta, io... non sono riuscito a comprendere l'aggravamento delle sue condizioni, e sono la sua precedente vita, come ho potuto?! E' vero, Camus ha sempre taciuto le sue reali condizioni fisiche, ha continuato da solo, senza rivelarci niente finché... questo! - dice Dègel in tono tremante, colpevolizzandosi, mentre si mette una mano davanti agli occhi, sofferente, poi si sforza di darsi una scrollata, posandomi una mano sulla spalla - Non ti posso mentire, rondinella, lo scopriresti comunque da te, ma... sta molto male!"

Pugno nello stomaco, che non riesco a incassare, boccheggio, gli occhi sgranati.

"Non te l'ho... chiesto!" rispondo freddamente, fuori di me, allontanandomi persino da lui. Non voglio il suo contatto, non voglio il contatto di nessuno!

“Piano! Piano! Piano! Intanto smettila di colpevolizzarti, Dégel, e poi, non è detta l'ultima parola, qua, dalle vostre facce, lo state già dando tutti per spacciato, riflettiamo un attimo! - interviene Cardia, insperatamente il più ottimista tra noi, riacciuffandomi perché stavo svicolando via e sorreggendomi ottusamente con le sue forti braccia, sebbene percepisca il mio rifiuto al mondo intero – Intanto è allucinante che ogni fatto che accada ti faccia sentire responsabile, è mai possibile?! La colpa non è di nessuno di noi, ma solo del pirla che crede di essere il destino! Troveremo un modo per salvarli tutti quanti, dannazione, a costo di pestarlo a sangue da qui al capo del mondo!!!”

La nuova determinazione di Cardia non riesce comunque a risollevarmi il morale, né tanto meno a scuotermi. E' tutto così privo di senso, spietato, ingiusto, non riesco a tollerarlo, vorrei solo rompere qualcosa, gridare e ancora gridare nella speranza che questo dolore che avverto dilaniarmi dentro si affoghi in qualche modo.

“Cardia... le condizioni di Camus sono molto gravi e già... già compromesse. Quando ho visto quei bubboni, non ho esitato a prenderlo in braccio e a portarlo su, ho trovato Albafica al Tempio dei Pesci, è venuto su anche lui e lo abbiamo adagiato sul letto per visitarlo...” mormora Dègel, abbassando lo sguardo assente.

"E...? Diavolo, Dégel parla schiettamente senza le consuete pause, stai facendo agitare ancora di più le ragazze, è davvero così grave?!"

"Respirava con enorme patimento, delirava, supplicando perdono a Marta e... e ad un certo Isaac, insieme ad altre frasi sconnesse e prive di senso - ci racconta, facendo perdere un altro battito a me - Abbiamo dovuto tenerlo fermo per sporgliarlo, io e il sommo Sage, mentre Albafica gli faceva bere un calmante per permetterci di procedere"

"E cosa è uscito fuori dalla visita preliminare?" chiede ancora Cardia, teso come non l'avevo mai visto.

"E' in grave deperimento fisico, in più il morbo è già in stato avanzato, come se lo avesse contratto prima degli altri e, disperatamente, tentato di nascondere per non farci preoccupare..."

“Aspetta... NO! Non può essere come dici, Dègel, non può averlo tenuto nascosto per tutto questo tempo, come avrebbe potuto e... e soprattutto...” strepito, in cerca di una spiegazione, prima di bloccarmi, come scarica.

Mi stanno dicendo... mi stanno dicendo che tutti noi lo abbiamo forzatamente trattato come sempre, quando invece... invece stava agonizzando da un pezzo?! Che IO, continuando a far finta di nulla, senza riuscire ad affrontarlo a tu per tu, a dargli una scrollata, ho permesso a lui di ridursi così, senza scuoterlo, senza essere un appiglio per lui?! E che ora... O-ODDIO, no, NO!

Dègel scrolla il capo ancora una volta, soraffatto, inghiottendo a vuoto, le lacrime gli scivolano sulle sue guance senza vergogna. Fisso nuovamente il vuoto... ora la mano invisibile che mi ha inferto un pugno alla bocca dello stomaco, si è tramutata in un cacciavite che mi preme con insistenza e precisione al centro dello sterno, procurandomi fitte atroci.

“Io... io non so come altro spiegarlo, Marta e... neanche gli altri! Il Sommo Sage ha controllato i battiti del suo cuore, il respiro, la dimensione dei bubboni e ha detto che... che la sua vita è appesa ad un sottilissimo filo..."

"Cosa vorresti...?"

"E' allo stadio terminale, Cardia... Albafica si è recato di corsa nel bosco a cercare delle erbe medicamentose per alleviare l-la sua... agonia... è stato allievo di Lugonis, lo sai, ci sa fare con queste cose, ma... ma nessuno di noi sa dove sbattere la testa!"

“Oddio, n-no... URGH!" le mie ginocchia cedono, io non faccio nulla per oppormi alla caduta, come un bambolotto svuotato, è Cardia ad afferrarmi ancora una volta, ma non ottenendo alcuna reazione mi scuote, sforzandosi di farmi mantenere vigile quando vorrei solo sprofondare nel baratro.

"Marta... Marta!!! Respira con più calma, RESPIRA, EHI!"

Non mi importa di respirare regolarmente, non mi importa niente del mio stato psico-fisico, o come diavolo si dice!

"Fr.. Fr... Mich... l-le mie amiche, d-dove...?" non riesco quasi ad articolare una frase di senso compiuto, così come Sonia, che la sento palpitare da qualche parte vicino a me, offuscata.

“Purtroppo i miei tentativi di tenerle all'oscuro sono falliti miseramente, in quanto Francesca aveva già presagito qualcosa e, insieme a Michela, è venuta al tredicesimo tempio. Ora sono là, al fianco del loro adorato maestro. Povere piccole... erano sconvolte e in lacrime” mi spiega Dégel, sospirando, in tono sempre più angosciato.

“E Camus, quindi?! Hai detto che è allo stadio terminale, ma Albafica sta andando a cercare le erbe per farlo stare meglio, giusto? Può contare sull'esperienza di Lugonis, possiamo stare...” inizia Cardia, ma il suo nuovo tentativo di risollevarci il morale, si schianta contro il capo di Dègel, che nega con la testa.

"Non... per farlo stare meglio, per... fargli percepire meno dolore... devi vedere le condizioni di Camus per capire, Car, è... ti fa stringere il cuore alla sola vista!"

"Cioè, neanche Alba, può nulla di più? E allora chiederemo a te, Dègel, sarà ben servito avere un maestro pluricentenario, no?!"

Un nuovo diniego con la testa: "N-no, io... io non so dove... comunque serve tempo per cercare, nei libri, una cura, e noi... non ce lo abbiamo"

"Cosa non abbiamo?"

“...Il tempo, Cardia! Il suo fisico è già al limite, vicino al collasso. Il sommo Sage era... era totalmente incredulo, capite? Lo potevamo ben vedere dal suo modo di fare così nervoso mentre provava a fare impacchi per abbassargli la temperature corporea. Del resto, io non potevo usare il mio cosmo, il corpo di Camus è totalmente martoriato, non solo per quelle ferite infette, un'azione drastica lo ucciderebbe! Ancora non sappiamo... non sappiamo con quale volontà d'animo sia riuscito a trascinarsi fino a questo punto e ad averci taciuto tutto, io proprio non... non...”

Ma non gli do il tempo di finire, semplicemente, come se l'adrenalina avesse dato nuova forza alle mie gambe, sfuggo dalla stretta di Cardia, scattando in avanti come una pazza, senza nemmeno curarmi dei richiami dei miei amici dietro alle mie spalle, del tutto dimentica dell'ambiente circostante e persino di loro.

Solo una cosa mi spinge ancora a muovermi, l'unica, l'ultima...

 

*****************************

 

“Camus... CAMUUUS!!!” urlo come una disperata, attraversando di corsa i corridoi del tredicesimo tempio. Ad un certo punto inciampo sui miei stessi piedi, o forse sono le gambe a non avermi retto, comunque, qualsiasi sia stata la causa, mi ritrovo stesa a terra parecchi metri più in là, singhiozzando non di certo per il male fisico.

Mi rialzo quasi subito, dandomi una scrollata, senza badare minimamente a me o a quello che mi sta intorno. Nella mia testa vi è un unico obiettivo e un solo pensiero, solo la follia mi governa, più forte di ogni altra cosa, insieme alla cocente incredulità che continua strenuamente a resistere, dandomi il fievole conforto che Dègel abbia utilizzato dei termini fallaci. Magari ha esagerato, magari non è così' grave! Conosco bene la tempra di Camus, lui non si arrende davanti a niente, è riuscito persino a reagire alla rianimazione quando il suo cuore, a seguito di quelle terribili ferite, si era fermato. No, lui ce l'aveva fatta, aveva reagito, aveva dato un impulso, laddove molti sarebberi invece morti, perché lui reagisce sempre, SEMPRE. E' forte, è un guerriero... perché ora dovrebbe essere diverso?! No, Dègel sta esagerando sicuramente, ora mi sincererò io stessa delle sue condizioni, è solo una momentanea crisi... GUARIRA'!

Con la testa gremita di queste speranze e pensieri, continuo e continuo a correre verso la mia meta, totalmente sopraffatta dal pianto e dalle emozioni... perché poi?! Perché frigno?! Non è così grave, non può essere così grave, io lo so... lo so, e allora, maledizione, perché mi sento così?! Perché sono in balia di tutto questo, perché sto contravvenendo agli insegnamenti di Camus?! Marta... Marta, reagisci, andiamo, svegliati!

“Fratellinooooo!!!” lo chiamo disperatamente nella lucida follia che mi risponda. Mi trovo or ora nell'atrio di fronte alle camere dove giacciono Regulus e Milo.

Mi fermo un attimo, non sapendo dove lo abbiano portato, ma per fortuna il minimo barlume di ragione che è rimasto, mi spinge ad entrare nella stanza dove sento provenire dei singhiozzi e un vociare confuso.

Ingoio a vuoto, mentre le mie gambe decidono prima della mente, dirigendosi istintivamente dentro la stanza. Il tragitto mi sembra durare un'eternità, scioccamente sorrido, non so neanche perché, convinta che sia tutta una messinscena. Ora entrerò e dimostrerò a tutti che stanno esagerando, entrerò e mio fratello sarà, sì, sdraiato sul letto, ma con una leggera febbriciattola guaribile in pochi giorni, entrerò e dirò a tutti di non piangere, perché Camus dell'Acquario non si arrende per queste sciocchezze, entrerò dentro e... la porta si apre, non mi rendo conto se a causa della mia spinta o per intervento di qualcuno. Non ha comunque importanza, perché quello che scorgo all'interno mi mozza il fiato per un tempo indecifrabile...

Il cacciavite incastonato nel mio petto, quello, ha lasciato nuovamente posto a qualcos'altro, ad un martello pneumatico che mi perfora con violenza il cuore, che si contorce e languisce.

Mi sembra quasi di morire dentro alla vista di quello spettacolo straziante che, nitidamente, spezza in mille e più frammenti qualcosa dentro di me, rompendomi l'anima.

Rimango ferma ed immobile, completamente paralizzata a quella visione, gli occhi spalancati al vuoto. Smetto di respirare per una serie di secondi interminabili: Camus giace scomposto sul letto, coperto solo parzialmente dal lenzuolo, le gambe divaricate e un braccio a penzoloni, come se fossero riusciti a calmarlo solo da poco da... d-da...

"...Ha avuto le convulsioni fino a poco fa..." mi suggerisce qualcuno al mio fianco, che io non riconosco, lo odo, come un brusio, ma non riesco a codificarlo. Compio un leggero passo, immobilizzandomi di nuovo.

Non riesco a vedere altri che lui, il mio adorato fratellino, il suo viso pallido come un cencio, la bocca aperta e boccheggiante, come un pesce buttato fuori dall'acqua, la sua espressione martoriata, la pelle bagnata di sudore... NO, NON POSSO ACCETTARE TUTTO QUESTO!

Come se in me fosse scattato qualcosa, mi metto a correre verso di lui, gridando ancora una volta il suo nome, insieme ad altri balbettii vari chiari solo nella mia testa. Ho già le braccia protratte nella sua direzione, ancora una parte di me è convinta che, non appena lo toccherò, lui riaprirà gli occhi dicendomi che stava scherzando e che era tutto un gioco. Sì, mio fratello che scherza, che mi prende in giro per una cosa simile, è comunque più credibile e accettabile di vedermelo così e... e... non arrivo alla meta, qualcuno mi afferra per il braccio, arrestando così la mia corsa.

Mi volto, i miei occhi lucidi e arrossati si incrociano con quelli spenti di Sisifo, che riconosco a malapena. Quest'ultimo non ha cattive intenzioni nei miei confronti, una vocina dentro di me, forse l'ultimo barlume di raziocinio, me lo fa notare, ma è comunque un qualcosa che mi ostacola.

“No, Marta, non ti avvicinare a lui, potresti rischiare di ammalarti pure tu! Hai visto cosa è successo ai soldati, no?! Non sappiamo in che modo questa peste anomala possa essere contratta da uomo a uomo! - mi dice, triste, aumentando la stretta suo mio braccio - Ascoltami, Camus ti vuole molto bene, so come ci si sente, ma...

Fa per condurmi via da lì, ma qualcosa nel mio sguardo lo atterrisce a tal punto da farlo ghiacciare sul posto all'istante, pur mantenendo la presa ferrea su di me.

“NON SAI NIENTE, INVECE! Non sai... non sai le parole cattive che gli ho detto, NON LO SAI! - urlo, completamente fuori di me, prima di calmarmi impercettibilmente, riuscendo comunque ad alleggerire il tono della voce - Lasciami, Sisifo! Non voglio in alcun modo farti del male, ma se continuerai a pararti sulla mia strada sarò costretta a prendere delle contromisure! Voglio stare vicina a mio fratello... VOGLIO STARGLI VICINA, mollami immediatamente!!!” comincio a divincolandomi con forza, tanto da costringerlo ad usare entrambe le mani per bloccarmi. E' distrutto anche lui, anche lui sta rischiando di perdere una persona cara, questo dovrebbe bastarmi a placarmi, se fossi in me, ma non riesco, ancora una volta non riesco. Ho una tale rabbia dentro...

"Non ti permetterò di avvicinarti a lui, anche io sono un fratello minore, so cosa significa: sei il suo bene più prezioso, se ti ammalassi anche tu, lui non avrebbe più le forze per rimettersi in sesto, non..."

"NON M'IMPORTA, LASCIAMIIIIIIIII!!!" strepito, espandendo il mio cosmo ghiacciato come monito.

So perfettamente che la peste è contagiosa, capisco perfettamente la sua paura per questo morbo anomalo, ma come può anche solo pensare di impedirmi di stare vicina a Camus?! Se anche lui è un fratello minore dovrebbe capirmi benissimo, invece, come può farmi questo ostruzionismo?!?

“Lasciala andare, Sisifo! E' suo fratello, quindi è più che normale che sia così agitata!” ordina Sage, diretto, che noto solo ora essere vicino a Camus, fino a pochi secondi fa era addirittura chino su di lui.

Lo guardo speranzosa, sperando mi tolga di mezzo quella piaga di Sisifo, nello stesso momento percepisco sopraggiungere anche Dégel, Cardia e Sonia, quest'ultima singhiozza nel riconoscere la figura stesa scomposta sul letto.

"N-no, C-Camus..." riesce appena a mormorare, prima di crollare definitivamente. Cardia gli evita la caduta, la sorregge, mentre, con sguardo spento, cerca il mio sguardo, che tuttavia non trova.

“Sommo Sage, Marta potrebbe correre un rischio notevole avvicinandosi a Camus in quelle condizioni, sono certo che suo fratello non lo vorrebbe!” prova a ribattere ancora Sisifo, cercando di spiegare le sue ragioni, mentre io gli ringhio contro sinistramente, desiderando quasi prenderlo a testate fino a convincerlo a mollare la presa.

“Lo so e ne è consapevole pure lei, ciò nonostante il desiderio che prova di stare vicina a suo fratello è più forte di ogni altra cosa; tu lo sai fin troppo bene, vero Sisifo? Anche tu hai passato lo stesso!" sussurra il Grande Sacerdote, sorridendo malinconicamente.

Sisifo abbassa lo sguardo, colpito da quelle parole, poi dopo aver bisbigliato sommessamente un "Ilias", nome a me sconosciuto ma che deve trattarsi del fratello che diceva, mi libera finalmente il braccio.

Nel momento esatto in cui sento la sua morsa farsi più labile, scatto in avanti, fermando il mio moto solo quando giungo finalmente al fianco del letto.

“Camus!!! CAMUS!!! Questo stupido scherzo è durato anche fin troppo, ora basta... svegliati, SVEGLIATI! Sve... - gli grido contro, scrollandolo con forza nel tentativo di ridestarlo, invano. No, non sta scherzando, mio fratello non scherzerebbe mai su queste cose. Alla rabbia, si aggiunge la più nera disperazione - Questo è un altro, schifosissimo, colpo basso, Camus dell'Acquario! Di' la verità: lo hai fatto apposta, vero?! Sapevi che volevo fare pace con te domani, per questo ora se qui, in queste condizioni, LO SAPEVI.. LO SAPEVI!!! E me l'hai voluta far pagare!!!" strepito, totalmente fuori di me dal dolore.

Continuo a dargli forti scossoni, è tutto appannato fuori da me, non vedo altro che la sua espressione sofferente, il suo corpo abbandonato a sé stesso, la testa reclinata all'indietro, fiacca.

Sta morendo... è così chiaro e lampante da sconvolgermi fin dai recessi dell'anima. E' in agonia, anche se respira ancora, ma quel respiro è talmente sciocco e patetico, del tutto insulso, che mi fa imbestialire soltanto di più. COMBATTI! COMBATTI, DANNAZIONE, NON E' DA TE ARRENDERTI!!!

“Camus!!! Camus, ti prego! Io non ti odio!!! NON TI ODIO, ma ti supplico, reagisci!!!”continuo a blaterare, sollevandogli il busto a peso morto con l'evidente intenzione di scuoterlo con ancora più impeto, di prenderlo a sberle, se necessario, di picchiarlo, pur di farlo reagire, perché un modo per fargli aprire quei due meravigliosi zaffiri che si trova come occhi ci deve essere per forza! CI DEVE ESSERE!

Niente da fare, il suo corpo è abbandonato a sé stesso, neanche risponde ai miei stimoli, per un brevissimo istante sono quasi tentata di strattonarlo via da lì, buttarlo a terra e tentare il tutto per tutto, tuttavia una voce dietro alle mie spalle interrompe i miei propositi.

“MARTA, FINISCILA, GLI STAI FACENDO SOLO DEL MALE!!! E' STRAZIANTE VEDERVI CONTINUARE A FARE GLI STESSI ERRORI, ANCORA ANCORA E ANCORA!!!" urla improvvisamente Francesca con tutte le sue forze, singhiozzando disperatamente.

La situazione pare bloccarsi, io stessa mi paralizzo, con ancora la nuca di Camus adagiata mollemente sul mio avambraccio, reclinata all'indietro, il respiro ancora più mozzo, l'ampio e affannoso petto che si alza e si abbassa irregolarmente, con enorme patimento. Abbasso lo sguardo, sgomento, tornando lentamente in me, mentre i miei occhi si soffermano su quelle maledette ferite che sembrano tracciare lingue di lava incandescente sulla sua pelle adamantina.

Gli sto facendo... del male... è vero, come se non bastasse quello che già... gli ho fatto...

"L'amore fraterno che provate tu e Camus vi spinge costantemente a sacrificarvi per l'altro, in una ruota che non ha mai fine, e voi, come se niente fosse, continuate.. continuate... continuate! Ma in questo frangente non siete altro che due egoisti che, per proteggere l'altro, non pensano alle conseguenze che ricadono su di noi, che pure vi vogliamo un bene dell'anima! BASTA, MARTA, TI PREGO, TORNA IN TE... non fare lo stesso errore di tuo fratello, io l'ho visto scrollarti in quella maniera dopo la battaglia contro Crono, ho visto disperarsi, perdendo il contatto con la realtà, come tu adesso... non serve a niente, A NIENTE!!!"

Mi sento paralizzata al solo guardarla, sinceramente scioccata dalla sua reazione, lei, così contenuta e restia ad abbandonarsi alle lacrime, sta ora piangendo come mai in vita sua, sinceramente addolorata da tutta questa situazione. E' proprio vero, Camus ed io siamo due egoisti, nello sfacelo che ci portiamo dietro contaminiamo anche loro, che soffrono esattamente come noi.

Respiro a stento nel tentativo di calmarmi, il petto è ancora avvolto da una morsa oscura e inscindibile, gli occhi ancora gonfi di lacrime, ma la follia, quella, sta lentamente scemando, sostituita da un sincero sentimento di compatimento nel vedere le condizioni in cui versano le mie preziosissime amiche: la più grande in piedi a nascondersi il volto, Michela seduta sul pavimento, vinta dai singhiozzi e, in ultimo, più in là, sorretta da un più che serio Cardia, Sonia, sopraffatta a sua volta dalle lacrime e dalla disperazione. Il nostro dolore è lo stesso, che stupida sono stata a fare questo chiasso, finendo per non rispettare la loro sofferenza! Davvero pessima!

“Perdonatemi... e anche tu, Camus, scusami se ti ho fatto male... Non volevo!” riesco solo a biascicare, sistemando meglio mio fratello sul letto per poi coprirlo fino all'addome con il lenzuolo. Lui continua a boccheggiare, in grosse difficoltà a racimolare l'ossigeno sufficiente per continuare a resistere strenuamente. Ci vorrebbe un tubo orotracheale per aiutarlo a respirare, ma in quest'epoca non abbiamo nulla di tutto questo, maledizione! Fa così fatica...

Ingoio a vuoto, accarezzandogli i capelli con tutta la dolcezza di cui sono capace. Quasi automaticamente mi chino su di lui, stringendogli la mano destra e affondando il mio viso nell'incavo della sua spalla, senza tuttavia pesargli, lì tremo, trattenendo un singhiozzo.

"Perdonami, Camus, sono così... inutile e patetica! Non ti sono di nessun aiuto in questo momento così difficile, m-ma - prendo un profondo respiro, prima di alzare lo sguardo sul suo viso, tracciandogli il profilo con l'indice - Siamo tutte qui, al tuo fianco, io, Michela, Francesca e Sonia... ti vogliamo bene!" bisbiglio, mentre le lacrime, pur contro il mio volere, cadono sulla sua pelle.

Qualcuno deve avergli da poco pulito il sudore e scoppiato i bubboni più grossi, perché è straordinariamente pulito per versare in queste condizioni!

I sintomi sono gli stessi di Milo e Regulus, come mi era stato detto, eppure anche io ho la bruttissima sensazione che la clessidra del suo tempo scorra ben più veloce di quella degli altri!

“Come... sta? Mi sembra così debole! Respira a stento e le pulsazioni sono troppo veloci, nonché irregolari..." chiedo, preoccupata, recuperando però una parvenza di calma.

Sage sospira e si avvicina a me, mettendomi una mano sulla spalla come a farmi forza.

“Marta... noi non riusciamo a capire perché, ma il decorso della malattia, già terribilmente rapido in Milo e Regulus, lo è ancora di più in Camus. Non voglio mentirti, ora come ora... - si blocca un attimo, guardandolo, incerto se essere franco del tutto, socchiude gli occhi - resisterà al massimo un giorno!”

Mi alzo di scatto in piedi, non credendo a quanto appena udito.

“Quindi ventiquattro ore?! E' impossibile! Come...?”

"Lo vedi bene da te, ragazza, quanto stia respirando a stento..."

Sono di nuovo in lacrime, maledizione, vorrei di nuovo urlare, avventarmi contro il Sommo Sage, che mantiene a forza una calma che mi indispone, ma mi trattengo, limitandomi a stringere il petto con le braccia. Singhiozzo, non ne posso fare a meno.

“Deve essere per colpa mia, io...”

"Ancora con questa storia, Dègel?!"

"Io l'ho preso per il collo quando stava già così male, quando già faticava a respirare, è stata..."

“NO, DEGEL!”

L'affermazione repentina di Francesca fa voltare l'interpellato prima verso Cardia, il primo a parlare, poi verso di lei, totalmente sbigottito.

"Non sei stato tu, Dègel..." conferma, guardando altrove.

“Cosa significa questo, tu...? Sai qualcosa più di noi?”

Prima di rispondere, Francesca prova ad asciugarsi le lacrime, con scarsissimi risultati. Deve darsi un tono, se vuole essere chiara, ma è difficile, se non impossibile, persino per lei. Poco dopo, riaprendo gli occhi gonfi, tenta di dare le prime spiegazioni.

“E' il patto con mio nonno Zeus per salvare Marta... Camus ha pagato il prezzo più alto sapendo perfettamente a cosa andava incontro!”

“Cosa?!?” riesco solo a dire, sgranando gli occhi, mentre la voce di Zeus, insieme alle immagini nel mio sogno si fa largo in me. Il dio aveva detto qualcosa sulla gravità delle sue condizioni, sul fatto che gli sarebbe bastata una semplice influenza per morire, che quelle ferite avrebbero creato un varco per quel mostro, e tutto questo... per me!

Francesca annuisce leggermente, ingoiando saliva a vuoto e preparandosi a raccontare il resto, pur con sempre maggiore difficoltà.

“Camus sapeva perfettamente a cosa andava incontro... Dopo la battaglia contro Crono, lui ti ha salvato sapendo perfettamente che così avrebbe fatto il gioco del nemico e che sarebbe stato più vulnerabile, ma non gli importava! Lui... lui non voleva perdere la sua preziosissima sorellina e per salvarla avrebbe fatto qualunque cosa!”

Osservo per un attimo il corpo di mio fratello tra le lenzuola, per un breve istante ho come la sensazione che si muova impercettibilmente, ma non gli do peso, tornando a dirigere il mio sguardo in un punto non ben definito. Mi sento così vuota e persa, così angosciata, disperata... quasi non riesco a respirare, eppure, c'è una cosa che mi spaventa ancora di più, un qualcosa di terribile, e cioè che, in tutto questo marasma di emozioni, la più intensa, e incontrollabile, è la rabbia. Io... mio fratello sta morendo qui davanti a me, ed io... io sono ancora così tanto arrabbiata con lui, come posso?!?

“Se non voleva perdermi, perché... perché ha provato a convincere Dégel a sopravvivere alla Guerra Sacra?! Io l'ho udito, con queste mie orecchie, e Dègel può confermare. Lui... lui era follemente cosciente quando ha detto di voler creare una nuova dimensione, sacrificandosi nel processo, e che così sarebbe stato meglio per tutti... come posso quindi credere che volesse il mio bene quando, così lucidamente, ha espresso il desiderio di scomparire dalla mia vita?!?”

Rimarco l'ultima frase, non riuscendo a trattenermi al solo rammentarmi del dialogo tra i due Acquari. Ciò che voleva fare Camus era scandaloso, anche se comprensibile, lo stesso sradicare via il mondo, pur in modo diverso, era la convinzione di mio fratello Unity, e sappiamo benissimo come è finita... ma quello che voleva fare Camus era fin peggio! Spazzare via il futuro, le vite che esso racchiude, per il bene di pochi, non è certo una mentalità da Cavaliere, ancora meno se dichiaratamente difensore di Atena. No, non può essere il fiero Cavaliere d'Oro dell'Acquario, non può esserlo, è solo... dannatamente umano!

Sbatto le palpebre a quest'ultima consapevolezza, che mi perfora il cuore con intensità: in fondo, un Cavaliere di Atena, per il bene di molti, sarebbe disposto a sacrificare i pochi e... davvero posso pensare che, questa tipologia, sia migliore?! Lui, invece mio fratello... che gli è passato per la testa?! Non capisco... non LO capisco, ed io che pensavo di... di averlo raggiunto in qualche modo, che sciocca presuntuosa che sono stata! Non l'ho compreso, gli ho fatto del male, e lui... perché ti sei fermato, Camus?! Perché volevi morire, ma poi ti sei bloccato?!?

“Marta, cerca di capire... non lo sto difendendo per le sue scelte, tutt'altro! Lui ha sbagliato, ma... ma almeno devi cercare di avvicinarti a lui: Camus era ormai ridotto ai minimi termini, le forze gli venivano meno, il nemico incombeva su di lui; incombe su di lui da quando siete tornate in vita, Marta, forse addirittura di più!!! Lo tiene sotto torchio e... non c'è giorno passato in cui lui sia stato bene, anche se ha fatto di tutto per mascherarlo a te e Michela, a tutti gli altri... - continua lei, ferma negli occhi molto di più che con la voce, che invece trema - Probabilmente avrà cominciato a pensare che creare un universo alternativo fosse l'unica maniera per salvarci, in quanto senza di lui il Mago davvero non esisterebbe e l'equilibrio sarebbe stato così ristabilito. Certo, le conseguenze ci sarebbero state... cambiare il futuro, rischiando di non far mai nascere qualcuno, è un peso immane, di cui lui avrebbe subito e accettato tutte le conseguenze, ma c'è molta differenza tra non essere mai nati e sterminare persone viventi, come invece vuole fare il nostro nemico"

Taccio, prostrata oltre l'inverosimile, risucchiata da un ulteriore vuoto che mi dilania l'anima. E questa rabbia continua, che sto provando, che non si placa, che anzi aumenta... sono un mostro!

"Dimmi... - è ancora Francesca a prendere parola, con un filo di voce, ricercando il mio sguardo, che fugge di riflesso - Avresti davvero il coraggio di condannarlo, più di quanto lui non faccia già con sé stesso? Avresti il coraggio di odiarlo, per averti amato troppo?! Sei... il suo bene più prezioso, dentro di te lo sai, Marta!"

Istintivamente cado a terra a gattoni, le lacrime che bagnano il pavimento ad una velocità impressionante, vorrei urlare, scalpitare, ma a cosa gioverebbe?! Non sono riuscita minimamente a capirlo, forse non ho neanche mai sfiorato la sua anima, che invece credevo di essere stata in grado di abbracciare, no! Eppure... eppure...

Io sono come lui, ora lo so!

“E' inutile! Non posso accettarlo, NON POSSO! L-la sua vita... che ha scelto arbitrariamente di buttare via, come un inutile foglietto di carta, perché lui?!? PERCHE'?!? Perché nasconderci un fatto simile?! NO, NON LO ACCETTO, e... non p-posso perdonarlo per questo!” singhiozzo, cercando di sforzarmi di trattenere la rabbia, che mi sta divorando con sempre maggior foga. Sono spaventata, distrutta, non so cos'altro resterà di me, dopo questo, dopo che mio fratello si sarà spento tra indicibili sofferenze per salvare la mia vita. Cosa voleva salvare esattamente di me? Il mio involucro?! Non ne rimarrà niente!

"Perché, mi chiedi... - sospira Francesca, lasciandosi scivolare a terra, non riuscendo più a stare in piedi - Ha scelto di intraprendere un sentiero oscuro, da solo, conscio della sofferenza che avrebbe patito, lo ha fatto per proteggerti, per dare a noi un futuro più certo... non ne capisci il senso, Marta? Ebbene... i sentimenti hanno senso?! No... eppure è grazie a questo che voi esseri umani riuscite a fare dei miracoli..."

Davvero non c'era altra via che sparire da questa dimensione?! Davvero era l'unico modo per debellare il Mago?! E poi... come sa tutte queste cose Francesca?! Che Camus abbia parlato con lei, tenendo totalmente all'oscuro me, Milo, Michela e tutti gli altri?!

Mi accascio ancora di più a terra, la fronte contro il pavimento, il corpo piegato su sé stesso. Una nuova ventata di rabbia, dopo questa ennesima consapevolezza, mi investe, facendomi fremere con intensità crescente. Non riesco a pensare ad altro che mio fratello si sia sfogato con lei, non degnandomi di una spiegazione fino ad oggi, quando il suo fisico, portato al limite, è crollato trasversalmente. Non si è fidato di me, reputandomi un'immatura, e questo fa male, dannatamente male! Mi sento tradita... da lui, ma anche da Francesca che, ancora una volta, ha celato dentro di sé una simile verità, calpestando, per l'ennesima volta, la nostra amicizia decennale.

Davvero non c'è nulla che abbia pià un senso!

Non vedo distintamente cosa accade intorno a me, ma sento dei passi. Poco dopo una voce cristallina trova il coraggio di manifestarsi, la riconosco subito come quella di Dègel, il che mi spinge ad alzare leggermente la testa per riuscire a scorgerlo.

“Aspetta, vuoi dire... vuoi forse dire che Camus sapeva già di dover morire per mano del nemico e che, per questo, non avendo altre possibilità, è venuto a parlarmi dicendomi quelle cose che io consideravo inaccettabili?! Io rappresentavo la sua ultima speranza in quel'universo di disperazione che stava passando?!?” esclama lui, cominciando a capire. Anche il suo corpo palpita, mentre il suo sguardo spento vaga dal letto alla mia amica, smarrito più che mai.

“Sì, è proprio così, eri la sua unica speranza, Dègel... Devi sapere che dopo la battaglia contro l'emanazione maligna di Crono, Camus fa frequenti sogni in cui il Mago, l'artefice di tutto questo, conosciuto in questa dimensione come Demiurgo, lo minaccia di consegnarsi a lui. Se questo non accadrà, ucciderà tutti i suoi affetti uno ad uno sotto i suoi stessi occhi, prima di impossessarsi del suo corpo che, a suo dire, gli spetta di diritto! - comincia Francesca, abbassando lo sguardo, mentre nella stanza riecheggiano esclamazioni di sorpresa - In questo modo è riuscito a piegarne lo spirito, ma non la sua ferma volontà di proteggere i suoi cari. Anche il patto con mio nonno Zeus era una trappola priva di uscita. Se non avesse fatto nulla, infatti, Marta sarebbe morta, facendo i piani del Mago in quanto la odia selvaggiamente e desidera eliminarla, ma parallelamente, se fosse intervenuto, come di fatto è accaduto, avrebbe indebolito talmente il suo fisico da permettergli di entrare agevolmente al suo interno e prenderne il controllo. Camus non aveva alcuna via di uscita... in ogni caso sarebbe morto, o avrebbe perduto Marta, o forse anche entrambe! Non ha quindi esitato: tra sé stesso e lei ha scelto sua sorella, lui sarebbe scomparso da questa dimensione, ma saresti rimasto tu, la sua precedente vita, a te quindi l'arduo compito di costruire un futuro stabile, sicuro..."

"L-lo ha fatto per lei, p-per Marta e perché si f-fidava di me..." ripete, sorpreso come non mai.

"Sai, forse non ti sembrerà, da come si è comportato, ma prova molta stima per te, si fida, ti avrebbe consegnato senza esitazione quanto di più prezioso avesse nella sua vita. Tuttavia, proprio all'ultimo, si è reso conto che anche quest'ultima speranza non sarebbe stata attuabile, si è così trovato in un vicolo cieco, stremato, spossato, solo... non è più riuscito ad opporsi al cosmo del Mago dentro di lui, e... beh, ora vedete in che condizioni si trova..." conclude, sempre più tesa, sfregandosi gli occhi e incassando la testa tra le spalle, come un giocattolo rotto.

“Camus stava già male... Camus ha fatto tutto questo perché sapeva, ed io non l'ho capito, reputandolo invece un codardo! Che meschino che sono stato!” biascica Dégel, tremando vistosamente, il peso della colpa che gli scuote spietato le membra. Lo vedo appoggiarsi al muro, per un istante sul punto di gettarsi a terra a sua volta, ma resiste, opponendo una fiera resistenza, memore del suo ruolo di sacro protettore del Santuario.

“Questo non toglie che cambiare il passato non è concesso agli uomini, perché può provocare conseguenze incontrollabili! Questa dimensione è la stessa vostra, non un'altra, voi venite da un futuro già scritto, non avreste quindi dovuto essere in grado di cambiare le sorti di questo mondo, le cose devono andare lineari, è vietato interferire, il rischio di provocare un paradosso temporale è troppo forte. Se Camus, pur sapendo perfettamente questo, ha deciso comunque di provarci, vuol dire che il motivo di fondo che lo ha mosso è molto grave... Quale è, Francesca, puoi dircelo?” interviene Sage, cercando di mantenere la calma.

“I-io gli ho promesso di mantenere il segreto, anche quello che vi ho detto ora era una cosa tra me e lui, mi sono sentita sporca a dirvela, ma non potevo più tacere... Per favore, non chiedetemi altro, non infrangerò oltre il giuramento!” biascica Francesca, abbassando lo sguardo smarrito.

Istintivamente mi alzo in piedi, sentendomi incontenibilmente furente a seguito di quelle rivelazioni che non sapevo minimamente, e che, in mancanza del CIMP, nemmeno avrei mai saputo. Mi sento ferita a morte, tradita, da una delle mie migliori amiche e dal mio stesso fratello e vorrei chiarire al più presto, prima che la mia rabbia, che già trabocca, oltrepassi il limite e distrugga tutto, ma una flebile voce, che ormai disperavo di sentire, mi fa sussultare e arrestare immediatamente.

“V-vi pre-go, anf... non tartassa-tela ulteriormente: lei ha fatto solo ciò che le ho, anf, chiesto!” rantola debolmente mio fratello, muovendosi appena alla cieca.

“Camus!!! Camus!!!” lo chiamo, correndo di fianco al letto e dimenticandomi tutta la rabbia che sentivo dentro. I suoi occhi sono aperti ora, ma ho la bruttissima sensazione che non vedano più alcunché. I suoi occhi... i suoi occhi... sembrano così neri e privi di luce, non riescono nemmeno a scorgermi... ODDIO!

“Hai sentito tutto, Cavaliere dell'Acquario?” chiede Sage, non facendo trasparire alcuna emozione se non nel leggerissimo tono tremante.

“Sì, anf... ero già nella semi-incoscienza p-prima, ma la voce di mia... sorella, uff, è stata capace di farmi svegliare del tutto... So a cosa vado incontro...” spiega mio fratello con estrema fatica, mentre il suo respiro diventa ancora più affannoso. Non riesce a vedermi, forse neanche a percepirmi, ma è come se fosse guidato da qualcosa di più forte, l'ultimo filo a cui si sta aggrappando per non cedere.

“Ti prego, Maestro, non sforzarti!” singhiozza Michela, correndo dall'altra parte del letto insieme a Francesca per posargli una mano sul braccio e fargli forza.

Loro riescono a toccarlo, in qualche modo, io no, non riesco a far altro che fissarlo, sconvolta, paralizzata fin nei recessi dell'anima.

“Mich-ela, sei tu? Anf, anf... d-devo farlo, il buio sta prendendo il sopravvento su me e... c'è a-ancora una cosa che mi preme... - si interrompe, riprendendo fiato, serrando le palpebre, come se cercasse di incanalare tutto ciò che rimane di lui in quelle parole - Dè-gel! Dègel, ti prego... anf, anf... vieni qui!”

Chiama la sua precedente vita con un cipiglio di disperazione, quasi come se fosse l'ultimo desiderio di un moribondo. Lo vedo provare ad alzarsi un poco, nel tentativo di darsi un tono, ma è tutto inutile, le energie gli mancano e il suo respiro è sempre più penoso. Rimango totalmente immobile a quella scena, sopraffatta e terrorizzata da quello che sta passando mio fratello. Non ha forze sufficienti nemmeno per muoversi, farlo lo prosciuga ancora di più, eppure non si arrende, continua ad opporsi, ricadendo però sul letto. Ansima... ansima con sempre maggior intensità.

L'interpellato intanto si avvicina lentamente al letto nello stesso lato in cui sono io, la sua espressione mesta è quanto di più concreto io riesca a percepire, al di là dell'esile figura che giace nel letto davanti a me. Dègel avvicina la mano tremante alla sua reincarnazione, gli tocca delicatamente i capelli per poi scendere sulla spalla e fargli percepire la sua vicinanza, perché mio fratello sembra del tutto in balia del buio, non vede chi gli sta intorno, non è in grado di muoversi, eppure compie uno sforzo sovrumano nel non cedere all'incoscienza...

“Camus, io...”

“N-no, ti prego, fammi parlare... non ho molto tempo, l-le mie forze si stanno esaurendo rapidamente, sto già lottando per non svenire di nuovo. Devo... devo chi-ederti u-una cosa, a-anzi tre... ti prego, anf, ti prego, concedimi la parola, fintanto che ho f-fiato in corpo, fintanto che... sono ancora io, anf.. - si ferma di nuovo, cercando di racimolare nuove energie - Mi... mi devi fare... t-tre promesse... urgh"

Lo fisso sempre più sgomenta, mentre, ancora una volta, tenta di sollevarsi un poco, ma i polmoni fremono ad ogni più piccolo tentativo di alzarsi, trasmettendogli una stilettata di dolore per ogni minimo movimento che compie. Ricade sul letto tre volte sempre più svuotato, sempre più in affanno... sta scivolando via...

“Camus! Camus! Sono qui, vicino a te, al fianco della tua Marta, non sforzarti inutilmente, farò qualunque cosa, te lo giuro!” afferma Dègel con fare solenne, mentre le lacrime hanno ripreso a rigargli le guance. Nel parlare gli continua ad accarezzare delicatamente il braccio vicino, tentando in tutti i modi di farsi percepire dalla sua reincarnazione, cosa che fortunatamente avviene, perché Camus si volta leggermente nella nostra direzione, spalanca gli occhi, neri come il petrolio; occhi che non vedono, occhi che appartengono già all'oltretomba. E' così buio là, buio e profondo, come le sue pupille ormai vacue. No... sta sprofondando sempre di più, non posso raggiungerlo, mi sta sfuggendo...

“Pro-mettimi... anf... di prenderti cura delle mie allieve, d-di non lasciarle mai... sole, come invece ho fatto io, e di continuare ad al-lenarle per farle diventare sempre più forti. Siete l'unica speranza, le uniche forze che si pos-sono ancora o-opporre ai piani del Mago. Se... se mi dovesse succedere qualcosa...”

“Ma Camus, non ti succederà niente! Albafica è andato a cercare delle erbe medicinali che possono funzionare come palliativo, per diminuire il dolore, nel frattempo, n-noi troveremo un modo per salvarti, anzi per salvarvi! La biblioteca dell'undicesima casa è piena di libri, leggendoli troverò di sicuro un modo per...” prova ancora Dègel, disperato, sebbene lui stesso non ci creda pienamente. Ma cos'altro potrebbe dire in questa situazione?

“Tu promettimelo... s-se mi dovesse succedere qualcosa, il Mago avrà la strada spianata, anf, s-si impos-sesserà del mio corpo vuoto per... continuare con il suo piano. S-sarà inar-restabi-le, p-per favore... anf... per favore, dovete impedirglielo con tutte le vostre forze... non permet-tetegli di usarmi a suo piacimento, non permettetegli di usare qu-esto c-corpo per fare del male alla mia piccola Marta, né a nessuna delle persone a cui tengo... v-vi supplico, non potrei sopportarlo!" si agita nel letto, dimenandosi come se avesse di nuovo le convulsioni, Dègel è costretto a bloccarlo, con dolcezza per non fargli ulteriormente male, ma ugualmente con piglio deciso. Non può usare il gelo, gli sarebbe fatale, continua quindi a parlargli.

"Camus, calmati adesso, non ti fa bene muoverti così! Non hai nulla da temere per Marta, non oserà toccarla neppure con un dito finché ci sarò io, e lo stesso vale per le tue allieve, per Sonia, per Milo... avrò cura di loro!" gli promette, accarezzandogli i i capelli.

Mio fratello sembra ricadere sul letto, sfinito, smettendo di dimenarsi, il respiro è sempre accelerato, quasi convulso, il petto sconquassato, l'addome, ora di nuovo esposto a seguito dei suoi scatti improvvisi, freme visibilmente, ma non ha ancora finito. Attende ancora un po', prima di tornare a parlare con le ultime energie che gli restano.

"Qua-ndo morirò... cremate il mio corpo e disper-detemi nell'aria, in questo modo non avrà più nulla a cui aggrapparsi, sarà quindi vulnerabile e voi potrete...” sussurra ancora respirando pesantemente. Non riesce più a proseguire, il fiato gli manca, così come le forze. Il sudore ora gli imperla tutto il corpo, appiccicando i suoi bei capelli alla sua pelle, pallida come non mai. Non ce la faccio... non riesco, non riesco a vederlo così, si è appena raccomandato di essere cremato, i-io... NO! Non posso accettare tutto questo!

“Va bene, ti prometto anche questo, amico mio, faremo tutto ciò che desideri per... per...” si arrende alla fine Dègel, serrando le labbra per trattenere almeno i singhiozzi. I pugni, stretti con impeto, gli ricadono sul letto, picchiando più volte come a voler smaltire la rabbia e il senso di impotenza.

“Mi fi-do... di te!” geme ancora mio fratello, chiudendo lentamente gli occhi per abbandonarsi così all'oblio.

“N-no, Camus!!!”

Il mio grido disperato e la mia presa sulla sua mano bollente, gli fanno riaprire gli occhi un'ultima volta. Non mi può vedere, lo percepisco anche fin troppo bene, tuttavia capisce, in qualche modo, dove io sia posizionata, perché lentamente, con un titanico sforzo, solleva il braccio per accarezzarmi, con il pollice, la guancia destra.

“Pic-cola mia... faccio così fatica a distinguere il tuo viso, anf, a-a malapena intravedo la tua s-sagoma in mezzo al buio che ha ormai preso il soprav-vento... ma le tue la-crime le avverto fin troppo bene, il tuo viso è fradicio e... anf, anf... - rantola, non smettendo di accarezzarmi con infinita dolcezza, automaticamente gli prendo la sua mano tra le mie, stringendola con forza contro il mio volto, non vorrei più separarmene - Per-perdonami, Marta... perdonami per quanto ti ho fatto p-passare in questi giorni, p-per averti taciuto tut-to e per non essere stato un degno fratello maggiore per te... anf, anf... l'ho fatto per proteggerti, non per-perché pensassi che tu non fossi all'altezza. S-sei... il mio bene più prezioso!"

"N-non parlare, Camus, ti fa male, ti... - singhiozzo, non riuscendo più a trattenermi - Ti voglio bene, fratellino, TI VOGLIO BENE!" vorrei scuoterlo di nuovo, urlandogli di non cedere, di resistere, ma posso solo vederlo lentamente spegnersi, e ciò mi terrorizza ancora di più

"...a-anche io a te, a voi, a-alle mie preziosissime allie-ve. Se solo potessi, s-se solo ne av-essi avuto la f-forza, non avrei mai v-voluto la-lasciarvi sole, così spaventate come siete, m-ma... è-è tardi, o-ormai, i-io... anf, anf... ho... anf... ho perso tutto... ma la cosa che mi fa più m-ale è questa, anf, è il lasciarvi... urgh..."

...sole!

E' l'ultima cosa che riesce a boccheggiare, prima di reclinare la testa all'indietro, prima che i suoi occhi, già ciechi alla luce, si chiudano del tutto. La mano che, fino un attimo prima, mi stava ancora sfiorando la guancia, è ora a penzoloni davanti a me, inanimata. Per lo shock ho mollato la presa su di lui, il contatto fra noi è irreversibilmente spezzato...

“CAMUS!!!” gridano all'unisono Francesca e Michela dimenandosi per l'agitazione.

Sage non dice niente, ma si avvicina al letto e controlla il polso destro di mio fratello, rimanendo con la mano lì, a premergli sulla vena, con l'altra invece gli tasta l'addome, salendo fino al diaframma, soffermandocisi con gli occhi chiusi; infine, dopo avergli passato due dita sotto il mento, gli sistema meglio il volto fradicio e stremato sul cuscino. Chiede a Michela di spostarsi un poco, prendendo poi una pezza dal comodino, passandogliela sul viso per togliere il sudore in eccedenza.

“E' stremato e ha perso i sensi, i suoi battiti cardiaci sono accelerati a causa della peste e il respiro non è che una leggera brezza, però, persino adesso, sta resistendo disperatamente, c'è ancora speranza! - ci informa, pratico, alzandosi in piedi e facendo un cenno nella mia direzione, indicandomi la bacinella posta sul comodino di fianco a me - A quanto ho capito da quello che hanno detto lui e Francesca, i piani del nemico si basano sul futuro di Dégel, ovvero Camus, per questo che il Mago lo ha tenuto sotto scacco fino ad adesso. Il Cavaliere del'Acquario non aveva possibilità alcuna, o provava a cambiare le sorti di questa dimensione, subendone in prima persona le conseguenze o, anche se non avesse fatto nulla, sarebbe comunque rimasto vittima del nemico. Tra le due cose, questo ragazzo ha scelto di combattere fino alla fine e provare a modificare la storia, una scelta ardita e a lungo sofferta, senza dubbio. Per quanto ciò sia oltre l'umana interferenza, non posso che stimare questo giovane uomo che, persino adesso, in condizioni disperate, sta continuando ad opporsi!”

Rimaniamo in silenzio, incapaci di aggiungere altro. Io mi concentro sulla bacinella dell'acqua, in modo da inzupparci la spugnetta, mentre Dègel, sospirando appena, rialzandosi in piedi, visto che prima si era inginocchiato per stargli vicino, recupera nuovo vigore.

“Avete ragione, Sommo Sage... Camus ha combattuto fino a raggiungere il proprio limite per amore verso i propri cari. Per quanto abbia sicuramente sbagliato a voler coinvolgere l'intera dimensione nella sua interezza, merita senz'altro di continuare a vivere! - dice risoluto, poco prima di passare una mano tra i capelli della propria reincarnazione e parlare direttamente a lui, per fargli sentire la sua presenza - E', così, Camus... non mi ero sbagliato su di te, sei una persona veramente eccezionale, posso ben vederlo da come hai allevato le tue giovani allieve. Anche per questo io, Dègel dell'Acquario, ti giuro solennemente che farò di tutto per strapparti da questo ingrato destino!"

Non aggiungo nient'altro per diversi minuti, le mie lacrime hanno smesso di imperlare le mie guance, sebbene le palpebre ne siano ancora gremite; semplicemente comincio a passare la spugnetta sul corpo di mio fratello, che sta sudando moltissimo. Parto dal braccio sinistro, quello a penzoloni, prendendolo delicatamente tra le mani e bagnandoglielo con cura, prima di risistemarlo al suo fianco e passare oltre, spalle, collo, torace, sterno, prestando dovuta attenzione alle ferite, poi addome, ombelico, basso ventre, lì mi fermo, perché continuare a lavarlo vorrebbe dire scoprirgli le zone intime, qui, in mezzo a tutti gli altri, esito, cercando il sostegno visivo delle mie amiche.

Loro mi guardano intensamente, determinate, passo quindi a loro la bacinella con l'acqua, in modo che lo lavino a loro volta. Non è solo la bacinella a passare tra noi, ma anche una nuova consapevolezza, un pensiero in comune: fermare il bastardo per salvare la vita al nostro amato maestro, a Milo, e a Regulus, se lo distruggiamo, anche il morbo dovrebbe soccombere! Il punto è... come trovare lui?! Un brivido mi passa lungo la spina dorsale a quell'ultima domanda che si imprime nella mia testa. Certo, il nemico vuole disintegrarmi, questo si era capito, potrei quindi fare da preda, ma... non credo proprio che sarà così stupido da palesarsi ora, quando ha quasi in pugno il corpo di mio fratello. Questa certezza mi fa boccheggiare ancora di più, riportandomi alla più nera disperazione, la pallida luce della speranza è già completamente languita. Tremo.

E di nuovo, per farmi forza, come forse non dovrei, mi appendo al viso stremato della persona a me più cara.

“Camus... avrei così bisogno di te, adesso, della tua ferma volontà di non arrenderti. Scusami, sono un'egoista... chiedo a te un aiuto, quando sei in queste condizioni, dovrei invece essere io a sostenere te, come per troppo tempo non ho fatto, come vorrei tanto riuscire a fare, come una vera sorella sarebbe stata in grado di fare, ma... sono così inadeguata! Non sei tu a non essere stato un degno fratello maggiore per me, bensì il contrario! - gli bisbiglio all'orecchio, accarezzandogli dolcemente i capelli, le lacrime a fior di palpebre, ma non cadranno giù, non più - Ora l'unica cosa che posso fare per te è provare a seguire le tue orme e non demordere: troverò, anzi, troveremo un modo per salvarti, è una promessa!”

Nello stesso momento, mi accuccio ancora di più al suo fianco, così vicina al suo volto, mentre, con la mano libera, recupero le lenzuola, che le mie amiche gli hanno nel frattempo tolto per lavarlo, e gliele sistemo fino all'addome.

Le sue condizioni peggiorano a vista d'occhio, lo sforzo adoperato per parlarci un'ultima volta non può che aver peggiorato il tutto. Sta sudando un sacco, respira appena, sempre con la bocca semi-aperta, alla disperata ricerca dell'aria. Lo abbiamo lavato con attenzione, ma trascorsi pochi minuti, è tutto come prima, il che mi mozza nuovamente il respiro in petto.

Aiuto... che qualcuno lo aiuti, vi prego!!!

 

“Sono qui per questo, Marta, anche se per troppo tempo non ho potuto intervenire. Ora finalmente il tempo è giunto!”

Una voce familiare mi fa prendere un risalto, portandomi a credere di essere precipitata in un nuovo sogno, ma le facce spaesate di tutti i presenti mi fanno capire che non sono stata l'unica a sentirla, stavolta è reale!

Mi volto istintivamente indietro, vedendo propagarsi all'interno della stanza un intenso bagliore dorato che ci costringe a serrare gli occhi simultaneamente. Poco dopo, al posto della luce, vi è un giovane dai capelli neri con alcuni ciuffi più lunghi degli altri, gli occhi, un poco adombrati, del medesimo colore che, nonostante l'apparente innocenza, emanano un potere arcano, quanto difficilmente controllabile. Non è comunque questo a stupirmi, quanto piuttosto il bambino che è apparso con lui al suo fianco. Mi si mozza il respiro in petto, lui è...

“F-Federico?! - esclama sorpreso Dègel, guardandolo con aria interrogativa – Mi ero raccomandato di rifugiarti a Rodorio nel luogo che entrambi avevamo concordato per farti sfuggire dalla peste, cosa fai qui?! Chi è la persona che ti accompagna?!

La sua faccia è un misto tra lo stupore e lo sconvolto, mentre i suoi occhi sono ancora arrossati a causa del pianto di prima. Ecco spiegato perché il piccolo non si trovava più nei giorni antecedenti, Dègel si era premunito di condurlo al sicuro, lontano dal morbo, e invece è giunto qui c-con lui, significa che...

“Mi dispiace, Dègel, so che tu ti sei sempre preoccupato per me, so che volevi allontanarmi dal Santuario per il mio bene, ma io... non ho seguito le tue direttive! - spiega un poco a disagio Federico, guardando la figura accanto a lui che si avvicina lentamente a me - I-in verità mi sono nascosto, ho rubato alcuni libri dalla biblioteca, voi eravate troppo affacendati per prestarci caso, mi serviva creare un varco p-per lui, per farlo penetrare al Tempio"

"Perché... lo hai fatto? - Dègel sembra esserci rimasto male e abbassa lo sguardo - Hai infranto la barriera della Nobile Atena in un momento simile, p-perché?!"

"Per... trovare una via di uscita a questa situazione!" dice, un poco più sicuro, prima di far prendere la parola all'altro.

“E' un piacere incontrarti di persona, Marta! Finora siamo riusciti soltanto a parlare in sogno, mi dispiace aver fatto poco altro, ma ora... sono qui!” mi saluta, mentre alza entrambe le mani verso la mia direzione come per avere un primo contatto fisico con me.

Io sono come ipnotizzata dal movimento della sua tunica nera con i bordi ricamati d'oro, tanto da non accorgermi quasi che Sisifo, ripresosi dallo sbigottimento, percependolo altresì come una minaccia, ha protratto i pugni contro di lui.

“Maledetto, non provare nemmeno a sfiorarla!” grida, attaccando con un raggio di energia luminosa che puntualmente viene annullato da... Federico?

“Uh!” riesce solo a dire Sisifo, stupito dalla capacità del bambino, fissando incredulo i due nuovi arrivati.

“Non è poss...!!!” esclama invece Cardia, sconvolto.

"Chi sei veramente? - riprende la parola il Sagittario, fremendo - Tali poteri nelle mani di un fanciullo che non ha mai avuto un addestramento, non sono usuali!"

Nella stanza intanto riecheggiano esclamazioni di sorpresa , io sono l'unica a non capire a cosa sia dovuta l'ansia di tutti quanti. Perché lo stanno attaccando?! Perché credono che l'unica, l'ultima, speranza sia un nemico da abbattere?!

“Farabutto! - esclama Francesca rivolta a Federico, compiedo il giro del letto per affrontarli – Allora avevo visto giusto su quello che sei veramente! Maledetto, hai fatto il doppio gioco, quindi?!?” conclude preparando una saetta tra le sue mani.

Nello stesso momento tutti i Cavalieri presenti, ad eccezione ovviamente di Camus, che giace incosciente, e delle altre due mie amiche, si mettono in posizione di attacco, pronte a lottare con tutte le loro forze. Un singulto mi sfugge, nel presagire i cosmi di tutti incombere. Sta per compiersi una catastrofe!

“FERMIIII!!!!! Siete impazziti?!” li richiamo, mettendomi in mezzo tra loro e i nuovi arrivati, decisa più che mai a interrompere questa pazzia.

“No, Marta, sei tu che sei impazzita! Non ti rendi conto di chi hai davanti?! E' Crono!!!” mi avverte Francesca, tesa, mentre gli altri la osservano, se possibile, ancora più smarriti.

Prendo un profondo respiro, rabbocando aria: “Lo so!”

“C-come lo sai?! E comunque tu...?

“Ma so anche che si tratta della parte buona, Francesca, e che non ci farà del male, lui è la prima vittima del Mago ed è venuto comunque ad aiutarci!” spiego ancora, guardandolo fiduciosa.

“Sapevo che almeno tu mi avresti riconosciuto, Marta, del resto ci siamo già visti parecchie volte nel tuo inconscio!” afferma lui, sorridendo e e porgendomi la mano in segno di saluto. Faccio per stringerla, ma Dègel con uno scatto velocissimo, mi prende e mi tiene contro di sé, con foga inaudita.

“Non osare toccarla!!! Non importa se ti sei scisso in due parti, non importa se sei la prima vittima, ciò che conta è che hai comunque fatto soffrire Marta e le altre! Ho ben visto le ferite sul suo corpo, immagino che Sonia e Michela ne abbiamo altrettante, ed è stata opera tua, SOLO TUA! Per la stessa ragione, Camus è in queste condizioni, lo puoi vederlo ben da te, si è indebolito per salvare Marta dal tuo maleficio, e ora ci vieni a raccontare che sei qui per porgerci aiuto?! Inventa una storia più attendibile!" ringhia lui, guardandolo torvo, fremendo vistosamente.

Arrossisco violentemente, rendendomi conto che è la prima volta che Dègel si dimostra così protettivo con me, ma è comunque il momento sbagliato per atteggiarsi in questo modo. Crono è la nostra unica speranza, devo cercare di convincere i miei amici a credere in lui.

“Non sarà facile conquistare la tua fiducia, Dègel dell'Acquario, nonché uomo più intelligente che il Santuario abbia mai ospitato... Probabilmente hai ragione ad essere così furioso, ciò che dici è vero e Camus sta rischiando di morire, la sua vita ora è come l'acqua che, velocemente, sfugge via dalla fonte in cui è nata... ma sono qui per aiutarvi, credimi, nonché salvare anche Milo e Regulus, in bilico tra il mondo dei vivi e quello dei morti!” proferisce Crono, uno sguardo malinconico a solcargli il viso provato.

“Non tentare di ingannarci con le tue belle paroline! Perché ora ti atteggi da santo che non sei?! I tuoi altarini passati, dai tempi del mito ad oggi, li conosciamo tutti!” esclama Francesca, ancora in posizione d'attacco, affatto convinta.

"Quanto ti ha raccontato veramente tuo nonno Zeus di Crono, suo padre?!" la incalza Federico, mettendosi a sua volta in posizione di attacco per difendere il dio del tempo.

"Quanto basta! E' mio nonno, mi fido di lui, non di certo di un essere che è arrivato al punto di uccidere i proprio figli!!!"

"Uhmpf, non SAI la realtà delle cose, solo quella da parte di Zeus, ma vedo che sei sempre una sua fedelissima, Francesca, segui le sue direttive mettendole sopra a tutto e tutti, ora come allora!"

Vedo la mia amica sbiancare, come se le parole del bambino l'avessero sconvolta nel profondo. Esita non sapendo più che fare, alla fine è Crono stesso a frapporsi tra loro.

“Sono davvero qui per salvare Regulus, Milo e Camus, ma... il tempo stringe, non possiamo sprecarlo, lui fa sempre più fatica a respirare!” dice solo il dio del tempo, serio, facendo un accenno dietro di me.

Ancora avvolta dalle braccia di Dègel, spalanco gli occhi, tesa, mentre il mio sguardo si posa istintivamente su mio fratello, abbandonato a sé stesso sul letto, quasi come un oggetto vuoto: ha ragione Crono, stiamo solo perdendo tempo che non abbiamo e Camus... Camus non resisterà a lungo, lo capisco dal suo respiro sempre più affannoso!

“Le tue parole non mi convinceranno mai, maledetto!”

“Fra, ti prego! I minuti passano!!!”

“Marta, apri gli occhi! Come faccio a fidarmi di lui dopo quello che vi ha fatto?! Voi non eravate coscienti dopo la battaglia contro Crono, ma i Cavalieri erano distrutti, e Camus... ho visto lo spirito di Camus sgretolarsi in mille frammenti, distrutto dal dolore di avervi perdute. Non mi affiderò mai ad un dio malvagio come quello!!!”

“Lo so invece, l'ho visto nei sogni... ho visto cosa è successo e comprendo il tuo stato d'animo, ma se non ti fidi di lui, ed è tuo diritto, almeno credi in me!”

“M-Marta, io...”

Lo sguardo che le imprimo dentro ai suoi occhi fa si che la sua aura offensiva svanisca in un lampo e che indietreggi di qualche passo, non più desiderosa di attaccare ma comunque sul chi vive.

Poco dopo accenno un movimenti verso Crono, ma la stretta di Dègel aumenta di intensità, impedendomi di avvicinarmi a lui

“D-Degèl, fammi andare...” biascico, cercando di sfuggire alla sua presa.

“NO, prima devo capire veramente se non è un pericolo, per farlo devo porgli delle domande!” ribatte, non distogliendo lo sguardo furente dal dio.

“C-Camus e gli altri non resisteranno ancora a lungo...” mormoro, in tono sofferente, scoccando una nuova occhiata a mio fratello, il quale ansima con enorme patimento.

“Lo so, ma devo cercare di proteggere gli amici che mi sono rimasti... l'ho promesso anche a lui: non vi accadrà più niente!” mi risponde, sospirando pesantemente.

"Ammiro la tua nobiltà d'animo, Cavaliere, ma qui è questione di vita o di morte" prova ad avvicinarsi a noi, ottenendo però un'emanazione ghiacciata.

"STAI INDIETRO, HO DETTO!"

Crono sospira, cercando di radunare tutta la pazienza di cui dispone, fissa la sua espressione nella mia: "Marta, mi permetti, almeno tu, di avvicinarmi al letto di tuo fratello? Forse posso fare qualcosa per aiutarlo un mimimo nell'immediato, p-perché davvero non... non resisterà ancora a lungo, senza intervento..."

Rabbrividisco, gli occhi lucidi, tremo, e lo stesso fa Dègel, condividendo il mio malessere ma affatto fiducioso nei confronti della divinità.

"F-fallo, Crono!"

"MARTA!"

"Lo hai sentito, Dègel, e lo vedi di sicuro anche da te, se lui può fare qualcosa, QUALSIASI cosa per alleviargli le sofferenze, ebbene, che proceda!" singhiozzo, disperata, stringendo convulsamente la presa sulle sue braccia e nascondendomi nell'incavo della sua spalla.

Lo avverto accarezzarmi dolcemente i capelli, contraccambiando la stretta: "Non si arrenderà per te, per voi, io lo so, è forte, più di quanto lo sia io!"

Parole di conforto, che tuttavia non riescono a tranquillizzarmi. Annuisco senza convinzione. Nel frattempo il dio del tempo si sta approcciando proprio al letto, si china, girando il volto di mio fratello, che non si oppone. So che non gli piace essere toccato da estranei, so che non lo vorrebbe, ma non resisterà a lungo senza un supporto respiratorio, e qui non abbiamo nulla di tutto questo, posso solo confidare nel dio.

"Ragazzo... - lo chiama poco dopo Crono, con voce dolce, che meraviglia non solo me ma tutti i presenti - Coraggio, apri bene la bocca!" gli dice, costringendolo a fare come richiesto. Con il palmo libero dell'altra mano, intanto crea una sottospecie di bolla di sapone di medie dimensioni, assolutamente trasparente che, con ferma delicatezza, lo obbliga ad assumere per via orale.

Ne deriva una lucina affascinante, anche se non brillantissima, il torace di Camus si alza e si abbassa con due o tre movimenti più profondi, prima di regolarizzarsi. La luce svanisce del tutto, il dio del tempo riadagia il suo volto, di lato sul cuscino, prima di rialzarsi.

"Che... che diavoleria è questa?!" esclama Cardia, incredulo.

"Gli ho semplicemente dato un po' di ossigeno extra che dovrebbe calmarlo per un paio di ore, permettendogli di dormire. Lui si è lasciato andare da quanto fosse sfinito, stava lottando disperatamente per continuare a respirare, ora almeno avrà un po' di sollievo, anche se non so quanto effettivamente durerà. Quel mostro è troppo potente..."

"Ma voi...?"

“Avevi delle domande da pormi, vero Cavaliere dell'Acquario?" lo interroga Crono, voltandosi per poi posizionarsi davanti a lui.

“Perché ora?! Perché siete intervenuto in questo momento, mentre prima ci avete lasciato soli?! Non ha senso!” inizia Dègel, in tono accusatorio, ma prendendo ad usare il 'voi', anziché il 'tu'.

“Dègel, noi non potevamo intervenire prima, il nemico non ce l'avrebbe mai permesso, ma ora...” comincia Federico, deciso.

“Eh, no! Non mi convinci per niente! Concordo con Francesca! E' dalla prima volta che ti ho visto che mi puzzi di menzogna! - interviene Cardia, diffidente, mettendo le mani sui fianchi – Che storia è? Prima non potevate intervenire ed ora, di punto in bianco, sbucate dal nulla, rompendo la barriera di Sasha... e poi tu chi diavolo sei realmente, Federico?!”

Federico mantiene, temerario, il contatto visivo con lo Scorpione, a sua volta del tutto immune alla paura.

“Chi sono io? Sono il figlio di Crono!” afferma, orgoglioso, le mani a sua volta sui fianchi.

"CHE COSA?! Un altro semi-dio?!"

La sala pullula nuovamente di esclamazioni di sorpresa, ma la voce imperiosa di Crono le fa nuovamente tacere.

“Sì, ho concepito un figlio prima di essere smembrato dal potere malefico del nostro nemico in comune, come tale, lui, Federico, ha in verità secoli e secoli sulle sue spalle, nonostante le sembianze in cui vi è apparso"

"U-un vecchietto nel corpo di un giovane?! Come Krest?! Questo è davvero bello!" commenta ironicamente Cardia, squadrando prima loro e poi Dégel, ancora incredulo davanti a quelle rivelazioni.

"Non abbiamo però tempo per soffermarci adesso su questi discorsi, vi spiegherò meglio quando sarà tutto sistemato! Tu mi hai posto una domanda, Dègel, ed è mia intenzione risponderti...”

"O-oh... s-sì!" biascica lui, frastornato dai loro discorso, mentre una nota dolente gli attraversa gli occhi.

Crono chiude un attimo gli occhi, prendendosi una breve pausa prima di proseguire.

“Orbene, il nemico contro cui state combattendo è ben più forte di tutti gli dei messi assieme, questo voi lo sapete già, ma oltre a questo, vi posso dire che è persino antecedente a Gea, la Terra e Urano, il Cielo, i miei genitori, anche se spiegarvela così è riduttivo, oltre ad essere affatto concepibile dalla vosta mente, per certi versi, limitata - dice, con una punta, questa volta, di superiorità - Vi basti dunque sapere che il Demiurgo, o meglio il Demiurgo inteso come è ora, poiché prima era un'altra essenza, ha attualmente le redini di tutte le dimensioni fatte, finite, infinite, esistenti, non più esistenti... è un'entità fuori controllo che ragiona tramite l'Intelletto Reagente ma che talvolta, a causa delle sue condizioni psichiche precarie, perde totalmente la ragione, rischiando di implodere su sé stesso come una supernova. L'unica sua speranza di mantenersi integro sta in questo mondo, l'unico mondo che, ancora, riesce a resistere al suo giogo: la dimensione delle possibilità!”

“C-come, la dimensione delle possibilità?!! - esclama Dègel, incredulo, quasi saltando su, scosso – E inoltre... se ben ricordo, prima di Urano, la personificazione del Cielo, e Gea, la personificazione della Terra, vi era il Caos... è impensabile che il nemico sia talmente forte da aver ordinato tutto, nessuna entità può essere in grado di governare il disordine primordiale!”

"Sbagli Dègel, per una Intelligenza Regolatrice è facile ordinare ciò che è già esistente, più difficile CREARE qualcosa che non sussiste, ma ha trovato il modo per porvi rimedio!" afferma enigmatico Crono, una strana luce, sinistra, negli occhi.

“Frena! Frena! Frena! Tante belle paroline, ma non ci hai ancora spiegato come puoi essere intervenuto ora se il tizio di cui parli è cotanto forte!” interviene ancora Cardia, sempre più scettico.

“Le buone maniere non sono proprio il tuo forte, vedo... comunque anche qui ci sarebbe da spiegarvi tutto nei minimi dettagli, ma non posso. Nonostante questo, avrete sicuramente visto parte dei poteri del nemico, avrete assistito alla sua capacità di trascendere tempo e spazio, al suo potere di interagire con questo mondo malgrado la distanza, soprattutto con Marta, che ne è stata più volte vittima... proprio per questo non potevo intervenire in alcun modo. Io, per lungo tempo, non sono che stato un burattino nelle sue mani, privo del libero arbitrio proprio dei mortali... come potevo dunque aiutarvi fisicamente?! Me ne dolgo sinceramente...”

"Beh, ma per essere UN dio del tempo allora sei piuttosto schiappa, voglio dire, governi il flusso temporale e non riesci manco a fermarlo?! Andiamo benone!!!"

"Cardia!!!" esclamo, rimproverandogli, solo con il tono, la maleducazione.

"Beh, è quello che ha detto lui stesso, no?! Praticamente ha ammesso che tu, non so perché, sei potenzialmente più forte!"

"N-non dire assurdità, io non sono..."

"No, invece è esattamente così, Marta mi è superiore, ma non solo, anche Michela e Sonia e lo stesso Federico, è la loro stessa condizioni di semi-dei a permetterglielo!"

Tutti i presenti si girano verso di me e poi verso le altre, guardandoci come se fossimo merce rara e facendoci imbarazzare non poco.

“E... che cosa è cambiato allora?” chiede Sonia, titubante, gli occhioni ancora rossi, per il pianto, ma il tono un poco più sicuro.

“La scelta di quel ragazzo, anzi, sarebbe più corretto dire... la VOSTRA, scelta, Marta... tua, e di tuo fratello! - risponde placidamente Crono, indicandoci con un dito il corpo di Camus. Automaticamente il mio cuore perde un battito al suono di quelle parole, capendo il reale significato delle sue parole - La decisione sconsiderata di Camus ha portato il Mago ad accelerare i suoi piani, facendogli abbassare la guardia e le difese. Ricordate ciò che vi ho detto in precedenza? Che il nemico perde la ragione? Ecco, la scelta del Cavaliere dell'Acquario ha portato uno scombussolamento nel suo progetto, spingendo il Demiurgo ad agire con tutto sé stesso, allentando così la pressione su di me. Certo, Camus non sapeva minimamente a cosa avrebbe portato la sua decisione, è stato folle e temerario, nonché... disperato... ma grazie a lui si è aperta la breccia!"

"L-lui non si è arreso... - biascica Michela, rimasta quasi del tutto muta fino ad adesso - Ma in che modo la scelta di... sacrificarsi... ha spinto il Mago ad accellerare i suoi piani?"

"E' proprio perché non si è arreso a lui, è proprio perché era disposto al tutto per tutto per fermarlo che il nostro comune nemico ha agito così. Camus gli serve, non poteva permettere che andasse perduto!"

Un singulto sfugge dalle mie labbra, mentre il mio corpo inizia a fremere vistosamente. Intorno a me vi sono mormorii indistinti di sorpresa, ma è la voce di Crono, che mi rimbomba cupamente in testa, il suono che sento di più.

"La tua scelta, Marta, è partito tutto da lì, non dimenticarlo mai!"

“Ed è esattamente questo il motivo per cui ora possiamo finalmente fare qualcosa!” asserisce Federico, mentre suo padre tira fuori da dentro la tunica un ciondolo argentato. Guardandolo meglio, noto che è composto da dieci puntini che formano un triangolo: il tetractys!

“Dègel! - lo chiama Crono, facendo sussultare l'interpellato – Lo affido a te, perché sei l'unico capace di controllarlo! Tienilo stretto al collo, grazie a questo avrete il potere di piegare il tempo a vostro piacimento per due volte: andata... e ritorno!”

Fisso inebetita il ciondolo, rendendomi conto della possibilità che quell'oggetto ci sta offrendo. Lentamente ma meccanicamente si comincia a formare un piano dentro di me, con intensità sempre maggiore e una frenesia che a stento riesco a controllare.

“Io-io davvero non...” inizia confuso Dègel, ma il mio urlo liberatorio, seguito dal correre ad abbracciare proprio il Divino Crono, lo destabilizza del tutto, bloccando la frase a metà.

“POSSIAMO TORNARE NEL NOSTRO TEMPO!!! Mia mamma lavora in un ospedale, posso chiedere a lei la cura e il vaccino per la peste!!!” grido, iniziando a saltare per la gioia, totalmente incapace di frenare il mio entusiasmo. Possiamo salvare tutti... Sì, possiamo!!!

“Esatto, Marta! Potete tornare nel 2011 ma solo per un massimo di tre giorni, altrimenti non riuscirete a tornare entro domani sera, ovvero il tempo limite a cui Camus e gli altri possono resistere. Mi dispiace ma il mio potere, frammentato, si limita a questo, è il massimo che posso fare per voi, me ne rammarico..." spiega Crono, leggermente imbarazzato, irrigidendosi notevolmente.

Allento la presa su di lui per dirigermi, a capofitto, su Federico, che nonostante le rimostranze viene preso in braccio da me e coccolato.

"Grazie anche a te, frugoletto, GRAZIE!" quasi urlo dalla gioia, le lacrime agli occhi per il sollievo.

"N-no, fermati, c-che fai?! Cosa ti è preso, Marta?!?" si lamenta, cercando di dimenarsi.

Effettivamente non un comportamento tipico di me, affatto, ma è come se la Seraphina dentro di me, provando la mia stessa gioia, abbia esultato. La sensazione che ne deriva è estraniante.

"Nella vostra epoca la medicina si è molto sviluppata, partendo da chi ha scoperto il bacillo Yersinia Pestis alla fine del XIX secolo fino ad arrivare ai giorni vostri in cui la peste è quasi totalmente debellata, almeno nei Paesi in via di sviluppo!” afferma Crono, ricomponendosi. Poso Federico a terra, tornando forzatamente in me, prima di annuire.

“Quindi, se ho ben capito... nel 2011 esiste una cura e questo pendaglio serve per andare e tornare da quest'epoca a quella... ma una volta là cosa devo fare?” chiede Dègel, osservando sia me che Crono.

“Mia mamma lavora in un ospedale a Genova, lei di sicuro può aiutarci!!” ripeto con enfasi, gli occhi più brillanti del solito, soprattutto rispetto all'ultimo periodo.

“Sì, dovrai recarti a Genova, Cavaliere, ma ricordati che questo ciondolo può condurti solo in un luogo legato sia al passato che al futuro!” dice Federico, avvicinandosi a lui.

“C-come?”

“Significa che potrete viaggiare nel tempo solo in determinati luoghi, in particolare nei posti che esistono sia nella vostra epoca che in quella da dove provengono le ragazze!” continua Crono, fissando i suoi occhi neri in quelli blu di Dégel.

“Ho capito, quindi devo pensare ad un luogo che esista in entrambe le epoche!” afferma pratico quest'ultimo, mettendosi la mano sotto al mento con fare pensieroso.

“Te la senti, Cavaliere? Tu sei l'unico che può riuscire a piegare il tempo e le dimensioni grazie all'oggetto che ti ho dato, ma questo non vuol dire che sei immune dalle conseguenze: un viaggio nel tempo può avere delle grosse ripercussioni sul proprio organismoo...” lo avverte Crono, porgendogli il ciondolo, che Dègel afferra con molta determinazione.

“Ci avete offerto una possibilità, Divino Crono... non la sprecherò!” ribatte, deciso, iniziando a concentrarsi.

“Crono, quel ciondolo può portare più di una persona?” domando, tesa.

“Certo, basta che ad indossarlo sia Dègel, solo lui, in qualità di uomo più intelligente del Grande Tempio, può trascendere i limiti spazio-temporali! Occorre infatti una grande forza interiore, nonché un immenso potere celebrare. Il vostro cervello è la chiave di tutto, lo è nelle vostre scelte, nelle vostre conoscenze, persino nei sentimenti... è una macchina meravigliosa con un potenziale pressoché illimitato, pertanto affidatevi interamente alle sue capacità, non ne rimarrete delusi!” afferma, sorridendo leggermente.

“Bene, allora SIAMO pronti!” sentenzio, marcando il verbo.

“No, Marta, no! Affida a me la...”

“Non voglio sentire storie! Farò di tutto per aiutare il mio fratellino e i miei amici” continuo, testarda, con forza. Sapevo che avrebbe avuto da ridire ma non mi fermerò.

“Marta, ho promesso a Camus di proteggervi!”

“Bene, ci proteggerai strada facendo!” esclamano Michela, Sonia e Francesca all'unisono. La loro espressione, sebbene ancora sofferente e triste, non ammette repliche.

“Ragazze, io...”

“Ti prego, Dègel, credi un po' in noi, non ti saremo di peso!!!” insiste Michela, asciugandosi completamente il pianto.

E' un veloce scambio di sguardi il nostro, giusto il tempo necessario alla nostra determinazione di imprimersi nella retina di Dègel.

“Non posso garantire la vostra incolumità, ma se nutrite il forte desiderio di salvare i vostri amici, e quindi di venire con me... ebbene farò del mio meglio per prendermi cura di voi!” ribatte, infine, solenne, la scintilla di vita che torna a brillare nei suoi occhi così simili a quelli di Camus.

“Ehi, non vi state dimenticando di qualcuno qui?! O vi aspettate forse che io faccia da balia a Camus e agli altri, asciugandogli il sudore, e cose così?! Non è il mio ruolo, spiacente!" si aggiunge Cardia, avvicinandosi con passo incalzante a noi.

“No, Car, non te lo posso acconsentire! Hai sentito cosa ha detto Crono, un viaggio nel tempo può minare profondamente il nostro organismo, bisogna essere totalmente in salute per limitare i rischi!”

“Cosa vuoi che me ne freghi, Dègel?! Non voglio certo perdermi questa avventura, e inoltre... - si prende una breve pausa, guardandomi intensamente – Ho visto le lacrime di queste quattro pulci, ho visto la loro sofferenza, come puoi pensare che mi tiri indietro?! Tengo a Regulus, mi sono affezionata a Milo e... e pure quel sociopatico di Camus, alla fine dei conti, non era così malaccio! Quindi vi seguirò!”

"Non puoi, testone di uno Scorpione, ti rendi conto che tu... tu... - Dègel si blocca, mordendosi il labbro inferiore, prima di scrollare la testa - No, Car, rimani qui, ci pensiamo noi a..."

"Mi vuoi tagliare fuori, non ci penso neanche!!! Cosa dovrei fare, prendere la manina di Camus, di Milo o del piccolo Regulus e accarezzargliela, pregando per un risvolto favorevole?! NON SONO IL TIPO!"

"Ne-nessuno ti ha detto di farlo, ma..."

"Camus sta morendo, Dégel, e anche gli altri! Io qui non ci sto, e poi, e poi... ehm!" lo vedo imbarazzato, indietreggia di un po', guardando altrove.

"E poi?" lo incalza Dègel, confuso dal suo cambio di tono.

"S-sto' scemo - e indica Camus sul letto - Si permette di agonizzare adesso che... che stavo cambiando opinione su di lui. NON GLIELO PERMETTERO', dovessi andare in capo al mondo per prendere questo dannato medicinale!"

"Oh, Cardia..." mi lascio sfuggire, gli occhi lucidi. Anche lui si è affezionato a mio fratello, infine.

"E-ehi, non ho fatto chissà quale dichiarazione, eh, s-solo... solo che devo prenderlo a sberle, quando starà meglio, dandogli una botta di coglione e di deficiente, nonché di pirla, per aver fatto tribolare voi ragazze così!"

"Ce-certo, hai il mio appoggio!" gli regalo un largo sorriso, divertita dal suo continuo grattarsi la testa in vistoso disagio.

Dègel intanto sospira, incapace di obiettare ancora dopo una simile affermazione. Capisco la sua agitazione per l'amico, perché è condivisa da me, ma so anche che Cardia non demorderà per nulla al mondo!

“Come funziona questo oggetto?” chiede alla fine l'Acquario, attendendo risposte da Crono, ma è Federico a rispondere.

“Devi concentrarti e convogliare tutte le energie psichiche e mentali che hai sul luogo e sul tempo che vuoi raggiungere, per questo solo tu puoi farlo: sei l'uomo più intelligente, il tuo cervello cova potenzialità infine!” spiega il piccolo, serio, non nascondendo una punta di affetto e ammirazione nella voce

“Finitelo di ribadire! A che giova l'intelligenza se, da sola, non è stata in grado di aiutare gli altri?! Se voi non foste arrivati io... non so proprio cosa avrei fatto!” afferma, non nascondendo un velo di rammarico nella sua voce, prima di chiudere gli occhi.

“Aspettate! Se andiamo via tutti, chi si prenderà cura di Camus e degli altri?!” domando, preoccupata.

“Non devi temere per questo, ragazza, ci siamo noi con loro e, tra poco, torneranno anche Albafica e Manigoldo, non li lasceremo soli!" mi tranquillizza Sage, con un leggerlo sorriso a solcargli il viso rugoso.

“Me lo... promettete?" pigolo, con un filo di voce. Inaspettatamente una mano si posa tra i miei capelli, alzando lo sguardo incontro quello gentile, anche se triste, di Sisifo.

“Puoi scommetterci, Marta, lascia fare a noi!"

“V-va bene, Sifo, grazie e... scusami per prima!" biascico imbarazzata, avvicinandomi poi al letto di mio fratello per accarezzargli dolcemente una guancia con due dita. Non può più percepirmi, ma voglio comunque fargli coraggio in qualche modo.

Dopo l'intervento di Crono, sembra apparentemente un poco più tranquillo. Ha sempre la bocca semi-aperta, il respiro aritmico, la testa reclinata mollemente sulla spalla, ma almeno sta riposando, come se lo avessero sedato, permettendogli così di conservare le poche energie rimaste. Tuttavia la sua espressione ancora così dannatamente sofferente, mi fa male al cuore, mozzando anche il mio, di respiro.

“Tu resisti, hai capito? Faremo presto ritorno con le medicine! Resisti, fratellino mio, abbiamo trovato una soluzione, ti porteremo via dalle grinfie di quel negromante, ti riporteremo al calore della vita, lo giuro!” gli sussurro, posando le mie labbra tiepide contro la sua fronte bollente e sudata. Lo bacio proprio lì, sostandoci a lungo, con tutta la dolcezza di cui posso disporre, tracciando il suo profilo con l'indice e il medio, giù, fino al collo e poi alla spalla.

"Ti voglio bene... ti voglio tanto bene, Cam..." un sussurro strozzato, la mia mano che scende a stringergli il polso, prima di trovare la forza di raddrizzarmi.

Lo guardo ancora per un istante, trattenendo a stento le lacrime per il dolore che mi provocano le sue condizioni sempre più disperate e il fatto di doverlo abbandonare qui, indifeso com'è, nonostante sia conscia che saranno gli altri a prendersi cura di lui, che non lo lasceranno. Infine riesco a voltarmi verso gli altri, lo sguardo determinato, quasi ferino, che viene accolto da un cenno di assenso.

“Muoviamoci, forza!” esclama Francesca, mentre Dègel chiude di riflesso gli occhi ed inizia a concentrarsi.

“Crono? - chiamo mentalmente il dio del tempo, desiderosa di chiarire un dubbio tra i tanti che mi aleggiano in testa – Perché è apparso proprio il tetractys nei luoghi dove siamo atterrati? E' forse il tuo simbolo?!”

"Lo è, Marta!"

"E cosa rappresenta? Che costellazione è, che simbologia ha, dietro, perché hai scelto proprio..."

"Oh, quello, l'ho scelto solo perché, tra le simbologie umane, mi aggradava!"

Mi casca il mondo addossod davanti a questa NON rivelazione. In tutta franchezza sembra una presa per i fondelli. Mi sta dicendo che... gli piaceva e basta?! Che non c'è una spiegazione dietro?! E le mille congetture di Albafica e Dègel, allora?! Ma daaaaaaaai!!!

“Ti percepisco perplessa e un po' frastornata, sbaglio?! - mi risponde telepaticamente lui, in uno sbuffo che dovrebbe forse essere una risata – Non tutto deve per forza avere un motivo di fondo dietro. In questo caso, saprai certamente che per i Pitagorici il simbolo raffigurava il numero dieci, quindi la perfezione. Saprai anche che per loro tutte le cose si dividevano in pari e dispari, ovvero tra cose perfette e cose imperfette... bene, io sono il signore del tempo ma anche il signore di tutto ciò che esiste eccetto la folgore, che è propria di mio figlio Zeus. Per questo ho fatto mio il Tetractys, che rappresenta tutte le cose con i numeri, perché anche il tempo stesso è sempre fatto di numeri, Marta!”

"Ma allora un motivo c'era!" gli faccio notare, sentendomi presa un po' in giro.

"E' la spiegazione che mi sono cercato dopo averlo preso ad effige del mio potere, in realtà, in principio, l'ho fatto mio perché mi aggradava, come ti ho già detto!"

“Quindi il Mago... Il Mago ha davvero usato una parte dei tuoi poteri per farci viaggiare nel tempo! Tu precedentemente hai sostenuto che prima ancora era un'altra essenza, rispetto ad ora, quindi... il Mago... o Demiurgo, che dir si voglia, chi diavolo era prima di diventare così?!? ” chiedo, mentre un brivido mi scorre inesorabilmente lungo la schiena.

“Io... io credo di essere pronto!”

La voce di Dègel mi strappa dai miei pensieri, riportandomi alla realtà. Non otterrò più risposte, non ora.

"Lasciati trasportare dalla corrente, ordunque!" afferma Federico, in tono solenne.

“Amici e compagni... ripongo tutta la mia fiducia in voi, vi prego trovate la medicina!” si raccomanda Sisifo, allontanandosi da noi per permetterci di compiere il balzo. E' l'ultima frase che riesco ad udire, prima di essere avvolta da una luce abbagliante e avere la sensazione di essere trascinata in un immenso buco nero profondo e scuro.

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Capitolo 30
*** Ritorno a casa (prima parte) ***


CAPITOLO 30

 

RITORNO A CASA (prima parte)

 

Milo corse più che poté, corse, corse e corse, del tutto incurante dell'ambiente circostante. Una bruttissima sensazione albergava in lui, il cosmo sofferente del suo migliore amico ne era la prova schiacciante. Qualcosa stava succedendo; qualcosa di terribile, lo poteva presagire sin troppo bene.

Certo, il sommo Zeus gli aveva chiaramente detto che sarebbe andato a chiedere la stessa cosa a Camus, eppure era stato proprio ciò a far scaturire in lui una paura atroce Chiedere la stessa cosa. Nelle condizioni fisiche del suo migliore amico. Era fisiologicamente impossibile, salvo perdere la vita nel processo, una cosa che Camus avrebbe fatto senza pensarci due volte. Ecco la ragione di un tale atterrimento. Giunto davanti alla porta da cui proveniva quel cosmo carico di pena, la aprì di scatto senza curarsi di chiedere il permesso, e quel che vide diede credito ai suoi timori. Un rabbia cieca lo avvolse.

Sommo Zeus!!! Cosa diamine state facendo a Camus?!” urlò, spaventato dalla scena, divaricando le gambe per apprestarsi ad attaccare.

Davanti a lui infatti si ergeva il re degli dei girato di spalle nell'atto di inchiodare il giovane Cavaliere dell'Acquario contro la parete. A Milo venne un colpo quando riuscì a vedere nitidamente il volto pallido e stremato del suo migliore amico vinto dal dolore; per non parlare del sangue che sgorgava incessantemente dalle ferite al torace e confluiva, per qualche trucco magico, in un'ampolla abbastanza capiente. Il Cavaliere dello Scorpione non riusciva proprio a crederci, si sentiva quasi tradito da quell'entità aliena con cui aveva combattuto in precedenza come compagno e che, in quel momento, di punto in bianco, faceva una cosa così assurda e crudele nei confronti del già stremato Camus. Fremette violentemente, sempre più minaccioso.

Zeus!!! Così lo ucciderete! Perché gli state facendo tutto questo?!” si agitò ancora Milo, incapace di continuare ad articolare parole con un senso compiuto. Del resto, nemmeno quella dannata divinità dava cenno di volersi fermare, quasi come se le sue orecchie fossero chiuse alle sue grida. Lo Scorpione era sempre più fuori di sé, si dovette trattenere per non colpirlo seduta stante.

Calmati, Cavaliere... pensi mi stia divertendo a torturare ulteriormente questo ragazzo dopo tutte le pene che ha già passato? Non è così, ma la profezia dice chiaramente che...”

CALMARMI?!? LO STATE DISSANGUANDO E MI DITE DI STARE CALMO?!? Non me ne fotte una beata minchia di questa profezia! - lo bloccò immediatamente Milo, lanciando una delle sue cuspidi ai piedi del padre degli dei come primo avvertimento - Liberatelo immediatamente o ci metterò un attimo a concentrare tutti i miei quindici colpi in un solo e a costringervi con la forza a togliere le vostre sporche manacce da lui!” lo minacciò ulteriormente, tirando fuori esaustivamente entrambi gli aculei dagli indici delle due mani. Più chiaro di così non si poteva, ancora una goccia di sangue e lo avrebbe attaccato con tutte le sue forze, in barba all'alleanza.

Il padre degli dei sospirò sonoramente, poi, con un rapido gesto, liberò Camus, il quale, totalmente sopraffatto dal dolore, cadde in avanti, incosciente.

"CAMUS!!!"

Cavaliere, è stato lui stesso a volerlo. Io non... non avrei mai voluto fare una cosa simile, avrei voluto trovare un'alternativa, ma il tuo amico è stato irremovibile. E ho capito. Non riuscirebbe in alcun modo a sopportare un mondo svuotato dalla presenza della sua amata sorellina, è stato così coraggioso...”

Ma Milo non lo stava più ascoltando, essendosi precipitato ad afferrare il suo migliore amico al volo e a distenderlo delicatamente per terra in posizione supina, le mani ancora una volta tremanti e il sangue sparso dappertutto che gli sporcava l'intero torace, scendendo poi sull'addome, e ancora sui capelli, come quel dannatissimo giorno in cui si era procurato le lacerazioni.

Camus! Santo cielo, Camus! Cosa hai fatto?!” esclamò Milo, spaventato a morte. Sollevò leggermente la nuca del compagno per permettergli di appoggiare la testa sul suo grembo e farlo respirare meglio, ma non vi era modo di arrestare l'ingente emorragia che, ancora una volta, lo prosciugava lentamente della vita. Le sue mani corsero a tastagli il polso fiacco, la paura aumentava ad ogni secondo.

L'ho sottoposto ad una scelta, recuperare la vita di Marta a rischio della sua e, sebbene gli avessi detto dei rischi che correva, non ha esitato un attimo a sacrificarsi per lei. Davvero voi esseri umani siete straordinari!” proferì Zeus, con un misto di ammirazione e compassione.

E' tutto così assurdo quello di cui parlate... perché dovevate riaprire proprio le ferite che, per un soffio, non gli hanno fatto perdere la vita?! Perché a lui?!? Ora Camus sta continuando a sanguinare... morirà se non facciamo immediatamente qualcosa!!!”

Calmati, Cavaliere! Ho già provveduto a questo... non è che un tampone da usare nell'immediato, ma lo farà stare meglio, almeno pe il momento”

Milo non ebbe il tempo di rispondere che vide entrare nella stanza Hermes con passo incalzante, quasi come se si trattasse di un prodigio che avesse aspettato fino a quel momento per palesarsi sulla scena.

Non gli permetteremo di morire, di questo puoi starne certo! Noi dei abbiamo già causato troppi spargimenti di sangue... - sancì l'ambasciatore divino, facendo segno a Milo di lasciarlo procedere e di avere fiducia.

Passò quindi una mano tra i capelli di Camus, il quale, ansimava con patimento, mentre con l'altra, la sinistra, che sorreggeva il Caduceo, poggiava l'estremità del bastone sulle tre ferite. Malgrado la delicatezza del movimento, il corpo del ragazzo tremò con forza, preda di deboli, ma consistenti, spasmi che spinsero Milo ad accarezzarlo, lisciandogli i capelli con dolcezza.

"Resisti, Cam, tra poco sarà tutto finito!" provò ad incoraggiarlo, con il cuore in gola, mentre una lucina cominciava ad irradiarsi dalla punta del bastone.

"Tuttavia... - riprese Hermes poco dopo, come se niente fosse, operando come un mago - il sangue che lui stesso ha donato riuscirà davvero a far tornare in vita sua sorella, rendendo però il suo organismo ancora più debole. Certo, questo vale in parte anche per te e Hyoga, ma per Camus... per Camus è diverso!”

Perché... perché per lui deve essere tutto così dannatamente doloroso?!” chiese un prostrato Milo, non appena riuscì a distogliere l'attenzione dalla luce che produceva il Caduceo del dio dei viandanti e che faceva rimarginare, almeno in parte, le ferite aperte di Camus. Anche il suo respiro stava tornando regolare, anche se ancora un poco difficoltoso, si mosse appena, in quello che pareva un gesto involontario.

Perché... lui è molto interessato ad indebolire Camus per raggiungere i suoi scopi... - rispose solo Zeus, enigmatico - Ho accettato la richiesta del Cavaliere dell'Acquario anche se ero perfettamente consapevole di fare il gioco di quell'entità maligna, nondimeno non potevo certo rimanere indifferente davanti alla sua disperazione così tangibile. Questi due ragazzi, lui e sua sorella, si vogliono molto bene, ma oltre a questo, sono forse l'unica speranza per il futuro... le sorti del mondo, anzi di tutte le dimensioni, ricadono sulle scelte di Camus e Marta!"

U-un'entità maligna? Un'altra?!” interloquì Milo, sgomento.

Cavaliere, non possiamo dirti tutti i dettagli, ti basti sapere che la battaglia che si è appena conclusa sarà solo la prima, ed è stata voluta da qualcuno molto più potente di tutti noi dei dell'Olimpo messi assieme. Questa... cosa... ultradimensionale è assai antica, un tempo equilibrava e riordinava il suo mondo, la sua dimensione... ma successe un fatto che gli fece perdere la ragione, il suo mondo implose su sé stesso, portandolo a mutare essenza. Da lì in poi cominciò a lavorare per piegare tutti i mondi al suo volere... e ci sta riuscendo, quasi, poiché questa dimensione ancora resiste!” spiegò Zeus, sempre più enigmatico. Dava l'impressione di sapere ma di non poter parlare, in ogni caso non avrebbe più continuato, lo si presagiva distintamente in quel volto che, proprio in quel momento, sembrava terribilmente vecchio.

Milo non riusciva a credere alle proprie orecchie, intuiva la gravità del problema e la grandezza del pericolo, si sentiva impotente davanti ad una simile rivelazione, ma parallelamente non aveva gli elementi sufficienti per connettere tutte le parole e le teorie in un'unica tesi. Solo di una cosa era certo in quel momento: non avrebbe permesso più a nessuno di toccare, anche con un solo dito, Camus, le ragazze e gli altri Cavalieri suoi amici, no! Per farlo occorreva avere più informazioni che nessuno gli avrebbe dato... Pazienza! Lui era abituato a leggere le frasi non dette e sottintese del suo migliore amico, era avvezzo a percepire i mutamenti del sostrato, persino quando questi non venivano pronunciati esplicitamente, allo stesso modo avrebbe ottenuto le sue risposte, in un modo o nell'altro, era necessario per riuscire a proteggere tutti quanti!

Pi-piccola mia...” mormorò debolmente Camus ad un tratto, aprendo a fatica gli occhi. Il cuore di Milo perse un battito per la gioia. Stava faticosamente riprendendo coscienza, il suo viso aveva riottenuto un briciolo di colore, pur vertendo sempre sul pallido.

Camus!!! Sei sveglio, amico! Sei... sei sempre il solito, quando smetterai di farmi morire di paura ogni volta?!” esclamò, in un tono misto tra il rimprovero e l'assoluta felicità. Incassò la testa fra le spalle, sciogliendo la muscolatura e permettendosi di cedere, giacché, si rese conto solo in quel momento, non vi era una fibra del suo corpo che non fosse irrigidita dalla tensione. Camus alzò a fatica lo sguardo nel vederselo così in balia degli eventi, così spaventato dalle sue condizioni fisiche. Sapeva quanto aveva rischiato, ma Milo lo aveva scoperto solo in quel frangente. Concentrò quindi tutte le sue energie nel tentativo di parlare per tranquillizzarlo, la voce gli usciva a fatica.

"Sc-sciocco, s-sei... sei il solito impulsivo, non sai quanto hai rischiato ad attaccare Zeus, p-prima, nel tentativo di proteggermi da una mia... scelta... anf, è pur sempre una divinità, anche se nostro alleato..."

"Io non saprei cosa ho rischiato?!? E tu, lo sai, Camus?!? - ribatté l'altro, lasciandosi sfuggire due lacrime capricciose che caddero sul volto stremato dell'amico - Ma certo che lo sai, Camus, lo sai sempre, ma questo non ti ferma da commettere follie. Quando finirai?! Quando riuscirai a capire che anche la tua vita è preziosa?!? Qualcuno riuscirà mai a scrivertelo a caratteri cubitali in quella testa bacata che ti ritrovi?!?" lo accusò, frustrato, ma mai sconfitto, mentre continuava ad accarezzargli i capelli.

Il suo migliore amico gli scivolava via, sempre... era sempre stato così fin da piccoli, ma quella volta non glielo avrebbe più permesso, a costo di rimetterci la vita. La nuca di Camus era ancora appoggiata alle sue ginocchia, impossibile per il Cavaliere dell'Acquario alzarsi in quel momento, le energie gli mancavano, il respiro era ancora aritmico, ma trovò le forze sufficienti per ricambiare almeno la stretta del compagno, chino su di lui, le mani sul suo busto, in una specie di abbraccio. Camus alzò faticosamente le braccia, stringendo le dita sui polsi del migliore amico. Chiuse gli occhi, stremato, non riusciva a fare di meglio, e ciò gli procurava rabbia. Le parole non erano mai state troppo necessarie, tra loro, poiché Milo percepiva tutto di lui, persino in un simile frangente, e in quel momento Camus aveva un bisogno quasi disperato di abbracciarlo per sentirlo concretamente vicino a sé.

"Sono qui, amico mio, non temere, non sei solo, o-ora andrà meglio, vedrai!" lo provò a rassicurare lo Scorpione, avvertendolo agitato. Anche se cercava di non darlo a vedere, probabilmente Camus era rimasto traumatizzato dal modo in cui le ferite sul suo torace erano state riaperte, il solo vederle lì, ancora sanguinanti nonostante l'intervento di Hermes, più profonde e più ampie, faceva sentire piccolo piccolo il suo cuore.

"Cosa hai dovuto patire, ancora una volta..."

Lo so, tu... tu ci sei sempre, M-Milo... g-grazie, io..." gli sorrise con tutte le sue forze, prendendosi una breve pausa perché a corto di fiato.

"Sciocco, parli raramente oltre le due sillabe in momenti come questo, e decidi di esprimerti più del dovuto ora che sei così conciato! Riposa, Camus... riposa!" lo rassicurò, commosso.

Ma Camus, ancora restio a lasciarsi andare prima di sapere le condizioni della sorellina voltò il capo in direzione delle due divinità, rimaste in disparte: "Lei... lei starà bene?”

Era quasi del tutto stremato, aveva paura che il suo sacrificio non sarebbe bastato per la sua piccola Marta, l'aveva vista così pallida, così immobile, ne era rimasto sconvolto, voleva solo che la sua sorellina potesse tornare a sorridere, e a camminare, in quel fantastico percorso che era la vita.

Sì, starà bene grazie a te, devi dare solo il tempo al tuo sangue di fare effetto e... potrai riabbracciarla, Camus!” esclamò il Padre degli dei, con una punta di dolcezza nella voce.

Il cuore gli si fece immediatamente più leggero.

Grazie... grazie, Sommo Zeus, per questa seconda possibilità che le state donando. Lei... lei è come una piccola lucciola nella mia vita, ormai non sarei in grado di ritrovare la strada senza la sua presenza. Il pensiero che potrò di nuovo abbracciarla, o anche solo discorrere con lei, rende più sopportabile l'immenso dolore che mi provocano nuovamente queste ferite riaperte...” sussurrò ancora Camus, mentre una solitaria lacrima uscì dai suoi occhi, inumidendogli la guancia diafana. Si appoggiò completamente alle ginocchia di Milo, lasciandosi andare prima di cedere al buio dell'incoscienza, esalando un profondo respiro a metà strada tra il sollievo e la sofferenza fisica.

Forse le cose sarebbero andate veramente meglio per lei, solo quello contava. Per lui, invece, si delineava una sentiero buio, pieno di ostacoli e sofferenza in cui non ne sarebbe uscito vivo. Ma Marta e le altre erano salve... sorrise leggermente nel far riaffiorare alla mente i visi delle allieve, che lo accompagnarono verso l'oblio della perdita dei sensi.

*************

“E' stato tutto molto commuovente, non c'è che dire... tuttavia la speranza di quella nullità di Zeus è finalmente caduta, allo stesso modo in cui è caduto tuo fratello! Le febbri della peste lo consumeranno dall'interno, dall'interno sì, permettendo così al mio cosmo, già penetrato in lui tramite quelle ferite, di prendere le redini del comando!"

Sussulto nell'udire una voce spietata frastornarmi le orecchie. Riapro gli occhi, sono circondata dal buio, ma vedo chiaramente i volti davanti a me, quello di mio fratello, rotto dalla sofferenza, quello del Mago, sopra di lui, visibile dalle spalle in su, braccia comprese, perché sotto... rabbrividisco subitaneamente, sgranando gli occhi.

"...Una volta fatto questo, userò il suo corpo per ucciderti, Marta, avendo ovviamente la massima cura di lasciare un barlume di lucidità al tuo dolce fratellino durante la mia possessione. Potrò quindi tornare al mio obiettivo primario, ovvero la tua eliminazione completa, sollazzandomi nell'urlo viscerale di Camus, il quale, pur non potendo fare alcunché, sarà sufficientemente conscio per percepire il suo pugno, guidato da me, penetrare le tue giovani carni; le carni della persona che ama di più al mondo... muhahahaha!!!"

Così dice, prendendo un braccio inanimato di Camus per poi stringerselo a sé, intrecciando le sue dita con i suoi polpastrelli, mentre con l'altra mano passa sul suo busto scoperto, ricolmo di segni neri, che sembrano quasi vene contaminate da miasmi ben visibili. Tremo di raccapriccio, serrando la mascella. Di nuovo quella voglia di uccidere che provo solo per lui.

"Toglili le mani di dosso... verme!" sibilo, furente, non riuscendo però a muovermi. Impreco tra me e me. Mi è consentito solo osservare... osservare quel disgustoso intreccio del suo corpo che sembra penetrare dentro le carni di mio fratello, nudo e impotente davanti a me, quelle sue dita rachitiche, che lo toccano in mille e più modi, senza che lui possa reagire. Vigliaccamente. Perché mio fratello, sebbene respiri ancora, con patimento, non riesce più a difendersi. E' alla sua totale mercé...

"Toglili le tue sporche manacce di dosso, SCHIFOSO!" ripeto, con ancora più convinzione, fremendo con sempre maggior forza, cercando di smuovermi, ma una misteriosa pressione mi inchioda... il cosmo di quel mostro?!

"Oh? Non vuoi che faccia questo? - mi chiede lui, languido, mentre, alzandogli il braccio sopra alle testa, trattenendolo lì, gli gira forzatamente il volto, chinandosi poi su di lui per leccargli la guancia pallida fino al collo, dove si ferma e si raddrizza, scoccandomi un'altra occhiata, stavolta di trionfo - Oppure non riesci a tollerare... questo?!" persevera, mentre con l'altra mano gli percorre la linea dello sterno fino ad arrvare all'addome, all'ombelico, che inizia a torturare con l'indice, insinuandocelo dentro, come a volerlo trafiggere.

Se alla prima leccata Camus reagisce appena, con un disperato serrare delle palpebre, alla seconda azione il suo corpo cade preda delle convulsioni. Osservo impotente la sua schiena arcuarsi più e più volte, la sua bocca spalancarsi a vuoto, non riuscendo a far raffiorare la propria voce, tra le risate di quell'essere che sembra invece godere spietatamente di tutta la situazione.

Non ci vedo più. Ha travalicato tutti i limiti possibili e inimmaginabili! Espando il mio cosmo offensivamente, ma, poco dopo, lo sento prosciugarsi come se venisse assorbito da qualcosa. Annaspo, a corto di fiato, prima di urlargli tutta la rabbia che avverto in corpo.

“BASTARDO! LASCIALO!!! LASCIALO, MALEDETTO!!! GIURO CHE TI UCCIDERO', TI MASSACRERO', FOSSE ANCHE L'ULTIMA COSA CHE FACCIO! VILE! MOSTRO!!!"

Non credo di aver mai odiato qualcuno come lui, MAI, desidero solo ridurlo in poltiglia, trapassarlo da parte a parte, per ciò che ha fatto, e sta continuando a fare, a Camus.

 

“Povera sciocca illusa... non hai dunque capito?! Non puoi fare nulla perché siamo già dentro il corpo di tuo fratello, quindi in un territorio di MIA pertinenza. IO HO GIA' VINTO! Amo follemente il suo fisico, ormai del tutto mio; mio per merito tuo, Marta, effettivamente dovrei ringraziarti!"

Sbatto le palpebre, incredula, mentre mi sento cadere a terra, spossata dai miasmi, dal suo cosmo, così superiore al mio. Sono totalmente impotente, gli sto permettendo di infierire in quella maniera su mio fratello... no, maledizione, no!

"Già, io sono entrato in lui la prima volta che Camus si è posto davanti a te per difenderti dal mio sgherro, ricordi? Non lo sgherro di Hades, ormai defunto, ma un mio sicario, esatto!"

"N-non può... essere!"

"E poi ancora nella visione che hai appena visto, grazie al suo sacrifico per te mi sono affinato ed eradicato, formando un tutt'uno con il tuo caro fratellino. Non penserai sarà stato un caso che le ferite non guarivano, vero? C'ero io sotto, sono diventato così potente grazie a te, alla tua debolezza, che ha fatto sì che Camus gettasse il suo corpo tra le mie grinfie per proteggerti! Mi sei tornata utile alla fine, Marta, più di Seraphina che invece si è sempre opposta! Sarebbe stato un po' un problema se la personalità vincente fosse stata la sua, in effetti!"

"N-no... no!" ripeto, rifiutando le sue veritiere parole con tutta me stessa. Mi sento così inutile... possibile che non riesca a reagire?! A ribellarmi?! C-Camus!

"Tuttavia sei anche un bastone tra le ruote di notevole impiccio, in potenza molto più pericolosa di lei! - prosegue, franco, prendendo a schiacciare ripetutamente le ferite sul torace di mio fratello, il quale scrolla disperatamente il capo nel vano tentativo di opporsi - Per farlo totalmente mio, devo sbarazzarmi del suo spirito, ma esso è ancora allacciato a te per via del vostro legame malsano. Mi ostruisce e non dovrebbe, impedendomi la penetrazione completa..." sottolinea l'ultima frase con gusto, inumidendosi ancora quelle sue labbra sottili e disgustose, prima di alzargli a forza il mento e forzarlo ad aprire la bocca.

Capisco fin troppo bene le sue intenzioni. Lo vedo avvicinarsi sinistramente a lui, che respira male, sempre più difficoltà, le palpebre serrate, il corpo scosso da spasmi. Così inerme... no, devo reagire, devo farlo per lui!

Permetto quindi che la rabbia mi pervada, lasciandomi così guidare da lei. E agisco. Un impulso cosmico potente, come la corrente del mare, riesce infine a colpire il nemico, che viene così sbalzato via, separandolo da mio fratello. Non penso. Non decido, semplicemente mi getto su Camus, proteggendolo con il mio corpo, abbracciandolo, con tutte le forze che possiedo. Voglio che mi percepisca. Io lotterò, deve farlo anche lui!

"S-sono qui, Cam, non sei più solo, non più... resisti, aspetta il nostro arrivo! Torneremo in tempo con la medicina, lo giuro!" gli sussurro all'orecchio, prima di affondare il viso nell'incavo della sua spalla e singhiozzare senza lacrime.

"Ma-r-ta..." riesce a rantolare debolmente, con una fatica immane.

"Non arrenderti... per nessuna ragione al mondo, ti prego!" annuisco, disperata.

"Come immaginavo... mi impedisci di ottenere ciò che è mio, sei una spina nel fianco non da poco, Marta!"

Mi sento tirare per i capelli con così tanta forza che vengo sollevata senza possibilità di reazione, del resto il mio intervento di prima mi ha stroncato, ancora una volta, lui è troppo superiore a me, vorrei oppormi ma non so come fare.

La luce fredda nei suoi occhi neri mi attraversa con prepotenza, un brivido mi percorre la colonna vertebrale, mentre avverto un'insana pressione sul ventre. Sta... preparando un attacco?

"Non ti fermerai, nessuno della vostra combriccola si fermerà, giusto?!"

"Non mi fermerò, esatto, non lo avrai mai! Dovrai disintegrarmi l'anima per averlo!" ribatto, ostentando una baldanza che fatico a racimolare.

"Perfetto, è ciò che voglio! Ci penserò personalmente io a dare un freno a te e ai tuoi amichetti, e poi, finalmente, estirperò il legame tra te e Camus una volta per tutte!" sancisce, prima di imprimere il suo pugno nel mio stomaco e farmi urlare dal dolore.

 

"Aspettami nella realtà, non avrò alcuna pietà né per te né per loro!" stabilisce, mentre un vortice nero mi avvolge, facendomi precipitare nel vuoto.

 

*************

“NOOOOOO!!!”

Mi alzo in piedi di scatto per poi ricadere a gattoni, priva di forze, mentre il mio urlo si propaga per tutto l'ambiente circostante.

“Oddio no... NO!” biascico ancora, dando un pugno alla sabbia sottostante in un impeto di frustrazione impossibile da controllare. Fatto questo, sono praticamente obbligata a stringermi le braccia sulla pancia da quanto è il dolore provo in questo momento, come se fossi stata colpita davvero.

Mi metto difficoltosamente a carponi, udendo appena le onde del mare non lontano da me, ma la mente è concentrata su ben altri pensieri, nemmeno l'acqua può essermi da conforto in una situazione così disperata.

Quel bastardo... ha atteso così tanto per la semplice ragione di volermi uccidere utilizzando il corpo di mio fratello, questo è il livello del suo odio! Dice che è tardi, che è già dentro di lui, ed è solo questione di poco... no, non ci crederò mai, Crono è riuscito ad intervenire e ci ha offerto una speranza, siamo ancora in tempo per salvarli, deve essere di certo così, e noi ci riusciremo, costi quel che costi!

Faccio di tutto per non dare adito alle mie preoccupazioni, rifiutandole con tutta me stessa, ma la voce cattiva del Mago continua a rimbombarmi in testa, spietata, prosciugandomi la volontà. Mi tappo disperatamente le orecchie, mi rannicchio su me stessa, tentando in tutti i modi di far tacere quella risata maligna, ma è tutto inutile. Le tempie mi fanno male... dannatamente male!

Camus sapeva tutto, Milo, grazie alla sua sagacia, aveva intuito a sua volta gran parte della verità... anche per questo il nemico lo ha reso inoffensivo, piegando ancora e ancora la volontà di mio fratello che, pur resistendo con tutte le sue forze, ha infine ceduto alla peste. Una stilettata al cuore mi investe, propagandosi nello stomaco e dappertutto nel ricordarmi le condizioni disperate in cui versa Camus. Le febbri lo stanno davvero consumando...

"Marta!"

Qualcuno è al mio fianco, mi sorregge dalle spalle, spingendomi ad alzare gli occhi, sebbene con fatica.

"F-Fra..." farfuglio, mentre i miei occhi definiscono la sua figura e parte dell'ambiente circostante.

"Che ti succede? Q-quello là ti ha inferto un colpo cosmico?" mi chiede, titubante, vedendomi sofferente.

"I-io..."

“Urgh...”

La voce flebile dietro alle mie spalle, che riconosco immediatamente, ha il potere di farmi tornare totalmente in me. Voltandomi di scatto, lo vedo disteso a qualche metro da me, l'espressione contratta di chi si sta per svegliare.

“Dègel!!! Come ti senti?!" strepito, gettandomi quasi su di lui come avevo fatto prima con mio fratello. Sono ancora tremendamente frastornata dalla visione avuta, ma non possiamo permetterci di perdere troppo tempo: non abbiamo che pochi giorni per trovare tutto e portarlo nel 1741!

“Sono stato indiscutibilmente meglio... ma non ha la benché minima importanza ora! Piuttosto, ci sono riuscito?” sussurra, aprendo gli occhi e iniziando a guardarsi spaesato intorno.

“A cambiare spazio sì, per il tempo...”

“Sì, sì, siamo nel 2011, lo percepisco!” conferma Francesca, rialzandosi in piedi a fatica senza tuttavia smettere di osservarmi con preoccupazione.

“Allora ci sono davvero riuscito... ne sono lieto!” mormora Dègel, sorridendo fra sé e sé nello stringere fra le dita il ciondolo raffigurante il Tetractys.

Lo guardo con affetto e una punta di orgoglio, mentre nello stesso momento anche Michela e Sonia si ridestano.

“Ho una vaga voglia di vomitare...” blatera la prima, ancora mezza intontita, scrollandosi di dosso la sabbia appiccicata alla pelle come se fosse un simpatico barboncino.

“Perché la Spiaggia Segreta?!” chiede invece la seconda, stranita, appena capisce il luogo dove ci siamo risvegliate.

“Sono... desolato! So che la madre di Marta lavora in un ospedale a Genova, ma io... non ci sono mai stato e non avevo la più pallida idea di dove atterrare, quindi la mia mente ha raffigurato questo posto...” si scusa Dègel, sentendosi in colpa.

“Non devi scusarti, è grazie a te se siamo qui, significa che hai dato tutte le tue energie, te ne siamo grati!” esclamo, sforzandomi di essere briosa per mascherare la paura, abbracciandolo poi con forza per incoraggiarlo.

"Marta... avrei voluto prendere più tempo, ma davvero non..." biascica, rosso in viso, guardando altrove.

"Va tutto bene, Dégel, davvero! Credi un po' di più in te stesso, altrimenti Cardia..."

Mi blocco seduta stante, accorgendomi che manca l'allegro cicaleccio del mio migliore amico, nonché le solite battutine capaci di risollevare il morale di tutti con naturalezza. Guardandomi intorno, noto che lo Scorpione è steso pochi metri più in là ed è ancora incosciente.

“Cardia! Cardia!” lo chiamo, correndo verso di lui, agitata.

Nessuna risposta...

“Ma porc... hai deciso di farci venire un infarto?! CARDIAAAAA!!!” grido ancora nel tono più alto che possiedo, dandogli delle leggere sberle sul viso alla ricerca di una reazione.

"Uddiu, non risponde!!! - strepita Michela, affiancandomi, non sapendo bene cosa fare - Se gli gettiamo dell'acqua salata addosso di riprende?! Cardiaaaaaa!!!"

"Che acqua salata, Michela!!! Spostati, fai fare a Dègel!" si aggiunge anche Sonia, tentando di rimanere controllata, con scarsi esiti.

"CARDIA!"

Anche Dègel lo sprona a reagire, inginocchiandosi dall'altro lato e apprestandosi a chinarsi verso di lui. Fortunatamente basta la sua sola voce per scorgere una reazione.

“Uuuurghhh!! - biascica lo Scorpione, sofferente, strizzando le palpebre prima di aprirle con fatica - Quanto... quanto chisso che fate, è già mattina?!"

“Sei proprio scemo! Ci fai prendere dei tali colpi che... Cardia, ma stai bene?!” chiedo alla fine, osservandolo sempre più preoccupata. Non è da lui un tale pallore!

“Sì... voglio dire, mi sento un po' un uovo sbattuto destinato ad una frittata ma... me la cavo!” risponde solo, sbrigativo, issandosi in piedi con le braccia che tuttavia tremano vistosamente. Deve farsi forza per non sbilanciarsi, mentre la mano destra corre a tenersi il petto.

Brutto segno...

"Cardia... sei sicuro di riuscire a..."

"Che solfa, Dègel, siamo già qua, non si torna più indietro, lo sai bene, non senza quella cosa che dovrebbe curare i nostri amici, per cui meno perdiamo tempo e meglio è per tutti, in marcia!"

"Ma!!!" lo blocca per il polso libero Dégel, imprimendo i suoi occhi in lui.

"Non perdiamo tempo, Dég! - ribadisce lo Scorpione, serio - Mi farà bene azionarmi! Andiamo, forza!"

Sì, ma dove? Da che parte?! E' la voce di Francesca a rispondere ai miei quesiti non manifesti.

“Ci conviene passare direttamente per il villaggio di Rodorio, vicino al Santuario, sarebbe troppo pericoloso per Dègel e Cardia vedere come è cambiata la città di Atene! Forza, gambe in spalla!” esclama lei, comportandosi da leader in una spedizione rischiosa.

"Aspetta, come possiamo mettere le gambe in spalla?! Non siamo contorsionisti!" le fa notare Cardia, ben felice di deviare argomento al di fuori del suo, precario, stato fisico.

Francesca sorride sotto i baffi, perfino a me scappa una breve risatina, anche se di breve durata.

"E' un modo di dire, Cavaliere!" gli fa notare lei, quasi sbuffando.

"Del vostro tempo? - chiede ancora Cardia incuriosito - Lo dicevo che eravate tutte strane, voi persone dal futuro!" commenta, mentre, affiancandomi, guarda dirtto davanti a sè, la testa concentrata sugli obiettivi della missione.

 

********************

Rodorio, il villaggio più vicino al Grande Tempio di Atene, nonché gioiello di inesauribile valore per celare la spaccatura tra i due mondi: quello delle persone normali, ignare di tutto, e quello dei guerrieri che da sempre combattono per difendere la giustizia.

Gli abitanti di Rodorio, proprio come il villaggio, non sembrano aver avvertito lo scorrere del tempo, mantenendo le proprie credenze e la tranquillità tipica di un paesino antico che da sempre ha vissuto in simbiosi con i Cavalieri d'Oro del Santuario.

Non so quale sia il piano di Francesca, ma sono altrettanto sicura che, se ci ha portati qui, sa per certo di trovare qualcuno che può darci una mano. Del resto, questo paese è strettamente legato al Tempio, tanto da conservane il segreto da secoli e secoli. Non è affatto raro che uno dei dodici giunga qui per aiutare qualcuno, o anche solo per fare una passeggiata in tutta tranquillità.

“Oooooohhhhh, ma guarda! Camus e Milo, rispettivamente il Cavaliere dell'Acquario e quello dello Scorpione!”

Sento con chiarezza Dègel e Cardia trasalire di fronte al saluto vivace di una madre e una bambina strette per mano; la piccola ci sorride raggiante, visibilmente emozionata, poi, con una breve corsa ci raggiunge velocemente, stagliandosi proprio davanti a Dégel e mettendosi a guardarlo con adorazione, la bocca aperta in un 'o' ricolmo di tante cose non dette.

Francesca, che è davanti a noi, non bada alla situazione che si è creata, sembra cercare, appunto, qualcuno, del tutto presa nell'operazione.

“Da quanto tempo, Cavalieri! E' così bello sapere che ogni tanto venite a trovarci! Solo noi siamo a conoscenza del vostro segreto e ci fa sentire più tranquilli avere la consapevolezza che voi vegliate costantemente su di noi!” continua allegra la signora, sorridendo con gratitudine. E' una donna sulla quarantina dai capelli castano scuro, le prime rughe cominciano a comparire sul suo viso, ma a dispetto di questo sembra ancora giovane e bella. La vedo avvolgere le spalle della figlia, ancora intenta a fremere come quei piccoli peluches che, una volta tirata la corda, vibrano. Dégel è piuttosto imbarazzato nel ricambiare l'occhiata, forse percependo l'immensa emozione della piccola. Per un po' non sa cosa dire, poi, tossicchiando, cercando di darsi un contegno e l'eleganza propria di Camus, si arrischia in un discorso.

“Uh... Ehm, non potremmo fare diversamente, mia signora, il nostro compito di sacri custodi è quello di proteggere ogni forma di vita sulla Terra, non solo seguire la dea Atena - prova a spiegarsi, cercando di destreggiarsi in una situazione così imbarazzante. Nello stesso momento la piccola, forse rassicurata dal suo tono così gentile, si approccia ancora di più a lui, tirandogli la veste come a richiedere attenzione – Questo vale anche per voi pargoli, sai, pulce? Aldebaran, un giorno, mi disse che voi bambini siete come dei semi, proiettati quindi verso il futuro e pieni di speranze per il domani, a maggior ragione dobbiamo prenderci cura di voi, siete... inestimabili!” dice poi alla creaturina, posandole una mano sulla testa e arruffandole i capelli con dolcezza.

Quest'ultima, sopraffatta dall'emozione, non resiste più.

“ALLORA ERANO TUTTE VERE, LE VOCI!!! - trilla improvvisamente, al settimo cielo, mentre salta letteralmente tra le braccia di Dègel, il quale, ancora più imbarazzato rispetto a prima, non può fare a meno di ricambiare il gesto e di reggerla per impedirle di farsi male - I miei amici mi prendevano in giro, perché dicevano che Camus non sa provare emozioni, ne è del tutto incapace..."

La guardo, un poco infastidita, non certo per lei, ma per quello che si dice in giro su mio fratello. Chi sono questi coglioncelli che non capiscono un'acca e si mettono a dire certe castronerie?! Camus freddo e anaffettivo?! Ma come caz...

Mi blocco ancora prima di ultimare il pensiero, rendendomi conto che io ho pensato uguale, che lo ferisco molto spesso su questo settore, e che quindi non sono molto diversa da questi. Un nodo mi stringe in petto, l'aria mi manca.

"Io dicevo che non era così, che erano bugie, che avevo le prove, ma loro non mi credevano, mi fanno un tale rabbia! - freme intanto la piccola, convinta delle sue parole, prima di tornare a guardarlo negli occhi - Recentemente però si sono diffuse le voci che Camus si fosse molto sciolto con chiunque, manifestando così il suo vero essere, io non ho mai avuto dubbi su questo, ma ora finalmente anche quelli là dicono che sia vero, che lui è cambiato, e ora anche io ne ho la prova definitiva!!!" esclama ancora la piccola, stringendo Dègel in un caloroso abbraccio, strusciandosi su di lui.

"Oh, ehm..."

"Ricordati la promessa che mi hai fatto, va bene?!" insiste lei, al settimo cielo.

"Erk, qua-l... "

"Quella di sposarmi quando sarò grande!" dice, in tutta tranquillità, facendomi scappare a Sonia, non so perché, una risata trattenuta.

"P-parbleau, n-non sei un po' troppo piccola per maritarti?!" esclama ancora Dègel, rosso come un papavero, cercando di darsi un tono.

"Se è con Camus dell'Acquario va bene, so che lui mi proteggerà!"

"I-io..."

“Dai, CAMUS, non puoi rinunciare ad una proposta così appassionata, no?! Accogli la richiesta!” lo prende scherzosamente in giro Cardia, sempre con il sudore a bagnargli la pelle ma divertito più che mai.

"C-Ca... voglio dire, Milo, taci!" lo ammonisce lui, quasi sibilando come un serpente.

E' la stessa madre della bambina, fortunatamente, a salvarli in corner, mentre io mi sforzo di immaginare mio fratello a promettere una cosa simile alla piccola, non riuscendoci.

“Scusatele la sua irruenza, ma la mia piccola è molto legata al Cavaliere dell'Acquario da quella volta che salvò la vita a suo padre, il mio caro Alexios! Da quel giorno non fa che parlare di lui, a volte ne sembra proprio innamorata e, beh, sapete, è ancora giovane e ingenua! - ci racconta, visibilmente emozionata. La mia bocca si dischiude in un sincero 'o' meravigliato nel sentire le sue parole - Ma, piuttosto, Nobile Milo, state bene? Avete una tale faccia stravolta e... e quei vestiti... state forse celebrando una ricorrenza?” chiede poi, cambiando drasticamente discorso.

Oddio, è vero!!! Così sorpresa dal racconto della signora, mi ero completamente dimenticata che Cardia e Dégel indossano ancora i vestiti tipici del XVIII secolo! Passi Cardia con la solita veste lunga, accompagnata dai pantaloni e dai sandali, ma Dègel con quella particolare camicia a balze e i pantaloni inconsueti non passa certo inosservato!

“Ehm, molto poco tempo abbiamo noi! I Cavalieri di Acquario e Scorpione essere in missione per Russia occidentale e dovere partire immediatamente! Ciaoooo!!!” interviene tempestivamente Michela, imitando il modo di esprimersi di una straniera russa e spingendo via gli ancora scombussolati Cardia e Dègel. A Francesca, Sonia e a me non resta che seguirli di corsa, mormorando parole di scusa alla bambina e alla donna, con la promessa che saremmo ritornate in momenti più propizi per un saluto. Giriamo in fretta e furia l'angolo, quasi volatizzandoci all'istante.

“C'è mancato davvero poco, ci stavano per scoprire!” biascica Sonia, tesa appena raggiungiamo una zona sicura dietro una casa disabitata.

“In che cosa... in che cosa ho mancato?” chiede Dègel, grattandosi la testa in evidente stato di disagio.

“Oh, non è colpa tua, Dègel! D'altronde non potevi sapere che Camus non avrebbe mai regalato un gesto così affettuoso e spontaneo ad una persona che non conosce bene... è veramente troppo schivo e chiuso per farlo, gli occorre del tempo per sciogliersi, come avrai sicuramente capito dal discorso che ha fatto la signora!” spiega Michela, non riuscendo a mascherare un sorriso mesto nel nominare il suo maestro.

"Sì, però poi basta conoscerlo meglio ed è davvero così, empatizzo appieno con la bambina che si è invaghita di lui!" le fa eco Sonia, sorridendo tra sé e sé, un poco imbarazzata.

Dègel annuisce meccanicamente, capendo le parole delle mie amiche, poco prima di aggiungere sommessamente un: "Comunque questa breve esperienza ha avvalorato ancora di più il mio pensiero che la vita di Camus sia davvero inestimabile, chissà quante altre persone ha salvato oltre al marito della signora!"

"Camus è davvero inestimabile... - conferma Sonia, ora di nuovo triste - L'unico a non rendersene conto è lui stesso!"

Annuisco di riflesso, guardando altrove, la consueta fitta al petto che aumenta vertiginosamente. Fa un male cane.

Una mano amica sulla mia spalla mi fa sussultare, mi volto verso di lui, mostrando così i miei occhi lucidi proprio a Dègel, che deve aver percepito il mio stato.

"Farò di tutto, se non oltre, per salvargli la vita, te lo prometto, Marta!" compio un cenno di assenso, mentre automaticamente stringo le sue dita tra le mie, il dolore si attenua un poco.

Nel mentre Francesca, appoggiata al muro e con la faccia rivolta verso la strada, sempre intenta a cercare questa persona che non so chi sia, comincia visibilmente a fremere e ad agitarsi.

"Ehi, trottola, che ti succede adesso? Calmati, così rischi un colpo apoplettico!" tenta di attirare la sua attenzione Cardia, approcciandosi a lei.

“Sììì!!! E' qui!!! Lo sapevo, lo sapevo!!!” esulta Francesca per tutta risposta, gli occhi, se possibile, a cuore, da quanto luccicano. Ma che diavol...!

Prima di poter proferir parola, la vediamo scattare in là e cominciare a correre all'impazzata in direzione di... Oh, santi numi!!!

Il singulto di Michela e Sonia mi fa capire che non sono io una pazza visionaria e che anche loro stanno vedendo la stessa persona che sto osservando, sbigottita, io. Il mio cuore automaticamente accelera per l'emozione: da quanto tempo... mi sembra sia passata una vita, ormai disperavo di poterlo rivedere!

“Death Mask!! Death Mask!! Sapevo che eri qui per continuare ad espiare le tue colpe aiutando la gente comune, lo sapevo! Lo sapevo! Me lo sentivo in cuore!!!” lo chiama Francesca, lanciata in avanti, fuori di sé dalla gioia.

L'interpellato non ha neanche il tempo di raccapezzarsi sull'entità della voce in avvicinamento che la mia amica gli salta addosso con tutta la forza che possiede.

“Fr-Francesca?!” riesce solo a balbettare, prima di essere baciato sulla bocca da quella che, molto probabilmente, reputa un'illusione voluta da un dio capriccioso. Un bacio a stampo, certo... ma comunque un bacio netto e preciso sulle labbra, non c'è possibilità di errore.

“EEEEEEEHHHHH??? COSAAAAAA?!?” urla Michela, non riuscendo a trattenersi per la sorpresa, mettendosi le mani nei capelli e inarcando la schiena.

"Uuuuuuuuuuuhh!!! Qualcuno ha cuccato, qui!!! Vai giù di lingua, Francesca, così sei troppo blanda, e anche tu tizio che non so come ti chiami ma di cui indovino l'effige di appartenenza!" fa invece il tifo Cardia, ridendo sguaiatamente come un matto. Ha riconosciuto di certo la reincarnazione di Manigoldo, ma non ne sembra impressionato come Dègel.

“OH...” riusciamo solo a dire Sonia ed io, guardandoci spaesate, unica manifestazione che riusciamo a dare dello stupore che ci ha pervaso le membra fin nei recessi più profondi.

“MA COME 'OH'?! SI SONO BACIATI!!! SI SONO BACIATI!!! Questo significa che stanno insieme!!!” grida ancora Michela, stritolandoci nella sua solita morsa letale, quasi come se si dovesse congratulare con noi per la piacevole scoperta.

Death Mask e Francesca si sono effettivamente baciati... non danno l'idea di essere ancora molto intimi, ma senza ombra di dubbio, qualcosa è nato o sta nascendo tra loro. Non l'avrei mai detto, anche Francesca... anche Francesca sta sperimentando un sentimento nuovo e mai provato prima e inoltre... proprio con il Cavaliere che meno di tutti sembrava propenso a questi tipi di legami affettivi... com'è ironica la vita!

Senza quasi accorgermi dell'ambiente circostante, mi dirigo automaticamente verso di loro, consapevole che gli altri stanno facendo la stessa cosa. Abbiamo fatto un baccano assurdo con la nostra venuta qui; due di noi, alias Michela e Cardia, devono pensare di trovarsi allo stadio, o qualcosa del genere perchè hanno preso a fare il tifo tra loro, sostenendosi a vicenda come se dovessero commentare l'andamento di una partita.

“D-Deathy!” riesco a biascicare, una volta vicina. La mia voce è uscita con un timbro strano, del tutto innaturale, ma rivedermelo lì è stato un vero e proprio colpo al cuore e, non credevo, ma... mi mancavano davvero tanto, tutti, al solo pensiero che li rivedrò, un qualcosa simile al sollievo mi investe.

“M-Marta?! Cavolo, anche Michela, Sonia e... oh, merda!” si blocca, non riconoscendo Camus e Milo nei due giovani Cavalieri dietro di noi. D'altro canto anche lo stesso Dègel lo fissa interdetto, non sapendo come approcciarsi, mentre Cardia, così, al naturale, si sbraccia per salutarlo, non degnato, però, perché la reazione di Cancer è molto più simile a quella di Dègel che non dello stesso Scorpione.

Rimaniamo alcuni minuti in silenzio a guardarci, non riuscendo a credere ai nostri rispettivi occhi, Death Mask non ci abbraccia, non ci regala nemmeno un gesto d'affetto, ma dalle sfumature del suo cosmo avverto che è incredibilmente felice e rassicurato. Questo mi basta a sorridergli grata, ricordandomi anche dei suoi sforzi per darci una possibilità di continuare a vivere dopo la battaglia contro Crono. E' grazie a lui se siamo tutti qui, ma non possiamo soffermarci più di tanto su questo particolare, il tempo stringe ed è nostro acerrimo nemico!

Capendo di doversi muovere, è Francesca stessa, scrollandolo per un braccio, a prendere parola.

“Deathy, la situazione è molto grave, non possiamo spiegarti tutto quello che è successo nei dettagli, ma Milo, Camus e altri stanno rischiando di morire, dobbiamo parlare direttamente con il Grande Sacerdote il prima possibile!” esclama lei, agitata

Vedo Death Mask grattarsi la testa a disagio, una leggera smorfia sul suo volto.

“Siete sparite da più di una settimana e ora siete riapparse dal nulla con le precedenti vite di Milo e Camus, inoltre mi dite che quest'ultimi rischiano di morire... datemi almeno il tempo di raccapezzarmi un minimo!”

“Aspetta... hai detto una settimana?! - intervengo, basita – Non è possibile, da noi è passato quasi un mese!”

“U-un mese?! Oggi è il 1 agosto 2011 e voi siete sparite il 25 luglio, se ben ricordo...” ribatte Death Mask, cupo in volto.

“Il 1 agosto 2011?! Il 1 agosto del 1741 Marta si è svegliata nella nostra epoca! Mi chiedo... mi chiedo se sia soltanto una mera coincidenza, oppure... è forse il tempo ad ottenere un'accelerazione quando viene manovrato in qualche modo?!” mormora Dègel pensieroso, mettendosi una mano sotto il mento.

“I-il tempo? Manovrato? Ma cosa?”

“Non c'è tempo, Deathy, accompagnaci al Grande Tempio, serve l'aiuto di tutti i Cavalieri d'Oro! Ti spiegheremo strada facendo!” esclama Francesca, strattonandolo con forza, quasi spingendolo verso il Santuario, nel luogo che dobbiamo assolutamente raggiungere.

 

***********************

1 Agosto 2011, pomeriggio.

“...Quindi in poche parole vi siete ritrovate nel 1741, avete conosciuto i Cavalieri dei tempi antichi e in questo momento il signor Mago Misterioso sta provocando un'epidemia di peste che sta attaccando il già debilitato fisico di Camus e Milo... non ci voleva proprio!” commenta Cancer, pratico, sebbene un leggero tremore lo scuota visibilmente.

“Non sembri così tanto sorpreso, Death Mask!” controbatte Sonia, sorpresa.

La capisco pienamente, anche io ero convinta di dover spiegare tutto, ma il Cavaliere del Cancro sa già parecchie cose, che sia intervenuto Crono stesso in qualche modo?

“Eh?! Ah, sì, vedete...”

Death Mask si permette una piccola pausa prima di rispondere all'arguta frase della mia amica. Come dargli torto? Siamo riapparse dal nulla e abbiamo portato subito brutte notizie, anche se Deathy non sembra così scombussolato come dovrebbe... in ogni caso, avverto disagio in lui, testimoniato anche dal fatto che cerca di stare il più lontano possibile da Dègel e Cardia. Soprattutto il primo sembra aver perso l'uso della parola, mentre il secondo di permette di continuare a guardarlo per capire in cosa si discosti dal compagno Manigoldo e in cosa invece possa essere simile.

“...Vedete, Zeus e le altre divinità ci hanno spiegato l'identità del vero nemico, pare sia un certo mago megalomane e, dalle vostre parole, posso confermare che sia vero. Hanno inoltre aggiunto che è stato lui ad ordire tutti i piani che hanno causato questa situazione, compreso Crono cattivo. Inoltre le visioni che Aiolia aveva ogni tanto su di te, Sonia, ci hanno fatto capire, almeno in parte, dove eravate e cosa vi accadeva. Tuttavia eravamo all'oscuro sugli ultimi avvenimenti, soprattutto del fatto che Milo e Camus avessero contratto il mormo e stessero rischiando la vita” ci spiega il Cavaliere del Cancro, non riuscendo a nascondere comunque la preoccupazione.

“Allora è servito... è servito lo scambio di sangue con mio fratello! ne sono contenta!” afferma Sonia, sorridendo appena.

Mi ricordo: poco prima di ritrovarci nel passato aveva scambiato il sangue con suo fratello nella speranza di ricreare il legame che vi era tra me e Camus e far funzionare così il CIMP. Beh, di sicuro la mia amica è stata molto sagace ad attuare questo piano, se non altrio Cavalieri non si sono preoccupati troppo.

"Sei stata davero brava, hai avuto una deduzione fenomale! Così facendo, è come se fossimo rimasti in contatto con il nostro presente!" mi congratulo con lei, scompiagliandole affettuosamente i capelli. E' più piccola e bassa di me, mi ispira sempre una gran tenerezza e un intenso desiderio di proteggerla. Lei si crogiola nel mio tocco, sorridendomi e arrossendo un poco, inorgoglita.

Giunti quasi in prossimità della prima casa senza più fiatare, Michela decide di rompere la tensione.

“Quindi... Francesca e Deathy forever and ever! E brava, Francesca! Non ci hai detto mica niente, eh, eppure ti sei presa un bel figo anche tu!!!” la stuzzica, regalandole una forte gomitata nelle costole.

L'interpellata arrossisce, prima di bofonchiare un: "Veramente non è proprio così!"

“Ahahaha!! - ride di gusto Death Mask, accorrendo a difendere la compagna – In verità siamo ancora in fase di conoscenza, il bacio a stampo che mi ha dato è stato il primo in assoluto. Sapete, il ghiacciolo non era neanche del tutto favorevole, ma Francesca è più che maggiorenne quindi non può neanche opporsi più di tanto. Comunque è partito tutto dal dopo battaglia contro Crono malvagio: eravamo due reietti incapaci di essere utili, e allora ci siamo ritrovatia a consolarci a vicenda e, sapete, da cosa nasce cosa, ahahaha!"

“Fra, vogliamo i dettagli quando tutto questo si sarà sistemato, eh, sappilo!” la pungola ancora Michela, cercando di mantenere il buonumore. Francesca non risponde, lo fa Death Mask al posto suo.

“Ok, piaghe, quando tutto questo sarà finito vi spiegheremo ogni cosa; per il momento azzittitevi che devo richiamare Mu con il cosmo per farlo uscire dalla sua dimora, prima che vi veda e si faccia venire un infarto!” esclama lui, chiudendo gli occhi per concentrarsi meglio.

Annuisco appena, non sapendo se tirare fuori il discorso concernente le nostri morti, visto che, in teoria, non lo dovremmo sapere, ma è come se avessi bisogno di parlare, come se...

"Ehi, granchio!"

...Come non detto, al solito ci deve pensare Cardia a cominciare i discorsi senza né capo né coda. Sospiro.

"Mmmh?" mugola Death Mask, non riuscendo comunque a guardarlo.

"Ma tu davvero ti chiami Death Mask?! Ma che razza di nome sarebbe, poi?! Tua madre era ubriaca quando te l'ha affibbiato?!"

"Ehi! Vedi di moderare i termini, Sco-scorpione, mia madre non si tocca e... e poi questo è un soprannome, non..."

Finalmente si riescono a guardare, quasi sfidandosi con lo sguardo.

"Aaaaah, è un soprannome, lo dicevo io che non poteva essere il nome!!! - verseggia Cardia, soddisfatto che le sue teorie si siano rivelate fondate, poco prima di tornare serio - Beh, fa schifo comunque!" arriva alla conclusione, pratico, provocante, facendo spallucce.

"Ma chi diavolo sei tu, bel damerino?! Sicuro di essere la precedente vita di Milo?! Lui non è così maleducato, devi portare rispetto per i compagni più vecchi!"

"Io sono Cardia Magno, né più né meno! - si presenta lui, tutto gaudente, alzando la testa come un gallo che si pavoneggia (e menomale che diceva di non pavoneggiarsi, eh!) - Io sono io, nessun altro!"

"Ed io sono Death Mask il manigoldo, vado fiero del soprannome con cui sono conosciuto da tutti!" sbraita, punto sul vivo.

Vedo Cardia ghignare tra sé e sé, frastornandolo: "Il manigoldo hai detto, giusto?! - sbuffa, regalandogli un'occhiata furba, d'intesa - Non c'era da aspettarsi altro, Mani!"

Death Mask lo guarda stralunato, non sapendo più che pesci pigliare, è la prima volta che lo vedo preso in contropiede e devo ammettere che è buffo. Cardia intanto gli ha dato le spalle, ha ottenuto ciò che cercava e ora se ne sta lì, il sorriso sotto i baffi.

"Cercate di riportare indietro Milo e Camus perché io a pensare di dover condividere il Santuario con questo qui mi ci prendo male, eh, Camus a confronto è un gioiellino rupestre!" esclama, scoccandomi una breve occhiata, prima di girarsi dall'altra parte, non prima, certo, di avergli fatto linguaccia. Così simili... andrebbero d'accordo invece, anche in questa vita!

“Deathy...” lo chiamo, in tono basso, trovando infine il coraggio di manifestare i miei pensieri.

“Cosa vuoi, rompi?! Ora che QUELLO LA' ha smesso di scartavetrare le cosiddette, ti ci metti tu a...”

“Grazie... per averci salvato la vita! Senza di te non avremmo avuto alcuna possibilità di scelta. Se ora abbiamo una speranza a cui aggrapparci è tutto merito tuo, ti sono debitrice... per non esserti arreso!” continuo, arrossendo un poco, ma determinata più che mai.

Quasi vedo cadere Death Mask in seguito alla sorpresa, il suo cosmo si spegne all'improvviso, del tutto impreparato alle parole che ho avuto il coraggio di rivolgergli.

“E TU COME DIAVOLO LO SAI?! QUESTE SONO INFORMAZIONI TOP SECRET! mi è stato detto di non riferirvele!” strilla, completamente rosso in viso, prima di essere fermato da una serie di passi.

“Death Mask, ho individuato il tuo cosmo che mi chiamava, ma cosa... oh, santi numi!!!”

Mu, appena uscito dalla sua casa, si blocca improvvisamente e ci squadra con gli occhi spalancati per la sorpresa.

Dietro di me, un altrettanto meravigliato Dégel sussurra tra sé e sé un: "Ha i caratteri propri della stessa stirpe di Shion!"

“Ehi, montone! Dovevi aspettare ancora un po' prima di uscire, ma visto che ormai sei qui... beh, le pulci sono tornate!” afferma Death Mask, nascondendo subito l'imbarazzo di poco prima.

“C-ciao, Mu! E' così bello rivederti!” lo saluto, commossa dalla sua vista, lo stesso fanno le mie amiche, accennando qualche passo fino ad allinearsi con me.

“R-ragazze... siete veramente voi! I-io...” inizia a balbettare, ma nel momento in cui scorge le sagome di Cardia e Dègel comincia a tremare per un'emozione ancora più forte e incontrollabile.

“D-Dègel e Cardia?! C-come è possibile?? Come in quest'epoca? Dove sono Camus e Milo?!'” domanda a raffica, non riuscendo a celare l'incredulità dentro di lui.

“Tu... conosci i nostri nomi?!” chiede invece Dègel, avvicinandosi a sua volta, protraendo un braccio verso di lui.

“I-io... - esita un attimo, prima di raddrizzarsi - S-Shion, l-lui è... il mio maestro!"

"COSA?! Il giovane Shion ha pure un discepolo suo?!" esclama Cardia, interessato alla faccenda.

Dègel invece ha una reazione molto più composta, quasi di tenerezza. Sorride, prima di trovare il coraggio di guardarlo negli occhi.

"Ho riconosciuto i caratteri distintivi del vostro popolo e... sono felice di aver conosciuto l'allievo di un mio compagno di mille battaglie, ma, mi chiedo, come è possibile?"

"E-ecco, lui, il Nobile Shion è..."

“Ascolta, Mu! - intervengo, fermando il discorso prima che prenda il volo, anche se mi dispiace. C'è poco tempo per tutto, non ne possiamo perdere altro, nella maniera più assoluta! – Abbiamo solo tre giorni e dobbiamo fare presto! Vi spiegheremo tutto prima o poi, ma ora ci serve che avvisi gli altri Cavalieri d'Oro di riunirsi al tredicesimo tempio, subito! Noi vi raggiungeremo presto!” concludo, guardandolo intensamente negli occhi per imprimergli fermezza.

Mu rimane fisso a guardarmi per qualche secondo, poi annuisce con decisione. E' sempre stato molto sveglio, deve presagire la gravità della situazione.

“Va bene, Marta, dal tuo tono di voce capisco che deve trattarsi di un'emergenza! Mi fido di te e farò come mi hai chiesto! - dice, annuendo con la testa - Avremo tempo poi per parlare!

“Grazie, Mu! Capisco che non sia facile vederci riapparire così d'emblée, con le precedenti vite di Camus e Milo, ma vi spiegheremo tutto, lo promettiamo!” affermo, lieta che si fidi di me.

Mu annuisce, regalandomi un'altra occhiata ricca di significato

“Sei cambiata in così poco tempo, Marta... sei più decisa nelle tue scelte e hai acquisito una fermezza di intenti straordinaria per una ragazza della tua età. Non so cosa sia successo a Camus e Milo, ma deve essere qualcosa di molto grave, prendete pure le scorciatoie per salire, i giovani Aquarius e Scorpio dovrebbero conoscerle, io intanto mi metto in contatto con tutti gli altri!” conclude, prima di scattare verso la seconda casa senza un minimo di esitazione.

Rimango ferma ed immobile, almeno finché non vedo la sua figura sparire nell'ombra del Tempio dell'Ariete... E' vero, sto lentamente cambiando ed i miei atteggiamenti lo dimostrano: il mio modo di fare è diventato più deciso e non solo per la situazione disperata di mio fratello e di Milo... no, anche perché devo adeguare il mio essere del passato a quello del presente, senza dimenticare la grande lezione che ho imparato in queste mie due vite: sono Marta, ma sono stata anche Seraphina, la figlia del governatore di Bluegrad. Ormai è finito il tempo in cui mi nascondevo nel ruolo che ero costretta ad avere, finendo poi per essere protetta dagli altri... no, ora sarò io a proteggere le persone a me care e lo farò con decisione senza guardarmi più indietro, se non per imparare dalle esperienze che ho avuto. Ho tentennato troppo nella mia scorsa esistenza, ora è tempo di fare mia la lezione più importante che mi ha donato Cardia: non arrendersi mai davanti e decidere in prima persona il mio destino, il mio ruolo, che non deve essere più voluto dagli altri, ma da me medesima!

Già... se mi lascio abbattere io che ne sarà delle persone accanto a me? Non mi posso far scoraggiare, ne va della vita di mio fratello e dei miei amici! Mi stringo una mano sul petto, il fiato corto per l'agitazione che sto tentando disperatamente di controllare, malgrado tutte le immagini che quel lurido verme si diverte a farmi vedere senza che io possa oppormi contro di lui come vorrei.

Camus... te l'ho promesso, ti riporterò al calore della vita e, per farlo, sconfiggerò io medesima quel bastardo. Non devi avere paura d niente, non ti lascio da solo, pertanto resisti con tutte le tue forze, ti supplico!

“Forza, non perdiamo tempo! Dobbiamo sbrigarci anche noi!” ci incita Sonia, grintosa, pervasa dalla mia stessa determinazione.

Annuisco e faccio per accennare un passo, ma subito mi blocco, notando un'ombra minacciosa aleggiare sopra le nostre teste. Essa è ben visibile dalla mia posizione perché oscura lo stesso sole, il che mi fa capire quanto sia vicina. Una scossa dilaga in tutta la mia colonna vertebrale, prima di voltarmi e trovarmi faccia a faccia a due occhi taglienti che emanano sfumature dorate. Essi mi scrutano con insistenza, imprimendosi in me, ed è come se ne fossi risucchiata.

“Marta, cosa sta...?” mi chiede Dègel, accorgendosi della mia reazione. Lo stesso fanno gli altri, improvvisamente tesi.

Non rispondo verbalmente alcunché, ma ho l'impulso di mettermi davanti al mio migliore amico, il quale, mutando improvvisamente di espressione, alza istintivamente il capo.

Un bagliore scarlatto gli attraversa le iridi, fulmineo, mentre la bocca si allarga in un ampio, quanto sinistro, ghigno. C'è un solo modo per tradurre ciò che sta attraversando il suo corpo scosso da fremiti: piacere, del più puro e genuino, quello che si prova prima di fare l'amore con la persona amata. Eccitazione. Non certo per la figura che si è trovato davanti, quanto per le sensazioni che gli crea. Ed io so perché... è scritto nelle stelle che i loro destini si incroceranno su un campo di battaglia... fra due anni... Tremo davanti a questa consapevolezza.

L'ombra sopra le nostre teste passa in rassegna anche lui, dopo averlo fatto con me, le sue labbra si piegano in uan smorfia, prima di disgusto e poi di vero e proprio ribrezzo. Lui sa, invece, lo percepisco... e sapendo ha deciso comunque di manifestarsi. Idiota!

“Non avrei mai creduto di poterti rivedere, piccolo insetto meschino!" palesa il suo disappunto, rivolgendosi a Cardia.

“R...” inizio a proferire, cercando di fermarli prima che arrivino alle mani, ma Dègel si pone immediatamente davanti a me come a volermi proteggere.

“Che diavolo fa qui uno dei tre Giudici degli Inferi?!? Che storia è questa?! Ci troviamo nel suolo sacro della dea!!!”

"E-Ehi, calma, voi due! C'è un perché..." tenta di spiegare Death Mask, non ascoltato.

“Ah, non saprei proprio, ma sembra un tipo molto interessante, ahahahaah!!! Hai visto il suo sguardo ricolmo d'odio?! Il nostro amico qui deve avere un debole per me visto che i suoi occhi continuano a fissarmi con rabbia inaudita!” esclama Cardia, mentre avverto il suo animo infervorarsi per l'emozione e per l'impazienza di misurarsi contro il nuovo arrivato.

Vedo la Viverna Infernale atterrare al suolo, appropinquandosi poi ai due Cavalieri: "Sei indietro di due anni... - si lascia sfuggire, secco - Ma dici le stesse scempiaggini di allora. E' proprio vero che l'erba cattiva non muore mai, feccia di Atena!"

Fa per alzare la mano, minaccioso, con l'evidente intenzione di attaccare, ma se già le sue parole mi hanno messo in allarme, la sua azione mi da la spinta ad agire immediatamente.

“Razza di cretino, sparisci da qui subito, COGLIONE!!!” urlo ad un tratto, frapponendomi prepotentemente tra lui e Cardia, puntandogli il dito contro, facendolo ondeggiare da un occhio all'altro. Lui, sotto gli occhi sbalorditi di tutti, invece di attaccarmi come c'era da aspettarsi da un guerriero del suo calibro, si ferma, rimanendo composto ad osservarmi.

Dannazione, questa non ci voleva, ma cosa gli passa per la testa?! A lui i ricordi delle sue vite sono già tornati da un pezzo, e cosa fa?! Si palesa davanti a Dègel e Cardia per attaccare rissa, che bellissimo esempio di furbizia!!!

“M-Marta?” mi chiama Michela, squadrandomi come se fossi pazza. In effetti una tale familiarità con una persona con cui non ho avuto nulla a che fare, eccetto uno scontro come forzatamente alleati, non mi è consona, eppure Rhadamantis ed io ci conosciamo da molto più tempo, già durante la battaglia di Crono lo avevo avvertito, ora ne sono pienamente certa!

“Voi andate pure avanti, la situazione è sotto controllo! Io mi fermo un attimo qui, a scambiare due chiacchiere con costui!” esclamo, decisa, liquidando la faccenda.

“Non se ne parla, Marta!!! Non ti lascio sola con un Giudice degli Inferi! Fa parte delle schiere di Hades, è un grandissimo pericolo!” ribatte Dègel, protettivo nei miei confronti, prendendomi per il polso sinistro, come per avvertimi che non mi lascerà andare, che non compierò una simile folia, non finché ci sarà lui con me.

Sospiro, cercando di trovare un modo per farlo andare via senza rivelargli il suo futuro e quello di Cardia, sebbene una parte di me sia tentata di metterlo in guardia a proposito del suo destino nefasto.

“Non ti preoccupare, Dèg, non mi farà niente: siamo alleati in quest'epoca, e poi ho un conto in sospeso con lui!” provo a tranquilizzarlo, sorridendogli. In verità la frase sconvolge ancora di più i due Cavalieri.

"CO-COSA?! Un'alleanza con questi esseri?!?"

E' Death Mask interviene in mio favore: "Ha ragione, c'è un accordo di non belligeranza tra le due fazioni, non le farà niente! - si intromette serio, prima di ridurre gli occhi a due fessure - A meno che i Giudici degli Inferi non vogliano incorrere nell'ira di tutti i Cavalieri d'Oro!"

Dègel abbassa lo sguardo, cupo in volto, poi annuisce con ben poca convinzione.

“Ma bene! Avete un accordo con i nemici di Atena, sapete quanto me ne freghi?! Io questo non lo lascio comunque in compagnia di Marta, se lo sogna proprio! PREPARATI A RICEVERMI, ORA STO PER... ” prova ancora ad opporsi Cardia, ma la mano del suo miglior amico lo blocca.

"DEGEL!"

“Non abbiamo abbastanza tempo, è vero, in più ciò che accade in quest'epoca non ci riguarda, noi siamo solo di passaggio! - lo avverte Dègel, serio, prima di rivolgersi a me, una nota dolente nell'espressione – Però sii prudente, Marta, te ne prego!” aggiunge poi, scoccandomi un'occhiata preoccupata e allontanandosi poco dopo insieme alle mie amiche, a Cardia, che si lamenta del fatto che voleva comunque combattere, e a Death Mask.

“Però, non pensavo che quel piccolo insetto meschino e pure egoista, potesse provare un sentimento così forte verso una persona che non sia sé stesso! Trasuda amore per te da tutti i pori, quasi fatico a riconoscerlo, e pure l'altro non scherza, anche se lo sapevo già. Devi essere una sorta di calamita per i casi umani, non vedo altra spiegazione! ” commenta Rhadamantis, ghignando, completamente a suo agio.

“Piantala! - lo zittisco, leggermente a disagio per le sue frasi inadeguate – Hai idea del rischio che gli hai fatto correre, apparendogli davanti?! Tutta la faccenda di Atlantide è intrisa anche della tua puzza, soprattutto Cardia e mio fratello Unity!” lo rimprovero, guardandolo male.

Lui assotiglia le labbra, raffinando lo sguardo nella mia direzione, serio.

“Conosci quindi i fatti accaduti, Marta... o dovrei chiamarti Seraphina? Quale delle due identità ha, infine, trionfato?!"

“Conosco alcune cose, Rhadamantis... certi ricordi si sono svegliati in me, ma ho ancora dei buchi. Rimembro tutti gli avvenimenti di Atlantide, per esempio, e so di conoscerti da molto tempo, anche se non ho la più pallida idea del modo in cui io e te siamo entrati in contatto!”

"Sei dunque più Marta che lei..." arriva alla conclusione, non nascondendo una punta di delusione.

"Spiacente, ma è così..." dico, inaspettatamente con la gola secca, guardando altrove per il disagio.

“Il confine tra la vita e la morte è più labile di un vetro di cristallo... tu, in questo momento, possiedi i ricordi della tua vita passata, non del lungo periodo in cui eri nel Limbo... E' lì che ci siamo conosciuti, nel luogo in cui gli spiriti, che non hanno terminato il loro compito in vita, entrano in contatto in circostanze misteriose!” prova a spiegarmi il Giudice, serio, cercando di nascondere il suo tono ricolmo di delusione.

Limbo?! Mi trovavo sul confine tra la vita e la morte?! E quando sarebbe accaduto ciò?! Non ho davvero memorie su tutto questo, ma effettivamente mi sono reincarnata più di due secoli dopo, qualcosa deve essere successo a cavallo di essi!

“A-anche Unity ci è passato?” riesco solo a chiedere, una debole speranza in cuore. Non so come reagirei nel rivederlo, ma devo sapere... devo assolutamente sapere che cosa ha fatto della sua vita dopo quei fatti.

“No, non ci passano tutti, solo le anime di coloro che si reincarnano e che, come ti dicevo, avevano ancora uno scopo da raggiungere...”

“Capisco... mio fratello Unity ha già adempiuto alla sua missione, continuando a vivere per onorare la promessa fatta a Dègel!” biascico, sentendomi improvvisamente la testa pulsare violentemente nel ricordare avvenimenti così dolorosi per me. Inconsapevolmente fremo... fremo con forza, movimento che non sfugge agli occhi del Giudice.

“Quanto astio maldestramente celato nel pronunciare il nome di tuo fratello Unity. Ora come ora sembri nutrire più odio per lui che per me che gli ho sfondato il petto con queste mie mani, o meglio... che credevo di avergli sfondato il petto, visto che non sapevo degli altarini con Poseidone!” mi fa notare Rhadamantis, incrociando le braccia al petto, come se stesse parlando di essere andato a fare la spesa al supermercato più vicino.

“Certo, in quanto Seraphina provo una grande tristezza mista ad affetto per lui, ma in quanto Marta non, avendo nemmeno più vincoli sanguigni, non riesco a perdonarlo per le azioni che ha perpetrato e per aver rotto la promessa con Dègel. Se solo non fosse stato così debole, tutto ciò non sarebbe successo! E' stata anche colpa sua, ha rischiato la vita di milioni di persone, oltre a prendersi quella del suo migliore amico! L-lui... è stato lui ad uccidere Dègel!" sibilo sinistramente, quasi cinica, mentre una rabbia atroce mi pervade.

“Capisco... in fondo è tuo diritto questo sentimento!”

“Non mi sono fermata qui con te per discorrere su questo, abbiamo poco tempo! Ho bisogno di sapere i motivi per cui ti trovi cui, in un territorio nemico, e se sai qualcosa in più su questa entità aliena. Posso fidarmi di te...?”

“E' una cosa complicata da spiegare in poco tempo, inoltre non sarò certo io a convincerti a credere in me o meno, quello dipende solamente da te! - ribatte, sincero - Come Seraphina ti sei fidata, ma neanche io so più chi sei, non sei più quella di allora, ma qualcosa in più; qualcosa che non so ancora se mi aggrada!"

“Ma io... non so praticamente nulla di te, tranne che dovresti essere un nemico, ma che inspiegabilmente non riesco a reputarti tale, e poi non ho tempo, come giù ripetuto, Milo e Camus stanno combattendo tra la vita e la morte e necessitano il più presto possibile della medicina, o quel bastardo di un Mago riuscirà nei suoi piani!”

“Milo sta rischiando la vita?! Aiutare te significherebbe mettere i bastoni tra le ruote a quel negromante bastardo?!” esclama Rhadamantis, manifestando per la prima volta la sua rabbia.

“S-sì! Anche tu hai un conto in sospeso con lui?!”

"..."

"Ehi! Hai perso la lingua per parlare?!"

Non risponde verbalmente, semplicemente, senza troppi fronzoli, mi passa una mano tra le gambe e la schiena, sollevandomi per tenermi tra le sue braccia.

Il gesto, oltre che a farmi sbilanciare e perdere l'equilibrio, mi imbarazza oltremodo, riportandomi però alla luce un ricordo che credevo assopito: ci sono già stata qua sopra, può volare, io ho già... volato con lui!

"G-guarda che le gambe mi funzionano bene, posso camminare da sola!" gli faccio notare, tesa.

“Con i poteri ridotti al lumicino, perché è stata Marta a trionfare tra voi.. - mi continua a far notare il suo disappunto, 'sto stronzo, l'ho capito che aveva un legame speciale con Seraphina, mi dispiace di non essere più lei, ma lo trovo indelicato il suo modo di trattarmi! - ...sei troppo lenta, e poi ti devo raccontare un paio di cose, senza contare che con me raggiungerai il tredicesimo tempo in maniera molto più immediata, ricongiungendoti con i tuoi amichetti!”

Lo guardo sorpresa e sbigottita, mentre sbatte le ali della sua aramtura e di appresta a spiccare un volo, con movenze un poco simili a quelle di un corvo. Subito avverto l'aria sferzarmi la faccia, il peplo sbattere più volte contro la parte posteriore delle mie gambe, costringendomi a nascondermi il sedere con il palmo delle mani. Non so bene cosa sto facendo, Seraphina forse lo saprebbe, ma lei è dentro di me, dormiente, ha abbracciato la mia essenza, modificandola con delicatezza, non desiderando in alcun modo sconvolgerla nel profondo. Avverto una nuova fitta dentro di me nel pensare alla sua condizione, che mi addolora. Ancora mi chiedo se sia giusto che sia venuta a galla io...

Non so cosa sto facendo, ma il mio cuore, che batte di nuove energie proprio grazie a Seraphina, lo sa; sa che mi posso fidare di lui, e che quindi non mi resta che seguirlo pedissequamente. Vi è una sola possibiltà, e sono disposta a tutto per raggiungerla!

 

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Capitolo 31
*** Ritorno a casa (seconda parte) ***


 

CAPITOLO 31

 

RITORNO A CASA (seconda parte)

 

Rimango a fissare Rhadamantis per un tempo indeterminato, le mani ben nascoste tra le mie cosce da quanto mi senta a disagio a stare in braccio a lui. Il Giudice, nel frattempo, ha appena finito di parlare e mi guarda con naturalezza, quasi aspettandosi una qualche reazione da parte mia. Invece io mi limito a guardarlo sempre più incredula ma parallelamente sempre più certa della veridicità delle sue parole, come se qualcosa di più forte mi spingesse a fidarmi di questo ambiguo essere monocigliato dagli occhi dorati e i capelli della medesima sfumatura che, con i raggi solari e il vento che li spettina, sembrano quasi possedere vita propria.

Non ribatti nulla? Eppure ti ho detto tutto quello che so su quest'argomento!” mi rimbecca lui, innervosito dal mio silenzio. Proprio un tipo che vuole tutto e anche subito costui, non c'è c'è che dire!

O-ohibò, non avrei mai pensato che il Grande Tempio potesse diventare DAVVERO un luogo di ricovero per Giudici degli Inferi e per gli Olimpi superstiti... per i vostri canoni deve essere proprio squallido, eh?! Immagino come ne risenta il vostro orgoglio!” esclamo, ironica, inarcando un sopracciglio.

Pensala pure come vuoi, ma noi Giudici degli Inferi siamo stati costretti a rinnovare l'accordo, già stipulato nel duello contro il falso Crono, con le fecce di Atena; così come Zeus, Efesto ed Hermes hanno dovuto cercare asilo qui perché sull'Olimpo è tutto distrutto in seguito allo scontro! - esclama, punto sul viso. Orgogliosetto, eh?! - E' dura ammetterlo, ma questo luogo è un po' come l'unica resistenza, c'è ben poco da fare!” sbuffa come una locomotiva, non disdegnando di farmi percepire il suo disappunto.

Tutti insieme appassionatamente, quindi! Tu mi hai detto tante belle cose sul patto che siete stati costretti a stringere con i Cavalieri d'Oro, ma in sostanza, del nemico e dei suoi scopi, non sai niente neppure tu!” commento, amareggiata, sospirando, non disdegnando a mia volta di fargli percepire la mia delusione.

Ciò che so... è ciò che dovresti sapere anche tu, poiché i primi a combattere contro questa entità siamo stati proprio noi due, Seraphina... ma tu non ricordi nulla di allora, giusto? Non posso certo raccontartelo io ora, il tempo è poco e sarebbe controproducente per la tua salute narrarti una verità che, pare, tu non voglia rimembrare!" asserisce Rhadamantis, mentre mi squadra con attenzione, quasi si dovesse sforzare di accettarmi sotto questa nuova forma.

Arrossisco nitidamente, sentendomi quasi colpevole: "Pensi lo stia facendo di proposito non ricordarmi di te, di ciò che c'è stato tra noi?! I-io non... quando ho incontrato il Mago di persona, dentro di me sapevo che non era la prima volta, lo odiavo ancora prima che compisse qualche efferratezza, ma non ho alcun ricordo nitido, t-te lo assicuro!"

"Va bene, non metterti a piangere ora, ho scarsa sopportazione per quel liquido. Ricorderai a tuo tempo..."

"T-tu, brutto..." gli do una manata sul braccio, più per fargli percepire la mia contrarietà che non per altro. Lui sogghigna, divertito, come se trovasse ilare provocarmi.

Sospiro, socchiudendo gli occhi, io costui proprio non lo capisco, sfugge ad ogni mia logica.

"Comunque oltre a ciò, so quello che sapete voi, ovvero di un essere al di là del tempo e dello spazio che vuole impadronirsi del potere della Creazione e, con esso, di questa dimensione, unica ancora a resistere al suo volere. Capisci ora perché l'accordo con Atena è stato necessario?! E' un nemico troppo oltre la nostra portata, se non ci uniamo per contrastarlo, persino questa dimensione così speciale soccomberà al suo potere!” afferma ancora, cupo in volto.

Già... questa dimensione è detta delle possibilità, ma non ne capisco il motivo di fondo, poiché Crono non è stato sufficientemente chiaro, so solo che è dipeso dalla mia scelta, ma di come questa abbia influito sulle sorti dell'intero mondo mi è oscuro... - rifletto a bassa voce, prima di riprendermi - Piuttosto, sei un bel tipetto anche tu, dici che disprezzi i Cavalieri d'Oro ma quando ti ho detto delle condizioni di Milo ho sentito distintamente una sfumatura di preoccupazione nel tuo cosmo!” dico, guardandolo negli occhi.

Inaspettatamente Rhadamantis fa una specie di smorfia che non riesco ancora pienamente a codificare.

Non ti posso nascondere nulla per quanto concerne i sentimenti, vero, Seraphina?! Già, proprio come quella volta... - mormora, discostando momentaneamente lo sguardo altrove, leggermente imbarazzato – In ogni caso, non è per affetto o altre vicissitudini, semplicemente Milo di Scorpio ha il mio rispetto, né più né meno!”

Sorrido di riflesso, sforzandomi di ricordare, invano, in quale ambito della mia vita abbia avuto a che fare con un simile individuo. Al di là di una leggera malinconia, i miei ricordi non riescono a mettere a fuoco bene cosa possa essere successo fra noi, né il luogo, né altro.

E come mai questo rispetto?!” riesco ancora a chiedere, ritornando a concentrarmi sul presente, sui miei obiettivi.

Quante domande! - mi pizzica, lasciandomi intendere che, probabilmente, gliele ponevo anche quando ero Seraphina - Perché ho toccato con mano gli ideali e le caratteristiche della sua precedente vita, colui che voi chiamate Cardia di Scorpio! Ricordo distintamente il disgusto provato per quell'essere arrogante contro cui mi sono trovato a combattere ad Atlantide, un bambinone egoista, egocentrico e privo di spina dorsale, nient'altro! Milo invece è molto diverso da lui, possiede tutte le peculiarità necessarie per un guerriero fedele alla propria divinità protettrice, nonché una buona dose di intuito e spirito di iniziativa!” mi spiega Rhadamantis, serio.

Lo ascolto con estrema attenzione, mentre il mio sguardo fissa automaticamente il cielo sopra di noi, accorgendomi che il sole ha già raggiunto lo zenit, segno evidente della mattinata già trascorsa e del tempo, spietato, che continua a sfuggire.

Sbagli, Rhadamantis, e anche di grosso! Cardia non è solo come dici tu, non sai nulla di lui e, come tale, non puoi permetterti minimamente di giudicarlo!” esclamo, infastidita, gonfiando le guance e voltando il viso nella direzione opposta, quindi contraria alla sua.

Il Generale degli Inferi rimane in silenzio per un po', tanto da farmi pensare che il discorso sia concluso, ma poco dopo avverto distintamente il suo ampio cosmo diventare offensivo, ciò mi mette in allarme anche se, effettivamente, così in braccio a lui, a diversi metri di quota non è che possa fare chissà che cosa.

E così sbaglio a giudicarlo, secondo te, quindi vuol dire che hai visto un altro ritratto di lui, in questi giorni..."

"Che t'importa di ciò che ho visto di lui?!"

"Che legame c'è, tra voi?! - mi incalza, riducendo gli occhi a due fessure - So cosa lega Dègel e a te, ma ora sei rinata a nuova vita e scopro che hai una relazione particolare anche con lui..."

"Che t'importa?! - gli ripeto, sul chi vive, manifestando a mia volta il cosmo in maniera piuttosto offensiva - Perché reagisci così?! Perché, nonostante tutto, mi hai aiutato e continui a farlo, fin dallo scontro contro il falso Crono?!"

"Attenta, ragazzina, ti ricordo che sei in condizioni precarie, non di certo nella posizione per affrontarmi e tanto meno di farmi domande! Il gioco lo dirigo io, mi bastarebbe non sorreggerti più e ti ritroveresti a cadere nel vuoto. Il volo da qui sarebbe duro anche per una guerriera come te, non ne usciresti illesa!" mi fa notare, invitandomi, con una occhiata a guardare di sotto.

Dovrei calmarmi perché ha ragione, se solo volesse potrebbe farlo, ma so che non lo farà e questo mi da l'imput per non chinare il capo. Lo scruto con furore, imprimendo i miei occhi determinati nei suoi. Non voglio perdere altro tempo e devo salvare i miei amici, voglio che saggi la mia volontà, perché non sono più la fragile fanciulla di un tempo.

"Ebbene, fallo, se vuoi, fammi cadere, ma io non morirò, ho una missione da compiere, AD OGNI COSTO!"

"Come allora così ora, il tuo coraggio galoppa più velocemente della tua reale prestanza fisica. Moriresti per amore, ancora una volta, in questo non sei mai cambiata, Seraphina!"

Parole di gradimento, in fondo, ma che al momento attuale hanno solo lo scopo di farmi reagire con forza.

SONO MARTA, M-A-R-T-A, non più chi dici! - sbotto, innervosita nel continuare a perdere tempo così - E devo raggiungere gli altri, Rhadamantis, per far si che le vite di Milo, Camus e Regulus non vengano spezzate! Non ostacolarmi!"

Regulus?! Quindi anche lui sta rischiando la vita! Se è così...”

Non ho il tempo di fare alcunché, semplicemente vengo stretta contro di lui, e prima di dire un 'a', il mio viso viene sferzato dal vento, perché la sua velocità di movimento, quasi come un jet a propulsione, si incrementa nell'arco di un millesimo di secondo.

R-Regulus?! Conosci quindi anche lui?! Non rimembro questa parte della Guerra Sacra!” esclamo, sconcertata, trovandomi ben presto ad appendermi al suo collo per paura di cadere.

Per forza... è avvenuto dopo Atlantide! - dice, con naturalezza, prima di pungolarmi ancora una volta - Ora mettiti comoda che ti racconterò brevemente del nostro scontro, e comunque è questo che intendo quando dico che galoppa molto di più il tuo coraggio che la portata del tuo colpo!"

 

Mi sarei aspettata tutto dalla vita, anzi dalle mie due vite vissute e ricordate, ma mai avrei pensato di essere portata in braccio da Rhadamantis e di superare le case del Grande Tempio in volo! Eppure, come già prima, quando mi ha presa senza chiedermelo, ho avuto come la sensazione che non fosse la prima volta, che avevamo già volato insieme, anche se me lo ricordo.

Ammiro, per quanto mi è possibile, il panorama sottostante e i dintorni, sentendomi, per un attimo, rinfrancata da ogni più piccolo peso. Persino l'immagine continua, che ho in testa, di mio fratello, steso sofferente su un letto, riesce per un attimo ad essere sostituita dal più sincero stupore, rimanendo comunque come una spina conficcata tangibilmente nel cuore. Lui, il Giudice, sostiene che galoppa più velocemente il mio coraggio che non la portata del mio colpo, forse ha ragione, sono ancora piuttosto debole e insulsa, ma è proprio perché non voglio che accada mai più ciò che è successo che devo arbitrariamente diventare più forte.

Rhadamantis mi ha raccontato brevemente tutto, dall'arca per raggiungere il cielo, della sua fuga da Atlantide ibernata, fino ad arrivare allo scontro con il piccolo Regulus. Sorprendentemente è andato anche oltre, malgrado la sua prematura morte, come se, per qualche strana ragione, sapesse anche quello. Nella mia testa si è quindi delineato naturalmente tutto ciò che concerne la Guerra Sacra del 1743, ma continua a sfuggirmi il mio incontro con questo strano e imperscrutabile tipo.

Ehm... Rhada, si può sapere chi sei tu in realtà? Come mai sento di averti già incontrato, ancora prima dell'intervento tuo e dei tuoi colleghi durante la battaglia contro Crono?!” tento di racappezzarmi, sempre più confusa.

Davvero continui a non ricordarti nulla, neanche un piccolo, piccolissimo imput?!” mi chiede lui, di nuovo con quel tono ricolmo di delusione che, istintivamente, mi fa scattare.

Ma sei scemo?! Mi hai appena fatto una domanda cretina in stile Cardia o Michela! Guarda che non lo so proprio da dove tu sia sbucato, non ho memorie di te, ci sto provando ma nada! Davvero non lo sto facendo apposta!!!”

Pazienza... la tua anima non lo rammenta, ma il tono confidente con cui ti esprimi con me mi fa capire che, forse, ci sarà speranza di recuperarti. Devo solo... aspettare!"

Arrossisco di botto a seguito della sua allusione affattoi celata, decisamente un qualcosa che mi fa sentire ancora più disagio. Faccio per controbattere con tutte le intenzioni di chiedergli se è scemo a dire le mezze frasi così, ma il suo sguardo cambia nello scorgere, al suolo, qualcosa che a me, data la posizione, è ancora precluso.

Vanno veloci i tuoi amici, ma com'era prevedibile si sono fermati proprio quasi arrivati alla meta..."

Istintivamente mi sporgo dalle sue braccia per vedere meglio a cosa si riferisce. Li vedo. Capisco.

Oooooh, santa Atena!!! - impreco, accorgendomi immediatamente della situazione – Rhada, attera subito!!!" mi agito, divincolandomi dalla sua morsa, cingendogli di più il collo quasi come se fosse un volante ed io dovessi compiere una manovra salvavita. La mia improvvisa, però, non entra nelle sue grazie.

Calmati, ragazzina! Io prendo ordini solo dal sommo Hades! Miseria ladra, voi dame di corte siete di una lagna assurda! Poco importa se sei Seraphina o Marta, sempre la stessa essenza mi tocca sopportare, che diavolo avrò fatto per meritarmi tutto questo non solo nel Limbo, ma anche in questa nuova vita?!” ribatte, guardandomi torvo, tuttavia fa come chiesto più docilmente del previsto.

"Bravo, cucciolone!!!" mi congratulo, scompigliandogli i capelli.

"E NON MI TRATTARE COME UN CANE!!!"

"Beh, bravo lo stesso!"

"Uhmpf!"

E poi non sono una dama di corte, non più ormai... non te l'ho forse già detto? - sussurro, un poco triste, prima di riprendermi - E ora muoviamoci, perché è un'emergenza!” taglio corto, usando un tono che non ammette repliche.

Una volta rimessi finalmente i piedi, ancora un poco traballanti, a terra, alzo lo sguardo verso la sommità delle scalinate che collegano la decima al'undcesima casa. Ha ragione Rhadamantis, era prevedibile che si fermassero qui, perché...

Michela, si può sapere cosa stiamo facendo?! Perché ci siamo bloccati come delle belle statuine?! Non abbiamo ulteriore tempo da perdere e inoltre chi diavolo è il biondino dinnanzi a noi?!” esclama Cardia, spazientito da tanta immobilità.

Nello stesso momento Dègel, vicino a Francesca, ricerca la sua attenzione, cosa che la mia amica gli concede subito, probabilmente intuendo la domanda nell'aria del Cavaliere dell'Acquario del passato.

"E' lui... è lui l'allievo di Camus, vero?"

"Sì... è Hyoga del Cigno"

"Hyoga del... Cigno?! - il tono di Dègel è salito di due tacche. Anche se è girato di spalle, precludendomi così la vista sul suo aggraziato viso, sento palpitare le sue emozioni - Sembra così... piccolo!"

La scena che mi si è palesata davanti, vede come protagonisti Michela, in testa al gruppo, che guarda proprio Hyoga posto in cima alla scalinata e con un'espressione indecifrabile stampata sul viso. Non posso vedere nitidamente neanche l'espressione della mia amica, ma la riesco ad immaginare concretamente senza alcuno sforzo.

Faccio per dirigermi verso di loro per sbloccare la situazione, visto che, fra tutti, sono in vistose difficoltòm ma Rhadamantis mi afferra con forza il polso sinistro, facendomi capire che il mio intervento non è necessario.

E infine il Cigno a riuscire a sbloccarsi con un enorme sforzo.

Michela, ragazze... Mu era molto agitato, cosa... cosa è successo?! Mi ha anche detto di dirigermi al tredicesimo tempio insieme agli altri Cavalieri d'Oro ma io... io ho preferito aspettarvi. Dove... dove sono gli altri?!" balbetta Hyoga, probabilmente presagendo qualcosa di grave.

Sorprendentemente, contro le previsioni di tutti, è proprio Michela a rispondere, dimostrano un autocontrollo perfettamente degno del suo venerato maestro.

Hyoga... non abbiamo molto tempo! Camus e Milo giacciono incoscienti in gravi condizioni, vittime della peste, solo il nostro intervento può salvarli! Siamo riusciti a tornare grazie a Crono buono, ma dobbiamo trovare una cura il prima possibile!” spiega lei determinata, seppellendo momentaneamente “l'ascia di guerra” con il proprio ragazzo.

Probabilmente è la forte volontà di salvare colui che considera come un padre a spingerla a reagire in questo modo. Stiamo tutte crescendo molto di più in questi due mesi che non durante il resto della nostra vita, me ne rendo sempre più conto ogni giorno che passa e sono fiera di loro, di tutte loro.

"Qua-quanto gravi?!" vuole sapere comunque Hyoga, iniziando a tremare, non riuscendo ad essere subito reattivo (come potrebbe diversamente?!).

"E-ecco..." anche Michela stavolta esita.

"Moriranno... - trancia ogni esitazione Francesca, in maniera anche sin troppo brutale, ma non per cattiveria sua, è proprio fatta così - Per questo dobbiamo muoverci, la loro unica speranza siamo noi!"

Una sensazione di vuoto mi invade nell'udire le sue veritiere parole. Ingoio a vuoto, lo stesso fa Hyoga che, seppur distante da me, reagisce talmente male alla rivelazione da essere ben visibile. Lo vedo posarsi una mano trai capelli, come se le parole di Francesca lo avessero colpito violentemente. Trema, assomigliando paurosamente ad un pullo nel nido. E' così in pena per i suoi affetti, del resto non ne sapeva niente fino ad ora. Fa una tenerezza...

I-il Maestro Camus e Milo rischiano di morire?! Come può essere?!” riesce infine a biascicare a corto di fiato, rotto e sconquassato dalle emozioni.

Cygnus, meno domande e più reazione, ti hanno detto di avere poco tempo!!!” interviene quindi Rhadamantis, facendomi prendere un risalto e riprendendo il povero Hyoga, ancora sconvolto.

Sospiro rassegnata, chiedendomi tacitamente a cosa possa essere servito il mio non intervento se poi è lui medesimo che se ne esce in questa maniera tutt'altro che empatica.

Tutti i presenti si voltano verso di noi, sorpresi, non avendo percepito il nostro arrivo. Gli sorrido di rimando, facendo per andare verso la loro direzione, ma la stretta del Giudice si fa più forte, trasmettendomi una stilettata di dolore a stento mascherata. Perché ora non mi lascia andare? Eppure gli ho più volte ripetuto che il tempo stringe, lui stesso lo ha detto come monito a Hyoga.

"Rhada, puoi lasciarmi ora..." gli faccio notare, corrucciata.

"No, non ancora..." mi dice lui, gelido, guardando oltre me. I suoi occhi trafiggono un individuo ben specifico. Mi volto ancora, e capisco.

Ehi! Ehi! Ehi! Hai già capito male tu, mollala subito, prima che decida di bucherellare il tuo corpo con questa!” lo avverte, Cardia, scendendo gli scalini con l'evidente intento di attaccar briga, mostrando il pungiglione cremisi dello Scorpione. Rhadamantis non ribatte nulla, aspetta che il Cavaliere gli sia a tiro. Fremo, agitata, ormai i due sono a pochissima distanza l'uno dall'altro, ancora poco e...

Ma Cardia si ferma a pochi centimentri da me, mi mette una mano sulla spalla, come a rivendicare qualcosa. Si fissano negli occhi per dei secondi interminabili, scambiandosi occhiate di odio e di avvertimenti taciuti.

Posso addirittura sentire le vibrazioni dei loro potenti cosmi farsi sempre più forti, fino ad ingaggiare battaglia tra loro per vedere quale dei due riesca a bruciare di più, triste preludio di un evento futuro per Cardia, ma non altrettanto per Rhadamantis che, di quel selvaggio scontro tra due ideali praticamente opposti, ricorda ancora perfettamente tutte le dinamiche.

Dègel, accorgendosi fin troppo bene della piega che stanno prendendo gli eventi, decide di intervenire a sua volta, avvicinandosi a me e prendendomi l'altra mano tra le sue, in un gesto esaustivo che racchiude altrettanti moniti. Mi sento quasi un palio ambito tra questi tre, ciò mi mette in profondissimo disagio.

Mi pare che Marta abbia passato fin troppo tempo con te... SCOSTATI DA LEI!” dice, rimarcando l'ultima parola in tono che non ammette contraddizioni.

Calmati, Cavaliere dell'Acquario, volevo solo vedere la reazione del tuo giovane e inesperto amico, nonché la tua... - sottolinea, squadrandolo - Cosa ti ha fatto intervenire in questa disputa? Sei per caso la baby-sitter di questa fanciulla? Non credo proprio tu ne abbia la forza!” ribatte Rhadamantis, continuando a stringermi il braccio con intensità crescente.

B-baby-sitter...?! Cosa... cosa significa questo termine?!” biascica Dègel, stupito come non mai nell'udire un vocabolo a lui sconosciuto.

Uhmpf, non ci sarai rimasto male, vero?! Rassegnati, Acquario, in questo tempo la tua intelligenza è pari a quella di un bambino che inizia appena appena ad affacciarsi a questo mondo... ma ovviamente non te ne faccio una colpa, oh uomo del 'Settecento!” lo canzona Rhadamantis, ghignando e mollando finalmente la presa su di me. Poi, senza aggiungere altro, si allontana con tutte le intenzioni di andarsene.

Dégel sbatte più volte le palpebre, cercando di riprendersi dalle parole spietate del Giudice, poi i suoi occhi si posano sul segno rosso presente sul mio polso.

Marta, ti ha fatto del male?” mi chiede lui, accarezzandomi dolcemente la zona arrossata. Nel frattempo Cardia continua ad osservare il Giudice, gli occhi e l'espressione del giaguaro che ha appena adocchiato una preda che, per il momento, è fuori dalla sua portata.

Va tutto bene, Dègel! Rhadamantis non voleva farmi del male, è la mia pelle ad essere troppo delicata!” rispondo,imbarazzata dalle sue premure.

Ne sono lieto... - afferma ancora, mentre le sue gote si colorano di un rosso vivo, prima di prendere un profondo respiro e rilassarsi - Certo che... capisco le tribolazioni di Camus nei tuoi confronti, hai un'innata attitudine a cacciarti in situazioni potenzialmente assai pericolose per te, cerca di essere più prudente, rondinella!"

Gli sorrido di rimando, mascherando alla ben meglio l'imbarazzo che ha colpito anche me. Ha ragione, a mio fratello sarebbe da fargli una statua per la sua pazienza!

Bene, ti ho condotta dai tuoi amici, ho visto quanto volevo... ora posso togliere il disturbo!” fa per congedarsi Rhadamantis, dispiegando le ali dell'armatura per prepararsi a spiccare il volo.

Non vuoi venire su insieme a noi?” gli chiedo, inclinando leggermente la testa di lato. Quasi mi dispiace che se ne vada, non so perché.

No, soffocherei con tutta quella puzza di Cavalieri d'Oro riuniti!” ribatte sbrigativo, spiccando elegantemente il volo e sparendo così dalla nostra vista in un battibaleno.

Rimango a guardare per alcuni istanti il cielo, mentre un pensiero si insinua sempre più profondamente nella mia mente, trasmettendomi una profonda tristezza velata da una certa malinconia.

Perché, in fondo, ho trascorso più tempo con lui che non con lo stesso Dègel...

"M-Marta?" mi raggiunge nuovamente proprio lui, vedendomi triste, stringendo la sua mano nella mia. Sei incredibile, Dègel, la tua empatia è eccezionale, vorrei dirti di rimanere sempre così, ma so fin troppo bene cosa dovrai patire da qui ai due anni, mio piccolo fiocco di neve!

Dègel, dobbiamo sbrigarci, abbiamo perso fin troppo tempo! Dirigiamoci immediatamente al tredicesimo tempio, lì c'è qualcuno che non vedrà l'ora di rivedere te e Cardia!” esclamo, voltandomi di scatto e scacciando via i pensieri nefasti. Mai più tentennamenti avevo detto, così sia!

I miei occhi si incontrano con i suoi, limpidi e puri come sempre. Mi sorride timidamente e annuisce, determinato, voltandosi poi, insieme a me, verso l'undicesima casa. Già, sei l'unica persona che abbia mai amato, mio caro Dègel, così sarà per sempre!

 

**************************

 

Arrivati finalmente all'ultima casa dello zodiaco ne varchiamo la soglia, ritrovandoci davanti quasi tutti i Cavalieri d'Oro radunati nella sala del Grande Sacerdote, ormai permea di tensione.

Death Mask si fa avanti, bandendo le esitazioni e suggerendo, con un cenno del capo, a Cardia e Dègel di rimanere nascosti nell'ombra ancora per qualche secondo.

Grande Sacerdote... - inizia il Cavalieri del Cancro, chinando leggermente la testa in segno di reverenza – questo giorno ci ha rivelato delle sorprese niente male, non solo per il momentaneo ritorno delle quattro mocciose, ma anche perché... beh, credo che conosciate queste persone, Sommo Shion!” conclude, spostandosi poi di lato per far avanzare Dègel, Cardia e noi, fulcro dell'attenzione generale.

Istantaneamente i respiri di tutti i Cavalieri si mozzano all'unisono tra l'incredulità generale, mentre lo sguardo di Sonia vaga alla ricerca dei suoi due fratelli, i quali rimangono sgomenti a fissare i due parigrado appena apparsi dietro a Deathy, così simili ai propri amici, eppure così terribilmente diversi, così terribilmente... estranei!

Shion? S-sei proprio tu ad essere a capo delle schiere di Atena! I-io... Stupefacente!” riesce solo ad esclamare Dègel, confuso e ammirato nel riconoscere la figura di uno dei suoi compagni più giovani.

Ehehehe! Io lo sapevo già, anche se me lo aspettavo più attempato e rachitico! - ribatte invece Cardia, tentando di mascherare il suo pallore crescente - Merito della tua parlantina, neh, Fra?!"

La mia amica arrossisce leggermente a quella provocazione, ma si sforza di nascondere frettolosamente tutto dietro un sorriso di circostanza.

Nella sala tutti i Cavalieri d'Oro del presente sono concentrati sui nuovi arrivati, ancora increduli nel vedere la somiglianza che intercorre tra loro e i loro amici. Qualcuno bisbiglia nell'orecchio del vicino, altri sembrano come pietrificati, fra tutti giusto Mu e Shaka riescono a mantenere un po' di autocontrollo, rimanendo comunque a fissarli come se si trattasse di una visione miracolosa.

Nel frattempo il Grande Sacerdote si avvicina lentamente a noi, togliendosi anche l'elmo che gli copriva il volto per poterli osservare meglio.

Dègel... Cardia... siete veramente voi, allora! Io... io...” inizia a blaterare, sempre più esterrefatto, avvicinandosi aulteriormente con passo sempre più veloce.

Shion! - lo chiama ancora un emozionatissimo Dègel, come a fissarsi nella mente i suoi lineamenti - Non sembra trascorso un giorno, s-sei giovane come ti ricordavo, più regale e sicuro di te, sì, m-ma... tutto questo ha davvero dell'incredibile!"

Ola, Shion! Ti vedo bene, malgrado i tuoi oltre duecento anni! Sembri proprio...” fa invece Cardia, ma l'abbraccio che il Grande Sacerdote regala a lui e a Dègel lo fa indietreggiare di qualche passo.

Non avrei mai creduto di potervi rivedere, tanto meno di riabbracciarvi, ragazzi! Se solo Dohko... se solo fosse qui e non in missione!” riesce solo a dire l'ex Cavaliere d'Oro dell'Ariete, commosso e totalmente sopraffatto dalla situazione.

"S-sì, però non mi strozzare, pulcino! - si lamenta Cardia, cercando di nascondere le sue, di emozioni, dietro il solito tono irriverente - Che diamine, non mi hai mai abbracciato così nel nostro tempo, è proprio vero che la vecchiaia gioca brutti scherzi, anche se sembri tutt'ora un giovincello!"

Dohko? Anche Dohko è sopravvissuto?! Per Atena! Sono... sono così felice per voi: avete perpetuato il futuro!” esclama nello stesso momento Dégel che, a differenza del compagno, non sapeva di tutto questo.

Sì, Dègel, anche Dohko è sopravvissuto e... Ma voi, piuttosto... cosa fate qui?! E Milo e Camus?! - si prende una breve pausa, prima di ricordarsi di essere Grande Sacerdote e approcciarsi così a noi - Ragazze, sapevamo che eravate nel 1741 grazie ad Aiolia che riesce, qualche volta, a vedere Sonia nei sogni, ma non avevamo avuto più notizie di voi da tre giorni!” ci dice, con voce un poco più ferma, cercando una possibile spiegazione. Osserva più volte me, Francesca e Michela, perché Sonia, facendosi coraggio, è andata a riabbracciare i suoi fratelli.

Sommo Shion, non abbiamo molto tempo! Milo, Camus e Regulus hanno contratto la peste per opera del Mago e rischiano di morire; Crono buono è riuscito a farci viaggiare nel tempo, ma abbiamo solo tre giorni per trovare la cura, altrimenti...” mi blocco, incapace di proseguire. Ho perso il conto di tutte le volte che ho ribadito che il tempo è tiranno, che la loro vita sta scivolando via, ma ogni volta che lo esprimo mi fa male il cuore ed inizio a tremare, del tutto incapace di mantenere il controllo, come invece mio fratello vorrebbe.

Cosa, anche il piccolo Regulus?! Maledetto! Il Mago vuole ridurre questa dimensione a fantoccio, utilizzando il potere di Camus, vero? Non lo permetterò!!!” ringhia Shion, stringendo i pugni.

Realizzo in un lampo che Shion deve necessariamente sapere più di quanto siamo a conoscenza noi, lo si percepisce bene dalle sue parole, ma non ci do momentaneamente peso, abbiamo altre urgenze.

Grande Sacerdote! Dobbiamo intervenire e anche subito! Questo mostro ha già fatto troppi danni qui, non possiamo lasciarlo a piede libero! Io, Aiolia del Leone, farò di tutto per aiutare i nostri amici” esclama il fratello di Sonia, deciso più che mai ad intervenire. La mia amica, ancora tra le sue braccia, ha uno sguardo leonino ricolmo di determinazione; uno sguardo di fuoco.

"Non è solo quello, Aiolia, il problema... - sospira Shion, raddrizzandosi, prima di voltarsi verso di lui e fissarlo con espressione grave - Attualmente, se le cose stanno così, non sono solo Milo e Camus a rischiare di morire..."

"E... sarebbe?" ringhia Aiolia, stringendo ancora di più Sonia a sé, percependola agitata.

"Regulus è la tua precedente vita, se muore così, a-anche tu n-non..."

"Volete dire che Aiolia non si reincarnerebbe?! Che non nascerebbe mai?!" termina per lui Aiolos, scosso dalla paura per le sue sorti.

"Fratello..."

"E' così, purtroppo..." prende un respiro lungo, Shion, mordendosi il labbro inferiore e stringendo i pugni.

"N-NO! - sussulta Sonia, cominciando a scrollarlo con impeto, gli occhioni lucidi - Non voglio, Lia! Non voglio rischiare di perdere anche te... di nuovo!"

A questo punto Aiolia si permette di prenderla brevemente in braccio, nonostante sia ormai una ragazzina, e cullarla dolcemente contro il suo petto per tranquillizzarla, cercando di farle forza: "Non succederà, no... sono in mano vostra, non mi accadrà nulla di tutto questo!" le sorride, permettendosi di scostarle un ciuffo dalla guancia.

Aiolia ha pienamente ragione, noi abbiamo una speranza: voi, oltre che a Dègel e Cardia! Abbiamo un range d'azione limitato qui in questa dimensione ormai completamente in divenire, ma possiamo comunque fare molto per aiutarvi. Quel mostro non la spunterà, né ora né mai!” sancisce Shion, determinato più di prima, cominciando a passeggiare nervosamente intorno.

L'imperativo è chiaro a tutti: agire, con tutte le forze in nostro possesso e soverchiare il destino, nonché quel negromante da strapazzo che gioca con le nostre vite. Più nessun dubbio né esitazione, solo COMBATTERE, COMBATTERE E ANCORA COMBATTERE!

Grande Sacerdote... - prendo parola, cercando di darmi una scrollata - Camus può reggere solo un giorno in quelle condizioni, perché, come avete accennato anche voi, è il fulcro dei piani del Mago. Anche Regulus e Milo sono quasi allo stremo e non possono resistere più di tanto... Sapete, il tempo scorre in maniera diversa da passato a presente, Dègel ha teorizzato che, per ogni nuovo viaggio nello spazio-tempo, il tempo stesso riceva un'accelerazione in un senso o nell'altro, se questa ipotesi fosse esatta, non abbiamo un istante da perdere!” asserisco, tentando di ricacciare indietro le lacrime che sento inumidirmi le ciglia.

Stai tranquilla, piccola Marta! - mi rincuora Shion, mettendomi una mano sulla testa – Troveremo un modo e vi aiuteremo in questa impresa. Sapete già dove andare?” chiede poi, guardando enigmatico Dègel, il quale annuisce.

Crono mi ha dato questo ciondolo per tornare indietro nel tempo una volta presa la medicina, - glielo mostra, togiendoselo brevemente dal collo - Marta mi ha riferito che sua madre lavora in un ospedale a Genova, e che quindi può darci una mano. L'unica cosa è che non sappiamo come arrivarci, visto che la velocità della luce potrebbe attirare l'attenzione del Mago e spingerlo così ad attaccare, malgrado, a detta stessa del dio del tempo, non ne dovrebbe avere più le forze sufficienti, almeno per il momento!” spiega, serio, mentre un brivido scorre lungo la mia schiena.

Davvero non avrà forze? L'incubo a cui mi ha fatto assistere dopo la visione, non sembra così... debilitato!

Vi manca solo un mezzo di trasporto allora! Io so cosa fare!” interviene quindi Aiolos, facendo un passo avanti e sorridendoci raggiante.

Ma certo! Il Jet della signorina Kido, la dea Atena di quest'epoca!" continua Aiolia, capendo i pensieri del fratello, scambiandogli uno sguardo d'intesa.

J-Jet? Ho già sentito questo nome, ma credo si trattasse di altro... perdonate la mia impietosa ignoranza, ma di cosa parlate?” chiede Dègel, confuso e vagamente contrito, quasi come se fosse un suo peccato imperdonabile non sapere qualcosa.

Lo vedrete! Torno subito!” afferma Aiolos, sparendo dietro una colonna.

Abbiamo trovato la soluzione, potete fidarvi di lui, Dégel! I Cavalieri del Sagittario hanno un'attitudine innata a pilotare qualsivoglia tipo di mezzo, Aiolos è ancora molto giovane, ma potete contare sul fatto che, anche senza velocità luminale, arriverete a Genova nel più breve tempo possibile.

"Confidiamo in lui, allora, del resto, anche come Sisifo, la sua precedente vita, è sempre stato un simbolo per noi Cavalieri più giovani!" annuisce Dègel, speranzoso.

"Già... che nostalgia!" sussurra Shion, gli occhi lucidi e avvolti dalle memorie del passato.

"Per me invece è sempre stato un rompicoglioni, spero che in questa vita sia meno bacchettone, perché altrimenti..."

"Cardia!!!" lo riprendono sia Dègel che Shion, lasciandosi andare ad una manifestazione ilare, davvero come se fossero vecchi amici appena ritrovati.

Anche io accenno un sorriso tra me e me, non riuscendo a fare altro. Sono troppo tesa per qualsiasi cosa, vorrei solo avere già il medicinale e averglielo somministrato. Le parole del Mago mi inquietano e questa sensazione di 'ineluttabile', mi fa accapponare la pelle.

"Marta!!!" è la voce di Hyoga a chiamarmi, mi volto, appena in tempo per vedermelo sopraggiungere vicino, tutto trafelato.

Immediatamente mi colpiscono i suoi occhi azzurri, spezzati dalla mia stessa paura, dai miei stessi timori e tremori. Prende un profondo respiro, esita ancora un attimo, prima di trovare il coraggio di proseguire.

"Fatemi venire con voi, ti prego!"

Rimango fissa a guardarlo, sorpresa: perché lo sta chiedendo proprio a me e non a Francesca, la più grande fra noi, o Dègel? Perché si è approcciato a me?! E' forse perché sono sorella del suo maestro?

"Non riesco a stare qui con le mani in mano ora che so in che condizioni versano il Maestro Camus e Milo - mi spiega lui medesimo, cercando di recuperare il controllo - Per favore! Sai se il ciondolo può portare altre persone oltre a voi?"

"I-io veramente..." esito, senza neanche sapere pienamente perché, eppure il suo aiuto ci farebbe comodo, ora come non mai, è di certo più abile di me, e allora perché...

"Hyoga! - l'intervento di una terza forza, Mu nella fattispecie, cambia la situazione. Lo vediamo avvicinarci a noi, placido come sempre nonostante gli occhi un poco scuri, fissandoci brevemente entrambi - "Vuoi andare con loro?"

"S-sì, Mu, fammi andare, ti prego, non sono di nessuna utilità qui, lascia che..."

"Hyoga... - lo chiama ancora il Cavaliere dell'Ariete, prendendo per le spalle per provare a calmarlo, visto che vibrava come una corda di violino, nell'esprimersi - Quale è stato il primo insegnamento di Camus?"

Vedo il Cavaliere del Cigno sussultare, prima di spalancare gli occhi azzurri nel guardare il Grande Mu. Poi china il capo, trema ancora, ma stringe i pugni.

"D-di mantenere la calma in ogni circostanza e contro qualsiasi nemico..." risponde poi, serrando dolorosamente le palpebre. I lunghi ciuffi biondi gli coprono parzialmente il viso, ma è tangibile il suo malessere.

"E qual'è il primo dovere del Cavaliere dell'Acquario?"

"Proteggere il proprio tempio..."

"E' proprio così... - gli sorride, scompigliandogli brevemente i capelli per rassicurarlo - "Tu sei il suo erede, Hyoga, l'orgogliosissimo, gentile, Cavaliere dell'Acquario. Tutti noi, qui, ti consideriamo tale. Hai compiuto imprese eroiche, sei un prodigio, e Camus è fiero di te, proprio per questo tu devi rimanere qui, a presiedere il suo tempio"

"M-ma, Mu, come puoi chiedermi questo?! Come puoi chiedermi di rimanere fermo, mentre il Maestro Camus sta... sta così male?!" prova a ribattere, in un guizzo di energia, sollevando il capo e mostrando così il suo viso, gli occhi lucidi, pregni di tutta la frustrazione che prova in questo momento.

"Conosci la testardaggine del tuo giovane maestro, Hyoga... - gli spiega sempre pacatamente, permettendosi di sorridere - Lui non si arrenderà, ma deve saperti al sicuro. Già sua sorella e le altre stanno rischiando moltissimo, e lui non lo vorrebbe, per cui, almeno tu, rimani qui al Santuario con noi, confida nella sua tempra di uomo oltre che di Cavaliere!"

Hyoga esita ancora per un breve istante, prima di lasciarsi andare e posare la fronte contro il petto di Mu, il quale, senza ulteriori parole, lo cinge delicatamente in un abbraccio.

"N-non riesco mai ad essergli di una qualche utilità... - farfuglia, provato - MAI" dice ancora tra i denti, vinto.

"Non è così, Hyoga, non è così, meraviglioso erede di Aquarius!" lo sprona ancora Mu, con la sua solita voce che potrebbe calmare un mare in tempesta.

Hyoga si prende qualche secondo prima di reagire, poi si stacca da lui, rimanendo in piedi da solo, gli occhi lucidi, spauriti, che però lasciano ben presto spazio alla volontà di un giovane uomo. Mu gli sorride, soddisfatto, prima di allontanarsi.

Vorrei dirgli qualcosa, rassicurarlo come ci è riuscito lui, ma la voce di Michela sblocca la situazione.

"Hyoga... - lo chiama, una mano sopra il cuore, evidentemente ha ascoltato tutto il dialogo - Possiamo parlare un attimo?" chiede, accennando un passo.

Capisco di essere un'estranea qui, pertanto mi allontano di mia spontanea volontà, affiancandomi nuovamente a Cardia e a Dégel senza tuttavia entrare nel loro dialogo.

Io continuo a non sapere cosa sia questo j-jet, eppure il nome mi dice qualcosa, ma..."

E che ansia, Dègel!!! Sarà una diavoleria di quest'epoca, no?! Non puoi mica sapere tutto, enciclopedia ambulante!!!” lo riprende scherzosamente Cardia, scompigliandogli i capelli con forza.

"T-tu, non ti chiedi quanto sia cambiato il mondo, in questi 250 anni?! N-non ti senti sperduto?!" gli chiede, in profondissimo disagio.

"N-no, mi dovrebbe forse importare di un mondo che non vedrò mai?!"

"E'... è un pensiero troppo approssimativo, Cardia! - ribatte, infastidito, nel vedere che l'amico non lo capisce - S-se tutti gli uomini l'avessero pensata come te non ci sarebbe stato alcun progresso, saremmo ancora ridotti ad essere dei selvaggi!"

"Benissimo, lascio ad altri l'onere e l'onore di creare le fondamenta per il futuro, io me la godo così, a pensare unicamente al presente e nient'altro!" si esprime, quasi facendosi beffe di tutti coloro che si discostano dal suo modo di vivere.

"SEI UNO SCREANZATO, CARDIA!"

"E TU UNA LAGNA ASSURDA! - lo rimbecca, facendogli la linguaccia - Cosa è questo, cosa è quello, cos'è quell'altro... ci vuole pazienza con te, eh!"

Un'eventuale risposta di Dégel viene interrotta dalla risata di Shion, del tutto incapace di controllarsi.

Ragazzi, quanto mi sono mancati i vostri battibecchi in tutti questi anni... Sapete, per molto tempo il Santuario è rimasto desolato dopo la Guerra Sacra, mi sentivo affranto ma non potevo arrendermi, bisognava ricostruire tutto, non potevo perdermi nei rimpianti. Eppure qualche volta mi pareva di sentirle le vostre voci, risuonavano tra le pareti dei templi, nell'aria, provocandomi tanta nostalgia. Poi però quelle ombre sono state sostituite dagli schiamazzi allegri di Milo che cercava le attenzioni del piccolo Camus, o degli altri, futuri, Cavalieri d'Oro. Da allora capii che, pur cambiando tutto, qualcosa sarebbe comunque rimasto, perché l'essenza, quella, è qualcosa di eterno!” afferma il Grande Sacerdote, cercando di mascherare la sua commozione crescente.

"Discorso un po' complicato, Shion, cosa vorresti...?"

"Semplicemente... - tossicchia Dégel, assumendo un'espressione quasi da maestrino - Che Milo, in fondo, è un'adorabile spina nel fianco come te, anche se dotato di ben più encomiabile intelligenza!"

"Ehi! Ehi! - brontola Cardia, offeso dalle parole dell'amico e dalle risate che ne conseguono - Ma guarda questi due in combutta, due contro uno non è leale!!!" si finge offeso, dandogli le spalle e facendo il sostenuto.

Nel frattempo, ancora con un poco di esitazione, gli altri Cavalieri si avvicinano proprio a Dègel e Cardia, presentandosi brevemente e salutando noi altre con dei gesti affettuosi.

Vedendomeli sfilare davanti, li osservo con attenzione, sentendomi commossa e un po' agitata. Ormai siamo parte integrante di questo ambiente e di queste persone, non vi è quasi più nulla che ci lega alla nostra vita passata, tanto che definirei proprio questo il luogo chiamato 'casa'; il luogo a cui fare ritorno dopo un lungo, lunghissimo, viaggio. Quanto mi erano mancati i Cavalieri, ognuno di loro, ora me ne rendo ancora più conto.

La flemma di Mu, le dimensioni maestose di Aldebaran, la misteriosità di Saga, gli atteggiamenti da finto cattivo senza cuore di Death Mask, la fierezza di Aiolia, la tranquillità di Shaka, la nobiltà di Aiolos, il silenzio di Shura, la bellezza di Aphrodite...

Dègel e Cardia stessi sono un po' impacciati a conoscere le reincarnazioni dei propri amici, ma vedo con distinzione una scintilla passare nei loro occhi quando il loro sguardo si posa sui Cavalieri d'Oro del presente; una scintilla che si sofferma a guardare tutte le somiglianze e le differenze con i rispettivi compagni del loro tempo.

In un angolo della sala, noto che Michela e Hyoga hanno praticamente finito di parlare tra loro. Un sospiro di sollievo sfugge dalle mie labbra nel vedere un timido sorriso comparire sui loro volti. Sembrano ancora piuttosto imbarazzati, la rottura comunque c'è stata, colmarla non sarà impresa semplice, ma è già un inizio.

Tutto bene?” chiedo, un poco ansiosa.

Uhm, sì... - risponde Michela, guardandomi con calore – non abbiamo ancora chiarito tutto, sia ben chiaro, anzi sono tutt'ora piuttosto arrabbiata, ma questa esperienza in un'altra epoca mi ha fatto capire che ho bisogno di Hyoga e che sono stata troppo impulsiva a prendermela per quell'episodio senza sapere il suo punto di vista!” conclude, prendendo la mano del suo ragazzo, il quale sussulta un poco, non aspettandoselo.

"Impulsiva, certo - confermo io, annuendo, prima di sorriderle - Ma è perché vuoi bene a Camus"

"S-sì, t-tanto! - mi assicura lei, arrossendo - Vorrei anche sapere cosa gli sia frullato nella testa quando ha deciso di combattere contro Hyoga, e anche adesso in questa circostanza. Ha scelto di combattere da solo, sebbene abbia noi, e questo io non lo capisco!"

Neanche io vorrei dirle, contrita, sentendomi per l'ennesima volta in colpa, ma Hyoga prende la parola.

Capire il maestro non è mai stato facile, i-io... non lo è per voi, che lo conoscete da così poco tempo, ma siete sulla giusta strada, al contrario mio..."

Il Cavaliere del Cigno è in forte disagio ad esprimersi, deve avere dei sensi di colpa giganti nei suoi confronti, è più che evidente, ma noi non conosciamo tutta la storia.

"Ad ogni modo, avevi ragione a prendertela... Io lo privai del calore della vita, non comprendendolo affatto, e lui... e lui... - si deve fermare per forza, non riesce a proseguire su quell'argomento - Non merito di essere suo discepolo e non mi perdonerò mai per quanto fatto. Gli ho... strappato tutto, e oltre, quando invece lui mi ha dato senza esitazione ogni cosa che poteva offrirmi. Sono davvero deplorevole!”

Sembra quasi precipitare in un abisso, le sue parole sono oscure, gremite di sensi di colpa, solo la presa ferrea di Michela sul suo polso, che stringe, lo riporta in superficie, impedendogli così di essere risucchiato.

"Ehi, non ti sembra di esagerare?!"

"Affatto. - sentenzia, spietato, gli occhi lucidi, abbracciandola quasi di getto, come a volersi aggrappare a qualcosa - S-se mi vorrai ascoltare io... ti racconterò tutto, Michy!"

"V-va bene, ma non dire più quelle cose con quell'espressione, n-non precipitare, Hyoga, se puoi. Mi hai fatto paura!"

"Farò quel che posso, promesso!" annuisce, cupo, cercando di scrollarsi di dosso la sua pesante eredità.

Faccio per andarmene, in modo da lasciargli ancora un po' di intimità, visto che tra poco dovremo ripartire, ma Hyoga mi blocca per il polso sinistro, meravigliandomi non poco.

Una lunga pausa di sguardi, tra noi, la prima, come una breve, lunga, sosta per studiarci e capirci, poi...

Marta... io uccisi tuo fratello e ti ringrazio per non avercela mai avuta con me per questo, sebbene tu ne fossi già a conoscenza. Ora, a te che più di ogni altro sei in grado di leggere nel suo cuore, ho bisogno di farti una richiesta... - mi inizia a dire, continuando a scrutarmi nel profondo degli occhi - Ti prego, salva e proteggi Camus e Milo con tutte le tue forze, solo tu puoi, soprattutto per il primo... fallo, ti supplico, offrigli un appiglio a cui aggrapparsi, un qualcosa in cui credere, e riportalo qui, insieme al suo migliore amico. Il Santuario ha bisogno di loro, noi tutti abbiamo bisogno della loro presenza qui, loro... no!" si interrompe, in difficoltà, lasciandosi sfuggire un singhiozzo.

"Hyoga?" lo richiamo, contraccambiando la sua stretta. Lui impiega qualche secondo per ripredere.

"In verità, ciò che ti chiedo di fare non è per il Santuario, m-ma PER ME. S-sono la mia famiglia, i miei affetti, mi hanno cresciuto loro ed io... d-devo stare qui, lo hai sentito Mu, ma non sai quanto darei per venire con voi!"

E' molto agitato e sin troppo emotivo, sebbene Camus abbia cercato di inculcargli i suoi ideali, ai quali tuttavia nemmeno lui si attiene. Lo vedo ben da me quanto sia turbato da quando siamo giunti qui, quanto vorrebbe urlare, sebbene si stia trattenendo con tutto sé stesso proprio in virtù di quegli ideali un po' bislacchi che ha provato ad instillargli.

Fratellino, cosa hai combinato con Hyoga?! Perché gli hai provato ad insegnare cose che non appartengono a nessuno di voi due?! Perché hai sempre avuto tutta questa paura delle emozioni, quando tu stesso ne sei così interamente profuso?! Era perché ti consideravi debole? Perché volevi che almeno uno dei tuoi allievi arrivasse dove tu non eri mai arrivato?! Quante cose vorrei ancora chiederti, quanto poco ti conosco, sebbene tu sia la persona più importante dela mia vita...

Hyoga... - prendo infine parola, modulando la voce per tranquillizzarlo - Io e te non abbiamo mai avuto molte occasioni di parlare, ma ti ringrazio per darmi così tanta fiducia, anche se non la merito: neanche io sono stata capace di comprenderlo!" ammetto sospirando.

"M-ma tu..."

"...Però voglio lo stesso rinnovarti la promessa che ho già fatto nel passato: farò quanto è in mio potere per salvarli e per riportarli qui sani e salvi. Tuttavia, contrariamente a quanto hai professato tu, è una cosa che possiamo fare solo tutti insieme!"

”Tutti... insieme?" chiede delucidazioni lui, sorpreso.

"Già, sai quanto può essere testardo il tuo giovane maestro, no? - rimarco la frase di Mu, sorridendo tristemente - Non si fa aiutare da nessuno, crede, e ha la presunzione, di fare tutto da solo, anche quando visibilmente non ne può più. Lo fa per proteggerci, è vero, ma sa essere davvero irritante. Io... non l'ho capito; non ho compreso quanto stesse male e non sono stata capace di aiutarlo in nessun modo, si è ritrovato da solo, ancora e ancora, contro un nemico ben più forte di lui!"

"E, al solito, non ha chiesto aiuto neanche arrivato al limite, vero?" mi chiede Hyoga, sospirando.

"No, infatti! Ma se tutti noi imparassimo, insieme, ad essere un reale sostegno per lui, checché lui provi ad allontanarci e fare da solo, avremo di certo ben più possibilità di aiutarlo, perché ha davvero bisogno di aiuto, Hyoga, dell'aiuto di tutti noi!" affermo decisa, guardando istintivamente Dègel, impegnato a discorrere con Aphrodite di argomenti che non riesco ad udire. Sì, lo faremo tutti... poiché solo uniti su un fronte comune avremo la speranza di riscattarlo!

Hai proprio ragione, Marta, è un qualcosa che dobbiamo fare insieme, senza ombra di dubbio, ma... sei tu ad essere la sua lucciola; la lucciola di Camus!" ribatte Hyoga, recuperando due tacche di tono, forse rinfrancato dalle mie parole. Ancora una volta nell'arco di pochi minuti riesce a stupirmi, facendomi arrossire di netto.

"I-io sarei..."

"Sì... indicagli la via, per favore, una traccia di luce che lui possa perseguire nelle tenebre in cui è piombato. Io... te lo affido; ti affido la vita d-di... mio padre!" riesce ad ultimare il suo discorso, prima di imbarazzarsi a sua volta, grattarsi la testa a disagio e guardare altrove, oltre.

"H-Hyoga, t-tu quindi... p-per te lui è..."

"E' così elegante... Dègel... - devia prepotentemente discorso, sentendosi troppo esposto, spingendomi a tornare, con lo sguardo, sull'Antico Acquario - Ho sentito molto parlare di lui e ora che ce l'ho davanti non posso nemmeno scambiarci due parole. E' davvero la fotocopia strutturale di Camus, la sua goccia d'acqua, è sorprendente!"

"Fisicamente è Camus, sì, ma il carattere... è il tuo, Hyoga!" mi lascio sfuggire, intenerita.

Avverto Hyoga fremere, forse desideroso di pormi altre domande, ma le nostre occhiate devono essere state percepite da Dègel, perché lo vedo voltarsi verso di noi, pur rimanendo a distanza, e sorriderci.

Il Cavaliere del Cigno si irrigidisce nello scambio di sguardi. Rimangono a fissarsi a lungo, senza proferire parola, poi... Hyoga si china leggermente in segno di ossequio, arrossendo ulteriormente, non staccando tuttavia gli occhi da lui. Anche l'espressione di Dègel si fa ancora più dolce, gli sorride con calore, facendo altrettanto con un leggero inchino, riconoscendo così lo stesso rispetto che l'allievo di Camus porta verso di lui. So che andrebbero molto d'accordo, se solo potessero conoscersi meglio, è ingiusto non avere nemmeno lo spazio di tempo necessario per presentarsi decentemente.

Improvvisamente un suono acuto, unito ad una ventata d'aria improvvisa, mi costringe a tapparmi le orecchie e a chiudere le ginocchia in modo che il vestito non svolazzi troppo.

Ma che diavol...?!”

E' arrivato Aiolos, Cardia! - risponde Shion con una punta di gioia – Dirigiamoci presso la statua di Atena, lì è un'area sufficientemente larga per un atterraggio!”

A-atterraggio...?” riesce a biascicare Dégel, poco prima di essere spinto in avanti da un Cardia estremamente incuriosito e pieno di vita.

Tutti insieme scattiamo in avanti in direzione della parte posteriore del tredicesimo tempio dove, dopo una rampa di scale abbastanza lunga, ci ritroviamo davanti ad un jet di colore grigio metallico.

WOOOOOOW!!!” riescono solo ad esclamare Michela, Francesca e Sonia, osservando stupite il mezzo, mentre Aiolos scende trionfante da esso e ci osserva con un largo sorriso.

Lo fisso incredula. So che i Dorati Custodiu sono eccezionali, ma il Cavaliere di Sagitter non ha forse perso anni della propria vita?! E' vero, dovrebbe ormai essere vicino alla trentina, ma, di fatto, è come se fosse ancora un ragazzino, come può dunque guidare un simile mezzo?!

Ma che... ma che?!?” continua a ripetere Dègel, a macchinetta, sconvolto. Cardia, invece, è semplicemente troppo stupito anche solo per muovere un muscolo.

Per loro deve essere semplicemente sconvolgente trovarsi in un'altra epoca posteriore alla loro. Intuisco completamente i pensieri e le emozioni che albergano nell'animo di Dègel, lui stesso ha cercato di manifestarli. Abituato così com'è a sapere tutto in modo di aiutare gli altri con la sua sapienza, si ritrova ora in un mondo sconosciuto con un 'buco' nella storia di duecentocinquanta anni! Deve essere una sensazione davvero annichilente... forse pari, ma diversa, da quella provata da me nel trovarmi nel passato.

Questa è la nostra salvezza! Lasciate che vi guidi io a Genova!” spiega Aiolos, dando delle pacche sul lato destro del jet, come se avesse una certa confidenza con il mezzo. Inconcepibile!

I-io, n-noi... dobbiamo salire lìììììììì?!? E' UNO SCHERZO, VERO?! QUEL COSO VOLA PER DAVVERO?!?” urla Cardia, sgranando gli occhi, saltando da una parte all'altra nell'attesa che qualcuno gli confermi che è tutto un gioco, che non fanno sul serio.

Cardia, Dègel... so che è difficile, sono successe così tante cose e tante altre sono state le scoperte, come appunto il fatto di aver costruito dei mezzi per volare, ma...” comincia Shion, comprensivo, cercando il modo per prenderli.

I-in ogni caso dobbiamo salvare i nostri amici e per farlo sono disposto a tutto! A-anche se quel... congegno... non fosse del tutto sicuro, non mi ritirerò!” risponde Dègel, annuendo deciso. Cardia fa conseguentemente lo stesso, non mascherando però un certo disagio.

Ragazzi...” inizio, ma la carezza di Mu sulla mia testa mi interrompe.

Andrà tutto bene, vedrete, lo ribadisco: voi siete la nostra speranza!” afferma lui, sorridendo.

Cercate di salvare il ghiacciolo e il solare, oltre che a trovare in fretta un modo per tornare qui, altrimenti questo Santuario del cavolo sarà desolatamente triste! - esclama Death Mask nel suo solito tono irriverente, poi si volta verso Francesca e arrossisce, perdendo tutta la spavalderia precedente - E... e tu vedi di tornare sana e salva, che dobbiamo conoscerci e... e... e sì, insomma se dovesse andare bene, ci sono i progetti e... e dimenticatevi di quello che ho detto, mocciose, eh, che non voglio crearvi pretesti per prendermi poi per il culo!" esclama, tutto ringalluzzito, in un tono che mi fa scappare un tenero sorriso.

"Certo, sei stato chiarissimo, Deathy!" gli sorride, correndo poi ad abbracciarlo di slancio, incurante di tutti gli altri.

"E-ehi, piano, c-che mi fai agitare!" biascica lui, teso, facendoci ridacchiare.

Io verrò con voi, non vi sbarazzerete di me facilmente!” aggiunge Aiolia, balzando sul jet senza aspettare un'eventuale risposta e sembrando, per qualche istante, il piccolo Regulus. Sta rischiando di morire, peggio, di non essere mai nato se quest'ultimo non dovesse farcela, ma sembra molto più preoccupato per i suoi due amici che non per sé stesso.

Ragazzi... grazie a tutti, veramente!” mormoro, commossa.

"Marta, la promessa, ricordalo, conto su di voi!" mi dice ancora Hyoga, dopo aver salutato Michela, imprimendo il suo sguardo nel mio.

"D-darò tutta me stessa, lo giuro!" annuisco, seria più che mai.

Siamo ritornati qua all'improvviso dicendo, più che altro blaterando, cose che per i più sarebbero impossibili e inaccettabili, e invece loro... non solo non ci hanno posto troppe domande, ma ci hanno offerto pure il loro aiuto. Non so davvero cosa dire...

Asciugati le lacrime, rondinella, devi esser forte anche per tuo fratello! Mai come in questo momento ha bisogno del tuo aiuto e di quello delle altre!” mi incoraggia Dègel, mettendomi entrambe le mani sulle spalle, come per rassicurarmi che lui sarà con me, sempre.

Annuisco con vigore, ricacciando tempestivamente indietro le lacrime che avevano appena cominciato ad inumidirmi gli occhi. Già, essere forte... lo sarò senz'altro!

Salgo quindi sul jet seguita dalle mie amiche, mentre Cardia e Dègel rimangono ancora giù a guardare, per un ultima volta, i volti delle reincarnazioni dei loro compagni.

Dègel, Cardia... io non so cosa dire, la gioia che ho avuto nel rivedervi è forse paragonabile al dolore straziante che sto provando adesso nel dirvi addio un'altra volta...” mormora Shion, facendo un passo avanti.

Shion, o meglio, Grande Sacerdote... - risponde pacato Dègel, facendo un leggero sorriso – non c'è bisogno di aggiungere altro, sappiamo già a cosa andremo incontro Cardia ed io e non vogliamo cambiare il nostro destino!”

Strabuzzo gli occhi, confusa dalle parole del Cavaliere dell'Acqurio: lui sa?! Da quando?!

Lo sapete, dunque... e le tue parole, caro Dègel, mi riportano in mente la tua saggezza, amico mio, e questo mi provoca ancora più dolore...” dice solamente Shion, interrompendosi a causa del groppo in gola che gli si è formato. Ha sempre cercato di mantenere la dirittura morale e solenne, l'ho sempre visto sotto il gonfalone della regalia, sebbene si sia sempre comportato umanamente, ma persino per individuo del suo calibro questo nuovo, insperato, incontro, deve aver risvegliato emozioni difficilmente controllabili.

Trascorrono attimi di assoluto silenzio tra loro, momenti in cui nessuno ha il coraggio di aprire bocca, finché...

La situazione si sta facendo troppo smielata! Addio, Shion! Mi ha fatto piacere rivederti, anche se, a dispetto della tua età effettiva, sembri tale e quale a come ti ricordavo, forse solo un poco meno pulcino, ecco... ahahaha, che intruglio hai usato?! Oppure hai usufruito di una variante di quello che ha fatto quel vecchiaccio di Krest?!” domanda Cardia, scoccandogli un'ultima occhiata e salendo sul jet con un balzo.

"Ti riferisci al Misopethamenos, giusto, Cardia? No, in verità quello lo ha fatto Dohko alla fine della... ma cosa parlo a fare?! Tu non ascolti, come sempre!” sorride Shion, lasciandosi abbandonare dai ricordi.

Cardia ghigna tra sé e sé, sporgendosi dalla porta del jet per fargli l'occhiolino, prima di aggiungere: "Dègel, ti vuoi muovere?! Ti abbatti se continuerai a stare lì, ti conosco!”

Orbene, Shion... è stato davvero bello rivederti! Mi dispiace solo che le condizioni del nostro incontro siano così avverse da impedirci di parlare più approfonditamente!” si rianima Dègel, abbracciandolo brevemente, ricambiato, e salendo senza più voltarsi sul jet.

"Addio, anzi, arrivederci! - tossicchia, gli occhi lucidi, mentre le porte vengono chiuse - Rimarrete sempre nel mio cuore!"

 

******************************

 

Siamo saliti solo da pochi minuti su questo 'aggeggio volante', come lo definisce Cardia, eppure le abitazioni sottostanti hanno già lasciato il posto al blu del Mare Egeo. Sorrido tra me e me chiedendomi come avremmo fatto senza l'aiuto di Aiolia e soprattutto Aiolos che guida il velivolo. Continuo a non spiegarmi come Sagitter possa pilotarlo, si parla di abilità innata, qualcosa di simile, ma sarebbe bello approfondire il discorso. Quando avremo tempo, certo!

Dègel, perché hai detto a Shion che conoscevi il tuo destino? Tu... non sei consapevole, vero? Persino quando Camus voleva rivelartelo hai fatto di tutto per far sì che non te ne parlasse...” chiedo, rivolta al mio vicino di posto, il quale ha un'espressione quasi non sua dipinta sul bel volto.

Eh? Cosa?” chiede solo, non capendo la domanda e regalandomi un'occhiata di puro terrore. Sorrido intenerita nel vederlo in un simile frangente e nello scoprire questo suo lato che mai prima d'ora aveva mostrato. Pare abbia paura delle altezze, o forse di non potersi muovere liberamente, in ogni caso lo trovo adorabile!

Stai tranquillo, il primo volo è tosto per tutti, ma al di là del decollo e dell'atterraggio, non dovrebbero esserci particolari punti critici, a meno che non ci siano vuoti d'aria!” lo rassicuro, ripetendo poi il quesito posto in precedenza, ma con molta più calma e dolcezza.

Ah, ho capito adesso! Scusami per la mia reazione di prima. Comunque ho detto così a Shion perché non volevo rischiare che anche lui facesse come Camus... - risponde, cupo in volto, tossicchiando per darsi un contegno - Tuo fratello sapeva già tutto e ha sbagliato ad agire così. Anche se non aveva alcuna altra scelta, non posso giustificarlo più del dovuto per aver desiderato ribaltare le sorti di questa dimensione, sradicando via il mondo intero dalla fondamenta, nonché le persone innocenti che lo abitano. Non è stato assolutamente un comportamento da Cavaliere, anche se umanamente comprensibilissimo! - sentenzia, fremendo un poco, dimostrandomi ancora una volta che, malgrado la straordinaria bontà, non ha dimenticato il dialogo avuto con lui, la parziale delusione che ne è scaturita - Tuttavia... se si è approcciato in quella guisa, è perché nutre fiducia assoluta in me, comprovabile anche dal fatto che ha affidato voi, ciò che ha di più caro e prezioso, alla mia protezione. Di questo gli sarò sempre grato e desidero con tutto il cuore dimostrargli che merito questa sua enorme fiducia che ha riposto nella mia persona, ma... una vocina dentro di me mi dice che non sono alla sua altezza" mi spiega ancora Dégel, pensieroso, guardano distrattamente fuori dal finestrino.

"Tu... non alla sua altezza?!" ripeto, allibita, spalancando gli occhi.

"Già, qualcosa di simile..." conferma lui, corrucciato.

In ogni caso non tutto è ancora completamente chiaro e anche io trovo assai grave la sua scelta di sputtanare, nel vero senso della parola e scusami per il termine adoperato, questa dimensione. - arrivo quasi a sibilare, accorgendomi, mio malgrado, che anche io, nonostante tutto, ce l'ho ancora con lui, in un modo che mi spaventa - Proprio per questo deve riprendersi ad ogni costo e rivelarci quanto ha covato in sé per tutti questi giorni. DEVE farlo, nella maniera più assoluta!”

Abbasso lo sguardo, sentendomi sempre più angustiata, quasi sporca, a provare tutto questo. Se davvero le intenzioni di Camus fossero state quelle di raccontare tutto a Dégel, per poi sparire e creare un nuovo futuro privo della sua presenza, non sarebbe poi così diverso dal Mago medesimo che stiamo combattendo, con l'unica differenza sostanziale che il nemico fa di tutto per preservare qualcosa che non mi è ancora del tutto chiaro, mentre mio fratello per autodistruggersi, ma entrambe le due azioni sarebbero proiettate verso la creazione di un'altra dimensione differente da quella attuale.

Rabbrividisco nell'immaginarmi le nefaste conseguenze di un simile comportamento, del quantitativo umano sacrificabile in una decisione simile, e degli effetti a catena che si susseguirebbero, per lo più incontrollabili. Camus... davvero... davvero, pur di salvare noi, eri disposto ad assumerti un simile peso?! A sparire da questo universo e a prenderti la totale responsabilità delle tue scelte?! Eppure anche prima di svenire per la peste ti sei fermato, qualcosa ti ha bloccato, cosa...?

Rondinella, cosa hai adesso?” mi chiede Dègel, prendendomi una mano tra le sue. La sua straordinaria empatia gli ha fatto accorgere, ancora una volta, del mio turbamento e cerca di rincuorarmi come può.

Faccio per rispondere per tentare di dissipare un minimo questo enorme peso che avverto dentro di me e che mi schiaccia, ma l'urlo improvviso di Cardia mi fa letteralmente sobbalzare sul posto.

Porca miseria!!! Porca miseria!!!” strilla lo Scorpione, agitandosi per motivi sconosciuti.

Cardia, cos...?” fa Dègel, slacciandosi di riflesso la cintura e rimettendosi in piedi, preoccupato nel vedere il suo migliore amico stringersi la mano al petto con forza. Cardia è stranamente spaventato da qualcosa, forse dal jet in sé, oppure... oppure possibile che...?

Un primo capogiro mi fa quasi perdere coscienza, facendomi appoggiare al vetro, gli occhi chiusi. La dissonanza interna che avverto latitante dal primo raffronto con il Mago, si fa più accentuata, espandendosi come una supernova. Ansimo, sofferente, le orecchie prendono a fischiare.

Ho una bruttissima sensazione... ho una bruttissima sensazione, vi dico!!!” urla, divincolandosi come un forsennato, lo posso percepire persino da qui.

Cardia, ma cosa stai...?!” inizia Francesca, ma l'improvviso tremore violento del jet la fa cadere indietro, sento il suo tonfo.

BEEEEEP...... BEEEEEP

Ma che cosa... che cosa sta succedendo?!” esclama una terrorizzata Sonia, aggrappandosi istintivamente al bracciale del sedile.

Sibili e frastuoni vari, tremori sempre più forti, che mi fanno sbilanciare e cadere in avanti, sebbene sia seduta, ma vengo tempestivamente raccolta da qualcuno.

"MARTA! Cosa ti sta succedendo?!" avverto la voce di Dègel, la mano tra i miei capelli, prima di essere appoggiata, con la nuca, sul suo avambraccio. Non riesco minimamente a rispondergli...

A-abbiamo un motore in avaria... santi numi, non è possibile!!!

"CO-COSA?!"

Brusio di voci indistinte davanti alle mie palpebre abbassate, ma non riesco minimamente ad oppormi, ho solo l'impressione di una potente luce che, nell'arco di pochi, brevissimi secondi, viene completamente oscurata.

"Ragazzi, non riesco a manovrare i comandi!!! Stiamo... stiamo precipitandoooo!!!!” riesce solo a balbettare Aiolos, prima di essere sbattuto violentemente contro il sedile in seguito all'improvvisa picchiata che ha preso il jet.

Aaaaaahhhh!!!” altri urli di terrore intorno a me, mentre la pressione esterna mi provoca dolore alle orecchie, già vessate dal sibilo interno. S-sto malissimo, vorrei solo... lasciarmi andare all'incoscienza, n-non sopporto più tutto questo, non...

Il buio prende infine il sopravvento; non un buio statico, ma ricolmi di luci al neon, lampi, che mi trafiggono il cervello. Cedo. L'ultima cosa che riesco ad udire è una risata spietata, ma non proviene dall'esterno, è dentro, non posso più scappare, nessuno può...

 

 

 

Angolo di MaikoxMilo.

Ed eccoci qui dopo una pausa durata anche troppo (chiedo venia ç___ç), spero che il capitolo vi soddisfi almeno un po' oltre ad aprire numerosi quesiti in più (come sempre XD).

Per il resto grazie come sempre a chi mi segue e colgo l'occasione per porvi una domanda...

Serafina/Marta e Radamante, come avrete intuito questi due/tre si conoscono già per un qualche motivo che io so. E' mia intenzione spiegare il tutto in una mini storia a sé di una decina di capitoli e non do più. Che ne dite? Si può fare o no? Fatemi sapere cosa ne pensate.

Grazie come sempre!

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Capitolo 32
*** Attacco a sorpresa ***


 

CAPITOLO 32

 

ATTACCO A SORPRESA

 

Cam, come va?"

Camus sussulta leggermente nell'avvertire Milo entrare nella stanza senza bussare. Gli chiede gentilmente di rimanere un attimo lì, vicino alla porta, perché sta finendo di medicarmi la ferita al petto. Mi passa con dolcezza la crema sulla pelle, prima di risistemarmi il bendaggio e ricoprirmi con la coperta. Solo a questo punto si volta in direzione del suo migliore amico, gli fa cenno di avvicinarsi, prima di sedersi nuovamente al mio fianco ed estrarmi il braccio vicino, che posa sopra le lenzuola.

"Va molto meglio ora, Milo, grazie per preoccuparti così per lei! Sta reagendo bene alle cure, proprio come una guerriera testarda che non si vuole arrendere per nulla al mondo! Così piccola, eppure così forte e coraggiosa..."

La sua mano destra, intanto, stringe la mia, trasmettendomi così calore e sicurezza; lo stesso calore e la medesima sicurezza che accompagneranno poi il mio risveglio. Mi guardo quella stessa mano, percependo ancora tepore a quel contatto che sembra così lontano. Il legame non si è ancora spezzato, combatterò fino all'ultimo respiro affinché ciò rimanga tale, te lo prometto, fratellino!

"Sono felice per lei, effettivamente non è da due testoni come voi arrendersi! - mormora Milo, sollevato, avvicinandosi al mio corpo steso sul letto – Ci hai fatto agitare tantissimo, lo sai, piccoletta? Non ho visto Camus così mal partito neanche quando, durante la Scalata delle Dodici Case, ha dovuto rinchiudere Hyoga nel feretro di ghiaccio per impedirgli di finire ammazzato da qualche altro Cavaliere d'Oro... e ti posso assicurare che già allora era praticamente sconvolto, figurati cosa sei stata in grado di fare tu!" mi sussurra poi, accarezzandomi delicatamente una guancia e ridacchiando sommessamente.

Camus si riscuote a seguito delle parole del compagno, fissandolo truce e bofonchiando un: "Milo! Non c'era bisogno di dirle questo!"

Nello stesso momento avverto con chiarezza la sua stretta aumentare intensamente, mentre il suo ampio cosmo accarezza il mio, sollecitandolo a non mollare. E' così caldo e accogliente che quasi mi sento cullare beatamente, è un'emozione talmente intensa da spezzarmi il fiato.

"Le altre... le altre come stanno? - domanda ad un tratto mio fratello, serio in volto - Non potevo allontanarmi dalla mia piccola, perché deve seguire il mio cosmo per ritrovare la strada di casa, laggiù è troppo freddo per lei, per farcela da sola, ma sono così in pena anche per loro..."

"Molto meglio! Sonia sta dando i primi segni di ripresa, reagisce agli stimoli; dell'altra tua allieva, Michela, se ne sta occupando amorevolmente Hyoga, lo sai, mentre per quanto riguarda Francesca, lei è abbastanza abbattuta in seguito agli ultimi avvenimenti, ma Death Mask si sta adoperando per risollevare il morale suo e quello degli altri Cavalieri d'Oro"

"Avrei dovuto starle vicino... - sussurra tristemente Camus, riferendosi alla sua allieva più grande - Ho permesso che il peso di tutto questo ricadesse anche su lei, che è forte, lo so bene, ma gli ultimi accadimenti l'hanno spezzata. Non avrei dovuto permetterlo!"

"Non fartene cruccio più del necessario, come ti dicevo prima ci sta pensando Deathy, non avrei mai pensato che potesse arrivare a tanto, quel tipo, che davvero... che davvero sia cambiato?" si chiede Milo, sorridendo appena nel pensare al parigrado e al suo modo di comportarsi.

Un ghigno si dipinge sulle mie labbra a seguito della rivelazione di Milo: uhm, e così Cancer si è adoperato al massimo quando stavamo male, soprattutto a risollevare il morale a Francesca... interessante questione da approfondire e che, puntualmente, chiederò a quei due appena si sarà risolto tutto. Devo sapere necessariamente di più!

"Io... io non sono a favore dell'interessamento di Death Mask nei confronti di Francesca, ma questo non è assolutamente il momento per trattare di simili questioni, visto che Marta, Michela e Sonia stavano per... - si blocca, colpito da un pensiero che la sua mente, il più delle volte, cerca di tenere forzatamente segregato in qualche anfratto. Lo vedo mettersi la mano libera tra i capelli, fremendo vistosamente - No... non è che 'stavano per', sono proprio... morte... hanno sperimentato l'oscurità, il freddo e la paura degli Inferi. Oh, dea Atena, ti prego, fai in modo che loro non rammentino nulla di tutto questo... che non sappiano di aver perso la vita, sarebbe per loro devastante!" prega mio fratello, nuovamente sconvolto, avvicinando la mia mano alle sue labbra, socchiudendo gli occhi per poi baciarmi teneramente la punta delle dita.

Camus...

"Sono qui, piccola, reagisci, ti prego, non... non lasciare la mia mano, non... lasciarmi solo! Stringi forte questa vita, il suo calore, le sue meraviglie, che ami così tanto. Apri gli occhietti, piccola mia..." mi implora, spezzato, incassando la testa tra le spalle.

E invece ti ho lasciato comunque solo, fratellino... non sai che darei per poter rimediare a tutto il male che ti ho fatto!

Milo, rispettando lo sfogo dell'amico, rimane in silenzio per un po', osservando tristemente la scena. Pure lui è morto dopo la distruzione del Muro del Lamento, ma non ricorda quasi nulla di quel luogo triste, buio e immoto; Camus invece è stato ostaggio della Nera Signora per praticamente un anno, prima di rivedere la luce, ma il tempo, laggiù, scorre diversamente. Non è quindi calcolabile con criteri fisici, posso solo lontanamente immaginare cosa ciò abbia comportato per lui, le ferite impresse a marchio nella sua anima , e ora... ora quel demonio che lo...

Non riesco nemmeno a pensare a quello che gli fa, anche se quel bastardo mi ha fatto assistere, maledetto vigliacco!

Cam... - si decide infine a parlare, un poco titubante nel tirare fuori un argomento che, lo sa già, con l'Acquario è più ostico del normale – Come stai invece tu?"

"Milo... non ti preoccupare per me e pensa piuttosto alla piccola Sonia che..."

"Cam..."

"Devi pensare a lei, non di certo a..."

"Smettila di tentare di sviare argomento quando rivolgo una domanda alla tua persona! A Sonia ci sto già pensando, e mi torturo ogni giorno, ma anche tu mi farai impazzire, se non l'hai già fatto! - scalpita lo Scorpione, furente, le iridi che lampeggiano implacabili per alcuni brevi secondi. Poi si calma, prendendo un profondo respiro - Scusami, è che dopo anni di leale amicizia non penso di meritare un trattamento simile... ti chiedo solo di essere sincero con me, non bramo chissà cosa!"

Camus non fiata, si limita ad abbassare lo sguardo davanti alla reazione, più che giusta, dell'amico. Tuttavia non sembra intenzionato a parlare, rimanendo, come di consueto, chiuso nella sua intimità. Accarezza ancora una volta la mia fronte, come a cercare la forza nel mio viso, malgrado io sia lontana.

"Così così..."

"Così così, MA CHE CAZZ...!"

"..."

Milo sospira pesantemente, accorgendosi di aver esagerato ad usare un tono simile. La paura lo dilania da quel giorno in cui il dio della folgore ha riaperto le ferite del suo caro amico. Da quando ha visto quella scena, per lui non c'è stata una notte priva di incubi. Camus gli sta sfuggendo, di nuovo, lo avverte fin troppo bene, e vorrebbe solo scrollarlo, riportarlo in superficie, urlargli di non cedere, di stringere i denti, di contare su di lui, ma non può. Non può in nessun caso. Quel dannatissimo intuito che vede tutto, una peculiarità tutta sua, non è altro che un'arma a doppio taglio per sé stesso: cosa serve possederlo, se ciò non basta comunque per salvare la persona per lui più importante?

"Perdonami, amico mio... ma vederti in un lago di sangue, con Zeus che continuava ad assorbire la tua linfa vitale e il tuo cosmo, il tuo corpo scosso da tremiti... beh, non è stato proprio il massimo per me!" spiega, cupo in volto, la gola improvvisamente secca.

"Lo posso immaginare... ma era l'unica cosa che potevo fare per riportare alla vita la mia sorellina. Io... vorrei trascorrere il tempo che mi rimane con lei, poterle parlare, toccarla, farmi raccontare del suo passato... non potevo in alcun modo abbandonarla all'oscurità della morte! Lei... lei è tutto per me... appare così piccola e indifesa, eppure ha una forza e una dolcezza che io stesso non possiedo. Io... ho bisogno di Marta... non posso nemmeno più immaginarlo un mondo senza di lei, come non lo posso immaginare senza di voi. D-dopo Isaac, ho giurato a me stesso che non avrei perso più nessun altro, non riuscirei a sopportarlo!"

Milo osserva per un tempo indeterminato la reazione del suo amico, stringendo i pugni con forza. Ha capito. Ha capito che le sue deduzioni sono giuste, lo ha confermato inconsciamente lo stesso Camus girando intorno alla domanda diretta. Avverte la gola secca e provata, come se un peso vi si fosse insinuato. Già, il suo caro amico non reggerebbe un mondo privato delle sue luci, non più; per scongiurare quel mondo, sarebbe disposto ad annichilire sé stesso. Sempre. E' sempre... lo stesso dannato procedimento, lo stesso innegabile destino. Meglio quindi sacrificare sé stessi, come con Hyoga...

"Comprendo... vuoi vivere il poco tempo che ti rimane con Marta e per Marta, giusto? Ma facendo così, mio caro Camus, tu passi per la quintessenza dell'egoismo! - afferma Milo, stringendo con forza i pugni per sfogare la frustrazione. La scena sembra bloccarsi a seguito di quelle parole, mio fratello spalanca gli occhi, colpito in pieno da quella verità - Così sia, dunque, ma permettimi una domanda, Mago dell'Acqua e del Ghiaccio: glielo dirai? Dirai a Marta dell'orrendo carcinoma che continua a crescere in te giorno dopo giorno e che presto ti porterà a morte certa? Le dirai che l'hai riportata alla vita al solo scopo di costringerla inconsciamente ad assistere impotente alla tua dipartita tra atroci sofferenze?! Perché è questa la destinazione ultima, vero?"

Spalanco a mia volta occhi al limite dell'umano possibile, Camus intanto scatta in piedi, il respiro corto, come se fosse stato colpito da un fendente inaspettato.

"T-tu, i-io non ti ho..."

"Non mi hai detto niente, sì, al solito, ma pensi che io non l'abbia comunque capito?! Quanto credi impiegherà Marta a rendersene conto? E le altre?"

Rabbocco aria, sentendomi mancare, lo stesso fa mio fratello. Un tumore già... è esattamente così che sta agendo il nemico, insinuatosi in lui, accrescendosi a scapito della sua salute. Quindi è tutto vero... davvero il Mago è dentro il corpo di mio fratello, lo sta prosciugando della vita, consumandolo con le febbri della peste al solo scopo di possederne il corpo. Milo se ne era reso conto subito, perché io sono stata così ottusa da non accorgermene?! Anzi, peggio... perché ho tralasciato il problema, perché mi sono raccontata che andasse tutto bene?! E se... e se davvero fosse già troppo tardi?!

"Che... che cosa stai dicendo, Milo?!" balbetta Camus, sempre più sgomento.

"Continui a non rispondere alle domande dirette, Cam, un tuo comportamento proprio di quando, la persona davanti a te, ha scoperto quello che tu ti sforzi sempre di nascondere... A me puoi dirlo, cosa si è insinuato in profondità? Cosa è l'ombra scura che avverto? C'entra forse quello che ti ha fatto Zeus per permettere a Marta di tornare alla vita?" chiede ancora Milo, serio in volto e... spaventato, tremendamente spaventato!

"N-no, non c'entrano le divinità, loro mi hanno solo aiutato nella mia scelta... è qualcosa di oltre. E'... è Lui... Lui vuole me, non si fermerà davanti a niente!"

"Ma 'Lui' chi, Camus?!? E' da giorni che nominate questo 'Lui', Zeus ne è terrorizzato! Quale entità è talmente potente da mettere in ginocchio il padre degli dei?! Quale entità è in grado di scombinare le tue cellule al punto di procurarti un tumore maligno che non fa che diffondersi, facendoti sentire sempre più male?!" lo incalza con sempre maggior insistenza.

Ma è il turno di Camus di avere una reazione forte. Scoperto il fianco, non avendo parole da dire né da pronunciare, devia il discorso come suo solito, focalizzandosi su altro.

"STO MALE PER FORZA, MILO, NON C'ENTRA QUESTO PRESUNTO TUMORE CHE TU DICI! MIA SORELLA, MICHELA E SONIA SI SONO SACRIFICATE, ED IO..." freme Camus, scattando in direzione di Milo, ma un improvviso capogiro lo priva totalmente dell'equilibrio.

"Accidenti, Camus! - impreca Milo, sorreggendolo da sotto le ascelle – Iniziamo con il mantenere il sangue freddo, come dici tu, e non facendoci soverchiare dalle emozioni tipiche del dopo battaglia!" consiglia, preoccupato per il pallore crescente del compagno d'armi.

"Anf... anf... lasciami stare, Milo! E' meglio per te non sapere nulla di tutto questo, se finissi coinvolto non me lo perdonerei mai! - si oppone ottusamente Camus, con voce flebile ed il respiro affannoso, dirigendosi poi di nuovo verso il letto per appoggiarsi lì, stanco - E' un qualcosa che posso affrontare solo io, L-Lui vi ucciderà se vi intrommeterete tra noi, ed io... io non me lo perdonerei mai! Ho già causato la morte del mio maestro, di Isaac, e ho rovinato la vita di Hyoga... b-basta, non ce la faccio più!"

Milo rimane ritto in piedi, stringendo con forza le mani fino a farsi sbiancare le nocche per la rabbia sempre più atroce. Sembra impossibile farlo ragionare, così arciconvinto com'è di essere la rovina di tutto e tutti!

"Tu non appartieni solo a te stesso... ricordi?"

Il particolare tono del suo migliore amico, quasi un sibilo, fa alzare nuovamente lo sguardo a Camus, trasmettendogli un brivido di preoccupazione.

"Tu non appartieni solo a te stesso, nessuno appartiene solo a sé stesso... lo ripetevi spesso, Camus, ma sei soltanto un ipocrita! - sussurra a denti stretti Milo, quasi soffiando come una vipera - Sei un ipocrita perché, malgrado le tue belle paroline, tu stesso non mantieni ciò che dici agli altri, quasi come se questa frase valesse per tutto il globo terrestre meno che per te!"

"Milo..."

"Ciò ti spinge ad agire da coglione egoista e pure immaturo! Poiché ciò che dici vale solo per gli altri, tu neanche ti soffermi a pensare cosa sia tu per noi, cosa significa averti al nostro fianco, cosa significa perderti... e perderti ancora!"

"I-io non vedo come ciò..."

"Tu non hai... non hai la minima idea di quello che ho passato quando, dopo la battaglia delle Dodici Case, ho raccolto il tuo corpo congelato e l'ho tenuto stretto tra le mie braccia, tremando e piangendo al pensiero della mia stupidità nel salvare Hyoga e permettergli di andare avanti. Per dei secondi interminabili l'ho odiato quel ragazzo, sai? Salvo poi accorgermi che sono stato IO la causa delle tua morte, Camus, non lui!"

"Ma cosa stai...?" tuttavia la sua ennesima frase viene bloccata di nuovo.

"...Se solo avessi capito prima le tare nel tuo cervello bacato, se avessi capito le tue intenzioni di infliggerti una pena esemplare, perché, a tuo dire, reo di vivere e di aver causato, con la tua vita, la morte delle persone che ami!"

"..."

"Hyoga è venuto spesso sulla tua tomba, sai? Ha sempre pianto... - dice ancora lo Scorpione, mentre i suoi occhi si fanno lucidi - Era il tuo lascito, me ne sono preso cura io, come se fosse un mio allievo, ma non sapevo cosa dirgli, Cam, quando lui mi chiedeva perché tu lo avessi fatto, perché portarlo allo stadio finale, sacrificando la tua stessa vita, e altri mille mila perché..."

"Perché... doveva diventare forte, più forte di me, e... crescere!"

"...Senza più un padre?! Perché tu sai che il suo merdoso genitore biologico non si è mai comportato come tale, eri tu a rivestire quel ruolo per lui, LO SEI ANCORA, nonostante non riusciate a parlarvi! - prende una breve pausa, un respiro profondo - Dimmi... era davvero questo che volevi per lui, Cam?!" il tono assunto da Milo incrina qualcosa dentro mio fratello, il quale, respirando a scatti, desiderando scappare, guarda altrove, sempre più sofferente.

"E'... difficile da spiegare!"

"Certo, lo è sempre, meglio fare il coglione che si immola senza dare tante spiegazioni! - sospira Milo, buttando fuori aria, tremando - Ma, in fondo, siamo tornati tutti in vita, noi Cavalieri d'Oro, potevamo considerarlo un lieto fine, no? Tutti riuniti al Santuario consci degli errori del passato e pronti a ricominciare da zero!"

"I-io..."

"Più nessun sacrificio, più nessun dubbio, si parla a cuore aperto, evitando i guai, non ti sembra un'idea fantastica?! - il tono dello Scorpione assume una sfumatura taglietemente ironica, alza le braccia all'altezza delle spalle, sorride fintamente, prima di tornare, di colpo, serio - E INVECE NO! Non ti era bastato!"

Ho appena il tempo di capire a cosa alluda, che un nuovo lampo gli attraversa le iridi, l'espressione si fa tiratamente sofferente.

"Hai rincontrato Marta, la sorellina persa quando eri piccolo. Ed io ero ben felice di questo, sapevo quanto ci tenessi. Quel giorno che sei giunto da me, sconvolto, perché la ragazza aveva nominato sua madre, la stessa tua, io ti avevo consigliato di rivelarle la tua identità. Sarebbe stato difficile, per lei, come lo sarebbe stato per te, sarebbe servito tempo, era vero, sempre meglio però che permettere al nemico di utilizzare il vostro legame a suo favore, ma tu no, zitto e muto anche quella volta! 'Non è il caso di sconvolgerla', 'non mi crederà', 'è passato troppo tempo', avevi asserito, 'forse', ti avevo risposto, ma provaci almeno, rendila in grado di capire la situazione per difendersi, ma, anche qui, sarebbe stato troppo semplice per te, Mago dell'Acqua e del Ghiaccio, e assolutamente non nel tuo stile, perché, se non rischi di farti ammazzare, non sei contento! E infatti..."

"Cosa avrei dovuto fare, Milo?! Lasciare che quegli artigli la straziassero?! - un brivido di paura gli scorre lungo la schiena nell'immaginarsi la scena, lo vedo tremare, sconvolto, deglutendo a vuoto, prima di proseguire - Lasciare... morire la mia sorellina tra atroci sofferenze?!?"

"No... - scrolla il capo lo Scorpione, rattristato - Ti sei comportato da vero fratello maggiore, non potevi fare altrimenti, ma, mi chiedo, se avessi provato a parlarle prima, se avessi provato a spiegare a Hyoga i motivi che ti hanno spinto ad agire come hai agito nella Battaglia delle Dodici Case, le cose sarebbero andate comunque così?! Fai sempre gli stessi errori, Cam..."

Mio fratello accusa malamente il colpo, trema di più, serrando dolorosamente gli occhi: "Tu non immagini... quanto sia stato difficile per me, sia con Hyoga che con Marta!" prova a dire, a disagio.

"E tu non immagini quanto sia difficile per noi starti dietro, quanto ci strazi vederti gettare la tua vita come fosse un foglietto di carta qualsiasi, incurante del dolore che ciò ci provoca, incurante di lasciarci con un enorme vuoto nel cuore perché agisci costantemente da solo, disprezzando la tua stessa vita, che per noi è invece unica e preziosa!"

Mio fratello non ribatte nulla, stringe solo di più i pugni, incassando ancora di più la testa tra le spalle, piangendo senza lacrime.

"Quando ti sei frapposto tra Marta e gli artigli, quando sono sopraggiunto, preda di una paura che conoscevo bene, perché era la stessa che mi ha assediato quando tu e Hyoga combattevate all'undicesima casa, t-ti ho... visto! Eri lì, riverso a terra, in un lago di sangue. La piccoletta era sconvolta, tentava di arrestare l'emorragia, invano, t-tu sembravi quasi che non respirassi nemmeno, è stato raccapricciante. Non avrei mai più voluto vederti ridotto così, m-ma... ma è successo DI NUOVO, CAZZO, DI NUOVO, con quella testa di minchia di Zeus, che ti ha riaperto quelle ferite dicendomi che lo avevi scelto tu!!! LO HAI SCELTO DAVVERO TU, CAMUS?!"

"Lo sai... non c'erano alternative!"

"Già, lo so... - il suo tono quasi si spegne nel dire quelle tre, stentatissime parole - Ed io... ed io... non ne posso veamente più!!! Non riesco più a sopportare di vederti morto o ferito per gli altri, non ne posso più di vederti deprecare così la tua stessa esistenza, trattando il tuo corpo e la tua anima come se fossero meritevoli di subire il supplizio eterno... perché non lo vuoi capire, razza di incosciente?!? Perché non vuoi capire che, è vero, non appartieni solo a te stesso, perché un frammento di te, della meravigliosa persona che sei, è dentro di me, di Marta, di Hyoga... persino dello stesso Isaac, sebbene sia morto?!?"

"Milo..."

"Io non ce la faccio più, capisci?! Mi distruggi ogni volta, Cam tu, che sei come un fratello per me, che fai parte della mia famiglia, che... c-che..." non riesce a proseguire, il pianto glielo impedisce.

Milo odia piangere, ancora di più davanti al suo migliore amico, visto che, tra i due, malgrado tutti gli appelli al sangue freddo, è sempre stato l'Acquario più facilmente cedevole alle lacrime; lacrime nascoste, segrete, in modo che gli altri non le potessero vedere, ma pur sempre lacrime.

Per lui, che si è sempre definito un uomo forte, nonché uno dei più valenti Cavalieri di Atena, le lacrime sono sinonimo di debolezza e, perciò, nemiche odiose da ricacciare indietro e da mostrare solo a persone veramente fidate. Ma come si può non piangere nel rievocare ricordi così dolorosi?! Come si può continuare a resistere, davanti a quel presagio terrificante che si percepisce distintamente, come una spada di Damocle sopra la testa di tutti, ma soprattutto sopra quella del suo migliore amico? Come si può?!

Quasi come in un sogno, ma in maniera del tutto naturale, Milo si ritrova, di colpo, senza quasi accorgersene, con il viso completamente rigato dalle nefaste lacrime, le braccia di Camus che lo cullano in un tenero e fraterno abbraccio, la testa del compagno sulla sua spalla, il suo calore corporeo che si irradia su di lui. Ingoia a vuoto.

E' sempre stato così caldo Camus, malgrado l'appartenenza ai ghiacci eterni, un calore intenso e delicato al tempo stesso, come un miracolo.

"Milo... è lo stesso per me, a-anche tu sei... mio fratello!"

"Camus..."

"Mi dispiace... tanto, p-per tutto e.... t-ti ringrazio per essere comunque sempre stato il mio sostegno, anche se ti ho fatto così tribolare per tutto questo tempo!"

"Sciocco! Io sarò sempre il tuo sostegno, per ogni vita passata, per ogni vita che verrà, ci sarò sempre per te, te l'ho promesso, m-ma... ma cerca di avere un po' più cura anche di te, ti supplico!"

"Io... tento sempre di riflettere a mente fredda per prendere la decisione migliore ma, a quanto ho appurato, sono un incapace anche in questo! In un modo o nell'altro sbaglio tutto e, per quanto io mi sforzi, non riesco a interagire con voi senza la netta sensazione di avere un filtro, o comunque un qualcosa che mi impedisca di raggiungere la vostra vera essenza. Non riesco a connettere il mio mondo interno con voi, è... è davvero frustrante!" si colpevolizza Camus, stringendo a sé il compagno con forza, sforzandosi di parlare. I sentimenti di Milo gli sono arrivati, più o meno, con la stessa rapidità e consistenza di un vero e proprio pugno in faccia. Tuttavia fa sempre fatica ad esprimere i suoi, sia a parole che a gesti. Non riesce ad esplicare la paura, e neanche la tristezza, come se qualcosa lo bloccasse a metà, fratturandolo. Il sentirsi responsabile di tutto e tutti, il condurre un'esistenza che ha visto spegnersi, una ad una le luci della sua vita... è così difficile da spiegare, non ci riesce infatti, per questo l'unica cosa che può fare è circondarlo in un abbraccio, rammentandogli che lui è ancora lì, al limite del dirupo, è vero, ma che combatterà con tutte le sue forze, fino alla fine... per un mondo dove tutti noi potremmo sorridere.

"E allora sei doppiamente uno sciocco, Cam - sorride Milo, un poco più rilassato - Perché tu, nonostante le tue paurose difficoltà nell'esporti, ci riesci sempre, sei solo tu a non accorgertene!"

I due amici passano alcuni minuti così, uno nelle braccia dell'altro, senza aggiungere altro. Lo Scorpione avverte quel contatto, che ormai disperava di sentire nuovamente, ne ha un estremo bisogno, anche se sa le grosse difficoltà di comunicazione dell'Acquario. Ciò nonostante comincia a sentirsi meglio, lo sfogo di prima comincia a passare e, con esso, le fastidiose lacrime. Vorrebbe con tutto il cuore che quell'attimo potesse durare per sempre. Camus non è assolutamente in grado di esprimersi, ma laddove non giungono le parole, giungono sempre le sue azioni, il suo contatto, il suo stesso calore e a Milo, in fondo, basta quella, come certezza, per non arrendersi.

Sorrido tra me e me a quella scena, commuovendomi nel vedere il profondo affetto che li lega, in grado di varcare i confini spazio-temporali insiti dalla natura medesima. Poco dopo Camus si separa da Milo, tornando a sistemarsi sulla sedia, un leggero sorriso gli solca il viso, come se l'abbraccio in sé costituisse una fugace, ma intensa, panacea.

"Camus! - lo richiama Milo, riprendendo il controllo della sua voce – Cosa ne sarà adesso? Da quanto ho capito, questa battaglia appena conclusasi contro Crono malvagio non è che l'inizio di una guerra vera e propria che coinvolgerà più dimensioni... inoltre c'è un presunto 'Lui' da battere. Come faremo, con le ragazze così debilitate?"

"Non lo so, Milo... una parte di me sta cominciando a pensare che non ci saremmo mai dovuti incontrare. Con quale diritto le abbiamo fatte entrare nelle nostre vite incasinate e piene di pericoli? Marta, Michela, Francesca... persino Sonia, avrebbero potuto vivere come delle ragazze normali, lontano da qui, invece noi... le abbiamo condotte in questo luogo per proteggerle, ma ne siamo realmente in grado? E' vero, Sonia ha un vissuto diverso dalle altre tre, forse era inevitabile, ma ora sto davvero cominciando a provare paura per loro; paura che sia stato tutto uno sbaglio irreparabile!" afferma Camus, accarezzandomi delicatamente una guancia e socchiudendo gli occhi, vinto dalle emozioni che spietatamente lo avvolgono.

"Ti proteggerò, piccola, qualsiasi cosa accada! - aggiunge, più determinato, buttando fuori aria - Non permetterò più a nessuno di ridurti così!"

Milo, invece, fa un sorriso furbo, soddisfatto della rivelazione del suo amico: "Che adorabile incoerente, che sei!" lo prende dolcemente in giro, recuperando parzialmente il suo solito buonumore.

"Milo! Cosa..?"

"Te ne rendi conto da solo, vero Camus? Il tuo discorso di oggi è l'esatto opposto di quello che tu dissi quel giorno in spiaggia quando vidi per la prima volta le tre ragazze! Alla fine ho avuto ancora ragione ancora io: ti sei affezionato genuinamente a loro, ed è accaduto in modo del tutto naturale, per questo ora parli così, ed io penso che, malgrado tutte le difficoltà avute, tutti i pericoli che corriamo continuamente e che, conseguentemente, facciamo correre anche a loro, non ci sia nulla di più bello del rapporto che si è instaurato tra noi. Solo questo pensiero... solo questo pensiero mi convince che, quel giorno di giugno che ha visto convergere i nostri passi con i loro, sia, senza ombra di dubbio, da benedire!"

"..."

"Le nostre strade si sono incrociate, ormai, qualsiasi cosa accada da ora in avanti, la via la percorreremo insieme!" conclude, permettendosi di posare una mano sopra la spalla dell'amico di sempre.

 

******************************

 

Di nuovo il suono del mare che tante volte mi ha fatto da compagno nel mio risveglio, di nuovo i raggi del sole che bussano alle mie palpebre, come a convincermi a svegliarmi, ma questa volta la sensazione che sto provando è diversa: non è la solita calma e tranquillità ad accompagnare la dolce melodia delle onde e il garrito dei gabbiani, piuttosto una particolare percezione di intontimento e mal di testa unite da un leggero, ma ben diffuso, dolore che, mano a mano che si accompagna al mio risveglio, diventa sempre più forte.

Provo a muovere la mano destra, accorgendomi di provare un bruciore sempre più netto proprio lì... ma cosa? Provo quindi ad aprire gli occhi, ma subito sono costretta a richiuderli a causa degli stessi raggi accecanti del sole; come se non bastasse il sapore salmastro e pungente che sento invadermi la bocca e la gola, aride come dei rovi, contribuisce ad aumentare la nausea che ha seguito il mio risveglio.

"Uhm... accidenti! - mugolo, passando infine il braccio sulla mia fronte e accorgendomi che esso è segnato da un taglio netto lungo diversi centimetri – Ma che diavolo?! E poi perché mi sento completamente bagnata?! Dove mi trovo?!" biascico, alzando il capo, non senza difficoltà, e notando di avere solo il blu del mare davanti a me. Mi guardo confusamente intorno, tentando di orientarmi nonostante la percezione distorta che sento in me: nord, sud, ovest ed est, niente! Solo l'Egeo fa da padrone qua intorno, a prima vista non si scorge neanche una qualsiasi isola!

Il giaciglio su cui sono coricata, che viene trasportato dalla corrente, non sembra molto stabile. Mi sforzo di puntellare le braccia con attenzione per posizionarmi seduta, accorgendomi così, prima con il tocco e poi con la vista, di non essere sola... il mio cuore perde un battito nel riconoscerlo.

"Dègel!! Santi numi, Dègel!!" grido, scattando a sedere e rischiando quindi di perdere l'equilibrio. Poco ci manca che il rottame, perché quello è, non mi faccia finire in acqua, e Dègel con me, devo infatti acciuffarlo e sostenerlo dritto per evitare che beva acqua. Allora prendo un profondo respiro, rammentandomi le parole di mio fratello: calma e sangue freddo, è proprio in questi momenti che non bisogna lasciarsi soverchiare dalle emozioni.

"Dègel... ti prego, Dèg, rispondimi!" lo incoraggio, scrollandolo leggermente per ridestarlo. Il braccio destro è mezzo atrofizzato a seguito del bruciore, non si muove come vorrei, non mi resta che usare il sinistro, adagiandomi su un fianco per mantenere meglio l'equilibrio precario dell'unico aggeggio che, al momento, ci impedisce di sfiancarci nel nuotare disperatamente alla ricerca della riva.

"Dégel!!!" insisto, accarezzandogli anche i capelli, sempre più spaventata dalla sua non reazione.

Non risponde, effettivamente, la sua testa è appoggiata sul rottame e sembra sfinito. Salsedine ricopre la sua pelle e i lunghi ciuffi, parzialmente incolati alla nivea guancia, ma respira, lo so, lo avverto, anche se con fatica.

"DEGEEEEL!!! Ti supplico, non farmi questo! Già Camus sta male, non puoi anche tu... non puoi mollare!" biascico, con il magone in gola, cercando di sistemarlo meglio. Il movimento per fortuna riesce a farlo ridestare, anche se a fatica. I suoi occhi, di un meraviglioso blu mare, si aprono, impiegando un po' a focalizzarmi, ma quando ci riescono, la sua espressione infinitamente stanca si distende sollevata e lieta nel vedermi cosciente davanti a lui.

"Grazie al cielo! Non sapevo cosa... non importa, sei qui, sei sveglio!" esclamo, sorridendogli felice, scacciando in fretta le lacrime che mi punzecchiavano gli zigomi.

“M-Marta... stai bene?” mi chiede, con voce roca, mentre dolcemente mi sfiora la guancia con il pollice. Ha di sicuro bevuto tanta acqua di mare, lo si presagisce dal tono mezzo strozzato, e ha dei vistosi tagli sulle braccia e sul volto, ma non sembrano gravi.

“Sì, sto bene! Ora però dobbiamo...”

“No, Marta! Non ci stiamo tutti e due su quel ferrovecchio... non provarci nemmeno a farmi posto!” mi precede lui, serio, intuendo i miei intenti.

Ma guardati! Sei stravolto! Perché... - un lampo di consapevolezza mi investe, mentre gli ultimi attimi prima di perdere completamente coscienza si fanno strada dentro di me – Tu... mi hai protetta, vero? Cosa è accaduto dopo?”

Dègel annuisce, mentre appoggia stancamente la testa e chiude gli occhi, esausto: "Non so bene neanche io cosa sia... capitato... quell'arnese che può volare ha cominciato a fare rumori strani, poi qualcosa ha centrato il lato posteriore del mezzo. C'è stata una luce azzurrina e... non rammento bene, era tutto molto confuso..."

Grazie per quello che hai fatto per me...” riesco solo a dire, commossa, accarezzandogli i capelli ispidi a causa della salsedine. E' comunque bellissimo, anche così, lo è sempre, in qualunque circostanza. Deve aver utilizzato tutte le sue forze per condurmi in salvo e impedirmi di affogare, ecco perché ora è così debole.

Sei stata... il mio primo pensiero quando ho capito che saremmo precipitati. Ti ho stretta a me, d'istinto, per proteggerti dalla caduta, eri già svenuta e anche le mie forze stavano venendo meno, ma rammento di essermi voltato in direzione delle altre per tentare di fare qualcosa anche per loro, allora Francesca mi ha urlato di non preoccuparmi degli altri, che ci avrebbe pensato lei in qualche modo. Volevo oppormi a quella follia, ho fatto un giuramento da Cavaliere, ma c'è stato un nuovo boato e poi... ricordo solo l'urto con l'acqua, lo sbattere forsennato delle mie gambe, il desiderio concitante di portarti in salvo. Siamo riemersi, non c'era più traccia di nessun altro, solo questo rottame era rimasto a galla. Sono infine riuscito a raggiungerlo, prima di svenire del tutto. - mi prova a spiegare, rammaricato - Non so... non so dove siano cadute le altre, né Cardia e i due fratelli; è come se.. se lo spazio fosse stato inghiottito, come se fossimo stati trasportati altrove da una corrente invisibile... e dire che avevo promesso a Camus di proteggervi, e invece..."

Non ti devi colpevolizzare ulteriormente! Non c'era il tempo fisico per fare nient'altro, anzi, sei stato lesto e indomito a reagire comunque così prontamente! Ora le abbiamo perse di vista, ma stanno bene, vedrai, sono molto forti e piene di sorprese, fidati di loro!” lo provo a rassicurare con dolcezza, accarezzandogli la guancia per togliergli un po' di sangue appena raggrumato.

Dègel mi continua ad osservare con espressione carica di rimorso, pentendosi di non essere riuscito a fare di più. Ha la stessa identica faccia di Hyoga quando pensa di non aver fatto abbastanza, mi intenerisce e provo l'istinto di baciarlo per l'ennesima volta, ma mi trattengo, dirigendo il mio sguardo altrove.

Fisso l'orizzonte cupamente, non scorgendo altro che acqua e basta. Avverto i cosmi degli altri pulsare lievemente da qualche parte, ma non riesco a localizzarli. Intorno a noi non vi è altro che il blu. Dannazione, possibile che non ci sia nient'altro?! Eppure siamo nell'Egeo, non nell'Atlantico! Dovrebbero esserci un sacco di isole qui intorno!

"Maledizione, mi sembra di essere piombata nel film 'Titanic', ma che roba è?! E' assurdo, sembriamo davvero Jack e Rose dei poveri, ci manca solo un iceberg e lo scenario sarebbe perfetto!" commento sarcasticamente tra me e me, grattandomi la testa.

"C-chi... chi sarebbero costoro? I-Iceberg?"

Avvampo al seguito della domanda di Dégel, tossicchiando nervosamente: "Nessuno d'importante, davvero!" mi affretto a ripiegare, coertando la mia mente, che già si era immaginata la scena canonica del film sulla prua della nave ma con protagonisti me e Dégel, al risolvimento di questo casino.

Dopo alcuni minuti passati nell'intento di trovare una soluzione, tra l'altro invano, riabbasso lo sguardo, sentendomi prostrata davanti a tutta questa faccenda. Subito noto che Dègel ha richiuso gli occhi e respira pesantemente, quasi facesse fatica, il che mi mette in allarme.

Dègel! Stai male?”

Ho... ho solo sete... mi sembra di avere un tizzone in gola!” riesce a gracchiare lui, debolmente.

Ingoio a vuoto, consapevole che, in queste particolari situazioni, la disidratazione è una delle prime cause di morte. Oltre a questo l'acqua salata che deve aver ingurgitato, non lo aiuta certo contro la sete, anzi, la aumenta direttamente, creando al contempo un bruciore di difficile attenuazione.

Accidenti! Cosa faccio adesso?!” impreco tra me e me, sforzando di pensare a qualche soluzione nell'immediato. Non so nemmeno dove siamo finiti, maledizione, devo cercare di agire in fretta, oppure...

Ma certo! Posso produrre del ghiaccio grazie al mio potere! Resisti ancora un attimo, Dègel, tra poco avremo l'acqua!” continuo, trionfante. Unisco quindi le due mani una sopra l'altra, concentrandomi ai massimi livelli per ottenere qualche risultato. Il mio cosmo è fiacco, ma lo avverto distintamente, basterà quindi concentrarsi di più, ne va delle nostre vite, devo farcela assolutamente!

Finalmente dopo poco tempo avverto il famigliare formicolio tipico di quando produco ghiaccio, ma quando riapro gli occhi mi ritrovo direttamente dell'acqua cristallina nei palmi delle mani, neanche si fosse sciolto come neve al sole!

Rimango sgomenta a fissare quella specie di miracolo dei pani e dei pesci, almeno finché non sento la voce di Seraphina dentro di me. Il suo tono è soave come di consueto riesce, da solo, a tranquillizzarmi completamente.

 

Capirai presto, cara Marta... capirai

 

Per un solo attimo provo l'istinto di dirle di tornare, lei di sicuro è molto più abile di me, risolverebbe tutto questo in un battibaleno, ma, così come era apparsa, la avverto scomparire, riaddormentandosi dentro di me.

D-Dègel... e-ecco, tieni!” balbetto, avvicinando le mani ricolme d'acqua al suo viso.

Lui si solleva a fatica un poco. Non riesce subito a riaprire le palpebre, devo praticamente imboccarlo io, lasciando scivolare il liquido dalle mie dita alle sue labbra. Lo vedo bere avidamente, quasi come un mendicante assetato che trova rifugio in un'oasi nel deserto, un rivolo gli cola giù sul mento, ingoio automaticamente a vuoto, l'improvvisa sensazione di non avere più la saliva. Non riesco a non fissare i miei occhi sul suo pomo d'Adamo che sancisce la discesa del liquido nella sua gola. Dei, quanto sto messa male!

"Ehm, meglio c-così?"

"A-ancora, s-se puoi, ho... ho tanta sete!"

Ripeto così il procedimento per tre volte, fino a quando Dègel, finalmente sazio, ripresosi parzialmente grazie all'acqua fresca, non mi guarda intensamente. Mi giro bruscamente di lato, avvampando.

No, non mi fare 'sta espressione da... d-da, non lo so nemmeno io, santo cielo, sei bellissimo, so solo che non ho mai conosciuto una persona lontanamente splendente come te e... dannazione, ma a cosa vado a pensare, non è assolutamente il momento!

Stai meglio! - asserisco, infine sorridendogli e regalandogli l'espressione più innocente che possiedo – Lo capisco dalla brillantezza dei tuoi occhi!”

Come... come hai fatto?” domanda lui, in tono un po' più alto, rispetto a prima.

Erk... il ghiaccio è sempre acqua, no?! Ho... ho solo usufruito al meglio del mio potere! - rispondo, semplicisticamente, sperando che gli basti - Uff, ma da quanto è che non bevevi?!”

Sei... veramente eccezionale, Marta! - mi sorride, imbarazzato – Sei sempre piena di sorprese!" si complimenta, discostando lo sguardo e arrossendo a sua volta, perso nelle sue congetture.

"Non... ti sei più idratato né nutrito, vero? Da quando Regulus è stato male..."

"E' così, non... non potevo, le ricerche hanno preso tutto il mio tempo, e poi Milo, e Camus... come potevo riposare?!"

Sospiro rassegnata, conoscendo alla perfezione la sensibilità di Dègel. Non pensa minimamente a sé stesso, si consuma per gli altri, del tutto incurante. Davvero un testone, costui, caratteristica che è senza ombra di dubbio rimasta anche in mio fratello.

Senza ulteriori esitazioni, strappo un lembo della mia già devastata veste e, sotto gli occhi sorpresi di Dègel, che non ha il tempo di opporsi, la bagno con l'acqua di mare e gliela passo almeno sulle ferite del volto. Lo sento sussultare appena, irrigidendosi, prima di rimanere meravigliato a fissarmi, lasciando che mi prenda cura di lui.

L'acqua di mare disinfetta le ferite! Certo, sarebbe meglio avere dei medicinali, ovvio, ma in mancanza di altro possiamo arrangiarci con questo!" dico solo, sorridendo appena.

Sei sempre così dolce con me, dove ti ho... trovata?"

"Io non... - inaspettatamente la sua frase mi mette a disagio, portando i miei occhi a fissarsi sul mare per sfuggire ai suoi - Dégel, io... io non sono candida come credi!"

Avverto uno sbuffo, provenire da lui, seguito da una breve, ma intensa, risata: "Oh là là, non giunge nuova questa affermazione alle mie orecchie!"

Arrossisco, vergognosa, desiderando fuggire lontano, perché è insostenibile per me questo continuo trattenermi con tutte le mie forze quando i miei desideri urlano per manifestarsi, ma... non posso!

Ad un certo punto, avverto le sue dita scorrermi sul braccio martoriato, un mormorio di dolore mi sfugge, mentre un occhio mi si chiude automaticamente. Una stillettata di dolore, che tuttavia viene placato dal suo dolce tocco.

"Dobbiamo pensare anche a te, rondinella, la ferita che hai sul braccio è lunga, frastagliata e netta, occorre di certo... per Atena, cosa ti sta succedendo ora?!?”

Mi sono stretta le tempie con il pollice e medio della mano sinistra, strizzando le palpebre. Lui deve averlo percepito come manifestazione di dolore, così è effettivamente, ma di tutt'altra origine e di certo non per la ferita.

Mi guardo intorno, cercando di individuare le coordinate esatte del sibilo famigliare che mi rimbomba in testa. E' fastidioso, ma è la nostra unica salvezza!

"Marta, mi stai facendo preoccupare... che ti succede?" mi chiede ancora Dègel, stringendomi la mano sinistra come a volermi ridestare.

Aspetta un attimo, Dègel! E' Francesca, il suo cosmo mi ha appena raggiunto” biascico, guardando fisso l'orizzonte a sud, dove avverto il segnale farsi sempre più forte.

E' riuscita a mettersi in contatto con te? Sta bene? E le altre? Cardia e i due fratelli?” chiede a raffica Dègel, agitandosi al punto di pesare troppo sul rottame, che cigola sinistramente. Torna quindi giù, appoggiandosi appena, riequilibrando quindi i pesi.

Chiudo gli occhi, concentrandomi per parlare telepaticamente alla mia amica, ma lei è più veloce di me.

Ti ho individuato grazie al tuo cosmo, Marta! Ora arriviamo!” mi avverte mentalmente, chiudendo subito il contatto in maniera piuttosto brusca. Sembrava molto tesa, come se avesse paura di essere intercettata.

Il mio sguardo si posa automaticamente su quello preoccupato di Dègel, ho un sentore che non vorrei che si avverasse, ma lo sento incombere sempre di più.

Ha detto solo che arriva insieme agli altri... non ho idea di come, però!”

"Ti sembrava inquieta?"

"Mmh, sì..."

"Forse ha scoperto qualcosa, chi ci ha attaccato, per esempio!"

Annuisco, impensierita. Chi ci ha attaccato può essere solo un individuo, questo potrebbe solo significare che... mi torturo il labbro sottostante, rifiutando disperatamente quell'ipotesi. No, non può arrivare a tanto! Sarebbe inconcepibile, anche se...

"Ma voi... riuscite, con così abile maestria e dopo soli pochi mesi di allenamento, a capire immediatamente dove vi trovate? E'... è ammirevole!" si interessa Dègel, incuriosito e stupito allo stesso tempo.

"Sì, ma non grazie all'addestramento, è un'abilità che avevamo già prima di essere allenate da Camus. Siamo un po' come dei walkie-talkie viventi: sappiamo sempre dove ci troviamo, eccetto... eccetto nella tua epoca, Dégel, si vede che, per qualche motivo, non riuscivo ad individuare la loro frequenza, perché..." provo a spiegare, sospirando, prima di fermarmi a metà discorso, fulminata da una nuova consapevolezza.

Già, non riuscivo ad individuarle, né loro né Milo né Camus, che ho potuto vedere solo nei sogni, perché loro erano con Seraphina, a Bluegrad, può darsi che lei... li avesse in qualche modo isolati da me, possibile?!

Rabbocco aria a questa consapevolezza, sento di saperlo per certo, anche se non ho fondamento, perché le sue azioni, nel passato, con il risveglio della mia anima, sono diventate le mie, ne deriva quindi una sensazione di 'atto mancato' che mi mette ancora più a disagio, così come il sapere che, per sua stessa intenzione, alcuni ricordi non mi sono tornati. Perché, questo, Sefi?! C'è una ragione oppure... non mi reputi ancora totalmente all'altezza?!

"Oh, ehm, walk... erk!" il tentativo di ripetizione del mio vocalizzo, ad opera di Dégel, mi riscuote, portando la mia concentrazione su di lui. Sembra corrucciato, come quei bambini, alle elementari, che non riescono bene a pronunciare la differenza tra la L e la R. Sbuffa infastidito, quasi gonfiando le guance, che gli si colorano di rosso.

"Dégel..." lo chiamo dolcemente, con un mezzo sorriso, accarezzandogli la chioma increspata come le onde del mare. Fa davvero tenerezza!

"Walkie-tal... erk, temo di non conoscere questa parola né di riuscire a pronunciarla, Marta, perdonami..." ammette, Dégel, vergognandosi un poco.

"Non ha importanza, non la puoi conoscere, non fartene cruccio!" lo provo a tranquillizzare, intenerita. L'errore è stato il mio, ho usato un metro di paragone incapibile per lui che vive nel Settecento, essendo uno strumento adoperato per la prima volta nella Seconda Guerra Mondiale.

"Ma ho compreso a cosa ti riferisci: è una sorta di telepatia innata tra di voi, dico bene?"

"Sì, lo è - gli sorrido, contenta che abbia afferrato il concetto - Non me la spiego, ma lo è!"

"Tu, Michela e Sonia siete semi-dee, Francesca è una divinità completa, può darsi sia questa la ragione. Siatene orgogliose!"

Faccio per rispondergli, perché, anche quando parliamo di cose semplici, vorrei che il tempo si fermasse per sempre, solo io e lui, a discorrere e osservarci, solo io e lui... ciò mi emoziona e mi rende felice come in nessun altro momento della mia vita, ma prima di riuscire a vocalizzare la prima parola, mi sento richiamare da una zona non ben definita del mare. Voltandoci quasi in sincronia, notiamo che Francesca si sta avvicinando a grande velocità su una... barca di legno?!?

Ne consegue uno scambio di occhiate tra noi, come a sincerarci se stiamo vedendo effettivamente la stessa cosa, come a ritagliare la sicurezza che non siamo vittime di sortilegio o di qualche tipo di miraggio. Poi...

Ma dove diavolo l'ha reperita?!?”

Un coro a due perfetto, non c'è che dire, neanche fossimo una persona sola. Finalmente si sono avvicinati quanto basta a noi per poter udire anche le loro voci. Francesca ha una faccia soddisfattissima stampata in faccia.

Finalmente vi abbiamo trovato!!! Non è stato per niente facile, sapete? E... - esclama felicemente Michela, deponendo il remo, prima di osservarci per benino e sogghignare conseguentemente - Oh, ma forse sarebbe stato meglio attendere ancora un po'?! Sembrate in un mood un po' particolare, un po' alla Titanic, per intenderci, forse vi abbiamo disturbato?! Ihi!"

"MICHELA!" la rimprovero, arrossendo e guardando altrove. La dannata ha avuto il mio stesso pensiero, accidenti!

Ehm... m-ma, ma... MA!” riesce solo a balbettare Dègel, osservando l'imbarcazione di fortuna, anche se sembra più una scialuppa, in cui si trovano gli altri. Poi lo vedo ricomporsi, ricostruire faticosamente l'integrità fiera e un poco distaccata che deve necessariamente rivestire il Cavaliere di Aquarius di ogni epoca.

La mia mente deve giocarmi un brutto scherzo, forse sono vittima di un abbaglio, ma... ove... ove avete preso quel palischermo?” biascica stancamente Dègel, strofinandosi la fronte, del tutto certo, a quanto pare, di trovarsi in un sogno.

Palischermo, comunque? A me sembra più una bagnarola che sta insieme per misericordia divina! Mi ritrovo a fissare, incredula, i componenti dell'imbarcazione, ovvero Francesca, Michela, Sonia e Cardia che, malgrado i numerosi tagli, sembrano non aver riportato ferite gravi... è tutto vero, non siamo preda di qualche sortilegio o beffa celeste, i nostri amici hanno davvero recuperato un mezzo, per quanto un poco sfigato, ma dove...?

Oooh, comprendo il vostri sbigottimento! - trilla ancora Michela, quasi leggendoci nella mente – Anche io ero allibita, ma a quanto pare i poteri di Francesca vanno ben oltre le doti belliche!” ci illustra, facendole l'occhiolino.

Q-quindi è opera tua?!” chiedo conferma, approcciandomi all'imbarcazione per essere aiutata a salire a bordo. E' proprio la nostra dea in comune a porgermi la mano per issarmi, sto per darle la destra, ma mi rendo conto che vedrebbe la ferita non propriamente bellissima, quindi cambio con la sinistra.

Sì, è uno dei miei arcani poteri dei quali sto lentamente riacquistando manualità... beh, proprio in tempo, oserei dire! Praticamente se ho un materiale di qualsiasi tipo sono in grado di formare qualsiasi tipo di oggetto. In questo particolare e difficile frangente, ho notato un ramoscello che galleggiava nell'acqua, ho quindi tramutato quel semplice materiale in questa imbarcazione, e il vento governato da Sonia, nonché i remi, hanno fatto il resto!” mi spiega pacatamente, sempre con quella luce di compiacimento negli occhi.

"C'est vraiment magnifique! - si lascia sfuggire Dégel, gli occhi luminosi a sua volta, mentre si strizza elegantemente i lunghi capelli impregnati d'acqua - Siete le degne allieve di due Cavaliere d'Oro, del resto!" ci sorride ancora, con quel calore che riesce a manifestare senza alcun problema.

Francesca si crogiola in quei complimenti, quasi ciondolando con la testa, dimostrazione lampante che se li sta proprio assaporando. Io invece tossicchio nervosamente, pigiando cautamente un piede all'angolo per saggiare la sicurezza del trabiccolo, e ottenendo un cigolio sinistro che mi fa mal sperare. E' davvero una bagnarola, che diamine!

"Ehi, piano! Non è... stabile!" si ritrova a bloccarmi la mia amica più grande, cambiando drasticamente espressione.

"Fra, nulla da accepire, eh, io non ci sarei mai riuscita, ma... ma... - dico, incerta, avendo paura di offenderla - Dico, se possiedi questa straordinaria dote non potevi creare altro? N-non so, non mi aspettavo un vascello capace di solcare i sette mari, ma neanche u-una poco-ci-manca-zattera!" le faccio notare educatamente, non riuscendo a trattenermi. Quest'affare non mi da chissà quante garanzie di farci giungere in Italia velocemente, sani, e salvi. E il tempo è contro di noi, Camus sta... NO, MALEDIZIONE, NON DEVO PENSARCI!

La vedo sussultare e poi arrossire di netto a seguito della mia frase, mentre si volta in direzione opposta, amareggiata, puntellando i due indici uno contro l'altro. Ecco, lo sapevo, l'ho urtata, quando imparerò ad essere un po' meno diretta?!

"Anche Cardia mi ha detto qualcosa di simile quando l'ho messa a punto... - sussurra, rammaricata, la soddisfazione di prima un lontano ricordo. Fisso istintivamente il mio migliore amico, pallido in volto, teso, come se stesse patendo il mare o... altro, ma non ho il tempo di indagare - Purtroppo non sono riuscita a fare meglio di così... come vi dicevo, è il mio primo tentativo riuscito di creazione dopo tantissimo tempo!"

Quasi perdo un battito a quell'ultima affermazione, vibro, prendendola poi per le spalle e costringendola a voltarsi per guardarmi in faccia.

No, scusami tu, non volevo sminuire il tuo potere! E'... è Creazione, quindi?! C-ce l'hai tu questa dote?!" le chiedo di getto, sembrando molto probabilmente una pazza.

Tuttavia leggo la comprensione in lei, come se avesse capito a cosa mi riferisco.

Annaspa un poco a seguito del mio movimento, per un secondo mi osserva con stupore, poi abbassa lo sguardo glauco, negando con il capo, ancora più scoraggiata di prima: "No, Marta... la mia è mera manipolazione e poco altro. Nessuna delle divinità conosciute ha in possesso la dote che tu citi, nessuna, fin dai tempi immemori! E'... andata perduta!"

Nessuna delle divinità?! Eppure il nostro nemico la brama, sostenendo che, questa prodigiosa abilità, sia nelle mani di...

Parbleau, non vedo i due fratelli, però! - nota Dégel, guardandosi preoccupato intorno - E inoltre sapete per caso dove ci troviamo di preciso?”

Siamo ancora nell'Egeo, questo è certo, anche se il fatto che ci sia mare e basta non mi convince per niente! I miei fratelli saranno stati sbalzati da qualche parte, credo, ma il mio sesto senso mi dice di stare tranquilla, stanno bene di certo!” afferma Sonia, speranzosa.

"Avverti Aiolia palpitare da qualche parte distintamente, vero?" le chiedo sollevata, ricordandomi che anche lei ora ha il CIMP, ed è quindi in stretto contatto con lui.

"Sì! - mi sorride, lasciandosi andare ad una manifestazione di debole sollievo, sciogliendo un poco la muscolatura - Stanno sicuramente bene, lo posso ben percepire!" ripete, con più convinzione.

N-no! S-saremo noi a non stare bene, urgh, t-tra poco!"”

Cardia? Cosa stai blaterando, adesso?” chiedo, preoccupata dal linguaggio sconnesso del mio amico. Mi volto completamente verso di lui, nel farlo, noto che sembra parecchio affaticato, la mano sopra il cuore, a stringersi la maglietta in prossimità del petto. Distinguo con nitidezza il suo malore sempre più palpabile. Vedo. Mi manca qualche battito.

"CARDIA!" la voce allarmata di Dègel, dietro di me rimbomba nei miei timpani troncando il mio respiro, mentre, con orrore, capisco che ciò che più temevo sta per succedere. N-no... NO, maledetto!

N-non siamo affatto al sicuro q-qui, dobbiamo... urgh, anf! Anf!” riesce ancora a biascicare, prima di cadere in avanti, ginocchioni, il respiro sempre più accelerato, piegato in due dal dolore; un dolore al quale non può opporsi perché proviene dal suo stesso muscolo cardiaco.

CARDIAAAAA!!!” anche le altre lo chiamano, in evidente apprensione. Provano a muoversi verso di lui, mani che frusciano febbrilmente nel vento, che tuttavia si è dissolto, non c'è più... vento! Le azioni di tutti sono rallentate, quasi si perdono, perché... mi osservo intorno, sussulto a seguito del freddo che avverto. Non ci sono più i raggi del sole a scaldarci, né il suono delle onde ad accarezzare la bagnarola, e questo perché...

N-non... non è possibile, questo!” esclama Dègel, facendosi portavoce di tutti, sconvolto fin nei recessi dell'anima.

Lo stesso facciamo noi, mentre, con sgomento, notiamo che il tempo esterno si è irrimediabilmente fermato e ha assunto un color grigio-nero. Tutto è completamente immoto, la barca, il mare sotto di noi, i compagni gabbiani che, fino a due secondi fa, volavano sopra le nostre teste con eleganza. Tutto!

Ciò che tu chiami orgogliosamente la Dimensione delle Possibilità, Marta, che ha preso vita dalla tua scelta... uhmpf, a quanto pare, perfino questo mondo così unico e prezioso, che si è opposto a me fino ad adesso, sembra cedere al mio controllo! E la mia trasformazione non è ancora completa, pensa a ciò che potrò fare... DOPO!”

Un brivido scorre lungo la mia schiena nel riconoscere quella voce solo apparentemente calma che in verità cela nient'altro che un pazzo. I miei occhi si spalancano dal terrore.

Non è possibile... TU!!” grido rabbiosamente in un fremito, notando il Mago comparire da una breccia nello spazio-tempo e rimanere sospeso in aria. No, non può essere vero, non può trovarsi realmente qui, se è già nel corpo di Camus. A meno che...

"Oho, stupita? Ti avevo lasciato con la promessa di fermarti, lo avevi dimenticato, oppure... - lo vedo ghignare nella mia direzione, trionfante - Ti faceva semplicemente comodo non crederci, come del resto hai fatto con tuo fratello, nonostante i chiari segni della sua agonia?! Tanto amore e poi..."

Non ci vedo più alle sue provocazioni, gli ringhio contro, del tutto intenzionata ad attaccarlo con il Blue Impulse, dimentica di tutto, dell'ambiente circostante come delle persone che mi circondano, ma Michela, Francesca e Sonia si mettono in posizione d'attacco davanti a me con fare protettivo: "Non sei sola, Marta, non questa volta, non dimenticarlo. Sai che puoi contare su di noi!" mi avverte la dea, scoccandomi una breve occhiata, prima di tornare a concentrarsi sul nemico.

"Amiche mie..." biascico, tornando in me, forzando il mio corpo alla calma.

Quasi nello stesso momento noto lo sbattere delle palpebre di Dègel di fronte a quell'apparizione, come se gli riaffiorasse qualche ricordo lontano. Si erge comunque davanti a Cardia, il quale continua a stringersi la mano dolorosamente al petto, con tutte le intenzioni di proteggerlo, posandogli una mano sulla spalla come a dire che ci penserà lui.

Fronte unito, ordunque, contro di me, e sia! Siete un gruppo di cani dissidenti che debbono necessariamente essere ricondotti al guinzaglio, del resto, io sono il nuovo padrone di questa dimensione, è mio compito!” afferma il nemico, sempre più trionfante, mentre, senza scomporsi, devia con il braccio una palla infuocata di Michela.

"L'unico da ricondurre al guinzaglio sarai tu, bastardo, questo mondo non si piegherà al volere di un essere meschino come te!" ulula Michela, preparando un nuovo attacco.

"Staremo a vedere!" dice solo l'altro, chiudendo la mano a pugno e spegnendo definitivamente le fiamme della nostra amica, che si rende conto di non poterne creare altre, come se il suo gesto l'avesse prosciugata in un battibaleno.

No, maledizione! Sembra perfino più forte della volta scorsa in cui l'abbiamo affrontato alla raduna, come è possibile?! QUALE corpo sta utilizzando?! Soprattutto, come fa ad usarne due senza minimamente percepire la fatica?! E' davvero un mostro sovrumano!!!

Mi preparo quindi ad attaccarlo con tutte le mie forze, ma la voce di Dégel mi trattiene da compiere qualsiasi azione: essa è un latrato totalmente snaturato alle mie orecchie. Mi volto verso di lui, fissandolo indicibilmente.

Tu?! Perché... perché ho come la sensazione di conoscerti?!” asserisce in tono aggressivo, fremendo vistosamente.

Anche le altre si voltano nella sua direzione, quasi boccheggiando per lo sconvolgimento che le ha colte. Dégel non può conoscerlo, non qui, non nel 1741, e allora come è possibile questo?!

Mmm, chissà... - sogghigna pensieroso, accarezzandosi il mento con espressione fintamente assorta - Non è che ti confondi... con qualcun altro?! O meglio... non sei tu a confonderti con un'altra parvenza?!"

"Cosa vorresti... insinuare?! Forse che il mio cervello è vittima di suggestione?!?" lo tallona Dégel, vistosamente coinvolto anche se incapace di rintracciarne il filo conduttore.

"Per ogni persona vivente, o che ha vissuto, nel mondo, ci sono, in media, 7 sosia con fattezze del tutto uguali che circolano nelle cosidette 'dimensioni alternative'. Si tramanda che, in determinati casi, queste essenze così simili possano urtarsi e influenzarsi in qualche modo reciprocamente... in tal senso, i ricordi di uno passerebbero all'altro, in maniera del tutto naturale, anche se non fruibili consapevolmente dalla vostra mente limitata!" espone, enigmatico, inarcando un sopracciglio.

Dègel non ribatte nulla, ma ogni fibra del suo corpo è pronta all'assalto con tutta sé stessa.

"In ogni caso, hai da... crescere... un bel po' per interessarmi, Cavaliere dell'Acquario!" si lecca per l'ennesima volta le labbra, disgustosamente, come gli ho visto fare più e più volte con Camus. No, anche lui, no, maledetto psicopatico, non oserai toccare anche lui, non finché ci sarò io!

"Questo tuo farneticare ciance, passando quasi per buono e giusto, quando stai facendo subire gli inferi ai nostri amici, mi ripugna! - sibila ancora Dégel, alzando il pugno per concentrare l'energia congelante - Preparati! Sarò io a ripagare, uno ad uno, le sofferenze che hai causato a Regulus, Milo, Camus e a tutti i soldati semplici del Santuario!!!" dichiara, preparandosi ad agire.

"Non così in fretta, Acquario incompleto!" lo ferma il Mago, estraendo un oggetto dalla larga manica della tunica nera che indossa.

Subito, temendo l'estrazione di una lama o di qualche tipo di attacco, ci pieghiamo leggermente sulle ginocchia per prepararci alla difesa, ma una volta messo a fuoco l'oggetto, apparentemente privo di pericolosità, inavvertitamente ci rilassiamo.

Ci stai prendendo per i fondelli, mostro?! Una clessidra! Che razza di utilità potrebbe avere adesso?!” esclama Michela, confusa ma sempre iraconda, sforzandosi nel produrre una nuova fiamma, di modestie dimensioni, sul palmo della mano sinistra.

Anche io lo fisso senza capire, riuscendo a notare solamente la sabbia contenuta in essa che scorre dall'alto verso il basso con estrema velocità. Cosa significa?! A cosa serve... quella?!

Sciocche formichine intellettualmente sotto livellate, è mai possibile che non ve ne siate accorte?! Il tempo interno del vostro amico... scorre piuttosto rapidamente, non vi pare?!” esprime languidamente, in tono falsamente intenerito.

Un fremito invade il mio corpo, istintivamente guardo Francesca, la sua espressione ricolma di terrore come la mia, sperando che, almeno lei, abbia capito a cosa si riferisce, ma prima di avere il tempo di chiederle alcunché, avverto distintamente l'urlo agonizzante di Cardia dietro alle mie spalle. Mi volto quasi al rallentatore verso di lui, il mio cuore deve perdere ancora qualche battito perché, per dei secondi interminabili, non lo percepisco più.

Oh... OH NO!” riesce appena a mormorare Dégel, spaventato a morte, correndo ad abbracciare l'amico per tentare di calmarlo, perché ha cominciato a divincolarsi disperatamente, ululando per la sofferenza, quasi strappandosi la maglia che tiene indosso, da quanto sia insostenibile ciò che sta passando.

"Ca-Cardia!" ghiacciata sul posto, non riesco a pronunciare altro, del tutto avvulsa dalla paura.

Lo spello, lo squarto e, prima di lasciarlo morire, gli faccio ingoiare il mio veleno... - sibila il Mago con una lentezza esasperante, ripetendo, lo capisco solo io, lo sfogo di Cardia contro la colonna dopo aver appurato che il contagio aveva colpito anche Milo – Così avevi detto, vero?! Meriteresti lo stesso trattamento per avermi offeso e dileggiato oltre ogni limite! Tuttavia io sono un Demiurgo magnanimo, per tua fortuna, ti farò quindi accomiatare dagli altri con un semplice e banale infarto, né più né meno!” conclude lui, scoppiando poi in una risata spietata e totalmente irrazionale.

Tremo vistosamente, nuovamente sopraffatta dalla disparità mia e sua, non riuscendo a fare nient'altro che fissare impotente l'ultimo residuo di sabbia consumarsi del tutto e, con esso, la vita del mio migliore amico...

Cado in ginocchio, sighiozzando, rimproverandomi l'ennesima mia reazione insulsa e del tutto priva di nerbo. Mi sento come svuotata, non riesco ad oppormi, forse non ci sono mai riuscita davvero. Seraphina ce l'avrebbe fatta, invece, lei, che ha ferito questo mostro con una cicatrice che è ancora ben visibile sul suo volto, lei che ha superato i confini spazio-temporali per affrontarlo di nuovo, reincarnandosi però in me. Perché io?! Perché sono emersa io e non lei?! Sono troppo debole, non posso in alcun modo proteggere chi mi sono prefissata di salvaguardare, sono del tutto alla sua mercé, nonostante Camus e Cardia mi abbiano indicato la via da percorrere; proprio loro, che stanno perdendo la vita, che contano su di me e... NO, DANNAZIONE, NO!

Maledizione!!! Michela, puoi convergere le tue fiamme su di me e lanciami verso il nemico?!?” grida Francesca, rivolta all'amica di sempre, prendendo la situazione in mano, perché siamo tutte sperse, disperate, non siamo in grado di reagire.

Eh? Cosa? L-la fiamma di Ares?!” riesce a biascicare Michela, già con gli occhi lucidi e vuoti.

Svelta, non c'è tempo!! Devo rompere la clessidra subito, altrimenti la vita di Cardia sarà inesorabilmente persa! MI SERVE IL TUO AIUTO... ORA!” grida ancora, sovrastando i rantoli agnonizzanti dello Scorpione. La vedo alzare il braccio destro, mentre il sinistro corre al fianco opposto, chiudendosi poi a pugno come se stesse per sguainare qualcosa. La osservo incredula, percependo un'enegia inesauribile sgorgare da lei, è sovrastante!

"Va bene, lo farò!" annuisce Michela, decisa, afferrandola poi per la vita e concentrando così tutte le sue forze in lei in una vampata che brucia tutto, ma non il suo corpo divino. Successivamente, dopo una breve rotazione, la scaglia contro il Mago, il quale , non aspettandosi un'azione così repentina e diretta, non ha il tempo di ricreare la barriera con la quale solitamente si difende.

Dannato negromante, tornatene nella tua dimensione e smetti di interferire con le nostre vite!!!” ulula nel vento Francesca, avvolta dalle fiamme di Michela che la lambiscono come la sua rabbia, mentre, dalla mano posizionata sul fianco, estrae una specie di spada crepitante di elettricità.

La osservo meglio. No, non è una semplice spada -realizzo, totalmente carpita- essa è la Tonante, la folgore di suo nonno Zeus!

La vedo sferrare un fendente netto proprio alla clessidra, la quale va in frantumi, arrivando persino a ferire, in un guizzo di sangue, la spalla del Mago che serra la mascella per non emettere alcun suono. Purtroppo, per la potenza dell'impeto, alcune schegge di vetro vanno a tagliare anche il volto della nostra amica, la quale, quasi a peso morto, cade in acqua.

"FRAAAAAAA!!!" mi ritrovo ad urlare, provando l'istinto di precipitarmi fuori dall'imbarcazione, contrapposto però ad un'altra esclamazione dietro alle mie spalle, che mi gela seduta stante.

Cardia!!! Santi numi, Cardia, rispondimi, te ne prego!!!” strepita Dègel, agitato come mai lo avevo visto, adagiando l'amico, apparentemente privo di vita, sulla barca. Non più un fremito in lui, solo... quel ghigno mortale che gli snatura il volto solitamente gioviale.

Avverto il freddo invadermi, la gola si secca: che sia stato troppo tardivo l'intervento della nostra amica a rischio della sua stessa vita?! Che sia... troppo tardi?!

Mi volto nuovamente verso il mare, sperando di scorgerla, vacua, vuota, divelta... non so se precipitarmi da lei o provare a fare qualcosa per il mio migliore amico, ma Michela, quasi completamente esausta, con le lacrime che le rigano già il volto, mi frana praticamente addosso singhiozzando. Devo quindi sorreggerla, anche se fisicamente è più grossa di me.

"Sonia... - gracchio, non riuscendo quasi più a parlare, vedendola sul bordo dell'imbarcazione, sconvolta, spezzata - Riesci, almeno tu, a..." ma il nemico non è affatto debellato, avverto distintamente il suo cosmo, è ancora lì, e noi siamo vulnerabili più di prima. Lo sento incombere nel preparare il suo attacco, la pressione sempre più insostenibile schiaccia i nostri corpi. E'-è insopportabile tutto questo! Ci colpirà... con tutte le forze che possiede!

E non abbiamo difese!

DANNATI... CHE VOI SIATE DANNATI!!! - tuona infatti lui, totalmente furibondo, fa paura il solo vederlo – DESIDERATE COSI' ARDENTEMENTE CREPARE INSIEME A LUI?!? BENE, SARETE IMMEDIATAMENTE ACCONTENTATI, PARASSITI IMMONDI!!!” urla completamente fuori di sé e, scagliandoci, senza esitazione alcuna, un fascio di energia luminosa che tutto travolge. Non sembra esserci più scampo per noi: ci atomizzerà, non rimarrà NIENTE dei nostri corpi!

Tutti i muscoli del mio corpo si contraggono a forza come estrema difesa, tuttavia l'attacco, diretto certamente verso di noi, viene misteriosamente deviato da una forza sconosciuta, sfogando così tutto il suo enorme potere contro l'acqua immota sottostante. L'impatto è comunque tremendo, il tempo riprende a scorrere nel medesimo istante e il frastuono che ne deriva ci rende momentaneamente sordi. Serro dolorosamente gli occhi, sofferente, ho appena il tempo di percepire un'ombra su di noi, che oscura il sole tornato a risplendere, che qualcosa si abbatte sulla nostra barca, distruggendola e sbalzandoci via senza il tempo fisico di poterci opporre. Anche il Mago urla misteriosamente, contorcendosi in preda ad un dolore improvviso per poi scomparire nel nulla, vaporizzandosi nell'aria.

La corrente procurata dall'urto mi trascina via, in profondità, sento l'acqua sbattacchiarmi da una parte all'altra, costringendo il mio corpo, sua completa vittima, a turnare più e più volte, finché la sua violenza non scema fino a scomparire del tutto. La testa mi cede in avanti, mentre la sensazione di svenimento invade il mio cervello. Sto per assecondarla, tanto è la stanchezza e il senso di sopraffazione ma realizzo che sarebbe la mia fine, perché annegherei. Disperatamente tale consapevolezza mi spinge a sbattere forsennatamente i piedi verso la superficie con gli occhi serrati in una smorfia di terrore: non voglio morire qua sotto, non voglio rimanere nuovamente imprigionata ad Atlantide, nuda e inerme! Riesco solo a pensare a questo, mentre il terrore mi pervade. Serro ancora di più gli occhi e velocizzando i miei movimenti verso la salvezza, l'adrenalina fa il resto.

Finalmente riesco a riemergere, cercando di controllare i battiti del cuore così provati dall'apnea e dall'attacco di panico. Le tempie mi pulsano selvaggiamente, mi sento stordita, ma devo ripigliarmi il più in fretta possibile. Non c'è tempo per riposare!

Martaaaa!!” mi richiamano le mie amiche, con enfasi, dandomi immediatamente sollievo.

Riapro quindi gli occhi, sebbene brucino per sale, nuotando verso di loro, sedute su una nuova imbarcazione creata ad hoc. Solo Francesca è in piedi, si sbraccia verso la mia direzione. Dègel è con loro, riconosco i suoi capelli verdi, inavvertitamente sorrido. Ci sono tutti, tranne... una punta di panico mi invade quando mi accorgo che manca proprio il mio migliore amico.

Marta! Dimmi che hai visto Cardia!!!”

E' proprio Dègel a rivolgermi la parola, ricambio il suo sguardo, fissandolo con espressione mesta. Lui abbassa d'istinto il capo, accorgendosi dell'assurdità della frase appena pronunciata.

M-mi dispiace, anf, mi sono spaventata e ho mantenuto gli occhi... chiusi” sussurro, colpevole, sull'orlo delle lacrime.

Maledizione! Cardia!!!” impreca Dègel, sopraffatto dalle sue stesse emozioni, buttandosi nuovamente in acqua in un guizzo angosciato per cercare l'amico.

Francesca! Sonia! Facciamo qualcosa anche noi, vi prego!!!” urla Michela, disperata a sua volta, cercando di rimettersi in piedi ma ricadendo sull'imbarcazione, troppo debole per compiere altri sforzi.

"Mi dispiace, Michy... - sussurra Francesca, con un filo di voce, guardandosi le mani, che tremano consistentemente - Ho esaurito tutte le mie forze nel formare quest'ultima scialuppa! Se Dègel non fosse corso a salvarmi poco dopo l'urto, probabilmente sarei... annegata!" biascica, nascondendosi il viso tra le mani, ben oltre la prostrazione.

"Sonia!" riprova Michela, tentando in tutte le maniera di non gettare la spugna.

I-io... io non so nuotare!” mormora lei, ben oltre il pianto, mentre indietreggia notevolmente e si lascia cadere sconvolta a ginocchioni, preda degli spasmi.

"Ma.."

"Non posso - scrolla ancora il capo, la più piccola tra noi - Ho paura!"

Francesca, la più restia al pianto, si lascia a sua volta andare, singhiozzando sommessamente senza neanche preoccuparsi di celarsi, da quanto questa esperienza l'abbia distrutta.

Il... il cosmo di Cardia lo si avverte ancora, seppur fievolmente, lo riuscite a percepire?! F-finché palpita, anche se appena, n-non possiamo permetterci di... - provo a motivarle, prima di udire con distinzione il suono di una figura che riemerge dall'acqua - DEGEL!" mi volto verso di lui, il sorriso sulle labbra, convinta di vedermelo tornare con il migliore amico di sempre, ma quando mi volto, vi è solo lui, il respiro frenetico, dispnoico.

Si avvicina nuotando all'imbarcazione, gli occhi vuoti e spenti, affiancandomi nel rimanere in ammollo mentre poggia appena la mano sopra il legno. Non ha il coraggio di guardarmi; non ha il coraggio di guardare nessuno...

L-la visibilità è praticamente nulla sotto a seguito del colpo del nemico che è arrivato a smuovere addirittura il fondale. Non ho.... non ho trovato alcuna traccia di... Cardia” dice, senza forze.

Lo guardo tristemente, accorgendomi delle calde lacrime che hanno cominciato a sgorgare dai suoi occhi e che rigano le sue guance già bagnate. Viene scosso da un fremito, poi da un altro ancora, e ancora, fino a sfociare in un vero e proprio pianto sommesso.

"Era vicino a me, maledizione, dovevo tenerlo, e invece... - da un pugno di frustrazione alla barca, serrando talmente tanto il palmo della mano da farselo quasi sanguinare - ERA VICINO A ME, DOVEVO PROTEGGERLO! Perché... perché non riesco mai a proteggere le persone che amo?!?" urla tutta la sua rabbia, spaventandomi, mentre alla sua figura sofferente si sostituisce quella di mio fratello chino sul mio letto di morte. Istantaneamente, mi manca aria nei polmoni, mi ritrovo così a guardare il mare retrostante senza tuttavia guardarlo per davvero..

Non vi è davvero più alcuna traccia di Cardia, del suo volto, del suo sorriso scanzonato... ci stiamo davvero arrendendo così?! Lasciando che il nostro amico affoghi metri e metri sotto il livello del mare?! E' questo che si merita uno come lui?! Uno come lui che, a parti invertite, non si arrenderebbe per nulla al mondo?!? NO, NO! NON PUO' FINIRE COSI'!!!

Maledizione, Cardia!!!” sbotto all'improvviso, immergendomi nuovamente in acqua guidata dal mio istinto.

"Mart..!" il vocalizzo di Dègel si estingue non appena mi immergo completamente.

Non so cosa sia stato di preciso a darmi la forza, probabilmente la paura di perdere un amico prezioso e l'espressione ricolma di dolore di Dégel e delle altre, o forse l'ingiustizia di tutto questo... so solo che devo fare qualcosa e anche alla svelta, perché non ho idea di quanto possa resistere Cardia sott'acqua.

Come farò... come farò a trovarlo se continuo a tenere gli occhi chiusi?! Cardia, amico mio... ti prego, dammi un segno per farmi capire dove ti trovi, ti prego! Ne basta di un tipo qualsiasi, ed io saprò localizzarti!

Provo l'impulso di pregare, anche se non so bene chi, anche se sono agnostica, anche se agli dei io non ho mai riposto fiducia. Va bene chiunque, Atena, Shiva, o il dio cristiano, chiunque, davvero, basta che qualcuno mi ascolti; che qualcuno mi ascolti, vi prego, e che mi dia la forza per salvare una vita, per me unica e preziosa.

E' così buffo -mi ritrovo a riflettere- come qualsiasi piccolo mortale, giungendo alla suprema ora di sé stesso o di un proprio caro, provi questo istinto di raccomandarsi ad un'entità superiore, sperando di essere ascoltata. Che pena... proprio degno di un patetico, imperfetto essere umano, non c'è che dire, ma indispensabile per riuscire ad aggrapparsi ancora a qualcosa laddove tutte le strade sembrano precluse.

Cardia, ti supplico, dove sei?!

Non ho idea di quanto tempo passi, ma febbrilmente sono consapevole che, più scorre il tempo, meno ho speranze di trovarlo in vita e questo solo pensiero mi mozza il respiro, disperdendo le energie e l'ossigeno trattenuto nei miei polmoni. Veloce... devo essere più veloce!!!

 

Se ti sei prefissata di salvarlo, devi aprire gli occhi, figlia mia, spuma miracolosa del mare...

 

Co..?! Efesto?!? No, il tono di voce e l'accento sono troppo diversi, non li riconosco, ma mi ha appellato 'figlia mia'... e allora chi diavolo è?!

 

Una piccola parte di me è racchiusa dentro di te da oltre duecento anni, ed è giunto il momento che si liberi come il gabbiano lesto che, catturato il pesce, torna al cielo a cui appartiene! Inoltre avere paura del mare non si confà ad una valente guerriera di Bluegrad come te, Principessa del popolo che, dalle terre immerse di Atlantide, si è poi inerpicato sulla nuda terra, dando origine alla vostra discendenza.

Ma che accidenti..?!

 

Improvvisamente avverto una sensazione di calore invadermi il petto, riportandomi alla mente la prima volta che imparai ad utilizzare il cosmo sotto la guida attenta di mio fratello Camus, eppure è così diverso da allora: l'aura che percepisco in questo momento è quasi incontrollabile, sembra quasi... rabbia divina celata a lungo! Faccio davvero fatica a tenerla sotto controllo, anzi, posso dire con assoluta certezza che l'unica cosa che mi mantiene cosciente sia la paura che sto provando in questo momento nel perdere Cardia, quindi un sentimento del tutto umano.

 

E' così, Seraphina, la riserva di potere a cui ora puoi attingere, è ben diversa. In quanto vicaria tra il tuo popolo e il divino, e Sciamana che un tempo fosti, ti concedo in prestito parte dei miei poteri, è lo stesso Oricalco, a lungo a contatto con il tuo corpo e così la tua anima, a permettermelo! Ma stai ben attenta, giovane Governatrice, oggi le mie capacità ti possono aiutare per salvare il tuo amico, domani, se non correttamente imbrigliate, ti si ritorceranno contro!

"L'O-oricalco?" riesco appena a chiedermi, sbigottita, cercando di capacitarmi di quanto ho appena udito, ma prima ancora di poterlo fare, sento sgorgare in me un potenziale inaudito, mai avuto prima.

 

Apro di scatto gli occhi, sentendomi pervadere da qualcosa di incorruttibile. La voce dentro di me, che sembrava venirmi direttamente dal petto, così come la sua presenza, scompare nel nulla. Mi guardo sorpresa intorno, accorgendomi di poter respirare sott'acqua e vedere con nitidezza tutte le cose intorno a me: mi trovo molto in profondità, tanto che non potrei distinguere nemmeno le forme, se fossi ancora... umana!

Mi osservo incredula le mani, quasi trasparenti, come se fossero un tutt'uno con l'acqua e l'ambiente circostante. Deve essere una sorta di trasmutazione... la consapevolezza di ciò mi investe e mi stordisce, ma il mio sguardo è ben presto catturato da qualcosa di ben più importante e prezioso per me che non continuare a pormi quesiti su come sia possibile tutto questo.

Cardiaaaa!!” urlo, accorgendomi di riuscire a comunicare in acqua. Non ho usato la bocca, ma è come se il pensiero, concepito dalla mia mente, si fosse diffuso tutt'intorno come un sonar.

Senza esitare un solo secondo in più, mi dirigo velocemente, nuotando a delfino (altra cosa inusuale per me!), verso il corpo privo di coscienza del mio migliore amico che, lentamente ma inesorabilmente, sta affondando sempre di più, sempre più giù,, senza alcuna volontà.

Cardiaaaa, resisti!” di nuovo la comunicazione avviene senza ausilio della bocca, ma so che è percettibile, in qualche modo. Lo raggiungo con il cuore in gola, circondandogli il busto per sostenerlo.

Lo tengo quindi tra le mie braccia, controllando il più velocemente possibile le funzioni vitali. Tremando consistentemente, noto subito che i suoi polmoni sono già pieni d'acqua e che il cuore batte appena. Non ha importanza, il battito c'è, solo questo conta, non è quindi troppo tardi. Devo... devo solo rimuovere l'acqua da lì, per poi rimergere... DEVO!

Del tutto naturalmente, la soluzione al problema prende forma nella mia mente, come se già sapessi come fare. Sorrido tiepidamente, passandogli una mano tra i capelli per incoraggiarlo: non ti abbandonerò!

Gli esseri umani sono in grado di compiere miracoli per proteggere le persone care, ed io non sarò da meno, Car! Ti ho promesso che avrei fatto di tutto per salvarti la vita! E ora... manterrò il giuramento!” esprimo con forza, tenendogli fermo il viso per avvicinare il mio al suo. Dischiudo le labbra, costringendo lui a fare altrettanto. Forza! Finalmente riesco a soffiargli dentro quanto più ossigeno io possa disporre.

Eseguo una specie di quel che in chimica fisica viene chiamato 'fenomeno dell'osmosi', senza sapere neanche io bene cosa stia facendo, come se il mio corpo agisse deliberatamente sotto una qualche tipo di ingerenza che tuttavia è controllata da me. So solo che Cardia ha bisogno di ossigeno, ed io glielo posso somministrare solo così, bocca-bocca, assorbendo sul mio corpo l'acqua che gli riempie i polmoni.

Sembra procedere tutto bene, ma improvvisamente mi sento mancare, come se tutte le energie che mi avevano spinto a cercare il mio amico mi abbandonassero in un attimo; come se tutte le forze in mio possesso, oltre ad essere cedute in parte a Cardia, si disperdessero proprio nelle particelle dell'acqua intorno a me e nell'ambiente circostante. Le orecchie prendono a sibilarmi, i miei polmoni sussultano, quasi si contocono per lo sforzo, obbligandomi a staccarmi da Cardia per tossire disperatamente, gesto che fa entrare altra, ulteriore, acqua, dentro di me e... brucia, maledizione!

Serro convulsamente le palpebre, prendendolo istintivamente da sotto le ascelle per sorreggerlo e portarlo fuori di qui, in superficie. Ma... è pesante! Ora come non mai avverto il mio corpo sfinito e logorato, quasi da non reggere il mio stesso peso, figurarsi condurre lui, con la massa muscolare che si ritrova, alla salvezza. Eppure devo farlo, DEVO!

Non mollare, Cardia ti prego! Risucirò in qualche maniera, RIUSCIRO'!

Per quanto mi dimeni a sbattere i piedi grazie alla forza della disperazione, mi sembra di andare al rallentatore, come se la forza di gravità mi riportasse sul fondo. Non abbiamo che fatto un brevissimo tragitto, e la luce è ancora lontana, la superficie sembra più distante, e... e lui... non reggerà ancora a lungo... NO, NOOOOOOOOOOOOOOO!!!

Urlo tutta la mia angoscia mista alla più nera rabbia e, magicamente, in un baleno, mi ritrovo davvero a respirare l'aria di fuori, il calore del sole che mi accarezza il volto, i miei occhi che si aprono verso il cielo blu e infinito...

Non ho il tempo -di nuovo!- di raccapezzarmi su quanto sia appena accaduto, perché sento Cardia tossire violentemente nel riprendere la funzione che, per antonomasia, rappresenta la vita.

Anf... anf, Cardia! Sono qui, coraggio!” lo chiamo, cercando di sorridergli per fargli forza, malgrado la situazione in cui ci troviamo sia drammatica.

Non... avrei mai pensato, anf, di tirare le cu-oia in un modo così s-stupido, quando... quando ho l'intera vita alla ricerca di...di un valido avversario contro cui... urgh!"

"NON PARLARE, CARDIA, TI FA MALE! RESISTI! CONSERVA LE ENERGIE PER..." le parole e le motivazioni mi muoiono in gola nel vedermelo reclinare la testa in avanti. Devo compiere un movimento improvviso per farlo adagiare sulla mia spalla e impedirgli di ingoiare altra acqua. mentre con le braccia gli circondo il petto e la schiena per tenerlo il più dritto possibile. Pesa, dannazione, ed io non riesco quasi più a muovermi.

"Morirò, vero?"

Il tono con cui mi pone la domanda, assolutamente non da lui, mi terrorizza ancora di più. Si sta lasciando andare, maledizione, non posso accettarlo! Non anche tu, Cardia!

Car, tu non morirai ora, ficcatelo bene in testa! Lo troverai questo valente guerriero, lo troverai... e con lui potrai dare il massimo come hai sempre desiderato, pertanto smettila di delirare, non ti perdonerò mai se ti lascerai battere!” lo provo ad incoraggiare, tentando di ironizzare, anche se mi sento stremata.

Marta?! A-allora eri davvero tu, anf, quasi non ti riconoscevo, sai, piccoletta?! Con quel corpicino sei riuscita a raggiungermi, mi...mi hai s-soffiato aria dentro ai polmoni p-per tentare di salv-a-armi... ” sussurra ancora con voce sempre più flebile, aprendo stancamente gli occhi che hanno ormai perso la solita brillantezza. L'epiteto con cui mi si rivolge è in grado, da solo, di farmi agitare di più, invece di tranquillizzarmi. Non è assolutamente da lui!

NON PARLARE, CAR, PER FAVORE! Hai appena avuto un infarto e... ci sono io qui, devi risparmiare energie!"

Tu... sei... qui, s-sì, e... mi hai... appena... baciato, anf! - richiude gli occhi, sorridendo con estrema fatica, recupera un po' di fiato, prima di proseguire - In fondo... non è così male passare a... urgh, m-miglior vita a-anche c-così!”

La sua voce si spegne improvvisamente, mentre la sua testa ricade in avanti. Sussulto per la paura e l'angoscia, impiegando quanto resta delle mie forze nel sorreggerlo, sbattendo i piedi alla ben meglio per rimanere entambi in superficie.

"Martaaaaa!!!"

Mi volto al suono della voce cristallina di Dègel, riuscendo a scorgere l'imbarcazione a poca distanza da me avvicinarsi con urgenza. Sia ringraziato il cielo, o la Terra, o qualunque altre cosa di questo o quel mondo. Non riesco a muovermi da dove sono, devo per forza attendere che arrivino loro.

Marta!!! Ci sei riuscita, lo hai ritrovato! Come... come sta?!" esclama febbrilmente, il bel viso spezzato dalla paura.

Oddio, Marta, cosa è successo, di preciso?! Si è manifestato un cosmo colossale, c-credo anche di averlo riconosciuto, ma non dovrebbe essere possibile... questo!" urla a sua volta Francesca, ormai tutto fuorché imperturbabile.

Vorrei rispondere ad entrambi, ma l'affaticamento è troppo, me lo impedisce. Riesco a stento ad aiutare Dègel ad issare su il corpo esanime di Cardia, prima di accorgermii di non essere più in grado di fare altro, totalmente prosciugata.

I-io... non lo... so, anf!" ammetto, mentre Francesca e Michela, insieme, facendo leva sulle braccia, riescono a sollevarmi per portarmi così sull'imbarcazione.

Tremo vistosamente, lasciandomi cadere, esausta, in posizione prona, le gambe totalmente impossibilitate a sorreggermi. Tuttavia, dopo i primi secondi di smarrimento e intorpidimento, è la mia stessa forza di volontà a spingermi, trascinandomi, verso il mio migliore amico, al quale Dègel ha appena finito di fare il primo ciclo di compressioni toraciche e ora lo controlla minuziosamente, una mano sopra il petto, e l'altra tra i ciuffi ribelli. Si china verso di lui, posandogli quasi l'orecchio sulle labbra.

Oddio! Come sta? Ha un'espressione così sofferente! Il suo cuore... batte?! Respira?! ” chiede Michela, apprensiva, gli occhi lucidi.

Sì... batte e ha anche ripreso a respirare... - risponde Dègel in un misto tra l'apprensione infinita e una velata speranza – però... però è ancora molto grave e qui in mezzo al mare non possiamo curarlo adeguatamente!”

"E allora cos...?"

Qui no, ma sull'isola di Milos sì!” interviene Sonia, rimasta a contemplare il cielo sopra di lei.

Ci voltiamo tutti verso di lei, osservandola sorpresi. La nostra amica guarda versa una direzione precisa, sembra apparentemente sotto ipnosi...

S-Sonia cosa intendi?” chiede, Francesca, provando a scrollarla per farsi guardare in faccia. Tutto inutile, non sembra quasi più lei.

Coordinate 36°44'45"N24°25'27, è questa è l'isola di Milos..." illustra Sonia, del tutto meccanicamente, come se fosse pre-impostata.

"S-Sonia?!" la chiama Michela, preoccupata, provando a sua volta a svegliarla con lo schioccare delle sue dita, ancora una volta inutilmente.

Ho parlato con il vento, amiche mie, per sapere dove siamo di preciso... - afferma Sonia, continuando a contemplare il cielo con espressione vuota, indicandolo – Mi ha detto che l'isola di Milos dista poche miglia da qua, lì è nato il mio maestro, che prende appunto il nome dall'isola omonima, pertanto c'è la sua casa, in cui ho vissuto io stessa e mi sono allenata: un luogo sicuro, quindi!” spiega ancora voltandosi e guardandoci. Noi, allibite, ricambiamo quell'occhiata vuota nel timore che le sia successo qualcosa di grave, anche se sembra stare bene.

Sonia... sai come arrivarci, non è vero? Ti supplico, so che il tuo potere è legato al vento, ci puoi portare là il prima possibile? Cardia ha bisogno di cure urgenti, ogni secondo che perdiamo è prezioso!” la prega Dègel, dopo un lungo silenzio carico di attesa. E' chiaramente disperato, terrorizzato alla sola idea di perderloe disposto a tutto per aiutarlo.

Sonia annuisce come un automa, poi si posiziona sul bordo della barca per controllare meglio i venti e usufruire così pienamente della loro forza. Un solo obiettivo per la testa: raggiungere Milos!

Nel frattempo io, ancora incapace di rimettermi in piedi, non posso far altro che stringere la mano vicina di Cardia, cercando, in qualche modo, di fargli forza, sebbene io stessa sia esaurita.

Dégel prende posto al mio fianco, accarezzandomi brevemente la testa prima di concentrarsi sul corpo dell'amico per prestargli le prime cure.

Riposa, rondinella, sei stremata, qui ci penso io! " prova a tranquillizzarmi, vedendomi sul punto di piangere.

"Perdonami, se sono riuscita a fare così poco!" mi raschio la gola, posando la fronte sul dorso della mano di Cardia e chiudendo gli occhi. Di nuovo le sue dita di piuma tra i miei capelli, mentre utilizza il gelo sul torace del migliore amico per placare almeno un poco il dolore che sicuramente prova.

Poco?! Ti sei buttata in acqua per lui, lo hai trovato, quando io non ne sono stato capace! Cardia ti deve la vita, Marta, ed io... io ti sarò sempre grato per... questo!"

Annuisco senza forze, cullata dalla sua vicinanza. Vorrei che tutto questo fosse già finito, che lui e tutti gli altri stessero già bene, in piedi, sorridenti. Nessuno di loro meritava questa sofferenza, quando il Mago è interessato solo a me, alla mia distruzione. NESSUNO!

Sento Dègel sospirare sonoramente, prima di riprendere il dialogo.

Sai quanto sia testardo questo artropode insolente! - mi tranquillizza ancora, in un tono più leggero. Sento il suo velato sorriso su di me - Ti sembra tipo da gettare la spugna?! No, certo che no, si rimetterà, dobbiamo crederci, rondinella!”

Mi sollevo un poco sui gomiti, osservando per un attimo il volto completamente bagnato di Cardia, il suo respirare con difficoltà. Colui che ho davanti è un guerriero; un guerriero che non ha mai esitato a continuare a vivere, malgrado tutta la sofferenza che lo ha accompagnato fin dalla nascita. Non si arrenderà, no!

Hai ragione, Dègel, lui ce la farà senz'altro! E' un guerriero nato, come tale non si arrenderà per nulla al mondo!” annuisco, decisa e sicura come non mai, mentre l'altra mia mano istintivamente accarezza i capelli inzuppati del mio migliore amico. E' così, Cardia... abbiamo fiducia assoluta in te: ce la farai senz'altro, lo credo fermamente!

 

 

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Angolo di MaikoxMilo

E rieccomi qua, gente di mare e monti, sono tornata, spero che il capitolo possa piacere ehe!
Allora, un chiarimento sui poteri: da qui in futuro scopriremo le reali potenzialità delle 4 ragazze, ovvero oltre ai poteri di base che posseggono (ghiaccio, fuoco, vento e fulmine) ci saranno degli altri poteri che attenderanno solo di essere scoperti, più precisamente...

Sonia: potere del vento e oltre a questo parlare direttamente con le correnti (e voi mi chiederete: ebbene che potere sarebbe???) beh, riuscendo a parlare con il vento si riesce a capire la posizione attuale del soggetto (utile per non perdersi) e oltre a questo... beh si vedrà! XD

Francesca: potere dell'elettricità e oltre a questo potere di costruire oggetti a piacimento se si dispone del materiale originario.

Michela: poter del fuoco, anche se al momento i poteri extra sono ancora misteriosi per lei, uhm chissà quali saranno???

Marta: potere del ghiaccio, ma oltre a questo, come si è visto, è capace di respirare sott'acqua e di creare acqua a suo piacimento (in teoria, in pratica questi poteri funzionano a metà perché la suddetta non è in grado di controllarli!). Allora... perché questi poteri? Beh, come avrete intuito nella mia mente malata c'entra Poseidone e quello che è successi nella vita precedente, ma si saprà meglio nella storia extra che mi accingerò a scrivere (ah, per le domande: no. Marta non è figlia di Poseidone, il termine "figlia" è inteso in un altro senso).

Beh, che dire? Grazie di cuore alle persone che mi seguono, continuerò a dare il massimo!!!

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Capitolo 33
*** Riposo forzato ***


 

CAPITOLO 33

 

RIPOSO FORZATO

 

2 Agosto 2011, mattina.

 

Un movimento poco distante da me, unito al cigolare del letto, sposta la mia attenzione dalla finestra all'interno della camera. Mi sforzo automaticamente di sorridere.

"Buongiorno, dormiglione! Era finalmente l'ora che vi svegliaste!” esclamo fintamente vivace, accorgendomi dello stiracchiamento di Michela e del sonoro sbadiglio di Francesca.

"Marta, avresti dovuto dormire anche tu!" mi rimprovera bonariamente la mia amica più grande, notandomi già alzata. Si mette di riflesso seduta e si stropiccia gli occhi.

Dormire...? Ma figuriamoci! Per tutto ciò che è successo ieri, per le condizioni in cui versa Cardia e per la sofferenza dei nostri amici lasciati nel passato, l'ultima cosa che mi viene in mente di fare è proprio quella di chiudere gli occhi e riposarmi. Inoltre... inoltre ho avuto anche una specie di sogno-visione, l'ennesima, su mio fratello. Mi ha tolto il fiato in corpo, mi ha fatto sentire male per lui, per ciò che sta vivendo.

Mi circondo la parte alta dell'addome con un braccio, rabbrividendo, trattenendo a stento un ansito. Il mio sguardo sfuggente si smarrisce nel vetro che ho davanti. No, non glielo dirò a Francesca e Michela, ma l'ho avvertito chiaramente questa notte: il corpo di mio fratello sta cedendo, la fame d'aria che ho provato non era la mia, ma la sua, lo so bene. Non riesce quasi più a respirare da solo e, nel XVIII secolo, non abbiamo né i mezzi né gli strumenti per aiutarlo. Ogni più piccolo anelito gli costa fatica e dolore, l'ossigeno nel suo sangue sta scendendo vertiginosamente e avrebbe di certo bisogno di un supporto respiratorio, che non abbiamo, per l'appunto! Se non dovessimo tornare al più presto, l-lui...

"Marta... che ti succede?" a Michela non è sfuggito il mio disperato strizzare di palpebre, né la smorfia sul mio volto. Mi costringo a tranquillizzarmi, non devo manifestare questo malessere, le angoscerebbe soltanto, e hanno già fin troppo da penare.

"Ho dormito, babbe! Solo... mi sono svegliata prima di voi!" mento, sorridendo nella maniera più sincera possibile. Se raccontassi quello che ho visto, ne morirebbero di paura, sprofonderebbero nella disperazione, la stessa che sta prendendo anche me. Non devo permetterlo, anche se sento tanto il bisogno sfogarmi con qualcuno.

Coraggio, Camus, resisti, sei forte, lo so io e lo sai tu... non devi cedere, fratellino!

"Babbe... era da un po' che non ci chiamavi così!" ribatte Michela, ridacchiando, un poco più sollevata nello spirito.

Istintivamente il mio sguardo si posa su Sonia, girata di spalle, ancora placidamente addormentata, ciò mi riporta alla mente gli avvenimenti del giorno prima.

Praticamente, malgrado sapesse perfettamente dove dirigersi perché si è messa proprio a 'parlare con il vento', come ci ha detto lei, siamo arrivati sull'isola di Milos che era già sera inoltrata, totalmente spompate, quasi incapaci di rimanere dritte in piedi.

Una volta giunti vicino all'abitazione del Cavaliere di Scorpio, Sonia è stata colta da un improvviso capogiro e ha perso irrimediabilmente coscienza, perciò Michela, la più robusta fra noi, ha dovuto caricarsela sulle spalle in tutta fretta, poiché Dègel trasportava già il peso morto di Cardia, e Francesca si sorreggeva a stento a me.

Fortunatamente la porta d'entrata non era chiusa a chiave, è bastato quindi spingerla e ci siamo trovati nell'atrio, del tutto meravigliate nel trovare una casa in ordine, come se qualcuno, di volta in volta, venisse a risistemarla e pulirla. Dégel non sapeva minimamente dove andare, né come destreggiarsi, abbiamo quindi acceso noi la luce premendo il pulsante, sbalordendolo non poco, neanche si trattasse di un prodigio, ma effettivamente per lui deve esserlo di certo, visto che è nato nel XVIII secolo.

La dimora di Milo è una casetta su due piani, graziosa e confortevole allo stesso tempo, ma purtroppo non abbiamo avuto il tempo di vederla nella sua totalità, perché Dègel, ripresosi in fretta dallo sconvolgimento delle luci, ci ha espressamente ordinato ( e assomigliava paurosamente a Camus, nel farlo!) di andare a riposare, che ci avrebbe pensato lui a Cardia. Noi abbiamo eseguito immediatamente, anche se ci abbiamo impiegato un po' a capire dove andare. Dopo una breve ispezione, abbiamo finalmente trovato una camera da letto matrimoniale al piano superiore (ma matrimoniale perché, poi?! Non ci vivevano solo Milo e Sonia qui?!) che ha offerto giaciglio a Michela, Francesca e Sonia, mentre io mi sono accontentata della poltrona lì vicino, anche se non ho dormito che giusto due ore, perché poi sono stata assediata dagli incubi.

Probabilmente l'Acquario si è adoperato tutta la notte per lenire le sofferenze del suo amico preda di una febbre violenta. Chissà quanto sarà stanco in questo momento, ma non sarebbe da lui mettersi davanti agli altri, è così gentile il mio Dègel, lo è sempre stato, fin dalla più tenera età... sarà riuscito ad abbassare la temperatura corporea a Cardia? Sono così in pena anche per lui...

Ingoio a vuoto, stringendomi con forza l'addome appena sotto al seno. Ho piena fiducia nelle sue capacità, ma gli ultimi avvenimenti mi hanno distrutta, non sono più certa di niente, brancolo nel buio, vittima di una tensione perpetua che non riesco più a controllare.

Il destino di Cardia e Dègel è quello di morire ad Atlantide in un giorno di fine ottobre del 1743. Da dove siamo partiti noi, è il 1741, nulla è stato ancora deciso, tuttavia... il nostro arrivo in un tempo storico non nostro, l'attacco del Mago, ciò che ne è conseguito, sono tutti fattori che hanno minato fortemente il flusso temporale, quindi nulla è più certo. E se... e se la vita del mio migliore amico dovesse invece concludersi qui?!

Scrollo angosciosamente il capo, rifiutando quell'ipotesi. No, non devo pensarlo neanche! Cardia è forte, questa per lui non è altro che un'altra breve, patetica, crisi, ci vuole ben altro per metterlo al tappeto! Io lo so, ce la farà!

"Proviamo ad andare giù, non abbiamo saputo più nulla dei nostri amici!" sancisce Francesca, dirigendosi, dopo un'iniziale esitazione, verso la porta.

"Però Sonia è ancora addormentata!" le fa notare Michela, posando di riflesso una mano sopra la fronte dell'amica più piccola.

Francesca ed io osserviamo brevemente il letto, poi la luce fuori, già potente e afosa al solo percepirsi. Deve essere mattina inoltrata, il che significa che ci rimangono due giorni per arrivare a Genova. Rabbrividiamo simultaneamente.

"Beh, quando si sveglierà, scenderà giù. Del resto lei conosce meglio di noi questo posto, lasciamola quindi dormire ancora un poco!" affermo, facendo un cenno con la testa.

Percorriamo quindi le scale e ci dirigiamo automaticamente verso il salotto che conduce alla camera dove Dègel ha portato Cardia, trovando però l'ennesima porta chiusa a sbarrarci il cammino.

"Ma porc...! Sto cominciando a provare una forte avversione per gli ostacoli!" esclama Michela, pestando con forza il pavimento con il piede.

"Dègel non ci può lasciare in questo stato, senza farci sapere come sta Cardia!" biascica Francesca, sedendosi con rassegnazione sul divano decorato con un motivo a fiori. Ancora noto il particolare che l'arredamento non è propriamente maschile, ma non ci do peso, preda di urgenze ben più gravi.

"Non ci resta che aspettare" sospiro rassegnata, appoggiandomi invece al muro e incrociando le braccia al petto in febbrile attesa. E' chiaro che la casa non venga usata da un po', del resto i mesi scorsi, sia Sonia che Milo erano al Santuario, ma ancora mi giunge lampante che qualcuno che si occupi di questo luogo c'è di sicuro, anche se non so chi.

Passano una decina di minuti senza che nessuna delle tre compia una qualsivoglia azione. C'è tensione nell'aria, lo si percepisce anche e soprattutto perché Michela, sempre propensa a parlare, sta invece chiusa in sé stessa, osservando il pavimento in un mutismo che ben rende l'idea sul suo stato. E' infine Francesca a decidere di rompere l'innaturale silenzio che è calato tra noi.

"Beh, visto che non si sta muovendo nulla, tanto vale parlare di quello che è successo ieri e, soprattutto, delle nostre conseguenti reazioni!" asserisce lei, seria in volto.

"Non c'è molto da dire, Fra! - prende subito parola Michela, con disappunto - Lo stronzo ha attaccato di nuovo, tu riesci a formare e maneggiare oggetti se sei in possesso del materiale per plasmarli; Marta potrebbe tranquillamente fare il record di apnea mondiale; Sonia parla con il vento, riuscendo ad orizzontarsi dovunque si trovi, ed io... io non ho fatto un emerito tubo come di consueto!" si colpevolizza Michela, stringendo i pugni con forza.

"Non è vero, Michy! Ti sei caricata in spalla Sonia e hai fatto di tutto per stare al passo di Dègel, quando invece Francesca ed io eravamo completamente fuse!" affermo, cercando di tirarle su il morale.

"Ma, combattivamente parlando, cosa ho fatto?! Io posseggo la Fiamma di Ares, in teoria, ma non riesco ad utilizzarla al meglio, se non fosse stato per voi, Dègel e Cardia..."

"Ti occorrerà semplicemente più tempo per trarre il massimo della potenza dalle tue capacità! La Fiamma di Ares, Michy... il fuoco, l'elemento distruttivo per eccellenza, nonché quello della rigenerazione, non sono certo facili da padroneggiare, e tu sei già a buon punto!" le sorrido, cercando di incoraggiarla.

"Ha ragione Marta! Vedrai che anche tu scoprirai i tuoi poteri latenti e il modo per sfruttarli pienamente, è solo questione di tempo!" mi da manforte Francesca, affiancandomi.

"G-grazie, però..."

"Ragazze, ma cosa... ma cosa ci facciamo nella casa di Milo?!"

Una quarta voce si aggiunge alle nostre, unita al suono di alcuni passi in avvicinamento. Dirigiamo i nostri sguardi verso di lei, scorgendo Sonia che, ancora intontita, avanza nella nostra direzione. I suoi capelli scompigliati e l'espressione ancora mezza addormentata stampata in volto, provocano in me un moto di tenerezza.

"Non riesci a ricordare nulla, So'?" chiedo conferma, modulando la mia voce quasi come se fossi una madre nei confronti della propria figlia.

Sonia, incespicando un poco nei suoi stessi piedi, nega con la testa, massaggiandosi la fronte nel tentativo di rammentare i fatti accaduti.

"Rimembro solo te, Marta, che uscivi dall'acqua sorreggendo un Cardia pallidissimo in volto, il resto è tutto offuscato... quasi come se fossi stata posseduta da qualcuno!" spiega lei, appoggiandosi infine completamente a me.

"E' strano, sei stata tu stessa a parlarci di questo posto, ed è grazie a te se siamo riusciti a portare Cardia qui al sicuro!" afferma Michela, avvicinandosi a sua volta a noi, per poi posarle una mano sulla testa. E' più piccola di me ed è dello stesso anno di Sonia, ma ci supera di gran lunga in altezza. Sorrido nel pensarlo: già sua madre è piuttosto alta e il padre Ares, mi immagino, non deve essere da meno, ecco perché sfiora, se non addirittura supera, anche se di poco, l'altezza di Hyoga, che è già ben slanciato di suo per essere appena un sedicenne.

"C-cosa?! Io non ricordo nulla di tutto questo!"

"Massì, hai anche proferito una frase un poco strampalata, ovvero che il vento ti aveva parlato!” prosegue Francesca, nel tentativo di farle rimembrare qualcosa.

A questo punto Sonia spalanca ancora di più i grandi occhini verdi, del tutto simili a quelli del fratello Aiolia. E' completamente incredula e si vede.

"Cielo, ho davvero detto ciò?! Ma che diavolo! Devo essere sembrata una pazza squinternata!” esclama, non riuscendo però a trattenere una leggera risatina ricolma di imbarazzo.

"Solo un po'! - intervengo, accarezzandole di riflesso i capelli - Anche a me è successo qualcosa di inspiegabile: qualcuno mi ha dato la forza necessaria per salvare Cardia; questo qualcuno mi ha anche parlato, come un padre, ma non era Efesto, non capivo chi fosse, la sua voce mi infondeva coraggio... quando credevo di non farcela più, che sarei annegata insieme al mio migliore amico, puff, mi sono trovata magicamente fuori dall'acqua a respirare a pieni polmoni!" provo ad esplicare, guardando automaticamente fuori dalla finestra del soggiorno l'immenso cielo azzurro, anche se un poco offuscato dall'afa di agosto.

In seguito alle mie parole, però, cala nella stanza un silenzio agghiacciante; un silenzio che sento di dover colmare subito per tranquillizzare le mie amiche.

"Beh, non fateci caso! Chiunque sia intervenuto gli devo la vita mia e di Cardia, prima o poi ricambierò il favore!" provo a sdrammatizzare, ridacchiando nervosamente.

"Marta... davvero non hai capito di chi si tratti? Non ti ha... ricordato nulla?" mi chiede Francesca, enigmatica più del consueto.

"N-no, dovrebbe?" ribatto, confusa e sbigottita.

"Forse sì, almeno che Lei non voglia farti arrivare a questa consapevolezza per gradi..."

Affino lo sguardo nella sua direzione, cercando di trafiggerla con i miei occhi, perché è lampante che lei sappia e vorrei si spiegasse di più, ma il cigolare della porta che si apre mi fa sussultare.

"Siete tutte qui, vedo..." mormora a fatica Dègel, pallido in volto, con le occhiaie fin quasi alle orecchie, accennando due passi nella nostra direzione.

"Come sta Cardia???" chiediamo all'unisono, correndo verso di lui, quasi assalendolo per l'ansia che stiamo provando.

"Ora sta dormendo, ma non riesco a stabilizzare completamente la sua temperatura corporea... questa volta il suo cuore è stato messo duramente alla prova..." spiega stancamente Dègel, sorreggendosi al muro.

Sospiro pesantemente, maledicendo ancora una volta quel fottuto Mago. Poi mi avvicino con cautela a lui, sul mio volto aleggia un'espressione seria, velata da una certa tristezza. Nonostante questo, sorprendendo perfino me stessa, il tono della mia voce esce quasi del tutto calmo.

"A questo punto, Dègel, è opportuno raccontare a tutte il problema cardiaco di cui soffre Cardia... so che lui non lo vorrebbe, ma è d vitale importanza, ormai. Il nemico stesso ne deve essere a conoscenza, altrimenti non avrebbe mai agito così, andando a colpo sicuro!" affermo, decisa.

"Sì... l'onniscienza è l'unica spiegazione possibile davanti ai suoi comportamenti - mi asseconda, prima di sospirare - Ho sperato fino all'ultimo che così non fosse!"

"Ma così è, invece! Ha ripetuto, pari pari, le invettive che Cardia gli ha urlato quando Milo è caduto per la peste. Il nostro nemico... conosce ogni cosa, è vicino all'onnipotenza, quasi la sfiora e..."

...E ciò mi terrorizza. Penso, ma non lo formulo. Va da sé che l'unica cosa che lo separi da un potere totalmente assoluto è il corpo di mio fratello, ma... perché?!

"Che cosa... dovete dirci?" tenta Michela, guardando prima me e poi Dègel, la mano premuta sopra il petto.

"Hai ragione come sempre, Marta... - butta fuori aria l'Acquario, torturandosi brevemente le mani, improvvisamente in difficoltà espressiva - In questi termini, meno segreti abbiamo tra noi, più sarà facile sorreggerci reciprocamente, colmando così il più possibile le nostre debolezze individuali. Vi dirò quindi la verità, sperando che Cardia non ne abbia a male per avervi rivelato il suo segreto più intimo..."

"Oddio! E'... è davvero così tanto grave?!" insiste Michela, rabbrividendo nitidamente.

"Cardia, in breve, ha una malformazione cardiaca congenita incurabile, per questo è alla continua ricerca di un avversario valente per porre fine alla sua vita in modo glorioso. Lui sa benissimo di non essere destinato a vivere a lungo, parallelamente però non vuole neanche morire su un comune letto. Vorrebbe vivere il tempo concessogli al massimo delle possibilità, capite? Anche per questo lo ammiro così tanto. Un'altra persona si sarebbe lasciata abbattere dalle avversità della vita, lui no!" ci spiega triste Dègel, sospirando. Dalle sue parole è facile intuire tutto l'affetto che prova per l'amico, e questo mi riporta nuovamente alla mente Milo e Camus.

Mi volto con espressione mesta verso le mie amiche per vedere la loro reazione: Francesca abbassa lo sguardo dispiaciuta, Michela impallidisce vistosamente, mentre Sonia è semplicemente troppo scandalizzata per compiere un qualsiasi movimento che non sia sbattere le palpebre.

Questo è Cardia, il suo fardello, ognuno si porta il suo, ormai l'ho capito, ma io... vorrei semplicemente salvarli tutti, se fosse possibile, alleviargli l'immenso peso che ognuno di loro si porta legato alle catene della propria esistenza. Esso stesso è vita, ma... è cos' ingiusto!

"Pensi che... si riprenderà in tempo? Abbiamo solo oggi e domani di giorni buoni per prendere la cura e tornare nel 1741, ma se Cardia continuerà a stare male dovremo architettare un piano di riserva!" afferma ad un certo punto Francesca, cercando di mantenere il sangue freddo proprio come Camus le ha insegnato.

La guardo ammirata, rendendomi nitidamente conto che lei, più di tutte, ha fatto suoi gli insegnamenti di mio fratello, che deve essere senz'altro orgoglioso di lei, la più capace fra noi. Se solo io... se solo fossi riuscita a dimostrare la metà della sua risolutezza, forse sarei riuscita davvero ad essere un sostegno per le persone per me più importanti, avrei potuto capire intimamente Camus, invece di trarre conclusioni affrettate e ferirlo a parole come ho fatto.

Immediatamente una fitta dolente al petto mi mozza il respiro, rammentandomi delle parole spietate fuoriuscite dalle mie labbra prima che cadesse a terra, prima che si sentisse così male. Quel 'ti odio' sputato lì, con tutta la rabbia che avevo in corpo, quei suoi occhi che mi chiedevano aiuto, e che io non ho però colto, traendo invece piacere nell'essere ancora una volta spietata, e poi... e poi...

Camus se ne andrà da questo mondo con questa consapevolezza nel cuore?! Che lo detesto quando non è vero, quando invece è la persona più importante della mia intera esistenza?! Quello è stato l'ultimo nostro scambio di battute quando lui era ancora lucido, il resto sono stati vaneggiamenti vari, tra rantoli e febbri che lo stanno tutt'ora consumando. Poco importa se gli ho detto che gli volevo bene quando era agonizzante sul letto, poco importa se, infine, sia riuscita anche a toccarlo, non so se le mie parole lo abbiano più raggiunto, non so se la mia voce e i miei gesti riescano ancora a rinfrancarlo, so solo che sta sempre peggio, che non reggerà ancora a lungo e che un 'ti odio' è stato quanto di più intenso io sia riuscita a trasmettergli in quel momento.

"Cardia è forte, concediamogli almeno un giorno per riprendersi e non ci deluderà! - risponde Dègel, del tutto fiducioso della tempra del suo migliore amico - Tuttavia... nell'eventualità che dovesse stare ancora male stasera, penseremo ad un piano di riserva, ma solo in quel caso!"

Mi lascio andare sul divano, posandomi una mano sopra la fronte: questa non ci voleva proprio! Probabilmente faceva parte dei piani del Mago quello di renderci incapaci di agire attaccando Cardia, perché quello stronzo sa benissimo che nessuno di noi si muoverà da qui finché non staremo tutti bene, e facendo così rischiamo di non arrivare in tempo per salvare i nostri amici...

Maledetto vigliacco di un negromante! Non riesco proprio a capire quale sarà la sua prossima azione, è così imprevedibile, quel dannato! Come fa... come fa a possedere un simile pecualiarità?! Chi è per davvero?!” esclama furibonda Michela, nascondendo la faccia nelle mani.

"In ogni caso questo giorno non è ancora passato, aspettiamo prima di disperarci! Ora cerco di mettermi in contatto con i miei fratelli per capire in che condizioni siano e dirgli la nostra ubicazione corretta, Vedrete che il Mago non l'avrà vinta!" afferma risoluta Sonia, uscendo dalla stanza con passo incalzante.

Già, non l'avrà vinta, me lo continuo a ripetere anch'io, ma... sarà davvero così?!

 

******************************

2 Agosto 2011, pomeriggio.

Entro in punta di piedi nella stanza in cui sta riposando Cardia, mentre un déjà-vu abbastanza forte mi investe, riportandomi alla memoria Milo caricato sul letto che combatte tra la vita e la morte.

Scacciando in fretta quel pensiero, mi concentro invece sulle peculiarità della stanza, un'altra camera da letto. Ne ho contate tre in tutto, due singole e una matrimoniale, per un totale di quattro posti, se non cinque o sei, perché anche il divano sembra potersi aprire per mostrare così un ulteriore giaciglio. Chissà perché così tanti...

Sonia ci ha spiegato brevemente, senza scendere in particolari, che ha vissuto per anni in questa dimora, lontana dalla legge spietata del Santuario. Lo stesso luogo aveva visto Milo allenarsi per diventare Cavaliere d'Oro, ma non ha precisato le modalità per cui questa casetta così graziosa sia arrivata a lui, se per eredità o altro. Quale che sia la ragione, ci è praticamente cresciuta qua dentro, finché, dopo la nefasta Battaglia delle 12 Case, non si sono trasferiti all'Ottava Casa del Santuario. Dopo la guerra contro Hades, nel periodo in cui è rimasta da sola, perchè i Cavalieri d'Oro erano tutti morti, non ci ha più voluto mettere piede qui, eppure, come ho già notato, la casetta è stranamente pulita per essere disabitata da mesi. Non ho comunque voluto chiedere di più, malgrado la mia curiosità, sembrava particolarmente sofferente nel rammentarlo.

Sospiro tra me e me, mentre l'immagine di una piccola Sonia intenta a leggere un grosso tomo e di un giocoso Milo che la punzecchia, si forma nella mia mente, trasmettendomi l'idea di un qualcosa di lieto nel mezzo di un'esistenza in bilico tra una guerra e l'altra. Torneremo a quei giorni... in un modo o nell'altro!

Vincendo sulla mia riluttanza, mi dirigo lentamente verso il letto dove è sdraiato Cardia, prendendo poi posto sulla sedia lì vicina e osservandolo in silenzio, indecisa se dire qualcosa o meno. La situazione che sta passando il mio migliore amico, nonostante le cure di Dègel, non è proprio delle più tranquille, lo posso ben intuire dalla smorfia di dolore che alberga sul suo viso e alle sue mani che sono impiegate a stringere, anzi, ad arpionare con foga inaudita, la maglia in prossimità del petto.

Deve essere stato proprio Dègel a cambiarlo, probabilmente trovando, negli armadi, e prendendo in prestito il vestiario di Milo che ovviamente gli calza a pennello.

Sembra davvero così sofferente... eppure penso, anzi, sono sicura che presto recupererà le forze e ritornerà l'allegro scavezzacollo della quotidianità. La sua vitalità è eccezionale, anche con la malformazione cardiaca, mortale per chiunque. Non è assolutamente possibile che quel cuore si fermi, è troppo forte per farlo!

Ciao, Car, avevo bisogno di parlarti...” lo saluto, accarezzandogli con delicatezza la guancia bollente.

Ovviamente non ottengo nessuna risposta verbale, ma le sue palpebre, che fremono debolmente, mi fanno capire che, forse, qualcosa sia in grado di avvertire.

Sai, Cardia, come ti ho già ripetuto più volte, e come avrai visto tu stesso, sono una lagna patentata! Per giorni non ho fatto altro che dimenarmi in lacrime, per mio fratello, per Milo, per Regulus.. e così non sono stata di nessuno aiuto a loro. A NESSUNO di loro! - riconosco, forzandomi a parlare in tono chiaro e composto, senza piagnistei - Però questa volta non piangerò, e sai perché?! Perché se piangessi ora sarebbe come un segno di sfiducia nei tuoi confronti, sarebbe come pensare che il tuo destino fosse già segnato e invece non è così, poiché io credo ciecamente nella tua testardaggine! Tze, non basta certo un attacco di quello stupido Mago per sconfiggerti, vero?! No, certo che no, devi avverare il tuo sogno e niente e nessuno ti fermerà! Lo so io e lo sai tu!” affermo con decisione, mentre la mia mano non smette un secondo di accarezzare i lunghi capelli ribelli del mio migliore amico, un poco ispidi per la salsedine.

Prendo una breve pausa, producendo dei lunghi respiri. Tuttavia il mio monologo non è ancora finito, perché avverto farsi sempre più pressante il bisogno di lasciar sfuggire dalle mie labbra altre parole... parole... e ancora parole!

So perfettamente che sei imbattibile, quindi non hai certo bisogno del mio sostegno morale per combattere contro la tua malattia, ma io ho bisogno di parlarti, perché tu mi hai sempre aiutata con la tua presenza costante e il tuo modo di fare che mi ha fatto affezionare così velocemente a te, così io... voglio almeno stare al tuo fianco per farti sentire che ci sono, che sono qua fuori, vicino a te, e che ci sono anche le altre, di là, e Dègel, che si è fatto in quattro per te, per farti stare meglio. Lo conosci come è fatto, no? Non riposerà finché non riaprirai gli occhi!”

Un'altra pausa, stavolta più breve, alla ricerca delle parole che, ancora una volta, mi raschiano la gola, faticando non poco ad uscire. Che strano... mai come adesso mi sono sentita così simile a mio fratello, così tremendamente vicina alla sua natura e, parallelamente, così distante. Alla fine le parole sono i veicoli con i quali noi ci approcciamo al mondo esterno, ma non è così facile adoperarli. Sarebbe tutto più semplice se si riuscisse a comunicare con l'altro, ma l'eterogeneità caratteriale fa sì che si creino differenze, discrepanze, vere e proprie voragini tra noi e coloro che stanno fuori. Ed è così che nascono i conflitti, le guerre, su piccola o grande scala.

Sorrido automaticamente tra me e me, avvertendomi consimile e dissimile da Camus, che mi manca da impazzire. Mi raccolgo un momento, prima di manifestare il resto.

Siamo tutti con te, Car, e sappiamo perfettamente che ti riprenderai in fretta, ma devi cercare di farlo entro oggi, mi capisci? Ti supplico, non... non voglio perdere nessuno di voi, NESSUNO! Io darò il massimo per essere come te, che non ti arrendi mai, farò di tutto per reagire a questa situazione con la grinta che dimostri ogni giorno, ma, per favore, riapri gli occhi! - lo provo ad incoraggiare, stringendo un poco i suoi capelli tra le mie dita - Desideravo tu sapessi che sei il mio esempio di vita, colui che mi insegna a non demordere mai, MAI, neanche nelle situazioni più disperate, io... credo in te, coraggio!"

Mi chino per baciarlo sulla fronte, facendo così scivolare lentamente la mia mano sinistra fino a posarla sopra il suo torace, avvertendo con chiarezza il suo cuore battere velocemente contro il mio palmo. Non può davvero fermarsi in alcun modo, lo so per certo!

Rimango lì per qualche secondo in più, premendogli sulla pelle, prima di compiere il gesto di raddrizzarmi per poi uscire dalla stanza, ma il rapido gesto della sua, di mano, che trattiene la mia sopra il suo petto, mi sorprende non poco.

Cardia!!!”

Non... non mi abbandonare, a-anche se s-sono forte!” lo sento biascicare, agitandosi nel sonno e stringendo ancora di più la presa su di me.

Non ti abbandono, Cardia, nessuno di noi lo farà, lo dovresti sapere: non sei da solo!” gli sussurro, aumentando la stretta sul polso per fargli capire che ci sono e che ci sarò sempre.

Ti prego, non mi abbandonare... - ripete Cardia, in preda al delirio – io... io ti amo!”

E' la volta del mio cuore di accelerare violentemente i suoi battiti... trattengo automaticamente il respiro, mentre il mio corpo trema appena.

L'ho sempre saputo, lui stesso me lo ha fatto intendere, anche se le tre paroline non le ha mai professate... ma, del resto, non occorrevano di certo per capire che i suoi sentimenti andassero ben oltre il concetto di amicizia.

Eppure... eppure non si è rifiutato di essere il mio migliore amico, pur di stare al mio fianco, pur sapendo perfettamente che amo un'altra persona... una scelta ardita che gli è costata fatica e dispiaceri, lo potevo ben vedere nel guardarlo in faccia; una scelta patita e sofferta, ma comunque migliore, nella mentalità di Cardia, di recidere ogni rapporto con me.

E adesso, grazie alla semi-incoscienza causata dal suo malore, le difese naturali sono cadute, facendo trapelare, nero su bianco, l'enorme sentimento che nutre per me, che non gli da requie nemmeno nel sonno, che non riesce più a sopperire, che è destinato ad infrangersi. Ingoio a vuoto, sentendomi un verme.

Cardia, io... mi dispiace così tanto!” gli sussurro, accarezzandogli nuovamente la fronte. Avverto distintamente il magone dentro di me, ma non lo lascerò defluire fuori, no... rimarrà chiuso lì, nella laringe. Basta piangere, basta frignare, non serve a niente, a NIENTE!

E' proprio vero: ogni scelta porta a determinate conseguenze e molto spesso sono proprio le persone a noi care a patire maggiormente le nostre decisioni... del resto 'nessuno appartiene solo a sé stesso', come ha detto anche Milo nel sogno che ho avuto solo ieri. Però io... non ho scelto alcunché in questa faccenda, non razionalmente almeno, mi sono semplicemente trovata invischiata nelle tele dell'amore; un amore che affonda le sue radici nel mio passato, un amore che non è destinato a compiersi, un amore che, pur nella sua grandezza, è stato solo in grado di far soffrire le persone a me più vicine, Cardia in primis, ma anche le mie amiche, preoccupate per il mio stato, e soprattutto mio fratello, che ha fatto di tutto, se non oltre, per tentare di salvarmi da tutto questo.

Un amore, il mio, che non sono neanche sicura mi appartenga totalmente! Quanto di Seraphina c'è in questo sentimento? Quanto di me? Se non fossi stata la sua reincarnazione... mi sarei comunque innamorata di lui?! Avrò mai... una risposta?!

Inaspettatamente avverto diminuire di intensità la stretta sulla mia mano. Il volto di Cardia ha finalmente acquisito un'espressione più serena e tranquilla, persino il suo cuore pare essersi acquietato un poco, tornando a battere più o meno regolarmente.

Che si sia finalmente addormentato senza provare più dolore alcuno? La crisi è passata? Voglio crederlo con tutta me stessa!

Car... io non posso fare altro che dirti che ti voglio un'infinità di bene e che non ti abbandonerò mai... - gli sussurro avvicinando il mio volto al suo ancora una volta – Ma, come ben sai, non posso darti quello che tanto brami. Perdonami, se puoi... spero con tutta me stessa che tu, prima o poi, riesca ad essere veramente felice con qualcuno... lo meriti per davvero!” riesco sono ad aggiungere, fuggendo dalla stanza subito dopo.

Chiudo la porta dietro di me, sospirando pesantemente, avvertendo con distinzione il fremito delle mie gambe. Mi serve qualche secondo di raccoglimento, prima di dirigermi, barcollante e a capo chino, verso la camera al piano di sopra con tutta l'intenzione di concedermi un sonno ristoratore nella speranza di avere un minimo di requie dagli incubi che attorniano la mia mente, ma una vocina dentro di me mi sussurra che neanche ci arriverò in camera.

E infatti... percepisco appena una figura in avvicinamento da dietro le mie spalle. Senza neanche voltarmi, so già a chi appartiene.

Marta, non essere così abbattuta, Cardia ce la farà, non ti ho forse detto che quell'artropode insolente non conosce la parola arrendersi?!” mi sorride Dègel, appena alzatosi dal divano.

Respiro lentamente, cercando di non degnarlo di un solo sguardo, mi ci manca giusto lui in questa situazione più che disperata!

Sì, hai ragione... ora mi sembrava dormire più tranquillamente, rispetto a prima” biascico, non sapendo che altro dire, facendo per allontanarmi in fretta e furia anche da lui. Vorrei soltanto fuggire da tutto e tutti.

Non ho alcuna voglia di parlare in questo momento, figurarsi poi con lui, desidererei essere lasciata in pace, penso possa capirlo e... dormire, ma qualcosa nei passi di Dégel, che avverto sempre più vicini, mi fa presagire che le sue intenzioni siano ben altre.

Sta un po' meglio, sì, e tu... e tu sei sempre molto sensibile, a volte sembri proprio percepire il dolore degli altri, una peculiarità del tuo carattere che hai mantenuto anche in questa seconda vita e che mi piace da impazzire!” continua Dègel, con garbo, arrossendo nitidamente.

Spalanco gli occhi, guardandolo quasi implorante: no, ti prego, Dèg, vuoi... vuoi riprendere il dialogo proprio adesso, in una situazione simile? Guardami! Io... non ce la posso fare, sono disintegrata, si vede, lo percepisci, perché allora vuoi insistere?!

Da quella volta che, ehm, sono stati i nostri corpi a... parlare... non ci siamo quasi più sfiorati, se non furtivamente... - inizia, incerto, torturandosi le mani - Marta, io... avrei bisogno di... di avere una risposta!"

Sospiro rassegnata, non avendo altra scelta. Non credo assolutamente di essere abbastanza forte psicologicamente da poter reggere un confronto così, ma nel vedere i suoi occhi così tristi e logori non posso fare a meno che annuire rassegnata.

"Partiamo dall'ultimo accadimento, se per te non è un problema: quando Cardia è finito sott'acqua... come hai fatto a ritrovarlo in quelle condizioni così difficili? Hai trattenuto il respiro per moltissimo tempo!” comincia Dégel, avvicinandosi a me e posandomi una mano tremante sulla spalla.

Automaticamente mi discosto da quel contatto, facendo un passo indietro e ingoiando a vuoto. Non mi capisco più, vorrei il suo tocco con tutta me stessa, vorrei essere abbracciata e rassicurata da lui, non sentirmi sola con questa enorme pressione che avverto sempre più opprimente, eppure rifuggo il suo gesto con tutte le mie forze, quasi ne ho paura. Inspiegabilmente.

Dègel... io non lo so proprio, sono pur sempre sorella di Camus e lui è un provetto nuotatore, riesce a rimanere in acqua ben oltre i limiti umani, e del resto il potere in nostro possesso, il ghiaccio, è acqua allo stato solido: c'è un legame ambivalente con questo elemento!” tento di spiegare, non riuscendo però a nascondere il tono tremante che permea la mia voce.

No, non può essere solo per quello, è un'ipotesi che ho già scartato! Il ghiaccio, per quanto sia acqua allo stato solido, ha proprietà ben diverse rispetto alla sua controparte liquida, tanto da risultare quasi opposto. Chi comanda i ghiacci eterni non ha il dominio anche sull'acqua, e viceversa. Tu invece... li possiedi entrambi, vero? - mi chiede retoricamente lui, con sguardo indagatore. Non ho il coraggio di obiettare - Senza contare che ho avvertito un cosmo estremamente potente; un cosmo che, in qualche modo, conosco già, avendolo chiaramente percepito in alcuni sogni confusi che vedevano protagonista me, una immensa distesa d'acqua, il dio Poseidone... e te!”

D-Dégel c-cosa stai...?” biascico, cercando di sfuggire nuovamente al suo sguardo, ma lui è più veloce di me, mi imprigiona al muro, puntellando poi le braccia ai lati del mio corpo, non concedendomi più alcuna via di fuga.

Non posso più scappare, mi ha rinchiuso! O forse... era questo ciò che volevo?

T-ti prego, non obbligarmi a...”

Devo invece, Marta, perdonami... ti chiedo di non biasimarmi per questo gesto! - farfuglia a fatica, prima di muovere la mano destra e posarmela sotto il mento, dove, con una piccola pressione, mi fa alzare il volto. I miei occhi si stagliano nei suoi; i suoi nei miei, dandomi quel brivido che ben conosco e che mi toglie il fiato in corpo - Il tuo sguardo... è così cambiato da allora, piccola rondine... vedo con distinzione tutte le difficoltà che hai attraversato in questi anni, anche se io, non so perché, non ero presente al tuo fianco, e questo mi addolora ancora di più! Sembri così diversa, ma sei sempre tu; tu e nessun altro! Riconoscerei il tuo viso tra miliardi di altri, i tuoi capelli, che non hanno più tinte argentate come la neve che brilla alla luce della luna, ma che mi piacciono da impazzire comunque anche con questo color terra bagnata gremita di vita, e, infine, la capacità, tutta tua, di far percepire calore al prossimo, arrivando perfino a scaldare un cuore congelato e irrimediabilmente perduto con un unico, spontaneo, sorriso..."

Dègel, c-osa stai farneticando? I-io...”

Madamigella Seraphina, anzi no, Sefi, come ti chiamai la prima volta che facemmo l'amore, l-la mia Sefi... - arriva al nocciolo, facendo mancare a me un battito e poi lo stesso respiro - Ormai ho capito che sei tu, m-ma dimmi, se sai, cosa ci azzecchiamo noi in una guerra selvaggia contro Poseidone e... e poi ancora, cosa ci successe per finire, in un'altra vita, come fratello e sorella. S-saziami della verità, ti supplico, perché sto impazzendo su questa questione, ho il recondito terrore di non essere stato in grado di proteggerti e... vorrei rimediare... se posso ancora!"

Inizio a tremare vistosamente, completamente sopraffatta dalle emozioni e dalla paura. La sua frase finale mi fa accaponare la pelle, irretire i sensi, nell'illusione che lui mi possa salvare per davvero questa volta. Dopo tutti i discorsi, si sta comportando esattamente come Camus, non so se riesca a rendersene conto, così rischia di cambiare tutto il corso temporale. Che sia... che sia arrivato anche lui al limite?!

Malgrado sia perfettamente conscia di questo, ingoio a vuoto, prendendo tempo per valutare di rispondere affermativamente. In fondo basterebbe un semplice 'sì' e tutti i miei sogni si avvererebbero. Un solo 'sì' e tutto si sistemerebbe... potrei a mia volta salvargli la vita, impedire che finisca nelle grinfie di Unity, potrei evitargli di ingaggiare una battaglia disperata contro di lui, potrei... Potrei farlo, sì, un solo sì e cambierebbe tutto!

"I-io sono..."

Il viso straziato di Camus compare tra miei pensieri, stagliandosi più forte di ogni altra cosa al mondo. Camus. Mio fratello. Che in questo momento sta lottando disperatamente anche solo per respirare. Camus. Mio fratello. Che ha sacrificato sé stesso per me, per proteggermi. Camus... il mio fratellino, la persona che mi sta più a cuore.

Sì, cambierebbe tutto, un altro universo, un altro sistema... ne modificherebbe le sorti dell'intera struttura del mondo e, con esse, i destini di milioni e milioni di persone. Sarei così diversa dal Mago, se lo facessi? Se, da sola, mi arrogassi il diritto di cambiare tutto questo per un unico mio desiderio, quindi per una causa assai meno nobile rispetto a quella di mio fratello Camus?! Per cosa mi sono reincarnata in Marta, se non per abbattere quel lurido negromante una volta per tutte?!

Sospiro, sonoramente, buttando fuori aria. Questi di certo erano gli intenti nobili di Seraphina quando ha scelto il suo fato, il sacrificarsi per il bene comune... ma io, come Marta, appunto, che cosa sono in realtà?! Per chi lo sto facendo? Per il mondo... o per la salvezza del solo Camus?! Quale che sia la ragione, la risposta non può essere altro che univoca.

“Mi dispiace, Dégel, questa volta la tua acutissima mente ha preso una cantonata assurda, n-non conosco questa Seraphina che tu dici..."

Vedo gli occhi di Dègel spalancarsi per la sorpresa e l'incredulità. Il suo corpo sussulta sconvolto, come se fosse stato appena pugnalato. Probabilmente così è.

Butto fuori l'aria ancora una volta, tesissima, prima di sorridergli con una malinconia estremamente palpabile: "Io... ti ricordi quando hai discusso con Cardia circa me sui vostri sentimenti? Lo Scorpione sosteneva che ti fossi innamorato, tu hai risposto che eri già impegnato..."

"Marta, mi vorresti forse dire che...?"

Cercando di non farmi trafiggere dai suoi occhi tristissimi, vado avanti, guardando altrove, passandomi imbarazzata una mano tra i capelli: "Sì, io ho origliato per sbaglio il vostro dialogo e... mi ha fatto male! Mi ero già presa una simil sbandata per te e mi sono sentita ferita, priva di speranze..."

"..."

"L'altro giorno, quando è successo il fatto in soggiorno, ho... ho sfruttato la tua debolezza, Dégel, il tuo credermi qualcun altra, a mio vantaggio. Lo so, sono stata abietta, squallida, è dir poco, m-ma... m-ma mi piaci davvero tanto e, mi sono cantata che era la mia occasione per... f-farti mio!" ho sempre più difficoltà a parlare, avverto i suoi occhi su di me, che dovrebbero essere severi e schifati ma che percepisco solo densi di compatimento e gremiti di qualcosa di non espresso. Ciò mi fa ancora più male.

Dovresti odiarmi, Dégel, per quanto ti sto dicendo, perché invece avverto solo comprensione da te, come se, andando oltre il mio siparietto, avessi comunque capito?! Per favore, non rendermela più difficile di quanto già non sia... amore mio!

"Quindi, tu..."

Dégel! Marta! Cosa sta succedendo?”

Una voce, la voce della mia salvezza, interrompe la sceneggiata, facendo così allontanare di scatto lui da me; me da lui, spezzando così l'ultimo contatto che c'era tra noi.

Francesca, i-io...” esclama Dègel, pentito, mordendosi il labbro inferiore.

La mia amica intanto scende lentamente le scale dirigendosi verso di noi. Dal suo sguardo ancora assonnato, intuisco che stava sonnecchiando con le altre, ma parallelamente credo anche che abbia intuito perfettamente la situazione.

Per caso mi è capitato l'orecchio su parte del vostro discorso, me ne rammarico. Tuttavia la tua teoria, Dègel, per quanto affascinante, non regge minimamente! - esclama Francesca, razionalmente, chiudendo gli occhi per trovare le parole giuste - Se ho ben capito, Marta ti ricorda molto da vicino una persona a te cara, quindi pensi che possa esserne la reincarnazione, ma è fallace questo pensiero! Come puoi vedere ben da te, un'anima reincarnata tende, in qualche modo, a formare anche la fisicità, per questo tu e Camus, salvo alcuni piccoli particolari, siete così simili. Ma Marta... Marta non ha molto da spartire con questa tua amica, dico bene?"

Dégel mantiene lo sguardo basso, incapace di opporsi davanti all'evidenza, le sue mani automaticamente si stringono convulsamente a pugno, facendo diventare le nocche paurosamente bianche.

Posso capire come ti senti... tutti noi siamo sconvolti dagli ultimi fatti e, questo viaggio nel tempo, le interferenze tra linee temporali diverse, non fanno certo bene alla fragile salute degli esseri umani... ma questo non deve renderti cieco, dando a Marta connotati che non le appartengono!” continua Francesca, seria come non mai.

Dègel istintivamente si allontana ancora di più da me. Avverto le increspature del suo cosmo farsi sempre più tese e scure, come risucchiate da un mare in tempesta. E' così che deve andare... ma fa ancora più male!

Hai ragione... ho preso un abbaglio!” sussurra solo, chiudendo gli occhi in un'espressione ricolma di dolore.

Dal canto mio, riesco appena appena ad udire lo scambio di battute tra i due, perché le mie gambe, incapaci di sostenere ulteriormente il mio peso, mi fanno rischiare di cadere a terra, ma non posso in alcun modo crollare, non adesso. Non finché questa situazione non si sarà risolta e avremo inoculato la medicina ai nostri amici.

Rondinella, stai tremando per colpa mia? - percepisco a stento la voce di Dègel nella mestizia che mi ha avvolto, ma mi sento avvolgere con distinzione dalle sue forti braccia, che mi portano ancora una volta contro il suo petto. Il mio respiro si tronca seduta stante - Ho capito, Marta... ho capito il messaggio che mi hai trasmesso senza l'utilizzo delle parole" mi sussurra lieve, quasi leggiadro, posando il suo mento tra i miei capelli e accarezzandomi dolcemente la schiena.

"D-Dégel..." cammuffo il mio tono di voce per tentare di non fargli percepire le mie lacrime, che hanno preso a rigarmi il volto. Mi sento come se gli stessi dicendo addio e... non voglio, dannazione!

"Ho capito, non devi spiegarti ulteriormente... - mi rassicura ancora una volta, modulando la voce - Lo fai per Camus, vero? È lui la persona più importante della tua vita e... hai scelto di proteggerlo!" non c'è né rabbia né rancore nelle sue parole, solo una nota d'orgoglio che mi commuove ancora di più. Annuisco, senza proferire parola, del tutto incapace ad esprimermi.

"E' giusto... è esattamente così che deve andare, perdonami se non l'ho compreso subito, mettendoti in difficoltà!"

Annuisco ancora una volta, tremando, inspirando al contempo quell'odore, il suo, ancora un poco salmastro e buttando fuori il rammarico, il mio, che non riesco quasi più a tollerare.

"Io... sono, e sarò sempre, fiero di te, di noi, voglio che tu lo sappia, Marta!"

"A-anche io, D-Dègel!"

Rimaniamo diversi secondi così, Francesca rispetta questo intimo momento tra noi, rimanendo corrucciata e un poco distante. Prende parola solo nel momento in cui ci stacchiamo difficoltosamente una dall'altro.

Dègel, pensavo di andare a prendere qualcosa da mangiare, ma siccome Michela e Sonia dormono della grossa, ti ruberei Marta!” propone in tono fievole, non sapendo bene come farci sentire la sua vicinanza.

Sì, è davvero un'ottima idea, così le fai prendere anche un po' d'aria, ne ha veramente bisogno!” ribatte l'Acquario, sforzandosi di sorriderle mentre, dissimulando la sua prostrazione, si reca verso il divano e ci si siede pesantemente, coprendosi il volto con le mani in un gesto che vale più di mille parole.

"Dégel..." tento, non sapendo però cos'altro dire.

"Non ti angustiare per me, d-devo solo un attimo riprendermi, tu vai, rondinella!" mi rassicura ancora, spostando un poco la mano in modo da guardarmi con l'occhio destro, prima di nascondersi ancora di più.

Mi sento quasi di morire mentre distinguo una lacrima solcargli l'intera guancia per poi esaurirsi sulle labbra, che fremono con forza. Deve prendermi dolcemente per mano Francesca, per convincermi ad andare via da lì e, nonostante il suo gesto affettuso, ci lascio irrimediabilmente una parte di cuore che non recupererò mai più.

 

**********************

2 Agosto 2011, sera.

Continuo a camminare con lo sguardo basso, non trovando né la forza né la voglia di spiccicare parola. Non ho aperto quasi bocca per tutto il percorso, salvo il minimo indispensabile, ma il peso sul mio petto non si è minimamente attenuato.

Francesca, rispettando il mio silenzio come è sua natura fare, si limita a guardarmi con apprensione e aiutarmi a trasportare il cestino che abbiamo costruito per portare più agevolmente la frutta che abbiamo trovato nelle vicinanze, perché, come al solito, non ce la siamo sentita di uccidere animali e, parallelamente, non abbiamo soldi che ci permettano di fare la spesa.

Sospiro sonoramente durante una pausa, ormai ho perso il conto di quante volte l'ho fatto quest'oggi, soffermandomi a raspare brevemente la sabbia, di un insolito color quasi bianco, della spiaggia, quasi come se volessi seppellire tutte queste emozioni e farle tacere.

Certo che l'isola di Milos, con tutte le sue grotte sul mare e le scogliere, è una località che meriterebbe senz'altro di essere visitata più a fondo in un momento migliore di questo. Chissà se, quando torneremo al Grande Tempio del presente, avremo occasione di farlo, magari proprio sotto la guida di Sonia e Milo.

Perdonami, Marta, per il mio intervento drastico, forse non sarebbe stato neanche necessario, visto che tu hai agito davvero bene, ma... la posta in gioco era troppo alta!” mi spiega sbrigativamente Francesca, posizionandosi a forza davanti a me e tentando un primo approccio con lo sguardo, che io tuttavia rifiuto. Mi toccherà di nuovo parlare... non ce la faccio proprio più!

"Risparmiati le felicitazioni, Fra, ho appena dato un calcio alla mia felicità che mai come adesso mi sembrava a portata di mano, e non so neanche perché l'ho fatto!" esclamo, acida, mentendo sull'ultima frase. Prendo una boccata d'aria, aprendo e chiudendo gli occhi prima di proseguire nel dialogo ma cambiando argomento.

Tu sai chi sono realmente, vero? Anche Camus... - dico solo, osservando il mare e la spiaggia inaspettatamente deserta, malgrado la stagione balneare. Qui c'è qualcosa che non va, ma non indago più a fondo, avendo ben altro per la testa - Ecco il motivo di quelle mezze frasi di mio fratello, delle vostre occhiate complici, nonché dei vostri atteggiamenti. Vi siete proprio trovati, eh, una spalla su cui sfogarsi mentendo al resto del mondo!"

"E a te questo da fastidio, Marta? Ti irrita che Camus..."

"Ma no, figurarsi, lui può fare quello che vuole! Se si fida di te, e solo di te, me ne farò una ragione!" ringhio, cercando di tenere per le redini il mio disappunto.

"Lui si fida ciecamente di te, Marta, ma alcune cose, in quanto sua sorellina minore, non si è sentito di dirtele per..."

"Sì, sì, proteggermi e bla bla bla, la mia domanda però era un'altra!" mi rendo conto di essere ostile, più di quanto vorrei, ma sono talmente a terra che devo sfogarmi in qualche modo.

Io ti parlo di me... perché con Camus sarà un argomento che tratterete in solitaria voi due. Io... sì, lo sapevo, anche se da relativamente poco. Quando siamo finiti a Bluegrad, Milo ed io abbiamo fatto delle ricerche, abbiamo parlato con la gente del luogo e, in particolare, con una amica stretta di Seraphina... lei sapeva; lo sapevano entrambe che... che si sarebbe reincarna volontariamente in un'altra vita in un futuro prossimo - spiega, posando momentaneamente il cesto di frutta (che per la stizza ho lasciato solo a lei) per terra, prima di guardarmi negli occhi - Quella vita così preziosa, capace di trascendereil tempo e lo spazio fisico, sei tu, Marta!"

"Per... amore, l'ho fatto per quello!"

"Sì, esatto, perché amavi Dègel e volevi rimanere al suo fianco, volevi salvarlo, anche se sotto un'altra forma!"

E' ingiusto! Se è così palese perché diavolo non posso stare con lui? Ho aspettato così tanto tempo per... questo... e ora che ne avevo finalmente l'occasione ho rovinato tutto!" biascico, furente, dando voce a domande di cui conosco già la risposta ma che, in qualche modo, mi fanno sentire meglio. Anche alzare il mio tono di voce è una panacea, sebbene una parte di me si renda conto che Francesca non ne può nulla, ma è bellissimo poter gridare senza più mascherare alcunchè; sono solo io e basta a farlo, urlo, e ciò mi fa star bene, divinamente bene!

Perché sei consapevole del cambiamento che si ripercuoterebbe a livello globale, per questo hai coraggiosamente dissimulato, resistendo a forza e andando contro la tua stessa volontà. Non tutti lo farebbero, Marta, sii orgogliosa di questo!" mi sorride lei, una luce negli occhi che profuma di orgoglio, ma che a me fa solo montare ancora di più la rabbia.

"Che meraviglia, davvero! E l'ho fatto per cosa?! Per esseri umani che neanche conosco e di cui, detta sinceramente, non mi frega nulla?! Per questo ho condannato a morte Dégel?! IO POTEVO SALVARLO, E INVECE!!!"

"Marta!!!"

"Non sono mai stata filantropa, Fra, lo dovresti ben sapere, sono stufa di camuffare la mia vera essenza dietro questo bel faccino: per me l'umanità in quanto tale non significa niente, non sono un Cavaliere di Atena e, soprattutto, non sono più Seraphina, non ho più il suo cuore immenso!"

"Questo non è vero e lo sai, sei sempre stata buona con tutti, aiutando gli altri, sei un'ottima amica e..."

"Ah, sì? Che meraviglia parte due, proprio!"

Francesca sospira ancora una volta, radunando tutta la sua pazienza nel tentare di calmarmi. Lo apprezzo davvero ma in questo momento vedo tutto nero davanti a me.

"Lo stai facendo per la vita di Camus, Marta.. ti basta, questo? Per amore fraterno, perché è stato il tuo, e solo tuo, cuore a scegliere arbitrariamente di elevare lui a persona più cara della tua vita!"

"Camus... - ripeto il suo nome, scossa da un brivido, il suo volto si affaccia nuovamente alla mia mente, trasmettendomi una stillettata di dolore e facendomi quasi piangere, in una tempesta emotiva che non riesco più a controllare - Non è servito comunque a niente il mio siparietto, Dégel ha capito benissimo chi sono, la linea temporale è definitivamente compromessa!" sussulto, nascondendomi il viso tra le mani nel disperato tentativo di non frignare.

"Che Dègel abbia capito chi tu sia realmente è vero e testimonia la sua intelligenza. La linea temporale effettivamente ha subito un pesante scossone, a causa di questo, tuttavia NON è mutata!"

"Non è quindi... cambiata?" ripeto, sbigottita.

"Certamente qualcosa di è modificato, non posso negarlo, ma Dégel non sa PERCHE' tu sia la reincarnazione di Seraphina, né le cose che gli accadranno in futuro, fintanto che ne rimarrà all'oscuro questo mondo sarà salvo! Ma occorre comunque tornare stabilmente nel nostro tempo per scongiurare altri scossoni"

Mi siedo affranta, ingoiando a vuoto. Il mondo e le vite future sono così in salvo, ma, di contro, sto spedendo Dègel all'altro mondo con tanto di raccomandata. Cosa sto facendo?! Sto salvando un numero imprecisate di vite, è vero, ma sto sacrificando lui, proprio lui... la persona che amo!

Marta, mi dispiace... come allora così ora, è un amore destinato a non compiersi. Seraphina è già morta e il destino di Dègel e Cardia deve avverarsi. In tutto questo noi possiamo solamente tornare al nostro tempo, sperando che l'equilibrio venga completamente ristabilito” spiega ancora lei, dispiaciuta.

Rimango ferma ancora per qualche istante a contemplare il mare, poi mi volto verso di lei, un sorriso mesto a solcarmi la faccia devastata.

Sì, capisco... voi potete stare con i vostri amati, toccarli, parlarci, o anche solo starli ad ascoltare, vederli mentre si rivolgono a voi... IO NO!"

"M-Marta, come dire..."

"Non fraintendermi, desidero con tutto il cuore che tu e Michela siate felici con Death Mask e Hyoga, ma se penso a quello che ho dovuto rinunciare io per il bene comune, ecco... mi viene male; il male di vivere, come diceva Montale... - biascico, in un sorprendente tono ironico che non ha nulla a che fare con il mio stato emotivo - Comunque ormai ho fatto la mia scelta, farò di tutto per..." faccio per concludere in fretta il discorso, ma il bagliore dietro alle mie spalle mi fa sussultare pesantemente. Istintivamente mi metto in posizione difensiva.

Cosa diavolo...?!” impreca tra i denti Francesca, affiancandosi a me pronta ad attaccare.

Dalla fonte di luce fuoriescono delle figure incappucciate di nero accompagnate da dei robot alti più di due metri: gli sgherri del Mago!

“Maledizione, non ci voleva proprio, non qui, non adesso!” esclama Francesca, tesa.

Dal canto mio, quasi non odo l'imprecazione della mia amica, avverto solo una gran voglia di spaccare qualcosa e costoro cadono a fagiolo. Sogghigno in stile Cardia, pronta più che mai, finalmente potrò a dare sfogo a tutta la mia rabbia.

Maledette, che cosa avete fatto al nostro Signore?!” urla ad un tratto uno dei banditi, dirottandosi in avanti per attaccare immediatamente con la spada Francesca nel tentativo di trapassarle, da parte a parte, il petto.

Agisco d'istinto, balzando davanti alla mia amica e parando il fendente con la mano nuda; la stessa mano e lo stesso braccio già ferite precedentemente a causa dell'incidente aereo. Dolore acurìtissimo, bruciore, ma sorprendentemente, il provarlo, mi da una straordinaria, quanto innaturale, sensazione di euforia.

Marta!!! Non c'era bisogno di...”

Tranquilla, Fra... - la rassicuro sorridendole, voltandomi verso di lei, mentre un po' del mio sangue cola per terra. Che ciò sia un tributo per ciò che ho sacrificato, penso, prima di tornare a concentrarmi su ciò che ho davanti – Ehi, e così ci rivediamo, tu sei quello a cui ho rotto il setto nasale a Milano!” lo riconosco, strappandogli poi la spada di mano e dandogli un calcio in pieno stomaco.

Pochi fronzoli, sono davvero arrabbiata, poco importa il danno ricevuto, il bruciore, tutto, io questi li ammazzo una volta per tutte e, subito dopo di loro, lui, quel lurido negromante di merda. Farò terra bruciata, sarò implacabile, come mi è stato insegnato!

Che diavolo volete e che razza di modi sono?! Ponete una domanda e poi attaccate senza il minimo riguardo?! - esclama Francesca, mettendosi davanti a me, estraendo nuovamente la folgore, la cui sola appazione lì fa tremare - Sono una dea, forse non lo sapete? Dovete portarmi rispetto, rospi!” aggiunge, sorridendo con furbizia.

Che ne avete fatto del Mago, maledette mocciose?!" chiede ancora uno di loro, che tuttavia non riesco a riconoscere.

Come?! E' il vostro padroncino che ci ha attaccate, colpendo senza pietà il punto debole di Cardia e voi, i suoi leccapiedi, venite da noi a fare questa domanda?! - gli grido contro, ricolma d'ira - Tra l'altro, pessimo momento per manifestarvi, vi deve proprio puzzare la vita, sempre se la vostra si possa chiamare così!!!"

Bene, se non volete risponderci vi massacreremo per farvi strappare di bocca la verità!” ribatte quello di prima, preparandosi ad attaccare.

Non esito più, sto per darmi la spinta per colpirli a mia volta, ma Francesca mi blocca, scrollando il capo come a dire di trattenermi ancora per un poco.

Quindi... il vostro negromante non si trova più, come volatilizzato nel nulla?!” domanda, inarcando un sopracciglio.

Sì, non avvertiamo più la sua presenza è come se il suo potere si fosse annullato completamente, quando prima invece era così forte! Cosa gli avete fatto, maledette?! Dove si trova ora?!” ringhia il capo dei banditi, nervoso.

Nella spiaggia cade per qualche istante un silenzio assordante, rotto solo dalle onde del mare che si infrangono sulla costa. Io sono quasi tentata di attaccarli comunque per sbarazzarmene una volta per tutte, ma l'improvvisa, quanto la fragorosa, risata di Francesca catalizza tutta l'attenzione su di lei.

Ahahahahahaha, oh, che peccato! - dice la mia amica falsamente dispiaciuta – Vi aveva forse riferito di essere una divinità?! A quanto pare, invece, il suo potere ha un limite e, in fondo, mantenere due corpi, quello cosmico e quello fisico, è piuttosto dispendioso, non trovate?!”

Fisso sgomenta Francesca, mentre le sue parole sono come una doccia fredda per me. Giusto, il Mago usa due corpi, se quello cosmico è dentro Camus, significa che, quello fisico, è, era...

Cosa intendi, maledetta?! Non è forse un dio onnipotente?!” chiede uno dei banditi, mentre la mia testa si fa inspiegabilmente vuota.

Forse semplicemente il vostro padroncino ha ecceduto con la sua presunzione e ha così esaurito il suo potere! In fondo, anche lui, non è nient'altro che un umano, altroché Demiurgo! Il vostro Mago da strapazzo ha perso la ragione, ve lo dico io, può, si, fregiarsi del titolo di 'sommo ordinatore' ma le sue potenzialità vanno ad esaurirsi, non è forse vero?! ” li incalza Francesca, con un sorrisetto di scherno a solcarle le gote rosee.

NO, NON E' POSSIBILE! Vuoi forse dire che...?” ha appena il tempo di asserire uno di loro, prima di fissare sconvolto gli altri e svanire nel nulla, facendoci perdere ogni più piccola traccia di loro.

I robot invece rimangono davanti a noi, avvicinandosi minacciosi con l'intento di attaccarci. Sono privi della volontà, della paura, di tutto... proprio per questo sono deboli essere deformi, del tutto incapaci di comprendere lo stato di pericolo in cui versano.

Fra, lo facciamo insieme?” chiedo, sorridendo sorniona.

Ovvio che sì, uniamo i nostri colpi!” afferma lei, alzando il braccio destro.

Io faccio altrettanto con il sinistro, quello sano, preparandomi a sferrare l'attacco al momento propizio: aspettare e aspettare ancora, fino all'ultimo, in modo da colpirli tutti insieme! Si avvicinano, sono a pochi centimetri da noi, eccoli che ci assaltano!

BLUE IMPULSE!!!” grido immediatamente, chiudendo e aprendo il pugno in un millesimo di secondo.

"SPARKLING LIGHTNING!!!" urla lei, dandomi manforte, lanciando la sacra folgore ereditata da suo nonno.

Quando il polverone causato dai nostri attacchi si dilegua completamente, vediamo che i robot sono spariti senza lasciare alcuna traccia, come liquefatti. Ma i nostri colpi sono andati a segno, ne ho udito il frastuono. Sorrido, tentando di non dar peso al giramento di testa che comunque mi ha colto.

“Oserei dire 1 a 0 per noi!” esclama Francesca, alzando la mano stretta a pugno in segno di vittoria.

“Peccato solo che gli altri siano sfuggiti...” smorzo il suo entusiasmo. Ho una voglia insana di distruggere, la trattengo a stento per le redini.

No, no, cosa dici mai! Questa è proprio una vittoria! Il Mago è stato debellato, per il momento, ora non ha il potere necessario per opporsi a noi! Tutto merito del piano di mio nonno!” afferma ancora trillante Francesca, facendo una giravolta su sé stessa, del tutto euforica.

P-piano? Siamo sicuri che i banditi non abbiano mentito per darci false speranze?!” continuo, sempre più interdetta, non riuscendo a comprendere tutto il suo entusiasmo. Nonostante gli ultimi fatti, la stretta nel mio cuore non si è minimamente allentata, rimanendo anzi su di me come le nuvole nere che minacciano il temporale.

E basta con questa negatività, Marta! Se ti dico che abbiamo vinto questa battaglia... ehe!”

Ma le sue parole non riescono comunque a trasmettermi la speranza. Non capisco, proprio non comprendo... piano? Che genere di piano? Inoltre il Mago è comunque già penetrato nel corpo di mio fratello, finché non lo avremo separato da lui, non...

Francesca intercetta il mio sguardo cupo, quindi decide di continuare a parlare.

Va bene, ti spiegherò con calma, allora. Ricordi ieri, quando ci ha attaccato, che io sono riuscita a colpirlo?! "

"S-sì..."

"Ecco, ricordi che la volta antecedente, invece, i miei attacchi non avevano effetto, solo tu riuscivi a danneggiarlo?"

"S-sì..."

"Ecco, quello era il suo corpo cosmico, precluso agli attacchi diretti di chiunque, danneggiabile solo da un essere in grado di trovarsi, o attingere, allo stesso piano esistenziale in cui è lui..."

"..."

"Io, anche come divinità, non posso arrivare a quello stato di coscienza, non posso quindi danneggiarlo, ma tu sì, perché... sei una Sciamana, Marta, questo potere di deriva direttamente da Seraphina!"

"I-io... - le sue parole mi frastornano, anche se una parte di me lo sapeva già - N-non lo faccio scientemente, il mio corpo si muove da solo, in quei frangenti, e..."

"Non importano le modalità, ma lo fai, Marta, perché sei un'esistenza unica! - mi loda sorridendomi con calore, prima di tornare seria - E' il corpo cosmico ad essere dentro Camus, al momento, non... quello fisico!"

Comincio a capire, la mia bocca si apre meccanicamente: "Q-quindi quando ha attaccato Cardia, quello, era il suo corpo fisico?! Per questo sei stata in grado di danneggiarlo?!"

Esattamente, e ciò dimostra, maggiormente, che, come ci aveva accennato Crono, lui non è altro che un umano; un umano in possesso di un potere vastissimo ma non onnipotente, lo ha dimostrato proprio ieri!” mi conferma, una strana luce negli occhi.

"Agendo così, effettivamente, si è dimostrato vittima delle pulsioni umane... - rifletto, seria in volto - Non soltanto, la perdita stessa di controllo è da attribuire ad una fragilità intrinseca; fragilità che vuole sopperire ad ogni costo !" realizzo, sbattendo le palpebre.

...Con il corpo di mio fratello!

E' esattamente così, Marta... le motivazioni che lo hanno spinto a palesarsi realmente davanti a noi, oltre che per fermarci, sono da ricondurre al desiderio di rivalsa nei confronti di Cardia, che si era riferito a lui in maniera indecorosa... una simile, quanto futile, dimostrazione della sua grandezza, che invece è stata fatale per lui!” continua Francesca, sempre più euforica.

Quindi... è per capire quanto fosse vulnerabile che tu e tuo nonno avete elaborato un piano? Volevate... smascherarlo?" chiedo ancora, tesa.

Sì, non sapevamo né quando, né come, né dove, ma il nostro obiettivo era proprio questo. Certo, non con queste modalità, non avrei mai voluto che, per palesarsi fisicamente, Camus cadesse in queste condizioni e Cardia rischiasse di rimetterci le penne, ma il nostro nemico è subdolo sopra ogni dire e... scaltro!” conferma lei, abbassando un poco lo sguardo, sentendosi colpevole.

Sei... veramente eccezionale, Fra, e anche tuo nonno lo è! Per tutto questo tempo avete cercato una soluzione a questo sfacelo, malgrado aveste le mani legate. Ed io che pensavo di essere stata abbandonata dalle divinità, invece... s-sono contenta c-che non siamo sole!” chino un poco il capo, sopraffatta dall'emozione, sentendomi rinfrancata.

“Beh... comunque ci sono state un sacco di incognite, in mezzo, anche mio prozio Poseidone, per dirti. Eravamo straconvinti che fosse assolutamente incapace di agire, poiché sigillato da Atena in persona, ma... si è messo in contatto con te, vero? E' grazie a lui che hai salvato Cardia!”

“Poseidone, già...” ripeto, rabbuiandomi. Posso, all'occorenza, respirare sott'acqua grazie a lui, ma costui non è forse un nemico di Atena? Non mi ha... posseduto... nel 1743? Che legame ho io con lui?! Perché mi sembra costantemente che mi manchino dei pezzi, tanto da non riuscire ad assemblarli nella loro interezza?! Anche questo fatto di essere Sciamana, io... l'ho sempre saputo, ma se Francesca non me l'avesse detto io non avrei mai ricordato!

“Comunque direi di tornare in fretta a casa, dobbiamo informare gli altri sugli ultimi avvenimenti, è estremamente importante!"

Mi riscuoto, rammentandomi della situazione in cui ci troviamo, ancora tutt'altro che rose e fiori: “Sì, non perdiamo altro tempo!”

“E allora andiamo! Sei in forma per correre?!” esclama lei, afferrandomi per il braccio sano e tirandomi dietro con sé, mentre io, ancora un poco confusa, ma attenta, annuisco con la testa.

Arriviamo alla casetta di Milo a velocità lampo, aprendo di scatto la porta e facendola sbattere violentemente contro il muro con ben poca grazia. Il rimbombo si ode per tutte le mura domestiche.

S-siamo tornate, m-ma abbiamo lasciato indietro il cestino!” biascica Francesca, un poco incerta. Effettivamente lo abbiamo mollato in mezzo alla spiaggia, che spreco, spero che qualche animale, almeno, ne tragga giovamento.

Nessuna risposta verbale, ma dal soggiorno esce una saltellante Michela che ci avvolge ambedue nel suo fantomatico abbraccio.

Ragazze! Ragazze! Ragazzeeeeeee!!!” ci urla lei nelle orecchie, scrollandoci con veemenza dopo essersi strusciata più volte sulle nostre guance, del tutto fuori di sé dalla gioia.

Michelaaaa!!! Così ci soffochi!!!” si lamenta Francesca, tentando di opporsi a quella plateale manifestazione di effusioni.

Cos'è successo per renderti così felice?” chiedo, sfuggendo tempestivamente dalla sua morsa e lasciando così solo la povera Francesca a vedersela con le sue coccole.

E' Cardia! Ha ripreso coscienza un'ora fa, sta molto meglio!” trilla lei, gli occhi brillanti.

La mia bocca si spalanca automaticamente in un misto tra lo stupore e la felicità, mentre il cuore fa un tuffo verticale.

"Ce l'ha fatta, Marta! - mi sorride Francesca, quasi commossa, guardandomi con calore - Ed il merito è stato anche tuo! Non te l'avevo forse detto? Ora andrà tutto per il meglio!" esclama, convinta di ciò che dice, tenendo a sé Michela che non smette di ridacchiare, la tensione di prima un lontano ricordo.

Anche le mie labbra si stirano all'insù, il petto, pesante come un macigno fino ad adesso, si risolleva automaticamente, migliorando il mio umore: Cardia... ne ero sicura... ero sicura che ce l'avresti fatta in tempo!

 

 

________________________________________________________________________________

 

Angolo di MaikoxMilo.

Dedico il capitolo a Sonomi che ha fatto la duecentesima recensione a questa storia (grazie anche per la carrellata che ti sei fatta per recuperare i capitoli che ti mancavano). Inoltre rinnovo i miei ringraziamenti anche a Lady Aquaria per lo stesso motivo e per tutte le recensioni che mi ha lasciato e che mi stimolano ad andare avanti in questa mia follia.

Grazie di cuore a tutti quelli che mi seguono!!! :)

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Capitolo 34
*** Genova (prima parte) ***


 

CAPITOLO 34

 

GENOVA (prima parte)

 

 

Attenzione: in questo capitolo c'è un “aumento esponenziale” di “parole del gatto” (genovese mode on), tutta colpa di Cardia, non guardate me, io non c'entro! XD Buona lettura a tutti e grazie come sempre! :)

 

 

 

2 Agosto 2011, sera.

Continuo a guardare sorridente le mie amiche, la più piccola, Michela, che continua a strusciarsi sulla più grande, preda di un'euforia sempre più crescente, mentre Francesca, caso più unico che raro, visto la sua naturale compostezza, contraccambia i suoi bisogni di attenzione accarezzandole più volte i capelli.

"E' stato merito tuo, Marta!" sottolinea ancora la giovane dea, allargando ancora di più il suo sorriso, gli occhi lucidi.

"No, è stato merito di tutti!" ribatto, tramando consistentemente per l'emozione.

"E' stato merito di tutti, sì, ma sei tu che sei riuscita a ripescarlo, senza di te... meglio non pensarci! Ti precendo in camera, quando te la senti vieni" mi dice, affabile, prima di dirigersi nella direzione in questione.

Io l'ho ripescato, sì... ma sei tu ad aver colpito il corpo fisico di quel bastardo, senza la tua irruzione, forse Cardia... no, hai ragione, meglio non pensarci!

Vorrei seguirla subito, ma percepisco che se solo lo facessi crollerei a terra. Tremano... le mie gambe tremano e minacciano di afflosciarsi, ci impiego un po' per riuscire a smuovermi.

"Michy... hai detto che si è svegliato circa un'ora fa?" le chiedo, notando che si sta approcciando a me.

"Sì, Dègel era con lui, mi ha chiamato subito dopo perché ero la sola ad essere ancora a casa. Tu e Francesca eravate via, Sonia era uscita un attimo per riprovare a riconnettersi ai suoi fratelli" mi spiega, circondandomi il braccio sinistro per poi appoggiarsi a me.

"Quindi lo hai visto subito e... come stava?" chiedo, trepidante. Non so perché lo stia facendo, per sincerarmi delle sue condizioni basterebbe muovermi ma questo dannato corpo è come paralizzato.

"Ehe, perché non glielo chiedi tu stessa, Marta? - mi domanda infatti retoricamente, prima di raddrizzarsi e saltellare quasi sul posto - Sarà di sicuro felice di rivederti!" mi consiglia, prima di scattare di corsa nella stessa direzione di Francesca.

Prendo un profondo respiro, posandomi una mano sopra il cuore, percependo i miei battiti farsi sempre più veloci e frenetici a causa del mio stato emotivo.

"Grazie... grazie! Non so bene a chi ma... GRAZIE!" sussurro tra me e me, guardando verso l'alto, raccomandandomi ad astri a divinità di cui non conosco il nome.

Oggi non perderò un amico. Per fortuna. Mi sento così... così strana, posso tornare a respirare un po', sebbene il nodo al petto non si sia sciolto e sappia bene che non si scioglierà prima di aver salvato anche Milo, Camus e Regulus, la cui vita è ancora appesa ad un sottilissimo filo; un filo che per un nonnulla si potrebbe recidere, facendoli precipitare nell'oblio perpetuo chiamato morte. Nella stessa voragine si è trovato anche Cardia fino a poco fa, ma lui... lui ha già combattuto e vinto la sua personalissima battaglia contro la Nera Signora, non mi sarei aspettato nient'altro da lui!

Finalmente sento di avere abbastanza forza per avanzare, un passo, tremulo, davanti all'altro, avanti così, fino alla porta della camera, che è aperta, ne varco la soglia, mi fermo, lo guardo. E lui guarda me in un guizzo di emozione, arrossendo un poco, prima di scacciare via l'imbarazzo e regalarmi la consueta espressione sorniona.

"Oyeeeeeeee, Marta, qual buon vento ti conduce qui?!"

Le mie labbra si dischiudono, quasi boccheggianti, in un espressione che non mi vedo e che non saprei neanche descrivere, a metà strada tra il sollievo totale, la nevrosi e la risata per il tono con il quale mi ha accolto, come se si sforzasse di fare l'ignaro su tutto. Non riesco comunque a non guardarlo dritto negli occhi.

Eccolo lì il mio citrullo... seduto sul letto con le coperte disordinate a coprirlo fino al grembo e con quella solita espressione furba stampata sul viso sempre sorridente, così assurdamente sprezzante della morte e dei pericoli, di quello che ha appena attraversato.

Già, la morte che per un soffio non se lo è preso anzitempo e che gli ha lasciato comunque segni sul viso, tirato dalla sofferenza, sugli occhi stanchi, e sulla pelle innaturalmente pallida per appartenere ad uno Scorpionide insolente come lui, perpetuamente abbronzato, eppure, colui che ho davanti, è il solito, inestimabile, Cardia, che nasconde il suo dolore per non farsi vedere, così simile, nella sua diversità, a mio fratello...

"Ehilà, ehm, ci sei? Non mi... non mi saluti neanche?" mi domanda ancora lui, confuso dalla mia immobilità.

No, davvero, questo per lui deve essere un giorno come un altro, come se si fosse appena svegliato da un sonno solo un poco più lungo dei suoi soliti, ma lo stesso non si può dire per me e per gli altri... per noi è stato semplicemente un inferno! E vedere Cardia così incurante, quasi ingenuo, mi fa provare una miriade di emozioni opposte e un numero non trascurabile di diversi istinti omicidi...

"Ma... che avete fatto a Marta?! Non... non sa più parlare?!" chiede ancora insistentemente Cardia, rivolgendosi agli altri presenti nel constatare che non ho alcuna rezione.

"Cardia... ma allora sei proprio tonto!" sospira Sonia, appoggiando la fronte al suo palmo destro e scrollando il capo con rassegnazione, mentre le altre due mie amiche ridacchiano tra loro e Dègel sta un po' in disparte.

"Io sarei tonto?! Spiegatemelo voi cosa le è preso, è ferma immobile, fa espressioni strane e trema, non... - si ferma un attimo, a disagio, abbassando lo sguardo nel sfiorarsi prima le labbra e poi un ciuffo dei lunghi capelli, in evidente imbarazzo - Non... non sembra quasi più lei, è sempre così vivace, così... aperta, almeno con me!"

"ERA PREOCCUPATA DA MORIRE PER TE, CITRULLO!!!" gli fa notare ancora Sonia, alzando il tono di voce talmente tando da fargli prendere un risalto sul posto.

"Per me... - biascica a stento le parole, guardando ancora da un'altra parte, in evidente difficoltà - Mart..."

"PER ATENA, PRIAMO E SANTIPPE... così dicevi, vero, Cardia?!" gli chiedo, confondendolo ancora di più.

"Sì è un mio modo di dire, ma cosa mai..." ritenta, sempre più in difficoltà, prima di sussultare con ancora più forza nell'avvertire un rumore sordo e subitaneo far vibrare l'aria prima di infrangersi contro il muro più vicino: il mio pugno contro la parete laterale.

"MARTA!"

La voce allarmata di Dègel mi giunge ovattata, non ci do peso, fulminando con lo sguardo il mio migliore amico che, basito, non sa più che pesci pigliare, lo vedo bene da me. Non posso certo dirlo espressamente, no, ma avrei voluto destinare questo mio gesto totalmente alla sua crapa, sicuramente ben più dura di questa stessa parete.

"STUPIDO!!! Cardia, sei un idiota! Mi viene un'insana voglia di prenderti a pugni in faccia da quanto mi fai angustiare!!!" esterno tutto ciò che provo, mentre sento le guance diventarmi rosso porpora per lo sfogo. Alla fine glielo ho detto... pazienza, non ha più importanza adesso!

"Eh?! Oh?!" riesce solo a biascicare lui, poco prima di essere avvolto (cioè praticamente soffocato) dal mio tempestivo abbraccio. Le mani mi si racchiudono intorno al suo collo, le dita stringono convulsamente il tessuto della sua maglietta, mentre, con un mezzo singhiozzo, nascondo il viso contro il suo petto.

Oddio, Fra, l'hai vista? Marta ha abbracciato Cardia nella stessa maniera che faccio io! Che dolci!!!” sento Michela ridacchiare sonoramente, finalmente serena nell'intravedere quella luce che tutti abbiamo scorto.

Mi manca l'aria, vorrei piangere, ma mi oppongo.

E' ormai finito il tempo delle lacrime, è invece il momento di essere forte quanto basta per diventare un sostegno per gli altri nei momenti di difficoltà.

Ma è anche vero che ora, in particolar modo, ho bisogno di sfogarmi per far calare la pressione che mia ha avvolto in questi ultimi giorni. Regulus.. Milo... Camus... in ultimo, Cardia. Per me è come un continuo correre, rincorrere e ancora correre, nel tentativo di afferrare un qualcosa che continua a sfuggirmi dalle mani... e più questa cosa sfugge più ho l'impressione di non riuscire più a recuperarla, rischiando di perderla per sempre. Non voglio! Non voglio perdere nessuno di loro, non più!

Mi sembra quasi di non potermi fermare mai, perché fermarsi equivarrebbe a smarrirli per sempre, ed io non posso permetterlo, malgrado la stanchezza si stia facendo sempre più spossante. A volte credo di non farcela, di non essere all'altezza di ciò che avrebbe fatto Seraphina... ma io DEVO farcela in qualche modo, DEVO, e, il saperlo, mi sfibra ancora di più.

Non sono abbastanza... ma non ci sono alternative!

E-ehi, Marta...” mi chiama Cardia, non sapendo come comportarsi davanti alla mia reazione, se non accarezzarmi difficoltosamente i capelli e tenermi contro di sé nella paura che io mi possa staccare da lui e così crollare miseramente a terra, perchè è lampante a tutti che sto facendo molta fatica a reggermi da sola, nondimendo non sanno neanche bene come aiutarmi.

Hai idea del guaio che hai passato e di ciò che abbiamo provato quando stavi male?! Come se non bastasse, entro nella stanza e sei serafico come sempre. Sembri così tranquillo, come se davvero non fosse successo niente, ed io... io davvero pensavo di non farcela, Car, di crollare, quando ho visto le tue condizioni...” provo a spiegare, appoggiando la testa sulla sua spalla. In verità avrei voglia di strozzarlo amorevolmente, ma ovviamente mi risparmio di regalare un simile spettacolo con tutti gli occhi puntati su di noi.

A tal punto eri preoccupata per me?”

Pfff, una domanda stupida, proprio degna del mio migliore amico!

Eh no, guarda... semplicemente avevo voglia di farmi un bel tuffo nel ridente mare blu, e mi son detta, già che c'ero, di compiere anche il nuovo record mondiale di apnea, in modo da pescare un tonno che stava finendo ammazzato. Ma ripeto: ero tranquillissima, eh, non vedi anche ora come sono un fiorellino?!” ribatto ironica, non riuscendo a nascondere una risatina nervosa.

Un singulto sfugge dalle sue labbra, mentre la sua mano preme dietro alla mia nuca

"Sei uno dei pilastri della mia vita, Cardia, non... non dovresti essere così meravigliato!" mi lascio ancora sfuggire, buttando fuori aria e chiudendo gli occhi.

Sei sempre la solita birba assurda e incosciente, cosa devo fare con te?! Sei così scapestrata... priva di considerazione per sé stessa! P-potevi morire, nel tentare di recuperarmi in fondo al mare!” esclama lui, aumentando la stretta e appoggiando a sua volta il mento sulla mia spalla.

Ah, sarei io la scapestrata?! E' il colmo che tu mi faccia la ramanzina!” ribatto, punta sul vivo. E' comunque riuscito ad alleggerirmi l'immenso peso che sentivo, gliene sono grato.

"Sì, scapestrata e incosciente, nonché... fin troppo coraggiosa! Ora capisco un po' di più quel pertuso di Camus, ne capisco la sua perenne preoccupazione per te!" mi sussurra, in modo che possa udirlo solo io, come se l'ammetterlo, sia un riconoscimento anche nei confronti di mio fratello, come se si scoprisse consimile a lui.

Effettivamente avevano appena cominciato a seppellire l'ascia di guerra, quando è sopraggiunta la peste, forse, se avessero facoltà di conoscersi un po' meglio potrebbero addirittura andare d'accordo.

Cardia... - è la voce di Dègel ad intervenire, spingendoci a spezzare l'abbraccio, pur rimanendo molto vicini - come dice Marta, non so se sei pienamente consapevole del pericolo che hai corso, ma ce l'hai fatta a superare la criticità e, per questo, devi ringraziare anche le ragazze!"

Il Cavaliere dello Scorpione sembra assorbire interamente le parole riferite dall'amico, si raccoglie un attimo, fissando un punto non precisato del pavimento. Solo dopo un lungo silenzio, cosa rara per lui, si schiarisce la voce, apprestandosi così a parlare.

Insomma... Dègel mi ha spiegato per sommi capi, prima del vostro arrivo, cosa è successo e, a quanto pare, devo la vita a tutte voi!” inizia, non riuscendo a nascondere un certo imbarazzo.

Non esagerare adesso! Sei nostro amico e noi non abbiamo fatto nulla di speciale!” annuisce Sonia, sorridendo allegra.

Beh, in ogni caso... gr-gr-grazie!” sussurra Cardia, strofinandosi la fronte ancora sudata. Fa tenerezza, raramente si fa vedere così vergognoso e a corto di parole, lui, che in genere ne ha molte e da vendere.

Ahahahaha non ti sforzare troppo, eh! Altrimenti rischi di affaticarti più del dovuto!” esclama Francesca, prendendolo un po' in giro, facendogli l'occhiolino.

"Oh, eh... non ci sono abituato a queste tiritere!" ammette, facendo il finto sostenuto.

"Sembri proprio come il Maestro Camus, Cardia!" interviene Michela, rincarando la dose e scoppiando a ridere nel vederlo strabuzzare gli occhi.

"Eh no, questo DECISAMENTE no!"

"Massìììì, anche lui si imbarazza in momenti così e..."

"Ho detto di no, che diavolo, non ho nulla da spartire con quello!"

"Maestro Ca...rdia!" lo punzecchia ancora lei, ciondolando non poco, tutta gaudente.

"S-stai zitta, ragazzina! Paragonami ancora a quell'acefalo là ed io dimenticherò istantaneamente il debito di gratitudine nei tuoi confronti!"

"Ah pure orgogliosetto, eh! Un'altra cosa che hai in comune con Cam..."

"MA ANCHE NO! Io sono io, nessun altro!"

Li guardo azzuffarsi da distanza tra loro, Michela intenta a girare e trotterellare intorno al letto come una mina vagante, Cardia rosso come un pomodoro vorrebbe solo avere le forze per alzarsi e farla tacere. Ridacchio automaticamente davanti alla scenetta, ma, di colpo, come se non potessi permettermi di distrarmi, tutti gli avvenimenti successi poco sulla spiaggia tornano, prorompenti, nella mia memoria.

Il Mago, Fra! Devi spiegargli bene quello che hai detto anche a me!”

"Giusto!"

"Scusate... - si interessa Dègel, dopo aver notato l'occhiata furtiva tra me e la mia amica - Cosa vorreste...?"

"Prima di giungere qui... - lo delucida Francesca, attenta, squadrando nervosamente prima me e poi lui - Siamo state attaccate dai suoi sgherri"

"Siete state...?! - ripete Dègel, incredulo, mentre Michela e Cardia smettono di prendersi il giro per concentrarsi su di noi - Marta! Perché non me l'hai detto subito?! Avrei potuto..." si blocca, nell'individuare, senza margine di errore, la nuova ferita che ho subito nella collutazione.

Istintivamente nascondo il braccio in modo che non sia percettibile dalla sua vista, ma ormai è tardi, so che ha visto i tagli e so altresì che ha capito che la piaga sul mio braccio causata dai rottami dell'aereo si sta infettando: "Perché non è... niente!" dico, discostando lo sguardo del tutto incapace di sorreggere il suo, ancora meno dopo il nostro dialogo di oggi pomeriggio.

"Questo... è tutto fuorché niente!" mi rimprovera bonariamente, accennando un passo nella mia direzione. Fortunatamente un'eventuale proseguo del dialogo viene interrotto da Cardia.

"Siete state attaccate da quello stronzo?!"

"No, dai suoi sicari, ma non tutto il male viene per nuocere!" fa spallucce Francesca, sorridendo con espressione furbetta.

"Cosa intendi?" vuole sapere Sonia, fattasi attenta più che mai.

In sostanza... il fatto che siano intervenuti i suoi leccapiedi significa che il Mago è inerte, abbiamo dunque vinto questa battaglia e possiamo proseguire nella missione, fine! Un urrà per noi!” esclama la giovane dea, non riuscendo più a controllare la sua felicità. La vediamo alzare prima un piede poi un altro, fare una piroetta e allargare le braccia, prima di scoppiare a ridere.

Ovviamente l'unico risultato è la pietrificazione istantanea di tutti i presenti, non solo per non aver compreso la vera natura del suo messaggio, ma anche perché nessuno di noi è abituato a vederla in questa tenuta così estroflessa verso il mondo che la circonda.

E-eh? Come sarebbe?” biascica Dégel, confuso, sbattendo un paio di volte le palpebre, sinceramente sbalordito da quella manifestazione più che rara dell'allieva più matura della sua reincarnazione.

Fra, ma hai bevuto troppa acqua di mare, per caso?!” chiede Michela, inclinando interrogativamente la testa di lato.

E poi quello che non si sa spiegare sono io!” commenta Cardia, alzando le braccia verso il soffitto, prima di strofinarsi il naso e ridacchiare a sua volta.

Sonia invece si limita a scambiare un'occhiata confusa all'amica, ma permane nel suo stato di silenzio in attesa di avere maggiori delucidazioni.

Fra, spiega meglio, come hai fatto con me, la questione dei due corpi, quello fisico e quello cosmico, altrimenti non possono capire!"

"U-un corpo fisico e uno cosmico... per quest'ultimo intendete una connessione di tipo astrale tramite la quale è possibile comunque influire sul mondo fisico?!" chiede l'acquario, sulla traiettoria giusta, mentre, lo vedo bene, il suo cervello comincia ad elaborare le più molteplici teorie. Sorrido automaticamente, osservandolo.

Hai davvero una splendida mente, Dègel ma ogni volta che la adoperi riesci a sbalordirmi sempre di più, sei... davvero inestimabile!

Francesca annuisce, apprestandosi poi a raccontare dell'attacco disperato che gli sgherri del Mago hanno provato a compiere a nostro danno, nonché dell'errore del nemico che, di fatto, ha abusato dei suoi poteri, esaurendo quindi le forze, almeno per il momento.

Per il momento già... se solo non avessi questa perenne tensione, anche io riuscirei ad essere più tranquilla come lei. Francesca ha ferito il suo corpo fisico, ok, ma quello cosmico, o astrale, come lo chiama Dègel, è ancora radicato in Camus e... ed è proprio questo a spaventarmi così tanto, soprattutto perché non ne conosciamo i limiti.

...E' ormai fuori da ogni dubbio che si tratti di un essere umano, anche se in possesso di una forza incontrollabile e sovrannaturale. Mio nonno e le altre divinità avevano visto giusto: ci troviamo davanti alla reincarnazione del Fato, o qualcosa di simile, ma è pur sempre un mortale che ha perso il controllo sulla sua psiche, lo dimostra la sua reazione esorbitante nei confronti di Cardia!" espone Francesca, soddisfatta, guardando brevemente l'amico che, comunque, nell'udire le sue parole, ha sudato freddo e si è posato istantaneamente una mano sul petto.

Ma come può un semplice uomo arrivare a possedere un potere simile?” chiede Sonia, sgomenta, cercando di racapezzarsi.

Non so dirti quale natura avesse prima di elevarsi a Sommo Ordinatore del Cosmo, questo sfugge anche a me... - ammette Francesca, un poco meno entusiasta di prima - ma ciò che è certo è la sua partenza da essere finito, mortale, in tempi antichissimi, quasi come se fosse un... un... ecco un alchimista!" si illumina nell'aver trovato la parole giusta.

"Un alchimista..." ripeto, quasi in trance, ancora una volta come se lo sapessi già ma mi mancassero dei tasselli per arrivare alla piena consapevolezza. Alchimisti... Sciamani... perché questa strana sensazione?!

"...Al di là di come sia arrivato a quel livello in tempi antichissimi, - riprende Francesca, provocandomi un risalto che mi spinge a mantenere l'attenzione sull'ambiente circostante - si è di sicuro involuto in un momento imprecisato dopo. Qualcosa, lo pensiamo sia mio nonno che io, deve averlo fatto impazzire, spingendolo a spostare i suoi occhi a qualcosa... a qualcuno... presente in questa dimensione. La ragione prima di questa sua mossa non la conosciamo, ma stiamo continuando ad indagare e, prima o poi, troveremo la spiegazione anche di questo!"

Cala il silenzio tra noi, più nessuno sembra in grado di proferir parola, almeno finché Cardia, raschiandosi la gola, non decide di provarci.

Per essere un uomo comune ne ha fatti di casini, eh, siamo proprio sicuri di questo?!"

"Sì, NON è onnipotente, nella maniera più assoluta, non l'avrei ferito, altrimenti!" ribadisce Francesca, segregando dentro di sé un 'ancora' che io tuttavia percepisco bene. Ingoio automaticamente a vuoto.

"Allora spero seriamente di non dover più affrontare un tizio simile, per poco non ci rimanevo veramente secco e... no, anzi, che dico! Mi auguro di trovarmelo ancora davanti, così gli faccio pagare tutto quello che ha fatto con una lenta, estenuante, agonia, ahahahah!”

Un singulto sfugge dalle mie labbra nel notare una scintilla di pura follia passare nei suoi occhi azzurri; occhi che in questo momento lampeggiano come il fuoco di un incendio impossibile da placare, nonostante la spossatezza e il dolore.

Nel frattempo Michela accenna un passo nella direzione di Francesca, chiedendo di prendere la parola per racapezzarsi almeno un minimo in tutti quei discorsi complicati.

Per farla breve quindi, la prima volta che abbiamo affrontato il Mago non era veramente presente davanti a noi fisicamente, usava una sorta di feticcio, insomma, ma ieri sì, era il suo corpo reale, quello... Proprio per questo motivo sei riuscita a colpirlo e ad annichilirlo, Fra, è stato questo il suo tragico errore dettato dalla troppa sicurezza di sé. Tuttavia non comprendo comunque come possa riuscire a creare immagini visto che si trova in un'altra dimensione e quindi da tutt'altra parte...”

"Michela... parlare di corpo cosmico non è facile, non è propriamente una immagine, né un feticcio, capisci? E' più... una proiezione della propria coscienza nell'universo fisico; si muove, danneggia, comunica, come se avesse una massa e una fisicità a sé stante, ma non può essere scalfita dagli atomi fisici!" tenta di spiegarle Francesca, consapevole che l'argomento non sia dei più facili.

"Ma Marta, la prima volta, lo ha colpito e... e anche quando il Maestro Camus è stato posseduto, no? Se è come dici, come può lei...?"

Francesca scambia un'occhiata di urgenza con me, in cerca di aiuto nel timore di dire troppo davanti a Dègel, qualcosa passa nei suoi occhi, come nei miei, Michela lo capisce, ma non fa in tempo a chiedere ulteriori delucidazioni, che è proprio la voce di Dègel a catalizzare tutta la nostra attenzione su di lui.

Il Mago quindi... ha in sé... il potere di attraversare le dimensioni, nonché quello di superare tutte le barriere fisiche che invece gli uomini, per loro natura, hanno, compresa... la morte! Ha dovuto imparare a farlo, dopo la caduta di Ipsias, prefissandosi di far ripartire il suo mondo distrutto. P-per riuscire nell'impresa, serve una dote, unica, p-perduta fin dalla notte dei tempi e... credo l'abbia trovata, qui, in questa dimensione chiamata Terra!” esclama lui, con voce quasi roca, girandosi verso la finestra in modo di dare la schiena a noi.

Istintivamente mi poso la mano davanti alla bocca, guardandolo sgomento, così fanno le mie amiche, mentre Cardia inarca un sopracciglio, scettico. Ipsias?! Il potere di attraversare le dimensioni? Da quando Dègel è venuto a sapere di queste cose?! Che significano, poi?

"Bene... anche Dègel ha preso a sproloquiare più del solito, mi sembra evidente che abbiamo tutti bisogno di riposo, perché se continuiamo così porteremo, sì, la medicina ai nostri amici, ma loro poi dovranno rinchiudere noi in un manicomio!" commenta sprezzante lo Scorpione, grattandosi la testa prima di sbuffare.

Dégel... Cosa è questa 'Ipsias' di cui parli, come sai dei poteri e della natura del Mago? - mi faccio coraggio io, avvicinandomi a Dègel, che guarda fisso un punto, come se non fosse in sé - Non è che... che tu e lui vi siete incontrati prima di ieri?” gli chiedo, visibilmente preoccupata, stringendogli il polso come per tentare di riscuoterlo.

L'operazione riesce, un singulto sfugge dalle sue labbra nel rendersi conto di aver detto cose strane e inqualificabili. Tuttavia, quando si volta nuovamente verso di noi, la sua espressione, rischiarata dai raggi del sole che tramonta sul mare e che porta il riflesso fino a noi, è quella di sempre.

No, rondinella, non l'ho mai incontrato fisicamente prima d'ora, è solo una mia teoria!” afferma, in tono dolce e rassicurante.

"Però anche quando ci ha attaccato il Mago era come se ne fossi rimasto folgorato - gli fa notare Francesca, inarcando un sopracciglio - come se ti dicesse qualcosa e lo avessi già visto, infatti il Mago ha parlato dei sette sosia e... sembrava soddisfatto nell'esporre quella teoria!"

Dégel non risponde subito, osserva il sole spegnersi, soppesando quanto proferito dalla mia amica. Io gli stringo la mano, anche se so che non potrei farlo, lui ricambia la mia stretta, con forza, mentre un fremito sempre più forte dilaga in tutto il suo corpo, prima di estinguersi.

"Dégel..."

"Davvero, è solo una mia teoria, non dovete angustiarvi così per me! E'... è semplicemente fascinoso pensare alle dimensioni alternative. Magari, ho congetturato, tra queste, ce ne è una, così vicina alla Terra, da essere la sua prossima, l'altro lato delle cose terrestri, il riflesso delle cose di qui, la sua onnipresente ombra, ma intoccabile... Non si può penetrare in uno specchio distorto, no? Eppure esso è davanti a noi, ci fa scorgere un altro mondo, che noi però non possiamo raggiungere. Questa è Ipsias!"

Sta dicendo cose sempre più strane, ma assolutamente logiche... che gli sta succedendo?! Non sembra completamente in sé, eppure... eppure...

"State tranquille, ogni tanto è stralunato e sulle nuvole più del solito, ma poi gli passa!" commenta sarcasticamente Cardia, ghignando, riscuotendolo del tutto.

"Cardia!" lo richiama, rosso in viso, quasi indignato, mentre l'amico di sempre non fa che ridere.

"Visto?! Ben atterrato, Dègel!"

"Quindi è normale che faccia così?" chiede Michela, in un misto tra l'ammirazione e la confusione.

"Assolutamente, ehe!"

Ooooohhh, meno male! Pensavamo che ci fosse dietro qualche altro segreto alla Maestro Camus, capisci? Invece è solo la tua mente che si sbizzarisce!” afferma Michela, sorridendo raggiante nell'accorgersi che Dègel è tornato davvero in sé e le sorride imbarazzato.

Annuiamo automaticamente, lasciando cadere il discorso, sebbene abbia inquietato sia me, che Francesca, che Sonia.

Non sta mentendo... davvero non si sono mai incrociati il Mago e lui, non prima di ieri, ma le sue parole nascondono qualcos'altro; un qualcosa di terribile e oscuro... un qualcosa che, forse, nella timeline di Dègel, o meglio, di QUESTO Dégel, non si è ancora verificato e, forse, mai si verificherà, ma allora perché quei discorsi?! Il nome che è uscito, Ipsias, cosa mai potrebbe indicare?!

Ipsias, il riflesso speculare della Terra... un brivido mi percuote la schiena.

Coff, coff... - si schiarisce Dègel, riprendendo in mano il discorso antecedente - Si è quindi detto che il nemico al momento è inerte, ed è una bella notizia, tuttavia Cardia è ancora...”

Niente 'tuttavia', signor Dègel, tempo una notte, questa, e starò benone! Verrò con voi anche in capo al mondo, ancora di più perché Aiolia e Aiolos arriveranno domani mattina, giusto?” chiede conferma Cardia, scoccando un'occhiata trasversale a Sonia.

Questa cosa giunge nuova alle mie orecchie. Probabilmente prima dell'arrivo mio e di Francesca devono aver fatto una bella chiacchierata tra loro. Il mio sguardo naviga in direzione della mia amica, alla ricerca di spiegazioni.

Sì, sono riuscita finalmente mettermi in contatto con i miei fratelli! Hanno detto che, tranne qualche ammaccatura, si sentono bene e stanno riparando l'aereo sull'isola di Delos. Verranno a prenderci domani mattina all'alba!” conferma quest'ultima, accennando con la testa.

Grandioso! Allora iniziamo immediatamente i preparativ...” comincia Cardia, sbattendo i palmi della mani sulle ginocchia e facendo per alzarsi, se non fosse che Dègel, lesto, lo prende dalle spalle e lo costringe a sdraiarsi senza troppi convenevoli.

Volevi dire che NOI attuiamo i preparativi, TU dormi!"

"Col cazzo che dormo, Dègel! Sono in forze e... e..." tenta di opporsi ma un capogiro lo investe, facilitando così la posizione dell'Acquario, il quale lo rimbocca con il lenzuolo.

"Lo vedo come sei in forze!"

"Kkkk... ma almeno toglimi 'sta coperta di dosso, fa caldo!"

"No, te la tieni e fai il bravo!"

Uhmpf, grazie mille, mammina! Mi dai anche il bacino della buonanotte?! Così non ho più paura dell'uomo nero!” lo prende scherzosamente in giro Cardia, rendendosi conto che, forse forse, proprio bene ancora non sta.

Non fare il cretino, Cardia, non sto scherzando! Tu oggi non ti muovi di qui e stai segregato a letto fino a domani! Se ti vedo in piedi a gironzolare giuro che ti riporto seduta stante qui! - esclama, Dègel, perentorio - Ah, e se ti venisse la malaugurata idea di riprovarci ancora e ancora, sai che posso costringerti all'immobilità con il mio potere.. e non credo tu voglia, giusto? Del resto... odi il freddo!" conclude Dégel, raddrizzando la schiena, inarcando un sopracciglio e mettendo le mani sui fianchi, proprio come una vera e propria 'mamma'.

"Dei... non puoi farmi questo, Dég, fammi fare almeno qualcosa, n-non so un..."

"DORMI!"

"Eh, ma allora sei proprio un rompicoglioni, eh!"

Nella stanza ricadono le nostre risatine gioviali, finalmente del tutto estranee, anche se per un solo secondo, al timore che alberga dentro di noi ormai da giorni.

"Che avete voi altre da ridere?! Non è divertente per me!" sbuffa come una locomotiva, offeso.

"Car, so bene quanto ti costi star fermo, ma... solo una notte, dai, pensiamo noi ai preparativi!" gli dico, affabile, alzandomi dal letto.

Lui mi osserva ancora un po' arrossisce -da quando si è svegliato lo fa spesso!- poi acconsente, girando la testa altrove: "Allora... lascio l'organizzazione in mano vostra!"

 

************************

3 Agosto 2011, notte.

Mi metto seduta sul letto il più lentamente possibile per non svegliare le mie amiche che sono profondamente addormentate (beate loro!): Michela vicino a me, Francesca dall'altro lato e Sonia, infine, sulla poltrona.

Non riesco a prendere sonno, dannazione! Il taglio che ho sul braccio destro, unito alla ferita per aver parato il fendente, per quanto dovrebbero essere poco più che una quisquilia, mi fanno davvero male, a tratti mi pulsano, impedendomi così di addormentarmi.

Sospiro più volte, toccando la parte lesa con la mano sinistra e avvertendo i margini del taglio bollenti. Forse non è poi così bazzecola come credevo... le ferite spurgano ancora e, per quanto provi in tutte le maniere ad anestetizzare il dolore per mezzo del mio gelo, non riesco a trovare un sollievo duraturo, ciò mi impedisce di usare l'arto come vorrei. Fortunatamente, grazie agli allenamenti di questi mesi, sto cominciando ad avere praticità anche con la sinistra, abbastanza sufficientemente da non avere troppi impedimenti.

Sbuffo contrariata dal dolore insistente che continua a diffondersi in tutto il corpo, al contempo riprovo a sdraiarmi per addormentarmi, senza però riuscirci. Niente! Se non è il fastidio al braccio, è la testa che va per conto suo, riportandomi alla mente il viso di mio fratello e di tutti gli altri. Un altro giorno si è concluso, non ce ne resta che uno... a quanto corrisponderà invece nel passato?! Sarà primo pomeriggio da loro, o già la sera fatidica dello scadere delle 24 ore?! Rabbrividisco al solo pensarlo. No, Camus, e così gli altri, sono ancora vivi, lo sento, deve essere così senz'altro!

Improvvisamente dei tonfi estremamente chiassosi, provenienti dal piano di sotto, mi fanno alzare di scatto. Nello stesso istante, un movimento vicino a me, come di qualcuno che si volta, mi fa credere di non essere stata la sola ad udire simili suoni.

Pss, ehi, Michela, li hai sentiti anche tu?” chiedo, dando una leggera pacca alla mia amica distesa al mio fianco.

Uuuhm! Pasta alla carbonara... è perfetta per la cena romantica tra me e Hyoga! Maestro Camus... mi insegni a fare... uhm, uhm, la carbonara?!” bofonchia lei, abbracciando il mio cuscino e spodestandomi di fatto dalla mia parte di letto.

Faccio quindi per chiamare Sonia e Francesca nella speranza di aver maggior reazione, ma ancora prima di aprire bocca capisco che si tratta di un'impresa disperata e destinata al fallimento: le mie amiche infatti stanno dormendo troppo profondamente, neanche un'esplosione nucleare potrebbe svegliarle!

Siete la quintessenza dell'inutilità!” esclamo scherzosamente, divertita, pensando che, per lo meno, loro riescono a riposare. Se lo meritano!

Mi metto quindi in piedi, dirigendomi senza esitazione al piano di sotto da dove proviene il brusio.

Sono totalmente dipendente dal senso del tatto, unica percezione in grado di aiutarmi in un simile frangente, poiché a causa dell'oscurità non riesco a vedere niente. Oggi poi è notte di luna nuova qui, tutto sembra immobile là fuori, come se ogni cosa si fosse fermata. In più, non ho avuto ancora il tempo di formare una cartina mentale della casa di Milo, quindi è come se in questo momento fossi un marinaio in balia dei flutti in una notte priva di stelle.

Una volta arrivata al piano di sotto, sento con distinzione il respiro già profondo di Dègel diventare sempre più intenso, segno evidente della stanchezza colossale che il Cavaliere dell'Acquario si è portato dietro fino ad adesso. Del resto... non ha chiuso occhio per prodigarsi per l'amico!

Socchiudo gli occhi, rimanendo ferma e immobile ad udire il suo respiro armonioso battere al ritmo del mio stesso cuore (o almeno così pare a me!).

Se solo fosse possibile, starei sveglia tutte le notti pur di sentire ancora e ancora il suono di quel dolce soffio che pervade le sue membra e gli accarezza la pelle candida e tiepida, facendogli vibrare impercettibilmente i lunghi ciuffi vicino al volto.

In questo dolce soffio, che è la carezza della vita, io mi ci perderei, in mille sfumature di diverse emozioni, come se fosse una melodiosa ninna nanna che percepirei ogni notte stando al suo fianco e giacendo insieme a lui, da qui fino alla fine del nostro tempo...

Automaticamente, quasi senza rendermene conto, sono già vicina al divano, gli occhi ancora chiusi, accucciata, il volto a poca distanza dal suo. Ne percepisco l'essenza, anche se non lo posso vedere, la mia mano sana si alza nella sua direzione per poterlo toccare.

OUCH!!! MA PORC...!!! MA VAFFAN...!!!”

Sono costretta a spalancare gli occhi nell'udire le imprecazioni di qualcuno che, al mio udito, giunge fin troppo famigliare. Butto fuori aria, scrollando il capo come a dirmi un "lo sapevo", prima di completare il gesto di accarezzare i soffici capelli di Dègel.

Prendo tempo. Non vorrei spezzare il contatto, non vorrei spezzare il nostro legame, ma so che devo e... ogni volta che ci penso, fa un male del diavolo.

Sorrido di sbieco, prima di chinarmi su di lui e posare dolcemente le labbra sulla sua bocca, che è dischiusa, e dalla quale esce il tiepido anelito che mi ero immaginata. Lo bacio teneramente senza pesargli, rialzando poi il capo non prima di avergli regalato un'ultima carezza trai capelli: "Perdonami, Dègel, perdonami per... tutto! - biascico, dolorosamente, mantenendo però un tono fermo - Ti sto abbandonando... di nuovo... quando non avrei, mai, MAI, voluto farlo!" gli sussurro, gettando indietro il nuovo magone che si è formato nella mia trachea.

Ma... che diavolo ha 'sto armadio?! E' freddo, PORC..! Che stracazzo di casa hai, Milo, dove diamine tieni la tua roba?!?”

Ridacchio divertita, scacciando a forza il malessere, nel riconoscere tutte le sfumature della voce del mio amico Cardia riempire l'intera cucina, che deve essere stata scambiata da lui, a giudicare dalle sue parole, per una camera qualsiasi. E' davvero un personaggio assurdo, è impossibile annoiarsi con lui, nella maniera più assoluta! Cioè... dovrebbe ringraziare il cielo che Dègel sia talmente stanco da trovarsi in un sonno profondo, e invece fa ancora chiasso, del tutto incurante che il suo migliore amico si possa svegliare improvvisamente e mantenere la sua promessa di tumularlo in un cubetto di ghiaccio!

Mi dirigo quindi in silenzio e a tentoni verso la stanza in questione, cercando poi l'interruttore attaccato al muro. Una volta trovatolo ghigno tra me e me, apprestandomi ad entrare in scena.

Buongiorno, Cardia, un po' presto per andare a zonzo, no?!” lo saluto, premendo poi il tasto per l'accensione della luce.

Lo Scorpione sussulta pesantemente nell'udire la mia voce, ma questo è nulla in confronto alla sua reazione in seguito all'improvviso bagliore che illumina la cucina.

Aaaaaargh!!! Che diavoleria è questa?! Ma porca di quella..! Sono cieco come Asmita, non vedo più nulla!!!” urla, tappandosi gli occhi con le mani e gridando come un pazzo isterico.

Sssssshhh, non vorrai svegliare Dégel, mi auguro, ti ricordo che ti tramuta in una statuetta di ghiaccio, se ti becca! - lo zittisco in fretta, prima di partire con lo spiegone - Questo congegno si chiama interruttore elettrico e, grazie ad una serie di fili, permette l'accensione del lampadario. Le candele esistono ancora, ma vengono usate molto di meno nella nostra epoca, sai?”

Maledizione a te, birba rompiscatole! Mi hai quasi accecato!” continua Cardia, sfregandosi gli occhi nel tentativo di focalizzarmi meglio.

Che fai sveglio?” taglio corto io, inarcando un sopracciglio, notando che la porta del frigo è aperta e che l'elettrodomestico è pienamente funzionante, un altro indizio che in questa casa ci venga qualcuno piuttosto spesso.

Potrei farti la stessa domanda...”

Sbuffo, avvicinandomi a lui in una perfetta posa da maestrina.

Sai com'è, sentivo dei rumori molesti provenienti da qui, quindi mi sono insospettita e sono scesa dal piano di sopra, trovandoti alzato come se nulla fosse!” affermo, ironica, con espressione severa stampata in volto.

Uff, ho sudato stanotte, questo indumento è inservibile! - me lo indica, prendendo due lembi con le dita e facendosi aria con quelli - Per cui mi sono detto che questa roba è di Milo, la casa è di Milo ed io... sarò Milo, quindi è anche mia, posso farne quel che credo!” risponde lui, con naturalezza quasi esasperante.

"Un po' semplicistico come ragionamento, ma... ci sta, dai, non penso lui sia contrario!"

"No, appunto! - annuisce, felice di vedermi concorde - Solo che non so dove tenga la roba, quindi sono venuto qui, ad aprire questo strano armadio, ma... è freddo!" continua la spiegazione, dando pacche all'elettrodomestico come ad incoraggiarlo a sputare qualcosa di soddisfacente per lui.

A questo punto, mi devo trattenere a mia volta da sputare per terra a causa di una risata pù forte del normale. Mi nascondo tempestivamente la bocca con le mani, ma il mio corpo è comunque sconquassato dagli spasmi, ciò lo fa allarmare.

"E-ehi, ora che ti prende, stai male?!"

"Quello.. non è un armadio, tonto!"

"E allora cosa mai... sarebbe?! - sembra frastornanto, lo osserva perplesso, ci butta un occhio dentro, ora che c'è luce, trovandovi della salvia essicata, due pomodori rinsecchiti e una bottiglia d'acqua - C-cibo?!"

"Per l'appunto, quello è un frigo, Car, serve per conservare gli alimenti"

"Oh... - i suoi occhi e la bocca si spalancano in delle 'o' quasi perfette - E perché c'è Camus dentro?"

"COS...?!"

"E' freddo!"

"Deve esserlo, per non far degradare il cibo!" gli faccio notare, rendendomi conto che a me paiono cose ovvie ma per loro certo che no, ed è più che naturale.

"Quindi, nella vostra epoca, hanno imbrigliato il potere di Aquarius, eh? MITICO!"

"B-beh, insomma... nella tua epoca hai mai visto delle, ehm, neviere?"

"No, odio il freddo, non vado in posti che potenzialmente possono essere gelidi!"

"B-beh, allora devi sapere che... - ma non ho il tempo di continuare che me lo vedo passare di lato, di colpo disinteressato all'intera faccenda, lasciando persino lo sportello del frigo aperto - Dove pensi di andare?! Ti stavo spiegando!" esclamo, un poco infastidita, chiudendo io il frigo.

"Massì, massì, più o meno ho capito cosa sia quell'affare, solo che al momento ho più urgenza di cambiare vestiario, mi da fastidio essere così sudaticcio!"

"E... e quindi?"

"E quindi vado in perlustrazione nella catapecchia finché non trovo quello che cerco!"

Una catapecchia... la casa di Milo... che è su due piani, MAH!

Andare di filato a letto e dormire, no?! Dannazione, Cardia, hai rischiato di morire solo ieri e Dègel si era raccomandato di rimanere a riposo, inoltre...”

Mi annoiavo, e che cavolo!!! Sono rimasto incosciente per un giorno intero, non credi che basti?! Io odio i letti! Odio il riposo e odio la tranquillità!!! Ora che sono sveglio dovrei dormire?! Neanche morto!”

Ma sei scemo?!? Non è mica la stessa cosa dormire ed essere incoscienti, eh! Ieri ti divincolavi in preda alla sofferenza, avevi la febbre alta e dalla tua postura di certo il cuore ti procurava delle fitte insopportabili! Non puoi chiedere oltre al tuo corpo, hai dei limiti anche tu!” esclamo con forza, passandomi una mano sulla fronte imperlata di sudore.

Cosa diavolo c'entra questo! Io... ehi, ti sei sporcata!”

Non ho tempo di dire o fare niente che mi ritrovo Cardia davanti a pulirmi il volto con il bordino inferiore della maglietta, mostrandomi così, con naturalezza, gli addominali ben scolpiti e sviluppati.

Istintivamente faccio qualche passo indietro, imbarazzata, interrompendo il contatto tra noi, ma è troppo tardi per non fargliene rendere conto...

Ehi, ma questo è sangue, o cosa?”

No, Cardia, non...” provo ad oppormi, ma il mio migliore amico mi afferra lesto il braccio destro e lo controlla con sguardo clinico.

Vieni a dire a me di riposarmi, e tu vai a zonzo con questo! Ecco quindi cosa aveva visto Dègel: stai spurgando una roba strana da un taglio lungo diversi centimetri! E... e poi fosse solo il braccio, hai anche la mano che...”

Diniego con la testa, allontanandomi da lui per dirigermi verso la finestra e guardare così il cielo stellato. La mancanza della luna rende tutte quelle magnifiche luci ancora più visibili dalla Terra, tanto da rendere visibile persino la Via Lattea.

Non è niente, Car, sono una guerriera e questo non è altro che un graffio per me! Non voglio più essere soltanto protetta da voi, ma... proteggervi, con tutta me stessa. Passerà...” rispondo decisa, massaggiandomi nel frattempo il braccio dolorante.

Cardia sulle prime rimane in silenzio, poi si affianca a me per vedere il cielo stellato sopra le nostre teste. Nei suoi occhi non leggo più l'incendio che lo aveva contraddistinto poche ore prima, ma bensì un'infinità di luci brillanti che illuminano le sue iridi azzurre, rendendole come miriadi di lucciole che rischiarano la notte più buia.

E' vero, sei una guerriera, anzi... lo sei sempre stata da quando ti ho conosciuto! Già dall'inizio non hai avuto nessuna remore a rompere il setto nasale di quell'individuo per difendermi, e ieri ti sei buttata in acqua senza esitazione per salvarmi..."

"Cardia... lo ricordi?" chiedo, sgomenta, lui imporpora, passando oltre.

"...ma rimani comunque una ragazza e, in fondo, se proteggiamo una divinità reincarnata come Sash... volevo dire, Atena, non vedo cosa ci sia di male se, in certe circostanze, lo facciamo anche con te!"

Sorrido rassicurata da quelle parole: "Sasha, lei... mi piace! - ammetto, annuendo con convinzione - L'Atena del mio tempo, invece, non la conosco, non si è... mai fatta vedere, neanche quando... quando c'era bisogno di lei!" dico, riducendo gli occhi a due fessure nel rammentarmi di tutti i momenti in cui avrebbe potuto intervenire e non l'ha fatto.

"Sì, lei è... una piccoletta con un grande destino sulle sue spalle, dovrà comandarci durante la prossima battaglia contro Hades e... e non deve essere affatto facile!"

"Le sei affezionato, vero?" sorrido, capendo le sue emozioni.

Lui fa una faccia strana, come quando è in imbarazzo, si gratta la testa e guarda altrove. "Sì, possiamo dire di s-sì!"

Tradotto: è molto importante per lui, ma non lo vuole dire. Ridacchio tra me e me.

Comunque lo so, Car, grazie, so che vorreste proteggermi perché mi vedete 'piccola', ed è bello sapere che, malgrado tutto ciò che può succedere, tu e Camus siete, e sarete sempre, al mio fianco - rispondo abbracciandolo di riflesso – Ma è finito il tempo delle lacrime e delle paure! Ora devo essere forte anche per mio fratello, capisci? Lui ora ha così tanto bisogno di me, io devo prendermi cura di lui, dimostrargli che non è solo nell'inferno che sta attraversando e che io... io gli voglio bene e sono con lui!" biascico, mentre il senso di apprensione si fa via via più accentuato.

Già... ho passato la scorsa vita nella scelta di non usare mai il mio potere per ferire gli altri, ma ora... ora le circostanze lo richiedono e, se è per salvare il mio caro fratellino, le mie amiche e tutti gli altri, sono pronta a sprofondare nelle tenebre più fitte!

"E pensi che lui non lo sappia, questo? Che gli vuoi bene, e che daresti la vita per lui?!" mi interroga il mio migliore amico, in una improvvisa ventata seria, spingendomi ad alzare il capo per guardarglo negli occhi.

"Io... gli ho detto cose cattive, sono stata... spregevole!"

"Sì, lo sei stata... un po'... - mi dice, senza fronzoli, facendomi sussultare - Ma anche questo è parte dei rapporti umani, lui è stato altrettanto con te in più di una circostanza; io stesso... mi sono comportato male con Marika in varie occasioni"

"Cardia..."

Rimaniamo abbracciati in silenzio per qualche minuto, ognuno perso nei suoi pensieri, talmente vicini da toccarci senza però sentirci a disagio.

Le braccia di Cardia sono come una culla dalla quale è difficile sfuggire. Lui, con la sua sola presenza, è in grado di tranquillizzarmi e rasserenarmi il cuore come solo mio fratello Camus è in grado di fare, ed è proprio per questo che, da parte mia, non ci può essere altro tra noi che solo una profonda e affettuosa amicizia; per lui invece è totalmente diverso, ed io lo so fin troppo bene, purtroppo... Forse a Cardia basterebbe avermi al suo fianco per essere felice, ma io non appartengo al suo mondo, senza contare che, in circostanze normali, non ci saremmo neanche mai conosciuti.

Volendo posso andare a letto, basta togliermi la maglietta zuppa di sudore... ma solo se tu vieni con me e ti fai controllare le ferite!” mormora ad un certo punto Cardia, ricercando il mio sguardo.

Sospiro, negando con la testa: "Non occorre..."

"Oh, sì che occorre, altrimenti appena recuperiamo Camus, Milo e Regulus sbatti tu a terra, e poi tuo fratello, che iperventila, chi lo sente?!"

C-Car, tu sei un'adorabile testa di fava! Come pretendi che, dopo non aver minimamente ascoltato sia me che Dégel, io acconsenta alla tua richiesta assurda?! E' solo una bazzecola questa ferita! Quando torneremo dai nostri amici con la cura, la medicherò, ma ora non preoccuparti per me!” affermo, staccandomi leggermente da lui.

Mi pare che ora la testa di fava qui sia tu, non io! Non me ne intendo di cure, ma è lampante che quella ferita si stia infettando, ciò non è per niente bello!” ribatte lui, con il suo solito modo di fare sfacciato.

Non dire assurdità, un po' di cure me ne intendo, mia madre è medico. E poi sto già utilizzando il ghiaccio per tenere sotto controllo il dolore e il sanguinamento, non si infetterà così velocemente!”

D'accordo allora se non vuoi farti controllare, ma almeno concediti un po' di riposo nel mio letto. Sembri stravolta... da quanto è che non dormi?”

C-Car, non so se è una buona idea...”

Non ho intenzione di farti nulla, lo dovresti ben sapere, e poi... ho bisogno di raccontarti una cosa, la più importante per me!”

Spalanco gli occhi, sorpresa dal suo tono di voce diventato improvvisamente tremante.

Voglio raccontarti la mia storia, spiegarti del mio cuore... ormai non ha più senso tacere, non dopo quanto avvenuto ieri!”

Sospiro rassegnata, annuendo leggermente: "Ne sei... davvero sicuro?"

"Certo, ho completa fiducia in te!" afferma, prendendomi per mano per poi accompagnarmi in camera, stando ovviamente attentissimo a non svegliare Dégel.

Mi sdraio subito sul letto, avvertendo di colpo la stanchezza impossessarsi completamente di me. Aspetto quindi che Cardia si tolga la maglia per poi sdraiarsi al mio fianco e guardare il soffitto in cerca delle parole. Non gli faccio la benché minima fretta. Intuisco bene l'argomento di cui vuole trattare, proprio per questo attendo che si senta completamente a suo agio.

Il suo viso ancora pallido giunge a me come estremamente malinconico, cosa non da lui, visto il tipetto iperattivo e sempre allegro, mi da ancora più nitidamente l'idea della fatica che faccia nel parlarmi di quella che per lui è la sua più recondita debolezza.

So bene che cosa nasconde quell'espressione così insolitamente cupa, perché è ciò contro cui Cardia ha dovuto combattere aspramente fin da bambino... il segreto che si cela dietro la sua inesauribile voglia di vivere!

La mia mano automaticamente si muove a cercare la sua per fargli forza. E' un gesto aperto e sincero, il cenno ultimo che spinge Cardia a rivelare definitivamente tutto.

Marta, io... sono malato di cuore!”

La frase viene proferita in un sussurro, la carezza di un respiro.

Sospiro, annuendo con la testa, prima di guardarlo negli occhi senza la benché minima scintilla di pena. La mia vuole essere un'occhiata gentile e rispettosa, vicina, senza però offendere la sua tempra, il suo orgoglio, il suo essere un guerriero a tutto tondo, non solo nei combattimenti ma anche nella vita quotidiana. Spero che tutto questo gli arrivi al cuore senza umiliarlo.

Ne sono consapevole...”

Del resto lo sapevo già, me lo ha riferito Milo, ce lo ha detto lo stesso Dègel ieri... ma sono comunque felice che lui abbia scelto comunque di confidarmelo senza più alcun filtro.

Sì, intuivo già che tu lo sapessi, sto sempre male, dannazione, il mio cuore non è assolutamente in grado di reggere ritmi troppo serrati, eppure... eppure non te l'ho detto lo stesso fino ad adesso, perché non volevo, e non voglio, essere considerato un debole, soprattutto da te!” spiega lui, grattandosi nervosamente il braccio sinistro.

Cardia, se il tuo cuore è malridotto non significa che il tuo animo sia fiacco, non sei assolutamente un codardo, anzi! Malgrado questo non ti sei mai arreso, chi si può considerare più forte e determinato di te?!” lo rimprovero bonariamente, sedendomi a gambe incrociate per guardarlo meglio.

...Probabilmente i miei genitori erano di altro avviso, invece. Dovevo essere stato una rogna per loro con tutti i miei malesseri e le crisi che mi colpivano spesso, rischiando di uccidermi ogni volta! Proprio per questa ragione, all'età di 10 anni, mi abbandonarono in un sanatorio non molto distante dal Santuario di Grecia!” continua lui, abbassando lo sguardo.

Un singulto sfugge dalla mia bocca: non avevo la più pallida idea di questo! Credevo che Cardia fosse orfano come la maggior parte dei Cavalieri e che Marika, sua sorella, fosse arrivata dopo al Grande Tempio...

So cosa stai pensando! Beh, effettivamente mia sorella giunse dopo al Santuario, poiché i nostri genitori morirono a seguito di un saccheggio"

"E tu questo come lo sei venuto a sapere?"

"Me lo raccontò lo stesso Sage, che prese con sé Marika, portandola al Santuario. Avevo 13 anni quando successe, sarei dovuto morire già da tempo ma quel vegliardo di Krest, il Maestro di Dègel, aveva già attuato sul mio cuore una tecnica che lo rinvigoriva, a discapito però della mia salute generale. Spesso, nel tentativo di controllarla, cadevo a terra in preda alla febbre, e solo Dègel poteva trattare il mio malessere. Così nacque anche la nostra amicizia, che è tutt'ora più che preziosa per me e che, da quanto vedo, esisterà anche nel futuro" si lascia scappare un sorriso un poco più sereno.

"Così... tu trai energia dalla tua debolezza! - ripeto, ammirata - Ne hai fatto una tecnica specifica che hai chiamato Katakaio!"

"Esatto, alla faccia di quei due esseri che mi hanno abbandonato!"

"Mi dispiace, Car..."

"Pfff! Non piansi certo per loro, né tanto meno fui felice di ritrovarmi Marika tra i piedi, visto che Sage me la sbolognò. Per me la mia famiglia d'origine è sempre stata ESTRANEA!” esclama ancora lui, stringendomi con forza i pugni. Dalla sua voce si riesce facilmente ad avvertire tutto il rancore che prova verso i genitori. E' un'emozione ampiamente giustificata, ma mi spaventa, sembra proprio... veleno!

Nonostante questo, rimango in silenzio in attesa che prosegua, il cervello gremito di domande e dubbi, un nodo alla gola sempre più forte, ma lo continuerà ad ascoltare fino a quando si sentirà di parlare con me.

Per questo motivo detestavo Marika... LORO si erano tenuti lei, che era nata sana, ma non avevano esitato ad abbandonare me per questa stupida malformazione cardiaca. Non era per niente giusto! Perché proprio a me era toccato di subire un destino così oscuro?!” si sfoga ancora lui, picchiando più volte la gamba sinistra contro il comodino di fianco al letto.

"Cardia..."

"Delle persone che non vogliono stare al mio fianco, che non mi accettano per ciò che sono, io non me ne faccio niente! - stabilisce ancora, con spregio, il suo sguardo si fa sempre più tagliente - Chi mi ha messo al mondo non è stato in grado di camminare al mio fianco; chi mi ha messo al mondo mi ha fatto nascere con una menomazione che mi costerà la vita, eppure, in questa esistenza priva di apparente senso, qualcuno disposto a stare al mio fianco l'ho trovato! C'è Dégel, c'è Sashina, ci sei tu... e poi Sonia, le altre, i Cavalieri d'Oro... Non ho bisogno di nessun altro, io, va più che bene così!"

Le tue emozioni sono ampiamente giustificate, Car, però, visto che hai parlato al passato... può essere che qualcosa sia cambiato in te?” chiedo, posandogli la mano sul ginocchio per farlo fermare. Mi preoccupano gli istinti autolesionisti che ogni tanto dimostra, sembra che, in qualche modo, odi il suo corpo malato più dei genitori medesimi...

Sì, sono cambiato... il merito è stato anche tuo!”

C-cosa?”

Per merito tuo e di Camus! - precisa lui, sorridendomi con naturalezza - Ricordi quando mi hai parlato per la prima volta di quella piaga di tuo fratello? Eravamo a Genova e, proprio lì, mi accorsi di avere davanti una sorellina minore, proprio come Marika!"

"Sì, in effetti... io sono un po' come lei, anche io mi preoccupo molto per mio fratello e lei... lei è sinceramente addolorata per la tua situazione, Car, probabilmente non lo sapeva neanche del tuo problema!"

"Sì, esatto, non lo sapeva, ma io ero troppo immaturo per perdonarla, anche se, a ben vedere, lei è innocente!" conferma, un poco teso.

"E quindi cosa, di me e Camus, ti ha dato la spinta per... aprire uno spiraglio nei suoi confronti?"

"Il modo in cui lui si relaziona con te... ah, ovviamente sto parlando di quando non ha le pippe mentali, eh, si intende! - mi risponde, quasi sbuffando - Se l'amore verso una sorellina minore può spingere quel ghiacciolame di Camus a commettere avventatezze... allora anche io voglio provare questo grande sentimento!"

"Cardia!" lo chiamo con enfasi, gli occhi luminosi davanti ad una simile frase.

"Ora, appena questa missione sarà conclusa, farò di tutto per passare più tempo possibile con lei, in modo da conoscerla e non avere davvero più alcun rimpianto! - afferma ancora Cardia, sdraiandosi sul letto al mio fianco - E' mia sorella minore e non possiede un cosmo sviluppato, devo... proteggerla e vegliare sempre su di lei, no? Come Camus vorrebbe fare con te!"

Annuisco, gli occhi lucidi, prima di prendere posto al suo fianco. Rimaniamo così in silenzio per qualche minuto, almeno finché il mio migliore amico non decide nuovamente di parlare.

Facendo un attimo un passo indietro... ti ho accennato dei miei malori, no? Hai anche assistito ad uno di questi...”

"Sì..."

"Sapevo le controindicazioni della tecnica di Krest sul mio corpo. Potevo scegliere: o morire a 10 anni o prolungare la mia vita, a scapito certo di pesanti ripercussioni sulla qualità della stessa"

Se ti vedo qui e sto parlando con te, la tua scelta è stata quella di continuare a vivere nonostante tutto - arrivo alla conclusione, pensierosa - Ma... perché hai preso questa decisione?"

Perché avevo bisogno di tempo per... concludere la mia esistenza nella maniera che io desideravo! Non l'avessi fatto, mi sarei spento entro un anno, ma io non voglio semplicemente spegnermi, io voglio bruciare, fino all'ultimo respiro, dando fondo a tutto me stesso! Per questo sto cercando un avversario forte con cui adempiere a questo mio.. sfizio... ma devo sbrigarmi, la tecnica consuma comunque il mio cuore e... presto... il gelo di Dégel non basterà più per..."

Ugh... Cardia, non dirlo, ti prego! Ci sarà pur un modo per impedirlo!” riesco solo a biascicare, abbassando lo sguardo nella paura recondita di perderlo.

No, non c'è, ma va bene così, Marta! Mi basta arrivare a quel momento, alla mia apotoesi, per essere felice. Se solo lo trovassi, questo nemico invitto, sento che morirei con il sorriso sulle labbra, perché la mia vita avrebbe acquisito un senso, una forma e, quella effige, sarebbe stata plasmata interamente da me!" conclude con naturalezza, chiudendo gli occhi, finalmente tranquillo.

Ingoio a vuoto, avvertendo la consapevolezza delle sue parole entrare sempre di più nel mio animo e fare breccia nei miei sentimenti. E' indubbiamente lucido nei suoi progetti, anche se parla di un futuro di morte. Non credo di comprenderlo pienamente, ma... lo rispetto, e mi sento di stimarlo ancora di più per questa sua confessione.

Se questa è la via prefissata da Cardia di Scorpio... nessuno ha il diritto di opporsi!

Car, per quanto possa valere... non sei solo contro la tua malattia, hai Dègel e ora ci siamo anche noi altre! Di sicuro non ti permetteremo di morire tanto facilmente, come hai potuto ben vedere da ieri!” lo rassicuro, poggiandomi sui gomiti prima di girarmi e sfiorargli dolcemente una guancia.

Cardia mi sorride, un sorriso carico di affetto, poi prende la mia mano e se la posa sul petto con naturalezza. La sua pelle, già più calda del normale, sembra ora proprio un fuoco che arde con vivacità.

Grazie... lo so per certo, anzi sono tutt'ora convinto che la tua presenza rinforzi di giorno in giorno il mio cuore, trasmettendogli nuove energie”

Il cuore vive fino a quando ha qualcosa da amare, così come il fuoco finché ha qualcosa da bruciare...! Questo aforisma ci è stato tramandando dal poeta Victor Hugo, che visse un secolo dopo di te. Quando vedo i tuoi occhi azzurri risplendere, come se fossero fiamme inestinguibili in un crepuscolo che non si dilegua mai, mi viene spontaneo pensare a questa citazione!” gli dico sorridendogli raggiante, prima di coricarmi nuovamente e chiudere gli occhi.

Kkk!!! Dormi, piccoletta, che sei stanca e straparli!" ribatte lui, ancora più imbarazzato.

"Non straparlo, lo credo veramente: la fiamma del tuo cuore è inestinguibile e tu sei una persona speciale!" sbuffo, ridacchiando.

"Complimenti, alla fine sei riuscita a farmi venire sonno, come solo Dègel sa fare, sei contenta?!” ribatte ancora in evidente disagio.

Ridacchio tra me e me, immaginandomelo con le guance color anguria. Adorabile!

Buonanotte, teppista di uno scorpionide!"

B-buonanotte a te, piaga che non sei altro!"

Piaga.. ma sentilo, aha!

Sono già sulla strada, completamente in discesa, che conduce al sonno profondo, quando avverto a malapena le labbra roventi di Cardia posarmi un leggero bacio sul mento, neanche troppo lontano dalla mia bocca che avverto inaspettatamente secca.

E... grazie per aver soffiato aria dentro di me, permettendomi di continuare a vivere e avvicinarmi così a questo fatidico nemico che, voglio crederlo fermamente, prima o poi incontrerò sulla mia strada!”

 

*******************

3 Agosto 2011, mattina.

Uuuuuurgh... Uuuuuuuurgh!”

Istintivamente poggio la mano sana sulla fronte di Cardia per sentire se ha ancora un po' di febbre, lui si riscuote, riaprendo gli occhi

Non c'entra il cuore adesso! E' questo... questo coso in cui siamo rinchiusi che mi da nausea e vertigini, non so perché...”

"Mal d'aria..." constato, pensierosa.

"Beh, vorrei ben vedere, gli uccelli sono adatti al volo; gli uccelli e Sisifo, non gli esseri umani!" asserisce, nervoso, mal tollerando di farsi vedere così debole da tutti.

Annuisco convinta, tornando poi a guardare fuori dal finestrino il blu spumeggiante del mare. Sembra che lo patiscano sia Cardia che Dégel, e non mi sento di dargli torto, deve essere tutto così assurdo e innaturale per loro!

Comunque... la storia che ci avete raccontato ha dell'incredibile! - interviene Aiolia, serio in volto, finendo di soppesare il discorso di Francesca sull'identità del nemico - Un avversario che può infliggere danni senza usare il proprio corpo fisico... è fuori dagli schemi, dobbiamo informare al più presto il Nobile Shion!"

Siamo sul jet diretti finalmente a Genova, la città che mi ha visto nascere e crescere. Proprio come aveva detto Sonia, Aiolos e Aiolia ci hanno raggiunto all'alba sull'isola di Milos e, senza troppi convenevoli, siamo saliti a bordo per poi ripartire, raccontando poi durante il viaggio tutte le nostre esperienze. Ovviamente all'inizio i due fratelli facevano fatica a credere ai nostri racconti (del resto loro non hanno ancora mai interagito con il Mago), ma alla fine si sono limitati ad accettare per vero quello che abbiamo proferito.

Confesso di essere ancora scettico riguardo al nemico e ai suoi poteri... Però la cosa più importanti che ho compreso, è che stato il Mago ad attaccarci e, cosa ancora più saliente, che ha momentaneamente esaurito le forze, quindi non è più in grado di nuocerci, giusto?” ripete Aiolos, concentrato ai comandi.

Sì questo è il succo della storia, per il momento possiamo agire consapevoli che, dopo la batosta presa, lui al momento è inattivo. Abbiamo quindi campo libero!” afferma Francesca ancora euforica, seduta vicino a Michela.

Aiolia annuisce con forza, mentre i suoi occhi si illuminano di speranza e determinazione.

Sorrido tra me e me, guardando ancora una volta giù dal finestrino, dove il blu cobalto del mare ha lasciato ormai spazio al verde e marrone della penisola italiana.

Ci siamo quasi, ormai! Cosa dirò a mamma?! Quale sarà la sua reazione quando le racconterò di tutti gli avvenimenti successi in questo mese, e che, soprattutto, suo figlio maggiore sta rischiando di morire per la peste!? Mi crederà?! Stringo con forza le mani sulle ginocchia, incurvando la schiena, del tutto preda dai miei pensieri.

Tante domande... poche risposte. Da quando sono stata presa sotto la custodia del Santuario, non ho mai avuto il tempo di parlarle schiettamente, di avere informazioni su come abbia vissuto la separazione dal figlio maschio e, dopo anni, la mia. Io non sapevo di Camus, ero troppo piccola per rammentarlo, ma lei sì, e anche i nonni... quando si sono rivisti a luglio, mio fratello sembrava molto impacciato nell'esprimersi con lei, mia madre invece era molto più aperta, quasi commossa, ma al di là della visita per sincerarsi delle sue condizioni, non c'è stato tempo per nient'altro. In questo lungo periodo di lontananza, devono essersi mancati molto, ed io... io non ne sapevo nulla! So che non dovrei sentirmi in colpa, ma qualcosa mi punge la coscienza, non riesco a quantificarlo, però!

Dègel, invece di fare il grugno perché stanotte ho dormito con Marta, che ne dici di articolare uno dei tuoi fantastici piani?” salta su improvvisamente Cardia, inarcando un sopracciglio per provocare il suo migliore amico.

Un singulto sfugge dalla mia bocca, riportandomi alla mente l'espressione contrariata di Dègel quando è venuto a svegliare Cardia e ha notato che nel letto c'ero anche io con lui.

Io non... io non faccio alcun grugno!” ribatte un Dègel particolarmente infastidito. Malgrado questo, le sue guance si sono colorate di rosso porpora.

Si va bene, se sei convinto tu... e allora perché sei di umore nero da stamattina, brutti sogni?!”

Cardia, piantala!” esclama Dègel, voltandosi di scatto verso l'amico che ammutolisce all'istante.

Io abbasso lo sguardo, sentendo il disperato bisogno di nascondermi. Non volevo che si infastidisse così, per me dormire con Cardia è come appisolarmi al fianco di mio fratello, ma dopo il nostro dialogo di ieri pomeriggio, il mio diniego di essere Seraphina, sembra che qualcosa si sia spezzato tra noi. Dégel ha capito chi sono, ma io non lo posso confermare in alcun modo, quindi lui ha preso a torturarsi psicologicamente, non riuscendo a darsi una spiegazione al di là che, sì, se l'amore tra noi dovesse compiersi, Camus sarebbe in qualche modo spacciato. Ed io... ho scelto mio fratello!

Mi fa male il solo pensarlo, mi duole il petto, mi manca il respiro, non riesco a non ripetermi altro che, se solo fosse stata Seraphina a riemergere, questo dramma non si sarebbe realizzato. Invece io... cosa potrebbe fare un patetico retaggio, come me, di una grandissima Sciamana, perché proprio io mi ritrovo qui?! Lo... merito, forse? No, non ho fatto nulla per meritarlo, eppure...

Uuuuuu, come si vede che è invece geloso marcio!!!” sussurra a bassa voce Michela alla sua vicina di posto, ridacchiando.

Michela, non so se hai capito la situazione, ma non è per niente bello questo, ormai stanno raggiungendo il limite...” ripete invece Francesca, tesa.

"Che limite stanno raggiungendo?! Basta farli sbloccare un po', non trovi, Fra?!"

"Bonaaaa... mi sa che non hai proprio compreso, Michy!" sbuffa lei, sospirando affranta, mentre Sonia non si perde un secondo del loro dialogo.

Uff, lasciamo momentaneamente perdere il Signor Ghiacciolo gelosetto e concentriamoci sulla meta! Quanto dura ancora 'sto viaggio?!” chiede Cardia, spazientito, muovendosi come una tarantola nel rivolgersi ai due fratelli.

A questo ritmo, direi un'oretta buona!” risponde Aiolia, cercando di essere il più naturale possibile, malgrado non sia ancora abituato a interagire con uno che gli ricorda Milo senza però esserlo effettivamente.

Benissimo, allora svegliatemi quando ci siamo!”

Ho appena il tempo di voltarmi che il mio migliore amico si è già appoggiato con la testa sulla mia spalla.

C-Cardia?”

Oooh, ma sei comodissima, Marta!” ribatte lui, mentre sento un forte sospiro di esasperazione provenire da Dègel. E' evidente lo stia deliberatamente provocando, certo lui non sa il nostro dialogo, né chi io sia veramente, come Michela vede solo due persone che amano e che però sono inchiodate a terra, senza riuscire a muoversi uno nella direzione dell'altro. Ma qui il guaio non è il non riuscire, è proprio... non potere!

Mi sporgo un poco nella direzione di Dègel, lui non mi guarda, ha il volto rabbuiato, le guance un poco rosse, il respiro un po' più accelerato del normale. Non faccio che dirmi che mi dispiace, ma... non riesco a trovare alternative!

Dormi anche tu, Marta! Giacché quel pirla di Dègel ci ha letteralmente buttato giù dal letto alle 4 del mattino!” afferma Cardia, poco prima di chiudere gli occhi e accomodarsi ancora di più su me.

Io non ho sonno!” ribatto decisa, guardando fuori dall'oblò. Vorrei tanto che la tremenda dissonanza che avverto all'interno del mio corpo mi dia un attimo di tregua, ma così non è. Sto continuando a correre, ma sono ormai sfinita... mi sento come sovraccaricata da tutto e tutti e, l'unica cosa che mi salva dall'esplodere e ridurmi in frammenti, è combattere per la salvezza dei nostri amici. Proprio per questo, solo per questo, non posso cedere!

Vi salveremo, in qualche modo, lo giuro!

Regulus, Milo, Camus!

Fosse anche l'ultima cosa che faccio!

...........

EHI, 'non ho sonno', svegliati che siamo arrivati!” esclama Cardia dopo un arco di tempo che mi sembra pari a due secondi.

Uh? Eh? Cosa?! S-siamo già arrivati?! Ma se poco fa eravamo...” biascico, intontita, saltando sul posto come una molla.

Sì, Marta, stiamo atterrando! Dal finestrino si vede CASA!” mi avverte Michela, emozionata nel ritrovarsi nuovamente a Genova.

C-come è possibile?! Mamma mia, mi sembrano due secondi fa che...” farfuglio ancora, affacciandomi all'oblò e sorridendo nel riconoscere il monte Fasce, la chiocciola che è il porto della mia città e, infine, oltre l'orizzonte, i rilievi che abbracciano Genova, stretta tra il mare e gli appennini.

Altroché due secondi, è passata più di un'ora!, Ah, e tu ti sei allegramente addormentata sopra di me, 'signorina non ho sonno'!'” mi prende vivacemente in giro Cardia, mentre si tiene al sedile per prepararsi all'atterraggio.

Sfortunatamente io non ho occasione di farlo perché, ancora intontita, non pensandoci nemmeno perché la gioia di rivedere il mio luogo natio è tanta, ho appena il tempo di accorgermi del brusco cambiamento di rotta che mi ritrovo spinta in avanti contro il sedile.

Ehi, accipicchia, Marta! Ho avuto io l'intuizione di attaccarmi che non conosco questo 'affare volante' e non ce l'hai avuta tu che vivi in quest'epoca?!” esclama Cardia, afferrandomi di slancio per evitare di farmi picchiare da qualche parte.

Uh... grazie!” mormoro, mentre il jet atterra all'aeroporto di Genova, procurandomi un discreto dolore al fondo schiena.

Qualche secondo di raccoglimento generale, soprattutto per Cardia e Dègel che, completamente sfasati, per i primi secondi non riescono nemmeno ad alzarsi dai rispettivi sedili.

"Tranquilli, l'atterraggio è sempre duro per chiunque!" li sprona Sonia, pronta ad agire.

Eccoci qui, vi ho condotto a destinazione... ora tocca a voi, Marta, Michela e Francesca, per decidere in che modo raggiungere il luogo prestabilito!” spiega Aiolos, voltandosi verso di noi, felice di averci portato a destinazione.

Annuisco con vigore, alzandomi in piedi, pronta a mia volta per agire, esattamente come le altre.

Sono davvero curiosa di conoscere la vostra città!” afferma ancora Sonia, saltellando sul posto.

D-dobbiamo muoverci, non abbiamo molto tempo e non possiamo cincischiare nel vedere la città, per quanto Genova sia indubbiamente un luogo ricco di fascino e di storia - stabilisce Dègel, alzandosi brancolante, prima di percorrere il breve corridoio sorreggendosi ai sedili - A giudicare dalla posizione del sole deve essere già mezzogiorno!” ci dice ancora, prima di scendere dal jet.

I-io arrivo eh, aspettate solo un attimo che... che se non vomito adesso, dopo un'esperienza simile, sono praticamente invincibile!" si lagna Cardia, facendomi passare ma restando, per qualche secondo in più, seduto sul suo posto. Nelle sue condizioni deve essere stato davvero un viaggio terribile, poverino.

Anche Francesca e Michela si sistemano meglio, dandosi reciprocamente un sorriso di sostegno.

Io invece seguo a ruota Dègel, avvertendo con chiarezza il calore e l'afa tipica della Genova estiva ancora prima di affacciarmi allo sportello. Mi investono in pieno il volto ma, contrariamente a come ci si potrebbe aspettare, ciò mi provoca un piacere unico: aria di casa, per davvero questa volta! Chiudo quindi gli occhi e respiro a pieni polmoni l'aria della mia città natale, un po' commossa dal ritrovarmi di nuovo qui dopo un tempo che mi è parso infinito.

Ugh, accidenti! Ma dove...?!”

L'esclamazione di Dègel ha il potere di riportarmi bruscamente alla realtà. Spalanco quindi le palpebre allarmata, ritrovandomi davanti, nello sporgermi, una miriade di altri occhi che ci fissano increduli, sbigottiti almeno quanto noi.

Ugh...” riesco solo a biascicare, nervosamente.

Che accade?” mi chiedono all'unisono le mie amiche, Cardia e i due fratelli ancora rimasti sul jet.

Ehm, credo... credo che abbiamo scelto un brutto momento per atterrare a Genova...” balbetto solo, guardando fisso davanti a me ed esibendomi in uno dei mie famigerati sorrisi di circostanza.

Davanti a noi una folla di ben vestiti con giacca e cravatta, ci squadra da capo a piedi, facendoci immobilizzare istantaneamente. Al centro dell'assemblamento scorgo una figura che, per doti e carisma, è ben conosciuta da tutto il popolo italiano.

"Ma è..." la frase di Michela si perde nel vuoto.

"Merde..." riesco solo ad imprecare a denti stretti in francese, mettendomi le mani tra i capelli.

Questo... ci mancava solo questo!

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Capitolo 35
*** Genova (seconda parte) ***


 

CAPITOLO 35

 

GENOVA (seconda parte)

 

3 Agosto 2011, primo pomeriggio.

 

Ci mancava giusto questo per rallentarci! Perché diavolo proprio oggi, poi?!” impreco tra me e me, posando le mie dita sulla fronte come a cercare una spiegazione logica a quella assurda faccenda.

"E adesso come la spuntiamo?" si interroga Francesca, ricercando il mio sostegno visivo.

Sospiro, affiancandomi poi a Dègel non appena le mie gambe riescono a muovere qualche passo nella sua direzione. Dal canto suo, quest'ultimo guarda con espressione quasi smarrita il manipolo di persone che ci siamo ritrovati davanti dopo il nostro atterraggio, non aspettandosi di certo un tale comitato di accoglienza.

Mi ritrovo così a pensare per un breve istante a come debba sentirsi lui in questo momento. Certo, io ho già capito che genere di uomini ci troviamo di fronte grazie agli abiti che indossano, ma ciò non si può dire dell'antico Cavaliere dell'Acquario... Che cosa potrebbe pensare nel trovarsi davanti a persone vestite in tal modo?!

E infatti i suoi occhi non smettono di fissare con insistenza il vestiario di tutti gli individui che ci stanno ancora guardando con sgomento e incredulità. Quanto durerà la loro sorpresa di vedere atterrare, proprio oggi, un gruppo di reietti scappati di casa, alias noi, feriti, sgangherati e sporchi di salsedine? Non ancora a lungo, temo...

"Dègel! Marta! Si può sapere perché... santi numi, ma è una festa in maschera?!" esclama improvvisamente Cardia, prendendo a squadrare a sua volta gli uomini davanti a noi.

"Ehm... facciamo una battuta in grande stile? Diciamo che ci siamo sbagliati e che togliamo il disturbo?" domanda Michela, attaccandosi al braccio di Francesca, regalando a tutti un sorriso di circostanza.

"Sai, non credo funzionerebbe, Michy!"le fa notare l'amica, chiedendosi con ogni probabilità perché tra le sue doti non ci sia anche quella di far addormentare tutti con uno schiocco di dita.

"Ma allora come ce la sfanghiamo?!"

Senza capo né coda, ci siamo trovati davanti a un manipolo di persone vestite in maniera bizzarra, almeno per i connotati del XVIII secolo; chi indossa una tuta mimetica e ha un fucile attaccato al braccio, chi invece un pomposissimo completo giacca e cravatta e una discreta quantità di gel sui capelli. Entrambe le tipologie, comunque, hanno un qualcosa in comune: travasano sudore da ogni poro, colpiti e affondati dall'immenso caldo-umido di Genova in questo periodo dell'anno.

Mi strofino leggermente la fronte, sicura di aver scelto un giorno non molto adatto per tornare nella mia città natale, visto che ci troviamo in mezzo ad un gruppo di soldati e politici italiani. Chissà perché poi si ritrovano proprio tutti qua, in questa giornata afosa del 3 Agosto 2011... Spero solo che non sia successo nulla di grave!

Rimaniamo a guardarci ancora per alcuni secondi, incapaci di proferire un costrutto logico avente un minimo di significato. Che dire? Che fare?

Finché...

Dalla folla attorno a noi si fa avanti proprio la persona che avevo individuata appena mi ero sporta dal velivolo, discretamente anziana e vestita di tutto punto. La sua sola presenza ha il potere di trasmettermi riverenza e incredulità allo stesso tempo. Non l'avevo mai visto dal vero, solo nelle apparizioni in TV, e oggi, proprio oggi, me lo ritrovo davanti in maniera del tutto singolare.

"Posso sapere chi siete e cosa fate qui? Il vostro arrivo non era previsto, per questo motivo è sospetto, ma io non so nulla di voi e quindi posso anche pensare che avete semplicemente sbagliato atterraggio. Non sembrate cattive persone, tuttavia..." ci parla proprio lui, schiarendosi la voce, con calma e naturalezza, qualità tipiche di una persona saggia che ha raggiunto una certa età.

Scambio una veloce occhiata a Michela e Francesca, che mi guardano con occhi smarriti alla ricerca di un modo per uscire da una situazione simile senza conseguenze nefaste, ma Cardia, del tutto incapace di tenere a freno la lingua per quel po' che mi sarebbe bastato per pensare, decide di rompere la tensione proprio nella maniera più inappropriata.

"Semmai chi sei tu, vecchio decrepito, e soprattutto perché, di grazia, ci troviamo davanti ad un comitato di accoglienza di gente vestita praticamente tutta uguale?!"

Ecco, siamo fottuti...

Ho appena il tempo di scoccare un'occhiata truce e ricca di significato al mio migliore amico, che sento il click delle sicure sbloccate. Un secondo esatto dopo, ci ritroviamo tutti i soldati presenti a puntare le armi contro di noi e a fissarci con astio.

"Ehi! Che avete in mente?! Perché le vostre espressioni sono così minacciose?! Ah, ho capito chi siete: è stato il Mago a spedirvi qui, vero? Per darmi il colpo di grazia e impedirci di compiere la nostra missione, ma non avete ancora capito con chi avete a che fare! Preparatevi quindi a..."

"Scorpio!!! Ci vuoi stare zitto?!" lo richiamo, avendo cura di non usare il suo vero nome. Poi, con un rapido movimento, essendo lui vicino a me, lo tiro indietro, vicino al jet dove Aiolia e Aiolos sono rimasti semi nascosti nell'ombra.

"Ehi, non accetto di essere chiamato così proprio da te, Mar... AHIA!"

Gli ho pestato il piede più forte di quanto avrei voluto, spazientita. Già così abbiamo rischiato molto, ci stavano per sparare, solo il gesto di attesa di quella encomiabile persona li ha trattenuti, ma non ci andrà di lusso una seconda volta!

"Ssshh!!! Dannazione, parli troppo, Car! Ci hai già messo nei guai con il tuo modo di fare!" gli sussurro, sibilando sinistramente.

C- COSA?!? Ma è quello che non sa cosa significhi la buona creanza!!! Chiede informazioni a noi, ma lui non si presenta! Per me è un nemico, aspetta qua che lo sistem... OUCH!”

Lo scappellotto che gli infliggo proprio dietro alla nuca lo fa momentaneamente tacere. Mi osserva offeso.

Sssshhh!!! Ma vuoi parlare a bassa voce?! Non ti hanno mai insegnato ad avere rispetto per le persone anziane?! Lui non ha bisogno di presentarsi, lo conosciano tutti!"

"Io no! Io non so chi cazz... E BASTA!"

Altro scappellotto, meno violento ma più esaustivo, come la mia occhiata torva: "E moderalo questo linguaggio! Sai che hai commesso anche un reato?!”

U-un reato di cosa?! Ho solo detto quello che è: un vecchio d...”

NO, Cardia!!! Hai insultato nientepopodimeno che il rappresentante del popolo italiano! Lui è...”

"Che mi frega di chi è... è comunque un vecchio!" esclama ancora, riottoso, ma un nuovo click lo fa tacere.

"Presidente, stia attento! Questi figuri potrebbero essere dei potenziali criminali e risultare un pericolo per la vostra incolumità! Se ci date l'ordine, spareremo senza pietà!" afferma un soldato visibilmente agitato.

Rabbrividisco, mentre nella mia testa prende piede l'ipotesi di finire crivellata da costoro. Altro che salvare i nostri amici, altro che disintegrare quel bastardo, ma morire qui, come una quaglia cacciata... no, non posso permetterlo!

No, non occorre! Abbassate momentaneamente le armi, anche perché non sembrano avere cattive intenzioni, anzi il loro aspetto mi pare stravolto da innumerevoli fatiche. Di fatto, sono innocui!” spiega il presidente della Repubblica, mettendosi davanti ai soldati e avvicinandosi di qualche passo a Dègel, probabilmente colui che gli ispira più fiducia tra noi.

Ma, Eccellenza, quello là dietro che l'ha insultata sembra tutto fuorché inoffensivo!” continua un altro soldato, teso.

Fate come vi ho detto!” dice ancora il rappresentante del popolo italiano, in tono imperioso e solenne. E subito le armi vengono abbassate.

Le gambe mi fanno giacomo-giacomo, mi ritrovo a sospirare, un poco più tranquilla. Fortuna che il nostro Presidente della Repubblica è ragionevole, deve averci studiato a lungo per stabilire la nostra non pericolosità

"P-Presidente? Eccellenza? Ne deduco che ci troviamo davanti ad un individuo estremamente importante..." balbetta Dègel sottovoce, dandomi un'occhiata di circostanza per capire come agire.

"Sì, Dègel, fai finta di parlare ad un monarca!" mormoro, sorridendo appena e ricordandomi che l'epoca di Dègel è antecedente alla Rivoluzione Francese, ragion per cui il Cavaliere non può di certo sapere il significato moderno di Repubblica né tanto meno quello di Presidente.

Dègel annuisce, facendomi capire di aver inteso, poi si volta e, compiuti due passi, dopo un breve inchino, inaspettatamente si inginocchia.

Michela, Francesca e Sonia lo guardano incredule, strabuzzando gli occhi, mentre io mi copro il viso con una mano, trattenendo a stento una risata: avrei dovuto spiegarmi meglio quando ho tirato fuori la parola 'monarca'!

Perdonate, Eminenza! Siamo ambasciatori venuti da un regno molto lontano per riferire un'informazione urgente! Abbiamo dovuto fare un lungo viaggio, e mi dolgo a nome di tutti per esserci presentati a Voi in questa miserabile tenuta. Purtroppo le circostanze funeste lo richiedevano, così come l'urgenza del messaggio!” comincia Dègel in un italiano parecchio artificioso, soppesando bene le parole da usare e discorrendo con estrema solennità.

Bravo, Dègel, così prendiamo tempo! - sussurro tra me e me, ancora una volta ammirata, voltandomi poi verso Aiolia e Aiolos. Lo stesso fa Sonia.

E' l'occasione giusta, andate e non voltatevi più indietro! Mi raccomando, arrivati al Tempio curatevi i tagli!” dice lei, abbracciandoli almeno con lo sguardo, perché fisicamente non può, visto che siamo ancora sotto tiro.

Loro fanno altrettanto, gli occhi lucidi di fronte alla nuova separazione forzata, per quanto sia desiderio di tutti che la situazione si sistemi, permettendo così a noi di tornare in pianta stabile nel tempo a cui apparteniamo.

Anche tu stai attenta, Sonia, e anche voi ragazze... mi raccomando, prendetevi cura di quello scapestrato di Cardia!” afferma Aiolos, guardando me e le altre con affetto.

"Quello scapestrato di Cardia è qui e sente benissimo ciò che hai detto, Sisif... cioè come ti chiami! - ribatte il mio migliore amico, inarcando un sopracciglio - E comunque sarò io a prendermi cura di queste mocciose, l'ho promesso anche a Milo!”

Grazie di tutto! - intervengo io, usurpando la parlantina di Cardia - Se non fosse per voi non saremo arrivati per tempo, vi saremo eternamente grate!”

I due fratelli annuiscono con la testa, poi si voltano in direzione dei comandi con l'intento di partire il più in fretta possibile da lì.

Tornerò... torneremo! Quando Milo e Camus si saranno ripresi, troveremo un modo per viaggiare nel tempo e ritorneremo in quest'epoca! Quindi non preoccupatevi per noi, ci riabbracceremo presto!” aggiunge ancora Sonia, quasi commossa.

Sii prudente e stai con le altre. La vita di Milo e Camus dipende da voi, ricordatevelo!” afferma Aiolia, sorridendole un'ultima volta prima di voltarsi del tutto.

Contiamo su di voi, quindi! Sappiamo che riuscirete a salvarli, abbiamo piena fiducia nella vostra riuscita!” afferma a sua volta Aiolos, gli occhi luminosi e fieri, poi, con maggiore accuratezza possibile, chiude la porta del jet.

...quello che dice non ha senso! Vedo anche io stesso che siete pieni di tagli e sfiniti da un lungo viaggio, ma... - balbetta intanto il Presidente, diffidente – un'informazione urgente?! Non sapevo nulla al riguardo!”

E'... è un messaggio estremamente criptico, per questo non potevate saperlo!” risponde Dègel, confuso dal 'lei' rivoltogli. Non lo sa, non immagina che in quest'epoca il 'voi' è praticamente caduto in disuso.

Presidente, la stanno ingannando, è più che evidente, ormai! Costoro sono troppo sospetti per...” fa per dire uno dei soldati, ma il violento rumore del motore del jet, pronto a ripartire, concentra tutta l'attenzione verso il mezzo che si libra in aria, innalzando un forte vento.

Caos generico, urla, schiamazzi. Con la coda dell'occhio vedo i politici inginocchiarsi a terra e mettere la testa tra le mani per ripararsi dal forte vento, mentre alcuni militari alzano il fucile per poi sparare qualche colpo in direzione del mezzo in movimento, fortunatamente senza colpirlo minimamente (o forse è proprio il jet ad essere a prova di proiettili?!)

Accidenti, è l'occasione per andarcene ma come facciamo con queste persone che ci intralciano?! Certo, noi con armi simili non dovremmo correre alcun pericolo, ma questi qua rischiano di farsi male tra di loro se si fanno prendere dal panico!” esclama Francesca, cercando una soluzione.

"Fra, parla per te! - si lagna Michela, spaventata da tutto quel frastuono - Marta, Sonia ed io non siamo a prova di fucile, se ci pigliano..."

"Ma vi proteggerei io, testa di rapa!" ribatte Francesca sicura di sé.

All'improvviso mi viene un'illuminazione che, per quanto azzardata, potrebbe essere l'unica via per uscire da questa situazione così intricata.

Ci penso io! La neve ci aiuterà!” affermo, cominciando ad espandere il mio cosmo senza alcuna esitazione.

Marta! Non vorrai...?” mi richiama Dègel, capendo i miei piani, in tono di chi mi vorrebbe fermare, ma ormai è troppo tardi.

Infatti, intorno a noi, cominciano a cadere dei grossi fiocchi di neve che causano una nebbiolina bianca che diminuisce drasticamente la visibilità. I soldati e i politici, ancora più smarriti di prima, iniziano a guardarsi intorno con espressioni ricolme di stupore, alcuni addirittura toccano i fiocchi come per saggiarne la concretezza, altri si stringono le spalle, raggelati dal brusco calo termico. Beh, effettivamente la neve nell'aeroporto di Genova in piena estate... già mi immagino i titoli di giornale il giorno dopo!

L'unico che sembra imperturbabile è il Presidente della Repubblica. Lo osservo confusa, non capendo che cosa si celi in quegli occhi neri che fissano con tranquillità il cielo, ora bianco splendente, sopra di noi. Un esempio di compostezza e sollennità anche con uno sbalzo termico di circa trenta gradi!

Adesso ho capito... - lo sento biascicare, sorridendo appena - effettivamente deve proprio trattarsi di una emergenza..."

Non ho comunque il tempo di indagare oltre perché la presa di Francesca mi fa riscuotere.

Svelta, è il momento! ” mi incita la mia amica, iniziando a correre tenendomi per il braccio sano.

La seguo senza obbiettare insieme agli altri. Non arrestiamo il nostro moto fino alla porta di uscita dell'aeroporto, lì Dègel si ferma di botto e mi scocca un'occhiata omicida, non curandosi bellamente di tutte le persone che, ricolme di bagagli, si sono fermate a fissarci con espressioni perplesse.

Non deve essere molto piacevole neanche per loro vedere sei reietti con i vestiti stracciati che sembrano appena scappati da un carcere di massima sicurezza... ma al momento ho altro di cui preoccuparmi!

Marta, ma come ti è saltato in mente?! Far nevicare in piena estate?! Ti credevo più prudente, invece hai agito... hai agito come Cardia!”

Il rimprovero che Dègel mi rivolge è come una pugnalata al cuore di consapevolezza. Credo sia la prima volta in assoluto che lo fa, e in questi momenti sembra paurosamente mio fratello, fa impressione. So di avere agito senza pensare alla conseguenze e di aver attirato troppo l'attenzione, ma non mi è venuto in mente nient'altro in quel frangente, la situazione stava precipitando ed io... non posso fermarmi in alcun modo!

In ogni caso ho fatto nevicare solo in quella zona...” riesco infine a mormorare, raschiandomi la gola.

Non ha rilevanza questo! C'erano troppe persone per agire così, dovevamo mantenere un profilo basso, e invece abbiamo attirato troppo l'attenzione, perché sia te che Cardia avete agito di testa vostra, se lasciavate fare a me potevamo risolvere tutto semplicemente a parole!”

Ehi, calmati Dègel! Non c'è bisogno di trattarla così! Ha fatto semplicemente ciò che andava fatto! Non credo proprio che con le tue belle paroline, seppur forbite, avresti cavato qualche ragno dal buco o come cavolo si dice! Quindi non ha senso arrabbiarsi per questo!” prende posizione Cardia, protettivo nei miei confronti. Purtroppo il suo intervento non cambia l'umore dell''amico, anzi...

"Fate sempre comunella voi due, eh... ho capito!" dichiara, trattenendosi a stento, lo vedo, da manifestare in altro modo la sua rabbia latente.

Le mie amiche nel frattempo osservano turbate la situazione e al contempo la miriade di persone che si stanno fermando incuriosite dal baccano.

"Dégel..."

Tento un approccio un po' più calmo, ma lui, sbuffando, si gira e se ne va senza darmi il tempo di parlare o di fermarlo. Il suo atteggiamento, ancora una volta così simile a Camus, mi indispone. Sottilmente, a bassa voce, lo mando a rivedere le sue priorità come farei con mio fratello, mi volto, stizzita: se vuole andarsene, che se ne vada!

Ma... è mestruato? Sapete, ho letto che anche i maschi ne soffrono. Certo non sanguinano ma capita spesso che siano di cattivo umore, forse anche più di noi donne!” interviene Michela, sempre più interdetta.

No... è soltanto sotto pressione per tutti gli avvenimenti antecedenti, inoltre è preoccupato da morire per gli altri...” mormora tristemente Sonia.

"Che vada a quel paese pure lui!" ringhio, ormai di umore inverso.

"MARTA!" mi richiama Francesca, sorpresa dal mio tono di voce.

Massì, che si vada ad imbelinare da qualche parte, che...

Poi all'improvviso vengo trafitta da un altro pensiero: Dègel rischia davvero di imbelinarsi da qualche parte e di perdersi, perché non è affatto pronto ad affrontare da solo i cambiamenti avvenuti nel mondo in questi duecentocinquant'anni!

Dègel!!!" lo chiamo frettolosamente, correndogli dietro a più non posso.

"Prima litigano, poi si inseguono... io non credo di aver ancora capito le dinamiche umane circa l'innamoramento..." commenta intanto Francesca, confusa, mentre sento gli sghignazzamenti di Cardia e Michela in sottofondo.

Esco in fretta e furia dalle porte automatiche, mi guardo intorno. Non lo vedo, l'ho già perso. Invece no, eccolo! Distinguo la sua chioma verde, la sua figura, che si muove quasi ondeggiando come se avesse le vertigini, noto altresì che si sta dirigendo verso la strada trafficata. Mi viene un colpo, perdo qualche battito, mentre mi viene da insultarlo mentalmente in tutti i modi che conosco: razza di cretino, dove pensi di andare tutto da solo in un mondo che non conosci?!

Un rumore sordo di clacson mi investe, e investe anche lui, a giudicare da come sussulta, stordendolo ancora di più. Capisco in un lampo che se non faccio qualcosa nell'immediato sarà presto investito da qualcos'altro di discretamente più incisivo che un semplice suono acustico.

"STAI ATTENTO!!!"

Ho appena il tempo di spingerlo violentemente di lato che, esattamente nel punto in cui si trovava prima, passa una macchina a discreta velocità. Neanche ci ha provato a rallentare 'sto pezzo di merda.

"E GUARDATE DOVE ANDATE, NON SAPETE NEANCHE CAMMINARE!!!" urla il conducente, con tanto di dito medio fuori dal finestrino.

Ah, ma gliene viene pure a lui, non ci vedo più. Mi alzo furente e gli grido di rimando: "E TU INFICCATELA NEL DERETANO L'ALTA VELOCITA', ASSASSINO!!! E' UNA STRADA QUESTA, NON UN CAMPIONATO DI..."

"M-Marta..."

Lo ammetto, ero quasi tentata di utilizzare nuovamente i miei poteri per creare un piccolo incidente, senza che quello stronzo si facesse male, chiaro, ma l'impulso comunque ce l'ho avuto. Solo che Dègel mi ha preso la mano, me l'ha stretta, portandomi ad abbassare lo sguardo, e vedermelo lì, quasi tremante, spaurito, gli occhi un poco sgranati, ha anestetizzato i miei propositi. Capisco che è disorientato, fa tenerezza, e che probabilmente una macchina non farebbe nulla ad un Cavaliere d'Oro, ma è anche vero che il suo corpo da essere umano è già debilitato in seguito alle fatiche del viaggio e all'attacco del Mago. Butto fuori l'aria, rilassandomi. Anche la rabbia che provavo prima scema fino a scomparire... quasi, perché una piccola rivincita me la voglio comunque prendere.

C-cosa era quella roba? N-no anzi, c-cosa è tutto questo? L'aria è pesante, entra nei polmoni e fa male, cough, ed è tutto così opaco, grigio... con queste cose che... che sfrecciano per...” biascica da terra, incredulo, cercando di orientarsi.

Dègel, il mondo è cambiato molto in questi due secoli e mezzo... molto di più, per intenderci, che nei due secoli e mezzo anteriori alla tua nascita!” gli spiego, in tono caldo, cercando di rassicurarlo.

"L-lo si percepisce di primo acchito questo, m-ma io... c-cosa era quella cosa che è passata? Mi sono impietrito nel cercare di comprenderlo, c'era un uomo dentro, la guidava come nelle nostre carrozze, ma non c'erano animali a tirarla, come può dunque andare?!"

E ora come gli spiego tutto questo? No, è decisamente impossibile!

"Grazie ad un motore, così come il jet, il mezzo con il quale siamo arrivati qua. Quella cosa che hai visto si chiama, banalmente, macchina"

Lui giustamente mi fissa allibito, non sembra neanche abbia la forza di alzarsi, lo incentivo io a farlo, porgendogli anche l'altra mano per posargliela sul braccio, come a dirgli che è tempo di muoversi.

"Vedrai tante cose strane qui, Dègel, non le capirai... ti invito a non farti domande, anche se so che è tua natura portele, ti fanno solo che male e non servono per la riuscita della missione - ora sono io a sembrare Camus, vabbé... - Siamo con te, non devi essere confuso né spaventato, non sei solo..."

"Marta..." i suoi occhi si illuminano, avverto i suoi muscoli rilassarsi un poco, mentre mi sorride con gratitudine e si rimette in piedi.

Anche io gli sorrido affabile, prima di aggiungere: "Proprio per questo, perché tu qui sei poco più che un poppante di cinque anni, ti invito a non allontanarti più di un metro da me, altrimenti ti farò passare un brutto quarto d'ora... chiaro, sì?!"

Dègel si irrigidisce nuovamente, vagamente inquietato dal mutamento del mio tono, che è passato da essere aperto e caldo a poco più di un sibilo, ma sempre con il sorriso stampato sulle mie labbra, il che probabilmente esemplifica il tutto. Vedo le sue labbra tremare, alla ricerca delle parole, prima di annuire senza dire altro.

L'ho ferito volutamente nell'orgoglio, me ne dispiaccio, ma mi sembra costantemente di correre, che tutto mi sfugga, ed io rimango indietro; anche prima, quando me lo sono visto così vulnerabile a rischiare di essere investito, mi è preso un coccolone. E questa continua sensazione di non farcela, di perdere le persone che amo, che tutto sia già scritto, inevitabile, non fa che esacerbare il malessere che provo.

Ehiiiii, di qua, non abbiamo tempo da perdere!" ci richiama la voce di Francesca, sbracciandosi nella nostra direzione. La raggiungiamo. Dégel, docile, colpito dalla mia frase precedente mi segue, non lasciando il mio fianco e stando ben attento a non sforare il metro di distanza.

Intanto Michela e Sonia stanno trattenendo Cardia per le braccia, arrivando persino a puntellare i piedi, perché lo Scorpione, come se si trovasse nel paese dei balocchi, ha preso a fissare a bocca aperta tutta la sequela di palazzi e le macchine che sfrecciano, desiderando, lo vedo bene dai muscoli pronti all'azione, inseguirli in corsa per stabilire chi sia il più veloce. Un bimbo, c'è poco da fare, ma almeno l'ha presa meglio del suo migliore amico.

"Marta, tua madre lavora all'ospedale pediatrico, giusto?” mi chiede Michela in cerca di conferma.

Annuisco, prendendo di riflesso il polso di Dègel per solleticarglielo un poco. Lui continua a guardare fisso l'asfalto per terra come a non voler incrociare i miei occhi. E' davvero molto più delicato e vulnerabile di mio fratello, in questo, mi sembra quasi di aver calpestato impunemente una stella alpina, specie protetta, e di averla così condannata a morte.

Allora dobbiamo prendere un treno che ci conduca fino a Quarto dei Mille, forza!” ci incita ancora Francesca, decisa, prendendo in mano la situazione come solo lei può fare.

 

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Uuuoooaaa, ma questa diavoleria è magica!!! Altro che le noiose carrozze del nostro tempo! Questa è roba dell'altro mondo!” esclama a viva voce Cardia, affacciato al finestrino del treno e intento ad ammirare il paesaggio esterno.

Ehm, Cardia, abbassa il tono! Stiamo attirando nuovamente troppo l'attenzione!” lo richiamo, quasi sibilando impercettibilmente, cosa che comunque non evita alcuni sguardi decisamente poco discreti da parte di alcuni passeggeri.

Dovunque andiamo le persone si fermano ad osservarci con un misto di pietà e soggezione. Come dargli torto, soprattutto considerando le manovre evasive di Cardia che, incuriosito dall'ambiente, ad ogni più piccola variazione, si mette a guardare e toccare di tutto e di più!

Prima aveva anche rischiato di farsi investire dal treno precedente a questo. In pratica, mentre stavamo archittettando un piano su come muoverci e su cosa dire a mia madre, ci è sparito dal sotto naso.

Prese dal panico, ci siamo messe a cercarlo, finché non lo abbiamo visto in mezzo ai binari a calciare una delle due rotaie con curiosità. Ho perso dieci anni di vita che si sono raddoppiati quando, tutto euforico, si è messo a urlare: "Ma qui vibra tutto!!!"

Stava arrivando il treno e lui era ancora lì, ignaro del pericolo. Si è lanciata Sonia, seguita da Michela, anche loro in mezzo alle rotaie, rischiando grosso, per strattonarlo via. Tra gli schiamazzi generali dei passanti, lo hanno spintonato sul marciapiede, al sicuro. Abbiamo avuto appena il tempo di tirare un sospiro di sollievo che è uscito il macchinista inferocito, ci ha chiesto se ci credavamo al luna-park o se fossimo direttamente ammattiti nel cervello. E noi a chiedere umilmente scusa, dicendo che non eravamo di lì, che non eravamo abituati a tutto quel viavai che ci ha frastornato, mentre Cardia rideva, divertito dalla cosa, e Dègel arrossiva vergognosamente a seguito dell'ennesimo rimbrotto.

Alla fine fortunatamente è arrivato anche il nostro treno e il tutto si è concluso nel migliore dei modi. Saremo giusto passati per un gruppo di squinternati, ma almeno...

Aaaahhh!! E' diventato buio all'improvviso!” echeggia un certo punto Cardia, facendo un salto indietro per lo spavento.

Continuiamo a sembrare una clinica psichiatrica che porta in giro i propri pazienti, lo riesco a presagire dagli sguardi, ora divertiti, ora irritati, degli altri. Le loro occhiate mi imbarazzano oltremisura, vorrei sprofondare e sto pregando di non incontrare nessuno di conosciuto, anche se non avessi chissà quali rapporti. La città, per me, è stata sempre troppo fredda e caotica per le relazioni umane.

Ahahah! Cardia, mi fai morire!!! Si chiama galleria, scemo! Passa sotto i monti per accorciare il percorso!” ridacchia Sonia, seduta comodamente del tutto incurante dell'ambiente intorno a lei ad eccezione di noi. La invidio un po' in questo momento.

Sì, la Liguria è tutta mare e monti. E' molto stretta, sai? Non abbiamo molto spazio tra la riviera e gli Appennini ma a noi piace anche così!” aggiunge Francesca, tirando su il finestrino con la manovella per evitare che Cardia si sporga troppo.

Sorrido tra me e me, lasciandomi debolmente andare, tranquillizzata dal fatto di essere insieme a loro. Tuttavia, poco dopo, il mio sguardo si posa automaticamente sulla figura di Dègel, seduto sul sedile opposto a guardare pensieroso dal finestrino. E' già da prima che si è chiuso in un silenzio insostenibile, lo stesso silenzio di mio fratello Camus quando sta cogitando a qualcosa che non vuole condividere con nessuno. Il rammentare di ui mi da una fitta al cuore, lo sto evocando così tante volte in questi giorni, come se volessi trattenerlo, ma lui mi sta scivolando via, lo sento sempre più flebile e... NON CI DEVO PENSARE! Scacciando a a forza il groppo che mi si è formato in gola, non dando peso al pizzicore sotto le ciglia, prendo posizione di fianco a lui, cercando un modo per sostenerlo.

Cosa ti cruccia, o meglio, cosa ti cruccia più di altro?” gli chiedo, guardandolo preoccupata.

Oh, non è nulla... è una quisquilia!” ribatte lui, arrossendo impercettibilmente.

Uhm, se sei in questo stato non mi sembra tanto una sciocchezza! Ricordi cosa ti ho detto? So che avrai il cervello gremito di domande, Dègel, ma, per quanto possibile, cerca di non portele!” insisto, cercando di acciuffare il suo sguardo che vaga smarrito fuori dal finestrino. Non mi dire che è ancora offeso dal nostro diverbio di oggi...

Davvero, Marta, non ho nulla, stai tranquilla!”

Va bene! - sancisco, facendo spallucce, prima di alzarmi con l'intento di tornare alla mia postazione di partenza, quella al fianco di Cardia - Ho già un fratello a cui devo estorcere le parole di bocca nel tentativo di dischiuderlo dal guscio, non ho forze, non ora, per ripetere il procedimento con altri!”

Lo sto trattando nuovamente male, me ne rendo conto. Non lo merita e non vorrei neanche, ma sono stravolta da questo mio continuo rincorrere, vorrei stargli vicina, ma se lui non me lo permette non... la presa ferrea della sua mano sulla mia blocca i miei pensieri. E, di nuovo, è il calore della sua pelle, prima delle parole a riscaldarmi e farmi sentire meglio.

Perdonami, non volevo trattarti in malo modo prima, ma siamo un po' tutti sotto pressione e... e finiamo per accappigliarci tra noi. E'... è sbagliato!” si schiarisce la voce, le sue guance di nuovo del colorito della porpora.

Dispiace anche a me, Dègel... tanto!” annuisco a mia volta, riprendendo posto al suo fianco e appoggiandomi di riflesso sulla sua spalla.

Dègel trema per una serie di secondi, ha come l'impulso di accarezzarmi una guancia, ma si trattiene a forza, tornando ad osservare fuori dal finestrino l'avvicendarsi del paesaggio urbano intramezzato dal buio delle gallerie.

"E' tutto così frenetico in questo vostro mondo..."

Sollevo un poco il capo, sorpresa dal tono adoperato, come di rassegnazione. Ora che siamo nel buio di un tunnel vedo il riflesso di Dègel sul vetro, le labbra sottili sono stese a formare un'unica, singola, linea, le sopracciglia un poco arcuate sopra il naso, e il dito indice della mano sinistra che picchietta contro il finestrino. Attendo che si spieghi, anche se forse sto già incominciando a capire.

"Il mondo, per quel poco che ho visto, ha subito un'accelerazione esiziale mai verificatasi precedentemente. Mi sento sballottato, smarrito, come se fossi in caduta libera e non mi potessi fermare. - prende una breve pausa, tornando a guardarmi con quei suoi meravigliosi occhi blu notte - Non è facile da spiegare, non a te che sei abituata a tutto ciò, ma io non so davvero dove sbattere la testa, Marta! E' tutto così veloce, la gente corre frenetica, come se avesse costantemente fretta... come fate a vivere in un mondo simile?!" mi interroga poi, smarrito.

"Abitudine suppongo... noi nasciamo già in un mondo fatto così, non sappiamo cosa voglia dire prendere respiro, prendere tempo, vivere in un mondo che non sia così accelerato... - gli dico, prima di sorridere - Ma non è dappertutto così, per fortuna, io ho vissuto molto anche in campagna, lì è tutto diverso, più vero, più sincero... vorrei fartelo vedere, Dég, il luogo dove sono cresciuta con i miei nonni, è nel bel mezzo degli appennini, è un po' selvatico, ancora parzialmente incontaminato e soprattutto.. meraviglioso!" gli racconto, in tono evocativo, tanto da riuscire a tranquillizzarlo un poco.

Mi sorride con garbo, prendendomi la mano e immagianandosi, per qualche secondo, il luogo di cui gli ho parlato, prima di farsi forza e continuare. Le dita che si stringono sulle mie alla ricerca di un sostegno.

La verità è che mi sento impotente, come un'ape prigioniera in una ragnatela infinitamente più grande di lei, così lontana dal suo alveare, così lontana dalle proprie compagne...”

Abbasso lo sguardo, capendo alla perfezione lo stato d'animo di Dègel. Qualcosa di simile è capitato a me appena risvegliata nel passato, anche se all'inverso. Io, in effetti, contrariamente a lui, mi sono sentita rallentata, costretta, in un mondo pieno di barriere insormontanili, sola e distante dagli affetti più intimi... la sensazione di straniamento però, quella, deve essere stata uguale alla sua di adesso.

Anche per questo motivo prima ti ho attaccato, anche se non avrei mai voluto... Volevo risolvere la situazione con il vostro Presidente da solo, ma di nuovo sono stato un incapace. Se non fosse stato per il tuo intervento probabilmente saremmo finiti in un bel guaio!” aggiunge poi, sorridendo amaramente.

Mi dispiace... posso dire di capirti molto bene, poiché anche io mi sono sentita così smarrita nella vostra epoca! Sembrava tutto più lento, io stessa ero come rallentata, appesantita...” sussurro, poggiando la mano sul sedile, la testa ricolma di ricordi sulla mia vita passata e su questa stessa.

Lo so, Marta... da quando ti conosco ho sempre ammirato la tua forza d'animo, che presumo tu abbia ereditato da tuo fratello: ti sei ritrovata in un'epoca sconosciuta piena di estranei, lontana dai tuoi affetti, ma sei comunque riuscita ad andare avanti senza scoraggiarti! - mi accarezza delicatamente la testa mentre lo dice - Ora, che mi trovo nella tua stessa situazione, capisco appieno il tuo coraggio; coraggio che io, puntualmente, non riesco a trovare! Mi sembra... mi sembra di essere perso. Non riesco neanche a provare curiosità, come invece sta facendo Cardia!” cerca di farsi capire, scoccando un'occhiata ricolma d'affetto al suo amico.

Quest'ultimo intanto è alle prese con il finestrino e si diverte come un matto a tirare su e giù il finestrino, nonostante su questo treno ci sia l'aria condizionata e quindi, in teoria, nemmeno si potrebbe.

Nascondo un risolino divertito nel vedere la sua espressione da bambino curioso che scopre l'acqua calda, mentre Francesca tossicchia, rammentandogli se non è il caso di fare il ventenne qual'è piuttosto che il decenne, età che ha già passato da un pezzo.

Cardia non è solo curioso, è proprio un inguaribile scemo già di suo! Questo lo facilita di certo in un mondo matto come questo! - commento, scrollando il capo – Comunque ciò che dici non è vero, Dègel! Camus ed io non siamo così audaci come tu dici, anzi, più e più volte ci siamo ritrovati persi, malgrado, entrambi, abbiamo tentato, con ogni mezzo in nostro possesso, di non arrenderci. Tu stesso hai avuto molto coraggio a venire qui e a guidarci fino a questo punto; è grazie soprattutto a te se ci è stata possibile seguire quest'ultima speranza, ricordalo sempre e non abbatterti in alcun modo!” affermo, decisa, regalandogli un largo sorriso.

Io sarei stato utile?! Marta, i miei compagni d'armi mi chiamano 'l'uomo più intelligente del Grande Tempio', ma in questa situazione non posso essere di nessun aiuto, perché non conosco assolutamente nulla di questo mondo! Pensa, non so neanche come si chiama questo mezzo su cui stiamo viaggiando, eppure me lo hai detto diverse volte!” ribatte, socchiudendo gli occhi nel vano tentativo di ricordare.

Si chiama treno..."

"Vedi? In fondo hai ragione tu, non sono altro che un fantolino di cinque anni qui, né più né meno. Ho bisogno io che mi guidiate, altrimenti non..."

"Dègel, ascolta! E' più che naturale sentirsi confusi e scoraggiati ora, nesuno ti sta chiedendo di avvezzarti ad un mondo che non ti appartiene. Nonostante le enormi difficoltà che avverti, tu stai combattendo per accompagnarci al luogo prestabilito, ed è questo per me che... MISERIAAAAA! C'è il controllore!!!” urlo ad un certo punto, alzandomi in piedi di scatto, prima di tapparmi la bocca di riflesso. Fortunatamente non vengo udita perché è ancora dall'altra parte della carrozza.

C-controllare... cosa?” balbetta Dègel, confuso, sporgendosi di riflesso verso la mia direzione nel tentare di capire cosa mi abbia turbato così tanto.

Istintivamente guardo fuori dal finestrino, accorgendomi che il treno si sta fermando a Sturla, la fermata prima di Quarto dei Mille (ebbene sì, proprio dove Garibaldi partì per unificare l'Italia tanto tempo fa!). Che iella, oh, non mancava così tanto al nostro obiettivo!

Va bene, manca comunque poco... piano di battaglia!” dico, rivolta alle mie amiche, buttando un occhio verso il controllore che, con aria corrucciata, cerca qualcosa nell'enorme borsone che si porta dietro.

Che possiamo fare? Ci multerà? Non abbiamo i biglietti!!! - si agita Michela, in panico - Potremmo provare a dirgli la verità, però!"

"E cosa gli diciamo, Michy? Che veniamo da un lontano passato, o da una galassia lontana lontana e che siamo in missione per salvare i nostri amici dalla peste e sconfiggere un nemico interdimensionale?! Questo, gli vuoi dire?!" inarca un sopracciglio Francesca, nervosa.

"Perché no, non si vede, forse, che siamo feriti e che, per giungere qui abbiamo attraversato innumerevoli pericoli?! Magari è comprensivo..."

Invidio la fiducia assoluta che Michela ha ancora per il genere umano...

"Vero, siamo ridotti tutti e sei ad uno straccio... - conferma Sonia, annuendo - Ma penso che sia più facile per lui pensare che siamo un nugolo di pazzi scappati da una clinica psichiatrica, che non viaggiatori da un altro tempo!"

"E allora cosa facciamo?! Si sta avvicinando..." ci fa notare Michela, abbassando la voce, gesticolando a più non posso.

E' Cardia a prendere in mano la situazione: "Se non si convince, lo convinco IO! - afferma, estraendo il pungiglione dello scorpione dal dito indice della mano destra - So essere parecchio... incisivo!

"Che idea geniale, Cardia! - ironizzo, prendendogli la mano e abbassandogliela a forza in modo che la gente non veda il pungiglione scarlatto - Vuoi bucherellare un poveraccio che sta solo facendo il suo lavoro?!" lo fulmino con lo sguardo.

"Se ci ostruisce e non troviamo altre alternative... sì!"

"NO, tonto! Non funzionano così le cose, non poss..."

Una mano sul mio braccio...

Ho più o meno compreso la situazione: ci penso io! Copritemi le spalle finché non dobbiamo scendere - asserisce Dègel, imprimendo fermezza nel suo sguardo. Fa per allontanarsi, ma si ricorda della mia raccomandazione precedente - Mi permettete di discostarmi da voi per più di un metro, Madamigella Marta?"

Il tono rivoltomi, lo stesso suo sguardo, è un poco scanzonato. Mi sorride e mi fa l'occhiolino, ed io mi ritrovo ad arrossire di netto, il cuore mi accelera istantaneamente nel petto: "Andate, mio Messere, conto sulla riuscita del vostro piano!" gli rispondo, con lo stesso tono, chinandomi leggermente in segno di assenso.

Lui fa altrettanto, distanziandosi poi da me con la solita andatura leggera ed elegante. Lo osservo intensamente, non posso fare altrimenti.

"Come pensa di risolvere il tutto?" si domanda Sonia, incuriosita.

la risposta non tarda ad arrivare...

Perdonate, buon uomo, non riesco a capire il Teorema di Pitagora, me lo può spiegare?” gli chiede Dègel, sembrando il più naturale possibile.

IL TEOREMA DI PITAGORA... SERIAMENTE?! E' questo il suo piano?! Stordirlo, circuirlo con il sapere?!

Eh? Cosa?”

Se Socrate sa di non sapere... dobbiamo valutare di eliminare tutti i preconcetti come diceva René Descartes?!”

Signore, io...”

Io vorrei solo sapere se le idee di Platone permangono in noi fino alla morte!”

Nel frattempo noi, nascosti dietro ai sedili, facciamo di tutto per non scoppiare a ridere per evitare di fare rumore. Io in particolare soffoco dentro di me il moto di ilarità che mi ha colto, perché davvero questo è uno di quei casi in cui urlerei dal ridere.

"Con la filosofia... ecco come voleva ammansirlo!" commenta Sonia, in un misto tra l'ammirazione e l'incredulità.

Pfff!! Dègel è un grande, lo stimo troppo!Secondo voi, se ne parliamo a Camus quando si rimetterà, lo accetterà come co-maestro?” mormora Michela, trattenendosi la pancia per non ridere sguiatamente.

Guardo fuori dal finestrino, accorgendomi che il treno sta finalmente rallentando la sua corsa. L'odore di salsedine che permea l'aria è sufficiente a farmi capire che siamo arrivati alla nostra destinazione.

Ragazzi, dobbiamo scendere!” li avverto, guardandoli.

Va bene, voi passate sotto i sedili e uscite senza farvi beccare dall'omino vestito di grigio, io vado a recuperare Dègel, prima che lo rinchiudano per davvero nel manicomio più vicino!” sancisce Cardia, alzandosi in piedi dopo averci fatto l'occhiolino.

Le mie amiche ed io annuiamo con riluttanza, sentendoci davvero stupide a fare una cosa simile. Nonostante ciò, facciano quanto raccomandatoci, gattonando fino all'uscita del vagone per poi alzarci di scatto e scendere dal treno nel momento esatto in cui si aprono le porte.

Di certo questa è la cosa più stupida che abbia fatto da un po' di anni a questa parte. CHE SCHIFO! Necessito urgentemente quantomeno di un disinfettante, perché non so cosa ho toccato sul pavimento e non lo voglio decisamente sapere!” commenta Francesca, spolverandosi i vestiti alla ben meglio, il disgusto ben tangibile in lei.

Io di una doccia! - si lagna a sua volta Michela, toccandosi poi i capelli con spregio - Sembrano delle alghe, bleah, mi sento uno scoglio da quanto sale ho appiccicato alla pelle!"

Pochi secondi dopo anche Dègel e Cardia scendono dal treno, il primo completamente rosso in viso, il secondo con il solito sorriso sarcastico sulle labbra e la voglia a mille di continuare quella bizzarra avventura.

Cardia! Potevi trovare un'altra scusa, no?! Non c'era bisogno di dire che ero ubriaco!” lo rimprovera Dègel, sbuffando.

Scherzi?! Sembravi completamente fatto, cosa avrei dovuto dire d'altro?! E' risaputo che la tua sbornia consiste nel dire frasi filosofiche e precetti di vita vissuta! E poi so essere convincente io! Quasi quasi avrei potuto recitare in un teatro, ahahahaha!” risponde Cardia, sogghignando.

Dègel arrossisce ancora di più, ma l'abbraccio che gli regala Michela non gli permette di controbattere.

Sei mitico, Dègel! Ce la siamo sfangata grazie a te!” si congratula lei, stringendolo in una delle sue solite morse da boa costrittore.

Sì, davvero! - ripeto, sorridendogli – Hai visto che la tua sapienza è servita, alla fine?!” gli faccio coraggio, ricambiandogli l'occhiolino di prima.

Dègel abbassa lo sguardo e si strofina gli occhi, imbarazzato, un leggero sorriso gli solca le guance. Non si abituerà, no, a questo mondo così accelerato, non deve neanche farlo, del resto, ma ho l'impressione che si senta decisamente meglio rispetto a prima.

Grazie... a tutte!” riesce infine a biascicare, posando una mano sopra la testa di Michela, la quale, tutta contenta, aumenta la stretta su di lui.

 

*********************************

Il lontano rumore delle onde che si infrangono sugli scogli fa da cornice perfetta al paesaggio intorno a noi, luogo in cui i grandi edifici dell'ospedale pediatrico sono stati sapientemente costruiti in un equilibrio perfetto e già prestabilito. I vari plessi, divisi in reparti per ogni specializzazione, non distano moltissimo uno dall'altro, e sono completamente circondati dal verde degli alberi e dall'allegro cinguettare delle cocorite. Un luogo paradisiaco che sembra distare anni luce dal frastuono della città, se non ci trovassimo in un ospedale!

Esattamente davanti al padiglione in cui lavora mia mamma, ci siamo bloccati e siamo rimasti fissi immobili a guardare l'edificio, come se una forza arcana, chiamata insicurezza, avesse improvvisamente invaso i nostri cuori, rendendoli insicuri e incerti.

Abbasso lo sguardo, stringendo i pugni con forza. Proprio ora che sono così vicina alla mia meta, mi rendo conto di non avere le parole giuste per affrontare la questione proprio con mia madre e, anzi, avverto lo scoramento, già preesistente, impadronirsi sempre più di me. Riuscirò veramente a salvare Milo, Camus e Regulus da una peste che non ha nulla di naturale?! E' vero, Francesca ha ipotizzato ottimisticamente che il Mago è esausto e che non avrebbe quindi più attaccato, eppure... eppure sento distintamente il suo cosmo dentro mio fratello, non ha nulla di debole o fiacco, anzi è sempre più intenso.

Quanto diavolo sarà passato nel 1741?! Sarà già tardo pomeriggio? E... e Camus?

Bene, direi che serve a poco rimanere qui a fissare questo edificio ora che siamo così vicini alla meta. Entriamo e cerchiamo la madre di Marta!” afferma Dègel, nuovamente nel pieno delle sue facoltà e desideroso di guidarci proprio fino alla fine.

Annuisco, sforzandomi di muovere i primi passi, ma poco dopo avverto come se il fianco sinistro, dove sapevo di avere Cardia, fosse scoperto, e infatti, voltandomi, lui non c'è. Mi blocco nuovamente, sentendomi smarrita e arrabbiata al tempo stesso: se è di nuovo andato a bighellonare in giro proprio in un momento decisivo come questo, gli tiro le orecchie e stavolta gliele canto, suono, tutte insieme e a ritmo diverso, tuttavia lo vedo invece poco indietro, fermo e immobile come una statua mentre legge un cartello, cosa assolutamente non da lui!

Cardia?” lo richiamo, corrugando la fronte.

E-eh?!” biascica Cardia, dando un'occhiata di puro terrore prima a me e poi all'edificio. Sembra quasi spaventato.

Hai... hai qualche remore ad entrare?” intuisco, avvicinandomi a lui.

L'ospedale... è come il sanatorio, giusto?! - chiede lui in tono tremante – Io non vado... non vado molto d'accordo con questi posti, mi danno un senso di soffocamento!”

Capendo il problema, tornano indietro anche gli altri.

Cardia, ti capisco, però ora siamo vicini al nostro traguardo dopo tanto patimento, non possiamo desistere adesso! Fallo per i nostri amici!” afferma Dègel, una scintilla di speranza che attraversa i suoi occhi blu, seppur tremendamente stanchi.

Diavolo, lo so che ci siamo quasi! Convinci però le mie gambe a muoversi, perché proprio non ci riescono!” esclama sarcastico Cardia, sbuffando.

Istintivamente mi avvicino a lui per fargli coraggio, anzi... per farci coraggio insieme.

Se ti tengo la mano... - e faccio come appena proferito – te la senti di entrare? Non sei da solo, Car, e sei qui solo come visitatore temporaneo, nessuno ti infilerà a forza in un letto!” gli dico, sorridendogli con calore.

E del resto chi, se non Cardia, è in grado di farmi sentire a proprio agio, come se fossi sempre a casa?! Proprio lui, e lui soltanto! Anche per questo spero di fare altrettanto in questa situazione. Comprendo bene le sue difficoltà, che si accentueranno, già lo so, una volta dentro, quando capirà che genere di specializzazione ha mia madre, ma non possiamo esitare, non più, la clessidra è davvero agli sgoccioli.

Cardia sorride a sua volta, stringendomi la mano con forza, poi senza esitare ulteriormente si mette in testa al gruppo con me al suo seguito. Passando accanto a Dègel con rinnovata baldanza. Quest'ultimo sorride tiepidamente, seguendoci senza più esitare.

Una volta entrati, mi dirigo con sicurezza dove so per certo che si trovi mia madre. Del resto, è tremendamente facile superare il presidio delle sentinelle, poiché tutti in questo padiglione mi conoscono almeno di vista, mi salutano persino, con un cenno della testa, sebbene, nel vedere le mie condizioni e il seguito che mi accompagna, rimangano un poco stupiti

Sorrido tra me e me, ricordandomi delle volte, non molte in realtà, in cui mamma, primario di grande prestigio, mi aveva portato a visitare tutto il complesso di padiglioni per non lasciarmi sempre sola a casa. Sembrano passati anni luce ormai...

Non ho mai amato l'ospedale, ma è capitato a volte di trovarmici, per esempio quando Michela ha avuto l'appendicite, o anche quando il mio amico d'infanzia ha rischiato di sviluppare la tubercolosi. Per un motivo o per l'altro, a volte essere qui era persino meglio che stare sola a casa, se non altro i colleghi di mia madre mi consideravano una sorta di mascotte e avevo compagnia.

Ehi, ma dove stiamo andando c'è il mio nome ovunque!!!” esclama Cardia ad un certo punto, guardando i cartelli in alto con la stessa ingenuità pari ad un bambino.

Cardiologia, cardiochirurgia, cardiopatia... sì, Cardia, mia mamma opera e pratica sui cuori dei bambini, soprattutto quelli che nascono già con malformazioni congenite... come te!” dico, tesa all'inverosimile, aumentando la stretta sulla sua mano nel sentirmelo irrigidirsi.

Ah! Beneee! Quando si parla di coincidenze...” biascica lui, ridendo nervosamente per mascherare la stillettata di fifa che deve aver appena provato.

Pratica interventi sui cuori!? Aspetta, Marta, vuoi forse dirmi che in questa epoca è possibile...” esclama Dègel in tono alto, ma quando vede che arresto improvvisamente il mio passo e fisso nervosa una porta chiusa, tace all'istante.

"E'... è qui, il suo ufficio..."

Marta, se vuoi andiamo noi a parlare con tua mamma, possiamo tentare di spiegarle la situazione!” propone Michela, mettendomi una mano sulla spalla nel comprendere le mie difficoltà.

Potete farlo veramente? Io non... saprei... da dove incominciare!” balbetto, abbassando lo sguardo.

Certo che sì, mi sono anche già preparata il discorso! Andiamo immediatamente!” sancisce Francesca, facendo un cenno a Michela ed entrando, più veloce della luce, nella stanza.

Sonia, Cardia, Dègel ed io rimaniamo quindi nel corridoio, gremito di pazienti, a fissare le pareti opache tipiche di un ospedale. Sbatto più volte le palpebre e mi affretto a distogliere lo sguardo da quel bianco spettrale, assurdo, e pure soffocante che è il colore principale di questo luogo.

E' strano come, quando si è bambini, certe cose si affrontino in maniera diversa, perfino la morte stessa. Passiamo la vita a cercare di tenerla lontana, relegandola ad un fatto lontano nel tempo, ma... non sempre è così! Per me, che ho avuto la mia prima crisi esistenziale già ad otto anni, invece, il suo pensiero mi ha tenuto compagnia a lungo. Inoltre, dopo questi due mesi passati a combattere, a uccidere e a rischiare di finire a mia volta ammazzata, avverto ancora più ripugnanza verso la Nera Signoria e... paura!

Fisso di riflesso Cardia che, completamente preso dal panico accanto a me, continua nervosamente a girare su sé stesso, a passeggiare, di qua e di là, cercando di non vedere, di non udire. Realizzo la profonda differenza di disagio che intercorre tra me e lui: per quanto io non riesca ad accettare tutto l'ambiente intorno a me, non ho l'immediato pensiero di rischiare di finirci improvvisamente, salvo se si verificassero determinate circostanze; ma per lui, malato di cuore, la paura è ben più tangibile, come il rischio di terminare i suoi giorni in un letto d'ospedale.

Dègel e Sonia hanno preso posto contro il muro, anche loro si sentono a disagio, ragione per cui hanno preso a parlare tra loro, mentre il mio migliore amico continua ad aggirarsi nervoso per il corridoio, sussultando al minimo rumore e guardando con sgomento i piccoli pazienti che passano in barella, tutti bambini o neonati.

Ma porca di quella... pure gli infanti, qui?! Hanno tutti problemi al cuore?!” biascica, teso.

Sono solo infanti qui, Car... è un ospedale pediatrico! - tento di spiegargli, toccandogli il braccio - Ci sono anche le partorienti ma in un altro padiglione decisamente più felice di questo!"

Nello stesso momento passa un'altra barella, il 'beeep' dei macchinari mi frastorna l'orecchio, procurandomi malessere, ma non abbasso lo sguardo, cosa che invece fa Cardia, che impallidisce subitaneamente.

Ma... ma lo hai visto quello che è appena passato?! Non avrà che due mesi e già sembra mezzo moribondo! Cosa gli vanno a fare?! Dove lo portano?!” strepita, ancora più terrorizzato di prima.

Cardia... sono bambini che hanno vari problemi al cuore di origine diversa, so che per te sembrerà assurdo, ma sono qui perché provano a farli star meglio. A volte, perché ciò accada, è pure necessario fare degli interventi grossi e, per questi, ci devono pensare i cardiochirurghi come mia madre. Il più delle volte li riescono a salvare, consegnandogli un futuro migliore rispetto a quello che avrebbero avuto” cerco di schiarirmi la voce, perché mi esce a fatica.

"Li... riescono a salvare?" chiede conferma Cardia, gli occhi che si illuminano brevemente.

"S-sì, spesso sì, e..."

Il rumore della porta che si apre mi blocca irrimediabilmente. Il cuore mi rimbalza in gola, mentre mi volto in direzione della fonte sonora.

Martaaa!!! Tua madre sa già tutto, Efesto e gli altri dei l'hanno già avvertita!” dice la voce trillante di Michela, precedendo l'uscita di mia mamma accompagnata da Francesca.

Efesto...?! Ah, sì, mio padre... ma allora deve importargli qualcosina di noi!

Ho appena il tempo di pensare a questo che la vista di mia madre, esattamente così come è nella mia immagine mentale, mi spinge ad approcciarmi a lei con urgenza.

Mammaaaa!!!” la chiamo scattando verso di lei per abbracciarla con enfasi. Le lacrime, trattenute fino a questo momento, che trovano istantaneamenye sbocco.

Marta!!!” esclama a sua volta lei, stringendomi forte a sé, e subito il suo profumo, l'odore di casa, mi investe le narici, incrementando il painto. Malgrado lei sia abituata a mantenere il sangue freddo in reparto, per un istante le emozioni hanno avuto la meglio anche su di lei, rischiando di farla cadere in ginocchio, sopraffatta.

Io, che invece del mantenere la calma senza mostrare i propri sentimenti non mi è mai importato, tremo con forza, desiderando non staccarmi più da lei.

"Ooooooh, mi sei mancata... quanto mi sei mancata, Mami!" la chiamo con il diminutivo che utilizzavano da bambina, fuori di me dalal gioia, dalla paura e persino dall'urgenza, perché so che non posso crogiolarmi troppo tra le sue braccia. Ancora una volta, il tempo manca!

"Anche tu, mia piccola gabbianella, - anche lei usa il nome con il quale mi chiamava da piccola - Anche tu!"

Con la coda dell'occhio vedo Cardia avvicinarsi cautamente a me, mentre Dègel, probabilmente sbalordito dalla nostra somiglianza, si permette di produrre un breve mormorio di sorpresa.

Oh, oh cielo! Sembra passato così tanto dall'ultima volta che ti ho vista, come stai, tesoro? Sei piena di tagli, ferite e abrasioni!” mi sussurra ancora mia madre, accarezzandomi dolcemente i capelli.

Mamma, io sto bene, ma Camus... Camus sta molto male!” rispondo, singhiozzando, non riuscendo proprio a trattenermi.

"L-lo so, piccola, l-lo so..."

"Ho... ho paura che non ce la faccia, Mami, ho... paura!"

In testa ho sempre ben chiaro il viso pallido e sofferente di mio fratello, questa immagine da sola è in grado di trasmettermi un dolore lancinante al petto che ha ben poco da spartire con i tagli presenti sul mio corpo. Anche mia madre si irrigidisce a seguito delle mie parole, trema per qualche istante, prima di ricondurre tutto sotto una pallida calma.

Vostro padre mi è apparso in sogno e mi ha riferito tutto. E' peste, giusto?”

Dovrei rispondere, ma il magone nella mia gola è diventato insostenibile, Lo fa qualcun altro al mio posto.

Sì... per questo siamo qui. Marta ci ha detto che nella vostra epoca esiste la cura!” interviene Dègel, avvicinandosi in evidente stato di disagio.

Malgrado la calma ferrea di cui lei riesce a disporre in ogni circostanza, lo stupore invade comunque il viso di mia madre nello scorgere il volto della persona che le ha appena appena parlato. Come darle torto?! Trovarsi davanti la fotocopia di Camus, pur sapendo che non si tratti di lui, non deve essere affatto facile.

Uh... perdonate il mio intervento, mia signora, capisco che sia un momento difficile per voi, visto che vostro figlio rischia la vita e vi siete trovata davanti una persona che, fisicamente, ricorda lui in tutto e per tutto, ma abbiamo poco tempo, per questo ho deciso di farmi avanti!” continua Dègel, intuendo i suoi pensieri.

Inaspettatamente mia madre scrolla la testam sospirando. Poi si stacca da me per avvicinarsi a lui e posargli la mano sulla guancia, che accarezza come se fosse un petalo di una margherita, in un gesto ricolmo di affetto che mi ricorda nitidamente il ritrovarsi con mio fratello dopo tanti anni di separazione. Altrettanto sorprendentemente l'Acquario, solitamente restio ad ogni contatto, non si discosta da quel tocco, come se quella carezza arrivasse direttamente alla sua anima, che sarà poi quella di Camus, e la rinfrancasse.

Non ti preoccupare, Dègel, Efesto mi aveva avvertita anche di questo, sei davvero così simile a mio figlio.... - mia mamma si ferma un attimo, cercando di mascherare un singhiozzo – Perdonami, so che avete poco tempo, ma è comunque emozionante vederti!”

Dègel arrossisce leggermente, ma subito dopo le stringe dolcemente la mano, trattenendola sulla sua guancia. Un sorriso rassicurante misto ad una malinconia senza limiti gli compare sul bel volto

Ehm, scusate... odio dover interrompere questa scenetta commovente e strappalacrime ma, come avete anche più volte detto voi, dobbiamo sbrigarci, il tempo stringe! Ah, comunque io sono Cardia, piacere mio!” interviene il mio miglior amico, con la sua solita naturalezza disarmante, prendendo in mano la situazione.

"Il piacere è anche mio, Cardia, io sono Antoinette... - si presenta lei, staccandosi da Dègel per porgergli la mano, al quale viene immediatamente stretta dalla morsa poderosa dello scorpione - la mamma di Marta!" aggiunge ancora, con un sorriso.

"Oh, lo vedo bene questo! - schiocca la lingua lui, tutto gaudente - Siete due gocce d'acqua, ad eccezione degli occhi, quelli..."

"Li ha presi dal papà, sì! - finisce per lui mia madre, prima di concentrarsi su Sonia - E tu, piccoletta, quale è il tuo nome?"

"Sonia, signora, sono una nuova amica di Marta, Michela e Francesca!" esclama lei, tutta felice di presentarsi a sua volta.

Bellissimo nome anche il tuo! - si congratula ancora mia mamma con un sorriso sincero, prima di farsi seria - Per tornare alla tua domanda, Dègel, nella nostra epoca non solo esiste la cura per la malattia, ma la peste è stata debellata nei Paesi sviluppati! Per questo motivo non ho il rimedio specifico qui in ospedale!” spiega mia mamma, un poco cupa in volto.

C-cosa?! Ma allora come possiamo fare?!” esclama Dègel, ingoiando a vuoto nella paura che tutto il nostro lungo pellegrinare si possa, infine, rivelare inutile e vuoto.

Venite con me, presto!” taglia corto mia madre, facendoci un cenno verso sinistra e precedendoci nel corridoio.

La seguiamo senza esitare con il cuore gonfio di emozioni, la speranza frammista al timore che ci ha accompagnato per tutto il viaggio. L'agitazione di tutti noi sale, adesso, che sembriamo così vicini al nostro obiettivo, persino più di prima.

I pazienti sono già privi di coscienza?” chiede mia mamma ad un certo punto, forzatamente calma, fermandosi davanti ad una porta di colore verde.

Sì, sono incoscienti già da un po', questo potrebbe essere un problema per l'assunzione del medicinale, giusto? ” chiede Dègel, cercando a sua volta di mantenere la calma.

Oltre a ciò, mi fa presagire che il decorso della malattia sia già vicino allo stadio finale... dobbiamo sbrigarci!” afferma mia mamma, aprendo d'impulso la porta per farci entrare dentro.

Mi guardo intorno, notando che, in quella particolare stanza, i muri sono verdi anziché bianchi, e che alcuni armadietti in acciaio danno l'idea che la sala venga utilizzata come deposito di medicinali, o qualcosa di simile.

La vedo dirigersi con sicurezza verso un oggetto quadrangolare un po' più piccolo degli altri. Lo apre con delle chiavi che prende direttamente dalla tasca del camice, scoprendo così il suo contenuto: un grosso recipiente pieno di una miriade di fialette contenenti liquidi dello stesso colore.

L'unica soluzione che abbiamo è usare questi antibiotici: steptomicina e tetraciclina. Dipende dal loro fisico il decorso favorevole o... meno!” spiega mia madre, non riuscendo a mascherare il tremore della sua voce nel pronunciare l'ultima parola.

Va bene ma come facciamo a darglieli? Versano già in stato comatoso... costringerli ad ingerire qualcosa non aumenta il rischio di soffocamento?” domanda Dègel, avvicinandosi alle fialette con circospezione.

Bisogna inocularglieli per via endovenosa!” intuisco io, fremendo visibilmente

Esatto, tesoro, e tu sai come si applica tutto il procedimento, giusto? Te l'ho insegnato!” chiede conferma mia madre, sorridendomi con dolcezza.

Sì, lo so mami! Bisogna prima eliminare l'aria e poi agire, conosco anche le zone migliori per farlo, conta su di me!” affermo, decisa, guardandola negli occhi per farle percepire tutta la mia determinazione.

Perfetto! Vi darò un po' di scatole per portare più agevolmente gli antibiotici, aspettate un attimo, cerco di fare più velocemente possibile!” dice ancora lei, cominciando a preparare il tutto.

"Ti diamo una mano anche noi!" esclama Michela, propositiva, mentre si adopera insieme a Francesca per sistemare compostamente e ordinatamente le fialette dentro i contenitori che le ospiteranno per il viaggio.

Rimaniamo in silenzio per un po', cercando, per quanto possibile, di fare ognuno la propria parte, almeno finché Dègel, vincendo la riluttanza, non decide di esporre un quesito.

Perdonatemi, mia signora, volevo solo avere conferma su quanto sono riuscito ad intuire dai discorsi di Marta: in quest'epoca esiste una cura per le malformazioni cardiache?”

Attimi di silenzio in cui mia mamma, non aspettandosi un simile quesito, ha giusto il tempo di alzare lo sguardo verso la reincarnazione di suo figlio Camus, poi...

Che cazzo stai sproloquiando, Dègel?!? Non se ne parla minimamente!!!” urla Cardia, innervosito, rischiando quasi di buttare giù le scatole che teneva in mano, fortunatamente ancora vuote.

Ma Cardia, rifletti: potremmo trovare una cura definitiva per il tuo cuore malato che non sia una panacea come il mio gelo... è una possibilità da non escludere!” ribatte Dègel, in tono alto, come a voler difendere la sua posizione.

"Din, don, SVEGLIA! E' tutto bellissimo il tuo piano, ma ricordi, sì, che io sono nato nel 1721 come te, e che apparteniamo ad un'epoca dove queste cose neanche esistono ancora?!" bercia lo Scorpione, oltraggiato.

"Stiamo... stiamo portando dei medicinali, non della nostra epoca, nel passato, stiamo già contravvenendo alle regole della Storia, perché quindi non farlo una seconda volta, per te?!" si oppone ancora Dègel cercando di farlo ragionare.

"Perché stiamo portando la cura a gente di questo secolo presente che si è trovata arenata in un'altra epoca perché un mitomane fuori di testa vuole assoggettare a sé tutte le dimensioni! Ci sei, Dègel?! Solo per questo contravveniamo, giusto? Solo per questo!"

"Tra le persone coinvolte c'è anche Regulus... secondo questo ragionamento dovremmo salvare solo Milo e Camus e lasciare da solo Leo a vedersela con..."

Certo che sei un bel tipo, soprattutto coerente... insulti e picchi Camus perché vuole sradicare via il mondo per salvare Marta e le altre, poi salti su tu, bel bello, con la brillante idea di fare lo stesso per me... ed io come posso infervorare la mia esistenza se il mio cuore non fosse più malato?!? ” esclama ancora Cardia, stringendo convulsamente i pugni.

Cardia... io ho chiesto solo una cosa, non intendo rivelare anzitempo a tutto il mondo degli interventi cardiaci, ma se mi spiegassero le modalità, forse, potrei provare a ripeterle con te, e solo con te!” tenta ancora Dègel, cercando di far comprendere i suoi intenti all'amico, sebbene le veritiere, e acuminate, parole dello Scorpione sulla poca coerenza, tipica anche di Camus, lo abbiano scosso fin nel profondo. E si vede!

Sei completamente suonato, te lo dico io! In ogni caso, non hanno importanza le mie condizioni adesso, dobbiamo solo preoccuparci di tornare indietro e salvare i nostri amici!” decreta la fine del discorso Cardia, voltandosi dall'altra parte come ad intendere che non gli risponderà più.

Ca-Cardia, io volevo solo...”

Dai ragazzi, basta litigare! Cardia! Dègel ha solo fatto una domanda per sapere, di certo non voleva metterti a disagio e men che meno ribaltare il mondo, mi sembra normale il suo interessamento per le tue condizioni: è il tuo migliore amico!” interviene Sonia, mettendosi in mezzo nel tentativo di fare da paciere.

Chiedigliele a lui le sue intenzioni, che si fa venire certe idee in momenti simili!” esclama ancora lo Scorpione, sempre più stizzito.

Ehm, scusate... - interviene mia madre, guardando un attimo prima Dégel e poi Cardia – non ho voce in capitolo, però...”

KABOOOOOOOM!

Un rumore assordante, appena preceduto da un intenso lampo di colore azzurrino, ci impedisce di concludere il discorso. Finiamo tutti a terra, tappandoci istintivamente le orecchie che sembrano esplodere a seguito di un fragore infernale. Il pavimento sotto di noi prende a tremare consistentemente, i muri intorno si crepano, rischiando di franarci addosso.

Che cosa sta...?!” tenta di dire Michela, ma la sua frase svanisce tra le urla delle persone fuori che, prese dal panico, schiammazzano sempre di più.

Mi faccio coraggio, balzo in piedi e mi butto istantaneamente fuori nel tentare di capire cosa diavolo stia succedendo, ma non ho nemmeno il tempo di capacitarmi della situazione che vengo spinta brutalmente indietro, finendo così a terra. Qualcuno dietro di me chiama il mio nome, ma la mia attenzone è tutta per l'infermiera che, vittima del terrore, non riesce a far altro che urlare in lungo e in largo, sbracciandosi come uan forsennata.

Tossisco, si è elevato del fumo nero, acre, denso. Capisco con un brivido di rabbia più che di paura: siamo di nuovo sotto attacco, maledizione!

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Capitolo 36
*** Un aiuto inaspettato ***


 

CAPITOLO 36

 

UN AIUTO INASPETTATO

 

Il caos regna sovrano nel intorno a noi. Persone di ogni genere e grado cercano di allontanarsi il più velocemente possibile da questa zona e uscire così dall'ospedale in qualche modo; da tutte le parti il terrore dilaga, palesandosi negli occhi vitrei dei bambini e in quelli confusi degli adulti loro famigliari. Chi può prende il proprio piccolo e scappa a piedi, stringendolo a sé con la forza della disperazione, ma già si diffondono nell'aria echi di altri bimbi immobilizzati a letto e impossibilitati a fuggire.

Le loro urla si insinuano con forza all'interno dei miei timpani, trasmettendomi l'impulso di agire immediatamente per aiutarli ma, per qualche motivo, le mie gambe non riescono a muoversi in nessuna direzione. Sono come paralizzata.

"Santo cielo! Efesto mi aveva avvertito che gli sgherri del Mago avrebbero potuto attaccarvi anche in un simile frangente, ma non avrei mai pensato che arrivassero a questo punto! Maledetti!!! Non si fanno problemi ad attaccare un ospedale pediatrico, hanno rigettato davvero la loro umanità!" sibila mia mamma, uscendo anche lei dallo scantinato con lo scatolone in mano. Nel procedimento è aiutata da una forzatamente calma Francesca che sta usando ogni mezzo in suo possesso per rimanere lucida.

'Maneggiare con cura. Fragile' vi è scritto a chiare lettere sul contenitore. Dovremo stare dunque attenti a non scuoterlo troppo, ma come facciamo se siamo sotto attacco?! Anzi, che il piano degli sgherri sia proprio quello di rompere il prezioso medicinale e di bloccarci qui in questa dimensione?! Istintivamente stringo i pugni con forza mentre un qualcosa di atroce, scuro e serpeggiante, si muove dento di me, fomentando la mia rabbia e... la voglia di distruggere!

No, non lo permetterò, maledizione, farò terra bruciata di ogni ostacolo si intrometterà tra me e la salvezza di mio fratello! Li massacrerò, li disintegrerò, non rimarra niente di loro, non rimarrà... sobbalzo, tornando in me nel percepire qualcosa strusciarmi tra le gambe nel tentare di fuggire via da tutto questo sfacelo.

E' un qualcosa di tremendamente piccolo, mi è appena passato oltre, superandomi, per poi dirigersi goffamente verso le scale. Per qualche secondo i miei occhi sono catturati dal suo corpicino avvolto dalle bende: la bambina, perché di questo si tratta, deve avere grossomodo 5 o 6 anni e sta facendo del suo meglio per scappare via da questo inferno... da sola...

Sbatto più volte le palpebre, tentando di scacciare via alcuni ricordi che mi hanno colto nel bel mezzo del pericolo: la bimba che prova a scappare mentre tutto intorno a lei si sgretola, mi ha ricordato una me stessa, più cresciuta, alla disperata ricerca di raggiungere... lui... nel mezzo di una alluvione che tutto travolge. L'effetto che ha su di me il rammentare questa mia memoria, è pari, come intensità di dolore, ad una stangata in pieno stomaco.

Io. La pioggia scrosciante. Il lampo. Il buio. Sola. Proprio come lei.

Prima di riuscire a riprendermi un minimo, un nuovo attacco fa tremare tutto l'edificio, incrinando paurosamente il soffitto proprio sopra la bambina. Un ulteriore tremore, più forte dei precedenti...

NOOOO!!!” grido del tutto impotente, mentre al mio urlo strozzato si aggiunge quello delle mie amiche e di mia madre. Crolla ll'intonaco, crolla, come un macigno, esattamente sopra la testa della bambina.

La vedo istintivamente raggomitolarsi su sé stessa, preparandosi ad essere schiacciata, le mie gambe sono come blocchi di ghiaccio, non si muovono minimamente. Ho giusto facoltà di mettere le mani davanti alla bocca, prima di vedere una luce luminosa ridurre completamente in polvere ghiacciata il calcinaccio che stava precipitando sulla bambina. Una luce dorata, calda, nonostante il potere che ne deriva, due mani che protraggono verso la piccola, prendendola dolcemente da sotto le ascelle per poi sollevarla con grazia, come se fosse un fuscello.

Va meglio?” chiede con dolcezza Dègel, in tono persino più dolce e caloroso del solito

La bimba è salva, lentamente si dischiude dalla posizione che aveva assunto per tentare di proteggersi. Si mette poi ad osservare il Cavaliere con espressione meravigliata, quasi boccheggiando a vuoto.

"Va meglio, vero, piccola?" riprova a rassicurarla Dégel, modulando ulteriormente la voce e regalandole una carezza tra i capelli biondi.

Lei riesce a stento ad annuire, mentre la paura di ciò che ha rischiato torna prepotentemente e spietata ad invaderla, facendola poi scoppiare a piangere con tanto di sighiozzi e lacrimoni fitti fitti. La vedo appendersi al suo collo, terrorizzata, affondando il viso nell'incavo della sua spalla. Trema tutta, piccina... un nodo mi si stringe in gola nel vedermela così, anestetizzando totalmente l'onda nera di distruzione che avvertivo fino a poco fa.

Ti porteremo al sicuro, non hai più nulla da temere, non sei più... sola! - le sussurra ancora Dégel, riportandola teneramente alla calma con leggere pacche sulla schiena - Sei stata molto coraggiosa, sai?"

Rimango a fissarlo inebetita, sia per la tempestività che ha avuto, sia per la tenerezza della scena. Allo stesso tempo però una sensazione di vera e propria amarezza mi investe in pieno di fronte alla mia totale inettitudine. E' vero, i Cavalieri sono abituati a reagire prontamente ai pericoli, del resto loro si allenano da anni, mentre noi solo da pochi mesi. Tuttavia... se oggi non ci fosse stato Dègel insieme a noi, una variabile impazzita che non avrebbe dovuto neanche essere presente in questo tempo storico, una bambina innocente sarebbe morta per via della nostra inesperienza.

Sarebbe. Morta. Già. Perché nessuna di noi avrebbe potuto fare nulla qui e ora.

Oh, Dégel... perché proprio ad una persona meravigliosa come te un destino così angusto nel prossimo futuro?! I-io...

Ehi, Marta!”

Mi volto istantaneamente verso Michela, accorgendomi appena che la mia amica mi sta continuando a dare delle gomitate piuttosto forti al fianco destro. Brillano i suoi occhi; brillano in maniera folgorante, forse secondi solo ai miei che sfiorano la devozione.

Marta, fallo per me: sposati quell'uomo!” mi grida all'orecchio, completamente estasiata, strattonandomi il braccio come se dovesse convincermi.

"Michy, io..."

"Vi amate, lo so, ed è la persona giusta per te, finalmente!" riprova, a voce un poco più bassa nel vedermi sempre più contrita.

Sospiro rassegnata, discostando lo sguardo dolente da lei per poi dare la schiena perfino a Dégel. E' lampante non abbia capito la mia, nostra, situazione, altrimenti queste domande non le porrebbe e... fa davvero tanto male, da togliere il fiato, la mia decisione, ciò che sto perdendo...

"Ehi! - altra gomitata, stavolta il tono si è fatto più acuto e apprensivo - Perché fai così? Non..."

Michy, io... non posso salvarlo. Non... posso! Ti prego, finiamola qui, con questo discorso!” sussurro piano, sorridendo amaramente. Mi viene da piangere, di nuovo, ma non lo farò, no, devo essere radiosa come Seraphina, devo!

Michela è di nuovo sul punto di chiedere spiegazioni, ma indovina qualcosa nel mio sguardo sempre più rassegnato e decide di tacere. Le sono grata, respirare è diventato difficile, mi fa male il petto e...

 

Marta, in battaglia e nelle emergenze, oltre al solito proverbiale sangue freddo, devi ricacciare indietro tutti i ricordi del passato, solo così riuscirai a non distrarti nel mezzo di una lotta potenzialmente mortale. Ricordalo bene, piccola mia, e serba quanto ti ho detto dentro di te: non lasciarti mai imbrigliare dalle emozioni, mai, ne potrebbe andare della tua vita, o di quella degli altri!

 

Sussulto nell'udire la voce forte e chiara di mio fratello dentro di me, come se mi stesse abbracciando.

Camus... riesci ancora a raggiungermi, in qualche modo, malgrado tu sia ad anni luce di distanza, malgrado tu giaccia in fin di vita e stia combattendo la battaglia più dura della tua vita. Riesci ancora a raggiungermi...

E' così caldo e accogliente il suo timbro vocale, sebbene, in fondo, si tratti di un rimprovero; un rimprovero per non essere ancora riuscita a fare ciò che lui ha tentato più volte di insegnarmi. Non capisco comunque se la sua voce giunga a me tramite un ricordo o se, essendo uniti da un legame che trascende il tempo, riusciamo a comunicare per brevi secondi. In ogni caso, mi basta questo per sforzarmi di reagire dal torpore che mi stava avvolgendo: lui sta continuando a combattere, lo stesso farò io!

Stringo con forza i pugni e mi mordo il labbro, più determinata che mai. Ancora una volta, non mollare, fratellino, attendi il nostro arrivo, non manca più molto, ormai: ti salveremo!

"Maledetti vigliacchi, la misura è colma!"

Sobbalzo nel rendermi conto che colui che ha pronunciato una simile frase in un tono così aspro, è Dégel, che adesso ha preso a fremere visibilmente, furioso, sebbene il palmo della mano sia ancora posato protettivamente sulla nuca della piccola.

"Attaccare un ospedale dove si trovano dei bambini malati, solo per colpire noi, è una cosa da barbari sanguinari, non avrò alcuna pietà di voi!" continua, scaldandosi ulteriormente, desideroso di fargliela pagare.

"Fiuuuuu, fiuuuuu! - fischietta Cardia, occhieggiando nella nostra direzione in cerca di complici - Delizioso come arde, no? E poi raccomanda agli altri il sangue freddo!" commenta, divertito, fortunatamente non udito da lui perché l'avanzare intrepido -e inaspettato!- di mia madre catalizza l'attenzione su di lei.

Dégel, le tue parole sono degne dell'uomo meraviglioso che sei, ma non avete più molto tempo, mi capisci? Lasciate a me tutto questo, è mia responsabilità!” lo interrompe infatti, posando istintivamente la sua mano sul braccio della precedente vita di suo figlio.

Per un solo istante, al suo profilo si sovrappone, nella mia mente, quello di Camus, e lo stesso deve capitare a Dégel nel rendersi conto delle notevoli somiglianze tra i due. Gli ci vuole un po' per riprendere il controllo su sé stesso.

Ne sono consapevole, ma... è colpa nostra se hanno attaccato questo luogo, ed è preciso dovere di Cavaliere difendere i più deboli!” ribatte serio, stringendo ancora di più a sé la bambina che tiene tra le braccia.

Per pochi secondi mia mamma apre la bocca in un perfetto 'o' ricco di ammirazione. Anche lei deve aver trovato qualcosa, in Dègel, di Camus, anzi, molto più di qualcosa, ne sono certa. L'anima, lo spirito, è d'altronde la stessa, sebbene siano due persone diverse formate da esperienze altrettanto diverse.

Cosa c'è? Perché mi state osservando così, mia signora?” chiede ad un certo punto Dègel, leggermente imbarazzato dall'occhiata, poi sorriso malinconico, di mia mamma.

Oh, scusami... semplicemente ho pensato che mio figlio Camus deve essere orgoglioso di avere proprio te come precedente vita, inoltre, ne sono sicura, anche lui in tutti questi anni deve aver salvato molte vite umane. Sono... sono fiera di lui, anche se non l'ho potuto vedere crescere" sospira infine, posandosi una mano sul petto.

"E dovete sempre esserlo, mia... mia signora! - acconsente lusigato Dègel, non nascondendo un sorriso triste - E' davvero come dite, ha salvato molte vite umane e... e anche io sono orgoglioso di lui. Il futuro per il quale sto combattendo... è in mani sicure!"

"Ti ringrazio delle belle parole, sei nobile d'intenti e gentile, mi... mi rendi più facile sopportare il peso di averlo lasciato andare in tenera età per intraprendere la strada del Cavaliere - sussurra ancora mia madre e, per un istante, pur avendola sempre reputata una donna forte e risoluta, ho come la sensazione che stia per scoppiare. Ma è solo un attimo di smarrimento – Comunque... proprio per salvare questo futuro che voi tutti state proteggendo, dovete tornare indietro al più presto, Dégel! Affidami pure Matilde, ti prometto che ne avrò cura personalmente, d'altronde è una mia paziente!” afferma con ritrovata energia, rigettando indietro i tentennamenti.

Matilde...” ripete lui, poco prima di affidarla alle braccia della mia maman e chinarsi per prendere la scatola con dentro i medicinali

Sì, è il suo nome! - afferma ancora lei, sorridendogli con calore - Andate, forza, e non voltatevi più indietro. Questo è il mio ospedale, risolverò io la situazione qui!”

Parole che mi fanno letteralmente prendere un colpo.

No, non lo posso permettere!!! Non puoi affrontare gli sgherri del Mago da sola, non sai di cosa sono capaci, non sai quello che quel mostro ha fatto a Camus! Io resto con te, posso difenderti ora, sono abbastanza forte!” mi oppongo con decisione, cercando il sostegno visivo delle altre che infatti alzano di riflesso le braccia come ad indicare che loro sono con me. Sempre.

Tesoro, capisco i tuoi sentimenti in questo frangente, ma so badare a me stessa, dovresti ben saperlo!"

"Lo so bene, Mami, mi hai cresciuta senza mai farti battere dalle difficoltà, ma non hai un cosmo, non hai..."

"E pensi quindi che sia inutile solo perché non sono... speciale... come lo siete tu e tuo fratello?!"

"No, non è questo, è che..." sono di nuovo sul punto di piangere, mi pizzicano gli occhi, dannazione, perché non riesco mai a rendermi utile?!? Perché sono sempre così debole?! Appena... appena mi sembra di essere un poco più forte subito un nuovo ostacolo si pone davanti a me. Io... è tutto così frustrante!!!

Per l'ennesima volta rifiuto le lacrime con tutta me stessa, ma devo avere un'espressione talmente al limite stampata in faccia da spingere mia madre ad accarezzarmi dolcemente i capelli, giocherellandoci un poco come faceva quando ero piccola.

"Non sono io ad aver bisogno di te adesso, mia giovane gabbianella, ma Camus..."

"Mamma..."

"Vai da lui ora, e... - prende una breve pausa, gli occhi le si fanno lucidi - proteggilo come non ho saputo fare io!"

Istintivamente la abbraccio sul lato libero, chiedendomi tacitamente se mai la rivedrò dopo questo brevissimo incontro. Non una parola di più, non occorre. Fisso la mia espressione nella sua, con determinazione sempre pià crescente, voglio che la senta nitidamente su di sé la risolutezza del mio sguardo, voglio che si senta rassicurata, che sappia che darò l'anima, anche di più, per salvare Camus dal suo ingrato destino. Ad ogni costo!

Lei sembra percepire tutto questo, le è arrivato dritto al cuore, lo capisco dalla lucentezza dei suoi occhi. Poi torna a concentrarsi sugli altri.

Uscite dalla porta di emergenza e dirigetevi verso la Lanterna di Genova, quello è un luogo antico, quindi il potere della collana che Dègel porta con sé può funzionare per riportarvi indietro! Oh, tesoro... - si ferma un attimo nel richiedere ancora una volta la mia espressione – sai già come iniettare la cura: due volte al giorno, mattina e sera, braccio o glutei non fa differenza, la vita di Camus e degli altri dipende da questo!”

"Lo so, mami, mi hai insegnato tu!" rispondo, pratica, intravedendo comunque Cardia poco più in là fare una faccia strana e massaggiarsi il fondo schiena come se la puntura gliela avessero fatta a lui.

"Faremo il possibile per essere d'aiuto!" interviene anche Francesca con un pizzico d'urgenza.

Mia madre le sorride, poi fa per andarsene, ma un mormorio della bambina, che allunga il braccio in direzione di Dègel, la blocca momentaneamente. La piccola, agitandosi, insiste, non riuscendo a raggiungere il suo obiettivo con le dita e sbuffando, sul punto di singhiozzare nuovamente.

"Dégel, scusami, potresti..?"

Ma il Cavaliere dell'Acquario, senza bisogno di direttive, affidando i preziosi medicinali a Michela e Sonia, si è già mosso verso di lei, sostenendole delicatamente la manina, così minuscola, se paragonata alla sua, di uomo forte e coraggioso.

"Cosa c'è?" le chiede teneramente, sorridendole con calore.

S-solo... gracie!” farfuglia la piccola, stringendo le dita sul suo palmo prima di esigere una nuova carezza tra i capelli che le viene subito regalata.

Non ho fatto nulla, piccola! Piuttosto... promettimi che crescerai sana e forte e che non dimenticherai mai quanto unico ed irripetibile sia il dono della vita... - le parla, sempre con quel suo modo speciale di modulare la voce - Quando sarai grande, ti renderai conto che puoi fare, o non fare, molte cose, altre invece saranno fuori dalla tua portata, ma non ti spaventare! Sul percorso, ti accorgerai che, persino la fiammela custodita dentro di te può brillare intensamente per qualcuno: sarai luce tu stessa per gli altri, e ne avrai altrettante intorno a te disposte a camminare al tuo fianco. Vivi, piccola Matilde, percepisci tutto quello che puoi di questa vita, il calore, l'affetto, il fresco dell'acqua in estate e il caldo della coperta in inverno. Sai, questo mondo sa essere meraviglioso, anche se tremendamente labile, merita di essere vissuto ogni singolo giorno. A te, per quelle come te, dedico il futuro; per te, per quelle come te, sarà lieto di consacrare la mia esistenza!” mormora ancora con dolcezza, anche se il tono, soprattutto nella parte finale, gli trema un po'. Scaccia comunque via la tristezza appena marcata sul suo viso, dandole un tenero buffetto sulla guancia rosata.

Grazie... grazie davvero a tutti!” ripete mia mamma, poco prima di dirigersi verso le scale di emergenza con la bambina in braccio che fa 'ciao, ciao' con la manina.

Rimango ferma ed immobile, guardandola scomparire dietro un muro mentre un nodo mi si forma in gola. Se non fosse per la mano di Cardia che si posa sulla mia spalla per rinfrancarmi, rimarrei così per sempre!

"Non hai di che temere, ha la pellaccia dura, come te!"

Ma diniego con la testa, sospirando: "Non ho la sua forza..."

"Oh, la hai, la hai, custodita gelosamente dentro di te, come se avessi paura a mostrarla, ma la hai!"

"Cardia..."

Forza e coraggio, dobbiamo andare! - mi incoraggia ancora lui, dandomi pacche sulla spalla – Condividete la stessa audacia e temerarietà, del resto, siete madre e figlia!” aggiunge ancora, facendomi l'occhiolino.

Come riesca a rinfrancarmi in ogni situazione, anche la più disperata, lo sa solo lui...

Bandendo quindi tutti le esitazioni, e organizzandoci a turno per trasporare il prezioso materiale che salverà la vita dei nostri amici, ci avviamo verso l'uscita di emergenza il più velocemente possibile, trovandoci ben presto in un cunicolo abbastanza stretto e scarsamente illuminato, se non qualche luce fioca sulle pareti laterali.

L'odore che si respira di chiuso ha in sé un qualcosa di estraniante e potenzialmente stordente. Qui, prima che costruissero l'ospedale, vi erano ville e giardini, mia madre conosce la struttura a menadito, quando ero ancora una bambina, i nonni non mi potevano tenere e lei aveva un poco più di tempo libero, mi portava a conoscere tutti gli anfratti di questo luogo, e tuttavia qui non mi sembra di esserci mai passata.

Giuro che sto morendo più per il tanfo che si sente qui dentro che per il mezzo infarto di prima, o che per le ferite subite. Diavolo, queste ultime in particolare sembrano una sciocchezza se paragonate alla puzza di codesto sito, ma non è che ci lasciano i cadaveri qui dentro?!” commenta sarcastico il Cavaliere di Scorpio dopo una serie di minuti, innervosito dal nostro continuo camminare in un luogo tanto angusto e uguale a sé stesso in tutte le sue parti.

Cardia, se hai ancora così tanto fiato in corpo, preservalo per le eventualità, non per lagnarti a vuoto, di grazia!” ribatte Dégel, infastidito dal tono del compagno.

Oooohh, già finita la vena dolce?! E' durata poco! O sono le bambine ad ammollarti?!”

Urgh... - non lo posso vedere in faccia, affaccendata come sono a portare lo scatolone insieme a Francesca, ma sono sicura che sia arrossito. Sorrido di riflesso - Era una bimba, chissà cosa ha subito per giungere qui in queste condizioni... ho solo fatto quello che un qualsiasi Cavaliere avrebbe dovuto fare!”

"Ma se avevi tutti gli occhi che luccicavano, a chi vuoi darla a bere?! Tu dove vai compi stragi di femmine, sei un bel tipo, eh!"

"Non è quest... non è questa la situazione, lei era solo.."

"Lei si sognerà di te per il resto della sua vita, sappilo! Non troverà altri uomini come te, si dannerà l'anima e..."

"CARDIA, SMETTILA DI FARNETICARE!!"

"Io professo solo la verità, sono solo la voce della tua..."

"Tu non professi un bel..."

Se voi due la smetteste di litigare, vi accorgereste che l'aria sta cambiando: potremmo essere vicini all'uscita!” interviene Sonia, sovrastando il battibecco dei due dopo averli fulminati con lo sguardo.

Inspiro profondamente, accorgendomi che la mia amica ha proprio ragione: l'aria pesante e polverosa di questo posto sta lentamente cedendo il passo ad una leggera brezza che, per quanto calda, è comunque decisamente più respirabile.

Usciamo quindi dal cunicolo, trovandoci davanti a diverse piazzole d'erba e alberi di ogni tipo, il classico 'giardino all'inglese', in un ambiente che sembra apparentemente dislocato dal caos cittadino e da quello generato dentro l'ospedale.

Ehi, ma... dove siamo? Non è che abbiamo fatto un altro salto temporale, ritrovandoci in lidi sconosciuti?! - chiede Cardia, guardandosi confusamente intorno – Fino ad un attimo fa eravamo in quella specie di sanatorio e ora ci troviamo in un parco?!”

Sì, Cardia, è un parco, ma non ci troviamo in chissà quale habitat estraneo, siamo sempre a Genova e sempre nell'ospedale. Ho inoltre compreso dove, mi ricordo, e so come uscire velocemente, andiamo!" gli sorrido, avvertendo la brezza leggera e il verseggiare lontano dei parrocchetti dal collare scappati alla cattività.

"Sono sbalordito anche io, Marta, un luogo simile dentro un posto così triste..." prende parola Dégel, sollevando dalle mie braccia e da quelle di Francesca la scatola. E' proprio quest'ultima a continuare il discorso per me.

"L'ospedale non è solo un luogo triste, qui ci nascono anche i bambini! - spiega, abbozzando un sorriso nel notare le espressioni sorprese degli amici - Dovete inoltre sapere che in ogni policlinico dell'età contemporanea, almeno qui in Italia, è presente, ove possibile, un'aria verde più o meno ampia dove i malati possono respirare un po' di aria fresca. Non c'è più bisogno di isolarli, o meglio, sì, sono slegati dalle attività quotidiane, ma i parenti possono venirli a trovare in attesa che guariscano e vengano poi dimessi. La mortalità... è diminuita parecchio!"

"Avete fatto parecchi passi avanti in tutto, eh?" commenta Dégel, un poco più sollevato.

"E menomale, aggiungerei! Altrimenti io, per esempio, sarei già morta!" si intrufola anche Michela mentre, sempre camminando, si solleva quanto basta il peplo per mostrare la cicatrice che ha sul fianco destro.

"Bel ricordino! Il mio sul petto è un poco più piccolo! Ma come te lo sei procurata?" commenta Cardia, interessato alle origini di quella cicatrice.

"Appendicite! - cantilena Michela, prima di arrossire di netto - Mi piacciono tanto i dolci e, da piccola, ancora di più. Ho esagerato e mi si è infiammata l'appendice, me l'hanno dovuta togliere, proprio qui, in questo ospedale. Se fossi appartenuta alla vostra epoca probabilmente sarei morta..." finisce la narrazione, rimettendosi a posto la veste lisa dalle battaglie che abbiamo affrontato.

"Michela, mi dispiace contraddirti nel dirti che, se fossi nata nella loro epoca, molto probabilmente non avresti avuto il tempo, né i soldi, né tanto meno la possibilità di sfondarti di dolcetti!" le fa notare Sonia, massaggiandosi le tempie.

"Uh, e andiamo: era solo per rendere l'idea!" si lagna la mia amica più piccola, prima di ridacchiare.

Avanziamo ancora per una serie di secondi senza che nessuno dica più niente, poi però Dégel, dopo un lungo sospiro, trova il coraggio di riaprire il dibattito che si era esaurito prima dell'attacco.

"Potresti pensarci anche tu, Cardia..."

"CO..?! Ancora con questa storia, Dègel?! Mi sembra di essere nato nel 1721, non nel 2001!"

"Lo so, lo so..."

"E allora piantala di crucciarti su questa cosa, pensa piuttosto agli altri!"

Ci sto già pensando, Cardia! Cogito un sacco di cose, come il fatto di ritrovare la strada per la Lant...” inizia piccato l'Acquario, ma un'altra esplosione appena sopra le nostre teste ci fa buttare istintivamente a terra per proteggere noi stessi e soprattutto lo scatolone.

Dove credete di andare, miserabili?!” ci grida contro una voce imponente allo scopo di minacciarci, gesto che, da solo, mi manda il sangue al cervello.

Ho appena il tempo di alzare lo sguardo adirato verso la fonte sonora, che un gigante privo dell'occhio destro e il corpo ricoperto di cicatrici, ci sovrasta con la sua impressionante mole.

E questo chi diavolo è?! Non sapevo che il maghetto del piffero vantasse tra i suoi leccapiedi i peggiori rifiuti umani del mondo!” lo canzona allegramente Cardia, alzandosi istantaneamente in piedi dopo aver protetto Dègel e lo scatolone per prepararsi ad attaccarlo.

Eccoli! Eccoli! Fermiamoli!”

Altre voci intorno a noi, frenetiche. Nell'arco di un secondo siamo già praticamente circondati. Mi sollevo a mia volta, la mascella serrata e la voglia di uccidere nuovamente prorompente.

"Oh, no, siamo in trappola!" biascica Michela, indietreggiando di qualche passo.

"Non ci lascerete andare, vero? - prosegue Cardia, squadrandoli tutti da capo a piedi - Ma siete poco più di un insieme di reietti, non potete certo competere con noi!" li canzona ancora, estraendo l'aculeo dello Scorpione.

"Cardia! Non abbiamo tempo per ingaggiare battaglia, sono troppi!" lo avverte Dégel, con urgenza, indicando il sole che sta calando.

Il tempo... un brivido scorre lungo la mia schiena mentre tento di raccapezzarmi: quanto siamo stati dentro l'ospedale?! Possibile sia già il crepuscolo?! No, non può essere! Devono essere trascorse solo una manciata di ore, non di più, poco fa il sole era molto più alto, non può essere già calato così!"

"Urgh..." biascica Cardia, rendendosi conto anche lui dell'impossibilità di quell'evento.

"Siete stupiti?!- prende parola uno di loro, indicando la clessidra che uno dei giganti tiene tra le mani - E' un nostro piccolo trucchetto... da usare in casi di estrema necessità come questo" ci spiega, imitando con due dita il gesto di tagliare con le forbici.

"Bastardi..."

Maledizione, quindi ci sta dicendo che questi energumeni possono accellerare il tempo a loro piacimento?! No... NO, DANNAZIONE!

"Ma avete dei limiti anche voi, nevvero? - osserva lesto Dégel, mettendosi in posizione di attacco, quasi fremendo - Altrimenti non vedo perché velocizzare il tempo SOLO fino al crepuscolo!"

"Abbiamo dei limiti, sì, hai la vista lunga, Cavaliere... - gli risponde il gigante di prima, quasi sbeffandolo - ma ciò basta per mandare totalmente a monte i vostri progetti: Camus e gli altri due moriranno in ogni caso, non salverete proprio nessuno!"

"Questo è da vedere, STRONZO!" salta su Cardia, pronto all'attacco.

Morire.

Camus.

Camus morirà comunque...

Queste parole prendono a circolarmi ritmicamente in testa più e più volte. Passano davanti a me. Si stampano nella mia mente, unite all'immagine disturbante di mio fratello riverso a terra, esanime, il corpo sfregiato da tante, troppe, strie nere che gli segnano la pelle solitamente chiara.

Camus.

Morirà.

Comunque.

Qualcosa di altrettanto scuro vortica dentro di me. Fa paura, ma io di paura non ne ho al momento, sento solo, rabbia, desiderio di distruggere, di uccidere. E' tutto nero pece, se ci si fa travolgere si rischia di smarrirsi per sempre, ma non importa, non importa più!

Io... disintegrerò chiunque osi fargli del male... CHIUNQUE!

Non è infine la mia voce a palesare le mie intenzioni, ma un'altra, sempre dentro di me, che io non riconosco, sembra quasi uscirmi dalle interiora, fa tremare: "VVV-I-A DALLA MIA STRADAAAAAAAAAAAAA!!!" ululo, mentre facce che non riconosco più si voltano verso di me.

Le loro labbra si muovono a vuoto perché il suono non mi arriva, la loro espressione è snaturata da qualcosa, ma non ne curo: devo solo distruggere, sono nato per questo!

E tuttavia, quando è il momento di balzare per dare finalmente libero sfogo al mostro che è dentro di me, che non ha un nome, ma c'è; qualcosa, anzi, qualcuno, mi da un colpo secco dietro la nuca, prima di proiettarsi in avanti. Non svengo anche se dovrei, data l'intensità del gesto, ma è comunque come se mi alzassi di sobbalzo dal letto dopo un lungo e tormentato sonno. Divarico le gambe per non cadere, il mio respiro è accelerato, quasi mi manca l'aria, ma riesco a rinvenire completamente, sbattendo le palpebre nel ricordarmi chi sono veramente.

"Hai asserito che... mio figlio morirà, lurido verme?! Uhmpf, non è così debole, e comunque... - odo una voce sardonica, mentre un suono netto di qualcosa che si spezza mi fa sussultare - Oh, tanto grosso e poi basta questo per romperti l'osso del collo?! Patetico..."

Istintivamente butto un occhio su Sonia al mio fianco che, proprio come me, ha la medesima espressione sgomenta. Insieme osserviamo la testa del gigante, innaturalmente reclinata indietro, ciondolare tra due mani un poco rugose ma robuste. Esse continuano a stringerlo, irrefrenabili, come se volessero ucciderlo una seconda volta.

Nel frattempo una folata di vento più forte del normale spazza via, quasi smembrando, una cinquina di brutti ceffi, manifestando altresì l'arrivo tempestoso di qualcun'altro di nostra conoscenza.

"Che esagerazione, Efesto! Sai, penso che colui che tieni tra le mani sia già morto da un pezzo senza nemmeno essersene accorto..."

Questi obbrobri mi fanno schifo, Hermes, e poi non parlerei, se fossi al tuo posto: trovo molto più inquietante uccidere con quel tuo solito sorriso bonario che non... così. Questo è un campo di battaglia!” ribatte il più vecchio dei due, gettando ai propri piedi quel che resta del suo avversario.

Con quale foga di umana tempra lo hai... massacrato... e solo perché ha nominato tuo figlio, vero?” ribatte il più giovane, con espressione pienamente soddisfatta.

"Non essere sciocco... mi disgustano e basta! Sono peggio degli umani, delle bestie, dei parassiti e dei batteri: devono essere annientati tutti!"

"Democratico come sempre..."

"Questi nemmeno sanno cosa sia la democrazia, comprendono solo il vessillo della violenza"

"E allora... procediamo, Efesto!"

Papà!!!” grida Sonia, emozionatissima, non aspettandosi di certo il loro arrivo.

Anche io vorrei riuscire a sbloccarmi così, a chiamare mio padre con il nome che gli spetta, ma mi limito a fissarlo da distante, la testa vuota, lo sguardo diffidente.

I nemici restanti compiono intanto un passo indietro, intimoriti.

Efesto ed Hermes, i nostri padri di sangue, anche se ne farei volentieri a meno, sono appena arrivati in grande stile, sorprendendo non poco sia noi che gli sgherri del Mago e apprestandosi alla lotta.

Efesto poi ha l'unico occhio rimastogli di un rarissimo color blu mare, lo stesso che alberga nelle iridi mie e di Camus; il suo volto severo non trasmette altro che un'apparente ventata gelida a tutti quelli che gli stanno intorno, amici o nemici che siano, eppure... è intervenuto in nostro favore, spezzando il collo al nemico solo perché quest'ultimo ha osato dire che suo figlio morirà, è lampante, nonostante faccia il sostenuto.

Hermes, il dio dei viandanti, posizionato poco dietro di lui con espressione assai più cordiale, può essere definito tranquillamente come l'antitesi fisica di Efesto: bello, giovane e con un sorriso bonario sempre stampato sul viso, e tuttavia pure lui ha appena ucciso, con una flemma e compostezza che, mi vedo costretta a concordare con il mio genitore, inquieta assai.

Marta! - è proprio Efesto a parlarmi con voce imperiosa, scoccandomi una breve occhiata - Antoniette, mia moglie, sta bene?”

Domanda che mi prende in contropiede, ma non lo dimostro, limitandomi a ricambiare l'occhiata fredda del suo sguardo con una altrettanto tagliente.

Certamente! Sta facendo di tutto per il suo ospedale, dovresti ben sapere che non è così vulnerabile come sembra!” gli rispondo, rizzando istantaneamente la schiena, quasi soffiando.

Chissà cosa lo ha fatto innamorare di lei, se di innamoramento si può parlare, e a procreare non uno, ma ben due figli. Non so assolutamente nulla di lui, del resto non si è mai curato di mostrarsi. Io, da piccola, credevo ci avesse abbandonato, per certi versi lo avrei pure preferito, eppure vorrei sapere, chiedere, avere un dialogo civile con lui, capire cosa lo abbia spinto a farci nascere in questo mondo. Non saperlo mi tortura oltre l'immaginabile, mi fa rabbia e... si meriterebbe solo la mia indifferenza, costui, perché invece ci patisco ancora così tanto?!

E tu, stai bene? Mi sembri piuttosto malridotta!” mi domanda ancora, frastornandomi ancora di più, prima di ripartire all'attacco senza aspettare una eventuale risposta.

Guardami, maledizione, perché fai così?! Sei venuto ad aiutarci ancora, per Camus, tuo figlio... anche quando ero morta l'ho vista la tua espressione spezzata tramite i sogni che condivido con mio fratello, ma allora perché fai così?! Sono qualcuno per te, oltre che uno strumento?!

"Quindi?" mi incalza di nuovo, come se niente fosse, dopo averne uccisi un'altra manciata nel provocare delle eruzioni dal sottosuolo.

"Perché ti importa saperlo?" il mio tono è glaciale più del necessario, ma il mio sguardo non riesce a sostenere la nuova occhiata che mi imprime.

"Hai una brutta ferita in suppurazione al braccio, sei visibilmente stanca, sporca e..."

Beh, sbagli, Efesto, sto bene, non sono debole come credi!"

Già, non lo sono... non ho avuto bisogno di te prima e ormai è tardi: il tempo perso non è più recuperabile!

Ahahahah!!! - lo vedo scoppiare improvvisamente ridere, il che mi fa prendere un colpo pari solo a vedere anche Camus lasciarsi andare ad una manifestazione di ilarità - L'hai sentita, Hermes?! Ed io che ero preoccupato per lei! Continua a combattere e a reagire nonostante sia ormai allo stremo, è proprio degna di essere mia figlia!” esclama, soddisfatto, riprendendo la battaglia da dove l'aveva lasciata.

Come al solito poche parole ma efficaci, Efesto! Piuttosto: salve, Sonia, è un piacere rivederti!” sorride Hermes, contento di poter incontrare nuovamente la figlia minore.

A-anche io, papà, è così bello sapere che stai bene dopo la battaglia contro il falso Crono” biascica Sonia, gli occhi luminosi nel trattenersi a stento dal correre ad abbracciarlo.

Il piacere è tutto mio! L'ultima volta che ti ho visto non eri per niente in forma, ma hai una tempra d'acciaio pari ai tuoi fratelli. Sono tanto fiero di voi!” aggiunge ancora Hermes, con estrema naturalezza.

"Papà..."

"Hai compiuto imprese incredibili con le tue amiche... ora lascia che tuo padre ti aiuti almeno in quest'ultimo compito!"

Nel vedere gli occhi lucidi di Sonia, Cardia, rimasto sbigottito e confuso ad osservare i due nuovi arrivati, trova infine il coraggio di proferire parola.

Ah... ma voi siete quindi divinità ed, al contempo, padri delle due pesti!”

Buongiorno, Cardia, non mi avevi detto che stavi ancora dormendo!” lo canzona Francesca, ridacchiando tra sé e sé, sollevata da avere un aiuto divino in più.

Oh! Non è colpa mia, sono successe troppe cose tutte insieme, va bene?!” protesta lo Scorpione, fingendosi offeso e girandosi dall'altra parte.

Marta, tu ed i tuoi amici dovete andare, non c'è più molto tempo! Ci sbarazzeremo noi di questi omuncoli!” afferma mio padre, perentorio, non ammettendo repliche. Cosa che mi manda istantaneamente in gangheri perché io, di repliche, ne eccome!

"Noi non..."

Non scappiamo davanti al pericolo!" termina per me Michela, spalleggiandomi.

Lo so, ragazze, ma dovete andare, non avete facoltà di scelta in questa circostanza, mi dispiace!" dice Hermes, alzando il braccio verso di noi con l'intento di teletrasportarci chissà dove.

No, aspettate! Non potete congedarci con queste parole dopo che siamo stati la causa motrice di tutti i guai di questa città! Anche prima, appena atterrati...” interviene Dègel, alzando di due tacche il suo tono di voce.

Ti riferisci alla svista con il Presidente della Repubblica Italiana, Cavaliere dell'Acquario? Se è questo, non hai nulla di cui temere, perché... Ehi, e state fermi, sgorbi! - si interrompe un attimo mio padre, bloccando i movimenti di due nemici facendo cozzare le loro teste una contro l'altra - Ecco, dicevo che non ci sono problemi per quello, poiché sono pochi gli uomini che conoscono il segreto dei Cavalieri e, fortunatamente, i vari Capi degli Stati sono tra quelli!”

Volete dire che...?”

Sì, Dégel, abbiamo sempre vegliato su di voi da lontano, anche se non potevamo intervenire, e ti posso assicurare che lui ha compreso chi siete veramente, pertanto non c'è più alcun problema. La manifestazione delle Frecce Tricolore avrà luogo comunque oggi pomeriggio come da programma!” continua Hermes con naturalezza, sbarazzandosi di altri tre avversari falcidiandoli con i suoi poteri concernenti l'aere.

Va bene, dunque! Prometteteci solo che ristabilirete l'ordine anche in questo ospedale e che tutti i bambini potranno nuovamente essere curati come prima!” asserisce ancora Dégel, con fare solenne.

Va bene, è una promessa, Cavaliere! Ora andat..."

"NO! - insisto io, rendendomi solo minimamente conto di star perdendo ulteriore, prezioso, tempo - Non te la sfanghi così, Efesto!"

A questo punto Hermes da un'occhiata indicativa a mio padre, il quale, sospirando, fa un breve cenno di assenso, come a dire di farlo, di allontanarci comunque dalla battaglia nonostante la mia opposizione.

Io sono fuori di me, mi verrebbe da urlargli di tutto, eppure una parte di me sa bene che non è questo il momento adatto per farlo. Sono così furiosa con tutto e tutti, non riesco minimamente a calmarmi da quando quel mostro ci ha detto che Camus morirà comunque...

"Dovevi aspettare che tuo figlio agonizzasse su un letto per intervenire?! CI HAI LASCIATI SOLI, EFESTO, E NON CI DAI ALCUNA SPIEGAZIONE!!!" gli inveisco contro, riducendo lo sguardo a due fessure. Qualcuno mi prende il braccio per tentare di darmi una calmata, lo percepisco appena, scaccerei anche lui ma inaspettatamente il suo tocco mi placa un minimo..

Efesto socchiude e riapre l'occhio, che mi appare lucido, quasi profondamente triste, prima di esprimere poche, semplici, parole: "Non è questo il momento per parlarne..."

"Non è il tempo... non hai mai avuto tempo per noi, Efesto! E ora Camus... Camus..." quasi singhiozzo, mentre il mio tono di voce si affievolisce fino a scomparire.

"Vai, figlia mia..."

"Cos..?! No, aspe... aspetta!" faccio per avvicinarmi, stordita dal nominativo con il quale si è rivolto a me, ma una folata di vento di Hermes mi spazza via insieme agli altri, quasi smaterializzandomi sul posto.

Tu solo puoi salvarlo... ti affido la vita di tuo fratello!” avverto ancora mentalmente la sua voce, insolitamente calda, prima di sentire con distinzione i miei piedi staccarsi e ritoccare terra nell'arco di un solo istante.

Adesso cosa diavolo..?! Devo bilanciarmi per non finire a terra, fortunatamente qualcuno mi aiuta nel processo.

Santi numi, Marta! E' la Lanterna, è la Lanterna, ricordi?!” si esagita Cardia, entrando prepotentemente nel mio campo visivo per indicarmi qualcosa sulla mia sinistra.

Eh? La Lanterna?” ripeto, confusa, guardandomi smarrita intorno.

Dinnanzi ai nostri occhi, infatti, vi è proprio il simbolo di Genova che svetta con i suoi circa 80 metri in tutta la sua bellezza, così diverso da com'era nel Settecento, se ne rende conto pure lo Scorpione, che la fissa ammirato, ma sempre lei, signora regale della città.

Ma se ci siamo materializzati improvvisamente qui dopo quella folata, può significare solo che...

No, dannazione, no!!!” sobbalzo, frenetica, prima di voltarmi in direzione di dove so che si trovi l'ospedale, con l'ovvio intento di tornare là e... non lo so bene neanche io cosa, ma di certo non stare con le mani in mano.

Faccio quindi per scattare, non degnando più nessuno di un solo sguardo, ma è Dégel inaspettatamente a trattenermi, serrandomi i polsi con un pizzico d'urgenza per impedirmi ogni tipo di azione. Capisco che è stato lui a fermarmi prima.

Lasciami, Dèg! Mia madre e mio... p-padre... sono rimasti là a combattere!”

"Lo so bene, e tuo padre ti ha dato altre direttive, giusto? Ti ha affidato la vita di suo figlio maggiore..."

Ora cosa vuole anche lui, perché mi mette i bastoni tra le ruote, non comprendendo il mio stato d'animo, nonostante la sua immensa empatia?!

"Cosa vuoi che mi importi, di questo?! L-lui non..."

"Marta... - il suo accento assume una nota di severità che mi frastorna più di prima, portandomi ad immobilizzarmi - Io non ho mai conosciuto mio padre, eglì abbandonò mia madre con me ancora in fasce, ed ella morì di tisi che non avevo che 4 anni..."

Lo fisso ammutolita, rendendomi conto che, come Seraphina, già lo sapevo questo, ma è il suo sguardo limpido e determinato al tempo stesso a sconvolgermi fin nei recessi dell'anima. Non riesco a far altro che tacere, mentre, lentamente, torno a respirare regolarmente, riportando forzatamente il mio corpo ad uno stato di calma.

"Comprendo bene la tua fiele, il tuo senso di perdita, di essere mutila, ma... tuo padre, il dio Efesto, vuole davvero bene a te e a Camus, anche se non lo riesce a dimostrare..."

"N-no, quel vecchio è solo..." guardo altrove, non sapendo cos'altro dire.

"Non ho conosciuto mio padre, è vero, ma riconosco una figura paterna, credimi, e... so come ci si sente a non capirsi, ad avere un muro di distanza tra sé e l'altro, apparentemente incolmabile..."

Sta parlando di Krest, mi mordo di riflesso il labbro sottostante, sentendomi quasi in colpa.

"Non comprendersi, sentirsi traditi..." biascico, comprensiva.

"E' proprio così... - acconsente, gli occhi tristi - Ma i suoi comportamenti sono da persona che non sa relazionarsi, nonostante l'affetto che prova per voi, non di certo da canaglia..."

"Vorrei... cominciare a capirlo prima che sia troppo tardi, prima che la distanza diventi davvero incolmabile" mi ritrovo a dire, sospirando.

E' comprensibile, ma non è questo il momento, riesci a seguirmi? Ti prego, cerca di non rendere più difficile il tutto... anch'io vorrei correre ad aiutarli, ma noi abbiamo un'altra missione, lo sai vero, piccola?! Tu sei l'unica che sa come iniettare questi medicinali nell'organismo dei nostri amici!” il suo tono è tornato caldo, mi accarezza dolcemente la guancia con il pollice, forse intravedendo una lacrima che viene prontamente asciugata dalle sue dita.

"I-io... - non so davvero come mi sento, ma lui probabilmente lo sa, ciò mi rincuora - Vorrei... vorrei sapere perché lo ha fatto, perché ci ha lasciati e... e vorrei aiutarlo, combattere con lui, al suo fianco..." confesso ancora, sentendomi esposta.

"E lui ha riposto la vita di Camus nelle tue mani; mani sicure, che possono salvare un uomo, perché tu puoi farlo davvero, rondinella, Efesto crede in te, io... credo in te!"

Lo guardo meravigliata, mentre un fremito sempre più consistente scuote tutto il mio corpo. Infine butto fuori aria, provando a ricondurre tutto sotto ragione come mi hanno insegnato a fare. Mia madre e mio padre sono insieme all'ospedale, Hermes è con loro, il dio Hermes... io non c'entro in questo combattimento, devo salvare gli altri, le voci di tutti mi implorano di farlo. Mi schiafeggio alacremente entrambe le guance, scrollandomi via tutti i pensieri inutili. Il gesto fa sussultare Dégel, ma prima che possa dirmi qualcosa sono io a prendere parola.

Hai ragione! Stavo per anteporre nuovamente i miei sentimenti alla razionalità, e questo è un errore, ancora di più per chi, come noi, domina le energie fredde!” biascico, ritrovando la tanto decantata calma.

Ci sarà tempo dopo per parlare, magari tutti e tre insieme, anzi, quattro: io, mio fratello, mia madre e mio padre, ci diremo tutto, proprio tutto, ma adesso ci sono altre incombenze dar risolvere.

"Bene così, Marta!" annuisce Dègel, soddisfatto, chiudendo poi gli occhi per concentrarsi e compiere così il nuovo balzo.

Guardo per l'ultima volta questo scorcio di Genova, della MIA Genova, ed, esattamente come prima con mia mamma, sento prepotentemente il bisogno di piangere farsi sempre più impellente. Ero partita per andare in vacanza in Grecia con la consapevolezza di tornare, e ora mi ritrovo senza più alcuna certezza. L'unica convinzione, la sola, è che, anche se distante, questo posto rimarrà sempre parte di me, perché è qui che ho le mie radici, sempre ce le avrò, nonostante tutto quello che mi succederà da ora in avanti.

Scuoto con forza la testa, sorridendo tra me e me e ricacciando indietro le lacrime con tutta la forza e caparbietà che possiedo. Non più incertezze, non più pensieri vani, solo l'azione decisa e, prima di tutto, salvare la vita di mio fratello e dei miei amici. E' giunto il tempo di rompere gli indugi!

Va bene, credo di essere pronto! Torniamo nel 1741!” proferisce appena Dègel, mentre un bagliore ci avvolge e il mare attorno a noi diventa solo un'ombra destinata a sparire in un battito di ciglia.

Addio, ancora una volta, Genova...

 

***************************

26 Agosto 1741, sera.

BADABUM!!!

Un tonfo, dolore lancinante alla schiena, imprecazioni varie intorno a me, prima di riuscire a riaprire gli occhi e distinguere il cielo cremisi di Grecia. Devo essere atterrata supina.

Va bene... atterraggio non proprio morbido, chiedo venia!” biascica a stento Dègel, respirando affannosamente. Il nuovo viaggio nel tempo deve avergli fatto esaurire tutte le forze che gli erano rimaste.

"Non proprio morbido?! - esala quasi il suo dolore Cardia, prima di tentare di mettersi quantomeno seduto - Se non ci siamo spaccati qualcosa possiamo gridare al miracolo!"

Mi volto, ancora un poco stordita, in direzione della sua voce. Macerie intorno a noi, a ben vedere si possono distinguere dei capitelli, quindi presumo che siamo caduti -male!- sopra il tetto di un tempio che non deve aver retto il nostro peso. Sbatto le papebre nell'individuare il volto sofferente di Michela a poca distanza, provo faticosamente ad alzarmi.

"Come... state?" chiedo, trattenendomi la spalla destra, quella del braccio già martoriato.

Come un uovo sbattuto parte due! - biascica proprio Michela, acciuffando con non poca fatica l'orlo del mio peplo e sorridendomi come a dire che ce l'abbiamo fatta - Ma siamo riusciti a tornare a casa, vero? Salveremo il Maestro Camus e gli altri!"

Sì, siamo tornati, però... - interviene Francesca, rimettendosi in piedi in apparente tono calmo. Solo apparente. – I medicinali!!!” strepita, gettandosi verso la scatola per aprirla con foga. Il mio cuore perde un battito che recupera solo quando, dopo una prima ispezione, nulla delle preziose fiale pare essersi perso.

Sembra tutto a posto, fortuna che la mamma di Marta è stata previdente e ha messo il rinforzo” tira un sospiro di sollievo Sonia, rilassando la muscolatura.

Per fortuna... ho temuto il peggio!” dico a mia volta, rincuorata.

Per-perdonatemi... questa volta non sono riuscito a controllare bene il potere” biascica Dègel, imbarazzato oltremisura. E' limpidamente stravolto, si accascia a terra, respirando affannosamente gli occhi chiusi.

"Sei stato eccezionale..." lo rassicuro con un sorriso.

"Ditelo... solo quando gli altri si saranno risvegliati!" ribatte lui, riaprendo i bei occhi che si stagliano a guardare i miei per un tempo che a me pare infinito. E. di nuovo, sento forte e chiara l'alchimia che c'è sempre stata tra noi.

Nello stesso esatto momento, quasi a spezzare l'incanto e rammentarci le nostre priorità, arrivano di corsa Manigoldo ed Albafica, probabilmente attirati dal trambusto causato dal nostro arrivo.

Ma porca di quella miseria! Avete buttato giù una parte del soffitto della tredicesima casa!!! - grida il primo, sbracciandosi come un forsennato – Sei proprio orbo, Dègel, per sbagliare così le misure!”

"Uh-oh... - mormora l'Acquario, sforzandosi di rimettersi almeno seduto - Salute anche a te, Manigoldo, mi sembra siano passati secoli dall'ultima volta che ti ho visto"

"E hai pensato bene, come prima cosa, di sfasciare l'ala sinistra dell'ultimo tempio, ora Sage chi lo sentirà più?!" esclama, facendo quelle che a noi sembrano facce buffe allo scopo probabilmente di alleggerire la tensione.

Manigoldo, non è questo il momento per perdersi in simili frivolezze! Controllare il potere del ciondolo non deve essere stato facile, guardali, insomma, sono stremati!!!” lo difende Albafica, scoccando un'occhiata di rimprovero all'amico.

"Tu proprio non hai capito i miei veri intenti, Pisces, eh? Necessiti di vocabolario?!" gli fa notare Manigoldo, regalandogli un'occhiata esasperata.

"Li ho compresi e, come detto poc'anzi, non sono necessari in un momento simile!"

"E cosa è necessario in un momento simile, tagliarci le vene?! Era solo per accoglierli, per alleggerire la tensione, ne avranno bisogno, perché..."

Perché?!

Manigoldo! Albafica! Non avrei mai pensato di essere così felice di rivedervi! Venite qua che vi abbraccio, amici m...” li saluta a sua volta Cardia, gioviale, ma io, condividendo la linea di pensiero di Albafica, mi metto tempestivamente in mezzo, sbilanciandolo di conseguenza e rischiandolo di farlo cadere indietro.

Perdonatemi, ma a dopo i convenevoli! Piuttosto... Regulus? Milo? Camus?” riesco solo a chiedere, con il cuore gonfio di timore.

Entrambi discostano lo sguardo, in palese difficoltà espressiva, portando le mie gambe a tremare maggiormente.

"Marta..." solo il mio nome, nient'altro. Un lungo, lunghissimo, silenzio.

"Albafica... - insisto, prendendolo per i polsi, cosa che lui inaspettatamente si lascia fare - Hai soccorso Camus quando è stato male e so che te ne sarai preso cura per tutto il giorno... dimmi, ti prego, come... come sta!"

"Ecco perché era necessario alleggerire prima l'atmosfera, uff..." butta fuori aria Manigoldo, guardando altrove a corto di parole.

Marta... sono ancora tutti vivi, al momento, ma è poco il tempo che gli rimane. E' già il tramonto, come puoi vedere, e soprattutto Camus è in pessime condizioni..."

"Tu te ne sei preso cura, vero?"

"Sì, ho fatto il possibile, ma..."

"M-ma?"

"Il suo respiro è mutato nelle ultime ore... - mi dice, senza curarsi di indorare la pillola, ed io so cosa significa questo, so che, quando sta per sopraggiungere la morte il respiro muta, l'ho... visto - Si è fatto molto più pesante e difficoltoso. Abbiamo quindi usato delle erbe per tenerlo profondamente addormentato e ho... ho praticato una piccola incisione alla base del collo per esemplificargli la respirazione, perché altrimenti non... non..."

"O-oddio..." mi devo sorreggere a Cardia per evitare di cadere, quest'ultimo fulmina con lo sguardo il compagno di tante battaglie, ma il rimprovero giunge inaspettatamente da Manigoldo.

"Vogliamo dare altri particolari, Pisces?!"

"Mi dispiace, ma non è più una bambina, è giusto che sappia le reali condizioni di suo fratello..."

"Sì, ma..."

"Non ha importanza! - riprendo il controllo io, nonostante il malessere sempre più spietato - Ha funzionato la procedura?"

"Si trattava di una emergenza, avrei preferito non ricorrere ad una cosa simile, ma... sì! - conferma lui, cupo - Sta continuando a combattere, Marta, per te, per voi, e ora che avete portato qui la medicin..."

Non gli do il tempo di finire, semplicemente lo abbraccio di slancio nel vedermelo concretamente così sudato, scarmigliato e sfinito: deve aver dato l'anima per mio fratello, L'ANIMA, ed io gli sarò sempre, sempre, grata!

"Grazie, Albafica, per quello che hai fatto... GRAZIE!!!" lo stringo con forza, alzandomi sulle punte, lui ovviamente si paralizza completamente, ma non importa, dovevo farlo assolutamente.

Non aspetto un secondo di più, dopo avergli regalato un ultimo sorriso e aver udito Manigoldo asserire un: "Beh, vedi che ti ha abbracciato e non è morta?!", seguito puntualmente da un sibilo di Albafica paurosamente rassomigliante ad un "Tu zitto", mi metto a correre verso la stanza dove dovrebbe giacere mio fratello, del tutto incurante dello scricchiolio poco rassicurante delle mie ossa e dai dolori muscolari che cominciano a farsi sempre più pressanti.

Camus!!!” lo chiamo, aprendo la porta violentemente e facendola sbattere contro qualcosa di non ben definito.

Lo vedo, ed è ovviamente un sentirmi morire dentro. Ancora una volta.

Tutto sembra apparentemente come prima e anche Camus si trova nello stessa identica posizione, completamente immobile e con le lenzuola che lo coprono fino all'addome. Alcune pezze, simili ad impacchi, sono state posizionate sopra di lui, esse si alzano e si abbassano con difficoltà, al ritmo del suo stentatissimo respiro.

Fratellino!” lo richiamo, trovando infine il coraggio di avvicinarmi al suo letto per sfiorargli i lunghi capelli oramai sporchi del suo stesso sudore.

Non sembrava, in apparenza, ma è cambiato tutto, in verità, le sue condizioni si sono ulteriormente aggravate, la cute si è fatta più pallida e secca, le costole sono perfino più marcate, e inoltre... quell'incisione nella sua trachea tramite la quale si ode un fischio sinistro; il fischio del suo stentato respiro... fa impressione, mi fa sentire ancora più male per lui. Nonostante questo, sta resistendo con tutte le sue forze, perché è un guerriero.

Esattamente come prima, mi ritrovo nuovamente paralizzata, mentre i miei occhi continuano a non voler accettare come veritiera quell'esile figura che dovrebbe rappresentare mio fratello. Ho... ho quasi paura a toccarlo ulteriormente, così inerme tra le lenzuola, gli occhi e il viso sempre più incavati. Eppure, al di là di tutto, il battito del cuore di Camus c'è, ancora palpita sotto le mie dita, che si sono mosse proprio adesso per posarsi sul suo affannoso torace, regalandomi una, seppur fievole, speranza.

Non arrenderti, coraggio... ti supplico, non arrenderti!

Camus, sono qui con te ora, sono al tuo fianco, capito? Non mollare proprio adesso, ti prego!” gli sussurro, muovendo l'altra mano per prendere la sua, adagiata mollemente sopra le lenzuola.

Gelida... è tremendamente gelida, in perfetta antitesi con il bruciore quasi insostenibile della sua fronte. Sembra un blocco di ghiaccio, dannazione! Anche questo sa di maledettamente già visto, come una storia che si ripete: le prime a perdere calore sono proprio le estremità corporee perché il fisico, portato al limite della sopportazione, tenta comunque di mantenere la termoregolazione dove più serve, ma... molto spesso, quando è così... freddo... è già troppo tardi.

Ingoio a vuoto, scacciando a forza questi pensieri annichilenti nel dirmi che sto parlando di Camus, non di uno qualsiasi, e Camus non si arrende mai, per nulla al mondo!

Avvicino il mio volto al suo per dargli un leggero bacio sulla fronte, tra i capelli. Non un movimento da parte sua e neanche un cambiamento di espressione, il suo volto rimane contratto in una smorfia sofferente, degna parvenza di tutto l'inferno di dolore che sta provando nella sua battaglia contro la morte. La pelle del volto è bagnata, ma secca, le labbra sono screpolate, semiaperte in un ghigno che ha ben poco di naturale. Lava e ghiaccio convergono in lui, trasmettendomi ancora di più la sensazione di essere impotente davanti a questo spettacolo; lo spettacolo di una vita che si sta spegnendo.

NO, NO, NO! ANCORA CON QUESTI PENSIERI?! NO, MALEDIZIONE, LUI CE LA FARA', IO LO SO!

Io... credo in te, Camus! Sono sicura che riuscirai a sconfiggere il destino che il Mago ti ha riservato. E poi... ricordati che non sei solo in questa battaglia, fratellino mio! Siamo tornate, tu sei stato bravissimo a resistere fino ad ora, vedrai che adesso... adesso ci pensiamo noi a te!” lo incoraggio ancora con dolcezza, malgrado l'enorme sforzo che mi costa il pronunciare queste parole.

Le sue condizioni sono sempre più disperate, è chiaro, manca poco allo scoccare della mezzanotte e avverto la speranza agonizzare sempre di più, vinta da un'onda nera di petrolio, ma non posso permettere in alcun modo che essa scompaia, devo aggrapparmi a lei con tutte le forze in mio possesso. Per me... e per mio fratello, che non ha più forze in corpo.

"Resisti... resisti, ti prego!" gli continuo a ripetere, sussurrando, non smettendo un secondo di toccarlo.

Rimango per qualche secondo ad accarezzare con dolcezza i capelli e la fronte di Camus, fino a quando mi rendo conto che è nuovamente zuppo del suo stesso sudore. Mi stacco leggermente da lui, prendo quindi il panno posto sul comodino, che profuma di salvia e di fragranze boscose, passandoglielo poi sul viso e sul collo, stando attenta a non toccare la cannula posizionata trasversalmente. Non un movimento da parte sua, non so neanche se riesca a percepirmi, ma devo continuare a parlargli e incoraggiarlo, perché a qualcosa si deve sorreggere per non sprofondare.

"Sono molto buoni, non trovi? - gli chiedo, riferendomi agli aromi - Nel nostro tempo non siamo soliti usarli spesso, abbiamo perso molto del contatto che c'era tra uomo e natura, eppure so che a te piacciono tanto, fratellino, è una delle prime cose che ho percepito di te, sai, il profumo che emani, di selvatico, balsamico, fresco, non saprei neanche io, ma mi è sempre piaciuto tanto. Sembri... ho avuto come la sensazione che fossi cresciuto in una foresta, prima di diventare padrone della steppa, non so neanche io perchè. Sai di abete, larice, timo, rododentro e altro ancora, sei... sei un essere così speciale..." termino momentaneamente di parargli, tamponandogli un poco il panno sul petto, su quelle ferite maledette ancora così orrendamente marcate.

Così presa nel mio discorso, quasi non mi rendo conto che non sono sola nella camera, me ne accorgo solo quando percepisco un movimento dietro di me.

M-Marta, è molto bello quello che gli stai dicendo, continua, se puoi, senza curarti di me"

"Sisifo!" salto su, arrossendo di netto nel girarmi nella sua direzione.

"E' andato tutto bene il viaggio nel tempo? Sei piena di tagli e abrasioni!” annuisce lui, massaggiandosi di riflesso la guancia destra, gesto che mi porta a comprendere cosa abbia appena combinato.

Oddio, scusami! Eri dietro alla porta ed io, aprendola, te l'ho data dritta in faccia non degnandoti, per altro, di uno sguardo... SCUSAMI DAVVERO!!! Non ho minimamente pensato che avresti potuto essere qua dentro!” esclamo tutto d'un fiato, andandogli appresso, sinceramente mortificata.

Ehm sì, in effetti mi ero addormentato senza rendermene conto. Sai, tutto il pomeriggio che sto dietro a Regulus, avevo un attimo bisogno di staccare, l'ho quindi lasciato alle cure di Marika ed Eleonora e mi sono diretto qui, dando così a mia volta il cambio ad Albafica e Manigoldo” mi spiega Sisifo, un leggero sorriso amaro sul viso gentile.

Sisifo!!! - esclamo, prendendogli le mani e sforzandomi di sorridergli radiosamente – Abbiamo la cura, abbiamo la cura!!! Vedrai che riusciremo a salvare il tuo Regulus! E' un birbantello, basteranno poche dosi per rimetterlo del tutto in sesto!” affermo, tentando in ogni modo di dargli una nuova speranza, perché lo vedo sfiduciato e psicologicamente distrutto.

Anche io sono sfinita e continuo a sentire quella spiacevole sensazione nel petto, ma devo apparire forte come faceva a suo tempo Seraphina. Non posso permettermi di mostrare debolezze e smarrimenti, ora devo tornare ad essere un sostegno per gli altri.

Se bastasse davvero così poco... che gioia! - mi sorride a sua volta Sisifo, mentre i suoi occhi scintillano per un breve istante, prima di incupirsi nel tornare a guardare il corpo di mio fratello – Ma di Camus che mi dici, invece? E' ancora vivo, ma..."

"Albafica mi ha detto che se ne è preso cura per tutto il giorno..."

"Sì, lo ha fatto, con tutte le sue forze - conferma prima di chiudere e riaprire brevemente gli occhi - Ti ha detto anche... cosa abbiamo dovuto fare?"

"Sì, ho visto quella sottospecie di cannula che gli avete messo in gola, urgh..." le parole mi muoiono in gola.

"Tuo fratello non... non riusciva più a respirare da solo..."

"Quando è successo?" chiedo, a fatica, una mano premuta ansiosamente sul petto.

"Primo pomeriggio di quest'oggi... da ieri sera, grazie all'intervento del dio Crono, sembrava essersi stabilizzato, ma poi, improvvisamente, ha avuto un brutto tracollo"

"..."

"Eravamo io, Manigoldo e Albafica ad essere con lui quando è successo, non sapevamo che fare, sembrava che qualcosa gli ostruisse la gola..."

Purtroppo so a cosa si riferisce, l'ho provato sulla mia pelle la notte che abbiamo passato nella casetta di Milo. Speravo di star esagerando, che fosse solo una sensazione, e invece scopro che è vero, che la fame di aria provata era veramente la sua. Mi... mi sento male!

"Camus non ce l'avrebbe fatta da solo, era chiaro a tutti, e allora Albafica ha tentato una procedura di emergenza estremamente pericolosa, ovvero quella di praticargli un'incisione nella trachea per creare una nuova via di accesso per l'ossigeno. Io... avrei voluto evitargliela, Marta, ma..."

"...Ma non c'erano altre scelte, lo so, sarebbe molto altrimenti... - annuisco, comprensiva, prima di strizzare dolorosamente le palpebre e i pugni - Sifo, grazie... per aver permesso ad Albafica di praticare una tracheotomia di emergenza. Camus vi deve tutto!"

"Una tracheo-tomia?" mi chiede, ripetendo la parola, leggermente sorpreso.

"Così si chiama nel nostro tempo, sì... Albafica ha avuto l'intuizione giusta, è un Cavaliere eccezionale!"

"Capisco... sì, lo è!" mi conferma con un fievole sorriso.

"Cos'altro gli... gli avete fatto? Spugnature?" tento ancora, tentando di ricacciare indietro l'immagine di mio fratello che non respirava più.

"Impacchi e spugnature, sì, oltre ad aver pulito i bubboni che, però, si riformano, come puoi ben vedere - mi spiega, una mano sulla mia spalla nel vedermi totalmente disintegrata dalle ultime rivelazioni - Lo abbiamo girato e rigirato come un calzino, prodigandoci per lui; e lui non si è mai lamentato, non un mormorio di protesta, malgrado l'inferno di dolore che sta vivendo, non un grido. Ha davvero una tempra encomiabile tuo fratello, da vero Cavaliere!" lo loda lui, sinceramente ammirato.

Guardo di riflesso il suo corpo, sorridendo mestamente. Le parole di Sisifo non mi meravigliano affatto, so che Camus è così, lui non si lamenta mai, resiste, resiste e resiste, piuttosto che lagnarsi stringe i denti e prosegue, ma una tale apatia è data anche dal fatto che, ormai, è allo stremo delle forze, ha a malapena le energie per continuare a respirare. Mi... si stringe il cuore solo a vederlo!

Sospiro, tremando consistentemente per una serie di secondi. Sembra così debole e indifeso in quelle lenzuola bianche che coprono parzialmente il suo corpo nudo; così fragile che il solo toccarlo nella maniera sbagliata, potrebbe distruggerlo. Ho paura... mi sento totalmente impotente, sono qui, anzi, SIAMO qui, ma se questo non bastasse?

E'... è un po' come era m-mia nonna p-prima di...

 

...Morire, nevvero? Oh, sì, ci siamo quasi, d'altronde! Rimembra, Marta, rimembra... ciò che ti dissi tre giorni fa, io sono dentro di lui, ormai, hai perso. Il suo corpo è mio, è quasi pronto allo scopo!

 

Mi poggio alla parete vicino a me nell'estremo tentativo di non finire a terra. Nello stesso momento, una sensazione immediata di nausea mi investe, facendomi rabbrividire. E, nonostante questo, memore di essere la sorella di un guerriero, digrigno quasi i denti nel devolvere il mio pensiero verso quel mostro.

Abbiamo la medicina... sarai debellato, bastardo, al pari di una qualsiasi malattia! Ricorda tu quello che ti ho già detto: ti farò pagare con gli interessi ogni singola cosa che gli hai fatto patire. VERME!

Nessuna risposta, come se si fosse liquefatto, ma Sisifo deve vedere che qualcosa non va nella mia espressione, perché si mette immediatamente in allarme.

"Marta, che succede? Cosa hai visto? Cosa..?"

Scusami, Sifo, è la stanchezza... - biascico, tornando a concentrarmi sulla realtà - Comunque, esattamente come voi, anche io farò tutto ciò che è in mio potere per salvargli la vita, dovesse anche costarmi il completo esaurimento delle mie facoltà fisiche e mentali!” affermo, decisa come non mai.

Sisifo mi sorride intenerito, scompigliandomi i capelli con affetto, gesto che, pur nella sua brevità, riesce a farmi stare meglio.

Ne sono sicuro, Marta! Camus è in ottime mani!” afferma, certo delle sue parole, mentre dietro di lui si riapre la porta della stanza, rivelando l'entrata trafelata di Michela e Francesca.

Non ho il tempo né di dire nulla né di spiegare che le vedo paralizzarsi seduta stante nel distinguere il corpo di Camus tra le lenzuola. Per un solo istante ho paura che crollino anche loro davanti a quello spettacolo che annienterebbe chiunque, ma riescono a farsi forza quanto basta per avviarsi in direzione del letto.

Maestro!!!” lo chiamano, quasi strozzandosi nel farlo, non sapendo bene se toccarlo oppure no, visto che appare così assurdamente fragile. Alla fine è solo la più grande a trattenersi, mentre la più piccola si inginocchia accanto al letto, quasi buttandosi sul braccio destro di Camus.

Fatti forza, Maestro!!!” biascica ancora Michela, accarezzandolo teneramente con entrambe le mani mentre alcune lacrime capricciose, cadendo, gli finiscono sul palmo semi-aperto del tutto abbandonato.

Accenno due passi nella loro direzione. Vorrei essere in grado di rassicurarle che, da adesso in poi. tutto si evolverà per il meglio, che ce l'abbiamo fatta, siamo tornate, ma... non ne sono in grado! Le parole mi muoiono in gola prima di essere espresse, riesco solo a guardarle disperarsi, Francesca sommessamente, Michela un poco più rumorosamente -non ha mai avuto problemi a manifestare, lei!- e intanto la porta si riapre, rivelando le figure di Dégel e Cardia, che trasportano lo scatolone dei medicinali, seguiti da una traballante Sonia.

Siete brave a sbolognarci la roba, piccole pesti! Quando siamo andati a trovare Milo, poco fa, non erano questi gli accordi precost...” ironizza lo Scorpione, cercando di rompere la tensione, ma quando i suoi occhi si posano sulla figura delle ragazze, piegate in due davanti al calvario del loro maestro, torna serio.

"Cardia, non..." fa per rimproverarlo Dégel, scuotendo la testa, ma è il suo migliore amico a terminare per lui.

"Non è il momento di scherzare, lo so... ma dopo aver visto Milo, pensavo di... - sospira, non ultimando però la frase - Diavolo, Camus è conciato peggio di quanto credessi!"

Ho voglia di addormentarmi e svegliarmi in un giorno migliore, che tutto questo sia un incubo, ma... so che non è così, lo so fin troppo bene.

"Marta..."

E' Dégel a chiamarmi dopo aver posato lo scatolone a terra, mi limito ad alzare un poco lo sguardo, spento, che si imprime a fatica nei suoi occhi blu ancora luminosi di una recondita speranza, nonostante tutto il mondo ci stia cadendo addosso.

Devi spiegarci come inoculare la medicina nei corpi dei nostri amici. Tua madre diceva o braccio o glutei, giusto?" si fa attento e percettivo, cercando di scrollarmi dal torpore, cosa che effettivamente riesce, perché io, come rinsavita, quasi sussultando, mi do la spinta con la pianta dei piedi per azionarmi.

Certo, non c'è più un istante da perdere! Mettetevi tutti intorno a me per vedere meglio" do direttive, aprendo finalmente lo scatolone per controllare minuziosamente il suo contenuto. Gli altri, nel frattempo, fanno come da me richiesto.

Intanto serve una siringa... – comincio, frugando al suo interno fino a trovare quanto cercavo - Ah, prima di iniziare, vi devo avvertire che è di estrema importanza togliere tutta l'aria contenuta all'interno!” li avviso, raddrizzandomi per mostrare meglio il procedimento.

Non è certo la prima volta che pratico iniezioni, in testa ancora le parole di mia mamma quando, all'età di 12 anni, mi spiegò come fare: è basilare, per prima cosa, espellere tutta l'aria tenendo la siringa con l'ago verso l'alto, successivamente, per constatare che effettivamente l'aria sia totalmente uscita, fare una prova. Se premendo lo stantuffo uscirà il liquido, il nostro obiettivo sarà raggiunto!

Perdona la domanda forse sciocca, ma perché bisogna togliere l'aria?” chiede Dègel, concentrato al massimo nel memorizzare i miei movimenti.

Perché altrimenti il paziente rischia un'embolia, ovvero la formazione di una bolla gassosa all'interno dei vasi sanguigni non miscibile allo stesso sangue, può essere letale..."

"COS..! Ci stai dicendo che con quell'arnese puoi causare la morte di colui che stai cercando di salvare?!" strabuzza gli occhi Cardia, seriamente spaventato.

"Purtroppo è così. Sapete, la mamma mi aveva insegnato tutto questo per aiutare i nonni quando... quando sono stati male, ma a volte pure negli ospedali capitano piccole disattenzioni; disattenzioni che talvolta possono essere fatali”

"Come è successo a tua nonna Ines, Marta..." biascica Michela, capendo a cosa io mi riferisca.

"Come a mia nonna, sì..."

Comprendo, sembra una procedura molto rischiosa, anche se necessaria" annuisce Dègel, un poco più cupo.

"Aspettate, e perché di questo si muore?!" insiste Cardia, sempre più pallido, guardando prima me poi l'amico, poi Sisifo, che nega con la testa come a dire che non lo sa e infine le mie amiche.

"Beh, è una bollicina nel flusso sanguigno... quando questa arriva ai polmoni, o al cuore, l'effetto è..." fa per spiegare Francesca, ma le sue parole sono sufficienti per far indirizzare Cardia verso la consapevolezza corretta.

Ah... bello! Praticamente un infarto, eh?! Grandioso! Bene, compagni, lascio a voi la gestione di questa cosa!” afferma lui, dirigendosi verso la porta con l'intento di andarsene.

Cardia! Dove credi di andare? Serve anche il tuo aiuto!” lo richiama l'Acquario, acciuffandolo per il polso.

Cosa potrei fare, Dègel?! Assolutamente nulla! Non riesco a mantenere il sangue freddo come voi, soprattutto se si parla di cuori e medicine! Non voglio sentirmi responsabile di uccidere la mia reincarnazione, o il suo migliore amico, tanto meno Regulus che è poco più di un bambino!” ribatte, in tono pesante.

Cardia, non è così difficile! Io sono convinta che tu possa farlo senza problemi!” lo prova ad incoraggiare Sonia, inutilmente, in cerca di un sostegno morale in più. Perché anche lei, pur rimanendo in disparte e manifestando poco, sta patendo tanto, lo vedo dai suoi occhi lucidi e provati.

No, Sonia, combinerei solo un altro casino! - le risponde lo Scorpione, scompigliandole brevemente i capelli per farle forza - Torno... torno a fare compagnia a Milo per incoraggiarlo, almeno quello so farlo decentemente!” sostiene ancora, uscendo poi dalla stanza senza aggiungere nient'altro.

Cardia... fino a questo punto!” mormora solo Dègel, unico a comprendere totalmente le ragioni più profonde che muovono il suo amico, nell'osservare un poco più lungamente la porta appena richiusasi.

Dicevo... - riprendo il discorso, preoccupata per l'atteggiamento di Cardia, ma non avendo, parallelamente, il tempo per indagare oltre – Una volta preparata la siringa occorre disinfettare la porzione di pelle del paziente in cui vogliamo praticare l'iniezione. Mentre procediamo, è meglio coprirsi con i guanti che ci ha dato in dotazione mia mamma, questo è utile sia per noi, così non entreremo in contatto con i batteri, sia per colui che dobbiamo curare, visto che, versando già in una condizione di debolezza fisica, è più soggetto alle infezioni!”

"Ok, fino a qua ci siamo, Marta, meglio però una dimostrazione pratica" mi incoraggia a suo modo Francesca, facendomi percepire tutta la sua vicinanza in un momento così critico.

Annuisco, avvicinandomi quindi al letto con la siringa stretta nella mano destra e, sotto il braccio sinistro, la scatola dei batuffoli di cotone. A maggior ragione io, che ho una ferita aperta proprio sul palmo della destra, non posso permettere in alcun modo al mio sangue di entrare in contatto con la pelle di mio fratello.

In effetti non è poi così difficile il procedimento ma, dopo aver tolto l'aria, che si fa?” domanda a sua volta Sonia, ansiosa di poter fare qualcosa.

Bisogna inserire l'ago, mantenendo una direzione perpendicolare alla cute, e agire il più velocemente possibile, o meglio: l'iniezione deve essere effettuata lentamente, mentre l'ago va estratto con rapidità per procurare meno dolore possibile al paziente” continuo, tesa.

Va bene, penso di aver compreso anche io, possiamo quindi procedere. Ricordati che noi abbiamo fiducia assoluta in te!” mi incoraggia Sisifo, poggiandomi la mano sulla spalla.

Avete fiducia assoluta in me, beati voi... io invece brancolo nel buio, ma non posso più tentennare, avete ragione!

G-grazie, Sisifo!” provo ad alzare il tono di voce, raschiandomi brevemente la gola.

Poi i miei occhi si incrociano nuovamente con quelli di Francesca e Michela...

Nel loro sguardo leggo paura, ansia e timore, emozioni che ben si confanno alle lacrime che poco fa hanno rigato i loro volti, ora puntualmente scacciate. Tuttavia oltre a questo intravedo anche la speranza, il desiderio di non arrendersi, di essere un sostegno, un aiuto, sebbene questi mesi e gli ultimi avvenimenti ci abbiano scardinato dalle fondamenta.

E, guidata dalle loro sottili voci che mi rimbombano in testa, dal loro stesso volere di non gettare la spugna, finalmente mi decido.

Cammy... abbiamo fatto di tutto per prendervi la medicina, rischiando diverse volte la vita e attraversando mille mila pericoli. Ora siamo qui con voi, al vostro fianco, a combattere, e tu devi farcela assolutamente, fratellino mio, ti prego! - butto fuori aria, prendedogli il braccio sinistro e ruotandoglielo un poco - Abbiamo... abbiamo ancora un disperato bisogno di te!” gli sussurro con dolcezza, guardandolo brevemente per poi passargli delicatamente il batuffolo di cotone, già imbevuto precedentemente d'alcool, per la disinfezione.

In teoria il posto migliore per una iniezione intramuscolare sarebbe la parte superiore dei glutei, ma, in caso di incoscienza del paziente, si può anche fare in uno dei due muscoli deltoidi, esattamente come diceva mia madre” spiego ancora, concentrandomi il più possibile su quello che sto facendo. Le mie mani tremano, devo costringermi ad inspirare ed espirare ancora una volta, riconducendomi alla calma, prima di procedere.

Introduco dunque l'ago nel braccio di mio fratello fino ad inserire completamente il liquido al suo interno, poi lo estraggo subito con gesto meccanico, mentre, con altrettanta lestezza, prendo un altro batuffolo di cotone dal sacchetto.

E ora? Aprirà i suoi meravigliosi occhi blu e ci sorriderà con uno dei suoi rari sorrisi che ci fanno comprendere il suo grande affetto per noi?” domanda ingenuamente Michela, stringendogli la mano destra con una disperazione a stento celata.

No, Michela, ho una brutta sensazione... - proferisce a malapena Francesca, con difficoltà – Io penso... penso che se supererà la notte avrà buone possibilità di farcela, vero, Marta?”

Annuisco senza riuscire a dire niente, incapace anche solo di pensare ad un'eventualità simile, nel frattempo tengo premuto il cotone sul braccio di Camus per arrestare la piccola uscita di sangue. Non ha minimamente avvertito l'ago, né tanto meno le mie parole, la sua espressione non è affatto mutata, persa nel nulla che lo sta risucchiando. Non deve avvertire assolutamente nulla intorno a sé, questo mi provoca una stilettata al cuore. Chissà se le nostre voci possono invece comunicare ancora, come è successo a Genova. Io non voglio... non voglio perderlo!

Come 'se'?! Il Maestro ce la farà sicuramente, vero?! Veroooo?!” esclama Michela, scoppiando nuovamente in lacrime, vinta.

Io... sono convinto che ce la farà, non sarebbe da lui arrendersi! E poi ha voi al suo fianco, le sue luci... - afferma Dègel, avvicinandosi al letto per sfiorare leggermente i capelli della sua reincarnazione - Vero, Camus? Non puoi ancora... morire!" modula poi il tono nel rivolgersi a lui, con una delicatezza che riesce a riscaldare anche a me.

Dobbiamo dare il medicinale anche a Regulus e Milo, lo facciamo insieme?” chiede Sisifo, recuperando un po' di positività.

Voi andate pure, di sicuro Francesca vi potrà rispiegare tutto il procedimento nei minimi dettagli. Io invece rimango vicina a Camus, ha... ha bisogno di assistenza costante e voi avete già fatto tantissimo per lui” mormoro automaticamente, seria in volto.

Devo rimanere assolutamente al suo fianco ad ogni costo, non solo per come l'ho trattato prima che svenisse a terra, ma anche in virtù della brutta sensazione che mi dilania il petto. Non ho cuore di lasciarlo qui da solo, completamente indifeso, sento che qualcosa non va, non capire cosa mi fa impazzire, ma non posso permettermi di cedere: crolleremmo in due. Per sempre.

Va bene, Marta, stasera vengo per il camb...”

No, Fra!” ribatto in tono alto, quasi aggressivo, pentendomi subito dopo.

"Calmati, Marta! - mi rimprovera Sonia, accigliandosi - Francesca voleva solo..."

Lo so, scusatemi. Siete stremate, avete bisogno di riposo dopo le fatiche del viaggio...” aggiungo ancora, stringendo con forza il polso del mio fratellino.

Dal foro praticato per l'iniezione non esce più sangue, ritiro il cotoncino per posarlo sul comodino. Al suo posto, un livido color viola sta già prendendo forma: dovrò farne degli altri, molti altri, per salvarlo, è l'unica via...

Come se tu fossi pulita e riposata come un fiorellino, Marta!!! Non puoi fare tutto da sola, inoltre la ferita...” riprova Francesca, testarda, tentando di convincermi.

La ferita non è che un graffio! Andate, ho detto! Io devo star qui... SENTO di dover star qui, anf, non ho il cuore di abbandonarlo...” ribatto, ancora più cocciuta di lei, in un tono che tuttavia si spezza a metà frase. Mi manca l'aria.

"Lo vedi?! Non riesci neanche a respirare bene, come puoi pensare di..." riparte alla carica la mia amica più grande, sicura di avere molte frecce al proprio arco. Ma la mano di Dègel che pazientemente si muove per stringere la sua, la interrompe prima di ultimare il discorso.

Va bene, se questa è la tua decisione la accettiamo, anche perché... sei irremovile! - osserva, un poco severo - Non sottovalutare però le tue condizioni fisiche, intesi? Camus stesso non lo vorrebbe... se puoi, prenditi anche cura di te, soprattutto di quel brutto taglio!” conclude lui, sfoggiando la sua diplomazia.

"S-sì..."

"Questo me lo devi promettere, Marta..."

Come no. Mi limito ad annuire, non riuscendo comunque a guardarlo in faccia.

Dègel capisce l'antifona, sospira, decidendo per una momentanea ritirata. Domani mattina, all'alba, ce lo avrò a fiatarmi sul collo, già me lo sento. Per il momento, però, l'ho vinta io, lo vedo condurre tutti fuori tranne me.

Sospiro a mia volta, quasi rabbrividendo. Dopo un attimo di esitazione, decido di togliermi solo il guanto dalla mano sinistra, quella sana, avendo altresì cura di disinfettarla con l'alcool etilico. Ritorno tacitamente a guardare il volto stremato di mio fratello, traccio delicatamente con le dita il suo profilo, sperando in cuor mio di fargli percepire tutta la mia vicinanza. Mi manca da morire il suo tocco, i suoi rari sorrisi, la sua voce, i gesti che, parco, mi regalava, sempre un poco sfuggenti, come sfuggente e delicata è la sua essenza.

Il pericolo dovrebbe essere, in teoria, passato, poiché abbiamo preso la medicina e siamo tornati in tempo, eppure... qualcosa di oscuro e imponderabile continua ad opprimermi il petto, mozzandomi il fiato in gola. Il Mago non se ne è mai andato realmente da qui, non fa che ripetermelo con godimento, e tuttavia io non voglio credergli, non POSSO credergli!

Mi poso una mano sul petto, cercando di ricondurmi alla calma perché, di nuovo, stavo sprofondando nella disperazione. Il mio cuore non ne vuole sapere di diminuire i suoi battiti, vittima di quel qualcosa di viscido e serpeggiante che continuo, mio malgrado, a percepire da quando Camus è caduto per la peste, come se il morbo avesse contaminato anche me nonostante, allo stato attuale delle cose, io risulti asintomatica.

Rabbrividisco più volte, mentre fitte sempre più forti mi contorcono lo stomaco. Se continuo così non sarò di nessuno aiuto a mio fratello, devo tranquillizzarmi e... inspirare ed espirare profondamente! Ritorno a concentrarmi sul suo volto, unico appiglio davanti a tutta l'ansia che mi sta avvolgendo sempre di più.

Camus... riesci ad avvertirmi in qualche modo? Io so... io so che la mia voce può raggiungerti ovunque, lo so, lo credo fermamente... - gli sussurro con dolcezza, accoccolandomi al suo fianco, così vicina al suo volto. Ho un bisogno disperato di parlargli, di porgli domande, di toccarlo - Sei insostituibile per me e il sapere... il sapere che hai voluto affrontare l'inferno da solo, senza dirmi niente, mi fa star male, ancora di più se penso a come ti ho trattato poco prima che cadessi a terra a seguito della peste..."

Già... perché lui si è premunito di celarmi tutto fino a quando non è crollato, ed io ho finto che tutto questo andasse bene... NON ANDAVA BENE NIENTE, INVECE!

Continuo a non capire, sai, Cam? Mi hai detto che non mi ha rivelato niente per proteggermi, perché, dopo Crono, non volevi più che qualcuno mi facesse del male, ma io continuo a pensare di non essermi dimostrata all'altezza, sai? Dovevi, per forza, combattere da solo, dopo aver rivelato a Francesca, e solo a lei, a cosa andavi incontro? Saresti stato disposto a sradicare via il mondo, ad assumerti quel peso, pur di salvarci, eppure, sempre poco prima di svenire, qualcosa nelle parole di Dègel ti ha fermato... - mormoro, fremendo vistosamente mentre, a poco a poco, la rabbia torna in me. Ora la riesco a quantificare e... fa paura! - Io non ne sapevo nulla di quello che avevi sofferto, dei passaggi che ti avevano spinto a desiderare di sparire da questo mondo... nulla, non sapevo nulla e, se non avessi avuto le visioni, neanche che avevi rischiato la tua vita per salvare la mia, facendo il gioco del Mago... perché? Perché non mi dici mai nulla?!?” mi esce un tono accusatorio, stringo convulsamente le lenzuola.

Sono ancora tremendamente arrabbiata, ma non riesco minimamente a capire verso chi... verso Camus che, a conti fatti, è la prima vittima innocente? Verso il suo non dirmi niente? Ma a posteriori ha fatto pure bene, considerando le cose terribili che gli ho detto senza nemmeno capirlo! Oppure... ce l'ho con me stessa? Per non essere stata sufficientemente determinata e per non essere riuscita a sostenere mio fratello? Sono così furiosa perché, con le mie parole, sono solo riuscita a farlo sentire peggio?!? Inadeguata... TOTALMENTE. Non faccio altro che pensare a questo, eppure, pur sapendolo, continuo ad essere ottusamente furiosa con lui, come posso essere così vigliacca?!?

Rabbocco l'aria, prendendo altri profondi respiri nel sentirmi in deficit di ossigeno. Automaticamente il mio sguardo si dirige fuori dalla finestra: Venere rischiara già il cielo, mentre una sottilissima velatura rossa-violacea è quanto rimane del giorno appena trascorso; un giorno che non potrà tornare mai più.

Camus... perdonami per essere ancora così assurdamente arrabbiata con te, ma sappi che ho compreso che, ciò che volevi fare, lo facevi per il mio bene, nient'altro che per il mio... bene! Ti prego, svegliatii e torniamo a parlare, insieme! Ho così tanto da chiederti... - gli sorrido con dolcezza, baciandolo brevemente sulla fronte ancora calda e sudata - Aspetterò con trepidante attesa di vedere nuovamente aperti i tuoi meravigliosi occhi, fino ad allora... non avere paura di niente, sono al tuo fianco, non ti lascio andare... non più, te lo giuro!" concludo, solcandogli la guancia con la mano sinistra, prima di riprendere il guanto, rimettermelo e alzarmi in piedi con l'intenzione fare qualcosa per i bubboni nuovamente gonfi.

Agire su di lui, così perso nell'incoscienza, così vulnerabile tra le mie mani... fa impressione, mi sento proprio mancare, ciò mi spinge ad esercitare maggiormente il controllo per rimanere salda nei miei intenti. Mi faccio forza, scostandogli lentamente le lenzuola fino a scoprirgli il basso ventre su cui sono ancora posate delle pezze profumate, che io tolgo e poso al suo fianco.

Mi sforzo di osservarlo con sguardo clinico. Esattamente come sosteneva Sisifo, sotto alle ascelle sono presenti due bubboni piuttosto grossi, devono dolergli alquanto. E' rischioso, ma... mia madre ci ha dato in dotazione anche un bisturi, ho il disinfettante, posso quindi fargli degli impacchi di erbe per velocizzare il processo di cicatrizzazione. Il punto è... ho il cuore di farlo?

Lo fisso ancora per una serie interminabile di secondi, la sua pelle così pallida, l'espressione spezzata, e, infine, tutte le piccole rughe che si sono formate intorno agli occhi, agli angoli della bocca, indicatori della sua sofferenza.

Sospiro: bando alle esitazioni! Prendo tutto l'occorrente, alzandogli poi il braccio sinistro e piegandoglielo sopra la testa. Lui è totalmente alla mia mercé, non si oppone, e questo mi fa ancora più male. Con la mano ancora un poco tremante, dopo avergli sistemato un fazzoletto sotto, pratico finalmente un'incisione netta, ricalcando le precedenti. Ne esce un fluido puzzolente misto a sangue, lo ben sapevo, ma ciò non mi impedisce comunque di avvertire un conato di vomito salirmi dall'esofago. Mi devo fermare un attimo e voltarmi, non ho alternative, altrimenti sbocco! Riesco a buttare giù il sapore acidulo solo dopo tre ampie boccate.

"Anf, anf..."

Rabbrividisco nel percepire il suo respiro mutare d'intensità, il suo corpo si irrigidisce prima di mettersi a vibrare per una serie di secondi, poi si abbandona completamente. Questo lo ha sentito, invece... nettamente...

"Scusami... per il male che ti sto facendo, s-starai presto meglio, Cam, te lo prometto, resisti..." lo supplico gli occhi lucidi, mentre istintivamente gli accarezzo i capelli. Nessuna reazione. Di nuovo. Abbandonato. Forse più di prima.

"Sei così stremato... mi terrorizzi, sai? Ma sono io che ti sto sottovalutando, vero? Non dovrei, sei forte, più forte di ogni altro!" gli dico, con un mezzo sorriso. Se non credo io in lui chi lo farà?!

Riprendo a fatica il procedimento, rigettando la nausea sempre più crescente. Il bubbone si è finalmente sgonfiato, gli disinfetto con premura la zona tamponandogliela con un fazzoletto pulito. Ultimata anche quest'ultima procedura, gli sistemo nuovamente il braccio parallelo al fianco. Dovrò fare lo stesso con l'altra ascella e, dopo quella, con la zona inguinale, soggetta a sua volta alla formazione di bubboni.

Tremo nella paura di non reggere tutto questo, ed è di nuovo il suo viso a darmi la forza. L'altro braccio, coraggio! Glielo piego sopra la testa, tenendoglielo fermo come avevo fatto precedentemente con il destro, e procedo.

Non mi arrenderò mai, MAI, per nessuna ragione al mondo! Il peggio deve essere necessariamente passato... voglio pensarlo fermamente!

 

***********************************

(Poco prima di mezzanotte...)

 

...arta... svegl... svegliati! Devi sv...”

 

Una voce... una voce che stenta a raggiungermi, è appena udibile... ma di chi si tratta? Mi è famigliare...

D-divino Crono, sei forse tu? Ma come...?”

 

Non c'è tempo per spiegarti, Marta! Camus... Camus sta molto male in questo momento!”

 

Sussulto pesantemente, mentre la sensazione di intontimento e assuefazione, lascia presto spazio a dei ricordi più o meno confusi. Certo, ero con Camus, me ne stavo prendendo cura, ma... perché? Mi sento come se... come se mi avessero drogato, è tutto buio intorno a me, dove mi trovo?! Questa è la realtà? O è frutto della mia... testa?

Dovrei forse ridestarmi ma non riesco, le tenebre mi avvolgono, mi paralizzano, e quasi... mi tolgono il respiro! E'... è la sensazione di prima, quella che ho avuto nel momento in cui sono tornata nel passato, ma... più fitta, più acuminata, più... fa tanto male, dannazione! Non respiro, ho male, sono... solo!

 

Il nemico... è stato lui a paralizzarti con le sue tossine. Vuole tuo fratello, lo desidera con tutto sé stesso, solo dopo darà il colpo di grazia a te!”

 

Sbatto più volte le palpebre, del tutto incapace di comprendere pienamente. Dovrei svegliarmi subito... però se lo facessi avrei solo più male, soffrirei di più, invece, se rimango qui, sarà come... sarà come addormentarsi. Per cosa sto combattendo se già da prima è tutto vano? Perché dibattersi, provare ancora dolore, quando l'alternativa non c'è mai stata? Tutto era già scritto, lo sapevio, e allora perché...

 

Non ascoltare le tenebre, Marta! Possono soggiogarti ancora di più, inghiottirti, renderti totalmente impotente. Tu solo puoi salvare tuo fratello, che si trova al di là dell'oscurità che ti circonda... solo un filo lo lega ancora alla vita, solo uno... perché il confine tra l'essere ancora e il non essere più si è ulteriormente assotigliato. Lui ha fatto di tutto per resistergli, lo hai visto anche tu, ma è stremato, non può più farcela da solo, per cui... Marta, ti prego, SVEGLIATI!!! ”

 

Spalanco gli occhi di scatto e mi alzo in piedi con un movimento improvviso, finendo tuttavia, per una qualche ironia della sorte, a terra. Nel movimento così improvviso, perché a quanto pare era poggiata sul letto, picchio la schiena contro il pavimento. La sedia su cui ero seduta fino ad un attimo prima tonfa vicino a me, il suo suono rimbomba tra le pareti, perdendosi.

Riprendo quindi facoltà di me, abbandonando il buio del sonno per ritrovarmi nuovamente avvolta dall'oscurità tetra della stanza. Il respiro mi raschia difficoltosamente in bocca, quasi come se trovasse la via ostruita. Ogni espirazione provoca un dolore lancinante ai polmoni, mentre le inspirazioni rassomigliano a ventate di aria bollente che mi bruciano la gola.

C-che succede, anf? Perché, anf, l'atmosfera è così pesante ora? Non riesco quasi a...” rifletto a bassa voce tra me e me, accorgendomi che tutti i sensi sono annebbiati e che, contemporaneamente, il mio corpo sta risentendo degli effetti di una lunga apnea. Non ho quasi più energie, sono in deficit di ossigeno. Cosa diceva Crono prima? Che ero vittima di un qualche tipo di tossina?! Cosa..?

"I MIASMI!!!" realizzo, in un brivido di paura, tentando di rialzarmi, la bocca sempre più spalancata nel non riuscire minimamente a respirare.

U-urgh!”

Mi paralizzo all'istante nell'atto di sedermi, udendo con distinzione qualcuno ansimare e muoversi convulsamente sul letto cigolante. Sempre più forte... sempre più forte...

Quasi parallelamente il mio cuore accelera i suoi battiti. Probabilmente, di tutto il mio corpo, solo lui ha capito la necessità di agire il più velocemente possibile, ma i miei movimenti sono ugualmente lenti... così innaturalmente lenti!

Con grande difficoltà, annaspando, praticamente gattonando, riesco a raggiungere il comodino, facendo forza sulle braccia per issarmi in piedi. Con la mano sempre più tremante, cerco tutto l'occorrente per fare un minimo di luce nelle tenebre che mi avvolgono.

Presto... Devo fare presto!” ripeto febbrilmente tra me e me, maledicendo le mie mani per non riuscire a prendere le dannatissime candele.

No, è tutto inutile, non riesco! I rantolii che sento provenire dal letto hanno il potere di destabilizzarmi del tutto. La mia presa non è per niente ferrea, la roba mi sfugge di mano, quasi non riesco a stare in piedi, eppure... eppure se non faccio subito qualcosa...

 

Marta, fai presto, ti prego! Sangue freddo, ricorda il sangue freddo!!!

 

Di nuovo la voce di Crono... Sento il suo cosmo dentro di me che mi cede parte delle sue energie, abbastanza per prendere una boccata d'aria e ripartire.

Riesco infine ad accendere la candela e puntarla in direzione del letto, ma quello che vedo mi paralizza nuovamente tutti i muscoli, mentre una sensazione di vuoto in espansione mi invade ogni più piccolo recesso dell'anima. L'ultima speranza alla quale mi ero aggrappata languisce, agonizzando come il sole che si dissangua al tramonto.

 

Potevi rimanere a dormire, povera sciocca, perché dibattersi aspramente e soffrire per una cosa già decretata?! Non ti avrei svegliato, non ora, no... nella mia magnanimità ti volevo risparmiare questo momento; il momento in cui io, il Sommo Artefice, prendo le redini del corpo di tuo fratello. Le tossine del sonno ti avrebbero risparmiato tutto questo, ti avrebbero solo paralizzata, sarei venuto poi io, sotto le vesti di questa persona che tanto ami, a darti il colpo di grazia, forse non te ne saresti nemmeno accorta, o forse sì, dipende... muhahaha! Ma comunque ti sei ridestata, povera pazza, quindi ora ammira... ammira il mio operato, ammira la vita di tuo fratello Camus, Cavaliere dell'Acquario del duecentosessantesimo anno dopo il tracollo di Ipsias, spegnersi tra atroci sofferenze; guardalo... guardalo morire e contempla la sua atroce dipartita... SEI TOTALMENTE IMPOTENTE!”

 

Spalanco gli occhi al limite dell'umano possibile, mentre le parole del Mago mi sibilano, crudeli, in testa. Non percepisco più il mio corpo, tutto è irrilevante, al di là dello spettacolo che ho davanti agli occhi. Non vi sono più le gambe, né le braccia e nemmeno lo stomaco... tutto è azzerato, distrutto, annichilito, come le mie facoltà...

N-no...” riesco solo a mormorare, completamente prosciugata, del tutto inerte.

La vita di Camus sta lentamente scivolando via, lo capisco dal suo respiro sempre più affannoso e dagli spasmi irregolari che gli trasmettono fitte lancinanti, come se il corpo fosse attraversato da innumerevoli scosse elettriche. La sua schiena si arcua più volte, per poi ricadere tra le lenzuola, vinta, e ricominciare a contorcersi. Stringe ancora le coperte sotto di sé, le stringe ancora, in un ultimo, disperato, tentativo di opporsi al nemico, ma è tutto vano, la sua stessa resistenza è vana... tutte le strade conducono qui, nonostante gli innumerevoli nostri tentativi di trovare un'altra via, TUTTE!

E'... la fine, ed io non posso far altro che rimanere qua immobile e impotente a guardare la scena davanti a me, a guardare la vita di mio fratello che gli viene strappata. No... no... non può essere no... quando smetterà?! Quando smetterà di muoversi?! Di soffrire così tanto?!? Ti prego... basta... BASTA!!! SMETTI! Smetti di...

 

Marta, proprio come dice il Mago, guardalo... guarda tuo fratello, lo vedi? Lo vedi come sta provando ancora ad opporsi, malgrado le sue condizioni disperate?! Puoi forse... lasciarlo lì, da solo? No, sei la nostra unica speranza, la SUA speranza! Puoi farlo: liberati dal torpore, dalle tossine, dalle ingerenze del nemico... LUI CREDE IN TE!”

 

Poche parole, ma necessarie per farmi recuperare le mie facoltà mentali e fisiche, per ritornare così ad imbrigliare le mie emozioni. Un lampo di determinazione mi investe, dandomi la spinta per dirigermi in corsa verso il letto di mio fratello.

Camus... CAMUUUUS, non mi arrenderò! Non farlo neanche tu, ti prego, combattiamolo insieme! Noi poss...” lo chiamo con forza, poco prima di prendere il suo corpo tra le mie braccia e sussultare a seguito di quel contatto del tutto innaturale: freddo... è terribilmente e innaturalmente freddo, come se il calore gli fosse stato del tutto estirpato.

Mi sforzo di guardarlo meglio, ora, anche se fa male, tanto. E capisco.

Non c'è più movimento alcuno...

Singhiozzo, mentre alcune lacrime cadono da qualche parte, non so bene dove, non so; so solo che Camus n-non riesce più a respirare autonomamente, le sue dita hanno smesso di stringere la presa sulle lenzuola e sono lì, immote, abbandonate a sé stesse, rassomiglianti sinistramente a lunghe zampe rachitiche di un ragno morto da tempo.

I-il suo cuore... gli tasto il petto, la carotide.... no, non c'è, nemmeno. E' tutto fermo.

Non c'è più battito. Ho tardato troppo a intervenire.

Scaccio a forza le lacrime, testarda, scrollando la testa con forza: non mi arrenderò, NON POSSO ARRENDERMI! NON VOGLIO ARRENDERMI!

"CAMUS, torna indietro; torna indietro, maledizione!!!" gli urlo con tutte le mie forze, alzandomi in piedi di scatto per strappargli in fretta le lenzuola di dosso. E' orrenda la furia del mio gesto, me ne rendo appena conto, ma non posso preoccuparmi di essere delicata. Non adesso.

I secondi per salvare una vita... scorrono già impazienti.

Gli rovescio indietro la testa, gli libero il tronco dalle braccia, che lascio semi-aperte ai due lati del letto: devo essere completamente libera di agire sul suo torace, devo... tentare la rianimazione cardio-polmonare!

Le dita della mia mano si muovono automaticamente, vanno a tappargli il naso, lo forzano ad aprirgli bene la bocca. Forse... non tutto è perduto!

"Non ti perdere... Non ti perdere, fratellino, ti prego!" bisbiglio ancora, prima di chinarmi su di lui per applicare così le procedure di emergenza.

Ho ancora così tanto bisogno di te...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo di MaikoxMilo

 

Salve, è un piacere riavervi qui! Passate bene le vacanze? :)

Lo so, lo so, questo capitolo è il più lungo tra quelli pubblicati e parallelamente è anche quello che mi ha fatto spendere più tempo nella revisione! Cosa ne è venuto fuori? Beh, il capitolo che avete appena finito di leggere! XDIo sono soddisfatta di essere arrivata a questo punto e ormai manca poco alla conclusione di questa seconda storia, eheheheh. Cosa accadrà??? Cosa E' successo?! Per saperlo ovviamente dovrete attendere il prossimo capito(sì, se ve lo state chiedendo mi piace rendere i finali di capitoli sempre così XD). Nel frattempo colgo l'occasione per ringraziarvi nuovamente per tutti quelli che seguono questa storia :) grazia davvero a tutti!!!

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Capitolo 37
*** Ritrovarsi dopo la tempesta ***


CAPITOLO 37

 

RITROVARSI DOPO LA TEMPESTA

 

 

...Il lento alzarsi ed abbassarsi del suo torace a seguito dell'aria immessa nei suoi polmoni è la prima sensazione davvero tangibile in un universo rarefatto, fatto di terrore, vuoto, senso di perdita e disperazione, che io però rifiuto con tutta me stessa. Il contatto con la realtà va sempre più estinguendosi, eppure sono conscia come non mai. Non c'è più la stanza, non c'è più il letto, gli oggetti intorno a me non hanno più forma alcuna. Non ci sono più io, c'è solo lui, la sua vita che sfugge dalle mie mani, le mie dita che la provano a trattenere con tutte le proprie forze.

Mi stacco leggermente dal suo viso, totalmente a corto di fiato, la testa -la percepisco appena da quanto sia appannata!- pulsante, perché ora sono io ad essere in deficit di ossigeno. Ma non ha importanza. Non basta, non ancora. Riprendo la procedura. Cosa devo fare adesso? Ah, sì, le compressioni!

1... 2... 3...

Così freddo... la mia mano che pressa pratica il suo torace è totalmente intirizzita, quasi mi brucia, come se il gelo della pelle di mio fratello stesse invadendo anche me, privandomi a mia volta del calore, che è vita.

Continua a non reagire... maledizione!

"Coraggio, respira... devi respirare, Camus!"

Nessuna risposta... no, non lo accetterò! Non posso accettarlo in alcun modo, NO!

"Ti prego, fratellino... ho ancora così tanto bisogno di te! Non... non lasciarmi indietro; NON LASCIARMI DA SOLA!!!" urlo, con quanto fiato ho in corpo, strizzando disperatamente le palpebre.

Non di nuovo, non come con mia nonna, che mi è morta davanti senza che potessi fare nulla per impedirlo... no... no...

"Cough! Cough!"

Finalmente una reazione! Lo percepisco tossire con forza. Spalanco gli occhi inondati di lacrime, quasi stentando a crederci nel vedermelo riprendere a respirare da solo, sebbene in maniera terribilmente irregolare e penosa. Osservo il suo petto che, con estrema fatica, si gonfia un poco senza più il mio intervento, seguito dal diaframma, minuziosamente sotto i miei occhi, che vibra come se faticasse non poco a concludere il movimento, ma non cede, non più, aggrappandosi con tutto ciò che gli rimane alla vita.

"Così, bravo! Continua... continua, Cam, forza! Tieni duro, ce la faremo!" lo incoraggio ancora, accarezzandogli la testa per fargli percepire la mia presenza, prima di reclinargliela all'indietro per facilitargli il processo.

Stavolta il suo corpo reagisce maggiormente alla mia esortazione, perché lo vedo serrare la mascella, le dita tornano a ghermire le lenzuola sottostanti. Vuole... vivere!

Mio fratello vuole vivere! Ed io farò di tutto, se non oltre, per permetterglielo!

In un breve flash, mi rendo conto di essere a cavalcioni su di lui, sul suo corpo inerme che fa così tanta fatica a cavare il più piccolo anelito che gli permetta di continuare a respirare. Fa così male al solo vedersi... ci sta mettendo tutte le sue forze nel procedimento, ma, lo vedo bene da me, senza ulteriore aiuto non so per quanto ancora possa resistere.

Mi sposto su un lato, sistemandogli meglio le braccia lungo i fianchi nudi per poi tornare a pigiare, con la radice palmo della mano, il suo petto per sollecitare il cuore a continuare a battere. In verità, non so nemmeno io cosa stia facendo, il mio corpo agisce per puro istinto, la paura mi attanaglia la mente, ma continuo a massaggiargli il torace, compiendo delle piccole circonferenze che vanno dallo sterno al pettorale di sinistra, unica zona che, a causa della ferita ancora tremendamente infiammata, emana un calore del tutto innaturale. Sto continuando a premere la mano proprio lì. Vilmente. Barbaramente. Più e più volte. Ancora. E ancora. Dovrebbe urlare tanto è il dolore, invece non ha nemmeno il fiato per produrre un debole mormorio di protesta.

“Perdonami... perdonami, ti prego, per il male che ti sto facendo senza che tu possa fare nulla per opporti, ma andrà presto meglio, te lo giuro... te lo giuro, fratellino” biascico in tono tremante, le lacrime saline che mi rigano la faccia. Nonostante questo, prendo una corposa boccata d'aria, come se mi stessi preparando ad immergermi, espandendo altresì il mio cosmo per avvolgere il suo corpo, ma...

 

Meglio, dici? Tsé, cosa stai farneticando, Marta?! Non hai ancora capito che l'unica ragione per cui Camus è ancora vivo, anche se moribondo, è semplicemente perché io VOGLIO che sia così!? L'agonia è la quintessenza della vita, consacra l'esistenza e la eleva eccelsamente. Attendi pazientemente che segua il suo decorso, ragazza, a nulla vale il tuo futile dibatterti, a nulla. Tutto è già deciso. Tutto!

 

La voce maligna del Mago. Cattiva. Penetrante. Come una lama che trafigge la carne. Non ho tempo di reagire che gli occhi di Camus si spalancano a vuoto, atterrendomi fin nei recessi dell'anima. Cado indietro, sbattendo malamente sul pavimento. Dolore lancinante. Il suo corpo ricomincia a contorcersi con ancora più forza di prima.

Non riesco più a respirare nel vedermelo così, la schiena gli si inarca ancora e ancora, come se qualcuno gli stesse usando addosso un defibrillatore, le gambe scalciano disperatamente il fondo del letto. E urla. Urla come mai, MAI, nella mia vita ho sentito urlare qualcuno, come mai avrei potuto pensare che potesse urlare lui. Camus dell'Acquario. Mio fratello. La persona più importante della mia intera esistenza.

Le tenebre sono nuovamente molto forti, ora, prima, quando eravamo uniti, si erano assotigliate, ora ne siamo nuovamente invischiati dentro. Occludono i pori, fanno soffocare, sembrano tanti piccoli coltelli che penetrano nella carne dell'addome, della schiena, del petto, centimetro per centimetro. E so... so che ciò che sto percependo io, qui in questo momento, è solo 1/10 di quello che sente lui. So che... se non mi tuffo ora nel mare nero di petrolio ricolmo di angoscia, io lo perderò per sempre!

Agisco quindi di getto, buttandomi addosso a lui per bloccarlo a letto. Le mie braccia si stringono sul suo busto, il mio viso, dopo un breve attimo di esitazione dato dallo sconcerto di vedere le sue iridi solitamente così piene e luminose dannatamente vacue, aperte senza tuttavia distinguere più alcunché, affonda nei suoi capelli scarmigliati. Singhiozzo, non posso evitarlo, ma riesco comunque a parlargli in tono chiaro e sufficientemente capibile.

“Camus!!! Calmati... calmati, ti prego! Non sei solo, non lo sei, mi riesci a sentire?!?” lo imploro, completamente devastata dal terrore.

Il suo grido agonizzante si eleva ancora, fin quasi a strozzarsi la gola, prima di cedere e trasformarsi in un rantolio sempre più roco, niente più che un sibilo indistinto. Possibile che... che nessuno riesca a udirlo? Sta urlando con tutta l'aria rimasta nei polmoni, eppure... eppure -realizzo una volta in più, nel panico- nessuno verrà ad aiutarci.

La presa su di lui aumenta d'intensità per fargli percepire almeno la mia presenza fisica, giacché il mio cosmo non riesce a contrastare quello del nemico. Provo continuamente ed ottusamente ad espanderlo con tutta me stessa, ma è come se un vortice scuro lo risucchiasse, impedendomi di raggiungere e sostenere il suo, che sta collassando su sé stesso. No, se continua così...

"Camus... Camus... devi permettermi di aiutarti, devi... devi farmi accedere in te, altrimenti io non..."

"ANF... ANF... u-uff..."

"So che non vuoi, so che è la tua paura più grande, ma... ascoltami, ti scongiuro!"

"U-urgh, anf, anf..."

Trema, lo posso ben avvertire, perché è come se tremassi anche io con la stessa frequenza.

"Ti voglio bene... non cedere!" gli sussurro ancora, aprendo infine gli occhi, sempre inondati di lacrime, quanto basta per vedere che non c'è più il letto sotto di noi, né la stanza intorno, vi sono solo... il buio, le tenebre più fitte e una intensa, lacerante, sensazione di sofferenza ormai ossidata da tempo.

Realizzo, con un fremito, di essere dentro di lui, con lui e... qualcos'altro che non dovrebbe esserci. Questo qualcosa serpeggia intorno a noi, attorcigliandosi sui nostri arti, graffiandoli, raschiandoli. E capisco. Capisco che questa cosa è parte della sua essenza, da tanto, troppo. Fa così male...

“Gra-grazie, anf, Cam, per fidarti così tanto di me, ti... ti salverò, te lo prometto! Torneremo a casa... insieme! - lo provo a rassicurare a voce e a gesti, carezzandogli lievemente la schiena per fargli percepire che io gli sono vicina, poi, in un guizzo improvviso, alzo il capo, fremendo violentemente – E' la tua fine, lurido pezzo di merda! Ti farò pagare. Ogni. Singola. Cosa. Che. Gli hai fatto subire. VIGLIACCO!!!”

Uhmpf, avrei dovuto immaginare che il tuo attaccamento malsano a lui ti avrebbe impedito di gettare tanto facilmente la spugna, ma... ti dirò, mi piace anche così! Soffrirai più tu, così facendo, ti dibatterai, credendo di poterlo salvare, ed io te lo strapperò dalle mani con il doppio del godimento!

 

"Maledetto... - sibilo, quasi vibrando. Ormai la paura sta lasciando il posto a ben altro - Se ce l'hai così tanto con me, come sostieni ogni volta, sfogati sul mio corpo allora! Uccidimi, se pensi di riuscirci! MA LASCIA IN PACE LUI!!!"

Ahahahahah, sfogarmi su di te?! Ucciderti?! A che pro?! Non mi basta, sciocca ottusa! Io ho un potere pressoché assoluto, come il Fato, potrei polverizzarti, se solo lo volessi, ma vedi... io voglio massacrarti di botte utilizzando il corpo della persona a te più cara, già, proprio colui che stringi tra le braccia! Voglio vedere distintamente il terrore e la paura della preda che non ha più scampo invadere i tuoi occhi, prima di spirare, e poi... sotto le sembianze di tuo fratello, le mie capacità supereranno quelle attuali, divenendo onnipotenti e asservendosi ai miei scopi. Un solo tassello... mi manca un solo tassello!

 

Stringo ancora più forte a me il corpo di mio fratello, singhiozzando un'altra volta, ma sono già oltre, ormai, ben al di là della disperazione, lo sento. Piano piano, un formicolio non ben definito si crea dentro il mio petto, irradiandosi poi ovunque per trasmettergli nuova vitalità e forza.

Fin dall'inizio era già tutto prestabilito: la peste non era un'evenienza, come invece avevo creduto in principio, era parte integrante del piano per 'nobilitare' l'esistenza di Camus e consacrarla al nemico. Questo pazzoide, tra l'altro, vuole impossessarsi del suo corpo, perché, in qualche modo, 'glielo dobbiamo', anche se non capisco che diavolo significhi, solo in un secondo momento sarebbe corso ad uccidere me. Inorridisco a quest'ultima consapevolezza mentre, nella mia mente, si crea la spiacevole immagine del volto snaturato di Camus intento a 'riempirmi di botte', come professato dal Mago, per poi lasciarmi agonizzante per terra, in un lago di sangue.

 

Esatto! Camus non aveva la benché minima possibilità di evitarla, o meglio non avrebbe mai potuto difendersi dalla mia aura mortifera, perché le ferite che ho impresso sul suo petto agiscono grazie alla mia volontà, indebolendo il suo fisico fino ad annientarlo completamente. Faceva tutto parte del piano; un piano che ha dovuto aspettare secoli per prendere forma, strisciando, inerpicandosi nelle vene del tempo stesso. Voi avevate distrutto Ipsias, voi dovevate cedermi il passo senza opporvi. Invece Camus, pur di non sottomettersi alla mia aura dentro di lui, ha provato, inutilmente, a rivelare il futuro a Dègel, davvero patetico... ma tu, Marta, per lui, per salvarlo, faresti, e hai fatto, fin peggio, io lo so, poiché siete sempre uguali, voi, qualunque dimensione attraversiate, sebbene le circostanze differiscano. Siete un cancro per il pianeta, come tale, dovete essere estirpati alla radice! Tu seguirai questa sorte, ragazza, la tua vita non ha senso alcuno, è solo profondamente illogica, aberrante, in fondo al tuo cuore lo sai, vero? Tuttavia salverò almeno tuo fratello, lo nobiliterò proprio grazie all'agonia che sta attraversando. Lo renderò santo, privo di peccati e, tramite il suo corpo, ristabilirò l'equilibrio alla mia perduta Ipsias!

“Non... non ho la minima idea di cosa significhi il tuo blateramento senza capo né coda! Non ho memorie di questa Ipsias, non ho neanche idea dei motivi che ti spingono ad odiarmi così tanto, ma CATEGORICAMENTE, non ti permetto di infierire così su mio fratello! Non lo avrai mai, dovesse costarmi pure l'esaurimento totale delle mie forze fisiche e mentali!” gli urlo di rimando con tutta l'energia che possiedo ancora, rifiutando così la sua sentenza. Sono innocente, mi SENTO innocente! Dovrei morire per colpe di cui io non ho memoria?! No... No! E lo stesso vale per mio fratello, anzi, a maggior ragione vale per lui! NON LO TOCCHERA' PIU'!

 

E come pensi di fare? Sta già accadendo, Marta, e tu non puoi fare nulla, poiché io sono il Dest...

 

“ME NE FOTTO DI CHI PENSI DI ESSERE, NOI VOGLIAMO VIVERE!!! Se tu rappresenti il tanto decantato Fato, allora io sono il Libero Arbitrio! NON OSERAI OLTRE, poiché le scelte degli uomini sono superiori, la sorte può solo cedere il passo!” rimarco, furibonda. Nel medesimo istante il mio cosmo, a stento celato nel petto, esplode in una luce abbagliante che si propaga dappertutto.

 

Che intenzioni hai, maledetta?! Non puoi... non puoi opporti a me! Non più... non come allora! NO!

 

La voce del Mago trema appena, ma abbastanza per farmi capire la sua sorpresa in questo momento. Sorrido tra me e me, tronfia, certa come non mai di ribaltare le carte in tavola.

“Posso invece! IO ho scelto di reincarnarmi in una nuova vita, IO posso scegliere del mio destino senza che questo si abbatta su di me, e infine... IO scelgo di salvare e proteggere mio fratello, a qualsiasi costo!”

 

Ti sei arrogata da sola la nomea di Libero Arbitrio, dunque. E come pensi di fare, con la tua ridicola forza, a...

 

Ma le sue parole sfumano nel vuoto, vacue come non mai di fronte al mio sorriso sempre più deciso. Te ne sei accorto, eh?! Troppo tardi, però!

“Hai dimenticato che anche il mio sangue, e quindi il mio indomabile cosmo, è nel corpo di Camus, creando così un vinculo imperituro tra me e lui! Il legame che tu vaneggi di voler spezzare, non si può rompere, dovresti saperlo bene, visto che sembri conoscerci così bene!” dico soltanto, chiudendo gli occhi per concentrarmi meglio sull'aura negativa che sta tentando di uccidere mio fratello. Posso bene vederlo, il nugolo maligno in lui, scuro e profondo, come radici nere di un albero che, lentamente, risucchia via la sua forza vitale.

E' così forte il potere della vita... come può sperare di spezzarlo?!

Camus ha sempre fatto di tutto per me, fin dall'inizio, quando, per salvarmi, non ha esitato a sacrificare il suo corpo, proteggendomi con tutto sé stesso. Così continua a fare, nonostante le incomprensioni tra noi, i litigi, il vuoto di diciassette anni e le differenze tra i nostri due caratteri. Ed ora, in questo momento, io voglio solo salvarlo, difendere il suo timido sorriso, raro e prezioso come il primo fiore primaverile che trova il coraggio di rompere la crosta di ghiaccio sopra di lui per affacciarsi ai caldi raggi del sole. Com'è che si chiamava più, quel fiore? Non lo ricordo; non lo ricordo davvero, ma... non ha importanza.

Devo proteggerlo, ad ogni costo, come quel piccolo fiore, che è vita, come un piccolo anatroccolo che esce dall'uovo, come il cielo che schiarisce ad Est quando sta per giungere l'alba. Ecco, sì, l'alba... le tenebre che vengono spazzate via, anche io devo spazzarle via, per lui, che non ha più forze per riuscirci da solo. Per lui...

Espando ancora di più il mio cosmo fino a raggiungere il massimo livello che possiedo, riuscendo ad individuare, ben al di là delle radici del male, il fulcro maligno con gli occhi della mente. Ora! Questo è il momento per porre fine a tutto questo, devo solo...

Ma il fiato mi si blocca improvvisamente in gola, rendendomi difficoltosa la respirazione. Nello stesso istante il mio corpo viene attraversato da dolorosissime fitte che si diffondono dappertutto tramite le vene e i capillari, che, letteralmente, implodono. Mi viene strappato a forza un urlo, mi verrebbe quasi da contorcermi a mia volta se non stessi già stringendo il corpo di Camus. La sensazione è orrenda, mi sento bruciare da dentro, e il dolore si acutizza di secondo in secondo senza minimamente arrestarsi, come il fuoco che, trovando sulla sua strada gli alti pini, ne fa il suo personale carburante.

E' questo quello che ha patito -e che sta continuando a patire- mio fratello?! E'... è così insopportabile, urgh, come ha potuto resistere così a lungo?!

 

D'accordo, ho fatto uno sbaglio nel sottovalutarti a tal punto. Semplicemente non credevo che avresti ricorso a questo espediente per attaccarmi, stante la poca esperienza che hai, ma anche tu hai dimenticato che il sangue di Camus è dentro di te e, per ovvie ragioni, questo ti rende vulnerabile alla mia presenza! Ora, da brava, allontanati da lui e lascialo a me, ricorderai senz'altro come ti sei sentita quando ti ho provocato quella specie di ictus... posso farti di peggio!

 

“U-uuuurgh!” biascico sofferente, rifiutando di perdere coscienza, sebbene si stia facendo sempre più labile.

Non posso in alcun modo cedere, neanche di un millimetro, perché cedere significherebbe abbandonare Camus al suo tetro destino, ed io non voglio, maledizione, NON VOGLIO! Ho giurato a me stessa di proteggerlo, di salvarlo... inoltre con che faccia potrei guardare negli occhi tutti coloro che si sono raccomandati a me, affidando la sua vita alle mie mani?! Hyoga, i Cavalieri d'Oro, mia madre, persino mio padre Efesto... e, in cima a tutti, Milo, lui, il primo ad averlo fatto, dimostrando una fiducia incrollabile nei miei confronti.

"T-tutti voi, anf, anf... io non posso... DELUDERVI, urgh!"

 

Maledetta, cosa stai vaneggiando?! Ho detto di lasciarlo andare, abbandonalo al suo destino! Cosa ti spinge a focalizzare tutte le tue energie su di lui, rendendoti a tua volta vulnerabile?! Sei disposta a morire, ad andare contro l'incarnazione medesima del Fato per salvargli la vita?! Intanto lui è già mio, in un modo o nell'altro lo avrò, non l'hai ancora capito?! Mi vuoi forse costringere ad ucciderti anzitempo?! Questo tu vuoi?!?

 

Il fluire delle sue parole mi attraversa con prepotenza la mente più di quanto non faccia già il suo nero cosmo. Mi pare di avere tanti spilli infilati nella carne e, più passa il tempo, più questi penetrano dentro di essa, stordendomi ulteriormente. Il mio sangue ribolle, vinto da una pressione troppo superiore.

"Non... non lo dicesti anche tu prima, anf? C-che io, per salvare mio fratello, a-avrei potuto fare di peggio?! - biascico irriverente, malgrado il dolore sempre più insopportabile - C-cosa pensi che sia questo, per me?! Pensavi davvero che, per il semplice fatto di farmi provare una sofferenza del tutto simile alla sua io mollassi la presa e te lo consegnassi?! Oltre ad avere problemi di memoria, a quanto pare, anf, sei anche un illuso!" gli regalo un largo sorriso del tutto simile a quelli di Cardia.

Maledetta, taci!!! Sei più morta che viva, come fai ad avere ancora il fiato per opporti?! Sei davvero un... un...

Forse vorrebbe dire abominio, o aborto, o peggio, ma non gli do comunque il tempo di proseguire oltre.

“Non mi... non mi rassegnerò mai, non l'hai ancora capito?! Proteggerò Camus ad ogni costo! Tutti coloro che, ugh... tutti coloro che vogliono bene a mio fratello mi hanno supplicato di salvarlo, affidando tutto a me. Non posso deluderli, e tu questo non lo puoi capire, perché diventando ciò che sei ora hai rinnegato tutto, la vita, la sofferenza, l'amore, perfino i rapporti umani! E' vero, forse potrai impossessarti del suo corpo, forse potrai pensare di vincerlo, ma non potrai mai nulla contro i legami che ha instaurato durante la sua vita... CEDI IL PASSO!” prorompo, ampliando ancora una volta il mio cosmo per superare il limite e compiere il leggendario miracolo.

 

Non posso nulla contro i legami, dici?! Io sono nato per distruggere il vostro, ragazzina, e così farò! Bene, nonostante il dolore continui ad attaccarti a lui come una cozza, come se foste l'ultimo, reciproco, appiglio?! Perfetto, allora muori insieme al tuo amato Camus!

 

“Spiacente, non moriremo né io né mio fratello, hai perso! L'unica cosa che accadrà sarà la tua dipartita istantanea! Per l'ennesima volta: ESCI DAL CORPO DI MIO FRATELLOOOOOOO!!!” urlo con tutta l'aria presente nei miei polmoni, utilizzando completamente le energie residue nel concentrarmi al massimo. L'aria, o meglio, la patina pesante che aleggia intorno a noi sussulta, vibra, borbotta... adesso, è il momento!

Un grido dilaniante. Il suo.

Una luce improvvisa. La mia.

Poi il silenzio, rotto dai miei respiri sempre più frenetici. Per la forza di gravità, per il peso che improvvisamente sento provenire dal mio corpo, nuovamente concreto, greve, mi accartoccio quasi su me stessa, esausta, rimanendo comunque ginocchioni su una superficie che, dal poco che percepisco, è morbida.

Apro stancamente gli occhi, tentando di placare i battiti del mio cuore che sono come impazziti. Ho dolori diffusi ovunque, mi sembra quasi di dover vomitare da un momento all'altro. A stento riesco appena a non crollare sopra il corpo di mio fratello che sorreggo a mezzo busto, le sue braccia abbandonate alla rinfusa, come la testa innaturalmente piegata all'indietro, sorretta dal palmo della mia mano che tuttavia per lo sforzo di reggerlo trema con sempre maggior forza.

Deve essere stato uno scontro spirituale, che non ha avuto nulla di fisico, perché siamo sempre stati qui, la luce della candela è ancora accesa, irradia una debole luce. E' quindi questo ciò che gli Sciamani definiscono 'attacco cosmico', eppure mi sento completamente devastata, perché i danni, come ho già avuto modo di sperimentare, si ripercuotono per davvero sul proprio corpo, potrebbero arrivare perfino a distruggerlo a livello atomico senza tuttavia muovere un solo dito.

Del resto... mi deve essere andata bene, perché il Mago, probabilmente sottovalutandomi così, oltre ad avere altri progetti per me, non ha avuto modo di sfoggiare pienamente il suo potenziale, se lo avesse fatto, non so se ne sarei uscita... viva! E comunque ho spasmi ancora frequenti, retaggio delle convulsioni, come le scosse di assestamento dopo il terremoto... bah, non ho tempo per me!

“C-Camus...”

Lo riesco debolmente a chiamare mentre, facendo forza su me stessa, sul nuovo bisogno di perdere coscienza e addormemtarmi, lo adagio compostamente sul letto in posizione comoda, aspettandomi, per un qualche gioco insano della mia mente, di vedermelo già sveglio e reattivo, come se nulla fosse successo. Ma secca è la sua pelle diafana, e deperito mi appare il suo corpo tremendamente magro, con quelle costole sin troppo marcate che gli delineano la gabbia toracica fino al ventre immoto. Ed immoto è anche il petto...

"N-no, Camus!" il mio è un latrato sommesso, incredulo, mentre, pretendendo dal mio fisico una immediatezza che non mi può dare, faccio forza sulle ginocchia per rimettermi nuovamente a cavalcioni su di lui e tentare... tentare cosa?!

Le sue palpebre sono ora di nuovo chiuse, quasi infossate, scure, agli angoli degli occhi sono presenti piccole rughe estremamente marcate che calcano maggiormente quell'espressione talmente densa di sofferenza da sembrare incancellabile; la bocca è serrata in una smorfia silente, non sembra fuoriuscire nulla da lì... non un anelito di respiro, non quel dolce calore che dovrebbe essere proprio della vita.

Ho... ho fallito?! Non sono riuscita a... salvarlo?!

"C-CAMUS!!! N-no, ti prego... n-no!"

Il cuore mi rimbalza in bocca per l'agitazione, mi sento morire, ma una voce dentro mi ordina di ritentare nuovamente il massaggio cardiaco, diffidando della resa, perché la battaglia non è ancora finita, non può essere finita, perché Camus... CAMUS!

Sono già perpendicolare sopra di lui, una mano sopra l'altra, quando percepisco un leggerissimo spasmo provenire proprio dal suo petto.

"Ca..."

TU-TUM... TU-TUM... TU-TUM...

E' debole, ancora irregolare, ma c'è: il suo cuore sta pulsando autonomamente!

Mi lascio andare, incassando la testa tra le spalle, facendo leva sulle braccia -letteralmente due rami che sbatacchiano al vento!- per non franargli addosso. E piango, in silenzio, mordendomi il labbro inferiore per non produrre alcun suono, piango tutte le lacrime di cui sono capace. Le gocce si perdono chissà dove, quando cadono sotto il mento smarrisco ogni più piccolo contatto con loro.

Sorrido, il volto ancora rigato dal liquido che non sembra avere minimamente intenzione di fermarsi. Devo avere una espressione un po' buffa -mi ritrovo distrattamente a pensare- vorrei che Camus la potesse vedere, mi rimproverebbe di certo, perché non è da guerriera frignare, e che ora è tutto apposto, che bisogno c'è di piangere? Piango e rido insieme, a dir la verità, e tremo, dalla paura e dal sollievo. Non mi capisco, le emozioni sono totalmente incontenibili, agli antipodi, da frastornarmi e paralizzarmi. So solo che ora, in questo momento, vorrei che davvero aprisse gli occhi, mi toccasse, mi parlasse, regalandomi quella solita espressione che mi fa stare così bene e che mi manca da impazzire.

Camus è, sì, qui, sotto di me, VIVO, le funzioni vitali stanno diventando mano a mano più vigorose, anche se non come speravo che accadesse, ma con appena le energie sufficienti per respirare autonomamente e far battere il proprio cuore; ridotto allo stremo, al lumicino, buttato sul letto, come un oggetto inanimato... no, devo essere io la forte in questo momento, è lui ad aver bisogno di un sostegno, di un tocco amico, di rassicurazioni, che ce l'ha fatta, che quel mostro non oserà più fargli del male, che andrà tutto per il meglio.

Devo... essere io!

Lentamente mi piego su di lui, lo raccolgo con tutta la delicatezza di cui sono capace, sollevandolo a mezzo busto per poi abbracciarlo. Il mio volto affonda nuovamente nella sua chioma blu, il fremito che sconquassa il mio corpo riesce a calmarsi, dando così la parvenza di robustezza che volevo dimostrare. Posso... posso essere forte anche io, per lui, posso, sì!

"Sono qui... sono qui, fratellino!" biascico, rincuorata da quel suo anelito tiepido che mano a mano si fa un poco più forte, solleticandomi la pelle del collo.

Lo tengo a me per un po', ma poi, sentendomi stremata, devo prendere una pausa, riaccompagnandolo giù, sul letto. Non è ancora finita, lo so, non posso permettermi di manifestare ora né il sollievo né la stanchezza, perché lui ha ancora bisogno di me, devo sforzarmi di comportarmi da medico, come farebbe mia madre, la minima distrazione in una situazione così delicata potrebbe essergli fatale.

Mi alzo faticosamente in piedi, ricacciando indietro le lacrime e ingoiando il magone onnipresente in gola, cosicché, quando i miei occhi tornano sulla sua figura, dietro il mio sguardo non si legga altro che una intensa determinazione a farlo stare meglio. Mi chino quindi su di lui, apprestandomi così a controllarlo minuziosamente da capo a piedi, perché è ancora molto debole.

Mi accorgo subito alla prima visita che suo corpo non risponde agli stimoli, stremato com'è, non ha alcuna reazione al tocco, anche se gli premo zone normalmente molto delicate. Potrei fargli qualsiasi cosa e non riuscirebbe minimamente ad opporsi... la sola idea mi fa star male. Recupero difficoltosamente le lenzuola che, a seguito dei suoi movimenti repentini e convulsi, non lo hanno più coperto, da terra, lasciandogliele momentaneamente in fondo al letto. Camus è totalmente nudo davanti a me, indifeso e protetto soltanto dalla sua pelle. Da stringere il cuore al solo vedersi. Così magro da fare impressione... le costole, su cui passo pratica entambe le mani per controllarlo, sono fin troppo percettibili, le clavicole troppo delineate, le spalle spigolose. Scendo ulteriormente giù con lo sguardo, all'osso dell'anca, alla zona inguinale... no, basta, non riesco a vederlo così, mi immedesimo troppo in lui, nel suo disagio, nel suo sentirsi così indifeso al mio cospetto. Devo... rassicurarlo! Ne ha un tale bisogno...

"Aspetta, ora ti copro un po', ecco... va molto meglio così, vero?" gli sussurro con dolcezza, rimboccandogli le coperte dai fianchi, in modo che almeno sia nascosto dal grembo in giù.

So che probabilmente (e fortunatamente!) non riuscirà a percepire nulla in questo momento, ma ho comunque l'istinto di coprirlo, perché sono consapevole che si sentirebbe male a farsi vedere in queste condizioni proprio da me. E' sempre stato così orgoglioso...

"Non posso rivestirti ancora, Cam, perdonami... - manifesto il bisogno di chiedergli scusa e continuare a parlargli, anche se non può sentirmi, mi fa stare bene e... vorrei che facesse sentire meglio anche lui, il fatto che sono qui, che gli parlo, che non è solo, anche se così distante - So che lo preferiresti, ma... ma alcuni segni del tuo corpo non mi convincono, non mi fanno sentire tranquilla e... e la ferita al petto, anche, ha bisogno di essere medicata e... non arrenderti, intesi? Anche se so che è così doloroso, e, scusami, SCUSAMI sto farneticando, quando tu avresti bisogno solo di riposare!"

Sto farneticando per davvero, oltre ad essere sfinita e dolorante, tanto da non essere nemmeno quasi in grado di muovermi, ma in questo momento devo fargli coraggio in qualche modo, fargli percepire la mia presenza. Mi fa male il cuore, da quanto va veloce, gli spasmi non hanno smesso nemmeno un secondo di procurarmi fitte lancinanti, ma mio fratello è qui vicino a me... respira!

“Sei stato bravissimo, Cam, bra-vissimo! Non ti sei arreso, hai lottato contro il Mago, abbiamo lottato, insieme, ed io... non ti lascio, hai capito? Non ti lascio. Anche tu cerca di non..." non riesco ad ultimare il discorso, non riesco nemmeno a pensare che lui mi possa... lasciare... eppure ho ancora così tanta paura, temo un nuovo attacco e non so perché, temo di non essere stata sufficientemente risolutiva.

Gli sfioro l'ovale del viso con le dita, partendo dai capelli per poi scendere. La mia mano trema ancora, non riesco a trattenerla.

"Ti voglio bene, fratellino..." credo di aver perso il conto di quante volte io glielo abbia ripetuto in questa notte priva di luna, ma... mi sembra così importante da dire!

Ora andrà davvero tutto per il meglio... vero?

“Brava, Marta, sei riuscita a salvare la vita di tuo fratello!” esclama una voce dietro di me, non riconosciuta, facendomi prendere un risalto non da poco.

Ho l'istinto innato di balzare in avanti, stringere Camus a me per proteggerlo con tutta me stessa, e voltarmi poi verso la fonte sonora, ringhiando selvaggiamente come se si trattasse di un pericolo.

Ho i nervi a fior di pelle, me ne rendo conto solo quando, girandomi, i miei occhi si incrociano con quelli scuri, un poco innocenti, del dio Crono.

"A-avvertimi la prossima volta che vuoi comunicare con me, senza palesarti subito davanti, te ne prego. I-io... - butto fuori aria, avvertendo distintamente tutto il peso degli avvenimenti gravarmi addosso - N-non so come posso reagire..."

"Scusami..." borbotta, colpevole. Sembra davvero un bambino quando fa così, decido di riprendere il suo discorso.

“E' solo grazie a te che sei riuscito a risvegliarmi nel momento del bisogno, e a mio fratello che non ha voluto arrendersi, come un vero e proprio guerriero. Se fosse dipeso solo da me, non so... non so cosa sarebbe successo” dico stancamente, sistemando meglio la testa di Camus sul cuscino e sedendomi poi sulla sponda del letto, al suo fianco.

Già, mi sono bloccata di nuovo quando lui stava così male, se il dio non mi avesse svegliato, ora mio fratello non sarebbe più qui, e al suo posto... dei, no! Rifiuto quest'eventualità, ingoiando nuovamente a vuoto per poi concentrarmi nuovamente su di lui.

"P-perdonami se ci ho messo tanto, è tutto finito ora... t-tutto finito!" gli sussurro ancora, passandogli una mano tra i capelli, cercando in ogni modo di fargli coraggio. Sono ancora così morbidi e setosi, nonostante la malattia e il sudore che li impiastriccia, sembrano piume di cigno. Sorrido a quest'ultimo pensiero.

“Ma sei tu ad essere stata risolutiva! Senza di te, né la testardaggine di Camus a non volersi arrendere, né il mio intervento sarebbero valsi a qualcosa, e a quel punto il Mago sarebbe... NO, meglio non pensarci!” constata lui, avvicinandosi cautamente a me con sorriso gentile.

A seguito delle sue parole, mi esce un mezzo sbuffo divertito. Apprezzo i suoi tentativi di sondare la mente degli esseri umani, ma si vede che non è proprio avvezzato ai sentimenti. Non ha la minima idea di come raggiungermi per rassicurarmi, e allora tenta la strada del discorso all'ovvietà.

"Grazie per la premura, anf, Crono..." gli dico comunque, con sincerità, capendo il suo tentativo.

Chiudo nuovamente gli occhi, stanca, tornando lentamente a respirare con calma, perché mi rendo conto di avere il fiatone come se stessi continuamente correndo. Buio per una serie interminabile di secondi. La mia testa ciondola un poco, mi devo dare uno scossone per non cedere alla stanchezza.

"Sei allo stremo..." constata di nuovo il dio, serio.

Decido di non rispondergli subito, concentrandomi piuttosto nell'atto di sollevare un poco Camus dalle spalle per espandere il mio cosmo e avvolgere delicatamente il suo corpo allo scopo di ritrasmettergli un po' di calore, perché esso è vita, e lui ne sembra quasi privo, al di là di quel leggero anelito che fuoriesce a stento dalle sue labbra.

Osservo il suo viso svenuto, ancora così pallido ed etereo, l'espressione sofferente che sembra non dargli requie nemmeno nel sonno in cui è piombato. Sta ancora provando un dolore atroce e ben visibile, è lampante. Giro dolcemente il suo volto per permettergli di adagiarsi sul mio braccio. Pesa. Per la mia costituzione è un peso immane, sebbene sia dimagrito così tanto in poco tempo. Di nuovo i miei occhi percorrono il declivio della sua cassa toracica, così in rilievo, rispetto a quando l'ho conosciuto soltanto due mesi fa.

"Quanto... hai sofferto in questo periodo, fratellino? Quanto?!?"

“Attenta a non affaticarti troppo, ragazza mia, capisco il tuo desiderio di cedergli parte delle tue forze dopo che è stato così vicino alla morte, ma anche tu sei ai minimi termini e il tuo corpo, per quanto di una semidea, è vicino al limite!” mi avverte Crono, alzando di una tacca il tono solitamente pacato.

“Pazienza se il mio fisico è al limite, finché non sarò certa che è fuori pericolo e che il Mago non lo attaccherà più, rimarrò al suo fianco per donargli ciò che resta delle mie energie! La sua pelle è ancora terribilmente fredda, Crono, sta provando su di sé un dolore atroce e imperituro. Resto qui!” ribatto decisa, raddrizzando la schiena.

“Capisco... l'affetto che provi per lui è talmente forte da non farti curare del tuo stato di salute. Hai un unico obiettivo per la testa: farlo sentire meglio, finché ciò non accadrà rimarrai al suo fianco... sei sorprendente, davvero!” afferma Crono, concedendosi una breve risata nervosa. Ha problemi con i sentimenti, è certo, però riesce a ridere con insperata naturalezza. Certo che è strano forte!

Passano alcuni minuti di silenzio tra noi, dove io continuo ad accarezzare con la mano libera il viso di Camus. Scendo con le dita sul suo petto, evitando di toccarlo nella zona lesa per passare direttamente al diaframma, lì mi fermo un attimo, concentrandomi sul suo respiro, un poco più sicuro ma sempre stentato e irregolare. Sospiro, tirandogli ulteriormente su il lenzuolo e trovando infine le forze per porre nuovamente la domanda che mi assedia.

"Crono, quanto ha sofferto mio fratello in questo mese, riesci a... quantificarmelo?"

"A cosa ti gioverebbe saperlo?"

"A nulla, credo... - distolgo brevemente lo sguardo per condurlo all'angolo della stanza, prima di tornare sul di lui - Ma non riesco ad accettare di... di essermi raccontata che andava tutto bene quando Camus... quando Camus stava passando l'inferno!" ho tremenda difficoltà ad esprimermi, il groppo in gola si accentua, ma il dio del tempo deve percepire la determinazione dietro al mio sguardo.

Sospira, posizionandosi davanti a me per poi fissarmi grevemente. Non si tratterrà dal dirmelo in tutta la sua asprezza, ed io lo accetto, anzi, lo voglio, anche se farà male: "E' difficile quantificare la sofferenza di un'anima, e di un corpo, che non si trova più in condizioni esistenziali certe. Credo sia come un lento dissanguarsi e agonizzare senza possibilità di cura..."

Stringo le dita delle mie mani sul corpo di Camus. Parole dure, che già intuivo. Fa un male atroce il solo pensare che proprio lui abbia patito una simile sofferenza, ed io ero ignara, o più semplicemente me la cantavo che andava tutto bene. Non mi perdonerò mai per questo, MAI!

"Non ti succederà più niente di tutto q-questo, più niente, lo giuro!" biascico a fatica, in modo che mi possa udire solo lui. Le mie lacrime intanto scorrono sulla mia guancia prima di cadere. sotto forma di goccioline, sul suo ampio petto. Per un solo secondo, ho l'impressione che il suo respiro muti di intensità.

"Era... era questo che volevi intendere, le volte che mi hai parlato nella mia testa, vero? Quel giorno, dopo la scalata sul Monte Olimpo, quando mi hai detto che, se Dègel fosse diventato Camus, q-quello dipendeva da me... - prendo una breve pausa, cercando di mutare il mio tono in qualcosa di un poco più accettabile di un lamento soffocato - In sostanza non sarebbe bastata un'unica scelta per rendere concreta la vita di mio fratello, serviva..."

“Un concatenarsi di scelte, esatto! La prima, Marta, tu l'hai decisa quando eri ancora sotto le sembianze di Seraphina, la ricorderai senz'altro, perché hai scelto di sacrificare i tuoi sentimenti amorosi per permettere a Dègel di continuare a vivere sotto un'altra forma; la seconda, invece, devi ancora attuarla, e... ce ne saranno altre...” lascia la frase in sospeso, guardandomi con intensità per condurmi nuovamente a comprendere un altro tassello in più.

"Il Mago, lui... ha portato nel passato Camus per metterlo in condizioni esistenziali incerte e renderlo quindi più vulnerabile alla sua interferenza, vero?" chiedo, la pupilla che mi traballa.

All'accennare del dio, un moto di rabbia mi investe: "E allora perché ha portato indietro anche noi?! Perché lo ha fatto precipitare proprio a Bluegrad?! Non sarebbe stato più semplice se avesse trasportato solo lui, in modo da renderlo totalmente solo?!"

"Chi ti dice... che non ci abbia provato?"

Strabuzzo gli occhi, completamente abbacinata: "C-COSA?! A-allora sei stato... tu?! Ma il Mago diceva di averci condotto lui qui!"

"Il Mago dice tante cose, non tutte corrispondono al vero."

"Ma allora... sei stato davvero tu?!"

"No, sono impotente contro di lui, lo sai..."

"E allora chi ha potuto fare ciò?! Se lui... se quel mostro ha tentato di trasportare solo mio fratello qui, chi glielo ha impedito?!"

"Chiunque si sia contrapposto a quell'essere, deve aver battagliato con lui, costringendolo a mutare piano..."

"E chi è costui, Crono?!"

"Non saprei..."

"Non lo sai... o fingi di non saperlo?!" lo incalzo, percependo esitazione nelle sue parole.

"..."

Fanculo, Crono, non mi sembra il momento adatto per fare l'omertoso!

“Al Mago serve il corpo di tuo fratello, ma non può impossessarsi di lui senza prima rompere dei, per così dire, sigilli... Ha portato Camus qui, per rendere la sua esistenza non determinabile, nonché instabile. Il resto sarebbe stato facile, ma tuo fratello non si è voluto arrendere, ha combattuto strenuamente, preferendo soffrire indicibili pene piuttosto che gettare la spugna, così la situazione si è protratta, finché... beh, c'è un limite anche al dolore che un essere umano, pur straordinario, può tollerare...” mi spiega il dio, guardando il volto di Camus con un sorriso triste ed espressione fiera.

Non mi dirà oltre su cosa, o chi, ci ha condotto qui, lo percepisco. A nulla varrà insistere, dovrò attingere alla verità per altre vie. Per l'ennesima volta. Sospiro, discostando lo sguardo per tornare a concentrarmi sul viso pallido di Camus che, finalmente, sta riacquistando un po' di colorito grazie al mio cosmo. La sua espressione non è serena e il sudore continua ad imperargli il volto, ma, almeno, non sembra neanche più sofferente come prima, malgrado le palpebre ancora contratte e le labbra piegate in una smorfia.

"Oh, Camus... hai... hai sofferto così tanto per noi, rifiutando di arrenderti con ogni mezzo che avevi. Quando sei giunto al limite, hai sperato di poter fermare il Mago sparendo a tua volta da questa dimensione, ed io... io non l'ho capito, gettandoti ulteriore veleno addosso. P-perdonami, ti prego... perdonami!" gli sussurro, nuovamente piegata in due per il malessere, prendendogli di riflesso la mano adagiata mollemente sopra il lenzuolo per stringerla tra le mie dita. Poggio la fronte sulla sua guancia, le lacrime scorrono senza freno, a nulla valgono le direttive del mio cervello di darsi un poco di dignità e moderarsi. Sono troppo più forti. Singhiozzo più volte, incurante di aver Crono ancora davanti, incurante degli insegnamenti di mio fratello. Sono una tale delusione...

Non faccio che ripetermi che avrei dovuto capirlo, in qualche modo, o, per lo meno, non pugnalarlo più e più volte sulla stessa ferita, come invece ho vergognosamente fatto, proprio io, che sono sua sorella, proprio io che avrei dovuto essere un porto sicuro per lui! Avrei dovuto comprenderlo, perché non ci sono riuscita, come invece ha fatto Milo?! Come invece ha fatto Francesca?! Loro sapevano... hanno fatto di tutto per stargli vicino, sostenerlo, ed io... cosa diavolo ho fatto io??? Un bel niente!

Con ancora gli occhi serrati e i singhiozzi affogati in gola, avverto, come in un sogno, qualcosa muoversi appena tra le mie dita, trattenendole, come alla ricerca di qualcosa. Incredula, apro gli occhi, giusto in tempo per vedere le sue labbra muoversi stentatamente, producendo un mormorio sconnesso e indistinto che tuttavia riesco a codificare in un: "N-no de-vi p-pian... ere... p-pic-co-co mm..."

Non devi piangere, piccola mia...

E' questione di pochi, pochissimi, secondi, non riesce a dire altro, ma il messaggio mi è arrivato forte e chiaro. Gli riprendo la mano nuovamente abbandonata, gliela stringo forte, solleticandogli il dorso con il pollice.

"Oh, Camus... tu ti sei sempre preso cura di me, sempre, qualunque cosa accadesse! Adesso... adesso tocca a me!" gli dico ancora, baciandolo sulla fronte sudata.

“E' meraviglioso vedere come lui riesca a percepirti in qualsiasi situazione, persino la più disperata. E' allo stremo, oserei dire quasi in coma profondo, ma... ti avverte, ha sentito la tua tristezza su di sé, le tue lacrime... per questo ha provato a parlarti, nonostante le sue condizioni disperate. Le emozioni umane, le VOSTRE emozioni, Marta, possono attraversare ogni confine fisico, viaggiando da uno all'altra come se davvero foste una cosa sola! - esclama Crono, sinceramente partecipe, prima di proseguire nel suo discorso - E ora penso tu possa capire perché lui abbia scelto, all'ultimo, di fermarsi dal rivelare il proprio futuro a Dègel..."

“A dire il vero non completamente... lui, l'ho ben visto, era più che certo di perseguire quella strada; la via che lo avrebbe condotto all'autodistruzione. Quello sguardo che aveva, che ho visto, lo conosco bene, era... più deciso che mai! - sospiro, fremendo per la rabbia che, anche se segregata in un angolino di me, è pur sempre presente - Mi avete detto che ha avuto l'intuizione giusta, che se fosse scomparso anche il Mago sarebbe stato debellato... "

"Si sarebbe spezzato il circolo, sì, e, con esso, il nemico..." sottolinea Crono, chiudendo gli occhi. Sa molto di più di quello che vuole lasciare intendere, ma ora, con mio fratello in queste condizioni, non ho forze per indagare.

"E tuttavia si è fermato all'ultimo, è il mio nome che lo ha fatto fermare... perché?" tento di ragionare a voce alta, coertando la mia mente a rimanere attiva.

"Davvero non riesci ad immaginare la ragione per cui lui si sia fermato?" mi chiede ancora Crono, quasi mi volesse far arrivare alla verità per tappe.

"Io... l'ha fatto per me, q-questo lo so, non poteva a-accettare un mondo privo della mia presenza, ma noi eravamo qui, al sicuro, avremmo potuto ricreare un futuro dalle ceneri di questo, giusto?"

"Le altre forse sì, cara Marta, tu invece..."

"Che mi dici di Hyoga, allora? Non ha esitato per lui, oppure..." tento pateticamente di dirigere il discorso altrove, all'allievo mancante di Camus. Non ce la faccio. Davvero non ce la faccio. La verità, in fondo, la so, l'ho sempre saputa, anche quando gli ho urlato di tutto, ma non sono pronta ad ascoltarla. Mi sento così spregevole...

"Oh, i poteri di tuo fratello sono... 'sopra ogni aspettativa', Marta, mi riesci ad intendere? Avrebbe salvato anche lui, in quache modo, prima di scomparire per sempre. Probabilmente lo avrebbe condotto qui, affidando a lui il nuovo futuro..."

"E allora perché si è fermato solo per me, non..."

"Lo sai..."

"NO, NON LO SO, FINISCILA DI PRESUMERE CHE IO SAPPIA TUTTO!" il mio tono è salito fin quasi a strozzarsi per poi capitombolare come masso che frana a valle. Mi sfugge un nuovo singhiozzo, lo getto in fondo alla mia gola con rabbia, mentre la vista mi si offusca.

"Ti è così difficile accettare che lui lo abbia fatto semplicemente per te?"

Se mi è difficile?! Non riesco a rispondere, semplicemente mi mordo quasi a sangue le labbra per evitare di manifestare l'urlo assordante che scuote le pareti del mio cervello nel tentativo di uscire. Le palpebre mi pizzicano, maledizione, mi verrebbe da piangere e non smettere più!

"Lo vuoi un consiglio da vecchio amico, Marta? Non c'è bisogno di colpevolizzarti oltre, cara ragazza, gli hai appena salvato la vita e ti stai prodigando per lui. Lo ripeterò ancora, perché forse prima non sono stato sufficientemente chiaro: senza di te, lui non ce l'avrebbe mai fatta da solo!" prova a rincuorarmi, posandomi maldestramente una mano sulla spalla.

Annuisco appena, ricacciando per la milionesima volta le lacrime dentro di me. Sono stufa di frignare come una poppante: Camus ha bisogno di me, del mio sostegno, non di certo dei miei piagnistei!

Passano secondi di totale silenzio tra noi, necessari per farmi riprendere un minimo, perché prima stavo nuovamente per crollare, la gola mi bruciava da impazzire e due lacrime capricciose sono comunque riuscite ad evadere il mio controllo, ma ho fatto in modo di non farle cadere su mio fratello. Non voglio che percepisca ancora il mio stato, ora che sembra nuovamente essersi addormentato, pur con il dolore ancora così estremamente tangibile sul viso pallido.

Crono rispetta il mio volere, torna a concentrarsi nuovamente su Camus, distinguo appena la sua mano che, meccanicamente, gli accarezza i capelli per poi soffermarsi sopra la fronte. Prima di potergli dire qualcosa, noto una lucina accattivante uscire dal suo palmo e avvolgere in tutta la sua interezza il corpo di mio fratello. L'indice e il medio scendono lentamente, arrivano al suo collo, laddove è ancora presente il foro praticato da Albafica, passano tre volte sopra la ferita con intensità crescente, richiudendola e lasciando solo un segno rosso, un poco spesso, al suo posto.

"Crono!" esclamo, meravigliata, sbattendo le palpebre.

"E' l'unica cosa che posso fare per lui in questo momento - mi spiega sbrigativo, concentrato sul suo operato - Non è nei miei poteri trattare le tre lacerazioni, ma questo... sì, posso farlo!"

Io non posso fare altro che guardare sbalordita la luce che scaturisce dal suo contatto. Il respiro di mio fratello si fa ulteriormente più forte e sicuro, mentre, istintivamente, si rannicchia ancora di più contro di me nell'avvertire un'ingerenza esterna, per quanto benefica.

"Sono qui! Non sei solo!" lo rassicuro, sistemandogli meglio la testa contro la mia spalla, sebbene non riesca quasi più a reggerlo. La luce, così come era apparsa, scompare nel nulla.

“Il peggio dovrebbe essere passato, adesso è quasi del tutto stabile. Se il suo fisico glielo consentirà, dovrebbe lentamente migliorare!" afferma il dio del tempo, sorridendomi con dolcezza, pur velata da un certo timore che io riesco comunque a cogliere.

"Quando... quando riaprirà i suoi meravigliosi occhi?" chiedo, un poco titubante dalle parole espresse. La sua esistenza è 'quasi', del tutto stabile... non mi piace, che significa?

"Questo non te lo so dire con certezza, ha subito un duro colpo, e... i danni interni sono più estesi di quelli esterni, la sua psiche, l'anima stessa, ne sono rimaste violentemente coinvolte." mi risponde alla domanda con un pizzico di turbamento.

"Che... che significa?!"

"Che non si rimetterà mai del tutto dal trauma subito, poiché il danno è legato alla sua essenza più intima, ma... forse... per aiutarlo a risvegliarsi completamente, tu puoi fare ancora qualcosa, la più importante..."

“...Devo confermare la mia scelta, ancora, non è vero?"

“Sì, Marta, te ne sei resa conto? Tu sei l'unica ad avere il potere di neutralizzare il cosmo maligno del Mago, lo hai già fatto come Seraphina e hai scelto di rinascere a nuova vita, non vi è dubbio alcuno che questa dimensione abbia preso una piega nuova e miracolosa proprio a partire da questo, generando l'attuale mondo delle possibilità!”

"E tuttavia non basta quello, devo... scegliere di nuovo!"

"Come ti ho accennato poc'anzi, la vera scelta è questa, Marta. Ce ne dovranno certamente essere altre, neanche io so quali o quante, purtroppo, ma sei tu ciò che il Mago teme maggiormente... perché la tua interferenza tiene lontane le sue mani lorde dal corpo che vuole possedere!"

“Lui... Camus ha già scelto, vero? Tra me e Seraphina, ha... ha già scelto chi proteggere..." riesco infine ad ammettere, mentre un tremore più forte di tutti gli altri mi fa temere una nuova crisi.

(...) Ma tu sei più importante!

Così mi aveva detto il giorno dopo il ballo, quando io, inviperita dal non sentirmi capita, gli avevo gettato addosso tutto il veleno delle mie emozioni, sottolineando, con disprezzo, che non ero come lui, che non lo sarei mai stata.

Tze, lo sono invece, e... fiera di esserlo... questo non te l'ho mai detto, fratellino, di quanto io sia felice ed orgogliosa di essere tua sorella. Son stata solo capace di urlarti che non mi capivi, quando invece tu stavi già subendo le conseguenze delle tua scelta. Al contrario, eri proprio tu colui che poteva comprendermi meglio di tutti. Ci hai provato con tutte le tue forze ad avvertirmi, a mettermi in guardia, ma io ho soltanto frainteso, mi sono impuntata, intestardendomi come un mulo. Sono ancora così immatura, Camus, ho ancora così tanto bisogno della tua guida...

“Lui ha scelto te, sì, sebbene il rivedere Seraphina abbia risvegliato in lui i sentimenti provati quando era ancora Dègel. Ha scelto te, la sua preziosissima sorellina, così come tu hai scelto di sacrificare i tuoi sentimenti passati per farne nascere di nuovi - il dio del tempo prende una breve pausa, chiudendo e riaprendo gli occhi - Ora io ti chiedo: quale strada sceglie di percorrere adesso che sei nuovamente in un bivio?"

Crono mi chiede di prendere una nuova, dolorosissima, decisione, come se fosse facile... all'epoca non avevo alternative valide, avrei perso Dègel, se non mi fossi opposta, la sua anima di sarebbe fratturata, insanabilmente, rendendolo inumano. Pur di non perderlo, avrei sacrificato tutto per lui, se ciò mi avesse permesso comunque di camminare al suo fianco... non aveva importanza se come sua sorella, no, non aveva la benché minima importanza!

Ora invece mi chiede di scegliere tra due amori diversi, quello fraterno per Camus e quello imperituro che provo per Dègel... rinunciare ad uno di loro, spezzerebbe me inesorabilmente. Non sarei più io, perché una parte di me morirebbe per sempre insieme ad uno dei due e... non voglio! Come posso... come posso scegliere?!? Oh, fratellino...

"Sapete, le vostre scelte, Camus e Marta, influiscono su questo mondo, facendolo sfuggire alla logica. Per questo il Mago, grazie alla vostra esistenza miracolosa, ha un potere così limitato qui. - il dio comincia un nuovo discorso, come a volermi infondere un timido coraggio - Tuo fratello ha scelto te, è vero, ma... ma credo che lui voglia che tu sia felice più di ogni altra cosa, anche per questo, nel mezzo del dolore, a limite, ha cominciato a pensare ad un ipotetico modo per mantenerti in questa dimensione, al fianco di Dégel. La sua deduzione, invero, è completamente corretta: scegliere di sparire, portandosi dietro il Mago, non era affatto una scelta sbagliata, anzi, al momento è forse l'unica maniera certa per annientare il nemico una volta per tutte. Infatti, se Camus, e solo lui, non fosse mai nato, anche il nemico non avrebbe mai potuto prendere forma! Tuo fratello avrebbe perseguito quella strada con tutte le sue forze nella speranza di creare un mondo per voi, per le persone che ama, ma, ancora una volta, i sentimenti umani ci hanno messo lo zampino, poiché, così avvolto dalla disperazione e dalla sofferenza infertagli dal Mago, non ha realizzato nell'immediato che, sparendo lui da questo mondo, pure tu non ne avresti mai fatto parte: perché hai scelto TU di nascere come sua sorella minore, non è stato il caso, né il destino, ma... una tua libera scelta!"

Ingoio a vuoto, non trovando le parole per esprimere i sentimenti che provo in questo frangente. Già, lo sapevo, mi ero data una risposta a tutto questo, eppure...

“Quando lo ha scoperto con certezza, che io e Seraphina fossimo la stessa essenza?”

"La sicurezza gliela hai potuta dare solo tu, quando ti ha rivisto dopo tutti quei giorni che avete trascorso separati... ma il dubbio credo lo abbia colto già da Bluegrad."

"Sapeva quindi della mia scelta e ha deciso a sua volta di sacrificare i suoi sentimenti per lei?! Avrebbero potuto essere felici, almeno loro due e... e Seraphina si sarebbe potuta salvare grazie alle sue cure!!!"

"E lasciare quindi morire te? Questo tu volevi?"

"Sì... no, cioè, NO, io... - mi sta esplodendo la testa, non ce la faccio più - Lei è molto più forte di me!"

"Può darsi..."

"Era lei... la carta vincente per annientare il Mago!"

"Qui non posso acconsentire, ragazza, mi spiace, tu hai ancora molto da offire, in potenza, lei... era già atto puro, ha dato tutto quello che ha potuto..."

"MA LORO SI AMAVANO!!!"

"Corretto. Esattamente come tu e Dégel..."

"E allora perché..?"

"Perché Camus vuole... che sia tu ad essere felice, tu, il suo bene più prezioso!"

Stringo nuovamente il corpo di mio fratello a me, serrando dolorosamente le palpebre. Non ho mai desiderato che gli altri si sacrificassero per me, tanto meno lui.

“Lo voleva anche Seraphina, sai? Desiderava che Camus ti raggiungesse e che, insieme combatteste contro questa essenza. Lei è... chiaroveggente, nonché Sciamana Evocatrice, forse non lo sai, perché ti sono tornati solo alcuni ricordi frammentati della sua vita passata..." continua a narrare lui, sempre in quel tono dolce che mi meraviglia possa appartenere al dio del tempo.

"Quindi i miei ricordi come Seraphina sono DAVVERO incompleti come sospettavo!"

"...E' successo qualcosa quando vi siete unite, vero?"

"E tu questo come lo sai?!"

"So. Sono il dio del tempo!"

Un'altra risposta incompleta, ci farò il callo. Sospiro, acconsentendo: "Sì, io... per qualche minuto credo che abbia trionfato lei"

"Però poi sei riemersa tu..."

"Così sembra."

"Questo è avvenuto perché, sostanzialmente, nessuna delle due voleva prevalere sull'altra. Alla fine, l'essenza di Seraphina si è miscelata alla tua, integrandosi e diventandone un tutt'uno, mantenendo tuttavia separati alcuni suoi ricordi grazie ad un sigillo spirituale!"

"Perché? Non ero ancora pronta?"

"Per salvaguardarti, Marta... troppi ricordi tutti insieme possono anche uccidere!"

Abbasso pensierosa lo sguardo, nello stesso momento la mente mi ritorna, per qualche oscura ragione, alla Viverna infernale, alla mia sensazione di averlo già visto, al mio essere stata così assurdamente confidente con lui. E' così, Seraphina e Rhadamantys... hanno qualcosa in comune, è come se lo sapessi, ma, proprio come proferito da Crono, non riesco ad attingere a quelle memorie.

"E del Potere della Creazione cosa puoi dirmi? - decido di cambiare drasticamente argomento nella speranza di sentirmi meno frastornata - Quel mostro ne ha parlato più volte...

"Fei Oz Reed..."

"E-eh?!"

"E' questo il suo nome..."

"Non mi frega del nome proprio di quello stronzo! Cosa vuole da noi?! In cosa consiste questa capacità che tanto brama?!"

"Lui non ne ha parlato mai specificatamente, vero? Ha solo abbozzato..."

"Infatti! Continua a saltare fuori questo potere misterioso e nessuno ci spiega niente. Ho anche pensato che lo possedesse Francesca, visto le sue doti, ma dalla sua reazione è misterioso anche per lei. Crono, tu puoi dirmi cosa..."

"E' naturale che ne sia all'oscuro lo sono anche io, Marta, devi credermi. E' stato... prima del tempo stesso!"

Questa volta sembra completamente sincero, davvero sembra non averne la più pallida idea, come è possibile?! Prima... del tempo stesso?! C'era forse qualcosa prima dell'origine del tutto?!

"Non è comunque una peculiarità in possesso di mani divine... non più!" aggiunge poi, dirigendo il suo sguardo verso Camus. Spalanco conseguentemente gli occhi al limite dell'umano possibile.

“L-lui?! M-mio fratello possiede...?”

“Il Potere della Creazione è in Camus, sì! Lui solo, tra i dodici, anzi in tutto il mondo o, per meglio dire, I MONDI, lo possiede. Il Mago non può nulla senza il suo corpo, che cela dentro di sé questa meravigliosa scintilla avvolta dal mistero. Per il momento, quel che so, quello che anche tu puoi intuire, è che, a differenza degli altri Cavalieri d'Oro che possiedono colpi distruttivi, il potere di Camus ne diverge candidamente. Lui... crea il ghiaccio, non è forse così? E tuttavia non tutti coloro che sono in grado di manipolare il gelo hanno in sé questa dote, è semplicemente oltre. Inspiegabile, ineffabile... per la mente umana tanto quanto quella divina, noi infatti siamo Ordinatori del Cosmo, non creiamo nulla dal principio!"

"E lui è conscio di serbare dentro di sé questa straordinaria attitudine, oppure è stato attaccato violentemente da quel mentecatto senza sapere nulla?! Almeno a questo mi puoi rispondere, Crono?!" mi è uscito un tono accusatorio, forse più del dovuto.

Il dio del tempo rimane con gli occhi chiusi a lungo, soppesando, tanto da farmi temere di non ricevere più alcuna risposta. E invece...

"Se intendi il conoscere il nome della... cosa... dentro di lui, no, non lo sa, ma sono piuttosto sicuro che avverta distintamente questo potere insito in lui fin dalla nascita. Del resto... è così strabordante, pieno, avvolgente e totalizzante... sarebbe impossibile non accorgersene!"

"Oh, o-ok..." non so perché ma la sua frase finale mi procura un forte disagio, non capisco se mio o di mio fratello.

"Su Camus non me la sento comunque di aggiungere altro, non mi sembra corretto nei suoi confronti, soprattutto considerando che lui stesso tende a celare questa abilità. Voglio dare a lui l'occasione di raccontartela personalmente..."

"Quindi non me la racconterà mai..." ne deduco, sospirando, delusa dal trovarmi davanti all'ennesima strada occlusa.

"Anche se così fosse, devi capirlo, Marta... alcune cose non possono essere descritte in alcun modo a parole. - pausa pesante, il dio esita ma poi decide di proseguire - Tu sai cosa ha subito tuo fratello, vero? Lo hai provato sulla tua stessa pelle..."

"Sì, dannazione, se lo so, lo... - butto fuori aria, esasperata - Sono solo stanca, Crono, la tua sequela di discorsi non mi ha aiutato molto..."

"Lo comprendo... però vorrei ribadire ancora una cosa, Marta..."

“E sarebbe?”

Crono fissa i suoi occhi neri nei miei e, per un solo istante, mi sembra di esserne interamente soggiogata. Mi trovo davanti ad uno degli dei più ancestrali mai esistiti, chiunque si aspetterebbe una figura possente e autoritaria, e invece lo sguardo che mi sbircia, tentando di capirmi, la sua stessa apparenza, è quella di un ragazzino delle Medie totalmente incapace di destreggiarsi nella vita quotidiana.

“Se Camus è l'oggetto dei piani del Mago, tu sei l'unica forza in grado di opporvisi: Marta, sei tu l'incarnazione del Libero Arbitrio!”

Rimango sulle mie, un poco refrattaria, in attesa che prosegua, cosa che infatti avviene. E il discorso, nolenti o dolenti, va a parare proprio dove pensavo che sarebbe finito.

"Presto, molto presto, dovrai confermare o smentire la tua prima scelta. Hai dato avvio al mondo delle possibilità, hai interrotto il loop, rendendo però più incerto il futuro. Ora dipende tutto dalle vostre decisioni e dalla strada che sceglierete di intraprendere" mi avverte in tutta franchezza.

"Crono.. - la mia voce è quasi un filo, sembra emergere dall'oltretomba della mia laringe - Sono troppo stanca per trattare di filosofia spicciola..." dico, un poco brutale, rifiutando di continuare a guardarlo. Meriterei di ricevere una sberla per le risposte che sto dando, ma il dio pare invece comprensivo, annuisce, compiendo due passi indietro.

"E hai tutte le ragioni per esserlo... ora prenditi cura di tuo fratello, ha ancora bisogno di te. Per il momento ti saluto e... grazie, per aver scongiurato il peggio!" si accomiata, sparendo dalla mia vista come se fosse stato risucchiato dalle tenebre che ci circondano.

Già, prendermi cura di mio fratello... sospiro, accompagnandolo lentamente a sdraiarsi. Il suo corpo sta recuperando calore, ma ho la netta sensazione che ora arriverà la febbre, che saranno giorni ancora più difficili su molti aspetti, e che il suo fisico già duramente messo alla prova dovrà combattere un'altra durissima battaglia.

Come a sottolineare la veridicità del mio pensiero, una brutta tosse, secca, prende a sconquassarlo, rendendogli nuovamente difficoltoso il respiro. Gli sollevo nuovamente un poco la nuca per aiutarlo nel processo. Il suo torace continua ad alzarsi e abbassarsi con patimento, trafelato, aritmico, come se qualcosa gli pesasse sullo sterno e lui dovesse fare una fatica immane per respirare. Gli poso di riflesso due dita sulla carotide. Rimango in ascolto del battito, sempre molto irregolare. Rabbrividisco. No, non va affatto bene così!

"Cam, ora... ora ti lavo via questo sudore, ok?" gli chiedo nel vedere la sua pelle lucida alla luce fioca della candela.

"Vedrai che, pulito, ti sentirai meglio, solo che... sai... per farlo ti devo togliere il lenzuolo di dosso, va bene?"

Ovviamente, come prima, non mi può rispondere, ma lui ha bisogno di sentirmi, e... no, non lui, sono io che necessito di parlargli costantemente, tanta è la paura che mi scivoli via per sempre. Ingoio a vuoto rigettando quell'idea, procedendo poi a discostargli la coperta dall'affannoso petto.

"Così, piano, nessuno ti farà più del male... - eseguo il gesto lentamente in modo che lui si senta al sicuro, perché so che un movimento un poco più brusco lo sconvolgerebbe, ed è tanto, tanto, vulnerabile adesso - "Così, bravissimo, Cam, sei bravissimo!" cerco di modulare la voce il più possibile mentre lo privo di ogni difesa verso il mondo esterno.

E rimango per qualche secondo attonita, intontita, nel vedermelo ancora una volta così indifeso, nudo, inerme davanti ai miei occhi, quando mi è sempre apparso forte e fiero, semplicemente indomabile, sebbene, in fondo, di costituzione non sia mai stato troppo muscoloso, quanto più tonico e slanciato. Deglutisco a vuoto, imbevendo la spugnetta nella bacinella d'acqua per poi iniziare a passargliela sulla pelle secca. E penso. Penso più di prima.

La mia scelta... Seraphina non aveva forse già deciso? Non aveva rinunciato ai suoi sentimenti per salvare l'anima della persona amata? Camus non ha fatto forse lo stesso? Tremo convulsamente e, per un solo istante, sarei tentata di lanciare quanto tengo in mano contro il muro per poi gettarmi a terra, gridando e imprecando contro tutto e tutti. Il bel volto sorridente di Dègel fa capolino nei miei pensieri, mentre una silente lacrima mi solca le gote arrossate. L'ultima. Sarà l'ultima, DANNAZIONE!

"Alla fine... devo sempre lasciarti andare, vero, Dégel? Mi scivoli via... questo non potrà mai cambiare... MAI!" sorrido di sbieco, scacciando dalla guancia il fastidioso liquido e tornando a concentrarmi su mio fratello Camus.

Poco fa, nel percepire su di sé le fragranze aromatiche disciolte in acqua, sembrava essersi calmato un poco, ma ora è di nuovo agitato, volta la testa più volte nel tentare di farfugliare qualcosa, invano. Che... mi riesca a sentire?! Avverte il mio stato emotivo su di sé come se lo stesse provando lui?! Prima, nell'onda nera di petrolio che ci soffocava, eravamo così vicini... difficile capire dove terminasse il suo dolore e dove iniziasse il mio, così come le sensazioni. Sembravamo quasi... una cosa sola!

"Avrò cura di te, te lo prometto... - gli sussurro, accarezzandogli la testa con movimenti delicati nella speranza che si acquieti - sei TU la persona più importante della mia vita, anche questo non potrà mai cambiare. Non arrenderti, Camus!"

Un fremito indistinto, il fruscio della sua mano che cerca qualcosa, la mia, senza riuscire a raggiungerla. Sono io a farlo al suo posto, racchiudendola tra le mie dita, trattenendola, nella paura che mi sfugga.

Se solo potessi, ti cederei tutte le mie forze per farti stare meglio, ti regalerei il mio respiro, pur di rivedere aperti i tuoi meravigliosi occhi blu oltremare e farti sentire bene... coraggio, fratellino!

 

********************************

 

 

29 Agosto 1741, mattina.

 

TAP, TAP...

"Marta, è il terzo giorno consecutivo che ti stai prendendo cura di tuo fratello senza concederti il benché minimo riposo, non ti starai affaticando un po' troppo?!"

"Ciao, Dèg, anche oggi puntuale come sempre, eh? Sto bene" lo saluto, cercando di sorridere nella maniera più naturale possibile, sebbene mi senta completamente prosciugata.

"Per Atena! Hai una faccia talmente affaticata, rondinella! I tuoi occhi sono segnati dalle occhiaie, mentre il tuo viso ora è quasi più pallido della pelle ancora terribilmente diafana di tuo fratello!" esclama lui per tutta risposta, posandomi una mano sulla fronte per controllarmi la temperatura corporea.

Mi scosto a malincuore da lui, abbandonando il refrigerio che mi procura il suo contatto per tornare a concentrarmi sulla figura emaciata di Camus. La mia mano, che ha sempre tenuto la sua abbandonata tra le mie dita, si stringe ancora di più.

E' vero, sono passati già tre giorni... tre giorni in cui sono rimasta al fianco di mio fratello per paura di un nuovo attacco del Mago, o di un ulteriore peggioramento delle sue condizioni. E' stato estenuante, non solo per me, ma anche e soprattutto per Camus, il quale, a cadenza regolare, aveva la febbre piuttosto alta e a nulla valeva abbassargliela con il mio gelo, perché quella risaliva prepotentemente, gettando me nel panico. Ora sembra semplicemente dormire di un sonno profondo, il respiro è tornato ad essere abbastanza regolare, il cuore anche. E' stata la prima notte a passare così tranquilla, malgrado ancora un po' di febbre e qualche colpo di tosse, ma continuo a temere per lui, per il suo fisico, già allo stremo e continuamente vessato da quel calore innaturale.

"E' solo stanchezza, tranquillo! E' lui che... che sta ancora male, troppo!" dico solo, liquidando la faccenda concernente la mia persona.

Allo stesso tempo, però, una smorfia di dolore si dipinge sul mio volto a causa della fitta lancinante che, di tanto in tanto, come in questo momento, mi attraversa il braccio ferito partendo dal palmo per poi salire fino alla spalla e diffondersi all'intero petto. La verità è che tendo a non guardarmelo neanche, a parte quando, con il mio gelo, tento di lenire il male, ma quello, invece di diminuire, aumenta. Fortunatamente mi sono fasciata alla ben meglio l'intera zona, ma è lampante che i tagli si stiano infettando, li sento pulsare, sembra quasi di avere un secondo cuore che palpita ed è una sensazione spiacevolissima.

"Non è vero, Marta, tu non stai affetto bene! Sei stremata e le ferite continuano a spurgare. Non le hai minimamente medicate, vero?! - mi tapina lui, leggendomi dentro, nel ruolo che gli riesce meglio, il maestro. Al mio diniego con la testa, si mette a tremare - Imprudente, per non dire altro! Rischi una grave infezione così!" mi rimprovera, alzando leggermente il tono e afferrandomi il polso con l'ovvio intento di vedere con i propri occhi.

“Non ha importanza! - ribatto con decisione, sfuggendo dalla sua morsa - Non mi allontanerò da qui finché Camus non starà meglio! E' da tre giorni che sta sempre male, ha la febbre molto alta e le tre lacerazioni spurgano a loro volta! Ho continuato a inoculargli la medicina, lo vedi ben da te, visto i lividi che ha su tutto il braccio sinistro, ma continua a non svegliarsi, a non reagire, la sua mano è così molle, non so neanche se riesca a percepirmi, ed io... ed io ho una paura tremenda di perderlo, come posso quindi pensare a me?!?" anche il mio tono è salito fino a strozzarsi, ma Dègel, questa volta, non sembra più intenzionato a mollare l'osso.

“Sei una testona al pari di lui, si vede che siete fratelli, ripetete gli stessi errori! Non pensi alla sua preoccupazione quando si risveglierà e ti vedrà in queste condizioni?! Cosa potremmo fare se la tua infezione dovesse diffondersi all'intero braccio? Dare le medicine del futuro anche a te basterebbe? Oppure arriveremo ad un punto dove sarà necessaria una azione drastica, con Camus che, vedendoti così conciata, si sentirebbe certamente male per le tue effettive condizioni?! Ci stai facendo crucciare tutti, Marta, pensa anche un po' a noi e a lu...”

“Lo so benissimo cosa sto rischiando, ma io devo fare qualcosa per lui dopo tutto il male che gli ho fatto!!!”

"Ma-male?!" ribatte Dégel, piuttosto sbalordito.

"Sì, male... - confermo, raschiandomi la gola nel tentativo di stabilizzare la mia voce - le parole che gli ho detto, quando lui era già al limite, il non averlo minimamente capito, l'averlo lasciato completamente solo... non sarà mai cancellato!"

Nella stanza cade un silenzio quasi assoluto. Il mio sguardo rimane basso, totalmente incapace di reggere quello cristallino di Dègel. Senso di colpa, inadeguatezza, incapacità di essere stata un sostegno per lui... queste parole non fanno altro che ronzarmi in testa, mentre continuo ad osservare il viso di Camus, in attesa di un suo miglioramento, di un qualunque cenno che mi faccia comprendere che è fuori pericolo.

Dègel sospira profondamente, passandosi una mano sulla fronte con rassegnazione, probabilmente certo come non mai di stare parlando con un muro, poi prende dolcemente il volto della sua reincarnazione tra le sue mani; con le dita leggere, il pollice e il medio, passa a controllargli la carotide e così le pulsazioni. Mio fratello non si ribella minimamente, solo le palpebre si contraggono appena, avvertendo un'ingerenza non ben codificata. E' stremato... la febbre non gli da requie, non riesce a risvegliarsi... gli stringo ancora una volta la mano abbandonata nella mia.

Sono qui... svegliati, svegliati, ti prego, siamo tutte così preoccupate, per te! Quando riuscirai a riaprire i tuoi meravigliosi occhi? Quando tornerai a sorridermi e parlarmi? Mi fa male vederti così... in balia di tutto e tutti, tu, che sei il mio eroe, il mio mito... coraggio, devi superare questa crisi!

“Marta, stai già facendo moltissimo per tuo fratello, si nota dal leggero colorito che ha ripreso ad avvolgere le sue membra, dal suo respiro mano a mano sempre più saldo. Come puoi considerare 'male' questo? Gli hai salvato la vita, e lui riesce a percepirti, ne sono più che sicuro! Concediti un po' di riposo, piccola, vedrai che Camus starà presto meglio!” afferma Dègel, dopo averlo sondato minuziosamente, sorridendomi con tenerezza.

"Vedi... dei miglioramenti?" gli chiedo, speranzosa, illuminandomi per un solo secondo.

"Sì, le funzioni vitali sono regolari, il battito è stabile, così come il respiro, ma soprattutto il suo corpo, già da ieri sera, risponde agli stimoli esterni. Sono fiducioso!"

“Pure Crono ha detto qualcosa di simile prima di andarsene, però resta il fatto che mio fratello non ha ancora aperto gli occhi. Anche Zeus, nel nostro tempo, aveva detto che, nelle sue precarie condizioni fisiche, persino una banale influenza può risultargli fatale! - la voce mi si incrina ulteriormente, costringendomi a prendere una breve pausa di qualche secondo - E' da giorni che la sua temperatura corporea supera i 39°, per quanto io gliela abbassi, risale poco dopo. Il suo fisico è al limite, Dégel, non so quanto ancora potrà reggere un tale ritmo...” parlo quasi a sighiozzo nel pronunciare queste frasi, quasi mi accascio sul bordo letto, tanto sono piegata in due dagli spasmi. La mia fronte si posa automaticamente sul braccio inanimato di mio fratello.

“Marta... non devi pensare questo!” mi rimprovera bonariamente, posando la sua mano sopra la mia testa per carezzarmeli più volte in tutta la loro lunghezza - Camus sta combattendo per voi, lo vedi bene da te, non si è mai arreso in questi giorni."

Annuisco di riflesso, affogando i singhiozzi dentro di me.

"Avrebbe potuto, sai? Ma non è da lui, lo sai, no, rondinella?"

“Sì, lo so bene, lui... è un guerriero! - mormoro a fatica, liquidando di nuovo un argomento che, il solo parlarne, mi fa sentire male. Mi raddrizzo sulla sedia, cercando di darmi un tono - L'ho pulito poco prima che arrivassi tu, ma continua a sudare tantissimo!"

"Spugnature? Sono ottime di primo mattino! - afferma, attento, prendendo la bacinella d'acqua per controllarla - Mmm, a giudicare dal buon profumo dovrebbero essere salvia, rosmarino e timo, corretto?"

"Sì, mi pare gli diano un po' di sollievo anche alle ferite ancora arrossate, oltre a tranquillizzarlo... - annuisco, prima di sorridere mestamente - Se solo si rendesse conto di quello che gli stiamo facendo, si vergognerebbe da morire, Dègel... mi fa una tale tenerezza!" mi lascio sfuggire, accarezzandogli un poco i capelli cobalto.

E' lampante che nessuno abbia avvertito l'agonia di Camus tre giorni fa, perché nessuno mi è venuto a chiedere niente, a parte qualche visita di Michela e Francesca che però sono ignare di tutto. Certo, Milo sta ancora male e gli altri Cavalieri d'Oro non hanno un rapporto così profondo con lui, ma se qualcuno di loro avesse anche solo avvertito un decimo di quanto effettivamente avvenuto, sono sicura che sarebbe corso qui.

Gli scorsi giorni sono stati pesanti per tutti. Francesca, Michela e lo stesso Dégel sono venuti più volte per darmi una mano nelle cure per Camus, ma io ho sempre rifiutato di abbandonare il suo fianco, troppa la paura.

"Fa... impressione..." aveva balbettato Michela, sgomenta, tremante, con gli occhioni sbarrati, dopo aver distinto la figura del maestro sul letto ed essersi conseguentemente immobilizzata.

Dégel, a quel punto, dopo aver aiutato me e Francesca a voltare Camus in posizione prona per rendere più agevole il lavaggio della sua schiena, si era girato comprensivo nella sua direzione, lo sguardo dolce e rassicurante.

"N-non... non reagisce! - aveva continuato Michela, sempre più sconcertata - S-sembra un bambolotto privo di volontà, chiunque gli potrebbe fare di tutto e... e... oddio!" si era quasi messa a piangere, sostenendosi al muro per evitare di cadere.

"Uhmpf, è in coma, Michy, cosa ti aspettavi, che saltasse come un cerbiatto?!" aveva risposto Francesca, con piglio deciso, utilizzando la solita, proverbiale, franchezza per mascherare in verità un profondo sconvolgimento emotivo che covava anche lei, ma che, secondo i suoi canoni, non era tempo di mostrare in un momento simile.

Io non avevo aggiunto nulla, da tanto ero fiaccata nello spirito, limitandomi a posizionare meglio Camus con la testa leggermente piegata sul dorso della mano destra, la sinistra vicino al suo viso, come se semplicemente stesse dormendo a pancia sotto. Poi avevo raccolto i suoi lunghi capelli in una coda, glieli avevo spostati di lato in modo da scoprire la schiena per riuscire così, coadiuvata da Francesca, a lavargliela.

Io non avevo aggiunto più nulla, limitandomi a coprirgli con discrezione i glutei con le lenzuola del letto, sollevata comunque che la mia amica non lo avesse visto la notte precedente, ma Dégel, il dolce Dègel, si era avvicinato teneramente a lei per prenderle la mano.

"Ha un aspetto orribile, vero? - aveva cominciato, ottenendo, in risposta, solo gli occhioni lucidi di Michela e un lieve cenno di assenso - Comprendo bene il tuo stato, vedere una persona che amiamo ridotta così annienterebbe chiunque, ancora di più se sensibile ed emotiva come te, ma vedi... Camus sta lentamente guarendo, sta meglio di ieri, e domani stara meglio di oggi, il peggio è ormai passato..."

"I-io... non riesco a vederlo così, lui, che è sempre così forte e fiero, l-lui, che è come un padre per me... ed io, che sono inutile, non gli sono di nessuno aiuto in questa situazione!"

A quell'ultima frase strascicata, Dégel l'aveva esortata a compiere qualche passo in avanti, accompagnandola vicina al letto dove Francesca ed io stavamo attuando il lavaggio. Senza dire nulla, sempre tenendola per mano, aveva poi condotto il suo palmo sopra la chioma di Camus, guidandola passo passo nell'accarezzargli teneramente la testa, finché Michela, prendendo finalmente coraggio, non aveva continuato da sola.

"Puoi fare molto, invece, fagli sentire la tua presenza vicina, l'affetto che provi per lui, rassicuralo. Sai, Camus, ormai ho imparato a conoscerlo, è molto sensibile all'ambiente circostante, non può reagire, ma vi percepisce e, seguendo la vostra luce, ritroverà la strada di casa!" aveva detto, con occhi gremiti di sentimenti.

Quegli stessi occhi gremiti, contornati da un sorriso gentile, mi stanno ora scrutando per un tempo che mi pare infinito. Discosto nuovamente lo sguardo, imbarazzata oltremisura.

Non riesco a pensare ad altro che ti amo con tutta me stessa, Dègel, e che devo rinunciare a te, di nuovo. La sola consapevolezza di questo mi dilania terribilmente, ma... se non lo faccio, mio fratello non potrà vivere, lui, che ha sacrificato il suo amore per Seraphina per me, lui, che mi ha sempre protetta, lui, che è la persona più importante della mia stessa esistenza. Perdonami, Dègel, ti prego, perdonami, ti sto abbandonando al tuo tetro destino, non posso salvarti, ma... non riesco a darmi pace!

“Marta, sei molto dolce... Camus, ne sono sicuro, deve essere davvero orgoglioso di averti come sua sorella, sei il suo piccolo tesoro, la sua luce, non dimenticarlo mai!"

"Si vergognerebbe da morire, Deg, a sapere che proprio io, sua sorella minore, lo sto... insomma, le cose che si fanno quando uno non è autosufficiente!" ribadisco ancora, imbarazzata a mia volta.

"Eppure è proprio il fatto che tu sia al suo fianco a spingerlo a non arrendersi, a tranquillizzarlo, a confortarlo in tutto il dolore che sta provando. Io... lo vedo bene, Marta! Se sono le inservienti a cambiarlo, o io stesso, si agita, il suo respiro accelera, come se volesse scappare dalle nostre mani; se invece sei tu a toccarlo, si rilassa, si lascia andare completamente. Lui ti vuole... un bene dell'anima, lo sai, vero, rondinella?!" mi sussurra, regalandomi un buffetto sulla guancia.

"S-sì lo so, ma... grazie, GRAZIE per ricordarmelo, Dégel!" annuisco, adagiandomi un poco su di lui per chiudere brevemente le palpebre che sento pesanti. Avverto le sue braccia avvolgermi, rassicurandomi ulteriormente, prima di percepire le sue labbra baciarmi teneramente la nuca.

"Stai tranquilla, il peggio è passato. Non lo perderai!" mi sussurra tra i capelli.

"Lo... lo spero... tanto... Dégel!"

Rimaniamo per qualche minuto così, io coccolata dalla sua sola presenza, dai suoi gesti, lui pensieroso per qualcosa che non riesco bene a cogliere, poi la sua voce torna a riscuotermi.

"Comunque non sono venuto qui solo per parlarti di questo, bensì per annunciarti con letizia che Regulus e Milo si sono finalmente ridestati!”

Tuffo al cuore. Sussulto meccanicamente, quasi cado dalla sedia nel rialzarmi in piedi, frastornata dalla felicità. Spalanco gli occhi in direzione di Dègel, il quale mi sorride con tenerezza.

“Oddio! Davvero... davvero si sono risvegliati?!"

"Potrei mai mentirti, Marta?"

"C-che... che gioia, i-io... - la mia espressione si incrina con maggior forza, devo impormi per non crollare, stavolta per il sollievo - S-sono così felice, Dègel! G-grazie... è grazie a tutti voi se... sigh!"

“Stai tranquilla... - prova a rassicurarmi lui, vedendomi così agitata - Stanno bene ora, vai da loro!

“ N-no, io... non posso! Se io me ne vado, chi si prenderà cura di Camus? E' ancora troppo debole per stare da solo, e la febbre...”

“Me ne occuperò io, non confidi in me?! E' solo per poco, piccola rondine, il tempo necessario per parlare con Milo, che ha espresso il forte desiderio di vederti!” mi spiega pazientemente lui, incitandomi ad andare.

“Mi vuole vedere...” ripeto solo, quasi vacua.

“Esatto, vai! Camus è in buone mani, se dovesse avere ancora la febbre alta gliela abbasserò immediatamente, non hai di che angustiarti!”

Annuisco più volte, più per convincere me stessa che non per altro. Poi mi approccio nuovamente a lui e, con le poche forze residue, lo sospingo verso di me per poterlo così abbracciare.

“Grazie, Dègel...”

“Uhm, io... io non ho fatto nulla di speciale...” biascica lui, fortemente in imbarazzo, oserei dire quasi teso.

“Hai fatto moltissimo, invece, per tutte noi! Ti affido mio fratello, intesi?”

“P-puoi contare su di me! V-vai ora, rondinella... Milo ti sta aspettando!”

Annuisco, staccandomi da lui per dirigermi goffamente verso la porta e aprirla con la mano sana. Le gambe mi reggono appena e la testa mi pesa come un macigno, ma non posso permettermi di riposare. Istintivamente mi volto ancora un attimo nella sua direzione, un peso distorto sul cuore al solo pensare di lasciare mio fratello da solo.

Dégel, dopo aver aperto la finestra per far passare un po' d'aria, sta scoprendo il corpo di Camus, togliendogli il lenzuolo, unica sua difesa contro il mondo che lo circonda. Glielo solleva completamente, lasciandolo lì, nuovamente nudo, e procurando a me un'altra fitta di dolore che si accentua quando lo vedo chinarsi verso di lui. Passa pratico le mani sul suo costato, picchiettandogli con le dita il busto in determinati punti come ho visto fare ai dottori del nostro tempo. Chissà... forse, se fosse vissuto nella mia epoca, si sarebbe iscritto alla Facoltà di Medicina, diventando poi un medico per aiutare il prossimo...

"Coraggio, Camus, devi reagire! Tua sorella è in pena da morire per te, e anche le altre ragazze. Dimostra chi sei, torna da noi, da loro. Hanno ancora così tanto bisogno di te..." gli sussurra con dolcezza, passandogli brevemente una mano tra i capelli per poi apprestarsi a medicargli le ferite al torace.

In fondo sono la stessa essenza, lascio mio fratello in mani sicure, anche se mi manca il respiro nel vederlo così maneggiato senza che opponga resistenza. Esco con il magone in gola...

“Spero che Sonia riesca a convincerti... sei stremata! - la voce di Dègel mi raggiunge mentre sto chiudendo la porta dietro di me - Hai fatto così tanto per lui, in questi giorni, lo hai lavato, medicato, vegliato... con tutte le forze che avevi in corpo. Ma sei al limite, piccola rondine..."

Mi allontanando a capo chino. Sto facendo preoccupare tutti con i miei comportamenti, ma non posso fare diversamente: il Mago mi odia per un motivo a me ignoto, ma dalle sue parole è lampante la mia colpa in tutta questa faccenda, anche se Crono stesso sostiene che la mia vita sia anche speranza per questa dimensione medesima... comunque il nemico detesta me, sono io che devo oppormi, diventare sufficientemente forte.

Quell'essere... v-voleva uccidermi utilizzando il corpo di mio fratello, è stato sin troppo cristallino nel nostro ultimo scontro. Devo tentare di oppormi, devo proteggere Camus! E' finito il tempo delle incertezze, diventerò fortissima per lui, per me, per le persone che amo!

Io ho fatto iniziare tutto, questo è certo, anche se non ho la minima idea di come io abbia fatto... questo fardello è ricaduto su me, sarò io dovervi porre fine in un prossimo futuro!

Cosa stava sostenendo il Mago? Che, per colpa nostra, questa Ipsias è caduta? Da lì ha avuto origine tutto? E' da lì che il Demiurgo ha perso la ragione? Da lì si è interessato carnalmente a mio fratello?! Per rispondere a queste domande, dovrò indagare su cosa sia questa presunta Ipsias che lui mi ha nominato, devo assolutamente scoprirne di più... non ricordo comunque luoghi terrestri con questo nome, che sia... possibile?! Che si tratti di un altro mondo?! Forse... una dimensione alternativa?!

“Dannazione, Regulus! Vuoi fermarti?!”

Alzo lo sguardo, avvertendo la voce di Sonia giungere alle mie orecchie, strappandomi così dai miei pensieri. Ho appena il tempo di intravedere un piccolo fulmine passarmi di fianco e sfrecciare per tutto il perimetro del corridoio, che Sonia mi arriva praticamente addosso con il fiato corto, rischiando di farmi cadere a terra.

“Anf, Marta! Aiutami ad acchiappare Regulus, per favore! Si è ridestato da poco e già pretende di correre di qua e di là come un matto!” riesce a dirmi, guardandomi con ansia.

Mi limito ad annuire, mettendomi a correre insieme a lei dietro la piccola peste, ma il piccolo, anche se risvegliatosi da poco, è comunque molto più veloce di noi, che più che correre sembriamo ballonzolare come due scimmie ubriache: una scena divertente per qualsiasi esterno, un po' meno per me e Sonia che, nel giro di pochi secondi, dobbiamo piegarci in due e tastarci la milza, tanto fa male.

“Ahiii!!! Ma che accidenti?!”

Ad un certo punto, la voce di Regulus si eleva nell'aria, seguita da un tonfo sordo. Allarmate, acceleriamo la nostra corsa, trovandoci davanti un Regulus fasciato in vari punti del corpo e intento a massaggiarsi il fondo schiena. La sua esile figura è sovrastata da un imponente Sisifo che tiene elegantemente le mani sui fianchi, l'espressione apparentemente imperscrutabile.

“Cosa combini, Regulus?! Ti sei appena ripreso e già corri a più non posso?! Devi stare attento, piccoletto!” lo rimprovera amabilmente il più vecchio, porgendogli la mano per aiutarlo ad alzarsi.

“Sisifo!!! - urla il leoncino, afferrandogli l'intero braccio per avere un sostegno sicuro, poi lo abbraccia subito dopo - Non ne potevo più di rammollirmi a letto!

Sonia ed io rimaniamo a fissare la scena in silenzio, sorridendo per la tenerezza. La mia amica, in particolare, sembra davvero commossa. Credo proprio che dopo tutto ciò che è successo qui in quest'epoca abbia soltanto voglia di rivedere i suoi insostituibili fratelli e farsi un po' strapazzare affettuosamente da loro.

“Non saranno strettamente imparentati in quest'epoca, ma il loro essere è così simile a quello di Lia e Aiolos! Certo, magari Regulus sarà molto più piccolo rispetto al nostro Leone, ma è sempre lui, non trovi?” le dico, sperando che le faccia piacere.

"Sì, è così... alcune cose non cambiano mai, ed altre, invece, si trasformano irreversibilmente. E' tutto così strano e meraviglioso al tempo stesso, anche se fa un po' paura!"

“Marta!!! Sonia!!! - esclama ad un tratto Regulus, accorgendosi di noi e venendoci addosso in una gioiosa manifestazione di affetto. Incredibile quante energie abbia ancora! – Grazie... grazie per aver trovato la cura e avermi fatto sentire meglio! Ora potrò nuovamente correre!” esclama, tutto contento.

“Sì, grazie davvero! - interviene Sisifo, avvicinandosi a sua volta per posare le mani sulle nostre teste – Avete rischiato molto per noi e ve ne saremo grati per sempre!” conclude, quasi commosso.

Arrossisco leggermente, al pari di Sonia, non trovando le parole giuste per ribattere. Per sbrogliarmi, decido infine di parlare direttamente al piccolo.

“Sarà meglio che non rendi vano il nostro operato, piccolo leoncino! Vai a letto a riposare ora, intesi? Avrà tempo per correre e saltare quanto di sarai rimesso del tutto!” affermo, regalandogli un buffetto sul naso.

"Oppure diremo ai ratti di invadere di nuovo il Santuario e saranno guai!" aggiunge Sonia, con una perfetta aria da maestrina.

Regulus si mette le mani in faccia, sgranando gli occhi: "Nooo, i ratti no, vi prego, ne ho avuto abbastanza!" strilla, verseggiando poi un "bleah" e nascondendosi tra le braccia del Sagittario, come alla ricerca di un rifugio. Risate generali di tutti noi.

“Hanno pienamente ragione, dopo questo breve svago devi filare subito a letto, altrimenti chiamiamo i topi e... non credo tu voglia, no?!” sancisce Sisifo, pacato, accarezzandogli un poco i corti capelli ribelli come il proprietario.

“Uffi, Sisifo!!! E' da giorni che sto fermo! - si lamenta Regulus, mettendo su un finto broncio – Ma se mi prometti che dormirai insieme a me e che scaccerai tutti i ratti della zona, ci posso anche fare un pensierino!” aggiunge poi, esibendo la sua più bella espressione da cucciolo adorabile.

“E va bene, testa, allora rimarrò con te, ma tu farai il bravo, vero?"

"Sì..."

"Regulus!"

"Sì, Sisifo, sì..."

"Fammi vedere le braccia che tieni dietro alla schiena..."

"Ehm... perché?"

"R-E-G-U-L-U-S, da bravo, fallo!"

"Ha l'indice e il medio di entrambe le mani incrociate, quindi vuole rompere la promessa!" fa la spia Sonia, facendo sussultare non poco il giovane Leone, che imporpora istantaneamente.

"Noooo, Sonia, mi hai tradito!!!" si lagna, quasi offeso.

"Perdonami... - si scusa lei, coniugando i palmi della mani insieme, prima di ridacchiare - So bene che hai bisogno di muoverti, ma vedila così: prima ti rimetti in sesto, prima potrai tornare a giocare e seguire gli allenamenti!"

"Davvero?" gli occhi di Regulus passano dalla mia amica al Cavaliere del Sagittario.

"Sicuramente, birbantello!"

"Oh, allora va bene... però dormi con me, Sisifo, lo hai promesso!"

"Sarà fatto!" ridacchia ancora Sagitter, prendendolo istintivamente in braccio, come farebbe un fratello maggiore con il più piccolo, per riportarlo nella sua stanza.

Così se ne vanno, l'ultima cosa che riusciamo a distinguere è proprio Regulus che, con la mano, ci fa 'ciao'. Per qualche istante rimaniamo ferme immobili, il sorriso ancora impresso sulle nostre labbra e nei nostri cuori, un po' più leggeri rispetto ai giorni scorsi. Sono io a decidere di rompere il silenzio.

“So', Dègel mi ha riferito che Milo si è risvegliato, tu lo hai già visto, vero?” chiedo, osservandola.

“Sì, ci sono stata prima di andare da Regulus, che, però, si stava già dando alla fuga. - mi spiega, ridacchiando tiepidamente - Vai pure da Milo, ti deve parlare. Io invece avverto Michela e Francesca di darti il cambio nella cure a Camus, perché davvero hai un aspetto orribile e, se aspettiamo ancora un po', nel momento esatto in cui si risveglia tuo fratello tu crolli come un salame!” mi dice, cristallina e schietta, facendo poi per andarsene come se nulla fosse. Non glielo permetterò!

“No, Sonia! Allora è vero ciò che avevo intuito sul conto tuo e di Dègel: avevate un piano in comune per mandare anche me a nanna! - esclamo, certa delle mie convinzioni - Penso io a Camus, ce la posso ancora fare, credimi, lui...”

“NO, Marta!”

Il suo tono così rude mi coglie impreparata, inducendomi ad abbassare lo sguardo. Mi sembra quasi di essere sgridata, non capita, ci rimango male, anche se cerco di non darlo a vedere.

“Io... devo poter fare qualcosa per lui dopo quello... dopo quello che gli ho detto!” pigolo, tutta tremante.

“Marta... Marta... Marta! Dégel con te usa la dolcezza, ma in questi casi non serve, perché sei più cocciuta di un mulo! - mi rimprovera bonariamente lei, poggiandomi le mani sulle spalle e imprimendo il suo sguardo, un poco meno tagliente, nel mio - Non ti sei accorta che hai già fatto tantissimo per tuo fratello? Ma ora hai raggiunto il tuo limite, devi riposare, come pensi che si possa sentire lui se, una volta sveglio, scopre che tu sei crollata? Pensi che vorrebbe vederti così ridotta?!"

"N-no, certo..."

Devi fidarti delle altre! Se Camus dovesse avere una crisi, di certo Francesca saprà come reagire. Non lo lasceremo solo, stai tranquilla, ma tu devi fermarti adesso, sei oltre il tuo limite!”

Mantengo febbrilmente lo sguardo basso: Sonia, come sempre, ha ragione ed io, con il mio desiderio di prendermi cura di lui, ho trascurato Francesca e Michela che a loro volta desiderano ardentemente fare qualcosa in più per Camus.

“Non è... non è poca fiducia nei loro confronti, è che mio fratello ha avuto la febbre molto alta in questi giorni, serve qualcuno che domini le energie fredde per abbassargliela. So bene che anche loro possono essere in grado di medicarlo e vegliarlo la notte, ma mi preoccupa enormemente il rialzo della sua temperatura corporea. Io... mi spiace, non volevo trascurarvi, è che proprio non ci sono con la testa in questo periodo!” biascico, amareggiata, tentando di spiegare le mie motivazioni.

"Se questo è il tuo timore, alllora vorrà dire che Dègel le coadiuverà come aveva già intenzione di fare! - afferma lei, pratica, prima di proseguire in un tono ancora più dolce - Marta, ti capisco benissimo, lo sai. Camus è tuo fratello e il tuo legame con lui è molto profondo, indissolubile! Ma la tua faccia sfinita indica con sicurezza tutte le fatiche e i sacrifici che hai dovuto passare per farlo sentire meglio. Ora concediti un po' di riposo, penso proprio che il peggio sia ormai passato!” mi consiglia ancora lei, abbracciandomi con naturalezza.

Mi godo il suo contatto, ricambiando la stretta con la sua stessa intensità. Butto fuori aria, tentando di tranquillizzarmi.

"C-ci sarebbe un'altra cosa..." biascico, un poco imbarazzata.

"Sì?"

"E-ecco, volevo procurarli io, ma... v-visto che mi date il cambio..."

Sonia si stacca appena, mi fissa stranita, probabilmente non capendo pienamente perché il mio tono di voce sia diventato così stentato e faccia fatica a uscire.

"Ecco... - riprendo poco dopo, nervosa, prima di arrivare finalmente al sodo - Sai per caso dove... dove prendere delle specie di... pannoloni? Non so se riesci a intendermi..."

"Oh..."

Anche la sua voce si è fatta impacciata, le guance le si sono colorate di rosso nell'immaginarsi ciò che ho sottaciuto. Alla fine si sforza di riprendersi: "Della misura di Camus, giusto?"

"Eh, b-beh, sì..."

"Dei, poverino... se lo venisse a sapere, al suo risveglio lo perderemmo per sempre per la vergogna!"

"E'... è normale, So'... non è nelle condizioni di mangiare, infatti in questi giorni siamo riusciti soltanto a idratarlo. Fa così fatica anche solo a deglutire..." le dico, sospirando sonoramente.

"Immagino che ci voglia il suo tempo... quando si risveglierà avrà certamente bisogno di sentirci vicini. - annuisce pensierosa, prima di lasciarsi scivolare via l'imbarazzo - Allora chiederò a Marika ed Eleonora, loro ci certo qualcosa avranno; tu pensa solo, dopo il dialogo con Milo, ad andare a riposare, mi raccomando! Dégel ed io ti teniamo d'occhio!" mi occhieggia, affabile ma determinata.

"Lo noto che mi state con il fiato sul collo..."

"Con te, cocciuta come sei, non c'è altro mezzo, Marta! - mi fa oscillare il dito indice da un occhio all'altro per essere ancora più esaustiva - E riguardati anche la ferita al braccio, le bende sono sporche, e..."

“Lo so già! - ribatto, un poco infastidita, anche se sono consapevole lo faccia per il mio bene - Allora andrò da Milo e poi a riposare, grazie di tutto, So'!” liquido la faccenda al più presto, dandole un leggero bacio sulla guancia per poi allontanarmi, ma lei mi ferma, imprimendo i suoi occhi nei miei.

"Eì importante... TU sei importante per noi, Marta!" sottolinea, manifestando maggiormente la preoccupazione.

"Ne sono consapevole, davvero! - annuisco, prima di sorriderle, anche se il meglio che mi riesce è una mezza smorfia sofferente - Dai, vado, ci vediamo dopo!"

Mi avvio verso la stanza dove dovrebbe riposare lo Scorpione, il cuore un poco più sereno. Parlare con Sonia mi ha fatto bene, vedere Regulus nuovamente vivace è stato come un elisir di lunga vita e, infine vedere Sisifo nuovamente felice mi ha sollevato decisamente il morale. Ora anche loro potranno riposare un po', darsi il tempo per rimettersi completamente, sono... sollevata!

Giungo davanti alla porta, faccio per aprirla, ma nell'udire le voci dei due Scorpioni che stanno chiacchierando amabilmente tra loro, esito, non sapendo se è il caso di interromperli o meno.

Alla fine opto per non disturbarli, rimanendo comunque ferma e immobile, quasi commossa nel sentire con le mie orecchie il loro timbro vocale.

“Milo, davvero... ma quanto sei pirla da uno ad infinito?! Hai visto cosa hai combinato, pezzo di idiota?! Tante chiacchiere sulla vita, sulla speranza, per rimanerci quasi secco e sbolognare così Sonia, Marta e quel paralitico sentimentale di Camus alle cure del sottoscritto! Hai idea del colpo che ci hai fatto prendere?!” odo la voce ironica di Cardia trillare allegramente, completamente ristabilitosi dal quasi infarto che il Mago gli ha fatto subire nel presente.

“Che scavezzacollo, però! Di tutte le parole che poteva imparare quando abbiamo fatto il giretto per l'Italia, solo 'pirla' gli è rimasta impressa!” commento tra me e me a bassa voce, allietata dall'assurdità del mio migliore amico.

“Proprio tu mi parli di stupidità, quando ne sei la quintessenza?! Le mie felicitazioni! - il tono di Milo è più basso del normale, la sua voce fa ancora fatica ad uscire, ma è lui, il suo modo di parlare, ciò mi emoziona - E comunque non sono io che ho rischiato un mezzo infarto, oltre al fatto di finire in pasto ai pesci!” gli tira la frecciatina, permettendosi di ridacchiare a seguito dell'espressione un poco imporporata che, probabilmente, ha assunto la sua precedente vita

“C-cosa? E tu come diavolo lo sai?!”

"Dimentichi forse che... COUGH! COUGH!" cerca di rispondere, ma una sequela di colpi di tosse lo stronca, affaticandogli il respiro e mandando me in agitazione.

"Ehi, non mi fare questi scherzetti, non ti azzardare a morire ora, chiaro?!" esclama Cardia, spaventato al pari di me, anche se riesce a nasconderlo dietro la solita nota straffottente.

“Non ho alcuna voglia di morire, anf, tranquillo, non ne ho mai avuta! - dice, riprendendo fiato prima di continuare - Dicevo... dimentichi forse che sono la tua reincarnazione?"

"E quindi?! Non sei me!"

"Ma, talvolta, posso vedere con i tuoi occhi, e-eeeeeeeeeeee..." allunga volutamente la lettera finale, salendo di tono per poi compiere una vera e propria pausa ad effetto.

"Eeeeeeeeee, cosa?! Sputa il rospo! Che è quel sorriso furbetto da uno che la sa lunga?!"

"Bel bacio, davvero!

"COS...?!"

"Massì, dai, sai a cosa mi riferisco! Tu che quasi anneghi, Marta che si butta... - altra pausa ad effetto. Cardia singulta, lo stesso faccio io, arrossendo di netto - Bel bacio, molto sensuale e... profondo!"

Oddio, voglio sparire! Non mi dire che Milo lo ha avvertito, ha percepito il mio intervento per salvare Cardia, il fatto di avergli soffiato aria d-dentro e... no, NO!

"E poi anche il dopo molto bello, molto sensuale - ma ce l'ha con questa parola o cosa?! - Lei che ti tocca il petto, te lo preme, ti parla, piange... volevo applaudirvi, facevo il tifo per voi, davvero!" continua imperterrito lo Scorpione del presente, come se parlasse del meteo del giorno dopo, del tutto incurante che io vorrei scavarmi una fossa da sola e probabilmente è lo stesso per Cardia.

"Ma tu queste cose come diavolo le sai?! Io le ricordo appena perché stavo male!" si oppone il mio migliore amico, in tono alto, anzi altissimo.

"Ah... - la voce di Milo si fa improvvisamente sorpresa - Ma allora è successo realmente?!"

"COS..?! Ma non sei stato tu a dirmelo prima?! Mi stai prendendo per i fondelli, Scorpionide?!"

"Fiu, fiu... - fischietta l'altro per tutta risposta, prima di abbandonarsi ad un'altra risata, seguita comunque dai colpi di tosse - Stavo tirando a indovinare, Cardia, anf..."

“Ma vai a quel paese, furbacchione! Per stare tirando a caso sei arrivato sorprendentemente vicino alla realtà!"

"Ah, davvero? In verità qualcosa ho percepito davvero di te... ma non sapevo il resto, te lo giuro!" il tono di Milo si è nuovamente abbassato. Percepisco il suo respiro farsi più pesante.

"Secondo me non me la racconti giusta, tu, cos'altro sai?!"

"Nulla... di trascendentale!"

"Guarda che io non starò a chiedertelo due volte, eh, se non vuoi dirmelo non me lo dici, io non prego nessuno perché sono Cardia Magno!"

"..."

"..."

Silenzio interminabile, poi...

"Allora cosa sai? Come è stato il bacio di Marta?!" torna ad insistere Cardia, quasi ringhiando nel manifestare il suo fastidio crescente.

"Ahahahaha, ma nulla, Car, davvero! Ho percepito il tuo stato, era come se stessi affogando, e poi... sei tornato a respirare! - spiega Milo, inaspettatamente imbarazzato nel tentare di spiegarsi - Ho pensato che Dègel e le altre ti avessero salvato, tutto qui!"

"Grrrr, devo crederti?"

"Assolutamente!"

“La prenderò per buona allora... - riprende poco dopo Cardia, stizzito, muovendo alcuni passi che, inaspettatamente, mi risultano sempre più vicini – Comunque è corretto quanto dici, mi sono salvato grazie all'aiuto di tutti, soprattutto della birba che si trova qua dietro!” esclama all'improvviso, aprendo di scatto la porta su cui mi ero appoggiata.

Non ho il tempo di fare alcunché, semplicemente mi ritrovo del tutto privata del sostegno; i riflessi anestetizzati da oltre tre giorni di insonnia non mi consentono di reagire prontamente.

“Argh!!!” riesco solo a biascicare, cadendo a peso morto, prima di essere agguantata dalle mani di Cardia.

“Che è?! Non mi dirai che adesso ti vergogni a palesarti davanti a noi?!” mi prende scherzosamente in giro, sorridendomi sornione.

Io mi affretto a discostare lo sguardo per evitare che i miei occhi, così stanchi e segnati dalle occhiaie, possano incrociarsi con i suoi stracolmi di vitalità, ma al solito sono lenta e lui, ancora una volta, l'ennesimo, mi sgama in pieno.

"Che diavolo hai fatto alla tua faccia?! Ma dormi la notte!?"

“B-beh io... Milooo!!” urlo ad un tratto, troncando di netto l'argomento.

Corro alla ben meglio nella sua direzione, accorgendomi che indossa una camicia bianca a maniche a 3/4, tirate sopra i gomiti, e dei pantaloni scuri leggermente stropicciati sulle caviglie nude. Nonostante sia ben vestito, mi appare sciupato, i capelli scarmigliati, il viso smunto, gli zigomi più spigolosi del consueto.

“Milo!!! Stai bene! Cioè, volevo dire... come stai?!” farfuglio in preda all'euforia, abbracciandolo con tutta la forza (non molta!) che possiedo.

“E-ehi, calmati, piccola... sto meglio ora, anche se sono ancora abbastanza debole!” mi risponde, ricambiando la stretta e accarezzandomi dolcemente i capelli. Il suo profumo non è più il suo, non sa più di muschio bianco e pino silvestre, bensì di disinfettante e alcool. Fa lacrimare gli occhi.

“Milo, sei... sei paurosamente deperito anche tu! - constato, con un filo di voce, guardandolo dritto in faccia - E il tuo sguardo è ancora così..."

“Marta, come ti ho accennato, sto lentamente migliorando, però lo stesso non posso dire di te! Sei molto pallida... i tuoi occhi blu conservano ben poco della loro consueta luminosità, fatico a riconoscerli, sai? Sembra quasi... sembra quasi che anche tu abbia subito gli effetti della malattia, o peggio, hai l'aria di chi è stata torturata, o anche...”

“Oh, non e niente, è un'impressione, sono solo un po' stanca!” taglio corto io, sorridendo nella maniera più naturale possibile. L'intuito di Milo è formidabile, negare è un oltraggio al suo acume, ma... non posso farci niente!

"Ehi, è davvero così? - interviene anche Cardia, scrutandomi con circospezione, le braccia incrociate al petto - Ciò che dice Milo è vero, ora che ti guardo meglio sembri proprio..."

"Ma no, cosa vai a pensare?!"

"Quello stronzo può attaccare a distanza, giusto? - osserva, affilando lo sguardo nella mia direzione. Uno lo posso contrastare, due no, accidenti... - Non eri così tre giorni fa, quando hai preso a vegliare ininterrottamente Camus..."

"E'. Solo. La stanchezza. Solo... quella!" scandisco bene le parole, scrollando la testa come a dire di non indagare oltre, che è tutto ok, di pensare a loro stessi, più che a me.

"Marta..."

“Milo! - lo interrompo di nuovo, impedendogli di approfondire il discorso, quasi bloccandolo per le spalle - Mi dispiace tanto... quel giorno sulla spiaggia era come se sentissi che ti sarebbe successo qualcosa, ma non ho potuto avvisarti, non ho fatto a tempo a..."

“E' tutto apposto, Marta, sapevo i rischi che correvo e per chi li correvo. L'unica cosa che rimpiango è di non essere riuscito a darvi un suggerimento maggiormente utile, al di là di quel magro foglietto” mi risponde Milo, prendendo atto della mia decisione di tacergli il mio reale stato per poi passarmii una mano dietro alla schiena e farmi poggiare la testa nell'incavo della sua spalla.

“Ehi, ehi, dico! Comprendo che tu la voglia tranquillizzare, ma non ti puoi schiodare da lei?! Potete comunicare anche stando a distanza!” esclama Cardia, improvvisamente infastidito dalla nostra confidenza.

“Marta, di Camus cosa mi dici? Si è... ripreso?” mi chiede con un filo di voce lo Scorpione del presente, non degnando di un solo sguardo Cardia. Lo vedo inghiottire a vuoto, io mi irrigidisco a seguito della sua frase, trasmettendo a lui un fremito ben distinto all'intero corpo.

“Devi perdonarmi, Milo..."

"Che significa, questo?"

“Non sono riuscita a mantenere la promessa di prendermi cura di lui... - mormoro, distogliendo lo sguardo sempre più cupo - Sta ancora molto male, ha la febbre alta, costante, non riesco a stabilizzargliela del tutto. O-ora ci sta provando Dègel..."

Cade il silenzio tra noi, perfino Cardia sospira pesantemente, non aspettandosi certo un responso così negativo. La verità è che io non riesco ad essere minimamente fiducioso, malgrado le parole di Crono e degli altri, ho una tale paura addosso, mi sento oppressa e...

"Marta..." il tono di Milo si è fatto urgente, mi stringe il polso, portandomi ad alzare lo sguardo su di lui. Sembra voglia dirmi qualcosa di importante, lo vedo bene nelle sue iridi, ma prima che possa iniziare il suo discorso, la palla passa a Cardia.

“Sono già trascorsi tre giorni dal nostro ritorno... è vero che si è ammalato per ultimo, però...” dice solo, omettendo volontariamente tutto il resto.

“Le sue condizioni erano critiche già in partenza, per questo che... - anche Milo è costretto a lasciare la frase a metà, serrando a pugno la mano libera e poi la mascella per tentare di sfogarsi come può - Maledizione a te, Camus! Potevi parlarmi invece di lasciare che, come sempre, io riuscissi ad intuire tutto il fardello che ti portavi sulle spalle! Ma figuriamoci se lo fai... chi cazzo pensi di essere per sopportare tutto da solo, senza chiedere il sostegno agli altri?! Dannazione!” ringhia, procurandomi la tremarella per il tono con cui ha pronunciato tutto il suo monologo.

“Sono sempre strani gli Acquari! Non parlano... aspettano che sia tu a scoprire cosa si può celare dietro il loro ottuso silenzio!” commenta sarcasticamente Cardia, nel tentativo di alleggerire la tensione.

“Cardia, scusa se ora sarò brusco, ma è necessario che tu ci lasci da soli...” lo ferma Milo, con un pizzico d'urgenza.

“C-COSA?! Neanche per idea! Cosa vuoi combinare?! Eeeeh no! Nei tuoi sogni me ne vado!”

“Cardia, calmati! Non ho intenzione di fare alcunché! Marta è una mia carissima amica, dobbiamo semplicemente parlare tra noi!”

"Seeeeee, come no?! E il sogno?! No, me lo devi dire, s-se c'è qualcosa tra voi, ho già Dègel che..."

Inaspettatamente Milo ridacchia a quell'ultima affermazione, ma non è mancanza di empatia, tutt'altro. Lo vedo scrollare il capo, comprensivo: "E' sorella del mio migliore amico..."

"E questo cosa comporta, di grazia?!"

"Che la vedo con i suoi occhi."

"Tu vedi un po' troppe cose con l'altrui sguardo, i miei sogni, tanto per cominciare!"

“Cardia..."

“Cardia, ti prego, è importante che ci lasci soli!” intervengo quindi io, al limite dell'imbarazzo, mantenendo lo sguardo basso.

Non vedo il mio migliore amico distintamente, ma lo percepisco accusare il colpo, mettere un piede avanti a sé, come se lo avessi accoltellato in mezzo alle scapole.

“Non me lo puoi chiedere anche tu, Marta! In virtù della nostra a-amicizia, non dovrebbero esserci segreti tra noi!” tenta di convincermi, pur faticando non poco a pronunciare la fatidica parola.

“In questo caso ci sono, perdonami, c'entra il futuro, c'entra Camus... e lui sai che è riservato, non vorrebbe si sapesse troppo sul suo conto!"

Cardia ricerca il mo sguardo, aspetta, i nostri occhi si incrociano con non poche problematicità. Infine sospira, girandosi di spalle

“Va bene, Marta... Come tuo amico rispetto la scelta di non dirmi niente..."

"Car..."

"Beh, torno all'Ottava Casa, ora. Milo, ti aspetto là appena starai meglio, cerca di sbrigarti, perché mi sono ormai abituato alla tua presenza e inoltre Sonia non vedrà l'ora di riabbracciarti senza questa puzza di medicinali che ti porti addosso!” dice, in tono forzatamente piatto per la persona che è. Ed esce, senza più guardarmi e rivolgermi la parola, ferito nell'anima.

Mi sorreggo istintivamente la testa con una mano, guardando altrove nel sentirmi nuovamente male per il suo stato che dipende strettamente da me.

"Se ne è andato senza più opporre la minima resistenza..." constata Milo, ancora incredulo nel fissare la porta chiusa.

“Mi dispiace così tanto per lui...” mormoro, svuotata.

“I sentimenti non sono così semplici da ricambiare... Lui è cotto fino al midollo, lo so, lo vedo, ma tu non ci puoi fare nulla, Marta! Noi Scorpioni ci innamoriamo in maniera eccessiva, forse... o siamo salvati o dannati per l'eternità, non esiste alcun Purgatorio!” mi spiega poi, cupo, come se parlasse per esperienza personale.

“Non dirmi queste cose, mi spaventi! Si potrà pur innamorare di qualcun'altra, prima o poi... cioè, lo spero!” biascico, ingoiando a vuoto.

“Per me non è stato così... - ammette, più fiacco di prima, dimostrandomi che davvero parla per esperienza diretta. Poi si riscuote - Ad ogni modo, forse non tutti sono così, non è detta l'ultima parola! Si è innamorato di te, questo è certo, ma... come è accaduto una volta... forse può riaccadere di nuovo con un'altra" mi dice, con un sorriso, anche se tuttavia non mi sembra particolarmente convinto.

Lo guardo intensamente negli occhi, chiedendomi tacitamente se io conosca la persona che ha avuto il potere di far battere il cuore all'impazzata ad uno come Milo: "Lei... l'hai persa?" gli chiedo di getto, prima di accorgermi che, forse, sono stata inopportuna.

Tuttavia il sorriso del mio amico non si spegne, diventa solo più delicato, gli occhi brillanti, mente la sua mano si muove verso la mia testa per accarezzarmela in un gesto più che naturale.

"Fortunatamente no, è ancora con me, ma il tempo cambia molte cose e, talune, irreversibilmente!"

Un discorso simile a quello che mi ha fatto Sonia prima, si vede che è stata addestrata da lui.

"E fa male... - esito, sofferente, il mio cuore perde un battito. So dove voglio andare a parare, ma fa male la sola volontà di pronunciarlo - Avere una persona, che non è più quella di allora, lì, davanti ai tuoi occhi, costantemente, senza poter recuperare ciò che siete stati?!"

Milo deve capire a chi mi sto riferendo, la sua espressione si addolcisce mentre, senza avvertirmi, mi riconduce tra le sue braccia, trattenendomi lì per un po', il tempo per farmi acquietare un minimo, perché avevo preso a tremare.

"Questo è estremamente soggettivo, Marta! Meglio perdere per sempre la persona che ami, non vederla mai più, ricostruirsi una propria vita, o avercela ancora, ben sapendo che non sarà mai più come prima, compreso il rapporto che avevate tra voi?"

"Io..."

"Marta - il suo tono si è fatto grave, mi guarda negli occhi nel chiamarmi con quel particolare tono che non saprei decifrare correttamente - Perdonami la domanda diretta, ma te lo devo comunque chiedere: hai scelto Camus per dovere nei suoi confronti? Perché... lui, tra te e Seraphina, ha deciso di salvare te?"

Sussulto alla domanda diretta, che mi conferma pienamente il sentore di prima, ovvero che Milo sa tutto, perfino chi sia stata io in un'altra vita.

"...oppure lo hai scelto perché..."

"Lui è la persona più importante della mia vita, non... Dègel!!!" lo interrompo di getto, sbalordendolo.

Mi rendo conto appena di quello che ho pronunciato, e solo dopo pochi, necessari, secondi. Cerco di nascondermi come posso sotto la frangia, sotto la mano che trattiene ancora la testa, che altrimenti si piegherebbe in avanti, vinta. Devo socchiudere disperatamente gli occhi per evitare di piangere davanti a lui. Mi sento... così spregevole!

"E'... è davvero così! - ammetto con non poca fatica, ingoiando a vuoto - A-anche se è tutto sbagliato, a-anche se sono un mostro a pensarlo, ma... è Camus la persona più importante della mia vita!"

"E perché dovresti essere un mostro?"

"Perché Dégel non lo merita; non merita di... sigh! - mi scappa un singhiozzo, lo lascio andare, trattenendo però i seguenti - E' la persona che ami q-quella che dovrebbe essere il basamento centrale della tua vita..."

"E chi lo ha enunciato, questo? Anzi, chi ti dice che ce ne sia solo una?"

Lo osservo sbigottita, a corto di fiato e parole.

"Ho amato, amo tutt'ora e, forse, amerò anche in futuro... ma non sacrificherei mai Camus per niente e nessuno. E'... lo è anche per me, Marta! - momenti di silenzio, lo vedo alzare lo sguardo al soffitto per poi riabbassarlo - La persona più importante della mia vita!"

Sorrido di riflesso, un poco più tranquilla: "Lo so, lo è anche per Cardia, Dègel, intendo... la vostra amicizia è eterna!"

"Allora io e te siamo entrambi dei mostri, tu che dici?!" mi fa l'occhiolino, mettendosi poi a ridere, una vera e propria panacea per le mie orecchie.

"Io, però, non sono riuscita a proteggerlo, Milo, ho infranto la nostra promessa l'ho fatto solo soffrire, e... e adesso, per colpa della mia scelta, anche Dègel è... condannato!"

"Questo me lo stavi dicendo anche prima, Marta, ma è fondamentalmente sbagliato!"

"E-eh?!" chiedo, allibita.

“Entrambe le tue affermazioni! - mi accontenta placido, facendosi più serio di prima - Non stai uccidendo Dègel e non è vero che non hai mantenuto la promessa, mi pare anzi che Camus sia vivo grazie a te!"

"S-sì, ma..."

"Smettila, come lui, di darti colpe che non ti competono... vi distruggono, lo capisci? Tuo fratello ha già subito su di sé l'immenso peso di tutto questo, tu non devi ripeterei suoi errori!"

"Lo ha subito... perché io non sono stata in grado di capirlo!"

"Lo ha subito perché lui stesso non è stato in grado di farsi capire, continuando ottusamente a perseverare da solo!" mi corregge, dandomi un pizzicotto sulla guancia come a ridestarmi dalla tormenta che mi sta avvolgendo.

“Io... non voglio più che lui si ritrovi da solo contro questo mostro! - biascico, scrollando la testa - non voglio più... perderlo, come è successo con Dègel!"

"Non lo voglio neanch'io, Marta..."

“A-allora facciamoci una nuova promessa... - propongo, ricercando il suo sguardo, che si imprime nel mio - Non sarà più solo, qualunque cosa accada, chi di noi due scoprirà qualcosa su quello che sta passando in un dato momento della sua vita, lo rivelerà all'altro. Faremo fronte comune, se lui non vorrà prendere la nostra mano, perché troppo orgoglioso, saremo noi ad acciuffarlo, per... non farlo scivolare giù... ti prego!"

"Marta..."

"Promettimelo, Milo! Solo così il sacrificio di Dègel non sarà stato vano e... D-Dègel!" non riesco a proseguire, mi chiudo istintivamente nel pronunciare il suo nome, nascondendomi il viso con le mani e strizzando disperatamente le palpebre.

Non sto uccidendo Dégel... non lo sto uccidendo... come posso convincermi di questo?! Non riesco quasi a respirare, da quanto mi si sia occlusa la trachea! La verità, la sola, è che io avrei voluto salvarli entrambi, ENTRAMBI!!!

Lo Scorpione non parla, non subito, prima mi abbraccia, forte, come avrebbe potuto fare Cardia, come avrebbe certamente fatto anche mio fratello. Riprendo lentamente a respirare correttamente.

"M-Milo..."

"Va bene, Marta, te lo prometto: qualunque cosa succeda da qui in avanti, Camus non sarà più solo!"

Mi sforzo di sorridere, rincuorata, annuendo a mia volta: "Te lo prometto anche io, farò di tutto... perché non accada mai più una cosa simile!"

 

*********************

29 Agosto 1741, sera.

 

“Martaaaa!!!”

“MA CHE CAV...!!!” grido, saltando letteralmente giù dal letto per lo spavento.

Purtroppo i riflessi ancora intorpiditi dal sonno non mi permettono di rimanere in piedi, facendomi invece picchiare contro il comodino e finire malamente a terra, stesa lunga e prona. Un moto confusionario si dilaga nella mia mente, le immagini del sogno corrono sfumate, dileguandosi poi in qualche anfratto del mio cervello. Mi rendo appena conto di non essermi più alzata dalpavimento, di non aver opposto neanche una valida resistenza, tanto è stato immediato il trambusto che mi è piombato addosso.

Mi guardo stordita intorno, cercando l'origine di quell'improvviso tornado che mi ha investito e travolto, trovandolo nella figura di Michela che si sbraccia come una pazza isterica nel tentativo di attirare la mia attenzione.

“Ops, scusami!!!” urla lei, accorgendosi della mia occhiata obliqua per poi saltare subito sul MIO letto in preda ad una gioia quasi isterica. Lo stesso faceva quando era più piccola e doveva darmi una bella notizia, tipo una sufficienza in matematica, ma la differenza di peso tra la lei del passato e quella attuale è nettamente diversa, se continua così...

“Michela, mi sfasci il letto se continui così, inoltre...”

CRAACK!

“Ecco come non detto... - biascico, alzandomi faticosamente in piedi e osservando sconsolata l'operato della mia amica - E' stato bello passare queste notte con te letto, ora ADDIO!” ironizzo, sospirando pesantemente.

“OOOPS... SCUSA, MARTA!” ripete Michela, saltando giù dai resti del mio giaciglio ma continuando a muoversi a destra e sinistra neanche l'avesse morsa una tarantola.

“Fa niente... intanto sono solo tre giorni, forse di più, che non dormo!” rispondo, seccata, sfregandomi gli occhi per poi stendermi, senza ulteriori cerimonie, sul pavimento sopra il tappeto. Posiziono i gomiti in modo da avere un sostegno, le ginocchia si piegano naturalmente verso il ventre in posizione quasi fetale. Rabbrividisco un poco dal freddo, non ne posso fare a meno, perché, almeno le sere, qui in Grecia, si sono fatte ben più fresche, sancendo la fine dell'estate. Non è un luogo assolutamente comodo, certo, ma sono talmente allo stremo che pure il marmo mi andrebbe bene per chiudere un po' gli occhi e riposare.

Richiamo a me le tenebre del sonno. Forse, se sono fortunata, il sogno ricomincerà da dove l'ho lasciato...

“MARTAAA!!!” ulula ancora Michela, venendomi nuovamente addosso con il suo non proprio dolce peso, scrollandomi con forza inaudita.

Questo è veramente troppo e che cavolo! Ero appena riuscita ad addormentarmi, SONO STANCA, è troppo desiderare un po' di riposo?!

“Michela, ti sto per mandare al diavolo, ti avverto... Si può sapere cosa diavolo c'è?! Spero sia una motivazione valida, altrimenti...”

“Il Maestro Camus si è svegliato!!!”

Spalanco gli occhi al limite dell'umano possibile, trapassata da parte a parte da quel seguitare, breve, di parole che racchiudono tutto il mio mondo. Il mio cuore perde un battito, ma accelera immediatamente dopo, così come il fluire dei miei pensieri.

“COSAAAA?! MA IO TI HO SEMPRE VOLUTO BENE!!!” strepito, saltandole addosso a mia volta in preda all'euforia più pura. Il movimento mi provoca una fitta bilaterale al petto e al braccio, ma la gioia è talmente elevata da sopperire al resto.

“Che cambiamento! Poco fa non volevi mandarmi al diavolo?! Ahahahaha!” ridacchia Michela, aiutandomi ad alzare per poi improvvisare una giravolta in sincronia con me.

Completamente ubriache a causa della felicità, incominciamo a ballare e a saltellare per tutta la stanza, incurante di sbattere ovunque, urlare, dimenarci come se fossimo sotto effetto di stupefacenti: tutto il Santuario lo deve sapere!!!

Alla fine ci buttiamo insieme a terra, ridendo come due ebeti, il respiro corto, cortissimo. Torno lentamente in me, il sorriso sul mio volto si fa via via sempre più malinconico e stentato. Fortuna che la mia amica non lo nota, presa com'è a ridere, decisamente ben più capace di me a mantenersi su di giri.

“Posso... posso andare a trovarlo, secondo te?” le chiedo, un poco titubante, tanto che lei si gira verso di me e mi osserva come se non avesse capito bene la mia frase.

"Che... perché questa domanda, adesso?"

"Pensavo... forse non è il caso!" scrollo la testa, rimanendo a fissare il soffito.

"Marta... - il suo tono inaspettatamente si fa severo, cosa rara per lei - Non è che puoi, DEVI!"

"Ma io..."

“Francesca ed io siamo tornate ora, solo che lei è andata ad avvisare gli altri Cavalieri d'Oro, io mi sono recata qui. Il Nobile Sage ha insistito per visitarlo, ovviamente Camus non è ancora molto in sé, se l'è fatto fare, noi volevamo rimanere con lui, al suo fianco, ma il Grande Sacerdote era irremovibile..."

"Oh..."

"Ha detto che non impiegherà molto, di venirti a chiamare, che avrebbe giusto controllato il suo stato generale di salute, poi lo avrebbe lasciato in pace" mi illustra, alzandosi a sedere, il volto un poco oscurato dalla penombra della stanza.

Rimango ferma a fissare il soffito, o meglio, il vuoto, perché non sto guardando realmente niente, sento solo un gran disagio e... questa sensazione di inadeguatezza che non se ne vuole andare.

"...è stato il tuo nome..."

"E-eh?!" la frase di Michela, che odo appena, è come un fulmine a ciel sereno. La fisso, incredula, lei ricambia con un sorriso.

"La prima parola che ha pronunciato durante il risveglio, è stato il tuo nome. - mi delucida teneramente - Ti giuro, ha aperto gli occhi e ti ha chiamata, mi ha fatto una tenerezza assurda! Poi ha avvertito il movimento mio e di Francesca, che eravamo con lui in quel momento, ha sbattuto un po' le palpebre, come per metterci bene a fuoco, e ha biascicato qualcosa di molto simile a 'buongiorno, Michy, Fra...' ti giuro il cuore mi stava per scoppiare dall'emozione. Ci ha sorriso... con tutte le sue forze... è stato bellissimo!"

"Sì, lo è..." biascico, gli occhi lucidi. Il mio cuore automaticamente ha un tuffo più forte degli altri nell'immaginarmi la scena, mentre la forte volontà di rivedere mio fratello mi spinge ad alzarmi in piedi, malgrado la stanchezza. Le mie membra sono pesanti, ma il mio animo non può essere più leggero di così.

"Avrei voluto strapazzarlo di coccole, sai? Ero già pronta a saltargli addosso, ma Francesca me lo ha impedito, uffi, poi è arrivato il Nobile Sage" mi racconta ancora, un poco infastidita dall'essere stata bloccata prima che potesse agire.

“Forse è meglio così, Michy... devi dargli il tempo di rimettersi completamente in sesto, poi potrai abbracciarlo quanto vorrai!" provo a ravvivarle l'umore, sorridendo a mia volta.

"Oh, sì, la prossima volta non mi scappa, è una promessa, ihihi!"

Già, non scapperà più, non ci sfuggirà più, perché saremo tutti noi a proteggerlo!

“Tu invece cosa stai aspettando, Marta, un invito?! VAI DA LUI!" mi spintona amichevolmente lei, indicandomi la porta di uscita, Io rimango inavvertitamente basita, non sapendo se azionarmi o meno.

"Sono ordini del Nobile Sage, non puoi sottrarti!" mi cantilena lei, posando le mani sui fianchi.

"Ma io..."

"Non vuoi obbedire al Grande Sacerdote?! Buuuuuuh, buuuuuuh!!!" mi fa pure i cori da stadio con tanto di pollici inversi, come se avessi fallito un goal.

Il punto è che io andrei anche, smanio dalla voglia di rivederlo, ma... è come se fossi bloccata dalla vita in giù. Totalmente.

"Camus ha bisogno di rivederti, lo sai... vai da lui!" mi sprona ancora, affabile, regalandomi una nuova spintarella in avanti. Qualcosa dentro di me finalmente si smuove.

“I-io... g-grazie per avermi avvertita, corro subito, allora!” esclamo, grata, gli occhi nuovamente lucidi, prima di scattare nel bandire ogni più piccola incertezza residua.

Nel giro di pochi minuti raggiungo il tredicesimo tempio e così la camera dove riposa mio fratello. Ingoio a vuoto, emozionata come non mai. Non ho ancora idea di come comportarmi con lui, non dopo tutto ciò che è successo fra noi e le ultime visioni. Prendersi cura di lui in questi giorni è stato più che naturale, mi emoziono alla sola idea di rivederlo, ma parallelamente ho una paura atroce di dire o fare qualcosa di sbagliato.

Un nodo mi si stinge nel petto, l'ossigeno sembra farsi più rarefatto mentre, quasi come in un sogno, spingo la porta che mi divide dalla fatidica stanza.

Ed eccolo lì il mio caro fratellino!

Vedo chiaramente avanti a me la sua figura, parzialmente coperta dal lenzuolo, avvolta delicatamente dai raggi rossicci dell'ultimo sole del giorno. La sua pelle, esattamente come la luna, sembra assorbire su di sé tali raggi, rendendo così la cute, ancora tremendamente diafana, di un color rosato tenue.

“C-Ca... - il primo tentativo di chiamarlo languisce nel vuoto - ...mus!"

Nessuna risposta...

"C-Camus!" il secondo tentativo va un poco meglio, ma la sua reazione continua a non arrivare.

Probabilmente si deve essere riaddormentato dopo la visita, Michela mi aveva detto che non era ancora molto in sé...

Sospiro tra me e me, passando larga rispetto al letto, perdendomi comunque ad osservarlo con apprensione. Ha gli occhi chiusi e respira profondamente, il lenzuolo gli copre l'addome, ma i piedi sono fuori, esposti fino alle caviglie, come se avesse avuto caldo e avesse provato a scoprirsi, salvo poi fermarsi perché troppo sfinito. Anche il braccio sinistro, pieno di lividi, è fuori, adagiato mollemente sulla coperta. Nei giorni precedenti ho dovuto eseguire più di una iniezione, i segni di tale intervento sono ancora lì, sembrano quasi indelebili, stampati a macchia sulla sua cute. Ancora una volta.

Mi costringo infine a guardare oltre, verso la finestra, che nel frattempo ho raggiunto, spalancandola per far passare un po' d'aria pulita. A lui piace così tanto la brezza leggera, spero possa percepirla e trarne giovamento.

Non è davvero il caso di svegliarlo se si è riaddormentato, anche se adesso come non mai desidererei sentire ancora la sua voce soave con quella leggerissima patina francese che caratterizza il suo linguaggio; percepire nuovamente il suo tocco delicato accarezzarmi la testa, facendomi sentire tutta la sua vicinanza. Mi sembrano passati anni luce dal nostro ultimo incontro, forse è stato davvero così, complice il viaggio nel tempo, ma stranamente proprio adesso mi sento vacillare, non sapendo più cosa fare.

L'arietta fresca della sera mi smuove i capelli, permettendomi di prendere una boccata d'aria; la prima vera boccata d'aria da quando siamo tornati. Neanche sotto l'attacco di quel negromante mi sono sentita così stordita, spaventata, paralizzata... ed è assurdo che proprio ora io crolli così! Ho come la sensazione di essere stata immersa per tanto, tantissimo, tempo, e che solo ora, finalmente, sia riuscita a riemergere. La sensazione che ne deriva è talmente estraniante da confondermi ancora di più: non sono più un grado di respirare da sola, o cosa?! Faticosamente torno a concentrami sullo spettacolo davanti ai miei occhi. Così rosso. Così vivido.

“E'... è davvero meraviglioso! Questo colore, queste forme... mi sembra quasi di vederle per la prima volta!” dico tra me e me, completamente rapita da uno spettacolo apparentemente comune. Il tramonto, in sé, non ha nulla di particolare, l'assenza delle nuvole lo rende anonimo, ma davvero, e di nuovo, è come se lo scorgessi per la prima volta in vita mia, come se tutto... lentamente... ricominciasse a scorrere.

“Sì, è merav-iglioso, anf, così come quest'aria fresca... a contatto con la mia pelle, d-dopo che per così tanto tempo s-sono rimasto... i-incosciente!”

Sussulto pesantemente, iniziando a tremare per l'emozione. Riconoscerei quella voce tra mille, ma... proprio come l'ossigeno, proprio come il tramonto, mi ritrovo ammutolita alla sua manifestazione. E, di nuovo, per la terza volta, la sensazione che ne deriva è estraniante.

“F-fratellino...” biascico appena, dimenticandomi quasi di respirare.

Poi mi giro lentamente in direzione della sua voce, tremando visibilmente per paura che tutto possa sfumare in un'istante come in un sogno sfuggevole.

Ma Camus è ben nitido davanti a me, il suo sguardo rassicurante è fisso sulla mia figura.

“Sì, piccola mia, anf, sono felice... urgh, di rivederti” riesce a biascicare faticosamente, mentre le sue labbra si stendono in un sorriso terribilmente stanco, ma altrettanto dolce.

E' così stremato... la sua voce si percepisce appena, ed è già in affanno dopo aver pronunciato poche, semplici, parole, ma mi sorride, con tutte le sue forze, mi si scioglie il cuore al solo rivederlo.

Sospiro, ingoiando a vuoto, dirigendomi a passi lenti verso di lui. Vorrei urlare dalla gioia e abbracciarlo con tutte le forze che possiedo, ma non faccio niente di tutto ciò, pienamente consapevole della sua debolezza fisica e psicologica: come contro il Mago, è il mio turno di dimostrarmi forte. Mai come ora appare così fragile ai miei occhi, nonostante abbia vinto la battaglia più importante della sua vita.

Anche le lacrime vorrebbero finalmente trovare uno sbocco e riaffiorare, vinte da una pressione troppo forte. Malgrado ciò, nel breve spostamento per coprire la distanza dalla finestra al letto -un vero e proprio viaggio secondo la mia percezione!- il mio sguardo, seppur lucido, non fa trapelare alcunché.

“C-Camus, s-sai cosa hai rischiato? Hai agito da solo, senza rivelare niente a nessuno, al di là di Francesca di cui evidentemente ti fidavi ciecamente. Come pensi che mi sia sentita?! Avrei così tanto da chiederti, fratellino!” balbetto, inginocchiandomi al suo fianco per poi appoggiare la testa sul bordo del materasso.

Vorrei anche solo toccarlo, ristabilire un contatto, non riesco. Chiudo le palpebre, serrando le labbra per non emettere alcun suono: non voglio più piangere, me lo sono ripetuto più volte, eppure ne sento così il bisogno, maledizione! Perché, dopo tutto quello che è successo, sto crollando proprio ora, perché mi sento così debole e indifesa, quando invece vorrei apparire forte e temeraria davanti a lui?!

Mentre lotto aspramente con il bruciore che sento permearmi il contorno occhi, avverto con distinzione la mano di Camus posarsi sulla mia testa e accarezzarmi dolcemente i capelli come solo lui sa fare, stabilendo lui un contatto che, ormai, non credevo più di poter provare. L'emozione che ne deriva accelera il mio respiro, fa... quasi male!

“V-vuoi giustamente delle spiegazioni, piccola mia, ed io te le devo p-per quello che ti ho... fatto passare... anf, m-ma ti prego, anf, anf, n-non adesso, Mart... urgh, n-non adesso! S-sono... troppo stanco per p-parlare d-di questo!” mi dice faticosamente con voce roca, raschiandosi atrocemente la gola per cercare di essere più chiaro possibile.

Alzo lo sguardo, incrociandolo con il suo infinitamente stremato. E' ancora sudato e probabilmente ha ancora la febbre, fatico a scorgere la consueta luminosità dei suoi occhi. Le labbra sono secche e screpolate, il respiro corto, eppure continua a sorridermi con infinita dolcezza, la sua mano ancora posata sulla mia testa, l'indice e il medio giocherellano con uno dei miei ciuffi, il pollice invece mi solletica lo zigomo.

“Camus, hai sacrificato tutto per salvarmi... tut-tutte le tue scelte sono state fatte allo scopo di proteggermi, ed io... io ti ho detto quelle parole terribili. Non è vero che ti odio, tutt'altro!” affermo, posandogli di riflesso la mano tremante sul petto.

Come immaginavo, la sua pelle è ancora calda, le ferite, seppur finalmente richiuse dopo i trattamenti dei giorni scorsi, sono ancora fresche. A giudicare dalla smorfia comparsa sul suo volto, devono dolergli alquanto.

“L-lo so, non c'è bisogno di dir-melo, urgh. N-non ho mai pensato, neanche per un istante, anf, c-che tu mi odiassi, ma... e-eri arrabbiata per quello che avevi sentito e hai r-reagito. Ho... sbagliato io!” proferisce, sollevandosi un poco sui gomiti per passarmi meglio il braccio vicino intorno alle spalle in un tentativo di abbraccio.

Il desiderio di toccarmi, dopo quello che ha vissuto, è intenso, purtroppo però le forze non sono sufficienti per sostenerlo e, poco dopo, è costretto a sdraiarsi di nuovo, il respiro ancora più corto e il petto ansante.

"Non affaticarti ulteriormente... sono qui, avremo tempo per riabbracciarci quando starai meglio!"

"Riab... cough, cough!" prova a dirmi, ma la sua voce si strozza in seguito ad una tosse violenta.

Ingoio a vuoto, ritrovandomi nuovamente spaurita per la sua sofferenza ancora così tangibile. Parlare e fare sforzi non gli fa bene, il suo respiro arriva frenetico all'addome, che si gonfia e sgonfia con movimenti rapidi e del tutto innaturali. La sua espressione quasi disperata nel non riuscire a comunicare come vorrebbe, mi frantuma l'anima, spingendomi a cullarlo con movimenti circolari sul capo, tra i capelli, che sembrano piacergli particolarmente.

"Mar-ta, anf."

"Stai tranquillo, riposa..." ripeto in un bisbiglio, tenendogli dolcemente la mano destra tra le mie dita.

"Ma..."

"Riposa." insisto, cercando di tranquillizzarlo

Lui annuisce, gli occhi lucidi, nel ricambiare la stretta, anche se con estrema difficoltà. Inizio quindi a carezzargli il dorso con gli stessi movimenti lenti e delicati. Ben presto lo vedo cedere, cadendo passo passo in un sonno sempre più profondo, al punto da credere che si risveglierà solo domani mattina. Tuttavia, pochi minuti dopo, si sveglia in un sobbalzo, come se qualcosa -qualcuno!- lo avesse improvvisamente ghermito.

Il suo sguardo terrorizzato naviga brumoso per tutta la stanza, devo aumentare la stretta sulla sua mano per farlo riprendere.

"Marta!"

"Va tutto bene, sono qua. Che succede?"

Lui esita, per un secondo sembra intenzionato a parlare, ma poi, tornando sul cuscino, succhiude stancamente gli occhi.

"N-niente."

Ha recuperato un po' di voce, ma ancora non è sufficiente. Butto fuori aria, nervosa, accarezzandogli con l'altra mano alcuni ciuffi di capelli cobalto umidi sulla fronte sudata.

"Dormi." riprovo, tenue, ottenendo però un netto rifiuto che mi porta a comprendere le ragioni della sua ritrosia.

"Non... riesco, anf!"

"Cosa posso fare... per farti stare meglio?" gli chiedo, lo strazio nel cuore nell'assistere alle sue condizioni.

"L-lo stai già facendo, anf... - mi dice, stremato, socchiudendo gli occhi per poi riaprirli a fatica - Puoi... puoi parlar-mi ancora un po'? M-mi piace molto s-sentire l-la tua... voce."

Arrossisco, distogliendo, imbarazzata lo sguardo. Questa è, in assoluto, la prima volta che mi rivela una simile cosa, soprattutto con così tanta spontaneità. Deve essere atroce quello che gli ha fatto provare quel verme, forse ben più di quanto io possa aver immaginato. Decido di continuare a parlare per distrarlo.

“Perdonami se non sono riuscita a capire tutta la sofferenza dilaniante che era celata dietro il tuo sguardo. Tu mi imploravi un tacito aiuto, ed io non sono riuscita a comprenderlo! A-avevi bisogno di me, di un sostegno, ed i-invece...nnnh!” niente da fare, il mio tono si è incrinato troppo, sono obbligata a fermarmi un attimo.

Prendo ampie boccate che riescono solo ad aumentare la mia voglia di lasciarmi andare, ma ancora resisto, anche se a fatica, ancora reggo. Avrò tempo dopo, nella mia camera, per scoppiare.

“N-non potevi capirlo... in alcun modo... non fartene cruccio, anf. A-appena avrò le forze sufficienti per farlo, ti spiegherò tutto, è una promessa!” dice ancora lui, sospirando a sua volta per poi chiudere nuovamente gli occhi. Il suo corpo palpita nel pronunciare queste poche parole, spingendomi a prendere posto al suo fianco, sul bordo letto, per accarezzargli meglio i capelli e le guance.

Sei ancora così debole e provato... continuo a provare questa immensa paura di perderti. Sei... sei davvero fuori pericolo, adesso? Sono riuscita a salvarti?

Ingoio nuovamente a vuoto, continuando a coccolarlo e fargli sentire la mia presenza come meglio posso. Forse adesso riuscirà a prendere sonno... ne ha così bisogno!

Rimango indecisa se rimanere ancora un po' con lui o chiedere il cambio a Dègel e Sonia, ma nello stesso istante in cui sto per alzarmi, lui riapre ottusamente gli occhi, indomito, per nulla arrendevole alla stanchezza. Sono già pronta a strigliarlo e imporgli di riposare anche a costo di dargli una botta in testa a fin di bene, ma la sua espressione nella mia, così cristallina, limpida, mi mozza il respiro per l'intensità.

“Ti ho... percepita in quei momenti, sai? P-posso... percepirti sempre, piccola.“

Rimango basita a guardarlo, mentre le sue labbra si stirano in un altro stentatissimo sorriso, ma altrettanto dolce. Quei suoi occhi così pieni, anche se logorati, mi abbracciano e mi riscaldano in maniera del tutto naturale. Se solo penso... se solo penso alle condizioni in cui versava durante l'attacco del Mago, alle sue orbite vuote, spalancante in quell'espressione atroce. No, non... non reggerei più a vederlo così!

“Deve essere stato... t-tre giorni fa, lo ricordo distintamente anche se stavo molto male a causa dell'intervento del Mago. E-ero, anf, sul punto di arrendermi, ma... cough! Cough!” proferisce in tono tremante, ma poco dopo è costretto a fermarsi, colto da una sequela di colpi di tosse piuttosto potenti.

Si volta dolorante dall'altra parte, coprendosi alla ben meglio la bocca con una mano nel cercare di celare il suo malessere, almeno finché non lo accarezzo nuovamente, attirando così la sua attenzione.

“Camus, santo cielo, non parlare ora, avremo tutto il tempo dopo per...”

“Anf, no, Marta, ho bisogno di dirtelo ora... è importante per me, anf.”

"Non puoi, Cam, non ne hai le energie, vedi?! Sei stato ad un passo dalla morte, ed io... io ho ancora una paura folle di perderti! - strabuzzo gli occhi, mi mordo il labbro inferiore. Non. Devo. Piangere. Dannazione. - Riposa adesso! Io sono qui, sarò qui anche al tuo risveglio, se lo vorrai, te lo prometto!"

"Ho... ho bisogno di par-larti ora, anf, n-non voglio più... perdere tempo... P-per favore, consentimelo!"

Sospiro rassegnata, capendo che è inutile impedirglielo, visto che lo desidera così tanto. Testone davvero. Un mulo.

"Tanto anche se te lo impedissi tu ti incaponiresti, non è forse così?! - ridacchio, ottenendo il suo cenno di assenso, prima di tornare a carezzargli i suoi folti capelli - E allora non ho alcuna alternativa! Vai pure... ti ascolto!"

“V-volevo dirti semplicemente 'grazie'... - riprende dopo un po', ricercando goffamente la mia mano per stringerla nuovamente tra le sue – Q-quando stavo per ar-rendermi, ho sentito il tuo cosmo avvolgermi delicatamente, sussurrandomi, anzi, gridandomi di non cedere! Non mi hai lasciato nemmeno in quel momento e s-sei stata, anf, al mio fianco per tutti i giorni successivi. G-grazie veramente, i-io...”

“Era questo che volevi dirmi? - gli domando con dolcezza, intenerita dal suo dare così tanta importanza a questa cosa - Avevo promesso che ti avrei protetto a qualsiasi costo, ricordi?” gli sussurro, chinandomi verso di lui per baciargli la fronte ancora calda e sudata.

"E-era come a-affogare, n-non riuscivo più a respirare, Marta, anf, i-in quel..." sgrana gli occhi nel ricordare quei momenti, ogni fibra del suo corpo si irrigidisce, spingendo me a sfiorargli la curva del volto per riscuoterlo. E' comprensibilmente traumatizzato.

"Camus, ci sarà tempo dopo per questo, adesso non devi rammentare nulla, pensa solo a riposare... riposa, fratellino!"

Devo usare tutta la mia forza di volontà per mantenere un tono di voce dolce e rassicurante. In realtà, al solo vederlo ridotto così, la rabbia più cieca mi investe. Fatico a trattenermi, in testa il desiderio spasmodico di fargliela pagare al Mago pe tutto quello che gli ha fatto. Gli accarezzo l'ovale perlato del viso nel cercare di calmarlo.

Il mio tocco riesce fortunatamente a ridestarlo, torna a guardarmi, nuovamente presente, sebbene permanga ad essere teso. Faccio quindi per rimboccargli meglio le coperte, ma lui, con un gesto della mano, mi fa capire di non aver ancora finito il suo monologo. Vuole continuare il dialogo?! Che zuccone, accidenti! Cosa dovrei fare? Camus! Camus! Camus! Mi fai tribolare così, non ti rendi conto di essere allo stremo?! Perché devi essere così assurdamente ottuso, certe volte?

“Sei stata... come la speranza e la luce che mi hanno guidato in quei momento così difficili, anf. L-la mia... piccola, anf, preziosissima, lucciola! - continua imperterrito lui, mostrandomi la parte più emotiva e delicata di lui come mai aveva fatto finora - Marta, forse te l'ho detto t-troppe poche volte, meno di quante ne merite-resti, ma... ugh, per me... tu sei, anf, più importante... di ogni altra cosa!"

Rimango fisso a guardarlo, gli occhi mi punzecchiano fastidiosamente e la rabbia si è dileguata in un istante. Il groppo in gola, che credevo di aver sconfitto, si è riformato e ora... cerca di palesarsi fuori! Allineo le labbra per impedirglielo. Sono al limite, lo sento... e lui prosegue nel suo discorso.

"R-ricordatelo sempre, p-perché, anche se non te lo dico spesso, sei... questo per me, l-la mia... luce... persino nelle t-tenebre più fitte!”

Mi posa maldestramente la mano sulla gamba, mentre discosta istintivamente lo sguardo. Non riesce a guardarmi in faccia mentre lo dice, tanto è l'imbarazzo, deve dirigere gli occhi altrove, alla parete ancora parzialmente arrossata dal tramonto.

Da parte mia, diventa tutto sfumato, ovattato, all'infuori del calore che si irradia nel mio petto, dove la mano di mio fratello è ancora teneramente posata. Automaticamente cessa anche la mia -vana!- resistenza al pianto, che si rompe nell'esatto momento in cui due lacrime capricciose fuoriescono dai miei occhi stanchi. Lui deve percepirle in qualche modo, perché si volta nuovamente nella mia direzione.

Dopo le sue parole, è tutto un fluire di sentimenti vari e travolgenti. Ho perso irrimediabilmente il controllo, non sarà facile fermarmi... anzi, che dico, devo farlo, malgrado percepisca il viso solcato dal pianto, che ormai ha rotto gli argini. Eppure so... so fin troppo bene che a mio fratello questo liquido immondo non piace per niente; so fin troppo bene che abbiamo vinto, insieme, come so perfettamente che siamo una la persona più importante dell'altro, eppure udirlo con queste mie orecchie, dopo il pericolo passato, il dolore, mi provoca una reazione incontrollabile, che non sono più in grado di trattenere.

"Mar-ta... anf, l-le lacr-ime, non..."

“I-io non so cosa sto facendo! - mi sento in dovere di tentare di spiegare - M-mi ero ripromessa di essere forte, e invece... invece non riesco più a fermarmi. Mi sembra solo... m-mi sembra solo di e-essere stata sott'acqua per un'eternità, dosando l'ossigeno per non morire, e continuare così a resistere per andare avanti, avanti e ancora avanti, io... volevo salvarti, fratellino, volevo tornare a galla, con te, e..."

"E ci sei riuscita, piccola, per questo non... devi cercare di non piang..."

"MA E' PROPRIO ADESSO CHE IO... sigh! N-non ce la faccio Cam, ora che sei qui, cosciente, che r-respiri senza b-bisogno di aiuto, e che... c-ce l'abbiamo fatta, io e te, lo abbiamo... sconfitto! - è la mia espressione a incrinarsi prima del mio tono, ho appena il tempo di accorgermene, prima del collasso - Perdonami, Camus, volevo dimostrarti quanto fossi cresciuta e diventata forte, invece... invece... nnnnnnnngh!" la mia ultima resistenza crolla, tramutandosi in un vero e proprio pianto liberatorio che si diffonde all'intera stanza.

Percepisco il suo sussulto, le molle del letto cigolano, assecondando un movimento che io tuttavia non riesco più a vedere perché ho gli occhi serrati. Poi avviene. Mi sento avvolgere delicatamente dalle sue braccia. Con estrema fatica, riesce a condurmi già, a sé, per stringermi forte contro il suo petto.

Trema lui e tremo io. Il fiato mi si mozza, gli occhi si spalancano increduli. Il suo respiro aumenta per lo sforzo. Il mio lo segue. Passano secondi, forse minuti, di silenzio; passano tacitamente pensieri ed emozioni, finché...

“Lo sei forte, Marta, anf... lo sei, hai capito? Ora sei semplicemente esausta, p-per questo reagisci così. Hai temuto per la mia sorte e hai combattuto per salvarmi, io... senza di te sarei stato perso! - usa un particolare accento di dolcezza con me, mentre, tenendomi sempre con il braccio destro, mi carezza dolcemente il profilo con il pollice, tra l'orecchio e il collo - Mi hai sentito, piccola mia? E' tutto finito adesso, tu, Michela, Francesca e Sonia mi avete riscattato dalle tenebre... siete la mia famiglia, anf, anche questo suppongo di avervelo detto raramente, se non mai. Anf, anf... siete unicamente voi la ragione che mi spinge a lottare, siete voi la speranza del futuro e, infine, siete sempre voi ciò che più amo e che desidero proteggere!”

"Sigh...sigh!" vorrei dire qualcosa di più utile, esprimermi, parlare, ma riesco solo a singhiozzare, come se qualcosa mi ostruisse la gola.

"Shhhh, calmati... calmati, mia piccola guerriera, è tutto finito, adesso! Anche tu... anche tu sei stata bravissima, sai?"

Ingoio a vuoto, il mio respiro si fa ancora più irregolare nel rendermi conto che sta usando le mie stesse parole quando era lui a stare male. Mi ha... davvero percepito, mentre mi prendevo cura di lui, ciò mi fa sciogliere ancora di più in un pianto irrefrenabile, vinta da quell'onda anomala di emozioni che, stante le mie condizioni fisiche e psichiche, sembra quasi insostenibile da reggere. Camus si deve rendere conto del mio malessere, della mia difficoltà a ricondurre la respirazione ad un livello normale, perché, sistemandomi meglio contro di sé, all'altezza del suo cuore, mi massaggia la nuca con le lunghe dita eleganti della mano sinistra.

Mi aggrappo di riflesso al braccio con il quale mi sta ancora stringendo a sé, gli occhi serrati che tuttavia non frenano le lacrime. Data la posizione, io non lo vedo in faccia e lui neanche, ma tutto passa tra noi come se fossimo una cosa sola.

“P-però... reagire così non ti fa bene, anf, inspira, senti l'aria dentro di te, nei polmoni, conducila giù, prima di farla risalire, anf, anf. - mi consiglia, prima di prendere una pausa per recuperare fiato - Così brava. Sono qui, puoi percepirmi. Adesso è... t-tutto finito!"

"C-Cam..."

"Calmati. Hai detto di volermi dimostrare quanto sei c-cresciuta e d-diventata forte, giusto, anf? Quindi asciugati le lacrime che fanno arrossare i tuoi occhietti già tremendamente stanchi e controlla anche i tuoi singhiozzi. S-sono vivo, forse ancora un po' malconcio, ma il peggio è passato. Starò presto meglio, te lo prometto, però ora smetti di piangere. Fa male, anf... vederti così."

Questa volta riesco lentamente a tranquillizzarmi nel desiderio di accontentarlo. Mi scosto un po' per riuscire a guardarlo in faccia, pur rimanendo ancora appoggiata al letto per diversi secondi. Lo vedo farmi un cenno di assenso, soddisfatto, asciugarmi le guance con i due pollici, prima di liberarmi, sfinito, dalla stretta e cercare di tornare anche lui ad una respirazione normale.

Ancora una volta è stato lui a rassicurare me, nonostante la situazione in cui si trova, nonostante sia stato ad un passo dalla morte e quel mostro gli abbia dilaniato l'anima ben più profondamente di quanto abbia fatto con il suo corpo. Stringo le mani a pugno a quest'ultimo pensiero. Riesce così agilmente a confortarmi con la sua sola presenza... riuscirò mai ad essere lo stesso sostegno per lui? Riuscirò mai a proteggerti, fratellino?

“G-grazie per le parole e i gesti, Cam, ti voglio... bene!” biascico, sforzandomi di sorridere per poi aiutarlo a sistemarsi meglio sul letto, perché da solo non ce la fa. Nel ricondurlo rimboccargli le coperte, la mia mano gli sfiora involontariamente le ferite impresse sul lato sinistro del suo petto, portandolo a sussultare pesantemente.

"S-scusami, non volevo!"

"N-no, n-non ti preoc-cupare, anf è solo che... uff!" parla nuovamente con un filo di voce, lo vedo serrare dolorosamente le palpebre e la mascella, rimproverandosi la debolezza.

"Ehi! Ora però sei tu che devi stare tranquillo, non essere il solito che predica bene e razzola male!" tento di alleggerire la tensione, alzandogli un poco i ciuffi della fronte in una nuova manifestazione di tenerezza. Rimango con la mano un po' lì, tra i capelli, che sembrano cespetti di erba che nascono dal terreno, e mi dico ancora una volta quanto io sia fortunata ad averlo al mio fianco.

Mi sei così caro... se penso che ti conosco solo da pochi mesi, che prima ero spersa, non mi fidavo dei maschi, che faticavo non poco a stringere legami con gli altri... io che ho sempre desiderato un fratello maggiore, che ho sofferto la mancanza di non avere una figura maschile che mi confortasse, perché mio nonno, per quanto gli volessi un bene dell'anima, era troppo rude per me, a lungo non ci siamo capiti. E poi... e poi scopro che esisti davvero, che non sono mai stata veramente sola, che sei qui, vicino a me, sei diventato il basamento centrale della mia vita.

“Marta... - mi richiama di nuovo, gli occhi lucidi, l'espressione di chi vorrebbe dire tanto, ma non ci riesce - A-anche io t-ti... urgh!"

Ma io lo fermo, negando col capo nel capire che fa davvero fatica a pronunciare le fatidiche parole: "Lo so, non c'è bisogno che tu me lo dica, l'ho... sempre saputo!" lo rassicuro, perché so quanto sia difficile per lui manifestare le sue emozioni, sebbene ne sia profuso.

Annuisce meccanicamente, ma la sua è una gestualità profondamente triste, la riesco ad avvertire, come se si sentisse in colpa, ancora una volta, a non dirmelo. Ma ci sarà tempo, avremo tempo, per tutto. Per stare insieme. Per vivere. Perché questo è il mondo che ho scelto; un mondo in cui Camus vive, e Dègel... Dégel!

Sto di nuovo per crollare a questa consapevolezza, ma un movimento brusco di mio fratello mi riscuote.

Dopo aver sprofondato la testa nel cuscino, infatti, prende a sbuffare, scostandosi le coperte dal petto con stizza. Automaticamente l'occhio mi cade nuovamente sul suo torace scoperto. Oltre ai tre tagli in via di rimarginazione, sono presenti dei segni arrossati sotto alle ascelle, come delle specie di ulcere: i residui dei bubboni della peste che hanno l'aria di tirare ancora e di far male, sebbene non più gonfi.

Mio fratello ha gli occhi ancora dolorosamente serrati, è molto sudato e sembra più stanco di prima, mentre, coniugando tutte le proprie forze, tenta di non grattarsi, sebbene ne abbia certamente lo stimolo.

Piccino... mi fa così tanta tenerezza!

“Ti fanno ancora così tanto male?” gli chiedo, guardandoli con circospezione. Occorre una nuova medicazione, ne sono più che sicura, eppure, ora che ha ripreso coscienza, non credo sia più facile come prima prendersene cura.

"E' per via del caldo... fa ancora così dan-natamente caldo qui in Grecia, seb-bene siamo ormai a fine agosto, anf, anf... mi sfregano, mi prudono, e sono ancora infiammati, sì!"

"E le tre lacerazioni?"

"Uff, quelle... temo che, semplicemente, per quanto da adesso in poi potranno cominciare lentamente a migliorare di aspetto, non se ne andranno mai del tutto. R-rimarranno come parte di me, anf."

"Cam..."

"Non devi angustiarti per questo... la cosa, di per sé, non mi dispiace: è il segno di essere riuscito a proteggerti q-quel giorno!” risponde lui, sorridendomi con tenerezza.

Rimango imbambolata a guardarlo, non riuscendo a condividere il suo pensiero così ottimistico e anzi sentendomi per la milionesima volta in colpa; proprio per questo decido di concentrarmi sull'unica cosa che, grazie al mio intervento, possa migliorare nell'immediato.

“I bubboni... abbiamo fatto del nostro meglio in questi giorni per cauterizzarli e ripulirli, ma sono ostici e non si arrendono..."

"L-lo so, anf..."

"Beh, non hanno ancora capito con chi hanno a che fare!” affermo, sforzandomi di apparire raggiante, chinandomi poi verso il letto. Non ci penso affatto ad una sua ipotetica reazione, complice il fatto che, nei giorni scorsi, era ormai diventata una specie di routine; semplicemente sono già per togliergli completamente di dosso il lenzuolo, ma lui, intuendo i miei pensieri, con un rapido movimento, mi blocca il polso, trattenendo così l'unica cosa che, al momento, gli impedisce di farsi vedere completamente nudo da me.

“Marta!!! Cough, cough... Non ho nulla che mi possa coprire là sotto, anf, non ho... - mi avverte, fermandosi tuttavia immediatamente nel testare sotto di sé qualcosa che lo deve sconvolgere fin nel profondo - Per Atena, cos'è questa roba?!" da una sbirciatina sotto il lenzuolo, impallidendo e poi arrossendo nel giro di neanche due secondi.

“Cam, cosa c'è che non va?” gli chiedo, quasi divertita dalla sua espressione corrucciata e dalle guance che ora sembrano tutte un fuoco. Sono lieta di rivedere quel colorito, i giorni scorsi è sempre stato così pallido...

“C-cosa c'è che non va, mi chiedi?! Mi hanno messo un... credo sia un prototipo del nostro moderno pannolino. Per gli dei celesti, è tremendamente imbarazzante! Mar-ta, anf, non guardarmi in questo stato pietoso, vai... chiama... anzi no, lascia perdere!” biascica, imbarazzato oltremisura, non volendo farsi vedere così da me, ma nemmeno da altri e rendendosi conto, suo malgrado, che non ha un'altra alternativa oltre queste due ipotesi.

So che non dovrei, ma istintivamente scoppio a ridere, sollevata nel constatare che, se si fa simili problemi, deve di certo stare molto meglio! Tuttavia il suo viso così arrossato provoca in me un moto di tenerezza, tanto da spingermi a tentare di rassicurarlo con gesti e carezze.

“Camus, lasciami dire che arrivi un po' tardi per questo! Sono stata al tuo fianco per tre gioni, ho già dovuto... ho già dovuto, per necessità, vedere là sotto, poiché alcuni bubboni si erano formati nella zona inguinale e dovevo scoppiarli. Inoltre non sono certo la sola ad averlo fatto, anche perché i bisogni fisiologici del corpo non si interrompono con l'incoscienza, solo che probabilmente, e fortunatamente, quando stavi male, non te ne sei reso totalmente conto... ma ci hai fatto penare non poco, credimi, tra cambiarti, rigirarti, lavarti, annessi e connessi..." affermo, regalandogli una espressione furbetta.

Avrei voluto e dovuto confortarlo, alleggerire l'atmosfera, ma le mie parole hanno solo il potere di farlo agitare, se possibile, ancora di più.

“I-io non... aaaah! - si è messo a tremare, per un istante ho il timore che si faccia prendere dalle convulsioni, stante la reazione spropositata del suo corpo, ma poi cede, quasi si accascia ulteriormente sul letto - N-no, no... ho percepito a-anche gli altri, invece, a-anche se era tutto c-così appannato. I-io... so cosa a-vete d-dovuto farmi, anf!" il suo tono di voce scende sensibilmente, quasi da sembrare un pigolio.

Il modo in cui pronuncia l'ultima frase fa accapponare, da tutta l'idea della violenza che lui ha sentito subire su di sé. Non avrei dovuto ironizzare su questo, accidenti!

"P-perdonami, so che lo avete fatto per me, anf... - la sua voce ritorna poco dopo, flebile; i suoi occhi però non mi guardano più, puntano all'angolo della stanza, ormai spento, perché il sole è calato. Vorrebbe nascondersi, lo percepisco, è tanto vulnerabile in questo momento - E' che non avrei mai voluto e-essere così patetico p-proprio davanti ai tuoi occhi!"

Abbasso la sguardo nell'avvertire tutto il suo disagio. Mio fratello, così orgoglioso com'è, non ha mai amato dipendere da qualcuno. Deve essere stato quanto meno traumatico per lui essere nudo, esposto, e continuamente rigirato da gente che, per quanto desiderosa di farlo star meglio, ha comunque potuto disporre di lui senza che potesse fare alcunché. Essere fragile e dimostrarsi tale è sempre stato il suo incubo peggiore e, quell'incubo, si è appena avverato.

"Non avrei mai voluto... che tu mi vedessi così!" sottolinea nuovamente, quasi con il magone in gola.

“Cam, ascolta, ti fidi almeno di me?” gli chiedo, accarezzandolo nuovamente per attirare la sua attenzione e rassicurarlo. Lui torna a guardarmi con quei due meravigliosi zaffiri che si ritrova come occhi.

“Ho fiducia assoluta in te, sorellina mia, n-non è... quello... anf, che mi... che mi...” non riesce a proseguire, sembra quasi che gli manchi l'aria, deve prendere una boccata di ossigeno più corposa delle precedenti, chiudendo e riaprendo gli occhi prima di proseguire, cosa che io gli impedisco comunque di fare.

"Patetico hai detto, eh? Quanto lo sarò stata io, dopo la battaglia contro Crono?" gli faccio notare, un poco tesa, felice di ricordare solo a spizzichi e bocconi le mie condizioni che non devono essere state molto migliori delle sue. Fortuna che ero rincoglionita dagli antidolorifici, ma percepivo la sua vicinanza, le sue mani che mi spogliavano per poi medicarmi e cambiarmi il bendaggio, con tenerezza mista a devozione e... beh, il disagio di dipendere comunque da altri!

"M-Marta, non... non eri affatto patetica, anf, s-sembravi solo... tanto piccola, tra quelle coperte del letto, mentre lottavi per la vita..." quasi piange nell'esprimere ciò che ha provato in quei momenti, riscoprendo una sensibilità che ha sempre avuto, ma che ha sempre cercato di nascondere.

Ti sforzi di apparire sempre così forte davanti a me, eppure sei così delicato ed emotivo... come Dègel.

“Cam, so quanto ti costi anche solo l'idea di essere stato preso, ripreso e girato come un calzino da persone che, malgrado ti volessero aiutare, hanno potuto disporre di te, steso senza difese su questo letto, senza alcun limite. Lo so bene perché anche io sono un po' come te. Tuttavia... ora ci sono solo io qui, mi sono presa cura di te in questi giorni, un po' come tu hai fatto con me dopo la battaglia contro Crono"

"..."

"Anche tu mi hai vista nuda, dico bene? Anche tu mi hai pulita, giusto? E inoltre... inoltre quando ero piccola mi avrai sicuramente vista priva di abiti, no?!” asserisco, sorridendogli, mentre con la mano sinistra gli accarezzo i lunghi capelli. In verità anche a me imbarazza parlare di questo, ma ciò che più conta è farlo sentire meglio.

"Ti ho vista... nuda, sì... ma sei mia sorella minore, non..."

"E tu non sei forse mio fratello maggiore?"

"Lo sono, sì..."

"E allora permettimi di ricambiare, almeno in parte, quanto tu hai fatto per me, ti prego..."

Camus arrossisce nuovamente, distogliendo lo sguardo in un mormorio sommesso. Poco dopo annulla comunque la presa sul lenzuolo, permettendomi così di procedere.

“Grazie, so cosa significa per te tutto questo... grazie davvero per fidarti fino a questo punto di me!” dico solo, scoprendolo con delicatezza per poi ammucchiare il lenzuolo in fondo al letto.

Lo fisso con sguardo clinico per un breve istante prima di prendere il panno, bagnarlo nella vaschetta presente sul comodino, e passarglielo delicatamente sui piedi, dal basso verso l'alto; dalle estremità al tronco. Camus, al solo essere toccato, chiude gli occhi per una serie di minuti, profondamente a disagio. Prova sicuro refrigerio ad essere bagnato, ma il suo corpo è rigido, la sua postura è tutto tranne che rilassata. Tende a chiudere maldestramente le cosce quando gli devo togliere la sottospecie di pannolino, rendendo più difficoltoso il procedimento. Vorrebbe coprirsi almeno le zone intime, lo concepisco, sebbene sia conscio che io gliele abbia già viste.

"Ehm, Camus, non... non riesco a lavarti bene, se rimani in questa posizione."

"Scu-scusami..."

Alla fine inarca leggermente la schiena, tendando di agevolarmi. Il gesto, pur nella sua semplicità, lo sfianca terribilmente, accelerando il suo respiro. Trema tutto, non certo per il freddo, visto che lui ne è il signore e siamo ancora in estate, trasmettendomi una nuova ondata di tenerezza. Così immune al gelo, ma così a disagio mostrare la sua sola pelle...

"Sono qui, va tutto bene, sei bravissimo!" lo provo a rassicurare, lasciando un attimo da parte quello che stavo facendo per baciarlo sulla fronte.

"Marta, anf..." mi chiama, riaprendo stancamente gli occhi

"Va tutto bene... appena ti senti troppo a disagio, o se dovessi provare troppo dolore, mi avverti ed io mi fermo. Il lenzuolo è qui, mi basta un cenno e ti ricopro, ci siamo solo io e te, nessun altro!" provo a confortarlo, passandogli il bordo del lenzuolo sotto le dita

Lui annuisce debolmente, lo stringe sotto di sé, ma mi permette di proseguire, sforzandosi di aprire le gambe per consentire il lavaggio anche dell'interno coscia.

Passano una serie di minuti prima che lui riesca finalmente a recuperare un poco di voce.

“Comunque sì, anf ritornando alla tua osservazione precedente: non è stata neanche la prima volta, quella dopo il falso Crono, che ti ho vista nuda, da piccolo infatti ero solito cambiarti il pa-pannolino!” mi risponde alla domanda di prima, assumendo addirittura una sfumatura divertita.

Sussulto a quella frase, non immaginandomi che fosse in grado di recuperare un tono così irriverente dopo così poco tempo. Se non lo conoscessi bene, penserei che scherzosamente vorrebbe farmela pagare per averlo convinto ad abbandonare le difese più intime.

" E-eh, cos..?! Non puoi essere serio, Cam!

"E' verissimo invece, anf..."

E' il mio turno di arrossire, trasalendo per la rivelazione, che viene accolta da un suo sorriso dolce, oltre che da alcuni colpi di tosse spietati che gli minano, pe qualche secondo, il respiro.

“Cioè... io ti volevo rassicurare e tu mi racconti questa cosa?! Tu, a 5 anni, mi cambiavi il pannolino?! E, magari, mi pulivi pure il sedere arrossato dalla troppa pupù?!” esclamo, sbalordita, desiderando nascondermi. Stiamo arrivando ad un livello di intimità troppo alto, accidenti, non sono ancora pronta per questo, che cavolo!

“L'ho fatto sì, e del resto mangiavi e dormivi un sacco, era anche normale poi... doverti pulire, anf, con tutto quello che producevi là sotto! - continua a ridacchiare lui, finalmente sereno, cominciando a rilassarsi - Non credo di aver mai visto nessuno mangiare tanto come te... è una dote, come ho potuto appurare, che ti è rimasta anche ora che sei grande!"

“E... e poi sei tu che ti imbarazzi! Cosa dovrei dire io?! Due a uno per te, Camus, ma mi riscatterò in un modo o nell'altro!” dico, fingendomi offesa, ma scoppiando parimenti a ridere.

"Due a due... - mi corregge lui, sempre più tranquillo, socchiudendo gli occhi - Il vantaggio che avevo accumulato è stato ampiamente compensato da questi giorni in cui tu hai dovuto prenderti cura di me"

"Quindi... sono io in vantaggio, perché mi sono presa cura consecutivamente di te?!" tento, speranzosa.

"Assolutamente no, anf, devo ricordati la settimana dopo la battaglia contro il falso Crono? Però posso concederti un pareggio in quanto sorella minore!"

"Non voglio punti extra, regalati da te, voglio vincere in maniera onesta!" ribatto, gonfiando sempre più le guance per la disapprovazione.

Il petto di Camus vibra un poco di più nel ridere a seguito della mia espressione, questo mi da la forza necessaria per continuare nel mio operato, malgrado la stanchezza sempre più crescente e l'espressione sofferente di mio fratello che, talvolta, ha la meglio sul suo sorriso.

Sono passata all'addome, glielo pulisco in maniera un poco impacciata, concentrandomi soprattutto sull'ombelico che, avendo le sembianze di una piccola fossetta coronata da un buffo cappuccetto di pelle sulla sommità, necessita di qualche attenzione in più per essere pulito e disinfettato a dovere. Qui, me ne accorgo anche io, Camus si irrigidisce perfino più di prima, come se gli desse fastidio essere toccato proprio lì, portandomi, per un secondo, a fermare il mio operato nella paura che possa vomitare come è già successo due giorni fa, quando, nel lavarglielo con attenzione, ha reagito malamente.

"Ti sto facendo tanto male?" chiedo, riluttante.

“N-no, Marta, non ti preoccupare, non sei tu a farmi male!” biascica lui, non riuscendo a mascherare né il disagio lampante né tanto meno il dolore.

"Ne sei sicuro?"

"Fai quello che devi, piccola, mi sento protetto qui con te..." mi tranquillizza, chiudendo gli occhi e buttando fuori aria.

"Ok, sarò veloce, promesso!" gli assicuro, mentre, stando sempre attenta a non fare movimenti bruschi, gli lavo prima l'interno della fossetta e poi i margini. E intanto rimugino.

Che sia un suo punto particolarmente sensibile ce ne eravamo già accorti Dègel ed io, quando, i giorni scorsi, lo abbiamo lavato insieme, ma il motivo sfugge ad entrambi. Reagisce quasi peggio che ad essere toccato tra le cosce e questo è strano, ma decido di non indagare oltre in questo momento, perché lui è troppo provato per riuscire a rispondermi.

La stanchezza, in effetti, comincia a farsi sentire per entrambi. Camus ha poche forze in corpo, io ne vengo da tre giorni di veglia estenuante, eppure nessuno di noi due vuole cedere, ora che ci siamo ritrovati dopo la tempesta. Proseguo quindi per la mia via, salendo verso lo sterno, cercando di alternare manualità e dolcezza, visto che so quanto sia difficile per lui accettare tutto questo.

"Marta... - sono ancora a decidermi come muovermi sulle tre ferite, che la sua voce con quella particolare sfumatura che usa solo nel chiamare il mio nome, torna ad accarezzarmi delicatamente i timpani - g-grazie..."

Spalanco nuovamente la bocca per la sorpresa, mentre gli occhi blu oltremare di Camus si posano sui miei dello stesso colore. Chissà quando torneranno brillanti come di consueto, per il momento sono già ampiamente sollevata del fatto che lui mi possa vedere e che, lentamente, perché ci vorrà tempo, stia cominciando a rimettersi in forze.

Coraggio, sono con te, il peggio è passato!

“Grazie per tutta la dolcezza che hai messo e che continui a mettere nel prenderti cura di me, anf, anf... non ti sei davvero mai fermata un attimo affinché io potessi stare meglio!” continua a tentare di spiegarmi le sue sensazioni, non nascondendo una certa difficoltà. Gli sorrido, ancora una volta intenerita.

“Te lo ripeterò ancora una volta: io ci sarò sempre per te, fratellino! Dovunque saremo da ora in poi, mi potrai sempre trovare, pronta a sostenerti, o almeno provarci. Dobbiamo ancora conoscerci, Cam, e sapere che lo potremo fare quando starai meglio mi rende davvero felice. Ti... racconterò tutto, prima o poi, TUTTO di me!” affermo, alzandogli delicatamente i ciuffi della frangia con una mano per baciarlo sulla fronte.

Rimango per un po' a premergli le labbra sulla pelle calda, anche con lo scopo di appurare se la sua temperatura corporea sia in aumento o stabile. Poi torno a medicarlo, passando a disinfettare le ulcere presenti ancora sul suo busto. Camus, per agevolarmi, alza le braccia, rimanendo comunque in silenzio ancora un po' nel guardami, come a ricordare e a soppesare un qualcosa che io non riesco a comprendere.

“...Poco prima che io svenissi a seguito della peste, ricordo che mi hai raccontato una cosa sul tuo passato, anf. Hai detto di... di aver sofferto molto la solitudine e di aver spesso desiderato avere una figura maschile come riferimento... - mi sussurra piano, gli occhi, per un breve istante, lucidi. Automaticamente mi immobilizzo nel passargli la spugnetta sulle tre lacerazioni - E' stato davvero così per te, piccola mia? Ti sei sentita così spesso sola, malgrado la presenza di Michela e Francesca?"

Rimango fissa immobile a guardare un punto non ben definito del suo corpo, gli occhi della mente ben lontani da qui, al passato, a quello che è stato... Ricordo bene solitudine di quando tornavo da scuola e non c'era nessuno in casa, la mancanza di un padre, la tristezza che mi avvolgeva quando gli altri genitori, o i fratelli maggiori, venivano a prendere i miei compagni...

“Sì... l'ho patita... sentivo un vuoto e... ed era come... come se mi mancasse un pezzo di cuore! - il mio tono non è più sicuro, appare solo stentato, difficoltoso. Non riesco a camuffarlo meglio - S-so di essere stupida, in fondo non sono mai stata davvero sola, c'era la mamma, e poi i nonni, le mie amiche e... ”

"E?"

Ma, per quanto sia la persona più importante della mia vita, non riesco ancora a tirare fuori questo argomento con lui, la mia perdita, la più atroce della mia intera esistenza fino ad ora.

"N-no, lascia perdere, o-ora ci sei tu con me e ancora recrimino, ti ho urlato parole di odio per... un nulla... perdonami, sono una stupida!"

“No, non lo sei affatto, anf, ed è importante per me... saperlo, urgh. Io... avrei dovuto, prima di tutto, proteggere te, non farti percepire quel freddo che tu descrivi. Non avrei mai dovuto... anf, lasciarti sola!" farfuglia, quasi del tutto stremato. Ha voluto assolutamente continuare il dialogo, ma non avrebbe dovuto sforzarsi in questa maniera. Le energie che ha difficoltosamente recuperato gli si stanno prosciugando in corpo più rapidamente di prima.

"Non è stata una tua scelta, Cam..."

"Ma non mi sono nemmeno opposto, anf, quando Shion mi è venuto a prendere! Se... se lo avessi fatto, forse, urgh..."

"Non parlare più, sei stremato!" provo a fermarlo, accarezzandogli il braccio nell'avvertirlo sempre più agitato, ma lui è testardo, scrolla la testa, proseguendo ad oltranza.

"S-se solo mi fossi ribellato, anf... avrei potuto crescere con te, venirti a prendere a scuola, quando nostra madre non poteva, raccontarti le favole prima di farti addormentare, i-insegnarti, n-non so, ad andare in bicicletta, e poi ancora, anf, anf..."

"Cam, basta... sei sempre più pallido! Non avrei dovuto farti parlare così tanto in queste condizioni!" lo provo a tranquillizzare, avvertendolo agitato.

"M-ma io ne ho bisogno, M-Marta, m-mi..."

"Allora prendi un po' di pausa, almeno, aspetta che finisca di medicarti le tre lacerazioni" gli propongo, non trovando altro modo per farlo acquietare un minimo.

"P-però..."

"Almeno questo, fallo per me!"

Mio fratello pare finalmente calmarsi, il suo corpo sotto di me si rilassa, sebbene il suo sguardo, partecipe, mi osservi. Non dico niente per un po', del tutto concentrata sul mio operato e sui miei pensieri, lo stesso probabilmente fa lui fino a quando, con un respiro profondo di sollievo da parte di entrambi, ultimo la medicazione, tornando a coprirlo con il lenzuolo.

Già, in fondo, siamo state abbandonate, io e la mamma, ma... proprio per questo, Camus è riuscito a salvare molte vite umane, non solo quell'uomo di nome Alexios, ma chissà quante altre... ed io sono così fiera di lui!

“Cam, posso... posso strapparti comunque una promessa?” pigolo dopo un po', discostando lo sguardo. Sono orgogliosa di lui, ma anche io, ora, ho bisogno di lui, non solo il mondo, non solo gli altri esseri umani.

Non vedo direttamente gli occhi di mio fratello, ma li percepisco comunque spalancati in una espressione interrogativa e ricolma di stupore. Intravedo la sua figura stesa sul letto, noto il suo spasmo, il respiro mozzo che poi accelera, una velata paura che gli rode le membra.

“Prometti che, da ora in poi, rimarrai sempre al mio fianco! Io... sono orgogliosa di ciò che hai fatto, so per certo che hai salvato molte vite, e sono fiera che proprio tu sia mio fratello maggiore, ma ora... ora anch'io ho bisogno di stare un po' con te!” continuo, imbarazzata.

Camus mi ha aperto il suo cuore, lo stesso voglio fare io senza più filtri, eppure so quanto possa apparire stupida adesso che ho espresso il mio reale pensiero rigettando indietro tutti i veli. Sembra infatti un qualcosa di tremendamente infantile, perché è ovvio che nessuno possa vivere per sempre, men che meno noi, nelle nostre condizioni, eppure in questo momento ho bisogno di sicurezze. Ne necessito per continuare a sperare, così come l'aria è indispensabile per vivere!

“Non posso... non posso farti una simile promessa, anche se lo vorrei tanto, anf, questo va ben al di là delle mie capacità! Sono... sono un Cavaliere di Atena, ormai..."

“Tu prometti e basta, ti scongiuro!!! E' sufficiente anche solo un accenno con la testa, se sei troppo stanco, ma... prometti che almeno ci proverai! - farfuglio a gran fatica, nascondendomi il volto con le mani per la vergogna di farmi nuovamente vedere in lacrime - Altrimenti non... non so più a cosa aggrapparmi!" mi è uscita una voce strozzata e rauca e, per un solo istante, avverto di nuovo quel peso in gola che mi impedisce di respirare regolarmente.

“Marta... sei così sconvolta! Quanto hai dovuto soffrire, in questi giorni, per riportarmi alla vita? Quanto hai dovuto patire per salvarmi dalle mani del Mago? Quali pene ti ha fatto subire per esserti opposta a lui con tutta te stessa?"

"Non ha... importanza!"

"La ha, per me! Io... uff... - trema a sua volta, stringendo le palpebre, non capisco se per il dolore o se per quello che percepisce provenire da me, poi lentamente le riapre - "Vieni qui, piccola, sdraiati al mio fianco"

"Ma Camus... le tue ferite!"

"Non mi farai del male, sei leggero peso per me e il letto è grande. Vorrei... vorrei solo averti vicina, adesso, rassicurarti, se riesco..." mi esorta, mentre con un braccio mi sospinge delicatamente a sé e con l'altro, una volta coricata, mi scosta delicatamente un ciuffo dalla fronte.

"Va bene così? Non avevi già caldo?" chiedo, titubante, non sapendo se assecondare il mio impulso a stringerlo o pesargli il meno possibile.

"Sto finalmente bene ora, anf, sei tu che... - bisbiglia, con un filo di voce, tenendomi contro di sé come può - Sei... sei così sconvolta, come se ti avessero torturata senza pietà. Hai... patito il mio stesso dolore quadruplicato sulla tua pelle, vero? L-lui... ti ha fatto del male, mentre cercavi di salvarmi... sfruttando me è arrivato a colpire anche te!"

Faccio cenno di sì con la testa, rimanendo in silenzio.

"Ti sei sentita soffocare, perforare, e i capillari sembrava che implodessero su loro stessi, vero?"

Ancora annuisco, ingoiando a vuoto.

"E nonostante questo, non mi hai mai, MAI, lasciato nemmeno per un istante, mi hai stretto a te quando stavo per affogare, hai preso su te stessa l'immenso dolore che provavo, fino a quando non siamo rimersi... insieme, anf."

"Sì, ho avuto tanta paura, Cam..."

"Oh, Marta..."

“Temevo che... che non avresti più riaperto gli occhi e che non avrei più sentito la tua voce. Ero... ero terrorizzata alla sola idea di perderti per sempre! Camus, so cosa ti ha fatto il Mago, l'ho capito tardi, ma... sigh, perdonami!" mi sfugge un nuovo singhiozzo, non riesco a trattenerlo.

Lo avverto irrigidirsi notevolmente, la paura nei suoi occhi, ciò mi spinge ad accarezzargli dolcemente il braccio.

"Per questo.. o-ora desidero so-solo che non ti ca-capiti mai più qua-qualcosa di lontanamente simile a qu-questo, non voglio più vederti soffrire co-così, NON VOGLIO!” esclamo, parlando quasi a scatti, prima di nascondere il viso nell'incavo della sua spalla e circondargli il busto con un braccio, aggrappandomi quasi al suo fianco.

Non c'è niente da fare, sto di nuovo frignando, mi arrendo al secondo, terzo, non lo so neanche più io, crollo della serata.

"Marta..."

"Non voglio più vederti ridotto così, anf, anf, per favore... PER FAVORE!

"Ora calmati... stai nuovamente respirando male! - mi avverte, preoccupato - Non importa quello che ho vissuto, ora sono qui, insieme a te" mi solletica il braccio con la punta delle dita, mentre con l'altro mi massaggia le spalle, come si fa con i bebé.

"Sc-scusami, Cam, i-io... ho ancora... così tanta paura!" non riesco a proseguire, serro le palpebre, cercando di trattenere gli spasmi, mentre un nodo amaro mi ostruisce la gola

"Lo so... ma l'hai superata, l'ABBIAMO, insieme! Mi hai salvato la vita, Marta, mi hai protetto, per cui... non piangere più, sai bene quanto mi faccia male vederti così!"

Annuisco brevemente, facendomi cullare dal suo tono di voce così dolce e delicato. Avevo bisogno di tutto questo... ancora mi sembra di essere tornata a respirare a pieni polmoni.

"Non piangere... - mi ripete lui, con voce di miele, percependo le lacrime sul suo petto - Non piangere, mia coraggiosissima Marta, sei stata... così forte, fino ad adesso!"

"N-non lo sono stata, Cam, non..."

"Sì, che lo sei stata, invece, lo sei sempre, piccola, e... sono così fiero di te, tanto... fiero!"

"M-mi... mi giuri che non lascerai più la mia mano?"

"Oh, Marta, io ti posso solo promettere che, anf, ci proverò con tutto me stesso... combatterò, farò quanto in mio potere per impedire alle tenebre di... di soggiogarmi un'altra volta!"

"Mi basta... questo!" annuisco, cercando di rilassarmi, sebbene mi riesca difficile.

Passa qualche minuto, prima che lui decida di parlarmi di nuovo, e capisco che prima non gli riusciva, perché lo stesso groppo in gola che avverto io, ce l'ha anche lui. Le nostre emozioni, ora che siamo così vicini, si stanno nuovamente confondendo e miscelando.

"Hai presente, anf... il fiore che viene chiamato bucaneve?" mi chiede, respirando un poco con difficoltà nell'aumentare la stretta su di me.

Ecco come si chiamava quel fiore! Lo guardo comunque senza capire, prima di annuire brevemente e accoccolarmi meglio su di lui, la guancia posata tra il lato destro del suo torace e la spalla. Avverto il suo respiro un poco più irregolare per lo sforzo di parlare, ma mi trattiene comunque contro di sé, come se avesse bisogno di percepirmi.

“Sono tra i primi fiori a sbucare timidamente verso la fine dell'inverno, anf m-molto spesso direttamente dalla neve che ricopre ancora il suolo... riesci ad immaginare quanta forza gli occorra, anf? Quanta... volontà di vivere abbiano, per riuscire in questa impresa?! Si assumono il rischio di bucare la coltre di ghiaccio e subire le più svariate intemperie perché hanno fretta di nascere e approcciarsi al mondo... - mi spiega, accarezzandomi ritmicamente i capelli per poi scendere sulle spalle e ricominciare - Tu... tu sei uno di loro, anf, il mio piccolo, impavido, bucaneve! "

"Camus..." lo chiamo, quasi commossa, tremando distintamente per l'emozione.

Il significato del paragone è immediato, non ha bisogno di ulteriori spiegazioni, lui però continua, desideroso di esprimersi dopo tutto l'inferno che ha passato.

"Da piccola... non so se te ne hanno mai parlato, anf, ma sei nata prematura di un mese... - la sua voce si affievolisce fino a quasi scomparire, deve prendere un'altra pausa prima di riprendere - Avevi così fretta di venire al mondo, come il bucaneve di cui ti ho parlato prima, t-troppa. Ti hanno dovuto tenere sotto monitoraggio per un po', ma dalla vetrata io, e i nonni, potevamo venirti a trovare, anf... anf. S-sembravi così indifesa, un fagiolino piovuto in un mondo troppo grande, m-ma avevi dentro di te una forza straordinaria, la stessa che hai ora. A-avrei dovuto capirlo già allora che... Cough! Cough!"

"Lo vedi che tossisci per lo sforzo?! Riposa, Cam, devi riposare! Ho perso il conto di quante volte te l'abbia detto! Sei stato così male, non devi affaticarti ulteriormente!" gli dico, preoccupata, avvertendo distintamente il suo affanno sempre più tangibile.

Nessuno mi ha mai detto che sono nata prematura di un mese, non so proprio da dove gli sia uscito questo ricordo, eppure non me ne ha mai fatto accenno.

"L-lasciami finire almeno questo discorso, piccola, anf, anf, n-non immagini quante volte abbia provato a parlarti in questi giorni. A-al culmine di tutto quel dolore... m-mi eri così vicina!"

"Camus... - gli accarezzo una guancia con il pollice, notando i suoi occhi lucidi. Sospiro, riprendendo il discorso di prima, giacché il solo rammentare quei momenti gli provoca dolore - Non mi era mai... stato detto, questo!"

"E' perché non lo ricordavo nitidamente f-fino a p-prima, quando il Mago mi ha attaccato brutalmente e stavo t-tanto male, da non riuscire a respirare da solo..."

Aumento la stretta su di lui, fremendo a mia volta nel rivivere quei momenti: "S-sì, ho presente..." mi esce un tono strozzato, sofferente, lui lo percepisce.

"Q-quel fatto, quell'enorme stress che subivo sul mio corpo, deve aver riportato alla luce alcuni ricordi infantili che credevo di aver s-smarrito per sempre. - ipotizza, non smettendo di accarezzarmi per tranquillizzarmi, quando, ancora una volta, dovrei essere io a farlo, stante tutto ciò che ha patito - Fin dal principio, da quando addirittura davi i calcetti nella pancia di no-nostra madre, ho giurato a me stesso che ti avrei protetta... Ora che sono grande, mi rendo conto, con rammarico, c-che non posso prometterti che ci sarò per sempre, anf, ma farò di tutto, se non oltre, per provarci, questo sì, te lo giuro! Non importa cosa ci riserverà il futuro, anf, questa volta lo affronteremo insieme e... non sarai più sola, mai più!" mi rassicura, cercando di sollevare la testa per baciarmi la fronte. Tuttavia non riesce a completare il gesto, ricadendo tra le lenzuola a corto di fiato.

"...insieme?" chiedo conferma, rannicchiandomi ulteriormente contro di lui, mordendomi le labbra per celare il nuovo singhiozzo.

"Insieme, anf, certo! E ora chiudi i tuoi occhietti, anf, devi riposare..."

Annuisco, sussurrando un: "anche tu", per poi nascondere parzialmente il mio viso con la mano libera; l'altra, quella ferita, per un solo istante, trema un ultima volta sul fianco di Camus. Rabbrividisco nel percepire le sue costole così paurosamente tangibili al mio tocco.

"Quanto hai patito in questo periodo... t-tutto da solo! N-non ti accadrà più nulla, Cam, NULLA! A-anche io sono qui, vicino a te, riuscirò finalmente ad essere un sostegno per te!"

"Lo s-sei già, Marta, lo sei, ogni giorno di più! Riposati, adesso... hai utilizzato così tante energie p-per salvarmi!"

Ci voglio credere veramente che andrà tutto bene da adesso in avanti, ci voglio credere, anche se solo per stasera, anche se solo per questo brevissimo respiro di tempo. Avrò... cura di lui!

La mia mente, già un poco appannata dalla stanchezza, si sofferma proprio sulla parola 'cura', sul suo significato e, quasi meccanicamente, mi rammento di una canzone della mia infanzia. Sorrido tra me e me, cercando di canticchiarla a lui, perché voglio che si senta al sicuro.

"Ti proteggerò dalle paure e dalle ipocondrie, dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via... - inizio, un poco impastata, mentre il suo corpo inizia a tremare distintamente - Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo. Dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai. Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore, dalle ossessioni dalle tue manie. Supererò le correnti gravitazionali, lo spazio e la luce per non farti invecchiare. E guarirai da tutte le malattie, perché sei un essere speciale ed io... avrò cura di te!"

"Piccola..." odo appena il suo chiamarmi ancora una volta, mentre, emozionato come mai lo avevo visto fino ad ora, si sforza di tirarsi difficoltosamente su per baciarmi almeno i capelli, riuscendoci, prima di lasciarsi andare sul letto, completamente esausto.

"Te la dedico, Cam... l-lo spazio e la l-luce i-io li..."

...Supererò, per salvarti. Vorrei dire, ma le parole sfumano nel sonno.

"A-anche q-questo lo hai già fatto, Marta, e-e g-grazie, anf... conosco anche io la canzone di Battiato è... è un bellissimo messaggio!" deve fermarsi, sopraffatto dall'emozione. Avverto le sue lacrime inumidirgli gli occhi ancora segnati dalla sofferenza, prima di colare un poco giù. Si appoggia con la guancia sopra la mia testa, respira pesantemente, con difficoltà, quasi a singhiozzo, ciò mi porta a riscuotermi un poco.

"E-ehi, però! D-dici a me di non frignare e cosa sono queste?! - tento di sdrammatizzare, sollevando il braccio ferito per picchiettargli la guancia con l'indice, prima di avvertire distintamente una fitta di dolore attraversarmelo dal palmo al gomito. Sono costretta a riabbassarlo sperando che non mi abbia visto - Non sei di parola, fratellino!" mi è uscito un tono strascicato, ma lo nascondo dietro le lacrime che solcano anche il mio viso. Le sue, stavolta, non le mie.

"Hai... hai ragione, anf, è che... è tutto così... intenso... p-percepirti così vividamente, s-sentire su di me anche le tue emozioni - prova a spiegarsi, prendendo un profondo respiro nel tentare di parlare nuovamente con voce sicura - L-la mia piccola lucciola è al mio fianco, andrà... andrà tutto bene!" il suo braccio destro mi tiene avvolta contro di sé, la sua mano sinistra invece stringe la mia. Fortunatamente non si accorge della ferita, tanto è stanco.

Devo farmi forza per non emettere alcun suono, il dolore si è acutizzato, ma non posso permettermi di darlo a vedere. Men che meno a lui. La prende, l'appoggia sopra il suo torace e la racchiude dolcemente tra le sue dita. Chiudo gli occhi, finalmente tranquilla, nonostante il dolore.

Sì, sei un essere speciale, fratellino, l'unico che non se ne è reso pienamente conto sei tu, solo tu!

Mi lascio andare con il sorriso sulle labbra, non ci vuole poi molto per intraprendere la strada indicatami da Morfeo, lasciare che le percezioni si affievoliscano fino a quasi scomparire, ma la sua voce cristallina, che inaspettatamente ha preso a canticchiare proprio ora una melodia, mi accarezza delicatamente i timpani. Questa mi ricorda qualcosa, dentro di me, nel profondo, nel mio petto scaturiscono emozioni che credevo sopite. Esse mi accompagnano fino alle nebbie dell'incoscienza, rassicurandomi.

"Ha la la ha ze la ha la le lu... si vi bi leshi dhina how we le la la le li la..."

E' così famigliare questa canzone... perché?! Eppure giurerei di non averla mai ascoltata prima d'ora. La lingua in cui è espressa mi è sconosciuta, sembrano semplicemente essere un insieme di suoni e parole ineffabili il cui significato mi sfugge. E' però così dolce il suo suono; il suono della meravigliosa voce di mio fratello che, a fatica, mi accompagna verso il limbo. Montagne innevate, fili d'erba che ondeggiano al vento, nuvole che scorrono veloci nel cielo cobalto... mi sento parte integrante di loro, della vita stessa, così piena; piena di...

Non riesco più a razionalizzare nulla, semplicemente le mie sensazioni vanno estinguendosi, portate via da una scia azzurra che assume la forma, l'ombra, di un misterioso canide di grosse dimensioni che sfreccia nella steppa, allontanandosi da me...

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Capitolo 38
*** Il mistero è (in parte) svelato ***


CAPITOLO 38

 

IL MISTERO E' (IN PARTE) SVELATO

 

30 Agosto 1741, alba.

 

Non ho mai avuto molte occasioni per dormire con mio fratello. In genere, è una cosa che si fa quando si è piccoli, ancora bambini, non certo da adulti, ma quel tempo ci è stato irrimediabilmente strappato, nessuno potrà restituircelo. E ne siamo consapevoli entrambi.

Addormentarmi tra le forti braccia di mio fratello, essere cullata dal suo respiro... da quando l'ho conosciuto, è sempre stata una cosa che desideravo fare. Mi sento così al sicuro al suo fianco, e protetta, ma mi vergognavo a chiederlo; mi vergogno ad esplicitare a parole un tale bisogno di lui... eppure, dopo quello che abbiamo passato, dopo aver visto le mie lacrime, la mia espressione spezzata, sul punto di implodere... è come se lo avesse capito da solo che era ciò di cui avevo disperatamente bisogno.

La notte è trascorsa piuttosto agitata, preda degli incubi. Mi sono svegliata più volte, tentando di fuggire da visioni in cui mio fratello non ce la faceva, morendo tra indicibili sofferenze. Eppure ogni volta che mi svegliavo di soprassalto, gridando, lui era lì, ad abbracciarmi per infondermi coraggio; così lentamente mi acquietavo, tornando a chiudere gli occhi, le sue labbra posate sulla mia fronte, le sue braccia che mi stringevano contro il suo petto, dove potevo sentire i suoi battiti cardiaci, la vita che pulsava in lui, di nuovo, palpitante, certa...

Anche adesso sono cullata nel suo caldo abbraccio. La paura è passata, persino il dolore sempre più forte e penetrante al braccio destro sembra distante anni luce da tutto il mio essere, così avvolta come sono dalla pace dei sensi. Mio fratello è qui, vivo, ce l'ho fatta, ce l'abbiamo fatta, insieme!

Ad un certo punto, da qualche parte al di fuori di me, la porta della stanza si apre con un leggero cigolio. Percepisco una presenza, un breve attimo di esitazione, un respiro che accelera, poi...

“Atena sia ringraziata: non sei più in pericolo di vita, Camus! Sono... sono così sollevato!”

La voce soave di Dègel mi inebria le orecchie, mi trasmette un fremito distinto, ma non riesce comunque a provocare in me una reazione più consistente di questa, troppo stremata dalle fatiche dei giorni scorsi. Gli occhi rifiutano di dischiudersi, il corpo sembra pesante, non posso intervenire, anche se vedo la scena come se ce l'avessi davanti a me e fossi vigile.

Camus, sdraiato accanto a me, ancora rintontito dal sonno, mugugna qualcosa di indefinito, prima di riaprire lentamente le palpebre. La sua testa, precedentemente poggiata delicatamente sulla mia, si solleva un poco nel riuscire a scorgere il nuovo venuto. Occhi blu su occhi blu. Lo vede. Lo riconosce, quasi sussultando per la sorpresa o... per altro?

“D-Dègel, c-ciao... - il suo tono risulta un po' goffo nell'esposizione, avverto il suo disagio crescere - è così bello r-rivederti!” biascica ancora, puntellando le braccia per provare a sistemarsi a sedere, ma lo sforzo lo sfianca tantissimo, destando preoccupazione dell'antico Acquario.

"Stai pure giù. Per un uomo nelle tue condizioni è poco prudente muoversi!" gli regala un sorriso bonario e imbarazzato al tempo stesso, accennando qualche passo verso il letto.

"N-no, preferisco parlarti da seduto che non da sdraiato, non voglio apparire come un moribondo sul letto di morte... lo sono già stato!" ribatte Camus, testardo come sempre, in un fremito d'orgoglio.

Dégel ridacchia tiepidamente, conscio dell'indole non proprio facile della sua reincarnazione, poi, vincendo sulla riluttanza, annulla la distanza tra sé e il suo futuro, permettendosi di aiutarlo ad assumere la posizione voluta.

“Basta che tu ti senta a tuo agio senza affaticarti più del necessario... aspetta, appoggiati un attimo a me, così, bravo. Mettiamo il cuscino dietro alla tua schiena per farti stare più comodo, mentre Marta... riesci a spostarla poco più sotto, sopra il tuo grembo, in modo da averla comunque vicina senza svegliarla?"

"Mmm... c-ci provo!" biascica Camus, paonazzo in volto nel ritrovarsi nuovamente ad aver bisogno di un aiuto per un movimento che, in circostanze normali, sarebbe di una facilità estrema.

Tuttavia accetta l'aiuto del compagno, accetta di doversi sostenere a lui nell'assumere la posizione seduta e, in ultimo, accetta anche che sia Dègel a spostarmi teneramente poco più sotto, non avendo lui le forze sufficienti per fare altro.

Ultimate tutte le manovre, dopo un lungo sospiro, Camus si appoggia stancamente allo schienale del letto, il respiro frenetico, gli occhi per un momento chiusi. Io, rannicchiata sul suo grembo coperto dal lenzuolo, mi muovo appena nel percepirlo nuovamente sfinito, provato oltre l'inverosimile, ma la sua mano che mi accarezza teneramente i capelli per poi circondarmi le spalle mi rassicura.

"Stai tranquilla... sto bene!" mi sussurra, e avverto il suo sorriso su di me.

"Camus..."

"Sì?" mio fratello non riesce a guardare Dégel in faccia, ma risponde pronto al suo richiamo.

"Come ti senti adesso?"

“Molto meglio, grazie. Le forze non mi sono ancora tornate del tutto, c-come hai potuto constatare poco fa, e il braccio sinistro è ancora indolenzito a seguito delle iniezioni, ma sono sulla via di guarigione."

"Ne sono... davvero lieto, Camus!" dice Dègel, visibilmente emozionato, gli occhi, non dissimili da due zaffiri, che brillano per il sollievo.

"E'... è tutto merito vostro, Dégel, io... - mio fratello esita, il suo sguardo, per un istante, prova ad alzarsi, ma poi torna subito giù, vinto - Non ho parole per esprimere la mia gratitudine: avete corso innumerevoli pericoli per salvarci, siete riusciti in qualcosa che io credevo ormai impossibile!”

L'imbarazzo dilaga in lui, come se trovarsi nuovamente al suo cospetto, dopo il pericolo scampato, lo mettesse in vistoso disagio. Effettivamente, al di là delle tre promesse fatte a Dègel, non si erano lasciati propriamente benissimo...

“E' dovere di ogni Cavaliere proteggere le altre vite, Camus... anche la tua, quella di Milo e del piccolo Regulus che siete nostri amici, anzi, a maggior ragione la vostra. Non occorre ringraziarmi per questo. Dovevo e volevo salvarti, con tutto il cuore, esattamente come lo desideravano Marta, Cardia e le altre ragazze.

"..."

"E' comprensibile questo tuo stato... sei uomo più di intenti che di parole, ormai l'ho compreso. Vorresti comunicare ciò che provi e non ci riesci, ma davvero va bene così, ci siamo capiti, infine, pur nelle nostre differenze caratteriali. - tenta di spiegarsi Dégel, prima di sorridere, scrollare un poco la testa e osservare il soffitto sopra di noi - E comunque sei stato eroico a provare a vedertela contro un simile mostro per amore verso i tuoi cari!"

“Già... ma il nemico è tutt'altro che debellato, presto troverà un nuovo modo per agire, ed io dovrò trovarmi pronto!” sussurra a bassissima voce Camus, teso, stringendo le coperte del letto.

Il gesto non sfugge all'Antico Acquario che, forse percependo lo sconvolgimento interno della sua futura vita, rimane ad osservarlo, partecipe, per una serie di secondi interminabili, decidendo solo in ultimo, per agevolarlo, di cambiare argomento con qualcosa che potrebbe farlo dischiudere.

“Marta ha finalmente ceduto al sonno! Non poteva continuare a fare la veglia in quello stato, ne andava della sua stessa salute!” commenta, addolcendo la sua espressione nel vedere me placidamente addormentata sulle gambe di mio fratello, il braccio destro un poco disteso verso il suo fianco, come se volessi cingerlo.

“Sì, non ha chiuso occhio in questi giorni per prendersi cura di me, persino stanotte che poteva finalmente riposare si è svegliata più volte in preda agli incubi. E'... è traumatizzata, Dégel, devo averla terrorizzata a morte!" sussurra Camus, rammaricato, sfiorandomi delicatamente l'ovale del volto con l'indice e il medio per poi prendermi il polso ferito senza farmi male.

"Aveva talmente paura di perderti che non ha mai lasciato il tuo fianco prima di ieri, quando, con una azione combinata mia e di Sonia, l'abbiamo praticamente costretta ad andare a riposare un poco" chiarisce Dégel, ben conoscendo la preoccupazione di mio fratello.

"Lo ha fatto... con una ferita in suppurazione sul braccio e sulla mano!"

"Sì... ti meraviglia, Camus? - chiede l'antico Acquario, quasi con un soffio rassegnato come a dire che deve essere di famiglia, quella particolarità, il non curarsi di sé stessi - Non se l'è fatta né guardare né toccare, era completamente dedita al tuo stato di salute!"

"Se l'è a malapena coperta con un bendaggio di fortuna, lasciandola lì e permettendo all'infezione di procedere indisturbata. Io ho provato ad alzarmi per medicargliela, ma... non... non ne sono in grado, le gambe non mi reggono e... e poi si è messa ad urlare, preda degli incubi, mi cercava, aveva bisogno di percepirmi, non potevo lasciarla..." freme Camus, prendendo dei profondi respiri, prima di spostarmi garbatamente il braccio leso, ruotarlo un po' per vedere meglio l'entità del danno.

Dégel rimane momentaneamente in silenzio, concentrandosi sulla mia ferita e sull'espressione corrucciata di Camus, assai angustiato per le mie condizioni. Poi, cogliendo le intenzioni di mio fratello di sfasciarmi le bende per 'toccare con mano' i danni, lo aiuta nelle manovre.

Io li lascio fare, anche se non vorrei, anche se mi imbarazza farmi vedere così, dopo che tutti mi avevano detto di prendermi cura anche di me ed io, puntualmente non l'ho fatto. Ma non avevo alternative, mi sento dannatamente stanca, un bambolotto svuotato, vorrei solo dormire. Finalmente riescono a togliermi le bende, non distinguo i loro volti se non in maniera molto annebbiata, ma le ferite, quelle, le maledette, le vedo, sì, e fanno davvero impressione da quanto scure siano, umide, come la terra fangosa dopo il diluvio.

Che bel lavoro che ho fatto... anzi, che NON ho fatto, se mio fratello mi volesse spennare al mio risveglio farebbe anche bene, perché io a parti invertite, se me lo trovassi così, del tutto incurante del suo stato di salute per me, gli darei, come minimo, una botta di scemo.

“La sua pelle... è bollente in prossimità dei tagli, ma è gelida nelle altre zone. Lo stesso gelo permeava me solo pochi giorni fa, ma lei ha catalizzato tutto questo sul suo corpo, subendone le conseguenze... - asserisce Camus, serio in volto - L-la ferita... il suo aspetto, come temevo, mi indica chiaramente l'avanzare di una infezione. Quando... se l'è procurata e soprattutto come?"

“E' successo quando eravamo ancora nel vostro tempo. In sostanza, per arrivare a Genova e rintracciare così vostra madre, ci hanno aiutato i due fratelli del Leone e del Sagittario. Ci hanno condotto fino al luogo prestabilito con quell'arnese di metallo che è in grado di portare le persone in volo."

"Un aereo?" tenta mio fratello, sorpreso.

"Immagino qualcosa di simile, ma aveva un altro nome..."

"Il jet privato della Fondazione Kido, allora!"

"Sì, quello... ma abbiamo avuto un incidente causato dal Mago e Marta ha riportato quella ferita lunga e frastagliata sul braccio - racconta Dègel, la mente persa in quei momenti - L'altra invece, quella sulla mano, l'ha subita combattendo, credo... non ho potuto impedirlo!"

Mio fratello non riesce a rispondere, non subito. Addolorato per le mie condizioni fisiche, per la mia temperatura corporea che avverte sempre più bassa, e per un principio di infezione, non riesce a far altro che sistemarmi meglio sul letto, accarezzandomi dolcemente il volto con mille e più premure per farmi sentire la sua presenza.

"Hai visto nostra madre, tra le altre cose..." dice solo, guardando me come se la forza di continuare gliela potessi profondere solo io.

"Sì, è... è una donna molto forte e determinata, Camus, come voi. Sono felice... di aver avuto l'occasione di conoscerla!"

"Marta ha preso da lei, in tutto! - sottolinea lui, fiero - Io non poi così tanto..." sorride poi tristemente, visibilmente emozionato, al punto da trasmetterlo anche a Dègel, che infatti si fa più attento.

"Camus..." lo chiama, ma l'attenzione della sua reincarnazione è completamente su di me.

"Tutta questa perseveranza in un corpicino così apparentemente fragile. Non hai chiuso occhio per prenderti cura di me, sprezzante del Mago, di essere ferita, sprezzante perfino di aver raggiunto il tuo limite... ti voglio bene, piccola mia, e vorrei poter fare qualcosa di più per te!" mi sussurra, facendomi perdere un battito e saltare un respiro, mentre al passaggio delle sue dita sulla mia fronte, i ciuffi della frangia si sollevano un poco, prima di ricadere giù ed essere nuovamente sollevati dalla sua mano che si diverte a giocherellare con loro. Questo per una manciata di volte, prima che la sua attenzione torni su Dégel.

“E' sempre il solito processo... le dici di fare una cosa e fa l'opposto, le raccomandi di andare in un punto e lei va in un altro! Io non so proprio cosa fare con una testona come lei, così mi fa preoccupare ogni volta!” esclama mio fratello in una botta di genuinità che sorprende tanto me quanto la sua precedente vita.

“E tu non hai fatto uguale, Camus? Non lo rifaresti, forse?" gli fa notare pacatamente lui, intenerito.

"Lo posso fare perché sono suo fratello maggiore, è mio dovere proteggerla, farla sentire bene, ma lei... lei non dovrebbe patire tutto questo, dovrebbe solo pensare a crescere, divertirsi, come una ragazza della sua età, non di certo rischiare la vita nel tentare di riacciuffare la mia, non... - prende un profondo respiro, rendendosi conto da solo che il suo discorso è un po' bislacco - Voglio solo proteggerla, Dégel... solo questo!"

"E lei, a quanto pare, vuole lo stesso! - ridacchia l'antico Acquario, con quel tono cristallino che non mi stancherei mai di udire - Camus, sei la persona più importante della sua vita, è normale reagire così!"

"La persona più importante della sua vita..." ripete, arrossendo, in tono incerto.

"Non lo credi, forse?"

"I-io... - esita ancora, guardando altrove, a disagio nel parlare di questo - Non so cosa credo..." borbotta alla fine, forse non convinto della veridicità di quanto espresso da Dégel.

Ma è esattamente così, scemo, non l'hai ancora capito?! Che testa! Devo esprimertelo a vivo cuore per fartelo comprendere?!

"Lei lo è... p-per me..." ammette alla fine, quasi a singhiozzo.

"Camus, la verità è che noi, per quanto possiamo ripeterci di mantenere il sangue freddo, siamo esseri senzienti, già questo, il fatto di sentire e percepire, rende la nostra apparente calma nient'altro che un filtro tra noi e il mondo. In determinati casi questo filtro salta e noi ci ritroviamo scoperti, spauriti...”

"..."

"Ma dobbiamo renderci conto che le persone intorno a noi ci amano, che è naturale per loro quanto per noi il desiderio di proteggerci e... accettarlo!"

"Non... se questo significa rischiare la loro vita!"

"Ordunque noi possiamo farlo ma loro no?! Mi sembra una pretesa un poco... faziosa!" obietta l'Antico Acquario, in tono un poco più alto, ma ugualmente benevolo.

"I-io..."

"Marta darebbe la vita per te... anzi, sacrificherebbe molto di più di... quella!" quest'ultima affermazione, lo percepisco però solo io, gli esce in un tono un poco più tremante, quasi forzatamente trattenuto.

“Ne sono perfettamente consapevole, anche io farei di tutto per lei, tuttavia... - si ferma un attimo, stringendo convulsamente le coperte del letto, tanto da spingere lo stesso Dégel a ricercare il suo sguardo - Non facciamo altro che inseguirci, così facendo! Quando lei soffre e sta male io mi aziono per salvarla, rischiando la vita, fino ad arrivare al punto in cui la situazione si capovolge e sono io a rischiare di morire. Allora lei fa lo stesso, riducendosi ai minimi termini per riportarmi indietro, e il circolo così riprende. Mi sembra di essere costantemente schernito dal destino, come se mi stesse dicendo che non è possibile trovare la tanto sospirata pace. Siamo dunque costretti a continuare così?!" lascia la domanda in sospeso, tremando nell'esprimerla.

"..."

"La tua osservazione di prima è corretta... io non permetterò a nessuno di farle del male, non più, questa è l'unica mia certezza, eppure ora, per esempio, non c'è nulla che possa fare per lei, sono troppo debole perfino per reggermi in piedi da solo!” biascica ancora, chinando il capo in un impeto di frustrazione.

"Sei sconvolto da tutto quello che hai dovuto passare, Camus, non devi pretendere troppo dalle tue forze, amico mio... - è forse la prima volta che lo chiama così, fa togliere quasi il respiro - Non sprecare la vita che ti hanno donato Marta e le altre..."

"Non sprecarla, mi dici... anf, tuttavia se adesso ci attaccassero, per dire, l-loro sarebbero sguarnite, perché io..."

Ma Dégel, sbuffando, gli regala uno scapellotto scherzoso dietro la nuca, come un piacevole rimbrotto: "Siamo tutti sfiniti, non solo tu, ma anche il nemico contro cui combattiamo. Nessuno può attaccarci ora, Camus, la battaglia non è vinta, ma perlomeno temporaneamente sospesa. Sfrutta questa situazione di stallo per rimetterti completamente in sesto."

"Ma le sue ferite..."

“Io sarò la tua mano, se me lo consentirai... - lo blocca nuovamente Dègel, come colto da un'improvvisa ispirazione - Sai, vostra madre è donna dalle ampie vedute, come ho potuto constatare personalmente. Deve avere notato la ferita della figlia e così averci munito anche di... perdonami, come le chiamate nel vostro mondo quegli esseri piccolissimi che possono attaccare il nostro organismo?"

"Agenti patogeni?"

"Sì, e il rimedio?"

"Erk... parli del disinfettante?"

"Corretto, sì... - Dégel sorride soddisfatto, neanche fosse un insegnante che fa arrivare la deduzione all'allievo - Vado a prendere le bende e il disinfettante!" sancisce poi, facendo per andarsene e lasciando un Camus del tutto stralunato a guardarlo allontanarsi.

“Asp... aspetta un secondo! - riesce poi a sbrogliarsi, scacciando gli impedimenti emotivi, una strana ombra che passa velocemente nei suoi occhi - Devo esserti sembrato un idiota quando, prima di svenire per la peste, sono venuto a parlarti, blaterando di cambiare il futuro in maniera tale che io non esistessi più. Ero... disperato, Dègel, ma in me! Ero in me quando ti ho detto quelle cose, volevo davvero sparire!"

Silenzio. Capisco dalla postura del'Antico Acquario che non voleva parlare di quello, affatto, che voleva allontanarsi prima che Camus potesse incanalare il discorso, che il suo abbozzare, per quanto credibile, era solo un modo per sviare tutto. Inutilmente.

Lo sento sospirare, abbassare il capo, stringere le palpebre e tremare nel mormorare parole che gli scappano dalle labbra senza che la piena ragione possa impedirlo: "Lo so... so che saresti stato pronto a morire, Camus!"

"Non ti chiedo di capirmi, né di perdonarmi, ma ti ringrazio per aver tirato fuori la mia sorellina. Lei... il suo pensiero ha bloccato i miei propositi, mi ha fatto realizzare che l'avrei irrimediabilmente coinvolta. Per questo motivo ti sono debitore, grazie... grazie per avermi fermato!”

Dègel continua a non muovere nemmeno un muscolo, la mano ancora appoggiata allo stipite della porta e, nello sguardo, un breve lampo di ricordi. Non percepisco rabbia in lui, ma un pizzico di delusione invece sì.

“Come Cavaliere, e ancora di più appartenente alle Dorate Schiere, tu hai fatto un giuramento, Camus, questo tu lo sai, vero?”

"Sì, l'ho fatto..."

"Proteggere e salvare il mondo, i deboli, le innumerevoli meraviglie di questo pianeta..."

Camus stringe convulsamente le coperte, accusa malamente il colpo, ma non esita nella risposta: "Non... al prezzo delle persone che amo, non... se Marta ne dovesse rimanere coinvolta!" sussurra appena, impastando un poco con la bocca nel non riuscire a produrre un tono più alto di quello.

"So anche questo, Camus. Sacrificheresti la Totalità per il Particolare, se messo alle strette - acconsente Dégel, con un altro sospiro - E' degno di un grandissimo uomo, ma non posso dire altrettanto di un Cavaliere..." arriva alla cocente conclusione con un sospiro prolungato. Impossibile comprendere l'emozione predominante che lo coinvolge, perché sono talmente tante da stordire.

Neanche mio fratello lo riesce a percepire distintamente, semplicemente mantiene le pupille fisse sul lenzuolo bianco. Colpevole. Su tutti i fronti.

"Con la tua scelta... avresti potuto far colassare un mondo, procurando una sofferenza dilaniante in milioni e milioni di esseri senzienti che, proprio come te, amano qualcun altro, VIVONO, per qualcun altro..."

“Non chiedo la tua approvazione, so cosa ho rischiato, ma sappi almeno che non avevo alcuna alternativa a questo! - ribatte poco dopo Camus, tremando - Non avevo scelta in quel frangente, soccombere al Mago senza provare a cambiare qualcosa sarebbe stato infinitamente peggio. Non voglio coinvolgere degli innocenti, MAI! Ma non essere mai nati è ben diverso da morire! Se... se il Mago ottenesse il mio potere e così il mio corpo, i danni sarebbero molto più estesi, non solo qui, che è l'unica dimensione che ancora resiste, ma anche altrove; se invece fossi sparito io e, con me, il nemico, tutto si sarebbe sistemato in qualche modo. Non posso scendere maggiormente in particolari, mi spiace!"

Silenzio tombale, il dialogo sembra giunto al capolinea. Dègel è immobile, sembra quasi non respirare nemmeno; mio fratello invece è nervoso, non riesce a tenere ferme le mani, che ora mi coccolano, poi si grattano vicendevolmente il dorso e infine corrono nuovamente a stringere le coperte.

"Ne sei deluso, vero? - riesce infine a chiedere, e sembra quasi che il suo respiro si spezzi nel buttare fuori aria - Sei deluso da me, di ciò che diventerai..."

"Invero... no, non lo sono!"

La risposta lo spiazza, fa per chiedere spiegazioni a proposito, ma l'Antico Acquario cambia tempestivamente discorso.

“Camus... posso farti una semplice domanda?"

"I-io... sì, certo che puoi!"

"Hai asserito che non avevi scelta alcuna, ed io ci credo, perché ho visto le condizioni in cui versavi, ho visto la paura nei tuoi occhi. Però ora Marta ha creato per te una scelta, ti ha salvato, strappandoti dal tuo ingrato destino, dimostrando così l'esistenza di un'altra via!"

"Ci è riuscita, sì... ha sofferto, per farlo!" biascica, teso, posandomi nuovamente la mano tra le scapole per farmi percepire la sua vicinanza

"Questo suo gesto, a rischio della sua stessa vita, ha scacciato dalla tua testa l'idea di sacrificarti? Ti ha fatto comprendere quanto ancora tu sia importante per le tue giovani allieve?” riprende il discorso Dègel, sempre girato di spalle.

“Sì... ero così angosciato, prima, mi sembrava di soffocare in un mare nero di petrolio! Non avevo più speranze, capisci? Era... era dentro di me, i-io..." parla sempre più a singhiozzo, si inceppa, come una macchina rotta, avverto la paura sotto forma di una mano rachitica e gelida torcegli il petto, impedendogli di respirare correttamente nel cercare di trascinarlo a fondo.

Camus... sono qui... SONO QUI! Non sei solo, non più! E... e... diavolo, perché non riesco a reagire?!

"Camus, tua sorella è al tuo fianco, non sei più solo. Qualunque cosa tu abbia passato, sei qui, ora, con noi. Cerca di calmarti, o Marta si spaventerà!" prova a confortarlo Dégel da distanza, palesando il mio pensiero. I suoi occhi, di un blu oltre-oceano, scrutano discretamente la figura di mio fratello che, sforzandosi, buttando giù dei grossi respiri, torna finalmente padrone della sua voce.

"...N-non ce la facevo più a sopportarlo, v-volevo gettare la spugna, ma poi le ho viste...”

“Le hai... viste?” ripete Dègel, voltandosi completamente nella sua direzione per osservarlo stupito.

Camus sorride e annuisce, accarezzandomi poi una guancia con l'indice della mano destra.

“...Le luci della mia vita, sì, anf! Quando ho ripreso faticosamente coscienza, dopo che tu mi avevi portato su questo letto, ho avvertito distintamente Michela, Francesca, Sonia e Marta vicino a me. Piangevano ed erano disperate, ed io... io non avrei mai più volute lasciarle lì, in balia degli eventi, volevo vivere, prendermi cura di loro, combattere contro l'ingerenza esterna, ma..."

"E' quello che hai fatto, Camus... ti sei detto di resistere e così è stato, fino al nostro ritorno. Potevi soccombere, sarebbe stato tutto più semplice, ed invece hai resistito, devi essere fiero di questo!"

"Lo devo a tutti voi, ad Albafica in primis, che... - anche in questo frangente non riesce a finire la frase, esita, deglutendo saliva a vuoto. Si tasta appena sotto la gola con le dita, sfiorandosi la leggera cicatrice che gli è rimasta a seguito della tracheotomia di emergenza. Dunque l'ha percepita. - A voi, che avete combattuto per la cura, e infine a Marta, che mi è rimasta accanto per tutti questi giorni. Senza il vostro aiuto, io n-non avrei più... r-riaperto gli occhi! Non avrei più rivisto... la luce del nuovo giorno!

"E sarebbe stato proprio un peccato, non trovi? - tenta di sdrammatizzare la sua precedente vita, chiudendo brevemente le palpebre per poi riaprirle in una balugine abbagliante - Lo spettacolo del sole che nasce... è così rigenerante!"

"Lo è, sì... - acconsente mio fratello, con un sorriso schivo - Sarà una delle prime cose che farò, andare a vedere l'alba, appena sarò abbastanza in forze per muovermi. Voglio... voglio continuare a vivere questa vita con tutte le mie forze, Dégel, insieme a loro! Non voglio più arrendermi... all'oscurità!"

"Questo... che tu hai appena proferito dinnanzi a me, deve essere quanto di più simile ad un ex voto, siamo intesi?"

Il tono dell'antico Acquario è mutato, me ne accorgo io, ma anche mio fratello, che alza la testa nella sua direzione e gli rivolge uno sguardo interrogativo. Alcuni passi nella stanza mi fanno presagire un nuovo avvicinamento al letto che viene confermato dal formarsi di un'ombra davanti le mie palpebre chiuse. Non capisco subito, non prima di percepire le lunghe dita eleganti della persona che amo carezzarmi la fronte e i capelli con attenzione. Ciò mi dona un senso innato di felicità frammista ad un leggero sentore di inquietudine e abbandono che non mi piace per niente. Mi muovo appena al suo tocco, vorrei non separarmene mai.

"Dégel..."

“Devi averlo capito, ormai... non è, non deve, essere più necessario il sacrifico di alcuno, men che meno quello di un essere speciale come te, per sconfiggere questa entità. - afferma in tono deciso, sebbene siano i suoi occhi, ora, a sfuggire a quelli di mio fratello - Più nessun martirio, dopo il nostro!" sottolinea poi, in tono misterioso quanto... perfettamente sensato, almeno per me.

“S-sì... - Camus tentenna solo un attimo, prima di recuperare - ho imparato la lezione, è stata Marta a mostrarmi la via... Grazie a lei ho capito che è sempre possibile scegliere, anche quando tutte le possibilità ci sembrano precluse e ci si sente completamente soverchiati dal destino incombente. Non mi arrenderò più, con lei al mio fianco posso continuare a sperare in un domani migliore, sebbene il domani medesimo sia oscuro a tutti noi!”

“E allora continua a vivere, Camus, perché la vita è il dono più prezioso che abbiamo! - sorride Dègel, tornando a guardarlo da uomo a uomo, finalmente sollevato nel sentire la determinazione nella voce della sua reincarnazione - Sai cosa diceva il filosofo latino Seneca? Affermava che solo il tempo ci appartiene e che tutto il resto è degli altri. Il tempo, capisci? Il tuo tempo è solo tuo e hai tutto il diritto di viverlo come vuoi e con chi vuoi, io non posso giudicarti in alcun modo! Vivi, amico mio, è l'unico augurio che ti posso fare come tua precedente vita!” gli consiglia ancora, sulle labbra e nel cuore un sacco di altre parole inespresse e a stento taciute.

“Vivrò, questo è certo! Non so quanto tempo mi sarà concesso, ma vivrò con gli altri e per gli altri. Voglio essere un degno fratello maggiore per Marta, nonché un valido maestro per Michela e Francesca. Ora che mi è concessa una terza possibilità non voglio più sprecarla!"

Dal suo tono di voce quasi non si percepisce, ma io avverto il tremore che è in lui, si insinua dentro di me come una spiacevole sensazione di panico: già, quanto tempo abbiamo a disposizione ancora?! Quanto prima del prossimo assalto? Camus è negli interessi del Mago, quest'ultimo non si sarà di certo arreso... quale sarà la sua prossima mossa?!

Dégel fa un cenno di assenso con la testa, sembra felice, in realtà non lo è pienamente. C'è un leggero retrogusto di malinconia dietro al suo sguardo, il cuore pesante nella consapevolezza estrema che, sì, è giusto lasciarci andare, anche se... tremendamente doloroso!

“Esatto, dovrai vivere... anche per me!”

“Dègel!!!”

Ma l'interpellato si è già voltato e, con passi pesanti, si sta dirigendo verso l'uscita.

"Per oggi non sforzarti ancora, datti il tempo per rimetterti e... perdonami, se ho azzardato discorsi così contorti con te ancora in queste condizioni precarie."

"Non è quello, è che io... - mio fratello esita un'ultima volta prima di scrollarsi e decidere di ultimare la frase - Avrei voluto salvarti!"

Ancora il silenzio in risposta. Attonito. Pesante. Dégel è di nuovo appoggiato alla maniglia della porta, non lo dovrei vedere, è ancora girato, ma distinguo i suoi occhi sgranati, la mutevolezza del suo respiro che si è fatto più corto e veloce.

"Perdonami... per non esserci riuscito!" prosegue mio fratello, colpevolizzandosi. Per me. Per la sua precedente vita. Per lo stesso futuro che prenderà avvio proprio da questo.

“Camus... io ti ringrazio per le parole che mi hai rivolto, degne dell'uomo che sei. - è la volta di Dégel di biascicare con la bocca, la gola improvvisamente secca - Il futuro è ancora oscuro per me, ed è così che deve rimanere. Chi mai combatterebbe per un destino già prestabilito senza alcuna possibilità di appello?!"

"E tu questo destino non lo conosci ancora, ma sai... dove ti condurrà! Questa, già di per sé, è una condanna..."

"A te è toccato di vivere, Camus, non a me. Non provo alcun rancore per questo. Conserva e mantieni fermamente questa nuova vita che ti è stata concessa, poiché noi abbiamo combattuto strenuamente affinché ciò potesse essere consacrato” sancisce Dègel, in apparente tono calmo. In realtà la sua voce palesemente tremante e non sfugge alle orecchie esperte di mio fratello, il quale apre tacitamente la bocca nel tentare di esprimere parole che, tuttavia, non è in grado di far trapelare fuori e rimangono incastonate in gola.

E' dunque paura quella che avvertiamo in Dégel, malgrado la sua ferma volontà di non alterare i fatti prestabiliti e a lui ancora oscuri per la maggior parte. Una paura dannatamente umana, che dimostra anche la sua fragilità e, al contempo, la forza dei suoi ideali.

“Non ho alcun rimpianto, Camus, davvero... cerca di non averne nenache tu!” chiarisce ulteriormente Dégel, desiderando allontanarsi il prima possibile.

Tuttavia l'esperienza appena trascorsa deve aver mutato profondamente l'animo di mio fratello, che in un impeto di cristallinità, desiderando continuare a parlare, si sente di porre una nuova domanda, la più cocente.

"Ne sei sicuro? Neanche... per Marta?"

Di nuovo, per la terza volta, l'Antico Acquario si blocca, in un fremito. Percepisco la stretta della sua mano stringersi talmente forte a pugno da farsi sbiancare le nocche. Non è che un breve attimo, ma il più intenso di tutti.

“Vado a prendere le bende. Per troppo tempo la ferita di Marta non è stata accuratamente trattata, non voglio rischiare un secondo di più!” liquida la faccenda Dégel, uscendo dalla stanza in un cupo silenzio.

Camus sospira nuovamente, affranto, poi mi sistema meglio le lenzuola del letto sopra le mie spalle. Non fa freddo qui, affatto, ma è un innato istinto di protezione verso di me, il suo, come se, coprendomi, possa proteggermi meglio da tutte le brutture della vita.

"Dunque sai, hai capito... del resto, era impossibile che non te ne potessi accorgere..."

Non voglio che finisca così, non voglio che sia questo, a decretare la parola fine... Camus!

Non riesco a comunicare, non sono in grado di esprimermi, ma lui deve percepire il mio stato, mi prende una mano tra le sue e la stringe forte, ricominciando ad intonare leggiadro la canzone di ieri sera.

Ha la la ha se la ha la le lu...

Chissà cosa mai significano questi suoni apparentemente onomatopeici...

“Oggi è una nuova alba, un nuovo giorno che disperavo di cominciare. Ero così circondato dalle tenebre e dalla paura che quasi mi ero dimenticato quanto riesca a scaldare il sole quando è presente, persino nelle gelide lande siberiane... Sei stata tu a rammentarmelo, sai? - mi sussurra piano e con dolcezza, accarezzandomi i capelli con la mano libera - Parlarti quando mi sonnecchi vicino è di conforto, mi permette di essere cristallino, senza più alcun filtro. E anche se voglio abbandonare questa pessima abitudine, sforzandomi di esprimere sempre e comunque ciò che sento, la strada è ancora lunga e tortuosa.

Silenzio intorno, una breve, lunga, pausa. Solo le sue dita su di me che mi solleticano i capelli, non facendomi sprofondare totalmente nella disperazione che, lo sento, rischia di ghermirmi da qui al breve periodo.

"Tu... sai già tutto, vero, piccola mia? Ma vuoi sentirlo dalla mia voce, vuoi che sia io... a dirtelo! Ed è tuo diritto saperlo, così come per le altre..."

"Mmm... mmm!" mugugno, cercando di muovere la mano tenuta tra le sue per ricambiare la stretta.

Lui, percependo il mio movimento e le mie intenzioni, mi carezza il dorso della mano con il pollice, trasmettendomi un ulteriore messaggio senza usare le parole: non sarò più sola, qualunque tempesta dovrò attraversare. Saremo in due, da qui in poi.

"Tuttavia è ancora piuttosto presto ora... riposati, mia coraggiosissima guerriera. Al resto ci penso io!"

E la percezione, così come era partita, forse per volontà stessa di mio fratello, cessa, riportandomi alle tenebre pigre del sonno.

 

*******************************

30 Agosto 1741, tarda mattinata.

Passano alcune ore, anche se per la mia mente, nuovamente offuscata dal buio profondo dell'incoscienza, sembrano passati solo pochi minuti. Come prima di crollare completamente, mi sento cullata dalla vicinanza di mio fratello e al sicuro da ogni pericolo. Sono talmente a tocchi da desiderare di dormire per un giorno intero, se non due, senza mai essere disturbata, ma qualcuno ha altri progetti per me e mio fratello. Improvvisamente infatti la porta, precedentemente chiusa con delicatezza da Dégel, si spalanca furibonda, cozzando contro la parete con un rombo assordante. La tempesta è qui, sotto l'effige del Cavaliere di Scorpio del presente, Milo. Mio fratello ha giusto il tempo di trasalire, capire appena di chi si tratti, che immediatamente viene investito dal tornado.

“Porca di quella... CAMUS!!! Vedo che stai meglio, seduto, vigile e pure attento... ora raccomanda l'anima agli astri della tua costellazione, perché sto per darti il il colpo di grazia, qui e ora!!!

Non aspetta una reazione diversa da quella, né tanto meno che l'amico riesca a capacitarsi di quanto stia succedendo, semplicemente si dirige verso il letto, che ci ha fatto da giaciglio, con ampie falcate, i muscoli irrigiditi dalla rabbia.

Un risveglio dolce e tranquillo, non c'è che dire!

Camus lo sa; sa che il proiettile èimpossibile da schivare, e che è diretto proprio a lui. Mormora qualcosa, strabuzza gli occhi, la gola secca, prima di tentare un primo approccio.

"Mil..."

“Camus, che diavolo ti è saltato in mente?! No, non spiegarti, lo so già, ma rinnovo la domanda in tono più concitato: CHE CAZZO TI E' SALTATO IN MENTE?! TI SEI BEVUTO IL CERVELLO???” urla lo Scorpionide, sbattendo con foga la mano sul letto e procurandomi un risalto tale da farmi balzare letteralmente sull'attenti.

“B-buongiorno, Milo... sono felice di rivederti!” mio fratello tenta la via diplomatica per poi regalargli un timido sorriso, forse sperando di rabbonirlo almeno un poco. Tutto inutile!

“BUONGIORNO?!? FOTTITI, CAMUS, TU E IL TUO BUONGIORNO!!!” ribatte, l'altro, gesticolando come un matto. Ha ripreso quasi interamente le forze, di questo gli devo dare atto, ma sta facendo un casino allucinante e, malgrado lo capisca appieno, il dolore alla mie tempie non si adatta a tutto questo baccano.

Camus abbassa lo sguardo, cercando le parole e la forza per reggere lo sguardo dell'amico di sempre. Persino lui si rende conto di avere davanti una iena; una iena che ha tutte le ragioni per essere particolarmente arrabbiata con lui, ma dopo tanta sofferenza il suo ultimo pensiero è quello di litigare con colui che, più di ogni altro, è in grado di leggere nel suo cuore.

“Milo, io...” inizia, ma l'abbraccio dello Scorpione lo blocca immediatamente.

“Stai zitto, Camus, hai capito?! O potrei decidere di strozzarti, razza di stupido incosciente!!!” dice ancora Milo, quasi commosso.

Il diretto interessato si ritrova così tra le braccia del compagno senza alcuna possibilità di appello, alla fine riesce a biascicare un: "Stai facendo e disfacendo tutto tu, Milo..."

"ZITTO, ho detto!"

"..."

"Che diavolo ti è saltato in mente?!?"

"..."

"Ohi, rispondimi, testa di fava!"

"Mi dici di stare zitto, poi di risponderti... quale delle due vie devo seguire, Milo, anf? Anzi... ho una via da poter prendere per... disinnescarti, in qualche modo?"

Lo Scorpione ode le parole di lamentela dell'amico, ma non gli da peso, stringendolo ancora più forte a sé. Dopo tanti giorni di litigi ed incertezze, ad un passo dalla morte entrambi, non vi è davvero più nulla capace di bloccare quei sentimenti così caldi e accoglienti.

“Ugh... M-Milo, mi stai davvero soffocando, non respiro! Cough! Cough!” si lamenta alla fine Camus, diventato ormai paonazzo in volto nell'annaspare nelle sue stesse parole.

“E te lo meriteresti, razza di cretino che si dimentica di avere una lingua per poter comunicare! Sempre così... sei sempre così! Non parli mai, affronti tutto da solo, che vile egocentrico che sei!” ribatte lo Scorpione, allentando la stretta quanto basta per non far soffocare completamente il compagno.

Camus si è portato una mano al petto glabro, respira a tentoni, ancora molto debole per gli eventi successi, tuttavia quando la sua voce sforza il groppo creatosi in gola, il suo tono è deciso e diretto.

“Potrei dire lo stesso di te, mi hai... terrorizzato con il tuo gesto! Potevi morire, Milo, te ne rendi conto?! E questo perché non mi hai voluto ascoltare! Dovresti ben sapere che io non parlo a vanvera, se ti ho detto quelle cose... era perché sapevo cosa avrebbe potuto succederti! - si ferma un attimo, recuperando ossigeno - Invece hai fatto di testa tua e, quando ti abbiamo trovato riverso a terra in biblioteca, con quei bubboni sul tuo corpo, io... io avrei voluto urlare, mi è crollata il mondo da sotto i piedi!” ultima il discorso, tremando visibilmente per la paura provata.

Milo tace per qualche secondo, assorbendo pienamente le parole sofferenti dell'amico, poi inaspettatamente sorride, tornando ad abbracciarlo.

“Che ti serva da lezione, Cammy! E le prossime volte parlami, già che ci sei, invece di tenerti tutto dentro e aspettare che io intuisca i tuoi intenti per spiegarli poi agli altri! - esclama ad alta voce, finalmente sereno - Comunque ora sto bene, come puoi ben vedere, non hai più nulla da temere per me!”

“Milo, se... Io non sapevo se fosse rimasto ancora qualcosa di vivo dentro di me, non dopo quanto era successo a Marta e le altre, non dopo quanto stavo patendo a causa del Mago... ma quando ti ho visto in quelle condizioni, io... credo di essere morto un'altra volta! Ho perso le speranze, le sicurezze, persino la capacità di trovare una via diversa rispetto a quella intrapresa. Non so... non so quanto impiegherò ora per far crescere ancora qualcosa di vivo in me, però ce la metterò tutta per essere un valido sostegno per tutti voi!” biascica mio fratello, ricambiando finalmente il gesto e chiudendo gli occhi per assaporare meglio quel contatto così aperto e sincero. Lo vedo tremare con forza, ancora una volta vinto dalle emozioni. Fa una tale tenerezza la sua espressione di sollievo...

"Non male! - sdrammatizza intanto Milo, sollevato - Siamo diventati più loquaci, eh?! Questi passi avanti..."

Ridacchiano insieme, finalmente ricongiunti.

Rimango ad osservarli, sorridendo intenerita a scena. Mio fratello non si è ancora ripreso da tutti i fatti accaduti, né psicologicamente né tanto meno fisicamente, ma sta facendo di tutto per mantenere la promessa che ha fatto a sé stesso. Certo, ci vorrà tempo, molto spesso inciamperà, ma ora più che mai può contare sul mio sostegno, poiché finalmente sono in grado di capirlo a fondo, sempre più orgogliosa nel vederlo così fragile e forte nello stesso momento, proprio come la neve!

Così assorta nei miei pensieri, quasi non mi accorgo che Camus stesso si è staccato un poco dal suo migliore amico, tornando a guardarmi con affetto e un leggero sorriso che gli solca le gote un poco rosee.

“Buongiorno!” mugolo imbarazzata, incrociando i suoi occhi blu che ora brillano di una nuova luce. Lentamente stanno tornando quelli di sempre, scacciando il buio che li aveva avvolti, non posso che essere stracolma di felicità per questo piccolo miracolo.

“Buongiorno a te, Marta, sei riuscita a dormire almeno stamattina? Stanotte ti sei svegliata un paio di volte, perseguitata dagli incubi...” mi chiede di riflesso Camus, sereno, malgrado la punta di urgenza nella sua voce.

“Sì, sì, ora sì! Ero talmente stanca che avrei voluto... uh?” fermo il mio discorso, inclinando la testa di lato nel notare le strette bende che mi avvolgono la mano e il braccio destro.

“Si è occupato Dègel delle tue ferite... - si affretta a spiegarmi lui, tornando serio - si erano già infettate, Marta! Avessimo aspettato ancora un giorno o due avrebbero potuto diventare qualcosa di veramente serio, mi capisci? Non puoi prenderti cura degli altri se prima non ti occupi di te stessa!”

Parole dure, ma me lo aspettavo. Ero preparata a questo, alla preoccupazione di mio fratello e al suo rimprovero, ma ho corso comunque il rischio, fregandomene delle mie condizioni. Ha comunque ragione lui: non possiamo sempre ridurci al limite per l'altro, in una ruota eterna che non smette di ritornare all'uguale. Tuttavia non avevo nemmeno altre alternative e, se mi ci dovessi ritrovare, agirei esattamente allo stesso modo. E lui farebbe lo stesso per me, lo so.

"Beh... ma senti chi parla!" ironizza infatti lo Scorpione, notando l'incongruenza di fondo. Camus si sforza di non ribattere alla provocazione, ben sapendo che non avrebbe difese a riguardo, attende semplicemente la mia risposta.

“Sì, hai ragione, scusami...” pigolo, discostando lo sguardo, decidendo di chiudere in fretta il discorso.

“Va bene così, Marta. Ora però promettimi che in questi giorni ti prenderai cura di te stessa senza più pensare a me. Sto bene ora!” mi cerca di tranquillizzare, accarezzandomi la testa con dolcezza.

"Stai davvero bene, Camus?" chiedo, guardandolo negli occhi nel desiderare di avere quella conferma.

Lui esita, la sua mano si ferma tra i miei capelli, l'espressione si fa un poco corrucciata: "Non completamente... ma il peggio è passato, grazie a te!"

Annuisco comprensiva, chinando un poco la testa di lato quando avverto le sue dita scendere sugli zigomi e sostarci per una manciata di secondi nel desiderio di far perdurare ancora un poco il contatto tra noi.

"Mi basta che non ti affatichi in questi giorni. Pensa solo a riposare, va bene, Cam?"

"Sarà fatto, piccola mia! Non... renderò vani i tuoi sforzi per strapparmi dalle tenebre!"

“Camus, comunque anche tu non te la scampi così, eh, sia chiaro! Ci sono giusto un po' di cosette che devi narrare a me, a Sonia e alle tue allieve!” interviene Milo, incrociando le braccia al petto con fare inquisitorio.

“Sì, lo so perfettamente... sono pronto!” sussurra Camus, staccandosi da me per appoggiarsi stancamente allo schienale del letto. Nell'intenzione di puntellare le braccia per reggersi da solo e darsi un tono, lascia momentaneamente le lenzuola appena appoggiate sul grembo.

"Cam, hai bis..?" ho giusto il tempo di abbozzare la domanda se vuole una mano, che odo appena la voce di Milo affacciarsi dalla porta e chiamare a gran voce qualcuno fuori.

“Ehi, ragazze, è tutto ok, cioé... più o meno. Potete..." ma neanche lui riesce a terminare la frase.

Un secondo esatto dopo, infatti, neanche fosse un fulmine, Michela irrompe nella stanza, sbattendo violentemente contro lo stipide della porta nel non decelerare minimamente. Io, basita, sussultando al frastuono, ho appena il tempo di realizzare le sue intenzioni, che già si è improvvisata atleta di salto in lungo, i piedi completamente staccati da terra nell'atto di balzare. Di riflesso, indietreggio, incespicando nelle mie stesse gambe a causa della debolezza, mentre Camus, ancora con i sensi alterati dal lungo malessere, riesce a stento a ripararsi la nuca con la mano per evitare di prendersi una zuccata fotonica, l'allieva praticamente addosso.

“Maestrooooo, stai meglio!!!" esulta lei, totalmente euforica.

"Ora non più..." sbuffo, a metà strada tra il divertito e l'esasperato, nel vedere l'espressione sofferente di mio fratello che, strizzando dolorosamente le palpebre, biascicando qualcosa, prova a rimanere comunque dritto, nonostante il non proprio dolce peso che gli è piovuto addosso.

Michela, si sa, è molto esuberante, è sempre stata una sua caratteristica peculiare al punto di non rendersi conto che, a volte, sarebbe meglio trattenersi; dopo tutta la paura provata per Camus, che lei considera a tutti gli effetti come un padre, ora vorrebbe solo le coccole, le richiede, iniziando a strofinarsi su di lui, ma...

Improvvisamente, sbalordendomi non poco, smette di strusciarsi, balzando anzi via dal letto, rossa come un peperone fin sopra alle orecchie.

Guardo meglio, ricercando la motivazione per un simile comportamento. I miei occhi scorrono rapidi la linea dell'addome di Camus fino al basso ventre. E capisco.

“M-Maestro, ma sei ancora nudo!!!” ulula Michela, vergognosa, rifugiandosi dietro le spalle di Francesca, appena entrata nella stanza.

"Quale grande scoperta..." ironizza Sonia, quasi soffiando verso l'amica, facendo capolino dallo stipite senza osare tuttavia muovere un passo in più, forse per rispetto alla riservatezza di mio fratello.

"Effettivamente, Michela... fai la solita cagnara e poi cadi dal pero. Dovevi immaginarlo che..." le fa notare pacatamente Francesca, sospirando, lasciando comunque in sospeso il discorso.

"I-io volevo solo..."

"Coccole, lo sappiamo!" fa spallucce l'amica più grande, ammorbidendo il tono della voce.

"C-ci, le volevo!" Michela puntella i due indici uno contro l'altro, gli occhi lucidi di vergogna.

"Oh, hai il mio benestare, invece! - interviene Milo, divertito dalla faccenda, utilizzando in maniera impeccabile il suo tono da sfottò - Fallo vergognare anche di più, se riesci, così la prossima volta impara a farci infartare tutti quanti!"

Camus, nel frattempo, è diventato rosso papavero, si scaverebbe una buca da solo, se solo potesse. Tasta a vuoto vicino a sé, non riuescendo a prendere il lenzuolo, che gli sfugge dalle mani.

"Qui... - dico io, prendendolo al posto suo per rimetterglielo compostamente come prima dell'assalto di Michela, in modo che lo copra e lo faccia sentire più a suo agio - Va tutto bene, Cam!"

"Marta..." il suo tono è tremante, gli occhi lucidi. Fa tenerezza.

"Va tutto bene!" sottolineo ancora, comprensiva, con un mezzo sorriso, sfiorandogli brevemente i capelli per rinfrancarlo. Capisco le parole di Milo, la sua rabbia non ancora dissipata, che è, in parte, anche la nostra, ma non riesco ad essere inclemente con lui, con tutto quello che ha passato, con tutta la vergogna che sta provando in questo momento. Vorrei solo che stesse bene...

"Maestro, scusami... - pigola Michela, facendosi avanti passin passetto, il capo chino - Ero così felice che..."

“L-lo so, Michela, non... non c'è bisogno di chiedermi scusa... - borbotta Camus, tirandosi le lenzuola fino al torace dopo avermi accarezzato il dorso della mano per ringraziarmi - Mi dispiace, anzi, di farmi vedere così da voi, ma... ma non ho ancora le forze per..."

“Però stai meglio, vero?" chiede conferma Michela, allarmata dal suo tono ancora così strascicato.

"Sì, sto molto meglio, anf, ed è tutto merito vostro! Avete corso innumerevoli rischi per me, e avete combattuto come delle vere e proprie guerriere. Non lo... non lo dimenticherò!" mormora Camus, visibilmente emozionato, sforzandosi di sorriderle, nonostante le guance siano ancora rosse.

Michela, percependo l'ambiente favorevole, prende posto sulla sedia di fianco al letto, accoccolandosi vicino, sul sul grembo, lasciandosi finalmente andare ad una lieve manifestazione di singhiozzi privi tuttavia, in un primo momento, di lacrime. Anche lei ha bisogno di disinnescarsi dopo tutta la tensione dei giorni scorsi, ne ha necessità tanto quanto me.

Camus si rende conto del suo stato, dei fremiti che sconquassano il suo corpo apparentemente già formato come quello di una donna, ma dal cuore ancora di una ragazzina. Le posa una mano sulla testa, iniziando ad accarezzarle i capelli castani.

"Sono qui, birba... adesso sono qui!" le sussurra, con dolcezza, ottenendo come reazione il suo ulteriore rannicchiamento.

Quasi me ne andrei... loro hanno diritto quanto me di trascorrere del tempo con Camus come ho fatto io stanotte, ma Milo e Francesca, pur rispettosi dello sfogo dell'amica, non sembrano affatto intenzionati a 'mollare l'osso', per cui... ben vengano le moine, purché dopo si parli e si chiarisca su come siamo arrivati a questo.

Michela si gode quel contatto ancora per un po', alcune lacrime le sfuggono dalle palpebre, non può evitarlo, ma infine riesce a raddrizzare sufficientemente la testa per guardarlo negli occhi, pur rimanendo appoggiata a lui.

“L'altro giorno, mentre Marta e Francesca ti lavavano la schiena, non... non reagivi, sigh, del tutto in balia degli eventi, di noi. S-stavo male per te, non... non riuscivo a smuovermi e, alla fine, non ho potuto fare nulla, Maestro, scusami! O-ora spero solo di non... di non vederti mai più ridotto così!" gli confida, sforzandosi di parlare in tono chiaro, malgrado il pianto.

"Hai fatto moltissimo, invece, Michela... e non te ne rendi neanche conto. Senza di voi sarei stato perso e... e..." Camus non riesce a proseguire, si lascia semplicemente andare a sua volta nello stringere, come può, l'allieva a sé.

"Maestro, a cosa ti riferisci?"

A questo punto Camus si discosta un po', la guarda negli occhi, dolci come non mai, mentre le sue labbra tremano visibilmente per la paura, il pericolo scampato, le emozioni. Ed io sento passare tutto dentro di me, come se lo vivessi io.

"La tua mano tra i miei capelli..." bisbiglia infine, arrochito, imitando il gesto.

Gli occhi d Michela si spalancano, increduli: "Mi hai... percepito?"

"Potevo... potevo percepirvi, sì, anche se non mi era consentito muovermi. L-lì, da solo, nel buio completo... era solo la vostra voce e il vostro tocco a potermi riscattare..."

"Cosa... cosa hai passato, Camus, in questi giorni? Come ha potuto quel mostro farti questo? Ce lo dirai mai?" chiede ancora Michela, desiderosa di aiutarlo in qualche modo.

Ma Camus stavolta scrolla la testa, la sua espressione si fa dolente. Non riesce quasi a parlare da quanto è sopraffatto, continua a stringerla, affondando il viso tra i suoi capelli.

"Maestro..?"

"Non... chiedetemelo!" biascica, prostrato.

Lo osservo in un moto di dispiacere e rabbia per quello che quel bastardo gli ha fatto subire, che lo ha ridotto così, annichilendo l'orgoglio stesso di essere un uomo. Stringo con forza la mano sana a pugno, quasi febbricitante: avrò cura di te, da adesso in poi, per davvero, non permetterò più a nessuno di toccarti!

Michela annuisce, decidendo di non indagare ulteriormente e limitandosi a contraccambiare la stretta, che tuttavia da parte sua è molto meno delicata di quella di Camus che infatti sussulta, ma non scioglie l'abbraccio. Probabilmente non vuole scioglierlo, ha bisogno di noi, del nostro contatto, sebbene gli causi ancora dolore perché le ferite al petto non sono ancora del tutto guarite. Tuttavia più passa il tempo più sembra sofferente, il respiro è spezzato, corto il fiato. Vorrei intervenire per dire alla mia amica di allentare un poco la morsa, perché probabilmente non si è accorta delle grosse difficoltà di mio fratello, che si sfianca per un niente. Fortunatamente ci pensa Sonia.

“Ehm, Michela, hai la delicatezza di un camionista! Lascialo respirare, lo abbiamo appena salvato, è cosciente da ieri, non vorremmo riperderlo oggi!” afferma la più piccola fra noi, sempre nascosta dietro lo stipite, con la stessa irriverenza di Milo. E' sagace, pungente e ha proferito la frase in un tono che non ammette repliche, ma sembra essere a disagio, in imbarazzo, quando Camus prova a guardarla, lei discosta lo sguardo, o si nasconde direttamente. Non credo di averla mia vista così.

Michela, presagendo il rimbrotto, si stacca,alzandosi dal letto rossa in viso, per poi voltarsi verso di lei e chiedere spiegazioni: "Sonia, non c'è bisogno di essere così burbera con me, lo stavo solo abbr..."

"Alla faccia dell'abbraccio, sembravi una piovra, o un boa costrittore! Camus è ancora convalescente, lo vedi da te come è pallido, ha bisogno di delicatezza!"

"M-ma io... - Michela non trova parole da dire, decide di controbattere - E tu cosa fai lì nascosta?! Se ha bisogno di delicatezza perché non lo tocchi?"

"I-io... - la più piccola tra noi esita, osserva il letto, per un secondo sembra intenzionata ad avvicinarsi, ma poi imporpora nuovamente e si nasconde - Sto bene qui!"

"Ma cosa fa? - chiede Michela ai presenti, guardando prima me, poi Francesca e infine Milo per cercare spiegazioni - Era entusiasta di venire qui, non faceva che chiedere del Maestro Camus e ora non entra neppure nella stanza!"

"Urgh..." trasalisce la diretta interessata, da dietro il muro, in evidente disagio. Probabilmente affatto lieta che Michela abbia spifferato così il suo stato.

"Michy, sai, Sonia e Camus..." fa per dare la spiegazione Milo, ma è mio fratello a prendere la situazione in mano.

"S-Sonia, anf... - la chiama, con dolcezza, attendendo che la sua testolina risbuchi - V-vieni qui, per favore..."

"Ma Camus..."

"Non sono... così rotto come appaio!" gli sorride poi, con calore, nonostante le occhiaie lunghe due metri, nonostante la spossatezza, nonostante il fiato corto, sdrammatizzando sul suo stato.

La più piccola si convince finalmente ad entrare, si avvicina a mio fratello, quatta quatta, alzando gli occhioni verdi solo all'ultimo. Qualcosa passa nelle sue iridi, un lampo di strazio, che io associo al malessere ancora così tangibile di mio fratello, le tronca il respiro sul nascere.

"Avrei... avrei voluto non vederti più ridotto così!" riesce a biascicare alla fine, buttando fuori aria, iniziando a torturarsi le mani per il nervosismo. Allude a qualcosa che né io né le altre riusciamo a capire, ma Milo sì, a giudicare da quanto si sia incrinata la sua espressione.

"Lo so... e me ne dispiace!"

"Farti promettere di non rischiare così la vita è inutile, vero? - sbuffa ancora, in un fremito - E' come se ce l'avessi nel sangue..." dice ancora, sfiduciata.

"S-Sonia, i-io..."

Ma lei, sbloccandosi, riesce infine ad abbracciarlo a sua volta, con discrezione e la naturalezza di chi, complice, si conosce da molti anni.

"Se non riusciamo a farti entrare in quella zucca cubica di non affrontare tutto da solo... - inizia il discorso con l'ironia propria di Milo, prima di alleggerire il tono - Cerca almeno di stamparti in testa, a caratteri maiuscoli, che tu sei prezioso per noi, tutti noi, e che... che TI VOGLIAMO BENE, Camus!" riesce ad esprimersi tutto in un soffio, nascondendosi però nell'incavo del suo collo per l'imbarazzo.

Gli occhi di mio fratello si fanno ancora una volta lucidi, trema con maggior forza, respirando quasi a scatti, prima di cingerla, di riflesso, per le spalle: "L-lo farò, Sonia... q-questo posso promettervelo, e... grazie, p-per le parole!"

Milo attende un poco che sia il migliore amico che l'allieva si distendano un minimo, essendo entrambi goffi ad esprimere ciò che sentono, poi butta un occhio su Francesca, rimasta appoggiata al muro a gustarsi le scene senza tuttavia partecipare. Capendo così che tutte noi siamo apposto, tra chi ha già parlato e chi ha deciso di farlo in un secondo momento, in un ambiente più riservato, sceglie di irrompere per andare al nocciolo di tutte le questioni.

“Le ragazze sono pronte. Prenditi il tempo che ti occorre per trovare il fiato e le parole da utilizzare, ma illuminaci sulle tue intenzioni. Le tue allieve meritano una spiegazione, hanno visto colui che hanno di più prezioso, il loro maestro, cominciare a comportarsi come un idiota non assolutamente in grado di ragionare, tu che metti l'intelletto al primo posto... stavolta devi parlare schiettamente!” esclama lo Scorpione, appoggiandosi al muro e scrutandolo a fondo, con un pizzico di astio.

Avverto una certa severità nelle sue parole, anche se velate dalla preoccupazione. Lui sa già tutto senza alcun dubbio, ci è arrivato per deduzione, ed è stata la profonda affinità che li lega a rivelargli la verità. Stante la situazione, deve sentirsi parecchio incollerito, visto che mio fratello, al solito, non gli ha parlato minimamente, decidendo arbitrariamente di sopportare tutto da solo, finché ne è stato in grado.

“N-non so... non so proprio da dove incominciare.” mormora Camus, in palese disagio.

"Beh... fatti forza e parla, siamo tutt'orecchi!"

"Non è così semplice..."

"Oh, ti posso assicurare che anche vederti andare lentamente in pezzi non è stato affatto facile... - assottiglia lo sguardo lo Scorpione, una balugine cremisi negli occhi - senza permetterci di poterti aiutare, perché, si vede, che ci reputi degli inetti!"

"N-non è così, Mil..."

“Beh, Maestro... - prende parola Francesca, capendo che il dialogo, ancora prima di cominciare, stava già prendendo una brutta piega - partiamo dall'inizio di tutto, ovvero dal dopo la battaglia contro Crono, io ti posso aiutare!"

Vedo con chiarezza le mani di Camus stringersi convulsamente sulle coperte. Le nocche, già chiare, diventano ancora più pallide e le labbra tremano diverse volte, completamente a vuoto. Stavolta le parole ci sono, sulla punta della lingua, ma è la difficoltà a rammentare quei momenti così dolorosi per lui a bloccarlo.

Riesco a leggere tutto questo nella postura e nelle movenze di mio fratello, decido quindi di intervenire per spronarlo a continuare. Raccolgo i suoi palmi nei miei, i due pollici solcano, con delicatezza, la falange delle sue dita più volte, prima di arrestarsi e rimanere un po' lì per fargli percepire in tutto e per tutto la mia vicinanza.

“Camus, lo so che è difficile... ma noi siamo qui con te. Le parole non ti mancano, né tanto meno i sentimenti, trovali dentro di te e falli sgorgare al di fuori. Ce la puoi fare, ne sono certa!” gli sorrido con tenerezza, dando tutta me stessa.

Lui contraccambia il sorriso con gratitudine, socchiude gli occhi, prendendo dei respiri più profondi, i nostri palmi sono ancora giunti, poi riapre le palpebre, mi fa capire che è pronto, che ce la può fare, se io rimango lì con lui. Annuisco, raddrizzandomi per poi compiere qualche passo indietro e dare così occasione a lui di aprire il dialogo.

Sono con te, fratellino, coraggio!

“Come ormai certamente saprete, eravate m-morte, dopo la battaglia contro il finto Crono, e... Hyoga, Milo ed io, grazie alla speranza offertaci da Death Mask, abbiamo scelto spontaneamente di donarvi il nostro sangue per salvarvi..."

“Giusto, eravamo proprio stecchite, brrrr! Stento ancora a crederci!" esclama Michela, deglutendo per l'inquietudine e la paura.

"Ma dietro il finto Crono c'era il Mago, giusto? - domanda invece Sonia, percettiva, studiando ogni minima variazione di espressione di Camus, ogni sua goccia di sudore che, ancora, permea la sua pelle innaturalmente pallida - E' in quel momento che... sei venuto a conoscenza della sua esistenza?"

"Me ne ha parlato Zeus, all'inizio, mi ha detto che... - esita, sbiancando visibilmente, al punto da necessitare di un paio di secondi in più per raddrizzare il suo tono di voce che si era irrimediabilmente incrinato - Che l'ombra di cui sognavo... era la causa primigenia di tutti i nostri mali"

"Quindi lo sognavi già, Maestro? Perché?" domanda a sua volta Michela, desiderando scoprire la verità.

“Da quel momento in poi... ho scoperto sempre di più sul conto del Mago; lui stesso, del resto, non si preoccupava di celarmi i suoi piani, anzi, provava... piacere... a rammentarmeli in ogni momento!" glissa la domanda Camus, rabbuiandosi, le labbra sottili ormai ridotte quasi ad un'unica linea di turbamento a malapena celato.

Rabbrividisco senza potermi trattenere, capendo benissimo la reale entità della spiegazione di mio fratello che, pur non esprimendosi oltre a riguardo, utilizza determinate parole nella narrazione. Pesanti. Affannose. Tumefatte.

"Mi parlava spesso del vero significato della profezia, si presentò perfino, rivelando così il suo nome..."

"Ha un nome proprio questo mostro?!" interviene Milo, una scintilla negli occhi.

"F-Fei Oz R-Reed, sì..." Camus, per il momento, sembra nuovamente bloccato sull'argomento, è visibilmente traumatizzato, anche se cerca di nasconderlo per sembrare ancora forte, integro, ai nostri occhi.

“Tu e Marta siete la chiave di questa Profezia, ormai è chiaro, il fulcro dei suoi progetti... - continua allora lo Scorpione, capendo che è inutile tentare di forzare l'amico di sempre a dire qualcosa che non vorrebbe mai esprimere, men che meno a noi - Anche questo te lo accennò prima Zeus, o..?"

"Solo in parte. Come dicevo, molte cose me le ha riferite il nemico in persona..."

"E Seraphina lo sapeva?" il suo tono si fa delicato nel pronunciare il nome di lei.

"S-sì..."

"Te ne ha parlato?"

Sembra diventato un interrogatorio. Studio la reazione di mio fratello, che esita, tremando distintamente nel pensare a lei. Sta facendo bene Milo a incalzarlo e pressarlo così?! Camus sembra... così al limite!

"N-no, lei... lei non mi ha detto nulla circa la Profezia, tanto meno il suo... destino! Solo... solo quando è stata male."

"Però ne era consapevole, lo hai confermato poco fa, è per questo che è riuscita a curarti quando siamo atterrati là!" tenta ancora lo Scorpione, cercando un appiglio, un qualcosa che possa far parlare più agevolmente Camus, che tuttavia sembra sempre più agitato.

"I-io... io non so bene cosa sapesse, non c'è stato il tempo, non..." si massaggia la testa, sembra quasi sul punto di piangere e ciò mi spaventa. Provo l'istinto di toccarlo di nuovo per calmarlo, ma è lo Scorpione, stavolta, a fare marcia indietro.

"Ok, calmati... non parlarci di questo, allora, parti da qualcosa che ti fa stare più tranquillo, come... come... - mi osserva brevemente, illuminandosi - Marta! Quando hai scoperto, di preciso, la verità sul suo conto?"

"L-lei, Seraphina, pur non parlandone espressamente, mi ci ha fatto arrivare piano, lentamente - vedo il suo petto tremare, come se trattennesse un singhiozzo. Per un istante ho l'impressione che possa crollare su sé stesso da quanta disperazione leggo nei suoi occhi - L-lei sapeva, e-era convinta che, in quanto Sciamano, io ci sarei arrivato da solo, che lo avessi potuto... percepire... dentro di me, senza bisogno di una sua conferma o smentita. Soffriva... ma era la scelta che aveva attuato per preservare il futuro, Per salvare... me!"

“Ma quindi... tu da quanto lo sai, Maestro Camus? Abbiamo fatto così tante congetture a riguardo... quando lo hai capito?" chiede Francesca, apprensiva, un moto di tristezza permea i suoi occhi che brevemente ricadono su di me, come a dire che è quello che mi aveva accennato sulla spiaggia nel presente, quando eravamo in missione per l'antibiotico.

Silenzio. Mio fratello pare rotto, inceppato, stringe di riflesso le palpebre, sofferente, trattenendo le lacrime, che a me, come a lui, tolgono il respiro.

Ti manca così tanto, vero? La tua Sefi... deve essere stato tremendo abbandonarla, quando ho visto quel sogno tu piangevi, soffrivi con lei, per lei, perché la stavi condannando e lo sapevi. Eppure hai scelto me...

"Scu-scusate, cosa..?" domanda interrogativamente Michela, squadrano prima il maestro e poi l'amica più grande, non capendo. Ma il suo quesito si perde nel vuoto.

"Camus... - il tono di Francesca si è fatto ancora più dolce, sembra voglia accarezzarlo e rinfrancarlo da distanza - Marta vorrebbe sapere... è suo diritto!"

“I-io... in verità, non l'ho percepito, non subito, almeno. Voglio dire, s-sono... diverse fisicamente, t-troppo, in apparenza. U-un'anima, generalmente, tende a conservare la stessa, singolare, forma...”

"Però... hai avuto dei flash, stando con lei, vero? La vedevi... vedevi la tua sorellina, nelle sue movenze, nel suo stesso modo di fare!" continua il dialogo Francesca, aiutandolo come può ad esprimersi

"La vedevo, sì... mi ricordava così tanto Marta, in tutto, e glielo avevo anche detto... - sorride amaramente nel rammentarla, osservando però il muro - Diverse... ma con lo stesso sorriso, la stessa capacità di infondere calore, lo stesso cuore traboccante di sentimenti e la stessa gioia di vivere..." mi osserva brevemente, ed io inaspettatamente mi rizzo, sentendomi ancora una volta fuori posto, quasi spezzata.

"Quindi... è come la pensavo io! - ne deduce Francesca, malinconica, visibilmente dispiaciuta - Avevi dei dubbi, ma non sapevi con certezza, finché non ti sei ricongiunto con Marta."

"Il rivederla ha dato risposta definitiva ai miei quesiti, sì, ma quella mattina in cui sono rientrato con lei, che stava male, i-io non avevo già... più alcun dubbio! - tenta di spiegarsi, buttando fuori aria e respirando forte, il cuore in tumulto - Avevo capito che Seraphina era la precedente vita di mia sorella Marta!"

Nella stanza cade il silenzio, mentre i miei occhi fissano intensamente quelli di mio fratello, sfuggenti come lepri. In effetti, sia Crono che Francesca mi avevano riferito che lui aveva ormai capito, era consapevole di chi fossi la reincarnazione. Sapeva che non avrebbe potuto salvarci entrambe, che allontanarsi da lei, tornare da me, equivaleva a consegnarla a morte certa, ma lo ha fatto comunque, perdendo così, ancora una volta, l'amore della sua vita passata, e di questa.

Arrossisco nel ripensare ancora a loro due su quel letto, al loro bisogno disperato di toccarsi, di amarsi, di non perdersi più. Mi osservo tristemente la mano sinistra, quella non fasciata, ne studio la conformità, così diversa da quella esile, da fata, della Governatrice di Bluegrad. Hanno ragione... siamo così diverse, io e lei, ancora non mi capacito dei fatti successi negli ultimi giorni. Mi sento fratturata, rotta, spersa... sbagliata. Credevo di essere rimersa io, di essere in me, eppure...

“Ehm, p-posso? Mi sono un po' persa... - alza la mano Michela, con un'espressione tale da adorabile tonta, che subito il mio malessere viene (quasi!) spazzato via - Chi sarebbe Seraphina?!”

“Non ci posso credere, Michela, ma tu vivi proprio nel mondo degli unicorni blu!!! Seraphina è la giovane donna che ci ha soccorso quando siamo finiti in quest'epoca, nonché il grande amore di Dégel!” esclama Francesca, guardando l'amica con espressione rassegnata.

“OU, NON SONO COSI' SCEMA!!! So chi è Seraphina! - fa la linguaccia lei, indignata - E' che mi sono persa dei passaggi, cosa c'entra Marta?!"

"Beh... come dire... è SOLO la sua reincarnazione!" risponde pratica l'amica più grande, facendo spallucce.

"Massì, quello l'ho capito, è che... - ma sbianca improvvisamente, come a soppesare realmente l'entità di quelle parole - COS...?! No, aspetta, ASPETTA! E' la reincarnazione??? Ma in senso lato o in senso stretto?!?"

"Nell'unico senso possibile, Michela..."

"Ma quindi come Camus per Dégel???"

"Eh, sì... un po' tardiva ma ci sei arrivata, dai..." ironizza ancora Francesca, radunando tutta la sua pazienza.

"T-tu... - e mi indica, sbigottita, aprendo e chiudendo la bocca più volte prima di riuscire ad esprimersi - TU SEI LEI!"

"B-beh, insomma..."

"Sei stata lei, comunque... - raddrizza il tiro, sbracciandosi, prima di gonfiare le gote - E NON MI HAI DETTO NULLA!!!"

Non sono in vena di rispondere, mi sento così strana, affatto in forma, e non so più se sia la stanchezza o altro. Guardo altrove, l'espressione rassegnata, Francesca prende le redini del discorso in mia vece.

“E non è neanche tutto, Michela! Se avessi fatto finire il Maestro Camus, ti avrebbe anche detto che la nostra amica qui presente non è venuta al mondo come quasi tutti gli esseri umani, ha scelto lei di farlo!"

"Perché, si può scegliere?" domanda ancora Michela, tutta meravigliata.

"No, non si può... - borbotta Camus, rosso in viso, lo sguardo fisso sempre altrove, anche se si intravede qualcosa di molto caldo nelle sue iridi - Ma lei... lei ci è riuscita, ha... ha superato i-il tempo e lo spazio... per me!"

"Oh..."

"E tu, salama, non avevi capito che Marta fosse la reincarnazione di Seraphina! - la stuzzicca ancora Francesca con espressione furbina - Ti sarebbe bastato guardare con attenzione Marta e Dégel, il loro gioco di sguardi, i non detti... per comprendere che sono legati da qualcosa di veramente, ma veramente, trascendentale!"

“Che Marta e Dégel si piacessero era più che lampante, ma chi andava a pensare alla reincarnazione di Seraphina, eeeeh?! Andiamo, non posso essere l'unica a non essersela data... - si difende Michela, sbuffando, cercando poi lo sguardo di Milo e Sonia - E voi, non mi direte che anche voi lo sapevate?!"

"Beh... io lo avevo intuito, non volermene! - confessa lo Scorpione, grattandosi la testa - Ho anche fatto delle ricerche, a riguardo!"

"Tu, invece, Sonia?! Dimmi che almeno tu sei con me, che non capivi, che ti sei persa nei loro discorsi!"

"Io veramente... - anche lei esita, un poco nervosa - S-sono partita non capendo, come te, perché io questa Seraphina che dite non l'ho potuta conoscere, a differenza vostra, ma comunque il dialogo era espresso in maniera chiara e lineare, l'ho seguito."

"Quindi... sono l'unica scema che si stava perdendo?" da un'ultima occhiata ai presenti, speranzosa.

Silenzio imbarazzante a seguire...

"O-ok, sono l'unica scema, allora!" picchietta gli indici, l'espressione colpevole.

“Cough... cough... Torniamo un attimo a parlare dei piani del Mago, e del perché Marta ed io ne siamo invischiati...” riprende Camus, tossicchiando leggermente, desiderando accantonare il prima possibile un discorso, una scelta, che deve fargli ancora così tanto male.

“Giusto, perché si è creata questa situazione? Cosa cerca da voi questo nemico? Crono ne ha accennato qualcosa, ma ho la netta sensazione che sia tutto più complesso di così...” domanda Sonia, fremendo appena.

“Sono io... sono io il fulcro del suo interesse; Marta la sola che, proprio in virtù della sua scelta di oltrepassare il tempo, può opporsi ai suoi piani."

“C-COSAAA?!”

Esclamazioni di sorpresa si diffondono nella stanza, mentre il mio ottuso silenzio, in un frangente simile, sembra quasi fuori luogo.

"Il Mago... la odia a morte proprio per questo, io credo, al punto da accantonare, talvolta, il suo obiettivo primario, ancora in larga parte misterioso, per cercare di annientarla. - continua la spiegazione, ingoiando a vuoto, il suo sguardo nuovamente distante dal mio - A-avrebbe utilizzato il mio corpo per... ucciderla, facendola soffrire il più possibile!" il suo tono si prosciuga nel singhiozzo, le nocche si imbiancano ulteriormente per l'intensità della presa sulle lenzuola.

"N-no... non può essere!"

Percepisco lo sbigottimento di tutti i presenti, gli occhi di Michela cercano i miei, vedo nell sue iridi le intenzioni di abbracciarmi, di tranquillizzarmi, sebbene io sia calma e imperturbabile, anche se solo in apparenza. Prendo una boccata d'aria prima di apprestarmi a continuare il dialogo per aiutare mio fratello.

“E' come ha detto Camus, ma non è così facile da spiegare. Di certo mi odia perché, avendo accettato l'eredità di Seraphina, sebbene i ricordi siano ancora frammentati, posso oppormi alla sua venefica ingerenza. D'altronde il potere di un anima doppia, per così dire, è immenso e chi riesce a ridestarsi, accettandone il peso, la sofferenza e i sentimenti di due vite, può attingere ad un potere devastante... - inizio a raccontare, memore delle parole che lei stessa mi ha rivolto quel giorno in cui si è manifestata dentro la mia testa - Ho come la sensazione che già lei avesse un conto aperto con lui; un conto che trascende la nostra singola vita, ma non riesco bene a ricordare... ancora faccio fatica a mantenere l'equilibrio tra queste due me stesse..."

"Ma quindi ti sei risvegliata o no? Non ho capito, DI NUOVO!!!" piagnucola quasi Michela, credendo di essersi nuovamente smarrita.

In verità la sua domanda è giusta e la risposta, per quanto mi pesi, non può che essere una: "Non... non ne sono sicura!"

"Che intendi?" mi intercetta anche Sonia, che si fa ancora più attenta.

Non rispondo subito, non saprei come farlo, del resto, non sono più lei, questo è certo, ma non sono neanche io. Sono io... con alcuni suoi ricordi, oppure... -ed è questa l'idea che mi fa più paura!- è lei che si è adattata alla mia personalità, non desiderando in alcun modo scavalcarmi. Mi ha... fatto vincere?

Scrollo la testa, rigettando per l'ennesima volta indietro il dubbio che mi attanaglia. Stringo di riflesso le mani a pugno, al punto che mio fratello, probabilmente percependo qualcosa di molto forte provenire da me, mi scocca un'occhiata sorpresa e preoccupata allo stesso tempo.

"Non ha importanza..." è la mia sola risposta, cammuffata dietro un apparente tono spavaldo che, in verità, nasconde tutte le mie insicurezze.

...perché io proteggerò comunque Camus, qualsiasi forma assumerò. Mi basta avere questa certezza!

"Marta..."

Percepisco il richiamo di mio fratello, con la coda dell'occhio vedo il suo movimento, ma rimango fissa a osservare gli altri pur di non incrociarmi con i suoi occhi blu. Non riesco. Avverto distintamente che vorrebbe essermi di conforto, che ha sentito le mie emozioni su di sé, ma non posso, ora, apparire debole e insicura davanti a lui, non dopo tutto l'inferno che ha passato.

“Maestro, ritornando a prima, cosa significa che il Mago è interessato a te e perché?” chiede ancora Michela, desiderosa di far vedere che anche lei può seguire il filo conduttore di un discorso complicato.

“L-lui... non lo so ancora bene, ma... gli servo, necessita d-di me, dei miei poteri e d-di un corpo la cui anima si sia reincarnata più volte nel corso del tempo..."

"Gli serve il ghiaccio, quindi?!?"

L'ennesima esitazione di Camus, quel baluginio di paura nelle iridi, mi fa presagire, perfino prima che esca, che il discorso sarà nuovamente tronco: "I-il ghiaccio, sì, anche..."

Francesca spalanca gli occhi. Proprio come me ha la sensazione che ciò che sta fuoriuscendo difficoltosamente dalle labbra del maestro, non sia la completa verità quanto... una parte!

"E che se ne fa?!" persiste Michela, ad oltranza

"Del ghiaccio in sé nulla, ma, se si rompono determinati sigilli..."

“Le tue parole sono oscure, Camus... non le capiamo! Gli serve o non gli serve 'sto ghiaccio?! E a cosa, di preciso?!” è Milo questa volta ad ammettere implicitamente di star perdendo il filo logico.

"..."

"Eh, no, ora parli, Camus, ci racconti nel dettaglio, o da qui non ne esci!"

"Milo..." soffio, come ad avvertirlo di non esagerare.

"Non c'è altra strada, Marta, per far uscire la verità dalla bocca di tuo fratello!"

"Sì, ma..."

“Va tutto bene, piccola, ce la faccio! - mi tranquillizza Camus, mantenendo però lo sguardo basso. Prende una lunga boccata d'aria, prima di proseguire - Dicevo che gli serve un corpo, un contenitore che ospiti un'anima che ha vissuto più vite...”

"Deve averne i ricordi o no?" chiedo argutamente Francesca, una nota di agitazione nella voce e nelle iridi glauche.

"Non servono i ricordi di queste vite, no... io stesso ne possiedo, a sprazzi, del solo Dégel, ma non ha comunque importanza. Non è sull'anima che deve lavorare..."

"...Ma sul corpo!" si lascia sfuggire l'esclamazione Sonia, sbigottita, quasi paralizzata dalla consapevolezza.

"Mmh!" fa un cenno si affermazione Camus, non riuscendo ad esprimersi in altra maniera sull'argomento.

“E' vero... per quanto sia ugualmente spregevole, è molto più semplice lavorare sul corpo fisico, rispetto all'anima, e se le cose stanno così... - intuisce Francesca, poco prima di ingoiare a vuoto, spaventata dalla rivelazione - Il Maestro Camus è perfetto allo scopo, poiché ha viaggiato per le dimensioni, ha un potere che, elevato all'ennesima potenza, può fermare il tempo, e, infine, cela l'anima reincarnata di Dégel dentro di sé!"

“E' così, ma non poteva agire su... me... senza prima rompere alcuni sigilli!”

La mia attenzione si fa più acuta, riconoscendo le parole che mi aveva anticipato Crono qualche giorno fa nel suo discorso.

"Quali sigilli, Maestro?" domanda Michela, avvicinandosi premurosamente a lui.

"Il primo... questo!" e si indica la ferita al torace ancora arrossata, massaggiandosela delicatamente con le lunghe dita eleganti senza riuscire a mascherare una scintilla di dolore nel tastarla.

"Significa..."

"Sì, Francesca... - conferma Camus, ricoprendosi, come se si capissero solo loro o comunque ne avessero già parlato - Serviva che una parte di sé stesso rimanesse impressa dentro di me, impregnandosi nel mio organismo, nel mio stesso cosmo, nella mia anima..."

Lascio che la frangia mi nasconda gli occhi, impedendo così a lui e alle altre di guardarmi dentro. Non riuscirei a sopportarlo.

"E forse, ancora più importante di questo... - riprende poco dopo il discorso mio fratello - che il mio corpo compisse, contro la mia stessa volontà, un viaggio nel tempo a ritroso, rendendo, di fatto, la mia esistenza instabile..."

Nella stanza, dopo un breve exploit di schiamazzi ed esclamazioni varie, ricade nuovamente il silenzio, mentre gli sguardi di tutti vagano smarriti per ogni angolo della camera, chiedendosi tacitamente se hanno udito bene.

Milo, con un'espressione assassina stampata sull'ovale del viso, freme vistosamente, tanto da sembrare una vera e proprio fiamma in procinto di ingurgitare tutto tutto. Starà sicuramente progettando tutti i modi possibili ed immaginabili per far soffrire, il più crudelmente possibile, il Mago, reo di aver provato ad impossessarsi del corpo del suo migliore amico.

"Se quello stronzo voleva condurti da solo qua, perché alla fine ha portato anche noi?! Pensava, forse, che saremmo stati in panciolle?! Che non saremmo intervenuti?!"

"..."

"E inoltre... portati nello stesso tempo di Seraphina, la sua peggior nemica, che senso ha?!"

"Ha semplicemente corso il rischio... - è la sola risposta di Camus, prima di prendere un'ulteriore, lunga, pausa, prima di continuare - Per rendere la mia esistenza instabile, doveva trasportarmi in un luogo dove la mia anima fosse già pre-esistente. Inoltre occorre molta forza per riuscirci, più si manipola il tempo, più ciò richiede sforzi. Suppongo... non avesse abbastanza energia per condurmi altrove."

"Aspetta, perché parli al singolare? - si interroga, perspicace, Francesca, in un guizzo improvviso - Non è che..."

"Sì, è così, non era nei suoi piani portare anche voi qui... non lo è mai stato!"

"Ma allora..."

"Qualcun altro ha influito sul processo, qualcuno potente almeno quanto lui, o forse di più..."

"Che sia stata proprio Seraphina?" chiede Sonia, la mano posata sul petto, il respiro veloce nell'immedesimarsi in tutta la sofferenza patita da Camus.

"E-ecco, io non lo so... all'inizio ho pensato che fosse lei, ma alcune cose non tornano!"

Già, non tornano, ci ho pensato anche io. Lei di sicuro può avere influito, in qualche modo, ma trasportarci tutti qui... no, impossibile per un corpo già malato come il suo! Ciò che è certo, è che il Mago, quando si è palesato per la prima volta davanti a me e alle mie amiche, ci ha mentito, ancora non so perché, riferendoci che era stata opera sua. Sembrava imperturbabile nell'esprimerlo, perché allora celarlo? Possibile che non se lo aspettasse neppure lui?!

Troppe domande... comincio ad avere un mal di testa fortissimo, vorrei solo dormire. Stringo i pugni e mi faccio forza, concentrandomi sulla reazione delle mie amiche.

Michela, ancora incredula, ha l'aria di chi ha cento domande per la testa e nessuna risposta. Sembra sconvolta e sul punto di piangere dalla paura, spaventata dai pericoli in cui si è trovato il suo adorato maestro.

Sonia invece, più abile di lei a nascondere le emozioni, sembra semplicemente tesa dalle rivelazioni appena udite. Probabilmente le sue domande rasentano pressapoco le mie, l'irrequietezza che avverto è a stento mantenuta sotto controllo, uno sforzo non da poco.

Francesca ha l'aria di chi si sta avvicinando alla risoluzione di un puzzle. Fino ad ora è l'unica ad avermi accennato del Potere della Creazione, oltre che Crono, ma pur intuendo che abbia a che fare con Camus, rispetta la decisione di mio fratello che sembra non voler trattare minimamente l'argomento. Un punto fermo, l'ennesimo, di una trafila che sarà lunga. Temo.

“Però continuo a non capire, Maestro, se il Mago vuole proprio te, e te solo, perché hai tentato di dire a Dègel tutta la verità? Non è stato un po' come consegnarsi volontariamente al nemico?” chiede Michela ad un certo punto, in un tono un poco ingenuo, catalizzando tuttavia tutta l'attenzione su di lei perché, in fondo, è la domanda che tutti, chi prima e chi dopo, ci siamo posti.

Camus distoglie in fretta lo sguardo, colpito al cuore dall'osservazione della giovane allieva. Automaticamente le parole gli vengono a mancare, sostituite da un leggero tremore che sconquassa il suo petto, ancora terribilmente tormentato.

Non ce la fa... è davvero al limite!

“OH, PERFETTO! Coraggio, Camus, spiegacelo! Perché ti sei comportato da vero idiota, decidendo di arrenderti e rischiando così di uccidere milioni e milioni di innocenti?! - lo incalza subito Milo, quasi spietato, cogliendo la palla al balzo. Nessuna risposta, tanto basta per renderlo ancora più aggressivo - Sarebbe meglio per te parlare, amico, questa è una ragione più che valida per centrarti in pieno con un bel cazzotto, non mi importa se stai ancora male! Prega di dare una motivazione sufficientemente adeguata, o..."

“O COSA, MILO?! Non cerco alcuna comprensione da voi, né una qualche scusante, so cosa volevo fare, e lo confermo ancora una volta! Se sarò punito per questo, lo accetterò senza remore alcuna, ma, almeno voi, fatemi spiegare, anf, anf... - esplode improvvisamente Camus, quasi strozzandosi nell'esprimersi, dovendo poi fermari un attimo per riprendersi - N-non avevo scelta alcuna, anf, non da solo... e mi sentivo solo, in quel frangente! Ho avvertito la peste insinuarsi dentro di me molto prima che si palesasse in Regulus o in te, Milo... era il nero cosmo del nemico che mi avvolgeva nelle sue spire, urgh..."

"Fratellino..." lo chiamo flebilmente, rendendomi conto che le lacrime gli permeano le palpebre, rimanendo comunque lì, bloccate, senza possibilità di cadere.

"Qualunque cosa avessi fatto, anf, mi avrebbe portato alla stessa, spietata, fine: io, sotto l'influsso del Mago che uccidevo e torturavo Marta, massacravo voi tutti, prima di volgere lo sguardo, non più mio, ai doveri del Mago medesimo. Ero... ero così spaventato!"

Silenzio nuovamente intorno, pesante come un macigno. Camus ci sta confidando di aver avuto paura, una cosa non da lui e, sentirlo, percepire il suo tono così strascicato, sofferente, ancora non del tutto suo a causa dell'immenso dolore patito, fa davvero male al cuore.

"Ho quindi pensato di... di sparire dalla faccia della Terra e, con me, certo, sarebbe cambiato l'assetto del mondo, molte vite non avrebbero visto la luce, altre invece, destinate all'oblio, sarebbero forse sorte. Si tratta di una responsabilità enorme, me ne rendo conto, non... non ho preso questa decisione a cuor leggero, ma... ma voi eravate al sicuro in quest'epoca, non sareste stati toccati dallo sconvolgimento; voi il mio bene più prezioso..."

"Lo avresti fatto per noi, Maestro?" chiede Michela, commossa, non preoccupandosi di mostrare il pianto.

"Avrei affidato a voi il futuro, sì, e a Dégel, come Cavaliere di Aquarius al posto mio..."

"E quel povero diavolo di Hyoga dove lo infili?! Lui è ancora di là, nel presente, e tu..!" freme ancora Milo che, pur parzialmente calmato nell'assistere a tutta la fragilità dell'amico di sempre, non è affatto domato.

"N-non avrei mai potuto lasciarlo, dovresti saperlo, Milo..."

"E come avresti fatto, sentiamo!"

"Non importa come, lo avrei salvato... a qualunque costo!" è la sola risposta di Camus senza dare ulteriori spiegazioni circa la modalità della procedura. Chiude dolorosamente gli occhi, non sembra più intenzionato a parlare.

Nessuno ha il coraggio di insistere a riguardo, tanto che mio fratello, accaldato, sospira un'altra volta, scostandosi nuovamente le coperte per abbandonarle in grembo. Nel gesto, i miei occhi non riescono a non correre nuovamente lì, tra le tre lacerazioni, ancora di pessimo aspetto nonostante tutte le cure e gli impacchi consigliatoci da Albafica. Mi domando se guariranno mai, le maledette, vederle per me è una pugnalata allo stomaco. E' tutto iniziato da lì, è tutto iniziato da me...

“Avverto le vostre domande nell'aria..." riprende poco dopo mio fratello, riaprendo gli occhi. Il suo petto vibra nitidamente, le lacrime sono ancora lì, a fior di palpebre, ma stoicamente non cedono.

Rimaniamo muti ad osservarlo in attesa che prosegua.

"Vi stareste chiedendo cose tipo: 'ma Milo e Cardia che possiedono la stessa anima, come avrebbero convissuto?' O anche: 'ma non era un azzardo, Camus? E se il mondo non si fosse formato come tu desideravi? Se qualcosa fosse andato storto e la Terra fosse stata spazzata via?!', o ancora: 'Ma non sei forse tale e quale al Mago, così facendo?' - continua a fatica, sempre più provato - La risposta a quest'ultima domanda è piuttosto semplice, a onor del vero, ed è affermativa: sì, sono in tutto e per tutto simile a lui, al nemico."

"N-no, non è vero, Maestr..."

"Per i miei fini avrei sradicato via il mondo futuro, assumendomi il rischio di far collassare l'intero pianeta su sé stesso, per lasciare a voi la sua nuova formazione. - Camus non permette a Michela, né a nessun altro di noi, di provare a scagionarlo, no, accetta la piena responsabilità della faccenda senza darsi la minima attenuante. E' pragmatico e consapevole, per certi versi fa accapponare perfino di più - Sono un vigliacco e un egoista, è vero, ma la verità è che, qualsiasi mondo si fosse creato dalle ceneri di questo, sarebbe stato infinitamente migliore del futuro che mi è apparso davanti."

"Cosa intendi?"

"I-io l'ho visto cosa può fare il Demiurgo con il mio corpo, Milo... l'ho visto! E non è altro che distruzione e morte per tutte le creature dei mondi, TUTTI!” un singhiozzo verace, il capo che si china ancora di più, vinto. Non piangerà, Camus, Cavaliere del'Acquario, poiché lui, più di tutti, è consapevole che ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e opposta. Tuttavia, per un breve istante, ho come la sensazione che si senta di nuovo solo, proprio quando ha dovuto affrontare il Mago dentro di lui.

“Ora capisco tutto finalmente... - trova il coraggio di parlare Sonia, gli occhi lucidi - Dal momento in cui ti sei procurato quelle ferite per salvare Marta, stai combattendo contro il nemico affinché lui non prenda il pieno controllo su di te. Hai lottato fino alla fine per non dargliela vinta, ma quando hai capito che non c'era più niente da fare, hai provato ad avvertire Dègel, a renderlo consapevole del suo futuro. Del resto, come hai detto tu stesso, noi eravamo qui, eravamo al sicuro, il mondo si sarebbe sistemato seconda una linea in cui Camus dell'Acquario non sarebbe mai esistito, mentre noi, pur con qualche difficoltà, avremmo trovato, prima o poi, il nostro posto nel mondo, poiché i nostri ricordi si sarebbero presto adattati a questa nuova linea di universo. Per te, in quel momento, era la scelta meno sofferta tra tutte le sofferenze che comunque avresti patito...”

La osservo, ammirata nel rendermi conto che sta enunciando una delle teorie del Multiverso, concetto ancora oscuro e denso di mistero. Tuttavia quella espressa abilmente da lei, è solo una delle innumerevoli ipotesi, la più positiva, possiamo dire. Le altre...

“Nemmeno io potevo sapere con certezza se si sarebbe verificata una tale possibilità... il rischio che potesse accadere qualcosa di irreparabile era altissimo. La mia era più una speranza..." conferma infatti mio fratello, cupo.

"Una speranza dettata da poteri che tu sai di avere ma che non hai mai utilizzato?!" lo incalza Francesca, leggermente meno spietata di Milo, che ora si è chiuso in un mutismo paradossale, ma comunque con una leggerissima scintilla di biasimo.

"Una speranza data da poteri che so di possedere che tuttavia non ho mai utlizzato, sì... ho semplicemente pensato di poter controllare la maggioranza dei danni!" annuisce Camus, mordendosi il labbro inferiore.

"E se non ci fossi riuscito?!"

"Si sarebbe verificato un paradosso temporale dalle conseguenze inimmaginabili"

"Ah, b-beh... una cosetta da niente, dai!" è l'unica frase che riesce a uscire ancora dalle labbra di Francesca, che si chiudono a loro volta in un mutismo corrucciato.

Non c'è molto da aggiungere, in effetti, il rischio che qualcosa potesse andare storto era enorme e lui ne è perfettamente consapevole, per quanto abbia sragionato. Ma parole di accusa, su lui che è ancora cos stremato, ridotto all'ombra di sé stesso, del fiero Cavaliere d'Oro dell'Acquario, risulterebbero spietate e dannose.

"E... e come intendevi procedere?" chiede Sonia, ancora incredula, cercando di esprimersi in tono tranquillo.

"Io dovevo sparire da questa dimensione senza lasciare la minima traccia. Per farlo, avrei dovuto avvisare Dégel del suo futuro, rivelargli la vera identità di Marta e... affidargli tutto, voi, e il destino del mondo..."

"Cioè fare lo scaricabarile col rischio di far collassare un mondo intero... beh, bello, Camus, davvero degno di un Cavaliere!" non riesce più a trattenersi Milo, sbuffando, livido in volto, i pugni stretti con foga

"Io non posso combattere contro il Mago..."

"TU NON PUOI COMBATTERE CONTRO IL MAGO PERCHE' NON TI SEI MAI DEGNATO DI DIRCI L'INFERNO CHE STAVI ATTRAVERSANDO! E' SOLO QUESTA LA RAGIONE, CAMUS! SE CI AVESSI RESO PARTECIPI DELLA TUA SOFFERENZA, NOI, INSIEME, AVREMMO FORSE POTUTO PRODURRE UN RAGIONAMENTO MIGLIORE CHE RISCHIARE DI DISINTEGRARE UN MONDO E... SI', HAI RAGIONE, SEI UN VIGLIACCO E UN EGOISTA!"

Eccolo tornato alla carica. Rabbrividiamo un po' tutte nel vederlo così iroso, nonostante anche lui non sia al massimo della sua forma. E menomale, aggiungerei, sennò alle parole avrebbe fatto seguire le azioni senza farsi troppi problemi a 'menare le mani', come la sua controparte del Settecento.

"N-no, tu non capisci, n-non posso, non riesco! L-lui... mi aveva già vinto!" tenta di spiegarsi Camus, il tono della voce sempre più strozzato, mentre, in un guizzo disperato solleva la testa e proietta i suoi occhi blu verso l'amico.

"Co-cos..?!"

"Aveva già vinto dentro di me, non sono riuscito ad oppormi alla sua... ingerenza! - si lascia sfuggire in un singulto, lasciando intendere il resto - L'unica strada che mi rimaneva era scomparire, affidare tutto a Dégel, a voi, ma... ma parlando con lui, mi... ho soppesato un qualcosa che p-prima non avevo valutato adeguatamente. Q-quella nuova consapevolezza, il rendermi conto che non avevo per davvero più nessun'altra via d'uscita, consegnando così la completa vittoria sul mio corpo a lui, mi ha devastato!"

"Quale?"

"..."

"Quale consapevolezza, Camus?" insiste Milo, non sapendo più cos'altro fare per riuscire a farlo riscuotere. Vorrebbe aiutarlo, lo capisco, ma è molto arrabbiato... e deluso... non riesce minimamente a raggiungerlo.

Mio fratello, del resto, si è nascosto il viso con una mano, freme, il petto palpita, vittima dei singhiozzi che tuttavia non trapelano fuori. Non ce la fa davvero più, è un groppo al cuore vederlo così. Decido di parlare io per lui.

"Quella consapevolezza... ero io, il sapere che, così facendo, non sarei mai nata!"

Lo sguardo dei presenti è nuovamente su di me, mi fissano ammutoliti, in attesa che, almeno io, riesca a spiegarmi.

“Già, perseguire quella strada, l'unica che gli era rimasta, equivaleva a creare un mondo in cui io non sarei mai esistita, poiché io avevo scelto di reincarnarmi in una nuova forma per rimanere al suo fianco... Se è dunque vero che il Mago cesserebbe di esistere se Camus sparisse, è altrettanto vero che, un tale futuro, sarebbe dovuto passare arbitrariamente anche per il mio sacrifico, e lui... lui si è bloccato per questo!”

Camus annuisce difficoltosamente con la testa, mantenendo la mano sopra il volto nel vergognarsi di farsi vedere così dalle persone più importanti della sua vita. Il bisogno di piangere si fa più lampante; piangere nel ricordare quei momenti difficili, piangere per la sua scelta praticamente obbligata, per il dolore, per l'onta... ma non lo farà, no, lo farò io per lui, perché ora come non mai mi sento emotivamente legata al suo cuore, come se i suoi sentimenti scorressero con impeto in me.

"Non... non si può creare un nuovo universo dove Marta sia viva insieme a noi?" chiede Michela, gli occhioni brillanti da quanto siano lucidi.

"No, non si può... Seraphina ha pagato un prezzo altissimo per avere la possibilità di reincarnarsi in una nuova vita, ha sacrificato l'amore che nutriva per Dégel per attraversare il tempo, poiché nulla in questo mondo si ottiene senza dare qualcosa in cambio..."

"Quindi, in parole povere, tu, la sua nuova vita, sei diventata un 'punto assoluto' dell'universo che ha preso forma dalla sua stessa scelta?" arriva alla conclusione Francesca, assemblando nuovamente tutti i puzzle nella sua testa.

"Qualcosa di simile, sì... rinunciare a questo mondo significava non farmi mai nascere. Sarei sparita anche io, insieme a lui... e certo anche il Mago, ma..."

...Forse sarebbe stata comunque la scelta migliore.

Mi sussurra una vocina dentro di me, soppiantata però da quella di Milo.

"Camus non avrebbe mai rinunciato a te, non ti avrebbe mai strappato il futuro... - annuisce lo Scorpione, un poco più calmo, sebbene la scintilla di delusione sia comunque tangibile - Eh, sì, il signorino qui è anche un tremendo ipocrita, lo conosciamo bene!" afferma poi in tono un poco più scanzonato quanto affettuoso. Perché comunque conosce il suo migliore amico, i suoi limiti, le sue emozioni, le sue stesse antinomie.

"Non posso... non posso sacrificare nessuno di voi... - prende parola nuovamente Camus, pur tremendamente a fatica - NESSUNO!" singhiozza di nuovo, incapace di trattenersi

"Lo abbiamo ben visto, sai? A momenti buttavi giù un mondo per noi, dimmi poco! Però a Hyoga insegnamo la freddezza e a non cedere ai sentimentalismi, vero?!"

"Milo, stai esagerando!" lo rimprovera Sonia, dandogli una gomitata tra le costole.

"Non ci posso fare niente! Mi serve tempo per elaborare il fatto che il mio migliore amico sia un coglione patentato!"

"Sì, ma..."

“Mi dispiace tanto, fratellino mio..." biascico improvvisamente io, le guance ormai rigate dalle lacrime nel fissare un punto nel vuoto. Gli occhi di tutti sono di nuovo su di me, li percepisco, mi pesano, quasi più del groppo in gola che mi si è creato e che mi appesantisce il respiro.

"Milo era già caduto per la peste, ed io ti ho lasciato solo in un simile frangente, fingendo che tutto andasse bene, che te la potessi cavare ancora, nonostante tutto... - sussurro piano, chiudendo le palpebre e stringendo i pugni - Tu ti sei fermato per me, persino in quei momenti così difficili il tuo primo pensiero era rivolto a me, al mio bene, a ricercare una soluzione per uscirne, o meglio, farci uscire dal loop!"

"Marta..."

"Ed io... io sono stata una stupida, perché oltre a non averti capito ti ho pure disprezzato, regalandoti altra sofferenza gratuita. Tu non hai nulla di cui scusarti con noi, Camus! Avresti sradicato via il mondo per il nostro singolo bene, questo non è di certo un comportamento da Cavaliere, ma è dannatamente umano e, in fondo, proprio questo sei, ancora prima di essere devoto alla giustizia insindacabile della dea Atena!"

"..."

"Non mi importa che ne pensino gli altri, non mi importa se il mondo ti condanna, NON MI IMPORTA! I-io... io sono orgogliosa di te!"

“Non... non dovresti essere tu a piangere, piccola mia! - biascica Camus, rompendo a sua volta gli argini del pianto nel percepire a sua volta le mie emozioni. Due gocce di rugiada gli solcano con lentezza gli zigomi prima di essere parzialmente nascoste da un suo sorriso di tenerezza nei miei confronti, per quanto tiratissimo - Vieni... vieni qui, avvicinati!"

Faccio quanto richiesto, vergognandomi un poco nel mostrarmi sempre così quando mi sono rimpromessa di apparire forte ai suoi occhi, ma il buffetto che mi regala sulla guancia, mi fa spalancare gli occhi dalla meraviglia: "G-grazie, per essere sempre con me, nonostante gli innumerevoli sbagli che compio!"

"Cam..."

"Hai ragione a dire che tutto questo è dannatamente umano, ma per quanto io pensi tutt'ora che, tolto questo miracolo che siete riusciti a compiere, quella sarebbe stata l'unica soluzione possibile per non consegnargli i miei poteri, sono molto deluso da me stesso..."

“Oooohhh, Maestro, non devi! Hai detto di aver combattuto, giusto? Non c'è nulla di cui vergognarsi nell'averci provato e non esserci riuscito, solo che, come ha detto giustamente Milo, hai visto cosa siamo riuscite noi a fare malgrado la situazione disperata?”

"Michela..." la chiama Camus, prima di essere circondato dal suo abbraccio e rimanere lì, sbalordito, le braccia un poco sollevate. Io mi sposto appena in là per darle spazio che merita.

"Ecco, quindi la prossima volta fidati più di noi, stiamo diventando forti, lo hai ben visto, puoi permetterti di riposare, qualche volta!"

A questo punto gli occhi di Camus si fanno perfino più lucidi, sembra sul punto di piangere più consistentemente, ma si limita a ricambiare l'abbraccio e chiudere le palpebre, soffiando fuori aria come se si levasse un peso.

"Sì, hai ragione... siete delle guerriere forti e coraggiose, non sono più... solo!"

Sonia, facendosi coraggio, si avvicina a sua volta timidamente, quel tanto che basta a mio fratello di stringere a sé anche lei, sebbene il movimento gli costi fatica perché ormai è quasi del tutto prosciugato dallo sforzo di parlare e rimanere con la schiena dritta. Francesca e Milo non partecipano all'abbraccio di gruppo, rimangono un poco distanziati, ancora con quell'espressione mista di delusione e tenerezza a dipingere i loro volti un poco più sereni.

"Non sei solo, già... - sussurra Francesca a bassa voce ma sufficientemente per farsi capire - Che questa terribile esperienza possa servirti da lezione per le prossime volte: NON SEI SOLO! E' l'unica cosa che conta!"

"F-Fra..."

"E smetti di piangere, testone, altrimenti come puoi pensare di insegnarlo alle tue allieve?!" lo riprende scherzosamente Milo, regalandogli un sorriso distante ma caldo.

“Hai... hai ragione, come sempre!" acconsente mio fratello, lasciando la presa sulle due mie amiche per asciugarsi il volto e darsi un po' di contegno nell'estremo tentativo di recuperare un poco di sé stesso.

Nella stanza ricade, per l'ennesima volta nell'arco di un'ora, il silenzio. nessuno di noi si sente di condannare, né di assolvere completamente Camus, lui ne è perfettamente consapevole. Ci sarà sempre questo qualcosa che successo ad agosto 1741, ci sarà sempre... ma la cosa più importante e chiara a tutti è che adesso lui stia bene, un motivo più che sufficiente per festeggiare.

“Quindi il Mago è interessato ad annientare Marta perché è riuscita a svegliare completamente l'anima di Seraphina, è corretto? Devo ancora capire bene questa parte, perché c'è qualcosa che non mi quadra...” prende parola Michela, rimettendosi in piedi a poca distanza dal letto e decidendo di approfondire quella parte del discorso.

“Non è solo questa la ragione. In verità lui ce l'ha con Marta anche per motivi più profondi, legati probabilmente al suo passato."

"E si conoscono queste motivazioni?" chiede Milo, fattosi nuovamente serio.

"Non ha mai trattato di questo con me, non... non fa mostra dei suoi punti deboli..."

"Ha paura di Marta, vero? - chiede ancora Francesca, guardando prima lui e poi me - Altrimenti non si spiega questa sua fissazione!"

"Certo che ne ha! L'unione di due anime genera una forza incredibile tale da potersi ergere da sola contro i suoi piani, ma vi è un qualcosa di ben più terribile in tutta questa faccenda, qualcosa che, ancora adesso, mi sfugge...”

“Questa forza... sappiamo almeno in cosa consista? Avete detto che Seraphina ha scelto di reincarnarsi in una nuova vita come sorella della persona che un tempo amava, per farlo ha sacrificato il suo stesso sentimento per Dègel, trasformandolo in qualcosa di nuovo: il vostro legame fraterno!"

"Corretto, Sonia, sì..." annuisce Camus, tremando nuovamente al solo ripensare a lei e al suo sacrificio.

"In che modo, adesso, Marta, che un tempo fu Seraphina, può vedersela alla pari con lui? Di cosa ha paura questo negromante da strapazzo?” lo sprona ulteriormente Milo, scettico.

“Lei... lei rappresenta la speranza che ci viene offerta dalla possibilità di scegliere, in altre parole il Libero Arbitrio!” esclama Camus, sorridendo appena.

"Il Libero... COSA?!" esclama Michela, scioccata.

"Grazie alla sua scelta ha dato avvio ad un nuovo mondo; un mondo in cui è possibile ancora scegliere e sono le scelte personali a decretare dove si sposterà la linea di quell'universo..."

"E non accade così in tutti i mondi?" chiede Sonia, non capendo, grattandosi la testa.

"Non... più, anf! - chiude stancamente gli occhi Camus, quasi completamene sfinito - S-sono piuttosto sicuro che, laddove il Mago abbia messo le sue mani, non vi sia più alcuna facoltà di scelta, perché egli stesso, ergendosi a Fato, l'ha annichilita!"

"E perché lo fa? Quale è il suo scopo primario?"

"Questo non l'ho ancora capito, Fra, mi dispiace, anf!"

...Non pienamente!

Percepisco nell'aria che abbia glissato anche su questo. In verità ha una pista, ha visto oltre, dell'altro, ma non lo espone, così come non cita mai il suo potere, che è detto della Creazione.

“Però l'importante è che con il Libero Arbitrio possiamo prenderlo a pedate nel didietro, vero?!?” saltella allegra Michela, tornata vivace nel comprendere che abbiamo una speranza.

“Il Libero Arbitrio! Ricordo che Aiolia me ne parlò qualche anno fa: in filosofia si chiama così la corrente di pensiero opposta al Determinismo, quindi è per questo motivo che questo mondo è detto delle possibilità! - esclama Sonia, come sempre percettiva - Non riesco ancora a credere che Marta abbia questo incredibile potere, l'aver deciso lei di diventare tua sorella... è semplicemente meraviglioso!”

“E' proprio così, Sonia! Marta è la reincarnazione del Libero Arbitrio, lo ha dimostrato pienamente alcuni giorni fa...”

“Come sarebbe, scusa? Altri segreti?! Qualche giorno fa sono tornati con la medicina, no? La faccenda dovrebbe essersi sistemata da sola! - osserva Milo, allarmato, massaggiandosi il braccio ancora pieno di lividi - E' successo qualcos'altro, Cam?!”

"Non ti angustiare, Milo..."

"Che non mi debba angustiare lo decido io, Cam, tu PARLA!"

“Amico mio, ti ripeto che io, da solo, non avevo alcuna scelta se non... morire in un modo o nell'altro, o fare come vi ho appena spiegato. - si prende una breve pausa, mentre le sue mani automaticamente stringono le mie, lì vicine, in cerca di un sostegno - Sì, è successo proprio quella notte, quando le ragazze, Dégel e Cardia sono tornate in questo tempo con la cura."

"Quando Marta è rimasta a vegliarti?" chiede conferma Michela, presagendo la gravità del discorso.

" Sì... è quella notte che il cosmo del Mago si è manifestato pienamente in me. Voleva darmi il colpo di grazia, impossessandosi così di me e, come vi ho detto poco fa, per poi uccidere Marta con le mie stesse mani!” mormora Camus, a disagio.

"Però non c'è riuscito, no?!"

Gli occhi di mio fratello sono nuovamente chiusi a seguito dell'osservazione di Sonia, li riapre comunque a fatica mentre la sua mano, ricambiata, stringe la mia con forza: "Io... stavo per arrendermi!"

“C-COSAAA?! No, Maestro, non è possibile! Cosa ci stai facendo intendere?!” strabuzza gli occhi Michela, spaventata da una simile rivelazione.

“I-intendi che stavi proprio... per morire?!"

"Sì... il mio cuore si è f-fermato!" si tasta il petto nell'esprimerlo, prima di rassicurarsi nel percepire i battiti sotto le sue dita.

"COSA?! Questo nessuno me lo aveva riferito, le ragazze non hanno percepito nulla, di tutto questo!" continua Milo, osservando le mie amiche che appaiono sbigottite quanto lui.

"Ero isolato, infatti..."

"Ed io... ed io ero nel'altra stanza, CAZZO, del tutto inconsapevole di quello che ti stava accadendo!” sbraita lo Scorpione, sconvolto.

"Non sarebbe cambiato nulla se fossi stato in grado di agire, costui possiede potere immani, non fartene cruccio, Milo..."

"Come puoi chiedermi di non..."

“Stavo per arrendermi, i-io... non so spiegarvelo bene, ma ho avuto l'impressione di essere un cigno finito nell'onda nera di petrolio. Mi dibattevo disperatamente alla ricerca dell'ossigeno, ma più perseverano più le forze mi venivano meno... ho quindi provato a pulirmi con l'acqua, ma non vi era nulla intorno a me, nulla... al di là di quell'onda nera che mi sporcava sempre di più, occludendomi i pori e non permettendomi più di riemergere... - biascica Camus, trovando la forza di proseguire nei miei occhi, che lo fissano partecipi - Stavo per mollare, per soccombere... ma Marta è riuscita a raggiungermi, afferrandomi la mano e rifiutando di lasciarla. Ha smezzato con me il dolore e il tormento, regalandomi l'ossigeno e il calore che tanto bramavo. Non so bene neanche io come ma, alla fine, siamo usciti dall'acqua. Ero stravolto e non in me, in bilico tra i confini di due mondi, ma per lo meno potevo tornare a respirare, malgrado ciò mi procurasse un dolore atroce..."

Un'altra breve, necessaria, pausa, gli solletico teneramente il dorso della mano per fargli percepire la mia vicinanza fisica ed emotiva.

"Dopo è stato nient'altro che buio, un'oscurità tranquilla e pacifica, un po' come un neonato che dorme in culla, del tutto inconsapevole di ciò che sta al di là delle sue palpebre chiuse. Come questo neonato così io... ma la presenza di Marta non mi ha mai abbandonato, la potevo sentire da qualche parte fuori da me, all'inizio era la mia unica certezza, l'unico filo che mi legasse alla vita, spronandomi a non arrendermi. Non so bene quanto sia passato... Dégel mi ha riferito che sono rimasto in stato comatoso per tre giorni, ma le percezioni si facevano sempre più intense con il susseguirsi delle ore. C'era la mia coscienza che avanzava verso il risveglio, c'erano le vostre voci, seguite dalle vostre presenze e dalle vostre mani, che mi carezzavano i capelli o le braccia, o mi tenevano anche solo per mano. Siete rimaste al mio fianco, vi siete prese cura di me, ed io... io non ce l'avrei mai fatta senza di voi!"

“Il cigno eri tu... sei sempre stato tu, Camus! Noi non... non abbiamo avvertito nulla di tutto questo. Come dici tu, credo che il Mago si sia premunito di tenerlo nascosto a noi, forse ci ha provato anche con la stessa Marta. In ogni caso, proprio come il cigno, quel bastardo ha intaccato fin troppo la tua fibra di uomo, i tuoi sentimenti, con il suo nero cosmo. Non lo perdonerò, MAI!” sibila Milo, furente, dando un pugno alla parete con impeto.

“E' tutto a posto adesso, amico mio! - continua ancora mio fratello, abbandonandosi stancamente sul cuscino un poco storto rispetto al letto. Ormai, dopo tanto parlare, è completamente prosciugato - Accadrà senz'altro di nuovo, perché quello non si arrende, si è fissato con il mio corpo e con il mio potere, farà di tutto per imbrigliarmi. Tuttavia sono sereno ora, perché sono con voi; con voi che più di ogni altro fate splendere la mia vita. Non ho più paura di nulla!"

"Camus..."

"E' così, piccola mia, io... ti devo così tanto, a parole non riesco neanche bene ad esprimermi a riguardo, solo... solo grazie, i-io..." mi dice, riaprendo stancamente gli occhi che si stagliano nei miei.

"Non importa, Cam, riposa... adesso devi solo pensare a riposare e guarire, me lo hai promesso!" lo rassicuro, carezzandogli delicatamente la testa con movimenti regolari e lenti, al punto che lui, rilassandosi quasi completamente al mio tocco, richiude le palpebre.

"E grazie... grazie ovviamente anche a voi, Francesca, Michela, Sonia e Milo... sono davvero fortunato ad avervi conosciuto!”

Vorrei baciarlo sulla fronte e abbracciarlo di nuovo, ma mi trattengo, rendendomi conto che è talmente sfinito che probabilmente non riuscirebbe più neanche a ricambiare, oltre che a star sprofondando velocemente nell'incoscienza. Gli raddrizzo come posso il cuscino, applicando una leggera pressione sulla sua schiena per spingerlo ad arcuarsi, cosa che lui fa per il tempo necessario a me di sistemarlo comodamente. Lo reggo a stento e per poco, ma le manovre riescono. Gli scopro un poco il torace, in modo che le lenzuola non si strofinino sulle ferite, arrossate più di prima. Sospiro, prendendogli la mano vicina per stringergliela nella mia.

"Mmm..." mormora lui, mentre le sopracciglia tremano. Non sembra tuttavia infastidito dai miei movimenti, quanto bisognoso di addormentarsi con qualcuno vicino. A fatica ricambia infatti la mia stretta.

"E' tutto finito adesso, Cam! Dormi, siamo qui con te, non ci devi più alcuna spiegazione!"

...Anche se servirebbe!

Mi ritrovo comunque a pensare, contro la mia volontà, perché solo una parte del mistero è stata svelata, permangono ancora un sacco di quesiti senza risposta. Per prima cosa, mio fratello non ha tirato fuori né il Potere della Creazione né Ipsias. Se del primo, a detta stessa di Crono, deve sentirsi lui quando dirlo, per la seconda non ho alcuna conferma che lui sappia della sua esistenza. Il Mago potrebbe anche non avergliene parlato, visto che non l'ha fatto neanche con me, a di là di nominarla e basta.

Michela intanto è arrossita leggermente a seguito delle sue ultime parole, sentendosi orgogliosa e felice più che mai nel vedere che Camus si sta lentamente riprendendo.

Tuttavia necessita ancora di una conferma. Lo presagisco bene dai suoi occhi.

“Maestro, quindi il cosmo di quel farabutto ha lasciato una volta per tutte il tuo corpo? Anche se attaccherà di nuovo non lo farà dall'interno, e anche se non lo facesse c'è Marta con noi, giusto? Tu non rischi più niente!”

La domanda ovviamente ridesta Camus quel tanto che basta per farlo bofonchiare un po'. Il suo corpo trema un poco nel tentare di raddrizzarsi di nuovo, io che gli sono vicina lo percepisco distintamente.

"Stai giù, non affaticarti ulteriormente!" gli dico, premurosa, sospingendolo delicatamente poco sotto lo sterno per invitarlo a rimanere sdraito, cosa che lui fa.

"Ma Michela, dico, non potevi chiederglielo in un secondo momento? Stava per addormentarsi!" le fa notare un poco bruscamente Sonia, alzando un sopracciglio.

"E' importante per me, saperlo!"

"Lo è per tutti, ma... c'è un luogo e un momento per ogni cosa!"

"Mmmh..." Camus contrae le palpebre, sembra stia cercando di riaprirle, ma non ci riesce, il suo respiro muta d'intensità per qualche secondo.

"Non ti preoccupare, siamo qui, stai tranquillo, non è necessario tu risponda adesso!" lo avvisa Francesca, apprensiva.

"Ha ragione! - mi aggiungo anche io - non c'è bisogno di..."

“N-no, ce la faccio, non preoccupatevi... Michela, anf! - la chiama, impastando un poco con la bocca nel tentare si essere il più chiaro possibile. L'interpellata si rizza conseguentemente - Io non so proprio quale sarà la prossima sua mossa, ma, per il momento, puoi stare tranquilla, sono fuori pericolo adesso!"

"Yuppieeeeeeee!!! - esulta lei, raggiante - E' una bellissima notizia!" trilla, facendo per catapultarsi nuovamente nel letto per stritolarlo amorevolmente, se Francesca non fosse lesta a fermarla.

"Vai, ma piano!" si raccomanda, afferrandola dal braccio.

"Vieni anche tu, Fra!"

"N-no, io..." arrossisce, finendo per essere trascinata dalla più giovane.

"Su, su, non fare la preziosa, tanto lo sappiamo tutti che smani dalla voglia di toccarlo anche tu ma fingi di saperti trattenere!" fischietta Michela, nuovamente vivace come un canarino.

Lascio quindi spazio a loro, spostandomi dalla mia posizione per lasciarle disporsi a raggio intorno al letto del loro amato maestro, il quale, pur con gli occhi chiusi, sembra comunque percepirle, perché ha una espressione molto più rilassata. Anche Sonia, vincendo la riluttanza, si unisce al team addetto alle coccole, che infatti vengono elargite con naturalezza, tra tenergli la mano, accarezzargli i capelli, o il braccio, o ancora la fronte.

Sei fortunato, Camus, ad avere così tante persone che ti vogliono bene, spero anch'io che questa terribile esperienza possa almeno averti fatto rendere conto di quanto prezioso tu sia, di quanto indispensabile sia la tua presenza nelle nostre vite, di quanto tu non sia solo... e non sarai più solo, fratellino, te lo giuro!

Attendo ancora qualche attimo per avere la conferma che si sia addormendo profondamente, poi, rassicurata dall'alzarsi e l'abbassarsi del suo petto, ormai privo di scossoni e perfetteamente cadenzato al ritmo del suo respiro, mi dirigo, un poco traballante, verso la porta, cercando di non mostrare il capogiro che mi ha investito nel muovermi. Anche io sono sfinita e, cosa più importante, è il turno delle altre di prendersi cura del loro amato maestro. E' giunto anche per me il momento di riposarmi adeguatamente, finalmente tranquilla e con la consapevolezza che Camus non corra più alcun pericolo.

“Marta, non vuoi rimanere un po' con noi?” mi chiede Milo, capendo le mie intenzioni.

“Scusate, ma sono un po' stanca e preferirei andare a dormire... in più faccio la cozza a mio fratello da giorni, non ne potrà più di sorbirmi al suo capezzale, ehehe!" ridacchio, sfregandomi gli occhi con forza per scacciare il malessere.

"Ma figuriamoci se non ne può più! - mi corregge lo Scorpione, scrollando il capo - Ha così bisogno di te, piccola, a maggior ragione in questo momento così delicato!"

"Lo so, ma anche voi gli volete un bene dell'anima, è giusto che mi faccia da parte!" gli sorrido, grata delle parole che mi ha rivolto.

Lo vedo guardare brevemente il letto dove Camus, ormai placidamente addormentato, viene vezzeggiato dalle mie amiche. I suoi occhi si fanno dolenti per un istante, prima di tornare su me.

"Va bene... però ti chiedo se possiamo parlare un attimo qua fuori, puoi o sei troppo stanca?"

Gli dico che non ci sono problemi, e che anzi mi fa piacere, quindi lui mi segue, socchiudendo la porta dietro.

"Marta... - il suo tono si fa un poco grave nel chiamarmi - Come sta veramente Camus?"

Non comprendo appieno la domanda, mi sembra quasi ovvia, per questo mi sfugge un: "Beh... lo hai ben visto quanto sia provato, no?"

"L'ho visto, sì... - bofonchia, un poco a disagio, prima di proiettare quei suoi occhi azzurrissimi nei miei - Tu... percepisci le sue emozioni come fossero le tue, giusto?"

Comincio a capire, ancora una volta l'intuito e lo spirito di osservazione dello Scorpione hanno trionfato su tutto. Annuisco, diventando più seria di prima.

"Sì, qua-quando il Mago lo ha attaccato ferocemente, come ti ha accennato lui stesso, quando stava per mollare, io mi sono tuffata in questo mare di petrolio insieme a lui e... - mi passa un brivido che cerco di celare - Ho provato tutto... sulla mia pelle!"

"Anche quello che gli hanno fatto?"

"Soprattutto quello, anche se... beh, il Mago per primo non si è curato di nascondermelo dopo che siete caduti per la peste - butto nervosamente fuori aria, digrignando quasi i denti - E' come se le emozioni di Camus fossero compenetrate in me. E' una sensazione molto forte, soverchiante, ma si sta calmando ora, va... va tutto bene!"

Che bene non va, perché mi sento frullata, spossata, intontita, E' difficile reggere i ricordi di Seraphina e, da adesso, anche i sentimenti di mio fratello al di fuori dei sogni, perché prima accadeva solo nel mondo onirico, adesso anche da vigile. Mi dico che ce la posso e ce la devo fare, anche se... è davvero difficile!

Milo inaspettatamente sembra sgonfiarsi come un palloncino, come se fosse stato teso fino a questo momento. Mi rivolge uno sguardo misto tra il dispiacere e la gratitudine.

"Piccola, non immagini quanto questo possa aiutare tuo fratello, quanto lui abbia bisogno di te, che puoi sentire ciò che lui stesso ha vissuto, ancora di più in questo momento in cui è così tanto fragile, ma, mi chiedo.. ce la farai? Riuscirai a sopportare un peso così immane?"

Vorrei dirgli che non lo so, che fatico non poco a mantenerel'integrità della mia persona, ma l'unica cosa che mi esce è un sorriso delicato volto a rassicurarlo.

"Prima è stata dura, durante l'attacco del Mago, quando il suo cuore si era fermato e non sapevo se sarei riuscita a farlo ripartire. Ora è molto più tollerabile!"

Lui, per tutta risposta, mi posa una mano sulla testa, carezzandomi i capelli nel richiedermi la mia completa attenzione.

"Giurami che, se dovesse diventare ingestibile, me lo dirai, Marta! Le sue emozioni non sono cose da poco, da solo non riesce a tollerarle, perché possiede..."

"...Un cuore immenso, lo so!"

"Mi assicuri che se dovessi stare male per questo me lo verrai a dire?"

"Solo... se tu non lo dirai a lui. Ha già i suoi pensieri!"

"Marta, io... - la sua esitazione è manifesta, ma capisce di non avere altra via - Va bene, allora! Quella testa di fava mi ammazzerà, se scoprirà che non gli ho riferito del tuo malessere,, ma se è quello che vuoi, se è quello che ti senti di fare..."

"E' quello che mi sento di fare, sì! Voglio proteggerlo anche io!"

"D'accordo, allora! - mi frulla i capelli con naturalezza, allargando il suo sorriso scanzonato - Basta che adesso vai a riposarti, piccola, sei a minimi termini, devi assolutamente rimetterti!"

"Sì, lo farò! - annuisco, un poco più tranquilla, ma poi mi rammento di una cosa - Milo, se riuscite, mentre dorme così profondamente, medicategli la ferita al petto. Hai ben visto quanto ancora sia arrossata..."

"Meglio allora che lo faccia Francesca coadiuvata da Sonia, allora! Io non sono propriamente delicato, e Michela... Michela è fin peggio!" afferma, facendo coincidere le due arcate dentali in un'adorabile faccia da combinaguai scapestrato che mi porta alla mente Cardia.

"Hai proprio ragione... sarebbe capace, nel tentare di rendersi utile, di dargli invece il colpo di grazia!" ridacchio genuinamente a seguito della sua battuta, chiedendomi chi gli abbia mai insegnato ad usare tutto quell'incredibile arsenale di espressioni uniche che io ho visto assumere solo a lui.

"Farò in modo che questo non accada, non preoccuparti!" afferma, ilare, facendomi l'occhiolino.

Annuisco, grata, poi, ringraziandolo ancora una volta, mi volto e mi dirigo all'undicesima casa per concedermi finalmente un minimo di riposo dopo tutti i fatti che si sono susseguiti in questi ultimi giorni.

 

* * * 

Dopo un tempo che mi è parso infinito, malgrado siano trascorsi, di fatto, solo due anni, eccomi di nuovo nel luogo in cui non sarei mai tornata. Mai.

Sassi. Rocce calcaree. Vegetazione intorno. Odore di alghe. Verdi. E verde è l'acqua, nonostante tutto questo.

Ma è di breve durata. Tutto viene irrimediabilmente spazzato via.

Mi trovo nuovamente sulla riva di quel torrente, in piedi, ritta, il cuore pesante. Le rapide, più veloci e impetuose della norma, gorgogliano sinistramente, dandomi così l'impressione che una mano morta possa fuoriuscire da un momento all'altro. Non vi è più alcun pesce, spazzato via dai moti, il fondale non è più visibile agli occhi. Fango limaccioso, nient'altro. Marrone. Che scaccia la limpidezza. Nero. Di morte.

Il verde delle acque è un lontano ricordo...

C'è, invero, un bel sole; un sole altisonante per essere a cavallo tra ottobre e novembre, l'estate fredda dei morti, come diceva Pascoli...

Mai, prima di quel maledettissimo giorno, mi ero trovata a comprendere visceralmente e a sentirmi così empaticamente simile ad un autore del passato, mai... prima di quell'anno; l'anno in cui persi definitivamente il nido della mia infanzia che mi fu barbaramente strappata. L'anno in cui rischiai di morire due volte. Così. A 15 anni. Così. Al gelo.

Morirono i nonni, come muore una gallina a cui tirarono il collo. Morì lui. Morì la mia spensieratezza.

E tutto si cristallizzò.

In questo luogo tutto è famigliare e malinconico al tempo stesso. Tuttavia proprio questo posto; il posto del mio cuore, il nido, per intenderci, mi aveva tradito, infierendo sul mio essere come gli agenti atmosferici erodono lentamente le montagne. Non sarebbe stato mai più come prima, lo sapevo, lo intuivo e lo sentivo... tutto ciò che ero, tutto ciò che mi aveva formato... scomparì nell'arco di circa 365 giorni. Completamente. Sparpagliandomi in pezzi. Ghiaccio. Frammenti. Tutto si fermò.

Eppure quel luogo mi aveva visto crescere, vivere, pulsare... mi ero sentita felice lì, perché quindi quella condanna?! Odiavo il freddo... odiavo la morte, eppure ne ero stata invischiata fino al midollo. Ancora. Come la vita precedente. Ne ero invischiata, già... detestavo esserlo. Così imprigionata nelle spire del mondo... un mondo bellissimo ma altrettanto crudele.

Mi avvicino di riflesso alla corrente, quasi spinta da un istinto primigenio ad affondare senza più risalire. E raggiungerlo. Raggiungerli. Perché gli esseri umani sono dannatamente fragili e la mancaza può travolgerli, fagocitarli. Spingerli a preferire la morte alla vita.

La morte... il non percepire più nulla... può, in certi casi, essere migliore di...

Io fossi in te non lo fare, Marta! Non ti ci vedo proprio a finire annegata, tanto meno ad abbandonarti alla morte... non sei forse come me? Non ami forse la vita, come ti aveva insegnato tua nonna?”

Una voce acuta ed infantile mi trilla improvvisamente nelle orecchie, facendomi sobbalzare di scatto. Mi volto verso la fonte sonora, rimanendo sgomenta a fissarne il possessore: Cardia!

Ma questo è veramente il mio migliore amico?! Il cuore mi dice di sì, anche se la testa continu a ripetermi che non può essere possibile, non qui, non in questa forma...

Sembra che tu abbia visto un fantasma, ci sei?! Prosegui sempre dritto senza mai voltarti indietro, tu sai la via, percorrila!” mi incentiva lui, sorridendomi sornione

Continuo a fissare Cardia, o meglio, la versione infantile di Cardia, non riuscendo consciamente a spiccicare parola, ma è comunque la mia bocca a parlare automaticamente.

Sai, qui è morto il mio migliore amico dell'epoca. Lui è... scomparso... durante un'alluvione. Il corpo non si è più trovato, probabilmente è stato spazzato via dall'intensità della piena, ed io ho promesso a me stessa che non avrei mai più stretto alcun legame di quel tipo, troppo dolore, e lo credevo realmente, ma tu...” affermo, guardando torvamente l'acqua torbida davanti a me. La odio... lo odio! Odio questo torrente, prima a me tanto caro, che mi ha tradito così, prendendosi la vita del mio migliore amico e con lui, tutti i miei ricordi e la mia stessa infanzia!

Quindi ci volevo io per farti cambiare idea, per permetterti di tornare a credere in qualcosa, eh... beh, almeno di questo dammene atto: sono riuscito dove altri hanno fallito!” ribatte lui per tutta risposta, ridacchiando tronfio.

Sorrido tra me e me: che adorabile scavezzacollo che mi sono ritrovata tra i piedi! Non avrei mai potuto trovare qualcun altro oltre a lui in grado di farmi tornare a sperare nell'amicizia

"Forse sì, avresti potuto riuscirci giusto solo tu!" acconsento, un poco più rilassata.

Quindi... è anche per questo che avevi paura dell'acqua nella mia epoca? Per questo e perché eri Seraphina in una precedente vita?"

"Tu... lo sai?"

"Sotto questa forma so! - e l'unica spiegazione in merito, prima di continuare per la sua via - Eppure è passato diverso tempo, eh, per una volta devo dar ragione a quella spina nel fianco di Camus: lascia quel che è stato nelle nebbie della tua mente!” mi prende allegramente in giro, avvicinandosi a me per stringermi la mano.

Non mi arriva che all'addome, in questa strana forma in cui mi è apparso, del tutto inspiegabile...

...E inspiegabile è, appunto, anche il suo accenno a Seraphina, come può saperlo?! Perché ho la netta sensazione che questo Cardia non sia il 'mio'? La mente comincia a farsi ovattata e a ronzarmi sinistramente, vittima di una incongruenza che mi sembra impossibile da sopperire.

Come lo sai? - chiedo ancora, tremando un poco - Io non ti ho mai..."

Come so di Seraphina, ti stai chiedendo? Beh, è piuttosto semplice: non sono più io, ciò che vedi davanti a te, l'immagine che hai di me in questo momento, non è né sogno né visione. Potrebbe essere successo davvero, da qualche parte, forse non qui, non lì, ma è accaduto!” mi spiega Cardia, pratico. Davvero, non sembra più lui e ciò mi spaventa ancora di più.

E'... è assurdo che sia proprio tu a trattare di queste cose serie quando mi appari come un bambino di otto anni; neanche come quasi ventenne sei mai stato così serioso con me... sei inquietante, sai?!"

Ahahahaha, addirittura inquietante?! Semplicemente la morte ha preso anche me, infine, mi ha trasformato, contro la mia stessa volontà, prima di farmi reincarnare in Milo!"

"Ma quindi... quale Cardia sei?"

"Tuttavia una parte di me è nata e cresciuta in te, non è che un frammento, ma ti sono sempre stato accanto senza che tu te ne accorgessi. Anche Dégel è... no, aspetta, per Dégel è molto diverso... - continua a parlare con quella strana aria da maturo, assolutamente inconcepibile per me - Prima o poi lo ricorderai, Marta, occorre solo del tempo... e sì, lo so che sei sempre più sconvolta, l'intuito ce l'ho anche io molto sviluppato, sei come un libro aperto per me!”

La sua voce mi rimbomba nelle orecchie, mentre la sua manina lascia la mia, trasmettendomi un'ondata di gelo che mi frastorna. No, non andatevene, vi prego, non sparite, non allontanatevi! Non voglio più... essere di nuovo sola!!!

"Io... - osservo il torrente impetuoso sotto di me - non voglio più provare lo stesso orrore di quel giorno!

"Marta, non aver paura del Brevenna, né della valle che hai tanto amato. Ciò che è stato non può essere strappato in alcun modo da te, perché parte integrante della tua vita. Puoi forse pensare di averlo perso, ma ritornerà, come tutti!"

"R-ritornerete? C-cosa significa? Da... dove? Q-quando?" mi sento una bambina a chiedere questo al nulla che mi ha avvolto, ma ho bisogno di conferme.

"Sì, ci sarà un tempo in cui torneremo tutti. Del resto, questo è il mondo che è dipeso dalla tua scelta; un mondo... dove tutti noi sorridiamo!" mi conferma solo lui, prima che anche la sua voce scompaia come tutto il resto.

Un mondo in cui tutti noi potremmo sorridere... è dunque possibile?!

 

*********************************

 

Rabbrividisco nell'oscurità, come e mi fossi buttata nell'acqua gelida di un fiume. Cardia non è più al mio fianco, non lo avverto più, al suo posto, un'altra presenza...

"E' sicuramente una possibilità di universo difficile da raggiungere, questa in cui tutti voi sorriderete, ma, forse, non del tutto impossibile... Marta!”

Sussulto pesantemente e rinsavisco nel percepire la voce di Crono: "MA COS..?!"

"E' stata comunque una strana, quanto insolita, visione, è forse un tuo ricordo passato, frammisto a qualcos'altro?!"

“Ehiii!!! Non ho rivelato queste cose nemmeno a mio fratello Camus! Che diavolo ci fai tu qui?! Chi ti ha dato il permesso di sbirciare in una cosa tanto intima?!” esclamo, arrabbiata come non mai, incrociando istintivamente le braccia al petto nel sentirmi quasi violata.

"Non hai raccontato nemmeno a tuo fratello di un simile lutto?" chiede conferma lui, stranito.

"MA CERTO CHE NO!"

"Dovresti... anche lui ne ha avuti parecchi in appena 22 anni di vita, è qualcosa che vi avvicinerebbe ulteriormente!"

Ma sentilo, ora è pure in vena di dare consigli, il dio, sbffo, indignata: "Questo non sei tu a deciderlo, Crono!"

"Ma io credevo che tra umani..."

"Tra umani ci si fa gli affari propri, non si chiede di parlare del proprio mondo privato, se non lo si vuole!"

“Perdonami allora... ma avevo comunque urgenza di parlarti” si giustifica lui, un poco rammaricato, prima di tornare forzatamente ad un tono piatto.

Santo cielo, solo a lui sfugge il concetto della privacy o anche alle altre divinità?! Pensano davvero sia così facile parlare dei propri sentimenti? Dei propri frammenti si cuore spezzati e andati perduti?! Comunque pazienza...

“Lascia stare. Piuttosto, tu che hai sbirciato, quale è il motivo della tua venuta qui e che significa il sogno di prima?” chiedo, arrossendo non poco.

“Può significare tutto e niente allo stesso tempo... Può essere che Cardia sia veramente con te e che appaia a te in diverse forme. D'altronde, quando hai combattuto con il finto me, non è successo lo stesso? Nel senso, non era già intervenuto?” mi spiega brevemente Crono, ancora più serio.

Sgrano gli occhi, sgomenta. Effettivamente...

“E... è stato proprio così, ma in quel frangente ero mezza morta, non ero quasi più io, ora invece... PERCHE' ADESSO?!” ribatto, dandogli la schiena e incassando la testa tra le spalle.

“Perché probabilmente non hai mai superato quella perdita, ne hai preso semplicemente le distanze, lo hai forzatamente allontanato da te, ma essa ha affondato le sue radici nel tuo intimo, è germogliata, e adesso sta crescendo sempre di più.

Stringo con forza i pugni, scacciando a forza le immagini brutali che mi sono apparse in mente. Ha ragione Crono: non ho superato perché non posso ricordare, non VOGLIO ricordare! Ho impiegato mesi e mesi per dimenticare, ora non voglio che tutto sia stato vano, non adesso che questo ultimo combattimento mi ha esaurita!

“Perdonami se cambio argomento adesso, Marta, ma ho poco tempo e ti dovrei parlare subito!”

Ingoio a vuoto accorgendomi del tono grave che ha assunto la sua voce, mi volto nuovamente verso di lui, un nodo in gola.

“A che proposito?” chiedo solo, improvvisamente laconica.

“Tu e le tue amiche siete state eccezionali! Grazie a voi Camus è stato salvato e il nemico ha perso momentaneamente i propri poteri. Ora si trova al di là del nulla, stremato, paralizzato... impiegherà un bel po' per riprendersi!” inizia Crono, mantenendo gli occhi chiusi e il tono forzatamente neutro.

Produco un mormorio di assenso, aspettando il seguito che tuttavia già temo.

“Per questo motivo ora posso... farvi tornare nella vostra epoca!”

Sento con chiarezza il mio cuore perdere un battito, prima di avere l'orribile sensazione che proprio si fermi, risucchiato da un vortice nero che mi punzecchia gli occhi e mi secca la gola. Dovrebbe essere una fantastica notizia questa, eppure non riesco minimamente a gioire...

“C-COSA?! Ma... ma di già?!”

E' l'unica frase che riesco ancora ad articolare... il resto è sgomento e dolore.

“E' da poco iniziato il 31 Agosto, sarà quindi trascorso un mese dal vostro arrivo qui... domani vi riporterò nella vostra epoca, ristabilendo così il corso temporale che è stato distorto dal Mago. - si prende una breve pausa, chiudendo e riaprendo gli occhi - Vi è un'unica chance di normalizzare questa dimensione e farla tornare nei proprii schemi. Attendere altri giorni aumenta semplicemente il rischio di farvi inglobare da essa. Il pericolo di un catacalisma non è ancora scongiurato!"

“C-capisco, è... è giusto!” sussurro solo, abbassando lo sguardo.

"Inoltre tuo fratello Camus e Milo di Scorpio hanno bisogno di proseguire le cure in un luogo decisamente più adatto di questo. Si stanno lentamente rimettendo ma sono ancora molto debilitati, lo hai ben visto..."

"Ho visto, sì..."

"Camus, allo stato attuale, non può esercitare alcun potere, immagino che tu..."

"Lo so, lo capisco, ho detto!"

"Ecco, fallo quindi anche per lui, se puoi..."

"Mmm!" borbotto, trattenendomi a forza. Dovrei essere felice, ma non ci riesco proprio; dovrei saltare dalla gioia, ma riesco solo a mantenere un tono piatto e del tutto privo di enfasi. Se perdessi il controllo... farei fin peggio!

“Posso capire come ti senti, Marta... tu appartieni anche a quest'epoca e inoltre hai stretto rapporti molto profondi con Dègel e Cardia, lasciarli deve essere molto doloroso...” dice, arrischiandosi a mettermi una mano sulla spalla.

Sì, forse anche gli dei possono avvicinarsi agli umani tramite i sentimenti... solo a volte, però! Apprezzo il tentativo, ma la sua presenza sta diventando troppo asfissiante per me in questo stato.

“Scusami, Crono, potresti... potresti lasciarmi da sola? A-apprezzo la tua buona volontà, dico davvero, ma... non ce la faccio!” gli chiedo in tono basso, indietreggiando per staccarmi da lui.

Crono annuisce comprensivo e sparisce improvvisamente così come è apparso. Più nessuna presenza accanto a me, sono sola... perfetto!

Rimango quindi isolata nel buio, il respiro dispoico. Mi siedo, stringendomi le ginocchia al petto. In verità percepisco di nuovo qualcosa all'infuori di me, ma mi oppongo, resistendo il più possibile in questooblio di nero che semvra tuttavia così tranquillo. Mi ci perderei volentieri!

Domani... domani torneremo al nostro tempo, la mia permanenza qui volge al termine, di nuovo dovrò lasciare per sempre qualcuno che ormai è diventato parte integrante della mia vita. Di nuovo non lo rivedrò più. MAI PIU'! E' tutto proprio come allora... il posto in cui mi sento finalmente felice mi si rivolta contro, quindi devo essere io il problema, altrimenti non me lo spiego.

“Cardia, Dègel... NON VOGLIO!” riesco solo a mormorare, chiudendo gli occhi ormai irrorati dal pianto.

Qualcosa di caldo nelle vicinanze, prova a confortarmi... ma ancora mi ostino a rimanere nell'oblio, testarda. Un secondo ancora, solo un secondo...

Ho promesso di non piangere più per me stessa, proprio per questo non posso dare peso alla luce accogliente e sconosciuta che prova a rincuorarmi con carezze leggere, sussurrandomi parole che odo in lontananza e che tuttavia non riesco pienamente a codificare, sebbene ne riconosco il proprietario. Un attimo ancora, ti prego...

Non voglio svegliarmi, non voglio decretare la parola fine. NON VOGLIO... Camus!

Perché tu, più di ogni altro, puoi capirmi adesso, vero, fratellino?

 

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Capitolo 39
*** L'ultima notte al mondo ***


CAPITOLO 39

 

L'ULTIMA NOTTE AL MONDO

 

31 Agosto 2011, mattina.

Rabbrividisco più volte, raggomitolandomi sempre di più su me stessa. Qualcuno mi sta insistentemente richiamando per una ragione a me ignota. Non ho alcuna voglia di ridestarmi e accogliere così il nuovo giorno... LO RIFIUTO! Farlo significherebbe accettare di dover dire addio ad una parte di me, perché la mia vita passata è stata qui. Non desidero in alcun modo andarmene, ma... ma devo, non è forse così?!

Tra il brivido e la paura, in un qualcosa che si avvicina terribilmente alla disillusione, avverto appena delle dita delicate carezzarmi dolcemente la fronte e i capelli, invogliandomi a ridestarmi. Riconosco questo tocco, così inconfondibile rispetto agli altri, con questa capacità intrinseca di trasmettermi calore e darmi forza.

“Coraggio, Marta, devi risvegliarti! Qualunque cosa tu stia sognando, non vi è nulla di buono lì, per cui... anche se tremendamente difficile, apri i tuoi occhietti!”

La voce di Camus mi risuona dolcemente nelle orecchie, spingendomi così ad accettare, almeno fisicamente, il nuovo giorno. Mi giro supina mentre le mie palpebre si dischiudono con lentezza, abituandosi comunque quasi subito ai raggi di sole che penetrano nella stanza in un gioco di luci e ombre che ha qualcosa di etereo.

Lui è chinato su me, la mano si è fermata a sorreggermi il viso, il pollice sul mio zigomo. Alzo faticosamente il braccio nel tentativo di ricambiare la stretta, le mie dita si avvolgono sul suo polso. Il calore della sua pelle... non finirà mai di stupirmi!

“Ciao, Cam, sono felice che tu stia meglio!” mormoro, tentando di sorridergli, accorgendomi però che la mia voce fa fatica ad uscire, risuonando come distorta.

Camus dell'Acquario, mio fratello maggiore, è qui vicino a me, vestito con una maglietta leggera e con dei pantaloni chiari, probabilmente il vestiario nuovo che gli devono aver portato ieri sera Marika ed Eleonora, visto che quello di prima era inservibile. Sebbene i segni della malattia non siano ancora scomparsi del tutto, incancrenendosi soprattutto nel viso paurosamente smunto, negli occhi ancora un poco tirati e nella cicatrice ancora visibile sul suo collo, necessaria per aiutarlo a respirare quando stava tanto male, posso dire di vedere finalmente il calore della vita pulsare con forza dalle sue membra, fievole come il primo sole siberiano dopo la lunga notte, ma parallelamente capace di riempire il cuore dell'osservatore con una emozione nuova e tiepida.

"Buongiorno a te, piccola mia..." mi regala un sorriso tenero, per quanto ancora un poco tremolante.

"Sei riuscito ad alzarti in piedi!" constato, sollevata, stringendogli ancora di più la mano nella mia.

“Sì, il dolore si è molto attenuato e oggi sono riuscito finalmente ad alzarmi, anche se le gambe tremano e mi sorreggono a stento. Immagino che non sarà così facile tornare quello di prima..."

"Uff, testone sei, avresti dovuto..."

"...Riposare un altro po', immagino, perché, secondo te, sono ancora troppo debole per compiere sforzi."

Annuisco, mostrando cenno di volermi mettere seduta. Lui mi fa spazio, permettendomi di effettuare tutte le manovre necessarie per l'impresa.

"Però, vedi, il fatto è che ho avvertito limpidamente le tue emozioni stanotte, per cui ho sentito il bisogno di venire qui per starti vicino. Eri... disperata, vero? Non so cosa tu abbia sognato, ma non potevo lasciarti sola in un frangente simile” continua, facendo per sedersi vicino a me per stringermi tra le braccia.

“Attento che il letto è sfondato per colpa di Michela. L'altro giorno era talmente felice del tuo risveglio che ha combinato un patatrac!” provo a deviare il discorso, restia a parlargli della ragione che mi ha fatto sentire così male, malgrado lui sia ormai tutto per me.

“Non ha importanza. Tu mi hai salvato la vita, Marta, rischiando la tua. Ti sei presa cura di me, rifiutando di lasciare il mio fianco per tutti i giorni successivi fino al mio risveglio. Non avresti dovuto, Marta, a-avrei potuto riaprire gli occhi e n-non essere più io, questo tu lo sai, vero?" si blocca momentaneamente, rabbrividendo.

"Sì, lui non si è curato minimamente di nascondermelo..." confermo, in un fremito ben distinto.

"C-che sarebbe successo s-se..."

Nego con la testa, stringendogli una mano per fargli sentire la mia vicinanza: "Se io avessi fallito, s-sai già cosa sarebbe successo, m-ma siamo qui, entrambi!"

Rabbocco aria, sentendomi sempre più agitata. Devo cercare io di tranquillizzarlo ma non è affatto facile. Tremo al solo pensiero di quello che voleva perpetrare il Mago nei nostri confronti, al solo rammentarlo rischio di avere un attacco di panico, ma devo saperlo controllare.

Camus, vinto dai miei stessi tremori, rimane in silenzio per un po', accarezzandomi dolcemente i capelli nel cercare di farsi forza e avanzare nel dialogo.

"S-se solo penso che avrei potuto farti del male c-con queste mie... dita!" il suo respiro accelera nel pronunciare quest'ultima frase. E' spaventato e sconvolto, lo percepisco fin troppo bene.

"Ma non è successo, Cam, non è successo! Solo questo conta!" ripeto più volte, tentando di sorridergli, malgrado le mie labbra siano troppo tirate dalla stanchezza e dalla visione per riuscirci.

"Hai rischiato tantissimo per me, t-troppo!"

"Sei mio fratello, non esiste 'troppo'! Lo farei e rifarei infinite volte per strapparti da... da quell'essere!"

Camus non risponde subito, si limita ad annuire debolmente, prima di circondarmi con le sue braccia, stringermi forte forte e posare il suo mento tra i miei capelli. Respira a scatti per l'agitazione nel ripensare a quei terribili momenti. Proprio per questo devo sapermi controllare, perché altrimenti lui lo sentirebbe maggiormente e il suo fisico è ancora molto debilitato.

"Calmati... sei al sicuro adesso. - sussurro, con voce di miele, massagiandogli la schiena - Al sicuro!" sottolineo, socchiudendo le palpebre.

E' ancora molto spaventato... so cosa ha subito, l'ho ben visto perché quel bastardo non si è curato minimamente di celarlo e so che non ci sono parole per trattare dell'argomento con lui.

"O-ora che il peggio è finalmente passato, m-mi permetterai di farti un po' da fratello maggiore? - mi chiede dopo un bel po', con voce tremante ma chiara - Sono perfettamente cosciente che il tempo perso non tornerà più indietro; so anche che ormai sei grande, Marta, potrei affidarti la mia vita e avere la massima sicurezza che tu troverai il modo per salvarla, tuttavia... ora vorrei davvero cercare di proteggerti e sostenerti con tutto me stesso, come già ti avevo detto quel giorno, quando Aiolia ed io abbiamo raggiunto te e Sonia sulla spiaggia!” dice, con una loquacità che non gli è propria. Probabilmente l'esperienza appena passata deve averlo scosso a tal punto da provocare in lui un ulteriore cambiamento, nonché una nuova apertura verso il mondo esterno. Sorrido.

"Mi... ho sempre voluto un fratello maggiore, Camus, e credevo di non averlo, di essere... sola! Ora che ti ho conosciuto, non vorrei altro che... stare con te!" farfuglio, continuando ad accarezzarlo e accorgendomi altresì di quanto i suoi fianchi, persino le scapole, siano in rilievo rispetto a come mi ricordassi.

"Marta..."

“Oh, Camus, quanti chili hai perso in quest'ultimo periodo? Sei... sembri così gracile!” non riesco a trattenere l'esclamazione, bloccando altresì quanto stava cercando di esprimere.

Lui sussulta, prima di raccogliersi un attimo e tentare di deviare il discorso: "Non pochi... ma è passato. Sono al sicuro adesso, come dici tu" borbotta, un poco burbero, come ogni volta che gli viene rivolta una domanda personale.

"Da quanto è che non mangi decentemente?!" insisto, tastandogli nuovamente il fianco nell'avvertire la durezza dell'osso dell'anca.

"Da un po'..." continua, sempre più sfuggente.

"Riesci a nutrirti ora?"

"N-non roba completamente solida, l-la gola mi fa ancora male... - mi spiega in difficoltà, alludendo alla ferita nella trachea, che per quanto rimarginata dallo stesso Crono deve dargli ancora dei problemi - M-mi hanno portato una pappina, ieri sera, aveva un sapore orrendo ma sono riuscito a ingerirla e... trattenerla!"

"Oh, Camus, non sai quanto mi dispiaccia! N-non sono stata in grado di... no, non è così, io avevo ben visto il tuo stato, m-ma..."

“Puoi, per una volta, non preoccuparti per me e dirmi cosa invece ti ha turbato così tanto stanotte?! Ho avvertito la tua tristezza, poi la paura, e ancora una disperazione feroce e nera. Non potevo starmene tranquillo sul letto con tutte queste emozioni che mi soffocavano, soprattutto perché sapevo che provenivano da te. - mi interrompe, prendendo ad accarezzarmi la nuca - Io starò bene, Marta, te l'ho promesso! Occorrerà del tempo, ma sono sulla via di guarigione; sei tu, ora, ad essere sconvolta."

"Cam..."

"Continuo a percepire il tuo malessere e non mi do pace, non ti voglio lasciare da sola... non più!” insiste mio fratello, glissando velocemente ogni tentativo di argomentazione circa il suo stato di salute.

Ingoio quindi a vuoto, sentendo il famigerato bruciore delle lacrime invadermi gli occhi, ma mi trattengo ancora una volta, cocciuta come non mai. Devo e voglio essere forte, non posso cedere, e poi Camus odia quel liquido inutile e salato, devo farlo anche per lui, così come mi ha insegnato.

“Fratellino, io... i-io... buh!” inizio, incapace però di proseguire. Rifiuto le lacrime ma non posso far nulla contro il blocco aspro e tremendamente doloroso che avverto tra il palato e la gola.

“Però prima calmati, ma petite, perché stai tremando come una foglia e la voce ti esce a fatica. In queste condizioni non puoi parlare, giusto? Quindi prendi un profondo respiro e aspetta di sentirti pronta. Io sono qui, non c'è fretta alcuna!” mi sussurra ancora lui, con la sua solita dolcezza che manifesta con me in maniera speciale. Al contempo mi accarezza con una mano la schiena, mentre con l'altra mi circonda le spalle, permettendomi di avvicinarmi ancora di più a lui.

Così premuta contro il suo torace caldo e rassicurante, prendo il tempo necessario per ingoiare forzatamente l'immenso peso che si divincola nella gola, desideroso di uscire tramite un urlo, poi mi appresto finalmente a raccontare.

“Crono mi è apparso in sogno, Camus, ha detto che è giunto il momento: il Mago ha esaurito momentaneamente il suo potere di interferire con noi, quindi possiamo tornare nella nostra epoca. Ha... ha fissato la data per domani.” mormoro solo, staccandomi leggermente da lui per guardarlo in faccia. Non aggiungo altro, sarebbe troppo doloroso farlo.

Mio fratello sgrana gli occhi, mentre una strana luce appare nel suo sguardo: già, per lui, come per le altre, deve essere una bellissima notizia, mentre io sono quasi sull'orlo di una crisi isterica.

Come posso trovarmi in queste condizioni in un simile frangente?! Dovrei essere al settimo cielo e invece... No, no, è tutto sbagliato in me! In quanto Marta... dovrei ben gioire, no?! Perché invece è l'esatto opposto?! Che l'anima di Seraphina stia prendendo il sopravvento?! Eppure non avverto discrepanze tra le due identità, come se entrambe ragionassimo come un tutt'uno.

Così presa nei miei pensieri, quasi non mi accorgo che Camus posa delicatamente la sua fronte contro la mia, in modo da avere la nostra pelle in contatto, ancora una volta come quel giorno in spiaggia. Sussulto appena, rendendomi conto che è ancora caldo, e certo è normale, la febbre è persistente, è già un miracolo che riesca a reggersi in piedi dopo quello che ha passato. Lui mi guarda per pochi istanti, accorgendosi della meraviglia che è trapelata nel mio sguardo, poi, silenziosamente, mi posa nuovamente la mano dietro alla nuca, sospirando appena prima di parlare.

“Ora finalmente comprendo quelle emozioni così forti che avvertivo in te e che passavano a me così naturalmente come se fossimo una stessa carne, le comprendo e le capisco! Mi dispiace immensamente, Marta, deve essere stato un duro colpo, per te, appurare questo dal Divino Crono.”

Ingoio a vuoto, sforzandomi di non abbassare lo sguardo. Le mie mani intanto cercano la sua, posata in grembo, stringendola con forza per saggiarne la sostanza. Piume di cigno... delle meravigliose piume di cigno, forse un po' troppo delicate per appartenere ad un uomo, ma adatte alla sua essenza più profonda.

“Anche a me dispiace, fratellino! E non solo per Dègel e Cardia, ma anche perché dovrei essere felice e invece... quasi desidererei rimanere qui per il resto dei miei giorni! - ammetto, non senza fatica - Non so più chi sono, Cam, non so se Seraphina, o Marta, o entrambe. Non riesco a codificare più niente di quel che sento senza domandarmi da chi sia partito il pensiero, o l'emozione, tutto!

"Marta..."

"Credevo di aver vinto io, sai? Ma adesso non... non ne sono più tanto sicura! - prendo un nuovo, più profondo, respiro prima di proseguire, sforzandomi di controllare la mia voce - Da quando sei caduto per la peste, il desiderio di salvarti ha annichilito tutto il resto. Avevo solo quello, come obiettivo, dovevo adoperarmi solo per quello, bandendo le incertezze. Ora però mi sembra quasi di avere il cervello spaccato in due, mi sento smarrita e... non so... non so più che fare!” mi sfogo, incassando la testa fra le spalle.

“Ciò che stai vivendo è perfettamente normale, Marta... un tempo eri Seraphina, vivevi la tua vita con la solita allegria che ti contraddistingueva; poi, quando tutto è caduto in rovina, per salvare la mia anima, hai scelto di rinascere come mia sorella, dimenticandoti così della tua vita passata. Ora quei ricordi sono tornati, ed è un miracolo questo, perché, reincarnandosi, l'anima perde tutto, lo sai, vedi me..."

Annuisco, strizzando le palpebre.

"Tu invece hai recuperato ciò che eri e stai lottando per mantenere le due entità in equilibrio, sii fiera di questo e prenditi tutto il tempo necessario per ristabilirti! - mi rincuora ancora Camus con calore, facendo di tutto per calmarmi, poi però si alza, un'ombra scura negli occhi nel voltarsi di spalle, una breve esitazione prima di proseguire - Hai sacrificato tutto per me, decidendo di reincarnarti come mia sorella. Hai rinunciato ai tuoi sentimenti passati per farne nascere di nuovi, ed ora io... io, se solo potessi, vorrei avere il potere di farti rimanere in questo mondo, al fianco di Dègel, perché vorrei davvero che tu fossi felice, vorrei vederti sorridere di nuovo...Marta!"

Non lo riesco più a guardare direttamente negli occhi, troppo difficile sostenere il suo sguardo limpido. Mi torturo istintivamente le mani, non trovando le parole per proseguire. E' la sua voce a raggiungermi di nuovo.

"Tu vorresti rimanere qui, vero?"

Il suo tono stentato mi trafigge, riesco a posare intensamente il mio sguardo su di lui, scorgendo infine la sua espressione triste.

Mio fratello Camus non è altro che lo stesso Dègel mutilato dalle ferite impresse nella sua anima. Proprio per questo Seraphina aveva deciso di reincarnarsi, diventando la sorella di colui al quale apparteneva il suo cuore. Per certi versi il nostro rapporto fraterno ha sempre un po' risentito di questo fatto, perfino quando entrambi eravamo all'oscuro del nostro passato, diventando così un qualcosa di unico e assolutamente incredibile... un qualcosa che non posso permettermi di perdere! Camus dice che vorrebbe fare di tutto per rendermi felice, ha scelto me, sacrificando l'amore per Seraphina e costringendosi a subire una sofferenza inaudita, davvero posso avere qualche dubbio sulla strada da intraprendere da adesso in avanti?! Davvero brancolo ancora nell'incertezza, nonostante tutto ciò che lui ha fatto per me?!

"Forse... ora che il Mago è stato reso inattivo da te, un modo per farti rimanere qui possiamo trovarlo!"

"Camus..."

"C-ci deve essere una soluzione, anche se non so bene quale, m-ma..."

Pronuncia le frasi con molta difficoltà, gli deve costare molto tutto questo, eppure, per me, ancora una volta, sarebbe disposto a compiere il sacrificio estremo, al di là della sua stessa vita, rinunciando perfino ad avermi al suo fianco, pur di permettermi di rimanere qui, in questo mondo a cui sono così legata e che pure non mi appartiene più.

"Camus..."

"V-vorrei che tu fossi felice, piccola mia, vedr..."

“NO, fratellino!"

Il tono adoperato lo fa sussultare, interrompendo così il fluire del suo discorso. Mi guarda un poco a disagio, non sapendo più come proseguire.

"Anche se fosse nei tuoi poteri, non accetterei mai di sacrificare il mio rapporto con te per rimanere qui! - sentenzio, risoluta, bandendo le incertezze - E' vero, amo Dègel e ho trovato in Cardia un migliore amico eccezionale, ma sei TU la persona più importante della mia vita!"

"Ma-Marta..."

"Non potrei... non potrei neanche immaginare di non rivederti mai più, ho una fitta al petto al solo pensiero, sai? E poi... e poi mi sono reincarnata in Marta per stare al tuo fianco, no? E' stata una mia libera scelta, la più sofferta, ma anche la più bella, non voglio vanificare tutto! Ti voglio bene, Cam... è un affetto che avverto come più forte di ogni altra cosa. Permettimi quindi di proseguire il viaggio con te, ti prego!” affermo, sforzandomi di sorridere radiosamente come faceva Seraphina al suo tempo, malgrado mi senta punzecchiare le palpebre. La decisione è già stata presa, non si torna indietro!

"..."

"Ho scelto te, nessun altro! Ho bisogno di TE, nella mia vita!" ribadisco, con ancora più forza, sfregandomi di riflesso le palpebre nel togliere ogni residuo di pianto.

Camus mi guarda, meravigliato per un solo istante, poi mi sorride a sua volta, riempiendomi il cuore di una tenerezza che lo fa pulsare più velocemente. Lo vedo avvicinarsi di nuovo per abbracciarmi intensamente, prima di sedersi al mio fianco. Posso quasi sentire il suo respiro appena accelerato, prova tangibile delle emozioni che sta provando e che, come sempre, fanno fatica ad uscire. Ma io le posso avvertire, quelle stesse emozioni, dorate come il grano nei campi solleticato dai raggi solari e dal venticello leggero.

"Non... non lo avevi ancora capito q-questo? Che sei tu la persona più importante della mia vita?!" gli chiedo, emozionata, ridacchiando sommessamente tra me e me.

"N-no, o forse, p-più banalmente, avevo paura che non potesse essere così!"

"E allora sei tonto, su queste cose, perché lo sei, dal primo giorno in cui ti ho incontrato in cui, senza un'apparente ragione, ci siamo messi a bisticciare come due fratelli senza sapere nemmeno di esserlo, lo ricordi?"

"L-lo ricordo, s-sì! - annuisce lui, in tono incrinato, quasi commosso - Ti avevo trovata maleducata e un poco ribelle, malgrado il tuo aspetto minuto e gli occhi grandi che mi fissavano spaventati!"

Rido di riflesso alla sua affermazioni, accorgendomi che, da parte sua, non poteva che essere così.

"G-già, non mi sono comportata granché bene come prima presentazione, non posso dire il contrario! - ammetto, rendendomi conto tutta la strada che abbiamo fatto insieme da quel momento, sebbene siano passati solo due mesi - Ma, vedi, già allora eri destinato ad essere... la MIA persona!"

Lui mi stringe ancora più forte, nuovamente a corto di parole, ma è il suo cuore a parlare per lui, battendo più velocemente sotto il mio orecchio. Sorrido rasserenata, lasciando scivolare sul mio volto due goccioline minuscole, perché esse sono di felicità e non più di tristezza.

“G-grazie, è così bello sentirtelo dire! Anche tu... anche tu lo sei per me! - riesce infine ad esprimersi, forzando la gola a comunicare quello che sente - Appari come una piccola lucciola agli occhi degli altri, forse insignificante ai più, perché, in fondo, chi si cura di una lucciola?! Ma per me sei tutto, Marta, in un modo che non riesco neanche a dire a parole! I-io..." deve prendere una nuova, lunga, pausa, la voce gli si è incrinata troppo.

"Con calma, Camus, sono qui!" lo incoraggio, senza fargli fretta, massaggiandogli i capelli dietro la nuca.

"I-io solo... solo grazie... grazie per rimanere al mio fianco!” riesce infine a concludere il dialogo, posandomi un leggero bacio sulla fronte per poi indicarmi, con un gesto, di sedersi sulle sue ginocchia.

Annuisco, prendendo posto e poggiando la testa sulla sua spalla, prima di chiudere finalmente gli occhi, del tutto tranquilla. Lui mi culla, vezzeggiandomi ogni tanto il viso con una carezza e trasmettendomi così un calore intenso e piacevole.

Quasi quasi mi riaddormenterei qui, il fatto di dovermene andare domani da questa dimensione sembra così lontano nel tempo e nello spazio da poter essere quasi scambiato per un sogno. Riesco a stento ad avvertire il mio respiro farsi più profondo, mentre il buio mi accompagna verso il sonno con una lenta litania. Solo che ad un certo punto, lo sento tremare distintamente per lo sforzo di reggermi, ciò mi mette in allarme.

"Camus? - lo chiamo, raddrizzandomi e riaprendo gli occhi, inquieta. E' ancora troppo debole per tenermi, lo si capisce dalla respirazione che si è fatta molto più veloce e frenetica, dai movimenti inconsueti del suo torace - Sc-scusami, non avrei dovuto, mi sono abbandonata di peso, su di te, quando fino all'altro giorno tu..."

"N-no, stai... stai, per favore, Marta! - mi tranquillizza, mantenendo le palpebre dolcemente chiuse, come se il mio calore corporeo lo rilassasse - Sto finalmente bene così!"

"Camus..."

"A-anche io ho avuto paura, in quei momenti, sai? C-credevo di... di non poterti più tenere tra le mie braccia, e di non... non poterti più nemmeno toccare né parlarti!"

Annuisco di nuovo, incerta se continuare a farlo sforzare così, ma capisco altresì che pensava di non percepirmi più, di non percepire più nulla di questa giostra meravigliosa che è la vita.

"Stai tranquillo, sono qui e, insieme a me, anche Michela, Francesca, Sonia, Milo e Hyoga, non sarai più da solo, te lo prometto!" lo incoraggio, adagiandomi sulla sua spalla e socchiudendo gli occhi, mentre gli accarezzo il fianco vicino.

"L-lo so, siete la mia famiglia, ed io vi voglio... - esita, in difficoltà come sempre nel pronunciare la fatidica frase - b-ben..."

“MARTAAA!!! E' una bellissima giornata, la visibilità è splendida, potremmo andare al mare e... OH CAVOLO!”

Camus ed io balziamo istintivamente dalle due parti opposte, sentendoci colti in fallo per la venuta sgraziata di Cardia in un momento che entrambi consideravamo sacro e privato. Al solito, il mio migliore amico ha la capacità di giungere nei momenti meno propizi, anche se, a giudicare dalla sua espressione, non si immaginava di certo di trovarci anche mio fratello in camera con me.

“Ciao, Car, sempre al momento, eh?!” lo saluto, ridacchiando, tentando di scacciare l'imbarazzo. Sono a gattoni sul letto, mio fratello si è quasi appeso al muro e ora squadra Cardia con un pizzico di fastidio, le guance completamente rosse e il respiro corto.

“E-ehi, Marta... è successo qualcosa? Non sembri affatto in forma.” constata il mio migliore amico, avvicinandosi al letto come un bambino curioso che non sa però come comportarsi.

Faccio quindi per rispondere, ma è Camus a precedermi lestamente: “Non cambierai mai, vero? Entri senza bussare e, senza un minimo di esitazione, vai dritto per la tua strada!”

Il suo tono è comunque tranquillo, anche se le parole nascondono un velato disappunto. In ogni caso gli sorride, come non lo vedevo fare da troppo tempo. E' un sollievo.

“Camus, sembri stare meglio... - poi lo osserva più attentamente, si accorge dei chiari segni di ciò che ha subito, il pallore del volto, le occhiaite scure e perfino la cicatrice a forma di mezza luna sul suo collo - Cioè... meglio rispetto a quando agonizzavi sul letto, è certo, anche se sembri comunque un morto che cammina..."

Sbuffo. Non so se ridere per la sincerità o rimproverarlo per la troppa schiettezza nei suoi confronti, tuttavia mio fratello permane ad essere affabile e ciò mi tranquillizza.

"Fine e delicato come sempre anche nell'esposizione... - ironizza infatti, in tono leggero - Comunque hai ragione, ci... ci impiegherò un po' a tornare quello che ero!" ammette, con un sospiro.

Cardia è preso in contropiede, non sa bene come comportarsi, giacché probabilmente si aspettava un insulto e invece si ritrova a boccheggiare, non aspettandosi una simile ammissione. Torna, con gli occhi, su di me, decidendo di cambiare discorso.

"E Marta, invece? Non sta bene?"

“E' solo molto stanca per essersi presa cura di me ininterrottamente. Ora io sto bene, ma di sicuro i postumi di non aver chiuso occhi per giorni e giorni non svaniscono subito..."

"Eh, no, non si scollava, ha fatto tribolare anche Dégel che, per ottenere qualche risultato, ha dovuto chiedere l'aiuto di Sonietta!" conferma lui, recuperando un pizzico del suo solito tono scanzonato.

"Me lo ha detto, sì. Per questo motivo vorrei affidartela, se non hai nient'altro da fare. Mi è parso di capire che la volevi portare al mare, fallo, te ne prego, ne ha davvero bisogno!" dice ancora Camus, voltandosi completamente verso di lui.

Entrambi, sia Cardia che io, veniamo colpiti in pieno da quelle parole, mentre il mio sguardo viene brevemente catturato dalla lieve oscillazione dei capelli di mio fratello.

Li Scorpione è semplicemente sconvolto dal suo modo di porsi. Ha smesso di boccheggiare, ma inarca un sopracciglio in un'espressione estremamente squisita.

“Me la... affidi?! E da quando confidi in me?! Ohibò, Ghiacciolo, non dire queste cose che mi confondi...” mormora lo Scorpione, grattandosi la testa nel guardare, con estremo interesse, il muro, quasi gli potesse dare le risposte di quello strano modo di agire di Camus.

“Sì, in questo momento ha bisogno di uno della tua tempra, per cui sei giunto al momento propizio! - ribatte l'Acquario, avvicinandosi al parigrado, prima di raschiarsi la gola - Cardia, io e te siamo partiti con il piede sbagliato..."

"Me ne sono accorto, di questo, sì, ma ne abbiamo già parlato, Camus, ricordi?"

"Ora come ora, me ne duole sinceramente! La colpa è stata inequivocabilmente mia e non posso più rimediare, per cui... - prende un profondo respiro, chiudendo gli occhi per poi riaprirli - Visto che tu e Marta andate così d'accordo, posso solo dire di godervi il più possibile questa giornata al mare. Dopo quello che avete passato per salvarci, lo meritate."

"E... e quindi me la stai affidando per davvero?!"

"Sì, puoi farlo?"

"Lo farei anche senza il tuo permesso, Ghiacciolo, come ho dimostrato in tutti questi giorni, ma tu, ehm... - esita, titubante, in estremo imbarazzo - Vuoi mica venire con noi? So che non ami il sole, ma puoi metterti all'ombra, e..."

"No, grazie per l'offerta, sono ancora molto debilitato. - gli sorride, gli occhi luminosi per ringraziarlo tacitamente della proposta - Penso che andrò ancora a riposare, sperando di recuperare un altro po', poi farò una passeggiata verso sera, quando il sole è meno potente. Ho proprio un bisogno insopprimibile di sgranghirmi un po' le gambe!" gli spiega, non aggiungendo altro e andando verso l'uscita, ma il richiamo tempestivo di Cardia, lo ferma dalla porta.

Fisso sbigottita il mio migliore amico nell'atto di voltarsi verso mio fratello, una strana luce anche nei suoi occhi e il consueto sorriso a solcargli le guance briose.

“Camus, mi stai cominciando a piacere, lo sai? Proprio per questo voglio darti un avvertimento, o un consiglio se preferisci... - gli dice, posando distrattamente le due mani dietro la nuca in segno di pace. L'altro lo scruta, chiedendosi tacitamente dove voglia andare a parare - Milo ti ha mai detto che sei un cretino?!"

"Co..?!"

"Lasciami spiegare... - lo ferma tempestivamente, facendosi inaspettatamente serio - Hai rischiato di morire per loro, eri disposto al sacrifico, a cancellare la tua stessa persona dalla faccia del pianeta, pur di proteggerle, puoi negarlo, questo?"

"No, non posso, perché è effettivamente così..."

"Perfetto. E chi le avrebbe salvate, poi, dalla tua perdita, dal vederti ridotto così, chi... avrebbe raccattato i cocci?!"

Camus freme, accusa dolorosamente il colpo, non sentendosi pronto a trattare anche con lui un argomento che gli fa ancora così male.

"S-se le cose fossero andate come, presumo, sarebbero accadute, l-loro non... - parla a fatica, per un istante ho come la sensazione che possa crollare ancora a terra - Non avrebbero avuto memoria di me!"

"Ed eri assolutissimamente certo di far andare le cose come avevi progettato?"

"..."

"Devo considerare il tuo silenzio come un non saperlo con certezza?"

Mio fratello ancora non risponde, il suo corpo freme. Vorrei intervenire, fare presente che il processo glielo ha già fatto Milo, che non occorre insistere, ma il lungo sospiro di Cardia attira la mia attenzione su di lui.

"Lo supponevo. - constata, prima di affinare lo sguardo nella sua direzione - Non so cosa ti abbia poi frenato, a parte la furia di Dégel che... ah, per inciso, non si incazza mai così, sei riuscito in una impresa titanica!" devia improvvisamente discorso, probabilmente per alleggerire la tensione.

La procedura gli riesce, almeno con me, perché mi sento inaspettatamente sollevata.

"Comunque... mentre tu stavi male, non le hai viste le lacrime di Marta, non hai visto la sua disperazione, né tanto meno quella delle altre. Erano tutte perse, smarrite, eppure la forza per reagire l'hanno trovata comunque, ed è grazie a loro se entrambi siamo ancora qui, a chiacchierare tra noi come due persone qualsiasi. - prosegue dritto per la sua strada, rincarando poi la dose - Non dimenticarlo mai, Camus, mi hai inteso? Non devi farle piangere mai più, soprattutto Marta che ti è così legata, perché se lo farai giuro che... non so dove sarò, ma ti verrò a prendere a calci nel didietro fino a quando non chiederai pietà!" sentenzia alla fine, regalandogli un occhiolino e una linguaccia e tornare così il ragazzo allegro e solare, un po' spina nel fianco, di sempre.

“Sei stato chiarissimo! - risponde lesto mio fratello, poco prima di aprire nuovamente la porta e prepararsi per uscire, non senza un'ultima occhiata calorosa verso la reincarnazione di Milo - Cardia, io... ti ringrazio sinceramente per aver capito quanto straordinaria sia la mia piccola Marta. Da ora in poi non perderò più la via, è una promessa. Ti preoccupi per le lacrime delle altre, ebbene farò di tutto perché non si trovino mai più in una situazione simile, lo giuro sul mio onore di Cavaliere!"

"E sarebbe meglio che tu lo facessi per davvero, Ghiacciolame, anche perché dovrai riscattarti in qualche modo e puoi farlo solo da vivo, non da morto e neanche da posseduto!"

"C-certo, io..." i suoi occhi si sono fatti più scuri nell'udire quella parola, lo vedo deglutire a vuoto, mentre, con una spinta del braccio, spalanca la porta.

"C-Camus!" provo a chiamarlo, in apprensione per il suo stato, tentando di alzarmi dal letto, ma le gambe non mi sostengono bene e devo sorreggermi a Cardia che, rapido, mi ha preso da sotto le ascelle.

"Marta, stai tranquilla, io prenderò del tempo per rimettermi in sesto, cerca di farlo anche tu..." mi avvisa, sforzandosi di riportare gli occhi alla loro solita luminosità nell'avvertire che, probabilmente, ho percepito la sua fitta di paura che, inesorabile, gli ha attraversato il petto, troncandogli per un secondo il respiro.

"Lo farò, sì, ma vuoi che ti accompagniamo a stendere? Sei... sei ancora..."

Mi verrebbe da dirgli 'debole', o peggio, 'fragile', ma ho paura che si risenta e non ho altri modi per esprimermi. Abbasso lo sguardo, preoccupata. Non vorrei che se ne andasse da qui, non voglio che si senta ancora solo, ha bisogno di noi, della nostra presenza, del nostro tocco per ristabilirsi dal trauma.

"Non ti devi angustiare così per me, ti ho detto che riposerò, no? - mi chiede retoricamente, avvicinandosi brevemente a me per posarmi una mano sulla testa. Anche quello che provo io lo vive in prima persona, è strano e confortante al tempo stesso - Non compierò sforzi fuori dalla mia portata, ora tornerò semplicemente al tredicesimo tempio passando per il dodicesimo; spero di incontrare Albafica per ringraziarlo personalmente, gli... devo la vita!" asserisce, toccandosi istintivamente la cicatrice sul collo.

Come già avevo pensato, deve aver percepito tutto in quei momenti, anche quel dolore feroce che deve aver provato quando gli hanno aperto la trachea per aiutarlo a respirare...

"Ti... si riassorbirà, Cam, te lo prometto, non... non ti rimarrà nulla. P-passerà tutto..." provo a dirgli, cercando di essergli di conforto.

"Passerà tutto, sì... e se non lo farà ci penserete voi a farmelo passare, lo so! Sono sereno." mi rassicura, abbracciandomi ancora una volta, nonostante la presenza di Cardia che ci osserva attentamente.

"Lo sei per davvero?"

"Ora sì, grazie ad una piccola lucciola coraggiosa che non ha paura di immergersi nelle tenebre pur di salvarmi!"

Annuisco, stringendogli il tessuto della maglietta sotto le mie dita. Se solo potessi, vorrei cancellargli dalla memoria questo atroce trauma che, contrariamente alle ferite, gli rimarrà per tutta la vita: non sarà mai più quello di prima! Tremo a quest'ultimo pensiero, non piango, ma singhiozzo e mio fratello deve capire cosa mi sia passato per la testa, perché torna ad accarezzarmi i capelli, mentre, chinandosi verso di me, mi sussurra finalmente le parole che avevo bisogno di sentire.

"Ti voglio bene, Marta!"

Il mio cuore perde un battito per l'emozione, mi sfugge perfino un gemito, ma lo ingoio a forza nello stesso momento in cui lui, raddrizzandosi, mi regala un nuovo buffetto sulla guancia.

"Affido a te il resto, mi raccomando... - dice, sorridendomi, prima di girarsi e dirigersi verso l'uscita - Certo, non sarà facile, ma sei forte e coraggiosa, lo so bene. Confido in te!"

E la porta si chiude dietro di lui, lasciando me con il cuore a mille e un retrogusto amaro in bocca. Camus probabilmente dirà agli altri del mio sogno con Crono, certo non poteva dirlo con Cardia qui presente ma lo leggo nei suoi occhi, e a me il compito più difficile: quello di dirlo al mio migliore amico. Con che coraggio posso?

“Eh, però! Quel Camus non è poi così male, alla fine dei conti, quasi quasi da domani me lo posso fare anche amico, se permane a rimanere così simpatico! Che l'agonia abbia fatto il miracolo?! Non me lo ricordavo così loquace!”

Rabbrividisco per un solo istante alla parola 'domani'. Domani... ma non ci sarà alcun domani, né per Cardia, né per Camus, né tanto meno per me in questa dimensione... questo è un addio! Sono di nuovo sul punto di abbattermi, ma le mani veloci dello Scorpione, mi afferrano per le spalle, sbalordendomi non poco.

“EDDAI, CARDIA!!! Cosa stai facendo?! Mettimi giù!!!” esclamo, arpionandomi alla sua folta chioma. Mi ha colto di sorpresa, come spesso accade, ho la netta sensazione che non riuscirò mai a prevederlo del tutto!

“Taci un po', Marta, e chiudi quegli occhietti! Ti porto al mare oggi!” sentenzia lui, ghignando.

Uff, tipico di Cardia non chiedere... ma perché poi? Meglio fare tutto con la propria testa! Ma stavolta non gliela darò vinta, non completamente, almeno!

“Come vuoi...” dico soltanto, in tono falsamente arrendevole, posando invece le mie mani sui suoi di occhi per coprirglieli.

“E-ehi, birba, non ti avevo detto di...” prova a protestare Cardia, ma la mia risata lo zittisce.

“No, Car, mi dispiace! Oggi ti guido io! Tu cammina, io ti do le indicazioni per arrivare alla spiaggia integro... più o meno!” dico sadicamente, ghignando a mia volta.

“Ahahaha! Ecco uno dei tanti motivi perché mi piaci! Va bene, Marta, accetto la tua sfida!” ribatte lui, sistemandomi meglio sulle spalle.

“Perfetto! Dritto davanti a te, e ricordati che tra quattro passi c'è la porta chiusa, quindi evita di sbatterci contro, altrimenti penalità!” lo avverto sorniona, preparandomi a dargli tutte le indicazioni possibili ed immaginabili.

 

****************************

“Ahahaha! Sei un qualcosa di assurdo, Car!!!” ridacchio, sdraiandomi sulla soffice e sottile sabbia, del tutto incurante di sporcarmi.

Cardia fa altrettanto, massaggiandosi l'enorme bernoccolo che gli è spuntato sulla fronte. La sua espressione è assolutamente impagabile in questo momento!

“Beh, alla fine poteva andarti peggio: hai preso soltanto una craniata contro la colonna! Mi meraviglia che il bernoccolo te lo sia fatto tu, avrei giurato che la colonna si sarebbe distrutta a contatto con il tuo testone!” affermo, continuando a ridacchiare, quasi del tutto dimentica della tristezza di pochi minuti prima. Non ci voglio pensare, tutto qua, non voglio razionalizzare il pensiero che domani partirò.

“Cosa vuoi da me?! Non è colpa mia se dai delle indicazioni indecifrabili! Se solo fossi stata più chiara, non ci sarei finito lì!” si difende Cardia, fingendosi offeso e gonfiando le guance come un criceto.

“Cardia, ti avevo detto di andare in direzione opposta a quella del sorgere del sole, visto che camminavi verso sud dove dovevi andare, secondo te?! Sei un babbo" Era ovvio che avrei incrementato la difficoltà passo dopo passo, altrimenti sarebbe stato troppo facile!” esclamo, girandomi completamente verso di lui e facendogli la linguaccia.

“Ugh, fosse stato solo la colonna! Si è materializzato Sisifo da chissà dove e mi ha rimproverato per il mio perenne comportamento infantile!” ribatte lui, grattandosi la testa.

“Questo è vero... in effetti è stato ingiusto, perché avrebbe dovuto rimproverare anche me!” dico, sospirando appena. Ancora ho in mente la sua espressione infuriata, siamo dovuti scappare in fretta e furia.

“Uff, tanto lo so che non mi sopporta! Siamo proprio incompatibili di carattere!” mormora lui, mettendosi le mani dietro alla nuca con fare pensieroso.

“Non dire cavolate, Car! - lo zittisco subito, posando la testa sul suo petto e respirando profondamente – Chi ti potrebbe odiare?! Sei così speciale...” sorrido tra me e me.

“Ugh... - mormora teatralmente Cardia, ed io posso sentire il suo imbarazzo salire fino alla punta dei capelli – Sai che ti dico?! Non mi importa degli altri! Tu la pensi così ed è l'unica cosa che conta!” afferma ancora lui, posandomi il braccio sinistro sull'addome.

Chiudo gli occhi, rilassandomi a quel contatto. Da quando conosco Cardia, ha sempre avuto il dono di farmi sentire bene e scacciare così i brutti pensieri, proprio come in questo momento, d'altronde. Mi sento così bene adesso che quasi non ricordo più di dover partire domani... quasi!

All'improvviso scatto a sedere, rimanendo ferma a contemplare il mare ed un gruppo di gabbiani che si diverte ad inseguirsi nell'immenso cielo azzurro. Loro sono liberi di andare dove più gli aggrada, perché hanno ali ampie e forti. Tuttavia neanche loro possono nulla col tempo... a loro è toccato vivere qui, in questo istante, fra cinquant'anni non ci sarà più nulla di loro, ma il mondo continuerà a muoversi...

“E-ehi, che succede adesso?” chiede Cardia, confuso dal mio atteggiamento. Con ogni probabilità è riuscito ad acciuffare il mio sguardo malinconico... come potevo nasconderlo, del resto?! Per lui non ho segreti, sono come un libro aperto.

“Per una volta, un'unica volta, non voglio pensare, Car. Facciamo un bel bagno rigenerante?” domando, sforzandomi di mascherare la mia tristezza con un sorrisetto.

“V-va bene, ma...”

Non gli do il tempo di finire che scatto in avanti per andare sugli scogli, fermandomi solo quando giungo al bordo, rimanendo a fissare l'acqua limpida e cristallina. Un'altra giornata afosa qui in Grecia... il richiamo del mare è sempre più intenso!

“Come pensi di fare, genia? Vuoi tuffarti vestita come a Genova?!” chiede Cardia, raggiungendomi trafelato. Davvero si sta ponendo un simile quesito, proprio lui?!

Sorrido tra me e me, furba:

“Cosa è che dicevi tu? Ah, che non hai di questi problemi, giusto?” ripeto la frase proferita dal mio migliore amico proprio quando ci trovavamo a Genova, vicino alla Lanterna. Tra le mani il tessuto svolazzante del mio peplo.

“NO, ASPE... Non vorrai davvero...?!”

Riesce solo a biascicare, poco prima di tapparsi istintivamente gli occhi nel presagire le mie intenzioni, che si manifestano da lì a pochi secondi.

Mi libero infatti velocemente del peplo, che finisce ai piedi di Cardia, e mi tuffo di testa. L'acqua a contatto con la mia pelle nuda, in parte ancora martoriata dalle lunghe battaglie, mi trasmette una sensazione di refrigerio senza pari.

Con le palpebre serrate, mi immergo completamente sott'acqua in cerca del familiare formicolio che ho avvertito quando mi sono tuffata per recuperare proprio Cardia, ma nulla avviene. Poco dopo, non potendo più sopportare l'assenza di ossigeno, riemergo con il respiro affannoso. Non è successo nulla, proprio come immaginavo, che quindi si fosse trattato di un potere temporaneo, o di un miracolo?!

“Marta, ma che cavolo ti salta in mente, a te?!? MISERIACCIA!!!” starnazza Cardia, ancora nella stessa posizione di prima e con gli occhi ben tappati.

“Su, puritano! L'acqua mi copre dal petto in giù, puoi stare tranquillo!” lo richiamo, allegra.

Malgrado i miei tentativo di smuoverlo, Cardia permane nella medesima posizione, del tutto incapace di reagire. E' quasi buffo vederlo così, quasi non sembra lui, così imbarazzato.

“Oh, proprio non ti smuovi, eh?!” commento, divertita, raggiungendo i suoi piedi con due bracciate. Un comportamento così irriverente non ci confa molto con me, o almeno, con la me di qualche tempo fa, ma ora... ora mi sento diversa, quasi rinata... anche questo è merito di Cardia!

“E va bene, se le cose stanno così...” dico infine, sghignazzando.

Senza aspettare oltre, gli afferro la caviglia e lo faccio finire in acqua senza troppi complimenti, ridacchiando poi nel vederlo riemergere completamente fradicio..

“Potevi darmi il tempo di svestirmi, odio fare il bagno con la veste che mi si appiccica alla pelle!” esclama, guardandomi torvo, ma le sue guance così rosse mi fanno ridere ancora più forte.

“Scherzi?! Non ti muovevi dall'imbarazzo, urgeva intervenire subito! Un comportamento simile non è da te, da quando ti imbarazzi della nudità che sei il primo che, se solo potessi, gireresti sempre privo di abiti?!” ribatto, sguazzandogli lestamente intorno con l'evidente intenzione di giocare.

“Q-questo non c'entra! Maschi e femmine sono ben diversi fisicamente, se mi spoglio io, non... ecco, non è lo stesso che farlo tu! - prova a spiegare, del tutto impacciato. Poi incrocia la mia espressione leggermente piccata, decidendo di cambiare in fretta discorso - Comunque sarà meglio per te, birba, che tu sappia nuotare bene e velocemente, perché ora subirai le conseguenze di aver fatto imbarazzare il grande Cardia di Scorpio!"

Capendo le sue intenzioni scherzose, mi allontano in fretta e furia da lui, avendo la massima cura di infradiciarlo ancora di più nello sbattere le gambe. Passiamo tutto il tempo così, tra inseguimenti marini, immersioni varie e gare assurde. Ma quando il sole ha superato lo zenit e la fame comincia a farsi sentire, siamo costretti a tornare a riva.

Esco dall'acqua con noncuranza, dimenticandomi persino di essere completamente nuda. Senza batter ciglio, recupero la veste e sorrido felice al contatto dei miei piedi con la morbida sabbia.

“Uh... oh!” sento biascicare improvvisamente dietro di me, in qualche punto imprecisato.

Mi volto interrogativamente verso di lui, notando che si sta massaggiando il petto con insistenza. Oltre a questo, non sembra proprio a suo agio, continuando ad incespicare nei propri piedi come se qualcosa gli desse fastidio.

“C-Cardia, che ti succede?” chiedo, preoccupata all'inverosimile, tra l'altro continuando a non razionalizzare che, il motivo di una tale reazione, sia proprio io.

“Uh... e me lo chiedi pure?! Sei qui davanti a me, nuda e bagnata... vedo il tuo corpo con questi miei occhi e sento... mi sento frenetico, accaldato e... NO, ACCIDENTI!!!” prova a spiegarmi, girandosi di scatto come a voler nascondere qualcosa. Stavolta capisco in un lampo.

“Oh, porc... è vero!!! SCUSAMI! Davvero scusami, in questo momento ero talmente a mio agio che non ci ho minimamente pensato!” esclamo, rimettendomi in fretta il peplo. E' stata una mia disattenzione fatale... non avrei mai voluto mettere Cardia in un tale imbarazzo... s', ok, forse un pochino sì, ma ho la netta sensazione di aver superato il limite. D'altronde, io lo vedo come amico, ma lui no... avrei dovuto pensare prima di agire!

“Te lo dicevo io che maschi e femmine sono diversi! Se poi parliamo di te, io... io no ci capisco più niente!!!” riprende a dire lui, voltando un poco la testa verso di me. E' ancora rosso peperone, ma il respiro sta tornando normale.

“Scusami, è che io... sto così bene con te che non avevo minimamente pensato alle implicazioni che avrebbe comportato un tale comportamento, per così dire, lascivo... Sono per la parità dei sessi, ma avrei dovuto riflettere che tu... ” balbetto, lasciando la frase volontariamente in sospeso. Mi siedo a terra, il vestito umido che si appiccica alla pelle, l'espressione prostrata di chi l'ha fatta grossa.

Cardia biascica velocemente un: "fa lo stesso...", per poi aspettare ancora qualche secondo prima di sedersi accanto a me. La situazione sembra tornata sotto controllo, ma il rossore sulle sue gote non accenna a diminuire.

“Devo... piacerti proprio tanto per avere una simile reazione, eh...?” mormoro, tesa, tenendo il capo chino.

“Non sono abituato a vedere certe cose! Come ben sai, al Tempio non ci sono molte ragazze, inoltre... - prova a spiegarmi, prendendosi una breve pausa - Non c'è bisogno che te lo dica, vero? Intendo dei miei sentimenti per te... li hai capiti, ormai, e poi... beh, ho parlottato dopo l'infarto, vero?! Ero svenuto, ma qualcosa rammento!" conclude, tremando appena.

Annuisco senza aggiungere altro, mentre la mia testa si posa automaticamente sulla sua spalla. Un sorriso malinconico si dipinge sul mio volto, semplice, caloroso e diretto, ma... tremendamente denso di rimpianti. Chissà che ne sarebbe stato di me, se non avessi conosciuto subito Cardia. E' stato proprio lui il primo a farmi sentire a mio agio in questa dimensione, grazie alla naturalezza e spensieratezza che lo contraddistinguono. Mi sono legata così tanto a lui... come faccio ora ad andarmene?! Non posso! Eppure non ho scelta...

“Marta, che cosa hai?”

Sussulto, sorpresa dal suo tono così serio. Mai prima d'ora ho avvertito tanta gravità nella sua voce, senza contare che anche i suoi occhi si sono fatti più severi...

“C-cosa intendi?” domando, distogliendo in fretta lo sguardo, del tutto incapace di sostenere il suo.

“Non puoi mentire al mio cuore... lui lo sente, sai? Riesce a percepire le tue vere emozioni, anche se tenti di nasconderle dietro ad un falso sorriso - mi spiega, mentre con l'unghia dell'indice sinistro si tocca il petto - In questo non sei diversa da Camus, che, a sua volta, non è così diverso da Dègel... quindi parlami: cosa ti affligge da stamattina? Colei che ho davanti continua ad apparire spensierata e allegra, ma non è il tuo reale stato emotivo, giusto?

Rimango in silenzio, incapace di proferir parola, e questo, con ogni probabilità, fa arrabbiare ancora di più Cardia.

“Rispondimi, dannazione, Marta! E' da quando ti ho vista con tuo fratello che ho capito che non stai bene. Ho atteso... nella speranza che tu ti aprissi, ma non lo hai ancora fatto ed io sono stufo di aspettare! - esclama, quasi iracondo - Sai... tu e Dégel sarete anche più intelligenti di me, ma io ho il dono, o maledizione, di capire il vostro stato emotivo. Anche Milo è come me con Camus, per cui, forza, parla, o troverò un altro modo per sapere cosa ti turba!"

L'esclamazione di Cardia e la pronuncia del mio nome con quel particolare accento, hanno il potere di farmi scattare in piedi, il corpo scosso dai tremori... Non posso più nasconderlo, ormai...

“Cardia, io... io me ne devo andare!” riesco solo a farfugliare, i magone di nuovo in gola.

Cardia si alza silenziosamente in piedi, avvicinandomi a me per poi costringermi a guardarlo negli occhi. Le sue dita sotto il mio mento mi impediscono di chinare nuovamente la testa.

“Andare... dove?” chiede conferma, spalancando le palpebre per la sorpresa.

Ingoio a vuoto, preparandomi a raccontare. Il mio corpo sempre più scosso dai tremori...

“C-Crono mi è apparso in sogno dicendo che domani ci riporterà nella nostra epoca per ristabilire così il corso temporale. La nostra permanenza qui... volge al termine!”

Cardia si allontana bruscamente da me, come se avesse ricevuto la scossa. Il gelo di quel gesto mi investe, degno preludio a ciò che, sono sicura, accadrà tra breve...

“C-cosa? E' uno scherzo?” sibila intanto Cardia, mettendosi una mano sulla tempia sinistra, come se le mie parole arrivassero troppo duramente alle sue orecchie, come se il significato espresso dalle stesse fosse troppo duro da accettare...

“Cardia... questa non è la nostra epoca, rimanere qui significherebbe sconvolgere le vostre vite più di quanto abbiano già fatto. Prima o poi doveva succedere...” biascico, trattenendo a stento le lacrime.

Il mio migliore amico non ribatte nulla, semplicemente indietreggia ancora di più, mettendosi ad osservare con sguardo vacuo il mare... Le sue labbra fremono varie volte, completamente vinte dalle emozioni che ora gli stanno sconquassando il petto. Non vi è più Cardia qui davanti a me, ma soltanto rabbia, tristezza e dolore... tantissimo dolore!

“Car, ascolta...” dico, prendendogli la mano nel tentare un approccio, ma lui si ritrae subito.

“LASCIAMI STARE!!! Io... io...” balbetta, poggiando le mani sulle orecchie e chiudendo disperatamente le palpebre.

“Cardia, non reagire così, ti prego! E' già... è già così maledettamente difficile...” provo al calmarlo, peraltro inutilmente.

“DIFFICILE?! - tuona Cardia, aprendo di scatto gli occhi, furenti di rabbia – Per te sarebbe difficile?! Cosa dovrei dire io?!”

Non ho tempo di ribattere nulla, perché vedo Cardia pestare i piedi violentemente sulla sabbia e subito dopo cadere letteralmente in ginocchio per terra. Sapevo sarebbe stata dura, ma non ero minimamente preparata ad una reazione così... eppure pensavo di conoscerlo, il mio migliore amico...

“Cardia...”

“HO DETTO DI TACERE!!! Tu, Sonia e gli altri... vi siete permessi di entrare a far parte del mio cuore, di diventare parte della mia vita stessa, e ora ve ne andate come se nulla fosse... Per chi mi avete preso?!” mi grida contro Cardia, scattando nuovamente in piedi in un altro impeto d'ira.

Il suo cuore è spezzato, reciso in mille frammenti, ma è il mio, di cuore, a subire una fitta improvvisa e implacabile nel vedere gli occhi di Cardia completamente inondati di lacrime. Cardia non piange mai, odia piangere, come Milo... perché, in fondo, cosa ci azzecca uno scorpione, che ama le calde sabbie del deserto, con quel liquido salino? Eppure eccolo lì, il mio amico, completamente sopraffatto.

“Mi... dispiace!” sussurro mestamente, con voce rotta e sguardo lucido.

“ANDATE AL DIAVOLO TU E IL MALEDETTO TEMPO A CUI DEVI FARE RITORNO!!!” grida ancora Cardia, poco prima di mettersi a correre verso il Grande Tempio senza voltarsi più.

Rimango immobile, incapace di fare qualsiasi azione. Lo sguardo fisso e vuoto a osservare, senza vederla realmente, la sabbia. Il cuore gonfio di dolore e le gambe molli sono sensazioni ben chiare in me, ma non me ne curo più di tanto.

Cado in ginocchio, rannicchiandomi poi in posizione fetale. Non ho le forze per rialzarmi, non ora...

“Per-perché deve finire così?!” biascico tra me e me, chiudendo le mani a pugno e raccogliendo un po' di granelli di sabbia.

Alcuni minuti dopo mi giro supinamente a contemplare il cielo e i raggi del sole che mi avvolgono. Potrei prendere un'insolazione o disidratarmi, ma che importa ora?! Questo è l'ultimo giorno qui ed io non ho più le forze per fare alcunché. Quanto vorrei dormire e dimenticare tutto, senza provare più questo atroce dolore che non mi fa respirare.

 

*****************************

31 Agosto 1741, notte.

Scatto velocemente a sedere, stringendo convulsamente la veste in prossimità del petto. Credo di essermi addormentata da poco, ma non c'è stato il tempo di scendere nelle profondità del sonno che i battiti del cuore, improvvisamente accelerati, mi han fatto sentire il cuore in gola.

“Che... che terribile tachicardia che ho avuto!” asserisco tra me e me, tentando di respirare normalmente. La ferita sul braccio ha cominciato a rimarginarsi, dovrei aver quindi evitato una infezione, eppure sento dentro di me una inesauribile dissonanza che m rende irrequieta. Non mi sento molto bene, da quel giorno che ho salvato Camus dall'intervento del Mago, come se davvero le tossine di quel bastardo fossero entrate nel mio corpo, eppure non posso permettermi di cedere.

Non ricordo più il sogno, o meglio l'incubo, che ho fatto, ma la sensazione di soffocamento è ancora terribilmente viva in me, e si traduce con le pulsazioni a mille che fanno tremare tutto il mio corpo. Fortunatamente, almeno per il momento, il malessere si manifesta solo di notte, nelle spire del sonno.

Guardo fuori dalla finestra il buio della notte: neanche la chiara luce delle stelle rischiara il cielo, perché già a partire dal tramonto il tempo si è rovinato, vinto dall'arrivo di una tempesta che attende solo di sfogare tutta la sua rabbia repressa.

Sospiro, avvertendo piano piano il cuore farsi sempre pià calmo fino a normalizzare i suoi battiti. Non sono ancora pronta per alzarmi, giacché le gambe continuano a tremare, ma non me ne curo, avendo più che mai il bisogno di essere con qualcuno, non voglio passare la notte da sola, non stanotte!

Scendo lentamente dal letto, afferrando la candela e accendendola. Mi sento prostrata oltre l'inverosimile, ma è comunque l'ultima notte in questo mondo e non ho ancora parlato con QUELLA persona.

Ho bisogno di vedere Dégel, perché ora come non mai necessito della sua carezza gentile, che già mi ha accolto quando mi sono ritrovata, spaurita e sola, in questa dimensione.

Quasi senza accorgermene entro nella sua stanza, rimanendo diversi secondi ad ammirare il suo profilo addormentato e ad ascoltare il suo respiro melodioso e leggero. La luce della candela lo rischiara appena, ma lui è ben nitido davanti a me, fra sole 24 ore non sarà altro che ricordo sfumato nel tempo... a questo pensiero mi sblocco:

“D-Dègel...” lo chiamo con voce roca, avvicinandomi al letto. Il Cavaliere dell'Acquario, che probabilmente era in un leggero stato di dormiveglia, si riscuote, prendendosi quasi un colpo nel vedermi così vicino a lui, avvolta da un chiarore leggero.

“Acc...! M-Marta, ma cosa?” mi chiede, alzandosi frastornato sui gomiti, per poi coprirsi immediatamente il torace con il lenzuolo.

I miei occhi stanchi riescono appena a notare che Dègel dorme nudo, in ogni caso, il mio cervello è talmente disconnesso e il cuore troppo dolorante per dare un peso alla cosa, e comunque lo immaginavo già. Anche Camus, nel nostro tempo, dormirebbe così, ma da quando Francesca, Michela ed io abitiamo con lui alla Casa dell'Acquario, ha preso il giro di indossare una canottiera e i pantaloni del pigiama.

“Piccola rondine, hai una tale faccia...” constata lui, guardandomi con tristezza. Deve percepire il mio malessere, oltre a sapere già cosa mi angustia così tanto.

Rimango in silenzio per qualche istante, contemplando l'oscurità intorno a noi con sguardo vacuo, poi decido di parlare:

“Dègel, ti prego... posso dormire con te? Il letto di là è diventato improvvisamente freddo e mi sono accorta di temere le tenebre. Io... io non so cosa mi sia preso ma ho bisogno di stare con qualcuno, qu-questa è anche l'ultima notte qui e...” biascico, mantenendo lo sguardo basso.

“Lo so, purtroppo... V-vieni, forza, anche per me questa notte è più fredda del solito! - sussurra lui, prostrato, prima di aggiungere... - Spero non ti dia fastidio che io sia in questa tenuta, anzi, in NESSUNA tenuta, a dirla tutta. Sono abituato a climi molto più rigidi, l'estate qui è troppo afosa per i miei canoni!” afferma ancora, facendomi posto sul letto.

Mi corico al suo fianco, dandogli la schiena per non farlo imbarazzare troppo, al contempo spengo la candela, posandola poi sul comodino.

“Così domani Crono vi riporterà nella vostra epoca...” mormora Dégel in tono basso, rimanendo invece seduto e posandomi una mano sulla testa, proprio come aveva fatto il primo giorno.

“Già...”

“Mi mancherai... mi mancherete tutti! Ormai mi ero abituato alla vostra presenza qui, ma sono perfettamente consapevole che l'equilibrio vada risistemato, è la via migliore!” afferma Dègel, sospirando impercettibilmente.

Un singhiozzo sfugge dalle mie labbra, non riuscendo più a controllare oltre tutte le emozioni che mi perseguitano. Non cedo alle lacrime, ma quel suono mi è sfuggito, attirando l'attenzione di Dégel.

“Marta...”

“D-Dègel, lo so che è la scelta migliore, ma è così doloroso che... uff, ti prego, ti chiedo solo... - mormoro voltandomi verso di lui. Anche se non lo posso vedere nitidamente avverto il suoi occhi puntati sulla mia figura – Puoi abbracciarmi e tenermi tra le tue braccia? Lo so che in questo momento sei a disagio perché mi sono intrufolata qui in piena notte, però ti prego... ne ho veramente bisogno!” chiedo, con voce rotta e tremante.

Dègel non risponde subito, ma poco dopo avverto le sue braccia circondarmi dolcemente e stringermi a lui, non comunque senza un po' di goffaggine.

“Andrà tutto bene, Marta... la tua grandissima tristezza indica che ti sei affezionata molto a quest'epoca e a noi, questo mi fa immensamente piacere, ma è il momento di tornare, piccola. Il tuo tempo ti richiama, così come tutti i tuoi amici! - mi rassicura Dègel con voce dolce, accarezzandomi i capelli - Saremo separati per sempre, è vero, ma il nostro legame perdurerà, questa è una promessa!"

Mi avvicino istintivamente al suo volto, pur senza sfiorarlo, avvertendo il suo respiro caldo solleticarmi la guancia e trasmettermi una miriade di emozioni. Ingoio un'ultima volta a vuoto, chiudendo finalmente gli occhi lucidi. Dégel continua a rimanere al mio fianco, non smettendo di accarezzarmi. Lo sento prendere un profondo respiro, prima di aggiungere parole accorate e dense di significato: "Quando guarderai Camus, quando parlerai con lui, ricordati... ricordati che anche io sono al tuo fianco, seppur sotto un'altra forma. Tuo fratello non ti abbandonerà mai, non lo farò neanche io... cercarmi nelle cose belle della vita, che sia il volo di una rondine o il sorriso delle persone care: io sarò sempre con te!"

Ed è proprio grazie alla sua voce dolce come miele e al riparo sicuro che mi offrono le sue braccia calde e accoglienti, che riesco finalmente ad addormentarmi in una parvenza di tranquillità, sempre più lontana dai pensieri del presente e sempre più vicina al mio io del passato.

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo di MaikoxMilo

 

Lo so è da mesi che non pubblico e per questo chiedo immensamente venia, ma tra la Maturità altre problematiche mi era impossibile riuscire a pubblicare (anche se sono comunque andata avanti a scrivere). Comunque manca veramente poco ormai e dovrei riuscire a finire di pubblicare tutta questa storia entro poco (mancano un solo altro capitolo e l'epilogo). Ringrazio come sempre tutti e chiedo di nuovo immensamente scusa a tutti per il ritardo con cui ho aggiornato.

E intanto sto anche ricorreggendo la prima storia in modo da renderla più discorsiva, sono al capitolo 12, insomma è proprio il caso di dire “lavori in corso”. XD

 

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Capitolo 40
*** Addio, amici... ***


CAPITOLO 40

 

ADDIO, AMICI...

 

1 settembre 2011, mattina

La luce del sole, che entra di soppiatto dalla finestra, ferisce i miei occhi, spingendomi così a nascondermi sotto le coperte nell'estremo sforzo di non pensare a ciò che l'avvento del nuovo giorno porta con sé. Vorrei tanto non avere alcuna ragione per alzarmi e fare ciò che deve essere fatto, ma purtroppo so perfettamente che ho più di un motivo per trovare, dentro di me, la forza per andare avanti, non voltandomi più indietro in quest'epoca che tanto mi ha fatto provare...

“Svegliati, dormigliona! L'allodola ha già cantato per sancire il sorgere del sole!” mi avverte Dègel, accarezzandomi la fronte per farmi ridestare. La consueta sensazione di tepore mi invade il petto, così come il sapore agrodolce che ha per me questo risveglio. Oggi è il giorno... un mese esatto da quando mi sono svegliata nel 1741...

“Mmmmm, l'allodola deve essersi confusa, è presto... è tremendamente presto !” ribatto, voltandomi dall'altra parte. Non sono ancora pronta... non voglio!

Alle mie orecchie giunge quasi subito il suono della risata cristallina di Dègel che ha il potere di farmi aprire le palpebre: effettivamente la luce del sole è sempre più intensa fuori, penetrando nella stanza con sempre maggiore intensità. Non posso più negare l'avvento della mattinata...

“Sei... stupenda, Marta, anche tutta arruffata dopo la notte appena trascorsa. Vorrei poterti dire che è ancora notte, che le stelle brillano nel firmamento e che abbiamo ancora tempo, ma, ahimè, così non è...” si lascia sfuggire Dégel, sospirando sonoramente e allontanandosi da me per rivestirsi.

Sbuffo sonoramente, voltandomi nella sua direzione per guardarlo meglio. In particolare, il mio sguardo si sofferma nell'ammirare il rapido movimento delle sue mani che abbottonato con grazia la camicia sopra la pelle nuda. Tossicchio più volte, sentendo una sensazione di calore invadermi nuovamente le gote fino a raggiungere tutto il corpo: certo, ha avuto la massima cura di indossare i pantaloni prima del mio risveglio, ma è comunque uno spettacolo meraviglioso; uno spettacolo... che non vedrò mai più. Una fitta improvvisa a metà tra il ventre e il petto mi mozza drasticamente il respiro; decido ancora una volta di sforzarmi di non darci peso.

“Perdonami se ti ho spaventato ieri con la mia venuta qui, ma ero veramente disperata...” biascico, distogliendo lo sguardo.

Dègel nega con la testa, lasciando la camicia leggermente sbottonata sul petto:

“Non c'è nulla per cui ti debba scusare, anzi mi ha fatto piacere passare quest'ultima notte con te. E' stato come un... ehm, sogno!” mormora, passandosi la mano tra i ciuffi nel tentativo di mascherare l'imbarazzo. Poco dopo lo vedo legarsi i capelli dietro con un laccio nel tentativo di alleviare la sensazione di caldo opprimente, del resto ha i capelli davvero lunghi, più lunghi rispetto a come li tiene mio fratello Camus.

A questo punto mi alzo anch'io in piedi, del tutto rassegnata, aspettando che Dègel finisca le sue manovre per poi correre ad abbracciarlo, con un cipiglio di disperazione.

“Grazie di tutto! Ti sei preso cura di me per tutto questo mese, mi hai insegnato un sacco di cose, non solo tecniche nuove che potenzierò, ma anche cose che non sapevo. Mi sento così fortunata... ad averti conosciuto!” gli dico, grata, affondando la testa nell'incavo della sua spalla.

“Urgh, n-non ho fatto nulla di eccezionale, piccola rondine! E' stato... è stato così bello prendermi cura di te e avere qualcuno da proteggere... - risponde, ricambiando goffamente il gesto - Già, sei proprio una rondine, ora che sta arrivando settembre ti prepari a migrare, e lo farai, con tutte le forze, i sogni e le speranze che porti nel tuo grembo. Chissà quanto ancora vedrai, di questo meraviglioso mondo... meriti ogni bene, Marta, spero con tutto il cuore che tu possa essere felice..."

Le parole, pur gremite di così tanta speme, vengono pronunciate in un leggerissimo tono tremante, come se, colui che le esprime, stesse compiendo una notevole fatica per controllarsi. Stringo ancora di più le dita sul suo corpo, non vorrei davvero andarmene, non vorrei lasciarlo... di nuovo... ma non ho parole da dire in un simile frangente. Passa qualche secondo, prima che riesca a recuperare la mia voce, faccio per aprir bocca per dirgli qualcosa, qualunque cosa, ma la porta di apre all'improvviso, rivelando un Camus tutto trafelato dietro di sé.

“Dègel, è arrivato il momento di... urgh!” si interrompe, capendo la scena davanti a sé. Mio fratello fa qualche passo indietro, non sapendo bene come comportarsi davanti a quello spettacolo, nello stesso momento io faccio per allontanarmi da Dègel, vergognandomi a mia volta di essere stata vista in un momento così intimo, per fortuna è l'antico Acquario stesso a sbloccare la situazione, trattenendomi contro il suo petto in un ultimo disperato desiderio di saggiare la mia concretezza.

“Di già...quel momento è già giunto... - sussurra con voce roca, mentre un'ombra scura avvolge i suoi occhi e il suo corpo trema – Va bene ordunque, andiamo alla tredicesima casa. Come mi hai detto tu ieri, Crono deve riportarvi all'epoca a cui appartenete, inoltre anche gli altri Cavalieri vi vorranno salutare!” afferma poi, sciogliendo infine, non senza rammarico, la stretta su di me.

Annuisco, sorridendo amaramente, poi seguo senza il minimo entusiasmo Camus e Dègel al piano di sotto. La direzione è una sola: l'ultimo tempio... gli ultimi saluti.

Durante il breve cammino, percepito dalla mia mente come un vero e proprio supplizio, non parlo, limitandomi ad osservare sconsolata il cielo sopra di me. A dispetto del via vai irrefrenabile degli uccellini, dal cielo cobalto e del muoversi lentamente delle nuvole, tutto ciò che è intorno a me viene visto dal mio sguardo come un qualcosa di assolutamente inaccettabile. Il tempo sta continuando egoisticamente a scorrere, così continuerà a fare, che io lo voglia o no; ma il mio, di tempo, è fermo, bloccato tra le spire di un singhiozzo e di un sospiro che non posso far trapelare all'esterno.

Camus e Dègel rispettano il mio silenzio fino alla tredicesima casa, tuttavia, una volta là, un fitto chiacchiericcio invade le mie orecchie, costringendomi a tornare alla dolorosa realtà. Neanche il tempo di mettere a fuoco le persone intorno a me che l'uragano Michela mi investe in pieno, rischiando di farmi cadere. La mia amica sembra davvero al settimo cielo, talmente 'soleggiata' da essere quasi accecante al mio sguardo. Tutta questa vivacità non è affatto contagiosa, quasi mi da fastidio, più o meno come un granello di sabbia nell'occhio.

“Marta, non è meraviglioso?! Torniamo a casa! TORNIAMO FINALMENTE A CASA!!!” esclama, stritolandomi nella sua solita morsa.

“Che culo...” ironizzo, allontanandomi da lei e tornando a fissare il cielo sopra di me. Dovrei reagire, forse, ma sento di non riuscirci: se già sono così ora... che ne sarà di me una volta tornata nel 2011?! Per la prima volta mi rendo conto che la paura di mio fratello, espressa al ballo, sia più tangibile che mai. Io... finirò a pezzi, lo sento... è la cieca convinzione di un disperato che sta cadendo in un dirupo e che già, prima dell'urto nefasto, percepisce il dolore del colpo anzitempo.

Michela fa per raggiungermi nella chiusura a riccio che ho manifestato, ma fortunatamente, prima di compiere qualche avventatezza, viene fermata proprio da Camus.

“Michela, vai da Francesca! Marta è stata male stanotte e, come sai, in questi frangenti non ama essere toccata, è come me in questo!” afferma lui, guardando la mia amica negli occhi. Deve avere intuito il mio stato d'animo, gli sono grata per il suo intervento.

La ragazza annuisce, pur rimanendo stranita dal tacito rimprovero del maestro, poi si dirige verso Francesca, Sonia, Milo, Federico e Crono al centro della sala, attorniati dagli altri Cavalieri d'Oro.

"Sono con te, lo sai..." mi sussurra Camus, afferrandomi dolcemente il polso per farmi percepire la sua vicinanza.

Non vorrei nessuno in questo momento, non ho mai voluto nessuno nei momenti più difficili della mia vita, ma sorprendentemente la sua mano calda mi riscuote. Alzo infine gli occhi, lentamente. Prima di arrivare al suo viso, però, gli percorro tacitamente il braccio con lo sguardo. Mi soffermo ancora una volta sui lividi -dei veri e propri ematomi, sembra quasi lo abbiano picchiato!- delle iniezioni, persino più scuri dei giorni prima, su quei versamenti che sembrano ancora così dolorosi. Fanno male al solo vedersi, la piega del gomito ne è piena, e così fino ad arrivare alla spalla, anche se più rarefatti. Mi sento mancare, la testa mi gira e le gambe rischiano di cedermi.

"MARTA!"

E' nuovamente lui a prendermi e sorreggermi, a trattenermi contro di sé, ad abbracciarmi, facendomi percepire la sua vicinanza. Ho il respito rotto, sembro avere il singhiozzo, mentre, serrando la mascella per impedirmi di gridare, gli stringo il tessuto della maglia, ricambiando la stretta.

"Sono stanca, Cam, STANCA, di vederti ridotto così e di doverti fare ancora più male per guarirti..."

"Marta... - mi chiama ancora, con voce dolce. E mi viene da piangere, ma non lo farò - non devi preoccuparti ancora così per me, questi sono nulla, spariranno in fretta, più di quanto credi. Ora dobbiamo pensare a te!" mi sussurra, sorreggendomi la nuca con una mano.

"Rimani... rimani con me, ti prego! Non... Non ce la faccio da sola!" lo supplico, cercando di rendere più ferma la mia voce già traballante.

Lui annuisce, mi tiene vicino a sé, accarezzandomi dolcemente la schiena per calmarmi, posando poi il mento sopra la mia testa.

"Sono qui, al tuo fianco, mi puoi percepire! Devi cercare di essere forte, piccola mia!"

Annuisco, ingoiando il magone, mentre lui mi culla brevemente, posandomi un bacio tra i capelli con estrema naturalezza.

"Più forte... - continua poco dopo, tremando più intensamente - di quando hai dato il tutto e per tutto per rianimarmi!"

"Fratellino..." biascico, aumentando la stretta su di lui. Che cosa hai provato, Camus, in quei momenti? Mi hai visto in terza persona, come narrano taluni a cui il cuore si è fermato? Hai visto me che pressavo sul tuo torace in quel modo orribile? Oppure..?

"La mia vita era già volata via, ma tu l'hai riacciuffata... - sussurra ancora, sempre più amozionato, come a rispondere alle mie tacite domande - Non ti sei arresa, l'hai trattenuta strenuamente tra le tue dita per non farla più sfuggire via, perché sei una guerriera, Marta. E, ancora una volta, forse la più difficile, ti chiedo di essere coraggiosa, più di quei momenti!"

Annuisco, ingoiando a vuoto, prima di strizzare gli occhi e nascondermi nel suo ampio petto che ora pulsa nelle mie orecchie.

"Ti voglio tanto bene, Camus!" borboglio, cercando di essere più chiara possibile.

"Anche io, mia intrepida lucciola!"

Riesco infine a riprendermi, sorridendogli alla ben meglio, ancora una volta rincuorata da averlo al mio fianco, poi mi convinco a seguirlo, mentre, a passi tardi e lenti, ci avviciniamo ai nostri amici. Dègel, invece, si dirige verso i suoi compagni, il capo chino per mascherare il suo malessere crescente.

Li osservo tutti ad uno ad uno, soffermandomi sui loro lineamenti e sulle peculiarità che ognuno ha, tuttavia mia accorgo ben presto che manca qualcuno di estremamente importante per me, un qualcuno che più di ogni altro, persino di Dègel, è riuscito a mettermi a mio agio in questo mondo sconosciuto...

“D-dov'è Cardia?” chiedo, titubante, avvertendo il peso della sua assenza.

Milo distoglie la sguardo, poi mi mette le mani sulle spalle, facendomi voltare delicatamente verso di lui.

“Ascolta, Marta... - inizia, serio in volto – non credo che Cardia verrà, l'ha presa molto male, piccola... Stamattina ho provato a convincerlo, ma è stato inamovibile!” mi sussurra, scompigliandomi con affetto i capelli nel tentativo di risollevarmi il morale.

“Ho... ho capito!” biascico, abbassando lo sguardo nel ripensare alla sua reazione il giorno prima.

“Ieri è arrivato in lacrime e si è chiuso in camera... è stato impossibile farlo uscire! Anche noi non siamo riusciti quasi a salutarlo” mi spiega tristemente Sonia, avvicinandosi con l'intento di consolarmi.

Rimango in silenzio, mantenendo gli occhi sul pavimento mentre tutti i miei pensieri sono rivolti al mio migliore amico. Chissà forse è meglio così, rivederlo incrementerebbe di più il dolore che sto già provando nell'abbandonare quest'epoca, eppure...

“Bene, io direi di cominciare quest'ultima riunione, prima di fare un breve, ma intenso commiato, agli avventurieri di un'altra epoca...” comincia Sage, alzandosi imperiosamente in piedi.

Ma io non lo sto praticamente ascoltando, essendo completamente persa nei miei soliti pensieri che spesso sono in grado di estraniarmi dalla realtà: vederlo di nuovo mi farebbe solo soffrire, ben conscia che non potrò più farlo, ma forse... forse non salutarlo neanche sarebbe fin peggio!

“... Certo non c'è stato il tempo fisico per approfondire la conoscenza, ma è altresì vero che questi giovani ragazzi rappresentano il futuro che noi, con le nostre gesta spianeremo alle generazioni che verranno, per cui... qualcuno sente il bisogno di dire qualcosa?”

Nella stanza intanto ricade il silenzio. Nessuno dei Cavalieri sembra intenzionato a intavolare un discorso, almeno finché Sisifo non tossicchia appena con l'evidente intenzione di prendere parola, appoggiandosi poi una mano sul petto con fare sentito. Quel semplice gesto è in grado di sbloccare del tutto il mio cervello, ora finalmente in grado di ricordare ciò che, per un attimo, rischiavo di tralasciare.

“GRANDE SACERDOTE!!! CRONO!!! - urlo ad un tratto, dirigendomi verso il dio del tempo come una furia scatenata – Ritardate la partenza di qualche minuto, per favore, devo dare una cosa a Cardia!!!”

Tutti i presenti mi guardano sbigottiti, confusi dal mio atteggiamento. Hanno perfettamente ragione... fino a poco fa ero abbastanza remissiva e chiusa, ora improvvisamente appaio irrefrenabile, quasi con una punta di urgenza nella voce, neanche mi avesse morso una tarantola. Ha comunque poca importanza ora.

“P-permesso accordato, Marta, ma...”

“Grazie, Crono!” strepito improvvisamente, abbracciandolo come se nulla fosse.

“Urgh... ma fai alla svelta!” si stacca velocemente lui, rosso in viso, quasi che fosse imbarazzato da un simile gesto. Tutto sommato è carino, così goffo e del tutto inesperto sui sentimenti, con quegli occhi neri, scuri, così sfuggenti.

Annuisco con decisione, scattando verso le scale come una scheggia. In pochi secondi raggiungo la Casa dell'Acquario e mi dirigo, senza alcuna esitazione, in camera mia con un unico obbiettivo per la testa. Una volta trovato, nel cassetto, l'oggetto cercato, lo prendo immediatamente, scendendo successivamente le scale con uno slancio in più rispetto a come le avevo salite.

Ci metto ben poco a raggiungere la Casa dello Scorpione Dorato, giusto il tempo necessario ad una nuvoletta di oscurare brevemente il sole, ora più brillante che mai.

“Cardiaaaa!” lo chiamo, fermandomi al centro del corridoio e guardandomi intorno... nessuno, almeno in apparenza.

“Cardia, ti prego... voglio vederti prima di andarmene!” biascico in tono supplichevole, sentendomi in qualche modo osservata ma non scorgendo nessuno nei dintorni.

Sospiro, aprendo i palmi delle mani per guardare l'oggetto: un ciondolo a forma di conchiglia che ha particolari sfumature di diversi colori.

Attendo qualche minuto nella speranza che Cardia si palesi davanti a me, ma non vedendolo in alcun modo prendo atto, a malincuore, della sua decisione.

“Va bene, Cardia... so che mi stai ascoltando, anche se non ti vedo. Io vorrei solo farti sapere che... - prendo un profondo respiro – ...di tutta questa bizzarra avventura, tu sei stato la cosa più bella che mi potesse capitare; tu per primo mi hai voluto conoscere, malgrado fossi nient'altro che una sconosciuta, tu per primo mi hai fatto sorridere e, sempre tu per primo, sei stato in grado di farmi sentire a mio agio. Grazie... grazie di cuore per tutto!” affermo, quasi commossa, voltandomi e dirigendomi verso l'uscita a capo chino.

“Nnn... no, aspetta!”

Spalanco gli occhi e mi giro in direzione della voce, riuscendo a scorgere Cardia semi-nascosto dall'oscurità di una colonna. I suoi occhi sono arrossati e il viso pallido ha ben poco di quella luce irriverente che sempre lo ha contraddistinto.

“Oh, Car...” biascico, facendo per precipitarmi ad abbracciarlo.

“N-no, non guardare il mio viso... Sono messo peggio di uno straccio, mi faccio pena da solo e inoltre...” mi avverte lui, cercando di nascondersi con il braccio destro.

Automaticamente i miei occhi indagano ancora di più sulla sua figura, notando che anche i ciuffi ribelli hanno preso una piega del tutto innaturale, quasi come se avessero ingaggiato battaglia in chissà quali terreni sconosciuti.

“Il tuo viso... i tuoi occhi... dici di essere messo peggio di uno straccio, ma cosa vuoi che mi importi?! Sei sempre tu, in qualunque forma appari!” esclamo, appendendomi di getto al suo collo e venendo in contatto con il gelido metallo della sua armatura (chissà poi perché la indossa?!), così tremendamente diverso dal calore che gli è proprio. Cardia non ricambia il gesto e non incrocia il mio sguardo, semplicemente subisce passivamente, in un modo di fare che davvero non ha nulla a che fare con la sua reale natura. E' disperato... lo si capisce anche fin troppo bene... ho come la sensazione che anche lui rischi di finire in pezzi, come me. Non posso permetterglielo nella maniera più assoluta!

“C-cosa volevi dirmi prima di andare?” chiede, in tono tremante.

Non rispondo ma gli sorrido con dolcezza. Poi, lentamente, gli passo il ciondolo intorno al collo, facendoglielo adagiare morbidamente sul petto.

Cardia, dopo un breve istante di stupore, lo prende e se lo rigira tra le mani, guardandomi con espressione interrogativa e un poco lucida.

“Ho trovato questa conchiglia a Genova e ne ho fatto un ciondolo con le mie mani. Ricordi quell'avventura, Car? Da lì è nato tutto! Ed è per questo... è per questo che lo voglio dare a te: per ringraziarti della tua presenza sempre costante e per simboleggiare il nostro legame!” spiego, sorridendogli nuovamente, prima di guardarlo con ancora più intensità.

Cardia osserva ancora un po' il regalo, poi se lo lascia ricadere sul petto, facendolo risuonare a contratto con la sua armatura. Per fortuna il ciondolo ha la capacità, per qualche istante, di far illuminare ancora una volta, probabilmente l'ultima che io possa vedere, l'espressione del mio amico, che ora sorride a sua volta nella mia direzione.

“Aha, ma guarda! E' proprio appoggiata al mio cuore e non appena mi muovo picchietta contro l'armatura di Scorpio... Il suo suono mi farà sentire la tua presenza in ogni situazione!” afferma, continuando a far riecheggiare l'oggetto e ridacchiando di conseguenza come un bambino giocoso.

Sorrido tra me e me, sentendo il peso delle lacrime farsi sempre più impellente. Proprio per questo motivo faccio per andarmene, ma Cardia, con un veloce movimento, mi avvolge in un tenero e disperato abbraccio.

“Io... io non voglio che tu te ne vada!!!” riesce solo a dire, in tono strozzato, rotto, camuffato... perché davvero non può essere la sua voce quella che fuoriesce dalla sua bocca, non può essere in alcun modo!

“Ssssh, Cardia... io sarò sempre con te, proprio qui, nel tuo cuore!” gli sussurro all'orecchio, accarezzandogli i lunghi capelli ribelli con una mano e posandogli l'altra sul petto.

Un singulto fuoriesce dalle sue labbra, più o meno come il primo pigolio di un piccolo pullo. So che sta piangendo ininterrottamente da ieri sera, so anche che continuerà a farlo quando i nostri corpi non potranno più toccarsi, ma non è da lui questo stato, non è da lui lasciarsi abbattere così tanto dalle avversità, è una tortura assistere al suo crollo psichico, ancora di più perché so di essere io la causa di questo strazio!

“Cardia, ti prego... non rendere tutto più difficile. Mi sono ripromessa di limitare le lacrime, di vivere la vita come fai tu, in modo da essere un vero e proprio sostegno per gli altri. Proprio per questo... cerca di riprenderti, ti supplico. Il tuo viso non è adatto per lasciarti abbattere dalla disperazione, non sarebbe da te, ed io desidero ricordati con la tua solita espressione sfrontata ma infantile!” gli dico ancora, soffocando un singhiozzo dentro di me; mi raschia la gola spietato, procurandomi un dolore atroce, ma non cederò.

Rimango abbracciata a lui finché non si calma un minimo, desiderando ardentemente che quella stretta possa durare in eterno. Tuttavia so che tra pochi minuti avrò già voltato le spalle a Cardia e che non avrò più occasione di vederlo... Vivrà solo nei miei ricordi, non ci sarà più nessuna vicinanza fisica tra noi, né esisterà più qualcuno che chiamerò 'Car'... tutto questo svanirà nelle pagine del tempo. Crudele... è così crudele tutto questo!

“Tu sei... la sola... a conoscere la mia più intima natura. Cerco sempre di mascherare le mie fragilità e debolezze, celandole dietro alle battute, alle risate e alle prese per i fondelli, ma con te non ne ho bisogno, non ne ho mai avuto bisogno, in realtà! – mi dice Cardia, prendendosi una breve, quanto dolorosa, pausa – Quello che mi hai fatto provare in questo mese... è difficile da spiegare a parole, perché è un universo in cui ho vissuto emozioni mai provate prima. Tuttavia ora più che mai posso dire di aver vissuto una vita piena... proprio grazie a te, Marta! Se anche dovessi morire domani io... ne sarei felice, perché ho provato tutto ciò che era necessario provare!” afferma Cardia, staccandosi leggermente da me per fissarmi negli occhi. Le mie labbra fremono più volte in cerca di qualcosa di intelligente da dire, non trovandolo. Non piange più ora, ma i suoi occhi sono arrossati, creando un feroce contrasto con le iridi celesti.

“Aha, sei buffo conciato così, sembri... non so cosa sembri! ” ammetto semplicemente, posando la mia fronte contro la sua. Sdrammatizzare in questi frangenti non è proprio il mio forte, ma oggi si vede che il mondo gira al contrario, perché anche la serietà del mio amico è del tutto innaturale.

“Mi mancherai... non immagini neanche quanto, perché il sentimento che provo per te è quanto di più forte possa esistere in questo mondo!” sussurra infatti ancora, in un'espressione che non gli riconosco propria. Poi la avverto, la sua mano si posa delicatamente sotto il mio mento, sollevandolo un po' per permettere alle mie labbra di essere in linea con le sue.

Capisco immediatamente quello che vorrebbe fare, ma non faccio niente per bloccarlo, intuendo che sarà lui stesso a fermarsi prima. Già, sarà lui stesso... lo sento!

Infatti così accade: le sue mani salgono, accarezzandomi, fino a fermarsi sulle guance appena arrossate. La sua bocca si posa sulla mia fronte, rimanendo lì per qualche secondo prima di regalarmi un timido, ma profondo, bacio.

“Grazie, Cardia... e perdonami, se puoi...” biascico, grata e rammaricata al tempo stesso. Malgrado tutto l'universo che simboleggia lui per me, non posso in alcun modo dargli quello che cerca, anche questo è tremendamente spietato...

Cardia arrossisce e si scosta bruscamente da me, voltandosi.

“Ora vai, Marta, vai da Dégel! Non voglio che tu mi veda frignare nuovamente come un poppante. Vai... c'è qualcosa di grosso fra voi, lo percepisco dall'inizio della nostra conoscenza e non posso in alcun modo oppormi. Vai... torna nella tua epoca, saluta gli altri da parte mia e non voltarti più indietro!” mi avverte in tono tremante, dandomi la schiena.

Ingoio a vuoto, il cuore che batte velocemente nel petto impregnato di dolore spasmodico. Sapevo sarebbe stato peggio rivederlo per dargli l'ultimo addio, e tuttavia non ho rimpianti: ora devo andare verso il futuro che mi aspetta!

“V-va bene, Car, grazie di tutto... Per quello che può valere, io... non ti dimenticherà mai! biascico, mentre la morsa allo stomaco aumenta di intensità.

Mi dirigo quindi verso l'uscita, ma nel momento in cui faccio il primo passo fuori dal tempio, sento la voce di Cardia richiamarmi per l'ultima volta.

“Marta, aspetta, ti ho detto di non voltarti più indietro, ma c'è ancora una cosa che ti devo dire...”

Mi fermo guardandolo interrogativamente, soffermandomi nel suo sguardo azzurrino.

“Tra non molto sarai di nuovo a casa, nel tuo tempo, Dègel ritornerà alla sue faccende... Vedi, io odio le citazioni stampate su quel mucchio di carta ammuffita che sono i libri, ma so che uno scrittore latino di qualche tipo ha detto: 'CARPE DIEM', che dovrebbe significare 'acciuffa il giorno' o anche 'cogli l'attimo'... - si prende un'altra breve pausa, sospirando profondamente - Beh, Marta... coglilo questo benedetto attimo, visto che l'altro nababbo è un nescio di prima categoria. E' la tua ultima occasione!”

Lo fisso per un ultima volta, ringraziandolo ancora mentalmente per tutto quello che ha fatto per me e che, sono sicura, continuerà a fare anche se non lo avrò più al mio fianco.

“Sì, Car, grazie...- gli sorrido, voltandomi verso le scalinate senza più incertezza alcuna – Non ti dimenticherò mai!” ripeto, mentre una lacrima capricciosa mi scivola sulla guancia sinistra, cadendo silenziosamente sulla scalinata che divide la Casa dello Scorpione da quella del Sagittario.

 

******************************

“Sono tornata, scusate il ritardo!” biascico, arrivando alla tredicesima casa senza guardare in faccia nessuno.

“Marta, ha visto Cardia?” mi chiede Milo, interdetto.

“Sì...” taglio corto, avvicinandomi a Camus. I miei occhi si posano istintivamente su Dègel, il quale però non sembra accorgersi del mio gesto, preferendo guardare altrove, verso l'orizzonte.

“Cough... cough... bene, ora che è tornata anche Marta posso dire che è stato un piacere, Cavalieri e donzelle. Anche se così ristabilirete il corso temporale, di sicuro la nostra memoria correrà sempre a voi, perché è impossibile dimenticarvi!” comincia Sage, in tono solenne.

“Sì, avete ragione, per quanto il flusso del tempo tornerà all'equilibrio iniziale, tutti noi non potremmo più ritornare come prima, perché il solo fatto di esserci incontrati in questo luogo ha mutato per sempre il nostro essere; taluni di noi persino in maniera irreversibile...” afferma Camus, guardando Dègel negli occhi per regalargli un sorriso aperto. L'antico Acquario si accorge del riferimento alla sua persona e si decide finalmente a guardarci. Non dice comunque niente, forse troppo emozionato per riuscire a spiccicare parola. Li fisso per un attimo, accorgendomi ancora una volta che mio fratello si è aperto notevolmente a causa del'esperienza appena passata, la situazione sembra quasi ribaltata rispetto al loro primo incontro.

Sisifo e Regulus nel frattempo si avvicinano a noi, il primo con la sua solita espressione gentile velata da una punta di tristezza, il secondo buttandosi letteralmente su Sonia, la quale è quasi sul punto di piangere.

“Io... vi devo ringraziare, ragazze! Avete salvato Regulus e ora sta bene per merito vostro. Siete proprio degne di essere considerate Sacerdotesse Guerriere, l'armatura sarà presto vostra!”afferma Sisifo, scompigliandoci i capelli ad una ad una.

“A-armatura? Eh? Cosa? Maestro, avremo un'armatura anche noi?!” esclama Michela, saltellando vivace.

“In verità il vostro percorso è stato un po' diverso rispetto a quello degli altri: vi abbiamo portato al Grande Tempio per proteggervi dal nemico. Tuttavia il vostro cosmo è assai ampio, quindi non ne escludo la possibilità, anche se al momento il percorso è ancora lungo e... Michela, ma mi stai ascoltando?!” esclama Camus accigliato, nel vedere che la giovane allieva ha smesso di ascoltarlo a metà strada, del tutto euforica dalla rivelazione. La vedo girare su se stessa completamente ubriaca, dicendo frasi come: "Sì! Sì! Non vedo l'ora di andare a spaccare i culi con l'armatura d'argento del panda, o dell'aquila, o, perché no, dell'orso, ahahahahah!". Eh sì, la strada è ancora lunga...

“Sarete sempre nei nostri cuori!” sancisce intanto Regulus, venendo ad abbracciare anche noi, la sua felicità, al pari di Michela, sarebbe anche contagiosa, se non avessi sempre quest'ombra grigia come filtro tra me e il mondo.

“Beh, pivelli... c'è ben poco da dire! - interviene Manigoldo, facendoci l'occhiolino – Testa alta e non abbassate mai gli occhi: così si vive, sempre!” ci saluta con un breve cenno del capo.

“Allora è il momento degli addii.. è stato un piacere! Vi auguro un buon viaggio!” afferma Albafica, mantenendo le distanze come gli è proprio.

Annuiamo automaticamente, sorridendo appena. Non abbiamo avuto l'occasione di conoscerli molto, ma è innegabile che le loro rispettive reincarnazioni, pur nella loro totale diversità, conservino ancora qualche loro traccia.

“Mi raccomando, ricordate sempre il lato dolente della vita, solo così saprete riconoscere la vera felicità!” aggiunge Asmita, con una delle sue solite massime tipiche della saggezza del suo segno.

Nella sala cade un silenzio imbarazzante, rotto solo dai passi di Crono che si avvicina a noi.

“E' arrivato il fatidico momento... siete pronti?” chiede il dio del tempo, comprensivo.

Annuisco un'altra volta, ingoiando a vuoto. La gola mi è terribilmente secca e le lacrime vorrebbero tanto uscire per liberarsi, ma le trattengo con tutte le mie forze: avrò tempo anche per quelle.

“N-no, aspettate un attimo devo aggiungere una... una cosa!” interviene Dègel, riuscendo finalmente a sbloccarsi. Tutte le sue membra tremano, gli occhi così particolarmente lucidi mi riportano alla memoria gli allenamenti passati, quando Krest lo rimproverava di cedere troppo ai sentimentalismi...

“I-io vorrei fare un discorso, posso?” ripete lui, il suono della sua voce ci giunge determinato come non mai.

“Certo, Cavaliere, in verità mi sembrava strano che non dicessi nulla, sono lieto tu ti sia sbloccato!” spiega Crono, discostandosi appena.

Degèl prende un profondo respiro, deciso più che mai a parlare malgrado la forte emozione. Io intanto non posso fare a meno di pensare a quanto quel bambino indifeso e così terribilmente spaventato sia riuscito a crescere, pur conservando dentro di lui il calore vitale dei sentimenti. Maestro Krest, se fossi ancora qui ne saresti così orgoglioso...

“Ho qualcosa da dire ad ognuno di voi, per primo Milo: sono felice di aver conosciuto personalmente il futuro di Cardia. Certo, i nostri caratteri così agli antipodi a volte ci mettono in contrasto, ma lui è importantissimo per me e darei la mia vita per salvarlo. Conserva sempre quanto ti ho detto, te ne prego, e non dimenticarlo mai... Vedo lo stesso rapporto in te e in Camus, non posso che esserne fiero. Sii paziente con lui... noi Acquari tendiamo a mascherare le nostre emozioni, risultando a volte scostanti, questo non toglie che, per noi, siete un punto di riferimento, saremmo persi senza di voi...” afferma in un fiume di parole, arrossendo un poco.

Milo sbatte più volte le palpebre, sorpreso davanti ad una rivelazione simile, ma poi scoppia improvvisamente a ridere:

“Caro Dègel, tu hai parlato di orgoglio, nonché di celare i propri sentimenti, questo mi dimostra ancora una volta quanto tu e Camus siate la stessa essenza. La vostra coltre di ghiaccio è di diversa intensità, è ridotta ai minimi termini in te, mentre in chi mi sta a fianco è stata, in passato, spessa e profonda come il permafrost, tuttavia è presente comunque in ambedue. Fortuna vuole che, sia Cardia che io, siamo perfettamente consapevoli di ciò che si cela dietro, quindi non preoccuparti se non riesci ad esprimere i tuoi sentimenti. Lui sa, perché anche io so!” ribatte Milo, abbracciando con forza la reincarnazione del suo migliore amico. L'antico Acquario assapora quell'autentico gesto di affetto, ricambiando maldestramente la stretta, poi si avvicina alle mie amiche.

“Michela, Francesca e Sonia... - inizia Dègel, con un largo sorriso – Ho ammirato la vostra temperanza e il vostro coraggio più di una volta, rimanendone sbalordito. Giovani fanciulle, siate sempre l'orgoglio dei vostri maestri... sempre, in qualunque momento, e ricordate: le vostre potenzialità sono infinite, come le stelle in cielo, solo voi avete il potere di scegliere l'assoluta libertà, lo avete dimostrato, non dimenticatelo mai!”

“Daremo il massimo, anche in nome tuo! Non possiamo in alcun modo dimenticarti!” afferma Francesca, facendo da portavoce per le altre due.

Dègel sorride, arrossendo appena:

“Grazie... affido a voi il futuro!” ribatte, avvicinandosi poi alla sua reincarnazione.

“C-Camus, il nostro primo incontro è stato burrascoso e non c'è stata sempre concordia tra noi. All'inizio avevo difficoltà a comprenderti, perché eri così tremendamente diverso da me, così lontano dalla mia più intima natura... Avevo, credo, soggezione della tua persona, eppure il desiderio di conoscerti è sempre stato ben vivo in me, non si è mai assopito. Con l'avanzare della conoscenza ho imparato ad apprezzarti, a stimarti... quando poi ho visto cosa volevi fare e, soprattutto, per quale motivo volessi farlo, mi son detto che non avrei mai raggiunto il tuo livello - inizia a spiegare Dègel, in evidente disagio. Camus non fiata, si limita ad osservarlo con espressione seria - Sai... sei un mio pari ma ti vedo quasi più come un maestro, in effetti rassomigli molto al mio mentore Krest, il tuo portamento, i tuoi modi di fare, i tuoi pensieri, tutto mi riporta alla memoria quell'uomo, che tanto ha significato per me. Avrei tanto voluto passare più tempo con te, amico mio, davvero... perché sei una persona straordinaria, Camus, malgrado le nostre divergenze. Ti supplico, continua a vivere anche per me, lo meriti! Vivi per te, per le tue allieve, per le persone che hai salvato e che continuerai a salvare. Sono fiero di essermi reincarnato proprio in te!" conclude, gli occhi leggermente lucidi, stringendo la mano di mio fratello in un gesto sincero.

Una nuova espressione di meraviglia scorre sul viso di Camus, sbalordito dalle parole di Dégel. Lo vedo arrossire, abbassare brevemente lo sguardo alla ricerca delle tanto agognate parole. Poi, stupendo tutti i presenti, lo vedo posare la mano sulla spalla dell'antico Acquario, ricordando davvero un rapporto docente-discente.

“Come avrai capito, non ho minimamente la tua padronanza lessicale quando si tratta di parlare dei proprio sentimenti, tuttavia anche io ho bisogno di dirti ciò che sento... - inizia a parlare mio fratello, fremendo visibilmente - Hai detto che ti rammento il tuo mentore, ebbene, anche tu mi ricordi una persona a me molto cara: sto parlando di Hyoga, il mio primo allievo. Esattamente come te, anche lui si fa prendere molto spesso dai sentimenti e dalle emozioni. Nonostante i miei insegnamenti di non farlo, di non cedere, lui non ha mai rinunciato a essi. Un tempo pensavo che questo fosse sbagliato, che sarebbe morto presto, che dovevo fermarlo prima che fosse troppo tardi, invece... invece, a conti fatti, è lui che mi ha insegnato innumerevoli cose, regalandomi la capacità di amare e voler proteggere qualcuno. Tutto questo è per dirti che, è grazie a lui se ho potuto arrivare a questo punto, ed è grazie a te se ora sento di essere un maestro migliore per le mie giovani allieve. Ciò che mi hai dato, Dégel, è qualcosa di insostituibile, ed io ti prometto che... che avrò cura di Marta e delle altre, loro sono il mio mondo, grazie a questa esperienza sento di potermi approcciare a loro senza quel filtro grigio che, per tutta la vita, ha oscurato le luci intorno a me. Solo... ti ringrazio, Dègel... è grazie a te se ora mi sento rinato!"

Li osservo con immensa tenerezza, sentendomi immensamente fiera di loro. E' vero, hanno avuto diversi disguidi ma ora mi fratello è cresciuto, capendo ancora una volta di più che i sentimenti non sono, di per sé negativi; anche Dégel farà tesoro di questa esperienza, ne sono certa. Forse avrebbero potuto diventare anche ottimi amici se il tempo ce lo avesse permesso, se Dégel, fra due anni non... NO, non ci devo pensare, non è il momento adesso!

Così presa dalle mie cogitazioni, quasi non mi accorgo che proprio Dègel sta camminando, con la sua solita eleganza, proprio nella mia direzione.

“M-Marta, ho pensato e ripensato a cosa dire per accomiatarmi da te, ma nonostante i miei sforzi non so proprio da dove cominciare, è così difficile sintetizzare tutto ciò che ho provato con te nell'arco di questo mese...” inizia titubante, facendomi immobilizzare seduta stante.

“V-vorrei che ci provassi comunque...” mormoro, posando una mano sul petto per trattenere i battiti irrefrenabili del mio cuore.

“D'accordo. Quando ti trovai svenuta per terra, con quelle orribili ferite sul tuo corpo, ebbi immediatamente l'istinto di proteggerti. Sembravi così piccola e fragile, più o meno come un rondone finito a terra e del tutto impossibilitato a spiccare un nuovo volo senza l'aiuto di qualcun altro... ma ben presto mi accorsi che tu eri tutto meno che indifesa, e che il tuo cosmo era sin troppo potente per appartenere ad una ragazza qualsiasi. Iniziai quindi a conoscerti e ad apprezzare la tua forza, eppure il mio desiderio di sostenerti in qualunque circostanza non crollava mai, anzi cresceva in concomitanza, come l'affetto sempre più forte... e anche adesso, che dobbiamo separarci, se solo ne avessi la facoltà, ti urlerei di rimanere al mio fianco... - si interrompe, incapace di proseguire. Automaticamente le sue guance si colorano di rosso porpora, non so quanto andrà oltre, forse si è già esposto troppo – Uuuufff, è da tempo che mi chiedo quale sia il reale sentimento che nutro per te, non riesco ad acquietare la coscienza, non so cosa vorrei, o forse sì, ma so anche di non poterlo avere. Credo... credo di essere ancora confuso, sai, di certo è così, sto fraintendendo ancora e ancora e... per Atena, sembrerò davvero un idiota in questa circostanza, scusami se ti sto mettendo in imbarazzo!” sproloquia, sempre più rosso in viso, del tutto incapace di articolare bene ciò che sente. E d'altronde, come può?! Come può confessare di essere innamorato di due donne?! Lui non sa... e deve continuare a non sapere, però... Mi risuonano alla mente le parole d Cardia: presto torneremo alle nostre faccende, è l'ultima occasione...

"Piccola mia, io... sei una persona importantissima per me, sai? Nel vedere il rapporto che c'è tra te e Camus mi dico che sia normale provare questo sentimento così grande, eppure..." biascica ancora Dègel, abbracciandomi improvvisamente. Non prosegue più. Nascondo il mio viso nella sua camicia, di nuovo incerta. E' evidente che la situazione è in stallo, dovrei prendere la parola io e rivelargli ciò che sento, ma mi sembra quasi di sforzarlo, dannazione, come devo reagire? Come farebbe Seraphina, come farei io, oppure ancora una volta, l'ennesima, lascio cadere il discorso?!

“Detesto dovervi interrompere proprio adesso ma il tempo ultimo è arrivato: dobbiamo partire!” sentenzia Crono, cominciando ad espandere il suo divino cosmo ai limiti delle sue potenzialità. E vaffanculo, però, Crono, proprio adesso dovevi intervenire?!?

Dègel si stacca in fretta da me, cogliendo al balzo l'idea di fermarsi ancora una volta, l'ultima, perché non ce ne saranno più. Nello stesso momento abbasso lo sguardo fino alla punta dei piedi, compiendo un passo indietro. Gli occhi di tutti puntati su di me.

“Ugh, e va bene dunque... prepariamoci al conato di vomito che ci catturerà appena arrivati a destinazione!” scherza Michela, attaccata al braccio di Francesca. Intanto i nostri corpi si cominciano a dissolvere in quell'immensa area di luce che è il cosmo di Crono... Sto quasi per chiudere irrimediabilmente gli occhi, arrendendomi davanti all'inevitabile, quando le ultime parole del mio amico Cardia mi risuonano limpidamente in testa: "io te lo avevo detto che era nescio, eh, ricordati il CARPE DIEM!"

E al diavolo anche l'esitazione, quindi! Decido in un lampo, afferrando la mano di Dègel, che si volta di scatto verso di me, gli occhi lucidi e le lacrime a permeare quei profondi zaffiri che sono le sue iridi.

“M-Marta?” chiede, interdetto, sbilanciato dal mio gesto.

“Dègel, io so cosa è il sentimento tra noi, l'ho sempre saputo, fin dai tempi dell'addestramento...” inizio, tirandolo ulteriormente verso di me. Sto sparendo nel nulla, ma ho ancora un po' di tempo...

“M-Marta, c-cosa stai...?” chiede ancora lui con un'espressione sgomenta dipinta sul be viso. Non posso più fermarmi, ormai, non posso più interferire, pertanto... pertanto, almeno i miei sentimenti, li voglio dichiarare. Lascio quindi libera la briglia che controlla le mie emozioni, le lascio zampillare fuori, senza più alcun controllo.

Le mie labbra, con un rapido gesto, si posano sulle sue, morbide come pesche vellutate. Automaticamente il leggero sapore di inchiostro che gli è proprio mi inebria tutti i sensi, facendo fremere ancora di più il mio cuore già completamente impazzito. Mi fa male... la stretta al petto che mi pervade, mi duole da morire, mentre una sensazione di urgenza, che so che non può essere accontentata, si fa largo in me, dandomi brividi di piacere ancora più intensi. Potrei... smarrirmi nel suo mondo, sarebbe un perdersi delicato e rassicurante, come un sogno in una notte di lunga estate.

Dischiudo leggermente le palpebre, riuscendo ad intravedere l'espressione ricolma di sorpresa di Dègel: i suoi meravigliosi occhi blu sono sbarrati in un tacito sussulto, mentre il suo corpo trema vistosamente, probabilmente preda dei brividi come il mio.

Che cosa provi, caro Dégel, in questo momento? Hai forse... capito il mio tacito messaggio? Di certo quando fra pochi secondi scomparirò ti imbarazzerai tantissimo, chissà, forse Manigoldo ti prenderà in giro, e Cardia capirà tutto al volo in un istante, come di consueto. Quale che sia la tua reazione, non ci sarà più alcun contatto tra noi, forse sono stata un poco egoista a metterti in una situazione simile, me ne rammarico, ma non ne potevo più Perdonami se puoi, vecchio amico di un tempo con cui trascorsi l'infanzia, perdonami... i sentimenti sono così difficili da controllare, proprio per questo rappresentano una grande forza per noi piccoli esseri umani.

Mi stacco lentamente da lui, avvertendo il peso dell'oscura incoscienza farsi sempre più forte e spietato.

“Io... ti amo, Dègel... con tutta me stessa!” riesco solo a sussurrargli all'orecchio, prima di svenire e sparire così del tutto come polvere nel tempo.

Sorrido amaramente, mentre l'immagine di un Dègel, che mi fissa sgomento con le guance completamente rosse, mi accompagna verso l'oblio. Sei sempre stato così puro, piccolo ponte che unisce Bluegrad al resto del mondo, eppure non una volta hai esitato a difendere il luogo che tanto amavi. Le nostre strade si dividono qui, affido a te tutto il resto, Dégel!

 

 

 

Angolo di MaikoxMilo

Ed eccoci giunti all'ultimo capitolo di questa storia, ora manca solo l'epilogo, e poi si potrà dire finalmente conclusa questa seconda storia che mi ha fatto passare momenti bellissimi (anche se il ritardo è stato, ahimé, una costante in questa fanfic). Ringrazio ancora una volta tutti quelli che hanno seguito e/o commentato e/o messo la storia tra le preferite o tra le seguite. Grazie di cuore a tutti come sempre :) e all'epilogo!

 

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Capitolo 41
*** Epilogo: Il Potere della Creazione ***


EPILOGO: IL POTERE DELLA CREAZIONE

 

 

15 settembre 2011, pomeriggio

 

 

Il vociare delle rondini appese al filo della corrente è sempre più intenso e chiassoso, come se davvero si stessero per dare l’ultimo saluto prima della grande partenza.

Le rondini sono sempre state così, me le ricordo fin da quando ero piccolina quando, nella casa in campagna a fine estate, le suddette si radunavano sui tetti delle case, sulle antenne, persino sulle parabole, in attesa della grande partenza. E poi partono. Insieme. Verso i rispettivi luoghi in cui andranno a svernare. Lo stesso sta accadendo oggi, anche se, a dir la verità, percepisco un bel po’ di trambusto già da un po’. Loro lo sanno, quando devono partire, lo sanno ma attendono le altre, per cominciare il viaggio insieme.

Sorrido tra me e me, continuando ad osservare la scena in attesa che le ultime ritardatarie si uniscano alle altre. Non so quante ne manchino, e non so come lo facciano a sapere, ma anche questo fa parte del grande ciclo della vita. Devono essere guidate da un istinto superiore, deve essere così.

Abbasso istintivamente lo sguardo, per la milionesima volta persa nei miei pensieri, talmente tanto che non mi sembra neanche di partecipare alla vita reale, sensazione che va avanti da un mese. Già, da un mese…

E’ passato già un mese da quando siamo tornati nella nostra epoca, il tempo è volato, o forse sono io ad essere rimasta ferma mentre quest’ultimo ha continuato a scorrere senza sosta, esattamente come è nella sua natura fare.

Il 15 agosto del 2011 siamo tornati nella nostra epoca… come al solito l’intuizione di Dégel è stata corretta: il tempo subisce un’accelerazione quando viene, in qualche modo, controllato, che il fautore di questo sia il Mago o Crono medesimo non ha importanza, così è. Proprio per questo, quando siamo andati a salvare i nostri amici dalla peste bubbonica qui, nel presente, era il 1 agosto, ma quando, solo pochi giorni dopo, siamo nuovamente tornati nella nostra epoca grazie al potere del dio, era già il 15 dello stesso mese.

Sospiro, ripensando alle facce degli altri Cavalieri d’Oro e del giovane Hyoga. Certamente sono stati più di dieci giorni senza avere notizie, ben consci che Milo e Camus stessero rischiando di morire, inutile descrivere la loro reazione al loro ritorno: esclamazioni, grida e persino abbracci. Questo è il tempo a cui appartengono questi giovani uomini, questo è il tempo a cui appartengono le mie care amiche, ma che dire, invece, di me?

Sbuffo contrariata, sforzandomi, sempre per la milionesima volta, di concentrarmi sul presente e non più sul passato. In effetti, in questo mese, pur risultando fisicamente qui sono sempre stata altrove, distante ed inespugnabile, me ne rendo conto da me: sto facendo preoccupare tutti, soprattutto Camus, che ha già il suo bel da fare in questo periodo.

Mi sento incommensurabilmente in colpa, ma nello stesso momento non riesco proprio ad oppormi a questo stato di apatia e di perpetuo malessere: io… in fondo, penso di essere rimasta là, nel 1741!

Fortunatamente Michela, Francesca e Sonia non sono messe così male, diminuendo così, almeno loro che possono, il carico sulle spalle dei loro maestri. Per nessuno è stato facile lasciare il passato, complice i legami instaurati e così via, eppure… tutti gli altri se ne sono fatti una ragione, continuando a vivere pienamente il presente, io invece no.

Michela si è rimessa con Hyoga, perdonandolo per aver ucciso l’amato maestro in passato. Li vedo sempre più affiatati insieme, sempre più… intimi. So per certo che non hanno fatto ancora niente (e del resto non so nemmeno se Hyoga, in quanto Cavaliere della dea Atena, possa!), ma non so ancora quanto durerà. Michela è sempre più convinta che il Cigno sia il ragazzo giusto per lei, mi chiede di frequente, andando dritta al sodo, metodi e precauzioni per, ehm, ridurre al limite i rischi. Ecco, io non so mai cosa dirle, perché anche io sono inesperta sul settore, anche se più informata di lei, quindi mi limito a ricordarle che Hyoga è Cavaliere di Atena, che forse non è consentito compiere atti carnali essendo lui una adepto ad una dea vergine, ma lei non si arrende. Una volta persino ha provato a parlarne con Camus, ma.. APRITI CIELO! La faccia di mio fratello era quanto di più sinistro e distorto avessi mai visto; probabilmente, se fossi stata totalmente in me, avrei anche ridacchiato a seguito di quella scena, con Michela che, poverina, provava e barcamenarsi in quella situazione imbarazzante e con Camus che aveva l’espressione di uno che era stato appena insultato in pubblica piazza.

Mio fratello è diventato ancora più protettivo con me e le altre, la cosa ci fa un immenso piacere, ma di contro ci rende più suscettibili al litigio, visto che le mie amiche hanno già una testa pienamente pensante e vogliono quindi fare come credono. Solo l’altro giorno infatti, Camus ha litigato con Francesca per, credo, la questione di Death Mask, un evento mai assistito prima, visto che lui e la mia amica sono sempre andati d’amore e d’accordo, essendo di natura simili. Davvero, una scena così non si era mai vista!

Francesca in questo mese ha continuato a frequentare il Cancro anche se, per sua natura, come mi ripete spesso, ci va con ‘i piedi di piombo’. Dal canto suo, Death Mask sembra sinceramente preso da Francesca, ma anche io sono sul chi vive a causa dei suoi altarini passati, per altro ancora un bel po’ sconosciuti. Non metto in dubbio che Deathy voglia redimersi, ma ciò non toglie che con un tipo come lui bisogna stare un minimo attenti, o almeno è la mia sensazione. Credo che anche Camus la pensi così, lui è sempre stato contrario a questa relazione e, tutto sommato, non ha nemmeno mai avuto un grande rapporto con il Cavaliere del Cancro, (anche se ultimamente sono migliorati anche loro), per cui si oppone come può a questa evenienza, risultando anche a volte un pochino esagerato, come appunto qualche giorno fa. Certo, Francesca non ci mette molto a farsi rispettare e ad agire come meglio crede, finendo anche per alzare i toni (cosa non da lei!). Fortunatamente tutte le discussioni si aprono e si chiudono nell’arco di una o al massimo due ore, riportando poi la calma fra noi.

Sonia invece continua scrupolosamente gli allenamenti per diventare sempre più forte, pare anche abbia fatto una promessa a riguardo anche allo stesso Regulus. La vedo soventemente all’arena di combattimento, con Milo, o Aiolia e, qualche volta, Aiolos, saltuariamente persino tutti e tre insieme. E’ risoluta come non mai, concentrata, con tutte le sue forze, nell’apprendere nuove tecniche e a perfezionare quelle passate. La stimo sinceramente. Non si è fatta abbattere dagli avvenimenti passati, trovando invece in essi un profondo incentivo a continuare il suo percorso. Dovrei davvero trarre ispirazione da lei, malgrado sia più piccola di me…

Parliamo spesso, noi due, forse ultimamente più di quanto mi confidi con Francesca, Michela e lo stesso Camus. Mi sento… così distante da loro! Continuo a volere un bene dell’anima alle mie amiche, mio fratello continua ad essere la persona più importante della mia vita e so che continuerà così, malgrado l’avanzare del tempo; tuttavia in questo periodo ho come un blocco nei loro confronti. Michela e Francesca stanno, più o meno lentamente, sperimentando un sentimento nuovo, un qualcosa di talmente forte che io solo nella mia precedente vita ho provato. E’ vero, Michela ha già avuto relazioni in passato, Francesca è una divinità, quindi chissà quanta esperienza ha ben più di noi mortali, eppure stavolta anche io sento che è diverso. Sono contenta per loro, ma… non me la sento ancora di condividere questa marea di emozioni che sto continuando a provare, non adesso che possono essere realmente felici. Cosa avrebbero da spartire, ora come non mai, con una musona come me?! No… preferisco allontanarmi e osservarle da lontano, non voglio contaminarle con la mia, di infelicità. Questo è uno dei mille e più motivi per cui sono spesso a chiacchierare con Sonia. Si sta formando un rapporto assai profondo tra noi, entrambe parliamo del più e del meno, entrambe abbiamo piacere a passare del tempo insieme, infine entrambe ascoltiamo con grande pazienza gli sfoghi dell’altra, non lesinando in consigli ed idee. Recentemente sono riuscita addirittura a raccontarle del problema più ostico per me: mio fratello Camus dell’Acquario. Come già rivelatole, lui è tutto il mio mondo, ormai. Malgrado questo, in tutto questo periodo non sono riuscita a concludere un discorso con lui, limitandomi a rispondere a monosillabi e a distogliere subito l’attenzione su di lui. Non che entrambi non ci avessimo provato, eh, anzi, Camus tenta di parlare continuamente con me, di qualunque cosa, ma sono io il problema. Io… non riesco neanche a guardarlo in faccia, mi fa troppo male. Fa male posare il mio sguardo sul suo aggraziato profilo, su quei due zaffiri che si ritrova e sui suoi strani capelli che, pur liscissimi dietro, hanno quello strano ciuffetto sopra che mi ricorda quasi l’involucro di una castagna. Così rimaniamo distanti, tremendamente distanti, pur vivendo nella stessa casa: lui non può fare miracoli, pur sforzandosi di rompere il muro che ho creato involontariamente tra noi non può riuscirci, non finché non sono io stessa a creare una breccia in esso, cosa che non riesco ancora a fare. Anche di questo me ne vergogno incredibilmente. Sonia dice che passerà, che passerà come le rondini in autunno, per l’appunto, che il tempo solo può alleviare il mio stato; io non ne sono altrettanto sicura...

Nel frattempo pare che tutte le rondini si siano finalmente riunite, decisamente pronte a partire per iniziare il loro lungo viaggio. Tutte insieme fanno un chiacchiericcio più che consistente, ma è un piacere udirle, mi rilassa e mi fa sentire in pace con il mondo. Ho sempre amato la primavera, la rinascita che ne porta, unita alla speranza e ad un clima migliore, soprattutto se abiti tra i ghiacci eterni della Siberia; ora, vederle in procinto di partire per una nuova vita, mi rattrista un poco, ma insieme mi fa percepire ancora di più lo splendore di questa esistenza.

Ed eccola lì, la prima, probabilmente la più temeraria, ha spiccato il volo, seguita a breve distanza dal gruppo più vicino e successivamente da tutte le altre. Non torneranno più fino all’arrivo della prossima primavera, si sentirà la loro mancanza. Buona fortuna, mie piccole amiche, spero troverete più in là ciò che cercate!

Dei passi molto vicini a me mi spingono a voltarmi, trovandomi davanti agli occhi uno sguardo azzurrino sin troppo famigliare. Scrollo ferocemente la testa, tornando a concentrarmi sul presente, nel farlo discosto lo sguardo, fissando con insistenza il terreno sotto di me, in particolare un ciuffo di erba mosso dal vento.

“Finalmente ti ho trovata, Marta! Non sapevo dove andare a pescarti, visto che, di frequente, tendi a sparire. Poi mi sono ricordato che oggi partono le rondini, per cui ho pensato di trovarti in un luogo del genere. E infatti… - mi saluta Milo, in evidente stato di disagio – Camus mi ha chiesto di venirti a prendere, come sai, è da un po’ di giorni che non si sente molto bene. Voleva trovarti lui stesso ma ho preferito lasciarlo riposare e prendermi io la responsabilità” mi spiega poi, sospirando impercettibilmente.

“Camus… come sta?” chiedo, sinceramente mortificata.

“Sai… quello che ha subito in più di un mese non si cancella così, come se nulla fosse. Occorre del tempo, tanto tempo… so per esperienza che questo suo stato lo irriti e lo umili al tempo stesso, ma è meglio per lui non fare sforzi, visto le crisi che ogni tanto ha!” continua ad esplicare, pratico.

“Capisco...” sussurro, tornando a guardare il filo della corrente ormai svuotato.

Da quando siamo tornati, Camus ha ricominciato a pieno regime la sua attività di Cavaliere. Va ai raduni al tredicesimo tempio, si allena regolarmente e, a volte, lo mandano in missione. Tuttavia il suo corpo non riesce a reggere tali ritmi, provocandogli, di tanto in tanto, dei malesseri più o meno intensi. L’ultimo solo pochi giorni fa, di ritorno da una missione, quasi sveniva appena entrato in cucina, fortuna che Milo e Sonia erano con noi, ci hanno aiutato a metterlo a letto. Credo sia ancora sottopeso, anche se non ho idea di quanti chili abbia perso durante la lenta tortura di quel bastardo, ma la cosa più preoccupante non è nemmeno questa, bensì le crisi che ogni tanto lo colgono quando compie sforzi al di là della sua portata. Non ho neanche idea di come siano messe le ferite al petto, so solo che non è affatto normale che, tutto così di colpo, gli salga la temperatura corporea e perda conoscenza… sembra tutto così infausto!

“Marta, coraggio, torniamo insieme alla Casa dell’Acquario, le rondini se ne sono ormai andate, non torneranno per un po’ di mesi, inoltre anche tu devi mangiare qualcosa, mi hanno detto che rifiuti spesso il cibo e, anche quando ti nutri, sembri un uccellino. Questo non è minimamente da te, piccola, se aspettiamo ancora un po’ scompari, sei già un seghino così!” interviene ancora Milo, limpidamente preoccupato per le mie condizioni.

Sbuffo sonoramente, maledicendo mentalmente le mie amiche per aver reso partecipe anche Milo dei miei pranzi e cene. E’ vero, ho perso l’appetito e mangio pochissimo, è ovvio che siano preoccuparti per me, ma che mi lasciassero un po’ stare, per Atena!

In ogni caso, seguo docilmente il mio amico, chiedendomi per l’ennesima volta cosa avrebbe fatto invece Cardia al suo posto. Milo è sin troppo tranquillo ed educato per gli standard della sua precedente vita. Pur non nascondendo una buona dose di vivacità, sfrontatezza e via dicendo, non ha assolutamente nulla da comparare con Cardia. So che questo è il risultato delle esperienze vissute, in primis della morte di Camus nella Battaglia delle Dodici Case, ma ho comunque difficoltà ad approcciarmi a lui: Cardia, il mio migliore amico, in una circostanza simile, mi avrebbe imboccato a forza e costretto a mangiare. Quanto mi manca…

Milo non fiata per tutto il percorso, cosa assolutamente non da lui, un fatto talmente estraniante che quasi non mi fa rendere conto della gravità dei suoi pensieri, almeno finché, giunti al tempio dell’Acquario ed entrati al suo interno, non è il Cavaliere dello Scorpione medesimo ad interrompere il lungo silenzio fra noi.

“Scusami... so cosa stai pensando, e me ne dispiace, ma… non posso essere in alcun modo Cardia, quello ormai è passato. Tuttavia, sebbene non riesca ad essere il tuo migliore amico come era lui, tengo comunque molto a te. E’… è devastante vederti in questo stato, lo è per tutti noi!” mi prova a confortare, dando voce al suo incredibile intuito.

Lo fisso in silenzio, sentendomi ancora più mortificata in una simile situazione.

“Milo… sono io che vi chiedo perdono. Vorrei tornare da voi con tutte le forze, ma non ci riesco. Sono ancora prigioniera dell’altro mondo, io… non ho parole per descrivere il senso di colpa che mi affligge. Vorrei solo raggiungervi, ma… mi è impossibile!” dico, stringendo con forza inaudita le mani.

“Lo so, ce ne stiamo rendendo conto… vediamo la tua tristezza e la capiamo, tuttavia non possiamo nemmeno essere noi a raggiunge te. Sei… troppo distante! - sospira lui, dispiaciuto – In particolare Camus sta soffrendo molto a vederti in questo stato e… non può fare niente, capisci? Penso che si senta responsabile del tuo malessere, è devastante per lui non poter fare nulla per te, inoltre… uh? Che succede, Marta?”

“Non senti anche tu questo sibilo proveniente dal piano di sopra?”

“Eh? Che sibilo? Io non...”

Tace un attimo, acuendo il suo udito nel tentativo di percepire il suono in questione. Alzo ancora di più il capo, stordita dal sibilo sempre più forte. Sì, non c’è alcun dubbio, proviene da sopra, ma non dalle camere, bensì dalla biblioteca. E’ come una risonanza che dilaga nei dintorni, richiamando sempre di più la mia attenzione come i flutti del mare attraggono qualsiasi oggetto a sé.

“Marta, io non sento niente, a cosa ti riferisci di pr...”

“Milo... l’armatura dell’Acquario è al piano di sopra, nella biblioteca, giusto?” gli chiedo, completamente assorta. Un richiamo… sì, sembra proprio un richiamo!

“Sì, si trova lì, ma se fosse lei la causa di questo sibilo che sostieni di sentire, la udiremo anche noi Cavalieri d’Oro!” prova a convincermi lui, discretamente preoccupato. Del resto, sono stata assente per un mese intero, ora d’improvviso sento suoni non percepiti da altri, ci credo che sia così in apprensione davanti ad un comportamento simile!

Guidata dall’istinto, mi dirigo in direzione della scale, sempre più certa di quel che odo. Milo mi richiama più volte ma, non ricevendo alcuna risposta, è costretto a venirmi dietro con passo incalzante. Lo avverto sempre di meno, sempre più presa da quel sibilo che, proprio ora, sta diventando sempre più insistente nella mia testa, passando da una orecchia all’altra e trapanandomi il cervello con sempre maggior intensità.

Varco la soglia della biblioteca e mi dirigo al centro, scrutando i dintorni per capire la direzione del suono. Milo mi è dietro, a cinque, massimo sei passi da me; non ha occasione di raggiungermi però, perché la porta della biblioteca si chiude improvvisamente, riportandomi concretamente alla realtà con un sussulto.

“Milo!!! Dannazione, Milo!!!” urlo, dirigendomi verso la porta e picchiandola con forza.

“Marta!!! Marta!!! Che diavolo sta succedendo?! Tutto ok?!” mi grida di rimando lui, completamente nel panico. Che si tratti di un attacco nemico?! Dopo un mese il Mago si è già ripreso?! No, non può essere, troppo poco il tempo, anche se… anche se nella sua dimensione può forse essere passato un periodo più lungo, permettendogli di recuperare le energie e continuare con il suo piano. Un brivido mi scorre lungo la spina dorsale a quel pensiero, maledicendomi per non essere stata sufficientemente attenta. Tuttavia, ancor prima di razionalizzare un pensiero, un fruscio è dietro di me, leggero quanto inconsistente.

“Perdonami, Milo… non avrei voluto!”

Trasalisco all'istante nel riconoscere quella voce che non avrei pensato mai più di udire, nel farlo, la mia mano, improvvisamente molla, scende fino alla maniglia della porta e lì rimane, tremante. Gli schiamazzi di Milo dall’altra parte si fanno sempre più incalzanti, forse non percependo più il mio intervento, ma, in un certo qual modo, sono anche sempre più distanti, deboli, insignificanti…

Mi volto lentamente nella direzione opposta, gli occhi spalancati dall’incredulità e una fievole speranza in cuore. E’ così che i nostri occhi si incrociano ancora una volta. La sua espressione, prima risoluta, cambia nell’incrociarsi con la mia e so che anche per me è lo stesso. Il braccio è ancora protratto in direzione della porta, gli scaffali dietro di lui, i suoi libri tanto amati, traspaiono direttamente dal suo corpo, ormai null’altro che puro spirito.

“D-Dégel!” balbetto, mentre i contorni intorno a me si fanno sempre più sfumati... sono forse in procinto delle lacrime?!

“M-Marta… tu, riesci finalmente a vedermi?”

Annuisco, mentre il mondo al di fuori di me si fa sempre più torbido al di là della mera manifestazione di Dégel dell’Acquario, assurdamente così nitida davanti a me.

“Che… che sollievo! Io… per così tanto tempo ho cercato di farmi percepire da te, ben sapendo che non mi era concesso, ma… non volevo lasciarti sola, per cui ci ho provato e riprovato, ma a nulla sono valsi gli sforzi miei...”

“No… ci sei riuscito invece, fin dalla battaglia contro Crono, quando mi hai rincuorata prima dell’ultimo assalto, e forse anche prima!” biascico, quasi commossa.

“Lo avevi intuito allora, eh?” mi sorride mestamente lui, risultando sempre più vacuo, pallido e smorto. Una emanazione, per l’appunto!

“Eri con me persino quando Shion mi parlò per la prima volta di te. La carezza che avvertii, per mezzo di una ventata leggera che mi scompigliò i capelli, era la tua mano! Mi sei… così… mancato!” continuo, sempre più emozionata.

Dégel annuisce brevemente, mentre lo vedo baluginare un po’: è lampante che sia solo il suo spirito qui, non so come e non so perché, tra l’altro la sua anima dovrebbe essere dentro il corpo di mio fratello Camus, eppure… lui è qui, non è una illusione. So trattarsi di un attimo, di un frammento di tempo… svanirà, già lo avverto, ma sono ugualmente felice di rivederlo.

Lo guardo un po’, desiderando follemente di essere con lui persino in una simile situazione, ma so che apparteniamo a due sfere esistenziali diverse: la vita e la morte, non c’è possibilità di contatto.

Nonostante questa consapevolezza, il Dégel che ho davanti è quello di sempre, più smunto, più spento, più vacuo, ma sempre lui, il Dégel che ho conosciuto nel passato, il Dégel della mia precedente esistenza.

“Sai, per un’ombra non è affatto facile muoversi nel mondo concreto. Non hai possibilità di reazione, le cose accadono, davanti a te, senza che tu possa fare alcunché. Non ho potere di interferire… per anni ho vagabondato nel nulla nel tentativo di farmi percepire, niente! E’ stato tutto così assurdamente pleonastico quello che ho fatto fin’ora! Alla fine ho capito che, per manovrare, seppur per brevi istanti, gli oggetti, serviva una grande forza mentale e allora ci ho provato, ripetutamente, fino ad oggi...” mi prova a spiegare lui, prostrato.

“D-Dègel, io… ho così voglia di toccarti ora...” sussurro, vinta da quella emozione. Nello stesso momento allungo la mano nella sua direzione, trovando solo il nulla al suo posto. Come immaginavo...

“Marta, non sono più tra i vivi, non c’è alcun modo, per noi, di tornare ad intrecciare le nostre dita...”sospira lui, sinceramente affranto.

Tuttavia non mi rassegno, cercando, per lo meno, di avvicinarmi il più possibile a lui.

“Ma sei rimasto comunque al mio fianco, Dégel! Come posso… come posso lasciarti in questa situazione ora che sei riuscito a palesarti dinnanzi a me?! No, non ti abbandonerò, non più!” ribadisco, cocciuta, mentre le lacrime, stavolta le sento nitidamente, solcano il mio viso.

“Non l’hai mai fatto, Marta, non mi hai mai abbandonato! Tu… tu hai salvato la mia anima, ma le cose dovevano andare così, è giusto che siano andate così!”

“NOOOOO!!!” singhiozzo disperata, tentando ancora di oppormi.

Dégel si avvicina ancora di più a me nel gesto di accarezzare i capelli; gesto che non avverto minimamente, procurandomi così ancora più dolore.

“Non rendere le cose così tremendamente difficili, piccola rondine, non ho molto tempo e ti devo avvertire di una cosa importante, per questo sono qui!”

“I-importante?”

Dégel annuisce brevemente, allontanandosi un poco per cercare di darsi più contegno, anche lui profondamente emozionato dal nostro nuovo, insperato, incontro.

“Il Potere della Creazione… tu sai che significa, vero?” mi chiede poi, improvvisamente serio.

“Ne ha parlato Crono, sì, ma non so tutti i dettagli. Come sai… come lo sai?”

“Il Potere della Creazione non è che in me al livello embrionale… come saprai senz’altro, solo in Camus è allo stadio evoluto, costituendo una riserva di potere inesauribile oltre al cosmo, che possiedono tutti gli esseri viventi. La sua forza è quindi, in un certo senso, doppia. In battaglia non ha mai fatto uso di questa capacità, relegandola a forza dentro di sé e facendo ausilio del solo cosmo. Il Mago invece vuole impossessarsi proprio di questa sua particolarità: la Creazione! Gli è indispensabile per i suoi fini”.

Rimango basita a guardarlo, tentando di assorbire quelle nuove informazioni. Crono non aveva specificato nulla a riguardo, tranne il fatto che, sì, il potere fosse proprio in Camus. Quest’ultimo, poi, non me ne ha mai nemmeno accennato ed io ho rispettato questo suon volere.

“Al dire il vero mio fratello non mi ha mai nominato una cosa simile...”

“Non l’ha fatto perché non poteva, è una cosa che solo lui e Shion sanno, neanche Milo ne è a conoscenza! E’ una capacità tremenda, per questo è giusto che rimanga suggellata!”

“Questo potere… non mi sembra così negativo, perché sigillarla?”

“Sarà lui a parlartene quando se la sentirà. Piuttosto… - taglia corto lui, fissando il suo sguardo nel mio – Tu sai, vero, dove giace il mio corpo... anzi, i NOSTRI corpi...”

Sobbalzo violentemente a seguito della frase, guardando Dégel con un misto di paura e sgomento. Non ci avevo pensato prima, ma effettivamente, il Dégel che ho davanti, quello del dopo Atlantide, del dopo morte, colui che ha seguito il suo destino senza opporsi, sa perfettamente che io sono Seraphina ed è consapevole di ciò che è accaduto nella maniera più totale.

Annuisco silenziosamente, tesa alla massima portata.

“Ti devo chiedere… ti devo chiedere di lasciar riposare i morti e di… proteggerli, se puoi...”

“Dégel… non capisco, io...”

“Non possiedo il Potere della Creazione, ma lo si può estrapolare da me partendo dalla scintilla che lo contiene che è appunto contenuta al mio interno...”

Sussulto ancora e ancora, cominciando a comprendere.

“Significa che… che… PER ATENA, NO!”

“Al momento possiamo stare cheti; separano il mio corpo dall’esterno metri e metri di ghiaccio allo Zero Assoluto: il mio ultimo sforzo per placare Poseidone, salvare il mondo e per… r-rimanere con te”.

Arrossisco mio malgrado, portandomi una mano al petto.

“Al momento il Mago non sa di questa eventualità, ma… se lo dovesse scoprire, se Camus dovesse ancora sfuggirgli... potrebbe tentare anche questa mossa, usurpando la nostra tomba e venendo in possesso del mio corpo. Non dovete permetterglielo!” esclama, fremendo vistosamente.

“Non credo sia facile, nemmeno per lui, superare i limiti e travalicare lo Zero Assoluto, la temperatura teoricamente più bassa possibile. Neanche il mondo fisico può raggiungere i -273,15 gradi, solo tu ci sei riuscito, non può esserci quindi un modo per rompere il tuo feretro di ghiaccio!” ribatto, decisa.

“Quello che dici è veritiero, ma… lui, lo abbiamo visto, può trascendere ogni limite fisico! Al momento la strada gli è preclusa grazie a voi, ma… se le cose dovessero cambiare...”

“Dégel!!! Non lo permetterò, te lo prometto, io avrò cura del tuo lascito!” affermo disperata, percependo il senso di urgenza nella sua voce. Inaspettatamente mi sorride, un sorriso che mi riempie il cuore, per quanto esso sia etereo e inconsistente.

“Lo so, sono in buone mani...”

Vorrei aggiungere altro, ma lo vedo baluginare più forte rispetto a prima, la netta sensazione che presto scomparirà. Panico totale…

“Dégel! Non andartene, ti prego!!! Resta… resta con me!” urlo con tutto il fiato che ho in corpo, tentando di abbracciarlo ma ritrovandomi a stringere solo l’aria di questa stanza.

“Devo, Marta… il dispendio di energia per mantenermi visibile a te è notevole. Presto… presto non potrò più fare alcunché per un lungo periodo, ma già sapevo di correre questo rischio. E’ così frustrante sapere della crisi che stai vivendo in questo periodo e non poter fare nulla per te. Io… dovevo parlarti ancora una volta, nonostante una parte di me fosse consapevole che, l’incontrarsi di nuovo, sarebbe stato pernicioso per te, per la tua salute. Perdonami… ora soffrirai nuovamente nel perdermi e tutto perché ho dato voce al mio egoismo”.

“Hai fatto solo quello che era necessario Dégel, io non sono mai stata forte, hai… hai visto come son morta, portandomi dietro anche te. Non mi perdonerò mai per questo!” blatero, prostrata all’inverosimile. Tutto è successo per causa mia, anche adesso, che sono rinata a nuova vita, non me lo perdonerò mai!

“Non sei affatto... debole… sei sempre stata più forte di Unity, nonostante la malattia che ti ha condotta alla morte, perché non è certo da quest’ultima che si capisce quanto tenace sia una persona. Tu non ti saresti mai arresa, avresti combattuto per il tuo popolo, per il luogo che tanto amavamo, per la pace. Quindi non dire assurdità: hai custodito la mia anima, ti sei addirittura reincarnata a nuova vita per preservare l’umanità in me, te ne sono immensamente grato. Tu... mi hai salvato, in tutti i modi in cui un uomo può essere salvato! Grazie! Grazie, io...” mi sussurra con dolcezza, tentando di toccare la mia mano. La vorrebbe stringere, lo capisco fin troppo bene, ma, come ha detto lui stessopoc’anzi, le nostre dita non si possono più intrecciare.

“D-Dègel… non andartene, ti prego! Io… io non so come farò!” ripeto ancora, fuori di me.

“Ci riuscirai... ci riuscirai in qualche modo, perché ne sei in grado! Io sarò al tuo fianco; sotto un’altra forma, è vero, ma ti basterà aprire gli occhi per vedermi, ti basterà alzare il braccio per toccarmi, e sarò lì, sempre e comunque! - mi sussurra ancora, mano a mano che la sua figura va svanendosi sempre più - Non ti abbandonerò mai, te lo prometto! Averti conosciuto in vita è stata la cosa di cui renderò maggiormente grazia agli dei, è stata una meravigliosa avventura che, per quanto concerne me, si è conclusa senza più alcun rimpianto. Ora tu hai la facoltà di continuare, e lo farai! Finisce qui il nostro viaggio insieme, non il tuo. Ora prosegui per la tua via, Seraphina, il resto lo affido a te!”

E con queste ultime parole lo vedo, indistintamente, avvicinarsi a me per poi posarmi le labbra sulla fronte, naturalmente non percepite, ma è comunque di calore la sensazione che mi avvolge delicatamente le membra, un po’ come la luce abbagliante che mi circonda. Lentamente mi abbandono…

“D-Dégel...” riesco appena a sussurrare, in un mormorio strascicato e rotto. Poi il nulla...

 

* * *

 

 

Oltre l’orizzonte degli eventi… forse non è un luogo, ma una destinazione.

L’orizzonte in fuga si allontana sempre di più man a mano che l’osservatore cerca di raggiungerlo. Io sono di nuovo qui, al confine tra due mondi diversi e distinti. E’ buio e freddo, sono immobile. Tutto ciò che non si muove perisce, questo è il destino della vita stessa. Da quanto sono qua? Quante volte ci sono stata? E soprattutto perché? Una luce mi risucchia verso l’esterno -ma esterno di cosa, poi?- spingendomi, ancora una volta a lasciare quel luogo tetro e misterioso che rifiuta il movimento. Una luce, un richiamo, una voce, quella della persona a me più cara! E inaspettatamente ricomincio a muovermi...

 

 

Sobbalzo più o meno nell’esatto momento in cui avverto qualcuno scrollarmi con impeto, il risultato non può essere che svariati colpi di tosse consecutivi, la difficoltà a respirare regolarmente e l’accartocciarmi su me stessa a causa dello sterno dolorante. Fitte non ben definite si susseguono per tutto il corpo, mentre sento qualcuno chiamare più volte il mio nome in un singulto. Poco dopo vengo avvolta da delle braccia forti e delicate al tempo stesso. Per i primi istanti fatico a riconoscere i contorni intorno a me, fatico a raccapezzarmi e a definire un pensiero razionale. Gli occhi sono offuscati, ma il mio corpo è più abile del mio sguardo ad individuare il soggetto che mi sta tenendo tra le braccia.

“Ca-Camus...” trasalisco, con un filo di voce. Non vedo il suo volto, trovandomi contro il suo petto, ma percepisco il tremore del suo corpo, scosso da ripetuti spasmi.

Ci sono altri di fianco e vicino a me, forse qualcuno mi tiene pure una mano o, non so, la spalla, non capisco… mi ci vogliono parecchi minuti per riprendermi.

“Marta!!! Che paura ci hai fatto prendere!”

“Cosa è successo?!?”

“Mi dispiace, piccola, io… non sapevo che fare!”

Il vociare appartiene a Michela, Francesca e Milo, accucciati apprensivi al mio fianco. Ci troviamo nella biblioteca dell’undicesima casa e… AH! Ora inizio a rammentare ciò che è successo: ero con il Cavaliere dello Scorpione quando è successo tutto, il tintinnio, il sibilo che avvertivo era di Dégel, ho parlato con lui e… come faccio a riferirlo agli altri?

Le persone che mi stanno più care al mondo sono qui, al mio fianco, sono tornata, non so bene da dove, ma so di averlo fatto. Ancora non vedo il viso di mio fratello, ma quello sguardo terrorizzato presente negli altri, che probabilmente avranno pensato all’attacco del Mago, mi da le forze per spiccicare parola.

“Dégel… l’ho visto!” bisbiglio, certa della mia visione.

Come c’era da immaginarselo, le reazioni che ottengo sono tutt’altro che tranquille, preoccupando, se possibile, ancora di più gli animi. Nel tentare di sfuggire a quegli sguardi vacui e un po’ allampanati, persino più del fantasma di Dégel, provo a discostarmi da mio fratello, ma non ci riesco con le mie sole forze.

Camus allenta infine la sua stretta su di me, guardandomi con un misto di timore e incredulità.

“Marta, cosa stai…?”

“L’ho visto, sì, mi ha anche parlato e...”

“Certo, il nostro cervello ci fa vedere sempre le cose e le persone che desideriamo disperatamente rivedere!” taglia corto lui, cambiando drasticamente espressione e alzandosi in piedi con uno scatto. Il contatto fra noi oramai oppressivo da entrambe le parti.

I suoi occhi, ora così severi, mi intimoriscono e, insieme, mi offendono.

“Non sto vaneggiando, io...”

Non ho il tempo di finire la frase che vedo mio fratello allontanarsi da me, dirigersi verso la finestra, incrociare le braccia al petto e puntare il suo sguardo vuoto verso l’orizzonte lontano. Un chiaro sintomo di disagio e di chiusura; chiusura proprio nei miei confronti.

Vorrei raggiungerlo e parlargli, ma prima ancora di razionalizzare il pensiero mi trovo stritolata da Michela e Francesca che, spaventate a morte dall’avermi trovata svenuta, si aggrappano a me come per se avessero paura di vedermi sparire nel nulla.

“Buaaaaa!!! Ci hai terrorizzato, Marta! - singhiozza Michela, strusciandosi contro di me – E’ da un mese che non parliamo praticamente mai, è da un mese che ti sei chiusa al mondo, e ora questo… abbiamo sentito le urla di Milo, ci siamo precipitate qui insieme al Maestro, ma quella stramaledetta porta non si apriva. Poi quando ci siamo riusciti eri lì, stesa a terra, pallida come un cencio. Abbiamo pensato subito al Mago maledetto!” mi contestualizza lei, agitata.

“Sì, sai… è stato il nostro primo pensiero! Non rispondevi ai nostri stimoli, quasi sembrava che non respirassi nemmeno, abbiamo avuto paura, ma ora… ora va tutto bene, vero?!” le fa eco Francesca, più contenuta nei modi ma ugualmente sconvolta per i fatti antecedenti.

Sospiro diverse volte, lasciandomi coccolare dalle mie amiche, nonostante sia conscia dell’urgenza di riferire il messaggio di Dégel, il suo lascito. Mi sento davvero prostata e delusa da me stessa per come ho trattato le persone del mio presente in quest’ultimo mese, allontanandomi da loro e facendo preoccupare tutti. Un giorno… un giorno, quando sarò finalmente rinata, lasciandomi indietro la mia vita passata, ritornerò da loro più forte di prima. Vorrei… vorrei essere il loro sostegno, questo è il mio desiderio!

“Ora che ti sei ripresa siamo tutti più tranquilli, però è davvero strano quello che è successo, inspiegabile! La porta… la porta si è chiusa proprio da sola e non si apriva più, non sapevo come...”

“Milo, è stato Dègel a chiuderla, usando la sua forza mentale. Si scusa con te ma non aveva altro modo!” gli racconto, quasi brusca.

Nella stanza ricade un silenzio assordante, mentre tutti sono immobili come statue di ghiaccio.

“Ah… Dégel, certo. È una frase da lui, ma...” proferisce Milo, in tono ambiguo. E’ chiaro che non mi creda, qui nessuno mi crede, come potrebbero d’altronde?!

“So che sembra assurdo e inconciliabile a tutti voi, ma Dégel è qui, è sempre stato qui… una parte della sua anima è rimasta legata a questo luogo e quindi lui ha fatto di tutto per mettersi in contatto con me soprattutto in quest’ultimo mese. Ci è riuscito solo oggi e lo ha fatto per una ragione specifica, e sarebbe...”

“Marta, piantala di sproloquiare! Ciò che dici non può essere stato che un sogno partorito dalla tua mente. A te semplicemente manca Dègel e il tuo cervello te lo ha fatto vedere, fine!” mi sgrida veemente Camus, ritto davanti alla finestra. La frustrazione di chi, pur volendo, in qualche modo, aiutarmi, non può farlo in alcun modo.

“Camus, ascoltami, almeno… prima di saltare a conclusioni affrettate, lascia che ti spieghi di quanto avvenuto. So che sembro una pazza in questo momento, ma...”

“NO, Marta! Conosco fin troppo bene quello che stai passando, ma reagisci nella maniera sbagliata. Non fare l’errore di ancorarti ai ricordi, metti da parte il passato e concentrati sul presente! - ribadisce lui, secco, prima di continuare – Non esiste più alcun Dégel, IO sono ciò che è rimasto di lui. La sua anima è dentro di me, o almeno, il suo retaggio. Mi dispiace, non è possibile ciò che vai dicendo!” conclude, non nascondendo un certo rimorso nel parlare.

Lo guardo rattristata, intuendo limpidamente il malessere che ha accompagnato anche lui in quest’ultimo mese, motivo peculiare della sua reazione oggi.

Alla fine non è cambiato nulla fra noi, lui continua ad avere quell’attitudine al ‘sono io il fratello maggiore per cui so quel che dico’, mentre io continuo ottusamente a scornarmi con lui. Contrariamente al mio stato d’animo, sorrido amaramente tra me e me, decidendo di andare dritto al punto.

“Il Potere della Creazione...” accenno infatti, fissando la mia espressione nella sua, lui si irrigidisce di botto, spalancando le palpebre e tremando appena. Come immaginavo…

“Dégel mi ha chiesto di preservare il suo corpo, impedendo al Mago di accedere alla sua tomba. Il Potere della Creazione non è che in lui allo stato embrionale, ma sufficiente da poter essere estrapolato e lavorarci su. Non possiamo permettere che questo avvenga!” riassumo, pratica.

In verità nessuno dei presenti, ad eccezione di Camus, ha la più pallida idea di cosa io abbia affermato. Vedo la paura, lo sgomento, l’incredulità passare nei loro occhi, il tutto ben amalgamato nelle loro espressioni confuse. Rimango in silenzio, stringendo i pugni.

“Il potere… di cosa?”chiede Michela, cercando di attirare la mia attenzione.

“La Creazione… ne ho sentito parlare, noi divinità la conosciamo da molto tempo, ma la sua esistenza si perde nella notte dei tempi. Marta, tu come fai a...”

“Stai forse dicendo che dobbiamo proteggere il corpo di Dégel sito ad Atlantide?!?”

L’ultima domanda di Milo si perde nell’aria, insieme ad altri mille mila quesiti taciuti e a stento trattenuti. Continuo a fissare il volto di Camus, ora chino a guardare il pavimento. Mi interessa che lui abbia capito, null’altro.

“Te ne ha parlato… Dégel? - biascica, nervoso – Dunque… davvero ha trovato il modo per raggiungerti, eppure la sua anima dovrebbe essere dentro di me, la percepisco!” constata ancora, sempre più interdetto, osservandosi le mani.

“Me lo aveva già accennato Crono, è questa la ragione per cui il Mago voleva il tuo corpo, vero?! Non solo per il ghiaccio, non solo per portare ai massimi livelli il tuo potere congelante e quindi, all’occorrenza, poter fermare il tempo, ma anche e soprattutto per questo. Camus… sulle tue spalle sta il peso del mondo, poiché sei il primo essere umano, dopo secoli e secoli, forse millenni, a possedere la scintilla divina della Creazione...” esterno il mio pensiero, consapevole di star attraversando una nota dolente per mio fratello.

Lui annuisce appena, tornando, per brevi secondi, a fissare fuori dalla finestra, nuovamente sfuggente. Quando il suo sguardo torna su di noi quasi percepisco il peso di quella vita e di quel potere a forza celato. Non so come comportarmi ma è Camus stesso a parlare.

“Ti racconterò tutto… - inizia, cupo – ma non qui!”

“Cam, va bene anche se non me lo vuoi dire, lo capisco. Non volevo sforzarti a...”

“No, invece! Volevo comunque raccontartelo, Marta, ma le parole mi mancavano. Lo farò appena possibile, visto che è uscito il discorso, però non è questo il luogo adatto”.

Cala un nuovo silenzio tra noi, mentre mio fratello cammina nervosamente in cerca di qualcosa nella biblioteca.

“Ohi, ohi, pare che siamo stati tagliati fuori, nevvero?” interviene Milo, sarcastico.

“Amico mio, io non...”

“Lo so, non mi hai mai parlato di questo… questo potere che dite della Creazione, ma suppongo avessi una valida ragione. - afferma ancora lo Scorpione, fissando intensamente Camus il quale annuisce ancora una volta – Va bene così, Cammy. Se è una cosa tra voi, se hai bisogni di ritagliarti un po’ di tempo con Marta, vai senza esitare!”

“Ti… ti ringrazio...”

Un ulteriore silenzio, che profuma di un qualcosa di solenne, mentre le mie amiche ed io fissiamo la scena stupite.

“Io… io non sto capendo, dove devono andare il Maestro Camus e Marta?” chiede Michela, non arrendendosi all’eventualità di non sapere.

“Francesca… - di nuovo la voce di Camus, mentre i nostri occhi saettano da una parte all’altra a seconda di chi prende la parola – Ti affido l’undicesima casa e gli allenamenti di Michela. Quando torna Hyoga digli che non sarò presente per i prossimi tre giorni!”

“V-va bene, ma voi… voi dove andate?” domanda lei di rimando, fiera di avere un incarico così importante dato proprio dal suo maestro, ma parallelamente tesa nel percepire l’urgenza della sua voce.

“Andiamo dove tutto è iniziato...” sussurra soltanto, poco prima di cingermi le spalle con un braccio e portare il mio volto contro il suo torace, costringendomi così a serrare istintivamente gli occhi.

Uno strappo nella regione ombelicale è l’unica cosa che avverto, prima di essere afferrata da una luce dorata calda e accogliente.

 

 

* * *

 

 

Ho intuito già da prima le intenzioni di Camus, dal suo sguardo, dalla luce nei suoi occhi e, in ultimo, dalla muscolatura rigida ancora prima che proferisse quelle parole. Tuttavia il mio corpo, non ancora avvezzo alla velocità della luce e non ancora temprato dai duri allenamenti, avverte con distinzione il cambio di luogo e… di temperatura.

Mi ritrovo ben presto ginocchioni per terra, ansimante e tremante allo stesso tempo. E’ infatti il freddo la prima cosa che sento, ancora prima del terreno incrostato dal ghiaccio sotto di me. Per la prima volta da un bel po’, mi ritrovo nel più spietato inverno, anche se, in linea teorica, dovremmo essere ancora in autunno qui, le nevicate dovranno aspettare ancora qualche giorno prima di coprire, con un evento nuovo, queste lande desolate. Ma che freddo, però!

“Come avrai facilmente intuito, ci troviamo nella Siberia Orientale, non troppo lontani da Pevek e dall’isba in cui ho addestrato Hyoga – mi spiega Camus, aiutandomi ad alzarmi – Marta, purtroppo non hai che il peplo addosso, in questi mesi non c’è stato neanche il tempo per pensare di trovarvi altri indumenti, ma è una cosa che farò al più presto con l’avanzare della brutta stagione, te lo prometto. Nel mentre, se hai freddo...”

Sorrido divertita nell’avvertire il tentato calore che ha tentato di mascherare in un apparente tono neutrale. Davvero uno strano fratello mi sono scelta!

“Grazie, ma non occorre ora. Sto tremando solo per lo sbalzo termico, in verità non fa troppo freddo qui, per i vestiti più pesanti ci sarà tempo più in là, no?! Ora pensiamo ad andare, io ti seguirò!” rispondo, facendogli l’occhiolino per rassicurarlo. Camus mi sorride di rimando, intenerito. Deve aver capito il mio bluff ma fa finta di crederci. E avanza.

Effettivamente ho freddo, dannatamente freddo, malgrado le mie tecniche del ghiaccio si siano notevolmente potenziate in questi mesi e sappia sin troppo bene che, in verità, pur con la luce morente e il cielo grigio, questo posto si trovi in uno dei periodi più caldi dell’anno. Eppure tremo.

Cercando di non darci troppo peso, cerco di stare dietro al passo di mio fratello, assai più esperto di me a muoversi in questo luogo, un po’ come uno sciamano che conosce a menadito il territorio su cui ha vissuto. Faccio del mio meglio per non inciampare nel duro terreno incrostato e indurito dalle frequenti gelate. In verità le nevi e i ghiacci eterni sono affamati di nuove precipitazioni, il permafrost è ai minimi termini, permettendo a qualche porzione di terra di vedere la luce del sole. I ghiacci sono in attesa, il sole è già basso e noi due siamo gli unici umani, in apparenza, a colonizzare queste terre. Stranamente non vedo nemmeno animali in giro.

Camus si ferma e si volta, io gli arranco dietro, dandomi un contegno come posso. Ho tutte le scusanti per essere maldestra e imprecisa nei movimenti, eppure non voglio deluderlo, né tanto meno farmi aiutare da lui. Voglio essere all'altezza delle sue aspettative, perché, ne sono consapevole, Camus non è arrivato subito all'isba proprio per saggiare le mie capacità. Ed io sarò degna di questa prova.

Dopo mezzora di cammino (non ho idea di quanto manchi!), mio fratello non procede più davanti a me, ma si affianca, cominciando a parlare di Pevek, la città più vicina alla sua isba e, contemporaneamente, uno dei centri abitati più a Nord della Russia.

Camus mi racconta che la città è stata fondata dopo la Prima Guerra Mondiale sulle rive del Mar della Siberia Orientale per fornire un porto per esportare i minerali. Con l’avanzare del tempo, molte miniere sono diventate non redditizie e quindi, conseguentemente, hanno chiuso, diminuendo anche mano a mano la popolazione che abitava queste terre. A causa della sua latitudine nord oltre il Circolo Polare Artico, le condizioni climatiche sono estremizzate rispettivamente nei periodi più freddi e più caldi.

“Sai, l’inverno è una lunga notte che inizia da circa fine novembre a metà gennaio. In questo periodo di tempo l’unica luce naturale che abbiamo a disposizione è quella dell’aurora boreale, la grande divinità venerata dagli sciamani fin dagli albori della nostra storia. E’ dura e fa freddo, tanto che siamo avvezzi a muoverci al buio o comunque all'aperto laddove chiunque si chiuderebbe invece in casa, ma mai quanto il Sole di Mezzanotte, dove l’astro in questione rimane costantemente sopra l’orizzonte per un tempo prolungato. Lo vedi scendere, lentamente, toccando il punto più basso verso Mezzanotte, per poi risalire, tanto da sperare che si spenga per sempre, a volte!” continua il suo racconto, in tono evocativo.

Lo ascolto ammirata, sforzandomi di immaginare cosa la lunga notte e il lungo giorno possa comportare per loro, ma più ci penso più mi sento di non condividere il suo pensiero. Io ho sempre amato il sole, so cosa voglia dire vivere asserragliata dai ghiacci, proprio per questo non riesco proprio a concepire l’idea di prediligere la lunga notte: vivere costantemente al buio, senza più vedere la nostra stella per interi giorni, il freddo, la morte, le bufere… No! Ho sperimentato sulla mia pelle tutto questo e, ancora di più, non posso che amare follemente il sole!

Proseguiamo il nostro tragitto per un tempo indefinito, mentre il sole è sempre più basso all'orizzonte. Sono stanca e ho le piante dei piedi sempre più dolenti, del resto i sandali non sono propriamente propedeutici per queste latitudini e questi climi. Quasi sbatterei a terra, ma piuttosto che lamentarmi e mostrare cenni di stanchezza mi mordo la lingua e vado dritta per la nostra strada, cocciuta. Finalmente raggiungiamo una simpatica casetta di legno su due piani, isolata da tutto e tutti, non troppo distante dal mare, o almeno credo visto che mi pare di sentire quel particolare profumo salino che solo lui può dare. Do una veloce occhiata a Camus, che si limita ad annuire e farmi strada. Il suo assenso viene accolto da un mio sospiro di sollievo, ovviamente soffocato tra me e me.

L’isba sembra graziosa e confortevole, ma non ho comunque le forze per indagare. Un leggero dito di polvere mi indica che la casetta è in disuso da un po’, ma ugualmente accogliente. Mi siedo pigramente su una sedia vicino al tavolo, dopo aver dato giusto una spolverata per evitare di sporcarmi, nel frattempo Camus comincia a svolgere le consuete mansioni, quali accendere la stufa (unicamente per me, visto che devo avere un non so che di patetico che a lui di certo non è sfuggito), attaccare la presa di alcuni elettrodomestici, passare la scopa e detergere l’ambiente. Vorrei tanto aiutarlo, chiedendomi se, in passato, nel periodo dell’allenamento degli allievi svolgesse le stesse mansioni come una perfetta donna di casa. Sbuffo e ridacchio tra me e me nell’immaginarmelo tutto trafelato a cucinare e a pulire, ma la mia mente sempre più stanca non mi permette di figurarmelo bene, malgrado gli sforzi…

Avverto una inconsueta pressione tra le tempie, un qualcosa di duro che non razionalizzo fintanto che Camus stesso non mi accarezza delicatamente i capelli, riscuotendomi.

“Marta, sei stanca… su, se vuoi, ci sono due letti” mi avverte, premuroso, in uno strano tono che non sono in grado di comprendere.

Ah ecco, devo essermi addormentata sul tavolo o qualcosa del genere. Chiudo di nuovo gli occhi, stanca. Sono nel dormiveglia ora, a metà strada tra il conscio e l’inconscio.

Passano diversi minuti e una coperta viene posata sulle mie spalle… credo, non so, sono troppo stanca per aprire anche solo una palpebra.

In qualche punto remoto della stanza avverto la voce di Camus giungere alle mie orecchie come sempre dolce e calda.

“Visto che seguiti ottusamente a dormire lì, ti ribadisco che ci sono due letti al piano di sopra, Marta! Sei stremata e hai bisogno di riposo, usali senza fare complimenti. Io intanto vado a comprare qualcosa da mangiare e...”

“Ti aspetto qui, fratellino, ce la faccio...” biascico, muovendomi appena.

“Ma stai crollando dal sonno e...”

“Resto qui!” continuo ostinata, respirando profondamente.

“Cocciuta come sempre!” mi rimprovera bonariamente lui, avvicinandosi per scompigliarmi nuovamente i capelli.

“Ho preso da te!” soffio di un fiato, mentre un largo sorrido mi solca le guance.

 

 

Non so se Camus mi abbia più risposto, perché la scena davanti ai miei occhi cambia magicamente, riportandomi all’aperto, al freddo e al... passato; un passato non mio.

E’ buio fuori, come diceva mio fratello non vi è che l’aurora a rischiarare i dintorni, pallida luce evanescente ma sicura. Eppure, malgrado le condizioni proibitive, un ragazzo e due bambini sono seduti sul ghiaccio intenti a mangiare pesce appena cotto, pegno per gli sforzi dell’allenamento odierno.

Il bambino biondo dagli occhi grandi e azzurri; azzurri come un fiume di ghiaccio, rimane in silenzio a gustare il suo pesce, quasi come fosse la cosa più bella e preziosa del mondo. Dall’altra parte invece, un bambino dai capelli verdi e lo sguardo vivace non fa che porre quesiti su quesiti al Maestro, in un modo che mi ricorda un po’ Michela.

Maestro! Maestro! Maestro! Ma l’aurora boreale, infine, cosa è? - chiede, tutto trafelato – Ho sentito che è il sole stesso, è vero? E’ il sole che, pur non essendo visibile, ci fa capire che c’è sempre e comunque?”

In effetti in un certo senso è così, Isaac, ma il concetto è di difficile intuibilità per dei bambini come voi. Ti basti pensare che ci sono particelle cariche di origine solare che, a contatto con l’atmosfera, in particolare con la troposfera, eccitano gli atomi della suddetta, creando questo effetto ottico. Quindi sì, romanticamente può essere considerato lo stesso sole che, nonostante il buio, non ci abbandona mai!” racconta Camus sempre in tono evocativo, sorridendo al piccolo. Isaac ne è entusiasta, al sua bocca si spalanca in un enorme ‘o’ eccitato, davvero il suo maestro è l’uomo più puro e giusto che ci sia in questo mondo!

Mama mi raccontava anche un’altra cosa!” interviene quindi Hyoga, perso come sempre nei suoi pensieri. Camus inarca prudentemente un sopracciglio, come sempre quando si tratta del piccolo Hyoga, sin troppo ancorato al passato e ai ricordi. Tuttavia gli chiede delucidazioni, incuriosito.

Mi raccontava che c’era questa creatura che aveva la forma di un canide, per alcuni era una volpe, per altri un essere non ancora decifrato, per altri ancora un vero e proprio Husky… comunque l’aurora è causata dalla corsa di questo animale che, si dice, corra in lungo e in largo insieme ai Venti del Nord. Proprio grazie al suo movimento, la neve smossa vola verso il cielo, formando i colori dell’Aurora” prova a raccontare il bambino, un po’ impacciato nel sentirsi così messo alla prova.

Inaspettatamente il Maestro ridacchia tra sé e sé, colpito dall’ingenuità appena dimostrata. In effetti sarebbero dovuti diventare in fretta uomini, non c’era scelta, ma, per il momento, all’infuori dei duri allenamenti, il profumo dell’infanzia accarezzava i loro giovani corpi, non avrebbe accelerato il tempo più del dovuto.

E’ una bella storia, Hyoga, in effetti anche io ho sentito parlare di questa creatura affascinante, ma non pensi forse che, se esistesse veramente, sarebbe esausta dal continuare a correre in lungo e in largo per l’emisfero boreale?! In tal senso avrebbe la lingua penzoloni di fuori e le zampe rosse a causa della neve, nessuna creatura di questa terra potrebbe osare tanto e per un tempo così prolungato, neanche i Cavalieri!” ribatte Camus, totalmente sereno. Le risate cristalline degli allievi riecheggiano allegramente nei dintorni, sormontando il frastuono del vento lontano che, proprio in quel momento, prende a soffiare.

 

 

“Marta… mi hai aspettato davvero qui!”

Una carezza sopra la mia testa mi riscuote. E’ calda e accogliente,, così come la leggiadra voce che mi accoglie, insostituibile. Non mostro alcun cenno di movimento da quanto sono cullata nel sonno.

“Marta… - un ulteriore richiamo – cosa devo fare con te?! Eri sfinita ma hai voluto aspettarmi qui, come se non bastasse non ti sei lamentata neanche un istante per la lunga marcia che ti ho costretto a fare, e tutto per non deludermi, vero?”

A questo punto mi alzo di scatto a sedere, fissando il vuoto per alcuni secondi interminabili. I miei occhi sono aperti ora, ma le nebbie del sonno mi irradiano la mente, provocandomi uno stato di alienazione rispetto all’ambiente circostante. Camus se ne deve essere accorto, perché avverto appena la sua voce quel tanto che basta per impartire l’ordine alle mie gambe di alzarmi e cercare un giaciglio più consono. Da qualche parte, dentro di me, so di essermi addormentata sul tavolo, ma i miei movimenti sono oltremodo fiacchi. Ho un unico obiettivo: ricercare il letto e coricarmi, tornando al sonno da cui sono stata strappata. In effetti l’oggetto della mia ricerca è a poca distanza da me, posizionato in un angolo separato dalla cucina da un muro. Mi dirigo lì in automatico, del tutto incurante delle lamentazioni che avverto provenire da mio fratello da qualche parte dietro di me. Senza curarmene più di tanto, raggiungo la meta, coricandomi e raggomitolandomi su me stessa. Che freddo! Il gelo della Siberia deve essermi penetrato nelle ossa, sento le giunture e i muscoli completamente rigidi, fattore che mi rende ancora più assopita.

Trascorrono secondi, forse minuti, in cui ho un black-out pressoché totale, il placido nero dell’incoscienza che mi avvolge. Poi… di nuovo una carezza sulla mia fronte e una voce, in apparenza lontana.

“Penso sia ormai inutile dirti che questo è il mio letto, vero? Non sei più fisicamente qui..”

Una risata leggera, mentre la presenza vicino a me rimane in contatto con la mia schiena: si deve essere seduto sul bordo. E’ davvero meraviglioso che io non percepisca più nulla intorno a me, ma che comunque riesca ad avvertire lui, mio fratello, come se il legame tra noi superasse qualsiasi cosa. Il suo sguardo è su di me mentre sospira impercettibilmente regalandomi un altro sorriso… amaro, ma pur sempre un sorriso.

“Sei così simile ad Isaac… anche lui faceva di tutto per essere all’altezza delle mie aspettative, arrivando a volte allo stremo. Quel ragazzo… non poteva tollerare in alcun modo l’idea di poter essere una delusione per me, era intransigente, schietto e in possesso di una volontà ferrea che lo spingeva a perseverare con ostinazione nel suo desiderio di diventare Cavaliere per salvaguardare la pace nel mondo e gli esseri umani – mi racconta, in tono sommesso, non smettendo di accarezzarmi la schiena – La stessa caparbietà la rivedo in te, Marta, tu… voi siete sempre così dediti a voler essere degni di me, ma sono io… sono io a deludervi, invece, l’anello fallace di questo circolo!”

Un lungo silenzio assordante, poi uno sbuffo, seguito da una risatina nervosa e autoironica.

“Scusami… pensavo che, dopo i fatti accaduti il mese scorso, io fossi in grado di parlarti schiettamente e in tutta sincerità, tuttavia, a quanto pare, mi è ancora difficile farlo, nonostante ci stia provando con tutto me stesso. - dice, sentendosi a suo agio a parlarmi in una simile circostanza – Fai bei sogni, ma petite, e… perdonami, per tutto! Hai scelto me, rinunciando al tuo amore per Dégel ed io… io non sono nemmeno in grado, ancora una volta, di parlarti a cuore aperto quando sei vigile. Davvero patetico!”

 

 

* * *

 

16 settembre 2011, mattino

 

 

Zampetto lentamente in direzione del mare, da dove sento provenire nuovamente un richiamo forte e insistente. In verità, non ho alcuna garanzia che sto andando proprio verso la grande distesa d’acqua, giacché non sono mai stata qui, ma ne sono convinta e pertanto proseguo il mio percorso. Sotto i miei piedi il terreno pare scricchiolare da quanto è gelato. Pensare che siamo solo a metà settembre, i rigori invernali veri e propri non hanno che da venire!

Ho lasciato Camus a dormire nel letto, non l’ho nemmeno avvertito, ora che ci penso, però mantengo ben brillante il mio cosmo, cosicché lui possa raggiungermi in qualunque circostanza.

Dopo il suo sfogo di ieri mi sono addormentata completamente, non percependo più niente. Al mio risveglio ero tra le sue braccia, quasi come se avesse avuto paura che potessi scomparire da un momento all’altro. La sua presa su di me nascondeva un qualcosa di facilmente assimilabile alla disperazione, mentre il suo volto, pur profondamente addormentato, non era per niente sereno.

Sospiro, sfregandomi le mani nel tentativo di recuperare un po’ di calore. Sono una codarda, non so cosa altro pensare di me… dovrei trovare le forze per tranquillizzare mio fratello, per fargli capire che non sono pentita della mia scelta e che, anzi, è quanto di più bello avessi mai potuto compiere. Ma… in questo mese non ho fatto altro che chiudermi da tutto e tutti, allontanandomi per non essere raggiunta più da nessuno; per un mese ho messo gli altri in condizione di soffrire, non solo per i fatti accaduti, ma anche e soprattutto per me. E Camus… Camus è quello che ha subito più di tutti questo stato, come se non fosse abbastanza quello che ha dovuto passare in questo periodo!

Guardo desolatamente il paesaggio intorno a me, ai miei occhi tutto uguale. Un tempo ho vissuto in lande non dissimili, ma ora non ce la farei più, nonostante il mio potere inerente al ghiaccio. Il fischio dentro di me persevera, si fa sempre più pressante, dimostrandomi che sono sulla strada giusta; la strada della pazzia, aggiungerei con ironia, visto che la mia testa è un continuo coacervo di richiami. Se non fossi certa della loro reale esistenza, penserei di essere precipitata nella pazzia.

Poco dopo mi blocco improvvisamente, avendo raggiunto una grossa voragine che gitta direttamente dentro il mare. Rimango sbalordita a contemplarla, chi deve aver fatto questo, chi deve essere stato in grado di rompere le nevi eterne, deve essere stato un uomo fuori dal comune; ancora di più perché, di primo acchito, pare proprio che il ghiaccio eterno sia letteralmente imploso da sotto… da sotto l’acqua, quindi! Com’è possibile?!?

Non ho il tempo di domandarmi oltre che una luce azzurrina attira la mia attenzione, portandomi a specchiarmi sotto di me. Che cosmo spaventoso che si riesce ancora ad avvertire, mi sta quasi chiamando ed io… io non posso assolutamente oppormi!

Senza nemmeno rendermene conto, sono già in acqua, le gambe che, malgrado l’intorpidimento dato dalle basse temperature, sbattono velocemente per darmi la spinta verso il basso. Più giù, devo andare più giù… più giù! Solo in profondità potrò finalmente incontrarlo, lo avverto.

L’acqua gelida fa male al petto, fa bruciare le gambe e mi irrigidisce le dita, tuttavia non me ne curo, proseguendo per la mia direzione. Ormai sono diversi metri in profondità, le orecchie mi iniziano a dolere, malgrado la compensazione dell’aria che spingo a forza fuori dalle mie labbra. Forse sarebbe il caso di tornare indietro, però avverto distintamente che manca davvero poco, un ultimo sforzo, mentre concentro tutto il mio ossigeno nei polmoni per non affogare. Comincio davvero ad essere esausta, almeno finché…

 

Mia spuma del mare, tu che sei entrata laddove qualcun altro ha cessato di vivere nel mondo della superficie, dimmi… hai forse dimenticato di poter respirare? Inspira ed espira, Seraphina, sai che puoi farlo, non avere remore alcuna!

 

Lentamente eseguo quando chiesto con prudenza, temendo di ingoiare l’acqua salmastra di questo luogo, tuttavia i miei polmoni, dopo un breve sussulto, si abituano ben presto a respirare l’ossigeno disciolto in acqua. Nello stesso momento la pelle, prima martoriata dal gelo, si fa via via più fluida, riportandomi un poco di calore. Non so bene cosa stia succedendo, ma sembra quasi che il mio organismo e l’ambiente circostante interagiscano tra loro tramite osmosi, proteggendo il mio corpo dagli aghi acuminati che sono il gelo.

“Dio Poseidone… quale è il motivo della tua chiamata qui? Perché hai aspettato così tanto per palesarti?” chiedo mentalmente, perché comunque non posso aprire la bocca per parlare.

 

Tu sei fatta d’acqua, Seraphina… o meglio, tutti voi esseri umani siete costituiti da questo elemento, ma tu hai qualcosa che ti permette di accentuare tale capacità, o meglio due… Una, la sai già, è il cosmo ghiacciato che hai ereditato da tuo fratello Camus in questa vita; il ghiaccio è acqua, ma questo non da la garanzia di governare anche la sua forma liquida, lo sai, vero? Tu hai un’altra cosa indispensabile per controllare tale potere…

 

Rimango ferma immobile con fare pensieroso, intorno a me è tutto molto scuro, tanto da farmi credere, per un breve secondo, di essere ripiombata nel mondo dei sogni. Poi… improvvisamente l’intuizione, i miei occhi saettano, increduli, le labbra tremano appena.

“Ma non sarà che…?!”

 

Ebbene sì, l’Oricalco… l’oricalco che è dentro di te, Seraphina, custodito dalle tue sembianze attuali, incastonato come una gemma nel lago…

 

“Io non so davvero come sia possibile… l’Oricalco sarebbe dentro di me? Non si era irrimediabilmente danneggiato per intervento di Pandora?!? Come può trovarsi dentro il mio attuale corpo?

 

E’ in te, ciò ti basti… nemmeno noi dei sappiamo rispondere a certi quesiti. In ogni caso la mia gemma ce l’hai tu, per sbaglio, è vero, ma questo non toglie che ho bisogno di te. Sii la mia mano implacabile, Seraphina, la mano con la quale punirò il Mago impostore.

 

“Mi stai chiedendo di diventare il tuo vassallo, in sostanza… ma i miei ideali differiscono notevolmente dai tuoi e la mia volontà, in fondo, non appartiene che ad Atena, perché questa è la strada che mi è stata indicata da mio fratello. Come puoi quindi fidarti di me?

 

E’ giusto così… io sono impotente in questa situazione, poiché Atena, in quest’epoca, mi ha già sconfitto. Tuttavia già una volta mi sono unita a lei per combattere contro Hades e impedirgli la conquista del mondo, non vedo perché esitare ora che il pericolo è più grande. Tu segui il tuo percorso come meglio credi, io ti faccio ausilio del potere dell’acqua, l’origine della vita, tu promettimi che estirperai il Mago da questa dimensione, non chiedo altro. E inoltre…

 

“Inoltre?”

 

No, nulla… è solo giusto così. Un tempo, un promettente aspirante Cavaliere di Atena si è unito alle mie schiere, poiché credeva realmente nel mio ideale di giustizia. Fu detto Kraken e agì di conseguenza distruggendo tutto ciò che ostacolava la realizzazione di questo mio mondo di pace. E’ stato uno dei più valenti guerrieri che abbia mai avuto. Accadde tutto per un incidente, è vero, ma ora desiderio ricambiare il favore e tu, donna che ha vissuto due volte, sarai la mia mano che guiderà i Cavalieri di Atena verso la distruzione di quell’homunculus, intesi?

 

“Beh… non mi pare di avere molta scelta, hai già deciso tutto tu!” ironizzo, guardandomi intorno preoccupata. I miei sensi si sono infatti acuiti, trasmettendo al mio corpo una sensazione di schiacciamento data da un impellente pericolo in avvicinamento. Cosa sta accadendo nei dintorni?

 

Hai ragione… voi umani siete pedine nelle nostre mani, questo è il nostro pensiero comune, tuttavia… ci sfuggite sempre. Non sei obbligata a fare quanto ti ho detto, ma trovo che il Mago sia un nemico in comune, quindi non hai neanche un motivo preciso per non distruggerlo. Anzi, TU vuoi distruggerlo, nevvero?! Persino allora, poco dopo la tua morte, hai combattuto insieme al Giudice degli Inferi nel Limbo per salvare l’anima di Dégel, o ricordo male?

 

“COSAAA?!? IO AVREI COMBATTUTO NEL LIMBO CON RHADAMANTIS PERCHE’ IL MAGO VOLEVA DEGEL?!? - urlo, totalmente sbalordita, aprendo automaticamente la bocca – Ma quindi il nemico… sa!”

Silenzio intorno, non otterrò risposta. Acqua salina entra in me, provocandomi un vero e proprio colpo di tosse. Nonostante il mio essere acqua, avverto le forze venir meno, quasi come se l’ingranaggio che mi permetteva di respirare qua sotto, si fosse irrimediabilmente rotto.

“MARTAAAAA!!!”

Un grido impellente mi travolge, facendomi voltare in direzione della superficie. Esso è ricolmo di terrore.

“Sono qui, Camus...” riesco a malapena a pensare, quasi allo stremo delle forze.

 

Oh? Pare che qualcuno ti sia venuto a cercare, ecco da dove proveniva quel cosmo carico di pena e paura. Ora comprendo perfettamente!

Marta… o Seraphina, che dir si voglia, torna nel mondo in cui vivi e allenati ad esercitare il potere dell’acqua, non sarà facile ma dovrai farlo, anche subito, direi, se non vuoi essere travolta dalla corrente!

 

“Aspetta, cosa vuoi...” faccio in tempo a chiedere, poco prima di avvertire una pressione giungere da destra rispetto al mio corpo. Non ragiono, non decido. Semplicemente protraggo le mie braccia di direzione di quella forza sconosciuta, allargando bene i palmi per contenere quell’immensa energia. Un secondo esatto dopo, essa si è arrestata tra le mie mani in stato latente ma non immoto, pronta a sprigionarsi al minimo accenno di perdita di controllo.

 

Ecco, è questo che intendevo… Imparerai gli usi che puoi ricavare con della semplice acqua, da arrestarne il moto ad accentuarlo. Essa potrà scorrere nelle tue dita, o implodere, se vuoi… Ti affido tutto, Seraphina!

 

 

* * *

 

 

Presumo che la mia idea di base fosse quella di sfruttare la corrente tra le mie mani, puntarla verso il basso e, grazie a quella, ritornare in superficie a tutta birra, utilizzando proprio quello strano moto ondoso che, senza una ragione precisa, così improvvisamente, mi stava per travolgere. Successivamente, una volta balzata in aria, diciamo, a una decina di metri dal suolo, avrei usato il mio potere congelante per creare una pista, in modo tale da scivolare delicatamente a terra, come sicuramente avrebbe fatto mio fratello Camus, atterrando elegantemente sul permafrost. Nella pratica ovviamente, quasi nulla di questo è avvenuto!

Uggiolo meccanicamente per il dolore, premendo istintivamente le mani sulle gambe nel vano tentativo di percepire meno il bruciore. Nello stesso momento faccio mente locale, chiedendomi tacitamente come diavolo ci sia finita lì, distesa sul ghiaccio con le braccia e i polpacci completamente brasati a seguito dello sfregamento con il terreno sottostante. Ricordo di essere uscita dall’acqua grazie alla corrente, e fin lì tutto bene, perché sono balzata fuori come avevo pensato. Poi… ho usato il potere congelante, sempre come avevo progettato, ma… ma ho preso male le misure, forse, oppure sono inciampata nei miei stessi piedi, fatto sta che ho fatto parecchi metri sfregandomi con il ghiaccio, solo ora sono riuscita a fermarmi e… DANNAZIONE, CHE MALE!!!

“PER ATENA, MARTAAAA!!!”

Di nuovo l’urlo di mio fratello, credo si stia avvicinando a me, perché posso udire lo scricchiolo dei suoi passi. Provo ad alzarmi per darmi un tono, ma le braccia tremano come foglie. Decido di sfoderare la carta dell’ironia per scacciare via l’imbarazzo.

“Ah, Cam… scusami! Nella mia testa avrei dovuto atterrare elegantemente, come fai sempre tu, ma nella pratica ti sarò sembrata un sacco di patate, vero?! Ahahahahaha!!!” rido per stemperare la tensione. In verità vorrei scavarmi una fossa per la vergogna. Camus si ferma a pochi passi da me, il volto un coacervo di emozioni varie, che probabilmente non riesco a comprendere, i muscoli rigidi, come se si fosse mummificato sul posto.

“Davvero, mi spiace… cerco sempre di prenderti come esempio, perché ammiro i tuoi modi eleganti e raffinati, ma per quanto ci provi non riesco, sembro tanto un...”

“DANNAZIONE! Hai il cervello di una formica, Marta?!?”

“Eh?”

“TI HO CHIESTO SE HAI IL CERVELLO DI UNA FORMICA DA QUANTO NON RAGIONI!!!”

Silenzio intorno dopo l’esclamazione di mio fratello, ora con il fiato corto e intento a squadrarmi da capo a piedi con un’espressione quasi di odio. Mi pietrifico all’istante.

“Ragazzina, esigo una risposta: perché diavolo sei andata proprio lì, senza neanche avvertimi, senza dirmi nulla?!? Dove diavolo ce l’hai la testa?! Lo fai di proposito?!?” grida ancora, completamente fuori di sé dalla rabbia. Ingoio a vuoto, incrociando le braccia davanti al petto, sono quasi singhiozzante. Non mi aspettavo una reazione così esorbitante e la cosa più sciocca è che non riesco nemmeno a connettere il motivo per cui lui se la sia presa tanto.

“RISPONDIMI: LO FAI APPOSTA?!?”

“Io… cosa ti dovrei dire?” pigolo, gli occhi lucidi, la tremarella e il pianto trattenuto a forza.

“Vai sempre dove non devi andare, che io te lo dica espressamente oppure no, non c’è una volta, CHE DICO UNA, che fai come vorrei… NO, sempre a seguire il tuo cervello sciocco e volubile, sembra davvero tu lo faccia apposta per terrorizzare me!” continua il suo rimprovero, avvicinandosi ulteriormente e frastornandomi ancora di più.

Ingoio nuovamente a vuoto, tremando ancora di più, ormai il gelo è dappertutto.

“Io… io sentivo questo richiamo che mi ha detto di immergermi e...”

“POTEVI MORIRE, MARTA!”

La sua scarsa fiducia nella mia forza mi offende, portandomi a sfidare il suo sguardo, ora temerario.

“Non sono così debole, governo il ghiaccio come te, inoltre mi sono notevolmente rinforzata in questi due mesi. Che bisogno c’era di...”

“ISAAC E’ MORTO PROPRIO QUI E AVEVA BEN PIU’ ESPERIENZA DI TE A RIGUARDO! - urla ancora lui, sovrastandomi completamente, furente. Taccio, completamente prostrata – La corrente del gelido mare della Siberia Orientale non perdona. Non importa quanta esperienza tu abbia, se Lei ti coglie, ti sovrasta, senza possibilità di appello! Sei stata una sciocca temeraria, oltretutto senza neanche un motivo ragionevole per farlo!”

Abbasso lo sguardo, rabbrividendo in seguito alle sue parole. Isaac è morto qui, quindi… non lo sapevo, per questo Camus è così furioso con me: sono andata dove non voleva e ha temuto per la mia sorte.

Un singhiozzo a stento trattenuto fuoriesce, non voluto, dalle mie labbra, tremanti come non mai. La gola dolorante. E rimango lì, per terra, gli avambracci arrossati, le ginocchia totalmente doloranti, le dita intirizzite dal freddo; bagnata come un pulcino e vestita con il solito peplo, assolutamente non consona al luogo. Pallido ritratto di un qualcosa di patetico lasciato lì.

Camus nota il mio malessere, pertanto scioglie impercettibilmente la muscolatura, sospirando pesantemente come si fa quando il mulo, cocciuto, non vuole percorrere la mulattiera che ha davanti a sé.

Casse-toi, Marta, ho bisogno di stare un po’ da solo. Torna all’isba e lì rimanici, intesi?!” mi sibila a mo’ di avvertimento, regalandomi un’occhiata che non ammette repliche.

Annuisco silenziosamente, alzandomi in piedi con fatica per poi dirigermi, a capo chino, verso il luogo indicatomi. Lo sguardo di mio fratello fisso sulla mia figura.

 

* * *

 

 

Sospiro rumorosamente dalle vetrate della finestra, assistendo alla luce morente che, in un ultimo inutile sforzo di resistere, irradia l’ambiente di fuori, rendendo splendente il terreno circostante, come in un sogno. Ho l’impressione che qui, contrariamente che in Italia e in Grecia, le giornate calino molto più in fretta, accelerando il processo verso l’oscurità perpetua. Anche a Bluegrad era così, lo rammento bene, portandomi ad uno stato di torpore ed inedia proprio all’affacciarsi della brutta stagione.

Mi rimetto faticosamente in piedi, alzandomi dalla specie di divanetto situato proprio sotto la finestra. Sono ancora dolorante, ho male alle articolazioni e bruciore sulle braccia e sulle gambe, laddove dei lunghi segni rossi, striati, hanno fatto capolino: delle vere e proprie scottature, non c’è che dire!

Fisso attonita la casa, così silenziosa senza Camus, che pure parla raramente, ma per lo meno compie azioni, si muove, insomma, vive… Mi ha strigliato per benino stamattina e, da allora, non ha più fatto ritorno. Ormai è sera.

Se penso alla sua espressione terrorizzata mentre mi sgridava sento come una fitta al cuore. Non volevo spaventarlo a quel punto, ma ha ragione: nolenti o dolenti faccio sempre ciò che non vuole, consapevolmente o no, ma come potevo immaginare che Isaac fosse morto là sotto?!? E come, poi? Quel poco che mi ha raccontato Camus su di lui, lo ha dipinto come una persona forte, risoluta, probabilmente più dello stesso Hyoga. E allora come…

Un rumore sordo e improvviso, di una porta che si apre, mi arriva alle orecchie, portandomi istintivamente a scattare per celare il mio volto, ancora tremendamente imbarazzato, al nuovo venuto che so per certo trattarsi di Camus. Il suono dei suoi passi leggeri infatti risuona per tutta l’isba, ma non una sillaba viene proferita dalle sue labbra. Meglio così, non saprei come affrontarlo ora, mi vergognerei troppo. Pur non guardandolo direttamente, provo ad intuire le sue mosse, facendomi aiutare dagli altri sensi. Credo avesse qualcosa con sé, perché ho avvertito distintamente il suono di un sacchetto posato sul tavolo, seguito dagli onnipresenti passi che continuano a girare per la stanza. Dopo questo, è un continuo aprire e chiudere di sportelli, cassetti e cassettini… deve aver comprato molto, eh?!

Una volta finite le sue manovre, il silenzio assoluto ritorna nell’isba, trasmettendomi un bel po’ di disagio mentre mi ostino a fissare il paesaggio, che ormai si sta spegnendo, fuori dall’isba. Un nuovo fruscio mi fa capire che Camus ha di nuovo lasciato la stanza ed è andato di là, ancora non so a fare cosa. Proprio quando inizio a pensare che la giornata si concluderà così, nell’assoluto mutismo di ambedue, la voce cristallina di mio fratello irrompe nelle mie orecchie, chiamandomi a gran voce.

“Ragazzina pestifera, vieni qui!”

Lentamente scendo dal mio giaciglio, dirigendomi a capo chino in cucina, le movenze e il viso non dissimili da un cane che si sente tremendamente colpevole. Mi affaccio alla stanza, notando Camus in posizione eretta vicino al tavolo che, con un cenno del capo, mi indica insieme la sedia su cui sedermi. In mano tiene un oggetto non ben identificato, ma è il suo volto a destare il mio interesse: non sembra più furioso come prima, ma neanche perfettamente sereno, spingendomi a credere che la rabbia non gli sia ancora completamente passata. In ogni caso eseguo, docile, quanto richiesto.

“Ah, allora, ogni tanto fai quanto ti chiedo!” ironizza lui, regalandomi un buffetto sulla guancia più intenso del solito, tanto da lasciarmi il segno. Non rispondo nulla, limitandomi a fissare il vuoto alla mia destra, ancora troppo imbarazzata per avere un raffronto con lui.

Camus nel mentre mi prende delicatamente il braccio destro tra le sue dita, osservando, con sguardo clinico, l’entità del danno causato dall’attrito con il ghiaccio, poi, sempre silenziosamente, mi spalma sulle bruciature una crema di colore giallognolo dal tubicino che teneva nell’altra mano. Il contatto della pomata contro la mia pelle martoriata mi regala una stilettata di bruciore più forte, ma non lo do a vedere, rimanendo a capo chino ad osservare le sue manovre. Deve essere andato a comprare questo unguento proprio per me, nonostante la rabbia. Vorrei ringraziarlo calorosamente, tuttavia provo ancora un’immensa vergogna alla sola idea di rivolgergli la parola.

Passano minuti interminabili, dove entrambi siamo presi dai nostri pensieri e azioni; dopo la medicatura e il conseguente bendaggio per proteggere le zone arrossate, Camus si alza in piedi, scoccandomi una breve occhiata, prima di voltarsi.

“Può darsi che stanotte ti bruci ancora un po’, ma domani il fastidio dovrebbe attenuarsi parecchio!” mi spiega, guardando fuori dalla finestra.

“Va bene...”

“E poi… scusami per prima!”

Lo fisso sgomenta, rizzando la schiena, mentre le sue mani, prima inerti lungo i fianchi, si stringono violentemente, imbiancando le nocche.

“Non avevo alcuna ragione valida per trattarti così, non ti avevo nemmeno avvertito sulla pericolosità delle correnti sottomarine, eppure ti ho attaccato senza nemmeno darti il tempo per spiegare. La verità è che… mi hai spaventato tremendamente, Marta, ma prima di gridarti di tutto avrei dovuto mantenere il sangue freddo e chiederti delucidazioni” continua la sua spiegazione, il viso finemente accarezzato dalla luce artificiale. Distante… così tremendamente distante.

Non vedo completamente il suo viso, tuttavia il suo malessere lo avverto pienamente, perché è ben concreto davanti a me. I suoi occhi, fissi a guardare un punto indefinito fuori dalla finestra, ma ancora di più, fissi a guardare qualcosa che non esiste più e che si è materializzato nella sua mente. Una vera e propria emanazione di una sofferenza atrocemente costante.

Mi alzo lentamente in piedi con l’intento di riscuoterlo, ma la sua voce, metallica, giunge automaticamente alle mie orecchie, parafrasi del suo desiderio di parlare e di… avermi vicino.

“In quest’ultimo mese noi… non abbiamo avuto molte occasioni di confronto, le poche che ci sono state abbiamo quasi sempre discusso alzando i toni più del dovuto. E comunque… io mi rivolgevo a te, ma tu non eri lì, bensì da tutt’altra parte. Avevi un disperato bisogno di aiuto, di qualcuno che ti scrollasse e che ti riportasse in superficie, come tu avevi fatto con me, ma io… non ne sono stato in grado!”

Continua a darmi le spalle e mi sembra che il suo corpo tremi, così come la sua voce così difficile da far uscire. Eppure sento che deve continuare il suo monologo, sento che VUOLE continuare a parlare, malgrado l’enorme difficoltà che ciò gli procura.

“Del resto… come potevo anche solo lontanamente raggiungerti? - continua infatti, nervosamente – Hai scelto di stare con me, hai scelto di continuare a prenderti cura di me, come già hai fatto in questi pochi mesi di conoscenza con infinita dolcezza e con il tuo modo di fare che mi riscalda il cuore… tuttavia, da quando siamo tornati, tutto questo si è volatilizzato all’istante. Stai soffrendo perché io non sono riuscito, da solo, a evitare che la mia anima finisse in pezzi, vero? Come potevo anche solo… parlarti?! Non piangevi, ma avevi l’aria di chi trattenesse a stento le lacrime; eri davanti a noi, ma distante anni luce. Non potevo afferrarti, non potevo fare nulla, tranne pentirmi per la voragine che ti stava risucchiando e che io non riuscivo minimamente a far regredire!”

Lo guardo in silenzio, non sapendo come reagire per consolarlo e, di nuovo, questo muro di ghiaccio che avverto tra noi, tra me e il mondo, tra me e gli altri, eretto per autodifesa senza che la volontà ci potesse mettere becco, soffoca le mie parole in gola, impedendogli di uscire. E’ straziante avere l’universo da dire e non poterlo fare, nonostante ciò che è successo tra noi. Camus stava per morire e sono riuscita a salvarlo, riportandolo, come promesso, al calore della vita, al tepore del sole e al presente. Da adesso in poi, si meriterebbe ogni bene, per tutto quello che ha passato, ed entrambi ci meriteremmo di godere della vicinanza reciproca dopo tutti questi anni di separazione. Lo so, l’ho sempre saputo, o forse… credevo di saperlo, poiché, malgrado questo, io non ho fatto altro che fuggire, procurandogli un dolore intenso e ingiustificato dopo tutto quello che aveva già passato. Non deve accadere mai più… mai più, che io perda di vista le persone al mio fianco, il mondo reale per le ombre del passato; un passato che non esiste più, mentre io ancora vivo. Qui. Insieme agli altri.

“Camus...”

“Perdonami, sto continuando a tergiversare… in verità volevo semplicemente chiederti scusa per il mio modo di fare di prima. Non sapevi… non sapevi della pericolosità delle correnti, né della morte di Isaac, poiché è un ricordo che, a forza, ho sempre cercato di seppellire dentro di me, tentando di far tacere l’urlo straziante che, di volta in volta, sento provenire ancora da lui, che mi rimprovera di non essere stato all’altezza delle sue aspettative. - mi interrompe, sempre girato di spalle – Ma tu sei la mia sorellina, Marta! Voglio… voglio, con tutto il cuore, raccontarti di me, della mia vita in questi anni, di quello che per me è stato diventare Cavaliere e poi Maestro. Sei il mio bene più prezioso, non posso, né voglio, nasconderti più niente!”

“Ne vuoi parlare ora? Di Isaac, intendo”

“Sì, io...”

E tuttavia tace, il petto ansante, come a voler celare un grosso singhiozzo dentro di sé. Questo fatto mi porta direttamente a comprendere l’enorme peso che mio fratello racchiude dentro di sé, il bene che voleva ad Isaac, discepolo prediletto, e ancora di più è chiara una cosa: Camus dell’Acquario, diventato Cavaliere d’Oro da fanciullo, e Maestro a soli 13 anni, non ha mai pianto per il giovane allievo perso tra i flutti; non poteva in alcun modo piangere, non con l’altro allievo da crescere.

“Camus, io… sono con te, lo sai. Qualunque cosa tu voglia, o non voglia, dirmi, qualunque emozione tu voglia esprimere, io la accoglierò con il massimo della dolcezza, poiché questa è l’epoca in cui ho scelto di stare” gli sussurro con voce soave, stringendogli la mano.

Camus mi osserva, silente, un poco sollevato, nell'espressione del viso, nel avvertirmi finalmente presente accanto a lui, non in un altro luogo.

“Sì, lo so che non avrei ragione per dirti queste cose. Per un mese intero mi sono allontanata da voi, da tutti, al punto di rifiutare qualsiasi ravvicinamento"

"Stavi comprensibilmente soffrendo..." tenta di rassicurarmi lui, con voce fioca.

"Sì, io… io non riuscivo proprio a guardarvi, non riuscivo a ripartire, perché il tempo, in me, si era fermato per sempre, o almeno così credevo… - ironizzo, arrossendo un poco – Ma ti ho scelto, sai, Cam? Proprio tu, che sei la persona più importante della mia vita! Non importa se non sia rimasto nulla di Dègel in te, ma sei tu, Camus il Cavaliere d’Oro dell’Acquario, ed io ho scelto proprio Camus, nessun altro!"

“Marta… - mi chiama lui, raschiandosi la gola e fissando il suo sguardo nel mio, ora limpidamente caldo – So che non mi abbandonerai, non l’hai mai fatto, neppure quando la situazione era disperata ed io ero tanto, tanto, lontano e stremato, mentre sprofondavo in quel nero di petrolio che mi soffocava, occludendomi tutti i pori della pelle. Neanche lì mi hai lasciato, stringendo la mia mano con forza e riportandomi in superficie. So perfettamente che hai scelto di rimanere al mio fianco, salvando la mia anima, eppure… eppure..." esita a corto di parole.

"Eppure?"

"Ho... avuto anche io... paura di perderti, piccola..."

Il suo tono di voce incrina qualcosa dentro me, ancora una volta, quasi mi si spezza il respiro, le sue emozioni si confondono con le mie, e la sensazione di vuoto, di perdita si fa largo in me.

“Non succederà più, te lo prometto! Perdonami… perdonami per essere stata così distante in questo mese. Ne hai passate tante, troppe, eppure io, come una mammalucca, mi sono fatta abbattere dalle avversità, dimenticandomi, per un attimo, che è il fatto di averti al mio fianco ad avermi spinto ad andare avanti e diventare sempre più forte!”

“Va bene così, Marta… ciò che hai passato è normale. Spero solo che, col tempo, questo tremendo dolore che provi si possa attenuare. Io, Michela, Francesca, Sonia e Milo, anche se non siamo Dégel e Cardia, per te ci saremo sempre. Non possiamo riempire la voragine che ti han lasciato loro due, ma ti vogliamo comunque bene, cerca di non dimenticarlo mai!” mi rassicura lui, stringendomi contro il suo petto e socchiudendo gli occhi per assaporare meglio quel contatto ritrovato. Gli sorrido di rimando, affondando il mio viso contro di lui, tornando a respirare a pieni polmoni.

"Fratellino..."

"Fai parte della mia famiglia, ne sei... il basamento portante, ricordalo sempre, piccola mia!"

Annuisco, emozionata. Poco dopo, forse imbarazzandosi, si stacca leggermente, scompigliandomi i capelli con affetto e regalandomi un altro sorriso intenerito, prima di darmi le spalle:

“E ora vai a lavarti le mani e a mettere su tavola, che ho preso del pesce fresco. Sai, Francesca mi aveva riferito che ne vai matta, così, già che ci siamo, durante la cena, mi spieghi anche cosa ti sia saltato in mente per buttarti nell'acqua a -1 grado come se niente fosse!” esclama, indicandomi la direzione del bagno e apprestandosi a dirigersi in cucina.

 

 

* * *

 

 

“…Poseidone, hai detto, il dio dei Mari?”

“Sì, è stato lui a chiamarmi lì, doveva parlarmi di una particolare questione sul Mago!”

“Comprendo, tuttavia… Poseidone è già stato sconfitto da Atena in quest’epoca, cosa vuole ordunque da noi, in questo momento?! Ha già ottenuto… ciò che cercava!” ribatte mio fratello, davvero preoccupato dopo la mia rivelazione.

Non gli ho nemmeno rivelato del potere dell’acqua di cui andava parlando il dio, però i suoi muscoli sono già tesi e rigidi, chiaro segno di un turbamento interiore.

Siamo seduti sul letto di Camus, dopo una cena leggera e sfiziosa al tempo stesso che è stata in grado di farmi tornare l’appetito. Mio fratello cucina benissimo, soprattutto il pesce, come se fosse un pescatore provetto. Ho ampiamente avuto modo di degustare le sua abilità ai fornelli, sapere che potrò continuare a farlo, da ora in avanti, mi provoca una gioia dolce e luminosa.

E tuttavia ora come non mai avverto nuovamente quel malessere strano in lui, lo sguardo perso a osservare le ombre del passato e gli occhi tristi, come il peso delle gocce di acqua piovana sulle foglie che appesantiscono la sua struttura e che, malgrado questo, non riescono a scivolare a terra.

“Camus, tutto bene?” gli chiedo, prendendogli delicatamente la mano tra le mie per accarezzargli il palmo. Camus si riscuote improvvisamente, trasalendo non poco e scrollando in fretta e furia la testa nel tentativo di rimuovere per sempre qualcosa di fin troppo doloroso e che tuttavia ha attecchito in profondità.

“Marta, non sono stato completamente sincero con te... - mi dice lui, distante. Faccio per rispondergli che non sarebbe neanche una grossa novità, ma lui continua, desideroso di parlare – Mi sto riferendo ad Isaac… non è vero che è morto in quelle acque, in verità lui… è finito tra le schiere di Poseidone, dopo quel fatto”.

Un singulto mi sfugge dalle labbra, mentre i pensieri per la testa iniziano a vorticare. Ora ha anche senso ciò che mi ha detto Poseidone, quindi il Kraken a cui si riferiva, lo scambio a cui ha fatto cenno… si trattava dell’allievo perduto di Camus!

“Poseidone ha accennato qualcosa, su Isaac, ha detto che è stato uno dei più valenti guerrieri delle sue schiere, determinato e inflessibile contro tutto ciò che ostacolava il suo ideale di giustizia. Sembrava… contento di lui!” asserisco tiepidamente, sapendo perfettamente di star calpestando un suolo delicato.

Camus mi fissa per alcuni secondi, un misto tra la prostrazione e lo stupore, poi torna a fissare il pavimento, perso nei ricordi.

“Sì… era esattamente così il mio ometto! Caparbio e un poco incosciente, ma deciso nelle sue scelte, tanto da avere ben chiaro il suo ideale da seguire. Voleva diventare un perfetto Cavaliere di Atena, dedito alla giustizia e intransigente nei confronti del nemico. E’ stato… il mio migliore allievo!” mi spiega lui, con una punta di orgoglio.

Non fiato, in attesa che prosegua, perché so che lo farà, con i suoi tempi. Così infatti avviene. Per prima cosa, mi racconta che Hyoga e Isaac non sono stati i suoi unici discepoli, altri sono venuti prima di loro, morti o dispersi nel giro di pochissimo… e, del resto, la Siberia Orientale non perdona. Però su questo argomento, gli altri discepoli, è comunque molto vago, sembra quasi che non ne voglia parlare. Rispetto questo suo volere senza porrre ulteriori quesiti.

Poi mi narra di Isaac, della sua straordinaria attitudine alla fatica, ai suoi ideali già da Cavaliere, malgrado la giovane età, e dell’anno che han passato soli lui e il piccolo prima dell’arrivo di Hyoga, personalità del tutto agli antipodi se paragonata a quella di Isaac.

“Sai, Hyoga ha perso la madre in un incidente navale qui vicino. E’ sprofondata negli abissi, permettendo al suo corpo di non essere corrotto dalla decomposizione. Il sogno di Hyoga è sempre stato quello di recuperare il suo cadavere. Per farlo, credo che qualcuno gli abbia accennato dei Cavalieri di Atena e lui si è fissato di diventare tale per… sua madre… - prosegue nella sua storia Camus, non riuscendo a trattenere uno sbuffo contrariato, e contrariato è il suo sguardo – Gli ho sempre detto che era una motivazione sciocca e lo rimproveravo, al punto di vietargli di nominare sua madre se non strettamente necessario. Era puerile, non avrebbe mai potuto diventare Cavaliere di Atena con quella mentalità, sarebbe morto prima, questo è quello che pensavo. La pietra grezza, se non elaborata, rimane una roccia comune; allo stesso tempo un potenziale non allenato diventa, oltre che inutile, un peso insostenibile, come l’abbandonarsi ai ricordi passati. Ne ero consapevole, glielo dissi, ma lui continuò per la sua strada ad inseguire il suo sogno. Sarebbe stato quindi Isaac ad ereditare l’armatura del Cigno, ne ero sempre più certo, ma parallelamente vedevo l’enorme potenzialità in Hyoga, non potevo arrendermi all’idea che quel ragazzo non sarebbe mai riuscito a sprigionare la sua reale forza per via dei suoi stupidi sentimentalismi!”

Continuo ad ascoltarlo con attenzione, mentre le immagini del sogno di ieri notte si rifanno strada in me. Anche quello, quindi, era un ricordo reale appartenente a mio fratello, posso ancora percepire come mio l’immenso attrito provato quando Hyoga, per parlare della creatura leggendaria che rappresenta l’aurora, aveva tirato fuori la sua Mama, pur sapendo del divieto del maestro.

“E tuttavia, come spesso accade, qualcun altro ha scelto al posto mio chi sarebbe stato il vero possessore dell’armatura del Cigno. Che sia stata la casualità, il destino, o Poseidone stesso, non mi interessa. Per me… sono semplicemente state le decisioni sconsiderate di Hyoga e la conseguente reazione di Isaac a decretare le cose così come sono andate!”

Rabbrividisco istantaneamente nell'avvertire il cambio di tono di Camus, ora così aspro e provato. Ha smesso di fare la voce fuori campo per entrare prepotentemente nel racconto, la sua foga inaudita, la sua rabbia a stento malcelata, ha rotto gli argini, infischiandosene degli anni passati.

E, per la prima volta nitidamente, mi rendo conto che Camus dell’Acquario ha rigettato per tutta una vita questi sentimenti per non coinvolgere ancora di più l’amato Hyoga, per non gravare su di lui più di quanto egli non gravi su sé stesso. Camus dell’Acquario ha rifiutato per una vita questi sentimenti, esercitando l’autocontrollo e il raziocinio, ma la verità è che tutto questo mondo è ancora dentro di lui e sta implodendo, non avendo ancora mai trovato una valvola di sfogo da dove uscire.

“Quel giorno… io non ero presente in Siberia, perché ero stato chiamato dal Grande Sacerdote che, come ti abbiamo già raccontato, era l’usurpatore Saga, ma noi non lo sapevamo… - prosegue, rammaricato, schiarendosi la voce – Se solo… se solo fossi stato qui, le cose avrebbero forse potuto andare meglio...”

“In questo caso non avresti potuto, Camus, sei Cavalieri d’Oro, sei stato richiamato al Tempio, non potevi sapere...” lo provo a rassicurare, conoscendo anche fin troppo bene la sua abitudine a colpevolizzarsi.

“Non importa… ho valutato erroneamente l’attaccamento di Hyoga a sua madre, non dandogli il giusto peso e la conseguente gravità. E’ stato un mio preciso errore di valutazione – sospira, lo sguardo sfuggente in direzione del buio fuori incorniciato dalla finestra – Quel giorno Hyoga si reputò abbastanza forte per spaccare il ghiaccio e raggiungere sua madre… una grossa parte di lui voleva stare con lei per sempre, capisci? Voleva il suicidio… ed io non lo capii pienamente prima di allora, neanche Isaac, del resto, ma quel ragazzo… quel ragazzo, una volta che vide ciò che aveva fatto Hyoga, così desideroso di raggiungere sua madre e carpito successivamente dai flutti marini prima di poter arrivare al vascello, decise in un lampo: si buttò a sua volta nel gelido Mare della Siberia dell’Est per salvare il compagno e amico. Le correnti marine però… erano davvero troppo forti, persino per lui...”

Capisco in un istante, arrivando anche a comprendere l’origine di quell'immenso cratere in cui mi ero tuffata per parlare con Poseidone. Un singulto sfugge dalle mie labbra: quella piccola particella di cosmo, ricca del desiderio di salvare qualcuno di caro al proprio cuore, brilla ancora, seppur fievolmente, ed io l’ho percepita totalmente.

“Isaac… si è sacrificato per Hyoga ed è finito nel regno di Poseidone, vero? L’immensa spaccatura del ghiaccio, rotta dall'interno, è opera sua, è così?! Deve avere… deve avere usato tutte le sue energie per salvare l’amico, poiché forse… forse, con quella corrente, salvaguardarsi entrambi era impossibile. Isaac scelse Hyoga…”

Camus annuisce meccanicamente, le labbra tremanti che non emettono alcun suono e le palpebre contratte, istintivamente chiuse a volersi trattenere con tutte le forze. Fratellino, tu… non ce la puoi fare, sei al limite, vero?

“Io, ad Atene, avvertii l’immenso cosmo di Isaac esplodere in mille frammenti e disperdersi nell'infinito, per poi svanire completamente. Mi precipitai sul luogo del fatto, ma vi trovai solo Hyoga, riverso in stato di incoscienza e in gravi condizioni di ipotermia. Fu allora che realizzai quanto accaduto. Cercai, con il cosmo, sopra e sotto il mare, alla ricerca dell’allievo perduto, per alcuni, disperati, secondi, ebbi anche la percezione di sentirlo pulsare in qualche luogo, ma poi svanì, nel nulla… - biascica, tremando sempre più in maniera incontrollata – Hyoga giaceva sul terreno ghiacciato della Siberia, un minuto di più e sarebbe morto, quindi… presi anche io la mia decisione, scelsi Hyoga, abbandonando inequivocabilmente Isaac al suo destino. Non potevo… non potevo in alcun modo farlo morire lì, il suo soffio vitale era così labile, le membra già rigide… Portai Hyoga nell’isba e abbandonai così le ricerche di Isaac, non percependolo più. Chissà… forse… forse se avessi ottusamente continuato a cercarlo… forse si sarebbe salvato, invece lo delusi, IO, lo delusi, lui che, sopra ogni altra cosa, desiderava essere all'altezza delle mie aspettative...”

“Se ti fossi intestardito a cercarlo, difficilmente lo avresti trovato, e Hyoga sarebbe morto senza le cure necessarie. In questi casi, è difficile prendere la decisione migliore e, spesso, la scelta non è comunque scevra da rimpianti… Hai fatto bene, Cam… non potevi raggiungere Isaac in ogni caso e hai salvato Hyoga, guarda come è cresciuto ora, quel ragazzo… il merito è stato tuo! Posso solo immaginare quanto sia stato doloroso, però davvero tu devi essere orgoglioso di te stesso!” lo provo a rincuorare, cercando di afferrargli una mano, che trovo gelida.

“Marta io… l’ho perduto! L’ho abbandonato al suo destino, portando conseguentemente Poseidone a impossessarsi di lui con le sue grinfie, lui, che desiderava così tanto diventare un Cavaliere di Atena, lui che non ha abbandonato Hyoga nel momento del bisogno, e che è stato invece abbandonato da me, che ero come un padre per lui. Questo non potrà mai essere cancellato, e… e...” si comincia ad agitare Camus, ormai pressato da quei continui sentimenti che a forza vogliono fuoriuscire.

“Ohi! Ohi! Fratellino, guardami… - gli prendo a forza il volto, costringendolo a fissarmi – Perché Isaac si è unito a Poseidone? Che ragioni aveva? Era perché si è sentito abbandonato da te, o cosa? Un motivo ci deve essere e inoltre… è Hyoga che ti ha raccontato questo? E’ Hyoga che l’ha affrontato? Tu lo pensavi morto, e invece…”

“Sì, lo credevo morto e Hyoga mi ha riferito questo solo a posteriori, spiegandomi le motivazioni. E’ stato Hyoga ad ucciderlo, come avrebbe fatto un qualsiasi Cavaliere di Atena davanti a un nemico dell’umanità, ma non mi va… non mi va di raccontarti anche questo ora"

"Va bene, non ti devi sforzare se non te la senti"

"N-non so perché abbia tradito i miei insegnamenti, non so perché si sia unito a... Poseidone... non so, davvero non so!"

"E' stato forse plagiato?"

"NO, IMPOSSIBILE! - il suo tono sale fino a quasi strozzarsi, mi spaventa la sua reazione violenta, quasi da farmi chiudere a bozzolo, ma per fortuna è di breve durata - Scusami, Marta, non volevo..." biascica poi, pentendosi subito dopo.

“Va tutto bene… - taglio corto io, capendo che parlarne oltre potrebbe solo farlo soffrire di più, nel mentre mi allontano di un poco, permettendo al suo viso di girarsi in direzione opposta nell'estremo tentativo abituale di nascondere i suoi sentimenti – Camus… coricati un po’ sul letto, sei stremato...” gli consiglio, non sfuggendo al mio sguardo i suoi occhi lucidi. Le lacrime gli imperlano le palpebre, ma non c’è verso di farle scendere.

“Marta…” si volta verso di me, l’espressione di un bambino che sta sperimentando il suo primo lutto.

“No, niente ‘sto bene’ o altre cazzate varie, eh… mi hai rivelato questo enorme peso che ti affligge, ora, come minimo, ti farò compagnia tutta la notte, sappilo!” ribatto, cercando di sorridere raggiante. Non posso certo lasciarlo solo, men che meno in un simile momento e in un luogo denso di ricordi come questo.

Camus inaspettatamente ridacchia tiepidamente, dandomi una occhiata ricca di affetto.

“Che ti succede? Sembri un po’ Milo, quando, da piccolo, avevo paura di qualcosa e me lo ritrovavo abbarbicato nel letto. Rifiutava di andarsene, fintanto che sul mio viso persisteva a rimanere una espressione così triste!” afferma lui, sdraiandosi sul letto senza smettere di guardarmi.

Poco dopo lo seguo a ruota, posizionandomi proprio davanti a lui in modo di essere fronte a fronte, così vicini l’uno all'altro. Lui si rannicchia su sé stesso, piegando le braccia davanti al petto, gesto che mi spinge a passargli una mano tra i capelli per poi stringerlo in un abbraccio.

“Va tutto bene, Cam, sono qui! Immagino… immagino che tu ti sia tenuto tutto dentro pure allora. D'altronde, come potevi lasciarti abbattere quando Hyoga dipendeva da te? Come potevi arrabbiarti con lui, quando già lui avrebbe voluto espiare le sue colpe con la morte? Come potevi… piangere, quando già Hyoga, con ogni probabilità, lo avrà fatto nei giorni successivi all'incidente? - chiedo retoricamente, abbracciandolo con delicatezza e affondando il mio viso nella sua folta chioma. Uno spasmo fuoriesce, tumefatto, da lui – Già… ti sarai tenuto tutto dentro, DOVEVI tenerti tutto dentro, e quel peso si è inasprito senza mai abbandonarti, riaffiorando a forza nei momenti meno adeguati. Per quante volte hai rigettato indietro le lacrime, Camus? Ma ora sei qui… puoi farlo finalmente, se ne senti il bisogno, nessuno lo potrà vedere, ed io non lo racconterò di certo. Fallo, fratellino, manifesta il lutto che ti sei portato dietro per il tuo allievo prediletto, senza più alcuna esitazione!”

“Come fai… come fai a leggere così bene nel mio cuore, piccola mia? Riesci... riesci, così agevolmente, a rassicurarmi con poche, semplici, parole. Come puoi... come puoi accarezzare, con così tanta dolcezza, la mia anima? Non ho fatto nulla per meritarti, eppure... eppure sei qui, vicino a me, perché hai scelto di rimanere qui, a combattere al mio fianco..." biascica lui, in tono rotto ma senza lacrime.

"E' così, io...ho scelto te, non ho rimpianti!"

"Eppure abbiamo lo stesso potere, ma tu... tu riesci proprio a... leggermi...dentro!"

Non ribatto ma lo stringo ancora con più forza a me, socchiudendo gli occhi, Camus si lascia coccolare ancora un po’, inspirando ed espirando profondamente nel tentativo di darsi un contegno, ma lo sento palpitare, di nuovo, prima di sforzarsi di continuare a parlare.

"Mi chiamava... papà... negli ultimi mesi, il mio Isaac, ed io... io n-non ero in grado di ricambiare a voce quella parola, che pure mi emozionava tantissimo, n-non ci riuscivo e... non glielo ho mai detto ma... era lo stesso per me, era mio... figlio! - prova a spiegarmi con sempre maggiori difficoltà, ormai quasi del tutto incapace a trattenersi - Non glielo ho mai detto, Marta... quanto lui fosse importante e speciale p-per me, n-non mi perdonerà mai per questo, n-non..."

"Ma lui lo sapeva di certo, Camus! Le tue emozioni si vedono nei tuoi occhi, nei tuoi gesti, anche se hai così difficoltà ad esprimerli!" continuo con voce di miele, lisciandogli i capelli per provare a tranquillizzarlo. Lui singhiozza, una volta ancora, prima di aumentare la stretta su di me per sentirmi tangibile vicina a lui.

"Stai tranquillo, piccolo... il dolore che provi dimostra la tua straordinaria umanità, non sei debole, Cam! Ma hai resistito fin troppo, rifiutandoti di cedere e ora hai bisogno di dare un minimo di sfogo alle emozioni che ti sei portato dietro per tutti questi anni!" sussurro, posandogli un bacio trai capelli. Lui annuisce ancora debolmente, prima di prendere un profondo respiro e continuare.

“Io… avrei davvero voluto continuare a crescere quei due ragazzi, lo desideravo con tutto il cuore e gli volevo bene… Ora non ho che Hyoga, della vecchia guardia, e sono orgoglioso di lui, ma non sai cosa darei per incontrare ancora una volta Isaac e dirgli cosa è stato lui per me... - continua, con estrema fatica, trattenendosi ormai a stento, prima di aggiungere un'altra cosa - ” Mi... mi manca così tanto, piccola mia... a parole non riescono a spiegare l'enorme voragine che percepisco dentro di me nel non averlo più qui... ed è stata tutta colpa mia!"

“Vorrei rassicurarti e dirti che tutto questo passerà e che starai presto meglio, ma so che è impossibile... Quando perdiamo delle persone care, non sarà mai come prima, lo percepirai sempre questo vuoto dentro di te, ma puoi lasciarlo sfiatare qualche volta - gli confesso, desiderando che non si senta solo in questo momento così delicato - Però, Cam, se il vuoto non può essere riparato, qualcosa invece puoi fare per il senso di colpa, tu non c'entri in alcun modo, Isaac ha reagito così, per salvare Hyoga, perché aveva un maestro meraviglioso e dal cuore grande come te, che gli ha insegnato ad amare in un modo del tutto speciale, io... ne sono convinta! Non hai nulla di cui rimproverarti... hai reso uomini due giovani ragazzi, sei stato eccezionale, fratellino! Io... sono fiera di te, ed orgogliosa sopra ogni dire di essere tua sorella!” gli sussurro ancora, tremando con forza. Anche il suo corpo palpita senza potersi fermarsi.

Avverto maggiormente le sue emozioni, come se fossero le mie, è davvero difficile resistere, non cedere, perché tutto ciò che lui sta provando passa attraverso me, ma non posso assolutamente piangere, è lui ad aver bisogno di un sostegno!

"Marta?" mi chiama lui, accarezzandomi la schiena, sentendomi tremare, fortunatamente, però, per come siamo posizionati, non riesce a scorgere il mio viso.

"Stai tranquillo, va tutto bene..."

"N-no... stai vibrando e hai la voce ovattata, quasi come se stessi piangendo, cosa..?"

"V-va tutto bene, Cam, davvero, ho... ho preso solo un po' di freddo - mi affretto a nascondere il mio coinvolgimento, ripotandolo sotto il controllo della ragione - Chiudi gli occhi e riposa, sei molto stanco..." aggiungo, baciandogli brevemente la nuca.

Camus annuisce ancora, rimanendo avvolto tra le mie braccia, il viso nascosto contro il mio petto. Minuti passano e lo avverto ancora irrequieto e tremante, come un gattino tutto bagnato. So che la mia vicinanza gli fa piacere, lo posso ben avvertire, e faccio di tutto per farlo sentire al sicuro. Finalmente dopo un altro po' il suo corpo si placa, stremato, forse, dall'aver trattenuto per troppo tempo quei sentimenti. Le sue dita stringono ancora con forza il mio corpo, trattengono il tessuto del mio peplo come se fossi l'ultimo appiglio.

Infine lo sento cedere, il respiro si fa via via sempre più profondo, i muscoli si sciolgono, nonostante quelli delle braccia mi trattengano sempre con un cipiglio di disperazione. Lo continuo ad accarezzare sulla schiena, avvertendo il leggero tessuto della maglia leggermente sollevata sul bordo dei pantaloni. Mi permetto di sfiorargli appena la pelle tiepida, ben sapendo quanto non gli piaccia essere toccato lì.

Così come si è messo, non posso vedere direttamente il suo volto, ma lo credo finalmente addormentato, almeno fino a quando, per scorgergli il viso, non mi sposto di un poco, consentendo così a lui di aggiungere ancora poche, impastate, parole.

“Marta… grazie! Mi hai salvato… in tutti i modi in cui un uomo può essere salvato...”

Mi immobilizzo all'istante, mentre il significato di quelle parole, calde come non mai, si fa largo in me, riscaldandomi il cuore.

 

Ci riuscirai... ci riuscirai in qualche modo, perché ne sei in grado! Io sarò al tuo fianco; sotto un’altra forma, è vero, ma ti basterà aprire gli occhi per vedermi, ti basterà alzare il braccio per toccarmi, e sarò lì, sempre e comunque!

 

Automaticamente sorrido, guardando con dolcezza il suo viso ormai addormentato, le lacrime che infine hanno trovato la propria strada, fermandosi tra le gote e il solco del naso, immote. Gliele asciugo con i pollici, passandogli le dita sul volto ancora un poco sofferente per spazzare via del tutto quella spietata tristezza che lo ha accompagnato per tanti, troppi, anni. Forse secoli…

“Avevi ragione, Dégel, come sempre! Non hai mai lasciato il mio fianco!” mormoro al vuoto, nello stesso momento in cui anche le mie, di lacrime, trovano la via, appannandomi la vista. Questa volta non le trattengo, lasciandogli libero accesso a solcare la mia pelle.

Ritorno a scrutare il volto di mio fratello, che sta respirando profondamente per via del sonno, non smettendo di accarezzargli la fronte e i lunghi capelli. Le braccia, ora piegate in maniere più naturale, ricordano timidamente un gatto addormentato appallottolato nella sua cesta, le ginocchia verso l'addome, come se volesse proteggere quella zona.

Quanta forza e quanta delicatezza, in un unico individuo! Camus appare, molto spesso, come i ghiacci perenni della banchisa che non si sciolgono mai e che per millenni sono rimasti indenni, lasciando ostinatamente che il tempo passato non li scalfisse minimamente. Eppure, persino in quell'immenso mare di neve compattata dalla pressione, un singolo fiocco languisce in una mano, dopo una breve agonia. Camus non è altro che uno di quei fiocchi, invincibile e determinato, con una volontà ferrea, ma, in fondo, delicato ed effimero come uno di essi.

Sorrido tra me e me, avvicinando le mie labbra alla fronte, prima di regalargli un leggero bacio: "Dormi, Camus, lo meriti... sei al sicuro adesso!" bisbiglio, quasi come una ninnananna.

Voleva davvero bene ad Isaac, si percepisce nitidamente, quanto vorrei... quanto vorrei che si potessero riabbracciare, in qualche modo! Sospiro, nell'impossibilità di poter agire per farlo stare meglio, nel farlo, torno ad asciugargli il volto, perché altre due lacrime sono calate dalle palpebre, ormai libere di agire senza il freno della ragione. Io proteggerò questo fiocco di neve, proteggerò il piccolo, grande, tesoro che mi sono scelta, nonostante le motivazioni personalistiche non siano degne di un Cavaliere di Atena, ma io, in fondo... mi reputo forse tale?!? No… eppure sono qui, per difendere le persone a me care e questo mondo meraviglioso in cui mi sono ritrovata a vivere. DEVO stare qui, e VOGLIO! La mia mente torna ad Isaac: davvero sarà morto?! Dove sarà il corpo e, soprattutto, non c'è davvero nessun modo per farli ritrovare? Del resto, già una volta il suo cosmo è scomparso da questa dimensione, eppure non era affatto morto... e se fosse come allora? I miei occhi si illuminano brevemente in una remota speranza.

“Sarò ancora più forte di così, Cam, e... se mai... se mai dovessi ritrovare il tuo Isaac, vivo in qualche modo, farò di tutto affinché voi possiate riabbracciarvi! - affermo con decisione, caparbia e un poco incosciente, esattamente come mi è stato descritto il migliore allievo di mio fratello - Non mi arrenderò per nulla al mondo, poiché io salvaguarderò questo timido fiocco di neve che ho scelto di proteggere. Non temere più nulla, non sei solo, non lo sarai mai più, lo giuro!”

 

 

* * *

 

 

17 settembre 2011, mattina

 

 

Non è ancora spuntata la luce del sole e tutto intorno a me è avvolto da una atmosfera plumbea, sfasata, quasi innaturale. Sono seduta sul ghiaccio e fisso con attenzione un grosso orso polare dall’altra parte della banchisa, probabilmente un maschio, avanzare con passo incalzante mentre scruta i dintorni. Non ne ho mai visto uno in libertà, vederlo gironzolare, padrone incontrastato della tundra, fa un certo effetto. Lentamente mi alzo, l’orso nota il mio movimento, malgrado la distanza, e rimane fisso a guardarmi per dei secondi interminabili. Poi, preferendo la prudenza, si allontana, la mente già concentrata su una possibile caccia.

Sono poco fuori dall’isba, non volendo far preoccupare Camus, ancora placidamente addormentato. Anche io mi sono goduta un leggero sonno al suo fianco, le mani istintivamente intrecciate con le sue per non farlo sentire solo. So perfettamente che, dormendo, non si sarà accorto di nulla, ma è stato come se una vocina mi supplicasse di rimanere lì vicino e rassicurarlo.

Sola, in mezzo alla tundra, il vento freddo che si insinua sotto il peplo, procurandomi un brivido, tuttavia mi sento più viva che mai, quasi rinata. Questi luoghi, in fondo, mi appartengono e, cosa ancora più importante, io appartengo a loro. E’ come se avvertissi il vento, il respiro del posto… proprio ora mi sta sussurrando che il sole sta per sorgere. E infatti, da qualche parte dietro di me, una tenue luce irradia i dintorni, riscaldandomi impercettibilmente la schiena. Il sole sta per nascere, lo avverto, appena sotto l’orizzonte…

Un fruscio dietro alle mie spalle, unito a dei passi ovattati, che assomigliano di più al pattinare sul ghiaccio che non al vero e proprio sprofondare nella neve umida. Proprio al momento giusto, non c’è che dire!

“Marta!”

Chiudo gli occhi e sorrido tra me e me, voltandomi con assoluta flemma verso di lui per poi riaprire le palpebre dopo aver aver compiuto un giro di 180 gradi.

“Camus!” dico solo, con sguardo caldo. Il sole varca solo adesso l’orizzonte, illuminandoci tenuemente prima di rischiare i dintorni bianchi, come tanti brillanti che, a seconda dell’illuminazione, donano una scintilla diversa.

Senza aggiungere altro abbandono la mia apparente compostezza per mettermi a correre nella sua direzione. Giunta a pochi passi da lui lo abbraccio con forza, obbligandolo involontariamente a puntellare i piedi per non perdere l’equilibrio. Non sono necessarie parole per fargli percepire la mia felicità.

“E la prima volta, da quando siamo tornati, che mi sorridi così raggiante… Marta...” esterna il suo pensiero Camus, raddrizzando un poco la testa per permettergli di vedermi meglio. Le sue braccia mi sorreggono con forza, poiché ho i piedi un poco sollevati da terra, ma entrambi non ce ne curiamo più di tanto.

“Anche tu… anche tu sembri più tranquillo ora!” ribatto, stampandogli un leggero bacio sulla guancia destra.

“Così è… grazie a te!” dice solo lui, sorridendo timidamente per poi posarmi a terra, la sua fronte contro la mia, in un gesto che, ormai, è diventato ‘nostro’. Entrambi sorridiamo.

Passano diversi minuti, prima che Camus decida di rompere nuovamente il silenzio, permanendo comunque nel contatto con me, così dolcemente vicino.

“Il Potere della Creazione, Marta… ti ho portato qui per questo, perché volevo parlartene personalmente. – afferma, un leggero disagio nel suo sguardo – Puoi… puoi ascoltarmi, di nuovo?”

“Non c’è neanche da chiederlo, fratellino! Vorrei… vorrei conoscere tutto di te, col tempo, e anche io… anche io ti racconterò di me!” ribatto, ingoiando a vuoto per l’emozione.

“Lo faremo, piccola mia, è una promessa! - mi arruffa i capelli lui, sorridendomi con dolcezza, prima di allontanarsi un poco da me e porgermi la mano – Vieni dunque con me e ti racconterò tutto, non qui, però. Questo posto è ricolmo di ricordi, troppi, soprattutto inerenti al Mondo Segreto del Santuario, il mio potere non c’entra nulla con tutto questo, è all’infuori di me, eppure così indissolubilmente dentro, intessuto nella mia anima. Ho bisogno di essere in un altro luogo!” prova a spiegare, in evidente disagio.

E’ chiaro che si vergogna di questo potere… eppure perché? ‘Potere della Creazione’ suona così dolce alle orecchie, portandomi alla mente qualcosa di magico e misterioso… forse per questo che non c’entra con l’essere Cavaliere?

Automaticamente gli prendo la mano, un poco tremante. Questa cosa qui, questa capacità… in qualche modo deve essere un peso insostenibile per lui!

“Se sei stanca… stavolta avvertimi! - mi avvisa, preparandosi a scattare alla velocità della luce – Non sei abituata a questi climi, per quanto tu sia abile e capace, non c’è nulla di male a fiaccarsi velocemente in questa landa desolata, anzi è perfettamente normale!”

Annuisco con la testa, dimostrando di aver capito, anche se ammettere di essere infreddolita e appesantita in un terreno che dovrebbe essere a me propizio mi scoccia. Camus mi sorride ancora una volta, prima di compiere il balzo nella luce assieme a me. Quando atterriamo, la rigidità ancora più accentuata del clima, mi fa capire di trovarci all’interno della tundra siberiana. Senza più parlare camminiamo nella neve, la sua mano sempre intrecciata con la mia. Il freddo penetra velocemente nelle ossa, irrigidendo le giunture e procurandomi una fitta atroce alla pelle esposta, quasi come se tanti spilli mi perforassero spietatamente. Faccio quindi un cenno a Camus per fargli capire che ho difficoltà, delle grosse difficoltà, lui annuisce e si ferma, aspettando che io mi abitui a questo freddo.

Cercando di non far notare che questo stato, per me, equivale ad una sconfitta, intercetto lo sguardo di mio fratello: malgrado tutto, sono pronta.

Camus annuisce meccanicamente, staccandosi da me di qualche passo e dandomi la schiena.

“In verità neanche io so bene spiegare la vera origine di questo potere, né perché sia in mio possesso fin dall’infanzia… questo voglio che sia chiaro, Marta, perché non te ne ho mai parlato soprattutto per questo. In ogni caso… - si prende una breve, quanto pesante, pausa – Forse è meglio una dimostrazione pratica!” sancisce, voltandosi nella mia direzione e distanziando i due palmi delle mani.

Rimango in trepida attesa, scorgendo la tensione sulla sua faccia, più o meno come una corda di violino. Intanto, tra i due palmi, una luce fioca e fredda diventa sempre più intensa, tremolando con sempre maggior forza. Ne sono irrimediabilmente carpita, associando quella strana manifestazione, non so perché, alla schiusa di un uovo. No ne comprendo bene l’origine, eppure, intuibilmente, è chiaro che si tratti di tutto un altro potere, completamente diverso dall’aria congelante vera e propria. Poco dopo, ancora coinvolta da quello strano fenomeno al punto di non prestare attenzione al resto, comincio a distinguere dei movimenti al suo interno. Sono… dei battiti d’ali?!?

“UAAARHH!!!” incespico nei piedi, quasi cadendo per terra, mentre il volatile, fatto di ghiaccio, spicca il volo per poi posarsi sul mio braccio sinistro. Rimango stupefatta a guardarlo, mentre l’uccellino, un pettirosso per la precisione, si comincia a pulire le ‘piume’, fatte altresì di ghiaccio proprio sul posatoio che si è scelto. Sono francamente sconvolta…

“Il… il pettirosso… è… è vivo?!” balbetto, squadrando Camus come si squadra un prestigiatore bravissimo di cui non si conosce il trucco.

“E’ più corretto dire che è animato...” mormora Camus, fisso sulla sua opera. Non sembra poter discostare l’attenzione dall’uccellino, ho come l’impressione che lo sforzo, per lui, sia più che eccessivo, ma può darsi che sia solo apparenza. Cerco di non dare peso al suo viso apparentemente fattosi pallido, tornando a concentrarmi sullo strano esserino.

“Puoi… puoi creare qualsiasi cosa e dargli vita?” lo interrogo, sempre più sbalordita.

“Posso creare qualsiasi cosa, purché l’abbia concepito la mia mente, sì, ma NON posso dargli vita… - risponde lui, un poco affaticato – Sono un semplice essere umano, Marta… non posso dare la vita da solo!”

“Eppure questo è un prodigio...”

“O una maledizione? Non saprei...”

Rimango in silenzio, non capendo la sua evidente paura. Una cosa così meravigliosa non può essere che una benedizione, non un anatema… come può anche solo considerarsi diabolica? E’ un potere eccelso, è vero, nelle mani sbagliate può distruggere, eppure è così genuinamente bello! Non so, più lo guardo più lo guarderei… questo splendido uccellino, che ha preso vita grazie alla mente di mio fratello… nessun essere umano può osare tanto, Camus sì, perché Camus è speciale, non può che essere così!

“Sai… da piccolo, quando tu eri ancora nella culla, lo usavo spesso per farti sorridere, e tu mi sorridevi con occhi grandi e limpidi… - prosegue Camus, mentre gli occhi vengono attraversati da una scintilla di tenerezza – E’ uno dei pochi ricordi che ho di noi due, io che, manipolando un qualcosa che non sapevo neanche cosa fosse, ti rendevo felice, inventando le forme più curiose e strane possibili. Tuttavia, crescendo, ho cominciato a sforzarmi di tenere a bada questo strano potere, rifiutando di utilizzarlo e cercando di relegarlo in qualche angolo remoto della mia mente, esattamente come facevo con i ricordi...”

“Perché hai soppresso una tale abilità invece di perfezionarla? Perché la nascondi, fratellino? Se puoi fare una cosa simile, sei un essere speciale, più speciale di quanto tu creda!”

Attendo spiegazioni, che tardano ad arrivare. Nello sguardo di Camus, ancora fisso nella sua opera, leggo uno sforzo sovrumano, ma stavolta non nel trovare le parole, ma nel mantenere quell’artificio.

“Perché ciò che creo ha una esistenza instabile...”

Un singulto sfugge dalla mia bocca. Sto cominciando a capire…

“Un secondo! Ciò che crei… non è frutto dell’aria congelata, vero? Voglio dire… non stai rallentando atomi già esistenti, li stai stabilizzando, poiché… poiché li hai creati tu! Non fanno dunque parte del mondo fisico...” esclamo, scandalizzata, comprendendo il tutto.

Camus annuisce, la luce fioca del luogo gli rischiara il viso, risaltando la fronte imperlata di sudore. Si sta davvero affaticando tantissimo, dovrei fermarlo, in qualche modo.

“E’ così, Marta! Ho… ho una paura atroce di questo potere!” biascica, il viso tirato.

Poi succede… la massa ghiacciata raggiunge il suo punto critico, crepandosi irrimediabilmente lungo l’ala sinistra fino alla coda, automaticamente compio un salto indietro, distruggendo d’impulso, con la mano destra, l’esistenza creata da mio fratello. Non un sussulto, non un urlo, a riprova che non si trattava di una cosa viva, tuttavia ne sono talmente dispiaciuta del mio gesto che sento pizzicarmi gli occhi: io ho disintegrato ciò che mio fratello aveva creato… perché? Perché ho agito così? Io non…

“Ugh...”

“Fratellino!”

Quasi in sincronia, Camus crolla a terra, cadendo in ginocchio e ansimando. Senza pensare oltre alla mia nefasta opera, corro a soccorrerlo per sincerarmi delle sue condizioni.

“Hai agito bene, Marta, anf… l’instabilità di quella creazione stava raggiungendo livelli critici, un solo secondo in più e...”

“Ma cosa stai dicendo, ora? Sei stremato, Camus, lo sforzo necessario per mantenere nel mondo fisico l’uccellino è stato troppo elevato, solo un mese fa eri in bilico tra la vita e la morte, ed io… io ho distrutto la tua...”

“Ti ho detto che hai fatto bene, anf, peste! - mi rincuora di nuovo lui, vezzeggiandomi il viso e arruffandomi i capelli – Ne ho perso il controllo, per cui andava distrutto e tu lo hai fatto, grazie!” ribatte lui, stringendomi a sé con il braccio destro. Automaticamente ricambio la stretta, spaventata dal suo continuo affanno.

“Camus… perché il Mago vuole questo potere? Lo sai?” gli chiedo, nascondendo il mio viso nell’incavo della spalla destra.

“Non lo so… ma ho delle supposizioni a riguardo...” inizia a dirmi, ma la sua voce mi appare distante, quasi oltre l’orizzonte degli eventi. Meccanicamente mi stacco leggermente da lui, avvertendo come innaturale il mio corpo e tutto ciò che sta intorno. Tanto per cominciare… il vento, che fino a poco fa sferzava i capelli, come può essere del tutto scomparso?

“Io penso che… il Potere della Creazione e l’aria congelante siano molto diversi come poteri, quasi… opposti!” continua lui, cercando di darsi un contegno.

Torno a concentrarmi sul suo viso, sebbene la sensazione di vuoto, in un mondo che dovrebbe essere pieno, si fa strada lungo di me. Uno squarcio dentro la struttura spazio-temporale… è come se lo percepissi, ma… come è potuto succede? E soprattutto: è possibile che Camus non se ne sia ancora accorto?

“Il fulcro dell’aria congelante… è lo Zero Assoluto, la temperatura minima raggiungibile, ma soltanto in teoria… in essa infatti il moto degli atomi è zero e ciò non è possibile in Fisica, lo sappiamo anche fin troppo bene. Tuttavia… raggiunto questo confine e, superato, in qualche modo, il varco, ciò che attende questa dimensione essenzialmente temporale, non può essere altro che la paralisi totale della struttura medesima della dimensione, ovvero il tempo stesso...”

“Q-questo significa che...”

“Sì, se qualcuno dovesse superare il confine fisico, varcando lo Zero Assoluto in maniera stabile e duratura, la struttura non avrebbe più senso di esistere e crollerebbe inequivocabilmente, perché avrebbe luogo un paradosso che farebbe collassare l’intera dimensione pertinente. Per questo motivo, persino chi possiede pienamente lo Zero Assoluto, come Hyoga, tende a non usarlo se non in casi strettamente necessari e indispensabili, se così non fosse, l’intero ecosistema della Terra ne risentirebbe!”

“Fratellino… cosa c’entra questo con il potere della Creazione?” gli chiedo, sempre più inquieta, ripensando che anche Dégel, ad Atlantide, aveva ragiunto lo Zero assoluto.

Camus mi scocca una occhiata grave, delle sue, di quelle che racchiudono una verità sconvolgente.

“Esistono innumerevoli multiuniversi oltre al nostro… ora, è vero che secondo alcuni il tempo, come concetto oggettivo, non esiste, ma rimane comunque il fatto che qualunque cosa creata ha un inizio e una fine. Poniamo ordunque il fatto che in uno di questi universi sia venerato come dio un Demiurgo giusto e puro, e poniamo sempre il caso che questo mondo, per qualche ragione, cada per effetto di un paradosso temporale… - si prende una breve pausa, tremando ulteriormente – Ne crollerebbe il tempo e il mondo arresterebbe il suo moto, sarebbe quindi una dimensione morta a tutti gli effetti. Ecco, in questo caso, solo una discrepante potrebbe riattivare quel mondo, ed è...”

“IL POTERE DELLA CREAZIONE!” ululo, totalmente sopraffatta da quella rivelazione. No, non può essere così! Significa che...

“E’ solo una teoria, Marta, non ti agitare così per me! E’ che… prima, quando il Mago era dentro il mio corpo, sentivo e vedevo cose che non appartenevano a me, immagini sfocate e instabili, nonché ombre. Al culmine del dolore, io… io ho udito più volte la parola Ipsias che, non so perché, ho abbinato automaticamente al nome del mondo da cui proviene il nostro nemico. Per questo ho pensato a questa eventualità, ma facilmente sono cose dettate solo dalla mia immaginazione, non ansarti!” mi prova a tranquillizzare lui.

No, invece, le ipotesi coincidono! Anche lui sa di Ipsias, glielo deve aver trasmesso inconsciamente il Demiurgo, può significare solo…

 

 

Ehi, Dégel, ma hai ululato qualcosa?!”

Non essere sciocco, Cardia, che ragione avrei di farlo?!”

 

Mi irrigidisco di botto, riconoscendo fin troppo bene quel vocalizzo giovanile e spensierato che può appartenere ad una sola persona. Fremo vistosamente, dirigendo il mio sguardo verso l’orizzonte, dove due figure ammantate si muovono nella neve.

 

Dégel! Sei sicuro che sia questa la direzione? Mi si congeleranno le dita prima di arrivare a Bluegrad!

Zitto e seguimi, Cardia! Per quale motivo credi che la grande Atena mi abbia scelto per questa missione?

Ed io che ne so, pensi che comprenda i piani divini?!?”

 

“Marta… Marta! Cosa ti succede ora? Cosa stai guardando verso l’orizzonte Laggiù non c’è niente, a parte...”

“Bluegrad, lo so...”

Un singulto sfugge alle sue labbra, mentre le sue pupille si dilatano, ricolme di paura.

Aveva ragione… Camus aveva ragione!

 

Lo so che sei cresciuto in questa terra ghiacciata, bella roba, aggiungerei, ma permettimi di avere dei dubbi se non si vede un cencio e tu vai spedito come non so cosa!” si lagna ancora Cardia.

Parlare con te è come dare le perle ai porci, a volte!”

Ma che simpatico...”

 

Nessuno di loro può vederci? Neanche Camus può? Sono solo io… l’unica che può assistere alla loro ultima marcia?

“Marta...”

“Camus… avevi ragione… avevi ragione su tutto!”

“I-io cosa? Mi stai facendo preoccupare!”

“Il tempo… si è fermato...”

 

Ad un certo punto Cardia si volta, non so come e non so nemmeno perché, verso la mia direzione, come se avesse percepito qualcosa. Spalanco le palpebre, tesa, mentre la sua espressione si fa sempre più stranita, corrucciata, poi, improvvisamente le labbra si dischiudono, incommensurabilmente mute davanti all’impossibile.

 

Rimaniamo a fissarci per un tempo indecifrabile, consapevoli di trovarci nello stesso luogo, ma in due epoche diverse.

No, il tempo non si è affatto fermato, si è… annullato! Per brevi istanti, è vero, ma è successo… Il potere di Camus, la sua perdita di controllo... possibile che solo tutto ciò abbia causato questo?!? E’ per questo… che ne ha il terrore?

“E’ una maledizione… è proprio una maledizione!” sussurro, sinceramente sconvolta. Di altro avviso appare invece l’immagine di Cardia davanti a me, ora sorridente e solare come non mai.

 

Sei infine apparsa… lo sapevo! Lo sapevo! Sapevo… che ti avrei rivista!”

Cardia, io...”

E parli anche, a quanto pare… bene, significa che l’ora è giunta, non è vero, Marta?”

Annuisco, gli occhi lucidi.

Perfetto! Non aver alcun timore per me, sai come sono fatto, sai che darò il massimo, non c’è nulla di cui aver paura! E’ la fine che voglio...

Lo so…”

E allora aspettami, ci rivedremo lì, nel futuro!” afferma, occhieggiandomi in maniera buffa, prima di voltarmi le spalle e proseguire per il suo cammino a testa alta.

 

 

Per taluni il tempo non esiste... se così fosse realmente, noi ci ritroveremo sempre in questo dato luogo. SEMPRE!

 

 

 

 

 

 

Angolo di MaikoxMilo

 

Molto bene, era il 2011 quando mi apprestavo a scrivere questa storia, che concludo (finalmente, aggiungerete!) nel 2018.

La storia originale prevedeva ben 4 storie, sì, quindi ce ne sarebbero, in linea teorica altre due, già pienamente concepite dalla mia mente. Non so ancora se le pubblicherò e se sì non so quando, ma dovevo mettere la parola fine su questa.

E’ stata una fantastica avventura! Entrambe le storie, La Guerra Per il Dominio Del Mondo e Sentimenti che Attraversano Il Tempo, sono state revisionate da me tra il 2014 e 2018, sono quindi scritte in maniera diversa rispetto ad allora, anche se la trama non cambia di per sé, se non per alcuni particolari più o meno rilevanti (per esempio ho aggiunto il Potere della Creazione, vero motore mobile degli interessi del nemico). Un’altra cosa che riguarda questa storia è il cambiamento di raiting da giallo ad arancione, non tanto per i contenuti delicati quanto perché, avendo voluto dare registri linguistici più attinenti ai personaggi (a Dégel, per fare un altro esempio, l’ho alzato ulteriormente), Cardia è uscito col triplo delle parolacce e parole del gatto, per cui meglio renderlo arancione, ho pensato. XD

Chiedo scusa per la lunghezza dell’epilogo, ma volevo concludere degnamente questa storia e quindi… l’ho conclusa pienamente come volevo, non lesinando in scrittura (dovrei proprio imparare ad usufruire del dono della sintesi anche nelle mie storie!).

Io ringrazio tutti coloro che mi han seguito in questi anni e, anche se ultimamente il fandom non è molto frequentato, spero che qualcuno trovi gradevole questa storia. Grazie ancora a tutti! :)

P.S.: se qualcuno di voi vorrà rileggere potrebbe trovare errori grammaticali e/o refusi, è perché devo ancora fare pienamente la correzione in quel settore, ma piano piano la farò!

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