Wolves and surgery

di littlegiulyy
(/viewuser.php?uid=581841)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontri casuali ***
Capitolo 2: *** Risvolti ***
Capitolo 3: *** Sensazioni ***
Capitolo 4: *** Indecisione ***
Capitolo 5: *** Decisione presa ***
Capitolo 6: *** Insicurezze generali ***
Capitolo 7: *** Resti o scappi? ***
Capitolo 8: *** Inaspettato ***
Capitolo 9: *** Ritorni dal passato ***



Capitolo 1
*** Incontri casuali ***



Ciao a tutti! Sono felice di essere tornata con una nuova storia...
Non riesco proprio ad abbandonare il personaggio di Embry, alla quale secondo me è dato spesso poco spazio.
Spero che l'inizio di questa nuova storia vi piaccia; fatemi sapere cosa ne pensate! Ci conto
Buona lettura


Tolsi i guanti gettandoli nel bidone e uscii dalla sala operatoria richiudendo la porta dietro di me.
Dopo sette ore passate lì dentro l’unica cosa che desideravo era un buon caffè che, probabilmente, se fossi stata fortunata,  mi avrebbe tenuto sveglia fino alla fine di questa nottata oscena e terribilmente lunga.
Guardai l’orologio. Le 2.15 am.
Sospirai. La notte sarebbe stata ancora molto lunga e la caffetteria di sicuro a quest’ora aveva già chiuso da un pezzo.
Scesi le scale dirigendomi verso il pronto soccorso. L’unica mia salvezza in questo momento sarebbero potute essere le macchinette della sala d’aspetto del pronto soccorso, aperto 24h su 24.
Cercai di non badare al sonno e agli occhi che sentivo terribilmente pesanti, meno di sette ore e il mio turno di guardia sarebbe finito.
Le porte automatiche si aprirono e non appena vidi la macchinetta del caffè si fece largo un po’ di speranza. Mi misi in coda dietro ad un ragazzo. Possibile che ci fosse coda alle macchinette anche alle due di notte?
Sospirai strofinandomi gli occhi.
La specializzazione in chirurgia prima o poi mi avrebbe uccisa, ne ero certa.
“Mi dispiace ma la macchinetta ci mette un po’” osservai il ragazzo davanti a me che mi aveva appena parlato. Sorrisi “Non c’è problema” risposi distogliendo subito lo sguardo.
Una volta giratosi verso la macchinetta lo guardai meglio, impossibile non notarlo data la quantità di muscoli presenti e la pelle ambrata, il fisico e tante altre cose mi fecero subito pensare ad un modello.
Si, probabilmente questo ragazzo faceva il modello.
E probabilmente era della riserva.
Prese il suo caffè e con un sorriso tornò a sedersi, lo seguii con lo sguardo e mi resi conto che di ragazzi come lui lì, proprio in quel momento, ce n’erano altri cinque, insieme ad un signore più anziano e ad una ragazza decisamente bellissima ma con una grande cicatrice sul volto. Come se fosse stata assalita da…
Distolsi lo sguardo e inserii le monetine nella macchinetta.
Caffè lungo.
Ok.
60 secondi di attesa.
Sospirai guardandomi attorno nuovamente.
Il pronto soccorso era decisamente troppo calmo questa notte.
Improvvisamente le porte si riaprirono e una ragazza si precipitò dal gruppo di ragazzi correndo, seguita da un altro ragazzo e da un uomo decisamente più grande.
Gli ultimi arrivati di sicuro non erano Quileute. Pelle chiarissima e occhi dorati, bellezza quasi sovraumana.
Per qualche attimo il mio sguardo si fissò sulla chioma scura della ragazza appena entrata, il mio sguardo rimase fisso a guardare i suoi capelli lisci ondeggiare sulle spalle… bella velocità per un umano…
Improvvisamente un odore fin troppo familiare invase le mie narici facendomi spalancare gli occhi…
Vampiri!
Cosa diavolo ci facevano tre vampiri qui?
Sentii il mio lupo agitarsi dentro di me dopo tanto, tantissimo tempo.
Trattenni il respiro per non sentire questa puzza, era quasi insopportabile.
Cosa ci facevano i Quileute con dei vampiri?
“Ragazzi si sa qualcosa di Jake?” chiese la ragazza vampiro decisamente scossa.
Tesi meglio l’orecchio per capirci qualcosa di più. Questa notte si stava facendo decisamente interessante.
“Ancora niente Bella… l’hanno portato subito dentro per visitarlo ma non sappiamo ancora niente”
“Avreste dovuto aspettarci! Carlisle avrebbe potuto fare qualcosa senza venire in ospedale forse! Vi rendete conto che qualcuno potrebbe accorgersi di qualcosa?” sbottò la ragazza.
Guardai gli altri ragazzi, erano decisamente preoccupati.
Il vampiro dai capelli biondi fece un passo in avanti “il fatto è che per quello che ne sappiamo, potreste avere delle alterazioni e una velocità di guarigione che potrebbero insospettire un qualsiasi medico…”disse con voce estremamente calma e bassa. Ma non abbastanza bassa per il mio super udito.
Improvvisamente capii tutto.
Erano loro!
Loro erano il branco di Quileute di cui ci aveva parlato Jamie, il nostro Alpha.
La macchinetta iniziò a suonare e subito presi in mano il mio caffè senza dare troppo nell’occhio.
Bevvi su sorso lentamente, cosa ci facevano dei lupi con dei vampiri?
Questa era decisamente un’accoppiata strana.
Le storie della nostra tribù ci avevano sempre reso consapevoli del fatto che esistessero diversi branchi di diverse tribù, ma mai mi era capitato di trovarmi faccia a faccia con uno di loro.
In un certo senso mi faceva strano pensare che questi ragazzi in fin dei conti fossero proprio come me e i miei fratelli che ormai non vedevo da qualche mese.
“Dottoressa Rivera” la voce dell’infermiera dall’altra parte della stanza attirò la mia attenzione distogliendomi dai miei pensieri, e tutti i presenti improvvisamente fissarono il loro sguardo su di me, accorgendosi improvvisamente della mia presenza.
Notai qualche scambio di sguardi frettoloso.
“Si?”
“Deve venire in sala trauma 2, ci serve un consulto chirurgico per Jacob Black e il chirurgo di guardia è lei”
“Arrivo subito” bevvi in un unico sorso il caffè e gettai il bicchiere nel cestino.
Sentii lo sguardo di tutti fisso su di me. Ancora.
Non ci feci caso e mi diressi verso la porta.
“Dottoressa scusi!” la voce incredibilmente calma e pacata del vampiro biondo attirò la mia attenzione, mi voltai forzando un sorriso cortese per non destare sospetti “Ha bisogno di qualcosa?” chiesi gentilmente guardando per un attimo tutte le persone alle sue spalle.
Incrociai solo per un attimo lo sguardo di uno di loro.
Un po’ più magrolino rispetto agli altri, ma il suo sguardo decisamente diverso da tutti gli altri.
“Sono il dottor Cullen buonasera, il suo paziente, Jacob Black, è un nostro caro amico… non appena sa qualcosa sarebbe così gentile da aggiornarci?”
Dal suo tono sembrava quasi sincero, e anche la preoccupazione sul volto di tutti.
Mi guardai per un attimo intorno, guardandoli uno per uno spaesata.
Ma cosa ci facevano vampiri e lupi insieme? Questo domanda mi tormentava.
Vampiri e lupi, rivali per natura, insieme.
“Certamente, adesso lo visto e poi vi aggiornerò sul da farsi”tirai un sorriso forzatissimo
“Grazie mille, buon lavoro”
Sorrisi un ultima volta e mi voltai dirigendomi verso la sala traumi 2.
Tutto questo aveva dell’incredibile.
Decisi di tenere tutto per me per ora e di avvisare i miei fratelli di tutto questo non appena ci avrei capito qualcosa di più.
Sospirai nuovamente… avevo deciso di fare la specializzazione a Seattle in uno degli ospedali migliori del paese dato che presentava uno dei programmi chirurgici migliori, e mi avrebbe finalmente permesso di allontanarmi dalla riserva in cui ero cresciuta. Posto odiato e amato allo stesso tempo.
Ma tutto ciò che faceva parte della mia adolescenza come lupi, vampiri, muscoli e problemi, a quanto pare mi aveva seguita fino a qui.
Non me ne sarei mai liberata definitivamente.
Gettai via il camice chirurgico decisamente scocciata e mi tolsi la cuffietta, indossando infine il mio camice bianco. Mi guardai un attimo allo specchio sistemando i miei boccoli neri legati da troppe ore.
 Delle profonde occhiaie solcavano il mio viso, e non avrei visto un letto per non so ancora quante ore.
 Mi sistemai alla bene meglio e mi diressi  verso la sala trauma 2.
Entrai guardando subito il mio paziente.
Si, era decisamente un licantropo anche lui.
“Mi potete dare la sua cartella per favore?”
“Si certo dottoressa gliela portiamo subito… gli abbiamo fatto degli antidolorifici ma non fanno niente”
Guardai l’infermiera uscire dalla stanza e mi avvicinai al letto indossando i guanti.
Analizzai meglio la frattura. Ovviamente gli antidolorifici non gli avrebbero fatto niente, avrebbe bruciato qualsiasi cosa gli fosse stata messa in circolo in poche ore, se non minuti.
“Tu saresti il chirurgo?” mi chiese con voce rotta da dolore e ansimante, accennando un sorriso forzato.
“Eh si sono proprio io” risposi guardando la sua gamba ridotta decisamente male.
Rise “Quanti anni hai? 18?”
Lo guardai meglio, e per la prima volta lo guardai in faccia.
Era decisamente un bel ragazzo, ogni cosa a suo posto e con un sorriso quasi abbagliante.
Sorrisi “Sei simpatico… mi dispiace deluderti, ne ho 23”
“Come me, piacere, Jacob Black” mi tese la mano destra, l’unica che poteva muovere
“Ashley Rivera” dopo qualche momento di indecisione gli strinsi la mano.
Per un attimo la sua presa si fece leggermente più forte, particolari che ad un licantropo non sfuggono.
Lo vidi socchiudere leggermente gli occhi “Non sei di Seattle vero?”
“No…”
“E di dove sei?”
“Le domande qui dovrei farle io” dissi prendendo in mano la sua cartella e iniziando a leggerla scrupolosamente
“Dove hai studiato?”
Sospirai “Stanford…dubiti delle mie abilità mediche?” chiesi continuando a leggere
“No… sei una Navajo vero?”
Smisi di leggere immediatamente e alzai lo sguardo su di lui.
“Oh andiamo, sei una nativa americana e si vede lontano un miglio… e poi… tu bruci”
Trattenni il respiro “non so di cosa tu stia parlando” riportai subito il mio sguardo sulla cartella.
Il ragazzo era sveglio, fin troppo sveglio.
“Oh io penso di si…”
“Io penso che sia stato abbastanza stupido da parte tua venire in ospedale, e anche piuttosto pericoloso se devo dirla tutta” dissi richiudendo definitivamente la cartella e appoggiandola sul tavolino.
La diagnosi era fatta.
“Perché mai?” sorrise in mia direzione, in modo forse un po’ troppo sexy.
“Perché qualche medico potrebbe capire che sei diverso, che la tua fisiologia corporea è diversa da quella umana e che le reazioni nel tuo corpo avvengono in modo diverso”
Fissai il mio sguardo deciso nel suo.
Per un attimo lo vidi sgranare gli occhi, sorpreso delle cose di cui ero a conoscenza.
“Ti mando dall’ortopedico perché ti sistemi quella brutta frattura alla tibia, mentre per quanto riguarda la spalla hai una lieve lussazione, niente di grave. Considerando le tue tempistiche di guarigione in un paio di giorni sarai come nuovo. Faccio entrare i tuoi amici, sono molto preoccupati. E’ stato un piacere Jacob” conclusi sicura prima di voltarmi ed uscire dalla stanza senza dargli possibilità di risposta.
 
Qualche giorno dopo…
Erano ormai passati quattro giorni da quando quel ragazzo, Jacob Black, era stato dimesso; ma io non avevo fatto altro che pensarci.
In una sola notte, tutta la felicità dei mesi precedenti per essermi allontanata da casa e aver abbandonato la vita del branco, era scomparsa miseramente, lasciando spazio ad un’assurda voglia di correre tra i boschi come una volta. E proprio per questo avevo preso la macchina e avevo guidato a caso e adesso mi ritrovavo in mezzo ad un bosco, in una zona totalmente sconosciuta, senza neanche ricordarmi come ci si trasforma quasie ricoperta totalmente di  fango.
 Mi sembrò impossibile non riuscire più ad acquisire la mia forma animale.
Sospirai continuando a camminare.
Ricordavo ancora la prima volta che mi ero trasformata, l’esperienza più bella e più brutta della mia vita.
Se non fosse stato per l’aiuto di Jamie, Jason e mio fratello Alex, già trasformati da tempo, probabilmente avrei perso la testa. Ricordavo ancora lo spavento e allo stesso tempo l’emozione di poter vedere e sentire tutto. Tutto ciò che si poteva avvertire io lo avvertivo dieci volte di più.
Chiusi gli occhi inspirando a fondo con il naso l’aria fresca e muschiata della mattina presto. Il rumore delle foglie si impossessò delle mie orecchie e per un attimo tutto vibrò intorno a me.
Riconobbi questa sensazione terribilmente familiare…
Mi ritrovai su quattro zampe dopo un incredibile sforzo e mi sembrò tutto così normale… come se non fosse cambiato niente.
Erano mesi che non provavo queste sensazioni.
Nessuna voce dentro la mia testa, nessun membro del mio branco doveva essere trasformato.
Tirai un sospiro di sollievo, avrei avuto un po’ di pace per un po’.
Iniziai a correre in una direzione a caso, la terra aderiva sotto le mie zampe che correvano veloci con il vento sferzante tra il pelo. Per un attimo mi sentii libera.
Per un attimo mi sentii a casa.
Chiusi gli occhi e continuai a correre.
Non vedevo i miei fratelli da mesi e, nonostante fosse stata una liberazione andarsene dalla Riserva, mi mancavano, tantissimo e ogni giorno.
I turni di lavoro erano talmente massacranti che non avevo neanche il tempo per pensarci, ma la verità in fin dei conti era proprio questa.
Improvvisamente un rumore improvviso dietro di me attirò la mia attenzione.
Mi resi conto che un altro lupo mi stava alle calcagna.
E questo chi era?
Doveva essere per forza uno dei Quileute, non ci potevano essere altre soluzioni, ma io non sarei dovuta essere qui. E soprattutto, loro non avrebbero dovuto sapere di me.
Accelerai la corsa cercando di seminarlo, con un balzo attraversai un torrente e ripresi la mia corsa volando veloce come il vento.
La velocità era sempre stata una delle mie caratteristiche principali, ma questo lupo ci sapeva fare dannazione. Fece un balzo in avanti, ma lo schivai muovendo sempre più veloci le mie zampe.
Cazzo. Cazzo. Cazzo.
Non sarei dovuta venire. Non ero neanche nel mio territorio, mi trovavo nel territorio di un altro branco, cosa mi era saltato in testa?Cosa avrei detto se mi avessero presa?
Aguzzai i miei sensi per capire se fosse da solo o in compagnia, ma c’eravamo solo io e lui.
La stanchezza iniziava a farsi sentire, non ero più abituata a certe cose.
Mi maledii con tutta me stessa per la brutta idea che avevo avuto quella mattina.
Non erano ancora le 6 probabilmente, ma la giornata era iniziata decisamente male.
Improvvisamente mi sentii afferrare e i suoi artigli affondarono nella mia pelle cogliendomi di sorpresa.
Non riuscii a trattenere un gemito di dolore. In un attimo sentii la terra sotto il mio pelo e mi resi conto che stavo rotolando per terra avvinghiata a quel lupo. Cercai di arrestare la nostra caduta inutilmente.
Dovevo fare qualcosa o sarebbe finita male.
Con una zampata cercai di colpirlo ma per tutta risposta affondò i suoi canini nella mia pelle. Un dolore lancinante mi prese tutto il fianco destro, non riuscii più a sostenere il peso della trasformazione e lentamente riacquistai la mia forma umana sopraffatta dal dolore.
Come diavolo avevo fatto a cacciarmi in questa situazione.
Sentii il peso del lupo sopra di me e il dolore dei sassi per terra che graffiavano  la mia pelle.
Non riuscii a trattenere le lacrime dal dolore, chiusi gli occhi aspettando la mia fine. Ma improvvisamente il peso sopra di me svanì lasciando posto a pelle. Pelle decisamente umana e decisamente calda.
Non appena la terra sotto la mia schiena smise di girare aprii gli occhi.
Due immensi occhi verdi a pochissima distanza.
Potevo avvertire il suo respiro accelerato per lo sforzo sulle mie labbra, contro la mia pelle.
Con un piccolo movimento della testa spostò il ciuffo di capelli che gli ricadeva sulla fronte dagli occhi.
Misi a fuoco meglio il suo viso e… cazzo.
Trattenni il respiro.
Questo era decisamente il ragazzo più bello che avessi mai visto. E lo avevo già visto!
Il dolore al fianco fece sfuggire una lacrima dal mio occhio destro. Merda.
Muovendomi leggermente mi resi conto improvvisamente di essere distesa sotto di lui, con niente addosso.
Arrossii di botto.
Il mio braccio sinistro scivolò subito sul mio seno abbondante per coprirlo e girai la testa dall’altra parte.
Perché succedevano sempre tutte a me?
Volevo solo fare una corsa nel bosco, come non facevo da tanto tempo!
E invece mi ritrovavo nuda, distesa sotto un ragazzo della quale non conoscevo minimamente il nome e che per di più sembrava anche un modello uscito da non so quale rivista con due occhi che avrebbero fatto invidia anche al colore del mare.
Notai il suo colorito ambrato in viso farsi leggermente più scuro “Scusa… io… mi… mi dispiace…ti ho fatto male?”
Improvvisamente una fitta terribile al fianco mi ricordò cosa aveva appena fatto.
Portai la mano destra sul fianco e la guardai, era piena di sangue.
“Direi di sì” dissi guardando altrove
“Scusami io non pensavo che tu fossi… si insomma ehm…”
“Che fossi cosa? Una ragazza?” lo guardai stizzita.
Mi aveva appena infilato le sue zanne nel fianco e questo era tutto quello che aveva da dire?
“No… cioè si insomma… si ma mi dispiace, non volevo farti del male, è tanto grande il morso?”
“Se ti sposti magari riesco a guardare” dissi rendendomi conto solo dopo di averlo messo in imbarazzo più totale. Con un balzo velocissimo, facendo leva sulle braccia appoggiate affianco alla mia testa,  si spostò dal mio corpo girandosi di spalle per non guardare.
Apprezzai.
Mi guardai il fianco, il morso per fortuna non era tanto esteso, sarebbe guarito in poco tempo.
“Allora?” chiese impaziente. Lo guardai di spalle, tremava impercettibilmente e mi venne da sorridere.
Non so perché.
“Tutto ok, più o meno. Guarirò presto”
“Ho una maglietta se vuoi… si insomma per coprirti… io abito qui vicino, se vuoi posso prestarti qualcosa e insomma darti un passaggio a casa o offrirti qualcosa da bere… mi dispiace da morire te lo giuro”
“Grazie, ma posso tornare anche da sola”
“Ma sei ferita non puoi trasformarti”
Ci pensai un attimo su, non aveva tutti i torti… e solo dio poteva immaginare dove mi trovassi e quanto distante fossi da Seattle.
“Ok, dammi la tua maglietta”
Si slego i pantaloncini dalla caviglia e la maglietta. Me la porse immediatamente senza girarsi.
Il mio sguardo cadde un po’ in basso, involontariamente mentre era di spalle.
Però, niente male.
Infilai la maglietta velocemente mentre lui indossava i pantaloncini e finalmente si voltò.
Vidi il suo sguardo analizzare la mia figura, soffermandosi sulla chiazza rossa che stava inzuppando la maglietta proprio in corrispondenza del suo morso.
Si avvicinò lentamente a me “mi chiamo Embry” disse tendendo la mano verso di me “Embry Call”
Lo guardai per un attimo, il suo sorriso era davvero stupendo…
“Ashley Rivera” strinsi la sua mano velocemente riportandola subito lungo i fianchi.
“Ma tua sei il medico che ha visitato il mio amico! Jacob Black! Mi ricordo di te, ti ho vista in pronto soccorso l’altra notte”
Annuisco spostando lo sguardo altrove “si sono proprio io…”
“Ma tu sei…ma come è possibile?” mi chiese guardandomi decisamente perplesso alludendo al mio lupo, sospirai “questa è una lunga storia, comunque sono una Navajo”
“California?”
“Si”
“Allora sei nuova di qui” mi sorrise gentile “dai vieni, andiamo a casa mia, ti offro del the e ti porto a casa, anche perché sta per iniziare a diluviare” disse guardando il cielo.
Non aveva tutti i torti…
Annuii e iniziammo a camminare apparentemente a caso nel bosco.
Mi stavo fidando di un ragazzo, un lupo, sconosciuto appena trovato nel bosco e che per di più mi aveva appena azzannato e se la faceva con i vampiri… cosa diavolo stavo combinando?
Un dolore al fianco mi fece rallentare decisamente, portai una mano sulla ferita.
“Ti fa male? Riesci a camminare?” mi chiese apparentemente preoccupato
“Sisi ce la faccio, andiamo avanti” risposi a denti stretti continuando a comprimere la ferita.
Mi guardò poco convinto, ma cercai di continuare a camminare senza mostrarmi debole.
Mai mostrarsi deboli con i nemici.
Lo guardai meglio… che poi lui era da considerare un nemico?
“Vieni qui… ti fa male lo so” prima che io potessi controbattere le sue braccia mi sollevarono come se fossi una piuma, senza il minimo sforzo.
“Non serve posso camminare da sola”
“Non fare la dura, non serve”
Rimasi zitta… così andava decisamente meglio.
Il calore del suo corpo era quasi confortante “perché eravate con dei vampiri l’altra sera?” chiesi improvvisamente guardandolo negli occhi. Dopo qualche attimo mi resi conto di quanto fossimo effettivamente vicini. Tanto vicini, troppo vicini.
Il suo sguardo tuttavia, rimase incatenato nel mio “questa è una lunga storia” sorrise e il mio cuore fece un balzo. Ma cosa diavolo mi stava succedendo?
Adesso iniziavo ad avere anche le palpitazioni come una ragazzina?
Sentii sotto la mia pelle tutti i suoi muscoli ben definiti e arrossii imbarazzata spostando lo sguardo.
“E adesso cos’hai?” mi chiese scoppiando a ridere
“Niente”
Per fortuna dicono che i chirurghi siano freddi, insensibili e di ghiaccio… io stavo andando a fuoco.
Il bosco iniziò a farsi più rado, e improvvisamente una piccola casetta decisamente graziosa fece capolino all’orizzonte. Aveva i muri azzurro cielo e dei fiori colorati decoravano le finestre.
Tutti questi colori caldi, così in contrasto con il freddo e il brutto tempo che caratterizzavano questo posto.
Arrivammo al sottoportico, fino alla porta di casa e dolcemente mi mise giù.
Per un attimo ebbi un giramento di testa, con una mano mi afferrai il suo braccio guardando davanti a me per ristabilire la mia vista.
“Tutto ok?” mi chiese voltandosi verso di me e afferrando le mie braccia delicatamente.
I suoi occhi si puntarono nei miei, annuii debolmente “ si, ho perso abbastanza sangue, è solo un calo di pressione”
“Mi fido di te, sei tu il medico” con uno scatto aprì la porta “vieni entriamo, ti stendi un po’, forse è meglio”
Annuii seguendolo dentro sempre sostenuta dalle sue braccia e crollai sul divano terribilmente affaticata.
Chiusi gli occhi per qualche attimo.
Quando li riaprii, Embry era in piedi davanti a me che mi porgeva una tazza “E’ the, bevine un po’”
“Grazie…” presi la tazza e iniziai a sorseggiare la bevanda lentamente appoggiando la schiena allo schienale.
In che casino mi ero cacciata.
Non sarei mai dovuta andare a correre questa mattina, cosa mi era saltato in testa?
“Corri veloce” disse all’improvviso ridacchiando e prendendo posto affianco a me
Sorrisi “si, è sempre stata una delle mie doti… ma sono decisamente fuori allenamento…”
“Da quanto non ti trasformavi?”
“Da un po’ di mesi…mi sono trasferita qui circa sei mesi fa”
“E come mai sei venuta qui?”
Mi sistemai meglio sul divano “Seattle ha uno dei programmi di chirurgia migliori del paese… ho studiato medicina a Stanford, vicino casa… e le cose alla riserva non andavano più tanto bene da tempo… questo posto era la soluzione migliore a tutti i miei problemi” sospirai.
Ero venuta qui credendo di fare la cosa giusta, ma non ne ero più così sicura.
“Quanti anni hai?” mi voltai verso di lui guardandolo ancora una volta, era decisamente un bel ragazzo, e fino ad ora anche gentile… escludendo il morso.
“23”
“Come me… qualche volta potremmo vederci se ti va! Insomma, tu sei lontana da casa, non hai nessuno con cui correre, passi tutto il tuo tempo in ospedale e quando non sei lì cosa fai?”
“Beh… sto a casa, non conosco tanta gente qui, se non i miei colleghi”
“Sei ancora giovane Ashley dai” rise facendo ridere anche me, questo ragazzo aveva una risata contagiosa “la prossima volta che sei libera allora ti porto a fare un giro della zona… questa volta senza morderti, lo giuro!” disse alzando le mani ridendo.
Risi con lui e gli diedi una leggera spintarella sulla spalla “E va bene, mi hai convinta”
“Va meglio?”
Sorrisi “si decisamente”
Era tanto tempo che non sorridevo. Era tanto tempo che non mi sentivo così bene “grazie Embry”
“Non devi ringraziarmi, ti ho morsa e ti ho anche fatta piangere”
Lo guardai sorridendo “questo però non dovrai mai dirlo a nessuno eh” risi seguita ruota da lui “direi che ho qualcosa con cui ricattarti doc” scoppiammo a ridere insieme.
Forse la giornata non era iniziata poi così male.
“Raccontami un po’ di voi Quileute, sono curiosa… in quanti siete?E adesso me lo racconti perché girate con i vampiri? Non sono un’ottima compagnia, dovresti saperlo”
Sorrise sistemandosi meglio vicino a me “siamo un branco molto numeroso in realtà, il nostro Alpha è Jacob, quello che hai conosciuto in ospedale… prima il nostro Alpha era un altro, ma quando ha raggiunto l’età che dimostrava fisicamente ha deciso di smettere di trasformarsi e di mettere su famiglia con il suo imprinting…” lo ascoltai molto attentamente. Mi spiegò di come si erano conosciuto Jacob e Bella, e di tutti i legami strani che univano il branco Quileute alla vita di quei vampiri.
Era tutto così assurdo!
“Cioè Jacob ha avuto l’imprinting con la figlia di questa Bella che è stata trasformata dal vampiro di cui era innamorata subito dopo aver partorito la figlia? Da star male” chiesi sconvolta.
Scoppiò a ridere “si… questa riserva non è per niente banale e prevedibile”
“Direi proprio di no, e come si sarebbe procurato quelle fratture dell’altra sera Jacob?”
“Lui e Quil, uno dei miei fratelli, erano di ronda e al confine con il Canada sono stati attaccati da un vampiro della quale non sappiamo niente… adesso abbiamo intensificato le ronde ma era un po’ che non ci succedeva, e quando ci è successo in passato non è mai successo niente di buono dopo…”
Annuivo pensierosa guardando fuori dalla finestra le goccioline che lentamente iniziavano a cadere per terra. Chi poteva essere questo freddo?
Stando ai racconti di Embry questa sarebbe dovuta essere zona dei Cullen…
“Va meglio vero? Non sanguini più”
Scostai la maglietta per valutare la mia ferita; il primo strato di pelle si era già rimarginato, ancora qualche ora e sarebbe stato tutto come prima…le sue dita sfiorarono la mia pelle, per un attimo un brivido mi attraversò la schiena ma cercai di non badarci.
“Mi dispiace averti rovinato la maglietta” dissi guardando la chiazza rossa in corrispondenza del mio fianco destro “te la lavo e te la riporto”
“Non serve figurati… puoi anche tenerla, se vuoi te ne do una pulita”
“Oh nono grazie hai già fatto abbastanza, davvero”
Improvvisamente la suoneria del mio cerca persone attaccato alla mia caviglia attirò la mia attenzione.
Sbuffai alzandomi in piedi “mi chiamano, devo andare in ospedale”
“Ti do un passaggio” disse prendendo le chiavi della macchina appoggiate sul mobiletto.
Gli sorrisi seguendolo fuori “ha iniziato a piovere, strano oserei dire” commentai guardando il bosco.
Rise “qui piove sempre doc, ormai l’avrai capito! Vieni andiamo”
Corsi fino alla macchina e salii quasi inzuppa.
Ogni volta che pioveva qui sembrava venisse giù il mare, non poteva essere fisicamente possibile.
Mise in moto e iniziò a guidare verso Seattle.
Alla radio passavano “Do i wanna know” degli Artic Monkeys, chiusi gli occhi “adoro questa canzone”
“Anche io è una delle mie preferite”
In poco tempo arrivammo davanti all’ospedale e si fermò davanti all’entrata di servizio.
Mi voltai verso di lui guardandolo “beh… grazie per l’aiuto Embry, è stato un piacere, circa”ridacchiai
Mi sorrise e il mio cuore accelerò leggermente “figurati, mi dispiace per quello che è successo, non avrei mai voluto! Ci rivediamo presto Shay, mi farò perdonare… come posso contattarti?”
“Sai dove trovarmi” dissi facendogli l’occhiolino e facendo un cenno in direzione dell’ospedale.
Mi avvicinai per dargli un bacio sulla guancia, il suo colorito si fece più scuro, ricambiò il bacio sull’altra guancia  e dopo un ultimo sorriso corsi fuori dalla macchina entrando in ospedale.
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Risvolti ***


Eccomi qui con un nuovo capitolo! Mi scuso per il ritardo ma in questi giorni sono stata impegnatissima e ci ho messo un po' ad aggiornare...
Fatemi sapere che ne pensate e lasciate una recensione ;)
Buona lettura.


Aumentai il passo sperando di non beccarmi un acquazzone in pieno stile Seattle e guardai l’orologio.
Anche questa sera la cena era saltata. Le 10 pm.
Sospirai rassegnata.
Era stato un turno massacrante, le gambe mi facevano malissimo, per non parlare della schiena. Ore ed ore in piedi in sala operatoria di sicuro non avevano aiutato, ma almeno l'intervento era riuscito e anche questa sera, nonostante la stanchezza, ero felice.
Un tuono mi ricordò che a breve sarebbe venuto giù il mare… com’era strano vedere la pioggia così spesso, in California era un evento così raro che quasi non la ricordavo.
Si fermò affianco a me un autobus, continuai la mia camminata velocemente ma improvvisamente mi fermai leggendo la scritta luminosa del bus.
“Numero 10 Forks-LaPush”.
Per qualche attimo rimasi bloccata davanti alle porte aperte dell’autobus.
Avrei potuto mangiare qualcosa a Forks in fin dei conti…un posto diverso dal solito EatandGo sotto casa… e magari avrei anche incontrato lui…
Scossi la testa, dovevo smetterla di pensarci.
Erano passate due settimane ma dopo l’incontro con Embry non avevo fatto che pensarci, mi ero torturata più volte sul perché non fosse mai tornato a trovarmi, ma in fin dei conti forse era meglio così.
Non avevo mai rincorso nessuno. Avevo sempre pensato a me stessa negli anni; scuole medie, superiori e facoltà di medicina.
Mi ero sempre concentrata solo su questo, considerando solo questo come mio traguardo, ma adesso?
“Signorina deve salire?”la voce dell’autista mi riportò alla realtà, lo guardai indecisa.
Ma si, al diavolo tutto.
“Si, un biglietto per favore” con un balzo salii sull’autobus e acquistai il biglietto.
Non appena l’autobus partì cercai un posto libero e mi sedetti su uno dei sedili in plastica del bus.
L’autobus era quasi vuoto, a parte qualche ragazzo di Forks che probabilmente tornava a casa e qualcuno che tornava dal lavoro. Mi soffermai ad osservare un paio di ragazzini, sicuramente della riserva.
I tratti Quileute erano facilmente riconoscibili. Notai che indossavano una leggera felpa e nulla di più, strano dato che fuori la temperatura si aggirava intorno ai 9 gradi.
C’era un’unica spiegazione a questo, ed io la conoscevo bene dato che era la stessa spiegazione al fatto che io indossassi solo una giacca leggera, ma in fin dei conti erano così piccoli…
Possibile che si fossero già trasformati?
Lo sguardo di uno di loro si fermò su di me e subito tirò un pacca all’altro ragazzino che era con lui. Scostai lo sguardo guardando altrove, cosa avevano da guardare adesso?
Li stentii borbottare qualcosa tra di loro, ma nonostante il mio udito fosse più forte del normale, tra la confusione che faceva questo autobus, probabilmente risalente agli anni 80, e il vociare delle persone, non riuscii a distinguere le parole che si scambiarono.
Uno dei due prese in mano il telefono e iniziò a concionarci, mentre l’altro continuò a guardami senza minimamente preoccuparsi del fatto che io li avessi bellamente notati.
Scossi la testa… ragazzini…
Sfilai il mio telefono dalla tasca e aprii la galleria per passare il tempo.
Guardai le foto con mio fratello, con tutti i miei amici, con mia madre…ogni tanto era bello rivivere i miei ricordi, ricordare com'era casa.
Bloccai lo schermo e rimisi il telefono in tasca appoggiando la schiena sul sedile. Chiusi gli occhi…
Possibile che fosse cambiato tutto così in fretta?
Un giorno ero una ragazza lupo che tra ronde e lezioni studiava medicina vicino a casa, e il giorno dopo, da un momento all’altro, mi ritrovavo a mille chilometri di distanza da tutta la mia vita e da tutta la mia famiglia a fare il medico, ciò che avevo sempre desiderato.
Ma me lo immaginavo così?
Riaprii gli occhi e guardai il display luminoso “prossima fermata: Forks”.
Mi alzai in piedi e mi avvicinai alla porta, lo sguardo dei due ragazzini Quileute si fissò sulla mia figura. Evitai di guardarli, odiavo essere guardata.
L’autista frenò in modo decisamente brusco e non appena si aprirono le porte scesi velocemente dall’autobus per allontanarmi dallo sguardo curioso di quei due ragazzini.
Possibile che fossero già lupi alla loro età?
Un profumo di muschio arrivò subito alle mie narici e lo riconobbi subito. Era lo stesso profumo che c’era vicino a casa di Embry, il profumo di questo posto.
Mi guardai un attimo attorno, rendendomi conto di non sapere neanche dove mi trovassi.
Forse camminando avrei trovato qualcosa di aperto.
Mi incamminai sul marciapiede buttando l’occhio alle vetrine, era come trovarsi in un altro mondo, lontano da tutto e da tutti. Era tutto così diverso dai luoghi in cui ero abituata…
Mi specchiai in una vetrina e analizzai per un attimo la mia figura, le gambe magre fasciate dai jeans erano slanciate dagli stivaletti neri con il tacco, sopra la giacca in pelle nera mi dava quasi un’aria da dura.
Mi sistemai un attimo i lunghi boccoli neri che ricadevano sulle mie spalle, non osai immaginare la mia faccia dopo un turno di 14 ore.
Ripresi a camminare cercando un posto in cui mangiare, perché ero venuta qui?
Non ci ero neanche mai stata a Forks, non avevo idea di dove andare.
Notai un gruppo di ragazzi entrare in un locale e sedersi ad un tavolo tutti insieme…
Per la prima volta da quando ero venuta a Seattle mi sentivo davvero sola. Lontana da tutto ciò che aveva sempre fatto parte di me.
Nessuno aveva mai pensato che io potessi farcela, avevo alle spalle anni di studio e sacrifici, ma adesso mi trovavo qui e non potevo tirarmi indietro.
Mi fermai davanti ad un’altra vetrina buttandoci un occhio e risi tra me e me, in teoria sarebbe dovuto essere un negozio di intimo... ma a giudicare dai pezzi in vendita sembrava più un negozio di tende.
“Sei venuta a fare shopping a Forks doc? Mi sa che hai sbagliato orario, a quest’ora è tutto chiuso”
Il mio cuore fece un salto, mi voltai di scatto riconoscendo subito la sua voce.
Come avevo fatto a non sentirlo arrivare?
Guardai la sua figura, indossava dei pantaloni beige con delle tascone e una maglietta a maniche corte nera, mi guardò sorridendo con le mani in tasca.
Il cuore iniziò a battermi un po’ più velocemente, perché mi succedeva ogni volta che lo incontravo?
“Fa freddo per stare in maniche corte Embry” risi rimanendo ferma dov’ero.
Si avvicinò lentamente a me continuando a sorridermi, squadrò la mia figura “devo dire che ragazze come te non si vedono tutti i giorni a Forks, sembri uscita da una rivista di moda”
“e invece sono appena uscita dalla sala operatoria”
“Non si direbbe per niente, te lo assicuro”
“Cosa ci fai qui?”
Mi guardò sorpreso e sorrise “cosa ci fai tu qui piuttosto… sei un po’ lontana da casa”
Effettivamente aveva ragione, domanda stupida, come al solito “cercavo un posto dove mangiare”
“e hai deciso di venire proprio a Forks per trovare un posto dove mangiare?”
“Seattle mi annoia” risposi alzando le spalle
Con un passo rapido si avvicinò ancora di più a me “vieni con me, so io dove portarti a mangiare” soffiò sulle mie labbra guarda nomi negli occhi.
Trattenni il respiro piuttosto imbarazzata.
Ci eravamo visti solo due volte, e già due volte avevamo decisamente superato la nostra zona personale, inoltrandoci in quella intima.
“Non ti fidi?” mi chiese sistemandomi un ciuffo dietro l’orecchio “guarda che ho buoni gusti in fatto di cibo… e non solo…” sorrise riportando le mani in tasca.
Cosa voleva dire?
“Andiamo” dissi facendo un passo indietro e ristabilendo le distanze. Spostai subito lo sguardo da lui, questo ragazzo mi metteva in soggezione, non mi era mai successo.
Lo vidi sorridere ancora di più con la coda dell’occhio e ci incamminammo lungo la via principale di Forks.
Questa serata stava decisamente migliorando.
“Allora com’è andata la giornata?” mi chiese
“Movimentata diciamo”
“Cos’hai fatto di bello?”
“Ho assistito ad una splenectomia d’urgenza in seguito ad un trauma da strada, è stato molto bello”
Mi guardò piuttosto spaesato “farò finta di aver capito” rise “in cosa consiste?”
“E’ un intervento di rimozione della milza, era troppo danneggiata”
“Sembra figo”
“Lo è” sorrisi e lo guardai “tu cosa fai invece?Non te l’ho ancora chiesto”
“Oltre a proteggere la riserva intendi?” disse ridacchiando “sono all’ultimo anno, studio ingegneria meccanica”
“Quindi sei un appassionato di moto e macchine?”
Sorrise nuovamente, dannazione quanto era bello il suo sorriso “si, direi proprio di si… ma preferisco le moto! Moto da cross”
“Hai una moto?”
“Certo, come potrei non avercela”
"Giusto, hai ragione"
“Come mai hai scelto di fare medicina?”
Mi guardai attorno… questo era un discorso decisamente complicato “questa è una storia lunga, magari quando avremo più tempo te la racconterò… manca tanto ancora?”
“No siamo quasi arrivati, vieni giriamo qui” mi fece girare in una stradina più stretta e decisamente più buia tirandomi per un braccio delicatamente.
“Eccoci qui, prego madmoiselle” disse aprendo la porta e spostandosi per far entrare prima me.
Lo guardai ed entrai guardandomi attorno, il posto era davvero carinissimo.
Le pareti beige si intonavano perfettamente con i tavolini in legno bianco, e le sedie bianche in ferro battuto avevano dei cuscini azzurro cielo bellissimi.
“Wow, sembra una brasserie francese…” dissi guardandomi intorno
“Esattamente, i proprietari sono parigini e si mangia benissimo, vieni andiamo a sederci”
Lo seguii fino al tavolo e mi sedetti davanti a lui.
Dopo aver ordinato mangiammo con calma la montagna di roba che Embry aveva ordinato parlando del più e del meno e scoprendo che in fin dei conti non eravamo poi così diversi.
Dopo l’ultimo boccone buttato giù a forza mi lasciai andare sullo schienale della sedia.
“Mamma mia… non mangiavo così tanto da…”
“Da l’ultima volta che hai mangiato a casa tua?”
Risi “Si esatto… solitamente non ho molto tempo per cucinare, o torno talmente stanca che vado a letto diretta o prendo qualcosa al cinese sotto casa”
“Vorrà dire che ti dovrò portare a cena più spesso , non possiamo rischiare che tu muoia affamata” disse sorridendomi, ricambiai il sorriso
“Oh non c’è pericolo, te lo assicuro”
“Lo spero, perché non ne sarei felice…”mi sorrise di nuovo, e il mio cuore fece un balzo “sta chiudendo, sono le 11.30 pm… ci conviene andare”
Scattai in piedi prendendomi il viso tra le mani, tirai fuori subito il telefono dalla tasca e cercai gli orari dell’autobus… proprio come pensavo…
L’ultima corsa per tornare a Seattle da Forks era passata esattamente 15 minuti fa.
“Cazzo”
“Cosa succede Shay?”
“Succede che non torno a casa” risposi continuando a cercare su internet un modo per tornare a casa.
Di sicuro non sarei potuta tornare con la pelliccia dato che avrei dovuto attraversare il centro di Seattle sotto forma di lupo gigante, e non sera il caso. Decisamente non era il caso.
“Calmati… che problema c’è?” mi chiese alzandosi in piedi e avvicinandosi a me
“L’ultima corsa per Seattle era 15 minuti fa…” sospirai mettendo via il telefono.
Nel peggiore dei casi avrei potuto dormire qui da qualche parte…
Che situazione, perché succedevano sempre tutte a me?
“non ti preoccupare… ti riporto a casa io”
Lo guardai sorpresa “ma è un’ora di strada Embry…”
“Sono in macchina, non a piedi” rise “domani inizi presto a lavorare?”
“No domani ho turno di notte, sono di guardia”
“Perfetto allora… che ne dici di andare al cinema e poi ti riporto a casa?Un bel film sarebbe perfetto per concludere la serata come si deve” disse sorridendomi e tendendo la mano verso di me.
Guardai prima lui e poi la sua mano.
Perché no?
Gli sorrisi e la presi incamminandoci mano nella mano verso l’uscita.
 
 
 
Fermò la macchina proprio davanti al mio portone di casa.
Guardai fuori dal finestrino, diluviava come sempre.
“Eccoci qui”
Mi voltai a guardarlo “grazie ancora una volta per il passaggio Embry”
“Figurati, neanche da dire… dopo averti morsa è il minimo che io possa fare” mi sorrise
“Hai ragione, ne hai da farti perdonare” risi facendogli l’occhiolino.
Con lui mi divertivo, stavo bene, sentivo di poter parlare serenamente.
Per la prima volta da quando ero arrivata a Seattle ero di nuovo me stessa, ridevo e scherzavo come avevo sempre fatto, lasciandomi alle spalle per qualche ora tutta la stanchezza per le troppe ore di lavoro e lo stress mentale di dover sempre eccellere.
Non ero mai stata la prima della classe, nessuno avrebbe mai puntato qualcosa su di me.
Eppure adesso mi trovavo qui…
“Domani mi farebbe piacere se tu venissi a pranzo a casa di due miei amici… ci sarà tutto il mio branco e… beh sarebbe bello se tu venissi” farfuglio guardandomi a bassa voce.
“Non saprei ci devo pensare…”
“Non mi sembra che tu sia così impegnata qui, oltre al lavoro certo…”
“Ma non li conosco”
“Ma conosci me, e poi sei un lupo anche tu” sorrise “vieni dai, farà molto piacere anche a loro conoscere una mia amica”
“E va bene, a che ora e dove?”
“Passo a prenderti alle 11”
“Non serve, posso venire da sola”
“Ti perderesti nel bosco” rise guadagnandosi una mia occhiataccia “vengo a prenderti io” disse tornando serio. Con una mano sulla mia guancia si avvicinò a me dandomi un bacio leggero sulla guancia sinistra “buonanotte, ci vediamo domani” concluse sorridendomi ad una distanza decisamente troppo ravvicinata.
Il suo respiro sulle mie labbra mi fece quasi impazzire “buonanotte” borbottai imbarazzata scendendo dalla macchina quasi scappando.
Cosa mi stava succedendo?
Dio, non era il primo ragazzo che conoscevo e che mi piaceva.
Oddio avevo appena detto “piaceva”?
Aprii il portone e salii le scale in fretta.
Avrei dovuto rifletterci su.
 
Il giorno dopo…
Chiusi il portone di casa e scesi le scale di fretta.
Non appena aprii il portone di casa mi resi conto di aver avuto una pessima idea mettendomi la gonna.
Guardai Embry comodamente seduto sulla sua moto da cross, un soffio d’aria gelida s’insinuò tra il velo del vestito e la mia schiena nuda. Rabbrividii per un attimo e mi strinsi con le braccia. La mia costituzione decisamente magra non aiutava con il freddo.
“Per fortuna ho portato la giacca” dissi ad alta voce attirando la sua attenzione.
Subito il suo sguardo si fissò su di me e rimase fermo, immobile.
Continuava a squadrarmi, mettendomi decisamente in imbarazzo.
Guardai altrove.
Perché mi guardava così adesso?
Mi avvicinai a lui lentamente, spostando un mio lungo boccolo nero dietro la spalla.
“Potevi dirmelo che saresti venuto in moto, mi sarei vestita diversamente” mi lamentai mentre mi mettevo la giacca. Chiusi bene la cerniera e guardai il cielo, per fortuna non pioveva. Almeno questo.
“Stai benissimo, sei bellissima” mi disse sorridendomi senza smettere di guardarmi.
Sentii le guance diventare sempre più calde, mi porse il casco e lo indossai subito.
Montai dietro di lui con agilità.
“Hai paura delle moto?”
“Assolutamente no”
Lo sentii ridere per un attimo “allora tieniti forte baby” in pochi attimi la moto fece uno scatto in avanti e subito prese velocità. Strinsi le braccia intorno alla sua vita e mi appoggiai totalmente alla sua schiena lasciandomi andare.
Mentre sfrecciava tra le auto uscendo dal traffico di Seattle cercai di distrarmi con il vento che mi arrivava in faccia, ma i suoi addominali scolpiti si potevano sentire anche da sopra la sua giacca in pelle.
Provai un irrefrenabile voglia di stringermi ancora di più a lui, ma in fin dei conti neanche lo conoscevo! O meglio, lo conoscevo da pochi giorni.
Sospirai concentrandomi sul vento gelido che si scontrava con le mie gambe nude, probabilmente se non fossi stata un lupo a quest’ora sarei morta di ipotermia.
Una volta usciti da Seattle finalmente, imboccammo una strada totalmente deserta in mezzo agli alberi. Sentii la moto accelerare e mi strinsi un po’ di più a lui per coprirmi dal freddo.
Improvvisamente appoggiò la sua mano destra sulla mia coscia, iniziandomi a fare quelle che avevano tutta l’aria di essere carezze.
Sentii ancora una volta tanto caldo in faccia, troppo.
Incrociai il suo sguardo dallo specchietto e subito distolsi lo sguardo rimanendo in silenzio.
Dannazione.
Perché un ragazzo conosciuto pochi giorni prima mi faceva questo effetto?
Ripensai al giorno in cui mi aveva morso e alla figuraccia che avevo fatto riacquistando la mia forma umana. La sensazione di lui sopra di me senza niente addosso mi tornò in mente in un attimo, ma cercai di scacciare questi pensieri decisamente poco casti immediatamente.
Stavo esagerando, dovevo controllarmi.
“Tutto bene?” la sua voce mi arrivò un po’ distorta dal vento, ma il mio super udito mi permise di comprendere tranquillamente. Mi sbilanciai in avanti avvicinandomi al suo orecchio per farmi sentire “andrebbe meglio se non facesse così freddo” risi e lo sentii ridere con me.
“Mi dispiace non averti avvisata, è stata una decisione dell’ultimo minuto visto che non pioveva… siamo arrivati”
Parcheggiò la moto davanti ad una piccola casetta bianca in mezzo al bosco.
Scesi subito dalla moto togliendomi il casco e guardai questa casa davanti a me, era decisamente graziosa.
Davanti c’era un portico con una panca di legno e delle fioriere di gelsomini che coloravano il complesso, era tutto così accogliente!
Embry scese dalla moto togliendosi il casco “benvenuta a LaPush bellezza” una strana sensazione invase la mia pancia al suono "bellezza", ma cercai di non farci caso.
Mi voltai guardandolo, un sorriso decisamente sexy faceva capolino sul suo viso, e quell’aria da cattivo ragazzo lo rendeva ancora più irresistibile.
Scostai lo sguardo, almeno un po’ di discrezione Ashley…
“E così tu devi essere Ashley!” la porta d’ingresso si spalancò e subito tre ragazzi saltarono gli scalini avvicinandosi subito a noi.
Li guardai meglio, erano tutti estremamente simili, stessi colori e stessi lineamenti.
Riconobbi il ragazzo che quella notte era davanti a me alle macchinette del pronto soccorso e i visi degli altri due erano decisamente volti noti.
“Sono proprio io” dissi cercando di sorridere tranquillamente, strinsi la mano a tutti e tre. 
La loro temperatura corporea era esattamente come la mia.
La verità era che ero davvero in imbarazzo, non avevo mai avuto problemi nel relazionarmi con gli altri, anzi, ero sempre stata una ragazza molto socievole e circondata da mille persone… ma chissà perché, sapere che loro erano amici di Embry, mi metteva un po’ in soggezione…
“Finalmente ci conosciamo… Embry parla sempre di te” disse quello un po’ più bassetto dei tre ridacchiando e suscitando una risata generale. Lo guardai imbarazzata e poi spostai lo sguardo verso Embry
“Stai zitto Jared” sentenziò a denti stretti prima di avvicinarsi un po’ di più a me “scusa non ascoltarli, i miei fratelli non sanno quando devono chiudere la bocca” disse guardandoli decisamente male.
“Noi diciamo solo la verità” disse l’altro facendomi l’occhiolino, risi anche io insieme a loro.
Tutta questa situazione era a dir poco pazzesca!
“La descrizione di Embry non ti rende giustizia e anche se dal ricordo che avevo di te mi ricordavo quanto fossi bella, pensavo fosse un effetto della morfina” una voce sotto al portico attirò la mia attenzione.
Riconobbi chi aveva parlato, era il ragazzo che avevo curato, Jacob se non sbaglio…
Gli sorrisi “felice di vedere che ti sei rimesso”
Con un balzo si avvicinò a noi sorridendomi “sei il chirurgo più giovane che abbia mai visto, te l’ho già detto vero?”
“Si, ti sei già accertato che io sia maggiorenne” ridacchiai mentre Embry mi metteva un braccio intorno alle spalle, per un attimo mi sentii piuttosto spaesata.
Lo guardai, e mi persi nei suoi occhi.
“Loro comunque sono Paul, Quil e Jared… e lui è Jake ovviamente” mi disse a bassa voce consapevole del fatto che anche gli altri ci avrebbero sentiti benissimo.
Mi voltai a guardarli e mi impressi i loro nomi nella mente per non scambiarli, meglio evitare figuracce!
“Andiamo dentro ragazzi, è quasi pronto, Emily mi ha detto di chiamarvi” disse Jacob incamminandosi verso l’entrata insieme a tutti gli altri.
Rimasi indietro con Embry, lo guardai sorridendo “grazie per avermi invitata”
“E’ stato un piacere, puoi venire qui ogni volta che vuoi” disse prima di prendermi per mano e di avviarsi verso l’ingresso.
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Sensazioni ***


Ciao a tutti! Finalmente sono riuscita ad aggiornare dopo un po' di tempo... 
Mi scuso per il ritardo, ma spero vi piaccia il capitolo.
Aspetto le vostre recensioni!!!



Il pranzo non sarebbe potuto andare meglio, davvero!
Gli amici di Embry erano davvero simpatici e sembravano delle belle persone, ero felice di aver passato una giornata in tranquillità finalmente…
Nessuna chiamata d’urgenza, nessuna interruzione, niente solitudine, niente divano, film e coperta com’ero solita fare nelle poche domeniche in cui non lavoravo!
Sospirai soddisfatta guardando il mio piatto vuoto spostando poi lo sguardo su Emily “era tutto delizioso Emily, complimenti! Sei una cuoca benissimo”
Mi sorrise di rimando “Grazie mille Ashley, sei la benvenuta, puoi venire quando vuoi… tu vivi da sola?”
“Si…”
“Ed è un bene o un male?” mi chiese ridendo Quil “io non vedo l’ora di andare a vivere da solo”
Ci pensai un attimo “entrambi direi, sono sempre stata abituata ad avere molta gente per casa, quindi adesso vivere da sola è un po’ dura… ma ha i suoi vantaggi”
“Tipo poter passare delle serate niente male eh?” rise Paul guadagnandosi un ceffone da Rachel, la sua ragazza.
Risi insieme a tutti gli altri “si beh… in realtà da quando sono qui non ho avuto molto tempo per pensare a queste cose” risposi imbarazzata abbassando lo sguardo.
Sentii lo sguardo di Embry addosso, ero sicura mi stesse guardando, ma evitai accuratamente di incrociare il suo sguardo.
Improvvisamente la porta si spalancò ed un ragazzino entrò come una furia, lo guardai meglio e riconobbi uno dei ragazzini che avevo incontrato quella sera sull’autobus… allora avevo ragione! Erano Quileute!
“Aiuto!!! Aiuto ragazzi!!! Seth!!!!” urlò correndo verso di noi, lo guardai meglio era tutto sporco di fango e sembrava avesse appena visto un fantasma.
“Jail, cosa stai dicendo? Seth cosa?” chiese Jacob alzandosi in piedi seguito a ruota da tutti gli altri.
Guardai il ragazzo, le sue mani tremavano “hanno preso Seth… io ho cercato di fermarli, ma non ci riuscivo” balbettò guardandosi le mani sporche di sangue, Embry si avvicinò subito a lui strattonandolo per le spalle “Jail cos’è successo? Parla, dov’è Seth?”
“E’ nella foresta, venite, dobbiamo portarlo a casa è ferito!”
Nel giro di un secondo tutti corsero fuori dirigendosi verso la foresta, guardai Rachel ed Emily, le uniche donne presenti e mi alzai in piedi “forse è meglio che vada con loro, potrei essere d’aiuto” dissi.
“Certo, state attenti!”
Uscii dalla casa e corsi nella foresta e nel giro di qualche attimo individuai subito dov’erano gli altri. Decisi di non trasformarmi, altrimenti avrei rotto tutti i miei vestiti, corsi più veloce che potevo.
Al’improvviso la foresta si aprì rapidamente in una radura e subito raggiunsi i ragazzi accovacciati intorno a quello che doveva essere Seth.
Mi feci spazio tra di loro, subito lo sguardo di Sam saettò su di me “Tu sei un medico, aiutalo ti prego”.
Annuii avvicinandomi e finalmente riuscii a posare lo sguardo sul ragazzo.
La sua faccia era contratta in una smorfia di dolore, lo guardai e non mi ci volle molto per capire. Per un chirurgo d’urgenza questa era una delle cose più banali da capire, aveva una chiara lussazione della spalla.
Mi avvicinai al suo viso in modo tale che potesse vedermi “ciao… tu sei Seth vero?”
“Si…” balbettò mentre una lacrima rigava il suo volto
“Io sono Ashley, sono un medico…bene Seth allora… hai una spalla lussata, dovrò ridurti la lussazione”
“Ti prego aiutami, fai quello che vuoi ma aiutami, ho troppo male” disse a denti stretti
“Certo, farò il prima possibile”
“Cos’ha? E’ grave?” mi chiese Embry, guardai tutto il branco attorno a lui e il mio sguardo si posò sul ragazzino che aveva dato l’allarme “è stato un vampiro vero?”
“Si, stavamo facendo la solita ronda ed è sbucato dal nulla… abbiamo cercato di prenderlo, ma in un attimo l’ha preso e non è più riuscito a liberarsi. Gli sono saltato addosso ma niente, qualcosa deve averlo distratto per farlo andare via”
Annuii… situazione a cui purtroppo avevo già assistito svariate volte.
Guardai Embry, era decisamente preoccupato per Seth, così come tutti gli altri “non vi preoccupate, ha solo una lussazione alla spalla, non è niente di grave… adesso la riduco subito così il dolore passerà in un attimo”
Tutti annuirono ed io mi posizionai sopra Seth “Ok Seth allora… adesso sentirai tanto tanto tanto dolore ok? Ma non posso farti anestesia perché il calore del tuo corpo la brucerebbe subito e ti farebbe più male essere spostato e trasportato fino a casa… resisti un attimo e poi tutto passerà, ok?”
“Ok”
Controllai il polso radiale e la motilità della mano per controllare che non vi fossero lesioni vascolari e nervose. Una volta fatto tutto presi il suo braccio applicando una trazione decisa tirai con forza.
L’urlo di Seth mi perforò i timpani quasi, ma non appena si udì uno schiocco deciso il dolore scomparse dal suo volto e subito un sorriso si fece largo.
“hai visto? E’ stato più veloce del previsto” dissi sorridendogli e appoggiando il braccio delicatamente sul suo torace.
“E’ stato più veloce di quanto pensassi” disse sorridendomi “grazie, davvero”
Gli sorrisi a mia volta “qualcuno ha una sciarpa, una maglietta?” chiesi agli altri.
Subito Embry si sfilò la maglietta e me la porse “questa può andare bene?”
Lo guardai e qualcosa si smosse dentro di me, accidenti perché mi faceva sempre questo effetto?
Vederlo senza maglietta mi ricordò per un attimo il nostro incontro nel bosco qualche settimana prima…
Arrossii all’improvviso e afferrai la maglietta spostando lo sguardo “benissimo grazie”
Immobilizzai la spalla di Seth e controllai che tutto fosse apposto.
“Perfetto Seth, sei come nuovo. Tieni la spalla ferma per qualche ora e poi potrai fare di nuovo tutto quello che vuoi”
“Grazie mille” mi disse sorridendo
“non c’è di che”
“Grazie mille Ashley” mi disse Sam tendendomi la mano. Gliela strinsi sorridendo “non ho fatto niente di speciale, era il minimo che potessi fare”
“Dovremo parlare di questa cosa… questa sera riunione da Emily, dobbiamo capire chi ha ferito Seth” disse Sam ricevendo consensi da parte di tutti.
“Accompagno Seth a casa, così riposa un po’” disse Jacob “vengo con voi” disse Quil.
“Io torno da Emily, Rachel mi starà aspettando… tu Jared vai da Kim?”
“Si adesso vado, doveva aiutare sua mamma a fare non ho capito cosa e non è potuta venire al pranzo, sarà meglio che la raggiunga prima che trovi qualcosa da dire” rise Jared beccandosi una pacca sulla schiena da Paul “corri corri cagnolino” rise
“Mai quanto te” rise a sua volta Jared.
Guardai Embry ancora senza maglietta.. scostai subito lo sguardo
“Vuoi fare una passeggiata?”mi chiese avvicinandosi pericolosamente. Il suo profumo invase le mie narici e per un attimo pensai che non sarei riuscita a trattenermi ancora a lungo.
Quant’era che non stavo con un ragazzo? 4 mesi?
E oltre a questo… Embry era Embry.
“va bene… ma sarà meglio che tu ti metta una maglietta” dissi a bassa voce
Rise avvicinando le sue labbra al mio orecchio “altrimenti dottoressa? Pensa di poter perdere il controllo?”
Non mi mossi di un millimetro “Io? Assolutamente no… ma le persone che ti vedono potrebbero farsi delle domande dato che è quasi Natale, c’è una temperatura assurdamente bassa, e tu sei a petto nudo molto tranquillamente”
Si spostò ristabilendo le distanze e mi guardò negli occhi, sorrise “e va bene, allora mi accompagni  a casa a prendere una maglietta e poi ci facciamo una passeggiata” disse.
Ci incamminammo nel bosco, lo seguii, sembrava conoscesse la strada a memoria e probabilmente era proprio così.
Rimanemmo in silenzio per qualche minuto, finchè non decise di parlare “ti ricordi questo posto?” rise proseguendo lungo il sentiero…
Mi guardai attorno, mi sembrò tutto esattamente uguale a 10 metri prima.
Senza rendermene conto sbattei contro la sua schiena “Ahi!!! Perché ti sei fermato all’improvviso?” chiesto massaggiandomi il naso “stai più attento alle persone intorno a te quando ti muovi, sei di acciaio”
“Anche tu lo sei, non pensavo ti facessi male per così poco” rise voltandosi verso di me “il nostro primo incontro… ci siamo visti qui”
Lo guardai negli occhi e poi mi guardai intorno, improvvisamente ricollegai quei pochi dettagli che ricordavo. Sorrisi riportando gli occhi nei suoi “quando hai cercato di uccidermi intendi?”
“Non ho proprio cercato di ucciderti dai…”
“no hai solo mirato al mio fegato tranquillo”
“Come la fai lunga, mi sembra di essermi scusato! E poi sei guarita subito”
“Certo, perché sono un licantropo. Se fossi stata un’umana probabilmente sarei morta dissanguata”
“Che esagerata”
“Esagerata? Non ricordo neanche bene questo posto perché avevo troppo male”
“Quindi ricordi solo questo di quel momento? Il dolore?” rise
“beh cosa dovrei ricordarmi se non il tuo morso?” chiesi incrociando le braccia al petto e avvicinandomi un po’ di più. I nostri nasi si sfioravano quasi.
“Non lo so… io per esempio mi ricordo che hai delle bellissime tette”
La mia mano partì rapida verso la sua guancia ma ovviamente si fermò a qualche millimetro con la sua che stringeva il mio polso.
“Sei troppo lenta” sorrise
“E tu sei uno stronzo pervertito” risposi secca
“Mi biasimi? Ho capito tutto Shay… ma sono un uomo, e tu sei decisamente una gran bella ragazza” disse scoppiando a ridere.
“Sei un cretino” cercai di colpirlo con l’altra mano, ma bloccò anche quella come se fosse la cosa più semplice che potesse fare.
“La smetti di cercare di colpirmi?”
“Perché dovrei? Te lo meriti”
“Io non penso”
Ci guardammo negli occhi. Mi persi in quelle perle color nocciola.
Sentivo il suo respiro sulle mie labbra e in un attimo tutto sparì.
Non c’era nient’altro, solo lui.
Era come se tutti i miei sensi si fossero spenti, come se potessero rilevare solo lui e nient’altro.
Il suo profumo mi invase le narici ancora una volta e un impulso di non lasciarlo più andar via si impossessò di me.
La sua mano destra lasciò la mia a sorpresa e delicatamente mi prese per il fianco.
Appoggiai la mia mano sulla sua spalla nuda e bollente ed improvvisamente, come se fosse la cosa più naturale del mondo, sentii le sue labbra sulle mie.
Mi liberò anche l’altra mano e, afferrandomi per i fianchi, mi strinse di più a lui.
Il mio cervello ci mise qualche secondo per realizzare quello che stava succedendo.
Avvolsi le braccia intorno al suo collo, muovendomi lentamente sulle sue labbra.
Era come se il tempo si fosse fermato. Come se non dovesse più cambiare niente.
Tutto era perfetto così, esattamente così.
Sentii la sua presa sui fianchi farsi leggermente più forte mentre la sua lingua cercò delicatamente di entrare nella mia bocca.
La lasciai entrare e iniziammo a baciarci come probabilmente non avevo mai fatto con nessun altro.
Era tutto così diverso con lui, ma perché?
Perché con lui sembrava tutto così giusto?
Mi spinse delicatamente contro un albero e appoggiò una mano affianco alla mia testa.  Le mie mani scivolarono sul suo petto nudo e terribilmente caldo, mi staccai per un attimo appoggiando la fronte sulla sua spalla, cercando di ristabilire una frequenza respiratoria normale.
Il suo cuore sotto la mia mano batteva decisamente veloce rispetto ad un ritmo normale.
Sorrisi involontariamente, dannazione, come faceva a farmi questo effetto?
“Te l’avevo detto che non erano schiaffi quelli che meritavo” sussurrò al mio orecchio.
Alzai la testa guardandolo, il suo sorriso mi fece sciogliere non riuscii a trattenermi.
Avvicinai le mie labbra alle sue e riprendemmo a baciarci.
Era tutto perfetto.
Per la prima volta dopo tanto tempo stavo bene, ero felicissima.
 
 
 
 
 Misi l’ultimo punto di sutura ed ecco fatto!
Riposi tutti gli strumenti sul tavolo e guardai il mio lavoro, in pochi mesi ne avevo fatta di strada!
Ero entrata qui dentro senza neanche aver mai tenuto in mano un bisturi e decisamente scettica, ma ora le cose stavano iniziando ad andare come sarebbero sempre dovute andare.
Sorrisi soddisfatta “grazie a tutti!” dissi allontanandomi dal tavolo operatorio e gettando via il mio camice sporco.
Uscii dalla sala operatoria e guardai subito il telefono, erano le 7.30 pm, avrei fatto ancora in tempo a fare l’ultimo giro in reparto per controllare i miei pazienti in post operatorio e poi sarei potuta uscire con i miei amici per una sera.
Scesi le scale velocemente togliendomi la cuffietta e riponendola nella tasca del mio camice; la mia cuffietta era sacra, me l’aveva regalata mio fratello prima di trasferirmi a Seattle e per me era diventata un porta fortuna che non potevo proprio perdere.
Erano tutti così fieri di me, non avrei potuto deluderli.
“Dottoressa Rivera”
Mi voltai riconoscendo subito il mio strutturato “Dottor Jhansen, ha bisogno di qualcosa?”
“Ha terminato l’intervento?”
“Si ho richiuso tutto e ho fatto portare il paziente in rianimazione, sto andando in reparto per controllare tutti prima di andare via”
“Molto bene, mi aggiorni se ci sono problemi”
Annuii voltandomi e riprendendo a camminare in direzione del reparto di chirurgia…
Tra poco sarebbe stato Natale e probabilmente non sarei potuta tornare a casa.
Questo era il primo anno che avrei passato da sola senza la mia famiglia ed i miei amici. Eravamo soliti organizzare una grande festa per Natale, dove ogni membro del branco portava la sua famiglia e rispettivi compagni\e… non che io avessi mai portato qualcuno, del resto chi avrei dovuto portare?
Non ero mai stata fortunata in fatto di cuore, tutti così montati! O forse ero sempre stata io una tipa particolarmente difficile…
Terminai il mio giro in fretta e mi cambiai velocemente.
Era giovedì sera, non sentivo Embry da qualche giorno…
Avevo ripensato più volte a quello che era successo quel giorno nel bosco e non ero ancora giunta ad alcuna conclusione.
Dopo averlo accompagnato a casa a prendere una maglietta avevamo passato tutto il pomeriggio insieme, ero stata così bene…
E allora perché non mi aveva richiamata?
Io di certo non lo avrei richiamato, non lo avevo mai fatto, non avrei di sicuro iniziato a farlo per lui.
Avevo questa forse un po’ stupida convinzione che dovesse essere l’uomo a fare un passo avanti verso la donna; ma forse era solo paura di risultare ridicola se le cose non fossero andate come dovevano…
Scesi le scale con calma, questa sera mi sarei dovuta trovare al bar con qualche collega per festeggiare i nostri primi interventi riusciti.
Uscii dall’ospedale e attraversai la strada incamminandomi in direzione del bar…
Le cose stavano iniziando ad andare come dovevano… me ne stavo convincendo sempre di più.
Dal punto di vista professionale stavo migliorando velocemente e gli strutturati ci davano sempre più libertà di fare e prendere decisioni per conto nostro.
Forse venire a fare la specializzazione a Seattle non era stata una così brutta idea come avevo pensato all'inizio.
La lontanaza da casa era stata dura da superare, ma adesso tutto stava prendendo forma e ogni cosa stava trovando un suo posto.
Varcai la soglia del bar e subito la musica alta e un forte odore di alcol mi investirono.
Cercai i miei amici e non appena li vidi seduti al bancone mi aggiunsi a loro prendendo posto su uno sgabello.
Eravamo in docdici specializzandi di chirurgia del primo anno, suddivisi in tre gruppi da quattro. 
Io ero capitata con un'altra ragazza e due ragazzi con la quale avevo subito legato, nonostante gli attriti iniziali. 
Il mondo della chirurgia non sempre è un mondo amichevole, e di questo me ne ero accorta fin da subito...
“Dottoressa Rivera, finalmente sei arrivata” disse uno dei miei colleghi, Andrew Lions “ti stavamo aspettando”
“Si ti stavamo aspettando Shay, perché questi idioti sostengono che il Dottor Jhansen mi abbia dato una appendicectomia solo perché ci sta provando con me” disse Elisabeth scolandosi un terzo del suo boccale di birra in un solo sorso.
Risi guardando Andrew e Thomas “solo perché a lei danno gli interventi ed a voi no non vuol dire che Jhansen ci stia Provando! Una tequila grazie”
“No certo, a voi danno gli interventi perché avete le tette” rispose sprezzante Thomas.
Thomas Benson, un grandissimo coglione e rompi palle.
“Hai mai pensato che magari diano a noi gli interventi perché voi non siete affidabile?” chiesi buttando giù il primo shot di tequila della serata.
Questa sera avevo proprio bisogno di rilassarmi un po’.
“Ma se l’altra notte ho beccato la Mitchell che si beveva un caffè con Jhansen?” rispose Thomas guardando Elisabeth. Per un attimo vidi il fuoco negli occhi di Elisabeth.
Risi, tra poco si sarebbe messa male.
Elisabeth Mitchell era una delle persone più precise, sicure e con le palle che avessi mai conosciuto; e di sicuro non si sarebbe fatta mettere i piedi in testa da Thomas.
“Sei proprio uno stronzo Benson, fatti gli affari tuoi che questi non lo sono di certo” concluse secca Beth “mi può dare un’altra birra media per favore?”
L’ennesimo boccale di birra venne appoggiato davanti alla sua figura, sorrisi, questa sera ci sarebbe stato da divertirsi davvero.
“Altri tre shot di tequila per me, grazie” chiesi al barista.
“E altri due anche per me” aggiunse Andrew al mio fianco.
“Allora Shay… hai più visto quel tipo? Com’è che si chiamava? Embry?” mi chiese Beth iniziando a sorseggiare la sua birra. Gli sguardi di tutti si concentrarono su di me.
“Più sentito” dissi buttando giù uno shot “se vuole farsi sentire, si farà sentire lui” conclusi buttandone giù un altro.
Questa sera non avevo proprio voglia di pensarci.
Improvvisamente la musica si fece sempre più alta e molte persone sedute ai tavoli si alzarono iniziando a ballare. Guardai l’orologio, erano le 11.30pm, domani avrei avuto il mio giorno di riposo quindi avrei anche potuto divertirmi un po’ questa sera.
“Andiamo a ballare ragazzi” disse alzandomi di scatto dallo sgabello.
Non appena mi alzai in piedi mi resi conto di quanto mi girava la testa, risi scolandomi l’ultimo shot che avevo sul bancone e mi lanciai in mezzo alla mischia seguita a ruota da Beth, Andy e Thom.
Ballammo non so neanche io per quanto tempo, avevo le gambe che mi facevano malissimo e la quantità di tequila che avevo bevuto era decisamente troppo e cresceva sempre di più. Bicchiere dopo bicchiere continuavo a bere.
La testa mi girava sempre di più e, improvvisamente delle mani mi afferrarono i fianchi e mi lasciai andare ballando come non facevo da tempo, senza pensare a niente.
Per qualche istante mi sembrò di tornare a casa, alle nostre feste organizzate nel weekend.
Tutto andava avanti regolarmente ma all’improvviso quelle mani sui miei fianchi diventarono decisamente fastidiose e decisi di liberarmi da quella presa.
Con decisione mi staccai e mi diressi verso il bancone per bere l’ennesimo shot.
Non appena arrivai al bancone crollai seduta su uno sgabello rendendomi conto di essere molto più ubriaca di quello che pensavo “mi dai un altro shot di tequila per favore?” chiesi strofinandomi la faccia con le mani, nella speranza che la stanza smettesse di girare.
Il bicchiere venne appoggiato davanti a me “ehi, guidi questa sera?” mi chiese il barista
“No” risposi avvicinando il bicchiere
“Al massimo le do uno strappo a casa io” una voce arrivò dallo sgabello affianco al mio, mi voltai riconoscendola subito.
“Jacob!” dissi sorpresa “cosa ci fai qui?”
“Cosa ci fai tu qui piuttosto? Sei ubriaca” rise guardando il mio bicchiere di tequila
“Si penso proprio di si” risposi appoggiando i gomiti sul bancone
“Come mai hai deciso di festeggiare questa sera?”
“Perché non avrei dovuto?”
“Giusto… con chi sei qui?”
“Sono con…” mi voltai verso la gente che ballava per indicargli i miei amici “amici/colleghi… Beth è quella che ci sta dando dentro con quel tizio biondo, Andrew è quello che sta ballando da solo e Thomas è quello che ci sta provando con quella tipa che avrà minimo 15 anni più di lui” dissi voltandomi nuovamente verso di lui. Sbattei un attimo gli occhi per riprendermi, la stanza non si fermava “e tu con chi sei?”
Per un attimo sperai che mi dicesse con lui… ma forse sarebbe stato meglio non vederlo in queste condizioni.
“Ero con Quil, ma ha avuto un emergenza con la piccola Claire, quindi è tornato di corsa a LaPush” rise bevendo un sorso della sua birra.
“Chi è Claire?”
“La nipote di Emily… l’imprinting di Quil”
“Ah”
“Anche io ho avuto l’imprinting, con la figlia della mia migliore amica di cui sono stato innamorato per un sacco di anni” disse scoppiando a ridere. Lo guardai sconvolta “ e ti fa ridere?”
“Per me è stata una liberazione, e poi Nessie mi rende così felice” disse guardando il bicchiere davanti a lui e sorridendo come un pesce lesso.
Sorrisi a mia volta, era bello avere qualcuno che ci tenesse così a te. Sapere che qualcuno sarebbe disposto a dare la vita per te…
“E… altri di voi hanno avuto l’imprinting?” chiesi spostando lo sguardo altrove decisamente imbarazzata.
Lo sguardo di Jacob si fissò su di me “si.. Jared con Kim, erano compagni di classe ed un giorno BUM, il suo lupo ha deciso che Kim sarebbe stata la compagna della sua vita. Ma dovresti vederli insieme, sono perfetti! Poi Sam con Emily ovviamente e Paul con mia sorella Rachel…” concluse “puoi stare tranquilla, Embry è libero” rise guardandomi.
Voltai la testa di scatto e lo guardai, tutto girava troppo velocemente “guarda che non mi interessa, non te l’ho ho chiesto per questo”
“Non mentire Shay dai, ci leggiamo nel pensiero lo sai anche tu” disse ridendo.
Dannazione.
Mi ero dimenticata questo piccolo dettaglio da lupi.
Tutti sanno tutto.
Sospirai appoggiando i gomiti al bancone e coprendomi la faccia “quindi sai tutto?”
“Certo” disse continuando a ridere.
“Se non la smetti di ridere giuro che ti prendo a pugni”
“Non vedevo Embry così da… no, penso di non averlo mai visto ridotto così per una ragazza” disse ridendo ancora di più.
“Di cosa stai parlando?” gli chiesi piuttosto sorpresa “non l’ho più sentito…”
Mi guardò sorpreso “davvero?”
“Già…” conclusi abbassando lo sguardo.
“E’ proprio un coglione… “prese in mano il telefono e digitò un numero velocemente prima di portarsi il telefono all’orecchio.
Mi ci volle qualche secondo per realizzare cosa stava facendo…
“pronto Embry…”
“NOOO” mi lanciai su di lui cercando di chiudere il suo telefono, ma Jacob cercò di tenermi lontana
“Smettila dai, lasciami parlare con il mio migliore amico” disse ridendo e proteggendo il telefono al suo orecchio “Jacob giuro che ti ammazzo, metti giù quel telefono”
“Embry sono al Must a Seattle… non hai idea di chi ho incontrato… qui c’è la tua donna decisamente avanti, se fossi in te verrai a prendermela” disse ridendo.
Con un colpo gli feci volare il telefono per terra, mi guardò sconvolto “ma sei seria?”
“Ti sta bene”
“Mi hai rotto il telefono”
“tu hai chiamato Embry”
Scoppiò a ridere “voi siete matti”
Mi accasciai sul bancone coprendomi la testa con le braccia, tutto girava troppo velocemente e la situazione si stava facendo sempre peggiore.
Cosa avevo fatto di male?
Jacob rimase seduto affianco a me, nonostante io stessi per prendere sonno.
L’alcol aveva passato il suo picco di iperattività, adesso sentivo le gambe come se fossero dei macigni e una pressione troppo grande mi opprimeva la testa.
Perché avevo deciso di ber così tanto?
Mugugnai qualcosa di incomprensibile probabilmente a Jacob… ma non ricevetti risposta.
Improvvisamente sentii un paio di mani caldissime afferrarmi delicatamente per la vita e un soffio caldo sul mio collo.
Non riuscii a muovermi, ma un sorriso si aprì sulle mie labbra riconoscendo subito a chi appartenessero quelle mani.
“Sei arrivato, ci hai messo poco” boffonchiai rimanendo distesa sul bancone.
Tutte le forze mi avevano abbandonato.
“Adesso è meglio andar via Shay” mi sussurrò all’orecchio prima di darmi un lieve bacio sul collo.
Mi sentii sollevare di peso dallo sgabello e finalmente, tra le sue braccia calde e sicure riuscii a lasciarmi andare.
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Indecisione ***


Ciao a tutti!
Mi scuso per la mia assenza prolungata ma ho avuto una serie di problemi, oltre allo studio ed alle lezioni!
Riesco finalmente ad aggiornare con un nuovo capitolo. Fatemi sapere che ne pensate, aspetto le vostre recensioni!


Una luce accecante mi colpì il viso.
Mi coprii immediatamente gli occhi con una mano girandomi e cercando di coprirmi con il primo cuscino capitato sotto tiro.
Era come se la testa mi stesse per esplodere.
Ma cosa diavolo avevo fatto la sera prima?
Rimasi qualche minuto così, con gli occhi chiusi massaggiandomi le tempie.
La Tequila. La Tequila la ricordavo molto bene. Fiumi di Tequila.
Come un lampo improvviso mi tornò tutto in mente e spalancai gli occhi. Mi tirai subito su seduta nel letto guardandomi intorno.
Non riconobbi la stanza in cui mi trovavo, ne tantomeno il letto.
Le pareti azzurrine erano tappezzate di poster di moto da cross, la scrivania davanti al letto era cosparsa di libri, fogli e calcolatrici. Guardai le mensole sopra la scrivania davanti ai miei occhi... tutti i libri trattavano argomenti di ingegneria meccanica ed erano sistemati ordinatamente uno affianco all’altro.
Una foto appesa al muro attirò la mia attenzione, ritraeva Embry, Jacob e Quil vicino ad un fiume con in mano tre pesci di grosse dimensioni, probabilmente appena pescati.
Notai i loro volti decisamente più adolescenti e meno adulti di adesso.
Sorrisi, dovevano essere passati un bel po’ di anni da quella foto, tuttavia i loro volti non erano cambiati poi molto!
Un brivido di freddo mi percorse la schiena e mi resi conto di non essermi accorta di avere addosso solo una maglietta a maniche corte che mi stava decisamente grande e palesemente non mia.
Per un attimo mi vergognai, ma subito dopo la preoccupazione si fece largo coprendo tutto l’imbarazzo.
Cos’era successo la sera prima?
Cosa ci facevo nel letto di Embry con addosso solo una sua maglietta?
Mi guardai attorno cercando i miei vestiti ma non li trovai da nessuna parte, ne sulla sedia, ne per terra.
Perché combinavo sempre questi disastri?
Volevo solo divertirmi con i miei "amici" e quello stupido di Jacob aveva chiamato Embry e adesso non sapevo ne ricordavo neanche quello che era successo.
Sbuffai tirandomi su le coperte per coprirmi meglio.
Cosa avrei fatto adesso?
E dove diavolo era Embry?
Forse sarei potuta sgattaiolare via prima che tornasse, almeno avrei evitato l’imbarazzo!
Che poi, chi sapeva cos’era successo?
Mi strofinai gli occhi sospirando, questo mal di testa mi stava facendo impazzire…
Improvvisamente la porta si aprì e subito aprii gli occhi incrociando quelli di Embry.
Qualcosa fece un salto nella mia pancia e da un momento all’altro sentii decisamente caldo in viso. Abbassai lo sguardo imbarazzata.
“Ti sei svegliata finalmente” disse avvicinandosi al letto “ti ho portato un’aspirina, ti conviene bere tutto, non eri messa molto bene ieri sera” rise porgendomi il bicchiere.
Lo presi senza rispondere e buttai giù la pastiglia velocemente.
“Vuoi del caffè?”
“Cos’è successo Embry?” sputai fuori riportando lo sguardo nei suoi occhi facendomi coraggio.
Se avessi potuto sarei scappata fuori dalla stanza per la vergogna.
Mi guardò sorpreso “eri ubriaca, Jake mi ha chiamato e sono venuto a prenderti… eri talmente fuori che non me la sono sentita di lasciarti a casa da sola, quindi ti ho portato qui” disse come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Lo guardai meglio “tutto qui?”
Mi sorrise “certo”
“E i miei vestiti dove sono?” il suo sguardo si abbasso decisamente troppo sulla mia figura, ma finamente capì a cosa mi stavo riferendo
“Te li ho messi a lavare, sono già nell’asciugatrice… ieri sera quando ti ho portata a casa ho cercato di darti dell’acqua ma te la sei rovesciata addosso, poi hai cercato di buttarti in doccia con i vestiti addosso e ti sei lavata. Ho cercato di fermarti… ma quando ti ci metti sei testarda” scoppiò a ridere e lo guardai non sapendo se credergli.
“Quindi io mi sarei fatta la doccia davanti a te?” chiesi decisamente imbarazzata.
Perché cavolo dovevo sempre mettermi in queste situazioni?
“Tranquilla non ho guardato niente” rispose ridendo “ti ho solo dato una maglietta asciutta e mi sono anche girato mentre ti cambiavi”
Lo guardai meglio, infilò le mani nelle tasche dei jeans guardandosi attorno.
Decisi di credergli.
“Va bene… allora grazie”
“E anche se fosse stato, niente che io non abbia già visto” scoppiò a ridere divertito lasciandomi di stucco, ma stava scherzando?
Saltai giù dal letto cercando di colpirlo con un ceffone, più che meritato oserei dire, ma come sempre riuscì a fermarmi prima che la mia mano sfiorasse la sua guancia.
“Ti odio” sputai fuori mentre la sua mano imprigionava il mio polso.
“Non è vero” sorrise strafottente e mi fece innervosire ancora di più.
Dio, quanto fastidio mi dava questo ragazzo quando faceva così.
“Sei proprio uno stronzo”
Vidi il suo sguardo abbassarsi sulle mie gambe nude, improvvisamente mi resi conto di non essere molto coperta e che quella maglietta mi copriva a stento il sedere.
“E sei anche un pervertito” dissi secca cercando di colpirlo un’altra volta.
Ovviamente mi bloccò anche l’altro polso.
Sbuffai spostando lo sguardo altrove.
“Non hai ancora imparato? Non riuscirai mai a colpirmi baby” ridacchiò facendomi impazzire ancora di più.
“Cosa pretendi? Che io non ti guardi con una maglietta che ti copre neanche metà corpo?” soffiò sulle mie labbra con un sorrisetto fastidiosissimo.
“Lasciami” dissi con sicurezza.
Mollò immediatamente la presa.
Lo ringraziai mentalmente, ma la fine di quel contatto così caldo mi provocò un altro brivido di freddo.
Sotto le coperte si stava decisamente meglio.
Guardai fuori dalla finestra, pioveva, come sempre.
“Vieni, ti do una felpa e poi andiamo giù che ti ho fatto il caffè” disse aprendo l’armadio e tirandone fuori una felpa ripiegata con cura.
Me la porse e la presi, indossandola subito per scaldarmi.
Il suo profumo invase le mie narici e per un attimo mi sembrò di averlo ancora addosso a me.
“Grazie” farfugliai guardando altrove.
“Non c’è di che principessa, vieni andiamo”
Cercai di non dare peso al salto che fece il mio stomaco sentendomi chiamare principessa da lui.
Scossi la testa, dovevo smetterla.
Lo seguii giù dalle scale ed una volta al piano terra mi guardai intorno, eravamo a casa da soli?
Mi resi conto che non sarebbe stata una bella presentazione con sua madre conciata così e pregai che non fosse in casa.
“Mia mamma è a lavoro da ieri, ha un turno di 24h” disse come se mi avesse letto nel pensiero.
Sospirai, almeno questo!
Entrai in cucina dopo di lui, mi guardai attorno.
La cucina era molto carina, vari cuori di legno ornavano le pareti e una tovaglia sulla tinta del beige ricopriva il tavolo in legno.
Versò il caffè in due tazze, porgendone una a me.
La presi e l’avvolsi con le mani scaldandomi.
L’aspirina stava facendo effetto finalmente, il mal di testa stava passando.
“Ah tieni, ieri sera sono riuscito a recuperare anche la tua borsa” disse porgendomi la mia pochette.
La presi aprendola subito e guardando il telefono.
Non ero di reperibilità, ma noi specializzandi non avevamo orari ne turni fissi in realtà.
Come avevo fatto ad essere così incosciente?
Se mi avessero chiamata per qualche urgenza questa notte?
Per fortuna nessuno mi aveva chiamata, ma avevo decine di messaggi non letti di Beth che non trovandomi più si era preoccupata.
“Beth scusami tutto bene, sono con Embry. Ci sentiamo dopo” scrissi velocemente il messaggio e lo inviai.
Riposi il telefono nella borsa e la borsa sulla sedia.
“Va meglio il mal di testa?”
“Molto meglio, grazie… e grazie anche per ieri sera Embry…mi dispiace aver interrotto o rovinato la tua serata”
“Non avevo niente da fare tranquilla”
“Come mai non eri con Jacob ieri sera?”
“Non mi andava tanto di uscire e poi avevo studiato tutto il giorno, ero stanchissimo”
Improvvisamente mi venne un dubbio “dove hai dormito questa notte?”
Sorrise sorseggiando il suo caffè “non ti preoccupare, non ho dormito nel letto con te. Dormo bene anche in divano” rise scolandosi la tazza “ho proprio fame, mia mamma dovrebbe aver fatto una torta ieri, vuoi una fetta?” mi chiese tirando fuori una bellissima crostata a quella che aveva tutta l’aria di essere marmellata di fragole. La mia preferita.
“Si grazie”
“E così oggi niente lavoro?”
“Sono di guardia questa notte”
“Peccato, questa sera c’era una festa qui vicino, a Forks…”
Lo guardai non capendo se mi stesse invitando, ma anche se fosse stato non sarei potuta andarci, quindi tanto valeva non porsi neanche il problema.
“Ma tu starai salvando vite e giustamente è più bello e soddisfacente” continuò.
“mi stai prendendo in giro?” chiesi stizzita
“Assolutamente no, penso che sia molto bello ciò che fai… i tuoi saranno orgogliosi di te”
Abbassai lo sguardo, ahi tasto dolente!
“Non lo sono?” chiese insicuro guardandomi.
Alzai la testa guardandolo “mio padre non era d’accordo che io venissi qui a Seattle a fare la specializzazione… sai com’è, sono l’unica figlia femmina, la più piccola, lontana da casa… e poi non ha mai voluto che io facessi medicina, che io diventassi un chirurgo…”
“Come mai?”
“Non ho mai avuto un bel rapporto con mio padre, per lui tutto quello che faccio è sbagliato e senza senso… alle superiori non ho mai avuto voti brillanti, sono sempre stata una tipa che preferiva andare alle feste piuttosto che chiudersi in casa a studiare… a differenza di mio fratello, lui è sempre stato bravissimo in tutto e diligente. Capoito della squadra di football e voti stellari, poi legge e infine avvocato”
“Ma sei diventata un medico”
Alzai lo sguardo guardandolo dritto negli occhi.
Non amavo parlare molto del perché avevo deciso di intraprendere il percorso della medicina.
Non tutti potevano capire, era qualcosa di intimo, qualcosa di mio.
“Beh…” iniziai “è sempre stato così… poi un giorno all’improvviso tutto è cambiato”
“Cos’è cambiato?”
Sospirai e strinsi un po’ più forte la tazza giocherellando con il manico “non saprei dirtelo con precisione ma… un giorno andando a scuola ho assistito ad un incidente bruttissimo. Delle macchine si sono scontrate, tutto correvano avanti e indietro ed io ero lì, ferma immobile su un marciapiede a guardare la scena. Vidi un uomo trascinato fuori dalla sua macchina e iniziarono subito a rianimarlo…” mi fermai prendendo fiato “non ce la fece… poco dopo arrivò anche la sua famiglia” conclusi abbassando lo sguardo.
Non disse niente, si limitò a guardarmi e decisi di continuare “da quel momento decisi che avrei voluto fare qualcosa per gli altri, essere d’aiuto. Avrei voluto tanto fare qualcosa in quella situazione ma purtroppo non sapevo cosa fare, decisi che se mi fosse ricapitato un giorno avrei saputo cosa fare… l’anno dopo mi sono iscritta a Harvard e mi sono trasferita a Boston per studiare medicina”
Rimasi in silenzio, il suo sguardo era fisso nel mio.
Per un attimo mi sentii più leggera…
Non avevo mai parlato di questa cosa a nessuno. Nessuno aveva mai capito perché mi fossi iscritta a medicina, nessuno avrebbe mai scommesso niente su di me. Ma alla fine ce l’avevo fatta!
E adesso ero riuscita ad entrare in uno dei migliori programmi di specializzazione in chirurgia del paese!
Improvvisamente si alzò dalla sedia e mettendosi dietro di me, si abbassò avvolgendomi con le sue braccia calde. Le sue labbra sfiorarono il mio collo ed io trattenni il respiro come ogni volta che ci trovavamo così vicini.
“Grazie per averne parlato con me… è divertente, non hai la faccia di una che fa il medico”
Risi “me lo dicono spesso” e rise con me.
Per un attimo la sua risata nell’orecchio mi sembrò la cosa più bella che avessi mai sentito.
“Ma non potresti fare nient’altro”disse dandomi un bacio sul collo e stringendomi un po’ più forte.
Gli presi le mani e gliele strinsi, decisi di alzarmi in piedi anche io e in un attimo ci ritrovammo uno davanti all’altro.
“La prossima volta che fai una serata così chiamami tu, non farmi chiamare da Jake… così almeno possiamo divertirci insieme” disse appoggiandosi allo stipite della porta e infilando le mani nelle tasche.
Lo guardai meglio, era davvero un bel ragazzo.
“Effettivamente sei arrivato a festa finita” dissi incrociando le braccia al petto “dobbiamo rimediare, una sera di queste andiamo al Must insieme”
“Fatti sentire però, non sparire come hai già fatto”
Spalancai gli occhi “io sarei sparita? Tu non ti sei fatto sentire per giorni”
“Perché per voi donne dobbiamo sempre farci sentire noi uomini?”
“Perché è così che dovrebbe essere!”
“Avete avuto la parità dei sessi? Allora dev’essere generalizzata la cosa” disse ridendo
“la galanteria è morta” sbuffai guardando il cielo “mia nonna me lo diceva sempre che non ci sono più i ragazzi di una volta” dissi sconsolata
“siamo anche meglio” disse ridendo.
Lo vedi guardare qualcosa alle mie spalle, mi voltai per guardare nella sua direzione.
Dalla finestra alle mie spalle si vedeva perfettamente il bosco.
Quil e Jared gli stavano facendo segno di andare e con un richiamo Quileute ne ebbe la conferma.
“Rimarresti qui se ti chiedessi di aspettarmi per un po’?”
Riportai lo sguardo su di lui, il suo sguardo era ancora fisso sulle mie gambe nude.
“Se la smetti di guardarmi con quello sguardo si” dissi risedendomi al tavolo e riprendendo tra le mani la mia tazza con il caffè.
Avevo ancora un forte mal di testa, ma stava iniziando a passare.
Il potere dell’aspirina!
“Allora ci vediamo tra un po’… tu aspettami qui”
“Avete qualche casino? Vi serve una mano?” chiesi più per cortesia che per altro.
Non avevo proprio voglia di trasformarmi e buttarmi in mezzo a qualche lotta, ma in caso di necessità non mi sarei di certo tirata indietro.
“Non ne ho idea… tu rimani qui, io vado a vedere di cosa si tratta” disse abbassandosi e dandomi un veloce bacio sulla guancia.
Trattenni il respiro, questa cosa mi stava sfuggendo un po’ di mano.
“Embry…” lo richiamai. Lo guardai, era sulla porta già pronto per correre dal suo branco “stai attento”.
Un sorriso dipinse il suo volto “torno subito principessa” disse prima di uscire e chiudersi la porta alle spalle.
Sospirai.
Questa volta ero proprio fregata.
Mi ero ripromessa di non legarmi più a nessuno finché non avessi trovato una stabilità nella mia vita, ma ancora una volta tutti i miei piani erano andati in fumo.
E questa volta era diverso.
C’era qualcosa in lui che non mi sapevo spiegare, ma mi sentivo attratta come da nessuno altro prima.
Guardai fuori dalla finestra e lo vidi togliersi la maglietta velocemente mentre si avvicinava agli alberi…
Lo guardai bene, dannazione se era bello.
La sua pelle bronzea era in contrasto con i capelli neri e dei muscoli perfettamente scolpiti contornavano la sua schiena. Grazie alla mia super vista potevo vedere ogni cosa, ogni dettaglio.
Iniziò a correre verso il bosco sparendo tra gli alberi, sparendo dalla mia vista.
Riportai lo sguardo sulla mia tazza.
Erano rimasti pochi sorsi di caffè ed io non sapevo per quanto tempo avrei dovuto aspettarlo.
Finii in fretta il contenuto della tazza. Mi avvicinai al lavandino e la lavai, riponendola poi al suo posto.
E adesso cosa avrei fatto per tutto questo tempo?
Improvvisamente mi sentii a disagio rendendomi conto di non essere in casa mia, di indossare solo una maglietta lunga che non copriva neanche lontanamente le mie cosce e ridotta chissà come dopo un sbronza.
Mi strofinai il viso con le mani scuotendo la testa, per un attimo pregai che la madre di Embry non tornasse per un qualche strano motivo. Sarebbe stata una presentazione alquanto brutta e squallida.
Decisi di andare al piano di sopra a recuperare il mio telefono, magari avrei trovato anche i miei vestiti e mi sarei potuta vestire…
Salii le scale lentamente, ma la mia attenzione fu subito attirata dalle foto appese al muro, a cui non avevo assolutamente fatto caso poco prima, quando eravamo scesi al piano inferiore.
Le foto ritraevano Embry da piccolo, mentre pescava, in compagnia di quello che dedussi fosse Jake, mentre giocava con la sabbia sulla spiaggia, ed infine una foto con sua madre.
Guardai meglio la donna al suo fianco, era davvero bella.
Aveva gli stessi occhi e lo stesso sorriso di Embry, gli stessi lineamenti.
Sorrisi sfiorando la foto.
La madre di Embry, ne ero certa, doveva essere una grande donna per aver tirato su un figlio da sola così bene.
Ripresi a salire le scale fino alla stanza di Embry, mi guardai attorno in cerca dei miei vestiti, ma non c’erano. Diedi un’occhiata anche in bagno, ma non trovai niente neanche li.
Notai altre due porte nel corridoio, ma non mi sembrò il caso di entrare, quindi ci rinunciai.
Avrei chiesto a lui quando sarebbe tornato.
Entrai in camera di Embry, sentendomi come “protetta” li dentro, e meno a disagio che in tutto il resto della casa. In fin dei conti mi ritrovavo da sola in una casa non mia.
Mi distesi sul letto e mi infilai sotto le coperte di nuovo, era così caldo e comodo il suo letto.
Mi distesi a pancia in giù e con le braccia avvolsi il cuscino, solo in quel momento mi resi conto che tutto sapeva di lui. Tutto qui dentro aveva il suo profumo.
Chiusi gli occhi.
Mi rilassai, come non facevo da molto tempo probabilmente.
I turni in ospedale mi stavano distruggendo e avevo tanto di quel sonno accumulato che la notte neanche riuscivo a dormire da quanto sonno avevo.
Gli ultimi quattro giorni li avevo passati chiusa in sala operatoria, notte e giorno, senza mai fermarmi.
Per fortuna le ronde fatte per anni, nonostante andassi a scuola, mi avevano aiutata ad abituarmi.
Improvvisamente sentii la porta d’ingresso aprirsi e chiudersi.
Il mio cuore fece un balzo, tesi l’orecchio e mi concentrai per riconoscere i rumori, ma non appena riconobbi il passo di Embry mi tranquillizzai subito.
Probabilmente se fosse stata sua madre sarei sgattaiolata fuori dalla finestra senza farmi trovare qui.
Rimasi immobile a letto.
Sentii i suoi passi salire le scale e delicatamente aprì la porta della camera mettendo dentro la testa.
“Tutto bene Shay?”
“Tutto benissimo” farfugliai con ancora gli occhi chiusi.
Tutta la stanchezza dei giorni precedenti stava venendo fuori “dieci minuti e mi alzo, giuro” dissi sistemandomi meglio sotto le coperte.
Lo sentii ridacchiare per un attimo “fai quello che vuoi principessa, vado a farmi una doccia” disse richiudendo la porta.
Mi voltai dall’altra parte prendendo in mano il telefono.
Nessuna chiamata per fortuna.
Risposi a tutti i mille messaggi che avevo ricevuto oltre a quelli di Beth, possibile che non ci fosse un attimo di tregua?
Improvvisamente un altro rumore attirò la mia attenzione, la porta d’ingresso si era aperta e chiusa nuovamente.
Il mio cuore fece un balzo e saltai subito in piedi.
Questa volta non poteva essere di sicuro Embry dato che era in doccia…
“Embry! Sono tornata!” una voce femminile raggiunse le mie orecchie e all’improvviso non seppi cosa fare.
Mi guardai intorno senza la minima idea di cosa fare.
Cazzo. Era tornata sua madre.
Iniziai a cercare convulsivamente i miei vestiti in ogni angolo della stanza, almeno se mi avesse trovata non sarebbe stato così disastroso.
Niente, i vestiti non c’erano!
Dannazione.
Aprii la porta controllando il corridoio, dei rumori arrivarono dalla cucina.
Sospirai, ottimo, almeno avevo via libera!
Scivolai fuori dalla stanza senza fare alcun minimo rumore.
Raggiunsi la porta del bagno ed abbassando la maniglia del bagno entrai senza pensarci due volte e richiusi la porta alle mie spalle velocemente e senza fare rumore.
“Cosa ci fai qui?” la voce di Embry mi riportò alla realtà e mi resi conto che avevo interrotto la sua doccia, oltre che essere entrata in bagno in modo molto molesto.
Tuttavia questo non era l’importante adesso “E’ tornata tua madre! E’ di sotto!”
La tenda della doccia si scosto e mise fuori solo la testa “stai scherzando?”
“No che non sto scherzando, bell’udito da lupo devo dire” sbottai incrociando le braccia al petto.
“Abbassa la voce!!!” mi disse , sospirai, aveva ragione “passami l’asciugamano che c’è lì”
Presi l’asciugamano e mi avvicinai a lui per darglielo, me lo prese subito dalle mani rientrando in doccia e sparendo dalla mia vista.
“Embry cosa facciamo adesso? Dammi i miei vestiti e me ne vado”
“E da dove vuoi andartene?”
“Dalla finestra!”
“beh mi dispiace ma i tuoi vestiti sono giù, nell’asciugatrice. Quindi a meno che tu non voglia scndere così e conoscere mia madre dovrai…” smise improvvisamente di parlare.
Dei passi che salivano le scale raggiunsero subito le mie orecchie.
“Cazzo” disse. In un attimo mi afferrò e mi trascinò dentro la doccia con lui, facendo aderire perfettamente la mia schiena al muro.
“Ma sei impazzito?”
“Smettila di parlare a voce alta” sussurrò a pochi centimetri dalla mia bocca.
Improvvisamente, bloccata tra le mattonelle di marmo bianco ed il suo petto bagnato e decisamente muscoloso, quella doccia mi sembrò estremamente piccola.
Trattenni il respiro quando sentii i passi avvicinarsi alla porta del bagno.
Le sue braccia mi bloccarono contro il muro ancora più stretto.
“Embry sei in bagno?” una voce arrivò da dietro la porta.
Pregai che sua madre non entrasse.
“Si mamma, mi sto facendo la doccia”
“Hai finito? Devo lasciare delle cose che ho comprato in bagno”
“No mà, non ho ancora finito, lasciale qui fuori dopo le sistemo io” disse con voce sicura.
“Va bene, sbrigati che inizio a preparare il pranzo”
Continuai a trattenere il fiato, finché i suoi passi non si allontanarono dalla porta del bagno e la sentimmo scendere al piano inferiore.
Feci un bel respiro “sei bravo a dire cazzate” sussurrai, i suoi occhi si fissarono nei miei.
Da questa distanza potevo vedere con chiarezza le lievi sfumature verdi delle sue iridi, che da lontano sembravano tutte marroni.
Improvvisamente le sue labbra mi incatenarono al muro, non lasciandomi più via d’uscita.
Portai le mie mani intorno al suo viso continuandolo a baciare, e le sue mani iniziarono a percorrere il mio corpo.
In un attimo la felpa che avevo addosso volò per terra nella doccia e, mentre le sue mani stringevano i miei fianchi, le mie mani iniziarono a vagare sui suoi addominali e sui suoi pettorali.
Mi strinse ancora di più contro il muro, approfondendo il bacio.
Continuammo a baciarci per non so quanto, ma di una cosa ero sicura, non me ne sarei andata mai.
La sua mano si infilò sotto la maglietta e, percorrendo la linea della mia gamba, raggiunse il fianco iniziando ad accarezzarmi ed io risposi continuando a baciarlo dolcemente.
Mi staccai per un attimo da lui, guardandolo di nuovo negli occhi, ma non resistetti.
Riniziammo a baciarci con foga, senza lasciarci un attimo di respiro.
Le sue labbra sembravano essere state create per riempire le mie, combaciavano perfettamente.
Mi strinsi al suo corpo bollente ancora bagnato dalla doccia appena fatta, la sua pelle liscia sotto le mie mani era come una droga.
Mi passo lentamente ma sicuro la mano sulla schiena, un brivido percorse tutta la mia schiena.
Ci staccammo improvvisamente.
La mia testa crollò addosso al muro dietro di me, ci guardammo, ancora con il fiatone per il bacio che ci eravamo appena dati.
Le sue mani ancora strette sui miei fianchi, e lei mie braccia ancora intorno al suo collo.
Feci scivolare lentamente le mie mani sulle sue spalle, senza riuscire ad interrompere quel contatto così caldo e così perfetto.
La testa mi girava decisamente troppo forte, chiusi gli occhi per un momento.
“Shay…”
Riaprii gli occhi e fissai lo sguardo nel suo.
Questi occhi mi avrebbero fregata sempre, ne ero certa.
“Devo andare Embry” dissi.
Avevo bisogno di uscire un attimo da quella casa, di riflettere, di stare lontana da lui per capire.
Capire cosa poi?
“Come vuoi” disse lasciando la presa.
Per un attimo mi sembrò che le sue mani fossero rimaste sui miei fianchi per un tempo infinito, ma non appena mollò la presa mi sentii libera e vuota allo stesso tempo.
Riportai le braccia lungo i fianchi e, cercando di fare il più piano possibile, uscii dalla doccia.
Mi guardai un attimo allo specchio, i capelli erano un disastro, il trucco della sera prima era quasi scomparso se non per l’alone nero che aveva lasciato sotto l’occhio, evidenziando ancora di più le occhiaie violacee che contornavano i miei occhi.
Sospirai.
“Quando ci rivedremo?” mi chiese uscendo anche lui dalla doccia e prendendomi i fianchi da dietro.
Mi voltai “spero presto” soffiai sulle sue labbra.
Sorrise e mi baciò nuovamente, a stampo.
“Dopo domani i mangiamo tutti insieme  a cena, io ed i miei fratelli, è una specie di festa… dopo cena gli anziani raccontano le storie della nostra tribù… ci saranno anche le compagnie dei miei fratelli… ti va di venire?” mi chiese spostando lo sguardo decisamente imbarazzato.
Annuii “va bene, per me va bene, non ho turno… grazie per l’invito”
“Ti vengo a prendere dopo domani alle 6 allora”
“va bene” dissi “adesso è meglio che io vada”
Mi diede un altro bacio “esci dalla finestra del bagno, la finestra di camera mia è esattamente sopra la cucina, mia madre ti vedrebbe”
Sorrisi e lo salutai, prima di aprire la finestra ed uscire stando attenta a non farmi vedere ne sentire da nessuno.
 
POV EMBRY
 
La guardai uscire dalla finestra e la seguii con lo sguardo fino a quando non sparì tra gli alberi del bosco dietro casa.
Mi guardai allo specchio appoggiandomi al lavandino.
Per la prima volta sentivo dentro di me qualcosa di diverso, qualcosa che mi riempiva totalmente.
A differenza di tutte le altre volte, ero felice.
Finii di asciugarmi in fretta e mi vestii in poco tempo, diedi una sistemata ai capelli che si erano già asciugati. Avere i capelli corti era decisamente più comodo.
Scesi le scale velocemente “mamma vado da Jake” urlai prendendo le chiavi sopra il mobiletto vicino alla porta d’ingresso.
La testa di mia mamma fece capolino sulla soglia della porta della cucina “Ma Embry, sto cucinando il pranzo… non mangi a casa?”
La guardai per un attimo, improvvisamente mi sentii in colpa. In questi ultimi tempi non facevo altro che sparire e andarmene per i fatti miei, lasciandola sola.
“Hai ragione, scusa mà. Mangio con te e poi vado da Jake che dobbiamo parlare di una cosa”
“Vieni dai, è pronto tesoro”
Presi posto sulla mia sedia e iniziai a mangiare tutte le cose stupende che aveva cucinato mia madre, dio quanto era brava in cucina.
“E’ tutto buonissimo mà, sei una cuoca perfetta” boffonchiai tra un boccone e l’altro
“Sono felice che ti piaccia amore, ho visto dei vestiti femminili nell’asciugatrice, di chi sono?” mi chiese prendendo posto davanti a me, per un attimo rischiai di soffocare.
Cazzo, mi ero dimenticato dei suoi vestiti.
“Di una mia amica… ieri sera siamo usciti, si è sporcata e le ho dato qualcosa di mio per tornare a casa” dissi cercando di inventare qualcosa… anche se poi in realtà di tanto inventato non c’era poi molto.
“Una tua amica o la tua ragazza?” mi chiese ridacchiando, diventai rosso tutto d’un tratto e improvvisamente sentii mille gradi in faccia “cosa dici mà!! Una mia amica” dissi subito
“E ha dormito qui la tua amica?” mi chiese
Fissai il mio piatto cercando di improvvisare qualcosa, ma non mi venne in mente niente di intelligente da dire… “no, è tornata a casa”
“Oh andiamo Embry… non è un problema se hai fatto dormire la tua ragazza qui! Mi farebbe piacere conoscerla… è per questo che mi racconti tutte queste balle e scappi sempre?”
“Cosa dici mamma, quando esco vado dai miei amici. E non c’è nessuna ragazza.” Risposi secco riprendendo a mangiare.
“Come siamo permalosi… e va bene, come vuoi tu… quando vorrai farmela conoscere io ne sarò felice” disse facendomi l’occhiolino. Non la badai e continuai a mangiare.
Buttai giù l’ultimo boccone che avevo nel piatto e appoggia la forchetta nel piatto.
“Ora devo proprio andare mamma, ci vediamo questa sera”
“Non vuoi il dolce?”
La guardai lì, seduta sulla sedia davanti a me. Il suo viso, nonostante mostrasse i segni della stanchezza, non perdeva mai la sua dolcezza.
Mi avvicinai a lei “No grazie, lo mangio questa sera” mi abbassai dandole un bacio sulla guancia “ciao mà”
“Stai attento, ci vediamo questa sera”
Chiusi la porta alle mie spalle e salii sulla mia moto, senza preoccuparmi di mettere il casco, accesi il motore e feci un balzo in avanti immettendomi in strada.
Accelerai e finalmente feci un grande respiro, respirando l’aria fresca di LaPush.
Dei grossi nuvoloni grigi all’orizzonte, verso il mare, non promettevano niente di buono. Probabilmente entro questa sera sarebbe venuto giù il disastro, come sempre da queste parti.
Arrivai davanti casa di Jacob e parcheggiai la mia moto al solito posto, in un attimo arrivai davanti alla porta e bussai come sempre.
“Chi è?” la voce di jake raggiunse le mie orecchie “sono io”
Aprii la porta senza neanche aspettare risposta ed entrai.
Dopo anni che frequentavo questa casa era come se fosse in parte anche casa mia.
“Ciao fratello come va?” mi chiese Jake seduto in divano con un pacchetto di patatine tra le mani.
Presi posto affianco a lui “facciamo una partita?” gli chiesi lanciandogli un joystick, lui annui sorridendo e appoggiando il sacchetto di patatine sul divano.
“Dovresti smetterla di mangiare solo patatine” gli dissi
“e tu dovresti smetterla di portarti a casa belle ragazze ubriache la sera” ridacchiò seguito da me
“Eddai Jake, lo sai che non è la stessa cosa…”
“Hai già concluso anche con lei? Così come hai fatto con Giuly, Natasha, Audry… e chi se le ricorda tutte le altre” rise facendo partire il gioco alla play.
“Questa volta ti straccio fratello” risposi a denti stretti “5 dollari che vinco io”
“Andata”
“Comunque no, non ho concluso proprio un bel niente”
“Come no?”
“No… ma non lo so Jake, io non so se a lei piaccio… quella ragazza è strana”
Jacob rise ed io mi lasciai cadere contro lo schienale del divano sbuffando.
“Tu piaci sempre a tutte Embry”
“Non dire cazzate…”
“Vuoi negarlo? Probabilmente sei quello che se n’è fatte di più tra di noi”
“Si, solo perché voi avete avuto quasi tutti l’imprinting”
“Ciò non toglie che ci sai fare con le donne amico” disse prendendo una manciata di patatine e buttandosele in bocca.
“Non lo so… ci siamo baciati” sputai fuori
“Grande! Vedi te l’ho detto!”
“Si ma lei… boh non so, dopo è scappata. Non ci capisco un cazzo fratello”
Un rumore dal piano superiore attirò la mia attenzione.
“E’ Paul… con mia sorella…” disse Jake, improvvisamente buttò via il joystick e affondò nuovamente nel divano “basta non ho più voglia di giocare… perché deve essere sempre a casa mia?” sbottò riprendendo in mano il suo sacchetto di patatine.
Immersi la mano nel sacchetto anche io e mi buttai in bocca una manciata di patatine “perché è il ragazzo di tuo fratello” risposi ridendo “prima o poi dovrai accettarlo fratello” gli dissi battendogli una pacca sulla spalla “ah ed i 5 dollari sono comunque miei perché ti sei ritirato”
“Tra poco devo andare da Nessie”
“Vai a fare il baby sitter?”
“Oh andiamo smettila” rispose seccato colpendomi con un cuscino “e comunque fratello, per il tuo dubbio c’è una sola soluzione… vai a prendertela” disse alzandosi in piedi.
“Non è così facile”
“Oh andiamo Embry… l’hai sempre fatto! Smettila di lagnarti e vai da lei, subito! Ma perché diavolo stai facendo tutte queste storie dannazione?” mi chiese guardandomi.
Per un momento non riuscii a sostenere il suo sguardo e fissai il pavimento “Perché… beh… perché lei è il mio imprinting”.
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Decisione presa ***


Ciao a tutti! Eccomi qui con un nuovo capitolo... aggiornato a tempi record rispetto al solito!
Questo è un super capitolo vi avviso, ci saranno dei risvolti importanti.
Fatemi sapere che ne pensate, aspetto recensioni.
Buona lettura :)


Tenni la bocca chiusa per tutto il viaggio, non sapendo proprio cosa dire ne fare.
Embry aveva il potere di mettermi in imbarazzo, nonostante io fossi stata sempre una persona estremamente sicura di sè e senza troppe paranoie.
Con lui era diverso, non appena mi guardava, mi toccava o mi sorrideva tutto dentro di me iniziava a girare e fare salti ed io non ci capivo più niente.
Perché un ragazzo come tutti gli altri mi faceva questo effetto?
Evidentemente non era come tutti gli altri se mi condizionava a tal punto…
Guardai gli alberi scorrere fuori dal finestrino, il paesaggio si ripeteva da qualche decina di minuti, ormai avremmo dovuto esserci.
Senza alcun preavviso sterzò in una stradina sterrata che ci condusse direttamente ad una casa, giusto qualche metro nel bosco.
Parcheggiò la macchina davanti a quella che riconobbi essere la casa di Sam ed Emily.
“Siamo arrivati” disse, prima di aprire la portiera e scendere.
Ci misi qualche secondo di troppo per razionalizzare la cosa.
Mi era venuto a prendere alle 6 precise, in perfetto orario come aveva detto. Qualità strana per un uomo.
Mi guardò da dietro il vetro per qualche attimo ed infine mi aprì la portiera risvegliandomi dai miei pensieri “Grazie” dissi scendendo in fretta dalla macchina “scusa, mi ero persa nei miei pensieri” farfugliai 
“Lo so… l’ho notato” si limitò a dire richiudendo la portiera dietro di me.
Mi guardai attorno imbarazzata.
Dopo quello che era successo a casa sua ero ancora più imbarazzata del solito e non sapevo perché, in fin dei conti che male c’era?
Tuttavia non avevamo ancora parlato della cosa, ne dopo il primo bacio ne dopo il secondo, quindi mi ritrovavo piuttosto spaesata ne avevo idea di quali fossero le sue intenzioni.
Era un ragazzo serio o uno di quelli che ci prova con tutti e regala bacetti in giro? Sospirai...
“E’ ancora presto, e oggi per la prima volta dopo giorni non piove… ti va di fare una passeggiata sulla spiaggia prima di cena?”
Annuii sorridendogli e ci incamminammo in un sentiero continuando a limitarci al silenzio.
Solo qualche passo dopo arrivammo sulla spiaggia e per un momento mi mancò il fiato.
Il sole stava tramontando all’orizzonte e donava una sfumatura rossa, quasi violastra all’acqua. Un colore che qui, a LaPush, non avevo mai visto.
Delle grandi rocce uscivano dall’acqua e dei nuvoloni neri carichi di pioggia si avvicinavano sempre di più.
Il contrasto di colori era spettacolare, quasi surreale.
“Wow, che meraviglia” dissi senza neanche pensarci.
Questo posto era davvero stupendo.
Abituata a vivere in una grande città, erano rare le volte in cui mi ero ritrovata in mezzo alla natura, nonostante avessi sempre avuto un grande amore per la natura ed i boschi.
Mi donavano un senso di libertà e di tranquillità che non trovavo da nessun’altra parte.
“Lo so… qui a LaPush c’è un bel panorama…” disse guardando l’orizzonte. Lo guardai per un momento, il suo profilo illuminato dal tramonto lo rendeva ancora più bello del solito e il suo volto era disteso, rilassato.
Avevo sempre avuto un buon occhio nel capire le sensazioni delle persone, ma lui non riuscivo proprio ad inquadrarlo. Quel suo sorrisetto strafottente perennemente stampato in faccia, alternato a vari momenti di serietà, non mi permettevano di capire cosa stesse provando od a cosa stesse pensando.
Mi avevano sempre detto che la prima qualità che deve avere un medico è quella di essere un osservatore.
Quando sei un medico l’osservazione è tutto. Sono i dettagli che ti fanno capire tante cose.
Tuttavia con lui niente. Era come se fosse impenetrabile.
Vidi la sua bocca piegarsi in un sorriso e poi voltarsi verso di me, sussultai per un attimo quando mi scoprì a guardarlo “non potevamo scegliere momento migliore per venire qui… vieni andiamo” disse incamminandosi sulla sabbia.
Lo seguii affiancandolo ed infilando le mani nelle tasche imbarazzata.
“Da quanto tempo ti sei trasformata?” mi chiese continuando a passeggiare lentamente.
Guardai davanti a me “ormai è passato qualche anno… ero all’ultimo anno di scuola… una sera ero fuori con le mie amiche a fare shopping, compra questo e compra quell’altro e poi… beh… sai com’è… la febbre alta, ti chiudi in casa per qualche giorno, e improvvisamente ti ritrovi con zampe, coda e pelliccia”
“Si lo so bene” ridacchio
“Tu invece?”
“Anche io, dal penultimo anno però… è stato difficile all’inizio per me… sono stato il primo a trasformarmi tra i miei amici d’infanzia, cioè Jake e Quil. Inizialmente loro pensavano che avessi iniziato a far parte di una sorta di banda, guidata da Sam… siamo passati dal vederci tutti i giorni a non vederci mai, da un giorno all’altro. Hanno iniziato ad avercela con me ed io, per la paura di rivelare il segreto, li evitavo quando li vedevo”
“E poi?”
“E poi dopo di me, per fortuna, è stato il turno di Jake… quindi abbiamo sistemato tutto e poi è toccato anche a Quil, quindi tutto è tornato come prima”
“Ti capisco… anche a me ha creato non pochi problemi la trasformazione… ovviamente dovevo fare ronde, riunioni con il branco, quindi le mie amiche non le ho più viste per un bel po’ di tempo. Stavo sempre con i ragazzi, ma non è stato facile. Essere l’unica donna del gruppo è difficile…
Per fortuna c’era mio fratello… con lui ho sempre avuto un bellissimo rapporto e ci siamo trasformati quasi contemporaneamente… a distanza di poche settimane. Inizialmente non capivo perché fosse così strano, quasi diverso, ma dopo essermi trasformata ho capito”
Tirai un calcio ad un sassolino davanti a me, stringendomi nella mia giacca in pelle.
Era quasi dicembre e stava arrivando il freddo, ed io iniziavo a sentirlo.
Guardai Embry in maniche corte, risi scuotendo la testa.
“Perché ridi?” mi chiese
“Perché io ho freddo con la giacca e tu sei in maniche corte”
“Ma sei un lupo anche tu, non dovresti avere freddo” mi guardò sorpreso
“Sarò un lupo diverso dagli altri” scherzai continuando a camminare guardando il mare
“Su questo non ci sono dubbi” disse.
Lo guardai per un attimo, i nostri occhi si incrociarono e gli sorrisi.
Avvolsi le sue spalle con un braccio e gli diedi un bacio sulla guancia.
Non riuscii proprio a trattenermi dal farlo, quindi decisi di lasciarmi andare.
Ero stanca di questa continua maschera di freddezza e distanza che indossavo, se l’avessi abbandonata per un po’ non sarebbe stato di sicuro un problema.
Da quando mi ero trasferita a Seattle ero cambiata, ero più spenta, più cupa, nonostante fossi sempre stata una persona solare.
Ma da quando avevo incontrato Embry stavo tornando ad essere me stessa.
Mi strinse forte a lui, lasciandomi andare subito dopo e riprendemmo a camminare.
“E così hai un fratello?Quanti anni ha? Come si chiama?” mi chiese sorridendo
“Siamo gemelli… si chiama Alexander, ma per tutti è Alex ovviamente”
“Siete gemelli? Davvero?”
“Si… lui ha studiato legge, è un avvocato”
“saranno fieri i vostri genitori, un medico ed un avvocato”
Sorrisi “si, non possono lamentarsi, ma trovano sempre l’occasione per farlo lo stesso”
“Tu invece figlio unico…”
“Eh si… beh la mia storia te l’ho già raccontata “ disse abbassando lo sguardo e rabbuiandosi improvvisamente.
Mi pentii subito di aver tirato fuori il discorso, perché non potevo stare zitta?
“Tua mamma è stata bravissima a tirare su un figlio come te da sola”
Mi sorrise illuminandosi di nuovo, ricambiai il sorriso “ha sempre cercato di fare del suo meglio”
“E direi che l’ha fatto” conclusi.
Mi avvolse le spalle con il braccio ed il suo calore mi riscaldò subito.
“Non è stato facile… mi è sempre pesato molto non avere una figura maschile di riferimento… poi quando mi sono trasformato le cose si sono complicate ancora di più. Mia mamma non è ben vista nella riserva, ci sono anni perché venisse accettata”
“Una donna che va a lavoro tutti i giorni per tirare su suo figlio da sola per quanto mi riguarda ha tutta la mia stima Embry, se poi la gente è ottusa tu non puoi farci niente. Devi sentirti fortunato ad avere una madre come la tua, ed esserne fiero”
“Lo sono, assolutamente” concluse alzando lo sguardo.
Lo vidi fissare qualcosa in lontananza, il ciuffo spostato lievemente dal vento.
Spostai lo sguardo dove stava guardando e vidi un ragazzino farci segno.
“Andiamo, tra poco la cena inizia” mi disse stringendo il braccio intorno alle mie spalle e conducendomi verso una stradina sterrata.
“Pensavo avremmo mangiato a casa di Sam ed Emily” dissi spaesata. Dove mi stava portando?
“Quando facciamo le riunioni della tribù siamo soliti fare una grigliata tutti insieme, e poi gli anziani raccontano le nostre storie”
“Ma quindi questa è una riunione della vostra tribù?” chiesi sorpresa lasciandomi guidare ancora da lui
“Esattamente”
“Ma Embry non posso venire, non ne faccio parte, non è il caso che io venga”
“ma smettila, Jake qualche anno fa ci ha portato Bella, e adesso porta sempre Nessie che non fa parte della tribù”
“Ma è il suo imprinting” dissi come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Per un attimo il suo braccio tremò e mi sembrò quasi più pallido del solito.
“Embry?” richiamai la sua attenzione, ma non sembrò sentirmi.
Si aprì un radura davanti a noi e vidi un gruppo di persone sedute intorno ad un fuoco acceso.
“Sei un lupo anche tu, non preoccuparti” si limitò a dire velocemente. Tolse il braccio dalle mie spalle e si incamminò velocemente verso il gruppo.
Ma cosa gli era preso adesso?
Lo seguii standogli dietro, non avevo capito fosse una riunione della loro tribù.
Le riunioni erano qualcosa di estremamente intimo e importante per ogni tribù, ero felice che avesse voluto coinvolgermi ma allo stesso tempo mi sentivo di troppo.
Gli altri erano d’accordo che ci fossi anche io?
“Ciao ragazzi! Vi stavamo aspettando” disse Emily non appena arrivammo più vicini, le sorrisi.
Si alzò in piedi e venne ad abbracciarmi “Ciao Ashley, sono così felice di vederti”
Ricambiai l’abbraccio “ Ciao Emily, sono felice anche io di vedervi”
Una ragazza dietro di lei si avvicinò subito “Tu devi Essere Ashley, piacere di conoscerti io sono Kim…” mi disse porgendomi la mano sorridente. Gliela strinsi sorridendo cordialmente.
“Ciao Shay, ti sei ripresa dall’altra sera?” mi chiese Jacob, abbassai lo sguardo imbarazzata annuendo “ciao Jake… sisi grazie”
“Cos’è successo ieri sera? Vogliamo sapere anche noi” rise Paul addentando una costicina.
“Ti ho detto di aspettare che tutti si siedano, maleducato” la sua ragazza, Rachel, gli tirò un ceffone strappandogli letteralmente la costicina dalla bocca. Risi gustandomi la scena.
“Niente, non stavo tanto bene” mi limitai a rispondere ridacchiando.
Probabilmente, leggendosi nel pensiero, sapevano tutti perfettamente cos’era successo un paio di sere prima, ma preferii non approfondire il discorso.
Cercai con lo sguardo Embry, in tutta questa confusione l’avevo perso di vista, ma non lo trovai.
“Allora come stai Shay? Cosa ci raccontini bello?”mi chiese Jared bevendo un sorso di birra
“Tutto bene grazie… un  po’ stanca” ammisi “tu come stai?”
“Ah io benissimo… ci credo che sei stanca, oggi niente turni strani in ospedale?”
“No, oggi no, per fortuna” sorrisi.
“Ci stavamo chiedendo tutti quando saresti tornata a trovarci…”
Un braccio mi avvolse la vita da dietro stringendomi, subito il calore del suo corpo si unì al mio
 “Jared smettila, la stai importunando come tuo solito?” chiese Embry ridacchiando. Mi sentii subito rassicurata dal suo arrivo, stare in mezzo a tanta gente che conosci poco non è sempre meraviglioso, nonostante loro fossero tutti simpatici e gentilissimi.
“No giuro fratello, non stavo molestando nessuno, questa volta” disse buttandosi in bocca una manciata di patatine e scrollando le spalle ridendo
“Appunto questa volta, non darle fastidio” disse Embry stringendo un po’ di più la presa sui miei fianchi “vieni Shay sediamoci” concluse ridacchiando.
Prendemmo posto su dei grossi tronchi posizionati intorno al fuoco, lui vicino a Jake ed io vicino a Embry e Kim.
Parlai un bel po’ con Kim, mi sembrava una ragazza apposto, molto simpatica e decisamente tranquilla. Mi fece decisamente un’ottima impressione.
Per un attimo invidiai la sua pacatezza anche nel parlare, qualità che purtroppo non avevo mai avuto, ma in fin dei conti la chirurgia d’urgenza ti porta anche a questo.
Parlammo del più e del meno, conoscendoci meglio.
Terminata la cena, dopo aver sparecchiato e buttato via i resti della cena spazzolata, venne abbassato il fuoco. L’atmosfera che ci creò era quasi surreale.
Per un attimo mi sentii a casa, dopo mesi e mesi di lontananza.
Nonostante non fosse la mia tribù, nonostante non fosse il mio branco, era così che mi sentivo… a casa.
La mano di Embry scivolò sulle mie gambe, ed iniziò ad accarezzarmi lentamente mentre mi persi ascoltando le parole degli anziani.
 
 
Quando terminarono i racconti, sbattei gli occhi qualche volta per tornare alla realtà.
Era incredibile come ogni volta, ascoltare la storia delle tribù indiane, potesse ricreare un’atmosfera talmente surreale da sembrare quasi magica.
Magica come il sangue che scorreva nelle nostre vene in fin dei conti.
Quale verità scientifica avrebbe mai potuto spigare quello che ci accadeva?
Per anni, mentre studiavo medicina, cercai delle risposte, qualcosa che potesse spiegarmi scientificamente, fisicamente e fisiologicamente la nostra trasformazione, ma non giunsi mai a niente.
“Tutto bene? Allora ti è piaciuto?” mi sussurrò all’orecchio Embry.
“Tantissimo… stando lontana dalla mia riserva, era tanto tempo che non partecipavo ad una riunione di questo tipo… ti ringrazio per l’invito Embry”
“Sono felice che ti sia piaciuta” disse sorridendomi e dandomi un veloce bacio sulla guancia.
Scattò in piedi “aspettami, arrivo subito, vuoi una birra o qualcos’altro da bere?”
“una birra va benissimo, grazie” risposi sorridendo.
Lo guardai dirigersi verso casa per prendere da bere, aveva dei jeans lunghi ed un maglioncino blu scuro sopra. Decisamente leggero per la stagione.
Ma in fin dei conti anche io indossavo una semplice giacca di pelle,quindi…
“C’è feeling tra di voi” la voce di Kim attirò la mia attenzione e mi voltai subito verso di lei
“Cosa?”
“Tra te ed Embry… c’è feeling” ripeté sorridendomi.
Abbassai lo sguardo imbarazzata “beh… si dai…”
“Si dai? Non l’ho mai visto così con una ragazza” rise
“In che senso?”
“Beh… Embry è sempre stato uno che ci sa fare con le ragazze… ne ha avute parecchie… ma non l’ho mai visto comportarsi così come fa con te! E il fatto che tu sia qui ne è la prova”
“Ed è un bene secondo te?” le chiesi avvolgendo le gambe con le braccia
“Beh… questo dipende da quello che vuoi tu” rise sistemandosi la frangetta “ma mi sembra che tu la tua scelta l’abbia già fatta”
Appoggiai il mento sulle ginocchia, avevo già fatto una scelta?
Perché ero così incerta? Sapevo perfettamente cosa dovevo fare… dovevo chiamare…
“Ecco qui la tua birra”
Alzai lo sguardo verso la birra che Embry mi stava porgendo sorridente.
“Grazie” la presi e l’aprii mentre lui si sedette nuovamente affianco a me. Guardai per un attimo Kim che mi fece un occhiolino, ridacchiai senza farmi vedere.
Mi stava proprio simpatica!
“Allora Kim, come procedono gli studi?” chiese Embry sorseggiando la sua birra
“Bene,grazie Embry. Questo mese sono riuscita a dare due esami…” si voltò verso di me “studio economia, ma per pagare la retta del college devo lavorare… quindi sono un po’ indietro con gli esami, ma sono quasi alla fine” disse spiegandomi.
“beh sei bravissima… non è facile lavorare e studiare insieme”
“No per niente, la maggior parte delle volte devo chiedere dei cambi per poter frequentare delle lezioni obbligatorie o per fare degli esami che altrimenti non potrei dare… è dura, ma piano piano ce la sto facendo. Tu invece cosa fai Ashley?”
“Io sono un medico, sto facendo il primo anno di specializzazione in chirurgia d’urgenza a Seattle…”
“Wow… mamma mia… tu si che hai le palle” disse spalancando gli occhi
Ridacchiai abbassando lo sguardo “dipende dalle situazioni, mettiamola così”
“E ti piace?”
“Non potrei fare nient’altro” dissi sicura bevendo un altro sorso della mia birra
“Io lavoro a Seattle, in un bar… lavoro come cameriera al Rosenow, non so se lo conosci… magari qualche volta puoi passare a trovarmi, o possiamo berci qualcosa insieme”
“Certo assolutamente, mi farebbe molto piacere”
“Perfetto, io vado ragazzi, si è fatto tardi… devo recuperare Jared prima che finisca tutte le scorte di birra dei prossimi 6 mesi” rise “è stato un piacere! Buonanotte”
“Buonanotte ciao Kim”
“Ah… sabato sera do una festicciola nel locale in cui lavoro per il mio compleanno, mi farebbe piacere che tu venissi” concluse facendomi l’occhiolino prima di andare via.
“Allora ci verrai alla festa?” mi chiese all’orecchio Embry.
Il suo fiato caldo sul mio collo per un attimo mi fece perdere la ratio.
Ok, calma Shay, continua a ragionare.
“Si” risposi sorridendo voltandomi verso di lui.
Le sue labbra così morbide e rosee erano decisamente troppo vicino alle mie ed i suoi occhi scrutavano i miei. I nostri nasi si sfiorarono.
Le nostre labbra si sfiorarono per qualche attimo…
La suoneria del mio telefono ci interruppe improvvisamente facendomi sobbalzare e riportandomi alla realtà.
“Scusa… devo rispondere” farfugliai tirando fuori il telefono dalla tasca.
“Si pronto Dottoressa Rivera, mi dica tutto…mmhmmh… si è  stato operato un paio di giorni fa da me e il Dottor Roy… va bene, arrivo” chiusi il telefono e bloccai lo schermo.
“Devi andare vero?”
Annuii decisamente contrariata, fosse stato per me sarei rimasta li per sempre.
“Devo fare delle ricerche, il mio capo le vuole sulla sua scrivania entro le 9 di domani mattina…” guardai l’orologio “ e sono già le 11.30, direi che devo muovermi”
“Va bene, ti riporto a casa”
“no, non preoccuparti, mi arrangio, tu rimani qui con i tuoi amici” dissi alzandomi in piedi
“Non esiste baby ti porto io e ti offro anche un caffè, così sarai pronta per passare questa nottata sui libri” disse incamminandosi infilando le mani in tasca.
Lo guardai per un attimo sorridendo, era davvero un tesoro.
Lo raggiunsi velocemente e lo affiancai “grazie Embry”
 
 
Sabato sera
 
Svoltai all’ultima stradina sulla sinistra e proseguii avanti.
Rilessi il messaggio che mi aveva inviato Kim il giorno prima, l’indirizzo era giusto, la via anche…
Improvvisamente una luce attirò la mia attenzione e finalmente lessi l’insegna “Rosenow”.
Accelerai il passo, per quanto fosse possibile indossando le scarpe con il tacco, e finalmente arrivai davanti all’ingresso. Gettai uno sguardo all’interno. Il locale era molto carino ed elegante, dei divanetti rossi in velluto circondavano dei tavolini in vetro e la parete dietro al bancone del bar era tappezzata di bottiglie.
Aprii la porta ed entrai subito, il caldo ed il profumo di Mojito furono la prima cosa che sentii.
Mi guardai intorno, avevo avuto parecchi problemi per decidere come vestirmi. Alla fine avevo optato per un tubino in velluto nero, con delle decorazioni argento senza spalline e delle scarpe con il tacco nere. Mi ero raccolta i capelli creando uno chignone di treccia e avevo steso un velo di trucco, eyeliner e rossetto. Niente di troppo elaborato, semplice ed elegante.
A quanto pare non avevo affatto sbagliato outfit e, più tranquillizzata, iniziai a cercare gli altri in giro.
La figura di Kim attirò la mia attenzione.
Era davvero bellissima!
Un vestito blu a maniche corte le fasciava il corpo perfettamente fino a metà polpaccio ed era slanciata da delle decolté nere.
Mi avvicinai e subito Kim si accorse del mio arrivo “Ciao Ashley! Che bello vederti” mi disse venendomi incontro “sono così contenta che tu sia riuscita a venire!” disse abbracciandomi.
Ricambiai l’abbraccio “Grazie a te per l’invito Kim e tantissimi auguri! Sei davvero stupenda”
Rise “Io? Ti sei vista? Sembri una modella! Dai vieni, togliti il cappotto, dallo a me”
Tolsi il cappotto e glielo consegnai ringraziandola.
Un braccio caldo e decisamente muscoloso avvolse la mia vita facendomi voltare.
“Sei stupenda questa sera” sussurrò Embry a pochi centimetri dalle mie labbra
Per un attimo ebbi l’impulso di baciarlo, ma mi trattenni viste le circostanze.
“Anche tu non sei niente male” dissi a bassa voce sorridendo.
La camicia bianca gli fasciava perfettamente il torace e le maniche erano arrotolate con molta cura fino a metà avambraccio, ed i pantaloni eleganti gli calzavano alla perfezione.
Mi sorrise, con uno di quei sorrisi con cui probabilmente aveva conquistato molte ragazze perché dio, era davvero bellissimo.
“Vieni, andiamo a sederci” disse conducendomi verso uno dei divanetti.
Prendemmo posto vicino a tutti gli altri.
“Ciao Shay, che bello vederti, non pensavo saresti venuta” disse Jake salutandomi
“Perché mai non sarei dovuta venire?”
“beh non lo so… sei sempre a lavoro”
“So anche divertirmi Jake, lo sai bene” ridacchiai seguita da lui ed Embry.
“Oh ragazzi” disse Jared prendendo posto vicino a Jacob “non vi sembra che quel tipo stia troppo attaccato a Kim?”
Voltai lo sguardo nella direzione in cui il suo era fisso da qualche minuto, Kim stava ridendo e chiaccherando molto tranquillamente con un ragazzo che non avevo mai visto.
“A me sembra stiano solo parlando” commentai continuando a guardare
“Oh ciao Shay, scusami non mi ero accorto che tu fossi arrivata… stai benissimo questa sera” commentò Jared guardandomi “non so… a me sembra che lei stia ridendo un po’ troppo” aggiunse poi
“Smettila fratello sei paranoico, da quando si sono conosciuti non fai altro che pensare male” disse Jacob
“Ma chi è quel tipo?” chiesi cercando di capire meglio la situazione
“Un tizio che Kim ha conosciuto una sera al bar mentre lavorava… poi si sono visti un paio di volte per qualche caffè e per studiare insieme perché hanno scoperto di frequentare lo stesso college” mi spiegò Embry
“E da quando ha conosciuto questo tipo Jared non fa altro che pensare a cose strane” concluse Jake
“Io basta, non ce la faccio più” disse Jared alzandosi improvvisamente in piedi. Prese il primo bicchiere sul tavolo che gli capitò a tiro e se lo scolò in un solo sorso.
Lo guardai ingurgitare quel drink che aveva decisamente poco di analcolico e poi partì spedito verso Kim.
“Ma cosa vuole fare?” chiesi piuttosto preoccupata. Embry e Jake scoppiarono a ridere “Jared è un coglione, Kim non noterebbe mai nessun altro… è innamorata di Jared da quando abbiamo 11 anni… quando Jared ha avuto l’imprinting con lei probabilmente è stato il momento più bello della sua vita. Quei due sono fatti per stare insieme” commentò Embry.
Lo guardai per un attimo spostando poi lo sguardo di nuovo su Jared che, nel frattempo, si era avvicinato a Kim e a quel tipo e aveva avuto la brillante idea di prenderla e ficcarle la lingua in bocca davanti al tipo che ovviamente se n’era andato decisamente imbarazzato.
Risi scuotendo la testa.
“Voi uomini siete assurdi” commentai prendendo in mano un bicchiere di long Island.
“Perché voi donne no? Siete facilmente corruttibili” ridacchiò Embry sorseggiando il suo drink
“In che senso?”
“vi basta qualche attenzione in più, qualche regalo ed è fatta… ci mettete poco ad andare con un altro”
“No guarda forse ti stai confondendo con la figura maschile, dato che a voi uomini basta trovare una che vi dia tutto quello che volete… capite cosa intendo… per mandare a quel paese la vostra donna”
“E’ tutto facile quando non c’è di mezzo l’imprinting” ridacchiò Jake guardando Embry.
Non capii il loro scambio di sguardi, ma decisi di ignorarlo.
“Quando entra in ballo l’imprinting tutto si complica. Vuoi solo lei, lei e nessun altro” concluse Embry.
Lo guardai perplessa bevendo un altro sorso del mio drink “sembra quasi che tu l’abbia provato da come lo descrivi… hai avuto l’imprinting con qualcuna?” gli chiesi a bruciapelo lasciandolo decisamente spiazzato.
Le sue mani tremarono impercettibilmente.
Dovevo saperlo.
Non potevo permettermi di perdere la testa per qualcuno destinato a stare con qualcun altro.
Il mio cuore iniziò a battere velocemente quando notai che la risposta tardava ad arrivare.
“Beh no… ma leggo nella testa dei miei fratello e vedo cosa provano” farfugliò finendo in un sorso il suo drink. Lo guardai meglio, non capivo se potevo fidarmi di quello che mi stava dicendo o no.
Il suo sguardo non tradì alcuna emozione.
Guardai Jake, che aveva avuto la bellissima idea di voltarsi da tutt’altra parte lasciandoci un po’ di privacy nel discorso. Peccato, forse da lui avrei potuto capirci qualcosa in più.
Per un attimo mi resi conto che, anche se le parole di Embry fossero state vere, il lato negativo c’era comunque. Se non aveva ancora avuto l’imprinting questo voleva dire che un giorno avrebbe potuto averlo.
Ma perché mi stavo preoccupando tanto?
In fin dei conti c’era stato solo qualche bacio tra di noi e niente di ufficiale.
Non avrei più dovuto pensarci.
“Hai mai pensato di fare lamodella?” mi chiese improvvisamente cambiando totalmente discorso.
“Sono un medico… direi di no” risposi, ma che domanda era?!
“Peccato perché saresti stata perfetta”
“Facevo la cheerleader però” dissi ridendo “non è proprio la stessa cosa ma vabbe”
“Oddio… eri quel tipo di ragazza? Quelle che vanno sempre in giro tiratissime e altezzose?” mi chiese facendo finta di essere sconvolto. Scoppiai a ridere tirandogli una pacca sulla spalla “ma smettila, no! Non ero assolutamente così, te lo assicuro”
“Mi sono sempre piaciute le cheerleader” commentò sistemandosi sul divano e facendomi l’occhiolino.
Scossi la testa in segno di disapprovazione “sei un caso perso Embry”
“Oh eccome se gli piacevano le cheerleaders” si intromise Paul ridendo “si è portato a letto metà squadra di cheerleaders della Forks high school, nonostante noi frequentassimo la scuola della riserva” concluse ridendo. Mi voltai sorpresa verso Embry “ah, metà squadra?” gli chiesi ridacchiando ironicamente
“Paul è un cretino esagera sempre” disse fulminando con lo sguardo Paul “me ne sono fatta qualcuna dai…” concluse alzando le spalle buttando giù uno shot.
Ne buttai giù altri due anche io, avevo decisamente bisogno di bere dopo aver saputo che il ragazzo che mi piaceva era andato a letto probabilmente con metà Forks.
Aspetta un attimo, avevo davvero pensato “il ragazzo che mi piace”?
Ero fottuta.
La testa iniziò a girarmi abbastanza dopo questi due shot, segno che mi sarei dovuta fermare se non avessi voluto rifare la stessa fine di qualche sera prima. Ma avevo proprio voglia di divertirmi, quindi ordinai un altro drink.
“Non te la sei presa vero?” mi chiese Embry all’orecchio per non farsi sentire da nessuno
Ridacchiai “perché dovrei, infondo non c’è niente tra me e te no?”
Lo vidi sorridere strafottente e buttare giù un altro shot “no infatti” disse appoggiando la mano sulla mia gamba iniziando ad accarezzarla.
“Allora perché mi stai toccando?” gli chiesi avvicinandomi alle sue labbra.
Avevo deciso, avrei fatto il suo gioco.
Guardò per un attimo le mie labbra e spostò subito lo sguardo altrove sorridendo “perchè mi piace la tua pelle” mi sussurrò avvicinandosi al mio orecchio.
Un brivido mi percorse la schiena quando il suo fiato caldo arrivò sul mio collo.
“Non puoi toccarmi così quando ti pare Embry” gli dissi allontana domi un po’ e ristabilendo le distanze. Il suo sguardo si abbassò sulla mia scollatura “e neanche guardarmi le tette” conclusi cercando di tirargli un ceffone. Ovviamente mi bloccò il polso prima che potessi raggiungere il contatto con la sua pelle.
Rise.
E per un attimo ebbi davvero voglia di ammazzarlo.
Improvvisamente il suo telefonò squillò.
Guardo un attimo il display “scusami devo rispondere”.
Si alzò in piedi e si allontanò per rispondere.
Non appena si allontanò, rilassai tutti i muscoli che erano stati in tensione fino ad ora, a causa dei suoi continui sguardi. Mi appoggiai al divanetto, perché mi faceva questo effetto?
Mi resi conto che la testa mi girava, tanto anche.
Ridacchiai da sola continuando a sorseggiare il mio drink, era decisamente una bella festa!
“Era mia madre” disse sedendosi di nuovo accanto a me “ha il turno di notte e crede di aver lasciato accesa una pentola sul fuoco. Devo tornare a spegnere tutto se non voglio che casa mia vada a fuoco. Vado e torno qui” sbuffò alzandosi in piedi. Lo vidi guardarsi intorno per un attimo decisamente spaesato.
“Tutto bene?” gli chiesi
“si, mi gira solo un po’ la testa “ ridacchiò
“Ti accompagno, vengo con te”
“Sei sicura?”
“In due il viaggio sembra più breve no?” dissi alzandomi in piedi. Mi attaccai subito a lui scoppiando a ridere “non so chi sia messo meglio tra i due, ma andiamo” conclusi.
Embry spiegò a tutti cos’era successo brevemente e in pochi minuti ce ne andammo.
Tra una risata e l’altra riuscimmo ad arrivare a casa di Embry sani e salvi.
Non so come precisamente, ma ci riuscimmo.
Arrivati sotto il portico di casa sua, inserì la chiave nella serratura e la girò.
Aprì la porta ed entrammo in casa, mi resi conto che era già la seconda volta che entravo in casa sua nel giro di pochi giorni. Mi tolsi il cappotto, appoggiandolo sul divano.
Embry si diresse subito verso la cucina…
“Dannazione, mia mamma si era davvero dimenticata il fuoco acceso. Per poco non andava a fuoco la casa…” rise spegnendo il fornello.
Lo raggiunsi ridendo a mia volta “può capitare Embry… è sempre così piena di cose da fare”
“Si ma dovrebbe stare più attenta può essere pericoloso”
“Hai ragione”
Si voltò ed il suo sguardo volò sulla mia figura.
Si soffermò per qualche attimo sulle gambe nude “sei stupenda questa sera” disse improvvisamente guardandomi negli occhi.
Risi avvicinandomi a lui, mi fermai a pochi centimetri da lui “solo questa sera?” chiesi provocandolo.
Sorrise strafottente, con una mano mi sistemò una ciocca di capelli che doveva essere scappata dalla mia acconciatura dietro all’orecchio e, lentamente, sfiorandomi il collo, arrivò alla spalla.
“Hai due tatuaggi dietro alle braccia, non me n’ero mai accorto” sussurrò al mio orecchio mentre un brivido percorse la mia schiena.
Trattenni il respiro, i bicchieri bevuti poco prima non mi permettevano di pensare razionalmente.
“Non ne ho solo due” risposi sorridendo a mia volta “solo che gli altri non puoi vederli”
Senza alcun preavviso, si abbassò e mi baciò il collo.
Appoggiando le mani sul suo petto, lo spinsi via immediatamente “non penserai di potermi conquistare come tutte le altre che ti sei fatto in questi anni” ridacchiai appoggiandomi al tavolo.
“Questo non l’ho mai pensato” disse ridendo a sua volta “sono curioso, dove ce li avresti gli altri tatuaggi?” mi chiese appoggiandosi al bancone della cucina ed infilando le mani in tasca.
Avevo cinque tatuaggi in realtà, tutti molto piccoli.
Due dietro le braccia, che erano i tatuaggi della mia tribù, una piccola scritta sulla schiena, un cerchietto sulla caviglia ed una mezza luna appena sotto il reggiseno lateralmente.
Sorrisi “Questo non te lo dico”
Sorrise scuotendo la testa, aprì la dispensa e ne tirò fuori una bottiglia di Tequila. La aprì e ne bevve un sorso per poi porgermela “vuoi?”
“Grazie” dissi prendendo in mano la bottiglia e bevendone subito un sorso.
Quanto amavo la tequila.
Abbassai leggermente la scollatura del vestito di lato, in modo tale che potesse vedere la mezza luna “eccolo qui un altro dei miei tatuaggi” dissi ridendo e bevendo un altro sorso di tequila.
Ero sempre stata una brava provocatrice, e questa volta, avendo un seno decisamente abbondante e non indossando neanche il reggiseno, la provocazione mi era decisamente venuta bene.
Risi guardando la sua faccia diventare paonazza.
“Che c’è Embry? Adesso fai il timido?” gli chiesi appoggiando la bottiglia sul tavolo.
Si riprese subito “niente che non abbia già visto in fin dei conti no?” disse avvicinandosi pericolosamente a me. Mi bloccò tra il tavolo ed il suo corpo, appoggiando le mani dietro di me.
Trattenni il respiro per un attimo, mi ero cacciata in un bel guaio.
“Mai provocare un lupo Shay” ridacchiò abbassandosi sul mio collo.
Improvvisamente, prima che io potessi pensare razionalmente, le sue labbra si scontrarono con le mie.
Mandai a quel paese tutte le limitazioni che mi ero data.
Lo volevo.
Avvolsi il suo collo con le braccia approfondendo il bacio e le sue mani iniziarono a vagare sul mio corpo facendomi perdere la testa.
In un attimo la sua mano si infilò sotto la gonna del mio vestito e iniziò a giocherellare con il pizzo delle mie mutande. Gli afferrai una spalla facendo aderire meglio i nostri corpi e in un attimo, spostando la mano sul mio sedere mi fece sedere sul tavolo.
Con un amano mi abbassò la scollatura del vestito, iniziando a lasciare una scia di baci dal collo fino al seno. Trattenni un gemito di piacere e gettai la testa all’indietro.
Dio, quanto mi faceva impazzire questo ragazzo.
La mia testa era vuota.
Mi prese in braccio e velocemente iniziò a camminare verso le scale.
Entrammo in camera sua senza mai staccarci e smettere di baciarci, era come una droga. Le sue labbra morbide continuarono a torturare le mie.
I miei piedi toccarono il pavimento proprio davanti al suo letto.
Sfilai le scarpe senza smettere di baciarlo e in un attimo gli sbottonai tutti i bottoni togliendogli la camicia.
Il mio cuore iniziò a battere all’impazzata mentre qualcosa dentro di me mi diceva di prenderlo e non lasciarlo andare via mai più.
Mi fece stendere sul letto delicatamente e mi sfilò il vestito.
Rimase per qualche attimo a guardarmi, mi guardò in un modo strano, come se fossi la cosa più bella del mondo. Non mi ero mai sentita così.
“Sei bellissima” farfugliò prima di rigettarsi sulle mie labbra prendendo posto tra le mie gambe.
In un attimo sparirono anche tutti i suoi vestiti.
Le mia mani continuavano a vagare sulla sua pelle liscia e ancora più calda del solito.
Guardandomi negli occhi entrò in me e mi lasciai sfuggire un gemito di piacere.
In un attimo tutto cambiò.
Tutto per me divenne diverso.
Io e lui. Lì, in quel momento.
Era come se fosse la cosa più giusta che stessi facendo da mesi.
Stavo bene, stavo terribilmente bene.
Iniziò a spingere lentamente, il suo profumo ormai era dentro di me.
Baciai il suo collo caldo e subito intrappolò le mie labbra tra le sue aumentando le spinte.
Non riuscii a trattenere gemiti di piacere, rendendomi conto che probabilmente stavo facendo il sesso più bello di tutta la mia vita.
Avvolsi le gambe intorno alla sua vita e le spinte divennero sempre più profonde.
La testa iniziò a girarmi da tutte le emozioni che stavo provando insieme.
Sentii il mio cuore battere all’impazzata, o forse era il suo, questo non lo riuscivo a capire.
“Em…bry…” riuscii solo a farfugliare prima di raggiungere l’orgasmo seguita da lui.
Si accasciò su di me appoggiando la fronte sulla mia.
Chiusi gli occhi, proprio con lui. Ascoltai il suo respiro, ancora affannato dallo sforzo proprio come il mio.
Mi concentrai per ristabilire una frequenza respiratoria normale.
La mia testa, per la prima volta dopo mesi, forse dopo anni, era vuota. Priva di tutti quei pensieri che mi avevano sempre causato problemi o ripensamenti.
Nessun ripensamento questa volta, nessun rimorso.
Avevo fatto la cosa giusta.
Non sapevo perché, ma sentivo che era così.
Si spostò lasciandosi cadere sul materasso affianco a me.
Rimasi in silenzio, ancora troppo sconvolta per parlare, aspettando dicesse qualcosa lui.
Si voltò verso di me, baciandomi come non aveva mai fatto prima. Una delicatezza che mai prima aveva usato. Ricambiai il bacio, mentre una sua mano scivolò sul mio seno.
“Mi fai perdere la testa Ashley” disse staccandosi e guardandomi negli occhi… “ti va di dormire qui con me?”
“E la festa?”
“gli altri capiranno” ridacchio.
Ci pensai un attimo “va bene” dissi voltandomi verso di lui e appoggiando la testa sul suo petto. Le sue braccia subito strinsero il mio corpo e mi diede un bacio sulla testa.
“Buonanotte principessa” disse ridendo felice.
“Buonanotte Embry” conclusi sorridendo e stringendomi di più a lui.
 

 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Insicurezze generali ***


Ciao a tutti! Scusatemi ancora una volta per il ritardo, ma questo è davvero un periodo pienissimo!
Spero che il nuovo capitolo vi piaccia, fatemi sapere che ne pensate...
Buona lettura.


Domenica


Un raggio di luce fioco colpì direttamente i miei occhi svegliandomi.
Avevo sempre odiato la luce di mattina, eppure questa volta non mi turbava più di tanto...
Il rumore della pioggia che batteva sul vetro e sul tetto attirò subito la mia attenzione,mentre il braccio bollente di Embry circondava la mia vita impedendomi qualsiasi movimento.
Rimasi immobile con la paura che potesse svegliarsi da un momento all’altro.
Per la prima volta, dopo tanto tempo, mi sentivo libera. Svuotata da tutto.
Sospirai.
Qualche bicchiere di troppo alla fine ci aveva portati a questo.
Era la cosa giusta?
Non l'avevo programmato, ed io programmavo sempre tutto. Più o meno.
Mi voltai lentamente verso di lui, cercando di non svegliarlo.
Il suo profumo muschiato mi entrò nelle narici e mi resi conto che, qui, tutto sapeva di lui.
Il suo viso era disteso e rilassato, ed il suo respiro regolare. Per un attimo mi chiesi come potesse racchiudersi così tanta bellezza in una sola persona.
La sua pelle ambrata risultava liscia e priva di imperfezioni anche da vicino e le sue labbra rosee mi spingevano solo a baciarlo ancora una volta.
I suoi capelli scompigliati ricadevano sugli occhi... alzai un amano per accarezzarlo, ma ci ripensai subito riportandola sotto il mio viso.

Cosa ti stava succedendo Ashley?Dov’era finita la tua maschera di freddezza che ostentavi sempre con tutti?

Ripensai alla sera prima, alle sue mani bollenti sulla mia pelle e la sua bocca così dannatamente calda ed un brivido mi percorse la schiena.

Com’era  possibile che mi facesse provare delle sensazioni così forti in così poco tempo, quando nessuno ci era mai riuscito in svariati anni?

Mi ero sempre interrogata su quale fosse effettivamente il mio posto in questo mondo, e per tanto tempo non ero riuscita a darmi una risposta.
Prima della trasformazione questi non erano sicuramente problemi che mi ponevo, ma da quando ero diventata un licantropo tutto era cambiato, compresa me.
Da quando avevo iniziato la specializzazione in chirurgia mi ero convinta che il mio posto fosse in sala operatoria, lì dove tutto poteva accadere, dove quasi tutto era sotto il tuo controllo. Quasi tutto. Ma dove tutto era chiaro e c'era una spiegazione logica a tutto.
Ma forse, oltre alla sala operatoria, qualcos’altro avrebbe iniziato a far parte di me andando avanti con il tempo…chi lo sapeva?
La stretta di Embry si fece un po’ più forte, destandomi dai miei pensieri.
I suoi occhi si aprirono, gli ci volle qualche attimo per mettere a fuoco il mio viso probabilmente.
“Buongiorno doc… sei già sveglia?” mi chiese con voce ancora impastata dal sonno
“Buongiorno a te, si da un po’...”
“Potevi svegliarmi” disse liberandomi dalla sua presa e strofinandosi gli occhi con una mano
Ridacchiai “dormivi così bene che non avevo il coraggio di svegliarti”
Mi sorrise e, in un attimo, bloccandomi  di nuovo con il suo braccio si mise sopra di me.
Mi guardò, il suo sguardo vagò per un attimo sul mio corpo, per poi tornare nei miei occhi.
Mi avrebbe spogliata con gli occhi, se solo non fossi già stata priva di tutti i vestiti.
 Mi sorrise  “Cosa c’è?” gli chiesi curiosa e per niente imbarazzata stranamente. I suoi occhi sul mio corpo erano una delle sensazioni più belle che avessi mai provato...
“Niente… rivederti così mi ricorda il nostro primo incontro, cioè il secondo a dire la verità… nel bosco… quel giorno, quando ti ho morsa per sbaglio”
Risi ricordando il momento “già cercavi di uccidermi” rise con me e in un attimo il suo sguardo si fece decisamente più malizioso.
“Non potrei mai ucciderti ragazzina” mi sussurrò abbassandosi al mio orecchio.
Le sue labbra calde e terribilmente invitanti si appoggiarono sul mio collo. Trattenni il respiro.
Il suo respiro si fece più irregolare mentre iniziò a scendere sempre di più fino ad arrivare al mio seno.
Un gemito di piacere uscì dalle mie labbra quando morse piano.
Un ululato improvviso squarciò il silenzio in cui eravamo immersi.
“Merda” disse staccandosi subito.
Lo vidi chiudere gli occhi cercando di regolarizzare il respiro e di riacquistare la calma.
Le sue mani, ancora appoggiate sulla mia pelle, tremavano impercettibilmente.
“Devi andare?”
“Si”
Si alzò dal letto e si infilò dei pantaloncini velocemente.
I suoi addominali scolpiti e le sue bracci muscolose mi fecero scattare qualcosa dentro.
Mi alzai a mia volta, rimanendo ferma in piedi davanti a lui.
I suoi occhi analizzarono il mio corpo ancora un avolta ed in un attimo, con un balzo, annullò la distanza tra di noi.
Le sue mani iniziarono a vagare su tutta la mia pelle stringendomi possessivo, mentre le sue labbra rapirono subito le mie. Senza alcun preavviso, mi sollevò ed avvolsi le gambe intorno alla sua vita mentre la mia schiena si scontrò con il muro.
Continuammo a baciarci senza alcuna tregua.
Cazzo, neanche a 16 anni probabilmente avevo tutti questi ormoni.
Sorrisi sulle sue labbra mentre le sue mani stringevano le mie natiche. Sarei rimasta per ore a baciarlo, e questo un po’ mi spaventava dovevo ammetterlo ammetterlo.
Un altro ululato ci riportò alla realtà.
Ci staccammo subito e i nostri respiri accelerati e irregolari riempirono la stanza.
Slegai le gambe dalla sua vita e toccai il pavimento con i piedi. Per un attimo fu come se la stanza girasse tutta intorno a me, mi ci volle un attimo per riacquistare la lucidità.
Lo allontanai con una debole spinta e subito iniziai a recuperare i miei vestiti per terra in fretta “è meglio che tu vada Embry”
Il suo sguardo non si staccò per un attimo dal mio corpo, lo guardai sorpresa “sei ancora qui Call? Vattene”
“Fino a prova contraria è casa mia questa”
Ridacchiai, accidenti aveva ragione “giusto… allora è meglio che me ne vada io” dissi infilandomi il vestito della sera prima.
Scosse la testa divertito “ci si vede in giro ragazzina” ridacchiò prima di uscire con un balzo dalla finestra.
Guardai la finestra da cui era sparito per qualche istante…

Tutto si era concluso così? Con un “ci si vede in giro”?
E adesso? Cosa sarebbe successo tra me e lui?

Decisi di non pensarci adesso, recuperai tutte le mie cose compresa la borsa ed il mio telefono e nel giro di qualche minuto uscii da casa Call, prima che tornasse sua madre come l’ultima volta.
Mi incamminai lungo il ciglio della strada. Nonostante ci fossero dei grossi nuvoloni neri, per fortuna aveva smesso di piovere. Di certo non sarei potuta tornare a Seattle a piedi… ma non avevo voglia di trasformarmi subito, farsi una passeggiata per schiarirmi un po’ le idee e prendere un po’ di aria fresca era l’idea migliore. Era proprio quello che ci voleva ora.
Il vantaggio di queste case in mezzo al bosco a LaPush era che potevi fare quello che volevi, nessuno ti avrebbe vista o controllata.
Realtà ben diversa da com’ero abituata a casa mia.
Tra qualche giorno sarei tornata a casa per le vacanze di Natale e avrei rivisto tutti. I miei genitori, mio fratello, le mie amiche, il mio branco…
Da un lato ero felicissima di rivedere tutti, ma dall’altro un po’ mi dispiaceva allontanarmi da Seattle.
Com’erano cambiate le cose nel giro di poche settimane… e tutto dopo aver incontrato Embry.
Era incredibile come, nonostante ci conoscessimo così poco, sapesse perfettamente come prendermi e cosa dirmi. In fin dei conti lui era stato l’unico, da quando ero arrivata a Seattle,  a rendere questo posto un po’ più… casa, e meno lavoro.
Il motore di una macchina in lontananza attirò la mia attenzione e venne subito captato dal mio udito sovrannaturale. Cosa avrebbe pensato la gente vedendomi?
Stavo camminando sul ciglio della strada, alle 9 di domenica mattina, con i vestiti della sera prima, decisamente fuori luogo per il contesto.
Il motore rallentò pericolosamente quando si avvicinò a me.
Volevo voltarmi per vedere chi fosse, ma lasciai stare e decisi di continuare a camminare cercando di non dare troppo nell’occhio.
“Ashley!”
Non appena riconobbi la voce mi fermai subito voltandomi “Kim! Cosa ci fai qui?” la guardai sorpresa, cosa stava facendo?
“Cosa ci fai tu qui piuttosto” ridacchiò guardandomi “direi che non sei tornata a casa questa notte” concluse continuando a ridere.
Abbassai la testa imbarazzata “Kim mi dispiace se non siamo più tornati alla festa ma…”
“Non ti preoccupare, era tardi, siamo andati via dopo poco! Oltretutto questa mattina mi sarei dovuta alzare presto, quindi ho deciso di tornare a casa per le 2… sto andando a Seattle, alle 12 devo andare a prendere mio cugino che torna a casa per Natale, ti serve un passaggio?”
La guardai, perché no? Almeno mi sarei fatta la strada in ottima compagnia.
“Lo accetto volentieri grazie” dissi aprendo la portiera e prendendo posto in macchina “come mai sei partita così presto se devi essere a Seattle alle 12?”
“In realtà avevo semplicemente voglia di farmi un giro a Seattle prima di andare in aeroporto… sai quando si vive a LaPush andare a Seattle è un evento” rise “è un po’ di tempo che non ci vado… solitamente se dobbiamo fare spese andiamo a Port Angeles, decisamente più vicino… avrei voglia di fare colazione da Laudree, quella pasticceria francese che c’è nella 17th avenue NE, la conosci?”
“Si certo… fa un pain au chocolat buonissimo… per non parlare delle brioche! Non è molto distante da casa mia”
“Perfetto! Che ne dici di fare colazione con me?”
“Volentieri Kim… solo che sono ancora vestita da festa” le feci notare guardando fuori dal finestrino imbarazzata. Lei rise “giusto giusto hai ragione, se vuoi passiamo per casa tua, ti fai una doccia e andiamo!”
“Sarebbe perfetto”
Le diedi il mio indirizzo ed impostò il navigatore.
“Allora… da quanto state insieme tu e Jared?”
“Ho perso il conto ormai” ridacchiò “a gennaio sono sei anni”
“Accidenti Kim, è tantissimo tempo”
“Si ma per me è come se ci fossimo messi insieme ieri. Non sai per quanto tempo gli sono morta dietro senza che lui mi filasse, poi un bel giorno così di punto in bianco si è accorto della mia esistenza”
“Ha avuto l’imprinting”
“Già… potrai pensare che io sia fortunata, ma spesso mi chiedo se non avesse avuto l’imprinting dove saremmo adesso… cioè… non so se mi spiego…” farfuglio visibilmente in difficoltà
“Non sei certa che lui starebbe con te se non avesse avuto l’ imprinting?”
“Esatto, magari lui è così innamorato di me solo per l’imprinting… ma dopotutto cosa ci posso fare io? Sono dubbi che mi rimarranno sempre e cerco di non pensarci, altrimenti non vivrei più serena”
“hai ragione, fai bene a non pensarci… ma una cosa ci tengo a dirtela… io non ho avuto l’imprinting Kim, ma so cos’hanno provato e cosa privano tutt’ora i miei fratelli che l’hanno avuto. Tra di noi ci leggiamo nel pensiero, riusciamo a trasmetterci le sensazione e le emozioni che proviamo, come se le stessimo vivendo noi. Quando hai l’imprinting con una persona è come essere destinati, come se tutto quello che ti è successo fino a quel momento ti avesse portato proprio da quella persona. Probabilmente quindi, l’imprinting ha solo fatto aprire gli occhi a Jared”
“Grazie Ashely, spero proprio sia così”
Parcheggiò davanti al portone di casa mia e scesi dalla macchina “vieni su, così non mi aspetti qui al freddo”
Aprii il portone e iniziammo a salire le scale, purtroppo abitare al terzo piano in un palazzo storico senza ascensore dopo un turno di notte con le gambe a pezzi era davvero martoriante.
Ma non avrei scambiato casa mia con nessun’altra.
Aprii la porta ed entrai in casa, sfilandomi subito le scarpe.
“Finalmente mi tolgo queste scarpe, mi hanno massacrata! Non sono più abituata a mettermi i tacchi, e pensare che una volta li mettevo sempre... adesso passo la mia giornata in ciabatte o con scarpe da ginnastica” risi appoggiando la borsa sul bancone della cucina.
Mi voltai verso Kim e la vidi guardarsi intorno “wow Shay, questa casa è meravigliosa”.
Avevo trovato questo loft davvero con un colpo di fortuna! Oltre ad essere vicinissimo all’ospedale, era all’ultimo piano di un palazzetto storico, quindi era circondato da grattaceli decisamente più alti ma una grande vetrata dava su tutta la strada principale. Una vista pazzesca!
Non era tanto grande, l’entrata dava su un grande soggiorno con la cucina a sinistra, tutto rigorosamente bianco, un tavolo in mezzo alla stanza ed il salotto con divano e tv a destra. Una scala bianca sulla sinistra portava alla stanza al piano superiore, la mia camera da letto, che si affacciava sul soggiorno. Una porta vicino al mio letto conduceva al bagno. Era perfetta per me e per l’uso che ne facevo!
“Grazie… sono stata fortunata, ho trovato un annuncio sulla bacheca dell’ospedale i primi giorni che ho iniziato… sono venuta a vederla e me ne sono innamorata!” spiegai salendo le scale...
“E dove sei stata quando ancora non avevi trovato questa casa?”
“Per un po’ mi ha ospitato un amico di mio fratello” spiegai senza dare troppe informazioni.
Probabilmente il capitolo “Caleb” era meglio tralasciarlo.
“Vado a farmi la doccia, ci metto un attimo! Se vuoi qualcosa da bere o qualsiasi altra cosa prendi pure, fai come se fossi a casa tua Kim” conclusi con un sorriso prima di chiudermi in bagno.
 
Mi lavai in fretta ed asciugai bene i capelli. Stesi un velo di trucco, il giusto per coprire le occhiaie che segnavano il mio viso da giorni e che, dopo questa notte, erano decisamente peggiorate. Avevo dormito si e no un paio d'ore, non di più.
Indossai dei jeans e degli stivali alti, un maglione a collo alto e presi su la giacca, la borsa e finalmente scesi le scale. Guardai l’orologio, erano le 10.
Ci avevo messo mezz’ora giusta, tempo record per una ritardataria come me!
“Eccomi qui, possiamo andare”
Kim si alzò dal divano “perfetto, adoro la tua giacca”
“Grazie” sorrisi, Kim era sempre molto gentile.
Raggiungemmo Laudree a piedi, in fin dei conti erano solo 500m, prendemmo posto in uno dei tavolini all’interno, per non morire di freddo, e ordinammo subito.
“Oggi fa piuttosto freddo” commentai guardando fuori dalla vetrina
“Si… infatti prima quando ti ho vista per strada con quel vestito mi hai fatto venire freddo solo a guardarti” rise seguita da me “beh ma io non sento poi così tanto freddo, sono un lupo anche io” le ricordai.
“Hai ragione, a volte tendo a dimenticarlo… allora… hai voglia di parlare di questa notte?”
Abbassai lo sguardo sul mio cappuccino decisamente imbarazzata.
“Beh…”iniziai insicura ”non c’è molto da dire”
“Non c’è molto da dire?! Te lo si legge in faccia che avresti mille cose da dire” ridacchiò. Per un attimo mi stupii di come mi avesse già capita in così poco tempo, anche lei.
Era tanto che non avevo un’amica con cui parlare, da quando mi ero trasferita a Seattle, a parte Beth, non avevo nessun altro. E con tutti i turni che facevamo, io e Beth ci vedevamo davvero molto poco ultimamente.
“Eravamo un po’ avanti…” iniziai “abbiamo decisamente bevuto troppo ieri sera” risi “una cosa tira l’altra e…” tentennai un attimo sperando che capisse senza farmelo dire a voce alta.
Non che fossi mai stata una tipa timida, eppure anche solo parlare di Embry mi faceva perdere la testa.
“O mio diooo l’avete fatto!!” esultò Kim decisamente felice “e poi hai dormito da lui? Ne avete parlato?”
“Si ho dormito da lui… ma non ne abbiamo parlato in realtà… questa mattina poco dopo che ci siamo svegliati il branco l’ha chiamato ed è scappato via. Non lo so Kim… non ci capisco molto. Non capisco quali siano le sue intenzioni sinceramente, se voglia solo portarmi a letto o no…” dissi sorseggiando il mio caffè.

Mi sentivo confusa accidenti, perché adesso mi sentivo così confusa?

“Poi conosco la sua reputazione, e di sicuro non è quella di un ragazzo modello che vuole relazioni fisse… quindi non lo so in realtà, non so proprio se ho fatto la cosa giusta, so solo che mi sento terribilmente e dannatamente bene”
“Si… conosco bene Embry e le sue mille storielle, però non l’ho mai visto così concentrato su una ragazza. Potrebbe avere altre intenzioni con te, perché no?”
“Magari sono stata il suo pallino fisso fino ad ora solo perché non gli ho detto sì subito” ipotizzai, guardò altrove in modo un po' strano, come mai?
“Non penso proprio sia così… in ogni caso dovete parlarne. Dovete parlare di quello che è successo tra di voi e capire la direzione da prendere insomma, non credi?”
“Assolutamente…” ebbi un attimo di indecisione, ma alla fine decisi di liberarmi totalmente “ci sono già passata Kim… il ragazzo che mi ha ospitato quando ancora non avevo una casa qui…una relazione tira e molla, per due anni, senza mai mettere in chiaro le cose. Dopo un anno e mezzo lui si è trasferito qui a Seattle e poco dopo anche io…  Era un susseguirsi di momenti in cui stavo da dio ed ero al settimo cielo, e periodi in cui stavo malissimo. Non voglio che riaccada… è che Embry mi fa un effetto strano, quando sono con lui tutto si concentra su di lui… non so se mi spiego, è come se stare con lui mi liberasse da tutti i miei pensieri e non mi era mai successo”
“Pensaci bene allora Shay, perché questo è quello che io provo quando sono con Jared” concluse guardandomi. Una stretta allo stomaco mi tolse tutto l’appetito.

Eppure Jared e kim erano destinati a stare insieme. Il lupo di Jared aveva scelto Kim e niente sarebbe mai potuto cambiare.
Allora perché Embry mi faceva provare queste sensazioni?

Avevo voglia di vederlo, adesso. Ma non sapevo quando l’avrei rivisto.
Non avevo idea di cosa stesse facendo adesso, di dove fosse, se avesse risolto quello per cui era scappato via così velocemente.
Perchè non riuscivo a fidarmi di lui?

“Ci si vede in giro”
Già… ma in giro dove?
Sospirai…

Guardai l’orologio, erano le 11.30, era decisamente tardi per entrambe.
“Adesso devo andare Kim, inizio a lavorare alle 12 e sarà meglio che ti sbrighi anche tu… per entrare in aeroporto c’è sempre tantissimo di traffico” dissi prendendo in mano la mia borsa e alzandomi dalla sedia
“Giusto hai ragione, non mi ero resa conto di come si fosse fatto tardi”
“Grazie per la chiacchierata, mi ha fatto davvero molto piacere” le dissi abbracciandola sincera.
Ero felice di aver trovato un’amica, ero sicura che io e Kim saremmo potute andare davvero d’accordo.
“Grazie a te, dobbiamo rifarlo al più presto! Scappo, prima che mio cugino rimanga ad aspettarmi in aeroporto, non me lo perdonerebbe mai” rise” buona giornata Shay!”
“Anche a te Kim, salutami Jared”
La salutai… mi aspettava un turno di 48h dopo non aver dormito quasi niente questa notte.
Sospirai e mi incamminai verso l’ospedale, nella speranza che arrivasse qualche caso interessante…
Almeno questo non mi avrebbe fatto pensare per un po’ a quello che era successo!
 
 
Martedì ore 18.00

Crollai sul letto della stanza del medico di guardia senza forze.
Non ricordavo l’ultima volta che ero uscita da questo ospedale, erano due giorni che ero chiusa qui dentro e mi sembrava di esserci rinchiusa da sempre.
Il sonno mi stava uccidendo, non avevo più la forza di fare niente.
Il mio telefono squillò. Ancora, ancora una volta.
Lo sfilai dalla tasca del camice svogliatamente e riposi senza neanche guardare chi fosse.
“Pronto”
“Dottoressa Rivera… sono il dottor Kill, pronto soccorso, mi servirebbe una consulenza chirurgica”
“Devo scrivere l’atto operatorio di un intervento che ho appena concluso, com’è la situazione lì?”
“E’ meglio se viene subito, è una cosa veloce, poi la lascio tornare al suo lavoro. Il paziente è Luis Miller”
“Va bene, arrivo” conclusi chiudendo la telefonata.
Sospirai nuovamente.

Se solo avessi saputo a 17 anni quando avevo scelto di fare medicina che vita avrei fatto, forse ci avrei pensato due volte prima di sceglierla.
Ero stanchissima, non sentivo più le gambe e le braccia, per non parlare del sonno… giurai che quando sarei tornata a casa avrei dormito per ore ed ore.

Mi alzai di scatto facendomi forza.
Uscii e mi diressi verso il pronto soccorso.
Prima di tutto avevo bisogno di un caffè. Avevo perso il conto di quanti ne avevo bevuti in questi due giorni, ma era l’unico modo per sopravvivere a questi orari indegni.
Arrivai alla macchinetta e inserii la chiavetta.
Caffè lungo.
Via.
60 secondi di attesa.
Tirai fuori il telefono dalla tasca mentre la macchinetta fabbricava il mio caffè.
Nessun messaggio.
Ovviamente.
Non l’avevo più sentito dopo esserci visti e dopo quello che era successo, almeno un messaggio me lo aspettavo. Era incredibile come cambiasse atteggiamento da un momento all’altro, forse soffriva di bipolarismo e non gli era ancora stato diagnosticato...
o forse era solo uno stronzo e in questo momento si stava facendo un'altra...
30 secondi.
Sbuffai.
“Questa stupida macchinetta” borbottai sottovoce rimettendo via il telefono nella tasca del camice decisamente innervosita. Che giornataccia.
Iniziata con una pancreasectomia d’emergenza e non ancora conclusa.
Sarebbe potuto succedere di tutto fino a sera!
“Questa macchinetta è terribile, ci mette sempre ore per un dannato caffè, il bar nell’ala ovest è decisamente più comodo e fanno dei caffè ottimi”
Mi voltai guardando il ragazzo che aveva appena parlato, indossava il camice, ma non l’avevo mai visto in giro prima di allora.
Pensai dovesse avere circa la mia età, forse qualche anno in più.
“Avessi il tempo di andare fino all’ala ovest” commentai ironicamente sbuffando.
Lo guardai meglio, era decisamente un bel ragazzo.
Alto, pelle ambrata, capelli scuri e occhi di un blu talmente acceso che sembravano due pozzi d’acqua.
“Giusto” ridacchia “bisogna avere il tempo… sono fortunato ad essere lì vicino allora”
“Immagino di si”
“Dottor Hamilton, chirurgia cardiotoracica, piacere” mi porse la mano e, dopo un attimo si tentennamento, gliela strinsi.
“Dottoressa Rivera, chirurgia d’urgenza e traumatologia”
“Wow, ho sentito che siete solo in due donne a fare la specializzazione in traumatologia” disse appoggiandosi alla macchinetta del caffè ed infilando le mani in tasca.
“Si… io e la dottoressa Elisabeth Mitchell”
“E’ una specializzazione tosta, l’altro giorno ho operato con… Benson mi pare… e c’era anche il vostro strutturato, Roy… personaggio decisamente difficile” rise
“Thomas Benson sta sempre attaccato al culo di Roy” sbottai innervosita, odiavo Thomas quando faceva il lecchino. Ed ultimamente succedeva spesso.
“E’ quel tipo di persona?”
“Si”
“Sempre odiati quelli così” commentò.
Non appena la macchinetta suonò, avvertendomi che il mio caffè era pronto, subito prese il bicchiere e me lo porse “il suo caffè è pronto dottoressa”
Mi sorrise, ricambiai.
Non era per niente male. Decisamente no.
Presi il mio bicchiere “grazie… beh ci vediamo allora…”
“Da che parte vai?”
“Devo andare in pronto soccorso per una consulenza al volo”
“Sto andando anche io lì, hanno chiamato anche cardiochirurgia… meglio, facciamo la strada insieme” concluse incamminandosi nel corridoio.
Lo guardai per un attimo con il mio caffè in mano “e tu? Non lo bevi il caffè?”
Mi sorrise, di nuovo.
“Lo prenderò dopo aver visitato il mio paziente”
Alzai le spalle e mi incamminai affianco a lui.
“Chi è il tuo paziente?” iniziai a sorseggiare il mio caffè lungo.
“Luis Miller, mi pare”
“Anche io sto andando lì per lui”
“Hanno chiamato anche cardio? Accidenti, allora non deve essere proprio messo bene” riflettei accelerando il passo. Eppure al telefono Kill mi sembrava molto tranquillo…
“Sai di cosa si tratta?”
“Mi hanno detto che è un trauma, ferito della strada… non so altro” mi disse.
Le porte del pronto soccorso si aprirono davanti a noi ed entrammo velocemente.
L’infermiere ci venne subito incontro “Siete i chirurghi della cardio e di traumatologia?”
“Si, dov’è il paziente?” chiesi gentilmente
“Letto 6” mi disse indicando la fine della corsia.
Non appena ci avvicinammo al letto, guardai il dottor Hamilton… probabilmente sarei uscita dall’ospedale la mattina dopo.
Grazie dottor Kill.
Sospirai e mi tirai la schiena facendo ginnastica.
Altro che consulenza veloce, questo aveva tutta l’aria di essere un intervento bello lungo e per il momento c’ero solo io di libera.
“Dottoressa… prevedo una bella notte insieme” commentò Hamilton guardandomi e sorridendo “guarda te il caso, ci siamo incontrati alle macchinette ed alla fine operiamo insieme”
Annuii ricambiando il sorriso “neanche farlo apposta…” commentai iniziando a raccogliere i capelli.
“Non dirmi che ti dispiace… perché a me non dispiace neanche un po’” concluse facendomi l’occhiolino.
Abbassai la testa imbarazzata e decisi che sarebbe stato meglio passare alla visita prima che le cose degenerassero.
 
 
Mercoledì ore 8.00

Crollai a letto senza neanche preoccuparmi di vestirmi dopo lo doccia.
Ero decisamente senza forze, sfiancata.
Non ero mai stata così stanca in tutta la mia vita.
Sarei potuta svenire dal sonno da un momento all’altro.
Dopo aver operato con Hamilton per ben 6 ore, poi altre quattro ore per scrivere i due post operatori  finalmente ero riuscita ad uscire da quel posto.
Avevo male alle gambe, ai piedi, alla schiena, alle mani, alla testa… ero a pezzi. Ero da buttare.
Chiusi gli occhi ed in un attimo, senza rendermene conto, presi sonno.
 
La suoneria del telefono mi svegliò di soprassalto, il buio intorno a me mi lasciò scombussolata per un attimo. Che razza di ore erano? Presi il telefono e risposi senza neanche guardare, come al solito.
“Pronto” farfugliai con la voce ancora impastata dal sonno, chi era questo seccatore adesso?
“Ciao doc, da quanto tempo”
Non appena riconobbi la sua voce, mi svegliai improvvisamente e mi misi a sedere nel letto, come se mi avessero fatto una doccia di acqua fredda! Erano passati un po’ di giorni dall’ultima volta che l’avevo visto…
“Embry” dissi sorpresa.
Un po’ avevo perso le speranze, lo ammetto. Non mi aspettavo una sua telefonata.
O meglio, l’avevo aspettata per 3 giorni, ma questa mattina non ci avevo proprio pensato, come se avessi perso le speranze.
“Ti va di uscire a fare un giro?”
Mi prese decisamente in contropiede “Adesso?!”
“Si adesso”
Non avevo neanche idea di che ore fossero, accesi la luce nella stanza e guardai l’orologio… erano le 21.30. Avevo dormito più di tredici ore e non mi ero resa conto di niente.
Fuori era diventato buio.
“Mi sono appena svegliata, o meglio… mi hai svegliata tu” iniziai, ma non riuscii a terminare perché mi interruppe prima “Ho disturbato il tuo riposino di bellezza principessa?”
“No, hai interrotto il mio riposo post tre giorni nostop in ospedale, che ne dici?” sbuffai. Perché doveva sempre mettere in dubbio quello che facevo come se  non facessi mai niente?
“Dico che allora dovremmo fare qualcosa di tranquillo… che ne so… un film, ti va di farmi entrare?”
“Entrare?” gli chiesi non riuscendo a capire a cosa si riferisse
“Sono qui sotto”
“Sotto dove?!”
“Sotto casa tua, ovvio”
Rimasi in silenzio decisamente sorpresa.
Si era davvero presentato sotto casa mia alle 21.30, dopo che non si faceva sentire per tre giorni, come se niente fosse? E io avrei anche dovuto farlo salire?
Mi mangiucchiai l’unghia del pollice nervosamente.
Non sapevo cosa fare, aprirgli o mandarlo a casa?
Avevo aspettato la sua telefonata per più di tre giorni, e non si era fatto sentire.
Pensava davvero di poter farsi sentire come e quando gli pareva a lui? Forse non aveva ancora capito.
Non avevo voglia di perdite di tempo, non me lo sarei potuta permettere.
“Doc ci sei?” ridacchiò al telefono.
Per un attimo la sua risata mi irritò.
“Ti apro” dissi secca buttando giù il telefono.
Cazzo. E adesso perché gli avevo detto che gli avrei aperto?
Mi maledii per qualche istante, aprivo sempre la bocca staccandola dal cervello.
Mi alzai dal letto e andai ad aprire.
Gli lasciai la porta socchiusa, mentre io mi diressi velocemente verso il bagno per vestirmi.
Infilai al volo una maglietta larga e raccolsi i capelli decisamente troppo mossi oggi.
Mi guardai per un attimo allo specchio e me ne pentii subito.
Avevo delle occhiaie che mai avevo avuto prima probabilmente.
E questo era solo l’inizio.
Senza considerare il segno del cuscino stampato sul mio zigomo sinistro… mi avvicinai allo specchio e strofinai con la mano, nella speranza che andasse via tutto… niente da fare.
Sentii la porta chiudersi e subito uscii dal bagno dirigendomi al piano inferiore.
“Wow, ti sei già tolta tutto per il mio arrivo?” ridacchiò avvicinandosi subito a me non appena scesi la scala.
Lo spinsi via, prima che le sue mani potessero toccare i miei fianchi, e mi guardò sorpreso.
Dannazione, quanto era bello.
Il mio cuore iniziò a battere più forte del normale, come ogni volta in sua presenza.
Si appoggiò allo stipite della porta, passandosi una mano tra i capelli.
“Che ti prende?” mi chiese sospirando.
Stava davvero sospirando?! Lui?!
Per un attimo l’istinto di prenderlo a sberle e mandarlo fuori a calci fu davvero molto forte, ma mi trattenni e lo guardai meglio…
I suoi occhi erano contornati da cerchi violacei, ed il suo colorito era decisamente più pallido rispetto al solito, segno che non aveva dormito tanto in queste notti.
“Dove sei stato?”
“Quando?”
“In questi giorni, Embry” dissi incrociando le braccia al petto “mi aspettavo che almeno ti facessi sentire o vedere, dopo… beh… lo sai” conclusi imbarazzata ma decisa.
Era arrivato il momento di chiarire alcune cose.
“Non pressarmi Ashley, ho avuto da fare” disse staccandosi dallo stipite della porta, lo guardai sconvolta.
“Hai avuto da fare?”gli chiesi decisamente alterata.
Ma con chi pensava di avere a che fare?!
“Si”
“Ed io ti starei pressando?! No guarda, non hai proprio capito un cazzo. Ho aspettato un tuo messaggio, che ovviamente non è arrivato, per tre giorni!  TRE GIORNI EMBRY. E adesso tu mi dici di non pressarti dopo che abbiamo fatto sesso e non ti sei fatto ne sentire ne vedere per giorni?! Sei stato chiarissimo”
“Non fare così per favore” disse strofinandosi gli occhi “sono stato di ronda due giorni consecutivi, e poi ieri notte l’ho passata a studiare e anche questa mattina… per perché oggi pomeriggio avevo un esame. E non volevo solo portarti a letto, se è questo che stai insinuando e pensando…” disse guardandomi.
Mi persi nei suoi occhi, come sempre.
Perché mi faceva sempre quest’effetto?
Presi posto su uno degli sgabelli del bancone della cucina e ripresi a mordicchiarmi il pollice nervosamente… dovevo credergli? Non aveva proprio trovato cinque minuti per scrivermi un messaggio o farmi una telefonata?
“Bella casa comunque” disse avvicinandosi un po’ e guardandosi in giro “davvero bella, ci abiti da sola?”
“Grazie… si…” dissi spostando lo sguardo altrove.
Feci finta di niente quando si avvicinò a me, cercando di non darci peso, ma non appena la sua mano si appoggiò sul mio viso, il cuore iniziò a battere e per un attimo pensai che sarebbe uscito dal petto.
Incrociai i suoi occhi e anche l’altra mano avvolse il mio viso.
Trattenni il respiro.
Voleva farmi morire questa sera?
Si sistemò tra le mie gambe e si avvicinò pericolosamente.
“Non volevo solo portarti a letto Ashley… non mi sono fatto sentire perché sono stato davvero impegnato in questi giorni. Mi rendo conto che possa sembrare un po’ brutto ma ti assicuro che se avessi solo voluto portarti a letto non sarei qui adesso” disse con voce calma, quasi sottovoce “Sam ci sta massacrando di ronde perché l’altra notte lui e Jared hanno sentito delle tracce che si dirigevano dal confine con il Canada verso Forks… “ si avvicinò un po’ di più e le sue labbra sfiorarono le mie “puoi credermi o pensarla come vuoi” concluse sottovoce guardandomi negli occhi, abbandonando per una volta quell’aria strafottente che si portava sempre appresso.
“Mi hai detto ci si vede in giro” gli ricordai
“Non sono forse venuto qui questa sera?” soffiò sulle mie labbra
“Pensi di poterti divertire ancora un po’ e poi andartene? Così, quando ne hai voglia?”
Ridacchiò “sembri quasi seria Shay”
“Sono serissima infatti, Embry” dissi decisa.
“Secondo me non resisti ancora molto”
“Io? Resistere? A chi, a te? Ma per favore. Vai via Embry, vai a giocare con un’altra… non ti mancano le ragazze di certo…”
“E questo chi te lo ha detto?” mi chiese guardandomi sorpreso.
Mi ricordai della chiacchierata con Kim, non potevo certo dirgli che io e Kim avevamo parlato di lui!
“Non è difficile da immaginare” il suo profumo inondò le mie narici e cercai di rimanere lucida “Davvero, vai via Embry” farfugliai cercando di allontanarlo, ma fu tutto inutile.
Scoppiò a ridere e le sue labbra in un attimo si fiondarono sulle mie mentre le sue braccia mi avvolsero prendendomi per i fianchi. I nostri corpi aderirono perfettamente.
Cercai di allontanarlo ancora una volta, ma senza alcuno sforzo mi prese in braccio e mi fece sedere sul bancone. Le sue mani iniziarono a vagare sul mio corpo e persi la ragione come ogni volta che mi toccava.
Avvolsi la sua vita con le mie gambe e non capii più niente, chi stava baciando chi, cosa stava per succedere.
Il calore generato dal suo corpo e dal mio era quasi insopportabile. Gli sfilai la maglietta e mi aggrappai meglio alle sue spalle muscolose, mentre le sue mani veloci fecero saltare il gancetto del mio reggiseno.
Un brivido mi percorse la schiena.
Con una mano mi sfilò le mutande e con uno strappo deciso lacerò la mia maglietta. Guardai i brandelli della maglietta cadere per terra, ma non me ne preoccupai più di tanto.
Cercai il bottone dei suoi jeans e glieli aprii continuando a baciarci.
Dannazione, mi ero ripromessa che non avrei ceduto così questa volta.
Al diavolo tutto.
Con una spinta entrò dentro di me, reprimendo ogni gemito mordendomi la spalla.  
Strinsi le gambe intorno alla sua vita e non riuscii proprio a trattenere dei gemiti di piacere, nonostante non volessi dargli soddisfazione. Mi maledii abbandonando la testa sulla sua spalla mentre continuava a spingere deciso. Afferrai il suo braccio e mi strinsi ancora di più a lui, cercando di sostenere il suo ritmo.
Dovevo ammettere che ci sapeva fare.
Per la seconda volta stavo facendo il sesso più bello della mia vita.
Con una spinta decisa improvvisamente mi fece distendere sul bancone e mi tirò più verso di lui lasciandomi senza fiato.
Mi abbandonai sotto le sue mani bollenti dimenticando qualsiasi cosa.
Anche il suo respiro affannato e i suoi gemiti mi arrivavano lontani. Non capivo più se ero io o era lui. Non mi importava. Non volevo saperlo. Niente aveva importanza adesso.
Chiusi gli occhi stringendo la mano sulla sua spalla, mentre la sua mano mi stringeva forte il fianco. Probabilmente se non fossi stata anche io un licantropo mi avrebbe fatto decisamente male.
Lo sentii tremare e le sue mani strinsero ancora di più mentre aumentava le spinte, trattenni il respiro e finalmente raggiunsi l’orgasmo. Poco dopo anche lui.
Mi abbandonai rilasciando tutti i muscoli ancora in tensione. Lo guardai ancora tra le mie gambe mentre con le mani si sorreggeva appoggiandosi al bancone affianco ai miei glutei. Cercava di regolarizzare il suo respiro decisamente affannato, mentre dei tremiti attraversavano ancora il suo corpo.
Era bellissimo.
 
POV EMBRY

Chiusi gli occhi cercando di calmarmi.
Tenere a bada la trasformazione in questi momenti, con lei, mi risultava terribilmente difficile.
Adesso capivo gli altri cosa intendevano quando dicevano che il tuo imprinting ti fa perdere letteralmente la testa. Con lei avrei perso sempre ogni briciolo di razionalità che avevo, ne ero certo. Il mio lupo sentiva la sua compagna vicina, decisamente. Su questo non c’erano dubbi.
Aprii gli occhi ed alzai lo sguardo su di lei.
Era bellissima.
Non c’era nient’altro da dire, se non questo.
Le sue gambe lisce e snelle erano ancora ai lati della mia vita, il suo addome piatto mostrava i suoi addominali ancora ben visibili nonostante non si trasformasse più così tanto e il suo seno... il suo seno era qualcosa di spettacolare.
Due colline rotonde, perfette. Decisamente grandi, e perfette. 
Da quando le avevo viste la prima volta nel bosco dopo quel piccolo inconveniente, non ero più riuscito a dimenticarle. Così morbide e allo stesso tempo così sode.
Un tremore mi percorse la schiena.
Dannazione, dovevo smetterla di pensare a queste cose o non ce l’avrei mai fatta.
Incrociai i suoi occhi e più di mille catene mi legarono qui, proprio in questo posto, con lei.
Ancora una volta.
Le sue guancie erano decisamente più rosate del solito, e le sue labbra carnose erano socchiuse mentre cercava di regolarizzare il respiro.
Le porsi un amano per trarsi su, subito l’afferrò e si mise seduta.
Non mi spostai, non mi spostai di un centimetro.
Le sue labbra erano a pochi centimetri dalle mie, ma i miei occhi si stavano perdendo nei suoi.
“Sei rimasto senza parole Call?” ridacchiò

Quanto avrei voluto dirti tutto Ashley… liberarmi e dirti tutto. Che sei il mio imprinting, che sei la donna della mia vita, che non posso stare senza di te ne allontanarmi da te… che sei come una droga, che non ho mai smesso di pensarti da quando ti ho vista quel giorno per la prima volta, nel bosco.
Chi l’avrebbe mai detto? Embry Call che ha avuto l’imprinting.
Quanto avevo aspettato questo momento?
Quante volte avevo desiderato trovare la mia persona e non sentirmi più in difetto, il ragazzo abbandonato dal padre, il ragazzo nato da una relazione clandestina…

“Embry?” la sua voce dolce mi riportò alla realtà “Non ti stavi per trasformare prima, vero? No perché insomma ci tengo alla mia casa e non vorrei che tu la rovinassi, oltretutto, come abbiamo già potuto notare, sei decisamente più forte di me e non ci metteresti molto ad uccidermi solo trasformandoti o a ferirmi… Per fortuna la cicatrice del tuo morso è sparita… non so cosa ti avrei fatto se fossi rimasta sfigurata e… ma mi stai ascoltando?!”
La guardai e le sorrisi. Non potevo fare altro che sorriderle.
La baciai di nuovo, volevo sentire ancora le sue labbra morbide sulle mie.
Giuro, l’avrei baciata per ore.
Io che avevo sempre avuto paura delle relazioni serie, io che scappavo ogni volta che qualcosa si faceva serio con una ragazza, io che me le portavo a letto e poi sparivo nella notte senza farmi più sentire, io che mi dimenticavo di telefonare alla ragazza con cui ero uscito la sera prima… adesso in testa avevo solo lei.

E ci sarei stato ore con lei, giorni, mesi, anni.

La sua mano mi allontanò appena, il giusto per poter parlare “Che ti prende?” mi chiese guardandomi curiosa “niente… sono solo felice di essere qui” confessai mandando a quel paese la mia continua faccia di bronzo. Mi guardò stupita non capendo.
“il sesso ti fa questo effetto Embry?” ridacchiò “dovremmo farlo più spesso allora” mi sussurrò all’orecchio facendo aderire il suo seno ancora nudo al mio petto.
Trattenni il respiro e strinsi forte il bancone tra le mie mani, cercando di non rompere in mille pezzi tutto.
Cazzo, perché mi faceva questo effetto?
Un brivido percorse la mia schiena “smettila Ashley” farfugliai abbassando la testa e guardando altrove.
Rise. Ancora.
Per un attimo ebbi paura di perdere davvero il controllo e mi allontanai di scatto da lei e dalla sua maledettissima pelle liscia e perfetta.
“Suvvia stavo scherzando” disse sorpresa dalla mia reazione.
Scese dal bancone e si guardò attorno cercando i suoi vestiti, ormai ridotti in brandelli.
“Mi hai anche rotto la maglietta, era una delle mie preferite…” disse raccogliendo ciò che ne rimaneva da terra . Mi avvicinai e strattonandola per il braccio la avvicinai a me “scherzi un po’ troppo doc, non scherzare con i lupi” la avvertii sorridendo.
Un giorno di questi mi avrebbe fatto perdere totalmente la testa.
Ridacchiò liberandosi dalla mia presa e si appoggiò al bancone guardandomi in silenzio.
Distolsi lo sguardo prima di saltarle addosso di nuovo e mi tirai su i jeans chiudendo la cintura. Iniziai a raccogliere la mia maglietta e il maglioncino da terra e indossai velocemente.
Era meglio andarsene da qui, prima che le cose mi sfuggissero di mano di nuovo.
Mi ero ripromesso che questa sera non me la sarei portata a letto, e invece era andata proprio così.
Non si sarebbe mai fidata di me.

Grande Embry e te la sei appena scopata con i pantaloni abbassati, sul bancone della cucina, dopo non esserti fatto ne sentire ne vedere per giorni. E adesso te ne stai andando di corsa perché hai paura di affrontare la situazione. Come sempre.

Si è vero cazzo, avevo paura.
Avevo paura di rimanere qui, di non riuscire a fare a meno di lei, di dipendere da qualcuno.
Avevo paura di perdere le staffe un’altra volta e di non riuscire a trattenermi.

E per questo era giusto andarsene?

Si. Dovevo andarmene prima che la situazione degenerasse. E poi quando mai ero rimasto dopo aver fatto sesso con una?
Ma lei non era una… lei era Ashley. Il mio fottuto imprinting e mi stava letteralmente fottendo la testa ed io non ci capivo più niente.
Alzai lo sguardo su di lei, me ne pentii immediatamente.
I suoi occhioni scuri mi stavano guardando, con quelle ciglia lunghe e perfettamente girate all’insù, mentre si mordicchiava l’unghia del pollice. Stava analizzando i miei movimenti.
La guardai meglio, voleva dirmi qualcosa, ne ero certo, ma non ne aveva il coraggio…
“Te ne vai?”
Mi ritrovai spiazzato per un attimo “si, è meglio che io vada”
“Ovviamente”
“Ash…”
“No Embry, non serve che tu dica niente…” disse coprendosi con i brandelli della sua maglietta “hai ragione, è meglio che tu vada…” disse incamminandosi verso la scala per andare al piano di sopra.
La guardai…

Che razza di persona l’avrebbe lasciata li dopo essersela portata a letto?
Le avevo detto neanche un’ora prima che non volevo solo portarmela a letto… e sapevo bene che non era così… ma avevo paura. Di cosa poi?
Di provare per la prima volta qualcosa di vero per qualcuno?
Di poter essere abbandonato ancora una volta?
Di perdere la testa per lei e poi dover accettare la sua assenza quando troverà qualcuno migliore di me?

Mi guardai le scarpe…
Chi volevo prendere in giro?
Avevo già perso la testa per lei.
“Ashley… mettiti qualcosa e torna giù, che ne dici di guardarci un film?”
Parlai senza neanche rendermene conto. La voce era uscita dalla mia bocca, ma senza che me ne rendessi conto. La guardai, in attesa di una risposta, che non arrivò.
Sparì in cima alla scala, lasciandomi lì, da solo con i miei pensieri.

E adesso? Me ne sarei dovuto andare via?
Cazzo, perché combinavo sempre casini.
Jake me l’aveva detto un sacco di volte di non fare il coglione con lei, ed io come sempre ho rovinato tutto.

Mi voltai e mi diressi verso la porta, ma proprio quando appoggiai la mano sulla maniglia, due braccia sottili ma comunque muscolose avvolsero il mio corpo.
Il suo profumo mi arrivò dentro, dritto fino al cuore e chiusi gli occhi.
“Che film vuoi guardare?” mi sussurrò all’orecchio.
Sorrisi.
Ero davvero fregato questa volta.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Resti o scappi? ***


Capitolo 7: rimani o scappi?

Mi incamminai nel sentiero che costeggiava la casa di Sam ed Emily e che mi avrebbe portata precisamente dietro casa di Jacob, dove avremmo fatto il falò.
Ormai era la seconda volta che venivo invitata ad una riunione Quileute, ed ero decisamente meno imbarazzata rispetto alla prima volta.
La sera prima, quando Embry me l’aveva proposto guardando un film, non avevo avuto dubbi e avevo subito accettato volentieri.
“Ashley!”
La voce di Kim attirò la mia attenzione e mi voltai in sua direzione.
Corse verso di me seguita da Jared, che avanzò decisamente con più tranquillità rispetto a Kim. Non appena fu abbastanza vicina, mi abbraccio ed io ricambiai l’abbraccio.
Non ero mai stata una persona troppo affettiva, ma ormai avevo imparato a conoscere Kim e sapevo che lei lo era.
“Non sapevo che saresti venuta anche tu, che bello!” disse con un grande sorriso
“Si mi ha invitata Embry…”
“Jared non mi ha detto niente!”
Subito si avvicinò al mio orecchio cercando di non farsi sentire dal suo ragazzo, ancora qualche metro più indietro “allora vi siete visti? Mi devi assolutamente raccontare tutto!”
Ridacchiai “ieri sera… dopo ti racconto tutto…”
“Anche se posso già immaginare a giudicare dalla tua faccia” concluse facendomi l’occhiolino
“Ciao Shay!”
“Ciao Jared, tutto bene?”
“Tutto bene grazie, dobbiamo muoverci se non vogliamo arrivare in ritardo!”
Guardai l’orologio, erano le 20, eravamo decisamente in ritardo. L'appuntamento era alle 19.45 e noi eravamo ancora per strada.
Accelerammo il passo, Jared e Kim andavano avanti spediti, mentre cercavo disperatamente di non finire in qualche pozzanghera al buio.
In questo dannato posto pioveva sempre e i sentieri e le strade erano costantemente fiumi o laghi…
“Ma qui è solo fango…” mi lamentai mettendo il piede nell’ennesima pozzanghera.
Avevo i piedi inzuppi!
Una risata decisamente familiare da dietro le mie spalle raggiunse le mie orecchie “siamo nella città più piovosa d’America, cosa ti aspettavi?”
Con qualche passo Embry mi raggiunse “andate avanti ragazzi, io aspetto la principessa… mi sembra un po’ in difficoltà” ridacchio finalmente palesandosi davanti a me.
Cercai di omettere l'imbarazzo che mi provocava ogni volta che lo vedevo.
Jared soffocò una risata, prima di svanire tra gli alberi con Kim.
“Mi chiedevo dove fossi finito… ti ho aspettato 20 minuti davanti casa tua… poi me ne sono andata” dissi incrociando le braccia al petto decisamente scocciata “sei più ritardatario di me, e ce ne vuole”
“Problemi del mestiere principessa” disse passandomi accanto
“Non chiamarmi principessa, mi da fastidio”
“E va bene come vuoi, ma dobbiamo andare un po’ più veloci se non vogliamo arrivare domani mattina a falò finito, o peggio ancora, quando tutto il cibo sarà finito”
“Pensi solo a mangiare! Non vedo dove metto i piedi” sospirai rassegnata cercando di guardare per terra.
Possibile che la mia vista da lupo non mi aiutasse neanche un po’?
“Ci penso io” prima che potessi rendermene conto mi prese in braccio caricandomi sulla sua spalla e si incamminò lungo il sentiero come se ci fosse un sole che spacca le pietre.
“Mettimi subito giù!”
“Se aspetto te non arriviamo più, così faremo più veloci”
“Embry non sto scherzando, ti ho detto di mettermi giù. Cosa sono, un sacco di patate?!”
Rise “magari lo fossi… almeno non penso avrei voglia di spogliarti ogni volta che ti vedo”
“EMBRY!”
Gli tirai uno schiaffo sulla prima parte del suo corpo che trovai “pensi sempre e solo al sesso, mi fai schifo”
“Ieri sera non sembrava che ti facessi così schifo mentre eri distesa sul bancone della tua cucina però”
Sentii il calore invadermi il viso, ma erano cose da tirare fuori adesso?
“Sarà meglio che tu mi metta giù… subi...” prima che potessi terminare la frase mollò la presa lasciandomi cadere per terra malamente.
Lo maledii mentalmente.
“Ahia”
“Tu mi hai detto di metterti giù”
“Si ma mi hai lanciata”
“Proprio come un sacco di patate” scoppiò a ridere ed io non riuscii più a trattenermi. Gli mollai un ceffone sulla guancia destre e questa volta non riuscì proprio a schivarlo.
In un attimo le sue mani volarono sui miei polsi bloccandomi ogni movimento ed il suo respiro soffiò sulle mie labbra “siamo arrivati” disse sorridendomi e poi dandomi un bacio a stampo, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Mollò la presa, lasciandomi lì ancora sorpresa dal suo bacio.
Lo guardai passarsi una mano tra i capelli mentre si incamminava verso il fuoco e il gruppetto di gente attorno ad esso… avevo voglia di abbracciarlo, tanta, ma cercai di trattenermi e mi incamminai dietro di lui. Feci una piccola corsetta raggiungendolo, mi guardò subito e mi sorrise passando il suo braccio intorno alle mie spalle. Un senso di calore mi invase, come ogni volta che lui mi toccava.
Sorrisi.
Ero fregata su tutta la linea questa volta.
 
“Ciao a tutti ragazzi” salutò Embry avvicinandosi e afferrando subito uno spiedino ancora sul fuoco.
Scossi la testa, non sapeva proprio aspettare.
“Lasciane anche per gli altri” lo bacchettò subito Emily
“Ma ce ne sono più di cento” borbottò ancora a bocca piena
“Non te l’ha mai insegnato nessuno che non si parla con la bocca piena?!” lo ripresi incrociando le braccia al petto. Paul e Jake scoppiarono a ridere “finalmente hai trovato qualcuno che ti bastona Embry… stai attento” rise Jacob salutandomi con un bacio sulla guancia.
Lo sguardo di Embry si fece torvo non appena le labbra di Jake toccarono la mia guancia “pensa ai fatti tuoi, e non toccare troppo” disse spintonandolo via.
“E’ geloso” rise Jared “quando mai lo abbiamo visto geloso?”
“Forse solo quando Quil gli ha rubato la sua moto per andare a Port Angeles con quella tizia che aveva conosciuto al bar… com’è che si chiamava?” chiese Paul “Zoe?Zae?”
“Si chiamava Zoey… e non avevo rubato la moto di Embry, l’avevo solo presa in prestito” si intromise Quil sentendosi chiamato in causa.
“No fratello, non mi hai mai chiesto se potevi usarla” disse Embry
“Ma mi avevi detto che potevo prenderla quando volevo”
“ Avevamo scommesso… te l’avrei prestata se Jake fosse riuscito a conquistare Bella”
“Ma si erano baciati infatti!”
“Si e lui si era beccato un bel pugno… non direi proprio sia stata una conquista quella” rise guardando Jake
Lo guardai a mia volta “ti sei preso un pugno da Bella?”
“Si è rotta la mano” sorrise scuotendo la testa “non perde mai la pazienza quella ragazza, ma le poche volte che si incazza… beh è meglio non farla arrabbiare” concluse ridendo
“Oh beh lo immagino”
“Forza ragazzi, adesso siamo tutti” disse Emily iniziando a spostare tutti gli spiedini su un grande vassoio “potete iniziare a mangiare” concluse. In un attimo tutti i ragazzi si catapultarono sul cibo come se non mangiassero da giorni.
Non appena si spostarono mi avvicinai anche io prendendone uno. Lo addenati e… mio dio… che bontà!
“Emily sei fantastica… devi dirmi come fai a cucinare così bene” le dissi gustandomi il mio spiedino.
Non ero una grande cuoca, sapevo sopravvivere, ma di certo non avevo le doti di Emily! O almeno, non mi ci ero mai messa seriamente…
“Ragazzi!” mi voltai verso Kim che arrivò verso di noi con un sorriso immenso “scusate il ritardo! Ho avuto delle commissioni da fare e...vi presento mio cugino Mark! Lui vive a New York da qualche anno… è tornato qui da qualche giorno…”
Misi a fuoco il ragazzo dietro di lei che indicò con lo sguardo e… per poco mi soffocai.
Cosa ci faceva Hamilton qui???????
Lo guardai sconvolta mentre si presentava con i ragazzi uno ad uno.
Lui era il cugino di Kim?
Ecco perché non lo avevo mai visto prima in ospedale! Perché in realtà era qui solo da qualche giorno!
Non appena arrivò davanti a me non mi porse la mano come a tutti gli altri, ci guardammo per qualche attimo decisamente sorpresi.
“Dottoressa Rivera” ridacchiò sorridendomi “non mi aspettavo di trovarla qui…” lo guardai ricambiando il sorriso decisamente imbarazzata.
Perché mi imbarazzava poi?
Era semplicemente un mio collega!
“Non avevo idea che tu fossi il cugino di Kim” dissi soltanto
“Ed io non avevo idea che tu fossi amica di Kim” rispose ridendo di nuovo “beh… ci rincontriamo per caso di nuovo dottoressa”
“Chiamami Ashley”
“Vi conoscete?” chiese Kim piuttosto sorpresa.
Improvvisamente la sua domanda mi riportò alla realtà e mi resi conto di avere gli occhi di tutti puntati su di me.
Compresi quelli di Embry.
Soprattutto quelli di Embry.
“Si, ci siamo conosciuti l’altro giorno… un paio di notti fa abbiamo operato insieme… 7 ore di intervento e senza di lei non penso ce l’avrei fatta… si sa, i chirurgi d’urgenza ci salvano sempre il culo alla fine” ridacchiò
Sorrisi soddisfatta “Ci puoi giurare”
“Sei anche tu un medico?” chiese Jake
“Si… ho iniziato la specializzazione a New York, ma adesso che sono arrivato al quarto anno mi hanno consigliato di passare qualche mese qui a Seattle… c’è un ottimo reparto di chirurgia cardiotoracica”
“E così vi conoscete già… guarda te il destino…” disse Jake sorridendo.
Il mio sguardo cadde involontariamente su Embry che, non appena incrociò i miei occhi, spostò lo sguardo altrove.
“Già… il destino…” ripeté Hamilton guardandomi.
“Vieni Mark, prendi da mangiare” lo chiamò Kim dato che loro due erano gli unici a non aver ancora mangiato. Lo guardai allontanarsi…
Dovevo ammettere che era davvero un bravo chirurgo. Era preciso e sicuro, qualità indispensabili per un chirurgo cardiotoracico. Mentre operava l’avevo ammirato per i movimenti fluidi che eseguiva senza alcun impaccio e per la precisione millimetrica delle suture e dei tagli che eseguiva.
“E così quando fai le notti in ospedale in realtà conosci bei ragazzi?” la voce strafottente di Embry mi riportò alla realtà. Mi voltai verso di lui “stavo prendendo un caffè e ci siamo incrociati lì, poi abbiamo scoperto che avremmo operato insieme” spiegai tranquillamente.
“Che casualità” commentò alzando gli occhi ali cielo.
“Stavo aspettando che ti facessi sentire, Embry. Dopo essere finito a letto con me quasi tre giorni prima”
“Di nuovo con questa storia? Te l’ho spiegato come sono andate le cose Shay”
“Certo, ma tu non fare quella faccia come se sapessi tutto quello che faccio e perché lo faccio, perché non sai niente di me” sbottai. Mi sedetti su un tronco lì dietro a me, riprendendo a mangiare il mio involtino decisamente innervosita.
 
Come poteva insinuare cose del genere su di me? Quando era stato lui a non farsi sentire per giorni, era stato lui a presentarsi a casa mia e avevamo fatto sesso, di nuovo. Ma questo non gli dava il permesso di giudicarmi, ne tanto meno di pretendere qualcosa da me dato che non si era disturbato a prendersi un reale ed ufficiale impegno con me.
Avevo quasi dovuto pregarlo per rimanere da me ieri sera, ed io non avevo mai pregato nessuno.
 
Sbuffai.
Certe volte era proprio insopportabile.
Si sedette affianco a me, avvolgendo le sue gambe con le braccia.
“Mi dispiace… non volevo insinuare niente”
“E invece l’hai fatto”
“Lo so è che…” non terminò la frase e lo incalzai “è che cosa?!”
“E’ che mi da fastidio”
Lo guardai meglio, i suoi occhi guardavano la terra sotto i suoi piedi e la sua pelle ambrata illuminata dall’ombra del fuoco era ancora sembrava perfetta del solito.
Questo ragazzo era di una bellezza disarmante.
“Non sei nessuno per essere geloso”
“Questo lo so” disse passandosi una mano tra i capelli.
Per un attimo sperai che mi dicesse qualcosa, qualcosa di più. Sperai che finalmente prendesse una posizione…
Ma non lo fece. Rimase in silenzio, ed io rimasi in silenzio con lui.
“E allora non dovrebbe importarti quello che faccio, chi conosco e dove vado” dissi alzandomi in piedi e allontanandomi da lui.
Questa volta era decisamente troppo.
Gli avevo dato la possibilità di esporsi, ma non l’aveva fatto… quindi era tutto chiaro.
 
POV EMBRY
 
“Questo lo so”
Le mie parole continuavano a rimbombarmi in testa mentre la guardavo allontanarsi.
Cosa cazzo mi era preso?
Perché ero stato zitto?
Perché non avevo colto la palla al balzo e non le avevo detto tutto?
Mi sentii un completo imbecille, e probabilmente lo ero.
Un imbecille senza palle.
Chi si sarebbe fatto sfuggire una ragazza così?
 
Calciai un sasso vicino ai miei piedi e mi alzai in piedi infilando le mani nelle tasche.
Perché dovevo sempre rovinare tutto anche quando le cose, per una volta, mi andavano bene?
Una mano si appoggiò sulla mia spalle e mi voltai.
“Jake”
“Cosa succede fratello?”
“Sono un coglione” dissi soltanto guardandola parlare con Kim
“Non capisco perché tu non glielo abbia ancora detto”
“Cosa dovrei dirle? Che ho avuto l’imprinting, voglio passare la mia vita con te e tutte queste belle  fregature da lupo così prende paura e mi manda a quel paese? Sono un coglione, continuo a portarmela a letto e poi scappare perché non so fare altro, ho sempre fatto così, e lei pensa che la stia usando”
“Non lo penserebbe ogni donna, amico? Devi rivedere un po’ i tuoi comportamenti secondo me…”
“Ho paura Jake”
Mi guardò sorridendo e mi avvolse le spalle con il suo braccio “lo so… ma è la donna della tua vita, non puoi fartela scappare. Siete destinati no?”
“si…” risposi, il problema ero io e ne ero consapevole.
Ma come avrei superato le mie paure?
“Devi cercare di buttarti, non pensare che andrà male… e poi… sei Embry Call, chi ti ha mai detto di no?” ridacchiò battendomi una pacca sulla spalla.
Accennai un sorriso “Grazie fratello”
La guardai mentre rideva con Kim e quell’Hamilton…
Mi dava già sui nervi.
Hamilton le passò un braccio intorno alle spalle e risero come se fossero amici di vecchia data.
Un tremolio lungo la schiena e alle mani inziò a percorrermi tutti i muscoli.
Dovevo calmarmi, o mi sarei trasformato.
Guardai il suo braccio che la toccava. E loro, che ridevano. Ancora. Insieme.
Iniziai a tremare senza riuscire a controllarmi.
“Embry ti devi rilassare” disse Jake prendendomi per un braccio, ma il tremore non accennò a diminuire. Gli avrei staccato la testa a quel pallone gonfiato “Jake lasciami” gli ordinai a denti stretti cercando di trattenermi.
“Embry stai per perdere il controllo, è meglio se ce ne andiamo” mi disse trascinandomi via di peso verso il bosco.
I tremori erano diventati quasi insopportabili ed il mio lupo stava spingendo per uscire.
Lo sentivo, non riuscivo più a controllarlo.
I rumori intorno a me diventarono ovattati.
Il suo braccio sulle sue spalle, sulla sua pelle.
La vista mi si offuscò per un secondo.
Cazzo, lo avrei ammazzato.
Con un ringhio liberai il mio lupo e,  prima che potessi addentrarmi nel bosco, senza controllo mi ritrovai a quattro zampe.
“Wow sei proprio geloso” ridacchiò Jake guardandomi “non ti avevo mai visto così…”
Ringhiai con disapprovazione in sua direzione.
Scoppiò a ridere.
“Hai rotto tutto amico… jeans, maglietta, scarpe… non ti rimane niente” constatò prendendo in mano un brandello dei miei jeans.
Ecco qua, avrei dovuto inventare un’altra scusa con mia madre quando mi avrebbe chiesto per l’ennesima volta che fine avevano fatto i miei vestiti.
“Vuoi che mi trasformi? Vuoi compagnia?”
Scossi il muso e abbassai lo sguardo, avevo solo voglia di stare da solo adesso.
Jake si avvicinò a me e mi accarezzò il pelo sopra la testa “e va bene amico… fatti una corsa e calma i bollenti spiriti… se hai bisogno sai come contattarmi”
Lo ringraziai, ma quello che ne uscii fu un guaito decisamente triste.
“Non c’è di che Embry” concluse prima di incamminarsi nel bosco per tornare al falò.
Lo guardai sparire tra gli alberi… e finalmente rimasi da solo.
Io ed i miei pensieri.
Io ed i miei casini.
Come sempre.
Solo che questa volta i casini me li ero creati da solo…
Iniziai a correre a caso, senza una meta precisa.
Dovevo sfogarmi.
 
POV ASHLEY
 
Notai Jacob uscire dal bosco con le mani in tasca.
Cosa ci faceva nel bosco?
Subito il mio sguardo scorse tra la gente… lo cercai tra tutti gli altri, ma lui non c’era.
Non era ne con Jared, Paul e Rachel, ne con Sam, Emily e gli anziani, ne con Quil, Claire e Renesmee… allora dove poteva essere?
Guardai Jake di nuovo, si stava dirigendo verso casa, sembrava serio. Decisamente serio.
Il braccio di Mark sulle mie spalle iniziò a pesarmi, forse avevo un po’ esagerato…
Volevo dargli fastidio, quindi ero andata da Mark apposta e gli avevo dato decisamente troppa corda, forse un po’ troppa. In realtà Mark era davvero un bravo ragazzo, decisamente molto bello e di talento ed un chirurgo eccezionale ma…
Non era Embry.
Sfuggii alla presa di Mark rapidamente “scusatemi ragazzi, devo dire un attimo una cosa a Jake” sgattaiolai via prima che Kim o Mark potessero fermarmi e mi avvicinai velocemente a Jacob.
“Jake…” lo chiamai per attirare la sua attenzione
“Shay…” mi guardò sorpreso “dimmi”
“Embry… dov’è?” gli chiesi torturandomi le mani.
Mi sorrise e mi appoggiò una mano sulla spalla “non preoccuparti, lui sta bene”
“Ma era con te? L’hai visto?” gli chiesi decisamente preoccupata.
Che poi perché mi stavo preoccupando per uno a cui non gliene importava niente di me?
Non lo sapevo… ma non riuscivo a non pensarci.
“Si era con me… è andato a farsi un giro, era meglio così credimi” disse guardando dietro di me. Mi voltai per capire cosa stesse guardando “per colpa di Mark?” gli chiesi guardandolo
“Ci tiene a te più di quanto dimostri Shay… è che lui è fatto così, deve sbloccarsi” mi disse “adesso vado, porto a casa Nessie perché si è fatto decisamente tardi… buonanotte” concluse dandomi un bacio sulla guancia e abbracciandomi. Ricambiai l’abbraccio e appoggiai la testa sulla sua spalla, il suo calore mi fece sentire al sicuro, ma non era lui
“Grazie Jake, buonanotte”
“Se hai bisogno chiamami, notte Shay”
Lo guardai allontanarsi e prendere in braccio Nessie.
Il suo sguardo quando la guardava era perso, come se guardasse la cosa più bella del mondo.
Quando i miei fratelli avevano avuto l’imprinting mi ero sempre stupita della forza di questo legame. Un legame che sembrava resistere a tutto. Più forte di ogni cosa.
Guardai Jared e Kim…
I loro movimenti erano coordinati, quando si muoveva lei si muoveva anche lui e i suoi occhi non la perdevano un attimo di vista, anche se in realtà erano distanti e parlavano con persone diverse…
Mi torturai l’unghia del pollice con i denti, sapere che Embry era in giro per i boschi da solo a mezzanotte passata non mi faceva stare tranquilla. Ma del resto era un lupo, e del resto non erano neanche affari miei in realtà. Guardai un’altra volta il bosco…
 
“Ci tiene a te più di quanto dimostri…” e allora perché si comportava così?
Perché scappava ogni volta?
E perché mi importava così tanto di lui?
Mi ero ripromessa che non avrei perso la testa per nessuno… ma mi sa che era troppo tardi. Ed un giorno lui avrebbe avuto l’imprinting magari, ed io cosa avrei fatto?
 
Mi avvicinai agli altri “Ragazzi io vado a casa… domani devo lavorare e la sera ho l’aereo per tornare a casa… mi ha fatto piacere passare la serata con voi”
“Torni a casa Shay?” mi chiese sorpresa Kim
“Si, per le vacanze di Natale torno qualche giorno a casa
“Mandaci delle foto da Santa Barbara allora, ti farai il bagno?” ridacchiò Paul
“Probabilmente si” risi a mia volta.
“Fai buon viaggio, ci vediamo quando torni” mi disse Kim abbracciandomi. Ricambiai l’abbraccio “certo…ciao a tutti, buone vacanze ragazzi” conclusi salutando tutti con la mano.
Mi incamminai lungo il sentiero tra gli alberi che portava verso casa di Embry. Dovevo recuperare la mia macchina se volevo tornare a casa…
Che stupida che ero stata, perché mi ero comportata così?
Per un attimo mi pentii della mia reazione avuta con Embry, dopo tutto anche a me avrebbe dato fastidio se la situazione fosse stata ribaltata al contrario probabilmente…
 
Si ma lui non si era mai preso alcun impegno nei tuoi confronti Ashley, quindi cosa mi dovevo aspettare?Come io non potevo aspettarmi niente, lui non avrebbe dovuto pretendere niente.
Oltretutto stavo solo parlando con Mark… non stavo facendo niente di male, è un mio collega e…
 
Un rumore improvviso mi destò dai miei pensieri e mi voltai di scatto.
Il sentiero era deserto, buio e deserto.
“Chi c’è?” dissi ad alta voce per farmi sentire
Nessuno rispose.
Rimasi ferma per qualche attimo, c’era qualcosa che non mi convinceva, i miei sensi da lupo captavano la presenza di qualcuno… nessuno di familiare…
Mi voltai e ripresi a camminare velocemente in direzione di casa di Embry. Accelerai il passo sperando di arrivare il prima possibile.
Sembrava quasi una scena di un fil dell’orrore dannazione.
Non appena sbucai in strada, alla fine del sentiero, tirai un sospiro di sollievo sentendomi improvvisamente al sicuro, nonostante mi trovassi ancora da sola in un posto deserto.
Raggiunsi rapidamente la mia macchina parcheggiata un po’ distante da casa Call.
Aprii la portiera e lo sguardo mi cadde inevitabilmente sulla finestra della sua camera…
La luce era spenta.
Probabilmente era ancora in giro.
Probabilmente era non so neanche dove.
A quest’ora sarebbe potuto essere anche in un altro continente.
Sospirai e mi appoggiai alla portiera, perché doveva essere tutto così difficile?
Le parole di Jake rimbombavano nella mia testa da un po’, ma non ero sicura fosse la verità.
Probabilmente ero solo un altro dei suoi giochetti, un’altra delle sue conquiste da sbandierare in giro…
Ed io, era inutile negarlo, ero fregata.
Salii in macchina e girai le chiavi mettendo in moto.
Dovevo andarmene da Seattle per un po’.
Per fortuna le vacanze di Natale cadevano proprio a pennello.
Stare lontana da questo posto, lontana da lui per un po’ mi avrebbe fatto di sicuro stare meglio e avrei potuto riflettere sulla situazione più lucidamente.
 
 
 
Il volo era atterrato in orario.
Non appena uscii dall’aeroporto un aria decisamente più calda rispetto a quella di Seattle mi investì, accidenti non ero più abituata a tutto questo caldo.
Il sole in cielo splendeva in mezzo ad un cielo azzurro che non vedevo da mesi.
Come se fosse estate.
Inspirai a pieni polmoni l'aria calda di Los Angeles.
Casa.
La suoneria del mio Iphone mi avvisò dell’arrivo di un messaggio.
Mi sistemai la borsa sulla spalle e con la valigia mi incamminai verso il parcheggio.
 
“Ciao tesoro, finalmente sei tornata a casa!
Questa sera ti va di vederci al Saint Jones? Dobbiamo raccontarci tantissime cose, non vedo l’ora di vederti…
Un bacione Allison”

 
Lessi il messaggio e non riuscii a non sorridere.
Allison.
La mia migliore amica da quando ero nata.
Asilo, scuola, squadra di cheerleader… avevamo sempre fatto tutto insieme.
Feste insieme, vacanze insieme… per me era come se fosse una sorella. Questi mesi senza di lei erano stati davvero duri.
 
“Bentornata a casa dottoressa”
Alzai lo sguardo e… “Alex!” mollai tutte le mie borse e corsi ad abbracciare il mio stupendo fratello!
Dio, quanto mi era mancato.
Le sue braccia calde mi strinsero forte ed il suo profumo mi ricordò che finalmente ero tornata a casa.
Dopo tanti mesi, finalmente ci potevamo rivedere e abbracciare.
Non avrei più dovuto scrivergli mille messaggi per raccontargli quello che mi succedeva, ma avrei potuto stare con lui per qualche giorno!
“Sono così felice di vederti” dissi dandogli un bacio sulla guancia
“Anche io” rise “mamma mia, non mi salutavi così da… no non mi hai mai salutato così! Devo esserti proprio mancato”
“Ci puoi giurare”
“Anche tu mi sei mancata… sei sempre bellissima” disse guardandomi
“Oh smettila! Devo raccontarti un sacco di cose!”
“Certo…” disse raccogliendo tutte le mie borse “ma prima andiamo a casa, mamma e papà saranno felicissimi di vederti dopo tutti questi mesi”
Salimmo in macchina e partimmo verso casa.
Il mare blu e la spiaggia totalmente soleggiata scorrevano davanti ai miei occhi.
Ero così felice di essere tornata al sole, al caldo, in California!
Eppure… forse quei colori così grigi un po' mi mancavano.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Inaspettato ***


Ciao a tutti! Spero che abbiate passato delle buone feste e finalmente eccomi qui, pronta con un nuovo capitolo, l'ultimo del 2018!
Spero che vi piaccia, fatemi sapere cosa ne pensate ;)


Continuavo a camminare lungo State Street evitando le mille persone che proprio questa sera avevano deciso di andare in giro per Santa Barbara.
Sarei già dovuta essere al Saint Jones a quest’ora, ma come mio solito non sarei riuscita ad arrivare in orario!
Pazienza, Allison era abituata ai miei ritardi!
Aumentai la velocità, ma mi resi conto che, dopo mesi passati senza mettere un paio di tacchi, camminare velocemente con questi trampoli risultava molto più difficile rispetto a prima.
Attraversai la strada quasi correndo, dovevo essere ridicola vista dall’esterno, non riuscivo neanche a camminare… figurarsi correre!
Erano  mesi che non calpestavo l’asfalto di State Street, erano mesi che non vedevo la mia città e tutto mi sembrava così familiare, ma allo stesso tempo quasi diverso.
Le mille decorazioni natalizie come sempre ricoprivano la città, creando un clima decisamente bizzarro. I 15 gradi ed il sole che spaccava le pietre in mezzo al cielo azzurro decisamente non si addicevano al Natale, ne tanto meno al 22 di dicembre.
Finalmente riuscii ad arrivare al Saint Jones e subito entrai velocemente cercando Allison tra le mille persone che tappezzavano anche questo bar.
Guardai l’orologio, erano le 18.00, cosa ci facevano tutte queste persone in giro?
Forse proprio quello che stai facendo anche tu Ashley…
“Shay! Oh mio diooo” due braccia esili ed una massa di capelli biondi si catapultarono letteralmente su di me abbracciandomi forte, ricambiai l’abbraccio ridendo “ciao Alli, mi sei mancata”
“Anche tu non immagini quanto”
Si staccò da me e mi guardò un attimo “che bello questo vestito, l’hai preso a Seattle?”
“Figurati, di sicuro non ci sono negozi che vendono vestiti quasi estivi lì…”
Rise insieme a me “Solo giacche e cappelli?”
“Piove sempre” dissi sconsolata “vieni andiamo a sederci”.
Ordinammo un mojito, come da tradizione.
“Allora cosa mi racconti? Cos’è successo in questi mesi a Santa Barbara?” le chiesi piuttosto curiosa di sapere i gossip che mi ero persa durante il mio periodo di lontananza.
Subito si sistemò sulla sedia ed un sorriso, degno della miglior pettegola di tutta la California, si aprì sul suo viso “allora non svenire…ad una festa Jamie è finito a letto con Lucy!”
“Con Lucy?! Ma non si odiavano?”
“Si… ma a quanto pare odio e amore sono la stessa cosa a Santa Barbara” ridacchiò.
Lucy, un’altra delle mie migliori amiche.
Da quando ero nata ero cresciuta con tre persone che erano diventate fondamentali per me. Potevamo non vederci per mesi ma le cose sarebbero rimaste sempre uguali per sempre.
Lucy era la più battagliera del gruppo, la classica persona attaccabrighe e che non si tiene, ma allo stesso tempo era la più furba probabilmente. Un’adolescenza passata a scappare dalla finestra di camera sua quando i suoi la rinchiudevano in casa in punizione e poi a inventarsi scuse il giorno dopo. Per questo una volta terminato il liceo, si era iscritta a legge.
Allison, era sempre stata quella a cui ero più legata, la mia sorella per scelta. L’unica che riusciva ad essere sempre buona e dolce con tutti, appassionata di moda e di Alex, mio fratello, il suo imprinting. Per questo aveva deciso di studiare moda a Los Angeles.
Ed infine c’era Harriet, un nome una garanzia. La persona più intelligente e scrupolosa sulla faccia della terra. Aveva vinto una borsa di studio per Harvard ed era andata lì a studiare giornalismo.
Eravamo quattro persone molto diverse, ma insieme eravamo un bel gruppo.
Qualche anno prima, quando avevo avuto l’imprinting, Jamie mi aveva concesso di confessare il nostro segreto alle mie amiche.
“Penso che Jamie sia seriamente innamorato di Lucy… cioò non ho ben capito se abbia avuto l’imprinting o no, Alex non vuole dirmelo! Devi scoprirlo tu Shay, sei l’unica che può scoprirlo”
“E va bene… non appena saprò qualcosa ti avviso” ridacchiai “Harr come sta invece?”
“Harriet muore dietro ad un tipo che ha conosciuto lì ad Harvard… non mi ricordo il nome, mi pare si chiami Jhonny, Jhon… boh qualcosa del genere” disse pensierosa “da quello che ho capito il padre di questo è un pezzo grosso di un giornale di NY”
“Oddio Harriet con un ragazzo? Non pensavo l’avrei mai vista con qualcuno dopo l’esperienza con Harry Bones” risi facendo scoppiare a ridere anche Allison
“Oh mio dio, ti ricordi? Che ridere… e tu che mi racconti Shay? Novità? Hai conquistato qualche cuore a Seattle?” mi chiese maliziosa.
Ridacchiai abbassando lo sguardo imbarazzata “beh… è una lunga storia”
“Ho tempo tranquilla”
“C’è un ragazzo che… beh ma non è niente di importante”
“Oddio lo sapevo, quando non ti fai sentire per più di due giorni vuol dire che c’è qualcosa sotto! Raccontami tutto! Voglio sapere tutto” disse sorseggiando il suo mojito decisamente felice.
“Si chiama Embry, è all’ultimo anno di ingegneria meccanica… è un ragazzo della riserva dei Quileute…”
“Vuoi dire che anche lui è…?”
“Si… anche lui… l’ho conosciuto per caso in realtà…”
Le raccontai tutto, dall’inizio alla fine dettagliatamente, come piaceva a lei.
Parlandone con Allison, improvvisamente mi sentii come se mi fossi liberata di un grande peso, esattamente come quando ne avevo parlato con Kim.
Dov’era adesso? Cosa stava facendo?
L’ultima volta che l’avevo visto avevo combinato un casino con Hamilton, come mio solito, rovinando tutto.
Ma che poi… tutto cosa? C’era qualcosa che poteva rovinarsi tra noi due? Era corretto parlare di “noi”?
Sprofondai nella poltroncina del bar e sorseggiai il mio mojito decisamente confusa…
“Non ti vedo bene Shay, era da tanto che non ti vedevo così per un ragazzo”
“Già… lo so… me ne rendo conto anche io”
“Cos’hai intenzione di fare?”
“Non ne ho idea, non so neanche cosa voglia fare lui… non so neanche se lo rivedrò più quando tornerò a Seattle”
“Oh adesso non essere così tragica, secondo me ti cercherà… da quello che mi hai raccontato ne sono quasi convinta… ma devi prendere in mano la situazione e metterlo davanti ad un bivio”
“Cioè?”
“O decide di impegnarsi oppure ciao e grazie, da quello che ho capito tu non sei interessata a solo divertimento vero?”
“ma non lo so Alli… non so niente… sono una specializzanda in chirurgia, non ho tempo neanche per vivere, non so neanche se avrei tempo per una relazione”
“Allora prima di tutto mi sa che devi capire tu cosa vuoi… e di questo Mark Hamilton che mi dici invece?”
Mi mordicchiai l’unghia del pollice nervosamente…
“Mark è un bel ragazzo, è un chirurgo in gamba è davvero molto bravo e ti giuro che quando opera starei a guardarlo per ore. E’ simpatico, è gentile, non è un montato… ma…”
“Ma non è Embry?”
“Esatto” conclusi appoggiando il bicchiere vuoto sul tavolo.
Allison ridacchiò sommessamente ed la guardai decisamente male “cos’hai da ridere adesso?”
“Sei fregata Ashley… lo sai vero?”
Scossi la testa strofinandomi gli occhi sconsolata “si lo so bene purtroppo”
“Tempo al tempo, si risolverà tutto vedrai, come sempre… devi fare un po’ di chiarezza dentro di te Shay, sei troppo confusa, non è da te”
“So anche questo… te con mio fratello invece? Come va?”
I suoi occhi brillarono non appena nominai Alex eper un attimo la invidiai… lei era così certa dei sentimenti che mio fratello provava per lei, sapeva che lui avrebbe dato la vita per lei e probabilmente anche lei l’avrebbe data per lui… mentre io non sapevo neanche se Embry mi avrebbe richiamata.
“Benissimo… come potrebbe andare male con un ragazzo stupendo come lui?”
Sorrisi, ero felice che la mia migliore amica e mio fratello si fossero messi insieme, sapevo che entrambi avevano trovato una persona fantastica…
“A marzo vorremmo venire a trovarti a Seattle… ti farebbe piacere?”
“Assolutamente! Venite quando volete ragazzi, per me è solo meglio avervi in giro per casa… siete la mia famiglia”
Alli mi abbracciò “ti adoro Shay, mi sei mancata un sacco”
“Anche tu… ci conviene andare, si è fatto tardi… “
 
Buttai giù l’ultimo boccone delle fantastiche lasagne che faceva mia madre e appoggiai la forchetta nel piatto.
Mamma mia quanto avevo mangiato!
“Queste mangiate me le sogno a Seattle!” dissi guardando mia madre che si mise subito a ridere
“farai la fame vivendo da sola…”
“Non è vero… ho imparato a cucinarmi qualcosa”
“Si tipo… latte e cereali, una pasta, pizza surgelata?” ridacchiò mio fratello
Gli feci la linguaccia “no, sono molto più brava di quello che credi”
“Talmente brava che l’ultima volta che hai provato a cucinare dei biscotti hai quasi incendiato la mia cucina”
“Non è vero mamma! Era il forno che aveva qualche problema!”
“Quindi ovviamente non è stata colpa tua…” disse mio padre
“Assolutamente no!” conclusi incrociando le braccia al petto.
“Allora come ti trovi li a Seattle?” mi chiese curiosa mia mamma “ti sei fatta nuovi amici?”
“Qualche volta vedo i miei colleghi… quando non abbiamo turno o non siamo pieni di sonno… e si, ho conosciuto nuova gente”
“E come sono?”
“Sono dei ragazzi Quileute…” farfugliai pensierosa.
Non avevo idea di dove fosse finito Embry, se stesse bene, cosa stesse facendo in questo momento…
mi trovavo in un altro stato, a casa mia, ma nonostante tutto il mio pensiero continuava a finire lì…
“Ragazzi della riserva Quileute? Ma davvero?”
“Si papà”
“Fanno parte del branco Quileute?” boffonchiò mio fratello ancora con la bocca piena
“Alex non parlare mentre mangi. E comunque si… come li conosci?”
“Qualche anno fa… prima che tu ti trasformassi… so che hanno avuto una brutta storia con dei vampiri italiani, il loro Alfa aveva parlato con Jamie all’epoca”
“Sam?”
“Si esatto proprio lui…come li hai conosciuti?”
“Uno di loro era ferito… l’ho visitato io”
“Sono felice che tu ti sia fatta dei nuovi amici tesoro, almeno non sei da sola”
“Me la saprei cavare da sola lo stesso mamma”
“Questo lo sappiamo Ashley, te la sei sempre cavata da sola, ma sapere che c’è qualcuno sulla quale puoi fare affidamento lì ci da maggiore sicurezza” disse mio padre.
A volte neanche mi rendevo conto di quanto io fossi lontana da casa, ma altre volte me ne rendevo fin troppo conto e tutto diventava abbastanza complicato. Tuttavia, da quando avevo conosciuto gli altri, tutto era diventato decisamente migliore, anche il tempo orribile di Seattle… da quando avevo conosciuto Embry…
 
2 gennaio
 
Chiusi la valigia e misi sulle spalle lo zaino.
Anche quest’anno le vacanza natalizie erano passate decisamente troppo in fretta, ma questa volta a differenza degli altri anni sarei tornata a Seattle… la mia nuova “casa”.
Non ero così entusiasta di tornare a lavorare e fare quei turni massacranti, ma in fin dei conti si sa, la vita di un medico è anche questa, soprattutto se il medico in questione è uno specializzando in chirurgia!
In realtà se dovevo essere sincera, la sala operatori ami mancava da morire, era come una droga.
E avrei anche potuto rivedere Embry magari…
Non si era fatto sentire per giorni, neanche per farmi gli auguri di Natale… perché avrei dovuto rivederlo una volta tornata a Seattle? Forse dovevo iniziare a non pensarci più, dovevo lasciarmi alle spalle tutto…
Scesi le scale e raggiunsi il piano terra.
Sistemai le mie valigie vicino al portone d’ingresso e andai in cucina.
Non appena varcai la soglia un profumo di caffè e pancakes mi travolse…
“Mi mancherà tutto questo”
“Che cosa?” mi chiese mia mamma ancora indaffarata tra i fornelli
“I tuoi pancakes mamma… e trovare tutto pronto quando mi alzo”
“Te la sei scelta tu la vita lontana da casa tesoro”
“Hai ragione…”
“ma sai che quando vuoi puoi tornare qui” disse dandomi un bacio
Afferrai un pancakes e una tazza di caffè, erano buonissimi cavolo!
“A che ora hai il volo?”
“Mangio questo e parto”
“Hai chiamato il taxi? Vuoi che ti dia un passaggio tuo padre andando a lavoro? Tuo fratello aveva un'udienza lo sai… se no ti avrebbe portato lui”
“Non preoccuparti mamma, me la cavo da sola, ho già chiamato il taxi”
Buttai in bocca l’ultimo morso e mi alzai in piedi “bene… è arrivata l’ora di tornare a Seattle…” abbracciai mia madre e la salutai prima di uscire di casa e lasciarmi, ancora una volta, Santa Barbara alle spalle.
 
Non appena entrai in casa chiusi la porta alle mie spalle e gettai malamente le chiavi sul mobiletto.
Affondai nel divano coprendomi subito con la mia copertina morbida di lana… mi erano bastati pochi giorni in California per dimenticare quanto facesse freddo qui.
Presi in mano il telefono e avvisai tutti di essere arrivata, un messaggio attirò la mia attenzione…
 
“Ciao Shay… sei tornata a Seattle? Se ti va oggi pomeriggio potresti venire da me per un the e magari poi possiamo farci un giro in spiaggia… fammi sapere
Kim”

 
Composi il suo numero e la chiamai subito…
“Ciao Kim, sono Ashley”
“Ehi!! Sei tornata?”
“Si… sono appena arrivata… vengo molto volentieri da te… a che ora facciamo?”
“Vieni quando vuoi, ti aspetto! Devo raccontarti un sacco di cose”
“Perfetto… a dopo allora”
Misi già e gettai il telefono lontano da me.
Magari, se fossi stata fortunata, avrei beccato Embry in giro per la riserva…
E poi? Cosa gli avrei detto?
Ci avrei pensato poi… quando l’avrei incontrato e se l’avessi incontrato.
Mi alzai in fretta e mi lavai e mi vestii velocemente per far prima.
Nel giro di un paio d’ore mi ritrovai davanti a casa di Kim, come da accordi.
Suonai il campanello e pochi secondo dopo Kim mi aprì la porta “Ciao bentornata” disse abbracciandomi, ricambiai l’abbraccio “sono felice di vederti Kim”
“Anche io Shay… qui è stato un casino non hai idea… a proposito… dobbiamo andare da Emily subito”
La guardai sorpresa “Cos’è successo?”
“In questi giorni qualcuno ha aggredito più persone nel bosco, i ragazzi hanno cercato in tutti i modi di prendere il colpevole ma non ci sono riusciti… è stato un natale di sangue qui a Forks…” disse decisamente turbata “non ne sapevo niente… raccontami di più”
Ci incamminammo verso casa di Sam ed Emily “per fortuna adesso ci sei anche tu… mi sento più al sicuro… pensano sia un vampiro venuto da nord, ma non si sa ancora con precisione perché non sono riusciti a vederlo bene. L’altra notte Jared è stato ferito…”
“Ma Kim non mi hai detto niente, nessuno di voi mi ha detto niente”
“Eri tornata a casa Ash, non volevamo rovinarti gli unici giorni in cui vedi la tua famiglia…”
“Ma dovevate farlo! Ormai…”
“Ormai sei una di noi… hai ragione…”
“Jared come sta?”
“Ora bene… il dr Cullen è riuscito a medicarlo ed è guarito bene per fortuna, ma sono stati momenti bruttissimi. Mi hanno svegliata in piena notte… pensavo di morire… si sono presentati Embry e Paul e…” la sua voce si incrinò terribilmente e decisi di cambiare argomento “come mai stiamo andando da Emily adesso?”
“Poco fa mi ha mandato un messaggio Jared… c’è una riunione, i lupi che smontano adesso dalla ronda hanno novità…”
Sbucammo davanti a casa di Sam ed Emily e subito andammo verso l’entrata.
Chi diavolo poteva essere questo vampiro? E perché aveva deciso di cacciare proprio qui a Forks nonostante fosse territorio dei Cullen?
Non appena entrammo subito notai la brutta aria che tirava, un’aria che non avevo mai respirato qui dentro ma che purtroppo conoscevo molto bene.
Aria di pericolo.
“Ciao Ash… bentornata!” disse Jake avvicinandosi e dandomi un bacio sulla guancia
“Ciao Ashley” mi salutò Jared, notai la mano che teneva premuto il fianco, probabilmente per il dolore
"Ehi, ho sentito della tua disavventura... va meglio?"
"Si dai... il dr Cullen ha fatto un buon lavoro"
“Shay” mi salutò Sam
"Sam!"
Il mio sguardo si posò su di lui.
Embry.
Mi guardò fisso negli occhi per un attimo ed un brivido mi percorse la schiena.
Volevo salutarlo ma la voce mi morì in gola…
“Che bello rivederti” disse Emily sorridendomi e abbracciandomi. Ricambiai l’abbraccio “mi dispiace per tutto questo casino”
“Che novità ci sono?” chiese Kim guardando Jacob ed Embry
Jake sospirò “ha colpito ancora… a nord di Green Roads, vicino alla svolta con Jackson Street… questa volta però lo abbiamo visto… è un uomo, avrà sui 25 anni circa, biondo… è velocissimo, eravamo così vicini” disse stringendo i pugni.
Sam gli diede una pacca sulla spalla “non preoccuparti Jake… questione di poco tempo e lo prenderemo! Dobbiamo pensare a come agire prima che succeda qualcos'altro"
“Andiamo di là in soggiorno a parlare, così vi offro del caffè” disse Emily.
Tutti si alzarono e chiaccherando tra di loro si spostarono nella stanza affianco.
Tutti.
Eccetto me. Eccetto Embry.
Il silenzio nella stanza sembrava quasi surreale.
Lo guardai.
Era appoggiato al bancone con le braccia incrociate.
Il petto nudo si alzava e si abbassava regolarmente, profonde occhiaie violacee segnavano il suo volto ed un piccolo taglio sullo zigomo tumefatto perdeva ancora del sangue, proprio come la piccola ferita che aveva sul bordo del labbro inferiore.
Mi avvicinai lentamente e mi fermai proprio davanti a lui, a pochissima distanza.
Trattenni il respiro per un attimo, al diavolo tutto.
Non mi veniva in mente niente.
Eppure quel sangue, il suo sangue, nonostante fossi un chirurgo mi dava terribilmente fastidio.
“Sei ferito”dissi, e non mi accorsi nemmeno di aver parlato finchè non sentii io stessa la mia voce.
Si staccò dal bancone raccogliendo una maglietta nera buttata malamente vicino alle bottiglie di acqua e se la infilò “non è niente” disse atono
“Si invece, perdi sangue”
“Sei un medico, dovresti distinguere una ferita superficiale da una più seria”
Sospirai, presi un uno strofinaccio e lo bagnai sotto all’acqua. Mi riavvicinai a lui e, avvicinandomi lentamente, gli pulii lo zigomo ed il labbro.
Trattenni il respiro per tutto il tempo, sperando che non se ne andasse, che non mi allontanasse.
Ma non se ne andò. Ne mi allontanò.
Rimase fermo immobile, guardandomi mentre gli tamponavo le ferite.
Le sue labbra.
Le sue labbra mi facevano impazzire ogni volta che le guardavo, ogni volta che mi baciava.
“Devi mettere del ghiaccio sul labbro o ti si gonfierà”
“Mi sei mancata”
Rimasi in silenzio sorpresa da quello che aveva appena detto.
Gli ero mancata?
La sera prima di partire mi ero comportata male, non gli avevo dato l’opportunità di parlarmi, di spiegarsi.
Avevo guardato solo le mie ragioni, avevo guardato solo me stessa.
Eppure aveva avuto tante possibilità per dirmi come stavano le cose per lui realmente, e non lo aveva mai fatto.
Guardai la sua maglietta nera con l’icona di una Rockband…
In fin dei conti adesso me lo stava dicendo però…
Le mie braccia lo avvolsero e affondai la testa nell’incavo della sua spalla “anche tu mi sei mancato” sussurrai stringendolo forte.
Fanculo tutto.
Quanto mi era mancato il suo profumo, il suo calore, lui.
Neanche io sapevo quanto mi era mancato davvero, non riuscivo ad ammetterlo a me stessa.
Ma mi era mancato.
Troppo.
Le sue braccia finalmente avvolsero la mia vita e ricambiò l’abbraccio stringendomi a lui come non aveva mai fatto.
In un attimo le sue labbra furono sulle mie dolcemente e subito il sapore ferroso del sangue si mescolò alla mia saliva.
Ricambiai il bacio e finalmente tornai a respirare.
Tutto tornò ad essere giusto.
Confuso, ma giusto.
Il sapore ferroso del sangue che non se ne andava mi fece capire che stava perdendo ancora sangue dal labbro e lo strinsi ancora più forte a me, prima di staccarmi definitivamente.
Lo guardai.
Mi guardò.
“Perdi ancora sangue”
“Non mi importa”
“A me si”
“A me basta che tu sia tornata”
Guardai i suoi occhi color nocciola, aveva delle sfumature verdi che li rendevano quasi irreali, ma si incastravano alla perfezione nel suo colorito ambrato.
Sfiorai con la mano il suo zigomo, il sangue si era già arrestato e stava lasciando spazio ad un ematoma violaceo.
“Cosa ti è successo?”
“Rischi del mestiere”
“E’ stato quel vampiro?”
“Si… lo avevamo quasi preso, ma è stato più furbo di noi”
Lo guardai in silenzio. Doveva essere frustrante, lo sapevo bene. 
“Dov’eri sparito quella sera prima che io partissi per tornare a casa?” farfugliai abbassando lo sguardo.
Mi sentivo terribilmente in colpa per aver rovinato tutto come al mio solito… ero consapevole del fatto che la colpa fosse totalmente mia, ma la paura che lui potesse essere andato a consolarsi altrove mi aveva sfiorato la testa più volte durante queste vacanze…
“A fare un giro”
“Dove?”
“E’ un interrogatorio questo ed io non lo so?”
“Ero solo…preoccupata” conclusi torturandomi le mani, la sua mano afferrò il mio mento e mi voltò guardandomi dritto negli occhi “sono andato a farmi un giro… un momento in più lì e avrei perso il controllo. Quel Hamilton ti stava troppo appiccicato…”
Trattenni il respiro.
Stava cercando di dire che era geloso di me?
Attesi in silenzio che andasse avanti, perdendomi nei suoi occhi e nella stretta ferrea ma dolce della sua mano sul mio viso.
Le sue mani.
Quelle mani che mi avevano toccata come nessun'altro aveva mai fatto prima...
“Embry puoi venire un attimo a dire che…” mi voltai di scatto guardando Jake affacciarsi sulla soglia del soggiorno “oh scusate ragazzi… ho interrotto qualcosa?” chiese grattandosi la testa imbarazzato. In quel momento lo avrei ucciso, giuro. 
“Non preoccuparti fratello, arrivo subito” disse Embry.
Mi voltai verso di lui e lo guardai, stava rimandando tutto ancora una volta? O ne stava approfittando per non dover andare avanti e mi avrebbe lasciata così nel limbo ancora una volta?
Mi sarei dovuta torturare ancora molto su quello che aveva detto per decodificare cosa volesse dire?
Mi sorrise e mi baciò la fronte “dopo finiamo” disse prima di dirigersi verso Jake ed andare in soggiorno.
Mi appoggiai al bancone della cucina e mi lasciai andare, dio stava diventando una tortura tutto questo.
Ancora una volta ero confusa, terribilmente confusa.
Saremmo mai riusciti a finire questa discussione?
Mi avrebbe mai detto chiaramente come stavano le cose per lui?
Improvvisamente un forte boato fece tremare tutta la casa, tremarono i vetri, i mobili e perfino il pavimento.
Mi attaccai forte alla sedia davanti a me per non cadere e in un istante tutto cessò.
In un attimo la cucina si riempì e mille voci insieme non mi fecero capire cosa stesse succedendo, in pochi istanti tutto il branco si precipitò fuori dalla casa correndo verso il bosco scomparendo in millesimi di secondi.
Trattenni il respiro e guardai Kim ed Emily interrogativa, senza capire cosa fosse successo.
Cosa stava succedendo?
“Probabilmente il vampiro ha attaccato la centrale elettrica poco distante da qui, non sappiamo cosa sia successo” sputò fuori Kim tremando, Emily la abbracciò “dobbiamo rimanere qui in casa finchè i ragazzi non capiranno cos’è successo e di cosa si tratta” disse Emily.
“Voi rimanete qui, io vado a dare una mano” dissi convinta dirigendomi verso la porta
“No Shay! Non andare, potrebbe essere pericoloso”
Mi voltai verso Kim “lo so! Ma sono un lupo anche io, devo aiutare!”
“Ma ci sono già tutti i ragazzi fuori, non andartene anche tu”
La guardai per un attimo, non potevo più starmene con le mani in mano, dovevo aiutare anche io “mi dispiace ragazze… se ci sono aggiornamenti verrò subito a riferirveli” dissi prima di correre fuori di casa in direzione del bosco.
Non sapevo precisamente dove si trovasse questa centrale elettrica, ma seguendo le tracce del branco l’avrei trovata facilmente.
Con un balzo mi trasformai e iniziai a correre velocemente.
Embry era qui fuori, probabilmente erano già arrivati, probabilmente sapevano già di cosa si trattasse.
Avevo paura.
Avevo paura che potesse succedergli qualcosa.
Accelerai la corsa per raggiungerli più in fretta, le tracce erano fresche, sarebbe stato un gioco da ragazzi raggiungerli.
Proprio quando iniziai a sentire distintamente il loro odore, un colpo sordo ed improvviso mi fece cadere a terra.
Tutto improvvisamente divenne buio.
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Ritorni dal passato ***


Ciao a tutti e buon anno!
Dopo un po' di giorni di assenza sono tornata con un nuovo capitolo che sperò vi piaccia.
La storia sta prendendo una piega ben precisa, ma i colpi di scena non tarderanno ad arrivare!
Embry ed Ashley si sa, sono imprevedibili ;)
Recensite e fatemi sapere che ne pensate, buona lettura!



Aprii gli occhi massaggiandomi la testa ma li richiusi subito dopo… che fastidio la luce!
Dovevo aver preso una bella botta dato che mi faceva malissimo anche non toccandola…
Cos’era successo?
Non ricordavo molto, ricordavo solo il grande boato mentre eravamo a casa di Emily, la discussione con Embry… ma poi vuoto totale.
Il materasso sotto di me mi lasciava intendere di essere in un letto, si ma dove?
Chi mi aveva colpita? E perché l’aveva fatto?
Aprii gli occhi tirandomi su seduta nel letto dolorante, avevo male anche al polso destro… dovevo essermelo storto cadendo probabilmente! Lo analizzai bene… non doveva essere rotto!
Riconobbi subito la camera di Embry… i suoi poster e le sue foto, i suoi vestiti buttati sulla sedia e la scrivania piena di libri. Un dejavu mi ricordò la prima volta che mi ero svegliata nel suo letto, reduce da una serata decisamente troppo alcolica. Sorrisi abbracciandomi le gambe, erano passati un po’ di mesi da quella sera, ma tra una cosa e l’altra Embry faceva ancora parte della mia vita…
 Come ci ero arrivata qui?
I balconi erano incrociati per impedire che la pioggia bagnasse il vetro e un brivido di freddo mi attraversò la schiena intravedendo il tempo cupo e grigio che c’era fuori.
Mi resi conto di avere addosso solo una canottiera e delle mutande, mi strinsi nel piumone per scaldarmi e subito un profumo muschiato che conoscevo benissimo mi inondò le narici. Sorrisi come una stupida.
Chi mi aveva portata qui?
Era stato Embry?
Un rumore attirò la mia attenzione e la porta si aprì lentamente.
La testa di Embry fare capolino sulla porta…
“Ti sei svegliata…” disse sorridendo, entrò richiudendo la porta dietro di sé e si avvicinò lentamente al letto, lo guardai e notai subito che non indossava la maglietta, segno che probabilmente era appena tornato a casa “cos’è successo?”
“Ti hanno colpita a sorpresa… eri così impegnata a raggiungerci che non ti sei accorta che la sanguisuga stava venendo direttamente verso di te”
“Come ho fatto a non accorgermene?”
“Probabilmente eri troppo impegnata a seguire i tuoi sensi per raggiungerci, udito olfatto vista… “ disse infilandosi le mani nelle tasche e alzando le spalle “tutto insieme confonde, può succedere…”
“già… ho preso una bella botta, mi fa male”
Ridacchiò sedendosi sul bordo del letto “eh si… per fortuna sono arrivato in tempo”
Lo guardai sorpresa “mi hai salvata tu?”
“Certo… e chi se no” disse spostando lo sguardo “ho sentito che stavi arrivando e ti stavo venendo incontro…  per fortuna sono arrivato qualche attimo dopo che ti aveva colpita… non sono riuscito a prenderlo però” strinse i pugni decisamente nervoso “non essere arrabbiato con te Embry, può succedere”
“Si ma ce l’avevo in pugno”
“la prossima volta lo prenderemo, ne sono sicura… grazie per avermi salvata”
Mi guardò sorpreso, come se gli avessi detto la cosa più strana del mondo “non me lo sarei mai perdonato se ti fosse successo qualcosa”
“Si beh, in realtà non sarebbe stata colpa tua… sono io che ho deciso di seguirvi nonostante dovessi rimanere in casa quindi sarebbe stata colpa mia”
Mi guardò per un attimo in silenzio.
Le sfumature verdi dei suoi occhi oggi erano particolarmente visibili e le guance lievemente arrossate, probabilmente aveva corso venendo qui. Il suo zigomo era già guarito in poche ore, ma la ferita sul labbro non era ancora scomparsa del tutto.
Mi prese il polso ed il braccio e, sollevandomi delicatamente, mi fece mettere sopra di lui a cavalcioni senza dire niente.
Lo lasciai fare, senza opporre alcuna resistenza.
Che senso aveva ormai opporsi a qualcosa che non riuscivo più a controllare?
Al contatto con le sue mani bollenti un brivido mi attraversò la schiena.
Lo guardai dritto negli occhi.
Dio, sarei stata qui per sempre.
“Ashley io…”
Sospirai e chiusi gli occhi “dimmi Embry”
Non sapevo se sarebbe andata bene questa volta, il suo sguardo mi sembrava particolarmente serio.
“Mi dispiace essermi comportato da stronzo con te… “
Lo guardai in silenzio per dargli il tempo di andare avanti, ormai lo conoscevo, sapevo che c’era qualcosa di più che doveva dirmi. Ma a giudicare dalla sua faccia non sapeva come dirmelo.
Le sue mani si appoggiarono sui miei fianchi ed io avvolsi il suo collo con le braccia guardandolo, in attesa che finalmente mi dicesse quello che gli passava per la testa.
“Sono un coglione. Da quando ti ho conosciuta ho avuto mille occasioni per spiegarti tutto ma non ho mai avuto il coraggio di farlo… aveva ragione Jake, avrei dovuto farlo molto prima e non far passare tutti questi mesi ma…”
Sospirò abbassando lo sguardo, cosa voleva dirmi?
Forse c’era un’altra e non me n’ero mai resa conto?
Forse c’era qualcosa di me che lo bloccava?
“Embry…” il suo sguardo si spostò nel mio “lo so che sono una persona difficile. Sono spesso diffidente, passo notte e giorno in ospedale, voglio avere sempre ragione perché sono un chirurgo, metà della mia vita non la conosci neanche ne sai cosa mi ha portato fino a qui, mi rendo conto che io per te sia come un libro di cui hai sfogliato solo le prime pagine ma… non far finire tutto così, prendi una decisione una volta per tutte e rispettala” sputai fuori trattenendo il respiro.
Mi ero liberata.
Finalmente avevo detto quello che pensavo e che mi tormentava da mesi.
 Quello che avrei dovuto dirgli tempo fa.
“Non voglio che tu te ne vada” conclusi guardandolo negli occhi e prendendogli il viso tra le mani.
Mi guardò in silenzio.
Senza dire niente.
I suoi occhi brillarono per un attimo e sorrise.
Il tempo si fermò, quasi fosse una magia.
Nonostante il mio cuore fosse quasi in gola per l’ansia, sarei rimasta così per tutta la vita. Abbracciata a lui, con le sue mani sui miei fianchi e le mie mani sulle sue guance bollenti.
“Non potrei mai andarmene da te…” disse a bassa voce “sei il mio imprinting”.
 
Imprinting.
 
Imprinting.
 
Imprinting.
 
Questa parola continuava a risuonarmi in testa all’infinito, in loop, come se stesse continuando a ripetermela.
Imprinting.
Embry aveva avuto l’imprinting con me.
Avevo davanti a me la persone che avevo sempre aspettato.
La persona che ci sarebbe sempre stata per me, la persona che avrebbe fatto tutto per me, la persona per cui sarei sempre stata la cosa più importante.
E nonostante io non potessi avere l’imprinting, mi ero innamorata proprio di lui.
Mi ero innamorata di lui come non avevo mai fatto con nessun altro, in un modo tutto nostro di dimostrarci quello che siamo l’uno per l’altra.
Avevo davanti a me la persona con cui avrei passato la mia vita ed era l’unica cosa che volevo.
 
Mi lanciai sulle sue labbra facendolo cadere nel letto per la foga, sorrise sulle mie labbra.
“Ehi…” cercò di farfugliare mentre le mie labbra si impossessavano delle sue.
Ricambiò il bacio stringendomi forte a lui.
Fin dall’inizio era stato tutto strano tra di noi, adesso si spiegava tutto.
Era questo che si provava quando si trovava la propria anima gemella?
Un moto di felicità mi aveva invaso da dentro quando avevo realizzato il vero senso della frase “sei il mio imprinting”.
Invertì le posizioni e si mise su di me, si staccò, tenendomi sempre stretta tra le sue braccia “sei bellissima, sei bellissima esattamente come la prima volta che ti ho vista…” disse guardandomi, gli sorrisi, non potevo fare altro “non mi hai ancora detto niente…”
“Cosa dovrei dirt?”
“Quello che ne pensi”
“Il ragazzo di cui sono innamorata mi ha detto che sono il suo imprinting… direi che questo è abbastanza” conclusi. Mi sorrise ancora ridacchiando e si lasciò cadere nel letto affianco a me con la testa nel cuscino.
Lo guardai, era bellissimo.
“Non sei ancora guarito” sussurrai sfiorandogli con un dito il labbro.
Mi prese la mano e baciò ogni singolo dito, risi tirando su la coperta sopra di noi.
“hai freddo?”
“Non caldo di certo”
Le sue mani bollenti mi tirarono verso di lui e mi avvolse con le sue braccia calde.
Il posto più bello del mondo.
“Avevo paura Ash…” disse all’improvviso, lo guardai curiosa
“Di cosa?”
“Di dirtelo. Avevo paura che tu non ricambiassi, che tu prendessi paura e te ne andassi che tu… boh non lo so. La mia non è stata una vita di presenza, le persone se ne sono sempre andate. Prima mio padre e alla fine anche i miei amici… avevo paura che anche tu potessi andartene”
“Io non me ne andrò mai” dissi
“Ti ha scelta il mio lupo Ashley, ma ti avrei scelta comunque in ogni caso” concluse.
Sorriso felice.
Questa volta ero davvero felice.
Per la prima volta nella mia vita ero davvero felice.
“Ho fatto domanda per il programma di specializzazione a Seattle di nascosto, i miei genitori non sapevano niente. Sapevo che era uno dei programmi migliori del paese, ma sapevo anche che tutte le mie responsabilità da lupo non mi avrebbero permesso di andare così lontana da casa… quando ho scoperto di essere entrata per giorni non ho detto niente a nessuno. Mi sono torturata cercando di decidere cosa fare e alla fine ho preso la decisione di venire qui…sono stati giorni difficili… nessuno approvava la mia scelta ma decisi di venire qui a Seattle lo stesso… quando sono partita ero così confusa che per mesi ho vissuto qui non sapendo se fosse stata la cosa giusta… adesso lo so… è stata la decisione migliore che potessi prendere. Mi ha portato da te”
Senza dire niente le sue labbra si appoggiarono delicatamente sulle mie.
Finalmente ero felice.
 
 
Qualche giorno dopo…
 
Un suono decisamente fastidioso mi svegliò facendomi rimbombare tutto nella testa.
E adesso chi era?!
Avevo cercato un posto isolato per potermi buttare un po’ e alla fine, in uno dei corridoi dimenticati da tutti in ospedale, avevo trovato una bellissima barella abbandonata. Perfetta per fare un riposino.
Mi tirai su a sedere stropicciandomi gli occhi ed una figura davanti a me attirò subito la mia attenzione.
“Hamilton…” lo salutai con la voce ancora impastata da sonno “ti direi che è un piacere vederti, ma non è così”
Ridacchiò appoggiandosi al muro ed incrociando le braccia al petto “Dottressa Rivera… mi dispiace aver interrotto il tuo sonnellino di bellezza”
Arricciai il naso “Non era un sonnellino di bellezza, era la prima volta che chiudevo gli occhi dopo quasi tre giorni”
“Oh… mi dispiace allora… avrei bisogno di un consulto in cardio”
“Chiama il medico di guardia”
“Ma sei tu di guardia”
Guardai l’orologio al mio polso… le 9.02.
Sorrisi alzandomi in piedi “No… non lo sono più da esattamente due minuti… quindi se non ti dispiace me ne andrò a casa” conclusi incamminandomi nel corridoio.
Ovviamente mi seguì affiancandomi “sai dirmi chi c’è di guardia?”
Feci un attimo di conti nella mia testa “Elisabeth penso… “
“Carina la tua amica”
“Si è una bella ragazza”
“Non avevo proprio idea che tu fossi amica di Kim comunque”
Continuai a camminare verso lo spogliatoio.
Perché parlava così tanto di prima mattina?
“hai appena iniziato il turno Mark?”
“Si”
“Si vede…” commentai scuotendo la testa “beh neanche io sapevo che tu fossi il cugino di Kim”
“Come vi siete conosciute?”
Colsi la palla al balzo, forse mi avrebbe lasciata in pace “sono… sono la ragazza di un amico di Jared”
Cercai di trattenere le risate guardando la sua faccia.
“Di…?”
“Embry”
“Ah”
Sorrisi appena cercando di trattenere ancora le risate.
Forse ero stata un po’ stronza con lui. Lo avevo decisamente illuso al falò prima di Natale… tuttavia non mi dispiaceva come ragazzo. Per quel poco che lo conoscevo mi sembrava una brava persona, oltre che un ottimo chirurgo!Ma adesso non potevo permettermi di creare altri casini con Embry… non adesso che andava tutto così bene!
“Adesso vado a dormire finalmente… ci vediamo in giro Mark, buon lavoro”
“Buonanotte Ashley”
Entrai nello spogliatoio e buttai tutto a lavare, dopo tre giorni tutto quello che desideravo era una doccia, un pasto decente ed il letto.
Recuperai i miei vestiti e li indossai in fretta, non vedevo l’ora di andare a casa!
Buttai un occhio in giro, mi sembrava di aver preso tutto!
Uscii dallo spogliatoio e andai verso l’uscita.
Mi sembrava fossero passati giorni e giorni da quando ero uscita da qui l’ultima volta, e in realtà era proprio così. Ma tra la sala e il pronto soccorso e il reparto… le ore volavano senza che me ne rendessi conto!
L’aria gelida di gennaio investì il mio viso e inspirai a pieni polmoni l’aria pulita e fresca…
Che bello!
Qualche fiocco di neve stava iniziando a scendere, tra qualche ora probabilmente le strade sarebbero state ricoperte da strati e strati di neve.
Era così strano per me, abituata al sole ed al caldo della California… era il primo inverno che passavo qui a Seattle, ma decisamente non mi dispiaceva per niente.
“Ehi bellezza” una voce conosciuta mi fece voltare sorpresa
“Embry!”
“Sorpresa!”
“Cosa ci fai qui?”
“Ti ho portato questo, sono sicuro che sarai affamata”
Guardai il sacchetto e il bicchiere di carta tra le sue mani, un profumo di brioche e caffè caldo mi arrivò subito al naso. Mi avvicinai stampandogli un bacio “grazie mille, sei fantastico”
“So come prenderti, è diverso” ridacchiò “tieni, questo è tuo” disse porgendomi il sacchetto ed il caffè. Li presi felice, ecco il mio pasto decente! Già una cosa era andata “vieni andiamo a casa, mangio tutto lì”
 
Entrammo in casa e richiuse la porta dietro di sé.
Buttai la borsa sul divano ed appoggiai le chiavi sul mobiletto.
“Allora com’è andata?”
“Abbastanza tranquillo dai, niente di così strano” dissi sedendomi sullo sgabello della cucina “vuoi qualcosa da bere o da mangiare?”
Addentai la brioche “mamma mia Embry… è buonissima” boffonchiai a bocca piena “se vuoi ho dei muffin che avevo fatto l’altro giorno prima di andare a lavoro”
“Li hai fatti tu?” mi chiese sorpreso
“Certo”
“E sono commestibili?”
Lo fulminai con lo sguardo “certo che lo sono, prova per credere”
Scoppiò a ridere “Non stai cercando di avvelenarmi vero?”
“Mmmh forse…” sorrisi buttando giù l’ultimo morso della mia brioche “al cioccolato… la mia preferita”
“Lo so…”
Lo guardai meglio… quei jeans che aveva addosso gli calzavano a pennello!
“Non guardarmi così” rise. Lo guardai innocente “così come?”
“Come se non avessi niente addosso”
Scoppiai a ridere “sei molto egocentrico lo sai vero?”
“Vuoi negarlo?”
“Io non ho fatto niente”
“Dicevano tutti i tuoi occhi”
Mi alzai in piedi e mi tolsi la maglietta. Per un attimo mi guardò sorpreso, ma subito dopo mi sorrise divertito appoggiandosi allo stipite divertito.
Tolsi anche i jeans.
“Cosa stai cercando di fare?”
“Io? Assolutamente niente, devo farmi la doccia”
“Allora sarà meglio che ti sbrighi, dobbiamo tornare a Forks… pranzi da me…”
“Ah… non lo sapevo, e quando l’avresti deciso?”
“Quando ho deciso di presentarti mia madre”
Lo guardai stupida.
Voleva presentarmi sua mamma?
Mi avvicinai circondando il suo collo con le mie braccia “davvero?” gli chiesi sorridendo. Il suo sguardo vagò per un attimo sul mio corpo nudo.
“Si”
“E come mai hai preso questa decisione?”
“Come potrei non presentarle la donna della mia vita?” soffiò sulle mie labbra.
In un attimo le sue labbra furono sulle mie e, invertendo le posizioni, mi bloccò tra il suo corpo ed il muro.
“Dove sei stato ieri sera?” farfugliai mentre le sue labbra torturavano il mio collo “ad una festa”
“Non mi hai risposto ai messaggi…”
“Avevo da fare Ash”
Lo spinsi lievemente, ma bastò per farlo interrompere “e cosa avevi da fare?”
Con una spinta mi prese in braccio e salì le scale come se non avesse niente tra le braccia. Il suo corpo bollente a contatto con il mio generava un calore sovraumano.
“Allora? Cosa dovevi fare?”
Mi lasciò cadere sul letto ed in un attimo fu sopra di me. Si sistemò tra le mie gambe…
Storsi il naso “Embry…”
“Niente di quello che faccio con te, stai tranquilla” disse ridendo ed in un attimo, con una spinta piuttosto brusca, entrò in me lasciandomi senza fiato.
Gli tolsi la maglietta mentre iniziava a spingere sempre più forte dentro di me, e affondai le unghie nella sua schiena non riuscendo a trattenere gemiti di piacere.
I nostri respiri si fecero sempre più veloci e mi abbandonai totalmente alle sue mani che ormai conoscevo bene. Ormai avevo imparato a conoscerlo.
Le sue labbra calde baciarono ogni centimetro della mia pelle ed io mi strinsi forte a lui.
Embry era fuoco.
Embry era… mi faceva andare fuori di testa.
Le sue mani mi facevano andare fuori di testa.
Tutto di lui mi faceva andare fuori di testa.
E sarebbe stato così per sempre.
 
 
Qualche giorno dopo…
Continuai a percorrere la solita strada in mezzo agli alberi che percorrevo sempre per andare a casa di Sam ed Emily.
Grazie a dio dopo mesi ero riuscita ad orientarmi in mezzo a tutta questa boscaglia e avevo memorizzato la strada, almeno non mi sarei persa ogni volta…
Guardai il cellulare, Embry non mi aveva ancora scritto…
Strano, mi aveva detto che non appena sarebbe arrivato dagli altri mi avrebbe scritto… evidentemente era ancora di ronda.
Una gocciolina cadde sul mio braccio ed alzai gli occhi al cielo, sopra la mia testa c’era un nuvolone nero che non ci avrebbe messo tanto a buttare giù tutta l’acqua che aveva.
Aumentai il passo, magari se fossi stata fortunata sarei riuscita ad evitarmi una doccia anche questa volta!
Non appena arrivai sotto al portico, con un forte tuono, iniziò a venir giù acqua come se fosse un fiume in piena… l’avevo scampata per un pelo!
Entrai senza aspettare oltre, dopotutto non faceva così caldo fuori.
Subito un profumo buonissimo di cannella arrivò al mio naso, sorrisi. Emily doveva aver fatto i suoi biscotti alla cannella. Un giorno magari mi sarei fatta dare la ricetta… avrei potuto farli per Embry, lui ne andava pazzo!
Sentii delle voci provenire dal soggiorno…
Non appena riconobbi la sua voce il mio cuore perse un battito, cosa ci faceva qui?
“Alex!” urlai entrando in soggiorno.
Mio fratello si girò guardandomi, aveva uno sguardo strano.
Era successo qualcosa, ne ero certa…
“Shay”
“Cosa ci fai qui?”
“Sono venuto per proteggerti”
Lo guardai senza capire “per proteggermi?”
Embry fece un passo avanti affiancando mio fratello “Ashley…”
“Ditemi cosa sta succedendo”
Mio fratello sospirò “i vampiri che stanno creando così tanto casino qui nei dintorni ultimamente… cercano te” disse abbassando lo sguardo. Il silenzio regnò sovrano nella stanza.
“Me?” chiesi sorpresa. Perché cercavano proprio me?
Ripercorsi la mia vita in breve, gli ultimi mesi, gli ultimi anni… non mi venne in mente niente che potesse essere collegato a questi due vampiri se non..
Spalancai gli occhi facendo un ipotesi decisamente azzardata…
“si… immagino tu abbia ipotizzato bene… questi due vampiri sono un uomo ed una donna. L’uomo si chiama Joseph ed è il fratello di Anne, la donna invece è la compagna di Jospeh… cercano vendetta, vogliono fare occhio per occhio…”
“E il loro occhio per occhio sono io” conclusi collegando tutto
Sam si alzò dalla sedia “di cosa state parlando?”
Guardai mio fratello “non gli hai detto niente?”
“Stavo per farlo, ma sei arrivata tu e…stanno arrivando anche gli altri, sistemano le ultime cose a Santa Barbara e partono”
“Tutto il branco?”
“Si Shay… dobbiamo essere uniti e chiudere questa storia una volta per tutte”
“Qualcuno può spiegarci di cosa state parlando?” chiese Paul piuttosto nervoso
Sospirai “Qualche anno fa mio fratello Alex ha conosciuto una ragazza, Anne. Frequentava la nostra scuola e loro frequentavano lo stesso corso di matematica… hanno iniziato a frequentarsi e si sono messi insieme…” mi interruppi concentrandomi su mio fratello, non doveva essere facile per lui riaprire questa storia, ma dopotutto era inevitabile.
Non era stato un capitolo felice della sua vita…
“Vado avanti io Ashley… “
Annuii avvicinandomi ad Embry che mi lanciò uno sguardo che non riuscii proprio a decifrare. Mi appoggiai alla parete incrociando le braccia al petto, questa storia non mi piaceva per niente.
“è stato prima della trasformazione, prima che i licantropi ed i vampiri e tutto il resto entrasse nella nostra vita.. eravamo semplicemente innamorati. Un giorno, all’improvviso, iniziai ad avere la febbre alta ed iniziai a stare male… penso che tutti sappiate cos’è successo dopo… qualche settimana dopo, quando mi sono ripreso, quando ho incontrato Anne mi è caduto il mondo addosso. Quelle che prima mi sembravano solo sue particolarità, adesso sapevo essere caratteristiche dei vampiri…”
“Cioè lei era un vampiro?” chiese Seth a bocca aperta
Alex annuii. Guardai Embry, la bocca semichiusa tradiva la sua sorpresa ed il suo sguardo serio mi lasciava intendere che stesse ascoltando molto attentamente la cosa. Le braccia incrociate al petto ed il suo cipiglio duro gli davano un espressione estremamente seria che non gli avevo mai visto.
“Ci furono dei casini… il branco ovviamente non voleva che io e lei continuassimo a stare insieme, ma eravamo innamorati e non ci interessava essere diversi…” trattenne il respiro per un attimo, la parte più dura per lui arrivava adesso, ed io lo sapevo. Guardai per un millesimo di secondo Embry e mi spostai avvicinandomi a mio fratello “Alexander non serve che tu vada avanti… posso raccontarlo io” dissi sottovoce dandogli una pacca sulla spalla.
“No, non ti preoccupare…” farfugliò guardandosi attorno “un giorno dopo scuola sono tornato a casa come sempre, dovevo solo prendere dei libri e andare da Jamie, il nostro capo branco, a studiare… quando sono arrivato a casa c’erano mia sorella e… Allison”
Le mani gli tremarono impercettibilmente.
“Chi sarebbe questa Allison?” chiese Quil
“Allison è la mia migliore amica” mi intromisi “siamo nate e cresciute insieme”
“Allison è la sua migliore amica, ed è il mio imprinting” concluse Alex alzando lo sguardo e sorprendendo tutti  “non appena l’ho vista mi sono sentito… non lo so è inspiegabile, come se tutto non avesse più senso, come se fosse lei l’unica ragione di tutto…”
Spostai lo sguardo ed incrociai per un attimo lo sguardo di Embry.
L’angolo della sua bocca si sollevò appena facendo l’abbozzo di un sorrisetto, e subito spostò lo sguardo di nuovo su mio fratello.
“Da quel momento in poi non ci ho più capito niente. Non sapevo cosa fare, amavo ancora Anne ma… amavo di più Allison. Quando ho spiegato tutto ad Anne lei non l’ha presa bene ed è scappata. Suo fratello non ha avuto sue notizie per qualche settimana e nel frattempo io non riuscivo ad avvicinarmi ad Allison perché… si beh insomma, era Allison! Per me era la migliore amica di mia sorella, la ragazza con la quale avevo condiviso la maggior parte della mia vita… a qualche festa ci eravamo anche baciati qualche volta ma tutto si era sempre limitato a quello. Un po’ per la mia paura di mettermi in qualcosa di serio, un po’ perché lei è una rompi palle assurda…” sorrise guardandomi e ricambiai il suo sorriso.
Aveva ragione, Allison aveva un caratterino abbastanza difficile, ma nessuno sapeva prenderla come faceva Alexander. E soprattutto, Alex non avrebbe mai saputo quanto Allison gli fosse andata dietro per anni…
“E poi? Cos’è successo?” chiese Jake “Si insomma, questa Anne che fine ha fatto?”
Alex sospirò e riprese a raccontare “Anne si rifece viva dopo qualche settimana… non voleva più parlarmi. Una sera eravamo nel bosco, stavamo discutendo come sempre… le stavo cercando di far capire quanto mi dispiacesse, quanto l’imprinting non fosse una cosa che potevo scegliere, ma lei era assolutamente irremovibile non voleva più vedermi. Poi è successo tutto così in fretta… degli ululati mi hanno fatto capire che era successo qualcosa…” sospirò passandosi una mano tra i capelli “mi trasformai subito e corsi verso il luogo dalla quale provenivano gli ululati… erano gli altri… era il nostro branco. Un gruppo di vampiri nomadi erano stati intercettati nelle nostre terre e stavano combattendo contro Jamie, Oliver e Ashley… è successo tutto così in fretta…”
Smise di parlare abbassando lo sguardo.
Chiusi gli occhi e ripensai a quella sera.
Probabilmente eravamo cambiati tutti dopo quella sera.
“Le cose stavano andando male, non riuscivamo a contrattaccare i nomadi e uno di loro è riuscito a prendermi. Anne che mi aveva seguito si è messa in mezzo ed è riuscita a liberarmi… ma uno dei vampiri è riuscito a prenderla e… in un attimo hanno acceso il fuoco e…” non riuscì più a continuare e rimase in silenzio. Nella stanza non volava una mosca.
Guardai le facce dei Quileute, tutti erano sorpresi e decisamente sconvolti dal racconto.
Come biasimarli?
Questa storia ci aveva sconvolti tutti.
Alex per mesi aveva avuto i sensi di colpa che lo avevano torturato.
E probabilmente ce li aveva tutt’ora…
Anne era un vampiro, è vero. Il nostro nemico naturale. Ma lui l’amava.
Il buio arriva quando meno te lo aspetti e nel modo più inaspettato, ma alla fine si supera. Si supera tutto. Si sopravvive.
Io questo lo sapevo bene.
Vivevo le mie giornate in ospedale, lì dove tutto può succedere da un momento all’altro.
Dove gioia e dolore convivono tutti i giorni, dove morte e vita combattono tutti i giorni.
Non era stato facile superare tutto quello, ma Alex ce l’aveva fatta.
Grazie ad Allison.
Sam si alzò in piedi e diede una pacca sulla spalla ad Alex “il passato è passato e non ci si deve mai voltare indietro Alexander… l’imprinting può portare tanta sofferenza…” disse spostando per un attimo lo sguardo su Leah “ma le cose alla fine fanno il loro corso e vanno come devono andare” concluse guardando infine Emily, ed i suoi occhi brillarono.
“Quindi questi vampiri che girano da settimane nelle nostre terre vogliono arrivare ad Ashley?” chiese Jared
“Esattamente”
“Io non lo permetterò” disse Embry finalmente abbandonando la sua posizione da ore. Fece qualche passo avanti verso di me “dobbiamo fare qualcosa”.
Notai lo sguardo di Alexander soffermarsi su di lui per qualche istante.
Mi resi conto che mio fratello non sapeva niente di Embry! Non gli avevo detto niente quando ero tornata a casa perché non era ancora successo niente e non avevo ancora ben chiara la situazione…
“Aspetteremo che tornino e quando sarà il momento ci troveranno pronti” disse Jake
“Il nostro branco arriverà domani circa” disse mio fratello
“Perfetto, saremo di più e chiuderemo questa storia una volta per tutte” disse Paul decisamente troppo gasato. Storsi il naso, tutta questa storia non mi piaceva per niente.
“E se qualcuno di voi si facesse male per proteggere me? Non potrei mai perdonarmelo” dissi interrompendo l’entusiasmo collettivo.
“Nessuno si farà male, saremo in tanti e saremo più forti” disse Sam cercando di rassicurarmi
“Dovremmo iniziare subito delle ronde per assicurarci che non si avvicinino a lei” rifletté Jared “faremo a turno”
“Ed io dovrei stare fuori da tutta questa storia? Neanche per sogno. Cercano me, voglio combattere anche io quando sarà il momento” sbottai. Nessuno di loro stava tenendo in considerazione la mia visione della cosa, quando in realtà tutto questo riguardava solo ed esclusivamente me!
“Tu ne starai fuori eccome!” disse mio fratello alzando la voce “hai idea di quanto impazzirebbe Joseph vedendoti? Non possiamo rischiare”
“Dobbiamo iniziare subito a sondare il territorio, come ci dividiamo Sam?” chiese Seth
“Allora… Quil, Jacob, Leah e Seth iniziate la ronda adesso… questa sera vi daremo il cambio io, Jared, Paul ed Embry… Embry, Alex voi portate a casa Ashley”
“Va bene capo”
“Andiamo subito!”
Accettai in silenzio ma me la legai al dito.
Nessuno aveva ascoltato la mia opinione.
“Non fare la bambina. Sai anche tu che questa volta non puoi stare in prima linea” mi disse Alex. Annuii abbassando lo sguardo. Dopotutto aveva ragione.
Ma avrei lasciato che tutti mettessero la loro vita a rischio per me?
E se fosse successo qualcosa a qualcuno?
Se fosse successo qualcosa ad Alex?
Se fosse successo qualcosa ad Embry?
Trattenni il respiro. Non potevo proprio pensarci.
Non me lo sarei mai perdonato.
“non preoccuparti, nessuno di noi si farà male” la voce di Embry arrivò dalle mie spalle. Non riuscii a trattenermi un secondo di più, mi voltai e circondai il suo collo con le mie braccia stringendolo forte.
Sentii le sue braccia stringermi forte a lui ed il suo calore invadermi.
Avevo bisogno proprio di questo adesso.
“Se dovesse succederti qualcosa non me lo perdonerei mai” sussurrai al suo orecchio in modo che nessuno sentisse. Soffocò una risata sulla mia spalla “chi dovrebbe farsi male scusa? Per chi mi hai preso? Sono un lupo esperto” disse prima di darmi un bacio sul collo e mollare la presa “adesso andiamo, abbiamo un po’ di strada da fare fino a Seattle” disse sorridendomi.
Ricambiai il sorriso ed il mio cuore perse un battito.
Improvvisamente mi ricordai della presenza di mio fratello, ed infatti il suo sguardo era fisso su di me. Mi guardò seriamente ed io spostai lo sguardo altrove “devo sapere qualcosa?” mi chiede ridacchiando passandomi accanto.
“Lui è Embry…” dissi semplicemente. Si strinsero la mano e si sorrisero, trattenni il respiro.
Gli uomini della mia vita si stavano conoscendo.
Il mio ragazzo ed il mio gemello.
“Andiamo forza, guido io” disse Embry dirigendosi verso l’esterno e lasciandoci un po’ indietro. Lo guardai uscire e sospirai, sarebbero state lunghe giornate…
“State insieme?” mi chiese mio fratello ridacchiando
Alzai le spalle “si…” mi sorrise “e sono il suo imprinting” conclusi.
La sua bocca si spalancò dalla sorpresa “Cosa? Ma sei seria?”
“Certo che sono seria”
Scoppiò a ridere “Non ci posso credere, devo dirlo ad Allison sarà felicissima”
Sorrisi. Effettivamente dovevo ancora dirlo ad Allison…
“Vorrà dire che dovrò conoscerlo meglio…” ridacchiò scendendo gli scalini. Gli tirai una pacca sulla schiena “Comportati bene per favore”
“Oh andiamo, ha avuto l’imprinting, non riuscirebbe a starti lontano neanche se fossi il fratello più spiacevole della storia… e poi… quando mai non mi comporto bene?”
Lo guardai storto “Non so come possa sopportarti Allison, giuro”
“Lei sopporta me?! Mi faranno santo!”
Scoppiai a ridere… questo era probabile!
 
 

 
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3794378