Lost in Humanity

di EstherLeon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo giorno col botto. ***
Capitolo 2: *** Caposcuola diligenti e Prefetti inadempienti. ***
Capitolo 3: *** Assurde scoperte (sorprendenti). ***
Capitolo 4: *** Galeotto fu il tema da consegnare! ***
Capitolo 5: *** Mattinate maledette e attentati sventati. ***
Capitolo 6: *** Voci di corridoio e carriere predestinate. ***
Capitolo 7: *** Paure recondite e lanci di Pluffe. ***
Capitolo 8: *** Colazioni rimandate e tattiche alternative. ***
Capitolo 9: *** Appuntamento con la realtà. ***



Capitolo 1
*** Primo giorno col botto. ***


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I. Primo giorno col botto.
 

Tornare ad Hogwarts il primo di ogni settembre aveva sempre avuto distinti significati a seconda del giovane mago o strega del quale si trattasse.
Molti lo vedevano come la fine delle vacanze estive, altri, decisamente più drammatici e meno inclini allo studio, come l’inizio dell’inferno. E poi c’erano gli irrimediabili romantici, che avevano trovato in Hogwarts la loro vera casa.
Per un gruppo particolare di studenti, però, tornare a scuola non significava nulla di speciale se non esattamente quello che era: il semplicissimo e noioso ritorno allo studio.
E così anche l’abituale banchetto di inizio anno fu per loro nient’altro che l’ennesima cena passata assieme.

« Fred, sei disgustoso. Smettila di abbuffarti in quel modo! »
« E tu, cara cugina, non mi guardare!» Rispose Fred Weasley, non mancando di farsi cadere dalla bocca qualche briciola del filone di pane che stava divorando.
La sua interlocutrice, Rose Weasley, lo conosceva fin troppo bene per capire che non avrebbe avuto senso sgridarlo oltre: se c’era una cosa che Fred Weasley non aveva imparato dopo i suoi lunghissimi diciassette anni di vita era senza dubbio la compostezza a tavola.
« Ha ragione Rose, contieniti! Sei al settimo anno ora, devi essere un buon esempio per i primini! Non vorremmo mai che non imparassero a mangiare correttamente il pane!» Intervenne allora Roxanne Weasley, dando manforte alla cugina per infierire sul proprio fratello.
Rose la guardò con un sopracciglio inarcato, non capendo come fosse possibile che proprio Roxanne, forse l’unica studentessa in tutta Hogwarts ad essere più indisciplinata di Fred, le stesse dando ragione.
Ma quando la vide stamparsi in viso un sorriso che aveva tutta l’aria di esprimere grande ironia, comprese tutto e scosse la testa sconsolata: d’altronde, se non era riuscita Angelina Johnson nell’impresa di educare un minimo i proprio figli, di certo non ce l’avrebbe fatta lei.
Roxanne e Fred si diedero immediatamente il cinque, scambiandosi occhiate di complicità a vicenda.
Se non fosse stato per quell’unico anno di età che li divideva sarebbero potuti benissimo sembrare gemelli, così simili nel carattere e nell’aspetto fisico: entrambi con la carnagione scura e gli occhi profondi.
C’era un’unica cosa che li differenziava a vista d’occhio: Roxanne Weasley faceva mostra di una matassa di capelli ricci di un arancione acceso, che tingeva da quando aveva appena tredici anni per aumentare il senso di appartenenza alla propria famiglia.
Fred d’altro canto non si era mai posto il problema, aveva risolto il tutto decidendo direttamente di tenere corti i capelli corvini e ricci ereditati dalla madre.
« Non te la prendere, Rosie. Questi due sono cresciuti in una caverna.» A concludere il felice quadretto dei discendenti Weasley al tavolo di Grifondoro ci pensò James Potter, il quale, nella più completa calma, si allungò sulla superficie lignea per strappare dalla mano di Fred il boccone di pane restante e gustarselo tranquillamente.
« Guarda, Jamie. Non vengo lì a riprendere il mio cibo con la forza solo perché sei il nostro Capitano, sappilo.» Disse Fred, visibilmente offeso dal gesto del cugino.
James gli rispose con un semplice sorriso smagliante e un veloce occhiolino di intesa: adorava quando gli veniva ricordato il suo ruolo di Capitano della squadra di Grifondoro.

James Sirius Potter sapeva meglio di chiunque altro di avere il Quidditch nel sangue; fin da quando era piccolo gli era sempre stato ripetuto di come avesse preso il nome da un grande eroe della Prima Guerra Magica, ma a lui era sempre invece importato di come James Potter fosse stato prima di tutto il miglior Cercatore dei suoi tempi.
E poi c’era chiaramente suo padre, il grande Harry Potter, ma perché gli sarebbe mai dovuto importare che era stato colui che aveva sconfitto il Signore Oscuro, quando era stato il più giovane Cercatore di tutti i tempi?
Così, quando all’età di dodici anni fu finalmente candidabile per lo stesso ruolo che avevano ricoperto prima suo nonno e poi suo padre, James non aveva avuto dubbi: quel posto sarebbe stato suo per tutti gli anni che lo avrebbero visto a Hogwarts.
Ma non si sarebbe di certo potuto accontentare di equiparare i suoi antenati, anche James Sirius Potter avrebbe dovuto detenere un primato tutto suo: fu perciò scontato che diventasse il più giovane Capitano di tutti i tempi, conquistando il titolo durante il terzo anno.
Nel fare ciò, conquistò anche inconsapevolmente qualcosa che con gli anni divenne per lui di estremo valore e cioè essere il punto di riferimento per tutti i cugini della famiglia.

James continuò a crogiolarsi nel suono che la parola ‘Capitano’ aveva sulla labbra di Fred, lo stesso Battitore di Grifondoro ben noto per non ascoltarlo mai durante gli allenamenti di Quidditch, e si risistemò sul naso la pesante montatura nera degli occhiali.
Occhiali che, a differenza di come erano invece stati quelli di suo padre, avevano due lenti rettangolari e spesse, che nascondevano due occhi color nocciola sempre vispi e attenti all’ambiente circostante: in questo Madre Natura lo aveva aiutato, la differenza con Harry Potter era chiara e visibile. 

« Hai pensato a come dare il via al nuovo anno?» Chiese Roxanne in direzione del fratello, tamburellando le dita sul piatto che aveva davanti.
« Ti sembra il caso di istigarlo, Roxy? L’anno scorso per poco non ha incendiato la Sala Comune di Tassorosso!»
« È il suo ultimo anno, Rose! Deve tenere alto il nome dei Weasley!» Sbraitò poi, annuendo convinta delle proprie parole; la cugina, d’altra parte, oramai sempre più stravolta dalla piega che la conversazione stava assumendo, sbuffò impazientita.
Non era di certo la prima volta che Rose si ritrovava a presenziare ad uno scambio di battute del genere: gli scherzi di Fred Weasley erano con ogni probabilità la cosa più nota e certa per chiunque avesse messo piede ad Hogwarts negli ultimi sette anni.
E il primo giorno di scuola, in particolare, rappresentava l’opera di apertura di una serie di capolavori che tutti, fantasmi compresi, sapevano si sarebbero susseguiti fino all’ultimo giorno di lezione.
« Pensavo di concludere il primo giorno facendo scoppiare dei fuochi d’artificio dalla Torre di Grifondoro!» Fred ignorò volutamente le parole di Rose e rispose alla sorella, stampandosi un sorriso compiaciuto sulle labbra.
« È un’idea stupida! Sapranno subito che sei stato tu!» Parlò con tono lamentoso Roxanne.
« Ha ragione. Prova con la Torre di Corvonero, il collegamento è meno immediato!» Diede il suo apporto James, incrociando le braccia al petto, forse nel tentativo di darsi un tono autorevole.
Fred sentì le parole del cugino e per poco non si strozzò con la propria saliva: anche solo l’idea di aver a che fare con quella Torre gli fece salire un brivido lungo la schiena.
« Sì, James. Ottima idea! Così finalmente Eleanor Wells avrà una scusa valida per lanciarmi contro un Avada Kedavra!»

Eleanor Wells, Corvonero di Casata e Dissenatore di Azkaban nell’animo - così amava definirla Fred.
Dacché aveva iniziato la sua eminente carriera nell’arte degli scherzi aveva infatti incontrato sulla sua strada un unico ma sostanziale ostacolo: la diligentissima e incorruttibile Prefetto di Corvonero, dedita al rispetto di qualsiasi regola esistente e che ne aveva fatto del castigo dei trasgressori la sua missione principale.
Insomma, il genere di ragazza che molto probabilmente se l’età non gli avesse separati così tanto sarebbe stata l’anima gemella del Signor Gazza.
« Oh, Godric! Sarebbe stupendo se ti facesse pulire tutte le stalle di Cura delle Creature Magiche come l’anno scorso!» Il ricordo evidentemente suscitò un’enorme ilarità nel giovane Potter, perché subito dopo aver pronunciato l’ultima parola dovette tapparsi la bocca con un palmo della mano per non scoppiare a ridere.
« Amico, ma che problemi hai?» Fred gli lanciò un pezzetto di pane che era rimasto sul tavolo, colpendolo in piena fronte. « Quella è stata la peggiore delle torture! La Wells è una sadica!»
« Fratellino, sei un uomo morto. Quest’anno Eleanor è Caposcuola.» Intervenne prontamente Roxanne, dando la notizia con lo stesso tono con cui si dà la notizia di un lutto.
Diede poi una pacca sulla spalla del fratello in segno di consolazione, posando gli occhi scuri in quelli dello stesso colore di Fred per guardarlo compatita.
Fred poggiò la mano su quella di Roxanne, stringendola con forza. Poi ricambiò lo sguardo, facendo finta di asciugarsi una lacrimuccia con la mano libera.
« Non preoccuparti, sorellina. Niente fermerà Fred Weasley, nemmeno la ragazza più spaventosa che io abbia mai incontrato!» Concluse il ragazzo con tono di commozione, annuendo col capo.
Roxanne stette immediatamente al gioco: gli si lanciò contro per stringerlo forte in un abbraccio, quasi il fratello stesse per partire per la guerra.
« Miseriaccia, siete così disgustosamente drammatici. Io me ne vado.» Sentenziò Rose Weasley, rompendo il silenzio che l’aveva coinvolta fino a quel momento.
Senza neanche porsi il problema che l’intera Sala Grande fosse gremita di studenti e professori, si alzò dal posto e mosse il primo passo per allontanarsi.
« Rose, cosa fai? Il banchetto non è neanche cominciato!» La guardò sconvolto James, nonostante nel profondo sapesse perché la cugina volesse scappare.

Sebbene fossero abituati da tutta la vita ad avere a che fare con la teatralità tipica di Fred e Roxanne Weasley, sapeva bene che Rose era la meno paziente tra i cugini: alla sopportazione preferiva di gran lunga un commento tagliente e un’uscita di scena.
Qualcuno avrebbe addirittura potuto obiettare che il suo comportamento fosse ancora più intrinseco di dramma di quello dei due fratelli, ma nessuno avrebbe mai avuto il coraggio di dirglielo in faccia: che lei venisse spesso alle mani non era di fatti un segreto. 

Rose non si degnò nemmeno di rispondere alla domanda del cugino, continuò solamente a camminare in direzione del pesante portone della Sala Grande, guadagnandosi le occhiate interrogative degli studenti che sorpassava: chi mai sarebbe stato così folle da perdersi il banchetto di inizio anno?
« Ti voglio tanto bene anche io, cuginetta!» Gli urlò dietro Roxanne, ridendo l’attimo dopo alla delicata e aggraziata reazione che Rose gli riservò: la ragazza infatti si girò brevemente per dedicarle un elegantissimo dito medio.
Nessuno dei Weasley, che bene la conoscevano, ebbe pressoché grandi reazioni: quel gesto era la cosa più vicina ad un ‘ti voglio bene’ che potesse appartenere a Rose Weasley.

 

 

« Quella pazza di tua cugina se ne sta andando dalla Sala.»
« Quale delle tante?»
« Quella coi capelli più rossi della sua divisa.» Esplicò atono Scorpius Hyperion Malfoy, portando un cucchiaio a infilzare la purea di patate che si era appena materializzata davanti agli occhi di tutti.
Il ragazzo seduto di fronte a lui, Albus Severus Potter, non ebbe il benché minimo segno di scompostezza; non ebbe nemmeno bisogno di voltarsi per accertare quello che il suo migliore amico gli aveva appena detto: quella che gli aveva appena descritto era una più che tipica reazione di sua cugina Rose Weasley.
« Questo perché Rose è una persona saggia. Probabilmente il resto della famiglia le stava facendo nascere istinti omicidi.» Albus si servì in un bicchiere del succo di zucca, procedendo a berlo l’attimo dopo con l’abituale nonchalance che lo rispecchiava.
« Potrebbe chiedere asilo politico a noi Serpeverde, secondo me siamo gli unici in tutto il Castello a sopportala.» Si intromise un altro Serpeverde del loro stesso anno, nonché terzo componente del loro gruppo di migliori amici, Jonathan Steel.
« Dici così perché non la conosci, Rosie ti mangerebbe vivo.» Gli rispose Albus, con una certa ilarità nel tono di voce.
« Oh, so bene chi è, la sua reputazione la precede. L’anno scorso Peakes ci ha provato con lei e lei ha deciso di prenderlo a pugni!»

L’anno precedente, l’episodio tra Leonard Peakes, Grifondoro del settimo anno, e Rose, allora al quinto, era stato l’evento che era rimasto sulla bocca di tutti per mesi: data la fama per la quale la ragazza rifiutasse ogni singolo ragazzo senza neanche prenderlo in considerazione, Leonard - sicuro delle sua capacità da ammaliatore - aveva ben pensato di scommettere con i suoi amici che sarebbe riuscito ad ottenere un appuntamento da lei.
Inutile dire che Rose, all’ennesimo agguato da parte del ragazzo - e anche all’ennesimo complimento poco galante - nel tentativo di chiederle di uscire, aveva deciso di ricorrere alle mani.

« Ha fatto un favore a tutti, Peakes era un’idiota.» Sbuffò Scorpius, continuando a nutrirsi di sola purea di patate.
Albus puntò gli occhi verdi sul suo migliore amico e non poté fare a meno che farsi spuntare un sorriso obliquo: sebbene avesse scambiato poco più che qualche sillaba nel corso degli ultimi sei anni con sua cugina Rose, Scorpius era l’unica persona che conoscesse a non aver mai espresso un’opinione su di lei.
Era oramai abituato a sentire da persone sconosciute per i corridoi dei Castello di quanto Rose Weasley fosse scorbutica o scontrosa, eppure il suo migliore amico non aveva mai osato emettere sentenze.
« Beh, sono comunque sicuro che non sia poi così male.» Commentò nuovamente Jonathan e Albus dovette riservare un secondo sorriso in sua direzione.

Osservò che per il nuovo anno scolastico, come d’altronde faceva ogni anno, Jonathan si fosse tagliato i capelli biondo cenere molto corti sui lati, lasciando qualche ciuffo ribelle in cima e mettendo così bene in vista l’orecchino ad anello che portava all’orecchio sinistro; retaggio dell’estate appena trascorsa nel mondo Babbano, lui che era un fiero Mezzosangue, figlio di due comunissimi Babbani.
Poi, inesorabilmente, fece il confronto con l’amico che stava seduto alla destra di Jonathan: Scorpius aveva sì i capelli biondi, ma chiarissimi, quasi incolori, lunghi e scompigliati che per poco non andavano a coprire gli occhi grigi; sui lobi, nemmeno l’ombra di qualsivoglia accessorio, per Scorpius, Purosangue per nascita, erano una vera e propria oscenità.
« Beh? Perché non ci hai ancora aggiornati su tutte le tue conquiste estive?» Lo interruppe dai suoi pensieri proprio quest’ultimo, che aveva interrotto il suo pasto di purè per puntare gli occhi grigi nei suoi.
Albus represse una risata; da quando due anni prima aveva detto ai suoi due migliori amici di essersi scoperto bisessuale, i due avevano creduto che ciò significasse che magicamente sarebbe stato in grado di conquistare il mondo intero.
Certo, il fatto che da un paio di anni a questa parte Albus avesse avuto una vita sentimentale parecchio movimentata, fatta di nuovi ragazze e ragazze ogni due mesi, non aveva di certo aiutato a superare il pregiudizio dei due amici.
« Il dolce Albus ha deciso di fare un ritiro spirituale quest’estate, Scorp! Non lo sapevi?» Scherzò Jonathan, prevedendo quella che sarebbe stata la risposta dell’amico e annuendo per enfatizzare le proprie parole.
« Molto divertente, Johnny. Sei solo geloso perché le ragazze mi preferiscono a te!»
« Facile quando hai quel cognome! Vengono direttamente loro a provarci con te!»

Il cognome Potter non era mai stato avvertito da Albus Severus Potter come un peso.
A differenza di suo fratello James, quel cognome gli provocava solamente un grande senso di indifferenza.
D’altronde Albus non aveva mai rappresentato niente che potesse collegarlo direttamente coi Potter: non aveva alcun interesse per il Quidditch, non era per niente portato per Difesa Contro le Arti Oscure e soprattutto non condivideva i tipici colori vermigli di Grifondoro, lui che invece andava fiero della sua appartenenza a Serpeverde.
Vi erano però dei tratti fondamentali che non potevano esimerlo dall’essere inesorabilmente collegato alla sua famiglia.
Gli occhi in primo luogo, verdi e brillanti come lo erano stati quelli di sua nonna Lily, ereditati unicamente da lui dopo suo padre; poi i capelli, folti e neri, sempre in disordine e per i quali aveva abbandonato qualsiasi tentativo di domarli; infine, l’audacia e istintività che tante volte da giovane lo stesso Harry Potter aveva dimostrato e che ora ardeva nell’animo di Albus.
Audacia che, da quando era entrato in contatto due estati prima con il mondo giovanile dei Babbani, lo aveva portato a chiedere insistentemente ai propri genitori di poter partecipare attivamente ad eventi e manifestazioni che coinvolgessero i ragazzi della sue età, richiesta che più volte era stata inspiegabilmente respinta.

«Beh? Sei stato almeno a quei rave di cui tanto parlavi l’anno scorso?» Incalzò nuovamente Scorpius.
« Sì, certo. Sono andato dritto da mio padre e gli ho chiesto se potevo scappare a Londra per ubriacarmi.»
« Dai! Non sapevo che il Signor P. fosse così liberale!»
« Era ironico, Johnny. » Dovette spiegare Scorpius all’amico, causandone l’inevitabile broncio di delusione.
Albus dovette trattenere una risata: in fondo, Hogwarts e tutto ciò che essa implicava gli era davvero mancata.
Decise poi di dedicarsi finalmente al banchetto e senza pensarci troppo si buttò a capofitto sulla porzione di tacchino che si era appena servito nel piatto; d’altra parte, da qualche parte sopiti dentro lui vi erano pur sempre geni Weasley.

Jonathan Steel era sempre stato il tipo di ragazzo poco interessato a dare il meglio di sé in presenza di un grande numero di persone, ma che, al contrario, diventava sempre più brillante e spigliato al diminuire dei presenti.
Inutile dire che fosse al massimo dell’agio in compagnia di Albus e Scorpius e fu proprio per questo motivo che non ebbe problemi a guardarsi intorno per analizzare ogni piccolo particolare di ciò che lo circondava, o più precisamente di chi lo circondava: sebbene non avrebbe avuto grosse difficoltà a parlare con chiunque gli si fosse presentato davanti, Jonathan preferiva di gran lunga conoscere una persona osservandone i gesti più insignificanti piuttosto che avendoci una conversazione che il più delle volte risultava, a suo dire, superficiale e improduttiva.

Fu così che lasciò che i suoi occhi blu vagassero per la Sala Grande e, contro ogni sua aspettativa, si fermarono presto su una postazione del Tavolo di Tassorosso, posto alla diretta destra del suo.
Lì, tra volti che Jonathan aveva già visto ma ai quali non avrebbe saputo dare un nome, vi era seduta una ragazza dai folti capelli ricci e biondi, che guardava il bicchiere che aveva tra le mani con un sorriso smagliante.
Jonathan controllò se non stesse effettivamente parlando con qualche compagno di Casa, ma dovette costatare che chi le era seduto affianco la stava ignorando bellamente.
« Al, perché tua cugina Dominique sorride sempre? Cosa la diverte tanto?» Si ritrovò a dire spontaneamente, dando finalmente un nome alla ragazza che stava osservando.
Albus si sporse immediatamente ad osservare ciò che l’amico gli aveva indicato e subito fece cadere la questione in quel reparto del suo cervello dove custodiva le cose irrilevanti.
Per lui, che li conosceva da tutta la vita, i comportamenti strambi dei membri della sua famiglia non erano nulla su cui perdere pensieri.
« Immagino la vita. O i Tassorosso.» Ribatté pungente Albus, tornando a vertere la sua attenzione su un più interessante piatto colmo di cibo.
Jonathan rimase a fissare la ragazza e pensò che avesse fin troppi capelli in testa dato che gli fu quasi impossibile scorgerne gli occhi.
Non che avesse avuto comunque bisogno di vederli direttamente per conoscere di che colore fossero, erano già molti anni che la osservava da lontano; sapeva bene che erano di un nocciola chiaro, così diversi dal resto dei suoi familiari.
Poco dopo scrollò le spalle e tornò a mangiare in silenzio: se Dominique Weasley avesse voluto passare l’intera cena a sorridere al suo succo di zucca lui non l’avrebbe di certo disturbata.

 

*
 

Il giorno seguente l’euforia che aveva impregnato gli studenti al loro arrivo al Castello era sparita definitivamente. Evidentemente le lezioni della mattinata avevano dato i loro frutti e così, ora, nella tanto agognata pausa di mezzogiorno, ciascuno cercava di riposarsi come meglio credeva.
Con il ritorno alla routine scolastica era tornata una tradizione che oramai imperversava la Sala Grande da anni: a differenza del banchetto di inizio anno, ora i quattro tavoli della Sala Grande facevano mostra anche dei colori che non gli appartenevano, accogliendo ai loro posti studenti di qualsiasi Casa.

In particolare, il tavolo di Corvonero poté vantarsi di essere tornato ad avere come ospite Roxanne Weasley, la quale, con un braccio poggiato sulla superficie lignea volto a sostenerle il viso, sembrava sul punto di implodere da un momento all’altro, tanto guardava insistentemente la pila di pergamene poste davanti a lei.
« Fanno tutti schifo, io ero una bomba alla loro età!» Disse con tono lamentoso, staccando finalmente lo sguardo dai fogli per posarlo sul ragazzo che aveva di fronte.
Lysander Scamander, Corvonero del suo stesso anno, ignorò palesemente la lamentela della ragazza, sporgendosi lungo il tavolo per prendere in uno scatto tutte le pergamene che lei aveva letto fino a quel momento.
« Non sono così male. E fortunatamente per loro sono io che li devo correggere, non tu!» Le rispose poi, lanciandole uno sguardo d’ammonizione prima di tornare al suo operato.

Da quando era diventato Prefetto al quinto anno, Lysander aveva sempre affrontato come missione personale ogni attività che gli venisse assegnata.
Oramai aveva sviluppato un’abitudine a correggere i compiti degli studenti dei primi anni per aiutare i professori nel loro insegnamento, ma ora si ritrovò a domandarsi perché mai aveva acconsentito a farsi aiutare proprio da Roxanne.
Non che Roxanne non fosse in grado di giudicare e correggere un tema di appena mezza pergamena sull’incantesimo di levitazione, ma Lysander avrebbe dovuto sapere meglio di chiunque altro che aveva la capacità di concentrazione pari allo zero.

« Beh, e fortunatamente per te ci sono io qui ad intrattenerti o saresti già morto di noia da un pezzo!» Disse con voce forse troppo squillante la Grifondoro, e il ragazzo dovette fare un respiro profondo per evitare di risponderle con tono polemico.
Di certo non avrebbe avuto difficoltà a risponderle a tono, ma aveva un compito preciso da terminare e non avrebbe permesso a nessuno, nemmeno a Roxanne Weasley, di ostacolarlo.
Roxanne notò la piccola ruga di espressione che gli comparve sulla fronte e che aveva imparato a conoscere nel corso degli anni e capì subito che fosse tornato a concentrare tutta la sua attenzione sulle pergamene; sbuffò rumorosamente incrociando le braccia al petto: odiava quando il suo migliore amico - o più in generale quando chiunque - smetteva di prestarle le attenzioni che sapeva di meritare.

Lysander e Roxanne erano diventati amici quasi per caso; quando, sei anni prima, avevano vissuto il loro primo giorno in assoluto a Hogwarts, erano stati gli ultimi due studenti ad essere smistati. Quando tutti i membri della sua famiglia furono stati già indirizzati alla loro Casa di appartenenza, la ragazza non ebbe più nessuno con cui parlare, lei, che fin da piccola, aveva il bisogno di straparlare per alleviare il nervosismo; così, voltandosi, aveva subito individuato l’allora undicenne Lysander, già a lei noto perché le loro famiglie erano amiche di vecchia data.
Gli si era avvicinata lentamente e, facendo finta di nulla, aveva cominciato a dire i nomi delle quattro Case di Hogwarts storpiandone le parole, in una misera parodia del Cappello Parlante; ci fu poco che Lysander poté fare se non scoppiare immediatamente a ridere e ad essere riconoscente a quella ragazzina che, seppur in modo alquanto buffo, era riuscita a fargli dimenticare l’ansia che stava provando.
Da quel momento in poi Roxanne decise che non si sarebbe mai più separata dal ragazzo, non ora che aveva finalmente trovato qualcuno che ridesse del suo senso assurdo dell’umorismo, e Lysander non disse mai nulla per fargli intendere di non essere d’accordo: anche lui, nonostante non l’avrebbe mai ammesso a voce alta, vedeva nella loro amicizia la possibilità di essere tranquillamente il ragazzo riservato che era.

Roxanne constatò di aver testato la sua pazienza fin troppo, dati i lunghissimi cinque minuti che passò a osservare Lysander scarabocchiare parole ai margini delle varie pergamene, perché decise di emettere un fortissimo colpo di tosse che di naturale non aveva proprio niente.
« Tranquillo, ignorami. È solo un po’ di tosse!»
Nel vedere il migliore amico continuare imperterrito nella sua attività, la Grifondoro pensò bene di emettere un lungo sospiro, definitivamente alquanto teatrale.
Il ragazzo si ripromise di non cedere, e in tutta risposta aprì la bocca per fare mostra di uno sbadiglio. Roxanne non si diede per vinta: sospirò con ancora più forza.
« Che c’è?» Le disse finalmente Lysander, consapevole di non darle alcuna soddisfazione se continuava a tenere gli occhi puntati sulla pergamena.
« No, no, non voglio disturbarti!» Rispose addolorata Roxanne, incrociando le braccia al petto.
Nel sentire il tono di voce della ragazza, il Corvonero comprese che non sarebbe potuto tornare al suo lavoro fino a quando non l’avrebbe degnata di un minimo di attenzione; così fece cadere la piuma che teneva in mano violentemente sul tavolo ed alzò finalmente lo sguardo su quello di lei, scoprendola ad osservarlo con un vistosissimo broncio che le incurvava le labbra.
« Che c’è!?»
« Sei davvero così curioso?» Presto sul volto di Roxanne comparve un sorriso vittorioso, conscia di essere tornata al centro dell’attenzione.
« Cosa? Cosa c’è adesso?»
« Mi annoio, andiamo a raccontare maledizioni false ai primini?» Chiese con occhi innocenti, condendo la richiesta con qualche battito di ciglia.
« No.» Ribatté secco Lysander, tornando una volta per tutte ai suoi doveri da Prefetto.
« Sei proprio un guastafeste, Lysander Scamander!» Si lamentò infine lei, sbuffando per l’ennesima volta.

Chiunque nella sua situazione si sarebbe alzato e sarebbe andato a cercare qualsiasi cosa da fare altrove, ma non Roxanne.
La ragazza rimase lì, con espressione imbronciata a guardare il suo migliore amico lavorare, mentre si fece strada dentro di lei la consapevolezza che la monotonia derivante dalla scuola era definitivamente tornata.

 

*

 

Per qualsiasi studente di Hogwarts il Cortile d’ingresso rappresentava un mero punto di passaggio, ma ciò non lo era mai stato per James Potter.
Fin dal suo primo anno, il Grifondoro aveva scoperto che il muretto che separava lo spiazzo principale dai porticati era molto più comodo di quanto non sembrasse, e così aveva deciso che da quel momento in poi quello sarebbe stato il suo personalissimo rifugio dalle follie della quotidianità.
Non l’imponente viadotto del Castello, da cui si poteva ammirare la panoramica mozzafiato del Lago Nero, né tantomeno la Biblioteca, gremita di libri preziosi e rari; no, James Potter aveva scelto un semplice muretto che il massimo della vista che poteva offrire era quella del passaggio dei numerosi studenti.
Fu così che pensò bene di iniziare il suo ultimo anno scolastico passando la pausa pranzo nel suo posto di fiducia, appoggiato con la schiena contro una colonna e stringendosi nel misero maglione rosso che indossava.
Per essere settembre - si ritrovò a constatare sulla sua pelle - quel giorno il vento era troppo pungente.

« Ohi! Potter!»
Sentì una voce chiamarlo e si voltò immediatamente: con sua grande sorpresa, uno studente che faceva mostra dello stemma di Serpeverde gli stava venendo incontro con un sorriso smagliante stampato in volto.
« Chang, mi stavo chiedendo dove fossi finito!» Rispose il Grifondoro una volta che il nuovo arrivato gli si sedette affianco.
« Mi perdoni, sua maestà, se ieri non sono venuto a salutarla per primo!»
James non poté fare altro che scuotere la testa divertito; d’altronde, l’ironia del ragazzo che aveva di fronte era il motivo principale per il quale ci andasse tanto d’accordo.

Sulla carta Charlie Chang aveva molte cose in comune con James Sirius Potter: Mezzosangue per nascita, particolarmente attento al rispetto delle tradizioni e a mantenere alto il nome della sua Casa di appartenenza, e, sopra ogni cosa, grandissimo appassionato di Quidditch e fiero membro della squadra di Serpeverde, dove giocava come Battitore.
Chiunque li avrebbe incontrati per strada però non avrebbe potuto definirli in altra maniera se non l’uno l’opposto dell’altro; James sempre contenuto e misurato nelle proprie reazioni, Charles unicamente interessato alla propria opinione e perciò incurante di doversi in alcun modo controllare.
Nemmeno loro avrebbero saputo spiegare come avevano fatto nel corso degli anni a diventare tanto amici, né tantomeno avrebbero mai confessato ad alta voce di esserlo.
Tuttavia, tra le varie partite che li avevano visti rivali e le lezioni di Pozioni passate a lamentarsi assieme, erano finiti per legarsi indissolubilmente.

« Stavolta tuo cugino si è superato! I fuochi d’artificio dalla Torre di Corvonero sono stati geniali! Pare che quei secchioni non abbiano dormito per tutta la notte dallo spavento!» Disse Charles, con gli occhi scuri e a mandorla che brillavano dall’entusiasmo.
« Grazie, grazie. Modestamente è stata una mia idea!»
« Certo, come se un’idea tanto geniale possa provenire da te!» Lo schernì il Serpeverde, lasciandosi sfuggire una risata nel momento in cui vide comparire sul volto dell’amico l’ombra di un broncio.
« Mi eri proprio mancato, Charlie, eh.» Commentò allora sarcastico James, stringendo i pugni dentro le tasche dei pantaloni.
Charlie represse una risata ma non poté fare nulla per l’espressione sciocca che gli nacque naturalmente sul viso.
« Lo so benissimo che le tue giornate a Hogwarts non hanno senso senza di me!»
Udite le parole dell’amico, un sopracciglio del Grifondoro si inarcò vistosamente, palesando così quanto ritenesse insensata la piega che aveva assunto la conversazione.
« Hai ragione, tu mi dai l’ispirazione che mi serve per sapere come non voglio essere.» Rispose poi con estrema convinzione, tanto che l’amico in un primo momento credette di star ricevendo una vera lusinga; quando però Charlie si soffermò a comprendere il reale significato delle parole, si adoperò all’istante per ribattere a tono.
« Sì, sì, ti piacerebbe avere il mio talento a Quidditch!»
« Sì, sì, ti piacerebbe essere il Capitano della tua squadra!»
Il Serpeverde capì subito di aver perso quel loro personalissimo battibecco; si strinse nelle spalle, aveva davanti a sé un intero anno scolastico per recuperare.
Senza che potesse controllarlo sul volto di James aleggiò un sorriso vittorioso; nonostante quelle che viveva con Charlie erano sempre scenette poco mature per i diciassette anni di età di entrambi, non vi avrebbe rinunciato per nulla al mondo: quelli erano i momenti dove poteva essere un adolescente sciocco come chiunque altro, e non il cugino maggiore che doveva tenere unita la famiglia.

« Hey! Jamie!»
Lo ridestò per la seconda volta dai suoi pensieri una nuova voce e, a differenza della precedente, la riconobbe ancor prima di girarsi per sincerarsi di chi fosse.
Sua cugina Lucy gli stava venendo incontro con una mano alzata che sventolava in segno di saluto e una pesante borsa che le pendeva da una spalla dalla quale era possibile scorgere enormi libri pronti a riversarsi al suolo da un momento all’altro.
« Ciao, Lucy. Tutto a posto?» Le chiese premurosamente James, sorridendole con tenerezza.
Anche se non l’avrebbe mai ammesso neanche sotto tortura, nel profondo sapeva bene che Lucy era la cugina a cui era più affezionato: sempre gentile con tutti, con quell’aria di innocenza che la circondava e che la rendeva impossibile da non amare.
E poi c’era anche il fatto che, nonostante avessero solamente un anno di differenza, Lucy era cresciuta considerando James il suo eroe, e non vi era niente di meglio per aumentare l’orgoglio del ragazzo.
« Sì, grazie! Sono passata solo per darti questo…» Disse Lucy, una volta piazzatosi di fronte alla figura del Grifondoro.
Mise una mano dentro al proprio borsone e cominciò a rovistare al suo interno alla ricerca di qualcosa; quando la tirò fuori, pochi secondi dopo, le dita tenevano strette un libretto dalla copertina flessibile, che prontamente porse in direzione di James.
« Parla di uno sport Babbano che si chiama rugby, dicono sia simile al Quidditch! Pensavo ti sarebbe potuto piacere!» Aggiunse poi, spostando il peso da un piede all’altro.
« Oh, grazie mille. So già che lo adorerò!» Rispose sinceramente riconoscente il Grifondoro, prendendo il libro dalle mani della cugina.
Lucy fece un breve cenno col capo, facendogli intendere che non c’era proprio nulla di cui ringraziarla, e si sporse per lasciargli un bacio sbrigativo su una guancia.
Si sistemò poi meglio la borsa di libri sulla spalla e, così come era arrivata, se ne andò senza farsi sentire, lasciando dietro di sé i due ragazzi a guardarla allontanarsi.

« È cieca per caso? È stato come se non esistessi!» Si lamentò Charlie una volta che Lucy fosse definitivamente sparita dalla loro vista, puntando gli occhi allucinati in quelli dell’amico.
« Calmati, Chang. Quella è Lucy! Si comporta così quando ci sono persone che non conosce!» Lo liquidò velocemente James, facendo spallucce.
« Oh, andiamo! Come fa a non conoscermi? Tutti sanno chi sono! Sono il miglior Battitore di Hogwarts!»
« Questo non è assolutamente vero, ma come vuoi.»
Charlie gli lanciò un’occhiata di fuoco, ma seppe che ricominciare a battibeccare sul Quidditch sarebbe stato inutile.
Rimase dunque a pensare a ciò che era appena successo e a come quella ragazza, la stessa che aveva visto crescere negli anni ma con la quale non aveva mai scambiato neanche una parola, lo avesse trattato come se fosse stato invisibile; proprio lui, che invisibile non lo era mai stato.
Charles Chang era abituato a vedere le teste girarsi quando passava per i corridoi e di questo ne era stato sempre più che felice, perciò - senza neanche mettersi in discussione - si ritrovò a riflettere su quale razza di problema avesse affitto Lucy Weasley per averlo ignorato in una tale plateale maniera.

« Peccato, è anche diventata più carina. Ci avrei scambiato due chiacchiere volentieri!» Diede poi serenamente voce ai propri pensieri.
« No, non se ne parla. Non ci pensare nemmeno!» Lo ammonì immediatamente James.
« Cosa!? Cosa ho fatto?»
« è mia cugina, scordatela.» Concluse secco il Grifondoro e Charlie comprese immediatamente a cosa si riferisse.

In quanto migliori amici, non vi era molto che potevano nascondere l’uno all’altro, e perciò James conosceva a fondo quale fosse la relazione di Charles con il sesso opposto.
Il Serpeverde era istintivamente portato a volersi far piacere da qualunque ragazza incontrasse, sempre pronto a incantare e ad ammaliare ogni viso carino che incrociava per la sua strada.
Ma il più delle volte - se non quasi sempre - Charlie si fermava lì; scappava e passava alla prossima ragazza ancor prima di poter concludere: in poche parole, come recita un detto Babbano, Charlie Chang era tutto fumo e niente arrosto.

Tornò a guardare James stampandosi un finto sorriso d’innocenza e alzò i palmi della mani in segno di resa.
Non avrebbe mai e poi mai fatto nulla che potesse incrinare la loro amicizia, di questo Charlie ne era più che certo.

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Capitolo 2
*** Caposcuola diligenti e Prefetti inadempienti. ***


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II. Caposcuola diligenti e Prefetti inadempienti.
 

Il Lago Nero, per quanto nelle sue profondità nascondesse pericoli immani e mostruosità di vario genere, persisteva ad avere quell’aspetto di calma e quiete che tanto giovava agli studenti di Hogwarts dopo una giornata piena di lezioni.
D’inverno le rive del Lago divenivano desolate, fatta a eccezione per qualche coraggioso studente che, pur di trovare un attimo di pace, decideva di sfidare il freddo scozzese, ma a settembre inoltrato, quando ancora le giornate non erano completamente buie, diventava uno dei luoghi più frequentati del Castello.

Vi era però chi dalle sponde di quella nerissima distesa d’acqua non cercava tranquillità, ma l’ennesima occasione per adempiere al proprio dovere.
Eleanor Wells, di fatti, sedeva compostamente su una panchina, accompagnata dall’amica Evie Jordan, a scrutare ogni movimento degli studenti che le passavano di fronte, in attesa di poter finalmente mettere alla prova le sue capacità di Caposcuola.
Fin dal suo primo anno, Eleanor era stata uno dei più grandi orgogli di Corvonero: sempre il massimo dei voti, pronta ad aiutare chiunque avesse bisogno, ottime relazioni sia col corpo insegnanti sia con quello studentesco.
Nessuno era rimasto sorpreso quando, due anni prima, la ragazza era tornata a scuola con il vistoso stemma da Prefetto cucito sulla divisa; né tantomeno ci furono grandi reazioni quello stesso anno, quando il tanto agognato titolo di Caposcuola le fu finalmente assegnato.

« Lo sai vero che non c’è bisogno della tua vigile attenzione ventiquattro ore su ventiquattro?» Disse Evie, Grifondoro anche lei del settimo anno.
« Questo è quello che credi tu, ma basta anche solo un secondo di distrazione per fare sì che questa scuola esploda!» Le rispose convinta Eleanor ed Evie non poté fare altro che guardarla con un sopracciglio inarcato: forse, all’amica era leggermente sfuggita la situazione di mano.
D’altronde, da quando aveva subito quel tremendo attacco alla Sala Comune di Corvonero - fuochi d’artificio, Evie! Ti rendi conto? Poteva saltare in aria tutta la Torre! - la guardia della Caposcuola era esponenzialmente aumentata.
Improvvisamente, probabilmente guidata dal suo sesto senso o dalla repentina visione di una figura che conosceva fin troppo bene, la sua attenzione fu completamente catturata da un particolare gruppetto di studenti intenti a parlare tra loro nascosti dietro ad un albero.
Le gambe di Eleanor si mossero ancor prima che il cervello potesse realizzare cosa stesse succedendo e ben presto si ritrovò in piedi a camminare spedita verso quella direzione.
« Ellie, dove stai andando?» Dovette quasi urlare Evie, osservando l’amica con gli occhi sgranati.
« Weasley ad ore dodici! Stavolta non la scampa!» Ribatté sicura la Corvonero, con l’animo che ardeva di una ritrovata motivazione.

 

« Frederick Weasley!»
Il suddetto ragazzo, riconosciuta la voce - e soprattutto il tono per niente amichevole - che lo aveva appena chiamato, ebbe un sussulto: in un istante nascose dentro al proprio mantello il quadernino che fino a poco prima stava mostrando ai due ragazzi che aveva attorno, e, preso un lungo respiro, si voltò a fronteggiare Eleanor con il sorriso più finto che riuscisse a stamparsi in faccia.
« Eleanor, cara! Quanto tempo!» Parlò poi, puntando gli occhi scuri in quelli accesi - di rabbia forse? - di lei.
« Non ci provare, ti ho visto con i miei occhi!» Puntò i piedi al suolo Eleanor, mettendo le mani sui fianchi e assumendo una posa alquanto autoritaria.
« Oh, cara! Lo so benissimo che non riesci a distogliere il tuo sguardo da me!»
La Corvonero ebbe la brillante idea di contare mentalmente fino a dieci, se avesse dato ascolto al primo istinto che le nacque dopo le parole di lui, molto probabilmente sarebbe finita col friggere il cervello di Fred Weasley con un misuratissimo Cruciatus.
L’espressione che poi si stampò in viso non dev’essere stata delle più serene, perché i due studenti che poco prima stavano discutendo con Fred decisero di darsela a gambe.
Il Grifondoro non ebbe la stessa intuizione: rimase immobile a fronteggiare la ragazza, con l’espressione fiera di chi era convinto di farla franca.

« Accio quaderno!»
Fred non comprese quanto Eleanor lo avesse colto con le mani nel sacco fino a quando non vide l’oggetto che aveva nascosto dietro al mantello svolazzare in aria fino a posarsi, sicuro, tra le mani di lei.
La vide guardarlo con sguardo vittorioso e notò il modo in cui le labbra le si incurvarono in un ghigno compiaciuto, e pensò che le sue occasioni per uscirne intonso stavano diminuendo drasticamente ad ogni secondo che passava.
Se fino a poco prima la sicurezza era il sentimento che più lo dominava, ora Fred Weasley cominciava a provare un certo timore.
«Weasley, stai davvero piazzando scommesse illegali a scuola!?» Sbraitò Eleanor, una volta aperto il quaderno e dopo averne sfogliato qualche pagina.
« Oh, no, tesoro! È solo la tua immaginazione! Che mente creativa che hai!»
La Corvonero lo fulminò con lo sguardo e pensò bene di reagire alla faccia da schiaffi di lui sbuffandogli vistosamente contro.
« Bene, allora non avrai niente in contrario se porto questo innocentissimo quaderno alla Preside McGonagall! Sono sicura avrà una grande immaginazione anche lei!» Concluse perentoria lei, prima di voltarsi e cominciare ad allontanarsi dal ragazzo, che d’altra parte adesso la guardava con un’espressione di puro terrore.

A prima vista Eleanor non avrebbe intimorito neanche il più pavido dei codardi, lei che a primo impatto era solamente una esile ragazzina di diciassette anni dai tratti rassicuranti: pelle diafana - toccata raramente dalla luce solare per via delle giornate passate chiusa in Biblioteca - capelli biondi, il più delle volte raccolti in una coda alta, e corporatura a tratti troppo magra.
Ma i suoi occhi, verdi con striature marroncine, quando brillavano di rabbia erano in grado di terrorizzare chiunque e qualunque cosa.

 

« Eleanor! Ellie, cara!» Cominciò a pregarla Fred, mentre la rincorreva con urgenza.
« Eleanor! Mia magnifica Caposcuola! Siamo amici da tanto noi due, no?» Addolcì il tono di voce, unendo i palmi delle mani in segno di preghiera.
« No.» Ribatté secca Eleanor, ma il Grifondoro ne ignorò la risposta.
« Ti prego, ti prego, no! Verrò espulso davvero questa volta! Farò di tutto, giuro! Accetterò perfino di uscire con te!»
Appena udì le parole del ragazzo, Eleanor si arrestò di colpo. Fred sperò che la sua disperata richiesta fosse andata a buon fine, ma dovette ricredersi nel momento in cui vide la smorfia inorridita che ottenne come risposta.
Evidentemente, anche solo il pensiero di andare ad un appuntamento con Fred Weasley era in grado di creare immagini di disgusto nella mente di Eleanor Wells.
« Beh, credo tu debba iniziare a pregare tutti gli dei Babbani che conosci allora!»
Disse perentoria la Corvonero, cominciando l’attimo dopo a camminare a passo più spedito.
Fu subito raggiunta da Evie Jordan, che fino a quel momento aveva osservato la scena da lontano, e Fred si ritrovò a guardarle entrambe sparire lungo il sentiero che portava al Castello.

 

Il ragazzo non riuscì a smuoversi dallo stato di catalessi in cui cadde: pensò prima alla sgridata che avrebbe ricevuto dalla Preside e poi alla Strillettera che sua madre gli avrebbe sicuramente mandato. 

Sorrise per un istante, assieme a quella Strillettera avrebbe certamente ricevuto anche una lettera di congratulazioni da parte di suo padre; ma l’attimo dopo il terrore tornò ad impossessarsi di lui e, proprio come gli era appena stato consigliato, cominciò ad elencare mentalmente il nome di tutti gli dei Babbani che conosceva.

 

 

*

 

Mentre correva per il sentiero che portava al campo da Quidditch con la pesante attrezzatura che gli penzolava da una spalla, Jonathan Steel pensò che questa volta Scorpius Malfoy, il suo Capitano, non l’avrebbe perdonato.
Non se era già in ritardo il primo giorno di allenamenti della stagione, non se era già in ritardo di almeno venti minuti.
Scorpius, in quanto suo migliore amico, aveva sempre dato mostra di grande pazienza quando si trattava di Jonathan e dei suoi clamorosi ritardi; ma se c’era qualcosa ad Hogwarts capace di incrinare qualsiasi rapporto, quella era decisamente il Quidditch.
Soprattutto se il giocatore mancante agli allenamenti in questione era il Cercatore della squadra, soprattutto se si trattava di uno dei migliori giocatori che Serpeverde aveva visto negli ultimi dieci anni.
A Jonathan d’altronde non era mai importata granché la fama che quel ruolo gli aveva portato; per lui il Quidditch era puro divertimento, l’unica valvola di sfogo che si concedeva durante l’anno scolastico.
E forse proprio per questo lasciava che il suo migliore amico Scorpius si prendesse il merito di tante vittorie che invece erano da attribuire a lui, perché in fondo - che si vincesse o si perdesse - l’unica cosa che contava veramente era giocare.

 

Perciò Jonathan quel giorno correva con la mente rivolta al migliore amico, sentendo il vento pungente di metà settembre che premeva contro la sottile divisa di Quidditch.
E ce l’avrebbe davvero fatta a fare felice Scorpius e correre spedito senza distrarsi verso il campo, se solo i suoi occhi non fossero stati improvvisamente catturati dalla figura che se ne stava sdraiata al suolo con il volto rivolto verso il cielo.
Tra l’altro non era colpa sua se proprio quella figura si trovava sul sentiero che stava percorrendo, né tantomeno che la persona in questione fosse Dominique Weasley; fu più forte di lui: Jonathan Steel dovette assolutamente capire che cosa quella ragazza - che da anni era fonte di infinite curiosità - stesse facendo.

 

« Ehm… stai bene?» Chiese cauto una volta che ebbe raggiunto la ragazza.
Ora che le stava così vicino, si permise finalmente di scrutarne ogni particolare: ne osservò il volto delicato e rotondo, la matassa di capelli dorati e ricci che lo contornavano e soprattutto i due occhi color nocciola che si puntarono su di lui una volta che finì di parlare.
« Oh, sto benissimo, Jonathan Steel, grazie mille per aver chiesto!» Rispose con sincera cordialità Dominique, stampandosi un enorme sorriso in viso.
« Cosa stai facendo esattamente?» Decise di approfondire lui e indicò con una mano la distesa d’erba su cui era sdraiata la ragazza.
« Non si vede? Mi sto godendo il sole!»
Se le parole della Tassorosso lo resero perplesso, questo non apparve affatto nell’espressione di Jonathan: si limitò a fissarla mentre lei tornava pigramente a chiudere le palpebre e a volgere il viso verso il cielo uggioso.
Dovette perfino costringersi a sopprimere una risata, non sarebbe di certo stato carino ridere così clamorosamente di lei.
Fu così che lasciò che la sua bocca parlasse naturalmente, palesando quello che era stato il suo primo pensiero.
« Beh, scommetto che anche il sole sta godendo di te!»
Non ci fu ironia nella voce del Serpeverde, tuttavia quelle parole - che per lui erano state una semplice ovvietà - giunsero alle orecchie di Dominique come la migliore delle battute.
Scoppiò a ridere fragorosamente, tanto che dovette alzarsi a sedere per non strozzarsi; quando le risate scemarono, qualche secondo dopo, tornò a rivolgere un sorriso radioso al ragazzo.
Jonathan, dal canto suo, non poté fare altro che ricambiare quell’espressione di gioia con una altrettanto divertita.
Era sempre stato abituato a veder reagire le ragazze ai suoi buffi tentativi di flirt arrossendo visibilmente e rimanendo senza parole dall’imbarazzo, ma quella era decisamente la prima volta che si trovava di fronte ad una risata così tanto sonora.
« Questa era davvero bella, Jonathan Steel! Sei spiritoso!»
Il Serpeverde provò a non sbuffare quando si sentì chiamare nuovamente per nome e per cognome, non sapeva bene neanche lui perché la cosa gli provocasse tanta ilarità.
La vide poi puntellare le braccia al suolo per cercare di rialzarsi e, senza esitazioni, fece cadere il borsone contenente l’attrezzatura da Quidditch per protendere un braccio per aiutarla.
Dominique accettò volentieri quell’appoggio e in uno scatto si ritrovò in piedi a fronteggiare il ragazzo.
Adesso che gli era così vicina, poté finalmente notarne la reale altezza: Jonathan la sovrastava di appena dieci centimetri, ma ciò non le impedì di dover alzare il viso per poter puntellare gli occhi in quelli blu di lui.

« Sei anche gentile, Jonathan Steel! Aveva ragione Rosie, forse non sei così male dopotutto!» Commentò infine, scuotendo il capo in segno di approvazione.

Non sono poi così male? Si ritrovò a ripetere mentalmente il Serpeverde, non potendo impedire al proprio cervello di chiedersi quale fosse stata l’opinione che Dominique aveva avuto di lui fino a quel momento.
« Oh, beh, grazie?» Ribatté stavolta esplicitamente sarcastico, ma la Tassorosso diede nuovamente prova di non capirne le intenzioni.
« Non c’è di che! Dico solo la verità!» Parlò Dominique senza mai smettere di sorridere e Jonathan si domandò come fosse possibile riuscire a farlo.
D’altronde però, ogni volta che aveva posato lo sguardo su di lei negli ultimi sei anni non l’aveva mai vista con un’altra espressione in viso che non fosse quella.
In cuor suo avrebbe voluto rimanere a parlare con quella bizzarra ragazza per più tempo e magari scoprire perché sembrava emanare positività da ogni poro della pelle, ma improvvisamente sentì un grido provenire dalla lontananza e nuovamente il pensiero tornò rovinosamente al suo migliore amico.
Riconobbe l’urlo provenire dal campo da Quidditch e seppe che stavolta non avrebbe potuto farsi distrarre da niente e nessuno; si rimise la pesante borsa in spalla e si voltò pronto a salutare Dominique; quando però poggiò lo sguardo verso il punto dove si era trovata poco prima, non la vide più. Guardando più in là, finalmente la ritrovò: si era già incamminata sul sentiero in direzione del Castello, lasciandolo lì solo a fissarla imbambolato.

Jonathan scosse la testa, non poteva assolutamente permettere che una Tassorosso lo distraesse oltre dai suoi impegni; si posizionò rivolto verso lo stadio e cominciò a correre più velocemente di prima, con una triste - e faticosa - consapevolezza in testa: un ritardo di mezz’ora gli sarebbe costato almeno una decina di giri di campo.

 

 

*

 

 

« Ragazzi, sono talmente stanco che potrei morire in questo momento.»
Dichiarò un fiacco Albus Potter, sdraiato scompostamente sopra al materasso del proprio letto a baldacchino.
Se c’era una cosa alla quale non sapeva resistere, di certo quella era la comodità dei letti del Dormitorio maschile di Serpeverde.
« Ti rendi conto che non sono passate neanche due settimane?» Scorpius rispose con tono canzonatorio e, senza neanche degnarlo di una sguardo, continuò a piegare alcune camicie e a riporle nel proprio baule.
« Al, devi pensare alle vacanze! è l’unico pensiero in grado di farmi andare avanti!» Si aggiunse alla conversazione Jonathan.
« Steel, tu vedi di pensare al Quidditch invece!» Fu prontamente rimproverato da Scorpius e non poté fare altro che alzare le spalle in segno di resa: sapeva bene che dopo il fallimentare allenamento di quel giorno, il suo Capitano - ancor prima di migliore amico - gli sarebbe stato col fiato sul collo per tutta la stagione.
« E comunque non serve che mi sforzi, penso già tutto il tempo alle feste che mi aspettano nella Londra Babbana.» Disse con muta rassegnazione il giovane Potter, schiacciandosi un cuscino contro al petto.
« Cos’è quell’aria da funerale? Andrai a dei rave non a dare i M.A.G.O.!»
Albus ignorò le parole che Scorpius gli rivolse; si limitò a sbuffare e a ribattere con tono ancora più demoralizzato.
« Dimentichi che i miei amati genitori non sono molto favorevoli alla cosa.»
« Oh, andiamo! Come se loro non avessero fatto di peggio alla tua età!»
« Eh, ma il Signore Oscuro è molto meno pericoloso di un rave Babbano!» Commentò questa volta con sarcasmo Albus, e sia Scorpius che Jonathan non poterono non sorridere per l’uscita dell’amico.
« Comunque hanno detto che mi lasciano partire solo se James o Rose mi accompagnano.» Aggiunse poi, e l’aria cupa e intristita tornò a impossessarsi di lui.
« Beh? Chiedilo a loro allora!» Disse Jonathan con ovvietà.
Albus si alzò in uno scatto a sedere e puntò gli occhi verdi sul viso del ragazzo che aveva appena parlato.
« Hanno detto i loro nomi perché sono gli unici due che non mi diranno mai di sì. James è vecchio dentro e Rose… beh, lei fa solo quello che vuole fare lei, è impossibile ragionarci!» Spiegò poi con esasperazione e Jonathan, comprendendo cosa gli stesse effettivamente dicendo, non poté fare altro che annuire in segno di assenso.
Scorpius d’altro canto rimase per qualche secondo in silenzio, assorto nei propri pensieri; sembrò essere alla ricerca della soluzione a tutti i problemi e forse - se avesse saputo come sarebbe terminata quella conversazione tra amici - avrebbe avuto l’accortezza di rimanere con le labbra serrate.
« Di tuo fratello non se ne parla, questo è certo. Devi insistere con la Weasley.»
« Sì, ed è proprio per questo che sono fottuto.»
« E se provassi ad addolcirla un po’? Magari con una distrazione, che ne so!» Provò a dire Jonathan e - per quanto i suoi interventi il più delle volte suscitassero alzate di occhi al cielo - stavolta si stupì di vedere gli altri due prendere in considerazione quanto da lui detto.
« Ma sì, trovagli un ragazzo con cui uscire! Alle ragazze piacciono quelle cose!»
Toccò a Scorpius l’ingrato ruolo di venire deriso per le proprie parole: quando terminò di parlare, infatti, Albus per poco non si strozzò per le risate che gli nacquero spontanee mentre Jonathan si lasciò sfuggire una risata di divertimento.
« Chiaramente non conosci Rose abbastanza! Lei non esce coi ragazzi, lei se li mangia vivi!» Riuscì a dire tra le sghignazzate il giovane Potter, probabilmente gustandosi mentalmente l’immagine di sua cugina che usciva ad un appuntamento come se fosse stata una qualsiasi ragazza normale.
« Sì, certo, come se esistesse davvero una ragazza del genere!» Disse Scorpius gonfiando il petto, talmente pregno di orgoglio maschile che dovette addirittura emettere uno sbuffo in risposta a ciò che gli era appena stato riferito.
Lui, che di ragazze ne aveva conosciute tante nel corso della sua vita e tante altre era riuscito a conquistarne, era fiero di poter affermare che per lui non vi erano segreti riguardo il gentil sesso: chi più rapidamente delle altre e chi meno, prima o poi tutte si arrendevano ad un ragazzo che sapeva dimostrarsi affascinante e interessato.
Nel vedere il miglior amico dimostrare evidente sopra stima di sé, Albus fu colto da una illuminazione improvvisa; si stampò in viso un ghigno degno del Serpeverde che era e, con la più totale innocenza, aprì bocca per fare una proposta a Scorpius.
« Sai che c’è? Hai ragione, non è una cattiva idea… perché non ci provi per un po’ con Rose? Tanto per ammorbidirla! Sono sicuro che se poi gli dirò che ci sarai anche tu a Londra quest’estate, vorrà sicuramente venire!»
« Io? Sei impazzito!?» Fu la sobria reazione di Scorpius.
« Sì, perché proprio lui? Non sapevo che a Rose piacessero i ragazzi brutti!» Decise di canzonarlo Jonathan e in tutta risposta ricevette un’occhiata di fuoco da parte dell’amico.
« Ah, sì? Perché non lo fai tu allora?»
« Perché Rose ed io andiamo d’accordo e ciò vuol dire che mi ha già rifiutato a priori nella sua mente.» Ribatté con ovvietà Jonathan, scrollando le spalle.

 

Era vero, Jonathan Steel era forse uno dei pochi ragazzi in tutta Hogwarts - fatta a eccezione per i numerosi parenti - che non era mai stato maltrattato o preso a cattive parole da Rose Weasley.
Nemmeno lui avrebbe saputo spiegare il perché, ma aveva il presentimento che ciò fosse perché i commenti taglienti di lei lo avevano sempre fatto divertire a tal punto che, invece di incupirsi e offendersi come facevano tutti gli altri, aveva sempre reagito con un grande sorriso stampato in viso.
D’altronde, nemmeno Rose Weasley avrebbe potuto prendere in antipatia un ragazzo che comprendeva la sua - per quanto aperta ad interpretazioni - ironia.

 

« Sì, Scorp! Sei perfetto per questo! Sei l’unico in grado di tenerle testa, saresti un’ottima distrazione!» Ora negli occhi di Albus non vi era più alcuna traccia di tristezza, le iridi verdi erano tornate a brillare come loro solito.
Scorpius non dovette pensarci su più di tanto, incurvò le labbra in una smorfia che tanto sembrava urlare ‘ma, sì, perché no!?’ e alzò una spalla con fare di indifferenza.
« Va bene, tanto quanto può essere difficile? È una ragazza come tutte le altre, sarà facile.» Disse poi, dando prova di grande sicurezza.

« Amico, chiaramente non conosci affatto Rose Weasley!»

Stavolta fu il turno di Jonathan a rischiare di strozzarsi per le fragorose risate; si scambiò un’occhiata di intesa con Albus, anch’egli altrettanto divertito, e ben presto il pensiero dell’amico che avrebbe dovuto cercare di addolcire la furia che era Rose Weasley cominciò a provocargli grande gioia: ne avrebbero di certo visto delle belle.

 

 

*

 

 

Il titolo di Prefetto non aveva mai significato nulla per Albus Severus Potter.
Quando, l’anno precedente, gli era stato conferito uno degli onori più grandi che Hogwarts potesse offrire, nemmeno un briciolo di entusiasmo lo aveva attraversato.
Forse perché in cuor suo sapeva di non aver mai fatto nulla per meritarselo - lui che non studiava più degli altri, lui che tantomeno era attento e vigile alle lezioni - o, addirittura, una parte di sé era dell’idea che il suo cognome fosse stato decisivo per la nomina.

Ma essere un Prefetto significava tutt’altro per il resto della sua famiglia, tanto che suo padre, con la commozione negli occhi, gli aveva detto che finalmente il titolo tornava ad essere di un Potter; Albus avrebbe voluto ribattere che forse la spilla da Prefetto sarebbe stata molto meglio sulla divisa vermiglia di suo fratello James, che già per il solo fatto di chiamarsi in quel modo sarebbe stata la persona più indicata.
Eppure in famiglia erano tutti fieri di lui, il primo Serpeverde del clan Weasley-Potter, il primo tra i cugini a diventare Prefetto.

 

E così, ecco che Albus si era ritrovato anche al sesto anno a dover rinunciare alle sue amatissime ore di sonno per vagare per i corridoi del Castello alla ricerca di trasgressori del coprifuoco.
Le ronde notturne, d’altronde, erano la parte meno divertente; se essere un Prefetto avesse significato solamente il libero accesso al bagno dei Prefetti, allora Albus non avrebbe sentito il bisogno di maledire quel titolo come invece ora stava facendo mentre svoltava per immettersi nell’atrio centrale dell’ala est.
Il compito poi non si era mai dimostrato entusiasmante come avrebbe potuto sembrare in astratto: non aveva mai colto sul fatto né un trasgressore con cattive intenzioni, né tantomeno coppiette che si davano appuntamento a notte fonda.
In poche parole, essere un Prefetto era, più che un onore, una vera e propria tortura.

 

Albus fece roteare tra le mani la bacchetta con la quale stava illuminando la strada che percorreva, lasciando vagare lo sguardo tra i quadri e le figure in essi rappresentate; non poté non provare invidia, almeno loro potevano dormire beati.
Nonostante fosse probabilmente il Prefetto più distratto che Hogwarts avesse mai avuto, una volta giunto in prossimità della Biblioteca, la sua attenzione fu subito catturata dalla flebile luce che proveniva dall’uscio della porta semiaperta.
Dentro di sé si accese un briciolo di speranza, forse stavolta la ronda notturna non si sarebbe rivelata essere la solita noia mortale.

Si avvicinò alla porta della Biblioteca lentamente, stando attento a non palesare il rumore dei propri passi.
Notò immediatamente che la serratura della porta era stata visibilmente forzata con la magia, opera di qualcuno in grado di eseguire un Alohomora alla perfezione.
Appoggiò le dita sull’uscio e il più delicatamente possibile scostò la porta quanto bastava per entrare; una volta dentro, si apprestò a camminare in prossimità di un folto scaffale in direzione della luce: più si avvicinava e più questa diventava intensa.

 

Se però la sua mente aveva pensato di scoprire chissà quale scena scabrosa, dovette presto rassegnarsi all’idea che lui ad Hogwarts non avrebbe mai trovato niente all’infuori dell’ordinario.
Forse per questo avrebbe dovuto ringraziare suo padre Harry; probabilmente tutti i misteri nascosti nel Castello erano già stati svelati da lui molto tempo addietro.

Ciò nonostante, lo spettacolo che si trovò davanti non lo deluse quanto si sarebbe invece aspettato che facesse.
Nascosto dietro una pila immensa di tomi di vario genere e circondato da una cerchia di candele che gli galleggiavano magicamente in aria, vi era un ragazzo che Albus conosceva bene.
Lorcan Scamander, gemello di Lysander, era stato infatti suo compagno di giochi in parecchie occasioni prima di entrare in età scolastica.
Quando poi era finalmente giunto il momento di frequentare Hogwarts, Albus aveva perso completamente i contatti con Lorcan; probabilmente a causa della differenza di Case - lui rilegato nei sotterranei di Serpeverde e Lorcan in cima alla Torre di Corvonero - o forse per via della natura introversa del ragazzo, che con gli anni non aveva fatto altro che peggiorare.
Vi erano pochissime persone che potevano vantare di avere un rapporto stretto con Lorcan o addirittura di essere stati parte di una conversazione che fosse durata più di due minuti.
Tra i due gemelli, per quanto fosse paradossale, era stato Lysander ad ereditare il dono della socialità.

 

Albus rimase per qualche secondo ad osservare la scena e pensò che tra tutte le persone che conosceva, se avesse dovuto dire il nome di un folle che preferiva chiudersi in Biblioteca a leggere piuttosto che dormire, Lorcan sarebbe stato decisamente il primo a saltargli in mente.
La luce delle candele gli contornava perfettamente il viso e, assieme alla pelle naturalmente pallida, giocavano un ruolo fondamentale nel conferirgli un’aria quasi eterea.
Albus non poté fare a meno di compararlo a Lysander, con il quale aveva mantenuto i rapporti negli anni unicamente grazie a sua cugina Roxanne: Lorcan aveva un aspetto più trasandato, con i riccioli biondi che cadevano scompostamente sul viso, a differenza di quelli del gemello che venivano regolarmente tagliati; anche l’aspetto della divisa non giocava a suo favore, stropicciata e con i primi bottoni della camicia slacciati, in un chiaro segnale che al Corvonero interessasse di tutto fuorché l’opinione di chi lo circondava.

 

E proprio come se la luce delle candele, o la visione di un ragazzo tanto concentrato sui libri, lo avessero fatto cadere in trance, improvvisamente Albus si ridestò violentemente dai propri pensieri con un sussultò.
Realizzò che se si trovava lì era perché era nel pieno dei suoi doveri da Prefetto e che in quanto tale non avrebbe dovuto lasciar correre se uno studente non solo si trovasse al di fuori della propria Sala Comune in piena notte, ma che per di più aveva scardinato con la magia la porta della Biblioteca.

Si ricordò però che la punizione che sarebbe toccata a Lorcan consisteva solamente nella detrazione di qualche decina di punti, perciò perché avrebbe dovuto spendere tanta fatica per così poche conseguenze?
D’altronde non gli era mai interessato nemmeno della Coppa delle Case, a quello già ci pensavano fin troppo Scorpius e Jonathan.
Si stampò un sorriso di comprensione in viso, notando come gli occhi chiari di Lorcan non si staccassero mai dal tomo che teneva in mano, e, proprio come era arrivato, tornò sui propri passi per uscire dalla Biblioteca.
Varcò l’uscio d’ingresso accompagnando la porta dietro di sé, stando ben attento a non chiuderla, e, una volta che fu di nuovo nell’atrio buio dell’ala est, puntò nuovamente davanti a sé la bacchetta illuminata da un Lumos.

Nel giro di pochi secondi sentì il rumore di passi frettolosi che gli venivano incontro e ben presto la figura minuta ma solenne di Eleanor Wells gli si palesò davanti.

« Allora, tutto a posto qui?»
« Come al solito, cara Ellie. Una noia mortale.» Mentì con nonchalance Albus, accompagnando le parole con una vistosa scrollata di spalle.
Eleanor gli fece un gesto di assenso con il capo, si voltò verso la direzione da cui era venuta e cominciò a camminare, conscia che il Serpeverde l’avrebbe raggiunta.

Albus lanciò un’ultima occhiata alla porta della Biblioteca, prima di emettere un lungo sbadiglio e allontanarsi da lì, con in testa la sola prospettiva del suo comodissimo e verdissimo letto a baldacchino.

Forse, per essere solamente una noiosa ronda notturna, quella sera avrebbe dovuto ammettere che non era stata così traumatica come al solito.

 

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Capitolo 3
*** Assurde scoperte (sorprendenti). ***


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III. Assurde scoperte (sorprendenti).

 

Da quando aveva acconsentito all’assurda richiesta di Albus, l’umore di Scorpius era finito per oscillare tra la voglia di mandare tutto a quel paese e la curiosità di scoprire quanto le voci su Rose Weasley fossero fondate.
Nonostante ciò che aveva detto ai due amici e la sicurezza che provava per le proprie capacità, sapeva bene che per riuscire nell’impresa avrebbe dovuto prepararsi.
D’altronde, nessun cacciatore riesce nell’impresa se non conosce a fondo la propria preda.

Così Scorpius aveva deciso di seguire Rose Weasley per un paio di giorni, per scoprirne le abitudini e il genere di persone con le quali aveva a che fare; aveva scoperto che oltre alle aule delle lezioni che frequentava, la Grifondoro non stava in altri posti se non nella sua Sala Comune o il campo di Quidditch – se poi Rose soleva frequentare altre zone del Castello, di certo non avremmo potuto dare la colpa a quei due lunghissimi giorni di ricerca in stile Malfoy.
Dato che la divisa verde-argento avrebbe sicuramente destato qualche sospetto in prossimità della Torre di Grifondoro, capì che se avesse voluto iniziare un contatto con Rose non gli rimaneva altra opzione se non presenziare ai suoi allenamenti di Quidditch.

Fu perciò con queste premesse in mente che Scorpius Malfoy si ritrovò appoggiato ad uno spalto a bordo del campo da Quidditch ad osservare la squadra di Grifondoro passarsi Pluffe e Bolidi.
Pregò mentalmente che James Potter rimanesse concentrato sul Boccino che stava seguendo da venti minuti buoni - e che Scorpius era sicuro che Jonathan avrebbe catturato già da un pezzo - se lo avesse colto a guardare gli allenamenti lo avrebbe sicuramente accusato di stare copiando le tattiche di gioco.
E in effetti non avrebbe neanche avuto tutti i torti: perché mai il Capitano della squadra di Serpeverde avrebbe dovuto assistere agli allenamenti della squadra rivale? 

Ma Scorpius la risposta a questa domanda la aveva ben stampata nel cervello, e per questo andò a posizionarsi proprio sotto agli anelli del Portiere, in attesa che Rose Weasley scendesse dalla propria scopa per fare una pausa.
Se c’era un’unica cosa che conosceva davvero bene di Rose Weasley quella era la sua determinazione quando si trattava di Quidditch; in quanto Cacciatore di Serpeverde, era più volte incappato nell’ostacolo del Portiere di Grifondoro, che altro non era che la stessa ragazza che ora stava osservando con attenzione.
Nonostante quando si trattasse di partite tra le loro due squadre Serpeverde avesse spesso la meglio, Scorpius era ben consapevole che ciò avveniva unicamente grazie all’incredibile talento come Cercatore di Jonathan; se la partita fosse stata decisa unicamente a goal, la situazione si sarebbe inevitabilmente ribaltata: fare punti a Rose Weasley era un’impresa quasi impossibile.
E lui lo sapeva meglio di chiunque altro, erano anni che cercava di capire quale fosse il suo punto debole.
Forse, questa storia di doverla distrarre e ammorbidire, alla lunga sarebbe convenuta anche a lui.

La vide parare una Pluffa con una particolare estensione del braccio e dare, con una smorfia di dolore, il primo segnale di affaticamento; finalmente, Rose si apprestò a planare elegantemente con la scopa in direzione del suolo e il Serpeverde seppe che quella era la sua occasione.
Le si avvicinò con calma, infilandosi le mani nella tasche dei pantaloni e guardandosi in giro con fare imperturbato, fino a quando non le fu affianco.
Rose notò immediatamente la sua presenza - come si poteva non notare un metro e ottanta di ragazzo platinato con la divisa del colore opposto alla sua!? - ma fece finta di nulla; si limitò a trangugiare il contenuto della borraccia che aveva appena preso in mano e ad asciugarsi il sudore sulla fronte con una salvietta - rigorosamente rossa e oro - che aveva precedentemente lasciato lì vicino.

« Hey, rossa. Come va? »
Rose non poté più persistere nel suo agognato piano di ignorare il nuovo arrivato; si voltò controvoglia per guardarlo negli occhi e, con grande dispiacere, lo trovò intento a sorriderle con un sorriso a trentadue denti.
Probabilmente dovette essere stata posseduta dallo spirito di Godric Grifondoro, perché decise di soprassedere all’appellativo orrendo con il quale il ragazzo le si era appena rivolto; in qualsiasi altra circostanza, lo avrebbe direttamente mandato a quel paese.
« A dire il vero sto sudando come un maiale.» Rispose decisa, ricambiando il sorriso di lui con uno volutamente e dichiaratamente finto.
Scorpius non comprese che la reazione della ragazza non fosse affatto un segnale di cordialità, ma solo una grande presa in giro, e, ancora più sicuro delle proprie capacità, pensò di poter continuare indisturbato con il proprio operato.
« Questo sì che è un modo per attirare l’attenzione di un uomo, eh!»
« Oh, sì, l’obiettivo della mia vita!» Rose rispose con lo stesso tono arzillo del ragazzo, storpiandolo però palesemente con sarcasmo.
Stavolta Scorpius capì che forse avrebbe dovuto ingegnarsi leggermente di più: Rose non sarebbe di certo caduta per un paio di frasi ad effetto.
« Ti ho visto prima, sei davvero strepitosa su quegli anelli!» Decise di optare per il discorso Quidditch, d’altra parte era l’unico argomento che avevano in comune del quale fosse a conoscenza.
La Grifondoro lo guardò scettica, alzando addirittura un sopracciglio; prese poi un altro sorso dalla sua borraccia, decidendo che forse avrebbe fatto meglio a bere piuttosto che a rispondere.
« E devo ammettere che sei anche diventata molto più bella quest’estate!» Osò aggiungere Scorpius, e chissà quale parte brillante del suo cervello gli diede l’idea di alzare una mano per prendere una ciocca dei capelli rossi della ragazza e rigirarsela tra le mani.
A quel gesto, la Grifondoro non ci vide più.
« Oh, ora che me lo hai detto ho capito di essere brava e anche bella, grazie per avermi aiutata con questa rivelazione su me stessa!» Sputò palesemente ironica, prima di prendersi i capelli con forza tra le mani e legarseli dietro la nuca.

Non degnò il Serpeverde nemmeno di uno sguardo, finì di parlare e tornò a cavallo della sua scopa; nel giro di pochi secondi era nuovamente in aria, con gli occhi fissi nel cielo e molto lontani dalla biondissima figura di Scorpius che invece era ben piantata a terra.
Il suddetto ragazzo provò a non fissarla a bocca aperta, ma fu più forte di lui: nessuna prima d’ora lo aveva trattato così in malo modo e per di più lo aveva lasciato nel mezzo di una conversazione senza considerarlo minimamente.
Scosse il capo per cercare di cacciare via i ricordi di ciò che aveva appena vissuto e cominciò ad incamminarsi verso il Castello con un nuovo pensiero in testa.

Se avesse voluto davvero vincere quella che si era appena trasformata in una battaglia con Rose Weasley, avrebbe dovuto fare molto meglio di così.

 

*

Se gli fosse stato chiesto direttamente, Eleanor Wells avrebbe risposto di no, che non passava le sue giornate a osservare spasmodicamente ogni movimento degli studenti di Hogwarts.
Avrebbe altresì ammesso che vi erano alcuni particolari studenti dei quali doveva assolutamente sapere che cosa facessero dal momento in cui si svegliavano a quello in cui andavano a dormire. 

E così, Evie Jordan non si stupì affatto quando, sedutasi al tavolo di Corvonero in Sala Grande, trovò l’amica con gli occhi spiritati puntati su una specifica postazione di Grifondoro.
Evie lanciò un’occhiata alla sue spalle, per confermare che i suoi sospetti fossero fondati, e, quando effettivamente vide la sorridente figura di Fred Weasley, non poté fare a meno che lasciarsi scappare una piccola risata.

« Ellie, non sta organizzando la Terza Guerra magica, puoi anche abbassare la guardia, sai?»
Solo allora Eleanor si degnò di spostare lo sguardo sull’amica e, come Evie si era aspettata che facesse, le riservò uno sguardo allucinato.
« Come fai a dirlo!? Le cose peggiori accadono quando mi distraggo!»
« Perché è addosso a Chloe Noel, sta pensando a ben altro al momento, fidati.»
La Corvonero non trovò nient’altro da dire, ciò che le aveva appena detto Evie non faceva una piega.
Di fatti, era vero che Fred Weasley si trovasse al tavolo di Grifondoro con un sorriso sospetto stampato in viso, ma era soprattuto vero che era fin troppo impegnato a tenere sottobraccio una ragazza dai capelli castani che gli sorrideva di rimando con fare civettuolo.
Addirittura Fred allungò una mano per carezzarle distrattamente le dita, e Eleanor giurò che mai altro spettacolo le avesse causato tanta nausea.
Ben presto vide la suddetta ragazza, Chloe, alzarsi dal posto, probabilmente perché aveva un impegno dal quale non poteva esimersi di presenziare - o perché voleva scappare da quel maiale! - e stampare un lascivo bacio sulla guancia di Fred prima di allontanarsi definitivamente.
Eleanor pensò che ora sì che sarebbe cominciata ufficialmente la sua ronda di controllo, tuttavia, come spesso accadeva, il Grifondoro la stupì nuovamente.

Così come se ne era andata Chloe, nel giro di pochi secondi il posto vuoto che aveva lasciato fu occupato da un’altra ragazza, stavolta dai capelli chiari.
Si ricordò di averla già vista prima - forse una Tassorosso del sesto anno? - ma non seppe darle un nome. E come se la scena di prima non l’avesse nauseata abbastanza, la nuova arrivata si sporse per scoccare un bacio a stampo sulla labbra di Fred, prima di sederglisi accanto e cominciare a scambiarsi abbracci decisamente poco casti lì davanti a tutti.

« Proprio non capisco, Evie. Come fanno tutte quelle ragazze ad uscire con lui?» Palesò i propri pensieri, scuotendo la testa incredula.
Evie non dovette nemmeno voltarsi una seconda volta per sincerarsi che Fred fosse passato all’attacco con una nuova ragazza, lo conosceva oramai da fin troppo tempo per non pensare il contrario.
In quanto figlia di Lee Jordan, era da quando era nata che veniva costretta a frequentare i figli di George Weasley e la loro mandria di cugini scatenati; il fatto che Fred avesse gli ormoni un po’ troppo accesi non era mai stato un segreto per lei - così come per il resto di Hogwarts, tra l’altro.
« Beh, è bravo coi complimenti e le ragazze di solito cascano per quelle cose.» Rispose atona Evie, alzando le spalle.
Playboy non sarebbe stata la parola giusta per definire la relazione di Fred Weasley con il gentil sesso; per lui non era un gioco, ma una vera e propria missione.
D’altronde tutte le ragazze sono bellissime a loro modo e Hogwarts poteva vantare un numero elevato di studentesse, perché mai avrebbe dovuto non prestare ciascuna di loro l’attenzione che si meritavano?
« Ma come possono credergli se dice le stesse cose a tutte!?» Chiese scettica Eleanor.

Vi erano poche cose che Eleanor non conoscesse come le sue tasche, lei che come minimo per sentirsi preparata su un argomento doveva leggere due tomi di approfondimento.
Ma quello, il perché Fred Weasley avesse così tanto successo con le ragazze, era sempre stato il mistero più grande di tutti.
Come ci si può sentire attratti da un combinaguai indisciplinato che non ha il minimo senso della responsabilità?
Eleanor aveva ben chiaro che se mai avesse dovuto provare interesse per qualcuno, sarebbe sicuramente stato per un uomo, e non per un ragazzino immaturo.
« Non so, immagino ogni ragazza pensi di essere speciale e l’unica in grado di farlo cambiare.» Evie alzò nuovamente le spalle, dimostrando quanto interesse avesse realmente per quella conversazione.
La Grifondoro era semplicemente fatta così: vi era poco che potesse catturare la sua attenzione e sicuramente l’argomento Fred Weasley non era uno di quelli che la interessasse a fondo.
« L’unica per lui!? È una cosa orribile, sia lodata Priscilla che noi due non siamo fatte così!» Sbraitò in maniera smisurata Eleanor e per poco Evie faticò a riconoscere la sua sempre pacata e composta amica Caposcuola.
« Rilassati! La tua ossessione per Fred Weasley sta peggiorando, eh.»
La Corvonero abbe l’accortezza di non dire più nulla; effettivamente si rese conto anche lei di stare esagerando, non avrebbe dato la soddisfazione a Fred Weasley di essere protagonista anche delle sue conversazioni, gli bastavano già tutte le volte in cui le toccava controllare che scontasse a pieno le punizioni che lei stessa gli assegnava.

Emettendo un ultimo sbuffo che esprimeva tutto il fastidio che stava provando, Eleanor tornò a puntare gli occhi verdi sul tomo di Pozioni, lo stesso che aveva abbandonato prima che l’amica le si sedesse di fronte.
Provò con tutta se stessa a concentrarsi sulle prime righe della pagina, ma la consapevolezza che Fred Weasley si trovasse al tavolo di fronte al suo a flirtare con l’ennesima ragazza era una distrazione troppo pressante.
Chiuse il tomo in uno scatto e lo infilò con forza dentro alla propria borsa; l’attimo dopo fece un sospiro pesante e tirò fuori la sua amatissima copia di ‘Orgoglio e Pregiudizio’.
Mr. Darcy sarebbe sempre stato l’unico uomo in grado di distrarla da qualunque - o chiunque - cosa. 

 

*

 

Tra tutti i luoghi che Hogwarts ospitava, il Cortile della Torre dell’Orologio era il posto meno indicato per leggere in tranquillità.
Soprattuto se si sceglieva di sedersi sul ciglio della fontana centrale, all’ombra dell’enorme albero di pere che primeggiava imponente nel chiostro.
Nonostante l’aspetto che stesse andando tutto in rovina, a Lucy Weasley quel Cortile era sempre sembrato un luogo più magico degli altri, dove le costruzioni più antiche del Castello venivano baciate dal tiepido sole autunnale.
E della sua stessa idea dovette essere più o meno un quarto del corpo studentesco, perché posto più popolato di quello era solo la Sala Grande durante i pasti.

Lucy era sempre stata la migliore ad isolarsi quando attorno a lei vi era una folla di persone. Lo aveva dovuto imparare per necessità nel corso della sua infanzia, quando le toccava presenziare ai numerosi pranzi da sua nonna Molly alla Tana.
E poi aveva affinato questa capacità durante i suoi anni ad Hogwarts, in quanto il vecchio Cappello Parlante aveva ben pensato di smistarla a Grifondoro: in poche parole, dal destino tipico dei Weasley non sarebbe mai riuscita a scappare.
Lucy amava i suoi cugini con tutto il cuore, ma i momenti dedicati a lei stessa, chiusa nei propri pensieri e nella propria mente, erano ciò che aveva di più caro.
E le era sempre sembrato di avere una sorta di tacito patto con il resto degli studenti di Hogwarts e con il Castello stesso, perché quando si chiudeva nella lettura di un libro non vi era mai nulla che potesse distrarla.

« Hey!»
O forse no.
Lucy alzò pigramente - ma comunque con atteggiamento amichevole - gli occhi marroni dal libro che teneva saldamente in mano, gli stessi occhi che aveva ereditato da sua madre Audrey e che la rendevano diversa dal resto dei suoi cugini.
Cosa che non si poteva di certo dire del colore dei capelli, di un rosso ramato che già a vederlo in lontananza non poteva suscitare altro se non la connessione immediata col cognome Weasley.
« Oh, hey.» Rispose timidamente una volta sinceratasi di chi le avesse appena rivolto la parola.
In piedi di fronte a lei, con un sorriso che partiva da un lato del viso e terminava nell’altro, vi era nient’altro che Charles Chang.
Lucy dovette ammettere di sentirsi leggermente a disagio: quella era la prima volta in sei anni che il Serpeverde le rivolgeva la parola.
« Cosa stai leggendo?» Le chiese euforico Charlie e per un attimo Lucy fu invasa dalla confusione; cosa c’era di tanto divertente in quella domanda?
Rimase per qualche secondo interdetta, ferma a guardarlo negli occhi; scorse in quelli scuri di lui sincerità e non poté fare a meno di chiedersi se stesse vivendo una qualche sorta di sogno assurdo.

Sapeva bene chi fosse il ragazzo che aveva di fronte, d’altronde per sei anni aveva visto suo cugino James accompagnarsi a lui e diventarne il migliore amico.
La cosa che però non riuscì a spiegarsi fu perché, tra tutte le persone che erano presenti nel chiostro, fosse venuto proprio a parlare con lei, probabilmente l’unica persona in tutta Hogwarts con la quale non avesse alcun tipo di rapporto.
Perché Lucy sapeva bene che Charlie era indubbiamente il ragazzo più popolare di tutta Hogwarts, quello che era sempre sulla bocca di tutti e che conosceva ogni singolo studente; di lei, invece, si sarebbe potuto dire l’esatto contrario.

Si rese conto di doverlo stare fissando da troppo tempo e che con ogni probabilità la cosa stesse diventando inquietante, così Lucy si costrinse a rispondergli con tono cordiale.
« Ehm… ‘Rune Antiche: rapporto con le Rune Babbane e loro genesi’. »
Charlie annuì con convinzione, quasi gli fosse appena stata raccontata la migliore delle storie; Lucy si chiese se effettivamente l’avesse minimamente ascoltata.
« Sì, sì, sembra interessante… ti dispiace se mi siedo accanto a te?»
La Grifondoro non ebbe nemmeno il tempo di rispondere, perché Charles si era già posizionato al suo fianco: il sorriso, ora, era più ebete che mai.
Lucy ricambiò impacciatamente il sorriso, aspettando che il ragazzo le dicesse il perché si trovasse lì, o quantomeno che dicesse qualsiasi cosa.
Lei, di certo, non era il tipo di persona in grado di portare avanti una conversazione con uno sconosciuto.
Ma il Serpeverde dovette star avendo tutt’altra conversazione con chissà chi nella propria testa, perché si limitò a passarsi una mano tra le ciocche corvine e lisce e a spostare lo sguardo dal viso di Lucy alla distesa di persone che avevano di fronte.
La Grifondoro si appellò a tutto il coraggio tipico della sua Casa e, preso un respiro profondo, aprì bocca per parlare.
« Se ti interessa posso prestartelo, a tratti è un po’ pesante ma gli argomenti sono ben piazzati e le fonti son– »
« Beh, ottima conversazione Lucy, davvero! È stato un piacere, devo andare, a presto!» La interruppe sbrigativo lui e, con la stessa accidentalità con la quale era arrivato, si alzò in uno scatto dal posto per rincorrere due ragazze che stavano passando alla loro destra in quel momento.

Lucy lo guardò andare via con l’incredulità che regnava padrona sul suo volto, sconvolta non solo dal modo in cui se ne era appena andato, ma in primo luogo dal solo fatto che avesse appena avuto la conversazione più assurda della sua vita con la persona con la quale meno si era aspettata di dover mai avere a che fare.
Si ricompose l’attimo dopo, posando nuovamente lo sguardo sul libro che aveva tenuto stretto tra le mani per tutta la durata della chiacchierata, e pregò mentalmente Godric Grifondoro di non riservarle altre sorprese per il resto del suo sesto anno scolastico.

 

*

 

« Guarda che sono io la preferita di nonna Molly!»
« Non dire scemenze, lo sanno tutti che sono io! James diglielo tu che ho ragione io!»
« Questa è la volta buona che mi faccio obliviare e mi dimentico di tutti voi, giuro.»

Neanche un mese di scuola e già la lista delle scenate a cui i suoi familiari avevano sottoposto James Sirius Potter poteva superare la pergamena.
Quel giorno il ragazzo ebbe l’accortezza di non cedere a tali immaturità e, nel pieno del diverbio tra Fred e Roxanne e l’immancabile commento di Rose, decise di caricarsi su una spalla la propria borsa e scappare da loro il più frettolosamente possibile.

Pensò a quale fosse il posto più lontano rispetto al parco di Hogwarts dove aveva appena lasciato  i cugini a discutere e, con sua grande sorpresa, si rese conto che finalmente avrebbe potuto godere dell’immensa vista del Lago Nero.
Imboccò la strada per il grande viadotto del Castello che comunicava il Cortile lastricato con la rimessa della barche e, una volta raggiunta l’esatta metà del ponte che si ergeva a diversi metri di altezza sul lago, si posizionò poggiandosi con la schiena a una colonna.
Si stupì lui stesso di quanta calma gli diede immediatamente quel luogo; per quanto, quando si trovava da solo, avesse sempre evitato i luoghi gremiti di gente, dovette ammettere che il viadotto si era rivelato essere più desolato del previsto.
Gli passarono accanto solamente un paio di studenti, i quali, dopo avergli riservato qualche sbrigativa parola di saluto, lo superarono e lo lasciarono nuovamente in compagnia del rumore del vento.
Si guardò in giro, per accertarsi che realmente non ci fosse nessuno nelle immediate prossimità, per poi infilare una mano nella propria borsa e tirarne fuori un vile pacchetto di sigarette Babbane.

In molti si erano chiesti nel corso degli anni come facesse James a sembrare sempre rilassato quando si trovava a dover gestire una mandria di cugini dalle personalità non proprio facilissime; tuttavia James si era sempre riservato quel segreto unicamente per sé: d’altronde come avrebbe spiegato ad un gruppo di giovani maghi e streghe che un comunissimo vizio Babbano riusciva a dargli quei cinque minuti di pace che lo salvavano quotidianamente?

Tirò fuori la bacchetta che teneva chiusa nella tasca destra e sussurrò un Incendio in direzione della sigaretta che teneva fra le dita; quando l’estremità di questa cominciò a bruciare, se la infilò prontamente in bocca dalla parte del filtro.
Probabilmente la sensazione di calma che derivò da un paio di tiri di tabacco e la vista delle placide acque nere del lago bastarono a fargli dimenticare dell’ambiente circostante.
Fu così che non sentì nemmeno il suono dei passi delicati che gli si avvicinarono sempre di più, appartenenti ad una figura altrettanto distratta dai propri pensieri.

Perciò, quando Evie Jordan superò l’ennesimo arco a volta del viadotto e giunse alla sua esatta metà, non poté fare a meno di sussultare quando notò James Potter appoggiato contro alla colonna, talmente nascosto da non averlo potuto scorgere prima mentre camminava in tranquillità.
Immediatamente nascose dentro alla propria borsa il libro che aveva tenuto in mano fino a quel momento, nella speranza che James non l’avesse vista reagire con così tanta urgenza.
Presto il Grifondoro si accorse della nuova arrivata, ma, come invece ci si sarebbe potuti aspettare, non fece nulla per nascondere ciò che stava facendo.
Si voltò per fronteggiare Evie e, preso un altro tiro dalla sigaretta oramai consumata a metà, le rivolse un grande sorriso di intesa.

« Sai, sono io che dovrei nascondere la prova del delitto, non tu. È solo un libro, Evie.»
La ragazza per poco non si sentì mancare.
Se solo fosse tornata ad avere tredici anni, probabilmente sarebbe direttamente svenuta.
Evie Jordan era una ragazza dai mille misteri, ma tra di essi c’era un piccolo ed innocente segreto che aveva avuto il coraggio di rivelare all’amica Eleanor solamente l’anno precedente: fino all’età di tredici anni, infatti, aveva avuto una cotta spaventosa per James, una di quelle cotte che pensi che non termineranno mai e che inevitabilmente finiscono per rovinarti il resto del tuo futuro sentimentale.
Colpa di suo padre Lee e della sua amicizia con la famiglia Weasley, se solo non fosse stato per lui non sarebbe mai cresciuta con i cugini Weasley né tantomeno sarebbe cresciuta con James e con il suo fastidiosissimo sorriso e con la sua molestissima gentilezza.
Ma così come era nata, la cotta era improvvisamente scemata quando durante il loro terzo anno James aveva cominciato a provare interesse per l’intero genere femminile, tranne che per lei.
E la Grifondoro era una ragazza estremamente orgogliosa: perché mai avrebbe dovuto perdere ulteriore tempo dietro ad un ragazzo che non la considerava nemmeno?

Così, quando ora, durante il loro settimo e ultimo anno, James le rivolse quel sorriso e le parlò mentre erano totalmente soli, Evie poté giurare che se aveva avuto quel sussulto era perché aveva rischiato di farsi beccare con un banalissimo romanzo rosa in mano e per nessunissima altra ragione.

« Hey! Non ti ho mai visto fumare! Vuoi che ti lasci da solo?» Ebbe la brillante idea di capovolgere la situazione, vertendo l’attenzione su di lui.
James, d’altra parte, tornò a stupirla: scrollò pigramente le spalle, facendole poi un gesto che le fece intendere di avvicinarglisi.
« Ma no, figurati! Tanto non è che andrai a dirlo a Lily o a chissà chi altro.»
« Certo! Perché sicuramente Lily ne rimarrebbe sconvolta! Scommetto che fuma anche lei di nascosto!» Disse Evie con una certa ilarità della voce.

Nonostante avrebbe dovuto provare un qualche senso di repulsione all’immagine della sorellina di appena quattordici anni che fumava, a James nacque spontanea una risata e presto si ritrovò a puntare gli occhi nascosti dalla pesante montatura degli occhiali su quelli scuri di Evie.
Osservò il modo in cui la matassa di capelli corvini e ricci, decisamente troppo lunghi per riuscire ad essere mantenuti così bene, le scendeva scompostamente lungo le spalle e il modo in cui un ricciolo ribelle le spezzava il viso a metà; inevitabilmente l’occhio cadde sulle poche lentiggini che le contornavano il naso e sulle labbra carnose che erano le indiscusse protagoniste del viso della ragazza.

James si ridestò all’istante, era evidente dall’espressione sul viso della Grifondoro che stesse attendendo una sua risposta.
« Beh, per come la vedo io, se non la vedo fumare con i miei occhi, allora significa che non lo fa!» Replicò con tranquillità, serrando nuovamente tra le labbra la sigaretta.
Fece l’ultimo tiro e poi la porse alla ragazza che aveva affianco; Evie scosse leggermente il capo, facendogli intendere che non avrebbe accettato e, senza porsi ulteriori problemi, tirò fuori nuovamente dalla tasca la bacchetta per recitare un Evanesco: nel giro di pochi secondi, la famosa prova del delitto sparì definitivamente.
« Hey, Evie.» Parlò ancora James. « Prima o poi mi dirai qual è questo segretissimo libro che stai nascondendo?»
Evie si fermò a guardarlo negli occhi e lo vide imprimersi sul volto un sorriso compiaciuto; ebbe la conferma definitiva che James Potter amava avere tutto sotto controllo e il controllo su di tutti.
« Quale libro?» Chiese con finta innocenza lei, sbattendo volutamente le ciglia più vistosamente del normale.
A quella scena, James si lasciò sfuggire uno sbuffo divertito.
« Quello che hai nascosto nella borsa!»
« Beh, per come la vedo io, se non lo vedi con i tuoi occhi, allora significa che non esiste!»
Il Grifondoro si rese conto che quelle semplici parole di Evie lo colpirono come raramente altri avevano fatto. Incassò il colpo, scuotendo il capo da destra a sinistra in segno di incredulità: quella era una delle poche volte in tutta la sua vita che si ritrovava ad essere senza parole.

Evie oramai aveva imparato a conoscere James come il palmo delle proprie mani e, appurato che non le avrebbe risposto nulla, gli fece un veloce occhiolino, prima di caricarsi meglio la borsa su una spalla e cominciare a camminare nuovamente lungo il viadotto.
« Ci vediamo stasera a cena, Jordan!» La costrinse a voltarsi la voce del ragazzo e Evie seppe subito che cosa dire.
« Stasera come per il resto delle cene di quest’anno, Potter!»

James non poté fare altro che darsi dell’idiota: perché mai nel corso degli anni si era quasi dimenticato quanto fosse facile e divertente parlare con Evie?
Poco male, avrebbe avuto un intero anno scolastico per recuperare.

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Capitolo 4
*** Galeotto fu il tema da consegnare! ***


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IV. Galeotto fu il tema da consegnare!
 

La Sala Comune di Grifondoro era sempre stata fin troppo rossa e oro per i gusti di Lysander Scamander.
Ovunque poggiasse gli occhi, non vi era un drappo, un arazzo o un divano che non fosse di quei colori. Perfino il fuoco sempre acceso nel grande camino centrale era decisamente troppo rosso; ma il fuoco di solito non aveva anche sfumature blu?

Certo, non avrebbe potuto negare che l’ambiente, meno arioso rispetto a quello della Sala Comune di Corvonero, gli provocasse un enorme senso di accoglienza; e molto probabilmente era per questo motivo che negli ultimi sei anni che lo avevano visto a Hogwarts non si era mai opposto alle richieste - o meglio, agli ordini - di Roxanne di ritrovarsi proprio lì.

Tuttavia Lysander non era uno provveduto; sapeva benissimo che quando Roxanne lo invitava a studiare o a fare i compiti nella propria Sala Comune ciò significava un’unica cosa: sentirla blaterare mentre lui, forgiato da anni di abitudine, si sforzava ad adempiere ai propri impegni scolastici.
« Dì la verità! Sono stata adottata!»
« Perché mamma e papà avrebbero dovuto adottare proprio te? Lo sai che ci sono bambini più intelligenti di te là fuori, vero?»
Lysander continuò imperterrito a tenere lo sguardo puntato sulla pergamena sulla quale, da oramai venti minuti buoni, stava tentando di scrivere il tema di Pozioni.
Riuscì a percepire dal timbro di voce di Fred Weasley, che al momento stava rispondendo a tono alla propria sorella, il sorriso sfacciato che doveva avere stampato in viso.
Non ebbe dubbi riguardo il broncio che invece con ogni probabilità faceva capolino sul volto tondo di Roxanne.
« Oh, ma cosa dici? Io sono intelligentissima!» Sentì lagnarsi l’amica. « Lys, diglielo che sono perfino più intelligente di te!»
Come spesso accadeva, Lysander seppe che quel pacifico momento dove poteva fare finta che le conversazioni tra Fred e Roxanne non stessero avendo luogo era definitivamente finito.
Alzò gli occhi azzurri e li puntò in quelli scuri della Grifondoro, scrutandone l’espressione seriosa; gli venne spontaneo lasciarsi sfuggire una breve risata: nonostante gli anni passati insieme, ancora non riusciva a capacitarsi di come potesse sempre sembrare tanto convinta delle proprie frasi sconclusionate.
« Non mettermi in mezzo.» Replicò il Corvonero, riservando uno sguardo di ammonizione prima a Roxanne e poi a Fred, giusto per evitare che venisse nuovamente chiamato in causa anche dall’altro erede di George Weasley.
« Non so proprio come faccia Lysander a sopportarti!»
« Beh, questo perché lui è il mio schiavo, deve fare tutto quello che gli dico!»
Lysander non poté fare altro che alzare vistosamente entrambi i sopraccigli, causando l’immediata risata isterica di Fred.
« Roxanne, non dire idioz– »
« Taci, mio schiavo.» Si premurò immediatamente Roxanne di far tacere Lysander, posizionandogli con modo molto indelicato un palmo della mano contro la bocca.
Il Corvonero scosse il capo sconsolato: ne aveva viste e sentite davvero troppe per avere anche solo custodita in corpo un briciolo di voglia di ribattere.

Improvvisamente, l’attenzione di Fred - che fino a quel momento aveva osservato la sorella interagire con l’amico come se fossero stati lo spettacolo più intrattenente del mondo - andò a puntarsi sulla porta della Sala Comune, dove una ragazza dai capelli corvini aveva appena fatto il proprio ingresso.
« Beh, amici miei, è stato un piacere, ma devo proprio scappare!» Disse quasi urlando, alzandosi in uno scatto dal posto e correndo verso la nuova arrivata.
Roxanne seguì con gli occhi i movimenti del fratello e, notato il nuovo oggetto del suo desiderio, non poté fare altro che scoppiare a ridere.
D’altra parte Lysander non si degnò nemmeno di spostare lo sguardo dal tavolo in cui era seduto; era certo che nel giro di un paio di giorni Fred Weasley sarebbe passato oltre con una nuova fortunatissima ragazza.
« Fratellone, ricorda le precauzioni! Non voglio diventare zia così giovane!» Gridò nuovamente la Grifondoro e, a quelle parole che di certo non potevano non destare curiosità, l’intero gruppo dei presenti si voltò a guardarla.
Roxanne si limitò a stringersi nelle spalle, non era certo la prima volta che si trovava ad essere al centro degli sguardi di tutti per qualcosa che aveva - urlato - detto.
Prima di allontanarsi definitamente con la fiamma del momento dai capelli corvini, Fred si voltò per qualche secondo per fare un occhiolino veloce alla sorella.
Nonostante di lui si dicesse di tutto e di più in giro per Hogwarts, Fred Weasley sapeva che avrebbe potuto contare su Roxanne per qualsiasi cosa: da parte sua, non avrebbe mai e poi mai ricevuto alcun giudizio.

Quando furono nuovamente soli, Lysander non perse tempo ulteriore; tornò a stringere con forza la piuma intinta di inchiostro e a rielaborare gli appunti scribacchiati che teneva vicini alla pergamena.
« Comunque sono davvero gelosa di Fred.» Diede voce ai propri pensieri la Grifondoro.
« Vorresti uscire con tutte le ragazze del Mondo Magico?»
« Beh, perché no? Sarei un’ottima amica e ci divertiremmo un sacco e– no, ehi! Non era questo il punto!»
Il Corvonero le lanciò uno sguardo di curiosità, incoraggiandola a proseguire.
« Il punto è che Fred è così… appagato! E io sono così frustrata, capisci!?»
« Se stai per parlare di ciò che credo, giuro che mi taglio le orecchie in questo preciso instante!»
Mise le mani avanti Lysander, già configurando dentro la propria mente il tipo di conversazione scomoda verso la quale l’amica stava vertendo.
Non che provasse imbarazzo quando si trattava di questioni intime e private - d’altronde con Roxanne la soglia dell’inibizione era stata superata molti anni addietro - ma per Lysander certi tipi di argomenti non erano nemmeno astrattamente da considerarsi come temi di conversazioni adatti a Roxanne Weasley.
Conoscendola, sarebbe stata in grado di travisare anche solo una sillaba di una frase e trasformarne completamente il significato.
« Dai, Lys! Dimmi il tuo segreto!» Cominciò a fare gli occhi dolci Roxanne e Lysander seppe immediatamente che fosse arrivato anche il momento delle sue tipiche reazioni teatrali.
« Non ho nessun segreto.»
« Come fai ad essere così tranquillo? Tu sei praticamente asessuato!»
Il Corvonero dovette fare appello a tutte le sue forze per non rovesciare il tavolo; aggrottò vistosamente la fronte, riservandole un’occhiata allucinata.
Qua sotto è tutto a posto e funziona benissimo, grazie mille!
Avrebbe voluto risponderle in prima battuta, magari anche puntualizzando sul fatto che avesse usato il termine sbagliato; ma Lysander non fece niente di tutto ciò, si limitò solamente a qualche breve parola.
« Non sono asessuato, e neanche asessuale se è per questo.»
« Fa lo stesso, che precisino che sei!» Ribatté con voce lamentosa Roxanne, muovendo esagitatamente una mano davanti al volto dell’amico.
La Grifondoro ebbe la brillante intuizione di tacere - per quanto le fosse stato possibile per indole, naturalmente. In ogni caso, anche solo un paio di minuti di silenzio, alle orecchie di Lysander furono percepiti come ore di pace.
E proprio come un orologio svizzero, allo scadere di cinque minuti, la bocca di Roxanne tornò nuovamente ad aprirsi, solamente per essere costretta a richiudersi l’attimo dopo quando Lysander la precedette.
« Rox, ti conviene studiare veramente.» Il Corvonero sapeva benissimo di risultare saccente e borioso ogni volta che ricordava all’amica di concentrarsi sui libri, ma non vi era molto altro che avrebbe potuto fare: il giorno dopo avrebbero dovuto consegnare il famoso tema di Pozioni e chiaramente Roxanne aveva ben pensato di aspettare l’ultimo giorno per cominciarlo.
« Non ha senso tanto ho il Troll fisso in Pozioni!» Rispose con rassegnazione, poggiando un gomito sul tavolo per poi prendersi il lato del viso con una mano.
« Forse dovrei smettere di studiare e trovarmi un marito ricco, che dici?»
Lysander non si scompose minimamente, alzò semplicemente le spalle per parlare con ovvietà.
« Certo, e chi sarebbe così folle da sposare proprio te?»
« Forse potresti farlo tu… »
« Zitta.» Chiuse duramente il discorso Lysander e Roxanne non poté fare altro che scoppiare a ridere divertita: amava punzecchiare l’amico, ma amava ancora di più vedere espresso negli occhi del Corvonero la stessa sensazione di familiarità che provava anche lei ogni volta che si ritrovavano a battibeccare.

 

*

La Biblioteca, dacché ricordava di averci messo piede sei anni prima, non era mai particolarmente piaciuta a Rose Weasley.
Da sempre aveva creduto che fosse troppo buia e gremita di libri per essere collocata su due piani; come minimo avrebbe dovuto aver maggior spazio per passare attraverso gli scaffali e non venire schiacciata ogni volta contro a un mucchio di libri polverosi perché un paio di studenti del secondo anno non erano in grado di camminare in fila indiana!

Fu così che Rose si ritrovò quel primo pomeriggio di fine settembre a tenere il naso fisso contro gli scaffali, onde evitare di lanciare qualche fattura contro studenti distratti e poco attenti ai propri passi.
Fece scorrere l’indice contro le copertine dei libri, in attesa che gli occhi azzurri si posassero sul titolo che stava cercando.
Certo, le sarebbe stato molto più comodo mandare un gufo a sua madre e farsi arrivare nel giro di due giorni pacchi spropositati di tomi di approfondimento, ma perché avrebbe dovuto scomodare la grandissima Hermione Granger per uno stupidissimo compito sulla caccia alle streghe Babbana?
Dal momento che avrebbe dovuto avere a che fare con un semplice compito di Storia della Magia, la Biblioteca di Hogwarts - per quanto buia e desolata - se la sarebbe dovuta fare bastare.

« Non ti facevo una fan di Storia della Magia, di solito dormi sempre in classe.»
Come mossa da un istinto di sopravvivenza - chi mai osava disturbarla nel pieno di una attività che stava facendo perfino controvoglia!? - Rose si voltò di scatto in direzione del ragazzo che le aveva appena rivolto la parola.
Appena riconobbe il viso di Scorpius Malfoy, ebbe un attimo di stupore: perché mai un Serpeverde con il quale non aveva mai parlato granché ora le rivolgeva la parola addirittura due volte nel giro di una settimana?
« Perché? Tu non li fai i compiti?» Rispose polemica la Grifondoro, sentendo il bisogno di giustificare la propria presenza in quella Biblioteca quasi fosse stata la macchia più grande nella sua esistenza.
Il Serpeverde alzò una spalla, alludendo al fatto che le parole di Rose non facevano una piega; si stampò in viso un sorriso nervoso, era arrivato il momento di tirare fuori tutte le sue carte e dimostrare ai propri amici che nessuna sfida era per lui impossibile.
« Dico solo che è una sorpresa trovarti qui, tutta sola.» Disse in tono leggermente lascivo Scorpius e optò per appoggiare un fianco contro lo scaffale, assumendo una posa volutamente autorevole.
« La prossima volta organizzo un gruppo di amici che mi accompagni, tranquillo!» Gli riservò un sorriso vistosamente finto Rose, tornando l’attimo dopo a puntare nuovamente gli occhi sui libri polverosi.
Scorpius, nonostante la consapevolezza che non fosse riuscito nemmeno a fare una minima crepa nel muro della Grifondoro, non poté fare a meno che farsi spuntare un sorriso obliquo; forse aveva ragione Jonathan e le risposte che la ragazza era in grado di dare potevano davvero divertire.

« Non è facile avere una conversazione con te, eh?» Decise di dare libero sfogo ai propri pensieri; forse, quest’ultima tattica avrebbe funzionato.
Si puntellò i pugni dentro le tasche dei pantaloni, in attesa che Rose si voltasse di nuovo per degnarlo della sua attenzione.
La vide inspirare profondamente, quasi stesse recitando chissà quale mantra nel proprio cervello per non scoppiare da un momento all’altro.
E probabilmente Scorpius Malfoy fu benedetto da Salazar in persona, perché se avesse fatto uscire la risata che prepotentemente le era salita alla vista di quella scena - una Grifondoro che non raggiungeva neanche il metro e settanta e sul punto di implodere - sarebbe sicuramente andato incontro alla sua morte in quel preciso istante.
« Dipende con chi sto parlando.» Replicò con evidente fastidio Rose.
Possibile che una ragazza non avesse neanche più diritto di annoiarsi a fare i compiti senza che un maschio qualsiasi venisse ad infastidirla per un paio di inutili chiacchiere!?
Il Serpeverde continuò imperterrito a sorridere, d’altronde non poteva non ammettere che le risposte della ragazza fossero alquanto originali.
« Ecco, ci risiamo! Perché provare ad avere una conversazione con te quando posso ricevere in cambio un odio così amorevole?» Disse volutamente ironico Scorpius e Rose, che mai fino a quel momento aveva conosciuto quel lato del ragazzo, dovette ammettere nel profondo di essere rimasta colpita: quelle parole sarebbero potute benissimo uscire dalle sue stesse labbra.
Ma il secondo dopo era tornata ad essere se stessa e, notati gli occhi grigi di lui che brillavano per chissà quale euforia, non poté fare a meno che alzare al cielo i suoi.
« Beh, tu cosa ci fai in Biblioteca?» Chiese la Grifondoro, ma entrambi seppero che ricevere una risposta non le avrebbe potuto importare di meno. E ciò fu testimoniato dal tono nuovamente aggressivo, pronta a far intendere al suo interlocutore che avrebbe dimostrato quanto fosse infastidita dalla sua presenza fino alla fine.
« Ehm…» Scorpius non si fece trovare impreparato. Dal momento che non avrebbe mai potuto dire la verità - ehi, sì, devo provarci con te per far andare tuo cugino a una stupida festa - optò per l’improvvisazione: prese un libro a caso tra quelli posti di fronte alla testa di Rose e lo mostrò vittoriosamente scuotendolo in aria. « Sto leggendo questo capolavoro, non si vede?»
Poi ebbe la brillante idea di leggerne il titolo, pronunciando le parole con un senso di fierezza che andò drasticamente a calare quando si rese conto di che libro avesse appena tirato fuori.
« ‘Cento storie segrete d’amore per giovani streghe romantiche’… sì, proprio questo.»
Letto il titolo, Scorpius non poté che strizzare gli occhi dall’imbarazzo: ma il Destino proprio non voleva accorrere in suo aiuto?
« Beh, un libro che ti si addice, Malfoy.»
« Già.» Disse infine con la desolazione che faceva da padrona nel tono di voce, conscio che anche per questa volta la missione Rose Weasley era andata rovinosamente in frantumi.
La Grifondoro non lo degnò più neanche di uno sguardo e, dopo aver preso un paio di tomi dallo scaffale ed esserseli assicurati sotto a un braccio, prese a camminare in direzione del bancone di Madama Pince.
Scorpius non dovette neanche alzare lo sguardo per sapere dove fosse diretta, oramai sapeva che se l’avesse seguita o meno a Rose Weasley sarebbe importato meno di zero.

 

*

Albus Severus Potter poté giurare di non aver mai visto il suo migliore amico tanto in difficoltà come in quel momento.
Dovette metterci tutto l’impegno che avesse in corpo per non scoppiare fragorosamente a ridere lì, nel bel mezzo della Biblioteca di Hogwarts, mentre osservava da dietro uno scaffale Scorpius parlare con Rose - o, per essere più precisi, di tentare di parlare.
Seppe immediatamente che sua cugina con ogni probabilità gli stava facendo patire le pene dell’inferno; era chiaro dal modo in cui non lo degnava di uno sguardo, dal modo in cui il viso del Serpeverde si accigliava ogni volta che non riceveva la reazione che si aspettava alle sue parole.
Albus scosse le testa sconsolato; non vi era molto che avrebbe potuto fare per Scorpius quel giorno, avrebbe solamente riso di lui da lontano e magari gli avrebbe riservato anche qualche battuta canzonatoria quando si sarebbero ritrovati a cena.
Per ora, guardare sua cugina Rose correre via da Scorpius a gambe levate gli sarebbe bastato, si era già divertito abbastanza sulla pelle dell’amico.

Si voltò lasciandosi la triste figura di Scorpius alla spalle, volgendo lo sguardo verso il lato più remoto della Biblioteca.
Mosse qualche passo incerto, alla ricerca di qualcosa da fare o anche solo di qualcuno da importunare; non sarebbe stata la prima volta che Albus si intratteneva in chiacchiere vane semplicemente per il gusto di superare la noia.
Superò un paio di tavoli, seduti ai quali una manciata di studenti sembrava indaffarata a preparare chissà quale tema di chissà quale materia; evidentemente i professori si erano premurati di assegnare tutti i compiti quella settimana - pensò il ragazzo sorridendo tra sé e sé.
Presto le proprie gambe lo portarono verso una nuova sezione della Biblioteca, dove altri innumerevoli e immensi scaffali polverosi diventavano gli unici protagonisti dello scenario che si ritrovò davanti agli occhi.

Eppure, nonostante la prospettiva di incontrare in Biblioteca unicamente essere inanimati fatti di pagine di pergamena, presto l’attenzione di Albus fu catturata da una figura già a lui nota.
Lorcan Scamander se ne stava di fatti in piedi davanti a uno scaffale del reparto sulle curiosità Babbane, mentre con gli occhi stretti in una fessura scrutava insistentemente i diversi libri.
Non nel modo col quale aveva fatto precedentemente Rose, poggiando le dita prepotentemente su ogni copertina sulla quale fosse riuscita a metter mano, no, Lorcan osservava e leggeva i titoli con un muto rispetto, con un certo luccichio negli occhi che tanto sapeva di devozione e che lasciava intendere che i libri, per lui, non erano solamente pile di pagine, ma i suoi più compagni più grandi.

Albus gli si avvicinò con cautela, ricordando di come solamente pochi giorni prima aveva invece scelto di osservarlo da lontano.
Gli si posizionò accanto, cominciando a scrutare anche lui i libri che avevano davanti; si rese conto che Lorcan non si mosse di un millimetro e che probabilmente non si fosse nemmeno accorto del suo arrivo.
« Prova con questo, è l’unico scritto da un Nato Babbano.» Esordì Albus, puntando l’indice contro uno dei volumi che Lorcan stava fissando.
Il Serpeverde riconobbe subito di che libro si trattasse, ricordava ancora di quando l’aveva scoperto un paio di anni prima, proprio nello stesso reparto e scaffale in cui si trovava ora.
Non sapeva che significato avrebbe potuto avere quel libro per Lorcan Scamander, ma sapeva bene che cosa aveva significato per lui: in poche e brevi pagine, era venuto a conoscenza di quelle che erano state le lotte che i Babbani amavano chiamare ‘per la rivendicazione dei diritti’.
Un concetto così elementare - rivendicare ciò che si dovrebbe avere per diritto -  un concetto così semplice e del quale nel corso della sua vita nel Mondo Magico non aveva mai sentito parlare.
Non perché i maghi non avessero problemi intrinsechi della natura umana, semplicemente nel Mondo Magico vi erano tutt’altri problemi.
Ma quando sei un adolescente alla ricerca di te stesso, non è forse la scoperta di ciò che è connaturato nell’uomo che vai cercando?
Di certo questo era ciò di cui Albus era sempre stato convinto.

« Ehm… grazie.» Sibilò solamente Lorcan e il Serpeverde non poté fare a meno di chiedersi perché non sembrasse minimamente stupito della sua presenza.
Se solo due anni prima un ragazzo gli avesse consigliato quel tipo di lettura, Albus si sarebbe di certo domandato se sul suo volto fosse stato chiaro quanto si sentisse perso dentro di sé.
Sul viso di Lorcan però non vi era nulla di espresso.
« Sai, se ti interessano davvero questi argomenti dovresti chiedere ad un Nato Babbano, la nostra scuola è piena.» Sentì di dover continuare a parlare il Serpeverde, scrollando le spalle nel mentre; non avrebbe saputo spiegarsi il perché, ma sentiva di dover dare la parvenza di indifferenza.
Il che non aveva alcun senso, dato che davanti a sé vi era un ragazzo con cui era cresciuto assieme - nonostante avessero preso strade diverse nel corso degli anni -  e non un completo sconosciuto: l’autoconservazione non aveva motivo di essere.
« Preferisco i libri, grazie.» La voce del Corvonero uscì nitida e perentoria e Albus non poté fare a meno di notare quanto quel suono così tagliente discordasse con i tratti rilassati del viso.
Lorcan ora lo guardava con serenità, ma con una punta di freddezza nello sguardo, quasi non vedesse a fondo la persona che aveva davanti a sé; probabilmente avrebbe riservato un’espressione diversa se avesse avuto quello scambio di battute con un essere inanimato, magari un libro.
Albus alzò vistosamente un sopracciglio, sorpreso che una reazione del genere potesse provenire da un ragazzo che per tanti anni aveva pensato essersi rovinato dalla propria timidezza.
« Beh, mio padre ha vissuto come un Babbano per un bel po’, magari potrei dirti qualcosa io– »
« Come ho detto, preferisco i libri, ma grazie lo stesso!» Si sforzò di risultare più gentile il Corvonero, mentre allungava un braccio per prendere il libro che poco prima Albus gli aveva consigliato e assicurarselo tra le mani.
Non diede nemmeno il tempo al Serpeverde di riservargli una parola di saluto, né tantomeno se la sarebbe aspettata; d’altronde, non erano tante le persone che si degnavano di salutarlo ogni volta che lo vedevano entrare o uscire da una stanza.

Lorcan si allontanò il più velocemente possibile da quel reparto della Biblioteca che aveva agognato per tutta l’estate e che tanto aveva sperato di trovare vuoto; ma soprattutto seppe che se ora le gambe avevano smesso di camminare per passare quasi ad una corsa era perché, tra tutte le persone che avrebbero potuto scovarlo ad interessarsi di certi argomenti, era stato colto con le mani nel sacco proprio da Albus Severus Potter.
Lo stesso ragazzo che aveva osservato due anni prima nascondersi in quello stesso reparto della Biblioteca alla ricerca degli stessi libri, lo stesso ragazzo che ora non aveva alcun problema a parlare di sé e delle proprie intimità, lo stesso ragazzo che rappresentava ciò che vi era di più distante da lui.
Varcò con urgenza la porta della Biblioteca non curandosi di scontrarsi con chi gli venisse incontro, deciso più che mai a rinchiudersi nella sua altissima e distantissima Torre di Corvonero: avrebbe avuto con sé la compagnia di nuovi interessantissimi libri.

*

Vi era un fatto noto a tutti a Hogwarts, ma del quale nessuno mai proferiva parola.
Chiunque passasse davanti alla Sala Grande tra le quattro e le sei del venerdì pomeriggio, aveva l’accortezza di non varcare il pesante portone; se lo avesse fatto, avrebbe avuto davanti a sé due scenari possibili: venire malmenato dal professor Filius Flitwick, oppure essere costretto con la forza dallo stesso a cantare nel coro della scuola.

Di fatti, per quelle uniche due ore a settimana, la Sala Grande diveniva esclusivo territorio del Capo della Casa di Corvonero.
Inutile dire che il corpo studentesco non morisse dalla voglia di cantare canoni in latino e di esibirsi ad ogni evento scolastico per farsi prontamente prendere in giro, perciò la Sala Grande il venerdì pomeriggio tendeva verso la desolazione più totale.
Eppure vi era un particolare gruppetto di coraggiosi studenti che al Quidditch preferiva di gran lunga l’esercizio delle corde vocali e al quale di venire derisi dai propri coetanei non importava minimamente.

Tra le file del coro, spiccava di gran lunga la matassa di capelli ricci e biondi di Dominique Weasley, che proprio quel particolare venerdì sembrava essere più raggiante del solito: da quando era entrata in Sala Grande non aveva smesso di sorridere neanche per un secondo, nemmeno quando il professor Flitwick li aveva obbligati a cantare delle noiosissime scale per un’interminabile mezz’ora.
Ma se ci si fosse soffermati sulla direzione in cui lo sguardo della Tassorosso si era fermato per tutta la durata della prova del coro, ci si sarebbe certamente accorti di come non si fosse mai mosso dalla figura del nuovo arrivato, che - ironia della sorte - era proprio lo stesso ragazzo con il quale ricordava di aver avuto una conversazione alquanto particolare solamente qualche giorno prima.

Dominique era a conoscenza di come Jonathan Steel venisse definitivo da tutti la nuova stella emergente del Quidditch, di come era destinato a diventare un giocatore di enorme successo e di quanto Hogwarts ne andasse fiera, e allora perché proprio lo stesso Jonathan si trovava ora nascosto dietro altri due studenti nell’ultima fila del coro a intonare stupidi esercizi vocali?
Dalla posizione in cui si trovava, esattamente opposta rispetto a lui - i soprani a destra e i bassi a sinistra, ricordate, ragazzi, i veri cori sono composti così! - Dominique poteva osservarne ogni minimo movimento: dal modo in cui la fronte si aggrottava ogni volta che bisognava eseguire un esercizio di cui non avesse la benché minima conoscenza, a quello in cui contorceva le labbra quando evidentemente emetteva suoni del tutto fuori tono.
Per più volte la Tassorosso dovette sforzarsi a non far uscire delle risate tra le note che stava emettendo; se mai le fosse stato riferito, non avrebbe mai creduto a quanto la visione di Jonathan Steel forzato a rimanere composto a cantare l’avrebbe divertita.

« Bene, ottimo lavoro per oggi! Siete arrugginiti dall’estate, si sente chiaramente, ma confido che grazie anche ai nuovi componenti saremo in grado di fare grandi cose!» Dichiarò con grande entusiasmo il professor Flitwick, scendendo con un balzo dal piedistallo dal quale dirigeva il coro. Passò in rassegna gli occhietti vispi sul viso di ciascuno studente, non mancando di riservare sorrisi di incoraggiamento e, soprattutto, fu evidente il modo in cui si soffermò sul viso di Jonathan Steel per riservargli un sorriso vistosamente più allargato.
E non aveva reagito da meno neanche due ore prima, quando il Serpeverde aveva fatto il suo plateale ingresso in Sala Grande per chiedere con voce flebile se c’era un posto vacante nel coro: se il resto degli studenti aveva boccheggiato incredulo alla vista di uno degli studenti più popolari che chiedeva di unirsi a loro, il professore si era limitato ad accoglierlo con un semplice e cordiale sorriso, prima di ribattere con un perentorio ‘più siamo meglio è!’.

Le parole di Flitwick diedero il chiaro segnale che la lezione fosse finalmente finita e presto gli studenti abbandonarono le proprie stoiche posizioni nel coro per spargersi lungo i tavoli della Sala, chi per scambiarsi qualche chiacchiera, chi già in procinto di pregustarsi la cena.
Dominique non si fece sfuggire l’occasione e decise di dare libero sfogo alle proprie curiosità; si liberò in fretta di un povero Corvonero che aveva cercato di intavolare una conversazione con lei - non era di certo un segreto che l’aspetto della Tassorosso attraesse il genere maschile, come non lo era d’altronde il fatto che a lei non importasse minimamente - e raggiunse con passo frettoloso Jonathan Steel, intento a maneggiare con il proprio borsone al tavolo di Serpeverde.
Dominique notò immediatamente che il contenuto del borsone non era propriamente composto da libri e pergamene: quello era a tutti gli effetti un borsone da Quidditch, con l’intera attrezzatura compresa. Si chiese se non fosse venuto direttamente dagli allenamenti e soprattutto se la sua squadra fosse a conoscenza del suo nuovo hobby.

« E così ti piace la musica, Jonathan Steel.» Gli disse con tranquillità, sedendosi sulla superficie del tavolo e poggiando i piedi sulla panca adibita a seduta.
Jonathan, una volta accortosi di chi gli avesse appena rivolto la parola, smise all’istante di maneggiare con la borsa e la fece cadere in malo modo sul tavolo; Dominique si ritrovò nuovamente a dover reprimere una risata.
Il Serpeverde si schiarì la gola con un finto colpo di tosse, nel tentativo di darsi un contegno; non poteva di certo dare a vedere segnali di debolezza, soprattutto se davanti a sé vi era una bella ragazza.
« Beh, a tutti piace la musica. Solo ai sociopatici non piace!» Jonathan alzò le spalle, palesando l’ovvietà di ciò che aveva appena detto e, come si era aspettato che facesse, ben presto la Tassorosso gli scoppiò a ridere in faccia. Non seppe dirsi se la ragazza stesse ridendo per la sua, per quanto banale, battuta o se stesse ridendo direttamente di lui, ma non si fece troppe domande, non se la risata di Dominique aveva un suono tanto piacevole.
« Non tutti passano l’audizione di Flitwick però!» Riuscì a dire lei una volta che le risate scemarono.
« Si vede che riesco davvero ad ammaliare chiunque!» Ribatté Jonathan senza pensarci, lanciandole un veloce occhiolino; Dominique sbuffò sonoramente, scuotendo lievemente il capo.
Non seppe spiegarsi perché poco prima aveva sentito il bisogno di parlargli, ma realizzò che la curiosità per questo ragazzo raggiungeva le stelle; lo stesso ragazzo che, nonostante dovesse correre agli allenamenti di Quidditch - e questo lei lo sapeva bene - si era fermato a parlarle, lo stesso ragazzo che spesso la osservava da lontano, convinto che lei non se ne accorgesse.
Ma ora questo stesso ragazzo era entrato a far parte del suo personalissimo mondo e lei non avrebbe potuto fare il nome di un altro ragazzo che fosse più distante da ciò che era lei e ciò che rappresentava: anche se avesse voluto, Dominique Weasley non avrebbe perciò potuto essere più curiosa riguardo a Jonathan Steel.
« Certo, sicuramente, è andata così. Lo hai fatto cadere ai tuoi piedi!» Lo canzonò allora lei, annuendo con convinzione.
Jonathan poggiò un palmo della mano sulla superficie del tavolo, spostando il peso del corpo su di esso e terminando inevitabilmente per torreggiare sulla figura della ragazza. Reagì alle parole di lei facendosi spuntare un sorriso obliquo, incassando il colpo della beffa.
Non erano molte le persone, ad eccezione dei suoi due migliori amici, che si permettevano di prenderlo in giro: tutti lo trattavano sempre con un muto rispetto, quasi come se Jonathan-giocatore-di-Quidditch venisse prima di Jonathan-persona.
E soprattutto, nessuna persona di genere femminile lo aveva mai trattato così, ridendo di gusto ad ogni sua frase e non prendendolo mai sul serio, e questo a Jonathan Steel non era passato inosservato: Dominique Weasley non era come nessuna della ragazza con le quali aveva avuto a che fare.
« Dubiti delle mie capacità naturali?»
« Oh, certo che no, Jonathan Steel! Non ho dubbi che il mondo giri sempre dalla tua parte!» Concluse Dominique, scendendo con un balzo dal tavolo su cui era seduta e piazzandosi di fronte a lui.
Jonathan non riuscì ad interpretare il tono della voce di lei, se lo stesse continuando a prendere in giro o se credesse fermamente a ciò che aveva appena detto; l’unica cosa di cui fu certo fu il velo di malinconia che la voce di lei nascose.
Notò che la Tassorosso gli riservò un ultimo gesto, una indecifrabile pacca su un braccio, prima di spostare l’attenzione su qualcosa che doveva trovarsi alle sue spalle.
« Ciao, Alby, sei bellissimo come sempre!» La sentì dire e, quando si voltò per guardarla, i suoi dubbi furono confermati: Albus li aveva appena raggiunti e ora li stava osservando con innato interesse: non era certo cosa di tutti giorni vedere sua cugina Dominique avere una conversazione normale con un ragazzo e per di più con uno dei suoi migliori amici.
La suddetta Dominique non indugiò oltre né tantomeno attese la risposta del cugino; fece un cenno col capo in segno di saluto a Jonathan e si incamminò prontamente in direzione del Tavolo di Tassorosso, dove già un paio di compagni di Casa la stava aspettando.
Jonathan non mancò di notare come la ragazza non si voltò a guardarli nemmeno una volta, quasi si fosse già dimenticata di aver avuto una conversazione con lui fino a quel momento.
Forse rimase a fissare la schiena della Tassorosso allontanarsi più del dovuto, perché presto fu riportato alla realtà da una gomitata di Albus; quando si voltò a guardarlo e lo vide fissarlo con un sopracciglio inarcato, decise di prendere parola per primo.
« Alby? È il soprannome più brutto che abbia mai sentito.» Albus alzò gli occhi al cielo, infastidito dal fatto che il soprannome con cui lo chiamavano i membri della sua famiglia fosse venuto a conoscenza dell’amico.
« Beh? Cosa ci facevi in Sala Grande così presto? Se non ti conoscessi penserei che eri con quegli sfigati del coro!» Lo incalzò Albus, fissando gli occhi verdi scrutatori in quelli blu intenso di Jonathan.
Quest’ultimo si ritrovò figuratamente con le spalle al muro: fin da quando aveva deciso di unirsi al coro aveva avuto l’intenzione di dire tutto ai suoi migliori amici, ma ora, dopo le parole di Albus, il discorso che si era preparato gli morì in gola.
Cosa avrebbe dovuto dire esattamente? Sì, ero con loro e ora sono uno sfigato anche io?
Gli saltò improvvisamente in testa l’immagine di Scorpius che gli scoppiava a ridere in faccia e che gli diceva che un giocatore di Quidditch non avrebbe mai potuto perdere tempo con scemenze come il coro della scuola; i giocatori importanti come lui, con un futuro florido davanti a sé, non potevano pensare ad altro se non al Quidditch.
Fu con questi pensieri in testa che gli venne d’istinto di mentire: si sforzò di fare una finta risata in risposta alle parole di Albus, prima di aprire bocca e dare una voce alla bugia che il suo cervello aveva appena creato.
« Coro? Sei pazzo? Gli allenamenti oggi mi hanno distrutto, semplicemente non vedo l’ora di mangiare!»
Albus non dubitò neanche di una sillaba, alzò le spalle e dimenticò presto la questione.
Jonathan rimase fermo in piedi mentre l’amico si sedette compostamente al tavolo, e non poté fare a meno di voltarsi in direzione del tavolo di Tassorosso per posare gli occhi su una particolare testa bionda; si domandò come facesse Dominique a sembrare sempre così rilassata, come se le questioni del mondo non la toccassero nemmeno.
Sospirò profondamente prima di sedersi nel posto di fronte ad Albus; poco male, avrebbe avuto tutti i venerdì dell’anno per scoprire il segreto di Dominique Weasley e imparare da lei.



****
Un grazie enorme per aver letto questi primi capitoli!
Ora che avete familiarizzato con i personaggi, mi piacerebbe sapere cosa ne pensate! Insomma, chi è il vostro preferito e chi non vedete l'ora di rivedere (o meglio, rileggere)?
E sopratutto, se avete letto Anything You Synthetize, cosa ne pensate di questi cambi di personalità e dei nuovi personaggi?
Fatemi sapere, mi raccomando, e alla prossima ;)

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Capitolo 5
*** Mattinate maledette e attentati sventati. ***


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V. Mattinate maledette e attentati sventati.

 

Il weekend era passato davvero troppo velocemente - pensò Rose Weasley - mentre cercava di terminare il tema di Storia della Magia il più frettolosamente possibile.
Reduce da un fine settimana passato a dormire durante le ore diurne e a strafogarsi di cibo di nascosto la notte - non mancando di infrangere un paio di regole sullo sfruttamento degli elfi delle cucine durante il coprifuoco - quel lunedì mattina aveva avuto la brillante idea di svegliarsi all’alba per terminare il compito che avrebbe dovuto consegnare durante allo scadere della prima ora di lezione.
E quale miglior posto per finire un tema in fretta e furia se non in Sala Grande, coccolati dall’odore del caffè e dagli sguardi fin troppo gioiosi - ma cos’hanno da sorridere? A quest’ora io ho solo voglia di morire! - dei mattinieri di Hogwarts?  

 

Quando aveva varcato il pesante portone della Sala, si era domandata se avesse preferito trovare i tavoli vuoti e godersi il silenzio o se invece vedere qualche volto l’avrebbe quantomeno risvegliata.
Ma la risposta al quesito arrivò presto, perché, quando si sedette al tavolo di Grifondoro, trovò sua cugina Lucy già intenta a sorseggiare una tazza di tè, accerchiata da una pila di giornali e riviste che Rose era sicura una persona normale non sarebbe riuscita a leggere nemmeno in un mese.
Le fece uno sbrigativo cenno col capo in segno di saluto e in cambio ricevette un sorriso smagliante; per quanto amava sua cugina, chiunque le sorridesse così apertamente quando ancora il sole non era alto in cielo era in grado di farle nascere solamente istinti omicidi.
Fece cadere con violenza al suolo la borsa colma di libri per la giornata di lezioni che l’aspettava e si mise immediatamente al lavoro per terminare il tema; avrebbe benissimo potuto chiedere aiuto a Lucy, conscia che avesse probabilmente finito il proprio tema almeno una settimana prima, ma seppe che le avrebbe rifilato un discorso su quanto la scuola dovesse venire presa sul serio e su quanto fossero importanti i compiti che i professori assegnavano.
Sbuffò sonoramente, mentre ricopiava pari pari alcune frasi dai libri che aveva preso in prestito in Biblioteca; non si sarebbe di certo potuta permettere di rielaborare le frasi, data prossimità della prima ora di lezione.
Si appellò mentalmente ai geni Granger, sperando che quantomeno il proprio DNA la aiutasse a mantenere la concentrazione; opera del tutto inutile, perché dopo pochi minuti gli occhi cominciarono a bruciare e fu costretta ad alzare il viso dalla pergamena per fare una pausa.
Inevitabilmente lo sguardo ricadde sui tavoli adiacenti e, senza che potesse controllarlo, in particolare sul tavolo di Serpeverde.
Non che avesse potuto fare molto in ogni caso, perché seduto ad esso vi era una testa platinata che spiccava su tutte le altre.
Rose roteò istintivamente gli occhi al cielo: perché ultimamente ovunque andasse si ritrovava sempre Scorpius Malfoy davanti?
Vide il ragazzo farle un sorriso - ma sorridono tutti stamattina? - e seppe di dover tornare al lavoro prima che un conato di vomito le salisse in gola.
Ma nel giro di pochi secondi la concentrazione andò a farsi benedire e Rose fu costretta a lasciare che il proprio cervello vagasse su ben altri pensieri.

« Lucy, mi faresti un favore? »

« Certo, Rosie! Dimmi pure!» Rispose con entusiasmo Lucy, staccando gli occhi marroni dal giornale che aveva tra le mani.

« Controlla se Malfoy mi sta fissando.» Disse sibilando Rose, quasi avesse timore che potesse essere sentita da qualcuno e Lucy prontamente si voltò per guardare il tavolo di Serpeverde.
« Non così! Devi fare finta di nulla o si accorgerà che te l’ho chiesto io!» La fermò Rose, fissandola con sguardo allucinato.
Lucy fece un segno di assenso col capo e poco ci mancò che non le riservasse anche un saluto militare in risposta al tono autoritario che utilizzò.
Finse poi di dover controllare l’ingresso della Sala Grande, passando volutamente gli occhi sul tavolo di Serpeverde: notò immediatamente la figura elegante di Scorpius, il quale, senza alcun problema, aveva gli occhi grigi ben piantati sulla figura di Rose.
« Ehm, in effetti lo sta facendo. È tutto ok?»
« Non ti preoccupare, se continua così i miei pugni sono pronti a risolvere il problema definitivamente.» Le rispose Rose scuotendo una mano in segno di indifferenza, ma la cugina poté scorgerne nella voce una punta di preoccupazione.
« Rosie, se ti sta dando problemi… non sarebbe meglio parlargli? Magari con gentilezza?» Lucy parlò con pazienza, ricordando di come sua cugina tendesse ad affrontare le situazioni che la coinvolgevano con troppa veemenza e non pensando realmente prima di agire.

« Perché dovrei? Non è neanche mio amico.» Si strinse nelle spalle Rose.
« Beh, perché la gente già ti percepisce come una ragazza, ecco… »
« Turbolenta?»
Come una pazza furiosa, Rose. Una stronza psicopatica, una matta da rinchiudere al più presto.
« Ehm, di solito utilizzano altre parole, ma il tuo è un sinonimo più che valido!» Rispose con un sorriso Lucy, grata di non aver dato voce al pensiero che le era balzato alla mente.
« Oh, Lucy! Lo sai non mi importa nulla di ciò che dicono di me!»
Rose scoppiò a ridere divertita, scuotendo la testa nel mentre.

 

Rose Weasley, oltre che a trattare male chiunque non si comportasse nel modo che lei pretendeva, era avvezza a non dire mai bugie.
Nemmeno quando era stata una bambina di poco o più di sei anni ed era stata beccata a rubare i biscotti che spettavano a suo fratello Hugo, nemmeno quando si era trattato di ricevere un brutto voto: Rose Weasley semplicemente non era in grado di mentire.
Fu per questo motivo che Lucy non faticò a crederle e seppe che effettivamente alla cugina il fatto che tutti parlassero male di lei doveva importare meno di zero.
Le riservò l’ennesimo sorriso, come a farle intendere che invece lei non avrebbe mai e poi mai pensato male di lei; Lucy, che conosceva Rose a fondo e forse meglio di chiunque altro, sapeva che il cuore di sua cugina era di dimensioni immense, così come lo erano d’altronde i muri che lei ergeva per fare in modo che nessuno ne venisse a conoscenza.
Ma Lucy - a differenza di James o Albus - non si era mai sentita di recriminarle la freddezza che ben sapeva essere forzata; quando Rose si sarebbe sentita pronta, sarebbe stata lei stessa ad abbattere quei muri.
Guardò sua cugina posare nuovamente gli occhi sulla pergamena e sperò che finisse presto di fare quel tema; dato lo sguardo di puro dolore che aveva espresso in viso era chiaro che stesse vivendo quel compito come una vera e propria tortura.

 

« Hey, ragazze!»
Ok, forse il destino non voleva proprio che Rose Weasley finisse quel dannato compito di Storia della Magia.
« No.» Ribatté perentoria Rose, una volta posati gli occhi sul nuovo arrivato. Non si scompose minimamente nel vedere Charlie Chang sedersi di fronte a lei, nel bel mezzo del tavolo di Grifondoro; gli riservò solamente uno sguardo di puro fastidio, che a tratti dava mostra anche di una certa noia.
« Eh, dai, Rose! Non ho detto nulla di male!» Si lamentò giustamente il Serpeverde, muovendo convulsamente in aria le mani nello stesso modo in cui lo avrebbe fatto un bambino capriccioso.
« Devo finire questo stupido tema entro un’ora, Chang. Se ti annoi trovati qualcun altro da importunare.»
Lucy osservò lo scambio di battute tra i due ragazzi con innato interesse. Si domandò in quale momento degli ultimi sei anni ad Hogwarts Charlie fosse entrato nel gruppo delle persone simpatiche a Rose, dato che non lo aveva ancora colpito con un Incantesimo o con un più diretto pugno sul muso.
Ma poi si ricordò del fatto che Charlie era amico di tutti al Castello, fantasmi e professori compresi, e presto fu colta da un’illuminazione: forse, il fatto che fosse così popolare e positivo, stava semplicemente a significare che era praticamente impossibile prendere Charlie Chang in antipatia, perfino per sua cugina.
« Così mi offendi! Non ti cerco solo quando sono annoiato!» Disse stavolta il Serpeverde con voce quasi lagnosa e a Lucy nacque spontanea un’espressione divertita: per essere un ragazzo di quasi diciotto anni, aveva decisamente modi di fare alquanto immaturi.
Rose in tutta risposta si limitò a lanciargli un’occhiata che più che essere interrogativa, dava a tutti gli effetti l’impressione di essere un vera e propria inquisizione.
« Okay, okay! Forse il più delle volte lo sono, ma lo sai che non resisto alla tua rabbia repressa!» Dovette ammettere Charlie e lo fece sporgendosi lungo la superficie del tavolo per avvicinarsi alla ragazza e lanciarle un veloce occhiolino.
« Senti, o mi fai tu il tema o la smetti di infastidirmi, chiaro?» Lo spinse via con una manata Rose, facendolo ritornare al posto.
« Che noia che siete voi Weasley, tanto vi danno bei voti sulla fiducia!»
Alle parole di Charlie qualcosa si incrinò dentro Lucy; era vero che spesso i professori tendevano ad essere più blandi nei confronti dei membri della sua famiglia, ma era anche vero che tutti i suoi Oltre Ogni Previsione erano sempre stati meritati a pieno. 

E di questo ne era più che sicura, tanto che poteva vantare di avere come testimoni i numerosi fantasmi e quadri del Castello che le tenevano compagnia ogni sera quando si intratteneva per ore a studiare più del dovuto.
« Chang, eclissati.» Ci pensò Rose a rispondere, riponendo il proprio pensiero riguardo alle parole del ragazzo nell’astio che espresse nel tono di voce.
Charlie, da fiero Serpeverde che era, decise che non avrebbe permesso ad una acida Grifondoro di rovinargli la mattinata.
Si impresse sul volto un notevole sguardo di sfida e l’attimo dopo diede un’occhiata alla ragazza che aveva seduta affianco; per la prima volta nel corso di quella conversazione si rese conto della presenza di Lucy e fu subito preso da ispirazione.
« A dire il vero sono qui per parlare con Lucy.» Disse con sicurezza, rivolgendo l’ennesimo sorriso stavolta in direzione della ragazza appena citata. « E sicuramente lei non vuole che io me ne vada!»

Lucy non poté fare altro che sentirsi con le spalle al muro: da un lato aveva gli occhi fulminei di Rose che attendevano che lei lo mandasse a quel paese, dall’altro lato c’era invece un ragazzo che, sebbene non lo conoscesse bene, non aveva fatto nulla per meritarsi di essere maltrattato.
Tentennò per qualche secondo, indecisa su chi appoggiare, ma alla fine lo sguardo speranzoso di Charlie la convinse a parlare.
« Ecco… certo che puoi restare se vuoi, ma–»
« Visto?» La interruppe subito il Serpeverde, mentre guardava vittorioso il volto spazientito di Rose.
« Lucy, mia cara, dovresti imparare a trattare questi uomini nel modo in cui si meritano!» Rose si alzò in uno scatto dal posto, raccattò i libri sparsi sul tavolo e la pergamena sul quale stava prendendo forma il famoso tema. Mise tutto alla rinfusa dentro la propria borsa e, senza neanche degnare gli altri due di un saluto, se ne andò via con passo frettoloso, molto probabilmente alla ricerca di un posto isolato dove poter concludere il tema in pace.

 

« Adoro quanto sia bisbetica, ma non passerei con lei neanche un’ora della mia giornata!» Commentò Charlie una volta che vide Rose essersi allontanata definitivamente.
« E allora perché sei venuto a parlarle?» Domandò Lucy, ora consapevole di trovarsi da sola a parlare con il ragazzo più popolare di Hogwarts nel bel mezzo della Sala Grande.
« Perché mi annoiavo!»
Lucy non seppe cosa rispondere, soprattutto dato che trovò spazio dentro di sé la consapevolezza che se Charlie le aveva rivolto la parola qualche giorno prima e che se lo stava facendo anche in quel momento, era unicamente perché annoiato.
Optò per prendere in mano il giornale che aveva lasciato da parte poco prima e di tornare a leggere l’articolo che aveva precedentemente evidenziato, nella speranza che il ragazzo non la usasse come passatempo ancora per molto.
D’altronde, Lucy Weasley era sì gentile, ma stupida no.
« Lucy Weasley! Stai davvero leggendo la sezione sportiva della Gazzetta del Profeta!» La distrasse immediatamente la voce sconvolta di Charlie.
« Beh, sì. C’è qualcosa di male?»
« Oh, no, anzi. Ma ti facevo più il tipo da manuale di Antiche Rune!»
Ah, ma allora mi stava davvero a sentire. Pensò Lucy, ricordando l’occasione nel quale le aveva rivolto la parola per la prima volta.

« Fa vedere!» Disse entusiasta Charlie, strappandole il giornale di mano. « I Puddlemere United hanno vinto ancora!» Aggiunse, con gli occhi scuri che brillavano dall’eccitazione.
« Ed è un bene?» Cercò di mascherare il dispiacere Lucy.
Non era certo un segreto che lei fosse una fan sfegatata delle Holyhead Harpies - forse merito di sua zia Ginny, forse merito del fatto che fosse una squadra interamente femminile - come non lo era il fatto che le Harpies fossero la squadra rivale dei Puddlemere United per il titolo di campione del Regno Unito.
« Certo che è un bene! Sarà la squadra per cui giocherò professionalmente l’anno prossimo!» Rispose con veemenza il Serpeverde.
« Ma non è una delle squadre migliori in Europa?»
« Weasley, mi hai visto giocare? Stai insinuando che non mi prenderanno?» Parlò nuovamente Charlie, stavolta con cessato entusiasmo; d’altronde, avevano appena messo in dubbio le sua capacità nel Quidditch.
« Dico solo che ci sono tanti validi giocatori e sicuramente prenderanno i migliori!»
Il Serpeverde non riuscì a trattenersi e sbuffò impertinente alle parole di lei; la guardò incuriosito, cercando di capire se lo stesse provocando o se realmente stesse dubitando del suo talento. Quando comprese la serietà dell’espressione di Lucy, non poté fare altro che gonfiare il petto ed esplicitare l’opinione che aveva di sé.
« I migliori, certo. Per questo prenderanno me!»
Lucy scrollò le spalle, non particolarmente colpita dalle parole del ragazzo; essendo cresciuta tra Fred e James, era più che abituata a sentire l’orgoglio maschile alla sua eccellenza quando si trattava di Quidditch.
Riprese con dolcezza il giornale dalle mani di Charlie, e se lo strinse al petto in un primordiale tentativo di conforto.
« Sei sempre così sicuro di te?» Gli chiese poi, e lasciò che gli occhi si posassero in quelli di Charlie; ne osservò il taglio a mandorla, così delicato e a lei poco familiare, e soprattutto l’intensità con cui la fissavano di rimando.
« Lucy, se non crediamo noi per primi in noi stessi, di certo non lo faranno gli altri al posto nostro.» Disse infine Charlie e Lucy poté giurare che quella fosse la prima volta in assoluto in cui lo sentiva parlare con serietà.
Si ritrovò ad annuire istintivamente, e realizzò che il proprio inconscio avesse recepito il messaggio di quelle parole forte e chiaro.
Si stupì di aver sentito tali parole provenire proprio da lui, un ragazzo che dovette ammettere di aver giudicato unicamente in base alla sua popolarità, e presto un senso di imbarazzo la invase: d’altronde, lei non aveva mai giudicato nemmeno un libro dalla sua copertina.
E mentre teneva gli occhi marroni puntati in quelli neri di lui, Lucy Weasley si ripromise di compiere ciò che in pochi avevano osato fare: in un modo o nell’altro, avrebbe scoperto cosa si celava veramente dietro alla plateale popolarità di Charles Chang.

 

*

 

Albus Severus Potter poté giurare di non aver mai visto così tanti studenti svegli durante una lezione di Storia della Magia.
Lui stesso si stupì di non essere ancora crollato dal sonno, data la monotona voce del professor Binns, che quel particolare giorno sembrava più soporifera del solito.
Perfino Jonathan, seduto alla sua immediata destra nell’ultima fila di banchi dell’aula,  dava l’impressione di essere sveglio, considerando il fatto che ancora non si stava esibendo nel suo consueto russare.
Albus lanciò una veloce occhiata alla postazione alla sua sinistra e, come si era aspettato di vedere, notò Scorpius intento a prendere appunti; come facesse il suo migliore amico ad apprezzare una materia tanto noiosa sarebbe sempre stato per lui il più grande dei misteri.
Il professor Binns fece una pausa dal proprio monologo - forse secoli di spiegazione sulle Guerre dei Giganti avevano stancato pure il noiosissimo fantasma adebito ad insegnare - e Scorpius ne approfittò per lanciare uno sguardo all’esagitata figura che sedeva nel lato dell’aula opposto al loro: Rose Weasley se ne stava china sulla propria pergamena, scrivendo disperatamente chissà che cosa su di essa; a tutti fu chiaro che non stesse esattamente prendendo appunti e Scorpius non poté fare altro che scuotere il capo divertito.
Albus, seguita la direzione dello sguardo dell’amico, si stampò in viso un sorriso compiaciuto: forse questa storia del costringerlo a provarci con Rosie avrebbe avuto un finale decisamente inaspettato, o forse Rose lo avrebbe semplicemente preso a calci; in ogni caso, sarebbe pur sempre stato un finale divertente.

« Ragazzi, dite che se torno in Dormitorio il fantasma se ne accorge?» Disse Jonathan, prendendosi un lato del viso con il braccio poggiato scompostamente sul banco.
« Forse lui no, ma io in quanto Prefetto dovrei poi punirti!» Rispose Albus, facendo mostra di un ghigno degno della Casa di Serpeverde.
Sentite le parole dell’amico, Scorpius balzò subito sull’attenti.
« Non osare punire Jonathan, che se poi interferisce con il Quidditch siamo spacciati!»
« A volte mi chiedo se tu non sia mio amico solamente perché gioco bene a Quidditch.» Sospirò in tono introspettivo Jonathan, scuotendo il capo con disapprovazione in direzione di Scorpius.
Scorpius trattenne una risata alla vista dell’espressione dell’amico; seppe che Jonathan non stesse realmente mettendo in dubbio la loro amicizia, d’altronde si conoscevano da troppi anni per credere davvero che il loro rapporto si basasse unicamente sul Quidditch.
Ciò nonostante, Scorpius sentì il bisogno di allungare un braccio per tirare una pacca fraterna a Jonathan.
« Ah, questo non lo saprai mai, caro Steel.» Gli disse poi lanciandogli un veloce occhiolino e sul viso di Jonathan comparve immediatamente un sorriso raggiante.
Albus non poté che fare altrimenti, chiedendosi in quale momento della sua vita era stato così fortunato dal terminare con due migliori amici così speciali.

L’attimo dopo Scorpius era tornato a rivolgere l’attenzione alla cattedra posta in fondo all’aula, dove il professor Binns aveva ripreso a spiegare, e Albus seppe di aver terminato la conversazione con i propri amici: Scorpius non si sarebbe distratto nemmeno se gli si fosse palesato davanti il Signore Oscuro e Jonathan era già con la mente in chissà quale posto felice.

Lasciò che i propri occhi verdi vagassero per le figure degli studenti che abitavano l’aula, ridendo dei volti evidentemente sconvolti dalla noia o dal sonno.
Sorpassò la figura di sua cugina Rose, intenta a scrivere chissà quale poema, e quella di sua cugina Roxanne che, non curante del fatto che tutti potessero vederla, stava tirando i capelli al povero Lysander che le sedeva accanto.
E lì, proprio accanto a Lysander, seduto al banco più prossimo al muro, si trovava Lorcan Scamander.
La prima cosa che colpì l’attenzione di Albus fu il libro che il Corvonero teneva ben stretto in mano e che stava divorando con lo sguardo; lo stesso libro che gli aveva consigliato quel giorno in Biblioteca e lo stesso che anche lui aveva letto un’infinità di volte.
Ma poi l’attenzione decise di espandere il proprio campo visivo e si ritrovò ad osservare i riccioli biondi e scompigliati che primeggiavano sul capo di Lorcan, si chiese poi se, passando le dita fra di essi, sarebbero stati così morbidi come sembravano; l’istante dopo Albus si forzò di scuotere il capo con urgenza, nemmeno lui seppe dire da dove fossero nati questi pensieri.

 

La lezione andò avanti così, con Albus che guardava Lorcan leggere, e Lorcan che, ignaro di qualunque cosa gli stesse accadendo attorno, pendeva dalle pagine di quel libro come se ne fosse dipesa la sua stessa vita.
Quando finalmente il suono lontano di una campanella fece nascere sospiri di sollievo tra gli studenti - a parte la povera Rose, la quale si ritrovò ad urlare Ho bisogno di più tempo! Maledetto tema! -  Albus ritornò a puntare gli occhi sul proprio banco per mettere via le poche cose che aveva tirato fuori dalla borsa.

« Se penso che ora abbiamo Pozioni giuro che mi viene voglia di lanciarmi contro un Avada Kedavra!»
« Esiste una sola materia che ti piaccia, Jonathan!?»

Albus trattenne una risata allo scambio di battute dei due amici e fu pronto a ribattere a tono, ma fu interrotto dalla figura di Lorcan che gli passò davanti per uscire dall’aula.

Decise allora di mettere alla rinfusa le proprie cose dentro alla borsa, velocizzando il processo il più possibile.
« Al, salti Pozioni con me? Torniamo a dormire dai!» Si sentì dire da Jonathan quando fu già in piedi, pronto a seguire il Corvonero.
« Sì, sì, tu comincia ad andare, arrivo!» Gli rispose sbrigativamente, muovendo già i primi passi verso la porta.

 

Tra tutti i lati e le sfaccettature del carattere di Albus Potter, la piccolissima parte Grifondoro che teneva ben nascosta fu ciò che lo guidò fuori dall’aula.
Non seppe nemmeno che cosa avrebbe voluto realmente dire a Lorcan, probabilmente chiedergli cosa ne pensava di quel famoso libro, oppure semplicemente scambiare qualche convenevole; nemmeno sapeva se Lorcan era uno da convenevoli, ma poco importava, oramai le gambe si muovevano indipendentemente dal cervello.

Varcò finalmente la porta, ritrovandosi nel freddo corridoio dell’ala est, e quella che vide svolgersi davanti ai suoi occhi fu l’ultima delle scene alla quale si sarebbe mai aspettato di presenziare.

Una ragazza dai corti capelli castani e con un vistoso stemma di Tassorosso stampato sul petto corse incontro a Lorcan, il quale la guardava avvicinarglisi con un enorme sorriso in viso.
Quando furono a pochi centimetri di distanza l’uno dall’altra, la ragazza si sporse per lasciargli un bacio sulle labbra e Lorcan l’accolse senza problemi, allargando le braccia per stringerla in un abbraccio.

Albus non poté fare a meno che guardare quella scena con entrambe le sopracciglia alzate, domandandosi come potesse essere stato tanto distratto negli ultimi sei anni per non accorgersi che Lorcan Scamander, lo stesso ragazzo che credeva essere bloccato dalla timidezza, si fosse messo assieme ad una ragazza.

Improvvisamente si sentì incredibilmente scomodo, come se stesse assistendo ad una scena troppo privata per i suoi occhi, e si voltò di scatto per tornare indietro dai suoi amici.

« Jonathan, e se andassimo a rubare del Firewhiskey dalle scorte di mio cugino Fred?» Propose con nonchalance, una volta nuovamente di fronte a Scorpius e Jonathan.
« Alle dieci del mattino!? Mi piace questo tuo lato, Al! Andiamo!» Rispose euforico Jonathan, correndo immediatamente in direzione dell’amico.
Scorpius poté solamente guardare i due amici andare via per il corridoio scuotendo la testa sconsolato, domandandosi che cosa si sarebbe inventato di lì a poco per coprirli alla lezione del professor Slughorn.

 

 

*

 

 

Tra tutte le persone che ci si sarebbe potuti aspettare di vedere gesticolare e mimare insulti ad una pila di fogli e pergamene, di certo quello di James Potter sarebbe stato l’ultimo nome a saltare alla mente.
Chiunque ad Hogwarts non avrebbe potuto nominare ragazzo più pacato e misurato nelle proprie parole e gesti, e allora perché sembrava sull’orlo dell’isteria nel bel mezzo del tavolo di Grifondoro, per di più situato al centro della Sala Grande?
E come se non bastasse, il pranzo si sarebbe consumato da lì a momenti, e perciò i tavoli pullulavano di studenti e professori che avrebbero potuto benissimo assistere alla sua imminente implosione.

 

Fred Weasley, seduto proprio di fronte al cugino e in trepidante attesa di riempirsi lo stomaco, sembrò l’unico a non dare peso al comportamento di James, e, forse, chiunque sarebbe stato della stessa opinione se avesse posato lo sguardo su ciò che vi era scritto su quei fogli.
Di fatti, il vero cruccio di James Potter consistette in pile e pile di schemi e tattiche di Quidditch, che molto probabilmente stava cercando di buttare giù in vista della prima partita della stagione contro Serpeverde.
Conoscendolo, non avrebbe mai e poi mai dato la soddisfazione alla squadra capitanata da Scorpius Malfoy di vincere la prima partita e nemmeno a Charlie di vantarsene con lui per il resto dell’anno; anche se significava smettere di dormire per settimane, James Potter sarebbe venuto a capo della migliore delle strategie.

 

Al contrario di Fred, però, una persona in particolare non riuscì ad ignorare l’espressione addolorata sul volto di James.
Evie Jordan si alzò dal posto che aveva occupato vicino all’ingresso della Sala e andò a sedersi proprio accanto al ragazzo; nessuno si fece domande sul suo repentino cambio di postazione, la sua relazione con i discendenti della famiglia Weasley era nota a tutti.
« Rilassati, è solo Quidditch! E per di più non avete possibilità contro Serpeverde quest’anno.» Decise di rincuorarlo Evie forse nel peggior modo possibile, servendosi del succo di zucca in un bicchiere.
Solo allora James si rese conto della presenza della ragazza e, fatta un’espressione sconvolta mista ad offesa, fu pronto a risponderle a tono.

« Solo Quidditch!? Sei sicura di essere figlia di tuo padre?»
Evie sbuffò sonoramente e non potè esimersi dal roteare gli occhi al cielo; c’era davvero bisogno di tirare fuori il fatto che suo padre, Lee Jordan, fosse il commentatore di Quidditch più famoso del Mondo Magico?
« Beh, perché invece tu vai in giro a sconfiggere Signori Oscuri, Potter?»
« Non osare! Il Quidditch è molto più importante che combattere la magia oscura!» James si rese conto di ciò che disse nel momento stesso in cui finì di parlare e prontamente si aggiunse alla risata spontanea che uscì dalla bocca di Evie.
« Chiaro, come ho fatto anche solo a pensare il contrario!» Disse la ragazza, ancora in preda delle risate.
« Felice di insegnarti quali siano le vere priorità qua!»
Senza che potesse controllarlo, James esibì un sorriso obliquo, di quelli che si riservano solo alle ragazza che più ti colpiscono.
Fred, che fino ad allora era stato ad osservare lo scambio di battute in silenzio, non poté fare a meno di notare la reazione del cugino; a suo volta si stampò la sua famosissima e personalissima faccia da schiaffi, ovvero l’espressione di chi pensa di sapere più degli altri.

 

Passarono solo pochi secondi, ma per Evie - nonostante si trovasse tra persone che conosceva da tutta la vita - furono interminabili: da quando non sapeva come reagire ad un semplice sorriso?
Scosse la testa con furia, pronta a ricordare a se stessa che quello che aveva davanti era James Potter, uno dei suoi più longevi amici di infanzia, e non la sua stupidissima prima cotta.
Se voleva mantenere la propria sanità mentale, certi ricordi semplicemente non potevano riaffiorare.

Come mossa da istinto di sopravvivenza, lanciò uno sguardo più approfondito ai fogli che il Grifondoro stava stringendo tra le mani; ne osservò gli scarabocchi disordinati, che, visti nel loro insieme, sembravano suggerire una strategia alquanto elementare; ma soprattutto ne osservò le dita affusolate che stringevano la carta di pergamena e il modo in cui sbiancavano quando premeva troppo forte, le vene purpuree che spiccavano sotto la pelle e– Basta Evie, torna a pensare al Quidditch!

« È tutto sbagliato, James. Devi pensare a fare punti, tanto Rose non farà passare neanche una Pluffa e Chang non riuscirà a fermare i Cacciatori. Scordati la rivalità con Steel, bisogna fare punti durante la partita!» Disse tutto d’un fiato Evie e lei stessa si stupì del respiro di sollievo che tirò una volta che vide James tornare ad avere un’espressione concentrata, abbandonando così quel orribile sorriso.

« Credevo non sapessi niente di Quidditch?» Parlò lui e Evie si maledì per aver anche solo pensato di averla scampata: ora il sorriso era stato sostituito da un tono che tanto sapeva di provocazione e, se c’era qualcuno in grado di provocarla sui punti giusti, sicuramente era il ragazzo che aveva di fronte.

« Non ho mai detto questo. A dire il vero sono piuttosto sicura di saperne di più di te, è solo che non mi interessa granché.» Scrollò le spalle lei, fingendo sicurezza.
« Oh, più di me, è così?»
« Ne sono assolutamente sicura, Potter. Tu avrai anche i tuoi muscoli, ma io ho il mio cervello.» Evie puntò l’indice in direzione della propria tempia, rafforzando il concetto.
James non poté fare altro che sbuffare sonoramente e, per la grande gioia di lei, tornare a piegare le labbra in un’espressione compiaciuta.
« Sai, hai appena ammesso che sono muscoloso! -

C’erano tantissime cose che Evie Jordan apprezzava di James Potter, forse anche troppe per considerare la relazione che aveva con lui di semplice amicizia; ma se c’era qualcosa in grado di farle crollare il muro di sicurezza che si costruiva quotidianamente attorno a sé, quello era il sorriso ebete che solo il giovane Potter era in grado di stamparsi in viso.
Un sorriso né malizioso, né tantomeno canzonatorio: semplicemente un sorriso pieno di divertimento in grado di contagiare chiunque gli si trovasse attorno.
Ma sicuramente non Evie, la quale, nel preciso momento in cui vide la nuova espressione del ragazzo, seppe di dover scappare a gambe levate il più velocemente possibile.
Qualcuno aveva forse detto che i Grifondoro non avevano istinto di sopravvivenza?

Riservò come risposta alle parole di James una plateale alzata di occhi al cielo e neppure lei seppe dirsi quante volte aveva ripetuto quello stesso gesto negli ultimi giorni.
Scoccò la lingua al palato, lasciando intendere che nel fondo fosse altrettanto divertita; alzandosi dalla panca per dare ascolto al proprio istinto, non poté fare a meno di ripensare alle ultime parole che James le aveva rivolto e che, nonostante la maturità che si sforzava di dimostrare, rimaneva pur sempre un maschio adolescente.

Sia James che Fred poterono solamente guardarla andare via, consapevoli che quando Evie decideva di andarsene, nulla e nessuno potevano farle cambiare idea.
Evie Jordan era fatta semplicemente così: compariva e scompariva a suo piacimento quando meno te lo aspettavi.

 

« Fred, perché mi stai guardando in quel modo?» Dovette dire a voce alza James una volta accertatosi di avere lo sguardo del cugino puntato su di sé.
« Cos’è stata questa scenetta a cui ho assistito tra te e Evie?» Rispose Fred, lasciando che gli occhi scrutatori indagassero sull’espressione di James.
« Di cosa stai parlando?» Disse con sincera confusione quest’ultimo.
« Tu ed Evie! Stavate flirtando alla grande!»
« Ma sei impazzito? È la nostra Evie, ci siamo cresciuti assieme!» Si difese James, calcando ogni singola parola con fin troppa enfasi; enfasi che non mancò di essere notata da Fred, il quale, con tutta la naturalezza che gli apparteneva, si limitò a fare spallucce.
« E allora?»
« E allora sarebbe strano, Fred! Non tutti pensiamo costantemente alle ragazze in quel modo!» Ribatté quasi in tono accusatorio James, non sapendo lui stesso da cosa si stesse salvaguardando.
« Come vuoi, ma non puoi negare che stare con Evie non sarebbe affatto male!» Concluse con tranquillità Fred, con la mente già ai numerosi cibi che si sarebbe gustato a breve.
James non ebbe il tempo di rispondere; non che avesse avuto le parole adatte per ribattere in ogni caso.
Riuscì solamente a lanciare uno sguardo veloce alla punta del Tavolo di Grifondoro, dove Evie si era appena seduta, e a ripetere nella propria testa le ultime parole che Fred gli aveva appena rivolto.
Ben presto però il tavolo fu pieno zeppo di pietanze e finalmente James poté tornare a concentrarsi su qualcosa di cui era molto più esperto: infilzò con una forchetta una coscia di pollo e, senza ulteriori indugi, ci si buttò sopra a capofitto.

 

*

 

Se c’era una cosa che Eleanor Wells aveva sempre amato del suo ruolo da Prefetto e ora da Caposcuola, quella era decisamente dover presenziare alle ronde notturne.
Unico momento della giornata dove si ritrovava ad essere irrimediabilmente da sola, Eleanor amava vagare al buio per i freddi corridoi del Castello.
Ogni sera la viveva come una avventura diversa, come se da un momento all’altro da chissà quale antro oscuro di Hogwarts dovesse presentarglisi davanti un mistero da risolvere o un rompicapo su cui cimentarsi.
Inutile dire che, in sette anni di scuola, non aveva mai trovato niente di tutto ciò.
Si era però imbattuta in diverse figure viventi nel corso delle sue ronde, e il più delle volte avevano tutte lo stesso viso, quello di Fred Weasley.

Forse per via del suo istinto da segugio, o forse perché seriamente guidata da poteri psichici, Eleanor era sempre riuscita a beccare Fred ogniqualvolta si fosse soffermato oltre il coprifuoco per escogitare uno dei suoi scherzi.
Addirittura una volta, un paio di anni prima, lo aveva letteralmente scovato nel tentativo di nascondersi da lei dentro a una delle credenze delle Cucine, tutto intento a celare dalla sua vista una sfilza di filtri d’amore decisamente poco raccomandabili.
Ancora oggi Eleanor si vantava di quel giorno, e di come aveva salvato chissà quante ragazze dalla prospettiva di venire stregate da un banalissimo e squallidissimo filtro d’amore firmato Tiri Vispi Weasley.

 

Quella sera, come per tutte le altre sere che l’avevano vista in veste di Prefetto, fu impossibile per Eleanor celare l’entusiasmo: saltellava per i corridoi con la bacchetta alta per farsi luce e un sorriso sgargiante ben impresso in viso.
Fece qualche cenno di saluto ai quadri che sorpassava, ridendo delle figure in movimento intente a dormire al sicuro dentro alla proprie cornici.
Sicura che quella sera i doveri da Caposcuola sarebbero stati pochi, si permise di lasciare che le gambe la portassero ovunque volessero; d’altronde aveva consegnato Fred Weasley alla Preside McGonagall solamente qualche giorno prima, il Grifondoro avrebbe aspettato quantomeno una settimana prima di ricominciare a delinquere, no?
Salì su una scala in movimento e presto mise piede su di un’altra, lasciandosi trasportare sempre più in alto; non si domandò dove stesse andando, in quanto Corvonero era più che abituata a stare ai piani alti di Hogwarts.

Tra un’occhiata ad un quadro e un saluto ad un fantasma, Eleanor dovette constatare che l’inconscio l’aveva portata nelle prossimità della Torre di Astronomia.
Pensò che se vi fosse salita in cima il vento gelido di mezzanotte le avrebbe certamente sferzato il viso, ma soprattutto che a quell’ora il candore della luna dovette star illuminando la superficie del Lago Nero dando vita ad uno spettacolo mozzafiato.
Senza ulteriori indugi, salì la piccola scala a chiocciola che portava alla botola di ingresso al tetto della Torre e, presa la maniglia con una mano, spinse forte.
Sul vento gelato ebbe più che ragione, ma sullo spettacolo che si ritrovò davanti agli occhi non si sbagliò mai così tanto. 

 

Al centro della Torre e appoggiato alla ringhiera, vi si trovava niente di meno che il suo nemico giurato, Fred Weasley.
Se Eleanor diede mostra della sorpresa scaturitale da quella scena spalancando sgraziatamente la bocca, Fred non sembrò per nulla scomposto.
La guardò dritta negli occhi con uno sguardo alquanto divertito, pronto a difendersi a qualsiasi accusa la ragazza gli avrebbe mosso.

« Tesoro, dobbiamo smetterla di incontrarci in questo modo! Sembra quasi che ti diverta questa specie di nascondino che facciamo noi due.» Disse il Grifondoro con spudorata sicurezza e Eleanor giurò di non essere mai stata inorridita da lui così tanto come in quel momento.

Nel giro di pochi secondi tutta l’autorità da Caposcuola che possedeva si impossessò di ogni cellula del suo corpo e, serrati i pugni, fu pronta a ribattere come solo lei era in grado di fare.

« Weasley, lo giuro, questa volta ti faccio espellere!»
« Oh no, cara. E poi cosa farai senza di me? Sono io il motivo di tutto il tuo lavoro da Caposcuola!» Rispose Fred, muovendo qualche passo in direzione della ragazza.
La Corvonero non seppe cosa dire: ciò che il ragazzo le aveva appena detto non faceva una piega.
Eppure, ci doveva pur essere qualcosa che potesse dire per dare prova della sua autorevolezza, no? Qualcosa che dimostrasse che, anche quando erano da soli, fosse sempre lei ad avere il coltello dalla parte del manico?

Eleanor prese tempo, permettendosi di analizzare meglio la figura di Fred; notò che teneva la mani ben piantate dentro alle tasche dei pantaloni - probabilmente nel tentativo di darsi un’aria sicura o per combattere il freddo pungente - e che gli occhi scuri e profondi non si staccavano dai suoi; vide il modo in cui le sorrideva, sincero e senza malizia, e capì che non gli avrebbe permesso di vincere quella piccola battaglia verbale per niente al mondo.

« Ed è esattamente per questo motivo che una volta che sarai definitivamente lontano da questa scuola saremo tutti più felici.»
Il Grifondoro si mise una mano sul petto, fingendosi offeso dalle parole di lei, e mosse nuovamente qualche passo in direzione della ragazza.
« Non dire così, lo sappiamo tutti che adori essere Caposcuola! Dovresti soltanto ringraziarmi, è merito mio se lo sei alla fine, no?»

Eleanor incrociò automaticamente le braccia contro al petto e fece una smorfia di disgusto una volta ascoltato ciò che il ragazzo ribatté.

 

Ma, se si fosse soffermata ad analizzare realmente ciò che le era stato detto, si sarebbe resa conto che il disgusto che stava provando nasceva dalla consapevolezza che Fred Weasley ci aveva preso in pieno: se era riuscita a diventare Caposcuola, era unicamente dovuto al fatto che lei era sempre stata l’unica a beccare il Grifondoro quando trasgrediva alle regole.
Per qualche stranissima ragione, fino a quando vi erano stati altri Prefetti e Caposcuola, Fred l’aveva sempre fatta franca; eppure, una volta che la spilla fu fieramente cucita sul petto di Eleanor, le punizioni per il ragazzo avevano cominciato a farsi incessanti.
Che Eleanor Wells avesse realmente poteri psichici?

 

« Frederick Weasley, il giorno in cui ti ringrazierò per qualcosa sarà anche il giorno in cui mi ricovereranno al San Mungo per demenza!»
« Come sei formale, chiamami pure Fred o ‘amore’ se preferisci!»
Fred ignorò volutamente la seconda parte della risposta di Eleanor, e si stampò in faccia un sorriso vittorioso; poté vedere la ragazza irrigidirsi alle sue parole, e il modo in cui le labbra cominciarono a tremare dal nervosismo.
Non amava particolarmente mettere le persone in difficoltà, ma farlo con Eleanor Wells stava a significare ricevere anche solo una piccola vendetta per tutte le volte in cui lei lo aveva messo in punizione.

« Non puoi stare qua, devi tornare al tuo Dormitorio.» Optò per cambiare argomento lei.
« Mi ci porti tu? Mi rimboccherai anche le coperte, Ellie?» La provocò nuovamente il Grifondoro, avanzando ulteriori passi verso di lei fino a ritrovarsi a pochi centimetri dal suo volto.
Eleanor indietreggiò immediatamente, schifata anche solo all’idea di avere il viso di Fred così vicino al suo.

« Weasley, non so cosa tu stia cercando di fare, ma giuro che non avrò problemi ad usare la bacchetta se continui così.» Disse poi tra i denti lei, stringendo con più forza la bacchetta.
Fred scoppiò improvvisamente in una fragorosa risata e non poté fare altro che rispondere alla minaccia di lei scuotendo la testa divertito.
« Rilassati, Eleanor. Scherzavo solamente! Ora me ne torno nel mio Dormitorio prima che ti venga un infarto, va bene?» Parlò con estrema calma Fred, usando lo stesso tono che chiunque avrebbe usato per spiegare qualcosa ad un bambino.

Finito di parlare, riservò un ultimo sbuffo in risposta all’espressione corrucciata di lei, prima di cominciare a camminare in direzione della botola.
Senza nemmeno attendere che Eleanor gli potesse ribattere qualsiasi cosa, aprì la porta e sparì dalla vista della Corvonero.
Eleanor poté solamente rimanere a fissare il punto da cui il Grifondoro era appena scomparso, realizzando che quella era la prima volta in sette anni che Fred Weasley - seppure in maniera non proprio convenzionale - rispettava un suo comando senza opporre resistenza.

Ignorò volutamente tutte le parole di scherno che si era sentita rivolgere e un sorriso compiaciuto le comparse in viso: forse, era finalmente riuscita a domare la belva Fred Weasley.
Si strinse nelle spalle e si preparò ad abbandonare il tetto della torre di Astronomia, pronta a concludere la ronda e a buttarsi fra le calde coperte del proprio Dormitorio con in mente il rilassante e gioioso pensiero che quella notte Hogwarts non avrebbe subito alcun attentato.

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Capitolo 6
*** Voci di corridoio e carriere predestinate. ***


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VI. Voci di corridoio e carriere predestinate.

 

Erano oramai passate settimane da quando Scorpius Malfoy si era fatto convincere dal suo migliore amico Albus a provarci con Rose Weasley.
Se solo avesse dato più ascolto alle leggende che correvano per Hogwarts, forse a quest’ora non avrebbe ottenuto solamente occhiate al cielo e insulti ogni volta che incontrava la Grifondoro per i corridoi.
E non c’era cosa che Scorpius odiasse di più al mondo che farsi trattare male in pubblico, soprattutto dati i sorrisi smaglianti e gli sguardi ammalianti che sapeva di possedere e che proprio con capiva come non avessero già fatto capitolare la Weasley ai suoi piedi.
D’altronde era pur sempre una ragazza, no?

E sopra ogni cosa, non avrebbe mai più permesso ai suoi due migliori amici di prenderlo in giro il sabato mattina.

« Ho sentito dire che ti ha versato del succo di zucca addosso l’altro giorno.»
« Io invece che ti ha quasi pestato in Biblioteca!»
Scorpius non poté fare altro che sentire ciò che i suoi amici avevano da dire e sbuffare platealmente loro in faccia.
Si versò poi del tè in una tazza, ricordandosi che se quel giorno era sceso in Sala Grande era per fare colazione e non per farsi umiliare dai suoi migliori amici.
« Vi devo davvero dire che sono tutte fesserie? Dovreste conoscermi!» Cercò di giustificarsi, sforzandosi di darsi un tono di convizione.

« Sì, e conosciamo soprattutto Rosie, non sono cose difficili da credere!» Ribatté Albus prima di addentare il suo toast; Jonathan gli diede manforte annuendo vigorosamente.
« Oh, andiamo, le piace solo fare la dura. Prima o poi si arrenderà all’evidenza dei fatti.»
« Che sarebbe?» Chiese incuriosito Jonathan a Scorpius.
« Che se insisti e hai la mia faccia, nessuna ragazza ti può rifiutare all’infinito.»
« No, infatti. Nel caso di Rose porrà fine a quell’infinito facendoti direttamente fuori!» Lo canzonò Albus e capì immediatamente di aver toccato un nervo scoperto quando vide la reazione di Scorpius.
« Senti, lo sto facendo per te, quindi o mi dai una mano o mi dici chiaramente di smetterla con questa follia!» Disse stizzito il biondo, sbattendo con forza la tazza di tè sul tavolo.

Jonathan mutò improvvisamente espressione, cambiando il sorriso che aveva perennemente stampato in viso con il broncio di chi sapeva di aver esagerato. Sentì il bisogno di sporgersi lungo il tavolo e di appoggiare fraternamente una mano sul braccio dell’amico, prima di aprire bocca per prendere parola.
« Scorp, lo sai che scherziamo e basta.»
« Sì, e se la cosa non ti diverte posso trovare qualcun altro, tranquillo.» Aggiunse Albus.
Scorpius ascoltò attentamente le parole degli amici e in particolare quelle del giovane Potter, e subito il suo cervello si fermò su alcuni particolari.

Quella storia con Rose era innanzitutto nata come un divertimento, una sfida che l’amico gli aveva lanciato così alla leggera probabilmente sapendo che sarebbe stata impossibile fin dall’inizio.
E come era stato proposto a lui, Albus era pronto a chiedere aiuto ad un altro per convincere Rose ad andare ad una stupida festa Babbana; proprio così, il suo migliore amico era pronto a rimpiazzarlo con uno sconosciuto.
No, Scorpius Malfoy non lo avrebbe mai e poi mai potuto accettare.
Nessuno, tantomeno una Grifondoro qualunque come Rose Weasley, avrebbe minato la sua amicizia con Albus.

« Certo che mi diverte! Si è solo rivelata una cosa più difficile del previsto! Ma da quando in qua un Serpeverde che si rispetti molla così una sfida? Non mi offendere, Albus!» Disse fieramente Scorpius, gonfiandosi nel petto.
Sul viso di Jonathan tornò ad aleggiare il più sincero dei sorrisi, il suo migliore amico era tornato ad essere se stesso e in splendida forma.
« Beh, Malfoy. Mia cugina ha appena finito di fare colazione e se ne sta andando, perché non vai a dimostrare le tue doti?» Lo sfidò allora Albus con un ghigno, compiaciuto di vedere l’amico di nuovo acceso.
« Stavolta non mi ignorerà, è una promessa! »
« Ah, beh, hai delle grandi aspettative su come andrà la conversazione.» Commentò ironico Jonathan, nascondendosi dietro il bicchiere di succo di zucca nel momento in cui vide l’occhiataccia che gli rivolse l’amico.
« Io non sono un animale come te, Steel, che chiedi direttamente alle ragazze di venire in Dormitorio, io prima ci instauro un rapporto con loro!» Attaccò subito Scorpius, mentre si alzava in piedi pronto a seguire Rose fuori dalla Sala Grande.
« Sì, per poi portarle appunto in Dormitorio.» Rispose annuendo Jonathan e a Scorpius non rimase altra opzione se non annuire di rimando, confermando che effettivamente l’amico ci avesse azzeccato in pieno.
« Siete proprio dei galantuomini, eh. Una vergogna per il genere maschile!» Albus scosse la testa sconsolato, in chiara veste ironica. Gli altri due sbuffarono automaticamente, indignati dalle sue parole.
« Ha parlato il romanticone!» Gli lanciò contro un pezzo di toast Jonathan.
« Beh, Steel, io il terzo appuntamento lo aspetto.»
« Tutto molto interessante, ma non posso farmi scappare la Weasley. Pregate per me!» Li interruppe Scorpius, seguendo con lo sguardo la figura di Rose oramai oltre il portone della Sala.
Fece in tempo a sentire gli sconnessi ‘buona fortuna’ che gli augurarono i due amici, prima di ritrovarsi anch’egli fuori dal portone e nel mezzo dei corridoio centrale.

Vide Rose camminare spedita in direzione di chissà cosa e non ci pensò due volte prima di inseguirla con determinazione.
Pensò al modo migliore per approcciarla senza fare sì che lei gli lanciasse il solito sguardo di disgusto e scappasse a gambe levate o peggio ancora che ricorresse alle mani come tante volte l’aveva sentita minacciare di fare con altri, e si rese conto che anche solo un misero ‘ciao’ sarebbe stata una buona scusa per Rose Weasley per tirare fuori la bacchetta.
Così si limitò a camminare con ancora più fretta e a superare la figura della ragazza, poi, una volta posizionatosi poco più avanti di lei, si voltò e cominciò a camminare all’indietro, fronteggiandola apertamente.

Si stampò in viso un sorriso sfacciatissimo, di quelli che spesso vedeva impressi sul volto di Jonathan e ai quali lui non aveva mai avuto bisogno di ricorrere.
Presto i tentativi di Rose di ignorarlo e di fissare un punto imprecisato di fronte a sé svanirono, e fu costretta a degnare di uno sguardo quel pazzo che stava camminando all’indietro nel bel mezzo dei corridoio dell’ala ovest.
« Non voglio neanche sapere cosa stai combinando, Malfoy.» Esordì atona.
« Ciao anche a te! Io tutto benissimo, grazie per averlo chiesto!» Rispose costringendosi a sembrare euforico lui, mantenendo il sorriso ben stampato sulle labbra.
Rose si arrestò di colpo e inarcò vistosamente un sopracciglio, incapace di comprendere che cosa il Serpeverde stesse combinando.
Ma soprattutto, perché da qualche settimana a questa parte sembrava volerle rivolgere la parola a tutti i costi?
Perché i suoi mali modi non l’avevano ancora convinto a desistere?
« Non hai un’altra ragazza da importunare? Magari qualcuna che caschi per questa brutta recita da playboy che stai inscenando?»
Per un attimo il panico fece capolino sul volto di Scorpius; pensò in mille modi a come fosse possibile che Rose fosse venuta a conoscenza del vero motivo per cui aveva iniziato a parlarle e ciascuno di essi gli risultò più impossibile dell’altro.
Quella sfida era un segreto che condivideva con i suoi migliori amici ed era più che sicuro che non ne avessero parlato con nessuno.
Perciò si decise per l’opzione più probabile: Rose Weasley aveva semplicemente tirato ad indovinare.
« Playboy? Dovrei sentirmi offeso?» Ribatté sicuro, infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni e torreggiando sulla minuta figura della ragazza.
« Senti, non ci siamo mai calcolati in sei anni in questa scuola e improvvisamente mi segui ovunque. La tua reputazione ti precede quindi non è difficile fare due più due.»
Da quando infatti si era accorta di ritrovarsi Scorpius Malfoy sempre davanti agli occhi, Rose Weasley si era informata su cosa si dicesse di lui a scuola.
Inutile dire che aveva soprattutto sentito l’opinione di ragazze e di quanto Scorpius amasse collezionare vittime che cadessero per il suo biondissimo e serpeverdissimo fascino Malfoy. Testuali parole di una ragazzina del quarto anno di Corvonero, che nello stesso momento in cui furono percepite dalle sue orecchie gli causarono un’improvviso attacco di vomito.

« La mia reputazione? Non credevo fossi una che dà ascolto alle voci di corridoio.» La provocò lui, conscio di aver toccato il tasto giusto.
Se c’era una cosa che aveva infatti compreso della ragazza, quella era quanto ci tenesse a sembrare distaccata e indipendente da qualsiasi futilità adolescenziale.
« Difficile non farlo quando emani riprovevole testosterone da ogni cellula del tuo corpo!» Rose alzò una mano a seguire ed indicare la figura del ragazzo, accorgendosi per la prima volta di quanto spiccasse al suo fianco.
« Detto da te lo prendo quasi come un complimento, sai?» Si sforzò di non scoppiare a ridere alle parole della Grifondoro: chi mai avrebbe potuto accostare il termine ‘riprovevole’ a ‘testosterone’ se non lei?
« Come preferisci. Ora se non ti dispiace torno a vivere la mia vita.» Alzò le spalle lei, mostrando tutto l’interesse che aveva per quella conversazione.
Se le avessero proposto di cavarsi i reni con un cucchiaino, probabilmente avrebbe accettato pur di non doverlo più ascoltare.
Non attese nemmeno che lui le rispondesse - come d’altronde amava fare ogni volta che si trattava di qualcuno che non la interessasse minimamente - e cominciò nuovamente a camminare a passo spedito per il corridoio.
Scorpius recuperò immediatamente in poche falcate, pronto a seguirla per ogni angolo del Castello pur di concludere quella giornata con una conversazione da riportare ai suoi migliori amici.
« Coraggio, Weasley, prova a farmi un sorriso almeno per una volta!» Le disse quasi sfidandola, e dentro di sé poté cogliere l’ironia della cosa.
« Oh sì, sei esattamente uno dei motivi per cui potrei sorridere.» Obbiettò ironicamente lei, usando il tono di voce più incolore che le appartenesse.
« Vedi? Sapevo infondo di piacerti!» Scorpius ignorò volutamente le parole di Rose, cercando di vedere fino a dove poteva spingersi con il livello di sopportazione della rossa.
« Sono davvero così facile da leggere? Eh, già, sono così innamorata di te, guardami come arrossisco, oh, Scorpius!» Mimò quella che per lei rappresentava la voce di una ragazzina innamorata, completando il teatrino con una mano prontamente adibita a ventaglio.

Scorpius trattenne le risate e per la prima volta il sorriso che ebbe stampato in viso fu sincero; quella ragazza che aveva davanti e con la quale era impossibile avere una conversazione si stava rivelando essere un vero e proprio spasso.

Si rese conto che quella era in assoluto la prima volta nella sua vita che qualcuno palesava così apertamente il fatto di non voler aver a che fare con lui; lui che fin da bambino era stato abituato ai modi di fare e alle finzioni che lo status di Purosangue portavano con sé.
Per un attimo un flash passò dietro ai suoi glaciali occhi grigi, ricordandogli di come da bambino aveva presenziato a centinaia di cene con le più importanti e ricchissime famiglie del Mondo Magico e di come avesse sempre voluto urlare di odiarle, o forse di assistere ma di canzonare ogni singolo secondo di esse, utilizzando lo stesso sarcasmo che ora sentiva provenire proprio da Rose Weasley.
O di quella volta quando aveva avuto all’incirca dieci anni e, per un motivo di cui ora non si ricordava nemmeno più, era scoppiato a piangere e suo padre Draco lo aveva rimproverato dicendo che i Malfoy semplicemente non piangono; si ricordava bene di come si era costretto a ricacciare dentro le lacrime, ma di come in realtà avrebbe solamente voluto urlare in faccia a chiunque.
Oppure del giorno del suo quindicesimo compleanno e del fatto che quella sera, a Villa Malfoy, il Salone da ballo ospitava le ragazzine appartenenti alle famiglie più altolocate e di come ciascuna di esse avesse fatto a gare per aggiudicarsi un ballo con lui.

Nel giro di pochi secondi, balenò alla mente di Scorpius Malfoy che, in qualche malsana e insensata maniera, il fatto che Rose Weasley non lo considerasse minimamente lo meravigliava enormemente.

Non si rese nemmeno conto che aveva smesso di muovere i piedi e di seguirla, non finché non la vide a qualche metro di distanza da lui.
« È solo un sorriso, Weasley. Perché non mi fai felice almeno per una volta?» Si apprestò a dirle prima che potesse svoltare l’angolo e con sua grande sorpresa Rose si arrestò nuovamente, stavolta per girarsi a guardarlo negli occhi.

« Non mi piace fare ciò che gli altri si aspettano da me. Perché dovrei rispettare le aspettative degli altri invece che le mie?» Disse con serietà Rose e, forse distratta dallo sguardo sorpreso di Scorpius, si concesse di fare un mezzo sorriso, conscia di aver colpito nel segno e che non sarebbe più stata infastidita per quel giorno.

Non ci fu molto da fare per Scorpius, se non seguire con lo sguardo per l’ennesima volta la Grifondoro allontanarsi da lui.
Stavolta però seppe che qualcosa fosse a tutti gli effetti cambiato: non solo quel mezzo sorriso l’aveva notato e stampato nella sua mente, ma fu certo che poche - se non pochissime o nessuno - persone potevano vantare di aver sentito tali parole provenire da Rose Weasley. 

 

*

 

Jonathan Steel non si era mai sentito così tradito dai propri amici come quel sabato mattina.
Dopo l’accesa conversazione avuta a colazione, Scorpius era corso dietro a Rose e non aveva più fatto ritorno, e Jonathan seppe che con molta probabilità l’amico fosse andato a nascondersi nell’angolo più remoto del Castello pur di non dover rendere conto dell’ennesimo rovinoso incontro con la Grifondoro.
Albus invece aveva finito di mangiare assieme a lui con calma, ma per qualche arcano motivo che non gli aveva voluto rivelare, si era poi dilagato lasciandolo solo a girovagare per i corridoi.

Avrebbe certamente potuto unirsi alle decine di gruppi di ragazzi intenti a chiacchierare che sorpassò camminando, eppure Jonathan preferì sfruttare quel momento di solitudine per dedicarsi a se stesso.
Non era di fatti un segreto che il Serpeverde non avesse mai un minuto libero, sempre con qualche fanatico di Quidditch col fiato sul collo e con qualche frivola ragazzina che cercava di attirare la sua attenzione; perciò, anche solo qualche minuto di pace a osservare luminose vetrate e polverosi arazzi, furono per Jonathan un enorme regalo.

E ce l’avrebbe sicuramente fatta a mantenere il cervello privo di qualsivoglia pensiero a lungo, se solo, svoltando l’angolo e immettendosi in un altro corridoio, non si fosse ritrovato davanti la ragazza che ultimamente sembrava dover far parte per forza del suo cammino.
Dominique Weasley se ne stava di fatti seduta a gambe incrociate sul davanzale di una imponente vetrata, la quale poteva vantare un’infinita di vetri colorati che nel loro insieme rappresentavano perfettamente la figura di una qualche creatura magica – una Sirena? O forse proprio una Veela?

Jonathan notò immediatamente la miriade di fogli stropicciati stesi attorno alla ragazza, quasi a crearne una cornice altrettanto particolare quanto lo era lei.

Pensò che Dominique sembrava essere nata per starsene seduta lì, proprio davanti a quella finestra, perché mai prima di quel momento aveva visto la luce filtrare dalla finestra creare così tanti riflessi colorati sulla figura di una ragazza.

Non riuscì nemmeno a controllarsi, come attratto da una calamita il Serpeverde si fermò nel mezzo del corridoio a osservare il modo in cui la luce si rifletteva prima sulla folta chioma dorata, e all’effetto chiaroscuro che i mille ricci disordinati creavano, e poi sul tondo viso pallido, ora diviso nella sua esatta metà da una parte illuminata e una non soleggiata.
Provò a immaginare a come il marrone delle sue iridi potesse essere stato trasformato dal sole, ma gli occhi della Tassorosso erano puntati su quegli strani fogli che le giravano tutto attorno.
E poi chiaramente c’era quel sorriso, quello che Dominique non riusciva proprio a togliersi dalle labbra e del quale Jonathan si chiedesse il perché ogni volta che la vedeva.

« Sai, sei davvero molto bella oggi.»
Nel momento stesso in cui pronunciò quelle parole, Jonathan si maledì mentalmente.
Come aveva anche solo potuto pensare di dire qualcosa del genere? O meglio, perché diavolo non aveva pensato prima di parlare?
Dominique Weasley non era certo una di quelle ragazzine frivole alle quali era tanto abituato, questo genere di comportamenti era semplicemente fuori luogo.

La Tassorosso alzò immediatamente lo sguardo dal foglio e lo puntò dritto negli occhi chiari di lui: ora sorrideva più che mai, accerchiata da un cerchio di luce quasi accecante.
« Oh, grazie mille! Dirò a Rose che il suo nuovo shampoo sta funzionando!» 
Jonathan non si rese neanche conto di essere rimasto a boccheggiare, incapace di comprendere la logica della risposta della ragazza.
Quando finalmente comprese, dovette reprimere uno sbuffo di divertimento.
« No, intendevo che sei bella perché sei tu!» Pensò bene di precisare e, ad un altrettanto confuso sguardo di lei, tornò a maledirsi ulteriormente nella propria mente.
« Ah, sì, quelli sono i geni Veela, ringrazierò mia madre allora!» Rispose con estrema serietà Dominique, annuendo convinta col capo.
Solo allora Jonathan comprese di quanto davvero futili dovessero essere sembrate le sue parole alla Tassorosso, una ragazza con discendenze Veela che probabilmente si era sentita dire per tutta la vita quanto fosse attraente.
« Davvero divertente, Dominique!» Decise di fingere una risata il Serpeverde, mal interpretando il tono di voce di lei nella convinzione che fosse ironica.
« Cos’è divertente, Jonathan Steel?»
« Non stavi scherzando?» Chiese seriamente confuso, ritrovandosi l’attimo dopo a scuotere la testa nel tentativo di dimenticare quell’imbarazzante momento quando, notato lo sguardo perso di lei, si rese conto che per tutto quel tempo Dominique non avesse minimamente compreso il motivo del suo complimento; anzi, si ritrovò perfino a domandarsi se la ragazza avesse compreso che fosse in primo luogo un complimento.

Nel giro di pochi secondi il disagio più totale lo invase: era più che abituato a sentirsi dire quanto fosse bravo e bello, di quanto tutti volessero essere come lui e soprattutto a non provare per le lusinghe il benché minimo interesse; ma ora i ruoli si erano invertiti e per la prima volta nella sua vita si ritrovava davanti qualcuno che non solo non provava interesse, ma che con ogni probabilità nemmeno avesse compreso.
I piedi si mossero per propria volontà e Jonathan fu pronto a scappare a gambe levate via da quella situazione, se solo Dominique non si fosse dimostrata nuovamente la creatura più imprevedibile di Hogwarts.

« Jonathan Steel, non riesco a smettere di pensare a te.»
« Cosa!?» Per poco Jonathan non si strozzò con la propria saliva; capì di aver quasi sicuramente gli occhi fuori dalle orbite e si sforzò di prendere un respiro profondo. « C-cioè… cosa?» Disse nuovamente con più tranquillità.

« Sì! Perché il coro della scuola? Insomma tu sei il giocatore di Quidditch più importante degli ultimi dieci, anzi forse vent’anni!» Rispose quasi urlando Dominique, muovendo esagitatamente le braccia e facendo rovinosamente cadere una pila di fogli al suolo.
Jonathan espirò rumorosamente, non essendosi nemmeno accorto di aver trattenuto il respiro fino a quel momento.
Non seppe bene che cosa si fosse aspettato dopo le parole della ragazza, ma sicuramente non di sentirsi dire per l’ennesima volta di come il suo ruolo all’interno di quella scuola fosse un altro.
« C’è qualche regola che mi impedisce di fare entrambi?» Parlò quasi con tono annoiato lui, muovendo qualche passo in avanti per chinarsi a raccogliere i fogli della ragazza. Glieli porse delicatamente subito dopo, non mancando di notare, ora a distanza più ravvicinata, di quanto effettivamente fosse grande il suo sorriso.
« Assolutamente no! Penso sia fantastico che non ti confini nel ruolo di sportivo è basta! È bellissimo il fatto che tu voglia fare più cose!»
« Beh… grazie.» Fu l’unica cosa che riuscì a dire Jonathan, ma fu anche la più giusta. Si ritrovò a sorridere dal profondo del proprio cuore, grato che qualcuno, forse per la prima volta in quella scuola, lo considerasse anche al di fuori della sfera Quidditch.
« Allora…» Esordì Dominique, sporgendosi verso il ragazzo e tirandogli una pacca amichevole su un braccio. « Mi rispondi ora?» 
Jonathan rimase a pensarci un po’ su e, contrariamente a come avrebbe voluto fare pochi istanti prima, andò a sedersi affianco alla ragazza sul davanzale.
Prese tempo, valutando se rispondere sinceramente alla sua domanda o se raccontare la solita storia che aveva sempre raccontato a tutti e che oramai conosceva a memoria.

Avrebbe potuto dirle che era stato obbligato da qualche insegnante per una punizione, che si era iscritto al coro per scherzo o che semplicemente non sapeva il perché; eppure, negli occhi familiari e allo stesso tempo estranei di Dominique colse l’opportunità per confidarsi con qualcuno che era più che sicuro non avrebbe mai tradito la sua fiducia.
D’altronde, nonostante la conoscesse poco, non vi era nulla nella personalità della ragazza che lasciasse intendere che non fosse una buon ascoltatrice.

« Ecco…» Tentennò in principio, cercando di trovare il modo più semplice di spiegare il subbuglio di pensieri che aveva in testa oramai da qualche anno. « Avevo bisogno di vedere una parte di Hogwarts che non è ancora stata contaminata dal Quidditch, capisci? Ogni volta che incontro qualcuno per i corridoi mi viene detto che devo assolutamente vincere la prossima partita o che mi verranno a vedere quando sarò un giocatore professionista. Ma io non so nemmeno cosa voglio fare dopo Hogwarts! Non sono nemmeno così bravo, è solo che mi piace giocare e mi capita di prendere al volo uno stupido Boccino!» Sputò fuori tutto d’un fiato, prima di ritornare a parlare. « Avevo solo bisogno di una distrazione, e la musica è la migliore di tutte, tutto qua.»  
Dominique ascoltò attentamente lo sfogo del Serpeverde in un silenzio che poche volte era riuscita a mantenere nel corso della sua vita.

« Oh, no, Jonathan Steel, tu sei molto meglio di così.» Disse finalmente quando riprese la parola, scuotendo la testa sconsolata.
« Cosa?» Boccheggiò il Serpeverde, altrettanto deluso di aver ricevuto una simile reazione dopo aver aperto il suo cuore.
« Sei troppo intelligente per stare ad ascoltare le stronzate che la gente dice! Ti piace giocare a Quidditch? E allora giocaci e fanculo le opinioni degli altri. Vuoi cantare nel coro?  Fallo fino a perdere la voce.» Esplicò decisa la Tassorosso, puntualizzando ogni parola con un gesto conciso della mano.

Jonathan non poté fare altro che sgranare gli occhi dalla sorpresa; sulle parolacce non aveva nulla da ridire, d’altronde Dominique era pur sempre la cugina di Rose Wealey, ma il significato di ciò che gli disse gli fece nascere un senso di calore nel petto.
Non riuscì a far morire il sorriso sulle sue labbra, e fu sicuro di avere in viso uno di quei sorrisi ebeti che tanto aveva detestato vedere molti ragazzi dedicare al gentil sesso.

Il pensiero andò immediatamente a tutte quelle voci di corridoio che aveva sentito negli ultimi anni e che avevano descritto la ragazza come un essere strano dal quale tenersi alla larga; come era anche solo possibile che qualcuno pensasse questo di lei? Jonathan ebbe la conferma che il gossip a Hogwarts valeva meno di zero.

« Credo tu sia la persona più saggia che io abbia mai conosciuto, Dominique Weasley.» Usò volutamente sia il nome che il cognome, imitando il modo in cui lei si riferiva a lui.
« Beh, grazie mille, Jonathan Steel.» Rispose lei di rimando, lanciandogli un veloce occhiolino per fargli intendere di aver notato il nuovo epiteto.
Rimasero a guardarsi negli occhi per qualche secondo, beandosi del sorriso dell’altro, fino a quando il suono lontano delle campane della Torre dell’Orologio non fecero intendere a Dominique che fossero le undici in punto.
Neanche fosse la versione magica di Cenerentola, la ragazza si alzò di scatto dal posto e cominciò a raccogliere frettolosamente i vari sfogli sparsi lì attorno e ad accatastarli dentro alla propria borsa.
Jonathan gliene porse qualcuno e, lanciandoci sopra una veloce occhiata, si rese conto che era spartiti musicali. La guardò poi riporre ogni suo proprietà alla buona dentro la borsa e posizionarsi in piedi di fronte a lui. Si aspettò che gli rivolgesse qualche parola di saluto, almeno data la conversazione che avevano appena avuto, ma dall’alto delle sue stranezze Dominique si limitò solamente a incamminarsi frettolosamente lungo il corridoio, correndo verso chissà quale meta.

Quando oramai Jonathan perse le speranze di ricevere anche solo un misero ‘ciao’, la Tassorosso si voltò di scatto per parlargli.
« Sei molto bello anche tu oggi, Jonathan Steel!» Gli disse con l’immortale sorriso stampato in viso Dominique, correndo via l’istante dopo.

Jonathan poté solo guardarla allontanarsi ancora seduto sul davanzale, dove poco prima quella stessa ragazza che stava fuggendo gli aveva rivolto parole che erano state in grado di cambiargli la giornata.
Scosse la testa sconsolato e si lasciò andare in una risata, divertito dall’intera situazione, lasciando che l’ultima cosa che la ragazza gli avesse detto continuasse a rimbombare dentro al suo cervello.

 

 

*

 

Hogsmeade aveva sempre rappresentato per Roxanne Weasley l’unica salvezza dalla monotona quotidianità di Hogwarts.

E così, sapendo che stava per arrivare il primo sabato libero da passare a Hogsmeade, non si era di certo tirata indietro dal pressare disperatamente Lysander affinché la accompagnasse.
Il Corvonero l’aveva però liquidata frettolosamente, dichiarando che aveva altri piani per quel sabato pomeriggio, e Roxanne aveva immediatamente lasciato perdere: era piuttosto sicura che ‘altri piani’ per il suo migliore amico significassero ore e ore passate a studiare e questo non l’avrebbe mai e poi mai fatta desistere dal suo desiderio di uscire almeno per mezza giornata da Hogwarts.
La Grifondoro pensò bene di importunare gli unici che non l’avrebbero mandata direttamente a quel paese e cioè i suoi familiari, che in quella scuola non scarseggiavano sicuramente, ma, contro ogni sua aspettativa, nessuno aveva acconsentito ad andare con lei; da Rose se lo sarebbe anche potuta aspettare - d’altronde sua cugina passava i weekend rinchiusa nel suo letto a baldacchino a dormire - ma Fred, sangue del suo sangue più di chiunque altro, come aveva potuto?
Davvero aveva preferito l’ennesima insulsa conquista - in questo particolare frangente una biondina di Corvonero che Roxanne sapeva essere già in passato caduta tra le braccia del fratello - ad un pomeriggio passato a svaligiare Mielandia con la sua sorellina preferita!?

Roxanne non poté fare a meno che sentirsi totalmente indignata dei comportamenti dei componenti della sua famiglia, mentre camminava spedita verso la tanto agognata meta, pestando i piedi con forza al suolo ad ogni passo.
Pensò che avrebbe avuto tutto il pomeriggio per escogitare una qualche sorta di vendetta per ciascuno dei Weasley-Potter che oramai considerava come traditori, per non parlare di Lysander che almeno per una volta dopo sei lunghissimi anni di amicizia avrebbe potuto preferirla ad uno stupido libro.
La ragazza si strinse con urgenza nel maglione vermiglio che aveva deciso di indossare in procinto dell’uscita, dimenticando il pesante mantello - che ora rimpiangeva con tutta se stessa - nel proprio baule.
Ma neppure il vento pungente di ottobre inoltrato le avrebbe fatto cambiare idea e nemmeno la prospettiva della broncopolmonite che con ogni probabilità le sarebbe venuta quella sera stessa; poco male, si sarebbe riscaldata davanti al fuoco dei Tre Manici di Scopa una volta raggiunta la destinazione.
Non voltò lo sguardo nemmeno per un secondo sugli alberi ingialliti dalla stagione e sulle foglie della stessa tonalità del suo maglione che volavano nel vento, rimase con gli occhi scuri fissi sul sentiero che stava percorrendo con urgenza per tutta la durata del tragitto e si permise di mutare l’espressione concentrata solamente quando in lontananza scorse le prime case del villaggio di Hosmeade.

Mosse gli ultimi passi quasi correndo, con le ossa oramai scosse da brividi di freddo e i capelli ricci resi indomabili dall’umidità pressante dell’aria, senza nemmeno rendersi conto che l’inconscio l’avesse direttamente portata davanti al modesto ingresso dei Tre Manici di Scopa.
L’occhio cadde immediatamente oltre la vetrata accanto all’ingresso, riuscendo così a scorgere dentro al locale: notò per prima cosa come i tavoli sembrassero quasi tutti vuoti ma soprattutto che gli unici clienti sembravano essere proprio due studenti di Hogwarts, uno dei quali conosceva fin troppo bene.
Si rese conto che la mancanza di clientela poteva essere a tutti gli effetti causata dal fatto che non fossero neanche le due del pomeriggio; nonostante si trovassero in piena Scozia, chi mai sarebbe andato a bere a quell’ora? 
Ma, quando senza farsi problemi schiacciò la faccia contro al vetro per guardare meglio dentro al locale ed ebbe conferma di quello che aveva immaginato poco prima, dovette contare mentalmente fino a dieci per non scoppiare a urlare nel bel mezzo della strada.
Cosa diavolo ci faceva Lysander Scamander ai Tre Manici di Scopa? Ma soprattutto: perché stava bevendo una Burrobirra in compagnia di Julia Selwyn!?

Non che avesse qualcosa contro la povera Julia, che non le aveva mai fatto nulla di male se non essersi rifiutata di prestarle un foglio di pergamena durante il loro secondo anno, il vero problema era Lysander Scamander e l’odiosa bugia che le aveva propugnato solamente qualche ora prima.
Roxanne continuò a starsene incollata alla vetrata, appoggiando i pugni contro ad essa e stampandosi in viso una espressione minacciosa.
Lysander, forse fulminato dalle vibrazioni d’odio che la ragazza stava emanando da fuori o semplicemente con l’intuizione di essere fissato da lontano, nel momento in cui voltò il capo per prendere in mano il boccale di Burrobirra appoggiato sul tavolino non poté non notare la sua migliore amica.
La prima reazione fu quella di sussultare visibilmente, lasciando che la Burrobirra straboccasse fino a bagnargli il maglione che indossava.
Subito Julia si sporse a prendere un tovagliolo e si adoperò a tamponarlo contro la chiazza bagnata, prima che Lysander la scostasse con gentilezza e si alzasse di scatto in piedi.
Roxanne non riuscì a capire che cosa si dissero subito dopo, ma presunse che il Corvonero le avesse detto di aspettarlo quando lo vide camminare verso l’ingresso del locale, o meglio, verso di lei.
Si stampò immediatamente in viso uno sguardo vittorioso, fiera di aver colto il perfettissimo Prefetto di Corvonero a mentirle spudoratamente, e assunse una posa sicura incrociando le braccia al seno. 
Quando ebbe finalmente Lysander davanti agli occhi, per un attimo l’atteggiamento fiero vacillò: gli occhi del ragazzo sembravano talmente colpevoli che davanti a tanta plateale resa Roxanne non riuscì a mantenere la spavalderia.

« Rox, che ci fai qui?» Disse subito sulla difensiva Lysander.
« Cosa ci faccio io? Cosa ci fai tu! Hai detto che dovevi studiare!» 
« Questo non l’ho mai detto. Ti ho detto solo che avevo altri piani per oggi!» 
La Grifondoro non batté ciglio, conscia che il ragazzo non avesse neanche un briciolo di torto: effettivamente non le aveva mai detto che doveva studiare e perciò non le aveva neanche mentito in primo luogo; ma cosa c’era di così segreto da non poterlo dire a lei, che era la sua migliore amica!?
« Perché non mi hai detto che avevi un appuntamento allora?» Chiese curiosa lei, puntando l’indice in direzione del tavolo a cui era seduta Julia.
« Non essere ridicola, Roxanne. Non ho nessun appuntamento!» Rispose sicuro Lysander, poggiando una mano su un fianco quasi ad assumere una posa di rimprovero.
« Ah, sì? E come lo chiami quello!?» 
Lysander fu costretto a seguire con lo sguardo l’indice di Roxanne, che ora batteva insistentemente sul vetro. 
Quando vide che puntava in direzione di Julia, continuò a non comprendere a cosa si riferisse l’amica: quella era Julia Selwyn, Serpeverde del loro stesso anno e che conoscevano da sempre, davvero pensava che sarebbe potuto andare ad un appuntamento con lei?
« Julia aveva bisogno di una mano con una materia e in quanto Prefetto è mio dovere aiutarla, cosa c’è di male?» 
« Ah, beh, scusa, non sapevo facessi gli straordinari con i Serpeverde di sabato!» Disse tra le risate Roxanne; Lysander non seppe spiegarsi il perché cominciò a sentire il disagio impossessarsi di lui.
« Oh, andiamo, lo sai che non significa nulla!» 
« Certo, come no! Prima ti chiede una mano con un compito e ti invita ad Hogsmeade voi due soli soletti. Tra una settimana ti bacerà e voilà– nel giro di pochi anni sarete sposati e con due marmocchi secchioni appresso! È il ciclo della vita, Scamander, non puoi scappare!» 

Lysander rimase a bocca aperta mentre sentiva la propria migliore amica speculare sulla propria vita amorosa sulla base del nulla: Julia era anche carina, sì, ma semplicemente non era minimamente interessato a sviluppare il suo lato romantico.
Non aveva neanche lontanamente pensato che quello potesse essere un appuntamento quando due giorni prima Julia gli aveva chiesto di andare a bere qualcosa a Hogsmeade, né tantomeno aveva pensato che ci fosse qualcosa di male nel rimanere da solo con lei; ma ora, che Roxanne gli stava sputando quelle cose in faccia, non poté fare a meno di domandarsi se effettivamente fosse stato così cieco alla realtà dei fatti.
Sbuffò sonoramente, spostando lo sguardo dagli occhi profondi e scrutatori di Roxanne, che continuavano a fissarlo pieni di ilarità: davvero la sua migliore amica stava ridendo di lui e della sua ingenuità?

« E quindi… hai deciso di uscire ufficialmente con lei?» Aggiunse la Grifondoro, lanciandogli uno sguardo colmo di furbizia mista a malizia.
Non seppe neanche lei perché l’idea di Lysander assieme ad una ragazza la divertisse così tanto, ma ebbe il sentore che fosse perché era talmente abituata a vederlo sempre ossessivamente controllato in ogni sua azione che probabilmente quella sarebbe stata la volta buona che lo avrebbe visto uscire fuori da ogni schema.
Avrebbe dovuto sapere, però, che proprio quando si sentiva sicura di avere la meglio, Lysander riusciva sempre a spiazzarla.
« Vuoi che lo faccia?» Le chiese semplicemente, con tono sicuro e serio.
Roxanne boccheggiò per qualche istante, incapace di trovare una risposta adatta a quella che era forse la domanda più irreale che le fosse stata mai rivolta e per di più dal suo migliore amico.

Cosa avrebbe dovuto dirgli? Spingerlo a uscire con una ragazza sapendo più di chiunque altro di come ciò sarebbe stato solamente una enorme forzatura per lui? 
Troppi pensieri passarono per il cervello della Grifondoro e se c’era una cosa a cui teneva veramente quella era mantenere la propria mente il più vuota possibile; impazientita come poche volte lo era stata con Lysander, aprì bocca per rimproverarlo.
« Perché lo chiedi a me? Non sai prendere una decisione da solo!? Non sono tua madre, Lysander!» Scosse le mani in aria davanti al viso del ragazzo, palesando la sua irritazione.
« Stupido io ad avertelo chiesto, ci vediamo più tardi, okay?» 

Lysander non le diede tempo nemmeno di rispondere, le parlò poggiando le mani sulle sue spalle, costringendola a guardarlo negli occhi e, una volta che lei le fece un rapido cenno di assenso col capo, mollò la presa per tornare dentro al locale.
Roxanne lo seguì con lo sguardo attraverso la vetrata fino a quando non lo vide risedersi al tavolo e sorridere in chiaro segno di imbarazzo a Julia; poi, percependo oramai di essere di troppo, si decise a correre via in direzione di Mielandia.
Nulla di meglio per risollevarsi il morale se non riempirsi la pancia di caramelle fino a sentire il voltastomaco - questo fu l’unico pensiero che invase la mente di Roxanne mentre ricominciava a camminare per i sentieri familiari di Hogsmeade.

 

*

 

Sembra proprio essere l’anno dei Ballycastle Bats, che senza alcun problema ieri hanno battuto le Holyhead Harpies con un netto punteggio di 350 a 50! Che le Harpies non riescano più a riprendersi da quando Ginny Weasley si è ritirata dal campo?

Lucy Weasley sbatté con forza contro il muro il giornale che si stava sforzando di leggere da qualche ora, incapace di sopportare l’ennesima notizia sul Quidditch.
Non che avrebbe potuto farci molto, oramai si era rassegnata all’idea di dover passare i prossimi mesi a leggere unicamente giornali sportivi e a seguire tutte le telecronache della stagione.
E tutto ciò non era dovuto al suo improvviso ammattimento o possessione da parte dello spirito di suo cugino James, no, semplicemente Lucy doveva a tutti costi vincere lo stage estivo bandito dalla Gazzetta del Profeta.

Quando solamente poche settimane prima aveva letto sul suo quotidiano preferito che stavano cercando giovani giornalisti per nuove posizioni, la Grifondoro non ci aveva visto più: quella era l’opportunità che stava cercando per avvicinarsi sempre di più al lavoro che tanto agognava.
Certo, avrebbe potuto leggere l’intero articolo e non fermarsi alle prime due righe, forse avrebbe notato subito che il posto in questione riguardasse solamente la sezione sport e soprattutto che cercassero quantomeno persone che avessero superato la maggiore età.
Ma se solo avesse dimostrato quanto fosse brava a lavorare sodo e a scrivere, non avrebbero forse chiuso un occhio e scelto lei nonostante i suoi miseri sedici anni?

Fu così che Lucy si ritrovò ad avere il cervello pieno di informazioni sul Quidditch ma soprattutto intasato da una pressante ed enorme preoccupazione: secondo l’articolo, avrebbe dovuto intervistare un qualsiasi giocatore di sua scelta, e proprio riguardo alla scelta non riusciva proprio a venirne a capo.
Strinse con un pugno il giornale che aveva accantonato poco prima, osservando le figure in movimento lagnarsi per il suo gesto e le scritte sparire dietro le pieghe di carta.
Ringraziò mentalmente l’ondata di gelo che aveva investito Hogwarts, finalmente poteva dare sfogo alle proprie preoccupazione nel cortile della Torre dell’Orologio senza correre il rischio di venire osservata dalla quasi totalità del corpo studentesco.
Si rigirò poi una ciocca di capelli tra le dita, osservandone il colore ramato a lei così familiare e non poté fare a meno di sospirare pesantemente; sarebbe stato fin troppo facile chiedere aiuto a sua zia Ginny e rischiare di vincere il concorso unicamente grazie al suo importantissimo cognome, come lo sarebbe stato d’altronde intervistare James, che dal canto suo aveva probabilmente un cognome ancora più scomodo.
Avrebbe potuto interpellare il migliore amico di suo cugino Albus, Jonathan Steel, ma con che coraggio sarebbe andata ad importunare quel ragazzo che ogni volta che camminava per i corridoi della scuola sembrava voler scappare da tutto e tutti? Ragazzo con il quale non aveva mai neanche avuto l’occasione di scambiare qualche parola; probabilmente non l’avrebbe degnata neanche di un saluto, di questo Lucy ne era più che consapevole.

L’Orologio nella Torre che spiccava davanti ai suoi occhi ticchettò le cinque del pomeriggio e, come risvegliata da uno stato di trance, ebbe un’epifania.
In quello stesso Cortile aveva parlato per la prima volta con Charles Chang e solamente una settimana prima aveva scoperto che il desiderio del ragazzo fosse quello di giocare professionalmente.
Charlie era un ragazzo spigliato, solare, estraneo alla sua famiglia e soprattutto con il quale aveva già parlato: era a tutti gli effetti l’opzione migliore che Hogwarts le potesse offrire.
Si alzò di scatto dal muretto da cui era seduta, lasciando volutamente il tanto odiato giornale a terra, e cominciò a correre per i corridoi del Castello in direzione del pesante portone di ingresso, pronta a uscire nuovamente all’aria aperta per raggiungere il campo di Quidditch. 
Tutti sapevano che il sabato pomeriggio era l’orario adibito agli allenamenti di Serpeverde, perciò fu con questa informazione che fu sicura di incrociare Charlie, anche a costo di doversi sopportare la vista dell’allenamento pur di riuscire a parlargli per cinque minuti.
D’altronde, il posto alla Gazzetta del Profeta era troppo importante per lasciarsi intimidire da un gruppo di possenti e spavaldi giocatori di Serpeverde.

Per suo grande fortuna, quando giunse ai piedi degli spalti, si rese conto che l’allenamento era già giunto al termine; capì che i ragazzi - tra i quali anche il suo aspirante intervistato - dovettero essere negli spogliatoi a farsi la doccia, e, incurante di quelle che potessero essere le occhiate a lei rivolte, andò a posizionarsi davanti alla porta in attesa che uscissero.
Tra i ragazzi che varcarono quella porta non mancò di notare Jonathan Steel, il quale vedendola non poté che lanciargli un’occhiata incuriosita, e soprattutto la testa platinata di Scorpius Malfoy, del quale colpì Lucy il modo in cui fissò inorridito lo stemma Grifondoro cucito sul suo petto, quasi avesse colto nel proprio territorio un nemico.
Lucy roteò gli occhi al cielo: possibile che i maschi di quella scuola si ricordassero della rivalità tra Case solo quando si trattasse di Quidditch?
Pochi secondi dopo, però, l’attenzione fu finalmente catturata dal vero motivo per cui si trovava lì; Charlie varcò la porta degli spogliatoi con un enorme sorriso stampato in volto, sistemandosi meglio il borsone sulla spalla.
Indossava un maglione di lana pesante che aveva tutta l’aria di essere caldissimo e un paio di pantaloni grigi di una tuta che cozzavano disastrosamente con il resto del vestiario. Si ritrovò in balia del vento pungente con ancora i capelli bagnati e Lucy non poté fare a meno di domandarsi perché non se li fosse asciugati con un semplice incantesimo; ma l’attimo seguente Charlie si era schiacciato un altrettanto orribile cappellino di lana in testa, nascondendo i capelli corvini dalla sua vista.

« Charles!» Prese coraggio Lucy, sapendo che in ogni caso il ragazzo l’avrebbe sicuramente notata da lì a poco.
« Lucy…?» 
« Sì, ciao, scusa il disturbo, sarò breve–»
« Ma no, perché abbreviare le cose belle, dimmi pure!» La interruppe Charlie, facendole un veloce occhiolino.

La ragazza si esibì subito in una espressione confusa; oramai aveva capito che il Serpeverde fosse particolare, ma di certo le sue reazioni non potevano che lasciarla interdetta.
Ignorò volutamente cosa avesse appena sentito e optò per andare dritta al punto: prima avesse finito quella conversazione e prima sarebbe potuta tornare nella sicurezza che il Castello offriva.

« Mi piacerebbe poterti intervistare in quanto aspirante giocatore professionista, sempre che tu sia d’accordo!»
« Vuoi intervistare me?» Chiese giustamente perplesso lui.
« Sì, beh, sei stato tu a dirmi che vuoi diventare un professionista l’anno prossimo e guarda caso devo proprio scrivere un articolo su questo per la Gazzetta del Profeta!» 
Lucy non aveva ancora detto a nessuno di questa cosa, nemmeno a suo padre Percy che sapeva l’avrebbe sostenuta fino in fondo; si aspettò che il ragazzo le chiedesse qualche informazione riguardo all’articolo, o quantomeno sulla serietà del tutto - dal momento che sarebbe stata la prima cosa che sarebbe saltata in mente a lei di fare.
Ma Charlie era davvero troppo diverso da lei e fu per questo che fu nuovamente sorpresa quando lo sentì parlare.

« Per quanto la cosa mi renda felice, perché non lo fai su James?» 
« Ecco… non posso, sarebbe troppo scontato.»
Lucy sperò che Charlie comprendesse a cosa si stesse riferendo; lo vide farle un veloce segno di assenso col capo e spingere le mani dentro ai pantaloni della tuta.
Presa com’era stata dalla preoccupazione di dovergli rivolgere la parola, solo allora si rese conto di trovarsi da sola con il Serpeverde davanti agli oramai desolati spogliatoi di Quidditch; senza che potesse controllarlo, fu invasa da un certo senso di imbarazzo.
« Capisco… beh, non vedo l’ora di rinfacciargli di come sua cugina mi abbia preferita a lui!» Disse con tono ilare il ragazzo, allargando il sorriso che aveva in faccia.
Lucy si fece improvvisamente cogliere dal panico: aveva fatto bene a scegliere proprio Charlie, nonostante avesse il sentore che non fosse in grado di mantenere un segreto neanche sotto maledizione Imperius?
« No! C-cioè… preferirei se tu non gli dicessi nulla, o meglio, se non dicessi nulla a nessuno. Questo articolo è una sorta di mio progetto segreto!»
« Oh, mi piace la piega che sta prendendo questa conversazione, un segreto tutto nostro!» Rispose spavaldo lui, e la Grifondoro non poté che venire lentamente risucchiata dall’enorme senso di imbarazzo che l’aveva precedentemente invasa.
Un conto era avere a che fare con le sue stranezza per pochi secondi alla volta, un’altro era dover essere la diretta interessata delle frasi sempre interpretabili con malizia che le rivolgeva.
« Bene, perfetto. Ci vediamo presto allor–»
« Quindi, Weasley, cosa volevi chiedermi?»
Sentì il bisogno di scappare lei, liquidando la conversazione, ma fu prontamente interrotta da Charlie che aveva subito colto il suo desiderio di fuga.

« Adesso!?»
« Meglio fare tutto subito, no? Tanto scommetto che finisci i compiti sempre con settimane di anticipo!» La provocò, sapendo di star toccando un tasto dolente per Lucy: non era certo un segreto che la ragazza venisse vista come il prototipo di secchiona ideale.
Ma Lucy era soprattutto una Grifondoro e non avrebbe per nulla al mondo perso una sfida lanciatagli da un Serpeverde qualsiasi.
« Okay, ma… dove?» Chiese scettica e il secondo dopo si pentì di aver anche solo aperto bocca.
Charlie non rispose alla sua domanda, si limitò a fare qualche passo indietro, ad aprire la porta degli spogliati e a farsi da parte tenendola aperta per invitarla ad entrare.

Lucy deglutì nervosamente, non mancando di notare come quella scena le ricordasse proprio l’immagine di un serpente che la invitava verso la sua fine.
Scosse la testa con urgenza, le sue erano solamente paure inutili e se davvero avrebbe voluto ottenere quel posto alla Gazzetta avrebbe dovuto fare qualsiasi cosa le fosse richiesta.
Fu così che entrò nella baracca adibita a spogliatoio e andò a sedersi su una panchina, aspettando che il ragazzo la raggiungesse.
Prese un taccuino e una comunissima penna Babbana dalla borsa che miracolosamente si era ricordata di portarsi dietro, a differenza di quel povero giornale che ancora giaceva a terra nel cortile della Torre dell’Orologio.
« Ecco… c-come hai deciso di diventare un Battitore?» Tentennò Lucy, non capendo come affrontare la situazione: Charlie era seduto di fianco a lei con un sorriso ebete stampato in viso e non riusciva a spiegarsi se fosse dovuto al fatto che rideva di lei o semplicemente per il fatto di trovarsi lì, come lei, in un qualcosa di assolutamente inaspettato.
« Ovviamente perché mi piace picchiare la gente.»
« Ovviamente non posso scrivere questo nel mio articolo!» Sbottò la ragazza alla risposta di lui, non notando il principio di risata che premeva per uscire dalle labbra di Charlie.
« Weasley, oh, Merlino! Stavo scherzando!» Si difese poi, scoppiando a ridere di gusto davanti allo sguardo allibito di lei.
« Se non riesci a prendere questa cosa sul serio posso trovare qualcun altro!» Replicò stizzita Lucy. Normalmente non avrebbe mai risposto così a tono, non importa chi vi si trovasse davanti a lei; ma per una ragazza abitudinaria, sempre dedita all’analisi e alla prevedibilità degli eventi, non vi era nulla di comodo in ciò che stava vivendo.
« No, no, hai ragione!» La interruppe lui, prendendole il braccio con una mano nel tentativo di fermarla. Quando vide che aveva nuovamente la sua attenzione, lasciò andare la presa e si preparò a rispondere con sincerità a qualsiasi domanda gli sarebbe stata sottoposta.
Non capitava tutti i giorni la possibilità di finire in un articolo per la Gazzetta del Profeta, no?

« Quando eravamo piccoli i miei fratelli hanno scelto tutti gli altri ruoli, così a me è rimasto solamente quello di Battitore. Col tempo mi ci sono abituato ed eccomi qua!» Parlò poi a ruota libera.
« Non sapevo avessi dei fratelli!»
« Sì, beh, ne ho tre.» 
« Cosa!? Non li ho mai visti ad Hogwarts!» Disse con gli occhi sgranati Lucy; di famiglie numerose lei ne era decisamente esperta, avrebbe sicuramente riconosciuto una mandria di fratelli Chang se li avesse visti.
« Questo perché hanno scelto di studiare a Durmstrang, dove vive mio padre.» 

Lucy non poté non notare il modo in cui il sorriso di Charlie gli morì sulle labbra; scrisse velocemente sul taccuino la nuova informazione e tornò immediatamente a puntare gli occhi marroni in quelli del ragazzo: ne osservò il luccichio, quello tipico di chi parla di qualcosa a lui caro, ma anche l’oscurità che nascondevano e che mai avrebbe pensato di scorgere in lui.
« Oh. Sono tutti più piccoli di te, quindi?»
« Sì, sono il primo di quattro figli maschi.»

Lucy non seppe effettivamente come continuare; tra tutte le persone che aveva visto andare e venire nei suoi sei anni passati ad Hogwarts, mai avrebbe pensato a Charlie come ad un responsabile fratello maggiore; pensò al fatto che addirittura battesse James in questo, lui che aveva solamente due fratelli minori a cui badare e a sua zia Ginny che già ne aveva patite a dover crescere tre figli, figuriamoci quattro e tutti maschi.

« Ehm… Chang è un cognome conosciuto soprattutto per la Seconda Guerra Magica, hai deciso di mantenere il cognome di tua madre per questo motivo?» Continuò con l’intervista Lucy, sperando di poter concludere al più presto.
Charlie ascoltò attentamente la domanda della Grifondoro e nel giro di pochi secondi scoppiò a ridere fragorosamente.
« Cosa c’è?» Disse Lucy, stavolta visibilmente meno colpita dalla reazione del ragazzo e lasciandosi contagiare da quell’umore incurvando impercettibilmente le labbra in un ombra di sorriso.
« Rido perché tu sei una Weasley, e cos’è un Chang in termini di fama in confronto ad un Weasley?»
« Rispondi e basta, Charlie.»
« Beh, no. Ho preso il cognome di mia madre perché mio padre ci ha abbandonati quando ero piccolo lasciando mia madre con quattro neonati praticamente.» Disse Charlie una volta che le risate scemarono, parlando con una tale tranquillità che per un attimo Lucy non riuscì a percepire il reale significato delle parole.
Addirittura lo vide scrollare le spalle, quasi ad indicare che certe cose nelle vita accadevano e basta, e la Grifondoro non poté fare a meno che sentirsi morire dentro.
« I-io… mi dispiace, non lo sapevo.»
« Tranquilla, nessuno lo sa.» 

Lucy era sempre stata convinta che essere uno dei ragazzi più popolari di Hogwarts significasse avere una vita privata quasi inesistente, perciò come era possibile che nessuno fosse a conoscenza di una tale informazione?
Di certo la gente avrebbe compreso più facilmente alcuni comportamenti del ragazzo, ma Lucy ebbe la sensazione che se Charlie aveva mantenuto il tutto segreto fosse proprio per non essere trattato diversamente.
Ora completamente a disagio, la Grifondoro seppe di dover cambiare argomento; non poteva assolutamente scrivere un qualcosa di così personale nel suo articolo.

« Allora… Quidditch! Cosa ti piace così tanto del Quidditch? »
« Mi dà solo cose positive! Ricordi con i miei fratelli, ricordi dei miei compagni di squadra e migliori amici, la possibilità di non pensare ai miei problemi, l’adrenalina… insomma tutte queste cose. Il Quidditch fa bene all’anima.»
« Mi piace questa parte.» Commentò Lucy sottovoce, mentre trascriveva le parole del ragazzo sul suo taccuino.
« Quale parte?» Chiese divertito Charlie, notando il modo in cui la fronte della ragazza di aggrottava visibilmente quando era concentrata. Lucy alzò in uno scatto lo sguardo su di lui, scoprendolo essere tornato a sorriderle apertamente e non poté fare a meno di rispondergli con la stessa sincerità che le aveva riservato lui fino a quel momento.
« La cosa dell’anima. Molto drammatica e perfetta per l’articolo!» 
Charlie sbuffò sonoramente, sorpreso della risposta di lei.
« Ho parlato della mia famiglia e l’unica parte che ti è piaciuta è quella frase cliché che ho detto?» 
Lucy ricambiò finalmente il sorriso, incurvando vistosamente le labbra; fu costretta addirittura a spostare lo sguardo dagli occhi del ragazzo, incapace di sostenere l’occhiata allegra che lui le rivolse.
Si concentrò sulle mani di Charlie, che si stavano torturando e stringendo a vicenda in netto contrasto con il tono di voce e le parole fino a quel momento usate.
Realizzò che con ogni probabilità l’umorismo fosse il miglior modo che Charlie conoscesse per nascondere i suoi reali stati d’animo e non poté fare a meno di sentirsi in colpa per essersi anche solo sentita a disagio in sua compagnia: nonostante lo status di perfezione che derivava da così tanta popolarità, Charlie Chang era un maschio adolescente come tutti gli altri.
« Sto solo facendo il mio lavoro con professionalità!» 
« Tu fai tutto con professionalità, Lucy! Addirittura cammini con professionalità!»
« E come farei a farlo, scusa?» Chiese palesemente divertita lei, sebbene avesse la sensazione che il ragazzo la stesse deridendo.
« A testa alta, senza paura di mostrare al mondo quanto sei fiera di essere una secchiona!» 
« Ti capita spesso di analizzare il modo in cui cammina la gente?» Non si lasciò scoraggiare Lucy, provocandolo.
« È una domanda per il tuo articolo?» Ribatté di rimando Charlie e Lucy si lasciò andare in una risata sinceramente divertita.
« Sì, ovviamente!» Rispose poi ironica tra le risate, sorpresa dal modo in cui la situazione si era ribaltata fino a farla sentire inevitabilmente a suo agio.
« Beh, dal momento che è ovviamente una domanda per il tuo articolo…» Il Serpeverde fece volutamente una pausa, nell’intento di diventare improvvisamente serio. « No, solo delle persone che catturano la mia attenzione.» Disse poi nella più completa sincerità, lasciando che un sorriso obliquo gli contornasse il viso quando vide l’espressione meravigliata di Lucy.

La Grifondoro seppe definitivamente di non conoscere alcuna parola adatta come risposta; non solo non si era mai trovata in una situazione del genere, in balìa della sicurezza spudorata di un ragazzo più grande, ma soprattutto nessuna l’aveva mai fatta sentire di poter essere qualcuno che veniva notata per i corridoi.
Sentì dal nulla una lieve sensazione di calore salirle sul viso e pregò con tutta se stessa di non essere realmente arrossita lì, negli spogliatoi di Quidditch, davanti a Charles Chang.
« Ehm, ho finito le mie domande per oggi, ti farò sapere quando ne avrò altre!» Urlò con urgenza Lucy, alzandosi di scatto in piedi e facendo rovinosamente cadere taccuino e penna al suolo.
Charlie si accasciò immediatamente a riprenderli e glieli porse cortesemente, alzandosi anch’egli fino a ritrovarsi a torreggiare su di lei dall’alto del suo dignitoso metro e ottanta.
« Bella chiacchierata, Weasley, non farmi aspettare troppo, eh!» 
Lucy gli rivolse un ultimo sorriso nervoso, prendendo le sue proprietà dalla mano del ragazzo e schiacciandole con forza dentro alla sua borsa.
Poi, come mai aveva sentito il bisogno di fare nella sua vita, mosse le gambe in direzione della porta e scappò in direzione del Castello senza voltarsi a guardarsi indietro nemmeno una volta.

Charlie non poté fare altro che scoppiare a ridere per l’ennesima volta divertito dalla reazione della ragazza e inevitabilmente il pensiero andò al suo migliore amico James: ora capiva perché l’amico avesse così a cuore Lucy, e si domandò perché mai non si fosse mai interessato di lei prima d’ora.

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Capitolo 7
*** Paure recondite e lanci di Pluffe. ***


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VII. Paure recondite e lanci di Pluffe.

 

Erano anni che il professor Phineas Slughorn occupava la cattedra di Pozioni, ciò nonostante non avrebbe mai smesso di maledire suo padre Horace per non averlo messo dovutamente in guardia su cosa comportasse insegnare ad una mandria di adolescenti.
Quantomeno avrebbe potuto avvertirlo che la naturale tendenza dei giovani ragazzi dagli undici ai diciassette anni fosse quella di far saltare calderoni in aria, o almeno di distruggere buona parte dell’equipaggiamento, perché nei suoi dieci anni a Hogwarts Phineas non aveva fatto altro che riparare ampolle rotte e ripulire pavimenti corrosi da sostanze venefiche.
Ed era per questo motivo che il professore di Pozioni temeva particolarmente un preciso momento dell’anno scolastico, e cioè quando avrebbe dovuto far esercitare gli studenti del settimo anno nella preparazione della Pozione Esplodente. 

Fu così che in quella mattinata di fine ottobre Phineas Slughorn entrò nell’aula di Pozioni con il terrore più vivido stampato in viso e con il desiderio di tornarsene nei suoi alloggi il prima possibile.

« Ragazzi, andate a pagina quattrocentodue, perfavore. Weasley, dico anche a te. » Annunciò uno volta che prese posizione alla cattedra, osservando terrorizzato gli studenti già composti ai propri banchi. Si soffermò in particolare su Fred Weasley, il quale - famoso per la sua naturale inclinazione a non seguire alcuna regola - quel giorno rappresentava l’apoteosi di tutte le sue paure.
« Il compito sulla Pozione Esplodente non è andato generalmente male, quindi confido che oggi sarete preparati per affrontarla definitivamente.» Il professore mentì spudoratamente: non vi era un grammo di fiducia all’interno del suo corpo. « Sarà un progetto a coppie e no, prima che me lo chiediate, ho già scelto io per voi il vostro partner.» Dichiarò infine, anticipando quelle che sapeva sarebbero state le assillanti richieste dei ragazzi per farsi mettere in coppia con il proprio migliore amico o fidanzato.
Gli anni passavano e le generazioni si susseguivano, ma gli adolescenti rimanevano sempre uguali.

Gli studenti, che per quel mese di lezione si ritrovavano ad essere di Grifondoro e Corvonero, si guardarono in giro, nella speranza di riconoscere nel nome che veniva detto a voce alta dal professore qualche amico.
Col passare delle coppie che venivano chiamate, gli studenti si resero conto che i gruppi non erano affatto stati assegnati a caso: ad uno studente particolarmente studioso ne seguiva uno non particolarmente brillante. Il tentativo di Phineas di evitare il maggior numero di incidenti possibili era più che evidente.
James Potter fu chiamato assieme ad Evie Jordan ed entrambi, già posizionati uno vicino all’altra allo stesso banco, si sorrisero felici.
Eleanor Wells, fedele compagna di Evie, sbottò infastidita: erano anni che preparava pozioni assieme alla sua più cara amica e non avrebbe avuto la pazienza di sopportare nessun altro; e se le fosse capitato qualcuno che non aveva la media di Ogni Oltre Previsione in Pozioni? O peggio ancora: qualcuno che non rasentasse la sufficienza? Eleanor rabbrividì al solo pensiero.
« Wells, tu lavorerai assieme a Weasley.»
« Deve esserci un errore, Lucy è al sesto anno, professore!» Ribatté immediatamente Eleanor con tono saccente.
« Credo si riferisse a me. » Si intromise sofferente Fred, sbucando dalla destra di suo cugino James e guardando Eleanor con l’espressione di chi si aspettava un attacco di ira da un momento all’altro.
Appena vide chi le aveva rivolto la parola, la Corvonero sgranò gli occhi inorridita e presto li puntò contro il professore, pronta a dar voce allo sdegno che sentiva dentro.
« Professor Slughorn, nel suo più completo rispetto mi trovo costretta a rifiutare questo compito. Frederick Weasley è un pericolo per tutti noi e finirà per farmi saltare in aria di proposito!»
Fred non poté che roteare gli occhi al cielo nel sentire per l’ennesima volta dacché frequentava Hogwarts la concezione che Eleanor avesse di lui, ma soprattuto per il modo in cui si era rivolta al professore; gli venne quasi la nausea, Eleanor era una boriosa lecchina e niente di più.
« Cara, mi stai confondendo con Fergus Finnegan, io non faccio saltare le cose in aria, mi piace solamente fare casino!» La provocò poi, citando il povero Fergus, studente del terzo anno di Grifondoro, famoso in tutta la scuola per le sue sventurate lezioni di Pozioni.
« Vede, Professore? È esattamente quello che intendevo io! Weasley è un pericolo!» 

Phineas sospirò pesantemente, lasciando cadere di peso le braccia sulla cattedra.
Sapeva benissimo che quei due non si sopportavano - o meglio, era consapevole dell’odio imperituro che la ragazza provasse per Fred - ma non avrebbe potuto assegnare il Grifondoro a nessun altro: non essendo il ragazzo riuscito a prendere negli ultimi sette anni nemmeno una sufficienza, come avrebbe potuto permettergli di preparare la Pozione Esplodente se non sotto il vigile controllo della migliore studentessa di Hogwarts?
« Calma, Wells. Se la Pozione riuscirà quantomeno decente assegnerò quindici punti a Corvonero per il tuo immenso sacrificio. » Disse il professore calcando ironicamente sulle ultime parole; l’intera classe comincio a sghignazzare: erano pochi gli insegnanti che rispondevano a tono alla saccenza di Eleanor.
« E io? Quanti punti assegnerà a me? » Fred, come al solito, intravide subito una possibilità di guadagno anche nella peggiore delle situazioni.
« Avrai meno probabilità di essere bocciato a fine anno e la possibilità di diplomarti, ti basta? »
« Ci sto! » Scrollò le spalle Fred, facendo un cenno affermativo col capo per dichiarare la sua completa partecipazione alla lezione di quel giorno.
Prese la borsa che si era portato in aula - completamente vuota, fatta ad eccezione per una confezione di Api Frizzole - e si diresse a passo lento verso il banco dove era rimasta sola Eleanor.
La ragazza non poté che accettare il compito, a Corvonero quindici punti avrebbero solo fatto bene dato il perpetuo primo posto di Serpeverde nella corsa per la Coppa delle Case ottenuto solamente grazie al Quidditch.
Quando sentì Fred sederglisi accanto non si voltò nemmeno a fargli un cenno di saluto, gli piazzò la sua copia di Pozioni Avanzate davanti e con l’indice gli indicò il paragrafo riguardante la Pozione Esplodente; puntellò particolarmente sulla prima riga e Fred comprese che gli stesse ordinando di compiere la prima preparazione.
Il Grifondoro prese il pezzo di corno di Erumpent che gli era stato consegnato e cominciò a rigirarselo tra le mani; il manuale recitava di limare con un coltello il malto del corno, riducendolo delicatamente in polvere, così cominciò a raschiare il corno con un enorme coltello che sembrava essere uscito dalla rimessa del Guardiacaccia.
Appena Eleanor spostò lo sguardo dalla poltiglia di erbe che stava pestando sull’operato di Fred, per poco non gli venne un infarto.
« Merlino, Weasley! Cosa stai facendo!? Stai raschiando via metà del corno! Stai sprecando ingredienti preziosi!»
« Beh, tanto non le pago mica io le provviste di Pozioni!» Rispose con un sorriso sfacciato lui, guardandola con accondiscendenza.
Eleanor roteò gli occhi al cielo, prendendo con forza dalle mani del ragazzo il corno e completando lei stessa l’operazione.
« Farò finta di cancellare dalla mia testa l’oscenità che hai appena detto.»
« Sì, certo, perché invece di solito mi consideri.» Disse con tono lagnoso Fred, puntando gli occhi scuri sulle mani candide e delicate di Eleanor, le quali, nei movimenti sinuosi e eleganti con cui trattava gli ingredienti, stonavano grandemente con il suo stridulo e fastidiosissimo tono di voce.
« Cosa hai detto?» Chiese soprappensiero la Corvonero, avendo completamente chiuso l’udito alle parole di lui; continuò imperterrita a schiacciare con la lama ciò che aveva raschiato dal corno, fino ad ottenerne una polvere sottile.
Fred notò il movimento leggero delle dita con il quale mischiò la polvere alle erbe che aveva precedentemente tagliuzzato e non poté non stupirsi della facilità con cui compieva tutti quei gesti per lui impossibili.
« Niente, stavo solo confermando quanto tu mi odi.» Proclamò in tono drammatico, ricordando grandemente ad Eleanor di tutte quelle volte che aveva sentito Roxanne usare lo stesso tono con Lysander Scamander; d’altronde erano pur sempre fratello e sorella quei due, no?
Eleanor smise di colpo di lavorare, voltandosi per la prima volta a guardare Fred negli occhi; gli puntò il coltello contro e il ragazzo alzò prontamente i palmi delle mani in segno di resa.
« Oh, ma perfavore! Non osare nemmeno fare la vittima, sei pienamente consapevole di ciò che fai continuamente!» Disse evidentemente irritata, lasciando cadere il coltello sul tavolo e tornando l’attimo dopo a mischiare con un cucchiaino una disgustosa poltiglia nera e maleodorante.
« E cosa farei esattamente di così terribile? » Chiese curioso il Grifondoro.
« Ti diverti ad esasperarmi! Ti piacerebbe vedermi implodere definitivamente, ma non ti darò mai questa soddisfazione, lo giuro su Priscilla Corvonero! » Confermò sicura di sé Eleanor, lasciando cadere con particolare veemenza la poltiglia dentro al calderone.
Con una mano poi prese la propria bacchetta e Fred si irrigidì all’istante, pensando al peggio; la ragazza non poté che sbuffare alla reazione di lui, per poi pronunciare un debole Incendio e accendere il fuoco sotto al calderone.
« Guarda che non sei l’unica ragione di tutti i miei comportamenti, eh! » Ci tenne a precisare in seguito Fred, sbuffando sonoramente.
Incrociò le braccia al petto, assumendo la posa di un bambino capriccioso, continuando a fissare Eleanor in volto in quella che per lui rappresentava una muta sfida; la ragazza, però, non lo degnò di uno sguardo.
« Beh, dal momento che io sono l’unica in questa scuola che vede quanto tu sia pericolos– perché diavolo non stai facendo nulla!? È un compito a coppie! Tieni, mescola lentamente per tre minuti!!»
All’urlo per niente pacifico di Eleanor parecchie teste si voltarono in loro direzione; Evie mimò con le labbra un ‘è tutto ok?’ e Eleanor le rispose sbrigativamente con un gesto della mano.
Evie guardò preoccupata James, chiedendogli mutamente se avrebbero dovuto intervenire in qualche modo, ma il ragazzo si limitò a scrollare le spalle: tutti bravi e coraggiosi a Grifondoro, fino a quando non ci si imbatteva nell’ira funesta di Eleanor Wells.

Fred non comprese subito il comando che gli era stato impartito, soprattutto dato che il tono di voce della ragazza era cambiato così repentinamente e in modo tanto sconnesso.
Si sentì parecchio intimorito da quello che ora si sentiva in grado di definire come il bipolarismo di Eleanor Wells, e decise che per il momento avrebbe fatto meglio ad assecondarla: d’altronde stava maneggiando ingredienti altamente esplosivi e lui alla propria pelle ci teneva parecchio.
« Sì, signora. » Dichiarò allora, mimando un saluto militare; poi prese in mano il mestolo che giaceva inerme sul tavolo e cominciò a miscelare quel principio di pozione che aveva l’odore più putrido che avesse mai sentito.
Nemmeno le stalle di Cura della Creature Magiche avevano puzzato così tanto e quella era stata una punizione, perché un banale compito di Pozioni doveva causargli più sofferenze?
Eleanor osservò che Fred stesse mischiando il tutto al ritmo giusto e, notato che non vi era nulla da recriminargli, decise di sedersi sul tavolo, poggiando i piedi sulla sedia.
Sospirò in evidente segno di stanchezza e portò le mani a massaggiarsi delicatamente le tempie, chiudendo le palpebre.
Fred non poté non osservarla, non ora che per la prima volta da quando la conosceva stava dando segni di umanità e non di perfezione patologica.
« Stai implodendo in questo momento? » Le chiese divertito, usando le stesse parole che aveva usato lei poco prima.
Con sua grande sorpresa, la vide aprire lentamente le palpebre e posare gli occhi verdi-marrone nei suoi; pensò che Eleanor avesse percepito la sua battuta, perché poté quasi giurare di averla vista reprimere una risata.
« Sì, ti piacerebbe! »
« Ad essere onesto, sì. » Rispose tranquillo Fred, non smettendo di muovere il mestolo.
« Uhm? » Grugnì lei, non comprendo dove lui volesse andare a parare.
« Non ti ho mai vista perdere il controllo o anche solo spensierata, sarebbe bello vederti implodere, forse cominceresti pure a piacermi! »
Eleanor si sentì come se avesse appena ricevuto un colpo nel petto: non erano tanto le parole del ragazzo ad averla colpita, ma la spudorata onestà che aveva usato nel pronunciarle; non vi era stato assolutamente nulla di malizioso in ciò che aveva detto, ma solo la sua pura e semplice verità.
« Sono Caposcuola, non posso perdere il controllo. » Ribatté decisa, quasi stesse ripetendo un qualcosa imparato a memoria molti anni addietro.
« Sei comunque una ragazza di soli diciassette anni, è questo il tuo momento per essere spensierata! »
« È questo ciò che fai tu? Ti vivi senza controllo la tua età prima di invecchiare? » Cercò di punzecchiarlo lei, convinta di prendere in mano la conversazione.
Il Grifondoro, però, pensò bene di renderla partecipe di uno dei suoi pensieri più reconditi, lasciandola interdetta.
« Ellie, mia cara, credo che tu abbia appena scoperto la mia più grande paura. » Puntò gli occhi neri in quelli di lei e per qualche strana ragione Eleanor sentì qualcosa brontolare all’altezza dello stomaco.
« Certo, certo… come farai a conquistare miriadi di ragazze quando sarai vecchio e decrepito?! » Cercò di puntare sul sarcasmo lei, utilizzando le uniche conoscenze che aveva del ragazzo, e cioè la sua ossessione per il genere femminile.
Fred inclinò il viso, lanciando alla ragazza uno sguardo colpito, quasi non si fosse aspettato che l’ironia le potesse appartenere; allargò poi pericolosamente il sorriso ad una espressione ebete, pronto ad esibirsi in una delle sue plateali battute.
Smise di girare la pozione, abbandonando il mestolo a se stesso, per dedicarsi a pieno alla reazione che Eleanor avrebbe avuto alle sue parole.
« Mia cara, sai… quando sarò vecchio e decrepito ci saranno ragazze che saranno invecchiate assieme a me! Sarò comunque figo per qualcuno! » Le lanciò poi un occhiolino finale e Eleanor tradì se stessa quando un principio di risata le uscì dalla rosee labbra.
Poi, come risvegliatosi da un sonno profondo, scosse la testa e ritornò in sé, forzando la risata a morirle in gola: improvvisamente si era ricordata di chi avesse davvero davanti e che si trovava nel mezzo di una lezione.
Se avesse avuto quella conversazione con chiunque altro forse si sarebbe pure permessa di ridere durante una lezione, ma quello era Fred Weasley, il peggiore studente che Hogwarts avesse mai visto e l’impersonificazione di tutto ciò che lei detestava: no, non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di ridere ad una delle sue battute, non si sarebbe comportata come tutte quelle ragazze che gli pendevano dalle labbra.
« Ok, basta distrazioni, torniamo al lavoro. » Dichiarò perentoria, scendendo con uno scatto dal tavolo e posizionandosi composta al fianco del ragazzo.
Cominciò a versare da una ampolla del sangue di Fiammagranchio nel calderone e lanciò un’occhiata di fuoco a Fred quando non lo vide tornare a mescolare la pozione.
Il ragazzo colse al volo il comando e ritornò al suo operato, non mancando di esibirsi in una veloce risata alla velocità con cui Eleanor aveva deciso di tornare al lavoro.

Era ben consapevole dell’effetto che faceva sulle ragazze ed era più che sicuro che nessuno fosse immune al suo fascino, nemmeno la più burbera delle Caposcuola.
Con il sorriso più compiaciuto che gli appartenesse, guardò di sottecchi Eleanor, pronto a rivolgerle la parola.
« Sai, ti ho vista ridere, Ellie. Smettila di fingere che non ti piaccio nemmeno un pochino! » Disse sicuro di sé, non riuscendo a smettere di sorridere.
« Nei tuoi sogni! » Si sforzò di risultare il più sprezzante possibile lei.
« Va bene… » Sbuffò Fred divertito dal modo in cui solo lei riusciva a trattarlo. « Come vuoi, torniamo a questa stupida pozione, allora! » Proclamò infine, prima di scrollare per l’ennesima volta le spalle e puntare tutte la sua attenzione sull’intruglio maleodorante che era sicuro di stare mescolando da molto più che tre minuti.

Ora che era sicura che Fred avesse smesso di prestarle attenzione, Eleanor si voltò il meno palesemente possibile verso di lui, per permettersi finalmente di scrutarlo.
Notò immediatamente come gli occhi vagassero per tutta l’aula, tranne che sul calderone che aveva davanti sé: non si poteva di certo pretendere da lui che rimanesse concentrato su un compito per più di qualche secondo.
Deglutì con difficoltà, quasi stesse cercando di mandar giù un boccone troppo grande: forse - e sottolineiamo forse - Eleanor Wells dovette ammettere che Fred Weasley non era così diabolico come invece lo aveva sempre creduto.

 

*

Se c’era una cosa che tutti a Hogwarts sapevano - fantasmi compresi - era che, entrando nella Sala Grande, il tavolo all’estrema sinistra non avrebbe dato mostra di altri colori all’infuori di un vermiglio acceso e di un oro cangiante.
Nessuno avrebbe saputo spiegarsi con esattezza da dove provenisse l’estrema territorialità dei Grifondoro, che addirittura consideravano un’eresia permettere ai fidanzati o alle fidanzate dei propri compagni di Casa di sedersi assieme per la colazione.
Nemmeno i Serpeverde, dai quali ci si sarebbe potuti aspettare tale comportamento molto più facilmente, non davano mostra di tenere particolarmente a qualche posto assegnato; di fatti, non era raro vedere giovani ragazze appartenenti a qualsiasi Casa sedute tra le casacche verde-argento, soprattutto se nelle prossime vicinanze di Jonathan Steel e dei suoi amici.

La regola tacita dei Grifondoro presentava però un’unica e plateale eccezione: se il tuo nome veniva seguito dal cognome Weasley o Potter, avevi essenzialmente il lasciapassare per qualsiasi cosa riguardasse anche solo lontanamente i Grifondoro.
Fu per questo motivo che Tiberius McLaggen -  Grifondoro del settimo anno e Caposcuola assieme a Eleanor Wells - quando quel pomeriggio entrò in Sala Grande e vide Albus Severus Potter seduto al suo tavolo, non disse assolutamente nulla.
Anzi, gli fece un reverenziale cenno col capo, convinto che mantenere una buona relazione con i Potter un giorno gli sarebbe potuto tornare utile.

E Albus non si era di certo seduto al Tavolo di Grifondoro colpito da chissà quale psicosi, ma aveva avuto la brillante idea di sostenere sua cugina Rose in uno dei suoi disastrosi tentativi di fare i compiti dopo le lezioni.
Albus la conosceva fin troppo bene e sapeva che si sarebbe presto stufata di sprecare un lunghissimo pomeriggio che avrebbe potuto impiegare a dormire o a terrorizzare altri maschi adolescenti - sempre che non avesse finito già tutto il corpo studentesco maschile; così decise di rimanere al suo fianco pronto a intervenire per cogliere qualche informazione riguardo alla sua nuovissima e rovinosissima relazione con Scorpius Malfoy.

E sicuramente non le si era seduto di fronte per parlarle dell’argomento Malfoy solamente perché l’amico l’aveva pregato di carpire anche solo qualche misera informazione sul suo conto, né tantomeno perché si sentiva in dovere di fare qualcosa dal momento che aveva messo proprio lui il migliore amico in quella posizione.
Per di più dalla relazione tra Rose e Scorpius dipendevano tutte le sue probabilità di passare l’estate nella Londra Babbana a viversi la vacanza della sua vita, perciò quali altri motivi avrebbe dovuto avere se ora si ritrovava a guardare sua cugina sbuffare contro un libro di Pozioni?

Albus trattenne una risata quando vide Rose maledire le pagine del manuale che stava cercando di leggere da mezz’ora, notando che non era avanzata di mezza pagina da quando le si era seduto davanti.
Si era volutamente seduto dando le spalle al Tavolo di Serpeverde, sapendo che ad esso con ogni probabilità Scorpius se ne stava seduto ad osservare ogni sua singola mossa e a cercare di analizzare tutte le reazioni di Rose.
Tamburellò le dita sulla superficie lignea, sapendo che la cugina avrebbe sbottato definitivamente da un momento all’altro e aspettando pazientemente di fare la sua mossa.
Non dovette attendere molto, perché ben presto Rose alzò di scatto la testa e la puntò verso un punto oltre la sua spalla - probabilmente rivolta verso il Tavolo di Serpeverde, pensò Albus - e si stampò un viso un’espressione ancora più disgustata di quella che aveva avuto per tutto il tempo in cui aveva cercato di capirci qualcosa sul Distillato della Morte Vivente.
« Il tuo amico platinato ed inquietante continua a perseguitarmi. » Esordì in tono esasperato Rose, chiudendo con un gesto repentino e violento della mano il manuale di Pozioni.
Albus non si scompose al sonoro tonfo che fecero le pagine quando si chiusero di botto; voltò la testa lentamente, osservando gli occhi grigi e luminosi dell’amico guardarlo di rimando e gli fece un sbrigativo occhiolino, facendogli intendere che da lì in avanti ci avrebbe pensato lui stesso.
« Chi, Scorpius? » Chiese innocentemente e, colta l’espressione di dolore di Rose nel sentire quel nome, continuò a parlare. « Sarà soltanto affascinato dalla tua bellezza, cara cugina! »
Rose mimò un conato di vomito.
« Hai appena citato una delle mie più grandi paure. » Disse turbata, sgranando gli occhi in segno di terrore.
Albus scosse la testa e inarcò un sopracciglio, incapace di prendere sul serio la reazione della cugina.
« Perché esageri sempre così tanto? Mi sembra sia abbastanza carino con te, no? » La incalzò poi, fissandola dritto negli occhi.
Aveva imparato fin dalla giovane età che per ottenere ciò che voleva gli bastava puntare i due enormi occhioni verdi che si ritrovava su quelli degli altri e non aveva mai mancato ad usare la sua personalissima tattica nemmeno con i suoi familiari.
Solo suo padre Harry sembrava esserne immune, ma molto probabilmente derivava dal fatto che avendo lui stesso la medesima tonalità di verde, sapeva benissimo quanto si potesse celare dietro a quella finta innocenza.
« Non è carino se io voglio essere lasciata in pace! Chiedo davvero così tanto? Voglio solo non ritrovarmelo davanti ogni singolo giorno della mia esistenza! » Replicò spazientita lei; Albus sbuffò.
« Non essere così estremista! »
« Esprimere la mia opinione non è un’azione estremista! »
Albus roteò gli occhi al cielo, sapendo bene che quando Rose tirava fuori certe risposte, vi era ben poco che avrebbe potuto replicare per evitare che lei gli saltasse al collo o gli piazzasse qualche fattura dritta in petto.
La Grifondoro incrociò le braccia al seno, portando naturalmente la labbra a contorcersi in un broncio indispettito.
Perché nessuno sembrava mai capire che lei aveva tutto il diritto di decidere chi frequentare o semplicemente con chi parlare in quella scuola?
In fondo si trovava ad Hogwarts per imparare qualche incantesimo e studiare stupide Guerre Magiche delle quali date non gli sarebbero mai servite della vita, non per diventare amica di tutti i suoi coetanei del Mondo Magico!
« Dagli una possibilità almeno! » Ritornò sull’argomento Albus, oramai pienamente convinto che l’unico modo per convincere Rose Weasley fosse lo sfinimento; certo, tendenzialmente risultava essere il metodo più rovinoso, ma lui era suo cugino e lei non avrebbe mai osato pestarlo nel mezzo della Sala Grande, no?
« Sì, certo! Perché una ragazza è costretta a dare una possibilità ad un ragazzo solo perché lui è carino con lei? No, grazie, non fa per me! » Tuonò polemica Rose, sottolineando ogni parola sbattendo il pugno contro il tavolo.
Tiberius McLaggen, seduto alla loro destra, si voltò immediatamente nella loro direzione, pronto ad intervenire in qualità di responsabile Caposcuola per salvare il giovane Potter dalle grinfie della pazza Rose Weasley.
« Rose, non ho detto che devi sposarlo! Devi solo smetterla di guardarlo come se volessi torturarlo a morte! »
« Io non faccio quello! » Si difese prontamente la Grifondoro, muovendo convulsamente le mani in segno di sdegno.
Albus alzò nuovamente un sopracciglio, questa volta per questionare ciò che lei aveva appena detto e Rose non poté che sospirare sconfitta.
« Okay, okay! Forse lo faccio! Ma in mia difesa guardo tutti i maschi adolescenti così! »

Non che Rose provasse ribrezzo per il sesso opposto, oh no.
I numerosi poster di attori Babbani in camera sua potevano confermare l’esatto contrario, ma i poster sono muti e senza personalità e non causano gli stessi problemi di un’orda di adolescenti in costante subbuglio ormonale.
I suoi poster non fissavano il didietro delle ragazze quando indossavano gonne troppo corte e soprattutto non passavano intere ore a commentare quanto fosse stretta sul petto la camicetta di quella Serpeverde del sesto anno!
Era sicura che dopo i vent’anni - molto probabilmente verso i trenta, facciamo quaranta! - gli stupidi ragazzini che correvano per Hogwarts sarebbero diventati uomini sopportabili, ma per ora il più lontano da loro fosse rimasta, meglio sarebbe stato per la sua salute mentale.

« È vero, guardi tutti così, e per quanto io ti possa amare quando lo fai, mi dispiace che il mio migliore amico non riesca a conoscerti nel modo in cui ti conosco io! » Decise di dire una piccola bugia Albus; d’altronde sia Scorpius che Albus avevano come obiettivo quello di addolcire la ragazza, quindi non era proprio da considerarsi come una bugia, no?
« Vuole solo conoscermi perché sono l’unica in questa scuola che non gli dà corda, non sarò il suo passatempo! » Rose avrebbe voluto usare mille altre parole al posto di ‘conoscere’ ma sapeva che sarebbero risultate tutte irrispettose per quello che era il migliore amico di suo cugino Albus.
Non era stupida, per anni aveva sentito gruppi di maschi fare scommesse su chi sarebbe riuscito a ottenere un appuntamento da quella che veniva considerata la ‘frigida’ di Hogwarts, ma lei era riuscita a non dare la soddisfazione a nessuno.
Certo, ciò aveva significato negarsi i piaceri delle prime cotte, di quelle stupidaggini adolescenziali che col tempo si ricordano con tenerezza; ma Rose Weasley non avrebbe permesso mai e poi mai ad anima viva di prendersi gioco di lei.
« Allora fallo felice, diventaci amica così si annoierà di te e ti lascerà in pace. » La buttò lì Albus, cercando di nascondere con tutto se stesso il sorriso ebete che gli premeva di uscire.
Pregò con ogni cellula del suo corpo che quel tentativo di psicologia inversa bastasse per far cascare Rose e molto probabilmente, da qualche parte in qualche ripostiglio di Hogwarts, il Cappello Parlante si stava congratulando con se stesso per aver smistato Albus a Serpeverde.
« È una cosa troppo contorta! » Rispose Rose dall’alto del suo onore Grifondoro, che a quanto pareva non la abbandonava nemmeno quando si tratta di ragazzi che non poteva soffrire.
« Beh, non mi sembra tu sia in disaccordo. » Fu solo in quel momento che il Serpeverde si permise di rivolgerle un sorriso raggiante, conscio di aver colpito nel segno.
Osservò la fronte di Rose aggrottarsi e lo sguardo fissarsi su un punto imprecisato davanti a sé: stava realmente valutando il suo consiglio.
« In effetti ho provato ad insultarlo e chiaramente non ha funzionato… » Parlò tra sé e sé Rose. « Forse se mi dimostrassi più amichevole si annoierebbe così tanto da lasciarmi definitivamente in pace! » Disse infine decisa, come se fosse venuta a capo di chissà quale piano per sconfiggere le Arti Oscure da sola.
« Mi sembra geniale, cara cugina! » La fomentò Albus, sorridendole apertamente.
Avrebbe forse dovuto sentirsi un minimo in colpa, anche solo a disagio, dal momento che aveva manipolato sua cugina per convincerla a dare una possibilità ad un ragazzo che sapeva per certo star facendo tutto quello per gioco.
Ma nulla di tutto ciò fu provato da Albus, il quale, non vedendo alcuna malizia nei comportamenti di Scorpius, era più che sicuro che nessuno si sarebbe fatto male in quella situazione.
Certo, Scorpius non era un santo, ma sapeva essere un amico premuroso e fedele e fu per questo che seppe che farlo interagire con sua cugina le avrebbe solo fatto del bene.

Fissò Rose dritto nei suoi limpidi e sinceri occhi azzurri e non smise di sorriderle: la Londra Babbana gli era sempre più vicina.

 

*

Esattamente un tavolo alla destra di quello di Grifondoro, il Tavolo di Corvonero presentava una scena non troppo diversa.
L’infiltrata in questo caso non era altro che Roxanne Weasley, ma nessun membro di Corvonero aveva avuto il coraggio di farle notare che indossava la divisa sbagliata per sedersi lì.
Nessuno d’altronde si sarebbe potuto stupire di trovarla seduta proprio a quel tavolo, appiccicata al fianco di Lysander Scamander; questa volta però non erano soli, davanti a loro vi era seduto Lorcan Scamander, il quale, proprio come il suo gemello, stava dando mostra di un silenzio tombale mentre ordinatamente ricopiava i propri appunti del giorno.
La Grifondoro chiaramente era impegnata in tutt’altra attività, decisamente con la voglia sotto i piedi per poter occupare con le materie scolastiche anche i suoi pomeriggi oltre che le mattinate. Roxanne era intenta a leggere un misero giornalino rosa, che occhi ben attenti avrebbero riconosciuto come un settimanale di gossip Babbano; ne sfogliava distrattamente le pagine, seguendo con l’indice le righe che effettivamente attiravano la sua attenzione.
Né Lysander, né tantomeno Lorcan, si degnarono di alzare la testa dalla loro pergamena per vedere che cosa la ragazza stesse facendo.

« Chiunque abbia scritto questo articolo è un idiota! Dieci modi per diventare un campione sotto le lenzuola!? Sono tutte cavolate! » Sbottò indignata la ragazza interrompendo bruscamente il silenzio e sbattendo il giornale sul tavolo.
« Allora non leggerlo. » Commentò atono Lysander, non alzando gli occhi dalla sua pergamena.
Evidentemente non pregnato da sette anni di forzata convivenza con Roxanne, Lorcan puntò invece gli occhi in quelli scuri della ragazza, lanciandole uno sguardo di comprensione.
Annuì velocemente, spostando lo sguardo dal settimanale scandalistico all’espressione sconvolta della Grifondoro.
« Lo legge perché è divertente e la fa ridere, Lys. »
« Oh, grazie mille Lorcan! Chiaramente tutti i geni dell’intelligenza sono andati a te e non ne è rimasto nessuno per questo scemo di tuo fratello! » Disse Roxanne, indicando con un braccio il ragazzo al suo fianco per denigrarlo.
Lysander fu costretto ad alzare finalmente il capo, e posò gli occhi in quelli del gemello: lo pregò con lo sguardo di essere suo complice e di non incoraggiare ulteriormente la ragazza ma, con sua grande delusione, vide Lorcan fin troppo coinvolto dai soliti scatti di follia di lei.
« Ehm, sono certo che Lysander sia intelligente tanto quanto me! » Pensò di difendere il fratello Lorcan e Lysander scosse la testa sconsolato, incredulo di una dimostrazione di tanta ingenuità.
Insomma, anche Lorcan conosceva Roxanne da tutta la vita, e allora perché non aveva ancora imparato che non andava accontentata quando se ne usciva con le sue richieste di attenzione?
« Ignorala e basta, parla così tanto che le sue parole perdono di significato. » Si rivolse Lys al fratello.
Roxanne in tutta risposta gli rivolse una linguaccia, conscia che almeno con la coda dell’occhio il ragazzo potesse vederla.

« Allora Lorc… » Decise di dedicarsi all’unico Scamander che sembrasse degnarla di attenzioni, sporgendosi lungo il tavolo in sua direzione. « …e tu? Sei un campione sotto le lenzuola con la tua nuova ragazza? »
« Non rispondere. » Disse secco Lysander.
« Scusa, cosa!? » Rispose perplesso Lorcan.
« Beh, io so tutto su voi Scamander, pensavi davvero che non sarei venuta a sapere di te ed Emma?» Incalzò Roxanne, incurvando le labbra in un sorriso furbetto, quasi avesse appena svelato di essere a conoscenza di chissà quale segreto.
« Stupida! Il problema non è che sai della sua nuova ragazza, ma che gli fai quel tipo di domande!» Si infervorò improvvisamente Lysander, abbandonando il suo stato di passiva aggressività; si voltò a fronteggiarla con uno scatto, sgranando gli occhi in preda al fervore.
« Oh, non fare il moralista con me! Lo conosco da una vita, è un mio diritto fargli questo genere di domande! E anche chiedergli consigli, se mi va! » Ribatté a tono Roxanne, sbattendo un pugno contro al tavolo.
Lorcan osservò i due battibeccare e non poté fare a meno che sentirsi leggermente a disagio; era più che abituato a vederli insultarsi a vicenda, ma mai gli era capitato che lo facessero per qualcosa che riguardasse lui in prima persona.
Si schiarì la gola con un finto colpo di tosse e decise di prendere la parola per calmare gli animi.
« Ehm, Rox… anche se volessi, non saprei come risponderti… ecco… io e Emma non facciamo quel tipo di cose. » Disse timidamente con un filo di voce, ammutolendo i due e concentrando l’attenzione dei due su di sé.
« Oh, fantastico! Allora sei ancora illibato come me e Lysander! » Roxanne si dimenticò completamente di aver anche solo urlato pochi secondi prima, e rivolse un sorriso smagliante in direzione di Lorcan.
« Illibato, cosa? Considerando il fatto che non sai assolutamente nulla riguardo alla mia vita privat– » Cercò di lamentarsi Lys.
« Non sei vergine quindi? » Lo interruppe bruscamente Roxanne, guardandolo con un sopracciglio inarcato.
« Beh, i-io… »
« Vedi? Sei un libro aperto per me. » Concluse decisa la Grifondoro, annuendo convinta.

Roxanne finì di parlare e il silenzio calò nuovamente.
Lorcan si esibì in un secondo finto colpo di tosse, tornando poi sulla propria pergamena; Lysander non sembrava voler più staccare gli occhi dal manuale di Incantesimi che teneva aperto davanti a sé.
La Grifondoro sbuffò sonoramente: perché ogni volta che parlava con qualcuno la conversazione finiva con il mutismo più assoluto?
D’altronde tutto ciò che lei diceva era sempre così divertente, di certo sapeva come mettere a proprio agio chiunque!
« Allora, visto che me lo avete chiesto così gentilmente… » Iniziò a parlare Roxanne, stampandosi in faccia un’espressione di finta innocenza; Lorcan alzò immediatamente lo sguardo per fissarla, Lysander poté solamente pregare che finisse di parlare al più presto. « Io invece sono ossessionata dal sesso in questo periodo! Ma forse ne ho solo paura, sapete? Di solito quando si è ossessionati da qualcosa è perché se ne ha paura, no? Non riesco davvero a capire quale sia il mio problema, se davvero volessi farlo potrei farlo senza problemi! Cioè, guardatemi! Sono così sexy, elegante e intelligente! »
« Rox, sta’ zitta, dai. » La pregò in tono sgarbato Lysander, corrugando la fronte in una espressione di dolore. Roxanne lo ignorò volutamente, continuando con il suo monologo.
« Insomma, guardo i porno ogni volta che posso. Certo, mi eccitano, ma… »
« Ora basta, ti prego. » Lysander parlò con il tono di chi stesse subendo la peggiore delle torture.
« Porno? Ma come fa a guardarli? » Chiese sussurrando Lorcan al fratello, cercando di non farsi sentire da Roxanne.
Lysander lo guardò con sguardo allucinato, mimandogli disperatamente con le labbra un ‘non chiedere’.
« …forse non funzionano perché sono solo film e non sono reali? » Concluse la Grifondoro, e improvvisamente sgranò gli occhi come colta da una illuminazione.
Si voltò a guardare Lysander negli occhi, quasi si fosse accorta solo in quel momento di chi avesse accanto. « Sta fermo, ci vorrà solo un attimo! » Gli disse sbrigativamente, prima di prendergli il viso tra le mani e avvicinare pericolosamente il viso al suo.
Lysander ci mise una frazione di secondo a comprendere l’idea malsana che era appena balzata alla mente dell’amica e, come se si fosse scottato, si scostò bruscamente, prendendo il manuale di Incantesimi tra le mani e usandolo come scudo contro Roxanne.
La ragazza, decisa a completare la sua missione, finì per lasciare un bacio a stampo sulla copertina del manuale.
« Ma sei completamente impazzita!? » Sbottò Lysander, passandosi una mano fra i capelli per cercare di ricomporsi dal pericolo che aveva appena scampato.
« Rilassati! Era solo un esperimento! A quanto pare non sei un bravo compagno di esperimenti! » Rispose in tono lagnoso la ragazza, alzando le spalle a lasciare intendere che ciò che aveva appena cercato di fare rientrasse nella norma.
« Esperimento!? Significa che andrai in giro a provare a farlo con altre persone!? »
« Beh, certo, per risolvere il mio problema devo cercare la cura migliore e non c’è altro metodo se non sperimentare! »
Lysander ascoltò Roxanne terminare di parlare e rimase a boccheggiare completamente sotto shock. Dalla sua bocca aveva sentito provenire innumerevoli assurdità e sciocchezza, ma mai qualcosa di così insensato e illogico.
Scosse la testa violentemente, forzandosi di dimenticare ciò che aveva appena vissuto.
« Ora me ne torno ai miei compiti e cercherò di cancellare dal mio cervello gli ultimi minuti della mia vita. » Diede voce ai propri pensieri, tornando una volta per tutte ai suoi compiti di Incantesimi; la Grifondoro gli rivolse un ultima e vistosissima linguaccia.

Come mossi da una routine che avevano imparato a memoria nel corso degli ultimi anni, Lysander e Roxanne si mossero all’unisono: il ragazzo tornò a impugnare la piuma e a scrivere concentrato sulla pergamena, mentre la ragazza riprese in mano il settimanale che era stata la fonte della conversazione da dimenticare.
Lorcan poté solo rimanere a fissarli con ammirazione, osservando come i movimenti dei due sembrassero a tutti gli effetti in sincrono: muovevano la mano a svoltare le pagine nello stesso momento e addirittura avevano portato un dito a grattarsi una guancia nello stesso istante.
Il Convonero represse una risata, convenendo che non avrebbero potuto trovarsi in altro posto in tutto il Castello se non uno di fianco all’altra, a pochissimi centimetri di distanza e con le spalle che quasi si toccavano. 

Sorrise teneramente: sebbene non avesse mai visto il fratello alterarsi come faceva con Roxanne, sapeva anche che non vi era persona in tutto il Mondo Magico a cui tenesse così tanto, ed era molto più che sicuro che anche per la Grifondoro fosse così.

 

*

In tutta Hogwarts con ogni probabilità nessuno si intendeva di Bolidi quanto Charles Chang, per non parlare poi dell’accostamento immediato tra James Potter e i Boccini, e allora perché proprio i suddetti ragazzi se ne stavano nel mezzo dei giardini adiacenti al Lago Nero a passarsi una Pluffa inanimata?
In quanto Battitore e Cercatore più noti in quella scuola, non avevano per caso sbagliato palla da Quidditch?

E questo fu sicuramente il primo pensiero che balzò alla mente di chiunque fosse passato quel pomeriggio per le rive del Lago Nero e avesse visto i due ragazzi, in piedi uno di fronte all’altro a pochi metri di distanza e con due divise che cozzavano drasticamente tra loro, intenti nel semplice lancio di una Pluffa come se fosse stata l’attività più divertente del mondo.

« Ah! Sono il migliore! Sono il re del mondo! Dovrebbero dedicarmi una statua qua ad Hogwarts! » Gridò in preda all’euforia Charlie in seguito ad un passaggio fortunato che un più che sconsolato James non era riuscito ad acciuffare.
« Charlie, ti hanno già dedicato una statua. Sta là, guarda! » Rispose fingendo di seguire l’amico nel suo sfoggio di orgoglio, indicando con una mano un cesto per l’immondizia che giaceva contro ad un albero alla sua destra.
Charlie seguì con lo sguardo la direzione mostrata da James e, una volta osservato l’oggetto in questione, non poté fare altro che scoppiare a ridere e fingersi offeso.
Un altro dei loro tipici siparietti che caratterizzava la loro amicizia aveva appena preso vita.
« Divertente, Potter, questa faceva ridere! Perché non diventi un comico e ci risparmi lo strazio di vederti diventare un giocatore di Quidditch professionista? » Lo rimbeccò il Serpeverde, prendendo al volo la Pluffa che gli aveva appena lanciato James.
« Paura che possa essere una competizione insormontabile per te? » Rispose con un’altra domanda il Grifondoro, sorridendogli sfacciatamente.

Charlie si preparò per rilanciare la Pluffa al mittente, ma nel preciso istante in cui la palla abbandonò la sua mano, l’attenzione di James fu catturata da altro.
A pochi metri alla loro sinistra Evie Jordan stava passeggiando allegramente lungo la sponda del lago, stringendosi nel mantello per combattere il vento gelido.
James alzò una mano pronto a salutarla, ma la Pluffa che gli era appena stata lanciata lo interruppe infrangendosi violentemente sulla sua faccia.
Il Grifondoro ringraziò mentalmente Godric per il fatto che Evie non sembrò minimamente accorgersi di loro, altrimenti chissà che figura che avrebbe fatto.
Fece finta di nulla e si voltò per fronteggiare Charlie, il quale però era già pronto a canzonarlo come solo lui sapeva fare.
« Certo, come no, come se potessi avere paura di uno che non riesce a prendere al volo una Pluffa qualsiasi! »
« Hey, non vale! Non stavo guardando! » Cercò di giustificarsi James, assicurandosi la palla stringendola tra le braccia.
Charlie scoppiò a ridere: l’amico aveva tutto l’aspetto di un bambino troppo cresciuto intento a fare i capricci.
« Un vero giocatore non si fa distrarre dalle belle ragazze, Potter! » Ribatté Charlie, facendogli un cenno con il braccio per farsi rilanciare la Pluffa.
« E questo cosa c’entrerebbe con me, scusa? » Il Serpeverde sbuffò sfacciatamente, incapace di comprendere come l’amico potesse essere tanto cieco alle volte.
« Credi davvero che non ti abbia visto mentre fissavi la Jordan con occhi a cuoricino? »
« Ma cosa vai blaterando!? Volevo solo salutarla, è una mia cara amica! » Sentì il bisogno di difendersi ancora una volta James.
« Come se un uomo riuscisse ad essere solo amico di una ragazza del genere! » Commentò polemico Charlie, pronto a far confessare l’amico un qualcosa del quale era sicuro non si fosse accorto lui stesso.
« Che diavolo significa ciò che hai appena detto, Chang!? »
« Che la Jordan è una figa come poche e nonostante i tuoi stupidi occhiali mi sa che te ne sei accorto anche tu! » Il Grifondoro storse il naso nel sentire l’appellativo che Charlie aveva rivolto ad Evie, ma non ebbe nulla da dire per smentire.
Era ovvio che negli anni si fosse accorto del fatto che Evie fosse molto più attraente rispetto ad altre ragazze, ma questo cosa aveva minimamente a che fare con la loro amicizia?
« Beh, è innegabile che Evie sia una bella ragazza, ma se stai cercando di insinuare altro sappi che io e lei siamo amici da tutta la vita! » James portò una mano per risistemarsi gli occhiali squadrati sul naso, gesto che chiunque lo conoscesse a fondo sapeva fosse un personalissimo segno del ragazzo di mostrare disagio.
Charlie non mancò certo di notarlo, ma si decise a non mettere ulteriormente in difficoltà l’amico: era chiaro dallo sguardo confuso di James che considerasse Evie unicamente come una amica.
« Eh, vabbè, significa che qualche altro ragazzo fortunato riuscirà a conquistarla! » Buttò lì Charlie, non sapendo come terminare la conversazione.
Di certo, però, non si sarebbe mai aspettato la risposta irritata di James.
« Certo, come no! Evie non è mica il tipo di ragazza facile da conquistare! Passeranno anni prima che trovi un ragazzo alla sua altezza! » Terminò il Grifondoro, prendendo al volo la Pluffa lanciatagli dall’amico.
Charlie si stampò un ghigno vittorioso in viso, come se avesse appena sentito chissà quale confessione provenire dalle labbra di James.
« Se lo dici tu… visto che la conosci così bene e che siete amici da tutti la vita! » Usò volutamente un tono ironico, ma James fortunatamente non lo colse.
Dato quanto sembrasse agitarlo parlare di Evie Jordan, chissà cos’altro si sarebbe lasciato scappare di bocca se si fosse reso conto del modo in cui Charlie lo stava prendendo in giro.
James si limitò solamente a ripassargli la Pluffa utilizzando più forza del dovuto, mirando alla faccia dell’amico.
Proprio come era successo a lui poco prima, la palla andò a schiantarsi contro al viso di Charlie e il Serpeverde non poté fare altro che alzare un dito medio per esprimergli tutto il suo disappunto; James si fece spuntare un sorriso vittorioso.

« Hey, Lucy! Hey! » Disse improvvisamente Charlie guardando un punto dietro alle spalle di James, dimenticandosi completamente della Pluffa e facendola cadere a terra.
Il Grifondoro si esibì in una espressione perplessa, incapace di comprendere chi stesse salutando l’amico e, quando si voltò per scoprire l’identità della persona in questione, fu sconvolto nel vedere propria sua cugina Lucy.
Lucy Weasley stava infatti camminando nella loro direzione, ma evidentemente non li aveva affatto visti dato che aveva l’intero viso rivolto verso un pesantissimo libro che teneva saldamente tra le mani.
Sentito chiamare il suo nome, alzò pigramente gli occhi marroni dalle pagine del libro per ricambiare, ma con suo grande orrore vide un eccitato Charlie Chang con un braccio esteso in aria in segno di saluto e, a pochi metri da lui, niente di meno che suo cugino James che spostava lo sguardo dall’amico a lei con la confusione più totale espressa in viso.
E se Charlie non fosse riuscito a tenere la bocca chiusa e avesse spiattellato il suo segreto a James? E se James si fosse offeso perché non aveva scelto lui per l’intervista per il suo articolo sul Quidditch?
Lucy non avrebbe mai potuto perdonare Charlie nel caso, James era una tra le persone alle quali teneva di più al mondo.
« Hey, Lucy! I tuoi capelli sono particolarmente brillanti oggi! » Provò nuovamente il Serpeverde, in attesa che la ragazza gli rivolgesse la parola.
Lucy pensò di scappare, ma come avrebbe spiegato poi a James una fuga isterica?
Si avvicinò lentamente ai due, sforzandosi di incurvare le labbra in un debole sorriso.
« Ciao, ragazzi! » Disse timidamente ad entrambi, evitando di guardare Charlie direttamente negli occhi. « Ehm, grazie. Devo andare ora, ciao! » Si rivolse poi al Serpeverde, dimostrandosi più gentile di quanto avrebbe voluto fare.
Prima ancora che James potesse rivolgerle una parola di saluto, Lucy era già corsa via in direzione del Castello, lasciando nuovamente i due ragazzi in compagnia della Pluffa.

« Da quando in qua parli con mia cugina? » Si mise immediatamente sulla difensiva il Grifondoro, gonfiando il petto.
« Oh, Jamie. Io e Lucy siamo grandi amici ora! » Rispose convinto Charlie, allargando pericolosamente le labbra in un sorriso sfacciato.
« Cosa? » Chiese visibilmente scettico James.
Lucy e Charlie erano a tutti gli effetti le due persone che conoscesse di più in quella scuola a parte i suoi fratelli, e perciò era più che sicuro che non avessero assolutamente nulla in comune e soprattutto che non si fossero mai rivolti la parola; perciò in quale momento quei due erano diventati amici?
« Sì, ma non ti preoccupare, rimani sempre tu il suo eroe, non ti rimpiazzerò! Anche se dovrebbe seriamente pensare di rivedere le sue scelte! » Charlie alzò una mano per accompagnare le parole con un gesto sbrigativo, per far intendere all’amico che fosse una questione da poco; avrebbe però dovuto sapere che se si toccava la sua famiglia, James non avrebbe demorso facilmente.
« Beh, questo perché non la infastidirai più. È troppo buona per perdere tempo con uno come te. » Disse in tono serioso James e Charlie non seppe se sentirsi offeso o se semplicemente lasciarlo continuare ad essere un cugino iperprotettivo.
Optò per una terza opzione, e cioè essere semplicemente se stesso.
« Potter, rilassati. Lucy è davvero solo mia amica, non come tu e Evie Jordan! » Parlò nella più completa tranquillità poi, condendo la propria risposta con un occhiolino finale.

Messo di nuovo alle strette con l’argomento Evie, James non poté fare altro sbuffare esasperato.
« Ok, ho oltrepassato il limite di sopportazione con te oggi. Andiamo a mangiare! » Dichiarò infine James, guardando Charlie fargli un veloce cenno di assenso e prendere la Pluffa che si trovava a terra.
Il Serpeverde lo raggiunse con poche falcate e assieme si incamminarono verso il Castello, con la mente già rivolta al banchetto che la Sala Grande avrebbe offerto loro per cena.
Per tutto il tragitto il sorriso non mancò mai sulle labbra di Charlie: ora che sapeva che Evie Jordan rappresentava un nervo scoperto per l’amico, l’avrebbe certamente tirata in ballo più spesso.

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Capitolo 8
*** Colazioni rimandate e tattiche alternative. ***


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VIII. Colazioni rimandate e tattiche alternative.

 

Devo seriamente cambiare migliori amici.

Questo fu il pensiero che ininterrottamente attraversò la mente di Albus Potter mentre si allacciava distrattamente la cravatta verde-argento al collo e usciva dal proprio Dormitorio in fretta e furia sbattendo contro ogni divanetto che incrociava.
Quel venerdì mattina non solo la sveglia non era suonata, ma nessuno dei suoi compagni di Dormitorio si era degnato di svegliarlo, né tantomeno i suoi due migliori amici Scorpius e Jonathan avevano pensato di avvisarlo che erano scesi per la colazione.
Così Albus non aveva avuto altra scelta se non uscire dalla Sala Comune di Serpeverde con i capelli schiacciati dalla forma del cuscino e gli occhi ancora impastati dal sonno, per non parlare del fatto che cominciò a farsi prepotentemente spazio nel suo cervello il pensiero che gli rimanevano solamente venti minuti prima dell’inizio delle lezioni.
Non si curò nemmeno di controllare se si fosse chiuso correttamente la porta della Sala Comune alle spalle - cosa che già sapeva gli avrebbe causato molti problemi con i suoi compagni Serpeverde fin troppo dediti alla riservatezza della propria Casa - e cominciò a correre come poche volte aveva fatto in vita sua in direzione della Sala Grande, nella speranza di arraffarsi le ultime fette biscottate rimaste e forse una tazza di tè.

Il Destino quel giorno non sembrò affatto stare dalla sua parte, perché - giunto in prossimità dell’aula di Pozioni - la tracolla della borsa piena di libri che si era messo alla buona attorno ad una spalla decise di rompersi, causando la rovinosa caduta dell’intero contenuto della borsa al suolo.
Imprecando bellamente contro Salazar, Hogwarts e tutti i maghi della storia che gli fossero venuti alla mente, Albus si gettò sul pavimento, pronto a rimettere ogni singolo libro al proprio posto.
Quando ebbe finito, e fu pronto a tornare a correre verso la Sala Grande, lo sguardo non poté però non cadere sulla porta di legno massiccio che gli si trovava davanti.
La porta dell’aula di Pozioni era spalancata, cosa che attirò immediatamente l’attenzione di Albus considerato che era il professor Slughorn ad aprirla la mattina prima delle lezioni, ma ciò che lo colpì davvero fu il fatto che dal corridoio in cui stava si poteva benissimo intravedere una matassa di ricci biondi e disordinati seduta ad un banco.
Albus strabuzzò istintivamente gli occhi, incredulo che davanti a lui si trovasse davvero la persona che ora aveva riconosciuto, ma dovette ammettere a se stesso che il ragazzo che si trovava seduto ad un banco dell’aula di Pozioni con il capo chino su di un libro era davvero Lorcan Scamander.
Il Serpeverde non riuscì a trattenersi e si lasciò sfuggire uno sbuffo di divertimento.
Ma si nutriva di libri per caso? Perché non era a colazione come tutti gli altri studenti di Hogwarts?

Senza neanche permettersi di formulare ulteriori pensieri, Albus mosse i primi passi verso Lorcan, pronto a scambiare qualche chiacchiera.
D’altronde cosa c’era di male nel voler parlare con un ragazzo che conosceva da tutta la vita?
Neanche la prospettiva di riempirsi la pancia per colazione sembrò richiamarlo verso il corridoio, avrebbe dovuto solamente sopportare qualche ora e presto sarebbe arrivata l’ora di pranzo.

« Hey. » Disse conciso, una volta che ebbe raggiunto il punto in cui era seduto Lorcan.
« Oh, Albus! Ciao! » Rispose immediatamente il Corvonero, non dando particolari segni di scompostezza; anzi, data la naturalezza del tono di voce, parve quasi che lo avesse sentito arrivare già da qualche minuto.

Albus non poté fare a meno di pensare all’ultimo volta in cui si erano rivolti la parola, quando Lorcan gli aveva dato l’impressione di detestarlo, da quanta fretta aveva avuto di scappare via da lui e dalla Biblioteca; ora, invece, il tono di voce gli parve particolarmente acceso, talmente gioviale che avrebbe fatto fatica a dire che davanti a lui si ritrovava lo stesso ragazzo con cui aveva avuto a che fare in Biblioteca.

« Hai intenzione di ignorarmi anche stavolta? » Parlò senza pensarci il Serpeverde, lasciando che la bocca desse voce ai propri pensieri.
Lorcan inarcò un sopracciglio, dando un chiaro segno di non comprendere a cosa si stesse riferendo; poi, sentendosi analizzato dai profondi occhi verdi di Albus, gli venne tutto alla mente, e non poté fare a meno di sentire una lieve sensazione di disagio impossessarsi di lui.
« Ah, sì, quella volta in Biblioteca. » Commentò a bassa voce tra sé e sé. « Hai ragione, scusami, non so cosa mi sia preso. » Disse poi con decisione, in netto contrasto con l’imbarazzo che scaturì dal fatto che non riuscì a posare gli occhi in quelli di Albus.
« Figurati, anche io odiavo essere disturbato quando leggevo quella roba. » Albus si stampò un mezzo sorriso di comprensione in viso e scrollò le spalle, nel tentativo di alleggerire la situazione. Ricordava bene il genere di libri che aveva colto Lorcan leggere, e soprattutto ricordava l’espressione colpevole che il Corvonero aveva avuto in viso quando gli aveva confessato di aver lui stesso frequentato quel reparto della Biblioteca anni prima.
« Quale roba? » Rispose bruscamente sulla difensiva Lorcan.
Albus pensò seriamente di scoppiare a ridergli in faccia; davvero lo credevo così stupido?
Abbassò lo sguardo fino al libro che Lorcan teneva in mano e ne lesse velocemente il titolo: “Chiamami col tuo nome”.
Una volta confermati i suoi sospetti, fece un cenno col capo per far vedere a Lorcan che cosa intendesse, e dovette appellarsi a tutta la forza che aveva in corpo per fermarsi dal deriderlo per il suo pessimo tentativo di celargli la realtà dei fatti.

« Oh, questo libro intendi!? Ho sentito che va di moda tra i Babbani e ho pensato di dargli un’opportunità! » Lorcan chiuse di scatto il libro e lo infilò il più velocemente possibile sotto ad una pila di tomi di Pozioni che facevano bella mostra sul banco.
Albus annuì distrattamente, non credendo ad una parola del ragazzo, ma convinto nel volerlo assecondare.
« Hai trovato poi le informazioni che cercavi sui Babbani? » Decise di tastare ulteriormente le acque il Serpeverde. 
Quel giorno Lorcan parve particolarmente propenso a parlare con lui, non avrebbe di certo sprecato quell’occasione per dare sfogo a tutta la curiosità che lo aveva invaso da quando lo aveva trovato a cercare libri nel reparto di letteratura Babbana.

Lorcan fece un respiro profondo e si passò nervosamente una mano tra i capelli biondi; sapeva che Albus doveva aver capito che quello non era un argomento del quale si sentiva di poter parlare tranquillamente, e fu perciò per questo motivo che non poté fare a meno di sentirsi in trappola: lui, un Corvonero abituato a conversare con i suoi libri, braccato da una Serpe in un aula recondita dei sotterranei.
Decise di alzare finalmente lo sguardo sul viso di Albus, e subito tutte le sue preoccupazioni svanirono: davanti a lui non c’era altro che lo stesso ragazzino dai capelli scuri e disordinati con cui aveva giocato da bambino, e che ora era decisamente cresciuto dato il fisico slanciato e che si ritrova, mentre gli occhi verdi e profondi non erano cambiati affatto, vispi e sinceri, e incredibilmente familiari.
« Il libro che mi hai consigliato andava bene, ma il resto era tutto troppo banale. A quanto pare i maghi non sono così esperti di stili di vita Babbani come credevo. » Disse Lorcan tutto d’un fiato, sentendo il cuore sempre più leggero ad ogni parola pronunciata.
Albus stavolta lasciò che una risata gli sfuggisse dalle labbra, lasciando che la gratitudine per aver ricevuto una risposta sincera trapelasse nel suo sguardo.
« Forse perché dovresti semplicemente sperimentarlo sulla tua pelle piuttosto che leggere a riguardo! »
Il Corvonero, udite le parole del ragazzo, scoccò vistosamente la lingua al palato.
« Tu, Albus Potter, in quanto Prefetto di questa scuola, mi stai davvero consigliando di mollare la scuola per andare a vivere tra i Babbani? » 
« Beh, se lo fai davvero poi dirò alla McGonagall che ho cercato di fermarti. » Rispose in evidente tono sarcastico Albus, ma Lorcan non sembrò coglierlo all’istante: fissò il Serpeverde con gli occhi sgranati, ma, una volta notato il sorriso che gli rivolse, comprese tutto al volo e non poté non esibirsi in una risata cristallina.
« Mi dispiace dovertelo dire, ma non credo tu sia stata la scelta migliore per il ruolo di Prefetto!» Commentò poi, scuotendo la testa divertito.
« Sono assolutamente d’accordo, sembra quasi che sia stato scelto perché sono figlio di qualcuno di importante, non credi? » Incalzò nuovamente ironico Albus, stampandosi un ghigno malizioso in volto.
« Ah, beh, questo spiegherebbe perché anche mio fratello è Prefetto! » Lorcan stette immediatamente al gioco, sentendosi sempre più complice di quel ragazzo che conosceva da una vita, ma che solo in quel momento gli sembrò realmente così vicino a lui.
« No, no, tuo fratello è un secchione e basta! » 
« Vuoi rendere così vana l’impresa di mio nonno Newt? Si dice che Grindelwald fosse molto peggio di Voldemort! » Si finse offeso Lorcan, spingendo il busto in avanti in direzione di Albus.
Quest’ultimo si rese improvvisamente conto di quanto dovette star sorridendo, dato che cominciò a percepire una lieve sensazione di dolore provenire dalle sue guance; ma non poté importargliene di meno, quella era la prima volta che scopriva quanto realmente simpatico gli stette Lorcan, e nulla al mondo gli avrebbe impedito di godere di quel momento.
« Allora, questo umile Potter può solo chiedere scusa a voi Scamander! » Concluse il Serpeverde, non staccando gli occhi da quelli chiari e accesi di divertimento di Lorcan.

Entrambi realizzarono che in quasi diciassette anni di vita non si erano ritrovati mai in quella situazione; certo, quando erano piccoli avevano giocato assieme in varie occasioni e scambiato milioni di chiacchiere vane, ma da quando avevano iniziato a frequentare Hogwarts la loro relazione si era rovinosamente limitata a qualche saluto distratto per i corridoi.
Albus si diede mentalmente dell’idiota: come aveva fatto a non capire prima quanto fosse realmente facile, e soprattutto quanto bene lo facesse sentire, parlare con Lorcan?

« Ehm… » Interruppe il silenzio che si era creato il Serpeverde, improvvisamente conscio che l’orario della prima lezione si stesse avvicinando. « Tu non vieni a fare colazione? »
« N-no, no… io… di solito è Emma a portarmi qualcosa da mangiare. » Rispose in evidente imbarazzo Lorcan, e ad entrambi fu chiaro che l’animo di svago di cui si erano perniati fino a quel momento si fosse definitivamente volatilizzato.
« Emma? » Il Serpeverde alzò un sopracciglio in segno di interrogazione.
« S-sì, ecco… la mia–»
« La tua ragazza? » 
« Già. » Disse per ultimo Lorcan, e quell’unica parola che pronunciò ebbe tutto il suono di un’aspra sentenza.

Albus si portò una mano al viso per grattarsi una guancia, incapace di aggiungere altro; era evidente che il ragazzo che aveva di fronte non sembrava affatto a suo agio nel parlare di questa fantomatica Emma, quindi perché avrebbe dovuto insistere oltre?
Se mai avesse voluto farlo - e qualcosa dentro Albus gli gridò che probabilmente quel momento non sarebbe mai arrivato - lui lo avrebbe ascoltato senza problemi.
Quante volte d’altronde aveva dovuto sopportare i vaneggi di Scorpius sulle numerose ragazze per cui perdeva momentaneamente la testa? Cosa ci sarebbe stato di diverso nel sentire Lorcan parlare di Emma?  

« Beh… » Si impose di dire Albus, muovendo già un primo passo verso la porta. « Nonostante abbia la sensazione che il mio cognome possa concedermi il privilegio di arrivare tardi a lezione, devo proprio andare. Ci vediamo, Lorcan! » Aggiunse poi in tono sbrigativo, e la fretta che utilizzò nel dire quella successione di parole non lasciò intendere altro se non che non vedeva l’ora di correre via.  
« Magari prima o poi potresti consigliarmi nuove letture! » Gli gridò dietro Lorcan, anticipandolo poco prima di varcare la soglia della porta.
Albus si voltò di scatto, rivolgendo al Corvonero un’ultima occhiata e soprattutto un ultimo mezzo sorriso.
« Certo, quando vuoi, sai già in quale reparto della Biblioteca trovarmi! » 
Lorcan poté solo sorridergli e annuire distrattamente, guardandolo sparire dietro all’uscio e ascoltandone i passi frettolosi che si allontanavano per il corridoio.
Scosse il capo, piacevolmente sorpreso di come fosse iniziata la sua giornata, e tirò fuori dal suo nascondiglio il libro che stava leggendo prima della visita di Albus, pronto a finirlo il prima possibile per iniziare una nuova lettura.

 

 

*

 

I giorni ad Hogwarts erano tutti uguali e si susseguivano uno dietro l’altro con la stessa monotonia che il Professor Binns utilizzava ogni volta che apriva la sua spettrale bocca.

Questo fu il pensiero che comparve prepotentemente nella mente di Rose Weasley mentre chiudeva con ritrovato entusiasmo il manuale di Storia della Magia e si preparava ad abbandonare l’ultima lezione per quel venerdì pomeriggio.
Diede una veloce occhiata alla grande finestra alla destra del suo banco e lanciò uno sguardo oltre la vetrata per osservare il cielo plumbeo e per niente rassicurante: gli allenamenti di Quidditch di Grifondoro quella sera sarebbero stati probabilmente la cosa più entusiasmante che le fosse capitata dall’inizio di quell’anno scolastico.
Pensò che sarebbe perfino riuscita a dimenticarsi del freddo pungente che le avrebbe congelato ogni arto del corpo, fino a farla irrimediabilmente rimanere a letto per tutto il weekend nel tentativo di recuperare le forze, ma nemmeno quella prospettiva riuscì a farle morire la fiducia che aveva per quella giornata.

Oramai era novembre inoltrato e perfino i corridoi del Castello rispecchiavano il buio e il freddo che imperniava i territori oltre le mura; Rose uscì dall’aula di Storia della Magia senza nemmeno i propri compagni; li avrebbe visti poco dopo a cena, che bisogno aveva di sprecare un ‘ciao’ ogni volta?
Camminò decisa in direzione della Torre di Grifondoro, guidata dal solo pensiero del suo caldo letto che le avrebbe tenuto compagnia fino agli allenamenti che James aveva fissato per quella sera.
Un piano decisamente geniale - oltre che estremamente pigro - se non fosse stata per quell’altra cosa entusiasmante che era piombata nella sua vita quell’anno.

Una volta che ebbe svoltato per immettersi in un altro corridoio, Scorpius Malfoy comparve alla sua destra e Rose non poté fare altro che sbuffare; oramai si era abituata a vederlo scorrazzarle attorno e nemmeno si domandava più come facesse a sapere sempre quale fossero le aule delle sue lezioni. Sembrava quasi che avesse un informatore segreto che gli dicesse sempre dove si trovasse, ma Rose non riuscì a pensare a chi potesse essere così folle da fornirgli tali informazioni.

« Voi Serpeverde non avevate mica Cura delle Creature Magiche? Come fai ad essere già qua? » Chiese la Grifondoro a Scorpius in tono polemico, lasciando intendere che non fosse del tutto interessata a conoscere la risposta.
Il Serpeverde si limitò a sorriderle a trentadue denti, il fatto che non l’avesse già mandato a quel paese era un segnale più che propizio.

« Diciamo che conosco molte scorciatoie! » Scrollò le spalle lui, eludendo il fatto che, non solo si era fatto dire da Albus tutte le lezioni dei Grifondoro per quel giorno, ma aveva pure chiesto ad Hagrid di scappare dalla lezione dieci minuti prima per impegni personali improrogabili.
Rose gli fece un veloce cenno col capo e continuò a camminare lungo la sua strada, sguardo dritto e ben distante dagli occhi grigi del ragazzo.
« Ti fermi un attimo!? Perché ti devo sempre rincorrere per scambiare due parole? » Disse subito dopo Scorpius, celando la sua lamentela dietro ad un sorriso.
La Grifondoro si arrestò all’istante, incuriosita da cosa si sarebbe inventato questa volta il ragazzo per parlarle; oramai le era successo una decina di volte che Scorpius cominciasse a camminarle affianco per scambiare qualche parola e in ciascuna di quelle occasioni aveva dato sfogo di frasi patetiche e troppo da maschio adolescente per i suoi gusti.

Però, per qualche astruso motivo, ora quei tentativi di avere una conversazione con lei cominciavano a divertirla e soprattutto rispondergli male ora non rappresentava più una sua naturale risposta, ma un vero e proprio passatempo tra la monotonia di Hogwarts.

« Merlino, donna! Per essere così bassina vai più veloce di un Boccino! » Aggiunse il Serpeverde quando la raggiunse definitivamente e finalmente poté posare gli occhi grigi in quelli azzurri di Rose.
La osservò attentamente, dall’alto della testa in cui la superava in altezza, e non poté non trattenere una risata quando la vide roteare gli occhi in segno di disprezzo al suo commento.

Anche lui, dopo una buona quantità di tentativi, aveva cominciato ad apprezzare lo scambio di battute che tendeva ad avere con lei; per lo più conversazioni fugaci, brevissime e dove scopriva ogni volta nuovi epiteti di insulto nei suoi confronti: insomma, non poteva non apprezzare la fantasia con cui veniva schernito, considerato che nel suo mondo da Malfoy erano ben poche le persone che avevano provato a farlo.
« Beh? Parla. » Lo interruppe dallo sguardo vacuo in cui era caduto la voce irritata della ragazza, fissandolo di rimando con le braccia incrociate al seno.
« Lascia che ti porti ad Hogsmeade a bere qualcosa, pagherò io per te! » Decise di tagliare la testa al toro Scorpius, sapendo già che avrebbe ricevuto di tutto fuorché un responso positivo.
« Oh, pagherai per me! Questa sì che è la strada per il mio cuore! » Si finse eccitata Rose, storpiando il tono di voce in un tentativo di risultare dolce.
« Forza! Prendilo come un rito scaramantico per la partita di settimana prossima! » 
« Stai cercando per caso di rapirmi per rompermi un braccio e riuscire finalmente a far passare la Pluffa tra i miei anelli?» Rispose immediatamente con tono di sfida la ragazza.

La settimana successiva si sarebbe disputata la prima partita della stagione di Quidditch e le due squadre che si sarebbero affrontate sarebbero state niente di meno che Grifondoro e Serpeverde.
In un certo senso non era vero che Rose e Scorpius non avevano avuto nessun contatto prima di quell’anno: in quanto rispettivamente Portiere della squadra di Grifondoro e Cacciatore di quella di Serpeverde, le occasioni di ritrovarsi l’una di fronte all’altro erano state innumerevoli.
Rose sembrava aver preso il talento per lo sport tutto dal suo lato Weasley e in quanto tale era praticamente impossibile riuscire a farle un punto; Scorpius, d’altra parte, dopo anni passati a fronteggiarla aveva capito che la sua unica possibilità era quella di diventare il miglior Capitano che la sua squadra avesse mai avuto e puntare sulle doti da Cercatore di Jonathan.
Il che alla fine risultava essere sempre la strategia vincente, perché negli ultimi anni le partite che avevano visto quelle due squadre sfidarsi erano per lo più terminate con la schiacciante vittoria dei Serpeverde.

Scorpius non poté che ridere di gusto alle parole di Rose, scuotendo la testa per lasciarle intendere che no, non era affatto nei suoi piani compiere un sequestro fatto e finito.
Sei solo un truffatore che finge di essere interessato a lei, non un criminale! Gridò una vocina nella sua testa.

« Non ho bisogno di questi trucchetti per riuscire a batterti! » Le disse poi con tono insolente, pronto a sostenere quella che sperava rivelarsi una conversazione con più di un paio di battute.
Speranza che però non sembrò invadere Rose, che invece riprese a camminare decisa, rivolgendogli un sorrisetto alquanto fasullo.
« Allora non abbiamo niente da dirci, addio Malfoy! » 
Scorpius sbuffò stanco, come a dire ‘oh, no, ci risiamo!’, e ricominciò a inseguirla per il corridoio, come sempre aveva fatto nel corso delle ultime settimane.
Questa volta, però, si ripromise che non se ne sarebbe ritornato al suo Dormitorio con del nuovo materiale per farsi prendere in giro da Albus: aveva una reputazione da mantenere, per Salazar!
La prese vigorosamente per un braccio e la costrinse a voltarsi per guardarlo negli occhi: Rose ne rimase sconvolta, incapace di credere che Scorpius avesse davvero avuto il coraggio di toccarla.
La Grifondoro aprì la bocca, pronta a dirgliene quattro, ma il Serpeverde capì di dover essere più veloce.
« Che diavolo penserà la gente di me se continui a rifiutarmi!? » Parlò con tono esasperato, lasciando andare la presa sul braccio della ragazza.
Le rivolse quelle parole quasi fossero state uno sfogo personale, ben sapendo che a lei di ciò che lui pensava dovesse importare meno di zero.
« Dimentichi che non mi importa nulla di ciò che pensa la gente! » Ribatté altezzosa Rose.

Scorpius si passò frettolosamente una mano tra i capelli, guadagnando tempo per trovare qualcosa da dire e nel farlo rimase a guardare la ragazza negli occhi.
Per la prima volta in essi non vi scorse il desiderio imperituro di farlo fuori e ciò lo rincuorò enormemente, stupendosi lui stesso di quanto ciò gli facesse piacere.
In quella sfumatura brillante di azzurro percepì curiosità e seppe che la ragazza era in attesa di una sua qualunque mossa; d’altronde oramai aveva capito che Rose non lo disprezzava più quando cercava di parlarle e che anzi traeva divertimento nel rispondergli a tono.

Si domandò in quanti ad Hogwarts cercassero di avere una conversazione con lei, sapendo che la sua risposta risultava il più delle volte essere un commento sprezzante o un insulto; seppe che nessuno poteva vivere quella vita e non sentirsi irrimediabilmente solo, nemmeno Rose Weasley sarebbe riuscita a fingere che la cosa non le dispiacesse.

« Non sei così cattiva come vuoi far credere, lo sai? » Replicò con lo stesso tono di voce Scorpius, non staccando gli occhi dai suoi.
La ragazza non sembrò tingersi di rabbia né tantomeno infervorarsi; il Serpeverde allargò ulteriormente il sorriso e non poté fare a meno di pensare che Rose avesse un viso troppo tondo e delicato per un carattere così rude e scontroso. 
« E tu non sei così figo come vuoi far credere. » Sul volto di Rose ora aleggiava l’ombra lontana di un sorriso.
« È sicuro che io non sia così figo come penso di essere, ma il trucco sta nel convincere gli altri che lo sono! » 
Scorpius le fece un occhiolino e la Grifondoro per un attimo valutò seriamente l’opzione di tirargli un calcio negli stinchi e correre verso il suo caldo e comodo letto.
Poi però si ricordò di una conversazione avuta con suo cugino Albus molti giorni addietro e si rese conto che con la scontrosità non era riuscita a liberarsi di Scorpius, tanto valeva tentare una nuova tattica, no?
Inghiottì il pesante groppo che aveva in gola e si preparò a rivolgere lei stessa per prima la parola al ragazzo.

« Ehm… q-quindi… » Tentennò in principio. « Com’è il vero Scorpius allora? » 
« Mi stai davvero chiedendo qualcosa di personale? » Chiese sull’orlo dell’euforia il ragazzo: come aveva fatto a passare dall’essere il nemico numero uno a cordiale interlocutore nel giro di qualche secondo?
« Hai ragione, è una domanda stupida, me ne vado, ciao! » Disse frettolosamente Rose, muovendo già un paio di passi per allontanarsi e correre via.
« No, no! Scusami, ero solo sorpreso! » Le gridò dietro il ragazzo e Rose dovette trovare tutta la forza che aveva in corpo per voltarsi e tornare indietro di sua spontanea volontà.
« Okay, ti ascolto allora. » Lo incitò a parlare.
« Beh, non saprei come risponderti. Non è facile descriversi così su due piedi! » 
« Beh, non ti ho mica chiesto l’impossibile! » Replicò litigiosa lei, imitando le parole di lui.
« Allora com’è la vera Rose Weasley? Sono sicuro tu non sia arrabbiata e aggressiva tutto il tempo! » Si difese prontamente Scorpius, ribaltando la domanda su colei che l’aveva posta per prima.
« Beh, non saprei… »
« Vedi? Non è così facile come sembra! »

Questa volta la Grifondoro non si trattenne e lasciò che il sorriso trapelasse sulle sue labbra; un orribile pensiero si fece strada in un angolino del suo cervello: il fatto che anche lei non era in grado di descriversi, significava che aveva qualcosa in comune con Scorpius Malfoy?
« Forse non si dovrebbe rivelare come si è veramente, ma lasciare che gli altri lo scoprano da sé. » Disse soprappensiero Rose, alzando le spalle. Il ragazzo rimase colpito dalle sue parole, lasciando che entrassero e rimanessero ben piantate nella sua mente.
« Questo significa che accetti di uscire con me e di lasciarmelo scoprire? » 
« Non ho assolutamente detto questo! »
« Sì che l’hai fatto! » Si fece spuntare un sorriso ebete Scorpius, guardandola con sguardo vittorioso: poteva una serpe di alto rango come un Malfoy battere al suo stesso gioco Rose Weasley?

Qualcosa scattò come un interruttore dentro alla Grifondoro; dal nulla le nacque un’espressione di finta innocenza, che Scorpius non le aveva mai visto fare prima di quel momento. 

« Dovrei andare ad Hogsmeade domani e molto probabilmente andrò a bermi una Burrobirra. Non sono sicura che riuscirei a dire di no se per caso ci fosse un ragazzo disposto a comprarmene una! » Disse poi, scuotendo la testa per tutto il tempo per condire la scenetta che stava recitando.
« Abbiamo un appuntamento allora! » Urlò entusiasta Scorpius, già gustandosi i complimenti che avrebbe ricevuto quella sera da Albus e Jonathan per essere riuscito nell’impresa senza aver avuto il bisogno di ricorrere ad una maledizione senza perdono.
« Non ho detto che rivolgerei la parola a quel ragazzo! » 
« Ahia, mi vuoi solo per i miei soldi allora! » Dissimulò di essersi offeso il ragazzo, portandosi una mano al cuore.
Chiunque fosse passato accanto a loro non avrebbe potuto credere ai loro occhi: Rose Weasley e Scorpius Malfoy si stavano davvero sorridendo a vicenda? Date le espressioni dei loro visi, entrambi sembravano apprezzare quello scambio di battute e non poco.
« Chi ha detto che tra tutti gli uomini di Hogsmeade permetterei proprio a te di pagarmi da bere? » Inarcò un sopracciglio la ragazza, in attesa di vedere fino a dove si sarebbe spinto il Serpeverde.
« Farò in modo di essere l’unico disponibile! » Annuì convinto Scorpius, ricambiando con decisione lo sguardo di sfida che Rose gli aveva appena lanciato.
« Vedremo. » Sentenziò infine la Grifondoro e questa volta sembrò soddisfatta della sua risposta, perché finalmente si decise ad allontanarsi una volta per tutte.
« Ci vediamo domani ai Tre Manici di Scopa, Rose! » Le gridò dietro Scorpius, aumentando volutamente il tono di voce sperando che gli studenti di passaggio sentissero le sue parole.
La guardò andare via e fu sicuro che sul suo viso ci fosse impresso lo stesso sorriso che sentiva fare da padrone sul suo.

Non aveva saputo quanto davvero voleva avere successo con Rose Weasley fino a quel momento, nel quale poteva sentire le guance fargli male da quanto stava sorridendo.
Si voltò e cominciò a camminare nella direzione opposta rispetto a dove era andata la ragazza, diretto verso i Sotterranei.
Chissà quanto avrebbe dovuto faticare l’indomani per riuscire a risultare vincente con Rose; Scorpius non riuscì a celare il compiacimento nemmeno una volta che giunse alla propria Sala Comune: la ragazza si era rivelata essere il passatempo più stimolante di tutti.

 

 

*

 

Dominque Weasley uscì dalla Sala Grande lasciandosi alle spalle il gruppo di compagni che stava mettendo a posto gli spartiti e seppe che quel venerdì pomeriggio non sarebbe riuscita a fare finta di nulla.
Erano due settimane che Jonathan Steel non si degnava di presenziare al Coro delle Rane guidato del professor Flitwick e Dominique non riusciva a farsene una ragione.
L’ultima volta che aveva parlato con il ragazzo le era sembrato così entusiasta di intraprendere qualcosa di diverso da ciò di cui era abituato e perciò le parve decisamente sbagliato che quel venerdì non si fosse presentato.

Certo, Dominique non era sorda.
Erano anche settimane che camminando per i corridoi non faceva altro che sentire studenti e insegnanti parlottare e schiamazzare riguardo alla prima partita del campionato di Quidditch, e tutto il fervore che accompagnava l’attesa di essa non fece che confermarle che le due squadre che si sarebbero affrontate sarebbero state quelle di Grifondoro e Serpeverde.
Non che i continui urli e sproloqui riguardo a tattiche varie di suo cugino James non l’avessero aiutata a cogliere il tutto, comunque.

Si risistemò con uno strattone la borsa a tracolla su una spalla e camminò decisa verso l’ingresso principale del Castello, pronta a scendere nei giardini e dirigersi verso il campo da Quidditch.
Tutti oramai erano venuti a conoscenza del fatto che il capitano della quadra di Serpeverde, Scorpius Malfoy, aveva indetto allenamenti extra per i suoi giocatori ed era altrettanto noto che li avesse messi tutti di venerdì pomeriggio.
Dominique ci mise perciò ben poco a capire dove si trovasse Jonathan al posto di presenziare al coro della scuola e fu con questa rivelazione ben piantata in testa che si piazzò con fermezza davanti agli spogliatoi maschili, in attesa di rivedere il ragazzo.
Per l’occasione si era portata dietro un paio di spartiti di una canzoncina che il professor Flitwick voleva insegnare loro per Natale, una di quelle che lei detestava con tutto il suo cuore ma che in quel momento rappresentava la scusa perfetta per affrontare Jonathan.
Non era arrabbiata con lui, né tantomeno infastidita dal suo comportamento; ma vi erano ben poche cose che un mente creativa e fantasiosa come la sua non riuscissero a concepire e Jonathan Steel rappresentava un qualcosa di incomprensibile.
Nulla l’avrebbe perciò fatta desistere dal cercare di comprendere quel suo personalissimo mistero.

Fece fare alla sciarpa gialla e nera che indossava un ulteriore giro intorno al collo per cercare di proteggersi dal vento gelido e attese che la prima forma di vita uscisse dalla porta degli spogliatoi.
Nel giro di qualche minuto fece capolino dalla porta di legno una chioma spettinata di capelli platinati e Dominique ci impiegò dei secondi prima di rendersi conto che appartenesse a Scorpius Malfoy.
Subito dietro di lui si intravide una figura poco più alta, ma decisamente più muscolosa; questa volta non si fece ingannare dalla chioma, i capelli corvini e scombussolati di Charlie Chang erano più che riconoscibili.

« Per Salazar, perché c’è sempre una Weasley ogni volta che usciamo da un allenamento!? » Sbottò Scorpius non appena vide la Tassorosso.
« Perché? C’è Lucy là fuori? » Gridò visibilmente eccitato Charlie, prima di posare lo sguardo su Dominque ed esibirsi in un broncio di delusione.
« Chi diavolo è Lucy? » Ribatté confuso Scorpius alle parole del Battitore della sua squadra.
« Non ascoltarlo, Chang. Ha solo Rose in testa! » 
Sentì parlare una voce familiare Dominique e, prima ancora che Jonathan potesse uscire dalla porta, fece un passo avanti per andargli incontro. « Oh, ciao, Dom! » Disse allegro Jonathan una volta che le si ritrovò davanti. 

Il ragazzo portava i capelli più corti rispetto ai due amici che lo avevano preceduto e perciò la chioma bionda sulla sua testa non sembrò essere stata appena travolta da un tornado; ma l’incarnato del viso era più livido del solito e Dominique ne riconobbe subito il segno di uno sforzo fisico appena terminato.
Jonathan le sorrise apertamente e la ragazza ne fu subito contagiata; incurvò le labbra di rimando e per poco non sentì cosa ebbero da dire gli altri due tanto ne fu travolta.
Scorpius si avvicinò lentamente all’orecchio di Charlie, pronto a sussurrargli qualcosa; non fu però così scaltro come credette, perché fu chiaramente udibile a tutti ogni singola parola che pronunciò.

« Ma secondo te i Grifondoro ci hanno mandato la Weasley più carina per spiarci? » 
« Ma se lei è una Tassorosso! Sei cieco per caso!? » Gli sbraitò contro Charlie. « E poi nel caso manderebbero Lucy, non lei. » Aggiunse il Battitore, ma Scorpius non lo sentì perché tornò a parlare convito della sua affermazione.
« Sarà stata mandata sicuramente da James! Sono tutti fratelli e sorelle quelli là! »

Dominque non seppe se scoppiare clamorosamente a ridere o se stare al gioco di follia a cui stava assistendo.
Lanciò una veloce occhiata a Jonathan e lo vide guardare i due amici in evidente imbarazzo, aggrottando la fronte ad ogni frase che pronunciavano.
Si schiarì la gola con un finto colpo di tosse, per portare l’attenzione su di sé e, una volta accortasi che Scorpius e Charlie la stessero fissando, si decise ad intervenire.
« A dire il vero siamo cugini, ma non c’è nulla che io possa dire a James che già non sappia. Jonathan Steel cercherà di prendere il Boccino e tu proverai a fare qualche punto a Rose, no? » Si rivolse direttamente a Scorpius, il quale si ritrovò a fissarla colpevole.
Jonathan guardò l’amico e non poté fare nulla per trattenersi dal ridere convulsamente.
« Beh, sì, è così che funziona per il Cercatore e per il Cacciatore. » Rispose poi scettico Scorpius a Dominique, non riuscendo a non pensare a quanto apparisse strana la Tassorosso.
Non strana come Rose, dei quali scatti di ira e atteggiamenti poco cordiali era oramai abituato, né tantomeno come Roxanne, che più volte aveva visto saltellare per i corridoi portandosi appresso uno dei gemelli Scamander evidentemente contro la sua volontà.
No, questa ragazza Weasley aveva un’aria stralunata tutta propria, con quell’enorme sorriso che non moriva mai e quei voluminosi capelli ricci e biondi unici nella sua famiglia; ma soprattutto, davvero aveva appena insultato il suo sport preferito limitandolo a qualche punto ed un Boccino!?
« O-okay… » Disse poi leggermente in imbarazzo, rivolgendosi ai compagni. « Beh, io me ne torno in Sala Comune a rivedere qualche schema di gioco, vieni Jonathan? »
Jonathan guardò immediatamente Dominique e gli bastò la vista di quegli occhi marroncini e speranzosi per sapere cosa rispondere al suo migliore amico.
« Andate pure avanti, datemi cinque minuti e vi raggiungo! » 
Scorpius fece scorrere lo sguardo dalla figura dell’amico a quella di Dominique e non poté fare a meno di domandarsi da quando in qua quei due si parlassero o quantomeno si conoscessero; decise di lasciar correre, sapendo che se fosse stato al suo posto avrebbe odiato chiunque avrebbe cercato di allontanarlo da una bella ragazza, stralunata che fosse o meno.
« Va bene, ci vediamo al Castello. »
« Ciao, Weasley bionda! Saluta Lucy da parte mia quando la vedi! » Si intromise Charlie con tono gioviale, creando un notevole contrasto con l’apparente passività di Scorpius.
Dominique annuì col capo e allargò ancora di più il sorriso: Charlie Chang sembrava sempre così solare e positivo e non poteva non apprezzare un ragazzo del genere.
Vide i due ragazzi incamminarsi, allontanandosi gradualmente da lei e Jonathan, ma prima che potessero essere troppo distanti sentì distintamente Scorpius chiedere a Charlie « Qualcuno mi dice chi diavolo è questa Lucy!? »

Jonathan scoppiò fragorosamente a ridere, scuotendo la testa incredulo dell’uscita dell’amico.
« Mi dispiace per Scorpius! È solo che prende il Quidditch davvero troppo seriamente! » 
« Ma no tranquillo, è solo un comune maschio adolescente! » Scrollò le spalle la Tassorosso, facendo un paio di passi verso il ragazzo.
Jonathan scoccò la lingua al palato alla scelta di parole di lei. « Beh, immagino che lo siamo tutti qui. Quindi… » Fece una breve pausa di imbarazzo. « Ecco, cosa ci fai qui? » 
« Oh, sì, giusto! Quasi dimenticavo! » Dominique infilò una mano dentro alla propria borsa a tracolla e ne tirò fuori gli spartiti che aveva infilato poco prima per lui; glieli porse con un gesto sbrigativo del braccio e Jonathan non poté non notare quanto stropicciati e poco curati sembrassero quei fogli.
« Il professor Flitwick ci sta facendo imparare questa canzoncina ridicola per Natale, ho pensato che magari volessi dare un’occhiata dato che non vieni al coro da settimane. » 
« Oh, grazie, non dovevi… » Ribatté a disagio Jonathan.

Quando settimane prima Scorpius gli aveva detto che avrebbero fatto degli allenamenti extra il venerdì pomeriggio, il pensiero era subito corso a Dominique: spiegare al professor Flitwick che al Quidditch non poteva dire di no era stato facile - perfino il professore era un suo grande sostenitore - ma come avrebbe fatto a spiegarlo all’unica persona a cui aveva rivelato di aver così tanto bisogno di una distrazione?
Fu così che l’aveva volutamente evitata, passando per corridoi secondari e facendo uso delle aree comuni in cui sapeva che lei non metteva piede per non dover incorrere in situazioni spiacevoli.
Ma ora che l’aveva lì, davanti a sé, si diede mentalmente dello stupido più e più volte: come aveva potuto anche solo pensare che evitare una ragazza con un tale sorriso potesse essere una buona idea?

« Lo so che non dovevo, è che volevo vederti! » Parlò raggiante Dominique, con una tale tranquillità che per poco Jonathan non colse il reale significato delle parole.
« Oh. » Balbettò appena il Serpeverde, a corto di parole e consapevole di avere sul viso rosso per l’allenamento ora le guance arrossate dall’imbarazzo.
« Beh! » Gridò euforica Dominique, sorridendo spudoratamente. « Ora che ti ho visto posso tornarmene al Castello, ciao!» Si voltò a dargli le spalle lei, pronta a correre via.

Volevo vederti? Ma che ti dice il cervello, Dominique? Non lo vedi da settimane e gli dici questo?

Jonathan strabuzzò gli occhi, incapace di comprendere la repentina successione di parole della ragazza.
« No! Aspetta! » La fermò prima che lei potesse allontanarsi da lui. « Torniamo assieme, no? Perché non approfittare della compagnia di un uomo affasciante come me? » 

Ma ti sembra il caso di dire certe cose a lei, Jonathan!? Si pentì l’attimo dopo aver parlato lui.

Di solito quelle erano il tipo di frasi che riservava alla ragazze che gli si avvicinavano e a cui non dava grande importanza, pronto ad andare avanti con la propria vita; ma Dominique gli aveva già dato prova di non essere il tipo di ragazza che si interessava a lui per la sua popolarità, quindi perché aveva sentito il bisogno di ricorrere alle vecchie abitudini?

« Uomo affascinante? Credevo fossi un comune maschio adolescente? » Lo incalzò Dominique, una volta che lui la ebbe raggiunta e cominciarono a dirigersi l’uno affianco all’altra verso il Castello.
« Beh, diciamo che quando mi fa comodo sono un uomo maturo e di solito succede in presenza di belle ragazze. » Sbuffò Jonathan, gettandosi dietro la schiena il borsone da Quidditch.

La Tassorosso si ritrovò incoscientemente a roteare gli occhi al cielo, finalmente comprendendo a cosa si riferisse sua cugina Rose quando inveiva contro i modi di quel particolare gruppo di Serpeverde.
Dominique però seppe di non sentirsi inorridita quanto lo era Rose, ma solo incredibilmente divertita.

« Mi hai già detto che mi trovi bella, non serve ripeterlo. » Scosse lievemente il capo, evitando lo sguardo del ragazzo.
« Dico solo ciò che è ovvio. » Alzò una spalla Jonathan, confermando ciò che per lui era palese.

Così come il vento fece volare via una foglia secca davanti a loro, l’umore di Dominique cambiò repentinamente.
Si portò una mano al viso, per sistemarsi una ciocca di capelli oro dietro l’orecchio, evitando con tutta se stessa di guardare negli occhi il ragazzo che le camminava a fianco.
Jonathan, d’altra parte, non perse occasione per osservarla da vicino; ne osservò gli occhi marroni e sempre vivaci piantati al suolo e non poté che ridere tra sé e sé del fatto che una ragazza dal sangue Veela fosse così negata nell’accettare i complimenti.

« Allora… pronto a battere i Grifondoro? » Nel giro di pochi secondi, l’espressione sul viso di Dominique tornò a mutare: ora lo guardava nuovamente dritto in volto, con un sorriso - evidentemente forzato - impresso sulle labbra.
« Mi stai davvero facendo una domanda sul Quidditch? »
« Lo so, lo so che te lo chiedono tutti! Ma dato che non stai venendo al coro immagino tu sia concentrato solo su quello! » Disse sconsolata lei, sapendo di aver intrapreso un argomento di conversazione senza pensarci pur di non rimanere in un imbarazzante silenzio.
« È che Scorpius non mi lascia altra scelta! Mi tiene praticamente in ostaggio! » Le rispose prontamente Jonathan, notando il disagio velato nel tono di voce di lei.
Le fece un sorriso incoraggiante, avvicinandosi a lei tanto da far quasi toccare le spalle.
« Quel ragazzo ha seriamente bisogno di trovarsi un hobby! » Rise Dominique, scuotendo la testa.
Jonathan valutò per un attimo di scoppiare nuovamente a ridere, ma decise di fermare la risata in gola: non avrebbe di certo potuto dirle ‘al momento sta cercando di conquistare tua cugina, vale come hobby?’.
« Fa così perché giochiamo contro Grifondoro, poi si darà una calmata… spero. »
La ragazza ricambiò il sorriso, permettendosi di rimanere a fissare il volto di lui mentre Jonathan guardava il sentiero davanti a sé.

Notò per la prima volta quanto i suoi lineamenti fossero realmente piacenti e non poté che comprendere perché tutte quelle ragazze ad Hogwarts sembrassero impazzire alla sola menzione del suo nome; si ricordò di quanto tutto quello fino a poco tempo prima le era sembrato assurdo, lei, che avendo sangue Veela nelle sue vene, sapeva bene quanto l’aspetto potesse tradire, e non poté che sentirsi fiera di se stessa per aver notato l’aspetto del ragazzo solo dopo averlo conosciuto.

« E tu farai il tifo per Serpeverde? » Interruppe i suoi pensieri la voce di Jonathan, dal tono curioso e pieno di aspettative.
« Credevo non dovessimo parlare di Quidditch! »
« Possiamo fare una eccezione, ma solo per questa volta! » Le rivolse un veloce occhiolino il Serpeverde.
« Sono una Weasley, tre quarti della mia famiglia sta a Grifondoro! » 
« E allora? A Serpeverde ci sto io! » Ribatté lui con convinzione, scrollando le spalle.
« Ci sarà l’intera scuola a tifare per te! » Sbuffò in tono saccente la Tassorosso.
Jonathan si arrestò di colpo, resosi conto di essere oramai giunti dinnanzi all’ingresso del Castello. Rivolse a Dominique un ultimo sorriso beffardo, pronto a dire un’altra delle sue frasi.
« Dominique Weasley, ma io voglio che ci sia tu a tifare per me! » 
La Tassorosso gli posò naturalmente una mano su una spalla, scuotendo la testa e al contempo ridendo di lui. « Oh, Jonathan Steel, non hai bisogno dell’ennesima ammiratrice! » 
Parlò lei, prima di muovere qualche passo e cominciare a dirigersi verso il corridoio destro entrando dalla porta, in direzione delle Cucine.
« Tanto lo so che guarderai me alla paritita! » Le urlò dietro Jonathan sicuro di sé, con un’espressione spavalda ben impressa in volto.
« Certo che guarderò te! Si guarda sempre il Cercatore che prende il Boccino, no? » Gli rivolse infine un mezzo sorriso Dominique, e ciò bastò a Jonathan per fargli nascere il desiderio impellente di stracciare i Grifondoro all’imminente partita.

 

 

*

 

« Il tuo sorriso è come un Expelliarmus: semplice, ma disarmante! » 
« Oh, Fred! Ma sei bravissimo! »
Roxanne Weasley batté le mani entusiasta, rivolgendo uno sguardo pieno di orgoglio al fratello Fred, che dal canto suo fissava tutti i presenti con la fierezza di chi sapeva di essere di gran lunga superiore a chiunque.

Pochi secondi prima, Fred era stato sfidato da James Potter in quello che lui decantava essere il suo più grande talento e perciò non aveva mancato di dimostrare a tutti i presenti quanto fosse realmente dotato nei metodi di conquista del gentil sesso.
Se Roxanne si era piacevolmente sorpresa della dimostrazione di stile del fratello, il resto degli studenti seduti loro attorno sembrò dimostrare tutt’altro.
Lysander Scamander, fedelmente piazzato alla destra di Roxanne, sgranò visibilmente gli occhi, osservando sconvolto il modo in cui la sua migliore amica guardasse con adorazione il fratello; James, invece, in quanto responsabile della frase oscena che Fred aveva appena pronunciato, non poté fare altro che maledirsi ripetutamente, facendosi una nota mentale sul come non toccare mai più l’argomento con lui.

Rose Weasley, impegnata ad analizzare le forme astratte delle patate al forno che aveva nel piatto, aveva tutta l’aria di non aver ascoltato nemmeno una parola, e ciò fu confermato dal fatto che non seguì nessuna sua imprecazione alla felicissima frase del cugino.
Lucy Weasley, posizionata davanti a Rose come suo personalissimo scudo dalla vista del tavolo di Serpeverde, si limitò a sorridere timidamente a Fred, nel tentativo di non causargli alcun dispiacere.

Ci fu solo una persona che sembrò avere il coraggio di voler mettere Fred davanti alla realtà delle cose, e fu la studentessa seduta sul lato opposto rispetto al quale era seduto James.
« Mi vuoi far credere che questi tentativi di rimorchio funzionano davvero? » Chiese polemica Evie Jordan, guardando scettica Fred.
« Mia cara, dici così solamente perché non ho mai usato le mie tattiche con te, altrimenti capiresti! » Le rispose sbrigativo il ragazzo, scuotendo una mano davanti al viso di lei.
James Potter si esibì improvvisamente in uno sbuffo fragoroso e a tutti fu chiaro che stesse deridendo il cugino per ciò che aveva appena detto.
« Certo, come no! Il giorno in cui Evie cascherà per le tue frasi idiote sarà anche il giorno in cui Malfoy mi batterà a Quidditch! » 
Evie Jordan, sentendosi citare da James, non poté fare a meno che farsi spuntare un sorriso compiaciuto sul viso; Rose, invece, sentendo pronunciare un determinato cognome, poté solamente rabbrividire.
L’unico che sembrò percepire l’ironia delle parole di James fu Lysander, il quale, sporgendosi verso l’orecchio di Roxanne per non farsi sentire dal resto dei Grifondoro, mormorò distintamente:
« Dici che dovremmo ricordarglielo che Malfoy lo batte da anni? »
Roxanne si voltò di scatto per zittire il migliore amico con un vistosissimo ‘ssh’ e, consapevole di dover cambiare argomento, si preparò a lanciare la bomba.

« Comunque, miei cari amici e parenti, io e Fred stiamo organizzando per voi la festa dell’anno! » Disse poi tutto d’un fiato eccitata, lanciando un sorriso smagliante a ciascuno dei presenti.
Lysander alzò vistosamente gli occhi al cielo, per nulla sorpreso dal tentativo dell’amica di attirare l’attenzione su di sé.

« Non ci provare neanche, io non vengo. » Il Corvonero si decise ad anticipare Roxanne, notando che avesse già dischiuso le labbra con l’intenzione di parlare e che gli stesse rivolgendo un sorriso fin troppo furbetto per i suoi gusti.
La Grifondoro in tutta risposta si fece spuntare un broncio decisamente infantile sulle labbra e cominciò a sbattere le palpebre ripetutamente nel tentativo di intenerire Lysander.
« Ti devo per caso ricordare che sono un Prefetto? Non dovrei neanche essere a conoscenza del fatto che stai organizzando una festa, Roxanne! »
« Scamander, considera il tuo permesso per mangiare al tavolo di Grifondoro revocato! » Si intromise Fred Weasley, correndo in difesa della sorella.
« Non dirgli queste cose, Fred! Che Lys non vede l’ora di sbarazzarsi di noi! » 
« O di sbarazzarsi di te. » Decise di partecipare finalmente alla conversazione Rose, commentando le parole di sua cugina Roxanne.
James per poco non si strozzò con il succo di zucca che aveva cominciato a sorseggiare, ma ebbe la buona idea di non scoppiare a ridere apertamente, dato lo sguardo di fuoco che Roxanne rivolse a Rose.
La Grifondoro scelse volutamente di ignorare il commento della cugina, tornando a concentrarsi sul suo migliore amico.
Prese Lysander per un braccio e gli si spalmò contro, negandogli ogni possibilità di svicolare dall’argomento.
« Dai, Lys! Ci saranno un sacco di ragazze carine, intelligenti e dolci, e cosa più importante… ci sarò io! »
Lysander guardò Roxanne dritto negli occhi e riconobbe subito nello sguardo di lei l’espressione decisa e determinata che stava a significare che ci sarebbe stato ben poco che avrebbe potuto dire per farla desistere dal suo intento.
« Ma voi Grifondoro non fareste meglio a pensare al Quidditch? Sarà difficile battere i Serpeverde! » Cercò il Corvonero di portare l’attenzione su un argomento che sapeva toccare la maggior parte dei presenti.
« È esattamente quello che stiamo facendo! Stiamo pensando alla festa che faremo quando vinceremo la prima partita del campionato! » Rispose subito Fred, scambiandosi un’occhiata d’intesa con la sorella e sorridendo spudoratamente in direzione di Lysander.
« E se perdiamo? »
« Allora festeggeremo per non intristirci ulteriormente, Evie! Andiamo, non è così difficile da capire! » Ribatté sconvolto nuovamente Fred alla domanda di Evie Jordan, con lo stesso tono esasperato con cui si parla a qualcuno che non vuole comprendere.

Evie si limitò ad alzare le spalle, ben consapevole che nella testa di Fred la cosa avesse senso compiuto, e rimase ad ascoltare la risata cristallina che fuoriuscì dalle labbra di James.
D’altronde, vi era ben poco al mondo che riuscisse a divertire James Potter così tanto come gli sconclusionati ragionamenti dei fratelli Fred e Roxanne.

« E tu? Non provi nemmeno a fargli capire che è una pessima idea organizzare una festa? » Decise Evie di interrompere la risata di James, immettendolo nella conversazione.
« A dire il vero sono d’accordo, sempre che rimanga una festa tra noi Grifondoro! » Parlò James e lanciò uno sguardo interrogatore sia a Fred che Roxanne, per far loro intendere che non avrebbe accettato un festino selvaggio dentro alla propria Sala Comune.
La Grifondoro fu pronta a ricambiare l’occhiata, indicandogli con un breve cenno del capo il ragazzo che le stava affianco a James comprese all’istante. « Tra noi e i nostri amici più cari, ovviamente! » Aggiunse il ragazzo e notò immediatamente il mezzo sorriso che gli rivolse Lysander, consapevole di essere stato tirato in mezzo per colpa dell’amica.
« Ovviamente organizzeremo qualcosa di piccolo, per chi ci hai preso? » Parlò con finto tono rassicurante Fred. « E forse potrei invitare anche Julia Selwyn, sembra una ragazza così tranquilla! » 
« No, la Selwyn assolutamente no! » Sbottò dal nulla Roxanne, attirando lo sguardo di tutti su di lei, e soprattutto quello di Lysander, sorpreso del tono aggressivo appena utilizzato dall’amica. « C-cioè… non sembra una a cui piacciono le feste, ecco! »
Lysander non sembrò affatto convinto dalle parole di Roxanne ma decise di non indagare oltre.

« E se invitassimo anche la squadra di Serpeverde, tanto per dimostrare quanto siamo sportivi? » Dal nulla una vocina fievole si fece prepotentemente sentire, e ciascuno dei presenti si voltò in direzione di Lucy Weasley per dimostrare quanto quella richiesta fosse sembrata loro assurda.
« Ma parlare con Chang ti ha fuso il cervello, Lucy? Un’intera squadra di Serpeverde nella Sala Comune di Grifondoro!? » La prima reazione fu quella di Rose, che non mancò di alzare la voce per esprimere cosa pensasse realmente.
James sembrò rendersi conto delle parole di Lucy solamente dopo che Rose nominò il suo migliore amico e si risistemò a sedere sulla panca improvvisamente a disagio.
« Lucy non ha tutti i torti. Albus verrà sicuramente e perciò si porterà dietro Malfoy e Steel! »
« Non riuscirò davvero mai a capire la relazione malsana che hanno quei tre! »
Fecero il loro intervento rispettivamente Roxanne e Fred.
« E provate poi a tenere Chang lontano dalla festa! Riuscirà sicuramente a trovare un modo per venire con loro! » Obiettò con ovvietà Evie.
« Terremo Albus lontano dalla Torre di Grifondoro allora. » Alzò le spalle James.
« James! È tuo fratello! » 
« Sì, e io sono il maggiore quindi posso scegliere di tenerlo lontano se significa tenere lontani anche gli altri Serpeverde! » Rispose James a Evie, sostenendo lo sguardo fiero che la ragazza non mancava mai di lanciargli.
« Sono completamente d’accordo con ogni singola cosa che sta uscendo dalla bocca di James. » Commentò atona Rose, dando il suo personalissimo contributo.
« Beh, c’è una prima volta per tutto! » Dichiarò gioioso James alle parole della cugina, sporgendosi per batterle velocemente il cinque. Rose stette al gioco, ma non mancò di alzare gli occhi al cielo alla estrema maturità del gesto.
« Non se ne parla, Albus verrà di sicuro. Per le feste riesce sempre a procurarsi la migliore vodka Babbana! » Si impose nuovamente Roxanne.
« C-cosa!? Ci sarà l’alcol!? » Si esibì in un urlo sconvolto Lysander.
« Pronto!? È una festa, no? » Gli rispose con ovvietà Fred.
« Okay, okay! » Interruppe lo scambio di battute James, parlando con decisione. « Albus e le sue due ombre possono venire, ma Charlie rimane fuori! » 
« Non sono più d’accordo con ciò che sta dicendo James. » Arrivò puntuale l’intervento di Rose.
Alle parole di James, Lucy non poté che aggrottare la fronte.
« Ma Charlie non è il tuo migliore amico? » Decise di dare sfogo a ciò che stava pensando la ragazza.
« Preoccupata che il tuo nuovo amico non ci sarà? » Ribatté con tono scontroso James, risultando essere più brusco di quanto aveva voluto realmente essere.
Lucy poté solo boccheggiare incredula di una simile reazione, incapace di comprendere che cosa avesse detto di così sbagliato per scatenare un simile oscuramento di umore nel cugino.
Evie, che aveva imparato negli anni a riconoscere le sfaccettature della personalità del ragazzo, si decise prontamente ad intervenire.
« Charlie è sempre l’anima della festa! È ovvio che può venire! » Si sporse lungo il tavolo per poggiare una mano su quella di Lucy, in un semplice gesto di conforto.
James, alla vista di quel gesto, gonfiò il petto e si stampò in viso uno sguardo di superiorità.
« Sei per caso il capitano della squadra di Quidditch, Jordan? No? Beh, allora sono io a decidere chi può venire o meno! » 
James terminò di parlare e il silenzio calò di colpo. Perfino Rose, sempre reclusa nella propria sfera di passivo-aggressività, si ritrovò a spalancare la bocca in preda allo shock.
Nessuno, nemmeno per scherzo, aveva mai osato rispondere con tanta saccenza ad Evie Jordan e tutti seppero che la risposta della ragazza non avrebbe tardato ad arrivare.
Fred si ritrovò a pregare mentalmente per il cugino, sperando che Evie non tirasse fuori la bacchetta della tasca da un momento all’altro.

« La mia migliore amica è Caposcuola, sono sicura che sarà ben felice di toglierti qualche voto la prossima volta che si ritroverà a correggere i tuoi compiti. Oppure potrebbe metterti in punizione fino alla fine dell’anno, la squadra di Grifondoro può benissimo allenarsi anche senza il suo preziosissimo Capitano. » Rispose con calma piatta Evie, e il tono placido e liscio della voce della ragazza arrivò alle orecchie di James come la peggiore delle minacce.

Fred non riuscì a trattenersi e fece un lunghissimo fischio di approvazione, ridendo sotto i baffi di come Evie fosse l’unica persona in quella scuola a riuscire a rimettere James al suo posto; Roxanne direttamente fu incapace di rimanere composta, e si mosse convulsamente in preda alle risate.
James poté solo deglutire in evidente disagio, e rivolgere un mezzo sorriso di scuse a Evie, nel tentativo di arginare il danno.
« Beh, in fondo non ci vedo nulla di male se viene anche Charlie. » Fu costretto poi ad ammettere, non mancando di celare quanto in realtà fosse scontento con un broncio decisamente infantile.
« Sono felice che siamo d’accordo! » Si fece spuntare un’espressione vittoriosa Evie, oramai consapevole di avere il controllo dell’intera conversazione. « Ah, sì, e verrà anche Ellie. » Aggiunse senza dare particolare colore al proprio tono, sperando che una persona in particolare non si rendesse conto di chi aveva appena citato.
« Merlino! Ci vuoi vedere tutti morti per caso!? » La speranza di Evie fu vana, perché le orecchie di Fred non mancarono di sentire nitidamente il nome di Eleanor Wells.
« Ellie viene, non si discute. » Proclamò perentoria Evie, lanciando un eclatante sguardo di sfida a Fred; avrebbe avuto davvero il coraggio di risponderle come aveva fatto James poco prima?
« Ma stiamo parlando della Caposcuola! Ragazzi, voi siete d’accordo con me, vero? » Fred si rivolse agli altri seduti in sua prossimità, ma con suo grande orrore nessuno sembrò intenzionato a prendere le sue difese. « James!? » Interpellò il cugino, ma James, con lo sguardo ferito di un cane bastonato, non faceva altro che tenere gli occhi puntati sul suo piatto, terrorizzato all’idea di andare contro ad Evie un’altra volta. « Roxy!? Sangue del mio sangue? »
Roxanne scrollò le spalle non curante, pronta a non immettersi nell’argomento, ma lo sguardo attonito del fratello la costrinse a giustificarsi.
« Io adoro Eleanor, mi ha dato tutti i suoi appunti dell’anno scorso per farmi passare gli esami! »
« Scusa, cosa!? » Rispose sconvolto Fred alla sorella. « Perché mai dovrebbe volerti aiutare? Tu sei… mia sorella! » Sbottò poi sempre più scombussolato, non capendo perché nessuno sembrasse comprendere perché invitare Eleanor Wells ad una festa piena di alcol fosse sinonimo di catastrofe.
« È una brava persona, voglio che si diverta! » Concluse con nonchalance Roxanne.
Fred sembrò crollare nella più completa disperazione; passò in rassegna il viso di ogni presente, nel tentativo di incontrare uno sguardo quantomeno simpatetico alla sua personalissima causa.
« Nessuno contrario a questo invito suicida a Eleanor Wells!? Nessuno? » Si fermò poi su sua cugina Rose, che in quel preciso istante sembrava particolarmente attenta alle unghie della sua mano destra. « Rose!? Tu sei sempre così pessimista, perché non sei pessimista riguardo a questo!? » 
« Rilassati, Fred. Questa festa mi fa già schifo, mi rinchiuderò nel mio Dormitorio assieme ad una bottiglia di vodka. Ma, ehi! Sei libero di aggiungerti se vuoi. » 
Il ragazzo rimase senza parole, sentendosi irrimediabilmente tradito della sua stessa famiglia.
Possibile che nessuno temesse la punizione che sarebbe arrivata puntuale come la morte se Eleanor avesse messo piede nella loro Sala Comune? 
Evidentemente nessuno di loro era mai stato sottoposto alle torture della Caposcuola, pensò Fred.

« Mi toccherà farla ubriacare allora. » Disse infine il Grifondoro accettando il proprio destino, alzando i palmi della mani in segno di resa.
Voltò distrattamente il capo per guardare le reazioni dei presenti, e non mancò di notare le sguardo di fuoco che Evie Jordan gli rivolse.
« Okay, okay! Scherzavo! Almeno un bicchiere? » Si corresse subito dopo, e l’approvazione alle sue parole arrivò nel giro di pochi secondi quando sul viso di Evie comparve un sorriso smagliante.

« Perfetto! Abbiamo la nostra festa, allora! » Proclamò infine la Grifondoro, rivolgendo il sorriso a trentadue denti a ciascuno dei presenti.

Solamente Roxanne e Lucy condivisero la gioia che scaturì dalle parole di Evie, la prima per avere finalmente una festa a cui dedicare tutte le sue attenzioni e la seconda per avere l’occasione di continuare ad indagare su Charlie Chang per il suo articolo, ma il resto degli studenti ebbe tutta l’aria star presenziando ad un funerale.
Fred fissava l’arrosto di tacchino posto al centro del tavolo e mai prima di quel momento Evie lo aveva visto trattenersi dal buttarcisi sopra; James sembrava star avendo una conversazione con chissà quale amico immaginario dentro la sua testa, e dagli sguardi torvi che lanciava pareva stare effettivamente litigando con se stesso.
Lysander fu colui che ebbe lo sguardo più arreso di tutti, evidentemente provato da anni di costrizione a presenziare ad eventi che detestava; ma fu Rose a destare l’attenzione di Evie più di chiunque altro, perché la ragazza sembrava sul punto di implodere da un momento all’altro.
Evie notò che teneva ben fissi gli occhi azzurri su un punto imprecisato oltre le spalle di Lucy e, senza dover indagare oltre, comprese all’istante che dovette star osservando i Serpeverde che avevano nominato poco prima.

Evie non poté fare altro che tacere e prendere una forchetta per infilzare l’arrosto che aveva nel piatto, nella speranza che lo sguardo di Rose non significasse che stesse programmando un omicidio plurimo per la festa; nel caso, era sicura che avrebbe ricevuto il consenso di James e chissà, forse anche il suo aiuto per liberarsi dello stesso Albus.

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Capitolo 9
*** Appuntamento con la realtà. ***


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IX. Appuntamento con la realtà.
 

Era forse la quinta volta in un anno che Evie Jordan si ritrovava a rileggere Una storia tra due città di Dickens, eppure, dall’espressione concentrata e dagli sguardi sconvolti che lanciava alle pagine del libro che teneva in mano, si sarebbe potuto affermare che mai racconto l’avessi coinvolta così tanto.

Evie, con indosso una felpa informe e leggins all’apparenza comodissimi, quel sabato mattina stava placidamente seduta su un divanetto della Sala Comune di Grifondoro, rivolta verso il fuoco scoppiettante nel camino.

Nessuno studente che passasse di lì sembrò colpito dalla sua presenza: che la ragazza passasse gran parte dei suoi weekend rinchiusa nella Sala Comune a leggere era un’abitudine a cui in tanti avevano assistito nel corso degli anni.

 

E probabilmente perché forte della convinzione che l’avrebbe trovata esattamente lì dove stava, James Potter non ci mise molto a scendere dalle scale che portavano al Dormitorio maschile e a fare capolino nella Sala Comune, né tantomeno a buttarsi a capofitto sul divanetto dove Evie era seduta.

Senza nemmeno curarsi di una eventuale reazione, James si sistemò appoggiando il capo sul grembo di Evie ed emise un evidente grugnito di piacere; Evie, in tutta risposta, poté solo distogliere lo sguardo dal suo libro per lanciarne uno visibilmente scettico al ragazzo.

« Da dove salta fuori tutta questa confidenza? » Gli domandò in tono polemico.

« Dai diciassette anni che ti conosco? » James gli rivolse un sorriso smagliante, guardandola dal basso con gli occhi che brillavano dietro le spesse lenti degli occhiali.

« E allora? Conosco anche Fred da diciassette anni ma se mi si buttasse addosso in questo modo gli lancerei un Cruciatus diretto! » 

« Sì, ma Fred è Fred! Saresti costretta a farlo fuori per evitare di prenderti qualche malattia venerea! » 

La ragazza scoppiò a ridere sguaiatamente, non curante di trattenersi nella reazione; si nascose dietro al libro, conscia di poter esibire le peggiori smorfie di divertimento, e lasciò che la risata si trasformasse in un singhiozzo sconnesso. 

James poté solo sorridere sornione, crogiolandosi nella sensazione che solo lui in tutta Hogwarts fosse in grado di far divertire a tal punto la compostissima Evie Jordan.

Così come era nata, la risata della Grifondoro scemò nel giro di pochi secondi, lasciando al suo posto un sorriso dal sapore alquanto amaro; lasciò ricadere il libro sul suo grembo e gli occhi scuri si posarono immediatamente sulla figura che ora percepiva troppo vicina a sé. Le iridi di James la scrutarono con altrettanta profondità e Evie sentì dentro di sé una vocina gridare: la se stessa tredicenne premeva con prepotenza sempre di più per uscire. 

 

« Allora? Che hai fatto di bello ieri sera? » 

La ragazza si ridestò all’istante, inebriandosi del tono tranquillo della voce di James, così malamente in contrasto con il calore che percepiva sulle proprie guance; deglutì in un misero tentativo di prendere tempo, prima di prepararsi a rispondere come se in quella situazione - loro due così vicini - non vi fosse nulla di strano.

« Sai, solita routine femminile, riti satanici prima di andare a dormire e via. » Si limitò a dire quasi incolore, lasciando che una spalla si alzasse in segno di indifferenza.

Il ragazzo sbuffò e scosse la testa in un segno di compiacimento: la risposta che aveva appena ricevuto era un classico esempio di sarcasmo alla Jordan.

« E tu? » Incalzò Evie.

« Ho impedito che Fred si buttasse nel Lago Nero per cercare di infilarsi nei Dormitori femminili di Serpeverde. » Disse James con altrettanta nonchalance.

« Niente di insolito, insomma! » 

« Già, solita routine! » 

James alzò leggermente il capo fino ad essere in grado di osservare perfettamente Evie in viso e le fece un veloce occhiolino; la ragazza sentì all’istante le labbra allargarsi in un sorriso, e non riuscì a trattenersi dal portare una mano in prossimità del capo di lui per intrecciare le dita nella sua zazzera di capelli neri e giocare distrattamente con una ciocca ribelle. 

Se James rimase sorpreso del contatto iniziato da Evie, non lo diede a vedere; si limitò a socchiudere gli occhi e a risistemarsi col corpo contro al divano, godendosi ciò che sapeva l’amica non gli avrebbe mai più rivolto.

 

L’attimo di calma non visse neanche per più di qualche secondo: al suono stridulo di risate femminili James spalancò gli occhi e inclinò il capo per posare lo sguardo sull’ingresso della Sala Comune.
Immediatamente scorse due occhi della stessa tonalità marroncina dei suoi guardarlo in evidente chiava canzonatoria e si lasciò andare in uno sbuffo infastidito. 

Sua sorella Lily, Grifondoro del terzo anno, se ne stava impalata a fissare lui e Evie al comando di un gruppetto di suoi coetanee, che, dagli sguardi che lanciavano loro, avevano tutta l’aria di starsi divertendo un mondo a prenderli in giro.

« Hey, ragazzina! Non si ride del tuo fantastico fratellone! »

Lily in tutta risposta fece mostra a James di una linguaccia impertinente, prima di aprire la bocca per rispondere al fratello e continuare a lanciare sguardi frivoli alle amiche.

« Non è colpa mia se ti sbaciucchi con la tua ragazza in mezzo alla Sala Comune! » Le compagne di Lily scoppiarono in una risata fragorosa, seguendola a ruota una volta che la ragazza ebbe aperto il buco del ritratto per sfuggire alla reazione di James. 

Evie capì all’istante che non avrebbe nemmeno avuto bisogno di guardarsi allo specchio: era più che certa che il suo volto avesse assunto un colorito violaceo.

« Che sceme! Pensa come avrebbero reagito se ci stessimo baciando per davvero! » Disse James con tono divertito, scuotendo lievemente il capo ancora contro il grembo della ragazza.

« C-cosa? » Riuscì a biasciare Evie.

« Che poi… la mia ragazza? Da dove le è uscito? Lo sanno tutti che siamo solo amici! » Continuò il Grifondoro ignorando cosa lei avesse detto, scervellandosi sul motivo per il quale sua sorella Lily - che conosceva Evie da una vita - potesse avere mai detto simili parole.

 

Evie non riuscì a sopportare la situazione oltre; finse un colpo di tosse per riacquistare l’attenzione di James e, nel risistemarsi sul posto, costrinse il ragazzo a scostarsi dal suo grembo e a mettersi a sedere sul divano accanto a lei.
James la guardò attonito, incapace di comprendere cosa avesse potuto infastidirla tanto da costringerlo a rinunciare alla sua comodissima posizione; d’altronde fino a qualche secondo fa Evie sembrava starsi godendo il momento quanto lui, cosa era cambiato?

« Magari se tu evitassi certi comportamenti… equivoci, beh, tua sorella non si inventerebbe certe cose! » Parlò la Grifondoro in tono polemico.

Il ragazzo poté solo rimanere immobile a sbattere le palpebre più volte dall’incredulità, prima di trovare il coraggio di aprire bocca e dare voce ai propri pensieri più sinceri.

« Ma che? Io faccio ciò che mi sento, non è colpa mia se gli altri fraintendono! » 

Ed io? Se fraintendessi io? Parlò la vocina tredicenne dentro di Evie, e la ragazza seppe di dover fare qualcosa prima che qualche remotissima parte dentro di lei la sabotasse. 

« Se non ti importa allora non ti lamentare di ciò che ti dice Lily! » Finse di dire con tono distaccato la ragazza.

James scrollò le spalle: il ragionamento di Evie non faceva una piega, eppure ebbe la sensazione che gli occhi profondi di lei gli stessero celando tutt’altro messaggio; potè giurare di aver avvertito nel tono di voce di lei qualcosa che il suo istinto gli ordinò di indagare, ma sapeva che Evie non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di fargli trapelare ogni dettaglio di ciò che le passasse per la mente.
E poi c’era stato lo sguardo che le aveva visto lanciare a Lily poco prima, uno sguardo che solo in pochi avrebbero potuto percepire come di spavento.

Ma a Evie Jordan, una delle sue più grandi amiche da lunghissimi anni, probabilmente una delle ragazze più toste che avesse mai conosciuto, perché mai avrebbe dovuto spaventare la frivola opinione di un gruppo di ragazzine del quarto anno?

 

Dall’altra parte, per la ragazza fu impossibile non notare il modo in cui James la stesse scrutando, quasi avesse voluto cercare negli occhi di lei la risposta migliore da dare; Evie sospirò pesantemente, lo conosceva da fin troppo tempo per non sapere che tra i due l’unica persona in grado di risollevare una situazione scomoda era proprio lei.

« Da quando in qua al grande e fenomenale James Sirius Potter importa ciò che pensa di lui la gente? » Cercò di risollevare l’animo lei, punzecchiandolo nell’unico punto in cui sapeva che nessun Potter avrebbe potuto resistere.

James non riuscì a trattenersi, bastarono quelle poche parole per fargli spuntare un enorme sorriso in volto e farlo crogiolare nel compiacimento. « Evie, hai ammesso che sono grande e fenomenale!» 

Sì, un grande e fenomenale imbecille!

« James! » Evie gli schiaffeggiò il palmo della mano contro una spalla.

« Okay, okay… » Alzò le mani in segno di resa James. « Davvero, non mi importa cosa pensi la gente di me… »

« Ma…? » 

Il ragazzo si decise a puntare lo sguardo in quello di Evie e per un attimo desiderò con tutto se stesso venire inghiottito dal pavimento sotto i suoi piedi; deglutì l’enorme groppo che aveva in gola e si fece coraggio per affrontare ciò che aveva sempre sperato di non dover mai affrontare con una amica.

« Non voglio che si creino situazioni scomode tra, ecco… tra di noi. » Ammise a bassa voce, ma con tono perentorio, che non mancò di arrivare alle orecchie di Evie come la più crudele delle sentenze.

Oh, no, tranquillo. So bene come stanno le cose tra di noi.

« E pensi davvero che il commento di una ragazzina di quattordici anni mi faccia mettere in discussione la nostra amicizia? » Si difese prontamente Evie, sforzandosi di risultare scocciata e disinteressata dall’intera questione; inutile dire che, invece, la tredicenne dentro di lei avrebbe voluto vomitare in faccia al ragazzo tutt’altro tipo di parole.

« No, no, figurati! » Rispose di getto James, sentendosi un idiota per aver anche solo pensato male di Evie, una delle sue più grandi amiche da sempre.

Si sforzò di trovare altre parole da rivolgerle, soprattutto dal momento che Evie continuava a fissarlo come se si fosse aspettata chissà quale risposta illuminata trapelare dalle sue labbra, ma il suo cervello non fece altro che passargli in rassegna i commenti che di recente sia Fred che Charlie avevano fatto sulla sua relazione con lei.

Da quando in qua dava peso alle parole idiote di Fred o ai deliri del suo migliore amico Charlie che più di ogni altra cosa amava vederlo in difficoltà? 

La verità gli scoppiò prepotentemente in petto e fu sicuro che dietro le pesanti lenti degli occhiali un velo di panico fosse ben presente nei suoi occhi: odiava sentirsi così vulnerabile per quattro pensieri in croce dati da persone a cui teneva, ma, soprattutto, odiava il modo in cui non gli dispiacesse il fatto che qualcuno avesse messo in dubbio che quella con Evie fosse semplice amicizia. 

 

Evie continuò a fissare James con un sopracciglio inarcato, osservando il modo in cui fosse evidente che miriadi di pensieri gli stessero navigando in mente; sbuffò, se solo aveva pensato di stare cedendo al panico qualche momento prima, ora era chiaro che fosse il ragazzo a stare implodendo.

« Ti preoccupi troppo per cose inutili, Potter, lascia stare! » Disse con noncuranza Evie, scuotendogli una mano davanti agli occhi.

Il Grifondoro fece un mezzo sorriso: quella davanti a lei era la solita Evie, abituata ad affrontare le questioni rilegandole come di poco conto ed abbandonandole sul nascere.

Avrebbe voluto urlargli che lei non era una cosa inutile, che qualunque cosa le stesse dando fastidio lui sarebbe stato pronto a risolverla, ma oramai Evie stava guardando ovunque nella stanza tranne che il suo viso e James seppe che la discussione era morta sul nascere.

« Hai ragione, non è nulla. » 

« Lo sai che ho sempre ragione. » 

Evie sospirò e improvvisamente quel divano che fino a poco prima era stato fonte di gioia era diventato la seduta più scomoda della sua vita.

Entrambi si ritrovarono seduti uno accanto all’altro, ma non avrebbero potuto essere più lontani: ciascuno guardò un punto imprecisato della Sala Comune, evitando volutamente di posare lo sguardo sul corpo dell’altro. 

Non vi fu nulla che poterono fare: un senso di amarezza li travolse repentinamente e la mente di entrambi rimase nell’oblio, incapace di riuscire a trovare le parole per comunicare con l’altro.

 

 

*

 

Rose Weasley fissò l’enorme orologio a pendolo situato sul fondo dei Tre Manici di Scopa per le terza volta nel giro di qualche minuto e sospirò pesantemente.

Strinse con forza la Gazzetta del Profeta che si stava costringendo a leggere seduta ad un tavolino vicino alla finestra e maledì con tutta se stessa il demonio che l’aveva posseduta il giorno precedente quando aveva acconsentito ad incontrarsi con Scorpius Malfoy.

Non seppe darsi una spiegazione al perché avesse detto di sì a ciò che aveva sempre rappresentato per lei la peggiore delle torture, né tantomeno al perché quella mattina si fosse alzata dal letto per andare a Hogsmeade, ma soprattutto: perché mai continuava a starsene seduta a quel tavolino, aspettando di vivere uno strazio?

 

Scorpius Malfoy la vide subito. Era entrato ai Tre Manici di Scopa una decina di minuti prima dalla porta secondaria ed era andato immediatamente a piazzarsi su una delle sedute accanto al bancone. 

Mai avrebbe pensato di vedere una scena simile e così, quando vide effettivamente Rose incapace di stare ferma sul posto e continuare a guardarsi in giro alla ricerca di chissà cosa - o meglio: di chi - , non poté che sopprimere la risata che gli premette di uscire con uno sbuffo di divertimento.

Forse ci aveva visto davvero giusto, e Rose Weasley non era altro che una ragazza adolescente uguale a tutte le altre con le quali aveva avuto a che fare nel corso della sua vita.

Prese l’unica Burrobirra che aveva precedentemente ordinato e, dopo aver debitamente lasciato un paio di Galeoni sul bancone e aver lanciato un vistoso occhiolino a Madama Rosmerta, si alzò per raggiungere la Grifondoro, più sicuro che mai.

Si sedette nella seduta libera davanti a quella di Rose, gongolando internamente del fatto che la ragazza avesse scelto un tavolino per due, e cominciò a sorseggiare la Burrobirra osservando attentamente ogni mossa della Grifondoro; riconobbe immediatamente il momento in cui lei si accorse della sua presenza, il modo in cui sussultò impercettibilmente sul posto, le occhiate di sbieco che cominciò a lanciare da dietro la Gazzetta del Profeta, e non poté fare altro che allargare l’espressione del viso in un sorriso obliquo, tronfio di sentire l’intera situazione sotto il proprio controllo.

 

Nel preciso istante in cui percepì uno spostamento d’aria davanti a sé, Rose si rese conto che l’incubo stava a tutti gli effetti avendo luogo. 

Non dovette nemmeno alzare lo sguardo per sincerarsi di chi fosse stato così incauto da sedersi al suo stesso tavolino, con la coda dell’occhio notò immediatamente la chioma di capelli biondi e quello che era sicura essere il ghigno più spudorato di sempre.

Decise di starsene in silenzio, in attesa che Scorpius cominciasse ad esibirsi nei suoi patetici tentativi di coinvolgerla in una conversazione, e dandosi così l’opportunità di venire a capo di risposte sprezzanti da riservargli.

Era più che sicura che il Serpeverde avrebbe aperto bocca da lì a un secondo ma, quando le sue orecchie continuarono a sentire solamente i ronzii di sottofondo del locale, il suo corpo si mosse autonomamente per posare le iridi azzurre sul ragazzo davanti a sé.

Sgranò gli occhi: Scorpius la stava fissando spudoratamente, con quelle stupide labbra piene e rosee poggiate contro il boccale ricolmo di Burrobirra.

« Se devi dirmi qualche tua solita idiozia ti conviene dirla subito– »

« Cosa c’entri tu? Io mi sto solo bevendo la mia Burrobirra in pace! » La interruppe prontamente Scorpius, intercettando il tono polemico, e che si era fatalmente aspettato, della ragazza.

Rose rimase interdetta, boccheggiando per qualche istante alla ricerca di qualcosa da dire; infine, optò per l’ipotesi più facile: tornò a posare gli occhi sul giornale, rassegnata all’idea che non sarebbe mai più riuscita a leggerne una sola parola.

Scorpius fece un altro sorso della sua bevanda, scivolando lungo la sedia alla ricerca di una seduta più comoda: chissà per quanto altro tempo Rose sarebbe riuscita a sostenere quel silenzio, un silenzio nel quale lui stava sguazzando con estrema felicità.

« Perché non mi stai ancora assillando? » Il Serpeverde sorrise vittorioso, le sue previsioni si erano rivelate essere esatte: Rose Weasley non era assolutamente in grado di affrontare il silenzio; nonostante i loro sforzi per risultare altrimenti, i Grifondoro erano davvero tutti uguali.

« Aspettavo fossi tu a chiedermelo. Sai, so essere galante pure io! » Disse con nonchalance Scorpius,  accompagnando le parole con un gesto del capo. « Allora? Posso pagarti da bere ora o– »

« Non vedi che sono impegnata? » Lo interruppe Rose proprio come aveva fatto lui poco prima, alzando il giornale per farglielo vedere.
Provò con tutta se stessa a risultare impassibile, sforzandosi di non lasciare a vedere che aveva riprovato quelle battute dentro la sua testa più e più volte mentre lo aveva aspettato seduta a quello stesso tavolino, ma ogni tentativo fu inutile: nulla poté fare per quel principio di sorriso che minacciava di incurvarle le labbra.

Scorpius scosse la testa, reprimendo una risata; era ovvio che Rose gli avrebbe reso la vita impossibile, di questo ne era stato più che certo, e dentro di sé si chiese quando si sarebbe effettivamente stancata di giocare quel ruolo che si era creata per se stessa.

Fece un altro sorso di Burrobirra, continuando a fissare la ragazza dritta in viso; mai, prima di quel momento, si era sentito più simile ad una serpe in attesa del passo falso della propria preda.

« Ti diverte, vero? »

« Che cosa? » Disse un po’ troppo frettolosamente Rose, non alzando lo sguardo dal giornale.

« Fare finta che non ti importi nulla, vedermi soffrire per farmi dire due parole da te. »
La Grifondoro non ebbe bisogno di guardarlo in faccia per sapere che Scorpius doveva aver impresso il suo solito sorriso sfacciato; dal tono di voce percepì che il ragazzo si stesse sentendo un po’ troppo a suo agio per i suoi gusti e, per la prima volta da quando aveva iniziato quella conversazione, sentì un briciolo di orgoglio smuoverla dentro, costringendola finalmente ad abbandonare sul tavolino la Gazzetta del Profeta.

« Non mi sembra tu sia così sofferente. »

« Ce ne vuole prima che mi faccia scalfire da una ragazza! » Replicò sfacciato Scorpius.

Rose valutò attentamente che cosa rispondergli; avrebbe voluto dirgli che era solo un povero sciocco, che tutta quella sicurezza che era convinto di avere non era così solida come credeva e soprattutto che era inutile che mentisse a se stesso in quel modo, inevitabilmente prima o poi qualcuno in grado di scalfirlo sarebbe arrivato. 

Nonostante i suoi pensieri, decise di tenerli per sé: perché mai avrebbe dovuto perdere il suo tempo a cercare di far capire a Scorpius Malfoy tutto ciò che faceva di sbagliato?
« Sei sporco di Burrobirra, proprio lì. » Disse solamente la ragazza, sporgendosi in avanti per indicargli con un dito il punto in cui una macchia di schiuma imperversava sul suo labbro.

Il Serpeverde sbatté le palpebre, incapace di comprendere il motivo per cui Rose Weasley le si fosse avvicinata così pericolosamente alle bocca.

Solo quando la Grifondoro gli buttò contro un tovagliolo di carta capì a cosa si fosse riferita e si accorse che aveva trattenuto il fiato fino a quell’istante: espirò profondamente e si passò frettolosamente il tovagliolo contro la bocca.

 

Scorpius rivolse lo sguardo sul volto di Rose e, nel vederla così tanto a suo agio nell’essere sprezzante, una nuova consapevolezza lo colpì in pieno come un fulmine a ciel sereno.

Rilassò le spalle, conscio che nessuno dei suoi trucchi avrebbe più funzionato, e si lasciò scivolare nuovamente sulla sedia in maniera scomposta, ora del tutto disinteressato a sforzarsi di essere affascinante.

« Weasley. » Interpellò la ragazza che aveva davanti a sé, dimenticandosi completamente del fatto che non l’avesse mai chiamata per cognome di persona, a differenza di come faceva con i suoi amici. 

Il tono di voce del ragazzo fece drizzare le orecchie a Rose: non l’aveva mai sentito rivolgersi a lei con tanta noncuranza. « Weasley, seriamente… all’inizio questo battibeccare era anche divertente, ma davvero, non riesco proprio a venirne a capo: sarebbe davvero così scandaloso avere una conversazione normale ogni tanto? »

« Malfoy. » Utilizzò il medesimo tono di voce lei. « Tu parti dal presupposto che ogni ragazza a cui rivolgi la parola cada ai tuoi piedi. Mi credi davvero così stupida? »
« Beh, fino a prova contraria sei venuta di tua spontanea volontà qua oggi. » Scrollò le spalle lui e Rose non poté fare a meno di notare che, contro tutte le sue aspettative, nessun ghigno contorceva le sue labbra.

« I-io… » Boccheggiò lei, incapace di formulare una risposta tagliente.

Il Serpeverde non premette per farla parlare oltre, si ritrovò inconsciamente ad addolcire lo sguardo; appoggiò il boccale di Burrobirra sul tavolino e lo fece scorrere, nel tentativo di porgerlo alla ragazza.

Rose, d’altra parte, d’istinto allungò la mano e si scolò l’intero contenuto del boccale in un sorso solo; ben presto, le sue orecchie sentirono uno sbuffo divertito provenire dal ragazzo seduto di fronte a sé.

« Non sono una di quelle ragazze a cui puoi fare un complimento e l’hai già conquistata, né tantomeno vado cercando amicizie ora, che manca poco più di un anno al diploma e al momento in cui mi abbandonerò questo posto alle spalle. Perciò sono io, Malfoy, che non riesco a venirne a capo… cosa ci guadagni da queste sceneggiate? »

Scacco matto, pensò Scorpius: aveva decisamente sottovalutato Rose Weasley e aveva decisamente sopravvalutato la sua posizione.

 

Ora, per come vedeva la situazione, avrebbe solamente potuto dire tutta la verità a Rose: che dalle loro chiacchierate ci traeva solamente il piacere di vantarsi con i suoi amici, di affermare il suo fascino, di poter sbattere in faccia ad Albus la sua conquista più ardua.

E a dirla tutta, se ora si trovava alle strette era solamente per colpa sua: non aveva realmente pensato al suo piano, né tantomeno si era posto il problema di conoscere Rose prima di averci a che fare. 

Davvero pensava sarebbe tutto riuscito nel migliore dei modi solamente attraverso qualche parola scambiata per i corridoi e con una stupida uscita a Hogsmeade?

« Se ti dico il piacere della tua dolce compagnia mi credi? » Cercò infine di nascondersi dietro al sarcasmo lui.

Rose scoppiò a ridere amaramente, scuotendo il capo come a voler confermare di aver avuto ragione fin dal principio; lasciò cadere il boccale contro il tavolino, prima di alzarsi con estrema lentezza, lasciando che il ragazzo osservasse ogni suo movimento.

« Facciamo che faccio un favore ad entrambi e me ne vado, okay? » Disse per la prima volta lei in tono quasi gentile, nonostante le sue parole, e Scorpius non trovò alcuna forza per controbattere.

Il Serpeverde poté solamente guardarla andare via e, lanciando un’ultima occhiate alla Gazzetta del Profeta abbandonata sul tavolo, poté solamente pensare a quante ragione avesse scovato nelle parole di Rose.

 

 

*

 

 

« Le mie risposte sono state così fantastiche che non hai più bisogno di me per il tuo articolo? » 

Lucy saltò sul posto, aveva passato l’intero pomeriggio a leggere in Sala Grande decine di giornali sportivi convinta che così avrebbe potuto carpire i segreti per scrivere meglio.
Evidentemente le letture sportive avevano cominciato a piacerle quasi quanto i suoi tomi di Astronomia, perché ne era rimasta così assorta da non sentire minimamente il ragazzo che le si era appena seduto accanto.

Lucy puntò lo sguardo alla sua destra e ben presto si ritrovò il sorriso smagliante di Charlie Chang davanti a sé. Se la sorpresa di venire interrotta durante la lettura - lei che veniva disturbata solo dai propri cugini e in circostanze davvero rare - l’aveva lasciata interdetta, si riprese all’istante, pronta a rispondere.

« Oh, hey, Charlie! » La Grifondoro si guardò velocemente attorno, pregando mentalmente che nessuno dei suoi cugini si trovasse in quel momento lì attorno; quando vide che la Sala Grande faceva mostra di neanche una dozzina di studenti, tirò un sospiro di sollievo. « No, figurati, è che non so come andare avanti con la tua storia! »
« ‘No’ nel senso che le mie risposte non erano fantastiche? » Chiese Charlie con evidente tono ironico. Mosse le labbra a formare un mezzo sorriso e Lucy non riuscì a trattenersi dal lasciarsi sfuggire uno sbuffo divertito.
« No, non in quel senso! È che non so se dovrei parlare solo di Quidditch o se esplorare… beh… te. »
« Puoi esplorare me quando vuoi, Lucy! » Charlie si esibì in un vistoso occhiolino e stavolta la ragazza scoppiò sguaiatamente a ridere.
« Intendevo che non so se… ecco… se parlare della tua famiglia, capito? » Cercò di spiegarsi meglio Lucy, muovendo le mani davanti a sé.

Ed era proprio quello il vero motivo per cui non era riuscita a buttare giù nemmeno una bozza di quello che sarebbe dovuto essere l’articolo che avrebbe dato il via alla sua carriera giornalistica.
Quando aveva scelto di intervistare Charlie, si era dovuta rassegnare all’idea di scrivere riguardo ad un ragazzo tutto muscoli che vedeva nel Quidditch la possibilità di non impegnarsi seriamente con gli studi; ma, quando Charlie le aveva raccontato tutto ciò che le aveva detto e per giunta con tanta tranquillità, ogni piano di Lucy era stato mandato bellamente all’aria.
Si sarebbe davvero spinta a diventare quel tipo di persona? Del genere che spiattella su un articolo i fatti personali raccontati in confidenza?
Certo, se Charlie si fosse dimostrato quel ragazzo tutto muscoli che Lucy aveva sempre creduto essere, non si sarebbe mai posta il problema; tuttavia si era dovuta ricredere fin da subito, e di sicuro il sorriso sincero che le stava rivolgendo in quel preciso istante non l’avrebbe aiutata a risolvere il quesito.

« Certo che puoi farlo. » Il Serpeverde alzò le spalle, lasciando che le parole uscissero dalle sue labbra con arrendevolezza.
« Oh, no, non volevo metterti pressione! Non è obbligatorio e– »
« Ho detto che non c’è problema, mi fido di te. » Senza nemmeno registrare nel proprio cervello ciò che il suo corpo fece naturalmente, Charlie portò una mano a ricoprire quella di Lucy in un gesto di conforto.
Prima ancora che la Grifondoro portasse gli occhi marroni a guardare il gesto, percepì le proprie guance tingersi di rosso.
Ma l’attimo dopo Charlie aveva già spostato la mano, probabilmente conscio che un gesto del genere non solo fosse estraneo ad una ragazza come Lucy, ma soprattutto che non gli appartenesse nemmeno come proprio.

Lucy si decise a scuotere il capo, forzandosi di ridestarsi dall’imbarazzo in cui era caduta e del quale sapeva esservi traccia sul proprio viso; sperò con tutta se stessa che il ragazzo l’avesse guardata in viso con poca attenzione.
« Beh, in questo caso… » Si schiarì la voce con un finto colpo di tosse, poi riprese a parlare col tono più professionale che le appartenesse. « Vorrei cercare di scrivere qualcosa che riguardi te più da vicino… del tipo: perché volere una carriera proprio nel Quidditch? Ci sono modi di più facile accesso per guadagnarsi da vivere! »
« Facile accesso? Facile non è divertente, Lucy! » Charlie scosse la testa sconsolato, guardando la Grifondoro quasi compatendola. « Il punto cruciale di voler giocare a Quidditch per il resto della mia vita è proprio il divertimento. Voglio essere felice fino alla fine dei miei giorni ed fare il Battitore mi dà la possibilità di esserlo. »
Lucy singhiozzò rumorosamente nel tentativo di nascondere una risata. Charlie le parve improvvisamente uscito da uno di quegli spot Babbani che incitano i giovani all’esercizio fisico in cui era imbattuta per caso facendo zapping alla televisione in casa dei suoi nonni molti anni addietro.
Sorriso smagliante e denti troppo bianchi, occhi lucidi e pieni di vita, spalle larghe dritte come quelle di un soldato: Charlie Chang sarebbe stato capace di vendere qualsiasi cosa gli si fosse posta davanti.
« Dici tutte queste frasi cliché, sembra quasi che tu sia nato per essere intervistato! »
« Forse lo sono davvero! » Replicò gongolante Charlie.
« O forse stai solo recitando un copione. » Lucy pronunciò quelle poche parole sottovoce ma nell’attimo in cui si accorse che erano fuoriuscite dalle sue labbra pregò mentalmente Godric che il ragazzo non l’avesse sentita.
Evidentemente il fantasma di Godric Grifondoro quel giorno era impegnato ad ascoltare le preghiere di qualche altro discendente Weasley in difficoltà, perché ora Charlie la stava guardando con la confusione negli occhi.
« Scusa, non ho capito bene. »
« Oh, no! » Disse subito sulla difensiva Lucy. « Volevo dire– intendevo che… come fai ad essere sempre così allegro? È difficile da comprendere! »
La Grifondoro si stupì di lei stessa. Aveva sempre creduto essere una ragazza introversa, incapace di comunicare al mondo esterno anche il più frivolo dei pensieri, eppure aveva appena pronunciato a chiara voce la domanda che gli era sorta dal primo momento in cui aveva posato gli occhi su Charlie Chang.
« Non è che sono allegro tutto il tempo, è ovvio che mi arrabbio o mi intristisco anche io. È solo che cerco di non esserlo quando capita. » Ribatté Charlie con lo stesso tono con cui avrebbe spiegato l’ultimo argomento di Pozioni, come se il suo ragionamento fosse basato su chissà quale evidenza scientifica.
« Tutto qua? Decidi di non voler essere arrabbiato o triste e funziona? »
« Saresti sorpresa di scoprire quanto sia potente la nostra mente! »
Lucy lo guardò scettica; evidentemente la sua prima impressione su di lui era stata quella sbagliata nel senso che Charlie non era uno zuccone tutto muscoli, ma un semplice e incontestabile pazzo.
« Oh, beh. Ora posso aggiungere all’articolo che nel tempo libero sei anche un guru spirituale. » Disse poi nella più totale trasparenza e Charlie non poté fare altro che scoppiare a ridere sguaiatamente.

Per quanto odiava farlo, Charlie doveva ammettere che si era sbagliato di grosso quando aveva creduto di aver inquadrato Lucy Weasley il primo giorno di scuola.
Certo, Lucy rimaneva una irrimediabile secchiona che preferiva di gran lunga la compagnia dei libri a quella dei suoi coetanei, ma come aveva fatto a non capire che in quella testolina nascosta da una folta chioma di capelli ramati vi fosse tanta naturale ironia?
E neanche si sforzava di risultare brillante come suo cugino James; Lucy era così spontanea e istintiva nelle reazioni che Charlie - dacché avesse iniziato a parlarle solo da pochissimo tempo - era sicuro di non aver conosciuto mai persona più trasparente di lei.
« Quando è che tocca a me intervistarti? » Le disse poi di impeto, stupendosi lui stesso di quanto una ragazza così in apparenza diversa da lui stimolasse a tal punto in lui la conversazione.
« Non funziona così, Charlie! L’articolo è su di te, io sono solo la voce priva di personalità che farà emergere la tua! »
« È così quindi? Non c’è modo di scoprire cosa si nasconde dietro a questa fantomatica voce priva di personalità? » Charlie si sporse in avanti per scrutare Lucy da più vicino e la ragazza per poco non seguì l’istinto naturale e inconscio che le stava ordinando di scostarsi al più presto.
Invece rimase immobile, puntando gli occhi scuri in quelli a mandorla di lui, e per la prima volta da che ne avesse memoria decise di dare ascolto alla flebile vocina che spesso sentiva nella testa voler uscire allo scoperto a gran voce.
« Mi sa di no, ma ci puoi sempre provare. » Replicò lei con una sicurezza che non pensava neanche potesse appartenerle.
Udite quelle parole, Charlie si arrese alla consapevolezza che Lucy lo avesse lasciato completamente interdetto. Pensò che era da tanto che non si fermava a guardare qualcuno così da vicino che non fosse uno dei suoi amici più stretti e immediatamente gli tornò alla mente ciò che lei gli aveva detto poco fa: forse non era vero che recitasse un vero e proprio ruolo, ma che si sforzasse sempre di apparire nel migliore dei modi agli occhi di tutti era un dato di fatto, e di questo ne era ben consapevole.
« Ehm… James ti ha detto della festa per la partita di Quidditch? » Lucy cercò di riempiere il silenzio che si era creato.
Alla menzione del migliore amico, Charlie si sentì come se gli avessero appena lanciato un secchio d’acqua gelata addosso. Fece di tutto per non far percepire il disagio che il nome di James gli aveva provocato nascondendosi dietro ad un sorriso; avrebbe avuto modo di domandarsi perché avesse subito un tanto repentino cambio d’umore in un altro momento.
« Certo! Non vedo l’ora di deridere voi Grifondoro per le vostre festicciole da principianti! »
« Hey! » Si finse offesa Lucy, tirando un leggero schiaffo sul braccio del ragazzo. « Si stanno impegnando tutti tantissimo per rendere la serata speciale! » Charlie non mancò di notare il contatto, ma passò oltre.
« Quando organizzeremo una festa noi Serpeverde vedrai la differenza, non preoccuparti. »
« Oh, invitereste anche me? » Chiese seriamente stupita Lucy e per un attimo Charlie giurò di poter scorgere nello sguardo di lei quello che i bambini solevano avere davanti ai negozi di caramelle.
« Lucy, così mi offendi! Saresti la prima che inviterei, d’altronde stai scrivendo un articolo sulle mie gesta sportive! »
Lucy poté solo schioccare la lingua al palato, ma non trovò parole per ribattere; lei era a tutti gli effetti la ragazza che stava scrivendo un articolo su di lui e nient’altro.
La cugina piccola e silenziosa del suo migliore amico James tutt’al più, ma agli occhi del ragazzo più popolare di Hogwarts poteva mai essere la ragazza che veniva invitata ad una festa per un semplice legame di amicizia?
Nonostante i desolanti pensieri, Lucy si ritrovò a contraccambiare il sorriso che Charlie le stava rivolgendo con uno altrettanto smagliante.

 

*

 

Perché diavolo Lucy Weasley sta parlando Charlie Chang?

Seduta beatamente al tavolo di Corvonero e circondata da manuali scolastici, Eleanor Wells non poté credere ai suoi occhi.
Ma il perché una studentessa modello come Lucy stesse perdendo il suo preziosissimo tempo con uno scansafatiche come Chang dovette rimanere recluso nel profondo della sua curiosità, dal momento che Eleanor non poteva distrarsi ulteriormente: aveva un solo fine settimana per recuperare il bruttissimo voto che aveva preso a Pozioni e nulla al mondo avrebbe potuto mettersi in mezzo al suo programma di studio intensivo.

« Sapevo fossi una secchiona, ma studiare il sabato pomeriggio, Ellie… è troppo perfino per te! » 

Nel momento stesso in cui aveva messo piede in Sala Grande, gli occhi di Fred Weasley erano caduti rovinosamente sulla figura curva e china sui libri al tavolo di Corvonero.
Non ebbe bisogno di avvicinarsi per capire di chi si trattasse: la matassa di capelli biondi raccolti in una coda alta e la postura più rigida che avesse mai visto non lasciavano spazio ai dubbi, quella era definitivamente la Caposcuola Wells.
Fred aveva accuratamente aggirato il tavolo di Corvonero e si era lentamente avvicinato alla figura della ragazza badando a rimanere alle sue spalle, intento ad analizzare la situazione prima di proferire effettivamente parola.
La vide alternare lo sguardo dal manuale che teneva saldamente in mano a una coppia di ragazzi seduti al tavolo di Grifondoro - hey, ma che ci fa Lucy con Chang? - e non mancò di certo di notare l’evidente coltre di noia che emanava la sua esile e pallidissima figura.
Non darti pena, Ellie. Vengo a salvarti io dalla noia.

« Per te è Eleanor, grazie. »
Nell’attimo stesso in cui aveva sentito una voce raggiungerla alle sue spalle, Eleanor aveva capito che la sua giornata si era appena trasformata in un incubo.
Alzò lo sguardo e lo posò in quello del ragazzo che le si era appena seduto affianco - o meglio, sul tavolo su cui lei stava studiando - sentendo una familiare sensazione di orgoglio salirle nel petto: mai e poi mai, si sarebbe permessa di farsi mancare di rispetto da uno del calibro di Fred Weasley.
« Certo, Ellie, anche per me è un piacere rivederti! » La ignorò volutamente Fred, allungando una mano a toccare distrattamente le pagine del manuale sul tavolo. « Allora… perché stai studiando Pozioni? Non abbiamo mica appena preso un Oltre Ogni Previsione assieme? »
« Esatto. Mi hai abbassato la media, Weasley. Avevo solo Eccezionale prima di quel… compito orribile. » Biascicò Eleanor con disgusto e Fred, alla vista dell’espressione contrita sul volto delicato di lei, scoppiò a ridere in una risata cristallina.
« Non è stato così orribile, dopotutto mi hai evitato la bocciatura. Ci diplomeremo assieme, non sei contenta? »
« Entusiasta è dir poco. » Digrignò lei tra i denti.
« E poi ci siamo divertiti a fare quel compito assieme, no? Mi lanciavi certe occhiate… »  Continuò con tono lascivo Fred e per poco Eleanor non si esibì in un conato di vomito.
Ma davvero le ragazze si infatuavano di un tale cascamorto? Eleanor non avrebbe mai realmente compreso che cosa passasse per la mente delle sue coetanee oggigiorno.
« Weasley, evita di delirare. »
« Oh, ma come siamo scontrose! Pensavo fossimo diventati finalmente amici! » Con un balzo Fred scese dal tavolo e si accasciò sulla seduta accanto a quella della ragazza, guardandola dall’alto della testa di cui la superava in statura con innata sicurezza.
« Se io e te siamo amici, allora io e la Piovra Gigante del Lago Nero siamo amanti. » Replicò con tono quasi annoiato Eleanor, agognando il momento nel quale sarebbe tornata a ripassare il Distillato di Morte Vivente.
« Ah, sapevo che dovevi avere gusti strani! Insomma, non ti sei mai presa una cotta per me dopo tutto! » Fred gridò con gli occhi che gli brillavano dall’euforia, convinto di aver finalmente messo alle strette la ragazza che aveva rappresentato la sua sfida numero uno per ben sette anni.
Eleanor, d’altra parte, non diede retta nemmeno a una delle parole che le furono rivolte, e si limitò a sospirare pesantemente.
« Hai finito? Devo davvero studiare e sono sicura che da qualche parte ci sia qualche ragazzina che invece apprezza i tuoi vaneggiamenti. »
« Sicuramente è pieno di ragazzine per me, ma preferisco salvare te da un pomeriggio di stenti! » Rispose sicuro di sé Fred, indicando con lo sguardo il libro di Pozioni.
« Sei tu lo stento. » Replicò secca Eleanor.
« Oh, Ellie, così mi spezzi il cuore. » Il Grifondoro si portò drammaticamente una mano al petto, fingendosi offeso.
Per la prima volta nella sua vita, Eleanor non seppe come affrontare il ragazzo che le si presentava davanti. Si sentì improvvisamente avvinta da una sensazione di fatica incontrollabile e presto realizzò che dentro di sé non percepiva neanche più un briciolo di pazienza per Fred Weasley.
Chiuse col un colpo secco il manuale di Pozioni e con sguardo addolorato lasciò che i suoi occhi vagassero sulla figura di Fred.
Notò quanto in quella posizione - chinato verso di lei a pochi centimetri di distanza - fosse evidente la larghezza delle sue spalle e l’ampiezza del busto; osservò i tratti marcati del viso, il colorito scuro della pelle - tendente alla tonalità del cioccolato - e gli occhi altrettanto scuri e profondi che la fissavano di rimando con spiccata ilarità.
Eleanor inghiottì il groppo che aveva in gola: era arrivato il momento di porre definitamente fine a tutte le sceneggiate che Fred l’aveva costretta a subire nel corso degli anni.
« Weasley, cosa devo fare per sbarazzarmi definitivamente di te? » Disse semplicemente, con quanta più naturalità le fosse possibile.
« Affatturarmi? Usare una maledizione senza perdono? »
« Non credere che non ci abbia pensato ogni singolo giorno negli ultimi sette anni. »
Fred scoppiò nuovamente a ridere, c’era qualcosa di incredibilmente divertente nel vedere una persona con la quale hai condiviso la tua vita dall’età di undici anni provare un eclatante senso di esasperazione nei tuoi confronti.
Ma, quando vide che nello sguardo di Eleanor non vi era nemmeno una traccia di sfida ma solo pura rassegnazione, la risata morì sul colpo e la serietà si impossessò di lui.
« Tu non mi sopporti proprio, vero? »
« Sono stati i miei insulti a fartelo capire o il fatto che non ti rivolgo mai la parola? »
« I-io… pensavo scherzassi, ecco… ora vedo che sei seria. »  Balbettò incapace di comprendere il reale senso del discorso Fred; nessuno, prima di allora, lo aveva respinto con così tanto disprezzo.
La Corvonero era sì una ragazza estremamente decisa e fredda nel prendere le decisioni, ma insensibile sicuramente no. Nell’istante in cui scorse le prime note di dolore comparire sul viso di Fred, sentì irrimediabilmente qualcosa incrinarsi all’altezza dello stomaco.
« Niente di personale, Weasley, è solo che– »
« Niente di personale? Direi che è proprio quello il punto! » La interruppe Fred, mal celando il suo reale stato d’animo dietro ad un tono ilare.
« È solo che non mi piace la gente che spreca la propria vita con inutilità. » Scrollò le spalle lei, come a giustificarsi.
« Pensi che io sia inutile? »
« No, ma il modo in cui spendi il tuo tempo sì. » Disse la Corvonero e ogni singola parola giunse alle orecchie di Fred in tutta la sua pesantezza.

Eleanor non poteva mentire a se stessa. Per sette lunghissimi anni aveva speso ogni singola ora delle sua vita a impegnarsi più che poteva, spinta dalla necessità di conoscere nei minimi dettagli quel mondo magico in cui era stata catapultata.
Lei, figlia di Babbani, che era cresciuta con storie inventate da sua nonna su maghi cattivi che rapivano le bambine che si comportavano male e che a soli undici anni si era ritrovata a fare fronte alla realtà: il mago cattivo delle storie di sua nonna in verità non era altro che uno della sua stessa specie.
E poi aveva scoperto l’esistenza di Hogwarts, l’unico luogo al mondo che le avrebbe insegnato perché persone come sua nonna temevano qualcosa di meraviglioso come la magia, e questo le era stato chiaro fin dal primo giorno in cui aveva messo piede al Castello.
Ma quello stesso primo giorno si era anche scontrata con un bambino vivace dal folti riccioli neri, che non aveva fatto altro che farle linguacce dal suo tavolo durante il banchetto di benvenuto e che da quel momento in poi si sarebbe rovinosamente scontrato contro ogni suo buon proposito.
Ricordava ancora come se fosse stato il giorno prima quando, quello stesso bambino poi diventato tutto ossa e altezza spropositata per avere solo tredici anni, aveva continuato ad infilarle mucchietti di terra dentro al mantello per tutta la durata della lezione di Cura delle Creature Magiche e del modo in cui aveva riso di lei per il resto della giornata.
O di quella volta al quarto anno quando Fred aveva intercettato il biglietto di San Valentino che lei aveva scritto per Billy Spinnet, finendo così per spiattellare la sua prima cotta davanti a tutto il tavolo di Grifondoro.
Ciò nonostante, il ricordo migliore di tutti sarebbe sempre stato il giorno in cui tutto cambiò per lei, quando divenne Prefetto di Corvonero e si poté finalmente vendicare di ogni minimo dettaglio, anche del più insignificante.

E con lo stesso sguardo fiero di quando quel giorno lo aveva denunciato alla McGonagall per averlo beccato fuori dal suo Dormitorio nel bel mezzo della notte, Eleanor tornò a proferire parola.
« Mi fai studiare ora? »
Fred poté solo specchiarsi nelle iridi glaciali di Eleanor e annuire impacciatamente.
« S-sì, certo. Vado a cercarmi qualcosa di inutile da fare! Buono studio, Ellie. » Rispose poi con un sorriso amaro stampato in viso.
Eleanor non mancò di notare che nonostante lo sguardo atterrito, Fred non aveva mancato di appellarla con quel ridicolo soprannome che si ostinava ad utilizzare, e, guardandolo andare via ciondolando, sentì stavolta qualcosa incrinarsi rovinosamente nel petto.

 

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