Di Ghiaccio e Tempesta

di _Bri_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I giorni del Torneo ***
Capitolo 2: *** Lemon Soda ***
Capitolo 3: *** Il ballo del Ceppo ***
Capitolo 4: *** Volpi e Pozioni ***
Capitolo 5: *** Fine dei giochi ***
Capitolo 6: *** Senza zucchero ***
Capitolo 7: *** Il problema è Hannah Abbott ***
Capitolo 8: *** Expelliarmus! ***
Capitolo 9: *** Gorgosprizzi ***
Capitolo 10: *** Romeo e Giulietta ***
Capitolo 11: *** Orgoglio e Pregiudizio ***
Capitolo 12: *** Pensiero Felice ***
Capitolo 13: *** Io e te contro tutto il mondo ***
Capitolo 14: *** Boom Baby! ***
Capitolo 15: *** Il regalo perfetto ***
Capitolo 16: *** I giorni del Giudizio ***
Capitolo 17: *** Il profumo di George è odore di libertà ***
Capitolo 18: *** Di Ghiaccio e Tempesta ***
Capitolo 19: *** La Tana ***
Capitolo 20: *** Tutto sotto controllo ***
Capitolo 21: *** Del tempo che passa, la felicità ***
Capitolo 22: *** Di nuovo a casa ***
Capitolo 23: *** Disordinata routine ***
Capitolo 24: *** Capitolo Extra - Speranza: Ode alla Vita ***
Capitolo 25: *** Quel piccolo angolo felice ***
Capitolo 26: *** Lo stesso bacio, lo stesso giorno, ma un anno dopo ***
Capitolo 27: *** Natale in famiglia ***
Capitolo 28: *** Fra gemelli funziona così ***
Capitolo 29: *** Senza Perdono ***
Capitolo 30: *** Tutti i miei sbagli ***
Capitolo 31: *** L'ira di Matilda ***
Capitolo 32: *** Molto forte, incredibilmente vicino ***
Capitolo 33: *** Il Sibilo del Cambiamento ***
Capitolo 34: *** E poi il buio ***
Capitolo 35: *** La Resistenza ***
Capitolo 36: *** Radio Potter ***
Capitolo 37: *** L'Opale Incandescente ***
Capitolo 38: *** Preludio alla guerra- Smisurata Preghiera ***
Capitolo 39: *** Glorious ***
Capitolo 40: *** Per ora Noi la chiameremo Felicità ***



Capitolo 1
*** I giorni del Torneo ***


DI GHIACCIO E TEMPESTA
 
 
PROLOGO
Smistamento!
 
Il grande cielo stellato sopra le teste dei novizi di Hogwarts trasmetteva una luce di speranza e serenità, rendendo lo smistamento del cappello parlante un evento unico e trionfale. Rigirava la sua bacchetta, la sua prima e nuovissima bacchetta fra le dita nascoste dentro le tasche capienti: Olivander, il grande artigiano di bacchette aveva scelto per lei una lunga bacchetta d’ebano che racchiudeva un nucleo di crine d’unicorno, anche se come le aveva raccontato è la bacchetta a scegliere il mago o la strega, e non poteva essere più d’accordo: difatti quando l’aveva stretta fra le dita gracili per la prima volta, in quel misterioso negozio che aveva l’odore di polvere e legno, sentì il corpo vibrare d’eccitazione e dunque si convinse che mai scelta poteva esser più azzeccata.
Draco Malfoy era appena stato smistato nella casa di Serpeverde, invero il cappello lo aveva appena sfiorato e aveva sentenziato che la sua dovesse essere la casa verde e argento, senza indugio. Nello scendere i gradini le lanciò uno sguardo fiero e tronfio e la superò altezzoso. Non si sentiva spaventata, era solo incredibilmente curiosa di sapere dove sarebbe andata a finire, anche se dentro il suo cuore conosceva già la risposta che altri avevano scritto per lei.
La professoressa McGonagall fece squillare il suo nome per richiamarla allo smistamento.
 
-Matilda Malfoy!-
 
Fece un passo avanti, dubbiosa, abbandonando nell’immediato la salda stretta della bacchetta che rimase nella tasca capiente, così mosse qualche passo verso la McGonagall ed il cappello; gli occhi che ricordavano il colore del cielo in tempesta guizzarono da una parte all’altra e poi, tirando un forte sospiro sedette sullo sgabello ed attese. Quando il cappello sfiorò i suoi folti capelli ricci, chiari come la luce di un pallido sole invernale, si aspettò che proprio come con il gemello, il cappello parlante l’avrebbe subito indirizzata nella casa di Serpeverde, eppure quello indugiò
 
-Bene bene, un’altra Malfoy, mmm-
 
sfregò le ginocchia fra di loro e le mani si avvinghiarono forte sullo sgabello; perché d’improvviso il cuore aveva preso a battere così forte?
 
-Questa è una decisione complicata, la tua mente è ingarbugliata, signorina Malfoy. Sono davvero indeciso, mmm-
 
Matilda tossicchiò; sarebbe stato un disonore, forse, finire in una casa che non fosse Serpeverde? In realtà a lei non importava, qualunque sarebbe stata la scelta corretta in quanto la sua passione per lo studio e la sua voglia di apprendere il più possibile non sarebbe mutata, per cui era certa che anche Corvonero, Tassorosso o perché no, Grifondoro, avrebbero fatto al caso suo, nonostante sapeva che suo padre sarebbe stato orgoglioso di lei solo se fosse stata Serpeverde, la sua casa ad Hogwarts.
 
-Avrei per te mire diverse, ma credo che sia meglio per te…e per tutti…se…-
 
Iniziò a guardare gli studenti davanti a lei con imbarazzo; possibile che quel maledetto cappello ci stesse mettendo così tanto per prendere una decisione? Quel lungo momento doveva finire subito, non avrebbe sopportato ancora gli sguardi indagatori dei ragazzini che la guardavano sghignazzando, ancor più non avrebbe tollerato la derisione di suo fratello nel vederla sudare agitata su quella scomoda seduta.
 
-Ho deciso: SERPEVERDE!-
 
Scese frettolosamente dallo sgabello e superò di corsa il tavolo dei Grifondoro per prendere posto a quello della sua nuova famiglia. Non si sentiva appagata, in realtà era solo contenta di essere finalmente da qualche parte e quando Draco le dette una pacca sulla spalla soddisfatto, lei lo guardò senza espressione alcuna e fece crollare il volto fra le mani in un gesto svogliato, in attesa che lo smistamento di tutti avesse fine.
 
 
***
 
 
CAPITOLO I
I giorni del Torneo
 
Il terzo anno ad Hogwarts si era concluso senza problemi ed i suoi risultati scolastici erano stati eccezionali, spiccando sopra ad ogni altra materia in Pozioni, Incantesimi e Cura delle Creature Magiche, materia che aveva scelto di sua spontanea volontà e per la quale si riteneva particolarmente portata, nonostante a casa sua i genitori non le avessero mai permesso di avere rapporto diretto con gli animali della propria Magione, reputando il contatto con essi inopportuno per una ragazza del suo lignaggio; nonostante questo, più volte la sera era fuggita dalla propria stanza per andare a visitare i cavalli alati della sua famiglia, per spazzolarne la criniera lucente.
Dunque il quarto anno stava per iniziare e Matilda non vedeva l’ora di tornare ad Hogwarts, soprattutto provava il forte desiderio di scappare da quel Maniero opprimente e costrittivo, dove mai aveva trovato la felicità, se non durante qualche momento di complicità con il fratello, per il quale provava un forte amore nonostante lo reputasse sempre più un ragazzino viziato e subdolo. Non è che odiasse la propria famiglia, voleva bene ai propri genitori ma non si rispecchia in loro, come se qualcosa durante il suo arrivo nel mondo fosse andato storto e tutta la magnificenza dei Malfoy e dei Black fosse stata assorbita da Draco, lasciandola sguarnita di superbia e ammirazione nei confronti del proprio sangue puro.
Era sempre stata una bimba molto seria e pragmatica, caratteristiche che non erano di certo disprezzate dai genitori, ma sua madre Narcissa avrebbe sempre voluto per lei un tocco di spensieratezza in più, ritenendo l’intelligenza della figlia (e la carineria dell’aspetto) dote sprecata, schiacciata dal carattere serioso ed inflessibile. Mentre la donna spazzolava i capelli della figlia come nella più classica delle fiabe, ne osservava i lineamenti candidi nello specchio e sorrideva compiaciuta; con delle perle verde smeraldo ne adornò la treccia appena composta che, lunghissima, scendeva lungo la schiena e si arrestava appena sopra i glutei.
La sua bambina, quella meravigliosa fanciulla che insieme all’altro grande amore della sua vita, Draco, aveva da poco compiuto 14 anni, la guardava nel riflesso dello specchio senza lasciar trasparire un briciolo di emozione, la qual cosa feriva sempre più Narcissa che dopo averle acconciato i capelli con cura le strinse appena le spalle e le regalò un lieve sorriso.
 
-Sei contenta di tornare ad Hogwarts? Avrai tanti amici da rivedere, tante cose da imparare.-
 
Matilda annuì appena e scostò lo sguardo per portarlo sul proprio riflesso; insoddisfatta cercò di ammorbidire la cute con le dita delicate.
 
-Grazie di non aver stretto troppo la treccia.- Si limitò a dire quelle poche parole, quindi si alzò ed afferrò le ultime cose che gli elfi domestici non avevano ancora portato via, infilandole con cura in una borsa. Il momento delicato fu interrotto dall’irrompere di Draco nella stanza che, vestito in maniera impeccabile, si avvicinò a Matilda e le tirò appena la treccia –Sbrigati o faremo tardi, ci perderemo i posti migliori sul treno!- Narcissa bacchettò la mano del figlio con la propria
 
-Draco ti sembra il modo di trattare tua sorella? Ci ho messo molto tempo ad acconciarle i capelli, non vorrai rovinare tutto-
 
La ragazza sembrò non dare peso alle molestie del fratello ed uscì dalla propria stanza. Alla fine delle scale Lucius Malfoy, nello scorgerla allargò le braccia, ed attese che la sua ragazza scendesse per accoglierla a sé
–Sei splendida figlia mia, rendici ancora più orgogliosi di te e tieni d’occhio tuo fratello-
 
 Matilda si fece abbracciare e strinse appena la vita del padre, poi con garbo si scostò da lui e di tutta fretta si avviò fuori dalla magione. Finalmente si sarebbe allontanata per un altro anno.
Nel tragitto sul treno pensò ad Hogwarts, mentre guardava fuori dal finestrino con distrazione: quella si che era la sua vera casa, luogo dove quasi tutte le sue domande trovavano una risposta, nonostante non avesse dei veri e propri amici, ma solo ragazzi e ragazze Serpeverde che volevano avere a che fare con lei solo per il cognome che portava. Uniche eccezioni erano rappresentate da Daphne Greengrass ed una strana amicizia nata nelle stanze della biblioteca di Hogwarts, in cui Matilda spesso si ritrovava a studiare per i compiti assegnati. L’anno precedente, infatti, aveva selezionato alcuni libri importanti per la preparazione di un compito in classe di Storia della Magia ed in solitaria si era ricavata un proprio angolo felice per potersi immergere in essi senza interruzioni; eppure lo studio fu interrotto da una ragazza grifondoro, tale Hermione Granger, amica cervellona di Harry il prescelto Potter e Ronald Weasley, uno dei tanti fratelli Weasley che popolavano Hogwarts; la ragazza, dal fare particolarmente agitato, la incalzò dicendole che non aveva il diritto di tenersi quei libri tutti per sé e che anche lei doveva prepararsi dignitosamente per quel compito in classe. Quella sua specie di rivale con cui si ritrovava a duellare durante le ore di lezione che avevano in comune, facendo a gara a chi rispondesse prima ai quesiti dei professori, le aveva proprio dato sui nervi, per cui si ritrovò a risponderle acidamente con un chi prima arriva bene alloggia. Ma qualche minuto dopo, comprendendo perfettamente l’esigenza della Granger nel volersi preparare con cura per un compito importante, Matilda si accostò a lei e sbuffando le propose di studiare insieme. Da quel momento le due erano diventate in qualche modo amiche, ritrovandosi spesso a confrontarsi sulle materie d’interesse e condividendo quindi del tempo insieme, che la giovane Malfoy riteneva tutto sommato di qualità. Quando Draco, per la prima volta, la scorse a studiare con la grifondoro non esitò nel canzonarla, ma Matilda puntualmente riusciva a zittire il gemello in qualche modo; del resto Draco aveva sì preso tutte le qualità della propria famiglia, ma fra i due quella ad essere maggiormente dotata d’astuzia ed intelligenza era senza dubbio lei, che non mancava mai di ricordarlo al fratello quando si ritrovavano a bisticciare fra di loro.
 
-Ehi Matilda, sei fra noi?- Daphne scosse la spalla di lei per richiamare la sua attenzione, per cui Matilda fu costretta a tornare ad ascoltare quella lunga serie di sciocchezze di cui le altre si stavano riempendo la bocca
 
-Si, stiamo per arrivare immagino-
 
Dal corridoio del treno arrivarono forti schiamazzi, che preannunciavano l’arrivo molesto dei gemelli Weasley e dei loro giochetti da quattro soldi; in quel momento Matilda si alzò e si avviò verso la porta del proprio vagone lasciando le altre con un lapidario a più tardi. Dopo essersi chiusa la porta del vagone alle spalle, con forte disappunto delle sciocche ragazzine, non fece in tempo a fare un paio di passi che George Weasley si schiantò contro di lei, inondandola di una polverina dorata che iniziò a farla starnutire; la reazione dovette creare estrema ilarità nei due fratelli, che cominciarono a ridere di gusto
 
–Guarda guarda Freddy, dobbiamo perfezionare la nostra polvere pruriginosa, pare che crei reazioni allergiche sui serpeverde!-
 
Matilda era furiosa e, fra uno starnuto e l’altro, urlò contro i due fratelli –Ma cosa…etciù! Siete dei…etciù! Cretini…etciù!- I due gemelli tentarono di trattenere le risate e George si accostò a lei, che freneticamente stava cercando un fazzoletto nelle tasche della divisa.
 
-Ci dispiace tantissimo signorina Malfoy, ma gli incidenti capitano! Per farci perdonare ecco per te un fazzoletto salva aspetto! Usa questo, vedrai che passerà.-
 
 Nonostante fosse fortemente dubbiosa, Matilda afferrò il fazzoletto e si soffiò i naso; poco dopo il forte attacco allergico sembrò passare, lasciandole solo un lieve alone rosso intorno alle narici. Non fece in tempo a replicare che i due Weasley si erano già dileguati e così, anche se estremamente risentita, non poté fare altro che infilare il fazzoletto in tasca ed avviarsi verso l’uscita del treno.
 
Quell’anno ebbero una grande sorpresa: Hogwarts avrebbe accolto una delegazione di altre due scuole importanti, ovvero dell’ Accademia di Magia di Beauxbatons con la preside Olympe Maxime a rappresentarla e l’Istituto Drumstrang, il cui preside Igor Karkaroff mostrava a tutti il suo gioiello della corona Viktor Krum con cupidigia; motivo di tale lunga visita? L’ultima edizione del Torneo Tre Maghi che si sarebbe tenuto presso la sua scuola.
L’eccitazione degli studenti era alle stelle, ma l’entusiasmo svanì quando capirono che per motivi di sicurezza solo gli studenti maggiorenni avrebbero potuto partecipare al torneo.
Ancora una volta Matilda si ritrovò particolarmente scontenta, in quanto a causa del torneo le normali lezioni sarebbero state stravolte; tentò anche di  porre la questione alla vicepreside, che la liquidò asserendo che quello sarebbe stato un grande onore per Hogwarts e che  avrebbe fatto acquistare alla scuola maggior prestigio. Cosa poteva aspettarsi? L’unica nota positiva di tutta quella situazione era lo scompiglio che si era venuto a creare a seguito dell’estrazione dei partecipanti al torneo: Ogni studente maggiorenne che avesse voluto partecipare al torneo avrebbe dovuto inserire il proprio nome nel Calice di Fuoco, uno speciale calice magico da cui sarebbero saltati fuori i nomi dei tre partecipanti al torneo, uno per scuola e che, munito di ogni tipo di incantesimo sopraffine, avrebbe impedito a chiunque, inferiore ai 17 anni, di partecipare al torneo.
Proprio quando i gemelli Weasley tentarono di aggirare gli incantesimi per riuscire ad inserire il proprio nome, Matilda si prese la sua silenziosa rivincita, dato che vennero trasformati all’istante in due vecchiacci raggrinziti ed in seguito sbalzati lontani dal Calice di Fuoco.
Comunque per Beauxbatons, scuola interamente femminile, la campionessa scelta fu Fleur Delacour, una bellissima ragazza dai capelli color oro, mentre per Drumstrang, al contrario istituto maschile (come del resto era prevedibile), dal calice saltò fuori il nome di Viktor Krum, cercatore infallibile della Nazionale Bulgara di Quidditch; infine fu Cedric Diggory il campione designato per Hogwarts, un belloccio di Tassorosso. Tuttavia nella scuola si scatenò un certo fermento quando un quarto nome uscì dal Calice di Fuoco, individuando Harry Potter come quarto campione del Torneo Tre Maghi; sentimenti come collera, invidia, stupore, invasero le mura ed i corridoi di Hogwarts e come per la maggior parte degli studenti anche Matilda rimase non poco perplessa, ritenendo assurdo ed ingiusto sia che un minorenne fosse ammesso al torneo, sia che a rappresentare la sua scuola fossero a quel punto in due. Comunque si discostò dall’operare del gemello, che in perenne antagonismo con Harry Potter aveva dato vita ad una vera e propria campagna di boicottaggio nei confronti del grifondoro; del resto conosceva bene il gemello ed era convinta, mano sul fuoco, che non fosse che  vittima dell’invidia cieca nei confronti del bambino-che-è-sopravvissuto.
 Ebbene: la prima prova tra i campioni parve andare a buon fine, nonostante questa fosse consistita nel recuperare delle uova d’oro custodite da alcuni terrificanti draghi che i quattro ragazzi si trovarono costretti ad affrontare. Fu un grande successo, che portò alla quasi totale scomparsa dell’odio nei confronti di Harry Potter, nonostante Draco tentasse di alimentare il malumore verso il giovane grifondoro, ottenendo comunque scarsi risultati.
 
Come suo solito Matilda se ne stava chiusa in biblioteca tentando di non farsi distrarre dall’euforia generale in cui Hogwarts era immersa e quando la sua collega di studi fece ingresso nella sala vuota, le mostrò un accenno di sorriso e la invitò a sedersi accanto a lei.
 
-Il tuo amico Potter sembra proprio baciato dalla fortuna Hermione! Comunque sai, devo ammettere di aver trovato la gara entusiasmante, si-
 
 Hermione la guardò con cipiglio, mentre collocava sul tavolo dei voluminosi tomi di pozione
 
–Nonostante la volontà di tuo fratello di affossare il morale di Harry e sporcare la sua reputazione si, trovo che la gara sia andata bene e che lui si sia meritato l’ottimo punteggio ricevuto-
 
 Matilda sbuffò appena e scosse con la mano la massa voluminosa di ricci chiari –Non prendertela…non puoi negare che ci sia qualcosa di ambiguo nell’ammissione di Harry Potter al Torneo Tre Maghi, non fosse altro perché il torneo si chiama appunto TRE Maghi, non quattro. Comunque non dovreste dare retta a Draco, è solo molto invidioso-
 
La giovane grifondoro sospirò sfiancata, ma la sua attenzione venne attirata dall’entrata in biblioteca di Viktor Krum, il campione di Drumstrang, a seguito della quale un lieve rossore comparve sulle sue guance delicate
 
–Lo so ma io mi fido di Harry e se lui dice di non aver barato io gli credo! D’altronde studenti più preparati di lui hanno tentato di arginare le magie di protezione del calice-
 
Matilda ridacchiò convulsamente, ripensando alla brutta figura fatta dai fratelli Weasley nell’applicare il fallimentare incantesimo di invecchiamento. Hermione colse l’occasione di quella risata per allontanare definitivamente lo sguardo da Krum
 
–Che hai da ridere?-  
 
Matilda scacciò l’aria con la mano in un gesto eloquente -Nulla di importante, ripensavo a quella scena pietosa a cui ho assistito…oh, ma lasciamo perdere. Piuttosto non crederai non mi sia accorta della tua espressione imbarazzata, che c’è, per caso è entrato da poco il motivo del tuo rossore?-
 
Hermione quasi si strozzò nello sbrigarsi a risponderle –Non è…non è come pensi! Sono solo stata vittima di una forte ondata di calore, di calore, si, per lo sbalzo di temperatura eccessivo, non trovi faccia estremamente caldo qui?-
 
Matilda, con la guancia abbandonata sulla mano la osservava divertita. –Certo, sembri proprio la povera vittima di uno sbalzo climatico. A proposito…hai già ricevuto qualche invito per il ballo del Ceppo?-
 
Le guance di Hermione a quel punto si infuocarono, regalandole un inusuale color peperone
 
–Si, ho ricevuto delle proposte ma non so ancora cosa fare in realtà…e tu invece?-
 
La giovane Serpeverde parve scurirsi in viso –I miei genitori vogliono che accetti l’invito di uno studente della Drumstrang, un tizio di nome Poliakoff; conoscono i suoi genitori e mi hanno caldamente invitata ad accettare il suo invito…-
 
Prima che Hermione potesse replicare, Harry e Ron entrarono in biblioteca e, nel passare davanti a Krum, Ron attraversò un evidente stato di agitazione. Quando i due furono abbastanza vicini da rendersi conto di quale fosse la compagnia di Hermione, non si impegnarono affatto per nascondere il loro dissapore, specialmente Ron
 
–Hermione, non dovresti parlare con chi infama il nome di Harry, lo sai?-
 
Matilda non ebbe la lucidità di mantenere la calma e subito scattò in piedi
 
–Ma come ti permetti Weasley? Mi hai per caso sentita parlare male del tuo amichetto? Mi hai vista forse sfoggiare qualche stupida spilletta con su scritto Potter fa schifo?-
 
Ron mosse un passo verso di lei e la guardò dall’alto con aria di sfida –Vorresti farci credere che non hai appoggiato tuo fratello in nessun modo? Difficile crederti, davvero!-
 
 -Smettila Ronald, sei davvero ottuso quando fai così!- Hermione alzò appena la voce, rischiando di farsi cacciare dalla bibliotecaria. Matilda assottigliò lo sguardo e resistette alla tentazione di tirare fuori la bacchetta e di puntargliela contro
 
–Con questa tua affermazione dimostri proprio di avere il cervello grande come quello di uno Streeler!-
 
Ron guardò Matilda con aria inebetita –Ma che dico, non sai nemmeno cosa sia uno Streeler. Hermione scusami…-
 
Prima di farsi venire le lacrime agli occhi, Matilda si affrettò ad afferrare i suoi libri e si avviò velocemente verso l’uscita, ignorando i reclami dell’amica.
L’aura negativa della sua famiglia la perseguitava, non riusciva a scollarsi di dosso la targhetta che le avevano affibbiato per colpa del suo cognome. Frugò nelle tasche ed estrasse un fazzoletto con cui si asciugò le lacrime, ma appena lo poggiò sugli occhi percepì una freschezza improvvisa invaderle il volto, come se tutto il risentimento e la vergogna fossero stati asciugati via. Guardò lo straccetto spiegazzato e si rese conto essere proprio  quello che George Weasley le aveva dato sul treno all’inizio dell’anno, per rimediare al penoso attacco allergico causato da quella polvere fastidiosa. Non riuscì a trattenere il sorriso; solo quando Pansy Parkinson si scontrò con lei sul corridoio e le chiese dove stesse andando, di tutta fretta rinfilò il fazzoletto nella tasca e si avviò con la ragazza verso la sala comune dei Serpeverde.

 
 
(CAPITOLO REVISIONATO)
 
 
Ciao a tutti e benvenuti! Spero che questo primo capitolo vi abbia scatenato curiosità. Sono curiosissima di sapere cosa ne pensate, quindi che dire, vi invito a scrivere le vostre opinioni e perplessità! A presto.
D.

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Capitolo 2
*** Lemon Soda ***


CAPITOLO II
Lemon Soda
 
La bocca umida di saliva si staccò da quella di Blaise per riprendere fiato; il primo bacio che si erano scambiati era stato giusto qualche mese prima a seguito del quale, di tanto in tanto, Matilda concedeva al ragazzo sporadici scambi passionali tipico dell’adolescenza. Ovviamente né Draco né nessun altro era a conoscenza di quella stravagante relazione, sempre se così si potesse definire, in quanto quello non era che un passatempo piacevole per la giovane serpeverde, per quanto non disdegnasse la compagnia di Blaise Zabini e, nello specifico, le sue labbra carnose.
 
-Dai Matt, vieni con me al ballo del Ceppo, ti tratterò come una principessa e non ti farò mancare il divertimento, dimmi di si!-
 
 Una smorfia comparve sul volto della ragazza nel sentire quell’appellativo: di certo non si era mai sentita una principessa e di questo, oltretutto, ne andava fiera. Cercò di soprassedere e  sistemò i lunghi capelli scarmigliati in una cipolla improvvisata
 
-Te l’ho già detto Blaise, i miei vogliono che mi faccia accompagnare da quel tipo lì, insomma, Poliakoff. Mi stupisci poi, conosci i miei genitori quasi meglio di me e sai bene quanto per loro sia importante mantenere i rapporti sociali- Matilda caricò un sospirò di teatralità -Per piacere smettila di chiedermelo, già sono demoralizzata di mio-
 
Il ragazzo mise il broncio e lei dovette ammettere di trovarlo estremamente carino quando metteva su quel faccino contrito. La prima volta si erano baciati a seguito di una delle ultime partite di Quidditch del terzo anno, durante la quale la sua casa sconfisse Corvonero; a seguito della vittoria dettero un party nella sala comune di Serpeverde e, merito dell’euforia incontrollata, Blaise colse Matilda in uno dei corridoi laterali alla sala e osò baciarla senza troppo indugiare. Quel bacio per lei fu di gran lunga migliore del suo primo bacio, scambiato con un ragazzino figlio di una coppia facoltosa durante una lunga visita da parte loro al maniero Malfoy, l’estate precedente. Matilda ricordava una forte dentata ed un frenetico frizionarsi delle lingue totalmente scoordinato e privo di compostezza. Al contrario l’incantevole Blaise le aveva afferrato il viso con le mani e si era insinuato nella sua bocca sì con passione, ma senza tralasciare il metodo.
Mentre perdeva tempo a ricordare quel primo bacio tutt’altro che spiacevole, si avvicinò al ragazzo e gli carezzò la guancia
 
-Dai non fare quella faccia, potrò sempre concederti un ballo, che ne dici?- disse canzonandolo un po’ e Blaise sbuffò appena guardandola torvo
 
-Si certo, un ballo. Comunque non insisterò più, ma sappi che se dovessi cambiare idea…-
 
Il bel serpeverde si accostò nuovamente a lei e sembrò avere tutta l’intenzione di strapparle un altro bacio quando il corridoio, fino a quel momento isolato e silenzioso, ridondò di un brusio sommesso, cosa che li fece allontanare all’istante. Draco svoltò l’angolo assieme a Vincent Tiger, fedelissimo quanto rintronato seguace del fratello e di tutta fretta i due si avvicinarono a Matilda e Blaise
 
-Ehi Zabini, ti ho cercato per tutta Hogwarts! Che fine avevi fatto?- Così gli occhi di Draco saltarono dall’amico alla sorella  -Ah Matt, ci sei anche tu, cosa fate qui da soli?-
 
Matilda sfoggiò il suo miglior sorriso e cinse le spalle di Draco con un braccio
 
-Niente di divertente purtroppo, stavo aiutando Blaise a memorizzare qualche appunto di pozioni per il compito in classe. Tu invece…- Draco passò un braccio dietro la schiena della sorella e poggiò la mano sul fianco, quindi si incamminarono verso l’entrata ai sotterranei e superarono Blaise, a cui il giovane Malfoy lanciò uno sguardo interrogativo e sospetto, ma Matilda lo distrasse con maestria  dai suoi pensieri
 
-…Non dovresti essere a studiare anche te per il compito? L’ultima volta il professor Snape stava per scoprirmi nel suggerirti, sappi che non ho nessuna intenzione di farmi mettere un brutto voto per la tua insolvenza nello studio!-
 
Il fratello ghignò beffardo
 
-Credi che non sia in grado di cavarmela da solo? Ma ora ho di meglio a cui pensare, sono ancora indeciso su chi portare al ballo, ma credo che alla fine concederò l’onore a Pansy-
 
Le labbra di Matilda si contrassero in una smorfia, connubio perfetto di divertimento e disappunto
 
-Addirittura non sai chi portare? Come vorrei che il regime maschilista che permea la nostra famiglia si dissolvesse e ci riservassero lo stesso trattamento! Non ho affatto voglia di accettare l’invito di quel tipo che nemmeno conosco…-
 
Sospirò poi con veemenza, la piccola strega, che accompagnò l’enfatico sospiro con un broncio molto realistico. Sapeva come intenerire il fratello il quale, sentendola così affranta, le strinse le spalle con il braccio
 
-Dai non fare così, si tratta solo di una sera. Comunque sai che non permetterei mai che qualcuno si comportasse in maniera sconveniente con te…- Draco lanciò l’ennesima occhiata dubbiosa a Blaise –Se solo si azzarderà a muovere un dito verso di te lo schianterò e lo rispedirò a calci nel suo paese!-
 
Matilda dovette trattenere una risata, seppur disapprovasse l’atteggiamento eccessivamente protettivo del fratello e quella sua affermazione, che sembrava proprio avere una sfumatura razzista; intanto l’intera combriccola serpeverde con cui Draco era solito passare il tempo li aveva raggiunti.
Entrarono nella sala comune tra le risate; il gemello sembrava davvero di buon umore e Matilda, conscia dei suoi repentini cambiamenti d’umore, ne approfittò all’istante
 
-Per Piacere Draco, smettila di far girare quelle stupide spillette, tutta la scuola ormai si sta prendendo gioco di te-
 
Le pupille algide di Draco si scontrarono con quelle della sorella; aveva assunto un’aria raccapricciata e tanto bastò per far calare un pietrifico silenzio nella sala comune
 
-Cosa hai detto?!-
 
Matilda sostenne lo sguardo senza fatica, allenata da anni di scontro costante; invero dovette trattenere una risata, in quanto ogni volta che Draco contraeva il viso in quel modo, involontariamente emergeva nella testa il ricordo di un episodio di un paio di anni prima quando, durante la pausa natalizia, era entrata in camera del gemello tutta trafelata senza bussare e lo vide davanti allo specchio, intento ad assumere espressioni che, Matilda suppose, avessero lo scopo ultimo di incutere timore negli altri. Lo aveva preso così tanto in giro, senza risparmiarsi in imitazioni ridicole, che dovette intervenire Narcissa, minacciandola di farle passare il resto delle vacanze con la vecchia prozia Lucrezia Tiger, incredibilmente ancora in vita e conosciuta per il suo piccante odore di gnomo da giardino.
Carezzandosi una riccia ciocca che era sfuggita all’acconciatura improvvisata, sfoggiò un limpido sorriso
 
-Esattamente quello che ho detto, stai diventando lo zimbello di tutta Hogwarts, Draco, è mio dovere avvertirti. Non che mi faccia piacere, ma se vuoi continuare a comportarti da cretino fai pure-
 
Pansy si frappose fra i due gemelli e riservò a Matilda uno sguardo cagnesco
 
-Non ti permetto di parlare in questo modo di Draco! Ha tutte le ragioni del mondo per infangare quel bugiardo di Potter!-
 
Matilda inarcò un sopracciglio, non si capacitava che quella mentecatta di Pansy avesse avuto il coraggio di intromettersi in una discussione tra lei e suo fratello
 
-Certo, quindi sarai tu ad impedire al mio gemello di cadere nel ridicolo? Sei davvero convinta? Sono certa che aggredendo il sangue del suo sangue guadagnerai punti preziosi agli occhi di Draco-
 
La serpeverde si coronò di un’espressione talmente frastornata che sembrò vittima di un incantesimo confundus e a quel punto Draco, punto nel vivo, la scostò stizzito
 
-So difendermi da solo da mia sorella, cosa credi?!-
 
Perfetto, aveva toccato il tasto dolente del fratello, la sua superbia. Per fortuna a mettere fine a quello che aveva tutta l’aria di uno scontro imminente a suon di bacchette fu Blaise, che pose una mano sulla spalla dell’amico
 
-Andiamo Draco, non lo capisci che Matilda è in buona fede? Lo dice solo per il tuo bene, non essere così suscettibile!-
 
La giovane Malfoy rivolse un sorrisetto al ragazzo per poi tornare a guardare Draco
 
-Già, forse dovresti riflettere prima di gonfiarti come un grifone-
 
Draco sembrò rilassarsi un po’, ma non riuscì ad evitare di domandarle seccamente –Forse hai ragione, ma dimmi un po’, anche tu pensi che mi stia mettendo in ridicolo?-
 
-In verità si, non ho problemi ad ammetterlo, qui davanti a tutti- Matilda si premurò di allargare le braccia per indicare tutti i presenti -ma sai che ti dico Draco? Fai pure quello che ritieni più opportuno, ma sappi che questa volta non sarò io a pulirti il moccio con la manica!-
 
Nell’uscire dalla sala comune sentì dei vaghi insulti da parte del fratello ma non gli dette nessuna importanza, sapeva che avrebbe raggiunto il suo scopo: difatti il giorno seguente tutte le spillette sparirono e dopo un paio di giorni Draco tornò da lei con la coda fra le gambe, ovviamente facendo finta che niente fosse mai accaduto, orgoglioso com’era.
Mentre si allontanava, tuttavia, si ritrovò a riflettere su quanto detto da Draco; era davvero infastidita dal suo comportamento ed arrivò ad accettare, non con scarsa difficoltà, che non trovava Harry Potter un idiota borioso; piuttosto gli faceva tenerezza: solo al mondo, senza nemmeno un fratello su cui appoggiarsi nei momenti di difficoltà. Capiva in un certo senso la solitudine che doveva provare e quando il pensiero fastidioso della propria famiglia arrivò a stuzzicarle la mente, dovette mordersi la lingua e cercare di scacciarlo via. Era davvero più fortunata lei di Potter? I suoi genitori erano temuti e rispettati solo per il loro sangue puro e la fama di ex Mangiamorte di suo padre, la sorella di sua madre rinchiusa ad Azkaban a scontare la pena per la sua totale devozione al Signore Oscuro (cosa che l’aveva resa totalmente fuori di testa), infine quasi l’intera famiglia Black si era macchiata di orribili delitti e nefandezze. Provò un forte senso di ribrezzo e non poté fare altro che correre nella sua stanza e gettarsi sotto la doccia, cercando di grattare via dal suo corpo pallido tutto ciò che non voleva essere.
 
L’ora di Storia della Magia doveva ancora iniziare, difatti non si stupì quando, come spesso accadeva, si ritrovò in netto anticipo davanti l’aula ad attendere che gli ultimi studenti partecipanti alla lezione precedente la liberassero
 
-Signorina Malfoy, come sempre il suo eccesso di zelo la porta qui con troppo anticipo! Mi faccia un piacere dunque, riporti il libro dimenticato involontariamente dal signor Weasley, sono certo che lui non riterrà necessario riaverlo con sé, ma temo che ne avrà bisogno se vorrà prepararsi dignitosamente per il prossimo compito-
 
Matilda mostrò un sorriso ed un cenno d’assenso al professor Ruf che fluttuava con aria annoiata, ma dopo aver afferrato il libro uscì rapidamente dall’aula sbuffando, in quanto non aveva assolutamente voglia di perdere tempo prezioso a causa della disattenzione di un altro studente.
Presa dalla fretta non aveva chiesto a quale Weasley fosse appartenuto il libro, anche se per esclusione pensò dovesse essere di uno dei gemelli, visto che in terza ora la classe frequentante era quella del sesto anno. Aprì la copertina e la scritta Proprietà di Fred Weasley comparve sulla seconda di copertina, seguita da uno scoppiettio fastidioso. Richiuse il libro con forza per evitare di finire nuovamente vittima di uno degli scherzi di quei due fratelli svitati e subito si guardò intorno scocciata: a causa del Torneo tre Maghi l’affluenza degli studenti della scuola era aumentata esponenzialmente.
Fra un viavai di ragazzi chiassosi, che per fortuna stavano defluendo verso le aule scorse, di spalle, un ragazzo decisamente slanciato con un’inequivocabile massa di capelli rossi e ribelli a dominarne il capo
 
-Ehi, Fred Weasley!-
 
Urlò per farsi sentire, ma quando lo raggiunse e quello si voltò nella sua direzione sospirò con disappunto
 
 –Ma no, cercavo tuo fratello, ha dimenticato il libro di Storia della Magia in aula-
 
George Weasley guardò la giovane serpeverde con stupore, prima di scoppiare in una fragorosa risata –Wow! Come hai fatto? Neanche nostra madre è in grado di riconoscerci con tanta facilità!-
 
Matilda si irrigidì imbarazzata, effettivamente come diavolo aveva fatto a riconoscerlo se lo chiedeva anche lei. Rimase quindi imbambolata con il libro stretto fra le mani a sbocconcellare qualche parola
-Allora Lemonsoda, come stai? Vuoi dare a me quel libro? Giuro solennemente di riconsegnarlo al legittimo proprietario senza indugio-
 
La ragazza contrasse bocca e sopracciglia in un’unica interdetta espressione –Lemonche?-
 
George passò un braccio intorno alle spalle della giovane decisamente più bassa di lui che, troppo spiazzata da quel gesto davvero inatteso, non riuscì a far altro che farsi trascinare da lui per il corridoio, non abbandonando  la faccia stupita
 
-La Lemon Soda è una bevanda babbana…- prese a spiegarle George che intanto salutava con la mano libera alcuni compagni che passavano di lì -…che di primo acchito ha un gusto decisamente acido, ma che alla fine scoprirai essere dolce, frizzante ed estremamente dissetante. Insomma: dopo averla bevuta non se ne può più fare a meno!-
 
Matilda sgranò gli occhi e, come risvegliatasi d’improvviso da un torpore atavico, si divincolò da lui, assunse una minacciosa posa portando le mani ai fianchi e si rivolse al ragazzo con la vocina acuta ancor più alterata dal disappunto
 
–George Weasley! Come ti permetti di darmi dell’acida?! E poi si può sapere dove mi stai trascinando?! Ho una lezione da seguire io, anche se mi piacerebbe oziare, da brava nullafacente come te!-
 
Il giovane Weasley afferrò al volo il libro che Matilda gli aveva lanciato contro non riuscendo a trattenere la risata
 
–Come sei suscettibile Malfoy, secondo me ti serve una boccata di aria fresca, che ne dici di saltare quella noiosissima lezione e venire a fare due lanci a Quidditch? Vedo che te la cavi bene come battitore!-
 
Matilda non voleva crederci, ma George la stava imitando. Davanti a tutti. Ne scimmiottava il lancio in maniera grottesca e questo rese la ragazza sempre più sgomenta, ma stava davvero per cedere davanti a quel teatrino ed abbandonarsi così ad una risata di cuore, quando un gruppo di ragazzi della Durmstrang attraversò il corridoio; Poliakoff che, nello scorgerla rallentò il passo, si frappose fra lei e George ancora intento ad imitarla con goffaggine
 
-Matildi Malfoy, è un mio piacere trovarti. Ricevere il tuo gufo e sapere che verrai con me al ballo di Ceppo mi rende esaltato-
 
La giovane Malfoy si irrigidì, lanciò un’occhiata a George che osservava la scena basito, poi tornò a concentrare la sua attenzione sul ragazzo davanti a lei
 
Matild-A- sottolineò
 
Quello la guardò con cipiglio
 
-Come?-
 
-Matild-A. Mi chiamo Matild-A-
 
Il ragazzo sembrò non capire e lei, nel percepire George trattenere le risa, decise di lasciar perdere
 
-Non importa. Comunque ora devi davvero scusarmi ma ho una lezione che mi attende, mi piacerebbe taaanto continuare a parlare ma sai, così vanno le cose…-
 
Così come non aveva compreso il proprio errore di pronuncia, lo studente della Durmstrang non colse l’ironia di Matilda
 
-Non preoccuparti, spero avremo altra occasione di parlare, a presto Matildi- e con un sorriso si congedò.
La serpeverde lo seguì con lo sguardo, in seguito scrollò sconfitta il capo e solo allora tornò a puntare le iridi chiare su George, che stava platealmente trattenendo l’aria con la bocca, per poi sputarla fuori ridendo di gusto
 
 –Davvero? MATILDI?!-
 
Quello non smetteva di ridere e lei roteò d’stinto gli occhi al cielo
 
-Ti prego di non essere così infantile, è già un miracolo sia riuscito a comunicare con frasi di senso compiuto!-
 
La risata del ragazzo non sembrava affatto diminuire–E tu andresti al ballo con quello lì? Per tutti i maghi, Matildi!-
 
Ormai un intenso color peperone si era esteso su tutto il viso di lei
 
–Sei davvero divertente George Weasley. Per fortuna tua tu puoi scegliere, a differenza mia, chi portare a quel maledetto ballo! Buona giornata…di futile ozio, razza di Murtlap!-
 
Si voltò stizzita e corse verso l’aula del Professor Ruf.
Cosa voleva dire con quella frase? Era forse stata spinta ad accettare quell’invito? Chissà come mai, ma questo freddò la risata di George che, dopo aver perso di vista la ragazza, si avviò verso l’esterno della scuola con una buona dose di spensieratezza in meno.
 
Quando la mattina seguente un grande pacco rettangolare si frappose fra lei e la colazione, Matilda non poté fare a meno di ingoiare l’ultimo boccone di torta di zucca ed osservare quel peso ingombrante di fronte a lei, che tra l’altro aveva attirato l’attenzione di tutta la tavolata. Daphne si sporse dalla sua sinistra
 
–Che cosa pensi che sia?-
 
La giovane Malfoy sapeva benissimo cosa contenesse quella pomposa scatola e, prima che la sua vicina potesse poggiare una mano curiosa sula carta color argento, con un solo colpo di bacchetta fece fluttuare via il pacco. Solo quando in solitudine, durante una pausa dalle lezioni se ne era tornata al dormitorio, scartò il pacco e con estrema cura scostò la delicata carta velina che copriva un meraviglioso tessuto verde smeraldo. Richiuse tutto con delicatezza e non si premurò di leggere il biglietto posto sopra la carta; sapeva perfettamente cosa fosse: sua madre le aveva appena mandato il vestito per il ballo.
Con un sospiro pesante si abbandonò sul letto e per un momento si trovò a pensare che non sarebbe stato poi così brutto, essere un Weasley.
 
 
 
(CAPITOLO REVISIONATO)
 
Ciao a tutti voi! Siamo al secondo capitolo, devo quindi fare una giusta premessa: come avrete potuto constatare questa storia attraverserà i libri dal quarto al settimo, quindi non ho la minima idea di quanti capitoli scriverò, ma posso dirvi che i capitoli che riguarderanno il quarto libro saranno principalmente utili a scoprire il personaggio e ad inserirlo nel contesto giusto (vi prometto di non dilungarmi troppo). Perciò saranno sicuramente più noiosi, ma spero avrete la pazienza di aspettare, appena scavalleremo a “L’ordine della Fenice” le cose inizieranno a farsi molto più interessanti! Intanto mi piacerebbe sapere le vostre opinioni, vi siete già fatti qualche idea? Ringrazio chi ha aggiunto la mia storia fra le seguite e preferite, o semplicemente chi ha iniziato silenziosamente a leggerla. Grazie grazie grazie!
 
D.

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Capitolo 3
*** Il ballo del Ceppo ***


Capitolo Revisionato

CAPITOLO III
Il ballo del Ceppo
 
 
Hogwarts era nel pieno del fermento per i preparativi del ballo. Durante la lezione di trasfigurazione, la professoressa McGonagall aveva dato agli studenti una lezione di ballo, in modo che non si trovassero eccessivamente impreparati: sembrava tenere realmente molto a quell’evento. Matilda provava una forte ammirazione per quella donna che, in ogni occasione, dalla lezione più complicata ad un semplice ballo scolastico, pretendeva disciplina ed impegno e nonostante fosse la direttrice della casa di Grifondoro, da sempre in competizione con la sua casa, Matilda rivedeva in lei un modello da seguire. Quando la professoressa chiese di formare delle coppie per esercitarsi nel ballo, la giovane Malfoy si guardò intorno e vide uno spavaldo Blaise Zabini avvicinarsi a lei con aria ammiccante; purtroppo per lui fu ostacolato da Draco, che si pose davanti a Matilda e la afferrò con decisione, lasciando Blaise sconfortato e costretto a scegliere un’altra compagna. Da quando erano piccoli ai gemelli Malfoy erano state impartite lezioni delle più svariate arti, dallo studio della musica al ballo, per cui i ragazzi sapevano bene come muoversi e di lì a poco attirarono l’attenzione di tutta la classe, dando prova di eleganza e maestria. Draco la faceva volteggiare con disinvoltura e Matilda seguiva il fratello senza sforzo, risultando fluida ad ogni passo; sorrise al gemello percependolo fiero e appagato dall’attenzione che stavano ricevendo in quel momento, attenzione che sapeva avrebbe ottenuto se avesse dato prova delle proprie capacità assieme a lei. Ricevettero anche un applauso alla fine della performance, fragoroso dagli studenti serpeverde, decisamente più quieto e trattenuto da parte di quelli delle altre case. Proprio a seguito di quella performance, una settimana dopo, mentre godeva di un pallidissimo sole che si era affacciato timido sui giardini di Hogwarts, Hermione Granger si avvicinò a lei allegra, affiancata da Neville Longbottom, un goffo e dinoccolato grifondoro. Alla vista dei due chiuse la sua copia di “Animali Fantastici: dove trovarli”, una delle sue letture preferite, così puntò le iridi quel giorno particolarmente plumbee sulla strana coppia in piedi davanti a lei
 
–Scusaci Matilda non volevamo disturbarti, se sei impegnata torniamo più tardi-
 
La ragazza incuriosita da quella visita scosse appena il capo
-Nessun problema, tornerò alla lettura più tardi, vi serve qualcosa?-
 
Hermione osservò il suo amico che aveva iniziato a balbettare parole confuse e, volendolo tirare fuori da quell’impasse, prese velocemente la parola –Neville vorrebbe chiederti qualcosa, sai ti ha vista ballare quel giorno a lezione dalla McGonagall e…-
 
Matilda interruppe l’amica con fare imbarazzato e guardò Neville –Mi spiace ma sono già impegnata per il ballo-
 
Il viso del ragazzo si colorì istantaneamente di rosso mentre Hermione sembrava trattenere una risata. Non si aspettava quel genere di reazione da una come lei, una persona che riteneva comprensiva delle esigenze altrui, accorta e leale; perché invece in quel momento le veniva da ridere? Come mai vedere il suo amico rifiutato le scatenava ilarità? Addirittura Matilda si stava risentendo di quella reazione ed era pronta a dire qualcosa alla grifondoro quando finalmente Neville riuscì a balbettare una frase di senso compiuto –No no, ve-veramente vo-volevo chiederti se...saresti disposta a da-darmi qual-ll-che lezione di ballo-
 
Matilda provò un forte senso di imbarazzo per essere giunta a conclusioni tanto affrettate, capendo tra l’altro perché all’amica venisse così tanto da ridere. Si affrettò a scusarsi e con riluttanza accettò infine di insegnare al ragazzo qualche passo di danza.
Trovarono un’aula libera ed Hermione, munita di giradischi, fece partire la musica. Neville era pietrificato davanti Matilda, che stava raccogliendo i capelli sopra la testa e lo guardava con un sopracciglio inarcato
 
-Beh, direi che dovresti fare un lieve inchino ed invitarmi a ballare, ora-
 
-S-s-si ok- Ma visto che non aveva mosso nemmeno un passo nella sua direzione, fu lei a prendere l’iniziativa.
Dopo un’ora di continui calpestamenti di piedi e una buona dose di pazienza della ragazza, finalmente Neville parve sciogliersi un po’ ed iniziò a dare un senso ai passi incerti –Bene, un due tre, tieni dritta la schiena, non startene così ingobbito, forza ancora!-
Nel mentre qualcuno fece capolino nell’aula: Harry Potter si arrestò all’ingresso di questa e nel volteggiare, Matilda scorse un’occhiata divertita che il grifondoro stava lanciando all’amica a seguito del quale subito si arrestò, rischiando di far cadere rovinosamente a terra il povero Neville
 
-Scusate non volevo interrompervi- Matilda provava sempre un forte senso di soggezione davanti ad Harry Potter, non poteva farci niente, motivo per cui le risultò difficile non fermarsi del tutto. Hermione si avvicinò frettolosamente all’amico e presero a sussurrare fra di loro, all’inizio con sguardo rivolto verso Neville e Matilda, poi escludendoli completamente; dopo un paio di minuti i ragazzi della casa rossa ed oro si avvicinarono ed Harry puntò le iridi smeraldine negli occhi di Matilda –Posso parlarti un momento?-
Non si aspettava di certo nulla del genere, dato che le occasioni per scambiarsi qualche parola con il ragazzo che è sopravvissuto erano state ben poche nel corso degli anni passati, spesso sfociate in battibecchi piccati. Matilda lanciò uno sguardo a Neville e mormorò parole di scuse, per poi allontanarsi con Harry Potter.
Camminavano lungo il corridoio, lei di tanto in tanto lanciava uno sguardo a quel ragazzo occhialuto dai capelli impossibili da gestire, per poi tornare a guardare a terra, confusa
 
-Come stai?- Harry interruppe così le domande che stavano sommandosi nella sua testa
 
-Non penso che tu mi abbia mai chiesto come sto in tutti questi anni. Dimmi cosa vuoi, Harry-
 
Era stata fin troppo rigida e le dispiacque, ma effettivamente era così che stavano le cose, loro due non avevano mai avuto niente a che fare e non credeva che sarebbero cambiate le cose di lì a poco. Harry rallentò il passo e la fissò
 
-Hai ragione, ma come sai non scorre buon sangue fra me e tuo fratello…-
 
Stava per andare su tutte le furie: per l’ennesima volta i suoi rapporti sociali erano intaccati dalla presenza di Draco e si domandò ancora una volta perché diavolo il cappello parlante avesse deciso di smistarla in Serpeverde. Sarebbe stato tutto più semplice se avesse fatto parte di un’altra casa, magari Corvonero, almeno avrebbe avuto la possibilità di essere vista con occhi un pochino diversi. Non voleva rinnegare la sua casa a cui era indubbiamente legata e di cui andava fiera, ma la sua appartenenza ai serpeverde ed il suo cognome le stavano mettendo in continuazione i bastoni fra le ruote. Harry pose fine a quel frullato di pensieri
 
-Scusami, so come ci si sente ad essere vittima della propria fama, non dovrei essere proprio io a fare di tutta l’erba un fascio-
 
Matilda corrucciò la fronte –Già, ma evidentemente non puoi proprio farne a meno, non è così?-
 
-Ascolta non sono venuto qui per discutere ma…ecco volevo solo dirti grazie-
 
La ragazza non riuscì a trattenere lo stupore, perché mai la stava ringraziando?
 
-Hermione ha il forte sospetto che sia stato merito tuo, se Draco ha smesso di farmi rivoltare tutta la scuola contro-
 
Sentì le orecchie andare a fuoco
 
-Ho solo detto a mio fratello quello che pensavo-
 
Harry accennò un sorriso sghembo –Ok, ma sai meglio di me che Draco Malfoy non avrebbe mai smesso di prendere di mira Harry Potter, non di sua spontanea volontà almeno, perciò ecco…grazie-
 
Matilda nascose l’imbarazzo dietro un gesto della mano, come a voler scacciare l’aria
-Invece di pensare a queste sciocchezze vedi di concentrarti su la prossima gara, Potter. Con la prima prova sei stato fortunato, quei draghi erano decisamente minacciosi, ma non è detto che questa volta te la caverai altrettanto bene. Quindi mettiti d’impegno-
 
Harry sorrise davanti a quel tentativo di sembrare distaccata e rigida
 
-Allora alla prossima, Malfoy. Meglio che vada prima che Ron o Draco ci scorgano qui insieme-
 
Il pensiero della lunga manfrina che suo fratello avrebbe portato avanti nel vederla chiacchierare con Harry Potter la fece salutare frettolosamente quest’ultimo, per poi tornare nell’aula dove Neville ed Hermione la stavano aspettando.
***
 
Se ne stava davanti allo specchio ad appuntare delle piccole sfere d’argento alle orecchie ed in seguito allacciò un semplicissimo girocollo del medesimo materiale. Daphne uscì dal bagno portando con sé una nuvola di denso vapore ed ancora avvolta nell’asciugamano guardò la compagna di stanza con sguardo sgomento
 
–Per tutti i maghi Matt! Questo vestito è meraviglioso!- Una raffinata decorazione ricopriva la parte superiore del vestito color smeraldo che, superato il seno, andava a dissolversi lasciando traspirare il tessuto che, delicatissimo, cingeva il decolté con uno scollo a barca e scendeva lungo le maniche a tre quarti, lasciando la schiena scoperta fin sotto le scapole, mentre la gonna, ricoperta dal tulle dello stesso colore scendeva lungo i fianchi morbida, per lasciare scoperte solo le caviglie cinte da un tacco color argento dalla punta tonda
 
-Grazie Daphne, ma è merito di mia madre, è stata lei a sceglierlo per me, ovviamente- In disarmonia con la faccina pulita, Matilda storse la bocca -Non poteva essere più prevedibile di così. Verde? Indosso il verde ogni maledetto giorno e lei cosa fa? Tra tutti i meravigliosi e costosi vestiti che poteva permettersi ne ha scelto uno verde. Che palle, ecco-
Un trucco appena accennato illuminava gli occhi color tempesta e le labbra già naturalmente rosse, piegate in una smorfia cupa. Aveva acconciato i capelli in uno chignon morbido e alto, molto classico ma decisamente efficace, che non faceva affatto dimenticare della massa voluminosa e movimentata, ma che lasciava scoperto il viso dando spazio ai lineamenti, su cui Matilda sapeva di dover contare, vista la sua ridicola altezza e il corpo troppo esile, che la facevano sempre sembrare una bambina di dieci anni
 
-Beh, non si può dire che tua madre non abbia buon gusto, comunque tu sei già pronta, io invece devo sbrigarmi e non so ancora che vestito indossare! Ti prego aiutami a scegliere fra questi tre-
 
Astoria, la sorella minore di Daphne, irruppe nella loro stanza con fare molto agitato –Daphne ti imploro, prestami il tuo vestito ciliegia! Ho provato e riprovato quello turchese, hai presente? Quello con le balze, ma ora mi sembra orribile!-
 
 Le due si voltarono per guardare la ragazzina –Scordatelo, sei troppo piccola per metterti quel colore, già è tanto che verrai al ballo e solo perché Blaise ti ha invitata!-
 
Matilda si irrigidì: di fatto non era gelosa, ma avrebbe preferito di gran lunga essere accompagnata al ballo da Blaise che da quel tipo con l’aria cupa che non sapeva nemmeno pronunciare il suo nome. L’immagine di George Weasley che la canzonava passò fugace nella sua mente, ma si sbrigò a cacciarla via e mentre osservava i vestiti sul letto di Daphne si rivolse con discrezione ad Astoria, che intanto sembrava incantata nel guardarla
 
–Senti, ma a te piace Blaise?- La ragazzina piegò le labbra in un sorriso imbarazzato, per tornare subito ad un’espressione offesa rivolta alla sorella -Ma non lo so, è dal mio primo anno che stiamo sempre tutti insieme, se proprio devo dirti la verità non so nemmeno se mi sia mai piaciuto realmente qualcuno. Però…-
 
Matilda intanto aiutava Daphne a sistemare quel bel vestito avvitato che tanto desiderava la sorella, così Astoria proseguì –Sicuramente è un bel ragazzo, poi è…tranquillo ecco, inoltre è un bravissimo giocatore di Quidditch e questo è sicuramente un punto a suo favore, anche se certe volte gioca davvero troppo sporco-
 
Le ragazze risero, concordarono con la più giovane delle Greengrass. Un lieve senso di colpa si instillò in lei: se Astoria credesse di avere delle possibilità con Blaise Zabini? Era consapevole che il ragazzo avesse chiesto alla giovane moretta di andare al ballo con lui solo perché lei stessa non aveva potuto accettare l’invito; avrebbe dovuto dirglielo? Dopo una rapidissima riflessione decise che non era più il momento di tali confessioni e che avrebbe lasciato che le cose si evolvessero naturalmente; si ripromise, comunque, di tenere Blaise il più lontano possibile da lei, quella sera, onde evitare spiacevoli inconvenienti. Quando anche le due sorelle furono finalmente pronte, l’una con il vestito ciliegia tanto conteso, l’altra con il più sobrio turchese, presero un gran respiro e si avviarono verso la sala dove si sarebbe tenuto il ballo.
Doveva ammetterlo, faceva la sua figura acconciata in quella maniera; non solo perché era una Malfoy, non solo perché quello che indossava era effettivamente un vestito splendido: era merito anche suo se l’attenzione di molti presenti era rivolta a lei con ammirazione od invidia. Ringalluzzita da quel picco d’autostima, dimenticò per un attimo che stava per incontrarsi con quello strano tipo della Durmstrang. Nello scorgerla Poliakoff, vestito con un abito impeccabile ed elegante che richiamava la tradizione del suo istituto, mostrò un sorriso limpido e si inchinò per poi porgerle il braccio
 
-Tu sei bella come la luna di questa notte, Matildi-
 
Niente, non ce la poteva fare a pronunciare il suo nome in maniera corretta; tra l’altro, Matilda  era abbastanza convinta che quella fosse una notte nuvolosa e che, della luna, non ci fosse che una triste sagoma coperta da minacciosi nuvoloni carichi di pioggia; comunque conscia del fatto che non avrebbe mai imparato la pronuncia corretta del suo nome rinunciò immediatamente a correggerlo, limitandosi quindi a sorridere in maniera forzata ed a cinguettare qualche parola di ringraziamento.
I campioni del torneo Tre Maghi aprirono le danze come da tradizione e poco dopo tutte le coppie si unirono al primo ballo.
Hermione era meravigliosa, altrettanto belle ed affascinanti erano le altre ragazze che accompagnavano i campioni del torneo e fra tutte spiccava Fleur Delacour, campionessa di Beauxbatons. Dovette ammettere che il ragazzo della Durmstrang che l’accompagnava al ballo era decisamente abile, sicuramente al pari di suo fratello che sembrava non essere particolarmente preso da Pansy Parkinson, al contrario totalmente catturata dal biondino serpeverde
 
-Ti vedo distratta Matildi, ti piace di ballare o no?-
 
Immediatamente Matilda tornò a guardare il suo accompagnatore ed accennò una risata
 
-Si certo, ma non sono abituata a tutto questo: vedere tutti i miei compagni senza divisa mi incuriosisce, capisci?- Spiegazione accompagnata da movimenti bislacchi delle braccia e delle mani, come se enfatizzando il gesto, quello potesse comprendere meglio; beh, il ragazzo annuì e la strinse ancora un po’ a sé, trasportandola con grazia da un lato all’altro della sala.
Dopo due brani classici passati a volteggiare con Poliakoff, quest’ultimo chiese a Matilda se avesse voglia di bere qualcosa e lei non perse l’occasione per accettare, sperando che per almeno un po’ di tempo si potesse divincolare da quell’appuntamento obbligato. Non fece in tempo a mettersi in disparte che Blaise, scorgendola sola, abbandonò istantaneamente Astoria e si avvicinò rapidamente a lei; era davvero bello, pensò
 
-Matt, sei…bellissima, wow!-
 
Matilda tirò un sorriso, mentre con la coda dell’occhio spiava la piccola Greengrass che sembrava osservarli incuriosita
 
-Grazie Zabini, anche tu non sei niente male. Ma dovresti tornare dalla tua accompagnatrice, non mi sembra carino lasciarla lì, sola-
 
Il ragazzo la guardò torvo –Mi avevi promesso almeno un ballo, hai intenzione di non rispettare la parola?-
 
Matilda si guardò intorno notando con piacere che il suo accompagnatore non era ancora tornato, quindi acconsentì.
Tra una giravolta e l’altra la giovane Malfoy si rivolse a Blaise con tono posato e vocina acuta
 
 –Senti Blaise, secondo me Astoria si aspetta qualcosa da questa serata, sai?-
Un sorriso compiaciuto illuminò il volto del ragazzo, che la guardava dall’alto
 
-Dici? E tu cosa ne pensi? Ti dispiacerebbe se ci provassi con lei?-
 
Matilda non sapeva cosa rispondere. In cuor suo sapeva che effettivamente no, non le sarebbe importato, ma non voleva dispiacere Blaise, sapendolo molto attratto da lei; evidentemente il suo volto tradì la risposta e lui si scostò un po’ da lei, con cipiglio
 
-A te non importerebbe proprio nulla, dico bene?-
 
Matilda si accostò nuovamente a lui, non voleva di certo dare spettacolo
 
-Ora non fare così, penso solo che se hai chiesto a lei di venire al ballo con te ci sia un motivo e non voglio essere io a mettermi in mezzo-
 
La giovane Malfoy venne scostata quasi con forza da Blaise; risentito, molto risentito, il bel serpeverde assottigliò ancor più gli occhi naturalmente oblunghi
 
-Ma ancora non l’hai capito che se ho chiesto a lei di venire al ballo con me è solo perché tu mi hai rifiutato? Ma forse sono stato troppo stupido da pensare che avresti scelto di venire con me, se avessi potuto. Evidentemente quello che c’è fra noi per te non conta proprio niente-
 
Blaise si allontanò frettolosamente da Matilda e lei non fece nemmeno in tempo a replicare
 
-Matildi! Stavi ballando con tuo amico? Non volevo interrompere-
 
Rieccolo. Inspirò un grande quantitativo di ossigeno e si voltò verso di lui, i sorrisi che gli rivolgeva erano sempre più forzati
 
-Tranquillo non hai interrotto proprio niente, grazie per la burrobirra, buona scelta-
 
Voleva liberarsi di lui, aveva bisogno di riflettere e non voleva farlo con quel ragazzo in mezzo ai piedi, che intanto aveva iniziato una digressione sulle proprietà che la sua famiglia purosangue possedeva. La giusta occasione per ritirarsi per fortuna non tardò ad arrivare: dei compagni della Durmstrang si avvicinarono ai due, regalando complimenti alla giovane serpeverde con estrema compostezza, dimostrandosi decisamente diversi dagli studenti di Hogwarts; le sembrava di essere stata catapultata all’interno di una delle odiose cene di gala a cui partecipavano di tanto in tanto i suoi genitori ed il pensiero la nauseò all’istante. Nel vedere Hermione accanto al tavolo delle bevande colse l’occasione per congedarsi dal gruppo e si avvicinò a lei con passo svelto, oltrepassando Ron Weasley che indossava un orribile vestito, probabilmente risalente alla prima guerra magica
 
-Bel vestito Weasley, la mia bisnonna ne aveva uno uguale uguale!- non trattenne una risata quando il ragazzo le inveì contro
 
-Hermione, sei…fantastica sai?-
 
La giovane grifondoro sorrise all’amica con entusiasmo, sembrava davvero molto felice –Non posso dire meno di te, questo vestito è splendido! Ti stai divertendo?-
 
Matilda ingollò l’ultimo goccio di burrobirra frettolosamente e senza uno straccio di eleganza subito chiese un altro bicchiere –Diciamo che poteva andare peggio, ho giusto qualche problemino a far capire al mio accompagnatore come mi chiamo, per il resto…- sbuffò e si riempì la bocca di una fresca sorsata – Sto combinando un pasticcio, ma nulla a cui non si possa rimediare, ecco –
 
 Hermione la scrutò con sospetto –Hai bisogno di una mano?-
 
Scrollò il capo e accennò un sorriso –Non preoccuparti, vedrò di risolvere in un modo o nell’altro. Invece dimmi un po’…- Matilda sorrise malandrina –Vedo che te la passi bene con Viktor Krum, ha altre qualità oltre essere il miglior cercatore al mondo?-
 
Hermione diventò incredibilmente rossa e non riuscì a mascherare l’imbarazzo –Mi trovo bene con lui, è attento e cortese, non mi…dispiace insomma-
 
 La serpeverde sorrise complice all’amica e quando le due vennero raggiunte da Viktor Krum pensò di doverli lasciare soli
 
-La vuoi piantare di parlare con quella sanguemarcio?-
 
Matilda si voltò di scatto e guardò il fratello inorridita –Draco, non permetterti mai più di usare quel termine in mia presenza, sono stata chiara?-
 
Il fratello la guardava torvo –Stai passando troppo tempo con la Granger, nostro padre non sarebbe affatto contento, lo sai?-
 
la gemella assottigliò lo sguardo –E quindi? Sarai tu a fare la spia? Comunque tu lo sai come la penso, questa storia della purezza del sangue mi fa venire il voltastomaco: Hermione è una bravissima strega, decisamente migliore di molti di noi e questo è quanto, mi meraviglio di te!-
 
Draco alzò gli occhi al cielo –Dai, lo sai che non sono davvero serio, però non mi piace che ti mischi con quella gente, odio quel gruppetto di grifondoro sottuttoio. Allora come sta andando la tua serata?-
 
 Matilda, ancora infastidita dalla terminologia usata dal gemello, gli rispose con un secco bene e si allontanò presto da lui. Stava passando la serata ad evitare praticamente ogni essere vivente conosciuto in quella sala, ma proprio quando aveva deciso di defilarsi, la musica classica lasciò il posto a quella live di “Le sorelle Stravagarie” ed una folla scalmanata di studenti adolescenti la trascinò nella bolgia. In realtà era ben felice che quella noiosissima musica classica avesse trovato fine e prese a scatenarsi, ben contenta di non notare intorno a sé la presenza di Poliakoff, di Blaise o di Draco; venne raggiunta presto da Daphne ed assieme si lanciarono in un ballo sfrenato. Tra una spallata e l’altra quasi finì addosso a Lee Jordan, grifondoro e fedele amico dei gemelli Weasley che la afferrò per le spalle e la rimise in sesto
 
 –Guarda chi c’è qui Georgie, la più simpatica dei fratelli Malfoy!-
 
Il ragazzo dai capelli rossi si era liberato presto della giacca ed aveva arrotolato le maniche della camicia bianca fin sopra i gomiti. Spiccava in altezza rispetto alla media quindi non fu difficile notarlo
 
-Ehi, Lemonsoda! Ti sei liberata del fardello di Durmstrang, vedo!- i due ragazzi si strinsero attorno alle due serpeverde, con visibile disappunto di Daphne che non sembrava affatto contenta di quella compagnia
 
–Come ti ha chiamata?- urlò la bionda per farsi sentire dall’amica
 
 –Lascia perdere, George Weasley è convinto di essere simpatico!-
 
I due ragazzi iniziarono a ridere sguaiatamente; intorno ai quattro, intanto, gli studenti continuavano a ballare, fischiare e gridare canzoni
 
 –Oh, ma io sono simpatico, nonché bellissimo!- -E anche modesto!-  -Vi unite a noi, graziose fanciulle?-
 
-Neanche foste gli ultimi ragazzi nel mondo magico!- Daphne arricciò il naso tentando di mantenere il punto
 
 –Andiamo Greengrass, questo ballo serve per stringere amicizia con le altre scuole, che brutto esempio daresti se fossimo i primi a tenerci a distanza?-
 
Il sorriso di Lee parve far crollare un minimo il muro di rigidità che la giovane serpeverde manteneva con costanza nella quotidianità; dopo aver lanciato un’occhiata all’amica, sbuffò
–E va bene Jordan, ma prenditi poca confidenza e portami qualcosa da bere almeno-
 
 Matilda osservava Daphne  divertita, intanto che armeggiava con l’acconciatura nel vano tentativo di ricomporla un minimo, quando un voce arrivò al suo orecchio
 
 –Vedo che l’irresistibile fascino di Lee Jordan colpisce anche la più algida dei serpeverde-
 
 Piroettò su se stessa, scorgendo George raddrizzare la schiena e mantenere un sorriso serafico sul volto. Continuava a scombinare, più che ricombinare i capelli che sembrava non volessero tornare al proprio posto, ma almeno aveva qualcosa da fare nell’attesa del ritorno della sua amica e dell’altro grifondoro; rimanere sola con quel dannato ragazzo Weasley la agitava non poco
 
 –Guarda che la stessa cosa vale per te George Weasley, poca confidenza! E poi non hai portato nessuna al ballo? Che ci fate qui tutti soli?-
 
Il ragazzo ridacchiò spensierato –Certo che ho portato una ragazza al ballo, ma non ho mica fatto un voto infrangibile. Poi senti chi parla! Sei la prima ad essere sfuggita al tuo accompagnatore o sbaglio?-
 
Cosa poteva rispondere? Quella non era che la verità e di conseguenza non aveva più armi per tenere lontano quel ragazzo così maledettamente impertinente. Fece una smorfia e proprio quando stava per dirgli che sarebbe andata a prendersi da bere, George le afferrò la mano
 
 –Dai Matildi, balla con me così che serata diventa più magica di tutto mondo magico!-
 
La giovane Malfoy, finalmente, si liberò di quella risata che per giorni le era rimasta incastrata in gola e senza pensarci troppo iniziò a ballare con George. Di lì a poco tornò una più sciolta Daphne seguita da Lee Jordan; a completare il quadretto fu Fred Weasley, che strabuzzò gli occhi alla vista di quella scena inaspettata e prese a dare gomitate al fratello
 
 –Vedo che vi state divertendo ragazzi, pare che le serpeverde regalino grandi soddisfazioni!-
 
Le due ragazze si guardarono con aria complice, quindi fu Daphne a parlare
-Che c’è Weasley, vuoi passare alla casa migliore di Hogwarts? Di certo ci guadagneresti!-
George e Lee scoppiarono a ridere
 
-Ci sanno fare con le parole, eh Freddy? Sembrano addirittura simpatiche quando non indossano la divisa!-
 
Il bislacco gruppetto prese a canzonarsi con reale spensieratezza, ma quando Matilda scorse fra la folla scatenata il suo accompagnatore, abbassò la testa sperando di non essere vista. George si chinò a sua volta, dovendosi però piegare molto più di lei
 
–Tutto bene Lemonsoda? Hai deciso di trasformarti in uno struzzo?-
 
Matilda sciolse frettolosamente i capelli e poi tirò George ancora più giù –Non voglio farmi vedere, quel tipo è troppo noioso, non voglio passarci un solo altro istante!-
 
George ghignò –Ti stai divertendo troppo qui con noi, ammettilo!-
 
Matilda lo spintonò appena –Chiunque sarebbe più divertente di quello lì, non montarti la testa! Comunque ora scusami ma devo proprio scappare-
 
Ancora china in quella posizione ridicola strattonò il braccio dell’amica che sembrava ormai totalmente rapita dall’allegria dei due ragazzi grifondoro –Ehi Daphne! Mi sto dando alla fuga, se Poliakoff ti chiede di me digli che qualcuno mi ha lanciato per sbaglio un incantesimo tarantallegra, o che ho mangiato qualcosa di disgustoso che mi ha provocato forti attacchi di vomito, insomma inventati qualcosa che lo persuada dal cercarmi!-
 
 Iniziò a passare con difficoltà in mezzo alla folla mantenendo la postura ricurva, dietro di lei George la seguiva divertito
 
–Scusate, permesso, scusate!-
 
rischiò di scontrarsi con Pansy Parkinson, intenta a raggiungere il fratello circondato da quattro o cinque ragazzine, distratto a tal punto da non fare caso a lei, quindi.
Finalmente fuori, percepì l’aria pungente schiaffeggiarle il viso; affrettò il passo per finire in una zona in ombra che sperava non avrebbe dato la possibilità a nessuno di trovarla, se non allo stesso George, che l’aveva seguita
 
-Questa si che è una fuga di classe! Non potresti semplicemente dirgli che ti scatena la stessa reazione di una lezione del professor Ruf?-
 
Matilda ravvivò i capelli ormai esplosi in tutta la loro lunghezza
-Non posso farlo! I miei genitori…e comunque non sono affari che ti riguardano. Tu perché mi hai seguita? Torna dentro!-
 
Il ragazzo con le mani in tasca si guardava intorno sornione –Quindi è vero che i tuoi ti hanno obbligata ad accettare l’invito di quello lì, mi dispiace-
 
Aggrottò le sopracciglia chiare –Se è un altro modo per prendermi in giro, sappi che non lo trovo affatto divertente-
 
Gli occhi nocciola di George guizzarono immediatamente nella sua direzione, per scontrarsi con quelli di lei
 
 -Sono davvero dispiaciuto per te, deve essere difficile vivere in una famiglia che ti obbliga a fare qualcosa che va contro la tua natura-
 
Quest’ultima affermazione la colpì allo stomaco come una lama bollente: più passava il tempo, più la consapevolezza di essere la mela della sua famiglia che pian piano marciva si faceva evidente. Il suo sangue era una perfetta amalgama di quello Malfoy e Black, eppure ogni elemento che caratterizzava la sua famiglia la disgustava e la allontanava sempre più, nonostante la sua giovane età. Abbassò gli occhi sconfortata mentre le dita tiravano i capelli ribelli dietro le orecchie
 
-Dai non fare così ora, posso permettermi di dirti come la penso? Credo che dovresti essere come ti senti di essere. Certo dovrai agire con intelligenza ed astuzia, ma sono sicuro che ad un certo punto riuscirai a scrollarti di dosso il buon nome della tua famiglia senza soffrirne-
 
Tornò a guardare quel ragazzo che la osservava, mani in tasca e sorriso rassicurante
 
-Ah, quindi sei qui-
 
I due si voltarono  e si trovarono davanti Blaise Zabini; sembrava su tutte le furie
 
-Si, non avevo voglia di stare dentro, che ci fai qui Blaise?-
 
Ed ecco spuntare anche Draco che lanciò uno sguardo di disprezzo verso George
 
-Vattene da qui Weasley!-
 
George inarcò un sopracciglio senza che il suo sorriso abbandonasse il volto
 
-Se non sbaglio questo è territorio comune Malfoy. Perché non impieghi le tue energie in maniera più costruttiva? Non ti fa bene arrabbiarti così-
 
Blaise si avvicinò minaccioso a George
 
-Sarebbe meglio per tutti che te ne tornassi dentro con i tuoi amichetti grifondoro, non pensi?-
Draco spalleggiò l’amico e si avvicinò anche lui a George, puntandogli la bacchetta contro
 
-Esatto Weasley, gira al largo!-
 
Matilda si frappose fra i due e George, ritrovandosi la bacchetta di Draco davanti alla faccia
-Abbassala immediatamente Draco- Il tono era impassibile, ma sentiva di stare per esplodere
 
-Ma che ti sta succedendo Matt? Non ti riconosco più! Ora ti metti a difendere questo straccione traditore del suo sangue?!-
 
Non poteva credere che Blaise avesse detto quelle parole. Il ragazzo sensibile che credeva di conoscere sembrava essere scomparso, lasciando il posto ad un fiero purosangue. Presto il gruppo fu raggiunto da Fred, Lee e Daphne che evidentemente avevano osservato il viavai sospetto dei loro conoscenti fuori dalla sala da ballo
 
-State dando un party alternativo? Georgie mi meraviglio di te, dovevi invitarci!-
 
-Niente affatto Fred, pare che i serpeverde si siano risentiti di qualcosa, magari il catering non è stato gradito dalle loro boccucce di figli di papà-
 
Draco scattò in avanti scostando violentemente la sorella, per ritrovarsi a puntare la bacchetta davanti a George che, impassibile, continuava a stuzzicarlo con lo sguardo
 
-Andiamo Malfoy, forse è davvero il caso che torni dentro, facciamo finta non sia successo nulla, che dici?-
 
-Non azzardarti a dirmi cosa devo o non devo fare Weasley!-
 
-Basta Draco!-
 
-Si fatela finita ragazzi!- la voce di Daphne si unì a quella di Matilda, ma non ottennero nessun risultato. I grifondoro cominciarono a spintonarsi con i serpeverde, non riuscendo più a resistere alle provocazioni. Prima che qualche professore potesse accorgersi di quello che stava accadendo fuori dalle mura, Matilda decise di prendere in mano la situazione e di spintonare via prima Blaise, poi il fratello. Il primo guardò Matilda con occhi sgranati, ma lei fu così dura da non permettergli di proferire parola
 
 –Mi fate vergognare di essere una serpeverde, siete così puerili da non rendervi conto di esservi messi in ridicolo! Ve lo dico ora e non mi ripeterò mai più: io non sono una vostra bambola, sono stata chiara? Decido io con chi passare il tempo, io con chi studiare, io come gestire la mia vita! Queste scene da maschi testosteronici non devono mai più capitare davanti ai miei occhi, avete capito?!-
 
Afferrò il fratello per un braccio e, dopo aver concesso a George uno sguardo ricco di scuse, lo trascinò via.
Una volta dentro, Draco si liberò dalla presa della sorella, dietro di loro Blaise e Daphne li seguivano torvi. Una volta trovato un corridoio isolato Matilda sbottò –Non permettetevi mai più!-
 
Blaise era risentito –Guarda che se non te ne fossi andata con quel Weasley non sarebbe successo niente!-
 
Le pupille chiare gelarono il giovane Serpeverde –Trova il coraggio di dire a Draco come mai non sarebbe successo niente, forza!-
 
Draco, che fino a quel momento ribolliva di rabbia nei confronti della gemella, spostò rapidamente la sua attenzione sull’amico –Cosa dovrei sapere?-
 
Blaise girò la testa alla sua sinistra e mantenne lo sguardo basso, rimanendo in silenzio. A quel punto Matilda, stanca di quella situazione, sbottò
 
 -È geloso! Per questo mi ha seguita quando mi ha vista uscire! Non ha potuto fare nulla nei confronti di Poliakoff solo perché sa che sono stata obbligata ad accettare il suo invito dai nostri genitori! Per questo è uscito di senno quando mi ha vista parlare con George Weasley-
 
 Daphne e Draco osservavano gli altri due sgomenti, fu la bionda a parlare –Ma quindi voi due…- Matilda concentrò la sua attenzione su Blaise –Noi due niente. Ti credevo diverso Blaise, ma sentirti dire quelle cose su George…me lo sarei aspettato da mio fratello, non certo da te. E tutto questo solo perché stavamo parlando. Sono io a non riconoscerti più!-
 
Nel correre verso i sotterranei non badò alle richieste da parte dei due ragazzi di fermarsi. Era giunto il momento di smetterla di giustificarsi per ogni cosa.
Sbatté con fragore la porta della sua stanza dietro di sé, ma questa quasi immediatamente si riaprì lasciando spazio a Daphne che cercò di placare la crisi isterica dell’amica, intenta a schiantare qualsiasi cosa all’interno del dormitorio
 
-Per piacere Matt, adesso calmati-
 
La giovane e furiosa Malfoy si voltò verso Daphne –Sono stanca di stare sempre calma! Maledetti loro! Maledetti tutti!- Con un altro colpo di bacchetta sfilò l’abito da dosso e lo scaraventò nell’armadio. Poi con ampi respiri si calmò e le lacrime sostituirono la rabbia; crollò sul letto ed iniziò a singhiozzare con la faccia immersa nel cuscino. Daphne sedette accanto a lei e con rispetto e delicatezza le pose una mano sulla spalla scossa dal pianto convulso. Solo dopo un tempo difficile da stimare, Matilda si calmò e Daphne le rimase accanto, pronta ad ascoltare il rigurgito di quel cuore triste.
 
 
 
Buon caldissimo pomeriggio! Lo so questo è stato un aggiornamento lampo, ma sono tristemente malata a casa (già, mi sono raffreddata con 35 gradi) e quindi ho avuto un bel po’ di ore a disposizione per dedicarmi alla stesura del terzo capitolo. Difficili gli adolescenti con le bacchette in mano, eh? Aspetto i vostri commenti con ansia e vi anticipo che prossimamente allegherò un disegno di Matilda che sto preparando. Ogni genere di recensione è gradita, ovviamente.
Vi abbraccio.
 
D.

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Capitolo 4
*** Volpi e Pozioni ***


CAPITOLO REVISIONATO
CAPITOLO IV
Volpi e pozioni

I giorni del torneo scorrevano veloci: la seconda prova si era tenuta, sospendendo a tutti il fiato ma portando, comunque, un lieto fine sul lago di Hogwarts. I campioni del torneo avevano dato prova di saper padroneggiare gli incantesimi e di fronteggiare le creature acquatiche di cui il lago nero era abitato, tranne la povera Fleur che dovette abbandonare la prova a metà percorso per colpa di un incontro poco piacevole con gli Avvincini. Comunque l’intera scuola sembrava nient’affatto interessata alle lezioni canoniche, troppo concentrati a scoprire chi sarebbe stato il vincitore del torneo.
Matilda si sentiva più sola del solito, una strana aura negativa aleggiava per i corridoi della scuola anche se sembrava percepirla solo lei; sicuramente non era in grado di farsi coinvolgere dall’euforia generale, visto l’episodio spiacevole avvenuto durante il ballo del Ceppo che da un lato, l’aveva allontanata dai suoi amici, tra cui dal suo gemello di cui sentiva tremendamente la mancanza, dall’altro l’aveva fatta sprofondare in una spirale di malessere da cui era difficile uscire. Da quel giorno rifiutò ogni genere di contatto con Blaise, che aveva tentato di riconciliarsi con lei più volte, giurando e spergiurando che non si sarebbe mai più comportato in quella maniera tanto ignobile; eppure Matilda non aveva voluto sentire ragioni, convinta del fatto che il ragazzo avesse solamente tirato fuori la sua vera indole. Inoltre, ogni qualvolta si era incontrata con il fratello, non esitava a cambiare strada, nonostante lui avesse tentato un paio di volte di rivolgerle la parola; nonostante tutto Draco rimaneva un mago troppo orgoglioso e quindi quei futili tentativi sprofondarono nel dimenticatoio. Inoltre mai più ebbe il coraggio di scambiarsi anche solo un cenno di saluto con George Weasley ed ogni volta che vedeva una testa rossa sbucare da un corridoio scappava via senza indugio. Insomma, Matilda era sola, anche se Daphne cercava di starle accanto a modo suo e di sostenerla come poteva.
Presa dallo sconforto, un giorno qualunque, decise di cercare l’unica persona che sarebbe stata in grado di darle manforte senza giudicarla, d’altronde sapeva dove trovarla: la biblioteca era come al solito immersa in un silenzio profondo e non fu difficile individuare una matassa di capelli confusi tra i banchi vuoti

-Hermione- sussurrò.
La giovane grifondoro alzò il naso immerso, fino a quel momento, in una lettura che sembrava decisamente impegnativa
-Matilda!-

Madama Pince, La bibiotecaria di Hogwarts, nel percepire il tono alto ed inappropriato di Hermione fulminò le ragazze con lo sguardo, intimandole poi di fare silenzio con un gesto plateale della mano

-Scusami…- sussurrò Matilda con aria decisamente imbarazzata –ho bisogno…ecco, faresti due passi con me?-

Hermione lanciò un ultimo sguardo al libro, che in seguito ripose e seguì l’amica fuori dalla biblioteca

-Se hai bisogno di un po’ di privacy so io dove andare, seguimi!-

Il bagno delle ragazze al secondo piano era, come del resto la Granger si aspettava, totalmente vuoto e le due si accasciarono a terra rannicchiando i loro corpi

-Hermione ho fatto un casino. Non so più niente, mi sento totalmente svuotata-

La serpeverde raccontò all’amica cosa era successo durante il ballo del Ceppo, titubando inizialmente nel descrivere le espressioni usate da  Blaise e Draco; Hermione strinse le labbra in una linea dura, quando Matilda utilizzò l’appellativo sanguemarcio, ma si limitò ad ascoltare il racconto senza intervenire fin quando Matilda, che giocava nervosamente con i propri capelli, non ebbe finito

-Mi spiace davvero, posso immaginare come ti senti, vedi…io non mi rivolgo la parola con Ron, si è comportato da vero idiota anche lui-

Quelle confidenze private si diffusero in quel bagno deserto e crearono un’atmosfera particolarmente intima, che contribuì a stringere il legame delle due giovanissime streghe

-E poi…non ho il coraggio di parlare con George, vorrei potergli chiedere scusa per quanto successo, ma proprio non ci riesco…sono maledettamente orgogliosa- concluse sbuffando
Hermione sospirò, ma concesse un sorriso rassicurante all’amica, così poggiò la mano sulla sua spalla in segno di comprensione

-Credo che la prima cosa che dovresti fare sia parlare con Draco. Per quanto non lo stimi affatto rimane pur sempre tuo fratello e lo vedo quanto tu ci stia male-

-Hermione, Draco non è cattivo. Purtroppo è l’ennesima vittima della nostra famiglia; tutta colpa della visione distorta che ha di mio padre e dell’eccessiva volontà di protezione di mia madre. Potessi passare anche un solo giorno a casa mia lo capiresti, te lo assicuro. Comunque…- sospirò affranta -…non voglio giustificare mio fratello: anche lui sta crescendo ed è ora che si prenda le sue responsabilità e capisca cosa sia giusto e cosa non lo sia; però hai ragione, devo assolutamente parlarci. Grazie davvero, Granger-

La giovane grifondoro scrollò il capo –Non devi ringraziarmi, dobbiamo cercare di sostenerci a vicenda se vogliamo uscire vive da questa scuola piena di cretini!-

Mentre si alzavano per uscire dal bagno Hermione aggiunse –Un’ultima cosa: George non è stupido, è vero che passa la maggior parte del suo tempo ad ingegnare stupidi scherzetti, però sono sicura che avrà capito la situazione, non preoccuparti-
 
Matilda alzò appena le spalle –Questi Weasley, che disastro!- le risate delle due ragazze colmarono il vuoto del bagno del secondo piano.

Scesi i sotterranei mise piede nella sala comune, dove il solito gruppetto si trovava riunito, tra cui Blaise Zabini e Draco, che nel vederla scostò subito lo sguardo e tornò a parlare con i suoi amici come nulla fosse

-Matt- sussurrò strozzato Blaise e fece per alzarsi, ma Draco lo bloccò con un gesto della mano –Dove credi di andare Zabini? Stavamo finendo un discorso, mi pare-

Matilda raccolse tutta la calma e la pazienza che da qualche parte erano nascoste dentro di lei e si avvicinò ai due, con sguardo incredulo degli altri serpeverde che, era evidente, temevano quello scontro tra fratelli dal giorno del ballo del Ceppo

–Draco, ho bisogno di parlarti, vieni con me?-

Il gemello puntò le iridi chiare su di lei: eccola di nuovo quell’espressione che doveva, teoricamente, incuterle timore –Se hai da dire qualcosa puoi farlo anche davanti a loro-

Mantieni la calma, mantieni la calma, mantieni la calma
-Preferisco risolvere questa cosa con te e non mettere in mezzo altre persone…te lo chiedo per l’ultima volta, puoi seguirmi per piacere?-

In realtà Draco conosceva la sorella più di chiunque altro e sapeva benissimo quanto quella fosse l’ultima possibilità che avevano di parlare, prima che lei sfoderasse la bacchetta e lo riempisse di pustole maleodoranti. Si alzò mantenendo una smorfia costante sul viso

-E va bene, ma solo perché qui stava diventando di una noia mortale-

Matilda, prima di allontanarsi con il fratello, lanciò uno sguardo ai ragazzi che li stavano fissando in silenzio, per ultimo si soffermò su Pansy che al solito la guardava con aria di disappunto; proprio a lei rivolse un sorriso davvero molto impertinente

-Allora cosa vuoi? Non ho tempo da perdere con te!-

-Allora che mi hai seguita a fare? Smettila di comportarti sempre come un moccioso capriccioso, lo sai che questo atteggiamento con me non funziona!-

Draco sbuffò e si appoggiò al muro del corridoio, scartò una cioccorana e prese a sgranocchiarla con aria sprezzante, ma dopo poco ne estrasse una seconda e la lanciò alla sorella, che lo seguì nel gesto

-Ti rendi conto di come ti sei comportato? Stai ledendo la mia libertà personale, sai?-

Draco tirò via dalle labbra i rimasugli di cioccolata con la lingua

-Sto solo cercando di proteggerti, fra i due quella che si comporta da stupida sei proprio tu-

-Draco, quei ragazzi sono più grandi e capaci di te, se avessero voluto ti avrebbero mandato KO senza possibilità di replica, lo capisci o no? Ma per fortuna non sono dei cretini e hanno mantenuto la calma, a differenza tua che non sei in grado di startene da una parte senza combinare guai!- Inizialmente restia, si avvicinò poi al fratello –Non mi piace sentirti dire quelle cose! tu non sei stupido, perché ti comporti così?-

Draco si scontrò con lo sguardo della gemella –Stai sporcando il buon nome della nostra famiglia, te ne vai in giro con quei…- sembrò trattenersi -…grifondoro senza pensare alle conseguenze. Nostro padre non manderebbe mai giù questa cosa, vuoi rovinarti?-

-Ma non l’hai capito che a me di quello che pensa nostro padre importa meno di zero? Tu lo sai cosa ha fatto in passato, lo sai da che parte sta- Sibilò a bassa voce –Era un Mangiamorte Draco, come puoi stare dalla sua parte?-

-Stai zitta, non dirlo un’altra volta oppure…-

Lo afferrò per un polso –Ma è la verità! E tu lo sai! Per piacere torna in te, il suo è stato un errore imperdonabile, seguire Tusaichi…non voglio nemmeno immaginare a quale nefandezze…- Con un movimento nervoso, Matilda scrollò il capo facendo schizzare la nuvola di capelli tutt’intorno a lei, così tornò a fissare il gemello -Draco te ne prego, se non vuoi darmi retta e farlo per me fallo almeno per te stesso, hai tutto il tempo per capire che quello non è un esempio da seguire!-

Draco non rispose, si limitò a guardarla lungamente. Quelle pupille proprio identiche alle sue tremolavano impazienti e apprensive; Matilda aveva paura davvero, questo era più che chiaro a Draco, che decise dunque di cambiare argomento –Non ti sei comportata bene con Blaise, quello è cotto di te-

Matilda alzò gli occhi al cielo –Non puoi essere te a farmi la morale, Blaise sapeva dal primo momento che per me le cose non sarebbero cambiate…- Tornò poi a guardare il fratello di sottecchi -E va bene, ci parlerò, contento?-

Draco ghignò e cinse le spalle della sorella con un braccio in segno di riconciliazione –Mi sembra un buon compromesso, io cercherò di…lasciarti stare, ma tu vedi di non strapazzare più i miei amici, da quando lo hai trattato in quel modo non è più lo stesso ed io non sopporto quando si distoglie l’attenzione da me-

 Matilda scoppiò a ridere per la sfrontatezza del fratello e contenta di aver fatto finalmente pace con lui, nonostante avesse dovuto muovere il primo passo, si strinse intorno al suo braccio e con lui si avviò verso la sala comune dei serpeverde. Erano ragazzini, è vero, ma avrebbe fatto il possibile per fare in modo che il fratello non ricadesse nella rete malsana della sua famiglia; lo sentiva suo più di qualsiasi altro essere vivente al mondo e quando si strinse ancor più a lui, Draco percepì l’esigenza della gemella di un lungo, fortissimo abbraccio, che gli concesse senza sforzo.

-Esigo silenzio- Il professor Snape sibilò quelle parole che misero a tacere il marasma confuso che si era creato nell’aula di pozioni

-Il professor Moody oggi sarà occupato con l’organizzazione dell’ultima prova del torneo; ragion per cui, per mia sfortuna, sarò costretto a impartire a voi tutti una lezione di due ore. Per non rendermi la cosa ancora più snervante non voglio sentir volare una mosca, riunitevi in gruppi da 3 intorno ai tavoli-

Quando Matilda, dalla sua postazione in prima fila volse lo sguardo verso le due classi che avevano appena invaso l’aula, notò prima con piacere che la classe del sesto anno dei corvonero si era unita a loro, ma poi realizzò con orrore che l’altra non era che quella dei grifondoro, sempre del sesto anno. Fu inevitabile scorgere quelle due teste rosse che non riuscivano a trattenere gli sghignazzi e sperò con tutta sé stessa che né l’uno né l’altro finisse vicino a lei, se non altro per avere la possibilità di avere come compagno di lezione qualche corvonero da cui, ne era sicura, avrebbe appreso qualcosa di interessante ed utile. O almeno questa era la spiegazione che aveva deciso di raccontare a se stessa.
Fu accontentata: due ragazze corvonero si avvicinarono a lei e, dopo averle accennato un sorriso, si posizionarono al suo fianco

-Signori Weasley, accomodatevi pure lì, non ho dubbi che avrete molto da imparare dalla signorina Greengrass, anche se dovrebbe essere il contrario-
 
No no e poi no! Proprio vicino a Daphne?

L’amica era infatti nel banco posto subito dietro di lei e questo avrebbe significato passare due ore a dare le spalle ai due gemelli grifondoro. Perché il destino si prendeva gioco di lei?

-Da quanto tempo Lady Greengrass!-

Non riusciva ad ignorare le voci che tanto spesso si esprimevano all’unisono. Pensò che questa cosa, con Draco, non le era praticamente mai successa e questo la indispettì

-Per non fare torto a nessuno useremo il testo del quinto anno, per la lezione di oggi. Sono sicuro che a voi del sesto anno non farà male una ripassata, mentre spero che la classe del quarto non mi deluda. Sapete quanto detesti, essere deluso-

Il professor Snape fece fluttuare i testi del quinto anni sui banchi –Prendete il libro e andate a pagina 215: Pozione Occhiopallato altresì detta Pozione Risvegliante. Avete tutti gli ingredienti a disposizione per realizzarla, mi aspetto da voi una preparazione mediocre se non totalmente invalidata. Stupitemi-

Matilda tentò di mantenere la concentrazione e si affacciò alla destra della corvonero che teneva saldamente in mano il libro di testo

-Zanne di serpente, pungiglioni di celestino essiccati…-

-Psss, Lemonsoda!-

Tirò su di scatto la schiena e girò il viso quanto bastasse per guardare dietro di sé; mentre Daphne, con aria infastidita preparava gli ingredienti utili all’elaborazione della pozione, che puntualmente Fred Weasley le strappava di mano asserendo che non erano quelli giusti, George lanciò un’occhiata malandrina alla giovane Malfoy, il sopracciglio destro inarcato in maniera eccessiva verso l’alto

-Pensavo fossi stata risucchiata da un buco nero, che fine hai fatto?-

Matilda balbettò qualcosa di poco comprensibile (il suo risultò più un farfugliò molto confuso), infine riuscì ad estrarre dalla bocca qualche parola di senso compiuto

–C..ciao George, come vedi le tue aspettative non sono state soddisfatte- Il viso arrossato dalla vergogna tradiva, con evidenza, la spocchia ostentata dalla risposta della ragazza

-Silenzio Weasley!-

Proprio dietro George il professor Snape cacciò un urlo che fece sobbalzare il ragazzo, che iniziò a ridacchiare appena il professore di pozioni riprese a girare per i banchi. Matilda colse l’occasione per tornare ad aiutare le due ragazze di fianco a lei, che non sembravano felici di quell’elemento di distrazione sito alle loro spalle.
La prima ora passò più o meno serenamente, anche se il vociare continuo di quella classe troppo affollata rompeva, di tanto in tanto, la sua concentrazione. Quantomeno ritenne le due ragazze di fianco a lei (che aveva scoperto poi chiamarsi Elize Hughes e Fara Freeman) davvero capaci e non perdeva occasione per rubare con gli occhi ogni gesto ed intuizione delle due.
Sfortunatamente l’armonia si spezzò nel momento in cui Matilda percepì qualcosa incastrarsi fra i suoi capelli; si voltò e rivolse ai gemelli uno sguardo particolarmente brusco, notando con dispiacere di non essere la sola vittima dell’iperattività dei due Weasley, in quanto la povera Daphne la guardò con sguardo implorante mentre i suoi capelli, sempre perfettamente in posa, si erano ridotti ad un pastrocchio informe; ritenne dunque di essere stata sicuramente più fortunata dell’amica e mentre tornava con gli occhi sulla pozione in fermentazione, disincastrò dai capelli un piccolo origami di carta a forma di volpe, che rigirò fra le dita con espressione accigliata

-Ma cosa…-

Il piccolo oggetto di carta mosse il muso e scrollò la coda, per poi scartarsi davanti ai suoi occhi increduli

Signorina Malfoy, quell’espressione concentrata non frega nessuno! Sappiamo che non vedi l’ora di lasciare quest’aula puzzolente, ragion per cui dopo la lezione esci nel chiostro e preparati al divertimento!

Per fortuna, prima che il professor Snape potesse avvicinarsi al suo tavolo, l’origami si era ripiegato e Matilda lo infilò frettolosamente in tasca. Si voltò ancora una volta a guardare George con espressione incredula, prima di tornare definitivamente concentrata sulla pozione.
Finalmente quella lezione ebbe fine: con l’aiuto delle due ragazze corvonero, Matilda riuscì a realizzare una pozione quasi perfetta, a differenza di quella della sfortunata amica Greengrass che sembrava avere la consistenza di una grande gomma da masticare ed un odore decisamente poco rassicurante. Aveva il sospetto che i due gemelli sapessero perfettamente come realizzare quella pozione, anche se avevano fatto di tutto per boicottarne la riuscita; eppure non disse nulla a Daphne, già fuori di sé dalla rabbia e dopo averla salutata rivolgendole uno sguardo ricco di comprensione, corse fuori dall’aula.
Mentre camminava per il corridoio infilò una mano nella tasca ed afferrò quell’origami che le aveva fatto rischiare un bel rimprovero dal professor Snape; indecisa sul da farsi, con la testa tutta dedicata alla piccola volpe di carta, si scontrò con Hermione ed Harry sul corridoio

-Matilda! Dove stai andando?-

La serpeverde fece correre gli occhi cerulei prima sull’amica e poi su Harry che, dal giorno in cui l’aveva ringraziata, aveva trovato decisamente più simpatico e piacevole

-Ah. Ehm, ciao Hermione. Harry…- poi lanciò uno sguardo complice all’amica e scusandosi con il grifondoro la tirò da una parte –Ho condiviso la lezione di pozione con la classe del tuo sesto anno…-

Hermione sorrise complice all’amica –Hai rivisto i gemelli quindi!-

-Sssshhh, abbassa il tono…guarda qui- Matilda tirò fuori l’origami che, una volta nelle mani di Hermione si scartò; la ragazza nel leggere il biglietto ridacchiò –Non presagisce nulla di buono! Comunque se può consolarti anche io ho ricevuto la stessa richiesta, vogliamo andare insieme?- Hermione abbassò molto il tono,  lanciando occhiate qua e là -pare che Harry non sappia nulla di questa cosa-

 Matilda si sentì confortata, quindi con una scusa si congedarono da Harry, il quale a sentir parlare le ragazze a proposito di un’intensa sessione di studio di pozioni, parve avere un forte attacco di nausea e fu ben lieto di allontanarsi da loro.
Arrivate al chiostro, le due si ritrovarono in un gruppetto di una quindicina di persone tra le quali spiccava Ron, accompagnato da un altro grifondoro, che Matilda  aveva riconosciuto essere Seamus Finnigan; Hermione lanciò ai due solo un fugace cenno di saluto per poi dargli le spalle; per fortuna quel momento di imbarazzo fu interrotto  dall’ingresso dei gemelli Weasley ed il loro inseparabile amico Lee Jordan

-Ben arrivati, vi ringraziamo per aver accolto il nostro appello!- Dissero i gemelli in coro

-Se vi state chiedendo come mai vi abbiamo fatti venire qui, vi accontentiamo subito! Vogliamo organizzare una sorpresa per la fine del torneo. Ormai l’ultima prova si avvicina ed il vincitore si merita una festa di tutto rispetto!- Fred attirava gli sguardi dei presenti come il miele le api; quei ragazzi avevano un potere incredibile quando si trattava di catturare l’attenzione

-Noi abbiamo già qualche idea- George intervenne a sostenere il fratello –Ma chiediamo la collaborazione di voi tutti; più siamo e meglio riuscirà la festa! Allora possiamo contare sul vostro aiuto?-

Gli studenti sembravano entusiasti di quella che rappresentava l’ennesima occasione di distrazione dagli studi. Matilda si sentì particolarmente noiosa, quando vide persino la sua amica Hermione elettrizzata dalla proposta dei Weasley e non volendo fare la maestrina rompiscatole come suo solito, acconsentì ad unirsi al gruppo organizzativo.
Una volta messi a punto un paio di dettagli importanti, gli studenti cominciarono ad avanzare delle proposte, alcune davvero interessanti, altre decisamente da scartare, come ad esempio quella di una giovane corvonero che proponeva una battaglia tra vermicoli, che nella sua testa stava a rappresentare lo scontro epico che i campioni avrebbero affrontato, per ottenere la vittoria

-Uno...scontro tra vermicoli? Ehm…sono sicuro che ci tratterrebbe tutti con il fiato sospeso- intervenne George, intento a trattenere una risata  -talmente tanto che l’attenzione sarebbe tutta sullo scontro all’ultimo sangue, senza lasciare spazio al nostro campione! Questo non possiamo davvero permetterlo, prossime proposte?-

Nel cogliere l’ironia di George tutti i presenti scoppiarono a ridere, tranne la ragazzina Corvonero che aveva avanzato la proposta, la quale arricciò il naso infastidita e non aprì più bocca.
Prima che l’ora della cena arrivasse portando i ragazzi a separarsi, Matilda si fece coraggio e dopo aver riempito i polmoni di un cospicuo quantitativo d’aria, mosse dei passi verso George, intento ad analizzare una proposta con Ron e Seamus

-Scusami George, ti posso parlare un attimo?- pigolò lei

Il ragazzo cinse le spalle di Matilda, con un braccio –Scusatemi ragazzi, quando una ragazza del genere ti chiede udienza non gli si può proprio dire di no!-

Lo aveva rifatto, si prendeva tutta quella confidenza senza motivo, eppure davanti allo sguardo di protesta di Ron, Matilda assecondò il gesto, contenta invero di creare del fastidio al suo coetaneo.
Quando furono sufficientemente distanti (e solo dopo avere attirato un bel po’ di sguardi su di loro), Matilda si divincolò dalla stretta e si affrettò a posizionarsi davanti a lui, che al solito sembrava sempre molto divertito dall’atteggiamento della serpeverde.

–Senti George, non voglio girarci intorno ma…-

-Ti sono mancato eh?- 

Non voleva dargliela vinta, sapeva che la sua non era che una provocazione

-Maledizione George Weasley, possibile mai che tu non riesca ad essere serio in nessuna occasione?-
La tipica risata di cuore uscì dalla bocca del ragazzo -Va bene va bene Matildi, ti ascolto-

Sbuffò nel risentire la storpiatura del suo nome. Pensò fugacemente al povero Poliakoff, l’ennesima persona che si era trovata ad evitare con impegno dopo il ballo del Ceppo. Resasi conto che come suo solito i pensieri avevano preso il sopravvento e l’avevano distratta lungamente, scrollò il capo e tornò a puntare le iridi grigie in quelle calde di George

-Volevo, insomma anche se con un po’ di ritardo…volevo chiederti scusa per quanto successo al ballo del Ceppo-

-Scusa? E per cosa?-

-Beh Blaise Zabini e…mio fratello. Si sono comportati malissimo, non dovevano permettersi di fare quella scena, sono sinceramente dispiaciuta!-

George appariva incredulo. Matilda si affrettò a concludere la frase -Comunque sappi che ci ho parlato e gli ho fatto una bella lavata di testa ad entrambi, farò in modo che una cosa del genere non si ripeta più, scusami ancora-

Come suo solito George reagì con una risata, cosa che lasciò perplessa la ragazza, anche se avrebbe dovuto aspettarsi quella reazione

-Ti fai troppi problemi, sai? Perché ogni tanto non provi a fregartene un po’ di più? Devi abbandonarti alla spensieratezza! Se la cosa può tranquillizzarti comunque ci siamo dimenticati di quei due l’attimo dopo che siete andati via-

Non ne capiva il motivo, ma provò una forte rabbia. Lei aveva passato tutto quel tempo a rimuginare su quanto accaduto al ballo e a loro…era scivolato via come acqua fresca? La rabbia montava, il viso si coloriva di rosso e il labbro iniziava a crepitare nervoso

-Hai ragione…sono proprio una stupida, io che mi preoccupo senza motivo per uno…insensibile come te!-

Stava per andarsene, la serpe, quando la mano di George le bloccò il polso

-Ehi, aspetta un attimo! Non giungere a conclusioni affrettate. Sono contento che ti sia preoccupata, davvero, però quello che voglio dirti è che l’importanza che do al tuo simpatico gemello e al suo amichetto borioso è la stessa che do ad una lezione della Trelawney-

Matilda cercò di frenare l’impeto di rabbia che montava in lei e con non poco sforzo rimase ad ascoltarlo, nonostante ogni parte del suo corpo la stesse implorando di andarsene subito, o quantomeno sotterrarsi per la vergogna

-Matilda, tu non sei loro e spero per te che non diventerai mai così. Quello che combinano non ha nulla a che fare con te! Non devi giustificarti per qualcosa che non è una tua responsabilità, tutto qui. Guarda Percy: è mio fratello, eppure non tollero niente di lui; ma non mi importa niente di quello che fa, per quanto mi riguarda l’importante è che non si intrometta nella mia vita più del dovuto. Sono stato più chiaro ora?-

Si sentiva più calma, perché si era resa conto di essere saltata subito a conclusioni affrettate, con il risultato di sprigionare quella stupida reazione da ragazzina. George sorrise nel vedere il suo viso imbronciato

-Per quel che vale, comunque, grazie per esserti prodigata tanto contro l’onta inferta al mio onore! Ti assicuro che lo apprezzo davvero-

Matilda rimase imbronciata, ma più per infastidire il ragazzo che per reale disappunto. Perché, in realtà, quel maledetto sorrisetto e quegli occhi tanto caldi, le facevano perdere le staffe tanto quanto riuscivano ad acquietarla

-Ah, Ah. Sei davvero molto maturo George; la prossima volta ti lascerò in pasto ai lupi e stai pur sicuro che rimarrò a guardare la tua disfatta, mentre mi strafogherò di gelatine tutti gusti più uno!-

-Io invece sospetto proprio che saresti pronta ad un sanguinoso duello in onor di giustizia!-

-Chi di speranza vive disperato muore, non lo sai? Ora è meglio che vada, ho perso fin troppo tempo oggi-

Nell’allontanarsi da George, che le gridò dietro “a presto Lemonsoda!”, un sorriso trattenuto le increspò le labbra e quando fu abbastanza vicina ad Hermione (che aveva osservato tutto il tempo i due), Matilda fece cenno all’amica di andare

-Perché ti ha chiamata così? Lo sai che è una bevanda babbana?-

-Già, pare che a George Weasley piaccia particolarmente, Granger!-

Ed eludendo con maestria le domande curiose dell’amica grifondoro, con lei si avviò alla sala grande, dove una cena tanto agognata le stava aspettando.



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Capitolo 5
*** Fine dei giochi ***


[CAPITOLO REVISIONATO]
CAPITOLO V
Fine dei giochi
 
La mattina del 5 giugno si svegliò con la stanza già piena di lettere lasciate dai gufi in ogni angolo più remoto. Juno, la sua civetta panciuta, le beccava la mano con delicatezza, probabile fosse stanca di continuare a consegnare buste e pacchetti mentre lei se ne stava beata fra i cuscini morbidi ed accoglienti
 
-Ho capito…ho capito! Ehi, piantala!-
 
La civetta zampettò via risentita, era un animale molto orgoglioso e si offendeva spesso, tipico di una degna Black-Malfoy. Matilda iniziò a sbadigliare, ingorda di sonno. Non fece nemmeno in tempo ad alzarsi che Daphne prese ad urlare
 
–Finalmente ti sei svegliata! La tua stupida civetta ha incominciato a starnazzare alle cinque! Ha interrotto un sogno bellissimo…-
 
Segnata dalle occhiaie, Matilda si sfregò gli occhi ancora gonfi e, con un lieve colpo di reni, si alzò stancamente dal letto, ma la furia di Daphne le si scaraventò contro stringendola in un abbraccio stritolacostole –Buon compleanno, disagiata!-
 
Tossicchiò frastornata mentre cercava di divincolarsi da quello che sembrava più l’attacco del Platano Picchiatore, che un abbraccio di festeggiamento
 
-Grazie Da…da…phne- sbadigliò senza preoccuparsi di coprirsi la bocca, non avendo d’altronde la possibilità di farlo visto che la sua amica non sembrava avere alcuna intenzione di lasciarla andare
 
-Non sei contenta? Quindici anni! Quin-di-ci anni! È un bellissimo numero, non trovi?-
 
Finalmente libera dall’abbraccio tentacolare, Matilda prese a massaggiarsi il braccio destro lievemente dolorante. Effettivamente il giorno del suo compleanno era proprio un bel giorno: le piaceva ricevere regali ed attenzioni e ancor più adorava il momento in cui, con Draco, si scambiavano i rispetti regali e scartavano assieme quelli spediti dai loro parenti, scommettendo su quale sarebbe stato il regalo meno appropriato ed escogitando un modo rapido per rivenderli il prima possibile.
Stava ancora rimettendo in ordine le idee confuse, quando Daphne le scagliò un pacco nel bel mezzo dello stomaco; ecco, incominciava a stufarsi di tutto quell’entusiasmo
 
–Tieni! Apri il mio regalo per primo! Non vedo l’ora! Aspettavo questo momento da quasi un mese, l’ho preso durante un’uscita ad Hogsmeade, dai sbrigati!-
 
-Ok…però per piacere, mi sono appena svegliata, non potrei prima…-
 
-Non se ne parla! Aprilo, forza!-
 
Rassegnata, Matilda sedette stancamente sul letto e scartò con cura il pacchetto che le aveva quasi causato una frattura del costato. Quando capì di cosa si trattasse, gli occhi grigi si spalancarono per la meraviglia ed iniziò a balbettare parole confuse
 
-Daphne, ma que…questo…oh!-
 
-Una copia della prima edizione di “Animali fantastici: dove trovarli”, proprio così! Non sai quanto tempo ci ho messo a reperirlo! Ovviamente col tempo è stato aggiornato, quindi non è che troverai l’elenco completo, ma pensavo lo avresti voluto nella tua collezione-
 
Ora fu lei a scagliarsi contro l’amica –Graziegraziegrazie! È bellissimo! Meraviglioso! Incredibile! Magico!-
 
Daphne ridacchiò, cercando di ricomporre i lucenti capelli biondi già sistemati in una coda ordinata –Magico sicuramente! Ora vai pure a prepararti, ho una gran fame!-
 
Dopo aver scartato un quarto delle lettere giunte per il suo compleanno (la maggior parte contenenti austeri messaggi d’auguri ma anche graditi assegni da versare alla Gringott), le due ragazze si affrettarono a salire nella Sala Grande, dove avrebbero consumato la prima colazione.
Al loro arrivo il tavolo dei serpeverde incominciò a lanciare cori in onore di Matilda, iniziando i festeggiamenti in maniera davvero poco posata.
Draco era seduto al centro della tavolata e si alzò quando la gemella si avvicinò a lui, quindi si scambiarono un cinque ben assestato seguito da un abbraccio caloroso
 
-Buon compleanno, versione alternativa!- dissero in coro con ritualità programmata, quindi sedettero ed iniziarono a gongolarsi in quello che sarebbe stato un giorno interamente dedicato loro.
Tra le risate e gli sguardi curiosi dei loro compagni di casa, i gemelli Malfoy iniziarono a scartare la quantità eccessiva di regali che ricoprivano il tavolo, alcuni consegnati personalmente dai loro amici, altri sganciati dai gufi che andavano e venivano creando un gran baccano
 
-Guarda qui Draco: “Manuale della brava massaia: mille ed uno modi per insegnare l’arte del rammendo magico”, dici che posso usarlo per appianare il dislivello della cassettiera malconcia che ho in camera?- Così si rivolse a Goyle, di cui la bocca era già gonfia di cibo, con uno dei suoi sorrisetti delicati
 
–Ringrazia sentitamente i tuoi genitori, un regalo davvero utile!-
 
Draco rise sguaiatamente mentre era intento ad aprire il suo regalo –A me è andata molto meglio: “Onore Malfoy: storie di famiglia”- Matilda di rimando fece verso di vomitare
 
-Dai Draco, apriamo i nostri ora!-
 
I due fratelli si scambiarono i pacchi e non esitarono di certo a stracciare la carta
 
-Matt sei incredibile! Lo sapevo! Per Merlino se lo sei!-
 
Un set completo Rriordinacorpo della migliore marca
 
-“I prodotti Riordinacorpo di Philius Gallant assicurano una presenza impeccabile adatta ad ogni occasione; sia in volo che ad una cena di gala, Riordinacorpo garantisce una pettinatura composta ed un costante profumo degno di un vero mago. All’interno le istruzioni per un uso corretto. Tenere lontano dalla portata dei babbani”-
 
-Lo sapevo che avrei fatto centro, egocentrico come sei-
 
Mentre Draco mostrava con sommo entusiasmo ai suoi amici i prodigi del gel per capelli contenuto nella confezione, Matilda scartò con cura il piccolo pacchetto donatogli dal fratello:
Una scatolina scura ed elegante racchiudeva un anello dalla montatura in argento a sostegno di tre pietre pregiate: al centro un opale scuro, ai lati due zaffiri gemelli. Un’incisione percorreva l’interno della montatura: per sempre uniti.
L’anello calzò perfettamente il dito medio della mano sinistra, Draco aveva esagerato come sempre, ma non si sentì di dire nulla e carezzò la spalla del fratello in segno di ringraziamento.
Numerosi regali dopo, gli ultimi due pacchi giunsero ad impedire loro di completare la colazione tanto attesa. Un’unica lettera per entrambi: non potevano che essere i regali dei loro genitori, dunque. Ci pensò Matilda a leggere il biglietto, mentre Draco scartava il suo pacco, di dimensioni inferiori rispetto a quello della sorella
 
-“Che questa giornata sia ricca di felicità per entrambi. Lucius e Narcissa Malfoy.” Sempre dei gran chiacchieroni, i nostri genitori-
 
Draco neanche l’ascoltava, tutto preso a mostrare ai serpeverde il set lucida ed aggiusta scopa arrivato direttamente dalla Norvegia, assieme ad una targa brillante e personalizzata da applicare sul manico.
Matilda scartò il suo grande pacco: gli occhi grigi si sgranarono, nel vedere una nuova meravigliosa Nimbus 2001, che la fece esultare a gran voce
 
-Si! Anche io ho la nuova Nimbus 2001! E guarda qui Draco, leggi!- L’attenzione del fratello andò subito alla scopa che Matilda aveva appena ricevuto e, stizzito, lesse il cartellino appeso al manico lucente
 
“Migliorata nei piccoli difetti, il nuovo modello di Nimbus 2001 vi assicura una velocità costante senza mai perdere quota ed una frenatura ineguagliabile” Non è giusto! Anche io voglio il modello revisionato, non giochi nemmeno a Quidditch, tu!-
 
-Per ora, ma dato che durante le vacanze di Natale ho parlato a nostra madre della possibilità di voler entrare nella squadra, il prossimo anno, evidentemente ha pensato fosse il caso di regalarmi una scopa nuova! Mi dispiace Draco, questa volta è andata meglio a me!-
 
Tutti i ragazzi guardavano ammirati la nuova scopa di Matilda, tranne Draco che sputacchiò stizzito –Comunque non è una Firebolt, inoltre non ti basterà una scopa nuova per entrare nella squadra!-
 
Matilda fece una perfetta imitazione del fratello scatenando una risata fragorosa dell’intero tavolo serpeverde.
 
 
Più tardi, mentre si godeva quel caldo sole di giugno stesa sull’erba morbida del chiostro accanto a Blaise che non sembrava avere l’intenzione di lasciarla sola un momento, una chioma indomata di capelli castani piovve su di lei, dando così modo a Blaise di sfoggiare una delle sue più disgustate espressioni
 
-Buon compleanno Matilda! Questo è un giorno davvero importante per te!-
 
Blaise si alzò da terra bofonchiando –Vi lascio…sole, ciao Matt, ci vediamo più tardi nella Sala Comune, non fare tardi-
 
-Si, a più tardi Blaise…Hermione, grazie! Dai siedi qui, senti che bel sole…-
 
La giovane Grifondoro seguì con lo sguardo il ragazzo andare via, poi si rivolse complice all’amica –Lo hai proprio frastornato al povero Zabini, non è che hai usato qualche strambo filtro d’amore?-
 
Matilda iniziò ad intrecciare i capelli in una treccia a spiga –Non sia mai, è l’ultima cosa che voglio! Blaise è molto carino ma…mi annoia. Sa essere estremamente noioso e quando non lo è inizia a fare un po’ troppo lo spaccone, colpa di mio fratello credo-
 
Hermione estrasse dalla borsa l’ennesimo pacco che Matilda si ritrovò sotto il naso durante la giornata –E a te le persone noiose non piacciono un granché. Comunque si, questa mattina devo dire che avete dato spettacolo nella Sala Grande! Tutti i tavoli tenevano gli occhi puntati su te e Draco. Non ti dico che faccia ha fatto Ron quando hai scartato la tua nuova Nimbus! Caspita deve essere eccezionale! A me non piace volare in realtà, ma a quanto pare a te non dispiace; sai giocare a Quidditch?-
 
Hermione trattenne ancora un po’ il pacco nella mano
 
-Mi fa impazzire il Quidditch! Il prossimo anno vorrei tentare le selezioni per entrare in squadra, anche se questo vorrà dire togliere tempo allo studio, però non posso rinunciare a vedere la faccia di mio fratello, nel caso decidessero di ammettermi!-
 
Le amiche risero pensando alle possibili reazioni isteriche di Draco, dopodiché la grifondoro consegnò il pacchetto a Matilda
 
-Dai Hermione, non dovevi-
 
-Lascia stare, è una sciocchezza! Niente a che vedere con scope o gioielli…- Gli occhi nocciola dell’amica erano rapiti dall’anello, così Matilda toccò spontaneamente le pietre dell’anello
 
–Questo…si è il regalo che mi ha fatto Draco, devo ammettere che ha più gusto di me!-
 
Quando scartò il pacco, Matilda non riuscì ad evitare di sorridere; sapeva che Hermione le avrebbe regalato qualcosa che solo loro due avrebbero davvero apprezzato:
Un libro dalla copertina in morbida pelle color pervinca aveva al centro un’incisione dello stemma di Hogwarts ed una raffinata ed importante scritta ,che così diceva –“Segreti e storia di Hogwarts: misteri e magie nascosti nelle mura scolastiche”, è fantastico!- Iniziò a sfogliarlo avidamente come fosse intenzionata a divorarlo in un sol boccone
 
 –Hermione…sei geniale. Ho ricevuto solo tre libri per questo compleanno, di cui uno vorrei sbarazzarmi quanto prima. Grazie grazie grazie!- Strinse la spalla dell’amica che ricambiò il gesto con un sorriso ed insieme a quella si sdraiarono, immergendosi nei dettagli del libro
 
-Cosa farai oggi? Sicuro vi avranno organizzato una festa-
 
-Si…sai…in Sala Comune…- Matilda guardò di sbieco la grifondoro –Mi dispiace Hermione, avrei voluto invitarti e non solo te, ma sai purtroppo come funziona…motivo per cui ho dichiarato che avrei passato la giornata in altro modo dato che la sera sarei stata rapita dai miei compagni-
 
 Si sentiva estremamente in imbarazzo, sapeva che quella era una prerogativa solo loro, ma Hermione scosse la mano e ridacchiò
 
-Non preoccuparti! Sinceramente sai che sono la prima a non provare troppa simpatia per…beh ecco i tuoi amici-
 
Matilda storse appena il naso e sbuffò infastidita, lo sapeva anche lei che spesso i serpeverde si ponevano altezzosi e gradassi, ciò detto voleva davvero bene ad alcuni di loro e le dispiaceva dover dividere la propria vita a metà. Cho e Marietta passarono e la salutarono con un ampio sorriso
–Buon compleanno!-
 
 La giovane Malfoy sorrise e ringraziò. Tornarono a consultare il libro e si persero nella loro vivida immaginazione, quando una voce acerba arrivò alle loro spalle
 
 –Emh…ciao-
 
Hermione e Matilda rotearono gli occhi rimanendo inizialmente sdraiate
 
–Ginny, ciao! Che fai qui?- Entrambe si alzarono per educazione, Matilda osservava in silenzio la ragazzina dai capelli marca Weasley
 
-Ciao Hermione, scusate non volevo disturbarvi, ma ecco…- Gli occhi castani corsero a cercare quelli freddi di Matilda –Non credo di esserci mai presentate, io sono Ginny Weasley-
 
La serpeverde allungò una mano in segno di saluto e poi prese a lisciarsi meccanicamente la treccia
 
–Credo di no, io sono Matilda Ma…- -Si lo so chi sei! Sono venuta qui per questo, sai la festa che Fred e George stanno organizzando…mi hanno detto di venire qui a presentarmi, credo abbiano una cosa da commissionarci…oh ma che sbadata, so che oggi è il tuo compleanno! Tanti auguri!-
 
 Matilda si guardò intorno aspettandosi non sapeva nemmeno lei cosa, poi tornò a guardarla e ringraziò. Ginny aveva un’espressione decisamente imbarazzata, quindi come spesso accadeva ultimamente fu Hermione ad intervenire
 
–Fantastico! Vorrà dire che lavoreremo assieme! Sono sicura che andrete d’accordo Ginny; anche se non sembra…- Hermione lanciò a Matilda, che sembrava essersi ammutolita, uno sguardo eloquente –Matilda sa essere sorprendentemente piacevole…quando prende un po’ di confidenza-
 
-Emh, immagino di si…comunque questa mattina ho visto la tua nuova scopa…wow! Grandiosa! Vuoi entrare nella squadra di Quidditch?-
 
Sollevata di aver trovato subito uno spunto di conversazione, la giovane Malfoy annuì e con entusiasmo iniziò a descrivere le caratteristiche del suo nuovo regalo, elencandone ogni pregio.
La digressione venne bruscamente interrotta da due voci che parlarono all’unisono alle loro spalle
 
–Parlate della nuova fantastica Nimbus 2001?-
 
 Le tre ragazze si voltarono e si trovarono di fronte i due gemelli Weasley, prontissimi a sfoggiare i loro sorrisi migliori
 
-Quale regalo di compleanno sarebbe più gradito?- -Non esiste regalo migliore al mondo Freddy!-
 
-Strano non vi foste ancora intromessi!-  Ginny si mostrò risentita dalla brusca interruzione, ma i suoi fratelli non sembravano darle peso, quindi si posizionarono ai lati di Matilda, gridando in coro–Buon compleanno signorina Malfoy!-
 
Matilda sorrise imbarazzata e si affrettò a raccogliere da terra il libro regalatole da Hermione
 
-Grazie ragazzi, umh…che ci fate qui?-
 
Fred ridacchiò –Immagino che quel libro sia un regalo, strano!- -Già, ed io scommetto che è opera della Granger; sapete ragazze, un mondo intero vi aspetta fuori dalle noiose pagine dei libri!-
 
-Si dia il caso che nei libri si può trovare molto più di quanto immaginiate!- Subito Hermione difese il suo regalo e la sua sete di conoscenza; Matilda si avvicinò all’amica ed annuì con decisione –Già, dovreste dedicare più tempo anche voi alla lettura, sapete?-
 
I gemelli risero di gusto e si diedero complici gomitate –Hai sentito Fred? Le nuove professoresse di Hogwarts ci stanno sgridando! Faremmo bene a dare loro ascolto!- Così George guardò Matilda, continuando a sorridere –Preferisco la tua scopa. Insomma, una Nimbus 2001 di ultima generazione! Non vorrai mica entrare nella squadra di Quidditch?!-
 
Matilda, tutta rossa in viso, ripose il libro nella borsa prima che ad uno dei due venisse in mente di farlo sparire in qualche bislacco modo –Forse si, comunque dovreste iniziare a preoccuparvi, me la cavo abbastanza bene, sapete?-
 
-Oh si, ricordo bene il tuo lancio…- e tornò ad imitarla come quel giorno in cui la ragazza gli riconsegnò il libro dimenticato da Fred. Quest’ultimo scansò il fratello ancora intento a mimare i lanci poderosi di Matilda
 
 –Va bene ragazze, bando ai convenevoli, parliamo di cose serie!-
 
-Che detto da voi suona particolarmente strano- Aggiunse Ginny.
Fred proseguì tirando a sé la sorella e reggendola per le spalle –Abbiamo bisogno che qualcuno si occupi degli stendardi, bisognerà prepararne tre, uno per scuola, quindi che ne dite di farlo voi? Quale studentesse più appropriate di voi nell’esprimere la gloria e la potenza delle più grandi scuole di magia di sempre?-
 
Matilda lanciò un’occhiata ad Hermione –Abbiamo trovato un’utilità al manuale della brava massaia, fantastico!-
 
I tre fratelli chiesero in coro stupiti –Quale manuale?- ma le amiche ridacchiarono e chiesero di sorvolare
 
-Comunque io ci sto- fece Hermione battendo le mani –Possiamo iniziare domani, oggi non mi pare il giorno più adatto-
 
 -Già, vorrei evitare di passare il mio compleanno a ricamare, beh ragazzi, ora devo proprio andare…-
 
Ginny la salutò timidamente e ancora un po’ sospettosa, nonostante la scoperta di condividere la passione per il Quidditch; Hermione regalò un abbraccio all’amica e le augurò buoni festeggiamenti, mentre i gemelli parlarono in coro, ancora una volta
 
–Aspetta un momento!- Fred mosse un passo avanti –Abbiamo un regalo per te-
 
 Era l’ultima cosa che si sarebbe aspettata Matilda, la quale tentò di mascherare l’imbarazzo riprendendo a lisciare freneticamente la treccia
 
–Ah, ma non dovevate…- borbottò imbarazzata
 
George richiamò con un accio un pacco che sfrecciò davanti a loro per sospendersi, poi, nelle sue mani: una carta di un forte colore arancio a cui era appesa l’etichetta del negozio L’emporio degli scherzi di Zonko racchiudeva quello che aveva tutta l’aria di essere un altro libro. Matilda guardò con sospetto i due gemelli che mostravano sorrisi smaglianti
 
-Uno scherzo? Devo preoccuparmi?-
 
-Nessuno scherzo, anche se siamo stati fortemente tentati, forza scartalo!- La incitò George
 
-“L’arte della risata magica”, mi sembra migliore dell’arte del rammendo, dopotutto…- Stava per aprirlo quando George la fermò
 
 –Fallo più tardi, giuro sul mio onore che non vi è contenuto nessuno scherzo!- Matilda inarcò un sopracciglio, ma decise di seguire il consiglio e ripose anche quel libro nella borsa; tossicchiò e mormorò un grazie ricco di imbarazzo e finalmente si allontanò dal gruppo dei grifondoro
 
-Le avete fatto un regalo? Non pensavo foste così amici; non ditemi che le avete davvero organizzato uno scherzo!- Hermione aveva un’espressione incredula, eppure Fred ridacchiò
 
-Nessuno scherzo, è stata un’idea di Georgie-boy-
 
Hermione e Ginny puntarono gli occhi su George, che sorrise e, senza dare spiegazioni, mise un braccio intorno alla spalla del gemello –Andiamo Freddy, abbiamo una festa da organizzare-
 
 
Dopo essersi cambiata lasciò il dormitorio per entrare nella Sala Comune dei serpeverde, dove i ragazzi stavano già bevendo burrobirra e ballando a ritmo sfrenato. Quando entrò l’ennesimo coro partì dai più grandi, che trascinarono Matilda al centro della sala e fecero a gara nel portarle da bere. Daphne ed Astoria si avvicinarono a lei mentre Draco era, come al solito, circondato da una schiera di ragazze di tutte le età, escluse le più timide del primo anno che lo guardavano da lontano con cupidigia e guance rossissime.
Quando Blaise si avvicinò a Matilda non sembrava propriamente lucido, colpa forse di qualche bicchiere di troppo e più volte dimostrò la volontà di baciarla, nonostante lei cercasse di scansarlo con tatto, ma quando beccò Astoria a guardarli torva capì che era il momento di essere più decisa ed ordinò a Blaise di andarsi a sciacquare la faccia per riprendersi un po’
 
-Matilda, ma a te piace Blaise?- Le chiese timidamente la più giovane delle Greengrass, ma la sorella intervenne acida prima che Matilda potesse rispondere –Smettila Astoria! Oggi è il suo compleanno, non metterti al centro dell’attenzione!-
 
Matilda affondò su uno dei comodi divani e fece cenno alle amiche di seguirla; intanto il fratello aveva iniziato un gioco assieme ad altri ragazzi, secondo il quale si doveva formare un cerchio ed ogni persona avrebbe indossato un cappello, dopodiché a turno si doveva agitare la bacchetta ad occhi chiusi lanciando un accio berretto ed a seconda del cappello che l’incantesimo avesse richiamato, la persona che aveva lanciato l’incantesimo avrebbe baciato il proprietario del berretto
 
-Allora…- Matilda buttò giù un altro sorso di burrobirra prima di rispondere alla domanda –Io e Blaise, ecco…ci siamo…divertiti per un po’. Ma ti assicuro che non avevo la minima idea che ti piacesse e appena l’ho saputo ho messo un punto alla storia!-
 
 Astoria abbassò lo sguardo e sospirò, nonostante l’occhiata di disapprovazione di Daphne
 
–Ma lui…sembra davvero molto preso da te; anche dopo il ballo del Ceppo non mi pare abbia smesso di provare a conquistarti…-
 
-Ora basta, ti ha già detto che non gli interessa! Forse dovresti metterti l’anima in pace e capire che se anche a lui non piacesse Matilda non gli interesseresti comunque! Blaise è un vero idiota-
 
 Matilda scoccò all’amica un’occhiataccia, per poi tornare su Astoria i cui occhi si erano subito riempiti di lacrime. Tossicchiò, così abbassò la vocina acuta
 
 –Senti, checché ne dica Daphne sono sicura che tu potresti piacergli davvero, solo che penso si sia…fissato con me, ecco. Comunque non ci sarà più niente tra me e lui, te lo giuro!-
 
Poi, ansiosa di distogliere l’attenzione da sé si rivolse a Daphne –E tu invece di pensare a noi, perché non ci dici chi ti piace? Sono mesi che sei strana, hai rifiutato di uscire con tutti i ragazzi che si sono fatti avanti-
 
 Daphne, che stava bevendo nervosamente un boccale di burrobirra iniziò a tossire
 
–Io…ma…a me non piace proprio nessuno, mica è un obbligo!-
 
La sorella si prese la sua vendetta e si rivolse a Daphne con tono di sfida –Sei una bugiarda, guarda che l’altro giorno ti ho beccata a chiacchierare con quel grifondoro nel corridoio vicino alla sala grande!-
 
Matilda strabuzzò gli occhi e  (non sapeva nemmeno lei perché) lo stomaco le si attorcigliò; un qualcosa che poteva lontanamente assomigliare a gelosia prese a scuoterla
 
–Di quale grifondoro sta parlando Astoria?!-
 
-Ssssshhh! Volete abbassare la voce?!- La Parkinson, nel sentire la parola grifondoro, si era voltata con aria sospettosa verso le tre, ma vedendo che si erano ammutolite trotterellò verso il gruppo che stava giocando davanti a loro. Matilda scoccò un’occhiata disgustata al fratello, intento a scambiarsi un lungo bacio con una brunetta del terzo anno, la quale si faceva trasportare estasiata
 
–Bleah…comunque dicevamo?-
 
 disse tornando ad incalzare l’amica con tono più basso –Chi è questo grifondoro? Perché non mi hai detto nulla?!-
 
Daphne roteò gli occhi verso l’alto e tornò a bere –Non ti ho detto nulla perché non c’è nulla da dire!-
 
 -Come no!- Si intromise Astoria -Non è mica la prima volta, poi! Comunque è uno del sesto anno, quel giullare che non si separa mai da quegli altri due…-
 
Il volto di Matilda superò la sfumatura color pomodoro di quella acquisita da Daphne: quello che stava ascoltando non le stava piacendo affatto
 
 -…Quello che fa la telecronaca alle partite di Quidditch!-
 
La giovane Malfoy ricrollò sollevata fra i cuscini del divano, mentre Daphne ringhiò un insulto fra i denti verso la sorella minore, che la guardava sorridendo vittoriosa
 
-Ma parla di Lee Jordan! Ti piace Lee Jordan?!-
 
-Ti ho detto di abbassare la voce! Non mi piace Lee Jordan, semplicemente non credo sia un totale demente come mi aspettavo, tutto qui­!-
 
 Matilda si accostò un po’ all’amica che sembrava volesse gettarsi nel boccale di burrobirra
 
 –Guarda che non ci sarebbe nulla di male eh, è simpatico e anche un bel tipo…- Intanto il colore di Daphne toccò punte purpuree
 
-Ponendo anche che mi piacesse, anche se così non è, ma mettiamo caso che fosse così…è un grifondoro! Non potrei mai uscire con un grifondoro!-
 
 Matilda e Astoria si scambiarono uno sguardo complice, così la prima tornò a sgranare gli occhi e mise su un sorriso furbetto
 
–Ci ho azzeccato! Ti piace e non vuoi ammetterlo! Siete già usciti insieme?-
 
-Non scherzare!- Urlò Daphne prima di alzarsi per recuperare un altro bicchiere di burrobirra. Intanto il gioco davanti a loro stava prendendo una strana piega: nel momento in cui Goyle si era coperto gli occhi e stava per pronunciare l’incantesimo, tutte le ragazze si tennero il cappello ben saldo sulla testa e quando il ragazzo si ritrovò il berretto di Blaise Zabini fra le mani, quest’ultimo gli si avvicinò gattonando e facendo verso di volerlo baciare con passione, scatenando l’ilarità di tutti i ragazzi, mentre il povero Goyle si ritraeva goffamente.
Draco fece cenno alle ragazze di unirsi a loro, ma tutte declinarono, tranne Astoria che sembrò tentennare, eppure rimase scoraggiata sul divano –Magari fra poco…- mormorò afflitta
 
-Ma parliamo di te ora, non esiste nessuno che abbia incrinato il muro di ghiaccio di Matilda Malfoy?-
 
Daphne tornò con due boccali ed uno lo offrì all’amica, che si affrettò a berne lunghe sorsate
 
 –Veramente…no, nessuno-
 
Sicura che non sia per colpa di Blaise?- caricò nuovamente Astoria
 
-Insomma ora basta!- La voce tornò acuta -Semplicemente non c’è nessuno che mi faccia…stare bene ecco. Sono tutti stupidi e immaturi, musoni o arroganti. Mai nessuno che sia in grado di…- si bloccò, ancora una volta si immerse in una lunga riflessione che portò le sorelle Greengrass a scuoterla
 
–Matt…sei ancora qui? La smetti di assentarti a metà frase? Fai paura quando fai così-
 
 Con un paio di battiti di palpebre più intensi del solito Matilda sembrò riprendersi
 
–Scusatemi…comunque no, non…mi piace nessuno-
 
Daphne non era affatto sicura che le parole uscite dalla bocca di Matilda fossero la verità, eppure decise di non insistere: si sarebbe tenuta altre domande per quando fossero state nuovamente sole
 
-Forza Astoria, andiamo a giocare, Matt vieni anche tu?- Matilda scosse la testa
 
-Sinceramente la sola idea di fare questo gioco davanti a mio fratello mi da la nausea, andate voi-
 
Dopo aver osservato distrattamente un paio di giri del gioco decise che fosse giunta l’ora di andare via; iniziava ad intristirsi e non aveva voglia di far si che la malinconia rovinasse quella bella giornata.
Sedette sul letto con un sospiro. Da sempre, per quanto le riuscisse di ricordare, dopo aver provato forti picchi di felicità, succedeva che si sentisse come svuotata, come se non riuscisse ad essere mai davvero totalmente felice. Una mano sfiorò la borsa che aveva lanciato sul letto e d’improvviso ricordò i regali che aveva ricevuto durante la giornata.
Quando aprì il libro regalatole dai gemelli Weasley, questo cominciò a ridere sguaiatamente e solo voltando pagina l’incantesimo s’interruppe, lasciando spazio ad una dedica che apparve sulla pagina bianca, non appena Matilda la sfiorò con la mano
 
Ogni giorno è un buon giorno per imparare a ridere, che questo libro ti sia utile ad affrontare il ritorno a casa.
George e Fred
 
Il momento che avrebbe voluto non arrivasse mai era invece imminente; dopo l’ultima prova del Torneo, gli studenti sarebbero tornati a casa e lei sarebbe stata costretta a tornare al maniero e lasciare Hogwarts per oltre due mesi. Si domandò quale libro avrebbe mai potuto aiutarla a sopportare la cosa e sperò con tutta se stessa che quell’estate volasse via il prima possibile.
 
***
 
Lo doveva ammettere: si stava divertendo moltissimo ad organizzare quella che, dentro di lei era sicura, sarebbe stata una festa grandiosa per il vincitore del Torneo tre Maghi. Nel tempo libero stava preparando lo stendardo che avrebbero sfoggiato nel caso fosse stato Viktor Krum, il campione di Durmstrang, a vincere il torneo. Lei, Ginny ed Hermione avevano trovato un’aula libera e in quella si chiusero per tre giorni, concentrate e silenziose.  Di tanto in tanto percepiva lo sguardo di Ginny su di lei, ma cercava di non farci caso e continuava a lavorare sullo stendardo cercando di essere il più accorta possibile. D’un tratto il silenzio venne rotto
 
-Come reagisce tuo fratello nel vederti intrattenere rapporti con la nostra casa?-
 
 Hermione alzò lo sguardo, fino a quel momento assorbito dallo stendardo di Hogwarts, sulla piccola dei Weasley
 
 –Ginny! Ma che domanda è?-
 
Gli occhi grigi corsero incontro a quelli di Ginny, che aveva un’aria molto sicura di sé e non sembrava affatto pentita di averle rivolto quella domanda. Deglutì, prima di rispondere
 
 –Emh, sinceramente non mi interessa l’opinione di Draco per quanto riguarda i miei rapporti sociali. Lui ha i suoi ed io ho i miei-
 
 Ginny abbandonò la bacchetta a terra e proseguì sfrontata –Beh, ma non possiamo negare che fra le nostre case non scorra buon sangue; Draco Malfoy non sarà l’unico a non vedere di buon occhio la cosa, no?-
 
La rabbia stava montando dentro Matilda, ma cercò di mantenere la calma e tornò a posare lo sguardo sul suo lavoro
 
 –Questa è una scuola, non un campo di battaglia. Per quanto le nostre case abbiano delle…divergenze sono convinta che ad Hogwarts debba esserci maggiore collaborazione fra gli studenti. Tra l’altro ci tengo a sottolineare che non sono stata io a scegliere di entrare in Serpeverde, come del resto nessuno di noi-
 
 Hermione seguiva lo scambio con attenzione, preoccupata che da un momento all’altro potesse scoppiare una lite fra le due; Ginny proseguì –Questo è vero, ma se il Cappello Parlante ha deciso di smistarci in questo modo vuol dire che rispecchiamo…-
 
-Ginny ora basta, mi sembri un po’ troppo polemica-
 
-No Hermione falla parlare, sono davvero curiosa di sentire la sua opinione in merito, del resto da quando sono entrata ad Hogwarts gli studenti non hanno fatto altro che voler esprimere la propria opinione a riguardo-
 
 Ginny scosse la chioma fiammeggiante, forse si era resa conto di avere esagerato, ma non demorse –Dico solo che a sentirti parlare non sembri proprio soddisfatta della scelta del Cappello Parlante, come se volessi rinnegare la casa Serpeverde-
 
 La mano sinistra di Matilda si strinse, tremante, intorno alla bacchetta –Io non rinnego proprio nulla, vado molto fiera della mia casa, nonostante disapprovi alcuni comportamenti adottati da alcuni miei compagni. Ma non rinnego il valore Serpeverde!-
 
-Non c’è bisogno di prendersela, non volevo di certo offenderti, ero solo curiosa-
 
 Hermione intervenne debolmente –Dai ragazze, non c’è bisogno di…-
 
-Fammi capire, a te piacerebbe essere additata da tutti i non grifondoro solo per il fatto di essere una Weasley?-
 
 -A me non importerebbe, tra l’altro sono molto fiera di esserlo!-
 
-E allora perché a me dovrebbe importare?!-
 
Ginny si morse il labbro e non rispose –Matilda ha ragione Ginny, perché le stai facendo queste domande?-
 
Ginny esitò, poi guardò Matilda negli occhi –Non mi fido, tutto qui-
 
Matilda non voleva crederci, la mano ancora stretta saldamente alla bacchetta
 
–Nessuno ti ha chiesto di fidarti, non sono stata io a chiedere di essere immischiata in questa cosa!-
 
 -Infatti non capisco perché George…-
 
-Basta così Ginny! Stai esagerando!- Il rimproverò di Hermione risultò totalmente inutile: Matilda si era alzata, abbandonando lo stendardo a terra –Non lo capisco nemmeno io, ma sai che c’è? Preferisco passare il mio tempo con i miei amici serpeverde, almeno loro non stanno sempre lì con il dito puntato contro di me!-
 
-Già, sono troppo impegnati a gettare fango su tutti gli altri!-
 
 Quest’ultima stoccata fece scoppiare la giovane Malfoy –Non starò qui a farmi insultare da una ragazzina piena di sé!-
 
-Ti prego, aspetta!- Hermione cercò di trattenere il polso di Matilda, ma questa si tirò indietro con uno strattone –Voi grifondoro, sempre convinti di essere i migliori eh? Dite pure a Fred e George che mi tiro indietro-
 
 Uscì dall’aula furente, senza permettere che né l’una né l’altra potesse replicare.
 
Trascorsero i giorni e Matilda evitò accuratamente di imbattersi in Ginny od Hermione. Un giorno si scontrò con George, che cercò di chiederle come mai avesse rinunciato a finire lo stendardo, ma lei glissò, dicendo di essere troppo impegnata a studiare per occupare il proprio tempo in quelle sciocchezze
 
 –Ma ormai non c’è più nulla da studiare, non essere sempre così severa con te stessa- tentò di replicare lui, ma la ragazza non aveva nessuna intenzione di confessargli che il vero motivo era stata la discussione con la sorella per cui, nonostante George sembrasse risentito dal suo atteggiamento, Matilda lo liquidò, anche se provò un forte dispiacere nel farlo.
Il giorno dell’ultima prova del torneo era giunto e tutti, professori e studenti, erano in trepida attesa di conoscerne il vincitore. Inutile dire che gli studenti serpeverde tifassero per la vittoria di Cedric Diggory e Matilda non la pensava diversamente: ancora amareggiata da come erano andate le cose sperava che Harry Potter subisse una sconfitta, così i grifondoro avrebbero ricevuto una bella lezione. Ma qualcosa di orribile accadde.
Harry uscì dal labirinto e un coro d’ovazione si alzò dagli spalti, ma poco dopo capirono che non c’era nulla da festeggiare: accanto il giovane e disperato grifondoro, giaceva il corpo freddo e rigido di Cedric.
Un urlo, poi un altro, l’euforia generale si tramutò presto in sbigottimento ed agitazione, in paura e disperazione.
Voldemort era tornato ed aveva posto fine alla giovane vita di Cedric Diggory.
 
Eccomi tornata! So di non essere stata rapida nell’aggiornamento, comunque per farmi perdonare vi allego il ritratto di famiglia che ho fatto proprio per voi; spero che vi piaccia, fatemi sapere cosa ne pensate! Per il resto che ne dite? Siete soddisfatti di come stanno evolvendo le cose? Dal prossimo capitolo le cose inizieranno a farsi decisamente più interessanti, quindi spero continuerete a leggere questa storia. Attendo i vostri commenti con ansia! A prestissimo.
 
D.
 

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Capitolo 6
*** Senza zucchero ***


CAPITOLO VI
 
Senza zucchero
 
Spalancò gli occhi. La stanza era inghiottita da quel buio che stava ad indicare una notte ancora profonda, senza la speranza che il sole sorgesse di lì a poco, a colorare le pareti.
Afferrò la vestaglia, così la infilò e schiuse la porta con accortezza, badando bene a non fare il minimo rumore, per poi richiuderla dietro di sé e con altrettanta delicatezza schiuse quella di Draco e lanciò uno sguardo dentro: il fratello sembrava dormire ancora profondamente, nella sua solita posizione supina, era composto anche mentre dormiva, pensò.
Senza indugiare troppo richiuse la porta e si avviò verso le scale che l’avrebbero condotta nel piano inferiore del maniero, i piedi scalzi a contatto con il legno caldo.
Sentì delle voci provenire dallo studio di Lucius che riconobbe distintamente appartenere ai suoi  genitori.
Che strano, sono ancora svegli, pensò. Intenzionata a non far loro accorgere che anche lei era in piedi, superò frettolosamente la porta socchiusa dello studio, ma il tono preoccupato di Narcissa la fece bloccare accanto alla porta schiusa.
-Dobbiamo pensare a noi, Lucius…- sussurrò la donna.
-Ci sta chiamando Cissy, non possiamo fare altro che rispondere.-
Matilda decise di spiare dalla fessura; una fitta le colpì la testa nel realizzare chi fosse il soggetto della loro conversazione.
Gli occhi grigi si sgranarono, quando vide il padre, il cui volto non aveva più nulla di fiero ed altezzoso, ridotto solamente ad un groviglio di rughe contrite attorno agli occhi e la fronte. L’uomo tirò su la manica dell’abito e lasciò scoperto, con orrore di Matilda, il marchio nero simbolo dei mangiamorte, che sembrava contorcersi sul braccio pallido del padre.
-Ti prego Lucius, fai attenzione: il Signore Oscuro ti sta tenendo sotto sorveglianza. Pensa ai nostri figli.-
La mano tremante di Narcissa sfiorò il volto del padre, come volesse distenderne tutte le rughe disperate.
Lucius Malfoy socchiuse gli occhi, così poggiò la mano sinistra sul marchio nero ed in un attimo si smaterializzò.
Matilda trattenne il fiato e velocemente si allontanò non volendo rischiare di essere sorpresa dalla madre.
Risalì velocemente nella sua stanza e si fiondò sotto le coperte senza nemmeno togliersi la vestaglia. Un fiume di pensieri prese ad inondarle la testa ed un forte senso di nausea le colpì lo stomaco: Harry Potter e Silente avevano ragione quindi. Colui-che-non-deve-essere-nominato era tornato e suo padre gli prestava nuovamente servizio. Cercò di distrarsi da quel pensiero, eppure per quanto si sforzasse non riuscì proprio a togliersi dalla mente l’immagine disgustosa del marchio nero che vibrava sul braccio del padre come un animale attaccato alla preda. Quando riuscì a riprendere sonno ormai il sole stava sorgendo e lei crollò in un incubo fatto di serpenti antropomorfi sigillati dietro porte chiuse.
 
Nei giorni che seguirono la giovane Malfoy cercò di riprendere lucidità: cosa avrebbe dovuto fare ora che aveva visto suo padre rispondere alla chiamata del Signore Oscuro? Con estrema cautela valutò le possibilità che aveva davanti; avrebbe dovuto avvisare qualcuno di quello che aveva visto? Escluse di parlarne con Draco, non voleva dare al fratello altri pretesti per appoggiare le idee malsane dei seguaci di Colui-che-non-deve-essere-nominato ed era sicura che se avesse saputo che il padre era tornato a servirlo, si sarebbe fatto influenzare con estrema facilità.
Allora doveva parlarne con la madre? Ma perché mai poi? Di certo non avrebbe voluto affrontare la cosa, non con sua figlia, che riteneva ancora una graziosa creatura da proteggere.
Maledisse i suoi genitori e la sua famiglia per averla messa al mondo; l’avevano costretta ad affrontare la realtà dei fatti, l’avevano obbligata a vivere nella consapevolezza di essere sangue puro di mangiamorte. Tirò un calcio alla sedia che aveva vicino, proprio mentre Draco fece ingresso nella sala principale della villa.
-Nervosetta questa mattina? Che c’è, non sei riuscita a fare tutti i compitini assegnati?-
Matilda fulminò il fratello con lo sguardo, lasciandolo basito –Tutto bene Matt?-
-Si- rispose secca lei –Tutto benissimo.- si frenò dal lanciare un altro calcio alla sedia, che tirò su con stizza. –Forza, dobbiamo finire i compiti di pozioni, o Snape ci renderà la vita impossibile.-
Draco sbadigliò vistosamente e poi tornò a guardare la sorella incuriosito –Con questo spirito finirai per far scoppiare il calderone, sicura che vada tutto bene?-
-Ti ho già detto di si! Che c’è sei diventato sordo?!-
Il ragazzo decise di sorvolare –Donne in piena crisi ormonale, chi vi capisce…-
Forse la decisione migliore che potesse prendere era parlare direttamente con il preside; tornata ad Hogwarts avrebbe preso al più presto un appuntamento con lui.
Da una parte si sentiva una traditrice, come poteva anche solo pensare di tradire Lucius? Era pur sempre suo padre del resto e forse quella confessione avrebbe finito per rovinare tutti loro. D’altro canto non era di certo colpa sua se la sua famiglia aveva scelto di stare dalla parte sbagliata della barricata; il pensiero del Signore Oscuro le metteva i brividi e l’unica cosa di cui era certa era di non volere aver nulla a che fare con lui e con chi appoggiava la sua causa malata e sanguinolenta.
 
Un giorno Lucius rientrò dal ministero con aria tronfia, pareva che tutta l’angoscia che aveva riscontrato sul suo viso qualche notte prima si fosse dissolta. Da una conversazione tra i suoi genitori colse che Harry Potter era stato espulso dalla scuola di magia di Hogwarts per aver usato la magia, quell’estate. Tentò di non intervenire, anche se avrebbe voluto sapere ogni dettaglio della faccenda.
-Sfregiato ha proprio commesso un passo falso, ora ne vedremo delle belle.- Draco era al settimo cielo, quella notizia lo aveva messo decisamente di buon umore. Si trattenne da lanciare un pugno in pieno volto al fratello. Quale fosse il motivo per cui Harry Potter avesse usato la magia sentiva che c’entrasse qualcosa con il ritorno di Colui-che-non-deve-essere-nominato, eppure suo fratello non era affatto toccato dalla questione, limitandosi invece a gongolarsi a seguito della notizia che il suo più acerrimo nemico non avrebbe più messo piede ad Hogwarts. Matilda avrebbe voluto scrivere ad Hermione chiedendole spiegazioni, ma non sapeva dove quella si trovasse in quel momento; inoltre dopo quel bisticcio con Ginny l’aveva evitata con cura, scambiando con lei solo dei saluti a mezza bocca. Era estremamente dispiaciuta, del resto Hermione non c’entrava niente ed aveva anche dimostrato tutta la volontà di riappacificarsi con lei. Le avrebbe parlato non appena fossero tornate ad Hogwarts.
Per fortuna ebbe una fonte di distrazione quando ricevette la lettera di Daphne, in cui l’amica le raccontò che non solo si stava tenendo segretamente in contatto con Lee Jordan, scambiandosi con il ragazzo almeno una lettera a settimana, inoltre pare si fossero incontrati qualche giorno prima a Diagon Alley ed il ragazzo era riuscito finalmente a strapparle un bacio. Daphne ci tenne a precisare che inizialmente lo aveva scansato bruscamente, Matilda rise pensando fra sé alla reazione di pancia dell’amica, persino poteva sentire distintamente le sue parole: Gli ho forse dato il permesso di fare una cosa del genere?!
Eppure pare che Lee fosse riuscito ugualmente nel suo scopo, dato che Daphne aveva continuato la lettera descrivendo nel dettaglio il bacio intenso e profumato che si erano scambiati.
Ovviamente non devi dirlo ad anima viva! Nemmeno mia sorella sa di quello che è successo, mantieni il segreto o non ti risparmierò una fattura che ti farà cadere tutti quei bei ricci candidi che ti ritrovi!
Non vedo l’ora di tornare ad Hogwarts, ma solo perché voglio rivederti sia chiaro!
A prestissimo.
 
Daphne Greengrass
 
Sorrise nel leggere quelle righe spensierate, ma subito ricrollò in un vortice di malessere. A quel punto decise che era giunto il momento di dedicarsi alla lettura del libro regalatole dai gemelli Weasley; male non le avrebbe fatto.
 
Finalmente, salvifico, giunse il primo settembre. Si era svegliata decisamente presto e per le 6:30 del mattino era già pronta. Quando si recò nella sala si stupì nel trovare sua madre seduta al tavolo, pronta prima di lei: era una donna meravigliosa, con i capelli acconciati alla perfezione ed il trucco impeccabile ad illuminarle il viso maturo. Narcissa, nel vedere la figlia, piegò le labbra in un’espressione di dolore.
-Matilda…la treccia…-
La ragazza sedette al tavolo ed evitò lo sguardo della madre. –Ci ho pensato da sola.-
Con quell’affermazione era riuscita a spezzare il cuore della madre. –Ma era il nostro rito…-
A quel punto alzò le pupille algide e le piantò in quelle scure della madre –Le tradizioni possono essere spezzate mamma, certe volte è giusto così, non ti pare?-
Narcissa strinse i pugni sopra il tavolo e con sforzo riacquisì un’espressione fiera e dura.
Aveva sempre pensato alla figlia come una giovane ragazza indipendente ed orgogliosa, ma mai avrebbe pensato che sarebbero arrivate a quel punto. Quell’estate erano state più distaccate del solito e spesso Matilda scompariva per intere giornate, per rincasare solo a tarda sera e condividere la cena con i genitori ed il fratello. Ogni volta adottava una scusa differente, sotterfugi sempre e soltanto legati alla mole di studio e alla preparazione degli esami del G.U.F.O che avrebbero dovuto affrontare a fine anno. Persino quando lei e Draco, qualche giorno prima, avevano ricevuto da Hogwarts la spilla che faceva di loro i nuovi prefetti della casa Serpeverde, Matilda si era rifiutata di festeggiare con la famiglia, rispondendo algida che non c’era nulla da festeggiare, senza dilungarsi in spiegazioni. Ora erano l’una di fronte all’altra. Nonostante Narcissa sperasse che quelli della sua bambina non fossero che semplici moti di ribellione adolescenziali, in cuor suo sentiva che molto di più era nascosto dietro quegli occhi gelidi e quelle labbra serrate.
-Avremmo dovuto parlare molto di più.-
Matilda strinse appena gli occhi –Beh, avresti potuto sforzarti molto di più per rendermi partecipe, non trovi?-
-Non mi piace affatto il tono che stai usando con me, sono pur sempre tua madre.-
La giovane Malfoy sibilò una risata amara –Eccola qui, la frase più scontata che avresti mai potuto pronunciare. Sappi, mamma, che un tale assenteismo me lo aspettavo da mio padre, mai però avrei pensato che anche tu mi avresti trattata come una ragazzina inconsapevole. Io non sono come Draco; non solo non ho bisogno di essere protetta, sono anche in grado di decidere con la mia testa. Certo sarebbe stato tutto molto più semplice se tu fossi stata in grado di dirmi come stavano andando le cose. Purtroppo mi sono dovuta schiarire le idee da sola. Ora scusami, ma voglio fare colazione.­-
Proprio mentre Narcissa stava per replicare, Lucius fece il suo ingresso nella sala con un gran sorriso e si affrettò ad avvicinarsi alla figlia per lasciarle un bacio sulla fronte. Quel bacio candido la raggelò, ma rimase immobile e continuò a sorseggiare il suo tè passivamente.
-Matilda, non hai zuccherato il tè.-
-Senza zucchero. Io prendo il tè senza zucchero.- e con quella risposta mise la parola fine a quell’amara conversazione con la madre. Lucius sembrò non rendersi conto di nulla e prese a fare raccomandazioni a Matilda e Draco, giunto poco dopo di lui.
Alla stazione di King’s Cross si limitò a salutare i genitori con un rapido gesto della mano e frettolosamente salì sul treno; doveva recarsi subito nel vagone in cui si sarebbe riunita con gli altri prefetti, ma prima ancora avrebbe dovuto sistemare i bauli e Juno da qualche parte.
Narcissa seguì con lo sguardo la figlia salire sul treno e nel vedere, attraverso il vetro, l’espressione della figlia mutare e rilassarsi, una fitta allo stomaco la colse. Sospirò e poggiò la mano al braccio del marito e con lui si allontanò.
Matilda non si stupì affatto di trovare fra i prefetti la sua amica Hermione, ma grande stupore invece la colse quando individuò Ronald Weasley come altro prefetto della casa Grifondoro. Raccolse coraggio e si avvicinò ad Hermione e con tocco delicato le sfiorò la spalla e la fece voltare –Ciao Hermione…- La ragazza sgranò appena gli occhi –Matilda, anche tu un prefetto!- e con gioia la abbracciò forte e quell’abbraccio pose fine ad ogni discussione fra le due.
-Hermione io…voglio scusarmi con te.- si scostò da lei e la guardò con occhi sinceramente dispiaciuti –Sono stata una stupida a comportarmi in quella maniera, puoi perdonarmi? Non ce l’avevo con te e non avrei dovuto metterti in mezzo.-
La giovane Granger scosse la testa –Sono io che devo scusarmi con te, non dovevo permettere che Ginny ti parlasse in quella maniera…- Poi la guardò e sembrò intristirsi; esattamente Matilda non capì perché Hermione la stesse guardando in quel modo cupo e desolato, ma le due vennero interrotte dalla voce del fratello –Disgustoso. Risparmiatevi queste effusioni, siete prefetti.- Draco era dietro di loro con la spilla da prefetto in bella vista sulla divisa. Matilda gelò il fratello con lo sguardo –Vuoi iniziare l’anno scolastico litigando Draco? Non ti conviene, sai?-
Anche se silenzioso, Ron aveva la faccia di chi la pensasse come Draco; era evidente che non vedesse di buon occhio l’amicizia fra Matilda ed Hermione, ma per non scatenare la furia di quest’ultima si guardò bene dal commentare.
La scintilla della lite venne comunque sopita dalle spiegazioni che vennero date loro per quanto riguardasse il loro ruolo da prefetto: prima di tutto dovevano fare delle ronde sul treno ed assicurarsi che l’ordine e la disciplina fossero mantenuti e così doveva essere ad Hogwarts; Matilda si trovò a pensare che tutto quel potere avrebbe dato alla testa a Draco e sospirò, consapevole che avrebbe dovuto fare il doppio del lavoro per cercare di mantenerlo buono e di non permettergli di esagerare. Quando si ritrovarono sole per un momento, Matilda tirò da una parte Hermione; non sapeva se stesse facendo la cosa giusta, ma la sua amica era molto saggia e l’avrebbe ascoltata con pazienza –Senti, ho bisogno di parlarti. So quello che è successo ad Harry Potter…e anche che tutto si è risolto per il meglio per lui. Però ho delle cose importanti da dirti. Anche domani andrà bene, ma devo parlarti da sola, va bene?-
La grifondoro la guardò sospettosa, poi annuì –Va bene, appena avremo capito quali sono i nostri orari delle lezioni possiamo darci appuntamento al bagno delle ragazze al secondo piano, ok?-
 
I corridoi del treno erano estremamente chiassosi; la giovane Malfoy si ritrovò subito ad ammonire qualche studente troppo esuberante e quando si scontrò con le chiome fiammeggianti dei gemelli Weasley, intenti ad intrattenere con i loro giochetti alcuni studenti del primo anno, il suo volto si fece particolarmente duro nonostante sentiva il suo stomaco fare una brusca capriola. Si avvicinò ai due con passi pesanti.
-Volete iniziare l’anno dando subito spettacolo? Non avete i M.A.G.O. quest’anno? Dovreste dare il buon esempio.-
Entrambi si voltarono a guardarla e, seppur qualunque altra persona avrebbe avuto difficoltà a distinguere Fred da George, lei non aveva avuto nessun dubbio fin da subito. Inizialmente entusiasta di vederla, subito dopo gli occhi nocciola di George parvero spegnersi ed il cuore di Matilda prese a battere più del normale –Ah, sei prefetto anche tu eh? Mi ci sarei giocato la scopa, lemonsoda.- Anche se tentò di riprendere vivacità, Matilda notò che George sembrava ancora dispiaciuto ed amareggiato proprio come l’ultima volta che l’aveva incontrato. Evidentemente la sorella non gli aveva spiegato come erano andate le cose fra di loro prima dell’estate e questo la fece arrabbiare. –Beh, purtroppo per voi è così. Lasciate perdere questi studenti, per piacere, non voglio essere costretta a sottrare subito punti alla vostra casa.- E con il rossore in volto che tradiva tutta la sua sicurezza proseguì lungo il corridoio.
-Felice di rivederti anche io, comunque!- George quasi le sputò quelle parole addosso, per cui si fermò e si voltò a guardarlo. Stava per rispondere, voleva chiedergli scusa per essere sempre così acida e sgradevole con lui, ma le parole le morirono in gola e senza dire nulla, se ne andò.
Perché ogni volta che quel Weasley incrociava la sua strada a lei sembrava che un’altalena emotiva le ballasse nella pancia?
Decise di raggiungere Daphne ed Astoria, che trovò sedute in maniera tutt’altro che conveniente in uno dei vagoni occupato interamente da serpeverde. Quando le vide si accasciò di fianco a loro e sospirò –Sono già stanca, possibile che le lezioni non siano ancora iniziate ed io sia già stanca?- sbuffò infastidita.
Daphne si ricompose e abbandonò il libro che stava leggendo –E ti lamenti anche? Sei prefetto
Signorinaperfezione, questo non è che l’inizio per te! Comunque spara, come mai quell’aria afflitta?- Matilda guardò l’amica con sguardo complice –Non ora…- sussurrò temendo che qualcun altro, tra cui Astoria che non si sentiva di coinvolgere nei suoi tumulti emotivi, potesse farsi gli affari suoi.
Daphne insistette –Se non ora, quando? Fra poco saremo immerse di compiti, già le vedo, le nostre scrivanie interamente occupate da enormi e polverosi libri, che sarai stata tu, tra parentesi, a portare. Concedimi almeno un po’ di distrazione!-
Matilda guardò in direzione di Astoria, presa a sistemarsi i capelli, per poi tornare su Daphne, nella speranza che la bionda capisse di dover tagliare corto –Avremo tutto il tempo questa sera, così ci racconteremo a vicenda, non trovi?- Daphne deglutì, consapevole che prima o poi avrebbe dovuto parlare all’amica dello strano rapporto che stava instaurando con Lee Jordan, così tornò ad immergere il naso nelle pagine del libro che stava leggendo.
 
Una spiacevolissima sorpresa giunse agli studenti quando Silente presentò a loro tutti la nuova insegnante di Difesa contro le arti oscure: una donnina disgustosa, con la faccia da rospo ed un terribile completo rosa confetto era seduta composta e sorridente fra i docenti. Dolores Jane Umbridge, sottosegretario anziano al Ministero della Magia, aveva fatto il suo ingresso ad Hogwarts per volere del ministro Fudge e da subito sembrava voler imporre un nuovo e quantomeno imbarazzante registro nella scuola. Nessuno prima d’ora aveva preso parola dopo il discorso introduttivo di Silente, invece la Umbridge si impose e pretese di parlare, dando voce a quelle parole che avevano tutta l’aria di essere espressione delle volontà del Ministero. Quando frequentò la prima lezione con la Umbridge, che da subito aveva riservato un trattamento di favore per lei e per Draco, Matilda si infuriò quando quell’orrida strega aveva dichiarato che non avrebbero usato la magia durante le sue lezioni, ma avrebbero appreso la difesa contro le arti oscure in modo assolutamente sicuro ed approvato dal Ministero della Magia, il che voleva dire riporre le bacchette nel cassetto e limitarsi a leggere il nuovo libro di testo che sembrava essere stato scritto prima della prima guerra magica, vista la povertà di argomenti e la totale assenza di spunti avanguardistici.
Ancora confusa ed infervorata dalla lezione con la professoressa Umbridge, la giovane Malfoy si recò a lezione di pozioni, durante la quale il professor Snape aveva affidato loro una pozione molto difficile da realizzare, La bevanda della pace, che poteva essere argomento d’esame del G.U.F.O. Fu in quel frangente che rivide Harry Potter, il quale aveva fatto una pessima figura, preparando una pozione talmente scadente da meritarsi uno 0 per questo. Dopo aver consegnato il suo distillato quasi perfetto, Matilda indugiò vicino alla cattedra del professor Snape in attesa che gli altri studenti defluissero.
-Professore, avrei bisogno di parlarle un momento.-
Fu tramite Snape che Matilda fissò un colloquio con Albus Silente che ci sarebbe stato solo la settimana successiva.
Nel frattempo avrebbe dovuto svolgere le attività di prefetto, si sarebbe preparata per l’ammissione nella squadra di Quidditch e avrebbe dovuto affrontare proprio con il professor Snape un colloquio individuale per parlare dei programmi che aveva per il futuro una volta diplomatasi, per non parlare della mole di studio da affrontare per i G.U.F.O. Insomma non aveva un minuto di tempo libero.
 
-Allora come è andata la tua estate?- Matilda ed Hermione si erano ricavate un momento di tranquillità nel bagno desolato del secondo piano. Matilda prese a mordicchiare le cuticole intorno al pollice con nervosismo. –La mia è stata un’estate orribile Hermione, decisamente orribile.- l’amica la fissava silenziosa, lasciandole il tempo di trovare il coraggio di parlarle.
-Senti…a scuola si dice che Harry Potter sia un megalomane uscito di senno proprio come il professor Silente…- Hermione deglutì ed indurì lo sguardo –Io mi fido di Harry e di quello che ha detto; le persone dovrebbero imparare a tenere la bocca chiusa e smetterla di seguire le fanfare della Gazzetta del Profeta!- La grifondoro era particolarmente indispettita e Matilda non trovava proprio il coraggio di aggiungere nulla. Quando perse lo sguardo sul pavimento del bagno, Hermione si rese conto di aver sbraitato per troppo tempo e che l’amica non aveva proferito parola. –Matilda, c’è forse qualcosa che vuoi dirmi in merito ad Harry?-
La giovane serpeverde alzò gli occhi, occhi ormai gonfi di lacrime, cosa che lasciò talmente spiazzata Hermione che si affrettò a carezzarle la spalla –Che succede? Come mai…- Ma Matilda prese a singhiozzare e nonostante le parole di conforto dell’amica, non riuscì a smettere se non svariati minuti dopo, quando credette di aver esaurito ormai tutte le lacrime che aveva in corpo.
-Io gli credo Hermione, credo ad Harry e al fatto che…Tu-sai-chi sia tornato…- si asciugò gli occhi con la manica. –Ne ho avuto la prova.-
Hermione sgranò gli occhi non riuscendo proprio a nascondere lo stupore. –Ma come…-
-Giuramelo, giurami che non farai parola con nessuno Hermione! Ho già…ho deciso di parlarne con il preside, mi recherò nel suo studio fra qualche giorno e gli riferirò quello che so.-
La giovane grifondoro tentò di chiedere maggiori spiegazioni a Matilda, ma quest’ultima non aggiunse altro, si limitò in effetti a ribadire che era cosciente che Voldemort, badando bene a non nominarlo mai, fosse tornato e che Harry Potter era vittima del vile ministro Fudge che evidentemente voleva tacere la cosa.
-Ti ringrazio Matilda. Sai, sei stata molto coraggiosa. Fidati di Silente e parla liberamente con lui, sono certa che sia la persona più adatta ad ascoltarti. Comunque conta pure sul mio silenzio.-
Matilda alzò gli occhi ancora umidi per guardare l’amica e tentò un debole sorriso –Sai Hermione, si può dire tutto di noi serpeverde, tranne che siamo coraggiosi; quella è una prerogativa tutta vostra.-
 
 Il professor Snape riferì a Matilda che Albus Silente avrebbe rimandato il loro appuntamento e lei mostrò una faccia decisamente affranta.
-Matilda, sai che se hai bisogno di un consiglio puoi sempre fare riferimento a me. Qualcosa ti affligge?-
La giovane Malfoy non si sentì di confidarsi con il professore di pozioni, d’altronde le voci che lui fosse un mangiamorte redento erano giunte col tempo a Matilda, per cui ringraziò educatamente ma declinò l’offerta, nonostante l’insistenza di Severus.
Non le restava quindi che dedicare le proprie energie nelle audizioni per il ruolo di Cacciatore. Nonostante le regole ferree che la Umbridge stava imponendo agli studenti, instaurando un clima di repressione tale che quasi costò l’impossibilità alla casa Grifondoro di rimettere in piedi la squadra, per quanto riguardò i Serpeverde non ebbero alcun problema a riguardo, per cui le audizioni si tennero nella seconda settimana di lezioni e Matilda fece il suo ingresso in campo, conquistando il ruolo di cacciatore con grande invidia di molti altri studenti. Le malelingue non tardarono a spifferare in giro che l’unico motivo per cui Matilda aveva ottenuto il ruolo fosse essere una Malfoy, ma la ragazza non dette peso alle maldicenze, conscia di essere una brava giocatrice. Alla fine di quella lunga giornata fece ingresso nella sala grande con la divisa infangata, ma tronfia e su di giri.
-E così ce l’hai fatta, mi dicono.-
Dietro di lei, con il solito sorriso sornione, George la osservava divertito. Matilda si imbarazzò talmente tanto di farsi vedere in quelle condizioni che si affrettò a sistemare i capelli in una cipolla e a spolverarsi il viso con le mani.
Ma che stupida, quando le nostre squadre si scontreranno mi vedrà in condizioni ben peggiori!
-Emh…si ce l’ho fatta, come dici te, me la cavo bene con i lanci. Senti George…-
-Sentimi tu, perché dopo che ti sarai tolta tutto quel fango di dosso non ci vediamo? Vorrei parlarti. Ma preferirei non farmi vedere in giro con una ragazza tanto sciatta, ne varrebbe della mia reputazione, sai.-
Come riusciva a farla arrossire George Weasley mai nessuno al mondo era stato in grado.
-Caro signor Weasley, questo non è che il segno dell’emancipazione! Comunque sai, vorrei…ecco. Si. Dovrei parlarti anche io, però come si fa con la Umbridge, quella è sempre pronta a trovare motivi per dispensare punizioni…-
George rise attirando l’attenzione su di sé di molti studenti pronti a consumare la cena.
-Per chi mi hai preso signorina Malfoy? Sono pur sempre George Weasley, io. I sotterfugi sono il mio mestiere!-
Matilda abbassò il tono e scosse la scopa che teneva salda in mano –Non farmi fare cose illegali, sono pur sempre un prefetto!-
Ma non disse di no, si affrettò solo a correre via e scendere nel proprio dormitorio, trascinando con sé Daphne che stava già per affondare la faccia in un arrosto che aveva un aspetto decisamente invitante.
-Dopo cena! Dopo cena ci vediamo!- Daphne che attendeva l’amica nel bagno mentre lei si sfregava con vigore il corpo sembrò non capire –Ma di chi diamine parli Matt? Mi sembri totalmente fusa, certe volte. Poi scusa ma io stavo per cenare!-
Matilda si affacciò oltre il vetro della doccia mentre le dita frenetiche grattavano la cute della testa –Smettila di fare la finta tonta, lo sai di chi parlo!-
La bionda serpeverde alzò le spalle –Giuro che non capisco, sei caduta mentre giocavi a Quidditch per caso? A proposito, vive congratulazioni per il ruolo di cacciatore!-
-Ma falla finita Daphne!- Urlò lei mentre l’acqua scorreva sul corpo –L’amico del tuo amico! George Weasley!-
-Coooosa?! Mi stai dicendo che hai un appuntamento con George Weasley?! E quando pensavi di dirmelo?!-
-Non è un appuntamento! Dobbiamo solo parlare!-
-E se dovete solo parlare mi spieghi perché sembri tanto agitata? E poi scusa, ma come farai a vederti dopo cena con lui senza beccarti una punizione?-
-A questo ci penserà lui, io mi limiterò a fare finta che quel teppista non abbia infranto nessuna regola!-
Con un tocco di bacchetta avvolse l’asciugamano intorno a sé e sempre aiutata dalla magia asciugò i lunghi e indomati capelli chiari.
-E cosa dovete dirvi di tanto importante? Tu non me la conti giusta Matt, non è che quel Weasley ti piace? Bleah, con quei capelli.-
Matilda guardò l’amica con sguardo furente –Cos’avrebbero i suoi capelli che non va? E poi no, no e poi no! Non mi piace, solo che come dicevi te di Lee Jordan…non è un totale demente come avevo immaginato.- Daphne roteò gli occhi al cielo, ma un sorriso comparve a scaldare il suo volto algido. –Touché.-
 
Mangiò di tutta fretta, accompagnata dai pochi altri ragazzi rimasti che passarono quella breve mezz’ora a non fare altro che complimentarsi con lei per la conquista del ruolo di cacciatrice. Dopo essersi pulita la bocca con cura, non prima di aver consumato anche la porzione di dessert, fece cenno ai ragazzi rimasti di andare, dato che lei doveva ancora svolgere dei compiti da prefetto. Una volta rimasta sola con Daphne, proprio mentre stava per alzarsi, i gemelli Weasley e Lee Jordan le precedettero nell’azione e si avvicinarono a loro con apparente disinvoltura: Lee fece l’occhilino ad una Daphne che stentava a mantenere compostezza, mentre Fred si lasciò sfuggire un suono ridacchiante dalle labbra.
-Sali al quinto piano, ci vediamo davanti alla statua di Gregory il Viscido.- George sussurrò quella frase passando accanto a Matilda e dopo un plateale sbadiglio si allontanò con gli altri due.
Cosa gli passasse per la testa a quel ragazzo la giovane serpevedere smise di chiederselo, limitandosi a salutare l’amica per poi seguire le istruzioni del grifondoro dai capelli di fuoco.
La sua spilla da prefetto posta bene in vista sulla divisa le consentì di salire i piani del castello senza troppe domande e quando giunse davanti alla statua rimase in attesa tentando di nascondere il nervosismo. L’attesa non durò a lungo e presto apparve George, che le chiese di spostarsi dalla statua, così estrasse la bacchetta, con la quale toccò la statua che si spostò, rivelando quello che sembrava proprio essere un passaggio segreto.
-Ma…-
-Sssshhh, vuoi farti beccare subito? Entra, svelta!-
Matilda inorridì all’idea di essere punita e seppur contro voglia entrò nel passaggio, seguita da George che lo richiuse. Un lungo corridoio stretto e buio si srotolava davanti a loro e lei rischiò più volte di inciampare nei suoi stessi passi.
-Seguimi…- bisbigliò George.
Dopo circa 5 minuti di cammino finalmente il ragazzo si fermò.
-Lumos!- pronunciò Matilda agitando la bacchetta; proprio davanti a lei George teneva una pergamena logora in mano, che sfiorò con la punta della bacchetta pronunciando le parole Giuro solennemente di non avere buone intenzioni.
-Ma dove siamo? E quella cos’è? George Weasley mi stai cacciando in un brutto guaio!-
Il ragazzo sorrideva divertito mentre gli occhi scuri correvano sulla pergamena.
-Benissimo. Fatto il misfatto!- E subito dopo ripose la pergamena in tasca.
-Pensi sia giunto il momento di darmi spiegazioni?-
-Qui possiamo parlare quanto vogliamo, inoltre mi sono semplicemente assicurato che nessuno possa venire a ficcanasare. Geniale, no?-
-Come no, proprio geniale!-
Come se si fosse resa conto all’improvviso di essere in un isolato corridoio buio con la sola compagnia di George, Matilda si sentì trasalire ed il suo cuore accelerò nei battiti.
-Allora? Non dovevi dirmi qualcosa?- I denti candidi di George rilucevano davanti al bagliore della bacchetta di Matilda.
-Anche tu se non sbaglio! Inizia pure…-
Il ragazzo rise –Sei una codarda, lemonsoda, tipico di voi serpeverde! Comunque va bene, farò il cavaliere e ti toglierò dall’imbarazzo.- Matilda pensò che quella frase l’aveva invece fatta sprofondare nell’imbarazzo, ma prima che potesse replicare, George iniziò a parlare.
-Ho saputo della discussione che hai avuto con la mia sorellina. Volevo chiederti scusa da parte sua. Sai, Ginny sa essere davvero pungente, quando ci si mette d’impegno.-
-E quello lo chiami essere pungente? È stata offensiva nei miei confronti e in quelli di tutti i serpeverde. Se non fossi così bene educata l’avrei affatturata all’istante.-
-Educata? Tu?- George rise di gusto, facendo arricciare il naso a Matilda –Va bene sorvoliamo. Comunque Hermione mi ha raccontato giusto ieri come sono andate le cose. Strano che non me ne abbia parlato quest’estate, con tutto il tempo che ha avuto a disposizione per farlo. Forse non voleva che litigassi con Ginny, chissà.-
Le guance di Matilda divamparono –Questa estate? Hai passato…avete passato l’estate assieme tu ed Hermione Granger?-
George alzò un sopracciglio –Come tutti gli anni da ormai 4 anni, si. Perché ti stupisci?-
Ma certo, Hermione era la migliore amica di Ronald Weasley, di conseguenza era normale che passasse molto tempo con la sua famiglia, specialmente perché i suoi genitori erano babbani e, Matilda si soffermò a riflettere, le estati babbane probabilmente erano di una noia mortale.
-Ehi lemonsoda, sei fra noi?-
L’aveva rifatto, si era persa nei suoi pensieri.
-Scusami, comunque mi dicevi di tua sorella. Ecco non volevo dirtelo, però ormai ci ha pensato Hermione…sai George, non sopporto che mi si giudichi solo perché porto questo cognome, non trovo giusto etichettarmi.­-
Il ragazzo annuì e accennò un sorriso amaro –è proprio quello che le ho detto.-
Matilda strabuzzò gli occhi –Cosa? Hai parlato con Ginny?-
-Certo, le ho detto che non si giudica un libro dalla copertina, che è proprio il motivo per cui la nostra famiglia non è vista troppo bene fra le famiglie di sangue puro, come ben saprai. Poi ho aggiunto che deve imparare a farsi gli affari suoi, se non vuole essere vessata per l’eternità.-
Matilda non poté che sorridere: George l’aveva difesa! Per giunta da sua sorella, a cui sapeva tenere molto! Nonostante sapesse che gongolarsi con quella notizia non era giusto, non riuscì a non bearsene.
-Ora tocca a te, cosa volevi dirmi?-
Parlare fu molto più difficile per lei. Dopo una lunga serie di gorgoglii e di colpetti di tosse, con fervore iniziò a parlare.
-Anche io volevo scusarmi con te, non mi sono comportata bene, avrei dovuto spiegarti perché ho lasciato perdere l’organizzazione della festa…- si bloccò. Si rese conto che non c’era ovviamente mai più stata nessuna festa e quella consapevolezza la colpì forte nello stomaco, ma andò avanti. –Io…ecco non lo so perché lo sto dicendo a te, però sai, io credo ad Harry e a quello che ha detto sul ritorno di Tu-sai-chi.-
Il sorriso di George si allargò ulteriormente, le mani in tasca con fare noncurante ed il volto leggermente inclinato verso destra; era tremendamente carino, pensò.
-Non so per quale motivo ma l’avevo sospettato.-
Matilda scosse i capelli con la mano libera dalla bacchetta. –E perché mai?-
-Beh…- George accennò una risata –L’entusiasmo con cui Hermione è venuta a parlarmi di te e la premura che ha usato nel difenderti…sai non credo che una tipa come lei potrebbe mai difendere una persona che osteggia uno dei suoi migliori amici. Ha un cuore molto grande quella ragazza, nonostante sia diventata decisamente pesante dopo essere diventata prefetto!-
E così la sua amica aveva agito alle sue spalle, ma l’aveva fatto a fin di bene. Appuntò nella mente di sgridarla. E di ringraziarla.
-Bene, ci siamo chiariti allora?-
George alzò le spalle –Credo proprio di si. Comunque sai, non vedo l’ora di incontrarci sul campo di Quidditch, sono proprio curioso di vedere come te la caverai.-
Matilda agitò la bacchetta –Preparati Weasley, quest’anno perderete di sicuro la coppa!-
-Oh, non vedo proprio l’ora. Forza andiamo, si è fatto tardi e non sia mai che rovini la tua splendida carriera scolastica per colpa di George Weasley; spegni la luce, è più sicuro andare avanti al buio, Gazza conosce questo passaggio.-
Matilda esitò –Senti George…credi che…- si morse con forza il labbro. Il ragazzo la guardò accigliato –Andiamo Matt, non puoi metterci sempre un secolo a dire quello che pensi, abbi un po’ di coraggio!-
La giovane Malfoy roteò gli occhi -…Pensi che si possa andare via di casa anche se ancora minorenni?-
Il grifondoro sembrò studiarla a fondo –C’è altro che vuoi dirmi, per caso?-
Evitò di guardarlo negli occhi –Era così, per dire…-
Dopo qualche istante di silenzio, George accennò un sorriso –Non è saggio, ma lungi da me dispensare perle di saggezza. Però posso dirti che conosco una persona che l’ha fatto. Credo sia stata la decisione più sensata che abbia preso in tutta la sua vita.-
Ovviamente George si riferiva a Sirius Black, ma questo Matilda non poteva saperlo.
-Comunque per il momento c’è un intero e lunghissimo anno che ci aspetta, fossi in te rimanderei questi pensieri a giugno.-
Matilda tenne lo sguardo basso ed annuì con scarsa convinzione.
-Nox- e si ritrovarono nuovamente al buio.
-Vieni, non mi sei sembrata particolarmente agile prima.-
George strinse la sua mano senza esitare, cosa che fece sussultare la ragazza, che non oppose però alcuna resistenza. E mentre camminavano lungo il corridoio buio, Matilda strinse la mano esile ancor più a quella lunga e forte di George; avrebbe voluto che quel corridoio non finisse mai.
-Puoi andare, tutto libero. Affrettati giunta al secondo piano, pare che la gatta di Gazza sia in circolazione lì.-
Matilda annuì, ma non sembrava voler abbandonare la stretta sicura della mano del ragazzo.
-George.-
-Parla piano!-
Per la prima volta in tutta la serata, le labbra morbide di Matilda si piegarono in un sorriso sincero –Grazie davvero.-
Così detto sciolse con difficoltà l’intreccio delle mani.
-Quando vuoi, lemonsoda!-
 
Arrivò nel dormitorio con il cuore che sembrava davvero esploderle in petto, dove Daphne la stava aspettando sveglia.
-E ora raccontami tu-tto!-
E sui letti morbidi le amiche si scambiarono le confidenze di mesi, fino a giungere a quella breve, ma meravigliosa serata.
 
 
Buondì a tutti cari lettori! Il coraggio non è proprio la dote di Matilda, però qualcosa si smuove dentro di lei. Alla fine (come pensa George) anche Sirius scappò di casa a soli 16 anni e si rifugiò dal suo migliore amico; buon sangue non mente!
Ancora una volta aspetto le vostre recensioni e i vostri messaggi con gioia, ditemi la vostra!
Ringrazio chi segue, chi preferisce, chi ricorda o anche solo chi segue silenziosamente la mia storia, se continuo a scrivere è grazie a voi.
Vi abbraccio forte.
 
D.

 

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Capitolo 7
*** Il problema è Hannah Abbott ***


CAPITOLO VII
 
Il problema è Hannah Abbott
 
Ronald Weasley era immerso in un bagno di sudore. Verteva in quella condizione da quando aveva ottenuto il ruolo di portiere nella squadra di Quidditch per il rotto della cuffia e se, da una parte sentiva di poter toccare il cielo con un dito (quantomeno quello della sala grande), dall’altra il panico lo stava fagocitando, rendendogli quasi impossibile mangiare, o almeno strafogarsi come suo solito. Sembrava in tutt’altro pianeta quando Hermione emise un suono che era difficile da decifrare, mentre i pugni saldi reggevano La gazzetta del Profeta, dove un’altra, orribile notizia appariva in prima pagina:
 
IL MINISTERO RIFORMA L'ISTRUZIONE
 DOLORES UMBRIDGE NOMINATA PRIMO INQUISITORE SUPREMO
 
Hermione, incitata dai due amici, iniziò a leggere con rabbia trattenuta a stento l’articolo:
 
«...un successo immediato, rivoluzionando totalmente l'insegnamento di
Difesa contro le Arti Oscure e fornendo al Ministro un riscontro sul campo
riguardo a ciò che succede davvero a Hogwarts».
È quest'ultima funzione che il Ministero ha formalizzato approvando il
Decreto Didattico Numero Ventitré, che istituisce la nuova figura di Inquisitore
Supremo di Hogwarts.
«È una nuova, entusiasmante fase del piano ministeriale per affrontare
quello che qualcuno definisce calo degli standard a Hogwarts» ha dichiarato
Weasley. «L'Inquisitore avrà la facoltà di sottoporre a verifica i suoi
colleghi insegnanti e assicurarsi che siano all'altezza del loro compito. Il
posto è stato offerto alla professoressa Umbridge in aggiunta alla sua cattedra
e siamo lieti di annunciare che lei ha accettato».
La nuova strategia del Ministero ha ottenuto il favore entusiastico di
genitori e studenti di Hogwarts.
«Mi sento molto più a mio agio sapendo che Silente verrà sottoposto a
una giusta e imparziale valutazione» ha dichiarato ieri sera il signor Lucius
Malfoy (41 anni) dalla sua villa di campagna nel Wiltshire. «Molti di
noi che abbiamo a cuore l'interesse dei nostri figli siamo preoccupati da
alcune eccentriche decisioni prese da Silente negli ultimi anni, e siamo felici
che il Ministro stia tenendo d'occhio la situazione».
 
-Quell’idiota di Percey! Quello pezzo di sterco di Malfoy!- gracchiò Ron con voce impastata, stando attento a non farsi sentire dal tavolo dei serpeverde. Harry sembrò sprofondare nel tavolo che accoglieva la sua colazione ormai abbandonata a se stessa, mentre con gli occhi spiava la propria mano, colpita dalle terribili punizioni inflittegli dalla Umbridge. Un velo di preoccupazione ed ansia calò sul volto di Hermione, che mentre continuava a leggere l’articolo ad alta voce, incominciò a formulare macchinosi pensieri nella testa: dovevano fare qualcosa, anche se non sapeva ancora bene cosa.
 
La notizia non tardò ad arrivare al tavolo dei serpeverde, dove il gruppo di amici sbocconcellava toast e crostate. Draco rise e diede una gomitata alla sorella seduta alla sua destra, che teneva lo stesso numero della Gazzetta del Profeta fra le mani.
-Guarda un po’ Matt, hanno intervistato nostro padre.- Gli occhi di Matilda si facevano sempre più sottili, mentre leggeva e rileggeva l’intervista rilasciata da Lucius. Anche lei era divorata dall’ansia, proprio come Ron, ma per motivi ben diversi: doveva ancora parlare con Silente riguardo a ciò che aveva visto, ma una paura incondizionata la stava fagocitando; inoltre non voleva far trapelare nulla al fratello, per cui si sforzava di apparire tranquilla, anche se non mollava la presa dal giornale. Una pallina di carta arrivò ad incastrarsi nella nuvola dei suoi capelli chiari, accompagnata dalle risate di Theodor Nott e Blaise Zabini seduti proprio davanti a lei –Andiamo Matt, ti sei svegliata con la bacchetta rotta, questa mattina?- La risata di Draco si aggiunse a quella degli amici, che iniziarono a canzonare Matilda ed i suoi capelli che nella forma, ricordavano proprio quelli della famigerata zia Bellatrix Lestrange.
Le labbra si schiusero in un sorriso tirato –Tutto è andato per il meglio, fin quando non mi sono ritrovata le vostre facce davanti agli occhi.- Il gemello le dette una pacca dietro la schiena talmente forte che la fece sobbalzare –La sorellina si difende sempre bene ragazzi, non credo vi convenga farla arrabbiare.- Theodor regalò alla giovane Malfoy uno sguardo che sprizzava malizia –Sai Draco, arrabbiata diventa decisamente adorabile, non credo vorrò smettere di stuzzicarla.- Blaise guardò l’amico seduto al suo fianco con occhi sgranati e dallo sgomento passò presto alla serietà –Vedi di stare al posto tuo Theo, porta rispetto, è pur sempre la sorella di Draco- -Solo quando ti pare a te, non è vero Blaise? Come se non sapessimo tutti che vi sbaciucchiate appena ne avete l’occasione; quello non mi sembra poi tanto rispettoso.-
-Per Salazar, ci risiamo- Matilda roteò gli occhi e cercò speranzosa uno sguardo di conforto da parte delle amiche sedute accanto a loro, che al contrario si stavano gustando la scena fra le risate, tutte tranne Astoria, che aveva un’aria seria e imbronciata.
Si alzò poco dopo dal tavolo e fece cenno a Daphne e Vila Pucey, serpe dai capelli castani ed un viso decisamente spigoloso di seguirla, rammentando ai presenti che a breve sarebbero iniziate le lezioni della giornata. Detestava fare la parte della secchiona, eppure tutta quella goliardia l’aveva già stufata, quella mattina. Il suo unico pensiero era rivolto a quello che avrebbe detto nell’ufficio del preside, con cui si sarebbe incontrata quel pomeriggio.
-Matt, ti sei davvero svegliata male questa mattina, hai una faccia talmente desolata che sembra ti abbiano lanciato un confundus!-
-Niente che non vada, ho solo troppe cose da fare oggi.- Estrasse dalla borsa il libro di trasfigurazione per la lezione ed accelerò il passo verso l’aula della McGonagall, quando i suoi occhi si inchiodarono sulla bionda Tassorosso Hannah Abbott, intenta a flirtare con un ragazzo che Matilda conosceva assai bene. Lo stomaco si aggrovigliò all’istante, quando vide il fiammeggiante George Weasley con una mano ferma sul muro proprio dove era poggiata la Abbott, che sembrava ridacchiare con aria frivola a quella che doveva essere una delle sue stupide battute. Invocò Merlino e Morgana, sperando di essersi confusa e che quello non fosse che il suo gemello, eppure non si era mai sbagliata nel riconoscerli. Si avvicinò ai due con passo felpato, lasciando indietro le amiche che la guardavano sgomente.
-Vi sembra un atteggiamento da tenere prima di entrare a lezione? Mi stupisco di te, Abbott, sei anche un prefetto!- La voce di Matilda risultò stridula molto più di quanto avrebbe voluto, il che fece scostare George da quella posizione di accalappiaggio  che inchiodava la tassorosso al muro.
-Buongiorno anche a te lemonsoda, il che oggi mi sembra un nome più appropriato del solito!-
La giovane Malfoy sembrò ribollire dalla rabbia e cercò con tutta se stessa di non guardare il grifondoro negli occhi, mantenendo l’attenzione su Hanna Abbott con la quale, fino a quel momento, aveva avuto un rapporto sereno.
Fino a quel momento.
-Dovresti dare il buon esempio!-
-Malfoy, non credo ci sia nulla di sbagliato nel chiacchierare un po’ prima di entrare a lezione, mi sembra tu stia esagerando un tantino.-
Gli occhi gelidi della giovane serpeverde passarono a George, interdetto quanto le sue amiche nell’affrontare quella reazione tanto esagerata.
-10 punti in meno a Grifonodoro! E ringrazia, Abbott, che tu sia un prefetto, li avrei tolti anche alla tua casa se avessi potuto!-
-Ma che cavolo dici? Non puoi farlo!- Hannah Abbott sembrava sconvolta, Matilda però la ignorò e si voltò intenta ad allontanarsi il prima possibile, eppure una stretta al polso la trattenne. George la fece voltare bruscamente verso di lui e la costrinse a guardarlo negli occhi.
-Ma sei impazzita? Non stavamo facendo nulla di male!-
Sostenere quegli occhi nocciola fu quasi impossibile per lei, anche perché sapeva che il gemello Weasley aveva perfettamente ragione. La gelosia nei suoi confronti aveva preso il sopravvento, e con quella una rabbia difficile da frenare.
-Lasciami subito Weasley, o sarò costretta a toglierti altri 10 punti!-
-Stai abusando del tuo potere, lo sai? Tipico di voi serpeverde d’altro canto!-
La Abbott osservava lo scambio fra i due con aria sospetta; capiva che dell’altro era celato sotto quella reazione esagerata della serpe per cui, sebbene a malincuore, dato che non le dispiacevano affatto le attenzioni che George Weasley le stava dedicando, decise di non intromettersi e lasciò i due a discutere.
-Siete sempre così riduttivi voi grifondoro, non fate altro che buttare fango sulla mia casa quando non sapete cos’altro rispondere! Davvero coraggiosi!- Fece per divincolarsi ma George non mollava la presa.
-Beh, se non vuoi essere insultata la prossima volta rifletti bene prima di comportarti da ragazzina capricciosa!-
-Sto solo cercando di mantenere ordine in questa scuola, è il mio ruolo signor Weasley, e lasciami!-
La presa di George si fece ancora più stretta; quella scenata stava attirando l’attenzione di molti studenti, per cui il ragazzo abbassò il tono e si avvicinò a lei, non mollandole il polso per non permetterle di scappare via.
-Mi spieghi che cosa ti prende? Per caso la Gazzetta del Profeta ti è andata di traverso?-
Colpita e affondata. La ragazza inchiodò gli occhi in quelli del rosso e, come al solito, non ebbe il coraggio di rispondere.
-Non sei la sola ad aver digerito male quell’articolo disgustoso, eppure mi pare che tu sia l’unica che si stia sfogando su qualcun altro.-
Anche l’intervista del fratello maggiore di George, Percey, era riportata nell’articolo come portavoce del Ministero. Doveva essere stato un duro colpo per i Weasley, a quello Matilda non ci aveva proprio pensato.
Non ricevendo alcuna risposta dalla ragazza, che si era limitata a rilassare lo sguardo fino a poco prima funesto, George lasciò la presa e Matilda si massaggiò il polso d’istinto.
-Se proprio non vuoi essere ripreso, fai in modo di comportarti in maniera più onesta!-
-Più onesta? Ma di cosa…ehi Matilda, aspetta!-
Ma la ragazza aveva già approfittato della libertà ed era corsa via, seguita subito da Vila, mentre Daphne attese che le due sparissero dalla loro vista e con decisione si avvicinò a George, ancora confuso da quella conversazione.
-Sei proprio un idiota Weasley, certe volte mi chiedo se ci sia altro in quella tua testa rossa, oltre a quella massa disordinata di capelli che ti ritrovi!-
Proprio in quel momento furono raggiunti da Lee, il quale aveva appreso che i due ragazzi stavano litigando sotto lo sguardo di tutti.
-Amico, che succede? Wow Greengrass, oggi sei più bella del…- ma un’occhiata tagliante ammutolì il cronista delle partite di Quidditch, che fece correre lo sguardo dalla bionda serpeverde a George. –Ma che succede?-
George alzò le mani in segno di resa –Amico fidati, vorrei tanto saperlo anche io.-
Daphne tornò a guardare George con aria di sfida –Ti rigiro la cosa Weasley: se non vuoi essere insultato, la prossima volta rifletti bene prima di comportanti da imbecille! E tu stai zitto Jordan!-
Daphne fece fluttuare la chioma bionda e lucente e se ne andò, lasciando i due ragazzi a scambiarsi occhiate sgomente.
-Santo Godrich! Ma che gli prende a queste ragazze?-
George diede una pacca sulla spalla dell’amico –Che vuoi che ti dica Lee, non penso riusciremo mai a capirlo davvero.-
 
Quella difficile giornata di lezioni passò senza troppi intoppi, se non per la presenza della Umbridge che aveva già iniziato a presenziare alle lezioni dei professori di Hogwarts, così da poterne valutare la validità didattica. Mentre si avvicinava all’ufficio di Silente sentiva il battito in gola. Stava facendo la cosa giusta?  Del resto non faceva altro che commettere errori ultimamente e forse parlare con il preside non sarebbe stato che l’ennesimo sbaglio. Ma ormai era fatta, aveva chiesto più volte di potersi incontrare con lui e non poteva più tirarsi indietro.
Quando fece ingresso nell’interessante studio di Silente, odore di legno e spezie arrivarono a stuzzicarle il naso; il preside di Hogwarts era con sguardo chino su un tomo decisamente voluminoso e quando vide entrare Matilda alzò lo sguardo da esso, per poi raddrizzarsi gli occhiali a mezzaluna con movimento meccanico.
-Signorina Malfoy, prego, accomodati pure.-
Di nuovo l’ansia era arrivata puntuale a stringersi attorno al collo e, seppur con indecisione, la giovane Malfoy sedette sulla poltrona davanti alla scrivania del preside.
-Buonasera professore, io non volevo disturbarla, spero di non essere stata…ecco…troppo insistente.-
Albus Silente fece apparire con un tocco di bacchetta due tazze di porcellana ed una teiera, che sospesa in aria versò un tè dal forte tono arancione all’interno di esse.
-Sono certo che non avresti insistito se non fosse stato importante, quindi non preoccuparti. Ora forza, bevi pure, questo è un ottimo tè proveniente da una remota regione scozzese dove un mio grande amico lo coltiva con cura e passione.-
Effettivamente quel tè era delizioso, inoltre Matilda percepì l’ansia scomparire all’istante, per cui constatò che dovesse avere anche delle proprietà magiche che permettevano di rilassarsi.
Silente sorseggiò il tè e dopo un paio di sorsate intervenne con tono rassicurante.
-Dunque signorina Malfoy, vuoi dirmi il motivo che ti ha spinto a venire in questo caotico studio?-
Matilda sbirciò il volto del preside, che aveva congiunto le mani davanti la punta del naso ed attendeva con pazienza un suo intervento; posò con cautela la tazza del tè sul piattino e prese ad intrecciare le dita con nervosismo.
-Io…non so da cosa cominciare. Non so nemmeno se ho fatto la cosa giusta venendo a parlare con lei.-
-L’unica cosa che posso dirti per renderti più tranquilla è che tutto ciò che ti sentirai libera di dire rimarrà in queste quattro mura, non devi preoccuparti.-
Matilda fece un grande sospiro, poi si sforzò di guardare negli occhi il preside che attendeva con pazienza quella difficile confessione.
-Vede signore, tutto è legato a…beh…il presunto ritorno di lei-sa-chi.-
Silente riprese a bere il tè, facendo sentire Matilda più sicura non sentendosi pressata dal suo sguardo attento.
-Io, volevo dirle che io ci credo. Credo che colui-che-non-deve-essere-nominato sia tornato. Lo so per certo, ne ho avuto le prove.- Ci era riuscita, aveva detto quello che non era riuscita a confessare a nessuno. A seguito di quell’affermazione Silente tornò a guardarla, ma rimase in un rispettoso silenzio. La giovane Malfoy seguì nel gesto il preside e tornò a sorseggiare il tè; dopo circa un minuto di silenzio prese nuovamente coraggio.
-Professore, non devo spiegarle come so del ritorno di lei-sa-chi, suppongo. Conosce bene la mia famiglia, sa a quali cognomi sono legata.-
Silente poggiò nuovamente la tazza sulla scrivania.
-Sono grato che tu abbia riposto la tua fiducia in me, non ti tradirò. Piuttosto dimmi, come ti senti?-
Matilda si accigliò. Non si aspettava una domanda di quel genere.
-Cosa intende signore?-
-Immagino sia dura per te essere qui a dichiarare che lord Voldemort (Matilda rabbrividì nel sentir pronunciare quel nome) non solo sia tornato, ma che il sangue del tuo sangue sia coinvolto nella sua ascesa.-
-Io, beh…- scrollò nervosamente la chioma chiarissima –Professore, signore…sono talmente tanti i sentimenti che si ammassano nel mio petto che non riesco a capire nemmeno io come mi sento. Sicuramente ho…paura. Paura per me stessa, paura per tutti noi, paura per…mio fratello, specialmente per mio fratello; lui non è come…-
-Come te?- Silente accennò un sorriso alla giovane Malfoy, che prontamente arrossì.
-Si ecco…signor preside, il sol pensiero del ritorno di lei-sa-chi mi agita; tutta questa storia della purezza del sangue poi, Merlino solo sa quanto la trovi una cosa folle e malata, ma Draco…Draco potrebbe esserne influenzato, in fondo mio padre…-
Si arrestò. Non aveva dichiarato apertamente di aver visto suo padre rispondere alla chiamata del signore oscuro, eppure quel grand uomo di Silente aveva ovviamente capito quale fosse il nodo della questione.
-Se da una parte sono spaventata, dall’altra mi sento di…tradire la mia famiglia. Non so proprio cosa fare. Certe volte mi sento in trappola, vorrei scappare, vorrei portare con me Draco e nasconderlo da tutto questo disastro, vorrei non fosse coinvolto, vorrei…-
Silente alzò una mano per interromperla con tatto.
-Ora calmati, ho un quadro ben chiaro della situazione, permettimi di intervenire.-
-Mi scusi ancora, non volevo sfogarmi così…-
Il preside di Hogwarts si alzò e prese a passeggiare per lo studio, lanciando occhiate distratte ai centinaia di libri che li circondavano.
-Certe volte, anche se vorremmo il contrario, non ci è possibile scegliere per gli altri. Non possiamo fare altro che ascoltare il nostro cuore, si proprio quello Matilda. Dobbiamo accertarci che ciò che ci dice sia compatibile con la nostra razionalità, ma non è sbagliato affidarsi ad esso. Molti di noi maghi e streghe sono legati ad una trama che è stata costruita per noi, in cui possiamo ritrovarci inevitabilmente incastrati; ma districarla non è impossibile.
Ora dimmi Matilda, hai ascoltato il tuo cuore? Cosa ti dice?-
La giovane Malfoy, che seguiva con sguardo attento ogni passo del preside, trattenne il fiato per un momento prima di rispondere.
-Il mio cuore signore?-
-Esattamente-
-Che non voglio combattere per una causa ingiusta e riprovevole, che farebbe crollare tutto il mondo, magico e non, nella disperazione. Non è colpa mia se ho questo cognome, non è colpa mia se il cuore della mia famiglia è marcio, sento che il mio non lo è.-
Fu a quel punto che Silente tornò a guardarla, regalandole un ampio sorriso.
-Per quel che può valere, sono molto orgoglioso della tua risposta. Non possiamo interferire nelle decisioni altrui, ma possiamo fare in modo che la nostra causa diventi in qualche modo anche la loro, portando il buon esempio. Inoltre voglio che tu tenga a mente una questione di non poca rilevanza.-
Matilda attese con attenzione ciò che stava per dirle Silente, mentre le dita continuavano a contorcersi sopra le ginocchia.
-Le famiglie purosangue da cui provieni sono fortemente legate a Lord Voldemort (Matilda rabbrividì ancora), ma non tutti sono stati, e sono tutt’ora, sotto la sua influenza. Non sentirti incatenata al tuo sangue, permetti al tuo cuore di agire per te stessa, nonostante le difficoltà a cui dovrai far fronte nell’intraprendere la giusta via.-
Matilda percepì che quel grosso macigno che dall’estate si era posizionato nel suo stomaco, iniziava lentamente a sgretolarsi. Aveva preso la giusta decisione, aveva aperto il suo cuore alla persona più appropriata e ne stava traendo vantaggio.
-Signore…io non so davvero come ringraziarla.-
Silente tornò a sedersi dietro la scrivania, le mani nuovamente congiunte a celare un sorriso.
-Sono io a dover ringraziare te, la fiducia che hai riposto nei miei confronti mi rende felice.-
La giovane serpeverde si alzò e chinò appena il capo per congedarsi, ma mentre si stava avviando alla porta Silente parlò.
-Ancora una cosa. Non smettere di occuparti di tuo fratello, credo abbia davvero bisogno del tuo sostegno. La strada è buia e ghiacciata, ma possiamo sempre illuminarla per coloro che ci seguono.-
La ragazza annuì e sorrise, infine si chiuse la porta alle spalle, per poi affrettarsi a raggiungere il campo di Quidditch per allenarsi con la sua squadra.
 
Hermione era al settimo cielo per essere riuscita a convincere Harry ad accettare di impartire lezioni di difesa contro le arti oscure a lei e agli studenti che avrebbe convinto a partecipare, nonostante la brutta nomea che la Gazzetta del Profeta aveva affibbiato al suo amico.
Dopo aver parlato con una lunga serie di persone, che avevano in parte accettato di incontrare Harry Potter durante la prossima uscita ad Hogsmeade, Hermione decise di parlare con l’ultima ragazza che aveva segnato sulla sua lista: Matilda Malfoy. Nonostante fosse l’unica serpeverde che la giovane Granger aveva preso in considerazione, riteneva di potersi fidare dell’amica, sapendola non solo insoddisfatta delle lezioni raccapriccianti della Umbridge: Matilda si era confidata con lei e, anche se Hermione aveva colto che le avesse nascosto la parte più spinosa riguardante le proprie preoccupazioni, l’aveva scorta sinceramente convinta del ritorno di Lord Voldemort, che finalmente la grifondoro aveva iniziato a nominare con coraggio.
E proprio la giovane serpeverde era motivo di conversazione nella sala comune dei grifondoro, di cui i gemelli Weasley, Lee, Ron, Harry, Ginny e Neville occupavano i divani e le poltrone.
-Quindi ci ha tolto dieci punti? Senza motivo? Fratello, devi proprio averla fatta arrabbiare la ragazza!- Fred se la rideva di gusto.
-Dovevate vederla, sembrava stesse per esplodere come una delle pozioni di Ron, anche se non ho capito perché se l’è presa tanto.- Le orecchie di Ron divamparono in un rosso acceso.
-Ehi smettila di prendermi di mira, sono un prefetto ora!- Tutti scoppiarono a ridere.
-Povero Ronnuccio, vessato dai fratelli che lo torturano dalla culla.- Fred fece il verso a Ron che si limitò ad affondare ancor più nella poltrona. Hermione chiuse il libro sulle sue ginocchia e ascoltò con attenzione quello che stavano dicendo gli altri.
-Ci mancava questo, non era già abbastanza ricevere punizioni ingiuste dalla Umbridge? Sono tempi proprio duri, questi.- Sospirò Lee Jordan, mentre giocava con distrazione con la sua bacchetta.
-Ci sarà stata di certo una motivazione, se ha deciso di toglierti dei punti George.- Intervenne Hermione a gamba tesa nella conversazione. Tutti si girarono a guardarla.
-Hermione, sappiamo che è tua amica, ma non è detto che non possa sbagliare anche lei, non credi? Non può permettersi di fare quello che vuole solo perché è un prefetto.- Harry disse all’amica quello che nessun altro aveva il coraggio di dire apertamente; di tutta risposta lei si accigliò e rispose impostata –Non ho detto che il suo sia stato un comportamento da elogiare, semplicemente sono convinta che ci sia stata una motivazione dietro il suo gesto, quale che sia non ne ho idea.-
-Si, la motivazione è che è fuori di testa come suo fratello!- rispose seccato Ron, ma il suo intervento non ebbe l’appoggio che si aspettava.
-Matilda non è fuori di testa Ron, pensa prima di dare fiato alla bocca, mamma non fa che ribadirtelo.- Il tono seccato di George sorprese tutti; Hermione guardò sospettosa George, piano piano iniziò a capire molto più di quanto non comprendessero né George né, probabilmente, la stessa Matilda; interruppe il balbettio di risposta di Ron spezzando così la tensione che si era creata fra i due fratelli –Perché non glielo chiedi George?-
-Eh? Chiedere a chi che cosa?-
-Ma è chiaro: chiedi a Matilda perché si è comportata così.- Concluse la frase con un gran sorriso.
-E secondo te non ci ho già provato? Ve l’ho già detto, era totalmente sopraffatta dall’ira, mi avrebbe schiantato via se avesse potuto, ne sono sicuro!-
-E tu Georgie non glielo avresti permesso, giusto?-
-Mai fratello, la mia bacchetta è inarrestabile!- le battute stavano nuovamente sviando il discorso, eppure Hermione riportò la conversazione sul giusto binario.
-Ovviamente chiedere ad una ragazza in quel momento accecata dalla rabbia perché si stia comportando da psicopatica a te sembra una buona idea, giusto?-
I ragazzi si risentirono e cominciarono a difendere George e tutta la specie maschile. Fino a quel momento silenziosa, fu Ginny a porre fine a quel bisticcio inutile.
-Non avete davvero capito perché abbia reagito così? Siete davvero così ottusi?- Tutti fissarono Ginny con incredulità, esclusa Hermione che seguiva alla perfezione il suo ragionamento. Lei che, tra parentesi, aveva attaccato la serpeverde con tenacia, ora stava intervenendo in sua difesa?
-Ma è chiaro no? È tutta colpa della Abbott.-
-Che c’entra la Abbott?- chiesero in coro i gemelli. Hermione e Ginny si scambiarono uno sguardo eloquente.
-Certe volte ragazzi mi chiedo come facciate a sopravvivere senza essere in grado di giungere a conclusioni tanto elementari.-
-Allora spiegaci- intervenne timidamente Neville che sembrava cascato dalle nuvole.
-Esatto sapientina, svelaci la verità dato che noi non ci arriviamo da soli!- Aggiunse stizzito Ron.
Ginny si alzò e si stiracchiò –Se non ci arrivate da soli io non posso farci niente, ora me ne vado a dormire, vieni anche tu Hermione?- La ragazza sorrise e si alzò a sua volta.
-Assolutamente si, buonanotte ragazzi!-
Il gruppetto di grifondoro cercò di fermarle lamentandosi ed accusandole di essere delle serpi, ma le due li ignorarono e si allontanarono ridacchiando.
-Mi hai stupita Ginny, non credevo ti dimostrassi comprensiva con Matilda, pensavo ce l’avessi con lei.-
La piccola di casa Weasley si tirò su i capelli fiammeggianti in una cipolla –Non ho detto di fidarmi di lei, ma ha tutta la mia solidarietà femminile, mio fratello sa essere ottuso quanto un vermicolo, quando ci si mette.-
-Già, è proprio vero.-
 
Il giorno dopo Hermione si decise a parlare con Matilda, visto che quel weekend sarebbero andati ad Hogsmeade. La trovò ancora una volta in biblioteca, con le mani nei ricci chiari e la schiena ricurva su un libro di aritmanzia.
-Matt, ehi Matt!- sussurrò Hermione per non essere ripresa dalla bibliotecaria. L’amica alzò gli occhi chiari cerchiati da spesse occhiaie rosse –Hermione! Per fortuna sei arrivata! Sono disperata, credo proprio abbandonerò aritmanzia, non fa proprio per me questa materia, mi sta facendo uscire fuori di testa!-
La grifondoro sedette accanto a lei e le picchiettò la spalla –Coraggio, sono sicura riuscirai a capire tutto, è una materia bellissima aritmanzia. Posso darti una mano quando vuoi.-
Matilda gettò la testa affranta in mezzo al libro in un gesto teatrale. –Non lo so, non credo di essere portata.-
Dopo poco Hermione invitò l’amica a parlare, di conseguenza Matilda abbandonò la biblioteca ed i difficoltosi libri di aritmanzia.
-Hai parlato con Silente poi?-
la giovane Malfoy annuì.
-Mi ha schiarito le idee. Quell’uomo è portentoso. Ma secondo te se la spunta mai la barba?-
Hermione ridacchiò –Non credo. Senti Matt, volevo chiederti una cosa. Saresti interessata a prendere, emh, lezioni private e super segrete di difesa contro le arti oscure?-
A Matilda brillarono gli occhi e le spesse occhiaie sembrarono alleggerirsi.
-Ma è ovvio! Ma da chi? La Umbridge non lo permetterebbe mai. E dove? Quando?-
-Ok se ti calmi un secondo ti spiegherò tutto.-
Fu così che Hermione le parlò di Harry Potter, delle sue strabilianti capacità, del fatto che dovevano prepararsi a una guerra quasi scontata, che dovevano pensare loro al proprio futuro dato che la loro insegnante non solo non era affidabile, ma era anche una perfida serva del Ministero che cercava in tutti i modi di nascondere il ritorno di Lord Voldemort.
-Sai, penso proprio dovresti pensare ad una carriera nella giurisprudenza magica, le arringhe sono il tuo forte, Granger.-
Hermione sorrise entusiasta.
-Quindi accetti?-
Matilda incrociò le braccia e sorrise divertita –Quando si comincia?-
 
Solo una volta era entrata alla Testa di Porco, un giorno in cui Draco decise che era giunto il momento, per lei, di provare il wisky incendiario che di certo non avrebbe mai servito loro la signora Rosmerta a I Tre Manici di Scopa. Quando mise piede dentro, dopo aver inventato un’ottima scusa con i suoi compagni di casa, notò il pub ancora parzialmente vuoto. Gli unici presenti in quel momento erano Hermione, Harry, e Ron, che non si risparmiò un’espressione stizzita nel vederla entrare.
-Che diavolo ci fa lei qui?-
-Ronald non essere sempre prevenuto!-
Matilda offrì un sorriso al giovane Weasley –Sei sempre così galante, Ronald. Si dia il caso che sono stata invitata a partecipare a questo incontro proprio come te.-
Harry tossicchiò imbarazzato –Emh, ciao Matilda, non pensavo ti sarebbe interessata questa…riunione insomma.-
La giovane Malfoy puntò le pupille grigie in quelle di Harry, a cui rivolse un più sincero sorriso. –Non voglio metterti in imbarazzo Potter, se preferisci posso andarmene subito, potete anche farmi seguire dal vostro cane da guardia, se preferite- disse indicando Ron –Così vi assicurerete che non spifferi a nessuno di questa bella riunione.- Una risata fragorosa si espanse nel locale.
-Ben detto lemonsoda, ci sai proprio fare con le parole quando ti applichi.-
Il quartetto si voltò in direzione dei gemelli Weasley che avevano appena fatto la loro entrata assieme all’inseparabile amico Lee e seguiti da un alto numero di persone, tra cui Neville, Lunatica Lovegood, Cho Chang e la sua amica Marietta, che non sembrava essere molto contenta di trovarsi lì a differenza della stessa Cho che salutò imbarazzata Harry con la mano, Dean Thomas, il trio delle giocatrici grifondoro Katie Bell, Alicia Spinnet e Angelina Johnson, Ernie Macmillan, altre persone che Matilda conosceva solo di vista e, con suo enorme dispiacere Hanna Abbott. Matilda non si aspettava così tanta gente, di certo non si aspettava di ritrovarsi fra i piedi George Weasley e quella sciapa della Abbott (si, nella sua testa ormai non era che una sciapa ragazzina solo perché l’aveva vista flirtare con il ragazzo Weasley).
Anche Harry sembrava sconvolto da tanta affluenza.
-Un paio?- disse Harry a Hermione, in un sussurro roco. -Un paio?- -Be', sì, l'idea ha avuto un certo successo- rispose allegramente Hermione. -Ron, ti va di prendere qualche altra sedia?-
Mentre Fred si assicurava un alto numero di burrobirre da distribuire ai presenti ed Harry tentò di capire da dove iniziare, Matilda si ricavò un angolino dietro a tutti, nella speranza di non dover intervenire. Prontamente si ritrovò accanto George che le sorrise e le porse uno dei boccali di burrobirra, per poi cogliere l’occasione della confusione che ancora regnava nel pub per accostarsi a lei e sussurrare –Che ne dici, vogliamo fare pace?-
La colse così tanto alla sprovvista che non riuscì a trattenersi dall’arrossire e subito tentò di nascondere il volto nel boccale di burrobirra.
-Non mi sembra il momento di parlare questo.- Sussurrò con il naso ancora infilato nel bicchiere.
George ridacchiò come suo solito e senza esitare portò una ciocca di capelli chiari dietro l’orecchio di Matilda –Dai Matt, ti preferisco quando ridi che quando dai di testa.-
Quell’orecchio che veniva sfiorato dalle dita di George divenne color pomodoro, sfiorando le sfumature di quelli di Ron, maestro indiscusso dell’arrossamento di orecchie.
-Dopo, ne parliamo dopo George ora per piacere…- Hermione intanto aveva già iniziato a parlare al gruppo –Già non sono vista di buon occhio qui, non attiriamo l’attenzione più del dovuto!-
George sorrise con soddisfazione e ritrasse la mano –Va bene, ne parleremo dopo. Ma non scappare come tuo solito. Non te lo permetterò.-
Di lì a poco si generò il caos. Il gruppo era diviso tra persone che volevano limitarsi a fare domande a Harry Potter su quanto fosse successo all’amara ultima sfida del Torneo Tre Maghi e chi, invece, era dubbioso sulla potenzialità di quelle lezioni. Quando Harry Potter zittì tutti chiedendo di andarsene di lì se non avevano reali intenzioni di partecipare alle future lezioni, la tensione creatasi venne spezzata da Susan Bones che chiese ad Harry se era vero che sapesse creare un Incanto Patronus corporeo. A seguito del si deciso di Harry tante altre domande si susseguirono, facendo crescere l’entusiasmo fra i presenti.
-Strabiliante…- mormorò fra sé Matilda.
-Già, il caro vecchio Harry ci riserba sempre delle grandi sorprese.-
La giovane Malfoy lanciò uno sguardo a George che mai aveva perso il sorriso e che le era rimasto accanto, alla faccia di Hanna Abbott che ogni tanto li guardava e subito dopo sussurrava qualcosa alla ragazza di fianco a lei.
Alla fine si accordarono per incontrarsi una volta a settimana e quasi tutti furono d’accordo, eccetto inizialmente Zacharias Smith che ebbe delle rimostranze, ma che i gemelli zittirono con velate minacce corporali. Si sarebbero tutti impegnati a cercare un luogo idoneo per incontrarsi senza che la Umbridge lo venisse a sapere e presto avrebbero dato inizio alle lezioni sotto la guida di Harry Potter.
Quando Hermione si fece avanti con una pergamena ed una piuma, incitando i compagni a scrivere il proprio nome sulla lista, alcuni si dimostrarono restii ad inserire il proprio nome, eppure tutti alla fine firmarono. Matilda si fece avanti per ultima e proprio mentre stava per firmare Zacharias la indicò –E secondo voi dovremmo fidarci di lei?-
Matilda finì di porre la sua elegante firma sul foglio, dunque si rivolse a Zacharias –Che c’è Smith, hai paura che vada a spifferare tutto alla tua mamma?-
La risposta ironica e tagliente generò una risata anche fra coloro che sembravano restii alla presenza di Matilda, il che fece agitare molto Zacharias che si affrettò ad incalzarla –No, ho paura che tu vada dritta da quel mangiamorte mancato di tuo fratello!-
-Che cosa hai detto Smith?! Ripetilo se hai il coraggio!-
Hermione ed Harry intervennero –Chiudi quella boccaccia Zacharias!-
-Ho solo detto la verità; davvero vi fidate di una serpeverde, per giunta di cognome Malfoy?-
Matilda estrasse rapidamente la bacchetta e la puntò contro il tassorosso –Hai parlato troppo Smith!-
Ma George si pose fra i due, coprendo con la sua altezza la visuale di Zacharias agli occhi di Matilda.
-Oggi hai proprio intenzione di prendercele, non è vero Smith?-
-Già- si unì Fred con un sorriso sornione –Penso che tutti debbano avere la possibilità di partecipare a queste lezioni, se lo ritengono necessario. Se non ti sta bene possiamo mostrarti dov’è la porta, A calci si intende.-
Con suo grande stupore molti ragazzi si unirono ai gemelli per difenderla dalle accuse verbali di Zacharias, tra cui Ginny ed un titubante Ron. Questo gesto la riempì di gioia.
Quando il tassorosso si scusò a mezzabocca, Matilda dovette mettere in campo tutto il suo buon senso per accettare le sue scuse senza rifilargli di sotterfugio un incantesimo gambemolli, anche se prima o poi gliel’avrebbe fatta pagare.
-Be', si è fatto tardi- disse Fred, alzandosi. -Io, George e Lee dobbiamo acquistare merci di natura strategica; ci vediamo dopo-.
-Andate Freddy, io vi raggiungo fra poco-. Fred lanciò uno sguardo eloquente al gemello, uno di quelli che solo loro due potevano intendere al volo –Va bene George, ci vediamo ragazzi!-
Il pub si svuotò tutto insieme, erano rimasti solo loro due, Hermione, Ginny, Ron ed Harry. Matilda si avvicinò al bancone a cui sedette, seguita da George che chiese al barista altre due burrobirre; era arrivato il momento di parlare chiaro.
-Senti George, non so quante volte io mi debba ancora scusare con te, ma non sembrano mai abbastanza.- Gli occhi color tempesta vagavano alla ricerca di qualcosa su cui soffermarsi.
-Ero molto, molto, molto nervosa. E tu hai ragione ad arrabbiarti e dirmi che me la sono presa stupidamente con te. Insomma mi dispiace, spero non accadrà più.-
George passò una mano fra i capelli rossi con un movimento che li scompigliò ancor più.
-Scuse accettate. In realtà anche io sono qui per scusarmi con te, mi dicono essere un ottuso dalla testa vuota, pare che io non sia in grado di capire le situazioni. Però se davvero c’è un motivo per cui ti ho fatto scaldare tanto beh, mi dispiace. Vuoi parlarmene?-
Matilda si sentiva gli occhi dei quattro ragazzi dietro di loro puntati addosso. Come avrebbe mai potuto dire a George che la sua era stata una reazione dettata dalla gelosia? Non voleva ammettere nemmeno a sé stessa che quel ragazzo le piaceva, figurarsi dichiararlo al diretto interessato. –Senti lasciamo perdere, va bene?- bevve un lungo sorso di burrobirra e si pulì la bocca con la manica, cosa che fece ridere George di gusto che incominciò a canzonarla per il suo fare decisamente poco femminile. A quel punto Matilda lo guardò e rise di gusto con lui, attirando maggiormente l’attenzione dei quattro ragazzi rimasti nel pub a farsi gli affari loro. Fu in quel momento che Hermione decise di trascinare fuori i tre amici.
-Tra l’altro grazie per prima, ma so difendermi da sola-
-Davvero? Eppure mi sembra che tu abbia la bacchetta facile alle mani, combinerai qualche pasticcio prima o poi, hai bisogno di essere sedata di tanto in tanto.-
Lei sorrise –Comunque troverò un modo per assegnarti 10 punti, non so come, dato che non fai altro che farmi uscire di testa…-
George aveva appiccicato addosso il desiderio di rimanere lì, a bere burrobirre con quella serpeverde acida e saccente, a discapito degli impegni con il fratello ed il suo amico, senza alcuna Hannah Abbott a mettersi in mezzo.
Poi finalmente capì.
-Hannah Abbott.- mormorò con lo sguardo perso nel boccale.
-Cosa?- rispose Matilda, decisamente indispettita nel sentirlo nominare la tassorosso.
-Il problema è Hannah Abbott.- disse ancora lui sovrappensiero.
-Senti George, io penso proprio che andrò, è evidente che tu stia pensando ad altro, o meglio a qualcun'altra.-
I pensieri sfrecciavano talmente rapidi nella testa di George Weasley che lui non fu in grado di fare altro che chiedere a Matilda di non andare via. Cosa lo aveva spinto a parlare con lei al Ballo del Ceppo e a darle risposte rassicuranti e mature? Per quale motivo l’aveva coinvolta nelle attività ludiche ed extrascolastiche? Perché diavolo si indispettiva quando i fratelli parlavano male di lei, o un babbeo come Zacharias Smith la accusava di essere solo una spia, dannato Merlino?
Per la prima volta in vita sua iniziava ad essere toccato da sensazioni che nulla avevano a che fare con le storielle frivole che intratteneva con le studentesse, o con gli scherzi che organizzava con il fratello, o con i problemi che la sua affollata famiglia si trovava spesso ad affrontare.
Quando però alzò lo sguardo vide lei lasciare delle monete sul bancone e affrettarsi ad allontanarsi.
-Matt, aspetta!-
Lei si bloccò subito fuori la porta della testa di porco e proprio quando George stava per reagire non sapeva nemmeno lui in quale modo, Daphne Greengrass e un altro paio di serpeverdi si avvicinarono a Matilda.
-Ma allora sei qui! Ma che ci fai in questa bettola?- Daphne spostò lo sguardo su George che aveva ancora una mano tesa verso Matilda mentre con l’altra si scompigliava nervosamente i capelli rossi.
-Ah…capisco- Daphne ammiccò all’amica, per poi ricordarsi che le altre serpeverdi erano lì, per cui assunse subito un tono impostato ed altezzoso –Forza andiamo, si è fatto tardi e devo mostrarti una collana che voglio assolutamente comprarmi!-
Matilda si girò a guardare George mentre i denti candidi torturavano il suo labbro inferiore.
–Beh, ci si vede George.-
E così dicendo lo lasciò solo a fare i conti con tutto quel caos che si era generato nella sua testa.
-Si, ci si vede lemonsoda.-
 
 
Ciao a tutti magnifici lettori! Che vi devo dire? Questo capitolo non finiva più, ma non riuscivo a smettere di scrivere, e quindi ringrazio voi coraggiosi che siete arrivati all’ultima parola senza maledirmi in mille lingue diverse.
Che ne pensate?!
Aspetto le vostre recensioni, le vostre critiche, le vostre maledizioni (ma non senza perdono). Insomma sbizzarritevi!
 
D.

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Capitolo 8
*** Expelliarmus! ***


                                                           

CAPITOLO VIII
 
Expelliarmus!
 
Un certo senso di inadeguatezza tormentava Harry Potter, che si chiedeva se sarebbe stato all’altezza di impartire lezioni a studenti anche più grandi di lui. Camminava avanti e indietro per la sala comune tenendo salda la mappa del malandrino in mano ed intanto pensava a come ottimizzare l’ora che avevano a disposizione per allenarsi. Dobby, l’elfo domestico a cui Harry con un trucchetto aveva donato la libertà dalla famiglia Malfoy, gli aveva parlato di una stanza ad Hogwarts chiamata Stanza delle necessità o Stanza va e vieni, situata al settimo piano del castello, che sarebbe apparsa loro qualora ne avessero avuto bisogno. Sarebbe stato un posto perfetto per allenarsi senza che quella faccia di rospo della Umbridge lo venisse a sapere, eppure era ugualmente agitato. D’altronde anche Cho sarebbe stata presente ed il pensiero di lei gli chiudeva la gola e lo stomaco con un unico, strettissimo nodo.
Alle sette e mezzo della sera lui, Ron ed Hermione decisero che era giunto il momento di avviarsi, nella speranza che la stanza sarebbe davvero apparsa a loro.
 
-Devi andare via di nuovo, devi sempre andare via, spiegami che cavolo combini con quei due strambi tutto il giorno!- Daphne risistemò i capelli in una coda ordinata, cercando di mascherare la trasandatezza dovuta a quella mezz’ora passata a scambiarsi baci e carezze con Lee, nell’unica stanza vuota che avevano trovato senza che Gazza ci potesse ficcare il naso.
-Non sono strambi, sono fantastici e se tu fossi meno prevenuta e passassi un po’ di tempo con noi lo capiresti anche tu.-
-Non dire certe assurdità! Non mi farei mai vedere in giro con…- Daphne si affrettò ad interrompersi, ma ormai il danno era stato fatto.
-Con noi, volevi dire? Grazie tante Greengrass, davvero delicata.-
-Scusami Lee, io non volevo dire questo, non mi hai fatto finire…- Daphne allungò una mano verso il ragazzo che stava riannodando la cravatta.
-Invece secondo me era proprio quello che volevi dire. Spiegami perché dovrei voler passare più tempo con te e rinunciare ai miei impegni, quando sei la prima che non vuole farsi vedere in giro con me!-
Daphne sbuffò, non era affatto abituata a dover supplicare nessuno, figurarsi un ragazzo. Però Lee le piaceva, le piaceva davvero e per quanto andasse contro la sua indole , si avvicinò a lui e gli prese la mano con cui stava sistemando la cravatta.
-Non fare così, è solo che…è complicato. Non posso gettare all’aria 4 anni di reputazione costruita con fatica, non sono fatta così. Però tu…dammi tempo.- Gli sussurrò quelle ultime parole a fior di labbra, cosa che fece deglutire Lee Jordan: a quella pelle candida, quegli occhi chiari e sottili, quelle labbra morbide non sapeva proprio resistere.
-Oh…al diavolo!- e la tirò a sé, per poi baciarla con voluttà.
 
-Fratello, ti stai cacciando in un grosso guaio.- Erano le otto meno dieci e Fred stava ancora bighellonando in giro per il castello con il gemello.
-Dai Fred, la morale me la aspetterei da Percey, non certo da te!- Rispose George, masticando sciattamente una bolla bollente.
-Hai ragione, dico solo che devi stare in campana, scherzare con il fuoco è divertente, però io preferisco andare sul sicuro, abbiamo una cascata di ragazze ai nostri piedi, perché focalizzarsi su una sola?-
George cinse una spalla del fratello con il braccio –Amico mio, non mi impongo nessun limite, voglio solo darmi tempo per capire se ne vale davvero la pena.-
Fred infilò le mani nelle tasche e sorrise fra sé. Non facevano altro che spingersi al limite, loro due, avrebbe aiutato il fratello a correre il rischio anche in quel caso, era ovvio.
 
Compose i capelli in una treccia con distrazione. Si guardò allo specchio con una smorfia.
-Massì chi se ne importa!- Afferrò la sua bacchetta d’ebano e corse fuori dal dormitorio.
Stasera alle otto al settimo piano, davanti all'arazzo di Barnaba il Babbeo bastonato dai troll, le aveva detto Hermione qualche ora prima, visibilmente eccitata quanto lei di infrangere le regole per una giusta causa. Erano le otto meno dieci quando mise piede nella Stanza delle necessità, dove la maggior parte degli studenti che avevano partecipato alla riunione segreta avevano già occupato i cuscini a terra. Dopo un colpetto di tosse ed un saluto fugace, sedette accanto ad Hermione e con lei si scambiò uno sguardo divertito. Con i gemelli Weasley, Colin Canon ed il fratello il gruppo sembrò essere al completo.
Elessero Harry come capogruppo, inoltre chiamarono quella strana associazione segreta ES, ovvero Esercito di Silente; infine Harry decise che avrebbero iniziato esercitandosi con l’incantesimo di difesa per eccellenza: Expelliarmus.
Quando si rese conto che il primo con cui avrebbe provato l’incantesimo altri non era che Zacharias, un sorriso diabolico increspò le labbra di Matilda; il tassorosso non sembrava felice di quella scelta, ma non si tirò di certo indietro.
Matilda impugnò la sua lunga bacchetta ed in un attimo disarmò l’avversario, il quale non sembrava nemmeno esser riuscito a tirare su la mano per difendersi. Rosso in volto, Zacharias non demorse e tentò di pronunciare l’incantesimo di disarmo, ma ogni volta che tentava di disarmare Matilda era la sua bacchetta a volargli via dalla mano, rendendo esilarante il momento. –Eppure Smith, mi era parso sentirti dire che quest’incantesimo era troppo semplice per te, vuoi prenderti una pausa? Ti senti stanco?- I ragazzi intorno alla coppia tentarono di nascondere le risa, con scarso successo. Dopo 5 volte che accadeva la stessa cosa, Harry si avvicinò ai due e non dovette cercare lontano per risolvere il mistero: Fred e George erano a qualche metro da Smith e gli puntavano la bacchetta alle spalle, a turno.
-Scusa- sussurrò George, quando Harry incrociò il suo sguardo. -Impossibile resistere-.
Gli occhi di Matilda incontrarono quelli più caldi di George, che le fece un occhiolino seguito da un sorriso sbarazzino. Non si erano più parlati dalla settimana precedente, eppure George si comportava come nulla fosse; la giovane Malfoy incominciò a sentire decisamente caldo a seguito di quell’occhiata che aveva cercato di ignorare fino a quel momento e, ancora distratta dai capelli rossi del bel Weasley, sentì la sua bacchetta volarle via dalla mano.
-Ah! Ce l’ho fatta! Ti ho disarmata Malfoy!-
La sua attenzione tornò immediatamente su Zacharias, che si pavoneggiava con gli amici del suo risultato. –Certo Smith, elegantissimo da parte tua disarmare qualcuno mentre è distratto- Recuperò la bacchetta e decise che era ora di cambiare compagno.
Si fronteggiò con Neville, che sembrava terrorizzato dalla sua presenza; il ragazzo iniziò a balbettare qualcosa di incomprensibile, nonostante precedentemente fosse riuscito a compiere l’incantesimo di disarmo con un certo successo. Matilda ci andò cauta con lui e tentò di farsi disarmare almeno una volta.
Quella prima lezione stava andando bene, l’entusiasmo era diffuso fra gli studenti che non volevano perdere nemmeno un minuto dell’ora che avevano a disposizione e più il tempo passava, maggiori erano i progressi di tutti.
-Vuoi provare a disarmarmi? Ho fatto una scommessa con Fred, ci terrei a vincerla- Proprio mentre stava per lanciare l’ennesimo expelliarmus nei confronti di Neville, la voce di George alle sue spalle la fece sobbalzare, così che fu Neville a disarmare lei, rendendolo felice come una puffola pigmea il giorno di Natale. Recuperò in fretta la bacchetta e si girò verso il ragazzo.
-Spero tu non abbia investito troppo in questa scommessa, potresti ritrovarti le tasche svuotate.-
-Ma senti quanta sicurezza…che ne dici di fare anche tu una scommessa con me? Se riuscirai a disarmarmi per tre volte di fila ti offrirò la miglior bevuta mai vista ai Tre Manici di Scopa.-
Matilda carezzò la treccia con un gesto imbarazzato –E se fossi tu a vincere? Anche se, se fossi in te inizierei a lucidare i boccali-
-Beh, se dovessi disarmarti passerai almeno un giorno delle vacanze di Natale con me. Ci stai?-
-Emh, Ma-Matilda posso cambiare co-compagno intanto?-
Troppo presa da quel flirt non si era resa conto di aver lasciato il povero Neville da solo, che si affrettò a liquidare con un gesto distratto della mano, per poi tornare a guardare il viso sfrontato di George che dondolava davanti a lei con le mani in tasca.
-Non mi sembra proprio equo come scambio. Comunque potrei decidere di accettare, anche se non credo che i miei genitori mi permetterebbero mai di passare anche solo un’ora, con un Weasley.-
George sorrise mostrando la sua dentatura perfetta –Ma tanto se sei tanto sicura di vincere non c’è da preoccuparsene. Comunque supponendo che dovessi vincere io…a te piace infrangere le regole, non è vero lemonsoda?-
-Diciamo che sono attratta  dai sotterfugi…-
Il suono di un fischietto interruppe gli studenti che smisero di gridare la formula di disarmo.
-Ragazzi sono già le nove e dieci! Dobbiamo sbrigarci a tornare ognuno nei nostri dormitori se non vogliamo essere puniti da Gazza!-
-Peccato, siamo costretti a rimandare la scommessa al prossimo incontro Weasley, sento già in bocca il sapore fresco della burrobirra della vittoria.-
Si chiedeva che cosa stessero combinando: flirtavano come nulla fosse davanti a tutti, eppure aveva la netta sensazione che quello non fosse che un gioco.
Prima di tornare al proprio dormitorio si fermò nella sala comune dei serpeverde, dove Draco e l’inseparabile amico Blaise stavano sorseggiando del whisky incendiario, arrivato nelle loro mani chissà in quale losco modo.
-Matt, ultimamente scompari nel nulla, che stavi combinando?- Quegli occhi identici ai suoi la osservavano incuriosito.
-Studiavo, come al solito, cosa che dovreste fare anche voi di tanto in tanto. Me ne versi uno?- Disse la ragazza, accoccolandosi accanto al fratello. Un lieve senso di colpa nei confronti di Draco la stava stuzzicando, ma non avrebbe permesso alla sua stupida morale di mandare all’aria tutto, proprio quando le cose stavano prendendo la giusta piega. Un bel bicchiere di whisky le comparve tra le mani e Matilda si abbandonò al gusto deciso del liquido e alla mano del fratello che le carezzava i capelli. –Oh, ma noi studiamo e come, ma ci dedichiamo a cose decisamente più interessanti.- Rispose Draco con un ghigno sul viso.
-Non sai cosa stiamo architettando per la prima partita contro i grifondoro, ci sarà da divertirsi!- Blaise iniziò a ridere per qualcosa di cu Matilda non era ancora stata informata.
-Davvero? Forza, fate ridere anche me allora-
I ragazzi le raccontarono della canzone ridicola che avrebbero cantato i compagni di casa nei confronti di Ronald Weasley e tra un bicchiere e l’altro Matilda si unì alle risate. Pregustava la faccia di Ron alle urla di “Perché Weasley è il nostro re!” e si chiese con gli amici quante nuove sfumature di rosso avrebbero scoperto dalle orecchie del grifondoro. Quella serenità le mancava da morire; era contenta che le scaramucce con il fratello con il passare del tempo andassero via via diminuendo, rendendo il loro rapporto più maturo , come era entusiasta che Blaise stesse facendo posto all’amicizia a discapito dei sentimenti che sembrava provare per lei. Eppure sapeva che non avrebbe potuto nascondere per sempre i rapporti che stava instaurando con i ragazzi dell’ES; tutti erano a conoscenza della particolare simpatia che provava per Hermione e persino che qualcosa di strano si fosse instaurato tra lei e uno dei gemelli Weasley (che né Draco, né nessuno della sua casa sapeva mai distinguere l’uno dall’altro), ma come avrebbe reagito il fratello se l’avesse vista chiacchierare con Harry Potter come se nulla fosse? Sapeva dell’odio che provavano l’uno nei confronti dell’altro, per cui quello sarebbe potuto essere l’ostacolo più grande. Decise di non pensarci e di ignorare anche le frecciatine che Draco le lanciava sui capelli rossi dei Weasley; fin quando nulla di concreto fosse davvero successo, non se ne sarebbe preoccupata.
 
Le giornate passavano con una velocità incredibile: tra le partite di Quidditch, lo studio, le ronde da prefetto e gli incontri segreti dell’ES, Matilda non aveva più tempo a disposizione nemmeno per leggersi un libro che non riguardasse qualche corso specifico.
Dovette saltare il secondo incontro segreto perché il professor Snape non faceva altro che prenotare il campo da Quidditch per gli allenamenti, e dato che era praticamente impossibile incastrare gli allenamenti di 4 case e lei era l’unica serpeverde del gruppo, dovettero sacrificare la sua presenza. Al terzo incontro dell’ES notò un grande cambiamento: i ragazzi ormai padroneggiavano l’incantesimo di disarmo con maestria e anche gli incantesimi di ostacolo non erano più un problema.
Decise che doveva recuperare in fretta e per farlo chiese all’astiosa Ginny di allenarsi con lei; quale miglior modo di imparare se non contro qualcuno con cui non si ha un buon rapporto?
Le due ragazze iniziarono a scontrarsi e Matilda dovette riconoscere la bravura della più piccola dei Weasley, anche se riuscì a contrattaccare con decisione, ottenendo alla fine una dignitosa vittoria sulla ragazza. Quando lei le si avvicinò e le allungò una mano per congratularsi, la giovane Malfoy stentò a riconoscere un sorriso su quel volto roseo.
-Quando è giusto è giusto, Malfoy. Avrò tempo per una rivincita durante i prossimi incontri.-
-Sempre pronta a disarmarti Weasley- Nonostante le parole di sfida, Matilda sorrise sincera nei confronti di Ginny, segno evidente che quel loro rapporto iniziato così male stava prendendo una piega dai toni più sommessi.
Matilda si guardò poi intorno e lo sguardo ricadde sui gemelli, che avevano appena concluso il loro scontro regalandosi complimenti a vicenda; prese un gran respiro e si avvicinò a loro.
-Allora, questa scommessa? Sei anche in vantaggio di una lezione signor Weasley, che ne dici di sfoderare la bacchetta e difenderti?-
I due gemelli si scambiarono un’occhiata divertita, poi uno dei due si fece avanti.
-Non aspettavo altro!-
Matilda inarcò un sopracciglio ed incrociò le braccia –Non prendermi in giro Fred, la scommessa non l’ho mica fatta con te-
I gemelli risero in coro, a quel punto fu il vero George, a parlare –Questo trucchetto funziona con tutti, ma tu non ci caschi mai, chapeau- disse il ragazzo, togliendosi dalla testa un cappello immaginario.
Si posizionarono al centro della sala e gli sguardi curiosi degli altri ragazzi si soffermarono su quella strana coppia. Mentre Matilda si riordinava i capelli cercando di darsi un tono, al contrario George manteneva una mano nella tasca, mentre con la punta della bacchetta si stuzzicava le labbra sorridenti.
-Pronto?-
-Prontissimo!-
-Non stai prendendo questa cosa seriamente, George, il che non mi stupisce affatto-
Matilda portò il braccio destro dietro la schiena e con la sinistra puntò George con la bacchetta. Intorno a loro un vociare divertito si diffondeva nella stanza.
-Fagliela vedere Matt!-  La incitò Hermione.
-Vacci piano Georgie, è pur sempre una signora- la schernì Fred, al quale Hermione al suo fianco lanciò un’occhiataccia e una leggera gomitata.
-Allora, al tuo tre, George Weasley-
Finalmente il ragazzo accennò ad una posizione di guardia, mai smettendo di sorridere.
-Come tu comandi, uno…due…tre! Expelliarmus!-
-Protego!-
La bacchetta di George schizzò via dalla mano.
-E uno!- Esultò Hermione assieme a Cho, Parvati e Angelina, che avevano cominciato a fare il tifo per Matilda.
-Così non vale!, comunque aspettate ad esultare! George la ridurrà in cenere!- Questa volta fu Fred ad incitare il fratello, al quale si unirono gli altri ragazzi.
-In guarda Weasley; uno…due…tre! Expelliarmus!-
Con un gesto distratto ed una pronuncia decisa e perfetta, George precedette la ragazza, al quale schizzo via il legno.
-Si! Uno pari!-
La giovane serpeverde recuperò la bacchetta.
-Expelliarmus!- Gridarono insieme. E ancora una volta fu la bacchetta di Matilda a volare via.
-Dai Matt! Non arrenderti!-
-Non rendermi le cose troppo semplici lemonsoda!-
Matilda arrossì al pensiero di dover rispettare la scommessa. Passare una giornata intera con lui? Come avrebbe fatto? Inoltre non poteva permettergli di vincere, ne valeva del suo onore.
-Expelliarmus!-
-Protego!- rispose George, ma fu inutile. Questa volta fu lui a perdere la bacchetta.
-Wow amico! Due pari, prepara i galeoni!- Lo canzonò Lee che si era unito allo schieramento maschile.
Tra gli schiamazzi ed i cori, George e Matilda tornarono in posizione di guardia, non senza sorridersi in modo ambiguo prima dell’ultimo scontro.
-Expelliarmus!-
-Expelliarmus!-
-Si! Ce l’hai fatta Matt!-
-Bravissima!-
La bacchetta di George era volata ai suoi piedi, così lei si chinò e la raccolse, per poi avvicinarsi al ragazzo e riconsegnargliela. –Mi devi una serata alcolica, George Weasley-
Il ragazzo raccolse la sua bacchetta dalle mani di Matilda –Peccato. Complimenti signorina Malfoy- e concluse la frase con un inchino.
L’ora era finita e Matilda si avviò alla porta seguita da molte altre ragazze che si complimentavano per aver sconfitto quel borioso di George. Hermione però rimase indietro e si avvicinò a Ginny e Ron, che stavano parlando tra di loro.
-Ronald, si può sapere perché l’hai fatto?-
Il più giovane dei ragazzi Weasley sobbalzò nel sentire la voce dell’amica, al quale si rivolse raddrizzando la schiena –Emh. Fatto cosa?-
-Lo sai! Hai disarmato tuo fratello prima che potesse lanciare l’incantesimo!-
-Non è vero!- Rispose infervorato lui, ma il suo colorito paonazzo lo tradì.
Ginny sembrò perplessa e anche lei incalzò il fratello –Davvero lo hai fatto Ron?-
-Beh…- Ron abbassò lo sguardo, ormai messo al muro dalle due ragazze –Voglio solo evitare che George non combini altri pasticci. Sai come potrebbe prenderla la mamma-
-Io penso che dovresti farti gli affari tuoi Ronald, si stavano allenando!-
-Si ma l’hai visto come si guardano? Oh andiamo Hermione, è pur sempre una serpe, nonché la sorella di quella faccia da furetto di Malfoy!-
Hermione sembrò andare su tutte le furie.
-E anche ci fosse qualcosa?! Lei è una a posto e tu non dovresti intrometterti!-
-Di cosa discutete questa volta?- Harry si avvicinò al trio carico di oggetti da riordinare tra le braccia.
-Secondo me sei solo geloso del successo di George- insinuò Ginny sorridendo.
-Io…ma che dici! E poi tu non dovresti essere dalla mia parte?- il ragazzo sempre più rosso guardò la sorella in cagnesco.
-Per quanto mi riguarda quel che fa mio fratello sono solo affari suoi. Non fai altro che ficcare il naso Ron, come con me e Michael-
-Ah…penso di aver capito- Bofonchiò Harry gettando le cose a terra, per poi sistemarle a colpi di bacchetta.
-Smettetela di prendervela con me, ho recepito il messaggio!- Ron afferrò la sua borsa e si allontanò con passo pesante.
-Ronald Weasley! Non abbiamo ancora finito di discutere!- Hermione gli corse dietro indispettita.
Harry guardò i due amici andare via, per poi rivolgere a Ginny uno sguardo interrogativo che, di tutta risposta, fece spallucce –Farà bene a trovarsi una ragazza il prima possibile Harry, oppure saremo costretti a sopportare le sue intromissioni chissà per quanto tempo ancora.-
-Ehi, mi sembrava tu fossi diffidente nei confronti di Matilda- Harry si avviò con Ginny verso la porta.
-Già detto, già sentito: non ho detto che mi fidi, ma non voglio giudicare prima del tempo.-
 
Finalmente il giorno della partita di Quidditch che vedeva Grifondoro e Serpeverde come avversari era arrivato. Le squadre erano schierate in campo ed un sorriso sicuro dipingeva il volto di tutti i giocatori in verde e argento, assieme ad una spilla con incisa una corona a brillare sulla divisa. Era la prima partita di Matilda, che non vedeva l’ora di mostrare le proprie capacità di Cacciatrice, quindi fece di tutto per mantenere la calma e di sedare il battito compulsivo del cuore. Dopo la stretta di mano dei due capitani tutti i giocatori si librarono in aria nell’attesa del fischio d’inizio: i suoi occhi grigi cercarono quelli di George, schierato ben distante da lei; eppure le parve di scorgere un occhiolino da parte del ragazzo, che si teneva ben saldo sulla scopa.
Madama Bumb fischiò e la partita ebbe inizio, con l’immancabile cronaca di Lee Jordan ad accompagnarla.
-Signori e signore, quest’anno vediamo nuovi volti, nuove rivelazioni! Ad occupare la porta dei brillanti grifondoro abbiamo Ronald Weasley, promettente portiere dalle più svariate qualità! Mentre per i temuti serpeverde non uno, ma ben tre nuovi giocatori! Tiger e Goyle come battitori e una nuova cacciatrice! La ragazza dalla chioma più ingestibile di tutta Hogwarts: Matilda Malfoy, che vediamo già all’opera con la pluffa!-
Matilda aveva preso possesso della pluffa e tentava di svicolare i giocatori avversari come meglio poteva. Dagli spalti, intanto, un coro si faceva sempre più intenso, e la cacciatrice iniziava a sentire distintamente Perché Weasley è il nostro Re! Ogni due ne sbaglia tre!
Un bolide le colpì la spalla con potenza, perciò perse immediatamente la pluffa che passò alla squadra avversaria.
-Ahi ahi! Fred Weasley, o sarà stato George? Beh chi se ne importa, insomma uno dei due battitori grifondoro blocca l’ascesa della Malfoy con un bolide portentoso! E la pluffa passa di nuovo ad Angelina Johnson, che corre verso gli anelli dei serpeverde!-
George sfrecciò accanto a Matilda, che si stava ancora massaggiando la spalla indolenzita.
-Scusa lemonsoda, ma è la dura legge del Quidditch!- Lo sentì ridere, la qual cosa la mandò in collera e volò di tutta fretta verso la pluffa.
-No! Il secondo bolide della giornata colpisce duro! Questa volta è la Johnson a risentirne, che perde possesso della pluffa e subito viene recuperata dalla bionda serpeverde che sfreccia a tutta velocità verso Ronald Weasley…ehi ma cosa dicono dagli spalti?-
Sempre più forte si faceva il coro dei tifosi verde e argento.
Weasley è nato in un bidon
ha la testa nel pallon
 vinceremo noi perché
perché Weasley è il nostro re!
Ron visibilmente turbato dal coro infamante non si rese nemmeno conto che Matilda era sola davanti a lui e con un lancio potente mandò la pluffa dritta nell’anello centrale. Inutili furono i tentativi di Lee che urlava a squarciagola pur di tentare di nascondere il coro impietoso nei confronti del giovane Weasley.
Altri bolidi sfiorarono Matilda ed uno la colpì in piena schiena, rischiando di farla cadere al suolo. Ma la partita stava comunque andando a vantaggio della sua casa, merito dei punti segnati da lei e dagli altri cacciatori.
Purtroppo il sogno di gloria ebbe fine quando Harry afferrò il boccino; nonostante Draco fosse a pochi centimetri da lui non riuscì a sottrarglielo e proprio mentre stavano per toccare terra un bolide colpì in pieno Harry, che comunque non mollò la presa.
-Maledizione!- Matilda atterrò assieme agli altri giocatori. Le grida di esulto dei grifondoro sovrastarono tutto il campo e questo rendeva la vittoria difficile da digerire. Se solo Draco avesse preso il boccino; stavano vincendo, li stavano stracciando! Ma Harry era un cercatore imbattibile.
Matilda si avvicinò a Draco ed Harry, riconobbe sul fratello quell’espressione amara che assumeva quando perdeva, per cui pensò bene di andare ad accertarsi che non avesse reazioni esagerate, ma fu inutile: Draco aveva già dato il via agli insulti -Hai salvato il collo di Weasley, eh? Non ho mai visto un Portiere peggiore... ma d'altra parte è nato in un bidon... ti sono piaciuti i miei versi, Potter?-
La giovane serpeverde afferrò la spalla del fratello –Dai andiamo Draco, lascia perdere- Ma il gemello sembrava intenzionato ad andare avanti -Volevamo scrivere un altro paio di strofe, ma non abbiamo trovato delle rime per grassa e brutta... volevamo omaggiare anche sua madre, e...- Intanto gli altri giocatori grifondoro si erano avvicinati a loro per congratularsi con Harry ed invitarlo ad ignorare Draco.
-Draco smettila, stai esagerando ora! Andiamo via!- Matilda insistette, gli strattonava il braccio, ma il fratello con un movimento deciso si liberò dalla presa -non siamo riusciti nemmeno a inserire povero fallito... sai, suo padre-
Matilda si pose fra Draco ed Harry e afferrò il volto del fratello con le mani –Vuoi prendercele? Stai superando ogni limite!-
Ma quell’ultima affermazione fu ascoltata anche da Fred e George, che senza perdere tempo si avvicinarono agli altri. Draco scansò bruscamente la sorella e continuò a rivolgersi ad Harry
-Ma a te piacciono i Weasley, vero, Potter? Ci passi le vacanze e tutto il resto... Non capisco come fai a sopportare la puzza, ma immagino che quando uno è stato allevato da Babbani anche la baracca dei Weasley vada bene!- Quello non era un attacco mirato solo ad Harry: voleva colpire anche lei, ne era sicura –Matilda fallo smettere!- le gridò Angelina mentre cercava di tenere a bada Fred assieme a Katie ed Alicia, mentre Harry tratteneva George.
Matilda lanciò uno sguardo a George che sembrava fuori di sé dalla rabbia e poi tornò ancora a tentare di bloccare il fratello.
-Smettila sei impazzito?! È solo una stupida partita, torna in te, maledizione!- Lo afferrò per il polso e tentò di trascinarlo via, ma ancora una volta Draco si strattonò e finalmente la guardò negli occhi –Siete affetti dallo stesso male te e Potter! Vi piacciono questi zozzi dei Weasley eh? Eppure tu sei cresciuta in posti decisamente più belli e profumati, hai deciso di farti venire le pulci?-
Matilda sgranò gli occhi incredula –Non puoi avermi detto questa cosa…Draco…- Ma il ragazzo tornò a rivolgersi ad Harry, che tratteneva ancora George, il quale sembrava ancor più inferocito di prima, dopo quell’ultima affermazione del serpeverde.
-Non è vero Potter? Sei riuscito ad attaccare questa malattia anche a mia sorella! Vi piace lo sporco! O forse…forse ti ricordi di quanto puzzava la casa di tua madre, e il porcile dei Weasley te la fa tornare in mente...-
Fu allora che Harry lasciò la presa e lui e George si scagliarono contro Draco.
-No, nooo!!! Smettetela!- Matilda era a pochi centimetri da quell’azzuffata. Vedeva George colpire il fratello e viceversa, Harry accecato dalla rabbia sferrava a Draco colpi allo stomaco.
-Basta!- Matilda si gettò in mezzo, non sapeva nemmeno lei per quale motivo avesse fatto un gesto tanto stupido. Qualcuno la colpì sul labbro ed iniziò a perdere sangue. Quasi all’istante i ragazzi si fermarono, non solo perché si erano resi conto della presenza di Matilda: madama Bumb aveva scagliato un incantesimo che aveva fatto arrestare i ragazzi.
Si portò una mano alla bocca  che stava perdendo sangue a volontà e mentre Madama Bumb ordinava ai due grifondoro con urla inarrestabili di andare dalla McGonagall, lei aiutò il fratello ad alzarsi; Draco perdeva sangue dal naso e sembrava provare dolore in tutto il corpo, ma lei non riuscì a provare pietà per il fratello.
-Voi due, andate subito in infermeria!-
-George!- urlò lei mentre il ragazzo si allontanava, ma lui non si voltò, nemmeno per un istante.
 
-Ecco qua signorina Malfoy, come nuova- A seguito delle cure di Madame Pomfrey, il labbro della giovane Malfoy aveva smesso di sanguinare e si stava lentamente sgonfiando. Anche Draco sembrava messo bene, sia nel fisico, che nell’umore. Appena ebbe il permesso Matilda si alzò e si avvicinò all’uscita dell’infermeria.
-Ehi non mi aspetti?-
Si voltò verso il fratello. Non disse nulla, non una sola parola uscì dalla sua bocca. Si limitò a guardarlo fissa e torva e con lui si avviò verso la sala comune.
 
-Squalificati! Tutti e tre, anche l’altro gemello! Che gran colpo Draco!- La voce della squalifica permanente dalla squadra di Quidditch di Fred, George ed Harry si era già diffusa a macchia d’olio per tutto il castello. Matilda se ne stava seduta sulla poltrona della sala comune rigirandosi la bacchetta fra le mani, mentre i suoi occhi freddi vagavano fra i ragazzi e le ragazze che roteavano intorno a Draco, squittendo entusiasti come tanti piccoli roditori.
-Matt, stai bene? Il tuo labbro?- Daphne si era chinata accanto alla sua poltrona e la guardava preoccupata dal basso. –Tutto bene.- Rispose secca lei –Senti, questa faccenda della squalifica dei grifondoro…ecco insomma, come l’hai presa?-
Le iridi gelide fluttuarono per poi incontrare quelle della Greengrass –Secondo te?-
Daphne sgranò appena gli occhi e poi si morse il labbro per non aggiungere null’altro.
-Sai quello che mi ha detto?-
-Chi?-
-Draco.-
-Veramente no…ma immaginavo aveste litigato per quello che è successo.-
-Oh…ma noi non abbiamo litigato affatto.- Daphne rabbrividì nel cogliere lo strano sorriso che aveva increspato il volto dell’amica.
-Ma ora vedrai- Si limitò ad aggiungere, poi lentamente si alzò mentre i ragazzi erano intenti a far festa. –Matt cosa vuoi fare?- sussurrò l’amica preoccupata alle sue spalle, ma la giovane serpe proseguì fino a posizionarsi davanti Draco, che spostò l’attenzione dalle moine delle ragazze a lei.
-Dillo anche tu, che è stato grandioso! Questo è stato proprio un colpo da maestro, ora la coppa sarà sicuramente nostra!-
Matilda continuava a sorridere in silenzio.
-Davvero grandioso, tanto quanto quello che hai detto.-
Draco inarcò un sopracciglio, poi iniziò a ridere –Dai Matt, ti ho solo fatto un favore a toglierti di mezzo quegli idioti, dovresti ringraziarmi!-
-Giusto, che sbadata…- rigirava la bacchetta fra le mani, che Draco guardava preoccupato; intanto intorno a loro era calato il silenzio. Fu Blaise a spezzarlo.
-Matt, che cos’hai? Non dirmi che te la sei presa!-
Solo il fratello catturava la sua attenzione, mentre il sorriso si faceva sempre più ampio sul volto esangue di Matilda.
-Perché mai dovrei prendermela? Sono solo stata trattata come fossi un qualsiasi straccio sporco. Lo hai detto ai tuoi amichetti, che cosa mi hai detto Draco? Lo hai detto come sei riuscito a far squalificare i grifondoro?-
-Matilda ora piantala, se è per quello che ti ho detto mi dispiace ok? Ma è andato a nostro favore, non metteranno mai più piede sul campo da Quidditch!-
Intanto gli altri cominciarono a guardare Draco con sospetto, inconsapevoli dell’enorme ferita che aveva inciso sulla sorella.
-Già, senza Potter di mezzo almeno avrai una vaghissima possibilità di recuperare il boccino, giusto fratellino? Cosa che ti è impossibile quando giocate insieme, dato che hai l’abilità di un troll ubriaco.-
Draco arrossì ed aggrottò le sopracciglia –Attenta a quello che dici-
Matilda rise di gusto –Io scelgo le mie parole con cura a differenza tua. Dico sempre e solo la verità.-
E così detto puntò la lunga bacchetta verso il fratello.
-Colovaria aurantiaco!-
Una luce che partì dalla bacchetta di Matilda si schiantò contro i capelli di Draco che divennero di un forte arancio.
-Ti piace così tanto tormentare i Weasley che ho pensato che magari sotto sotto ti piacciono! Quindi ecco a te, una bella sfumatura arancione, magari ti si formeranno anche le pulci, chissà!-
Chi spaventato, chi colto da un’ondata di risa incontrollabile, la sala comune dei serpeverde divenne luogo di schiamazzi violenti, fra tutti risuonava l’urlo di Draco che si precipitò davanti allo specchio ed inorridì alla vista del suo nuovo colore di capelli.
-Questo è per avermi insultata. Ci vorranno almeno tre giorni per farti tornare il tuo colore naturale, ma fossi in te ci penserei, il rosso ti dona!-
Draco si scagliò contro Matilda, ma la ragazza gli aveva già puntato la punta della bacchetta contro il naso prima che lui potesse sfiorarla –Che c’è ne vuoi ancora? Ora vai pure a dirlo alla tua nuova mammina Umbridge-
Draco tremava dalla rabbia, ma conosceva assai bene la bacchetta della sorella, di cui era terrorizzato –Questa me la paghi…-
-Allora non ci siamo capiti…da questo momento non mi rivolgerai più neanche uno sguardo, e solo quando ti sarei scusato un numero di volte che riterrò sufficiente, allora forse tornerò a salutarti.-
-Tu…hai commesso un errore molto grosso!- -Il mio unico errore è stato non prenderti a pugni per farti chiudere quella maledetta bocca.-
Nessuno osò intervenire. Quando Matilda abbassò la bacchetta Draco sembrò voler aggiungere qualcosa, eppure si voltò stizzito e schizzò via verso il dormitorio maschile, seguito a ruota da Tiger e Goyle.
-Matilda, hai preso in considerazione l’idea di avere esagerato giusto un tantino?- Disse Blaise, avvicinandosi a lei con le mani in tasca ed il volto che tratteneva a stento un sorriso divertito.
-Ti sbagli Blaise, è evidente che io non abbia fatto abbastanza, visto che quell’idiota di mio fratello è arrivato al punto di non portarmi il minimo rispetto.-
-Si, ma sai che te la farà pagare, lo conosci meglio di tutti noi- Aggiunse Theodor.
-Draco si merita più di una tinta ai capelli, ultimamente se la tira un po’ troppo.- disse con tono svogliato Daphne.
-Senti chi parla, la regina della puzza sotto il naso- Ghignò Blaise.
-Ragazzi, non mettetevi a litigare anche voi- si introdusse timidamente Astoria.
Nessuno poteva togliere il sorriso di soddisfazione dalla bocca di Matilda.
Quando rientrò nel suo dormitorio recuperò un pezzo di pergamena, su cui scrisse poche parole. –Chartanimus!- pronunciò puntando la pergamena con la bacchetta e questa si trasformò in una piccola volpe di carta, che scosse il muso e poi corse via.
 
-Non riuscirò mai a dormire. Dovevo picchiarlo molto più forte, quel rifiuto umano!-
-Almeno tu qualche colpo ben assestato sei riuscito a darglielo. Quel verme di Malfoy!-
George si incupì ancor più per quanto possibile –L’ho colpita, Freddy, vorrei sprofondare negli abissi del lago nero.-
Fred si avvicinò al letto del fratello e sedette accanto a lui –Andiamo, è stata lei a mettersi in mezzo, quel colpo era per Draco, lo sai.- Fred colpì il gemello con una pacca di consolazione.
-Si ma non c’entrava nulla, non ho nemmeno avuto il coraggio di guardarla in faccia, sono scappato via come un codardo. Forse non valgo molto più di quel bastardo di Malfoy.-
Un rumore di carta stropicciata ruppe il silenzio sconfortante del dormitorio. La piccola volpe che era scivolata sotto lo spiffero della porta si ricompose e saltò sulle gambe di George, che colto alla sprovvista guardò perplesso prima lei, poi il fratello.
-Ma cosa…-
-Ho l’impressione di sapere da chi arriva- Sorrise Fred, che guardava la volpe scartarsi nelle mani di George.
-Mi dispiace per tutto. Non odiarmi. M.-
George non riuscì a trattenere un sorriso amaro –Ti rendi conto? È lei che si scusa con me. Sono un idiota, un vero idiota.-
-Secondo me, Georgie, sei solo cotto come una torta di zucca appena sfornata-
I fratelli si scambiarono un sorriso complice e George, prima di infilarsi sotto le coperte e lasciarsi alle spalle quell’orribile giornata, ripose l’origami nelle pagine della sua copia di Animali fantastici: dove trovarli.
   
 
 
 
Ciao a tutti silenziosissimi lettori! Un paio di appunti: gli insulti del caro Draco sono riportati proprio dal libro de L’ordine della fenice, con l’ovvia aggiunta di quelli contro Matilda, come lo scherzetto a Zacharias Smith durante il primo incontro dell’ES da parte dei gemelli Weasley. Inoltre tutti gli incantesimi utilizzati esistono davvero nell’universo Potter. Vi allego un paio di schizzi che ho fatto, spero vi piacciano! Per il resto ringrazio chi continua a leggere la storia, però mi piacerebbe sapere le vostre impressioni. Le recensioni salvano lo “scrittore”!
A prestissimo
 
D.
 

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Capitolo 9
*** Gorgosprizzi ***


CAPITOLO IX
 
Gorgosprizzi
 
Una guerra silenziosa era scoppiata fra i gemelli Malfoy. Quando Draco tentò di presentarsi in sala grande con i capelli coperti da un cappello, qualcuno glielo fece schizzare via facendolo diventare la più diverte attrazione della giornata. Un gruppo di studenti gli cantò dietro persino Perché Weasley è il nostro Re, ritorcendogli contro il coro da lui stesso inventato.
Di contro, una lettera arrivò il giorno dopo dal becco di un elegante gufo nelle mani di Matilda( (figurarsi se Narcissa avrebbe mai mandato una strillettera, che avrebbe messo in ridicolo tutta la famiglia) in cui la madre l’ammoniva per il comportamento adottato nei confronti del fratello e le garantiva il solito mese di punizione a casa della vecchia prozia, se non avesse subito chiesto scusa a Draco. Così lei contrattaccò con un incantesimo gambemolli proprio mentre Draco tentava di approcciare una ragazzina del quarto anno tutta boccoli e rossori. Seguì a quel punto un’esplosione indesiderata del calderone di Matilda durante l’ora di pozioni, che le fece riempire la faccia di foruncoli maleodoranti.
Durante l’ora di Cura delle Creature magiche, di cui il guardiacaccia Hagrid aveva ripreso il possesso, apparve la professoressa Umbridge che non vedeva l’ora di mettere in difficoltà il mezzogigante; Draco e quella rintronata della Parkinson non persero l’occasione di screditare il povero Hagrid che, a modo suo, stava tentando di tenere una dignitosa lezione sui Thestral, una sorta di cavalli dal corpo scheletrico invisibili a chi non avesse mai visto morire nessuno.
Più per prendersi l’ennesima rivincita nei confronti di Draco che per tutelare il professore, Matilda impastò la bocca del fratello mentre questo sembrava non riuscire a trattenere le risate e le offese, cosa che comunque le costò un’occhiataccia da parte della Umbridge, che sembrava aver colto da dove fosse arrivato il colpo.
-Ha qualche problema, signorina Malfoy?-
-Io? Il mio unico problema è non riuscire a seguire la lezione per colpa degli schiamazzi degli altri studenti, professoressa-
In quanto a sorrisi falsi Matilda era quasi più dotata della stessa Umbridge, per cui rimasero a guardarsi e a sorridere sotto gli occhi spaventati di tutti gli altri per un tempo decisamente lungo.
-Deve stare attenta, signorina Malfoy, ho come l’impressione che suo padre non sia a conoscenza del modo sfrontato con cui si rapporta agli insegnanti-
-Se lo ritiene necessario, professoressa, può sempre pensare di riferirglielo- Mai smise di sorridere, il volto sempre più tirato –Anche se credo gli recherebbe maggior dispiacere essere disturbato per delle infondate illazioni, più che per un mio presunto comportamento sfacciato-
Si sorrisero ancora a lungo, poi fu la Umbridge a spostare per prima lo sguardo e allontanarsi da lei.
-Sei stata grande!- le sussurrò Hermione appena la faccia da rospo fu sufficientemente lontana.
-Sono o non sono una serpe? E poi per una volta sfrutto il mio cognome- Ammiccò all’amica, che precedette poi nella risposta ad una domanda che Hagrid aveva appena posto a proposito dei Thestral.
-Benissimo Matilda! Dieci punti a Serpeverde!-
Gli altri della sua casa esultarono, tutti tranne Draco, che aveva ancora la bocca impiastricciata ed uno sguardo che sarebbe stato in grado di scatenare una tempesta, se avesse potuto.
 
Draco era su tutte le furie: quella lite con la sorella, che non sembrava mai accusare il colpo dei suoi scherzetti, stava andando per le lunghe e questo lo mandava fuori di testa. Alla fine era una presenza di cui non riusciva a fare a meno nella sua vita, ma il modo in cui lo aveva messo in ridicolo davanti a tutti non poteva di certo essere ignorato.
-Che fai amico?- Blaise si abbandonò su uno dei divani della sala comune accompagnato da Astoria, che Blaise sembrava finalmente aver notato e di cui accettava la presenza sempre più volentieri. Draco lanciò uno sguardo ai due non nascondendo una certa invidia; lui si circondava sempre e solo di ragazzine mediocri che riusciva ad incastrare con il suo fascino, ma non aveva mai incontrato davvero qualcuna che gli facesse girare la testa.
-Sto pensando-
-Davvero? Pensavo te ne stessi da solo e in silenzio senza motivo. A che pensi?-
Astoria si avvicinò timidamente a Blaise e si beò del tocco rilassante delle sue mani sui capelli di pece.
-Alla prossima mossa. Fra poco ci saranno le vacanze di Natale e non voglio tornare dai miei con quell’idiota di mia sorella che sbandiera la sua vittoria su di me-
Blaise intonò una risata –Ma vuoi farla finita con questa rivalità? Litigate come dei bambini, perché non la lasci stare, per una buona volta?-
Draco fissò l’amico con uno sguardo carico d’odio –Adesso è semplice ignorarla, eh Zabini?-
Malfoy lanciò un’occhiata ad Astoria, che contraccambiò con una smorfia acida
-Perché non ci parli e basta? È evidente che ti dispiaccia- Blaise ignorò la frecciatina dell’amico. Lo conosceva talmente bene che non sarebbe caduto nelle sue provocazioni solo perché era imbronciato con la sorella.
Nella sala entrò anche Daphne che lanciò uno sguardo ad un ragazzino del primo anno rannicchiato su una poltrona accanto al fuoco. –Spostati-
Il ragazzino non esitò nemmeno un momento e si alzò con aria affranta, scegliendo infine un posto ben lontano dal gruppo del quinto anno.
Draco fece ricadere la propria attenzione sulla più grande delle Greengrass, intenta a guardarsi in uno specchietto mentre sistemava la chioma bionda.
-Senti un po’ Greengrass-
Quella di tutta risposta alzò gli occhi chiari verso il giovane Malfoy.
-Che vuoi Draco?-
Non sopportava il modo superficiale con cui Daphne lo trattava, anche se da un lato era attratto dalla sfrontatezza della ragazza, che non dava mai l’idea di essere intimidita da lui.
-Tu che hai tanto a che fare con mia sorella, mi sai dire cosa le passa per la testa?-
Daphne arricciò il naso infastidita –Senti un po’ Malfoy, perché non parli direttamente con lei invece di cercare informazioni in giro?-
Draco roteò gli occhi infastidito, riceveva da tutti la stessa risposta, proprio quella che non voleva sentire per giunta.
-Begli amici; ci fosse stata una sola persona che mi avesse dato qualche consiglio sensato lo avrei coperto di galeoni-
Daphne assottigliò lo sguardo –Sai che c’è Draco? È proprio questo il tuo problema, sei convinto di poter ottenere sempre quello che vuoi nel modo in cui lo desideri. Ma senti un po’, ti illuminerò sul fatto che la vita non è così. Non puoi pensare che le persone ti assecondino solo per il bel faccino che ti ritrovi, o per le minacce che vanno a braccetto col tuo cognome. Per quanto riguarda Matt non capisco perché continui a torturarla, ti sei comportato con lei come ti comporteresti con una qualsiasi persona che non ritieni alla tua altezza. Pensavi davvero avrebbe chinato il capo e ti avrebbe pulito le scarpe con la lingua?-
-Daphne ha ragione, ma secondo me Matt ha esagerato, ha messo Draco in ridicolo davanti a tutti- Blaise si introdusse con tono annoiato nello scambio fra i due.
A quel punto Astoria si allontanò dalle attenzioni di Blaise e lo guardò basita –Scherzi? Se mia sorella mi desse della zozza con le pulci io reagirei in maniera ben peggiore di così!-
-Beh, io non sopporto di vederla andare in giro con traditori del proprio sangue e nati babbani sanguemarcio! Se la vedesse nostro padre…-
Astoria rivolse ora lo sguardo a Draco –Oddio Draco, davvero vuoi portare avanti questa causa? È da malati!-
-Ma come ti permetti di parlarmi così?!- Draco fece per alzarsi con aria stizzita e Astoria lo precedette nel gesto, per poi lanciare uno sguardo a Blaise
-Me ne vado a dormire, non voglio ascoltare una sola altra parola in merito a questa questione. Sbrigatela da solo, Malfoy!-
Astoria si allontanò frettolosamente, seguita da Daphne che manteneva un’espressione di sufficienza –Ci vediamo domani-
Draco e Blaise si scambiarono uno sguardo
-Amico, me l’hai fatta scappare, non puoi darti una regolata una volta tanto?-
Draco sistemò la cravatta con un gesto noncurante –Ad un certo punto dovranno imparare a frenare la lingua e forse qualcuno dovrebbe insegnarglielo e ricordare loro il rispetto che dovrebbero portare alle proprie famiglie-
Inevitabilmente il pensiero andò alla sorella. Più passava il tempo, maggiore era la sensazione che Matilda volesse avere a che fare il meno possibile con la loro famiglia; e se davvero era così, si sarebbe creata anche fra loro due una frattura irreparabile? Fino a quel momento avevano litigato come due normali fratelli adolescenti, anche se effettivamente Draco ci era andato giù pesante con la gemella. Eppure l’amara consapevolezza che le loro strade si stessero dividendo in due sentieri ben distinti arrivò a seccargli la gola; Matilda era davvero l’unica persona a cui sentiva di voler bene, esclusi i genitori, in particolar modo la madre. Sotto un certo punto di vista, quello che Draco faceva di tutto per non prendere in considerazione, Matilda rappresentava una delle parti migliori di lui e proprio grazie a lei, spesso, era riuscito a dare peso a ciò che realmente voleva per se stesso, senza essere influenzato troppo dai giudizi influenti dei suoi genitori. Ma sarebbe riuscito ad accettare le idee rivoluzionarie di Matilda senza rompere i rapporti con lei? Era evidente come la ragazza non provasse alcun tipo di orgoglio verso la sua purezza di sangue, così come accettava di buon grado la compagnia di nati babbani come la Granger.
Infilò le mani nelle tasche e se ne andò. Il ragazzino del primo anno scacciato precedentemente da Daphne si alzò e si avvicinò alla poltrona con sguardo ricco di cupidigia.
-Ehi ragazzino, non sognartelo nemmeno, torna al tuo posto e restaci-
Blaise lo gelò e poi seguì Draco nel dormitorio. Il povero ragazzino del primo anno sospirò e tornò alla sua scomoda seduta.
 
Da prefetti, i ragazzi erano caricati di mansioni da ricoprire con l’avvicinarsi del Natale, tra cui sovrintendere alle decorazione del castello. Matilda faceva di tutto per rendere gli addobbi migliori dell’anno precedente, e proprio mentre stava imbellettando una delle scale del terzo piano, sentì alle spalle una voce familiare che le fece aumentare il battito cardiaco a dismisura
-Come sei diligente signorina, mi vedrò costretto a non aggiungere il mio tocco personale come faccio tutti gli anni!-
Girandosi, la massa voluminosa di capelli colpì in pieno George, pericolosamente vicino a lei
-Ehi ehi! Questa chioma è un’arma, potresti ucciderci qualcuno sai?-
Agli incontri dell’ ES che si erano susseguiti dopo l’espulsione dei gemelli e di Harry dalla squadra di Quidditch, Matilda e George si erano limitati a scambiarsi sguardi imbarazzati e sorrisi accennati, per cui la ragazza non si aspettava quell’improvvisata.
-Ti prego, non costringermi a seguirti come la gatta di Gazza, non ho affatto voglia di punirti, signor Weasley-
Il ragazzo la sovrastava, seppur di poco, in altezza nonostante stesse su due gradini più in basso
-Ho ricevuto il tuo messaggio, non avevo avuto il coraggio di dirtelo prima-
-Ah, beh…-
Matilda rigirava nelle mani una grande coccarda verde senza saper bene cosa rispondere
-Ho visto come hai conciato il tuo bel fratellino, il rosso gli sta di schifo sai?- Spezzò così la tensione il gemello Weasley, riuscendo anche a strapparle un sorriso
-E non hai visto cos’altro gli ho combinato poi-
-Ricordati che a breve tornerai a casa però. Non hai timore di ritorsioni maggiori?-
Matilda roteò gli occhi al cielo
-Sinceramente non mi interessa, è solo un cretino, degno figlio dei miei genitori –
Che grossa bugia, pensò.
George mosse un passo e salì di un gradino
-Mi spiace per…il pugno. Mi sento uno schifo per quello che è successo-
-Senti, la colpa è la mia, non avrei dovuto mettermi in mezzo, so che non avresti mai picchiato una bella ragazza come me- Accennò ad una risata  in cui non credeva nemmeno lei
George si guardò intorno e poi si chinò pericolosamente verso Matilda e sussurrò
-Oggi c’è l’ultimo incontro dell’ES prima delle vacanze, verrai non è vero?-
-Non me lo perderei mai- Rispose Matilda che per colpa di quella ridicola vicinanza era diventata di un bel color pomodoro, cosa che fece ridere George che non accennava ad allontanarsi
-Ti imbarazzi facilmente, eh lemonsoda?-
-Solo quando vengo provocata…e questa è una provocazione, non è vero?-
George si chinò ancor più verso di lei. Gli occhi di quel caldo e profondo nocciola erano fissi in quelli di Matilda senza accennare nemmeno un tremolio, al contrario dei suoi, pronti a schizzare in ogni dove. Matilda poteva sentire distintamente il profumo della pelle del ragazzo, come avrebbe indovinato anche solo con lo sguardo la consistenza di quelle labbra tornite che erano così tanto vicine alle sue.
-Io provoco chi lo merita, o chi mi piace. E non so se l’hai capito, ma tu fai parte della seconda categoria-
Le pupille plumbee della giovane serpeverde correvano frenetiche dagli occhi alla bocca di George, che intanto aveva osato allungare una mano verso il lembo del maglione della sua divisa e, spudorato, lo stava tirando a sé.
-Mio padre mi ucciderà-
-Per cosa? Non hai fatto nulla, non ancora almeno-
Barcollò pericolosamente verso di lui, attirata da quelle dita impossibili da gestire
-Anche il solo fatto che mi piaccia un traditore del proprio sangue è un grande affronto-
Le labbra di George si incresparono in un ghigno divertito, e poi cominciò a mordicchiarsi il labbro inferiore, gesto tanto eloquente e sfacciato, quanto irresistibile
-Quindi stai dicendo che ti piaccio-
-Mi sembrava lo avessi ammesso anche tu, signor Weasley-
-Oh…ma io sono stato decisamente più generico-
La mano di George passò dietro la schiena di Matilda
-E allora che ci fai ad un centimetro dalla mia bocca?- sussurrò leziosa lei
-Lo trovo un ottimo posto, dove tenere la mia-
E come nelle migliori commedie romantiche, quello che stava per essere un primo bacio perfetto venne bruscamente interrotto da una pioggia di inchiostro che ricoprì le loro teste,
Pix il poltergeist tuonò in una risata scompisciata sopra di loro
-Era meglio il vischio non è vero?- il poltergeist non la smetteva di ridere
-PIX! Maledetto infame!- George gridò nella sua direzione, ma quello era già schizzato via lasciando i ragazzi gocciolanti di inchiostro appiccicoso
-Che sta succedendo qui?! Cos’è questo casino?!-
Gazza era spuntato dalla cima delle scale brandendo la scopa in mano.
Ci misero un bel po’ di tempo a ripulire tutto, quel dannato inchiostro non voleva andare via e Matilda era davvero su tutte le furie. Ci aveva pensato Pix a rovinare le sue decorazioni, altro che le marachelle dei gemelli Weasley.
-George è tardissimo, dobbiamo subito andarci a togliere questa roba appiccicosa di dosso se non vogliamo fare tardi!-
Il grifondoro che non aveva smesso per un attimo di ridere da quando Pix li aveva conciati in quel modo, scappò via verso il proprio dormitorio, ma prima di dileguarsi le gridò –Anche ridotta così non sei niente male!-
 
Nel dormitorio trovò Daphne sdraiata sul letto che sfogliava le pagine di gossip della Gazzetta del Profeta. Quando vide l’amica scoppiò a ridere –ma che ti sei combinata?-
-Quel bastardo di Pix, oh ma me la pagherà, eccome se me la pagherà! Trattare così un prefetto!- schizzò in bagno a tutta velocità, dove la seguì la più grande delle Greengrass.
-Cos’è tutta questa fretta Malfoy? Almeno la domenica non pensi di rilassarti un po’?-
Quella sostanza appiccicosa era dura da mandare via, sia con il sapone che con la magia.
-Ho una cosa da fare fra poco-
-Anche Lee ha una cosa da fare fra poco- Daphne fece una smorfia –Non è che vi vedete di nascosto da me?-
-Sei impazzita? Non lo farei mai!- Doveva inventarsi una scusa con l’amica, quindi macchinò la più plausibile –Robe da prefetti, dato che Draco non fa il suo dovere devo pensarci io, a mettere le pezze!-
Che poi era vero in parte, dato che nonostante la lite con il fratello, Matilda continuava comunque a rimboccarsi le maniche al posto suo.
-Ok…sicura che la roba da prefetti non abbia i capelli rossi?-
Finalmente l’inchiostro era andato via –Ho lasciato la bacchetta di là, passami l’accappatoio!-
-Non vuoi rispondermi eh? Ma tanto lo scoprirò da sola, basta seguirti…- Rispose divertita Daphne, mentre allungava l’accappatoio verso l’amica
-Ti annoieresti a morte e basta, te lo assicuro-
Senza farsi vedere da Daphne, prima di correre fuori dalla stanza, la giovane Malfoy armeggiò con la magia e rimarcò le ciglia chiarissime con un mascara. Se fosse stata fortunata avrebbe contato tutte le lentiggini di George, possibilmente sotto un bel ciuffo di vischio.
 
La stanza delle necessità era addobbata a festa e questo aumentò l’euforia del gruppo. Harry aveva previsto, per loro, un bel ripasso degli incantesimi che avevano appreso fino a quel momento, per cui le coppie si formarono e cominciarono subito ad allenarsi.
Ginny e Matilda si schiantarono svariate volte, come Ron ed Hermione (quest’ultima prevalse in molti casi, anche se il più giovane dei Weasley non voleva ammetterlo). Matilda si sorprese molto quando si ritrovò a duellare con Luna Lovegood, scoprendola assai capace, quantomeno quando non perdeva la concentrazione per via dei gorgosprizzi, di cui la serpeverde sembrava aver piena la testa.
Per lasciare spazio agli altri sedette a terra su uno dei morbidi cuscini, aspettandosi l’arrivo di George al suo fianco da un momento all’altro; eppure nel guardarsi attorno lo scoprì a ridacchiare con Hannah Abbott ed istantaneamente divenne livida in volto.
-Sta andando alla grande vero?- Si rivolse a lei Hermione, occupando il posto che aveva previsto per George. Matilda la guardò inferocita
-Stai scherzando vero?!-
-Emh, si, quest’ultimo incontro sta andando alla grande, non…trovi?- Hermione sembrava un po’ spaventata dalla faccia di Matilda, che era tornata a guardare i ragazzi sghignazzare
-Ah…no non intendevo…loro-
-Quella faccia da folletto…guarda come se la ride!-
-Dai Matt, stanno solo scambiando qualche parola…un po’ troppo vicini magari…ma poi sei sicura non sia Fred?- Hermione assottigliò lo sguardo verso i due
-Sicurissima, so riconoscere quell’imbecille di George Weasley dall’aura di idiozia che lo ricopre!-
Hermione trattenne una risata, poi quando vide la bacchetta di Matilda ondeggiare si pietrificò –Aspetta!-
George inciampò su se stesso proprio mentre la Abbott stava facendo un passo di troppo verso di lui, attirando più sguardi nella loro direzione e scatenando le risa di Lee e Fred; quest’ultimo lanciò uno sguardo a Matilda che aveva già abbandonato la bacchetta a terra sorridente –Molto meglio- sibilò con un sorriso
Alla fine della lezione il gruppo cominciò a salutarsi ed augurarsi buone vacanze, promettendosi di rivedersi il prima possibile una volta tornati ad Hogwarts.
Mentre la giovane Malfoy si stava scostando da un abbraccio caloroso con l’amica grifondoro, alle sue spalle apparve George. Hermione lanciò uno sguardo ai due –Beh, devo proprio andare ora, è davvero tardi! Ciao ragazzi!- La ragazza trascinò via Ron che sembrava non voler lasciar soli né loro due, né l’amico Harry, al quale fluttuava intorno Cho Chang.
-Bel volo prima Weasley, che c’è non sai più stare in piedi?- Matilda riservò a George lo stesso sorriso che aveva concesso alla Umbridge il giorno della lezione di Cura delle Creature Magiche.
-Credevo di si, in realtà ho scoperto che non so resistere ai trucchetti di una certa serpeverde di mia conoscenza-
-Stai insinuando qualcosa? Che c’è la tua amichetta Hannah ti ha messo la pulce nell’orecchio?-
Si guardò intorno: nella stanza delle necessità non erano rimasti che loro due e l’improbabile coppia Cho/Harry, il quale guardava a sua volta verso di loro, con aria fortemente imbarazzata.
-Senti usciamo di qui, non vorrei rovinare la piazza al povero Harry, Godric solo sa quanto abbia bisogno di una bella spinta!-
Uscirono rapidamente dalla stanza delle necessità e presero a guardarsi intorno. Avevano ancora un’ora prima dello scoccare del coprifuoco.
-Credo dovremmo farci una chiacchierata, seguimi!- Dichiarò George.
I due si avviarono rapidamente verso l’esterno, e giunsero in prossimità del campo da Quidditch. La neve cadeva leggera e si incastrava nei capelli di Matilda, che avendo con sé solo il mantello stava già congelando. George la guardò con uno sguardo così apprensivo e docile che quasi si dimenticò di essere infuriata con lui.
-Tieni- Le calò in testa il proprio cappello di lana e le avvolse il collo con la sciarpa grifondoro, nonostante la rimostranza iniziale della ragazza.
-Ti ho detto che sto bene, e poi ora sarai tu a congelare- nonostante questo immerse il naso nella morbida sciarpa di George e si beò del suo profumo.
-Sei davvero buffa vestita così. La vostra divisa ha dei toni decisamente più austeri della nostra-
I fiocchi si scioglievano sui capelli del grifondoro, che iniziarono ad afflosciarsi  e a perdere il solito tono ribelle.
-George, ma che stiamo combinando?-
La ragazza allungò una mano per scrollare via la neve dai capelli di George, che accolse quel gesto con uno splendido sorriso.
-Non lo so Matt, però se devo dirtela tutta, qualsiasi cosa sia non mi dispiace affatto-
Le dita di Matilda scivolarono fino alla guancia arrossata e gelida di lui e lì si soffermarono per qualche istante
-Fosse anche un gioco, sai, forse mi andrebbe bene comunque. Però più passa il tempo e meno riesco a tollerare di vederti accogliere le moine della Abbott o di chicchessia con tanta serenità-
La mano di George salì a coprire quella di Matilda
-Certe volte mi stupisci con la tua ingenuità, lemonsoda-
Con occhi sgranati e le labbra appena schiuse, arrossate dal freddo, la giovane serpe rispose a George con aria interrogativa
-Cosa intendi?-
La mano del ragazzo trascinò lentamente via dalla propria guancia quella esile di lei, ma invece di lasciarla la usò per avvicinarla a sé
-Sarà un anno che ci giriamo intorno. Non credi che a questo punto dovremmo semplicemente accettare il fatto che non vogliamo stare senza l’altro?-
George dovette incurvarsi molto per raggiungere l’altezza di Matilda. Quando le toccò le labbra con le proprie, dopo averla guardata a lungo con quegli occhi magnetici, un brivido mai provato prima corse lungo tutto il corpo della giovane Malfoy. Era come se conoscesse già il tocco della sua bocca, era come se le loro labbra fossero state create per incastrarsi alla perfezione. George dovette aver provato la stessa cosa perché, se dopo qualche istante si scostò come se volesse assicurarsi che tutto andasse bene, subito tornò a baciarla, questa volta schiudendo la bocca ed aprendosi, con Matilda, ad un bacio molto meno casto del primo.
Quanto tempo passò Matilda non era in grado di capirlo, voleva solo rimanere lì, avvinghiata con tutta se stessa a quel ragazzo così tanto più alto di lei che delle volte la sollevava persino da terra, per non rimanere sempre piegato.
Ogni volta che si fermavano scoppiavano a ridere e poi ricominciavano a baciarsi, carezzando l’una le guance dell’altro, stringendosi in abbracci estenuanti tanto erano intensi. Il sapore di George era un uragano di zucchero dolcissimo e si mischiava a quello di Matilda creando un’estasi sensoriale di cui entrambi, già lo sapevamo, non sarebbero più riusciti a fare a meno.
-Credo sia proprio ora di rientrare…- sussurrò Matilda a fior di labbra.
George dovette annuire a malincuore e, prendendola per mano, ne anticipò i passi fino all’entrata del castello.
-George- Disse lei prima di permettere che ognuno si recasse nel proprio dormitorio.
-Dimmi-
-Non dobbiamo farci male.-
-Faremo in modo di non farlo accadere-
-E ancora una cosa-
-Sono ancora qui, vedi?-
-Mi devi ancora una bevuta-
George si assicurò che nessun sguardo indiscreto li avesse sotto mira, per cui si avvicinò di nuovo a lei con passo sicuro e, dopo averle afferrato il volto con decisione, la baciò ancora una volta con una passione tale che Matilda pensò di essere davvero stordita da quei gorgosprizzi, di cui tanto le aveva parlato la Lovegood.

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Capitolo 10
*** Romeo e Giulietta ***


 
CAPITOLO X
 
Romeo e Giulietta
 
La mattina seguente Matilda si svegliò raggiante in viso. Non si sentiva così euforica e pimpante da anni e poi, improvvisamente, si rese conto del motivo di tanta euforia: con una rapidità sorprendente i ricordi della sera precedente sfrecciarono nella sua mente, per poi rallentare all’improvviso sulle labbra morbide e seducenti di George Weasley. Scese dal letto di corsa e si fiondò in bagno, voleva prepararsi il più velocemente possibile ed eventualmente imbellettarsi alla bene e meglio, dato che quella sarebbe stata l’ultima giornata di lezioni e lei aveva tutta l’intenzione di salutare l’ex battitore dei grifondoro a modo suo, prima delle vacanze di Natale. Quando Daphne entrò sbadigliando nel bagno chiedendole il motivo di tutta quella foga, Matilda cominciò a sproloquiare, raccontando in un arco temporale brevissimo quello che era successo con George ( omettendo con cura la parte di racconto relativa agli incontri dell’ES). Daphne, vogliosa di pettegolezzi freschi, non lasciò andare via l’amica prima di essersi preparata lei stessa
-Mi devi giurare che non lo dirai a nessuno Daphne, ne-ssu-no! Che ti si possa impastare la lingua sennò!-
-Non ti fidi di me? Bell’amica sei. Stai sicura che manterrò il tuo segreto come tu hai fatto con il mio. Ora forza, ho una fame incredibile!-
Giunta nella sala grande gli occhi della giovane Malfoy vennero immediatamente catturati dal tavolo dei grifondoro, eppure di George non c’era alcuna traccia. Né di George, né di Fred, né dei restanti Weasley in realtà, tantomeno di Harry Potter o della sua amica Hermione. Pensò fra sé che dovesse essere ancora troppo presto e che da un momento all’altro avrebbe visto apparire quella chioma rossa che le faceva fare le capriole allo stomaco.
Passarono 10 minuti e mentre sbocconcellava con distrazione la propria colazione, finalmente vide entrare Hermione e Lee che sembravano parlare concitati; attese che molti del proprio tavolo uscissero per seguire l’ultimo giorno di lezione, tra cui Draco a cui non aveva la minima voglia di dare spiegazioni, così si avvicinò ai due grifondoro che avevano un’aria stranamente preoccupata. Alla vista di Daphne, che aveva accompagnato Matilda, Lee fece un ampio sorriso e si alzò di scatto dalla propria sedia, ma dopo un’occhiataccia da parte della Greengrass e un gesto che voleva dire una cosa tipo stai-fermo-ci-vediamo-dopo, Lee sospirò sconfortato e risedette accanto ad Hermione.
-Ciao ragazzi. Emh…tutto bene?-
Non sapeva bene da dove cominciare, non voleva essere troppo diretta nel chiedere dove diavolo fosse finito George, eppure Lee la guardò con un sorriso talmente tanto malandrino, che sospettò fortemente dovesse essere venuto a conoscenza dei fatti della sera precedente. Non fece in tempo ad aggiungere nient’altro che fu il ragazzo a parlare.
-Se stai cercando il più bello dei gemelli Weasley, purtroppo sono dovuti andare al san Mungo questa notte-
-Cosa?! Cos’è successo? Si è fatto male George?! Qualcun altro?!-
Hermione sorrise all’amica che in un attimo era entrata in totale stato di agitazione
-Stai tranquilla Matt, i ragazzi stanno bene! È solo che il signor Weasley, il padre…-
Un’ondata di serenità la travolse appena si rese conto che George stava bene, ma subito il rimorso per non aver pensato alle condizioni di suo padre arrivò a morderle lo stomaco.
-Che è successo? Addirittura al san Mungo?-
I due grifondoro si scambiarono uno sguardo, si alzarono ed assieme alle due ragazze si avviarono fuori la sala grande
-Pare che abbia avuto un brutto incidente durante il lavoro…- disse affranta Hermione, mentre Lee coglieva l’occasione per stare qualche passo indietro con Daphne
-Non so dirti altro purtroppo, conto di andare a trovarlo al san Mungo appena mi sarà possibile-
Matilda si afflosciò in un sospiro. Era contenta che George e i suoi fratelli stessero bene, ma non avere sue notizie dirette la sconfortava.
-Senti Hermione, passerai le vacanze di Natale con loro, quest’anno?-
Nel dirlo provò una punta di invidia. Hermione guardò l’amica di sottecchi
 –Conto di farlo, vista anche la situazione del signor Weasley. Oh, speriamo non sia nulla di grave, è così un brav’uomo!-
-Allora potresti, si…potresti dire a George, se dovessi vederlo, che mi dispiace davvero tanto e che spero che suo padre si rimetta e…-
-Di farti arrivare un suo gufo?- L’amica sorrise a Matilda, che arrossì istantaneamente
-Si beh, vorrei avere notizie appena gli sarà possibile. Però se sarà troppo occupato pensi di potermi scrivere te? Ti lascio il mio indirizzo. Ah…- Si lanciò uno sguardo alle spalle e poi sussurrò –I miei, sai…meglio che mi scriviate con un altro nome, usate pure quello di Daphne-
-Ehi, non sono mica sorda sai?-
-Scusami Daphne, ma sai se mio padre dovesse…-
Daphne la interruppe con un gesto vago della mano –Preferisco che usiate il mio nome che ricevere una miriade di lettere strappalacrime, da parte tua, perché non ricevi notizie di quel babbeo-
Matilda abbracciò Daphne di slancio, sapeva che quello era il suo strano modo di dimostrarle affetto e complicità.
 
La villa dei Malfoy era austeramente addobbata a festa. Quando i due gemelli fecero ingresso nella sala principale, due elfi domestici si precipitarono per recuperare i loro bagagli e portarli nelle rispettive camere. Non si erano scambiati neanche una parola per tutto il viaggio di ritorno, per cui ora era difficile far finta che nulla fosse successo.
Narcissa, sempre bellissima ed estremamente elegante, arrivò a salutare i figli mentre stavano ancora sfilando i mantelli pesanti; Draco si fece abbracciare con calore, Matilda rimase quasi immobile, così Narcissa chinò il capo verso di lei e, guardandola intensamente negli occhi le parlò con tono pacato
-Dobbiamo parlare tesoro-
La ragazza lanciò uno sguardo stizzito a Draco
-Solo con me, immagino-
-Sei tu che stai andando fuori di testa, mica io- sputò velenoso il fratello
-Draco ti ho detto di non rivolgerti così a tua sorella-
-Vedi?! E questo è niente! Dovresti sentirlo ad Hogwarts!-
Narcissa sospirò appesantita da quel bisticcio
-Aspetteremo che tuo padre rientri, poi parleremo. Solo noi tre- Puntualizzò.
Matilda guardò per l’ultima volta il fratello che ricambiò lo sguardo con un sorriso gelido e sbuffando se ne andò in camera sua con passi pesanti.
 
Al numero 13 di Grimmauld Place l’atmosfera era altalenante: da un lato l’euforia di trovarsi tutti assieme, sapendo che il signor Weasley se la sarebbe cavata, dall’altra il timore di ciò che era successo e che sarebbe potuto riaccadere a chiunque dell’ordine. Harry evitava il più possibile di avere a che fare con i presenti e passava molto tempo chiuso nella sua stanza, Sirius era allegro come non succedeva da anni per la presenza del figlioccio e di tutti gli altri, Molly era si molto tesa, ma anche carica di faccende da sbrigare. E poi c’erano i gemelli, Ron e Ginny che cercavano di passare il tempo come meglio potevano; alla fine con l’arrivo di Hermione riuscirono a parlare con Harry che sembrava essere crollato in uno stato di forte depressione, a seguito della brutta visione che aveva avuto sull’attacco ad Arthur Weasley, quella stessa visione che comunque aveva permesso di salvarlo. I ragazzi riuscirono a convincere Harry che non era affatto stato posseduto da Lord Voldemort, come invece lui aveva temuto fino a quel momento e d’improvviso il suo umore ebbe un’impennata positiva.
 
Sfogliava e risfogliava il suo libro preferito, quello regalatole per il compleanno da Daphne Greengrass, cercando di far scorrere il tempo il più velocemente possibile. Quando un elfo domestico arrivò a bussarle alla porta per avvisarla del rientro del Signor Lucius Malfoy, che ovviamente desiderava parlare con lei, Matilda fu seriamente intenzionata di lanciare un mucchio di vestiti al povero elfo e a molti altri, che avrebbero ottenuto la libertà facendo così uno smacco enorme al padre e a tutta la famiglia (e rendendo contenta Hermione che continuava a portare avanti la sua associazione per la liberazione degli elfi domestici C.R.E.P.A., a cui però Matilda non era molto interessata).
Quando entrò nello studio  del padre, sentì un grande tormento allo stomaco nel vedere i genitori che occupavano due poltrone dinanzi ad una vuota, preparata appositamente per lei.
-Mi sembra un processo- furono le prime parole che riuscì a dire nonostante non vedesse il padre da qualche mese.
-Matilda, mia cara, siediti per piacere- Gli occhi chiari del padre la studiavano con attenzione e anche se la volontà era quella di mantenere un comportamento fermo, Matilda scorse comunque una certa indecisione nel suo sguardo. Matilda sedette rigidamente sulla poltrona ed iniziò a toccarsi la lunga treccia con il solito fare meccanico, mentre silenziosa attendeva la loro sentenza.
-Non ti nascondo che siamo molto preoccupati per te. Draco ci ha raccontato delle vostre ultime discussioni- fu Lucius a parlare per primo, mentre Narcissa rivolgeva alla figlia uno sguardo apprensivo. Le labbra di Matilda si incresparono in una smorfia
-Una spia con i fiocchi, il vostro adorato bambino-
-Matilda…- l’ammonì la madre, poi Lucius continuò, le mani intrecciate intorno al pomello di finissimo argento incastonato sulla cima della sua bacchetta
-Inutile dire che le discussioni fra fratelli sono all’ordine del giorno, sarebbe strano che voi non ne aveste, eppure sono le motivazioni che ti spingono a litigare con lui che ci preoccupano, cara-
La figlia faceva correre gli occhi algidi fra i due genitori senza rispondere, anche se sospettava dove il padre volesse andare a parare con quel discorso
-Ci ha detto delle tue nuove…compagnie.- quest’ultima parola uscì quasi come un sibilo, dalla bocca di Lucius Malfoy.
-Potresti essere più preciso, padre?- Matilda, a differenza del fratello, era solita rivolgersi in quel modo ai genitori solo quando era intenzionata a sfidarli, cosa che entrambi colsero e che costò uno sguardo complice ed amareggiato dei due
-Ebbene, pensiamo che non sia il caso che frequenti i figli dei più grandi traditori del proprio sangue conosciuti nel mondo magico, Matilda, è evidente che non abbiano un’influenza positiva su di te. Per non parlare di una nata babbana- Matilda colse il tono disgustato del padre e non riuscì a trattenere un scatto di nervosismo
-Stai parlando di ragazzi molto più dotati di tanti altri dal sangue puro! Non vedo dove sia il problema!-
 
Nella cucina alcuni coltelli incantati sminuzzavano finemente delle verdure, mentre altri erano mossi con impazienza dalle mani dei ragazzi che, ancora minorenni, non potevano usare la magia al di fuori di Hogwarts. Mentre Molly supervisionava con attenzione ogni cosa, Fred e George se ne stavano seduti al tavolo deridendo i più piccoli
-Miseriaccia! Smettetela di prenderci in giro voi due!- se ne uscì stizzito Ron, alle prese con una grande quantità di cavolini di bruxelles.
-Smettetela di prenderci in giro, cattivoni!- Gli fece il verso Fred
George era sovrappensiero e, senza rendersene conto, parlò ad alta voce
-Non ho neanche avvisato Matilda, chissà che avrà pensato-
Molly Weasley aguzzò le orecchie e si voltò verso il figlio, mentre un mestolo mescolava diligentemente un impasto morbido e profumato
-Chi è questa Mafalda, una tua amichetta caro?-
I gemelli iniziarono a sghignazzare, seguiti da Harry e Ginny. Anche Sirius che ormai aveva un grande sorriso stampato sul volto segnato da anni di reclusione ad Azkaban, era entrato in cucina e sogghignava con gli altri
-Già, Matilda è la nuova amichetta di George- sibilò Ron
-Perché non continui a tagliare quei cavolini in silenzio da bravo babbano, Ron?-
-Fred!- lo ammonì Hermione
L’incuriosita Molly non permise di sviare il discorso e si avvicinò ai gemelli con un grande sorriso compiaciuto
-Allora chi è questa ragazza? L’hai conosciuta ad Hogwarts suppongo! In che casa si trova? Oh per tenere testa a te non può essere che una grifondoro!-
-Dai mamma, non penserai mica che parlerei delle mie conquiste a te! Mi viene la nausea al sol pensiero-
Sirius sedette accanto ai gemelli con aria sempre più divertita
-Era molto preoccupata comunque, appena puoi dovresti mandarle un gufo George, me l’ha chiesto lei stessa- si introdusse Hermione, che intanto sbucciava le patate con una facilità tale da lasciare sgomento Ron
-Bambino mio! Stai mettendo finalmente la testa a posto? Come sono contenta! Perché non la inviti alla tana uno di questi giorni? Potrei preparare qualcosa di speciale per l’occasione! Che cosa le piacerebbe? Speriamo non sia sciupata e rinsecchita come Harry, altrimenti dovrei impegnarmi moltissimo, povera cara!-
Tutti cominciarono a ridere mentre i gemelli si guardavano terrorizzati per la reazione della madre. Poi fu Ron a frenare le risate
-Anche se la invitassi non penso proprio che le permetterebbero mai di mettere piede a casa nostra mamma, dato che è la figlia di Lucius Malfoy!-
Un rumore di vetro infranto spezzò il silenzio che era pesantemente calato in cucina: lo stupore di Molly aveva infranto l’incantesimo di cucina.
 
Crack!
Il rumore sinistro di vetro infranto rimbombò nello studio. Con un colpo di bacchetta Lucius aveva schiantato un prezioso porta oggetti di cristallo addosso alla parete, facendo sussultare Narcissa accanto a lui; di contro Matilda non mosse un muscolo, ma si zittì.
-Come osi dire certe assurdità in casa mia?! Ti rendi conto della follia delle tue parole?!- Lucius si alzò di scatto e a nulla valsero le parole di Narcissa per farlo calmare. Rimase in piedi davanti Matilda, ancora seduta composta sulla sua poltrona
-Sanguemarcio, traditori del proprio sangue, secondo te potrei mai permettere a mia figlia di insozzare così il buon nome delle nostre famiglie?-
-Lucius ora calmati…-
Padre e figlia si guardarono a lungo, l’uno con sguardo spiritato, l’altra con occhi gelidi e fermi
-Quindi è vero che passi il tempo libero con i figli di quel babbanofilo di Arthur Weasley?-
-Anche se fosse? Sono normalissimi studenti come me! Non mi hanno mai trattata diversamente solo perché apparteniamo a case diverse, né tantomeno per il cognome che porto. Perché non dovrei voler passare il mio tempo con loro?!-
-Perché sono dei vili traditori, ecco perché!-
-Sono ragazzi! Sono solo ragazzi! Proprio come me e Draco! Mi vuoi spiegare cosa c’è di male in questo?!-
Narcissa si alzò e si avvicinò al marito, la sua mano si poggiò cautamente sul braccio di Lucius
-Ascoltiamo almeno cos’ha da dire caro, spaventarla non servirà a nulla-
L’uomo sembrò calmarsi e con riluttanza fece un passo indietro, allungando la distanza tra lui e Matilda.
 
-La figlia di Lucius Malfoy?- Molly sembrò non essersi accorta della ciotola che si era rovinosamente frantumata a terra, a differenza di tutti gli altri, che facevano correre lo sguardo dalla pasta molle che era schizzata su tutto il pavimento, a Ron, che aveva posato il coltello e si era limitato a chiudere la bocca. George guardò il fratello minore con occhi carichi di risentimento
-Complimenti Ron, ancora una volta sei riuscito a non farti gli affari tuoi-
Nel sentire la risata di Sirius l’attenzione di tutti si spostò dal povero Ron che aveva già le orecchie in fiamme, a lui.
-Scusami Sirius, ma non capisco proprio cosa ci trovi tanto da ridere!- Quello di Molly Weasley sembrò più un ruggito che una domanda indiretta
-Calmati Molly- poi rivolse lo sguardo a George, intento a minacciare Ron con lo sguardo
-Non che questi siano davvero affari nostri, ma sono sinceramente curioso di sapere se hai davvero una storiella con la figlia di Narcissa-
-Come hai detto tu Sirius, non penso che questi siano affari vostri-
-Oh, lo sono e come caro mio!- tuonò Molly
George si alzò di scatto, il volto una maschera color pepeprone
-No che non lo sono! Ho diciassette anni, direi che posso fare quello che mi pare della mia vita senza che voi ci ficchiate il naso-
-Non parlarmi in quel modo! Sono sempre tua madre e ti ricordo che lo rimarrò per sempre, anche quando sarai talmente vecchio da non riuscire più a muovere un passo!-
Sirius tornò ad intromettersi senza smettere di ridacchiare, proprio mentre George stava per ribattere
-Mi chiedo proprio che faccia farebbe la mia cara cugina Cissy se venisse a sapere che sua figlia se la spassa con un Weasley-
-Sirius!- ancora la voce di Hermione con tono ammonitore
Molly lanciò un incantesimo per ripulire il disastro che aveva combinato ed intanto si sforzò di rabbonire il tono
-Tesoro, mi spieghi perché, fra tutte le ragazze che potresti corteggiare, hai scelto proprio la figlia di quel mostro?- il sorriso lezioso non servì a diluire le parole d’odio nei confronti di Lucius Malfoy
-Molly, emh, se posso intromettermi…- Hermione che intanto stava aiutando senza magia a ripulire il pavimento, si rialzò da terra
-Matilda è una mia amica e ti assicuro che è una ragazza splendida e su cui si può fare affidamento.- esitò un momento, poi aggiunse –All’inizio dell’anno è persino venuta da me in lacrime, confidandomi che crede alle parole di Harry sul ritorno di…L-Lord V-Voldemort- (rabbrividirono tutti e Molly la rimproverò) –Silente ed Harry lo chiamano con il suo nome e dovremmo iniziare a farlo anche noi. Comunque era davvero sincera, non ha voluto aggiungere altro, ma sospetto che c’entri qualcosa che ha visto…- Tutti studiarono Hermione con curiosità, primo fra tutti Harry –Davvero ti ha detto così?- La giovane Granger annuì
-Vedi?- George indicò Hermione –Matilda è ok e non ci trovo nulla di male nel frequentarla!-
 
-Non ho molto da dire, dato che non servirebbe a niente con voi due!-
-Questo non è vero tesoro, siamo solo in pensiero per te- Narcissa mosse un passo nella direzione di Matilda, ma il braccio di Lucius la bloccò
-Esatto, non saranno le parole di una ragazzina inconsapevole a cambiare secoli di storia. Hai sempre avuto tutto quello che desideri, ti abbiamo permesso di comportarti come una bambina viziata ogni qualvolta ti sei dimostrata tale; ti abbiamo dato sempre tutto, Matilda, ma non permetterò che continui a frequentare quei ragazzi, ne vale del tuo onore!-
Matilda si alzò di scatto frustando l’aria con la treccia
-Ma di quale onore stai parlando?! Forse del vostro, non di certo del mio!-
-Fintanto che farai ritorno in questa casa si, parlerò del tuo onore. Ti sei forse dimenticata del cognome che porti? Hai forse rimosso gli oneri e le responsabilità che questo comporta?-
Matilda fremette; avrebbe voluto tirare fuori la bacchetta e schiantare il padre addosso al muro, ma quel gesto le sarebbe costato l’espulsione da Hogwarts, e quella era l’ultima cosa che avrebbe voluto. Quindi si difese con le parole, a caro prezzo
-Il mio cognome? Parli forse del cognome che non mi sono scelta e che mi sta incollato addosso come una verruca pruriginosa?! Il nobile cognome di un Mangiamorte?!-
Un forte e vivido schiaffo segnò la guancia di Matilda. Per la prima volta in vita sua Lucius aveva alzato le mani nei confronti della figlia. Stupito lui stesso da quel gesto fece un passo indietro e cercò di reprimere l’estremo dispiacere di vedere sua figlia davanti a lui, con gli occhi sgranati e la mano a proteggere la guancia ormai segnata.
 
-Ma che ne sai che non si sia avvicinata a te per strapparti informazioni utili? Stranamente la figlia di Lucius Malfoy decide di farsi amici i ragazzi più vicini ad Harry Potter! Mi meraviglio di voi!- Molly era ormai fuori di sé. Un colpetto di tosse da parte di Sirius la distrasse
-Ti sei dimenticata il mio cognome per caso? Eppure non ho mai tradito la fiducia di James, o di Lupin, o di nessuno di voi dell’ordine-
-E Tonks? Sua madre è la sorella di Narcissa, che tra l’altro fa di lei la cugina di Matilda e Draco. Anche loro hanno rinnegato le loro radici- Aggiunse Hermione
-Beh, per voi è diverso…-
George si mosse spazientito verso la madre
-Perché mai dovrebbe essere diverso me lo spieghi? Matilda stessa una volta mi ha accennato di voler scappare di casa, proprio come ha fatto Sirius rifugiandosi dai Potter a sedici anni!-
Sirius sorrise soddisfatto
-Magnifico, buon sangue non mente certe volte-
Molly non seppe rispondere
-Voglio dire, in tutte le famiglie si nasconde la mela marcia no? Guarda Percey!-
La donna sussultò nel sentire nominare il figlio che lavorava al Ministero e trattenne un singhiozzo
-Almeno Percey non è un mangiamorte!- Si portò una mano al petto colmo di dolore
-E perché secondo te Matilda lo è? Solo perché lo è suo padre?!-
-Dai fratello, calmati ora- Fred strinse una spalla di George
-Non che io sprizzi di gioia nell’incontrarla, ma davvero sembra una a posto Matilda- si intromise Ginny rimasta in silenzio fino a quel momento
-Mi permettete di diffidare?! Sono tempi difficili, vostro padre è stato attaccato mentre…- si interruppe –…non importa, spero solo che tu abbia ragione George, non voglio altre fratture in questa famiglia!-
-Molly stai prendendo la cosa un po’ troppo seriamente- Si permise Sirius, che venne fulminato con uno sguardo carico d’astio della signora Weasley
-Io vado a farmi un giro, non sopporto più questa indagine che riguarda la mia vita privata. Vieni con me Fred?-
-Sicuro- Fred prima di seguire il gemello che era uscito dalla cucina con passo felpato, lanciò uno sguardo a Ron –Complimenti Ronnie. Fatti una vita invece di impicciarti di quella degli altri.-
Harry, Hermione e Ginny guardarono Ron che aveva l’aria di qualcuno che avrebbe preferito sotterrarsi sotto una montagna di letame, pur di non trovarsi lì.
 
Narcissa si era coperta la bocca per un istante, ma poi con sforzo assunse un’espressione rigida. L’aria basita di Matilda si tramutò presto in un sorriso
-Complimenti padre, mi hai appena dimostrato quanto ti bruci essere giudicato per quello che sei. Ti ho visto lo sai? Questa estate! Ti ho visto mentre mostravi il marchio nero. Ti ho visto correre da lui! Se speri che questa cosa mi renda orgogliosa di te, hai preso il più grande abbaglio della tua vita e ti assicuro che nemmeno la maledizione cruciatus mi farebbe cambiare idea!-
Lucius strinse la mano che aveva scagliato lo schiaffo sulla guancia pallida di sua figlia. Se avesse potuto le avrebbe chiesto scusa e le avrebbe giurato di non farlo mai più, ma non poteva, come non poteva tollerare quelle parole di disprezzo che uscivano dalla bocca di Matilda come pugnalate.
-Tu non sai di cosa parli; sei solo una ragazzina inconsapevole-
La guancia faceva davvero male, quello schiaffo era stato così violento che era sicura ne avrebbe riscontrato il segno, davanti allo specchio
-Sono abbastanza consapevole da decidere cosa è bene per me e cosa non lo è. E posso solo dirvi che questo non fa parte delle cose che mi fanno bene.-
Fece un passo indietro tentando di trattenere le lacrime –Posso andare o hai intenzione di picchiarmi ancora?-
-Matilda, io non…-
I suoi occhi saettarono dal padre alla madre –Lo prendo come un congedo- Uscì dallo studio chiudendosi violentemente la porta alle spalle. Lucius crollò sulla poltrona e infilò le mani nella chioma chiarissima; al suo fianco Narcissa gli strinse la spalla, e così rimasero in silenzio per molto tempo.
Matilda osservò la sua immagine riflessa nello specchio: la guancia era molto gonfia e poteva sentire la pelle tirare. Con gli occhi colmi di lacrime uscì di corsa dalla sua stanza e si scaraventò in quella di Draco, dove il fratello sembrava assorto alla finestra. Quando la sentì spalancare la porta si voltò turbato e quasi non riuscì a schivare il pugno che la sorella aveva intenzione di scagliargli in faccia, prendendolo alla fine solo di striscio
-Sei impazzita?! Che…- Riuscì a bloccarle il polso prima che Matilda potesse scagliare un altro pugno
-Tu vuoi rovinarmi la vita?!- Gli gridò in faccia lei, con le lacrime che avevano iniziato a scendere copiose sul viso contrito dalla rabbia ed il pianto, mentre si dimenava per liberarsi dalla presa del fratello
-Io non credevo…- Quando Draco si rese conto del gonfiore sulla guancia delle gemella, un forte senso di colpa si impadronì di lui all’istante e quindi si sforzò ancor più di farla calmare
-Matt…aspetta, fermati un attimo!-
Matilda continuava a singhiozzare e lentamente iniziò a desistere dal colpirlo ancora, ma la rabbia, quella non scemò –Perché mi odi così tanto?! Che ti ho fatto?! Non mi merito questo! Non me lo merito! GUARDAMI!-
Draco era terrorizzato; non pensava di certo che i suoi genitori sarebbero arrivati al punto di alzare le mani sulla sorella, per cui una volta accertatosi che lei non volesse colpirlo di nuovo, le lasciò i polsi e le strinse le spalle con le mani, guardando quel volto gonfio di pianto
-Mi…mi dispiace Matt, maledizione…-
La strinse a sé più che poteva e lei prese a singhiozzare nell’incavo sicuro della sua spalla
-Perché…- non riusciva a smettere di piangere e Draco non riusciva ad aiutarla a calmarsi. Le carezzava la testa mentre se la stringeva sempre più a sé –Scusami…scusami, non volevo succedesse questo, sono stato un vero idiota-
-Li odio, li odio!- Matilda continuava a piangere disperata e più singhiozzava più si stringeva al fratello
-Sssh…ora calmati ti prego…- Le labbra di Draco le sfioravano la testa. Era rimasta così tanto più piccola di lui, che al contrario suo acquistava centimetri ogni mese, che poteva sentire tutta la sua fragilità sotto il suo abbraccio.
-Sono…Draco…- Sulla porta apparve Narcissa che evidentemente dovette aver sentito le urla della figlia. Gli occhi color tempesta di Draco si fermarono sulla figura della madre, che stava sull’uscio a guardare i suoi figli stretti in quell’abbraccio disperato, senza sapere cosa fare.
Ma Draco non poteva sopportare l’intervento di Narcissa, non in quel momento, quando la causa del dolore di Matilda, la persona a cui più teneva al mondo, era in parte proprio lei, per cui assottigliò lo sguardo e sferzò l’aria con la mano, gesto che Narcissa interpretò correttamente e, seppur con il cuore infranto, si allontanò da lì.
 
Parlarono a lungo quella notte: Draco non poteva davvero sopportare di vedere la sorella in quello stato e, per quanto gli riuscisse incredibilmente difficile accettare che lei frequentasse le persone che più detestava ad Hogwarts, fece un grandissimo sforzo per tentare di immedesimarsi in lei. Matilda non confidò al fratello cosa fosse successo con George, né tantomeno gli parlò degli incontri dell’ES; coinvolgerlo nella sua vita sarebbe stato fondamentale per lei, eppure non si poteva trasformare una bacchetta di melo in una di prugnolo, questo le era ben chiaro. Però decise di parlargli della cosa più importante
-Una notte, questa estate…l’ho visto Draco. Ho visto il marchio nero sul braccio di nostro padre. Aveva un’aria così provata…ma si è smaterializzato, è andato da lui-
Draco si accigliò e spostò lo sguardo ben lontano da lei
-Guardami-
Matilda prese il volto del fratello fra le mani, costringendolo a guardarla
-Tu-sai-chi è tornato-
Una miriade di pensieri si incastrarono nella testa di Draco, ma non seppe dare una reale collocazione alle sue emozioni. Matilda studiò a fondo gli occhi cupi del fratello
-Dobbiamo stare attenti, lo capisci? Dobbiamo salvaguardarci-
Draco scostò le mani della gemella con stizza
-Penso che non dobbiamo occuparci di…questa questione, al momento-
-Che intendi?-
Raramente il giovane Malfoy soppesava le parole, ma in quell’occasione la furbizia prevaricò in lui
-Non sono sicuro che questo sia un male-
Tutti i più grandi timori di Matilda si erano materializzati in quell’unica frase del fratello
-Come…che vuol dire…-
-Dico solo che per la nostra famiglia potrebbe essere solo positivo, se realmente il Signore Oscuro è tornato-
-Non dirlo neanche per scherzo!-
-E invece penso sia così! Fatti furba Matt, dobbiamo pensare a noi, hai ragione. Ma credo che rinnegarlo ci porterebbe solo sventura-
Soppesò l’espressione disgustata di Matilda; era lampante come la luce del sole che lei non prendesse lontanamente in considerazione l’idea di passare dalla parte di Lord Voldemort, eppure lui era combattuto e confuso, per cui tagliò corto cercando di non dare modo a quella crepa che si stava creando tra di loro di allargarsi ulteriormente
-Senti Matt, aspettiamo va bene? Per ora non ho intenzione di occuparmi di questa faccenda e non dovresti farlo nemmeno tu. Non crearti dei nemici quando non ce n’è ancora bisogno. La cosa importante è rimanere uniti, non pensi?-
Certo, rimanere uniti era la cosa che serviva al popolo magico, ma se lo scotto da pagare era l’appoggiare l’ideologia malata di Lord Voldemort, Matilda sarebbe stata pronta a fare i bagagli e rifugiarsi il più lontano possibile. Anche se avrebbe voluto andare avanti con quella conversazione decise che forzare la mano con Draco, in quel momento, sarebbe stato controproducente, per cui sebbene a malincuore fece decadere il discorso
-Hai ragione, è presto per pensare a questo, però volevo solo informarti, tutto…tutto qui-
Draco soffermò lo sguardo sulla guancia della sorella, mentre lei apriva la bocca in uno sbadiglio. Allungò una mano a sfiorarla
-Ti fa ancora male?-
La gemella accennò un sorriso tirato
-Diciamo che me lo ricorderò per un po’ di tempo…senti lo so che siamo grandi, però…-
-Puoi dormire qui, però devi giurare di non dirlo a nessuno, non vorrai rovinarmi la reputazione-
Mentre il respiro di Matilda si regolarizzava, segno evidente che si era ormai abbandonata al sonno, Draco la osservava inquieto. Stavano cambiando talmente tanto in fretta che a stento ricordava quando rimanevano nottate intere a giocare di nascosto dai genitori, dando il tormento agli elfi domestici del maniero Malfoy. A volte preso dalla nostalgia desiderava tornare indietro a quei giorni così spensierati ed immerso in quei ricordi si accasciò di fianco alla sorella e, con le dita intrecciate nei suoi capelli ribelli lentamente si addormentò, nella speranza che nessun incubo arrivasse a tormentarlo.
 
Un gufo arrivò qualche mattina dopo il brutto scontro che Matilda aveva avuto con i suoi genitori, a seguito del quale loro avevano provato a scambiare con lei qualche parola, ma la figlia quasi si rifiutava di parlare, se non quando lo riteneva strettamente necessario.
Quando scartò la lettera con mittente Daphne Greengrass, sentì il cuore perdere un battito
 
Giulietta, oh mia Giulietta!
Ebbene si, sono sicuro conoscerai il poeta babbano William Shakespeare, per cui non perderò tempo a spiegarti chi è la protagonista della triste tragedia; se non lo sai prova a leggere qualcosa.
Ancora una volta mi ritrovo a chiederti scusa per essere scomparso all’improvviso, ma Hermione mi ha detto di averti informata su quello che è successo a mio padre. Beh, per fortuna lui sta bene ora, è appena uscito dal San Mungo e sembra pieno di energie, nonostante tutto! Ti spiegherò poi a voce cosa è successo, per il momento sappi solo che tutto è andato per il meglio.
Ron ha pensato bene di informare nostra madre che adoro passare il tempo con una certa serpeverde di cognome Malfoy (perché noi passiamo il nostro tempo insieme, vero? Se non pensi sia così tranquilla, vado a buttarmi sotto il primo treno per Hongsmeade che passa di qui); ti immagini la reazione che ha avuto? Comunque io e Fred gliel’abbiamo già fatta pagare, ha passato un’intera mattinata a vomitare grazie alle nostre strabilianti merendine marinare, sono una vera forza (te le farei provare, ma non credo che saresti così contenta di saltare le lezioni, diligente come sei).
Questa notte credo di averti sognata, anche se avevi i capelli talmente tanto ordinati che potevi essere tranquillamente un’altra. Però la morbidezza di quelle labbra lì credo proprio non potesse che appartenere a nessun’altra, sai.
Per la prima volta in vita mia non vedo l’ora di tornare ad annoiarmi tra i banchi di Hogwarts, sicura di non avermi rifilato qualche strano filtro d’amore?
Hermione mi chiede di salutarti, ha anche provato ad infilarsi nella lettera pregandomi di chiederti certe risposte a non so quale compito di incantesimi. Ovviamente mi sono rifiutato ed ora non fa che mangiarsi le unghie divorata dall’ansia di aver sbagliato i compiti (è troppo divertente vederla agitarsi così)
Il gufo dovrebbe averti portato un pacchetto assieme alla lettera; non sono troppo bravo con queste cose, però quando l’ho visto mi sei venuta in mente tu.
 
Buon Natale Lemonsoda. Ci vediamo prima di un batter di ciglia!
Romeo G. W.
 
Inizialmente esitò nell’aprire quel piccolo pacchetto allegato alla busta, visto che lei non aveva affatto pensato di fare un regalo di Natale a George.
Quando però un accuratissimo ciondolo origami a forma di volpe cadde nella sua mano, anche il più piccolo granello di malumore che si era instillato in lei si sgretolò all’istante. Si gettò sul letto tra i sospiri mentre rigirava il ciondolo nella mano: anche lei non vedeva l’ora di tornare ad Hogwarts. 
 

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Capitolo 11
*** Orgoglio e Pregiudizio ***


 CAPITOLO XI
 Orgoglio e Pregiudizio
 
Tornare ad Hogwarts era come tornare a respirare. Quando Lucius tentò di minacciarla poco velatamente, chiedendole di rispettare la sua famiglia o di non fare affatto ritorno alla villa, Matilda capì che quello sarebbe stato, probabilmente, un punto di non ritorno.
Diversamente si comportò Narcissa che l’ultima sera prima del rientro alla scuola di magia, si chiuse in camera della figlia mentre il marito era assente.
-Ti prego di ascoltarmi anche solo un momento- le disse con occhi tremanti.
Poteva non dare ascolto al padre, ma non riusciva ad ignorare Narcissa e con un sospiro accettò di ascoltarne le ragioni.
-Sono momenti difficili tesoro mio, è tutto molto complicato e non pretendo che tu colga le sfumature di questa faccenda; hai ragione a dire che ti abbiamo voluta salvaguardare troppo e che non ci siamo fidati della tua maturità…-
Narcissa mosse una mano a sfiorare la guancia che giorni prima Lucius aveva colpito con violenza, gesto che Matilda accolse senza spostarsi
-…ma dobbiamo muoverci tutti con tanta cautela, un giorno sono sicura che capirai perché tuo padre ed io abbiamo preso certe decisioni. Magari non sarai d’accordo, ma lo capirai.-
-Lo spero mamma, ma per quanto mi sforzerò, non credo troverò una magia tanto potente che mi aiuterà a riparare questo danno-
Narcissa sentiva il panico impossessarsi di lei; il Signore Oscuro li teneva sotto scacco e l’ultima cosa che avrebbe voluto era che i suoi figli ci andassero di mezzo. Quando questi uscirono dal maniero per fare ritorno ad Hogwarts, la donna si chiuse nella sua stanza e si concesse del tempo per riflettere lontana dal marito. Doveva tutelare Draco e Matilda e, se per il primo non trovava ancora una soluzione, per la figlia arrivò a pensare che forse la sua volontà di prendere le distanze dalla famiglia sarebbe stato una buona, seppur dolorosa, ancora di salvataggio.
 
Nella sala comune dei serpeverde i gemelli Malfoy ritrovarono tutti i loro amici: Blaise ed Astoria erano presi da un’intensa sessione di limonata post vacanze, Theodor Nott sfogliava distrattamente un libro seduto a fianco del camino, Daphne parlottava con Pansy a proposito dei regali ricevuti durante le feste, quei due gorilla di Tiger e Goyle tormentavano dei ragazzini del primo anno lanciandosi i loro libri di testo fra le risate.
-Casa dolce casa!- disse ad alta voce Matilda spalancando le braccia, mentre teneva ancora in mano la gabbia con Juno, che pigolò con disappunto per quello sballottamento.
-Finalmente siete arrivati!- disse Blaise che si staccò da Astoria
-Era ora- sbuffò Daphne guardando i due –Avete fatto pace?-
Draco e Matilda si guardarono di sbieco
-Diciamo che abbiamo chiarito delle questioni- rispose evasivo Draco, che subito dopo salutò Blaise con una stretta di mano amichevole e Pansy, che si era fiondata verso di lui, con una stretta ai fianchi allusiva.
-Non mi hai scritto nemmeno una riga, come sono andate queste vacanze?-
Chiese Daphne a Matilda
-Già, emh ho ricevuto la tua lettera ma non ho proprio avuto il tempo di rispondere-
Daphne guardò l’amica con lo stesso guizzo di un bradipo in amore, poi come colta da un’improvvisa illuminazione rispose eccessivamente enfatica
-Aaahhh…si la lettera, beh ora mi puoi raccontare a voce, no?-
-Veramente devo andare a riportare Juno in guferia…rimandiamo a dopo ok?- Poi lanciò uno sguardo a tutti i presenti e scoppiò a ridere di gioia e subito scappò di nuovo fuori, attirando su di sé gli sguardi perplessi dei suoi amici. Daphne guardò Draco
-Lo sai che tua sorella sta fuori di testa, non è vero?-
Dopo aver sistemato la sua civetta nella guferia e averle dato degli stuzzichini di consolazione, Matilda attraversò la strada innevata che la riportava nella confortevole e calda Hogwarts. Tra i vari ragazzi che percorrevano i corridoi e diligentemente si avviavano per la cena verso la sala grande, riconobbe la risata più gradevole che le sue orecchie avessero mai ascoltato. Senza nemmeno pensarci, ancora vestita con mantello sciarpa e cappello, svicolò un gruppo di tassorosso e tirò da dietro il maglione di George, immancabilmente in compagnia del gemello e del loro inseparabile compagno Lee. Quando il ragazzo si voltò i due si guardarono con un sorriso talmente tanto inebetito, da meritarsi un ammonimento bonario da parte degli altri due
-Ehi piccioncini, risparmiate l’entusiasmo!- Se ne uscì Fred canzonandoli
 perché le parole le morivano in gola, quando incontrava gli occhi caldi di George? L’unica cosa che riuscì a fare fu scagliarsi contro di lui e stringergli la vita con le braccia.
Non le importava se gli altri studenti commentavano fra gli sghignazzi, non le importava se i pettegolezzi sarebbero giunti alle orecchie dei serpeverde: non esisteva sensazione migliore della lana del maglione di George a contatto con la sua pelle.
-Siamo contente eh?- Disse George mentre le sfilava il cappello e se lo metteva in testa.
Matilda annuì e riuscì ad alzare lo sguardo per tornare a guardare quel buffo ragazzo con il suo cappello in testa. Finalmente era tornata nell’unico luogo dove voleva stare, per giunta nelle braccia del ragazzo più bello di tutta Hogwarts.
-Filate in sala grande, se non volete beccarvi una punizione!- tuonò Gazza che si gongolava da quando la Umbridge aveva riempito di decreti ministeriali la scuola, fra i quali il divieto a ragazzi e ragazze di esporsi in effusioni. Prima che potesse raggiungerli, George si chinò su Matilda e, tenendole il volto fra le mani le sussurrò –Sono contento anche io, ci vediamo dopo la cena-
George schizzò via con Lee e Fred, che prima di allontanarsi le fece l’occhiolino.
-Il cappello!- le gridò dietro Matilda, ma George si limitò a stringerselo ancor più sulla testa.
 
-E quello?- chiese Ron indicando il cappello che George portava ancora in testa, mentre cercava di battere il record del boccone di pollo più grosso della scuola
-E quella?- George indicò di rimando Ron, che rimase con la bocca mezza aperta
-Quella cosa?-
-La faccia da ficcanaso che ti ritrovi- completò George, per poi darsi il cinque con Fred. Ron arrossì e affondò la faccia nel proprio piatto
-Ben ti sta Ron, ancora non hai imparato a farti gli affari tuoi?- lo punzecchiò Hermione dopo essersi ripulita la bocca
-Senti chi parla, la ficcanaso numero uno!- abbaiò Ron
-Bada bene a quello che dici Ronald Weasley, altrimenti puoi anche scordarti gli appunti di erbologia!-
-Perché voi due riuscite ad usare ogni pretesto per bisticciare?- sospirò Harry, invero estremamente preoccupato per le imminenti lezioni di Occlumanzia che avrebbe dovuto avere con il professor Snape; fece roteare gli occhi verdi in cerca di distrazioni e quelli ricaddero su George –Comunque gran bel cappello amico-
George sorrise divertito e tornò a mangiare, mentre con gli occhi cercava Matilda, al tavolo dei serpeverde.
 
La giovane Malfoy si avviò frettolosamente verso l’uscita della sala grande, cercando di superare, inutilmente, il solito gruppo di serpeverde. Quando sentì qualcuno afferrarle la mano ebbe inizialmente l’istinto di strattonare il braccio, per poi accorgersi che altro non era che George; quest’ultimo sorrise sfrontato a Draco di cui il volto era colorito prima di un’espressione sgomenta, e subito dopo di rabbia
-Ehi Weasley! Lascia subito mia sorella!-
Ma George corse via tirandosi dietro Matilda e ridendo –Troppo tardi Malfoy!-
Matilda non ebbe il coraggio di voltarsi a guardare la faccia di Draco e corse per il corridoio assieme a George ridendo di gusto; sgattaiolarono via sia da sotto il naso di Gazza che della Umbridge e lesti salirono fino al settimo piano, fermandosi solo davanti all’arazzo di Barnaba il Babbeo. Si scambiarono un’occhiata complice, così passarono davanti l’arazzo per ben tre volte, desiderando di trovare una stanza per rimanere soli senza essere scoperti.
Quando la porta apparve loro si infilarono dentro velocemente lasciando Gazza, che gli era corso dietro, con un pugno di mosche in mano.
La stanza che normalmente ospitava tutto il necessario per affrontare le lezioni dell’ES, questa volta era piena zeppa di oggetti, mobili, librerie, armadi, statuette, un antiquario immenso praticamente. I due ragazzi rimasero a guardare la stanza con la bocca schiusa.
-Wow…è incredibile- boccheggiò George
-Pazzesco, ci potremmo perdere senza impegno qui!-
Matilda trascinò George in giro per la stanza delle necessità, fin quando non trovò dei comodi puff su cui sedersi a terra, senza però perdere l’occasione di sbirciare qua e là prima di affondare nella comoda seduta.
George sedette anche lui e sfilò il cappello dalla testa, facendo schizzare i disordinati capelli rossi
-Se ti piace così tanto posso pensare di regalartelo-
Il ragazzo sorrise mentre con una mano sfregava la cute
-Me ne sono già appropriato in realtà, il grigio dona alla mia chioma- Poi il suo sguardo corse sul ciondolo che pendeva dal collo di Matilda, con cui lei aveva preso a giocare.
Senza dire nulla si allungò verso di lei e rimase a pochi centimetri dal suo viso
-Non avrei voluto sparire senza prima salutarti- le sussurrò
-Non avrei voluto sparissi senza prima salutarmi- rispose lei, accennando un sorriso
George allungò una mano verso il viso di Matilda e, pianissimo, le portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio –Vorrei rimediare, per quanto possibile- e spinse piano le proprie labbra sulle sue. Matilda cinse il collo di George con le braccia e si lasciò trasportare da quel bacio che aveva il gusto non di un addio, ma di un bentornata; quando si distanziarono lei spalancò i grandi occhi grigi e si immerse in quelli di George, mentre lui le carezzava la schiena con estremo tatto. E lo baciò ancora. E poi fu lui a ricambiare e le loro mani cercavano i capelli ed il collo e le schiene coperte, facendoli arrossire a turno per la lieve audacia con cui prima l’uno, poi l’altra iniziavano a conoscere il corpo dell’altro. Quando George avvicinò troppo le mani all’altezza del suo seno Matilda rise imbarazzata e lo fermò con una certa titubanza
-Non correre troppo Weasley, hai a che fare con una creatura problematica, sai?-
George tirò il labbro con i denti e la guardò con quello sguardo malandrino che a Matilda faceva girare la testa
-Non mi permetterei mai di muovere un solo dito senza il tuo permesso, signorina Malfoy. Non che questo non sia un sacrificio- le sorrise e poi affondò il volto fra i suoi capelli chiarissimi cercando il collo con le labbra, per poi salire lentissimo fino all’orecchio –Allora, vuoi raccontarmi delle tue vacanze?-
Matilda rabbrividì vistosamente: avrebbe preferito di gran lunga andare avanti con quel gioco di seduzione, ma il tempo a loro disposizione non era molto ed aveva premura di confidarsi con lui, quindi con estrema fatica lo scostò, ripromettendosi di riprendere quel piacevole argomento  più avanti.
-Quindi posso constatare con amarezza che abbiamo due fratelli che amano non farsi gli affari propri. Ma dimmi prima tu…- Matilda prese a carezzare i capelli di George seduto davanti a lei -…come è andata con tua madre? Quante volte ha imprecato quando ha sentito il mio nome, o meglio il mio cognome?-
George si lasciò coccolare sornione –Diciamo che non era proprio come se le avessi detto di aver preso 7 M.A.G.O., cosa tra l’altro impossibile, sono un inguaribile allergico agli studi…o non guardarmi con quell’aria di disappunto signorinella, te l’ho già detto che lo studio non è tutto nella vita! Fred ed io abbiamo grandi progetti per il futuro prossimo- -Comunque per tornare a noi, diciamo che l’unico ad aver risentito del rammarico di mia madre è stato l’impasto di quel meraviglioso dolce che stava per preparare e che mai più ha visto la vita. Un vero peccato, aveva un odore speciale. E invece tu hai parlato col tuo fratellino? Anche lui ha spifferato tutto?-
Matilda si accigliò –Non nello specifico, ma il solo sapere che mi piace passare il tempo con sanguemarcio e traditori del proprio sangue mi ha fatto guadagnare un bel ceffone di ammonimento- disse indicandosi la guancia sinistra colpita da Lucius. George sgranò gli occhi
-Cosa?!-
Matilda annuì –Già, pare che mio padre non abbia apprezzato. È stato bello forte sai? Sarebbe stato meglio essere schiantata forse; comunque me l’ha detto chiaramente: o mi rimetto in riga e vi tolgo il saluto, o posso scordarmi di ritornare a casa- La ragazza lo disse con una serenità tale da lasciare sgomento George, che non sapeva se essere più imbestialito per lo schiaffo o per la minaccia; fu la prima volta che Matilda lo vide farsi così serio (escluso quell’infelice zuffa sul campo da Quidditch).
-Non può averlo fatto- disse fra i denti
-Già, non pensavo nemmeno io l’avrebbe fatto, ma Lucius Malfoy ci tiene proprio tanto alla sua fama- Concluse Matilda, con un sorriso amareggiato.
-E Draco? Spero tu gliel’abbia fatta pagare-
Matilda sospirò –è complicato George, Draco non è consapevole, crede…insomma diciamo che non appoggia i metodi poco ortodossi di nostro padre, ma la pensa esattamente come lui-
George ribolliva dalla rabbia e al contempo provava pena per quella ragazza che si doveva sentire molto sola senza la sua famiglia ad appoggiarla. Lui sapeva di poter contare sui suoi fratelli, sui genitori, sui membri dell’ordine. Ma lei?
-George…ehi va tutto bene, troverò una soluzione te lo assicuro. Al massimo troverò un posto dove andare concluso l’anno; il mio conto alla Gringott straripa di galeoni, qualcosa mi inventerò- Gli sorrise con dolcezza e con la mano gli scompigliò i capelli.
Passarono l’ora successiva a parlare di cose più o meno importanti ed i momenti di leggerezza non mancarono. Quando uscirono dalla stanza delle necessità e si salutarono con un lunghissimo bacio prima di sgattaiolare ognuno nel proprio dormitorio, George sentì un masso pesante sulla bocca dello stomaco; la ragazza che sembrava così fragile aveva protezioni decisamente più leggere delle sue a coprirla. Entrò nella sala comune dei grifondoro con aria provata; Fred lo stava aspettando mentre mostrava ad un ragazzino del terzo anno le qualità delle pasticche vomitose, ma quando vide entrare il fratello si avvicinò velocemente a lui, evitando così un’ondata di vomito schizzata fuori dal povero studente
-Fratello, se devi avere quella faccia meglio non incontrarla più la biondina- ridacchiò lui, fin quando non si rese conto che quella che attanagliava George era preoccupazione.
-Georgie, tutto bene? Vuoi parlarne alla tua bella copia?-
George alzò gli occhi per incontrare quelli identici ai suoi e accennò un sorriso
-Fa davvero schifo quando tieni a qualcuno, sai Fred?-
 
Non poteva credere a quello che le sue orecchie avevano sentito: Daphne Greengrass si sentiva tradita, umiliata, desolata e soprattutto arrabbiata più che mai. Aveva assistito alla partita che vedeva schierati Grifondoro contro Corvonero, più per non pensare agli odiosi compiti di divinazione che l’attendevano che per reale desiderio. Se ne stava sugli spalti con aria annoiata, a guardare Matilda che al contrario suo era presa da quella partita come fosse l’evento più importante della sua vita, che si dimenava ed urlava contro Grifondoro parole che mai avrebbe pensato di sentirle uscire dalla bocca; effettivamente diventava tremendamente sboccata quando si trattava di Quidditch, ma a Daphne la cosa divertiva parecchio, dato che per una buona volta abbandonava il suo solito fare austero da brava prefetto. Quindi erano lì, mentre Matilda si sbracciava e riceveva occhiate allibite dai piccoli tifosi che le stavano intorno, quando ad un certo punto la voce di Lee Jordan, immancabile cronista di Quidditch, incominciò a commentare un passaggio di pluffa
-Ed ecco che Angelina Jhonson prende possesso della pluffa! Oltre ad essere bellissima è anche brava, io le ho chiesto più volte di uscire ma si è sempre rifiutata…scusi professoressa, ma è la verità! Ok ok non si arrabbi, continuiamo con la cronaca!-
Matilda che si trovava in piedi e sbraitava contro i cacciatori corvonero per la loro inefficienza, conquistando lo spalto sebbene la sua corporatura minuscola, nel sentire quell’ultimo commento si bloccò con la bocca spalancata e, timorosa, volse lo sguardo verso l’amica: era convinta che se avesse potuto avrebbe preso fuoco e si sarebbe gettata contro il cronista come un missile babbano, tanto era il rossore che coloriva la faccia di Daphne.
Furente, con sguardo folle e la bocca tirata, Daphne si alzò dagli spalti e si affrettò ad allontanarsi, ignorando Matilda che le urlava di aspettare. Quest’ultima iniziò a scavalcare gli studenti per cercare di raggiungerla, ma Daphne era già scomparsa alla sua vista. Avviandosi verso l’uscita impattò con i gemelli Weasley
-Ehi lemonsoda, guarda che ti ho vista sperticarti, mi hai fatto più paura del platano picchiatore!- le disse George ridendo sotto i baffi mentre la tratteneva per le spalle
-Già, quasi peggio della tua amica che mi ha quasi rotto una spalla prima di scappare via- aggiunse Fred
-Oh, voi due!- disse Matilda frastornata, mentre veniva sballottata delicatamente dalle mani di George
-Sicura di star bene? Sembri un po’ rintronata, non è che hai urlato un po’ troppo?- George le picchiettò la testa coperta da un nuovo cappello.
-Ci credo!- spalancò le braccia lei e tornò ad alzare la voce –Quei ritardati di corvonero non riescono nemmeno a vincere una partita contro una squadra così scadente! Ma dove li avete recuperati quei battitori?! Sembrano degli gnomi strafatti di agrifoglio!-
-Ehi Malfoy, sei insensibile- disse Fred
-Ancora ci fa male- aggiunse con aria fintamente mesta George
-Si ok, scusate…sentita dove è corsa via quella pazza della Greengrass?-
Fred alzò le spalle mentre George aveva sfilato il cappello a Matilda e se lo stava provando
-L’abbiamo solo vista correre via mentre imprecava contro tutti i maghi del pianeta. La spalla mi fa ancora male- Disse Fred massaggiandosi il braccio con fare melodrammatico
-Mi piace questo- Aggiunse George mentre si sistemava per bene il cappello in testa.
Matilda lo guardò sbigottita –Smettila di rubarmi tutti i cappelli!- cercò di riprenderlo senza successo, vista la sua statura in miniatura rispetto all’altezza smisurata di George
-Se vuoi ti possiamo accompagnare- aggiunse il ragazzo senza dimostrare l’intenzione di restituirle il cappello–è incredibilmente noioso guardare le partite quando sai che non potrai giocare. E poi credo sia finita-
Un urlo squarciò il campo da Quidditch quando Ginny Weasley, nuova cercatrice dei Grifondoro, si alzò in aria tenendo il boccino ben stretto nella mano.
-E andiamo! Grande Ginny!- esultò Fred. Matilda fece una smorfia e abbandonò totalmente l’idea di recuperare il suo cappello
-Sentite, fate come volete, io devo frenare la furia di una strega fuori di sé!-
Così detto si fece spazio fra la folla ed uscì trafelata, seguita da Fred e George che, al contrario sembravano molto rilassati.
Non le ci volle molto tempo prima di trovare Daphne. Era immobile, con le braccia incrociate ed un sorriso folle a colorarle il volto, davanti alla porta dietro il quale si trovavano Lee ed i professori rappresentanti delle case in gioco.
Daphne non sembrava intaccata dai ragazzi esultanti di grifondoro che si avviavano verso la scuola, seguiti dai più depressi e stizziti corvonero; sembrava un monolite su cui una violenta cascata pioveva sopra. Cautamente Matilda si avvicinò a lei, tossicchiò e poi prese coraggio –Daphne…cosa stai, emh, facendo?-
La più grande delle Greengrass non la guardò, non si mosse affatto in realtà, semplicemente se ne stava lì, con quel sorriso che metteva i brividi e le braccia incrociate.
-Caspita, che è successo alla tua amica?- sussurrò George alla sue spalle
-Credo sia colpa della cronaca di Lee- rispose Fred con tono ancora più sommesso.
All’improvviso la porta si aprì ed uscirono prima la McGonagall con un sorriso trionfale stampato sul volto, seguita dal professor Vitious che batteva i piedi stizzito; a chiudere la fila c’era un allegrissimo Lee, che sembrò notare prima i suoi fedeli amici, che le altre due
-Ragazzi, vostra sorella è una forza! Se la cava quasi quanto Harry…oh, Greengrass! Non pensavo seguissi le partite- Gli disse spensierato Lee a cui, all’assoluta assenza di reazione da parte di Daphne parve afflosciarsi il sorriso. Poi la ragazza finalmente parlò
-E invece guarda un po’, ogni tanto ci sono anche io.-
Lee ridacchiò imbarazzato, ma non aveva assolutamente capito il motivo per cui Daphne Greengrass sembrasse un ippogrifo pronto all’attacco. Matilda si portò la mano davanti agli occhi –Ci siamo…- bisbigliò
-Emh, si, lo vedo. Stai…bene?- risposte Lee alla bionda davanti a lui
Fu a quel punto che la folla che piano piano defluiva verso la scuola si bloccò allarmata: le urla di Daphne rimbombarono feroci
-NO CHE NON STO BENE! PER CASO HAI PERSO LA TESTA?! SEI STATO CONFUSO?! ALTRIMENTI NON CAPISCO COME TU POSSA SOLO PENSARE CHE IO STIA BENE!-
I gemelli Weasley affiancarono Matilda che scuoteva la testa mentre teneva ancora la mano davanti agli occhi. Lee fece un passo indietro, dato che aveva il timore che Daphne gli si scagliasse addosso, poi balbettò –Non…non capisco davvero…-
-DAVVERO NON CAPISCI?! BEH TI FACCIO CAPIRE IO ALLORA! NON TI DICE NIENTE IL NOME ANGELINA JHONSON BRUTTO TRADITORE MEFITICO?!-
D’un tratto Lee sembrò capire il motivo di quella sfuriata che non aveva assolutamente previsto –Ah, hai sentito il commento…-
-CERTO CHE L’HO SENTITO! LURIDO VERME FEDIFRAGO!-
Per fortuna che i professori erano già abbastanza distanti da non poter sentire le urla di Daphne; George e Fred non riuscirono a non sghignazzare, per cui Matilda cominciò a riempirli di gomitate –Piantatela voi due!- sperò con tutta se stessa che Daphne non avesse sentito quelle risate.
-Senti Daphne, è solo una cronaca di Quidditch! Bisogna far ridere le persone…è così che funziona…-
Daphne si avvicinò furente a Lee che si tirava sempre più indietro; ormai una folla di persone si era riunita intorno ai due e si gustava la scena
-MI VUOI DIRE CHE HAI DETTO DI AVER CHIESTO MILLE VOLTE ALLA JHONSON DI USCIRE PER AMORE DELLA CRONACA?!-
Gli studenti cominciarono a bisbigliare fra di loro: era lampante che quella fosse una scenata di gelosia, di conseguenza voleva dire che la serpeverde Greengrass ed il Grifondoro Jordan se la intendevano, notizia che ci avrebbe messo pochi istanti a raggiungere ogni singolo studente del castello, vista la popolarità dei due ragazzi protagonisti della faccenda.
-Oh ma andiamo!- Lee incominciava a scaldarsi –Sei tu che da mesi ti nascondi come una delinquente ogni volta che passa qualcuno per non farti vedere in giro con me! Vuoi davvero venirmi a fare la predica ora?!-
Daphne apparve scossa, sicuro quella verità l’aveva colpita in pieno, eppure dopo un attimo di esitazione tornò ad incalzare il ragazzo
-E ho fatto bene, dato che ti diverti a corteggiare le altre! Ma io ho una dignità e non pensare che manderò giù questa cosa!-
-Daphne per piacere- Lee mosse un passo verso di lei –Era solo una stupida battuta! E poi da quando ci sei tu stai certa che non ho più rivolto le mie attenzioni a nessun’altra!-
-E bravo il nostro Lee, guarda come mette le mani avanti- Ghignò George
-Non se la cava male con le scuse- confermò Fred
-Ma la fate finita?!- gli ammonì Matilda. Già era difficile gestire George da solo, figurarsi quando i Weasley diventavano due.
-Cosa succede qui? De-flu-i-re! Signorina Greengrass? Signor Jordan? Qualcosa non va?- La Umbridge apparve dal nulla facendo tremare gli studenti che iniziarono ad allontanarsi il più velocemente possibile. Daphne fissò intensamente Lee con i suoi occhi gelidi –Niente che non vada professoressa- E dando le spalle al ragazzo seguì la folla.
La Umbridge lanciò un’occhiata ai gemelli e Matilda rimasti al fianco di Lee –Come mai si crea sempre del caos intorno a voi due?- Disse la professoressa con un sorriso gelido
–Evidentemente l’espulsione dalla squadra di Quidditch non vi è bastata. Mi vedo costretta a sottrarre 20 punti a Grifondoro, dieci a testa- Concluse la frase con quel suo sorrisetto sadico.
Matilda voleva ribattere, ma si trovò a frenare i due gemelli che stavano per scagliarsi contro la Umbridge con male parole.
-Andiamocene, vieni Lee. Muoviti!-
 
-Quella maledetta faccia da rospo! Cosa abbiamo fatto di male, questa volta?!- George era su tutte le furie
-Potesse farlo ci toglierebbe punti anche per il solo fatto che osiamo respirare!- Proseguì amareggiato Fred
-Scusate ragazzi, è stata colpa mia questa volta- Sospirò Lee, decisamente affranto.
-E poi perché a te non ha detto nulla?- George punzecchiò Matilda con un dito, che la ragazza scacciò infastidita
-Ti dice nulla M-a-l-f-o-y? È il mio cavallo di battaglia contro la Umbridge- Rispose lei stringendosi nelle spalle. Doveva affrettarsi a trovare Daphne, non voleva lasciarla sola proprio in quel momento in cui si era mostrata così vulnerabile; non era infatti un comportamento da Daphne, per cui Matilda suppose che l’amica dovesse essere davvero scossa. Si affrettò a salutare i tre ragazzi a malincuore e poi corse nella propria sala comune, dove apparve a lei una scena raccapricciante: tutti i ragazzi e Pansy erano schierati davanti Daphne impedendole di accedere al corridoio che l’avrebbe condotta al dormitorio e sembrava stessero discutendo amaramente
-Davvero Lee Jordan? Greengrass sei caduta davvero in basso sai?- Ghignò Theodor, lievemente in disparte rispetto agli altri.
-Che succede qui?- Intervenne la giovane Malfoy. Draco lanciò un’occhiataccia  alla sorella
-Ecco da chi è partito il contagio Matt, potevi dirmelo che era tutta colpa della Greengrass!- Tutti risero all’infelice battuta di Draco, tranne Matilda che si avvicinò serena all’amica
-Forza, spostatevi-
-E se non ci spostiamo che farai? Chiamerai le tue guardie del corpo dai capelli rossi per difenderti?- la rimbeccò Blaise. Matilda riservò al ragazzo un’occhiata particolarmente truce mentre dentro di se si chiedeva come avesse fatto ad avere a che fare con quell’imbecille, o quantomeno dove fosse finito il Blaise dolce e premuroso che aveva conosciuto.
-Non ho bisogno di farmi difendere da nessuno, o ve lo siete dimenticato?-
-Matt lasciali stare, sono solo incapaci di farsi gli affari loro- Daphne, sempre composta ed impostata cercò di mantenere la sua solita aria di superiorità, ma era evidente fosse ancora scossa.
-Ragazzi? Che state facendo?- Anche Astoria entrò nella sala comune ed osservò la scena con cipiglio; quando questa entrò Blaise parve deglutire e Draco spostare lo sguardo, possibile che quei due fossero arrivati a temere Astoria più di lei?
-Dai piantatela ora, siete divertenti quanto una maledizione senza perdono- Insistette Matilda; Astoria arrivò a posizionarsi accanto a lei e la sorella ed osservava quest’ultima interrogativa
-Daphne, che sta succedendo?-
Daphne strinse i pugni a volse lo sguardo verso la parete, Matilda era sicura stesse trattenendo le lacrime.
-Stiamo chiedendo a tua sorella come è spassarsela con un grifondoro mezzosangue come Lee Jordan, ci stiamo solo divertendo un po’-
Daphne tornò a guardare la fila dei ragazzi posta davanti a lei; con un gesto veloce estrasse la bacchetta e la puntò contro di loro –Adesso mi avete stufata-
Di contro tutti gli altri ragazzi sfoderarono le loro bacchette e le puntarono contro le tre con titubanza.
-Daphne, non è necessario…- cercò di placarla Matilda che non aveva nemmeno fatto lo sforzo di sfoderare il suo legno, tanto era ridicola quella situazione. Astoria si accostò alla sorella e fece leva sul suo braccio per farle riporre la bacchetta –Ignorali Daphne, ok?-
Intanto Matilda aveva fatto un passo avanti e guardò fisso il fratello –Dobbiamo ricominciare da capo?-
Il ragazzo ricambiò lo sguardo della sorella ed accennò un ghigno –Andiamo, la stavamo solo canzonando-
-A me sembrava la stesse giudicando, come vostro solito-
-Non ho bisogno di essere protetta Matt, gliela faccio vedere io a questi quattro imbecilli!- Daphne rialzò di nuovo la bacchetta.
-Ok BASTA! Voi, spostatevi, Daphne datti una calmata. Che state aspettando?!- Era stata Astoria a sgridare tutti, a quel punto Blaise fu il primo ad abbassare la bacchetta e lanciò uno sguardo a Draco
-Amico, meglio che lasciamo perdere-
Draco guardò Astoria che ricambiava lo sguardo senza battere ciglio. Gli occhi di Matilda correvano fra i tre senza ben capire. Alla fine si concentrò su Pansy che in evidente stato confusionale non sapeva se seguire l’esempio di Draco o di Blaise
-Levati anche tu Parkinson, mi meraviglio di te per Merlino!- Le urlò contro Matilda.
Quando tutti tra gli sbuffi si spostarono, Daphne schizzò verso il corridoio seguita dalla sorella e dalla giovane Malfoy; una volta scomparse nel dormitorio Blaise guardò Draco e spalancò le braccia –Ci rendiamo conto? Ma che sta succedendo? La nuova moda è farsela con quegli idioti grifondoro?-
Draco roteò gli occhi chiari fino al soffitto –Sarà la fase della ribellione amico. Forse è meglio lasciar stare, si stuferanno ad un certo punto-
Pansy fece una smorfia –Draco, vuoi tornare in te? Ti sei ascoltato?-
Draco fulminò la Parkinson con lo sguardo –So quello che dico, va bene?- così se ne andò nel proprio dormitorio senza nemmeno salutare.
-Ma che vi prende a tutti quanti?- disse Theodor che se ne andò anche lui, scuotendo il capo.
Rimasero Blaise e Pansy che, dopo essersi scambiati un’occhiata, alzarono le spalle e se ne andarono anche loro.
 
La mattina seguente al tavolo dei serpeverde era calato un silenzio glaciale: da un lato Draco, Blaise, Theodor, Tiger Goyle e Pansy (che aveva delle spesse occhiaie), dall’altro le sorelle Greengrass e Matilda, che beveva succo di zucca e aveva appena ricevuto la sua copia della Gazzetta del Profeta. Daphne era così scura in volto che le altre due avevano il terrore di rivolgerle la parola, per qui Matilda optò per una più tranquilla lettura della Gazzetta, ma quando aprì la prima pagina il succo le andò di traverso
 
EVASIONE DI MASSA DA AZKABAN
IL MINISTERO TEME CHE BLACK SIA IL 'PUNTO DI RIFERIMENTO’
PER GLI EX MANGIAMORTE
 
Matilda alzò lo sguardo e cercò Hermione nel tavolo di fronte, anche lei con una copia della Gazzetta in mano, anche lei a cercare Matilda con gli occhi; le due si scambiarono uno sguardo a distanza e poi si rimmersero nella lettura dell’articolo. I più famosi mangiamorte erano stati liberati e tra le foto e i nomi di Antonin Dolohov e Augustus Rookwood, la foto di una strega che Matilda conosceva molto bene, di fama, aveva totalizzato la sua attenzione: Bellatrix Lestrange, nata Black, era fuggita da Azkaban assieme a tutti gli altri. La sua cara zietta era di nuovo in libertà. I sussulti di Matilda vennero però interrotti da un grosso tonfo: Lee Jordan si era avvicinato al loro tavolo e, dopo aver sbattuto le mani sul legno facendo traballare tutti i bicchieri, fissò Daphne seduta di fronte a lui che lo guardava con occhi sgranati
-Ora basta! A me non frega niente di quella che tu chiami reputazione, tantomeno mi importa dell’opinione di questi quattro ragazzini- Lee sbottò, ad ogni parola i dreads saettavano come fruste –Quindi piantiamola con questa storia una volta per tutte-
Il gesto e le parole di Lee avevano lasciato tutti pietrificati, prima fra tutte Daphne, terrorizzata da quell’ultima affermazione
-Come farla finita…ma cosa-
-Esatto.- Finalmente Lee tornò quello di sempre, ovvero abbandonò l’aria funerea ed il sorriso gli illuminò di nuovo il volto
-Basta sotterfugi Greengrass. Voglio stare con te senza dovermi nascondere-
Daphne arrossì vistosamente ed iniziò a balbettare qualcosa di incomprensibile. Stranamente i professori, in particolar modo la Umbridge, non sembravano affatto interessati a quella scena, nonostante si fosse alzato un bel po’ di rumore, ma era evidente che la notizia della fuga di tutti quei mangiamorte da Azkaban avesse catturato tutta la loro attenzione.
Quando i ragazzi iniziarono a borbottare, prima fra tutti Pansy, Matilda puntò l’attenzione su di lei e le sorrise diabolica –Fossi in te non azzarderei nemmeno un commento Parkinson, o ti sei dimenticata cosa ti è successo questa notte?-
Pansy si irrigidì e tornò subito a concentrarsi sulla sua colazione.
-Ne parliamo più tardi Jordan- riuscì a farfugliare Daphne ancora purpurea, tonalità che aumentò quando il ragazzo si allungò sul tavolo e la baciò davanti a tutti –Va bene, ma fregatene di questi qui, ok?- E come di ritorno da una passeggiata in campagna Lee se ne tornò sereno al suo tavolo.
Incapace di fare qualsiasi altra cosa eccetto balbettare, fu Astoria a parlare al posto della sorella
-Qualcuno ha qualcosa da ridire?-
Ovviamente nessuno rispose e tornarono tutti ad affondare la faccia nei piatti della colazione. Matilda picchiettò la spalla di Daphne con la mano, ma la sua attenzione tornò alla Gazzetta del Profeta, da cui una strega con i capelli molto simili ai suoi sebbene neri e dei pesanti occhi di pece, la guardava ridendo intrisa di follia.


Ciao a tutti lettori adorati! Che ne pensate dell'improbabile coppia Lee-Daphne? Io li A-DO-RO, ragion per cui sto approfondendo su di loro con gioia. Aspetto come sempre i vostri commenti alla storia. Vi abbraccio

D.


 

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Capitolo 12
*** Pensiero Felice ***


CAPITOLO XII
Pensiero felice
 

 
Che poi ci metteremo a tremare come la California, amore 
Nelle nostre camere separate 
Ad inchiodare stelle 
A dichiarare guerre 

(Cara Catastrofe-Le Luci della Centrale Elettrica)
 
 
La notizia della fuga di dieci Mangiamorte da Azkaban si era finalmente diffusa in tutta la scuola e con quella erano diminuite le voci contro Harry Potter e Silente, che al contrario incominciarono a ricevere maggiore approvazione da parte degli studenti, i quali finalmente mettevano in dubbio le parole della Gazzetta del Profeta.
Intanto la Umbridge, furiosa più che mai, sfornava decreti a raffica, per cui ormai ad Hogwarts era praticamente impossibile fare qualsiasi cosa che non fosse uscire dai dormitori, per entrare in silenzio alla sala grande, mangiare, andare a lezione e recarsi in biblioteca. Gli unici momenti di distrazione, almeno per Matilda, erano quindi gli allenamenti di Quidditch, gli incontri dell’ES e le fughe che di tanto in tanto si concedeva con George, vissute comunque da lei sempre con grande apprensione.
Persino le lezioni di Cura delle Creature Magiche erano diventate di una noia mortale da quando l’Inquisitore Supremo teneva sotto stretta sorveglianza Hagrid, che rischiava il posto tanto quanto la Trelawney; insomma la Umbridge le aveva tolto anche la gioia di quella materia e questo la mandava su tutte le furie.
Durante gli incontri dell’ES avevano iniziato a sperimentare l’Incanto Patronus, che sarebbe stato di vitale importanza contro un possibile attacco da parte dei dissennatori, passati ormai chiaramente dalla parte di Lord Voldemort vista la fuga dei Mangiamorte da Azkaban. Lei aveva perso l’ennesimo incontro sempre a causa degli allenamenti di Quidditch, per cui quando entrò nella stanza delle necessità si avvilì moltissimo nello scorgere che quasi tutti, ormai, erano riusciti a produrre un patronus corporeo.
Nel vederla entrare (stranamente in ritardo) George interruppe l’incantesimo davanti al quale Matilda era rimasta a bocca aperta: infatti dalla bacchetta di George aveva preso vita un magnifico coyote lucente, che rincorreva per la stanza la iena prodotta invece da Fred.
-Ehi lemonsoda, ben dieci minuti di ritardo, dovresti beccarti una punizione- gli disse lui, chinandosi su di lei per poi baciarla senza ritegno davanti a tutti, gesto che ovviamente generò sghignazzi e mormorii da parte degli altri membri dell’ES. Matilda si guardò intorno estremamente imbarazzata, ma erano così piacevoli i baci di George che non voleva proprio farne a meno, arricchiti da quel profumo consistente che solo la sua pelle riusciva ad emanare
-Quindi vi siete messi insieme?- disse Ginny spuntando dalla spalla del fratello maggiore
-Anche se faremo venire un infarto ai nostri genitori…potremmo dire di si- Rispose George senza staccare gli occhi da Matilda, ricercando una conferma che però non arrivò, tanto era l’imbarazzo di quella situazione
-Forza è già tardi! Devo esercitarmi- farfugliò Matilda che schizzò poi via lontana dai due.
Finì vicino a Ron, che stava producendo con difficoltà un patronus non proprio corporeo, che subito si smaterializzò quando la ragazza apparve al suo fianco
-Ah, ciao Malfoy-
-Weasley- rispose secca lei senza guardarlo: tutta la sua attenzione andava ora alla bacchetta, che teneva tesa davanti a sé mentre frugava nella testa per cercare un ricordo felice, sforzandosi eccessivamente nel concentrare tutta le proprie energie mentali per scovare anche solo un frammento di ricordo legato alla propria famiglia
-Expecto Patronum!-
Nulla. Si rabbuiò. Per quanto si sforzasse in quel momento non riusciva a ricordare qualcosa che realmente la rendesse felice legata a Draco o ai suoi genitori.
-Expecto Patronum!- disse con maggior vigore cercando di ricordare una giornata in cui, con il fratello, avevano dato vita al loro primissimo ed involontario incantesimo. Eppure ancora nulla, se non qualche sbuffo argenteo, che si dissolveva desolato.
Dopo una serie di tentativi andati a vuoto Harry ed Hermione si avvicinarono a lei
-Il movimento della bacchetta è perfetto- La rassicurò l’amica
-Hermione ha ragione. Quindi il problema deve trovarsi nel ricordo: ti stai concentrando su qualcosa che ti rende davvero felice pensandoci?-
Matilda incurvò le spalle e si afflosciò molto su se stessa
-Si, o almeno ci provo…- borbottò affranta. Harry le strinse appena la spalla con fare rassicurante
-Non ti devi preoccupare, io anche ci ho messo moltissimo prima di scovare il pensiero giusto. Ora concentrati, vedrai che riuscirai senza problemi-
Matilda annuì senza guardare i due grifondoro in faccia che poco dopo la lasciarono di nuovo sola.
Un pensiero felice, un pensiero davvero felice, possibile che non ci riesca?
-Sono davvero una persona così infelice?!- disse ad alta voce senza rendersene nemmeno conto; il naso di un coyote le spuntò davanti facendola sussultare, per poi girarle intorno festoso e schizzare via, sostituito da George che si parò davanti a lei
-Capisco la fretta, però non è la lezione della McGonagall quindi puoi evitare la trasfigurazione in iceberg, la prossima volta- Nonostante il sorriso sempre presente, George espresse una punta di risentimento nel tono; Matilda lo guardò affranta e lo abbracciò nei sospiri
-Scusami, ma sono davvero, davvero affranta-
George la abbracciò con tenerezza; Ron ancora di fianco a loro li guardava di sbieco e si allontanò non appena sentì le orecchie andare a fuoco
-Comunque non hai mica bisogno di conferme, scemo…- soffiò con la bocca immersa nella camicia di George, nel quale aveva tutta l’intenzione di voler affondare. Il ragazzo ridacchiò e la tirò fuori dal tessuto tenendole il viso fra le mani
-Qual è il problema? Non riesci a ricordare nulla di abbastanza bello?-
Matilda lo guardò un po’ spaventata –No è che…vorrei che…-
In realtà la risposta era proprio davanti a lei. Sarebbe bastato anche solo il ricordo di quel fazzoletto che George le aveva regalato sul treno, per permetterle di produrre un patronus.
-Ti sei di nuovo persa nelle tue elucubrazioni mentali Matt- gli disse bonariamente lui, che aggiunse senza pensarci troppo
-Non puoi obbligarti a legare i tuoi ricordi felici a qualcuno in particolare, sei abbastanza intelligente da saperlo da sola, giusto?-
Aveva colto nel segno. Si stava sforzando di pensare alla sua famiglia e, nello specifico, a Draco, eppure in quel momento della sua vita non era certo per merito loro se riusciva a ricavarsi dei momenti di pura felicità. Fu lampante, quindi, che i suoi pensieri dovevano prendere una direzione ben diversa. Annuì con decisione e strinse la mano di George come una bimba che non vuole perdersi nella folla, ricercando il suo sguardo rassicurante
-Rimani con me?-
Il sorriso smagliante di George tornò a scaldarla, mentre la sua mano stringeva protettiva quella della ragazza
-Certo-
Matilda annuì di nuovo e, non lasciando la presa della mano di George, puntò la bacchetta davanti a sé. Sentiva la stretta salda della dita del ragazzo e la mente subito tirò fuori quella sensazione ben precisa e spaventosamente tangibile, di George che la trascinava per il passaggio segreto per paura che lei potesse cadere. Percepì nitidamente la stessa identica sensazione di calore e sicurezza che provava in quel momento, la stessa sensazione che percepiva ogni volta che lui le era accanto.
Vieni, non mi sei sembrata molto agile prima
Mi strinse forte la mano
Mi protesse
Mi protegge sempre
Questo scemo di un Weasley
-Expecto Patronum!-
Un lampo di fumo argenteo schizzo fuori dalla bacchetta d’ebano e piano, come una nuvola che si muove nella tempesta la scia prese forma, dando vita ad una piccola seppur nitida volpe che scosse la coda e si guardò intorno furtiva, per poi prendere a correre nell’aria.
Il patronus scatenò una risata di gioia di George, mentre Matilda manteneva la concentrazione su di esso anche se il cuore le batteva fortissimo
-Ce l’hai fatta! È grandioso!-
Il patronus di Matilda attirò l’attenzione di tutti e in un attimo si ritrovò circondata da Harry, Hermione, Ginny e Fred.
-Brava Matt, wow è meraviglioso!- le disse entusiasta Hermione, alle cui spalle apparve anche Ron con aria curiosa. Gli occhi di Matilda continuavano a seguire il suo patronus incantata
-Già, una bellissima volpe oserei dire, chissà come mai!- Alluse con un ghigno divertito Fred
-Che c’entra la forma?- chiese piano Ron al fratello maggiore, che di risposta gli diede una lieve gomitata e gli indicò con un cenno del capo il ciondolo che pendeva dal collo della giovane Malfoy
-Beh, le piace proprio tanto quell’animale- affermò confuso Ron, ma Fred roteò gli occhi con aria disperata
-Quel ciondolo è un regalo, babbeo. Devo chiedere con più convinzione a mamma se davvero non sei stato adottato. L’ultima volta mi ha quasi rotto un mestolo in testa, ma rischierò ancora pur di vederci chiaro-
Ron ci mise un po’ a cogliere, ma poi fece correre gli occhi da George a Matilda, che ancora si stringevano la mano. Harry che aveva ascoltato lo scambio di battute fra fratelli concentrò l’attenzione su Ron e gli fece cenno di tacere, purtroppo non riuscendo ad essere abbastanza tempestivo
-Ma gliel’ha regalato George? Quindi il suo ricordo felice è…- -Ronald!- Lo zittì Hermione, ma a quel punto Matilda perse totalmente la concentrazione, così che il suo patronus svanì in uno sbuffo. Non fece nemmeno in tempo a riporre la bacchetta che George la tirò su e la strinse in un abbraccio
-Lo sapevo ci saresti riuscita lemonsoda!-
-Grazie-disse lei fra il collo e la scapola di George
-Ok gente non c’è niente da vedere, circolare!- Fred spinse via i ragazzi che si gustavano quella scena incuriositi e avidi di scoop. Matilda rimase aggrappata a George che se la stringeva a sé senza sforzo, per poi metterla giù e guardarla –Riproviamo?-
Passarono gli ultimi dieci minuti a provare ancora l’incanto, così che la stanza delle necessità si riempì di animali argentati, che giocavano fra loro rincorrendosi gioiosi.
 
La sala comune di grifondoro si riempì dei membri dell’ES che avevano appena concluso quell’ultimo incontro; Ron era incurvato su uno dei comodi divani e sembrava perso nei suoi pensieri, mentre con la coda dell’occhio seguiva distrattamente i gemelli e Lee che discutevano dei loro patronus con entusiasmo
-Tutto bene Ron?- Harry affondò sul divano accanto a lui, seguito da Hermione; il ragazzo li guardò e poi abbassò lo sguardo
-Si, cioè ero solo pensieroso-
Harry lo incalzò –Pensavi alla lezione?-
Ron annuì senza guardare i due amici –Sentite, il patronus può essere legato quindi a…qualcuno? Voglio dire: il ricordo felice influisce su di lui?-
-Beh, a volte è così- rispose Harry –Guarda il mio caso: il patronus di mio padre era un cervo, quello di mia madre una cerva ed il mio…beh è un cervo anche quello. Quindi direi di si-
-Miseriaccia…- borbottò Ron mentre si stropicciava le mani
-Che succede?- gli chiese Hermione sospettosa; a quel punto anche Ginny si era unita alla conversazione.
-Avete visto il patronus della Malfoy? È una volpe- continuò con timidezza Ron; i tre annuirono aspettando che l’amico continuasse
-E se non ho capito male quell’animale ha qualcosa a che fare con George, giusto?-
-Beh, diciamo che è il loro anello di congiunzione, si- confermò Hermione che aveva intuito dove volesse andare a parare l’amico
-E se il patronus è l’espressione del nostro pensiero felice vuol dire che è autentico, cioè che non può essere modificato a piacimento, giusto?-
-Direi di no- confermò Harry
-Miseriaccia-
-Basta Ron! Dicci quello a cui stai pensando invece di continuare a dire miseriaccia!- sputò inacidita Ginny
-Niente, pensavo solo che forse mi sbagliavo. Se il patronus di lei è legato a nostro fratello vuol dire che tiene davvero a lui-
Harry ed Hermione si guardarono trattenendo un sorriso, Ginny prese a giocare con i suoi capelli nervosamente
-Matilda è molto diversa da quello che ti aspetti Ron e si, tiene davvero a George se la cosa ti tranquillizza-
Ron annuì e parve afflosciarsi ancor più. Gli occhi di Ginny schizzavano in ogni dove pur di non guardare gli amici; a quel punto Hermione intervenne
-Avete un motivo in più per fidarvi di lei ora e questo non vi va giù, giusto?-
I due fratelli si guardarono –Hai ragione Hermione- disse sconfitta Ginny –Forse sono stata un po’ troppo prevenuta-
-Si forse…forse anche io- borbottò Ron
Ancora uno sguardo tra Harry ed Hermione e poi tutti e quattro spostarono l’attenzione su George, che rideva sereno e spensierato come suo solito.
 
Finalmente arrivò il giorno della seconda uscita dell’anno ad Hogsmeade, che diede un po’ di respiro agli studenti sopraffatti dai decreti restrittivi e dalle punizioni della Umbridge. Che poi quell’uscita cadde il giorno di San Valentino, per cui i locali della città magica suppuravano di coppiette che sfogavano tutta la loro frustrazione dovuta al doversi tenere distanti ad Hogwarts, o almeno al non farsi beccare. George teneva il braccio sulle spalle di Matilda mentre sfuggivano alla neve per entrare ai Tre Manici di Scopa, già pieno zeppo di persone
-Vuoi andare da qualche altra parte?- le chiese sfilando uno dei cappelli che aveva rubato alla ragazza
-Qui andrà benissimo, mi devi ancora un sacco di cose da bere-
Proprio in quel momento quattro ragazzini del terzo anno si erano alzati, per cui si affrettarono ad occupare il tavolo rimasto miracolosamente vuoto.
-Siediti, che vuoi bere?-
-Dici che è presto per la burrobirra?-
-Non è mai presto per la burrobirra-
Finalmente priva della divisa scolastica, Matilda sfilò il mantello ed immerse la bocca nel collo del proprio maglione tentando di scaldarsi il più possibile e quando George tornò con due boccali si chiese se non sarebbe stato meglio scaldarsi con una cioccolata. Passò il tempo fra le chiacchiere spensierate e le confidenze più intime: George raccontò l’episodio dell’auto incantata con cui una volta avevano recuperato Harry per portarlo alla tana, Matilda di come passò un’estate a torturare Draco nascondendogli vermicoli in ogni dove. Più passava il tempo più era naturale stare insieme, parlare, raccontarsi, confidarsi. Le burrobirre aumentavano e la testa cominciò a girare appena. Al primo singhiozzo di Matilda George scoppiò a ridere
-Ma che ti ridi, ridi sempre Weasley!- disse Matilda fra le risate contenute; mentre George disegnava dei baffi con la schiuma sulla ragazza, ai Tre manici di Scopa fecero ingresso anche Lee e Daphne, ormai dichiaratamente una coppia (cosa che costò una serie di stupidi scherzi a Daphne da parte dei serpeverde di cui però non si preoccupava affatto) che vedendoli si avvicinarono di fretta a loro
-Matt ma che ti sei fatta?- disse Daphne mentre sfilava il mantello che lasciò nelle mani di Lee; i due seduti al tavolo scoppiarono a ridere all’unisono e gli fecero segno di sedersi. Passarono così un paio di ore, durante le quali vennero raggiunti anche da Ron, Fred, Neville ed Angelina. Con la presenza dei ragazzi maggiorenni riuscirono anche ad ottenere dei whisky incendiari che si passarono di nascosto attenti a non farsi vedere da madama Rosmerta.
-Ronald Weasley- Matilda poggiò il braccio sulla spalla di Ron e lo fissò divertita –Sai che sei molto simpatico quando bevi? Dovresti farlo più spesso, anche se alla fine puzzerai come la Trelawney- iniziò a ridere sguaiata e tutti gli altri la seguirono, persino Ron che prese a fare una perfetta imitazione dell’insegnante di divinazione usando, come lenti, due grossi boccali di burrobirra ormai vuoti. Alla fine furono raggiunti anche da Hermione, Luna ed Harry, che avevano passato le ultime due ore a parlare fittamente in un angolo del locale con Rita Skeeter.
 
La neve scendeva morbida e abbondante sul mantello dal taglio sontuosamente elegante di Draco, che affrettò il passo verso i Tre Manici di Scopa, seguito dai due fedeli scagnozzi e la fastidiosa coppia: Blaise ed Astoria. Più passava il tempo con loro, maggiore era la frustrazione che si attorcigliava nello stomaco e ne faceva la propria tana, ma Draco volle convincersi che l’unico motivo per cui non riusciva a tollerare di vedere il suo migliore amico abbarbicato alla moretta non fosse che per un allontanamento nei suoi confronti: infatti da quando Blaise era crollato dinanzi le avance di Astoria, pochi erano i momenti in cui riuscivano di nuovo a stare tra di loro, a fare quelle cose da maschi che la presenza della ragazza rendeva ormai impossibili. Inoltre il caratterino della più piccola delle Greengrass aveva smorzato l’accanimento contro Daphne e Matilda, rendendo praticamente impossibile punzecchiarle senza un intervento da parte di quella piccola bastarda, dalle cui labbra pendeva un desolante ed irriconoscibile Blaise Zabini. Per cui tra gli sbuffi ed il fastidio di sentire alle proprie spalle sussurri romantici e il rumore di labbra smaniose, Draco sperò di entrare il prima possibile nel locale e riporre il disgusto in un bel bicchiere di burrobirra, possibilmente irrorato di nascosto da del buon whisky incendiario. Ma provò estremo disappunto quando gli stivali costosi varcarono la soglia del locale che non solo era gonfio di gente, ma che nascondeva al proprio interno la sua gemella che rideva sguaiata alle parole di quel pagliaccio di George Weasley. Da quando si era impuntata con quel tipo il loro gruppo si era totalmente sfaldato ed i grifondoro non solo si erano accaparrati sua sorella, inoltre avevano abbindolato, in qualche modo, anche Daphne, ormai inspiegabilmente persa per Lee Jordan. Gli occhi grigi si strinsero davanti l’immagine di Matilda che rideva come una civetta mentre quella pozza di fango si sperticava come un pavone e non riuscì a non serrare il pugno intorno alla propria bacchetta, intenzionato a schiantare quel poveraccio dai capelli rossi il più lontano possibile dalla gemella. Quando sentì che il proprio mantello veniva strattonato si immaginò fosse Pansy, con la quale avevano appuntamento nel pub, invece altri non era che Astoria, la quale allacciò i sottili occhi scuri ai suoi
–Non fare sciocchezze Draco- lo riprese lei. Perché si permetteva di parlargli come se avesse un qualche tipo di ascendente su di lui e, cosa non meno importante, perché lui la assecondava quasi sempre?
-Andiamocene alla Testa di Porco, qui ci sono troppi imbecilli- quasi masticò quella frase e facendo dietrofront uscì non mancando di dare una lieve spallata a Blaise
-Ehi amico, ma che problemi hai?- gli disse quello ancora sulla porta, ma una volta aver lanciato uno sguardo all’interno del locale e aver scovato Matilda, capì che forse era meglio non discutere e seguì il gruppo. Dopo un’ora di attesa in cui il profumo di cui si era irrorata aveva preso il disgustoso aroma di fumo e sudore, Pansy si alzò dal tavolo in sospiri sommessi, per essere stata abbandonata proprio il giorno di San Valentino.
 
Quando i ragazzi uscirono di lì era ormai sera e tutti barcollavano, chi più chi meno, fra la neve alta; Ron e Matilda si tenevano abbracciati e cantavano a squarciagola Perché Weasley è il nostro Re, Daphne parlottava con Hermione e Ginny come se fossero amiche da sempre, Harry veniva portato in spalla dai gemelli Weasley mentre Luna Neville Angelina e Lee cantavano in coro la canzone di Hogwarts. Mancavano ancora un paio d’ore prima di dover tornare ad Hogwarts, per cui il gruppo variegato decise, aiutati dall’alcol, di andare fino alla stamberga strillante e fare un po’ di baldoria
-Ehi fratellino, che fai vuoi rubarmi la ragazza?- irruppe così George alle spalle di Ron e Matilda, ancora stretti in un abbraccio amichevole; Ron si staccò immediatamente da lei cercando di darsi un tono
-Figurati, è pur sempre una serpe questa qui-
-Esatto- annuì Matilda mentre alzava il pugno al cielo –La casa migliore di Hogwarts!- Dietro di loro Daphne totalmente ubriaca esultò e fischiò
-Salazar Sempreperde, Serpeprende, o insomma quella cosa lì- -Serpeverde- La aiutò George divertito, per poi lanciare uno sguardo al gemello dietro di lui –Sempreperde dobbiamo ricordarcelo-
-Esatto, Serpeverde, Salazar Serpeverde è stato il miglior mago di tutti i tempi-
-Diglielo Matt!- la appoggiò Daphne
Tra le risate arrivarono alla stamberga strillante e si introdussero dentro di soppiatto, dove ad attenderli non c’erano che polvere e mobili distrutti. Neville, decisamente brillo, incominciò ad ispezionare la casa con grande coraggio seguito da Luna che parlottava a proposito di strane creature che, a suo dire, abitavano la casa. Mentre Daphne dava spettacolo elogiando le qualità innegabili dei serpeverde e i grifondoro la deridevano, Matilda afferrò la mano di George e intimandolo di tacere lo trascinò al piano superiore.
-Ma guarda che bel nido d’amore!- urlò la giovane e frastornata Malfoy entrando in una delle stanze, di cui toccava i mobili polverosi con la punta della bacchetta
-Attenta Matt, fossi in me, cioè in te, insomma tenere la bacchetta in mano ora è rischioso- George in condizioni non molto migliori di lei passò una mano fra i capelli rossi e sedette accanto a lei sul letto dove si era fiondata
-Che noioso che sei- ridacchiò lei mentre ondeggiava la bacchetta davanti la sua faccia –Mi avevano detto che eri tu quello simpatico-
George abbassò il legno che gli orbitava davanti al naso e sorrise alla ragazza
-Simpatico, non pazzo, o almeno non fino a questo punto…- e a quel punto si chinò su di lei per coinvolgerla in un bacio voluttuoso; Matilda slacciò il proprio mantello e così fece con quello di George, che attirò a sé per poi tornare ad incollarsi alla sua bocca con veemenza. Il ragazzo scivolò sopra di lei  costringendola a sdraiarsi e ne ricercò il collo con le labbra, mentre una mano le carezzava i fianchi che si erano stretti intorno a lui; quando i denti di George morsero delicatissimi il collo diafano, Matilda rabbrividì e si aggrappò alle sue spalle facendosi sfuggire un gemito sommesso. George a quel sussultò sorrise compiaciuto e con tatto fece scivolare una mano sotto il maglione di Matilda, per poi salire alla ricerca del seno
-Saranno tutti quei whisky incendiari, ma mi fai girare la testa Matt, come non c’è mai riuscita nessun’altra- le sussurrò lui all’orecchio, mentre la mano abilissima aveva iniziato a sbottonare la camicia.
Matilda passava una mano nei capelli di fuoco, mentre l’altra carezzava il bordo dei pantaloni del ragazzo
-E tu sei il mio ricordo felice- Gli sussurrò a fior di labbra, ricercandolo con gli occhi.
A quell’affermazione George si arrestò e aprì la bocca in un splendido sorriso
-Sei decisamente ubriaca lemonsoda-
Matilda mugugnò e gli tirò la manica incitandolo a continuare quello che stava facendo
-Ma è la verità. Il mio pensiero felice, si- ridacchiò quando lui affondò di nuovo il volto nei suoi capelli a cercarne la pelle con la bocca, ma solo dopo averle sfilato il maglione ed averla lasciata con la camicia ormai sbottonata
-Mi hai sconvolta Weasley- l’affermazione uscì naturale dalla bocca, quasi approssimativa in realtà, laddove intanto cercava di slacciare i pantaloni di George, rimasto anche lui con la camicia semi sbottonata. Distrarsi dal seno di Matilda fu complicato per lui, ma smise di tentare di slacciarle il reggiseno ricamato e la fissò con tanta intensità che lei era sicura l’avrebbe mangiata in un sol boccone, se avesse potuto
-Voglio riempirti di pensieri felici- Le disse, chiudendo con un sorriso prima di avvicinarsi al suo orecchio con la punta delle labbra
-Nuovi, incredibili, eccitanti, peccaminosi, ingestibili, ricordi felici-
Le labbra rosse si piegarono appena in un gemito di assoluto piacere mentre le ciglia sbattevano con battiti regolari sugli occhi color tempesta, che si scontravano con quelli di George senza alcuna fatica. Il ragazzo si morse le labbra in quel gesto eloquente che Matilda aveva imparato a registrare come un ammutinamento dei pensieri di lui e senza indugiare ancora gli sfilò la camicia che era rimasta a coprire le braccia; a quel punto George si spinse ancor più verso di lei, in un gesto che evidenziò l’eccitazione del ragazzo nel trovarsi fra le gambe pallide e sottili di Matilda; quando le mani di George tirarono su del tutto la gonna e ricercarono i fianchi morbidi, Matilda dovette sforzarsi moltissimo per riacquisire quel poco di lucidità che le permetteva di non strappare i pochi indumenti che erano rimasti a coprirli e permettere a George di spingersi molto più oltre. D’altronde tutto di lui la faceva arrossire e la eccitava, dalle lentiggini che spuntavano sul viso e sul corpo, alle mani affusolate e forti, ai capelli così sconvolti ed intensi che talvolta toccavano toni di rosso accecanti, agli occhi caldi e avvolgenti, al sorriso malandrino che si accendeva sul suo viso ogni qualvolta si stava per avvicinare a lei e sopra ad ogni cosa, al suo odore che avrebbe potuto distinguere in mezzo ad una folla: quell’odore che le si era appiccicato addosso e di cui non riusciva più a fare a meno, come fosse la più pura delle pozioni stupefacenti.
E si beò di quella mano destra che la attirava verso di lui con eccessiva foga, mentre la sinistra andava a ricercare gli slip e, nello specifico, ciò che l’intimo nascondeva alla vista.
-George…- sussurrò inebriata arrossendo ancor più, quando per la prima volta il ragazzo osò spingersi tanto oltre da poter constatare la condizione di eccitazione che la padroneggiava, anche se non aveva ancora scostato gli slip; George fece coincidere la propria fronte con la sua ed allacciò gli occhi dai toni di miele a quelli più algidi di lei e le sue labbra, appena screpolate dai lunghi baci scambiati, sfiorarono la punta di quelle rosse e gonfie di Matilda, mentre le dita tentavano di scostare l’elastico degli slip
-Sei vergine, non è vero?- sussurrò a quel punto e Matilda con gemiti mozzati annuì, colorendosi sempre più nel volto, mentre le braccia si erano strette attorno al collo di George, abbandonando l’idea di riuscire a restituire il favore tanta era l’eccitazione che la avvolgeva e che non le permetteva di fare altro che stringersi a lui.
George, scosso ed estasiato dalla vista della ragazza seminuda ed aggrappata a lui, con la criniera chiarissima ad incorniciarle il viso e quelle labbra carnose appena schiuse a lasciare intravedere solo gli incisivi candidi, si arrestò e si perse in quegli occhi tanto penetranti da fargli venire il mal di testa. Nonostante l’eccitazione fuori controllo, il ragazzo si impose di non spingersi oltre e, seppur a malincuore, ritrasse la mano
-Non permetterei mai che la tua prima volta avvenisse di fretta in una stamberga malconcia ed impolverata…- Sussurrò roco sulla sua bocca.
Matilda si scompose in un’espressione contrariata, ma subito fu rabbonita
-…ci tengo troppo a te, lemonsoda- le labbra tornarono a ricercare l’orecchio –Ti regalerò una prima volta indimenticabile, te lo prometto- concluse George. Quel sussurro rauco pose definitivamente fine alle proteste di Matilda, assieme ad un urlo che li richiamava all’ordine
-George! Matt! Non per interrompere nulla ma si è fatto tardi, dobbiamo tornare ad Hogwarts!- L’inequivocabile voce di Fred che saliva dalle scale li riportò frettolosamente alla realtà, più della loro forza di volontà che vacillava pericolosamente. Gli occhi si scontrarono in uno sguardo che avrebbe crepato i muri. Le mani salirono a ricercare reciprocamente i capelli dell’altro. Ed infine le labbra si concessero un ultimo lunghissimo bacio, prima di tornare a quella realtà fatta di sotterfugi e nascondigli.
 
-Allora le cose sembrano funzionare- Hermione strinse una spalla dell’amica mentre il gruppo affrontava la neve che copriva la strada verso la scuola. Matilda lanciò un’occhiata dietro di lei ed un sorriso le solcò il viso quando gli occhi si scontrarono con quelli di George, per poi concentrare di nuovo l’attenzione sull’amica
-Funzionano. D’altronde sai Herm…- Matilda ricambiò la stretta ed affondò la bocca nella sciarpa, facendo quasi perdere le parole in un soffio –George è il mio più concreto, inadeguato e folle, pensiero felice.-
 
 
 

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Capitolo 13
*** Io e te contro tutto il mondo ***


CAPITOLO XIII
Io e te contro tutto il mondo
 
-Draco! Aspettami!-
Non ha intenzione di fermarsi, continua a camminare con i piccoli pugni serrati a trattenere tutta la rabbia che lo pervade; il giardino immenso è in piena fioritura ed in qualche modo tutta quella perfezione lo disturba. La piccola mano gli afferra la maglia e lo costringe a fermarsi.
-Perché fai così? Era solo uno scherzo! Non ti arrabbiare sempre-
La fastidiosa voce della sorellina gli arriva come uno stridio insopportabile alle orecchie, così si gira di scatto e strattona via la manica trattenuta dalle piccole dita pallide
-Uno scherzo?! Vi siete nascosti per un’ora! Mi avete lasciato solo a cercarvi per tutto il tempo, mi ha quasi morso uno gnomo, lo sai?!-
L’urlo stizzito rivela la voce ancora acerba ed infantile del bambino, di cui gli occhi si stanno colmando di lacrime. La gemella lo guarda impaurita e torna a strattonargli la manica
-Dai non prendertela, stavamo solo giocando! Poi ci siamo messi a chiacchierare e il tempo è passato e…-
Le sopracciglia chiarissime di Draco si colorano di rosso per lo sforzo che il bambino impiega nel non scoppiare a piangere; nel vederlo così la bambina si acciglia
-Vi siete messi a parlare e non vi è fregato niente di avermi lasciato solo, a te non importa niente di me, pensi sempre e solo a te!-
-Non è vero, Draco non è vero lo sai! Eddai scusami…- la manina ondeggia e con quella il braccio di Draco.
-Tu sei tutto tutto tutto per me, più di tutto il mondo insieme!-
Delle fossette si creano sulle guance di Matilda assieme ad un sorriso davanti al quale il piccolo Draco non riesce a non sciogliersi
-Più di tutti? Più di mamma e papà messi insieme?-
-Ma che scemo! È ovvio!-
La bambina si lancia ad abbracciarlo, i suoi capelli sanno di shampoo alla frutta.
-Più di mamma, papà, più di tutti i nostri amici, più di tutti gli animali magici, più di tutto!-
Si agita nell’abbracciarlo e ride mentre Draco tira su con il naso; gli prende poi la mano e lo strattona
-Vieni, andiamo a fare uno scherzo a Blaise, io e te contro di lui!-
-Mati-
Ancora titubante, Draco tira a sé la sorellina e la fissa sforzandosi di apparire molto serio
-Io e te contro tutto il mondo, sempre? Me lo devi promettere!-
La bambina sgrana gli occhi identici ai suoi, poi annuisce con enfasi
-Sempre!-
 
-Draco, aspettami!-
Matilda raggiunse il fratello che ispezionava il corridoio circondato da una tangibile nube di astio.
-Abbiamo il turno insieme o te lo sei scordato? La fai finita di lasciarmi indietro?-
Il giovane Malfoy si bloccò di botto e perse lo sguardo in un punto indefinito davanti a sé. Quando Matilda gli fu a fianco, gli scrollò appena la spalla
-Ehi, buongiorno! Sbaglio o sei distratto?-
-Stavo ricordando una cosa.- Rispose secco senza guardarla
-Beh, deve essere un brutto ricordo dato la tua faccia accartocciata. Vuoi parlarne con la tua meravigliosa sorella?-
Il ragazzo spostò d’improvviso gli occhi glaciali su di lei ed incapace di trattenersi, sputò velenoso
-A te sembra andare tutto bene! Non ti frega niente di quell’intervista che lo sfregiato ha rilasciato a quella roba pietosa che chiamano giornale? Al Cavillo?!-
Matilda roteò gli occhi
-Ecco qual è il problema-
Draco si guardò intorno e poi passò una mano fra i capelli
-Un problema solo mio, evidentemente!-
Matilda sospirò
-Che ti credi, che a me non abbia toccato per niente?-
Draco lanciò ancora uno sguardo intorno a sé, così afferrò un braccio della sorella e la tirò verso un angolo remoto del corridoio vuoto.
-Ha fatto un sacco di nomi, ha dichiarato che nostro padre è un Mangiamorte!- sibilò guardandola con intensità, sguardo che lei resse senza sforzo
-Lo so benissimo quello che c’è scritto in quell’intervista. Ma non è che la verità Draco, nostro padre è un Mangiamorte!- sottolineò lei
-Zitta!- la allontanò con uno spintone
-Ne abbiamo già parlato e tu hai fatto di tutto per fare finta di niente, ma tu lo sai! Ti ho detto quello che ho visto!-
Il viso esangue di Draco assunse una sfumatura rossa di rabbia
-Ed hai pensato bene di andare a riferire tutto al tuo nuovo amichetto, non è così?!-
Matilda allargò le braccia basita
-Ma sei impazzito?! Harry Potter ha visto con i suoi occhi riunirsi l’armata di Tu-sai-chi sotto il suo naso! Maledizione Draco, Cedric Diggory è morto davanti ai suoi occhi! E nostro padre era presente!-
Draco sfoderò la bacchetta e la puntò alla gola della sorella, che colta alla sprovvista, fece un passo indietro
-Abbassala subito- sibilò
-A te non frega nulla se lui finirà ad Azkaban per le dichiarazioni di quel bastardo!-
La mano del giovane Malfoy tremava, mentre il viso paonazzo si contraeva in un’espressione di disgusto
-Te l’ho già detto come la penso. Non dobbiamo essere complici della vigliaccheria di nostro padre, non siamo tenuti ad appoggiarlo e di certo…- Matilda abbassò con un colpo netto la bacchetta di Draco -…Io non lo farò-
Si voltò di scatto e prese a percorrere il corridoio con ampie e pesanti falcate
-Maaatt!- gridò Draco, Matilda arrestò il passo e si girò verso di lui, attendendo che il gemello aggiungesse qualcosa, ma lui rimase muto
-Andiamo, dobbiamo finire il nostro turno.- sentenziò algida lei.
Sempre insieme contro tutto il mondo.
Tremante di rabbia, il serpeverde seguì la sorella in un cammino fatto di silenzi e risentimento. Era chiaro che sarebbe rimasta sola, a sfidare il loro mondo.
 
Hermione pretese che Harry incontrasse Matilda. Per quanto lei si fosse dimostrata una fedele alleata nella costruzione dell’ES, dichiarando più volte che si discostava da quelli che erano i folli ideali dei suoi genitori, Hermione notò un cambiamento repentino nell’atteggiamento dell’amica serpeverde dopo che il Cavillo con l’intervista di Harry Potter, in cui il ragazzo aveva descritto cosa era realmente successo durante l’ultima prova del Torneo Tre Maghi, aveva fatto il giro di Hogwarts; fra i nomi dei Mangiamorte presenti nella dichiarazione era infatti comparso anche il nome di Lucius Malfoy, oltre che ad una serie di altri cognomi legati a molti serpeverde. Da quel momento la giovane Malfoy si era fatta molto silenziosa, evitava di passare il suo tempo con il gruppo dei ragazzi e con lo stesso George, che aveva tentato di parlare con lei in più occasioni ma Matilda, con stupide scuse, si era spesso negata; come al solito il coraggio non era di certo il suo punto forte.
Per cui Hermione si era fatta carico dell’arduo compito e aveva costretto l’amica a presentarsi al solito bagno che, fortunatamente, veniva frequentato e controllato molto poco.
Quando Matilda varcò la soglia del bagno si irrigidì nel vedere presenti non solo Hermione, bensì anche i gemelli Weasley ed Harry
-Scusa Matt, non avresti mai accettato di venire se ti avessi detto che sarebbe venuto anche Harry-
-E noi- aggiunsero in coro Fred e George, quest’ultimo regalò un sorriso ed uno sguardo decisamente intenso a Matilda, la quale aggrottò le sopracciglia chiare
-Non me lo sarei aspettata da te- borbottò nei confronti di Hermione, che si avvicinò a lei
-Mi spiace, ma è importante che tu ci ascolti-
Matilda fece correre le iridi chiare da uno all’altro dei presenti, per soffermarsi poi su Harry
-Harry io…-
Il grifondoro dai capelli impossibili da gestire si avvicinò a lei di qualche passo schiarendosi la voce
-Immagino tu abbia letto l’intervista-
La giovane Malfoy si strinse nelle spalle –Chi è che non l’ha letta? Dopo che la Umbridge ha posto il divieto di far circolare il Cavillo, ovviamente la rivista ha fatto il giro della scuola in men che non si dica-
I gemelli accennarono una risata, Hermione abbozzò un sorriso, Harry invece la fissava con quegli occhi verde smeraldo che la mettevano sempre in soggezione
-Lo scopo di quell’intervista era diffondere la verità, non potevo evitare di citare…-
-Lucius Malfoy. Lo so Harry- Lo interruppe la ragazza che rapidamente abbassò lo sguardo
-Mi spiace davvero, non avrei fatto una cosa del genere se non fosse stato necessario- Aggiunse Harry, genuinamente dispiaciuto
-No Harry…dispiace a me- bisbigliò Matilda. Alle sue spalle si avvicinò George che prese a toccarle i capelli con fare rassicurante; a quel punto Matilda tornò a piantare i grandi occhi plumbei in quelli di Harry
-Io…mi vergogno da morire-
-Co…cosa?- gli chiese Harry con tono stupito. Matilda annuì e prese a mordersi con forza il labbro
-Voi…non immaginate quanto io mi vergogni di essere la figlia di un Mangiamorte. Io…- sospirò –…non so che cosa fare-
A quel punto Hermione intervenne
-Non devi vergognarti! Non è colpa tua, non hai deciso tu per tuo padre da che parte stare-
Matilda spostò gli occhi su Hermione –No Hermione, tu non hai davvero idea di come ci si possa sentire-
Si scostò da George per avere una visuale completa dei presenti
-Guardatevi! Voi avete delle sicurezze, voi sapete dove tornare quando uscite di qui!-
Harry accennò una risata amara –Ti assicuro che non è piacevole tornare a casa, per me-
-Si ma Harry, tu hai loro!- indicò i gemelli ed Hermione, che si scambiarono uno sguardo dispiaciuto
-E Ron e Ginny e la loro famiglia! Voi tutti in qualche modo riuscite a cavarvela! Hermione tu hai i tuoi genitori che ti amano e sono orgogliosi di te, Fred, George…- fissò il ragazzo –Voi avete la vostra numerosa e bislacca famiglia!-
-Ehi!- esclamarono in coro i ragazzi con tono divertito nel sentire quella definizione
-Ma è così, anche non fosse avete voi due, guardatevi siete inseparabili, non vi muovete senza l’altro! Certe volte quando siamo chiusi da qualche parte ho la sensazione che Fred possa spuntare da un momento all’altro- i quattro iniziarono a ridere di cuore, anche Matilda si lasciò sfuggire un sorriso, per poi tornare subito seria
-Ma io? Lo sapete chi è quella pazza di mia zia, conoscete la mia famiglia, persino Sirius Black il pluriomicida ha il mio stesso sangue!-
I ragazzi si scambiarono un’occhiata muta, che fortunatamente Matilda non colse
-Io non ho nessuno che vorrei davvero avere vicino fuori da qui. Ho solo Draco- si scosse i capelli con decisione, facendoli schizzare da tutte le parti –E se lo stanno trascinando dietro! Farà la loro stessa fine!- Disse con voce tremante con le mani immerse nei capelli con fare disperato
-Matt ne abbiamo già parlato…- Provò ad inserirsi George, ma lei negò con il capo
-No George, per quanto io ci provi non riesco ad ignorare che Draco potrebbe finire per…per seguire mio padre e…- Si tappò la bocca con la mano cercando di trattenere le lacrime
-…e diventare un Mangiamorte- concluse. Le iridi grigie rilucettero di lacrime salate. Senza poter resistere Hermione si scagliò sull’amica e l’abbracciò
-Anche tu adesso hai noi!-
-Già, come hai detto tu, io e George siamo quasi una cosa sola, per cui ora fai parte della nostra bislacca famiglia- Fred scompigliò i capelli di Matilda ancora immersa nell’abbraccio confortante di Hermione
-Vedrai, non ti lasceremo sola- Harry le sorrise sincero. Gli occhi lucidi di Matilda ricercarono George aspettandosi un suo commento; di tutta risposta il ragazzo alzò le spalle e sorrise
-Devo aggiungere altro? Hanno detto tutto loro-
Hermione si scostò da Matilda –George! Sei insensibile!-
Il ragazzo scoppiò in una risata e in un attimo fu davanti Matilda, sovrastandola al solito di svariati centimetri, 36 per la precisione. La ragazza lo guardò dal basso e non fece in tempo a dire nulla che George la tirò su e la strinse a sé
-Non ti lascerò mai sola. Saremo io e te contro tutto il mondo, se necessario- Le sussurrò fra i capelli, mentre con un braccio la sosteneva dalla vita e con una mano le teneva la testa.
-Sei disgustosamente romantico- disse Matilda, fra un singhiozzo ed una risata, con la bocca immersa nell’incavo formato dal collo e la spalla di George
-Colpa tua lemonsoda; te l’avevo detto all’inizio dello scorso anno, che una volta assaggiata non avrei più fatto a meno di te, giusto?-
-Parlavi di una bevanda babbana! A proposito…la vorrei assaggiare prima o poi-
Hermione, Fred ed Harry si gustavano quella scenetta trattenendo le risa. Fred fu il primo a muoversi
-Beh, giovani amici, ho da fare, vorrei anche io riempire di smancerie una certa tassorosso di mia conoscenza-
Harry guardò incuriosito Fred
-Quella ragazza che viene agli incontri dell’ES?- bisbigliò
-Massì, Grace Tauril, giusto?- Continuò con un sorriso furbo Hermione
-Chi è questa Grace?- Chiese Matilda ancora appesa al collo di George, che sembrava non avere alcun tipo di problema a sballottarla come fosse un cuscino
-Se tu accusi me di essere disgustosamente romantico dovresti vedere Freddy quando gira intorno a Grace- Si intromise George mentre faceva saltellare il corpo di Matilda con un solo braccio
-Ma io voglio conoscerla!-
Fred sorrise malandrino –La prossima volta- disse uscendo rapidamente dal bagno
-Non ti sopporto George Weasley. Quando c’è qualcosa di divertente da raccontarmi non lo fai? E poi da quant’è che Fred ha la ragazza?-
George la fissò e sorrise malizioso
-A te deve importare di un solo gemello Weasley, la brutta copia non conta- E detto questo ammutolì le sue proteste con un lungo bacio.
 
La scuola fu scossa da un orribile evento, ovviamente opera della professoressa Umbridge: infatti quest’ultima aveva licenziato la Trelawney mettendola in ridicolo davanti l’intera Hogwarts e, se non fosse stato per l’intervento del Preside, che ricordò alla Umbridge qual era il suo ruolo, la povera professoressa di divinazione sarebbe stata cacciata anche dal suo appartamento sito nella scuola.
In un giro di ricognizione durante la pausa dalle lezioni, Matilda arrivò in cortile stringendosi nel maglione; la fine di Marzo era giunta e per fortuna quella era una giornata particolarmente soleggiata, eppure la temperatura non era ancora abbastanza elevata per togliere il mantello, pensò desolata. La sua attenzione fu attratta da un coro di stupore misto a risate che proveniva dal fondo del cortile e, con orrore, constatò che quel baccano altro non fosse che merito di due teste rosse particolarmente alte; quello che vide aveva dell’incredibile persino per una strega: ad un paio di ragazzini era rimasto solo il corpo , la testa chissà che fine aveva fatto.
-George?!- richiamò l’attenzione del ragazzo, bocca semi aperta e braccia spalancate. I due gemelli ed un paio di ragazze al loro fianco si voltarono in direzione di Matilda
-Wow! È arrivata la mia serpeverde preferita! Signori devo prendermi una pausa dalle dimostrazioni- Disse George mostrando il solito ed insopportabile sorriso smagliante, mentre Matilda si scambiava occhiate con le due ragazze, che era convinta di aver già visto. La rabbia mista a gelosia montò subito in lei, che nell’immediato riportò gli occhi gelidi su George, ormai davanti a lei
-Che…cosa…state combinando…George?- Tirò uno dei suoi finti sorrisi, uno dei migliori invero.
-Guarda, è la nostra ultima invenzione! Non è geniale?! Cappello decapitante! Lo metti sulla testa e quella puff!- George mosse le mani in un gesto eloquente –scompare!- Infine rimase con un sorriso idiota incollato sul viso, aspettandosi sicuramente una reazione positiva da parte della ragazza. Matilda non sapeva se guardare lui, i ragazzini senza testa o quelle due che sorridevano e si scambiavano occhiate divertite; alla fine decise di concentrare tutta la sua ira su George, al quale si sciolse il sorriso quando si rese conto che l’espressione di Matilda altro non nascondeva che un vulcano pronto ad eruttare
-No George, non è geniale…è STUPIDO!- Quindi lo scansò e si avvicinò di corsa ai due ragazzini ai quali era ricomparsa la testa, in compenso tenevano i due cappelli in mano ed i galeoni pronti per l’acquisto.
-Fred! No no no…- puntò la bacchetta contro i due ragazzini con le mani tese verso Fred, che la guardavano terrorizzati
-Voi non comprerete proprio niente, ora via! Filate se non volete che riferisca alla vicepreside quello che state combinando!-
Mentre i ragazzini schizzavano lontani da loro, Fred e George si guardarono sconvolti
-Matt ma ci hai rovinato l’affare!- disse frastornato Fred
-Già! Erano dei bei soldi quelli!- aggiunse avvilito George
Di tutta risposta lei fece ondeggiare la bacchetta davanti ai due gemelli e tuonò –Dieci punti in meno a grifondoro!-
-Cosa?!- dissero in coro i due
Lei strinse gli occhi sui due e tentò di  ignorarne le proteste
-Ma siete impazziti?! Avete perso l’ultimo barlume di ragione con qualche esperimento?! Vi rendete conto che con quello che è successo con la Trelawney ora la Umbridge è più furiosa che mai?! Non fa altro che dispensare punizioni! Ci sono più mani sanguinolente in questa scuola che in un racconto dell’orrore e voi cosa pensate bene di fare, di vendere i vostri STUPIDI SCHERZI DAVANTI AGLI OCCHI DI TUTTI?! Vi sto risparmiando una punizione! AVETE ANCHE I M.A.G.O. A BREVE! Volete essere ESPULSI?!-
Finalmente si placò dopo aver gesticolato talmente tanto che i capelli si erano arruffati ancor più ed il respiro era affannato. A quel punto Fred si voltò verso le due ragazze che guardavano Matilda con occhi sgranati e sorrise
-Bene, questo dolcissimo e composto uragano in miniatura è Matilda, la ragazza di George. Uragano, questa è Jane…e questa è Grace- Fred indicò prima l’una e poi l’altra. Quando Matilda sentì il nome di Grace sgranò gli occhi e, con timore, si voltò verso le due ragazze.
-Ah…- tentò di ricomporsi, guardò George che aveva le braccia incrociate e la fissava trattenendo una risata, poi Fred, stessa speculare posa, infine tornò sulle due
-Accidenti, beh…scusatemi ma sono un…-
-Prefetto si, lo so, piacere, io sono Grace Tauril- Disse la ragazza dagli occhi ed i capelli castani ed un sorriso davvero dolce, mentre tendeva una mano verso Matilda, che la strinse, anche se avrebbe voluto sprofondare.
-Ed io Jane Sparks- Disse l’altra ragazza con gli occhi verdi, che imitò Grace nel gesto.
-Ehi lemonsoda, ora devi trovare il modo di assegnarci almeno 10 punti- George la trattenne da dietro per le spalle e la scosse da una parte all’altra
-Già, o almeno dovrai prestarti a testare uno dei nostri nuovi scherzi- Ammiccò Fred, che intanto aveva stretto Grace in un abbraccio
-Voi due! Ho fatto bene a togliervi punti, vi ho fatto un gran favore in realtà!- cercò di divincolarsi dalla stretta di George che aveva preso l’abitudine di maneggiarla come un pupazzo
-Se non fossi intervenuta come una pazza furiosa, Godric solo sa quanti soldi avremmo fatto- Sospirò George che non aveva alcuna intenzione di lasciarla andare
-Ma, i M.A.G.O., gli esami…- balbettò lei che aveva rinunciato a divincolarsi, permettendo quindi a George di continuare a sballottolarla
-In realtà non ci interessano molto gli esami, io e Georgie abbiamo altri progetti per il futuro prossimo-
Grace lanciò un’occhiataccia a Fred
-Cos’è questa storia?!- Matilda riuscì a rigirarsi e guardò George con aria sconvolta
-Oh non c’è da preoccuparsene ora- George le picchiettò bonariamente la testa, per poi chinarsi su di lei e accostarsi di molto al suo viso –Perché invece non passiamo quest’ultima ora di pausa in una maniera più costruttiva, invece che continuare a discutere senza motivo? Come disse qualcuno…- Abbassò la voce che d’un tratto si fece roca e sensuale –Bisogna fare l’amore, non la guerra-
La giovane Malfoy avvampò davanti alla spudoratezza del ragazzo
-Io…oh piantala Weasley! Devo continuare la mia ronda…-
George l’afferrò per i fianchi e la attirò a sé
-Diligente come sempre, lemonsoda, peccato…-
Alle sue spalle sentì Grace chiedere a Fred perché il gemello la chiamasse come la bevanda babbana. Prima di divincolarsi da quella presa che di casto aveva ben poco, Matilda sussurrò sperando di non essere sentita –Se non ti fai beccare a vendere altre diavolerie, dopo cena potremmo anche vederci-
Prima di scappare via salutò i ragazzi, ma una voce femminile, quella di Grace nello specifico, la richiamò
-Matilda! Scusa un momento!-
La ragazza la raggiunse e si incamminò con lei. Matilda era ancora fortemente imbarazzata per il comportamento che aveva assunto, ma cercò di dissimulare l’imbarazzo
-Senti, fra 3 giorni sarà il compleanno di Fred e George, beh…pensavo di organizzare qualcosa, anche se con tutti questi decreti restrittivi sarà difficile fare qualcosa di dignitoso, a meno che non riuscissimo ad intrufolarci in qualche modo nella sala comune dei grifondoro! Che ne dici? Ci stai?-
-Certo! Maledetto Godric, stavo per dimenticarmene. Tra gli allenamenti di Quidditch, gli affari da prefetto, la preparazione dei G.U.F.O. e l’ES- bisbigliò l’ultima frase –Non so più dove sbattere la testa- Sospirò. Grace le regalò un sorriso rassicurante
-Tranquilla, qualcosa ci inventeremo! Allora facciamo in modo di accordarci domani. Beh ti saluto, è stato un piacere!-
-Si…anche per me…- borbottò mentre seguì con lo sguardo la ragazza tornare dall’amica e dai gemelli, che avevano già ritirato fuori i cappelli decapitanti per smerciarli con estrema facilità.
 
Alla fine per far entrare i ragazzi che non fossero di grifondoro nella loro sala comune ci aveva pensato, ovviamente, Hermione: la ragazza aveva abbindolato la signora grassa per convincerla a cambiare la parola d’ordine solo per il primo aprile, per cui sarebbe bastato arrivare lì davanti e dire Buoncompleanno ed il gioco era fatto. Ai gemelli era stata fatta una sorta di sorpresa, in modo che non si aspettassero tutti i loro amici appartenenti a case diverse, presenti in sala comune. Inoltre Grace aveva parlato con gli elfi delle cucine che erano stati ben lieti di preparare una torta enorme per i due ragazzi; Matilda invece, da brava ammanicata, aveva recuperato una svariata quantità di alcolici non proprio legali per gli studenti di Hogwarts. Non poteva dire a George della festa, per cui tentò di passare quelle due o tre ore a disposizione negli intervalli delle lezioni con lui, facendo finta di nulla; in realtà il ragazzo era rimasto visibilmente male quando Matilda rifiutò la sua offerta di sgattaiolare via con lui dopo la cena, asserendo di avere il turno di sorveglianza che proprio non avevano voluto spostarle. Lo congedò infine con una brutta scatola di cioccalderoni e schizzò via nel proprio dormitorio, dove l’attendeva Daphne e con cui si sarebbe preparata per la serata.
-Ehi, che ne dici di questo?-
Matilda mostrò all’amica un bel tubino aderente a strisce bianche e nere, che terminava con una gonnellina in tulle nera, uno dei pochi abiti che aveva comprato senza l’ausilio di Narcissa.
-Wow! Ti sta benissimo! Ti odio, piccola come sei puoi metterti di tutto, io invece qualsiasi cosa indossi sembro una spilungona-
In realtà Daphne era davvero bellissima, superava il metro e settanta ed aveva delle gambe così lunghe da fare invidia a qualsiasi Veela mentre Matilda, a differenza del fratello che stava crescendo moltissimo, pareva essersi fermata al metro e cinquanta. Quindi quando Daphne le mostrò con una smorfia un bellissimo vestito appena svasato, dai toni cangianti verdi e viola, la giovane Malfoy sbuffò sonoramente
-Ma guardati! Sei…sei perfetta! Magari io avessi tutti quei centimetri in più- Sospirò mentre indossava delle scarpe con tacco largo lucide e nere, decisamente alte, che a quel punto la facevano sembrare una bambola.
-Piuttosto invece di dire sciocchezze come tuo solito aiutami con uno dei tuoi fantastici incantesimi d’acconciatura, io sono una vera frana-  Si colpiva la testa a suon di bacchetta, nonostante questo i ricci ribelli sembrava proprio non volessero sistemarsi dignitosamente nello chignon alto; Daphne con un solo movimento fluido risolse la situazione, lasciando l’amica sbigottita.
-Va bene, sbrighiamoci! L’incantesimo di trasfigurazione ora, non possiamo di certo andare in giro per i corridoi così-
Dopo una serie di tentativi andati in fumo, alla fine le ragazze riuscirono a trasfigurare i loro vestiti in divise da grifondoro e guardandosi reciprocamente fecero una smorfia
-Bleah, questi colori sono terribili- Disse Matilda
-Per fortuna dureranno molto poco- sospirò Daphne.
Avendo saltato la cena non ebbero problemi ad uscire dal dormitorio e dalla sala comune con addosso le divise da grifondoro, non fosse per una ragazzina del primo anno che, appena attraversarono la sala, le guardò sorpresa
-Gira gli occhi ragazzina se non vuoi beccarti una punizione- sputò acida Matilda, lasciando di stucco persino Daphne
 
-Non mi pare proprio di conoscervi-
La signora grassa se ne stava a braccia conserte ad osservare le due con aria curiosa; a quel punto Matilda intervenne
-Fatti bastare buoncompleanno e fatti gli affari tuoi-
-Matt!- la riprese Daphne; Matilda roteò gli occhi
-E va bene, ma se qui dentro si combineranno dei guai…-
-Si si, ora facci passare!-
La sala comune dei grifondoro era incredibilmente luminosa, calda ed accogliente, piena di divani dall’aria molto comoda. Le due serpeverde si guardavano intorno affascinate, ispezionando la sala piena di gente con occhi languidi; furono interrotte da Hermione e Neville che si avvicinarono a loro
-Bene arrivate! La signora grassa vi ha fatto problemi?- Hermione indossava una camicia grigia che le donava moltissimo ed una gonna svasata che, assieme ad un paio di tacchi, la slanciava un bel po’.
Salutarono molti studenti con calore, mentre tanti altri le guardavano sospettosi, ancora non abituati al fatto che frequentassero due popolarissimi ragazzi grifondoro, per non parlare di un gruppetto di ragazze che non facevano altro che fissarle facendo smorfie per poi confabulare tra di loro; fortunatamente anche Grace si avvicinò a loro e Matilda percepì la tensione smorzarsi un po’.
D’improvviso, trafelato, Lee fece ingresso nella sala e alla vista di Daphne sgranò gli occhi e fischiò
-Greengrass, sei uno schianto assoluto! Comunque è ora! Stanno arrivando, preparatevi!-
Quella moltitudine di studenti ammassata si radunò intorno alla porta d’ingresso ed inutile dire che Matilda, nonostante i tacchi, fu oscurata dall’orda, per cui si accorse dell’ingresso dei gemelli solo quando un coro che fece tremare le pareti si disperse nella sala.
Prima di riuscire a raggiungere i due, la serpeverde dovette spintonarsi fra i ragazzi che avevano circondato i gemelli di cui, finalmente, riuscì quantomeno a vederne i capelli. Grace era già fra le braccia di Fred, mentre George era circondato da quel gruppo di ragazzine che tanto l’avevano spiata: quelle facevano a gara ad offrirgli regali e bicchieri di burrobirra o acquaviola (come se tutto quell’alcol fosse giunto lì per merito di quelle oche starnazzanti) e lui, gonfio come un pavone, si passava le mani fra i capelli ed accettava con gratitudine, mentre un Ron visibilmente molto invidioso della sua popolarità lo guardava accigliato.
Di nuovo quella fastidiosissima gelosia si attorcigliò intorno alla gola di Matilda che sentiva nitidamente la vena sul suo collo pulsare ad un ritmo alquanto insolito; per cui rimase ferma non sapendo bene cosa fare, ma inaspettatamente si sentì toccare la spalla e, quando si voltò, una splendida Ginny vestita d’azzurro la guardò con un sopracciglio inarcato
-Fossi in te andrei a far capire loro chi detiene la proprietà di George Weasley- accennò poi un sorriso maligno. Davvero Ginny la stava appoggiando? Le stava sorridendo? Rimase a guardarla basita, fin quando la più piccola dei Weasley non le schioccò le dita davanti
-Malfoy? Che cosa stai aspettando?-
-Io…emh, si, certo!-
Si voltò di scatto e si fece strada fino ad arrivare davanti a George e a quelle ragazzine
-Bene, avete finito e posso salutare il mio ragazzo? Tanto è evidente che non gli interessi nulla del tuo ultimo esperimento di pozioni…Elalia mi pare ti chiami?-
La ragazzina mora del quarto anno che si era fatta spazio fra le altre per ottenere tutta l’attenzione di George, si voltò e la guardò sgomenta; di tutta risposta Matilda sorrise serafica e poi puntò gli occhi grigi in quelli di George
-Matt…- a George si allargò il sorriso che mostrò un’infinità di denti bianchi
-Pensavi davvero ti avrei liquidato con una scatola di cioccolatini?- aggiunse lei, ignorando gli sguardi astiosi delle ragazze intorno al ragazzo. George la squadrò stupefatto, poi tornò a puntare le iridi calde nelle sue e subito si divincolò dalle attenzioni fisiche delle studentesse, che si allontanarono borbottando infastidite
-Matt…- si trovò nuovamente a boccheggiare
-Che bravo, dopo 4 mesi di frequentazione assidua hai addirittura imparato il mio nome-
-Non mi aspettavo di vederti qui…wow, ma sei quasi alta!-
Matilda tralasciò la battuta sulla sua altezza e prese a giocare con il tulle della gonna in un gesto volutamente infantile –Mi sembri molto occupato, non vorrei mai distrarti da…- indicò distrattamente il gruppo di ragazze ormai distanti da loro –…Quelle ochette, se vuoi ripasso più tardi-
George la strinse a sé con un braccio e scoppiò a ridere –Signorina Malfoy, siamo per caso gelose?-
Matilda si morse la bocca lucida e poi sussurrò –Gelosa, orgogliosa e tremendamente vendicativa, da brava serpeverde-
George sfregò la punta del naso contro il suo –Adoro quando fai così, mi fai sentire ancora più figo-
-Sono sicura non vorresti vedermi in azione mentre mi vendico- gli sussurrò a fior di labbra
-Sei uno schianto lemonsoda, mi farai sentire male…- il braccio si strinse ancor più intorno alla vita di Matilda ed i corpi combaciarono in maniera peccaminosa.
-Ok ragazzi, risparmiatevi queste effusioni per quando rimarrete soli, ora bisogna festeggiare!- Lee si intromise in quel gioco spudoratamente erotico che stavano mettendo in atto e li trascinò entrambi fino al tavolo pieno di alcolici.
Dopo un paio d’ore di musica ad alto volume e bicchieri di whisky incendiari, Matilda tirò da una parte i due gemelli
-Va bene ragazzi, è ora che io vi dia il mio regalo, però possiamo farlo un po’ in disparte?-
I gemelli si guardarono divertiti
-Qualcosa di illegale?- Chiese speranzoso Fred
-Niente affatto…però ecco, preferirei fossimo solo noi e…- si guardò intorno e rintracciò con lo sguardo Hermione, che era stranamente sopra le righe a causa dell’abuso di alcol e sembrava molto presa da una chiacchierata con Ron
-Emh…Hermione!- gridò agitando la mano. L’amica sussultò e si voltò verso di loro, per poi rivolgerle uno strano cenno di assenso e subito sgattaiolò fuori la sala comune. Matilda rivolse uno sguardo furbo ai gemelli
-Ditemi un po’, possiamo entrare nel vostro dormitorio?-
 
-Ma qui è un delirio! Siete schifosamente disordinati, voi due!-
Effettivamente la stanza dei due ragazzi sembrava essere esplosa: i letti a baldacchino erano sfatti, i bauli aperti dai quali uscivano miriadi di strane invenzioni, vestiti sparpagliati un po’ ovunque, ovviamente vi era quasi l’assoluta assenza di libri.
-Oh se avessimo saputo che sarebbero entrate delle signore…- iniziò George
-…l’avremmo lasciata esattamente così com’è- concluse divertito Fred
Matilda scosse il capo e sedette svogliatamente su uno dei due letti fin quando Hermione non entrò con due grossi pacchi
-Ho dovuto fare miracoli per non farmi beccare con questi pacchi enormi! Ehi…ragazzi ma questa stanza è un delirio! Siete terribilmente disordinati!-
Matilda corse a soccorrere l’amica e porse un pacco a George ed uno a Fred
-Non volermene George, ma non me la sentivo proprio di regalare una cosa così solo ad uno di voi-
I due fratelli si guardarono stupiti e subito scartarono i grandi pacchi, per poi esprimersi, all’unisono, in un’esclamazione di puro stupore: due Nimbus 2001 nuove di zecca erano racchiuse in confezioni lucide e lussuose
-Non…ci posso credere…- boccheggiò Fred
George ancora con la bocca spalancata alzò lo sguardo verso Matilda, che sorrise imbarazzata
-Beh…buon compleanno ragazzi…vi piacciono?-
-Matt…-
-Ok George, l’ho capito che sai il mio nome-
-Ma tu non dovevi, sei impazzita?! Ti saranno costate una montagna di galeoni!-
-Fratello, se tu vuoi rifiutarla non preoccuparti, io la accetto volentieri!- Fred rise di gusto e Matilda rise con lui
-Sentite, è proprio il motivo per cui non volevo darvele davanti a tutti. Io…l’ho fatto con piacere. Specialmente dopo che la Umbridge vi ha sequestrato le vostre; lo so che può sembrarvi eccessivo ma ecco, non è un segreto che i soldi non sono un problema per me, giusto?-
A quel punto Fred si lanciò a stringere Matilda in un abbraccio
-Grazie davvero Matt, grazie grazie grazie! A parte gli scherzi, dovevi farlo!- rise ancora mentre si staccò da lei.
Hermione sorrise e tossicchiò in direzione di Fred –Andiamo Fred, lasciamoli soli ora-
Fred annuì, lasciò a fatica la sua nuovissima scopa accanto al suo letto ed uscì dal dormitorio entusiasta. A quel punto Matilda guardò George accigliata
-Che ti prende George?-
-Non dovevi farlo- rispose secco lui. Per la prima volta da quando si erano messi insieme, George aveva assunto quel tono rivolgendosi a lei
-Ma io…-
-A che cosa serve un regalo così grande? Non ho nemmeno idea di quanto tu abbia spesso, o almeno ce l’ho e non voglio pensarci! Hai esagerato!-
-George non pensavo ti potesse dare così fastidio!- Matilda alzò appena la voce, intanto sentiva le guance andare a fuoco per l’imbarazzo
-Per te potrà anche non contare niente, ma ci pensi al fatto che io non mi sarei mai potuto permettere un regalo così?!-
-E allora?! Non essere scemo! Non vi ho fatto questo regalo perché voglio qualcosa in cambio! Volevo solo rendervi un po’ più felici!- Sbottò lei
-Così tutti penseranno che sto con te solo perché non sai come spendere tutti i galeoni che ti ritrovi sul conto!-
Matilda sgranò gli occhi –Stai scherzando vero?! E anche se fosse cosa vuoi che me ne importi di quello che pensano gli altri?!-
-Importa a me!- gridò lui indicandosi con veemenza
-Non dovrebbe!- le urlò lei stringendo i pugni
-E invece si! Perché non ti amo per i soldi che hai, ma per come sei, stupida!-
D’improvviso calò il silenzio.
George le aveva detto di amarla.
L’aveva fatto in una maniera un po’ strampalata, decisamente irruenta in realtà, dandole della stupida per altro.
Ma le aveva detto di amarla.
Gli occhi tremolanti del ragazzo si allacciarono ai suoi, talmente tanto scossa che era rimasta impalata con la bocca mezza aperta ed i pugni ancora stretti
-Puoi…puoi ripetere?-
-Sei sorda oltre che stupida?- sputò lui –Ho detto che ti amo!-
George era decisamente più coraggioso di Matilda. Non a caso il primo era stato smistato nella casa dei coraggiosi, mentre a lei era toccata quella degli orgogliosi si, ma l’orgoglio non bastava, non di certo in una situazione del genere, quando il tuo ragazzo ti grida per la prima volta di amarti con la delicatezza di un Erumpent in un negozio di sfere di cristallo.
Quindi la giovane Malfoy si ritrovò lì, a boccheggiare come se le mancasse l’aria mentre George mosse un paio di passi nella sua direzione
-Quindi?- Gli disse lui con le sopracciglia aggrottate
-G-George- balbettò lei
Il ragazzo espirò profondamente, poi si passò una mano fra i capelli scompigliati
-Scusami lemonsoda, non volevo urlare così…guarda che il tuo regalo è fantastico e io lo apprezzo davvero, solo che non voglio che tu pensi che mi serva questo per…-
-Ti amo anche io-
-Eh…?-
-Idiota.- aggiunse.
-Matt…-
-E mi riprendo la Nimbus se non la vuoi-
-Scherzi? Un regalo è un regalo, non si può riprendere indietro, non te lo hanno insegnato i tuoi genitori?-
-Non è proprio uno degli insegnamenti che ho ricevuto, in realtà-
George finalmente tornò a ridere e poi la tirò a sé con aria quasi svogliata
-Sei una stupida-
-E tu un idiota-
-Una stupida che mi fa girare la testa però-
-E tu solo un idiota-
-Matt…-
-George-
-Grazie-
-è sempre un piacere-
Ci volle poco prima di ritrovarsi sul letto di George a scambiarsi baci e carezze molto passionali. Durante una pausa d’aria Matilda, che aveva ormai lo chignon sbilenco, guardò il ragazzo con tanta tristezza che lui sembrò agitarsi
-Ehi, che ti prende bambina?-
-Pensavo al fatto che fra solo un paio di mesi vi diplomerete…e poi non ci vedremo più. Tu scoprirai la vita fuori da Hogwarts, magari conoscerai una strega più grande, meno pericolosa e più raccomandabile di una Malfoy e…-
-Ehi calma calma calma…- Le disse George tirandole una ciocca di capelli ribelli dietro l’orecchio –Hai questa capacità di correre avanti con la mente quasi invidiabile!-
Matilda lo guardò imbronciata
-Senti un po’…che ne dici di farti rapire, una volta finito l’anno?-
Il broncio lasciò il posto allo stupore
-Cosa intendi?-
-Beh, sei tu a dover scegliere ovviamente, ma dovresti prendere in considerazione l’idea di non tornare a casa tua-
Sentì il cuore perdere un battito, o meglio palpitare in una maniera del tutto anomala.
-Ti vuoi spiegare?- lo incitò lei, intenta a risistemarsi al meglio il vestito
-Guarda che mi ricordo quello che mi hai detto ad inizio anno, nel passaggio segreto…stavi pensando di scappare di casa. Inoltre quel tuo sfogo qualche giorno fa, nel bagno, mi è sembrato decisamente eloquente. Tu non vuoi tornare a casa tua-
Inchiodò gli occhi in quelli di George con uno sguardo ricco di incertezze. Effettivamente aveva contemplato più volte l’ipotesi di non fare ritorno al maniero dei Malfoy, eppure così come il pensiero era giunto a solleticarle la mente, subito era scappato via lasciando solo un triste vuoto incolmabile. Ma in quel momento, in quel preciso istante quel ragazzo dai capelli rossi la stava mettendo davanti alla realtà.
-Matt?-
-Scusami…si mi sono distratta…-
George si tirò su e anche lui sistemò gli indumenti scomposti
-Dico solo che il pericolo è reale, lo sappiamo entrambi. Tu-sai-chi è tornato, tuo padre fa parte della sua combriccola di adepti invasati e tu rischieresti di avere un contatto più che diretto con lui. Ti rendi conto di quello che potrebbe significare?-
-Si, ma seppure io…e Draco?-
-Perdonami, ma per quanto io capisca la tua reticenza, è te che ho necessita di proteggere. Non puoi fare nulla per tuo fratello che lui non voglia-
Calò di nuovo il silenzio, durante il quale Matilda vagheggiò gli occhi alla ricerca di qualcosa, in quella stanza, su cui puntare l’attenzione. Dopo qualche minuto George le sfiorò la spalla
-Puoi venire da noi, parlerò con i miei genitori, capiranno puoi starne certa. Tu pensaci su, va bene? Hai ancora qualche mese-
Matilda annuì. Alla fine non c’era nulla di male nel prendere in considerazione quella proposta. Si trattava della sua vita e anche se era molto giovane aveva bisogno di scegliere per se stessa.
 
Quando si sdraiò sul letto sembrava che il sonno non volesse assisterla. Una miriade di pensieri si affollarono ingiustamente nella testa: pensò a Draco e all’idea di abbandonarlo. Pensò al fatto che non era così male considerare l’idea di non fare ritorno a casa sua, eppure quando le figure di Lucius e Narcissa si affiancarono davanti al suo sguardo vuoto, immediatamente un groppo allo stomaco la colse. Poi però pensò a George; il pensiero di lui la rasserenò all’istante.
Mi ama, ha detto che mi ama, quello scemo di un Weasley. E io ho ricambiato!
Affondò la faccia nel cuscino per nascondere un imbarazzo tangibile solo a lei, in quanto le sue coinquiline stavano dormendo beatamente.
Doveva stare calma, aveva ancora tutto il tempo per prendere una decisione, doveva solo aspettare e la risposta sarebbe arrivata naturale; il tempo avrebbe scelto per lei. Alla fine il sonno prese il sopravvento e Matilda chiuse gli occhi, con la nitida sensazione dell’odore di George sulla sua pelle.
 
 
 
Lo so, lo so! Questa volta ho esagerato in lunghezza! Perdonatemi, ma quando sto li e scrivo poi non ce la faccio a mettere il punto a casaccio. Questo capitolo è dedicato a Martaweasley: per chi segue la sua storia “Look me again” sicuramente avrà notato, in questo capitolo, un personaggio familiare: Grace Tauril è la protagonista della sua storia, una tassorosso che si innamora di Fred Weasley. Erano un paio di capitoli che sentivo l’esigenza di inserire una ragazza per Fred e, dopo aver letto la sua storia ho pensato che questa Grace Tassorosso sarebbe stata proprio la ragazza giusta per Freddy, per cui dopo averle chiesto il permesso l’ho inserita nella trama. Grazie ancora Martaweasley!
Inoltre ringrazio chi ha iniziato a seguire la mia storia, chi l’ha messa nelle ricordate e chi nelle preferite. Fatemi sapere cosa ne pensate, La vostra opinione è importantissima!
P.s. vi piace il ritratto di quei due sciocchi? Spero proprio di si!
Vi abbraccio
 
D.

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Capitolo 14
*** Boom Baby! ***


CAPITOLO XIV
Boom Baby!
 
Qualcosa era andato storto. Fosse stato per una soffiata da parte di un membro dell’ES, o colpa di qualcuno che non aveva fatto sufficientemente attenzione e quindi era stato colto attraversare la stanza delle necessità, fatto sta che l’allenamento dei ragazzi fu interrotto da un brusco crack e l’elfo Dobby, con grande stupore di Matilda, si materializzò davanti loro.
-Dobby?- chiese stupita lei, che ancora tratteneva salda nella mano la sua bacchetta d’ebano.
L’elfo si irrigidì e puntò i grandi occhi lacunosi nella sua direzione; un’espressione di stupore e ansia gli colorì il volto grinzoso
-Signorina Malfoy? Lei qui? Dobby non sapeva, Dobby non immaginava che…-
La giovane serpeverde boccheggiò davanti alla vista di quello che era stato un elfo fedele alla sua famiglia e che, di punto in bianco, ottenne la libertà. Non lo vedeva da anni ormai e di certo non si sarebbe immaginata di rincontrarlo in quella situazione. Quando si avvicinò nella sua direzione per chiedergli il motivo di quella visita, Harry con il volto d’improvviso pallido, si parò davanti a Dobby
-Non è il momento per le chiacchiere, Dobby come mai sei qui?-
L’elfo si riprese e la sua espressione di stupore si tramutò presto in una decisamente terrorizzata
-Harry Potter, lei…lei…- Dobby fece per picchiarsi, ma Harry gli bloccò prontamente il braccio
-Chi è lei, Dobby?-
Nessuno stava realmente comprendendo la situazione; Matilda era ancora scossa da quella apparizione e si guardava intorno alla ricerca di spiegazioni che però non arrivarono.
-La Umbridge?- sussurrò Harry
L’elfo annuì e subito dopo tentò di colpirsi di nuovo
-La Umbridge che cosa? Dobby... non avrà per caso scoperto di noi... dell'ES?-
Ancora un cenno d’assenso da parte dell’elfo, ancora un tentativo di infliggersi dolore
-Sta venendo qui?- insistette Harry, trattenendolo per non permettergli di farsi del male
-Si Harry Potter! Si!- Dobby era sul punto di scoppiare a piangere
Harry urlò -COSA ASPETTATE? SCAPPATE!-
George afferrò la mano di Matilda e la trascinò verso la porta. Non c’era tempo per le spiegazioni, in quel momento l’unica cosa che dovevano fare era scappare il più velocemente possibile. Gli studenti corsero fuori dalla stanza delle necessità e si divisero in varie direzioni. George fece segno a Fred e Grace di seguirli, così che i quattro riuscirono ad allontanarsi velocemente dal settimo piano e salvarsi momentaneamente.
Matilda sentiva il cuore esploderle in petto ed era sicura che quello rimbombasse per tutto il cunicolo del passaggio segreto in cui si erano nascosti; guardò George nel buio e per la prima volta in tutta la sua vita, aveva colto sul volto del ragazzo un velo di preoccupazione.
 
La notizia di quello che era successo si diffuse in men che non si dica per tutta la scuola. La mattina seguente un nuovo decreto spiccava su ogni parete dei corridoi rumorosi, che così sentenziava
 
PER ORDINE DEL MINISTERO DELLA MAGIA
 Dolores Jane Umbridge (Inquisitore Supremo) sostituirà Albus Silente
in qualità di Preside della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
Quanto sopra ai sensi del Decreto Didattico Numero Ventotto. Firmato: Cornelius Oswald Caramell, Ministro della Magia
 
Ogni studente era a conoscenza del fatto che la sera precedente, nell’ufficio del preside, Silente aveva sconfitto ben due Auror, l'Inquisitore Supremo, il Ministro della Magia e il suo assistente per poi svanire nel nulla e che gli unici studenti presenti non fossero che Harry e Marietta, l’amica di Cho Chang. Quantomeno Matilda si risparmiò di essere ingiustamente accusata di alto tradimento nei confronti dell’ES, cosa che sarebbe di certo avvenuta non fosse stato per la dichiarazione di Harry, il quale affermò amaramente che Marietta (che in quel momento si trovava chiusa in infermeria) aveva fatto la spia. Hermione spiegò loro di aver posto un incantesimo sulla pergamena che avevano firmato quel giorno alla testa di Porco, magia che avrebbe sfigurato la faccia di chiunque avesse spifferato qualcosa a proposito degli incontri segreti, colmando la pelle di grosse pustole a formare la parola spia. Una magra consolazione, quella di aver guadagnato maggiore fiducia nei confronti dei compagni dell’ES, a riprova del fatto che nonostante fosse una serpeverde e sorella di Draco, di lei ci si poteva fidare. Ma ormai erano stati scoperti e sapeva per certo che la Umbridge aveva in mano la lista con i loro nomi, per cui Matilda immaginò che la neo preside non ci avrebbe messo molto ad informare suo padre di quella sua azione sovversiva; non che le importasse poi molto oramai, dato che era sempre più convinta che non avrebbe fatto ritorno a Villa Malfoy una volta concluso il quinto anno.
Purtroppo la faccia da rospo aveva reclutato un mucchio di studenti della sua casa affidando loro l’autorità massima quali membri della Squadra d’inquisizione: tali membri avevano ora il compito di sorvegliare tutti gli studenti, in particolar modo quelli di cui nome era scritto sulla famigerata pergamena che aveva costretto Silente ad addossarsi la colpa dell’istituzione dell’ES e di darsi poi alla fuga pur di non finire ad Azkaban; la squadra d’inquisizione aveva il diritto di togliere punti anche ai prefetti e Draco, così come altri della nuova squadra, colsero al volo l’occasione, facendo in modo di far perdere punti preziosi alle altre case. Solo Matilda venne risparmiata e la cosa la fece uscire di testa, visto che la ragazza era perfettamente consapevole che l’unico motivo per cui il fratello le risparmiava angherie, non fosse che per salvaguardare la propria casa.
Litigarono, oh se litigarono quel giorno, i gemelli Malfoy. Draco accusò Matilda di essere una sporca traditrice del proprio sangue, Matilda attaccò duramente Draco sputandogli addosso offese per buona parte non ripetibili, delle quali le più leggere furono di essere corrotto e di strisciare come un piccolo verme servo del Ministero. Il loro scontro verbale si concluse quando entrambi sfoderarono le bacchette e se le puntarono contro, ma per fortuna Daphne ed Astoria, nonostante fossero scosse dalla notizia che la loro amica fosse invischiata in quella faccenda, costrinsero i due ad abbassare i legni e ad allontanarsi.
-Gli avrei rovinato la faccia, così che non si possa più dire che è mio fratello! Quell’idiota! Perché mi avete fermata?!-
-Ci devi delle spiegazioni!- Daphne sembrava furibonda, per fortuna Astoria era maggiormente padrona di sé, così fu lei ad intervenire
-Matt, non è che Daphne abbia proprio tutti i torti. Vuoi spiegarci che diavolo stavate combinando?-
Matilda ormai scoperta cercò di tornare lucida e dopo essersi seduta sul proprio letto cominciò a raccontare la faccenda nella sua interezza.
-Mi vuoi dire che ogni volta che Lee spariva era per venire a questi incontri?!- Daphne sembrava più sconvolta dal fatto che il ragazzo non si fosse confidato con lei, più che per la faccenda in sé –Mi sentirà, eccome se mi sentirà quel maledetto grifondoro!- concluse poi
-Smettila Daphne, te l’ho spiegato, avevamo fatto un giuramento, non sarebbe stato giusto infrangerlo. Comunque ormai è andata: l’ES non esiste più ed ecco che le lezioni di difesa contro le arti oscure vanno a farsi benedire. Stavo imparando un sacco di cose.-
Astoria sedette accanto a Matilda e le pose una mano sulla spalla
-Non sei preoccupata per come andranno le cose con i tuoi genitori?-
Matilda spostò le iridi chiare in quelle dell’amica
-Sinceramente Astoria, questo è davvero l’ultimo dei miei problemi-
Daphne sbuffò indispettita, Astoria invece guardava Matilda che si alzava dal letto con aria stanca
-Ora scusatemi ragazze, ma devo raggiungere George-
-Ma quindi vuoi proprio beccarti una punizione? Hai visto che ore sono?- Disse Daphne con tono alterato; Matilda di tutta risposta si toccò il distintivo da prefetto
-Ho ancora dei vantaggi, pochi ma mi basteranno per una sgattaiolata fuori-
 
-Per fortuna fra un paio di giorni inizieranno le vacanze, almeno avremo la pausa dalle lezioni-
La giovane serpeverde giocava con una fiammella nata dalla punta della sua bacchetta, anche se non le veniva mai troppo bene produrre il fuoco. George seduto accanto a lei in quel cunicolo buio e umido faceva correre gli occhi sulla fiamma
-A proposito di fuoco…domani cerca di trovarti in sala grande per pranzo, se non vuoi rischiare una punizione-
-Non voglio nemmeno sapere perché mi stai dicendo questa cosa, sono decisamente provata, George. Guarda te che ci tocca fare per stare un po’ di tempo insieme, questo posto è terribile!-
D’improvviso spostò gli occhi dalla fiamma a George
-Non ti farai espellere, vero?-
-Anche fosse non mi importa, non più-
-George…-
-Leva subito quel broncio signorina; sapevi benissimo a cosa saresti andata in contro quando hai deciso di frequentare George Weasley- il ragazzo fece un sorriso che la luce della fiamma rese quasi un ghigno diabolico
-Oh andiamo George, un conto è qualche marachella, un altro è rischiare di essere espulsi!-
-Ma sentitela, qualche marachella…così sminuisci le nostre prodezze!-
Matilda si inginocchiò nella sua direzione
-Sul serio George, già è difficile accettare che a giugno lascerai la scuola, almeno concedimi un paio di mesi di serenità, ti pare?-
George la guardò e si schiarì la voce, cosa che a Matilda non piacque affatto
-A proposito di questo Matt…non credo che io e Freddy rimarremmo così a lungo ad Hogwarts…-
La fiammella si spense d’improvviso, a quel punto George fece luce con la propria bacchetta
-Spero con tutta me stessa di non aver sentito bene- Gli occhi di Matilda risultarono ancora più gelidi con quella luce
-Ascoltami e non dare di matto per piacere. Vogliamo creare un po’ di problemi a quel mostro della Umbridge, ok? Non ci interessa prendere i M.A.G.O., per quello che vogliamo fare non ci servirà il titolo. Per cui è probabile che lasceremo presto la scuola…-
-Quanto presto, George?-
-Abbastanza presto. Ehi!- Matilda gli aveva tirato un pugno sulla spalla
-Pretendo che tu mi dica quando! E poi quando avevi intenzione di dirmelo eh?! Volevi lasciarmi da un momento all’altro?! Sei…sei…-
George rise mentre con la mano si massaggiava la spalla
-Ma te lo sto dicendo ora! Dai Matt, non fare quella faccia. Non capisco chi si sia inventato questa bugia che le ragazze sono più carine quando sono arrabbiate. Tu almeno diventi proprio una bestia inferocita…ah-ah! Questa volta non mi hai preso!-
Un altro pugno andò a vuoto grazie ad una pronta schivata dell’ex battitore
-Sei un vero stronzo! Lo sai che avrò i G.U.F.O.! e poi tutta questa storia dell’ES e le ripercussioni con Draco…mi vuoi davvero lasciare sola?-
George posò la bacchetta a terra e, con estrema cautela, avvicinò le mani al volto della ragazza
-Sarà per poco tempo, l’estate arriverà presto ed io verrò a rapirti, te lo prometto. Sempre se tu lo vorrai, questo è chiaro-
-Oh George- disse in un sussurro sfinito lei, la quale poi abbandonò la fronte su quella del ragazzo
-Però ti prego, cerca di stare attento. E promettermi che mi scriverai, va bene?-
-Ma certo lemonsoda, lo giuro sul tuo onore, dato che il mio è claudicante-
Matilda rise e strinse le braccia intorno al collo di George
-Sei proprio un cretino, signor Weasley-
-Lo so-annuì lui mentre sfregava il naso contro il suo –Ma non negherai che è proprio questo che ti piace di me-
-Oh ma sta un po’ zitto- e a quel punto si incollò a quelle labbra di cui voleva bearsi il più possibile, visto che a quanto pareva molto presto si sarebbero salutati per chissà quanto tempo.
 
Il giorno dopo un grande fragore interruppe la serenità di Hogwarts. Gli studenti dalla sala grande si riversarono tutti in direzione del grande boato e, dinanzi a loro, si presentò lo spettacolo magnifico di esplosioni pirotecniche che invadevano i corridoi: draghi lucenti correvano verso le aule, girandole dalle centinaia di sfumature scoppiettavano di scintille dorate, poi esplosioni di razzi, bengala e un’altra miriade di fuochi che non accennavano a spegnersi, al contrario sembrava acquisissero maggior vigore ogni momento di più. Matilda incrociò le braccia davanti a quello spettacolo di cui sapeva l’origine e nulla le impedì di sorridere beata, quando la Umbridge apparve con la faccia sconvolta e tentò di porre fine a quel caos. Vari razzi presero ad inseguire gli studenti che facevano parte della squadra d’inquisizione e di certo Draco non venne risparmiato: sfrecciò davanti alla sorella urlando
-Matt! Aiutami dannazione!-
La ragazza dovette sforzarsi molto per non esplodere in una risata fragorosa
-Mi spiace Draco! Davvero non saprei come fare, ma tu corri! Corri!-
Fu certa di sentire delle imprecazioni rivolte a lei, mentre il fratello correva via verso il primo piano. Dalla coda di quel razzo rimase indietro una farfalla luminosa che si fermò davanti al naso di Matilda e, delicatissima, scoppiò per poi dissolversi in fumo violetto, regalando ai suoi capelli una sfumatura dello stesso colore. Doveva ammettere che George era davvero bravo, un vero peccato che avesse deciso di non sostenere i M.A.G.O., anche se i gemelli talvolta si lasciavano prendere un po’ troppo la mano; sospettava infatti che la scomparsa di Montague fosse merito loro, ma quando più tardi incontrò George e Fred, più scapigliati del solito, decise di non fare loro nessuna domanda a riguardo: meno ne sapeva, meglio sarebbe stato.
 
-Maledizione! Lo so che sono stati quei due perdenti dei Weasley!- Draco entrò nella sala comune serpeverde con i capelli e la faccia anneriti
-…E quell’idiota di Matilda…- diceva fra sé mentre si spolverava i vestiti con impazienza. Unica ospite della sala era Astoria, seduta su una scomoda sedia mentre sfogliava distrattamente un libro; la ragazza non accennò ad alzare lo sguardo. Quando Draco si rese conto di non essere solo tentò immediatamente di ricomporsi e non poté fare a meno di spiare la ragazza
-Ehi Greengrass, dov’è Zabini?-
Quella, sempre senza scostare gli occhi neri dal libro, rispose svogliata
-Suppongo stia scappando da qualche fuoco d’artificio; non lo vedo da un paio d’ore-
Draco era indeciso sul da farsi: da un lato non desiderava altro che gettarsi sotto una doccia calda e togliersi quella polvere maleodorante di dosso, dall’altro la presenza della ragazza lo inchiodava nella sala, quindi mosso dall’istinto decise di compiere dei passi verso di lei. Quando Draco le fu dinanzi, Astoria alzò i sottili occhi neri su di lui e nel guardarlo non riuscì a trattenere un ghigno divertito
-Non sei ridotto troppo bene Malfoy, non è il caso che ti vada a ricomporre? Ne vale del tuo onore di squadrista- concluse amaramente
-Dovresti farne parte anche tu, mi sembra ovvio che questa scuola abbia bisogno di un po’ di sano ordine e più siamo, meglio è- Rispose il ragazzo, mentre passava un fazzoletto sul viso, che poi guardò disgustato. A quel punto Astoria chiuse il libro che abbandonò sulle ginocchia
-Scherzi? Penso che questa pagliacciata della squadra d’inquisizione non faccia altro che aumentare il clima repressivo della Umbridge; fra un po’ ci impediranno di andare al bagno se non scortati, ne sono convinta. Un po’ di caos non guasta affatto-
Perché aveva deciso di rimanere lì a sentire quella ragazzina che sputava idiozie? Non la sopportava, quasi sentiva di odiarla in realtà. Eppure ancora una volta era rimasto a girarle intorno, nonostante fosse l’unica ragazza che non gli dedicava mai attenzioni. Era questo? A Draco le sfide lo facevano fremere dall’eccitazione e forse ricevere attenzioni da Astoria Greengrass sarebbe stata la vittoria più piacevole di tutta la sua vita; quindi quando un’insignificante vocina nella sua testa gli ricordò che lei era la ragazza del suo migliore amico, il giovane Malfoy ci mise poco a zittirla e sedette accanto a lei
-Cosa leggi?- gli chiese passandosi una mano fra i capelli ancora sporchi. La nuvola fuligginosa che quel gesto scaturì fece ridere la ragazza di cuore e, anche se Draco non aveva colto il motivo, si ritrovò a pensare che quella risata non fosse affatto sgradevole
-Non capisco davvero perché dovrebbe interessarti dato che mi sembra ovvio che tu abbia delle priorità che riguardano la tua igiene personale, in questo momento. Comunque…-
Alzò il libro verso di lui: Animali Fantastici: dove trovarli. Draco fece una smorfia
-Oh andiamo, anche tu ora?-
-Lo trovo molto interessante- confermò Astoria, che posò poi il libro sul tavolo di fianco a loro.
-Non capisco che cosa ci troviate di tanto interessante, gli animali non lo sono affatto. Sono stupidi ed inferiori- Commentò stizzito.
La più giovane delle Greengrass incastonò le pupille in quelle dell’interlocutore ed il suo viso si mosse in un sorriso divertito
-Ma ti senti quando parli Malfoy? Infili questa storia della superiorità ovunque, persino quando si tratta di animali. È deprimente-
Quel commento lo fece arrossire. Draco percepì le guance ribollire, eppure non capiva bene il motivo, o forse semplicemente non voleva accettare il fatto che essere giudicato male da Astoria lo infastidiva. Era talmente tanto orgoglioso e pieno di sé che solitamente i giudizi degli altri non gli interessavano affatto, convinto com’era di essere davvero speciale e prezioso. Ma Astoria, piano piano, stava acquisendo su di lui lo stesso ascendente di Matilda, unica persona di cui amaramente sentiva il peso del giudizio sulle spalle, nonostante tentasse in ogni modo di mascherarlo con le offese e la finta noncuranza.
È la ragazza di Blaise, devi stare al tuo posto! Di nuovo quella vocina irrispettosa gli pigolò in testa. Questa volta ispirato dal buonsenso decise di darle ascolto e si alzò
-Hai ragione, ho di meglio da fare che stare qui a sentirti ciarlare, ci vediamo Greengrass-
Si voltò e concesse un cenno svogliato della mano alla ragazza, mentre impettito si avviava verso il suo dormitorio
-Ehi Draco- Lo richiamò lei
Un moto d’orgoglio gli scaldò il petto, quindi si voltò e sorrise infido
-Che vuoi ancora?-
Astoria lanciò uno sguardo eloquente alla sedia da cui si era alzato il ragazzo, sporca di polvere nera
-Hai intenzione di lasciare tutto questo sporco? Un altro studente potrebbe volersi sedere qui, non trovi?-
Ti odio Greengrass, eccome se ti odio!
 
Le vacanze di Pasqua dettero una lieve frenata al trambusto di quelle giornate bellicose. Un caldo sole primaverile scaldava il cortile e l’erba su cui i ragazzi erano sdraiati cresceva morbida ed abbondante. Matilda ed Hermione erano circondate da una montagna di opuscoli informativi: nella settimana successiva si sarebbero tenuti i colloqui individuali con i direttori delle case, con cui i ragazzi avrebbero discusso di una loro futura carriera fuori da Hogwarts. Le ragazze vennero raggiunte da Ron ed Harry, che lanciarono sguardi terrorizzati agli opuscoli
-Guarda un po’ qui- Matilda intenta a mangiucchiare una cioccorana passò un opuscolo ad Hermione –Lavorare alla Gringott, che ne pensi?- Aggiunse
Hermione scosse il capo –Non mi interessa lavorare in banca-
-Già- rispose la serpeverde con una smorfia –Di una noia mortale- poi lanciò uno sguardo a Ron seduto davanti a lei, ipnotizzato dalla cioccorana che masticava languidamente; gliene lanciò una ancora incartata ed il ragazzo la guardò con stupore ed ammirazione –Ehi…grazie!-
-Invece che ne pensi di Guarigione?- Questa volta fu Hermione a passare un opuscolo a Matilda
-Naaa…guarda qui! Relazioni Babbane- Matilda ghignò beata –Lo farei solo per distruggere definitivamente le ultime speranze che i miei genitori ripongono in me- Sospirò deliziata al pensiero di un Lucius inginocchiato a terra piangente che le chiede perché aveva deciso di ucciderli
-Comunque…- aggiunse asciugandosi le lacrime scaturite da una risata convulsa al pensiero di suoi padre in quelle condizioni –Finirò per fare la pozionista in qualche bugigattolo puzzolente, anche se vorrei davvero tanto poter lavorare con gli animali-
-Vi tenete occupati vedo- Alle loro spalle spuntarono i gemelli, George si chinò vicino a Matilda e diede uno sguardo a quegli opuscoli. Con sua enorme sorpresa Ron, forse ancora grato di quel dolce dono, disse sputacchiando cioccolata –Se veramente vuoi avere a che fare con gli animali magici potremmo presentarti Charlie-
Gli occhi di Matilda si illuminarono appena si rese conto che Ron stava parlando di loro fratello, quello che aveva portato ad Hogwarts i draghi per il Torneo Tre Maghi, mentre George aggrottò le sopracciglia
-Scherzi Ron? Charlie non ha a che fare con i vermicoli, ma con i draghi. DRAGHI!-
Matilda roteò gli occhi sognanti verso George –Sarebbe meraviglioso poter studiare i draghi! Santo Merlino sarei disposta a diventare la schiava di tuo fratello per poterci avere a che fare!-
-Non se ne parla nemmeno, non hai mai visto Charlie, è ricoperto di cicatrici da ustioni in tutto il corpo! Vuoi rischiare una cosa del genere?- George la guardava con uno sguardo tra il terrorizzato ed il disgustato, per cui la ragazza si accigliò
-Anche fosse sarebbe per un scopo altissimo! E poi a te cosa importa scusa, anche avessi qualche cicatrice non ti andrei bene comunque?-
-Beh ecco…- tentennò il ragazzo
Prima che Matilda potesse sbottare in una sequela di insulti rivolti al ragazzo, arrivò anche la ragazza di Fred
-Menomale- sospirò Fred –Sei arrivata giusto in tempo per placare una tempesta-
Grace guardò il gruppetto –Settimana di orientamento, eh?-
-Già- sbuffò Harry –Io vorrei tentare l’esame da Auror, ma ci vorranno ottimi voti in pozioni, e tutti sappiamo che Snape non mi darà mai, ottimi voti in pozioni- sospirò desolato
Matilda spostò l’attenzione su Grace –Sei fortunata tu, hai scelto il gemello giusto, quello che sicuramente ti appoggerebbe in ogni scelta- scoccò un’occhiataccia a George che si era permesso il lusso di rubare una delle sue cioccorane senza chiederle il permesso
-Dico solo che vorrei per la mia ragazza un lavoro che non fosse necessariamente un passaggio diretto per l’aldilà- cercò di riprendersi George, masticando con avidità il cioccolato
-Ovvero?- chiese curiosa Grace
-Draghi- risposero in coro i gemelli
-Beh, un tantino azzardato averci a che fare- soppesò Grace
-Sempre più utile di architettare scherzetti da quattro soldi- aggiunse acida Matilda per poi spostare l’attenzione su Ron
–Comunque Ronald, tu che mi sembri l’unico pronto ad appoggiarmi, sarei davvero davvero felice di poter conoscere Charlie, potrei garantirti forniture di cioccorane per un anno intero- sorrise leziosa al ragazzo a cui le orecchie andarono subito a fuoco, specie dopo che George gli ebbe lanciato contro la carta appallottolata della cioccorana
-Bei consigli fratello, se mi ritroverò a piangere al suo funerale preparati a scavarti la fossa da solo-
-Ehi! Scherzi?!- aggiunse scandalizzata la giovane serpeverde
-Dico solo che, talvolta, sei un po’ troppo maldestra per pensare di avere a che fare con quelle bestie. E poi guardati, sei così piccola e carina che sono sicuro ti vorrebbero mangiare come antipasto- George smorzò i toni tirandole una guancia.  Quando videro all’orizzonte un paio di serpeverde della squadra d’inquisizione, il gruppo di ragazzi si sciolse di fretta volendo evitare l’ennesima ed ingiusta detrazione di punti, lasciando nuovamente sole Matilda ed Hermione, che guardò l’amica accigliata
-Beh Matt, prima di pensare ai draghi forse sarebbe il caso di partire con qualche animale un tantino più mansueto, non credi?-
-Vedremo, ho ancora due anni per pensarci- rispose lei, sdraiandosi sul prato e perdendosi nell’immaginario di un futuro ancora lacunoso.
 
George l’aveva pregata di potersi vedere quella sera, usando la scusa che il giorno dopo sarebbero ricominciate le lezioni. Nonostante sentiva non quadrare qualcosa, Matilda ovviamente acconsentì, dato che non riusciva proprio a staccarsi da quel grifondoro dai capelli rossi che le aveva fatto perdere il lume della ragione; più passava il tempo, maggiore era la sensazione che George fosse il miglior rimedio alla sua vita che stava prendendo una piega tutt’altro che aspettata, per non parlare del fatto che si sentiva attratta da lui come una calamita al magnete più grande e potente della terra; se avesse annusato l’amortentia in quel momento, avrebbe scommesso che l’unico odore che le avrebbe pizzicato il naso sarebbe stato proprio quello di quel Weasley fuori di testa. Fu la prima, assieme al ragazzo, a presentarsi alla cena nella sala grande e dopo aver divorato impaziente il cibo che le era apparso davanti, si mosse frettolosamente verso il tavolo dei grifondoro dove George era ancora intento a consumare la prima portata.
-Quanta impazienza lemonsoda- sbocconcellò George mentre ricavava uno spazio tra lui e Fred, nel quale la ragazza si inserì sentendosi minuscola
-Non dovrei nemmeno stare qui, dai sbrigati!- tentò di imboccarlo maldestramente, scatenando le risate degli amici intorno a loro
-Cofì mi foffochi!- George bloccò le mani di Matilda tra un colpo di tosse e l’altro –Ho capito ho capito, signori ci congediamo, mangiate il dolce anche per me-
Prima di alzarsi Matilda notò Harry passare in maniera sospetta un vecchia pergamena ingiallita, Che George infilò nella tasca, dopodiché schizzarono via.
-Giuro solennemente di non avere buone intenzioni- disse il ragazzo puntando la sua bacchetta su foglio, sulla quale apparve una scritta che la giovane Malfoy osservò con stupore
 
I signori Lunastorta, Codaliscia, Felpato e Ramoso
Consiglieri e Alleati dei Magici Malfattori
Sono fieri di presentarvi
La Mappa del Malandrino
 
La scritta sfumò sotto gli occhi meravigliati della ragazza ed al suo posto apparve quella che sembrava essere la mappa di Hogwarts ed una serie di nomi sopra dei puntini assieme ad essa, alcuni in movimento, altri fermi
-George ma che cavolo sarebbe? Un’altra tua invenzione?-
Il ragazzo ghignò e la prese per mano
-Ora! Non c’è nessuno al settimo piano, sbrighiamoci!-
Corsero verso il settimo piano, Matilda tentò di fare altre domande a George, che si limitò a dirle che non era il momento delle spiegazioni. Arrivarono davanti all’entrata della stanza delle necessità, davanti alla quale George non desiderò altro che avere un luogo dove stare soli senza essere scoperti.
Quando la porta si chiuse dietro di loro, subito Matilda portò le braccia ai fianchi in posizione minacciosa
-Ora vuoi spiegarmi cos’è quella cosa?-
Ma la sua protesta non andò avanti, perché George le afferrò il viso con le mani e la baciò con quell’intensità che a Matilda la faceva sempre zittire all’istante; quando si scostò da lei, Matilda rossa in volto si perse in quel sorriso, quel maledetto sorriso a cui avrebbe perdonato tutto, pensò.
-Devo dirti una cosa Matt- George condusse la ragazza per mano fino ad un divano posto davanti ad un camino accesso, che sembrava proprio essere apparso per rendere l’atmosfera intima e confortevole. La serpeverde si rannicchiò in un angolo del divano rivolta verso George ed allacciò le ginocchia al petto
-Non prevedo nulla di buono-
-Domani ce ne andremo, Fred ed io- irruppe lui.
Se lo sentiva, sapeva che tutta quell’insistenza per vedersi nascondeva qualcosa, per cui non disse nulla e si limitò ad abbassare lo sguardo sulle proprie mani, incrociate sopra le ginocchia. George sentì un improvviso senso di colpa disturbargli il cuore, perché lasciarsi Hogwarts alle spalle, specialmente lasciare Matilda, gli faceva più male di quanto lei potesse immaginare. Dopo averle permesso di mordersi il labbro per un tempo che ritenne sufficiente, il grifondoro allungò una mano verso il suo mento, che tirò su con delicatezza
-Puoi guardarmi per piacere?-
A quel punto i grandi occhi di ghiacciò salirono a colpire lo sguardo di George
-Ho capito- si limitò a dire imbronciata ed intenta a trattenere le lacrime
-Te l’ho detto Matt, ci vedremo prima di quanto immagini e spero che, per allora, avrai preso una decisione. Sappi che ti appoggerò qualsiasi cosa deciderai di fare, davvero. Però te ne prego, non fare quella faccia, non riesco proprio a sopportarlo- Tentò di sorridere, lui, mentre fece correre le dita lungo la lunga treccia della ragazza.
-Però George…sei sicuro sia la scelta giusta? Voglio dire, cosa farete?-
E cosa farò io senza di te? Pensò cupa
-Lo scoprirai domani, non devi preoccuparti per me, va bene? Devi solo pensare a spaccare gli esami e dare una lezione a quella maledetta faccia da rospo. Ora però devi ascoltarmi. Devi promettermi che non ti farai sovrastare e che reagirai se tenteranno di farti crollare il morale a terra, ok? Non farti trascinare dal tuo pallido fratellino, non ne vale la pena.-
Si guardarono per un momento in silenzio
-Matt…mi hai capito?-
La ragazza annuì con poca convinzione
-Sei forte, lo so per certo, non ti avrei mai scelta non fosse così-
-Ehi, non sei stato tu a scegliere me, semmai il contrario!- si ribellò lei. George liberò la risata che aveva incastrata in mezzo ai denti
-Così mi piaci, grintosa e ribelle-
George si tirò a sé Matilda e la abbracciò con vigore; Matilda nascose la faccia nel suo posto preferito, in quell’incavo  tra la spalla ed il collo che sembrava raccogliere tutto il profumo di George e tirò su col naso
-Te l’ho già detto che mi fai impazzire?- Gli sussurrò lui mentre le accarezzava la schiena e la nuca
-Si…- borbottò lei sfregando la faccia contro la sua camicia
-E che ti amo?-
-…si. Però me lo puoi ripetere, non mi offendo mica…-
-Ti amo lemonsoda- Il sussurrò roco le solleticò l’orecchio
-Anche tu non mi sei indifferente…- rispose lei con tono di sfida, che George colse
-Non farti pregare bambina- ridacchiò mentre le sue labbra scivolavano sul collo diafano di lei
-Umpf…ti amo anche io stupido babbeo, anche se mi fai arrabbiare, mi fai sempre arrabbiare-
Fu in quel momento che George la strinse ancora più forte e poi entrambi, con naturalezza, iniziarono a cercare il corpo dell’altro con esigenza istintiva.
Le mani di George scacciavano tutta la sua razionalità.
La bocca di Matilda gli regalava estasi mai provata in vita sua.
Era chiaro, ad entrambi, che nel momento in cui avessero approfondito il loro rapporto fisico sarebbe stato difficile rinunciare all’altro, per cui con tacito assenso decisero che avrebbero rimandato la loro prima volta a quando il destino sarebbe stato più generoso, concedendo loro tutto il tempo necessario per divorarsi fin quando non sarebbero stati sazi; di certo un paio di ore non facevano al caso loro.
Quando arrivarono fino all’ingresso dei sotterranei si salutarono con un lunghissimo bacio pieno di domande, di incertezze e di voglia di non lasciarsi mai.
 
Il pomeriggio del giorno successivo arrivò con lentezza inesorabile. Matilda passò il tempo a chiedersi quando i gemelli avevano intenzione di darsi alla fuga e questo comportò quasi un totale disastro alla lezione del professor Snape, il quale soprassedette sulla desolante pozione di Matilda
-Cerchi di mantenere la mente libera dalle preoccupazioni signorina Malfoy, ora coraggio, ricominci senza fretta- e con un solo colpo di bacchetta, Snape fece scomparire il fallimento dal calderone di Matilda. Stessa buona sorte non toccò al povero Harry, che dopo aver rotto erroneamente la boccetta contenente la sua pozione, non aveva potuto porre rimedio riempendo una nuova ampolla in quanto la più che diligente Hermione, convinta che l’amico avesse consegnato il proprio lavoro, aveva già ripulito il suo calderone e questo costò al giovane grifondoro uno zero.
Quando terminò la sua ultima ora di lezione, la giovane Malfoy schizzò fuori dall’aula sperando di avere la possibilità di trovare George e tentare di fargli cambiare idea; ma dalla Sala d’ingresso sembrò arrivasse il caos, per cui lei affrettò il passo e quello che vide la terrorizzò: gli studenti ed i professori erano in piedi lungo le pareti, un odore disgustoso di puzzalinfa riempiva l’aria ed in alto fluttuava Pix, che guardava Fred e George in piedi sotto di lui.
-No!- Matilda si mosse verso George d’istinto, ma si sentì tirare per un braccio: Draco la guardava con un’aria di gongolante vittoria e sibilò velenoso –Questa volta non se la caverà, il tuo caro traditore. Lo abbiamo proprio incastrato!-
Matilda era furente, cercò di divincolarsi dal fratello ma la voce della Umbridge le gelò il sangue
-Bene! Allora vi sembra divertente trasformare il corridoio in una palude?-
-Molto divertente, si- rispose Fred che fissava la Umbridge senza mostrare paura. Matilda ancora trattenuta dal fratello cercò con lo sguardo Grace, l’unica persona che poteva condividere con lei lo stesso stato d’animo, ed  infatti la individuò poco distante da lei e riconobbe sul suo volto un velo di preoccupazione; spostò gli occhi su George che sembrava proprio la stesse aspettando e quando i loro sguardi si incrociarono, il ragazzo le fece l’occhiolino
-Voi due scoprirete molto presto cosa succede a chi combina guai nella mia scuola- stridette la Umbridge, mentre Gazza di fianco a lei fremeva, aspettando un solo cenno da parte della preside per andare all’attacco.
-Sa una cosa? Credo proprio di no- Rispose Fred, che si voltò poi verso George
-George, credo che abbiamo raggiunto l'età per interrompere la nostra carriera accademica-
-Condivido in pieno la tua opinione- Rispose George sfoderando un sorriso
-È arrivata l'ora di mettere alla prova il nostro talento nel mondo reale, non credi?-
-Assolutamente-
Lo scambio fra i gemelli venne seguito con passione da tutti e, prima che la Umbridge potesse replicare in alcun modo, alzarono la bacchetta in aria e gridarono all’unisono –Accio scope!-
Con stupore di tutti, due nuovissime Nimbus 2001 superarono la folla e si arrestarono davanti i gemelli, che ci salirono sopra
-A mai più rivederci- disse Fred impugnando il manico
-Si non si disturbi a darci sue notizie- Aggiunse George sistemandosi per bene sulla propria scopa
-Se a qualcuno servisse una Palude Portatile, identica a quella che avete visto all'opera, si presenti al numero novantatré di Diagon Alley... Tiri Vispi Weasley, la nostra nuova sede!-
- Sconti speciali per gli studenti di Hogwarts che giureranno di usare i nostri prodotti per sbarazzarsi di quella vecchia megera- aggiunse George indicando la Umbridge
-PRENDETELI!- tuonò la Umbridge e a quel punto Draco dette una spallata a Matilda e, con il resto della squadra d’inquisizione, si scagliò contro i gemelli; questi si alzarono da terra facendo schiantare i ragazzi l’uno contro l’altro. Fred si rivolse al poltergeist
-Falle vedere i sorci verdi anche per noi Pix!-
Il poltergeist alzò il berretto a sonagli e scattò sull’attenti e tutti gli studenti iniziarono ad applaudire con fragore. Matilda corse ad inseguire la traiettoria di George che, con il fratello, eseguì una piroetta e dopo averle sorriso con calore scattò verso il portone per sfrecciare verso la libertà.
 
 

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Capitolo 15
*** Il regalo perfetto ***


CAPITOLO XV
Il regalo perfetto
 
Le giornate passavano con lentezza inesorabile. Da quando George e Fred se ne erano andati compiendo un’uscita epica, che fece parlare di loro per giorni, Matilda era crollata in uno stato apatico e depressivo, come se il suo mondo avesse perso quelle sfumature cangianti di cui l’aveva dotata George.
Nemmeno le angherie di suo fratello la destavano, si limitava a trascinarsi per i corridoi per passare da una lezione all’altra, andare agli allenamenti di Quidditch e studiare, studiare e ancora studiare. L’unica sensazione che sentiva fare capolino, di tanto in tanto, era la rabbia furibonda che provava nei confronti di George: si sentiva una stupida, una totale imbecille, lei che si credeva tanto intelligente non aveva minimamente colto che il suo ragazzo nascondesse qualcosa di grosso come l’apertura di un negozio a Diagon Alley, inoltre non ne aveva fatto parola con lei e questo la avviliva terribilmente; forse non si fidava di lei? D’altro canto la fuga dei due gemelli aveva scatenato le fervide menti degli studenti che sembravano intenzionati a prendere il loro posto di ribelli-casinisti-attiraguai, per cui la scuola crollava spesso nel caos causato dalle peggiori bravate e questo, comunque, la faceva sentire in qualche modo orgogliosa di George; inoltre bisognava ammettere che l’essere conosciuta da tutti come la sua ragazza aveva accresciuto positivamente la sua popolarità e, ogni qualvolta passava per i corridoi, qualche studente si congratulava con lei e si raccomandava di salutare i gemelli, quando avesse sentito George. George, che non si era più fatto vivo dopo la grande fuga.
 
Quando si recò al colloquio con il professor Snape per l’orientamento lavorativo, l’uomo si crucciò nel vederla in quello stato di forte apatia
-Vuoi parlarmi di qualcosa?- le chiese accorto lui, che era solito assumere un atteggiamento maggiormente predisposto verso gli studenti serpeverde. Matilda scosse il capo e tenne lo sguardo basso. Snape congiunse le mani davanti al volto e la fissò con insistenza
-Mi è stato detto che ultimamente stai adottando un comportamento inusuale per te, sicura di non volermene parlare? Puoi fidarti di me, lo sai-
La ragazza alzò finalmente gli occhi che impattarono con quelli del professore
-Il mio comportamento extrascolastico sta ricadendo sul mio rendimento?-
-No certo che no ma…-
-Mi farà meritare qualche punizione?-
-Signorina Malfoy…-
-Allora non credo ci siano problemi, giusto professore? Comunque…- Con una forte sterzata Matilda virò la conversazione che non aveva assolutamente voglia di portare avanti con il suo professore di pozioni -…accetterò i suoi consigli per quanto riguarderà i prossimi corsi da seguire. Ora la lascio, ha altri colloqui da sostenere- Si alzò e recuperò gli opuscoli dalla scrivania di Snape; quest’ultimo non insistette e congedò la studentessa con un cenno del capo. Perfettamente conscio di quello che stava accadendo alla giovane Malfoy, Severus soffermò i suoi pensieri su ciò che sarebbe stato giusto fare per aiutarla; se si fosse dovuto esporre con la sua famiglia e al contempo con L’Ordine, avrebbe dovuto mantenere molta cautela.
 
Draco non si dava pace. Sarebbe dovuto essere il mago più felice del mondo: era un prefetto, aveva la sua solita schiera di ragazze ai piedi, il capo incontestabile della squadra d’inquisizione e, finalmente, quei due sacchi di vomito dei gemelli Weasley avevano lasciato la scuola. Eppure aveva notato la trasformazione della gemella che ormai gli appariva come un fantasma; non aveva ancora capito bene con quale dei due gemelli avesse avuto a che fare, ma sperava con tutto se stesso che lei rinsavisse, una volta allontanata da quella presenza fastidiosa; ma lei sembrava essersi spenta, i suoi occhi si erano fatti opachi proprio come quando rimetteva piede a casa loro, quella casa che lui adorava e che per lei sembrava più una prigione. Tutto questo lo mandava ai matti, non si spiegava come potesse essere accaduto che sua sorella si fosse fatta trascinare emotivamente da quel poveraccio scavezzacollo e rimpianse con tutto se stesso i tempi in cui lei nascondeva la relazione con il suo amico Blaise, che oltretutto si era dato da fare con Astoria Greengrass.
Quella stronza di Astoria, ha risucchiato l’anima di Zabini come il più subdolo dei dissennatori!
Proprio mentre valutava una serie di infimi modi per far rompere quella relazione che mal sopportava da tempo, Matilda sbucò nella sala comune dei serpeverde e quando notò la presenza del fratello e dei suoi due cani da guardia, quella subito si irrigidì e mosse veloce i passi verso il proprio dormitorio
-Non andrai già a dormire!- la richiamò Draco, in un disperato tentativo di ristabilire una comunicazione ormai da mesi inesistente. Matilda rimase di spalle ma si fermò
-Devo studiare, fra pochi giorni inizieranno i G.U.F.O.-
Draco lanciò un’occhiata a Tiger e Goyle e fece cenno ai due di andarsene. Ovviamente i ragazzi non esitarono e si allontanarono maldestri; il giovane Malfoy si alzò e raggiunse la sorella
-Domani è il nostro compleanno- sentenziò
-Grazie di ricordarmi il giorno in cui sono nata, ma tranquillo, non sono ancora uscita di testa-
Rispose lei acida continuando a mantenere lo sguardo nella direzione del dormitorio
-Non vuoi festeggiare? Abbiamo sempre festeggiato, è il nostro giorno- rimbeccò Draco, anche se il tono sicuro aveva lasciato il posto all’incertezza, visto la risposta affilata di Matilda
-No Draco, non voglio festeggiare, per te non conterà nulla, ma io ho bisogno di superare al meglio questi esami-
-Ma è solo una serata, cosa vuoi che cambi-
Matilda si volse verso il fratello, quest’ultimo avrebbe giurato che i suoi occhi stessero per scoccare fulmini
-Ma cosa c’è da festeggiare eh?! Praticamente non ci rivolgiamo parola da mesi!- sbottò proprio mentre alcuni ragazzi, tra cui Daphne ed Astoria, facevano il loro ingresso nella sala comune; ovviamente nessuno osò intervenire. Draco si fece rosso in volto
-E allora vogliamo continuare ad ignorarci? Vuoi fare finta che io non esista? Si dia il caso che non puoi, sono e sarò sempre tuo fratello- il ragazzo tentò rigidità, ma non rimase che un pallido tentativo di sicurezza nel suo tono di voce
-Certo, non posso farci proprio niente per questo. Però se proprio vuoi saperlo Draco sono abbastanza sicura che entrambi staremmo meglio senza l’altro, è ovvio che non c’è più stima fra di noi!-
-Se ti comporti da idiota è ovvio che non provi più stima, ma questo non c’entra niente con noi due, con il fatto che comunque ci vogliamo bene, giusto?- Ben fatto Draco, sei riuscito a mantenere la calma, si rassicurò lui.
Matilda strabuzzò gli occhi
-Ma di cosa stai parlando? Se veramente ci tenessi a me non godresti del fatto che sto di merda! Sempre che tu l’abbia capito, ma probabilmente sei troppo preso da te per riuscire anche solo a guardarti intorno!-
Draco si irrigidì e si guardò letteralmente intorno, solo a quel punto si rese conto che non fossero più soli; ovviamente la presenza di altre persone, tra cui quella sciapa di Astoria, risvegliarono il suo orgoglio
-Oh andiamo! Mi vuoi dire davvero che l’assenza di quei pulciosi dei Weasley ti ha scombussolata tanto?! Per me è stato un miracolo, finalmente non ci avrai più a che fare e tornerai in te!-
Fu un movimento involontario. La mano sinistra di Matilda si piantò sulla guancia pallida del fratello  lasciando dei segni ben visibili di tutte e quattro le dita sulla pelle chiara.
Tremò dopo quel gesto. Entrambi i gemelli in realtà, tremarono, ma se la prima era mossa dalla rabbia, Draco era un turbinio di emozioni, come se quello schiaffo gli avesse svelato i misteri che Matilda aveva nascosto per anni.
-Tu…ancora non l’hai capito? Io non sono quella persona che ti sei costruito nella mente, non esiste Matilda Malfoy!-
Draco non si mosse, ma i suoi occhi vibravano
-Mati…-
-E non chiamarmi così!- lo spintonò –Ti sei riempito la testa di menzogne perché hai sempre ignorato le mie parole, i miei gesti, le mie volontà! Hai sempre e solo ascoltato la tua voce e non hai mai prestato attenzione a me.- Lo spintonò ancora ed il giovane serpeverde dovette raccogliere quel briciolo di forza di volontà che gli era rimasta in corpo per non schiantarla con un colpo di bacchetta
-E ora speri che io rinsavisca? Guardami bene, io sono questa qui! Non un’altra, non la perfetta sorella che avresti sempre voluto, non quella che ti asseconda nel portare avanti le tue stupide battaglie personali. Pensi di essere nel giusto, sempre! Ma ti sei mai chiesto, anche solo una fottutissima volta, cosa siano giusto e sbagliato? Ho sopportato molto più di quanto avrei voluto pur di starti accanto, perché sei mio fratello e perché credevo fosse la cosa più giusta da fare, ma tutto quello che hai saputo fare te è stato darmi contro e spezzare con incuria ogni cosa mi facesse stare bene!-
Matilda riprese fiato e si trattenne dal non piangere. Quel ragazzo pallido che era di fronte a lei, per un attimo, era tornato il bambino che ricordava, quello attraverso il quale aveva imparato davvero ad amare, perché indubbiamente Draco era il grande amore della sua vita. Ma l’amore a volte non basta, pensò. Ci vuole stima, serve la volontà di capirsi ed accettarsi e quello no, non erano più in grado di farlo già da tempo.
Era impossibile reagire. Il ragazzo avrebbe voluto urlare e attaccarla, e poi avrebbe voluto abbracciarla e giurarle che avrebbe tentato davvero, di capirla; eppure dentro di lui davvero sentiva di essere nel giusto e avrebbe giurato che se la sorella avesse continuato a seguire quella strada che ai suoi occhi risultava tanto sbagliata, non avrebbe mai potuto salvarla. Era giusto?
Giusto o sbagliato?
Oppure ha sempre avuto ragione lei?
Matilda si guardò intorno spaesata. Aveva ripreso respiro ed il suo petto si sollevava con ritmo frenetico. Guardò Daphne, poi Astoria. Indugiò per un attimo su Vila e Pansy, che la guardavano con disgusto. Arrivò a fissare Theodor che come suo solito se ne stava in disparte e si gustava la scena. Ignorò tutti gli altri presenti che pian piano avevano affollato la sala, cosa di cui non si era resa conto fino a quel momento. Infine tornò a guardare il fratello che per la prima volta dopo tanto tempo si era limitato a rimanere in silenzio ad ascoltarla. Fece un passo indietro, poi un altro ed infine si voltò e corse verso il proprio dormitorio, lasciando al suo posto un senso di vuoto che Draco accusò davvero. Quest’ultimo si voltò verso gli altri e finalmente esplose, dando libero sfogo alla rabbia che spintonava per uscire fuori
-Che cazzo vi guardate voi?! Non avete di meglio da fare?!-
A quel punto Daphne si mosse con passo elegante e deciso, superò Draco (non prima di avergli lanciato un lungo sguardo carico di odio) e raggiunse il dormitorio. Pansy si avvicinò a Draco e tentò di mormorare qualcosa al ragazzo per farlo calmare, ma quello la allontanò con una mano, pervaso ancora dalla rabbia.
-Non serve a niente Parkinson, lascialo stare-
Fu Astoria a parlare. Si avvicinò cauta a Draco e con le braccia incrociate sul petto lo guardò e parlò senza esitazione –Andiamo a fare un giro, ne hai bisogno.-
Pansy tentò di dire qualcosa, dato che se una ragazza doveva addossarsi il compito di consolare Draco quella sarebbe dovuta essere lei, senza ombra di dubbio; eppure la reazione di Draco alla piccola Greengrass la fece ribollire di rabbia, visto che questo subito parve calmarsi almeno un po’ e precedette Astoria nell’uscire dalla sala comune. Quando Blaise, che si trovava ancora in biblioteca a ripassare la lezione di erbologia, entrò nella sala comune, si beccò una spallata da un Draco furente che uscì senza nemmeno salutarlo, seguito dalla sua fidanzata.
-Ehi!- tentò di rivolgersi ai due, Zabini, ma quelli lo ignorarono per scomparire oltre la porta.
 
-Draco, ti ho lasciato borbottare, camminare, gesticolare, inveire e bestemmiare per 15 minuti. Ora pensi sia il momento di darti una calmata?-
Astoria Greengrass era rimasta tutto il tempo a braccia conserte, mentre il ragazzo camminava avanti e indietro per l’aula vuota, se fosse andato avanti così avrebbe presto lasciato i solchi sul marmo del pavimento, pensò la ragazza guardandolo. Draco con l’ennesimo sbuffo puntò gli occhi grigi sul banco intorno al quale stava girando nervoso ed infine, sconfitto da se stesso, sedette su di esso e concentrò la sua attenzione sulle mani incrociate sulle sue ginocchia.
Con la solita cautela che riservava al ragazzo, Astoria si avvicinò al banco, sedette anche lei e prese a ciondolare le gambe lunghe avanti e indietro
-Meglio?- chiese infine
Draco non rispose, si limitò ad annuire appena con il capo. Poi come se si fosse accorto in quel momento della presenza della ragazza, alzò titubante gli occhi su di lei
-Che ci fai qui?-
La ragazza arrestò lentamente quel ciondolio di circostanza, per poi ricambiare lo sguardo del pallido ragazzo al suo fianco
-Mi era sembrato fosse un buon momento per intervenire ed evitare così un’inutile tragedia con i nostri amici- Rispose franca lei.
Draco soppesò l’affermazione di Astoria. Si chiese se non ci fosse qualcosa sotto, in quanto non riteneva possibile che a qualcuno importasse tanto di una cosa simile; i battibecchi ed i subdoli incantesimi erano all’ordine del giorno nella casa verde e argento, era così che passavano il tempo, era in quel modo che colorivano le loro giornate, anche se a Draco non piaceva affatto discutere con Matilda. Mai.
-Si ma a te cosa importa? Quale è il tuo tornaconto? Cerchi un po’ di gloria Greengrass? Pensi che comportandoti da paladina della giustizia ci guadagneresti qualcosa? Lo capisco sai, alla fine siamo decisamente famosi, io e la mia sorellina- Ghignò. Non c’era mai una volta che Draco Malfoy si fosse limitato ad essere normale. Quel ragazzo non aveva sfumature, pensò Astoria: se avesse dovuto identificare le persone che la circondavano con dei colori lui sarebbe stato dei toni fluorescenti, quando scuri, quando coloratissimi, ma mai un più cauto tono pastello. Quando Draco era arrabbiato lo era davvero e lo dimostrava senza farsi alcun problema, quando era felice le persone rilucevano della sua felicità; quando voleva vendicarsi lo faceva con stile, insomma, un continuo eccesso.
-Non siete poi così diversi, te e Matilda- Disse Astoria, trascurando l’inutile attacco velato che le aveva rivolto Draco pocanzi.
-Che cosa intendi?-
-Dico solo che non avete vie di mezzo voi due, in questo siete molto simili. Siete delle calamite dell’umore: non fate altro che esplodere in eccessi senza controllo e devo ammettere che questo ricade su chi vi circonda, nel bene e nel male.-
Draco continuava a fissare la sua interlocutrice con forte interesse, così quella non sentendosi interrotta proseguì
-Per questo mi preoccupa in questo periodo. Quando l’ho conosciuta era più o meno come è adesso: apatica, fredda, sterile. Non ero più abituata a vederla così e lo trovo…insolito. Inoltre la sua capacità di attaccarti il proprio umore addosso non è di certo mutata, per cui è quasi insopportabile starle vicino- Lo fissò, per un momento parve esitare, ma poi concluse
-Come con te-
Draco inarcò un sopracciglio –Come con me? Mal sopporti la mia presenza?- si formò un evidente ghigno sul suo volto che fece sbuffare Astoria
-Malfoy, hai ascoltato anche solo una parola di quello che ti ho detto? Questa vostra capacità che vi accomuna mi destabilizza. Questo per rispondere alla tua domanda iniziale: sono qui perché per quanto mi sforzi non riesco ad ignorare i tuoi stati umorali altalenanti e appiccicosi-
Il giovane serpeverde escluse volontariamente i termini quasi offensivi che Astoria aveva utilizzato per descriverlo; tutta la sua attenzione si concentrò sul particolare più importante: la Greengrass non riusciva ad ignorarlo, tanto quanto lui si trovava incapace di reagire alle prese di posizione di lei ed al suo modo fastidioso di intromettersi nella sua vita. Ancora sensibile a quello che aveva appena detto Astoria, il ragazzo fece correre lo sguardo sui capelli scuri e lisci della ragazza per poi risalire su, fino ai suoi occhi, che lo guardavano senza un briciolo di esitazione. Quegli occhi scuri e sottili lo agitavano e Draco non era tipo da lasciarsi sopraffare da quel genere di emozione, o almeno non voleva permetterlo.
-Quindi sei qui perché non riesci ad ignorarmi- Ruppe così quello spesso silenzio che si era creato mentre le teste dei due producevano pensieri a raffica.
-Come al solito hai usato le mie parole a tuo vantaggio, non è esattamente quello che intendevo- Per la prima volta Astoria sembrò arrossire appena, ma cercò di mantenere la sua solita compostezza. Certo non aveva preso in considerazione la mano di Draco che si avvicinava ad accarezzarle i morbidi capelli, né quegli occhi di ghiaccio che si erano ostinatamente allacciati ai suoi con fare accattivante.
-Draco cosa stai…-
-Volevo sentire questa consistenza. Mi sono sempre chiesto se i tuoi capelli fossero davvero così morbidi come sembrano- Il ghigno sul volto del ragazzo si addolcì e prese una piega più realistica, sincera e anche un pelino sexy, particolare che aumentò il rossore sulle guance olivastre di Astoria, ormai diventata un unico pezzo di legno con il banco che la ospitava.
-E sei riuscito a darti una risposta?-
Draco attorcigliò lentamente quella ciocca di capelli scuri intorno alle dita e, delicato, la tirò un paio di volte
-Si, non hanno tradito le mie aspettative, ben fatto Greengrass-
Probabilmente per colpa di quella vocina che era tornata ad infastidire i suoi pensieri, fatto sta che Draco sciolse cautamente il nodo e ritrasse la mano. Astoria è la ragazza di Blaise, questo è troppo anche per te, si sentì ripetere.
-Torniamo Greengrass, domani è il mio compleanno e non voglio svegliarmi con le occhiaie, non sarebbe decoroso- Disse il biondino, scendendo agilmente dal banco. Astoria lo osservò avviarsi verso la porta; dentro di sé sentiva che avrebbe preferito un diverso esito per quell’incontro, ma frettolosamente ricacciò quella pulsione lungo la gola, proprio come Draco aveva fatto con quella voce supponente che assomigliava in maniera tremendamente fastidiosa e quella della Granger. Senza dire una parola scese dal banco e seguì il ragazzo che, prima di rivarcare la soglia della sala comune, si limitò a mormorare un Grazie che Astoria percepì essere davvero sincero.
 
Matilda si era rifiutata di parlare con Daphne. Aveva solo ficcato la faccia nel cuscino, urlato per molto tempo, imprecato contro Godric Grifondoro più e più volte, schiantato qualche suppellettile, stracciato la tenta del suo letto a baldacchino (che Daphne si trovò a dover riparare a colpi di magia) e finalmente, dopo che la furia si fu sopita, cedette alla stanchezza e si immerse sotto le coperte per trovare infine la pace nel sonno. Fu svegliata come tutti gli anni da un gridolino acuto ed un regalo lanciatole con violenza sullo stomaco; Daphne era elegante e graziosa solo quando non aveva a che fare con Matilda: con lei la più grande delle Greengrass assumeva un comportamento eccessivo e talvolta violento, cosa che non sempre la disturbava dato che Daphne trattava con elegante sufficienza le persone che non riteneva alla sua altezza; però da lì ad essere svegliata con un colpo allo stomaco c’era un po’ di differenza.
Quell’anno il suo regalo era stato una guida alla scoperta dei paesi magici sulle Orkney, dove i genitori di Daphne avevano una casa; mentre la giovane Malfoy ancora rintronata dal sonno osservava la guida con cipiglio, Daphne si affrettò a dare una spiegazione, intenta nel frattempo a sistemare i suoi lucidissimi capelli biondi
-Questa estate potremmo andarci qualche giorno con Lee e quel pazzo del tuo ragazzo. Ho già la scusa pronta sai? Diremo ai nostri genitori che dobbiamo portare una lunga ricerca sull’isola al professor Ruf, così che non potranno negarci la casa! Ovviamente ometteremo la presenza dei ragazzi ma non mancherà il divertimento! Che ne dici?-
Matilda non aveva fatto parola dei suoi piani per il futuro con l’amica, ma comunque trovò accattivante l’idea di una vacanza con loro, sempre se George si fosse fatto vivo prima o poi: gli aveva mandato almeno 5 gufi da quando aveva lasciato la scuola, di cui le prime tre lettere dotate di parole troppo sdolcinate per lei, la quarta che lasciava trapelare un velo di risentimento per le mancate risposte, infine la quinta fu una strillettera piena di insulti riferiti ai suoi stupidi capelli rossi, alla sua totale assenza di tatto e un’invettiva ben costruita su quanto facesse schifo a Quidditch. Non pensava nemmeno un terzo delle cose che aveva strillato, ma la rabbia aveva preso il sopravvento. Il pensiero di George la fece alzare dal letto come una furia: era decisa a godersi al meglio quella giornata nonostante tutto.
 
Il tavolo dei serpeverde la accolse con il solito coro di giubilo e subito i gufi cominciarono a planare sopra la sua testa; aveva ricevuto il solito numero di assegni dai vari parenti e amici di famiglia, un diario su cui prendere appunti riguardo il decoroso galateo a cui una brava purosangue doveva attenersi (ogni pagina era munita di consigli utili) e dai suoi genitori…soldi. Matilda inarcò un sopracciglio e guardò di sbieco il fratello distante da lei, che di tanto in tanto le lanciava qualche occhiata a tratti risentita; era la prima volta che i suoi genitori avevano pensato di farle un regalo tanto impersonale, ma sicuramente quello non era che un loro avvertimento
Sappiamo come ti stai comportando e reagiamo di conseguenza, con l’indifferenza. Queste erano le parole che Matilda era sicura avrebbe letto dal biglietto d’auguri personalizzato, anche quello caso eccezionale, invece quando lo scartò anche l’altro sopracciglio raggiunse il compagno già inarcato e tutto lo stupore si concentrò nella lettura di poche parole.
 
Per il tuo futuro. Mamma
 
Narcissa era preoccupata? Arrabbiata? Cosa diavolo voleva dire con quelle quattro stupide parole? Considerando la somma consistente comunque, Matilda accantonò l’astio dato che indubbiamente quei soldi le avrebbero fatto comodo. Quando rialzò lo sguardo si rese conto che Draco aveva fatto cambio di posto con Millicent che fino a quel momento era seduta davanti a lei. Si guardarono per un lungo momento prima che potessero dire in coro
-Ho un regalo per te-
Quelle cinque parole pronunciate all’unisono scaldarono il petto di entrambi e, almeno un po’, sopirono l’astio che provavano l’uno nei confronti dell’altra. Fu Matilda la prima a tirare fuori un pacco che poggiò sul tavolo e spinse in avanti, con cautela.
Draco scartò il pacco che rivelò un libro, un romanzo per la verità
 
“Il destino siamo noi”
 
Il giovane Malfoy passò le lunghe dita sul titolo del libro e si morse il labbro in silenzio, poi alzò gli occhi che si scontrarono con quelli identici ai suoi. Esitò un momento. Abbassò lo sguardo, lo rialzò e poi lo abbassò di nuovo. Infine senza nemmeno ringraziare ripose il romanzo nella sua borsa e poi estrasse quelle che sembravano un mucchio di lettere e con la stessa esitazione del suo sguardo incerto le passò a Matilda.
La ragazza si accigliò e guardò le buste di pergamena chiara e per quando capì cosa fossero Draco era già in piedi pronto alla fuga.
-Draco…non dirmelo…-
-Ho…pensato che fosse giusto fartele avere alla fine-
Gli occhi sgranati correvano veloci dal mucchio di lettere che Matilda si passava tra le mani alla faccia cerea del gemello
-Queste sono tutte di George Weasley…?-
-Sssshhh…parla piano squinternata. Abbiamo ricevuto degli ordini ben precisi dalla Umbridge, non dovevamo far arrivare niente che riguardasse i due fuggiaschi dentro la scuola-
Le mani di Matilda iniziarono a tremare mentre stringeva quelle lettere che tanto aveva atteso.
-Mi vuoi dire che ti sei permesso di controllare la mia corrispondenza? Nonostante fosse ovvio che quella faccia da rospo della Umbridge ci tenesse a non far avere gli scherzi dei Tiri Vispi agli studenti? Cosa diavolo c’entrano le lettere?-
Draco cominciò a sudare. Per fortuna sapeva che la sorella non avrebbe potuto dare di matto nella sala grande, altrimenti si sarebbe beccata di certo una punizione.
Matilda si alzò lentamente, ripose le lettere insieme al resto dei regali dentro la propria borsa e, con grande stupore di Draco, andò al tavolo dei grifondoro senza aggiungere una parola.
-Buon compleanno Malfoy!- gridarono in coro tutti quelli che ormai Matilda considerava i propri amici più cari, oltre Daphne. Lee la accolse fischiando, Ron ed Harry con una scatola di cioccorane, Ginny bofonchiando un po’ mentre Hermione ciondolava con lei in un abbraccio. Matilda guardò la sua amica e le sussurrò
-Come ho fatto a non pensarci prima? È colpa di mio fratello se non mi sono mai arrivate le lettere di George, guarda qua!- disse scostandosi da lei e mostrandole la borsa dalla quale traboccavano le pergamene ancora sigillate
-Lo sapevo!- si aggiunse Ginny che si era sporta curiosa –Sapevo che George non mentiva! È svitato si, ma non dice mai bugie!-
Prima di entrare a lezione di erbologia la giovane serpeverde si chiuse in bagno e scartò la prima delle lettere che le sarebbe dovuta giungere in data 24 aprile. Quando riconobbe la scrittura sottile e disordinata di George si permise di piangere solo un po’, finalmente colma di felicità.
 
Ciao bambina,
lo so, percepisco la tua furia a chilometri di distanza per non averti detto nulla riguardo il negozio, ma ti assicuro che nessuno (esclusi Fred ed io ovviamente) era a conoscenza della cosa. Sono anni che pensiamo al nostro futuro e finalmente ci siamo dati la possibilità di metterci in gioco e dimostrare a tutti che i gemelli Weasley, quando si mettono in testa una cosa, la portano a termine, alla faccia di chi ci giudica come ragazzini!
Sappiamo di aver causato un bel po’ di rumore ad Hogwarts, ma era esattamente il nostro scopo quindi ci riteniamo decisamente soddisfatti. Ma ora dimmi di te: già ti manco non è così? Sicuro avrai passato notti insonni ad inondare i tuoi bei capelli marca Black di lacrime salate (ti stupirebbe se ti dicessi che la cosa mi diverte da matti? Non sono sadico, solo un tantino pieno di me).
Come vanno gli studi? Impegnati anche al posto mio, sono sicuro che riuscirai a prendere almeno 6 G.U.F.O., 5 dei quali con una bella E!
Gli altri come stanno? Ron fa sempre schifo come portiere? E il campionato? Certo che senza di noi avrete anche una piccola speranza di vincere la coppa, quest’anno!
So che questa è una lettera breve, ma ci sono i lavori nel negozio e devo andare a controllare che quelle teste di Troll che abbiamo assoldato per la ristrutturazione dei locali non combinino qualche pasticcio, sento già Fred che mi chiama disperato.
A presto lemonsoda, non fare troppo la brava, mi raccomando.
 
George
 
Passò la giornata tentando di non lanciare maledizioni contro Draco; alla fine per quanto si fosse comportato in maniera ignobile aveva quantomeno cercato di recuperare, e lei aveva il bruttissimo vizio di soprassedere sulle sue infide azioni. Quando giunse la sera si sentiva stremata, aveva passato la giornata del suo compleanno a frequentare le ultime lezioni dell’anno e a studiare nei momenti di pausa, anche se le lettere di George rapivano la sua attenzione, di tanto in tanto. Mentre ancora china sul manuale di trasfigurazione ripensava alla strillettera che gli aveva inviato qualche giorno prima scoppiò a ridere, la qual cosa le costò occhiatacce da parte degli studenti chiusi in biblioteca, tra cui quelle di una stressatissima Hannah Abbott che qualche giorno prima aveva avuto un crollo di nervi durante l’ora di erbologia, visione che fece ghignare la parte più meschina e gelosa di Matilda.
Ma altre persone rovinarono il silenzio della biblioteca, infatti un disinvolto Lee Jordan entrò nella sala e si accostò alla ragazza assieme a Daphne, che teneva un pacchetto con sé.
-Chiudi quei libri Malfoy, abbiamo un regalo per te!-
Matilda tentò di controbattere ma i due ragazzi furono irremovibili. Inoltre si erano ormai meritati le urla della bibliotecaria che li cacciò fuori all’stante.
-Ma i G.U.F.O., sono indietro con il ripasso…-
-Santo Salazar, sei di una noia mortale Matt, rilassati per una buona volta. Hai bisogno di riposo ed il tuo regalo ti attende.-
La giovane Malfoy si fece trascinare dai due fino al quinto piano davanti alla quarta porta a sinistra, proprio accanto alla statua di Boris il Basito, di cui Matilda sembrò aver rubato l’espressione
-Ma questa è la porta del bagno dei prefetti-
La coppia si lanciò uno sguardo complice ed entrambi sorrisero alla ragazza confusa
-Come sei perspicace Malfoy. Ora tieni- e Daphne le passò il pacchetto –Qui dentro c’è un costume, l’ho recuperato fra i tuoi vestiti, ora vatti a fare un bagno, te lo meriti!-
-Un bagno? Ma voi siete tutti matti, io devo stu…-
-Ora! Languidacqua!- Daphne quasi tuonò la parola d’ordine e la porta si aprì
-Ma come fai a sapere la paro…- ma non fece nemmeno in tempo a finire la domanda che Lee e Daphne l’avevano spintonata dentro e le avevano chiuso la porta alle spalle.
Quel bagno che lei era riuscita a sfruttare una sola volta era deserto: il marmo bianco riluceva al bagliore tenue del candeliere, la piscina circondata dai rubinetti in oro traboccava di acqua  e bagnoschiuma profumato. Quello era il loro regalo? Una serata in solitudine nel bagno dei prefetti? Accantonò le domande pensando che tutto sommato un bel bagno rilassante non le avrebbe fatto male quindi, dopo essersi legata  i capelli in una cipolla sopra la nuca, sfilò la sua divisa ed infilò il costume intero senza bretelle color argento. Appena le dita dei piedi toccarono l’acqua un brivido le corse per tutto il corpo ed il suo unico desiderio fu quello di affondare nell’acqua tiepida. Effettivamente aveva bisogno di un po’ di relax dato che stava spendendo tutte le proprie energie nello studio e non ci mise molto a farsi coccolare da quel flusso ricco di profumi; davanti a sé la sirena nel grande dipinto sembrava dormisse e Matilda la imitò, chiudendo gli occhi alla musica del languido suono dell’acqua che scorreva dai rubinetti. Era talmente rilassata ormai che non si accorse del rumore del trampolino che ondeggiava e solo quando un tonfo formò delle onde che le bagnarono la bocca, Matilda sgranò gli occhi e si appiattì contro il marmo della piscina; era ovvio non fosse sola, dato il rumore ed i cerchi concentrici che andavano stringendosi  nel punto in cui l’intruso si era tuffato. Si voltò ed allungò la mano a tastare il bordo della piscina nel tentativo disperato di recuperare la sua bacchetta, perché era stata tanto stupida da lasciarla così lontana?
Qualcuno riemerse dall’acqua alle sue spalle ed addossò il corpo alla sua schiena; il suo urlo venne sopito da una mano che si trattenne sulla bocca, mentre l’altra si poggiò sul bordo della vasca, a cui lei si era aggrappata
-Le tue urla mi sono bastate una volta sola, quella strillettera ha dato spettacolo in negozio-
La sua voce.
Il suo respiro a solleticarle l’orecchio.
Doveva essere un sogno, perché George non poteva trovarsi lì, non era lui a schiacciarla con il suo corpo, non era la sua mano a trattenersi sulla bocca che aveva smesso di urlare.
Eppure il calore di quel corpo lo riconosceva, come la mano che lasciò il bordo della piscina per sistemarsi sul suo fianco immerso nell’acqua; e quando anche l’altra mano abbandonò le labbra, Matilda roteò e si ritrovò a qualche centimetro dal sorriso malandrino di George Weasley.
-Tu…ma come…-
-Dato che ogni mio tentativo di comunicare con te è stato sabotato, non potevo fare altro che venire di persona. Buon compleanno lemonsoda-
Il cuore sembrava esploderle nello sterno. Sentiva nitidamente il battito accompagnare lo scroscio dell’acqua ed era certa che il suo petto che altalenava avanti e indietro fosse ben visibile; abbandonò le braccia intorno al collo del ragazzo e ci volle un solo istante per far schioccare le loro labbra in un bacio quasi aggressivo.
Lo avrebbe mangiato.
Si sarebbero divorati senza pietà, ma la ragazza si forzò di tornare in sé, anche se non era affatto impresa facile come mai lo era stata, del resto, fin tanto che si trovava vicino a George Weasley.
-George…non ci credo- Guardava il torace nudo, gli toccava le guance, poi tornava ad aggrapparsi a lui e lo baciava lungamente. Quanto si erano mancati lo percepirono da quei baci infiniti.
-Vuoi spiegarmi come sei riuscito ad entrare?- Poi terrorizzata la ragazza scattò la testa verso l’entrata del bagno –E se entrasse qualcuno?! Se la Umbridge ti scoprisse?! Se…-
-Cal-ma-ti! La tua ansia non mi è mancata nemmeno un po’ devo dire. Comunque puoi stare tranquilla, nessuno entrerà perché il tuo cavalier servente ha pensato a tutto: i più pericolosi sono Il tuo simpaticissimo fratello e quel grugno rugoso del tuo capitano di Quidditch, ma sappiamo che entrambi non entreranno mai questa sera dato che staranno festeggiando il vostro compleanno nella sala comune delle serpi- Matilda arricciò il naso nel sentire quel nomignolo –Per quanto riguarda i prefetti e i capitani di Corvonero e Tassorosso sono tutti rintanati a studiare per gli esami. Infine i miei fedelissimi ex compagni sanno che sono qui e non credo ci tengano ad intrufolarsi alla nostra festa personale…-
-Ma come sei entrato! Come ci sei riuscito dico io!- Chiese lei mentre tentava di resistere al bel corpo di George che si sfregava contro il suo
-Già, miss prefetto perfetto non conosce il passaggio segreto che porta ad Hogsmeade- La presa sui fianchi si fece molto più forte ed il suo corpo si spinse verso di lei, costringendola ancora contro la parete della vasca.
-Ma perché parlare…sono solo di passaggio, non vuoi risparmiare il fiato per…l’apnea?-
Le mani di George trascinarono giù il corpo della ragazza che aveva fatto appena in tempo a prendere fiato. Il suono dell’acqua che scendeva dai rubinetti arrivava ovattato a cullare la stretta tenace dei due corpi sommersi; Matilda strinse le gambe intorno alla vita sottile di George e ancora si baciarono per il poco tempo che avevano a disposizione senza respirare. I capelli chiarissimi si sciolsero in un turbinio che andò ad avvolgerli mentre si rigiravano avvinghiati in quella lotta di bruciante passione dove le dita andavano a stringere le spalle, i fianchi, il collo e le labbra si cercavano mai sazie. Quando riemersero George non la liberò dalla presa tenace, ma la alzò fino a farla sedere sul bordo e rimase a guardarla per un po’, giusto il tempo di bearsi di quelle guance arrossate incorniciate dai lunghissimi capelli gocciolanti, del petto che balzava all’infuori nel tentativo di recuperare fiato, di quegli occhi grigi in cui si perdeva sempre con facilità.
-Mi ero scordato quanto fossi bella- sussurrò roco prima di ritirarla giù
-Sei la perfezione in miniatura bambina- continuò, accompagnando i sussurri con dei delicati morsi sul collo
-Così però mi fai impazzire George…scompari quasi all’improvviso e poi riappari così…dopo quasi due mesi- Gemette appena percepì un morso più forte degli altri
-Preferisci che me ne vada…?- ridacchiò lui sul suo collo, mentre le mani salivano a cercare il seno nascosto dal costume
-Preferirei non te ne andassi mai- rispose lei, sfregando il viso contro la guancia del ragazzo, poi sembrò riprendersi e ridendo spintonò via il ragazzo –Senti che mi fai dire Weasley! Bleah-
George rise con lei; si riavvicinò alla ragazza e prese a giocare con i suoi capelli bagnati
-Guarda che ho ancora le lettere che mi hai scritto, sono da vomito per quanto sono melense “Oggi mentre mi allenavo mi è arrivato un bolide dritto in testa, mi ha fatto pensare a te”- le fece il verso lui –Oppure- Continuò il ragazzo congiungendo le mani con sguardo sognante -“l’odore di quell’orrenda palude non ha ancora lasciato la scuola, proprio come il sapore delle tue labbra sulle mie”-
Matilda lo colpì su una spalla mentre il ragazzo continuava a citare quelle che non erano propriamente frasi molto romantiche; iniziò una lotta in acqua fra le risate e quando non ebbero più fiato si fermarono e uscirono. Rimasero seduti sul bordo della piscina ad asciugarsi con gli asciugamani di cui il bagno era dotato; mentre George si sfregava i capelli rossi, Matilda puntava i propri con la bacchetta e pian piano l’acqua iniziò ad evaporare
-Senti Matt, ci hai pensato?-
Non c’era bisogno di specificare, sapeva a cosa si riferisse il ragazzo
-Si…ci ho pensato. Ecco George penso che potrebbe essere una buona soluzione per me, sempre che tu non abbia cambiato idea…-
I grandi occhi caldi si sgranarono ed un sorriso di gioia riempì il viso di George
-Certo che no! Voglio dire si, sei la benvenuta, sempre-
Matilda accennò ad un sorriso più composto
-Ho pensato che farò ritorno a casa mia…ma solo per recuperare delle cose importanti e poi beh, farò in modo di arrivare da te-
George non avrebbe mai creduto che una ragazza, specialmente quella ragazza lì, lo avrebbe mai potuto rendere così euforico, ansioso, agitato, felice. Non erano certo una coppia canonica, erano così diversi e così poco romantici che a vederli sembravano più un duo comico. Era la passione a muovere i fili di quella relazione, una passione verace e dal sapore antico, come un sentimento intoccabile tanto era forte, così forte da essere impossibile da spezzare.
-Ehi George…- Matilda di cui i capelli ormai erano totalmente asciutti e la facevano sembrare una grossa nuvola, si era sporta ad osservare l’espressione inebetita del ragazzo –Guarda che sei tu questa volta che ti sei perso, a che pensavi?-
George sorrise e cinse il collo della ragazza con il braccio, per poi tirarla a sé
-Pensavo che mi sei mancata, ma ti prego non mandarmi più strillettere, la prossima volta potrei perdere un orecchio*!-
-Scusami, però pensavo mi avessi sedotta e abbandonata. Beh almeno adesso hai un assaggio di cosa capiterebbe se mi dovessi lasciare, stupido Weasley-
George diede un morso leggero al naso della ragazza –Come potrei lasciarti? Dobbiamo ancora occuparci di una questione molto importante, io e te…- ghignò spudorato
-Beh, mi stai riempendo di aspettative George, vedi di non deludermi- Sussurrò lei rispondendo al sorriso.
Si rivestirono dandosi le spalle, anche se George non esitò a barare e lanciò qualche occhiata alla schiena nuda della ragazza.
-Devo andare lemonsoda e anche tu, si è fatto tardi, ma prima…- George frugò in una tasca del suo bel completo nuovo e poi allungò la mano verso Matilda –Prendi-
La ragazza si rigirò il galeone fra le dita e poi alzò lo sguardo decisamente accigliato verso il ragazzo –Mi stai pagando George?!-
Il ragazzo scoppiò a ridere –Tu sei tutta matta! Non ti ricorda niente quel galeone?-
Ci mise un po’, ma poi gli occhi della giovane Malfoy parvero illuminarsi
-Vuoi dirmi che è un galeone stregato? Proprio come quelli che ci ha dato Hermione per coordinarci sugli incontri dell’ES?-
-Vedo che inizi a ragionare. Ma non è lo stesso, ne ho fatti due nuovi: uno che terrai tu ed uno che avrò io, così non avremo problemi per comunicare e quando sarai pronta per farti recuperare…insomma sai come funziona-
-Geniale…- mormorò lei subito prima di arrampicarsi sul ragazzo e ricoprirlo ancora di baci.
-Ora vai, fatti una bevuta prima di andare a dormire- George le scompigliò i capelli dopo averla rimessa giù
-Ma io voglio stare con te- si lagnò la ragazza
-Ma io devo tornare, ora fai la brava e torna nella tua sala comune- Poi le afferrò il volto con le mani e sfregò come di rito il proprio naso con quello di lei –Fra un paio di settimane potremmo rivederci-
Prima di correre via stampò un ultimo bacio sulle labbra del ragazzo
-Allora a presto…-
George annuì e le mostrò il galeone. Quando la ragazza scomparve oltre la porta, il ragazzo raccolse le sue cose, afferrò un manto piegato da terra e vi si coprì, rendendosi d’un tratto invisibile. Harry continuava a fornirgli degli aiuti che sapeva essere impagabili, ma con il tempo avrebbe tentato di ricompensare l’amico.
 
-Dove sei stata?- gli chiesero i pochi barcollanti reduci nella sala comune, tra cui il fratello e Daphne, che non le risparmiò un sorriso sghembo.
-Mi sono fatta un bel bagno, è stato proprio il regalo perfetto- rispose lei, mentre recuperava un bicchiere di whisky incendiario, per poi abbandonarsi su uno dei divani di velluto ed affondare nei ricordi di quella serata magnifica.
 
 
*LOOOOOL, non ho saputo resistere
 
Buon pomeriggio a tutti voi amati lettori. Probabilmente questo capitolo risulterà un po’ incasinato e di passaggio, io sono soddisfatta esattamente zero, ma mi giustifico dicendovi che sono chiusa in casa malata e questo è stato il massimo che sono riuscita a produrre. La buona notizia è che, stando male (sigh) avrò tempo anche domani per scrivere, quindi magari riuscirò a pubblicare il prossimo anche nel giro di pochi giorni. Continuo a ringraziare chi mi scrive, chi inserisce la storia fra le seguite, preferite e ricordate. Aspetto le vostre recensioni, togliete un minutino alla vostra vita per scrivere qualche riga, sappiate che ve ne sarei davvero grata <3
Vi abbraccio!
D. 

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Capitolo 16
*** I giorni del Giudizio ***


CAPITOLO XVI
I giorni del Giudizio
 
In prossimità degli esami, gli studenti di Hogwarts iniziarono a vendere merce di dubbia natura per incrementare le capacità cognitive e mnemoniche. I prefetti si trovarono sobbarcati di un enorme lavoro per ripulire le tasche dei ragazzi che riponevano la loro fiducia in pozioni, polveri e quant’altro, da cui avrebbero ottenuto una degenza più o meno lunga in infermeria, più che passare i G.U.F.O. con ottimi voti.
Hermione aveva i capelli ancora più arruffati e barcollava per i corridoi con manciate di questi prodotti illegali, che al confronto i Tiri Vispi Weasley erano tisane rilassanti; Matilda aveva appena ritirato ad un ragazzo corvonero una bustina piena di un trito fine e maleodorante e quando si scontrò con l’amica grifondoro sospirarono in coro, distrutte dall’eccessivo carico di lavoro.
-Ci mancava tuo fratello- Disse Hermione irata –Va dicendo in giro che passerete con ottimi voti gli esami perché l’ispettrice Griselda Marchbanks è una vostra cara amica di famiglia, è vero?-
Matilda osservava la bustina che teneva davanti a sé con aria nauseata –Bleah, chi è il demente che comprerebbe mai questa roba? Si vede lontano un miglio che è una schifezza-
-Harry e Ron, ad esempio- rispose sconfitta Hermione, per poi tornare a rimbeccare l’amica
-Allora è vero? Quanto dice Draco sulla Marchbanks?-
La giovane serpeverde annusò la bustina per poi allontanarla velocemente dalla punta del naso e tornare a guardare Hermione –Ovviamente no Herm, ti pare? Come al solito Draco impiega più tempo ad inventarsi fanfare che a studiare, spero solo che superi i G.U.F.O. con dei voti decenti. Che ne facciamo di questa robaccia?-
-Dai tutto a me, sto andando dalla McGonagall a consegnare tutto quello che ho recuperato, anche se purtroppo credo che ci sia ancora un sacco di immondizia in giro-
 
La sera prima degli esami, che avrebbero avuto inizio con la somministrazione dei test teorici e pratici di incantesimi, i ragazzi erano decisamente agitati: le sale comuni erano un continuo chiacchiericcio di ripasso, bacchette che sbalzavano via, oggetti che si muovevano. Matilda e Daphne erano sedute una di fronte l’altra e, laddove la prima non faceva che ripetere nervosa tutto il formulario di incantesimi a memoria, la seconda faceva di tutto per distrarsi pur di assentare la mente e non ascoltare l’amica. Andarono a dormire dopo che a Daphne schizzarono i capelli biondi in aria come le serpi della Medusa.
La mattina dopo gli studenti del quinto e del settimo anno si recarono nella sala grande, allestita per accogliere esaminandi ed esaminatori ed una classe alla volta venne richiamata per iniziare gli esami. Quando terminarono la teoria di incantesimi, Hermione corse verso Matilda e le due iniziarono a scambiarsi informazioni sulle risposte che avevano dato ai compiti, con la grande gioia dei loro amici che si erano liberati delle domande cariche d’ansia delle due ragazze; nel pomeriggio passarono alla prova pratica e quando alla giovane Malfoy venne chiesto dal proprio esaminatore di riprodurre un incantesimo cambiacolore, facendo diventare il ratto che aveva davanti arancione, la ragazza lanciò uno sguardo alla sua destra dove la vecchissima esaminatrice Marchbanks stava esaminando Draco: dovette sforzarsi molto di non ridere al ricordo di lei stessa, infuriata come non mai che aveva fatto diventare i capelli del gemello color pel di carota, ed accompagnata da quel ricordo eseguì l’incantesimo in maniera impeccabile.
Il giorno dopo toccò all’esame di Trasfigurazione e quello dopo ancora erbologia. Giovedì fu la giornata di esame di Difesa contro le Arti Oscure e Matilda ringraziò Harry Potter e tutta una serie di grandi maghi dentro di sé, in quanto grazie alle lezioni segrete dell’ES era stata in grado di passare alla meglio anche quell’esame. La settimana si concluse e a Matilda non restò che passare il weekend a ripassare per l’esame di pozioni, che non la preoccupava affatto in realtà, così come il più semplice per lei: Cura delle Creature magiche. Invece si rivolse ad Hermione per ripassare insieme Aritmanzia, che ancora si chiedeva perché diavolo l’avesse scelta al posto di divinazione, materia tanto frivola quanto decisamente più facile.
Come le sue più rosee aspettative trovò l’esame di Pozioni abbastanza semplice e fu certa di aver preparato una pozione perfetta, che consegnò fiera all’esaminatrice, da cui era stata elogiata durante la preparazione.
Finalmente quel martedì Matilda si presentò pimpante all’esame di Cura delle Creature Magiche: riconobbe prima degli altri il Knarl nascosto fra i porcospini, curò il proprio Asticello come mamma Weasley avrebbe fatto con uno qualsiasi dei suoi sette figli e nutrì e pulì il Fiammagranchio senza beccarsi nemmeno una piccola ustione, giurando e spergiurando che quello arrivò addirittura a rivolgerle un verso simile a delle fusa di un grosso gatto; sapeva di essersi appena guadagnata un Eccezionale con i fiocchi.
Anche l’esame di Aritmanzia non andò poi così male come si era aspettata, anche se era certa che la sua più appropriata amica Granger l’aveva di gran lunga superata; una punta di invidia si instillò nella giovane Malfoy quando Hermione la raggiunse dopo l’esame, trattenendo un sorriso saccente e mantenendo un tono vago sulla riuscita del proprio esame, ma cercò di passarci sopra; non le restava che l’esame di Astronomia, quello di Storia della Magia e poi avrebbe concluso finalmente gli esami.
 
-Ho fatto un casino! Questa volta l’ho combinata davvero grossa, accidenti a me!-
Incurante del fatto che il giorno dopo ci sarebbe stata l’ultima prova d’esame per entrambi, Lee aveva pensato bene di trascinare una Daphne stanchissima ed irritata nella stanza delle necessità, che avevano preso a frequentare dopo che l’ES era stato scoperto; perlomeno avevano un posto dove rimanere soli senza il timore di essere scoperti. La ragazza spalancò le labbra in un grosso sbadiglio non preoccupandosi affatto di mettere la mano davanti la bocca
-Ti vuoi dare una calmata?- borbottò lei, la cui unica preoccupazione era quella di raggiungere il letto il prima possibile e riposare il giusto prima del noiosissimo esame di Storia della Magia.
Lee roteò la testa frustando l’aria con i dread
-L’hai visto no? Dalla torre dell’esame di Astronomia, avete visto che hanno attaccato Agrid alla sprovvista nella sua capanna! Hanno anche schiantato la McGonagall!-
-Si Lee l’ho visto, ho perso la posizione di Venere per quella scenetta che hanno messo in atto, che Godric sia maledetto- sbuffò lei
-Colpa mia, è stata tutta colpa mia! Fred e George prima di scappare dalla scuola mi hanno lasciato un paio di snasi ed io li ho infilati nell’ufficio della Umbridge!-
-Ti pareva non ci fossero di mezzo i tuoi amichetti- soffiò lei
-Quella maledetta è convinta sia stato Agrid ed ha trovato la scusa per richiamare il ministero e spedirlo ad Azkaban!- il ragazzo non si dava pace, per cui da brava fidanzata Daphne si sforzò moltissimo di assumere un tono gentile e regalò a Lee un paio di pacche sulla spalla.
-Ma quel colosso è riuscito a scappare, sicuro non finirà ad Azkaban. Di certo non merito del suo enorme intelletto, ma almeno la stazza è dalla sua-
Lee gettò un’occhiataccia a Daphne che arricciò il naso –Beh ora che ho detto?-
Il grifondoro si abbandonò su un grande puff e sospirò amareggiato.
Forza Daphne, sforzati, aiuta quel disadattato del tuo ragazzo a riprendersi. Poi un’idea balenò nella testa dell’infida serpe che accantonò la stanchezza ed assunse un fare felino: si accucciò davanti a Lee stando bene attenta a mostrare la scollatura che spuntava dalla camicia della divisa
-Non fare quella faccia, domani finiremo gli esami e ti diplomerai, hai bisogno di rilassarti un po’- Con movimenti esperti la Greengrass carezzò il viso di Lee e trattenne le dita dalle unghie perfettamente curate sotto il suo mento, che alzò verso di lei per permetterle di sussurrargli parole con tono suadente
-Permettimi di farti rilassare…e di farti ricordare di me una volta uscito da questa scuola…-
I baci di Daphne avevano sempre quel sapore di seducente meschinità; se una cosa buona si poteva dire dei serpeverde, pensò Lee mentre veniva catturato dalle spire della vipera che insinuava la lingua nella sua bocca, è che sanno essere tremendamente sexy.
Velocemente il pensiero di Agrid sparì dalla testa del ragazzo, concludendo che se la sarebbe di certo cavata in qualche modo e senza indugiare ancora afferrò la ragazza per i fianchi e la stese a terra con rinnovato ardore.
-Sei una maledetta tentatrice Daphne-
Sotto di lui la ragazza cinguettò una risata ed intanto aveva già preso a slacciare la camicia di Lee
-Lo so, e non è proprio questo che ti piace, amore?- sussurrò sulle sue labbra carnose.
Il ragazzo si lasciò sfuggire una risata amara mentre le sue mani si erano già fatte strada sul seno pieno di Daphne.
-Fin quando terrai le tue attenzioni in questa maniera su di me, non avrò alcun problema-
-Per il momento sei l’unico a meritarsele- rispose sbarazzina e con un unico movimento fece scivolare via la camicia del ragazzo, lasciando scoperto il suo torace perfetto; lui ci mise poco a ricambiare e anche Daphne si ritrovò senza camicia, con il solo reggiseno di elegantissimo pizzo a ricamare le colline morbide che richiamavano Lee come il canto di una sirena.
-E rimarrò l’unico a cui ti dedicherai, te lo assicuro- rispose Lee, di cui le mani avevano tirato su la gonna di Daphne e stringevano i fianchi sodi
-Convincimi- sibilò lei maliziosa
-Quante volte c’è bisogno che ti convinca?- Lee mostrò i denti candidi nel sorriso, dopo aver sussurrato quelle parole allusive ai loro trascorsi. Sfiorò da sotto la gonna il tanga di Daphne, che serviva a coprire ben poco, ma che lasciava scoperti quei glutei perfetti su cui il ragazzo si soffermò, prima di sfilarlo e lanciarlo via; lei non perse tempo e slacciò frettolosamente i pantaloni del ragazzo, che si limitò ad abbassare assieme ai boxer aderenti.
-L’incantesimo…- sussurrò lei al suo orecchio. Lee con enorme sforzo recuperò la sua bacchetta e la agitò frettoloso, per poi dedicare tutta la sua attenzione al bel faccino di Daphne, che gli sorrise soddisfatta e lo spinse verso di sé.
Il grifondoro affondò in lei liberando la passione che le riservava ogni qualvolta i loro corpi si scontravano. La prima volta che avevano fatto sesso, giusto un paio di mesi prima, Lee era terrorizzato al pensiero di destabilizzare quella ragazza che di innocente non aveva proprio nulla, ma a cui lui si era davvero affezionato, per non dire innamorato; per questo non aveva alcuna intenzione di recarle danno in alcun modo, dato che sapeva benissimo che non era la solita scopata tra persone che si limitano ad essere fisicamente attratte. Eppure Daphne lo stupì con la sua leggerezza, il suo modo atipico di dominare la situazione, quando fino a quel momento tutte le ragazze con cui era stato si erano limitate a farsi guidare da lui; Daphne Greengrass, invece, aveva preso in mano la situazione e non si era fatta alcun problema a disarcionarlo dalla sua posizione di maschio alpha ed aveva preso in mano il comando. Il giorno dopo gli spiegò che dato che la verginità era la sua era normale fosse lei a scegliere come e quando perderla, senza scenette isteriche, rimorsi o stupidi giochetti da ragazzina sottomessa. Adorava questo lato forte e terribilmente sincero di Daphne, perché sapeva che non doveva risparmiarsi nulla con lei, che nel bene e nel male sarebbe stata sempre vera.
Quel ricordo lo eccitò talmente tanto che gli affondi fra le gambe di lei si fecero sempre più forti, tanto da far accrescere gli ansimi di Daphne, attaccata tenacemente alle sue spalle, che presto si trasformarono in urla di assoluto piacere. Quando l’amplesso arrivò al culmine il ragazzo si abbandonò sul corpo di lei e con le labbra ne ricercò il collo e poi l’orecchio
-Ti ho convinta ancora?- Accennò ad una risata
-Stupido Jordan, era solo una scusa per farmi scopare come si deve- Rispose lei, con le mani che disegnavano cerchi sulla schiena del ragazzo.
-Greengrass, non hai bisogno di scuse, basta chiedere-
-Lo so, ma perché smettere di giocare?- Daphne passò una mano sulla guancia di Lee e lui giurò di cogliere un’espressione dolce in quel viso affilato. Quel viso di cui era ormai totalmente assuefatto.
 
Daphne rientrò silenziosa e scapigliata nel dormitorio. Si infilò sotto le coperte stando ben attenta a non fare rumore, ma una vocina di sua conoscenza si insinuò nel silenzio
-Dove eri finita? Fra cinque ore abbiamo l’ultimo esame- bisbigliò Matilda, per non farsi sentire dalle altre ragazze.
-E allora dormi invece di fare domande- rispose in un sussurro Daphne, ancora rossa in viso per la nottata appena trascorsa.
-Sono divorata dall’ansia, vorrei tanto che finisse tutto molto presto- soffiò fra le lenzuola la giovane Malfoy –Comunque Daphne, sei proprio fortunata sai?-
Daphne non chiese a cosa alludesse Matilda, si limitò a sorridere nel buio e, dopo essersi rigirata nel lenzuolo bisbigliò –Buonanotte Matt- ed in un attimo si addormentò.
 
Finalmente i ragazzi si presentarono per affrontare l’ultimo esame. Storia della Magia l’avrebbe sfangato con semplicità pensò Matilda, vista la sua abilità di imparare le cose a memoria che sfiorava quasi la patologia. Sedette sul banco e appena la clessidra partì iniziò a scrivere furiosa le risposte alle domande del compito.
-‘Secondo voi, la Legge sulle Bacchette facilitò o aiutò a controllare la rivolta dei goblin nel diciottesimo secolo?’ Questa era facile, davvero facile, la giovane serpeverde esultò dentro di sé. Stava per terminare il compito quando un urlo squarciò il silenzio: tutti gli studenti si voltarono verso Harry Potter, che era caduto dalla sedia e continuava a lamentarsi. Immediatamente l’esaminatore Tofty si avvicinò al ragazzo per aiutarlo ad alzarsi e cercò poi di convincere Harry, sudato e pallido, ad andare in infermeria; gli occhi di Matilda saettavano da Potter ad Hermione e Ron che sembravano molto preoccupati, a suo fratello che un paio di banchi oltre il suo ghignava beato. Quando il grifondoro uscì dalla sala grande accompagnato dall’esaminatore, con riluttanza tornarono tutti sul proprio esame.
Scoccata l’ora Matilda consegnò il proprio compito e corse fuori dalla sala grande, seguendo Ron ed Hermione che sicuramente stavano raggiungendo l’amico in infermeria; sembravano nascondere qualcosa, eppure la ragazza non fece domande e si limitò a seguire i passi felpati dei due. A metà tragitto si scontrarono con Harry, agitatissimo e scombussolato, i capelli ancora più ribelli del solito.
-Harry stai male? Stai bene?- chiese affannata Hermione. Harry passò una mano sulla cicatrice a forma di saetta, ricordo del famigerato anatema che lo colpì quando aveva solo un anno, poi riassestò gli occhiali storti sul naso e guardò Matilda con sguardo affranto
-Scusa, scusami Matt ma devo…devo parlare con Ron e Hermione-
La ragazza si limitò ad annuire e seguì con lo sguardo i tre allontanarsi; era successo qualcosa di grosso, ne era sicura e con un moto di coraggio corse verso il proprio dormitorio. Essere la ragazza di George Weasley le garantiva qualche privilegio, tra cui avere accesso ad alcune delle diavolerie che i due gemelli erano soliti inventare. Frugò nel suo baule e tirò fuori dei fili che sembravano fatti di carne; George le aveva regalato quello strano arnese, orecchie oblunghe le aveva detto, poteva ascoltare con quelle le conversazioni con assoluta chiarezza e anche se non le aveva mai utilizzate prima decise che quella sarebbe stata una buona occasione per testarle. Tornò di fretta davanti alla classe in cui aveva visto infilarsi i 3 ragazzi, nella speranza di riuscire a cogliere qualche informazione utile; si sentiva un po’ meschina, ma la curiosità aveva avuto la meglio, quindi dopo un attimo di esitazione si posizionò davanti alla porta, srotolò i lunghi fili che si infilarono sotto la fessura ed accostò i capi alle orecchie.
Con stupore si rese conto che sentiva chiaramente ogni parola, ma le voci non erano solo quelle dei tre ragazzi che aveva lasciato prima, si erano unite altre persone che riuscì a riconoscere: Ginny e Luna si trovavano con loro e sembrava stessero discutendo
-E dobbiamo anche tenere gli altri studenti alla larga dal suo ufficio, perché non ci vedano entrare, altrimenti qualche serpeverde si precipiterà a farle una soffiata- Sentì dire da Harry
-Io e Luna possiamo metterci ai due capi del corridoio- questa volta era stata Ginny a parlare, -e avvertire tutti di non passare perché qualcuno lo ha riempito di Gas Strozzante- indugiò ed aggiunse -Prima di andarsene, Fred e George lo stavano progettando davvero-
Matilda alzò gli occhi al cielo, quei due erano davvero incorreggibili.
-Bene- era la voce di Hermione. -Allora, Harry, noi due ci intrufoleremo nell’ufficio, tu parlerai con Sirius...-
Sirius? Chi era Sirius? Non conosceva nessuno studente con quel nome
-Non lo troverò, Hermione!-
-Voglio dire che potrai... potrai controllare se è a casa oppure no, mentre io monto la guardia. Non credo che dovresti entrare da solo. Lee ha già dimostrato che la finestra è un punto debole, facendoci passare gli Snasi».
Quindi non si trattava di uno studente, bensì di qualcuno fuori da Hogwarts…
-Io... d'accordo, grazie- disse Harry. -Allora, be', in tutto non credo che avremo più di cinque minuti- disse Hermione. -Con Gazza e la Squadra d'Inquisizione in giro...- -Cinque minuti basteranno- disse Harry. -Muoviamoci...- -Adesso?- esclamò Hermione, spaventata. -Adesso, sì!- ribatté Harry con rabbia. -Che cosa pensavi, di aspettare dopo cena? Voldemort sta torturando Sirius in questo momento!-
Matilda capì che aveva ascoltato abbastanza. Confusa e in un lieve stato di panico ritirò a sé le orecchie oblunghe, le infilò nella tasca e corse via mentre la testa macinava informazioni.
Sirius…colui-che-non-deve-essere-nominato stava torturando un certo Sirius che i ragazzi conoscevano bene. Anche fosse stato, come avevano fatto a venire a conoscenza di quell’informazione? E soprattutto lei come avrebbe potuto aiutarli?
Si prese un momento per riflettere e quando ormai lontana dalla porta si affrettava con passi incerti verso una meta non chiara, vide con la coda dell’occhio Hermione ed Harry correre verso l’ufficio della Umbridge. Decise che non avrebbe potuto fare molto se non aspettare.
Matilda passava frenetica da un corridoio all’altro tentando di mantenere alto il livello d’attenzione; quando però sentì degli schiamazzi cambiò direzione e si diresse verso il corridoio da cui provenivano le urla: vide Tiger afferrare per il collo Neville e trascinarlo dentro lo studio della Umbridge ed il cuore prese a palpitare quando capì che i suoi amici erano stati scoperti. Entrare nell’ufficio sarebbe stata un’azione avventata e dannosa, per cui dopo essersi guardata intorno gli occhi grigi caddero su una nicchia nel quale la ragazza si infilò in attesa. Passarono minuti interminabili e la serpeverde sussultò quando vide la porta spalancarsi e suo fratello uscire di corsa, con un ghigno vittorioso stampato sul viso pallido tanto quanto il suo; poco dopo riapparve con il professor Snape ed assieme entrarono nello studio.  Altro tempo trascorse, tempo in cui Matilda non fu in grado di fare altro che rimanere nascosta nella nicchia in attesa che gli studenti e gli insegnanti uscissero dallo studio.
Snape fu il primo ad uscire, seguito poco dopo dalla Professoressa Umbridge, Harry ed Hermione che si avviarono all’uscita con passo frenetico. Infine I membri della squadra d’inquisizione spintonarono fuori Ginny, Luna Ron e Neville, che dovevano essersi beccati qualche colpo ben assestato dato le labbra sanguinanti e gli occhi gonfi.
 Matilda non ci vide più, una rabbia violenta si era impossessata di lei e prima che la ragione potesse intervenire era già fuori dalla nicchia, con la mano stretta intorno alla bacchetta che puntò alle spalle di Millicent
-Stupeficium!- urlò dentro di sé e l’incantesimo non verbale riuscì alla perfezione, visto che la grossa compagna di casa si schiantò contro la parete e svenne. Prima che gli altri potessero girarsi lanciò contro il fratello un incantesimo inciampante e Draco cadde faccia in avanti sul pavimento. A quel punto Ginny lanciò una fattura orcovolante contro Draco e afferrò dalle sue tasche due bacchette che, sicuramente, aveva sottratto ad Harry ed Hermione, mentre Neville lanciò contro Tiger un potente schiantesimo che lo fece svenire e Matilda si curò di schiantare Warrington. Prima che Draco si potesse liberare dell’incantesimo di Ginny, Matilda corse verso i quattro che la guardarono con occhi sgranati e sussurrò –Andate! Ci penso io qui!-
Lo sguardo di estrema gratitudine che Ginny le rivolse la sorprese a tal punto da farla arrossire. Guardò la ragazza correre via seguita da Neville Luna e Ron che le lanciarono segnali muti di ringraziamento prima di scomparire oltre il corridoio; a quel punto si allontanò anche lei di qualche passo, per poi tornare verso i quattro serpeverde come se fosse giunta in quel momento
-Per la miseria Draco! Ma che diavolo è successo qui?!-
Con un colpo di bacchetta ruppe la fattura lanciata da Ginny sul fratello che agitava le mani davanti alla faccia per scacciare i piccoli aggressori; appena questi sparirono Draco si guardò intorno frastornato e quando si rese conto che anche gli altri tre erano stati messi K.O. lanciò un grido di frustrazione.
-Maledetti! Come hanno fatto?!-
Matilda aiutò il fratello a rialzarsi da terra e gli sistemò con noncuranza la camicia
-Guarda come ti sei ridotto, ma cosa vi è successo?- imitò alla perfezione un tono preoccupato, per cui a Draco non passò per la mente che fosse stata lei stessa l’autrice della fuga dei quattro ragazzi.
-Hai visto dove sono andati?! L’hai visto?!- ansimò Draco mentre scuoteva le spalle della sorella, la quale inarcò un sopracciglio
-Andati chi? Buon Merlino datti una calmata!-
-Quei maledetti, i Weasley, Longbottom e la Lovegood!-
-Ah si, li ho visti sfrecciare verso la torre di Grifondoro poco fa- Si chiese se aveva fatto bene ad indirizzare lì il fratello o se avesse condannato  gli amici alla furia di Draco –Ma vuoi spiegarmi che è successo?-
-Non ora Matt!- Draco tastò la sua tasca ed estrasse la bacchetta, per poi puntarla contro Tiger ancora svenuto a terra –Reinnerva!- il grosso serpeverde sembrò riprendersi, Draco lanciò lo stesso incantesimo a Warrington e afferrandoli per le spalle gridò –Andiamo!- poi si rivolse alla sorella –Pensa tu a lei!- E quasi ringhiando corse via, con Tiger e Warrington che lo seguivano reggendosi  la testa con le mani.
Matilda lanciò un’occhiata a Millicent rivolta a terra con braccia e gambe spalancate e contrasse il volto in un’espressione di disgusto –Bleah…- con la punta della bacchetta si limitò a coprirle le cosce rimaste scoperte fino alle mutande –Si certo…buon sonnellino cara- e ghignando si allontanò.
 
Matilda tornò nella sua sala comune. Non sapeva bene cosa fare, di certo non poteva raggiungere i ragazzi non sapendo nemmeno che fine avessero fatto, quindi si limitò a rigirare la bacchetta fra le mani, seduta su una delle scomode sedie della sala e pensò. Si chiese chi fosse questo Sirius di cui aveva sentito parlare, e ancora se Hermione, Ron Harry e tutti gli altri stessero bene. Quando giunse l’ora di cena si alzò e si recò nella Sala Grande con uno strano senso di agitazione a percorrerle il corpo.
 
La mattina dopo la scuola era nuovamente crollata nel caos: si diceva che Silente fosse tornato e avesse nuovamente occupato il suo ruolo di preside, che la Umbridge fosse riemersa con lui dalla foresta proibita e si trovasse in infermeria, dove anche altri studenti, fra cui Harry Potter, erano ricoverati. Matilda si agitò sul posto e fremette all’idea di incontrare i suoi amici e chiedere loro che diavolo fosse accaduto e che fosse maledetta se non le avessero dato una spiegazione sufficientemente dignitosa; eppure quando tentò di accedere all’infermeria su bloccata da madama Chips, che le negò l’accesso col capo e con la voce –Impossibile, deve ripassare domani, oggi devono ancora riposare-
Ma il giorno dopo una brutta sorpresa la colse all’ora della colazione, prima ancora di poter solo pensare di ritentare l’ingresso in infermeria. Proprio mentre stava per addentare una grossa fetta di ciambellone, sulla testa di Matilda planò un grosso gufo che le fece cadere davanti una lettera e lo stesso gufo si mosse poi su Draco, consegnando anche a lui una missiva. Matilda abbandonò l’idea di riempirsi la pancia e, velocemente, scartò la lettera ed estrasse la pergamena. Gli occhi si sgranarono, le mani presero a tremare così come le labbra, mentre le lettere scorrevano davanti al suo sguardo come affilati coltelli
 
Matilda
Purtroppo vostro padre ieri è stato arrestato e portato ad Azkaban; presto leggerai delle importanti notizie su La Gazzetta del Profeta. Dopo quello che è accaduto, a seguito di ciò che ho appreso sull’atteggiamento che hai tenuto quest’anno appena trascorso e, vista la tragica assenza di tuo padre, ho preso una decisone per entrambi: passerai l’estate dalla prozia Lucrezia Tiger. Sappi che è la cosa migliore.
Con la speranza di salvaguardarti e di farti ragionare, ti informo che ribellarti sarà inutile. Non credere che io voglia questo, ma al tuo comportamento non c’è altra soluzione.
 
Narcissa Malfoy

 
Rilesse quelle sintetiche righe più e più volte. Nonostante fosse evidente quanto il tono volesse sembrare perentorio e di disapprovazione, Matilda isolò quelle frasi che racchiudevano il vero significato di ciò che voleva comunicarle la madre.
 
Tuo padre è ad Azkaban
 
Dopo quello che è accaduto
 
Sappi che è la cosa migliore
 
Con la speranza di salvaguardarti
 
Non credere che io voglia questo
 
Percepì un lieve tonfo davanti a sé. Alzò gli occhi ed incontrò quelli furenti del fratello, in piedi dall’altra parte del tavolo, che le aveva schiaffato davanti la lettera appena ricevuta
-Azkaban. Lo hanno portato ad Azkaban- La voce di Draco vibrò di rabbia e paura. Matilda chinò la testa ed affondò le mani nei capelli ribelli
-Non ti frega nemmeno di questo, immagino.-
A quella provocazione non rispose. Come poteva pensare che fosse indifferente alla notizia? Ma la testa si arrovellava per capire cosa fosse successo, perché alla fine suo padre fosse stato arrestato; era impossibile non collegare il tutto agli strani eventi del giorno prima, ad Harry ed Hermione guidati dalla Umbridge, a Ron Luna Ginny e Neville, al fatto che fossero tutti chiusi in infermeria, a quello che aveva sentito.
Il signore oscuro sta torturando Sirius.
Sirius.
Ma alcune sue domande ottennero presto risposta, nel momento in cui un allocco le consegnò una copia del Profeta della Domenica; continuando ad ignorare il fratello Matilda si affrettò a lasciare le monete all’allocco e con mani tremanti aprì il quotidiano tanto atteso
 
IL RITORNO DI COLUI-CHE-NON-DEVE-ESSERE-NOMINATO
Venerdì notte, una breve dichiarazione del Ministro della Magia Cornelius Caramell ha confermato che Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato è tornato ed è di nuovo in azione. «È con profondo rammarico che devo confermare la ricomparsa fra noi del mago che si fa chiamare Lord... be', sapete a chi mi riferisco» ha detto Caramell ai cronisti, stanco e sconvolto. «Quasi con pari rammarico dobbiamo informarvi che i Dissennatori di Azkaban si sono rifiutati di proseguire il loro lavoro per conto del Ministero e riteniamo siano ora passati agli ordini di Lord... Coso. «Invitiamo alla vigilanza tutto il popolo magico. Il Ministero sta già preparando guide alla Difesa elementare - casalinga e personale - che nel corso del mese prossimo saranno distribuite gratis a tutte le famiglie di maghi». L'annuncio ha suscitato sgomento e allarme nella comunità magica, che appena mercoledì scorso aveva ricevuto dal Ministro l'assicurazione che non c'era «la minima verità nelle persistenti voci che Voi-Sapete-Chi sia di nuovo fra noi». Ancora vaghi sono i particolari degli eventi che hanno condotto a questo spettacolare voltafaccia, ma si nutrono fondati sospetti che giovedì sera Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato e un gruppo di suoi seguaci (noti come Mangiamorte) si siano introdotti nello stesso Ministero della Magia. Albus Silente, reintegrato nella posizione di Preside di Hogwarts (Scuola di Stregoneria e Magia), di membro della Confederazione Internazionale dei Maghi e di Stregone Capo del Wizengamot, si è finora rifiutato di rilasciare dichiarazioni. Durante lo scorso anno aveva più volte affermato che Voi-Sapete-Chi non era morto, come tutti avevano sperato e creduto, ma aveva ripreso a reclutare seguaci per tentare nuovamente di impadronirsi del potere. Intanto, il Ragazzo-Che-È-Sopravvissuto...
 
Chiuse di scatto il quotidiano. Aveva letto abbastanza, era chiaro che il motivo per cui Lucius era stato portato ad Azkaban fosse legato a quella visita al Ministero con colui-che-non-deve-essere-nominato. Alzò gli occhi verso Draco che era rimasto in piedi davanti a lei ed ora allungava una mano per prendere il quotidiano della sorella, ma quella glielo strappò via.
-Trovatene un altro, questo mi serve-
Si alzò di scatto e corse rapidamente fuori dalla Sala Grande. Finalmente ebbe il permesso di entrare in infermeria, dove trovò Hermione stesa un letto, Ron ed Harry seduti ai piedi di questo, Neville nel letto a fianco e Ginny e Luna in piedi fra le due brandine. Matilda fece un grande respiro e si avvicinò al gruppo dei suoi amici; la testa le stava scoppiando e l’ansia si era impossessata di lei come un parassita impossibile da debellare, infine giunse il senso di colpa: era stato suo padre a ridurli in quel modo? Aveva scagliato maledizioni contro i suoi compagni?
Il battito del cuore decelerò un po’, appena si rese conto che i ragazzi la stavano accogliendo con grandi sorrisi, sintomo del fatto che forse non la odiassero per colpa di suo padre.
-Ragazzi…state…state bene?- balbettò in un sussurro sfinito lei
Sembravano tutti un po’ tumefatti, non conciati troppo bene, ma comunque non avevano l’aria di aver subito qualcosa di grave; però quando si soffermò su Harry notò il suo sguardo racchiudere stanchezza, rabbia e dolore, anche se la sua bocca le stava sorridendo.
-Stiamo bene, tutti bene-
Hermione le sorrise debolmente e si guardò con Harry, Ron invece mostrava un sorriso ben più sgargiante. Matilda abbassò lo sguardo cercando di ricacciare quell’insensato senso di colpa, ma la sua concentrazione venne interrotta da un abbraccio un po’ manesco, ma estremamente caloroso
-Grazie Malfoy, non fosse stato per te non avremmo potuto aiutarli-
Quella massa di lunghi capelli rossi quasi le finì in bocca; l’odore di Ginny aveva qualcosa di simile a quello di George, che trovò in effetti estremamente familiare e piacevole. Ginny la stava abbracciando e la stava ringraziando. Se persino la ragazza non dimostrava di avercela con lei, dubitava che gli altri potessero davvero odiarla; rossa in volto dette un leggero colpo di tosse e picchiettò la spalla della ragazza che la staccava parecchio in altezza, ma ormai era abituata alle misure esagerate dei Weasley, per cui non ci fece molto caso.
-Vieni, siediti Matt- fu Harry a parlare. A quel punto Ginny sciolse quell’abbraccio e lasciò sedere la serpeverde al posto di Harry.
Ron pescò una cioccorana da una montagna di dolci e la passò a Matilda –Le hanno mandate Fred e George- specificò –Devono andargli proprio bene gli affari!-
Matilda accennò un sorriso al pensiero di George, ma non ci mise molto a tornare seria e meditabonda.
-Forse mi dovete delle spiegazioni- Disse la giovane Malfoy che mostrava il giornale ai ragazzi ed accennava ad un sorriso bonario. Hermione annuì debolmente e fece correre gli occhi castani da lei ad Harry; nessuno parlò.
-Mio padre…ho ricevuto una lettera questa mattina- Gli occhi grigi insistettero nel cercare un interlocutore –Lo hanno portato ad Azkaban, qui si parla di un blitz al Ministero assieme a voi-sapete-chi-
-Matt…- Harry puntò gli occhi stanchi ed infossati in quelli di lei –Hai ragione, dobbiamo dirti cosa è successo, ma ora non possiamo- il giovane grifondoro indicò con lo sguardo la Umbridge sdraiata su una brandina davanti a loro che si guardava intorno con sguardo perso ed i capelli stranamente scapigliati. Matilda annuì, poi abbassò lo sguardo.
-Qualcosa non va. Mia madre non vuole farmi tornare a casa mia-
-Come?- Chiesero in coro Ron e Ginny imitando alla perfezione i gemelli. Luna si guardava intorno come fosse in un’altra dimensione, Neville con il viso gonfio ma uno sguardo vivido ed attento osservava gli altri.
-Già, credo sia proprio merito di tutta questa situazione- scartò la cioccorana e la rigirò un paio di volte nelle dita prima di farla saltare in bocca –Comunque avremo tempo per le spiegazioni, non rimarrò molto tempo da quella babbiona della mia prozia- sorrise rassicurante prima di leccarsi via la cioccolata dalle dita.
Hermione allungò una mano in direzione dell’amica –Rimani sempre della stessa idea? George ti darà una mano? Sappi che per me stai facendo la cosa giusta.-
Matilda annuì mentre stringeva la mano di Hermione, lasciando incuriositi gli altri che non erano a conoscenza dei suoi piani di fuga.
-Se c’è di mezzo mio fratello non prevedo nulla di buono- Si intromise Ron con tono preoccupato.
-Ora riposatevi, io vado a sistemare le mie cose- Matilda si alzò.
-Vengo con te- Luna come destatasi da un lungo sonno puntò i grandi e sporgenti occhi in quelli di lei, che annuì.
-Matt- La voce di Harry sembrò uno strano gorgoglio –Mi dispiace-
La giovane serpeverde si trovò ancora a guardare quei profondi occhi verdi –Stai tranquillo Harry, a me no-
 
Mentre attraversavano il corridoio silenziose, Luna si guardò intorno con sguardo sognante e parlò come era solita fare, a caso –Deve essere difficile per te, sai io ho il mio papà che fa sempre di tutto per farmi stare bene.-
Matilda guardò la corvonero con stupore, così le strinse appena la spalla con la mano
-Grazie Luna, ma ora so quello che devo fare. Una volta il professor Silente mi disse una cosa molto interessante, sai?-
Luna inclinò appena il capo in ascolto, così lei continuò –‘Molti di noi maghi e streghe sono legati ad una trama che è stata costruita per noi, in cui possiamo ritrovarci inevitabilmente incastrati; ma districarla non è impossibile’. Sai Luna, sto districando la mia trama e sono intenzionata a guadagnarmi la mia vita-
La ragazza guardò Matilda e sorrise con fare sognante –Un uomo davvero saggio, il professor Silente-
Matilda annuì. Non avrebbe mai scordato la conversazione che aveva avuto con il preside: si sarebbe battuta per la propria libertà e, per quanto difficile, avrebbe continuato ad illuminare la strada per Draco, nella speranza che lui riuscisse un giorno a cogliere il sentiero giusto.
 
Sul treno di ritorno da Hogwarts i ragazzi fremevano eccitati e le porte dei vagoni si aprivano e chiudevano in continuazione. Draco Tiger e Goyle avevano tentato un agguato ad Harry Potter, ma sfortunatamente per loro questo era accaduto davanti ad un vagone pieno dei membri dell’ES, che lanciarono fatture contro i serpeverde e li infilarono sulle rastrelliere. Matilda guardava fuori dal finestrino cercando di ignorare Daphne e Lee, che avevano deciso che per salutarsi necessitavano di una lunga pomiciata che durava ormai da ore. Quando il treno rallentò in prossimità di King’s Cross gli studenti in fermento iniziarono a preparare i propri bagagli. Matilda era già davanti alla porta d’uscita accanto ad Hermione, con il baule pronto e Juno chiusa nella gabbia, molto risentita della presenza di Grattastinchi, il gatto della sua amica, che puntava la gabbia muovendo la coda nervoso.
Entrati nella stazione Matilda scorse dal vetro della porta un mucchio di persone ed il cuore si lanciò in una sessione ritmica degna delle Sorelle Stravagarie, quando riconobbe due gemelli dai capelli rossi in attesa sulla banchina. Appena la porta si aprì afferrò il baule e la gabbia e si trascinò fuori goffamente, ma la magia venne in suo soccorso ed i suoi effetti iniziarono a levitare: alla sua sinistra George, che indossava una giacca di squame di drago nuova di zecca, la guardava con un sorriso incredibilmente ampio mentre agitava la bacchetta per aiutare la ragazza con i bagagli. Matilda corse verso di lui ed in un soffio le fu aggrappata al collo.
-Così piccola ma così violenta!- Rise lui fra la massa dei suoi capelli chiari mentre stringeva le lunghe braccia intorno alla vita, trattenendola sospesa da terra. Matilda riempì di baci la faccia di George mentre il ragazzo la tratteneva a sé; le sembrava passata una vita intera dal loro ultimo incontro clandestino
-Mi stavo dimenticando la tua faccia! E la tua voce! E il tuo profumo…tutto!-
-Ma sentitela, che melodrammatica che sei! Dovresti pensare di fare l’attrice-
Scoppiarono a ridere e George decise di rimetterla a terra; solo allora Matilda si guardò intorno ricordandosi che qualcuno sarebbe di certo passato a recuperarla alla stazione, ma i suoi occhi che alla luce del pieno sole di giugno rilucevano di blu e acquamarina, ricaddero su un gruppo di persone poco distanti da loro e che li stavano fissando chi ridacchiando, chi con perplessità: c’erano entrambi i suoi vecchi professori di Difesa contro le Arti oscure (anche se Alastor Moody non lo era propriamente stato), riconobbe quindi Malocchio ed il professor Lupin, accanto una ragazza con i capelli color rosa acceso che aveva un’aria stranamente familiare, infine al loro fianco si trovavano un uomo alto e dai capelli radi e rossi ed una donna decisamente più bassa, tonda e anche lei provvista di una massa di capelli color rame. Quando Matilda che spiava il gruppo da sotto il braccio di George si rese conto che quelli dovessero essere i suoi genitori, si staccò immediatamente da lui mentre il viso pallido andò a fuoco in un batter d’occhio. George scoppiò a ridere di cuore.
-Che c’è, ti sei imbarazzata lemonsoda? Strano!-
-Ma io, m-ma lo-loro- iniziò a balbettare intontita.
-Vuoi che te li presenti subito?- Disse lui cercando di trattenersi dallo scoppiare nuovamente a ridere.
-Io, tu…no George, non c’è tempo!- Matilda cercò di calmarsi e dopo essersi guardata intorno si affrettò a parlare –Mia madre mi spedirà dalla mia prozia, i piani sono cambiati! Ascoltami bene- gli afferrò la mano con fare agitato e lo strattonò verso il basso, così da poter abbassare il tono della voce –Ho lasciato l’indirizzo ad Hermione; controlla il galeone ogni sera alle 20:00, mia zia è vecchia decrepita e per quell’ora avremo già finito di cenare. Mi hai capita George? –
-Va bene, ora calmati bambina o ti farai venire un colpo! Tutti i giorni alle 20:00, ricevuto-
Matilda lo squadrò e poi gli tirò il viso verso il proprio –Il tuo nuovo look è fichissimo- e infine incurante dei presenti che continuavano a guardarli gli stampò un bacio sulle labbra.
Appena si allontanò di un paio di passi, la giovane Malfoy sentì una mano premerle sulla spalla. Quando si voltò si scontrò con una vecchia conoscenza, un mago che spesso aveva visto nella villa Malfoy; l’uomo lanciò uno sguardo duro ed ostile a George, che immediatamente perse il sorriso, poi si rivolse alla ragazza –Signorina Malfoy, devo scortarla all’auto che ci sta attendendo fuori.-
Matilda deglutì e lanciò un ultimo sguardo a George, che non aveva smesso di fissare l’uomo con odio evidente; mentre si allontanava con la gabbia di Juno in mano a fianco di quel gorilla che stava trasportando il suo baule, Matilda si voltò ancora una volta e si perse ad osservare Fred e la sua ragazza Grace avvinghiati in un abbraccio, Hermione che rideva con i suoi genitori, la famiglia Weasley e gli altri presenti che si scambiavano baci ed abbracci. Non doveva lasciarsi andare, presto anche lei sarebbe stata libera, era solo questione di tempo; si voltò e seguì l’uomo in silenzio, il viso tornato scuro e triste proprio come i suoi occhi spenti.
 
-Quindi quella sarebbe la mia cuginetta, sembra così graziosa! Non trovate mi assomigli?- Tonks rivolse uno dei suoi soliti sorrisi entusiasti a George, che aveva appena riassunto un’espressione più consona a lui; al suo fianco Molly Weasley seguiva con sguardo preoccupato la ragazza uscire dalla stazione e sembrò voler intervenire, ma Lupin che aveva annusato il rammarico della donna intervenne con prontezza –Non preoccuparti Molly, ci saremo anche noi al suo arrivo, ci parleremo insieme-
La donna si abbandonò in un sospiro carico d’ansia e strinse il braccio del marito al suo fianco.
-Non posso fare altro che fidarmi delle parole di Albus , suppongo- E con la famiglia ed i membri dell’ordine, seguì la folla uscire dalla stazione.

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Capitolo 17
*** Il profumo di George è odore di libertà ***


CAPITOLO XVII
Il profumo di George è odore di libertà
 
Fuori dalla stazione di King’s Cross Matilda venne condotta ad una limousine babbana con vetri oscurati, parcheggiata al fianco di una seconda limousine. Prima di salire nell’auto si guardò intorno intimorita e solo quando vide apparire anche Draco, malconcio ed indispettito, si rilassò appena. Proprio mentre si muoveva verso il fratello sentì trattenersi per un polso; nel voltarsi i suoi occhi ricaddero in quelli di Narcissa che sembrava aver perso un po’ di quell’eleganza e fierezza che la caratterizzava.
-Mamma…-
La donna strinse la mano della figlia mentre teneva d’occhio Draco che si avvicinava a loro, seguito da un altro mago che trasportava i bagagli al posto suo.
-Matilda, sali in macchina- sentenziò la donna.
-Ma Draco verrà con noi? Stiamo andando al maniero? Vorrei almeno recuperare le mie cose…-
-Non ce n’è bisogno, è stato portato tutto a casa della prozia…per una volta cerca di ubbidirmi…-
Ma Matilda non la ascoltò, si allontanò dalla donna e puntò verso il fratello, che sembrava non capire cosa stesse succedendo.
-Perché ci sono due limousine? Che succede?- Quegli occhi identici ai suoi saettavano da Narcissa alle auto. Matilda afferrò la mano di Draco e la strinse forte.
-Non mi è concesso di passare nemmeno una notte al maniero a quanto pare. Draco…-
-Cosa? Che vuol dire? Dove stai andando?-
Narcissa si accostò ai figli ed accarezzò i capelli di Draco.
-Tesoro, ti spiegherò tutto più tardi, ora dobbiamo andare- Matilda giurò di scorgere un tremolio nella voce della madre.
-Draco…- Sussurrò la ragazza mentre veniva allontanata dal mago che l’aveva condotta fin lì.
-Ma cosa state facendo? Che storia è questa?! Lascia stare mia sorella!-
Matilda si divincolò dalla presa e si lanciò ad abbracciare il fratello; si affrettò ad accostare la bocca al suo orecchio in modo da non farsi sentire dagli altri.
-Ti prego Draco, ti prego sta attento, promettimi di stare attento-
Il gemello la allontanò trattenendola per le spalle –Mi vuoi spiegare qualcosa?! Ehi…Matt!-
La ragazza era stata riafferrata da quell’uomo e fu condotta verso l’auto, seguita da Narcissa.
-Matt!- Ma anche il ragazzo fu trattenuto. Narcissa si voltò a guardare il figlio.
-Vai a casa Draco e aspettami lì, tornerò questa sera.- E senza aggiungere nulla salì in macchina a fianco della figlia e la loro limousine partì, lasciando il ragazzo solo.
 
Nel tragitto Matilda tenne tutto il tempo lo sguardo sul finestrino e si perse nel panorama urbano che pian piano mutava, per diventare rupestre. Di tanto in tanto infilava le dita nella gabbia di Juno sulle sue ginocchia, per carezzare il becco della civetta. Se nemmeno le era stato concesso di passare anche solo una notte nella villa Malfoy ci doveva essere qualcosa sotto. Narcissa sembrò tentare un paio di volte di avviare una conversazione, ma ben poche parole uscirono in risposta dalla bocca di Matilda e la donna si trovò costretta a tacere, rimandando le spiegazioni una volta arrivata alla magione di Lucrezia Tiger.
Un grande cancello di ferro battuto si spalancò a loro e dava inizio ad un lungo viale affiancato da siepi scure e ben curate; una volta raggiunto il piazzale che anticipava l’ingresso alla villa la limousine si arrestò e dal portone di legno scuro spuntarono 4 elfi domestici, tre dei quali recuperarono velocemente i bagagli di Matilda mentre il quarto, dopo un riverente inchino, chiese alle due di seguirlo.
L’ingresso alla villa le ricordava quello di casa sua, anche se era ancora più buio e sicuramente non così ben tenuto; un forte odore di chiuso e polvere infastidirono il naso della ragazza, di cui sguardo era perso nei grandi arazzi cupi attaccati alle pareti. L’elfo condusse Narcissa e Matilda in una sala da pranzo poco luminosa e subito si ritirò.
-Narcissa…è così bello rivederti. E questa deve essere Matilda, non sei cresciuta molto dal nostro ultimo incontro, cara-
La voce roca e profonda della donna impattò con il silenzio rigoroso della sala, dove la donna era seduta su una grande e logora poltrona accanto ad un divano di velluto scuro, posti in posizione centrale. Narcissa fece segno alla figlia di seguirla ed assieme si avvicinarono a Lucrezia Tiger, che aveva i capelli ben tirati in uno striminzito chignon brizzolato, le palpebre scure calate sopra gli occhi vacui, la bocca tirata in un sorriso circondato da rughe e per concludere il suo famigerato e piccante odore di gnomo da giardino a coronare l’arcigna figura.
-Vi trovo bene Lucrezia, possiamo accomodarci?-
Certo che si mia cara, certo che sì- La vecchia alzò una mano nodosa ad indicare il divano posto al suo fianco, su cui le due sedettero composte. L’attenzione di Lucrezia Tiger tornò su Matilda, su cui viso non c’era l’ombra del sorriso, ma si limitava ad un’espressione distesa ed elegante.
-Allora signorina, tua madre mi ha detto che passerai l’estate qui per concentrarti sullo studio delle pozioni…- irruppe rauca la vecchia prozia. La ragazza fece correre gli occhi dalla madre a Lucrezia, infine annuì.
-Siete stata così…cortese a darmi questa ospitalità, vi ringrazio-
-Cara ragazza, invero appena Narcissa mi ha riferito che avevi così tanta voglia di approfondire l’arte del pozionista non ti nego che sono rimasta piacevolmente stupita: alla tua età nessuna ragazza sacrificherebbe l’estate per studiare, specialmente dopo che si è appena conseguiti i G.U.F.O.-
Già, proprio nessuno valutò Matilda mentre tentava di trattenere il disgusto per il pessimo olezzo della prozia.
-Matilda è una studentessa impeccabile, sono sicura che sarà ben lieta di approfondire gli studi- rispose prontamente Narcissa togliendo così la figlia dall’impasse.
Gli occhi lattiginosi della vecchia donna studiarono ancora una volta la figura minuta della pronipote –Nonostante quello che è successo al tuo povero padre non ti perdi d’animo, devi essere proprio una cara ragazza- Quel tono arrivò come un sibilo alle orecchie della giovane Malfoy, che si sforzò molto per sorridere.
-Ma ora sarai stanca, Koll, KOOOLL!- Quel grido richiamò l’elfo che aveva condotto da lei le due streghe e quando questo apparve trafelato, Lucrezia non si degnò di alzarsi
-Accompagna le mie ospiti nella stanza preparata per la mia giovane nipote, su veloce!-
Le due si alzarono e Narcissa rivolse un sorriso composto alla donna.
-Vi ringrazio ancora, mi permetto di accompagnare mia figlia nella sua stanza e poi tornerò al maniero. Draco avrà bisogno di me-
-Ma come, non ti fermi per cena cara?-
-Non mi è possibile, ma sono sicura che Matilda sostituirà la mia presenza-
 
La stanza sita nel piano superiore della villa era di certo più luminosa di quanto si aspettasse: un ingombrante letto a baldacchino occupava il centro di questa e le grandi finestre erano drappeggiate con scure tende di velluto, per il momento trattenute da cordini ai lati delle vetrate. Una scrivania di legno antico ospitava un calamaio ed un paio di ampolle di vetro ma per il resto la stanza era decisamente scarna, provvista solo di un traballante armadio dove Matilda avrebbe potuto riporre i propri vestiti.
-Una prigione con i fiocchi, grazie davvero- sibilò algida Matilda. Quando Narcissa estrasse la bacchetta per aiutarla a disfare i propri bagagli, la ragazza alzò una mano nella sua direzione.
-Non ce n’è alcun bisogno, faccio da me-
Il volto segnato di Narcissa si contrasse in un sospiro doloroso; con un colpo di bacchetta chiuse la porta ed in seguito sedette sul letto.
-Dobbiamo parlare, siediti per piacere-
Matilda non ribatté, si limitò a sedersi accanto alla madre.
-Ti ascolto, parla pure-
La donna esplorò il viso della figlia come se stesse trovando la forza per tirare fuori una delicata confessione, infine iniziò a parlare.
-Ti sarai chiesta perché non ti ho concesso di tornare a casa.-
-Certo. Suppongo di essermi data delle spiegazioni plausibili, tanto ormai è chiaro che non posso fare affidamento su di voi, per avere chiarezza-
-Smettila di usare questo tono, non so davvero più cosa fare con te- sputò la donna lasciando trapelare tutta la stanchezza ed il dolore accumulati in quei giorni.
-Potevi almeno concedermi di parlare con mio fratello, mi sarebbe bastato un giorno, ma mi hai negato anche questo. Che cosa pretendi?-
-C’è più di un motivo per cui non ho permesso che tu tornassi. Tesoro…- il tono di Narcissa si rabbonì e la donna si permise di allungare una mano a sfiorare la lunga treccia scomposta della figlia.
-Devi credermi, saresti in pericolo. L’assenza di tuo padre ha complicato molto le cose-
-Immagino che la sua visitina al Ministero non abbia fatto piacere agli auror, non è così?- Disse risentita la ragazza. Narcissa si accigliò e la fissò.
-Non ha potuto fare altrimenti, lo capisci? Il signore oscuro pretende molto da lui-
-Il signore oscuro pretende da chi gli da seguito!- Matilda cercò di trattenersi dal non alzare la voce.
-Non essere così ceca, sei molto intelligente e sai perfettamente che se ci rifiutassimo di assecondarlo non uno di noi rimarrebbe in vita!-
-Meglio morta che diventare un tirapiede di tu-sai-chi!-
-Non dirlo!- Il tono di Narcissa fu scosso da un singulto. Matilda tentò di calmarsi, ma era difficile contrastare i pensieri che sfrecciavano nella testa; trasse un grande respiro e tornò a guardare il volto ancora sconvolto della madre.
-Tua sorella, Bellatrix. È nascosta nella nostra villa, non è così?-
Gli occhi della madre vibrarono sconnessi.
-Allora? È così?- la rincalzò la figlia.
-Tesoro, ti ho detto che i motivi per cui ti trovi qui sono molti più di quelli che immagini…-
-E Draco?- Chiese agitata Matilda; a quella domanda Narcissa portò rapidamente la mano e toccare nervosamente la propria acconciatura.
-Tuo fratello sarà al sicuro. Io farò di tutto per proteggerlo- La donna tentò di indurire il tono della voce, con scarso successo pensò la figlia.
-Davvero speri che mi basti questo?! Io vengo spedita dalla vecchia prozia mentre mio fratello passerà una fantastica estate in compagnia del signore oscuro e i suoi fedeli mangiamorte?! Ora si che posso stare tranquilla e farmi delle belle dormite!-
Narcissa si alzò e sistemò con cura il proprio abito prendendo l’amara decisione di non esporsi oltre con la figlia; quest’ultima rizzò in piedi ed alzò nuovamente la voce.
-Non merito nemmeno una risposta?!-
Una volta ricomposta estrasse da una borsa una pergamena ripiegata, che porse alla figlia con un gesto freddo
-Questa è il permesso per andare ad Hogsmeade il prossimo anno. Non perderla per piacere-
Sua madre l’aveva capito. Sapeva che molto probabilmente non si sarebbero riviste. Matilda si morse nervosamente le labbra mentre afferrava la pergamena che prese a rigirare fra le esili dita. Si guardarono a lungo rimanendo in silenzio. Narcissa allungò una mano al volto della figlia e ne carezzò la guancia.
-Sei quasi una donna ormai, una bellissima donna.- Sussurrò con voce tremante mentre faceva correre le iridi scure sui lineamenti di Matilda.
-Ti chiedo solo un’ultima cosa: fai attenzione.- Mormorò infine, prima di ritirare la mano; si voltò e si avviò verso la porta.
-Mamma…- il tono di Matilda fu rotto dalle lacrime che stava trattenendo a stento. Narcissa non si voltò ma rimase ferma in ascolto.
-Pensa a Draco. Se gli dovesse succedere qualcosa non potrei mai perdonarvelo. Promettimelo!-
Con il cuore ormai in pezzi Narcissa si sforzò di voltarsi verso la figlia ed osservò le lacrime che, copiose, sgorgavano dagli occhi.
-Siete e sarete sempre il mio unico pensiero- E detto questo Narcissa uscì, lasciando sola la figlia ad asciugarsi le guance candide.
 
Sopportare quella condizione dopo solo una settimana era diventato impossibile: Matilda veniva svegliata ogni mattina alle 6:00, faceva una veloce colazione, ma non troppo pesante dato che secondo la vecchia prozia per studiare la nobile arte delle pozioni bisognava patire un po’ la fame, infine si chiudeva per ore con quella pazza grinzosa in un sudicio laboratorio, in cui Lucrezia Tiger passava più tempo a spiegarle da dove derivassero gli ingredienti più che a fare applicare la nipote. Il pranzo come la colazione non era che un boccone frugale, per cui giunte le sei del pomeriggio puntualmente lo stomaco di Matilda iniziava a brontolare.
-Ragazzina, devi imparare a temprare il fisico! E poi quale degno purosangue potrebbe mai volerti sposare se ti riempi di ciccia?-
Matilda avrebbe tanto voluto ficcare la testa della vecchia prozia in quel pentolone muffito che le faceva utilizzare, i calderoni moderni non sono come quelli di una volta, gracchiava tutti i giorni Lucrezia; altro che ciccia in eccesso, Matilda sentiva i vestiti scivolarle via dal corpo ed il poco seno che si ritrovava diminuire ogni giorno di più. Se avesse continuato di quel passo di lei non sarebbe rimasta che la matassa di capelli e nulla più, per non parlare del fatto che quando George l’avesse rivista sicuro non avrebbe avuto l’intenzione di spogliarla, tanto l’avrebbe trovata piatta e rinsecchita. Decise dunque di attuare un piano d’azione ed ogni qualvolta la donna si ritirava nelle sue stanze per abbandonarsi al sonno (che la ragazza sperava ogni volta fosse eterno, ma quella continuava a svegliarla tutte le mattine, sintomo del fatto che fosse ancora viva e vegeta) Matilda sgattaiolava nelle cucine ed obbligava gli elfi a cucinarle degli spuntini per il giorno successivo, che avrebbe potuto trangugiare tra un pisolino e l’altro di Lucrezia, senza che questa potesse riprenderla. Scavallato il sedicesimo giorno di tortura Matilda aveva recuperato almeno uno dei 3 chili persi nella prima settimana e si ritenne molto soddisfatta quando la prozia notò con estremo disappunto che aveva le guance meno scavate.
Il morale stava velocemente scivolandole sotto i piedi, visto che non era ancora riuscita a trovare un modo per eludere gli elfi che sorvegliavano l’ingresso alla villa e gli incantesimi di protezione messi in atto dalla prozia, che era tanto vecchia quanto astuta e capace con la bacchetta; eppure al diciassettesimo giorno, nonostante l’ennesima giornata sfiancante Matilda spiò come suo solito gli elfi della villa e finalmente notò una piccola falla nel sistema di sicurezza. Il giorno dopo giunte le otto assieme al tramonto, corse nella sua stanza e ricercò con ansia il galeone che le aveva regalato George. Quando lo afferrò toccò sovrappensiero il ciondolo appeso al proprio collo con la mano libera e sorrise: ce l’avrebbero fatta.
 
Non passava giorno che George non si affrettasse a controllare quel maledetto galeone alle otto di sera in punto, tanto che ad un certo punto si instillò in lui il malsano e triste pensiero che l’incantesimo posto sulle monete non fosse andato a buon fine, anche se l’aveva provato più volte con Fred prima di consegnarne uno a Matilda. Mai era stato così accorto e puntuale nella sua vita, tanto che anche il gemello ogni sera, in prossimità delle otto, iniziava ad agitarsi e a ricordare a George di controllare quella cosa, come se ce ne fosse bisogno. Tentò più volte di lanciare lui dei messaggi, ma dall’altro capo non otteneva mai una risposta e sperò con tutto se stesso che tutto andasse bene e che la ragazza non fosse stata riportata a casa sua.
Quella caldissima sera del dieci luglio il negozio era ancora pieno di ragazzini urlanti, nonostante il cartello intimasse un perentorio orario di chiusura alle 7:30; eppure alle 7:45 i gemelli dovettero cacciare con la forza gli ostinati acquirenti che pretendevano di girovagare ancora per i locali.
-Eppure avete frequentato tutti Hogwarts o sbaglio? Non sapete leggere?! Tu! Posa subito quel filtro o te lo ritroverai su per il naso!- Fred si era addossato l’ingrato compito di buttare fuori le ultime persone, mentre la ragazza che avevano assunto, Verity, riordinava il caos accumulato  e George controllava distratto l’incasso della giornata.
Finalmente Fred riuscì a chiudere le porte e, sfinito, si abbandonò sul bancone dietro il quale il fratello bighellonava assorto.
-Grazie di avermi aiutato Georgie, non saprei proprio come fare senza il tuo pugno di ferro con i clienti- buttò lì ironico Fred, che seguiva con lo sguardo George passeggiare da un lato all’altro dietro il bancone; quando il gemello non rispose Fred capì che era giunto il momento di preoccuparsi e proprio nel momento in cui stava per rivolgersi nuovamente a lui, George scattò sul posto ed affondò una mano nei pantaloni del suo ennesimo nuovo completo all’ultimo grido.
-Scotta! Scotta!- prese a gridare il ragazzo davanti agli occhi basiti di Fred e Verity.
-Fratello, hai bisogno di riposarti secondo me- rispose apprensivo Fred.
George estrasse il galeone dalla tasca e se lo portò davanti alla faccia con occhi sgranati.
-Fred! Fred mi ha contattato! Ce l’ha fatta, dobbiamo sbrigarci!- George passò velocemente dall’altro lato del bancone e tirò il fratello per un braccio, che prima di allontanarsi al piano superiore congedò la ragazza la quale, perplessa, alzò le spalle e si smaterializzò.
 
Smaterializzarsi nel punto più vicino alla villa della prozia di Matilda era stato semplice, ma ora i due gemelli dovevano passare allo step successivo: superare le protezioni del cancello senza essere scoperti. Sul galeone di George erano comparse una serie di frasi di dubbia interpretazione, quindi il ragazzo applicò tutto il suo ingegno, supportato dal gemello, per tentare di interpretarle nel modo corretto. In realtà erano anche divertiti da quella situazione, in quanto il tutto aveva l’aria di una grossa caccia al tesoro che avrebbero dovuto portare a termine decifrando ingarbugliati indovinelli.
-Ok Fred- bisbigliò George che teneva saldamente la scopa in mano, -La prima frase è stata: elfo ubriacone 8:30 cancello- Fred ripeté fra le labbra la frase
-Elfo ubriacone, 8:30, cancello. Ci sta, non è complicato. Un elfo ubriacone si avvicinerà alle 8:30 al cancello suppongo-
-Fratello sei davvero un genio- sbuffò ironico George e dopo essersi lanciato uno sguardo intorno continuò –La seconda frase: nasconditi! Altro elfo ubriacone vicino-
I gemelli guardarono nello stesso momento gli orologi d’oro che portavano al polso, regalo dei genitori per il loro diciassettesimo compleanno: erano le 8:25. Di tutta fretta si nascosero dietro una siepe con le loro scope; dopo l’ennesima occhiata in giro George continuò.
-Terza frase: scambio! Elfo 1 apre ad elfo due, purorgoglio parola d’ordine-
-Secondo te l’elfo ubriacone numero due cosa porterà all’elfo ubriacone numero uno?- bisbigliò Fred sinceramente incuriosito.
-Sicuro non del succo di zucca. Comunque la quarta frase è…- George ricontrollò il galeone su cui l’ultima frase appariva ancora nitida, prima di scomparire per ricominciare il giro dalla prima frase –Accoppali! Quarta finestra piano 1 sinistra portone-
-Violenta la tua ragazza, Hermione avrebbe qualcosa da ridire a riguardo- sghignazzò Fred.
-Non poteva che essere la mia degna compagna…sssh!-
I gemelli si nascosero ancor più dopo che un calpesticcio di foglie e rametti si faceva sempre più vicino; davanti allo sguardo sgomento dei due, un vecchio elfo sudicio si avvicinava al cancello trascinando con sé un grande baule con le ruote. Poco dopo sentirono altri piccoli passi provenire dal viale e una vocina stridula bisbigliare purorgoglio; in quell’istante il cancello si spalancò e l’elfo con la cassa varcò la soglia. George e Fred si scambiarono un’occhiata d’intesa e senza dover dichiarare nulla sfoderarono le bacchette e lanciarono agli elfi due schiantesimi così potenti da farli balzare in aria per poi farli crollare a terra svenuti. A quel punto uscirono dai cespugli e con estremo coraggio varcarono il cancello; aveva funzionato, non erano stati balzati via. In pieno fervore George montò sulla scopa pronto a sfrecciare lungo il viale per raggiungere la finestra di Matilda e Fred lo seguì, non prima di aver sbirciato dentro la cassa dell’elfo svenuto –Ma tu guarda! È piena di whisky incendiario! Sono proprio degli ubriaconi questi qui- afferrò un paio di bottiglie e seguì il fratello.
 
Matilda camminava avanti e indietro per la stanza con le mani congiunte dietro la schiena. Il silenzio che regnava nella villa le lasciò intendere che nulla di brutto fosse ancora successo, eppure non si dava pace. I due bauli erano pronti, Juno era chiusa nella gabbia pronta per essere portata via e a lei non rimaneva che aspettare; di tanto in tanto lanciava occhiate speranzose verso la finestra: il piano aveva funzionato? George era riuscito a capire cosa avrebbe dovuto fare? E se anche lo avesse capito era forse stato scoperto?
Nell’udire un fischio leggero che assomigliava al verso di qualche strano uccello notturno, la ragazza scattò e corse verso la finestra che aveva lasciato aperta; si sporse quel tanto che bastava per vedere i gemelli Weasley fluttuare sulle nimbus e mostrarle ampi sorrisi vittoriosi.
-Dentro! Sbrigatevi!- bisbigliò lei mentre si spostava per far entrare i due. Appena i ragazzi furono dentro Matilda saltò al collo di George –Ci siete riusciti! Ci siete riusciti!- bisbigliò entusiasta per poi iniziare a stampargli baci sulle labbra con foga.
-Già, abbiamo accoppato quei due elfi con una mossa da maestro- ghignò Fred, mentre George cercava di placare Matilda che non smetteva di saltare aggrappata al suo collo.
-Dobbiamo sbrigarci, non sono sicuro che rimarranno svenuti a lungo, sono elfi…ehi lemonsoda, questo posto è da brividi!- disse il ragazzo guardandosi intorno, per poi tornare a squadrare la giovane serpeverde –Di un po’ ti ha fatto patire la fame? Sei ancora più piccola di quanto ricordassi-
-Lascia stare, allora qual è il piano?- chiese ansiosa Matilda mentre batteva le mani eccitata.
-Fred si smaterializzerà con i tuoi bagagli, mentre tu volerai con me, destinazione Diagon Alley!-
-Ottimo, allora sbrighiamoci!-
Mentre Fred e George erano di nuovo fuori dalla finestra ed agitavano le bacchette per trasportare i bauli con loro, Matilda salì sulla sua scopa al quale attaccò la gabbia con Juno dentro. Volò fuori senza guardarsi indietro, convinta che la pergamena che aveva lasciato sul suo letto bastasse a spiegare a Lucrezia Tiger la sua scomparsa.
 
Carissima zia
Nonostante questi giorni siano serviti a temprarmi nello spirito (e nel corpo) più di quanto avrebbe fatto un anno in una cella di Azkaban, ho deciso di abbandonare in anticipo questa casa, certa del fatto che a nessuna delle due mancherà l’altra. Stai tranquilla, mia madre si aspettava questa mossa.
Spero a mai più rivederci.
Matilda Malfoy
 
Sfrecciare sferzando l’aria calda di luglio le regalò una sensazione di assoluto potere. Finalmente era libera, davvero libera! Si piegava sulla scopa e divertita superava George, dando via con il ragazzo a piccole sfide di velocità e destrezza; nessuno li aveva seguiti, quindi il piano aveva funzionato alla perfezione. L’ultima cosa che le restava da fare era mettere piede…dove l’avrebbe portata George?
-George, ehi George! Dov’è che stiamo andando?- Gridò lei per farsi sentire.
-Nella mia umile dimora bambina, è ovvio!-
-Ma non possiamo presentarci dai tuoi genitori a quest’ora! Già non ho un buon biglietto da visita con questo cognome, figurarsi arrivare di notte!-
George scoppiò a ridere a si accostò maggiormente alla ragazza –Ma quale genitori, stiamo andando all’appartamento mio e di Fred, sciocca!-
Matilda arrossì di botto e distratta dallo sguardo malandrino di George per poco non finì contro un palo della luce; finalmente i primi segni che la città fosse vicina.
Arrivati al paiolo magico George salutò il barista con fare allegro e quello gli chiese se si sarebbe fermato per una bevuta.
-La prossima volta, ora sono di fretta!- Strinse la mano di Matilda e con lei oltrepassò il muro che divideva la Londra babbana da Diagon Alley. Le strade della città magica erano stranamente silenziose ed i negozi mostravano i segni evidenti del passaggio dei mangiamorte. In mezzo a quella desolazione Matilda trattenne a stento lo stupore quando le vetrine di uno sgargiante negozio si presentarono a loro, sulle quali risplendeva l’insegna Tiri Vispi Weasley, unica nota di colore in quell’oasi triste e cupa.
-Wow! Il vostro negozio!-
George sorrise orgoglioso davanti alla porta d’ingresso, che si aprì quando il ragazzo la colpì con la bacchetta. All’interno nonostante le luci spente, Matilda riconobbe le sagome di una miriade di marchingegni, giochi e scatoloni che riempivano gli scaffali sulle pareti; quando George accese le luci queste rivelarono il caos di forme e colori che regnava nel magico negozio di scherzi e tanto era il suo stupore, che la ragazza dovette trattenersi dal non barcollare per l’eccesso di materiale esposto.
-Ma è…fantastico…-
-Lo so, siamo stati bravi. Però credo sia il caso che te lo mostri domani con calma, siamo fortunatamente chiusi di domenica; ora è meglio salire, seguimi.-
La giovane Malfoy strinse la mano del ragazzo che la condusse oltre una porta, dietro la quale delle scale portavano al piano superiore. Entrati nel salotto Fred accolse i ragazzi con entusiasmo.
-Non ci speravo più, finalmente siete arrivati! Hai fame Matt?-
Matilda annuì e cominciò a guardarsi intorno: l’appartamento dei gemelli era modesto ma ben organizzato, provvisto di un salotto confortevole con angolo cottura, un unico bagno e due stanze da letto a cui si accedeva dai due diversi capi del salotto.
-Per la privacy, sai…- ammiccò George mentre mostrava la propria stanza a Matilda. Due finestre davano luce alla caotica stanza con il soffitto in legno, all’interno della quale erano già sistemati i due ingombranti bauli di Matilda, proprio vicino alla cabina armadio; Le pareti erano coperte da poster di squadre di Quidditch, fotografie in movimento che ritraevano i gemelli assieme ad amici e familiari e sopra il letto a due piazze pendeva un grande stendardo della casa di Grifondoro.
-Davvero elegante- Disse Matilda indicando lo stendardo che occupava l’intera parete, poi dall’espressione volutamente esagerata di disgusto passò ad una di sgomento, quando si rese conto che non avrebbe avuto una sua stanza dove dormire. Durante tutto quel trambusto e  dato le energie investite ad organizzarsi il piano di fuga, alla ragazza era totalmente passato di mente che un’eventualità del genere sarebbe potuta accadere presto. Si voltò ad osservare il ragazzo che la guardava tenendo le mani in tasca. Lo fissò. Lui ricambiò, poi ghignò. Lei spalancò appena la bocca e poi deglutì. Guardò il letto e poi di nuovo lui. George inarcò un sopracciglio e sorrise malizioso. Matilda guardò di nuovo il letto ed infine prese coraggio e parlò.
-Dormirò qui?-
-Dove altro vorresti dormire, con Fred?-
-No grazie, non lo trovo attraente.-
-Ma se è identico a me.-
-Davvero? Strano non ci avevo mai fatto caso.-
-Preferisci la strada?-
-Penso che qui andrà benissimo.-
E dopo quello che solo George trovò un esilarante scambio di battute, Matilda superò il ragazzo con passo militare e si affrettò a raggiungere Fred nel salotto, da cui proveniva un profumino niente male. Mentre l’amico agitava la bacchetta verso la pentola che ribolliva, Matilda sedette su uno sgabello al suo fianco e spiò quella che presto sarebbe stata la sua seconda cena; quando anche George li raggiunse, dopo aver liberato Juno che era volata via in cerca anche lei di cibo, la ragazza sospirò stanca e sorrise.
-Grazie ragazzi, era un incubo quel posto e senza di voi non ce l’avrei mai fatta-
George le strinse le spalle da dietro
-È  stato divertente!- dissero in coro i gemelli, poi Fred aggiunse –Perché non ti fai una doccia mentre aspetti la cena? Verrà anche Grace fra poco-
-Una doccia…che bello…- disse sognante la ragazza mentre scivolava giù dallo sgabello.
L’acqua calda le scorreva lungo il corpo e finalmente Matilda sentì quell’odoraccio che si stava impossessando di lei andare via, sostituito dal profumo del bagnoschiuma e dello shampoo fruttato. Una volta uscita si avvolse con l’enorme accappatoio che le aveva dato George ed arrotolò i capelli nell’asciugamano. Uscì dal bagno con il rischio di inciampare ad ogni passo, tanto era lungo l’accappatoio e veloce sgattaiolò nella stanza per poi abbandonarsi scomposta sul letto, giusto il tempo di riprendersi un po’.
-Ti sei addormentata-
Matilda schiuse le palpebre e si guardò intorno assonnata; George era seduto accanto a lei e sembrava proprio che la sua attenzione fosse catturata dalla scollatura dell’accappatoio.
-Oh…cavolo che ore sono?-
-Tranquilla, hai dormito solo dieci minuti, ma non vedendoti tornare sono venuto a controllare. È appena arrivata Grace e la cena è praticamente pronta, pensi sia ora di vestirti?-
George ridacchiò. Matilda si sforzò di mettersi seduta e strofinò gli occhi con le maniche dell’accappatoio.
-Mh-mh…mi aiuti ad asciugare i capelli?- mormorò lei in uno sbadiglio.
George le asciugò apprensivo i capelli con la bacchetta, anche se la ragazza si lamentò in continuazione dell’eccessivo calore che sbucava dal legno del ragazzo, infine la lasciò sola a malincuore, così da poterle permettere di vestirsi. Quando Matilda ricomparve nella sala aveva addosso un largo vestito con le bretelle che le scivolava oltre il ginocchio, di un seriosissimo tono grigio scuro ed i capelli che erano esplosi in una voluminosa massa chiara.
-Ciao Matilda! I ragazzi mi stavano raccontando della vostra performance di questa sera, ve la siete cavata bene a quanto vedo- Grace piegò le labbra in un sorriso.
-Già, sono stati bravi…ti trovo bene Grace- rispose Matilda, imbarazzata da quella situazione atipica, condizione che crebbe quando Fred scoppiò a ridere mentre riempiva i piatti.
-I tuoi capelli sono ancora più sconvolti del solito, non credevo fosse possibile! Sfidano qualsiasi legge della magia!-
-Colpa di tuo fratello- borbottò Matilda che sedette accanto a George e poggiò la guancia sulla sua spalla, mentre lui prese a grattarle sornione la testa –Si vede che non è pratico, ed io non posso usare la magia fuori da Hogwarts- sbuffò risentita.
Quell’ora passò fra le risate spensierate: i gemelli raccontarono del negozio a Matilda, Grace la aggiornò riguardo alla sua volontà di diventare giornalista e lei raccontò ai tre gli ultimi strani avvenimenti della scuola. Le mura tremarono dalle risate quando prese ad imitare la faccia della Umbridge, confusa e ammaccata sulla brandina dell’infermeria. Quando Matilda spalancò la bocca in uno sbadiglio Fred e Grace si alzarono.
-Ragazzi io vado a dormire dalla mia meravigliosa extassorosso, ci vediamo domani pomeriggio- Poi voltandosi verso il fratello aggiunse –Prima di cena dobbiamo essere alla tana, sono stufo di cucinare e mamma preparerà il suo fantastico polpettone-
Matilda osservò lo scambio tra fratelli senza dire nulla, un po’ per l’eccessiva stanchezza, un po’ per l’imbarazzo della situazione; salutò la coppia con la mano e si raccomandò con Fred di non fare troppo tardi il giorno dopo. Quando i due uscirono Matilda si voltò ad osservare George che stava lavando le stoviglie, ovviamente con l’ausilio della sua bacchetta; si avvicinò al ragazzo trattenendo l’ennesimo sbadiglio
-Di un po’, come mai Fred è andato a dormire da Grace?- chiese sospettosa mentre seguiva con lo sguardo un piatto sospeso sotto il getto d’acqua del rubinetto.
-Fred è una persona sensibile- sorrise George, anche lui fisso con lo sguardo sul piatto –Ha pensato che forse avresti preferito dormire da sola ed in quel caso mi ha lasciato la sua stanza a disposizione- Poi i caldi occhi nocciola ricercarono quelli di Matilda alla sua destra –Pensavi ti volessi davvero costringere a dormire con me?-
-Un pensiero carino da parte sua- borbottò la ragazza, che faceva correre gli occhi dal piatto a George con frenetica agitazione; il ragazzo sorrise di nuovo e tornò a concentrarsi sull’ultimo piatto da lavare, quando sentì stringersi la vita dalle braccia esili di Matilda, che parlò con la bocca immersa nella sua maglia
-Come puoi solo pensare che io non voglia dormire con te? Tu vuoi dormire con me?- Matilda fece il giro sotto il braccio di George e si posizionò proprio davanti a lui, guardandolo dal basso. Il ragazzo quasi ruppe il piatto e trattenne a stento una risata,
-Scherzi? Secondo te non voglio dormire con te? Sono mesi che sogno di soffocare durante la notte per merito della tua chioma fluente-
-Ah-ah, ridi pure George Weasley, ma non credere che questo non possa accadere. Comunque la pianti di fare lo spiritoso? Vuoi dormire con me?- A George sembrò l’invito di una bambina al suo amichetto per un pigiama party, per cui dovette sforzarsi ancora di non ridere,
-Sai che mi muovo da matti durante la notte?-
-Tranquillo, io occupo poco spazio-
-Sai che raggiungo temperature che suppongo troveresti insopportabili a luglio?-
-Io ho sempre freddo-
-Russerò di certo-
-Ti ficcherò i miei capelli in bocca così elimineremo il problema alla radice-
Rimasero così per un po’, finché George non ripose la bacchetta in tasca e poi la tirò su di peso.
-Ehi che cavolo fai?- Tentò di ribellarsi lei.
-È ora di lavarsi i denti!- rise lui mentre la trasportava verso il bagno.
I due si spazzolavano i denti davanti allo specchio del bagno, uno di fianco l’altra. Quando Matilda accelerava George la imitava, così come quando lui passava ai molari, la ragazza lo seguiva nel gesto; Matilda si trovò perfettamente a proprio agio in quella situazione stranamente familiare, perché George aveva questa capacità di trasmetterle sicurezza in ogni frangente, rendendo tutto incredibilmente sincero, reale e semplice. Sarebbe stato lo stesso, sotto le lenzuola?
In camera Matilda frugò fra i suoi vestiti riposti con ordine maniacale nel baule, per cui non ci mise molto ad estrarre un magliettone scollato delle Sorelle Stravagarie che lei era solita usare per dormire l’estate, eppure andò in panico quando si rese conto che, magari, non era la cosa più appropriata. Quindi estrasse un completino canotta e calzoncini striminziti forse più consono, ma decisamente troppo provocante; rimase un paio di minuti a soppesare le due possibilità
-Oh, al diavolo!- Optò per la maglia: forse non era la cosa più sexy che avesse mai indossato, ma di certo con quella si sarebbe sentita più a suo agio.
Quando George entrò in camera dopo essersi limitato a infilare dei morbidi pantaloni di cotone leggero ed aver lasciato il dorso nudo, come era solito fare del resto, rimase imbambolato a guardare Matilda di schiena che sembrava armeggiare con i capelli: gli occhi nocciola percorsero la nuca, per poi scendere sulle spalle e la schiena, fino ad arrivare alle cosce totalmente scoperte. Sembrò non essersi accorta di lui, perciò dopo aver tirato su i capelli in una cipolla molto voluminosa si avvicinò al letto e rimase fissa a guardarlo, a quel punto George intervenne
-Che fai?-
La ragazza sussultò sul posto e si girò di scatto,
-Mi fai prendere un colpo così!- Ma quando si rese conto che George era mezzo nudo si affrettò a riportare gli occhi sul letto –Emh, mi chiedevo da che lato dormissi-
-Io non ho un lato, tutto il letto è il mio lato-
Matilda sembrò sconvolta dall’informazione che aveva appena ricevuto
-Ma…ma come non hai un lato? Tutti dovrebbero scegliere un lato! Non ha senso non scegliere un lato, che razza di persona sei?-
George scoppiò in una delle sue risate più sentite e si avvicinò alla ragazza, per poi metterle una mano sulla spalla
-Guarda che io ho avuto un letto singolo per la maggior parte della mia vita, questo qui è il primo letto a due piazze su cui dormo, di conseguenza non ho scelto nessun lato, tendo a volerlo occupare tutto; è come una sorta di rivincita personale. Ma se la cosa ti sconvolge tanto scegli pure il lato al posto mio-
La ragazza lo guardò come fosse un alieno, poi tornò a fissare il letto
-Io? Questa è proprio una situazione complicata…-
-Questa? Complicata? Scegliere un lato del letto è così complicato?- Il ragazzo portò una mano a coprirsi la bocca per trattenere la risata
-Beh, se proprio devo scegliere…preferisco il lato del muro, ti sta bene?- Gli rivolse quella domanda come fosse davvero una questione di vita o di morte. George annuì facendo di tutto per non ridere, temendo invero che se l’avesse fatto Matilda si sarebbe davvero risentita.
La ragazza stropicciò il cuscino e poi si infilò sotto il lenzuolo e George la seguì, senza praticare alcun rito, vedi stropiccio del cuscino, prima di sdraiarsi accanto a lei, ma prima spense le luci della stanza con un fluido movimento di bacchetta, che ripose infine sopra il comodino.
L’aria calda di luglio entrava dalla finestra e nessun rumore rompeva il silenzio che era calato d’improvviso; George si girò su un fianco e con suo enorme stupore notò che Matilda era già voltata nella sua direzione. Quel volto candido e quelle labbra morbide erano ben visibili anche al buio della notte, come i suoi occhi grigi che puntavano in quelli di lui
-George…- bisbigliò, come se osando con il volume avesse potuto disturbare qualcuno nella stanza.
-Dimmi- rispose bisbigliando anche lui, a quel punto.
-Mi sembra tutto un sogno, non credevo davvero che sarebbe potuto accadere, sono libera-
George percepì una morsa stringergli il cuore. Trovava Matilda così tenera e fragile in una maniera a lui sconosciuta fino a quel momento. Allungò una mano a carezzarle il volto e lei subito alzò la propria per coprire le dita lunghe che la toccavano.
-Mi sembra tutto molto reale. Sei contenta?-
-Se lo sono?- rispose lei sgranando appena gli occhi –Non potrei essere più felice di così. Sono qui, con te. Viva e felice- Rispose in un sussurro.
Il ragazzo allungò le braccia e finalmente la attirò a sé, chiudendo il corpo minuto in un abbraccio solido e protettivo. Matilda si avvinghiò a lui ed affondò il volto fra il collo ed il cuscino.
-Sono felice anche io- Soffiò George, mentre carezzava la schiena di Matilda che si era allacciata a lui come uno stretto nodo. Il profumo di lei lo inebriava e la vicinanza del suo corpo seminudo risvegliò in lui quell’istinto primordiale che lo avrebbe portato a strapparle i vestiti di dosso, ma quando si accorse del respiro profondo e regolare di Matilda scostò appena il viso per osservare il suo volto serenamente addormentato; represse la fame e tornò a stringerla forte a sé, per poi finire col chiudere gli occhi e seguirla nel sonno.
 
 
Lo so, vi ho lasciati con l’amaro in bocca! Ma la povera Matilda ha passato gli ultimi 20 giorni da incubo, normale fosse stanca, no? (rimedierò molto presto, non temete) Comunque ciao a tutti! Spero con tutta me stessa che la storia vi stia appassionando come appassiona me scriverla. Siamo giunti all’estate che porterà rivelazioni scioccanti, serate esilaranti e un po’ di sano divertimento. Nonostante l’inizio del capitolo sia una pesantata rara (come poteva non esserlo? La famiglia di Matilda è immersa fino al collo nei piani del serpentino signore oscuro), ho proseguito con leggerezza, aiutata dai miei due Weasley preferiti che si sono divertiti più di me. Per il resto aspetto le vostre recensioni ed intanto al solito ringrazio chi mi ha scritto, chi ha aggiunto la storia nelle preferite e nelle seguite. Vi abbraccio!
D.

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Capitolo 18
*** Di Ghiaccio e Tempesta ***


CAPITOLO XVIII
Di Ghiaccio e Tempesta
 
Le iridi calde si scontrarono con una fioca luce mattutina ed una sagoma nebulosa, che gli comprimeva lo sterno con scarsa delicatezza, motivo per cui si era svegliato.
-Sei sveglio?-
Due occhi chiari fissavano sgranati il viso di George, circondati dalla nuvola di capelli che ricadevano a pioggia su di lui. Il ragazzo ci mise un bel po’ per capire dove fosse, chi fosse l’ospite che era sopra di lui e cosa fosse successo la sera precedente.
-Matt…ma che ore sono?- biascicò frastornato, mentre la ragazza non smetteva di fissarlo
-Le cinque-
-Le…cinque? E perché sei…sveglia alle…cinque?- George si sfregò la faccia.
-Mi sono addormentata!- disse agitata lei –Scusami! Ero stanchissima, distrutta! E poi tu mi hai abbracciata e mi sono rilassata e…-
-Matt, sono le cinque del mattino…- ripeté affranto il ragazzo, che pian piano prendeva sempre maggiore coscienza di sé.
-Lo so, ma mi sono abituata a svegliarmi prestissimo, poi non sono abituata a dormire con qualcuno e quando ho aperto gli occhi ho capito che mi ero addormentata e mi sono sentita in colpa!- Matilda era partita come il nottetempo nella sua serata più frenetica, per cui George le posò delicato una mano sulla bocca.
-Piano…le cinque…-
Matilda si bloccò all’istante,
-Oh, scusa.- Borbottò dietro la mano.
Però era bellissima. Un caos di parole e colori, con le labbra ancora gonfie dal sonno, le guance arrossate  e gli occhi chiari lucidi che lo guardavano vigile. Come poteva resistere ancora? Oltretutto era sdraiata noncurante sopra di lui e questo non aiutava affatto l’autocontrollo di George che, dopo un ampio respiro, decise di scovare un briciolino di raziocinio che non fosse ancora sommerso sotto le coperte.
-Ascolta, non vorresti, che so, dormire un altro paio d’ore?- Le chiese George, anche se la sua mano che prese a percorrerle la schiena stava agendo all’opposto della sua più ragionevole volontà.
-Non ci riesco- Sussurrò Matilda dopo essersi inclinata pericolosamente verso il suo volto.
-Bambina…ho dormito 5 ore, mi hai svegliato con il tuo corpo addosso, mi stai tenendo sveglio…non sono affatto sicuro che riuscirò a resistere molto-
Matilda sembrò cascare dalle nuvole ed assunse un’espressione così innocente e sensuale che George deglutì
-Resistere a cosa?-
Ok, questo è troppo!
-A questo-
George spinse con una punta di delicatezza la nuca di Matilda verso di lui e la baciò. Inizialmente interdetta, Matilda ci mise poco a sciogliersi e ricambiare il bacio, per cui George la ribaltò sotto di lui con un movimento tanto agile da lasciar intendere che si fosse definitivamente svegliato. Percorse una gamba di Matilda con le dita fino ad arrivare a stringere il suo fianco e la ragazza a quel tocco delicato rabbrividì ed incastrò con maggiore forza le gambe intorno a quelle del ragazzo, che con un unico movimento le sfilò la maglia lasciandola nuda. Gli occhi corsero a segnare una linea dalla punta del naso, al mento, per poi soffermarsi sulla pelle candida del seno minuto; Matilda accennò ad un sorriso e passò una mano tra i capelli rossi e disordinati del ragazzo.
-Vuoi tornare a dormire?- lo provocò con un sussurro. George con la bocca ancora schiusa ripercorse a ritroso il corpo della ragazza, per poi soffermarsi sui suoi occhi chiari e sorridere divertito
-Mi spiace, ma mi è passato il sonno- Tornò a baciarla e dalla bocca passò al collo candido, per poi scendere fino al seno sul quale si incastrarono infine le labbra, mentre le mani andavano a ricercare i fianchi. Matilda sussultò nel percepire il contatto di quelle labbra su cui sentiva l’esigenza di scontrarsi ogni qualvolta ce ne fosse stata l’occasione, e che si dedicavano al suo corpo con maestria. Quando queste scesero a percorrere il ventre e poi fin sotto l’ombelico, la ragazza inarcò appena la schiena con un gesto involontario e le dita candide e sottili tornarono a ricercare i suoi capelli di fuoco.
Ma George scivolò ancora oltre ed arrivò al ginocchio, per poi concedere morsi delicati all’interno della coscia tesa, sulla quale soffermò la bocca mentre le iridi calde tornarono a cercare il suo sguardo
-Rilassati…- le sussurrò prima di tornare a baciare la pelle delicata con occhi appena socchiusi.
Matilda credette di impazzire. Ogni cosa di George la inebriava a tal punto da non renderla più padrona di se stessa: il suo profumo, le sue mani capaci ed accorte, quelle labbra che si schiudevano sui denti perfetti, le lentiggini che ne costellavano la pelle, il torace snello. Per questo quando la bocca di George risalì lungo la coscia e si avvicinò pericolosamente al filo sottile degli slip che ancora indossava, Matilda si morse le labbra per soffocare un gemito ancora immaturo. George pose fine a quella lenta tortura e sfilò gli slip che fece correre lungo le gambe sottili con delicatezza, prima di farli cadere a terra e lasciarla davvero, definitivamente nuda.
-Così non vale- sussurrò lei mentre il ragazzo aveva ricominciato a dedicare attenzioni al suo ventre, per cui lo attirò a sé e gli sorrise prima di aiutarlo a sfilare i pantaloni che ancora coprivano le gambe toniche di chi aveva passato gli ultimi anni ad allenarsi per le partite di Quidditch. Matilda scoppiò a ridere quando la sua attenzione ricadde sui boxer di George, neri e pieni di boccini dorati.
-Non li trovi fantastici?- rise lui inginocchiandosi davanti a lei per mostrarli meglio.
-Fantastici si, ma secondo me inutili- rispose Matilda che si inginocchiò a sua volta davanti al ragazzo e, dopo aver fatto correre le dita intorno all’elastico, tirò giù i boxer senza smettere di fissarlo.
-Te l’ho già detto che mi fai uscire di testa?- George la attirò a sé ed i  corpi si sfregarono, rivelando la palese eccitazione del ragazzo a contatto con il suo oggetto del desiderio.
-Più di una volta- confermò lei con la voce e con il capo, intanto passava una mano fra i capelli di George e faceva scendere l’altra lungo il dorso tonico.
-È che non ci capisco più niente, da quando sei nella mia vita…- continuò lui con voce roca sulle sue labbra, con le mani che scorrevano sulle spalle candide e gli occhi che seguivano le forme del suo corpo. Matilda schiuse la bocca e morse con delicatezza il labbro inferiore del ragazzo, tirandolo verso di sé mentre tornava a stendersi sotto di lui. In un atto perfettamente sincronizzato ricercarono l’intimità dell’altro ed iniziarono a toccarsi senza esitare ancora; laddove il movimento di George risultava esperto e suscitò immediatamente i gemiti della compagna, Matilda sembrava assorta nello scoprire come provocare il maggior piacere nel ragazzo. Non ci mise molto perché le guance di George al movimento lento e deciso della mano esile esplosero in un colore vermiglio e dovette trattenersi molto per non abbandonarsi al totale piacere che lo avrebbe portato all’orgasmo in un tempo troppo breve.
Totalmente inebriata dalla mano di George che si immergeva in lei come se non avesse fatto altro che quello nella sua vita, Matilda desiderò con tutta se stessa che l’erezione del ragazzo assumesse un’altra funzione, che non quella di rimanere fra la sua mano; arrossì al sol pensiero, o forse era merito di George, che si curava del suo piacere con una tecnica da maestro. Per questo la stretta si fece più salda e sicura ed il ragazzo dovette fermarla.
-Se continui così non sono sicuro di riuscire a resistere oltre dieci secondi- Disse in una risata piacevole ed incredibilmente sexy mentre manteneva con lei il contatto visivo.
Nei fugaci momenti rubati ad occhi indiscreti, ad Hogwarts, i due ragazzi avevano iniziato ad approcciarsi all’altro, ma si erano sempre limitati a fugaci sfioramenti, allo strusciarsi con voluttà nei bagni silenziosi, ma non si erano mai potuti permettere di essere davvero tanto audaci, se non durante quel rapido incontro nella stamberga strillante. Invece era finalmente arrivato il momento in cui potevano davvero liberarsi di ogni frustante tabù e dare seguito a quei pensieri follemente peccaminosi e audaci che né l’uno né l’altra avevano mancato di macchinare nelle loro teste.
Nella mente di George balenò il pensiero della sua prima volta, avvenuta in una calda estate durante i suoi sedici anni con una ragazzina corvonero di Hogwarts: da quel momento il ragazzo sperimentò i piaceri del sesso con furia adolescenziale, senza mai curarsi troppo della qualità, a favore della quantità; che George fosse venerato non era certo un mistero, buona parte delle streghe della sua generazione nascondevano, o palesavano, il desiderio di approcciarsi ai gemelli Weasley. Si era portato a letto tre giocatrici grifondoro, aveva spogliato di ogni pudicizia quattro o cinque tassorosso ed aveva esplorato la torre di astronomia con un paio di corvonero. Il destino però non l’aveva mai fatto incontrare con una sola serpeverde, prima di Matilda, di cui ricordava con precisione quasi maniacale il primo incontro: l’immagine di quella bambina che correva frettolosamente per i corridoi mentre si recava alla sua prima lezione di Cura delle creature magiche era riemersa nella sua memoria ormai da una paio d’anni. Lei così piccola ma così composta che fermò senza esitare George Weasley, non solo più grande di lei, persino con la divisa della casa a lei nemica e che gli chiese con fermezza dove sarebbe dovuta andare per la lezione. Lui per puro divertimento gli indicò l’ala opposta del castello, ma provò forse per la prima volta in vita sua un reale rimorso, quando quella ragazzina annuì decisa e lo ringraziò, certa che quella fosse una risposta autentica, per poi correre verso il luogo indicato.
-George…?-
Quegli occhi di ghiaccio e tempesta così vividi anche in quel ricordo lo fissavano dal basso. Quelle labbra rosse si spiegavano nel pronunciare il suo nome. George poggiò la fronte a contatto con la sua e scoppiò a ridere colmo di gioia. Matilda si accigliò. Cos’aveva fatto per meritarsi quella disattenzione? Eppure si stava impegnando per tentare di recare il maggior piacere possibile a quel ragazzo che la sovrastava.
-Che cavolo ridi George?!- arricciò il naso lei –Se ti viene tanto da ridere posso smetterla anche adesso- Nonostante il risentimento non scostò il viso da quello del ragazzo, che si affrettò a tirarle indietro i capelli con la mano libera,
-Scusami…ma ci credi che pensavo alla prima volta che ti ho incontrata? E poi…riflettevo sul fatto che sei la prima ragazza serpeverde con cui ho a che fare, è strano…-
George si rese conto che la frase appena uscita dalla sua bocca dovesse risultare ambigua e provocatoria, degna solo di un dongiovanni da quattro galeoni. Eppure ancora una volta Matilda lo sorprese, quando allungò una mano ad afferrargli i ciuffi cremisi e stringerli con tenacia intorno alle dita, per poi sussurrargli sulla bocca come nessuna, era certo di questo, sarebbe mai stata in grado di fare in egual modo.
-E sarò anche l’ultima, George. Mi sono innamorata di te, non deludermi. Ed ora hai intenzione di mantenere la tua promessa?-
-Quale promessa?- Chiese lui, mentre inclinava la bocca in un angolo del viso e la mano andava ad affondare dentro di lei con forza, facendola gemere nuovamente.
-Ma è ovvio, hai…promesso di regalarmi una prima volta indimenticabile…- concluse prima di gemere ancora di piacere.
Improvvisamente tutto divenne di una semplicità disarmante; di parole non ne avevano più bisogno se non per gridare il nome dell’altro in quello che sarebbe presto divenuto un tumulto di carne e pelle assemblati in uno scontro di piacere.
George allungò una mano sul comodino ed afferrò la bacchetta per pronunciare l’incantesimo di protezione che lo avrebbe reso libero di gettarsi nel corpo di Matilda senza preoccupazioni.
Ma quando le schiuse le gambe si soffermò a ricercare un segno d’assenso, timoroso che lei potesse averci ripensato. Invece Matilda gli afferrò il volto con le mani ed inchiodò le pupille grigie nelle sue, prima di dire algida
-Ti amo George, e tanto basta- dichiarò per poi far correre la propria mano sull’erezione del ragazzo ed avvicinarla a sé.
George si spinse in lei. Lo fece con accortezza, come mai aveva fatto prima. Quel primo contatto fece contrarre il volto di Matilda in una smorfia di dolore, per cui George si fermò preoccupato e le carezzò una guancia.
-Bambina, possiamo fermarci quando vuoi, basta che tu me lo dica.-
Matilda ricercò ancora la sua bocca e poi cinse il suo collo con le braccia.
-Ti prego non fermarti- gli sussurrò tra i singulti –Ti prego amore…-
In pochi dosati momenti i due si spingevano ad usare toni tanto romantici, specialmente George trovava Matilda violenta ed austera nel modo di rivolgersi a lui; per questo quando la ragazza si lasciò andare nel nominarlo con quella semplice parola, che in realtà racchiudeva tutto un mondo perfetto, George sfregò il naso con quello di lei e proseguì nell’affondare fra le sue gambe.
Di colpo Matilda si rilassò. Dopo un primo impatto rigido e difficile concentrò tutte le sue attenzioni sul ragazzo che era lì, sopra di lei, a rassicurarla con le parole e con il corpo tutto. E quando realizzò che nessun’altro avrebbe voluto al suo posto, in quel preciso momento, i muscoli cedettero e passò quasi subito da provare dolore a puro piacere.
Quanti nella storia che tratta l’amore hanno raccontato la perfezione di corpi che si incastrano come fossero stati creati per combaciare? Il mondo è pieno di racconti intenti a trattare l’assoluta perfezione di coppie nate per essere unite. George non pensò quindi di essere l’unico al mondo a provare una simile sensazione, ma mentre scivolava galvanizzato dentro Matilda percepì che loro due, nati agli antipodi, si erano di certo incontrati per un motivo.
Perché i fianchi di lei si coordinarono perfettamente con le sue anche.
Perché ogni affondo di lui la avvicinava all’estasi della vita eterna.
Perché assieme, in quella danza ritmicamente divina, stavano creando la forma di un rapporto che andava solidificandosi su dei dogmi assoluti:
Passione.
Certezza.
Scambio.
Frenesia.
Violenza.
Bellezza.
Perfezione.
Estasi.
-George…- Matilda , le cui guance erano vivide e rosse e le labbra umide, inarcava la schiena eccitata e si spingeva verso il corpo del ragazzo, convincendolo ad intensificare le spinte. George calò il viso su di lei e la fronte imperlata di sudore toccò la sua, mentre una mano afferrava la chioma della ragazza e l’altra andò ad allargare ancor più le cosce, così che poté spingere con maggiore forza. Gemettero l’uno sulla bocca dell’altra e poi si morsero con violenza mai osata; Matilda si aggrappò alla schiena di George e sgranò gli occhi grigi che puntò in quelli di lui, quando percepì l’incipiente esplosione di calore che la stava portando all’orgasmo. Gridò il nome del ragazzo fra gli ansimi con una violenza tale che mandò in visibilio George; mentre affondava le unghie nella sua schiena lui le trattenne il capo tirandole indietro i capelli ed accelerò gli affondi, che accompagnò con ansimi rochi e profondi. Con un’ultima spinta anche George raggiunse l’orgasmo e venne dentro di lei liberando gli ultimi gemiti nell’orecchio di Matilda, ormai totalmente assuefatta dalla libido figlia di quel loro primo rapporto.
Si strinsero in un abbraccio liberatorio ed intanto riprendevano fiato, cullandosi a vicenda con il respiro dell’altro; Matilda sfiorò con il naso il collo di George e si colmò di quel profumo che aveva preso una sfumatura diversa, che sarebbe presto diventata la sua nuova droga. Poi accennò ad una risata –Sto per soffocare-
Anche George la seguì in una risata e scivolò via da lei per spostarsi su un fianco così da poterla osservare con attenzione; le iridi nocciola corsero lungo il suo corpo che riluceva del sudore di entrambi. Puntò il gomito sul materasso e poggiò la guancia sulla mano, che rese il suo sorriso storto ancora più accattivante; Matilda fece altrettanto, ma la sua attenzione ricadeva esclusivamente sugli occhi del ragazzo davanti a lui.
-Come ti senti?- le chiese George perso tra i capelli voluminosi che ricadevano a ciocche sulle spalle, coprendo a tratti il seno creando un ritratto della ragazza così sensuale per cui ci avrebbe messo davvero poco a fiondarsi nuovamente su di lei. Matilda sorrise, il rossore stava pian piano svanendo dal suo volto.
-Dolorante, direi. Ma mai stata meglio di così- rispose fra lo scherzo e la serietà.
-Il dolore passerà, ma puoi scommettere che sarà sempre meglio. Una volta provato George Weasley non potrai più farne a meno.-
-Sei così pieno di te che la stanza mi sembra diventata minuscola, sai?-
-Solo verità, dico sempre e solo la verità- Rispose George ghignando, mentre aveva iniziato a carezzare una ciocca indomata di lei. Matilda avvicinò il viso al suo e gli segnò le labbra con un bacio lento e morbido.
-Hai mantenuto la tua promessa- Sussurrò poi.
-Me ne compiaccio- rispose lui sulle sue labbra, poi si scostò appena dal suo viso –Doccia?-
 
Quello nella doccia fu un ulteriore passaggio di intimità. Con l’acqua tiepida che scorreva su di loro i due ragazzi si insaporarono a vicenda con accortezza, non mancando ovviamente di scherzare e giocare.
-Sei troppo alto! Non riesco nemmeno a muovermi!-
-Aspetta che vado a lamentarmi con i miei, mi avete fatto troppo alto, la mia ragazza non riesce a muoversi nella doccia con me!-
Matilda gli riempì la faccia di schiuma –Non lo faresti!-
-Certo che si!- rise lui trattenendole i polsi e sputacchiando la schiuma.
-Beh guarda che il problema rimane il tuo, se avessi avuto più spazio mi sarei accertata di farti divertire un po’- Gli disse guardandolo dal basso e sorridendo malandrina. Incredibilmente quell’affermazione fece arrossire George, che subito si morse il labbro trattenendo così un sorriso eccessivamente ampio, per poi addossarsi al muro della doccia.
-Basta chiedere no?- disse alzando le mani,  -Lo spazio lo ricaviamo…-
Matilda scoppiò a ridere, poi la risata divenne un sorriso mentre si addossava a lui e lentamente scivolò verso il basso, con le labbra che andavano a soffermarsi impietose sull’addome bagnato dal getto caldo dell’acqua.
Gli occhi di George seguirono quella lenta discesa ed il viso si contrasse in una smorfia di piacere appena percepì le labbra morbide della ragazza indagare la punta della sua rinnovata erezione. Si passò una mano sul viso e poi nei capelli, ed i suoi ansimi presto sovrastarono il rumore dell’acqua che scorreva su di loro.
 
Passarono la mattinata a dormire, svegliarsi, fare l’amore, dormire ancora, svegliarsi di nuovo e fare ancora l’amore. Quando si alzarono definitivamente dal letto erano ormai le 2 del pomeriggio e Matilda iniziò a lamentarsi,
-Vuoi lasciarmi a digiuno?- spalancò le braccia. Aveva indossato una maglia di George che le arrivava alle ginocchia, stimolando la risata convulsa del ragazzo, il quale per decenza aveva infilato i pantaloni.
-Vuoi provare a cucinare tu?- gli chiese lui divertito.
-Meglio di no- borbottò lei –Sai, emh, non ho mai cucinato nulla in vita mia, d’estate a casa mia ci sono gli elfi, perciò…- disse timidamente.
-Sei proprio una ragazzina viziata! Dai per questa volta penserò io alla tua sopravvivenza, poi sarà mia madre a farlo al posto mio, non devi preoccuparti.-
George tirò fuori dal frigo delle uova e del bacon e con l’ausilio della magia iniziò a cucinare
-A proposito di questo George…ma è proprio necessario farmi spostare dai tuoi? Non posso rimanere qui con voi? Voglio dire…è un tantino imbarazzante sai-
-Mi spiace, ma tu sei minorenne ed i miei non permetterebbero mai che ti trasferissi qui, su questo sono stati molto chiari.-
Matilda sbuffò e si appollaiò sullo sgabello in attesa del pasto.
-Ma non credere che non ti rapirò di tanto in tanto- sorrise lui mentre armeggiava con la padella –E poi se vorrai potrai venire a darci una mano al negozio. Sai abbiamo assunto una ragazza, ma il lavoro è talmente tanto che…-
-Cosa hai detto?-
-Beh sempre se vorrai…-
Matilda scivolò dallo sgabello e tirò su con foga i capelli legandoli con disattenzione.
-No mi chiedevo, chi avete assunto al negozio?-
-Beh abbiamo assunto una ragazza, Verity, una biondina che lavora con noi da Maggio.-
Un pugno arrivò a colpire la spalla nuda di George che gemette di dolore.
-Aia! Ma sei impazzita?!-  si lamentò il ragazzo massaggiandosi la spalla.
-Quando avevi intenzione di dirmelo che avevate assunto una ragazza, eh?! Ma poi chi è questa? Dove l’avete trovata? Quanti anni ha? Perché lavora nel vostro stupido negozio?!-
-Certe volte dimentico di avere una serpe, come ragazza.-
-Una serpe pronta a vendicarsi su ogni essere vivente che prova anche solo a sfiorarti, questo è certo!-
George abbandonò la cucina e si affrettò a tirare a sé la giovane Malfoy che tentava di divincolarsi con forza –Brava bambina, con te al mio fianco sono sicuro che nessuno riuscirà mai a farmi niente…in bene e in male!-
-Su questo puoi scommetterci, stupido snaso dal grugno peloso!- Le gridò lei facendosi tutta rossa in faccia e proprio in quel momento, con un sonoro crack, Fred spuntò nel salotto stiracchiandosi
-Stupido snaso dal grugno peloso? Tu si che sai come offendere qualcuno Matt- disse Fred ridendo e fissando quei due avvinghiati davanti ai fornelli, mezzi nudi, con George che tentava di placare l’ira della ragazza. Nel sentire la voce di Fred Matilda si voltò furente verso il ragazzo e si avvicinò a lui con grandi falcate –Fred!-
Il ragazzo la guardò lievemente spaventato –Non sono stato io!- disse d’istinto Fred, senza nemmeno sapere quale fosse il motivo della discussione.
-Assumi me!-
-Eh?- Gli occhi di Fred scattavano dalla ragazza che con aria minacciosa teneva le mani sui fianchi davanti a lui, al gemello che tratteneva l’aria nella bocca per non scoppiare a ridere.
-Ma di che parli?-
-Posso aiutarvi io al negozio! Non c’è alcuno bisogno che quella Vanity…- -Verity- la corresse George tra gli sghignazzi –Si ok quella streghetta da quattro zellini, insomma non c’è motivo di pagare lei. Vi aiuto io, gratis!-
-Ma è sempre così agitata?- Fred si rivolse al fratello indicando la figura in miniatura davanti a lui.
-Spesso, tranne quando dorme a quanto pare- Intanto George preparava i piatti con le uova strapazzate ed il bacon
-Non distrarti!- Matilda strattonò un braccio di Fred –Risparmiereste un sacco di soldi, allora ci stai?-
-Cosa? Ma perché dovrei decidere io una cosa così? George di qualcosa!- il ragazzo implorava George mentre veniva sballottato dalla serpeverde.
-Non bistrattare Fred e vieni a mangiare, che c’è ti è passata improvvisamente la fame?-
Come se si fosse ricordata di qualcosa di vitale importanza, Matilda lasciò subito il braccio di Fred e corse a sedersi davanti al suo piatto –Cibo! Si!- Esultò lanciando le braccia in aria prima di gettarsi nel piatto.
Mentre la ragazza iniziò a mangiare con foga, George seduto davanti a lei si lanciava con il gemello sguardi complici d’intesa e tra un boccone e l’altro George si rivolse a Matilda,
-E poi sbaglio o a Settembre devi tornare ad Hogwarts? Come faremo a quel punto? Per non parlare del fatto che non sono affatto certo che tu sia in grado di fare alcunché, se non sprofondare nei libri, giocare a Quidditch o avere a che fare con strani e pericolosi animali-
-Posso sempre imparare. Mentre voi a Settembre potrete sempre assumere un qualche brufoloso ragazzetto, no?-
-Da brava, finisci di mangiare…- disse George in un sospiro mentre scuoteva la testa.
 
Matilda, dopo essersi accuratamente vestita e ordinata, seguì Fred nel negozio mentre George perse un’enorme quantità di tempo chiuso nel bagno.
-Fred è davvero…assurdo-
-Fantastico, non trovi? Guarda qui!- Precedette Matilda e mostrò alla ragazza una lunga serie di gadget e scherzi, fino a condurla al reparto dei giochi di magia babbani (pare che riscuotessero un discreto successo) e ancora oltre, dove si trovava una linea appena brevettata di oggetti incantati per difendersi dalle arti oscure.
-Era partito tutto per gioco, ma non hai idea quanti maghi e streghe adulti non siano in grado di compiere un buon incantesimo scudo- Prese a spiegarle Fred, mentre lo sguardo curioso della ragazza catturava gli oggetti esposti –Ma noi abbiamo avuto un ottimo maestro, dico bene?-
-Già- annuì lei sfiorando le confezioni sugli scaffali –Non ci fosse stato Harry…dovrò fargli un regalo. Ehi, cos’è questa?-
Fred si incurvò fino a raggiungere l’altezza della minuta ragazza –Polvere buio pesto peruviana, è spettacolare! Un po’ di questa e potrai sgattaiolare via dai nemici senza farti notare-
Matilda rigirò il pacchetto fra le mani –Ne comprerò una scorta intera! Ora vuoi farmi vedere come funziona la cassa? Se devo aiutarvi ho bisogno di essere istruita.-
Fred rise scuotendo il capo, rassegnato alla testardaggine della ragazza –Va bene, ma se George non sarà d’accordo te la vedrai te con lui.-
 
Mentre George continuava a prepararsi con lentezza inesorabile, passando dal bagno alla sua camera e viceversa intonando canzoncine stonate, Matilda se ne stava sul divano con Fred  che cercava di convincerla a provare il torrone sanguinolento.
-Piantala Fred- disse lei mentre intrecciava i capelli in una treccia a spiga –Sai benissimo che io non marino le lezioni, non mi serve questa roba-
-Ma potrebbe esserti utile per sfuggire alle pressioni di mia madre, dai almeno un pezzetto!- Fred spingeva un pezzo di torrone verso la bocca di Matilda che si ritraeva verso l’angolo del divano –Lontano da me! George! GEOOORGE!-
George apparve dietro la ragazza chiusa in un angolo da Fred,
-O per fortuna, ferma tuo fratello…ehi ma che fai?! Ehi! Traditore!- George bloccò Matilda per i polsi ed incitò Fred che riuscì a ficcare un pezzo di torrone nella bocca della ragazza; quella iniziò a fiottare sangue dal naso –Infami! Sftupidi! Sciaguuati!- Gridò lei tenendo la mano davanti alla faccia cercando di arrestare il fiotto di sangue. I gemelli non la smettevano più di ridere, mentre lei inondata di sangue li rincorreva intorno al divano.
-Santo Merlino, ho sempre desiderato far sanguinare un Malfoy- Disse George che svicolava via dalla mano che Matilda non teneva a coprirsi il naso.
-Peccato sia quello sbagliato! Ma quando è arrabbiata non trovi assomigli tantissimo a Draco?-
George guardò Fred con disgusto –Fratello, che orrore! Non farmici pensare mai più!- George imitò il gesto di rigurgitare.
-Pfiantatela! Fatelo sfmettere!-
-Ti serve un po’ di acqua Matt… aguamenti!- Fred agitò la bacchetta davanti la ragazza che stava per saltargli al collo; un getto d’acqua le piombò in testa arrestando la fuoriuscita di sangue, ma bagnandola dalla testa ai piedi.
-Stupidi Weasley! Lo sapete che se potessi usare la magia vi avrei già ridotti in poltiglia!- gridò lei gocciolante mentre i gemelli affiancati reggevano la pancia per le risate, per poi gridare in coro –Benvenuta ai Tiri Vispi Weasley!- ed infine la strinsero in un abbraccio bagnandosi con lei.
 
-Sono le sei meno dieci, è ora di andare!-
George scorse Matilda davanti allo specchio che sistemava con cura eccessiva i vestiti sul corpo, per poi passare alla treccia ed ancora ai vestiti.
-Smettila lemonsoda, ti assicuro che sei noiosamente presentabile, come al solito del resto.-
La ragazza piroettò verso George –Sicuro? Sciolgo i capelli secondo te?-
George sghignazzò –Meglio tenerli incatenati, non sia mai ti scambiassero per la tua dolce zietta e ti spedissero ad Azkaban-
Matilda fece una smorfia, poi afferrò la gabbia di Juno e si avviò nel salotto dove Fred li stava aspettando con i suoi bagagli.
-Ci siamo?-
George e Matilda annuirono, quindi il ragazzo allungò la mano per stringere quella di lei. Matilda si era smaterializzata molte volte con i suoi genitori, quindi non provò eccessivo disappunto quando percepì quella conosciuta sensazione di claustrofobica compressione; quando riaprì gli occhi si ritrovò nel mezzo di un piccolo cortile nel quale scorrazzava qualche gallina e, davanti al proprio naso, una casa sbilenca su più livelli sembrava tenersi in piedi per magia tanto era storta. Matilda osservò Fred avvicinarsi alla porta d’ingresso mentre agitava la bacchetta per far levitare i bauli dell’ospite, -Wow! Sembra proprio che la mamma si sia data un gran da fare per il tuo arrivo!- Disse il ragazzo che bussò poi alla porta. Matilda che teneva ancora saldamente la mano di George sembrò esitare, così che il ragazzo dovette strattonarla un po’ –Di che hai paura? Su, andiamo- le sorrise rassicurante.
Davanti alla porta era fissata un’insegna sgangherata su cui si leggeva ‘La Tana’ e fu davanti al cartello che la ragazza rimase.
-Già, guarda Fred, nemmeno un calderone arrugginito qui fuori! Si vede che vuole fare bella figura, chissà quanto avrà fatto sgobbare i nostri fratelli- Sghignazzò George, che dette un altro lieve strattone a Matilda per incitarla a proseguire. I grandi occhi grigi si incastrarono nella figura della donna bassina e rotondetta che aveva appena aperto la porta.
-Finalmente siete arrivati! Ciao tesoro- La donna abbracciò Fred che ricambiò svogliatamente l’abbraccio –Ci siamo visti l’altro ieri mamma- borbottò lui cercando di divincolarsi dalla stretta della donna che seguì con lo sguardo il figlio entrare in casa e poi, lentamente, si voltò verso Matilda e George.
-Bu…buona-buonasera signora Weasley- Balbettò impacciata Matilda, di cui schiena veniva spinta dalle mani di George. Le due si fissarono a lungo, Matilda con estremo imbarazzo (sentiva infatti il viso andare a fuoco), mentre Molly Weasley la squadrava con circospezione.
-Tranquilla, sta solo pensando che devi essere denutrita, ciao mamma- disse George mentre stringeva le spalle della madre con un braccio e le regalava infine un bacio sulla fronte, poi indicò Matilda –Lei è la famigerata Matilda Malfoy. Matilda, lei è mia madre, Molly Weasley-
Matilda, ancora in piedi davanti l’uscio poggiò con delicatezza la gabbia di Juno a terra ed allungò timidamente una mano verso la donna, ma di certo non si aspettava che quest’ultima l’avrebbe tirata a sé per poi stringerla in un abbraccio che sapeva di biscotti caldi e famiglia.
-Per l’amor del cielo cara, sei così piccola che ho stentato a vederti accanto a mio figlio- Poi la afferrò per le spalle e la guardò negli occhi con fermezza –Vieni dentro. Non spaventarti per il caos, la nostra è una casa umile.-
Matilda boccheggiò frastornata e faceva correre gli occhi da Molly Weasley a George, che si gustava la scena divertito –Non fartelo ripetere Matt- Disse lui prima di aprire la gabbia di Juno e liberarla.
Una volta dentro Matilda riconobbe un urlo familiare e qualcuno si gettò ad abbracciarla.
-Finalmente sei arrivata!- Gridò Hermione in un gesto di inusuale entusiasmo. La giovane Malfoy ricambiò la stretta dell’amica ed il suo cuore si colmò di gioia quando realizzò che ci sarebbe stata anche lei in quella casa –Herm, non sai quanto sono felice di vederti! Ehi…ciao Ron!-
-Ehi Matt, George! Ciao!- Ron era pesantemente sceso dalle scale a chiocciola che portavano agli altri piani della casa. Si guardò intorno e si aspettò di vedere Ginny sbucare da un momento all’altro, ma Molly che li stava attendendo passò una mano sul grembiule che le circondava la vita e interruppe i saluti,
-Avrete tempo più tardi per salutarvi ragazzi, ora devo chiedere a Matilda di venire con me, seguimi in cucina cara-
Matilda guardò terrorizzata George che le dette una pacca sulla spalla forse un po’ troppo forte, per cui barcollò pericolosamente in avanti, -Tranquilla, vengo con te! Di qua…-
Nonostante avesse ricevuto un ottima accoglienza, la ragazza percepì un forte senso di agitazione rovistarle nella pancia, che raggiunse il culmine quando entrò nella cucina della tana e non fece nemmeno in tempo a guardarsi intorno, in quanto i suoi grandi occhi chiari vennero catturati dalle persone che si trovavano in cerchio intorno al tavolo: il signore e la signora Weasley, un ragazzo dai capelli rossi che sicuramente era un altro dei fratelli di George, l’ex professor Lupin, Alastor Moody, la ragazza con i capelli color gomma da masticare che aveva visto in stazione, un alto uomo con la carnagione scura che riconobbe essere  l’auror Kingsley Shacklebolt ed infine, in piedi e con la mani dietro la schiena e gli occhi chiari nascosti dagli occhiali a mezzaluna che la guardavano, il preside Albus Silente, il quale regalò un ampio sorriso alla ragazza. Sentendosi spaventata Matilda fece un passo indietro e corse a cercare gli occhi caldi di George, in piedi di fianco a lei; il ragazzo le sorrise e le strinse una spalla con la mano per rassicurarla. A quel punto Silente fece un passo avanti ed indicò una sedia vuota,
-Siediti pure Matilda, è ora delle presentazioni-
La ragazza tornò a spiare i presenti non sapendo con esattezza su chi far ricadere l’attenzione, infine basita e titubante sedette ed attese che qualcuno le spiegasse cosa diavolo stava succedendo.

 
Buongiorno a tutti! Ve l’avevo promesso che avreste solo dovuto aspettare, spero di essere stata dignitosa nella stesura del capitolo (eh-emh, specialmente nella prima parte :3)e di avervi soddisfatti a sufficienza. In realtà non ho molto da dire, se non ringraziare chi si è impegnato a recensire e chi continua a seguire la mia storia; attendo al solito i vostri pareri!
Vi abbraccio.
D.

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Capitolo 19
*** La Tana ***


CAPITOLO XIX
La Tana
 
Una grande quantità di occhi la fissavano, tra cui quello meccanico di Alastor Moody che la agitava certamente più degli altri; prese a toccarsi la treccia con fare ripetitivo non sapendo proprio cos’altro fare, difatti proferire qualsiasi parola era impossibile in quanto sentiva la gola secca ed affatto collaborativa. Fu Silente a rompere il silenzio di quegli sguardi muti, anche se Matilda avrebbe giurato che quella strana ragazza con i capelli rosa fremeva dalla voglia di dire qualcosa prima degli altri.
-Non essere così agitata Matilda, questo non è un tribunale d’ inquisizione.-
-Anche se lo sembra- borbottò lei, la lingua aveva anticipato il cervello e per questo arrossì di botto.
-Coraggiosa! Si vede che ha il sangue dei Black- disse la ragazza che la guardava con occhi sgranati ed un sorriso davvero entusiasta. Che fosse coraggiosa era proprio una bella menzogna, pensò tristemente Matilda, piuttosto certe volte non riusciva proprio a starsene zitta, ma il suo spirito era mosso dalla polemica intrinseca in lei, non proprio dal coraggio di cui si sentiva totalmente priva.
-Non siamo qui per giudicarti, ma per metterti al corrente di alcune questioni di cui devi essere informata, ora che hai preso l’ardita decisione di fuggire dai tuoi legami familiari. Ma prima di tutto abbiamo premura di sapere come ti senti.- Silente parlò con la solita sicurezza di cui era dotato e che riusciva talvolta a spiazzare, talvolta a mettere a proprio agio. Quella volta la ragazza si sentì spiazzata.
-Come…come mi sento?- fece scattare  i grandi occhi grigi dall’uno all’altro dei presenti, infine ricercò George seduto accanto a lei, che ancora una volta le sorrise.
-Bene, credo bene. Meglio di un paio di giorni fa, certamente.- deglutì infine, prima di tornare a puntare la propria attenzione sul preside e continuare a parlare, -Però vorrei tanto sapere il motivo di questa strana accoglienza…ecco- Gli occhi tornarono sui presenti intorno a lei,
–Professor Lupin, Professor..emh…signor Moody, voi…e poi gli altri…-
Era evidentemente molto confusa, per cui Silente interruppe quel flusso insensato di parole.
-Procediamo con calma, va bene?-
L’uomo cominciò a passeggiare intorno al tavolo tenendo le mani allacciate dietro la schiena.
-Sono contento che tu stia bene, deve essere stato difficile prendere l’amara decisione di fuggire dalla tua famiglia.-
-Meno di quanto immagini.- Disse con fermezza lei, che fece così sorridere buona parte dei presenti, tranne Malocchio, che continuava a guardarla con quell’occhio meccanico impassibile come un monolite.
-Veniamo a noi ora. Hai riconosciuto il tuo vecchio professore di Difesa contro le Arti Oscure, così come Alastor Moody; io non credo di aver bisogno di presentazioni, come del resto la cara Molly che hai conosciuto pocanzi. Gli altri…-
-Riconosco il signor Shacklebolt, l’ho visto più volte al Ministero- Matilda spiò con timidezza quell’uomo composto, ma sorridente.
-Dunque all’appello mancano Arthur Weasley, il marito di Molly- Matilda fissò l’uomo non riuscendo a trattenere un certo rossore, del resto si trattava del padre di George; l’uomo sorrise gentile ma rimase in silenzio.
-E accanto Bill, primogenito dei signori Weasley…- il ragazzo con i capelli lunghi e dell’inequivocabile tono marca Weasley le sorrise e strizzò l’occhio.
-Infine la graziosa signorina qui presente è Ninfadora…-
-Tonks, chiamami pure Tonks!- quasi urlò eccitata la ragazza. Matilda riconobbe il cognome, anche se non era sicura di dove l’avesse già sentito.
-Anche lei è un auror proprio come Kingsley, inoltre mi preme informarti che è la figlia di Andromeda Black, la sorella maggiore di tua madre, Matilda.-
La giovane Malfoy sgranò gli occhi dallo stupore e subito tornò a guardare quella strana ragazza che le sorrise compiaciuta –E questo fa di te la mia piccola cuginetta! Grandioso non trovi?-
Matilda boccheggiò, non si sarebbe di certo aspettata di ritrovarsi davanti un parente tanto stretto e altrettanto detestato dalla sua famiglia. Narcissa parlava mal volentieri della sorella più grande, per cui Matilda sapeva solamente che Andromeda Black andò contro i sacri doveri familiari sposando un nato babbano, o sanguemarcio come prediligevano appellarlo i suoi genitori, da cui evidentemente era nata Ninfadora Tonks.
-Bene, ora che abbiamo concluso le presentazioni è bene che io ti parli di quello che è successo al ministero la notte in cui i tuoi amici si sono imbattuti in quel luogo…e dell’Ordine della Fenice.-
Quanto tempo passò Matilda non seppe dirlo; si rese conto però che dovesse essere ora di cena, perché mentre Silente finiva la sua lunga spiegazione il suo stomaco prese a brontolare, facendo sussultare la signora Weasley che dovette sentirsi in colpa per aver tenuto a digiuno quella ragazzina che, tra l’altro, aveva proprio un’aria denutrita.
Silente le raccontò di Sirius Black e finalmente Matilda capì di chi stessero parlando Harry e gli altri quando aveva origliato la loro conversazione; si sentì incredibilmente triste quando apprese della sua tragica morte, quell’uomo che proprio come lei era scappato di casa a soli sedici anni, trovando rifugio a casa del padre di Harry. Sirius Black era fuggito dalla stessa famiglia che voleva metterle il cappio alla gola. Era un uomo buono e coraggioso ed aveva passato ingiustamente molti anni ad Azkaban, infine era stato costretto a vivere nell’ombra, per poi trovare la morte per mano della sua folle e malvagia zia Bellatrix. Provò ancor più tristezza e si chiese se anche lei avrebbe fatto la stessa fine di quell’uomo che avrebbe tanto voluto conoscere. Ma si sentì anche lievemente rinfrancata quando realizzò che allora  non era stata la prima mela marcia nella propria famiglia.
Le disse, con tatto, che suo padre si trovava al Ministero quella notte e che aveva tentato di strappare la profezia che legava Harry a Lord Voldemort. E si, le parlò anche di quella profezia, anche se nessun presente ne conosceva le parole. Matilda non sembrava affatto scossa dalla notizia che suo padre fosse uno dei più fedeli servi del Signore Oscuro, motivo che sopra ogni altro l’aveva portata a scegliere di chiudere i ponti con la propria famiglia, ma apprezzò comunque il riguardo con cui il preside stava trattando i suoi sentimenti.
Infine Silente spiegò cos’era l’Ordine della Fenice, quando era stato costituito e come e con quali nuovi membri era rinato dopo il ritorno di Lord Voldemort.
Si sentiva frastornata da tutte quelle notizie che andavano a formare un grande e complicatissimo puzzle, ma tentò di mantenere le domande per sé, anche perché Silente sembrava leggerle nella mente ed ogni volta che nella testa di Matilda si formava un dubbio, l’anziano mago si dispiegava in lunghe spiegazioni.
-Ed ora veniamo a te.-
Matilda ricompose la schiena in una postura quanto mai composta e tornò ad afferrare la treccia.
-Sei sempre stata un’alunna molto scaltra ed intelligente, per cui non dubito che tu abbia capito il motivo per cui ci troviamo qui- Questa volta fu Remus Lupin a parlare, dando così la possibilità a Silente di riprendere un po’ di fiato.
-Professore…signor Lupin-
L’uomo sorrise incoraggiante così che la ragazza tornò a parlare,
-Potete fidarvi di me. Sono consapevole del fatto che dal momento in cui ho preso la decisione di allontanarmi dalla mia famiglia ho scelto da che parte stare. Non ho intenzione di tornare da loro, voglio impiegare tutte le mie energie per quella che trovo la giusta causa. Voglio aiutarvi a sconfiggere colui-che-non-deve-essere-nominato!- Parlò con veemenza e sicurezza, nonostante le guance si erano nuovamente arrossate. Passò ancora lo sguardo sui presenti che sembrarono compiaciuti e soddisfatti, così tornò a guardare Lupin,
-Usate pure il veritaserum! Sono disposta anche a compiere un voto infrangibile se lo doveste trovare necessario! Non voglio che le idee folli dei miei genitori ed i loro tragici errori compromettano la mia persona; non li ho mai appoggiati e mai vorrò farlo!-
-Ora calmati Matilda, non sarà necessario nulla di tutto questo, ci basta la tua parola- continuò rassicurante Remus, con il viso provato ed un ombra di sorriso.
-L’unica cosa…io temo per mio fratello. Sono sicura che ormai avrà già fatto la conoscenza di voi-sapete-chi, cosa che io sono riuscita a sfuggire essendo stata spedita a casa della mia vecchia prozia…-
Silente tornò a parlare mentre la fissava dietro ai suoi occhiali a mezzaluna.
-Sospettiamo, invero, che tua madre abbia scelto di mandarti lontana essendo consapevole di quella che è la tua indole; se fossi tornata a casa tua avresti di certo, come tu hai intelligentemente sospettato, fatto la spiacevole conoscenza di Lord Voldemort e forse avresti preferito rischiare la vita pur di tenerti lontana da lui.-
Matilda incurvò le spalle e sospirò. Sua madre l’aveva davvero protetta, dunque? Ma perché non aveva fatto la stessa cosa con suo fratello, ben più a rischio di lei nell’appoggiare i folli ideali del Signore Oscuro?
-Siamo certi che Narcissa farà in modo di proteggere in qualche modo anche Draco, ma non possiamo garantire che ci riuscirà. Per questo ti chiediamo di fare qualcosa di grande e difficile…-
Il preside si avviò accanto alla ragazzina che scattò in piedi appena quello le mise una mano sulla spalla,
-Se rimarrai qui sarai protetta dall’Ordine, ma questo comprenderà che non potrai più avere a che fare con i tuoi genitori ed il loro entourage. Quando tornerai ad Hogwarts non dovrai permettere a Draco di sospettare di te, per nessun motivo. Sono abbastanza sicuro che Narcissa abbia fatto di tutto per tenere tuo fratello all’oscuro della tua fuga, ragion per cui dovrai tentare di essere il più naturale possibile, d’altronde Draco conosce già l’amicizia che ti lega ormai alla signorina Granger, nonché ai numerosi Weasley…- Silente fece l’occhiolino a George che trattenne a stento un sorriso –E ad Harry Potter, ragion per cui se sarai abbastanza scaltra non sospetterà nulla. Devi fargli credere di non essere a conoscenza di fatti spinosi e che potrebbero coinvolgerti in questioni di Resistenza nei confronti di Lord Voldemort, ma al contempo devi tentare di capire fino a che punto Draco è entrato a contatto con Voldemort ed i mangiamorte. Devi stargli vicino Matilda, ricordi quello che ci siamo detti lo scorso anno? E sono più che certo che tenerlo all’oscuro di tutto questo sia la cosa migliore da fare.-
Matilda annuì e tornò a guardare negli occhi l’alto mago di fronte a lei.
-Bene. Per il resto posso aggiungere che per qualsiasi problema ad Hogwarts potrai fare riferimento al professor Snape.-
-Cosa? Ma professore…-
Silente sorrise nuovamente –Abbiamo tutti piena fiducia in lui, non temere.- rispose eclettico e Matilda non si sentì di indagare oltre: avrebbe rivolto altre domande ai suoi amici, più tardi.
-Ora basta Albus, abbiamo parlato a sufficienza e sento con nitidezza il suo stomaco brontolare! Hai fame cara?-
Molly Weasley si rivolse in maniera così premurosa nei suoi confronti che Matilda si sentì scaldare il cuore; non era abituata a quelle attenzioni materne ed apprensive, non in quel modo così genuino quantomeno.
-Prima però io, ecco…vorrei ringraziarvi. Siete stati così gentili ad accogliermi, vi prometto che farò di tutto per esservi utile.-
George a quel punto scoppiò a ridere attirando su di sé molti sguardi,
-L’importante è che non gli permettiate di fare alcunché in casa, potrebbe fare un sacco di danni questo piccolo uragano!-
Matilda si trattenne dal colpire George con uno dei suoi pugni letali, per cui si limitò a lanciargli uno sguardo di fuoco che fu colto dagli altri, che iniziarono a ridere di cuore.
-Io non la provocherei così tanto fossi in te George! Mi sembra molto agguerrita la ragazza- lo apostrofò nelle risate Tonks, che a quel punto si sentì autorizzata ad alzarsi e a stringere Matilda, rigida e basita, in un caloroso abbraccio –Sono così contenta di averti conosciuta!-
Matilda tossicchiò e ricambiò timida l’abbraccio, anche quello aveva proprio l’odore di casa, come il precedente con la signora Weasley.
-Basta ora! Uscite dalla cucina e richiamate i ragazzi per apparecchiare la tavola, a breve si cena!- Tuonò Molly Weasley agitando un mestolo. Matilda fu la prima a scattare verso la porta e poté sentire distintamente dei passi sgattaiolare via oltre di essa; guardò George con un sorriso mentre scrollava il capo e poi uscì dalla cucina.
La veranda della tana era un caos di persone. Silente si era teatralmente congedato con un inchino e fu il primo a lasciare la casa, seguito da Moody e Shacklebolt, ma Remus Lupin, Tonks e Bill rimasero per cena, assieme alla futura moglie di Bill, che Matilda riconobbe con stupore essere Fleur Delacroix, campionessa di Beauxbatons l’anno del torneo Tre Maghi. Bella come una divinità, la ragazza veleggiò verso di lei e la salutò baciandola sulle guance.
-Sono tonto contonta di conoscerti Matildà, ho tonto sentito parlare di te sai?-
Matilda accennò un sorriso imbarazzato quando Bill strinse Fleur in un abbraccio romantico.
-Ti abbiamo proprio spaventata con quel benvenuto, non è vero?- Le chiese Bill al quale Fleur si era aggrappata come un gatto in preda alle fusa.
-Ma figurati, cosa vuoi che sia mai?- Rispose ironica Matilda che intanto seguiva con lo sguardo George, intento a parlottare con i fratelli ed Hermione poco distanti da loro, poi tornò a guardare la coppia di innamorati che si scambiavano moine.
-Emh, scusatemi, prima di cena vorrei capire dove sistemare le mie cose…- Si allontanò dai due che non sembrarono accorgersi della sua assenza, quindi si unì al gruppetto che prese ad esultare appena entrò nel cerchio.
-Lo so che avete sentito tutto!- Bisbigliò–Lo posso notare dalle orecchie ancora rosse di Ronald-
Ron tossicchiò, Hermione sorrise imbarazzata –Tanto ci avresti raccontato tutto comunque, non è vero Matt? Ti abbiamo solo risparmiato un mare di tempo.-
-Già- si unì Ginny, dopo aver dato una pacca sulla spalla a Matilda con la stessa delicatezza di suo fratello George, motivo per il quale si sbilanciò in avanti rischiando di cadere –Pensavo ti volessero ammettere all’Ordine! Sarebbe stato uno smacco tremendo, nessuno di noi giovani- virgolettò la parola con le dita –è ammesso all’ordine.­-
-Parla per te Ginny, presto io e Georgie ne faremo parte, vedrete!- i gemelli si dettero il cinque, poi George si rivolse a Matilda –Allora? Che te ne pare?-
-Di cosa?- chiese confusa lei.
-Ma della tana!-
-Ti pare che abbia visto qualcosa se non la cucina?-
-Hai ragione, bisogna rimediare-
George prese la mano di Matilda e la trascinò verso le scale a chiocciola, mentre con la mente già stava assaporando un fugace incontro focoso in una delle stanze al piano di sopra. Purtroppo i suoi piani andarono in fumo quando Arthur li raggiunse, anche lui dando una pacca sulle spalle ormai martoriate della ragazza.
-Giro della casa eh? Vi accompagno!- Disse allegro l’uomo che iniziò a salire le scale con loro, facendo arrossire Matilda ed indispettire George.
Quella casa era assurda, totalmente distante dalla sua lussuosa e pomposa villa: una scala dinoccolata saliva per cinque piani che nascondevano le stanze dei Weasley, fino ad arrivare alla soffitta da cui provenivano strani e spaventosi rumori.
-Il nostro demone, magari avrai la sfortuna di incontrarlo!- le disse George come se stesse parlando di una vecchia e brontolante zia. Nel mostrare le stanze il signor Weasley rivolgeva generiche domande a Matilda, la quale rispondeva puntuale e precisa, pronta a fare una gran bella figura.
-Dalle tregua papà…ecco, questa è la stanza mia e di Fred, la vecchia stanza insomma. Dormirai qui mentre Fleur e Bill sono nella stanza di Percy…- Arthur parve rabbuiarsi di botto, così George si affrettò a proseguire mentre apriva la porta sulla stanza, -Ed Hermione dormirà come al solito in camera di Ginny…-
-Non c’è alcun bisogno di darmi una stanza intera, posso anche dormire sul divano!-
-Non essere sciocca…- rispose George mentre le dava dei colpetti bonari sulla testa. La stanza dei gemelli era piena di cose e un buon numero di scatoloni ammassati alle pareti occupava gran parte della stanza.
-Dovrai adattarti un po’ cara- Intervenne Arthur –Ora che George e Fred si sono trasferiti sopra il negozio stiamo usando la stanza come sgabuzzino…sai lo spazio non è mai abbastanza in una famiglia così numerosa!-
-Non dovete preoccuparvi, davvero- disse Matilda agitando le mani convulsamente –Vi ringrazio ancora ecco…-
Arthur le sorrise e poi fece l’occhiolino a George –Aiuta Matilda a sistemare le sue cose e non farti strillare da tua madre, fra dieci minuti sarà pronto.-
Arthur uscì dalla stanza senza chiudere la porta, cosa che si affrettò a fare George mentre Matilda si era già fiondata ad aprire i suoi bauli.
-Quanta fretta…- Il ragazzo la tirò per un polso e la strinse a sé –Possiamo pensare più tardi a sistemare, non credi?- Quel sorriso malandrino che Matilda conosceva bene comparse sul volto di George, che subito si chinò e schiuse la bocca per poi baciarla con passione.
-Mmmh…George sono appena arrivata…- Le sue brevi proteste furono zittite dalle labbra di George che andarono a ricercare il collo mentre le mani scesero a stringere i glutei coperti dalla gonnellina estiva. Proprio mentre stava per lanciare via il suo buon senso irruppero nella stanza Fred, Ginny, Hermione e Ron.
-Datevi una tregua- li canzonò Fred creando più imbarazzo ai fratelli minori che non a George, il quale ricompose la gonna di Matilda sbuffando controvoglia. Hermione trattenne una risata, Ron e Ginny erano diventati rossi tanto quanto Matilda che spinse via George con vigore.
-La mamma è in totale frenesia ed appena ha visto papà tornare in cucina ci ha caldamente invitati a raggiungervi.- proseguì Fred mentre sbirciava nel baule aperto di Matilda.
-Buon Merlino, abbiamo un’altra Hermione Granger! Guarda quanto ordine!-
-Oh…fatti gli affari tuoi Fred!- lo rimbeccò Matilda ancora rossa in viso.
Sarebbe stata una bellissima e frenetica estate, pensò la serpeverde mentre scendeva i gradini delle scale e fiondarsi poi in cucina con gli altri.
 
Buona parte delle attenzioni furono dedicate alla giovane Malfoy durante la cena. Non faceva in tempo a svuotare il piatto che la signora Weasley glielo colmava di nuovo, sperando forse di vederla lievitare tutt’insieme; Tonks sfoderò tutte le sue capacità di metamorfomagus , cambiando colore di capelli o tramutando il suo naso nel muso di vari animali e facendo ridere di cuore la cugina al suo fianco. Durante la cena raccontò timidamente a Lupin come aveva scoperto che il padre fosse realmente un mangiamorte; quando iniziò a parlare del padre una stretta le costrinse lo stomaco nel pensarlo chiuso ad Azkaban, ma cercò di fare finta di nulla e cambiò rapidamente argomento. Il suo interesse si fece vivo quando Molly prese a parlare di Charlie e del suo lavoro.
-Deve essere meraviglioso occuparsi dei draghi- sospirò sognante la serpeverde, raccogliendo non poche espressioni sgomente.
-Davvero ti piacciono tanto i draghi?- Chiese incuriosito Bill, mentre Fleur, aggrappata al suo fianco, fece una smorfia, -Ho avuto a che fare con un drogo al torneo, è stato oribile, davvero oribile.-
-Sono creature intelligenti e ricche di qualità, non mi dispiacerebbe affatto studiarli con attenzione.-
George rabbrividì –Continui a parlarne come fosse una cosa fattibile, ma fin quando sarò in vita non credo proprio ti permetterò mai di averci a che fare in alcun modo!-
-Ed io non credo, George, che tu abbia alcuna possibilità di porre veti sulla mia vita- sorrise leziosa lei prima di riempirsi la bocca con dell’ottimo budino della signora Weasley.
 
Quando finirono di mangiare Matilda scattò in piedi e si affrettò ad aiutare la signora Weasley e i figli a sparecchiare la tavola; si caricò talmente tanto che rischiò di far cadere le stoviglie ad ogni passo, per cui Molly agitò la bacchetta e sollevò i piatti in suo soccorso.
-Grazie…- mormorò nervosa prima di girarsi e tornare con fretta verso il tavolo, ma per la foga si scontrò contro Hermione che recuperò i bicchieri che teneva in mano al volo.
-Ri-la-ssa-ti- ridacchiò George che si stava gustando la scena a fianco del gemello, ancora seduti al tavolo.
-Alzatevi immediatamente e date una mano voi, invece di lasciar fare tutto agli ospiti! Santo Godric figli miei, siete veramente degli scansafatiche!-
-Stiamo solo cercando di far sentire Matilda a proprio agio mamma- disse Fred –Non vedi quanta voglia ha di collaborare?-
Matilda rimase con il volto chino tutto rosso, mentre continuava indaffarata a portare gli ultimi piatti al lavello.
-Basta così cara, vai pure a sistemare le tue cose, i ragazzi saranno disponibilissimi a darti una mano- Molly sorrise bonaria alla serpeverde mentre lanciò uno sguardo di disapprovazione verso Fred e George, che a quel punto si alzarono controvoglia –Abbiamo capito- dissero in coro.
-Ma qui c’è ancora un sacco di lavoro da fare…- cercò di replicare lei, ma Molly insistette per farla uscire dalla cucina, così lei si avviò verso le scale con i gemelli.
-Ti voleva fuori dalla cucina, ci credo! Stavi per distruggere il servizio buono a cui tiene tanto.- la canzonò George.
-Per non parlare della povera Hermione a cui verrà sicuramente un grosso livido sul mento- aggiunse Fred.
-Voi si che siete proprio capaci di mettere a proprio agio le persone!- Sibilò Matilda con i pugni stretti che li guardava da un paio di scalini più in alto, poi si girò e corse verso la loro stanza stizzita ed imbarazzata.
Grazie alla sua ottima organizzazione in soli 15 minuti tutte le cose della giovane Malfoy erano ben sistemate, non di certo per l’aiuto di Fred e George che si erano limitati a curiosare mentre lei sistemava affannata, canzonandola ad ogni libro che riponeva con cura.
Fred prese a sbadigliare e dopo essersi stiracchiato si rivolse al fratello,
-Si è fatto tardi e domani ci tocca l’inventario, vado a salutare e me ne vado a casa, ci vediamo lì.- Poi si rivolse alla serpeverde e si esibì in un inchino bislacco –Signorina Malfoy, i miei ossequi-
-Ciao Fred, fai il bravo. Ricordati del nostro patto!-
Fred scosse il capo ridendo e con un crack si smaterializzò in cucina. Matilda lanciò uno sguardo di disapprovazione dove fino a qualche attimo prima si trovava Fred,
-Abusare in questo modo della magia! Vi pesa tanto fare qualche gradino?-
-Ti lamenti solo perché non puoi farlo anche tu. Scendiamo anche noi prima che la mamma noti la presenza di Fred e ci mandi su qualche altro cane da guardia-
-Va bene, però per merito della pigrizia di Fred ora sconterai al posto suo!-
Matilda saltellò dietro la schiena di George fino ad aggrapparsi al suo collo.
-Ehi che combini scimmietta?!- ridacchiò lui mentre tentava di gestire la ragazza che cercava di arrampicarsi sulla sua schiena.
-Mi porterai giù te, no?-
 
Molly guardava dalla porta della cucina suo figlio scendere le scale dinoccolate della tana con Matilda aggrappata dietro; le loro risate riempivano la tana più delle voci di tutti gli altri presenti. Arthur accanto a lei le strinse una spalla con il braccio, mentre osservavano silenziosi la scena dei due giovani che uscivano dalla porta d’ingresso.
-Sono così giovani…-
-Anche noi ci divertivamo così, ricordi?- Disse Arthur a sua moglie, facendo ricadere gli occhi su di lei e sorridendole.
-Ho paura non siano pronti per tutto questo- un altro sospiro uscì dalle labbra della donna, che sentiva il cuore batterle all’impazzata nel petto.
-Hanno animi forti e combattivi tesoro, non dobbiamo preoccuparci più del necessario; il nostro compito è quello di guidarli per quanto ci sarà possibile.-
-Povera cara, è solo una bambina ed ha già dovuto compiere delle scelte tanto difficili- proseguì Molly che proprio non si sentiva rinfrancata dalle parole del marito, che a quel punto le trattenne le spalle e la guardò con affetto, -Ma ha avuto la fortuna di incontrare nostro figlio e con lui tutti noi; saremo in grado di occuparci di lei e tenteremo di limitare i danni della sua scelta così coraggiosa.-
Molly annuì e si abbandonò tra le braccia del marito.
 
Dopo aver salutato Remus e Tonks gli abitanti della tana iniziarono a ritirarsi nelle proprie stanze. Matilda e George erano seduti sul dondolo della veranda e ciondolavano lentamente, quando George sospirò –Devo proprio andare ora, domani si lavora aimè-
-Umpf…ma io voglio dormire con te!- Bisbigliò lei con le gambe strette al costato.
-Che c’è, sei già andata in crisi d’astinenza lemonsoda?- sghignazzò George, mentre le pizzicava la guancia.
-Credo di si, ehi piantala!-
George la attirò a sé con un braccio e le concesse un raro delicato bacio sulla nuca chiarissima.
-Se fai la brava ti farò una sorpresa, ma devi smetterla di lagnarti come una bambina-
Matilda alzò lo sguardo per guardare il ragazzo, annuì e si allungò a lasciargli un bacio sulle labbra.
Le iridi grigie seguirono George alzarsi e poi smaterializzarsi lasciando un fastidioso vuoto al suo posto. Con un sospiro scese dal dondolo e tornò dentro casa, quindi dopo aver augurato la buonanotte ai coniugi Weasley si avviò sulle scale e raggiunse la stanza di Ginny; incerta bussò e ad un cenno d’assenso entrò.
-Finalmente!- disse Hermione già pronta per la notte che invitò Matilda a sedersi sul suo letto, sulla quale si trovavano le due ragazze. Matilda le raggiunse e si abbandonò di fianco all’amica; le due la guardarono e poi si scambiarono uno sguardo complice per poi tornare a concentrare l’attenzione sulla serpeverde che sembrava aver perso la vitalità posseduta fino a quel momento, che aveva lasciato il posto ad uno sguardo assente.
-Tutto bene?- le chiese Hermione dopo aver poggiato una mano sulla spalla minuta dell’amica; quest’ultima come risvegliatasi d’improvviso voltò di scatto la testa verso le due e dopo aver fatto correre gli occhi da una all’altra annuì  senza troppa convinzione.
-Diciamo che sono state giornate difficili…e poi quando è arrivato George è stato come se il brutto tempo lasciasse posto al sole. Oh Ginny non fare quella faccia!- Matilda accennò ad una risata che coinvolse anche le altre due, poi tornò seria e proseguì,
-Non è una questione romantica, è che lui riesce a portarmi via quei momenti di desolazione e…vuoto e…paura. Ci credete che da ieri sera non ho pensato nemmeno una volta a mio padre o a Draco prima di arrivare qui…- abbassò lo sguardo e guardò l’anello che allacciava il dito medio, ma la voce squillante di Ginny interruppe il flusso di pensieri.
-Che vuol dire da ieri sera?! Pensavamo fossi scappata oggi! Quindi vuol dire che hai passato la notte da George e Fred?!- Gli occhi chiari di Ginny erano sgranati su di lei, affamati di pettegolezzi. Anche Hermione la guardò stupita e trattenne a stento un sorriso malandrino.
-Davvero Matt? Hai dormito con George?!- bisbigliò l’amica per non farsi sentire dagli altri abitanti della tana. Matilda prese l’esatta sfumatura dello stendardo di Grifondoro che anche Ginny aveva appeso in camera e poi si ritirò in un angolo del letto.
-Emh…si, ehi!-
Ginny si era gettata su di lei e le scosse la spalla con forza –Quando avevi intenzione di dircelo?! E cosa è successo?! Non mi dire che è successo quello che penso!-
-Ti prego Herm aiutami! Perché voi Weasley siete sempre così aggressivi?!-
-Aggressivi eh?! E bravo George! Effettivamente sospettavo avesse un animo focoso, intendiamoci…- Il sorriso malizioso e furbo di Ginny era incollato alla faccia di Matilda, che aveva improvvisamente voglia di affondare nel materasso. Per fortuna Hermione tirò via Ginny ammonendo il suo modo di porsi, -Però a questo punto vogliamo sapere cos’è successo! Non tenerci sulle spine su!-
-Ma Herm…Ginny…è tuo fratello santo Salazar! Non posso raccontarti queste cose!-
-Oh ma chi se ne importa! Farò finta che al suo posto ci sia un qualche giocatore di Quidditch…-
-Magari Finbar Quigley…- aggiunse sognante Matilda.
-Ti piacciono proprio i capelli rossi, eh?!- La rimbeccò divertita Ginny.
-Possibile che riusciate ad infilare quello stupido sport ovunque?- Si intromise Hermione.
-Stupido sport?!- dissero in coro le altre due che guardarono Hermione con la stessa espressione sconvolta.
 
Dopo una lunga chiacchierata con le due ragazze Matilda si infilò nel letto con il cuore più leggero. Hermione e Ginny erano riuscite a strappare dettagli piccanti alla serpeverde sulla notte trascorsa con George e quelle confidenze l’avevano distratta al punto di farla addormentare libera dal peso di quelle giornate scombussolate. Quando aprì gli occhi, merito di un peso che aveva sentito aggiungersi sul comodo letto di George, subito il viso di Matilda si illuminò di un sorriso sornione.
-‘giorno…-
Con i soli pantaloni della tuta a coprirlo, George si infilò sotto il lenzuolo tiepido che mascherava il corpicino della ragazza, la quale si avvinghiò immediatamente a lui, abbraccio obbligato dal letto singolo.
-Questa si che è una bella sorpresa…- mugugnò Matilda fra il cuscino e la spalla di George.
-Te l’avevo promesso, anche se il tempo è tiranno lemonsoda…-
Ci volle davvero poco a liberarsi dei vestiti. George coprì più volte la bocca morbida della ragazza con la mano, di cui ansimi avrebbero di certo attirato l’attenzione della famiglia, rischiando così di rovinare un risveglio idilliaco.
Svegliarsi e fare l’amore con George.
Quello si che era un meraviglioso benvenuto alla tana.


Ciao a tutti e bentornati! A voi fantastici lettori che state seguendo la storia non sarà sfuggito che sto cercando di mantenere intatta la trama originale (ovviamente con il personaggio di Matilda in aggiunta che inequivocabilmente ne modifica dei tratti, ma se così non fosse che la starei scrivendo a fare? :D); per questo volevo scusarmi, infatti so che a questo punto della storia dovremmo incontrare una Tonks dai capelli grigi e molto più triste e rigida, ma ai fini della conoscenza con Matilda ho rimandato un po' questo momento, così che lei abbia modo di avere un primo approccio con la vera Tonks. Per il resto che dire? Grazie delle recensioni! Grazie grazie grazie! Mi fanno capire che il mio lavoro non è da buttare, quindi vi chiedo di continuare a recensire. Inoltre grazie anche a chi ha aggiunto la storia tra le preferite, ricordate e seguite. Siete SPLENDIDI.
Un morsetto al cioccolato per voi.
D.

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Capitolo 20
*** Tutto sotto controllo ***


Ciao a tutti e prima di tutto: auguri di buone feste! Come stanno andando le vostre giornate? Spero bene, io di mio mi sono premurata di fare una dignitosa scorta di cibo che suppongo servirebbe a coprire 2 mesi di carestia; in compenso mi sono beccata un bel febbrone e sono rintanata sotto le coperte! Comunque vi aggiorno su una cosa meravigliosa: PygmyPuff, mia grandissima amica nonché la persona che conosco su cui posso fare maggiore affidamento in materia Harry Potter, ha acconsentito a revisionare i capitoli! Yup! Ergo ora potete prendervela con lei se doveste scovare qualche brutto strafalcione :D
Comunque ora vi lascio alla lettura, al solito ringrazio ogni singola persona che segue la mia storia, siete splendidi!
D.
 
Revisione: PygmyPuff

 
 
 
 
CAPITOLO XX
Tutto sotto controllo
 
Quei primi giorni alla tana erano stati fantastici: ogni singolo membro aveva trattato Matilda con accortezza, dimostrando curiosità per la sua persona e coinvolgendola nella quotidianità specialmente durante l’assenza di George, che con il gemello passava le giornate in negozio, negozio in cui il giorno dopo l’avrebbe portata, le aveva promesso. Per il momento aveva passato il tempo ad aiutare come poteva la signora Weasley, sfiorando un buon numero di catastrofi domestiche data la sua totale incapacità di fare alcunché, come era solito sottolineare dolcemente George, oppure a giocare a Quidditch con i ragazzi, o a farsi insegnare da Ron il gioco degli scacchi, che non aveva mai appreso. Una piccola nota su Ron: strano ma vero, Matilda trovava trascorrere il tempo con Ron un atto davvero piacevole; nulla di lontanamente romantico, nessuna luce particolare ad illuminare il più piccolo dei Weasley ai suoi occhi (per quello bastava ed avanzava George che totalizzava la sua testa ed il suo corpo con molta invadenza), semplicemente aveva proprio imparato ad apprezzarne la compagnia; Ron era dotato di ironia, un’ironia più sottile di quella dei gemelli, che prediligevano bombardarti di scherzi tutto il santo giorno, inoltre era arguto ed affatto stupido, insomma una bella scoperta. Probabilmente non lo avrebbe ammesso nemmeno in punto di morte, in quanto Matilda rimaneva pur sempre la gemella di Draco Malfoy fosse anche solo per l’aspetto decisamente simile, ma anche Ron pensava la stessa cosa; i due stavano in qualche modo creando uno strano legame di amicizia, cosa che sarebbe costata alla ragazza di essere bullizzata da George e Fred. Permise persino al ragazzo di usare la sua scopa durante una delle partite di Quidditch regalando a Ron un momento epico, nonostante questo stesse in coppia con Hermione e di fatto erano stati brutalmente battuti da lei e Ginny, che assieme erano decisamente imbattibili; decisero per questo di rimandare il prossimo scontro quando anche Harry li avrebbe raggiunti da lì a qualche giorno, permettendo alla povera Hermione di rinunciare a prendere parte al gioco.
Per il resto evitava come il vaiolo di drago Fleur che l’aveva presa particolarmente in simpatia essendo la ragazza di George, per cui ogni volta che si ritrovavano a collaborare nelle faccende con Molly, la quale sembrava apprezzare molto più la sua presenza che quella della francese, Fleur non perdeva l’occasione per assillarla con l’organizzazione del matrimonio. Il succo di zucca le andò su per il naso quando inaspettatamente Fleur le prese una mano con occhi sognanti,
-Ti immagini quondo vi sposerete tu e George? Sarà manifico! Ti aiuterò a scercare l’obito perfetto Matildà, sembrerai una bambola di porscelana picola come sei!-
La signora Weasley strabuzzò gli occhi e cominciò ad inveire,
-George e Matilda sono troppo giovani per pensare al matrimonio! Cosa ti viene in mente?!-
-Sono giovani ma molto affiatoti! Sono sicura che si sposerano molto prosto! Sci pensi quondo ti farà la proposta?-
Matilda si guardò intorno con sguardo terrorizzato cercando una via d’uscita da quella conversazione che aveva preso una piega del tutto inaspettata; nonostante i tentativi di Molly di porre fine ai deliri di Fleur, la mezza Veela non aveva smesso di fantasticare sull’ipotetico matrimonio con George e Matilda cominciò a provare uno strano senso di nausea: aveva solo sedici anni, doveva e voleva passare altri due felici anni ad Hogwarts, progettava di partire per studiare gli animali fantastici una volta presi i M.A.G.O. e solo allora avrebbe forse pensato alla sua vita con forse George. Per il momento era ovvio che lei volesse rimanere con il ragazzo, del resto non aveva occhi che per quei capelli rossi che le facevano girare la testa, ma erano così giovani che era consapevole sarebbe potuta succedere qualsiasi cosa. Non voleva nemmeno pensarci, non voleva pensare né ad una fine del suo rapporto con George, tantomeno ad un ipotetico matrimonio che, secondo Fleur, sarebbe stato imminente.
Fu salvata dall’arrivo di Ginny in cucina che evidentemente aveva annusato la situazione, per cui lanciò uno sguardo a Matilda dalle spalle di Fleur e cominciò ad indicare la futura cognata facendo delle smorfie e mimando le parole flora batterica; quando Fleur notò che la giovane serpeverde stava trattenendo l’aria nella bocca e si era fatta tutta rossa nel tentativo di non scoppiare a ridere, si voltò con eleganza e guardo Ginny che nell’immediato assunse una posa specularmente posata, imitando alla perfezione la biondissima Fleur.
-Oh Ginny! Anche tu qui!-
-Già emh, ho bisogno di Matilda, mi ha promesso di aiutarmi con i compiti di pozioni ed Hermione è stata così contenta di smollare la causa a qualcun altro che mi ha mandata subito a richiamarla.-
Molly tentò di bloccare le due ragazze con evidente desiderio di non rimanere nuovamente sola con Fleur usando la scusa che da lì a poco avrebbero dovuto cenare, eppure Ginny fu molto più rapida delle parole della madre e riuscì a trascinare Matilda fuori dalla cucina.
-Santo Merlino, Morgana e tutti i grandi maghi esistiti! Grazie Ginny!- esultò una sfiancata Malfoy una volta essere entrata in camera della ragazza, dove Hermione stava diligentemente studiando.
-Ma di cosa stavate parlando?- le chiese Ginny mentre sedette scomposta sul letto.
-Non ci crederete mai- Matilda la seguì nel gesto e poi prese a roteare l’indice intorno alla tempia–È uscita di testa! Totalmente impazzita! Ha cominciato a parlare di quello che nella sua testa sarà il perfetto matrimonio tra me e George!-
Hermione scoppiò a ridere e chiuse il libro di aritmanzia che stava consultando.
-Ha cominciato anche con te quindi!-
Gli occhi grigi di Matilda puntarono interrogativi sull’amica, che proseguì –Da quando Bill e Fleur hanno deciso di sposarsi Fleur non perde l’occasione di parlare di matrimonio! Ma non potendo sproloquiare troppo con me o con Ginny, evidentemente ha trovato un buon appiglio su di te!-
-Ma perché?!-
Ginny avvicinò il viso a quello di Matilda e prese a fare una perfetta imitazione di Fleur,
-Perché sei mia cognota sciocchina! Tu e Goerge avrete toooonti bambini e sciocheranno asieme a quolli miei e di Bill!-
-Oh no! Sarà il mio incubo! Perché diavolo George non c’è mai quando deve strapparmi da queste situazioni assurde!-
-Per fortuna ci ho pensato io a tirarti via dalle grinfie di flora batterica, non sarai così fortunata la prossima volta, devi stare più attenta!-
-Fortuna che domani andrò ad aiutare i gemelli con il negozio e non avrà l’occasione di assillarmi con questa storia assurda.- sbuffò poi la ragazza che tirò su i capelli legandoli con distrazione.
-Beh, non dirmi che non hai mai pensato ad un futuro con George- Hermione che si era a quel punto seduta a terra davanti alle amiche la fissò con un sorriso furbetto.
-Herm non ti ci mettere pure tu! Ma poi te lo immagini un matrimonio con George? Sicuro farebbe qualcosa la mattina stessa tipo trasformare il mio abito in un costume da struzzo, o qualche incantesimo cambiacolore ai miei capelli- Le tre iniziarono a ridere pensando ad una Matilda tutta imbellettata e vestita da struzzo, -E poi ve la immaginate la faccia di Draco? Lui sarebbe di certo il mio testimone e…- Ma nel nominare il fratello con spensieratezza subito si rabbuiò, -Draco…chissà come sta…- borbottò infine e subito chinò il volto fattosi ormai triste.
Aveva evitato con accortezza di nominare qualsiasi membro della sua famiglia per i cinque giorni trascorsi. Ormai era passato quasi un mese da quando aveva salutato con drammaticità il fratello alla stazione e non aveva ricevuto da lui nemmeno un gufo, nonostante lei gli avesse inviato più di una lettera mentre si trovava a casa di Lucrezia Tiger. Le amiche, volenterose di non farle perdere il sorriso, tentarono di cambiare argomento in maniera alquanto fallimentare, così che quando gli occhi di Matilda si erano fatti lucidi, Hermione allungò una mano che poggiò sul ginocchio dell’amica, -Stai tranquilla Matt, gli fosse successo qualcosa sono sicura che ne saresti stata informata. Ricordati che Silente riesce ad avere informazioni di ogni tipo, perciò non devi preoccuparti.-
Matilda passò una mano sulle guance bagnate dalle lacrime –Lo so Herm, però mi manca tanto. Sarà pure uno stupido e pieno di sé, ma è pur sempre mio fratello.-
Ginny annuì silenziosa e dette uno dei suoi delicati colpi sulla spalla di Matilda in segno di conforto. Ormai la mente era sprofondata in immagini orripilanti di Lord Voldemort che torturava il fratello, quando un pop ruppe il triste silenzio.
-Lo sapevo di trovarvi qui, sono fuggito dalla cucina non appena Fleur ha provato a chiedermi quando mi sarei fatto avanti per chiederti di sposarti!- George che indossava l’ennesimo nuovo completo si era smaterializzato nel mezzo della stanza di Ginny, ma la risata nel raccontare l’episodio gli morì in gola quando vide la sorella ed Hermione intente a consolare Matilda in lacrime,
-Ehi lemonsoda, che è successo? Giuro che non ho intenzione di chiederti di sposarti!- Cercò di sdrammatizzare il ragazzo.
Matilda si affrettò ad asciugare le ultime lacrime con il polso e dopo essersi alzata di scatto dal letto si fiondò a lanciare le braccia intorno al collo del ragazzo, che la abbracciò sorpreso mentre guardava le altre due con sguardo interrogativo. Hermione sillabò il nome di Draco con labbra mute, per cui George comprese e strinse a sé quel fagotto minuto.
 
 
 
L’aria si era fatta pesante, come se uno spesso mantello coprisse la casa e non facesse penetrare un briciolo di ossigeno. Narcissa mosse qualche passo incerto nello studio del marito che si trovava rinchiuso ad Azkaban e si sentì incredibilmente sola. Le dita ben curate sfioravano la scrivania e gli oggetti che si trovavano su di essa, come se il contatto con quei suppellettili potesse donarle la forza che le era stata sottratta quando Lucius era stato portato via e rinchiuso in una fredda e buia cella. Da quel momento le cose erano precipitate sensibilmente e la sua vita aveva preso una sfumatura acre e desolante. Sua sorella Bellatrix si era rifugiata da loro e le ronzava costantemente attorno quando non si recava agli incontri con il Signore Oscuro; Azkaban l’aveva cambiata, le aveva regalato uno sguardo cupo e pesante ed una vena di follia particolarmente pronunciata, evidentemente gli anni a contatto con i dissennatori erano pesati persino sulla mente rigida e perfida della sorella maggiore.
Era stata costretta ad allontanare Matilda, la sua bambina, perché era consapevole che non sarebbe stata a guardare nel momento in cui Bella l’avesse provocata, per non parlare dello scontato incontro che avrebbe avuto con il Signore Oscuro. Avrebbe tentato di scappare e sarebbe stata sicuramente punita dai mangiamorte per questo, o peggio si sarebbe fatta ammazzare, ne era certa, pur di non aver niente a che fare con quella situazione. Alla fine era riuscita comunque a scappare; Narcissa era stata informata da Lucrezia la quale era su tutte le furie e le aveva sbattuto in faccia il biglietto lasciata da quella piccola ingrata traditrice del suo sangue, ma quantomeno era riuscita a confondere i seguaci del signore oscuro ed egli stesso, persino Draco che non smetteva di avercela con Narcissa e di chiederle in continuazione come stesse la sorella e cosa stesse facendo. La donna aveva saputo da Severus che sua figlia era stata portata via da uno dei figli dei Weasley, con cui Matilda sembrava intrattenere un rapporto e che ora dovesse stare a casa di Arthur Weasley. Per quanto non tollerasse l’idea che la sua bambina fosse ospite di quei poveracci traditori concluse tetramente che fosse meglio così, almeno era al sicuro, anche se quella fuga aveva di certo creato una frattura irreparabile e quando Lucius lo sarebbe venuto a sapere avrebbe di certo dato in escandescenza e poi l’avrebbe rinnegata.
Ma almeno era sana e salva e a Narcissa nient’altro importava.
Il pensiero ricadde inevitabilmente anche su sua sorella Andromeda come un colpo pesante allo stomaco; sicuramente Matilda aveva più del sangue della sorella minore nelle vene che non di lei stessa. Come una goccia fredda pensò anche all’ormai defunto cugino Sirius, che Bella si era premurata di colpire con l’anatema che uccide senza pensarci due volte.
Quella è la fine che devono fare i traditori, le disse la sorella il giorno dopo lo scontro al Ministero ed un brivido scosse il corpo di Narcissa, la quale non poteva sopportare l’idea che anche sua figlia avrebbe potuto fare la stessa fine.
No, doveva mantenere la calma. Avrebbe tenuto tutto sotto controllo, nessuno sarebbe venuto a sapere che Matilda era scappata dai Weasley; magari l’avrebbero vista gironzolare con uno di quei ragazzi, ma avrebbero sospettato fosse solo uno dei colpi di testa che si ha quando si è adolescenti, o almeno così lei sperava. Inoltre riponeva sufficiente fiducia nell’intelligenza della figlia, che non avrebbe di certo sbandierato in giro che si era data alla fuga e che ora viveva con quella famiglia.
Tutto sotto controllo.
Eppure non era riuscita a fare abbastanza per Draco. Proprio il figlio entrò ad interrompere il ricordo del voto infrangibile che giusto qualche giorno prima aveva fatto con Severus per salvaguardare il figlio e sostenerlo nel compito che Lord Voldemort gli aveva assegnato, come una vera e propria punizione per l’inefficienza del marito;
-Madre, cosa fai qui dentro?-
Narcissa portò una mano a sfiorare l’acconciatura composta e regalò un sorriso tirato al figlio,
-Niente, ho solo bisogno di riflettere un po’.-
Draco si guardò intorno, muoveva nervosamente le dita, Narcissa era certa che si stesse trattenendo dal grattarsi il penoso ed ingiusto marchio che da poco gli aveva adombrato il braccio. Il ragazzo non aggiunse altro, ma gli occhi lacunosi saettavano tutt’intorno, non trovando mai una collocazione ben definita fin quando non ricaddero a scontrarsi con quelli della madre. Era distrutto, spaventato e desolato. Passava da stati di eccitazione ed euforia per essere entrato nella cerchia prediletta di Lord Voldemort, a totale confusione, apatia ed a tratti rabbia.
A Draco mancava sua sorella. Le mancava come l’ossigeno. Era perfettamente consapevole che l’essere diventato a tutti gli effetti un mangiamorte avrebbe ottenuto la sua totale disapprovazione ed avrebbe scatenato un disgusto tale in lei che Draco non sarebbe riuscito a sopportare. Non sarebbe mai riuscito, ne era consapevole, a convincerla di passare dal suo lato, a quello che lei avrebbe definito senza mezzi termini il lato oscuro e sbagliato, da cui non vi era ritorno. Per questo non aveva risposto nemmeno ad una delle lettere che lei le aveva inviato nei giorni passati, non aveva la forza di dire nulla e sapeva di fare la cosa giusta, nonostante una parte di lui volesse a tutti i costi che Matilda fosse vicino a lui e lo spalleggiasse. Provò un senso di sollievo quando si rese conto che la gemella aveva smesso di tentare di scrivergli, dopo un’ultima disperata lettera in cui la ragazza gli chiedeva di farle avere sue notizie anche con solo un paio di righe; ci aveva pensato bene, avrebbe tenuto quel terribile segreto per sé, come il compito che il Signore Oscuro gli aveva assegnato e che lui, ne era convinto, avrebbe portato a compimento senza sbagliare. Ad Hogwarts avrebbe fatto finta di nulla, l’avrebbe assecondata senza nascondere troppo il disgusto che provava nel vederla fare gruppo con quei riprovevoli seguaci di Potter, altrimenti lei arguta com’era si sarebbe di certo insospettita, ma Matilda non avrebbe mai visto il suo marchio, non avrebbe compromesso il suo animo puro.   
Tutto sotto controllo.
Narcissa e Draco si guardarono senza fiatare, consapevoli che entrambi stavano rivolgendo il pensiero a Matilda, la loro ragazza, figlia e sorella di cui stavano perdendo il contatto. Figlia che aveva rinnegato le proprie radici. Sorella che avrebbe lottato contro di lui.
Uscirono dallo studio in silenzio e tornarono a far fronte alla loro nuova, terribile, quotidianità.
 
 
 
Un tonfo sordo arrivò a svegliare Matilda alle prime luci del mattino.
-Buongiorno!- gridarono due voci all’unisono proprio mentre lei tentava di aprire gli occhi con enorme difficoltà; scostò una ciocca di capelli che le era finita in bocca durante la notte e, con un solo occhio aperto fissò le due figure identiche che la guardavano dall’alto.
-Ma che…ma cosa…- biascicò nel tentativo di capirci qualcosa.
-Forza lemosoda! Sono le 6:30!-
Matilda con un lieve colpo di reni sedette e fissò con le palpebre calate ed i capelli esplosi in una nuvola mal gestita i due gemelli che sembravano nel pieno delle energie. Si grattò la nuca e trasse un grande sbadiglio.
-Ma è presto…- mugugnò mentre si sfregava gli occhi con i pugni chiusi ed un altro sbadiglio le colmò la bocca.
-Se vuoi venire a lavorare in negozio questo è l’orario per tirarsi su!- disse allegrò George che prese a tamburellarle la testa, gesto che stava facendo salire un tale senso di irritazione nella ragazza che l’avrebbe di certo portata a mollargli una sberla, se non l’avesse fatta finita subito.
-Ma siete già pronti?- Matilda scacciò le mani di George e lo guardò con sguardo cupo.
-Ovviamente, tieni!- Fred mollò sul letto sfatto della ragazza una busta di carta che Matilda guardò con cipiglio.
-Questa è la tua nuovissima divisa, forse l’abbiamo rimpicciolita troppo, ma vista la tua statura da folletto dovrebbe andarti bene- aggiunse Fred con un sorriso tale che la irritò ancor più dell’incessante tamburellare sulla sua nuca da parte di George, il quale aveva ignorato il disappunto della ragazza.
-Hai quindici minuti per prepararti, ci vediamo in cucina- George lasciò uno schiocco di labbra sulla guancia pallida della ragazza e con il fratello uscì pimpante dalla stanza. Matilda sbuffò e ricrollò a faccia in giù sul letto.
 
-Quanta vitalità figli miei! Tieni cara, mangia, ne avrai bisogno oggi.- Molly allungò sul tavolo una tazza di tè fumante e due grandi fette di ciambellone a Matilda, che indossava una maglietta con il logo dei Tiri Vispi Weasley, un paio di shorts e scarpe da ginnastica ai piedi. Per miracolo era persino riuscita a tirare su i capelli in una cipolla dignitosamente gonfia e composta e aveva accennato un trucco leggero sul viso; con gli occhi ancora chiusi a mezz’asta ringraziò la signora Weasley e prese a mangiare silenziosa, mentre il vociare dei gemelli ridondava nella cucina. Molly si avvicinò a George e lo afferrò per un polso, per poi guardarlo con quella faccia da cui i gemelli erano terrorizzati,
-Sentimi bene George-
-Io sono Fred mamma- tentò divertito il ragazzo, ma Matilda lo smentì con la bocca piena,
-No, lui è George-
Molly incrociò le braccia e lo fissò inviperita –Oggi non è proprio giorno per scherzare! Sono tempi duri per il mondo dei maghi e Matilda è molto molto esposta! Ricordati che è minorenne e che è affidata a noi, ragion per cui non devi perderla di vista un secondo! Al primo avviso di qualcosa che vi sembri anche lontanamente strano riportala immediatamente qui! Non fatela stancare troppo e fatela mangiare a sufficienza, sono stata chiara?!-
George deglutì e guardò Matilda che ricambiava lo sguardo sorridendo vittoriosa con le guance ancora piene di ciambellone. Ad interrompere quel teatrino fu Arthur, che entrò raggiante in cucina e salutò tutti con un caloroso Buongiorno!, poi strinse la spalla di Matilda ancora nel pieno della colazione e si rivolse a lei –Primo giorno di lavoro eh? Ti divertirai moltissimo, ne sono sicuro!-
Molly lanciò al marito un’occhiataccia e quello deglutì allo stesso modo di George –Arthur! Di ai tuoi figli che devono occuparsi costantemente di lei!-
-Costantemente, emh, si!- ripeté con non troppa convinzione Arthur mentre sedeva al tavolo a fianco di Matilda,
-E che non devono farla stancare e…-
-Di farla mangiare a sufficienza!- dissero in coro i gemelli sbuffando.
-Calmati Molly, sono sicuro che i ragazzi sapranno prendersi perfettamente cura di lei e sono ancor più sicuro che Matilda abbia la testa sulle spalle e che non farà nulla di sconsiderato.-
-Può scommetterci- rispose Matilda ingoiando l’ultimo boccone di ciambellone. Rifocillata ed ormai sveglia scattò in piedi, -Sono pronta! Vado di corsa a lavarmi i denti e poi possiamo andare!-
La ragazza scattò fuori dalla cucina con passo militare mentre i quattro presenti la guardavano uscire. Molly scosse il capo e sospirò –Spero proprio che questa non si riveli una pessima idea.-
-Ti preoccupi troppo cara, è tutto sotto controllo.- la confortò ancora una volta Arthur mentre portava alla bocca il suo tè sufficientemente zuccherato.
 
Arrivati in negozio i gemelli cominciarono a spiegare alcune cose fondamentali a Matilda, la quale li stupì quando cominciò a ripetere tutto quello che gli aveva detto Fred a proposito del negozio la settimana precedente. Comunque convennero che, non potendo lei usare la magia, si sarebbe limitata a stare alla cassa, oppure a portare i clienti in qualche settore specifico e quando non sarebbe riuscita a trovare un determinato prodotto avrebbe subito raggiunto uno dei due. Matilda fremeva d’eccitazione, ma il suo entusiasmo si smorzò quando, dal retro del negozio, entrò una ragazza bionda vestita con la divisa dei Tiri Vispi. Era eccessivamente carina, con un visino furbo ed una postura molto composta e quando salutò con naturale confidenza i gemelli Matilda, pronta dietro la cassa, si irrigidì moltissimo.
-Buongiorno signori Weasley- disse allegra la ragazza. Doveva essere quella Vanity che avevano assunto, rimuginò Matilda mentre faceva il giro del bancone e puntava le iridi di ghiaccio in quelle della bionda, che la guardò stupita ma subito sorrise,
-Avete assunto una nuova ragazza?- chiese curiosa la strega che allungò la mano verso Matilda,
-Piacere, io sono Verity-
Matilda strinse con forza la mano di Verity e rispose al sorriso come solo lei sapeva fare: algida e falsa –Piacere di conoscerti Verity. Io sono Matilda e no, non sono una nuova assunta, sono venuta ad aiutare il mio ragazzo George…- sottolineò costringendo i gemelli a trattenere le risa -…vista l’eccessiva mole di lavoro di questo periodo.- Concluse lanciando uno sguardo trionfante a George. Verity la guardò sorpresa, poi spostò l’attenzione sui due Weasley che si stavano gustando la scena e subito cinguettò con voce melodiosa –Oh, non sapevo della tua esistenza, non credo di averti mai sentita nominare, ho solo conosciuto la ragazza di Fred, Grace mi pare si chiami.-
Mai sentita nominare.
Matilda piroettò verso George che riconobbe al volo lo sguardo furente della serpe –Mai sentita nominare eh? Strano, non credi George?- il sorriso lezioso si allargò ulteriormente sul viso della ragazza, per cui George si affrettò a parlare –Suvvia Verity, non è possibile, non faccio altro che parlare di questa deliziosa strega che ha catturato il mio cuore, non è vero Freddy?-
Fred scoppiò finalmente a ridere e si allontanò agitando il capo, Verity invece fece spallucce e tornò a rivolgersi a Matilda che stava imprecando dentro di sé per non poter utilizzare la magia per schiantare George addosso a uno scaffale –Sarò stata poco attenta, non c’è molto tempo per parlare qui, il lavoro è molto duro, sai…-
Matilda tornò a guardare la ragazza –Immagino, per questo forse è meglio cominciare, no? C’è già un sacco di gente ad aspettare fuori dal negozio vedo.-
-Assolutamente si, signor Weasley- si rivolse la bionda e slanciata strega a George che imprecava tanto quanto Matilda nella mente, ma perché sapeva che la ragazza avrebbe fatto in modo di vendicarsi con stile –Allora apro le porte; Matilda, se dovesse servirti qualcosa chiedimi pure, specialmente se non dovessi riuscire a recuperare qualcosa negli scaffali più alti- aggiunse poi facendo correre gli occhi dalla testa ai piedi della bassa serpeverde, che con compostezza rispose affilata –Oh non devi preoccuparti, se dovessi averne bisogno sono certa che il mio altissimo George verrebbe in mio soccorso, come sempre del resto.- Detto questo si voltò e si avviò con passo da ballerina verso la cassa.
La giornata era iniziata con furente frenesia: il negozio si riempì quasi subito di intere famiglie con bambini e ragazzi di tutte le età che chiedevano ogni genere di informazione su ogni singolo prodotto dei Tiri Vispi. Matilda si sentì rinfrancata quando si rese conto che stare alla cassa le riusciva davvero facile e tentò con tutta se stessa di ignorare Verity, la quale fluttuava spedita da un lato all’altro del negozio senza sosta; quando Fred andò a darle il cambio Matilda prese a girare nel locale e nell’immediato venne assaltata da un gruppo di studenti del secondo anno che avevano bisogno di essere assistiti. Mise subito in atto il suo piano vendicativo e cominciò ad assillare la povera Verity mantenendo un’aria crucciata ed innocente.
Verity non trovo questo, Verity potresti prendermi quest’altro, Verity quel ragazzino ha aperto per sbaglio una palude in fondo al negozio, ma io non posso usare la magia, ci pensi te?
La strega arrivò all’ora di pranzo con tutti i capelli dritti e delle occhiaie ben evidenti a rovinare il visino pulito e Matilda la osservava gongolante. Altra vendetta mise in atto nei confronti di George che osservò con disappunto un bel ragazzo moro Corvonero, dall’aria un po’ maledetta che avrebbe frequentato il settimo anno, il quale ronzò intorno a Matilda per almeno venti minuti buoni. Era così palese che ci stesse provando con la bella Malfoy che George, rimasto a girovagare lì intorno per annusare la situazione, inciampò su uno degli stand posti al centro del locale facendo un gran baccano. Matilda trattenne una risata ma non corse in aiuto del ragazzo, bensì si arrampicò su una scala per prendere l’ennesimo gadget chiesto da Elliott (così aveva scoperto chiamarsi il corvonero) su uno degli scaffali alti e quando George imprecando tornò a guardare i due, si rese conto che il moro puntava lo sguardo sugli short che fasciavano il fondoschiena della sua ragazza.
-Amore devi stare attenta!- quasi urlò George subito a fianco del corvonero che lo guardò con un sopracciglio inarcato, al quale si premurò di dare una lieve spallata che fece passare per un gesto di disattenzione –Scusami- rispose sorridente George al borbottio di protesta di Elliott, poi allungò le mani a stringere i fianchi di Matilda con palese confidenza, ancora in bilico sulla scala e la tirò giù con agilità –Te l’ho detto che non devi arrampicarti sulla scala, ci penso io.-
-Ce la facevo benissimo da sola George- Rispose soave lei che aveva colto la punta di gelosia che aveva fatto reagire il ragazzo –E da quando in qua mi chiami amore?- le chiese lei sorridente, per poi lanciare un’occhiata con tanto di battito di ciglia al bel corvonero che si affrettò a ricambiare il sorriso. George fece correre lentamente le mani sui fianchi di Matilda,
 –Perché tu sei l’amore della mia vita e mi piace ribadirlo, scontato no?- Le scoccò un bacio sulla guancia continuando a perpetuare quel comportamento davvero poco professionale e poi si occupò frettolosamente della richiesta di Elliott, che colse l’occasione per rivolgersi alla serpeverde mentre George cercava di recuperare ciò che aveva chiesto.
-Quindi ci vediamo ad Hogwarts a settembre, ti ho vista giocare sai, sei la migliore della squadra dei serpeverde- Matilda sorrise ed alzò le spalle –Ho un dono innato, si.-
-E poi mi dicono che sei un portento in pozioni!-
-Ah si? E chi te lo ha detto?-
-Ho i miei informatori- Le sorrise Elliott che aveva affondato le mani nelle tasche e ciondolava davanti a Matilda.
-Quindi mi conoscevi già, devo dedurre- cinguettò sciapa lei.
-Scherzi? Tutti conoscono i gemelli Malfoy, ma devo dire che ti trovo molto più simpatica e piacevole di tuo fratello, senza offese si intende-
-Che vuoi farci, ho preso le doti migliori…ehi!- George ormai sceso dalla scala l’aveva tirata a sé per un fianco e con la mano libera allungava una scatolina verso Elliott con sorriso smagliante –Ecco qua! Spero di aver soddisfatto la tua richiesta, ti conviene andare subito alla cassa ora che è libera.- Il bel corvonero ringraziò George e poi si rivolse a Matilda sfoderando per l’ennesima volta i denti in un sorriso –Allora ci vediamo ad Hogwarts signorina Malfoy-
Matilda ancora avvinghiata a George contro la sua volontà annuì ed alzò appena la mano in segno di saluto. Non fu nemmeno in grado di dire alcunché che George la stava trascinando verso il magazzino, di cui chiuse la porta con ardore.
-Mi spieghi chi cavolo era quello?-  Gli chiese George visibilmente alterato.
-Un cliente dei Tiri Vispi Weasley, mi è parso- rispose tranquilla Matilda mentre ricomponeva con cura il suo pomposo chignon.
-Grazie della scontata considerazione, come farei senza la tua puntualità nel dire cose tanto ovvie?!- Rispose George sempre più inacidito, cosa che faceva allargare il sorriso vittorioso di Matilda sempre più –E mi dici che cazzo stavi combinando?-
-Stavo assistendo un tuo cliente, amore- Rispose lei senza smettere di sorridere.
-Ma falla finita Matt, tu stavi flirtando con lui!-
-E anche fosse?- Chiese la serpe con finto stupore –Mi pare che io possa fare quello che voglio dal momento che ci tieni particolarmente a non menzionare la mia esistenza-
George sbuffò –Ci conoscono tutti ad Hogwarts, lo sanno tutti che stiamo insieme! Verity ha solo fatto finta di cascare dalle nuvole, colpa della vostra stupida competitività femminile!-
-Competitività?!- Matilda si stava alterando –Io sarei competitiva?! Ma ti sei visto poco fa? Hai marcato il territorio come un cane! Ti sembriamo cani? Non mi pare di averti mai sentito abbaiare!-
-Sono stato solo molto premuroso, sono sempre premuroso con te!- Gesticolò lui indispettito.
-No, tu sei geloso George, il che è ben diverso!-
George sbuffò ancora e passò una mano fra i capelli fulvi –E va bene, sono geloso, ma come potrei non esserlo? Sei fantastica e intelligente, sei bellissima Matt, nonostante tu sia alta come lo gnomo che ho scacciato ieri dal giardino di mamma e papà- Sdrammatizzò con un accenno di risata George che si avvicinò cautamente a Matilda. La ragazza puntò l’indice sul petto di George con veemenza –Senti un po’ ragazzino, ora non provare a fare queste moine, chiaro? Anche io sono gelosa, sono follemente gelosa, crucerei ogni ragazza che solo prova ad avvicinarsi a te! Però fin quando è un gioco mi sta bene, ma se poi devi reagire così mi fai perdere davvero la pazienza!-
Poi Matilda guardò il viso di George che assunse un’aria prima fintamente sconsolata, poi divertita, infine si morse il labbro con gesto malizioso –Sei gelosa di me, mi fai impazzire quando fai la gelosa- La attirò a sé con entrambe le mani –E quando perdi le staffe…- le sussurrò sulla bocca. Matilda in un attimo si rilassò e rispose al gioco,
-Anche tu mi fai impazzire, stupido di un Weasley, prima ho temuto che mi avresti spogliata davanti al povero Elliott solo per attaccarmi addosso l’etichetta proprietà di George Weasley…è stato divertente.-
-Non è stato divertente…- strinse i fianchi di lei ancor più e la spinse verso il muro con delicatezza –è stato estremamente faticoso…-
-Ed eccitante…- Sussurrò Matilda che intanto si sfregava lentamente contro di lui.
-Non c’è bisogno di fare quelle manfrine per fare qualcosa di eccitante…- mormorò roco lui mentre dalla tasca estraeva la bacchetta, poi con un colpo deciso verso la porta disse alohomora, ed un forte clack indicò che l’incantesimo fosse riuscito.
-Non so proprio di cosa tu stia parlando…- Alzò il viso verso di lui con aria sfrontata, mentre le mani andarono a soffermarsi sul bottone che allacciava i pantaloni.
-Non incontrerai proprio nessuno ad Hogwarts, né Elliott-muso-lungo, né nessun altro dato che avrai la testa troppo presa a desiderare che si ripeta quello che sto per farti…- George le parlò all’orecchio mentre le mani avevano slacciato gli shorts e li stavano facendo scivolare via.
-Mh…vedi di impegnarti allora, trovo davvero carino, quell’Elliott- rispose lei che aveva privato George dei pantaloni.
Il ragazzo pervaso da un misto di gelosia nel sentire le provocazioni di Matilda e di folle eccitazione data dalla quantità dei clienti che si trovavano oltre la porta del magazzino, tirò su la ragazza che allacciò le gambe intorno alla sua vita e la spinse nuovamente verso il muro.
-Sei solo una mocciosa piena di te- ridacchiò roco sulla sua bocca, trattenendo Matilda con una mano e sfilandosi i boxer con l’altra.
-E tu un povero arrogantello presuntuoso- rispose lei immergendo una mano nei capelli rossi e facendo scivolare l’altra verso l’erezione evidente di George. Quest’ultimo scostò da un lato gli slip di Matilda e tornò a parlare sulle labbra rosse –Ti amo anche per questo…- e poi si spinse con un colpo deciso in lei che subito gemette.
-Ti amo anch’io, anche per questo…e questo…- alluse all’atto appena compiuto da George, con una risata alternata dai gemiti.
Il caos proveniente dal negozio arrivava chiaramente alle orecchie dei due ragazzi, che portò George a spingersi con maggiore violenza tra le gambe di Matilda. Ad ogni singola spinta la sua schiena si scontrava con il muro e faceva tremolare gli scaffali al loro fianco ma ai due non importava affatto, assuefatti com’erano in quel momento l’uno dall’altra. Nemmeno il bussare alla porta li fermò, che arrivò prima incerto e poi regolare, l’unica cosa che George si premurò di fare fu tappare la bocca di Matilda, aggrappata tenacemente alle sue spalle, per sopirne gli ansimi; si guardarono per tutto il tempo eccitandosi con gli occhi dell’altro ancor più che con gli affondi sempre più decisi.
Dall’altra parte Lee e Daphne si lanciarono uno sguardo interrogativo, poi il ragazzo urlò verso Fred che si trovava dietro la cassa e serviva una fila lunghissima di clienti,
-Ehi Fred! Ma sei sicuro siano qui? La porta è chiusa e non risponde nessuno!-
Daphne incrociò le braccia spazientita –C’è troppo casino in questo negozio- sbuffò.
 
Il pomeriggio passò fra gli sguardi allusivi che si scoccavano Matilda e George, le chiacchiere con la ritrovata amica Daphne e Lee Jordan e le battutine acide che la giovane Malfoy non mancava di lanciare a Verity, che aveva sorpreso lei e George uscire dal magazzino scapigliati e scomposti.
Anche Daphne si era premurata di torturare la povera commessa che sembrava avere un’unica colpa: essere una ragazza e lavorare con i gemelli. Quando era ora di chiudere il negozio Lee e Daphne, che erano usciti e tornati per l’orario di chiusura, riemersero assieme a Grace. Decisero di cenare tutti insieme nell’appartamento dei gemelli e dopo aver liquidato Verity, la quale forse aveva passato la sua peggior giornata al negozio, salirono a casa di George e Fred. George spedì il suo patronus alla tana per avvisare la famiglia che Matilda era sana e salva e che l’avrebbero riportata a casa più tardi. Matilda si trascinò Daphne nella stanza dei gemelli e vi si chiuse dentro, poi sfilò la maglia con cui aveva lavorato tutto il giorno e si infilò una delle t-shirt di George. Era al settimo cielo di trovarsi con l’amica che non mancò di assillarla di domande che riguardavano George ed il loro livello di intimità. Quando Matilda bisbigliò di aver fatto sesso con il ragazzo Daphne arricciò le labbra in un sorriso malandrino
-E quindi? Voglio ogni singolo dettaglio ora!-
-Figurati se vengo a raccontare i dettagli della mia vita sessuale a te, me ne guardo bene!-
Le due battibeccarono per un po’ con spensieratezza e dopo qualche fugace dettaglio che Daphne riuscì a strappare all’amica, raggiunsero gli altri; Fred riempiva Grace di moine e coccole  mentre George e Lee cucinavano svogliatamente la cena, ma come al solito quando c’erano i gemelli, specialmente in compagnia di Lee, tutto sembrava esplodere di vitalità. Matilda corse alle spalle di George e gli si aggrappò al collo facendolo tossire,
-Cos’è tutto quest’entusiasmo Malfoy?-
Matilda immerse il naso fra i capelli di George e dopo aver ispirato a lungo rispose –Sono solo molto felice-
George sorrise e scosse appena il capo, così tornò ad agitare la bacchetta sulle pietanze, ma con la mano libera si preoccupò di tirare su meglio Matilda, che sembrava proprio intenzionata a rimanere appesa sulla sua schiena, cosa che a George non dispiaceva affatto.

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Capitolo 21
*** Del tempo che passa, la felicità ***


Revisione: PygmyPuff
 
CAPITOLO XXI
Del tempo che passa, la felicità
 
 
Delle giornate che sfioravano la perfezione avevano colmato la vita di Matilda. La tana era sempre in piacevole fermento ed un viavai continuo ne coloriva l’atmosfera; la giovane serpe era sicura di aver trovato finalmente il suo posto, quello in cui poteva permettersi di essere se stessa in pieno, senza doversi reprimere mai. Adorava alzarsi la mattina ed immergersi nelle faccende con la signora Weasley, sempre accorta nei suoi confronti. Adorava condividere il suo tempo con Ginny e Ron e con la sua grande amica Hermione, con cui si confidava e scherzava o studiava con passione e diligenza. Adorava catapultarsi nel negozio di George e faticare a tal punto da arrivare alla sera talmente tanto stanca da avere difficoltà a tenere gli occhi aperti. Tutto era un insegnamento per lei: dalle pulizie senza l’uso della bacchetta, alla necessità di essere sempre vigile al negozio; non le mancavano affatto le comodità di Villa Malfoy ed il duro lavoro che gli elfi domestici svolgevano al posto della famiglia. Inoltre aveva incontrato altre volte Tonks, sua cugina, anche se più i giorni scorrevano dal loro primo incontro, maggiore era la sensazione che qualcosa non andasse nella ragazza: del rosa acceso dei suoi capelli non stava rimanendo che un pallidissimo ricordo ed il sorriso, sempre raggiante in volto, stava lasciando il posto ad una dura linea orizzontale che la rendeva più vecchia. Nonostante tutto Tonks sembrava avere premura di immergersi con Matilda in fitte conversazioni, come se avesse la necessità di conoscere tutto quello che si era persa della cugina e che ora voleva conoscere con voracità.
Matilda era innamorata, amata e felice.
Le emozioni si moltiplicarono quando Harry arrivò alla tana con grande entusiasmo da parte di tutti; quando si svegliò di buona lena un sabato di fine luglio, convinta di essere certamente la prima a mettersi in piedi, delle grida di giubilo di Ron arrivarono ad assordarle le orecchie proprio mentre si recava in bagno per lavarsi e vestirsi. Ancora insonnolita si trascinò fino alla rampa delle scale e guardò in alto, scontrando lo sguardo con quello di Ginny che la guardava dall’alto, anche lei scapigliata e molto assonnata.
-Buongiorno Ginny, ma che succede?- Chiese Matilda dalla rampa del secondo piano.
-Vieni Matt, pare sia arrivato Harry questa notte!-
Nonostante non avesse troppa voglia di catapultarsi nella stanza di Ron sorprendendo così il povero Harry, Matilda sbadigliò e prese a salire le scale con aria stanca. La camera da letto del più piccolo dei Weasley era già molto popolata quando Matilda fece il proprio ingresso: Ginny era seduta sul letto di Harry, dove il ragazzo era ancora semisdraiato, mentre Hermione su quello di Ron.
-Eh-emh, permesso…-
Quei grandi occhi verdi si inchiodarono in quelli di lei ed un sorriso abbondante illuminò il volto di Harry –Che strano vederti alla tana!- disse poi il ragazzo che per compostezza sedette un po’ meglio sul letto, era palese che anche lui si fosse appena svegliato.
-Già, mi hanno adottata, visto?- rispose con un sorriso sornione Matilda e subito dopo sedette stancamente sul letto di Ron e poggiò la guancia sulla spalla di Hermione combattendo la volontà di riaddormentarsi il prima possibile. Si scambiarono qualche parola iniziando ad informarsi su come era andata l’estate fino a quel momento, quando un rumore di stoviglie arrivò dal corridoio, generando i sospiri di Ginny. Subito dopo fece il suo ingresso nella stanza una raggiante, luminosissima, meravigliosa Fleur con tanto di vassoio con la colazione per Harry tra le mani, seguita dalla signora Weasley che aveva un’aria decisamente contrariata. La mezza Veela non sembrò accorgersi di tutto quel roteare di occhi dei presenti e senza indugio si diresse verso Harry, che si premurò di baciare sulle guance con enfasi; era davvero troppo per quell’ora del mattino, per cui Matilda con la scusa di dovere andare al bagno, sgattaiolò via dalla situazione.
 
La tarda mattinata fu illuminata da un grandissimo evento: finalmente erano arrivati i risultati dei G.U.F.O., portati alla tana da quattro gufi che lasciarono le pergamene nelle mani di Ron, Hermione, Harry e Matilda; ovviamente Silente sapeva che la giovane Malfoy si trovasse alla tana, per cui fu naturale veder arrivare anche i suoi risultati. Hermione era in uno stato di totale panico e Matilda non fu da meno, terrorizzata di essere stata bocciata in qualche materia, come Aritmanzia ad esempio. Quando però aprì la pergamena trasse un grande sospiro di sollievo nel coglierne i risultati:
 
GIUDIZIO UNICO PER FATTUCCHIERI ORDINARI
 
Voti di promozione:         Eccezionale (E)
                                        Oltre Ogni Previsione (O)
                                        Accettabile (A)
 
Voti di bocciatura:           Scadente (S)
                                        Desolante (D)
                                        Troll (T)
 
MATILDA LUCIDA MALFOY HA CONSEGUITO:
 
Antiche Rune:                                   O
Aritmanzia:                                        A
Astronomia:                                       E
Cura delle Creature Magiche:           E
Incantesimi:                                       E
Difesa contro le Arti Oscure:             O
Erbologia:                                          E
Storia della Magia:                            E
Pozioni:                                             E
Trasfigurazione:                                E
 
Matilda cominciò a fremere dall’entusiasmo. Intanto Ron ed Harry, che si erano scambiati i loro risultati, sembravano realmente soddisfatti, invece Hermione se ne stava in silenzio dando le spalle agli altri.
-Bocciato solo in Divinazione e Storia della magia, e chissenefrega?- disse entusiasta Ron, la cui testa fu sfregata da una fierissima Molly –Bravo! Sette G.U.F.O., più di Fred e George messi insieme!- Matilda gongolò a quell’affermazione, appena avesse visto George quella sera non avrebbe mancato di fargli notare quanto fosse migliore di lui nello studio. Quando Ginny, dopo aver sbirciato i risultati di Matilda, li espose agli altri, gli occhi della signora Weasley si fecero lucidi –Oh cara! Sei stata così brava, il mio George ha ancora una speranza con te al fianco, magari riuscirai a convincerlo a riprendere gli studi!-
Matilda sorrise imbarazzata –Signora Weasley…io credo che, ecco, George abbia davvero trovato la sua strada per cui…- fortuna che riuscì velocemente ad uscire da quella situazione imbarazzante, in quanto Ron aveva strappato dalle mani di Hermione i suoi risultati, rendendo tutti partecipi dei nove eccezionale che aveva conseguito la ragazza e dell’unico Oltre ogni previsione in Difesa contro le Arti Oscure. Insomma Hermione si confermava ancora una volta la strega più brillante di tutta Hogwarts.
 
Il resto della giornata era stato giustamente totalizzato dall’arrivo di Harry. Nel tardo pomeriggio Matilda scovò il ragazzo nel cortile della tana in un raro momento di solitudine, per cui colse la pluffa al balzo e si avvicinò a lui, nella speranza di non risultare troppo invasiva. La giovane Malfoy scoprì con piacere che Harry aveva voglia di parlare con lei e per la prima volta dialogarono fittamente per almeno un’ora; Matilda confidò al ragazzo quello che era successo dall’ultimo giorno ad Hogwarts, di come i gemelli l’avevano portata via dalla villa di Lucrezia Tiger –aneddoto che fece ridere Harry a crepapelle fino alle lacrime- e dell’irreperibilità di suo fratello; Harry si espose nel parlarle di Sirius. Matilda non provò mai a chiedergli perché avesse scelto proprio lei per toccare quel difficile argomento, ma sospettò che da un lato il ragazzo volesse parlarle di quell’uomo che lei non aveva mai conosciuto nonostante facesse parte della sua famiglia anche solo per commemorare la sua memoria infangata, dall’altro forse voleva in qualche modo rassicurarla sul fatto che non ce l’aveva con lei, nonostante fosse il padre di Matilda a trovarsi in prima linea fra i mangiamorte al ministero ed il suo padrino fosse morto per mano di sua zia. Matilda si sentì più leggera, nonostante avesse deciso di mettere da parte l’ingiusto senso di colpa scaturito grazie alla sua famiglia.
Guardò a lungo Harry mentre parlava e gesticolava timido, guardò i suoi occhi che sembravano essersi induriti ed in essi riconobbe l’ombra della paura; quel ragazzo era solo al mondo, eppure un dispiegarsi di maghi e streghe vegliavano su di lui non solo per dovere, ma per sincero affetto. Lo comprese nell’intimo, nonostante i suoi genitori fossero ancora vivi, come suo fratello, eppure la difficoltà per ricostruirsi una famiglia era una sensazione che le era conosciuta. Quando sentirono le voci dei gemelli risuonare dentro la tana capirono che si era fatta ora di cena, così si alzarono ed in silenzio, ma più sorridenti di prima, rientrarono in casa.
-Mademoiselle Malfoy! Ser Potter! Quale onore!- esplose George cogliendoli rientrare sull’uscio, così dopo aver salutato Harry con una forte pacca sulla spalla, tirò su Matilda in un abbraccio stritolacostole.
-George mi-fai-ma-le!- Disse lei stretta fra le braccia del ragazzo che la faceva penzolare da un lato all’altro, sotto lo sguardo divertito di Harry che guardava la coppia esposta in uno dei soliti teatrini che metteva in atto.
-Sempre così scontrosa lemonsoda, a che vuoi che ti servano un paio di costole? Ne hai così tante!- disse prima di scoccarle un bacio sulla guancia per poi rimetterla a terra. Matilda guardò George dal basso con occhi furenti
-Ti insegno io come si fa, ora ripeti con me…- prese così la mano di George con delicatezza e lo tirò lievemente a sé -…è così bello vederti, mia amata! Ogni qualvolta che i miei occhi incontrano i tuoi colmi il mio cuore di felicità!-
George sorrise ed ondeggiò come una graziosa fanciulla–Sarei la tua amata quindi?-
Matilda sbuffò e gli strattonò la mano –No! Questo è ciò che dovresti dire tu…oh ma lasciamo perdere, sei un caso disperato George.- soffiò prima di attirarlo verso il basso per dargli un rapido bacio sulla bocca, gesto che non passò inosservato agli occhi di Fleur che come d’incanto si ritrovò vicino a loro assieme a Bill.
-Guorda Bill! Non sono adorobili?- squittì la bellissima ragazza mentre si stringeva al braccio di Bill per poi abbandonarsi in un sospiro. Subito Matilda e George si allontanarono e dissero in coro –Non siamo adorabili!- generando così le risate di Harry e Bill ed uno sguardo di disappunto di Fleur, che veloce rimbeccò –Oh scerto che lo siete!-
George scoccò un’occhiata a Matilda –Sentito? Anche le serpi sono adorabili! Adorabilmente adorabile.- le fece il verso lui che intanto aveva preso a pizzicarle le guance.
-Stai un po’ zitto che anche te sei adorabile! Devo assolutamente dirlo a Fred…FREEEEED!- urlò la ragazza di cui George tentò di chiudere la bocca con la mano, quindi creando un caos infernale corsero verso la cucina cercando di superarsi a vicenda. Harry lanciò uno sguardo a Bill e Fleur, rivolgendosi infine alla ragazza –Hai ragione Fleur, sono proprio adorabili- disse ghignando.
 
Arrivò la domenica e con essa la giornata di chiusura del negozio dei gemelli; finalmente potevano permettersi di giocare una dignitosa partita a Quidditch tre contro tre, che vedeva schierati da un lato Ron, Matilda e Fred, dall’altro George Harry e Ginny, con la sola esclusa Hermione che non sembrava nemmeno troppo contenta di fare da arbitro, dato che scarseggiava nelle regole del Quidditch tanto quanto primeggiava nello studio. Matilda insegnò un paio di trucchetti poco corretti a Ron meritandosi l’approvazione di Fred e, di contro, la totale disapprovazione degli altri tre.
-Ma sentiteli i perfettini grifondoro- li apostrofò divertita Matilda che roteava sulla scopa –Non date la colpa ai miei consigli per il vostro scarso livello!- Un coro di esulto partì dalla bocca di Ron e Fred, che incitarono Matilda a continuare nel beffeggiamento.
-Voi serpeverde, sempre pronti a ricorrere a stupidi stratagemmi! Ma questo non vi farà di certo guadagnare la coppa quest’anno, sempre che vi ricordiate come sia fatta!- rispose Ginny che, a seguito di un sonoro applauso e un paio di fischi di Harry e George, fece roteare la chioma rossa fluente in aria, in un gesto di elegante vittoria. Passarono l’ora seguente a giocare con passione; George e Matilda si provocarono in continuazione rendendo così la partita più avvincente, inoltre il ragazzo non mancò di lanciarle battutine allusive sul suo modo di battere che facevano arrossire Matilda moltissimo, ma che la portarono poi, a partita conclusa, a trascinare via George con una scusa fino al disordinato capanno degli attrezzi in cui si infilarono di soppiatto. Così, sudati e scapigliati per la partita appena conclusa, in un attimo si ritrovarono avvinghiati l’uno all’altra e non passò molto prima di ritrovarsi semi svestiti a sfogare tutta la tensione accumulata dal continuo stuzzicarsi di poco prima.
 
Finalmente Molly si era convinta a portare i ragazzi a Diagon Alley, sia per affrontare le spese necessarie per Hogwarts che per dare loro modo di visitare il negozio di Fred e George, che fino a quel momento nessuno, oltre Matilda, aveva ancora visitato. Quella stessa mattina Matilda si fece portare ai Tiri Vispi per dare una mano ai gemelli come spesso era accaduto nell’ultimo mese e mezzo.
Ormai il negozio non nascondeva più segreti per la giovane Malfoy, che riusciva a barcamenarsi fra scaffali e clienti con naturale facilità, nonostante il divieto di usare la magia; al pensiero che presto sarebbe dovuta tornare ad Hogwarts una morsa di tristezza le torse lo stomaco: da un lato era contenta di tornare fra le mura della scuola, felice ed eccitata per l’arrivo del nuovo professore di cui le aveva parlato Harry, dall’altra il pensiero di non rivedere più George quantomeno fino alla prima gita ad Hogsmeade  la agitava moltissimo. Appena lo vide passare mentre trasportava un grande scatolone a mano non ci pensò due volte, per cui scivolò oltre il bancone e gli si scagliò contro avvinghiandosi poi forte alla sua vita e rischiando di farli cadere entrambi a terra
-Ehi ehi! Che combini Matt, così ci fai cadere!- disse lui mentre posava lo scatolone a terra con estrema cura; Matilda si strinse a lui ancora di più
-Non voglio tornare ad Hogwarts- mugugnò con la faccia immersa nella sua camicia; a quel punto George la fece scivolare oltre il suo braccio e la scostò lievemente da lui, quindi sorrise
-Ma certo che vuoi tornare ad Hogwarts, a te piace quel posto molto più di quanto non ti piaccia la vita fuori di lì-
-Questo non è vero…io sto bene qui, voglio…-
-Rimanere con me?- completò il ragazzo tirandole su la testa di cui occhi si erano inchiodati a terra; l’orgoglio portava Matilda a non esporsi mai a tanto, nonostante fossero ormai parecchi mesi che stava con George.
-Non intendevo questo- soffiò con i pugni stretti, senza guardarlo.
-Oh, si che intendevi questo, ammetti che non riesci a stare senza di me.- La canzonò George, intanto il negozio non faceva che gonfiarsi di maghi e streghe che evidentemente volevano prepararsi all’inizio della scuola portando con sé una buona dose di scherzi. George deglutì preso alla sprovvista dall’alzarsi di quegli occhi grigi che lo guardarono con tanta intensità
-E va bene! Contento?! Non voglio lasciarti! Non voglio aspettare chissà quanto tempo prima di rivederti! Se penso che dovremo passare ancora due anni così…-
Un ragazzo alto e dinoccolato si intromise nella conversazione
-Scusate, avrei bisogno di…-
-Non ora!- quasi urlò Matilda e tanto bastò al povero ragazzo per allontanarsi di tutta fretta; George storse la bocca in un sorriso –Devo usarti come cane da guardia, altro che come commessa.- Poi notando che si era nuovamente incurvata nelle spalle, cosa che la rendeva ancora più piccola, le tirò appena la lunga treccia e la costrinse a tornare a guardarlo -Senti un po’, non c’è niente di male a volere stare insieme, ok? Neanche io muoio dalla voglia di lasciarti tornare ad Hogwarts, con tutti quegli Elliott che girano di lì, però…ehi! Hai preso ben 10 G.U.F.O.! Ti rendi conto di quanto sei brava e capace? Butteresti all’aria tutto lo sforzo che hai impiegato per ottenere quei risultati, per ridurre la tua vita a  fare la commessa? Matilda Malfoy non è mica fatta così; insomma Matt- George fece un passo indietro ed infilò le mani nelle tasche, senza mai smettere di guardarla -quella ragazza lì non sarebbe mica la stessa di cui mi sono innamorato.-
A Matilda non restò che sospirare, conscia del fatto che George avesse perfettamente ragione. Quello non era che un momento di debolezza legato alla paura di rompere quella piacevole routine in cui si era così bene inserita.
-Avrò pure preso tutti quei G.U.F.O., però riesci comunque a farmi sentire una stupida quando ti impegni- Matilda lo disse con il sorriso, così attirò George verso di sé e gli diede un bacio, che fu purtroppo interrotto dalle voci familiari dei suoi amici.
-Ma state sempre a baciarvi voi due?- la voce di Ron li colse di sorpresa, così i due si staccarono e Matilda ghignò verso il più piccolo dei Weasley
-Non sarai mica invidioso Ronald-
I signori Weasley, Ron, Ginny, Hermione ed Harry erano finalmente arrivati al negozio, perciò i gemelli e Matilda si divisero ed iniziarono a mostrare loro le meraviglie nascoste in quelle mura. Ginny si innamorò delle puffole pigmee, dolcissime palline di pelo dai toni rosa e viola con grandi occhi lacunosi, per cui la giovane Malfoy decise di comprarne una per lei, intenzionata a ripagare l’ospitalità che le era offerta dalla famiglia Weasley, anche se a Molly fu detto che erano stati i fratelli maggiori a regalare a Ginny l’animaletto, dato che la donna non avrebbe mai permesso a Matilda di spendere galeoni per una cosa simile. Per il resto anche Hermione sembrava ammaliata dai Tiri Vispi e George e Fred non mancarono di canzonarla quando la scovarono interessata ad alcuni filtri d’amore.
In un momento di particolare fermento Matilda tornò a servire i clienti; si arrampicò su uno scaffale alla ricerca dei frisbee zannuti che andavano per la maggiore e proprio in quel momento i suoi occhi ricaddero oltre la vetrina che dava sulla strada ed il suo cuore prese a battere fortissimo: Draco stava attraversando la strada in solitudine e si dirigeva, con passo celere, verso una meta non meglio identificata. Era solo, sua madre non era con lui, possibile che Narcissa lo avesse lasciato andare in giro da solo, con i tempi che correvano?
Per sporgersi ad osservare meglio il fratello Matilda si sbilanciò e, con un grosso tonfo, cadde a terra trascinandosi dietro lo scatolone di frisbee zannuti al quale si era aggrappata; George e la signora Weasley corsero preoccupati verso la ragazza che tentava di liberarsi dai morsi di quegli arnesi infernali.
-Te l’ho detto mille volte che non devi arrampicarti, maledetto Salazar!- madre e figlio scacciarono i frisbee con la bacchetta per poi rinchiuderli nello scatolone, mentre Matilda si rialzava dolorante da terra.
-A che diavolo stavi pensando?!- Insistette preoccupato George, mentre Molly si assicurava che la ragazza stesse bene.
-Io…niente, mi sono solo distratta- mugugnò lei ancora agitata per la vista inaspettata del fratello. Quando la signora Weasley si allontanò alla ricerca degli altri ragazzi, Matilda strattonò un braccio di George e bisbigliò attenta a non farsi sentire
-Ho visto Draco…era solo e sembrava di fretta, pensavo di raggiungerlo ma poi sono caduta e non ho idea di che fine abbia fatto.-
George sgranò gli occhi –Sei impazzita?! Draco non dovrebbe sapere che ti trovi qui, come ti saresti giustificata?-
-Ma era solo…George non lo vedo da due mesi, sono preoccupata…-
Il ragazzo sospirò –Lo so Matt, è naturale sai, ma non devi essere così avventata, rischi di metterti in guai molto grossi e non ce lo possiamo permettere, mi hai capito?-
Risentita e arrabbiata, la giovane Malfoy guardò George con i suoi occhi di ghiaccio ridotti a fessure –Sei insensibile! Possibile che tu non riesca a capire come mi sento, maledizione?!-
-Ma io ti capisco, però…- Ma Matilda non concesse a George di completare la frase: si era già allontanata, perdendosi fra i clienti e facendo sospirare George ancora una volta.
 
Dopo essere misteriosamente scomparsi, Harry Ron ed Hermione si beccarono una scenata di preoccupazione da parte di Molly, ma i ragazzi si giustificarono asserendo di essere sempre rimasti all’interno del negozio. Matilda aveva passato il resto del pomeriggio a tenere il muso a George e anche quando i tre ragazzi si avvicinarono a lei, la ragazza non sembrò ritrovare il sorriso e glissò quando Hermione le chiese se qualcosa non andasse; alla fine la famiglia tornò alla tana lasciando i gemelli e Matilda alle prese con le ultime ore pomeridiane. Arrivata l’ora della chiusura, con il negozio ormai vuoto, George seguiva con lo sguardo la ragazza chiudere con diligenza i conti alla cassa; neanche le battute di Fred sembrarono farla riprende dallo stato cupo in cui sembrava essere totalmente immersa, per cui George chiese al gemello di lasciarli soli.
-Torna tutto?- Chiese George alle spalle di Matilda con tono gentile. La ragazza non si voltò, si limitò ad annuire per poi continuare a riportare i conti su di un grande registro.
-Matt, ehi Matt, fermati un momento, per piacere…-
Con estrema accortezza la mano sinistra di George si posò su quella di Matilda, che si arrestò lentamente.
-Che cosa vuoi?-
-Guardami per piacere, detesto quando mi ignori, mi fai sentire uno schifo.-
Matilda si voltò ed incrociò le braccia, così puntò i grandi occhi grigi in quelli del ragazzo –Esattamente quello che volevo ottenere, magari così riesci a capire come mi sento io in questo momento-
George si trattenne dal roteare gli occhi al cielo per evitare di dare inizio ad una brutta lite
-Mi hai frainteso, sono solo preoccupato per te ok? Non sarebbe strano il contrario?-
Quando il ragazzo allungò una mano per toccarle la spalla, Matilda si scostò irruenta frustando così l’aria con la lunga treccia
-Preoccupato?! A me sembra solo che ci tieni a non avere guai! Che poi mi pare davvero tanto strano dato che tu e quell’altra tua copia siete calamite naturali per i guai! Ti frega davvero qualcosa di quello che provo, eh?!-
-Non dire così…-
-Certo che lo dico! Tu hai Fred! Tu hai sempre lui su cui contare! Ti svegli al mattino con la sua presenza, sai che è al sicuro, sai che è protetto! Come puoi davvero capire come mi sento?!-
-Questo è vero Matt, ma ti giuro che io provo ad immedesimarmi…- George tentò ancora di controbattere, ma Matilda era ormai un fiume in piena
-Il problema è che tu odi Draco! Non ti fregherebbe nulla se sparisse in questo istante, anzi forse ne saresti anche contento, un problema in meno da risolvere, non è così?!-
George fece crollare le braccia lungo il corpo, atterrito. Le labbra scoccarono un paio di volte mute, prima di proferire parola
-Non puoi averlo detto davvero…-
Fu in quel momento che Matilda si rese davvero conto di aver esagerato; era arrabbiata, sconsolata, triste, impaurita, ma nessuna di quelle emozioni era legata a George, che davvero faceva del suo meglio per supportarla e starle accanto nella modo migliore. Sentì le lacrime bruciarle gli occhi e così portò una mano a coprirsi la bocca.
-Scusa…- sussurrò flebilmente –Scusami George…-
George aveva assunto un’espressione dura
-Non puoi prendertela con me. Capisco il dolore, capisco la rabbia ma davvero Matt, se fai così rischi di allontanare le persone che ti amano, lo sai?-
Perdere George era un pensiero che la distruggeva. Avrebbe preferito essere torturata piuttosto che pensare di vivere senza la sua presenza. Si sentiva una stupida ragazzina in balia di emozioni impossibili da gestire ed a questo si aggiunse il senso di colpa per avere colpito volutamente George fino a farlo stare male.
-Sono una stronza, non dovevo dirti queste cose, scusami George- Allungò una mano per stringere quella del ragazzo; per quanto si sentisse ferito da tutta quell’aggressività, George proprio non riuscì a non accettare quelle scuse e, seppur titubante, tirò Matilda a sé e la avvolse in un abbraccio, permettendo così alla ragazza di rintanarsi fra le sue braccia e sfogare il pianto che stava trattenendo.
-È vero, sei proprio una stronza lemonsoda; d’altro canto la colpa è mia, sapevo benissimo a cosa sarei andato incontro quando ho scelto di frequentare una serpeverde.- Matilda accennò una risata fra i singhiozzi del pianto, così George la strinse ancora più forte, tralasciando ormai ogni ombra di titubanza e rendendo quell’abbraccio solido e sicuro
-Però sai, sei buona. Sei davvero una persona buona Matt. Sarai pure una stronza arrogante e presuntuosa, ma con un cuore gentile ed altruista e questo sai…questo tanto basta.-
-Io non sono…-
-Ehi- la interruppe George che la allontanò da sé quel tanto che bastasse per guardarla negli occhi –incassa il complimento e sta zitta per una buona volta-
Matilda sgranò gli occhi lucidi ma subito scoppiò a ridere, tirandosi dietro la risata cristallina di George, lasciandosi la rabbia e la tristezza alle spalle.
 
Intorno alla tavola non si parlò d’altro che del negozio dei gemelli; Ron ringraziò di nascosto Matilda per aver convinto Fred a fargli uno sconto su ciò che aveva acquistato, mentre Ginny ed Hermione giocavano con Arnold la puffola pigmea. Dopo aver aiutato Molly a riordinare la cucina, Matilda uscì nella veranda e sedette sul dondolo per godersi il silenzio di quella sera di fine agosto. Poco dopo sentì la porta schiudersi e l’alta figura dai capelli rossi si posizionò davanti a lei.
-Ecco qua- disse George mentre allungava una bottiglietta di vetro a Matilda; la ragazza la prese in mano e lesse l’etichetta sulla bottiglia
-Lemon Soda…quindi sarebbe questa la bevanda babbana di cui mi hai affibbiato il nome?-
George annuì con un sorriso divertito –Forza, assaggiala!-
La giovane Malfoy inspirò l’aroma di limone prima di portarla alla bocca: un frizzante gusto acido le intorpidì le papille gustative, che di primo acchito le fece storcere il naso
-Ma è…acida!-
-Ti ricorda qualcuno?- la stuzzicò lui che subito dopo le sedette accanto. Matilda lanciò a George un’occhiata in tralice, poi tornò a bere dalla bottiglia. Il gusto di limone lasciò presto in bocca un sapore dolce e rinfrescante
-Però non è male…non così male come sembra all’inizio almeno; è...dolce.-
-Esattamente ragazza, che ne dici ci ho preso? E pensare che due anni fa ti conoscevo a malapena, non eri altro che la sorella carina di Draco Malfoy, una spocchiosa serpeverde.-
-Carina?- rispose Matilda inarcando visibilmente un sopracciglio –Solo carina?-
George le cinse il collo con un braccio e la attirò a sé con irruenza mentre Matilda tornava a sorseggiare la bevanda –Ok ok, bellissima, radiosa, splendida, incredibilmente sexy, favolosa. Ma anche scontrosa, severa, algida e…inarrivabile. Sai l’impressione che trasmettevi era quella di un cactus pieno di grandi spine, mai una volta che permettessi a qualcuno che non facesse parte della tua stretta cerchia di eletti di avvicinarsi a te.-
Matilda si scostò risentita –Davvero questo era quello che pensavi di me?-
Il ragazzo passò una mano fra i capelli fulvi, per cui le rubò la bottiglia semi vuota dalle mani e se la portò davanti al viso –In tutto e per tutto. Mai un sorriso, te ne stavi in compagnia dei tuoi amichetti serpeverde, sempre con quel Zabini che ho compatito più di una volta, tanto era ovvio che ti morisse dietro e che non raccoglieva che le briciole che gli lasciavi. E poi quando non eri con loro ti si vedeva solo china sui libri o da sola, o in compagnia della Granger.-
Matilda fece una smorfia –Ma io non volevo…però ho sempre avuto qualche difficoltà a gestire il mio cognome. Una maledetta etichetta che mi si è incollata addosso fin dalla nascita.- Sospirò e strinse le ginocchia a sé –Era come se fossi obbligata a rispettare il copione scritto per me George, una diligente purosangue serpeverde che non poteva permettersi altro che assecondare il ruolo che altri avevano scritto per lei. Però sai…- Abbandonò la guancia sulle ginocchia così da guardare George di sbieco –Poi sei arrivato tu a scardinare tutto.-
Gli occhi caldi di George impattarono con quelli della ragazza ed un sorriso vittorioso gli colorì il viso lentigginoso
-Sai, quel giorno che mi hai restituito il libro di Fred mi hai lasciato di stucco; nessuno che non ci conoscesse davvero bene era mai riuscito a distinguerci senza indugio, eppure questa testolina chiara c’è riuscita con un solo sguardo. Mi sono ritrovato a pensare che un motivo ci dovesse essere, che per qualche strana ragione eravamo destinati a qualcosa; non capii subito ovviamente, ero preso da mille altre cose e da mille altre ragazze, ehi!-
Matilda colpì con un pugno la spalla di George, che scoppiò poi a ridere prima di sorseggiare la bevanda –Non dirmi che sei gelosa! Che dovevo fare, rimanere immobile ad aspettare un destino che non conoscevo? Però per la prima volta in vita mia mi sono sentito…vulnerabile. Era come se mi avessero privato del mio super potere, come se distinguendomi da Fred mi avessi reso davvero, unicamente George. È stato…strano e…bello ecco.-
Bevve ancora –Non sai quanto amo questa bevanda babbana.-
Matilda sorrise compiaciuta, così poggiò la testa sulla spalla di George –Certo che lo so, dopo averla bevuta non se ne può più fare a meno!-
-Te lo ricordi, eh?- Ghignò lui. Matilda sfregò la guancia sulla spalla del ragazzo
-Ho un’ottima memoria Weasley-
-Dato che siamo in vena di confessioni ti dico un’altra cosa…- George allargò il braccio per permettere a Matilda di accoccolarsi a lui comodamente –Non è stato un caso che io e Lee ci fossimo ritrovati vicino a te e Daphne al ballo del ceppo. Ti avevo vista arrivare, eri…bella da mozzare il fiato Matt, almeno il mio. Quando ti ho vista ho dimenticato quasi subito che avevo invitato Alicia Spinnet al ballo, non che fosse così importante poi, siamo sempre stati buoni amici io ed Alicia e ci siamo ritrovati ad andare al ballo insieme perché nessuno dei due aveva voglia di prodigarsi ad invitare o ad accettare gli inviti di qualcun altro, volevamo solo divertirci. Non che non mi piacesse- George strinse la mano intorno alla spalla di Matilda per non permetterle di rifilargli un altro pugno, così proseguì ghignando –Ma quando ti ho vista ho dimenticato che Alicia fosse carina, perciò ho trascinato Lee con me e ci siamo intrufolati in mezzo alla bolgia. Ballavi spensierata, tutta la tua rigidità era volata via Matt, eri fantastica. Per la prima volta ho dimenticato chi fossi, come diresti te ho cancellato il tuo cognome e la casa di cui fai parte: eri solo Matilda, la bella ed affascinante ragazzina  che volevo mi ronzasse intorno.-
A quel punto Matilda si scostò da lui e George notò con stupore che si era fatta rossa in viso
-Che c’è? Ancora ti imbarazzi ragazzina?-
La ragazza umettò le labbra imbarazzata –Sei…sei serio?-
-Perché mai dovrei mentirti? Proprio ora che mi hai conquistato, tra l’altro-
-Allora beh…- Matilda schiarì la voce –Devi sapere che da quella sera ti sei insinuato bruscamente nella mia testa; ricordi quando mi hai trascinata nel passaggio segreto?-
George annuì trattenendo a stento un sorriso
-Beh, quello è stato il mio ricordo felice. Se sono riuscita a produrre un patronus corporeo è stato solo merito di quel ricordo, George. Io cercavo i tuoi sguardi, tentavo di abbassare le mie difese per permettermi di avvicinarmi a te, ma era davvero tanto difficile anche se la tua presenza mi risultava sempre più…naturale. Ecco tutto questo per dirti che se io ho davvero liberato George, tu hai liberato me e per questo non ti ringrazierò mai abbastanza.-
Quelle intime confidenze costarono un lungo sguardo muto dei due, interrotto solo dai movimenti irruenti e goffi di Matilda che spintonarono George per mascherare il proprio imbarazzo
-Ora basta! Che sono mai tutte queste smancerie George?-
Il ragazzo rise di cuore e la attirò nuovamente a sé
-Concediamocelo ogni tanto, Fleur sarebbe molto fiera di noi!-
Risero ancora, fin quando le risate non lasciarono il posto al silenzio così George, che aveva preso a spingere il dondolo con le gambe lunghe, si rivolse nuovamente a lei
-Ho parlato con mamma, l’ho convita a farti dormire da me la sera prima del tuo ritorno ad Hogwarts. Le ho fatto notare che sarebbe stato molto più normale arrivare alla stazione di King’s Cross accompagnata dal tuo ragazzo che dalla famiglia Weasley al completo. Inizialmente è stata un’impresa ardua, sospetto che voglia salvaguardarti dalle mie grinfie di diciottenne in preda agli ormoni- disse sghignazzando –ma alla fine sono riuscito a convincerla, sei contenta?-
La ragazza lo guardò con ammirazione –Ma sei un genio George, un vero genio!- così gli strinse il collo con le braccia e prese a baciargli ogni angolo della faccia, dando dimostrazione di quanto quella notizia l’avesse resa felice. Mancavano una manciata di giorni al primo Settembre, ma la consapevolezza che avrebbe passato un’altra notte a litigarsi lo spazio nel letto con George, aveva reso la realtà meno amara.
Avrebbe fatto ritorno ad Hogwarts con una nuova carica, una giusta consapevolezza di sé e la certezza che fuori di lì qualcuno l’avrebbe aspettata con ansia: non era un fantoccio cucito su misura per un mondo che non le era mai appartenuto, era la fiera e reale Matilda Malfoy, quella che George Weasley aveva ridato a nuova vita.
 
 
Ciao a tutti adorati lettori! Prima di tutto devo scusarmi per l’imperdonabile ritardo nella pubblicazione, ma le vacanze di Natale, una brutta influenza e le molte cose da fare non mi hanno permesso di dedicarmi molto alla scrittura. Ma ora eccomi qui, con un nuovo capitolo per voi! Sta per iniziare il sesto anno che porterà un bel po’ di scompiglio, quindi per ora godiamoci la tranquillità della fine dell’estate.
Spero vi sia piaciuto (non vi nego che ho avuto molta difficoltà a scriverlo) e, come sempre, attendo i vostri riscontri.
P.S. Ho provato più voltea sistemare il codice per mettere in linea i risultati dei G.U.F.O., ma non ci sono riuscita, quindi sono tutti storti, che fastidio! Chiedo venia.
Vi abbraccio forte.
D.


 

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Capitolo 22
*** Di nuovo a casa ***


Revisione: PygmyPuff
 
 
CAPITOLO XXII
Di nuovo a casa
 
Lasciare la tana fu come lasciare un porto sicuro, davanti al quale il mare bistrattato da una forte tempesta trasmetteva panico ed incertezza. Il giorno dopo sarebbero tornati ad Hogwarts, eppure per la prima volta negli ultimi cinque anni Matilda non ne aveva affatto voglia.
Fosse per dover lasciare i signori Weasley, fosse perché non poteva tornare a lavorare ai Tiri Vispi, fosse perché non avrebbe avuto occasione di vedere tutti i giorni George e per ultimo ma non per importanza, perché avrebbe dovuto affrontare Draco, fatto sta che Matilda era attanagliata dalla paura. Molly strinse la ragazza in un abbraccio caldissimo e subito le mani le cinsero il visino pallido –Facci avere tue notizie, mi raccomando. Questa casa è sempre pronta ad accoglierti, lo sai. E George…- si rivolse poi al figlio senza smettere di stritolare le guance di Matilda –non arrivate tardi in stazione domani. Stai attento. Non perderla di vista e…-
George, che teneva saldamente la gabbia con Juno all’interno, roteò gli occhi sbuffando
-Lo so mamma. Ora lascia le guance di Matilda, sta rischiando l’apnea-
Molly tornò a guardare la giovane Malfoy trattenendo a stento le lacrime –Gli auror visiteranno il castello, sicuramente incontrerai Tonks e semmai avessi bisogno di qualcosa fai pure riferimento a lei-
Matilda annuì e prese a massaggiarsi le guance strapazzate dalla stretta troppo apprensiva di Molly, così senza pensarci troppo tornò ad abbracciarla con il piglio di una bambina
-Grazie di tutto signora Weasley-
-Ti aspettiamo per Natale Matilda cara- disse infine sciogliendo l’abbraccio. Matilda si lasciò stringere anche da Arthur, infine si rivolse ai suoi quattro amici
-Noi ci vediamo domani alla stazione, Ronald ricordati gli appunti che ti ho lasciato.-
Ron alzò il pollice in un gesto eloquente, infine dopo aver salutato tutti con grande affetto, Matilda ricercò la salda stretta della mano di George e con lui si smaterializzò a Diagon Alley.
 
Giunti all’appartamento Matilda fu accolta da Fred, il quale si era già premurato di recuperare i bauli con le sue cose. I gemelli si applicarono moltissimo per fare in modo che la ragazza perdesse quell’espressione imbronciata di cui si era munita dal giorno precedente, ma Matilda sembrava proprio non volere sentir ragioni: sbuffava di continuo nonostante Fred gli avesse propinato un pranzo da far venire l’acquolina in bocca a chiunque, l’avevano riempita di coccole ed avevano evitato con accortezza qualsiasi tipo di scherzo, gesto invidiabile per quelle due teste matte, eppure lei non smetteva di sbattere i piedi quando ne aveva l’occasione, oppure si lamentava del disordine dei due. Fred stava per cedere, prontissimo a scompigliare ancor più quella chioma indomabile a colpi di magia, ma Matilda se ne accorse e si premurò di sequestrargli la bacchetta di soppiatto.
Fortuna che quel gesto in realtà portò i due ad iniziare a divertirsi e l’atmosfera tesa si smorzò.
-Lo sai di essere una ragazzina capricciosa, vero?- Fred era riuscito a scovare la propria bacchetta che Matilda aveva nascosto per bene, così gliela puntò contro ridacchiando, minacciandola di regalarle un bel tono verde evidenziatore per l’indomani, minaccia che portò lei a rabbonirsi
-E va bene ho capito! Mi comporterò bene, promesso- disse gonfiando le guance, così approfittando della momentanea assenza di George che si era dato il cambio con il gemello per controllare che al negozio tutto procedesse bene, Matilda trascinò Fred sul divano e prese a fissarlo con due occhi sgranati che incominciarono ad intimorire un po’ il ragazzo
-Devo chiederti una cosa Fred-
-Sono tutt’orecchi, però ti prego rilassa quello sguardo, mi ricordi la Trelawney in maniera inquietante-
Matilda fece scoccare un paio di volte le ciglia chiare sugli occhioni grigi, così strinse le spalle di Fred e lo scosse appena
-Devi promettermi che controllerai George-
Fred inarcò un sopracciglio in maniera quasi innaturale
-Ti prego, per quanto io mi sia davvero affezionato a te non chiedermi di tallonare George! E poi non credo dovresti avere paura, insomma è pur sempre quello brutto fra noi due e ti assicuro che tutte le ragazze carine ronzano intorno a me-
Matilda sembrò non afferrare ma ad un certo punto, colta da un barlume di comprensione, aggrottò le sopracciglia e spintonò una spalla del ragazzo seduto scomposto accanto a lei
-Sei proprio un cretino! Non parlavo di quello! Voi stupidi e boriosi Weasley, sempre convinti che il mondo giri intorno a voi e alle vostre chiome di fuoco- borbottò lei gesticolando fra sé, così dopo un lungo sospiro spazientito tornò a parlare ignorando il pavoneggiarsi di Fred
-Mi riferivo a tutt’altro: che questi siano tempi difficili è cosa ovvia; per quanto possiamo fare finta di nulla tutti, nel mondo magico, sanno chi sono e tutti conoscono George! Ora che tornerò ad Hogwarts non avrò problemi di ripercussione, ma non è detto che i mangiamorte non prenderanno di mira voi…per cui ti prego Fred, fai in modo che tuo fratello non faccia nulla di sconsiderato in mia assenza! Potrei morirne se dovesse succedergli qualcosa a causa mia- disse portandosi una mano al petto -Lo dico anche nel tuo interesse sai! Nessuno vi distingue, potrebbero colpire te pensandoti lui!-
Nonostante l’eccessiva teatralità con cui la ragazza si era espressa, gli sghignazzi di Fred lasciarono il posto ad un sorriso colmo di tenerezza; quella ragazza un po’ toccata dimostrava di tenerci così tanto al fratello che si meritava tutto il suo appoggio.
 Quando George, sfinito dal via vai dei ragazzini che avevano assaltato i Tiri Vispi per accaparrarsi tutto quello che era rimasto, risalì all’appartamento, si soffermò un attimo a fissare il fratello che picchiettava la mano sulla testa di Matilda
-Cercate di farmi ingelosire voi due?- disse ridacchiando e poi si spalmò lungo la spalliera del divano su cui erano appollaiati, con l’esatta postura di un bradipo su di un ramo–Ti prego non ce la faccio più Freddy, liberami da questo fardello-
Fred si alzò controvoglia e, ammiccando, lasciò i due finalmente soli. Appena il gemello scomparve oltre la porta, George perse immediatamente la finta espressione stravolta e rotolò oltre la spalliera, per catapultarsi con poca grazia addosso a Matilda.
-Abbiamo ancora mezza giornata per noi- Le disse schiacciandola sotto il suo peso, con il viso tanto vicino al suo che Matilda poteva contarne ogni lentiggine e la bocca piegata in quel ghigno furbo che lei conosceva molto bene. La ragazza sorrise a sua volta
-Quindi puoi aiutarmi a ripassare gli appunti di Storia della Magia!- lo canzonò
-Preferirei abbandonarmi alla stretta gentile del tranello del diavolo, piuttosto-
Rannicchiata sotto di lui, la ragazza fece correre le dita fra quei capelli rossi tanto morbidi
-Andiamo George, fammi dimenticare che domani sarà…domani-
Il ragazzo ci mise un istante ad issarsi in piedi e tirarsi Matilda in camera. Sapeva come smuoverlo, la ragazza. Sapeva come catturare tutta la sua attenzione: ogni movimento di lei che se ne stava in piedi davanti a George abbandonato sul letto con le braccia piegate dietro la nuca lo faceva sentire vivo.
Si perdeva nel turbinio sconvolto dei capelli chiarissimi, che fluttuarono nell’aria appena lei sfilò la maglia che si premurò di lanciargli sulla faccia.
Torturava la bocca con gli incisivi non dando tregua al labbro morbido e gli occhi correvano assieme alle mani di Matilda che lentissime facevano scivolare gli shorts a terra lasciandola in sola biancheria intima.
Come una divinità elfica, tanto era candida, la nuvola morbida le mascherò il seno che aveva lasciato libero dal reggiseno e George non riuscì a fare a meno di sospirare d’eccitazione, nel notare quel boccolo indomato che le tagliava il viso e andava ad ondeggiare davanti alla bocca naturalmente rossa.
-Ti prego lemonsoda, smettila di torturarmi- soffiò, George, e quando lei si avvicinò al bordo del letto con un sorriso indecifrabile sul volto e lentissima si chinava su di lui, il ragazzo non riuscì a fare a meno di far ricadere gli occhi sul seno minuto che si intravedeva dai capelli. Le gambe lisce cinsero la vita di George e Matilda sedette delicatissima sopra di lui; George liberò le braccia, così che le sue mani ebbero occasione di percorrere ogni lembo della pelle di lei, così che potesse catturarne l’impronta e farla tutta sua.
Fu Matilda a liberarlo dai vestiti, prima la camicia, poi con movimenti ormai abili i pantaloni ed infine lo lasciò totalmente nudo a mostrare il tono abbronzato che i giorni di sole gli avevano concesso, al contrario di quello della ragazza che sembrava aver respinto i raggi solari rimanendo impeccabilmente candida. Quando lei tornò seduta sopra di lui a contemplarlo nella sua interezza, il viso di George si contrasse in un’espressione di puro stupore
-Ti amo tanto, George- lo disse candida, sincera, con gli occhi grigi appena sgranati e le dita a sfiorarsi la bocca, come se dovesse trattenersi dal dire qualcosa di sconveniente.
Perché mai si era meritato quel premio, George non sapeva proprio spiegarselo; perché nonostante Matilda fosse diventata la sua piacevole quotidianità, non si capacitava di potersi meritare quella ragazza isterica ed iraconda, ma al contempo così perfetta per la sua indole ingestibile; si incastrava alla perfezione con lui, laddove persino i difetti dell’uno bilanciavano quelli dell’altra, come i pregi che sembravano rilucere moltissimo, quando Matilda era con George.
La attirò a sé con tatto, con una mano che premette sulla nuca chiara e l’altra sulla schiena nuda; la strinse al suo torace e le carezzò i capelli, ne annusò il profumo e le sfregò la punta del naso sulla guancia.
-Bambina…- si limitò a sussurrare roco George, incapace di aggiungere null’altro in quel momento. Aveva solo bisogno di percepirla lì, di sentirla davvero, davvero incastrata a lui, in quella maniera che non lascia alcuna possibilità di separazione.
Si sarebbe cucito al suo corpo.
Quando le sfilò gli slip e si fece spazio in lei che lo sovrastava con il suo corpicino pallido, George sospirò estasiato, così come Matilda che, ancora una volta, lo fissava con quello sguardo carico d’eccitazione e desiderio.
Si toccavano i capelli e si scambiavano piccoli baci sul viso.
Si trattennero per le spalle e gli occhi ispezionarono l’altro come ad assicurarsi che fosse lì, ben presente.
Di quell’amore lì proprio non potevano più farne a meno, Matilda e George, e neanche Hogwarts avrebbe permesso loro di rinunciarci con facilità.
 
Quella notte passò lentissima, per loro volontà. Nonostante il caldo Matilda rimase agganciata tutto il tempo a George che proprio non aveva voglia di allontanarla, tutt’altro. Si addormentavano l’uno con il respiro dell’altra addosso, poi si svegliavano e riprendevano a divorarsi con gusto. Alle cinque George schiuse gli occhi, che subito rotearono alla sua sinistra, in quel lato del letto dove si era raggomitolata Matilda, quel lato che era stata lei a scegliere. Fissò il suo seno nudo e lo sterno gracile, che saliva e scendeva con il respiro regolare dato dal sonno profondo, impresse nella mente la bocca schiusa e quel fermaglio di ciglia dorate tanto lunghe da sfiorare appena gli zigomi. La attirò a sé d’istinto, trovando quella misera distanza intollerabile. Un mugugno sommesso uscì flebile da Matilda, che per un istante schiuse gli occhi sul ragazzo al suo fianco, ma che subito si richiusero dopo essersi saldamente avvinghiata a lui.
Tornò a spalancare definitivamente gli occhi quando il sole si era fatto timidamente strada nella stanza; Matilda non era più al suo fianco, ma seduta sul bordo del letto, ancora nuda a dargli le spalle, con le dita pallide che stringevano il bordo del materasso come se cercasse la forza per tirarsi su. George rotolò su un fianco ed allungò una mano a stringere quella di lei, che roteò appena il viso di lato così da poterlo guardare di sbieco; il sorriso sornione scomparve all’istante dalla faccia ancora insonnolita di George, munita tra l’altro di un evidente segno del cuscino che si increspava fra le lentiggini
-Amore…ma stai piangendo?- mugugnò prima di tirarsi faticosamente su per prendere posto accanto a lei. Matilda passò il palmo piatto sulla faccia per tirare via quei goccioloni salati
-Il mio primo primo Settembre senza che mia madre sia con me. Mi fa un po’ male- concluse tirando su con il naso. George sfregò la faccia per riprendersi dal sonno. Si era proposto di svegliarsi prima di lei per poterle preparare la colazione, eppure Matilda lo aveva anticipato ed ora se ne stava lì a gonfiare quel visino di lacrime. Silenzioso se la tirò a sé ed iniziò a catturare le altre lacrime con le labbra, poi caricandosi del suo miglior sorriso le scostò i capelli da un lato
-Ora vai a farti una doccia mentre io ti preparerò una pessima colazione, così ad Hogwarts avrai un motivo in meno per rimpiangere la mia assenza-
Matilda accennò una risata e spostò gli occhi lacunosi in quelli di lui
-Come fai a farmi sempre ridere tu?-
-Dono di natura- concluse lui incitandola ad alzarsi.
 
Alle 7:30 George uscì dalla doccia e raggiunse il gemello e Matilda in cucina: Fred aveva recuperato Juno che, non senza riluttanza, si era fatta mettere nella gabbia ed i bagagli di Matilda erano già pronti vicino l’uscio. La giovane Malfoy era intenta a concludere una treccia a spiga, anche se i ciuffi uscivano da tutte le parti facendo sghignazzare Fred ed incupendo ancor più Matilda; difatti il ragazzo non poteva essere a conoscenza della ritualità con cui Matilda compiva quel gesto ogni primo di Settembre, di contro George percepì il disagio di lei e, dopo aver fatto cenno a Fred di smetterla di ridere si avvicinò alle spalle di Matilda ed impacciato, ma con tanta premura, iniziò ad aiutarla.
Vedi, devi fare così, poi passi questa ciocca qui e un’altra qui, gli insegnò lei, grata per il bislacco tentativo del ragazzo di aiutarla a superare quel momento difficile. Tutto sommato in due riuscirono a fare un lavoro dignitoso e sul viso di Matilda tornò il sorriso.
Fred la stritolò in un forte abbraccio e si raccomandò con lei, chiedendole di non comportarsi troppo bene durante l’anno; Matilda gli chiese di salutarle Grace e di rispettare la sua promessa.
 
Davanti al muro che l’avrebbe condotta al binario la giovane Malfoy sembrò esitare, come quando per la prima volta, cinque anni prima, il padre la informò che avrebbe dovuto correre contro la spessa colonna, ma lei lasciò andare prima Draco per assicurarsi che tutto andasse bene. Il ragazzino nella sua memoria non esitò nemmeno un istante, spavaldo corse contro il muro e subito scomparve lasciando lei a boccheggiare dallo stupore.
-Ti sei dimenticata come si fa?- la voce di George la destò dai ricordi e poi, esultando, la anticipò spingendo il carrello con la sua roba attraverso la parete. Matilda trasse un gran respiro, si strinse nella giacchetta di cotone nero e si fiondò dall’altra parte.
Il binario era pieno di gente e gli occhi di ghiaccio corsero a ricercare figure amiche: tantissimi novizi circondati da famiglie premurose si affrettavano a salire sui vagoni rossi del treno per Hogwarts, invece molti altri maghi e streghe più grandi esitavano a salire. George era circondato da un mucchio di studenti grifondoro, contenti e stupiti di vederlo lì, mentre poco distante scorse alcuni compagni serpeverde, ma di Draco nemmeno l’ombra; che fosse già salito?
-Eccoti!- la voce amica di Daphne arrivò alle sue spalle e subito l’alta ragazza strinse Matilda in un abbraccio, seguita da una più composta Astoria che la baciò sulla guancia
-Forza sbrighiamoci, non mi voglio ritrovare in un vagone pieno di ragazzini del primo anno- la incitò Daphne, ma Matilda frenò il suo entusiasmo
-Devo salutare George, voi andate pure intanto-
Poco distante notò i signori Weasley, Ron Harry Ginny ed Hermione, seguiti da due uomini corpulenti che avevano tutta l’aria di essere auror, i quali accompagnarono i ragazzi fin dentro il vagone. La signora Weasley intercettò Matilda con lo sguardo e la ragazza fu certa  di vedere un velo di lacrime colmarle gli occhi. Sorrise e scostò lo sguardo, poi di tutta fretta irruppe nel gruppo dei grifondoro che ascoltavano le chiacchiere di George
-Eccoti qua, forza carichiamo questa roba sul treno! Ragazzi ci vediamo presto, sapete dove trovarmi!-
Matilda alzò timida una mano in segno di saluto e seguì a ruota George.
 
Il viso abbandonato su una mano con fare annoiato era carico di un’espressione dura. Gli occhi freddi correvano oltre il vetro e ricercavano con frenesia la figura della sorella. Involontariamente il corpo scattò quando scorse Matilda stretta in un abbraccio con Daphne, seguita da Astoria, ed il cuore accelerò nei battiti tutto d’un colpo; mai avrebbe creduto che la vista della gemella gli avrebbe provocato tale scossa emotiva, eppure il piacere fu presto sostituito dalla rabbia, quando Matilda si avvicinò con fretta a quel Weasley. Si costrinse a guardare altrove e gli occhi impattarono in Pansy, radiosa nel suo composto caschetto di pece che non perse tempo e gli sedette accanto, dando vita ad un fiume di parole che racchiudevano i suoi eventi estivi e che Draco si sforzò di ascoltare, pur di non pensare a quando Matilda fosse arrivata a pararsi davanti a lui.
 
-Ecco qui, tutto perfetto- George aveva sistemato tutto senza sforzo, così uscì sul corridoio del treno per avvicinarsi all’uscita. Il loro abbraccio era circondato dal rumore degli sghignazzi degli studenti più piccoli, che guardavano la famosa coppia chi sospirando, come alcune ragazzine, chi commentando con eccitazione che lui era George Weasley, il padrone del famoso Tiri Vispi Weasley.
-Basta, vattene prima che mi trovi costretta a metterti il collare- soffiò Matilda nella camicia di George, il quale la scostò da sé e, noncurante del bofonchiare dei prefetti che si erano avvicinati per ammonirli, in quanto il treno stava per partire, si incurvò per regalare a Matilda uno di quei baci da fare invidia ai romanzi d’amore più conosciuti.
-Fai la brava Matt, comportati bene, nutriti e mi raccomando, non impegnarti troppo a Quidditch, non sia mai che siano i serpeverde a vincere la coppa!-
-E tu non farmi pentire di niente George. Voglio ricevere almeno un gufo a settimana, sono stata chiara? E occhio a quella biondina che passa sempre al negozio con una scusa, guarda che l’ho visto che ti gira intorno come uno spioscopio- gli afferrò il bavero della camicia e lo tirò ancor più verso di sé –Ricordale che è con Matilda Malfoy che stai-
George scoppiò a ridere ed approfittò di quella posizione per sfregare, come di rito, il proprio naso contro quello di lei –E chi se lo dimentica lemonsoda. Ci vediamo alla tua prima uscita ad Hogsmeade-
Lasciarsi fu complicatissimo. Ron sbuffò quando il fratello scese dal treno salutando solo Matilda, con cui si scambiò un lungo sguardo inebetito attraverso il vetro della porta ormai chiusa.
Era fatta, stava per iniziare un nuovo anno senza la costante presenza di George al suo fianco, ma contro ogni previsione Matilda si sentì piena di energie e quando si voltò verso i ragazzi che stavano aspettando quell’eterno saluto, la giovane serpe incrociò le braccia
-Allora?! Muoviamoci forza! Abbiamo un treno da controllare e dell’ordine da far rispettare!-
Matilda non poté non notare l’assenza del fratello al vagone dove prefetti e caposcuola si erano infine riuniti per assegnarsi i primi compiti di vigilanza; quando la ragazza si trovò a dover giustificare l’assenza del fratello riscontrò non poche difficoltà: dove diavolo si era cacciato Draco? Perché non era lì? Appena le fu possibile si defilò e cominciò ad ispezionare i vagoni, infine scorse in uno di essi Blaise, con addosso la sua solita aria di sufficienza che ormai lo accompagnava sempre, chiacchierare con l’annoiatissimo Theodor e, dall’altro lato, la testa di Pansy chinata verso il basso.
-Buongiorno!- irruppe Matilda spalancando la porta del vagone e ricevendo dei fischi di giubilo da parte dei due ragazzi alla sua sinistra ed un accenno di saluto dalla bocca storpiata da una smorfia di Pansy.
Matilda trattenne un respiro, così allungò il passo fino a scorgere il fratello con la testa poggiata sulle gambe della Parkinson, e con gli occhi sgranati in direzione della gemella; Matilda ignorò le domande che Blaise e Theodor avevano preso a rivolgerle e con estremo coraggio concentrò tutta la sua attenzione su Draco che, frastornato, si stava rimettendo seduto
-Vieni immediatamente fuori- il tono perentorio di Matilda non lasciò spazio di replica.
Draco si fece trascinare controvoglia dalla furia della sorella e con lei si chiuse nel bagno più vicino. Si guardarono lungamente prima che lei iniziasse ad urlare
-Come ti è venuto in mente di farmi stare così tanto in pena, si può sapere?! Nemmeno una lettera, una dannata lettera in cui mi dicessi di stare bene!- gli strilli furono accompagnati da ripetuti colpi sulle spalle, da cui Draco si difese a stento.
-Allora?! Non hai proprio niente da dirmi?! Mi odi a tal punto da farmi soffrire così, razza di ragazzino senza cervello?!-
-E tu?- Due semplicissime parole ad interrompere i colpi violenti con cui Matilda stava aggredendo il fratello.
-Io cosa?- boccheggiò lei
Draco roteò gli occhi al cielo –Mi è stato riferito che ultimamente ti si è vista spesso in quel negozio pulcioso- Matilda roteò gli occhi nella stessa maniera del gemello –Questo non c’entra- farfugliò poi –Io mi sono fatta viva, ti ho chiesto mille volte di rispondermi, però te ne sei fregato a quanto pare!- Così tornò ad allacciare gli occhi a quelli di Draco e con coraggio allungò una mano per sfiorargli il braccio sinistro, ma davanti quel gesto Draco si ritrasse malamente, lasciando Matilda di stucco.
Al ragazzo rimasero le parole incastrate in gola; finalmente aveva la tanto amata sorella davanti al viso e l’unica cosa che era riuscito a fare non era che un movimento brusco, di cui reazione non poteva dare spiegazioni a quegli occhi identici ai suoi che lo fissavano con cipiglio.
Matilda si toccò la mano con l’altra come si fosse appena ustionata
-Volevo solo dirti che mi sei mancato- farfugliò, poi si voltò di scatto e spalancò la porta del bagno
-Matilda aspetta-
Quella si arrestò continuando a dargli le spalle, così Draco proseguì solo dopo aver ingoiato la saliva formatasi in bocca –Anche tu. Mi sei mancata anche tu- sussurrò, prima che lei potesse voltarsi per ricercare una qualche forma di certezza negli occhi del fratello e poi, ancora frastornata, annuì ed uscì sul corridoio pieno di giovani studenti su cui sfogare tutta la frustrazione di quella breve e difficile conversazione.
 
Lo smistamento dei nuovi studenti era stato seguito dalla presentazione di un nuovo professore che non aveva affatto coperto la cattedra di Difesa contro le Arti Oscure, ma a quanto pareva Horace Lumacorno, un grosso signore con un bel po’ di anni sulla nuca e un paio di baffi folti, era tornato ad Hogwars per riprendere il suo vecchio ruolo di insegnante di Pozioni. Con estremo stupore degli studenti fu Snape a prendere il comando della materia di Difesa contro le Arti Oscure, ed ogni studente che non fosse al primo anno era consapevole di quanto Severus Snape avesse aspirato a quel ruolo. Matilda era seduta composta al tavolo ospitante i serpeverde ed ascoltava con distrazione le chiacchiere di Daphne, che prese a raccontarle delle gite che aveva fatto con Lee e di quanto il ragazzo l’avesse coperta di attenzioni. Tra l’altro si stupì di molto, quando Astoria le confessò di avere lasciato Blaise in estate e delle minacce che lui le aveva rivolto a seguito di quella inaspettata e assurda rottura
-Inaspettata poi- sbuffò Astoria che evitava di incrociare lo sguardo di Blaise dall’altro lato del tavolo –Dopo tutta quella storia della squadra d’inquisizione cosa si aspettava? Che continuassi ad assecondarlo amorevole? È stato orribile, davvero orribile vederli comportarsi così-
Matilda lanciò un’occhiata a Draco, intento a raccontare ai fedeli amici cosa era successo poco prima di lasciare il treno: sentire il fratello vantarsi di come aveva rotto il naso ad Harry, che Matilda corse a cercare con lo sguardo e che per fortuna sembrava essere arrivato nella sala grande, seppur con ritardo, la fece trasalire.
Che diavolo ci faceva Harry nascosto nel vagone dove si trovava Draco? Perché lo stava spiando? Appuntò nella mente di chiedere maggiori spiegazioni al grifondoro, dopodiché tornò ad immergersi nei pettegolezzi con Daphne ed Astoria; anche Pansy tentò di inserirsi in quella conversazione, probabilmente per esigenza di chiacchierare su cose da donne che i ragazzi non potevano capire, ma quel tentativo fu ammutinato sul nascere dalle altre tre.
 
La stancante giornata aveva finalmente trovato fine: i prefetti assistettero i caposcuola ed accompagnarono i nuovi studenti nei rispettivi dormitori; una volta nella sala comune Matilda richiamò l’attenzione di Draco che da quando aveva messo piede sul treno per Hogwarts non si era minimamente curato di essere un prefetto, dimostrando di avere la testa chissà dove. Tra l’altro il fratello aveva fatto di tutto per ignorarla fino a quel momento, premurandosi di essere sempre circondato da qualcuno, ma lei non sarebbe riuscita ad andare a dormire con serenità sapendo di non aver scambiato che qualche gelida parola con lui, per cui proprio mentre quello si stava avviando al dormitorio fra gli sbadigli, la ragazza lo richiamò
-Draco, ehi Draco, perché non ci prendiamo dieci minuti, ti va?-
Il fratello si voltò, la fissò come a soppesare la situazione, e dopo aver fatto segno agli altri di andare avanti tornò sui suoi passi e affondò su uno dei divani accanto a Matilda.
Per un po’ stettero in silenzio, aspettando di rimanere davvero soli e appena anche l’ultimo studente scomparve oltre la sala comune, Matilda prese coraggio ed iniziò a parlare
-Non sono stupida, lo so perché mamma mi ha obbligata a non fare ritorno al maniero, quest’estate-
Draco tirò stancamente i capelli indietro, in realtà non aveva affatto voglia di parlare con Matilda, ma la sorella aveva quell’aria così entusiasta che non si era sentito di negarglielo. A come avrebbe fatto ad omettere quello che era successo durante la sua orribile estate, avrebbe pensato man mano.
Non cogliendo nessuna risposta da lui la ragazza tentò di insistere
-Dimmi almeno come sta nostra madre-
-Come vuoi che stia?- Draco colse l’occasione per cambiare argomento –Ti sei forse scordata che nostro padre è rinchiuso ad Azkaban? Secondo te freme di gioia o cosa?-
-No che non l’ho scordato, ma non voglio parlare di lui…-
-Se non vuoi parlare di lui non so proprio cosa dobbiamo dirci. Lo sai che è colpa di quel putrido mezzosangue di Potter se lui si trova lì, non è vero?-
Forse aveva sbagliato a chiedere al fratello di parlare; probabilmente avrebbe dovuto aspettare un momento più tranquillo, l’assestamento ad Hogwarts, l’inizio della loro ordinaria routine, eppure l’impulso si era fatto strada ancora una volta in lei e aveva preso la forma di quella richiesta claudicante di dialogo.
-Hai ragione, ho sbagliato a chiederti di parlare- Matilda si alzò e sistemò la divisa con cura. Non aveva ribattuto, anche se in qualche modo Draco sperava lo facesse; aveva l’urgenza di sfogarsi, di urlare, di vomitarle addosso un sacco di cose che non la riguardavano direttamente sapendo di trovare in lei terreno fertile per avviare una discussione. Il senso di colpa si impossessò di Draco quando si rese conto che per Matilda non fosse così, che per la sorella, in quel momento, l’unica cosa davvero importante era riavvicinarsi almeno un po’, tentare insomma di ristabilire un filo conduttore che quell’estate si era definitivamente spezzato.
-Allora buonanotte Draco, ci vediamo domani mattina-
Un abbraccio quasi violento la colse di spalle. Le braccia lunghe di Draco si erano strette sopra le sue spalle e poteva sentire con distinzione il suo respiro sul collo, come il suo profumo che le era mancato moltissimo. Si divincolò, ma solo per potersi rigirare e poi fiondarsi a stringerlo forte per la vita.
Rimasero ad ondeggiare sul posto per un bel po’, stretti in quell’abbraccio di cui entrambi avevano tanto sentito l’esigenza.
E per il momento andava bene così, senza parole e spiegazioni a mettersi di mezzo.
 
L’indomani mattina gli studenti invasero la sala grande per affondare in una ricca colazione. Hermione e Matilda erano chine su delle pergamene ed assieme tentarono di capire come incastrare tutti gli orari delle lezioni senza impazzire, mentre Ron ed Harry le guardavano esasperati
-Non è che il primo giorno e voi siete già messe così? Miseriaccia, rilassatevi ragazze!-
Le due ignorarono i commenti e gli sghignazzi degli altri due senza alcuno sforzo
-Basta, rinuncerò ad Aritmanzia, ho fin troppi impegni e non mi posso permettere di impazzire come stavo per fare l’anno scorso-
Hermione la guardò con quel cipiglio da professoressa McGonagall che a Matilda faceva proprio ridere –Non puoi lasciare Aritmanzia, è una materia utilissima! Sono sicura che impegnandoti trasformerai il tuo Accettabile in un Ogni oltre previsione!-
-Lascia stare Herm, tu non sai quanto impegno ci vuole per stare dietro agli allenamenti di Quidditch, non me lo posso proprio permettere di perdere tempo dietro una materia così-
-Perdere tempo?!- a quel punto gli occhi caldi dell’amica grifondoro si sgranarono come se Matilda avesse decantato con versi d’amore le gesta eroiche di Lord Voldemort –Vuoi dirmi che è più importante quello stupido gioco?! Hai passato troppo tempo con George! Non puoi dire una cosa del genere!-
Matilda si risentì e prese a sventolare le pergamene davanti alla faccia contrita di Hermione
-Stai scherzando?! Gioco a Quidditch da quando sono nata! Come puoi parlare del Quidditch così?! E poi che c’entra George?!-
Le due incominciarono a discutere animatamente. Quando Ron tentò di intromettersi in difesa del Quidditch Harry gli strinse una spalla con la mano e negò con il capo, incitando l’amico a lasciar perdere: due minacciosissime streghe stavano infuriando, era meglio non intromettersi. Quando Hermione se ne uscì asserendo che Matilda avrebbe dovuto piuttosto accantonare Cura delle Creature Magiche, la giovane Malfoy rimase con la bocca spalancata
-Vuoi dirmi che non frequenterai più le lezioni di Hagrid?!- Poi si voltò verso Harry e Ron che si erano ben premurati di affondare le loro facce nel piatto della colazione –E voi due?!-
Ron alzò per un momento lo sguardo verso la strega dagli occhi di ghiaccio e subito lo riabbassò con le orecchie in fiamme. Harry con più coraggio la guardò un po’ più a lungo, anche se la faccia di Matilda, in quel momento, le ricordava in maniera inquietante quella di Bellatrix Lestrange –Emh, come dice Hermione sai, non abbiamo molto tempo da dedicare a quella materia, il Quidditch…ed il resto…-
-Ma Hagrid ci rimarrà malissimo! Cosa gli dirò quando dovrò giustificare la vostra assenza?!-
Harry, Ron ed Hermione mossero timidamente lo sguardo su Hagrid seduto al tavolo dei professori che sembrava proprio stesse attendendo quella mossa e, con davvero poca professionalità, prese ad agitare la manona verso di loro in segno di saluto.
-Non preoccupartene, ci penseremo noi a parlare con Hagrid, non è vero ragazzi?- borbottò incerta Hermione verso i due amici, tornati a guardare le loro torte di zucca come fossero la cosa più interessante al mondo.
Matilda scosse il capo indispettita ed affranta, poi sospirò e tornò a concentrare l’attenzione sulle pergamene sotto il suo naso. Quello si prospettava un altro lungo e complicato anno ad Hogwarts, eppure non riuscì a trattenere un sorriso quando realizzò che, nonostante tutto, essere tornata al castello la riempiva di felicità.
-Forza andiamo, ci tocca la prima lezione di pozioni!- disse scattando in piedi. Così raggiunta da Daphne ed in compagnia di Hermione, si avviò verso l’aula del professor Lumacorno; quantomeno quei terribili giorni in cui si era ritrovata segregata dalla vecchia prozia sarebbero serviti a primeggiare in quella materia, ne era sicura.

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Capitolo 23
*** Disordinata routine ***


Revisione: PygmyPuff
 
CAPITOLO XXIII
Disordinata Routine
 
Va bene.
Si.
Doveva prendere atto che tornare ad Hogwarts senza la presenza pestifera, costante, ribelle e canzonatoria di George era davvero faticoso, non fosse altro perché doveva escogitare modi diversi di distrarsi in quanto, se su una cosa Hermione aveva ragione, era che aveva passato così tanto tempo con quello scavezzacollo che il germe della ribellione e del divertimento si era instillato in lei quel tanto che bastava per non ritenere il Quidditch una bocchettone di sfogo sufficiente.
Comunque gli ingranaggi avevano ricominciato a girare e Matilda era rientrata nella sua routine che comprendeva:
Lezioni
Ronde di sorveglianza
Allenamenti di Quidditch
Inaspettati inviti da parte del professor Lumacorno a delle cene davvero ambigue nel suo studio. Era accaduto infatti, che il nuovo professore di pozioni aveva notato l’abilità della giovane Malfoy in quella materia (migliorata ancor più grazie alla vecchia prozia) e che quello aveva caldamente invitato la ragazza ad una cena informale assieme ad altri studenti. Durante la prima lezione di pozioni il corpulento professore aveva mostrato tre pozioni agli studenti e, al solito, Matilda ed Hermione fecero a gara per rispondere alle domande di Lumacorno: la mano pronta di Hermione riuscì a battere di appena un secondo quella di Matilda per quanto riguardava il riconoscimento del Veritaserum e la pozione Polisucco (come faceva, quella, ad avere sempre i riflessi tanto pronti? Doveva essere una dote unica al mondo), ma sull’Amortentia aveva vinto lei
-Bene bene…signorina?-
-Malfoy- disse tronfia Matilda guardando di sottecchi Hermione
-Malfoy…un cognome famoso- Matilda non seppe capire se il tono del professor Lumacorno fosse accigliato o interessato, ma decise di sorvolare, del resto tutti sapevano che suo padre si trovava ad Azkaban.
-E mi sa dire, signorina Malfoy, da cosa la riconosce?-
Matilda si alzò con spontaneità e mosse qualche passo verso il calderone indicato
-Beh, sicuramente dai tipici fumi a spirale che provoca, e poi professore…- la ragazza esitò un po’ rossa in volto, tossicchiò e poi tornò a parlare con sicurezza ritrovata – L’Amortentia è il filtro d’amore più potente al mondo, anche se non crea davvero l’amore; inoltre questa dovrebbe avere un odore diverso per ognuno di noi, ad esempio io sento il profumo del legno, odore di violette e…- esitò, perché l’odore di George spiccava sopra ad ogni altro, quindi scosse il capo e sorrise al professore tentando di non fare caso al fuoco vivo che sentiva spandersi sulle guance –questo, professore-
Di tutta risposta Lumacorno assegnò dieci punti a Grifondoro per le risposte di Hermione e dieci a Serpeverde per quelle di Matilda. Infine il professore mostrò loro una piccola ampolla di Felix Felicis, altresì appellata “fortuna liquida” e lo studente che avesse realizzato un quanto più perfetto Distillato di Morte Vivente se la sarebbe accaparrata.
Matilda era sicura, avrebbe vinto lei la pozione. Solo Hermione poteva competere con la sua abilità in quella materia, ma la giovane Malfoy era decisa a battere l’amica ad ogni costo.
Quello che successe lasciò di stucco tutti e fece imbestialire le due streghe, in quanto proprio nessuno avrebbe sospettato che sarebbe stato Harry, a creare la pozione migliore e di conseguenza a vincere la piccola ampolla di Felix Felicis.
Comunque quella lezione fu utile quantomeno ad attirare l’attenzione di Lumacorno che riempì di domande la ragazza ed ogni volta che questo provava a chiederle maggiori informazioni sulla sua famiglia, Matilda storceva il naso, fino ad arrivare al punto di rispondere seccamente che non aveva intenzione di parlare di suo padre, tantomeno di Bellatrix Lestrange o Sirius Black. Proprio su quest’ultimo da un po’ di tempo si erano soffermati i pensieri, perché il pensiero di Sirius a Matilda faceva male; non l’aveva mai conosciuto, era vero, eppure a seguito dei lunghi racconti che aveva sentito su di lui fu inevitabile per la giovane Malfoy mettersi a confronto con quell’uomo che della sua vita aveva preso ogni decisone, eccezion fatta per gli infelici anni ad Azkaban che Sirius Black non si era meritato. Con grande rimpianto si chiedeva cosa avesse detto Sirius conoscendola, inoltre avrebbe voluto sapere da lui come era stato scardinarsi dalla famiglia Black e dai loro immorali principi. Insomma di Sirius proprio non voleva sentir parlare, non da persone che di lui non sapevano nulla quantomeno, se non le frottole raccontate da La Gazzetta del Profeta. Si riebbe da tutto quel pensare quando un pietoso Draco aveva tentato, visto l’interesse mostrato nei confronti di Matilda, di mettersi in luce davanti a Lumacorno, ma quest’ultimo sembrò ignorare la sua presenza, cosa che costò un’occhiataccia a Matilda e un broncio che durò per qualche giorno.
 
Era giunto il momento di andare a lezione di Cura delle Creature Magiche. Prima di recarvisi con ansia dominante, Matilda aveva fatto una bella scenata a Ron Hermione ed Harry, imbestialita più che mai di dover affrontare Hagrid da sola; come risposta dai tre ricevette un gran deglutire di Harry, un arrossamento d’orecchie di Ron ed un bislacco tentativo di scuse di Hermione. Tra sospiri e calpestamento di piedi la giovane Malfoy con voce acutissima gridò che il cappello parlante aveva preso una gran svista con loro, dato che del tanto decantato coraggio dei grifondoro non  vedeva nemmeno l’ombra, così se ne andò indispettita.
Hagrid era raggiante in volto e questo mandò il morale di Matilda sotto le scarpe
-Ero sicuro di vederti!- le disse l’omone che dette una pacca talmente forte sulla piccola serpeverde, che questa cominciò a barcollare per tentare di non cadere. Perché tutti la trattassero come un pupazzo ancora se lo chiedeva.
-Emh professore- tentò lei di mantenere un briciolo di quel distacco che ci si aspetterebbe tra insegnante e allievo –Sa io…- disse grattandosi la testa con estremo imbarazzo. Ci volle davvero poco prima che Hagrid realizzasse che dei tre amici grifondoro non avrebbe visto la presenza. Quando Matilda tentò di spiegare che erano davvero molto impegnati nelle altre materie che avrebbero permesso loro di conseguire i M.A.G.O. necessari per ottenere, una volta usciti da Hogwarts, il lavoro della loro vita (si spese in parole ampollose la serpe, che tentò di accantonare la collera per aiutare quei tre), Hagrid di tutta risposta fece un verso davvero tanto simile ad un grugnito e passò l’ora di lezione con il muso lungo. Furono inutili tutti i tentativi messi in campo da Matilda di rallegrare il morale di Hagrid rispondendo prontamente ad ogni domanda che il professore rivolgeva agli studenti e mostrando grande attenzione ed ammirazione per la materia.
Prima che lei potesse ritirarsi mestamente Hagrid la prese in disparte e cominciò a borbottare
-Lo so che ti impegni tanto sai, ti ringrazio per questo, però ero convinto che a loro gli piacesse di studiare con me-
Matilda avrebbe abbracciato la gamba del mezzogigante se avesse potuto, giusto la gamba che era l’unica parte del corpo raggiungibile con facilità dalle sue braccine, eppure si limitò ad elogiarlo, specificando che quando avrebbe terminato gli studi si sarebbe di certo fatta consigliare da lui. Lasciò Hagrid un po’ meno affranto di prima.
 
Nel tardo pomeriggio Matilda rintracciò i tre grifondoro che sembravano averla evitata per tutto il tempo
-Voi tre, con me, subito!- imperò lei con braccia conserte e marciò verso il chiostro seguita dagli amici sconfitti
-Vedete di darvi un gran da fare! Il povero Hagrid è davvero amareggiato, sapete?! Fate in modo di non rovinarmi l’unica lezione che ho davvero premura di seguire!-
Ron si accostò all’orecchio di Harry, come se Matilda non potesse sentire quello che stava dicendo –Altro che George, ha passato troppo tempo con la mamma, lo vedi quello sguardo?-
-Ronald!- lo rimbrottò –Sono proprio qui, davanti a te!- continuò furiosa e prese ad agitare le braccia in maniera sconclusionata, tanto che il più piccolo dei Weasley si mise sull’attenti e tentò di nascondere la testa nella divisa
-È stato un bel tiro mancino da parte vostra, sapete?! Non faceva altro che borbottare! E lo sapete a cosa assomigliano i borbottii di Hagrid?!-
-Emh, a cosa assomigliano?- chiese pianissimo Harry
-Ai lamenti di un Troll di montagna! Ecco a cosa! E lo sapete che effetto fanno su una così?!-
continuò agitata lei, indicando la sua modestissima statura. I tre negarono col capo, muti
-Ve lo dico io! È come se il sopracitato Troll rigurgitasse addosso a un Erkling!-
Ron ed Harry assunsero un’espressione basita, per cui Hermione, incapace di non mostrarsi sapientina nemmeno davanti alla furia di Matilda, sussurrò loro –è un animaletto di appena sessanta centimetri ma molto, molto cattivo. Uccidono gli infanti, sapete?-
-Esatto! E vi inviterei a riflettere: sono piccola, ma se un Troll di montagna mi vomita addosso divento una furia, per cui filate! Andate subito a scusarvi con Hagrid se non volete che mi trasformi in un Erkling!-
I tre non poterono che annuire e prima che si dileguassero Matilda tuonò ancora
-Hermione! Harry! Ci vediamo questa sera nello studio di Lumacorno!- Così si allontanò con passo felpato e pugni stretti.  I tre presero a guardarsi, così fu Harry a parlare –Ci conviene andare a parlare con Hagrid, e subito-
-Già, non ho proprio voglia di avere a che fare con un Erkling- rabbrividì Ron –Uccidono gli infanti, quelli!-
 
Nella sala comune di Serpeverde Theodor sfogliava al solito un libro con malavoglia, Daphne si sventolava con un ventaglio ricamato mentre ridacchiava davanti ad una lettera che aveva appena ricevuto da Lee, il quale la informava tra le altre cose che avrebbe fatto di tutto per avere la giornata libera il giorno della loro prima uscita ad Hogsmeade, Blaise giocava a scacchi con un ragazzo del quinto anno e Draco, cupo e pensieroso, se ne stava sul divano a leggere Il Profeta della Sera. Quando Matilda, meno furiosa ma ancora agitata fece il suo ingresso, vaghi cenni di saluto la accolsero, mentre Draco senza nemmeno guardarla le schiaffò in mano il quotidiano
-Guarda un po’- disse acidamente
La ragazza gli strappò di mano con furia il giornale e puntò il furente sguardo sull’articolo che il gemello le stava mostrando, riguardante la visita del Ministero alla Villa dei Malfoy a seguito di una soffiata
 
“…La seconda perquisizione della residenza del Mangiamorte non sembra aver sortito alcun risultato.
Arthur Weasley dell’Ufficio Intercettazione e Confisca di Incantesimi Difensivi e Oggetti Protettivi Contraffatti ha dichiarato che la sua squadra è intervenuta a seguito di una soffiata…”
 
-Avranno messo mano su tutte le mie cose, beh poco male- Matilda rimollò il giornale in mano al fratello di cui poté sentire con nitidezza lo stridio dei denti, così si avvicinò a Blaise davvero assorto da quella partita
-Blaise, quindi anche tu sei stato invitato dal professor Lumacorno alla cena di questa sera- disse ponendosi alle sue spalle con le mani congiunte dietro la schiena e gli occhi a vagare sulla scacchiera
-Già- rispose il bel serpeverde che teneva sotto scacco l’altro
-Allora andiamo insieme- proseguì lei
-Se ti va, ehi così non è divertente Rupert, mi stai facendo vincere con semplicità disarmante-
-Non mi dirai che Lumacorno ha chiesto anche a te di andare!- Draco, attratto dalla conversazione, si rivolse alla gemella che spostò i grandi occhi grigi su di lui
-Sai com’è, dopo le lezioni della cara prozia devo essere migliorata-
-Si, come no- sbuffò risentito Draco
-Scacco matto- disse l’annoiatissimo Zabini mentre la sua regina distruggeva il re dell’altro con un colpo secco.
-Volevi fare a cambio? Ti assicuro che la mia è stata un’esperienza tutt’altro che piacevole- rispose altrettanto acida a Draco, il quale d’improvviso perse l’espressione risentita ed il suo sguardo si fece cupo. Si aspettava una risposta da parte del fratello, risposta che non giunse ed il giovane Malfoy tornò a sfogliare il quotidiano con aria assorta.
Per quanto la permanenza di Matilda dalla vecchia Lucrezia Tiger fosse stata spiacevole, Draco non avrebbe mai voluto per la gemella l’estate che lui stesso aveva passato in compagnia di Mangiamorte e del Signore Oscuro in persona, ma quello evitò di dirlo.
-Matilda vieni un po’ qui-
La voce di Daphne richiamò l’attenzione di Matilda che soprassedette sullo strano atteggiamento del fratello e si avvicinò a lei con curiosità; la bionda Greengrass la tirò verso di sé e, di nascosto dagli altri mostrò all’amica una fotografia che ritraeva Daphne, Lee, Matilda e George a casa dei gemelli, dove l’altissimo Weasley scompigliava i capelli di Matilda mentre Lee tirava a sé Daphne con un gran sorriso
-Me l’ha mandata Jordan- bisbigliò Daphne tutta eccitata. A Matilda si scaldò il cuore in un attimo nel ricordare la piacevole serata che avevano passato insieme; fissò a lungo la risata che mostrava i denti candidi di George e, alleggerita, corse verso il dormitorio per prepararsi a quella che sarebbe stata una noiosissima cena nello studio di Horace Lumacorno.
 
Matilda, affiancata da Blaise, attraversava il lungo corridoio che l’avrebbe condotta nello studio del professore di pozioni. Ogni tanto lanciava qualche sguardo al ragazzo al suo fianco, non sapendo bene come approcciarlo: sapeva infatti che Astoria lo aveva lasciato e conosceva alla perfezione l’orgoglio di Blaise, che sicuramente lo aveva portato ad un forte risentimento nei confronti della più piccola delle Greengrass. Tra l’altro era certa che il ragazzo ne fosse rimasto scottato perché Astoria, nonostante di primo acchito potesse sembrare una persona senza spessore, era munita invece di un bel carattere, un cervello che funzionava alla perfezione ed un fascino tutto particolare. Cercò di parlare con lui del più e del meno, dato che da quando la loro pseudo relazione era finita non si era più ritrovata sola con il bel serpeverde e di certo, Matilda ne era perfettamente al corrente, non era lei la persona più adatta per parlare con quello di problemi di cuore, dato che la prima grande delusione era stata lei stessa a fornirgliela. Per questo si sentì sollevata quando arrivarono allo studio di Lumacorno e, senza esitare un attimo, Matilda precedette Blaise nell’ingresso
-Signor Zabini! Signorina Malfoy! Sono contento abbiate accolto il mio invito!-
L’uomo era circondato da altri studenti tra cui la sua amica Hermione, che vedendola agitò la mano in segno di saluto; di Harry invece nemmeno l’ombra.
Passarono la prima mezz’ora a bere qualcosa e a parlare del più e del meno e Matilda quasi subito abbandonò Zabini che, svogliato, rispondeva ad alcune domande di Lumacorno
-Abbiamo parlato con Hagrid, è tutto a posto- bisbigliò Hermione a Matilda
-Oh meno male, scusami Herm forse sono stata un po’ troppo concitata prima-
-Concitata?- sottolineò divertita la grifondoro –Per un momento ho temuto che esplodessi! Comunque avevi ragione, Hagrid è nostro amico e gli dovevamo delle spiegazioni-
-Ma Harry dov’è?-
-In punizione da Snape- sospirò Hermione
Le due furono interrotte dal professore che dette loro un colpetto sulle spalle
-Queste due eccezionali studentesse sono amiche dunque? Sono felice che l’appartenenza a due case diverse non limiti i legami fra studenti, del resto l’acume e le prodezze aumentano, quando menti brillanti si incontrano!-
Le due ragazze si beccarono una smorfia di Zabini e un’occhiata che voleva essere accattivante da McLaggen, studente di grifondoro arrogante e sciupafemmine. Matilda notò con estremo stupore che anche Elliott, il bel corvonero che aveva conosciuto ai Tirivispi, era stato invitato a quella cena e quando quegli occhi penetranti si scontrarono con quelli grigi di Matilda, il ragazzo si espose in un gran sorriso facendola diventare tutta rossa, per cui si avvicinò alle due
-Figurarsi se la studentessa migliore in pozioni non avrebbe preso parte a questa cena-
Hermione storse il naso con disappunto, anche se era difficile negare che Matilda non fosse davvero bravissima in pozioni. La giovane Malfoy si schiarì la voce per nascondere il tremolio d’imbarazzo causato da Elliott, che dopo aver sfregato i capelli neri con una mano si presentò ad Hermione, per poi tornare su Matilda
-Naturale, no? Ma dato che ci sei anche tu devo dedurre che Elliott…- -Johansson-la aiutò lui
-Ecco, Elliott Johansson non sia da meno- sorrise con aria sciocca infine. Fortuna che quel teatrino si ruppe con l’arrivo di Ginny, anche lei convocata a quella strana cena che vedeva protagonisti una decina scarsa di studenti, la quale dopo aver salutato il professor Lumacorno si avvicinò al trio –Ciao Herm, cognata- si rivolse prima all’una e poi l’altra, per poi guardare il ragazzo sfoderando un sorriso –E tu saresti?-
-Elliott Johansson, Ginny Weasley- disse imbarazzata Matilda che si sentiva addosso lo sguardo di Hermione; il ragazzo strinse la mano della gongolante Ginny e poi tornò a guardare la serpeverde
-Cognata eh? Non dirmi che sei già sposata, sarebbe una follia-
-Mavà- rispose Matilda scacciando l’aria con la mano –ma quale sposata e sposata, Ginny è la sorella di George, sai George, il mio ragazzo, l’hai conosciuto al negozio…-
-Certo che lo ricordo, il padrone dei Tirivispi no? Un po’ strano quel ragazzo- soppesò Elliott con sincero stupore
-Strano, fuori di testa, folgorato aggiungerei- disse allegra Ginny con naturalezza –Marca di famiglia!-
Per fortuna Horace Lumacorno richiamò gli studenti al tavolo ed iniziarono a mangiare; Matilda voleva affondare la faccia nel piatto, Hermione faceva correre lo sguardo da lei a McLaggen che continuava a lanciarle occhiate eloquenti, Ginny chiacchierava spensierata con Lumacorno e, fra l’imbarazzo, il pavoneggiarsi del professore ed i continui sguardi sospettosi fra i  presenti la cena del rinnovato Lumaclub giunse al termine.
Proprio mentre stava uscendo, Elliott si affiancò a lei –Allora c’è speranza di rivederci durante queste cene? Sai il professor Lumacorno mi sembra un po’ troppo…esuberante; almeno possiamo distrarci a vicenda, non trovi?-
-Già, se avrò tempo, sai da prefetto, poi il Quidditch…-
-Super impegnata questa Malfoy!- Elliott liberò una risata –Allora sono sicuro ci incontreremo in biblioteca. A presto Matilda!- disse infine prima di superarla con le mani in tasca ed accelerare il passo verso la torre dei corvonero. Matilda accennò un saluto con la mano, così si voltò verso le due che la stavano fissando; appena il ragazzo scomparve dalla loro visuale Ginny la affiancò
-Chi era quel fico da paura?!-
-Solo…solo uno studente del settimo anno, l’ho conosciuto quest’estate mentre lavoravo al negozio- rispose lei facendosi tutta rossa
Ginny inarcò un sopracciglio e cinse le spalle di Matilda con un braccio –Che c’è, devo avvisare il mio fratellino che qualcosa bolle nel calderone?- il tono di Ginny non era realmente minaccioso, più che altro ammiccante e canzonatorio
-Che c’è, ora non si può parlare con qualcuno? E poi è stato lui ad avvicinarsi a me e…- ma Ginny scoppiò a ridere e la spintonò con allegria
-Sto scherzando Malfoy! Certo che non c’è nulla di male!-
Le grifondoro cominciarono a prendere in giro l’amica fin quando le loro strade non si divisero. Matilda si ritrovò a pensare a quel corvonero e a George, così sorrise fra sé: ai suoi occhi non c’era Elliott che tenesse il confronto, vicino a quel folgorato, fuori di testa e splendente George Weasley; ben altro ci sarebbe voluto per toglierselo dalla testa.
 
Draco uscì frastornato dalla biblioteca, tutto quel pensare stava incominciando a pesargli; aveva la soluzione a portata di mano, poteva adempiere a quello che gli era stato ordinato con un gesto semplice, con cui non avrebbe dovuto sporcarsi direttamente le mani, eppure la coscienza iniziava a farsi sentire. Attraversò il corridoio con passo celere, imboccò le scale che stavano per spostarsi ed iniziò a scenderle con aria contrita. Non riusciva a mettere insieme i pensieri e aveva bisogno di distrazioni.
Appena scese l’ultimo gradino con la testa da tutt’altra parte si scontrò con una chioma di capelli di pece
-Fai attenzione…ehi Draco!- Astoria contrasse le sopracciglia alla vista del ragazzo che aveva proprio l’aria di essere su un altro pianeta, a maggior ragione lo stupore aumentò quando quello le rispose con un flebile scusa: Draco Malfoy si stava scusando per qualcosa? Come era possibile?
-Emh, dove stai andando?- chiese accorta lei
-Io…solo in sala comune credo, si penso di si- concluse mentre si guardava intorno.
-Vuoi fare una passeggiata? Ho finito i compiti per oggi, se ti va possiamo fare due passi-
Draco ci pensò su, infine lo sguardo tornò con sicurezza ritrovata ad incastonarsi in quello di Astoria, così alzò appena le spalle –Come vuoi-
 
Harry era distrutto: essere capitano della squadra di Quidditch aveva comportato non poche responsabilità, dato che aveva dovuto rimettere in piedi una squadra a cui mancavano molti pezzi, visto che la maggior parte dei giocatori si erano diplomati, o comunque avevano lasciato la scuola come nel caso di Fred e George; infatti Harry aveva dovuto rimpiazzare due battitori, due cercatori ed il portiere, ruolo quest’ultimo conquistato dal suo amico Ron, che aveva superato Cormac McLaggen per il rotto della bacchetta. Invero Harry sospettava che ci fosse di mezzo lo zampino di un incantesimo confundus, ma per il momento era solo lieto che Ron ce l’avesse fatta, così come il pensiero di Ginny nel ruolo di cacciatrice lo aveva reso molto fiero della ragazza, che si mostrò davvero capace, sensazionale osò pensare sentendosi diventare rosso. Aveva passato il mese di Agosto a guardare la ragazza con occhi un tantino diversi e piano piano il prescelto dovette cominciare ad ammettere che Ginny non era solo la sorella più piccola di Ron, ma una persona fatta e finita, con carattere da vendere, molta grinta ed una chioma rossa fluente che profumava di fiori.
Ed un paio di occhi incredibilmente intensi.
E l’ironia tipica dei Weasley.
E una bocca che sembrava davvero morbida.
Proprio quando si spingeva a tanto il cervello cominciava ad andare in tilt ed Harry cominciava a non capirci più nulla; decise quindi di scacciare momentaneamente Ginny dalla testa e di pensare ad una preoccupazione ben maggiore dell’ira che Ron avrebbe riversato sul suo migliore amico, se lo avesse scoperto a fare pensieri non proprio innocenti sulla sorella. Infatti nonostante le rimostranze di Ron ed Hermione, Harry era convinto che Draco nascondesse qualcosa di molto grosso, ragion per cui aveva preso la decisione di prendere da parte Matilda, molto risentita dato che aveva un milione di cose da fare e pochissimo tempo, ed esporle le proprie perplessità.
-Giuro che ti ruberò solo dieci minuti- la convinse Harry, mentre conduceva la serpeverde in un’aula vuota per far si che potessero parlare in tranquillità.
 
Il campo da Quidditch era appena stato liberato, per cui Draco ed Astoria incrociarono la squadra di Tassorosso che tornava verso il castello dopo l’allenamento. Nemmeno una parola di scherno uscì dalle labbra di Draco e questo non fece che insospettire ancor più la più piccola delle Greengrass. Si fermarono su uno spalto e lì sedettero
-Draco, qualcosa non va, te lo si legge in faccia- Astoria parlò senza esitare, mentre le mani intrecciavano con distrazione i capelli lucidi in una treccia senza pretese. Il ragazzo portò una mano a massaggiare l’incipit del naso
-Sono solo stanco, nulla più-
-Già stanco? Siamo solo ad ottobre, abbiamo quasi l’intero anno scolastico da affrontare e tu sei già stanco?-
Era ovvio che Astoria non credesse a quella scusa che suonava di finto lontano un miglio. Con tutta l’intenzione di cambiare argomento, il giovane si espose in uno dei suoi ghigni migliori
-Senti un po’ invece, davvero hai lasciato Zabini via gufo un’ora prima di incontrarvi a Diagon Alley?-
-No che non è vero!- alzò la voce lei –Quell’idiota va in giro a dire queste assurdità?!-
-Ehi piano con le parole Greengrass, è pur sempre un mio amico-
-Il tuo amico è un farloccone!- continuò Astoria, molto arrabbiata –Dopo che ho tentato di parlarci una miriade di volte, alla fine gli ho dato appuntamento a Diagon Alley per vederci e potergli parlare di persona; lo sai lui cosa ha fatto? Non si è presentato! L’ho aspettato per tre ore davanti al Ghirigoro e lui non si è fatto vivo!-
Draco trattenne una risata, certo che era proprio difficile non scoppiare a ridere davanti a  quella situazione, specialmente dato che sapeva che Blaise andava sbandierando in giro che avrebbe lasciato lui la ragazza, se lei non si fosse comportata in maniera tanto ignobile decidendo di interrompere la loro relazione con quel gesto così meschino, da essere degno del peggiore dei grifondoro.
-Cosa c’è da sghignazzare?! Mi credi veramente capace di una cosa così orribile?!-
Come era bella però, Astoria, con quegli occhi così taglienti ed i capelli del colore della notte. Il ghigno di Draco mutò presto in un sorriso amaro nel vederla così risentita per una cosa che lui riteneva tanto sciocca: se quello fosse stato un gesto orribile, allora come si sarebbe definito ciò che avrebbe dovuto compiere il giovane Malfoy?
Di nefandezze Astoria non ne sapeva proprio nulla, lei che dimostrava di avere un cuore tanto puro.
-Credo che Blaise non l’abbia presa molto bene, comunque-
-Lo so! Eccome se lo so! Oggi mi si è presentata una ragazzina del quarto anno che ha cominciato ad investirmi con una serie di minacce e male parole che non starò qui a ripeterti, ti dirò solo che la cosa più tenera che è riuscita a dirmi è che ho spezzato il cuore al ragazzo più dolce di tutta Hogwarts e per questo mi sarei meritata di essere divorata dai serpenti; non l’ho trovata una cosa molto carina da dire- sbuffò infine.
A Draco non dispiaceva affatto per Blaise; l’amico non si meritava una ragazza come Astoria, davvero no.
Poi scosse il capo, ma cosa andava pensando? Astoria era una stronza, rigida e bacchettona.
Ed anche intelligente, tremendamente sexy ed affascinante, specialmente ora che aveva acquistato molti centimetri rendendo il suo fisico slanciato e sinuoso.
-Draco? Sei ancora qui?-
La fissò a lungo, prima di sorridere e scrollare il capo mentre tornava ad alzarsi
-Forza, torniamo dentro, comincia a fare freddo-
Astoria lo assecondò e lo seguì –Sicuro che sia tutto a posto comunque? Non pretendo che ti confidi con me, figurarsi se il rampollo di casa Malfoy arriverebbe mai a tanto. Però sai Draco-
Astoria si bloccò davanti al ragazzo proprio il momento prima di varcare la soglia di Hogwarts. Draco la guardò interdetto, così lei proseguì tutto d’un fiato –Sappi che se ti andasse di non parlare con me puoi farlo-
Ne era davvero certo, Draco, mentre i suoi occhi di ghiaccio vagavano sul bel viso della ragazza che gli si era posta davanti: non biasimava affatto Blaise per quella rottura, sicuro che l’amico se ne sarebbe fatto una ragione mentre lui poteva concedersi di indagare più a fondo nell’animo di Astoria Greengrass senza più il sentore di fastidiose vocine ammonitrici, ad appestargli la mente.
 
Dopo tanto esitare di Harry, incalzato da Matilda che non faceva altro che elencargli tutti gli impegni che stava trascurando per sentirlo balbettare, alla fine Harry le confidò i dubbi riguardanti Draco; il grifondoro fece molta attenzione a non fare parola con la ragazza, che nel sentirlo parlare del gemello si rabbuiò moltissimo, del sospetto che si era instillato in lui, ovvero che Draco fosse diventato a tutti gli effetti un Mangiamorte, eppure ragguagliò l’amica sulla possibilità che Draco si stesse comportando in maniera davvero strana, partendo con raccontarle cosa aveva sentito il primo settembre nella carrozza dove si trovava il fratello.
Matilda prese a camminare per la stanza con le braccia conserte dietro la schiena; anche lei aveva notato un comportamento davvero inusuale di Draco, non poteva negarlo, eppure che cosa poteva star macchinando di tanto strano?
-Matilda…ehi Matilda- Harry la riportò alla realtà, così lei dovette fermarsi
-Sappi che te lo sto dicendo per chiedere un tuo aiuto, d’altronde chi meglio di te potrebbe tenere sott’occhio tuo fratello? So che non è un momento particolarmente sereno per voi, ma sei pur sempre sua sorella, no? E poi sei una serpeverde, per cui non dovrebbe essere così tanto difficile aguzzare l’udito e la vista, sbaglio?-
Matilda fece qualche passo nella direzione di Harry, seduto su un banco, infine lo fissò con sguardo spiritato
-Sei sicuro di quello che dici Harry?-
Seppur con forte disagio, il ragazzo annuì
-Non stai dicendo tutto questo solo perché tra te e mio fratello non scorre buon sangue, giusto?-
-Non ti farei mai questo Matt, te lo assicuro; ma Hermione e Ron non vogliono darmi ascolto ed io non so davvero dove sbattere la testa-
Matilda lo fissò ancora ed infine fece un grande sospiro
-Va bene, cercherò di tenerlo sott’occhio. Sai anche io sono convinta che qualcosa non quadri; innanzi tutto l’assenteismo di quest’estate…non me la conta giusta-
Harry allungò una mano a stringere la spalla della ragazza
-Grazie davvero, so che per te deve essere difficile-
Matilda passò una mano sulla fronte e si sforzò di sorridere –Che lo sia è innegabile, ma a maggior ragione se c’è qualcosa sotto voglio capirlo prima che sia troppo tardi. Non voglio gettare la spugna con Draco; i miei genitori sai, loro possono anche andarsene al diavolo, ma Draco no, fin quando ci sarò io lui avrà sempre una speranza-
Harry guardò quella piccola strega dall’aria tanto seriosa ed istintivamente provò per lei un grande senso d’ammirazione. Come poteva evitare di paragonarla a Sirius? Quella determinazione, il coraggio, la lealtà verso coloro che amavano erano tutti elementi che accomunavano Matilda al suo padrino, al quale si ritrovò a pensare con desolazione. Sebbene senza comprenderne il motivo la serpeverde colse la malinconia infestare quei profondi occhi verdi, per cui scosse le spalle di Harry e gli rivolse un gran sorriso
-Andiamo Harry, ce la faremo. Non chiedermi come, ma in un modo o nell’altro usciremo da tutta questa storia vittoriosi, va bene?-
Harry ricambiò il sorriso e con la ragazza uscì dall’aula. Certo era difficile pensare che tutto sarebbe andato bene, dato che giusto qualche mese prima l’intero mondo magico aveva avuto finalmente la prova del ritorno di Lord Voldemort, lui aveva ascoltato l’infame profezia che lo rendeva protagonista di una triste tragedia, Sirius era morto per proteggerlo e la gente continuava a perire sotto il marchio nero (come la madre di Hannah Abbot, che non si era fatta più viva a seguito della tragica notizia), eppure doveva stringere i denti e contare sulle poche forze che aveva. Appena la strada con Matilda si divise Harry si scontrò con Draco ed Astoria Greengrass: i due ragazzi si scambiarono una brutale occhiata, prima di proseguire per la propria direzione.
 
 
Il negozio era finalmente tranquillo, visto che la maggior parte degli acquirenti si erano riversati ad Hogwarts. George stava compilando con aria svogliata l’inventario mentre Lee, appena uscito da un colloquio con un’importante testata giornalistica sportiva, era arrivato entusiasta ai Tirivispi e stava convincendo i gemelli a chiudere quanto prima per fare un po’ di baldoria; intanto che Fred mostrava ad un paio di clienti timorosi il reparto adibito alla difesa contro le arti oscure, Lee sedette sul bancone ed iniziò a parlare concitato con George
-Non ti dico che mi hanno preso Georgie, ma sono sicuro che sia andato bene! Quella strega mi guardava gongolante mentre sfogliava i miei articoli; appena mi ha fatto commentare una partita non ci ha visto più! Mi ha riempito di complimenti sai? Beh mi ha anche squadrato tutto il tempo, sospetto sia attratta da carne giovane, ma chissenefrega! Anche i suoi colleghi erano molto soddisfatti!-
-Grandioso! Sicuro dobbiamo festeggiare allora. Fammi solo finire questo stupido inventario, non sai quanto rimpiango che Matilda sia tornata ad Hogwarts- sospirò affranto –Non solo era bravissima con queste scartoffie, sembrava pure che le piacesse! L’ho sempre detto che è un po’ svitata eh, non capisco come possa piacere fare una cosa così…ma guarda tu, parli del diavolo!-
George e Lee volsero lo sguardo verso l’ampia vetrina del negozio, sulla quale Juno, la panciuta e scorbutica civetta di Matilda, stava beccando senza sosta. Quando Lee andò ad aprirle la porta quella planò sopra la spalla di George, che la carezzò meritandosi un paio di affilati colpi di becco sulla mano
-Aia! Stupido uccello non ti sono mancato per niente eh? Fammi un po’ vedere che abbiamo qui…-
George slegò la pergamena legata alla zampa di Juno che a  quel punto volò sulla testa di Lee ed iniziò a pigolare
-Penso abbia fame- disse il cronista che intanto sbirciava la lettera appena ricevuta da George, sul quale si allargò il sorriso mentre gli occhi correvano sulle righe della missiva così, senza scostare gli occhi da quella, si rivolse all’amico
-Ehi Lee, fra due settimane avremo il weekend impegnato-
Mentre tentava di scacciare Juno dalla sua testa, la quale aveva evidentemente scovato un bel posto comodo dove appollaiarsi, Lee guardò George con sguardo interrogativo; l’amico alzò gli occhi caldi e fissò Lee con sguardo malandrino
-Ci sarà la prima uscita ad Hogsmeade, la vuoi beccare o no, la bella Greengrass?-


Cari tutti, buona domenica a voi! Come state? Prosegue bene il vostro weekend? Spero per voi di si. Ci ho messo un po' ad aggiornare ma dovete perdonarmi, prima di tutto sto portanto avanti più storie contemporaneamente (è una follia, non fatelo mai. Per altro ho la disgrazia di avere, oltre Matilda, un personaggio in un'altra storia che si chiama Matt, ragion per cui ogni tanto vado in stato confusionale mentre scrivo e non capisco più a quale storia mi sto dedicando), inoltre l'ordinaria vita porta anche altri impegni, per cui eccomi qui solo ora. Allora che ne pensate? Lo so che il tono è ancora allegro e sommesso, ma come ben sapete stiamo per arrivare ad un tragico apice della saga ed io proprio non posso saltare in blocco il sesto anno solo per arrivare al punto cruciale della storia, ragion per cui spero quantomeno di farvi sorridere un po', intanto.
Come sempre attendo i vostri pareri ed intanto ringrazio ogni singola persona che legge la storia, che l'ha aggiunta fra le preferite, ricordate, seguite, che ha recensito con passione e che spero continuerà a farlo. "Le parole sono importanti!" come direbbe Nanni Moretti. Intanto vi mando un grande abbraccio. A prestissimo
D.

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Capitolo 24
*** Capitolo Extra - Speranza: Ode alla Vita ***


CAPITOLO EXTRA
Speranza: Ode alla Vita
 
Cammino per l’alta collina ricoperta dal profumato manto dei fiori di campo, che bel sole che c’è, oggi. Ogni raggio arriva alla mia pelle, sento scaldarsi il corpo ed il cuore.
Allargo il papillon intorno al colletto e slaccio, per necessità impellente, i primi due bottoni della camicia e poi tiro su le maniche, mentre ostinato continuo a salire su questa meravigliosa collina che bella così non l’ho vista mai, lo so.
Come so che sono scappato al caos di persone che mi circondavano, tutti a voler parlare con me, ma perché mai poi non riesco proprio a ricordarlo, ho solo bisogno di salire e scavallare, che sento come avessi un grande vuoto da colmare.
 Per cui più mi allontano più tutto quel gran vociare si dissipa per lasciare il posto a quello che riconosco come il suono del mare.
Ancora qualche passo, vedo il limite della collina, ci sono, finalmente sono in cima e mi perdo, sbalordito, a guardare lo spettacolo che si staglia davanti a me, con questo campo pieno di violette e margherite, con i più lontani papaveri che corrono ad unirsi al mare che se ne sta placido, lì infondo e borbotta solo un po’, ma brilla più che mai.
E nel rimirare questo spettacolo di incontestabile bellezza i miei occhi si scontrano con una nuvola di capelli chiari incastrata fra le violette e i fili d’erba.
Non lo so perché, eppure sento la commozione incastrarsi in gola, appena lei, sdraiata su quella discesa si accorge di me ed inclina il viso all’indietro così che quei grandi occhi chiari si scontrino con i miei.
E poi il suo sorriso che precede il gesto di una pallida mano; mi sta chiedendo di avvicinarsi a lei.
Mi manca qualche passo per essere al suo fianco, eccomi ci sono e Matilda si alza: il sole fa risplendere la sua pelle chiara ed il suo vestito di tulle, candido come i suoi capelli e ricamato di fili blu dello stesso colore del mare.
Come è bella.
Mi sento soffocare dalla felicità, ma ora tutt’insieme una paura mai provata prima mi assale.
È un matrimonio? O un funerale?
Matilda porta le mani su quella gonna di tulle che le arriva appena sotto le ginocchia, ha i piedi scalzi lei, chissà dove ha lasciato le scarpe.
 
-Sei qui! Ti stavo aspettando, ci hai messo così tanto-
 
Allunga la mano sinistra verso di me e lo vedo, quel bellissimo anello su cui è incastonata un’acquamarina che sta alla perfezione sul suo anulare.
Mi salgono le lacrime.
Si rabbuia, la mia Matilda
 
-Perché piangi?-
 
Arrivo a stringerle la mano ed i miei occhi lucidi ispezionano la mia mano sinistra, anche io ho un anello all’anulare, è semplice ma lo so, dannazione se lo so che in questo anello c’è tutta lei.
 
-Perché sei qui? Tutti gli altri, loro ci aspettano alla festa-
 
Sento le dita della sua mano intrecciarsi alle mie e ancora una volta lei mi regala uno dei suoi più bei sorrisi
 
-Ora è più importante stare qui, scendiamo giù-
 
Mi trascina lungo la collina, laddove gli altri fiori lasciano il posto ai papaveri, che sono rossissimi.
E proprio quando l’ultimo papavero segna il confine con l’acqua cristallina io mi arresto e le lascio la mano; quei piedi scalzi e candidi entrano nell’acqua senza esitare e Matilda ride, ride come mai l’ho sentita ridere in un’esplosione di pura felicità.
Ma io non sono sereno, quello stesso sentimento di paura che se n’era andato con il tocco gentile di lei ora è tornato a graffiarmi lo stomaco
 
-Ti prego, non andare!-
 
Non so perché lo dico, ma la mia voce tremante ha sovrastato lo sciabordio dolce e questo la ferma.
E si volta.
E mi guarda sorridendo ancora
 
-Lo sai George, vorrei tanto essere una sirena-
 
Ondeggia un po’ il corpo mentre mi parla.
Il mio Amore.
 
-Perché proprio una sirena? Se tu lo fossi, se tu fossi una sirena avresti una coda e non potresti respirare fuori dall’acqua. Saresti morta fuori dal mare-
 
-Ma il mare George, il mare è bellissimo e quaggiù i miei capelli fluttuerebbero in eterno, sarebbero morbidi come la seta appena tessuta ed il sale non mi brucerebbe gli occhi e poi le lacrime. Non piangerei più, quelle andrebbero via con l’acqua-
 
-Ma non saresti con me, perché proprio ora mi dici questo?-
 
Che male che mi fa. Sto qui e guardo ogni angolo di lei che mi emoziona, che mi fa vibrare il cuore. Senza di lei io non riesco a vivere, ma lei c’è e non capisco, cos’è che mi fa tanto male?
Sfilo le scarpe eleganti, tolgo le calze, rimango scalzo e voglio raggiungerla, ma quell’acqua mi fa tanta paura
 
-Non devi avere paura, guardami George, guarda, sono proprio qui!-
 
Ha ragione, la mia sposa.
Così prendo un grande respiro ed entro nell’acqua tiepida del mare placido.
 
-Sono morto?-
 
Mi sento come se lo fossi, ma lei torna a prendermi la mano, anzi le prende entrambe e se le porta al viso. Le bacia con gli occhi socchiusi ed io osservo estasiato quelle ciglia del colore del grano aggrappate alle palpebre
 
-Non lo sei, no-
 
torna a baciarmi le mani che hanno preso a tremare, ma solo un po’
 
-Tu? Sei morta tu? Per questo mi hai fatto quel discorso sulle sirene?-
 
Lo so, il mio tono è titubante ma io davvero, per quanto tutti dicano che sono coraggioso ora non riesco a sentirmi che un codardo.
Respira, annusa le mie dita e le sfrega poi sulla guancia, solo ora spalanca gli occhi e mi fissa con tanta intensità da farmi capire che sono vivo
 
-Sono qui, fossi anche morta non importerebbe, sono qui ed ho tutto quello che mi serve. Ho il mare, i papaveri e le tue mani. Ho i tuoi occhi ed i tuoi capelli fulvi e tanto basta-
 
-Non dirlo! Non dirlo nemmeno!-
 
Tiro via le mani, inorridito al sol pensiero di non averla più.
Immagino le mie giornate senza poterla sentire, così come la paura di non poter più toccare i suoi capelli tanto chiari e ricci, morbidi come fossero finti.
Penso al fatto che senza di lei, così testarda, sempre pronta a trovare per me le soluzioni che io non riesco a vedere, carica di voglia di vivere, alla costante ricerca della felicità, io non sarei in grado di fare.
Che sensazione spiacevole.
Che grande vuoto che mi crea pensarla sottoterra, anzi no, sommersa nel vortice perpetuo dell’acqua marina.
I suoi occhi chiari che la luce non vedranno più.
E le sue labbra impietose a non sostenere mai più un sorriso.
Ed in questo terribile attimo di cui solo l’idea della di lei morte ingiusta e raccapricciante mi fa sobbalzare i battiti, la mia splendida amica mi afferra il viso con quelle mani tanto piccole
 
-Per quanto ingiusta sia la nostra vita, l’amore che proviamo l’un per l’altro, che sia il nostro, o che sia quello di Fred, o dei nostri altri cari, quell’amore lì dovrà muovere per sempre i fili della nostra vita. Fidati di me se ti dico che nemmeno la morte ci strapperà all’altro-
 
-Ma io non potrei mai vivere con dignità senza di voi, io non ne sono capace. Mi sento così piccolo ed insignificante…siete voi a fare la mia differenza-
 
Come potrebbe essere diversamente?
Potrei mai sopravvivere senza il mio gemello?
E di questa mia bella compagna come posso fare a meno?
Sento il mio cuore a pezzi, ma lo sente anche lei, perché pone la mano proprio sopra di esso
 
-L’amore, tesoro mio, solo questo conta. Se sei pronto a ricordare questo sentimento riuscirai a continuare a vivere nonostante il distacco e l’assenza-
 
Che gran pena, tanto è il dolore che mi rendo conto solo ora che l’acqua ha raggiunto le spalle di Matilda ed i suoi capelli ora ondeggiano intorno a lei
 
-Ma che succede?!-
 
È bastato un battito di ciglia che ora è sommersa, ed io con lei.
Eppure non smetto di respirare.
E lei non smette di sorridere e si aggancia tenace al mio corpo.
Allora lo capisco davvero, che nonostante tutto, nonostante il mare e l’acqua salata, la morte e ed il dolore, questo mio forte amore non smetterà di esistere.
Pulsa dentro di me, lo sento vibrare.
Ed a quello mi aggrappo mentre stringo Matilda a me e le prometto che cercherò di non avere più paura.
 
Apro gli occhi mentre prendo un forte respiro, come fossi riemerso da una lunghissima apnea.
Il respiro ci mette un po’ a regolarizzarsi mentre la mia testa va a ricercare i dettagli di quel sogno da cui sono appena uscito.
Mi alzo di scatto, esco dalla mia stanza con l’urgenza di precipitarmi in quella di Fred. Spalanco la porta e lui è lì, uno dei miei più grandi amori, che si muove stranito nel letto
 
-George…-mugugna –che fai?-
 
Mi passo una mano sul viso e poi torno a fissare Fred, sollevato di vederlo muoversi, di saperlo vivo. Non dico nulla e piano richiudo la sua porta, faccio finta che nulla sia accaduto.
Il pensiero va ora a Matilda, eppure so che si è solo trattato di un sogno.
Il divano è pronto ad accogliermi mentre con gli occhi seguo la luce del sole che albeggia ed illumina ogni cosa, riportandomi davvero alla vita.
Inizialmente neanche mi accorgo di Fred, che esce dalla stanza ed inizia ad armeggiare con la bacchetta per preparare del caffè e poco dopo, quegli occhi quasi identici ai miei mi fissano
 
-Tutto bene George?-
 
Si capisce che è preoccupato, non devo avere una bella faccia
 
-Tutto bene Fred, solo un sogno, è stato solo un sogno-
 
Sospiro ed affondo ancor più nei morbidi cuscini, tornando poi a pensare a quelle strane immagini prodotte dalla mia mente.
La Matilda nel sogno, quella strana ed incantevole figura aveva ragione: anche se la morte mi dovesse separare da chi più amo, l’amore rimarrebbe intatto ed imperituro.
Ma questo non vuol dire che il distacco sarebbe sopportabile.
Cerco di non pensarci, per il momento mi tengo stretto alla vita e di quel che sarà, non me ne preoccupo.

 
 
Questo breve capitolo extra era necessario. Cercherò di tornare a scrivere questa storia come ho fatto finora: con tanta tanta passione.
 
Questo capitolo è per te, amica mia.
Tu che della scrittura facevi un’arte che di eguagliare non sono capace.
Tu che eri una sirena.
A te, ai tuoi bellissimi occhi chiari, ai tuoi capelli biondissimi, ricci e morbidi come la seta.
Che io non potrò più toccare. Amica mia.
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 

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Capitolo 25
*** Quel piccolo angolo felice ***


CAPITOLO XXIV
Quel piccolo angolo felice
 
Daphne si era svegliata all’alba con il trattamento di bellezza ancora sulla faccia. Si alzò dal letto e saltellò leggiadra verso il bagno; con i giusti incantesimi ricoprì il proprio corpo accuratamente deterso con degli aromi profumati, tolse la maschera di bellezza e tirò su i capelli in una coda ordinata e lucente, curò il trucco nel minimo dettaglio, passò lo smalto sulle unghie ben limate, indossò un paio di pantaloni aderenti e sopra di essi provò una lunga serie di maglie barra camicette barra golfini più o meno elaborati.
 
Quando Matilda aprì con fatica un occhio si ritrovò Daphne in piedi vicino al suo letto, che la fissava con le braccia incrociate
 
-Ancora dormi?! Fra un’ora abbiamo il permesso di uscire e tu ancora dormi?! Mettiti immediatamente in piedi! Devi prepararti subito!-
 
Matilda si alzò con fatica, arrancò verso il bagno accompagnata dall’amica che non si premurava affatto di mantenere un tono di voce nei limiti del sopportabile, si lavò i denti con le palpebre calate mentre la Greengrass ripeteva alla perfezione il programma stilato per la sua giornata, tentò di sistemare i capelli alla bell’e meglio con la bacchetta, mentre con la mano libera passava il mascara sulle ciglia combinando un bel pastrocchio; urlò contro Daphne mentre, ancora mezza nuda, tentava di reperire dei vestiti decenti, in quanto l’altra non la smetteva di blaterare, così l’urlo di Matilda svegliò le altre compagne di stanza che le inveirono contro.
Arrivati in sala comune cacciò via Daphne, gridando che avrebbe rinunciato alla colazione pur di non averla sotto gli occhi per almeno un quarto d’ora, così mentre la bionda Greengrass usciva stizzita e lamentosa dalla sala comune, Matilda bloccò Blaise che stava per raggiungere la sala grande
 
-Blaise, ehi Blaise! Dov’è Draco?-
 
Blaise sbadigliò coprendosi la bocca con la mano –Al dormitorio, dice che non si sente bene, perciò oggi non verrà ad Hogsmeade-
Matilda corrugò la fronte e seguì con distrazione Blaise uscire dalla sala comune assieme ad altri compagni di casa, tutti molto eccitati per la prima uscita ad Hogsmeade dell’anno e senza pensarci troppo si introdusse nel dormitorio maschile, dirigendosi infine nella stanza di Draco, dove trovò Vincent che stava infilando la maglia, mentre Theodor allacciava i bottoni della sua camicia
 
-Ma che ci fai qui? Tu non potresti…- Theodor tentò di bloccare Matilda, ma la ragazza non si preoccupò affatto di tutti gli altri e con passo felpato si diresse verso il letto del fratello, che era immerso sotto le coperte
 
-Ti senti male davvero?- affermò lei con le mani sui fianchi, mentre i ragazzi baccagliavano ancora
 
-Lasciami stare- mugugnò Draco da sotto la coperta. Matilda lo scoperchiò per metà provocando in Draco gran risentimento, poi sedette sul bordo del letto e fissò il volto contrariato del fratello che non aveva un aspetto peggiore del solito
 
-Sono preoccupata Draco, perdersi la prima uscita ad Hogsmeade non è di certo da te; cosa ti senti?- Premura e sospetto si mescolarono insieme nel mentre che gli occhi vagavano sul gemello in cerca di qualche segno che potesse dimostrare che qualcosa non andasse
 
-Ho…la nausea. E freddo. Poi…sono in punizione con la McGonagall- rispose lui accigliato mentre ritirava la coperta quasi fin sopra la testa, ma la mano della sorella lo bloccò –Vuoi che rimanga con te? Se stai davvero tanto male avrai bisogno di assistenza-
 
-Non ce n’è bisogno- insistette Draco lottando con quella per recuperare la coperta
 
-Magari non ora- continuò lei tirando la stoffa verso di sé
 
-Basta lascia perdere! Se peggiorerò andrò in infermeria ok?- concluse riuscendo finalmente ad ottenere la coperta con uno strattone ed infine si nascose nuovamente sotto di essa. Matilda rimase per un po’ a guardare quel mucchietto nascosto e tra uno sbuffo e l’altro pensò che la cosa non quadrasse affatto; quel viziato di Draco che rinunciava ad uscire da Hogwarts e preferiva rimanere tutto solo nel dormitorio? Si sarà cercato volontariamente la punizione con la McGonagall? Magari stava davvero molto male, magari era lei che non voleva vicino. Con accortezza poggiò la mano sopra la coperta e carezzò la sporgenza che indicava la spalla di Draco
 
-Stupido sciocco orgoglioso…- lo disse bonariamente, mentre la mano saliva a carezzare i capelli chiari che spuntavano sul cuscino e con un ultimo sospiro si alzò
 
-Tornerò questa sera per vedere come stai- dichiarò prima di lasciarlo solo.
 
Draco sentì gli occhi pizzicare sotto il tocco gentile della gemella che lo stava carezzando con premura, per questo non rispose quando lei se ne andò, per timore che il groppo che sentiva alla gola rivelasse il suo claudicante stato emotivo. Si concesse di piangere un po’ quando fu certo di essere rimasto davvero, completamente solo.
 
 
Un freddo pungente ed un’atmosfera davvero tetra accompagnò il cammino fino ad Hogsmeade. Daphne era agitatissima, non faceva altro che continuare ad assillare Matilda chiedendole come stessero i capelli ed il trucco, se sembrava ingrassata dal primo settembre o se notasse qualche brutto brufolo indesiderato sul suo volto. Matilda si chiese come sarebbe stato possibile coprirsi di brufoli all’improvviso, quando neanche un’ora prima Daphne si era attentamente ispezionata nello specchio per decretare, infine, di essere perfetta e bellissima. Ma poi perché mai fosse tanto agitata non riusciva a capirlo: anche lei era eccitata all’idea di rivedere George era ovvio, ma non era passato che un mese e mezzo dal loro ultimo incontro e non c’era di certo motivo di stare così tanto su di giri.
Certo, ora Daphne aveva instillato il germe del dubbio anche in lei, per cui si ritrovò improvvisamente in uno stato di panico e cominciò a chiedersi se si fosse resa sufficientemente presentabile per il suo ragazzo, o se quello nel frattempo non avesse trovato qualcun’altra a cui dedicare attenzioni; un passo dopo l’altro sentì la nausea avanzare mentre il vento gelido sferzava la faccia arrossando così le guance.
Si distrasse dai suoi cupi pensieri solo quando sentì Daphne cacciare un urlo tanto forte da farla sobbalzare, come tutti gli altri ragazzi che avevano finalmente superato i confini della scuola
 
-Eccola la splendente, terribile, incredibilmente sexy, Daphneeeee…Greengrass! Grifondoro, tremate al suo cospetto!-
 
Lee Jordan con un sorriso smagliante era davanti a loro a qualche metro di distanza, con un braccio spalancato mentre con l’altro tratteneva un microfono immaginario. Quanto era stata stupida Daphne a temere che il ragazzo potesse trovare in lei qualcosa che non andasse; era infatti evidente agli occhi della giovane Malfoy, mentre osservava la sua amica scagliarsi tra le braccia di Lee, che quello fosse totalmente accecato dalla ragazza. Rimase imbambolata davanti ai due, a guardare il loro abbraccio, quel tanto baciarsi, Daphne che toccava con premura i dreads di Lee e poi il suo viso. L’unica cosa che riuscì a distrarla fu un rumore di carta stropicciata provenire dalla sua sinistra: tenacemente attaccata ad una ciocca di capelli che il vento stava frustando con arroganza, un piccola volpe di carta finì poi fra le mani di Matilda che subito allargò il sorriso e prese a guardarsi intorno
 
Dieci passi a sinistra e diciassette a destra, poi nove passi e mezzo dritto davanti a te. Ora moltiplica per due che le tue gambe sono piccine! Chiudi gli occhi e fa una giravolta!
 
Questo era il messaggio che si era rivelato a Matilda quando l’origami si era scartato nella sua mano; trascurò nell’immediato la coppia di amici ancora intenti in effusioni e seguì le indicazioni
 
-Quindi venti passi, uno, due, tre…ecco ora 34 a destra…- Quando il diciannovesimo passo dritto davanti a sé fu compiuto portandola così davanti l’entrata principale di Mielandia, Matilda trattenne l’aria, chiuse gli occhi e fece una giravolta e prima che potesse riaprirli, quella bocca che conosceva bene era incollata alla sua. Il cuore prese a battere all’impazzata, gli occhi non volevano saperne di aprirsi, le labbra ridenti ricercavano quelle di George che intanto l’aveva tirata su facendola penzolare. Quando le palpebre si schiusero riconobbe quegli occhi nocciola, assottigliati dal sorriso, puntati nei suoi
 
-Ma che brava bimba, sai contare proprio bene allora- gli sussurrò sulla bocca. Si aggrappò al suo collo ed iniziò a cospargerlo di baci –Certo che ti sei proprio dato un gran da fare per prendermi in giro- disse prima di scoccargli l’ultimo bacio sulla punta del naso. Tutta quell’agitazione che aveva colto Daphne lei la stava provando in un colpo solo. La sua routine senza George, quella creata nelle mura di Hogwarts fatta di allenamenti estenuanti, di studio e di sorveglianza, aveva contribuito a creare una bolla sottile che il ragazzo ci mise un solo istante a far scoppiare.
Aveva ripetuto a se stessa che due mesi senza di lui non erano niente, che la forte Matilda Malfoy era avversa alla dipendenza, eppure il suo stomaco stava facendo mille capriole, il suo cuore sobbalzava e lo sguardo si era ben saldato al suo ragazzo.
Quando George la rimise a terra la pioggia ghiacciata aveva già iniziato a bagnarli, così il ragazzo cinse con premura le spalle di Matilda e con lei corse verso i Tre Manici di Scopa. Una volta dentro riuscirono ad accaparrarsi un tavolo, merito di Lee e Daphne che erano arrivati prima di loro. Lee cominciò a parlare con evidente entusiasmo di quanto la sua vita stesse prendendo la giusta piega mentre Daphne gli sistemava il maglione riprendendolo spesso, infatti secondo la ragazza sarebbe stato il momento giusto per rifarsi il guardaroba dato che stava per iniziare a lavorare.
Ma di tutti i loro discorsi George e Matilda non stavano capendo nulla, tanto erano ipnotizzati l’uno dall’altra.
Matilda passava la mano sui capelli umidi di George con gran premura, di contro George allungava la mano sotto il tavolo per carezzare la coscia della ragazza, catturato dal bisogno di sentirla presente da un lato e dalla voglia estrema di tirarle via i vestiti dall’altro.
Tra una cioccolata calda e l’altra Daphne raccontò le ultime novità della scuola, come l’arrivo del professor Lumacorno e le cene del Lumaclub a cui prendeva parte la sua amica secchiona, Lee invece tentava di strappare notizie interessanti sui nuovi giocatori di Quidditch a Matilda, ma nulla impedì alla ragazza di lanciarsi su George senza preavviso e dare vita ad un lungo bacio davvero poco casto e tanto eccessivo fu il suo slancio che i bicchieri sul tavolo traballarono pericolosamente
 
 -Prendetevi una stanza!- sghignazzò qualche studente dietro di loro, il solito gruppo di ragazzine svenevoli sospirava alla vista dei due e la coppia di amici davanti a loro li guardava basiti. Matilda si scollò dall’arrossato George solo quando sentì un colpetto sulla spalla, per cui si voltò risentita e pronta a gridare peste e corna contro il malcapitato di turno, colpevole di aver interrotto quel bacio mozzafiato, quando si accorse alzando lo sguardo che altro non si trattasse che di Tonks
 
-Oh!- si limitò a dire Matilda alzandosi di scatto e ponendosi davanti alla figura della triste cugina, i cui capelli ormai erano diventati di un brutto grigio topo molto compatto. Tonks si sforzò di sorridere davanti l’entusiasmo di Matilda che senza pensarci su le aveva avvinghiato la vita con le braccia
 
-Che bello vederti qui!-
 
Tonks le dette dei colpetti bonari sulle spalle e la nuca, poi con delicatezza la scostò da sé
 
-Ho pensato fossi in pericolo, non ti fa bene trattenere per tanto tempo il fiato- l’ironia delle parole fu attutita dal tono pacato e monocorde, cosa che fece scostare Matilda che la guardò accigliata. Ci aveva messo molto poco ad affezionarsi alla ritrovata cugina; i giorni alla tana e le lettere che si era scambiata con Tonks durante quei due mesi scarsi erano stati sufficienti a considerarla parte della sua nuova famiglia, quindi lo stato catatonico in cui era crollata Tonks l’aveva fatta preoccupare
 
-Come mai sei qui?- chiese Matilda che smuoveva con distrazione i capelli vaporosi. Tonks si guardò intorno e poi accennò un sorriso, prima di chinarsi ed accostarsi al suo orecchio
 
-Lavoro per l’Ordine, tengo sott’occhio Potter-
 
Matilda annuì dimostrando di aver afferrato –L’ho visto uscire da Hogwarts, ma poi sai- indicò con lo sguardo George che aveva preso a fare il buffone con Daphne
 
-Capisco, la tua meritata distrazione ti ha catturata, piccola. Beh ti lascio alle tue sessioni di apnea allora, mi raccomando fai la brava-
 
Matilda seguì con lo sguardo Tonks uscire dal locale e subito risedette accanto a George, ricominciando a divorarlo di baci, mai sazia.
 
 
Durante la mattinata erano arrivati ad assaltare i Tre Manici di Scopa una marea di studenti, tra cui Ron Hermione ed Harry infreddoliti e di cattivo umore, che rimasero con i ragazzi davvero poco, decidendo infine di tornarsene ad Hogwarts. Matilda invece non aveva alcuna intenzione di sprecare il poco tempo che aveva a disposizione con George, che avrebbe avuto occasione di rivedere solo durante la prossima uscita ad Hogsmeade; aveva deciso di afferrare il bello e spettinato Weasley per il collo del maglione e, per la barba di Merlino, lo avrebbe trascinato in un luogo qualsiasi, lontano da occhi indiscreti. Beh, peccato che il professor Lumacorno ebbe una prontezza incredibile e dopo aver fatto il suo ingresso al locale ed aver individuato un piccolo tavolino libero proprio affianco al loro, si rivolse a Matilda con calore e pretese la conoscenza di quei due giovanotti in compagnia delle serpeverde. Rimase stupito quando la piccola, tutta rossa in volto (un bel rosso acceso, che contrastava egregiamente con i capelli quasi bianchi) presentò George e Lee come ex grifondoro. Che gran risata che liberò sotto i suoi baffoni, Horace Lumacorno, conquistato in un batter d’occhio dalla simpatia e l’audacia di George, che aveva prontamente ordinato per il professore un bel bicchiere di acquavite.
Ebbene, Lee si era unito alle chiacchiere con l’amico ed il vecchio professore che nel giro di mezz’ora sembravano essere diventati grandi amici, davanti lo sguardo sgomento di Matilda e quello offeso di Daphne. Due bicchieri di acquavite dopo, Horace Lumacorno aveva fatto affari con George, il quale aveva promesso chissà quale sua diavoleria al corpulento professore, mentre quest’ultimo avrebbe fatto avere in qualche modo (secondo la morale ferrea di Matilda del tutto illegale) del guano di pipistrello transilvano al giovane e talentuoso George Weasley
 
-Una ragazza del tuo talento non poteva che accompagnarsi ad un giovane così!- era esploso euforico ed alticcio Lumacorno, che con George si scambiava grandi pacche sulle spalle. Matilda aveva cominciato a bere per pura disperazione. Non poteva credere che stesse accadendo una roba così, no davvero. Horace Lumacorno al loro tavolo, ubriaco e allegro, che si intratteneva ben volentieri con il suo ragazzo ed il suo migliore amico.
Una delle tante sconvenienti battute di George fu interrotta da un forte calcio sul suo stinco destro, tanto violento da farlo zittire all’istante e fargli salire le lacrime; quando si riprese incrociò lo sguardo gelido di Matilda seduta ormai davanti a lui in quanto spodestata dall’ingombrante presenza del professore di pozioni, accanto alla Greengrass pronta a ribaltare il tavolo alla prima occasione. Capì che era giunto il momento di farla finita
 
-Ebbene Horace ora dobbiamo proprio andare, ho una sorpresa per la mia graziosa Matilda che proprio non può aspettare-
 
Matilda storse la bocca in una smorfia
 
-Oh, voi giovani! Trasportati dalla morsa dell’amore, che invidia ragazzo mio, che invidia!-
 
Matilda arricciò il naso in un’espressione di puro e tangibile disgusto
 
-Come potrei mai resistere ad un visino del genere?- aggiunse George pizzicando una guancia di Matilda, che in un attimo si era infilata cappotto e sciarpa ed era rizzata in piedi posizionandosi accanto a quell’idiota del suo ragazzo
 
-Comprendo alla perfezione! Piuttosto caro ragazzo, sarei ben felice di rivederti presto, ho in programma una bella festa prima di Natale per i miei studenti migliori- Lumacorno ammiccò verso la faccia disgustata di Matilda (espressione che l’uomo parve non cogliere) prima di proseguire –e saranno liberi di invitare qualcuno, sarei ben felice se la nostra diligente Malfoy ti invitasse, ovviamente autorizzerei il tuo ingresso io stesso!-
 
Matilda sentì il raccapriccio distorcerle la faccia. Dopo quella lunga serie di stupidi convenevoli riuscirono finalmente a liberarsi di Lumacorno ed uscire di lì. Daphne trascinò via Lee senza nemmeno salutare gli altri due, per cui George e Matilda si incamminarono soli per una meta non precisata
 
-Horace? Hai davvero chiamato per nome il mio insegnante di pozioni?!-
 
-Un uomo simpatico lemonsoda, simpatico ed ammanicato, sono sicuro faremo degli ottimi affari insieme, Fred sarà felicissimo- Disse George che sbatteva le mani in preda all’eccitazione. Matilda strinse l’incipit del naso con le dita e sospirò. Decisa a cambiare discorso strattonò la manica di George
 
-Allora, questa sorpresa?-
 
-Quale sorpresa?- chiese lui, con aria ebete
 
-Hai detto a Lumacorno che avevi una sorpresa per me, scemo!-
 
-Oh, ma non era vero, ho solo detto la prima cosa che mi è venuta in mente per uscire dal locale. Avevo capito volessi andartene dato che mi hai quasi rotto una gamba con il tuo delicato piedino da principessina purosangue-
 
Lo avrebbe strangolato. Erano già le quattro del pomeriggio e avevano passato le ultime due ore al tavolo con quel pomposo egocentrico del suo professore di pozioni ed ora erano esposti al gelo portato dalla pioggia ghiacciata. Oh, se lo avrebbe ridotto in poltiglia a quell’imbecille di George Weasley!
Il ragazzo cominciò a sghignazzare in perfetta sintonia con gli spasmi di rabbia di Matilda, così dopo averle dato un paio di colpetti sulla spalla, scoppiò
 
-Quanto è semplice prenderti in giro, sei diventata il mio bersaglio preferito- e ridendo sguaiatamente allungò il passo lasciandola indietro
 
-Ehi! Ehi!- Matilda lo rincorse –Mi spieghi dove mi stai portando?! Stupido Weasley!-
 
Dopo tanto lamentarsi di Matilda e passi lunghi e ben distesi, George si arrestò davanti all’ingresso di una piccola costruzione con il canonico tetto di paglia tipico degli edifici di Hogsmeade, distante da High Street. George sfoderò la bacchetta, la agitò silenzioso e la porta si aprì all’istante; Matilda aggrappata come una bimba sperduta alla manica del cappotto del ragazzo, ne seguì i passi fino all’entrata della piccola casupola: un unico ambiente si mostrò loro, estremamente confortevole: un camino di travertino scuro scoppiettava di fuoco vivo ed illuminava il mobilio retrò, come l’ampio divano dall’aria comoda, un tavolino con una scacchiera, un piccolo angolo cottura ed un paio di sbilenche librerie cariche di libri. Matilda boccheggiò prima di riuscire a parlare
 
-Questa è la mia sorpresa?-
 
-Carina, vero?- disse George che una volta divincolato dalla salda presa della ragazza, si era affrettato a sfilare il cappotto umido di lei prima di provvedere a spogliarsi del proprio –Gli affari vanno bene Matt, molto bene. Per cui mi sono concesso questo piccolo lusso, ho pensato che sarebbe stato comodo avere un appoggio ad Hogsmeade dato che frequenti ancora Hogwarts…-
 
George sapeva essere carino e premuroso in una maniera indescrivibile. Matilda aveva sempre pensato di essere lei, fra i due, quella attenta, pragmatica, metodica e razionale, insomma quella sempre pronta a prevedere tutto e a risolvere i problemi. Per questo quando realizzò che George si era preso l’onere di affittare quel piccolo angolo felice solo per poterle stare accanto quando ne avessero avuto occasione, il suo cuore saltò un battito.
George sfregò i capelli bagnati e si guardò intorno con quell’aria imbarazzata che proprio non era da lui
 
-Allora ti piace? I libri sai, li ho presi in prestito alla tana, sono di quel parruccone di Percy. Ho pensato che se per caso non dovessi riuscire a raggiungerti in tempo qualche volta, magari vorresti fare qualcosa in mia assenza, tipo leggere-
 
-Tipo leggere?- lo scimmiottò lei, in realtà molto più imbarazzata del ragazzo, poi si avvicinò al camino a cui dette la schiena ed incrociò le braccia –George Weasley, vorresti dirmi che mi concedi di venire qui senza di te?-
 
George sgranò gli occhi e le braccia in un unico atto di reale sgomento –Ovvio, che ci dovrei fare sennò? Poi beh, io e Fred lo usiamo come punto strategico per gli affari che trattiamo qui ad Hogsmeade, però ecco…lo scopo iniziale è tutt’altro- Nel vedere il sopracciglio di lei inarcarsi moltissimo e la bocca rossa storcersi in un sorriso, George sbuffò –Eddai non farmelo dire, lo sai che sono una frana con queste cose qui!-
 
-Non vuoi ammettere che l’hai fatto per me?-
 
-Tuttalpiù per noi!-
 
-Insomma sarebbe il nostro nido d’amore- lo canzonò Matilda con le mani strette vicino al viso
 
-Ti prego non metterla così, corro a disdire il contratto- George si morse il labbro per trattenere il sorriso spontaneo
 
-George vieni qui- ordinò lei con tono imperante, così il ragazzo con le mani in tasca si avvicinò a lei. Si guardarono a lungo, così Matilda sussurrò –Vuoi farci le cosacce qui, di la verità-
 
-Anche, si- ammise senza remore lui alzando le spalle
 
Tentava di mantenere la calma, Matilda, eppure se qualcuno le avesse chiesto cosa fosse la felicità, lei non avrebbe esitato in quel momento ad urlare che di certo fosse quello che stava provando, ciò che il suo folle compagno aveva fatto per lei.
 
La felicità era racchiusa tutta lì, in quel piccolo angolo felice, che Matilda stava accettando di condividere con gioia con George. Erano giovani, giovanissimi, lei lo era. Eppure se le fosse stata concessa una scelta, avrebbe oltre ogni ragionevole dubbio deciso di condividere il resto della sua esistenza con lui proprio lì.
Alla fine era tutto molto chiaro: quanto risulta semplice e scontato affermare ciò che non si vuole, capire che cosa non si può fare? Eppure si perde di vista il punto quando si sta troppo a pensare su ciò che non vogliamo. Dove è finito il desiderio? Cos’è che invece si vuole? E lei lo sapeva mentre si aggrappava a George e lo tirava verso il basso per allacciarsi alla sua bocca, intanto che sfilava il proprio maglione e quello di lui, proprio mentre gli concedeva la possibilità di assaggiare ancora il suo collo e toccare la sua schiena: ciò che voleva, Matilda, era stare così, condividere l’esplosione di banale e serena felicità con la persona che amava.
 
George si appropriò di tutto quello che Matilda gli concesse. Non avrebbe mai e poi mai pensato che lei gli appartenesse, perché se una cosa amava sopra ad ogni altra di lei, era la sua forte indipendenza e la consapevolezza che la ragazza aveva dell’essere individuo, unico proprietario indiscusso del proprio essere. Ma quando si concedevano l’uno all’altra, un nodo saldo li legava e quel ritrovarsi diventava dunque evento raro e, per questo, speciale.
Divenivano famiglia senza necessità di dichiarazioni.
Si rispettavano moltissimo, nonostante le piccole incomprensioni ed i litigi turbolenti.
Si fidavano dell’altro ed erano consapevoli che, nonostante tutto, erano presenti l’una per l’altro.
Si sarebbe stancato di lei? La domanda passò fugacemente nella mente di George, mentre sovrastava Matilda e precipitava in quel corpo che le era mancato moltissimo e che, per tante notti, era stato immagine ed oggetto di desiderio indiscusso. Eppure quando lei con le guance rosse e la bocca lucida sorrise ansimante e puntò quegli enormi occhi grigi nei suoi, capì che non era domanda da porsi, quella.
Fintanto che continuava a sentire di amarla in quel modo, avrebbe trascurato ogni futile preoccupazione.
Che poi non glielo disse George, ma le sue mani, la sua bocca, ogni spontaneo gesto lo dichiararono e la luce fragile del fuoco fu unica testimone del loro tacito accordo, quello che non prendeva in considerazione i mai ed i no e che invece osannava la volontà ed i si.
 
Si.
Amo il desiderio d’essere con te
Amo il ritrovarti
Amo dover digerire la tua assenza
Amo la volontà incondizionata del cercarti ancora
 
 
Quando George riaccompagnò Matilda fino ai confini di Hogwarts si sentì più leggero. Era stata una bellissima giornata, passata con la ragazza che ormai da tempo lo aveva in qualche modo incastrato, facendo in modo che lui iniziasse a prendere tutta una serie di decisioni che dovevano, per forza di cose, prendere in discussione anche lei.
Ed anche se non l’avrebbe mai immaginato un anno prima, tutto quel cambiamento gli piaceva e lo faceva stare davvero bene. Tutto intorno a lui era dimostrazione di quello che stava per accadere all’intero mondo magico, dell’enorme frattura che, presto o tardi, si sarebbe creata: i negozi sbarrati, le persone scomparse, il marchio dei Mangiamorte che, con orribile presenza, appariva sempre più frequentemente nel cielo, le informazioni che riusciva a strappare a suo padre e all’Ordine.
Per tutti quei motivi George, mentre se ne tornava verso casa, confermò a se stesso che fosse il momento migliore, quello, per concedersi una giusta dose di felicità, che Matilda in primis riusciva a regalargli.
 
 
Ciò che era successo a Katie Bell, grifondoro, giocatrice di Quidditch, si era diffuso velocemente fra gli studenti. Pare che la ragazza fosse uscita dai Tre Manici di Scopa con un pacchetto fra le mani, dichiarando all’amica in sua compagnia che l’avrebbe dovuto consegnare a qualcuno ad Hogwarts. Beh, la ragazza ebbe la sfortuna di entrare a contatto con l’oggetto nascosto dalla carta, una collana d’opali. Da quel contatto uscì viva per miracolo, ma fu trasportata al San Mungo d’urgenza e delle sue condizioni non si sapeva nulla; pare comunque che avesse scampato la morte per miracolo.
Dopo aver ricevuto l’orribile notizia Matilda, come promesso, iniziò a cercare il fratello per accertarsi delle sue condizioni, mentre nel tragitto toccava con frequenza l’anello che Draco le aveva regalato per il suo quattordicesimo compleanno e che, da quel momento, era sempre rimasto incastrato nel dito medio della sua mano sinistra. Quell’opale incastonato fra due zaffiri dal medesimo taglio riluceva cupamente e per un attimo, solo per un attimo, Matilda collegò quel regalo alla collana maledetta che la povera Katie si era ritrovata fra le mani.
Entrò nel dormitorio maschile con noncuranza ancora una volta, proprio mentre Vincent Tiger stava sfilando i pantaloni umidi e Theodor infilava una maglia pulita
 
-Ehi ancora! Non puoi fare così!- si ribello Theodor Nott che Matilda ignorò, per poi avvicinarsi al letto dove il fratello era steso e tratteneva un libro in mano con aria assente
 
-Come ti senti?- disse lei sedendosi sul bordo del letto. Draco spostò gli occhi algidi sulla sorella, poi tornò a puntare l’attenzione sul libro
 
-Bene. Se qualcuno mai potrebbe stare bene dopo aver passato una giornata intera con quella vecchia dittatrice della McGonagall- sputò acidamente.
 
Matilda lanciò un’occhiata ai ragazzi che si erano affrettati a vestirsi e che continuavano ad inveirle contro, così tornò a guardare il fratello
 
-Hai saputo cosa è successo alla Bell?-
 
Per un momento Draco contrasse il viso e a Matilda parve di intravedere un’espressione di dolore, che subito si dissipò –Si l’ho saputo- rispose laconico lui.
 
-L’ho trovato spaventoso- disse lei tirando via il libro dalle mani di Draco, in modo che quello potesse dedicarle l’attenzione sufficiente. Il ragazzo incrociò le braccia e fissò la sorella con disapprovazione –Quella mezzosangue se l’è cercata, portare una roba simile dentro Hogwarts-
 
Matilda sgranò gli occhi –Draco! Come puoi dire una cosa simile?! È molto probabile sia stata costretta sotto maledizione Imperius!-
 
Il giovane Malfoy tentò di mettere fine al discorso –Senti sinceramente non mi importa niente di quello che è successo alla Bell, è viva no? Riusciranno a fare qualcosa per lei senza che noi tutti stiamo qui ad impicciarci di questa faccenda-
 
-Senti un po’- lo rimbeccò lei mentre tirava nuovamente via il libro che Draco stava tentando di recuperare –Da quando in qua sei diventato così cattivo? Qui non si parla di scaramucce tra case! Qualcuno ha tentato di usare una studentessa per portare all’interno di Hogwarts un manufatto mortale! Non sei preoccupato nemmeno un po’?! Poteva accadere a qualcuno di noi, poteva accadere a me!-
 
Draco si incupì, ma ancora una volta cambiò rapidamente espressione –Ma non è successo a te, ok?! Non sarebbe…insomma noi stiamo bene, tu stai bene e anche quella scema della Bell starà bene. E poi senti- si tirò su, sprimacciò il cuscino e ci poggiò la schiena contro –Alla fine quella roba non è arrivata dentro Hogwarts no?-
Matilda fissò il fratello con sospetto ed infine rinunciò ancora una volta a farlo ragionare. Sbuffando estrasse dalla giacca del cappotto un pacchetto di cioccorane che aveva comprato da Mielandia prima di rientrare ad Hogwarts
 
-Tieni idiota, le ho prese per te- e così lanciò il pacchetto a Draco per poi alzarsi dal letto.
Draco deglutì mentre rigirava la confezione fra le mani. Quella scema di sua sorella non la smetteva di essere premurosa con lui, nonostante le loro aspre divergenze; così sospirò e fece appena in tempo a trattenere un lembo del cappotto di Matilda prima che potesse andar via
 
-Resta ancora un po’, le mangiamo insieme, ti va?-
 
La ragazza si voltò a guardarlo, alzò gli occhi al cielo sorridendo appena e sfilò il cappotto, prima di sedersi ancora sul letto e sbocconcellare un paio di cioccorane con lui, alla faccia degli sbuffi di disapprovazione dei suoi compagni di stanza. Si fecero anche grasse risate i due fratelli, complici quei dolci che entrambi adoravano fin da bambini e che li catapultarono indietro nel tempo di parecchi anni, quando l’ombra di Lord Voldemort era ancora ben nascosta e loro non erano che dei bambini privi di preoccupazioni e doveri.
Per questo quando incontrò Harry il giorno dopo che la trascinò ancora una volta in un luogo discreto per riversare su di lei i suoi dubbi su Draco, Matilda di primo acchito rifiutò l’idea che suo fratello avesse potuto fare una cosa tanto orribile, come tentare di uccidere volontariamente qualcuno. Con estrema calma tentò anche di far ragionare Harry, facendogli notare che Draco non era ad Hogsmeade, di conseguenza come avrebbe potuto consegnare la collana a Katie Bell? Impossibile, se non con l’aiuto di un complice.
Poi si raggelò.
Cominciò a frugare nella testa per cercare il ricordo del giorno precedente: sicuramente si trovava ai Tre Manici di Scopa, quando la sfortunata grifondoro era uscita dal bagno con la collana stregata, ma era così presa da George (nello specifico dalla sua bocca) che proprio non riusciva a ricordare se avesse visto la ragazza o, in generale, qualche movimento sospetto. L’unica cosa che le venne in mente fu che ad un certo punto il suo sguardo finì in quello di Blaise Zabini.
Blaise che era rimasto solo per un po’ di tempo.
Che diavolo ci faceva Blaise da solo ai Tre Manici di Scopa?
Nonostante Harry le avesse chiesto con insistenza di tentare di ricordare qualcosa, quando l’immagine di Blaise, appoggiato ad una colonna del locale emerse nella sua mente, Matilda se lo tenne per sé. Blaise poteva stare lì per mille motivi e lei era talmente distratta che magari non aveva notato qualcuno in sua compagnia, per questo motivo prese la decisione di non dire nulla ad Harry, non voleva infatti alimentarne i dubbi, magari totalmente infondati.
 
Durante la lezione di erbologia la giovane Malfoy concentrò tutta la sua attenzione su Draco e Blaise, che procedevano a recuperare un baccello di Pugnacio con evidente scarsissima voglia.
Impossibile, disse fra sé schivando uno dei tralci simili a rovi della pianta che volevano colpirla, Draco non farebbe mai una cosa del genere, non arriverebbe a tanto.
Eppure un brutto presentimento si faceva strada in lei, nonostante cercasse di reprimerlo e di convincersi che di certo suo fratello aveva ancora un animo puro; magari nascosto, molto molto in profondità, ma da qualche parte c’era.
O almeno lo sperava.
 
 
N.B. Il Guano di pipistrello transilvano è un omaggio alla mia revisionista, nonché grande amica, so che lei apprezzerà.
 
Cari lettori.
Come ho accennato alla conclusione del capitolo extra, pubblicato non so nemmeno quando, non è un periodo felice. In realtà è triste, pesante e molto, molto difficile, ragion per cui scrivere è diventato faticoso, nonostante la voglia di distrarsi sia tanta. Non sono soddisfatta di questo capitolo, l’ho scritto, diversamente dal solito, in maniera sconnessa e scaglionata; comunque spero che in qualche modo io non stia tradendo le vostre aspettative. Magari ci metterò di più, magari come ho già detto sarà faticoso, ma potete stare sicuri che questa storia la porterò a termine, perché voglio per Matilda, George, Draco e tutti gli altri una conclusione (che non prevedo arriverà in fretta, ci vorranno almeno una decina di lunghi capitoli).
Io come al solito non posso esentarmi dal ringraziarvi, perché è vero che questo pezzetto della mia vita fa schifo, ma sapere che qualcuno legge quello che scrivo mi tira un pochino su di morale, ve lo assicuro.
E poi ringrazio A., che mi sta dietro nonostante ci troviamo quasi agli Antipodi.
 
Vi abbraccio con tutta la forza che ho.
 
D.
 

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Capitolo 26
*** Lo stesso bacio, lo stesso giorno, ma un anno dopo ***


Revisione: PygmyPuff
 
 
CAPITOLO XXV
Lo stesso bacio, lo stesso giorno, ma un anno dopo
 
Matilda se ne stava spalmata sul tavolo della sala grande, con la faccia immersa nelle braccia e la nuvola di capelli tutt’intorno a lei. Voleva sotterrarsi, deperire lentamente ed infine trovare la pace eterna, così che non avrebbe più dovuto affrontare la giornata successiva
 
-Che ti prende?- Astoria parlò dalla sua sinistra mentre si puliva la bocca con un tovagliolo
 
-Sono depressa- rispose la ragazza con un filo di voce e tono teatralmente rammaricato
 
-E perché mai saresti depressa?- Chiese Daphne alla sua destra, che sorseggiava la sua tisana depurativa di fine pasto
 
-Lasciatemi stare, domani sarà l’ultimo giorno della mia vita, sto tentando di non arrivarci affatto- mugugnò dalla fossa creata dalle sue braccia
 
-Domani ci sarà la prima partita del campionato, Serpeverde giocherà contro Schifondoro- la informò Blaise dall’altro lato del tavolo, ben attento a rivolgersi solo a Daphne; il ragazzo infatti era ormai fermamente deciso ad ignorare (almeno apparentemente) la presenza di Astoria, come se quella non fosse che un moscerino fastidioso, dopodiché roteò gli occhi e portò la mano sulla fronte in un gesto eclatante –Per Salazar, falla finita Matt-
 
-Come posso…- Matilda alzò di scatto la testa e prese a guardarsi intorno, passando lo sguardo da Astoria, a Blaise, a Daphne: i capelli schizzavano da tutte le parti e gli occhi sgranati sembravano molto infossati nel viso più pallido del solito –Goyle si è beccato un bolide in testa durante gli allenamenti, ora se ne sta in infermeria a chiacchierare come nulla fosse con il nonno. Peccato che quello sia morto dieci anni fa-
Daphne, che non aveva mai dato importanza al Quidditch se non quando il suo Lee ne faceva la cronaca, si riempì la bocca d’aria per non scoppiare a ridere; per questo sospirò rasserenata quando Matilda tornò a guardare Blaise, liberandola dall’impaccio di quello sguardo carico di follia –E Draco dice di stare male. MALE. Sta sempre male!- urlò disperata, attirando molti sguardi su di sé, tra cui quelli degli amici al tavolo di Grifondoro. Non poteva dire ad Harry e Ron che suo fratello ed il visionario Goyle erano fuori gioco, altrimenti si sarebbero caricati più del dovuto, per questo si affrettò ad abbassare di nuovo la voce
 
-Non è mai stato così tanto malato in vita sua, Blaise! Posso riempire l’intera Hogwarts delle quantità di volte che ha finto, di esserlo. Ma se è pronto a rinunciare a giocare la prima di campionato vuol dire che sta male davvero…oh, che disfatta!- Infine ricrollò fra le braccia.
Daphne la guardava scioccata, mentre Astoria le concesse qualche colpetto consolatorio sulla spalla –Suvvia Matilda, mangia qualcosa, non ti fa bene stare a digiuno visto che domani avrai un’importante partita da giocare, no?-
 
-Sto cercando di morire di fame, grazie-
 
Astoria carezzò la nuca chiara e sussurrò come avrebbe fatto una mamma premurosa
–Nemmeno un po’ di torta di zucca? Ti piace tanto, la torta di zucca-
 
Matilda scostò appena il capo e puntò un occhio chiaro nella direzione di Astoria
 
-Ecco, magari un pezzettino…- mugugnò infine.
 
Negli spogliatoi Matilda era l’unica serpeverde, in quanto sola donna in una squadra totalmente maschile. Si cambiò carica d’ansia, amareggiata, ben alla larga da Demelza Robins che le lanciava brutte occhiate e Ginny che, al contrario, si avvicinò a lei e tentò di strapparle informazioni utili
 
-Non sono nata ieri!- gridò Matilda mentre infilava la casacca –Non ti dirò nulla!-
 
-E dai cognatina!- Fece le fusa Ginny –come sei scontrosetta oggi!- la rossa le afferrò il collo con il braccio impedendole così di continuare a vestirsi
 
-Ginny…tu lo sai che io non sono per niente una strega paziente, vero?-
 
-Vero!-
 
-Quindi…se non mi togli subito il tuo braccio di dosso…- sibilò mentre tentava di allontanarla da sé –dirò a tua madre che ti ho passato le domande per il test di Storia della Magia!-
 
Subito Ginny la mollò –Perfida, non oseresti!-
 
-Certo che si, mettimi alla prova!-
 
Finalmente fuori dallo spogliatoio, le ragazze corsero in campo. Dagli spalti si sentivano distintamente i cori degli studenti, chi a favore di Serpeverde, chi di Grifondoro. La giovane Malfoy brandì la sua scopa e puntò il gelido sguardo in quello di Ron mentre Harry si scambiava la consueta stretta di mano con Urquhart, il terribile capitano della sua squadra: Il più piccolo dei Weasley, il Re, sembrava proprio rinvigorito, pieno di sé e fece una smorfia alla ragazza in fila davanti a lui
 
-Ti massacrerò- sibilò Matilda guardando l’amico con quello sguardo che avrebbe impaurito chiunque
 
-Staremo a vedere- disse allegro Ron, mentre madama Bumb urlò di mettersi in posizione. Nel giro di un minuto la partita ebbe inizio.
Matilda evitava i bolidi con agilità, del resto i nuovi battitori di Grifondoro valevano la metà di Fred e George; proprio su quest’ultimo si soffermò il pensiero, motivo per il quale si distrasse e si beccò un bolide in piena pancia, che rischiò di farla caracollare a terra. Imbestialita più che mai, Matilda recuperò la pluffa, coadiuvata dalla cronaca di quell’imbecille di Zacharias Smith che aveva preso il posto di Lee; nonostante lei e Smith si odiassero da ormai parecchio tempo, precisamente da quando quello l’aveva attaccata alla Testa di Porco, il ragazzo preferì prendersela con la squadra Grifondoro e si spinse persino ad elogiare le capacità della bionda e agguerrita Malfoy; beh le moine furono inutili perché ogni lancio in direzione degli anelli veniva parato con apparente facilità da Ron.
La partita fu un disastro completo. Ron parò ogni sacrosanto lancio e Matilda si beccò un paio di bolidi pesanti; quell’agonia finì quando Harry afferrò il boccino e dagli spalti il grido in favore di Grifondoro affossò definitivamente la squadra Serpeverde.
Strisciò via dal campo con la coda fra le gambe. Aveva fatto schifo, in realtà tutta la sua squadra aveva fatto schifo, compreso Blaise che continuava a tentare di giustificarsi asserendo di essere stato l’unico a giocare decentemente; si trattenne dal lanciargli contro una fattura orcovolante solo per non rischiare che quella le si rivoltasse contro, agitata e atterrita com’era. Ignorò chiunque le passasse vicino, si liberò da un abbraccio a tradimento di Ron e Ginny, che canzonandola la invitarono a festeggiare con loro la vittoria di Grifondoro e, rivolgendo ai due parole irripetibili, si allontanò per raggiungere i sotterranei.
Dopo una lunga doccia che fu utile a scaldare il corpo intirizzito dal freddo, Matilda decise di fare un salto a vedere come stesse Draco, eppure il suo dormitorio era vuoto e di Draco non v’era l’ombra.
 
Draco uscì dalla stanza delle necessità senza un briciolo di forze. Dopo quel primo, fallimentare tentativo che non aveva fatto altro che rischiare di fare fuori Katie Bell, Draco capì che non c’era altra soluzione che quella. Non avrebbe smesso di tentare, certo, ma intanto doveva occuparsi dell’armadio, di quel maledetto armadio di cui aveva il terrore. Quando ricevette la notizia che quella collana maledetta non era mai entrata ad Hogwarts, bensì era stata toccata dalla grifondoro (che per questo si trovava ancora ricoverata al San Mungo in condizioni affatto ottimali), il ragazzo sprofondò in una forte crisi. Si sentiva deluso da sé stesso, il senso di colpa lo aveva assalito e davanti a sé non vedeva ormai che una fitta nebbia che era quasi impossibile da dissipare.
Il primo incontro con Lord Voldemort era stato infelice. Il mago oscuro dal volto serpentino lo aveva designato come suo nuovo adepto solo per punire il padre e la sua inadempienza; l’aveva canzonato, il Signore Oscuro, aveva preso in giro lui, sua madre e tutta la sua famiglia. Quegli occhi di pietra lo avevano guardato con disgusto e Draco era certo sarebbe morto all’istante, se non fosse intervenuta Narcissa in suo soccorso. Certo, Draco da una parte si era sentito fiero di essere stato scelto da Lord Voldemort per rimpinguare le proprie file; era divenuto il più giovane Mangiamorte tra le file del Signore Oscuro, ma la fierezza si scontrò presto con l’enorme responsabilità. Per la prima  volta in tutta la sua vita, Draco si sentiva piccolo, fallibile e inadeguato e quella collana d’argento e opali era stata la prova tangibile della sua manchevolezza.
Certo non poteva demordere, perché se lo avesse fatto ci avrebbe rimesso non solo lui, bensì anche i suoi genitori, per non parlare di Matilda, la quale seppur scampata all’estate a Villa Malfoy, di conseguenza alla conoscenza con il Signore Oscuro, non avrebbe potuto sfuggire per sempre a Lord Voldemort.
Per questo, per la prima volta in vita sua, fu Draco a muovere dei passi per sé e la gemella, per questo doveva far sì che tutto filasse liscio e lui riuscisse ad accontentare il Signore Oscuro: se ci fosse riuscito, se Albus Silente fosse morto per sua mano, l’odio ed il rancore verso di lui e la sua famiglia sarebbero stati sostituiti dal rispetto e Matilda, nonostante stesse crescendo come una ribelle (e Draco lo sapeva bene, che il Signore Oscuro non tollerava le ribellioni), avrebbe avuto una piccola possibilità di salvezza, nel momento in cui si fosse presentata a lui.
Draco si sentiva addosso la responsabilità di proteggere non solo se stesso, bensì sopra ad ogni cosa doveva salvaguardare Matilda. Non c’era niente di più importante, no davvero.
Tornò in sala comune sfinito, senza un briciolo di forza, ma strabuzzò gli occhi chiari, quando vide la matassa cespugliosa di capelli biondi oltre la spalliera del divano, che presto si alzò in piedi e, fissandolo con occhi sottili, Matilda incrociò le braccia
 
-Ora devi proprio darmi delle spiegazioni- affermò infine.
 
 
Alla fine Draco era riuscito a farfugliare qualcosa di sensato per giustificarsi con la sorella. Aveva infatti affermato di essere stato davvero molto male, cosa che era anche credibile visto il pallore eccessivo e i grandi cerchi violacei che contornavano gli occhi, per cui era andato a farsi visitare da madama Chips, che gli aveva consigliato di prendere una boccata d’aria ben coperto, motivo per il quale Matilda non l’aveva trovato nel proprio dormitorio. La sorella finse di credere ad ogni parola, da un lato perché non voleva che a Draco venisse in mente che sospettasse di lui, dall’altro perché era sempre presente quella parte di lei che non accettava che il fratello potesse essere passato al vero lato oscuro.
Così i giorni passarono e Matilda approfittò dell’apparente stato cagionevole del fratello per stargli addosso, ma quello trovava sempre l’escamotage azzeccato per liberarsi dalla sua presenza. Certo, Matilda fu sufficientemente distratta da tutta una serie di responsabilità da prefetto che l’avvicinarsi del Natale aumentava in maniera esponenziale, come accertarsi che ogni angolo del castello fosse dignitosamente decorato; mentre agghindava il corrimano di una delle scale, il ricordo di lei e George ricoperti d’inchiostro da Pix arrivò all’improvviso, facendola sorridere come una bambina. Con la ghirlanda in mano pensò che George fosse bellissimo anche in quell’occasione, tutto sporco di quella sostanza appiccicosa. Ma le decorazioni natalizie non erano l’unica preoccupazione di Matilda: difatti la ragazza aveva saputo da Hermione, il giorno dopo quella partita di Quidditch da dimenticare, che Ron se la faceva con una ragazza grifondoro, tale Lavanda Brown. Hermione era scapigliata e sconvolta quando le aveva raccontato dell’accaduto e non ci fu bisogno di alcuna spiegazione, per capire il motivo di tanto dolore che l’amica sembrava provare, anche se Matilda si munì di tatto e non fece domande specifiche ad Hermione su ciò che provava, tanto era ovvio non ce ne fosse alcun bisogno.
Una volta agghindate le scale, Matilda passò quindi al piano superiore e passando davanti al bagno dove era solita trovarsi proprio con l’amica grifondoro, la giovane Malfoy arrestò il passo perché riconobbe un pianto sommesso. Quando entrò si rese conto che non era la solita Mirtilla Malcontenta a disperarsi, bensì proprio Hermione, i cui singhiozzi erano l’unico rumore proveniente dal bagno desolato
 
-Herm apri, sono io…- disse Matilda dopo aver bussato alla porta dietro la quale sentì provenire i singulti. Quando la porta si schiuse, Matilda riconobbe gli occhi di Hermione solo perché circondati dalla fratta cespugliosa di capelli: sottili fessure erano circondate da palpebre rosse e rigonfie, sintomo del fatto che quella dovesse stare lì a singhiozzare da un bel po’. Matilda si gettò sull’amica e le strinse forte la vita con le braccia, così che l’altra potesse gettare la testa nell’incavo tra il collo e la spalla, per singhiozzare ancora un po’
 
-Non…non perde o-occasione p-per prendermi in gi-giro!- ansimò la grifondoro fra le lacrime, mentre l’altra la stringeva forte –Perché…non gli b-basta fare qu-quello che fa tutto il g-giorno?-
 
Matilda scostò un po’ l’amica da sé e con gesto premuroso le scansò i capelli dal viso, tentando di consolare la proprietaria di quel visino tutto gonfio dal pianto
 
-Ora cerca di calmarti, se continui così ti prosciugherai- disse Matilda accennando un sorriso, mentre dentro di sé fremeva di rabbia nei confronti di quell’imbecille di Ronald che si stava proprio comportando in una maniera sconveniente –questi ragazzi sanno essere proprio…- represse le parole peggiori  con un morso sul labbro –dei cretini, ecco! Oh ma dovrebbe avere a che fare con me, tu sei troppo buona! Se mi dai il permesso sono pronta a scagliargli contro le migliori fatture che fanno parte del mio repertorio: ti assicuro che sono state testate tutte su Draco e non vedo l’ora di riutilizzarne qualcuna!-
 
Finalmente Hermione accennò una risata mentre asciugava gli occhi con la manica
 
-Grazie amica mia, ma non ne vale la pena, davvero…- concluse tirando su con il naso, così assieme alla serpeverde uscì dal bagno, scontrandosi con Harry
 
-Oh ciao Matt, Hermione hai lasciato metà delle tue cose in classe e…-
 
-Si lo so, grazie- Hermione si affrettò a recuperare le proprie cose da Harry e dopo averli salutati corse via. Matilda fece un gran sospiro mentre seguiva con gli occhi l’amica sgattaiolare via, così guardò Harry alla sua destra. Il ragazzo ricambiò lo sguardo e sospirò a sua volta, con rassegnazione.
 
 
-Sono invidiosa da morire!- sbuffò Daphne, che faceva piroettare davanti a sé collane e orecchini di forme e colori stravaganti
 
-Ma dai, domani iniziano le vacanze di Natale e sono certa che avrai tutto il tempo per vedere Jordan- Matilda guardava quattro vestiti sistemati con cura sul proprio letto e massaggiava il mento dimostrando di essere molto concentrata
 
-Perché non rimetti quello del ballo del Ceppo?- chiese con distrazione la bionda, ancora lì a giocherellare con i gingilli di Matilda
 
-Troppo importante, troppo ricercato- sbuffò la giovane Malfoy, che proprio non aveva preso in considerazione l’abito smeraldo che le aveva regalato la madre; optò infine per un abito senza maniche tagliato in vita dai riflessi dorati a scapito dei lamenti dell’amica che pretendeva osasse con un più sgargiante ciliegia
 
-Pff, almeno fammi pensare ai capelli- masticò risentita Daphne.
 
 
Hogwarts. Splendida e meravigliosa Hogwarts, madre accogliente, contenitore di mille avventure, sempre pronta a celare i peccati. George, con il suo permesso speciale, si era ritrovato a varcare la soglia della scuola nel suo impeccabile vestito elegante all’ultimo grido. Teneva le mani in tasca e bighellonava per i corridoi, con grandi occhi puntati nella sua direzione, a cui lui elargiva sorrisi ed occhiolini. Quando incontrò Ginny, preventivamente avvisata del suo arrivo, varcò con la sorella il confine determinato dal quadro della Signora Grassa, per accedere alla sala comune della sua ex casa. Inutile dire che si rese protagonista indiscusso quel tardo pomeriggio, circondato dai suoi vecchi compagni che avevano premura di passare con lui quel tempo che aveva a disposizione da perdere, deliziandosi delle attenzioni a lui dedicate. In un’altra occasione avrebbe immediatamente intercettato la piccola serpe, se la sarebbe caricata in spalla e avrebbe affrontato con lei un’intensa e peccaminosa sessione pomeridiana, ma visto che il giorno dopo sarebbero iniziate le vacanze di Natale e Matilda le avrebbe passate alla tana, George decise che poteva aspettare.
Tra una risata e l’altra spalmato su uno dei comodi divani in compagnia di Harry, Dean, Hermione e Neville, George si trattenne moltissimo per non scoppiare a ridere in faccia al fratello minore, quando quello si presentò con una tipetta avvinghiata al suo corpo. Quando Ron lo salutò con entusiasmo, Lavanda si staccò dal suo braccio e corse a presentarsi, con grande stupore di tutti e facendo storcere la faccia di Hermione in un’espressione di puro disgusto
 
-Non ci siamo mai presentati prima, anche se io so chi sei! Il mio Ron Ron parla così tanto di voi fratelli tutti matti- ridacchiò frivola lei. George aveva inarcato il sopracciglio talmente tanto che quasi sfiorava l’incipit della fronte, tanto era lo sgomento davanti l’entusiasmo della ragazza e non riuscì proprio a trattenersi dal guardare il fratello, di cui orecchie erano diventate di fuoco –Ron Ron? Delizioso…sono sicuro che Fred apprezzerà moltissimo il nomignolo-
Harry sghignazzò sotto i baffi mentre Hermione, appena i due si fecero vicini, scattò in piedi e marciò verso il dormitorio farfugliando qualcosa in merito al doversi preparare per l’appuntamento con McLaggen. Lavanda sedette composta accanto a George, sbatté più volte le ciglia e poi cominciò a fare domande a raffica al ragazzo, più o meno opportune, tra cui per quale motivo gli fosse venuto in mente di frequentare Matilda Malfoy, serpeverde e sorella di quell’idiota di Draco
 
-Devi essere davvero una persona eccentrica se ti piacciono tipe così!-
 
Ecco, Lavanda aveva decisamente esagerato. Il problema era stato che lei non si fosse minimamente resa conto della gaffe, aveva invece parlato con naturalezza, come se avesse commentato il colore della sua camicia. Ma non avrebbe dovuto parlare di Matilda come di un capo d’abbigliamento inusuale e questo tutti quelli intorno a loro l’avevano capito bene, perché Ron cominciò a balbettare delle scuse da parte della ragazza nonostante quella non capisse proprio che cosa avesse detto di tanto sbagliato. Ma George rise, rise come era solito fare lui
 
-Già, sono davvero una persona eccentrica ed imprevedibile, tanto che Ron Ron sa quanto mi piaccia fare cose imprevedibili, non è vero fratellino?-
 
Ron deglutì –Georgie…andiamo insomma…- Il più piccolo dei Weasley sapeva si sarebbe meritato un perfido scherzo da parte del fratello maggiore per colpa della lingua troppo lunga di Lavanda. Prima che la ragazza potesse aggiungere altro alla lista di cose sconvenienti da dire al fratello del proprio ragazzo, Ron la strattonò per il braccio e le chiese di appartarsi un po’
 
-Tranquilli, state pure- disse alzandosi George, che passò a lisciarsi i pantaloni e rinfilò la giaccia elegante –Tanto è giunta l’ora che io recuperi la mia dama, meglio non farla aspettare; sai Lavanda, Matilda è davvero malvagia quando ci si impegna, meglio non farsela nemica-
 
Ron realizzò che oltre ad un perfido scherzo di George si sarebbe anche beccato quantomeno una scenata in piena regola dalla giovane Malfoy, per questo assunse un’aria funerea ed affondò nel posto lasciato vuoto da George.
 
 
Quando George arrivò alle scale che conducevano ai sotterranei trovò Matilda ad attenderlo, braccia conserte ed un sorriso furbetto
 
-George Weasley, sono ben cinque minuti che aspetto-
 
Come faceva a stupirsi ancora nel rimirare la ragazza, George se lo chiese più volte mentre si avvicinava a Matilda, che sembrava brillare di luce intensa in quell’abito che arrivava a sfiorarle le ginocchia, i capelli tenuti a bada da un’acconciatura che scendeva morbida alla destra del viso e quegli occhi languidi che lo fissavano senza tremare nemmeno un po’. Giunto davanti la ragazza George calò un ginocchio a terra, portò una mano al cuore e l’altro braccio steso nella sua direzione
 
-Vestigia del mio cuore, cura del mio peccaminoso animo, colei che dissipa ogni mia più frustrante ossessione rendendola tangibile. Oh, mia bella Malfoy, spero che perdonerai codesto sgarbo che la mia più ferrea volontà avrebbe evitato, ma incontrai una fanciulla molto invadente che ha impedito di presentarmi a te, oh Venere scarmigliata, prima di questo momento-
 
Durante l’improvvisato poema Blaise apparve oltre le scale, guardò il ragazzo con puro disgusto e proseguì verso lo studio di Lumacorno scuotendo il capo; Matilda invece era rimasta impalata a fissare George come se quello gli stesse raccontando cosa Molly gli aveva preparato per pranzo, così mosse una manina per indicargli di alzarsi e quello eseguì
 
-Si si George, tutto fantastico, ora non indagherò sulla ragazza in questione perché non ho affatto voglia di affatturare nessuno, piuttosto pensi che sia il caso di salutarmi?-
 
-Impaziente ragazzina- sghignazzò George, che l’aveva già avvinghiata in un abbraccio e si era premurato di chinarsi per baciarla
 
-Adoro quando metti i tacchi, mi eviti di piegarmi a novanta gradi e non sai che gran giovamento ne trae la mia schiena-
 
Si scambiarono un paio delle solite battute, poi George porse il braccio alla ragazza ed assieme si avviarono verso la festa.
 
Lo studio di Lumacorno era stato sufficientemente ingrandito ed imbellettato per la festa, inoltre gremiva di gente, dagli studenti del Lumaclub a personaggi famosi del mondo magico; perfino un vampiro era presente alla festa, guardato con curiosità dai maghi, specialmente dalle studentesse di Hogwarts. Quando Lumacorno individuò George e Matilda si avvicinò con prontezza a loro, elargendo complimenti svenevoli ad una delle sue migliori studentesse, ma che in un attimo lasciò senza accompagnatore, perché prese George sotto braccio dichiarando di volerlo presentare a…Matilda non aveva capito bene chi. La ragazza sbuffò e prese a guardarsi intorno, in cerca di qualcuno con cui scambiare qualche parola, magari Hermione o Ginny, di cui però non vedeva l’ombra
 
-Eh emh, signorina Malfoy, non mi dirai che sei venuta qui tutta sola!- Quando Matilda riconobbe quella voce alle sue spalle, piroettò velocemente in direzione di Elliott, decisamente seducente vestito ed acconciato in quella maniera: il ragazzo portava un bel completo rigorosamente nero, che mostrava una camicia dai toni sanguini ed i capelli, neri e lucidi come la pece, erano appositamente disordinati –Se avessi saputo che saresti venuta sola non ci avrei pensato due volte ad invitarti- aggiunse il tenebroso corvonero. Matilda tentò di mantenere un contegno, nonostante le attenzioni dedicate dal ragazzo non le dispiacessero affatto
 
-Così mi lusinghi Jhoanson, comunque anche se non sembra non sono sola, solo che George è stato rapito immediatamente dal professor Lumacorno non appena siamo arrivati- cinguettò la ragazza, che prese a toccarsi l’acconciatura con movimenti lenti e ben calcolati –E invece tu sei solo? Nessuna ragazza ha ceduto alle tue avance?-
 
Il giovane ridacchiò –Avance è una parola che non suona troppo bene, sai? Comunque anche io ho invitato qualcuno alla festa, dovresti conoscerla dato che gioca a Quidditch…Demelza Robbins, presente?-
 
Matilda storse il naso d’istinto prima di rendersene conto, così si affrettò a mettere su uno dei suoi finti sorrisi –Beh, ti piacciono le giocatrici di Quidditch grifondoro quindi, tutti fissati con queste grifondoro, che avranno mai di speciale poi-
 
-Ma come, se non sbaglio il tuo ragazzo è un ex grifondoro, poi ti si vede spesso in giro con altri di quella casa. Non si sputa nel piatto in cui si mangia, lo sai?-
 
-Non si sputa…che?- Chiese sinceramente curiosa Matilda, così Elliott sorrise sfoderando quei denti impeccabilmente bianchi –è un detto babbano, sai i miei genitori sono babbani…non sai la sorpresa quando ho ricevuto la lettera per Hogwarts! Avevano cominciato a  sospettare che qualcosa non quadrasse quando a cinque anni il piatto con gli spaghetti che non volevo mangiare è volato miracolosamente in testa a mio padre, ti lascio immaginare lo stupore!-
 
Matilda non si era mai chiesta davvero cosa volesse dire nascere in una famiglia di babbani; era capitato, talvolta, che chiedesse qualcosa ad Hermione, ma non si era mai immedesimata: lei era abituata a vedere utilizzare la magia da quando avesse ricordo, era stata sempre servita dagli elfi domestici e da quando era molto piccola attendeva la lettera da Hogwarts. I suoi pensieri furono interrotti da un bussare sulle sue spalle, per cui salutò Hermione che aveva proprio un’aria agitata, a quel punto Elliott accennò un sorriso tirato, salutò Matilda e si allontanò
 
-Dove ti eri cacciata? Avete deciso di lasciarmi tutti sola questa sera?-
 
-Santo cielo Matt, non hai idea! Sto tentando di sfuggire alle grinfie di Cormac in ogni modo, dimmi…- abbassò il tono e chinò il capò –L’hai per caso visto da queste parti?-
 
Matilda roteò gli occhi a destra e sinistra, poi li sgranò d’un tratto –Emh…Hermione, temo stia parlando con George…si stanno avvicinando-
 
-Oh no!- esclamò l’amica e, ancora più ricurva, sgattaiolò via, lasciando la serpeverde a scrollare il capo mentre i due ragazzi, passo passo, si avvicinavano
 
-Maledetto Godric, George! Sono passati venti minuti!- poi lanciò un’occhiata all’altro –McLaggen- lo salutò con tono gelido e nasino all’insù. Il ragazzo rispose con una sorta di grugnito, al seguito del quale tentò di avere informazioni su che fine avesse fatto Hermione, così Matilda si fece sfuggire che l’amica fosse chiusa in bagno dato che non si sentiva affatto bene, colpa della sua vicinanza, probabilmente. Cormac McLaggen sembrò non afferrare affatto l’affilata battuta, così senza pensarci due volte uscì sul corridoio, alla ricerca del bagno più vicino.
 
-Non è vero che Hermione è al bagno, vero?- chiese George in un sussurro
 
-Ovviamente no, figurati se spedirei mai Hermione fra le braccia tentacolari di McLaggen, bleah- fece il verso di rigurgitare
 
-Sei proprio la mia degna compagna- George tentò di abbracciare Matilda con entusiasmo, ma la ragazza lo respinse e cominciò ad acutire il tono –Non ti azzardare! Non fai altro che lasciarmi sola! Ci metto un attimo a trovare un altro accompagnatore, lo sai George?!-
 
-Scusami Lemonsona, ho cercato di liberarmi di Horace il prima possibile, tieni guarda che ti ho portato- George poggiò un gomito sulla spalla di Matilda e le porse un bicchiere di acquaviola, che la ragazza afferrò facendo una smorfia. Comunque la serata passò leggera, in compagnia del suo adorato, anche se estremamente irritante, George (tra l’altro molto più a suo agio in quella situazione della stessa Matilda), di Harry che si era portato con sé la Lovegood (cosa che destabilizzò un gran numero di ragazzine svenevoli), di Hermione che appariva e scompariva con la maestria di un auror ben addestrato e di Ginny; eppure l’armonia e quella ventata di piacevole spensieratezza vennero bruscamente interrotte dall’arrivo di Gazza nello studio, che trascinava Draco per un orecchio con aria trionfante
 
-Oh, oh, il tuo caro fratello ha combinato qualcosa- fece George, mentre nascondeva un ghigno soddisfatto dietro un bicchiere di burrobirra. Matilda si voltò di scatto in direzione della voce di Gazza e dei lamenti di Draco, che scorse rosso in volto ed intento a liberarsi dalla salda presa dell’uomo
 
-Ehi, lascialo!- Matilda affrettò il passo e si avvicinò ai due, mentre Gazza si rivolgeva con sguardo ricco di cupidigia e sadico trionfo al professor Lumacorno
 
-Ho trovato questo ragazzo nascosto in un corridoio di sopra. Sostiene di essere stato invitato alla sua festa e di essere in ritardo. Lei lo ha invitato?-
 
Finalmente Draco riuscì a liberarsi e Matilda gli strinse subito un braccio con fare protettivo
 
-D’accordo, non sono stato invitato! Stavo cercando di imbucarmi, contento?!-
 
La ragazza sgranò gli occhi, sentì il viso divampare, merito dell’empatia che provava nei confronti dell’imbarazzato gemello
 
-No, per niente! Sei nei guai, oh si! Il preside non ha detto che andare in giro di sera è vietato se non si ha il permesso?- Gazza era sempre più eccitato e la sua mente semplice si riempì di estatiche immagini di torture corporali con cui avrebbe ben volentieri rimesso in riga il serpeverde
 
-Gli…gli ho detto io che poteva venire!- sbottò Matilda in difesa di Draco, così si affrettò a guardare il professor Lumacorno –Mi scusi professore, ho pensato che non ci sarebbe stato nulla di male e…-
 
-Piantala…- sussurrò irato Draco, che si liberò dalla stretta di Matilda –non è vero professore, mia sorella sta solo cercando di difendermi- disse sistemandosi la camicia
 
-Va bene così Gazza, va bene così! È Natale, e non è un crimine voler andare a una festa. Solo per questa volta sospendiamo le punizioni: puoi restare, Draco-
 
Draco cominciò a spendersi in ringraziamenti ed elogi nei confronti di Lumacorno, mentre Gazza usciva risentito e borbottante dallo studio; Matilda attese che il professore si allontanasse, al quale subentrò George che tentava davvero di mantenere un’espressione neutra, anche se dentro di sé se la rideva, così scosse il braccio del fratello
 
-Ma sei scemo?! Se volevi venire alla festa bastava dirmelo, lo avrei chiesto a Lumacorno e di certo non ci sarebbero stati problemi! Farti trattare così da Gazza, incredibile…-
 
Draco, che aveva riacquistato un bel tono grigiognolo in viso, guardò con stizza prima la sorella, poi George che sorrise amabilmente
 
-Tutto bene cognato? Giornataccia eh?-
 
Matilda tirò una gomitata a George, che tossì e poi sghignazzò –scusami, impossibile resistere-
Draco di contro stava per esplodere di rabbia e tutto il disgusto che provava in quel momento era concentrato nell’incresparsi delle labbra e nelle sopracciglia, aggrottate verso gli occhi di ghiaccio. Proprio quando stava per sputare una lunga serie di insulti verso quello sporco Weasley traditore del proprio sangue, il professor Snape sbucò dal nulla, raggelando ancor più l’atmosfera
 
-Vorrei parlarti un momento, Draco- disse perentorio l’uomo
 
-Ma professore, il professor Lumacorno ha detto che non c’è problema, che Draco poteva restare…- tentò Matilda, ma il professor Snape la bloccò con un gesto rigido della mano
 
-Sono il direttore della vostra Casa, è mio dovere ragguagliare chi non rispetta le regole, Matilda- poi si rivolse al ragazzo –Seguimi, Draco-
 
Draco lanciò un’ultima occhiataccia a George che lo salutava con la mano ed un sorriso stampato in volto che racchiudeva tutta l’ilarità del momento, mentre Matilda osservava il professore ed il fratello uscire dallo studio. Trattenne un sospiro, così piroettò verso George e spalancò le braccia –La vuoi piantare di prenderlo in giro?! Vuoi farmi arrabbiare davvero oggi?!-
 
-Calmati Lemonsoda, non ti fa bene agitarti- George le carezzò amorevolmente la testa, al che Matilda si inalberò ancor più –Sei tu che mi fai agitare! Mi…mi…-
 
-Dai non perdere tempo a balbettare e vieni con me- George afferrò la mano di Matilda e la trascinò in un angolo dello studio, così le pose una mano su un fianco –Forza, balliamo-
Certo, era abituata ai comportamenti folli di George, non c’era dubbio, eppure boccheggiò davvero basita, Matilda, mentre il ragazzo aveva preso a guidarla nel ballo
 
-Si può sapere che cosa stai facendo?-
 
George sfoderò un bel sorriso mentre teneva gli occhi puntati in quelli della ragazza
-Andiamo Matilda, oggi è un giorno importante, vuoi davvero rovinartelo per proseguire con uno sciocco battibecco? Non ne vale la pena…-
 
L’espressione di Matilda era una copia eccellente di quella di cui aveva dato mostra Draco poco prima –Giorno importante? Ma che cavolo dici? George mi fai davvero preoccupare ogni tanto-
 
George scosse la testa sghignazzando –Ho capito, mi tocca darti una mano a…ricordare- così si distaccò dalla ragazza, estrasse la bacchetta e con un lieve movimento richiamò mantello e sciarpa, con cui iniziò a coprire Matilda; prima che la ragazza potesse replicare le strinse la mano e la trascinò fuori dallo studio
 
-George fermati! Gazza è in giro ed è già così arrabbiato…non posso girare per il castello così! Ma poi dove mi stai portando?!-
 
Il ragazzo non rispose, si limitò a sorridere e trascinare la ragazza con sé fino all’esterno della scuola, per arrivare in prossimità del campo di Quidditch: la neve scendeva morbida e, come un manto soffice, ricopriva l’erba donandole un colore più candido nonostante il buio della notte
 
-Si, bella pensata George, venire sotto la neve proprio il giorno prima dell’inizio delle vaca…-
 
Matilda si bloccò, perché in un attimo aveva realizzato che quello era davvero, un giorno importante per loro. Alzò la testa per guardare George, che si era posizionato davanti a lei e sorrideva proprio come quello stesso giorno di un anno prima
 
-Chi l’avrebbe mai detto bambina, eh?-
 
-George…-
 
-Si?-
 
-Un anno- aggiunse laconica
 
-Già- annuì lui
 
Come era possibile che George fosse sempre un passo avanti a lei? Era passato un anno preciso da quel loro primo bacio, un anno in cui erano successe una montagna di cose importanti, un anno passato a costruire la loro storia con non poca fatica per via di tutto quello che si era tenacemente frapposto fra loro. Eppure erano lì, a scambiarsi di getto lo stesso bacio, lo stesso giorno, ma un anno dopo.
Le labbra si incastrarono con foga e le mani andavano a ricercare i capelli e le guance arrossate dal freddo, mentre la neve si adagiava sulle loro teste. Si staccarono per guardarsi con l’intensità di due ragazzini intenti a scambiarsi effusioni per la prima volta, felici più che mai
 
-Sai George, è stato proprio un bel primo anno, questo qui- Borbottò lei che teneva stretta la mano di George mentre tornavano verso il castello
 
-Hai ragione, è stato un bel primo anno Lemonsoda-
 
-Ce ne saranno altri, vero?-
 
George le strinse ancor più la mano –Lo spero- soffiò nella sciarpa
 
-George!- Matilda si arrestò proprio poco prima di varcare la soglia d’ingresso, così gli strattonò forte la mano –Dimmi che ce ne saranno altri!- gridò con rabbia
 
Gli occhi grigi guizzavano dall’uno all’altro dei più caldi di George, stupito dalla reazione tanto eccessiva; ma poi nel vederla così agitata, il ragazzo si rese conto che nonostante Matilda volesse sempre mostrarsi forte e risoluta, di tanto in tanto aveva bisogno di essere rassicurata, fosse anche con parole scontate. Così la tirò verso di sé e si chinò per raggiungere il suo livello
 
-Altri cento almeno, poi se rimediamo un po’ di elisir della vita, direi molti di più-
 
Matilda annuì con sguardo serio, nonostante la scontata volontà di sdrammatizzare di George
 
-Promettimelo, promettimi che ci saranno un sacco di anni bellissimi!-
 
-Te lo prometto- concluse lui prima di fermare l’ennesimo sproloquio di Matilda con un bacio.
 
Si erano salutati davanti l’ingresso dei sotterranei, promettendosi di rivedersi l’indomani, quando Matilda avrebbe raggiunto la tana con Harry, Ron e Ginny. Quando fece il suo ingresso nella sala comune, Matilda sobbalzò nel trovare il fratello, pallido e stanco, seduto davanti al camino
 
-Nonostante quell’imbecille del tuo…ragazzo mi abbia fatto saltare i nervi…- Draco ruotò il capo dal fuoco scoppiettante, alla sorella –Ti ho aspettata per salutarti-
 
Matilda si avvicinò e sedette sul divano poco distante dal fratello, che tornò a guardare la fiamma viva –Immagino che non tornerai a casa nemmeno durante le vacanze di Natale-
Draco colse un segno di diniego del capo della sorella con la coda dell’occhio. Non aggiunse nulla, così come lei non tentò di fornire la più lontana spiegazione; l’unica cosa che riuscirono a fare fu allungare la mano e stringerla a quella dell’altro, senza guardarsi mai. Allacciarono le dita e rimasero per un po’ a guardare la fiamma ardere nel camino, come se quella racchiudesse tutto ciò che i due gemelli non riuscivano a confessarsi.
 
 
 
 
Lo so che ultimamente l’ho detto spesso, ma davvero, davvero davvero davvero, questa volta ho fatto a botte con il capitolo; ce le siamo dette di tutti i colori e date di santa ragione. Io l’ho odiato così tanto che ho rischiato di cestinarlo e non pensarci più, lui poi mi ha fatto le fusa e ha chiesto di fare pace, per cui questo che avete letto è il risultato di una battaglia in realtà mai realmente conclusa.
E non lo so, spero che vi sia piaciuto ugualmente, fatemi sapere cosa ne pensate. Vi abbraccio
D.

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Capitolo 27
*** Natale in famiglia ***


CAPITOLO XXVI
Natale in famiglia
 
La Tana era proprio il posto ideale dove passare le vacanze, perché per qualche assurdo motivo, quella casa tanto strana era sempre pregna di aria di festa. Matilda se ne stava in cucina decisa a pulire con celerità i cavolini che Molly aveva precedentemente lavato, con i capelli accroccati in uno chignon sbilenco ed un grembiule troppo lungo per lei. Sentiva lo sguardo di Harry e Ron su di sé e proprio a quest’ultimo erano indirizzate le fugaci occhiate gelide: da quando aveva saputo che la sua pseudo ragazza aveva parlato di lei in quel modo a dir poco sgarbato, il malumore nei confronti di quello che reputava ormai un buon amico, ma che stava al contempo facendo soffrire Hermione, si era fatto più incisivo e Ron, spaventato dalle occhiate della serpeverde, deglutiva rumorosamente ogni qualvolta lei lo fissava con quello che lui definiva nei sussurri lo sguardo alla Black
 
-Che cavolo vuoi Ronald?!- La ragazza puntò con vigore il coltello sul tagliere di legno e si affrettò a portare le mani ai fianchi, diventando in un attimo ancor più minacciosa
 
-Io?! Niente…io…però non potresti, che so…tentare di rilassarti un pochino? È quasi Natale miseriaccia!- in un impeto di estremo coraggio il ragazzo trovò la forza di rivolgersi alla piccola strega, compiendo a sua insaputa un grandissimo errore: Matilda sgranò gli occhi, diventò rossa tutto d’un botto e Ron si ritrovò in un istante a nascondersi dietro Harry, dando  vita ad una scenetta alquanto ridicola, visto che nonostante Harry avesse guadagnato molti centimetri durante l’ultimo anno, rimaneva comunque più basso del suo dinoccolato amico che tentò di farsi piccolo piccolo dietro le sue spalle
 
-Rilassarmi?! Rilassarmi?!- Matilda cominciò a girare intorno ad Harry nel tentativo di afferrare Ron e ad ogni passo di lei, il più giovane dei Weasley spostava con rapidità se stesso ed il povero amico, trattenuto per le spalle –Secondo te posso esserlo?! Tu lo saresti?! Hai sentito quello che ha detto Harry oppure sei diventato tutto sordo?! A che cavolo ti servono quelle stupide orecchie bordoux che ti ritrovi?!- Il tono di Matilda era tanto alto che si sentivano i vetri delle finestre vibrare
 
-Ti prego calmati!- gracchiò Ron –Non è colpa mia se Harry ha sentito quella discussione fra tuo fratello e…-
 
-Non ti azzardare a nominare mio fratello!- Matilda si lanciò contro Harry tentando di scavallarlo e quasi rischiarono di cadere come fragili pezzi di domino, così Harry tentò di respingere Matilda per evitare che lei e Ron iniziassero a darsele, mentre Ron con uno scatto stranamente agile evitò di cadere a terra
 
-Levati subito Harry Potter! Qualcuno deve pur dare una lezione a questo…questo…insensibile mago!-
 
-Ma…ma cosa ho detto?! Non l’ho nemmeno chiamato per nome!-
 
-Uh, aria di rissa!- La voce di Fred riecheggiò per la cucina, annunciando l’entrata dei gemelli
 
-Vuoi puntare qualcosa fratello?- Proseguì George
 
-Cinquanta galeoni che avrà la meglio Matilda- dissero in coro i gemelli, guardandosi poi con tanta delusione –E no, avrò pur il diritto di puntare io su di lei, è la mia ragazza in fondo- concluse George
 
-Ehi!- Esclamò risentito Ron e per colpa di quella distrazione Matilda era quasi riuscita ad agganciarsi ai suoi capelli –Ti prego George, fa qualcosa!- gridò terrorizzato Ron, mentre Harry era finalmente riuscito a defilarsi ed affiancarsi ai gemelli che intanto si gustavano la scena seduti sulle sedie, con i piedi abbandonati sul tavolo con incuria
 
-Tutta formazione, Ron Ron, ti farà bene fronteggiare una strega arrabbiata- disse serio Fred
 
-Ti prego George, nonostante sia molto divertente vorrei riuscire a passare questo Natale senza essere costretto a superare l’ennesimo lutto- sussurrò Harry tra lo scherzoso e l’avvilito, così George sghignazzò ed estrasse la bacchetta con aria annoiata
 
-Fai la brava Lemonsoda, se lasci stare Ron prometto di darti in anticipo il regalo che Charlie mi ha spedito per te-
 
Nel sentire nominare il secondogenito dei coniugi Weasley, Matilda si bloccò ad un solo centimetro da Ron, che si era rintanato in un angolo della cucina e si copriva la faccia con le braccia lunghe, così piroettò su se stessa ed una voce melodiosa e cinguettante sostituì quella stridula di poco prima –Davvero?! Oh! Si!- Matilda saltellò verso i tre: la tempesta era passata in un batter d’occhio, George sapeva come trattare la sua folle ed iraconda Matilda.
Ron abbassò la guardia con lentezza inesorabile, così rimbalzò lo sguardo da Fred ad Harry
 
-Neanche lo conosce e già stravede per lui, è folle!-
 
-C’è una parola d’ordine da usare con questo musetto…- George pinzò teneramente il naso di Matilda, che come un cucciolo mansueto si era accucciata sopra di lui -…draghi- concluse sorridendo, con la ragazza che aveva preso a sfregare il faccino contro la sua guancia.
 
 
Come promesso, Matilda aveva ricevuto il suo regalo, ovvero una piccola riproduzione di un Dorso Rugoso di Norvegia che di tanto in tanto tossicchiava vere fiamme e che la ragazza portava in giro con entusiasmo; per poco non rischiò di dare fuoco ai luminosi capelli di Fleur, che assieme a Bill erano tornati alla Tana per il Natale. La casa era sovraffollata, con Ginny Fleur e Matilda nella camera della prima, Bill collocato con i gemelli, Harry in quella di Ron e Remus ad occupare l’ultima stanza rimanente; Ginny fu entusiasta di non dover dividere la stanza solo con Fleur, anche se dello stesso parere non fu Matilda, che a quel punto non aveva alcuna possibilità di sgattaiolare via per intrufolarsi nel letto di George.
Comunque la mattina di Natale la serpeverde si svegliò molto presto e trovò ai piedi del suo letto una grande calza gonfia di regali; si alzò stando bene attenta a non svegliare le altre, afferrò la calza ed uscì dalla stanza.
 
Qualcosa rimbalzò più volte sulla punta del naso di George, che si svegliò mugugnando infastidito
 
-Mmmm…è presto…- bofonchiò prima di tirarsi la coperta sopra la testa e girarsi su un lato, ma a quel punto quel ditino fastidioso prese a punzecchiare la testa
 
-Dai alzati! È Natale! Voglio aprire i regali con te! Dai, dai, dai, dai- Tutta quella sfilza di dai venne accompagnata dal punzecchiamento assillante
 
-Daidai…George alzati e lasciatemi dormire…- si lamentò Fred con una voce tanto profonda che sembrava provenire dall’oltretomba, così Matilda colse al volo l’occasione e scoperchiò la coperta di George –Hai sentito tuo fratello? Non essere scortese! Forza!- dopodiché si alzò di scatto e trotterellò fuori dalla camera, lasciando George a lamentarsi ancora un po’.
 
 
George si trascinò fino alla cucina dove trovò la ragazza tutta presa dal preparare la colazione per entrambi, così una volta essersi appropriato di una tazza fumante di caffè accontentò Matilda e con lei svuotò la calza con i regali: entrambi avevano ricevuto da Molly un bel maglione fatto a mano e se George ci era abituato, la ragazza si commosse all’istante, mentre stringeva fra le mani quel morbido maglione di lana blu che infilò all’istante; Fred invece le aveva regalato uno shampoo che permetteva di tingere i capelli ogni volta di un colore diverso, da Harry e Ron un cappello nuovo, visto che lo sport preferito di George era quello di rubarglieli tutti, da Ginny ed Hermione una sciarpa dei Ballycastle  Bats (squadra di Quidditch tifata da Matilda) con allegata una foto del bellissimo e incredibile battitore Finbar Quigley  con tanto d’autografo e da Tonks, che conosceva bene la passione della cugina, due biglietti per andare a vedere la squadra giocare contro quegli inetti dei Montrose Magpies. Mentre Matilda, colma di energie come fosse pieno giorno, elogiava ogni regalo ricevuto mentre si riempiva la bocca di morbido ciambellone, George con gli occhi a mezz’asta tentava di riprendere lucidità tra un sorso di caffè e l’altro, ma lo sguardo insistente su di sé da parte della biondissima serpeverde lo preoccupava. Cercò di non farci troppo caso, socchiuse gli occhi ed inspirò il buonissimo aroma che saliva dalla tazza fumante, ma quanto li rischiuse si trovò la faccia di Matilda ad un centimetro dalla sua e quasi gridò
 
-Ma che…?!-
 
-Allora?!- chiese lei impaziente spingendosi verso George, costretto così a tirarsi indietro
 
-Allora cosa?!-
 
-Il mio regalo! Non vorresti ricevere il mio regalo?-
 
-Matilda, bambina…- sospirò estenuato da tutta quella foga –Io vorrei finire di fare colazione…-
 
La ragazza ignorò le volontà di George, per cui lo incitò a finire il caffè e poi lo trascinò fuori dalla cucina
 
-Stai qui e chiudi gli occhi- bisbigliò nel silenzio del salotto lei, prima di sparire e lasciare George sul divano ad augurarsi che la goffaggine di Matilda non svegliasse tutti gli abitanti della Tana; eppure nessun rumore giunse alle orecchie del ragazzo, nemmeno un vago scricchiolio provenire dalle scale, cosa che aumentò i suoi sospetti sulla natura del regalo. Quando però sentì il tocco delle dita esili di Matilda tamburellargli sulla fronte, George si azzardò ad aprire un solo occhio, notando con stupore che la ragazza aveva indossato il cappotto pesante, il cappello nuovo e uno sciarpone abbondante a coprirla fin sopra la bocca e che nel braccio libero teneva il mantello di George
 
-Mi stai regalando una passeggiata all’aria aperta?-
 
-Forza George metti questo, nevica molto e non abbiamo molto tempo da perdere, sono già passate le sette!-
 
Il ragazzo grattò la cute scombinando ancor più i capelli ribelli e lucidi –Già passate le sette? Senti un po’ Matt, non ti sembra un po’ eccessiva questa…fretta? Santo Godric, è Natale…- bisbigliò poi, tentando di non richiamare l’intera famiglia ad affrontare la follia che portava la sua ragazza a starsene lì a fremere, con quegli occhi grigi che così sgranati lo agitavano molto e quei graziosi piedini, che sbucavano appena dal lungo cappotto e saltellavano sul posto scalpitando, mentre le mani gli porgevano impazienti e smaniose il mantello.
Rinunciò a replicare nuovamente appena Matilda iniziò ad alzare la voce, per questo si affrettò ad indossare il mantello, incapace di negarsi ancora alle volontà di lei e, fra uno sbuffo e l’altro le chiese –Allora, si può sapere dove andiamo?-
 
-Ma è ovvio- quel tono spocchioso ed estremamente presuntuoso era proprio tipico di Matilda –Hogsmeade! Dove altro sennò?-
 
Inizialmente l’assonnato ed indispettito George parve non capire, ma appena strinse la mano della ragazza  mentre pronunciava con malavoglia la destinazione per smaterializzarsi, un sorriso malandrino gli alzò di molto gli angoli della bocca ancora arrossata dal sonno.
 
Matilda non gli dette il tempo di riflettere, si limitò a trascinarlo nella deliziosa casina ad Hogsmeade, arricchita dall’ultima presenza di lei con libri (si, George l’aveva presa sufficientemente in giro per aver portato altri libri lì dentro), ma anche con una bella foto del ragazzo in compagnia del gemello, di profilo uno di fronte l’altro, mentre liberavano una risata; inoltre anche una loro foto era apparsa appesa in un angolino, ritraente George che tratteneva un suo cappello in aria mentre la attirava a sé e Matilda, munita di sopracciglia aggrottate e un sorriso storto, tentava di recuperare il cappello.
Il fuoco scoppiettava già nel camino al loro arrivo, merito della complicità di Fred, immaginò George. A quel punto Matilda ordinò a George di sedersi sul divano, così gli si posizionò davanti ancora ben bardata.
Certo, era molto presto e lui avrebbe davvero voluto essere ancora sotto le coperte, eppure anche trovarsi in quel posticino con l’agitata Matilda, in fin dei conti, non era poi così male
 
-Pronto?- sussurrò lei mentre scuoteva i capelli voluminosi, svincolati dal cappello
 
-Sono nato pronto-
 
Eppure George, che tanto si divertiva con le parole, non era affatto pronto ad accogliere quel regalo: Matilda iniziò a slacciare i bottoni del cappotto con lentezza inesorabile e lui non poté fare a meno di deglutire sonoramente, quand’anche l’ultimo bottone fu liberato dall’asola. I begli occhi del cielo in tempesta si erano ostinatamente allacciati ai suoi ed un sorriso increspò le labbra morbide e gonfie, che in quel visino pallido risultavano non solo irresistibili, ma anche fonte di osceni pensieri che ingombravano la testa di George e che il ragazzo faticava (ed in realtà non aveva la benché minima intenzione) a scacciare via.
Lo stato di perenne agonia dovuto al distacco forzato dal corpo di Matilda, che nell’ultimo mese si era fatto sempre più pressante ed aveva costretto George a reprimere le sue voglie più bestiali, aveva trovato gioiosamente fine con quel cappotto che scivolò, languido, dal corpo di lei e che, come una folata di vento bollente che trascina via le nuvole cupe, aveva lasciato il posto ad una visione irrefrenabilmente eccitante: perché Matilda, quella ragazzina sempre capace di lasciarlo a bocca aperta, aveva pensato bene di indossare per lui, come atto di infinito amore, un assurdo completino dai colori rosso ed oro, richiamo inequivocabile alla casa alla quale George era appartenuto ad Hogwarts; il seno modesto era risaltato da ricami brillanti e le culottes, che l’infida serpe si era ben premurata di mostrare al ragazzo con una giravolta, le fasciavano i glutei candidi e, udite udite, erano munite di un delicato ornamento dello stemma Grifondoro sul lembo triangolare che divideva le cosce. George passò la mano sulla faccia coperta dalla costellazione di lentiggini, con l’altra tirò indietro i capelli ancora indomati; boccheggiava, stringeva gli occhi spasmodicamente e poi, lentamente, cominciò a sorridere con l’aria di chi ha appena scoperto di aver vinto una grossa somma di denaro. Beh, Matilda era molto più di una montagna di galeoni e George, che seguiva le linee di quel corpo che avrebbe volentieri divorato in un sol boccone (tanto era così piccola, lei, che era sicuro sarebbe riuscito nell’impresa senza sforzo), non avrebbe scambiato quel momento di pura estasi per tutto l’oro custodito con gelosia nella Gringott
 
-Georgie…- sussurrò con quel modo per cui George davvero stravedeva, con il suo fare da bimbetta sperduta nel bosco, esposta alle avversità di una selva ostile –Che c’è, non ti piace?- chiese con l’indice agganciato al labbro –non sai quanto mi sia sforzata di…indossare questa cosa…- si lamentò un po’, un lamento frivolo e quindi, tremendamente eccitante
 
-E no bambina, così non va affatto bene- un tono roco svicolò dalle labbra malandrine di George –Vuoi uccidermi? Perché mi pare ti ci sia messa proprio di impegno-
 
Ecco che allora Matilda batté incosciente le palpebre ed il corpo prese ad ondeggiare appena
-Lo sapevo…tutta questa fatica per niente-
 
Adorava quando sbuffava e stravedeva quando il suo fare rigido e puntiglioso si assentava in favore di quel modo dannatamente sexy di smuovere il corpicino esangue, così non resistette più, George: proprio quando Matilda, appena turbata dallo sguardo sconvolto e pensieroso di lui, stava chinandosi per raccogliere il cappotto, si affrettò ad afferrarle un polso e la tirò a sé con poco garbo
 
-Ragazzina impertinente, insozzare così il buon nome di Godric Grifondoro!- con quale libidine le pupille del ragazzo le segnavano il corpo, Matilda lo capì all’istante –Come hai osato, sciocchina…- continuò lui, perpetuando quel gioco a cui lei aveva dato inizio –e la mattina di Natale, per giunta…- aggiunse infine, nel mentre le abili dita avevano preso a stringerle il costato, dichiarando per lui che la stanchezza del risveglio si fosse ormai dissipata. Così, mentre George le tastava con ingordigia ogni lembo di pelle scoperta, Matilda passò con accortezza le dita fra i filamenti di fuoco che riverberavano ad ogni scoppiettio della fiamma alle sue spalle
 
-Potrei sbagliarmi, eppure mi sembra che ti piaccia come calzo i colori di voi stupidi ed orgogliosi grifondoro…- mugolò, perché mentre sussurrava l’affermazione di scontata vittoria, George aveva preso a mordicchiarle il seno ancora coperto –Georgie…-
 
Seppure i suoi familiari lo appellassero spesso con quel nomignolo, sentirlo pronunciare dalla voce acerba e vibrante di Matilda lo faceva uscire di senno –Dio, Lemonsoda…- roco e profondo l’ansito dalla sua bocca, bene incastrata sul reggiseno che i denti avevano premura di tirare via. Le mani scivolarono ad agganciarsi sui glutei fasciati dalle culottes e la bocca, rapida ed impaziente, percorreva la strada verso il ventre. Dovette inclinarsi, spostare Matilda in avanti, per potersi soffermare a schiudere dei baci sul ricamo dello stemma, facendo sussultare la ragazza e portandola a sussurrare ancora il suo nome storpiato, implorandolo di essere più generoso di così, il giorno di Natale.
E George si premurò di accogliere la profana preghiera: si spogliò dei vestiti di cui non aveva affatto bisogno e liberò lei dal reggiseno, di cui poi avrebbe fatto trofeo portandolo via con sé, e tornò a sedersi sul divano, trascinando la sua bella Matilda a sedersi sopra di lui.  Baci carichi e apprensivi furono concessi alle sue spalle, alla schiena fragile, mentre le mani lunghe ed affusolate stringevano quei seni minuti contenendoli interamente.
Matilda sobbalzava ad ogni tocco di labbra, ma aveva il disperato bisogno di sentire la bocca di George ovunque lui ritenesse necessario, così scostò i capelli ribelli su di un lato per far si che l’altro avesse a disposizione la sua schiena senza intralci. Così George le mordicchiò impaziente la spalla libera dai capelli, mentre la mano sinistra aveva lasciato il seno per scivolare con smania verso il basso ed inserirsi sotto quelle culottes che ancora la vestivano
 
-Ma che bel regalo, dovrebbe essere festa molto più spesso- le sussurrò nell’orecchio facendola rabbrividire ancor più delle sua dita che ricercavano l’oasi di piacere fra le gambe
 
-Buon Natale amore…- sibilò Matilda sfregando appena la guancia contro le labbra di George
 
-Può essere più buono di così- ghignò il ragazzo mentre le faceva scivolare via le culottes
-Molto, molto più buono…- dichiarò facendosi strada in lei, che non riuscì proprio a trattenere un gridolino di piacere, nel sentirlo spingersi dentro di sé con davvero poco riguardo. George le strinse i fianchi, le costellò il collo e la spalla di baci ardenti e morsi audaci, che di certo avrebbero lasciato il segno su quella pelle tanto chiara e delicata; Matilda sospirava, si agitava, ricercava la nuca di George per attaccarsi tenacemente a quei folti capelli fulvi che adorava, agganciava l’altra mano alla coscia tesa di lui e di tanto in tanto si confidava, sussurrando che si, lo amava davvero tanto il suo bel Weasley, che da un paio di anni l’aveva confusa a tal punto da farla ridurre in quello stato di bramosia perpetua.
 
 
Quando rientrarono alla Tana era ormai mattina inoltrata  ed in grande fermento erano ospiti e padroni di casa, intenti nei preparativi. Ma Matilda, impeccabilmente programmatica, si presentò a Molly con una grande e succulenta torta ordinata, a tempo debito, nella migliore pasticceria di Hogsmeade, così da non destare sospetti, nonostante Fred non perse l’occasione di punzecchiare la ragazza con battutine allusive a quella che era stata la mattina perfetta, di un Natale perfetto.
 
Tutto era andato bene, durante il pranzo: intorno alla tavola i ragazzi esibivano i regali ricevuti e Molly capeggiava con un bellissimo cappello da strega di un tenace blu tempestato da brillanti, regalo dei gemelli. Matilda invece aveva provato lo shampoo di Fred ed i capelli folti e scarmigliati si erano tinti di un celeste acceso che risaltava il colore degli occhi
 
-Sembri una fatina, Matildà!- cinguetto Fleur che si ostinava a trattare la ragazza come se quella fosse una bambolina da esposizione, ma la giovane Malfoy aveva cominciato ad apprezzare le moine della francese, che sapeva provare del sincero affetto nei suoi confronti
 
-Ora puoi imitare Tonks!- proseguì Ron, facendo rabbuiare un po’ la ragazza: la cugina aveva declinato l’invito per passare il Natale con i genitori. Matilda era stata invitata da Tonks in quanto sua madre, Andromeda Black, nel sentir parlare della nipote aveva espresso il desiderio di conoscerla, ma la ragazza non si era proprio sentita di lasciare l’accogliente dimora dei Weasley, così aveva deciso con Tonks che si sarebbe fatta portare da George a casa sua, per cenare assieme la sera stessa. Il pensiero di Matilda volò inevitabilmente alla propria famiglia. Immaginò una triste tavola alla quale avrebbe pesato l’assenza del padre, rinchiuso ancora ad Azkaban. Forse avrebbe dovuto chiedere a Narcissa di poter tornare almeno per il giorno di Natale a Villa Malfoy, sicura del fatto che la madre ed il fratello avrebbero avuto bisogno di lei. Tutto quel pensare venne interrotto da un evento assai stravagante
 
-Arthur!- esclamò Molly, che si era alzata di scatto dalla sedia e teneva gli occhi puntati alla finestra mentre una mano era salita a serrare il cuore –è Percy! È…è con il Ministro!-
 
Che gran trambusto che generò quella notizia; quando la porta sul retrò si aprì, gli sguardi dei presenti si rivolsero al ragazzo che, con tono rigido, dichiarò verso la signora Weasley che si era precipitata verso di lui –Buon Natale, madre-
 
-Oh, Percy!- Molly si gettò fra le braccia del figlio ed iniziò a singhiozzare di gioia; alle loro spalle il Ministro Scrimgeour sorrideva appoggiato al suo bastone. L’uomo si scusò per l’intrusione improvvisa; pare infatti che trovandosi nelle vicinanze per questioni di lavoro, Percy avesse insistito per andare a salutare la famiglia; eppure sembrava tutto molto strano, perché l’ex caposcuola non pareva proprio voler salutare nessun altro. Matilda roteò gli occhi chiari verso George seduto accanto a lei, che si era irrigidito ed aveva serrato le labbra come il suo gemello, così lei si premurò di stringergli la mano sotto il tavolo e George ricambiò, stritolandola con forza (cosa che costò a Matilda di trattenere un verso di dolore). Il Ministro respinse con estremo garbo l’invito di Molly ad entrare, asserendo che si sarebbero trattenuti molto poco, giusto il tempo di lasciare che Percy salutasse i suoi familiari, così fece scorrere gli occhi cupi sui ragazzi presenti e Matilda si trovò a sfregare le ginocchia con nervosismo, quando quello sguardo si soffermò qualche secondo più del necessario su di lei. L’aveva riconosciuta? Aveva capito essere la figlia di Lucius Malfoy? Poi si rilassò; difatti ricordò che la tinta dei capelli aveva mascherato il marchio della famiglia Malfoy, di conseguenza non avrebbe dovuto destare sospetti, quantomeno non in Rufus Scrimgeour. Quando il Ministro spostò infine lo sguardo su Harry, chiedendo a quel giovanotto di cui pareva non ricordare il nome, di accompagnarlo a mostrargli l’esterno della casa mentre Percy si ricongiungeva alla famiglia, un via vai di occhiate sospettose corsero dall’uno all’altro dei presenti.
In quel lasso di tempo molto breve Matilda si era premurata di starsene in silenzio e si era rintanata in un angolino della sala vicino a Remus, sentendosi davvero fuori posto in quel contesto; dal canto suo l’ex professore le concesse dei sorrisi rassicuranti e tentò di distrarre la strega, che di tanto in tanto rifilava sguardi preoccupati ai cinque fratelli, i quali non mancarono di mostrare il loro malumore a quel fratello che aveva, in qualche modo, rinnegato e colpito la famiglia.
Quando Percy lasciò la casa assieme al Ministro, che lo aveva richiamato con tono brusco nemmeno una mezz’ora più tardi, l’atmosfera si era fatta molto, molto tesa. Non una parola era uscita dalle bocche di nessuno, perché tutti stavano tentando di consolare la signora Weasley che non aveva smesso di singhiozzare.
 
-Senti George…- pigolò Matilda seduta a fianco dei gemelli, che avevano indossato un’espressione trista e funerea –se non te la senti di rimanere da Tonks sai…per me non c’è problema, posso inviarle un gufo e…-
 
-Non se ne parla- tagliò corto lui –quell’imbecille di Percy non ci rovinerà le feste, no davvero!-
 
-Avrei voluto fare molto di più che insozzargli quegli stupidi occhiali- borbottò Fred mentre si sfregava le mani; difatti Percy se ne era andato con le lenti impiastricciate di purè di pastinacia, anche se non si era ben capito di chi fosse il merito fra Ginny, Fred e George.
 
-Ma sei sicuro…- ritentò Matilda che, poco dopo la fuga di Percy, aveva tolto la tinta dai capelli ed aveva indossato il suo cappottino migliore, pronta a fare una gran bella figura a casa di Andromeda
 
-Quella è la tua famiglia Matt- George cercava di ritrovare il sorriso –Immagino debba essere difficile non stare con…tua madre e tuo fratello, almeno avrai l’occasione di stringere altri legami- concluse mentre con sguardo distratto controllava l’indirizzo di casa di Tonks sull’appunto che l’auror gli aveva lasciato. Così i due ragazzi salutarono il resto della famiglia ed infine si smaterializzarono fino all’ingresso della casa di Tonks.
 
La giovane auror accolse i ragazzi con gran giubilo. Quando aprì la porta della casetta in cui abitava con i genitori, Matilda le fu subito addosso e la ringrazio molte volte dell’invito
 
-I miei genitori sono così emozionati! Vedrai, sarà una bella serata! Forza George, entra anche tu!-
 
Attraversarono un breve corridoio che si aprì infine su un salotto molto illuminato, dove ad attenderli vi erano quelli che Matilda intuì essere i genitori di Tonks: Ted Tonks, un uomo dalla faccia molto simpatica, si alzò subito dalla poltrona su cui era seduto e con le braccia tese si espose in un gran sorriso –Finalmente siete arrivati! Mi state offrendo un’altra buona occasione per riempirmi ancora lo stomaco con una bella cena!-
Matilda e George si scambiarono un’occhiata e sorrisero davanti l’entusiasmo dell’uomo
 
-Papà, mamma, lui è George, il figlio di Arthur e Molly, mentre lei…- disse stringendo la spalla della cugina con un braccio –è Matilda-
 
La figura di Andromeda bucò lo stomaco di Matilda: la donna le ricordò terribilmente la zia più grande, anche se di quella non aveva visto che foto o ritratti; eppure Andromeda Black, che aveva lunghi capelli color cioccolato, ma che scendevano morbidi e meno scompigliati di quelli di Bellatrix (e di Matilda stessa) aveva lo sguardo gentile che le riservava sempre Narcissa. Tossicchiò mentre faceva qualche passo nella direzione dei due e, dopo essersi presentata a Ted che le aveva stretto la mano con gran vigore, rivolse impaziente lo sguardo alla zia –Signora Tonks…è…è un piacere essere qui- balbettò
 
-Sei così simile a tuo padre- Sentenziò la donna, mentre la ispezionava per bene
 
-Emh, e…questo è un…male, suppongo- borbottò Matilda con tanto imbarazzo
 
-Mamma!- la rimbrottò Tonks che stava sistemando i soprabiti dei ragazzi su un attaccapanni sbilenco –Ma cosa dici?-
 
-Solo la verità, ma tranquilla ragazza mia- Andromeda sorrise di cuore ed allungò una mano a sfiorare la nuvola chiara –Questo non vuol dire proprio niente. Sono felice di conoscerti, Dora mi ha parlato così tanto di te…ma ora sedetevi. Ted per l’amor del cielo, libera il divano!-
 
La strega portò le mani ai fianchi e fulminò il marito, che aveva cosparso il divano di libri e quotidiani.
Trovarsi in quella casa, con quelle persone, fece straboccare Matilda di felicità. Ted era un uomo simpatico e alla mano, così simile a Tonks nel carattere da non lasciare alcun dubbio sulla sua paternità; Andromeda era una donna a tratti rigida, ma sapeva come mettere a proprio agio le persone. Dopo tanto parlare, mentre la cena era in preparazione e George girovagava per la casa con Tonks e suo padre, Andromeda offrì una tazza di fumante tisana a Matilda e sedette di fronte a lei
 
-Dimmi Matilda, come sta tua madre?-
 
La ragazza si irrigidì sul posto e le dita presero a tamburellare intorno alla tazza
 
-Ecco io…credo non se la passi troppo bene, ultimamente- sussurrò, perché ammettere di non avere nessun tipo di contatto con Narcissa le costò non poca fatica. Andromeda annuì, sorseggiò la sua tisana e poi parlò con tono austero –Immagino che con tuo padre rinchiuso ad Azkaban stia affrontando un bel po’ di problemi; ma ora vorrei che mi ascoltassi bene, ragazzina-
 
Nel percepire il tono grave, Matilda ricercò immediatamente gli occhi della donna, che a quel punto proseguì –Nessuno meglio di me può capirti, lo immaginerai suppongo- e Matilda annuì
-Staccarsi dalla propria famiglia è faticoso e, nel nostro caso, difficilissimo: parliamo di persone tanto orgogliose da perdere il senno!- proseguì accalorata Andromeda mentre agitava una mano –Ma è necessario mantenere la lucidità, mi sono spiegata? Tu, Matilda, devi tenere bene in mente una cosa fondamentale, necessaria per proseguire verso la luce-
Matilda deglutì, ma non si azzardò ad interrompere la stravagante sorella di sua madre –Non hai fatto nulla di male. O meglio, sei totalmente nel giusto. Quando Dora mi ha parlato di te, di come ti sei sciolta dai tuoi legami familiari, ho capito che la parte migliore della famiglia Black si era trasmessa in te; oh, non fare quella faccia bambina, non credo di essere stata più seria in tutta la mia vita-
 
Infine Andromeda sorrise ancora e, abbandonando la tazza sul legno consumato del tavolo, allungò la mano a carezzarne la guancia pallida –Qualunque cosa accada, qualsiasi siano le forze oscure che tenteranno di farti smarrire il sentiero, tieni sempre a mente chi sei e cosa vuoi; se tutto andrà per il verso giusto, cara ragazza, loro trarranno giovamento dalla tua forza di volontà e dal tuo splendore. Ma solo tu potrai guidare i loro cuori verso la comprensione; tua madre è stata una debole, ha permesso a Tu-sai-chi e alle arti oscure di tentarla, si è lasciata traviare dai discorsi malati di una famiglia degenerata come la nostra, ha scelto di condividere la vita con…tuo padre, anche se sono convinta che lo abbia sempre amato davvero…- Andromeda prese una breve pausa per riflettere, così ritirò la mano dal viso delicato della nipote, ma con gli occhi continuava a tenerla legata -…ma per fortuna ti hanno dato la vita e la cosa migliore che puoi fare, per ripagarli, è rimanere fedele a te stessa e lottare anche per loro- concluse, infine, spiegando un dolce sorriso.
 
Matilda si sentì un po’ frastornata da quel discorso e pensò che la zia fosse un po’ toccata. Ma percepì il buon cuore che batteva in lei e la volontà di farle capire che, alla fine, il cognome e le radici non fossero davvero importanti, fin tanto che non si tradiva se stessi.
Passarono una serata deliziosa, nonostante affrontarono spesso lo spinoso argomento riguardante i suoi genitori; ma che leggerezza! Che delizia, ritrovarsi al tavolo con quella persona che era la prova vivente del fatto che Matilda non fosse che un germoglio sano e florido in un campo di ortiche. Certo, la preoccupazione per Draco cresceva ogni giorno di più e stava raggiungendo l’apice dopo che Harry, con la coda fra le gambe, le aveva riferito la conversazione tra il gemello ed il professor Snape, che lui aveva origliato la sera della festa di Lumacorno. Ma cosa poteva fare lei, se non tentare di convincere Draco a confidarsi con lei? Avrebbe provato di nuovo, una volta tornati ad Hogwarts, ma se il gemello era davvero intenzionato a nasconderle qualcosa, Matilda era sicura che non si sarebbe fatto piegare da nessun tipo di supplica o minaccia.
 Prima che lei e George lasciassero la casa dei Tonks, Andromeda strinse con forza una mano della nipote –Coraggio bambina mia, so che riuscirai ad affrontare tutto questo. Sappi che non sei sola, questa casa d’ora in avanti è anche casa tua-
 
Matilda tentò in tutti i modi di non commuoversi, limitandosi quindi a ringraziare Andromeda e suo marito; infine roteò gli occhi in quelli della cugina, adornata ancora (e tristemente) dalla capigliatura grigia. Tonks le sorrise –Hai sentito? Sei la benvenuta qui. Ora andate, non voglio ricevere una strillettera da Molly perché vi abbiamo trattenuti troppo!-
 
-Senti To…emh, Dora- non le sembrava carino chiamarla per cognome davanti ai genitori, nonostante la ragazza non tollerasse il suo nome –Allora ci vediamo presto, non è vero? Ti vedrò ad Hogwarts?-
 
La giovane auror annuì –Stai tranquilla; comunque continuerò a scriverti…emh, ragazzi- Tonks prese una breve pausa durante la quale il viso si rabbuiò –Salutatemi Remus, è tanto che non lo vedo, si- concluse lapidaria. George e Matilda si guardarono, interdetti da quella strana richiesta, ma non fecero domande a Tonks ed in un attimo furono nuovamente nel cortile della Tana.
 
 
Che stanchezza, che fatica immensa fu per Draco, affrontare quelle lunghe giornate. Ogni sera arrancava verso il letto sfinito dalle lezioni di Occlumanzia che Bellatrix gli impartiva con severa autorità.
Ogni sera sperava di chiudere gli occhi e di risvegliarsi da quell’incubo in cui era immerso.
Ogni sera rimpiangeva le mura di Hogwarts, nonostante si ostinasse a parlarne con disprezzo con i suoi fedeli compagni.
La sera di quel tetro Natale, Draco si chiuse in camera molto presto, chiedendo di essere lasciato stare nonostante la madre, apprensiva e desolata, tentasse più volte di interagire con lui.
Non riusciva a prendere sonno; in quegli ultimi tempi era infatti impresa impossibile, chiudere gli occhi senza doversi rigirare almeno per un paio di ore fra le coperte e quella notte non rappresentava di certo un’eccezione.
Si alzò sfinito e, pianissimo, uscì dalla stanza: il corridoio buio era immerso in un silenzio spesso e sconfortante e Draco cominciò a tremare (che fosse di freddo o di paura, il ragazzo non l’avrebbe capito). Mosse qualche passo fino alla porta della camera di Matilda, che schiuse con accortezza e nella quale si chiuse: la fioca luce della luna illuminava le pareti tappezzate dai poster dei Ballycastle  Bats (quante volte avevano litigato per quella passione in comune? Lui accusava i B. B. di essere una squadra di venduti e Matilda gli lanciava contro ogni oggetto che si trovava sotto mano, pur di farlo smettere con quell’ingiuria!), accanto alle foto che ritraevano la gemella con lui o con qualche vecchio amico. Che dolore percepire quel vuoto che solo lei, la sua strana sorella, sarebbe stata in grado di colmare.
Invece Draco impattò con il silenzio generato dall’assenza di lei, dalla sua voce acuta e a tratti un po’ gracchiante, da quei capelli che si agitavano ad ogni suo movimento. Sedette sul suo letto ed ingenuamente affondò il naso nel suo cuscino, nella speranza di cogliere quell’odore familiare che gli avrebbe ricordato che, in fin dei conti, non era drammaticamente solo.
Non riuscì a trattenere le lacrime, con cui bagnò il cuscino candido e con quelle arrivarono veri e propri singhiozzi, a rompere il silenzio della stanza di Matilda. Se solo ci fosse stata lei, al suo fianco. Se solo non si fosse ritrovato solo in quella storia amara che lo stava fagocitando, che violenta ed impassibile lacerava ogni pezzo della sua anima così esposta, così fragile.
Nemmeno si accorse di essersi addormentato lì, con il cuscino di Matilda stretto fra le braccia.
Quando Narcissa varcò la soglia della stanza di buon ora, trovò Draco dormiente sul letto della sua bambina, stretto a quel cuscino sprimacciato. Con passo silenzioso si avvicinò al suo ragazzo e sedette al suo fianco; saperlo portare quel grande peso sulle spalle era una continua tortura, perché per quanto si fosse sforzata, Narcissa non era stata davvero in grado di difenderlo. Carezzò i suoi capelli chiari e rimase così, a fissare il suo petto sciabordare di quel respiro, tipico del guerriero che si abbandona ad una battaglia persa.
 
 
 
Questa volta nessuna revisione per il capitolo, purtroppo (la mia gentilissima e preziosissima amica non ce l’ha proprio fatta ed io, impaziente come sono, avevo premura di pubblicare il prima possibile!)
E quindi gridate, inveite pure, se dovesse non piacervi! In realtà spero non sia così: ci stiamo avvicinando ad un momento delicatissimo e molto importante e spero che questo si percepisca. Al solito: grazie a chi commenta, grazie a chi sta seguendo la storia con interesse, grazie ad A., che si becca sempre le mie turbe mentali e mi sostiene quando mi lamento dell’assenza di creatività. Grazie a tutti voi, silenziosi ma preziosissimi lettori.
Aspetto i vostri pareri, come sempre!
 
D.

 
 

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Capitolo 28
*** Fra gemelli funziona così ***


Revisione: PygmyPuff
 
CAPITOLO XXVII
Fra gemelli funziona così
 
Il ritorno ad Hogwarts dopo le insolite e scoppiettanti vacanze natalizie fu particolarmente eccitante. Prima di tutto per gli studenti che, quell’anno, avrebbero compiuto la maggiore età, avevano avuto inizio le lezioni di smaterializzazione, tenute sotto lo stretto controllo degli insegnanti e di Wilkie Twycross, istruttore mandato dal Ministero per seguire i ragazzi. Inoltre, vista la situazione ancora difficile in cui verteva Katie Bell che, per dovere di cronaca, non era ancora uscita dal San Mungo, il preside si trovò costretto a prendere la mal digerita decisione di annullare le visite ad Hogsmeade.
Matilda si era impuntata, aveva assillato prima il professor Snape, che l’aveva liquidata con minacce poco cortesi e velate per la sua carriera scolastica, poi la vicepreside McGonagall spiattellandole i suoi voti eccellenti, rimarcando di essere un prefetto e di avere il diritto di uscire per andare ad Hogsmeade
 
-Non dipende da me signorina Malfoy- disse sfiancata la McGonagall, che non ne poteva davvero più di vedersi presentare nel proprio studio, ogni giorno, la piccola e agguerrita studentessa –Ma se ha il coraggio può pensare di lamentarsene con il preside- concluse sistemandosi gli occhiali
 
-Questo è un vero affronto!- stridulò Matilda –Punirne cento per educarne uno?! È questo che avete intenzione di fare?!- continuò imperterrita la ragazza, che non aveva proprio nessuna intenzione di rinunciare ai suoi incontri con George
 
-Che Merlino mi dia la forza- sussurrò la strega mentre stringeva l’incipit del naso fra pollice ed indice
 
-Lei deve fare qualcosa professoressa! Io sono sempre stata diligente, attenta alle lezioni, ho assolto ad ogni compito da prefetto ammutinando le ribellioni!- gridò con enfasi mentre teneva saldamente le mani sull’ordinata scrivania della professoressa e guardava quest’ultima con tanto d’occhi –insomma, mi meriterò pure una ricompensa?!-
 
-Mi stia a sentire signorina Malfoy!- Minerva McGonagall stava davvero iniziando a perdere la pazienza –Può passare tutto il tempo che vuole a gridare, se proprio è intenzionata a meritarsi una punizione! La questione non cambierà! Ma se il problema è…-
 
-Certo che cambierà!- la interruppe Matilda, senza ombra di timore –Deve cambiare! È inaccettabile tenere segregati gli studenti! Ha per caso idea di quanto siano importanti queste uscite ad Hogsmeade per noi?!- Così fece il giro della scrivania ed incrociò le mani davanti la faccia –La prego, lapregolapregolaprego, mi faccia uscire di qui professoressa!-
 
-Si ricomponga!- Gridò la professoressa –Se mi lascia parlare…-
 
-Ma come faccio! Professoressa, si rende conto di quello che sta accadendo?! Questo è un vero atto repressivo! Abbiamo tutto il diritto di protestare per le ingiustizie che ci vengono imposte!-
 
-Io ho capito il suo punto di vista…- tentò di calmarsi, Minerva McGonagall -...sto provando a dirle che…-
 
-Ho capito cosa vuole! Lei vuole che scateni la Rivoluzione! Punitemi pure allora! Provate a rinchiudermi, mettetemi in catene! Non riuscirete però a fermare le mie parole!-
 
-Matilda Malfoy! Silenzio, subito!- imperò la professoressa e finalmente riuscì a porre fine alla follia di quel fiume in piena. Matilda si bloccò con la bocca ancora aperta e le mani in aria, per poi farle ricadere pian piano lungo i fianchi
 
-Mai ho avuto a che fare con una strega tanto testarda…- borbottò la McGonagall, prima di sistemare per l’ennesima volta gli occhiali, così prese un gran respiro per poi tornare a rivolgersi a Matilda –Quello che stavo tentando di dirle prima di questa assurda scenata, è che se il problema è che…voi studenti siate impossibilitati ad incontrare persone care- sottolineò le parole mentre inarcava di molto un sopracciglio –può stare tranquilla: ci stiamo adoperando per concedere dei permessi speciali; chi riterremo idoneo potrà venire ad Hogwarts per fare visita a voi studenti, sempre nel rispetto delle regole, questo è più che scontato-
 
Matilda prese a boccheggiare –Ma…ma…-
 
-Che fa, ora balbetta?-
 
-Ecco io…-
 
-Ragion per cui- riprese la McGonagall -signorina Malfoy, fossi in lei la smetterei con questa commedia, andrei in guferia e spedirei una lettera a chi di interesse, in modo che tale persona possa fare al più presto richiesta per essere sottoposta ad una giusta valutazione. Se riterremo tale strega o mago- sottolineò nuovamente –in possesso dei requisiti per farle visita non ci saranno problemi, sempre che lei sia in grado di comportarsi con la dignità che mi aspetto e, specialmente, che non si faccia vedere più nel mio studio, a meno che non sia per questione di vita o di morte!-
 
Matilda fece un passo indietro mentre un sorriso ebete le spuntava sulla faccia
 
-Oh! Lei è così generosa professoressa McGonagall! La migliore! L’eroina di tutti noi! Meravigliosa e…-
 
-Si si- La McGonagall interruppe quelle moine con un gesto vago della mano –Ora la prego, mi lasci stare-
 
-Grazie professoressa!- gridò Matilda che, se avesse potuto (ma rinunciò sensatamente dal farlo) avrebbe abbracciato la vicepreside. Proprio mentre stava per varcare la soglia dello studio la McGonagall la richiamò
 
-Ancora una cosa signorina Malfoy: riferisca al signor Weasley che non provasse nemmeno a pensare di portare anche solo uno dei suoi scherzetti all’interno delle mura di Hogwarts, se non vuole un esilio permanente per entrambi-
 
***
 
La sorella si era comportata in maniera tanto desueta quando, di ritorno dalle vacanze di Natale, si erano rivisti. Più i giorni passavano, maggiore era l’apprensione con cui Matilda gli si rivolgeva e se da un lato questa cosa rincuorava Draco, visto che sembravano aver ristabilito un rapporto più o meno normale (nonostante il ragazzo sapesse che quello fosse costruito su grandi bugie), dall’altra lo agitava, lo agitava moltissimo: doveva sforzarsi di andare avanti e per farlo non poteva permettere a Matilda di mettersi sempre in mezzo. Era diventata la sua ombra, il suo mantello, il vento che scuote i vestiti. Gennaio passò troppo celermente, per lasciare spazio ad un Febbraio maleducato, freddo e sterile; non c’erano gite ad Hogsmeade a distrarlo, a fargli dimenticare che doveva portare a termine il suo infame compito il prima possibile e se non poteva approfittare nemmeno del tempo in cui la gemella si teneva lontana dal castello, sarebbe stato davvero un disastro. Quando un giorno la trovò seduta nella sala comune, a ridacchiare tutta contenta con quell’oca di Daphne e di sua sorella Astoria, Draco le sedette vicino, nella speranza di poter capire il motivo di tanta gioia
 
-Sai, hanno concesso i permessi speciali per venire ad Hogwarts- disse eccitata Matilda –non potremo andare ad Hogsmeade, ma almeno potranno venirci a trovare!-
 
Fino all’anno prima, Draco avrebbe reagito malissimo a quella notizia, ma ora le sue priorità erano cambiate: mentre prima avrebbe fatto la guerra pur di tentare di tenere lontana Matilda da quel traditore di George Weasley (alla fine aveva capito con quale dei gemelli stesse insieme), adesso rivedeva nel ragazzo il motivo di distrazione che l’avrebbe tenuta lontana da lui, in modo da poter approfittare della sua assenza per chiudersi nella Stanza delle Necessità senza doversi preoccupare di essere scoperto
 
-Buon per te- disse distrattamente e con aria stanca. Che errore aveva appena commesso, perché subito Matilda assottigliò lo sguardo e prese a fissarlo
 
-Buon per te? Chi sei e cosa ne hai fatto di mio fratello?-
 
Aveva, con una sola frase, nutrito i sospetti di Matilda, così si affrettò a rispondere tentando di mantenere quella faccia disgustata di cui si muniva ogni volta che si accennava alla sua relazione con l’ex grifondoro
 
-Preferisci discutere? Sono sempre pronto a sputare su quella feccia con cui ti accompagni, se preferisci-
 
Per quanto Matilda avesse colto fosse solo una provocazione, proprio non riuscì a trattenersi dal cominciare a sgridare Draco –Smettila di parlare così di George! Se solo provassi a conoscerlo…guarda che domani arriverà!-
 
Mentre Daphne era già pronta a dare manforte alla sua amica, Astoria fissò con insistenza il ragazzo: anche a lei in fondo non era sfuggito la reazione tanto ambigua, nonostante quello stesse tentando di riprendersi. Forse si stava sforzando davvero di appoggiare, in qualche modo, la sorella? Forse quel lato di Draco intollerante e facinoroso si stava smussando?
 
-Stai scherzando? Tu fai pure quello che ti pare, ma non pretenderai davvero che io inizi a rapportarmi a quel Weasley come se fossimo amici-
 
Matilda si morse forte il labbro per evitare di controbattere. Optò per cambiare velocemente discorso: ce ne sarebbe voluto di tempo per far sì che i grandi amori della sua vita si rivolgessero la parola senza afferrare le bacchette, sempre se fosse realmente accaduto.
 
La più giovane delle Greengrass continuava a spostare lo sguardo da l’uno all’altra dei gemelli Malfoy stando bene attenta a non intervenire nella conversazione, oltre che tentare di pacare la sorella maggiore, dandole dei piccoli colpetti così che Daphne la smettesse di intervenire: aveva capito la mossa di Matilda e forse era davvero il caso di cambiare argomento.
 
 
Unire l’utile al dilettevole era una delle cose che George preferiva al mondo. Casualmente quella che sarebbe dovuta essere un’uscita ad Hogsmeade e che si era tramutata in un permesso speciale per entrare nella scuola, cadde in concomitanza del primo Marzo, quindi del compleanno di Ron, che avrebbe compiuto diciassette anni. Si era quindi accordato con Fred e Lee per recarsi insieme ad Hogwarts, dopo aver ricevuto il permesso dalla vicepreside accompagnato da una lunghissima serie di raccomandazioni riguardanti il cosa fare e cosa assolutamente non fare durante la visita, così che avrebbe festeggiato il fratello più piccolo ed incontrato la sua ragazza.
Ad accogliere i tre inseparabili amici all’entrata di Hogwarts fu Gazza con una pergamena in mano, l’aria contrita di chi ha ingerito per errore una caramella gusto cerume ed un digrigno costante dei denti gialli, che riprendeva con ritmo cadenzato ogni qualvolta pronunciava un nome. Era evidente che l’uomo non fosse affatto contento di quella decisione
 
-Buonuomo! Ci si rivede!- Dissero in coro Fred e George seguiti dallo sghignazzo di Lee
 
-Fosse per me, dopo quello che avete combinato l’anno scorso vi spedirei immediatamente nelle segrete!- ringhiò Gazza, ma il suo sproloquio riguardante forme alternative di tortura corporale fu interrotto da una vocina stridula alle sue spalle
 
-Ragazzi!-
 
Matilda oltrepassò la linea immaginaria creata da Gazza che divideva i visitatori dall’ingresso, ignorò i suoi rimproveri e fluttuò nelle braccia di George
 
-Buongiorno Lemonsoda!- disse allegro il ragazzo, mentre stringeva a sé la strega che si era allacciata al suo collo
 
-Buongiorno a voi!- Rispose lei agitando una mano per salutare gli altri due prima di iniziare a cospargere la faccia di George di baci
 
Alle sue spalle spuntò Daphne, anche lei ignorando le proteste di Gazza
 
-Che ci fate qui fuori?! Fa freddo, muovetevi su!- concluse richiamandoli con la mano. Il gruppo lasciò solo Gazza a depennare, con assoluta e tangibile malavoglia, i nomi di Lee, George e Fred dalla lista.
 
Daphne si era avvinghiata a Lee e seguiva con lo sguardo Matilda ed i gemelli davanti a lei; l’amica si era staccata da George per incollarsi a Fred, con cui aveva preso a confabulare e ridacchiare incessantemente sotto i loro occhi, mentre George cercava di capire di cosa stessero parlando senza ottenere nessuna spiegazione. Sorrise spontaneamente e si bloccò, facendo arrestare anche Lee che la guardò spiazzato, ma non sciogliendo il sorriso
 
-Ehi bionda, che succede?-
Non lo sapeva nemmeno lei cosa stesse succedendo, semplicemente si sentiva molto felice di trovarsi lì, con il suo ragazzo che le faceva salire bollori di ogni natura ogni qualvolta si incontravano, con la sua migliore amica e con la coppia di gemelli che erano sempre un’esplosione di vitalità. A guardarsi indietro le sembrava tutto assurdo, eppure la sua vita aveva fatto una bella inversione di marcia, da quando aveva deciso di dare corda alla parlantina gioiosa di Lee, durante il ballo del Ceppo. Lei, una fiera serpeverde, sempre attenta alle apparenze e tanto intransigente nei confronti del prossimo, si era sciolta al cospetto di un giovane grifondoro fuori di testa e tanto energico da far venire il mal di testa, che non si era mai fermato davanti ai no di Daphne, che aveva continuato a tentare di conquistarla senza perdersi d’animo. Che poi, e Daphne questo lo sapeva bene, era bastato il primo sorriso che Lee le aveva rivolto per farle tremare le gambe, anche se non lo avrebbe probabilmente mai ammesso.
Lee l’aveva corteggiata in quel modo speciale, anche se stravagante, da farla sentire per la prima volta davvero desiderata da qualcuno; il ragazzo l’aveva chiarito fin da subito che in lei aveva visto ben di più della facciata da fanatica presuntuosa che Daphne si ostinava ad indossare in presenza del mondo tutto. L’aveva sufficientemente presa in giro ed aveva smontato, quasi subito, il bisogno di lei di celare come fosse in realtà, perché sono le apparenze quel che contano, o almeno così aveva creduto Daphne prima di quello che lui definiva l’avvento di Jordan. Prima che Lee riuscisse a strapparle quel primo bacio tanto desiderato, un pomeriggio durante il quale l’aveva sorpresa da sola sulle rive del Lago Nero (che tempi meravigliosi, quelli in cui entrambi si trovavano ancora ad Hogwarts), Daphne aveva fatto un bel salto nel sentire gridare il proprio nome dietro le sue spalle. Avevano parlato molto e lui, da inguaribile saltimbanco, l’aveva fatta ridere fino alle lacrime; proprio in quell’occasione l’ex cronista di Hogwarts aveva ammesso senza timore alcuno che quel muro che aveva issato non lo aveva fregato affatto e che era convinto di piacerle. Daphne si era imposta, aveva arricciato il naso e aveva rifiutato a gran voce quelle parole, ma non si era poi esentata dal dare a Lee il proprio indirizzo, così che lui potesse, se proprio avesse voluto, scriverle durante l’estate; non che mi importi, si era premurata di aggiungere mentre passava al ragazzo il pezzetto di pergamena con noncuranza.
Da quel momento fu tutto un ricercare l’altro e laddove Lee non aveva problemi ad ammettere di provare un forte interesse per lei, Daphne si era fatta desiderare più del dovuto. Poi fu una splendida e limpida discesa il loro rapporto e, nonostante le scaramucce fra serpeverde e le liti furiose, erano giunti a quel momento lì: la consapevolezza che quel bel viso scuro che carezzava sempre con tanta apprensione era la rappresentazione di colui da cui non si sarebbe voluta separare più
 
-Daphne mi stai spaventando, vorrei farti una foto per farti vedere la faccia da elfo che stai facendo-
 
E poi Lee era sempre in grado di spezzare quei rari momenti di totale devozione. L’espressione inebetita e sognante mutò presto in una arcigna ed indispettita
 
-Faccia da elfo?! Come ti permetti Jordan!- tuonò Daphne mentre la sua mano era pronta a sganciargli un sonoro ceffone; fortuna che Lee, che conosceva bene la sua ragazza, ebbe la prontezza di tirarsi indietro non resistendo a ridere di gusto
 
-Ora si che ti riconosco!- gridò fra le risate lui, mentre cominciò a correre lungo il corridoio superando Matilda e i gemelli, inseguito da Daphne che agitava la bacchetta e gli urlava contro minacce ed offese
 
-Jordan! Greengrass! Contegno!- li rimbrottò la McGonagall sulla quale era quasi crollato addosso Lee, che poi scosse il capo
 
-Che piacere rivederla professoressa!- dissero in coro i gemelli passandole accanto, mentre Matilda tentava di nascondersi dietro George per non farsi vedere dalla vicepreside
 
-Era tutto così tranquillo senza di voi- sospirò la donna agitando una mano, infine decise di fare finta di non aver visto nulla e cambiò direzione.
 
 
Certo, tutto si era immaginata Matilda, tranne che avrebbe passato quel giorno davanti alla porta dell’infermeria assieme ai gemelli, Harry, Ginny ed Hermione. Pare infatti che quella stessa mattina Ron avesse bevuto del liquore avvelenato nell’ufficio del professor Lumacorno e che se non fosse stato per la prontezza di Harry nel ficcargli in bocca un Bezoar, Ron avrebbe trovato morte certa. Furono ovviamente raggiunti dai signori Weasley, unici a cui fu permesso prima di sera di entrare nell’infermeria e che, apprensivi ma sollevati di sapere che il loro figlio minore si sarebbe rimesso, facevano avanti e indietro dal ricovero all’ufficio della vicepreside.
Hermione si assentava spesso con la scusa di dover andare in bagno, poi spuntava di nuovo con il naso tutto rosso e la voce distorta, così Matilda di tanto in tanto la seguiva, per accertarsi che l’amica potesse ricevere il conforto necessario.
Era tutto molto strano: prima l’episodio che aveva coinvolto la sfortunata Katie Bell, ora l’avvelenamento di Ron, che giaceva in quella brandina. La giovane Malfoy faceva correre gli occhi da l’uno all’altro dei presenti sistemati in cerchio attorno a Ron mentre la mente aveva preso a macinare informazioni, accompagnata dalle ipotesi formulate dagli amici riguardanti il motivo che aveva portato lo sfortunato Ron a sfuggire all’avvelenamento il giorno del suo diciassettesimo compleanno.
Quando anche Hagrid apparve per fare visita al ragazzo, Matilda si alzò e trascinò George con sé
 
-Mi spiace per tutto questo, Ronald ci ha fatto prendere un bello spavento- sospirò la ragazza che stringeva la mano di George con apprensione
 
-Qualsiasi sia il motivo per cui mio fratello ci è andato di mezzo, c’è qualcosa che non va in questa storia- ammise pensieroso
 
-Senti George…pensi che…voglio dire…- Matilda si guardò intorno per accertarsi che non ci fosse nessuno nei paraggi, così tornò a guardare il ragazzo –insomma, credi che ci sia di mezzo qualche studente? Battute sul Quidditch a parte…-
 
Ovviamente i gemelli non si risparmiarono di ipotizzare, con ovvio scherno, che qualcuno avesse voluto avvelenare l’intera squadra Grifondoro
 
-No, non credo; però sicuramente si tratta di qualcuno che ha accesso ad Hogwarts, o quantomeno che sia in grado di eludere la sicurezza con facilità- così George, che aveva alzato lo sguardo con fare pensieroso, tornò a guardare Matilda che si era proprio rabbuiata –Ehi Matt, che succede?-
 
La ragazza scosse la testa. Probabilmente era tutta colpa delle idee che le aveva messo in testa Harry, ma la giovane strega non riuscì proprio ad evitare di pensare che forse potesse davvero esserci di mezzo Draco in tutta quella losca faccenda. Erano quasi certi che la collana maledetta che aveva spedito Katie Bell al San Mungo e la bottiglia di idromele avvelenata avessero una correlazione: qualcuno stava cercando di uccidere e questo qualcuno non era preoccupato di colpire degli innocenti, pur di raggiungere il proprio scopo.
Quando George la richiamò per la seconda volta, Matilda accennò un sorriso tirato
 
-Dai, torna da tuo fratello ora, non sia mai che venga esentato dalle tue battute in un momento così-
 
***
 
Tutto quel trambusto e quel grande spavento avevano almeno avuto l’effetto di far riavvicinare Hermione e Ron, nonostante quest’ultimo non fosse ancora stato in grado di porre fine alla sua storia con Lavanda Brown, di cui con ogni evidenza non sopportava più la presenza.
E con quella riconciliazione giunse il più mite Aprile, che aveva portato festeggiamenti in grande stile per i gemelli, che avevano compiuto diciannove anni, l’esame di smaterializzazione per Ron ed Hermione ormai entrambi maggiorenni, la ripresa delle uscite ad Hogsmeade a seguito del ritorno di Katie Bell a scuola (Matilda aveva appreso da Hermione che la ragazza non ricordasse nulla di quanto accaduto, ma che stesse fortunatamente in gran forma) ed una preoccupazione costante e sempre più preponderante della giovane Malfoy, in pena per il gemello.
Draco non stava bene, era dimagrito ed il suo colorito pallido, che la sorella condivideva, aveva assunto una perenne sfumatura grigiastra, mentre i suoi begli occhi grigi erano circondati da fosse pesanti. Matilda non trovò conforto nelle parole di George, a cui attraverso lunghe lettere aveva espresso l’apprensione per il fratello e a cui il ragazzo aveva puntualmente risposto tentando di tirarle su il morale
 
“Andiamo, se avesse avuto qualcosa di grave lo avresti capito subito, fra me e Freddy funziona sempre così; fra gemelli, funziona così” , questa era una delle frasi che Matilda si era ritrovata a rileggere più volte. Perché il problema era proprio lì: lei se lo sentiva, che Draco non fosse più lo stesso; non sapeva cosa non andasse, non aveva idea dell’oscuro motivo per cui gli occhi del fratello si assentassero sempre più spesso e si fossero fatti vacui e tristi, non sapeva spiegare perché percepisse che il ragazzo nascondesse qualcosa di orribile, eppure Matilda era certa che lui stesse molto male.
 
Proprio per questo motivo un giorno di fine Aprile, durante una piacevole giornata di caldo sole, la ragazza aveva liquidato frettolosamente Daphne, la quale insisteva per prendersi una pausa dallo studio per godere di quei raggi caldi e cercò Draco con fremente agitazione. Lo trovò ancora una volta nel suo dormitorio, dopo un’intera giornata durante la quale non aveva visto, di lui, nemmeno l’ombra.
 
-Draco…- sussurrò per non spaventarlo, dato che il fratello era seduto sul letto con la fronte abbandonata fra le mani; Draco sussultò ugualmente, ma quando si rese conto che era stata la sorella a richiamarlo, tornò in quella triste postura, idioma del suo malessere. Matilda sospirò appena e con tutta la delicatezza che riuscì ad impiegare, sedette accanto a lui
 
-Draco ascoltami…- tornò a richiamarlo con la vocina un po’ roca –sono molto preoccupata, ho davvero bisogno che tu mi dica cosa sta succedendo- il tono di lei apparve proprio come una supplica, mentre la mano andava a carezzare i capelli chiari del gemello
 
-Non puoi capire…- sussurrò spossato Draco, aveva proprio l’aria di portare un enorme macigno sulle spalle
 
-Tesoro- riprese Matilda, continuando a carezzarlo –Se ti sforzassi sai…sono sicura che se riuscissi a confidarti con me, insieme troveremmo una soluzione a ciò che ti affligge, ma se continui a tenerti tutto dentro come posso aiutarti?-
 
Matilda fu certa che Draco avesse appena trattenuto un singhiozzo. Avrebbe scommesso tutto l’oro custodito nella sua camera blindata che il fratello si stesse trattenendo dallo scoppiare a piangere. Attese silenziosa, fin quando altre flebili parole uscirono a singhiozzi dalla sua bocca
 
-Devi restarne fuori…ti prego. Se davvero ci tieni a me come dici…-
 
-Ma certo che ci tengo a te! Hai forse dei dubbi? Per questo vorrei tanto sapere che cosa ti accade, perché io non ce la faccio a vederti soffrire così Draco…ti prego…-
 
Il ragazzo scostò le mani dalla fronte e le abbandonò sulle ginocchia tremanti. Quando alzò il volto e, piano, roteò lo sguardo per incontrare quello della gemella, Matilda dovette trattenersi dal non sussultare: lucidi, gonfi e spaventati erano i suoi occhi, come sempre più bianca era la sua pelle. Le labbra tremolarono, prima di parlare ancora
 
-Nessuno può aiutarmi e tu…sei l’ultima persona che vorrei lo facesse-
 
Ciò che intendeva Draco non fu afferrato dalla sorella. Lui aveva solo l’esigenza di proteggerla e metterla a parte su quello che stava accadendo sarebbe stato solo un modo incredibilmente celere di farla finire nei guai. Come avrebbe potuto desiderare che Matilda soffrisse così tanto? Avrebbe voluto essere egoista, avrebbe voluto non pensare a lei ma solo a se stesso; sarebbe bastato mettersi a piangere e vomitare quel segreto che custodiva con gelosia. Eppure non ci riuscì, perché per quanto si sentisse un mostro (ed i mostri si sa, non hanno un cuore con cui fare i conti), con Matilda sentiva di provare ancora qualcosa, un sentimento buono, di quelli che aveva ormai scordato da tanto tempo.
Ma la gemella non aveva interpretato quella frase nella maniera corretta. Che Draco non approvasse il suo stile di vita e le sue compagnie era ormai cosa ovvia, eppure non credeva che il fratello potesse odiarla a tal punto da ritenerla l’ultima persona al mondo che avrebbe voluto vicino. Non conosceva il retroscena, non sapeva cosa ci fosse sotto; aveva solo ascoltato le parole di Draco che, affilate e crudeli, l’avevano colpita in pieno petto, laddove il cuore aveva smesso per un momento di battere.
 
-Tu sai. Lo sai che io ho fatto di tutto per te Draco…ma se non riesci a capire che non voglio altro che il tuo bene allora sai che ti dico?- Matilda si alzò furente, con quello sguardo che Draco non aveva colto per tanto tempo, ma che gli faceva sempre molta paura –Stai facendo in modo di rimanere solo e ci stai riuscendo. Sei consumato da te stesso…beh, per quanto mi riguarda non so cosa altro fare per sollevarti dal lago di melma in cui ti sei lasciato affondare-
 
Matilda se ne andò senza guardarsi indietro e fermamente convinta a non dare possibilità di replica a colui che l’aveva scacciata per l’ennesima volta.
Oh, se solo avesse saputo cosa lo stesse davvero divorando.
Meglio così, pensò Draco che di primo acchito avrebbe voluto saltare in piedi e gridare contro la sorella che avrebbe dovuto tacere, perché quello che stava affrontando era qualcosa ben più grande anche di lei e delle sue stupide proposte d’aiuto. Ma non lo fece. Tornò ad affondare le mani nei capelli e a perdersi nei suoi più oscuri pensieri, nella speranza che presto tutto sarebbe finito. Anche se Draco non sperava più che le cose si sarebbero risolte nel migliore dei modi, purtroppo.
 

 
 
Cari lettori.
Questa volta ho davvero poco da dire, se non che stiamo davvero a ridosso di uno dei momenti più drammatici di tutta la saga e per questo ci vuole una giusta preparazione. Di conseguenza non so quando pubblicherò il prossimo capitolo, ma spero, intanto, che questo vi abbia soddisfatti. Lo dedico ad A., per il solo motivo che spero possa rallegrarti in questo momento un po’ storto.
Detto questo, al solito: Cosa ne pensate?!
Attendo i vostri commenti, come sempre ed intanto ringrazio tutti coloro che trovano un pezzettino di tempo per leggere di Matilda <3
 
D.

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Capitolo 29
*** Senza Perdono ***


CAPITOLO XXVIII
Senza Perdono
 
Staccare tre grosse foglie di Aloe Vera (la pianta deve avere almeno 37 anni di vita) e schiacciarle con la piatta di un coltello d’argento per farne fuoriuscire il succo
 
“Così dovrebbe andare…”

 
Un dolore mai provato prima si espanse dal centro del petto, come se quattro schiantesimi di grande potenza lo avessero colpito in un solo momento, in uno stesso identico punto.
 
Versare il succo lucido e trasparente all’interno di una fiala d’alluminio, lasciata sotto i raggi della luna (in conclusione del suo ciclo) per 5 notti. Agitare in senso antiorario per 7 volte
 
“Che stia cambiando colore? Qui dice che dovrebbe”

 
Il corpo, pesante come un macigno, scivolò a terra sgraziato. I sensi cominciarono ad appiattirsi: prima il tatto, poi l’olfatto; la vista perse la lucidità ed un grigiore uniforme sostituì i colori vividi del bagno.
 
Dopo avere versato l’estratto di Aloe, ora di una lieve sfumatura argentea, all’interno di un calderone del diametro di 20,5 centimetri, prendere l’uovo di Emù per separarne il tuorlo dall’albume. Conservare  il tuorlo, che deve essere amalgamato all’estratto di Aloe Vera con un cucchiaio di legno
 
“La colorazione è giusta, vediamo ora con il tuorlo…”
 

Fu come se la vita stesse fuggendo via, come se si ritirasse nei vestiti che sentì improvvisamente madidi, incollati al corpo su cui, ne era certo, non aveva più alcun potere. Le urla di Mirtilla Malcontenta giunsero in un soffio, lontano anni luce e, più il tempo passava, maggiore era la sensazione che la voce si dissipasse nell’etere.
 
Assassino!
 
Tossì forte ed uno schizzo grigio partì dalla bocca per andarsi ad amalgamare alla sostanza appiccicosa e calda che spurgava dal corpo.
Doveva essere sangue, pensò pietosamente. Il dolore stava svanendo poco a poco. Che fosse giunto il momento dell’estasi?
 
Mescolare in senso orario ed a fiamma moderata per 7 minuti. La buona riuscita sarà indicata dall’odore acido e da rivoli di fumo color perla
 
“Tutto sotto controllo, non resta che aspettare per unire la corteccia, ora”

 
L’ultima cosa che riuscì a vedere fu il volto sfocato ed in bianco e nero di Harry Potter. Così impaurito non l’aveva percepito mai. Aveva paura di lui? Avrebbe voluto ridere, sbellicarsi dalle risate davanti al mago tanto odiato che tutti chiamavano il prescelto, ma che per lui era sempre stato solo feccia della peggior specie. Chissà perché il ricordo del loro primo incontro ostacolò l’arrivo a quella luce tanto candida che stava scacciando quel tedioso bianco e nero. La sua mano che veniva scacciata via. La sua offerta d’amicizia disprezzata e canzonata da quegli occhi di quel verde tenace.
E quel perfido sorrisetto presuntuoso, così difficile da digerire, così facile da odiare.
 
Grattare la corteccia di Salice con lo stesso coltello usato per estrarre il succo di Aloe, accuratamente deterso con della semplice acqua distillata, all’interno del calderone. Fare bollire per minuti 24, infine spegnere la fiamma e girare la pozione in senso antiorario per 90 secondi facendo attenzione a non toccare il fondo del calderone. Travasare la Pozione Rimpolpasangue in un’ampolla di vetro e lasciar riposare per 3 giorni prima di utilizzarla
 
“Perfetta, ottimo lavoro Matilda cara, il professor Lumacorno sarà fiero di me!”

 
Il ricordo svanì assieme al dolore. Era riverso al suolo, eppure stava lentamente dimenticando perché si trovasse lì. Non vedeva l’ora di abbandonarsi a quel venticello caldo che gli solleticava il corpo e a quel bagliore, che tanto lo richiamava a sé, assieme ad una strana e profonda litania, che lo avrebbe di certo portato alla pace eterna.
E poi nulla più.
 
*
 
I capelli spessi e lucidi come la pece le frustavano la bocca, durante quella corsa per cui stava perdendo il fiato. Come avrebbe voluto smaterializzarsi in quel momento, così che il cuore avrebbe smesso di battere tanto forte; che fosse per quel tanto correre o per la notizia che aveva appena ricevuto, Astoria Greengrass non sapeva dirlo, ma aveva davvero poco tempo per pensare, ora la cosa più importante era trovare Matilda, che quel giorno pareva essersi dissolta nel nulla. Finalmente riuscì ad arrestare la sua corsa, quando dopo uno scontro frontale con il professor Lumacorno, che era costato all’anziano e corpulento professore un gran sussulto, aveva saputo da quest’ultimo che la ragazza avesse ottenuto un permesso per lavorare su alcune pozioni più complicate
 
-Una studentessa tanto volenterosa merita tutto il mio appoggio! Ma, signorina Greengrass, dove va?!-
 
Ma Astoria non aveva tempo da perdere con il professore, la sua priorità era precipitarsi nell’aula di pozioni dove, finalmente, trovò la giovane Malfoy con i capelli tutti arruffati dai fumi della sua preparazione, che stava versando con cura il suo preparato all’interno di piccole ampolle, che la ragazza aveva ordinato con precisione maniacale davanti a sé
 
-Finalmente ti ho trovata!- gridò la più piccola delle Greengrass aggrappata allo stipite della porta nel tentativo di riprendere fiato. Matilda sobbalzò rischiando di rovesciare tutto il suo lavoro, così piroettò in direzione dell’altra e cominciò a strillare con furia
 
-Maledetto sia Godric, Astoria! Ma come ti viene in mente di gridare in quel modo?! Stavo per rovinare il lavoro di giorni! Sei impazzita?!-
 
-Scu…scusami- boccheggiò –Ma è importante, devi venire subito con me…Draco…-
 
L’ampolla che era riuscita a salvare a seguito di quello spavento improvviso, scivolò dalle piccole dita e si riversò sul tavolo
 
-Draco cosa?! – si precipitò a chiedere preoccupata, ignorando il pasticcio appena combinato.
 
Astoria tentò di ricomporsi –è in infermeria Matt, non so cosa sia successo di preciso, ma credo di aver capito che…beh…-
 
Matilda afferrò la bacchetta –Evanesco!- pronunciò assieme ad un movimento ampio del legno. In un attimo tutto il suo duro lavoro era svanito; era bastato sentire il nome del gemello per dimenticare tutti gli sforzi che aveva fatto per guadagnarsi l’ennesimo Eccellente in Pozioni. Occhi sgranati e duri si avvicinavano sempre più al volto timoroso di Astoria
 
-Sbrigati dannazione! Cosa è successo a mio fratello?!-
 
Astoria trasse un grande respiro, prima di ricambiare quello sguardo disperato –Pare abbia duellato con Harry Potter, non ne è uscito bene…il professor Snape…lui è intervenuto e…-
 
Matilda non le  lasciò terminare la frase: afferrò il polso dell’altra e la trascinò via dall’aula.
 
 
-Non può ricevere visite, mi spiace!- madama Chips, con braccia incrociate, era parata davanti l’entrata dell’infermeria, risoluta a non permettere alla studentessa di oltrepassare quel confine dettato da lei
 
-Sta scherzando?! È mio fratello! Pretendo che lei mi faccia entrare, subito!-
 
-Il signor Malfoy è molto debole in questo momento, l’unica cosa di cui ha bisogno è riposarsi! Può tornare domani per fargli visita…- Ma la voce della donna fu interrotta da quella roca di Draco –Sono in condizioni di ricevere visite, la faccia passare-
 
-E va bene, ma solo lei- sottolineò puntando lo sguardo su Astoria che, comprensiva, fece un passo indietro –e solo per cinque minuti-
 
Matilda lanciò uno sguardo alla ragazza dai lunghi capelli neri che aveva l’aria di essere molto preoccupata –Grazie per avermi avvisata…ci vediamo in sala comune-
 
Con passo deciso, la piccola serpeverde si avvicinò alla brandina che ospitava Draco; il fratello aveva un aspetto pessimo, con i capelli appiccicati alla fronte, il viso ormai di un piatto tono più simile all’intonaco delle pareti dell’infermeria che ad un colore umano e le labbra che avevano acquistato una sfumatura violacea. I due si guardarono per un po’, prima che gli occhi della ragazza si riempissero di lacrimoni, che lei tentò di asciugare con la manica; Draco roteò gli occhi, anche se vedere la sorella preoccuparsi tanto per lui non poteva che renderlo felice
 
-Smettila subito, non lo vedi che sono vivo? Non c’è motivo per piangere- Draco si rivolse con tono secco alla sorella, per poi indicarle la sedia al suo fianco –anche se il tuo amichetto ci si è messo di impegno, per farmi fuori. Sai, tutti pensano che Potter sia la speranza in cui riporre la nostra fiducia, ma se sapessero che usa la Magia Oscura contro i suoi compagni…-
 
Matilda affondò sulla sedia, tirò su col naso, asciugò ancora le lacrime che le avevano inondato il viso e solo a quel punto parve cogliere ciò che aveva appena detto Draco; aggrottò le sopracciglia –Che vuol dire Magia Oscura? Mi spieghi cosa è successo?-
 
Un sorriso amaro solcò il volto scavato di Draco –Mi ha scagliato contro un incantesimo di grande potenza; non fosse arrivato Snape a salvarmi beh, a quest’ora sarei morto dissanguato-
 
Matilda sentì il mondo crollarle addosso. Harry Potter, quel ragazzo in cui anche lei riponeva fiducia, il Prescelto, colui che avrebbe dovuto capeggiare la lotta contro Lord Voldemort e le Arti Oscure, aveva tentato di uccidere suo fratello. Certo, Draco si era ben premurato di omettere che Harry si era difeso per impedire al serpeverde di scagliargli contro la Maledizione Cruciatus, ritenendo quell’informazione non solo irrilevante, persino ostacolante per l’ottenimento del proprio scopo: era convinto infatti che la sorella non avrebbe esitato a scagliarsi contro Harry in sua difesa così, almeno fin quando lei non avesse scoperto che fosse stato proprio lui ad attaccare per primo (con la volontà di ferire gravemente) avrebbe ottenuto un po’ di giustizia nei confronti dell’odiato grifondoro.
Ci volle poco per ottenere la conferma alle sue supposizioni; difatti Matilda non proferì una sola altra parola, eppure il suoi occhi gelidi parlavano per lei: la sorella si alzò di scatto dalla sedia, lo guardò tentando di trattenere le ultime lacrime ed infine uscì dall’infermeria con passo felpato. Per Draco fu inevitabile sorridere all’idea di quello che sarebbe successo.
 
 
Il chiacchiericcio della Sala Grande era direttamente proporzionale all’entità della notizia: Mirtilla Malcontenta aveva spiattellato ad ogni studente la propria versione dei fatti, così come il professor Snape si era premurato di descrivere l’accaduto a tutto il corpo insegnanti. Quando Matilda fece il suo ingresso, un gran numero di studenti si girò nella sua direzione e si ammutolì di botto; la ragazza si guardava intorno e subito trovò la prima valvola di sfogo in Pansy che, accigliata e con voce stridula, aveva cominciato ad attaccarla come se fosse stata lei ad aggredire Draco
 
-Prova a dire una sola altra parola, Pansy, e ti assicuro che passerai la prossima settimana a piagnucolare di essere risparmiata!- Nonostante la vocina acuta, Matilda sapeva essere davvero molto minacciosa, così che Pansy Parkinson si ammutolì risentita e sbuffante; la giovane Malfoy allungò il passo verso il tavolo Grifondoro, laddove Hermione scattò in piedi e tese le mani davanti a sé –Calmati ti prego- tentò con tono rassicurante l’amica, seguita nel gesto da Ron
 
-Ditemi dove sta Harry- sibilò laconica Matilda
 
-Io penso che dovresti dargli il modo di spiegarsi…- borbottò impaurito Ron, che era sempre molto intimorito dalle reazioni esagerate della strega
 
-Non provare a dirmi cosa devo o non devo fare, se non me lo dite voi dove sta, giuro che pianto una tenda davanti all’entrata della vostra stupida torre fin quando non lo becco!-
 
Ginny si unì agli altri due alzandosi in piedi e ponendosi, in tutta la sua altezza marca Weasley, davanti alla minuta serpeverde –Ora datti una calmata, Harry è già stato punito a sufficienza per quello che è successo; e poi quale è la versione dei fatti che ti è arrivata dal tuo amato fratellino? Sono proprio curiosa di sentirla!-
 
Matilda cominciò a tremare di rabbia; l’ultima cosa che avrebbe voluto era litigare con uno di quei tre, ma Ginny era sempre tanto brava a farle perdere la ragione, nel bene e nel male. Tentò quindi di calmarsi e piantò lo sguardo negli occhi dell’altra, affatto intimorita né dalla sua altezza, tantomeno dal suo fare sempre tanto focoso –Questi direi che non sono affari che riguardano nessuno di voi tre Ginny; non voglio discutere con voi, voglio solo sapere dove diavolo si trova Harry, ok?-
 
-Dove vuoi che si trovi? Sarà nella nostra sala comune!- continuò indispettita Ginny, ma pronta a difendere Harry con chiunque, persino con la ragazza di suo fratello, con cui aveva ormai un bellissimo rapporto, fin quando questo non veniva messo in pericolo dai caratteri iracondi di entrambe –sembri tanto intelligente, basta applicare un pochino l’ingegno, ti pare?-
 
-Ragazze per piacere, non è il caso di discutere tra di noi…- Ma i tentativi di Hermione per placare gli animi furono vani; Matilda, furiosa più che mai, allungò un passo in direzione di Ginny –Ora basta! E se fosse successo ad uno dei tuoi fratelli?! Se Harry, o chiunque altro, avesse spedito in infermeria Ron, oppure George, o Fred, tu che cosa avresti fatto?! Non avresti voluto parlare con questa persona? Non avresti preteso delle spiegazioni?!-
Ginny deglutì e rimase in silenzio ad ascoltare quella sfuriata; in fondo Matilda aveva ragione, questo la più piccola dei Weasley proprio non riuscì a negarlo
 
-Cosa sono queste urla? Signorina Malfoy, mi meraviglio di lei! Questo non è l’atteggiamento che Hogwarts si aspetta da un prefetto!-
 
Alle spalle di Matilda era giunta la professoressa McGonagall, alla quale la serpeverde rivolse un’occhiata in perfetto contrasto con il tono, d’un tratto fattosi pacato e controllato
 
-Ha ragione professoressa, sono solo molto scossa per quello che è successo a mio fratello-
 
La McGonagall schiarì la voce e subito anche il suo registro tornò ad essere più regolato –Lo capisco, ma questo comportamento non è tollerabile. Ora tornì al suo tavolo per piacere-
 
-Mi è passata la fame, con permesso- Matilda lanciò un ultimo sguardo carico di astio a Ginny prima di lasciare la Sala Grande di tutta fretta; Hermione tentò di seguirla, ma fu bloccata dalla vicepreside –Voi tre rimarrete qui e finirete la vostra cena, dopo di che tornerete nella vostra sala comune senza fare deviazioni, mi sono spiegata?- Infine puntò l’attenzione su Ginny, che si era fatta tutta rossa d’imbarazzo –Quello che è successo è un affare molto serio- continuò abbassando il tono della voce –e per quanto io capisca la volontà di proteggere un caro amico, non si può ignorare l’evidenza dei fatti-
Ginny deglutì, così tornò a sedersi con braccia conserte, evitando gli occhi ammonitori della professoressa McGonagall. Ron si accostò ad Hermione e bisbigliò –non ti sembra un po’ esagerata la reazione di mia sorella?-
Ma Hermione, che aveva un quadro perfetto della situazione che vedeva coinvolti i suoi amici, scosse il capo prima di rispondere –E meglio che lasci stare, Ronald-
 
 
Matilda era consapevole dell’astio, o per meglio dire dell’odio che provavano vicendevolmente Draco ed Harry, come era sufficientemente convinta che il grifondoro non avrebbe scagliato un incantesimo mortale sul fratello. Eppure era successo e questo era un dato di fatto. Si precipitò nel bagno dove sapeva avrebbe trovato Mirtilla Malcontenta senza rivolgere la parola a nessuno, convinta a non voler sentire un’altra sola versione distorta della faccenda: doveva parlare con Harry, ma dato che questo si era rintanato nella Torre di Grifondoro, non le restava che rivolgersi all’unica altra presente allo scontro avvenuto fra Draco ed il Prescelto.
Inconfondibili arrivarono i singhiozzi alle sue orecchie, quando mise piede nel bagno; attenta a non fare troppo rumore e dopo essersi assicurata di essere l’unico essere ancora in vita nel bagno, Matilda prese coraggio e si diresse accanto all’ampio lavatoio su cui specchio portava ancora i segni evidenti degli incantesimi scagliati dai due. Mentre perdeva lo sguardo nei frantumi dello specchio, con voce titubante la richiamò
 
-Mirtilla…per piacere, avrei bisogno di parlare con te…-
 
Il piantò si arrestò e pochi istanti dopo sentì la voce del fantasma alle sue spalle
 
-Ti riconosco…tu…tu sei sua sorella!- pigolò la presenza tra un singulto e l’altro. Matilda si voltò lentamente e fissò il fantasma che la guardava accigliata e sospettosa
 
-So che eri presente quando mio fratello ha duellato con Harry Potter, ho bisogno di sapere come sono andate le cose-
 
Mirtilla sgranò gli occhi, a dimostrazione della totale incapacità di comprendere la situazione; le fluttuò un paio di volte intorno soppesandola con circospezione, infine tornò a svolazzare davanti a lei –Avete gli stessi occhi voi due…e lo stesso colore di capelli, oh…i suoi bellissimi capelli- singhiozzò ancora una volta. Trovò il fantasma, se possibile, ancora più melodrammatico del normale; doveva essere davvero sconvolta da ciò che era successo a Draco, anche se il fratello si trovava in infermeria vivo e vegeto e forse (e Matilda si guardò bene di tenersi quel pensiero per sé) pensò che Mirtilla fosse tanto triste perché quello era purtroppo ancora in vita e non avrebbe potuto raggiungerla sotto forma di fantasma.
La giovane Malfoy fece un passetto nella direzione del fantasma –Te lo chiedo per piacere Mirtilla…ho davvero, davvero bisogno di sapere come sono andate le cose, mio fratello è chiuso in infermeria e nessuno sa dirmi molto di più di qualche voce di corridoio-
 
Il fantasma avvicinò il volto a quello di Matilda, che istantaneamente percepì un brivido di freddo percorrerle il corpo –Quel ragazzaccio! Lo ha colpito con un incantesimo terribile! Povero Draco…lui che è sempre così gentile con me!-
 
Draco gentile? Con un fantasma? L’ennesimo sospetto che qualcosa non quadrasse affatto era andato ad unirsi alla lunga lista di Matilda. Draco era un orgoglioso purosangue, non portava rispetto per i vivi, figurarsi per i morti. Ma allora per quale motivo Mirtilla avrebbe dovuto difenderlo come stava facendo?
 
-Quindi mi vuoi dire che l’ha colpito di sorpresa? Senza che Draco se ne rendesse conto?-
 
-Beh, ecco non proprio…- il fantasma fece finta di tossicchiare e poi prese a guardarsi intorno –Ma non sarebbe dovuto venire qui, io lo stavo consolando! Con me si era aperto capisci?- il tono svenevole fu accompagnato ad un gesto enfatico con cui Mirtilla portò le mani a coprire la faccia vacua
 
-Aprirsi? Perché lo stavi consolando? Cosa ti ha detto Draco?!- Matilda incalzò Mirtilla senza riuscire a mantenere la calma; finalmente sentiva di essere molto vicina al misterioso motivo che aveva portato Draco a diventare l’ombra di se stesso, ma Mirtilla si ritrasse e tornò a fissare Matilda con gli occhioni sgranati –Se lui non si è confidato con te non sarò io a tradirlo! Lui potrà sempre contare su di me!-
 
Sciocca, era stata una sciocca! Avrebbe dovuto giocarsi meglio le sue carte, invece l’essere stata così impulsiva aveva mandato all’aria l’unica occasione di sapere che cosa frullasse nella testa del gemello. A quel punto fece l’unica cosa che poteva fare, ovvero insistere sul capire come mai Harry (che fosse stato volontariamente o meno) avesse quasi ucciso Draco
 
-Te ne prego, io tengo davvero molto a mio fratello, proprio come ci tieni tu sai? Per questo devo capire…stavi dicendo che Harry non ha attaccato per primo, o sbaglio?-
 
Mirtilla tornò ad assumere un’espressione colpevole; congiunse le braccia inconsistenti dietro la schiena per poi riprendere a svolazzare davanti a Matilda –Ecco, diciamo che si sono attaccati…a vicenda. Quando Draco ha notato la presenza di quel ficcanaso nel bagno ha giustamente estratto la bacchetta; tu cosa avresti fatto d’altronde?! Lui non ha colpe!-
-Ma no, certo che no- l’assecondò Matilda, intenzionata a sfilare a Mirtilla Malcontenta il racconto maggiormente vicino alla realtà dei fatti –e poi?-
 
Rinfrancata dal sentirsi appoggiata dalla strega, il fantasma proseguì –e poi hanno cominciato ad attaccarsi a vicenda. È stato un vero disastro! Non vedi? Hanno distrutto tutto: lo specchio, la lampada, il mio gabinetto preferito!- singhiozzò per l’affronto ricevuto prima di continuare –e poi quel Potter ha scagliato quell’incantesimo: Sectumsempra!- finse di rabbrividire nel pronunciare la parola –Il caro Draco ha cominciato a fiottare sangue! Usciva dal naso, dalla bocca, dal centro del suo candido petto!-
 
Mirtilla non se ne era minimamente resa conto, ma la descrizione tanto dettagliata del sanguinamento di Draco fece girare la testa a Matilda. La ragazza dovette aggrapparsi con tenacia al lavandino per evitare di svenire, dato che proprio non poteva permetterselo: doveva capire come mai Harry fosse arrivato a quel punto –Così? Di punto in bianco Harry Potter ha scagliato questo…Sectumsempra contro mio fratello?-
 
-Ecco…ora non sono sicura di ricordare bene sai, ero così sconvolta! Ho cercato di fermarli, ma non hanno voluto darmi retta! È stato terribile…Harry Potter a terra mentre il Principe delle Serpi- Matilda storse la bocca e cercò di trattenersi, nonostante quell’appellativo pronunciato con voce tanto lasciva l’avesse sconvolta a sufficienza –gli puntava la bacchetta contro, pronto a scagliare…- ma a quel punto Mirtilla si bloccò, consapevole di essere andata troppo oltre e che, ciò che stava per dire, avrebbe infangato il suo amato (e vitale) mago dai capelli del colore dei raggi lunari
 
-Pronto a scagliare cosa?-
 
-Ma no, mi sarò sbagliata di sicuro!-
 
-Mirtilla, sono sua sorella! Non lo dirò a nessuno te lo prometto, non importa se non ne sei sicura…-
 
Mirtilla esitò lungamente prima di cominciare a stropicciare le mani –Potrei aver capito male…ma era così esasperato…insomma credo volesse scagliargli contro una…- bisbigliò con tono tetro –Maledizione Senza Perdono…la Maledizione Cruciatus!-
 
Matilda sentì il cuore sussultare in maniera anomala; Draco, il suo Draco, davvero pronto a lanciare contro qualcuno una Maledizione Senza Perdono? No, non era accettabile, sicuramente Mirtilla aveva capito male, tutta presa com’era dalla colluttazione fra i due. Ma se fosse stato realmente così? Strinse con forza il bordo del lavandino alle sue spalle e dopo aver mormorato un flebile grazie, si spinse con coraggio, attraversò la figura evanescente di Mirtilla e corse via.
Mentre si affrettava a tornare al proprio dormitorio Matilda cominciò a calmarsi, pensando che quantomeno ora possedeva una versione da poter confrontare con quella che Harry, volente o nolente, avrebbe dovuto fornirle; confronto che avvenne il giorno dopo.
Harry era costernato: Matilda lo aveva braccato fuori la serra numero due, dove si tenevano le lezioni dei ragazzi del sesto anno, ed il ragazzo non aveva potuto evitare in nessun modo quel confronto. Guardare quella ragazza così agitata ed ansiosa per le sorti del fratello gli aveva fatto salire un gran magone; nonostante infatti detestasse Draco, mai avrebbe pensato di scagliargli contro quella che si era rivelato un incantesimo mortale, che avrebbe portato il serpeverde a morire dissanguato probabilmente, se non fosse intervenuto il professor Snape. Ma Draco voleva colpirlo con la maledizione Cruciatus e di questo, Matilda, non parve affatto stupita quando lui glielo confessò; la giovane Malfoy si era limitata a guardarlo con astio, aveva preso a mordersi con cadenza ritmica il labbro ed annuiva di tanto in tanto
 
-Tu davvero non sapevi quale sarebbero stati gli effetti di quell’incantesimo? Ed hai pensato bene di testarlo su Draco?-
 
-Te l’ho detto…non stavo pensando davvero, ho solo reagito d’istinto, per difendermi. Te lo giuro Matilda devi credermi, nonostante tutto non avrei mai e poi mai rischiato tanto…-
 
Alla fine Matilda sembrò vagamente convinta da quella raffica di spiegazioni che Harry aveva utilizzato per farsi scudo. Nonostante questo i giorni seguenti la ragazza si era tenuta distante da lui, come a volerlo punire per quello che aveva fatto. Come se non fossero bastate le punizioni con il professor Snape, che lo avevano costretto a saltare la partita decisiva che vide schierati in campo Grifondoro contro Corvonero e di cui esito avrebbe decretato la vittoria o la disfatta della sua casa.
 
Fu Grifondoro a battere Corvonero, facendo crollare Serpeverde all’ultimo posto; Matilda era terribilmente abbattuta: Draco si era rimesso completamente, ma la rifuggiva come il Vaiolo di Drago, Grifondoro aveva vinto la Coppa delle Case e George aveva pensato bene di spedirle una lettera la cui apertura aveva scatenato una terribile canzone, intonata dalle voci dei gemelli, in cui spiegavano con parole scurrili ogni scabroso motivo per il quale Serpeverde era solo l’errato acronimo di SemprePerde , acronimo che George si era premurato di ricordare alla sua ragazza in calce alla lettera, era stata lei a tirare fuori erroneamente quella sera, totalmente ubriaca, mentre si avviavano alla Stamberga Strillante. Insomma George sapeva sempre come tirarle su il morale.
Con grande sorpresa di Matilda, pare che l’euforia per quella vittoria, aveva portato Harry e Ginny a mettersi insieme; fu Hermione a raccontarlo all’amica in un momento di intime confidenze; la serpeverde, che dal giorno di quella sfuriata in Sala Grande si era ben guardata dall’interagire con Ginny (orgogliosa com’era e fermamente convinta che la rossa avesse sbagliato in pieno a reagire in quel modo), aveva finalmente dato un senso alla sua reazione fuori luogo. Ci volle molto poco per riconciliarsi con lei, bastò infatti approfittare di uno dei rari momenti in cui lei ed Harry non fossero appartati da qualche parte; la trovò in biblioteca con la faccia immersa nei libri ed i capelli che ricadevano a pioggia sulle pagine, sbuffante ed agitata. Matilda mise per un momento da parte il suo orgoglio, prendendo in considerazione che Ginny si stesse preparando per sostenere i G.U.F.O. e che doveva essere molto stressata; le picchiettò la spalla prima di congiungere le braccia al petto, così che quando quella si girò pronta a cacciare un urlo contro chi l’aveva appena interrotta, subito si zittì nel riconoscere la piccola serpeverde tutta impettita
 
-Ah…sei tu-
 
Ginny divampò dall’imbarazzo e prima che potesse aggiungere qualcosa che avrebbe di certo compromesso le buone intenzioni di Matilda, quest’ultima sedette accanto a lei e le parlò con tono duro –Forza, fammi vedere per quale motivo hai la faccia spiaccicata al libro. Prima finiamo di studiare, prima potrai chiedermi scusa e potrai raccontarmi di quell’Ungaro Spinato tatuato sul petto di Harry, di cui vai raccontando in giro-
 
Ginny aprì la bocca, ma subito la richiuse per dare vita ad un sorrisetto leggero. Matilda sapeva essere insopportabilmente saccente e presuntuosa, ma sempre buona e comprensiva, pensò la più piccola dei Weasley, prima di indicarle quel passaggio sul Manuale di Pozioni che proprio le stava sfuggendo.
 
*
 
Durante una sera particolarmente calda di metà Giugno, Matilda se ne stava rannicchiata su una delle poltrone della Sala Comune e leggeva, con estrema attenzione, il Profeta della Sera. Come al solito nessuna evasione da Azkaban, di conseguenza suo padre doveva trovarsi ancora lì, pensò con amarezza prima di essere richiamata da una ragazzina paffuta del secondo anno
 
-M-m-m- Tentò la ragazzina carica di imbarazzo, che per lo sforzo di riuscire a parlare si era gonfiata e s’era fatta bella rossa. Matilda chiuse il giornale ed alzò lo sguardo per incontrare quegli occhietti scuri –Si?-
 
-T-ti vogliono f-f-fuori…m-mi hanno chiesto di d-d-dirti che è r-roba da p-prefetti- con estrema fatica, quel batuffolo di capelli color miele riuscì ad esprimersi. La giovane Malfoy le lasciò il giornale e, sospettosa, si diresse verso l’entrata dei sotterranei; quando gli occhi grigi riconobbero Ron, si fecero sottili e accigliati 
 
-Ron è successo qualcosa? Che ci fai qui a quest’ora?-
 
Il grifondoro si guardò intorno ed una volta appurato che fossero soli, si chinò molto per raggiungere l’orecchio di Matilda –Vieni, dobbiamo pattugliare la zona, questioni dell’ES-
 
Matilda cercò spiegazioni lungo il tragitto, ma Ron si limitò a balbettare qualche frase sconclusionata su Harry che aveva chiesto loro di controllare i corridoi, dato che era sicuro che Silente si sarebbe assentato, quella sera.  Le spiegazioni erano molto confuse e Matilda ne voleva sapere di più; quando Ron le chiese se sapesse dove si trovasse Draco, la ragazza si bloccò
 
-Temete che, con Silente assente, Draco possa combinare qualcosa?-
 
Ron esitò e si grattò la nuca fulva –Ascoltami, ecco è l’idea di Harry e…-
 
Alle loro spalle spuntarono Luna ed Hermione, che iniziò a dare ordini senza perdere tempo in chiacchiere
 
-Ronald, tu Neville e Ginny dovete pattugliare la Stanza delle Necessità, Matilda tu vieni con me, andremo davanti l’ufficio di Snape e…-
 
-Volete spiegarmi cosa sta succedendo?!- La serpeverde alzò la voce di molti toni. Era stufa di essere messa a parte solo per metà; con tutto quello che era successo, con tutto il coraggio che aveva tirato fuori per unirsi alle loro cause, tradendo la sua famiglia, suo fratello, le sue radici, ancora non si fidavano di lei? Pare che l’unico che volesse davvero renderla partecipe era Harry, che l’aveva informata si con tatto, ma con puntualità su ogni suo sospetto riguardante Draco. Aveva creduto a ciò che aveva detto il grifondoro nonostante avesse attaccato il fratello, si era esposta senza titubare e loro continuavano a negarle spiegazioni?
Ron si pietrificò, così Hermione afferrò con forza la mano di Matilda
 
-Hai ragione ad essere arrabbiata, ma fidati di me ti prego, ti spiegherò strada facendo. Forza Ron vai!-
 
Successe tutto molto velocemente. Le tre raggiunsero di soppiatto l’ufficio del professor Snape mentre Hermione rigurgitava nei sussurri ogni cosa che le aveva riferito Harry: il timore che con l’assenza di Silente Draco potesse attuare il piano su cui stava lavorando, probabilmente all’interno della Stanza delle Necessità, il fatto che Hogwarts non fosse affatto al sicuro e quindi il motivo per cui si trovavano a pattugliare i punti strategici. A Matilda girava la testa perché se la sua parte razionale accettava per buone quelle supposizioni, il suo cuore non voleva credere che Draco stesse combinando qualcosa di davvero grosso e pericoloso, che avrebbe messo a rischio l’incolumità sua e di tutta Hogwarts.
Dopo un lasso di tempo non meglio precisato, passato davanti all’ufficio di Snape senza che accadesse nulla, Matilda si fece guidare dall’istinto
 
-Voi rimanete qui, io devo andare a controllare una cosa-
 
-Matilda aspetta! Dobbiamo rispettare i piani, dobbiamo…- Ma Matilda era già schizzata via, abbandonando le due ragazze in quel corridoio semi buio. Sentiva un gran rimbombare nel petto mentre percorreva scale e corridoi; incontrò il professor Vitious che imboccava la direzione da cui stava arrivando con passo celere, sembrava molto agitato e non si soffermò affatto ad ammonirla per essere in giro a quell’ora così tarda. Matilda continuò la sua corsa verso l’ingresso alla stanza delle necessità, quando un gran rumore rimbombò per il corridoio ed una spessa coltre nera le impedì di vedere cosa stesse succedendo. Non riuscì a fare altro se non estrarre la bacchetta tentando di richiamare la luce, ma ogni tentativo fu vano; sentiva lamenti, percepiva incantesimi fiottare da un lato all’altro, urla di dolore tuonavano nelle sue orecchie. La giovane Malfoy si ritrovò in un totale stato di panico: tentava di evitare incantesimi e maledizioni e cercava di farsi strada verso voci riconoscibili, quando impattò contro qualcuno che, fortunatamente, riconobbe essere Tonks
 
-Cosa succede?!- urlò aggrappandosi al braccio della cugina, che riconoscendola si divincolò per stringerle le spalle con un braccio
 
-Stai giù! Ci sono i Mangiamorte!- Gridò l’auror mentre tentava di respingere gli incantesimi. Ma Matilda non si fece da parte; strinse con vigore la sua bacchetta d’ebano e cominciò a dare manforte a Tonks come meglio poteva, ma quel buio le impediva di lanciare incantesimi senza rischiare di colpire qualcuno dei suoi.
Il tempo scorreva veloce fra lampi rossi e verdi e dopo tanto faticare, Matilda riuscì ad uscire da quella spessa nuvola nera. Riconobbe finalmente qualcuno, come Ron che si stava rialzando a fatica e Ginny, contro la quale dei maghi che non aveva mai visto, continuavano a scagliare fatture e maledizioni; Matilda fiancheggiò la grifondoro, si mosse velocemente a compiere un incantesimo scudo che evitò alla ragazza una brutta ferita e con estrema fatica proseguì a lanciare ogni genere di incantesimo per disarmare od immobilizzare i nemici. Uno schiantesimo la colpì alle spalle e la fece sobbalzare contro le scale che conducevano alla torre di Astronomia, ma all’altezza del primo gradino fu balzata nuovamente all’indietro e crollò addosso a Remus, il quale riuscì ad attutire il colpo. Sentiva un forte dolore in tutto il corpo, ma tentò di ignorarlo; i suoi occhi grigi fluttuavano intorno a lei: riconobbe con orrore Bill steso a terra, con il volto spaventosamente deturpato e Neville che si teneva in piedi a stento. Andò avanti a battersi con le poche forze che le rimanevano e per un attimo si chiese se avrebbe incontrato suo padre o Bellatrix, in mezzo a quel mucchio di maledetti seguaci di Lord Voldemort. Si rasserenò appena quando ricordò che suo padre doveva ancora trovarsi ad Azkaban, eppure sentì il sangue gelarsi nelle vene, nel momento in cui con la coda dell’occhio intravide un fluttuare di capelli chiari, stemma fedele della sua famiglia.
Volse di scatto il volto e riconobbe Draco, che veniva spinto dal professor Snape e superava lo scontro con passo molto affrettato. Ancora una volta seguì l’istinto: evitò per il rotto della cuffia un paio di maledizioni che la trattennero più del dovuto e per poco non perse di vista il gemello e Snape; si lasciò le grida alle spalle, corse seguendo la strada imboccata da Draco e quando finalmente lo vide nuovamente, si fermò di botto
 
-Draco…Draco!- urlò con tutta il fiato che possedeva. Sentiva i capelli incollati alla faccia, il braccio destro particolarmente dolorante ed un sottile sapore metallico in bocca, eppure nulla era più importante di capire, davvero, quale fosse il ruolo del fratello in quella battaglia che, brutale, stava colpendo la scuola.
Nel sentire quella voce Draco si bloccò e si voltò: lontana di una ventina di metri vide la sorella. Gli occhi impattarono con quelli di lei e, seppur lontana, Draco riconobbe sulla gemella i segni inconfondibili di chi aveva appena duellato duramente. Il terrore lo attanagliò, non riusciva a muovere un passo né in una direzione né nell’altra; l’unica cosa che riuscì a fare fu perdersi in quegli occhi identici ai suoi che lo fissavano sconvolti e spaventati
 
-Muoviti Draco!- La voce di Snape lo destò, assieme alla mano dell’uomo che lo strattonava per tirarlo via. Ma come avrebbe potuto abbandonare la sorella? Non avrebbe dovuto trovarsi lì! Doveva stare nel suo dormitorio, lontana da quella battaglia, lontana dai Mangiamorte che avrebbero potuto ucciderla.
Proprio nel momento in cui Matilda mosse dei passi per raggiungerlo, una forte esplosione la colse alle spalle: un rumore assordante, il fumo, frammenti di una parete esplosa avvolsero il corpo della gemella che fu inghiottita da quel fragore
 
-No…no! Matilda!-
 
Ma Draco non riuscì a divincolarsi dalla stretta di Snape, che con tenacia lo trascinò via, portandolo lontano da lei, fagocitata dalla nuvola di polvere.
 
 
 
Voglio fare una piccola precisazione per i più puntigliosi (io vi capisco, sapete!): gli ingredienti per la pozione Rimpolpasangue sono quelli elencati, ma ai fini della storia ho inventato il procedimento della preparazione, non avendolo trovato da nessuna parte.
Inoltre per la fretta (non ho saputo resistere) anche questo capitolo non è stato sottoposto a nessuna revisione, quindi spero risulti mediamente decente anche così.
Finalmente (beh, non è che io ne sia poi tanto entusiasta) siamo arrivati a questo drammatico momento. Ho faticato non poco per intrecciare la trama senza distruggerla totalmente e spero davvero di aver fatto un lavoro non proprio schifoso.
Basta, tutto qui. Già ho sofferto non poco a scrivere questo capitolo, quindi evito ogni genere di commento.
Al solito spero solo vi sia piaciuto, seppur non sia munito di quell’elemento leggero che, più o meno a cadenza regolare, libera almeno un po’ i miei capitoli dallo Spleen.
 Mi rimetto a voi!
 

 

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Capitolo 30
*** Tutti i miei sbagli ***


Revisione: Pygmipuff
 
CAPITOLO XXIX
Tutti i miei sbagli
 
“Draco, aspettami! Aspetta!”
 
“Sbrigati Mati! Lo perderemo se continui ad andare così piano!”
 
“Ma io non ce la faccio…mi sento tanto pesante…Draco!”
 
La piccola figura del fratellino le da le spalle e corre trafelata verso la grande siepe, che divide il giardino di Villa Malfoy dal fitto bosco, oltre il quale si trova quell’ampia radura in cui vanno spesso a giocare. Ma il cielo si è fatto grigio ed una tempesta furiosa si sta per abbattere su di loro. Matilda la sente nelle ossa e ancora più dentro, fino al cuoricino che batte fortissimo. Ogni passo che muove muta in vera agonia; sente freddo e paura; tanta, tanta paura
 
“Non ce la faccio a raggiungerti…torniamo indietro! Il temporale…sta per arrivare il temporale…”
 
Il fratellino viene fagocitato dalla siepe come per magia. Si sente sempre più stanca, ma non demorde e lo segue in quella che percepisce come una pura follia.
Finalmente arriva alla siepe, su cui si lancia dopo aver preso un ampio e profondo respiro; i rami e le foglie le fanno spazio, ma lei arranca a fatica. Dove è finito Draco? Lo avrà mangiato la natura selvaggia? Un ronzio arriva piano alle orecchie mentre cerca di trovare la via per scavallare la siepe e più ci prova, più il ronzio si fa forte e fastidioso, fino a diventare un fischio sempre più acuto.
Eppure ce la fa, finalmente è sbucata dall’altra parte. Si guarda le manine tutte graffiate e piano le passa sul viso pallido, mentre gli occhi curiosi e timorosi guizzano in ogni dove alla ricerca del fratellino scomparso. Ma ecco che lo scorge! Gli corre incontro e si aggrappa alla vita di quel bambino che si è fatto ormai adulto, che ancora le da le spalle e se ne sta lì, immobile
 
“Vieni via con me Draco…ho paura qui…la pioggia…”
 
Draco si volta d’improvviso e lei sussulta nel vedere quel volto che non riconosce, così scavato e deformato dalla rabbia, che si china su di lei come la tempesta ed urla
 
“Arrivano i Mangiamorte!”
 
 
Sgranò gli occhi ed ansimò come fosse appena riemersa da una lunga apnea, ma subito, appesantite, le palpebre si richiusero dopo il grande ed incondizionato sforzo
 
-Non farlo mai più!-
 
Non sentiva più nessun fischio, solo un vociare sommesso e su tutti, quella voce tanto vicina che sembrava proprio stesse ammonendo qualcuno. Trovò la forza di riaprire gli occhi solo quando sentì per la seconda volta la voce rivolgersi, questa volta, specificamente a lei
 
-Sono serio Matilda! Farmi prendere questo spavento…non farlo mai più!-
 
Riuscì finalmente a mettere a fuoco la persona china su di lei. La prima cosa che riconobbe furono le lentiggini che decoravano il viso, poi la sua bocca grande che, schiusa, lasciava intravedere gli incisivi dritti e candidi. Infine lo sguardo fluttuò per incontrare gli occhi caldi di George che la fissavano con un’apprensione che non aveva mai e poi mai scorto nel ragazzo; forse stava ancora sognando, eppure Matilda era convinta che quelli si fossero fatti lucidi, come se il ragazzo stesse trattenendo con sforzo le lacrime. Le venne spontaneo accennare un sorriso e muoversi in avanti per accaparrarsi un bacio, ma appena mosse il collo, una fitta lancinante le trapassò le tempie, facendola mugugnare di dolore
-Ahia…che male…-
 
-Non devi muoverti! Sei ridotta uno straccio! Ma sei viva…benedettissimo Godric, sei viva!-
 
-Non così vicino!- Tuonò una voce acuta alla destra di Matilda, che riconobbe essere quella di Madama Chips. La donna scacciò George con una mano facendolo barcollare all’indietro e poi rivolse un candido sorriso a Matilda –Ti rimetterò in piedi in men che non si dica cara, devi solo portare un po’ di pazienza e lasciare fare a me-
 
-Ma cosa è successo…?Mi sento come se mi fosse crollata addosso tutta Hogwarts…- borbottò con un filo di voce
 
-Beh, proprio tutta Hogwarts no, ma una bella parete si!- Ora un’altra voce si era rivolta a lei: era Fred che, assieme al gemello, si erano fatti nuovamente vicini al lettino su cui era sdraiata la ragazza
 
-Troppe persone in questa infermeria, i ragazzi hanno bisogno di riposare!-
 
A nulla valsero le proteste di Madama Chips; George si era preso una sedia e si era piantato accanto a Matilda con le braccia incrociate e fissava la donna con aria placida –Mi sposti pure se pensa di riuscirci-
 
Madama Chips borbottò risentita, così si allontanò dalla vista di Matilda che, con estrema fatica, la seguì con lo sguardo. Sgranò gli occhi quando riconobbe al suo fianco il lato del volto deturpato di Bill, ora ricoperto di uno strano unguento
 
-Bill…- tentò Matilda, eppure un’altra fitta la fece ammutolire
 
-Si è svegliata! Che Merlino sia lodato, bambina mia!-
 
La voce di Molly aveva dato il via ad una corsa intorno al letto di Matilda, che in un solo batter di ciglia si era ritrovata circondata dai coniugi Weasley, Ron, Tonks, Hermione, Ginny, Remus Lee e Daphne. Quest’ultima si fece largo fra tutti posizionandosi dietro George, ancora seduto con aria crucciata, naso rosso e braccia conserte; Matilda scorreva i presenti senza capire bene cosa stesse accadendo, ma era certa di cogliere più di un paio di occhi lucidi che la fissavano, prima fra tutti proprio quelli della sua amica Daphne, che la guardò con le sopracciglia aggrottate ed il labbro tremolante, prima di scoppiare
 
-Ci hai fatto prendere un accidente! Abbiamo temuto il peggio! Cosa ti è saltato in mente, eh?! Allontanarti da sola in mezzo a quella baraonda! Questo non me lo dovevi fare!-
 
-Esattamente ciò che ho detto io- la appoggiò George che aveva preso a tirare su con il naso
 
-Ora smettetela, tutti e due! Non vedete che si è appena ripresa?- La voce di Hermione giunse salvifica
 
-Già, fatela finita!- continuò Ron, sputacchiando pezzetti di cioccorana, cosa che gli costò un’occhiataccia da parte di Hermione ed una gomitata da Ginny
 
-Cara, cara bambina…- Molly cominciò a soffiarsi il naso con un grazioso fazzoletto turchese –I miei ragazzi…- Continuò singhiozzando
 
-Su Molly cara, si rimetteranno, vedrai…- Arthur concesse delle delicate pacche sulle spalle alla moglie
 
-Qualcuno potrebbe spiegarmi cosa…- Matilda cercò di farsi strada con la sua vocina acuta, che percepì un po’ roca e sommessa, ma un gran rumore ne sovrastò il tentativo: Hagrid troneggiò dietro al gruppo mentre si soffiava il naso con un fazzoletto molto più grande di quello della signora Weasley (più simile ad una tovaglia, in realtà) e cominciò a balbettare con gli occhioni puntati su la piccola serpeverde
 
-La mi-mia studennntessa più b-brava!- singhiozzò –M-maledetti loro!-
 
-Hagrid non ti ci mettere pure tu! Non vedi che è viva?- Questa volta fu Tonks a parlare la quale, dopo aver rimbrottato il mezzo gigante, rivolse un gran sorriso alla cugina –Però è vero che ci hai fatti spaventare…-
 
-Ma io vorrei sapere cosa è successo…che ore sono…- Questa volta Matilda tentò persino di tirarsi su con grande sforzo
 
-Ha bisogno di riposare!- Gridò di nuovo Madama Chips, ignorata per l’ennesima volta da tutti. George afferrò un fazzoletto fornitogli da Fred, si strofinò il naso con aria molto infastidita, così aiutò Molly a sistemare dei cuscini dietro la schiena di Matilda, in modo che la ragazza potesse quantomeno poggiarsi allo schienale della brandina
 
-Fai piano…sono le sette del mattino- Rispose serioso il ragazzo –Ora ti spieghiamo tutto…ma tu non fare sforzi inutili-
 
-Bill…come sta Bill? E dov’è Harry e…- un lampo squarciò la sua mente: d’improvviso il ricordo nitido del volto del fratello la fece sussultare –Draco!- urlò con quel poco di fiato che aveva –Dov’è Draco?! George, Hermione!-  il panico cominciò ad impossessarsi di lei quando si rese conto che, nel nominare il fratello, tutti si erano fatti d’improvviso seri e silenziosi
 
-Bambina ti devi calmare, hai la testa fasciata che si tiene su per miracolo, nel caso non te ne fossi accorta- George tentò di sdrammatizzare e dopo che gli occhioni grigi tornarono a puntare i suoi, il ragazzo si rivolse agli altri –potete lasciarci soli? Remus se tu potessi rimanere invece…-
 
-Certo- rispose con un sorriso stanco l’uomo. Tutti gli altri si allontanarono per modo di dire, nel senso che traslarono dal letto di Matilda a quello di Bill, mantenendo sull’attenti l’udito. Matilda si tastò la testa coperta da uno spesso strato di garze; probabilmente era molto buffa con quella sorta di turbante in testa, pensò con amarezza. Remus prese una sedia e sedette dall’altro capo del letto, così che Matilda fece rimbalzare lo sguardo da George a lui
 
-Ditemi che non è…-
 
-Draco è vivo, di questo puoi stare tranquilla. Il problema non è la sua incolumità- Remus mantenne il solito tono rassicurante –purtroppo tuo fratello, questa notte, è riuscito a far penetrare i Mangiamorte ad Hogwarts-
 
L’uomo raccontò con attenzione e cura ciò che era successo. La informò dell’armadio svanitore aggiustato da Draco, che aveva permesso il collegamento da Borgin e Burkes alla Stanza delle Necessità; con cautela proseguì rivelando l’amara verità: era stato Draco la causa che aveva portato Katie Bell ad essere ricoverata per mesi al San Mungo, come era stato lui a far recapitare l’idromele avvelenato al professor Lumacorno, utilizzando in entrambi i casi Madama Rosmerta, guidata dalla Maledizione Imperius. Purtroppo i pezzi del puzzle andarono tutti al loro posto con drammatica compostezza. Draco era riuscito nel suo intento, ovvero quello di invadere Hogwarts con i fedeli Mangiamorte, prima di poter raggiungere la Torre di Astronomia, dove aveva colto Silente apparentemente solo, allo stremo delle forze
 
-Non può essere, non può…- Matilda portò la mano a coprirsi la bocca. Era stata una vera stupida, incapace di capire cosa stesse davvero combinando Draco –ma…Silente, lui…-
 
George afferrò la mano libera della ragazza e la strinse appena, mentre Lupin, dopo un lungo momento di esitazione, mormorò –è stato ucciso Matilda…ma non è stato tuo fratello, nonostante quello fosse il compito che…Lord Voldemort gli aveva assegnato. Snape lo ha fatto al posto suo. È stato lui…-
 
Sentì il corpo pietrificarsi.
Silente era morto.
Draco doveva ucciderlo, Draco aveva permesso che quello accadesse
 
-Ascoltami Matt- fu George a prendere la parola, tentando di attirare l’attenzione della ragazza che non era riuscita a fare altro, se non cominciare a tremare come una foglia
 
-Harry…lui era presente. Era nascosto dal mantello dell’invisibilità e Silente ha fatto appena in tempo a pietrificarlo…per questo è stato colto alla sprovvista quando Draco l’ha disarmato…calmati ti prego-
 
Il tremore aumentò a dismisura, così che Matilda dovette fare dei grandi respiri, sotto consiglio di Remus, per non crollare in stato di iperventilazione. Appena riuscì a calmarsi almeno un po’, George proseguì –Harry ha sentito Draco dire che avrebbe dovuto farlo, oppure Tu-sai-chi avrebbe…ucciso tutta la sua famiglia- George esitò, come se avesse messo in bocca qualcosa di molto amaro  -è stato costretto, lo avrebbe fatto per difendervi…ma Harry ha assicurato che Draco stava abbassando la bacchetta subito prima dell’arrivo dei Mangiamorte e…di Snape-
 
Matilda perse lo sguardo davanti a sé -Quindi Harry aveva ragione- si limitò a dire con voce stranamente calma –Mio fratello è diventato un Mangiamorte. E io non me ne sono accorta- concluse infine, mentre lo sguardo grigio teneva d’occhio un punto indefinito
 
-Io penso che Draco sia stato obbligato ad eseguire i piani di Tu-sai-chi- Remus adottò ancora una volta un tono molto delicato, eppure Matilda spostò gli occhi appiattiti da un velo di lacrime su di lui e la rabbia che aveva preso possesso di lei fu evidente all’uomo –Obbligato? Poteva…poteva rifiutarsi. Sarebbe stato più dignitoso morire! Un Mangiamorte Remus…quale vita credeva lo avrebbe aspettato, eh?!-
 
Fu George ad intervenire, posando cautamente una mano sulla piccola spalla ricurva –Tu-sai-chi non avrebbe esitato ad uccidere lui, ad uccidere tuo padre, tua madre…e poi avrebbe cercato te…tesoro lo capisco che sei sconvolta e l’ultima cosa che vorrei fare è difendere Draco, ma cerca di ragionare-
 
Gli occhi della ragazza rimbalzarono ancora una volta su George –Ragionare? Mio padre…quell’uomo non si merita la vita, è colpa sua se siamo ridotti così, è colpa sua se Draco si è macchiato di quelle colpe! E mia madre…mia madre lo ha sempre appoggiato!- era evidente che stava cominciando a perdere la ragione –e se a Draco fosse importato qualcosa di me avrebbe fatto in modo di evitare questa catastrofe…non c’è onore in quello che ha fatto George, è solo tutto…uno schifo-
 
Ancora una volta fu Lupin ad intervenire per placare la ragazza -Quello che è successo è terribile, hai ragione, ma io non credo che Draco abbia avuto altra possibilità. E soprattutto sono convinto che non avrebbe mai voluto ti accadesse questo, probabilmente non si aspettava che potessi trovarti proprio lì. Sono stati due Mangiamorte, due fratelli a far scoppiare la parete che ti è crollata addosso…sono arrivati alle tue spalle e, a detta di Harry, Snape ha trascinato via Draco…non ha permesso che lui rimanesse ad Hogwarts. Non ti chiedo di perdonare tuo fratello, ma credo che per buona pace del tuo animo devi tentare di capire i suoi ragionamenti-
 
Probabilmente Remus aveva ragione, pensò con scarsa lucidità Matilda, ma il pensiero di quello che era successo, il dolore lancinante che la martellava con costanza, l’idea che Albus Silente non ci fosse più, la feroce ipotesi che qualcun altro sarebbe potuto morire per mano dei Mangiamorte la stavano facendo impazzire. Guardò con disattenzione Fleur entrare in infermeria carica di piccoli barattoli contenenti sostanze di strani colori, che quasi fece cadere quando si rese conto che lei fosse sveglia. Si avvicinò alla brandina e cominciò a ringraziare una lunga sfilza di maghi per il fatto che fosse viva, ma Matilda non la stava davvero ascoltando. L’unica persona che riuscì a riportarla davvero alla realtà fu Harry, entrato in infermeria poco dopo Fleur. Il ragazzo si avvicinò: i suoi occhi contenevano dolore, rabbia e tanta disperazione, ma si sforzò moltissimo di sorriderle. Remus lasciò la sedia ad Harry che sedette ed incurvò la schiena nella sua direzione
 
-Per fortuna che sei viva- le disse con sincerità.
E a quel punto Matilda scoppiò a piangere fra le braccia del ragazzo, mentre un fiume di scuse cariche di tanto dispiacere, singhiozzavano dalla sua bocca.
 
 
Finalmente Madama Chips era riuscita ad allontanare tutti tranne George, che non aveva la benché minima intenzione di spostarsi dal capezzale della ragazza. Furono lui e Molly a somministrare a Matilda le pozioni che avrebbero rigenerato in fretta le fratture, unite alla pozione Rimpolpasangue di cui aveva davvero bisogno. Di tanto in tanto Hermione si avvicinava di soppiatto per assicurarsi del suo stato e Daphne, che non voleva essere da meno, sfidava Madama Chips con brutte parole che strappavano qualche sorriso a Matilda. Circondata da premure, la ragazza passò i tre giorni seguenti in quel lettino fra la veglia ed il sonno, sempre confuso e perverso. Non la smetteva di fare incubi ed ogni volta che si svegliava sperava che quanto accaduto facesse parte di quei brutti sogni che non la lasciavano dormire in pace. Quantomeno George era quasi sempre presente; la sera tornava sfinito al piccolo appartamento ad Hogsmeade e quando Matilda apriva gli occhi lui era di nuovo al suo fianco, magari a chiacchierare e fare battute con qualcuno, talvolta con il naso immerso nella Gazzetta del Profeta
 
-Buongiorno Lemonsoda, come andiamo oggi?- nonostante gli occhi infossati in spessi cerchi rossastri George non perdeva mai il sorriso; persino quel giorno, in cui si sarebbero tenuti i funerali di Silente, il ragazzo mostrava buonumore
 
-Ma sei sempre qui? Che noia…- mugugnò Matilda, con la voce impastata di sonno ed un sorriso accennato
 
-Cosa hanno udito le mie orecchie? Era forse un tono scherzoso quello? Godric sia lodato, ti stai riprendendo!-
 
-Mmm…già. Ho bisogno di alzarmi…-
 
Anche se Madama Chips era convinta che avrebbe dovuto riposare per qualche altro giorno, Matilda non aveva voluto sentire ragioni, facendosi scudo con la scusa di essere ormai maggiorenne e di essere in grado di decidere per se stessa. George la accompagnò per i corridoi dove, con pazienza, la aiutò a sgranchire le gambe ed infine la affidò alle cure un po’ troppo premurose di Daphne, che aveva preteso di aiutarla a lavarsi e prepararsi per il funerale. Rimise quindi piede nella sua sala comune e la cosa le costò un gran tuffo al cuore: la stanza era quasi deserta, segno che la maggior parte degli studenti della sua casa erano stati portati via da Hogwarts, inoltre inevitabile arrivò ancora una volta il pensiero del fratello; quando incrociò lo sguardo di Tiger e Goyle si affrettò a distoglierlo e, con una punta amara, chiese a Daphne di accompagnarla al dormitorio, dove ad aspettarle c’era Astoria, con una faccia tanto smunta da sembrare un’altra. Strano ma vero, la ragazza non era mai passata a trovarla in infermeria, adducendo ogni volta una scusa diversa e beccandosi le sonore ramanzine di Daphne, che non tollerava dalla sorella quell’atteggiamento, non nei confronti di Matilda quantomeno, che a detta sua si meritava di non essere ignorata dopo tutto quello che era successo.
Matilda sorrise a fatica appena vide la ragazza scattare in piedi ed avvicinarsi a loro
 
-Come ti senti? Ti sei rimessa? Per quanto tempo dovrai prendere le pozioni? Quante ne ha prescritte Madama Chips?- Astoria aveva preso a parlare a ruota libera, sembrava divorata dall’ansia, o almeno a Matilda balenò l’idea che l’amica stesse vomitando domande per non chiederle la cosa più importante: notizie su Draco. Aveva capito, infatti, che negli ultimi tempi la più piccola delle Greengrass si fosse in qualche modo avvicinata al fratello, quindi risultò probabile alla sua mente provata che per Astoria, quello che era accaduto, fosse stato un fulmine a ciel sereno
 
-Aiutami, andiamo al bagno ad assisterla, alle domande c’è sempre tempo per rispondere-
 
Daphne risultò molto dura. Aveva perso quell’aria altezzosa e perennemente annoiata che la distingueva, a seguito di quella maledetta notte; Lee era stato costantemente con lei in infermeria ed aveva tentato, con scarso successo, di distrarre le ragazze assieme all’aiuto di Fred, in quanto anche George aveva dimostrato serie difficoltà a scherzare come suo solito, seppure ci avesse ampiamente provato. Eppure Daphne non aveva fatto altro che correre da una parte all’altra dando molto fastidio a Madama Chips, nonostante la ragazza avesse impiegato tutte le sue energie per rendersi utile in qualche modo. Ed anche con la sorella più piccola non era stata da meno: non aveva fatto altro che sgridarla, scuoterla, chiedendole di rendersi utile anche lei invece di starsene rintanata dentro la loro sala comune
 
“Se proprio devi stare così sarà meglio che te ne torni a casa! Tanto i nostri genitori non vedono l’ora di tirarci fuori di qui! Oh ma con me si possono mettere anche l’anima in pace, io lì non ci torno!”, così si era sfogata la sera precedente con Astoria, prima di crollare sul proprio letto. Ma Astoria, al contrario, non ce l’aveva fatta a reagire in alcun modo. Mentre scuotevano le bacchette per aiutare Matilda a spogliarsi, lavarsi e quant’altro, la mora perse lo sguardo sul corpicino provato dell’amica, coperto ancora da grossi lividi e fasciature magiche, che ricollocarono con cura al loro posto una volta uscita dalla vasca da bagno. Di solito la parlantina di Daphne copriva i silenzi di Astoria, ma proprio per il cambiamento repentino della sua amica, Matilda aveva fatto caso al viso intriso di tristezza della più piccola e, mentre si rivestiva a fatica, si rivolse a lei senza guardarla, per evitare di metterla in soggezione
 
-Quindi siamo rimasti in pochi…se ne è andato anche Blaise, suppongo-
 
Astoria annuì –C’è stata una gran fuga…alcuni sai, dicono che non faranno affatto ritorno il prossimo anno, sempre che la scuola non venga chiusa dopo...beh, dopo quello che è successo-
 
-Non avere paura di nominarlo- borbottò Matilda mentre tentava di chiudere i capelli in uno chignon composto, fortunatamente aiutata dalla più esperta Daphne –Solo che ora non riesco proprio a parlarne, fa ancora troppo male- deglutì, poi tacque. A quel punto Astoria la abbracciò con accortezza, senza riuscire a trattenere le lacrime
 
-Mi dispiace tanto Matt, davvero tanto-
 
-Lo so- sospirò Matilda, concedendole l’abbraccio –Dispiace anche a me-
 
*
 
Albus Silente era stato seppellito ad Hogwarts, accanto al Lago Nero, secondo le sue volontà. Il funerale si era tenuto al tramonto e maghi e streghe molto importanti si erano riversati lì, per dare all’uomo un ultimo saluto. Il Ministro era accompagnato dagli auror e da Percy Weasley, che si era tenuto ben lontano da tutta la sua famiglia; Matilda ignorò accuratamente lo sguardo del Ministro, perché proprio non ne voleva sapere di ricevere domande riguardo a suo fratello, certa che se fosse capitato, Rufus Scrimgeour l’avrebbe di certo incalzata. Sirene e Tritoni cantarono una triste nenia in marino, i Centauri scoccarono frecce dal confine della foresta, per poi rintanarsi nell’immediato fra la fitta vegetazione. La preside di Beauxbatons era accanto ad Hagrid e al suo fratellastro Grop, un gigante di media statura (per essere un gigante) che tentava di consolare Hagrid che non la smetteva di piangere.
La morte di quell’uomo, di quel grandissimo mago, aveva condannato molti all’oblio, anche se una buona parte di maghi sembrava non rendersene conto e probabilmente si erano ritrovati lì solo per mera rappresentanza; eppure lo sconforto e l’incertezza e, prima su tutte, la paura, erano sensazioni tangibili. Quando buona parte dei presenti cominciò a disperdersi, Matilda si fece aiutare da George e a fatica si avvicinò a Remus e Tonks, i cui capelli avevano finalmente riacquistato un bel tono rosa acceso. Pare infatti che il motivo per il quale la ragazza si fosse avvilita molto nell’ultimo anno, altro non fosse che l’amore non corrisposto da parte del suo ex professore di Difesa contro le Arti Oscure; l’uomo aveva lottato duramente contro quell’unione, convinto che la differenza d’età e la licantropia da cui era affetto erano motivazioni sufficienti per non dare adito a quella relazione. Ma alla fine aveva vinto Tonks, per cui Remus era stato costretto a cedere a quell’amore che tanto aveva respinto
 
-Come ti senti?- le chiese Tonks stringendole le spalle con un braccio
 
-Bah…ora meglio, anche se è come fossi uscita da un feroce incontro con il Platano Picchiatore-
 
Remus tirò un sorriso, al contrario di George e Tonks che iniziarono proprio a ridersela –Hai la stoffa dell’auror, proprio come me!-
 
Anche Matilda si fece trascinare da quella risata così limpida, mentre si stringeva intorno al braccio della cugina per beccarsi da lei un po’ di coccole
 
-Senti…Remus ed io ne abbiamo parlato- Tonks lanciò un’occhiata all’uomo prima di tornare a guardare Matilda, ancora stretta a lei –abbiamo deciso di prendere un piccolo appartamento insieme, ma tu sei la benvenuta…puoi trasferirti con noi, che ne dici?-
 
Matilda sgranò gli occhi, proprio non si aspettava un’offerta come quella; nonostante tutto quello che era successo, la ragazza aveva trovato una vera famiglia in Tonks ed i suoi genitori, proprio come era successo con la famiglia Weasley, che l’aveva accolta come fosse una figlia. Non riuscì a trattenere un grande sorriso, ma la voce di George al loro fianco bloccò sul nascere la sua risposta
 
-Pensavo che saresti venuta a vivere da me…ecco, ora che sei maggiorenne-
 
Matilda cominciò a tossire
 
-George, forse è troppo rischioso, Matilda è molto esposta in questo momento, sarebbe meglio che avesse protezione maggiore- proseguì cautamente Remus Lupin
 
Matilda cominciò a colpirsi sul petto, ma pare che i tre ignorassero quell’attacco di tosse
 
-Già, sarebbe più al sicuro da noi, non trovi? E poi abbiamo visto un appartamento davvero carino, è piccolo ma ha una stanza in più! Certo non sarà la sua magione piena di elfi…- proseguì Tonks
 
Matilda richiamò un bicchiere e si versò dell’acqua che cominciò a trangugiare con avidità
 
-Secondo voi sarebbe più al sicuro con voi, che siete esposti tanto, se non più di lei? Avete visto che cosa le è successo?! Io non la lascio sola!- George iniziò a gesticolare animatamente
 
-Questo è vero, ma siamo più esperti George, dovesse accadere qualcosa sapremmo come difendere lei e noi stessi- Remus mantenne il suo solito tono controllato, tentando di gestire gli animi infervorati della compagna e del ragazzo, mentre al modesto gruppetto si aggiunsero Molly ed Arthur
 
-Si è fatto tardi buon Merlino, dobbiamo andare! Matilda cara stai bene?- Arthur concesse dei colpetti sulla schiena della ragazza, finalmente qualcuno sembrava preoccuparsi della sua reazione
 
-Stavamo discutendo sulla sistemazione di Matilda, con quello che è successo credo sia importante capire cosa è meglio per lei ora!- Intervenne Tonks
 
-Matilda verrà alla Tana con noi, è ovvio! Potrà sistemarsi in stanza con Ginny fino al matrimonio e poi avrà la stanza dei gemelli tutta per sé- Disse Molly con un tono che non sembrava ammettere repliche
 
-E questo chi lo avrebbe deciso scusa?!- chiese George con fare molto alterato, mentre assieme a tutti gli altri si avviavano verso l’ingresso di Hogwarts, tra cui Matilda che tentava di attirare l’attenzione degli altri, con scarsissimi risultati
 
-Di che si parla?- Fred si aggiunse al gruppo che defluiva verso l’entrata
 
-Di dove andrà a vivere Matilda- risposero in coro tutti gli altri, così Fred spostò lo sguardo sulla piccola strega ancora tutta rossa per quel tanto tossire –Che c’è, nessuno vuole una Malfoy in casa?-
 
-Proprio il contrario…- borbottò Matilda, felice che qualcuno le desse ascolto –pare che a nessuno interessi la mia opinione-
 
Di fatto sembrava proprio così; i signori Weasley, Tonks, Remus e George continuavano a discutere su cosa fosse o non fosse meglio per lei, mentre Fred e Matilda guardavano la scena con tanto d’occhi, così Fred si rivolse alla ragazza stando bene attento a farsi sentire dagli altri
 
-E tu? Che cosa vorresti fare?- chiese con semplicità. Quella semplice domanda attirò l’attenzione di tutti, che ora guardavano la ragazza stropicciarsi lo chignon
 
-Beh, prima di tutto dovrei recuperare Juno…mi accompagni George?-
 
Calmatosi un po’, George annuì e con Matilda si avviò verso la guferia. Mentre la ragazza carezzava Juno e le concedeva degli stuzzichini per calmarla prima di metterla nella gabbietta, prese coraggio e parlò tenendo lo sguardo sulla civetta –Non mi avevi parlato dei tuoi…progetti. Insomma mi sembra una cosa abbastanza importante, decidere di…-
 
Anche George si accostò per carezzare la testolina di Juno, anche se la civetta gonfiò il piumaggio appena il ragazzo le si avvicinò –Sempre simpatica…- storse la bocca in un sorriso, prima di continuare con tono imbarazzato –Scusami Matt…io non lo so, lo davo…per scontato ecco; me la sono fatta addosso quando ho saputo quello che ti era successo e…- riuscì finalmente a carezzare la civetta senza che questa lo ringraziasse con affilate beccate –quando ho capito che saresti potuta…-
 
-morire- lo aiutò lei
 
-Si, morire…beh mi sono sentito incastrato, sommerso in un lago di melma, insomma la sola idea di perderti mi ha massacrato- George allontanò la mano da Juno, cautamente strinse le spalle di Matilda e si chinò in avanti per poterla guardare dritto negli occhi –Mi sono sentito davvero infelice per la prima volta in tutta la mia vita e quando mi sono reso conto che non c’era nessun Dissennatore nei paraggi pronto a darmi un bel bacio, allora ho capito che tutta quell’infelicità veniva da me, dal fatto che non avrei accettato l’idea che ti possa accadere qualcosa di brutto, senza che io sia vicino a te a tentare di impedirlo-
 
-George…-
 
-Ma lo capisco, davvero. Non ho pensato che magari a te potesse non andare bene di vivere…insieme. Io sono un casino, sono disordinato, mangio quando ne ho voglia, dormo al bisogno, vivo con Fred ed immagino che condividere gli spazi con due ragazzi non sia proprio il massimo…-
 
-George-
 
-Ora che mi ci fai pensare è stata proprio un’idea stupida. Non ci dovevo nemmeno pensare! Solo che…sarebbe bello sai, lasciare tutto e godersi l’inganno che tutto stia andando per il verso giusto, che non ci sia nulla pronto ad inghiottirci, a farci soffrire. Che tutto vada bene fin quando ci siamo noi, fin quando ci sei tu nel letto vicino a me e che se mi dovessi svegliare d’improvviso…tu ci saresti-
 
-George!-
 
Il ragazzo finalmente si zittì, raddrizzò la schiena ed abbandonò le braccia lungo i fianchi
 
-Ti amo- vocetta acuta ma decisamente dura
 
-Davvero? Questa si che è una rivelazione- la canzonò lui
 
-Cretino. Smettila di interrompermi!- Lo spintonò -Dicevo…ti amo, anche se ti sembra tanto scontato razza di imbecille che non sei altro, ma per me non lo è affatto! Non lo capisci? Sapere che, nonostante tutto questo, nonostante la mia famiglia…sapere che anche tu mi ami, perché ti ho dimostrato qualcosa che si allontana così tanto da loro…che ami Matilda, a tal punto da dare per scontato che vivremo insieme, solo perché quello che conta di più è…stare insieme, appunto- Prese una pausa durante la quale afferrò le mani de ragazzo per tirarlo un po’ verso di sé –Credimi, non potrei essere più felice di così, in questo momento di merda-
 
George prese a sghignazzare –Ma che ragazza sboccata che ho- e anche se tentava di dissimulare, George si rilassò d’improvviso, appena si rese conto che Matilda stava, nel suo solito modo contorto, accettando quella decisione che lui aveva preso per entrambi. La tirò a sé ed iniziò a dondolare mentre se la teneva ben stretta –Quindi mandiamo al diavolo la Tana, casa Tonks-Lupin e chiunque altro avrà l’intenzione di relegarti in qualche angusta stanzetta?-
 
Matilda soffiò una risata nella giacca di scaglie nere di drago che indossava George –Ci sto, però a piccoli passi, va bene? Fino al matrimonio di Bill e Fleur potrei stare un po’ da te, un po’ alla Tana…-
 
-Affare fatto! Però Juno la lasciamo dai miei-
 
-Non se ne parla!- stridulò lei
 
-Va bene, come non detto…porteremo pure questa carinissima e niente affatto violenta civetta con noi-
 
George afferrò la gabbietta di Juno, con la mano libera strinse quella di Matilda e con lei si avviò nuovamente verso la scuola
 
-George-
 
-Matilda-
 
Matilda alzò gli occhi alla ricerca di quelli del ragazzo –Tu sei sicuro di voler stare con me?-
 
-Ma sei scema?-
 
-Mio padre è un Mangiamorte, mio fratello è un Mangiamorte, mia zia è la Mangiamorte numero uno…insomma non ti mette un po’ in soggezione questa cosa?-
 
-L’altra tua zia è la madre di una delle persone migliori che conosco, Sirius era loro cugino, anche lui uno dei maghi più coraggiosi e buoni che io abbia mai incontrato e poi sai…anche non ci fossero stati loro non ho mai dubitato di te da quando ti conosco, nemmeno una volta. Averti baciata su quel campo è stata una delle cose migliori che potessi fare. Ed è stato fantastico. Tra tutti i miei sbagli, ci sei tu Lemonsoda-
 
-Siamo proprio in vena di romanticherie oggi- Matilda ciondolò la mano ancora allacciata a quella di George –Comunque anche tu…fra tutti i miei sbagli sei stato quello migliore-
 
Si tennero per mano fin quando non si ricongiunsero con gli altri e con loro si lasciarono Hogwarts alle spalle, senza staccarsi mai.




Ok, come ha detto Matilda con la sua vocina soave ed il suo modo impeccabile, questo è proprio un periodo di m***a per i nostri ragazzi (come dargli torto?), eppure pare sia arrivata una lieve, lievissima ventata, un soffio in realtà ma è pur sempre qualcosa, di aria fresca, non trovate? Oggi sono in vena di romanticherie (proprio come Georgie), quindi beccatevi questo finale mieloso e sdolcinato.
Niente da aggiungere. Aspetto voi!

Vostra fedelissima

D.

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Capitolo 31
*** L'ira di Matilda ***


CAPITOLO XXX
L’ira di Matilda
 
 
Non ci riusciva. Per quanto tentasse di evitarlo, per quanto la sua mente si impegnasse nel vano tentativo di proteggerlo davanti a quell’immagine raccapricciante, Draco non riusciva a distogliere lo sguardo dalla figura che fluttuava, inerme, sopra la sua testa. Intorno a lui stavano parlando, questo poteva intuirlo, eppure un silenzio agghiacciante accompagnava i suoi occhi grigi nel percorrere il corpo della donna sospesa, al di sopra della lunga tavolata che ospitava i Mangiamorte e su cui svettava, con sguardo serpentino ed il cranio glabro, Lord Voldemort. Tutto l’orrore del mondo, in quel momento, era sigillato in Charity Burbage, insegnante di Babbanologia ad Hogwarts, che ora giaceva sospesa sopra la sua testa.  Quante volte aveva discusso con Matilda riguardo l’inutilità di quella materia, Draco non sapeva contarle; ricordava con nitidezza il viso pulito della gemella, mentre gli gridava contro che un atteggiamento così retrogrado lo avrebbe condannato a disperazione e solitudine, prima o poi. Draco aveva riso di quelle parole e di tutto quell’accalorarsi da parte di Matilda, convinto che stesse esagerando come suo solito.
Solo in quel momento si rese conto di quanto quella avesse ragione: aveva perso ogni speranza di potere uscire da quella situazione, rassegnato all’idea che se i Dissennatori fossero mai calati sopra la sua testa e avessero tentato di risucchiargli l’anima, sarebbero rimasti scontenti ed avviliti nel trovare, al suo posto, solo un mucchietto di polvere.
Il Signore Oscuro aveva appena preteso la bacchetta di suo padre, che dopo una fuga di massa da Azkaban, si ritrovava seduto al lungo tavolo accanto a sua madre, con un volto tanto smunto e provato da essere quasi irriconoscibile. La fierezza, l’arroganza, la presunzione erano scivolate via da lui, lasciandone alcuna traccia; ma Draco non lo guardava, continuava a tenere l’attenzione su Charity Burbage, mentre Bellatrix blaterava complimenti in totale stato di abnegazione a Lord Voldemort, che si stava divertendo a canzonare tutta la sua famiglia
 
“Mio Signore, è un onore avervi qui, nella dimora di famiglia. Non può esistere piacere più grande” zucchero, dalla bocca di Bellatrix
 
“Non può esistere piacere più grande…nemmeno l’evento che ha allietato la vostra famiglia questa settimana?” veleno, sputato da Lord Voldemort
 
Quello scambio scosse Draco dal suo stato di apatia: Lord Voldemort si stava riferendo al matrimonio tra Nymphadora Tonks e Remus Lupin, il suo ex insegnante, nonché lupomannaro; ne sembrava particolarmente infastidito, seppure Draco lo dedusse dal solo tono della voce, non avendo il coraggio di incrociare il suo sguardo. Bellatrix era partita in loro difesa, dichiarando che lei e Narcissa avevano tranciato i rapporti con loro sorella Andromeda, quando aveva deciso di sposare quello sporco Mezzosangue, ma a nulla valsero quei tentativi, perché il Signore Oscuro sembrava in vena di scherzare, o meglio di affondare il morso su di loro con voracità; solo quando la voce melliflua e sibilante si rivolse direttamente a lui, Draco ebbe il coraggio di scostare, solo per un momento, lo sguardo dal corpo di Charity Burbage
 
-E tu Draco? Farai da babysitter ai cuccioli, o pensi ci penserà tua sorella, dato che non è qui con noi?-
 
Il cuore era arrivato a pulsare in gola; fissò con terrore il padre, ma Lucius teneva la testa bassa e la mascella serrata, allora ricercò lo sguardo della madre, che scosse il capo in maniera quasi impercettibile, mentre tutti intorno a loro avevano iniziato a ridere senza alcun tipo di ritegno
 
-Basta!- tuonò Lord Voldemort, prima di congiungere le mani davanti al viso e riprendere a parlare con tono fintamente cauto
 
-Sono molto curioso, ditemi dunque…dove si trova la piccola ribelle?-
 
Il battito salì dalla gola alla testa con irruenza; non fosse intervenuta sua madre, probabilmente Draco sarebbe collassato
 
-Non lo sappiamo- rispose lapidaria la donna, su cui Lord Voldemort puntò gli occhi rossi; i due si guardarono lungamente prima che lui riprendesse a parlare
 
-Molti dei nostri più antichi alberi genealogici si guastano, nel tempo…dovrete potare il vostro, vero, per mantenerlo sano? Tagliar via quelle parti che minacciano la salute del resto-
 
-Si mio Signore, alla prima occasione- rispose con vocina stranamente flebile Bellatrix, che pendeva dalle sue labbra come se quelle rigurgitassero oro colato. Draco notò la reazione della madre, seppur Narcissa fosse bravissima a mascherare ciò che le passava per la testa; eppure sapeva che lei fosse terrorizzata, come lui stesso lo era, all’idea che Lord Voldemort pretendesse una vendetta nei confronti di Matilda. Ed il fatto che Bellatrix appoggiasse con tanta semplicità quelle parole che rivendicavano sangue, avevano di fatto sconvolto sia Lucius che Narcissa, ma la spiccata arguzia di quest’ultima non le permise di rispondere a quella provocazione, così che Lord Voldemort proseguì
 
-Non temete, non temete…il sangue puro va salvaguardato, fin tanto questo non verrà insozzato dall’accoppiamento malsano con babbani o altre creature inferiori. Confido nella redenzione, nell’ammutinamento delle ribellioni, che riporteranno sulla giusta via coloro intenzionati a proteggere la superiorità della purezza del sangue magico-
 
Se Lord Voldemort era intenzionato a sbarazzarsi della figlia di Andromeda, da quel discorso trapelò una piccolissima speranza nei confronti di Matilda. Forse non era giunta per lei la condanna. Forse si sarebbe potuta salvare, se Draco fosse riuscito a fare in modo che lei abnegasse le proprie convinzioni. La speranza non era ancora morta, pensò vagamente rasserenato il ragazzo mentre tentava di distrarsi dalla spiegazione che il Signore Oscuro stava fornendo ai Mangiamorte presenti, riguardo la presenza della professoressa Burbage. Ormai non aveva più il coraggio di guardare né intorno a sé, né la donna sospesa; indugiò sul tavolo, sperando che quell’incontro, utile a mettere a punto il piano per catturare Harry Potter prima che il ragazzo venisse portato via dalla casa dei parenti babbani  e messo in sicurezza dall’Ordine della Fenice, finisse presto.
Ma non trovò pace, nemmeno un istante, perché Lord Voldemort aveva agitato la bacchetta di suo padre, di cui si era appropriato per riuscire a contrastare quella di Harry Potter, risvegliando così Charity Burbage, che prese a dimenarsi e chiedere di essere lasciata andare.
Draco si sentì svenire; attanagliato dal terrore, non riuscì nemmeno a rispondere alle provocazioni del Signore Oscuro quando, con voce accattivante, gli chiese se per caso seguisse le sue lezioni ad Hogwarts. La donna chiedeva pietà, si rivolgeva a Severus Snape implorante e con le lacrime agli occhi, ma con un altro colpo di bacchetta e voce sibilante, Lord Voldemort pose fine a quel piagnucolio
 
-Avada Kedavra-
 
Un lampo di luce verde colpì in pieno la donna, che ricadde sul tavolo, morta. Draco vacillò talmente tanto che cadde dalla sedia, mentre il Signore Oscuro si rivolse al suo serpente, come ci si porrebbe con un’amante sotto le lenzuola
 
-La cena, Nagini-
 
*
 
-La cena! Freeed! Mi vuoi dare una mano o no?! Scansafatiche che non sei altro!-
 
-Nessuno ti ha obbligata ai fornelli!- Fred gridò dal bagno, in cui era chiuso da almeno un’ora. Con George in negozio, il ragazzo ne stava approfittando per farsi la doccia più lunga della storia, cosa che non sfuggì alla coinquilina. In realtà, nonostante le ordinarie scaramucce, la convivenza non stava andando affatto male: Matilda faceva qua e là con la Tana, giusto per non sentire troppe prediche da parte di Molly, preoccupatissima che alla ragazza potesse succedere qualcosa di spiacevole lontana dal suo nido e specialmente che quella, piccola com’era, non mangiasse a sufficienza. In realtà Matilda aveva uno stomaco di ferro e non si tirava mai indietro di fronte a pasti che avrebbero messo in soggezione persino un domatore di draghi come suo figlio Charlie, eppure che Matilda fosse proprio così di costituzione, a Molly Weasley non voleva entrare in testa. Comunque andava tutto bene, con quella streghetta fra i piedi: casa loro non era mai stata così pulita, al negozio non c’erano più problemi di conti, fintanto che se ne occupava Matilda e la sera passavano molto tempo a chiacchierare, più generalmente Fred e George usavano la ragazza come cavia umana per i loro scherzi. Una volta Matilda si svegliò con il dolce suono di un carillon d’altri tempi e quando, a metà fra sogno e veglia, la bocca rossa si schiuse in uno sbadiglio, dell’acqua putrida le finì a cascata sulla testa, rischiando di farla annegare; “dolce risveglio”, questo il perfido nome del nuovo scherzetto dei gemelli.
Fred sfregava i capelli con l’asciugamano mentre si ammirava allo specchio e tentava di non fare caso alle grida acutissime di Matilda, che raccontavano di una lunga serie di minacce se non si fosse palesato prima di subito; pensò a George, al fatto che lo vedeva felice come non mai da quando Matilda era nella loro vita, anche se l’episodio in cui ci aveva quasi rimesso l’osso del collo lo aveva cambiato: George era spaventato, sempre sul chi va là quando si trattava di lei, ossessivo quasi più di sua madre. Anche Fred era felicemente innamorato della sua bella giornalista che riusciva, ahi lui, a vedere giusto il fine settimana, ma non era la stessa cosa, non era mai preoccupato così per lei, semmai il contrario. E allora era andata a finire che anche Fred aveva iniziato ad allarmarsi per ogni cosa, perché ormai voleva bene a quella ragazza come ad uno qualsiasi dei suoi fratelli; Matilda si faceva voler bene, questo era un fatto, inoltre aveva empatizzato così tanto con George, che non poteva esimersi dall’andare in panico tanto quanto lui. Per questo, quando sentì un gran frastuono provenire dalla cucina, fece giusto in tempo a coprirsi con il primo asciugamano che gli capitò sotto mano, per poi catapultarsi fuori dal bagno con fare trafelato
 
-Che è successo?!- gridò brandendo la bacchetta con una mano e trattenendosi l’asciugamano con l’altra. Quello che vide lo lasciò a bocca aperta: Matilda se ne stava davanti ai fornelli, con i capelli accroccati sopra la testa, le braccia conserte ed un sorriso furbetto; tutto era in ordine ed un profumino invitante aveva pervaso il piccolo salotto
 
-Ma cos…- sputacchiò Fred, mentre tentava di coprirsi al meglio con quello che, aveva scoperto in seguito, essere l’asciugamano a pois viola di Matilda
 
-Ce l’ho fatta a farti uscire di lì...benedetto Salazar, vatti a vestire! Così conciato posso contarti tutte le lentiggini!-
 
Fred boccheggiò –Mi…mi…mi hai ingannato?-
 
-Mi…mi…mi…- lo scimmiottò lei, con acutissimi versetti e una smorfia degna della peggiore delle serpi –Incantesimo assordante, se ti fossi applicato un po’ di più alle lezioni del professor Vitious lo avresti riconosciuto, sciocco babbeo che non sei altro…oddio Fred, ti prego!- concluse Matilda mettendosi una mano davanti agli occhi scuotendo il capo mentre Fred, per lo stupore, si stava dimenticando di trattenere l’asciugamano, che risistemò subito tutto agitato
 
-Sei…sei una maledetta insensibile! Fai leva sulla mia premura!-
 
-Freddy? Si può sapere che cazzo stai facendo?-
 
Alle sue spalle, la voce tanto simile del fratello arrivò fra lo sgomento ed il divertito
 
-Non è come pensi!- si affrettò a giustificarsi Fred, nel vano tentativo di coprirsi pudicamente l’avanti e il dietro del corpo
 
-Georgie!- cinguettò patetica Matilda volando fra le sue braccia–Non lasciarmi più sola! Questo mascalzone se ne è uscito così, mentre io stavo preparando la cena per voi!- cantilenò fra le braccia di George mentre lanciava occhiate divertite al povero Fred –e questo è il modo in cui mi ripaga, povera me!-
 
-Stronza…me la paghi questa- bofonchiò Fred, che dopo essersi beccato un paio di sculacciate da parte dell’asciugamano in cui era avvolto, merito dell’abile bacchetta del gemello, corse di nuovo in bagno.
 
 
 
-Sei stata cattiva-
 
-Sai…il problema, George, è che voi grifondoro vi riempite la bocca di questa parolina con estrema facilità, solo perché siete limitati nel linguaggio: non riuscite a spiegarvi…io non sono stata cattiva, sono stata arguta-
 
-Hai fatto spaventare a morte il povero Fred solo per farlo uscire dal bagno, ma capisco che per gli standard familiari a cui sei abituata, è come se l’avessi ricoperto di cioccocalderoni ripieni d’amore-
 
-Ti sbagli di nuovo: plasma la tua piccola mente sempliciotta…ho fornito a tuo fratello un mezzo educativo di infinita potenza, così la prossima volta eviterà di catapultarsi mezzo nudo davanti a qualcuno che non sia Grace senza reale motivo. Insomma, sembra un po’ toccatello se fa così, non credi?-
 
-Tu mi spaventi, o meglio mi spaventa la tua perfida mente corrotta. Non sono sicuro di voler continuare a condividere il letto con te-
 
-Davvero? Eppure mi pareva di aver capito, correggimi se sbaglio, che non disprezzassi mica avermi a tua completa disposizione-
 
-Matilda…tesoro…-
 
-E che i miei modi da perfida serpeverde fossero ben graditi, oltre quest’elastico qui-
 
L’elastico dei boxer risuonò sull’addome di George, mentre un sorriso acido solcava il viso di Matilda, che fissava gli occhi grigi in quelli di lui
 
-Quando non attenti alla mia vita, o a quella di mio fratello ti è concesso tutto, mia piccola folgorata-
 
un’altra schicchera, questa volta più forte, fece sussultare George
 
-Ahio! Questa ha fatto male! Comincio a rimpiangere i bei tempi in cui non eri che un’ingenuotta piegata al mio volere, sotto le lenzuola!-
 
-Senti un po’ George, guarda che se continui a lamentarti finirò per crederti! Ho una lista molto lunga con i nomi di giovani maghi da spuntare, sai? Ci potrei infilare pure qualche strega ora che ci penso, perché no…- concluse fintamente assorta
 
-Ma sentitela…- ridacchiò George, mentre gli occhi finivano nell’ampio scollo ovale della grande maglietta che Matilda usava per dormire e che, con gioia del ragazzo, lasciava spuntare il seno, grazie alla posizione d’attacco che aveva assunto sopra di lui –una lista! Ma ti sei fatta un giro in paese? Io non so come frenarle le ragazze! E tu parli di liste?-
 
-Puàh… parli di quella povera fioraia mezza gobba, o dell’edilcolante affetta dall’acne?- Matilda si sdraiò totalmente su di lui, prendendo a sgambettare, con la bocca sempre più vicina a quella di George
 
-E-di-co-lan-te, possessore di un’edicola, poi parli a me di linguaggio- scandì lui mentre carezzava la sua schiena
 
-Beh mi hai capita, quella roba babbana-
 
-Tuo padre sarebbe proprio fiero dell’aura di superiorità con cui ti sei gonfiata, bambina-
 
-Davvero ti è saltato in mente di nominare mio padre mentre ti sto infilando la mano nelle mutande? Gran bella mossa, Weasley- soffiò arrabbiata Matilda, che in un attimo fece scivolare via la mano, già pronta a rotolare via, se George non l’avesse trattenuta con vigore
 
-Hai ragione, per controbilanciare potrei parlare della zia Muriel, che ne dici?- una mano si strinse fra i capelli di lei e, grintoso, George spinse la nuca di Matilda contro la sua
 
-Facciamo che non parliamo né dell’uno né dell’altra, che ne dici? Potrebbe essere la nostra ultima notte insieme alla fine, vogliamo davvero passarla a parlare di questo?-
 
George si accigliò di botto, mentre gli occhi scattavano dall’una all’altra delle iridi cerulee –Matt, puoi prendere in considerazione l’idea di lasciar venire Fleur? È più esperta di te e…- Ma Matilda poggiò una mano sulla sua bocca, per farlo tacere –Se pensi che me ne starò ferma ad aspettarti alla Tana, ti sbagli di grosso; vuol dire che non hai ancora capito come sono fatta. Io voglio contribuire e se a te non sta bene…beh, dovrai fartene una ragione…no no no George, leva subito quella faccia contrariata: sono maggiorenne, consapevole di quello che posso e non posso fare; se Ron ed Hermione si esporranno, lo farò anche io! Tra l’altro Fleur è molto più pratica di me negli incantesimi di guarigione, è meglio che ci sia lei con Molly, se qualcuno di noi dovesse tornare con…qualche ferita, ecco-
 
-Ma…-
 
-Nessun ma. Quel che è deciso è deciso, va bene? Ed ora fammi il favore George: ricordami per quale motivo sono ancora assuefatta da te, che ne dici?-
 
Avrebbe voluto controbattere, gridarle che era una follia, che non avrebbe mai voluto rischiare di perderla un’altra volta; eppure ne avevano già lungamente discusso, avevano urlato, si erano lanciati un intero servizio da tè di orrida porcellana e un paio di piatti ben piazzati, ma Matilda era stata inamovibile. Avrebbe preso parte alla missione per portare Harry fuori da casa sua, punto e basta. E quindi quando saggiò le labbra lievemente umide di Matilda, George si limitò a sbuffare un po’, ma non resistette e cedette in un solo istante, quando lei tornò a far scivolare la mano oltre quell’elastico che si sosteneva appena sopra l’inguine, per incontrare la parte più viva di lui. Gemette sulla bocca di lei, piegata in un sorriso vittorioso, mentre cauta si muoveva recandogli un piacere arguto
 
-Tu…sei il male incarnato, davvero- blaterò George fra un sospiro e l’altro; Matilda inarcò scettica un sopracciglio –Quindi non ti piace?- occhi sgranati e labbro esposto a simulare ingenuità
 
-Sei pazza da legare…- continuò fra gli ansiti inarrestabili, perché Matilda non ne voleva sapere di fermarsi
 
-Da legare? Che ragazzaccio, il mio Georgie- ridacchiò sulla sua guancia
 
-Ti prego…- mugugnò ancora lui, mentre allungava con un barlume di forza di volontà la mano ad afferrare la bacchetta poggiata sul comodino
 
-Mi preghi, mi preghi…non fai altro che pregare oggi- la vocina acuta arrivò con un soffio sul suo orecchio, che si premurò di stuzzicare con la lingua; a stento riuscì ad agitare la bacchetta, riuscendo a produrre l’incantesimo solo ad un terzo tentativo, tanto non la smetteva di tartagliare estasiato
 
-Muffliato-
 
Matilda si fermò di colpo dal suo operato, facendo risalire il viso fino a quel momento incastrato sul collo di George, che stava ricoprendo con baci lenti ed umidi, per poterlo guardare
 
-Hai paura che Fred possa sentire i tuoi versetti da ragazzina?-
 
Perverso, furbo ed accattivante fu il sorriso che colse Matilda sul viso di lui, quando con presa salda le afferrò i fianchi e la ribaltò con impeto
 
-E no Lemosoda…ho paura possa sentire i tuoi, di versetti- sibilò divertito e sconcio, prima di affondare la bocca nel suo scollo e le mani, su tutto il corpo di lei.

*
 
 Harry si passò le mani sul viso, prima di rendersi davvero conto che tutte quelle persone si trovavano nel salotto dei Dursley per assisterlo durante il trasferimento da lì alla Tana. Si era agitato quando aveva capito che una parte dei suoi amici avrebbe mutato il proprio aspetto grazie alla Pozione Polisucco, in modo da prendere le sue sembianze e distrarre gli eventuali Mangiamorte, pronti ad incastrarlo nel caso questi perlustrassero la zona adiacente l’anonima villetta dei suoi zii. Nonostante le rimostranze del ragazzo, il piano prese man mano forma e mentre Alastor Moody miscelava al liquido melmoso i capelli che Harry gli aveva ceduto, non senza tentare di opporsi, per completare la pozione, spiegò con chiarezza la formazione: Harry, il vero Harry, avrebbe viaggiato con Hagrid a bordo della moto appartenuta a Sirius (unico mezzo in grado di sostenere la mole ingombrante del mezzogigante), Harry-Hermione a cavallo di un Thestral dietro Kingsley Shacklebolt, Harry-Ron a cavallo di una scopa fiancheggiato da Tonks, Harry-Fred e Harry George rispettivamente con Artur Weasley e Remus Lupin, Harry-Matilda e Bill anche loro su un Thestral, infine Harry-Mundungus affiancato da Malocchio.
Mentre Matilda si guardava intorno curiosa ed eccitata (era la prima volta che metteva piede in una casa di babbani, anche se la villetta era praticamente vuota), George la afferrò per i fianchi con fare melodrammatico
 
-Fatti guardare per l’ultima volta…-
 
-Pensi rischieremo di non rivederci più?- sussurrò lei, cedendo al romanticismo più drammatico
 
-Macché, prima di vederti trasformare in Harry, sarà traumatico!-
 
-George, sei un cretino-
 
-Piantatela con queste smancerie!- Malocchio smollò fra le mani dei due le boccette di pozione, così Matilda e George si guardarono deglutendo, infine alzarono le spalle e brindarono, prima di ingollare il liquido
 
Matilda storpiò il viso in una smorfia disgustata -Bleah…questa pozione fa schifo-
 
-Perché non hai assaggiato quelle al sapore di Tiger e Goyle!- si intromise Ron tutto allegro
 
-Tiger e Goyle? Eh? Ma...o cavolo- la curiosità della ragazza si frenò il momento esatto in cui cominciò a percepire i lineamenti del suo viso mutare: cominciò ad alzarsi di parecchi centimetri, mentre sentiva un gran movimento di ossa e muscoli; poi la vista si annebbiò rendendola quasi cieca e permettendole di vedere solo l’immagine nebulosa di George, al suo fianco, che stava mutando in Harry proprio come lei, o almeno così sospettò. Fortuna che era stata previdente ed aveva deciso di indossare una tuta larga abbastanza da non far risultare Harry troppo ridicolo, ma Malocchio distribuì ugualmente ad ognuno di loro dei vestiti identici e per ognuno un bel paio di occhiali. Quando Matilda li inforcò, riuscì finalmente a mettere a fuoco la situazione intorno a lei, in tutta la sua assurdità: sei Harry Potter le sfilavano davanti, chi più chi meno vestito e le battute sul povero ragazzo non tardarono ad arrivare
 
-Matilda!- richiamò Bill nel caos generale e lei, un po’ intimorita, si fece avanti
 
-Sono qui!-
 
-Matt sei tu?- uno dei tanti Harry le si era accostato
 
-George?-
 
-Ma no, io sono Fred-
 
-Oh, ciao Fred!-
 
-Non è vero, sono George sciocchina! Ho trovato il modo per non farmi riconoscere, eh?-
 
-George non distrarla, siamo in ritardo!- lo richiamò Tonks, con i capelli rinati in un vivo rosa dopo il matrimonio con Remus
 
-Va bene…ehi Matt-
 
-Dimmi-
 
George-Harry si avvicinò a lei e il sorriso vivido si spense per un momento –stai attenta, ok?-
 
Matilda stava per lanciarsi su di lui, ma un grido di disgusto la placò –Vi prego ragazzi, non così, fa impressione!-
 
La ragazza non capì chi li avesse pregati di frenarsi, ma tutto sommato l’idea di gettarsi a sbaciucchiare George nelle sembianze di Harry non la aggradava più di tanto. Si limitò quindi a dargli una pacca sulla spalla ed accennare un sorriso –Stai attento tu…wow, è magnifico essere così alti!- disse entusiasta mentre trotterellava verso Bill con aria soddisfatta
 
Un attimo dopo, lei e Bill erano in volo sul Thestral che si librava in cielo a velocità sorprendente. Avrebbe voluto ridere, bearsi di quella magnifica brezza che la eccitava ogni qualvolta imbracciava la scopa per lanciarsi su, sempre più su. Eppure quel piccolo pensiero felice svanì in un solo istante: dopo solo un paio di minuti, Matilda e Bill vennero circondati da veloci scie di sbuffi neri, che iniziarono ad avventarsi contro di loro con ferale violenza. Il cuore cominciò a battere all’impazzata, quando si trovò costretta ad evitare le prime maledizioni rivolte alla sua persona
 
-Andrà tutto bene, prendi la bacchetta!- urlò Bill, che guidò il Thestral lontano dal gruppo, nella speranza di distogliere l’attenzione dal vero Harry. Matilda si piegò su un lato e, con celerità, cominciò a rispondere a quelle maledizioni che venivano scagliate contro lei e Bill; il terrore di dover fronteggiare suo padre o Draco era paralizzante, ma non poteva farci niente: se fosse accaduto, Matilda avrebbe dovuto combattere contro di loro e, se necessario, avrebbe quantomeno dovuto schiantarli, rischiando di ucciderli. Per pensare c’era poco tempo comunque, perché i Mangiamorte che piroettavano intorno a loro non accennavano ad andare via; di quel passo non avrebbero mai fatto in tempo a raggiungere la passaporta che li avrebbe condotti in salvo.
Con gli occhi che lacrimavano per l’altezza eccessiva che avevano raggiunto, aveva difficoltà a capire realmente cosa accadesse intorno a lei, se nelle vicinanze ci fosse qualcuno dei loro. Sentiva delle grida lontane, poi degli scoppi simili a tuoni. Lampi verdi la sfioravano in maniera allarmante e lei si stringeva a Bill, lanciando in continuazione incantesimi scudo per riparare il ragazzo dagli attacchi più minacciosi; quando ci riusciva attaccava, senza alcuna pietà; la rabbia aveva preso il sopravvento ed accettò d’improvviso che, chiunque avrebbe provato a ferirli o, peggio ancora, ucciderli, non avrebbe avuto vita facile. Avrebbero impattato con la sua ira, questo pensò mentre urlava furiosa e scagliava incantesimi che sfioravano la legalità; sentì in più di un’occasione l’esigenza di offrire ai corpi dei nemici lo schiaffo delle maledizioni senza perdono, per ricambiare quei mostri con la loro stessa moneta. Eppure un barlume di lucidità le ricordò che non avrebbe fatto altro che offendere se stessa, la persona che era diventata; la sua volontà di rimanere dalla parte giusta, senza farsi tentare dalle perverse Arti Oscure fece in modo che limitasse l’offesa alla pura difesa, ma la rabbia non accennava a scemare
 
-Attenzione!- Bill virò verso nord, ritrovandosi così a poca distanza da Malocchio e l’Harry-Mundungus. Poi quello che riconobbe come puro terrore assalì il su corpo infreddolito: Una pesante scia nera calò rapida verso di loro e quando rallentò, i suoi occhi si pietrificarono nel riconoscere colui che doveva essere Lord Voldemort che, con rinnovata rapidità, puntò senza ripensamenti verso Malocchio e Mundungus. Aveva ignorato lei e Bill, ma la sola vicinanza l’aveva fatta tremare e quasi rischiò di perdere la bacchetta; di nuovo quei cinque o sei Mangiamorte che erano riusciti a seminare le furono addosso. Altri incantesimi cominciarono a volare, mentre un tempo indefinito scorreva senza tregua, ricordando che ormai non avrebbero più potuto usare la passaporta, per raggiungere poi la Tana.
 
-Stupeficium! Incarceramus!- Seppure l’attenzione fosse alta e riservata ai Mangiamorte che li circondavano, gli occhi di Matilda guizzavano continuamente nella direzione dei due maghi raggiunti da Lord Voldemort e quando l’urlo di Mundungus risuonò nell’atmosfera, quasi  rischiò di beccarsi una maledizione in pieno.
Poi un momento di confusione, nel quale Matilda vide l’Harry-Mundungus smaterializzarsi sotto i loro occhi mentre, invano, Malocchio tentava di bloccarlo. Fatale fu quel tentativo, perché dalla bacchetta che Lord Voldemort teneva stretta in mano, partì una scia verde che colpì in pieno l’auror.
 
Matilda urlò, urlò con tutto il fiato che riuscì a tirare fuori, mentre il corpo inerme di Alastor Moody veniva inghiottito dal buio della notte. Era morto, lo era sicuramente. Quando Lord Voldemort sparì nella sua scia densa, Bill approfittò della disattenzione dei Mangiamorte, incitò il Thestral che galoppò velocemente via, mentre con Matilda lanciavano incantesimi a raffica. Quanto durò quella corsa Matilda non seppè dirlo; sentiva gli occhi pieni di lacrime, impossibili da trattenere per quello che aveva appena visto.
 
Superare gli incantesimi di protezione che vigevano sul territorio attorno alla Tana fu come passare attraverso una glassa di gomma; sentì svanire l’effetto della Pozione Polisucco: i capelli cominciarono a crescere a dismisura e il corpicino provato dalla battaglia tornò alle sue normali dimensioni; gli occhiali iniziarono ad infastidirla e prima di atterrare sul terreno morbido li tolse, riconoscendo i signori Weasley, Tonks, Harry, Ron e Remus in trepidante attesa. Appena fu a terra, con gli occhi ancora gonfi di pianto, Tonks corse ad abbracciarla, assieme a Ron che aveva una faccia stranamente tesa
 
-Che spavento…per fortuna che sei viva-
 
Matilda tirava su col naso –è stato orribile- soffiò rammaricata. Anche Molly la strinse in un abbraccio, per poi ricercare quello del figlio, che le concesse una stretta senza calore
 
-Malocchio è morto- spiegò Bill, raggiunto da Fleur che non faceva che carezzargli i capelli in maniera apprensiva. Mentre il maggiore dei Weasley raccontava con rapidità cosa fosse successo loro, Matilda strinse un braccio di Ron
 
-Gli altri? Stanno tutti bene? George?-
 
Ron le strinse le spalle con un braccio, mentre Harry li guardava con aria colpevole –Più o meno…è rimasto ferito durante lo scontro-
 
-Cosa?! Ferito?!-
 
Sotto lo sguardo appassito degli altri, che la guardavano con desolazione e amarezza, Matilda corse dentro la Tana gridando il nome di George
 
-George! Dove sta George?!-
 
Altre lacrime le rigavano il viso mentre si guardava intorno con ansia e rapidità
 
-Che voce orecchiabile la mia ragazza!-
 
Davanti a lei Fred, Ginny ed Hermione, che si voltarono non appena riconobbero la sua voce, ma lei ignorò le loro voci che ringraziavano maghi e streghe del passato di riaverla lì sana e salva; gli occhi sgranati e tremolanti puntarono il divano, dove George era steso, con metà del viso ricoperto di sangue
 
-Georgie!-squittì acutissima e corse a raggiungerlo; il ragazzo sorrideva disteso e felice, nonostante il viso particolarmente pallido, tutto quel sangue e…un orecchio in meno. Matilda non riuscì a non sussultare
 
-Che…cosa…chi ti ha fatto…oh…-
 
-Che vuoi che sia, un orecchio in più, un orecchio in meno! Vieni qui dai!-
 
Matilda sentì Fred stringergli le spalle con le mani in un gesto estremamente comprensivo, così mosse gli ultimi passi prima di sedersi nell’angolino che George le aveva ricavato al suo fianco. Lo osservò con attenzione, mentre tirava via le lacrime con i polsi, notando che l’orecchio di George mancava di netto e, al suo posto, un foro stranamente preciso aveva fortunatamente smesso di sanguinare
 
-Amore…- sussurrò mentre le piccole dita pallide tiravano i capelli rossi via dalla fronte, con assoluta delicatezza
 
-Colpa di Snape: gli ha scagliato contro un Sectumsempra…è una sua specialità- la informò Fred, anche se lei non scostò mai lo sguardo dal viso deturpato di George
 
-Già, pare non ricrescerà, buffo non trovi? Stupide orecchie che non sono nemmeno capaci di ricrescere- George continuava a fare battute, era proprio da lui del resto: riverso sul divano, coperto di sangue e senza un orecchio, comunque non la smetteva di dire idiozie. Matilda cominciò a singhiozzare senza alcun preavviso
 
-Ehi Lemonsoda, non fare così su, non vedi che sto bene? Beh, se si può dire così di uno a cui hanno appena asportato un orecchio, certo-
 
-Stupido…- rise fra il pianto –Dillo che…lo hai f-fatto per f-farti d-d-distinguere d-d-da Fred-
 
George si mise a ridere, seguito dalle risate più sommesse degli altri –Brava, l’hai capito! In realtà il mio era tutto un piano messo a punto con quel simpaticone di Snape-
 
Matilda asciugò le ultime lacrime e dopo aver tirato su con il naso, tornò ad accarezzargli il viso –Non c’era b-bisogno di arrivare a t-tanto…io ti riconoscerei fra un milione di gemelli Weasley i-identici…-
 
-Sempre queste manie di protagonismo tu…l’ho fatto per gli altri infatti, mica per te- George allungò una mano sul viso della ragazza, per scacciare le ultime lacrime. Con malcelata impazienza Matilda scostò la mano di George, mise su una faccia piena di ira e strinse i pugni tanto forte da farsi quasi male
 
-Io lo faccio fuori. Lui e tutti quei maledetti Mangiamorte…quel bastardo traditore! Come si è permesso…poteva ammazzarti!-
 
-Matilda…va tutto bene- bisbigliò Hermione, che si era fatta vicina e aveva preso a carezzarle la spalla –Non ne vale la pena sai…Harry sta bene e George si rimetterà…-
 
-Ma la devono pagare cara…- sibilò con occhi furenti, che fissavano il foro rimasto al posto dell’orecchio di George –Ho visto Voi-sapete-chi…ha ucciso Malocchio- decretò lugubre. Fred si accigliò, Hermione si coprì la bocca con la mano, Ginny iniziò a balbettare. Il sorriso di George si spense d’improvviso –Lo hai visto?- le chiese ricercando il suo sguardo, così Matilda annuì, prima di rabbonirsi di nuovo e tornare a carezzargli guancia e capelli.
 
Quando anche gli altri tornarono, assieme brindarono ad Alastor Moody e al suo coraggio, prima di immergersi in fitte argomentazioni incentrate sul capire come fosse successo che il loro piano fosse andato in fumo quasi subito. Matilda non si allontanò quasi mai da George, ma si sentiva distante anni luce da lì; gli occhi ricaddero sul suo anello, quel regalo che Draco le aveva fatto per i suoi quattordici anni e da cui non si era mai separata. Ne toccò l’opale incastonato al centro, immersa nell’immagine del fratello che ora si trovava chissà dove, probabilmente al soldo del Signore Oscuro, adirato per essersi lasciato sfuggire Harry Potter
 
-Matt…sei fra noi?- La richiamò George che aveva ritrovato un po’ di forze dopo le cure apprensive di Molly e Fleur. Matilda annuì e si sforzò di sorridere, infine si chinò su di lui e caricò la voce d’allegria –Vedrai, ti farò una fasciatura molto carina per il matrimonio, magari di un bel rosa acceso, che ne dici?-
George scoppiò a ridere e Matilda si beò di quella risata, grata di poterla ancora sentire, mentre posava le labbra sulla punta del suo naso perfetto.
 
 
 
Questo è un capitolo importante, importantissimo; poco c’è da dire, se non ringraziare chi continua a seguire questa storia con passione e ne aspetta paziente la pubblicazione (grazie grazie grazie!), chi dedica qualche minuto a recensirla, chi la apprezza per quello che è. Senza particolare motivo, io questo capitolo lo dedico ad una cara amica, che spero lo leggerà, per ricordarle (come ci tengo a ricordare ad ognuno di voi) che c’è sempre un briciolino di speranza, anche quando il bosco si fa fitto e ci si dimentica da quale lato si trova il sentiero giusto.
 
D.

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Capitolo 32
*** Molto forte, incredibilmente vicino ***


Revisione: Pigmypuff
 
CAPITOLO XXXI
Molto forte, incredibilmente vicino
 
Fred e Matilda.
Feriti, rovinati, divelti, terrorizzati.
Gli sguardi che si concedevano quando nessuno li sorprendeva erano carichi e pesanti di tutte quelle emozioni sbagliate. Cercavano di fare finta di nulla, ma dopo che Fred, con l’aiuto di Arthur e Ron, aveva sistemato George nella loro vecchia stanza, promettendogli che sarebbe tornato presto, si chiuse piano la porta alle spalle e tirò il fiato; non era possibile, se quella maledizione avesse colpito George qualche centimetro sotto, probabilmente adesso sarebbe morto.
Morto.
Non voleva nemmeno pensarci. La sua mente, troppo paurosa per spingersi tanto oltre, non arrivava a comprendere cosa sarebbe potuto davvero accadere. Lui c’era nato con George, si era sviluppato con lui e dal loro primo vagito non si erano praticamente più separati. Sarebbe stato inumano, folle e scorretto, molto scorretto, prendere in considerazione una vita senza George; ma le cose erano andate diversamente, pensò mentre con un vigoroso colpo di reni si scostava dalla porta su cui si era abbandonato: George era vivo, senza un orecchio, va bene, ma vivo. Eppure, mentre camminava per il corridoio con l’intenzione di cercarla, sentì che la paura non l’avrebbe abbandonato tanto presto. Tentò di distrarsi ed il suo pensiero guidò i passi, perché Matilda non era salita nella loro stanza e la cosa non quadrava. La cercò ovunque, bussò in ogni stanza. Infine lo vide, quel mucchietto chiuso nelle braccia, che stringevano forti le ginocchia, con il viso coperto dalla cascata di capelli: era in un angolo buio della veranda, rannicchiata a terra e si era fatta tanto piccola che non l’avrebbe di certo vista, non fosse stato per la criniera che riluceva come la pallida luce lunare. Era chiaro fin dall’inizio perché la stesse cercando. Sentiva, impellente, l’esigenza di dividere quella paura con qualcuno. Fece qualche passo nella direzione del fagotto; intorno a loro un silenzio spesso, spezzato solo dal frinire dei grilli, e dal flebile rumore del naso che Matilda tirava su composta. Fred non disse una sola parola, ma si accucciò accanto alla ragazza che, timida, alzò appena la faccia gonfia di pianto per capire chi fosse arrivato.
Fred sentì il cuore spezzarsi.
Ed il silenzio che mantenne con immenso rispetto, autorizzò Matilda a piangere più forte, senza doversi tenere, fin quando non esplose nei singhiozzi tra le braccia lunghe dell’amico, che l’aveva stretta, incapace di resistere.
Lo capì tutto il suo dolore, Fred.
Il dolore derivante dalla paura della perdita di qualcosa di troppo grosso e ingombrante, per poterlo ignorare.
Come aveva capito perfettamente come si fosse sentito George, quando tirarono fuori Matilda dalle macerie.
Come doveva sentirsi lei, con suo padre che viveva per compiere le volontà di Lord Voldemort; con il suo gemello che non poteva fare altrimenti, rischiando probabilmente la vita; con il suo ragazzo che si era salvato per miracolo
 
-Dai ragazzina, ce la faremo, insieme- le disse con convinzione mentre la coccolava, concedendole quanto più amore possibile
 
-Ho paura, tanta paura-
 
-Lo so, ho paura anche io, però credo che sia proprio quello che vogliono per noi- la scostò appena per poterla guardare –Vogliono ammazzarci anche la testa ed il cuore, ma non possiamo permetterglielo, capito?-
 
Fred fece un grande sorriso mentre Matilda annuiva e quando si calmò davvero, la aiutò ad alzarsi –Andiamo da George, ha bisogno di noi-
 
Rientrarono alla Tana, con le mani allacciate, quando Matilda lo strattonò appena –Fred-
 
-Dimmi-
 
-Promettimi che ce la faremo, insieme-
 
-Certo che ce la faremo, ovvio!-
 
Matilda annuì ancora mentre guardava con occhi lucidi quel ragazzo identico a George, non fosse per quell’orecchio mancante, così lo seguì fino alla loro vecchia stanza.
 
Avevano unito i due letti singoli, e fatto in modo che George stesse il più comodo possibile. Matilda si era rifiutata di condividerne lo spazio, limitandosi a stare seduta in un angolino ai piedi di Fred dove stremata, infine, si addormentò acciambellata, come fosse un gatto. Ad ogni piccolo rumore si svegliava, per poi ricrollare nel sonno tipico di chi è appena sfuggito ad una giornata di puro dolore.
Quando George aprì gli occhi, dopo una nottata passata a recuperare le energie, sedette sul letto facendo attenzione a non fare il minimo rumore e, incantato, rimase a lungo ad osservare Fred, che dormiva con la faccia schiacciata sul cuscino e le lunghe gambe rannicchiate il più possibile al corpo, che avevano inevitabilmente invaso lo spazio del suo letto, per poi passare a Matilda, ancora chiusa in quella posizione tanto assurda. Dovevano stare davvero scomodi, in quella posizione lì; ma era evidente, agli occhi di George, che i due non avessero voluto lasciarlo solo, nonostante avrebbero potuto trovare una soluzione più comoda in una delle altre stanze. Si tastò pianissimo la zona del viso che non ospitava più il suo orecchio, debitamente fasciata con cura dalla madre; faceva un male cane ancora, ma contava che il dolore sarebbe presto passato e dentro di sé ringraziò per essere ancora vivo, libero di guardare quelle due persone che amava in maniera incondizionata, dividersi quello spazio tanto stretto.
Si avvicinò a Matilda, che nel sentire il movimento del materasso mugugnò infastidita nel sonno e, con garbo, la prese in braccio, per posizionarla accanto a Fred che, con riflesso incondizionato, distese le gambe e si tirò a sé la ragazza.
Lasciò i due, avvinghiati stretti stretti, a concedersi il meritato riposo.
 
*
 
Molly Weasley, scarmigliata più del solito, sommersa dalle faccende in vista dell’imminente matrimonio ospitato alla Tana, in ansia per ogni singolo membro della sua famiglia e dell’intero Ordine, trovava comunque le energie per assillare Matilda. Lei, George e Fred si erano fatti più presenti i giorni antecedenti il matrimonio, per dare una mano con i preparativi e per sopperire all’ansia della donna, ragion per cui la signora Weasley ebbe più di un’occasione di incalzare la piccola strega, quando quella si trovava con lei ad occuparsi di decorazioni, pulizie e preparazione di lunghi e complicati manicaretti. Accadeva quindi, che fosse con la crema pasticciera fin sopra il naso, o con gomitoli di polvere fra i capelli, che Matilda appiattisse lo sguardo ogni qualvolta Molly le chiedesse di fare in modo che Hermione si confidasse con lei, perché la donna aveva saputo che lei, Ron ed Harry non avrebbero fatto ritorno ad Hogwarts per adempiere al compito (sconosciuto a tutti loro), che pare Albus Silente avesse affidato ad Harry. Inutile fu ricordare alla signora Weasley che Matilda era sempre l’ultima a sapere le cose e, specialmente, che se Hermione non le aveva detto nulla evidentemente non poteva o voleva confidarsi
 
-Non importa cara- le disse Molly, tirandole via la crema dalla fronte –Tu prova comunque, magari a te daranno retta-
 
-Signora Weasley, io non credo proprio che…-
 
-Proprio al momento giusto!- gridò la donna facendo sussultare Matilda, mentre Hermione faceva il suo ingresso in cucina carica di bucato appena ritirato –dovete cambiare le lenzuola per i signori Delacour, forza andate!-
 
-Ma io sono piena di farina…stavo finendo di…-
 
-Ci penso io qui!- Concluse sentenziosa Molly che, con un rapido e capace colpo di bacchetta, ripulì Matilda da crema pasticciera e farina e si caricò poi dei panni ritirati da Hermione, facendo afflosciare la serpeverde nelle spalle
 
 
-Senti Herm, io non ne posso più. L’ho capito che non potete parlarne, ma Molly ha ragione a preoccuparsi!-
 
Le ragazze stavano stendendo le lenzuola pulite sul letto, quando indispettita Matilda lasciò volare via il suo lembo –Mi assilla tutti i giorni perché è preoccupata a morte! Scegliere di non tornare ad Hogwarts…proprio non è da te; sono preoccupata anche io!-
 
Hermione raccolse con pazienza il lenzuolo e continuò in solitaria, fra i sospiri –Giuro che non vorrei omettere tante cose, ma ti assicuro che questa è una questione di cui non si può fare parola, Silente ha dato…-
 
-…ad Harry un compito che solo lui può portare a termine con l’aiuto tuo e di Ron- ripeté a memoria Matilda, nell’atto di sprimacciare un cuscino appena foderato –ho capito, me l’hai ripetuto almeno dieci volte…ma possibile che non ci sia altra soluzione? Voi siete troppo giovani…-
 
-Ti prego non dire così anche tu! Almeno tra di noi dovremmo sostenerci-
 
-Dico così perché ho paura tanto quanto tutti gli altri! Insomma di questi tempi…non tornare ad Hogwarts per andare chissà dove, con Harry cercato da Tu-sai-chi…hai visto quello che è successo a Malocchio…e…George.-
 
Matilda fece un gran sospiro, prima che Hermione potesse guardarla con il suo sguardo dolce e comprensivo –Andrà tutto bene, fidati di noi, faremo in modo di tenerci in contatto, te lo garantisco!-
 
La serpeverde annuì con distrazione, mantenendo lo sguardo sul letto appena cambiato; certo, di tranquillo in quello che i tre stavano per combinare non c’era proprio nulla e Matilda, di carattere tendenzialmente ansioso, avrebbe sofferto l’assenza di Hermione e di Ron, senza contare la premura costante che avrebbe provato nei confronti di Harry, che più di tutti al mondo andava protetto. Ma se quelle erano le volontà di Silente beh, chi era lei per mettersi in mezzo?
 
 
Per sfogare la frustrazione dell’essere costantemente messa sotto torchio dalla signora Weasley, Matilda si trascinò dietro George, libero di esporre il suo bel foro perfettamente rimarginato, dopo che il ragazzo assieme al gemello aveva liberato il cortile da ogni singolo gnomo da giardino, costringendolo a qualche lancio di Quidditch; dopo poco vennero raggiunti anche da Ron, grato di liberarsi dalle angherie della mamma chioccia e da Fred, che evidentemente senza il gemello non sapeva proprio come passare il tempo. Matilda lanciava così forte la pluffa che per poco non rischiò di rompere il lungo naso di Ron
 
-Miseriaccia Matt! Sono fuori allenamento!-
 
-Io devo ancora capire da dove tira fuori tutta quella forza, piccola così- commentò Fred mentre piroettava distrattamente sulla scopa
 
-Per avere a che fare con me, Freddy…- ammiccò con una strizzata d’occhio esagerata George, al suo fianco, prima che la pluffa gli arrivasse dritta sulla fronte –Ma porc…Matt!-
 
-Scusa! Non so che mi prende oggi- si giustificò lei fintamente costernata, mentre George si massaggiava la fronte con aria offesa –Colpire così un ferito di guerra! Beh, ora vai a recuperare tu la pluffa!-
 
-Va bene ci vado…quanto sei permaloso- borbottò, prima di allontanarsi sulla scopa, oltre il campo dove era andata a finire la pluffa; lanciò sguardi svogliati in giro, infine decise di smontare dalla scopa ed estrasse la bacchetta d’ebano, che agitò con malagrazia
 
-Accio Pluffa!- Stranamente, della pluffa non ve n’era l’ombra. Sbuffò mentre scuoteva i capelli disordinati e si dava dei colpetti sulla maglia sporca di terra, così ritentò
 
-Ho detto…Accio Pluffa!- Niente –Stupida bacchetta, hai deciso di smettere di funzionare?!-
 
Indispettita, Matilda cominciò a sbattere un piede a terra alzando un gran cumulo di polvere, mentre con la destra tratteneva la scopa e con la sinistra agitava compulsivamente la bacchetta, inveendo contro Godric Grifondoro e tutta la sua stirpe
 
-Cercavi questa?-
 
Una voce che non aveva mai sentito prima, distrasse Matilda dal baccagliare da sola contro la sua bacchetta, così come dal blaterare irripetibili offese contro maghi e streghe dai toni rosso e oro; voltò furiosa la testa a destra e sinistra, quando d’impulso si bloccò, riscontrando la figura di un ragazzo dai lunghi capelli rossi che, disordinati, ricadevano sulle spalle e che, con un sorriso malandrino dipinto in volto, tratteneva la pluffa sotto un braccio ricoperto da cicatrici. Il ragazzo, non troppo alto, ben piazzato, puntava gli occhi caldi dai riflessi d’oro colato, in quelli della ragazza. Inizialmente sospettosa, Matilda ridusse i grandi occhi chiari in sottili fessure, ma appena mise a fuoco il ragazzo e si rese conto di averlo già visto in molte fotografie della famiglia Weasley, subito li sgranò e cominciò a tartagliare
 
-Ma tu…tu saresti, tu…-
 
-Ma quanto ci stai mettendo?! Ti stiamo aspettando…oh, Charlie!-
 
George sfrecciò davanti al fratello maggiore e, con un salto agile, scese dalla scopa che abbandonò nell’immediato, per stringere Charlie in un caloroso abbraccio
 
-Sono arrivato in anticipo- disse il maggiore, mentre stringeva una spalla di George –ma non ho fatto nemmeno in tempo a sistemare i bagagli, che mamma ha cominciato a gridarmi contro; i capelli, sai…non li sopporta così lunghi, dice che sembro il figlio di nessuno, conciato così-
 
-Lo sai che ti costringerà a tagliarli vero?- poi George sgranò gli occhi, colto da un’illuminazione improvvisa -ora che ci penso potrebbe essere una gran bella trovata! Potremmo farci crescere i capelli io e Freddy, così col cavolo che ci riconoscerà più!- George era al settimo cielo, mentre con il fratello avevano preso a parlare con sintonia ed ironia, riguardo lo spiacevole episodio dell’orecchio. Matilda faceva scattare lo sguardo dall’uno all’altro dei fratelli, mentre approfittava del loro botta e risposta per tentare di sistemare i capelli alla bene e meglio. Vennero raggiunti da Ron e Fred che subito si scagliarono su Charlie
 
-Pensavamo ci aveste dato forfait per appartarvi da qualche parte- sghignazzò Fred mentre si dava gran pacche sulle spalle con Charlie
 
-Fred!- stridulò Matilda, dopo essere rimasta in un muto ed imbarazzato silenzio fino a quel momento, tutta rossa in viso
 
-Dopo la pallonata che mi ha volontariamente rifilato?! Gliela dovrei far pagare a questa piccola insolente!-
 
Charlie tornò a puntare l’attenzione sulla ragazza, visibilmente agitata e contrariata
 
-Avevo immaginato fossi tu: Matilda, giusto?- chiese allungando la mano
 
-S-s-si, ecco…p-piacere mio- Matilda ricambiò la stretta di mano, facendosi se possibile sempre più rossa
 
-Ma guardatela- boccheggiò basito George –sembra Ginny quando ha conosciuto Harry-
 
-George!- gridò ancora lei, ritirando la mano con fretta e lasciando Charlie a guardare i fratelli canzonarla; quando la presa in giro fece sfiorare toni nuovi di sfumature di rosso del viso di Matilda, Charlie decise di salvarla dalle angherie dei tre –Dai ora basta, che ne dite di fare qualche lancio? Stavate giocando, giusto?- 
 
La giornata passò con allegria. Giocarono a Quidditch per un bel po’ di tempo e poi, richiamati dalla signora Weasley, svolsero qualche altro compito, infine cenarono tutti insieme. Dopo un inizio difficoltoso, Matilda si era finalmente sciolta e aveva colto ogni occasione per tartassare Charlie di domande riguardo al suo lavoro, al suo rapporto con i draghi, persino gli rivolse domande tanto specifiche che nessuno degli altri capì un accidente dell’argomento trattato; Matilda era ammaliata dalla luce che si accendeva negli occhi di Charlie quando il ragazzo parlava di quegli animali; era palese che fosse innamorato del suo lavoro, nonostante fosse indubbiamente pericoloso e gli avesse recato non poche cicatrici. Se avesse potuto, la ragazza non avrebbe esitato a mandare all’aria tutto per gettarsi al seguito di Charlie, eppure era ancora troppo presto e, specialmente, non era proprio il momento adatto per abbandonare la sua vita: doveva e voleva restare accanto a George e poi sarebbe tornata ad Hogwarts, per completare gli studi. 
Quella sera tornarono nell’appartamento sopra il negozio, visto che la Tana cominciava ad essere seriamente affollata e l’indomani sarebbe arrivata anche la famiglia di Fleur. Raggiunti anche dalla ragazza di Fred, i due diedero presto la buonanotte a George e Matilda e subito si chiusero in stanza
 
-Dovranno recuperare il tempo perduto- George si espresse con un bel ghigno divertito sulla faccia.
Matilda si cambiò rapidamente, davanti agli occhi di George che percorrevano quel corpo candido, che lui aveva imparato a conoscere tanto bene ma di cui non ne aveva mai abbastanza. Il solo pensiero che si sarebbero separati nuovamente, una volta tornata ad Hogwarts, lo avviliva molto, oltre che a preoccuparlo terribilmente. Non si fidava, aveva il timore che qualcosa di orribile potesse succederle, ma Matilda era molto rigida quando si parlava della sua indipendenza. Avrebbe potuto fare leva sul senso di colpa di lei, rammentandole che si era salvato per miracolo, ma non sarebbe mai stato così scorretto, né con la sua ragazza né con nessun altro al mondo, non faceva parte della sua indole. Appena il seno sfuggì alla sua vista, coperto dalla maglia abbondante che Matilda aveva infilato, George sbuffò e la richiamò con un gesto della mano
 
-Sbaglio o siamo pensierosi, signor Weasley?- cantilenò lei sedendosi sul suo lato del letto
 
-Pensavo che devo fare una bella scenata a Charlie, ha totalizzato la tua attenzione oggi, tanto che ti sei scordata del tuo povero ragazzo dall’orecchio single-
 
-Che vuoi farci…mi piacciono i capelli rossi…e abbiamo in comune un sacco di cose- sospirò frivola, con veemenza
 
George allungò una mano per giocherellare con una ciocca dei capelli che, indomata, ricadeva sulla lieve curva del seno, facendola rabbrividire -È troppo vecchio per te- 
 
-Beh, se è per l’età non devi certo preoccuparti, in famiglia siamo fatte così, ci piacciono gli uomini maturi, guarda Tonks-
 
I due si guardarono per un po’, infine scoppiarono a ridere, all’unisono. Quando la risata scemò, Matilda scivolò lentamente accanto a George; sul fianco, i due si fissavano silenziosi, fin quando Matilda non spostò l’attenzione su quella ferita ormai rimarginata: allungò le dita per sfiorarne il diametro, mentre piegò la bocca in una smorfia, come se provasse dolore lei stessa 
 
-Ti fa male?- sussurrò, carica d’ansia, ma George scrollò il capo poggiato sulla mano
 
-No, fa solo…strano. Non è come se mi avessero strappato un braccio, certo, però quando mi guardo allo specchio è come se non riuscissi a comprendere l’anomalia. È un bug, capito? È sbagliato, ma non doloroso-
 
Matilda annuì, tentando di comprendere. George dedusse che stava riflettendo sul significato di quelle parole perché aveva aggrottato le sopracciglia chiare e inclinato appena la bocca verso sinistra; lo faceva sempre, quando si arrovellava in qualche assurdo pensiero. 
A George venne da sorridere. Ormai conosceva tutto di lei: dalle sue espressioni, sempre diverse e volubili, a quel suo corpicino; era sicuro che per lei fosse lo stesso, anche se ogni tanto ancora si chiedeva come era potuto accadere che Matilda si fosse innamorata di lui, come il contrario
 
-George-
 
-Lemonsoda-
 
-Fra tre giorni ci sarà questo matrimonio. Non ti sembra una cosa strana?-
 
-Che la gente abbia ancora voglia di sposarsi?- chiese lui, esponendo un bel sorriso, mentre le carezzava quei capelli tanto scompigliati, quanto irresistibili, così continuò -lo trovo molto coraggioso. La mamma non era convinta di questo matrimonio, diceva che era troppo presto e che sta succedendo come quando erano giovani loro, con Tu-sai-chi al massimo della sua potenza: dice che la gente si sposava in fretta per paura, senza pensarci su. Ma io invece lo trovo coraggioso- i suoi occhi di caldo nocciola scivolarono dai ricci chiari e, lenti, risalirono ad incontrare quelli plumbei di lei, che si erano fatti lucidi di stanchezza -Penso che, se proprio dobbiamo dare una risposta a quella banda di simpaticoni, il modo migliore è farlo elogiando la vita. Beh, il matrimonio è uno dei modi di farlo-
 
E Matilda, che aveva ascoltato con pazienza quelle parole che sembravano fumo, ma che racchiudevano il senso unico del loro vivere all’ombra di quel mondo che si preparava alla guerra più feroce, scostò la mano da quel foro simmetrico e la spianò davanti al suo viso. Così George ne seguì il movimento: le sue dita tanto più grandi sfiorarono i polpastrelli pallidi, giocando allo specchio
 
“Io le ho spiegato come mi sentivo, gliel’ho spiegato in questo modo: ho sollevato le mani di lato, le ho puntato gli indici l’uno verso l’altro e lentamente, li ho avvicinati, e più si avvicinavano e più lentamente li spingevo finché, quando erano lì lì per toccarsi, quando erano solo a una pagina di dizionario dal toccarsi, premendo i lati opposti della parola “amore”, li ho fermati, li ho fermati e tenuti lì”*
 
-C’è un mondo di motivazioni per cui dovremmo continuare a elogiare la vita, come dici tu…che sia per motivarci nella volontà di vincere Tu-sai-chi, che sia perché abbiamo questa vita qui, che nessuno mai ci restituirebbe, nemmeno vivessimo in sereni tempi di pace- 
 
Ancora le dita a sfiorare le dita, gentili. Erano giorni, mesi, che aveva paura. L’amore fa paura, pensò Matilda mentre tentava di accogliere gli occhi di George e le sue mani, che sembravano non volere eccedere in quel contatto timoroso che era stata lei, a richiedere. Ma non sarebbe peggio, molto peggio, una vita senza amore? Si temerebbe solo per se stessi e ad essere tanto egoisti, ci si perde, pensò
 
-Sento frenetici pensieri, Matt. Non ti chiedo di condividerli con me, ma almeno risparmiami quello sguardo alienato-
 
Uno sbuffo ridacchiante scoccò dalla bocca di Matilda; allacciò la mano a quella di George e la strinse forte
 
-Pensavo che, nonostante tutto, nonostante il dolore e la sofferenza, la morte e la guerra alle porte, dobbiamo rimanere uniti, stretti molto forte, incredibilmente vicini. Solo così avremo la vittoria in pugno-
 
E George annuì, in piena sintonia con i pensieri di lei. Se la tirò a sé, non slacciando la presa delle mani ed affondò la bocca nella sua, ritenendo ogni altra parola, inutilmente superflua.
 
*
 
Finalmente anche i genitori e la sorellina di Fleur erano arrivati alla Tana: assieme festeggiarono il compleanno di Harry, durante il quale il Ministro della Magia in persona era giunto a consegnare al neo maggiorenne, Ron ed Hermione il testamento di Silente. Era stata una visita assai bislacca, quella lì, specialmente perché Scrimgeour, a seguito di una lite con Harry, era fuggito via risentito. Nessuno di loro si spiegò come mai Silente avesse inserito nel proprio testamento anche Hermione, a cui aveva lasciato la sua copia delle Fiabe di Beda il Bardo e Ron, che si era accaparrato un’invenzione dell’amato Mago, un aggeggino chiamato Deluminatore, in grado di catturare le luci nelle proprie vicinanze.
 
Alle due del pomeriggio del giorno seguente, tutto era pronto per accogliere i partecipanti al matrimonio: sotto un grande tendone bianco vi erano file di sedie dorate, poste ai lati di un lungo tappeto rosso che avrebbe accolto la camminata della sposa e, sopra il posto in cui Bill e Fleur sarebbero diventati marito e moglie, Fred e George avevano collocato un grande grappolo di palloncini dorati, in tinta con l’arredo generale. Matilda scese assieme ad Hermione: aveva comprato, per l’occasione, un bel vestito lungo color pervinca, sistemato i capelli in un alta acconciatura vaporosa, tra le quali una farfalla colorata muoveva di tanto in tanto le ali ed aveva usato lo shampoo regalatole da Fred per tingere i capelli di un tono più tenue di quello del vestito. Quando raggiunsero Harry (per l’occasione sotto effetto di pozione Polisucco per confondersi nella famiglia Weasley, visto che le precauzioni non erano mai sufficienti quando si parlava del Prescelto), Fred in compagnia di Grace, bellissima nel suo abito giallo chiaro, Ron e George, tutti in attesa di accogliere gli ospiti, le due sorrisero e presero a complimentarsi con Grace per la sua eleganza. Alla vista di Hermione, Ron iniziò a boccheggiare e balbettare complimenti, ma gli altri tentarono di non farci caso.
 
George portò pollice ed indice alla bocca e fischiò sonoramente -Wowoooow Lemonsoda! Hai deciso di far sfigurare la sposa?!-
 
-Questo si che è un complimento. Bella camicia George- il ragazzo, in effetti, sfoggiava una camicia dello stesso tono di pervinca dell’abito di lei. Allungò il passo e si chinò, meno del solito visti gli alti sandali col tacco che indossava Matilda, per baciarla sulla guancia, non sia mai che rovinasse il suo rossetto. Certo, la ragazza dovette strillare più di una volta quando giunsero le cugine dal sangue Veela di Fleur, di modo che George non impiegasse le sue energie per mostrare loro dove potevano sedersi. Altro che far sfigurare la sposa, la bellezza di certe streghe era insuperabile.
Arrivò anche una biondissima Tonks accanto a Lupin: la sera prima erano fuggiti non appena il Patronus di Arthur aveva avvisato il gruppo che sarebbe giunto con il Primo Ministro; pare infatti che, di recente, il Ministero non vedesse di buon occhio i lupi mannari, ragion per cui la coppia era scappata via salutando a stento. Anche Hagrid era presente, pronto con uno dei suoi enormi fazzolettoni, così come Luna e suo padre, che abitavano nelle vicinanze della Tana. Matilda venne placcata da Muriel, vecchia zia di famiglia che non faceva altro che riservare brutte parole a chiunque; non fece alcuna eccezione per la giovane Malfoy che, oltre ad essere troppo bassa, troppo piatta, avere troppi capelli e gli occhi troppo grandi, aveva, sopra ad ogni altra cosa, la colpa di essere la figlia di Lucius Malfoy e Narcissa Black. Non che Matilda non se lo aspettasse, ma rimanere in silenzio, a beccarsi gli insulti di quella vecchia strega acida, non era proprio da lei. Fortuna che l’attenzione di Muriel si spostò in fretta su George, che accusò di avere le orecchie asimmetriche; il ragazzo si allontanò fumante trascinandosi Matilda dietro, mentre inveiva contro la vecchia megera senza alcun riguardo.
Certo, Ron era messo peggio di loro, perché fra gli invitati spuntò Viktor Krum, che appena notò Hermione si fece avanti per salutarla; a Ron fumavano le orecchie, visibilmente geloso di quel ragazzone. Quando decisero di sedersi, in quanto la sposa stava per arrivare, i ragazzi tirarono un sospiro di sollievo, chi per un motivo chi per un altro. Poco dopo Bill fece il suo ingresso affiancato da Charlie, entrambi con una grande rosa bianca all’occhiello  e, un paio di minuti dopo, comparve Fleur a braccetto con suo padre: il suo splendore e la sua rara bellezza sembravano, se possibile, aumentate ed illuminavano chiunque le stesse vicino, come Ginny e Gabrielle al suo seguito e come Bill, che raggiunto dall’emozionata sposa sembrava non avere nemmeno più una cicatrice in volto.
Appena il mago cominciò ad officiare la cerimonia, Molly e Madame Delacour cominciarono a singhiozzare, come Hagrid che, fra tutti, era quello che faceva più rumore. Matilda allungò d’istinto la mano a cercare quella di George perché, anche se si era imposta di non cedere alla commozione, gli occhi le erano comunque diventati lucidi, alla vista dei due sposi che, con ogni evidenza, erano al settimo cielo di unirsi in matrimonio
 
-Ehi, Serpeverde di ghiaccio! Se ti commuovi così per questo matrimonio, non oso immaginare cosa accadrà quando ti sposerai tu! Dovremo chiedere agli invitati di portare gli ombrelli- sussurrò George, mentre le lanciava un’occhiata molto divertita
 
-Oh, ma sta un po’ zitto!- lo rimbrottò Matilda tirando su col naso; eppure, nonostante la scontata presa in giro del ragazzo, sentì la sua mano stringerla con maggiore vigore
 
-Ma poi che ne sai tu di quello che accadrà al mio matrimonio, la cosa non dovrebbe interessarti affatto- sibilò giocherellando con le dita affusolate. George sghignazzò, così accostò il viso a quello di lei, con discrezione -Chi altro se non io sarebbe disposto a sopportare il tuo caratteraccio, secondo te?-
 
Cos’era, un’allusione quella? George stava realmente parlando di matrimonio con lei? Il suo George? Lo stesso che la svegliava con un mazzo di fiori che spuntava dal buco al posto del suo orecchio? Quello che non faceva altro che creare nuovi giochetti per il suo negozio?
 
-Se non torni di un colore umano, potrei sospettare che ti abbia messo in imbarazzo, eh Lemonsoda?-
 
Per un momento la creativa mente di Matilda la sostituì a Fleur, che in quel momento stava pronunciando le promesse con voce rotta dall’emozione, ma quel pensiero sparì quasi subito, quando il suo sguardo si spostò su Bill e sul suo fare affascinante e galante. Nulla a che vedere con George, valutò senza riuscire a trattenere un sorriso divertito
 
-Dunque io vi dichiaro, uniti per sempre- così concluse il mago, che levò la bacchetta sulla testa degli sposi, facendo ricadere una pioggia di stelle argentee, che li avvolse in una spirale mentre i due si stringevano in un abbraccio. Un fragoroso applauso accolse la novella coppia e in un attimo le sedie scomparvero, al posto del quale comparve una grande pista da ballo e vari tavoli sparsi, tra i quali schiere di camerieri iniziarono a marciare con solerzia, dando così  inizio al banchetto.
Era stata una cerimonia perfetta, senza intoppi e, nonostante il gran numero di invitati, era risultata molto intima ed accogliente. Matilda si era ritrovata un numero considerevole di volte in occasioni importanti, decisamente più sontuose e ampollose di quella, eppure fu la prima volta che percepì tanta felicità; dopo aver brindato con Fleur, che l’aveva stretta in un abbraccio caloroso e le aveva assicurato che sarebbe stata di certo lei, la prossima ad entrare in famiglia (ma che gli prendeva a tutti? Ora si erano fissati con la storia del matrimonio?), si fermò a parlare con Hagrid e Charlie, che si erano muniti di grandi pinte di Burrobirra (quello di Hagrid sembrava più un fusto, che un bicchiere). Per la prima volta in vita sua, Matilda fu lieta dei gran complimenti rivolti dal mezzo-gigante
 
-La mia studentessa migliore, ti dico! Matilda ha davvero la stoffa, sa come trattargli gli animali! Ti dico Charlie, non ti fidare di quanto è piccola!- al solito, Hagrid le dette una pacca sulla schiena tanto forte, che Matilda sarebbe volata via se Charlie non l’avesse trattenuta
 
-Non ho dubbi- Charlie le rivolse un gran sorriso -E se la cava bene anche a Quidditch a quanto ho visto! Allora Matilda, hai già pensato a cosa farai, una volta uscita da Hogwarts? Se ti interessa posso proporti uno stage in Romania, abbiamo sempre bisogno di qualche mago o strega impavidi. Come potrai immaginare non sono molte le persone che vogliono avere a che fare con i Draghi…-
 
A Matilda si illuminarono gli occhi; cominciò ad agitare le mani -Veramente non ci ho ancora davvero pensato, ma sarebbe fantastico, un grandissimo onore per me…-
 
-Me la vuoi proprio portare via allora!-
 
George, bellissimo nel suo completo all’ultimo grido, arrivò alle loro spalle con le mani nelle tasche
 
-Starà a lei scegliere, Georgie…vedremo se l’amore per un Weasley sconfiggerà la passione per degli animali incredibili, affiancati da un altro Weasley, per altro-
 
I due fratelli cominciarono a fare finta di prendersi a botte in onore di Matilda, mentre Hagrid li incitava con cori gutturali. E Matilda accompagnò quella finta lotta alla babbana con una gran risata.
Il cibo era ottimo, la musica sensazionale e non c’era un solo invitato (tranne la vecchia zia Muriel) che non si stesse godendo a pieno la festa. Matilda aveva mangiato talmente tanto che sentiva il vestito farsi stretto, aveva lungamente chiacchierato con Tonks, che sembrava molto felice del suo matrimonio con Remus e si era anche sufficientemente scatenata in balli più o meno sfrenati. Alla fine aveva implorato George di concederle un lento
 
-Lee ha l’umore di una vecchia scopa spelacchiata: mi ha detto che Daphne non ha mai avuto il permesso di lasciare la villa- si confidò Matilda, mentre si faceva trasportare da George -né lei, tantomeno Astoria, che è ancora minorenne! Pare sia riuscita a scappare un paio di volte in piena notte, ma niente di più-
 
-Mmm…la famiglia Greengrass non è di certo famosa per stare dalla nostra parte- disse George
 
-Lo so, ma addirittura non lasciarle nemmeno qualche ora al giorno di libertà? Questo è molto strano, è chiaro che non vogliono rischiare che le loro figlie abbiano a che fare con qualcuno di noi…mi spiace così tanto…-
 
-Non ci pensare, Daphne è una tosta, sono sicuro che troverà il modo per rigirare la situazione a proprio favore, non temere…-
 
-Mh.mh- mugugnò lei, con la guancia poggiata al petto di George.
 
Ed in un momento, fu il caos.
 Qualcosa di grosso ed argenteo planò da sopra il tendone per posizionarsi al centro della sala, dove improvvisamente calò il silenzio. Molti riconobbero il Patronus a forma di lince di Kingsley Shacklebolt, che parlò con la sua voce profonda
 
-Il Ministero è caduto. Scrimgeour è morto. Stanno arrivando-
 
Un breve silenzio pietrificò la sala, poi qualcuno cominciò ad urlare. Matilda spostò, terrorizzata, lo sguardo dal punto in cui si era appena dissolto il Patronus, a George, che d’istinto la strinse con forza a sé e cominciò a guardarsi spasmodicamente intorno: nel panico generale, maghi e streghe avevano preso a smaterializzarsi, sintomo del fatto che gli incantesimi di protezione posti sopra la Tana si erano infranti; così iniziarono ad apparire fra i presenti figure incappucciate e munite di maschera. Matilda si sentì mancare e dovette aggrapparsi a George, per non crollare a terra; Tonks e Lupin levarono le bacchette urlando incantesimi di protezione, così come gli altri membri dell’Ordine, tra cui George, che la trascinava lontano dal centro della sala mentre le teneva la testa bassa e lanciava incantesimi
 
-George! Portala via! Via!- urlò Arthur, intento a scagliare fatture contro uno dei Mangiamorte.
Era tutto molto confuso, il tendone cadeva a pezzi ed il caos regnava, tra maledizioni e incantesimi di protezione. Matilda estrasse la sua bacchetta con difficoltà e mentre cercava la lucidità per fare fronte a quell’attacco, un’alta figura incappucciata si parò davanti a lei e George; la mano del Mangiamorte era tesa e puntava la bacchetta verso di loro. Il viso di George era pietrificato, incapace di attaccare per primo; non riuscì a fare altro che coprire Matilda il più possibile, eppure il Mangiamorte esitò, dando il tempo a Matilda di riconoscere la bacchetta che teneva stretta nella mano guantata: l’avrebbe riconosciuta fra un milione, la bacchetta di sua madre. La ragazza alzò lo sguardo come per ricercare quello nascosto dietro la maschera, posta sul viso di quell’alta figura che avrebbe potuto colpirli in qualsiasi momento. Eppure il Mangiamorte, dopo qualche momento di esitazione, abbassò la bacchetta e dette le spalle ai due ragazzi. Fu in quel momento che George circondò il corpo della ragazza con entrambe le braccia e, in un turbinio, si smaterializzò con lei.
 
 
 
*cit. “Molto forte, incredibilmente vicino” meraviglioso romanzo di Jonathan Safran Foer, nonché mio romanzo preferito. Se siete curiosi ne consiglio vivamente la lettura e ne sconsiglio la visione del film, che mi sono rifiutata di vedere e di cui mi hanno parlato per niente bene.
 
Non c’è più un momento di pace per i nostri ragazzi, non è vero? Come sapete, carissimi lettori, io mi attengo pedissequamente (o quasi) alla storia originale, ragion per cui non date la colpa a me, se tutto sta andando alla deriva! Ho lottato un bel po’ con questo capitolo, ve lo confesso, ma spero davvero tanto (vi prego, rassicuratemi, ne ho assolutamente bisogno!) che il risultato non sia pessimo. Ci tengo davvero, davvero tanto.
Fatemi sapere, vi abbraccio “molto forte”.
 
D.

 
 

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Capitolo 33
*** Il Sibilo del Cambiamento ***


CAPITOLO XXXII
Il sibilo del cambiamento
 
La testolina bionda di suo figlio corre da una parte all’altra di quel groviglio architettonico, incrocio di siepi e fiori coloratissimi, alberi potati con cura pedissequa e viottoli di ghiaia fine
 
-Tesoro, attento a Draco, sarebbe capace di perdersi in mezzo a questo labirinto-
 
Narcissa è bellissima: i capelli chiarissimi le scivolano oltre le spalle e si chiudono in ciocche ordinate, incorniciando quel viso giovane e candido e gli occhi, profondi come l’infinito, lo fissano docili e ricchi d’amore. Passeggia al suo fianco, la sua Cissy, elegantissima e fiera. Si sente il mago più fortunato al mondo, ad avere la sua bella e brillante moglie. Le concede il sorriso candido, quello che riesce a riservare a lei soltanto, prima di far correre gli occhi cristallini alla ricerca del suo bambino
 
-Lo sai che non si allontana mai troppo, non riesce a starti lontano. Come biasimarlo?- le chiede, con il suo modo tanto fascinoso, ma che nei confronti della moglie vuole essere un gioco di seduzione.
 
Narcissa si lascia sfuggire un risolino prima di stringersi a lui; il sole caldo la illumina, rendendola ancora più magnifica, ancora più speciale. Come da programma Draco spunta di nuovo sul vialetto, per poi correre, impaurito, ad attaccarsi alle gambe della madre
 
-Amore, ti sei spaventato?- Narcissa si china per tirare su Draco, che allaccia le piccole braccia al collo di lei
 
-Mati è andata via- borbotta la sua vocina, tutta tremante. 
Si allarma: dove è andata a finire la sua bambina? Di colpo gli occhi si sgranano ed il sorriso si perde nell’espressione contrita, che va a ricercare sicurezza nella moglie. Narcissa sorride mentre tiene stretto Draco, così scuote un po’ la testa, come fa sempre quando vuole tranquillizzarlo
 
-Vuole che vai a cercarla, lo sai-
 
Ha ragione, quello è il loro gioco. Tira una ciocca di capelli dietro l’orecchio, prima di rilassarsi ed allungare il passo su quel sentiero che si dirama a destra e sinistra
 
-Vieni fuori, fatina…- a quel bivio, decide di svoltare a sinistra. Accompagna i passi ad un fischiettare leggero, intanto che gli occhi guizzano oltre le siepi, i rami ed i tronchi, per scovare Matilda. Un delicato profumo di violette arriva a stuzzicargli l’olfatto, così decide di rallentare il passo; lo sa, quanto le piacciano quei fiori. Lo sa, che si sarà acquattata in quei pressi
 
-Dove sarà finita mai?- chiede ad alta voce, prima di sentire un fruscio alle sue spalle, accompagnato a quella risata che l’ha fatto innamorare per la seconda volta in vita sua. Quella risata che sa di violette, d’amore e d’innocenza
 
-Ti ho preso! Papà, ti ho preso!-
 
E la sua voce, così acuta e fragile, ma che potrebbe governare il mondo, tanto è melodiosa. 
Per lui è come il canto di una sirena. 
Ride mentre si gira, facendo finta di essere sorpreso di vedere Matilda proprio lì, con le violette incastrate nel codino riccio, avvinghiata alla sua gamba, che sfodera il sorriso senza timore di mostrargli le finestrelle create dai dentini mancanti. Ride più forte e la tira su, facendola saltellare 
 
-Hai vinto, piccola streghetta!-
 
Matilda ride più forte e si dimena fra le mani forti del padre, che la sostengono
 
-Ho vinto! Devi darmi il premio! Il premio!-
 
Con le braccia tese, fissa la figlia che penzola davanti a sé
 
-Hai ragione, un Malfoy paga sempre i propri debiti*- afferma solenne, così Matilda annuisce, come se avesse capito davvero il significato di quell’affermazione. 
E mentre Narcissa spunta alla loro destra, con Draco ancora stretto fra le braccia, Lucius tira Matilda a sé, che subito si aggancia al suo collo, e le sussurra -andiamo a comprare le cioccorane-
 

 
Sentiva gli occhi pizzicare, coperti da un velo di salatissime lacrime che troppo spesso, negli ultimi tempi, salivano impietose per bagnargli il viso provato. La materializzazione nello studio non doveva essere passata inosservata alle orecchie di Narcissa, la quale varcò la soglia per poi chiudersi la porta dietro, con un movimento delicato. Lucius portò una mano a coprire gli occhi, troppo stanchi e umiliati, per degnare la moglie dell’attenzione che meritava
 
-L’ho vista…l’ho vista. Era terrorizzata, mi ha guardato in un modo tale…-
 
Narcissa allungò il passo nella direzione del marito, di cui strinse il viso fra le mani, costringendolo a guardarla
 
-Hai visto Matilda?-
 
Le iridi cristalline e velate si inchiodarono in quelle di lei
 
-Mi ha riconosciuto, ha riconosciuto lei- alzò la bacchetta, per poi far crollare il braccio lungo il fianco. Narcissa seguì il movimento con lo sguardo, prima di riportarlo sull’uomo di cui stringeva ancora il viso 
 
-Era al matrimonio quindi…cosa è successo? Dove sta ora?-
 
-Io…l’ho lasciata andare con quel ragazzo, uno dei figli di Arthur Weasley. Non ce l’ho fatta, non potevo trattenerla, non potevo portarla via, non si merita tutto questo- un fiume di parole deboli e confuse sgorgò dalla bocca del mago. La bocca di Narcissa prese a tremolare, come i suoi occhi, seppure non si slacciarono da quelli del marito, che portò una mano a coprire quella di lei posata con vigore sulla sua guancia scavata
 
-Come sono arrivato a questo, Cissy? Avevo tutto…l’onore, il rispetto…una famiglia costruita alla perfezione. Che cosa è rimasto ora, se non l’umiliazione della servitù? Sono solo uno schiavo…pronto a rinunciare a tutto per riconquistare un posto scomodo fra le file del Signore Oscuro- la voce si ruppe tra le lacrime, che le dita di Narcissa trattenevano come fossero una diga fragile -La mia bambina…ho rovinato tutto…-
 
-Tesoro…abbiamo tempo, c’è l’abbiamo. Possiamo…rimediare- flebile il tono di Narcissa, nel tentativo di consolare il marito, ridotto ad un mucchio di stracci
 
-No che non l’abbiamo!- gridò Lucius, mentre si scostava con forza dalla presa di lei -Potter non era lì! Non siamo riusciti a catturarlo, dobbiamo ricominciare da capo…e più il tempo passa, più sarà impossibile riprenderci Matilda!- sfregò il viso con le mani, prima di tirarsi indietro i lunghi capelli biondi, opachi e sfibrati -Eravamo perfetti, te lo ricordi? Matilda…mi faceva provare amore, ma ho rovinato tutto, tutto!-
 
-Ti prego Lucius, ora calmati- Narcissa tornò a farsi vicina, così da poter afferrare e stringere la sua mano -Dobbiamo rimanere uniti, non possiamo permetterci di cedere, non ora-
 
Ma Lucius non la ascoltava -Tutto quell’affetto, tutto quell’amore…io li ho dimenticati. Ho pensato solo alla gloria e mi sono dimenticato di continuare ad amare i miei figli! Lei…lei mi abbracciava sempre, te lo ricordi? Ma cos’è successo allora? Perché ho trascurato i nostri ragazzi?!-
 
-Il lavoro…lo abbiamo fatto per loro tesoro, abbiamo sbagliato, ma abbiamo agito in buona fede, non colpevolizzarti più di quanto non sia necessario, altrimenti rischiamo solo di crollare ed ora non possiamo permettercelo-
 
-L’ho respinta…- proseguì Lucius, i cui occhi vagavano per lo studio -L’ho delusa…quando ha provato a farmi capire di cosa avesse bisogno io l’ho ignorata. Quando si è esposta, per mostrarmi chi volesse essere davvero io…l’ho infangata è minacciata. Speravo solo che lei potesse rimanere la bambina meravigliosa che mi divertivo a cercare, quella che viziavo, a cui compravo dolci e giocattoli…io speravo solo che continuasse a tirare fuori la mia parte migliore, ma non ho fatto altro che allontanarla sempre di più ed ora…ora l’abbiamo persa. Abbiamo perso Matilda e condannato Draco…non sono che un mostro- concluse, addossandosi alla parete. Narcissa ingoiò le lacrime e senza aggiungere nulla, perché ritenne ogni commento inappropriato ed inutile, si abbandonò fra le braccia del marito, stringendosi con lui in un abbraccio tremante. Il ritorno di Voldemort, la lunga permanenza ad Azkaban, lo sgretolarsi della loro vita perfetta avevano cambiato suo marito. Lui, sempre così rigido e altezzoso, costantemente convinto di avere ragione su tutto e tutti, consapevole di agire per il meglio. Di Lucius non era rimasto che un uomo fragile e debole.
 
***
Crack
 
Non appena si smaterializzarono nel piccolo appartamento ad Hogsmeade, George corse davanti alla porta d’ingresso, iniziando a compiere innumerevoli incantesimi di protezione. Probabilmente nessuno dei Mangiamorte era a conoscenza di quel posto, ma la prudenza non era mai troppa, visto quello che era appena successo. Matilda era ancora impalata in mezzo alla stanza, con gli occhi vacui puntati sul pavimento e la bacchetta d’Ebano stretta nella mano. In silenzio si recò nel lato opposto della stanza e, confusa, prese anche lei a recitare gli incantesimi. Una volta finita la pratica, sfilò le scarpe e si abbandonò sul divano, dove venne raggiunta subito dopo dal ragazzo
 
-Era…era mio padre- la voce, un sussurro acuto e un po’ roco
 
-Come fai a saperlo? Era coperto dal cappuccio e la maschera-
 
Gli occhi di Matilda vagarono un po’, prima di soffermarsi in quelli di George -Quella era la bacchetta di mia madre…e la statura e la corporatura non erano quelle di lei o di Draco…era mio padre- concluse con gli occhi lucidi e le labbra tremanti. George deglutì, prima di posare la mano a stringere quelle di Matilda, allacciate sul grembo
 
-Questo spiegherebbe perché…-
-Ci ha lasciati andare- fu lei a concludere la frase al posto di George. Si guardarono a lungo, prima che George prendesse a carezzare l’acconciatura di lei, che cadeva a pezzi, metafora calzante della situazione drammatica in cui era riverso tutto il mondo magico
 
-Lo sai che avrebbe potuto schiantarmi e portarti via, non è vero? Per quanto amaro sia ammetterlo, è stato un buon gesto, da parte di tuo padre; è evidente che preferisca saperti con noi, piuttosto che trascinarti di nuovo con loro-
 
Matilda scoccò le labbra rosse, pronta per dire qualcosa, eppure dopo un velato farfuglio inconsistente, le serrò e con esse lo sguardo scivolò sulle mani. Solo dopo un lungo silenzio, trovò la forza di parlare ancora
 
-Cercavano Harry…chissà come staranno, chissà cosa sarà successo loro…e gli altri- sgranò dunque gli occhi lucidi e fissò Il ragazzo con spavento -Tonks…è incinta! Me l’ha confidato qualche giorno fa! Se le dovesse succedere qualcosa…-
 
-Aspetta, cosa?!- boccheggiò George -Tonks aspetta un…bambino?- dal tono, sembrò quasi avesse bestemmiato, così Matilda aggrottò le sopracciglia chiare -si George, i tuoi non si sono mai occupati di spiegarti come funziona la riproduzione della specie?-
 
George aveva ancora la mandibola penzolante e ci mese un po’, prima di riuscire a riprendersi mentre Matilda, che aveva subito adottato il suo solito piglio saccente che usava ogni qualvolta qualche suo compagno ad Hogwarts balbettava risposte improvvisate ai quesiti dei professori, lo fissava con un sopracciglio molto inarcato
 
-Certo che lo so, altrimenti non mi impegnerei a usare tutte quelle precauzioni quando noi…- una serie di gesti che avrebbero imbarazzato anche il più stupido dei troll (ed è risaputo che un troll, generalmente, ha la capacità cognitiva di una zucchina muffita), conclusero l’affermazione di George, cosa che portò Matilda a schiaffarsi una mano sulla faccia -mi chiedevo solo- riprese George, come se nulla fosse -come hanno gestito, ecco…il problema di Lupin, voglio dire: durante la luna piena la pancia di Tonks comincerà ad ululare?-
 
-Non voglio credere che tu lo stia dicendo sul serio-
 
-Ti immagini? Luna piena e boom! Cominciano a spuntarle i peli sulla pancia!-
 
-Benedettissimo Salazar…contieniti George-
 
-Dico solo che a me non piacerebbe affatto se mi iniziassero a mordicchiare da dentro…-
 
-George!-
 
-Perché, che ho detto ora?-
 
Gli occhi di Matilda rotearono vistosamente, prima di tornare a soffermarsi sul ragazzo -certe volte mi domando come tu riesca a partorire certe immagini…-
 
-Dai Lemonsoda, vedi che me le chiami te?! Partorire…- George fece finta di rabbrividire e, proprio mentre era pronto a sfornare un’altra serie di improbabili battute, un fumo argenteo entrò nel piccolo salotto, dando vita a un grosso animale che parlò con l’inequivocabile voce di Tonks
 
“Tutto sotto controllo, rimanete lì, verremo noi domani”
 
Matilda e George osservarono il Patronus di Tonks dissolversi, così tornarono a guardarsi
 
-Fantastico, tutto sotto controllo, non c’è nulla da temere bambina- concluse George sfoderando un gran sorriso e scoccando le mani l’una sull’altra –non ci resta che aspettare
 
-Per fortuna…speriamo che non sia successo nulla ai ragazzi- borbottò Matilda, prima di slacciare l’acconciatura, che fece librare la farfalla incastrata fra i capelli, sul naso di George; infine mise su un rinnovato broncio -Ma qui non abbiamo nulla da mangiare!-
 
George scosse la bacchetta per far sparire la farfalla –Non ci credo…abbiamo appena finito di abbuffarci e tu già pensi al cibo?-
 
-Oh, non rompere George, è stata già una pessima serata questa, quantomeno cerchiamo di non morire di fame-
 
Il ragazzo mise su la sua espressione furbetta migliore, mentre si inclinava verso Matilda, sempre tremendamente sospettosa quando George assumeva quell’atteggiamento ambiguo
 
-Invece io penserei ad occupare questo tempo in un altro modo, sono sicuro che ti farei passare la fame, se solo me lo permettessi-
 
-Non dire assurdità, non c’è niente che mi farebbe smettere di pensare ai tortini di zucca in questo momento, niente!-
 
Il sorriso di George si allargò ancor più –Dipende a quale tortino di zucca alludi…- sussurrò roco mentre con estrema abilità aveva già slacciato il retro del vestito di Matilda, provocandole un lungo, niente affatto fastidioso, brivido lungo la spina dorsale. Nonostante tutto Matilda si sentì in dovere di riprenderlo –George! Ma a cosa vai a pensare…in un momento così poi-
 
-Sai Lemonsoda- rispose lui, sfregando la punta del naso sulla guancia di lei e facendo scivolare il vestito fin sotto il reggiseno –dovresti saperlo ormai: io penso sempre, costantemente, ossessivamente, al tuo bel corpicino candido, non esiste un momento migliore o peggiore- concluse con dei morsetti sul collo, mentre la presa salda delle mani la faceva scivolare sotto di lui, facendo ridere Matilda ormai cosciente che, a George, non sapeva proprio dire di no, mai.
 
 
Le palpebre si schiusero al tocco gentile dei primi raggi del sole, che promettevano una giornata calda e splendente, in antitesi con gli orribili fatti della sera precedente. Ci mise un po’ a capire dove fosse, l’unica certezza che aveva non era che il profumo di George, incollato al suo corpo. Strizzò più volte gli occhi, prima di far risalire lo sguardo sul dorso nudo su cui era poggiata, fino ad individuare il bel volto addormentato del ragazzo, con le labbra appena schiuse ed un lieve rossore sul viso, che aveva aumentato il tono delle lentiggini.
Ma chi se ne frega dell’orecchio, pensò. Anche fosse totalmente mutilato, George era bellissimo, agli occhi di Matilda. Appena aveva iniziato ad incontrarlo più spesso, ad Hogwarts (o almeno quando la presenza di George iniziò a farsi palese ai suoi occhi), il suo sorriso aveva avuto la miracolosa potenza di farle dimenticare qualsiasi altra bocca su cui avesse mai posato la propria. Quando George, senza un minimo di vergogna, se la trascinava in giro come fossero amici da sempre, o meglio futuri amanti scontati, l’Amortentia aveva assunto il suo odore. Non c’era nulla, nulla, a frapporsi fra lei e l’amore incondizionato per quel ragazzaccio dai capelli tanto rossi e scombinati, da bruciarle gli occhi. Si scostò piano dal corpo nudo e accaldato di George, gettò i passi sulla guerriglia di vestiti eleganti, che qualche ora prima erano stati abbandonati a terra; recuperò una sua maglia (si, era sua, perché i vestiti di Fred non profumavano d’Amortentia) dall’unica cassettiera presente nel piccolo nido e, dopo averla infilata controvoglia, si avvicinò alla finestra, con in testa ancora l’immagine di lui che la faceva arrossire, tanto era perfetto il suo corpo nudo e vivo. La guerra era alle porte e stava bussando con poco riguardo e molta aggressività, pensò desolata, con le iridi cerulee che riverberavano alla luce calda del sole mattutino. E Matilda, che mai e poi mai si sentiva coraggiosa, sentiva la paura avvinghiata al suo corpo, come il profumo del suo ragazzo dormiente. Mentre guardava con assoluta distrazione due passerotti litigarsi il loro pasto, appollaiati sulla ringhiera che conteneva un modesto giardinetto a perimetro della casina, fu impossibile non pensare a suo padre, a sua madre e al suo Draco. Il povero Draco che, ne era sicura, sicuramente stava soffrendo molto più di lei. La rabbia nei suoi confronti aveva presto lasciato il posto alla preoccupazione e all’ansia per il suo gemello che mai aveva avuto mezzi propri per potercela fare da solo; era così da sempre, da quando erano nati: era lui che ricercava la sua manina, nel lettino d’infanzia. Era lui che la andava a cercare intimorito, quando giocavano nelle ampie proprietà della loro magione. Era lui che, quando perdeva il sonno per qualche incubo, correva da lei e si infilava nel suo letto.
E anche in quel momento, a Matilda era chiaro, Draco aveva sicuramente bisogno di lei. Mentre sua madre probabilmente soffriva la sua assenza, sapendola esposta a pericoli costanti lontana dalle sue braccia protettive e suo padre, forse, era atterrito dalla lontananza, Draco aveva bisogno di sua sorella.
Ma non poteva farci niente. Per la prima volta in tutta la sua vita, Matilda sentiva di non avere nessuna arma a disposizione per riportare Draco con sé.
Albus Silente le aveva detto di illuminare la strada per lui ma Matilda, troppo concentrata su se stessa forse, non l’aveva fatto. Non si era impegnata abbastanza. In definitiva: aveva fallito.
Bel fallimento, per una strega di diciassette anni. Non si trattava mica di bisticciare per stupide incomprensioni adolescenziali: Draco e Matilda Malfoy erano cresciuti e la vita adulta li aveva colpiti duramente, troppo duramente. Non se lo meritavano, né l’uno né l’altra.
Perché se da un lato Matilda aveva trovato la forza di allontanarsi dal sentiero oscuro, perché era stata tanto fortunata ad essere amata da persone buone e speciali, dall’altro Draco aveva si, preso un sacco di decisioni sbagliate, ma queste erano state il frutto di un destino solitario e infelice e della malsana influenza di persone cattive, senza virtù e con falsi e distorti ideali.
Tanto era forte il volume di quei pensieri, che non si accorse che George si era svegliato ed aveva abbandonato il divano, per portarsi dietro di lei. Appena le braccia lunghe le strinsero il busto sobbalzò, per poi rilassarsi tutt’insieme
 
-Mi spiace che ti sia vestita- bisbigliò con la voce roca di chi si è appena svegliato –era sensazionale, averti incollata a me-
 
Matilda si lasciò sfuggire una risata composta –siamo appiccicosi e sudati, su quel divano c’entravi a malapena tu…- soffiò poi, abbandonando la schiena sul torace del ragazzo, il quale si premurò di sfregarsi per bene contro di lei, facendole così capire che ogni parte del suo corpo era più che sveglia
 
-Preferisci startene qui a guardare il vuoto che approfittare di questo breve momento di solitudine?-
 
-Vorresti dirmi, Georgie, che non ti è bastato passare tutta la notte a…-
 
Mentre un braccio cingeva ancora il collo di Matilda, l’altra scivolava sul ventre, fino a scontrarsi con gli slip che scavallò senza esitare, facendo sussultare la ragazza, questa volta di piacere
 
-Questa conversazione comincia a diventare noiosa- le disse ridendo nel suo orecchio, mentre affondava le dita in lei –non mi stancherei mai di te e di tutte le incredibili sensazioni che mi fai provare, sciocca-
 
In quel momento, più che mai, Matilda aveva un disperato bisogno d’amore, nonché di sentirsi desiderata e completa, dato che buona parte di lei se ne era andata via con la sua dissoluta famiglia. Sfilò la maglia con foga, mentre George continuava a regalarle il piacere e solo una brusca sterzata del suo corpo, per voltarsi verso il ragazzo, lo fece desistere dal continuare. Si fissarono con intensità, mangiando uno gli occhi dell’altra, fin quando Matilda non si aggrappò al suo collo con tutto il peso, costringendolo a chinarsi per agguantare le sue labbra morbide e piene.
E quando George decise che ne voleva di più, molto di più, perché la voleva nella sua interezza, Matilda, lei si dimostrò in perfetta sintonia con le sue volontà. George lo capì dalle unghie corte che sentiva affondare sul collo e le spalle larghe, puntandosi con arroganza nella pelle costellata di lentiggini. Una volta Matilda aveva provato a contarle, ma era finita proprio come in quel momento, perché non riuscivano mai a stare vicini per troppo tempo senza affogare nel corpo altrui; così mentre contava, “una, due…ventitre, ventiqu…” lui le aveva già sfilato le mutandine. A ricordarlo gli venne da ridere e Matilda sembrò leggergli la mente, perché rise con lui, intanto che l’addossava alla parete e la tirava su, facendosi spazio fra quelle gambette esili che sentiva sempre di poter spezzare con un soffio.
Hogwarts li avrebbe divisi. Era sensato, poi, pensare di tornare nella scuola, dopo tutto quello che era successo? Sarebbe stata davvero più al sicuro lì, che non sotto la protezione sua e dell’Ordine?
Ma Matilda, la sua Matilda era testarda. Sentiva le cosce stringergli i fianchi e la sua mano bianca come il latte ricercarlo per aiutarlo a farsi strada in lei. George puntò la fronte sulla sua, mentre si spingeva feroce fra le gambe sospese, che lo avvolgevano. Le strinse i glutei, la fissò ansimandole sulla bocca, che rispondeva a ritmo, seppur più delicata e graziosa.
Smisero di pensare a tutto quello che c’era di sbagliato fuori di lì, perché ancora una volta, l’ennesima dannatissima volta, non avevano alcun tipo di certezza per il loro futuro; per questo si abbandonarono a quell’amplesso senza alcun riguardo, liberandosi della paura e della tensione per darsi la possibilità di annodarsi con passionale ingordigia. George si spingeva forte in lei e Matilda si aggrappava con tenacia a lui, cospargendosi con scie di baci e morsi audaci, fin quando non raggiunsero l’apice di quello scontro titanico, che si concluse in un abbraccio affannoso, ma stretto più che mai.
 
***
Il tempo passò con velocità sorprendente. Matilda non aveva più messo piede al negozio, in quanto i Mangiamorte non facevano altro che farsi vedere in tutti quei luoghi che, in un modo o nell’altro, avevano a che fare con l’Ordine. Non che ci fosse reale pericolo per la sua incolumità, o almeno così pensavano tutti, ma era meglio essere prudenti, perché se realmente Lucius Malfoy aveva rinunciato a trascinarsi via la figlia, non era di certo detto che qualche altro servo di Lord Voldemort non decidesse di fare di testa propria, magari per compiacere il suo Signore. Avevano saputo che Ron, Harry ed Hermione si erano rifugiati a Grimmauld Place e che stavano bene; certo comunicare con loro era praticamente impossibile, se non recandosi personalmente da loro, cosa che solo pochissimi membri dell’Ordine avevano il permesso di fare, visto che servivano ottime capacità di smaterializzazione per far si di presentarsi direttamente sui gradini dell’uscio, protetti da incantesimi di invisibilità, così che i Mangiamorte ormai costantemente di guardia davanti alla vecchia dimora dei Black non potessero accorgersi del viavai. Matilda avrebbe voluto raggiungerli, ma il ragionamento in finale era sensato, ragion per cui si accontentò di ricevere notizie da terzi.
Quindi i giorni scorrevano, la serpeverde si preparava al nuovo anno standosene all’ombra di qualche albero nel territorio della Tana a sfogliare “Il Libro Mostro dei Mostri”, oppure nel piccolo appartamento di Hogsmeade. Passò molto tempo con Ginny, cercando di capire, con tatto, a che punto si trovasse la sua relazione con Harry, dato che ad Hogwarts sembravano inseparabili, ma dopo la morte di Silente, Matilda aveva capito che si fossero lasciati, eppure il giorno prima del matrimonio di Bill e Fleur, li aveva sorpresi a baciarsi con foga. Ginny, che era sempre molto energica, con una gran voglia di vivere e una grinta ineguagliabile, si rabbuiava quando veniva nominato Harry; era evidente che quello fosse un argomento spinoso per la più piccola dei Weasley e che, nonostante la confidenza con quella che ormai poteva considerare una sorta di sorella maggiore, non riusciva ad aprirsi totalmente.
Purtroppo, fuori dal Nido ad Hogsmeade o dalla Tana, dove in entrambi i casi sembrava di trovarsi in una bolla che niente avrebbe fatto scoppiare, le cose andavano molto male; si, perché con il Ministero in mano ai Mangiamorte (certo non era dichiarato, ma la linea presa dalla Gazzetta del Profeta, così come le notizie  giornaliere riportate dal signor Weasley palesavano l’istaurazione della subdola e meschina dittatura), era iniziata la caccia al babbano: intere famiglie scomparivano giornalmente, maghi figli di babbani dovevano essere censiti e se c’era il dubbio che la propria linea di sangue fosse macchiata beh…non si aveva vita facile. Con l’avvicinarsi del rientro ad Hogwarts avevano iniziato a circolare delle voci che non lasciavano intendere nulla di buono, perché persino per accedere alla scuola, che fino a quel momento era sempre stata luogo d’accoglienza per ogni mago, si doveva dimostrare di discendere da maghi. A seguito di queste indiscrete notizie, Matilda aveva tentato di mettersi in contatto con Elliott Jhoansson, il bel corvonero figlio di babbani con cui aveva stretto una discreta amicizia e con cui non aveva rinunciato a scriversi lettere su lettere a conclusione del diploma del ragazzo. Ma d’improvviso non ebbe più sue notizie. Costrinse George, inizialmente ritroso vista l’evidente gelosia nei confronti del ragazzo, a scavallare nella Londra babbana per fare visita alla libreria dei genitori di Elliott ed accertarsi che tutto andasse bene. Purtroppo George tornò con una palese espressione colpevole sul volto: la libreria era chiusa, senza nessun cartello a dare maggiori indicazioni.
Fu in questo clima tetro e senza speranze che Matilda si preparava, con Ginny, a fare ritorno nella scuola. Aveva passato la notte antecedente al primo Settembre senza riuscire quasi a chiudere occhio e quando ci riusciva, il suo risultava un sonno pieno di terribili incubi.
Quando si alzò definitivamente, per recarsi alla stazione di King’s Cross, erano le prime luci dell’alba; si schiaffò sotto la doccia, intrecciò i capelli nella consolidata treccia e recuperò Juno, furente per l’essere chiusa dentro la gabbia dopo la lunga estate passata a svolazzare in giro in compagnia di Leotordo
 
-Vedrai che andrà tutto bene- la rassicurò George che trasportava i bagagli al posto suo nel vecchio carrello –e se qualcosa dovesse non andare, potrai sempre decidere di andartene-
 
-Lo so- sospirò lei, vestita d’un leggero abito dai toni scuri, che esaltavano il pallore della pelle –speriamo non ce ne sia bisogno…sarà dura affrontare l’anno senza Hermione e Ron, per fortuna ci sono Ginny e Daphne…-
 
Era ovvio che il nome di Draco non fosse stato pronunciato volutamente, ma George sapeva che il pensiero della ragazza fosse allacciato al fratello. Matilda seguì George che si era appena lanciato contro la colonna e, una volta messo piede sul binario nove e trequarti, si agganciò alla sua schiena
 
-Per piacere vai ora, non voglio che tutti ci vedano insieme…-
 
-Dai Matt, ormai tutto il mondo magico sa che stiamo insieme, diciamo che non correrò maggiori rischi ad accompagnarti fino al vagone-
 
Ma Matilda scosse il capo con vigore, quindi circumnavigò il suo corpo fino a piazzarglisi davanti –Cambia per me, per piacere George…-
 
Il ragazzo aggrottò le sopracciglia, ma a seguitò di un lungo sbuffo, le afferrò il visino con le mani e si chinò su di lei –Come preferisci…scrivimi appena potrai farlo, intesi?-
 
-Intesi-
 
-E non farmi preoccupare, detesto essere preoccupato, sai quanto ami stare senza pensieri-
 
-Non credo esista qualcuno che ami avere la testa piena di brutti pensieri-
 
-Matilda-
 
-George-
 
Sorrise, prima di calare sul suo viso e darle un lungo bacio –Lo sai-
 
-Anche io, Georgie-
 
 
Salì sul treno senza perdere tempo e, nell’immediato, ricercò un vagone per sistemare i propri bagagli
 
-Sei qui! Sei qui!-
 
La voce melodiosa di Daphne arrivò su di lei assieme ad un forte abbraccio. Matilda si girò verso l’amica con un’espressione radiosa sul viso -Che bello rivederti, mi sei mancata un sacco!-
 
Si abbracciarono di nuovo, poi Matilda la afferrò per le spalle e la allontanò un po’ –Come stai? Ho saputo da Lee che non te la sei passata bene e…-
 
-Ssshh!- sibilò Daphne accompagnandosi con l’indice sulle labbra –non è il momento! Parleremo dopo…stanno cambiando tante cose Matt, la situazione peggiora giorno dopo giorno…hai già visto tuo fratello?-
 
-Cosa?!- Matilda stridulò strabuzzando gli occhi –Draco è qui?!-
 
-Oh santo Salazar, pensavo che lo sapessi…- Daphne si guardò frettolosamente intorno, lanciando brutte occhiate agli studenti del primo anno che le guardavano curiosi, così si chinò per bisbigliare al suo orecchio –è arrivato poco fa circondato da quattro o cinque energumeni, che lo hanno accompagnato in un paio di scompartimenti più in là…ehi aspetta! Cazzo Matt!-
 
Matilda non aveva nemmeno permesso a Daphne di concludere la frase: si scostò da lei e prese a farsi strada nel corridoio per raggiungere lo scompartimento indicato dall’amica; si scontrò anche con Luna Lovegood e Neville Longbottom, che stavano raggiungendo Ginny, ma li liquidò con rapidità. Doveva raggiungere Draco, immediatamente.
Non si aspettava, però, di trovare la strada sbarrata: in piedi, fuori dallo scompartimento in cui teoricamente si trovava il gemello, c’erano Vincent Tiger e Blaise Zabini, che appena la riconobbe mise su un sorriso acido e, svogliato, ciondolò davanti la porta
 
-Hai avuto coraggio a farti rivedere, sai?-
 
Matilda assottigliò gli occhi, ma subito dopo distese l’espressione –Ciao anche a te Blaise, come immaginerai non sono qui per fare convenevoli, sto cercando Draco, ora se vuoi scusarmi…- Matilda tentò di scavallarli, ma venne respinta dal grosso braccio di Tiger, posto a scudo fra lei e la porta dello scompartimento
 
-Le cose sono cambiate Matt- sibilò mellifluo Blaise –molto cambiate, specialmente per i traditori come te-
 
La ragazza tentò di non scomporsi: non voleva ricorrere alle brutte maniere, ma il cuore che le ballava in gola stava innalzando il suo livello d’agitazione –Per piacere…spostatevi, devo assolutamente vedere Draco-
 
Vincent grugnì una risata, accompagnato a quella leggera e sinuosa di Blaise –Sapevamo che saresti arrivata, proprio per questo stiamo qui. Come ti ho appena detto…- gli occhi dal taglio oblungo, penetranti e scuri, la fissavano senza vibrare –le cose sono cambiate. Ma forse sei diventata sorda come quel traditore del proprio sangue con cui ti accompagni. A proposito, come sta orecchio single? Si è rimesso in riga?-
 
-Non ti azzardare a nominarlo!- Quelle provocazioni le fecero perdere la ragione. Tentò di farsi strada con forza, ma questa volta furono le mani di Blaise a bloccarla, che con forza le serrarono la spalla ed il viso –Allora non ci siamo capiti: non ti è concesso vedere Draco, chiaro?- La presa intorno alle guance faceva male; non aveva nulla a che vedere col tocco gentile di cui aveva ricordo, quando con il serpeverde si chiudeva in qualche aula solitaria per dedicarsi ad effusioni poco composte. Blaise Zabini aveva carpito il suo sgomento e senza smetterle di strizzarle il viso, si chinò su di lei –Fin quando non sarà Draco a deciderlo, devi stare lontana da lui…sono stato chiaro?-
Certo. Era più che ovvio che moltissime cose fossero cambiate, pensò disperata Matilda, mentre quegli occhi scuri la divoravano, non lasciandole alcuna via d’uscita.
 
 
 
 
*Libera citazione dal motto dei Lannister. Per chi legge “Le Cronache del ghiaccio e del fuoco”, o per chi vede “Game of Thrones”, questa citazione non suonerà nuova. Ho sempre associato la famiglia Lannister a quella Malfoy, sarà per i capelli biondi, la ricchezza o la malvagità, chissà! Ma in questo caso, niente incesto ;)
 
Beh, bel ritorno ad Hogwarts, non trovate? Ma che potevamo aspettarci, ormai le cose stanno peggiorando giorno dopo giorno: il matrimonio è andato in fumo, il golden trio volatilizzato ed il regime dittatoriale di Lord Voldemort sta prendendo man mano piede. Spero che il capitolo sia piaciuto; al solito aspetto la vostra, cari tortini di zucca!
Vi abbraccio
 
D.

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Capitolo 34
*** E poi il buio ***


CAPITOLO XXXIII
E poi il buio
 
Sarebbe stato alquanto riduttivo, affermare che quello fosse stato un viaggio infernale: durante il lungo tragitto verso Hogwarts, che solitamente era sempre motivo di gioia, Matilda era stata beffeggiata da Blaise, respinta dal fratello, aveva scoperto che le era stato strappato via il ruolo di prefetto e che, probabilmente, non avrebbe più giocato nella squadra.
 
A meno che tu non decida di fare la brava bambina, così le aveva detto la voce schifosamente lasciva di Blaise, mentre l’aveva confinata in un vagone lasciato appositamente vuoto, in cui il serpeverde aveva dato il via a quella lenta tortura nei confronti di Matilda. Quale fosse stato il loro rapporto in passato, la cosa sembrava aver perso totalmente di rilevanza; non importava nemmeno che fosse la sorella di Draco, una Malfoy, anzi se possibile quei particolari avevano decisamente peggiorato la sua situazione.
Matilda non era che una ribelle, ormai: ribelle nei confronti del suo sangue puro, della sua prestigiosa famiglia, della casa di Salazar. Non solo aveva apertamente appoggiato, in passato, Harry Potter, attualmente il ricercato numero uno in tutto il mondo magico, inoltre aveva stretto legami con una sanguemarcio ed aveva intessuto una relazione con un traditore del proprio sangue, oltretutto membro di una famiglia che, molto probabilmente, faceva parte di quei bastardi dissidenti dell’Ordine.
Non poteva andare peggio di così, o almeno questo era ciò che pensava Matilda prima di mettere piede ad Hogwarts e, nello specifico, nella Sala Grande, che era immersa in uno spesso ed inquietante silenzio, che mai aveva rispecchiato la scuola. Era strano non percepire alcun rumore, era assurdo non sentire gli schiamazzi dei vecchi e nuovi compagni. Gli occhi cerulei gravavano, sperduti, nella sala. Quando Draco fece il proprio ingresso, Matilda si alzò immediatamente dal proprio posto, ma subito Tiger e Goyle si frapposero fra lei e il fratello, mentre Blaise scosse la testa e le regalò il suo impeccabile sorriso acido. Stai attenta a ciò che fai, quello il significato nascosto fra le fila di denti bianchi.
L’unica cosa che ci guadagnò Matilda, fu una fugacissima occhiata di Draco: quegli occhi identici ai suoi,  ma che non brillavano di rabbia, bensì erano imbevuti di tristezza e malinconia.
Rimase in piedi con i pugni stretti e tremanti fin quando non percepì una stretta intorno al polso
 
-Andiamo, siediti ora, a lui penseremo più tardi- bisbigliò Daphne prima di strattonarla verso il basso. Così Matilda acconsentì; si sentiva un calderone pronto ad esplodere, ma non avrebbe giovato a nessuno se avesse dato di matto e, specialmente, lei non avrebbe ottenuto nulla se non peggiorare ulteriormente una situazione già particolarmente fragile.
Aveva trovato la calma necessaria, ma quello che accadde poi, ricacciò quella briciola di buon senso in fondo alla terra, dove si trovavano solo vermi e cadaveri. Lo sguardo guizzò con frenesia verso il tavolo occupato dai professori, quando al posto di Albus Silente, compianto preside, si posizionò il demonio fatto persona, uno dei più putridi maghi che Matilda avesse mai incontrato:
In un turbinio di tela nera e pesante, la figura di Severus Snape inquadrava la posizione in maniera inappropriata, come un tassello di un puzzle infilato a forza nella posizione sbagliata. Matilda percepì la bocca seccarsi mentre tentava di convincere se stessa che quello non fosse che il brutto scherzo della sua mente, posta sufficientemente sotto stress. Eppure, più i suoi occhi lo percorrevano, intanto che le mani di propria decisione andavano a ricercare il legno d’ebano nelle tasche, più si faceva nitida l’orribile realtà in cui il destino aveva pensato bene di contestualizzare il popolo di Hogwarts; perché impassibile, marmoreo, di un tenue colore verdastro del viso che incorniciava i profondi occhi neri, Severus Snape stava dichiarando a tutti che fosse lui, il nuovo preside, conclamando il controllo di Hogwarts da parte del più grande mago oscuro di tutti i tempi.
Snape, che aveva ingannato ed ucciso Albus Silente, che aveva tradito tutti loro. Che aveva quasi permesso a Draco di macchiarsi in maniera indelebile. Severus Snape, che aveva tentato di uccidere George, lanciandogli contro una maledizione che per fortuna aveva solo reciso l’orecchio di lui, avendolo colto di striscio.
Severus Snape, che aveva quasi ucciso George.
Il suo George.
E quello fu un ricordo sufficiente per celare lo sguardo di Matilda di un corposo rosso rubino.
Non ricordò subito di avere estratto la bacchetta senza riflettere. Non ricordò subito di averla rigirata nella sinistra, mentre la bocca si piegava in un urlo rabbioso.  Non ricordò subito di averla puntata proprio nella direzione di Snape, con quale intenzione poi, non lo ricordò affatto.
L’unica cosa che tornò alla mente con chiarezza, fu un colpo deciso, una forte scossa elettrica colpirle la nuca, per poi raggiungere il midollo spinale e diffondersi in tutto il corpo come un fulmine caduto al centro di un lago cupo.
E poi il buio.
 
*
 
Lo smistamento era proceduto con calma, a seguito della presentazione di due nuove figure nel corpo insegnanti: i fratelli Carrow, Mangiamorte al servizio di Lord Voldemort, stridevano al fianco della professoressa MCGonagall; Amycus Carrow era stato assegnato all’insegnamento di Arti Oscure, a sostituire la vecchia materia di Difesa, mentre sua sorella  Alecto aveva acquisito la cattedra di Babbanologia. Astoria aveva assistito in silenzio, con la mandibola serrata e gli occhi neri spalancati di terrore, a quello che era stato il primo assaggio della nuova dittatura scolastica. Si, perché nel momento in cui una Matilda che aveva riconosciuto a stento, tanto era la furia che l’aveva pervasa, aveva direzionato la propria bacchetta verso il neo preside, Blaise si era alzato e l’aveva colpita alle spalle con una fattura. La ragazza aveva preso a contorcersi convulsamente fino a perdere definitivamente i sensi; in molti si erano alzati e tante erano state le reazioni: dal tavolo Grifondoro la chioma di fuoco di Ginny Weasley saettò con rapidità, mentre la ragazza si alzava dal suo posto intenzionata, probabilmente, a soccorrere la ragazza, ma Neville Longbottom la fermò, nonostante gli occhi del ragazzo bruciassero di rabbia. Sua sorella trattenne un urlo e si apprestò ad allungarsi verso il corpo riverso a terra dell’amica, ma presto venne richiamata dal preside, che la intimò di non muoversi. Astoria corse a ricercare lo sguardo di Draco, mentre l’aria era carica di mugolii degli studenti più piccoli; il ragazzo fissava terrorizzato la gemella ed Astoria riscontrò un lieve tremolio delle mani diafane, chiuse a pugno sopra il tavolo. Dal tavolo dei professori si sentì il tuono profondo di Hagrid, ma fu la professoressa McGonagall ad alzarsi di tutta fretta per raggiungere Matilda. Mentre la donna gridava ad Hagrid di aiutarla, i fratelli Carrow si gustavano la scena con aria divertita ed  il preside Snape, impassibile davanti a quella scena, tornò a rivolgersi agli studenti
 
-Qualcun altro ha qualcosa da dire?-
 
Nessuno, ovviamente, osò fiatare. In silenzio Hagrid, sotto ordine della MCGonagall, portò via Matilda ancora priva di sensi mentre la vicepreside, che aveva il volto tirato, si voltò a fissare Severus Snape, che contraccambiò lo sguardo con impassibile compostezza, prima di incitare la collega di fare ciò che spettava lei, senza aggiungere altro. Così gli studenti seguirono gli insegnanti ed i prefetti in religioso silenzio ed Astoria si fece ombra, intenta a pedinare Draco Malfoy.
 
*
 
Matilda sentiva il corpo andarle a fuoco. Appena era rinvenuta, si era ritrovata la faccia di Ginny di fianco; gettandosi un rapido sguardo intorno, aveva subito capito di trovarsi in uno dei lettini dell’infermeria
 
-Sei stata coraggiosa- la voce melodiosa di Ginny era accompagnata dal suo inconfondibile odore di fiori, che stranamente Matilda trovò particolarmente accentuato e piacevole. Si tirò su a forza, reggendosi la testa con le mani; si sentiva pesante come un macigno, eppure non esitò a ridere amaramente
 
-Coraggiosa? Vorrai dire pazza…non so cosa sia successo, non so perché l’ho fatto-
 
Gli sguardi delle due si incrociarono, avvolti dal silenzio e dalla penombra dell’infermeria. Dopo un lungo momento, fu Ginny a parlare di nuovo
 
-Snape il nuovo preside…se non mi avessi preceduta sarei stata io a scagliarmi contro di lui-
 
-Ginny!- Matilda allungò una mano per stringere quella dell’altra -il mio è stato un momento di follia, ho perso la calma! Non farti venire strane idee in mente ora…la situazione è già drammatica…-
 
-Quel bastardo di Zabini…Hogwarts è piena di Mangiamorte Matt! Dobbiamo fare qualcosa, dobbiamo…-
 
-Non ora- sussurrò Matilda stringendo più forte la presa e lanciando occhiate verso la porta dell’infermeria, da cui entrò la professoressa MCGonagall, che si avvicinò a gran passi alle due; il volto della donna era solcato da rughe profonde e gli occhi, vitrei, fissavano Matilda
 
-Signorina Malfoy, come si sente?-
 
-Bene…cioè poteva andare peggio, immagino-
 
-Lo sa che è stato molto incosciente, da parte sua, reagire in questa maniera? Avrà notato che le cose ad Hogwarts sono…- -cambiate- concluse la Serpeverde al posto dell’insegnante -lo so, l’ho capito da quando ho messo piede sul treno-
 
Le labbra della vicepreside si tirarono in una linea dura, così spostò l’attenzione su Ginny -Signorina Weasley, è bene che lei torni immediatamente nel suo dormitorio, ho guadagnato tempo per farla stare qui, ma non è opportuno che anche lei si guadagni…una punizione-
 
-Ma professoressa!-
 
-Sto bene, vai per piacere…- Matilda pose fine alle rimostranze di Ginny che si alzò con rassegnazione, ma prima che la ragazza potesse uscire, la richiamò
 
-Non dire a George quello che è successo-
 
Ginny sgranò gli occhi e divampò in un attimo -non puoi chiedermi questo! Deve sapere cosa ti hanno fatto e…-
 
-Glielo dirò io, ma non ora…per piacere, non farlo-
 
Ginny strinse le labbra con disappunto, ma alla fine annuì sbuffando e lasciò l’infermeria senza aggiungere altro. Rimaste sole, la MCGonagall tornò ad inquadrare Matilda -Signorina Malfoy, le chiedo di limitare i colpi di testa in futuro, Godric solo sa quanto sarà difficile fare fronte a tutto questo ed io non voglio permettere che i miei studenti ci rimettano più di quanto non sia necessario-
 
Matilda ridacchiò nuovamente -Non credo possa andare peggio di così, professoressa-
 
-Purtroppo credo proprio di sì, mia cara- la vicepreside si lasciò sfuggire un tono morbido e rammaricato, prima di ricomporsi e riassumere il suo fare austero -crede di farcela a tornare al suo dormitorio?-
 
Matilda si stropicciò il viso con le mani; il bruciore stava lentamente sparendo, perciò annuì -Si, posso farcela-
 
-Bene, in tal caso sarò io ad accompagnarla personalmente ai sotterranei. Mi segua, prego-
 
*
 
Gli studenti del primo anno vennero accompagnati nella Sala Comune e poi venne assegnato loro il posto nel dormitorio. Blaise osservava il via vai di ragazzini dal divano, agitando nella mano un bicchiere di whisky Incendiario; non riusciva ad evitare di sorridere, perché in quel momento, Blaise Zabini, aveva tutto: il rispetto, il potere e la forza. Era facile esercitare le sue volontà, con il marchio nero bene inciso sul braccio ed un cervello perfettamente funzionante; certo, il pensiero di Matilda gli rendeva la bocca un tantino amara, per i suoi gusti, ma prima o poi anche la ragazza avrebbe dovuto capire, volente o nolente, che non sarebbe potuta andare molto lontano senza la schiera dei suoi amichetti al suo fianco. Il whisky bruciò con prepotenza le papille gustative, per poi scivolare lungo la gola, beneficiandola dello stesso fuoco del pensiero della ragazza.
Matilda era sempre rimasta un chiodo fisso: quella sfrontatella l’aveva usato a suo piacimento e Blaise questo no, non l’aveva mai dimenticato. Nonostante avesse provato, con il tempo, a trascurarne il pensiero, per il ragazzo era impossibile non tornare costantemente su di lei, cosa che gli recava sentimenti altalenanti, che passavano indecentemente dalla passione alla rabbia, dall’amore sfrenato all’odio più feroce. Durante gli ultimi due anni aveva mangiato la foglia, passando da ragazza a ragazza: La parentesi piacevole con Astoria Greengrass era durata giusto il tempo di una sfuriata, così anche quella lo aveva lasciato. Blaise aveva dunque passato tutto il tempo a guardare da lontano Matilda, rodendosi fegato e denti quando la scorgeva a tubare con quello sporco traditore di George Weasley; che poi cosa la ragazza ci avesse mai trovato in quel sacco di letame, Blaise Zabini non riusciva proprio a capirlo. Ma non poteva fare nulla, se non covare rabbia e vendetta in silenzio; Matilda rimaneva pur sempre la gemella del suo migliore amico e lui non avrebbe, anche volendo, potuto muovere un dito nei confronti della vipera, perché Draco non gliel’avrebbe fatta passare liscia. Si era limitato, quindi, a tentare di passare oltre ed ignorare per quanto gli fosse possibile la presenza di lei, nonostante quegli occhi chiari lo catturassero sempre come le velenose braccia del tranello del diavolo.
Ma ora era tutto diverso, tutto cambiato, tutto volto a suo favore, pensò non riuscendo a smettere di sorridere. Aveva finalmente la possibilità di porre la propria vendetta su quella dannata strega, che era stata così tanto incosciente da scartarlo per uno come George Weasley. E la cosa più gustosa di tutta quella situazione, non era altro che l’assoluta legittimazione di ogni gesto che avrebbe mosso verso Matilda; alla fine la ragazza si era rivelata una traditrice, aveva disertato i suoi doveri familiari e aveva preferito fare comunella con la banda di Potter, invece di accogliere sensatamente l’abbraccio del Signore Oscuro. E lui, da fedele Mangiamorte, aveva finalmente l’occasione di vendicarsi di Matilda, ottenendo contemporaneamente un posto preferenziale fra i nuovi assoldati.
Ancora un sorso di whisky, ancora uno sguardo affilato intorno a sé, prima di scontrarsi con l’ingresso di Draco nella Sala Comune che, appena intercettò la sua figura, allungò pesantemente il passo verso di lui e ci mise un solo istante ad afferrarlo per il colletto della sua impeccabile camicia d’alta sartoria
 
-Che cazzo pensi di fare, eh Zabini? Ti sei dimenticato chi è a dare gli ordini per caso?!-
 
Blaise ricambiò, placido, lo sguardo minaccioso dell’altro e nulla gli impedì di sorridere ancora, nonostante Draco lo stesse trattenendo con furia
 
-Amico mio, forse sei te ad esserti dimenticato chi è che comanda, oppure hai deciso di metterti allo stesso livello del Signore Oscuro?-
 
Draco sarà pure stato il suo più grande amico, ma Blaise lo reputava comunque un debole, incapace di staccarsi dalla gonna della sorella, nonostante quella si fosse dimostrata una sciocca egoista, capace solo di pensare a sé. Blaise si ritrovò a complimentarsi con se stesso, perché la sua tagliente risposta aveva ottenuto lo scopo desiderato: Draco lo guardò con quel piglio furioso che conosceva bene; lo avrebbe massacrato, avesse potuto farlo, eppure lo lasciò con un moto di stizza, accompagnando il tutto ad una smorfia delle sue. E Blaise ricompose la sua camicia come nulla fosse, prima di tornare a sorseggiare quell’ottimo whisky che intorpidiva i sensi. Certo, era ovvio che  Draco non sarebbe rimasto indifferente nel vedere Matilda contratta dalle convulsioni dovute alla sua abile fattura, eppure era giunto il momento che l’amico capisse, davvero, da che parte stare.
E Blaise, magnanimo, lo avrebbe aiutato in questo, facendo lui il lavoro sporco che avrebbe oltretutto ripulito la sua bella, maledetta Matilda.
Una volta che Draco ancora fremente di rabbia si fu allontanato, rintanandosi nel dormitorio, Blaise tornò ad affondare ancora un po’ il corpo nel divano ed i pensieri, nel sapore del whisky.
 
*
 
Daphne era su tutte le furie e il non poterlo dimostrare non faceva che amplificare la sua rabbia. Quel bastardo di Blaise Zabini c’è l’aveva fatta a dare il via alla demolizione di Matilda; e lei cosa avrebbe potuto fare? Era impotente, aveva le mani legate: aiutarla ed affrontare apertamente chi dei suoi compagni si era rivelato affiliato ai Mangiamorte non solo avrebbe compromesso sé e l’amica, inoltre avrebbero fatto in modo di rimetterla al proprio posto rendendola davvero, priva di qualsiasi arma per contrattaccare. Eppure vedere Matilda trattata in quella maniera e Draco  accondiscendere a quel trattamento senza opporre la benché minima resistenza, la faceva ribollire di rabbia. Avrebbe preso quei due e li avrebbe torturati con le più turpi fatture di sua conoscenza. Quando fece il proprio ingresso nella Sala Comune, dopo aver cercato di entrare in infermeria per accertarsi delle condizioni di Matilda, aveva trovato l’ultima persona che avrebbe voluto incontrare: Blaise se ne stava come nulla fosse ad occupare un intero divano, mentre beveva con la solita aria svogliata. Daphne si ritrovò a contare, pur di non esplodere e, proprio mentre muoveva i passi per entrare nel proprio dormitorio, intenzionata a fare finta di non averlo nemmeno visto, la voce di Blaise la raggelò
 
-Te ne tornì già nel tuo buchetto, Greengrass? Che c’è, hai avuto una giornata storta?-
 
Prese fiato, ma rimase immobile
 
-Non provocarmi Blaise- così piroettò verso il ragazzo, facendo rilucere i lisci capelli color miele, sorridente -mi conosci bene, lo sai che sono poco paziente e molto permalosa-
 
-Suvvia Greengrass, ti ho solo fatto una domanda…perché non vieni a sederti un po’ qui? Bere da solo alla lunga stanca, sai?-
 
Daphne ridacchiò -Non posso farlo, davvero! Sai come si dice, no? Chi beve solo si strozza…ed io non vorrei perdermi lo spettacolo-
 
Blaise trattenne un moto d’ira, consapevole che con Daphne doveva andarci cauto: non solo era sempre risultata l’unica persona a tenere testa alla sua affilata ironia, inoltre era di certo lei, il perno di congiunzione con Matilda, ragion per cui valutò, bagnandosi ancora le labbra, che non era ancora giunto il momento di forzare la mano per dichiarare gli schieramenti. Punire Matilda con la bacchetta non sarebbe bastato, avrebbe dovuto colpirà in ben altra maniera; ragion per cui se fosse riuscito ad isolarla, di certo quella sarebbe crollata, prima o poi. Non era di certo uno sciocco, al contrario era ben consapevole che Daphne Greengrass avrebbe difeso a spada tratta l’amica, per questo aveva bisogno di tempo, per lavorarsela
 
-Sei amareggiata e ti assicuro, nessuno ti può capire meglio del sottoscritto; pensi sia stato facile, per me, sopire la protesta di Matilda? Purtroppo ora ho degli…obblighi a cui non posso proprio sottrarmi-
 
-Risparmia il fiato Zabini- Daphne danzò eterea verso il ragazzo finendo per rimanere in piedi davanti a lui, in una posa elegante; il sorriso sul bel viso di lei si allargò ulteriormente, lasciando scoperti i denti candidi e melodiosa, lo apostrofò con garbo -che tu venga manipolato da qualcuno mi sembra surreale, non fai mai quello che non vuoi fare, dico bene? E ora vuoi farmi credere di essere stato obbligato?- la ragazza si incurvò, fino a raggiungere il viso d’ebano; poteva sentire con distinzione il respiro profumato dal whisky, mischiato alla dosata acqua di colonia con cui Blaise inamidava le camicie -le tue stronzate puoi tenertele per abbindolare qualche povera ragazzina che non ha la minima idea di che razza di iena ha davanti, ma se credi di fregare me beh…mi stupisci davvero: ti pensavo più brillante di così-
 
Va bene, ci sarebbe voluto più tempo del previsto, per rigirarsi Daphne. La ragazza inclinata sopra di lui era riuscita, purtroppo, a sciogliere il sorriso di Blaise, di cui labbra avevano preso a tremolare di rabbia; e per fortuna, per una buona volta, l’arrivo di Astoria in Sala Comune era servito a liberarlo da quella situazione, altrimenti sarebbe presto scoppiato. Gli occhi scuri scattavano dalla sorella al suo ex ragazzo con rapidità, fin quando non decise di richiamare Daphne
 
-Daphne…andiamo-
 
La maggiore fissò lungamente Blaise e prima di raddrizzare la schiena allungò una mano per strizzargli uno zigomo ben pronunciato -dormi bene Zabini, la notte porta consigli e so che il tuo piccolo cervellino sarà in grado di farti riflettere-
 
Le due scomparvero nel dormitorio, decretando anche per Blaise, che amareggiato si massaggiava lo zigomo, l’ora di lasciare la Sala Comune, con un costante pensiero ad accompagnarlo: le cose, forse, erano un tantino più complicate di quanto avesse immaginato.
 
***
 
Inutile dire che quella fosse stata una nottata agitata e complicata, per Matilda. Non che il giorno seguente le cose fossero migliorate: aveva consumato la colazione in assoluto silenzio, ben lontana dal fratello (circondato dalle sue guardie del corpo) e sotto lo scottante sguardo di Blaise che, affiancato dal perpetuo annoiato Theodor, non la smetteva di guardarla sorridente. La situazione peggiorò repentinamente nel momento in cui la ragazza si presentò alla lezione di Arti Oscure: ad attendere gli studenti c’era il nuovo insegnante in carica, che dimostrò subito di non brillare d’intelletto, ma di essere comunque munito di una spessa vena sadica il che, considerò Matilda, rendeva Amycus Carrow ancora più pericoloso: il connubio di stupidità e malvagità annodava i fili di una bomba pronta ad esplodere.
Bacchette alla mano, Il professore dette dimostrazione immediata della linea da seguire durante le ore della materia; non bastò, al raccapricciante mago, di spiegare l’importanza del corretto uso delle maledizioni, sotto il regime di Lord Voldemort, aveva difatti deciso di darne dimostrazione pratica, costringendo gli studenti ad applicare la Maledizione Cruciatus sugli studenti del primo anno. E certo, perché maghi e streghe più dotati sarebbero stati in grado di opporsi ai tiepidi tentativi dei loro compagni, mentre i piccoli del primo anno, incapaci di utilizzare la bacchetta, non si sarebbero potuti opporre. Inoltre, Matilda ne era certa, Amycus Carrow si sarebbe deliziato con l’immagine di quegli agnellini indifesi, gementi sotto tortura. All’invito del professore di farsi avanti, mentre tratteneva una bambina paffutella che non la smetteva di piangere, molti compagni si tirarono indietro
 
-Non costringetemi ad obbligarvi! Dovete sapere che la qui presente Linda Gloom ha passato il censimento per il rotto della cuffia- gracchiò l’uomo che emanava un terribile tanfo, mentre la povera bambina non la smetteva di dimenarsi e piangere -non siamo ancora sicuri che i suoi genitori siano davvero dei maghi, ragion per cui non dovete essere timidi, non state facendo nulla che il Signore Oscuro non approverebbe-
 
La patetica scena generò reazioni contrastanti, fra gli studenti presenti: non un solo tassorosso (con cui i serpeverde stavano condividendo la lezione) aveva mosso un passo per accondiscendere alle volontà del professore, inoltre proteste sommesse e singhiozzi trattenuti a stento davano il ritmo alla casa di Tosca. Al contrario furono i compagni di Matilda a farsi avanti, primo fra tutti Vincent Tiger che, per fortuna, non fu in grado di compiere il corretto movimento della bacchetta per portare a compimento la maledizione. La povera Linda se ne stava in mezzo all’aula, accasciata a terra fra i singhiozzi, mentre Tiger tentava con insuccesso di cruciarla. Non ebbe buona sorte con Theodor Nott, che dopo solo un paio di tentativi scatenò nella piccola urla lancinanti.
Che dolore, che orrore.
E la cosa peggiore era l’assoluta incapacità di poter contrastare quegli ordini terribili.
Il professore si congratulò con Theodor, il quale assecondò i complimenti con un lieve sorriso di sufficienza, prima di farsi indietro per lasciare posto a qualcun altro
 
-Signorina Malfoy, crede sia giunto il momento di farsi perdonare per la bravata di ieri? Sono sicuro che il preside sarebbe ben lieto di risparmiarle le punizioni promesse, se lei si dimostrasse più abile del signor Nott-
 
La voce del professor Carrow arrivò distante, alle orecchie di Matilda, che manteneva gli occhi grigi sulla bambina la quale, lentamente, smetteva di lamentarsi
 
-Signorina Malfoy, venga avanti. Non me lo faccia ripetere-
 
La vista era annebbiata, incapace di scostare l’attenzione da Linda Gloom, incapace di muovere anche solo un passo, terrorizzata
 
-Matilda Malfoy!- tuonò la voce dell’uomo, risvegliando così la ragazza che, lentamente, trasportò lo sguardo fino al viso arcigno. Il professore la fissò con rabbia e con un gesto rigido la intimò di farsi avanti. Matilda si guardò intorno, intercettando prima lo sguardo di Daphne, che ricambiava con apprensione, per poi andare a ricercare quello di Draco. Fu drammatico vedere il gemello sostenere lo sguardo per poco tempo, prima di farlo crollare a terra; Draco lo sapeva, che lei non avrebbe mai potuto farlo e, ancora una volta, non mosse un dito per aiutarla. Fu in quel momento che Matilda socchiuse gli occhi, alla ricerca disperata di ciò che sarebbe stato giusto fare. Pensò a come si sarebbero comportati Tonks, o George, o Hermione. Beh, la risposta non tardò ad arrivare; magari aveva sempre sbagliato a reputarsi una codarda, perché in quel momento, seppur perfettamente conscia di quello che sarebbe accaduto, Matilda sorrise nel percepire una forte scarica d’adrenalina percorrerle il corpo
 
-No-
 
Gli studenti presero a mormorare, mentre Amycus Carrow spalancò interdetto la bocca, lasciando spazio ai denti marci
 
-Come?!-
 
Matilda ridacchiò e finì nuovamente col fissare l’uomo pervaso da un evidente stato di collera
 
-Ho detto di no. Non lo farò. Che c’è, sarà mica sordo oltre che gobbo?-
 
Quell’ultimo azzardo da parte della ragazza fece esplodere l’uomo, oltre che una serie di confusi borbottii da parte degli studenti; il professore sfoderò la bacchetta e la puntò contro Matilda, la quale si premurò di rimanere placida ed impassibile, a fissarlo, senza mai smettere di sorridere
 
-Tu sei un disonore ragazzina! Ma ti rimetterò in riga vedrai- sputacchiò gracchiante lui
 
-Guardi non vorrei contraddirla ancora, ma se non c’è riuscita quella vacca della mia prozia, non credo proprio ci riuscirà lei- la vocetta acuta risuonò sfrontata nell’aula, assieme ad un altro risolino -ma può sempre provarci, chiaro-
 
Dalla bocca di Amycus Carrow uscì l’urlo più rabbioso che quell’aula avesse mai accolto. Con una sferzata, Il professore mosse la bacchetta
 
-Incarceramus!- imperò nei confronti di Matilda, che venne all’istante stretta da invisibili corde; ma niente le impedì di continuare a sghignazzare, nemmeno l’ordine di Amycus, rivolto a Goyle, di portare via la ragazza per farle scontare quella che sarebbe stata, a suo dire, la peggior punizione mia ricevuta.
 
Draco fissava, tremante, la sorella trascinata via da Goyle; quando per un’istante gli occhi dei gemelli si incontrarono, Draco riconobbe in Matilda la perdita del sorriso, ma il suo sguardo si era fatto infuocato. Fu costretto a guardare altrove, incapace di resistere davanti alla visione di quella guerra, che la sua Matilda aveva fatto scoppiare.
 
***
 
I giorni scorrevano. Lenti.
Le lezioni si susseguivano in costante tensione e Draco aveva perso ogni briciolo di serenità. Non che prima di tornare ad Hogwarts le cose fossero molto diverse eppure, in pieno difetto, aveva sperato che le cose con la sorella si sarebbero in qualche modo sistemate.
Era stato solo uno stupido, a pensare una cosa così. Ogni giorno risultava peggiore di quello precedente: mentre lui non poteva nemmeno andare al bagno, senza essere scortato da qualcuno della sua casa (tendenzialmente i mastodontici Tiger e Goyle), Matilda non faceva altro che collezionare punizioni, una peggiore dell’altra; la sorella, difatti, quando non frequentava le lezioni era sempre in qualche corridoio a grattare via lo sporco dal pavimento a mani nude, oppure a fare da esperimento per qualche intruglio velenoso, o ancora a rassettare le aule dopo che qualche studente aveva provocato, per errore, esplosioni particolarmente maleodoranti. E più la gemella veniva punita, più si rifiutava di assecondare i Carrow, il che rendeva Draco ancor più sofferente.
Matilda non aveva alcuna intenzione di cambiare atteggiamento, non si piegava, nemmeno apparentemente; di conseguenza, oltre ad essere costantemente in punizione, continuava ad esserle proibito di avere alcun tipo di rapporto con lui.
Draco non avrebbe mai voluto niente di tutto ciò, ma faceva parte di un meccanismo malato che andava rafforzandosi via via che Lord Voldemort acquisiva potere, nel mondo magico così come ad Hogwarts. L’unica cosa che riusciva a fargli distendere le labbra di tanto in tanto, erano gli occhi di Astoria; la ragazza continuava a studiarlo senza timidezza, lo seguiva quando ne aveva l’occasione e gli concedeva sollievo con le espressioni comprensive, quando accadeva che Matilda venisse spedita fuori dall’aula sotto i suoi occhi.
E quando finalmente riuscì a ricavare un momento lontano da chiunque, sentì un tossicchiare leggerò alle sue spalle, che segnò la presenza della ragazza. Aveva allungato il passo fino al campo di Quidditch, mentre gli ultimi raggi del sole tagliavano i grandi anelli, che riverberavano al contatto con la luce calda; seppur bisognoso di rimanere solo, Draco percepì un calore piacevole esplodergli in petto, alla vista dei lucidi capelli di pece che scivolavano sulle spalle di Astoria. Da quanto tempo era che non si soffermasse a pensare a qualcosa di bello, non lo sapeva
 
-Finalmente sei solo, è praticamente impossibile riuscire a parlarti senza che quei due mi coprano la visuale-
 
-La mia ora d’aria sta per finire, sei fortunata-
 
Si scambiarono un lieve sorriso e, silenziosi, cominciarono a camminare fianco a fianco; lontano si udiva il bubolare dei gufi, mentre una lieve brezza anticipava i primi giorni di un Ottobre tiepido. Fu Astoria ad arrestare quella passeggiata silenziosa
 
-Draco, devi fare qualcosa- quelle parole pronunciate dalla candida voce di Astoria, risultarono affilate come coltelli. Allora era solo quello il motivo per il quale la ragazza lo seguiva?
 
-Come immaginerai da te, non posso fare proprio niente- rispose rigido senza l’intenzione di guardarla, ma Astoria non demorse
 
-Questo non è vero, sei l’unico che può permettersi di intercedere per Matilda. Almeno fra noi compagni...-
 
-Ma cosa pensi, che a me faccia piacere vederla così?!- Draco si voltò come una furia verso la ragazza, trovando la forza di incastonare gli occhi color tempesta in quelli profondi di lei -Matilda è…irrazionale e orgogliosa! Sta peggiorando la sua situazione giorno per giorno, lo sta facendo con le sue mani!-
 
-Credi che stia sbagliando?- chiese, tranquilla
 
-Certo che si! Tutti coloro che si oppongono alle volontà del Signore Oscuro sbagliano!-
 
-Draco- Astoria chiuse un polso di Draco con tocco gentile, insistendo nel fissarlo -Tu non credi a questa follia, lo so…-
 
-No!- gridò lui mentre strattonava via la mano con gesto deciso -Tu non sai niente Astoria, niente! Tu non sai cosa vuol dire essere al suo cospetto, non sai cosa si prova ad essere guardato dai suoi occhi…- la voce cominciò ad incrinarsi, mentre gli occhi tremolavano -e chiunque creda che sia una cosa tanto semplice, ribellarsi, beh…non è che un idiota!-
 
Astoria tornò ad allungare la mano, questa volta per stringere quella di lui, con un movimento complice e delicato -Non sono qui per giudicarti Draco, ti sto solo chiedendo di fare qualcosa per permettere a tua sorella di continuare a fare la cosa giusta, da amica a amico-
 
Le dita di Astoria che carezzavano le sue, le iridi plumbee unite strette alle pupille e quei capelli, lucidi come la seta più pregiata, stavano compiendo un miracolo, nell’arido animo di Draco. Perché per qualche assurda ragione, il ragazzo si sentiva più forte, come se la sola sua presenza lo legittimasse a provare sentimenti buoni, che il senso di colpa aveva ormai rinchiuso in un angolo oscuro. Eppure il pensiero ardito che si era fatto avanti, portando Draco a pensare che forse davvero, avrebbe potuto finalmente combinare qualcosa di buono dopo tanto tempo, fugace si allontanò, come la sua mano da quella della ragazza
 
-Credere in me…è una battaglia persa in partenza-
 
Astoria sentì il cuore perdere un battito quando Draco, dopo averle concesso un ultimo intenso sguardo, le dette le spalle per riprendere la strada verso la scuola.
 
*
 
Mufflato
 
Le palpebre si schiusero, appesantite e stanche. Era certo di aver sentito un rumore molto vicino a lui, ma il buio della notte, amplificato dalle pesanti tende del baldacchino, non gli concesse di mettere a fuoco. Doveva essere stato un sogno, ne era certo, o forse un incubo. Draco portò le mani a sfregarsi il viso, prima di decidere di cambiare posizione, nella speranza di riprendere sonno il prima possibile. Ma il piegarsi del proprio materasso lo fece sussultare, assieme ad una chioma chiara, unico punto di luce in quell’oscurità
 
-Incarceramus!-
 
Di colpo, Draco si ritrovò a dibattersi nel proprio letto, stretto dalla morsa asfissiante dell’incantesimo; quando tentò di urlare, una mano gli tappò la bocca ed un corpicino leggero salì a cavalcioni su di lui. Gli occhi, abituatisi al buio, riuscirono a distinguere la figura di Matilda, che lo fissava dimenarsi, mentre si tratteneva su di lui e con la mano libera dalla presa della bacchetta, puntata sul suo viso, gli impediva di gridare
 
-Anche strillassi non ti sentirebbe nessuno…l’unico motivo per cui non ti ho lanciato un pietrificus, è per gustarmi la tua bella faccia spaventata ed i tuoi stupidi tentativi di liberarti-
 
La sorella calò il viso sul suo, sconvolto è terrorizzato da quella visita imprevista e quando Matilda schiuse le labbra in un sorriso, Draco cominciò a sudare freddo
 
-E ora stammi a sentire, fratellino: potrai farti coprire le spalle da mille maghi, codardo come sei la cosa non mi stupisce affatto…ma volevo dimostrarti questo- fronte contro fronte, la voce acuta sibilò con amarezza -se voglio posso raggiungerti, se voglio…posso ammazzarti. Ma a differenza tua, una piccolissima parte di me ancora ci tiene a te, anche se non hai fatto altro che restare a guardare mentre quel bastardo del tuo amico e quella feccia Mangiamorte mi hanno umiliata…-
 
Il respiro di Draco divenne affannoso ed irregolare ed il cuore salì in gola, quando la sorella, macchiata di follia, proseguì nel parlargli ad un centimetro dal viso -Sappi una cosa, Draco…se volete risparmiare energie preziose vi conviene smettere subito di tentare di sedarmi: per quanto vi sforzerete, sappi che resisterò, resisterò sempre, fino a quando non troverete il coraggio di farmi fuori-
 
E con quelle ultime, ferree parole, Matilda scivolò via, oltre il letto a baldacchino, abbandonando Draco a dimenarsi ancora un po’, in balia dell’incantesimo e della sua stessa coscienza.
 
 
 
 
Ci ho messo una vita a scrivere questo capitolo. Il perché lo potete immaginare da voi. Affrontare questo momento della storia è difficilissimo, faticoso e fa pure male, ma è necessario, purtroppo. Fortuna che ora posso dedicarmi all’interattiva che ho messo in piedi, almeno tiro un po’ il fiato, che si è fatto fin troppo corto, con la mia piccola Matilda.
Vi aspetto, fatemi sapere la vostra.
 
D.

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Capitolo 35
*** La Resistenza ***


CAPITOLO XXXIV
La Resistenza
 
 
Ehi George
 
Che qui le cose vadano per il verso giusto sarebbe impossibile da dire. Non posso mentirti: la situazione è complicata. Ce la caviamo, ma è tutto molto difficile; diciamo che mi piace, finire in punizione, ma per fortuna non sono mai sola a ripulire l’aula di pozioni o le serre di erbologia, c’è un sacco di gente a cui piace finire nei guai come me!
Però non ti scrivo solo per parlarti di me: presente quella bevanda babbana che ti piace proprio tanto? Quella che sa di limone?
George, stanno finendo le scorte. Anche se siamo in pochi ad apprezzarla, qui ad Hogwarts la consumano tutti i giorni, anche se si lamentano sempre del gusto deciso e dicono di disprezzarla. Lo chiedo a te che cosa è giusto fare, perché si stanno prendendo tutto, anche quello che preferiamo, anche quello che amiamo.
Ora devo andare, come ti ho detto non ho molto tempo a disposizione, fra lezioni e punizioni varie.
Aspetto una tua risposta il prima possibile. Salutami Fred e mamma e papà, di loro che li penso sempre e che sto bene.
 
Ti voglio bene
 
Ginny
 
 
Le dita serrate intorno alla pergamena stropicciata, sulla quale la scrittura di Ginny si spandeva disordinata e frettolosa, presero a tremare. George stava poggiato pensieroso e svogliato dietro il bancone dei Tiri Vispi, quando Leotordo, il gufo che Ron aveva lasciato alla sorella, si era schiantato addosso alla vetrina del negozio, per poi caracollare a terra. Non ci aveva pensato due volte, il ragazzo, a catapultarsi fuori nella speranza che quel rumore fosse stato causato da Juno, la civetta che  George sperava di vedere apparire da giorni. Dal primo Settembre, di Matilda non aveva più ricevuto notizie; le aveva scritto, ma dalla ragazza non aveva mai ricevuto risposta e questo, di certo, non era stato un buon segnale. Appena era giunta la notizia che proprio Severus Snape era diventato il nuovo preside di Hogwarts, l’intero Ordine si era allarmato ed i membri avevano cominciato a serrare gli incontri. Dopo tre settimane di silenzio aveva deciso che la cosa migliore sarebbe stata provare a scrivere a Ginny, nella speranza che almeno le comunicazioni familiari non fossero un problema. Non era stato esplicito con Ginny, convinto che l’unica speranza che aveva di ricevere qualche informazione a proposito della sua ragazza, fosse rimanendo il più vago possibile perché se i suoi sospetti erano fondati (e con quella lettera che stringeva accigliato in mano, ne aveva appena avuto la conferma) le missive erano controllate in uscita, così come in entrata da Hogwarts.
Da quando Ron, Harry ed Hermione erano partiti e la sorella e Matilda avevano fatto ritorno alla scuola, George e Fred erano entrati a tutti gli effetti a far parte dell’Ordine della Fenice, comportando una grande quantità di tempo speso in azioni dall’accento audace e pericoloso; quando non erano al negozio si presentavano alle riunioni e mai e poi mai, capitò ai due di tirarsi indietro davanti alle missioni che venivano loro affidate. Inoltre, assieme a Lee, stavano mettendo su un’ idea che avrebbe, in qualche modo, aiutato il mondo magico e Babbano, piegati sotto la mano di Lord Voldemort: perché il mondo tutto aveva bisogno di qualsiasi tipo di aiuto, come di ricevere informazioni utili su persone care scomparse, o sugli omicidi che il Ministero (con la voce della Gazzetta del Profeta o di Radio Strega) nascondeva a tutti. Beh, proprio una Radio clandestina, sarebbe stata utile al loro scopo.
Ma nonostante gli impegni e la vita spericolata, ogni giorno George aspettava, speranzoso, un cenno da parte di Matilda. E rabbrividì, quando si rese conto che fra le righe scritte da Ginny, il messaggio era uno ed uno soltanto: Matilda era stata presa di mira e, probabilmente, se la stava passando molto male
 
-Cazzo! Maledetti loro! ‘Fanculo!-
 
-Tutto bene Georgie?-
 
Fred sbucò alla sua destra, attirato dalle imprecazioni del fratello, che probabilmente stava distruggendo mezzo negozio, dato il rumore assordante che proveniva da lui. George, ancora tremante di rabbia, lanciò uno sguardo al fratello identico a lui, al quale passò la lettera di Ginny
 
-Merda…se Ginny l’ha messa così…-
 
-Dobbiamo fare qualcosa Fred. Per Matilda, per Ginny e per tutta Hogwarts!-
 
Gli occhi di Fred scorrevano frenetici quelle righe e, nonostante si sforzasse di leggerne un significato diverso da quello che, di primo acchito, aveva colto, alla fine lasciò la lettera sul bancone con un gesto che raccoglieva tutta la sua rassegnazione. Roteò poi il capo verso il fratello, che non la smetteva di lanciare calci e mandare all’aria scatoloni e corbellerie; un uomo grassoccio, per lo spavento, fece crollare a terra una confezione di polvere buio pesto peruviana, che nell’immediato fece ricadere il negozio in una fitta atmosfera nera. Probabilmente a seguito di quell’involontario pastrocchio (nonostante chiunque si sarebbe spaventato davanti al comportamento tanto violento di uno dei padroni), il povero mago se la dette a gambe levate, perché dalla porta si sentì prima un tonfo sordo e poi la risata sguaiata del campanello posto sull’uscio. Fra colpi di tosse ed imprecazioni, i ragazzi riuscirono ad uscire dal negozio, laddove la pioggia sostituiva il buio fitto di una notte involontariamente diffusa all’interno. Fred, rosso in volto per il tanto tossire, tentò di calmare l’attacco convulso e subito andò a ricercare con lo sguardo il fratello, che se ne stava impassibile sotto la pioggia con lo sguardo che fluttuava
 
-George…ehi fratello-
 
L’altro non si voltò a guardarlo -ho paura Fred, non dovevo lasciarla andare, non lo dovevo fare…-
 
-Ascolta, troveremo una soluzione, faremo in modo di riuscire a comunicarci, vedrai…e poi senti un po’ il tuo fratellino- Fred si avvicinò a George e passò un braccio umido intorno alle sue spalle, stringendo appena -Matilda è fottutamente tosta, non si farà certo piegare da un branco di Mangiamorte che puzzano ancora di latte, ti pare? Senza dimenticare…- proseguì Fred, mentre trascinava con garbo George dentro il negozio -che anche la nostra Ginny è una furia. Se la caveranno vedrai….fin tanto che noi troveremo una soluzione-
 
George, di contro, aveva perso tutta l’energia per tentare di sdrammatizzare quella situazione. Si sentiva in colpa per non aver forzato la mano affinché la sorella e Matilda non facessero ritorno nella scuola ed ora, saperle lì, lo stava facendo sprofondare in un vortice di malessere. Che Matilda fosse tosta non c’erano dubbi, ma cosa poteva fare, la sua ragazza, alle prese con il pugno di ferro del nuovo regime? Sperò solo che lei non facesse eccessivi colpi di testa e che applicasse un po’ di buon senso nell’agire ad Hogwarts. Fra sospiri e rabbia trattenuta a stento, George lanciò un’occhiata in tralice al gemello e con lui rientrò nel negozio, ancora vittima della portentosa polvere.
 
***
 
L’ ES NON È MORTO
 
L’ESERCITO DI SILENTE STA ANCORA RECLUTANDO
 
Grazie ai galeoni utilizzati durante gli incontri dell’ES quando la Umbridge deteneva il ruolo di Preside, i ragazzi riuscirono a comunicare nonostante il controllo asfissiante dei Carrow. Neville aveva preso in mano la situazione, una volta che le punizioni per chi si rifiutava di eseguire gli ordini dei nuovi professori si erano fatte più decise.
Ad Ottobre inoltrato, Matilda era ridotta molto male: era dimagrita (ed il suo fisico piuttosto infantile non partiva di certo da buone basi), era sempre in punizione e spesso era trattata alla stregua degli elfi domestici. Non che agli altri dissidenti fosse andata meglio: Seamus era devastato da cicatrici e la sua faccia stentava ad essere riconoscibile, così come Luna e Ginny venivano costrette a fare cose disgustose, come ripulire la guferia, senza l’ovvio utilizzo della magia. Ma nonostante questo nessuno di loro aveva la minima intenzione di cedere; per questo riuscirono a coordinarsi tramite i galeoni incantati e, con il loro ausilio, sgattaiolavano nei corridoi per scrivere sulle pareti veri e propri slogan di protesta o di reclutamento. Beh, la cosa stava in qualche modo funzionando, perché sempre più studenti si facevano avanti, fra tutti i coraggiosi grifondoro, che di natura non accettavano di starsene fermi a guardare. Così iniziarono gli incontri all’interno della Stanza delle Necessità, che era diventata luogo di rifugio per molti. All’interno di essa si tenevano lezioni su come curare celermente le ferite inferte, oppure come contrastare fatture; Matilda dava lezioni di tattica agli studenti più piccoli, prendendo spunto dalle regole del Quidditch e, per tutti, la ragazza era finalmente diventata ciò che aveva sempre sentito di essere: nonostante la terribile situazione in cui verteva la scuola, nonostante il clima repressivo e la presenza di molti dei suoi compagni (primo fra tutti suo fratello) fra coloro che spalleggiavano i Carrow, La strega non era più considerata “Matilda Malfoy, figlia e sorella di Mangiamorte”, bensì il simbolo della Resistenza, un modello da imitare. Perché, per quanto tentassero di soggiogarla o di punirla, Matilda non si lasciava andare e da ogni punizione, ne usciva fortificata nello spirito. Certo, non era affatto facile portare avanti la Resistenza in un momento simile, non di certo senza una barricata abbastanza resistente da innalzare, eppure era quella la via da seguire: dimostrare a tutti che resistere e contrattaccare era possibile, rendere realizzabile ciò che i Mangiamorte ostacolavano, unire le forze e combattere per la giusta causa.
Neville era portentoso. Il ragazzo aveva una forza d’animo impossibile da manipolare ed anche lui, come Ginny, Seamus, Luna e tutti i senior dell’ES, facevano di tutto per dare la giusta carica agli studenti.
Così le giornate scorrevano nella piena difficoltà di chi cercava di andare avanti senza accusare troppo il colpo e chi, di contro, si divertiva ad esercitare il potere. Lo spettro del terrore di non rivedere i propri cari era ormai diffuso; Daphne non era più riuscita a comunicare con Lee, ad esempio, la qual cosa aveva generato nella strega una rabbia incontenibile, che andava sommandosi a quella nel vedere la sua amica vessata dalle angherie dei compagni di casa. Ma Daphne era munita di ingegno, per sua fortuna, così si schierò dalla parte dell’ES senza essere scoperta: quando ne aveva l’occasione, ad esempio, mandava all’aria i tentativi della rinnovata Squadra d’inquisizione e non mancava mai di lanciare fatture di sotterfugio. Ogni volta che il morale crollava sotto le scarpe, qualche studente che era riuscito a portare con sé i prodotti dei Tiri Vispi, non esitava a gettare lezioni e corridoi nel caos: merendine marinare venivano rifilate alla Squadra d’Inquisizione di cui membri si ritrovavano a spruzzare sangue dal naso o vomitare l’anima nei momenti più improbabili, oppure manciate di polvere buio pesto venivano lanciate durante le lezioni dei Carrow, dando via a fughe epiche. Purtroppo Matilda si ritrovò ed essere una delle vittime delle opere inventate dal suo ragazzo: mentre percorreva la strada per tornare alla sua Sala Comune, scarmigliata e sporca a seguito dell’ennesima punizione, la voce di Blaise richiamò la sua attenzione, che le fece roteare gli occhi fino al soffitto, prima di voltarsi e osservare il mago con braccia conserte
 
-Che vuoi ancora?-
 
Blaise, di contro, rispose con un gran sorriso e con le mani in tasca ed il passo elegante, si avvicinò a Matilda fino a posizionarsi davanti a lei, per poterla guardare dall’alto
 
-Temo che l’ora del riposo non sia ancora giunta, per te. Mi segui di tua spontanea volontà o pensi che ti debba costringere? Tanto stiamo andando nella stessa direzione, immagino-
 
Matilda gli avrebbe staccato la faccia a morsi se fosse stato possibile, altro che fatture o magia oscura. Eppure represse il moto di rabbia che l’avrebbe portata ad un cannibalico omicidio, decidendo così di fare uno stizzito gesto d’assenzo. Camminavano fianco a fianco e la strega, di tanto in tanto, gettava occhiate al serpeverde al suo fianco, dal sorriso deliziato che si allargava sul suo volto d’ebano; ad ogni passo che muovevano uno spiacevole odore, all’inizio solo un vago sentore, si faceva sempre più intenso e fu prima di svoltare l’angolo che Matilda realizzò da cosa fosse provocato
 
-Sai Matt…purtroppo qualche incosciente ha pensato bene di aprire una di quelle spiacevoli paludi proprio qui- disse Blaise una volta svoltato l’angolo, mentre mostrava la palude maleodorante con un movimento lento del braccio, mentre con la mano libera si tappava il naso; intorno a loro un mucchietto di studenti fissava la palude che spaccava il corridoio in due, corridoio che divideva i sotterranei dal resto del castello. Dal lato delle scale si trovavano Millicent ed un altro paio di studenti del terzo anno, particolarmente indispettiti, dall’altro erano giunti, a gustarsi la scena, i fratelli Carrow, Pansy e qualche altro studente che invece tratteneva il fiato davanti la scena
 
-Lo vedo, non sono cieca e specialmente non sono raffreddata- rispose lei, con nonchalance ostentata
 
-Già- sogghignò Blaise -e dato che sei sempre tanto scaltra, non ho alcun dubbio che sarai in grado di dirmi da dove viene questo piccolo inconveniente, che sta impedendo agli studenti di defluire, oltre che riempire il corridoio di questo schifoso olezzo-
 
Matilda fece spallucce -Non ne ho la minima idea, ma posso dirti da dove non viene, ovvero da me, dato che ho passato le ultime due ore a scrostare i cessi del quarto piano in compagnia di Mastro Gazza- la vocina acuta cantò melodiosa, rendendo la sua ironia ancor più insopportabile alle orecchie di Zabini che, mentre tratteneva un digrigno, fissava la putrida palude
 
-Ma io non mi riferisco al fautore di questo puerile e disgustoso atto di insurrezione…- proseguì allungando il braccio a cingerle le spalle -se non erro, questo è uno degli scherzetti che serve a far riempire le tasche di quel figlio di buona strega con cui ti accompagni. Devo dire che l’idea è buona. Purtroppo, però, ad ogni azione corrisponde una reazione, non trovi?-
 
Schiantarlo, lanciargli una gomitata, prenderlo a pugni fino a fargli sgorgare il sangue dagli occhi, farlo strangolare dal tranello del diavolo. Erano tutte opzioni che Matilda stava valutando in silenzio, mentre sentiva la stretta di Blaise farsi più forte. Purtroppo nessuna di quelle era realmente applicabile, non con uno schieramento di maghi e streghe pronti a sfoderare la bacchetta intorno a lei; inoltre non aveva a portata nessuna pianta dalla morsa mortale, ragion per cui si limitò a starsene zitta ed attendere, pacatamente, il punto a cui quell’idiota di Blaise voleva arrivare
 
-Non parli? Allora te lo spiego io…sai che cosa penso Matt?- Blaise si reclinò abbastanza da arrivare a sussurrarle nell’orecchio -Che il tuo amichetto dovrebbe stare più attento a ciò che mette in commercio e, specialmente…- le labbra morbide di Blaise sfiorarono il suo orecchio -punirne uno, per educarne cento-
 
Con violenza, Blaise spinse Matilda in avanti, facendola affondare nella palude.
Annaspò più volte, nel tentativo di non ingoiare la putrida melma che costituiva il laghetto; in quel momento era impossibile pensare ad altro, se non recuperare il fiato. Quando riemergeva sentiva un coro di risate ovattate, ma anche grida di dissenso. Avrebbe preferito sprofondare, affogare, morire, piuttosto che ritrovarsi in quella situazione; la melma densa e appiccicaticcia rendeva impossibile compiere movimenti fluidi, ragion per cui ci mise non poco a raggiungere la sponda, a cui si aggrappò ansimante. Aprì un minimo gli occhi fino a quel momento sigillati e, nebulosa, scorse la figura di Blaise accovacciata sul bordo, che la fissava con un ghigno di vittoria stampato in faccia
 
-Ti è bastato, o vuoi farti un’altra nuotata, puttanella?-
 
-Blaise basta! La ammazzi così! Fermo!-
 
Con il briciolo di forze che le erano rimaste, Matilda affondò il braccio sinistro a ricercare la bacchetta d’ebano che, fortunatamente, era rimasta incastrata nella tasca della sua divisa, ma non le veniva in mente un solo incantesimo utile, in quel momento, a tirarla fuori di lì. Dovette aspettare l’aiuto delle sorelle Greengrass che la issarono all’esterno, ponendo fine alla lotta contro la palude. Si riversò a terra tentando di riprendere il fiato, mentre il cuore le martellava nel petto e nella testa e la risata di Blaise, che si allontanava di lì, accompagnava il ritmo incessante.
 
***
 
George si era recato alla Testa di Porco con Fred e Bill, per parlare con Aberforth Silente, membro dell’Ordine e mago particolarmente scontroso. L’uomo aveva mandato all’ordine il suo Patronus (una sottospecie di capra), invitando con urgenza dei membri in rappresentanza a recarsi nel suo pub. Aveva specificato che dovessero essere loro, a presenziare, ragion per cui i gemelli avevano chiuso in fretta e furia il negozio ed assieme al fratello maggiore si erano recati ad Hogsmeade.
Il pub era, al solito, buio ed impolverato e dato l’orario pomeridiano non vi era ancora la presenza di alcun cliente; non che solitamente pullulasse di maghi, come nemmeno i Tre Manici di Scopa che, da quando Lord Voldemort era risalito al potere, aveva perso buona parte della clientela. Omicidi e sparizioni erano all’ordine del giorno, ragion per cui i maghi si guardavano bene dall’uscire di casa o dal proprio posto di lavoro, se non quando strettamente necessario.
Aberforth accolse i tre con un grugnito
 
-Muovetevi, dentro forza!- disse loro con malcelata urgenza, prima di strattonarli all’interno e sbarrare il locale. I tre Weasley si guardarono ammutoliti e poi presero a scrollarsi la neve di dosso, prima di sedersi ed affondare il naso in tre boccali di Burrobirra offerti da Aberforth
 
-Devo parlarvi di una cosa molto importante- sentenziò Aberforth, prima di crollare su una sedia accanto a loro
 
-Già, lo avevamo capito- risposero in coro i gemelli, poi fu Bill a prendere la parola
 
-Suppongo qualcosa che riguarda l’Ordine. In realtà speriamo tutti siano buone notizie, ne abbiamo davvero bisogno per tirarci su il morale; ultimamente sembra non andarne una liscia-
 
Aberforth ingollò una lunga sorsata di Burrobirra ed una buona quantità di schiuma bianca si incastrò sulla barba, costringendo Fred e George a trattenere una risata -Non so se siano buone notizie- il tono burbero si accompagnò a fugaci occhiate che lanciava verso l’enorme ritratto di Ariana, la defunta sorella -ma riguarda Hogwarts, o meglio gli studenti di quella maledetta scuola che mi sono ritrovato fra capo e collo ieri sera, mentre chiudevo il pub-
 
Quell’ultima affermazione fece drizzare le orecchie dei tre, in particolare quello solitario di George che cominciò ad agitarsi sul posto
 
-Cosa?! Che intendi?! Agli studenti è proibito uscire da Hogwarts, come è possibile che…-
 
-Frena ragazzo o mi farai scoppiare la testa!- tuonò Aberforth, che scolò la Burrobirra rimasta in una sola, avida sorsata. Così quel mago, tanto simile ad Albus Silente nell’aspetto, quanto diametralmente opposto nel carattere, raccontò ai fratelli Weasley cosa era successo: spiegò loro, fra una bestemmia e l’altra, che un canale si era magicamente aperto aldilà del ritratto di Ariana, dal quale con immenso stupore vide apparire un alto ragazzo dinoccolato e tumefatto, che si era presentato a lui come Neville Longbottom, nipote di Augusta Longbottom, strega che Aberforth conosceva bene e che, anche se non lo avrebbe mai ammesso, temeva non poco. Fra sussulti e continue interruzioni, il mago proseguì nel riportare ciò che il giovane Neville gli aveva spiegato: che lui non aveva nulla a che fare con chi appoggiava Colui-che-non-deve-essere-nominato e che, con un buon numero di altri studenti, stava portando avanti una resistenza tenace all’interno della scuola. Del motivo che lo aveva fatto catapultare nel suo pub, Neville aveva saputo dire poco; spiegò solamente che la Resistenza stava usando la Stanza delle Necessità come campo base per curarsi a vicenda, architettare piani di sabotaggio contro i Carrow e la Squadra d’Inquisizione e nascondere quegli studenti che, mostratitisi troppo ribelli, erano stati espulsi dalla scuola. La stanza forniva qualsiasi cosa al gruppo di dissidenti, ragion per cui quando Neville si ritrovò a chiedere del cibo per sopravvivere al suo interno, d’improvviso un canale si era aperto a lui e che, con coraggio, il ragazzo lo aveva attraversato, arrivando infine all’interno della Testa di Porco
 
-Stanno resistendo! Lo sapevo! Ti ha parlato di altri studenti? Ha fatto altri nomi per caso? Magari nostra sorella o…-
 
-No, abbiamo avuto poco tempo per parlare. Inizialmente l’ho intimato di fare dietro front e di non farsi più vedere, che avrebbe messo a rischio sia loro che l’intero Ordine- Aberforth versò a tutti dell’altra Burrobirra -ma quel maledetto ragazzo è molto più tenace di quanto potessi immaginare…maledetto lui: ha il sangue dei suoi genitori, quello lì!-
 
-E quindi? Cosa hai deciso di fare?- Bill frenò George, in piedi pronto ad oltrepassare il ritratto per fiondarsi nel tunnel, così si rivolse cauto ad Aberforth, che di tutta risposta alternò grugniti ad ampie sorsate -Cosa vuoi che abbia deciso? Ha giurato di non muoversi di qui se non li avessi aiutati, così ho fatto l’unica cosa in mio potere per togliermelo di mezzo: mi sono messo a cucinare-
 
-Ma quindi è possibile entrare ad Hogwarts?! È sicuro questo passaggio?!- George era irrefrenabile
 
-Cosa vuoi che ne sappia! Gli ho detto che sono dei pazzi se pensano di farla franca e che prima o poi ci avrebbero scoperto. Comunque non mi sono azzardato ad attraversare quel tunnel e mai lo farò, che Merlino ne sia testimone!-
 
-Freddy, sai che cosa vuol dire questo?- 
 
-Altroché Georgie!-
 
Bill, che conosceva molto bene i fratelli più piccoli, passò una mano fra i capelli lunghi e sospirò -voi due non farete proprio niente…so dove volete arrivare, ma prima di entrare ad Hogwarts dobbiamo accertarci che sia assolutamente sicuro. Non ho alcuna intenzione di farvi rischiare la pelle-
 
-Sappiamo quello che facciamo, non siamo più dei mocciosi!- iniziò George
 
-E non possiamo farci scappare un’occasione così, loro hanno bisogno di noi!- concluse Fred
 
-Ora basta voi due! Non andrete da nessuna parte, non subito almeno. Quando quel Longbottom si rifarà vivo vi avviserò; per il momento bisogna tenere la guardia bassa, ci siamo capiti?!-
 
La voce minacciosa di Aberforth mise a tacere le proteste dei due che, sbuffando, incrociarono le braccia e tornarono a sedersi. A quel punto Bill, perfettamente cosciente di quanto i due fossero preoccupati per Ginny, per Matilda e per gli altri loro ex compagni, si alzò e strinse le loro spalle
 
-Dovete solo avere un po’ di pazienza…e poi sbaglio o avete una radio da mandare in onda, questa sera?-
 
I gemelli si lanciarono uno sguardo, ammorbidito dalle parole del fratello maggiore. Così George si voltò appena per guardare il ritratto di Ariana, che sorrideva loro, con i lucidi capelli chiari appena scossi dal vento. E fu inevitabile, per il giovane mago, pensare che aldilà di quel misterioso dipinto, v’era celato l’accesso che lo avrebbe condotto dalla sua Matilda.
 
***
 
Quella mattina di inizio Dicembre, Matilda e gli altri membri dell’ES si erano svegliati con un brutto colpo: Luna era stata portata via da Hogwarts. Pare infatti che il padre della ragazza, nonché direttore de Il Cavillo, Xenophilius Lovegood, avesse continuato ad appoggiare apertamente Harry Potter e la sua causa, cosa che evidentemente aveva scatenato l’ira dei Mangiamorte. Ovviamente agli studenti non era stata fornita una spiegazione, quando avevano chiesto che fine avesse fatto la loro amica, eppure non ci misero molto a fare due più due e decretare che, probabilmente, Luna era stata portata via dalla scuola per mettere a tacere il padre. Fu la prima volta che Matilda vide gli occhi di Ginny farsi lucidi di lacrime, a differenza di Cho che non aveva smesso di singhiozzare per l’assenza dell’amica dal momento che aveva appreso la notizia. Decisero quindi di fare una riunione straordinaria quella sera, comunicando attraverso i galeoni stregati l’orario d’incontro all’interno della Stanza. Era evidente che quello non fu un duro colpo solo per il padre di Luna: tutto l’ES era messo a dura prova, perché avevano appena dimostrato loro che ci voleva ben poco, ai seguaci di Lord Voldemort, per liberarsi di chi era loro d’impiccio.
Durante le lezioni di quell’interminabile giornata, i ragazzi erano più silenziosi del solito: dovevano mantenere prudenza, in quanto nessuno di loro poteva rischiare di essere nuovamente punito, non quel giorno; avevano bisogno di organizzarsi e per farlo era necessaria la presenza di ogni singolo membro dell’ES. Eppure, per quanto Matilda avesse cercato di controllarsi, proprio non ce l’aveva fatta a non esplodere quando, da ritorno della lezione di Erbologia, aveva visto Blaise ridere a squarciagola davanti ai suoi occhi e Draco, che aveva evitato ogni possibile incontro con la sorella da quella notte in cui lei si era intrufolata nel suo dormitorio, superava il gruppo dell’inquisizione con passi celeri.
Non ne poteva più, Matilda. Non sopportava più le angherie, le sparizioni, il clima di terrore in cui era ricaduta Hogwarts, che per sei anni aveva ritenuto una vera e propria casa e dalla quale, in quel momento, non desiderava che fuggire. E lo trovò ingiusto, tremendamente ingiusto, perché lei amava Hogwarts, il sentirsi protetta all’interno delle sue mura ed il sapere che anche i suoi amici lo fossero. E la colpa di tutto era dei Carrow e di persone come Zabini, che si ostinavano ad esercitare il proprio potere sentendosi le spalle coperte.
Non ne poteva più e quello fu l’unico incessante pensiero che la guidò a compiere i passi verso Blaise Zabini, davanti al quale si fermò, facendo saettare la lunga treccia da un lato all’altro del suo corpo minuto
 
-Vorrei sapere cosa hai tanto da ridere- attaccò lei, con gli occhi che si erano fatti gelidi e sottili
 
-Ed io vorrei sapere chi ti ha autorizzata a venire qui. Vuoi forse cascare accidentalmente in un’altra palude? Non ti sono bastati tre giorni di infermeria?-
 
Arrogante. Sporco imbecille.
 
-Che cosa hai da ridere?- rimbeccò lei
 
-Ci tieni proprio a soffrire Matt…comunque non ho alcun problema a dirti il motivo che mi sta facendo scompisciare da questa mattina-
 
Una risata gutturale uscì dalla bocca di Vincent, al suo fianco
 
-Stavamo parlando di quella pazza della Lovegood. Finalmente ci hanno liberati di lei e delle sue stronzate! È proprio un giorno magnifico, questo!-
 
Draco, che si era fermato appena aveva visto Matilda avvicinarsi accigliata a Blaise, bloccò Goyle e si voltò verso di loro, sebbene mantenendo un’adeguata distanza
 
-Ma non ti vergogni per niente? Non vedi che cosa è diventata Hogwarts? Non ti fa sentire minimamente in colpa vedere i tuoi compagni torturati, vessati, portati via? Non temi per loro e per la fine che faranno?!-
 
Blaise rise nuovamente, questa volta portandosi la mano a coprire la bocca e l’altra a trattenere la pancia, in un gesto volutamente forzato e teatrale
 
-i miei compagni?! I miei compagni sono tutti qui, che traggono beneficio da la nuova direttiva dei piani alti! Perché mai dovrebbe importarmi di luridi sanguemarcio, o peggio ancora di chi è tanto stupido da andare contro al Signore Oscuro?-
 
Matilda doveva mettere fine a quella risata sguaiata, che le sue orecchie non potevano più tollerare un solo altro istante, così sorprese ancora una volta se stessa. Sapeva a cosa sarebbe andata incontro quando caricò la saliva nella bocca e con un unico, fulmineo getto che scavallò qualsiasi legge della magofisica, sputò dritto in faccia a Blaise.
Probabilmente Blaise Zabini non aveva mai ricevuto umiliazione più grande nella vita e la beffa, pensò mentre portava una mano tremante a tastare il viso, era che a ridurlo così era stata proprio lei: la stessa strega che, da bambina, lo rifuggiva perdendosi tra violette e siepi nel giardino labirintico di Villa Malfoy; la stessa che lo aveva raggirato, per poi lasciarlo per quel bastardo di George Weasley; la stessa che rideva sempre, nonostante lui le rifilasse le più ferali punizioni.
La stessa che, in quel momento, gli aveva appena sputato in faccia, mettendolo alla berlina davanti ai suoi compagni.
Fu un attimo: Blaise afferrò la lunga treccia chiara, che ancora ondeggiava, come scossa dalla piacevole brezza del mare
 
-Ti sei appena guadagnata la tua condanna, zozza traditrice-
 
Ma a Matilda non importava. Sorrise nonostante Blaise la strattonava per i capelli, tanto da farle un male cane. Come sorrise alle urla di Draco, che implorava Blaise di lasciar stare, che ci avrebbe pensato lui, a quella sua gemella che sembrava aver perso il senno.
Che la punisse pure, pensò finalmente serena, perché qualsiasi cosa le avrebbe fatto Blaise Zabini per punirla, sarebbe valsa la pena al cospetto della sua saliva, che ancora scivolava sulle guance torbide del mago.
 
*
 
Richiamati dopo un paio di settimane, Fred e George si erano recati alla Testa di Porco, assieme a Lee che, come loro, era impaziente di assicurarsi che i suoi ex colleghi (prima su tutte la sua bionda serpeverde) riuscissero a fare fronte al nuovo regime instauratosi ad Hogwarts. Neville era  stato informato, il giorno stesso, che nella Stanza sarebbero giunti i ragazzi, così che non dovesse sfoderare le bacchette col timore di ritrovarsi qualche Mangiamorte indesiderato fra i piedi. Gli studenti avevano bisogno, mai come quel momento, di vedere facce amiche, che fossero in grado di fornire loro un minimo di rassicurazioni, o quantomeno che potessero ricevere utili informazioni provenienti dal mondo fuori dalla scuola.
George, fissava il ritratto davanti a sé, così si voltò impaziente verso Aberforth che con uno sbuffo, fece un cenno al dipinto di Ariana: la ragazza accennò un limpido sorriso, si spostò di lato di qualche passo e, con quel movimento, l’intero dipinto si reclinò, lasciando ai tre ragazzi la visione di un lungo e buio labirinto. E George si fiondò dentro, senza pensarci due volte.
 
*
 
Lo sguardo di Daphne, sempre sufficientemente algido e rigido, rispecchiò di terrore quando vide Blaise attraversare il corridoio davanti ai suoi occhi, mentre strattonava Matilda per la treccia. Si distrasse da quell’orribile visione solo per voltarsi nel sentire le urla di Draco, bloccato dalle energiche braccia di Vincent Tiger. Con uno scatto tornò a fissare Blaise e Matilda allontanarsi. La sua amica doveva averla combinata proprio grossa, quella volta; non ci pensò due volte: seguì i passi dei due, fino all’imbocco di quell’aula angusta, che veniva utilizzata per interrogare gli studenti. Rimase con lo sguardo fisso sulla porta che le veniva sbattuta davanti, oltre la quale si erano dissolti i due maghi.
Prese a torturare le labbra con la morsa degli incisivi mentre, frenetica, lisciava la coda bassa e composta in cui aveva racchiuso i suoi capelli color grano; avrebbe aspettato un po’ e poi sarebbe entrata, o almeno ci avrebbe provato.
 
*
 
Il tunnel si concluse con una porta che si spalancò davanti a George, seguito da Fred e Lee che non l’avevano mai smessa di lamentarsi per tutto il tragitto, imprecando contro la lunghezza eccessiva del percorso, il caldo asfissiante e la scarsa luminosità. Ad accoglierli fu l’abbraccio al profumo di fiori di Ginny, che stritolò i fratelli slacciandosi da loro solo a seguito di un ammonimento di George, che lamentava una frattura del costato. La Stanza delle Necessità era un’oasi di colori, formata da amache legate ai mobili, bauli di ogni forma e dimensione, gatti che rincorrevano rospi e gufi che fluttuavano indispettiti; quel caos segnava la presenza di un cospicuo numero di studenti che, evidentemente, avevano trovato rifugio nella Stanza
 
-Ci voleva proprio la vostra presenza; sapete che Luna è stata portata via ieri notte?-
 
-La Lovegood?!- chiesero in coro i gemelli, spiazzati da quell’informazione. Ginny, con gli occhi nuovamente velati dalle lacrime, annuì intristita -Ma ora seguitemi, vi spiegheremo tutto-
 
George si guardava freneticamente intorno, nella speranza di scorgere la criniera chiara e vaporosa di Matilda ma Ginny, che aveva subito intuito l’intenzione di quelle iridi nocciola che correvano da un lato all’altro spasmodiche, scosse il capo e strinse un braccio del fratello con premura
 
-Non è ancora arrivata…doveva essere qui mezz’ora fa, ma aspetta ad allarmarti: Matilda è in Serpeverde, avrà avuto problemi nella Sala Comune, arriverà-
 
George tirò un sorriso e tentò di mascherare tutta la preoccupazione che, d’improvviso, gli stava stringendo la gola come un cappio.
 
*
 
Una volta dentro, Blaise tirò Matilda per la treccia, fino a farla sedere su una scomoda seduta, posta al centro della stanza. Drappi di pesante velluto erano tirati a coprire le finestre, contribuendo a creare un’atmosfera lugubre, assieme alla scarsa illuminazione generata da ceri consumati. La strega si guardò rapidamente intorno, fino a rendersi conto che, oltre a Blaise, erano presenti i Carrow, che la fissavano con ghigni disgustosi
 
-Ma tu guarda, cosa ha combinato, questa volta?- gracchiò Alecto, che si avvicinava a Matilda con passo pesante; la gobba era ben visibile anche se la donna tentava di mascherarla con il mantello ed i denti, gialli e marciti, risaltavano alla luce dei lumi
 
-Questa volta ha esagerato- le parole uscirono dalla bocca di Blaise affilate e ricche di rancore. Bene, valutò Matilda, mentre gli occhioni grigi scattavano dall’uno all’altra, almeno aveva smesso di ridere, quel coglione
 
-Finalmente…è ora di darti una bella lezione ragazzina…fino a questo momento mi sono risparmiato, per tuo padre, sai…ma ora bisogna proprio darci un taglio- Amycus rigirava una daga fra le mani nodose, cui manico sembrava vecchio ed arrugginito
 
-Nella loro fantasiosa mitologia, i babbani dell’antica Israele parlano di Sansone. Tu, così saputella, dovresti sapere chi è- Alecto aveva avvicinato moltissimo il viso a quello di Matilda, che non trattenne una smorfia di disgusto quando la puzza nauseabonda del suo alito le stuzzicò le narici
 
-Veramente no, non ho idea di chi sia-
 
I fratelli Carrow scoppiarono a ridere all’unisono, mentre Blaise si era messo da parte, con le braccia conserte, in attesa
 
-Sarò magnanima e tenterò di colmare le tue lacune, in fondo sono o non sono la tua insegnante di Babbanologia? Sansone era un uomo forte, molto forte, tanto da risultare invincibile! Ma costui nascondeva un punto debole…- Amycus prese a camminare intorno alla seduta, mentre Alecto proseguiva con la spiegazione -pare infatti che tutta la sua forza provenisse dalla sua chioma fluente e che, una volta che questa fu recisa, Sansone la perse, diventando un comune mortale. Non lo trovi incredibilmente stupido?-
 
-Stupido è chi non capisce il vero significato dei miti- Matilda sorrise sorniona e non fece nessuno sforzo a trattenere lo sguardo della strega che, a quella provocazione, perse d’istante il sorriso
 
-Ragazzina, non perdi mai occasione per stare zitta, eh? Comunque abbiamo deciso di fare una prova…vogliamo capire se sei come Sansone, e se finalmente riusciremo a mettere la parola fine alla tua insolenza- Amycus si soffermò dietro Matilda, già pronta a scattare in piedi per difendersi, ma Blaise sfoderò la bacchetta -Incarceramus- pronunciò l’incanto senza sforzo e subito delle corde strinsero la giovane Malfoy alla sedia di legno corroso. Matilda tentò di dimenarsi inutilmente, quando sentì una mano tirarle la treccia e lo sguardo, ora sgranato, finì sulla lama della daga, posta davanti al viso
 
-Questa, stupida ragazzina, è stata forgiata con l’Ardemonio…-
 
La daga sparì alla sua vista, proprio mentre sentiva la presa tirare ancor più la sua treccia.
Un rumore delicato. Più un fruscio.
E poi un piccolo tonfo sordo.
Le pupille cerchiate di grigio, tremolarono esitanti, prima di far cadere lo sguardo in basso, dove la sua lunga treccia era abbandonata come il cadavere di un serpente che aveva appena smesso di combattere la sua ultima, mortale battaglia
 
-Proprio per questo motivo- proseguì la roca voce del Mangiamorte -sarà impossibile farti ricrescere i tuoi bei capelli con la magia-
 
Matilda sentì i capelli sfiorarle il mento. Da quando aveva memoria, aveva sempre fatto crescere l’indomata chioma, inizialmente per compiacere Narcissa, in seguito per pura abitudine. Si sentiva protetta da essa; piccola com’era, aveva sempre pensato che i suoi capelli potessero svolgere un ruolo importante nel segnare la sua presenza ed il suo carattere forte e facinoroso all’occorrenza. Il viso di Alecto Carrow pose fine a quel calderone di pensieri: nuovamente molto vicina, la donna ghignò -Non ti senti più leggera? Ma sai, per il momento abbiamo solo…giocato. Ora arriva il bello-
 
La gobba strega retrocesse di qualche passo, sfoderò il suo legno che puntò all’altezza del cuore di Matilda così, con il volto contrito da estasi e malvagità, la donna sputò l’incantesimo a gran voce
 
Crucio!
 
*
 
I ragazzi vennero aggiornati rapidamente su gli ultimi, nefasti avvenimenti che avevano fagocitato la scuola. Seamus si spese in dettagli sulle punizioni, corporali e mentali, che i Carrow adottavano sugli studenti e Ginny raccontò loro come avevano tentato, invano, di prelevare la Spada di Grifondoro dall’ufficio del neo preside, purtroppo ottenendo scarsi risultati. Di contro i tre raccontarono cosa succedeva fuori da Hogwarts: le sparizioni, il censimento e la caccia ai nati babbani, i negozi in Diagon Alley distrutti e sbarrati, cosa che aveva portato i gemelli, fra l’altro, a prendere la difficile decisione di chiudere momentaneamente i Tiri Vispi. La scomparsa di Luna era, però, l’argomento portante e tutti si mostrarono in forte apprensione nei confronti di quella Corvonero che avevano imparato a capire e ad apprezzare.
Neville, su tutti, sembrava quello più agguerrito: aveva preso in mano il comando della Resistenza e si era dimostrato il degno successore di Harry Potter; aveva così tanta grinta e coraggio, notarono i tre ex grifondoro, che sembrava che niente al mondo potesse scalfirlo.
Purtroppo però il tempo stava scorrendo. Era passata un’ora da quando avevano messo piede nella Stanza delle Necessità e di Matilda non si vedeva l’ombra
 
-Sentite, è evidente che sia successo qualcosa: conosco la puntualità di Matilda e posso giocarmi la bacchetta che non avrebbe mai tardato tanto, se non fosse in difficoltà!-
 
George era smanioso, preoccupato ed agitato e nessuno riuscì a tranquillizzarlo. Fred e Lee dovettero bloccarlo di forza, perché aveva tutte le intenzioni di uscire dalla Stanza per andarla a cercare
 
-Ti prego George, se ti vedono capiranno che c’è un passaggio per entrare ad Hogwarts e ci metteranno un attimo a scovare il nostro nascondiglio- Neville si era posto davanti a George, con le mani strette sulle sue spalle -ti assicuro che capisco le tue ragioni, ma non possiamo mettere a rischio una quarantina di studenti, lo capisci? Aspettiamo ancora un po’, poi ti prometto che andrò io a cercare Matilda-
 
Il velo rosso che accecava la vista di George, si dipanò lentamente. Si scostò con gesto brutale dalla presa di Lee e Fred e si allontanò dal gruppo, sfregando con vigore la testa rossa. Doveva aspettare, ma a quale prezzo?
 
*
 
Niente al mondo era paragonabile a quel dolore lì. Era come se l’avessero lanciata in una vasca di carboni ardenti e, al contempo, le stessero lanciando intense scosse elettriche nel cervello. Era insostenibile e per quanto avesse tentato di resistere, la sua bocca aveva seguito l’istinto, che la portò ad urlare come mai aveva fatto prima. Quando Alecto abbassò la bacchetta, Matilda cominciò ad iperventilare, ma quel sollievo durò ben poco, perché la Mangiamorte, affatto soddisfatta, riprese subito a torturarla. Così un altro urlo squarciò la stanza, un urlo che fece sgranare gli occhi di Blaise. Vedere la strega che odiava quanto amava, contorcersi dal dolore, con il caschetto vaporoso appiccicato al viso e le lacrime a solcare le guance, fece sopraggiungere il rimorso.
Era troppo, aveva esagerato; lui voleva solo darle una lezione, eppure quella visione risultò troppo dolorosa persino per lui. E proprio mentre stava per muovere dei passi nella direzione dei Carrow, deciso a tentare di fermarli, sentì una voce urlare stupeficium alle sue spalle. E con l’immagine di Matilda che urlava di dolore, perse rapidamente i sensi.
 
Amycus ed Alecto non si erano accorti che qualcuno era entrato nella Stanza, come del resto non fecero in tempo a contrastare lo schiantesimo con cui Daphne Greengrass aveva appena steso Zabini. Alecto saltò dallo spavento, cosa che pose immediatamente fine sia alla maledizione, che all’incantesimo che legava Matilda alla sedia; i due si voltarono verso Daphne, con le guance paonazze e la bacchetta tesa verso di loro
 
-Petrificus Totalus!- gridò Daphne nei confronti di Amycus, che crollò a terra, per l’appunto, rigido ed inerme. Alecto faceva correre lo sguardo dalla strega che li aveva appena attaccati al fratello, steso a terra. Con gesto rapido contrastò uno schiantesimo e subito contrattaccò con un Flagramus, che per poco non bruciò la chioma della ragazza. Daphne sgranò gli occhi chiari
 
-Come ti permetti, vecchia gobba?! Lo sai quanto mi ci è voluto a sistemare i capelli?!-
 
Daphne, furente più che mai (era un vero affronto, per la giovane strega, che qualcuno si fosse anche solo azzardato a bruciarle la bionda chioma), tornò ad attaccare, ma Alecto fu più rapida, così che Daphne finì schiantata contro la parete
 
-Ora ci penso io a te, piccola idiota!-
 
Expelliarmus!
 
E proprio mentre Alecto Carrow, arrabbiata più che mai, stava per lanciare la maledizione Cruciatus nei confronti di Daphne che, a stento, tentava di rimettersi in piedi, la Mangiamorte perse la bacchetta, che schizzò fra le mani di Matilda, in piedi alle sue spalle
 
-Ma cosa…-
 
Ma Alecto non riuscì a pronunciare una sola altra parola perché, con le poche forze rimaste dopo essere stata torturata, Matilda colpì in pieno viso la strega con un gancio sinistro, che la fece barcollare ed urlare di dolore. Mentre Alecto si copriva la faccia, Matilda si avvicinò barcollando a Daphne, ormai rimessa in piedi, che si massaggiava la testa
 
-Gr…grazie, amica mia-
 
-Ringraziami dopo, ora andiamo!- ma prima di schizzare fuori, Daphne chinò il capo su Blaise, ancora tramortito a terra, a cui rifilò un calcio in pieno stomaco
 
-E questo non è niente, bastardo!- e anche la ragazza finì per sputargli in faccia, prima di seguire a Matilda fuori dalla stanza.
 
Daphne fu costretta a sostenere l’amica nella corsa verso la Stanza delle Necessità. Matilda era stravolta e non riusciva a correre, ma Alecto avrebbe potuto raggiungerle in qualsiasi momento, senza contare che qualcun altro avrebbe potuto trovarle. Il cuore scoppiò nel petto, quando sentirono i loro nomi urlati alle proprie spalle. Erano amici? O nemici?
Ma non importava. La stanza era vicina, molto vicina.
I loro passi claudicanti si fusero ad altri, poi con la coda dell’occhio Daphne vide lampi di luce verde sfrecciarli vicino al viso.
Ma erano arrivate! Dovevano solo fare la richiesta alla Stanza per poter entrare
 
-Sbrigati Matt! Io ti copro le spalle!-
 
Sfinita, Matilda camminò per tre volte davanti al muro, mentre Daphne lanciava schiantesimi e incantesimi di protezione per non farla colpire. E finalmente la porta apparve loro.
Daphne afferrò Matilda per un fianco e si catapultò con lei oltre la porta, che subito si richiuse alle loro spalle, facendo urlare di rabbia Alecto Carrow che, guercia e lontana, non aveva la minima idea di che fine avessero fatto le due streghe.
 
*
 
-Daphne!-
 
I ragazzi, all’apertura della porta, si voltarono di scatto verso di essa: Daphne Greengrass reggeva con forza il corpo minuto di una strega, che tutti stentarono a riconoscere, di primo acchito, dato la persa chioma leonina, ridotta ad un taglio regolare che superava le spalle. Quando Lee scorse Daphne, però, i suoi occhi si illuminarono e presto corse verso di lei; gli occhi algidi della serpeverde si fecero subito lucidi
 
-Aiutate Matilda, presto!-
 
George, lontano dal gruppo, nel sentire il nome della ragazza sgranò gli occhi. Corse verso le due, superando tutti gli altri e si fermò solo quando la piccola strega crollò fra le sue braccia lunghe e si aggrappò, stremata, al suo corpo. Libera dall’onere di sostenere l’amica, Daphne si lanciò contro Lee
 
-Calmati piccola…ci siamo noi- il mago la strinse forte a sé, mentre Daphne aveva preso a singhiozzare sulla sua spalla.
 
E George tirò su Matilda, semisvenuta, e la allacciò al suo corpo, mentre le carezzava la testa
 
-Georgie…- sussurrò lei con la vocina roca
 
George le baciò il viso, la carezzò e la strinse forte. Era viva. Era con lui
 
-Sono qui, amore mio- sussurrò infine, fra i suoi capelli recisi.

 
 
 
Che fatica! Lo so, sto pubblicando con una lentezza inesorabile, ma dovete scusarmi: sono in pieno trasloco da un capo all’altro dell’Italia e scrivo nei ritagli di tempo. Devo ammettere di essere, per una volta, molto soddisfatta del capitolo; nonostante sia molto lungo (perdonatemi, ma proprio non ho saputo essere più concisa di così) e anche molto pesante, questa sorta di lieto fine mi ha rallegrata: finalmente i nostri ragazzi sono di nuovo insieme, un po’ provati magari, ma insieme!
Con questo capitolo Matilda se ne va in vacanza: com accennato questo è un periodo davvero pieno, ragion per cui non riesco a stare dietro a questa storia con la dignità che si merita, specialmente perché siamo alle battute finali (5 capitoli, sob).
MA annuncio ai partecipanti all’interattiva, che “La Stanza” rimarrà aperta: essendo una cosina leggera, da portare avanti, sono abbastanza sicura di riuscire a pubblicare con una certa costanza.
Volevo aggiungere un altro paio di cosine, poi vi lascio stare:
 
Ringrazio chi sta seguendo la storia, chi come Francy (Inzaghina, per i più) si stia impegnando a recensirla passo passo, chi come AdhoMu mi sta sempre appresso e mi solleva lo spirito (prima o poi diventerai ufficialmente mia moglie), oppure come Morella, sempre presente quando mi affloscio, pronta a darmi dei colpetti per scrollarmi la negatività di dosso. Ovviamente a TUTTI VOI, che avete recensito la mia storia, siete stati splendidi, perché è grazie a voi se continuo a seguire la giusta direzione. E anche voi lettori silenziosi, siete indispensabili per me. Niente, oggi mi sento romantica, il primo capitolo ha superato abbondantemente le 3000 visualizzazioni e per me, questa cosa qui, è eccezionale davvero.
Ora, come promesso, vi lascio stare. Matilda vi saluta (concediamo ai due amorevoli tubatori il tempo della riconciliazione), mentre con alcuni di voi ci vedremo con il prossimo capitolo di “Di Necessità e Virtù”.
 
Abbraccio a tutti voi
 
Bri
 
P.s. Zabini stai sereno, che magari domani te sveji sotto ‘ncipresso.

 
 
 
 
 
 

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Capitolo 36
*** Radio Potter ***


CAPITOLO XXXV
Radio Potter
 
Such is the way of the world 
You can never know 
Just where to put all your faith 
And how will it grow 

Gonna rise up 
Burning black holes in dark memories 
Gonna rise up 
Turning mistakes into gold 

Such is the passage of time 
Too fast to fold 
Suddenly swallowed by signs 
Low and behold 

Gonna rise up 
Find my direction magnetically 
Gonna rise up 
Throw down my ace in the hole
 
Rice – Eddie Vedder
 
 
 
I ricordi legati a quel momento sono sempre più confusi. Il tempo, infido e manipolatore, tende a confondere, obnubilare la mente; eppure qualcosa di molto vivido appare, in questo magma scuro. Perché magari la testa dimentica, ma i sensi, quelli no; registrano con scrupolosa attenzione. Della mia fuga dai Carrow (e ancora ringrazio Daphne, senza la quale non sarei di certo qui, a metabolizzare quanto accadde) ricordo con distinzione tre cose:
 
le fitte incredibilmente dolorose che continuavano a percuotermi, che nascevano dal centro del petto e dilagavano fino alle mie estremità, facendo tremare i polpastrelli e rattrappire i piedi. Quel dolore lì, io non lo potrò scordare mai.
 
Il senso di leggerezza comportato dai miei capelli recisi, che giacevano in quell’aula semibuia, laddove chissà quanti studenti avrebbero ancora torturato, dopo di me.
 
E l’odore di George, la mia Amortentia, così come il tocco gentile delle sue mani grandi, che mi carezzavano con apprensione, assieme alla sua voce calda e profonda, con la quale mi lasciai andare ad un sonno ristoratore, consapevole che fra le braccia del mio compagno, il grande amore della mia vita, non avrei dovuto avere mai più paura. Mai più.

 
***
Blaise tornò, malconcio, nella Sala Comune. Sentiva il corpo cadere a pezzi e con quello, materiale ammasso di ossa e carne, intreccio di vasi sanguini e fibre muscolari, la sua testa aveva subìto lo speculare disfacimento. Affondò su uno dei divani, soffermandosi per un fugace momento sul tepore del velluto scuro che l’aveva accolto e, per quanto possibile, beandosi di esso almeno per un po’. La mano, serrata, si rilassò, abbandonando al suo fianco la treccia disfatta di Matilda che, chissà per quale assurdo motivo, aveva deciso di portare con sé una volta che si riebbe dallo schiantesimo. Sapeva cosa fosse successo in seguito alla perdita dei sensi solo perché fu Alecto Carrow, furiosa più che mai, a reinnervarlo con la bacchetta del fratello: pare infatti che nessuno di loro si fosse accorto che, nell’aula, aveva fatto il suo ingresso quella stronza di Daphne e che la bionda, inforcata la bacchetta, avesse schiantato prima lui e, subito dopo, Amycus Carrow. Naturale conseguenza fu che Matilda riuscì a liberarsi e, aiutata dalla Greengrass, si era data alla fuga, così che le due serpi erano riuscite a scappare portandosi con loro la bacchetta rubata alla Mangiamorte.
Non andava bene, non andava affatto bene. Certo, Blaise constatò con amara rassegnazione che non era esattamente quello che voleva davvero per Matilda; ma che la strega fosse riuscita a scappare era di certo inaccettabile, specialmente perché, e questo Blaise lo sapeva bene, presto o tardi se la sarebbe vista con…
 
-Schifoso codardo!-
 
Blaise quasi si strozzò, sentendo il collo della camicia stringersi come un cappio. Cominciò a tossire mentre, inutilmente, le dita andarono a tirare i lembi del tessuto, cercando una via di fuga da quell’apnea forzata
 
-D…Dr…-
 
Blaise cadde in avanti, spinto dalla forza delle stesse mani di Draco che, poco prima, lo stavano strozzando
 
-Come hai potuto?! Come?!-
 
Blaise tentò di recuperare la bacchetta rotolata via da lui, ma un calcio in pieno stomaco mise fine al suo intento. Tossì ancora più forte, con le mani strette sull’addome
 
-Rispondi!-
 
Blaise aprì un occhio scorgendo in piedi, a sovrastarlo, quello che aveva sempre reputato il suo migliore amico: il volto di Draco era un contrito agglomerato di rabbia e terrore e la mano destra, tremante, tendeva la bacchetta in posizione d’attacco
 
-Se l’è…cercata…m-mi ha- ancora un colpo di tosse –mancato di r…rispetto!-
 
-E tu hai pensato bene di lanciarla in pasto ai Carrow?! Non ti è bastato tutto quello che le hai fatto? L’umiliazione, le angherie…ma che uomo sei?! Alzati!-
 
Blaise si rimise in piedi a fatica, rendendosi conto, nel mentre, che molti compagni Serpeverde erano addossati alle pareti e guardavano lo scambio dei due senza proferire parola. Gli occhi neri come il pozzo più profondo, indugiarono più di un attimo su Astoria, in piedi a pochi passi da Draco; la strega aveva assottigliato lo sguardo e sosteneva quello di Blaise senza alcuna fatica. In altra occasione Blaise si sarebbe aspettato un intervento, da parte della più piccola che d’indole tendeva a mettere pace. Eppure l’unica cosa che si era guadagnato, non era che l’espressione d’assoluto ed innegabile disprezzo, andata a sporcare il viso olivastro
 
-Ho fatto quello che era giusto fare…Matilda si meritava una punizione- insistette Blaise, seppur senza il coraggio di tornare a fissare l’amico, bensì la sua attenzione si spostò sulla chioma stretta nella sua mano pallida, che andò ad ondeggiare davanti al suo viso
 
-E questo che cosa sarebbe, il tuo trofeo?-
 
-Io non so perché…-
 
-Zitto! Non è così che doveva andare…saresti dovuto venire da me, avrei pensato io a lei...-
 
-No che non l’avresti fatto!- Blaise assaporò l’ira appropriarsi del suo corpo –Ma guardati…sei ridotto ad un fantoccio nelle mani di quella traditrice di tua sorella…non hai fatto altro che nasconderti da lei per tutti questi mesi, tremando come un cucciolo senza la mammina ed ora…ora hai davvero il coraggio di dirmi che te ne saresti occupato tu?!- una risata amara sibilò dalle sue labbra piene –non venire a farmi la morale Draco, tu che di virtù non sai proprio nulla-
 
-Ora basta! Stupeficium!-
 
Blaise riuscì ad evitare per un soffio l’incantesimo, ma non riuscì a fare null’altro, se non continuare ad evitare i continui attacchi. Urla ed incitazioni partirono dagli altri Serpeverde, che crearono un vuoto intorno ai due: se Draco attaccava, Blaise non faceva che nascondersi dietro a tavoli e divani, che venivano distrutti. Proprio l’istante prima che Draco potesse colpire la poltrona con un Flagramus non verbale, Blaise riuscì a lanciargli contro una fattura orcovolante. E furono schianti, colpi su colpi, fin quando Theodor, Tiger, Pansy e Millicent non arrivarono a mettersi in mezzo, come la stessa Astoria, decisa a prendere ufficialmente le difese di Draco, una volta che Blaise l’aveva quasi colpito con una maledizione senza perdono; Blaise si immobilizzò, quando intravide la chioma lucida e fluente, saettare davanti al suo sguardo e bloccarsi davanti Draco, mentre la mano compiva un movimento fluido e deciso, a respingere la maledizione
 
-Ora basta!- tuonò poi, la ragazza, riuscendo a porre la tregua fra i maghi ansanti. Draco riuscì ad alzarsi a fatica, dopo l’ultimo schiantesimo che l’aveva travolto e, barcollando, si avvicinò a Blaise –Stai lontano da me Zabini…-
 
-Ora fai così, ma tanto tornerai da me…come sempre. Hai bisogno di me, Draco! –
 
Blaise cominciò a gridare, mentre Theodor tentava di trattenerlo e calmarlo. Le iridi cerulee seguirono il fruscio della chioma di Astoria, che si allontanava dalla Sala Comune con passi discreti, anche se molto rapidi; così Draco tornò a guardare Blaise urlargli contro. Non disse una sola parola, si limitò a fissarlo mentre le labbra dell’altro si muovevano ed i suoi occhi si infuocavano. E quando smise di gridare, Draco richiamò il mantello, si voltò e seguì le orme di Astoria Grengrass.
Gli occhi scuri di Blaise seguirono Draco fin quando quello non scomparve oltre la porta della Sala Comune; con un gesto stizzito si divincolò definitivamente dalla presa di Theodor, afferrò la treccia di Matilda e, in un urlo di rabbia, la scagliò dentro il fuoco scoppiettante del camino: il viso venne illuminato da una potente fiammata, che inglobò la treccia, riducendola in cenere in un batter di ciglia.
 
Non ci volle molto per trovarla. Nonostante avesse evitato con attenzione tutti quei luoghi di Hogwarts solitamente più affollati, probabilmente per evitare le domande degli studenti in merito alla fuga delle loro sorelle, Draco capì al volo dove si era diretta: intravide infatti la sua figura longilinea, lanciare i passi sulla neve che ricopriva il percorso verso il campo da Quidditch; si affrettò per raggiungerla, accompagnato dal solo rumore della neve crepitante sotto i suoi stivali
 
-Astoria…per piacere, fermati-
 
La strega rallentò il passo, fino ad arrestarsi totalmente; Draco fissò le sue spalle tremare, come i pugni, stretti lungo i fianchi
 
-Non ce la faccio più…- il sussurro melodioso di lei, increspato da singulti. Sfilò il mantello, che pose su di lei senza aggiungere nulla; le mani strinsero appena le spalle sottili e solo quando, lentamente, le rilasciò, Astoria si girò verso di lui: gli occhi scuri si erano fatti lucidi di lacrime ed il labbro superiore tremolava, concedendole un’espressione dolcemente infantile
 
-Non ce la faccio più- ripeté, con più convinzione
 
-Mi dispiace- Percepiva la neve afflosciare i fili biondi che ricoprivano il capo ed il corpo freddarsi sotto il clima rigido, eppure non gli importava; in quel momento lo sguardo di Astoria, seppur inondato di lacrime, riuscì a scaldarlo a sufficienza. Aveva fatto soffrire molte persone nella sua breve vita, per ultima Matilda, che non era riuscito a proteggere e chissà che fine avesse fatto, chissà come stava. Per questo si sentiva in dovere di fare qualcosa per quella strega che, davvero, era stata l’unica a rimanergli accanto nonostante tutto, colei che aveva sempre ricavato un po’ di tempo per consolarlo e farlo ragionare. Astoria lo stava rendendo migliore, questo era innegabile; il suo biologico egoismo andava dissolvendosi in presenza sua, in quanto sentiva di doverle qualcosa: doveva farla stare bene, aveva l’obbligo morale di occuparsi di lei.
Lo voleva
Per questo allungò le braccia lunghe e sottili per attirarla a sé. Per questo la avvolse nel primo, lungo abbraccio che si erano mai concessi.
Affondò il viso fra quei capelli scuri come l’oblio, che profumavano d’estate e di vita. E Astoria prese a singhiozzargli contro, stringendosi a Draco con tutta la forza che gli era concessa.
Rimasero così, a curarsi con quell’abbraccio fin quando Astoria sentì l’esigenza di fare qualcosa di più: per se stessa, per Draco, per guarire un po’, da quella guerra imminente che li stava torturando con sadismo.
E non ci pensò su.
E si scostò da quell’abbraccio, cogliendo nel volto del mago incertezza.
E afferrò il suo viso fra le mani intirizzite dal gelido clima di Dicembre, fino a trascinarlo verso di lei.
E affondò la bocca in quella di lui, con disperata rassegnazione, convinta che sarebbe stata l’unica cosa che l’avrebbe salvata dalla paura, dall’odio, dalla morte.
 
E Draco capì, mentre si lasciava trasportare da quel bacio che mai, in tutta la sua vita, si era sentito più vivo di così.
E che, in fondo, non era davvero solo, fintanto che le labbra di Astoria erano pronte ad accogliere le sue.
 
*
 
-Che dici, la vuoi smettere di farmi perdere preziosi anni di vita?-
 
Che fatica, l’ennesima, pensò dolorante Matilda, era aprire gli occhi. Ci volle più di un istante per rendersi conto di non essere sul freddo pavimento dell’aula delle torture, bensì avvolta da una soffice coperta di patchwork, con il capo poggiato sulle gambe di…George
 
-Ti devi rassegnare…- mugugnò in risposta lei, roteando gli occhi grigi verso l’alto e nascondendo uno spontaneo sorriso fra la stoffa. Quante volte era successo che il viso di George l’avesse riaccolta nella realtà? Quell’oceano di lentiggini e quegli occhi larghi e caldi, in cui si perdeva sempre con tanta facilità.
George rispose docilmente al suo sorriso, mentre le carezzava con cura la testa; per Matilda, la vita, poteva finire anche in quell’istante lì, mentre sentiva le dita di George passare, placide, nei suoi capelli.
Poi, come risvegliatasi dal peggiore degli incubi, i ricordi la investirono come un fiume in piena
 
-I miei capelli!- urlò, la strega, lanciando in aria la coperta e alzandosi di scatto a sedere: percorse la scarsa lunghezza di ciò che ne era rimasta della sua chioma fluente, perdendosi nell’inconsistenza dell’aria giusto sopra alle spalle, incurante del dolore che faceva ancora capolino
 
-Quei topi di fogna! Maledetti Carrow! Maledetto Blaise!-  cominciò ad urlare con la sua vocina acuta, destando l’attenzione dei compagni della Resistenza, presenti nella Stanza. Più di uno accorse nell’angolo semibuio, dove George aveva portato Matilda per far si che la luce non la infastidisse più di tanto, al suo risveglio; eppure Matilda sembrava aver ben altre preoccupazioni ed era ovviamente in piena crisi isterica da sconvolgimento dell’ordinario. George seguì con lo sguardo (e pienamente rassegnato) la sua ragazza alzarsi di scatto, pettinare i capelli con le piccole dita, con il visino tumefatto dai lividi e gli occhi sgranati; sapeva d’altronde quanto ogni piccolo cambiamento di piano la destabilizzasse e di certo, non avere più il peso della chioma leonina sul corpo era una di quelle cose che, lo sapeva bene, Matilda avrebbe mandato giù con estrema difficoltà, legata tra l’altro a delle motivazioni che scavallavano la quotidianità
 
-Salazar sia lodato, stai bene!- gridò Daphne, accorsa dall’amica che si guardava intorno sgomenta
 
-Avevi dubbi? È la nostra roccia questa ragazzina!- si aggiunse Fred, tirandola su di peso e issandosela sulle spalle
 
-Sapevamo ce l’avresti fatta! È vero che hai mollato un gancio a quella vecchia orba di Alecto?- chiese curioso ed entusiasta Lee, affiancato da Neville e Seamus, seriamente felici di vederla in forma
 
-Ehi, dammela qui!- George aveva raggiunto Fred e, con scarsa delicatezza, strattonava Matilda per farla allacciare a lui come un piccolo di koala, cosa che la ragazza si apprestò a fare, prendendo poi a mugugnare nell’incavo fra la spalla e il collo di George
 
-I miei capelli…come hanno potuto…-
 
-Andiamo Lemonsoda, mi sembra l’ultimo dei nostri problemi questo, non credi? E poi vedrai, li faremo ricrescere! Ho visto Charlie mentre faceva un incantesimo semplice semplice, prima del matrimonio di Bill: sai quanto la mamma non sopporti vedergli i capelli lunghi e…-
 
Sempre più avvinghiata, Matilda scosse la testa con vigore –Non posso…quelli hanno usato una lama forgiata con l’ardemonio, sarà impossibile farli ricresce con la magia…i miei poveri capelli, mi sento…vuota-
 
George obbligò Matilda a scastrare il viso, per poterla guardare negli occhi –Vorrà dire che aspetteremo che il tempo faccia il suo corso…e poi sei carina anche così, te lo assicuro-
 
-C-carina? Solo carina?! Oh no, è già iniziato il mio declino!- stridulò con veemenza –Ora comincerai a dire che non ho più il fisico di una volta…- -Beh, effettivamente sei secca come un manico di scopa, un po’ di curve in più sai…-  -…e che mi stanno venendo le rughe intorno agli occhi!- -Andiamo, mica hai cinquant’anni!- -Che disfatta, povera me!-
 
George ricercò, terrorizzato, lo sguardo del fratello, che gli stava indicando con gran versi di darci un taglio. Così tornò a guardare la ragazzina pigolante alle prese con un divincolamento da manuale e, ridacchiando, la fermò –Fermati un po’! Sembri una biscia….ehi, basta Matt!-
 
Matilda si bloccò ed abbandonò così braccia e gambe lungo il corpo, a peso morto e guardava George di sbieco, con una faccia tanto imbronciata (e purtroppo piena di lividi) da fare gran tenerezza. Così con presa salda sotto le ascelle, George la fece sobbalzare un po’ –Guardami Matt…ti sei dimenticata che non ho più un orecchio? Se non ci ha fatti lasciare quello, pensi potrebbero farlo una manciata di capelli in meno? Non dare di testa per piacere, già è tanto che tu sia ancora viva, cribbio!-
 
I solchi rossi che delineavano le sopracciglia andarono pian piano schiarendosi e gli occhi tornarono ad allargarsi fino a raggiungere l’ordinaria circonferenza –Hai ragione…oh George, come sono stupida certe volte!- gridò prima di allacciare di nuovo le braccia intorno al suo collo, così lui la strinse con forza e la risistemò per bene sul suo corpo –Hai ragione Lemonsoda, certe volte sei proprio una stupida, però che ci posso fare, se non posso fare a meno di te e delle cretinate che dici?-
 
-Anche io ti amo, Georgie-* soffiò lei, stretta stretta a lui, che la cullava roteando gli occhi al cielo –Così va meglio, si-
 
***
 
Quello alla Tana non fu che un passaggio fugace: purtroppo Matilda e Daphne erano considerate, ormai, delle vere e proprie latitanti, come del resto era successo ad ogni singola persona che aveva deciso di abbandonare Hogwarts. L’Ordine era sicuro che le ragazze sarebbero state cercate nei posti a loro più cari e, di certo, la permanenza nella storta casa dei Weasley era da escludere. Ci fu giusto il tempo di farsi rimarginare qualche ferita da Molly che, con gli occhi gonfi dal pianto, malediceva i Mangiamorte che non solo avevano ridotto la sua bambina in quelle condizioni, ma che la costringevano ora alla fuga, lontana da quel nido sicuro. Dopo stretti abbracci, occhiate allibite di Daphne che ispezionava la casa incapacitata a comprendere come qualcuno potesse vivere dentro a quel caos e raccomandazioni su raccomandazioni, svelti i gemelli, Lee e le due ragazze si smaterializzarono a casa Tonks. Matilda si lanciò prontamente fra le braccia della cugina, che cominciava ad avere un bel pancino tondo e al quale la serpeverde si rivolse con voce dolce e rassicurante. Quella era di certo la vera magia, pensò Matilda, mentre sul divano del salone divorava i biscotti che la zia Andromeda aveva preparato per gli avventori di casa: un piccolo esserino che cresceva pian piano nella cugina, mentre fuori di lì il mondo tutto si agitava, pronto ad imbracciare le armi per affrontare una guerra ormai scontata
 
-Mangia bambina, che mi sembra proprio tu ne abbia bisogno- anche se non voleva essere un ammonimento, Matilda non tentò di negarsi, davanti a quel tono autoritario e così fece Daphne, al suo fianco, mentre veniva studiata dalla strega; di contro i ragazzi non se lo fecero ripetere due volte e divorarono qualsiasi tipo di prelibatezza che veniva offerta loro
 
-La cosa migliore è che rimaniate qui per qualche giorno, anche se credo che, purtroppo, presto i Mangiamorte ci faranno visita. Aimè, sono già venuti per Ted- aggiunse la strega, con la voce un po’ rotta, per poi proseguire dopo aver scacciato l’aria con un gesto brusco della mano –Motivo per cui è dovuto scappare…sono sicura che tua madre si aspetti di trovarti qui e vorrà tentarle tutte, per riportarti a casa-
 
-Mi vorrà mica morta?!- Saltò su lei, spinta in seguito a sedersi nuovamente dalla mano di George, al suo fianco –Penso che sia davvero la cosa migliore per tutti, grazie dell’ospitalità Andromeda, apprezziamo tantissimo, visto anche la situazione di Ted…-
 
-Non ci pensare ragazzo mio, bisogna sostenersi a vicenda, se non vogliamo finire schiacciati-
 
Così Tonks, per scacciare il malumore scatenato dal solo nominare il padre latitante, si intromise allegra–Allora, quali sono i vostri piani per i giorni futuri? Sapete già dove andare? Daphne, hai bisogno di qualcosa?- Gli occhi buoni e comprensivi della metamorphomagus ricaddero su Daphne, che stropicciava le mani irrigidita sul divano, mentre tirava via delle briciole dalle labbra con la lingua; così la bionda Greengrass tossicchiò
 
-No signora- -Ma quale signora!-  -penso solo al fatto che, beh…tutte le mie cose sono ad Hogwarts, compresa mia sorella minore-
 
-Dio Daph, hai davvero appena paragonato tua sorella a una delle tue pochette per il trucco?- La sgridò Matilda, obbligando Lee a trattenere una risata in bocca, mentre con garbo carezzava i capelli della ragazza
 
-Sai che sei davvero insopportabile, quando fai così?! Presuntuosa che non sei altro!- attaccò Daphne, così Matilda, con la bocca ancora piena di biscotti, sputacchiò irritata –Sei tu che dici sempre la cosa sbagliata, possibile che debba sempre riprenderti?!-
 
-Guarda che questa svampita- sottolineò Daphne, indicandosi –Ti ha salvato la vita! La prossima volta lascerò che ti torturino, ti sta bene?!-
 
-Ragazze…ragazze calmatevi! Matilda da brava, ingoia il boccone prima che ti vada di traverso- l’intervento di Tonks spense la fiamma del litigio, che portò Matilda ad incrociare le braccia e sbuffare e Tonks, che se la rideva sotto i baffi, a rintrodursi –Daphne, so che sei stata molto coraggiosa e mi dicono che tua sorella non sia da meno, sono più che sicura che non si lascerà sopraffare ad Hogwarts…piuttosto ora mi preoccuperei di cosa farete una volta lasciata questa casa. Avete dei piani?- Automaticamente, Tonks spostò gli occhi sui ragazzi, mentre i suoi capelli virarono dal solito rosa, ad un tenace verde evidenziatore, così fu Fred a prendere la parola
 
-Stai tranquilla Dora, per Radio Potter abbiamo dei nascondigli niente male…c’è voluto tempo sai, ma ora sappiamo dove andare per trasmettere senza essere scovati da quei bastardi-
 
-Il linguaggio ragazzo!- Lo rimbrottò Andromeda
 
-Radioche?!- chiesero in coro, stupite, Matilda e Daphne. Quando la prima piroettò verso George, quello la guardò con lo stesso sguardo colpevole di quando le aveva confidato che avrebbe presto lasciato Hogwarts insieme al gemello; si schiarì la gola –Vedi Matt, dobbiamo parlare di un po’ di cose, temo-
 
 
Una volta rifocillati, Andromeda mostrò ai ragazzi due stanze dove dormire, rigorosamente una per i ragazzi ed una per le ragazze e così si congedò loro, con l’aria stanca di chi ha appena affrontato l’ennesima, durissima giornata senza la propria metà a sostenerla. Tonks rimase con il gruppo e di tanto in tanto carezzava il rigonfiamento sferico del ventre, in ascolto delle novità riguardanti la radio clandestina che avevano messo in piedi i gemelli e Lee: fu spiegato a Daphne e Matilda cosa fosse Radio Potter, quale era il loro scopo e come si erano organizzanti per non farsi scoprire. Difatti i tre ex grifondoro avevano pensato bene di scovare ben quattro luoghi diversi, ai lati opposti della Gran Bretagna, dai quali trasmettevano a cadenza purtroppo non regolare, le ultime notizie riguardanti il mondo magico che il Ministero pensava bene di omettere. Sfoderata un’ampia cartina sgualcita, Lee indicò con la punta della sua bacchetta quei posti che erano diventati ormai la loro nuova casa; per motivi di sicurezza non rimanevano più di due o tre giorni nello stesso posto, ma a loro sembrava non importare. Mentre Lee evidenziava quello che sarebbe stato il loro prossimo spostamento (un avamposto radiofonico posizionato su una piccolissima isola nelle Orcadi del Nord), George lanciava occhiate a Matilda, timoroso che quella, strana com’era, saltasse su da un momento all’altro inveendogli contro, gridando che era da irresponsabili fare una cosa del genere in un momento tanto delicato. Eppure per tutto il tempo delle spiegazioni, la piccola sembrò molto concentrata sulla cartina e solo all’ultimo alzò gli occhi per scontrarsi con quelli del proprio ragazzo, sfoderando un gran sorriso e lanciandosi, con insospettato stordimento di George, fra le sue braccia lunghe
 
-Sono così fiera di te, oh Georgie! Il mio coraggiosissimo Georgie!-
 
-Ehi, l’idea non è stata mica sua!-
 
Ma Matilda non ascoltò affatto l’ammonimento di Fred, presa com’era, ad immergersi in un lungo bacio con l’altro, uno di quelli che non si scambiavano da troppo tempo.
Furono proprio loro due a convincere gli altri ad andare a dormire, mentre loro si sarebbero occupati di rafforzare gli incantesimi intorno alla dimora dei Tonks. Matilda abbassò la bacchetta dopo aver lanciato l’ultimo incantesimo di protezione e seguì, con occhi languidi, la scia dorata disperdersi dalla punta del legno che, delicata e apparentemente fragile, andava disperdendosi tutt’intorno a loro. Così alzò lo sguardo in alto, per inglobare le piccole luci stellari che conquistavano il cielo di quella notte invernale: da lì a qualche giorno sarebbe stato Natale, eppure il maltempo sembrava aver concesso loro una breve tregua dalla neve che, di quei tempi, cadeva dall’alto quasi ogni giorno per ricoprire tetti, strade e campi desolati. Le pupille corsero su un agglomerato di cumuli scuri, presagenti una bufera imminente
 
-Non durerà molto, questo cielo stellato- sussurrò poi nel silenzio della notte, mentre allungava una mano nel nulla, che venne presto raccolta da quella guantata di George
 
-Farà molto più freddo sull’isola, ti senti pronta?-
 
Matilda scosse ciò che rimaneva della sua chioma con un gesto deciso del capo e presto incontrò il volto in ombra di George –Sai George, penso che non ci sia nulla di peggio dei mesi che ho appena passato ad Hogwarts…sai che sono quasi affogata in una delle vostre paludi?-
 
-Bambina…- il sorriso morì sul volto di lui, che si affrettò ad abbracciare la ragazza –Non oso immaginare cosa tu abbia passato…ma te l’assicuro, gliela faremo pagare, a tutti loro-
 
Persa in quel caldo abbraccio, Matilda recuperò il viso freddo di George con le piccole dita
 
-Non mi importa, davvero…spero solo che tutto questo finisca presto, perché io mi sento già stanca George…tanto, tanto stanca-
 
-Faremo in modo Lemonsoda, vedrai…in un modo o nell’altro questo schifo finirà presto. Senti un po’…- disse poi mentre stringeva il corpo di Matilda contro di sé –Quindi non sei arrabbiata per la Radio? Non pensi sia una stronzata?-
 
Matilda sorrise malandrina, allo sfregarsi del corpo di George contro il proprio –Scherzi? Siete stati bravissimi…è tutto così…eccitante- concluse umettandosi le labbra, prima di tirare il viso di George verso di sé ed insinuare la lingua fra le labbra del ragazzo, che non esitò a schiudere per accoglierla. Dovettero sforzarsi moltissimo per allontanarsi e tornare dentro, promettendosi di continuare quel discorso, una volta lontani dalla casa di Andromeda.
 
*
 
Vento gelido sferzava l’aria e schiaffeggiava le guance intorpidite del gruppetto. Bardata in mantello, sciarpa guanti e cappello, Matilda teneva lo sguardo sul mare in tempesta, che ricambiava l’esatto colore dei suoi occhi. Le brevi giornate passate a casa di Andromeda, coccolata dalla zia e passate in tenere confidenze con la cugina erano passate davvero troppo presto. Avrebbe voluto avere molto più tempo a disposizione per carezzare il ventre di Tonks, raccontare epiche storie di eroici atti femministi al fagottino che cresceva lì dentro, mentre riempiva la bocca di cioccolata calda, davanti le fiamme del camino. Purtroppo nessuno dei suoi desideri sembrava esaudirsi.
Deve essere la guerra, ragionò fintanto che le pupille seguivano le onde scure schiantarsi sulla spiaggia innevata. Non ci sarebbe stato riposo, purtroppo
 
-Vieni dentro Matt, bisogna dare una ripulita a quel posto, Salazar solo sa cosa ci abbia dormito dentro, durante l’assenza dei ragazzi!-
 
Matilda si voltò verso Daphne, che sfregava le mani coperte dai guanti di lana. Che buffa che era, conciata così: Non avevano di certo avuto il modo di raccattare le proprie cose ad Hogwarts e   non potevano andarsene tranquillamente in giro a fare shopping, ragion per cui le due streghe si erano dovute accontentare di ciò che passava il convento, ovvero dei vestiti di seconda mano recuperati alla Tana e a casa Tonks. E sicuro, Matilda non aveva mai visto la sua amica tanto sciatta, nei vestiti smessi di Tonks; beh, almeno a lei era andata discretamente bene, alta com’era. Invece la giovane Malfoy abbondava nei pantaloni troppo lunghi e nei maglioni troppo grandi. Però era piacevole, perdere la testa in cose tanto effimere
 
-Oddio ci risiamo…sveglia!- La sgridò Daphne, mentre avvolgeva le sue spalle con un braccio per trascinarla dentro ad un piccolo baracchino di legno, poco distante da lì, in cui il caos la faceva da padrone: una piccola struttura in legno accoglieva lo stretto necessario per la sopravvivenza, ovvero un paio di amache attaccate a dei ganci sbilenchi, qualche coperta spiegazzata, un minuscolo cucinino vicino all’unica finestra che si apriva sulla spiaggia innevata, un minuscolo camino e l’assurda postazione da cui i ragazzi mandavano in onda Radio Potter. Tutto sommato a Matilda non dispiacque la sistemazione improvvisata, che le regalava un senso di pace che non provava da molto tempo; pensò che aveva solo bisogno di essere ripulita un po’ e mentre i tre si adoperavano per sintonizzare la rete, lei si armò di santa pazienza e con l’ausilio della bacchetta cominciò a darsi da fare. Daphne non faceva altro che lamentarsi di ogni cosa, ma si zittì davanti alle strabilianti magie di Matilda, che in poco tempo aveva reso quello un luogo decisamente più ospitale
 
-del fuoco me ne occupo io- disse George alle sue spalle, mentre snodava un groviglio di cavi -che tu sei una totale frana-
 
-Fai pure, non ho alcuna intenzione di rischiare di mandare a fuoco i pochi capelli che mi sono rimasti- concluse con un sospiro lei
 
Era tutto pronto: Daphne aveva smesso di lamentarsi e si era messa a cucinare; non che fosse particolarmente brava, ma era l’unica cosa rimasta da fare; il fuoco scoppiettante aveva scaldato l’aria in poco tempo, permettendo al gruppo di liberarsi dei mantelli. Così Lee, George e Fred, riuniti intorno ad una grande scatola di metallo e a quella che aveva tutta l’aria di essere una console vecchia di vent’anni, indossarono le cuffie e diedero via allo show, davanti agli occhi incantati di Matilda che si era seduta proprio di fronte ai tre
 
“Finalmente siamo tornati! Cari ascoltatori di Radio Potter, è il vostro River che vi parla. Perdonate l’attesa ma abbiamo avuto qualche piccolo inconveniente nell’ultima settimana”
 
“Ad esempio siamo stati impegnati a salvare donzelle in difficoltà” si intromise George, sfoderando un gran sorriso e puntando lo sguardo su Matilda, imbronciata per la bugia appena detta dal suo ragazzo: si erano salvate da sole, altroché!
 
“Avete sentito Rad?** Ci siamo dati da fare! E abbiamo anche raccolto un bel po’ di notizie per voi” si aggiunse Fred
 
“Spara, Rapier
 
“Ad esempio abbiamo delle novità da Hogwarts, novità che ci può raccontare direttamente la nostra nuova ospite, che per ovvie ragioni di privacy…” “Sapete come va di questi tempi no? Non fa mica piacere al Mangiamorte Capo, che si parli di certe cose” “chiameremo Cloudy!”
 
Fred, puntò gli occhi su Matilda, sopracciglio alzato e sorriso eloquente, mentre la ragazza ricambiava con la mandibola penzolante, nell’atto di indicarsi e poi prese a fare dei gesti muti che volevano dire più o meno “non se ne parla! Giuro che ti affogo in mare! Cretino, ma cosa ti viene in mente?!”, ma venne ignorata: George si era allungato verso di lei per infilarle le cuffie sulla testa -andrai benissimo- sussurrò tappando il microfono incantato, che le posizionò sotto la faccia l’istante dopo. Come avevano potuto incastrarla in una situazione simile, senza preavviso, per giunta?!
 
“Allora Cloudy, sappiamo che non hai passato un periodo piacevole…ti va di raccontarci cosa succede lì dentro? Molti maghi sono in pensiero per i loro figli”
 
Matilda deglutì e solo dopo aver lanciato occhiate omicide verso i gemelli, si decise a spostare l’attenzione su Lee e rispondere
 
“Ehm, c-ciao a tutti, non mi aspettavo di…essere qui per raccontare la mia esperienza, ma ormai è fatta, perciò…”
 
Dopo un primo momento di forte imbarazzo, Matilda iniziò a sciogliersi e, coadiuvata da Lee, raccontò del regime di terrore che i Carrow avevano instaurato ad Hogwarts: le lezioni di Arti Oscure, le torture per gli studenti che si opponevano ai due Mangiamorte, la paura dilagante. Ma l’aria si fece piacevolmente accesa, quando Matilda parlò di quegli studenti (omettendo ovviamente nomi e particolari) che avevano messo in piedi una vera e propria Resistenza e che, combattivi, non cedevano ai Carrow o alla squadra d’inquisizione
 
“Perciò quello che posso dire a chi ci ascolta…fidatevi dei vostri figli: sono molto più forti di quanto immaginate e vi prego di riporre tutta la vostra fiducia in loro”
 
“Cloudy, la tua testimonianza è stata fondamentale, davvero; sono sicuro che chi ci ascolta abbia apprezzato molto le tue parole. Ora è arrivato il momento di…”
 
“Solo una cosa!” Matilda afferrò di nuovo il microfono con veemenza, interrompendo Lee che, sorridendo, le fece cenno di proseguire
 
“Purtroppo sono tanti i maghi dispersi, lo so…tutti i nati babbani ad esempio…vorrei usare questo spazio, sperando di ricevere notizie da un mio grande amico…” gli occhi grigi saltarono da Lee a George, che le sorrise incoraggiante “ecco…Elliott***: se per caso sei in ascolto ti chiedo di farmi avere tue notizie…solo…solo sapere se sei vivo. Grazie River”
 
“Grazie a te e al tempo che ci hai dedicato, Cloudy! D’altro canto Radio Potter serve anche a questo, rassicurare ed informare chi ci ascolta! Ora passiamo la parola a Rapier per la rubrica proteggiamo il babbano! Altri consigli utili per aiutare i vostri vicini a…”
 
Ma Matilda, ormai, non ascoltava più: si era sfilata le cuffie e si era avvicinata al fuoco, con lo sguardo lucido di Daphne che la seguiva
 
-Sei stata davvero brava, squinternata-
 
-Grazie, ma non avrei mai parlato se non mi avessero indotta a farlo con l’inganno-
 
-Crederai mica che il tuo impegno nei confronti della comunità magica, sia finito scappando da Hogwarts?! Dobbiamo fare tutto quello che possiamo per essere utili. Ora forza, mangia-
 
Daphne rifilò una strana poltiglia all’amica; nonostante alla vista non apparisse molto invitante, Matilda dovette ammettere che l’odore non era niente male. Chi l’avrebbe mai detto: Daphne Greengrass non solo si era data alla fuga dopo aver infranto un considerevole numero di regole, per giunta se ne stava in un bugigattolo clandestino con dei vecchi vestiti addosso, senza un filo di trucco sul viso, a cucinare cose (difficile definirle in altro modo) ad una manica di ribelli latitanti.
E Matilda non poteva sentirsi più fiera di così.
 
*
 
George calò sulla testa il cappello di lana grigio, il primo rubato a Matilda, prima di uscire dal rifugio in cui lasciò Lee, Daphne e Fred a sistemarsi per la notte. Trovò Matilda poco distante, rannicchiata su un tronco abbandonato al centro della spiaggia; quando la ragazza percepì i suoi passi, roteò la testa verso di lui e gli concesse un gran sorriso, per poi fargli un po’ di spazio e permettergli di sedersi al suo fianco
 
-Come ti senti?- Chiese lui, allungando un braccio per tirarla a sé
 
-Non lo so, ho come l’impressione che il tempo scorra troppo velocemente; mi sento…sopraffatta, ecco. Però di una cosa sono felice- disse, allungando una mano a strappare quel cappello dalla sua testa, per calarlo sulla propria –Nonostante tutto, ho ancora il mio cappello a scaldarmi-
 
George liberò una risata prima di stringerla più forte a sé –Noto con estremo piacere che sei rimasta la solita impudente, nonostante quei simpaticoni dei Carrow si siano impegnati per insegnarti un po’ di educazione-
 
-Non ci sono riusciti i miei genitori, figuriamoci se mi facevo sottomettere da quei due, ne vale della mia reputazione!-
 
-Sai Lemonsoda, mi sei mancata un bel po’-
 
-Anche tu mi sei mancato- I due si scambiarono un sorriso, prima di spostare i loro sguardi sul mare ora placido, sul quale timida avanzava l’aurora, mascherata da quel grigiore, preludio di neve
 
-Buon Natale, Georgie-
 
-Buon Natale, Lemonsoda-
 
 
*Questo “Ti amo” non è casuale: dedico questo scambio di George e Matilda ad AdhoMu, lei saprà di sicuro capire perché
 
**I più importanti nomi legati a Radio Potter, assumono dei soprannomi che iniziano con la R. Ad esempio sappiamo che Lee si nasconde sotto lo pseudonimo di River, Fred di Rapier, Lupin di Romulus e via dicendo. Purtroppo però di George non conosciamo lo pseudonimo, ragion per cui mi sono ingegnata io stessa, per trovargliene uno: Rad è un sinonimo di Cool, letteralmente significa “Fico” e mi sembrava molto adatto ad un ragazzo tanto spavaldo. Inoltre mi piaceva l’idea che, cambiando una sola lettera, la parola diventasse Red :)
 
***Elliott appare nei capitoli precedenti e, purtroppo, Matilda non riuscirà ad avere più sue notizie. Probabilmente si è dato alla fuga, essendo un nato babbano (povero ragazzo mio). Se qualcuno volesse approfondire il suo personaggio, lo trovate nella mia interattiva “Di Necessità…Virtù!”, dai toni decisamente più comici e demenziali di questa mia long.
 
 
Sono tornata! Matilda è ufficialmente tornata dalle ferie, assieme al suo caro George, a Draco ed Astoria, a Daphne e Lee e a tutti gli altri (purtroppo, anche Blaise). Vi avevo lasciato in sospeso, ma ora sono tornata a tutti gli effetti:
Finalmente, nonostante il pessimo clima, Draco e Astoria si sono avvicinati davvero (awww, li amo). Daphne dimostra ogni giorno di più di essere cambiata molto, assumendo un ruolo fondamentale nella trama (amo anche lei). George e Matilda hanno portato una ventata di allegria con la scena nella Stanza delle Necessità: scusatemi, ma non sono proprio riuscita a trattenermi! Sto affrontando un momento estremamente drammatico della storia, ho esigenza di strapparvi qualche sorriso, laddove posso farlo.
E voi che ne pensate? Fatemi avere la vostra opinione, che io vi assicuro ho faticato tantissimo a scrivere questo capitolo dopo la lunga pausa estiva.
Ne approfitto per ringraziare tutti tutti tutti quelli che leggono “Di Ghiaccio e Tempesta”, che mi incoraggiano con le recensioni, chi sta rimanendo con me fino alla conclusione (mancano 4 capitoli, accidenti) e chi mi sprona a continuare a scrivere. Dopo un anno dalla pubblicazione del primo capitolo questo è per me un grande traguardo. A voi tutti dico, ancora una volta, grazie.
 
Bri

 
 
 

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Capitolo 37
*** L'Opale Incandescente ***


CAPITOLO XXXVI
L’opale incandescente
 
 
‘…Oggi eri più bella che mai. Lo so che te lo dico spesso e so quanto non tolleri queste smancerie ma, maledizione! Se non posso nemmeno ringraziare per ciò che mi ha dato il destino, incontrandoti, posso anche dirti addio oggi stesso.
Tornerò fra tre giorni, stesso posto stessa ora, sperando che tu non capisca prima di esserti stancata di un poveraccio come me.
 
A dopo, tesoro mio
 
Ted’
 
Andromeda rilesse, impossibilitata a trattenersi, le ultime righe di quella lettera che Ted le aveva fatto recapitare molti anni prima. In realtà quella non era che una delle tante lettere che Andromeda conservava con gelosia e che, di nascosto dal marito, di tanto in tanto andava a rileggere. Purtroppo capitava molto più spesso che la strega aprisse l’armadio color salvia nella stanza da letto, ne alzasse il pianale segreto e tirasse fuori le lettere di suo marito; era diventato un rito da compiere ogni sera, proprio come accadeva quando, in età adolescenziale, si chiudeva nella stanza dopo aver consumato il pasto con la famiglia. Bella, una volta, l’aveva quasi sorpresa, ma Andromeda era sempre stata abile a raggirare la sorella maggiore, molto più che con Narcissa che, di certo, era sempre stata più intelligente di Bella, ma anche meno invadente. Probabilmente Cissy aveva sempre saputo della relazione clandestina con Ted Tonks, ma per non far scoppiare una guerra che le avrebbe coinvolte tutte, consapevole che se quella fosse venuta fuori i suoi genitori l’avrebbero relegata in casa per sempre, aveva fatto finta di nulla e mai e poi mai aveva fatto in modo di smascherarla.
Aveva abbandonato la lettura della pergamena quasi alla fine, interrotta dall’arrivo del proprio ospite che, in quel momento, si trovava nel modesto salone; defilatasi con una scusa, Andromeda tornò in camera, afferrò quelle poche righe in un minuto scarso, le vergò nel proprio cuore e con la sensazione di aver fatto qualcosa di giusto per se stessa, raggiunse il suo ospite
 
-Spero che la mia visita non si sia intromessa nei tuoi impegni, ma questo era l’unico momento a mia disposizione per venire qui-
 
La donna spostò la treccia color cioccolato sulla spalla destra e piano, ne percorse la lunghezza, mentre osservava l’uomo seduto compostamente al suo tavolo, circondato da una delicata nuvola di fumo, che sboccava dalle labbra morbide e, come una tornado, risaliva, per poi placarsi e disperdersi soffice
 
-Nessun disturbo, signor Murray, devo essere io a scusarmi con lei per averle rubato tempo prezioso-
 
L’uomo, che doveva avere poco più di trent’anni, puntò gli occhi cristallini su Andromeda; era difficile guardarlo senza provare soggezione, questo Andromeda lo aveva capito bene: quegli occhi così chiari da ferire, si aggrappavano sull’interlocutore all’improvviso. La voce profonda, sporcata appena da un lieve accento dei sobborghi, rapiva con maestria. Un uomo affascinante, questo era indubbio
 
-Mi hai dato la possibilità di chiamarti per nome, vorrei dunque che tu facessi la stessa cosa: in fondo stiamo parlando di affari e vorrei che ci fosse la massima fiducia, capisci cosa intendo?-
 
Andromeda accennò un sorriso ed annuì, prima di allungare all’ospite un bicchiere di ottimo whisky incendiario ed un posacenere di vetro verde
 
-Bene, Louis, allora sarà bene essere pienamente sinceri l’uno con l’altra- la strega sedette compostamente davanti l’uomo –perché lo stai facendo? Non hai una buona nomea fra i maghi e so per certo che, in più di un’occasione, gli Auror sono stati costretti ad occuparsi dei tuoi…affari-
 
La schiettezza di Andromeda forzò un sorriso sul volto del mago il quale, dopo una lunga boccata di fumo, guardò distrattamente intorno a sé, prima di tornare a fissare la donna, che ricambiava con fermezza il suo sguardo vitreo
 
-Sai, ricordo tua figlia, ai tempi di Hogwarts…non avrei mai detto che una pasticciona simile sarebbe diventata Auror- tergiversò lui –Mi ha dato non pochi problemi in questi anni…questo sarebbe un motivo sufficiente per chiudere qui il nostro incontro senza un accordo- con gesto calcolato, Louis spense la sigaretta e poi incrociò le mani davanti al viso, puntando i gomiti sul legno del tavolo –ma ho le mie buone ragioni per fare finta di nulla…diciamo allora che il regime instaurato da quell’uomo e quella manica di tirapiedi non mi convince: credo fermamente nella libertà personale e questa, nessuno ha il diritto di violarla-
 
Andromeda accennò una risata: su Louis Murray ne aveva sentite talmente tante (e spesso e volentieri, si era reso protagonista di fatti incresciosi) che ora le veniva da ridere, nel sentirgli parlare di libertà. Certo che ci sapeva proprio fare con le parole, il ragazzo; sapeva adoperarle con sapienza, parlando di mezze verità e rendendole vivacemente credibili
 
-Ma se questa spiegazione non ti convince…- Louis Murray si alzò, allacciò le mani dietro la schiena e si avviò alla finestra, oltre la quale perse lo sguardo –Ti basti sapere che ho visto con i miei occhi, il loro oscuro potere riversarsi su una persona a me cara. Devi sapere, Andromeda, che non tollero che si faccia del male ad un mio pupillo e se devo impiegare i mezzi a mia disposizione per rompere qualche bacchetta, ben venga-*
 
Le pupille languide di Andromeda percorsero i contorni di Louis. Doveva fidarsi di quell’uomo, del resto non aveva motivi per non farlo e, oltretutto, era più che sicura che non facesse parte della schiera di Lord Voldemort; Louis Murray aveva ben altre faccende da sbrigare e a detta di sua figlia, si era sempre guardato bene dall’infilarsi in situazioni ambigue con i Mangiamorte. Non gli interessavano, punto. Ma i suoi pensieri vennero interrotti da un soffio di vento freddo ed un lieve tremolio
 
-Penso che tu abbia appena ricevuto altre visite…anche se in questo caso non previste-
 
Louis continuava a guardare oltre il vetro, ma l’intreccio delle dita andò a sciogliersi e le mani raggiunsero le tasche dei suoi pantaloni d’alta sartoria. Andromeda si alzò di scatto: gli incantesimi di protezione posti sulla sua abitazione erano appena stati infranti; era stata una sciocca. Avrebbe dovuto rinforzarli dopo l’arrivo di Louis, ma non aveva pensato che si sarebbero potuti approfittare della situazione in quel breve lasso di tempo
 
-Ti consiglio di prendere la tua bacchetta- Disse Louis con tono rassicurante, mentre si voltava lentamente
 
-Dovresti andare via! Se vedranno che sei qui, loro…-
 
-Hanno già provato ad ingraziarmi e, purtroppo per loro, non avevano abbastanza da offrirmi-
 
Il rumore della porta arrivò alle loro orecchie, assieme a quello di passi pesanti; in brevissimo tempo, due figure ammantate di nero e con la riconoscibile maschera dei Mangiamorte sul volto fecero ingresso nel salone. Il più basso e corpulento dei due fu il primo a rimuovere la maschera e subito fece correre gli occhi scuri e sottili da Andromeda a Louis
 
-Murray, cosa ci fai tu qui?-
 
-Potrei farti la stessa domanda, Rookwood, ma non sono in vena di chiacchiere e, specialmente, suppongo non siate qui per me; non ho alcuna intenzione di risultare scortese totalizzando l’attenzione- Louis mosse qualche passo, per affiancarsi ad Andromeda –Al contrario vostro, che vi siete presentati qui senza un invito-
 
Augustus Rookwood serrò la mascella e, d’istinto, alzò la bacchetta; ma al suo fianco la mano guantata di Lucius Malfoy lo bloccò, prima di far dissolvere la propria maschera. Andromeda fissò il cognato e sorrise amabile
 
-Lucius, è passato molto tempo dal nostro ultimo incontro, qual buon vento ti porta qui? Non vi è bastato perquisire la casa alla ricerca di Ted?-
 
Lucius, cui volto era piegato da un’espressione provata e affaticata, strinse la bacchetta della moglie nella mano
 
-Sai benissimo perché sono qui, non spendiamoci in convenevoli Andromeda e dimmi dove si nasconde mia figlia, ho ragione di credere che sia protetta da te-
 
Rookwood mosse qualche passo in avanti ma, in quell’esatto momento e con una velocità sorprendente, Louis Murray alzò il proprio legno –Fossi in te non muoverei un altro passo, Rookwood, lasciamo che parlino senza la tua sconveniente intromissione, che ne dici?-
 
-Non voglio scontri, Andromeda, voglio solo sapere dove sta Matilda, adesso-
 
-Si vede che non conosci affatto tua figlia, se pensi che se ne stia rintanata qui da me-
 
La voce di Lucius imitò un ringhio –Come ti permetti, sporca traditrice…-
 
-Mi permetto perché penso di conoscere molto meglio Matilda di te, nonostante io l’abbia vista una manciata di volte. Ma se preferisci forza, perquisisci pure casa, ma cerca di essere più accorto dei tuoi amici, l’ultima volta hanno distrutto tutto-
 
-Non credo che ce ne sarà bisogno questa volta, non è vero Malfoy?- Louis accennò un lievissimo sorriso, che epurò il suo bel viso dall’algidità e, di contro, freddò ancora di più Lucius il quale, dopo aver concesso a Louis un’espressione di puro disprezzo, tornò a guardare Andromeda –Pensi che voglia farle del male? Come potrei…lei è mia figlia, voglio solo portarla al sicuro-
 
-Se è questo che ti preoccupa mettiti pure l’anima in pace: di male a quella povera ragazza gliene avete già fatto abbastanza e sono più che sicura che sta decisamente meglio la fuori, che in quel tuo covo di Mangiamorte-
 
-Ora basta!- Lucius allungò il passo –Tu non sei autorizzata a preoccuparti per lei, non sei stata te a crescerla e non hai alcun tipo di diritto su di lei!-
 
Ma Andromeda, a discapito delle aspettative di Lucius a seguito delle sue provocazioni, tornò a sorridere –Oh, povero Lucius…davvero pensi questo? Beh, una cosa posso dirtela: ho pieni diritti di tentare di salvaguardare mia nipote perché lei, a differenza tua, ha un animo puro, che difenderò con i denti se sarà necessario. Si chiama amore, questa cosa qui, ma forse hai dimenticato questo sentimento, troppo concentrato su te stesso…mi spiace solo non aver potuto fare altrettanto per Draco-
 
-Ora taci, sporca traditrice del tuo sangue!- Rookwood si mosse verso Andromeda, ma prima di poter fare qualsiasi cosa, sentì il corpo levitare; guardando in basso si scontrò con il viso di Murray, che agitava placido la bacchetta –Ti avevo detto di non mostrarti maleducato e odio ripetermi- rispose il mago, mentre Lucius alzò le mani in segno di resa
 
-Non compiamo gesti avventati…ora Murray lascia andare Augustus…-
 
-Pensavi di trovarmi sola ed indifesa, non è vero?- Andromeda sorrise, abbassando la bacchetta che aveva sfoderato per contrattaccare. Gli occhi gelidi di Lucius vibrarono: se solo la bacchetta di Narcissa gli avesse ubbidito come la sua, ormai ridotta in pezzi, avrebbe schiantato in un attimo quel poveraccio mezzosangue senza nessun problema; ma non poteva permettersi di sbagliare, perché se Andromeda avrebbe forse mostrato un po’ di pietà, era certo che lo stesso non sarebbe valso per Louis Murray. Così Lucius si sforzò di tirare fuori la sua diplomazia, quella che lo aveva portato ad avere potere e successo, la stessa che sentiva svanire ogni giorno di più e chiese di lasciare andare Rookwood, promettendo di andarsene subito. Era ovvio, infatti, che la sua Matilda non si trovasse lì e non c’era ragione per rimanere ancora.
Se ne andarono con rapidità, fra le minacce di Augustus Rookwood ed il sorriso ed il legno spiegati di Murray
 
-Ancora una cosa Lucius: se davvero la ami come dici, lasciala stare. Lascia stare Matilda, è questo ciò che vuole-
 
Lucius lasciò quella casa mentre sentiva il cuore andare in pezzi. Probabilmente era vero, che Matilda non voleva avere più nulla a che fare con loro, ma il solo pensarla distruggeva lui e sua moglie, che non aveva smesso di versare lacrime ogni qualvolta si nominasse loro figlia.
 
Solo quando i Mangiamorte furono svaniti, Andromeda riuscì a respirare di nuovo. Stanca, come se un macigno l’avesse colpita in pieno, sedette nuovamente e prese a seguire Louis Murray con lo sguardo, che ricomponeva i propri abiti
 
-Mi spiace, non immaginavo potessero venire…ti ringrazio per quello che hai fatto: senza la tua presenza non credo che sarebbero andati via tanto celermente-
 
-Come ho detto poco fa…non sopporto la maleducazione, in nessun caso. Hanno interrotto un discorso importante, del resto-
 
Andromeda sorrise ancora, anche se con aria più stanca di prima
 
-Hai ragione, torniamo a parlare di affari e beviamoci su-
 
***
 
I mesi erano trascorsi con frenesia, accompagnando il fermento del gruppo. I ragazzi continuavano a portare avanti la Radio, ma in più di un’occasione si erano ritrovati a dover interrompere la trasmissione, per un problemino chiamato Mangiamorte; i mantelli neri, difatti, continuavano a riservare loro lo stesso comportamento adottato con i babbani ed i traditori in fuga, dandogli caccia continua. Per questo motivo non potevano rimanere mai fermi nello stesso posto per più di un paio di giorni, altrimenti avrebbero rischiato di essere scoperti. Un giorno Lee era rientrato di tutta fretta in uno dei loro nascondigli, proprio mentre i gemelli stavano organizzando il materiale per mandare in onda la trasmissione, obbligandoli a fare i bagagli il prima possibile: pare infatti che una mezza dozzina di Mangiamorte, fosse stata avvistata proprio nel villaggio in cui erano rifugiati, accompagnati da un bel gruppo di ghermidori che avevano asserito di aver trovato Harry Potter (notizia che trapelava almeno ogni due giorni); benedetto Harry, che si stava nascondendo proprio per bene, in compagnia di Ron ed Hermione.
In tutto quel trambusto, Matilda era persino riuscita a tornare un paio di volte ad Hogwarts, accompagnata da George. La prima volta che aveva rimesso piede nella Stanza delle Necessità era stata rassicurata da Cho Chang che la sua civetta stesse bene; l’animale tanto scorbutico era stato adottato dal gruppo di ribelli e svolazzava placida nella Stanza.  
Alla loro seconda visita, la coppia di degenerati aveva pensato bene di fregarsene dello spirito di sopravvivenza che dovrebbe essere insito in ognuno e, muniti di polvere buiopesto, detonatori abbindolanti e altri prodotti Weasley, varcarono la soglia della Stanza, decisi a portare un bel po’ di scompiglio ad Hogwarts. Si erano conciati proprio bene, George e Matilda, scambiandosi complimenti, occhiolini e baci epici: George aveva calato sulla testa un cappello a falda larga, aveva indossato un completo degno del protagonista di uno di quei film di gangster babbani e fra i denti un bel sigaro, mentre Matilda aveva colorato il caschetto di nero (lisciato inoltre con cura), aveva inforcato occhiali da sole tondi e, fasciata in un tubino rosso, era corsa con il ragazzo per i corridoi e le aulee, gridando che la Resistenza pulsava nel cuore di Hogwarts. Gettarono i detonatori, lanciarono frisbee zannuti sui Carrow, scagliarono fuochi d’artificio nelle aulee e poi corsero di nuovo via; Bonnie e Clyde, li avevano soprannominati gli studenti più coraggiosi che, caricati da quell’assalto inaspettato, si erano uniti al gruppo dei dissidenti capitanato da Neville. Insomma, i ragazzi portavano avanti la loro battaglia contro i Mangiamorte con ogni mezzo a loro disposizione; d’altro canto dovevano pur divertirsi un po’, catapultati nell’orrore che il Regime di Terrore di Lord Voldemort (o Mangiamorte Capo, come veniva ormai chiamato, visto il veto posto sul suo nome che, se nominato, comportava l’arrivo immediato di qualche Mangiamorte) aveva avviato.
Una cosa positiva c’era infatti, in tutta quella storia: Matilda, grazie alla vicinanza di George, aveva imparato ad infrangere le regole. Non era più la prefetto serpeverde, pronta a sfoderare la bacchetta ogni qualvolta qualche studente si prendeva la briga di combinare qualche guaio; perché le regole che venivano ora imposte loro erano sbagliate, punto, ed era più che giusto stravolgere l’ordine.
 
Così arrivò il rigido Marzo, fra fughe epiche e salti continui tra un nascondiglio e l’altro, accompagnati dalla messa in onda di Radio Potter
 
“E che cosa diresti, Royal, a quegli ascoltatori che obiettano che in tempi così pericolosi dovrebbe valere il motto ‘prima i maghi’?” Gli chiese Lee
 
“Direi che da ‘prima i maghi’ a ‘prima i Purosangue’ e infine a ‘prima i Mangiamorte’ il passo è breve” rispose Kinglsey “Siamo tutti umani, no? Ogni vita umana ha lo stesso valore e merita di essere salvata”
 
“Ben detto, Royal, ti garantisco il mio voto per il Ministero della Magia non appena saremo usciti da questo disastro”**

 
Kingsley era stato invitato alla trasmissione e Matilda rimase a guardare il suo scambio con Lee fino all’ultimo, perché mai come in quel momento, le parole di lucida analisi dell’Auror avevano assunto un’importanza unica. La battaglia per il sangue puro era un fantasma che si stava nutrendo con avidità per acquistare corpo, motivo di omicidi, fughe lontane e tanto, tanto dolore. Per questo motivo quando la parola passò a Fred, che stava per annunciare le perdite registrate nell’ultima settimana, Matilda sentì l’esigenza di uscire di lì e prendere aria: fra quei nomi, infatti, c’era anche quello di Ted Tonks, trovato morto assieme al corpo di un folletto. La sua colpa? Essere un nato babbano, ovvio. La prima cosa che avrebbe voluto fare la strega, appena ricevuta la notizia, sarebbe stata correre dalla cugina per dare conforto a lei e Andromeda, ma desistette sensatamente dal farlo consapevole che avrebbe solo fatto correre dei rischi a quella che ormai, con un certo orgoglio, considerava la sua famiglia a tutti gli effetti.
La radura in cui si trovavano era accogliente, placida e, quel giorno, illuminata persino da un tiepidissimo sole; così Matilda infilò le mani nel cappotto abbondante, godendo del contatto con la sinistra della sua bacchetta di ebano, con la destra di una pergamena ben piegata, che la giovane aveva già letto più volte ma nella quale, in quel momento, aveva bisogno di immergersi. Trovato un giaciglio sotto una grande quercia, Matilda sedette e, fra un sospiro e l’altro, estrasse la carta che subito la portò a sorridere: Lee aveva recuperato quella lettera dalla prozia maganò, da cui passava le vacanze ogni qualvolta faceva ritorno da Hogwarts
 
“Cara Cloudy,
 
Mi spiace aver dovuto interrompere la nostra corrispondenza, ma credo avrai immaginato il motivo. Mi sono arrivate alcune notizie e, come immaginavo, non sono affatto buone. Quello che posso dirti senza scendere in dettagli che metterebbero a repentaglio entrambi (e tu sai che non mi piace passare per sciocco senza un motivo) è che io sto bene. Il mio più grande amico, sai di chi parlo, ha pensato a me e alla mia famiglia.
Vorrei essere lì, ma credo proprio che la mia presenza non sia affatto gradita.
Purtroppo non posso recapitarti un indirizzo di risposta e suppongo che questa lettera arriverà nelle tue mani molto tardi, ma i nostri amici nero vestiti non sono poi così intelligenti come credono, ragion per cui ho preferito utilizzare un metodo babbano, per l’invio di questa mia missiva; spero solo che il nostro amico in comune riesca a farti arrivare questa lettera e, ancor più, spero di rivederti presto.
 
Elliott”
 
In quel mondo ormai capovolto in cui si era ritrovata a sopravvivere, sapere che qualcuno a lei caro era riuscito a mettersi in salvo era fonte di grande gioia
 
-Tutto bene?-
 
-Oh Godric infestante! Mi hai fatto prendere un colpo Daphne!-
 
La bionda, che stava sgranocchiando dei biscotti fatti da lei stessa (stava diventando davvero molto abile, a cucinare), sedette accanto a Matilda e prese a fissarla con sospetto
 
-Stavi piangendo?-
 
Matilda si affrettò ad asciugare alcune lacrime che, furtive, erano colate sul viso
 
-Un po’, ma di gioia…finita la trasmissione?-
 
L’altra annuì –Mmm, si. Fred ha parlato un sacco, tentando di smentire la presenza del Mangiamorte Capo che pare oramai sia avvistato pure nei lunapark babbani…incredibile come le persone si facciano assalire dal panico, non trovi?-
 
-Già…allora domani ci spostiamo un’altra volta, giusto?-
 
-Giusto, destinazione segreta, Lee non ha voluto dirmi nulla. Ho provato a sedurlo con ogni mezzo a disposizione e tu lo sai quanto a Lee piacciano i miei metodi di seduzione, non so se mi intendi- alluse Daphne con un sorrisetto sghembo, mentre sbottonava il cappotto per mostrare la scollatura a Matilda che, prontamente, le colpì una spalla –Ho capito, non c’è bisogno che tenti di sedurre anche me, non sei il mio tipo…e anche se lo fossi non ho alcuna informazione succulenta da fornirti!-
 
Si fecero una gran risata, le due, prima di tornare dentro il nascondiglio ed unirsi ai ragazzi e Kingsley, invitato a restare con loro, per la cena. Una volta congedato Kingsley, il gruppo si riunì in cerchio per accordarsi sul da farsi dei giorni successivi: si sarebbero spostati in questa nuova postazione che, a detta di Lee, era stata scoperta da lui stesso durante un giro di ricognizione, ma essendo la prima volta che mettevano piede lì, si sarebbero fermati un solo giorno, giusto per sondare il terreno.
Ma qualcosa di strano accadde, proprio mentre Matilda stava ascoltando con attenzione il piano di Lee: l’anello che Draco le aveva regalato per il suo quattordicesimo compleanno, dal quale non si era mai separata e che, da quel giorno, era rimasto incastrato nel dito medio, si scaldò. All’inizio sembrava solo un formicolio e Matilda non ci fece caso, limitandosi a grattare la mano sovrappensiero; ma quando l’opale si fece incandescente, Matilda balzò in piedi e istintivamente si tolse l’anello
 
-Calma! Che succede?- chiese allarmato George, che guardava Matilda scuotere la mano sinistra, mentre con la destra faceva saltellare l’anello sul palmo
 
-Questo stupido anello mi ha ustionata!- Gridò lei, così George, sotto lo sguardo attonito degli altri, afferrò l’anello dalla mano di Matilda e subito ne percepì il calore, anche se stava lentamente scemando
 
-Ehi Lemonsoda…guarda un po’ qui, l’opale è diventato…rosso-
 
Mentre soffiava sulla mano colpita, Matilda avvicinò il viso all’anello mostrato da George. Come era possibile? Sicuramente si trattava di un atto magico, non c’era dubbio. Ma perché proprio il suo anello, quel regalo del suo gemello…
E mentre la consapevolezza si faceva strada in lei, la mano andò ad afferrare nuovamente quel cerchietto con le tre pietre incastonate e solo dopo averlo infilato di nuovo, gli occhi cerulei andarono a cercare quelli di George
 
-È mio fratello…mi sta chiamando: mi sta chiedendo aiuto-
 
 
*
 
-Allora, Draco- lo incitò il padre –È lui? È Harry Potter?-
 
Draco non pensava di passare dei piacevoli giorni di pausa, tornando a casa sua per le vacanze di Pasqua. Ad Hogwarts non faceva altro che tentare di sopravvivere, mantenendo un basso profilo e provando a non litigare nuovamente con Blaise; aveva capito, aiutato da Astoria, che per sua fortuna era sempre rimasta al suo fianco, che sarebbe stato meglio soprassedere su quanto successo, altrimenti si sarebbe guadagnato l’odio dei Mangiamorte e questo non avrebbe giovato a nessuno, né a lui, né alla gemella scomparsa. Quando una coppia di pazzi in costume aveva fatto irruzione ad Hogwarts (e ancora si chiedevano come fosse possibile) mettendo a soqquadro le aule, Draco aveva sospettato che quella fosse Matilda, ma fece finta di nulla, limitandosi a tentare di non essere colpito da fuochi d’artificio e antipatici scherzetti. Non negò a se stesso di aver tirato un sospiro di sollievo nel pensarla viva e attiva, anche se avrebbe preferito averla accanto; ma il suo comportamento codardo nei confronti di Matilda l’aveva allontanata e questo era assodato. Eppure in quel momento, mentre si ritrovava faccia a faccia con (ne era assolutamente certo) Harry Potter, sebbene totalmente deformato, circondato da Mangiamorte desiderosi di avere da lui una conferma che sotto quel mostro si celasse l’Indesiderabile numero uno, Draco sentì molto più forte l’esigenza di avere accanto la sua gemella battagliera e temeraria; si, perché se lei fosse stata al suo fianco, probabilmente Draco avrebbe trovato la giusta forza per fare davvero qualcosa di buono. Per fare la scelta migliore
 
-Io non…io non sono sicuro- balbettò Draco, incapace di prendere una decisione
 
-Ma osservalo bene, dai! Avvicinati!- Lucius era fuori di sé dall’eccitazione e questo spaventava ancora di più Draco: se avesse dichiarato che quello era Harry Potter (e lo era!) allora il Signore Oscuro sarebbe arrivato e li avrebbe certamente premiati, ma così facendo avrebbe condannato il ragazzo e, probabilmente, l’intero mondo magico. Come se il padre gli avesse appena letto il pensiero, lo incalzò
 
-Draco, se saremo noi a consegnare Potter al Signore Oscuro, tutto sarà per…-
 
-Non ci vorremo dimenticare chi è stato a catturarlo, spero, signor Malfoy- Grayback, quello spaventoso lupo mannaro che si divertiva a trasformare giovani innocenti, parlò minaccioso, così iniziò a discutere su meriti e demeriti con suo padre e Draco colse l’occasione per tirare un momento il fiato. Allungò una mano a sfiorare la camicia, sotto la quale risiedeva, placida, una piccola medaglietta che il giovane Malfoy iniziò a torturare in attesa di un pensiero illuminante
 
-C’è qualcosa lì, potrebbe essere una cicatrice, molto tirata…Draco, vieni qui, guarda bene! Che cosa ne dici?-
 
Un brivido gelido tagliò il corpo del ragazzo nel sentirsi chiamato nuovamente in causa; fece come richiesto da suo padre e accostò nuovamente il viso a quello del ragazzo deformato. Quegli occhi, di quel tenace verde, sebbene nascosti da palpebre gonfie, erano impossibili da dimenticare. Si fissarono per un po’, prima che Draco decidesse di distogliere lo sguardo
 
-Non so- concluse. Allontanarsi da lì era l’unica cosa che voleva fare, così allungò il passo per avvicinarsi alla madre, in piedi davanti al camino. Fu allora che Narcissa intervenne
 
-È meglio esserne sicuri, Lucius. Completamente sicuri che sia Potter, prima di convocare il Signore Oscuro…Se ci sbagliamo, se chiamiamo il Signore Oscuro per niente…-
 
I pensieri di Draco lo allontanarono nuovamente dalla realtà e, ancora una volta, andò a ricercare quella medaglietta dorata nascosta dal tessuto: ne calcò la sagoma, trovando infine l’ispessimento dell’opale che vi era posto al centro. Non sapeva davvero se fosse la cosa giusta da fare, ma l’egoismo aveva vinto su tutto.
Draco aveva bisogno di Matilda. Subito.
 
*
 
-Non se ne parla! Come ti è venuta in mente una cosa così?! Tu non ti muovi di qui!-
 
-Fratello, ora calmati-
 
-Invece ha ragione, questa folgorata della mia amica è uscita di testa, bisogna fermarla!-
 
Matilda era convinta che quello fosse un segnale di Draco, una disperata richiesta d’aiuto. Erano le vacanze di Pasqua ed il fratello, sicuramente, doveva trovarsi al Maniero dei Malfoy; evidentemente quando le aveva regalato quell’anello, con inciso all’interno della montatura quella frase a cui lei aveva dato poco peso, “Per sempre uniti”, Draco si doveva essere premurato di far porre su di esso un incantesimo di richiamo, simile a quello che Hermione, durante l’anno in cui la Umbridge era diventata preside, aveva posto sui galeoni che poi aveva affidato ai membri dell’ES. Probabilmente al tempo l’aveva fatto per puro divertimento, non pensando affatto che un giorno sarebbe servito.
Indossato il mantello, finalmente Matilda dette retta alle urla di dissenso di Daphne e George, che Fred e Lee tentavano di sedare, seppur pienamente d’accordo con loro
 
-Ti rendi conto che andare di tua spontanea volontà nella tana del lupo equivale ad una condanna? Non ci pensi a questo?! Non pensi a me?!-
 
George, spaventato dalla volontà di Matilda di andare alla Villa, strinse le spalle della ragazza con vigore e puntò gli occhi nei suoi
 
-Lo capisci che Draco non mi tenderebbe mai una trappola?! Magari è un fifone codardo, ma non mi farebbe mai questo, mai! Se mi ha chiamata è perché ha bisogno di me, lo so, lo sento!-
 
-Allora verrò con te!-
 
-George, ascoltami- Matilda afferrò le mani del ragazzo e le strinse con le proprie, nel tentativo di trasmettergli sicurezza –Sicuramente sul maniero ci sono incantesimi di protezione molto potenti; io ho sempre avuto libero accesso ovviamente e l’unica speranza che ho di poter entrare, è che nessuno si sia posto il problema di applicare degli incantesimi per respingere anche me…ma ti assicuro che tu non avresti nessuna possibilità di mettere anche un solo piede all’interno del perimetro della Villa-
 
-Non mi importa, faremo un tentativo!-
 
-Rischiando così di farci catturare dai Mangiamorte?! Ascolta, faremo così: andrò io…mi accorgerò subito se non dovesse funzionare, in quel caso in un batter d’occhio sarò di nuovo qui, ma portarti con me sarebbe troppo rischioso ed io non voglio mettere a repentaglio la tua vita, né la loro- disse, indicando con un ampio movimento del braccio gli altri tre, che guardavano silenziosi ed accigliati i due dialogare –Se qualcosa dovesse andare storto e non riuscissi a tornare qui vi invierò il mio Patronus, l’importante è che voi non vi muoviate da questo nascondiglio: se vi sposterete non saprò dove cercarvi…-
 
-Matilda ti prego, sii ragionevole per una fottuta volta in vita tua!-
 
Matilda carezzò il viso preoccupato di George –Ho bisogno di accertarmi che stia bene, tu lo faresti per uno qualsiasi dei tuoi fratelli…lo faresti persino per Percy, dico bene?-
 
George non riuscì a controbattere; in fondo era vero, quello che la sua folle ragazza stava dicendo e, per quanto lui fosse estremamente preoccupato, non poteva impedirle di andare
 
-Va bene…-
 
-Come va bene?! Scherziamo?! Siete tutti impazziti?!- Daphne si ribellò a gran voce, ma Lee e Fred tentarono di farla ragionare, così George proseguì
 
-Ma devi promettermi di tornare il prima possibile, appena ti sarai assicurata che quel maledetto furetto non se la passa troppo male, intesi?-
 
Matilda si sciolse in un sorriso –Intesi-
 
*
 
Smaterializzarsi nel giardino della Villa fu un colpo al cuore, per Matilda. Quei luoghi a lei tanto cari, che le ricordavano la sua infanzia, le erano mancati terribilmente; una cosa positiva però c’era: era riuscita a smaterializzarsi all’interno dei confini di Villa Malfoy e questo voleva dire che Narcissa si era ben guardata da porre degli incantesimi di protezione anti Matilda. Aiutata dal buio, con la bacchetta pronta in mano, saltellò da una siepe all’altra, tentando di fare meno rumore possibile, fino ad arrivare nei pressi dell’imponente portone d’ingresso; sentiva il cuore ballarle in gola e poi su, fino alla testa, perché quello che stava per fare era sicuramente la cosa più sconsiderata che avesse mai osato fare in tutta la sua vita, roba che entrare ad Hogwarts vestita da malavitosa non era niente, al confronto. Si guardò intorno, così trasse un grande respiro e, con gli occhi cerulei puntati nella fessura che divideva le due ante pesanti, puntò la bacchetta sul portone
 
Alohomora
 
Il portone, davanti allo sbigottimento della giovane strega, si schiuse lentamente, dando spazio all’enorme anticamera, nella quale due ampie scalinate circolari si dividevano, per portare ai piani superiori. Quante volte aveva percorso quelle scale, quante volte aveva corso su di esse, rincorrendosi con Draco e facendo a gara a chi toccasse prima il portone? E gli elfi domestici che li inseguivano inutilmente, tentando di non farli cadere.
Ancora sentiva la voce di Narcissa che li ammoniva, preoccupata, che andava a fondersi a quella di suo padre, più comprensivo, anche se non si risparmiava mai di ricordarle, sebbene lei fosse davvero molto piccola, che Una degna ragazza purosangue non gioca in quella maniera così mascolina. A ripensarci le salivano le lacrime, ma si apprestò a ricacciarle indietro perché non si era arrischiata tanto per nostalgia, ma per tentare di capire quale fosse il motivo per il quale Draco l’aveva richiamata.
Perché lei ne era convinta, che fosse così.
Un fruscio, un movimento di passi la pietrificò e così, più lesta che mai, andò a nascondersi dietro una delle mastodontiche colonne ai piedi delle scale; aveva sempre trovato l’architettura di casa pomposa ed eccessiva, nonostante sapesse che erano gloria e ricchezza, che dovevano trasparire da quella, eppure in quel caso scovò, in quella, un validissimo aiuto. Trattenne il fiato, con la schiena appiattita sul marmo e la bacchetta ben stretta nella sinistra, tagliando la visuale con lo sguardo. E poi la vide.
Sua madre si avviava a passi veloci verso il portone ormai richiuso e davanti a quello rimase qualche istante, assumendo quel piglio sospettoso che Matilda conosceva bene. Guardò per l’ennesima volta intorno a sé, con rapidità, per accertarsi che nessun altro fosse arrivato ad affiancare Narcissa; dopodiché decise di farsi avanti, con passi felpati.
Mufflato, recitò raggiunte le spalle della madre, contro le quali puntò la punta della bacchetta; la donna si irrigidì, senza però scomporsi
 
-Matilda…sei tu?-
 
Fu inevitabile sghignazzare –Non è stato un gesto troppo intelligente, da parte tua, lasciarmi la possibilità di tornare qui, non ti pare?-
 
Narcissa sorrise e provò a voltarsi, ma Matilda spinse la bacchetta contro di lei con maggiore vigore –Non ti voltare, non ci provare mamma-
 
-Dopo tutto questo tempo…questo ti sembra il modo di trattare tua madre?- il tono voleva essere rigido, eppure Matilda notò un incrinarsi sospetto e fu inevitabile intristirsi. Mai e poi mai, infatti, avrebbe detto che avrebbe minacciato sua madre
 
-Non ho tempo da perdere. Ho bisogno di sapere come sta Draco…ho ragione di credere che sia in pericolo…portami subito da lui-
 
-Tesoro, ascoltami, non è una buona idea…-
 
-Zitta! Non ti ho chiesto un parere, prendilo come un ordine, ti sta bene?-
 
Un rumore allarmò Matilda, che tentò di spingere la madre in una zona in ombra, ma non fece in tempo a nascondersi da Muki, l’elfa domestica che aveva preso il posto di Dobby
 
-Padroncina? Lei qui? Muki va subito ad avvisare il padrone!-
 
Con sorprendente velocità Matilda schiantò l’elfa, che finì addosso ad una parete priva di sensi; fu in quel momento che Narcissa si voltò e tentò di afferrare la sua bacchetta, ma la ragazza fece in tempo a muovere dei passi indietro e puntare il legno sul volto della madre. Le due si fissarono a lungo e se Narcissa era evidentemente commossa e stupita, nel rivedere il volto della figlia con i capelli che, voluminosi, arrivavano appena al mento, Matilda aveva il volto contrito dalla rabbia, sebbene gli occhi fossero lucidi
 
-Non ci provare. Non provare a toccare la mia bacchetta, o giuro su Salazar che ti schianto come ho fatto con Muki. Vogliamo andare ora?-
 
Narcissa mosse un passo indietro e, lenta, alzò le mani –Non ti porterei mai lì, lo capisci? È troppo pericoloso ora, troppo…ti prego Matilda, ora abbassa la bacchetta e andiamo nella tua stanza: troveremo una soluzione, ma prima devo metterti in sicurezza…-
 
Narcissa rimase pietrificata, quando la figlia le scoppiò a ridere in faccia –Mettermi in sicurezza? Tu? Mi spiace mamma, ma alla mia sicurezza ci penso da sola…questo covo di Mangiamorte potrebbe essere giusto il mio cimitero. Ora non farmelo ripetere: portami da Draco, o giuro che faccio saltare in aria tutto-
 
Se stesse bluffando, Narcissa non sapeva dirlo; in fondo poteva ancora dire di conoscere realmente sua figlia? Di certo non era più la bambina imbronciata e seriosa che ricordava; ormai era una donna, Matilda, e lo era diventata lontana da lei. Annuì, rigida, così anticipò nei passi Matilda,che la seguì verso un luogo della casa che lei conosceva molto bene, essendo quella la stanza più grande di tutta la villa. Ma l’orrore arrivò con maleducazione alle orecchie di Matilda, che si allarmò sentendo delle grida; incitò la madre ad accelerare il passo, fino ad arrivare alla porta del salone oltre la qualche si sentivano urla e rumori
 
-Entriamo!-
 
-Ti prego Matilda…-
 
-Sbrigati, ti prego!-
 
Narcissa allargò la porta con una mano, lasciando a Matilda una visione distopica: Draco e Lucius, addossati alla destra, di fianco ad alcuni uomini storditi; alla sinistra, malconci ma perfettamente riconoscibili, Ron ed Harry tenevano le mani alzate ed accanto ai due c’era un folletto, con ai piedi la spada di Grifondoro; di fronte a lei una strega che Matilda riconobbe immediatamente essere Bellatrix, teneva un coltello puntato alla gola della sua amica Hermione. Ma come era possibile? Perché il trio di amici si trovava lì? Allora era questo il motivo per il quale Draco l’aveva richiamata attraverso l’anello? Non ci fu tempo per chiedere spiegazioni, perché tutti puntarono l’attenzione su lei e Narcissa, ancora tenuta sotto scatto dal suo legno
 
-Cissy!- la voce di Bellatrix vibrò con violenza
 
Lucius vacillò, prima di muovere dei passi nella loro direzione –Matilda…cosa ci fai qui?!-
 
-Matilda?- Bellatrix gracchiò quel nome pigiando appena la lama del coltello sul collo pallido di Hermione, scarmigliata e con gli occhi gonfi di lacrime –Quindi sarebbe lei la piccola ribelle?-
 
-Matt!- urlò Ron
 
-Non muovete un passo o faccio fuori la sangue marcio, così vedremo quanto è sporco il suo sangue!- Il sorriso intriso di follia sul viso di Bellatrix variò con sorprendente rapidità ad un dura espressione di rabbia.
 
Matilda corse a cercare lo sguardo del gemello, che la guardava terrorizzato –Draco!-
 
Il gemello mosse subito dei passi verso di lei, ma l’urlo di Bellatrix lo bloccò –Fermati subito! E tu, traditrice del tuo sangue, lascia andare immediatamente mia sorella-
 
-Si certo, così farei fuori la mia amica…me l’avevano detto che non ci stai con la testa, ma non pensavo fino a questo punto- Matilda dette per l’ennesima volta prova della sua lingua lunga, ma in questo caso altro non era che un modo per prendere tempo. Si trovò d’improvviso in una situazione d’impasse: Bellatrix teneva una lama sul collo di Hermione, che avrebbe reciso con un solo movimento, il padre tentava di chiederle di calmarsi e lasciare andare la madre e Ron ed Harry avevano le mani alzate e le bacchette a terra. Casualmente, il suo sguardo volò in alto, scontrandosi con il corpicino di…Dobby (era proprio lui! Ma che situazione assurda era mai quella?!), aggrappato al lampadario.
 
-Quale disonore…non solo hai tradito la nostra famiglia…ti sei persino unita a questo gruppo di traditori e sangue marcio! Oh…ma aspetta che arrivi il Signore Oscuro, ci penserà lui a te, dato che i tuoi genitori non sono stati in grado di educarti!-
 
-Come osi?! Tu, che sei ospite in casa mia…- Lucius tentò, a modo suo, una difesa che Matilda colse e, per la quale, non riuscì ad evitare di accennare un sorriso. Intanto i suoi occhi correvano da Bellatrix a Dobby, che stava armeggiando con il lampadario, ma la risata roca di uno degli uomini attirò la sua attenzione
 
-Preferirei avere lei, che quella moretta…così piccola, sembra così innocente…ed io adoro l’innocenza-
 
Matilda sentì Narcissa vibrare e parlò, mentre Lucius puntava la sua bacchetta contro quell’uomo –Non metterai mai uno dei tuoi orribili artigli su mia figlia, Grayback…ti finirei con le mie mani e accetterei la morte per mano del Signore Oscuro, pur di vederti sboccare sangue-
 
-Ora basta!- urlò Bellatrix, ma subito dopo un curioso scricchiolio attirò l’attenzione di tutti: Dobby aveva smontato il montante dell’ingombrante lampadario, sotto cui si trovavano Hermione e Bellatrix, la quale fece appena in tempo a lasciare l’amica grifondoro e gettarsi di lato. Approfittandosi della confusione creata dall’esplosione del cristallo, che schizzò in ogni angolo della sala, Narcissa si allontanò dalla mira di Matilda, così la giovane corse immediatamente da Draco. Non era di certo il momento opportuno, ma i due gemelli non riuscirono a negarsi di gettarsi nelle braccia l’una dell’altro
 
-Draco…ero così preoccupata- sussurrò lei, carezzando fugacemente le guance del gemello, ferite dai detriti del cristallo
 
-Scusami, non dovevo farti venire qui…ti ho messa in pericolo!-
 
-Non importa…ora vai! Io devo aiutarli!-
 
-No! No non farlo! Devi restare con me…troveremo una soluzione insieme, nostra madre parlerà con il Signore Oscuro, vedrai…-
 
Matilda guardò con estrema pena il gemello
 
-Perdonami Draco…pietrificus totalus!- La ragazza scagliò la maledizione su Draco, mentre quello tentava ancora di tenerla stretta; il gemello cadde a terra rigido, così Matilda riuscì a recuperare le bacchette che quello stringeva nelle mani, che lanciò poi ad Harry, mentre Ron liberava Hermione dai detriti. Appena lanciate le bacchette, Matilda si sentì atterrare da un grosso peso, così una voce accompagnata da un alito pesante, le sussurrò nell’orecchio
 
-Che buon odore…dirò al Signore Oscuro che la frenesia ha avuto  la meglio su di me…anche se non credo che gli importi del destino di una piccola traditrice come te…-
 
Terrorizzata, cominciò a divincolarsi per liberarsi dal corpo pesante di Grayback; fino a quel momento aveva pensato di avere la situazione sotto controllo, ma il peso del più feroce dei lupi mannari su di lei la fece rapidamente ricredere. Mentre percepiva la mano di Grayback che, rapida, ricercava il corpo sotto i vestiti, Matilda non poté fare a meno di pensare a George: se fosse sopravvissuta (e non ci sperava affatto), il ragazzo le avrebbe dato sicuramente il colpo di grazia, non c’erano dubbi. Eppure realizzò di essere stata graziata, perché d’improvviso si sentì libera dal corpo di Grayback che sbalzò lontano da lei mosso da una violenza inaudita; Matilda vide una mano tesa nella sua direzione, che accolse per tirarsi su
 
-Stai bene?!- Harry lo chiese con una certa urgenza, così Matilda annuì e cercò di capire cosa stesse succedendo intorno a lei. Si rese conto che Grayback aveva avuto modo di agire perché i suoi genitori erano distratti da ben altro: Dobby aveva fatto volare via la bacchetta di Narcissa e Bellatrix, furiosa più che mai, urlava contro il piccolo elfo
 
-Come osi togliere la bacchetta a una strega, come osi sfidare le tue padrone?-
 
-Dobby non ha padroni! Dobby è un elfo libero, Dobby è venuto a salvare Harry Potter e i suoi amici!- strillò di rimando il coraggiosissimo elfo, che anni prima era appartenuto alla sua famiglia
 
-Matt! Prendi, dai questa a Ron e andate!-
 
Harry mollò una delle bacchette a Matilda, la quale corse verso Ron ed Hermione, semisvenuta fra le sue braccia; non ci fu tempo per i congedi: Matilda consegnò la bacchetta a Ron e si aggrappò al suo braccio, concedendo solo un ultimo sguardo a Narcissa e Lucius, ma se il padre era concentrato su Bellatrix, Narcissa ricercò con urgenza la figlia.
L’unica cosa che riuscì a vedere Matilda, prima di sentire il proprio corpo chiuso nel vortice della smaterializzazione, fu il braccio della madre teso nella sua direzione, i suoi occhi sgranati e le labbra spalancate, a gridare il suo nome.

 
 *Louis Murray è un oc che ho creato per un’interattiva. Non so ancora se vedrà la luce in tal senso e, per rispetto dell’autrice, per il momento non dirò di quale interattiva parlo. Eppure ci ho messo così tanto impegno a crearlo che alla fine è finita che me ne sono innamorata, quindi ho deciso di farlo vivere io stessa, presentandovelo in questo capitolo. Il pupillo di cui parla altro non è che Bastian Macnair, oc della mia super AdhoMu, protagonista della sua long “L’assistente di Pozioni”, ma che appare anche in molte altre sue storie. AdhoMu mi ha ovviamente autorizzata ad usare questo piccolo dettaglio che riguarda il suo Bastian. In futuro dedicherò a Louis un suo spazio personale e, chissà, forse capirete anche come mai è legato a Bastian.
 
**Citazione para para da “Harry Potter e i Doni della Morte”
 
Ciao a tutti. Posso dire, con un grande sospiro, che siamo a meno tre capitoli, ovvero due capitoli veri e propri ed il degno epilogo. Allora allora, ve lo ricordate l’anello che Draco ha regalato a Matilda per il suo quattordicesimo compleanno, si? Bene, dovete sapere che la visitina a Villa Malfoy era già prevista da quando ho scritto quel capitolo lì. Lo so, Matilda non ha effettivamente apportato nulla alla storia, o per meglio dire non l’ha stravolta. Ma ormai mi conoscete e lo sapete che io non stravolgo il canon. Però scusate, che non ce la mettete una rimpatriata di famiglia? Nella mia testa, tutte le scelte minimamente sensate che fa Draco nella sua vita, sono mosse spesso e volentieri dal pensiero e la presenza della gemella, non per ultima proprio la scelta di decidere di non smascherare Harry.
E poi Matilda doveva conoscere Bellatrix, cavolo, è pur sempre la zia, no?
Ah, in tutto questo dato che ho percepito apprensione fra i lettori: avete visto che Elliott sta bene? Il suo amico ammanicato l'ha messo al sicuro (eh si, si tratta di Roger Davies, per chi non lo sa. I due appaiono sia nella mia interattiva demenziale "Di Necessità...Virtù!", sia in "Profumo di Nebbia", sempre di AdhoMu. Lo so, io e la signorina spesso e volentieri ci concediamo l'uso degli oc, perché si)

 
• Questo capitolo è dedicato a Ted Tonks e Dobby, coraggiosi, coraggiosi compagni della Resistenza. •
 
Al solito, ci vediamo al prossimo capitolo (o con alcuni di voi, al prossimo della maledetta Stanza, che sicuramente è calata in un clima decisamente più allegro)
 
Bri

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Capitolo 38
*** Preludio alla guerra- Smisurata Preghiera ***


CAPITOLO XXXVII
Preludio alla guerra-Smisurata preghiera
 
 
Sullo scandalo metallico di armi in uso e in disuso 
a guidare la colonna di dolore e di fumo 
che lascia le infinite battaglie al calar della sera 
la Maggioranza sta, la Maggioranza sta 
recitando un rosario di ambizioni meschine 
di millenarie paure 
di inesauribili astuzie 
Coltivando tranquilla l'orribile varietà delle proprie superbie 
la Maggioranza sta 
come una Malattia 
come una Sfortuna 
come un'Anestesia 
come un'Abitudine 

 
Per chi viaggia in direzione Ostinata e Contraria 
col suo marchio speciale di speciale disperazione 
e tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi 
per consegnare alla morte una goccia di splendore 
di Umanità

di Verità 
 
 
F. De Andrè – Smisurata preghiera

 
 
Panico.
Quello che provò durante la smaterializzazione. Puro, assoluto, panico. Per la prima volta in tutta la sua vita, Matilda accusò il colpo di quella sensazione claustrofobica tipica della smaterializzazione. Erano successe talmente tante cose, in un lasso di tempo tanto piccolo, che l’unica cosa che avrebbe voluto, sarebbe stata gettarsi in un letto gigante, attorcigliarsi in coperte e cuscini e sprofondare nel sonno. Invece eccola lì, a sentire il corpo contorto, il respiro corto ed il cuore in gola, con l’attanagliante convinzione che presto sarebbe morta.
Riconquistò il fiato solo quanto si rese conto di essersi schiantata su un suolo morbido e che un paio di braccia, assieme ad una voce dolce, si erano apprestati a tirarla su
 
“Ron! Porta dentro Hermione, veloce! Tesoro pensa tu a lei”
 
Dov’era non lo sapeva, perché la luce dell’alba faceva ancora fatica a sconfiggere l’oblio di quella notte terribile e dolorosa. Si aggrappò alle spalle di quel ragazzo che la sosteneva con delicatezza
 
-Matilda dimmi qualcosa, fammi capire che ci sei…-
 
Il tono accogliente di Bill Weasley la riportò alla realtà, facendole rendere conto che era fuori pericolo, lontana dalla Villa di famiglia, dai Mangiamorte e dalle mani vogliose di Fenrir Grayback
 
-Bill…Bill stanno tutti bene? George…devo avvisare George!- Matilda balbettò il luogo in cui si trovavano George e gli altri
 
-Fra poco, ora ti porto dentro, Fleur ti controllerà-
 
Aveva solo bisogno di respirare e riprendersi, cancellare l’immagine di Draco, paralizzato a terra dalla sua bacchetta; l’urlo di sua madre; il terrore negli occhi di suo padre; l’orrore chiuso nel volto di Bellatrix.
 
-Matildà! Stai bene? Bill falla sdraiore qui!-
 
-No…no, sto bene- balbettò Matilda in un evidente stato di iperventilazione. La sdraiarono a terra, su una coperta piegata in più parti, su cui cedette definitivamente allo stato di panico, in quel momento nel suo picco. Coprì il volto con le mani, strinse gli occhi con forza e ricercò, dentro di sé, la capacità di uscire da quella situazione: se fosse stata avvisata prima, forse avrebbe potuto evitare che Hermione venisse torturata, forse i ragazzi non sarebbero stati messi così tanto in pericolo. Ma in quel momento probabilmente Voldemort si trovava nella Villa, a prendersela con chi era rimasto; e se avesse torturato suo padre? E se se la fosse presa con Draco?
 
-Bevi, ne hai bisogno…-
 
Fleur le allungò un bicchiere d’acqua, così Matilda slacciò le mani strette sulla faccia e, fra un pesante respiro e l’altro, mandò giù l’acqua; poi tornò a stendersi a terra, chiudendo di nuovo il volto fra le mani e gli occhi, stretti stretti. Sentiva un viavai di passi girarle intorno, mentre con rassegnazione tentava con tutte le sue forze di evadere dalla gabbia claustrofobica del panico. L’orrore, comunque, non l’abbandonava, nonostante Ron l’avesse appena rassicurata che Hermione stava bene e che se la sarebbe cavata.
Poi la porta si spalancò; quella porta che non poteva vedere, con gli occhi sigillati dalle dita
 
-Respira con me-
 
George. Ancora una volta a prendersi cura di lei, che era stata sconsiderata, che non doveva tentare di comportarsi da eroina, che aveva peggiorato la situazione condannando i suoi genitori e suo fratello a una punizione terribile.
George, in ginocchio al suo fianco, sciolse quell’intreccio di mani e fissò il viso paonazzo
 
-Va tutto bene, va tutto bene, respira con me…forza…uno…due…-
 
Matilda spalancò gli occhi, terrorizzata, per fissare il viso spruzzato dalle lentiggini, la sua bocca morbida, i suoi occhi caldi come il cioccolato fuso. Regolarizzò il respiro con lui, fin quando non trovò la forza di alzarsi e gettarsi fra le sue braccia lunghe che, al solito, la avvolsero rassicuranti
 
-Saranno tutti morti, tutti morti- ripeteva senza contestualizzare; ma George capì subito a chi si riferisse
 
-Non è così, Tu-sai-chi ha bisogno di loro, purtroppo…ora stai buona, andrà tutto bene-
 
Matilda pianse tutte le lacrime accumulate dallo stato di panico che l’arrivo di George aveva dissolto. E quando non ne rimase più nemmeno una, si alzò e, stringendo la mano del ragazzo, uscì fuori dove tutti gli altri, illuminati dall’alba che tingeva tutto di rosso, erano radunati attorno alla buca nel terreno che ospitava il corpo esanime di Dobby. Lui, che era stato per tanti anni schiavo della sua famiglia, aveva conquistato la libertà, guadagnandosi lo scontento di tanti altri elfi, geneticamente abituati al padrone. Dobby aveva avuto la forza di portare avanti una battaglia per la parità e per la libertà, dimostrandosi sempre riconoscente verso colui che gli aveva concesso l’opportunità di dichiararsi libero.
E per quello era morto, trafitto dall’odio di Bellatrix.
Da elfo libero.
Matilda abbracciò Hermione e le carezzò i capelli e la schiena, lieta di vederla in piedi, viva.
Strinse la mano di Ron, con il cuore a scoppiarle nel petto per la gratitudine.
Non disse nulla, tanto fu Luna a parlare per tutti loro; lei, Dean Thomas, l’artigiano di bacchette Olivander e un arcigno folletto di nome Unci Unci erano stati portati in salvo proprio da quel coraggioso Elfo, che ora non era che un corpo in una fossa.
Incrociò lo sguardo con Harry, in un raro momento in cui il ragazzo non teneva l’attenzione fissa su Dobby. Tutta quella sofferenza era dovuta a causa della sua famiglia. La morte di Dobby era stata causata dal pugnale di Bellatrix.
Di scuse, Matilda, non ne aveva più. Non per i Malfoy, non per i Black.
Si fissarono a lungo, prima che Matilda decidesse di rientrare.
Era stanca. Tanto, tanto stanca.
 
*
 
A Fred, Lee e Daphne, era stato ordinato di recarsi a casa della zia Muriel, luogo dove si sarebbero nascosti tutti i Weasley da quel momento in poi. Purtroppo la scoperta da parte dei Mangiamorte che Ron (teoricamente rinchiuso in casa con la spruzzolosi) si trovasse invece al fianco di Harry Potter, aveva portato ad una diretta conseguenza: i traditori come i Weasley non avrebbero più potuto farsi vedere in giro, vedendosi così costretti a rinunciare ai propri lavori, alla loro vita. Lo stesso ingrato destino era ovviamente riservato a Matilda che, se fino a quel momento poteva anche pensare di passarla liscia, nel caso avesse incontrato qualche Mangiamorte, la sua visitina a Villa Malfoy l’aveva definitivamente condannata. Non che a lei importasse, aveva preso in considerazione l’ipotesi che raccogliere il richiamo di Draco avrebbe ostacolato la sua libertà; purtroppo però quello voleva dire che, se avessero voluto continuare a trasmettere la radio, avrebbero dovuto farlo solo e soltanto dalla casa di quella vecchia megera, protetta dall’incanto fidelius, così come Villa Conchiglia. E proprio lì si sarebbero recati presto George e Matilda.
Chiudere occhio era risultata un’impresa difficilissima e la strega si risvegliò, madida di sudore a causa degli incubi, solo una manciata di ore dopo il crollo. Passò la giornata successiva in silenzio, evitando con cautela di parlare più di quanto fosse necessario. Si era limitata a scambiare qualche parola con Hermione e Ron, per capire se stessero bene e quanto la conclusione di quel viaggio, in quella che era stata casa sua, li aveva provati.
A differenza sua, tutti gli altri sembravano invece molto agitati e non facevano altro che tentare di scoprire la ragione che muoveva i passi del trio, da mesi a quella parte.
Eppure Matilda non ascoltava, non interveniva, non reagiva. Sentiva di essersi svuotata mentre, rannicchiata sul davanzale di una delle ampie finestre che affacciavano sulla scogliera, torturava l’anello incastrato sul dito. Mangiava il necessario e rimuginava, più del dovuto, su quanto fosse successo. George la osservava paziente, pronto ad accogliere anche solo il minimo segnale da parte sua, ma lo sguardo della sua Matilda si era fatto vacuo e distante. Quella notte l’aveva rotta, si ritrovò a pensare George, alle spalle di quel mucchietto che era rimasto di lei; di ferite fisiche, quella non ne aveva riportate, ma George percepì con nitidezza il suo cuore crepato dagli urti di quella vita che non sopportava più. Tentò, per l’ennesima volta, di trovare un posticino scomodo accanto all’anima di Matilda, eppure sentì che i tempi non erano maturi, attraverso a quei flebili grazie e a quegli ingiusti perdonami.
 
Avrebbe atteso, perché lei non chiedeva che tempo.
 
Avrebbe pregato, non di certo un fantomatico Dio, bensì l’anima di tutti coloro che li avevano abbandonati per qualcosa che doveva essere migliore, di quella vita lì, pur di aiutarla a rimettersi in piedi.
 
Una smisurata preghiera, sarebbe stata quella di George, nella speranza che, al più presto, avrebbero raggiunto la bonaccia, che segue la più feroce tempesta.
 
Tornò per l’ennesima volta, quella sera, dopo una giornata passata a tentare di rimettere insieme i pezzi, a cercare di convincere Ron che dovevano dire loro cosa stesse succedendo. La trovò ancora su quel davanzale, come se non si fosse mai spostata. D’improvviso, una rabbia muta prese a scalpitare nel petto del ragazzo; irrazionale, violenta ed improvvisa come la pioggia nella più calda giornata d’estate. Matilda non poteva continuare così e lui avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per tirarla fuori dall’apatia attanagliante all’interno della quale si era cucita; trattenne il fiato per non sbottare, ma era davvero complicato perché George Weasley non si era mai trattenuto, nemmeno una volta da quando ne avesse ricordo. Lui aveva sempre affrontato tutto a gran voce, eventi negativi e positivi, momenti dolorosi e puri attimi di gioia; per questo, nonostante si fosse legato a quella strega da ormai quasi tre anni, ancora non riusciva a capacitarsi di questo suo lato riflessivo, taciturno e solitario. Mosse allora qualche passo, nel tentativo di essere il più delicato e discreto possibile, eppure una voce alle sue spalle lo frenò
 
-Posso…? Vorrei parlare un momento con Matilda-
 
Harry, stranamente risoluto e pratico, si era rivolto a lui guardandolo dritto negli occhi. Nonostante comprendesse quell’esigenza, George si mostrò inizialmente ritroso, perché sapeva che anche una piccola cosa, in quel momento, avrebbe potuto far crollare Matilda; sentì comunque di potersi fidare di lui e, dopo un vago cenno d’assenso, lanciò uno sguardo alla strega, che aveva inclinato il volto verso di loro: si guardarono per un po’, prima che Matilda gli sorridesse. Lo stava avvisando che andava tutto bene e con quella muta consapevolezza, George li lasciò soli. Fu a quel punto che Harry allungò il passo verso la finestra
 
-Posso?-
 
Matilda ritrasse ancor più le gambe, in modo che Harry potesse sedersi davanti a lei; impacciato, il ragazzo trovò infine una posizione e puntò lo sguardo smeraldino sull’altra
 
-Non ti ho ancora ringraziata per quello che hai fatto per noi…-
 
-Non ho fatto niente- rispose lei, rigida, tornando a guardare il mare oltre il vetro, che si perdeva dalla linea contorta della scogliera
 
-Si invece, hai fatto moltissimo; il tuo intervento ha creato un diversivo fondamentale. Hermione mi ha detto che è stato Draco, a…chiamarti-
 
Matilda alzò la sinistra mostrando l’anello ad Harry, mantenendo comunque gli occhi sull’esterno
 
-Ha usato questo- sentenziò, tornando poi ad allacciare le ginocchia con la mano
 
-Ingegnoso…- valutò Harry che davanti all’assenza di reattività di Matilda, tossicchiò per attirare l’attenzione; così l’altra virò l’attenzione su di lui, fissandolo con la sicurezza che raramente aveva avuto nei suoi confronti
 
-Mi spiace Harry, ma sono stufa di giustificarmi al posto dei miei genitori, o di Draco; non ce la faccio più, ci credi?-
 
Harry, di suo, comprese perfettamente come dovesse sentirsi. Aveva passato la vita a dare spiegazioni per cose che non lo avevano visto diretto protagonista; prima che Matilda potesse tornare a guardare fuori, Harry parlò ancora
 
-Non ha voluto riconoscermi- e quando si rese conto che quell’affermazione aveva destato l’interesse della serpeverde, continuò –quando ci hanno portato lì, tuo padre ha implorato Draco di confermare che fossi davvero io; Hermione mi ha lanciato una fattura pungente prima che venissimo catturati, così inizialmente ero decisamente irriconoscibile. Ma tuo padre non ha desistito sai…era convinto che avrebbero dovuto chiamare Tu-sai-chi solo se fosse stato assolutamente certo di avere fra le mani, beh…me. Per questo ha chiesto a Draco di confermare o smentire che fossi davvero io, sotto quella maschera gonfia: ma Draco non l’ha fatto. Ha mentito, nonostante fosse chiaro che mi avesse riconosciuto-
 
Matilda inumidì le labbra per contrastare l’evidente stupore –Dici…dici davvero?-
 
Harry, di suo, annuì –Si. Lui avrebbe sicuramente ricompensato la tua famiglia se Draco mi avesse consegnato, ma tuo fratello non l’ha fatto, mancando una grande opportunità di riscatto agli occhi di Tu-sai-chi-
 
-Avrà avuto troppa paura…non era sicuro ed ha preferito non esporsi- rispose, testarda e disillusa, Matilda, ma Harry questa volta negò con il capo
 
-No, il mio viso era quasi tornato normale quando tuo padre gli ha chiesto, per l’ultima volta, di riconoscermi. Era certo che fossi io, ma non mi ha tradito. Pensavo che dovessi saperlo, tutto qui-
 
Matilda non staccò gli occhi da quelli brillanti di Harry, nascosti dietro due lenti tonde opache di ditate, riflettendo su quanto il ragazzo gli stava dicendo –Non so perché l’ha fatto, se per senso di colpa, o per fare ciò che sua sorella ritiene giusto, ma l’ha fatto- Esitò un attimo, così la richiamò -Matt…-
 
-Si, Harry-
 
-Sirius era una delle persone migliori che io abbia mai conosciuto e mio padre, questo l’aveva capito. Lo accolse in casa quando decise di fuggire dalla sua famiglia e non dubitò mai, un solo istante, di lui, mai. Sirius era una delle persone migliori del mondo nonostante il suo sangue e lui non si è mai addossato le loro responsabilità…in realtà si è sempre ben guardato dal farlo-
 
Matilda accennò un amaro sorriso. Pensò a Sirius, che rimpiangeva di non aver mai conosciuto, così come l’immagine di Andromeda si presentò a lei, accompagnata dalle parole che la zia aveva avuto premura di ripeterle spesso. Forse aveva sbagliato ad essere stata tanto avventata da catapultarsi alla Villa della sua famiglia, senza nemmeno rifletterci su davvero; eppure, assolta dalle parole gentili di Harry Potter, capì di aver fatto la cosa giusta, non fosse altro perché una persona che tanto amava, nonostante tutto, aveva dimostrato di avere bisogno di lei. Non si sarebbe mai tirata indietro davanti all’amore, anche se quello avesse dovuto costarle cento, mille sbagli. Prima che Harry potesse allontanarsi, Matilda lo richiamò
 
-Harry-
 
-Dimmi-
 
-Non so quello che sta succedendo, non so quello che state passando. Ma io mi fido di voi. Solo, ecco…state attenti, va bene?-
 
Harry accennò un sorriso –Promesso. Grazie Matt-
 
-No Harry, grazie a te-
 
*
 
Il giorno dopo, George e Matilda si smaterializzarono a casa della prozia Muriel. Matilda era stata catturata da Fleur, che l’aveva strapazzata un po’, prima che lei decidesse che quelle attenzioni erano davvero troppe, chiedendole di tornare presto a Villa Conchiglia. Aveva persino giocato una partita di scacchi con Ron (che l’aveva stracciata con una decina scarsa di mosse) e aveva trovato un momento per parlare sola con Hermione, raccomandandosi di mantenere la calma, ricordandole che doveva tenere presente di essere lei, la parte razionale fra i tre e di farsi viva nel caso le cose si fossero messe davvero male. George non faticò a notare il cambio di umore, seppur lieve, di Matilda dopo la conversazione che aveva avuto con Harry; non riuscì a scacciare il senso di inadeguatezza e la lieve punta di invidia nei confronti del mago più piccolo, a cui era bastata una mezz’ora per tirare su il morale alla sua ragazza. Quando Matilda gli strinse la mano per permettere al ragazzo di trasportarla da Muriel, percepì una lieve rigidità in quella morsa, ma decise di rimandare le discussioni a più tardi.
Furono accolti con grandi feste, in quella casa sopraffollata. Ovviamente Muriel non si risparmiò terribili commenti su quella ragazzina che, a suo dire, era messa sempre peggio, addossando la colpa del suo brutto aspetto al sangue che le scorreva nelle vene; fu Ginny (che fortunatamente si trovava già lontana da Hogwarts, essendo le vacanze di Pasqua) a salvarla dalla spiacevole presenza della zia, tirandola verso la camera da letto che le avrebbe ospitate entrambe. Ginny soppesò con lo sguardo la ragazza, prima di stringerla in uno dei suoi abbracci profumati
 
-Sei fuori di testa, Malfoy- le sussurrò fra i capelli; ogni volta Matilda si sorprendeva di quanto fossero accoglienti gli abbracci di Ginny. Nonostante la ragazza fosse più piccola di lei, che in più di un’occasione si era sentita in dovere di proteggerla e consigliarla, come una vera sorella maggiore, quando capitava che Ginny la stringesse, Matilda sentiva di potersi affidare a qualcuno
 
-Lo so, sono nata al contrario, l’ho sempre detto io-
 
Ginny la allontanò abbastanza da poterla fissare: quegli occhi, sempre tanto reattivi, si erano fatti crucciati
 
-Come sta?-
 
E Matilda capì in un attimo che si riferisse ad Harry; le venne da sorridere, al pensiero di Ron che si sarebbe di certo infuriato se avesse sentito la sua sorellina (ormai nemmeno tanto ina), rivolgere il primo pensiero al suo migliore amico, invece che a lui. Così Matilda decise di tenere per sé quel piccolo segreto e, tirando Ginny verso il letto, iniziò a raccontarle cosa fosse successo e di ciò che Harry, inevitabilmente provato, le disse per farle dono di una magra consolazione.
 
Tornate fra i Weasley, Ginny non riuscì a tirarla via dalla sfuriata di Molly, che accusò la ragazza di essere stata una sconsiderata e che azioni folli come quella di Mettere piedi in quel covo di Mangiamorte, non avrebbe dovuto ripeterle mai più. Matilda si beccò la ramanzina in silenzio, torturandosi il labbro mentre, di tanto in tanto, provava a replicare (già, non perdeva mai occasione per starsene zitta); nessun membro dell’Ordine riuscì ad intervenire, ma alla fine Molly dovette aver capito da sé di avere un po’ esagerato, perché si presentò da Matilda, il pomeriggio, con un vassoio intero di tortini di zucca, che sapeva adorare.
Inoltre, tentando di dimenticare per qualche ora che erano tutti relegati là dentro a tempo indeterminato decisero, nonostante i borbottii di protesta della padrona di casa, di festeggiare tutti insieme il ventesimo compleanno di George e Fred, seppur passato ormai da una settimana. Fioccarono regali inaspettati, una tavola imbandita con ogni genere di prelibatezza che, attenzione attenzione, Molly aveva preparato con il prezioso aiuto di Daphne; parteciparono anche Remus e Dora, ormai in procinto di partorire, alla festa. Quando Matilda vide apparire quei capelli rosa e quel pancione smisurato, si agitò moltissimo e a lei si avvinghiò per tutto il resto della serata, travolgendo Tonks di domande. Vedere la cugina tanto raggiante, in un momento così fragile, fece salire di un'altra piccola tacca l’umore di Matilda e quando la serata si concluse, dopo aver salutato gli ospiti, sgattaiolò all’esterno della Villa, tra i sospiri dovuti all’assenza della veranda tanto familiare della Tana
 
-Ehi, Cosa, va un po’ meglio?-
 
Matilda individuò la figura di Fred poco distante, con le mani in tasca e lo sguardo sereno
 
-Un po’ meglio, si; che ci fai qui tutto solo? Ti sei stufato della gente?-
 
Fred ridacchiò, mentre scuoteva il capo –Avevo voglia di vedere le stelle; stranamente il cielo oggi è limpido, vedi?-
 
Matilda alzò il naso all’insù, puntando gli occhioni su quel cielo puntinato di lucine brillanti. Per un po’ stettero in silenzio, fianco a fianco, poi fu Fred a rompere la quiete
 
-Ho lasciato Grace- la voce parve un po’ spezzata
 
la strega non riuscì a trattenere lo stupore e subito si distrasse dalla visione notturna –Cosa?! Ma Fred, perché? Io credevo che voi…-
 
-Non lo so, Matt. Questi mesi sono stati sfiancanti, a scappare da una parte all’altra del paese, lo sai, no? E Soffrivo senza di lei, ma credo soffrissi più per come potesse sentirsi Grace, più che per me stesso-
 
-Ti va di spiegarmi meglio?-
 
I due sedettero su una panca di legno intagliata, ai margini di un giardino arginato da ginestre nel pieno della fioritura; Muriel aveva arricchito il verde della sua modesta tenuta con piante di ogni lato del mondo, che agli occhi di un babbano sarebbero parse assurde ed innaturali, rigogliose com’erano. Fu dopo un altro lungo silenzio che Fred, allargando le braccia sulla seduta, riprese a parlare
 
-Non sappiamo cosa accadrà…certe volte mi ritrovo ad invidiare chi ha deciso di non farsi coinvolgere in questa battaglia, sai? Penso che sarebbe stato più semplice partire, andarsene e lasciare affondare questo mondo senza speranza; sicuramente ora saremmo tutti più felici, nell’attesa che tutto finisca, lontano da noi, chiusi nel nostro egoismo semplice. Poi però succede sempre che ricordo per quale motivo abbiamo iniziato a ribellarci contro questo branco di coglioni che non sanno cosa vuol dire amare-
 
Matilda, con le gambe strette al seno, ridacchiò –Siamo romantici, eh Freddy?-
 
Fred rise con lei –Un po’…- passò la mano fra i capelli fulvi e sospirò, lasciando un sorriso sul volto –Ma è la verità: abbiamo deciso di lottare per un futuro migliore, per tutti, non solo per noi stessi. Questo però mi ha fatto riflettere molto ed ad un certo punto ho pensato che fosse tremendamente ingiusto lasciare sempre ad un passo dietro di me una persona a cui voglio tanto bene. Lei non se lo merita, non merita di aspettare che io mi faccia vivo, che io torni, di corsa, per farle capire che sto ancora qui e poi scappare di nuovo. Assurdo…scappo da lei per scappare dai Mangiamorte- scosse il capo –No, non se lo merita, lei che non è coinvolta come noi ha il diritto di tentare di sopravvivere senza chiedersi in continuazione se sono vivo o morto-
 
-Ma Fred, non pensi stia peggio, senza di te? Io non accetterei mai che George mi lasciasse per non farmi soffrire…-
 
Fred volse il capo verso di lei, che ricambiò lo sguardo –E allora perché lo tieni distante? L’ho visto, sai, che ti sei chiusa con lui-
 
-Questo non è vero!- rispose lei, con tono piccato
 
-Fidati, ti conosco bene ormai; magari non te ne rendi conto, ma stai facendo il grande errore di tenerlo distante. Forse pensi che lui non possa capire, o forse lo fai per non farlo soffrire Matt, ma ti assicuro che così non fai che farlo stare peggio. Tanto vale che lo lasci, sarebbe meglio che farlo sentire tanto impotente-
 
-Fred, ma io non volevo, io…-
 
-Ragazzina, io ti voglio un bene dell’anima, per questo ti sto dicendo questa cosa: io ho deciso di lasciare Grace per non farla soffrire, nel caso qualcosa non vada secondo i piani…-
 
-Non dirlo nemmeno!-
 
-Fammi finire! Sempre a ribattere…quanto sei faticosa!- rise, Fred, prima di continuare a parlare –Non ti credere che sia stato semplice, perché non è così…dico solo che ho preso una decisione difficile perché pensavo fosse la cosa migliore da fare. Per questo ti dico che devi pensare a George: se lo ami, e so che è così, devi fare una scelta; se non vuoi lasciarlo devi aprirti con lui, altrimenti sarà inutile rimanergli accanto-
 
Le parole di Fred arrivarono violente, come un pugno allo stomaco. Possibile che non si fosse resa conto di aver messo da parte George? Davvero era stata tanto egoista da pensare solo al suo dolore, senza riflettere sul fatto che con i suoi silenzi stava ferendo la persona che le era accanto? Mentre percepiva il cuore tamburellare più forte nel petto, guardò Fred, che ricambiò placido
 
-Vado da lui!- disse agitata
 
-Sarà meglio- ghignò Fred, seguendo poi la piccola frenetica strega correre lontana e richiudersi la porta d’ingresso alle spalle. Sorrise poi, tornando a guardare quel cielo stellato di cui voleva colmarsi: magari le sue ferite si sarebbero rimarginate con il tempo, ma per il momento se non poteva fare nulla per se stesso, avrebbe fatto quanto possibile per rendere un po’ più felice George. Con il pensiero al gemello, il compagno di una vita, Fred socchiuse gli occhi e si cullò con l’immagine delle stelle che mai aveva visto risplendere tanto, ne era sicuro.
 
*
 
-George! George!-
 
Il ragazzo teneva lo sguardo, stanco ed annoiato, sulla scacchiera che divideva con Lee. Tutti gli altri erano andati a dormire e per i due amici che di sonno non ne avevano affatto, l’unica soluzione era mettersi a giocare ad una delle cose più noiose al mondo: gli scacchi. Quando George sentì il tono d’urgenza di Matilda, però, scattò subito in piedi rischiando di ribaltare la scacchiera che, fortunatamente, Lee riuscì ad arrestare con un colpo di bacchetta
 
-Che è successo?! Stai bene?! Fred?!-
 
-Ah, emh, si, no…- Matilda si rese conto che non era il caso di usare modi tanto agitati, non in un periodo come quello, per cui arrossì fortemente –scusami, va tutto bene…solo che…insomma vieni con me!-
 
La strega trascinò fuori George, davanti allo sguardo allibito di Lee –Ehi! La nostra partita…-
 
Matilda strattonò George fino al retro della villa, che circumnavigarono con urgenza
 
-Ora basta, mi spieghi che hai? Che è successo?-
 
Il ragazzo boccheggiò ed a stento trattenne l’equilibrio, perché Matilda si era appesa al suo collo con tutto il peso, trascinandolo verso di lei
 
-Scusami George, scusami. Io sono stata una stupida! Ma ti amo, te lo giuro! Non voglio lasciarti e non voglio farti stare male!-
 
-Calmati un po’, ehi…smettila di strattonarmi!-
 
-Non ce la faccio!- continuò concitata, avvinghiata a lui
 
-Sei una frana…basta Matt!- Miracolosamente, George riuscì a liberarsi dalla presa tentacolare per permettersi di guardarla
 
-Ora ti calmi, per piacere, e mi spieghi serenamente cosa sta succedendo, ti sta bene?-
 
La ragazza, con gli occhi sgranati e le labbra appena schiuse, lo fissava spiritata
 
-George…io credo di non riuscire a vivere senza di te-
 
-Perché sei sempre così melodrammatica? Ma poi che storia è questa? Stai male per caso? Mi nascondi qualcosa?!-
 
Matilda scosse con vigore il capo –Non sono mai stata tanto bene! Ho capito una cosa fondamentale George!- così, con scarsa delicatezza, strinse il volto di George fra le mani e lo attirò verso il basso –se c’è una persona al mondo su cui posso contare, questa persona sei tu, capito? Sono stata scema, scema! Scema ed egoista…pensavo non potessi capire tutti questi sentimenti che provo, pensavo di essere sola…ma ora so che non è così! Lo so per certo! E scusami se non ci sono arrivata prima, a dirti che di tutto questo amore qui, io non voglio farne a meno!-
 
George, quasi terrorizzato, si limitava a malapena ad annuire, così lei proseguì –Io posso contare su di te, come tu su di me. Siamo una squadra! E non posso chiudermi in me stessa…io che gioco a Quidditch poi lo dovrei sapere quanto conta il gioco di squadra! Va bene, magari noi di Serpeverde certe volte giochiamo un po’ in solitaria, un tantino scorretti…ma lo facciamo per la vittoria e…-
 
-Lemonsoda, stai divagando-
 
-Ah…scusa. Beh, tutto questo per dirti che da adesso in poi non ti nasconderò più nulla: ti dirò tutto quello che mi passa per la testa, qualsiasi cosa!-
 
-Non c’è bisogno di essere tanto eccessivi…-
 
-Non ti risparmierò nulla!-
 
-Matt-
 
-Si…-
 
George allontanò le mani di Matilda dal volto, la fissò a lungo e poi, inaspettatamente, la tirò a sé e la chiuse in un abbraccio. Così Matilda stette lì, chiusa fra le braccia di George, che si incurvò , perdendo la bocca sulla sua nuca chiara
 
-Grazie- le mormorò. Una sola parola, che a Matilda bastò per colmarsi di pura gioia. Qualsiasi cosa fosse accaduta, lei sapeva che ci sarebbe stata per George e questa era l’unica certezza rimasta incastrata nel cuore.
Quella notte la passarono a scaldarsi a vicenda, unendosi senza timore sulla parete umida della villa, nascosti dal buio di quella notte d’Aprile che si era fatta complice del loro amore. La bocca di George incastrata sul seno bruciava di fuoco vivo e si nutriva di ogni lembo della sua pelle chiara. Le dita di Matilda segnavano le vertebre, perdendosi in una conta infinita, arresa al corpo di George, che l’aveva legata a sé. Si chiamarono senza stancarsi, senza guardare il cielo e la parete, le ginestre ed i rigogliosi cespugli di ribes, ma perdendosi solo in loro stessi. E le carezze susseguirono i graffi, i baci nascosero i denti affilati.
Si amarono feroci e docili, in quella maniera tossica ed indiscreta, come fosse l’ultima volta.
 
All’alba del quattordici Aprile, solo tre giorni dopo il loro più sentito congiungimento, Remus Lupin si presentò alla porta della Villa, radioso come Matilda non l’aveva visto mai, per portare la lieta novella della nascita di Ted Lupin, il loro primogenito. Nemmeno un’ora più tardi Matilda, accompagnata da Molly, stringeva fra le braccia un fagottino coperto da una zazzera di capelli che, pian piano, stava virando al blu; quella testolina era testimonianza di un amore travagliato, ma tanto intenso e Matilda se ne nutrì con voracità, mentre cullava Ted e guardava Tonks, stravolta, ma colma di emozione
 
-Remus ora sarà andato da Harry ad informarlo. Sai, ci teneva s chiedergli se vorrà essere il suo padrino-
 
-Ma è una bellissima notizia! Sono sicura che Harry accetterà ben volentieri, è un ruolo di grande responsabilità…-
 
-Io invece volevo sapere se tu vorresti essere la sua madrina- gli occhi vibranti di Tonks la fissarono con impazienza, mentre gli angoli della bocca salivano per dare vita ad un sorriso radioso. Matilda balbettò un po’, mentre il suo sguardo saltava da Molly, che teneva in braccio Ted, con aria commossa, ad Andromeda, seduta sul letto al fianco della figlia, a Tonks, che sembrava impaziente di ricevere una risposta
 
-Ma…ma questa è una cosa così…ecco, una responsabilità…io non so se…-
 
-Oh andiamo, falla finita e dimmi di si! Con un padrino tanto scapestrato, avrà bisogno di una figura un po’ più rigorosa, non credi?-
 
Per quanto la sua risposta tardò ad arrivare, dentro di sé aveva esultato ed accettato nell’immediato quella richiesta, grata di essere considerata tanto importante. Avrebbe fatto di tutto per rispettare quella promessa ed onorare il ruolo concesso dai coniugi Lupin.
 
*
 
Giorno dopo giorno, gli abitanti della villa tentarono di trovare qualcosa da fare per portare avanti la propria battaglia, nonostante tutto. Così i gemelli e Lee trasmisero un paio di volte la radio, anche se con meno entusiasmo di prima, mentre Matilda e Daphne si davano da fare come potevano.
Fu Ginny a spezzare con violenza la routine del gruppo; già, perché la sera del 1 Maggio 1998, subito dopo la cena, la più piccola dei Weasley si catapultò davanti al divano su cui George e Matilda erano affondati, in un rarissimo momento di complici coccole
 
-Ginny! Sei rossa come un pomodoro! Cos’hai?-
 
Ginny si guardò rapidamente attorno, aspettando che anche Fred, Lee e Daphne li raggiungessero. Infine, certa che nessuno dei “grandi” fosse nei paraggi, tirò fuori dalla tasca un oggetto conosciuto a tutti, tranne a Daphne che, in effetti, la guardò stupita
 
-Cos’è? Ci hai chiamati perché hai trovato un galeone a terra? Fortunata!- La canzonò Daphne, ma Lee le dette una lieve gomitata per la sua insolenza. Ginny, ancora sconvolta, guardò il gruppo con frenetica agitazione
 
-Harry è ad Hogwarts-
 
Matilda e George si scambiarono occhiate con Lee e Fred ed in un attimo scattarono in piedi, correndo verso le stanze
 
-Ehi! Qualcuno vuole spiegarmi…-
 
-Zitta e seguimi!- La intimò Matilda, anticipando l’amica che, senza capirci nulla, la seguì rassegnata.
 
*
 
-Ancora?! Ma non avete nulla da fare che affollare il mio pub?!-
 
Aberforth era decisamente infastidito dalla presenza del gruppo ed il suo costante borbottio ne era la prova; sebbene con iniziale rimostranza, il mago aprì il passaggio per permettere loro di arrivare alla Stanza delle Necessità e Ginny fu la prima a buttarsi dentro al tunnel, senza un minimo di esitazione. Prima di seguirla, Matilda si voltò verso George al quale allungò la mano; il ragazzo ridacchiò, scosse il capo e le strinse la mano
 
-Vieni, non mi sei sembrata mai, tanto agile, nei tunnel di Hogwarts-
 
A Matilda prese a battere fortissimo il cuore e lei non seppe spiegare se il motivo era il richiamo ad Hogwarts, oppure quello che George le aveva appena detto, riportandola con la testa ad un tempo passato, in cui infilarsi nei passaggi segreti non era che un modo per passare un po’ di tempo senza farsi beccare da Gazza o la Umbridge.
 
E con il sorriso  ampio sul viso e la salda stretta della mano di George, si infilò in quel corridoio buio e umido, andando incontro a quel destino che, nessuno di loro, aveva lontanamente previsto.


 
 
Eccoci, la battaglia è alle porte. Ho il cuore un po’ in subbuglio, ragazzi miei, perché il prossimo sarà l’ultimo capitolo vero e proprio seguito, come già accennato in precedenza, da un capitolo di epilogo. Sarà durissimo scrivere il prossimo capitolo, come, devo ammetterlo, ho già riscontrato grandi difficoltà con questo. Lasciare andare questa storia è un affare complicato, quindi ho bisogno ora più che mai della vostra presenza. Datemi la mano, accompagnate Matilda, George e gli altri insieme a me.

Bri

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Capitolo 39
*** Glorious ***


CAPITOLO XXXVIII
Glorious
 
Ora
Non è il momento
Di tacere
Né di farsi spazio
Visto che di spazio non ne abbiamo avuto
Ora
È il momento
Di essere sfacciati
Fare tutto il rumore che ci serve
Per farci sentire
 
Rupi Kaur – The sun and her flowers
  
 
Nel buio un punto di luce.
Clamorosa, la Stanza delle Necessità apparve loro; da quando ci aveva messo piede l’ultima volta, a Matilda parve ancora più grande, ancora più accogliente. Gli stendardi delle case erano appesi su quattro pareti distinte (quello di Serpeverde era piccino, ma Matilda si sentì particolarmente orgogliosa di quei colori, che nonostante tutto spiccavano, brillanti). Harry era al centro della Stanza, affiancato da Ron ed Hermione e circondato da una moltitudine di studenti, vecchi e nuovi membri dell’Esercito di Silente. Furono Fred e George, ovviamente, a far notare la loro presenza, ma Ginny mosse per prima i passi verso quei tre, con lo sguardo fisso su Harry. Il ragazzo non era felice, lo si capiva, continuava a ripetere che lui, Hermione e Ron dovevano fare una cosa o meglio, trovare una cosa e che poi sarebbero andati via. Partirono le proteste, i ragazzi erano fedeli all’ES, alla Resistenza, non volevano mollare; Neville fece notare ad Harry che erano loro, a combattere contro il regime dei Carrow ad Hogwarts, diretta estensione di Colui-che-non-deve-essere-nominato e che quindi c’era ben poco da fare: tutti avrebbero dato il loro contributo, nessuno escluso. Dopo una veloce consultazione con Ron e Hermione Harry accettò, seppur mal volentieri, la cosa, dichiarando infine che avrebbero dovuto cercare, nella scuola, qualcosa di molto importante appartenuto a Priscilla Corvonero; claudicanti teorie cominciarono a fioccare tra i presenti corvonero e alla fine spuntò fuori che qualcosa di importante c’era, ma che era perduto da molto tempo.
Il diadema di Priscilla Corvonero sembrava il miglior candidato e anche se nessuno sapeva che fine avesse fatto, Luna accompagnò Harry a vederne una riproduzione, dato che nella sala comune blu e nera pare ci fosse una statua della fondatrice, che portava sulla testa proprio il diadema, sebbene di freddo marmo
 
-Che si fa mentre aspettiamo che torni?- Chiese George guardandosi intorno. Hermione e Ron confabulavano ancora e dopo aver strascicato qualcosa a proposito di recarsi in un bagno, corsero via. Matilda aveva richiamato Juno, che stranamente allegra si era appollaiata sulla sua spalla, iniziando a pigolare
 
-Dobbiamo richiamare gli altri dell’ES, subito!- disse Fred a gran voce, mentre estraeva il vecchio galeone dalla tasca. Non passò molto prima dell’arrivo di Bill e Fleur, Molly ed Arthur, Remus, Kingsley e ancora Angelina Johnson, Oliver Baston e Katie Bell, Alicia Spinnet e, con grande sorpresa di Matilda, un ex serpeverde che lei conosceva, perché in rapporto con la sua famiglia, in passato. Sebastian Macnair, nipote del boia Walden Macnair, stringeva la mano della bionda Alicia e dedicò a Matilda una fugace occhiata, prima di chinarsi a sussurrare qualcosa alle orecchie della ex grifondoro. Non è che ci fosse molto tempo per mettersi a scambiare convenevoli, prima del ritorno di Luna ed Harry, decisamente stupito di tutta quell’affluenza
 
-Che si fa Harry? Cosa succede?- gridò George
 
-Stanno facendo evacuare i ragazzi più piccoli, l’appuntamento è in Sala Grande per organizzarsi- Harry esitò un attimo –Si combatte-
 
In un gran boato, la folla cominciò ad affluire verso l’uscita della Stanza ed in pochi rimasero all’interno; Molly cominciò ad urlare, esasperata dal comportamento sconsiderato dei gemelli e di Matilda, che avevano portato Ginny con loro
 
-Sei minorenne! Non lo permetterò, i ragazzi si, ma tu devi tornare a casa!-
 
Ginny cominciò a discutere con Molly, mentre Matilda, Fred e George tenevano lo sguardo basso, un po’ colpevoli. Mentre le due litigavano, si sentì un gran tonfo in direzione del tunnel che attirò l’attenzione di tutti: Percy Weasley si era rimesso in piedi e sistemava i suoi occhiali dalla montatura di corno sul naso
 
-Sono in ritardo? È già cominciato? L’ho saputo solo ora e…-
 
Il gelo calò nella Stanza, così Fleur e Lupin tentarono di spezzarlo mettendosi a parlare del piccolo Teddy e di Tonks, che era rimasta con lui a casa di Andromeda. Matilda guardava stupefatta la scena, ancora più sconcertata quando Percy si mise ad urlare
 
-Sono stato uno scemo! Un idiota, un imbecille, tronfio, un…-
 
-Un deficiente schiavo del Ministero, rinnegato e avido di potere- rispose, gelido, Fred, con George che annuiva al suo fianco
 
-Si!- ammise Percy, che lo guardava con i pugni stretti, da dietro gli occhiali
 
-Beh, non potevi dirlo meglio di così- affermò Fred mentre gli tendeva la mano. Molly scoppiò a piangere e si buttò fra le braccia del figliol prodigo, così anche Arthur si unì all’abbraccio, mentre Percy non faceva altro che continuare a chiedere scusa per il proprio comportamento. George gli chiese cos’era che gli aveva fatto cambiare idea, mentre Matilda si era appiattita contro il suo busto, stringendolo e guardando Percy con occhi sottili e infuocati, decisamente protettiva. Percy cominciò a raccontare che era da tempo che si era accorto di aver preso un grande abbaglio, ma uscire dal Ministero era praticamente impresa impossibile; chi ci provava diventava automaticamente un traditore e non faceva una bella fine. Così si era messo in contatto con Aberforth ed era stato proprio il mago ad avvisarlo che stava per esplodere una battaglia contro i Mangiamorte, alle porte di Hogwarts
 
-Beh, ci aspettiamo che i nostri prefetti prendano il comando in simili circostanze- dichiarò George, con finta alterigia –adesso andiamo di sopra a combattere, o ci perderemo tutti i Mangiamorte migliori-
 
George abbassò poi lo sguardo sulla ragazza che era ancora avvinghiata a lui e le scompigliò il caschetto vaporoso –Che ne dici, vuoi presentarti prima?- le disse parlando come si fa con un bambino; intanto Molly ed Arthur discutevano con Ginny, alla quale alla fine fu concesso di rimanere ad attendere nella Stanza delle Necessita invece che tornare dalla zia Muriel. Percy fissò Matilda con sguardo desolato
 
-Tu saresti…-
 
-Matilda- disse di getto –e tu invece sei quel gran cretino di Percy, giusto?-
 
-Matilda!- la rimproverò Bill, mentre George sghignazzava sotto la presa delle sue braccine
 
-Ha ragione Bill, me lo merito…avrò tempo per recuperare e farmi perdonare anche da te-
 
Per il momento alla serpeverde bastarono quelle parole, avevano ben altro a cui pensare d’altronde e serviva loro tutto l’aiuto possibile; i ragazzi si affrettarono verso l’uscita e nella corsa Percy si presentò anche a Fleur. Di fretta, il gruppo percorse i corridoi caotici, incontrando gruppi di studenti ancora in pigiama, guidati dai prefetti e dagli insegnanti, mentre i ritratti nei quadri correvano da un lato all’altro, gridando ed incitando gli studenti; i volti dei piccoli erano terrorizzati, quelli dei più grandi consapevoli e duri.
Giunti nella Sala Grande, gremita di persone, il gruppo si arrestò; fu l’istinto a portare i larghi occhi cerulei di Matilda ad ispezionare il gruppo di studenti di Serpeverde: scorse i suoi vecchi compagni di casa, incrociò lo sguardo vacuo di Goyle, la figura mastodontica di Millicent chiusa nella sua camicia da notte lilla e fra tutti, spiccava il viso d’ebano di Blaise Zabini, che puntava lo sguardo sul gruppo appena entrato, in un misto di stupore e disprezzo. Eppure Draco non c’era e, ancora una volta, la paura arrivò a bussare alla sua porta. Ma per quel sentimento non c’era tempo, perché la professoressa McGonagall, in piedi sulla pedana in fondo alla Sala, circondata dai professori rimasti ad Hogwarts per combattere e dall’Ordine della Fenice, cominciò a parlare, spiegando che tutti gli studenti minorenni sarebbero stati evacuati, utilizzando il tunnel che portava alla Testa di Porco, mentre gli studenti maggiorenni sarebbero potuti, se lo avessero voluto, restare per combattere. Voldemort stava arrivando con il suo esercito e non c’era tempo da perdere. Una studentessa serpeverde chiese che fine avesse fatto il professor Snape, così Minerva McGonagall rispose che, semplicemente, l’ormai ex preside se l’era data a gambe. E mentre la professoressa continuava a spiegare che avrebbero dovuto sbrigarsi a lasciare la scuola, perché le protezioni che avevano posto intorno ad Hogwarts non avrebbero retto a lungo, una voce terribile, lasciva, ma chiara e forte, scivolava dalle pareti e raggiungeva la testa come provenisse dai corpi stessi degli abitanti di Hogwarts
 
“So che vi state preparando a combattere…I vostri sforzi sono futili, non potete fermarmi. Io non voglio uccidervi. Nutro un enorme rispetto per gli insegnanti di Hogwarts. Non voglio versare sangue di mago”
 
Urla e lamenti si spargevano fra gli studenti; Matilda si aggrappò con forza al braccio di George, rigido e pallido al suo fianco
 
“Consegnatemi Harry Potter e a nessuno verrà fatto del male. Consegnatemi Harry Potter e lascerò la scuola intatta. Consegnatemi Harry Potter e verrete ricompensati. Avrete tempo fino a mezzanotte”
 
Inutile dire che, appena l’assenza della voce di Voldemort rinfrescò la Stanza, ogni singola persona si girò verso Harry; eppure fu solo una, ad uscire dal mutismo: Pansy Parkinson puntò un dito verso Harry Potter ed urlò –Ma è laggiù! Potter è laggiù! Qualcuno lo prenda!-
 
In un attimo i Grifondoro si alzarono, in protezione di Harry, seguiti dai Tassorosso e i Corvonero e una, dieci, cento bacchette puntarono contro Pansy, che prese a guardarsi intorno sconvolta. Matilda fece un passo avanti, pronta ad attaccare quella mentecatta, ma prima che potesse anche lei sfoderare la bacchetta, Daphne la scansò e mosse dei passi pesanti verso il gruppo di studenti della sua casa
 
-Sei un disonore per tutti noi, Parkinson!- gridò, con gli occhi lucidi. Mai nessuno, ad Hogwarts, aveva visto Daphne prendere apertamente posizione contro qualcuno della sua casa –mi fai una gran pena!-
 
Prima che potesse sfoderare la bacchetta, la McGonagall alzò la voce, gelida e ferma
 
-si fermi signorina Greengrass- e poi, puntando lo sguardo su Pansy, livida in volto, continuò –Grazie, signorina Parkinson. Uscirai per prima dalla Sala con il signor Gazza. Il resto della tua casa è pregato di seguirmi-
 
-No!- la chioma lucida di Astoria si fece largo fra i ragazzi –Non è giusto! Perché dobbiamo allontanarci tutti?! Io voglio esserci, voglio combattere!- Ma non fu necessario l’intervento della McGonagall, perché Daphne si avvicinò alla sorella con rapidità
 
-Non scherzare, sei minorenne Astoria, tu andrai via, adesso-
 
-Ma…-
 
-Nessun ma! Non esiste, chiaro? Non lo permetterei mai…-
 
Così successe una cosa che non accadeva da molto, molto tempo: Daphne attirò a sé la sorella più piccola e la strinse in un abbraccio. Strette, commosse, le sorelle Greengrass presero a rassicurarsi a vicenda, davanti agli occhi di tutti
 
-Perdonatemi, ma non c’è tempo per i congedi: ripeto, seguite Gazza, prego!- Minerva McGonagall riportò l’ordine, così Astoria guardò per l’ultima volta il volto di quella sorella dai colori opposti ai suoi, che le sorrise prima di voltarsi e tornare da Lee, che guardava commosso la scena. La Sala si svuotò velocemente; il tavolo dei Serpeverde rimase deserto, mentre gli altri tre ospitavano buona parte degli studenti più anziani che avevano deciso di rimanere per la causa. Così Kingsley cominciò a distribuire compiti a tutti. I gemelli si presero l’onere di organizzare la difesa dei passaggi segreti, coinvolgendo Lee, Matilda e Daphne, che tirava via le ultime lacrime dal volto algido. Matilda si impose di non pensare a Draco, limitandosi ad annuire e farsi impartire ordini: dovevano fare in fretta, perché mancava pochissimo tempo a mezzanotte.
 
 
11:35 PM - Argine Est del Lago Nero
 
-Spiegami ancora una volta perché siamo venuti a suicidarci, capo-
 
Loby, in tutta la sua dissolutissima vita, aveva sempre fatto in modo di non rischiare la pelle; giunto alla soglia dei 45 anni ci era riuscito egregiamente, fin quando il grande capo non aveva deciso di richiamare lui ed altri dieci uomini fedeli, che solitamente si limitavano ad impartire a loro volta ordini; Louis li aveva sorpresi ancora una volta, dichiarando che aveva deciso di unirsi alla causa dei dissidenti contro Lord Voldemort. A Loby, come agli altri, parve molto strano, dato che a Louis Murray non gli era mai fregato niente di certe questioni “politiche”, di conseguenza la richiesta di spiegazioni arrivò spontanea. Ma Louis si limitò a spiegare che l’avrebbero fatto e basta. Si sarebbero dovuti tenere pronti a ricevere una sua chiamata, specificando con calma serafica che se avevano in testa di disertare, era meglio per loro lasciare in fretta il paese. Nessuno aveva osato quindi chiedere altro, ma Loby aveva un rapporto speciale con il suo capo; non gli era mai saltato in mente di disertare, ma voleva capire perché diavolo avrebbe dovuto rischiare la sua testa brizzolata per ammazzare un branco di lupi mannari. Va bene che quel Greyback non gli era mai piaciuto, ma fin quando quello e i suoi scagnozzi erano lontani andava tutto bene.
Louis Murray guardava dritto davanti a sé, con le mani in tasca e la sigaretta in bocca; i suoi occhi chiari risplendevano persino nell’oblio della notte
 
-Perché ogni tanto è bene prendere delle posizioni per quello che si ritiene giusto- rispose il mago, con la sua voce calma e profonda
 
-Va bene, ma perché occuparci solo di Greyback e dei suoi?- lo incalzò nuovamente Loby, dopo aver sputato a terra
 
-Perché il nostro obbiettivo è quello e se volete salvarvi la vita vi conviene non tergiversare. Andate dritti al punto, mi fido di voi-
 
-E tu?- Chiese Loby, accendendosi a sua volta una sigaretta e affiancandosi a Louis
 
-Io ho un altro obiettivo- concluse lui, non lasciando alcuna possibilità di replica, con lo sguardo puntato sulle luci che illuminavano il castello di Hogwarts.
 
 
11:43 PM – Casa Tonks

 -Dovresti restare, Dora. Ti rendi conto di quello che potrebbe succedere?-
 
Andromeda teneva in braccio il piccolo Teddy, con una manina allacciata ad una fragile ciocca di capelli turchesi. Tonks sistemò il bottone dei pantaloni; aveva partorito da poco, eppure si sentiva davvero in forma
 
-Ho dei doveri nei confronti dell’Ordine, mamma…e poi Remus…-
 
-Hai dei doveri nei confronti di tuo figlio!- Andromeda alzò un po’ la voce, generando un vagito di protesta da parte del nipotino, che prese subito a cullare
 
-Lo capisci che lo faccio proprio per lui? Non posso pensare che potrebbe crescere in un mondo dove quelli la fanno da padrone- Tonks sorrise, si avvicinò alla madre ed alzò una mano per carezzarle una guancia –andrà tutto bene mamma, comunque vada…libereremo il nostro mondo da questo fardello-
 
Gli occhi lucidi scesero a fissare il figlioletto, che la fissava mentre schioccava la bocca; Tonks carezzò la nuca turchese, prima di abbassarsi per baciare la fronte di Ted
 
-La mamma tornerà presto- sussurrò. Un ultimo intenso sguardo fra le due donne precedette il congedo di Tonks, lasciando Andromeda con in braccio Teddy, a fissare la porta che la figlia si era appena chiusa alle spalle
 
“Ti prego, fai attenzione, tesoro” mormorò fra sé.
 
 
11:50 PM – Corridoio del quarto piano, Hogwarts

 -E ora che facciamo? Qual è il piano?- Goyle fissava Draco, con la schiena appoggiata alla parete in penombra, mentre rigirava fra le mani la bacchetta di sua madre
 
-Te l’ho già detto, dobbiamo solo aspettare. Se siamo abbastanza furbi da tenerci lontani dalla battaglia, non ci resterà che aspettare di avvistare Potter-
 
Tiger, al fianco di Goyle, si guardava intorno
 
-E se non dovesse arrivare? Se qualcuno ci attaccasse?-
 
-Ci difendiamo?- chiese, retoricamente e spazientito Draco. L’unica speranza rimasta era trovare Harry Potter e sperare, intanto, che sua sorella non venisse coinvolta.
 
 
11:55 PM – Ingresso del passaggio segreto per Hogsmeade
 
-Io controllerò questo punto assieme  a Lee-
 
-Ci sono anche io!- protestò Daphne
 
-E tu, certo. Non sia mai che mi venga in mente di separare questa adorabile coppia- Replicò Fred, poi fu George a prendere la parola
 
-La Spinnet, il suo amico…- -Bastian- Rispose Alicia al posto del mago che aveva un’espressione decisamente contrita e teneva fissi i glaciali occhi chiari su Alicia Spinnet –Insomma, voi due, Oliver e Katie occupatevi del passaggio del quarto piano, si trova dietro lo specchio: il passaggio è ostruito, ma non dubito che potrebbero liberarlo, non credo proprio che quei bravi ragazzi vestiti di nero si mettano a fare convenevoli proprio ora- i quattro menzionati si scambiarono segni d’assenso –mentre io, Matilda ed Angelina ci occuperemo del passaggio dietro la statua di messer Viscido. Teniamo gli occhi aperti e se necessario comunichiamo con i  galeoni-
 
Tutti annuirono, concentrati. Matilda si avvicinò a Lee e Daphne, abbracciando prima l’uno e poi l’altra –State attenti- disse a Daphne, stringendole una spalla
 
-Tranquilla, penserà lei a me- sghignazzò Lee dando un pizzicotto a Daphne, così Matilda guardò Fred, contro cui si scagliò, stringendolo in un abbraccio fortissimo
 
-Anche tu Fred- aggiunse tenendo stretto il mago, guardandolo dal basso
 
-Stai tranquilla ragazzina, ce la faremo- Fred le scompigliò i capelli e poi si chinò un po’ –Tienilo d’occhio- aggiunse, lanciando uno sguardo a George. Matilda annuì e si staccò dall’amico, lasciando modo a George di avvicinarsi a lui
 
-Allora, sei pronto Freddy?-
 
-Sono pronto, Georgie-
 
I gemelli si strinsero a loro volta in un forte abbraccio. Si staccarono con difficoltà, riscontrando nell’altro lo stesso identico sorriso; comunque fosse andata, ce l’avrebbero fatta. Il gruppo si divise prendendo le diverse direzioni e George si voltò un’ultima volta, alzando il pugno verso Fred, che lo imitò. Nel voltarsi e seguire la propria strada, George si sentì stranamente sereno, convinto di avere ancora su di sé, lo sguardo della sua esatta, meravigliosa metà.
 
 
00:01 AM – Hogwarts
 
Un boato, poi un secondo, ancora più forte, ancora più inquietante. Harry Potter non si era consegnato. La guerra aveva inizio.
 
*
 
Fenrir Greyback aveva lasciato che la bestia si impadronisse di lui, con puro gusto. Non vedeva l’ora di mettere le mani su qualche ragazzino, sarebbe stato il suo premio per essersi votato alla causa del Signore Oscuro. Seguito da una dozzina di maghi, lupi mannari che lui aveva piegato ed istruito per seguire i suoi ordini, avanzava verso una delle mura di Hogwarts, già messa sotto attacco. Volavano incantesimi come moscerini, illuminando i passi di Greyback che attaccava senza alcuna pietà chi provava ad ostacolare la sua avanzata. Ma in tutta quella confusione, tra fatture e maledizioni, ragni giganti che avanzavano, come alcuni giganti, di cui sentiva i passi scuotere la terra, Greyback non si rese conto che, alle sue spalle, i suoi seguaci morivano uno ad uno sotto i colpi dei sottoposti di Louis Murray.
 
*
 
-George! Hanno sfondato!-
 
-Angie prendi questi! Lanciali verso di loro! Matt coprimi le spalle!-
 
I Mangiamorte erano penetrati nel castello; per quanto avessero tentato di resistere era successo l’inevitabile ed ora non restava loro che combattere. George creò un diversivo per ostruire il passaggio ordinando ad Angelina di lanciare, all’interno di esso, della polvere buiopesto peruviana e qualche detonatore abbindolante, mentre lui si occupava, assieme a Matilda, di respingere l’attacco di un paio di maghi sbucati dal corridoio. Matilda si parò in protezione di George respingendo una maledizione con un forte incantesimo scudo
 
-Tutto bene George?!-
 
-Finché ci sarai tu ad evitare che muoia, direi di si!- George non si risparmiò una risata nemmeno in quel contesto. Purtroppo a quei Mangiamorte se ne aggiunsero altri, che Angelina era riuscita a tenere a bada solo momentaneamente; Matilda evitò per miracolo una fattura e ne contrastò un’altra, che distrusse uno dei grandi arazzi sulla parete, facendo urlare di terrore il soggetto ritratto che fece appena in tempo a spostarsi nell’arazzo affianco
 
-La polvere!- gridò lei
 
-Finita!- rispose Angelina, alle prese con un energumeno avvolto da maschera e mantello. Non sarebbero usciti bene da quello scontro, se una scia rossa non avesse colpito in pieno petto il Mangiamorte che stava attaccando George e Matilda: Tonks spuntò, assieme a Ginny, entrambe con le bacchette sguainate
 
-Tonks! Che ci fai qui?!-
 
-Non potevo aspettare sapendo che stavate qui a combattere…tu! Non provare a toccare mia cugina!-
 
Tonks scagliò un pietrificus verso il Mangiamorte alle spalle di Matilda, che crollò a terra, inerme. Poi un forte boato proveniente dal piano superiore li fece barcollare. Matilda finì con la schiena addosso ad una parete e nel rimettersi in sesto, notò con la coda dell’occhio un ragazzo conosciuto, che si allontanava dinoccolato; sentì il volto andare a fuoco: avrebbe raggiunto Blaise Zabini, così da spedirlo nei sotterranei assieme ai suoi compagni di casa
 
-Matilda! Dove vai?- Tonks la bloccò per un polso –Dovete rimanere uniti!-
 
-Torno subito!- gridò lei in risposta
 
ma un altro fragore li destabilizzò nuovamente; le urla si facevano spazio da ogni angolo del castello, senza considerare che il passaggio che avevano protetto fino a quel momento, era stato infine conquistato da alcuni Mangiamorte che si stavano facendo strada per entrare
 
-Non possiamo fare più nulla qui! L’unica cosa…- Angelina tirò indietro le treccine sfuggite alla coda, prima di puntare la bacchetta contro il passaggio
 
-Bombarda maxima!- gridò, mandando in frantumi l’entrata, che si chiuse sotto la frana dei detriti
 
-Andiamo a vedere come stanno gli altri, forza!- Angelina si trascinò dietro Ginny, mentre Tonks afferrò Matilda per le spalle –Remus? Lo hai visto?-
 
-Non ho idea di dove sia…ma se la caverà, vedrai!-
 
-Vado a cercarlo, tu stai attenta, difendetevi a vicenda!- Tonks strinse Matilda in un fugace e sentito abbraccio, prima di correre via; George afferrò la mano di Matilda e corse nella direzione in cui avevano visto scomparire Blaise, allontanandosi dai Mangiamorte che si stavano riprendendo dai colpi inferti. Correvano, veloci e affannati; purtroppo Matilda perse la presa di George, che di punto in bianco venne sbalzato via da uno schiantesimo
 
-George!-
 
Ma un’altra esplosione gettò il corridoio in un caos di fumo denso. Cominciò a tossire, convulsa; voleva ritrovare George, ma il ragazzo non rispondeva ed il fumo si faceva più denso…
Si fece strada a tentoni verso l’uscita dal corridoio, ma d’improvviso si ritrovò sulle scale che subito si mossero, obbligandola a scendere al livello successivo. Urlava il nome di George, mentre evitava di essere raggiunta dalle maledizioni dei Mangiamorte. Si guardò intorno, spaesata, terrorizzata, persa.
Era sola.
 
*
 
La battaglia continuava violenta e più il tempo passava, più la voglia di sangue e carne si faceva largo nelle fauci di Greyback. Fugacemente si chiese perché questi poveri idioti continuassero a combattere una battaglia che, con ogni evidenza, avrebbero perso; ma a lui importava poco, perché la bestia scalpitava, rivendicando il suo tesoro, la sua ricompensa. E come una fulgida stella, quella arrivò crollando da una balconata; con grandi falcate, Fenrir Greyback raggiunse la giovane strega riversa a terra, che mugolava di dolore: un’ondata di lunghi capelli ricci color del miele, sebbene alcune ciocche fossero raggrumate dal sangue, circondavano il viso tondo, piegato in una maschera di dolore. Quando la ragazza si rese conto che su di lei era calato qualcuno, spalancò gli occhi, terrorizzata; quella era l’espressione preferita di Greyback, quella che lo eccitava sopra ad ogni altra cosa al mondo: l’esatto momento in cui la preda si faceva consapevole che presto sarebbe stata sbranata, gettava Greyback in un totale stato di frenesia. In un solo istante spalancò le fauci, azzannando la giovane ragazza alla mandibola e beandosi, così, del sangue fresco. Ma il piacere fu breve, troppo breve, perché qualcosa lo aveva appena sbalzato via con gran violenza
 
-Tu sei l’essere più raccapricciante con cui abbia mai avuto a che fare, Greyback. Vorrei davvero che questo momento durasse molto di più, perché una bestia come te meriterebbe la tortura…ma purtroppo ti renderai conto da te che non ho molto tempo a disposizione, perciò…-
 
Rivolto sulla schiena, Fenrir Geyback fissò il suo carnefice con la stessa identica espressione di terrore puro, con cui poco prima l’aveva guardato la ragazza, di cui sentiva ancora il sangue sulle labbra. Poi la punta della bacchetta di Loby quasi lo toccò e l’uomo corpulento schiuse le labbra in un sorriso
 
-Questo te lo manda Andromeda Tonks, per aver condannato suo genero. Vai all’inferno Greyback, io ti raggiungerò fra qualche anno: Avada Kedavra!-
 
Così Greyback trovò la sua fine, con addosso il rimpianto di non aver potuto consumare la sua ultima preda.
 
*
 
George si rialzò a fatica, tenendosi la testa con entrambe le mani; ancora si stupiva, di tanto in tanto, di non sentire la presenza dell’orecchio sotto i capelli leggermente lunghi. Sentì, lontanissima, la voce di Matilda, ma prima che riuscisse a riprendere fiato, dopo essere stato schiantato, quella si era fatta assente. Dovette attendere che il fumo si dissipasse, prima di scorgere Blaise Zabini, con la bacchetta puntata verso di lui
 
-Come va, sporco traditore? Vuoi che ti faccia saltare anche l’altro orecchio?-
 
Avere davanti il mago che si era fatto complice delle torture nei confronti della sua Matilda, annebbiò totalmente lo sguardo di George
 
-Non potevo aspettarmi che un attacco a sorpresa, da un vigliacco come te- rispose George, tirando su un angolo della bocca. L’insolenza non era mai piaciuta a Blaise, era evidente, dato che non perse tempo e subito lanciò contro l’altro la terribile maledizione cruciatus, che George riuscì ad evitare
 
-Ti piace davvero tanto giocare sporco, non è vero Zabini?- George, agile, puntò la bacchetta nella sua direzione
 
-Excelsiosempra!- Blaise, preso alla sprovvista, si sollevò da terra, per poi ricadere violentemente al suolo, gridando di dolore
 
-Ti piace, Zabini? Questo è per aver torturato Matilda!-
 
Blaise rotolò su un fianco, evitando così di incontrare l’urto di un altro incantesimo; bacchetta alla mano, Zabini la puntò contro George, colpito in pieno dalla sua tortura, che cominciò ad urlare di dolore
 
-Non mi ha lasciato altra scelta, avrebbe dovuto ascoltarmi, quella puttana! Crucio!-
 
Intorno ai due si sentiva il molesto rumore della battaglia in atto, ma questo non fece esitare Blaise dal torturare George. Eppure il ragazzo riuscì a contrastare la tortura, alzando il legno nella direzione del nemico
 
-Expulso!-
 
Forti scariche elettriche colpirono Blaise, che si accasciò nuovamente a terra e George, dolorante ma rabbioso, si avvicinò a lui, continuando a colpirlo
 
-E con una madre come la tua hai pure il coraggio di dare della puttana a lei?!-
 
-Ex…expellia…-
 
George passò una mano sulla bocca sporcata di sangue, mentre liberava una risata
 
-Sei ridicolo…fastronum!- Blaise si coprì d’istinto le orecchie, impossibilitato a tentare ancora di contrattaccare. George si mosse ancora verso di lui e si accovacciò accanto al corpo raggomitolato –Vantaggioso avere un solo orecchio, non trovi? Non sai da quanto tempo volevo rompere il tuo bel naso dritto- e con un unico, forte pugno, George colpì il viso di Blaise, spaccandogli il setto; le narici cominciarono a fiottare sangue
 
-Sei un viscido codardo, Zabini. Matilda è stata troppo buona con te, ma non avevi fatto i conti con me, giusto? Per tua sfortuna io sono molto meno indulgente della mia ragazza. Spero che ti soffochi col tuo stesso sangue puro, bastardo-
 
Detto questo George si alzò e corse via, lasciando Blaise a terra, sanguinante, a masticare bestemmie.
 
*
 
Un clangore acutissimo, poi un boato assordante, attirò l’attenzione di Matilda, che non aveva fatto altro che tentare di difendersi e difendere i compagni che aveva incontrato. La testa rimbombava con assoluta violenza e la stanchezza aveva iniziato a farsi sentire. Si era beccata qualche maledizione ed un paio di schiantesimi abbastanza potenti da farla sbalzare via; ma quando sentì quel funesto frastuono, mosse rapidamente lo sguardo nel tentativo di capire da dove provenisse ed appena realizzò che la direzione era quella della Stanza delle Necessità, corse verso di essa. Nella corsa scorse una vecchia e spelacchiata Scopalinda gettata in un angolo, che appellò per poi montarci sopra: doveva assicurarsi che si fossero messi tutti in salvo, che nessuno si trovasse dentro la Stanza; sentiva l’aria calda sferzarle la faccia ferita e più si avvicinava alla Stanza, più quella si faceva insopportabilmente bollente. Ma solo la testa bionda di suo fratello, accasciato a terra al fianco di Goyle, la obbligò a sterzare
 
-Draco!-
 
Abbandonò la scopa a terra e corse verso il fratello, che non faceva altro che tossire davanti al muro della Stanza. Quando il ragazzo sentì la voce della sorella, alzò gli occhi lucidi e arrossati, ma non fece in tempo a reagire che Matilda si era gettata fra le sue braccia
 
-Draco…Draco stai bene, stai bene! Perché sei qui?! Non ti ho visto nella Sala Grande, credevo che Tu-sai-chi…-
 
Matilda frenò il flusso di parole perché, fra le sue piccole braccia annerite e ferite dalla battaglia, Draco aveva ceduto ai singhiozzi. Goyle, al loro fianco, sembrava pietrificato e continuava a ripetere il nome di Tiger come fosse un mantra. Matilda capì che doveva essere successo qualcosa a Vincent Tiger, ma non chiese nulla, limitandosi a carezzare la testa di Draco che non riusciva a smettere di singhiozzare sebbene un altro, terribile rombo, si fece portavoce di una forte esplosione, molto vicina
 
-Ci…ci ucciderà, ci ucciderà t-tutti, tutti q-quanti-
 
-No, no che non lo farà, andrà tutto bene, ma devi andartene ora, metterti al sicuro-
 
Provato, con il viso arrossato dalle lacrime e gli occhi ancora più rossi, Draco la fissò dopo essersi staccato da lei –No! Tu devi v-venire con me! N-non ti lascio qui!-
 
Matilda strinse il volto del fratello fra le mani –Io ho deciso da che parte stare, chiaro? Non importa se mi costerà la vita…ma tu devi andartene, subito! Dove sono mamma e papà?! Vai da loro, raggiungili!-
 
Ma Draco scosse la testa violentemente –Sono con lui…non posso…-
 
Matilda si irrigidì; ma era chiaro, come aveva fatto a non pensare che i suoi genitori dovessero essere al fianco di Voldemort? beh, almeno non erano morti, valutò con rassegnazione, prima di puntare di nuovo gli occhi in quelli identici del fratello e stringergli il viso fra le mani
 
-Devi rimanere lucido, ok? Vai nei sotterranei, raggiungi gli altri, Astoria deve trovarsi lì…e portati Goyle, se non vuoi che ci rimanga secco-
 
Si alzò, più stanca che mai, intenzionata a trovare George, o Daphne, o Fred…di certo avevano bisogno di lei. Prima di poter afferrare nuovamente la scopa, sentì la voce di Draco richiamarla di nuovo
 
-Mati…mi dispiace, mi dispiace per tutto- sussurrò flebilmente. Draco le fece una gran tenerezza, sporco e sconvolto com’era. Lui non era fatto per quel posto, lui non era fatto per combattere. Lui stava meglio da codardo
 
-Vai Draco, ti prego, io devo andare- detto ciò inforcò la scopa su cui salì
 
-Ti voglio bene!-
 
Quell’ultima frase le fece salire le lacrime
 
-Anche io- rispose già in groppa alla scopa, già lontana da Draco. Ora non poteva pensare a lui; doveva continuare a combattere.
 
*
 
Mentre tagliava il cortile esterno a cavallo della scopa, una voce terribile ed ormai conosciuta sembrava voler spaccare la testa di Matilda, che rischiò pericolosamente di cadere dal manico. Lord Voldemort chiedeva loro di arrendersi: avevano tempo un’ora per disporre i loro morti con dignità e curare le ferite. E mentre Lord Voldemort lanciava un ultimo richiamo diretto ad Harry Potter, Matilda scorse fumi neri dissolversi nell’aria, assieme ai dissennatori, che si era ritrovata a tenere a bada servendosi della sua piccola volpe argentata. Planando a terra il gelo le costrinse le viscere; si sentiva incredibilmente sola, impaurita e stanca; suppose che avrebbe potuto trovare i suoi compagni nella Sala Grande durante la tregua, per cui sfrecciò radendo il suolo fin dentro l’ingresso distrutto, dove statue grandi e piccole erano ammassate negli angoli, ridotte in frantumi. Ancora una volta corse verso la Sala Grande, nella speranza di trovare anche solo un volto amico; il silenzio era spezzato solo dai lamenti dei feriti e da forti singhiozzi, dovuti probabilmente alle perdite subite. Matilda si fece forza, incurante del sangue che sentiva colare dalla nuca e dal braccio destro, colpito dalla furia di una fattura.
Ma quello che i suoi occhi videro fu l’inizio del più atavico degli incubi: tutti i Weasley, Fleur, Lee e Daphne, Angelina, Alicia in lacrime fra le braccia di Sebastian, erano attorniati a coprire qualcuno. Non si curò delle voci che chiamavano il suo nome, ma marciò verso la piccola folla, mentre percepì con nitidezza il cuore andare in frantumi.
Vide una zazzera di capelli rossi. Un viso amato, innaturalmente pallido.
Vide George inginocchiato su di esso, a singhiozzare senza riuscire a placarsi.
Vide altri due corpi accanto a quello di Fred. Tonks e Remus, immobili come calchi di cera.
Vide, in un solo colpo d’occhio, i suoi incubi spalancare le fauci e strapparle l’anima.
Stesi, su quel pavimento di marmo, vestito di polvere e sangue, c’erano dei pezzi di lei, che non sarebbero tornati mai più.
Fred, il suo più grande amico, il fratello che l’aveva capita, accudita ed amata.
Dora, la famiglia che l’aveva accolta con la stretta più dolce e calda del mondo, a fianco del marito.
E quando qualcuno nominò il suo nome, quando Fleur singhiozzò e le toccò i capelli, Ginny la richiamò con dolore, Molly la appellò bambina mia, solo allora George alzò la testa e la fissò, con gli occhi gonfi e svuotati dalla perdita di quella sua metà che lo aveva definitivamente distrutto. Matilda non riuscì a dire nulla, ma fissò la bocca di George, il diluvio dei suoi occhi, le sue mani chiuse a pugni, a contenere tutto il suo dolore. Fu in grado di accogliere solo lui, mentre si accucciava al suo fianco e si faceva vittima di quell’abbraccio attanagliante, molto, molto più forte di quello stremato di Draco
 
-Pensavamo…pensavamo…cazzo, credevamo fossi morta anche tu, anche tu- singhiozzò George, incapace di trattenersi, avvinghiato a lei come se fosse l’unico appiglio per tenersi attaccato alla vita
 
-Sono qui, sono qui, tesoro mio, non me ne vado-
 
*
 
Molte cose successero, una dietro l’altra, senza tregua di calma e di tempo. Piansero i loro morti per poco tempo, curarono chi aveva bisogno di loro; era incredibile pensare che fosse passata solo un’ora, durante la quale la notte stava per cedere il passo all’alba di un giorno che si presentava mostruoso e maligno. Matilda non aveva mai lasciato i Weasley ed i suoi amici, mai, nemmeno un istante. Abbracciò stretto Ron ed Hermione la avvolse e la carezzò, ripetendo solo mi dispiace, fra i singhiozzi. George era spezzato e non sembrava davvero presente; singhiozzava e si ammutoliva, teneva la sua mano e la implorava di non lasciarlo solo. E come avrebbe potuto? La sola idea di separarsi da lui era lacerante, non ci sarebbe riuscita nemmeno fosse intervenuta la volontà.
Poi tornarono i Mangiamorte, capitanati da Lord Voldemort un passo avanti ad Hagrid, che teneva in braccio il corpo inanimato di Harry. Quindi era morto davvero e, con lui, la loro speranza migliore. Davanti all’entrata del castello si schieravano le parti e la sua, malconcia e sofferente, gridava che no, non era possibile, che Harry Potter non poteva essere morto. Matilda vide il viso di Bellatrix pervaso da adrenalinica felicità e poi scorse i suoi genitori, che brillarono nel vederla viva; ma era davvero meglio, essere vivi in quel mondo lì? Strinse forte la mano di George in piedi per miracolo al suo fianco e cercò nuovamente Narcissa, che non aveva mai smesso di fissarla.
Poi Neville, coraggioso più di chiunque altro, si fece avanti per sfidare apertamente Lord Voldemort, che calò sulla sua testa il Cappello Parlante richiamato da Hogwarts, solo dopo aver pietrificato il povero grifondoro. Teatrale, volenteroso di attirare l’attenzione, come se ce ne fosse stato bisogno
 
-Il nostro Neville ora dimostrerà che cosa accade a chiunque sia così sciocco da continuare a opporsi a me-
 
Con un rapido movimento della bacchetta, Lord Voldemort diede fuoco al cappello parlante. Ma qualcosa accadde, perché urla si levarono dalla foresta ed una mandria corse verso di loro; Grop, che richiamava il fratello, fu attaccato da giganti ben più grossi di lui, mentre i centauri scoccavano frecce ed attaccavano i Mangiamorte. Mentre Neville si divincolava dall’incantesimo e, davanti agli occhi di tutti, tranciava la testa di Nagini, Matilda tirò via George, correndo all’interno del castello dove presto, tutti, si sarebbero riversati. C’erano Seamus Finnigan ed Hanna Abbott che lottavano per scacciare uno dei Mangiamorte; Charlie, tornato per aiutare nella battaglia e giunto con molti abitanti di Hogsmeade, deviò una maledizione diretta a George; gli elfi domestici erano emersi dalle cucine e lottarono con tenacia; Matilda vide Hagrid accanto ad un uomo che non aveva mai visto, dal vestiario impeccabile che lanciava colpi verso Walden Macnair, il boia al servizio di Voldemort e zio del conosciuto Sebastian, che lottava al fianco di Alicia. Mentre evitava un lampo di luce verde che le bruciò una ciocca di capelli si avvicinò involontariamente ai due e fu rapita, per un attimo, dall’abilità posata del mago dagli occhi di ghiaccio
 
-Levati di mezzo!- gridò il boia, mentre tentava di lanciare maledizioni contro l’altro
 
-Questo è ciò che meriti per aver usato tuo nipote; au revoir, Macnair-
 
Un lampo verde colpì il viso di Walden Macnair, che stramazzò a terra, rigido come uno di quegli animali che amava tanto impagliare. Matilda si lasciò alle spalle il grido di giubilo di Hagrid e ricercò subito George, che vide atterrare, assieme a Lee, il brutto muso di Yaxley. Affiancò Daphne, furiosa più che mai, nell’abbattere Rosier, per poi spostarsi rapidamente verso Luna, Ginny ed Hermione, che tentavano di tenere a bada Bellatrix
 
-Hai visto che fine ha fatto la tua cuginetta?! Sei venuta qui per raggiungerla?- gridò Bellatrix, intrisa di follia. La consapevolezza che Tonks fosse morta per le mani di quella donna la fece gridare di rabbia; sarebbe morta, ma non prima di vedere quella stronza soffrire le peggiori pene. Ma Molly prese il comando appena Bellatrix per poco non colpì Ginny, urlando che avrebbero dovuto lasciarla a lei. Le streghe duellarono con tenacia e ad ogni colpo di Molly, Matilda vedeva la sicurezza svanire sul volto di Bella, che trovò la morte per mano di un ultimo, potente colpo di Molly Weasley.
Così le parti si ribaltarono rapidamente, fino alla sconvolgente visione di Harry Potter, più vivo che mai, che si poneva al centro della Sala, proprio di fronte a Lord Voldemort: i due maghi crearono nell’imminente un vuoto intorno a loro, nonostante le centinaia di persone che, a quel punto, si erano stipate contro le pareti. Matilda voleva raggiungere George, ma una mano la tirò via proprio durante l’epico scontro dei due maghi, rapiti l’uno dall’altro. Il volto della madre, avvolto dai capelli stranamente scomposti, era concentrato ad inglobare gli occhi della figlia, che rispose, muta, al suo sguardo. E mentre Harry Potter si rivolgeva a Lord Voldemort, dichiarando che l’avrebbe sconfitto, perché aveva dalla sua un sentimento troppo grande che il mago oscuro non poteva comprendere, Narcissa strinse a sé la sua bambina, sussurrandole di quello stesso amore con cui si faceva scudo Harry Potter, che per sempre l’avrebbe legata a lei.
Così, nelle braccia della madre, che voleva sentire sue per un'ultima volta, avvolta da un’accecante luce dorata, Matilda assisteva alla sconfitta del più grande mago oscuro di tutti i tempi, per mano del ragazzo con la cicatrice a forma di fulmine.
 
Rose tinted view
And satellites that compromise the truth
 
But I wanted mor,,e with the cuts and the bruises
Touch my face
A hopeless embrace
 
Faith
It drives me away, but it turns me on
Like a stranger's love
 
Rockets through the universe
It fuels the lies and feeds the curse
And leads me to be
Glorious
 
I need to believe, but I still want more
With the cuts and the bruises
Don't close the door, on want you adore
 
And faith
It drives me away, but it turns me on
Like a stranger's love
 
It rockets through the universe
It fuels the lies and feeds the curse
And leads me to be
Glorious

Glorious - Muse

°
 
Piccolo, scontato, ma doveroso appunto: alcuni dialoghi sono tratti pari pari dal libro. Conoscete la mia morbosità per il canon, per cui è inutile specificare che la volontà è stata quella di non voler tradire la saga originale, ma di condirla con alcuni personaggi, tra cui, ovviamente, Matilda.
 
“Bastian” Macnair è un oc di AdhoMu. A lui è dedicata la long “L’assistente di Pozioni”, oltre che apparire anche in altri scritti di AdhoMu. Avevo esigenza di omaggiare questo oc che sento un po’ come un figlioccio.
 
Nulla, in questa storia, è lasciato al caso ( almeno ci ho provato); ecco quindi svelato l’accordo fra Andromeda e questo affascinante mago che avete conosciuto nello scorso capitolo: Andromeda vuole giustizia per Remus (proprio Greyback è la causa delle sue dolorose trasformazioni al sorgere della luna piena) e chiede al signor Murray di uccidere Greyback e i suoi. In cambio, Louis avrà la possibilità di vedersela direttamente con Walden Macnair, con il quale ha un conto in sospeso che spero di approfondire in futuro. Per il momento se volete saperne di più, leggetene le vicende in “L’assistente di Pozioni” di AdhoMu, dalla quale ho preso spunto (con suo consenso), per creare questo legame tra il mio oc ed il suo.
 
 
Siamo quasi giunti alla fine. Io ho appena gettato il mio cuore nel cestino al fianco della scrivania. Vi aspetto all’epilogo (così suona minacciosa) con tutti i ringraziamenti. Vi abbraccio.
 
Bri

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Capitolo 40
*** Per ora Noi la chiameremo Felicità ***


 
EPILOGO
Per ora Noi la chiameremo Felicità
 
Through the sleepless nights, I cry for you
And wonder who is kissing you
These sleepless nights will break my heart in two

Somehow through the days, I don’t give in
I hide the tears that wait within
But then through sleepless nights I cry again

Why did you go? Why did you go?
Don’t you know? Don’t you know?
I need you

I keep hoping you’ll come back to me
Oh let it be, please let it be
My love, please end these sleepless nights for me

Why did you go? Why did you go?
Don’t you know? Don’t you know?
I need you

I keep hoping you’ll come back to me
Oh let it be, please let it be
My love, please end these sleepless nights for me


Sleepless Nights – Eddie Vedder

 
La battaglia aveva lasciato troppo dolore, che non si sarebbe dissolto con una manciata di giorni. Serviva, ai superstiti, passare molto tempo con se stessi ed i propri cari, con le persone con cui avevano condiviso la gioia di essere sfuggiti alla morte ed il terrore di aver visto le persone amate, crollare sotto i loro occhi.
Serviva tempo.
Tantissimo tempo da spendere per cucire le ferite dell’anima.
Hogwarts era metafora di quell’incurabile dolore, ma anche il simbolo della rinascita seguita alla morte di Tom Riddle (in molti avevano iniziato ad appellarlo così, dopo la sua definitiva sconfitta). Questa rinascita rarissima anzi, unica, la si scorgeva in ogni angolo di quel maestoso castello, tramite le forze dei resistenti che, quasi subito, si erano rimboccati le maniche per rimettere in piedi quel baluardo di speranza. Non volevano polvere e macerie, i maghi e le streghe che avevano lottato per sconfiggere la dittatura: esigevano che la loro Hogwarts tornasse più forte che mai, nel minor tempo possibile. Così ognuno fece la propria piccola parte nonostante la stanchezza.
Poi si tennero i funerali, in quel luogo ripulito e nuovamente accogliente. I cinquanta caduti vennero commemorati e pianti, uno ad uno, dal piccolo Colin Canon, sfuggito alla sua minore età per battersi con coraggio, a Lavanda Brown, spirata sotto il morso di Fenrir Greyback, passando per tutti coloro che erano morti prima della battaglia: si parlò del grande e valoroso Alastor Moody, così come di Dobby “l’elfo libero”. Quando si nominarono Tonks, Remus e Fred, Matilda scoprì il viso che aveva coperto con dei tondi occhiali da sole neri, ben poco utili in realtà al loro scopo; allungò una mano a cercare quella di George, che incontrò prima di quanto si aspettasse, perché egli stesso aveva desiderato allacciarsi alla sua. Insomma, ad Hogwarts, illuminata da un caldo tramonto di Maggio, fecero quello che, per molto tempo, era stato loro vietato: parlare di quanto fosse stato ingiusto tutto quanto, di come fosse sbagliato e di quante persone avevano lottato e ancor peggio, perso la vita, per ricostituire un mondo dove fosse possibile amarsi senza paura, incondizionatamente dal livello di purezza del proprio sangue, dall’essere maghi o babbani. Avevano lottato per il diritto d’amare ed era giusto ricordare chi era morto per quello. Prima di concedere un posto freddo ai corpi senza vita, il fermento non s’era ancora sopito, ma tutti trovarono il loro riposo, nel lasciare il proprio ultimo saluto a queste donne e uomini incredibili, che avevano fatto in modo che altri vivessero.
Mentre si spendevano le ultime parole Matilda si alzò e, con discrezione, si allontanò dal funerale, non prima di aver sussurrato a George che sarebbe presto tornata. Così, con le mani nelle tasche dei suoi pantaloni scuri, dal taglio elegante, la ragazza gettò il passo intorno alla riva del lago che se ne stava lì, placido, ma più splendente che mai. Mentre gli occhi gonfi dal tanto piangere saltavano sull’acqua, ripensò alla stretta della madre e poi a quel nitido quadro di famiglia, che visse da spettatrice: Suo padre e sua madre stretti intorno a Draco, nella Sala Grande. Nessuno sembrò fare caso a loro, o comunque nessuno sentì l’esigenza di mandarli via; d’altronde forse era ormai chiaro ai più che i Malfoy non fossero che a loro volta delle vittime, specialmente perché nessuno aveva visto combattere i tre. Matilda era in piedi alla loro sinistra, chiusa nei pantaloni logori, in quella maglia strappata e macchiata dal proprio sangue e da quello di chissà chi altro; le braccia doloranti, un grande spacco sulla fronte, uno zigomo pulsante di dolore ed i suoi capelli assurdamente ancora gonfi, appiccicati alla faccia. Li guardava curiosa, rintronata, come se non fosse mai appartenuta a quella loro realtà; si sorprese a capire che pensandoli singolarmente, Matilda sentiva di voler loro un gran bene: ricordò suo padre che giocava con lei e la accompagnava a comprare la prima divisa scolastica; Draco che, nel bene e nel male, era sempre stato presente e, a modo suo, aveva cercato di proteggerla. Infine sua madre, sempre fiera, eppure docile e delicata, quando intrecciava i suoi capelli tanto ingestibili.
A modo loro, ognuno aveva avuto un ruolo ben preciso nella sua vita, che l’aveva portata ad essere ciò che era, contribuendo alla sua formazione, seppur spesso per opposizione alle loro volontà. Non riusciva ad odiarli, nessuno di loro, come non riusciva a rinnegarli davvero. Eppure non si unì a loro in quell’abbraccio consolatorio, nonostante sapesse che non aspettavano altro; li guardò, da quel suo angolino di solitudine e si ritrovò, per un breve attimo, a non capire quale fosse il suo posto. Alle sue spalle la famiglia Weasley, riunita a piangere la morte di Fred, ma anche rinvigorita da quella battaglia che li aveva visti vincitori. Al suo fianco la sua famiglia d’origine, da cui aveva con ferma volontà preso le distanze. Stette un po’ lì, con le braccia abbandonate lungo i fianchi, a ciondolare da un piede all’altro; si mosse solo quando sentì delle braccia vellutate avvolgerla da dietro e, scostando lo sguardo alla sua sinistra, sorrise di cuore nel riconoscere il viso di Hermione, avvolto dai crespi capelli scuri. L’amica sistemò il mento sulla sua spalla, stringendola un po’ più forte
 
-Ora andrà tutto bene- Poche parole, ma più rassicuranti che mai. Trovò quindi la forza di muoversi, stretta all’amica, per lasciarsi il passato alle spalle.
 
Ora guardava il lago, senza pensare a quale fosse davvero il suo posto. L’unica certezza era che avrebbe seguito il suo cuore, che mai aveva sbagliato nel consigliarla.
 
*
 
Erano passati mesi, eppure George si era rifiutato di tornare nell’appartamento che condivideva con il fratello a Diagon Alley. Si erano quindi trasferiti alla Tana, dove Matilda passava le giornate a tentare di far scendere George dal letto; certe volte era più semplice, anche se non passava un giorno che il ragazzo si svegliasse senza gli occhi appiccicati dal pianto. Altre, invece, il ragazzo si rifiutava di uscire dalla camera e, nella maggior parte dei casi, chiedeva a Matilda di rimanere con lui. Succedeva, quindi, che lei lo assecondasse, mentre in altri momenti si arrabbiava moltissimo, a seconda di quanto, il suo dolore, prendeva il possesso della situazione. Ma ogni volta che si metteva ad urlare finiva che George la guardasse sperduto, accigliato, vuoto e allora lei scoppiava a piangere, perché non voleva ferirlo, ma sostenere entrambi era davvero difficile. Altro che tempo, Matilda cominciava a pensare che la situazione non sarebbe migliorata, che la morte di Fred li aveva spaccati in pezzi tanto piccoli che niente al mondo sarebbe stato in grado di rimetterli insieme. Quando la situazione si faceva insopportabile, Matilda prendeva le sue cose e scappava a casa di Andromeda, cercando consolazione nella zia e nel piccolo Teddy, che accudiva con quanto più amore possibile; quel bambino era un balsamo rigenerativo per lo spirito, perché nonostante il suo viso le ricordasse quello dei suoi cari ormai perduti per sempre, le infondeva tanta speranza.
Ma una violenta impotenza la attanagliava quando aveva a che fare con George; da una parte lo aveva capito, che il ragazzo aveva estremo bisogno di averla accanto, dall’altra però sentiva che ogni tentativo di smuoverlo risultava inefficace.
Una mattina Matilda si svegliò, agitata a seguito di uno dei soliti incubi che non le davano tregua: sognava di Fred, di una delle qualsiasi giornate che passavano insieme dopo aver chiuso il negozio; lui era allegro e cucinava per lei e George, chiuso in bagno. Allora lei si avvicinava ai fornelli e sbirciava cosa c’era nella pentola, ma quella era vuota, sempre vuota. Così Fred rideva un po’, posava la bacchetta e la guardava, con un sorriso nostalgico
 
“Non lo posso fare Matt. Non lo ricordi, che sono morto?”
 
Ma lei non ci credeva, non lo voleva accettare. Iniziava a singhiozzare e pretendeva di non svegliarsi, perché se l’avesse fatto allora sarebbe tutto finito, non avrebbe più visto Fred, non avrebbe più mangiato quello che l’amico le cucinava. E poi con il negozio, come avrebbero fatto? Fred allora si incupiva e abbassava la testa; non sapeva risponderle. Lo scuoteva, urlava che glielo doveva! Doveva rimanere lì.
 
E poi spalancò gli occhi e George era già sveglio, a guardarla terrorizzato. Si abbracciarono e piansero insieme, ancora una volta, incapaci di sopportare tutto quel dolore.
 
Ma dopo quell’incubo lì, Matilda decise che era giunto il momento di reagire davvero e non avrebbe accettato un no come risposta. Così si consultò con Ron ed insieme, quella stessa sera, parlarono con George, stretti insieme agli altri Weasley intorno al tavolo della Tana: avrebbe dovuto riaprire il negozio e loro lo avrebbero sostenuto. Inizialmente George, rosso di rabbia e di disperazione si alzò di scatto facendo traballare il tavolo ed iniziò a gridare che non ce la faceva, che faceva troppo male e che, senza Fred, lui non sarebbe riuscito a lavorare ancora. Incredibilmente fu il sostegno di Percy, ad aiutare Matilda; il ragazzo che, da quel due Maggio, non aveva mancato un giorno alla tavola con la famiglia (sebbene vivesse nel suo modesto appartamento al fianco del Ministero), raddrizzò gli occhiali sul naso e parlò con tutta la calma del mondo, davanti agli occhi allibiti di tutti loro, compresi Hermione ed Harry, che stringeva la mano di Ginny al suo fianco
 
-Lascerò il lavoro al Ministero se necessario. Ma tu riaprirai il negozio George, perché Fred avrebbe voluto questo e se lo scotto da pagare sarà lavorare in quel folle negozio senza cultura…lo farò ben volentieri. Sono certo che questo lo renderebbe felice, oltre che fargli fare una bella risata-
 
Ammutoliti, tutti puntarono lo sguardo su George, ancora in piedi con i pugni stretti, che fissava il fratello maggiore con la bocca schiusa.
 
Quello fu l’inizio della lentissima guarigione di George che, in quel giorno di fine Agosto, si trovava a riordinare i Tiri Vispi Weasley con l’aiuto di Matilda, Ron, Ginny, Harry ed Hermione; ma esentò Percy dall’aiutarlo, dicendo che piuttosto si sarebbe tranciato anche l’altro orecchio, pur di non sentirlo ciarlare delle sue stronzate da professore. Quella battuta buttata lì, con un volume della voce molto alto, fece ridere e piangere i presenti.
George iniziava a guarire, almeno un po’.
 
Ma più il tempo passava, più Matilda peggiorava. Ron aveva affiancato George al negozio e anche la ragazza passava le sue giornate con loro, riprendendo in mano l’amministrazione e le questioni burocratiche. Eppure George, ancora emotivamente claudicante, stava pian piano realizzando che non poteva andare avanti così. Mentre Hermione era tornata ad Hogwarts per completare gli studi, Matilda si era sacrificata per stargli accanto. In Novembre, con il negozio ormai riavviato e a pieno regime, George aveva deciso di parlare con la sua ragazza. Così attese la chiusura, salutò Ron e raggiunse Matilda alla cassa
 
-Ti va di venire con me?-
 
La ragazza alzò gli occhi dal grande faldone che stava compilando, con aria molto assorta e tirò una ciocca di capelli dietro l’orecchio
 
-Dove?- pigolò lei
 
George sorrise stanco, chiuse piano il faldone e le prese la mano, portandola al piano superiore. Non avevano più messo piede lì, ma per fortuna, dopo il passaggio funesto dei Mangiamorte, ci avevano pensato Bill e Charlie a riordinarlo un po’. Così tornare nell’appartamento fu un po’ meno traumatico del previsto, nonostante entrambi sentirono subito il medesimo nodo, di nome Fred, a stringere lo stomaco.
Ricacciate indietro le lacrime, George tirò Matilda verso il divano ed i due sedettero, uno di fronte l’altra, rimanendo per un po’ in silenzio. Con difficoltà, George prese la parola, sforzandosi moltissimo di non piangere; non poteva permetterselo, non in quel momento, non mentre stava per prendere una delle decisioni più difficili di tutta la sua vita
 
-Non voglio che continui a stare al negozio-
 
-…?-
 
George si immerse in quegli occhi grandi, di ghiaccio e tempesta, che fissavano i suoi. Doveva farlo, glielo doveva. A lei, che aveva sacrificato il suo stesso dolore per stargli vicino. Ora veniva il suo turno; ora George doveva pensare a Matilda, a quel suo meraviglioso dono. Non poteva più permettersi di essere tanto egoista da impedirle di vivere la sua vita, non dopo tutto quello che anche lei aveva passato. Era vero: lei non aveva perso suo fratello, la sua famiglia d’origine era ancora in piedi e questo, da una parte, quella molto irrazionale, lo faceva arrabbiare, sentimento di cui si vergognava moltissimo perché Matilda non aveva nessuna colpa. Ma George non era fatto per essere egoista e finalmente lo aveva capito. Doveva lasciarla andare, permettere che lei costruisse la propria vita al meglio, lontana da quel legame stretto che la obbligava a stargli accanto, soffrendo in uno spazio che non la autorizzava a crescere, ad emanciparsi, a coltivarsi.
Così affrontò quel dramma di emozioni, con parole chiare e ferme, nonostante non avrebbe mai voluto vederla andare via.
Le spiegò ciò che sentiva essere giusto: Matilda doveva allontanarsi e prendere la sua strada, se non avessero voluto vivere nel rancore dell’obbligo. Per una volta, George era sicuro che non era quello, il posto per lei. Non voleva che lei sopravvivesse. Doveva vivere. E non avrebbe potuto farlo lì.
 
Matilda gridò, tentò la conciliazione, pianse e con lei George singhiozzò di gonfie lacrime.
 
Si abbracciarono, strettissimi, senza volersi lasciare andare.
 
Si baciarono, spezzati per l’ennesima volta dalla consapevolezza che, in fondo, era quella la via da seguire.
 
Coscienti che sarebbero guariti, prima o poi, ma non era il tempo di rimanere vicini.
 
E quelle mani strette, si slacciarono dal loro intrigo per un’ultima volta, senza la certezza di ritrovarsi ancora.
 
Matilda partì qualche giorno dopo, senza preavviso, perché avevano deciso così. Fu l’ultima decisione che presero insieme.
 
Svegliato dalla pioggia che, violenta, si abbatteva sulla finestra, George non ebbe bisogno di voltarsi per rendersi conto che Matilda non era più al suo fianco, in quel lato del letto che lei aveva scelto per entrambi. Trovò, sul cuscino ormai freddo, una piccola volpe di carta che gli fece fermare il cuore per un istante
 
“Ci ritroveremo, più forti che mai”
 
Afferrò quel pezzetto di pergamena che si richiuse al suo comando, mentre le ennesime lacrime bollenti ferivano le guance. Si alzò senza fatica, per riporre la piccola volpe nella sua copia di “Animali Fantastici: dove trovarli”, accanto a quel primo biglietto che la ragazza gli recapitò in un tempo che sembrava lontanissimo; così, con la pioggia ad accompagnare il suo dolore, George iniziò la sua vita senza Matilda, deciso a saldare da sé il proprio cuore.
 
***
 
1 Aprile, 2001
 
Hermione correva forsennata. Le mancava il fiato. Quant’era che non correva così non sapeva dirlo, forse da quella terribile notte che li aveva visti vincitori nella battaglia contro il più mago oscuro di tutti i tempi. Ma questa volta Hermione non correva per scappare da qualcuno che rivendicava la sua testa; questa volta correva per portare un messaggio, che sarebbe stato giusto recapitare quanto prima. Era presto, molto presto, quando un gufo la svegliò beccando la finestra di quella che, ancora per poco, sarebbe stata la sua camera; infatti se tutto fosse andato secondo i suoi piani, nel giro di un paio di mesi avrebbe condiviso una nuova casa (ed una nuova vita) con il suo fidanzato. Proprio da lui stava correndo in quel momento; si era svegliato ancor prima, lui, per frequentare le lezioni che lo avrebbero portato a diventare Auror, ma non si sarebbe risparmiato una bella e ricca colazione, che amava consumare in un localino al fianco dell’edifico di addestramento.
 
Ron aveva la bocca piena di uno dei migliori ciambelloni di zucca della storia, secondo solo a quello di sua madre. Stava ascoltando Harry, al suo fianco e molto più sveglio di lui, chiacchierare con un loro collega, quando una voce adorabile, ma decisamente allarmata, gridò il suo nome
 
-Ron! Per l’amor del cielo, stai sempre a mangiare?!-
 
Hermione quasi gli piombò addosso e se non fosse stata fermata dalle braccia di Harry, probabilmente sarebbe rotolata a terra trascinandosi dietro il povero, affamatissimo Ron
 
-Ma che ci fai qui? Avevi così tanta voglia di vedermi? Miseriaccia Harry, non è adorabile?-
 
Hermione, scarmigliata, con in dosso una tuta consumata dal tempo, teneva la pergamena alzata e guardava accigliata il suo compagno, davanti agli sghignazzi del loro amico Harry
 
-Perché pensi sempre di essere al centro del mondo, eh?!-
 
-Beh, non è così?!-
 
-Oh…lasciamo perdere! Oggi è il compleanno di George e…- ma si bloccò, cogliendo il sorriso amaro sul volto di Ron
 
-Tranquilla, sai che puoi nominare Fred, non è mica morto! Ah già…- la canzonò lui; Hermione non rise affatto in realtà. Ancora doveva imparare a gestire lo humor nero che Ron usava per esorcizzare il dolore per la perdita di suo fratello, ma cogliendo un’occhiata da parte di Harry, che le faceva segno di andare avanti, scosse la testa e continuò
 
-Si ecco. Allora George oggi lavorerà?!-
 
-Veramente no, ha finalmente deciso di uscire un po’. Pare si vedrà con Angelina, nel pomeriggio…non è che ne fosse molto entusiasta, ma credo che gli farà be…-
 
-NO!- gridò Hermione
 
I due amici sussultarono, così fu Harry a parlare
 
-Diamine Hermione, si può sapere che succede? Non ti fa bene agitarti tanto-
 
La ragazza, ancora confusa, passò la pergamena a Ron, che ne lesse il contenuto con Harry. Il sorriso si allargò sul viso dei due, ma poi un’espressione terrorizzata sostituì il sorriso sul volto di Ron che, sgranando gli occhi, tornò a fissare la sua ragazza
 
-Dobbiamo dirglielo! È tornata!-
 
I tre si scambiarono uno sguardo di intesa, prima di annuire. Ron ed Harry disertarono le lezioni della giornata; in fondo c’erano questioni più importanti, da affrontare.
 
*
 
Fermo, davanti allo specchio, George non sapeva bene che cosa fare. Cosa avrebbe dovuto indossare? Ma era un appuntamento, quello? Se solo lo avesse capito, magari avrebbe anche deciso che cosa mettersi.
Se solo Fred fosse stato con lui, sarebbe stato tutto molto più semplice; sicuro avrebbe fatto un paio di battute per smorzare la tensione, gli avrebbe dato dell’idiota, magari, poi avrebbe scelto al posto suo che cosa fargli indossare.
George non sapeva che cosa volesse dire andare ad un appuntamento. Non l’aveva mai fatto, non ne aveva avuto bisogno; prima di lei, non aveva avuto che flirt un po’ audaci, poi tutto era cambiato con una naturalezza disarmante, quando l’aveva conosciuta, o meglio riconosciuta.
Da quando se n’era andata, non aveva mai preso in considerazione l’idea di poter uscire con qualcun’altra, davvero no. Eppure in tanti lo avevano spinto, a distanza di un anno, ad esplorare altre vie, anche solo per distrarsi un po’. Ma a lui non serviva distrarsi, no? Appena ne aveva l’occasione immergeva il naso affilato nelle riviste di Magizoologia, nella speranza di leggere il suo nome menzionato da qualche parte. Un sorriso sincero gli illuminò il volto, quando in un noiosissimo articolo incentrato sulla cura degli Erumpent, vide sbucare una foto di giovani promesse del mestiere: ed eccola lì, la più piccola di tutti, ma con quei capelli assurdamente preponderanti, presa ad arrotolare una manica della camicia. E con il sorriso era arrivato un dolore acutissimo, perché per quanto ritenesse più che giusto che lei fosse lì, ancora non riusciva a digerire la sua assenza.
Così aveva deciso di infrangere la sua regola personale, almeno il giorno del suo ventitreesimo compleanno ed aveva accettato di uscire con la sua amica Angelina. Doveva farlo, doveva almeno provarci.
Un’incessante battere sulla porta dell’appartamento lo fece sobbalzare; purtroppo la guerra aveva lasciato le sue ferite ed il costante stato d’allerta era rappresentazione di una di esse. Corse alla porta, con la bacchetta sfoderata, con solo le mutande a coprirlo. Quando si trovò davanti suo fratello Ron, affiancato da Hermione che perdeva rapidamente il sorriso smagliante scorgendolo seminudo e da Harry, che alzò le mani come reazione spontanea, George sgranò gli occhi
 
-Ma che ci fate voi…-
 
-Zitto e facci entrare!- disse con urgenza Ron
 
-Abbiamo una cosa importante da dirti- si affrettò ad aggiungere Harry
 
-Ma potresti prima vestirti? Ah, comunque buon compleanno!- aggiunse Hermione con una mano a coprire gli occhi
 
George alzò un sopracciglio e soppesò i tre, prima di decidere di farli entrare
 
*
 
Lo sguardo, chino, su un abbondante bicchiere di gin. Nell’aria, una musica delicata, malinconica. Intorno a lui un vociare indistinto di babbani appena usciti dal lavoro. Gli occhi camminarono sul legno consumato di quel piccolo tavolino che accoglieva lui ed il rombare agitato del suo cuore.
 
Poi il campanello appeso alla porta risuonò, contrastando le note del brano che passava alla radio, ma lui non se ne rese nemmeno conto, preso com’era a contare le venature del legno, mentre le unghie torturavano le cuticole.
Ma un fruscio leggero, seguito da un lieve colpo di tosse, lo destarono, costringendo le pupille a risalire su un abito di percalle color vinaccia e ancora più su, a scontrarsi con un decolté lievemente abbronzato, contornato da quel caschetto candido e riccio, che per tante notti aveva sognato. E nel salire ancora, il suo sorriso più spontaneo incrinò il viso, come quelle labbra morbide e rosse su cui si soffermò, prima di incontrare gli occhi di Matilda, che bella così non l’aveva vista mai, ne era certo. Le mani di lei scostarono la sedia, per permettersi di sedersi.
E così, come non fosse passato un solo istante dal loro ultimo saluto, Matilda si rivolse a lui
 
-Buon compleanno, Georgie-
 
-Ben tornata, Lemonsoda-
 
 



 
 
Eccomi, o meglio, eccoci, giunti proprio alla fine. Ho sfiorato le 400 pagine scrivendo di Matilda e del suo incontro con George, quell’anima gemella tanto diversa, eppure fondamentale e complementare. Mai avrei pensato, quel sette Agosto del 2017, di intraprendere e portare a conclusione un percorso del genere. Quando ho iniziato a scrivere “Di Ghiaccio e Tempesta” ero in una fase molto buia della mia vita; avevo poche certezze e molti dubbi e Matilda, per me, è stato un vero e proprio processo di guarigione. È passato il tempo ed io ho continuato a scrivere, riparandomi dalle avversità con lei, con George e Fred, Draco e Narcissa, Daphne, Hermione, Ron e anche il nostro Harry. Nel frattempo Matilda cresceva, appropriandosi della sua vita, mentre la mia vita reale andava avanti, fra alti e bassi. Mentre stendevo i capitoli ho cominciato ad avere i primi riscontri dai lettori, che mi hanno fatto capire che, alla fine, stavo facendo un lavoro abbastanza dignitoso, non proprio da buttare via. Arriva quindi il mio primo ringraziamento: Ringrazio Morella, che è stata con me fin dall’inizio; lei, che mi aveva già supportata in altre storie, è stata una delle prime a credere in Matilda. Assieme a Morella altri timidi lettori si sono aggiunti, come Tenmary, da cui è arrivata la prima recensione; è stato molto emozionante.
 
Poi è arrivato Gennaio e, fra una lettura e l’altra, nella bacheca è spuntata fuori una storia che ha gettato le basi per un rapporto molto speciale. “Agli Antipodi”, una vecchia storia non più online, ma che io porto nel cuore, mi ha permesso di conoscere colei a cui va il mio secondo ringraziamento: AdhoMu ha iniziato a leggere di Matilda ed è stata la seconda persona che ha riposto davvero fiducia in me. Con lei ho fugato dubbi, parlato di Matilda e di George, creato intrecci. Ho ricevuto rassicurazioni quando ne avevo bisogno e sono stata spronata quando ho vacillato. Grazie, non smetterò mai di dirtelo.
 
Febbraio è stato un mese orribile, in cui la mia vita è stata stravolta, totalmente. Così Matilda è stata ancora con me, a supportarmi.
Piano piano ha conquistato la sua dignità e voi me lo avete fatto intendere bene; ho ricevuto delle bellissime recensioni, come da Parsimonius, o da Erika1997, da Hamirai_01 o da Morrigan97; da loro ho ricevuto i pareri più belli, giunti insieme a quelli di alcuni altri che ringrazio, uno ad uno.
 
E mentre la storia era bella che avviata e, in realtà, si apprestava alla conclusione, è arrivata Francy (Inzaghina) che si è presa la briga di recensire capitolo per capitolo, dimostrando quanta cura lei impieghi non solo da scrittrice, bensì anche da lettrice. La ringrazio con tutta me stessa e le mando un forte abbraccio, augurandole tra l’altro un meraviglioso viaggio di nozze.
 
Ancora Mademoiselle Anne, avvicinata alla storia tramite l’interattiva totalmente delirante che ho messo in piedi, mi ha stupita e rassicurata. Altra lettrice estremamente accorta, una delle più puntuali nell’analisi, che ho avuto il piacere di incontrare su questo sito e con cui mi scambio bellissime opinioni.
Poi Pulsatilla, che ha dimostrato di aver studiato il personaggio di Matilda con attenzione, che ne ha colto le sfumature più delicate; grazie davvero.
Così come Em: anche lei ha dimostrato di aver fatto suo questo racconto, che io ho voluto condividere con voi.
 
Un ringraziamento importante va a quella mia sorella non di sangue che ha seguito tutto il processo di scrittura. Lei, amante della saga quanto me, è stata la prima a dirmi che Matilda era all’altezza dei personaggi canon e, sempre lei, ha riso e talvolta pianto, leggendo i capitoli. Ora sta per nascere S., eppure non si è mai esentata dal leggere i miei capitoli. A lei va il mio abbraccio più caldo e proprio ad S. dedico questo epilogo: in un mondo così c’è bisogno di credere nell’amore, ed io sarò al suo fianco, da brava zia, a ricordarglielo sempre.
 
Sicuramente ho dimenticato qualcuno, ma sapete com’è, ora che ho chiuso davvero questa storia mi sento tanto leggera e poco concentrata. Sappiate, comunque che ringrazio ogni singola persona che ha letto Ghiaccio con piacere e che ha compreso Matilda.
 
Lo so che questa storia si chiude con un grande punto interrogativo, infatti aggiungo che, più avanti, pubblicherò una raccolta di os legate a “Di Ghiaccio e Tempesta” che spero leggerete: risolverò dei sospesi ed approfondirò alcuni legami; e al solito mio, cercherò di farvi ridere e commuovere come posso.
 
Ora basta, che sono stata fin troppo sentimentale. Alla prossima “avventura”.
 
Bri

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