Un tornado di emozioni

di Stephaniee
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Premessa ***
Capitolo 2: *** Chapter one ***
Capitolo 3: *** Chapter two ***
Capitolo 4: *** Chapter three ***
Capitolo 5: *** Chapter four ***
Capitolo 6: *** Chapter five ***
Capitolo 7: *** Chapter six ***
Capitolo 8: *** Chapter seven ***
Capitolo 9: *** Chapter eight ***
Capitolo 10: *** Chapter nine ***
Capitolo 11: *** Chapter ten ***
Capitolo 12: *** Chapter eleven ***
Capitolo 13: *** Chapter twelve ***
Capitolo 14: *** Chapter thirteen ***
Capitolo 15: *** Chapter fourteen ***
Capitolo 16: *** Chapter fifteen ***
Capitolo 17: *** Chapter sixteen ***
Capitolo 18: *** Chapter seventeen ***
Capitolo 19: *** Chapter eighteen ***
Capitolo 20: *** Chapter nineteen ***
Capitolo 21: *** Chapter twenty ***
Capitolo 22: *** Epilogo. ***



Capitolo 1
*** Premessa ***


Prologo
 
"Ci sono eventi che scatenano negli scrittori la loro più profonda ispirazione."
Mi piacerebbe poter dire di appartenere alla categoria, ma ahime, non sono una scrittrice ne tanto meno ispirata da fonti esterne.


Però ho sempre pensato che nella vita avrei scritto: non importa cosa, in che ambito, in che lingua o altro. Sapevo che avrei voluto scrivere. Tuttavia, tra esattamente un mese compio ventitre anni, ma di concreto non ho ancora scritto nulla. (a parte qualche traduzione di articoli in Olanda)
 
Se vuoi leggere quesata storia in formato ebook clicca qui.
Vi auguro non accorgervi del tempo che scorre durante la lettura.


La vostra Steph.

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Capitolo 2
*** Chapter one ***


Chapter one
The Last Beginning



Apro gli occhi di scatto completamente nel panico. Guardo l’orologio appeso alla parete di camera mia: 7:15. Merda.
Mi alzo di corsa e mi precipito in bagno, mi lavo i denti con la mano destra e cerco di spazzolarmi i la mia massa di capelli lunghi lisci color nocciola con la mano sinistra, nel mentre il mio cervello tenta di pensare cosa mettersi per il primo ultimo giorno di scuola.

Prendo il pullman delle 7:25 e non so grazie a quale miracolo, il risultato finale è un po’ di dentifricio nel capelli (ma almeno profumeranno di menta tutto il giorno) una felpa grigia, un paio di jeans scuri e scarpe da tennis.

Per 10 minuti è un buon risultato direi.

Sempre ringraziando non so chi, arrivo a scuola precisamente alle 8:03, tre minuti in ritardo ma pur sempre in orario. All’entrata non c’è già più nessuno, se non un altro ragazzo dai capelli neri corti e quella che deve essere la sua fidanzata, che corrono per mano verso l’entrata. Mi incammino velocemente e chiedo in bidelleria dove hanno posizionato la VC: aula 56 nel seminterrato.

Corro letteralmente verso le scale e il senso di panico provato questa mattina riemerge. Ero riuscita a leggere il nome del professore della prima ora e non poteva che essere la nostra coordinatrice storica, quella che abbiamo soprannominato Il Dittatore e che ovviamente, non tollera più di 2 minuti di ritardo.

 

Ero già nei guai.

 

Stavo cercando di raggiungere la classe senza fare troppo rumore, il corridoio era praticamente deserto, quando alle mie spalle sento dei passi veloci e un sussurro “Hey aspettami” mi giro con aria interrogativa e noto il ragazzo dell’entrata che si avvicina un po’ troppo sorridendo: “Se entriamo nello stesso momento almeno il cazziatone ce lo prendiamo insieme”

 

Ha due occhi spaventosamente verdi.
Rimango un po’ spiazzata. In primo luogo non sapevo fossimo nella stessa classe e soprattutto la sua faccia è a poco più di 10 centimetri dalla mia, ed in secondo luogo penso che il suo sorriso sia alquanto inquietante.

Sbotto, fissandolo con i miei troppo grandi occhi nocciola: “Okay, ma sbrighiamoci”
Busso con decisione alla porta. “Avanti” sospira il Dittatore dalla cattedra.
“Oh ma guarda chi abbiamo qui. Spencer e … Tu devi venire dalla classe che si è accorpata alla vecchia IVC. Mi dici il tuo cognome?”
“Buongiorno professoressa, il mio nome è Luke Piterson”
“Bene Piterson, prendi pure posto in fondo, all’ultimo banco affianco a Julie, è sempre a scuola alle 7:45 magari potrà influenzarla positivamente. Spencer… vada a sedersi al suo posto accanto a Mood. Abbiamo già perso fin troppo tempo.”

Come un automa arrivo al mio posto e Andrew mi sorride amichevolmente “Sei sempre la solita Kat”.

Sbuffo e prendo il materiale per la lezione di Economia e Bilanci.

“Dovrò fare un breve riepilogo dato i nostri ritardatari. Sappiate comunque che non tollero più di due minuti di ritardo. Posso salire a tre per Spencer che viene da un’altra provincia. Piterson anche lei viene da molto fuori?”

“Si professoressa vengo da abbastanza fuori anche io. Prendo il treno tutte le mattine, ma ne passa uno ogni mezz’ora e se perdo quello delle 6:55 quello dopo arriva alle 7:25.”

“Bene. Vedo che sono gli stessi orari della Spencer. Vi concedo tre minuti di ritardo dopo le ore 8. Altrimenti vi segnerò il ritardo sul registro e ricordatevi che ne avete 7 possibili all’anno. Ora molto brevemente ripeterò quello detto pochi minuti fa: Per motivi di numero abbiamo deciso di accorpare la vecchia IVC con la vecchia IVD in quanto siete veramente pochi ad aver superato l’anno scolastico. Speriamo di portarvi al Diploma tutti e voi 15 rimasti.”

 

Mentre il Dittatore spiega non faccio a meno di voltarmi alla mia destra per osservare, all’ultimo banco esattamente come me, questo Luke. A parte il suo sorriso inquietante, noto i capelli neri lisci, rasati sotto e più lunghi sul davanti, le folte sopracciglia scure ed il contrasto con i suoi occhi verde scuro, come una fitta foresta.

Deve aver notato il sguardo perché mi rivolge un altro sorriso inquietante. Mi giro di scatto verso Mood che distratto dal discorso del dittatore mi punzecchia un fianco con la matita.

“Ahia”

“Come sono andate le vacanze?”

“Tutto bene, niente di particolare da raccontarti, sono stata al mare con qualche amica mentre lui è andato ad Ibiza”

“Wow, come mai non siete andati insieme?”

“Boh, sinceramente non mi è venuto in mente di andarci con lui

Mood abbassa lo sguardo un po’ perplesso. Non ci faccio caso e continuo a seguire sul mio libro quello che resta della lezione del Dittatore. Effettivamente le cose tra me e lui raramente sono state come una relazione tra due ragazzi di diciotto anni. Non sono per niente un esperta di relazioni, sono sicura di avergli voluto e di volergli ancora un gran bene. Ormai è un anno che stiamo insieme. Un anno fatto prima dell’estate. Non che lui se lo ricordi, non è tipo da queste cose.

 

La mattinata prosegue veloce, professori per noi “vecchi” si presentano ai nuovi arrivati. Nell’intervallo una testolina bionda riccia arriva saltellando alla nostra porta. E’ la ragazza che era con Luke all’entrata. Lo vedo alzarsi, circondarle la vita stretta e baciarla appassionatamente.

 

Lui non mi bacia mai davanti a così tante persone. Davanti ai suoi amici a stento mi tiene per mano.

Poco dopo anche alcuni nuovi compagni vado a salutarla sorridendo: “Ciao Val, non capiremo mai come fai a sopportare ancora questo elemento” sento mentre sorseggio il mio thè seduta al mio banco. “Che ci vuoi fare Nik, è l’amore”

“Quante stronzate” mi ritrovo a pensare ad alta voce, mentre Mood a fianco a me alza la testa dai compiti non-fatti per l’ora successiva.

“Quante stronzate cosa Kat?”

“Niente Mood, lascia perdere, pensavo ad alta voce. Invece, quanto ti manca per finire di copiare da me i compiti delle vacanze?” lo punzecchio sorridendo.

 

Al suonare dell'ultima ora il mio sollievo è immenso. Faccio subito la borsa e mi dirigo all’uscita. Per tutto il tragitto a casa continuo a pensare alle attenzioni che Luke dava alla sua ragazza, era così affettuoso, dolce e tenero. Inevitabilmente le paragono a quelle che lui da a me. Ovvero poco e niente.

Nessun contatto particolare in pubblico, eppure sapevo che non si trattava di manca di sentimenti.

 

Una volta a casa, tirai su le tapparelle, aprii le finestre e indugiai un po’ sul terrazzo ammirando il giardino condominiale sempre curatissimo. Adoravo la pace di casa mia durante il pomeriggio, i miei lavoravano sempre fino a tardi e quando tornavo da scuola era bello passare il tempo a casa in completa solitudine. C’era stato un tempo in cui questo mi feriva, ma diventando grande le cose erano cambiate.

Mi stavo preparando un thè caldo quando notai che il mio iPhone stava letteralmente affogando in notifiche di whatsapp. Avevano creato, anzi, Mood aveva creato, un gruppo della classe, c’erano tanti nuovi numeri. Tra cui ovviamente quello di Luke con tanto di foto con la sua dolce Val.

 

Io con Lui non avevo foto.

 

Tra i vari messaggi ne sbuca uno di Piterson “a domani Spencer, ci vediamo alle 8:03 davanti a scuola”

“non preoccuparti, so che sarai già in buona compagnia ;)”
rispondo di getto, senza pensare e mi ritrovo a spegnere internet e chiedermi il perché della mia reazione per il resto del pomeriggio.

 

*Spazio per Steph*
Mi piacerebbe troppo sapere cosa ne pensate di questo primissimo capitolo.
Ho letto tante, tantissime storie sui su EFP e da tanto tempo mi prudevano le dita e volevo anche io, farvi leggere qualcosa di mio.
La storia non è del tutto inventata, ho cambiato i nomi dei personaggi. Ma di base è tutto tratto da esperienze reali.

Grazie mille per dedicare tempo a questa storia.

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Capitolo 3
*** Chapter two ***


Chapter two
Hopes and Thoughts



“Kat ci sei? Sei con noi?”

Alzo lo sguardo sulla mia amica trepidante di una risposta per qualcosa che non ho sentito.

“Si, uhm, dicevi?”
“Ti ho chiesto se torniamo a casa con gli altri quando finiscono di giocare.”

“Si, certo. Come sempre del resto, no Emma?” Le rispondo sorridente.

Volgo il mio sguardo su di Lui. Ci conosciamo da così tanto tempo che ho perso il conto degli anni.
I suoi capelli nocciola, il suo corpo magro e asciutto, scolpito da tutti gli anni di atletica e di calcio. Non mi ricordo quando precisamente siamo diventati qualcosa di più che due amici, ma onestamente non abbiamo mai definito la nostra relazione fino in fondo. Ci sono sempre stata per lui. L’ho aiutato quando i suoi genitori si sono separati, riconciliarsi con suo padre non è stato semplice. Eppure eccolo lì. Eccoci qui. Siamo considerati ormai una “coppia storica” sono anni che veniamo al primo posto l’uno per l’altra.

Eppure, sento che ancora qualcosa manca al nostro rapporto...

“Kat”

Devo essermi imbambolata perché adesso Frederik è arrivato verso le panchine del campo e mi sta fissando. La luce del sole al tramonto gli dona un colorito leggermente ambrato, i capelli mossi castani sono umidi per lo sforzo.

“Kat andiamo? Ho fame e devo lavarmi. Faccio un po’ schifo”
“Si eccomi qui” gli sorrido raggiante. Non voglio fargli capire che mi annoio a guardarlo giocare ogni giorno. Ha appena passato un periodo duro, non voglio essere un peso per lui. Voglio vederlo felice.

 

Guardo Emma sorridere a Mike più avanti, le piace da parecchio tempo, ma non ha ancora avuto il coraggio di dirmelo. Inevitabilmente sorrido: magari con un’altra coppia in compagnia Frederik sarà meno frenato nei miei confronti quando siamo con gli altri…

Camminiamo fianco a fianco per tutto il tragitto, parliamo di poco e niente, ma cerco di non far trasparire le mie emozioni. E’ stanco e non voglio pesargli anche io.
Siamo quasi arrivati verso la nostra zona, ormai tutti gli altri hanno preso la strada per casa loro, Emma e Mike compresi, finalmente mi prende per mano e mi sorride.

“Hey” sussurra dolcemente
“Hey a te”
“Come è stato il rientro a scuola?”
“Tutto bene. Nulla di nuovo. Tu che hai fatto oggi? Hai provato a mandare in giro qualche curriculum?”
“Sisi qualcuno. Però non ho fretta ora.”
“Okay...”

 

In realtà non ero d’accordo. Cioè, non che uno debba essere obbligato a lavorare, però credo che faccia parte di un percorso di vita. Uno studia e poi si mantiene, si costruisce una vita. Cosa pensa? Di giocare a calcio tutti i pomeriggi per il resto della sua vita?
Forse se cercasse seriamente un lavoro riusciremmo anche a condividere qualcosa di più che un uscita al pomeriggio al campo…

Arriviamo sotto casa e Frederik si ferma.

“Kat, ti saluto qui, devo andare a casa a lavarmi, faccio veramente schifo oggi”
“Non preoccuparti”

Mi avvicino e gli lascio un bacio veloce sulle labbra umide, indugio un momento sperando voglia approfondire il bacio, ma nulla.

“A domani” Saluto ed entro in casa.

Un altro normale pomeriggio di Kat Spencer.

 

Quando entro in casa finalmente i miei sono rientrati da lavoro.
“Buonasera” sorrido, sono stanchi anche loro e non voglio lasciare trasparire la piccola delusione appena ricevuta.

Una delle tante ed innumerevoli delusioni.

Non ho sempre avuto un buon rapporto con i miei genitori. Quando ero più piccola li incolpavo del fatto di lasciarmi sempre sola fino alle sette o alle otto di sera per lavoro.
Con il tempo li ho perdonati ed ho imparato che la solitudine a volte è una benedizione. Scambio velocemente due parole con loro sulla scuola, sul Dittatore e sul programma dell’ultimo anno. Iniziano già a dirmi che dovrò prepararmi alla maturità, che dovrò essere costante tutto l’anno etc…
Mi perdo mentre mi parlano a pensare a come sarò il 18 giugno quando inizieranno gli esami scritti, mamma mia che paura…

 

Terminata la cena mi dirigo in camera mia, questa volta ricordo di preparare borsa e vestiti la sera prima onde evitare la scena di stamattina. Opto per dei collant neri velati, sanno perfettamente mettere in risalto le mie gambe stivale e un maglione lungo verde petrolio.
Dopo aver preparato tutto, fatto una doccia ed essermi asciugata i capelli sono finalmente a letto.

Ricordo solo ora di aver tenuto internet spento per tutto il pomeriggio. Acchiappo l’iPhone e non appena si collega un’altra ondata di messaggi dal gruppo VC-D. Noto che tutti hanno fatto amicizia, ma che Piterson non ha più risposto dopo il mio messaggio. Mi mordo le labbra confusa. Lo avrò infastidito?

Nessun messaggio da Frederik. Così gli scrivo io.

“Hey, Buonanotte”
“Buonanotte Kat”

Fisso lo schermo per una buona mezz’ora digitando e cancellando possibili messaggi da scrivergli. Alla fine prendo coraggio:

“Magari un pomeriggio di questi stiamo insieme”
“Si dai. Pranzo da te?” mi ritrovo a sorridere. Frederik adora la mia cucina, modestamente stando sempre da sola ho affinato la mia tecnica.

“Ci sto. Domani? Alle 14:00 a casa mia.”

 

Soddisfatta vado a dormire, finalmente staremo un po’ insieme…

 

 

 

“Spencer se ti vedo ancora con i mano il cellulare te lo sequestro!”
Alzo lo sguardo ed il Dittatore mi sta fissando, così come il resto della classe. E anche Luke.
“Mi scusi!” mi affretto a dire lanciandolo nell’astuccio.

Luke questa mattina è silenzioso, ha su degli occhiali da vista neri, i capelli sono scompigliati e gioca costantemente con un anello che porta alla mano destra. Sembra nervoso.
Si accorge del mio sguardo e alza gli occhi. Sono occhi stanchi. Il suo sguardo mi arriva per la prima volta come un pugno sulla bocca dello stomaco. Mi dispiace per lui. Non lo conosco nemmeno. Continuiamo a guardarci per un tempo che mi sembra infinito.

“Piterson! Spencer! Smettetela di parlare”

Guardo la professoressa livida dalla rabbia.

“Veramente nessuno dei due stava dicendo nulla” rispondo pacata.
“Mi ero solo imbambolato a guardare le gambe della Spencer professoressa”

 

La classe scoppia a ridere, e per la prima volta in questa giornata, anche Luke sorride guardandomi.
Ha dei bellissimi denti bianchi perfetti. Anche se il suo sorriso continua ad inquietarmi.

Il Dittatore tenta di non sorridere alla battuta e prosegue senza indugi nella lezione. Torno al mio libro di Economia e mi guardo bene dal fissarlo ancora. “Stava scherzando Kat”, continuo a pensare nella mia mente.

Chissà perché era così prima”

*Spazio per Steph*
Eccoci qui al secondo capitolo di questa storia.
Non so dire ogni quanto aggiornerò, ma so che avverà in base alla mia ispirazione. Ho corretto degli errorini di grammatica del primo capitolo, (grazie a chi me li ha fatti notare). 
Fatemi sapere cosa ne pensate. Conta molto per me.

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Capitolo 4
*** Chapter three ***


Chapter three
Time after Time



Fissavo l’orologio in attesa. 13:51. Sono sempre stata una persona estremamente puntuale. Salvo casi di emergenza o problemi non dipendenti da me. Ho sempre spaccato il minuto. Semplicemente perché credo che la cosa più bella che qualcuno possa donarti è il suo tempo. Fin da piccola ne ho conosciuto il valore dovendo vedere i miei per poco tempo, non c’era spazio per “dopo”. C’era l’adesso, se vogliamo farlo insieme. Così sono sempre stata una di quelle persone che se ti invita, attende minuto per minuto il tuo arrivo. Lo stesso valeva per quando aspettavo Frederik, anzi, soprattutto quando aspettavo lui.

 

Ero arrivata a casa da 5 minuti e avevo già messo su l’acqua per una pasta veloce. Tagliai i pomodorini, olio in padella, basilico dal mio balcone e trovai nei meandri del freezer dei gamberetti surgelati. “Perchè no?” Pensai mentre sospiravo di sollievo per la scadenza ancora lontanissima.

 

Mentre tutto cuoceva a regola d’arte, apparecchiai con cura per due persone.

 

Scolai la pasta, la passai in padella con il sugo appena preparato. Un filo d’olio a crudo, pepe sale. Fissai l’orologio. 14:02. Accendo la televisione, tolsi i jeans, mi misi i vestiti da casa, bevvi un sorso d’acqua.
14:16 suonò il citofono. Mi alzai di scatto per andare ad aprire. Finalmente era arrivato.
Ero arrabbiata. Era a casa a fare niente, come è stato possibile questo ritardo? Io avevo fame.

Feci finta di nulla, appena arriva scaldo velocemente la pasta e la servo ad entrambi.

“Scusa Kat stavo giocando alla play con Mike”
“Non fa niente”

 

Mangiammo in silenzio mentre lui cambiava canale al programma che stavo guardando sulla ristrutturazione delle case. Li adoravo da sempre.
Così ora mangiavamo in silenzio guardando un tg sportivo. “Non fa niente Kat. Siete insieme voi due ed è questo che conta”.

Dopo pranzo caricai velocemente la lavastoviglie e lo seguì in soggiorno dove mi aspetta.

Mi sedetti sul divano affianco a lui e cercai la sua spalla per appoggiare la testa. Mi abbracciò e mi diede un bacio in testa. Solo con questo contatto, in un momento il nervosismo di prima passò e mi trovavo felice tra le sue braccia.

Dopo qualche minuto sentì la sua mano sollevarmi il mento per depositarci finalmente un bacio. Erano giorni che non mi baciava come si deve e dopo poco tempo trovo finalmente la mia pace, i suoi baci si fanno sempre più possessivi, lo sento stringermi sempre di più e anche io, come lui voglio di più. Mi stacco per un momento e lo guardo.

 

“Fai l’amore con me Kat” mi sussurrò piano ad un millimetro dalle mie labbra.

Ed io non aspettavo altro.

 

 

Appena riapro gli occhi sono le 17:04. Frederik dormiva affianco a me, eravamo abbracciati. Chiusi gli occhi. Era una sensazione bellissima. Poco dopo mi mossi per alzarmi per andare in bagno. Al mio ritorno lo trovai vestito e stava parlando al telefono.

“Sisi Mike, arrivo, mi ero addormentato. Sisi ci vediamo al campo”

Mi si gelò il sangue.

“Kat non ti spiace se vado giusto? Devo giocare.”

“Ma sei qui solo da qualche ora...Non fa niente vai pure. Io devo ripassare per domani, tranquillo!” Gli dico sforzandomi di sorridere e di non starci male. Sfilo davanti a lui ancora senza pantaloni e lui non mi degna di uno sguardo.

“Allora vado Kat! Ci sentiamo più tardi!”

Iniziai a piangere.

Non sono mai stata una fidanzata possessiva, e nemmeno una che vuole passare ogni minuto del suo tempo con il fidanzato. Odio le smancerie in pubblico, odio le coppie morbose tipo Luke e Val che passano l’intervallo appiccicati a parlottare come due piccioncini.
Eppure desideravo solo che lui passasse del tempo con me. Da soli. Insieme. Non che mi trattasse come una puttana, dopo aver finito andarsene così. Dove è finito il Frederik che mi stava divorando poco fa?

Mentre mi dispero vidi il display illuminarsi. Mood. Cercai di ricompormi.

“Pronto”
“Pronto Ciao Kat ti disturbo?”

“No, Mood dimmi”
“Non so se hai letto sul gruppo… la classe sta impazzendo per il test di ingresso di inglese… Lo sai che sei la nostra unica salvezza in quella materia.. Puoi venire con il pullman delle 6:55 domani mattina? Ti aspettiamo al bar, siamo io, Julie e Ana...”
“Va bene Mood. Lo faccio con piacere. Solo se però adesso mi mandi la foto del compito di matematica per domani. Almeno lo copio adesso”
“Sei un angelo! Certo te lo mando subito! Grazie Kat. A Domani”

Mi misi a copiare il compito di matematica e ormai Frederik passò in secondo piano. Non potevo lasciare che lui mi condizionasse così l’anno scolastico. Non l’ultimo hanno scolastico.

Quando riemersi dal compito di Matematica e dai vari compiti assegnati di Letteratura Italiana e Storia, erano le sette passate. I miei però non erano ancora rientrati. Strano.

 

Non avevo fame grazie a quel deficiente e ciò che più mi faceva soffrire era che lui dopo tutti questi anni non si accorgeva quando stavo nascondendo le mie emozioni. Lui che più di ogni altra persona al mondo dovrebbe sapermi leggere…

 

 

Mi stavo letteralmente addormentando sul pullman. Eranp le 7:19 e stavamo entrando in città. Tra dieci minuti sarei stata al bar della scuola. Dovevo ricordare a Mood di non chiedermi mai più una cosa del genere.

Mi strinsi nel giubbotto di jeans e mi coprì il naso con la sciarpa nera. Faceva già freddo. Stava arrivando l’autunno.
La mia stagione preferita.

 

Arrivai al bar infreddolita ed addormentata. Appena Mood mi vide fece cenno al cameriere e un cappuccino fumante comparve sul tavolo. Quanto mi conosceva bene.

 

“Buongiorno Kat” mi saluta sorridendo
“Andrew Mood sai esattamente come corrompere qualcuno.” rispondo io “Ciao ragazze” saluto le altre ragazze presenti. Noto uno zaino in più ma inizialmente non ci faccio troppo caso.

 

“Cominciamo subito, mentre io bevo il mio cappuccino meraviglioso” esclamo felice, guardando Mood.
“Dovremmo aspettare Luke. E’ appena andato in bagno” mi risponde Julie spazientita “Ci sta mettendo una vita."

“Magari è al telefono con la ragazza” suppongo io maliziosa. “Oh non ci spererei. Ieri hanno litigato, non so se hanno chiarito o meno”.
Ecco svelato il mistero del suo sguardo sofferente, non avevo mai visto un ragazzo soffrire per amore così apertamente. Penso a Frederik, non l’ho mai visto soffrire per me, o esternare così apertamente i suoi sentimenti.

“Eccomi scusate, Julie sai come è fatta Val… Oh buongiorno Kat” rispondo al saluto con uno sguardo mentre continuo a sorseggiare il mio cappuccio. Indossa una felpa blu scuro, è concentrato come gli altri sui miei quaderni di inglese, vedo i suoi occhi verde scuro passare da una riga all’altra, osservo per la prima volta la forma del suo viso nel dettaglio, la mandibola leggermente quadrata che si muove per aprire le labbra piene, maledettamente proporzionate.
“Kat, tu starai vicino a me in questa verifica!”

I suoi occhi verdi sono inchiodati ai miei.

“Va bene, in cambio cosa avrò?” rispondo continuando a fissarlo negli occhi.
“Ti posso accompagnare dopo scuola. Oggi sono in macchina e Val è rimasta è casa. Tanto abitiamo nella stessa zona.” La sua proposta mi spiazza, sono letteralmente terrorizzata all’idea di passare del tempo da sola con lui in uno spazio ristretto come quello di una macchina.

“Va bene, accetto. Solo perchè arriverò a casa con largo anticipo” rispondo mentre mi maledico per aver chiesto qualcosa in cambio.

 

Kat non preoccuparti. È fidanzato. Sta solo contraccambiando il favore”

 

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Capitolo 5
*** Chapter four ***


Chapter four
It means nothing


Finalmente la campanella suonò. Come ogni intervallo, stavo in classe a chiacchierare con Mood, che aveva legato molto con Julie ed erano agitati per l’imminente test di inglese.
Luke, diversamente dalle altre mattine, dove andava a divorare la faccia di Val, era seduto al suo banco a fianco a Julie e stava cazzeggiando con il telefono. Quando si accorge della mia presenza alza lo sguardo ed esclama esasperato: “Voi donne siete proprio pesanti!”

Julie, Mood ed io ci giriamo sorpresi verso di lui ed in un attimo si avvicina con la sedia. Io e Mood eravamo praticamente incastrati tra la sedia dove era seduta Julie e la sedia di Piterson.

 

“Mood ti conviene sederti al posto di Julie e prenderla in braccio. Siamo un po strettini qui! grazie a qualcuno”

esclamo guardando in cagnesco Luke. Lo psicopatico mi guarda e appoggia le mani sui miei fianchi, in un secondo sono seduta sulle sue gambe. Mood mi guarda e trattiene una risata, mentre Julie sembra un po’ dispiaciuta.

“Così siamo tutti più comodi, Spencer” sussurra Piterson sulla mia nuca. Un miliardo di brividi si irradiano nel mio corpo tutti insieme mentre cerco di mantenere un certo autocontrollo.

“Immagino di si. Dicevamo?” proseguo tentando di ignorare il contatto fisico con lui. Fortunatamente Julie e Mood riprendono a parlare del test di inglese, ma ormai sono troppo occupata a pensare al fatto che sono seduta sulle sue gambe, ho le sue braccia attorno alla mia vita e il suo mento appoggiato alla mia spalla. “è terribilmente affettuoso”. Come se mi avesse letto nel pensiero, mentre Mood e Julie ormai sono persi nei paradigmi irregolari dei verbi, Piterson mi sussurra “Scusa Kat, sono un vero ruffiano”. Sorrido, mi giro verso di lui e rispondo “Oh l’ho notato, io invece tutto il contrario”. Ho di nuovo i suoi occhi verdi incastrati nei miei. Per fortuna la campanella suona, e come se lui scottasse, mi alzo di scatto e torno al mio posto.

“Kat” chiama Luke “Si?” rispondo curiosa “Per la verifica, ricordati di spostare il banco vicino al mio.”

 

Per un attimo ho sperato in qualcos’altro.

 

Al suonare dell’ultima campanella Piterson, carico di zaino e chiavi in mano, si avvicina al mio banco

“Allora Spencer? Non abbiamo tutto il giorno”. Sbuffo e termino la mia borsa “Eccomi”.

Piterson si gira di spalle e si incammina verso l’uscita, non posso fare a meno di notare quando i jeans gli cadano bene sulle gambe, e non solo…

“Pratichi qualche sport?” gli chiedo mentre arriviamo alla macchina. Una piccola city car rossa, cinque posti.

“Ho sempre giocato a calcio, fin da piccolo” risponde lui. Gli brillano gli occhi. Deve esserne molto appassionato.

Mentre entriamo nel mezzo mi appoggia una mano sul ginocchio.

“Conosco la strada fino al tuo paese, sai ho degli amici di famiglia che vivono lì. Vicino alla scuola elementare.”

Rimango spiazzata.

Io abito sopra la scuola elementare” affermo allibita mentre lui continua a guidare con la mano appoggiata al mio ginocchio. “Davvero? Allora non dovrai indicarmi la strada”.

 

Per tutto il resto del tragitto Piterson non lascia il mio ginocchio se non per cambiare la marcia del mezzo. Parliamo molto di Val, mi racconta essere una ragazza piuttosto apprensiva, non lo fa uscire con gli amici, è molto gelosa e pretende davvero molto dalla loro storia. Ogni anno ormai vanno in vacanza insieme e d’estate si trovano dei lavoretti per permettersi delle fughe romantiche. Stanno insieme dal terzo anno, quindi sono quasi tre anni di relazione.

Mi trovo a pensare alla mia storia con Frederik, al fatto che in un anno di relazione siamo stati a cena fuori una sola volta da soli, di giovedì in un fast food dopo un suo calcetto finito tardi. Non siamo mai stati insieme al mare o al cinema… o semplicemente lui non aveva mai pensato di organizzare qualcosa solo per me.

 

“Giro qui a destra?” mi chiede ad un certo punto. “Sisi qui a destra, grazie mille” rispondo io svegliandomi dai miei pensieri.

 

“Grazie ancora Luke, a domani” continuo cercando velocemente di uscire. Ma lui mi tira a sé e mi scocca un bacio sulla guancia per salutarmi. Di colpo sto morendo di caldo.

“A domani Kat, grazie a te per inglese”

 

Esco velocemente dal mezzo dirigendomi verso il cancello. Non so perché voglio andarmene così in fretta, ma so che devo andare via.


 

Salgo in casa sbrigativamente: voglio solo mettermi la mia tuta, mangiare qualcosa e cercare di non pensare a Frederik. Anzi, più che a lui alla sua assenza. Non mi aveva più scritto dopo ieri pomeriggio e non mi aveva chiamato.

Più che mangiare, divoro un panino improvvisato. Vedo il mio iPhone illuminarsi. Messaggio da Frederik:

“Hey Kat”

Fisso il telefono per lungo tempo. Decido di rispondere solo dopo aver mangiato due cucchiai abbondanti di Nutella. “l’amore è veramente una cosa da idioti. E Frederik è veramente un idiota.”

“Hey a te” digito poi. “Ti andrebbe di farti un giro oggi pomeriggio? Per le 16:30?” risponde l'idiota.
Sono sinceramente indecisa, ma alla fine, mannaggia a me, accetto.

“Va bene. Dove ci vediamo?”

“Ti aspetto al campo.”

Frederik Crouse ti auguro veramente di essere solo quando arriverò.” Penso mentre mi lancio in doccia.

 

16:29. Sono seduta sulle panchine del campo ma di Frederik neanche l’ombra lontana. E nemmeno degli altri.

Ho veramente il morale sotto ai piedi. Alla fine però, lui non sa che io sono arrabbiata, a meno che non lo abbia capito da solo, ma a questo punto la vedo dura.

 

Dopo dieci lunghi minuti di attesa, vedo spuntare tutta la compagnia con Frederik sorridente. Lo vedo vedermi da lontano e staccarsi dal gruppo per dirigersi verso di me. Indossa dei pantaloncini scuri e una felpa chiara, arriva con passo sicuro, i capelli castani ricci che ondeggiano. E’ sempre bellissimo.

“Hey” mi saluta avvicinandosi e lasciandomi un bacio a fior di labbra. “Incredibile, mi sta dando un bacio in pubblico.””Hey a te” rispondo.

“Frederik, muoviti dai così cominciamo” ci interrompe Mike alle nostre spalle. Lo guardo speranzosa. “Ti prego di che oggi non giocherai e che devi stare con me, ti prego, ti prego...” “Arrivo subito!” sento rispondere invece.

“Kat, mi aspetti qui?” “mmh no, credo che tornerò a casa sai, devo studiare...” rispondo amareggiata, ma tanto lui sta già raggiungendo gli altri.

Mi incammino così verso casa e a metà tragitto le lacrime ormai scendono incontrollate sul mio viso.

E’ possibile che sia io a volere troppo da questa storia?”

 

Quando arrivo a casa ormai mi sono ripresa. Asciugate le lacrime vado verso i miei genitori, arrivati a casa stranamente presto. Mia madre sta facendo, stranamente, i mestieri e mio padre sta cucinando, mi metto sul divano e guardo finalmente il programma sull’arredamento che mi piace tanto. Fanculo Frederik” penso mentre stanno ristrutturando una cucina.

Distrattamente l’occhio mi cade sull’iPhone. Messaggio da Luke. E’ la prima volta che mi scrive in chat privata.

“Val ha ancora la febbre. Ti va se domani ti do un passaggio a scuola? Alle 7:30 sono sotto casa tua”

Inevitabilmente sorrido.







 

*Spazio per Steph*
Eccoci qui con un nuovo capitolo di questa storia. Spero sempre che vi piaccia. Non esistate a dirmi cosa ne pensate, accetto critiche positive ma soprattutto le negative.
Vi bacio tutti e grazie per aver visualizzato questa storia.

 

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Capitolo 6
*** Chapter five ***


Chapter five
I got you on my mind




Stavo fissando fuori dalla vetrata del bar, in attesa. Sarebbe arrivato a momenti.

“Kat mi stai ascoltando?” Mood mi riporta alla realtà troppo in fretta. “Se vuoi farcela con questa verifica devi ascoltarmi” “Hai ragione, perdonami. Eccomi qui” rispondo sorridendo ad un Mood piuttosto spazientito.

Era passato ormai un mese dall’inizio della scuola. La mattina quando avevamo test importanti, e Piterson veniva a scuola con Val e quindi non poteva darmi un passaggio, prendevo il pullman prima e mi trovavo al bar con Mood, Julie e aspettavamo Luke. Ormai il nostro rapporto si intensificava sempre più.

Gli avevo parlato di Frederik e lui con molto tatto mi aveva detto che quello non era l’atteggiamento di un uomo innamorato. Ma nonostante ciò il rapporto con lui era rimasto invariato. A Breve sarebbe stato il mio compleanno e avevo deciso di festeggiare due volte: una sera con loro e una con la compagnia insieme anche ad Emma.

 

“Buongiorno a tutti” sento due mani coprirmi gli occhi. E’ arrivato.

“Ciao Luke” saluta esasperato Mood.

“Stiamo cercando di concentrarci qui. E’ veramente difficile mantenere l’attenzione di Kat se si tratta di matematica.” continua Andrew ormai senza speranze.

“Semplice Mood, non sei Luke Piterson. Altrimenti avresti tutta l’attenzione possibile della Spencer” esclama quell’egocentrico.

“Si da il caso, caro Luke, che per avere la mia totale attenzione bisogna essere qualcosa di più di un modesto ed egocentrico Piterson” rispondo tagliente avvicinandomi senza rendermene conto alla sua faccia.

I suoi occhi nei miei.

Il suo sguardo mi arriva dentro. Sento i suoi occhi verdi farmi la radiografia. Distolgo lo sguardo e proseguo quel che resta del tempo prima della campanella a farmi rassicurare da Mood sulle mie capacità. Dieci minuti prima delle 8, ci facciamo portare quattro caffè al volo e chiudiamo i libri.

La mano di Luke si posiziona sulla mia schiena e prende ad accarezzarmi dolcemente. Quello che sembra essere un gesto innocuo per lui, innesca in me una scia di fuoco al passare della sua mano.

 

 

“Domani mattina entriamo due ore dopo ragazzi” ci informa Mood all’intervallo.

“Ma che bravo rappresentante di classe che abbiamo qui” lo prendo in giro io. “ Il Dittatore non c’è quindi entriamo alle 10. Facciamo mattinata al bar per ripassare un po’ tutto? Chiede Mood a me e a Julie.

“Vengo anche io ragazzi” ci informa Luke “Spencer preparati, alle 7:30 sono sotto casa tua”.

 

Anche se ormai mi ero abituata ad essere portata a scuola o accompagnata a casa da Piterson, mi faceva strano che qualcuno volesse allungare, anche se di poco, il tragitto per venire a scuola per me. Frederik non mi aveva mai portato più lontano da dove abitavamo, e solo raramente la sera per stare da soli. I miei sentimenti per lui erano chiari e nitidi: sapevo di essere innamorata di lui e sapevo anche che lui non lo era quanto me, ma mi andava bene così.

Di Luke mi intrigava il fatto che le sue attenzioni fossero così spontanee, come se fosse normale riservare quel trattamento. Anche se ogni tanto faceva il cretino con me, sapevo perfettamente che era innamorato di Val, infatti quando c’era lei, noi passavamo in secondo piano.

 

“Parteciperete a marzo alla gita di classe?” la domanda di Julie cattura la mia attenzione “Andremo a Barcellona, in Spagna! Sarà una cosa fantastica!” esclama visibilmente contenta.

“Be’ si certo, credo di si” risponde Mood non troppo interessato.

“Certo che parteciperò. Non vedo l’ora di dormire con Spencer” mi punzecchia Luke posando i suoi occhi su di me.

“Si come no, ti piacerebbe” rispondo scherzosa sostenendo come sempre il suo sguardo.

 

Stava scherzando”. Mi ripeto un paio di volte prima di proseguire con le lezioni della giornata.

 

 

L’ultima ora stava ormai per concludere insieme alla terribile verifica di matematica. La professoressa questa volta era stata dura, gli esercizi non avevano soluzione così ovvie come sarebbe potuto sembrare. Avevo impiegato diverso tempo e speravo almeno di aver fatto un lavoro da sufficienza.

 

Mi alzai a consegnare ed anche Luke fece lo stesso. Si posizionò dietro la mia schiena e mentre porgevo il test alla professoressa, appoggia una mano sul mio fianco e consegna anche la sua. Tutto il suo corpo per una frazione di secondo si appoggia al mio. Provo tante sensazioni tutte insieme, per la prima volta nella mia vita sperimento i famosi brividi su tutto il corpo contemporaneamente. Credevo esistessero solo nei libri.

 

La sensazione non dura nemmeno un secondo. Piterson consegna e si allontana indifferente. Io in trance mi dirigo al banco a preparare la mia borsa.

 

Saluto Mood e Julie a distanza e mi dirigo fuori con calma. Davanti a me la ressa si spinge con urgenza verso l’uscita. Scorgo Luke e Val per mano che si dirigono verso la macchina di. Lui le sorrideva, lei era felice.

 

Lo stomaco mi si annoda. Tutto ad un tratto mi sento piccola, mi sento… poco importante.

Kat non hai nessun diritto di sentirti così. Siete entrambi fidanzati, lui scherza. Non ha senso pensare male.

La mia vocina interiore non aveva effettivamente tutti i torti. E poi non ho mai frainteso il suo atteggiamento, non vedo perché dovrei iniziare ora.

 

 

Già perché iniziare adesso?

 

Durante il tragitto il pullman mi immergo nella musica anche se la mia mente non può evitare di auto-difendersi. Quindi passo tutto il tragitto a ripromettermi che, vista la mia instabilità emotiva, avrei dovuto mettere più paletti al rapporto mio e di Luke. Niente più grattini, niente coccole, niente contatto fisico di nessun genere. Se lui ci avesse provato, io me ne sarei stata distante e avrei sviato l’argomento.

 

Così poteva funzionare.

 

 

Arrivata a casa decido di prendermi il pomeriggio per me. Spengo internet, non voglio essere disturbata dalla valanga di notifiche del gruppo o da qualche messaggio del mio presunto fidanzato.

Neanche il tempo di pranzare, che stavo riempiendo la vasca da bagno, oli essenziali, sali da bagno… Si. Era giunto il momento di rilassarsi e riordinare le idee dopo lo stress scolastico e sentimentale.

 

Proprio nel momento in cui stavo riuscendo a svuotare la mente, sento il telefono vibrare.

Chiamata in entrata da Luke. Non mi aveva mai chiamata prima.

 

“Pronto?”

“Ciao Kat, caspita che voce stavi dormendo?”

“No, in realtà sono in vasca da bagno...” rispondo senza pensarci troppo

“...Mi stai dicendo che in questo momento sei completamente nuda e completamente bagnata? Non so se riesco a parlarti così”

“Idiota. Cosa c’è perché mi hai chiamata?” rispondo rossa dal naso fino alla punta dei piedi. “Meno male che non può vedermi.”

“Ho avuto un brutto litigio con Val per l’uscita di gruppo che vuoi fare al tuo compleanno”

“Oh… quindi non verrai?” rispondo cercando di nascondere la mia tristezza

“Kat, giuro farò di tutto per farle capire che non c’è nulla di cui debba preoccuparsi.”

“Perfetto allora...” rispondo combattuta.

Cioè mi fa piacere che voglia venire, ma “non c’è nulla di cui debba preoccuparsi”. E’ la conferma che per lui non conta niente.

 

“Kat, ti lascio al tuo bagno… mi raccomando, fai la brava. Mi auguro che il coglione si degni di fare qualcosa di speciale per il tuo compleanno.”

“Speriamo...” rispondo

“Non farti mettere i piedi in testa Kat. Mai” dice serio.

“Si papà! Ora torno ad insaponarmi, a domani!” lo saluto

“Se vuoi una mano chiamami, posso essere tutto quello che vuoi Spencer, ma non tuo padre”

 

Riaggancio senza rispondere.

Ormai troppo agitata per continuare il mio bagno rilassante, schizzo fuori dalla vasca e inizio a camminare per tutta la casa, preparo un thè caldo, provo guardare la televisione. Ma nemmeno i miei programmi sull’arredamento sembrano funzionare. Continuo a pensare alle sue parole, le giro e rigiro nella mia testa cercando di darmi una spiegazione.

 

Devo darmi una calmata.




 
*Spazio per Steph*
Ogni volta che aggiorno le visualizzazioni di questa storia sono sempre più commossa. Grazie davvero.
In particolare:

grazie per avermi inserito tra le storie preferite:
1 - m12
2 - semprequeidue

grazie per avermi incluso tra le storie seguite:
1 - Chiara_86
2 - Lullaby 85

grazie per avermi incluso tra i tuoi autori preferiti:
1 - Aranel33

Eccovi qui un altro capitolo di questa storia. Piano piano vi assicuro che saranno più lunghi.

Grazie, Steph

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Capitolo 7
*** Chapter six ***


Chapter six
Kat's Birthday



7:09

Fissavo l’orologio da nove lunghi minuti. Non avevo voglia di alzarmi, nonostante fosse il giorno del mio compleanno.Kat alza il culo, è il tuo diciannovesimo compleanno ed è venerdì”. Trovai la forza di trascinarmi in cucina, sul tavolo notai un biglietto, sicuramente di mia mamma:“Buon compleanno! Ti voglio bene.” Sorrisi.

 

 

Salii sul pullman infreddolita e mi strinsi nel mio giubbotto di jeans. Tirai su il cappuccio per scaldarmi, mentre il mezzo parte verso la scuola. Come ogni mattina il paesaggio scorreva veloce sotto i miei occhi con la musica dell’iPod iniettata nelle orecchie.

Quella sera ci sarebbe stata la mia festa di compleanno con Frederik e la compagnia. Avevamo deciso di trovarci a casa di uno del gruppo e dare un vero e proprio party. Emma si sarebbe preparata a casa mia, essendo noi le uniche due ragazze della combriccola. Ero contenta di festeggiare con loro, calcio a parte, erano un gruppo di scatenati e mi divertivo molto.

La sera successiva avrei invece festeggiato in città con Mood, Julie e Luke… se avesse trovato il modo per convincere Val.

 

Quando arrivai in classe, ero stranamente in orario. Tutti erano in fermento e appena entrata capii il perché: c’era un banco a cui era stata attaccata una foto e un biglietto con scritto “Tre anni di noi, ti amo amore”.

 

Rimasi a fissarli per qualche minuto, Mood se ne accorse e mi trascinò al nostro posto. “Tanti auguri Kat! Buon compleanno” disse abbracciandomi. “Grazie mille Andrew”. Prendemmo subito posto in quanto la professoressa di italiano era già alla cattedra e pronta a spiegare.

 

Piterson, come sempre, arrivò 5 minuti dopo l’orario di entrata. Alla vista del suo banco il viso gli si illuminò incredibilmente, per un secondo notai lo sguardo farsi serio e posarsi su di me. Abbozzai un sorriso, anche se mi sentivo strana. Julie affianco a lui mi guardò intensamente, e mimò un “Tanti auguri, scusa sono entrata a pelo”, la ringraziai con un sorriso e tornai china sul libro.

 

Come mi ero ripromessa il giorno precedente, passai la giornata ad evitare qualsiasi contatto con Piterson. In qualche strana maniera, la mia mente contorta era arrabbiata con lui.

Non volevo condividere il giorno del mio compleanno con il loro anniversario, mi sembrava una barzelletta ed uno strano scherzo del destino.

 

Perchè Kat? Tra voi non c’è niente, non hai motivo di stare così” mi ripeteva incessantemente la mia voce interiore.

 

 

 

La giornata era trascorsa a scuola senza troppi problemi. I professori mi avevano fatto gli auguri e anche diversi compagni. Tutti tranne lui. Era troppo impegnato a pregustarsi il suo pomeriggio con la fidanzata e vari festeggiamenti del loro anniversario.

Di risposta io continuai ad evitarlo come la peste e a organizzare la mia serata. Frederik mi aveva fatto gli auguri sul gruppo di whatsapp della compagnia. Ci ero rimasta male, non aveva nemmeno speso un minuto della sua vita da nullafacente per mandarmi un fottuto messaggio. Ma almeno lui me li aveva fatti. Non potevo dire lo stesso di Luke. Il mio umore quel giorno era dir poco nero, l’unica cosa che mi rallegrava era il pomeriggio di preparazione con Emma e di passare una serata in gruppo.

 

Nessun problema, avrei evitato sia Frederik che Luke in quella giornata, nessuno dei due avrebbe influenzato la mia giornata oltre.

 

Come sempre ero solita fare, nascosi i miei sentimenti e buttai la chiave. Emma non si sarebbe nemmeno resa conto del mio stato d’animo e tutto sarebbe filato per il meglio.

 

O almeno così avevo pianificato.

Quello che non avevo pianificato dopo due ore di forzati preparativi da parte della mia amica, era di avere completamente il trucco sbavato dalle lacrime incontrollate che mi scendevano sulle guance dopo il terzo drink.

Musica assordante, gente che ballava, parlava, si ubriacava e qualcuno che fumava erba in un angolino.

 

Era impossibile da contenere tutto il mio malessere, la confusione la rabbia nei confronti di quello che doveva essere il mio fidanzato ma che a malapena mi aveva salutato quando ero arrivata alla festa. Alla mia festa.

Per non parlare di Luke, scacciai subito il pensiero di lui.

 

Barcollante lo avevo raggiunto, e lui visibilmente imbarazzato perché eravamo in pubblico, mi aveva rifiutata e fatta sedere sul divano. Fu come una doccia gelata. “Non pensavo di farti così schifo” gli urlai dietro.

Avrei avuto tutto il tempo domani per vergognarmi.

 

Emma cercava di starmi vicino, anche se questo significava stare lontano da Mike, che a differenza di Frederik, non aveva nessun problema a mostrare al mondo il suo interesse.

“Emma vai da lui, davvero. Non preoccuparti. Adesso mi lavo la faccia e torno a casa”

“Ma è la tua festa? Sei sicura di voler andare via?” già, era la mia festa ed io ero completamente devastata. “Non preoccuparti Emma, dico davvero. Domani ti chiamo ok?”

 

 

Non salutai nessuno e mi incamminai verso casa mia, si trattava di 5 minuti a piedi di tragitto e per fortuna il rifiuto mi aveva fatto passare buona parte dell’effetto dell’alcol.

 

“Kat, fermati! Kat” mi girai di scatto e nel buio vidi un Frederik corrermi incontro. “Cosa diamine vuoi?”

“Mi dispiace, mi hai colto alla sprovvista… io lo sai in pubblico, non mi va tanto” non so se fosse colpa dell’alcol o altro, ma mi misi a ridere di gusto alla sua frase. “Ho una notizia per te Frederik: mi sono stufata del tuo atteggiamento. La nostra relazione, se si può definire tale, in questo anno l’ho tenuta in piedi da sola, assecondando ogni tuo desiderio. Peccato che non te ne freghi un cazzo di quello che voglio io, o di quello di cui io ho bisogno!” Sputai tutto come veleno.

 

Vidi il suo sguardo spegnersi. Lo avevo già visto altre volte durante il divorzio dei suoi genitori. Mi si frantumò il cuore in quel momento.

 

“Kat il tuo problema è proprio questo. Tu sbotti. Sei proprio come mio padre! Pretendi che gli altri ti capiscano, ma tu non fai niente per farti capire!” mi rispose lui, ma ormai ero già lontana.

 

Le sue parole mi giravano in testa come un vortice impetuoso e mi sentivo lentamente soffocare. Forse aveva ragione però. Di sicuro non ero una campionessa ad esprimere i miei sentimenti su questo ero alle prime armi tanto quanto lui. Ma anche lui, dio mio, era così disinteressato. E sapevo che era una maschera, una maschera che indossava sempre con tutti per nascondere il suo dolore. Io che invece credevo di essere l’unica ad essere passata oltre i suoi muri...

 

La testa mi girava vorticosamente, sia per le emozioni che per i drink. Mi gettai a letto sperando che la notte portasse consiglio. Forse potevamo ancora sistemare le cose.

 

Forse non era troppo tardi

 

Forse

 

 

 

La mattina dopo quando aprii gli occhi per i primi due secondi il mondo mi sembrava un bel posto. Poi i ricordi della sera precedente mi caddero addosso e mi sentii improvvisamente depressa.

Rimandai qualsiasi tipo di discorso con Frederik a domenica, partita o non partita. Oggi era sabato e avrei dovuto festeggiare a pranzo con i miei genitori, mentre la sera avrei visto Mood e Julie. Non avevo intenzione di rovinare anche quella giornata.

Mi alzai e con una lentezza inaudita mi diressi in cucina. I miei erano usciti per delle commissioni, come sempre al sabato: se non erano commissioni, era la spesa, o mia nonna… in sostanza non si faceva mai colazione insieme.

 

Tracannai due caffè neri e la riacquistai completamente la lucidità. Dopo una lunga doccia bollente mi sentivo quasi bene. Decisi di impiegare quelle ore per fare qualche compito per lunedì e per rilassarmi un po’ sul letto con la musica.

 

Intorno a mezzogiorno i miei tornarono a casa e ci preparammo ad uscire. Ero molto rilassata all’idea di stare con loro… un buon pranzo e una passeggiata erano la cura a tutti i mali per me.

 

 

Dopo un fantastico piatto di paccheri al salmone, ormai la giornata mi sorrideva e non avevo intenzione di smettere. Mood e Julie sarebbero passati a prendermi la sera alle nove per andare a fare un giro in città.

 

Ero eccitata all’idea e stavo scegliendo cosa mettere. Avevo optato per dei jeans aderenti scuri con un maglioncino colorato, ma poi, il mio sguardo si posò sul mio armadio e vidi il mio vestito preferito: si trattava banalmente di un vestito corto, nero, dritto leggermente morbido, semplice e accarezzava le mie curve valorizzandomi dei punti giusti. Sarebbe stato da dio con i miei stivali neri alti fino al ginocchio (che non mettevo mai perché mi vergognavo, ma ormai ero adulta stavo andando in città e nessuno ci avrebbe fatto caso.) Mi truccai leggermente, giusto un filo di mascara scuro, misi il mio giubbotto di jeans e ormai ero pronta.

 

Iniziò a squillarmi il cellulare: Chiamata in entrata da Luke. Perchè mai mi stava chiamando? Non avevo più ricevuto conferme da parte sua e nemmeno gli auguri per il mio compleanno…

 

“Spencer vuoi scendere? Siamo qui sotto da venti minuti.” sentii la sua voce scocciata appena accettai la telefonata.

“Io-io arrivo” risposi velocemente e riattaccai. Ci sarebbe stato anche lui. Mi guardai allo specchio rivedendo come ero vestita… Pazienza, non avrebbero aspettato oltre.

Scesi le scale e il mio stomaco fece un paio di capriole.






 

*Spazio per Steph*

Eccoci qui. Vi confesso che sta diventando sempre più difficile aggiornare tutti i giorni, ma cercherò non deludervi. Vorrei sapere cosa ne pensate, se avete qualche consiglio da darmi magari.

Grazie

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Capitolo 8
*** Chapter seven ***


Chapter seven
Upside down



Potevo sentire Julie e Mood battibeccare come due sposini, ma il suono risultava lontano, tutto il mondo era completamente al di fuori della bolla in cui mi trovavo, mentre raggiungevo lui.

Luke indossava una camicia bianca, il suo fisico asciutto avanzava nella mia direzione con quel dannato sorriso da psicopatico.

“Auguri Kat” sussurrò una volta arrivato abbastanza vicino da sentire il suo profumo.

“Sei in ritardo di 24 ore.” risposi.

Dietro di noi Andrew e Julie si stavano avvicinando, ma ancora una volta la mia attenzione era catturata da due occhi verdi intenti a fissarmi… o meglio, a fissare prima le mie gambe, il vestito, per poi incatenarsi ai miei occhi e rimanere lì. Fissi.

 

Eppure da quegli occhi io riesco a scorgere desiderio, affetto…

 

Kat smettila di farti castelli in aria. Ha fatto tre anni di relazione ieri.

 

“Pronta a festeggiare?” esclama Mood dopo averci raggiunto

“Si” il suono esce dalla mia bocca ma i miei continuano ad essere incatenati nei suoi.

“Be’ allora cosa facciamo? Andiamo?” richiamò Julie spazientita.

Subito avvampai, e mi sentii imbarazzata come una ladra.

 

D’altro canto lei era amica di Val. Ma non stavamo facendo nulla di male.

 

Il viaggio in macchina fu piacevole, Julie era troppo impegnata con un Mood palesemente disinteressato per accorgersi della mano di Luke sul mio ginocchio, come era solito fare.

Complimenti Kat, il piano nessun contatto fisico sta andando a gonfie vele.

Mi dava molta sicurezza quel suo gesto. Lo guardavo mentre era attento alla guida, il suo profilo fine, i capelli corvini. Mi veniva voglia di passarci le mani tra i suoi capelli.

Certo, anche Frederik aveva dei bei capelli, ma il fatto che fossero legger mossi impediva qualsiasi tentativo di carezza.

Di colpo la tristezza di quella mattina mi piombò addosso. Non si era fatto vivo. Possibile che lui mai si facesse vivo per primo? Estenuante. Certo, non sono queste le cose importanti di una relazione, ma sono la dimostrazione di interesse più lampante, soprattutto quando non hai di fronte quella persona.

Mentre mi perdevo nei miei pensieri, eravamo arrivati in città. La movida, luci, un sacco di gente per le vie.

Luke ci portò nel locale di un suo amico, una volta entrati ci portarono subito quattro shots fumanti per cominciare la serata. La musica era molto alta, ma al nostro tavolo riuscivamo tranquillamente a sentirci. Julie aveva un fantastico body, metteva in risalto le sue forme, era chiaro che lo avesse messo per Mood, anche se lui non la guarda in quel modo.

 

Quando mi tolsi il giubbotto di jeans e rimasi solo con il vestitino, vidi Luke strano. Non era desiderio adesso, era timore. Per smorzare la tensione alzai lo shot “Buon non-compleanno Kat!” Le risate di sottofondo mi confermarono di esserci riuscita.

 

Dopo il quarto giro di shots la testa cominciava a farsi pesante: non ero ubriaca, ma mi sentivo sicuramente più stordita rispetto alla sera precedente. Però, a differenza del giorno prima, ero felice. Stavamo ridendo, scherzando ma soprattutto bevendo da un oretta ormai.

“Devo andare in bagno” biascicai tirandomi in piedi barcollando. Una presa salda mi impedì di cadere. Luke si era alzato di scatto, eravamo veramente vicini. La testa mi girava. “Ti accompagno, disastro”.

 

Mi guidò verso una scala sorreggendomi, nel punto in cui le sue mani erano appoggiate su di me sentivo bruciare. Vedevo sfocati i gradini e per poco non rischiai di volare di faccia giù per la rampa. Luke mi teneva stretta, sentivo il suo respiro sulla mia nuca e lo sentivo stringere bisognoso la mia vita.

Una volta scesi ci trovammo di fronte ad uno specchio seguito da un corridoio e una porta. Notai che c’erano due persone in fila prima di noi.

Mi fissai nello specchio con lui ancora saldamente dietro di me, la presa aveva leggermente alzato il vestito. Luke puntò il suo sguardo nello specchio e mi sorrise. Dopodiché accadde tutto velocemente, si portò davanti a me continuando a tenermi per la vita, aderì il suo corpo al mio, il mio cuore martellava sempre più veloce, mi mancava perfino il respiro.

“Sei troppo stasera” soffiò sulle mie labbra. Ero incapace di dire qualsiasi cosa. Mi limitavo a guardarlo negli occhi, incapace anche di capire che cosa stesse succedendo. Appoggiò la mia fronte alla sua e chiuse gli occhi.

Non starà per baciarmi vero?

Chiusi gli occhi in attesa.

 

E avrei potuto attendere anche una vita intera, perché lui aprì gli occhi e si staccò da me. “Ti aspetto al tavolo” disse, prima di scomparire su per le scale.

 

Complimenti Kat, il piano nessun contatto fisico sta andando a gonfie vele. Di nuovo.

 

 

Quando tornai dal bagno ero più lucida, mi ero fatta il lavaggio del cervello davanti allo specchio. Alla ventesima volta che mi ripetevo “è fidanzato non lo avrebbe mai fatto, e tu sei una cretina ad essere rimasta così in attesa

mi ero convinta: ero senza dubbio un’idiota, ed avevo frainteso tutto.

 

Al tavolo i ragazzi chiacchieravano mangiando patatine. Luke rideva e scherzava come se nulla fosse e decisi di fare lo stesso, nonostante mi mancassero le sue mani, il suo sguardo e le sue attenzioni che non avevo nessun diritto di pretendere.

Si era fatto veramente tardi quando uscimmo dal locale. Mi strinsi nel mio giubbotto di jeans camminando vicino agli altri. Erano tutti di buon umore, e tutto sommato anche io stavo bene.

 

“Quindi per questa gita?” ripropose Julie “Ci sarete o no? Mi fate andare da sola con gli altri?”

“Io ci sarò Julie, tranquilla. E’ la gita di quinta! l’ultima occasione per stare tutti insieme...” risposi malinconica.

“A meno che...non organizziamo un viaggio di maturità” propose Mood. “Io ci sarò” confermò Piterson.

“Sempre che Val te lo permetta...” lo stuzzicò Julie. Scoppiammo tutti a ridere tranne lui.

 

 

Decisi di passare oltre quell’episodio. I ragazzi erano stati carini con me, la serata era andata bene, avevamo riso fino alle lacrime e parlato di tutto. Luke accompagnò prima Mood, seguito da Julie e poi portò a casa me.

La tensione si tagliava con il coltello. Questa volta a smorzarla fu lui, iniziando a fare battute idiote su Julie e su come volesse attirare l’attenzione di Mood. Decidemmo di attuare un piano in gita per far in modo che si trovassero soli da qualche parte. Ci sarebbe stato da ridere.

Una volta arrivati sotto casa mia si sistemò nel parcheggio. “Come è andata ieri con il coglione?”

“Non benissimo” ammisi sospirando “Abbiamo discusso, io gli ho vomitato addosso un po’ di cose”

“Almeno ti ha regalato qualcosa?” chiese lui “non so Kat, qualsiasi cosa per dimostrare il suo interesse nei tuoi confronti! Sembra veramente apatico, passivo… Almeno in quell’ambito ti fa capire che ti vuole? O anche quello devi farlo tu? Dio, io alla mia donna le faccio capire quanto è importante per me...”

Una sberla avrebbe fatto meno male.

“Non mi piace parlare di questo con altre persone” risposi “comunque, regali non ne ho visti. E posso solo dirti che quanto meno, mi fa capire quanto mi vuole in quel senso” risposi tagliente “ora salgo.”

“Va bene Kat.” sospirò “Non farti mettere i piedi in testa”

“No, stai tranquillo” dissi uscendo dal veicolo.

“Eri veramente stupenda stasera”

mi voltai senza rispondere e andai verso il cancello. Ondeggiando accidentalmente i fianchi, alzando un pochino, sempre accidentalmente il vestito.


 

Okay Kat, cerca di levarti dalla testa lui che fa capire a Val quanto la desidera. Altrimenti non ne esci più stanotte.

Dopo vari tentativi senza successo, riuscì a dormire.

 

Mi trovavo in una stanza, aveva due letti singoli, assomigliava molto ad una stanza di albergo.

Kat ti vuoi muovere le valigie pesano!” era la voce di Julie. C’era anche lei con me.

Oh si eccomi!” Avevamo diversi bagagli, eppure eravamo solo due persone.

Julie appoggiò le valigie e si avvicinò alla porta facendomi cenno di seguirla. Eravamo in un corridoio, sembrava un bell’albergo in realtà. Bussammo alla porta di un’altra camera. 156. Qualcuno aprì. Era Mood.

Entrate, tra poco sono pronto.La stanza era esattamente uguale, se non per un dettaglio che apparì davanti ai miei occhi.

Luke e Val nel letto ad amoreggiare ignari della nostra presenza.
Quando Luke si girò la sua faccia mutò e divenne la faccia di Frederik.

 

Mi svegliai di colpo e corsi in bagno, un senso di nausea pazzesco mi strozzò e in un attimo stavo vomitando tutti gli shots. Dopo essermi lavata la faccia, ed aver lavato tre volte i denti tornai a letto sperando di poter dormire almeno qualche altra ora.

 

Kat tu non berrai mai più.

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Capitolo 9
*** Chapter eight ***


Chapter eight
I'm not ignoring you, maybe




“Per me un cappuccino, grazie”

 

guardai Emma ordinare la sua spremuta e ci andammo a sedere al nostro solito tavolino.

Era una domenica mattina abbastanza fredda per essere metà ottobre, mi stringevo nel mio maglione oversize cercando di scaldarmi.

Mi ero svegliata con un suo messaggio che mi implorava di farmi vedere dopo venerdì sera, disastroso per me, ma evidentemente non per lei. Infatti era di ottimo umore, gli occhi marroni le luccicavano e la sua solarità era più contagiosa del solito.

“Avanti, so che muori dalla voglia di raccontarmi di Mike, sputa il rospo” il suo viso si illuminò e cominciò a parlare a raffica su tutti i dettagli accaduti venerdì tra lei e lui alla festa, della mia torta che non ebbi la fortuna di vedere, e dei ragazzi che la spiaccicavano sui muri di casa. La guardavo raccontare ed ero veramente felice per come si era evoluta la loro situazione, Mike lo conoscevamo da anni era un bravo ragazzo, come Frederik d’altro canto, ma a differenza, sua sembrava essere in grado di mostrare le sue emozioni.

Al pensiero di lui mi incupì ed Emma purtroppo lo notò subito.

“Sai Kat, dovresti provare a parlare con lui. Non lo difendo lo sai, però questa è una cosa nuova anche per lui. Se il sentimento c’è dovreste provare a parlare chiaro”

“Lo so che è una cosa nuova per entrambi. Ma è anche vero che stiamo insieme da un anno e alcune cose ormai dovrebbe capirle da solo, invece lui si limita a vivere la sua vita senza cercare di entrare nella mia. Sono io che per tutto questo tempo mi sono adattata alle partite, alla compagnia… Per carità! Mi trovo bene con i ragazzi e sono felice anche che tu li abbia conosciuti e abbia trovato l’amore” risposi sinceramente “però vorrei solo che lui si sbloccasse, io me lo merito.”

Emma mi strinse la mano per confortarmi, in quel preciso momento il cameriere portò la nostra ordinazione e tornammo ad argomenti più felici: Emma e Mike.

 

 

Stavo camminando verso casa dopo la mia colazione con Emma, quando per forza di cose passai di fronte casa di Frederik. Mi fermai un attimo e fissare il suo balcone e poi ripresi il mio tragitto.

Forse Emma dopotutto aveva ragione, non sempre ci si capisce con uno sguardo e per quanto io vorrei che fosse così, devo guadare in faccia la realtà: io e lui non siamo sulla stessa onda di pensieri.

Questo però non significa che tra noi sia tutto da buttare, vale la pensa darsi un ultima possibilità.

 

Con questa convinzione bene a mente, una volta arrivata a casa invio un messaggio a Frederik chiedendogli di vederci nel primo pomeriggio per parlare. Felice della mia decisione, andai a pranzare con i miei genitori.

 

 

“Ok Kat. Alle 14:30 al parco”

Ero davanti allo specchio e cercavo di prepararmi un discorso da fare a Frederik in modo da non sbottare, come ero solita fare, e vomitare cattiverie.

Non sarebbe stato facile, ma avrei mantenuto la calma e mi sarei fatta capire. Il sentimento c’era, quindi doveva per forza esistere un punto di incontro.

 

“Ciao Kat! Mike mi ha detto che oggi pomeriggio andranno a fare un giro qui nei dintorni per una festa di paese. Verrai anche tu?” il messaggio di Emma mi rese triste e felice nello stesso momento.

Ero felice perché se la mia chiacchierata con Frederik fosse andata male, lo avrei ignorato in compagnia e avrei avuto un diversivo per distrarmi. Ero triste perché lui non mi aveva detto nulla di questa uscita. Come sempre del resto.

 

 

14:28

Ero seduta su una panchina al parco. In realtà non avevo scelto una panchina qualunque ma la panchina dove Frederik mi aveva baciato durante la nostra prima uscita.

Probabilmente lui non l’aveva memorizzata.

Forse per la prima volta in tutta la sua esistenza, Frederik arrivò puntuale ad un appuntamento con me.

 

L’ansia smuove le montagne.

 

“Ciao Kat” disse sedendosi accanto a me. “Ciao a te”

“Allora di cosa vuoi parlarmi?” chiese fingendo palesemente disinteresse. “In realtà vorrei fare chiarezza su quello che ci siamo detti venerdì ed arrivare ad un punto, una svolta, un qualcosa.” risposi mentre sentivo già il sangue andarmi al cervello.

 

Kat devi stare calma.

 

“Allora parla, ti ascolto” disse lui guardando di fronte a sé.

 

Io lo detesto.

 

“E va bene allora faremo così. Volevo solo dirti che hai ragione quando dici che io devo imparare a parlare, a lamentarmi se qualcosa non mi va bene. Pretendere che le persone mi leggano nel pensiero ferisce solo me. Queste cose nella vita reale non succedono. Non succede che due persone si incontrano e le menti si parlino. Quindi se vogliamo continuare a stare insieme sappi che non ne posso più di congelarmi il culo sugli spalti di mezza provincia quando potrei dedicarmi a me stessa. Passare del tempo insieme non è questo. Come vedersi non significa guardare te che giochi a calcetto con gli altri. Per non parlare delle rare volte in cui mi dedichi qualche ora: fare l’amore con me e poi lasciarmi dove sono per raggiungere i tuoi amici è squallido... Le cose devono cambiare o altrimenti non vedo che senso abbia stare insieme...” per quanto mi si fossi sforzata di stare calma, le ultime parole le avevo praticamente strillate.

 

La faccia di Frederik a chiunque sarebbe potuta apparire indifferente, ma io sapevo che stava elaborando il mio discorso. In qualche modo avevo toccato i punti giusti perché delle emozioni apparivano sul suo volto.

 

“Kat io non voglio perderti. Se tu mi avessi parlato prima di tutto questo le cose sarebbero potute essere diverse. Io ero veramente convinto che a te piacesse quello che facevamo insieme, ed ogni volta che me ne andavo da casa tua mi dicevi che dovevi studiare, o fare altre cose. Mai avrei pensato che tu soffrissi per questo. Probabilmente sono uno stupido o non sono abbastanza attento...Non lo so. Possiamo provare a essere più chiari tra di noi?”

 

Aveva preso le mie mani e le teneva strette, mi fissava in attesa della mia risposta, sembrava quasi avesse paura di perdermi. Incredibile. In un anno non aveva mai manifestato il timore di perdermi.

 

“Proviamo a vedere come va. Se lo merita la nostra storia, per quei pochi momenti belli che abbiamo condiviso solo noi due soli, si la merita una seconda occasione.” Risposi convinta.

 

Frederik sorrise. Si alzò e mi fece cenno di seguirlo.

 

“Frederik?”

“Dimmi Kat”

“Puoi tenermi per mano oggi pomeriggio davanti agli altri?”

“Certo Kat. Da ora in poi lo farò sempre, e anche molto altro...”

 

Sorrisi ed afferrai la sua mano mentre andavamo al ritrovo con gli altri del gruppo.

 

Forse non era troppo tardi per noi.

 

 

 

Stavamo camminando da diverso tempo per la festa di un paese vicino, una moltitudine di bancarelle colorate,

un sacco di gente per le strade, noi tutti insieme e Frederik che mi teneva per mano in giro e mi sorrideva. Gli altri sembravano ancora più felici di noi nel vederci più vicini.

Mi sentivo, felice, spensierata dopo tanto tempo. Ci stavamo dirigendo verso il fiume per passeggiare quando da lontano riconobbi una figura famigliare. Anzi, due.

 

Di colpo mi sentivo come la sera precedente sotto casa mia, sentivo i suoi tutti ovattati e la mia attenzione era su di lui, che però non mi aveva notata. Continuava a camminare con Val e altre persone. Distolsi lo sguardo e lo posai sulla mano intrecciata a quella di Frederik, lui si era accorto che qualcosa non andava e si era voltato verso di me: “Kat tutto bene?” la sua voce mi risultava lontana, loro si avvicinavano sempre di più e il panico prese il sopravvento. Vedevo la scena della sera precedente nella mia testa, la sua presa su di me, il suo sguardo, il viaggio in macchina… Dentro mi sentivo logorare dai sensi di colpa.

Non è successo nulla. Eppure era come se cento chili mi fossero caduti sullo stomaco.

 

Esternamente rimasi impassibile come un automa quando mi passarono a fianco.

 

“Ciao Kat” la sua voce arrivò perfettamente alle mie orecchie rompendo la bolla ovattata in cui mi trovavo.

 

Non risposi. Mi limitai a guardare Frederik, gli sorrisi e lo baciai di getto. Quasi avessi qualcosa da dimostrare.

Lui rispose al bacio, lo sentivo sorridere sotto le mie labbra mentre io ero sull’orlo di una crisi di pianto.

Una Val ignara della scena e Luke proseguirono tranquilli, sentivo però il suo sguardo su di noi, lo sentivo addosso.

 

Kat sei pessima.





 
*Spazio per Steph*
colgo l'occasione per ringraziare nuovamente Karen della sua recensione!
Eccoci qui con un nuovo capitolo della storia!
Inoltre volevo ringraziare anche:
- Mary19874
- Natalja_Aljona
- November Rain
per avermi incluso tra le storie seguite!
A presto ragazze!
Steph

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Capitolo 10
*** Chapter nine ***


Chapter nine
What the hell?



Era passato più di un mese da quella domenica pomeriggio. La mia storia con Frederik aveva preso una piega decisamente nuova ed ero felice di come stavano andando le cose tra di noi. Era un continuo stare insieme, film a casa sua dopo scuola, passeggiate prima di calcetto, ci ritagliavamo finalmente il tempo per noi. Lui era dolcissimo nei miei confronti, sinceramente dispiaciuto e desiderava davvero fare andare bene le cose.

 

 

Parallelamente, Piterson da quella domenica aveva cominciato a comportarsi in modo strano nei miei confronti. Dopo essersi bevuto la mia giustificazione al non-saluto, semplicemente sostenevo di non averlo visto o sentito, aveva cominciato ad avvicinarsi sempre di più a me.

Con scuse banali si faceva mettere in turni di interrogazioni con me, giusto per ripassare insieme la mattina al bar, era alla continua ricerca di contatto fisico. Un continuo toccarmi: la schiena, i capelli, il mento… Ogni occasione era buona. Io restavo falsamente distaccata, apparentemente indifferente, mentre diventavo sempre più bisognosa di questa nostra complicità.

Perchè di questo si trattava.

Complicità che magicamente si spegneva quando Val era nei paraggi, lui azzerava completamente il nostro rapporto e si dedicava devoto alla sua dolce metà.

Dalla sua parte Luke aveva la nostra innata affinità che ci permetteva di pensare sulla stessa lunghezza d’onda e capirci con poco. Studiavamo insieme quasi tutte le materie ed era uno stimolo mentale confrontarsi con lui.

Questa attrazione mentale, sfociava fortunatamente in buoni voti per entrambi e ad una buona condotta scolastica: giusto per battibeccare, ci si confrontava anche da un banco all’altro durante le lezioni e anche i professori alimentavano la nostra chimica assegnandoci compiti da fare insieme.

 

Però le cose con Frederik stavano andando finalmente della direzione giusta ed io non avevo la minima intenzione di andare in confusione per questa situazione: ci trovavamo bene a studiare e ragionare. Non ne sapevo molto dell’amore ma sicuramente non aveva niente a che vedere con questo tipo di cose.

 

Eravamo nel bel mezzo della lezione, quando si accese un dibattito riguardante le città.

“Mi piace vivere in campagna” ammise Julie “i colori, le villette con il giardino...”

“Tutto sommato anche a me piace” rispose Mood “ciò che però non mi piace è che tutti conoscano tutti”

 

“Io detesto la campagna. Detesto che tutti conoscano tutti e si prendano il diritto di commentare la vita degli altri come unico scopo della loro vuota giornata.” esclamai “è veramente triste nel duemila vedere ancora persone che passano il tempo a fare la morale agli altri. Le comare di paese non mi sono mai piaciute. E odio le villette: richiedono troppo tempo, tempo che lavora non può dedicargli. Preferisco gli appartamenti, più funzionali e intimi.” aggiunsi “per non parlare del fatto che in molti paesini la gente si permette di venirti a trovare senza avvisare. Mi sembra di sognare. Sarà che i miei genitori vengono dalla città, ma in casa mia si accede solo su invito, appunto perché siamo tutti fuori tutto il giorno e nemmeno ai miei parenti è concesso piombare senza avvisare. In conclusione, condanno duramente questo stile di vita che risale agli anni settanta. Aveva senso a quel tempo, ma ora non ne ha proprio.” conclusi il mio pensiero radicale.

 

Molti miei compagni erano ammutoliti, mentre la prof di diritto invece, diplomaticamente concordava su alcuni aspetti del mio discorso, soffermandosi sull’importanza del rispetto della privacy.

 

“Sono pienamente d’accordo” cominciò Piterson “sarà che anche i miei genitori vengono dalla città, ma anche i limiti di casa mia sono ben definiti a vicini o parenti. Non ho mai sopportato quelli che conoscevano i nomi di tutte le persone del loro condominio, capisco la scala, ma tutto il condominio? Cosa sei Barbara D’urso?”

 

Risi copiosamente. “Certo, sicuramente sono persone che non hanno poco o nulla da fare, e alle tredici spaccate sono davanti uomini e donne a pendere dalle loro labbra.” risposi tagliente.

 

Ridemmo insieme. Purtroppo solo noi.

 

Sapevo benissimo che avevo ferito molte mie compagne, ma non mi importava. Sono sempre stata allergica alla superficialità e sono stata cresciuta da due persone malate di lavoro, non di soldi, ma di lavoro. In casa mia se si doveva fare una cosa, bisognava farla al meglio e con la testa. Mi hanno sempre coinvolta in ogni decisione e ascoltato le mie opinioni, essendo io un essere umano dotato di cervello.

Non che in casa mia ci fosse poca leggerezza: al contrario eravamo tre persone che ridevano molto, ma la curiosità di tutto è stata una delle migliori qualità che i miei mi hanno trasmesso. Mi interesso di tutto o quasi, mi piace sapere come funzionano le cose sia a livello politico che a livello di meccanica. Mi interessa in particolare il mondo umanistico, sono una avida lettrice di Shakespeare e conosco buona parte delle opere di Verdi.

Ma mi guardavo bene dell’essere altezzosa per questo, al contrario cercavo sempre di trasmettere la mia passione anche ai miei amici. Motivo per la quale ne veramente pochi.

 

Per questo ero veramente contenta di poter parlare con Luke, anche lui era molto curioso, certo non di tutto come me, ma sui suoi hobby era molto ferrato. Gli piaceva lo sport in generale e più di una volta ci siamo trovati a parlarne, anche se io avevo una certa avversione per l’argomento.

 

Durante il cambio d’ora Piterson si avvicinò e sussurrò al mio orecchio “Non dirlo a nessuno, ma Val guarda uomini e donne” sorrisi e risposti “mi dispiace molto”.

 

Mi ritrovai a pensare a Frederik. Per fortuna lui odia quel programma inutile.

 

 

La giornata era trascorsa senza ulteriori di battiti, una volta arrivata a casa mentre addentavo un pezzo di focaccia, Frederik mi chiese con un messaggio di uscire insieme quel pomeriggio per un giro a piedi. Guardai fuori dalla finestra, il tempo era uggioso e non mi andava molto “vieni tu da me dai, fa freddo”, digitai velocemente sul telefono.

 

Io e Frederik eravamo sul divano a guardare la tv, solite serie del pomeriggio, niente di nuovo ma sempre piacevoli per rilassare la mente.

“stamattina sono andato a fare un giro in paese” cominciò ad un certo punto “devo dire che viviamo in uno dei paesini più belli della zona. c’è tutto”

“ti prego, è una noia mortale. Hai ragione, per esserci tutto, c’è tutto. Ma è talmente piccolo da fare venire la claustrofobia” risposi scocciata “non penserai mica di poter vivere qui per tutta la vita?!” esclamai alla finestra

“Ti confesso Kat, non mi dispiacerebbe. Conosco tutti.” ammise lui.

“Siamo molto diversi”

 

Già eravamo davvero molto diversi, pensai. Ma non aveva senso parlare adesso di queste cose. Non avevamo nemmeno vent’anni. Tuttavia non potevo evitare di pensare a Luke, sicuramente lui sarebbe stato di opinione diversa.

Scacciai velocemente il pensiero di lui e mi concentrai sull’abbraccio di Frederik per il resto del pomeriggio.

 

 

I giorni passavano velocemente e le cose sembravano aver trovato un punto di equilibrio. Natale si avvicinava ed io ero entusiasta: vacanze di Natale! Ero troppo eccitata all’idea, Frederik mi aveva promesso di passare molto più tempo con me, tanto non aveva un lavoro ed il suo unico impegno era tirare calci ad un pallone ogni giorno dalle 5 alle 7 di sera. Emma mi aveva promesso un intensa giornata di shopping e i miei sarebbero stati a casa almeno per vigilia, Natale e Santo Stefano.

 

Era l’ultimo giorno di scuola prima dell’inizio delle vacanze e come consuetudine stavamo facendo un piccolo banchetto durante le ultime due ore: Panettone, Pandoro… patatine! Stavamo mangiando con tutta tranquillità, io Mood, Julie e Luke eravamo seduti in cerchio a mangiare schifezze e a chiacchierare.

 

Julie si era avvicinata a Mood e lo guardava con occhi sognanti, il suo sentimento per lui nell’ultimo periodo si era accentuato molto e si vedeva parecchio, non ero ancora riuscita a farmi dire da Andrew quali fossero i suoi reali sentimenti, ma ero determinata a scoprirlo.

 

“Ragazzi! Perché non organizziamo un uscita in questa vacanze? Magari verso la fine dell’anno” proposi sorridendo.

“Tre facce mi guardavano sorridenti” tranne una, che mi fissava da psicopatico che ha capito che sto tramando qualcosa

 

Lo prendo come un sì.

 

“Spencer mi hai rubato l’ultima patatina?” esclamò tragicamente Luke “come ti sei permessa”

“In realtà è proprio questa qui” dissi sollevando la mano e mettendomi la patatina in bocca

“non oserai” minacciò lui. Lo fissai mentre lentamente cominciai a morderla.

 

In un secondo si avventò sulla mia bocca, schiuse le labbra e morsicò metà della patatina rimanente.

Le nostre labbra si sfiorarono per un centesimo di secondo. Questo bastò a catapultarmi in un altro mondo, avvampai all’istante per il gesto e sentii brividi ovunque, non sentivo più niente.

 

Mood e Julie ci guardarono interdetti e se ne andarono.

Luke mi fissò negli occhi per qualche secondo mentre io cercavo di riprendermi. Non disse nulla, aveva però il respiro accelerato, che anche lui avesse provato qualcosa?

 

Se ne andò lasciandomi lì sola insieme al resto della classe ignara di quello che era successo.

 

 

La mia restante giornata la passai chiusa in camera a tapparelle abbassate. Rimasi scossa per tutto il pomeriggio, la sera, e per i giorni a seguire.

Pensavo e ripensavo alla sensazione delle sue labbra sulle mie. Per me il bacio è sempre stato qualcosa di sacro. Non ero mai stata quel tipo di ragazze che in discoteca baciano cani e porci. Avevo bisogno che quella persona mi interessasse anche solo per concedere le mie labbra. Ero fatta così.

E lui se le era prese, certo era un bacio da nulla, nemmeno un vero e proprio bacio. Le labbra si erano a malapena sfiorate ma le sensazioni provate dopo mi avevano a dir poco allarmata.

 

Kat sei nella merda.






 
*Spazio per Steph*
Ciao ragazze! perdonatemi per questo micro-capitolo, ma era importante creare un distacco da questi episodi agli altri.
Vi prometto che cercherò di allumgarli maggiormente! Allora? cosa ne pensate?

colgo l'occasione come sempre di ringraziare le mie lettrici:

Grazie per avermi incluso tra le storie seguite:
- annaira18
- finlin91
- ineedofthem

Grazie per avermi incluso tra le storie da ricordare:
1 - SIL1996
Grazie per avermi inclusa tra le storie preferite:
1 - donnie86

Un bacione a tutte voi!
Steph.

 

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Capitolo 11
*** Chapter ten ***


Chapter ten
Sick and Tired



Il giorno di natale era trascorso senza problemi. Avevo fatto il classico pranzo a casa con i miei genitori e le mie due nonne, avevamo mangiato, riso e scherzato. Era stata una bellissima giornata ed ero veramente contenta.

Non avevo ricevuto grandi regali, le mie nonne mi avevano consegnato la mancia natalizia e i miei mi avevano fatto dei piccoli pensierini: un piccolo panettone solo al cioccolato fondente, con delle decorazioni fatte a mano che si era rivelato delizioso e una catenina con un cuore nero, molto piccolo, di ceramica. Mi era piaciuto da subito, rispettava perfettamente la mia personalità.

 

Ormai era il 27 sera e aveva nevicato tutto il giorno. Avevo passato la mia giornata a casa da sola, i miei avevano ripreso a lavorare e tutto procedeva tranquillamente. Nonostante la promessa di Frederik di passare più tempo insieme, non ci eravamo visti molto e non avevo ancora avuto occasione di dargli il mio regalo.

Certo, aveva colto la palla al balzo per stare con i suoi amici più tempo, visto che erano a casa da scuola.

 

Guardai fuori dalla finestra, il manto nevoso aveva ricoperto tutto e come sempre creava un atmosfera magica. Rannicchiata sul divano a bere un thè caldo, proseguiva la mia giornata davanti alla tv.

Non mi dispiaceva godermi un po’ di solitudine dopo le feste, ero rilassata. L’indomani avrei visto Emma al pomeriggio ed i ragazzi la sera. Avevamo programmato un uscita tra compagni di classe sempre in città nel locale dell’altra volta, al nostro solito gruppo avrebbero preso parte anche altre due ragazze della classe Ana e Rory.

 

In televisione stavano dando “Amore e altri rimedi” guardavo sognante la scena dove lui insegue con la macchina il pullman con sopra lei solo per parlarne. Ecco forse quello era un gesto estremo e nessuno di noi due aveva una malattie degenerativa ma, mi sarebbe piaciuto che per amore qualcuno facesse un gesto così estremo, romantico per me…

 

Così sognante continuai a guardare il film fino all’arrivo dei miei genitori, dopo mangiato dedicai un po’ di tempo alla lettura e ad ascoltare musica a letto. Frederik non si era fatto sentire nemmeno oggi.

 

 

Quando aprì gli occhi era mattina inoltrata, mi trovavo sotto le coperte, incapace di uscire. Il tepore mi aveva intrappolato e non avevo via di scampo. Pazienza, mi sarei arresa al piumone fino all’ora di pranzo.

 

Qualche ora dopo mi alzai e subito mi preparai una sorta di colazione anche se l’orologio segnava ormai le 12:26.

Avevo, come sempre, il telefono pieno di messaggi del gruppo della classe, un messaggio di Emma e un messaggio di mia mamma.

 

Di lui ancora niente.

 

In silenzio proseguì la mia giornata fino a pomeriggio dove incontrai una Emma radiosa, felice e sorridente. Le cose con Mike dovevano andare veramente bene. Inevitabilmente un senso di inadeguatezza mi chiuse lo stomaco: l’amore poteva renderti così felice?

Certo anche io e Frederik avevamo avuto delle giornate dove eravamo così felici, anche se lui è sempre stato riservato e poco plateale con i suoi sentimenti.

 

Emma si buttò a capofitto nel racconto della sua storia, del ovviamente meraviglioso regalo di Natale di Mike: una cena e un piccolo braccialetto. Mentre lei parlava mi ritrovai di nuovo persa, il mio regalo per Frederik era ancora sotto l’albero a casa, certo si trattava di uno stupido berretto di lana, non era il regalo più bello del mondo… Chissà se lui ne aveva fatto uno a me.

 

Chissà cosa Luke aveva regalato a Val...

 

“Kat ci sei?” fissai Emma con aria interrogativa. “Si?” “Ti ho chiesto se a capodanno ci sarai”

continuai a fissarla esattamente nello stesso modo “mio Dio, speravo che almeno questo Frederik te lo avesse detto.” rispose sospirando. “mi dispiace Kat, gli altri hanno organizzato una festa in casa con una cena prima...”

Il mio umore divenne nero: un po’ perché mi sentivo esclusa dai miei amici, che forse amici non erano, o almeno non erano amici miei; un po’ perché con Frederik si faceva un passo avanti e sei indietro. Puntai gli occhi nel mio cappuccino e cominciai a girare silenziosamente il cucchiaino.

 

“Kat...” mi prese la mano sul tavolo “Kat ascoltami. Tu con lui hai parlato chiaro giusto? C’era anche stato un cambiamento mi sembra. Cosa è successo? Tu lo stai cercando? Magari anche lui ha dei dubbi...” provò ad ipotizzare Emma per tirarmi su di morale.

Peccato che questo non fece altro che mandarmi ancora di più in paranoia. Potevo avere io sbagliato nei suoi confronti? È vero, i primi giorni di vacanza sono passati talmente veloci tra Natale e le feste che sono riuscita a malapena a sentirlo per gli auguri. Poi ero pensierosa per l’avvenimento della festa a scuola, non sapevo come interpretarlo o se c’era qualcosa da interpretare.

 

“Quindi verrai?” chiese infine Emma speranzosa. “Eviterei una scena come alla festa del mio compleanno… Se riesco a parlarci prima e a chiarire penso di sì, altrimenti lo passerò con i miei genitori.” risposi cupa.

Emma sorrise leggermente e provò a dirottare la conversazione su altri argomenti più leggeri come al solito.

 

 

Mentre arrivava il momento di vedermi con gli altri della classe, la mia agitazione cresceva sempre di più: non sapevo cosa mettermi per uscire e alla fine optai per dei pantaloni scuri aderenti, una maglietta bianca e gli anfibi neri. Alle 21:30 spaccate i arrivò una telefonata da Luke, come l’altra volta mentre scendevo le scale, il mio stomaco prese a fare capriole a dismisura.

 

Questa volta però, il suo sguardo non mi incatenò, non mi catturò, non mi degnò di uno sguardo più degli altri.

Ci rimasi male, ma non potevo farglielo vedere. Qualcosa mi diceva che non potevo informarlo di questo ascendente che aveva su di me, così risi alle battute, scherzai con tutti ignorandolo come lui faceva con me.

 

A fine serata, dopo un paio di bicchieri di vino al locale, lo stesso locale dove l'ultima volta mi aveva fatto letteralmente bruciare, mentre ero fuori a prendere aria, lo percepì avvicinarsi “Buonasera Spencer” sussurrò infilandosi una sigaretta in bocca. “Buonasera Piterson, non sapevo che gli sportivi fumassero” risposi guardandolo, il modo in cui portava la sigaretta alla bocca era qualcosa di illegale. Gli occhi verdi nella notte erano come due smeraldi ed io come un ladro incapace di non guardarli.

“Ogni tanto, quando ho preoccupazioni” rispose fissando davanti a sé ed io annuì.

Passò quello che mi sembrò il minuto più lungo della mia vita, quando feci per rientrare e lui mi afferrò la mano

“Scusami se non ti ho calcolato molto, vedi non sono state delle feste tranquille” disse guardandomi prima negli occhi e poi incessantemente le labbra.

“Tranquillo” risposi fissando le sue, per poi girare i tacchi e fuggire dentro.

 

 

Arrivò capodanno senza che nemmeno me ne accorgessi. Avevo provato a scrivere a Frederik quella mattina ma dubitavo del fatto che fosse una persona mattiniera. Feci i mestieri in casa, pulì i pavimenti con calma nella snervante attesa di una risposta.

Risposta che arrivò nel tardo pomeriggio, quando ormai avevo perso le speranze.

 

“Kat sono un po’ impegnato oggi e domani. Vediamoci direttamente alla festa a capodanno e parliamo lì.”

 

Vaffanculo Frederik.

Solo una povera illusa come me poteva pensare che le cose si sarebbero magicamente aggiustate. Solo un cretino come te poteva invece dimenticarsi si invitarmi ad una festa.

Fanculo Frederik

“Si certo va bene, ci vediamo il 31”.

 

Complimenti per la sincerità Kat.

 

 

Mi guardai allo specchio per la ventesima volta. Emma ed io avevamo scelto un abito rosso, lungo fino al ginocchio, mi fasciava un po’ i fianchi, punto che io consideravo critico mentre Emma diceva sempre che sembravo Jessica Rabbit, ed io non ci credevo mai.

Mentre ci incamminavamo verso casa di Mike per poi raggiungere la festa ero stranamente tranquilla. Non me ne importava un granché di ciò che sarebbe accaduto: ormai ero arrivata alla rassegnazione.

 

 

Forse per noi era davvero troppo tardi.

 

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Capitolo 12
*** Chapter eleven ***


Chapter eleven
Truth and Lies



3...2...1...Buon anno! La musica rimbomba nelle mie orecchie, Emma sta saltando con me e ci abbracciamo forte, abbraccio Mike, sarà colpa del vino ma sono amichevole, auguro buon anno a tutti, la musica continua a suonare nelle mie orecchie, mi sento leggera, mi sento viva, incredibilmente viva. Due mani conosciute mi cingono la vita, balliamo a tempo, mi appoggio completamente al suo corpo, riconosco essere quello di Frederik, parlare ora non serve, ad un certo punto mi giro in cerca di un bacio e il suo viso cambia, di fronte ho due occhi verdi, sempre più vicini, il suo corpo contro il mio, chiude gli occhi si avvicina…

 

Apro gli occhi di scatto. 2:03. Peccato che i ricordi di capodanno fossero molto diversi. Mi alzo madida di sudore e mi trascino in bagno, sciacquo velocemente il viso e mi fisso allo specchio sconvolta.

Era tutto così reale, così vivo, le sue mani, il suo profumo...Mi schiaffeggio la faccia e torno a dormire.

 

 

Quando riapro gli occhi è già mattina inoltrata, leggo sul display: sabato 7 gennaio. La data mi ricorda qualcosa di importante, quando riesco a collegare il cervello e realizzo, mi sale il panico: compleanno di Luke.

Apro la sua chat privata con l’intenzione di fargli gli auguri, rimango bloccata: ho paura che sia con Val e non sopporterei di essere ignorata da lui.

 

 

Quando mi alzo trovo i miei genitori in cucina a fare colazione, mi informano che devono uscire delle commissioni e decido di andare con loro. Dalla mattina di capodanno cerco di svagarmi il più possibile. Proprio verso metà mattina mi arriva un messaggio

 

“Buongiorno Kat, possiamo vederci oggi?”

 

Per un istante ho sperato fosse un messaggio di Luke… invece si tratta di Frederik che vuole uscire con me. In realtà è dal primo di gennaio che lo sto evitando. Incredibile come i ruoli si siano invertiti in così poco tempo, ennesimo messaggio che viene ignorato dalla sottoscritta. Lo detesto.

 

Dopo aver pranzato con i miei genitori, e aver rifiutato almeno dieci volte il loro invito ad una passeggiata all’aria aperta, mi dedico pigramente ai compiti della vacanze mentre sto al telefono con Mood;

“Allora Kat, come è andata a capodanno?” chiese lui per la centesima volta in sette giorni.

“Mood, ti ho detto che ti racconterò tutto il 9 a scuola, preferisco farlo a voce” ribadisco

“Uffa, va be’ torniamo a noi… Hai fatto gli auguri a Luke?”

“no non ancora” risposi a bassa voce

“E si può sapere perché?” domanda quello stronzetto maliziosamente. “come mai non glieli hai fatti?”

“In realtà stamattina sono stata davvero molto impegnata, ed inoltre non volevo disturbare i suoi festeggiamenti con la sua fidanzata...” risposi.

 

Alla fine impegnata lo ero stata davvero, poi che avessi fissato la sua chat per dei minuti interi senza scrivere, be’, questo era un altro discorso.

 

“Ma io sento una punta di gelosia nella tua voce ma potrei sbagliarmi...” accusò Andrew “e comunque mi sbaglierò ancora Kat, ma secondo me tu non gli sei indifferente.”

Diventai viola dalla vergogna. Se poteva accorgersene Andrew, poteva farlo anche Luke e lui non doveva per nessun motivo al mondo pensare una cosa del genere. Inoltre poi era improbabile piacergli, dato che era fidanzato, felicemente fidanzato.

Mi uscì un tono stranamente calmo “Ma no Andrew, davvero stai farneticando. Torniamo a matematica, poi gli manderò un messaggio promesso.”

 

Continuammo fino ad esaurimento dei compiti della vacanze ed ormai era pomeriggio inoltrato, il telefono era completamente scarico data la lunga telefonata, così lo lasciai in camera da letto a caricare. Ero felice al pensiero di potermi finalmente rilassare davanti ai miei amati programmi di arredamento, preparai un thè caldo, tv accesa e mi dimenticai del mondo… Ma sopratutto del cellulare.

 

 

A svegliarmi furono i miei genitori quando rientrarono dal loro giro, erano le 19 ma ormai fuori era buio pesto. Mi alzai titubante per andare in camera mia mentre i miei improvvisavano i preparativi per una cena al volo, un po’ scocciati che io non ci avessi pensato io.

Il mio telefono era letteralmente sommerso di notifiche di Frederik, inattivo da sempre su qualsiasi social network, aveva cominciato a scrivermi DAPPERTUTTO “Che idiota” pensai mentre rimuovevo accuratamente ogni segno di lui su bacheche, post e fotografie.

 

Mi ritrovai a fissare la chat di Luke.

Questa volta però ebbi il coraggio di scrivere “Auguri!” prima di bloccare il telefono e far finta di ignorare una sua possibile risposta, che per la cronaca aspettai invano per tutta la sera.

Di umore pessimo andai a cena, mi sforzai di mangiucchiare qualcosa per poi andare a letto.

Ero completamente in paranoia.

 

Che si fosse offeso? E poi perché avrebbe dovuto? Lui me li aveva fatti con un giorno di ritardo! Che diamine!

 

In mezzo a quel pentolone di emozioni i ricordi di capodanno mi soffocarono e le lacrime cominciavano a scendermi a fiumi per le guance, fino a che non mi addormentai stremata.

 

 

Non mi sarei fidata mai più di nessuno.

 

 

La musica suona alta, tutti ballano si muovono, vicino a me ho Emma e Mike che si baciano appassionatamente, li guardo e sorrido, ci sono persone ovunque, tutti ballano e si divertono. Vorrei Frederik con me.

Inciampo in coriandoli e stelle filanti mentre lo cerco disperatamente ma non riesco a trovarlo. Mi dirigo verso le scale che portano al piano di sopra, ma una mano mi trattiene riconosco il viso di Emma “Kat, non salire.”

 

La mia mente è confusa, Mike mi guarda preoccupato, non capisco la loro apprensione. Mi giro di scatto e salgo le scale, in cima trovo qualche coppia avvinghiata in angolini. Lui non c’è.

Il bagno è chiuso. Busso, prima piano, poi sempre più forte. Una strana sensazione si fa strada dentro di me, la nausea sale, ma non per colpa del bere.

 

Riconosco un suo compagno di squadra, sta barcollando verso le scale ma provo a fermarlo e a parlarci

Hai visto Frederik?” lui mi guarda perso, non sembra riconoscermi.

Tesoro, è in bagno con una da una mezz’ora, ma se vuoi io sono libero...” tenta di avvicinarsi, ma io non sento più nulla, tutta la musica ed i suoi risultano ovattati, la testa mi scoppia. Arrivo al tavolo delle bevande e mischio quello che trovo, buttando giù tutto.

 

L’alcol deve aver cominciato a fare effetto sul serio perché mi sento confusa, arranco fuori per prendere aria.

Apro la porticina che da un piccolo giardino, inspiro profondamente e alzo gli occhi al cielo.

 

Quest’ anno sta cominciando veramente male”

 

 

“Kat, svegliati” la mano inconfondibile di mia mamma mi scuote leggermente “è tardi, oggi si riprende ad andare a scuola.” Mi alzo con lentezza, ancora frastornata dai ricordi, mi trascino in cucina. Ho lo stomaco chiuso, la testa pesante e non ho voglia di interagire con il mondo.

“Kat, se vuoi un passaggio in stazione muoviti” mi intima lei quasi pronta per uscire.

“Si arrivo”

 

Indosso la tuta, una felpa e il mio giubbotto di jeans. Mi trascino sul pullman con la musica nelle orecchie.

Guardo fuori dal finestrino, vedo il solito profilo delle case, degli alberi…

 

Fissai il cellulare.

 

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Capitolo 13
*** Chapter twelve ***


Chapter twelve
Wonderwall parte I

 

 

Avevo sviluppato una storta di apatia verso il resto del mondo. Gli avvenimenti di capodanno erano ancora una ferita aperta e bruciava, eccome se bruciava. Non c’è cosa peggiore che sentirsi traditi, ora che lo avevo vissuto sulla pelle avevo creato un muro attorno a me. Eppure nonostante il muro, nella quale da qualche settimana non permettevo nemmeno ad Emma di entrare, Luke si era scusato un milione di volte per non avermi risposto, ma aveva passato tutto il giorno con Val e aveva nascosto la nostra conversazione. Avevo accettato le sue scuse solo perché, alla fine, io non potevo pretendere niente da lui, aveva una fidanzata ed io, con i miei sentimenti ero di troppo.

 

Inoltre, era l’unico che ogni giorno a scuola riusciva a varcare la soglia del mio muro senza bisogno di chiedere il permesso. Non che facesse qualcosa di particolarmente eclatante, ma era presente, era una costante nella mia quotidianità, sia a causa dello studio sia per quell’ascendente innegabile che aveva su di me. Tuttavia non potevo fare a meno di soffrire dei miei sentimenti: pensavo a Val, a quanto avevano costruito in tanti anni insieme e a come ci si sente a sentirsi traditi. Se avessi saputo che il mio ragazzo aveva un rapporto tanto stretto e di complicità con una ragazza probabilmente mi avrebbe dato fastidio, motivo per quale non biasimo Luke per tenerglielo nascosto… anche se la finta indifferenza che attua quando lei è nei paraggi mi trafigge il cuore ogni volta sempre di più e fare finta di niente sta diventando difficile.

 

E comunque siamo solo amici

 

 

Siamo a febbraio ormai, sono tutti eccitati per l’arrivo della gita: in realtà l’idea di passare 5 giorni con la classe in Spagna mi entusiasma, credo che mi farebbe proprio bene staccare dalla mia realtà per un po’.

Sarò in stanza con Julie e Mood e Luke saranno in stanza insieme. Il programma prevede un sacco di visite fantastiche a musei, Casa di Dalì, Sagrada Familia… In realtà anche io sono eccitata, ma il mio muro di apatia non mi permette di esprimerlo.

 

“Spencer, è con noi?” tutta la classe si volta verso di me, ero talmente persa nei miei pensieri che pure la prof. Di letteratura se ne era accorta, svampita come era.

“Si, si sto seguendo” mento spudoratamente “Le conviene” risponde lei seccata tornando alla lavagna.

Sospirai e tornai alle mie fantasie fissando il libro di letteratura in modo da non destare i sospetti.

Quando alzo lo sguardo scopro Piterson a fissarmi con una faccia cupa, indagatrice, corrugai le sopracciglia in segno di domanda e lui scosse la testa sorridendomi.

 

Chissà cosa voleva

 

Le mie giornate scorrevano monotone come il mio stato d’animo, che si risollevava un po’ solo a scuola quando però Val non c’era. Avevo anche incominciato a scegliere l’argomento per la tesina: L’ambiente e la tutela legale. Avevo trovato un libro molto interessante ed ero curiosa di leggerlo e poi sarei partita da lì.

 

Non avevo mai risposto a Frederik, sinceramente non sapevo come comportarmi e anche con Emma il rapporto si era raffreddato nonostante avesse più e più volte provato a contattarmi cercando di spiegarmi di capodanno, ma non c’era nulla da spiegare. Lei non voleva che io salissi e questo mi bastava per sapere da che parte si era schierata.

 

Scossi la testa schifata al pensiero di quella sera.

 

Non mi ero mai sentita così persa e ricevere ogni tanto un messaggio o una chiamata da Luke nel pomeriggio era diventata l’unica ancora a cui aggrapparmi.

 

L’unica chance di provare qualcosa, anche se era tremendamente sbagliato.

 

“Ciao Kat” sentire la sua voce era sempre bellissimo

“Hey”

“Dai Kat mamma mia, ancora per il coglione? Voglio vederti sorridere” è proprio per lui che sto male…

“Mi passerà” mentivo spudoratamente

“Lo spero! Dai che ad inizio marzo andiamo in Spagna! Ci penso io a farti dimenticare del coglione

risi rumorosamente al telefono, sentirlo chiamare Frederik “il coglione” mi faceva sempre sbellicare dalle risate.

“Dai Kat, forza e coraggio. Lo so che fa male, passerà. Credimi, vorrei spaccargli la testa”

Oh Luke… la sua ultima frase mi aveva decisamente sciolta.

Sentì una voce femminile in sottofondo “amore dai andiamo”

“Senti Andrew, grazie per avermi avvisato dell’interrogazione. A domani”

 

Non ebbi il tempo di rispondere che aveva già chiuso la telefonata. Il mio umore tornò ad essere nero e cupo peggio di prima, il dolore lancinante che provavo ogni volta che lei lo chiamava e con tutto il diritto di farlo, “amore”, mi uccideva.

Inizialmente avevo provato a fare finta di niente, ma era stato tutto inutile.

Eppure ero sempre stata una persona razionale, estremamente razionale, anche sui sentimenti non mi ero mai sbilanciata del tutto, ed invece ora la razionalità combatteva ogni giorno con i miei sentimenti.

 

Più mi imponevo che Luke non poteva mai essere mio, più il mio cuore faceva capriole quando lui riservava a me le sue attenzioni. Inoltre, al momento avevo dei grossi problemi di fiducia.

 

Mi trascinai davanti alla televisione, ma neanche i miei programmi di arredamento funzionarono.

 

 

Ero decisamente caduta dalla padella alla brace.

 
*Spazio per Steph*

Questo è volutamente un micro capitolo, chiamiamolo di transizione: Importante è lo stato d'animo di Kat.
Colgo l'occasione per ringraziare delle ultime recensioni ricevute e per invitarvi nuovamente a farmi sapere cosa ne pensate.

Grazie per avermi inclusa tra le storie preferite:
- Vavina9995
Grazie alle new entry anche delle storie seguite! Siete troppe, scusatemi per non aver menzionato i vostri nomi, però avete la mia più profonda gratitudine davvero. GRAZIE!

 

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Capitolo 14
*** Chapter thirteen ***


Chapter thirteen
Wonderwall parte II
"I said maybe, you're gonna be the one that saves me
And after all, you're my wonderwall"



5:45

Il cortile della scuola non è mai stato così pieno di ragazzi come oggi. Sono ancora mezza addormentata ma allo stesso tempo, dormire sarebbe impossibile. Trascino il mio trolley con fatica mentre mi dirigo verso il gruppo della mia classe. Ci sono già tutti, manchiamo io e Luke, come tutte le mattine. Sorrido.

 

Mentre Mood mi afferra gentilmente il bagaglio, mi stringo nel mio felpone grigio. Avevo scelto un abbigliamento comodo, sneakers, leggins e un felpone pesante. In Spagna ormai era primavera ed anche in valigia avevo poche cose veramente pesanti.

 

Luke arrivò al gruppo in tuta, occhiali da sole e piuttosto rincoglionito dal sonno. Salutò tutti e mi sorrise. Era bello anche con il segno del cuscino in faccia. Che sfigata che sono.

Una volta arrivato il pullman mi sedetti in uno dei posti verso il fondo e anche i miei amici fecero lo stesso. Luke si sedette vicino a me. Ero contro al finestrino e non avevo via di scampo.

 

“Hey”

“Hey a te” risposi notando che ora le nostre braccia si sfioravano per via della vicinanza

“Non ti spiace se mi siedo qui, no? Ci attendono 15 ore di sonno!”

“No, tranquillo, farò lo sforzo di sopportarti per così tanto tempo” sorrisi.

 

Certo che mi piaceva l’idea di averlo per 15 ore solo per me. All’inizio ascoltammo la musica, distanti, ma diverse ore dopo quando mi risvegliai, io ero appoggiata a lui e lui con il braccio intorno a me.

Riluttante mi mossi cercando di non svegliarlo, ma nel sonno lui strinse ancora di più la stretta attorno a me e non potei fare a meno di rimanere appiccicata a lui. Pazienza.

 

Dopo poco il pullman si fermò.

“Ragazzi questa sarà la prima di tre soste. Vedete di sgranchirvi bene le gambe e andate in bagno. La prossima sarà in Francia”

 

Luke si svegliò e mi guardo confuso. “Buongiorno fiorellino” lo presi in giro io “che ne dici di lasciarmi andare adesso?” non farlo davvero ti prego.

“Smettila Kat, so benissimo che sei comodissima così” rispose lui stringendo la presa. “Tuttavia” continuò “Dovremmo alzarci e camminare oppure a fine viaggio non ne saremo più in grado” disse infine lasciandomi andare e scendendo dal mezzo con me al seguito. Andrew e Julie erano dentro l’autogrill e stavo facendo scorpacciata di cibo. Io sentivo la mancanza di Luke, del calore del suo corpo su di me.

 

Ordinai un cappuccino ed una brioche, per me era ancora il momento di fare colazione, e mi sedetti insieme a Mood e Julie che stavano invece addentando due panini.

“Buongiorno ragazzi” sorrisi

“Ciao bella addormentata, dove hai lasciato il tuo principe?” cominciò subito Mood

“ah ah ah che simpatico che sei” risposi con tanto di linguaccia alla fine.

In lontananza un bellissimo Luke stava camminando verso il nostro tavolo con in mano la gazzetta, un cappuccio e il suo sorriso da psicopatico.

Aveva i capelli scompigliati e si vedeva che era stanco. L’anello che portava con Val scintillava sulle sue dita mentre leggeva il giornale, ed distolsi lo sguardo e tornai alla mia seconda colazione della giornata.

 

“Eccolo arrivato il principino” partì in quarta Mood “avevamo giusto chiesto alla bella addormentata qui dove fossi” Luke alzò lo sguardo dal giornale e sorrise a Mood spostando il suo sguardo su di me. I suoi occhi si incatenano ai miei, ma questa volta non leggevo solo desiderio nel suo sguardo...c’era di più.

 

 

Erano ormai ore che stavamo viaggiando, io e Luke avevamo sperimentato tutte le posizioni possibili per stare comodi in pullman, in questo momento avevo le mie gambe appoggiate sulle sue mentre ascoltavamo la musica, lui era concentrato a leggere le ultime notizie del mondo dello sport.

Mi faceva strano vederci in quella circostanza, visti da fuori potevamo sembrare una vera coppia. Luke cominciò ad accarezzarmi un polpaccio mentre io guardavo fuori dal finestrino intenta a nascondere le mie emozioni.

 

Kat non devi farti prendere troppo da questa situazione, lui è comunque fidanzato.

 

 

Nonostante le 15 ore fossero state le più belle della mia vita, quando arrivammo in albergo mi commossi, avevo bisogno di scendere da quel pullman. Tralasciando che io e Luke ci eravamo scoperti ottimi compagni di viaggio, silenziosi la maggior parte del tempo ma c’era tanta complicità nei nostri gesti.

 

“Spencer ti avevo avvisato a scuola, non vedo l’ora di dormire con te” mi salutò Luke entrando nella sua camera con Mood. Si trovavano solo tre porte dopo la nostra. Troppo vicini.

 

Le stanze assegnate erano tutte doppie e tutte nello stesso corridoio. Con la classe avevamo già organizzato che non saremmo usciti quella sera ma ci saremmo trovati in una stanza con qualche birra per festeggiare un traguardo importante: cento giorni all’inizio della maturità!

 

Feci una lunghissima doccia mentre Julie si preparava per la sera, io scelsi comunque cose comode, un altro paio di leggins grigio scuro, una canotta bianca e la felpina nera del pigiama.

 

La stanza prescelta fu proprio quella di Andrew e Luke, ci sistemammo un po’ sui letti e un po’ per terra cominciando a bere ridere e scherzare. Julie, che per tutto il viaggio aveva tentato un approccio con Mood, ottenendo solo di dormire sulla sua spalla, aveva ripreso il suo attacco e da lontano li guardavo divertita.

 

“Guarda un po’” dissi dando una leggera gomitata a Luke “il nostro piano funziona”

“Sembrerebbe di si. Quindi se tutto va secondo i piani, Spencer, ci toccherà dividere il letto questa notte” rispose lui malizioso incatenando i suoi occhi nei miei, non so se per colpa della birra o dei miei sentimenti, lo incatenai anche io, mi avvicinai verso di lui sempre di più e gli feci una linguaccia.

Il suo sguardo da bramoso divenne… dolce, mentre posava la sua mano sulla mia guancia per darmi un pizzicotto.

 

Dopo qualche birra eravamo tutti cotti dalla stanchezza e dall’alcol, Rory, Ana e i pochi altri rimasti si trascinarono nella loro stanza mentre Julie si era addormenta appositamente nel letto di Mood. Io e Luke ci stavamo sbellicando dalle risate mentre lui non sapeva dove dormire.

 

Poco involontariamente vidi Luke sistemarsi nel suo letto trascinandomi con lui. “Mood ti toccherà dormire con lei, ci state in due vedrai” constatò abbracciandomi da dietro. Il mio cuore batteva all’impazzata e sicuramente lui poteva sentirlo esplodere nel mio petto, prese ad accarezzarmi dolcemente la schiena mentre facevo finta di dormire, la sua mano si infilo sotto la felpina del pigiama e mi accarezzò la pelle nuda. Ero completamente in tranche sotto al suo tocco e non sapevo come comportarmi, mi feci coraggio e mi girai verso di lui che appena mi vide sorrise “Buonanotte Kat” sussurrò decisamente troppo vicino al mio viso, il mio sguardo cadde sulla sua bocca e dio quanta forza ci stavo mettendo per non baciarlo...

 

“Buonanotte” dissi mentre di scatto mi girai sull’altro fianco. Lo sentì sorridere sul mio collo e così ci addormentammo fino alla mattina seguente.

 

 

 

Mi svegliai perché sentivo bisbigliare in sottofondo qualcuno. Il sole era già alto e nella stanza era tornata la luce, sotto la mia felpa un braccio mi circondava la vita, avevo dormito veramente bene.

 

Il bisbiglio proveniva dal letto di Mood e Julie stavano animatamente discutendo di primo mattino, che voglia avevano?

Io invece non avevo la minima voglia di muovermi dalla posizione in cui mi trovavo. Il viso di Luke era appoggiato sulla mia spalla e mi stringeva a sé. Potevo decisamente sentire tutto.

 

Buongiorno proprio a tutti

 

Di colpo il pensiero di Val mi gelò il sangue. Dio mio, è vero non era successo nulla ma lui rimaneva pur sempre fidanzato ed io avevo dormito con un ragazzo fidanzato che aveva passato la notte a dormire con la mano infilata nella mia felpa..

 

Fu il senso di colpa a farmi muovere, lasciando a malincuore quella posizione.

Mi alzai e Julie e Mood notando che mi ero svegliata, smisero di parlare, Luke piano piano si mosse e si svegliò anche lui. Andai nel loro bagno per fare pipì e quando tornai fui solo capace di dire “Julie, non credi che dovremmo andare in stanza a prepararci per la colazione?”

 

Luke si era appena alzato e la vista di lui, in pantaloncini e felpa, completamente scompigliato con gli occhi verdi carichi di sonno mi faceva maledire la frase appena pronunciata.

 

No Kat, non si potrà mai più.

 

Una volta fuori dalla stanza cominciai a stuzzicare Julie sulla notte e mi aveva confessato un leggero avvicinamento da parte di Mood, ma ancora ben lontano da quello che lei avrebbe voluto. Lei mi chiese della mia nottata ma io falsamente sminuì il tutto e lei fece decisamente finta di crederci.

 

In stanza mi lanciai sotto il getto dell’acqua e rimasi li sotto a rimuginare sull’accaduto: ok avevamo dormito insieme, non era successo nulla di particolarmente grave e potevamo ancora porvi rimedio. Semplicemente, non sarebbe più accaduto e io dovevo dimenticarlo o sarebbe stata la fine per me.

 

In più lui era fidanzato. Faceva questa cose con chiunque? Non potevo fare a meno di chiedermelo...

 

Si, ero passata decisamente dalla padella alla brace.

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Capitolo 15
*** Chapter fourteen ***


Chapter fourteen
Discover the world, discover you.





“E dunque qui, alla vostra sinistra Gaudì...” mentre ascoltavo disattenta la guida, la mia attenzione andava sul resto della città. Barcellona era veramente bellissima, certo assomigliava decisamente a molte altre capitali europee, intendiamoci ormai si assomigliano tutte, ma aveva quel tocco singolare che la rendeva veramente affascinante. Stavamo facendo uno dei classici tour in pullman e stranamente il posto accanto a me era vuoto, Luke non si era tolto gli occhiali da sole nemmeno a colazione.

 

Julie mi aveva accennato, ed io non avevo osato chiedere altro, che Mood aveva detto di aver sentito Luke litigare con Val al telefono.

Di solito ero sempre stata una buona spalla per lui, ma dopo quella notte sentivo di essere l’ultima persona al mondo con la quale avrebbe voluto parlarne.

Così fissavo fuori e tutto sommato Barcellona aveva tutte le carte in regola per poter distrarre una persona.

 

Mi risultava pressoché impossibile non pensare alla notte precedente e più mi dicevo che non era accaduto nulla di rilevante, più il ricordo di Luke abbracciato a me tutte la notte soffocava. Allo stesso tempo cercavo di mantenere il mio muro di apatia e quindi evitavo di guardarlo troppo o di rivolgergli parola più del necessario.

 

Mi sarei scordata di quella notte e tutto sarebbe tornato alla normalità.

 

 

Tutti i miei buoni propositi capitolarono durante la visita della casa di Dalì: io e Luke avevamo fatto il tour insieme, scattava fotografie con la mia Nikon, e passeggiavamo insieme guardando le opere. Giungemmo ad un eccentrica terrazza, scelta come punto di ritrovo a fine tour, esteticamente era una gioia per gli occhi e avrei volentieri passato il tempo a guardarne ogni angolo, ma i miei piedi chiedevano aiuto e quindi mi lanciai sulla prima panchina disponibile.

 

Luke si accomodò vicino a me ed insieme contemplammo il cortile: file di mosaici adornavano coloratissimi muro e pavimento, sculture di dubbia forma aleggiavano al centro delle aiuole stracolme di fiori.

“E’ bellissimo qui” cominciò lui “non avrei pensato a nessuno di diverso con cui condividere tutto questo”

 

Lo guardai, e seppi con certezza che ormai non potevo più tornare indietro. Si era fatto strada nel mio cuore lentamente, con piccoli gesti, parole misurate e attenzioni. Con la stessa chiarezza sapevo che la sua era solo premura, certo forse affetto, ma riservava tutto questo e anche di più alla sua Val ed io non ero nessuno di così speciale.

“Anche a me fa piacere essere qui” risposi atona. E rimanemmo lì, in silenzio a contemplare quel posto bellissimo fino a quando tutti gli altri non ci raggiunsero.

 

 

Quella sera eravamo decisi a festeggiarla fuori, così ci incamminammo verso un bar della zona, “Sport bar”

che nome originale. Cominciammo una lunga serie di festeggiamenti pre-maturità a suo di cerveza e drink, il costo era nettamente inferiore e Luke continuava a pagarmi birre e continuavamo a berle fino a sentire tutto ovattato e lontano.

Eravamo veramente tutti alticci, la prof si era limitata ma anche lei cominciava ad avere un colorito più roseo, ci incamminammo a piedi verso l’albergo e Piterson camminò vicino a me sorreggendomi, per colpa dell’alcol i miei freni inibitori erano decisamente compromessi e mi imbambolavo a guardare i suoi lineamenti, come mi teneva stretta a lui, il suo profumo così forte stasera e il suo collo… morivo dalla voglia di baciarlo, insieme alle sue labbra…

 

Dio ero decisamente ubriaca

 

Giunti in albergo Julie amorevolmente mi mise metà del pigiama perché il mio cervello decidette che per quella notte mi sarebbe bastata la felpina e le mutande. Andai da Mood e Luke seguita da Julie che aveva detto qualcosa come “non chiedetemi spiegazioni, non riesco a tenerla ferma” mentre io sorridevo come un ebete a tutti.

Nel giro di pochi minuti però i ricordi che avevo sepolto di capodanno, riaffiorarono, aver perso Frederik e Emma nello stesso momento, la solitudine e la sensazione di tradimento… Inoltre i miei sentimenti verso Luke mi stavano logorando dentro, lo volevo, lo volevo solo per me.

 

Cominciai a piangere copiosamente davanti a tre facce incredule, Mood mi abbracciò di istinto insieme a Julie e poco dopo lasciarono campo libero a Luke, mi abbracciò forte e istintivamente gli misi le mie mani attorno al collo, lo senti irrigidirsi contro di me mentre mi faceva sedere sul suo letto in braccio a lui, affondai la testa contro il suo collo e di colpo tutta la tristezza era fuori, avevo chiuso Luke dentro al mio muro, gli avevo mostrato il mio lato debole e non sarei mai più potuta tornare indietro.

 

Alzò il mio viso con le dita e mi asciugò le lacrime, i suoi occhi verdissimi erano puntati dentro ai miei, rossi e gonfi dal pianto. Il suo sguardo era dolce, preoccupato e sofferente.

“io lo ammazzo quel coglione” disse Luke a denti stretti.

Mi cullai in quell’abbraccio fino a quando Mood e Julie stanchi non presero posto come la sera precedente, mentre Luke non osava lasciarmi andare, si sdraiò supino e io mi strinsi a lui, appoggiando il mio viso sul suo petto.

Mi accarezzava dolcemente le gambe e piano piano la tristezza lasciò il posto ad un desiderio bruciante che partiva dal mio basso ventre, Luke mi guardò con lo stesso sguardo bruciante e lentamente ci coprì con la coperta, una volta sotto mi fissò ancora negli occhi e sussurrò:

 

Cosa mi stai facendo Kat?”

La mia risposta fu un sorriso, un sorriso un po’ da urbiaco e misto alle recenti lacrime, ma un sorriso sincero.

 

appoggiata a lui, il suo profumo addosso, le sue mani addosso

Potevo rimanere così per sempre.

 

 

Un bussare incessante alla porta mi svegliò, inizialmente pensavo di sognare, ma quando sentì Luke muoversi sotto di me capì che era reale.

“Ragazzi aprire sono la prof! Siete in ritardo per la colazione!”

 

Merda

 

Luke si alzò di scatto rompendo la magia e si chiuse in bagno, Mood corse alla porta per aprire alla prof, parecchio preoccupata ed incazzata

“Ragazzi volete muovervi?! Oh… Spencer, Marwis cosa diamine ci fate qui?”

presi coraggio

“Siamo appena arrivate professoressa, anche noi eravamo preoccupate. Ora torniamo a preparaci.”

“Certo Spencer e lei si aspetta che io ci creda? Filate in camera vostra e che non accada mai più una cosa del genere! Piterson, Mood: Muovetevi!”

 

Io e Julie uscimmo imbarazzate, ma una volta giunte in camera scoppiammo a ridere di gusto. Ci preparammo in un lampo e in un baleno eravamo nella sala delle colazioni da tutti gli altri, Mood e Luke arrivarono poco dopo e quando ci videro risero come due idioti.

Quella mattina sul pullman Luke si sedette affianco a me e ascoltammo la musica insieme per tutti i tragitti della giornata: Prima il Campo del Barcellona, dove era letteralmente impazzito e poi una sosta sulla spiaggia di un oretta per mangiare la famosissima Paella.

 

La complicità che ormai si era creata tra di noi mi riempiva, non avevo bisogno di nessun altro se non di lui, sempre. Aveva imparato a conoscere orni mia espressione, ad interpretare ogni mia parola, anche quando mentivo. Ed io avevo imparato a leggere dentro quegli occhi verdi, sapevo cosa pensava prima ancora di esprimerlo, eppure avevo diversi dubbi su di lui. Non mi sembrava una persona poco spontanea o che calcolava ogni suo gesto per trarne vantaggio. Quello che c’era tra no era veramente qualcosa di speciale per lui? Questi pensieri ogni tanto mi incupivano, temevo che una volta tornati a casa saremmo tornati alla normalità e che davanti a Val mi avrebbe azzerato.

 

Mi trovai a guardarlo, eravamo seduti ad un tavolo per il pranzo, il mare alle sue spalle, lo sguardo rilassato mentre parlava con Mood e Rory, il sorriso che aveva. Era molto sereno, non aveva quel quo solito modo di fare costantemente in ansia come a casa, sembrava veramente tranquillo.

I suoi occhi verdi incontrarono i miei e mi sorrisero, risposi al suo sguardo ma quando mi cadde l’occhio sulla sua mano l’anello con Val mi turbò parecchio.

Forse per lui io non ero niente.

 

 

La giornata era trascorsa bene, avevamo camminato moltissimo e mi sentivo le gambe a pezzi. Quella sera rientrammo nel tardo pomeriggio perché eravamo tutti piuttosto provati dalle escursioni. Una volta arrivata in albergo attendetti che Julie finisse la sua doccia per fiondarmici dentro. L’acqua bollente rilassava i miei muscoli affaticati e la mia mente altrettanto stressata.

Più volte in quella giornata mi era venuto in mente di concedere almeno ad Emma e solo a lei, di spiegare il suo comportamento ma ogni volta che ci pensavo, la malinconia, i ricordi mi soffocavano fino a farmi abbandonare l’idea.

 

Indossai la tuta e per la prima volta mi sdraiai sul letto della mia stanza, al pensiero sorrisi. Eravamo arrivati da quasi tre giorni e non avevo ancora dormito nel mio letto. Effettivamente mi risultava meno comodo di quello di Luke.

 

Dopo aver chiacchierato un po’ della classe, delle cose meravigliose che avevamo visto in quella giornata io e Julie ci appisolammo in camera nostra e ci risvegliammo solo molto dopo l’orario di cena.

 

“Kat, siamo in ritardo per cena”

L’ultima cosa che volevo fare era svegliarmi, stavo benissimo dove ero e non avevo fame. Ma purtroppo la prof non ammetteva che si saltassero i pasti quindi controvoglia mi feci forza.

“Io scendo in tuta”

 

Julie scoppiò a ridere di gusto mentre si infilava almeno un paio di jeans, io scesi in ciabatte, tuta, e capelli raccolti in una coda disordinata. Ero ancora nel mondo dei sogni e l’unica cosa che riuscì a buttare giù furono delle banalissima crocchette di pollo, mi sedetti a gambe incrociate, scomposta ed imbronciata per il sonno.

Quando fu il momento di alzarsi Luke mi fece strada annunciando “attenzione, la bella addormenta deve tornare nel suo letto” Mood e Julie scoppiarono a ridere mentre io mi dirigevo in stanza per tornare esattamente nel mio letto alle mie spalle sentì Julie invitare Mood da noi per tentare di vedere un po’ di tv in spagnolo e anche Luke si auto-invitò.

 

Bene

Improvvisamente il sonno aveva lasciato spazio alle farfalle nello stomaco, quando arrivammo in camera subito Julie e Mood iniziarono a trafficare con la televisione mentre io mi infilai sotto le coperte.

“Kat posso sedermi qui?” mi domandò Luke

“Certo, scusami io non ci avevo fatto caso. Siediti, sdraiati accomodati fai quello che vuoi” risposi accennando un sorriso.

 

Dopotutto lui mi aveva più volte fatto dormire con lui nel suo letto

 

“Purtroppo non posso fare proprio tutto quello che vorrei” rispose lui incatenando il suo sguardo al mio

 

Io rimasi imbambolata e mi trovai a respirare affannosamente, mentre lui si avvicinava e si sistemava con me sotto le coperte, l’atmosfera era sempre più elettrica, istintivamente sistemò il suo braccio attorno a me, mentre come una calamita io mi girai verso di lui appoggiando il mio viso sul suo petto. Lui prese ad accarezzarmi con il braccio libero la schiena, prima sopra la t-shirt e poi sotto. Intorno a noi non esisteva più nulla, incatenò i suoi occhi ai miei mentre piano piano si avvicinava.

 

Non baciarmi

 

Posò le sue labbra sulla mia fronte aumentando la presa su di me, tutto il desiderio trasparì da quel bacio. Ero frastornata, lo desideravo da morire ma non potevo andare oltre.

Lo guardai sorridendo e mi accoccolai per dormire.

 

Diverse ore dopo Mood e Julie si erano addormentati mentre io ero sveglissima, un po' per colpa della voglia irrefrenabile che avevo di lui e anche a causa delle ore dormite in precedenza, sotto di me percepivo il suo respiro regolare mentre dormiva tranquillo, così cominciai ad accarezzargli il petto disegnando dei piccoli cerchi.

 

“Kat” ma quindi era sveglio

“Mh?”

“Dormi” mi ordinò

“Non ho sonno” ammisi

“Credimi, dormire è l’ultima cosa che vorrei fare, ma è la cosa giusta. Quindi dormi”

Il mio cuore saltò un battito alla sua ultima frase, istintivamente lo abbracciai più forte e alzai in attesa lo sguardo verso di lui, mi guardò intensamente e mi avvicinò facendo aderire i nostri nasi.

“Cosa mi stai facendo Kat”

 

 

Cosa tu hai fatto a me ormai...

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Capitolo 16
*** Chapter fifteen ***


Chapter fifteeen
You can always get what you want




Avevamo pianto buona parte del tragitto di ritorno in pullman, anche la prof si era commossa per l’affiatamento della sua classe. Il pensiero che quella fosse l’ultima gita della nostra vita, ci portava inevitabilmente alle lacrime. Ci eravamo fatti tante promesse su quel pullman, che non ci saremmo persi, ci saremmo sentiti e sopratutto che avremmo fatto a metà luglio un viaggio di una settimana tutti insieme: quello sarebbe stato il vero ed ultimo viaggio tutti insieme prima di iniziare un nuovo capitolo della nostra vita: L’Università.

 

 

Quando arrivai a casa venerdì sera dopo altre quindici ore di pullman, quindici ore dove tra me e Luke non era successo nulla di rilevante, eravamo stati in gruppo, tristi e speranzosi di poter fare un ultimo viaggio insieme. Mi sentivo molto strana. Se pensavo ai giorni trascorsi mi sembrava appartenessero ad un sogno, erano lontani, come se mi fossi immaginata tutto.

 

Invece era successo. Ormai ero consapevole di quello che provavo per Luke, e quando Val gli era saltata addosso giù dal pullman, una lama affilata mi aveva trafitto il cuore. Non sarebbe cambiato nulla, lui era innamorato di lei e anche volendo ammettere di provare una leggera attrazione verso di me, non cambiava i suoi sentimenti. Avrebbe scelto sempre Val. Dovevo farmene una ragione.

 

Vado a dormire con la testa in tumulto e riesco a prendere sonno solo a notte fonda.

 

La mattina presto gli uccellini iniziano a cinguettare, segno che sta arrivando la primavera. La luce penetra le tapparelle disegnando raggi di luce nella stanza, sembra che sarà una bella giornata.

Invece io mi sento come se mi avesse investito un camion giusto due o tre di volte. Indugio a letto fino a quando mia madre non si accorge che sono sveglia e mi invita a colazione fuori. Effettivamente mi manca il caffè italiano e difficilmente rinuncio ad un buon cappuccino, così mi faccio forza e accetto.

 

Quando entro al solito bar, la mancanza di Emma si fa sentire. Se durante la gita avevo potuto non pensarci in quando presa da altro, una volta tornata alla realtà era veramente difficile non pensarci.

 

Chissà se anche lei ci soffriva.

 

Mi aveva scritto diverse volte, ma durante il viaggio mi aveva anche mandato un ultimo messaggio dove mi augurava un giorno di trovare la forza di ascoltarla e che le dispiaceva per tutto. Mentre facevo colazione con mia mamma, che mi aggiornava di tutto quello che aveva fatto nell’ultima settimana, e mentre mi tartassava di domande, pensai che forse almeno ad Emma avrei dovuto dare il beneficio del dubbio.

 

Accompagnai mia mamma alle varie commissioni di quella mattina, più le ore passavano più mi rendevo conto che decidere di scrivere ad Emma era la soluzione giusta.

 

Dovevo riprendermi il controllo della mia vita e dimenticare Luke.

 

O almeno dovevo provarci

 

 

 

Picchietto le dita nervosamente sul tavolo. 15:01. Mi guardo intorno, il sole oggi è veramente caldo per essere ancora marzo, ma questo è solo un bene. Il bel tempo aiuta il mio stato d’animo. Con soli due minuti di ritardo vedo la figura di Emma palesarsi all’ingresso del bar: sembra leggermente nervosa, ma il viso è quello di sempre.

Anche io sono nervosa: ci è capitato molto raramente di litigare e di non parlarci per così tanto tempo. Ho bisogno di confidarmi con qualcuno per la questione Luke, se continuo a tenermi tutto dentro inizierò ad impazzire.

 

Emma si siede ed accenna un sorriso, la incoraggio ricambiandolo.

 

“Kat… ascoltami arriverò subito al punto perché credo che sia giusto non girarci troppo intorno: Nessuno aveva intenzione di nasconderti niente, né Mike e nemmeno io. Non sapevamo che Frederik fosse in bagno con qualcuno, ma tu hai completamente frainteso. Io non volevo che tu salissi perché era pieno di coppie e tu eri triste perché ancora una volta Frederik stava facendo il distaccato. Frederik quando è uscito ha giurato di stare aiutando uno a vomitare, ed effettivamente nessuno a visto ragazze nei paraggi. Ma a parte questo, io non sono qui per garantire per lui, nessuno lo ha visto e sinceramente mi interessa di più parlarti della nostra amicizia! Diamine Kat! Sei scappata da me!”

 

Emma mi aveva afferrato le mani sopra al tavolo e la sua voce si era incrinata a fine discorso. Io la fissavo con gli occhi spalancati. Capivo perfettamente il suo discorso e con il senno di poi mi sentivo uno schifo per non averle dato modo subito di spiegarsi. Lei non stava cercando di difenderlo, questo era un bene, stava cercando di spiegarmi in modo oggettivo quello che era effettivamente accaduto quella sera.

 

“Emma ecco, mi dispiace. Dico davvero. Questi mesi si sono rivelati durissimi per me. Certo è vero che i problemi nella vita sono ben altro. Dio mio sono sempre stata così razionale, ed invece qui da settembre è veramente un casino...” abbassai lo sguardo in cerca di coraggio per continuare il mio discorso, sapevo che Emma in questo momento si sentiva confusa ma era mio dovere dirle tutto, soprattutto adesso che tra me e Frederik era davvero finita.

 

“puoi perdonarmi?” sussurrai

“Kat io ti perdono se tu perdoni me. Sapevo che c’era qualcos’altro. Raccontami tutto”

 

Due cioccolate dopo, all’alba delle 17, eravamo ancora al tavolo a parlare di Luke.

“Mio dio Kat! Lui ti piace parecchio! Perchè non mi hai raccontato tutto subito? Avete dormito insieme, lui ti desidera e anche se non vi siete baciati di per sé questo è già un tradimento nei confronti di Val”

 

Kat era convinta che Luke provasse qualcosa di veramente profondo per me, ma che fosse intrappolato in quella situazione e di non avere nessuna via di fuga possibile.

Io invece non ero affatto così sicura di ciò che lui realmente provava per me, anzi, ero sempre più confusa a riguardo.

 

“Kat. C’è solo una cosa che puoi fare, be’ in realtà due...” cominciò Emma convinta “O gliene parli apertamente e rischi, oppure lo ignori completamente e vedi la sua reazione” propose lei infine.

 

Parlare con Luke non sarebbe mai stata l’ipotesi migliore: avrebbe significato dargliela vinta e dimostrare di essere caduta in trappola. Non sapevo molto del Luke prima di Val, ma alcune mie vecchie compagne erano cadute nella sua trappola, o meglio, avevano palesato il loro interesse verso di lui e il risultato era stato quello di essere usate e poi buttate via. Non si sapeva come mai con Val fosse stato diverso, ma lo aveva fatto innamorare…

Quindi no, non gli avrei mai detto i miei sentimenti.

 

“Ci avevo già pensato alla seconda ipotesi. Alla fine se per lui non sono nulla, essere ignorato non gli causerà nessun problema. Mentre se è davvero come dici tu Emma, scatenerà una reazione in lui e allora avremo una risposta.”

 

“Si, dovresti tentare.”

 

Dopo aver sviluppato il nostro piano, le chiesi di aggiornarmi sulla sua storia e lei si illuminò a parlarmi di Mike e di tutto quello che stavano condividendo: anche io avrei avuto la mia relazione da manuale prima o poi.

 

 

Quando io ed Emma finalmente andammo a casa dopo tre ore passate al bar, presi in mano il telefono: una chiamata persa di Luke

 

Il cuore prese a battere all’impazzata, la mente iniziò a divagare mentre presi coraggio e lo richiamai

 

“Kat”

“dimmi Luke, hai bisogno?”

“Val mi ha lasciato”

 




 
Spazio per *Steph*
mi spiace immensamente lasciarvi così ma himè il capitolo doveva per forza di cose troncarsi con questa frase. Spero possiate perdonarmi.

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Capitolo 17
*** Chapter sixteen ***


Chapter sixteen
you can't always get what you want




“Come ti ha lasciato?”

“Stavamo discutendo, la sua solita gelosia” Luke, gelosia azzeccata direi “e ho sbottato le ho detto che mi sento soffocare”

“E lei come ha reagito?” male. Avrà reagito male.

“Dice che mi è sempre andata bene così, che solo nell’ultimo periodo sono sfuggente come una saponetta”

“E come mai?” chiesi sperando di essere motivo di quel cambiamento.

“Kat… è complicato. Volevo solo un parere. Cosa faccio? Aspetto che mi cerchi lei?” chiese con voce tremante

“Oddio, stai per piangere?” la voce mi uscì come un sussurro, mi mancava la salivazione, vederlo soffrire per lei faceva soffrire il doppio me.

“In realtà ho pianto anche prima.”

Mi dissociai da me stessa. Aveva bisogno della sua amica.

“Vedi Luke” cominciai atona “dovresti farle capire che certi suoi atteggiamenti ti fanno soffrire. Ora però lasciala sbollire, domani con calma ne parlate e chiarirete vedrai” quanto mi era costato questo consiglio...

“Non so Kat, non è come le altre volte.”

“Vedrai sono sicura che andrà tutto bene” mentre speravo il contrario

 

Salutai Luke e attaccai. Le lacrime scendevano incontrollate sul mio viso. Non sapevo come fermarle e mi sentivo una schifezza per quello che speravo. Una nuova speranza stava nascendo inevitabilmente dentro di me, con tutto il cuore speravo che tra loro potesse finire che lui possa accorgersi dei miei sentimenti… Chissà come sarebbero le cose senza Val.

 

Con questo pensiero subito dopo cena chiamai Emma, urlò eccitata al telefono e il piano adesso era cambiato: ora che Luke era single, ignorarlo non avrebbe portato a nulla. Dovevo metterlo alle strette e cercare di farlo parlare.

Con Emma ogni cosa era tornata alla normalità e questo mi aveva sollevato un po’ il morale. Mi faceva sentire al sicuro l’idea di avere lei con cui parlare di tutto questo.

 

Per la prima volta dopo tanto tempo andai a dormire contenta, quasi rilassata. Certo ero timorosa del fatto che loro potessero chiarire e tornare insieme, ma in questo momento non mi importava. Io speravo nel contrario.

 

E la speranza è l’ultima a morire.

 

 

Quella mattina mi svegliai di buon umore, decisi di truccarmi, mi sistemai un po’ i capelli, li avevo raccolto in una coda con qualche ciocca che cadeva leggermente, avevo scelto dei leggins neri, anfibi e camicia bianca. Un filo di mascara, il mio zainetto in pelle nera: mi sentivo bellissima quella mattina.

 

Arrivai a scuola a pelo, come sempre. Mood era appoggiato al muro ed un insistente Julie lo guardava sognante mentre parlava di qualcosa. Mi venne da sorridere, prima o poi sarei riuscita a trovare il modo di farli stare insieme.

 

Il sorriso scomparve dal mio viso. Tutta la felicità ed il buon umore di quella mattina scomparirono, lo zaino mi cadde rumorosamente sul banco, attirando l’attenzione di Andrew e Julie, che sapevano benissimo perché mi trovavo in quella condizioni.

Il banco di Luke aveva legato un palloncino rosso a forma di cuore gonfiato ad elio, si alzava fiero sulla classe. Sotto si potevano scorgere un paio di fotografie, senza vederle potevo intuire che fosse un altro tentativo di Val di farsi perdonare il suo pessimo carattere e la sua giustificata gelosia.

Luke non era ancora arrivato, non aveva idea di quello che lo aspettava in classe, ma ne sarebbe stato felice. Naturalmente l’idea di metterlo alle strette e farlo parlare non aveva più senso, lui avrebbe fatto pace con Val, sarebbero stati bene e tutto sarebbe tornato come prima di partire. Come se nulla fosse mai successo.

 

Ignorai volutamente gli sguardi di Mood e di Julie, sistemando lentamente le cose sul banco. Si poteva rimanere sotto shock per amore? Potevo davvero definire amore quello che provavo per Luke?

Mentre mi assillavo di domande a cui non sapevo dare una risposta, Piterson fece il suo ingresso in classe. Volutamente e con fatica non lo guardai, fissavo il quaderno di matematica mentre sentivo gli occhi bruciare, a stento trattenevo le lacrime, ma non era nella mia natura riuscire a piangere così apertamente.

Non volevo piangere davanti a lui. Piangere per cosa poi?

 

La classe smise di vociferare sulla sorpresa per Luke quando la prof. fece il suo ingresso in classe, alta, slanciata e sulla sessantina, la professoressa Bode era veramente comprensiva con i suoi alunni. Sicuramente non avrebbe detto nulla a Luke per la sorpresa ricevuta.

 

Infatti, dopo avergli chiesto di rimuovere foto e palloncino, cominciò subito a correggere i compiti alla lavagna e l’attenzione finalmente si distolse da lui. Fu allora che mi voltai e lo vedi già rivolto vero di me. Aveva una faccia indefinita. Niente sorriso da psicopatico, non sembrava una persona felice. Potevo legger turbamento su suo viso, quasi dispiacere, perché?

Mentre mi perdevo nei suoi occhi, come sempre ero solita fare, decisi di abbozzare un sorriso che lui ricambiò leggermente, mentre i suoi continuavano a comunicare turbamento.

 

Che cosa ti succede Luke?

 

Come avevo immaginato, Piterson non perse tempo durante l’intervallo per dimostrare platealmente che lui e Val erano tornati insieme. Li ignorai completamente mentre andavo alle macchinette a prendermi un thè caldo.

In quanti pezzi poteva spaccarsi un cuore?

Fu in quel momento, mentre sorseggiavo il mio thè ed in lontananza vedevo la coppia felice, che presi una decisione alquanto discutibile.

 

 

Come un automa, presi in mando l’iPhone e digitai un messaggio.

“Quando sei libero per parlare?”

 

 

Avevamo la penultima ora buca, Mood da bravo rappresentante aveva provato a chiedere alla docente della sesta ora di anticipare la sua lezione, ma purtroppo non si trovava nella nostra sede, pertanto avremmo dovuto aspettare.

Ero seduta con Mood, Julie e Luke come sempre e cercavo il momento giusto per comunicare la mia decisione.

Erano impegnati tra vari compiti dei giorni successivi, mentre Piterson stava messaggiando al telefono, sicuramente con la sua Val.

 

“Ragazzi” iniziai cercando la loro attenzione “devo dirvi una cosa” Tre facce si concentrarono su di me. Presi coraggio. Ora o mai più.

“domenica ho visto Emma, mi ha spiegato cosa effettivamente è successo la sera di capodanno” I miei amici mi guardavano titubante, si vedeva dalla faccia di Mood che stava già pensando a come rimproverarmi per questo, ma nessuno parlò. “Sembrerebbe che nessuno mi stesse nascondendo nulla, Emma non voleva che salissi perché era pieno di coppiette ed io ero già molto triste” guardai Luke, il suo sguardo era un misto tra curiosità e furia. “Dunque Frederik stava aiutando un nostro amico vomitare, non è uscita nessuna ragazza dal bagno” Andrew mutò il suo sguardo e divenne pensieroso, Julie sorrise… mentre Luke prese il telefono e continuò quello che stava facendo prima.

 

Menefreghista del cazzo.

 

“Così dopo averci pensato tutto ieri, ho deciso di ascoltare la versione di Frederik” conclusi d’un fiato.

 

Ecco, avevo sganciato la bomba.

Dopo i primi tre secondi di silenzio, Mood mi incoraggiò a sentire la sua opinione, questo non significava chiarire dato che era chiaro che io non nutrivo fiducia nei suoi confronti. Anche Julie, ovviamente, era d’accordo con lui.

Luke aveva optato per il mutismo selettivo.

Continuò con il suo telefono e non mi degnò di una risposta fino a qualche minuto dopo, quando dal nulla saltò su con “Credi proprio a tutto Kat, se pensi davvero che non fosse con una ragazza sei veramente una stupida, ma la vita è la tua”

La sua frase fu l’ennesima lama nel cuore di quella giornata, incassai il colpo, perfettamente consapevole che sarebbe stata razionalmente la stessa risposta che avrei dato io ad un estraneo, forse con meno rabbia.

 

Perchè hai il coraggio di essere arrabbiato?

 

“Non ho detto che gli credo. Ho detto che merita di essere ascoltato. In amore facciamo tutti scelte che altri ritengono stupide e tu ne hai dato esempio proprio stamattina”

 

Sapevo di essere stata tagliente, sapevo che lo avevo ferito. Ma se c’era una cosa che avevo imparato in quei mesi era che dovevo parlare, sempre educata, sempre con rispetto, ma dovevo imparare a ribellarmi. Solo ribellandomi avrei impedito alle persone di calpestarmi, di approfittarsi della mia innata generosità, solo così la parte buona di me non ne avrebbe più risentito. Esisteva una Kat dura, tagliente, schietta e stronza e Luke ne aveva appena avuto un assaggio.

 

Dopo la mia frase lo sguardo di Piterson si fece strano, proprio come quella mattina, sembrava compatirmi, dispiacersi e turbarsi.

 

In quel momento un dubbio si insediò dentro di me. Forse lui sapeva di avermi ferito. Forse sapeva o sospettava i miei sentimenti.

Ma anche se fosse, non si era sentito minimamente in colpa, aveva continuato per la sua strada e io avrei fatto lo stesso.

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Capitolo 18
*** Chapter seventeen ***


Chapter seventeen
I knew you were a trouble

"I knew you were trouble when you walked in
So shame on me now
Flew me to places I'd never been"




Il resto della settimana era stata veramente lunga, il tempo sembrava non passare mai. Io e Luke non ci eravamo parlati più del dovuto, Val era sempre nella nostra classe ed io ero diventata campionessa dell’indifferenza. Li ignoravo clamorosamente e quando lei non c’era se lui tentava un approccio nei miei confronti otteneva ancora indifferenza. Non che ci avesse provato molto. Sembrava arrabbiato con me per qualcosa, ma non capivo il motivo. Io ero arrabbiata con lui per la facilità con cui aveva fatto pace con Val, nonostante tutto quello accaduto tra noi a Barcellona.

 

Ma come potevo confessargli di essere arrabbiata perché aveva seguito esattamente i miei consigli?

Non potevo.

 

Quindi senza destare troppi sospetti gli parlavo il minimo indispensabile. Non avevo più toccato l’argomento Frederik con gli altri, non sapevano nemmeno se ci avevo già parlato oppure no. In realtà, da pigro quale era aveva rimandato il tutto al week end, con la scusa di fare un favore a me per via della scuola.

 

Patetico

 

Andavo avanti per inerzia, ero grata ad Emma per la sua presenza “virtuale”, tutti i giorni si accertava che non fossi troppo triste, anche se in realtà stavo reagendo bene alla situazione.

La parte razionale che era in me, urlava a gran voce che non potevo fare niente per modificare il corso degli eventi. Anche se per Piterson quello che era successo in Spagna avesse potuto significare qualcosa, non era comunque abbastanza da fargli buttare all’aria una intera relazione. Sempre la parte razionale, non poteva che concordare con la sua scelta, mentre il cuore mi urlava che l’amore vero era tutto tranne che scelte fatte con la testa.

 

Avevo continuato a presentarmi a scuola sfoderando i capi migliori del mio guardaroba, ero stata impeccabile tutta la settimana e lo avevo fatto solo per fargli vedere che cosa si stava perdendo. Più volte lo avevo scoperto a guardarmi e questo mi aveva spinto a continuare, nonostante fosse molto faticoso alzarsi prima per truccarsi, dare un senso ai capelli e scegliere cosa mettermi. Ma non mi importava, in qualche modo questa era la mia micro-vendetta nei suoi confronti e credevo proprio di meritarmi una rivincita, anche se piccola.

 

 

Presi fiato mentre camminavo e la mia testa continuava ad analizzare ininterrottamente gli ultimi avvenimenti. Se pensavo invece all’altra questione, Frederik, non avevo molta voglia di un confronto con lui. Ma ormai ero in ballo e dovevo ballare. Avevo deciso io di vederci in un bar vicino casa sua. Ormai ero quasi arrivata, potevo vedere le sedie fuori dal bar “La Latteria”

 

Era il nostro primo appuntamento da “qualcosa di più” che amici, mi sudavano le mani eppure lui era sempre lui. Non era cambiato molto tra di noi quindi dovevo farmi passare il nervosismo. Eccolo lì davanti al bar. E’ in anticipo e mi sta aspettando, mio Dio è bellissimo come sempre… Mi nota e mi sorride. Il cuore mi salta un battito. Oddio sono veramente in ansia, non so come comportarmi...”

 

Sorrisi amaramente al ricordo di quell’appuntamento. Oggi come allora Frederik è in anticipo e mi sta aspettando. Mi faccio coraggio e mi avvicino.

 

Andrà tutto bene.

 

 

 

 

Quella settimana avevo due interrogazioni con Luke. Per la precisione una di diritto e una di letteratura. Stavo fissando il calendario da cinque minuti spaventata a morte per ciò. In primo luogo significava studiare, ed in secondo significava studiare con Luke.

Solo che io non avevo il coraggio di scrivergli. Dovevo sentirlo per organizzare un ipotetico ripasso domani pomeriggio, ma poteva anche farsi sentire lui.

Così mi feci coraggio e presi letteratura in mano, era la meno spaventosa dal mio punto di vista, ero sempre andata bene in letteratura quindi mi sarei concentrata l’indomani sul ripasso di diritto. Decisamente più ostico per me. Dopo la prima ora di concentrazione assoluta mi ero persa a riflettere che eravamo già quasi ad aprile e che mancava veramente poco alla fatidica maturità, chissà come sarebbero state le cose ad allora, chissà come sarei uscita da quella scuola...

 

Il vibrare del mio cellulare mi riporto alla realtà. Avevo un nuovo messaggio.

“Domani studiamo?”

 

Rimasi interdetta qualche minuto. Un milione di domande ed ipotesi mi roteavano nella mente:

Non si era accorto della mia forzata indifferenza? Se ne era accorto, ma se ne fregava per studiare insieme e prendere un buon voto? Non se ne era accorto perché non gliene frega nulla di me? Fa quello che ha fatto con me, con tutte?

 

Ovviamente le mie ipotesi erano tutte negative, forse avrei preferito ricevere nessun contatto da parte sua.

Riluttante, ma sempre desiderosa di vederlo (a quello purtroppo non potevo farci molto), risposi di sì.

 

 

 

 

Luke sarebbe passato a prendermi. Di domenica pomeriggio. Precisamente alle tre.

Non eravamo mai usciti di pomeriggio. Non eravamo mai usciti da soli e basta. All’improvviso i ricordi della gita mi tornarono in mente e l’idea di stare sola con lui mi mise addosso un sacco di nervosismo. Avevo fatto una doccia lunghissima, mi ero depilata tutta senza motivo e avevo optato per una delle più costose creme corpo che mia madre aveva in casa.

 

Mi sarei comportata come avevo fatto in quell’ultima settimana, mi sarei limitata al rapporto scolastico, tanto lui non sembrava avere nessuna intenzione di parlare di altro.

Alle 14:50 ero pronta, vestita, profumata e con i libri in mano fissavo l’orologio del soggiorno. Potevo essere così nervosa per un appuntamento con Piterson? E comunque non era nemmeno un appuntamento, visto che ci vedevamo per studiare.

 

 

Mi era mancato l’odore della sua macchina. Era arrivato ovviamente puntuale e avevamo deciso di studiare in un paesino nei dintorni per non farci scoprire da nessun conoscente: Val non sapeva che era con me e non volevo farmi vedere da Frederik, dato che alla luce della nostra ultima chiacchierata era chiaro che avessimo due pensieri opposti riguardo alla nostra storia. Il posto in questione era il parcheggio di un campo sportivo, con la macchina posteggiata di fronte ad un muro su cui c’era scritto “Destino”.

 

La vita sa essere simpatica

 

Eravamo rimasti seduti sui sedili e avevamo iniziato a ripetere a macchinetta il Decadentismo, quando a metà del discorso Luke si fermò “Mi dispiace Kat” lo fissai con aria interrogativa “Mi dispiace se in qualche modo ti ho fatto stare male, io avevo davvero bisogno del tuo consiglio e non pensare che non tenga in conto della tua opinione. Mi interessa più di quanto immagini, davvero.” Mi stava guardando negli occhi solo come lui sapeva fare, questo non rientrava decisamente nel rapporto scolastico.

 

“Non preoccuparti. Non ci sono rimasta male, anche perché tu hai seguito esattamente il mio consiglio” abbozzai un sorriso “Non vedo come tu possa pensare che la cosa mi possa aver fatto soffrire” lui rispose al mio sorriso e continuò a guardarmi negli occhi intensamente “ L’ho pensato perché io le cose che abbiamo fatto in Spagna non le faccio con la prima che capita. Forse però tu si”

 

Fu una doccia gelida.

“Veramente nemmeno io le faccio con chiunque” sussurrai “mi dispiace che pensi una cosa del genere” conclusi fissando dritto davanti a me.

 

Non potevo credere che lui pensasse questo di me, non potevo farcela psicologicamente e pensare che dopo tutti questi mesi l’unica persona che sembrava decifrarmi come un libro aperto, pensasse che io fossi così.

 

“Kat, non volevo dire quello” si avvicinò verso di me per voltarmi verso di lui “Non penso questo di te. Solo che devi ammettere anche tu che se non fosse per il fatto che riesco ad andare oltre ciò che dici, sarebbe difficile capire cosa vuoi davvero.

“Quindi tu pensi di sapere cosa voglio davvero?”

“Credo che abbiamo iniziato a volere la stessa cosa un mesetto fa. Prima non ne ero certo, pensavo fossi solamente arrabbiata e frustrata per il coglione, dopo Barcellona però ho capito tante cose.” concluse alla fine allontanandosi da me.

 

Avevo talmente tante domande in testa, ma in quel momento non me ne usciva nessuna. Chiusi meccanicamente il libro di Letteratura e lo guardai.

 

“Dunque abbiamo un problema”

“Già direi che siamo nella merda e non solo con lo studio”

 

L’ora successiva la passammo veramente a studiare, la maturità era alle porte e nessuno dei due poteva permettersi di pensare ad altro in questo momento. Avevamo un mese per consegnare le tesine, un mese prima delle interrogazioni finali per il voto di presentazione in tutte le materie. Due mesi al primo scritto e noi non potevamo permetterci di passare il tempo dello studio a parlare di una cotta.

Si perché alla fine di tutto questo ci eravamo detti, forse era una cotta passeggera, non sarebbe durata molto e che non avrebbe lasciato Val in questo momento.

 

Si poteva essere tristi e felici nello stesso momento? Perchè io felice davvero di aver avuto la conferma da lui di piacergli, io gli piacevo e i suoi non erano stati gesti dettati solo da attrazione. Però non gli piacevo abbastanza da lasciare Val. Perchè maturità o meno, se gli fossi piaciuta abbastanza l’avrebbe mandata a cagare.

 

Mentre scendevo dalla macchina un nuovo piano nasceva nella mia testolina.

Avrei dovuto farlo impazzire per me.

 

Si ma come?

 

 

 

 

Erano passate tre settimane da quella domenica.

Avevamo preso ottimi voti alle interrogazioni.

Stavo ultimando la mia tesina e ne ero veramente fiera, un lavoro originale e scritto tutto da me.

C’erano state altre domeniche come quella. Ci eravamo visti al Destino e avevamo parlato per ore.

Non c’era stato nulla di più di qualche abbraccio, qualche coccola. Mi andava bene così.

Lo sentivo presente nella mia vita più di quanto non avessi mai sentito presente Frederik, e con lui andavo anche a letto.

L’unica nota stonata era Val. Già. Perchè mi ero resa conto durante gli ultimi nostri incontri clandestini, che la mia tutto poteva essere tranne che una cotta. Si notava anche a scuola la nostra complicità cresceva e ci eravamo lasciati andare a qualche attenzione in più, nulla di eccezionale, ma tra compagni di classe è raro vedere abbracci, carezze… Soprattutto quando uno dei due è fidanzato da più di tre anni.

 

Quella domenica mattina stavo camminando per il mio paese mentre raggiungevo il solito bar. Avevo la musica sparata nelle orecchie, ultimamente era stata più terapeutica del solito.

Emma era fuori dal bar, la vedevo mentre finiva la sua sigaretta e si guardava intorno, velocizzai il passo e le feci cenno con la mano.

In un baleno eravamo al nostro tavolo a bere thè freddo e a parlare di Luke.

 

“Quindi lo vedrai anche questa domenica?”

“Si, dopo lo vedrò...”

“Sei nervosa?”

“mmh. Non so Emma, sono sempre nervosa ed euforica quando si tratta di vederlo anche se...”

“Anche se, cosa Kat?”

“Anche se inizio a volerlo tutto per me. Mi sta stretta la situazione perché credo di essermi innamorata di lui”

“Kat. Tu eri già innamorata di lui mesi fa, solo che non riuscivi ad ammetterlo nemmeno a te stessa perché rispetti troppo la sua relazione. Io ammiro te per la pazienza che stai avendo, davvero. Ma lui… lui non si sta comportando bene con Val in questo modo. Deve trovare una soluzione.”

“Lo so Emma. Io razionalmente sono cosciente di quanto anche solo vedersi così sia sbagliato nei suoi confronti. Sarebbe sbagliato pure non vedersi. La cosa “sbagliata” sono i suoi sentimenti. Non dovrebbe provarli se fosse innamorato di Val.” sospirai fissando il pavimento “Ma io non posso fare a meno di lui”

“Allora Kat devi dirglielo, devi parlare chiaro con lui.”





 
*Spazio per Steph*
Ciao carissime! intanto devo ringraziare le per recensioni ricevute, si sono poche ma avere un riscontro dai chi mi legge mi aiuta a capire se sto facendo un buon lavoro o un pessimo lavoro. Ci tengo molto alla riuscita di questa storia, non manca moltissimo alla fine purtroppo. Anche se, basandosi su una storia vera, il sequel esiste. Mi piacerebbe sapere da chi mi legge se questo progetto può essere interessante o vi siete stufati della sottoscritta ahah!

un bacione
Steph.

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Capitolo 19
*** Chapter eighteen ***


Chapter eighteen
A choice to make

“Okay, here it is. Your choice, it's simple, her or me. And I'm sure she's really great. But I love you. So pick me. Choose me. Love me.”




18 giugno. 7:02. Tra esattamente due ore iniziava la prima prova di Italiano. Ero tesa, ma non tanto quando avrei dovuto.

Ovviamente non avevo ancora detto a Luke i miei sentimenti. Ovviamente, razionalmente parlando, sapevo che le prove di questa settimana erano di gran lunga più importanti del campo sentimentale, però non potevo farci niente: la situazione mi condizionava mentalmente a tal punto da essere distratta da uno degli step più importanti della mia vita. Il pensiero che dopo vedere me, coccolare me, stare con me lui tornasse a casa da un’altra mi devastava dentro.

Ma era lei la sua fidanzata, non io, pertanto dovevo farmene una ragione e basta. Finito questo periodo stressante avrei messo Luke davanti ad una scelta perché il mio cuore non poteva più sopportarlo.

 

In tutto questo, oggi avrei sostenuto il saggio breve. Optai per un abbigliamento sobrio, quella mattina avremmo conosciuto la commissione d’esame e il Presidente. La nostra prof di Italiano era esterna, dunque ci aspettava un altro professione proveniente da un altro istituto.

 

Controllai lo zaino: vocabolario di italiano, acqua, astuccio, soldi per il pranzo e documenti di identità. Sospirai davanti allo specchio.

Sarebbe andato tutto bene. Forza e coraggio.

 

 

Arrivai davanti all’istituto con una buona mezz’ora di anticipo, Mood e Julie erano già lì e notai subito un piccolo dettaglio non indifferente: si tenevano per mano. Quella si che era una bella novità. Raggiunsi raggiante di gioia i miei amici e senza dire nulla, li abbracciai forte. Loro non dissero nulla, capirono che io approvavo pienamente la loro decisione.

 

“Bisogna essere coraggiosi in amore” fu l’unica cosa che Andrew disse sull’argomento, e sembrava proprio essere un consiglio, non richiesto, per la sottoscritta che ignorai volutamente. Non potevo mettermi a pensare alle questioni di cuore adesso.

 

 

Riconobbi il rumore della sua macchina alle nostre spalle, parcheggiò proprio vicino a noi. Dalla macchina uscì una testa bionda riccia, i suoi occhi si puntarono su di me fulminei. La fissai di rimando.

Che avesse capito qualcosa?

 

Luke scese subito dopo e ci fece solo un breve cenno con la mano, mentre accompagnava una Val visibilmente soddisfatta all’interno del cortile. Lui aveva lo sguardo spento, c’era qualcosa che non andava e mi faceva soffrire vederlo così.

 

Non è il momento di stare male Kat.

 

 

 

 

Eravamo in aula ormai da due ore. Rileggevo le tracce, mi concentravo, sottolineavo le citazioni dei documenti. Avevo focalizzato l’obbiettivo, non mi sarei lasciata distrarre da lui adesso ne andava del mio futuro. Lo guardai solo un istante: concentrato, occhiali da vista, deve aver dimenticato le lenti. Smettila di pensare a lui, non distrarti e torna subito al saggio.

 

Finite le prime tre ore la Presidente ci aveva acconsentito a far girare un biglietto con scritto sopra la tipologia di panino che volevo farci portare dal bar della scuola. Era stato un gesto magnanimo, non era obbligata a farlo.

Quando il bigliettino arrivò a me riconobbi la scrittura di Luke: un panino cotto, mozzarella e insalata (Kat sei bellissima)

Il mio cuore perse un battito e sentii subito il viso in fiamme, lo avevano letto tutti, certo solo in pochi sapevano riconoscere la sua scrittura. Mi voltai verso di lui e vidi il suo solito sorriso da psicopatico,scrissi velocemente “crudo e mozzarella” e passai il bigliettino altrove.

 

Mi ritrovai a sorridere, a quanto pare anche un biglietto per i panini poteva essere fonte di felicità.

 

 

 

 

Erano quasi terminate le sei ore a disposizione e stavo ricontrollando il mio lavoro, errori ortografici, errori di sintassi… Mi sembrava di aver fatto un buon lavoro.

Mi alzai finalmente per consegnare pensando che in primo luogo, non potevo riscrivere di sana pianta tutto il saggio e secondo quello che avevo fatto, ormai era fatto. Mi fidavo del mio cervello e sopratutto mi fidavo di me stessa. Ora mancavano solo due test scritti al test che veramente mi agitava: l’orale di maturità.

 

Quando uscì trovai un Mood che stava divorando il suo panino. Presi il mio e i morsi della fame si fecero sentire, eravamo stati sei ore senza cibo lì dentro, adesso che la tensione stava scemando la fame si faceva sentire.

“Quindi state insieme?” domandai diretta

“Diciamo che ci stiamo frequentando ufficialmente”

“Smettila di fare il disinteressato con me, Andrew. So bene che se non ti piacesse nemmeno ci usciresti.” lo guardai maliziosa per punzecchiarlo un pochino “su dai raccontami! Come è successo?!” cominciai a pungolarlo per fargli il solletico

Andrew sorrise “In realtà ha fatto tutto lei. E’ così insistente! Alla fine però aveva ragione ad insistere. Lei mi piace, davvero.”

“Sono così felice per voi due” ammisi sincera anche se si notava un punta di amarezza nella mia voce. “Vedrai che anche tu avrai la tua rivincita Kat, ne sono sicuro. Luke non guarda più Val, come guarda te. Me ne sono accorto in Spagna quando stavi piangendo, sembrava piangere dentro anche lui.”

 

Le parole di Mood mi aveva rassicurato un pochino, ma io volevo sentirmele dire dal diretto interessato, ovviamente non potevo dargli un certo peso., per quanto loro si conoscessero non poteva essere nella sua testa e contavano i fatti: lui stava con Val non con me.

 

Finalmente scoccò la sesta ora definitivamente e anche gli altri uscirono, ovviamente affamati. Decidemmo di dirigerci come classe al bar per terminare di mangiare e berci un caffè con calma. Ormai erano le tre passate , minuto più minuto meno non cambiava a nessuno.

Solo Luke si distaccò dal gruppo dicendo che doveva aspettare Val e poi andare a casa. Persi del tutto la voglia di andare al bar, ma ci andai lo stesso, lo vidi guardarmi mentre raggiungevo gli altri e andavamo via, il suo sguardo era lo stesso di quella mattina.

Sembrata triste, molto triste.

 

 

 

 

Alla fine andare al bar non si rivelò per nulla noioso. Rory e Ana continuavano a farmi domande su Luke, non erano le uniche ad aver captato qualcosa e non era un segreto che avessimo dormito insieme in gita. Per fortuna la mia classe sapeva farsi i fatti suoi. Mood si propose di accompagnarmi a casa di fronte ad una Julie non particolarmente contenta, ma lei abitava veramente da un’altra parte e non avrebbe mai potuto portarla.

 

Mi dispiaceva per il suo turbamento, però onestamente cercai di tranquillizzarla “che bello, non vedo l’ora di estorcerti tutti i dettagli tra te e Julie” dissi volutamente ad alta voce e facendole l’occhiolino.

Entrambi diventarono rossi fino alla punta delle orecchie e io scoppiai a ridere di gusto insieme a tutti gli altri.

 

Quando arrivai a casa la stanchezza si fese sentire parecchio. I miei però volevano sapere tutti i dettagli quindi raccontai loro dei docenti esterni, del Presidente di commissione e dell’esame in sé. Loro sembravano essere fiduciosi delle mie capacità e questo mi diede coraggio per affrontare la prova seguente: La seconda prova, Economia teorica e pratica.

 

Ero stanca ma non riuscivo a prendere sonno. Tra ansia, agitazione e pensieri su Luke stavo fissando il soffitto da quasi un’ora.

In quel momento mi squillò il telefono. Telepatia.

 

“Hey Kat, ti disturbo, dormi?”

“No in realtà ti stavo pensando”

“Che onore”

“Non ti montare la testa Piterson, pensavo al biglietto, non ti ho ancora ringraziato per il complimento.”

“Non c’è di che, è la verità per me lo sai”

“Cosa avevi oggi?” brava Kat, diretta.

“Niente, insomma, non è che la situazione in cui mi trovo sia delle più facili. In questo momento sto fumando davanti alla finestra e pensavo a te, non a lei ma a te.”

Il mio cuore cominciò a battere all’impazzata, mi sudavano le mani e sentivo davvero caldo. Ma infondo era giugno quindi faceva caldo.

“Mi fa piacere che pensi a me. Però… Dovrai affrontare la situazione prima o poi. Io non aspetto nessuno.”

Oddio l’ho detto davvero? Ho avuto davvero il coraggio di farlo?

“Lo so Kat. Solo ho bisogno di finire prima questa maledetta maturità, è troppo stress da affrontare”

“Lo so Luke e lo capisco davvero, ma prima o poi dovrai fare una scelta. Qualsiasi essa sia però, io ti vorrò sempre bene.”

“Mi piace come dici il mio nome”

“Buonanotte Luke

“Buonanotte Kat...”

 

 

Mi rimisi sotto le coperte tremante. Avevo davvero avuto il coraggio di parlare così apertamente con lui, forse sarà stata la circostanza, sicuramente non averlo di fronte aveva aiutato molto. Da una parte ero felice di quello che mi aveva detto, mi faceva sperare per il meglio, ma dall’altra parte la paura di rimanere delusa o che potesse poi fare lo stesso con me, tradire anche me… Mi terrorizzava.

Anche se durante la chiacchierata mia e di Frederik lui aveva giurato e spergiurato di non aver baciato nessuno, la sensazione di essere stati traditi non è qualcosa che ti abbandona facilmente, anzi. Ti fa perdere la capacità di fidarti delle persone, anche di quelle a cui vuoi bene.
Soprattutto di quelle cui vuoi bene perché possono ferirti.

 

 

Luke per favore, non deludermi.

 

*Spazio per Steph*
Eccoci qui ragazzi! La prima prova è arrivata!
Colgo l'occasione per fare un mega ringraziamento per avermi incluso tra le storie preferite:
1 - always_mar
2 - donnie86
3 - m12
4 - maggiostesy
5 - semprequeidue
6 - Vavina9995

Grazie davvero ragazzi/e!

 

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Capitolo 20
*** Chapter nineteen ***


Chapter ninteen
Exhausting waits
 



Avevo la vista annebbiata, la testa mi pulsava, stavo sudando freddo e a stento riuscivo a trattenere le lacrime. Fissai prima la porta di fronte a me e poi l’orologio. 13:12. Mancavano ancora due ore alla fine ufficiale della prova.

Guardai nauseata il mio panino, non avevo per niente fame. Me ne stavo lì seduta con le ginocchia al petto sul davanzale a fissare la porta dell’aula d’esame. Avevo la sensazione di aver fatto una grandissima stronzata, e forse era così.

 

Ripensai a tutta la mia mattinata: mi ero alzata, avevo fatto colazione e sorriso di un messaggio di Luke della sera prima, dove mi diceva di stare tranquilla e che sapeva benissimo che io credevo in me stessa, che ero la migliore per lui e che tutto sarebbe andato bene. Messaggio alla quale non avevo risposto perché sapevo che sarebbe stato con Val quella mattina. Mi ero vestita, camicia bianca e jeans, avevo preso lo zaino, acqua, soldi, documenti e calcolatrice. Mi ero avviata alla fermata dell’autobus e alle 8:45 ero arrivata puntuale davanti all’Istituto Tecnico.

Avevano fatto l’appello ed io mi ero accomodata, come richiesto, allo stesso posto del giorno precedente e avevo guardato Luke per darmi sicurezza. Lui mi aveva sorriso e subito dopo stavano comunicando la traccia del ministero per Economia aziendale.

Ero andata veramente nel panico più totale dopo la prima ora. L’esercizio sembrava procedere bene, calcolavo, compilavo i mastri e continuavo a redigere, poi l’intoppo: non tornavano i conti e quindi mi trovai a fare il lavoro a ritroso, l’ansia cresceva e ogni cifra cambiata ne cambiava altre tre. Mi sentivo affogare in un mare profondissimo senza via d’uscita. Così dopo tre ore e dopo aver cambiato due o tre volte buona parte dei risultati del compito ero giunta alla conclusione che se non lo consegnavo, altri dubbi mi avrebbero tartassato e avrei potuto fare solo peggio. Così il colpo di testa prendo, mi alzo e consegno. Tre ore prima della fine del tempo. Il Dittatore, fortunatamente era interna alla commissione e mi aveva guardata con aria preoccupata.

 

Ed ora mi trovavo lì, su quel davanzale a morire di angoscia con la nausea e un panino in mano.

 

Finalmente un’ ora dopo sento la porta aprirsi, mi andava bene uscisse chiunque, pur di avere confronto e conferma sulle cifre che mi erano uscite dal compito. Non potevo sperare di meglio quando capì che si trattava di Luke. Senza dire nulla si avvicinò a me e mi abbracciò forte, sapeva cosa mi era successo, lo aveva capito e sapeva di cosa avevo bisogno in quel momento, di lui.

L’abbraccio durò qualche minuto e subito dopo le nostre facce si trovavano ad una distanza che avevamo imparato a chiamare pericolosa. Fu così lieve che quasi non me resi conto, Luke premette le labbra sulle mie in un leggero bacio, casto e dolce della durata di due secondi al massimo, ma fu necessario per me per morire. Non avevo il coraggio di dire nulla. Non volevo si staccasse da me, non volevo si staccasse mai più da me. Tornò a stringermi forte, con urgenza e capì che gli era costato molto staccarsi da quel bacio.

 

Luke si accomodò sul davanzale e lo vidi recuperare dal sacchetto il suo panino, così presi il mio e mi sistemai.

“Non hai ancora mangiato?” feci cenno di no

“Cosa è successo durante l’esame Kat? Quale mastro ti è uscito male?” continuò lui guardandomi intensamente

Mi stava rimproverando?

“Non lo so. Sono andata nel panico”

“Stai tranquilla, vieni qui”

Luke mi fece spazio e mi circondò con un braccio, mi strinsi subito a lui. Mi piaceva il suo profumo.

“A prescindere da cosa hai sbagliato, Il Dittatore non è così stronza. Conosce il tuo valore. Adesso mangia però, almeno metà panino.”

 

Rimanemmo così anche quando tutti gli altri cominciarono ad uscire, Mood e Julie non sembravano particolarmente sorpresi, ma nemmeno il resto della classe. Si avvicinarono e piano piano, tra le varie cifre che riesco a captare, il mio umore crolla di più ogni minuto. Ma Luke continua a stringermi e fece di tutto per sminuire i risultati sostenendo che “potevano anche aver sbagliato tutti”.

Apprezzo tanto il suo tentativo, anche se ormai era inutile, potevo solo sperare che quello che mi aveva detto fosse vero: Il Dittatore mi conosceva da cinque anni, sapeva benissimo cosa sapevo fare e cosa mi risultava più ostico.

Il bilancio non rientrava tra le cose difficili per me, mi ero lasciata prendere dal panico e dall’ansia, purtroppo nel momento peggiore in assoluto.

 

 

Quando rientrai a casa dopo l’esame il mio umore era nuovamente spaccato a metà, sentivo ancora le labbra bruciare per il bacio di Luke, lo stomaco scombussolato, la sensazione di appartenenza che mi aveva dimostrato quei suoi piccoli gesti, l’attenzione che aveva dimostrato, il modo che aveva di preoccuparsi per me… mi aveva fatto sentire sua. Però la preoccupazione per la seconda prova mi strangolava, non sapevo cosa avevo combinato, non ero stata lucida dopo le prima ora e avevo sicuramente fatto un casino. Avevo raccontato tutto ai miei genitori con un groppo in gola, mi avevano rassicurato e incoraggiato a non pensarci e a prepararmi invece sulla terza prova.

 

Avevamo un giorno di pausa tra la seconda e la terza prova, giorno che passai sui libri a preparare quelle stramaledette materia. Ero sull’orlo di una crisi di nervi, non sapevo più cosa ripassare. In più guardavo la mia tesina, era lì, pronta sulla scrivania.

Io non mi sentivo decisamente all’altezza di affrontare l’esame orale.

 

Ok Kat, una cosa per volta. Pensa ora a Diritto, Informatica, Inglese e Matematica. Al resto penserai quando sarà il momento.

 

 

 

Giovedì mattina arrivò in un baleno. Il “bello” della Terza prova era che durava solamente quattro ore e avevamo deciso già da tempo di andare a pranzare con la classe dopo l’esame, per festeggiare la fine degli scritti. Ormai abituati alla trafila di appello ed aula, mi rendo conto che c’è molta meno tensione dei giorni precedenti. Ci sediamo ai nostri banchi. Si parte.

 

Kat ultimo sforzo

 

 

Vorrei poter dire di essermi concentrata solo sull’esame per tutto il tempo, ma mentirei amaramente. Luke oggi è stato piuttosto distaccato nei miei confronti, era arrivato con Val, erano entrati e non lo avevo più visto fino all’appello di fronte alla classe. Avevo cominciato con Diritto e matematica, le materie che consideravo più complesse e che richiedevano più concentrazione. Per inglese non avevo avuto minimamente nessuna difficoltà in quanto, ero stata presentata con il nove all’esame di maturità.

Nonostante tutto ero soddisfatta della prova, avevo risposto a tutto, non ero andata nel panico. Uscì dall’aula insieme ai miei compagni, il tempo era stata malapena sufficiente per revisionare tutte le risposte alle domande aperte. La classe era rilassata, Mood mi sorrideva contento e mi stava letteralmente trascinando all’uscita per andare a mangiare.

 

Davanti a noi si era palesata la peggior scena che mai avrei potuto immaginare, o forse si nei miei incubi.

Val stava camminando mano nella mano con Luke, mano che lui non stringeva, ma lei non sembrava darci peso. Camminava spedita sorridendo a tutti, mentre Luke arrivato in prossimità dell’uscita si era fermato e girato nella nostra direzione. Lo stomaco aveva cominciato ad annodarsi, la fame mi era passata completamente e tutto ciò che riuscivo a vedere erano i suoi occhi così tristi, spenti e amareggiati che trafiggevano i miei. Val ci fece cenno con la mano guardandomi soddisfatta , per poi accarezzare il viso di Luke e depositare sulle sue labbra un bacio, bacio alla quale lui non rispose e lo avevo visto con i miei occhi.

Bacio che però mi rimise al mio posto, il posto “dell’altra”, non della fidanzata, bacio che mi fece capire che Luke non avrebbe mai trovato il coraggio di uscire da quella situazione o che forse non gli piacevo abbastanza da mandare tutto all’aria per me.

 

Non sarebbe venuto al pranzo per stare con lei.

 

Dopo quello spettacolo Val aveva ripreso la sua camminata verso la macchina con Luke al seguito, mi aveva lanciato un ultimo sguardo, mi stava guardando colpevole, come se avesse tradito me. Ogni volta che i suoi occhi incontravano i miei il mondo spariva, e così mi ero completamente dimenticata di avere Mood al mio fianco, mi era rimasto vicino, aveva assistito a tutta la scena e sapeva benissimo che mi sentivo in frantumi. Andrew non disse niente, mi accompagnò all’uscita e disse alla classe, Julie compresa che saremmo andati un attimo a recuperare una cosa che avevo lasciato in macchina.

“Julie si arrabbierà” biascicai mentre le lacrime ormai erano diventate impossibili da trattenere.

“Julie capirà, Kat.”

Non dissi più niente, piansi mentre Mood cercava di darmi conforto

“Kat, io credo veramente che Luke provi qualcosa di molto forte per te. Lo vedo da come ti guarda, da come ti sostiene e incoraggia, ma anche da come ti sgrida quando vede i tuoi errori. Kat lui ti capisce e credo che la sua situazione non sia delle più semplici da gestire. Devi metterti nei suoi panni in questo momento: Val è molto presente in casa sua, sta affrontando la maturità che sta esaurendo tutti noi, anche te. Io lo so che affrontare tutto questo in questo preciso momento sia molto pesante, non oso immaginare come stai. Devi prendere tu una decisione, per quanto voglia bene a Luke tu ora devi pensare a te stessa, dopo tutto quello che hai passato, devi trovare il coraggio di metterti tu al primo posto e smetterla di mettere il tuo “lui” per primo, a prescindere da chi lui sia”

 

Mood sapeva sempre come prendermi a schiaffi moralmente, mantenendo sempre guanti di velluto. Aveva ragione cazzo. Cazzo se aveva ragione! Mi stavo asciugando le lacrime e dando una sistemata, si vedeva che avevo pianto ma mi ero stampata in faccia un sorriso.

 

“Andrew, grazie.” lo abbracciai forte “So benissimo cosa fare adesso”

 

 

 

Ancora una volta il pranzo di era rivelato utile per il morale, e anche aver fatto un ripasso tutti insieme subito dopo ci aveva rassicurato per gli imminenti orali. Mood aveva spiegato a Julie tutto molto velocemente e lei non aveva detto nulla, mi aveva sorriso e abbracciato dicendomi che anche Val non era tranquilla e di non farmi ingannare dai suoi spettacoli.

Ma ormai non mi importava più, o meglio, avevo deciso che non me ne importava più. Era vero che avevo promesso a Luke che avrei aspettato dopo la maturità, ma era anche vero che poi gli avevo detto che non potevo reggere ancora per molto. Lui non aveva preso nessuna decisione, si comportava da vero incoerente, baciando me, ma ubbidendo a lei come un cagnolino.

 

Così avevo deciso io per lui.

Il tempo era scaduto, non ci sarebbe stato nessun noi.

 

 

Quella notte non feci altro che piangere e fissare il cellulare, non mi aveva chiamata, non mi aveva scritto. Da una parte era stato meglio così ma dall’altra non sapendo della mia ultima decisione, mi chiedevo perché di questa assenza e l’unica risposta plausibile che avevo trovato era semplicemente che Piterson aveva deciso di rimanere con lei. E mi andava bene così.

 

Ma allora perché continuavo a piangere?

Perchè erano ore che singhiozzavo in silenzio nel letto, aggrappata al cuscino, cercando di non fare rumore mentre i ricordi mi uccidevano? Le sue labbra sulle mie, il letto di Barcellona, i suoi abbracci, lui che mi tiene addosso a se e mi consola… Le nostre risate al Destino mentre tentiamo di studiare, i gesti misurati per non cadere in situazioni pericolose le attenzioni, le telefonate...

La Paella in riva al mare, mentre guardandolo mi sentivo morire e avevo capito quanto mi piacesse, la casa di Dalì, tutti i ricordi in fila, uno per uno arrivavano nella mia testa e non c’era verso di farli smettere.
Mi addormentai così, singhiozzante per lui, cosciente che non avremmo più condiviso nulla insieme.

 

 

L’amore per Kat Spencer sarebbe sempre stato solo sofferenza?

 



 
*Spazio per Steph*
Vorrei avere il piacere di dirvi che siamo, purtroppo, quasi alla fine della storia. O meglio, come già detto in predenza le avventure di Luke e Kat non finiscono con la fine della maturità, ma per questa prima parte della storia avrei pensato di concludere con il prossimo capitolo.
Chiedo a voi nuovamente se vi piacerebbe leggere anche il seguito! Fatemi sapere con un messaggio la vostra opinione anche negativa, anzi, soprattutto negativa.

Steph.

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Capitolo 21
*** Chapter twenty ***


Chapter twenty
the Last Ending (for now)

un grazie speciale va ad Alessandra_F7 e ineedofthem per essere state così presenti a tutti i capitoli della storia. Grazie di cuore.

 

“It means you have a choice. You have a choice to make. I'm in love with you. I've been in love with you for, ever. I'm a little late, I know I'm a little late in telling you that. I, I just, I just want you to take your time, you know. Take all the time you need, because you have a choice to make. And when I had a choice to make, I chose wrong. Goodnight.

 

Primo luglio. Sarei stata la penultima del primo luglio.

 

Peccato che in quel momento non me ne fregava proprio niente, mancava ancora una lunga settimana al mio fatidico orale e avevo deciso di prendermi un giorno di pausa dallo studio per riprendermi.

Se la separazione con Frederik si era dimostrata in un certo senso facile, quella con Luke era stata molto sofferta e ancora non avevo metabolizzato. Nel giro di una settimana mi aveva baciato, mi aveva consolato, aveva baciato Val davanti a me (nonostante lei sia la sua fidanzata e io non dovrei stupirmi di ciò) e io avevo deciso che non ci sarebbe stato nessun noi. Nessun Luke e Kat.

 

Erano state ventiquattro ore molto difficili. Avevo terminato le lacrime da piangere e ormai mi aggiravo in catalessi per casa quasi da un giorno e mezzo. Lui non mi aveva scritto, non mi aveva chiamato e non aveva nemmeno risposto sul gruppo. Il Suo orale si sarebbe tenuto

tre giorni prima del mio, martedì 28 giugno. Forse era per questo motivo che non si faceva sentire, dopotutto oggi era venerdì: aveva il week end per preparasi al suo orale più lunedì, quattro giorni contro i miei sette.

Lo stavo davvero giustificando? Mi presi a schiaffi da sola. Non potevo giustificare più il suo atteggiamento, ero stata molto paziente e tutto sommato rispettosa di lui, della sua storia e del suo volere. Perchè parliamoci chiaro, di ragazze che ci provano con ragazzi fidanzati è veramente pieno, ma quando succede viceversa e nascono dei sentimenti è un’altra storia. Io lo amo.

 

Evidentemente però lui ama ancora Val.

 

Il mio cellulare inizio a vibrare come un pazzo. Emma.

Emma era eccitata per il mio esame e non vedeva l’ora di venirmi a sentire. L’avevo aggiornata su tutta la questione ed era rimasta veramente scioccata dalla mia decisione, ma ancora di più dal comportamento di Luke.

“Buongiorno Maturandaaa” la sua voce squillante mi provocò un sorriso. Il primo di oggi.

“Buongiorno”

“Be’ la voce mi sembra già migliorata rispetto a ieri… Come stai oggi?

“Sto… apaticamente meglio. Ho finito le lacrime e ora il mondo mi scorre attorno e io non sento più niente”

“Sembri già arrivata alla fase dell’accettazione. Adesso sto andando a lavorare, volevo assicurarmi che tu stessi un po’ meglio. Nel pomeriggio allora esci con i tuoi compagni? Ci sarà anche lui?”

la mia dolce Emma, una cosa era certe avrei sempre potuto contare su di lei.

“In realtà credo che lui non ci sarà. Ci vediamo per un ripasso ma siamo solo in cinque me compresa.”

“Ho capito… Ci sentiamo allora domani tesoro! Buona giornata”

“Buon lavoro Emma, grazie mille davvero”

 

 

 

 

La telefonata di Emma mi aveva sollevato un po’ il morale, dovevo ripigliarmi da quella situazione. Con passo spedito arrivai in camera, mi fermai di fronte allo specchio. Ok avevo i capelli sporchi, i pantaloncini del pigiama storti e la maglietta oversize un po’ dentro e un po’ fuori dai pantaloni: uno sgorbio. Recuperai un completino di cambio e mi lanciai in bagno per una lunga opera di restauro. Un’ora dopo almeno ero pulita e profumata, sapevo che Luke non ci sarebbe stato quindi non persi molto tempo a scegliere i vestiti, faceva caldo e mi misi la mia ultima corta di jeans che si chiudeva sulla schiena con un fiocco. Era una della mie preferite, mia mamma aveva reso la gonna un pantalone solo per farmela mettere.

 

Avevo deciso di recarmi al bar vicino a scuola prima degli altri, pertanto mi trovavo sopra all’autobus e stavo ascoltando la musica, la canzone che random mi era capitata mi aveva scosso il cuore...

 

Com'è serio quel ragazzo infondo alla classe all'ultimo banco
quante domande durante l'ultima ora dell'ultimo anno
lui sta pensando che fuori c'è un mondo che aspetta soltanto di essere cambiato
è preoccupato pensa agli amici che ha accanto "che fine faranno?"
Un po' gira la testa se pensa che questa è la fine di giri di giostra
tanti sogni però alla domanda "che farò da grande?" non ha una risposta
in città c'è già chi sa dimostrarmi come si può fallire

tra un rimorso, un rimpianto, rischiando ogni santo giorno d'impazzire
io non voglio fuggire piuttosto soffrire
si è detto fissando se stesso allo specchio quando l'ha vista ridere in cortile
ed è stato un lampo soltanto uno sguardo un istante perfetto hai capito? ...”

 

L’autobus si ferma rumorosamente di fronte alla mia fermata per poco non mi dimentico di scendere. Mi avvio al bar molto pensierosa,

faccio un cenno con la mano alla proprietaria e mi avvio al solito tavolo.

“Ciao cara”

“Salve” rispondo sfoderando il mio sorriso migliore

“cosa ti porto?”

“per il momento un thè al limone andrà benissimo” rispondo con le mani già nella mia borsa mentre recupero la mia tesina e i miei appunti.

“va bene cara… aspetti i tuoi amici?”

“si dobbiamo studiare”

“poco fa era qui un vostro compagno, quel bel ragazzo con gli occhi verdi”

Luke.

“si?” fingo disinteresse “è andato via da molto?”

“non lo hai incrociato per qualche minuto”

“pazienza”

 

come sempre, due rette parallele io e lui che non sono destinate ad incontrarsi.

 

 

Da poco ero stata raggiunta anche da Mood, Julie, Rory e Ana. Ognuno esponeva la sua tesina, concordavamo sugli argomenti da trattare nei dieci minuti, cosa era più importante sottolineare e cosa no. Più sistemo la mia tesina e più da una parte mi sento preparata a quello che accadrà esattamente tra sette giorni.

Eppure non potevo fare a meno di pensare a lui. Per un secondo mi tornò alla mente il nostro risveglio in Spagna, e lui scombussolato la mattina… e i suoi occhiali

“Kat” Mood mi riportò sulla terra.

“Mmh?”

“Ci sei? Sei con noi?”

“Sisi! Certo! Stavo solo pensando a come organizzare il Welfare State in inglese.” Che bugiarda.

“Va bene, farò finta di crederci” Andrew mi sorrise, sapeva che stavo pensando a lui.

 

Il ripasso procedette molto bene, a fine giornata Andrew ed io accompagnammo Julie a prendere il suo treno, mentre poi Mood accompagnò me a casa. Mi raccontò che la loro frequentazione stava procedendo molto bene, l’aveva presentata a casa non più come semplice compagna di scuola e sembravano davvero molto felici insieme. Io non potevo che essere felice per loro, anche se allo stesso tempo volevo anche io essere felice.

Una volta arrivata a casa preparai una cena leggera per me ed i miei genitori, sarebbero tornati tardi a causa del lavoro e volevo fargli trovare una gustosa pasta fredda al loro rientro: pesto, mozzarella e pomodorini. Inviai un messaggino ad Emma, dove le raccontavo del pomeriggio passato a studiare, e che fortunatamente Luke non si era presentato.

Mentre preparavo da mangiare, lasciai la tv su un canale a caso e mi trovai di fronte a “La verità è che non gli piaci abbastanza” la vita sapeva essere veramente ironica a volte.

 

Un saggio una volta mi ha detto che se un uomo vuole stare con una donna farà in modo che succeda a qualunque costo.”

 

Brava Kat, hai scelto il film giusto da masochista quale sei.

 

 

28 giugno. 8.57.

Me lo immaginavo agitato, teso e preoccupato. Ma sapevo anche che carismatico come era, non si sarebbe lasciato prendere dal panico, avrebbe sorriso da psicopatico come sempre e avrebbe fronteggiato la commissione a testa alta. Mood mi aveva praticamente obbligato ad andare a vedere il suo orale, sostenendo che “mi aveva sostenuto durante l’anno e toccava a me fare lo stesso, lasciando da parte i sentimenti” e comunque io volevo vederlo. Volevo guardarlo in faccia, negli occhi, e capire se provasse ancora qualcosa per me.

Mi ero fatta i capelli quella mattina, dei meravigliosi boccoli cadevano sulle mie spalle e avevo deciso di mettermi solo un filo di mascara.

Avevo optato per una tutina verde militare non troppo corta con la maniche a tre quarti con i miei immancabili anfibi neri e lo zainetto, mi guardai allo specchio e dovetti ammettere che ero soddisfatta, mi vedevo carina.

 

Andrew sarebbe passato a prendermi tra poco e avremmo incontrato Julie al bar, prima di entrare nell’istituto. Ero veramente agitata e lui lo sapeva, guardavo fuori dal finestrino mentre pensavo a lui. Chissà come stava. Mi sentivo triste, questo momento avrei voluto condividerlo con lui, stargli a fianco, sentirlo ripetere, tranquillizzarlo… Ma tutto questo lo stava facendo Val.

Sospirai e mentre mi voltavo verso Mood.

“Andrà bene, lo sai è bravo. E poi ha preso buoni voti nelle prove.”

“Lo so. Ha preso 14/15 nella prima prova” sorrisi con orgoglio “Eppure era una capra in letteratura”

“Ha avuto te come insegnante, Kat. Tu sei stata bravissima con lui”

Non risposi e continuai a sorridere al ricordo di me e Luke che studiavamo al destino letteratura il giorno che aveva ammesso di provare qualcosa per me.

Davanti a scuola il sorriso scomparve.

 

Luke era appoggiato alla sua macchina e guardava terra con di fronte, appiccicata, una Val che gli teneva il viso tra le mani.

La voglia che avevo di corrergli incontro e rassicurarlo era impossibile da trattenere. Mi dovetti sforzare molto per arrivare da Julie mostrando indifferenza verso la scena.

Kat lo ha scelto lui. Non puoi farci niente.

Ci stavamo avvicinando alla coppietta. Mi sudavano le mani, ero imbarazzata, colpevole e allo stesso tempo gelosa e preoccupata. Mio dio che garbuglio di emozioni.

“Ciao maturando! Sei pronto?” Mood cercò di smorzare la tensione della situazione

“Ciao, mi sto cagando addosso” rispose Piterson abbozzando un sorriso

“Tesoro, sei pronto non devi preoccuparti. Andrà bene” lo rassicurò Val accarezzandolo.

Bruciavo dentro.

Luke aveva posato il suo sguardo su di me, mi era mancato tanto. Gli sorrisi per incoraggiarlo, lui ricambiò il sorriso.

 

 

 

 

Camminavo su e giù per il corridoio. Val si limava le unghie. Mentre Io avevo fatto almeno dieci chilometri in tre metri di corridoio.

Mood e Julie cercavano di ascoltare l’orale mentre io uscivo letteralmente di testa. Era dentro da troppo tempo. Se si fosse impanicato?

Oddio. Non ci potevo pensare.

Furono i venti minuti più lunghi della mia vita. E poi uscì. Bello come il sole, la camicia bianca a cui aveva slacciato i primi bottini, forse durante l’esame, il suo viso era più rilassato, decisamente più rilassato. Stava venendo verso di me.

Mi ritrovai nelle sue braccia, lo sentivo rilassarsi al contatto con il mio corpo. Mi era praticamente appiccicato addosso. Il mio muro era crollato miseramente, le lacrime avevano cominciato a scendermi incontrollate.

“non sparire mai più” un sussurro al mio orecchio mi fece aprire gli occhi.

Val ci stava fissando e non era per niente contenta.

E nemmeno io lo ero, o meglio, ero al settimo cielo per avere Luke spalmato addosso, con il suo profumo buonissimo che mi era mancato da morire. Ma la situazione non era cambiata di una virgola e la dimostrazione ce l’avevo davanti agli occhi.

Mi staccai controvoglia da Luke “dobbiamo parlare” sussurrai “o più tardi, domani comunque al più presto.” conclusi e mi allontanai. Fu dura lasciarlo lì.

Ma non potevo averlo, non così.

O tutto o niente.

 

 

Mi trovavo all’uscita della scuola appoggiata al muro. 13:34.

Dopo essere scappata da quella situazione ero stata in bagno un quarto d’ora a sistemarmi la faccia per il trucco sbavato, e per non vedere Luke e Val che se ne andavano via insieme. Julie mi aveva fatto ridere ed eravamo andate al bar con Andrew a bere un caffè mentre aspettavamo segni di vita da Luke per il pranzo. Dopotutto, eravamo andati lì per lui.

Piterson invece, si era volatilizzato con una Val furente dopo l’esame, e solo un’ora dopo mi era arrivato un messaggio da parte sua che mi chiedeva se ero ancora nei pressi dell’istituto.

Così mi trovavo lì davanti, con Julie e Mood che ci aspettavano al bar affamati come non mai.

 

Una macchina molto famigliare stava entrando nel posteggio. Era arrivato. Istintivamente mi trovai a cercare un finestrino di una macchina per specchiarmi: ero un po’ uno schifo con le ciglia appiccicate per il pianto, ma ormai...

Luke stava avanzando verso di me sembrava provato, aveva pianto e si vedeva, la camicia era ormai stropicciata e aveva un aria vissuta.

 

“Vuoi andare altrove?” chiesi, sembrava agitato.

“Direi che qui è perfetto. Dove tutto è iniziato.” rispose lui “Ti ascolto Kat”

Okay Kat. Forza e coraggio.

“Bene. Ecco, da dove posso cominciare Luke? Ho pensato diverse volte nell’ultimo periodo a questo momento ma adesso che mi ci trovo, nonostante ci sia tanto da dire, non mi viene in mente niente. Mi sento così stupida, solo qualche giorno fa avevo deciso, che avrei deciso io per te. Ecco perché sono sparita, ma nemmeno tu ti sei fatto sentire. Prima mi dici che ti piaccio, ma continui a stare con Val. Mi chiedi di aspettare dopo la fine della maturità ma un giorno baci me, il giorno dopo baci lei… E non capisco di cosa mi sto stupendo perché dopotutto baci la tua fidanzata, quella che non dovresti aver voglia di baciare sono io. Però non posso fare a meno di soffrire ogni volta. Quindi è adesso o mai più, scegli adesso perché non so se dopo questi ultimi due anni posso ancora soffrire così per amore.”

 

Sembravo una pazza isterica, avevo camminato e gesticolato tutto il tempo e non avevo nemmeno notato Mood e Julie arrivare verso di noi. Ma sembrava non essersene accorto nemmeno Luke che si era avvicinato verso di me e sorrideva, anzi rideva.

Sta ridendo? Ma con che coraggio?

 

“Non potevi aspettare nemmeno un minuto dopo la fine della maturità vero? Subito, appena ho messo piede fuori dall’aula ho cercato te. Quando ho saltato il pranzo dopo la terza prova, l’ho fatto per una buona causa. Ho detto a Val che dovevamo parlare. Ci siamo lasciati ufficialmente quel giorno. Non mi sono fatto sentire perché non è stato facile, ho pianto e non ho paura di ammetterlo, cazzo chiudevo una storia di tre anni per colpa di una piccola mina vagante e dovevo anche preparare l’orale. Non ti ho contattata perché tu non sei la mia ruota di scorta, avevo bisogno di chiudere questo dannato esame per poter mettere ordine. Non è mai facile chiudere una storia perché non rinnegherò mai di averla amata, oggi era qui perché questo percorso bene o male lo ha iniziato insieme a me e ci teneva a vederne la fine. Le ho detto però che purtroppo qualcuno è riuscito ad entrarmi nel cuore spaccando tutto: le ho detto di te.

 

Era vicino, vicinissimo i miei occhi erano incastrati nel suo sguardo. Il suo sguardo, quello che da mesi a questa parte mi faceva sciogliere con niente, lo sguardo che nel bene o nel male mi aveva fatto innamorare di lui.

 

 

“Sei terribile! Non avrei pensato di essere la tua ruota di scorta! Mi hai fatto penare tutta questa settimana! Avevo aspettato abbastanza una tua decisione...” cominciai mentre cercavo di allontanarmi da lui.

Avevo sentito che aveva ammesso di provare amore per me. Lo avevo sentito benissimo.

“E’ incredibile che tu di tutto il mio discorso abbia sentito solo questo! Appunto per quello non sarebbe stato un problema aspettare una settimana in più!. Adesso sono single, per modo di dire...”

“Non ho sentito solo quello. Ho sentito anche il resto” il mio sguardo si posò sui suoi occhi verdi, luminosi e felici...

“Quindi cosa hai da dire di fronte alla mia dichiarazione?” continuò lui incatenandomi con le braccia posando la sua fronte sulla mia.

“Che forse le storie più irragionevoli sono quelle che hanno più ragione di esistere”

 

Le sua labbra erano sulle mie non come l’ultima volta, esplorò subito la mia bocca prepotentemente, stringendomi a lui e io mi sentivo come non ero mai stata prima, pensavo e mi chiedevo se era giusto, ero assalita dai dubbi. Ma poi sentii in lontananza il suo cuore battere velocemente, era un suono magico, un suono dolce in grado di tranquillizzarmi.
Ora sentivo anche il mio cuore a mille, li sentivo battere insieme mentre lo nostre labbra giocavano l’una con l’altra insaziabili.
La mia testa si chiedeva in continuazione se era questo l’amore, ma nè il mio cuore nè quel bacio dettero una risposta.








 
*Spazio per Steph*
Eccoci qui. Ecco la bomba.
Questo è effettivamente l'ultimo capitolo (per adesso). Dopo ci sarà L'epilogo e devo ancora decidere se farvi conoscere la seconda parte della storia oppure lasciarvi immaginare il loro futuro.
Fatemi sapere anche voi cosa preferite :)
Stpeh.

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Capitolo 22
*** Epilogo. ***


Epilogo
First and Last


Il silenzio era straziante. Potevo sentire una goccia di sudore attraversarmi la schiena sotto la maglietta bianca.
La sedia su cui ero seduta aveva scricchiolato per tutto l’esame, di fronte a me, disposti a ferro di cavallo sette professori tra interni ed esterni mi guardavano.
Il Dittatore ave agli occhi posati su di me mentre riponeva le mie prove d’esame. Il mio sguardo si spostò sull’orologio alla parete, ero passata mezz’ora.
Mantenevo il mio respiro regolare, potevo sentire il mio cuore tornare ad un battito normale e l’agitazione scemare, ormai il mio esame era fatto, andato.
“Devo ammettere che la sua tesina è molto interessante Spencer” fu la professoressa di Diritto a rompere il silenzio “L’ambiente e la sua tutela legale sono un argomento moderno, attuale, brava.”
“La ringrazio” avevo la gola secca, non ne potevo più dovevo uscire di lì.
“Bene Spencer con lei abbiamo terminato. Può andare.” Il Dittatore mi congedò e finalmente mi alzai, avevo ancora le gambe di gelatina per l’ansia, strinsi la mano a quasi tutti i professori e me uscì.

 

Inspira ed espira. Ero libera.
Incontrai subito Emma che mi abbracciò forte: “Hai finito! È tutto finito!”

La strinsi forte ed il mio sguardo si posò dietro di lei dove un Luke sorridente stava aspettando il suo abbraccio. Negli ultimi giorni non mi aveva abbandonato neanche un secondo, non riuscivamo a stare lontani per più di ventiquattro ore e averlo sempre al mio fianco, così presente e così dolce mi aveva fatto capire quanto mi fosse stato privato prima durante la mia precedente relazione, so che non andrebbero fatti paragoni ma a volte è inevitabile.
Anche Luke passava molto tempo con i suoi amici, quando ci vedevamo al pomeriggio li vedeva la sera e viceversa, io avevo passato buona parte del mio tempo a prepararmi all’esame e non volevo privare lui della sua appena trovata libertà post-maturità e  soprattutto post Val.
Nonostante il mio volergli lasciare libertà, mi era stato comunque vicino, tra un bacio e l’altro avevamo ripetuto insieme, corretto la tesina e mi aveva tranquillizzata sulla modalità dell’esame dopo il mio fiasco della seconda prova. Avevo totalizzato solo 9/15 e mi ero depressa moltissimo il giorno dei risultati, ma Luke era stato capace di mettermi sotto a ristudiare tutto già dal giorno dopo, gli ero grata per questo.

 

Dopo essermi staccata da Emma mi buttai tra le braccia di Luke che mi sollevò da terra facendomi fare una giravolta per poi incollare le sua labbra sulle mie, finalmente senza senso di colpa, senza limiti solo noi due.
“Che dite andiamo a pranzo?” propose Emma guardando sia noi che Mood e Julie, venuti apposta per assistere al mio esame “anche se mi toccherà fare la candela tra voi quattro!”
“Non permetterei mai che accada” risposi prendendola a braccetto “forza andiamo a pranzo, ho prenotato da Pane e Salame
Ci incamminammo tutti insieme verso il ristorante, il cielo mi sembrava più azzurro, gli alberi più verdi tutti i colori erano più nitidi e il mondo sembrava sorridermi quel giorno.

Era sicuramente l’inizio di qualcosa di nuovo e di bello.
Ed io speravo solo che durasse a lungo.





 

*ultimo spazio per Steph*
Prima di tutto GRAZIE A VOI questa storia è disponibile su Amazon e vi lascio il link:
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Questa storia segue un evoluzione che onestamente mi piace molto. Nonostante ci siano delle cose che vorrei già rivedere (tra cui qualche errorino grammaticale di cui mi scuso). Adoro vedere l'evulozione emotiva di Kat dal primo capitolo all'ultimo, Kat dell'inizio vive una situazione dove non riesce ad esprimere la sua sofferenza, ha decisamente dei problemi con Frederik, entrambi non sono molto bravi a vivere ed esprimere al meglio le loro emozioni. Quando Kat incontrà Luke, una persona che da subito non si fa nessun problema a esternare i suoi sentimenti per la sua fidanzata ed in seguito per Kat. Lei impara una lezione importante sull'amore che non per tutti è così immediata. Come ho già detto in precedenza, questa è una storia vera, realmente accaduta così come ve l'ho raccontata. Spero vi sia piaciuta.
Sto valutando davvero di rendervi partecipi di ciò che è accaduto a Luke e Kat dopo la maturità, ma ho un po' paura.
Grazie per aver dedicato il vostro tempo a questa storia.
con amore,
Steph.

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