La notte di Halloween

di Fata_Morgana 78
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La notte di Halloween intro ***
Capitolo 2: *** What if...? Finale A ***
Capitolo 3: *** You, my real father? Finale B ***



Capitolo 1
*** La notte di Halloween intro ***


Oggi il mio umore è così... Grigio e tempestoso come questo cielo... Si avvicina Halloween e l’atmosfera al Castello di Hogwarts è più vivace del solito, tutti sembrano aver dimenticato che andrebbero commemorati i defunti in questi giorni, ma sono troppo presi da “dolcetto o scherzetto” per notare che ci sono persone, tipo me, che non riesco a non pensare a ciò che mi è stato portato via...
Mi mancano i ricordi di me bambino, con mio padre che intagliava la zucca o con mia madre che mi faceva giocare sulle sue ginocchia... Mi manca guardare le espressioni meravigliate dei miei genitori davanti ai miei progressi, o vedere la mamma in cucina che faceva profumare di cose buone da mangiare casa...
Mi mancano il mio padrino e gli amici che hanno lasciato questa terra così giovani da togliere il fiato...
Io vorrei commemorare loro in questo giorno, non correre urlando per i corridoi della Scuola per scappare da qualche stupido scherzo di qualche stupido studente…

Non sopporto tutto questa allegria e la voglia incontrollata di fare scherzi scemi. Non ho voglia di partecipare alla frenesia che ha colpito il castello in questo giorno. Mi sembra tutto così finto, come se indossare una maschera mostruosa, ingozzarsi di dolci e fare stupidi scherzi potesse risolvere chissà quali problemi.
Guardo i miei compagni di scuola quasi senza vederli. Tutti ridono. Tutti sembrano divertirsi.
Ma io no. Io non riesco a partecipare attivamente a questa festa. Halloween, il giorno da dedicare a chi non cammina più su questa terra ed io... Io non posso fare a meno di pensare ai miei genitori, massacrati da Voldemort, che sono morti per difendermi proprio in questo giorno.

Mentre cammino lentamente per il corridoio, mi scontro con Ron ed Hermione. I loro occhi brillano, le guance sono rosse e l'espressione sul viso è sorridente e soddisfatta. Da quando sono una "coppia a tutti gli effetti", hanno spesso quell'espressione. Ovviamente, non ci vuole un genio per capire il perché.
- Harry! - mi chiama lei dopo essermi caracollata addosso - Scusa, non ti avevo visto.
“sono mesi che non mi vedi più” pensai, ma scossi solo la testa e sorrisi, non avevo voglia di discutere con loro due. Non nel giorno dell'anniversario della morte dei miei genitori.
- Da cosa state scappando? - chiesi giusto per non essere maleducato.
- Dai gemelli e dai loro scherzi. - ridacchiò Ron che, allacciando la propria mano a quella di Hermione mi salutò con qualche banalità che neanche ascoltai ed alla quale risposi annuendo.
Continuai a vagare senza meta alcuna, fino a quando non trovai un corridoio più isolato, dove le voci gioiose degli altri giungevano a malapena.
Restai lì, appoggiato alla parete buia e fredda, cercando di trattenere le lacrime che premevano per uscire.
- Potter. - mi chiamò una voce nel buio, ed io sussultai spaventato - Cosa sta facendo, Potter?
- Professor Snape. - mormorai con voce atona - Non mi piace Halloween. Stavo cercando un posto tranquillo.
- Capisco. - annuì senza aggiungere altro e, in uno svolazzo di mantello, mi superò continuando a camminare.
Era arrivato quasi al fascio di luce del corridoio principale quando, girandosi verso di me, disse:
- Per Halloween, nessuno va nell'aula di Divinazione. Lassù non la disturberà nessuno, Potter.
Alzai gli occhi a guardarlo, per un attimo il mio senso di vuoto e solitudine si mescolò con il suo. Anche lui odiava Halloween e, più o meno, per il mio stesso motivo.
- Grazie signore. - mormorai e lui, dopo avermi rivolto un cenno con il capo, raggiunse la Sala Grande dove lo stavano aspettando gli altri docenti.

Evitando il trambusto dei corridoi più affollati, raggiunsi quello che mi avrebbe condotto alla Torre di Divinazione e, finalmente, tirai un sospiro di sollievo: lì non c’era più allegria né schiamazzi o zucche volanti. Il corridoio era tenuamente illuminato dalle fiaccole poste sul muro ed io lasciai libere le lacrime che premevano sugli occhi. Lì nessuno mi avrebbe visto o giudicato né deriso.
Potevo piangere tutto il dolore che sentivo dentro il cuore, potevo essere me stesso senza dover fingere forzatamente di essere allegro e spensierato.
Piangendo mi appoggiai al muro e nel silenzio interrotto solo dai miei singhiozzi, sentii una risata sguaiata e non umana rimbombare nel corridoio. Alzando gli occhi offuscati di lacrime, vidi il Poltergeist Peeves, che si godeva quell’atmosfera di caos e scherzi, contribuendo coi suoi.
Finsi di ignorarlo e lui sembrò fare lo stesso con me; ma, non appena raggiunse il corridoio principale, sentii le sue orrende filastrocche rimbombare per i muri della Scuola.
- Potterino si è deciso a confessare. Con uno dei suoi professori l’ho visto parlare. Erano vicini con gli occhi lacrimosi e il cuore pieno di sentimenti speranzosi. Potterino è scappato via piangendo. Il cuore infranto dal sentimento. Il professore sembra non ricambiare, l’amore che il giovane e stupido grifone voleva donare…
La voce del Barone Sanguinario echeggiò fino alle mie orecchie, Peeves si chetò di colpo e sparì dalla vista prima che uno dei professori sferrasse su di lui un incantesimo in grado di bloccarlo. Lui era uno spirito del caos, odiava stare fermo e zitto.
La Sala Grande era piombata in un silenzio surreale: mancavo solo io all’appello ed i miei amici e gli insegnanti sembrarono rendersi conto solo in quel momento di che giorno fosse e cosa significasse realmente per me. Continuando a piangere, raggiunsi la Torre di Divinazione e mi barricai dentro: non volevo vedere né sentire nessuno. Non volevo la pietà di chi era troppo preso dall’euforia del momento. Volevo poter piangere i miei genitori in pace, senza essere di peso a chi voleva godersi quella sera di festa in pace. 

Mi accomodai in uno degli scranni vicino alla finestra e lì osservai il paesaggio. La luna rendeva quella serata meravigliosa ed io sorrisi pensando a ciò che poteva essere e invece non era stato.
Immaginai la mia vita coi miei genitori. Pensai a come sarebbe stato fare con loro “dolcetto o scherzetto”. Ai costumi creati per me dalla mamma, ai loro abbracci e ai loro baci durante uno scoppio di magia involontario. Pensai che… Che se un giorno fossi diventato padre… Avrei fatto di tutto per stare vicino a mio figlio, per non perdermi neanche un attimo insignificante della sua vita… I miei genitori non avevano potuto farlo ed io mi sentivo il cuore dilaniato a metà.

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Capitolo 2
*** What if...? Finale A ***


Mentre le lacrime avevano ripreso a scendere pigre lungo le guance, appoggiai la testa sulle ginocchia e continuai a guardare fuori rincorrendo i miei sogni e miei “se fosse”.
Verso la mezzanotte, sentii la porta aprirsi dolcemente. Spaventato, presi la mia bacchetta e mi voltai.
- Sono io, Potter. – parlò Severus.
- Mi scusi professore. – mormorai – Ha lasciato già la festa?
- Non ho alcun motivo di festeggiare. – borbottò tristemente ed io lo guardai negli occhi, lo guardai veramente per la prima volta quella sera.
Gli occhi di Severus erano neri come il cielo invernale, ma quella sera erano insopportabilmente tristi. Facevano da specchio ai miei.
- Le spiace, Potter, se accendo una candela…? – domandò, io stesso avevo portato una delle poche foto dei miei genitori ed una candela, aspettavo solo di accenderla.
- No signore. – scossi la testa e, scendendo dallo scranno, lo raggiunsi al tavolo dove si era appoggiato.
Severus posizionò una candela bianca al centro del tavolino e, dopo che io posizionai lì accanto la foto che avevo con me, la accese con un colpo di bacchetta.
La candela profumava di giglio, il fiore da cui prendeva il nome la mia mamma, e quando la fiamma raggiunse la sua pienezza iniziò a proiettare sul muro delle immagini.
Strabuzzai gli occhi: quelli che stavo vedendo erano alcuni dei ricordi più preziosi e personali del mio professore di pozioni.
Il professore si accasciò dolcemente in uno dei grandi cuscini presenti nell’aula e, senza staccare gli occhi dalle immagini che si muovevano sulla parete, evocò un bicchiere ed una bottiglia di liquore. Lì capii che quello era il suo rituale, il suo modo unico di commemorare l’anniversario della morte dei miei genitori.
Cercando di fare meno rumore possibile, presi posto al suo fianco e con gli occhi pieni di meraviglia per ciò che stavo vedendo, presi dalla tasca dei miei pantaloni un piccolo carillon.
Lo avevo trovato nella mia camera blindata in banca, aveva inciso sopra il nome di mia mamma ma non avevo mai avuto il coraggio di ascoltare la melodia. Non da solo almeno.
Avevo paura. Paura di perdermi nel mio dolore, di spezzarmi e di non riuscire a trovare la forza di tornare a galla. Però… Quello mi sembrava il momento adatto per azionarlo… Non ero solo…

Mi girai ad osservare il profilo serio di Severus: le sue labbra erano increspate in un triste sorriso e nei suoi occhi scuri brillavano alcune lacrime, preziose come gemme.
Mordendomi il labbro inferiore, posizionai il carillon vicino alla candela e lo azionai con un colpo di bacchetta. Venimmo avvolti dal suono cristallino di una risata, non una risata di scherno, la risata felice e spensierata di una giovane donna con tutta la vita da vivere.
- Harry, piccolo mio, se stai ascoltando la melodia di questo carillon senza di me vuol dire che qualcosa nella nostra protezione non ha funzionato e che… siamo stati divisi… - non riuscii a trattenere un singhiozzo, non mi importava di apparire debole davanti agli occhi di Severus, era la prima volta che sentivo la voce della mia mamma – Sii forte, mio piccolo Snaso. Non perdere mai la speranza. Non smettere mai di credere nell’amore. Io sarò sempre nel tuo cuore. Non ti lascerò mai. Vivi. Ama. Combatti. La mamma e il papà, saranno sempre fieri di te.
La voce di mia madre sfumò, lasciando spazio ad una melodia babbana che non avevo mai sentito.
Continuai a piangere, lasciando che i singhiozzi mi lacerassero l’anima. Avevo bisogno di sfogarmi, non avrei mai potuto continuare a tenere tutto dentro.

D’un tratto Severus mi abbracciò e, stretto contro il suo petto, finii le mie lacrime.
Quando riuscii a trovare la calma, alzai il viso verso di lui certo di trovare pena o scherno ad accogliermi.
Sobbalzai: il professore aveva pianto, i suoi occhi erano rossi come i miei e la sua pelle pallida era bagnata nei punti un cui le lacrime erano scorse.
- Stai meglio? – mi domandò sottovoce, ma non mi lasciò andare.
- Sì, grazie. – annuii, stavo bene contro il suo petto. Il battito del suo cuore contro il mio orecchio era rasserenante.
- Tua madre era veramente una strega eccezionale. – parlò dopo alcuni istanti di silenzio – Ha incantato quel carillon sperando che tu l’ascoltassi con me. – le sue mani stavano accarezzando la mia schiena con movimenti delicati, rasserenanti.
Sorrisi e lasciai che il calore del corpo di Severus mi scaldasse. Il suo cuore batteva contro il mio orecchio e mi infondeva calma e serenità.
- Ho molti ricordi legati a tua madre, Harry. – parlò dopo che la melodia del carillon terminò, la candela continuava a bruciare, rendendo l’atmosfera stranamente romantica e rassicurante, le immagini non scorrevano più sul muro ma io non volevo muovermi di lì.
Mi strinse con dolce forza contro il suo petto ed io lo lasciai fare, mi sentivo “a casa” tra quelle braccia.
- Io e lei abbiamo condiviso molti momenti importanti insieme.
- Professore io… - iniziavo a sentirmi a disagio, non mi piacevano quei discorsi.
- Niente di romantico, tranquillo. Io mi ero preso una cotta per lei; ma come ben sai tuo padre è riuscito dove io ho fallito. - fece una breve pausa, il tempo di un sospiro – Litigare con lei, per tenerla lontana dalla mia oscurità, è stata la cosa più giusta e difficile che potessi fare. James è riuscito a portarmela via. E da lì la mia vita è cambiata.

A quella confessione mi raggelai: che fine aveva fatto il mio arcigno professore di pozioni? Mi scostai dal suo petto e lo guardai, puntando i miei occhi così simili a quelli di mia madre nei suoi e Severus fece la cosa più inaspettata tra tutte: chiuse i suoi ed azzerando la distanza tra i nostri visi, mi baciò.
Dopo il primo momento di immobilità, chiusi gli occhi e risposi al bacio di Severus lasciandomi guidare da lui in una danza erotica a colpi di lingua.
- Sei il mio tormento e il mio orgoglio, Potter. – mormorò sulle mie labbra quando ci separammo – Sei i battiti del mio cuore e…
- Non sono né Lily né James, signore. – feci un passo indietro, lasciando il caldo rifugio delle sue braccia.
- Lo so. – annuì lui, una luce nuova ad impreziosire i suoi occhi neri così belli come non avevo mai visto. Mi resi conto che stavo guardando per la prima volta l’uomo, non il mio insegnante né la spia di Albus Dumbledore tra le fila dei Mangiamorte.
Gli sorrisi, un sorriso incerto e imbarazzato, la fiamma della candela disegnava strani giochi di luce e ombra sui nostri volti.
- Assomigli ad entrambi i tuoi genitori, Harry. – mi disse mettendosi seduto più comodo.
- Sento che questa frase contiene un “ma” … - sbuffai tornandogli vicino, appoggiando la mia schiena contro il suo petto, sorprendendolo non poco per il gesto compiuto.
- All’inizio ti ho odiato. Tu mi ricordavi tutto quello che avrei potuto avere se avessi avuto il coraggio di… - fece un breve sospiro ed io osservai in silenzio la fiamma che ardeva sul tavolo.
- Se avessi avuto il coraggio di lottare contro mio padre per il cuore di mia madre? Se lei ti avesse ricambiato, - parlai girandomi in modo tale che i nostri toraci si toccassero – tu avresti potuto essere mio padre. – ci guardammo.
Severus mi accarezzò i capelli e, increspando le labbra in un sorriso accattivante, mormorò:
- Sarebbe stato tanto brutto avermi come padre?
- Non ho molta esperienza in merito, ma nessuno dei padri dei miei amici, li bacia come tu hai fatto con me. – ridacchiai facendo diventare rosate le sue guance – E, alla luce di questo fatto, non credo che avrei potuto fare questo… - imitai il suo sorriso e mi chinai a baciarlo, sentivo il cuore rimbombare furiosamente contro le costole, temevo di essere rifiutato ma avevo deciso di seguire il consiglio di mia mamma e di vivere la vita senza paura di amare o di essere amato.
Soffocando un gemito contro la mia bocca, Severus mi strinse con forza a sé approfondendo il bacio facendomi sentire meno solo, finalmente completo e compreso.
- Hai ragione ragazzino. – ridacchiò contro le mie labbra gonfie per il bacio appassionato – Dieci punti a Grifondoro. – mormorò e, prima che io potessi dire qualcosa di stupido o inappropriato, calò nuovamente con la sua bocca sulla mia, zittendomi.
Scivolammo lentamente sui cuscini dell’aula di Divinazione; le mani di Severus erano bollenti sulla mia pelle coperta dai vestiti ed io mi ritrovai a gemere di piacere a contatto del corpo maschio e muscoloso. Avrei voluto approfondire il contatto, sentire la sua pelle senza vestiti, lasciarmi amare e marchiare da lui ma Severus, scuotendo la testa, disse:
- Non stasera moccioso. Quando succederà non voglio che i fantasmi del passato si mettano tra noi.
- Noi? – mormorai con la vista appannata dal piacere che mi stava dando con semplici carezze – Vuoi che ci sia un “noi”, Severus?
- Lo gradirei. – annuì ed io mi fiondai sulle sue labbra sottili e gustose, troppo emozionato per riuscire a dire altro.

Abbracciati sui grandi e comodi cuscini, osservammo la notte scivolare via lentamente e, mentre il sole colorava di rosa ed arancio il cielo, io mi persi negli occhi neri di Severus sentendomi finalmente completo e non più insopportabilmente triste e malinconico all’arrivo della notte di Halloween.

 

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Capitolo 3
*** You, my real father? Finale B ***


Non appena varcai la soglia dell’aula di Divinazione, mi lasciai sprofondare in uno dei cuscini della stanza e, usando alcuni semplici incantesimi imparati da Luna, creai un piccolo altarino votivo per commemorare in santa pace i miei genitori.
Hermione mi aveva fatto ascoltare tempo fa un artista, un maestro di pianoforte, molto bravo ed io mi ero innamorato di una delle sue melodie “Divenire”, ritenendola straziatamente adatta ad una sera come quella.

Sbuffando chiusi gli occhi mentre la musica prendeva vita diffondendosi per l’aula. Avevano imparato che la musica è più potente di qualunque incantesimo o magia. Che era capace di aprire le porte non solo della mia anima, ma anche del mio cuore, riuscendo a tirare fuori tutti i sentimenti che tenevo gelosamente nascosti dentro di me.
Osservando l’immagine dei miei illuminata dalla candela incantata che ne proiettava l’immagine sul muro, lasciai che le lacrime sgorgassero dai miei occhi e che i singhiozzi scuotessero tutto me stesso senza paura di essere giudicato, criticato o ferito dalla cattiveria degli altri.

Piansi, piansi dondolando sulle note in crescendo della melodia. Piansi, urlai e singhiozzai fino a perdere la voce, fino a quando dagli occhi non riuscii a far uscire più una singola lacrima.
Così, ad occhi chiusi, mi accasciai sul morbido cuscino e continuai ad osservare l’immagine dei miei genitori rincorrendo i miei personali fantasmi.
Creando dei ricordi fasulli, chiedendomi cosa avrebbe potuto essere ed invece non era stato. Interrogandomi su cosa significasse avere un padre e una madre che crescono con te, che si prendono cura di te. Purtroppo, non avevo nessuna risposta per quelle domande, ma solo dolore ed altre domande.
“perché proprio a me?” mi chiesi per l’ennesima volta sfiorando con la mano l’album dove conservavo gelosamente le poche foto che avevo della mia famiglia.

E da lì, da una piega dell’album cadde una lettera. Un frammento di pergamena che, a contatto con le mie mani, si animò srotolandosi fino a raggiungere la sua dimensione “normale”.
Sopra la pergamena, scritto con una calligrafia ordinata e tondeggiante, c’erano il mio nome e quello della mamma. Con un sorriso triste osservai la loro foto e la pergamena, aspettai lo scoccare della mezzanotte pregando e sperando che qualcuno (anche Malfoy e Snape sarebbero andati bene) si accorgesse della mia prolungata assenza e venisse da me.
Ma la porta restò chiusa, esattamente come l’avevo lasciata, e decisi che ero veramente troppo stanco di aspettare. Tanto nessuno sarebbe giunto a “salvarmi” dai miei ricordi tetri; non aveva senso rimandare ancora.

Accendendo la punta della bacchetta per avere più luce, mi accomodai meglio sul cuscino ed iniziai a leggere: “Ciao Harry. Se stai leggendo questo messaggio è perché, purtroppo, Tu-Sai-Chi ci ha trovato ed ha portato a compimento parte del suo piano malvagio.”
- Mamma! – mormorai accarezzando il foglio, grosse lacrime ripresero a scorrere lungo le mie guance.
“Mi dispiace che tu sia solo ad affrontare tutto questo, Harry. Ti ho desiderato tanto, Harry. Quando ho scoperto di aspettarti, ero la donna più felice del mondo; ma tuo padre non è stato dello stesso avviso.”
- Ma cosa stai dicendo mamma. – sbuffai – Se tutti mi hanno detto e ripetuto che James era follemente innamorato di entrambi. Non mi piace essere preso in giro. – stavo quasi per smettere di leggere, quando una foto cadde dalla pergamena: ritraeva mia madre e Severus Snape, curioso, continuai a leggere: “Ho lasciato credere a tutti quanti che il tuo vero padre fosse James, Harry. Ma non è così. Tu sei stato generato in una notte di follia. Prima che… “una sua lacrima dove aver bagnato il foglio, perché alcune parole erano scolorite ed aveva riscritto la frase nella parte sottostante: “Prima che da semplice seguace di Voldemort Severus diventasse a tutti gli effetti un Mangiamorte. Sei stato generato dall’amore di una notte, Harry. Unico incontro avvenuto alla Stamberga Strillante tra me e Severus. Quella notte, quell’unica notte, ho pregato tutti gli Dei affinché restassi incinta, l’ho voluto con tutta me stessa; ma quando il test ha dato esito positivo ed io ho cercato il tuo vero padre per confessare tutto… Lui... Lui aveva perso la luce che aveva in sé, abbracciando la follia oscura di quel pazzo.  Ma tua sei stato generato dall’amore e per amore. Fingere che il bambino fosse di James, è stata la parte più difficile che abbia dovuto fare. Soprattutto perché, guardando attentamente i tuoi occhi così simili ai miei, io scorgevo delle espressioni e delle schegge color opale del tuo padre naturale.”

Con una manata scaraventai tutto a terra. Tremavo di rabbia. Mia madre mi aveva appena detto di aver tradito il marito con Snape e di essersi fatta mettere incinta da lui, perché così sperava di poter divorziare da Potter e strapparlo alla tirannia di Voldemort? Ecco un’altra salvatrice del mondo!
Quella donna, colei che mi aveva messo al mondo, era folle al pari di Luna Looney Lovegood. Pieno di rabbia, distrussi tutto ciò che avevo fatto per commemorare la morte dei miei “genitori” e, dopo aver riposto l’album, uscii dalla Torre di Divinazione chiamando a gran voce Snape.
- Snape! Maledetto pipistrello! Dove si è cacciato?
- Potter! – mi fermò la mia Capo Casa prendendomi per un braccio – Cosa sta succedendo qui? Perché stai urlando come un diavolo il nome del Preside?
- Perché devo assolutamente parlare con lui. Adesso! – sbattei un piede a terra, guardando tutti con sguardo omicida, non avrei aspettato un minuto di più.
- Ti sembra questo il modo di… - iniziò Minerva ma davanti alla mia occhiata mi lasciò andare, dicendo che Severus si era ritirato nei suoi appartamenti privati.
Ringraziandola per l’informazione, raggiunsi correndo la tana del pipistrello dei sotterranei e, con un incantesimo, ruppi la porta del suo appartamento per entrare.
- Potter! – urlò l’uomo – Cosa succede?
- Tu! – gli puntai il dito contro, non dovevo essere un bello spettacolo: tremavo di rabbia e respiravano affannosamente – Tu!
- Numi, Potter. – biascicò rimettendo a posto la porta – Il tuo linguaggio così aulico mi lascia sempre a corto di parole.
- Non è il momento di fare sarcasmo! – e, senza dargli il tempo di replicare, gli scagliai addosso la pergamena di mia madre.
- Cos’è questa Potter? – fece un mezzo sorriso – Una lettera d’amore? Spiacente ma non sono interessato.
- L’incesto non è punibile? – risposi usando il suo stesso tono biascicato e lui sbiancò.

Quella sera Severus non riuscì a nascondere né dissimulare i suoi sentimenti: anche lui pensava a mia madre ed alla sua orrenda morte; stava piangendo la scomparsa di una persona cara, una persona che aveva amato profondamente ed aveva perso con l’illusione di proteggerla. Il tutto, inutilmente.
- Così lo hai scoperto. – mormorò talmente a bassa voce che ebbi l’impressione di averlo sognato.
- Avrei preferito non farlo. Continuando a vivere nell’illusione che… - ma non terminai la frase, negli occhi del Preside passò un lampo di dolore così simile al mio che preferii restare zitto.
- Non credere che sapere la verità abbia reso a me le cose più facili, Harry. – replicò stringendosi nelle spalle, era la prima volta che mi chiamava per nome e non potei evitare di sorridere.
- Professore. – lo chiamai facendo un passo avanti – Gradirei sapere la verità.
- Concesso. – annuì e, voltandomi le spalle, raggiunse una libreria dalla quale prese un cofanetto nero. Girandosi verso di me, me lo porse dicendo – Puoi usare il mio Pensatoio tutto il tempo che vuoi. Qua dentro sono costuditi i miei ricordi più preziosi. – ci guardammo negli occhi – Ti chiedo solo, cortesemente, di non distruggerli.
- Grazie signore. – annuii, volevo conoscere la verità per quanto scomoda e dolorosa fosse, non fare del male a quell’uomo che aveva rischiato più volte la vita per salvare la mia.

Sospirando, raggiunsi il Pensatoio che Severus teneva nel proprio ufficio e, dopo aver chiuso la porta per avere un minimo di privacy, iniziai a visionare le varie fiale.
Tra i ricordi privati, i momenti in famiglia e i soprusi del padre, le liti a Scuola e i successi come pozionista, trovai quello che più mi interessava: la conferma alle parole di mia madre.
Custoditi gelosamente in una fiala con un nastrino azzurro, c’erano i ricordi legati a quella sera. L’unica sera dove si erano uniti come uomo e donna, giacendo insieme. In quella notte magica, io ero stato concepito.
Piangendo, uscii dal Pensatoio. I miei singhiozzi dovevano essere così forti da spingere l’uomo ad aprire la porta e venire a controllarmi.
- Potter… - mi chiamò.
- Sei mio padre. – dissi semplicemente.
- Sì. – borbottò spazzando via dalla veste residui di polvere.
- Da quanto tempo lo sai? Come lo hai scoperto?
- Dopo la tua nascita e la profezia della Cooman, tua madre ha chiesto di avere un colloquio privato con Albus. – iniziò a parlare ed io trovai la sua voce piacevolmente ipnotica.
- Sai da quando sono nato che non sono un Potter e mi hai lasciato crescere dagli zii? – ringhiai stringendo i pugni con rabbia.
- Ovviamente no! – replicò stringendo gli occhi – Se lo avessi saputo, non avrei mai permesso che ti accadessero metà delle cose che hai vissuto.
Feci una serie di lunghi sospiri per ritrovare la calma e, quando riaprii gli occhi, vidi che Severus si era avvicinato al Pensatoio. Sobbalzai: avevo scordato la sua capacità di muoversi silenziosamente.
- Quando… - iniziai a disagio – Quando lo hai scoperto? – ero passato a dargli del “tu” senza neanche rendermene conto.
- Togliamoci da qua, Harry. – mi dedicò un sorriso mesto – Mettiamoci comodi, sarà una lunga notte.

Annuendo lo seguii fino al piccolo soggiorno presente nel suo appartamento e, mentre lui accendeva il camino, mi guardai attorno: su un tavolo rotondo c’era una bellissima foto di mia madre con me in braccio. Davanti alla foto una candela accesa ed un fiore di giglio.
- Non ho mai visto questa foto. – mormorai rompendo il silenzio.
- È la foto più preziosa che ho. – annuì lui – Racchiude il senso della vita. – mi guardò e mi sorrise, un sorriso vero di quelli che non avevo mai visto sul suo volto.
- Non hai ancora risposto alla mia domanda. – sorrisi a mia volta e lo vidi trattenere il fiato, forse anche il mio sorriso era come “quello di mia madre”, non solo gli occhi.
- L’ho notato solo adesso. – iniziò a parlare lui – Hai il sorriso di mia madre. Lei sorrideva raramente, ma quando lo faceva… - chiuse per un attimo gli occhi, inseguendo i suoi ricordi – Dovrei avere alcune immagini di lei.
- Mi piacerebbe conoscere la storia della tua… - alzai gli occhi a guardarlo – Nostra famiglia…
Severus inghiottì a vuoto una, due, tre volte era visibilmente emozionato. Forse avevo sbagliato a parlare, forse non voleva che io facessi parte della sua famiglia.
- Ne sarei onorato. – annuì lentamente poi, dopo aver preso posto sul divano davanti al camino, iniziammo a parlare.
Mi raccontò dettagliatamente come si erano conosciuti con mia madre. Il modo sottile con il quale lei era riuscita ad entrargli nel cuore e nel sangue. Il dolore quando era stata smistata a Grifondoro e lui a Serpeverde. Come fossero rimasti amici nonostante lo smistamento in due Case diverse e di come, crescendo, entrambi avessero capito che dietro quella loro “amicizia” c’era qualcosa di più.
- Perché non le hai mai detto la verità? – chiesi affascinato dal racconto.
- Perché sono stato un’idiota. – confessò con un’alzata di spalle – Ho lasciato che Lucius e le sue manie di grandezza offuscassero il mio cuore che l’oscurità e il potere promessi da Voldemort scacciassero tutto il resto. Volevo diventare forte e potente. Volevo dimostrare di essere migliore di quel James. – disse il nome di Potter non riuscendo a trattenere una smorfia di disgusto, sorrisi, non mi importava più ormai – Lui ricco, bello, popolare. Circondato da amici e ragazze. Era l’esatto contrario di me. Volle tua madre perché lei sapeva tenerlo a bada.
- Mia madre lo scelse dopo essere rimasta incita da te per…
- Darti un futuro, Harry. – ci guardammo – Una giovane strega babbana, con un bambino piccolo e senza il supporto della famiglia… - fece una smorfia.
- Più che la mia, sembra che tu mi stia raccontando la storia di Tom Riddle. – mandai la testa di lato – Tranne per il fatto che sua madre non fosse una babbana come la mia. – conclusi e Severus annuì lentamente.
- Ho saputo la verità su di te, l’anno in cui Albus mi ha pregato di ucciderlo. – concentrò la propria attenzione sul fuoco del camino e mi raccontò dettagliatamente tutta la conversazione. D’un tratto ebbi l’impressione di essere lì con loro tanto erano forti i sentimenti che riusciva a trasmettermi.

Alla fine del racconto, mi gettai contro di lui ma non con l’intenzione di farci a pugni, ma per essere abbracciato. Avevo bisogno di essere abbracciato da mio padre.
Dopo il primo attimo di imbarazzo, sentii le braccia di Snape cingermi la schiena ed io mi rilassai: non mi stava rifiutando.
- Adesso cosa succederà? – domandai con il viso premuto contro la sua veste.
- Continueremo a combattere, Harry. – rispose accarezzandomi la schiena.
- Non diremo la verità…?
- Non adesso. – mi zittì ed io mi allontanai dal suo abbraccio, avevo bisogno di sapere.
- Nella lettera che mi ha lasciato tua madre, ha scritto che ha lanciato su di te un incantesimo che ti facesse somigliare al marito almeno fino ai tuoi 17 anni, Harry.
- Quello stesso giorno scadrà la protezione che mi ha lasciato addosso morendo. – mormorai e Severus annuì.
- Esattamente. Dobbiamo, per il momento, continuare a fingere di non sapere la verità. Tu non avresti dovuto scoprirla perché sei…
- Un pessimo occlumante. – alzai gli occhi al cielo e lo sentii ridere per la prima volta da quando l’avevo conosciuto.
- Anche Lily lo faceva sempre. – mi spiegò ed io mi sentii bene. Mi sentii a casa.

Restammo sul divano ad osservare il fuoco nel caminetto e parlare per tutto il resto della notte. Avevamo molto da dirci. Avevamo bisogno di conoscerci veramente, senza maschere senza rabbia né mezze verità.
Quando il cielo iniziò a tingersi dei colori dell’alba, non riuscii a trattenere uno sbadiglio: eravamo rimasti svegli tutta la notte a parlare. Sentii una mano lasciarmi una carezza tenera sulla testa così mi girai e mi persi negli occhi neri di Severus. Quello sguardo profondo e malinconico era in grado di comunicare tantissime emozioni. Sorridendo, scivolai con la testa contro il suo torace e, dopo aver messo l’orecchio sul suo cuore, chiusi gli occhi.
- Stanco Harry? – domandò mettendosi più comodo anche lui.
- Sì, ma ne valeva la pena. – ammisi e lo sentii sorridere – Adesso smetterai di essere tanto stronzo con me? – chiesi.
- Scordatelo! – ridacchiò lui – Proprio perché adesso sai di essere mio figlio, sarò ancora più stronzo con te. – si strinse nelle spalle ed io lasciai uscire un lungo sospiro sgomento.
- Grazie. – dissi dopo alcuni istanti di rilassato silenzio.
- Di cosa?! – domandò senza capire.
- Di esserci sempre stato.
- Per te, ci sarò sempre. – ammise imbarazzato – Avrei continuato a starti vicino anche se non fossi stato mio figlio, Harry. Adesso ho un motivo in più per proteggerti. – mi depositò un bacio lieve sulla nuca – Non voglio fare gli errori di mio padre. Ti chiedo scusa per tutto il tempo che abbiamo perso. Per tutte le angherie che hai dovuto subire da parte di quei babbani.
- Forse doveva andare così. – mi strinsi nelle spalle – Forse dovevamo entrambi attraversare il nostro personale inferno per fare in modo che il nostro destino si compiesse.
- Da quando sei così profondo, Pot… - ma si zittì davanti alla mia espressione dura.
- Non osare chiamarmi più “Potter”.
- Dovrò farlo, Harry. Almeno finché tutto questo non sarà finito. Nessuno, a parte noi, deve sapere la verità. Voldemort ha molte spie ed io temo che non si fidi più totalmente di me. Devi stare attento non solo ai miei Serpeverde; ma anche agli altri. Qui tutti siamo in pericolo. Tutti siamo minacciabili e se…
- Se Voldemort sapesse che siamo padre e figlio, ti userebbe per manovrarmi. Saresti la sua arma perfetta per uccidermi. – annuii comprendendo il suo ragionamento.
Lo sentii sospirare ed annuire, era bello avere qualcuno con cui parlare. Qualcuno con cui confrontarsi e condividere dubbi, dolori e sogni.
- Grazie per avermi accolto, papà. – mormorai e se lui mi rispose non sentii mai cosa disse perché, finalmente completo e non più insopportabilmente triste e malinconico per i ricordi legati ad Halloween, mi addormentai stretto al suo petto con la certezza di aver trovato tra le braccia di mio padre la mia nuova “casa”.
 

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