Nell'occhio del ciclone

di Miss Loki_Riddle Gold
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il sogno ***
Capitolo 2: *** Presentazioni ***
Capitolo 3: *** Scommessa sconveniente ***



Capitolo 1
*** Il sogno ***


Angolo autrice:
questo sarà solo un gioco con le parole, non prendetelo seriamente (anche perché temo di essere andata un po’ OOC) Loki è il /mio/ Loki, ma è sicuramente più simile a quello mitologico che a quello Marveliano. Quasimodo è, altrettanto, un mix fra quello del libro, della Disney e del musical. C’è anche il motivo di shippare la mia OTP del momento: la Loki/Quasimodo. Spero vi piaccia e che passiate un buon momento nel leggere.
Dedico l’intero racconto al mio /Quasi/ personale.
Ti voglio bene e non vedo l’ora di incontrarti.







Loki aveva sempre amato andare contro alle regole, trovare vie di fuga all’ultimo momento, cercare qualcosa che non sarebbe dovuto essere suo. Quando otteneva ciò che desiderava era quasi naturale che perdesse in quello stesso momento valore.
 Era stato così da sempre, fin da quando era sceso nei Nove Regni, quando ancora si trovava al tavolo del Chaos, era stato uguale quando aveva unito in una fraterna alleanza se stesso ed Odino. Non era cambiato nemmeno quando si era sposato – nessuna delle due volte – o quando aveva avuto dei figli. Li amava, ma li aveva già ottenuti. Avevano già perso tutto il loro potenziale. Ora si dirigeva in altre direzioni il suo potere. Si affacciava sulla mente di quegli stolti midgardiani che pregavano e credevano in un’altra divinità, un dio diverso, un dio totale. Da perderci la testa. Ora nemmeno Odino li poteva più proteggere. Per quanto potesse essere reale la loro divinità o potente, c’era davvero poco da fare contro divinità di altre provenienze o contro di lui. Adesso che, poi, era libero dai legami - ora che poteva vagare senza essere trattenuto da rocce, mogli o figli - si poteva finalmente divertire.


1482

Quasimodo, solo il giorno prima, non era riuscito a rapire la Esmeralda, come invece Frollo avrebbe voluto. Era stato condotto in carcere ad attendere un’udienza di cui non comprendeva la funzione. In realtà di tutta quella situazione non è che ci avesse compreso molto, era sordo e parlava davvero poco, in effetti aveva solo compreso che era stato sballottato da una parte all’altra, fino a finire in quel luogo buio e chiuso chissà dove. L’avevano trasportato su un cavallo, era stato chiuso in quella cella, che cosa sarebbe stato di lui lo sapeva solo Dio. In realtà non gli importava molto, Frollo sarebbe stato furioso con lui in ogni caso. Tutto era meglio di rendere furioso Frollo. Questo gli era chiaro e non gli piaceva. Non era riuscito nel suo compito di prendere la Esmeralda e portargliela, che poi per quale motivo l’avesse voluta avere non ne aveva idea. Si era messo nell’angolo più buio, esattamente dalla parte opposta dell’unica finestrella di quella stanza minuscola in modo da poter vedere la luce esterna, unica fonte di luce là dentro. Ovviamente il suo sguardo non si era spostato neanche per un istante, ma in realtà non vedeva la luce, ma la ragazza, la zingara meravigliosa che ballava scalza ai piedi di Notre Dame, rivedeva il momento in cui era stato reso Papa dei Folli, il giorno prima. Quelle persone normali che si protraevano verso di lui e lo sollevavano, che lo festeggiavano. Lui, il Campanaro di Notre Dame, festeggiato e adulato da tutti /loro/, quelli normali, quelli che non dovevano nascondersi. Lo avevano adulato, osservato, fatto sedere su un trono, con tanto di corona e di scettro. Poi lei, lei aveva ballato scalza, davanti a tutti loro. Era stato stupendo. Stupendo a dir poco. Sorrise di riflesso, continuando a fissare quel punto, quella luce che gli permetteva un legame con l’esterno. Chissà che ore erano. Chissà come avrebbe fatto l’indomani a suonare le campane. Non gli interessava in quel momento, così come non gli interessava neanche esattamente su cosa fosse seduto, beh, era di sicuro qualcosa di asciutto, ma sapere cosa era impresa assai difficile essendo al buio. Rivide davanti agli occhi lo sguardo di Esmeralda, gli dispiaceva di averla spaventata, non era sua intenzione. Poi ripensò all’uomo che la stava seguendo, un suo colpo era bastato per stenderlo. Gli dispiacque avergli fatto male. Non era sua intenzione, voleva solo proteggersi ed eseguire il compito ricevuto, rivide gli occhi di quell’angelo spalancarsi, sgranarsi spaventati. Non si accorse nemmeno di quando il sonno lo sopraffece, gli sembrò quasi normale che quegli occhi avessero iniziato ad osservarlo con attenzione, che attorno a loro si fosse andato a formare un corpo, i capelli neri, gli occhi marrone scuro, il sorriso che non preannunciava niente di buono, ma che era rivolto a lui.  Era lei che glielo stava donando, sorrise a sua volta, mentre volgeva lo sguardo al suo corpo, leggermente diverso dalla realtà. Più alta, meno riccamente decorata, era così pallida e magra che sembrava essere fatta solo di fumo, piano si andò a creare anche una sua conformità, l’abito verde scuro, lungo fino ai piedi, che la fasciava, delineandone le forme perfette, lasciando scoperte parte dei seni, con una scollatura un po’ troppo profonda. I piedi non erano più scalzi, ma coperti da lucide scarpette di cristallo. Nessuna capra al suo fianco, ma non se ne accorse, attirato com’era da quella visione, la sua mano che si allungava, quasi ad invitarlo.
“Balla con me” dissero le sue labbra. La sentì. Non si chiese più di tanto come fosse possibile. Non se lo chiedeva mai mentre sognava, ne perché tutte quelle voci assomigliassero spaventosamente alle sue amate campane, eppure avveniva sempre così, probabilmente se si fosse riflesso ora da qualche parte non avrebbe più avuto la gobba, un piede più lungo dell’altro o, ancora, una verruca sull’occhio, nei sogni era bello. Non si doveva vergognare del proprio aspetto, nei suoi sogni era salvo, libero. Bello come i normali. Mosse i primi passi, lasciandosi condurre da quella leggiadra creatura in un ballo in cui avrebbe descritto tutto il suo amore. Lo avrebbe fatto, infatti, se non fosse successo qualcosa a rompere il momento, a spezzare la magia del tutto. Proprio un attimo prima che le loro dita si incontrassero Esmeralda scomparve sotto le sue dita. Ringhiò di frustrazione, mentre il suo aspetto tornava quello di sempre. Gobbo, mezzo cieco e leggermente zoppo. Una grande luce si diffuse tutto attorno a lui. Si ritrasse, come accecato da quella luce, ma in realtà era più che mai spaventato, guardò con l’unico occhio che riusciva ad usare per bene in quella direzione. Si era già svegliato? Ringhiò di nuovo, mostrando più saliva possibile, come a voler allontanare qualsiasi nemico da lui. La luce iniziò a sparire poco alla volta, tornando a una situazione di normalità, mentre sentiva una risata giungere alle sue orecchie. Non era tornato sordo, quindi stava ancora sognando. Strano, non era mai rimasto addormentato alla vista della luce. Un giovane ne fuoriuscì. Capelli rossi come i suoi, alto, entrambi gli occhi aperti – si concentrava sempre su questo dettaglio - e azzurri, un tale colore che ad osservarlo per troppo tempo lo avrebbe ipnotizzato, nessuna gobba in vista, ma muscoli, seppur non eccessivi e ben nascosti. Se si fosse fermato lì nella sua analisi avrebbe potuto credere che si trattasse di un qualche nobile, di un principe, magari, o di un angelo, perché era così bello. Invece era così dannatamente magro, quasi famelico. Quasimodo non sapeva bene se avesse intenzione di avvicinarsi o di allontanarsi, il suo aspetto era ambivalente, qualcosa di velenoso e letale che si accompagnava alla più delicata delle colombe. Come se Dio e il Diavolo avessero potuto fare un figlio assieme, fu il suo pensiero a quella vista. Rimase lì, fermo, osservandolo e quasi proteggendosi nel buio.
- Chi sei?- Ringhiò, ma senza avvicinarsi, quasi cercando di proteggersi e minacciare al contempo. Se erano in un suo sogno col cavolo che avrebbe permesso a quella creatura di rovinargli il momento. Anche se a ben considerare poteva essere un mostro prodotto dalla sua mente, ma a questo Quasimodo non ci pensò neanche un attimo, anche perché non conosceva tale possibilità.
La creatura rimase in silenzio inizialmente, poi, con un movimento lento avanzò, quasi fosse un agguato, solo che non rispose nello stesso modo.
- Un ballo, un bacio… nulla di più scontato, a parte un fatto: tu la conosci quella ragazza. Perché non fai nulla per renderlo reale, a meno che tu non consideri tale rapirla… ma anche lì avrei qualcosa da ridire.-
Quasimodo questa volta perse totalmente la pazienza, gettandosi su di lui, prendendolo per il colletto e con forza inaudita lo sbattè contro un muro che si era andato appena a creare.
– Chi sei? Come fai a sapere quelle cose? Come osi parlarmi così nei miei sogni? – Non strinse ulteriormente la presa, notando che il volto dell’altro era cambiato. Capelli in parte grigi, la chierica, il volto lungo, gli occhi scuri che lo guardavano duro. Frollo. Lasciò la presa. Il volto si aprì in un sogghigno, i capelli tornarono ad essere rossi, gli occhi azzurri, ma Quasimodo si era subito gettato ai suoi piedi, senza guardarlo.
– Ecco perché… sei ridicolo. Sei grande e grosso e… ridicolo.- Disse, prendendolo in giro, Quasimodo alzò lo sguardo su di lui, la sua ira era sfociata non appena aveva visto il volto di Frollo. Mai e poi mai avrebbe permesso a Frollo di invadergli anche i suoi sogni, anche se a volte lo immaginava come un enorme cielo sopra il quale si trovava Notre Dame e che doveva scalare per riuscire a tornare a casa.
- Tu non esisti.- Disse, lentamente, come se stesse cercando di modulare le parole.
- Sbagliato… di nuovo. – La creatura allungò un dito, toccandogli il naso. – In ogni caso puoi chiamarmi Loki, allora… perché non ti sei mai dichiarato a quella ragazza?-
Quasimodo lo guardò dubbioso, ma che importava, era protetto. Stava sognando e lì, davanti a lui si trovava una sua immaginazione – stava diventando bravo ad immaginarsi le cose – non avrebbe mai rivelato a nessuno i propri segreti semplicemente perché non esisteva.
- Perché… Guardami, io… lei non mi potrebbe mai volere.- La sua voce era sembrata più un mormorio conciso e depresso che altro, neanche lui si rendeva conto della cosa. Ancor peggio se l’altro si avvicinava a lui e gli prendeva il volto con una mano come stava effettivamente facendo.
- Ti guardo e ti guardo a fondo, ma non vedo questo orrore di cui vai parlando.-
Lo osservò negli occhi, occhi che rimandavano al cielo, occhi che rimandavano a un fascio di luce che ti colpisce in pieno volto. Sentiva il suo alito sul volto, sapeva di chiuso, di qualcosa di maleodorante, una stanzetta dove passa davvero poca aria, dove il ricambio è insignificante, ma sufficiente per lasciarti in vita.
I suoi occhi non erano più occhi, erano una finestrella dalla quale proveniva la luce del primo mattino. Non c’era più nessun contatto, quel qualcosa era sparito, ma non le sue parole. Quelle parole che avrebbe tanto desiderato sentirsi dire da una donna, da una zingara che danzava scalza con una capretta al fianco. Parole che, in ogni caso, non sarebbe mai davvero riuscito a sentire.
- Loki.- Sussurrò o, almeno, le sue labbra si mossero e il pensiero corse a quella creatura che era ruscito ad incantarlo. Loki, l’unico che gli avesse mai rivolto parole benevoli, ma esisteva davvero?
Non se ne accorse subito, ma presto, quando sarebbe uscito si sarebbe accorto, a causa del vento che gli colpiva il corpo che era sudato. Non gli era mai successo di svegliarsi sudato.
Un sogghigno, una risata, provenienti da qualche parte, in qualche tempo sconosciuto si fece strada nella sua mente e in tutto il circondario, il gioco era appena iniziato.

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Capitolo 2
*** Presentazioni ***


Note dell'autrice:
Scusate l'immenso ritardo nel pubblicare questo capitolo, ma ho avuto non pochi problemi con l'università. Tant'è che non so neanch'io quando riuscirò a pubblicare il prossimo capitolo, ma poi dovrei stabilizzarmi. Quindi non preoccupatevi non ho dimenticato questa storia



Finalmente suo fratello era tornato a casa. L’Esmeralda corse ad abbracciarlo. Suo fratello, che credeva di aver perduto due anni prima, era riuscito, non si sapeva come, a raggiungerli. Il ragazzo aveva occhi verde smeraldo a differenza dei suoi e una carnagione eternamente chiara. Probabilmente il tutto era causato dalla magia che qualche cristiano gli aveva buttato addosso o, più semplicemente, dal fatto che fosse albino, ma all’epoca sembrava essere considerata come più probabile la prima ipotesi. I suoi capelli erano eternamente sporcati dal nero di seppia per renderli di un bel colore scuro, unico dettaglio che aveva in comune con la sorella, assieme al fatto che fosse un eccellente ballerino e decisamente di bell’aspetto.
Il giovane le sorrise sollevandola dalle ascelle in uno svolazzo. Dove trovasse tante forze un ragazzo decisamente esile e con relativamente pochi muscoli era un enigma come quasi tutto di quel giovane.
- Ti sono mancato, principessa?- Chiese, prima di darle un fugace bacio sulla guancia.
-LOKI!- Disse, ridendo a sua volta Esmeralda, dandogli un colpetto sul braccio. Poi fece la sua smorfietta, guardandolo - Dove sei stato in questo periodo e come ci hai raggiunto? - Poi volse lo sguardo ai suoi abiti verde smeraldo e ricami d’oro
- Ma come sei vestito?- Chiese, scoppiando a ridere.
- Ti piace? Me l’ha regalato un... amico! - Le fece l’occhiolino, poi come se fosse una magia tirò fuori da una manica un fiore, una rosa bianca.
- Per la donna più bella di Parigi!- Esmeralda, scosse il capo, prendendolo fra le mani.
- Oh, ma che gentiluomo!- Lo prese in giro, annusando subito dopo la rosa.
Loki volse lo sguardo tutto attorno.
- Allora, non c’è un buon pasto per un viandante, qua dentro?- Chiese, anzi gridò, subito a proprio agio nella Corte dei Miracoli, avviandosi a salutare il re dei gitani, suo fratello per altro, e gli altri amici che lo salutavano con grida.

***

La finestrella mostrava la luce della notte, ma Quasimodo ci mise un po’ a comprenderlo. Si era svegliato, era vero, ma non a causa dell’arrivo del giorno come invece aveva creduto.
Plof!
Un altro sasso era caduto dall’alto, infrangendosi in qualsiasi cosa potesse esserci per terra. Da poco dopo che aveva aperto gli occhi erano iniziati a cadere sassi dalla finestrella. Quasimodo ringraziò per la seconda volta di non aver scelto di sedersi lì sotto. Per sua fortuna non poteva sentirli, questo non si poteva dire per quanto riguardasse il vedere le pietre cadere a poca distanza. Cercare di concentrarsi nuovamente nel guardare la finestrella era impossibile, ancora di più lo era cercare di rilassarsi abbastanza per riaddormentarsi.
Plof!
Un altro sasso cadde nel buio. Quasimodo tentò di non seguirlo nella sua caduta, cercando di capire che cos’è che lo stesse facendo cadere. Possibile che la sua cella avesse scelto proprio quel giorno per crollare?
Ripetè a fior di labbra quella parola “Loki”. Come se fosse un portafortuna
Mreeew!
Il muso di un gatto si infilò fra due sbarre arruginite, era un gattino nero tutto spennacchiato. Per poco Quasimodo non prese un sasso per scacciarlo via dallo spavento. Poi la paura scemò lasciandogli un senso di inespresso stupore. Sembrava quasi che quel micetto avesse deciso di entrare nella cella. Allungò le mani, allargandole nel tentativo di prenderlo in braccio.
Fffrrr!
Il muso del gattino sparì fra le sbarre non prima che una piccola zampa avesse cercato di graffiarlo, per fortuna non era neanche riuscito a toccarlo. Quasimodo abbassò gli occhi. Era così orrendo da spaventare persino un cucciolo? Ripensò a quella creatura che aveva sognato poco prima. Chissà come mai una creatura tanto bella era andata a fargli visita. Occhi azzurro cielo, capelli rosso fuoco, labbra... Una luce invase la cella, la luce traballante, che si muoveva creando strane ombre per terra. Sembrava quasi la luce di qualche fiaccola tenuta sollevata da qualcuno. Quelle ombre sembravano come tanti demoni che si muovessero in un ballo frenetico.
Quasimodo li riusciva ad immaginare quegli spiriti, gli stessi di cui gli aveva sempre parlato suo padre Frollo, ma poi qualcuno lo prese e il suo cuore smise di battere all’impazzata o forse iniziò solo in quel momento a farlo, il Campanaro non riescí a comprenderlo.
Si lasciò trasportare via da quella cella, come se fosse un peso morto, senza sapere a cosa andasse incontro, spera solo di fare le cose per bene.

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Capitolo 3
*** Scommessa sconveniente ***


Note dell'autrice:
Chiedo scusa del ritardo e... presentiamo il quarto personaggio principale della nostra storia. Spero vi piaccia!







“Come si chiama?”
Silenzio
“Bene, quanti anni ha?”
Silenzio.
“Bene, che mestiere fa?”
Silenzio.
Questo era quanto si sentiva nella sala. Qualcuno lo avrebbe poi definito una conversazione fra sordi. Sordi, era esattamente questo che era Quasimodo, guardava, vedeva, ma non capiva. Cosa ci faceva lì? Come mai quell’uomo muoveva la bocca rivolto verso il soffitto? Aveva male alla mascella? Qual era il problema? Non lo capiva, avrebbe voluto comprendere, ma tutto ciò che capiva era che si trovava in mezzo a una sala. Sentiva gli occhi di tutti guardarlo, sapeva che era una cosa ufficiale, non sapeva quale ne perchè avesse dovuto dormire in una fredda cella buia in mezzo a... non voleva sapere cosa e che ora si trovava lì, con le catene ai polsi, in quella stessa stanza in cui solo il giorno prima lo avevano reso tanto felice proclammandolo come loro Papa dei Folli. Era stato felice ed ora... cos’era cambiato? Era questa la punizione per aver fallito in una volontà del suo Padrone e padre, dell’uomo che lo aveva cresciuto, dell’arcidiacono Frollo? Si rese conto troppo tardi che le persone ridevano. Tremò da capo a piedi. Cos’aveva sbagliato? Perchè ridevano? Cosa volevano da lui? Che qualcuno glielo spiegasse perchè non lo sapeva. Fu proprio questo a spingerlo a scuotersi convulsamente cercando di fuggire da quegli sguardi. Le catene lo trattenevano. Le scosse con maggior forza, non ci riuscì. Mosse lo sguardo in cerca di una via di fuga, non ne trovò, anche se lì in un punto lontano vide una donna bionda che gli sorrideva con gentilezza. Era una bella donna, forse se fosse riuscito ad arrivare da lei lo avrebbe protetto! Avrebbe ringhiato, pianto, ma non poteva. Lo avrebbero visti tutti e chissà cosa gli sarebbe successo. Non avrebbe più sbagliato, lo prometteva. Sarebbe riuscito a fare tutto quello che Frollo voleva, ma adesso basta. Basta quelle risate che vedeva, ovunque spostasse lo sguardo, basta quegli sguardi, basta! Era in una morsa indesiderata. Poi una porta si aprì e il silenzio calò nuovamente nel luogo. Un uomo con tanto di cappello in mano e mantello entrò, dietro di lui un gattino nero tutto spelacchiato. Non si sarebbe accorto di quell’esserino nero se questi non lo avesse puntato con lo sguardo, prima che la vista gli fosse negata dalla porta che si chiudeva. Occhi verde smeraldo fu l’unico pensiero che fece Quasimodo mentre guardava il punto in cui un attimo prima c’era stato il randagio. Una strana calma emanavano quegli occhi, una calma che lo avevano raggiunto e che gli permisero di rivolgere la propria totale attenzione al magistrato.


***

Nella Corte dei Miracoli era calato il silenzio, si sentiva solo il frusciare di alcuni fogli spogliati da un uomo seduto in angolo e quello di una piuma che sfregava sui fogli, il crepitio del fuoco nel camino sotto al calderone in cui bolliva la minestra che una donna dai denti anneriti stava rimescolando e il rumore casuale di alcune biglie che si colpivano fra loro. Un folto gruppo di uomini e donne, davanti ai quali erano seduti i più giovani volgevano gli occhi tutti in un punto particolare, verso il centro della stanza dove il moro dagli occhi verde smeraldo e la pelle perlacea osservava divertito tutto attorno a se.
Il silenzio era calato da quando Loki, dato che l’uomo non era altri che lui, aveva esclamato, tenendo un calice di birra davanti a se
- Re Clopin, mi dovete tre rubli, ho vinto la nostra scommessa!
Non era insolito che Loki facesse scommesse, ne era insolito che le vincesse, quindi sarebbe anche passato sotto silenzio se non fosse stato per il fatto che ogni volta che scommetteva tentava di superare se stesso e ogni volta che tornava – seppur mai ci fosse stato un tale periodo di tempo nella sua mancanza– aveva una storia da raccontare. Questa volta non era diverso, per questo era calato un silenzio carico di aspettativa, tutti loro desideravano conoscere i particolari di questa nuova avventura, tutti tranne lei, sua sorella Esmeralda che dal centro della sala guardava i suoi fratelli con rimprovero.
- Questa volta hai esagerato, Loki! – Disse, infatti, guardando entrambi seria.
- Quindi…- iniziò lentamente il Re degli zingari Clopin – ti sei sposato una nobile, una Dama?-
Loki sorrise, si indicò gli abiti
- Monsieur Loki, non suona male, eh?- Scherzò – Comunque è una nobile di stirpe antica, una inglese, una Lady. Lady Sygin, si chiama. Ci siamo sposati due anni or sono ed ha ottimi rapporti con la corte francese. Nella scommessa dovevo restare sposato per due anni, dico bene? Ecco a te, fratello! -
Tirò fuori quasi per magia un documento che attestava il proprio matrimonio e lo lanciò a Clopin.
Tutti scoppiarono a ridere e a parlottare, passandoselo di mano in mano fino a giungere dal loro sovrano.
Il re degli zingari guardò il foglio più volte, non sapeva leggere, ma anche lui sapeva riconoscere la calligrafia di Loki e sapeva riconoscere un documento di matrimonio quando ne vedeva uno. Erano diversi da quelli utilizzati dal suo popolo, questo non eliminava il loro valore.
- Bene, direi di doverti i tre rubli, fratello. Com’era la vita matrimoniale? Sei tornato per la vittoria?- Chiese
Un sorrisetto si andò a formare sul volto del più giovane, mentre la maggior parte delle persone li ascoltava.
- Sono stato a Corte, Re Clopin. Indossano ogni giorno un abito diverso per lo piú decorato d'oro e d'argento. Sono molto pignoli su questo punto, non possono mettere lo stesso vestito due volte se non vogliono spiccare come mendicanti e odiano i mendicanti.- Si andò a formare un brusio indistinto a quelle parole. - Fanno lunghe camminate tutti insieme seguendo il re, come mosche attirate dalla luce. Poi li dovreste vedere mangiare, si siedono composti, con i cani ai loro piedi -ciascuno di loro ha al seguito uno stuolo di cani - e sul tavolo c'è tanto di quel cibo che la metà bastarebbe per sfamarvi tutti. Pensate che non mi ero mai trovato davanti tanti animali, dai maialetti dolci che si sciolgono in bocca, con la crosta croccante che il solo ripensarci fa venire l'acquolina in bocca, poi i tacchini imbottiti con pane, burro, formaggi, gli agnelli si mangiano tutti i giorni, come le caprette.- indirizzò uno sguardo alla capretta al fianco della sorella -Scusa Djali. Non si poteva non assaggiare ogni cosa. La prima volta che sono arrivato mi ero appena sposato con Lady Sygin e mi sono perduto nel giardino immenso, ero stato attirato da alcuni spruzzi, credevo si trattasse di un fiume, invece mi sono ritrovato davanti a una struttura di pietra dalla quale venivano spruzzati in alto almeno una ventina di getti d'acqua, ma tanto alti che si vedevano anche a decine di metri di distanza. La luce, colpendoli variava colore arancioni, gialli, viola si susseguivano ad intermittenza! Avreste dovuto vederli, poi tutto attorno, a perdita d'occhio c'era un leggerissimo strato d'erba ed un sentiero affiancato da alberi di ogni forma, uomini, animali erano intagliati dagli alberi. Come statue, ma di foglie. -
Un ragazzo, interessato a tutto quello si intromise
- Come si vestono?- Chiese.
Loki si alzò sul tavolo, mettendosi una stoffa sulle spalle.
- Indossano degli enormi mantelli ricamati di verde, arancione o d'oro e poi portano al loro fianco una spada lunga e sottile, non piú di un dito.- Nel frattempo prendeva un bastone. -Dei cappelli piumati, alcuni tanto lunghi da giungere a un metro e ai piedi indossano calzoni lunghi, coperti da scarpe di varia misura. Sul capo, poi, delle parrucche bianche, non credo di aver mai visto i veri capelli di una donna o di un uomo lì dentro. Oh, già, anche gli uomini si truccano con dei belletti.- Storse le labbra imitando una donna solo per far ridere il proprio pubblico, il quale dimostrò di avere senso dell'umorismo. Loki sorrise. -Posso mostrarvi come combattono e come cacciano, ma vi assicuro, per il resto li ho trovati piuttosto noiosi. Però mi hanno insegnato a leggere e a scrivere.- Solo in quel momento il frusciare di fogli si bloccò del tutto e l’uomo all’angolo che sembrava essere l'unico a non degnare loro di attenzione alzò lo sguardo al giovane che ora era in piedi sul tavolo a saltare da un posto all’altro, con il bastone in mano neanche fosse stata una spada.
Loki li guardò dalla sua posizione come un buffone con il proprio pubblico.
- Poi però, fratello, mi è venuto tutto a noia e mi mancavate tutti voi, mascalzoni.- Continuò, scivolando al fianco dell’uomo che stava scrivendo fino a poco prima - Mi mancava rubare, essere libero, correre e saltare, mi mancavano le nostre scommesse. Quindi mi sono deciso a tornare. Ho pensato che un buon racconto dettagliato vi sarebbe potuto interessare, ma non ora. Ho una nuova scommessa da fare.-
Le persone iniziarono a parlare fra loro, creando un brusio, scommettendo su cosa si sarebbe inventato quella volta Loki. Insomma, cosa poteva battere il matrimonio con una nobile? Nessuno lo sapeva. Il brusio continuava ad essere diffuso e Loki sorrise gustandosi il momento, divertito. Fino a quando Esmeralda spense quel momento con una frase sola.
- Che cosa vuoi combinare questa volta, Loki? Non tenerci sulle spine, tanto lo sappiamo tutti che se ti metti in testa qualcosa non ne esci più senza portarla a termine.-
- Brava, sorellina, ottima domanda! Allora, ci ho pensato molto. -appoggiò i piedi sul tavolo, mentre parlava, stringendo fra le dita un boccale di birra che qualcuno li dentro doveva avergli passato - Davvero molto a lungo, sapevo che la grande domanda sarebbe stata: che cosa supera il matrimonio con una nobile? Ho quindi vagliato varie ipotesi e sono giunto a questa conclusione. L'unica cosa che potrebbe superarlo è un altro matrimonio, ma questa volta io sposerò un uomo, un parigino. Lo sceglierò domani, ma state tranquilli, non si trova in questa stanza. Se voi ci state, fratello.- disse, rivolgendo uno sguardo a Clopin il quale ci mise un po' decidersi, mentre il brusio ricominciò, impedendo a Loki di parlare nuovamente.
-D'accordo.- calò un silenzio carico di aspettativa. -...ma dovrai riuscirci entro un anno e mezzo! - fu la risposta del sovrano. Loki annuí a sua volta.
-Andata, iniziate già a cercarmi altri tre dubli.- Rispose, una risata sulle labbra, al che si riformò il brusio, ma Loki aveva già fatto esplodere la sua bomba ed ora, tranquillo, si rivolgeva all’uomo al suo stesso tavolo.
- Come vi chiamate? Vedo che siete un uomo istruito, diverso dal resto della gente e non vi ho mai visto prima.-
- Io, messere, mi chiamo Pierre Gringoire e sono sposato da questa stessa notte con Esmeralda che a quanto ho capto è vostra sorella.-
Loki alzò lo sguardo verso di lei.
- La donna più bella di Francia. È esatto, lei è mia sorella gemella, già. Sono un uomo fortunato.- Sorrise.







Note autrice:
Mi sono giunte notizie che non so mettere a posto le virgole quindi cerco per le mie storie una Beta che mi controlli la punteggiatura e non che mi modifichi le storie rendendo più IC i personaggi perchè lo sono per la storia che tratto.
Seconda cosa, volevo avvertirvi che ho cercato di rendere il dialogo e la situazione di Quasi più simile possibile a quella del romanzo. Non ho sottomano il passo, per ora.
Terza cosa, mi scuso per l'immenso ritardo, ma con tutti i problemi che sto cercandi di superare ho preferito non indicare un momento di pubblicazione del capitolo

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