A cosplay a little too much realistic

di sadShadow89
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Free fall ***
Capitolo 2: *** The voice of the heart ***
Capitolo 3: *** Cosplay Camp ***
Capitolo 4: *** I'm dead ***
Capitolo 5: *** Friends? ***
Capitolo 6: *** The other half of a soul ***
Capitolo 7: *** Lullaby from another world ***
Capitolo 8: *** The Hammer and the Anvil ***
Capitolo 9: *** A liar who doesn't lie ***



Capitolo 1
*** Free fall ***


LINGUAGGI : “comune” ; *elfico* ; ^nanico^ ; [linguaggio dei segni nanico]; §mondo reale§ ; “orchesco”;
'pensieri o comunicazioni mentali' ; 'comunicazioni mentali (follia o maleficio)'
 
"Aspettate", strillo Bilbo mentre si rimetteva in piedi combattendo contro la stoffa del sacco di lino grezzo, che stava minacciando di sottrargli quel poco di equilibrio che era riuscito ad acquisire nell'alzarsi. Si avvicinò cautamente al falò dove i tre troll stavano arrostendo i nani, fu un'azione di puro istinto, del tutto poco 'hobbittesca', non sapeva cosa volesse fare di preciso ma sapeva di dover prendere tempo. Se fossero riusciti a resistere fino all'alba forse i troll si sarebbero tramutati in pietra o magari Gandalf sarebbe riuscito ad arrivare in tempo per salvarli. Purtroppo c'era anche un'elevata probabilità che sarebbe solo riuscito a prolungare le loro vite di qualche ora e nulla di più.
 
“State commettendo un terribile sbaglio” nella sua mente Bilbo annotò il fatto che probabilmente questa frase, nella corrente situazione, fosse più congeniale al suo di comportamento che a quello dei troll. Che gli era mai passato per la testa? Mettersi a redarguire tre grossi troll in procinto di arrostire e mangiare dei nani era del tutto una follia. Bilbo però non poteva restarsene fermo ad aspettare il suo fato mentre davanti hai suoi occhi quelli che aveva incominciato a considerare amici stavano per morire in modo atroce. Sapeva che il suo cuore si sarebbe spento prima della fine se costretto ad assistere anche solo alla morte di uno dei nani.
 
“Non si ragiona con loro sono scemi” il commento di Dori da sopra lo spiedo non portò a Bilbo alcun conforto: non era esattamente un'idea geniale quella di far infuriare i troll. Quando Bufur gli rispose con “Scemi? … e noi allora che siamo?!!” l'unico pensiero che passò per la mente di Bilbo fu: 'è troppo chiedere che qualcuno usi un po' di cervello?'. Certo lo hobbit non credeva che i nani fossero stupidi, ma sapendoli veterani di diverse battaglie si aspettava avessero più inventiva nel trovare un modo per prendere tempo.
 
Poi, vedendo i nani sullo spiedo divincolarsi e l'orrore sui volti dei loro compagni legati nei sacchi, realizzò che nessuno di loro era giunto alle sue stesse conclusioni. Nessuno dei nani stava cercando di guadagnare tempo, speravano solo di riuscire a liberarsi dalle loro restrizioni per poi usare la forza bruta per salvarsi. Bilbo era consapevole che se non fosse stato per la sua cattura i nani avrebbero sicuramente sopraffatto le tre creature, tuttavia ora la situazione si era ribaltata e i troll erano in una posizione di vantaggio. Tra il panico e il senso di colpa “Ehm...io... io parlavo del … del condimento” fu quello che uscì dalla sua bocca.
 
“Cosa centra il condimento?” protestò giustamente confuso Bert. Fortunatamente l'ingegno di Bilbo guizzava in cerca di soluzioni per conto suo e una risposta logica alla domanda del troll, per quanto rude e poco appropriata ad un hobbit da bene come lui, era già pronta sulle sue labbra. “Ma li hai annusati? Ci vuole qualcosa di più forte della salvia prima di servirli su un piatto” Bilbo arricciò il naso per enfatizzare la sua affermazione. Quando i nani incominciarono a protestare urlandogli contro 'traditore' ed altro, si sentì un po' in colpa ma non troppo perché in fondo quello che aveva detto era vero.
 
I troll si guardarono un po' scettici. Questa volta fu Tom a dare voce ai suoi pensieri, “Che ne sai di come si cucina un nano?” ma fu subito zittito da Bert che gli ringhiò contro “Stai zitto... sentiamo lo scasshobbit che dice” facendo cenno allo hobbit di continuare. Bilbo sapeva di aver scelto il giusto argomento per attirare l'attenzione del leader, visto l'atteggiamento da gran cuoco che aveva scorto mentre cercava di liberare i pony, nello stesso tempo un terreno di discussione sicuro per ogni hobbit. Avrebbe potuto parlare per ore di spezie, metodi di cottura, modo di servire e tutto quello che potesse concernere la culinaria.
 
Il dilemma che attanagliava il suo cuore era la prospettiva di essere colui che avrebbe sentenziato le modalità di morte dei suoi amici. “Eh.. em io.. il secreto per cucinare un nano è ...” balbetto cercando di trovare un qualsiasi metodo di cottura che potesse essere impossibile da attuare o che almeno mantenesse in vita i nani fino all'alba senza arrecare loro alcun danno (perlomeno non permanente).
 
“Si forza, dicci il segreto” lo incalzo Bert con tono spazientito. “Si te lo sto dicendo” sbuffò lo hobbit seccato. “Il secreto è...” Bilbo si morse nervosamente l'interno delle guance, nella speranza di riuscire in qualche modo a concentrarsi ma a quel punto la piccola creatura incominciò ad andare nel panico “È spellarli prima”. Bilbo imprecò silenziosamente contro sé stesso, di tutto quello che poteva venirgli in mente perché doveva essere proprio questo?
 
“Tom passami un coltello da filettatura” ghignò Bert come se fosse compiaciuto della piega che stavano prendendo gli eventi. Un coro di “NO” e “Ti spello io brutto verme” seguiti da un “Questa non me la scordo” ringhiato da Dwalin si sollevò dai nani e Bilbo non poté fare altro che alzare gli occhi al cielo esasperato, non che le proteste fossero ingiustificate ma almeno lui ci stava provando a fare qualcosa per tirarli fuori da quel pasticcio.
 
Nemmeno il tempo di contemplare le possibili conseguenze di quello che aveva appena suggerito che Bilbo fu scosso dai suoi pensieri dalla profonda voce di Tom. “Ma che fesserie stai impapocchiando, ne ho mangiati una montagna con tutta la pelle...mandiamoli giù in fretta, stivali e tutto” per qualche strano motivo il tono di scherno della creatura fu per Bilbo più fastidioso di quanto ragionevole potesse essere in una situazione del genere. Per amore Yavanna, stavano per essere mangiati da dei troll, decisamente non era il momento di sentirsi ferito nell'orgoglio.

Proprio in quel momento lo sguardo di Bilbo fu catturato da un movimento nella boscaglia alle spalle dei tre troll, la silhouette di un cappello a punta era passata in tutta fretta da un arbusto ad un grosso masso. Gandalf!! Bilbo non era certo a quale dei Valar doveva dedicare i suoi ringraziamenti ora che lo stregone era riapparso.
 
Ma il sollievo di Bilbo ebbe vita breve. “Ha ragione non c'è niente di male in un po' di nano crudo" questa volta fu William a richiedere prepotentemente la sua attenzione, che ora era focalizzata sul cercare di seguire le mosse dello stregone il più discretamente possibili. L'orrenda creatura aveva afferrato Bombur per i piedi, tirandolo su dalla catasta di nani. "Bello croccante” aveva canticchiato mentre faceva penzolare il poveretto a testa in giù sopra la sua bocca spalancata.
 
Panico. Stava per essere testimone dello smembramento di Bombur. Il mite e silenzioso Bombur, sempre pronto a complimentarsi per la sua cucina, sempre pronto ad offrire compassione e un sorriso di scuse quando Bilbo si lamentava della carenza di pasti nella dieta dei nani . Mai, nemmeno una volta, era stato scortese, scontroso o inopportuno durante tutto il viaggio ( cosa che i nani inconsapevolmente facevano spesso con le loro battute e canzoni da taverna, la peggiore delle taverne). Bilbo non poteva assolutamente starsene li con le mani in mano, così si ritrovo a balbettare “Ah … non … non quello la..... è infetto” con una voce resa piuttosto stridula dal panico.

Con gran sorpresa di Bilbo la cosa sembrò funzionare visto che la vile creatura lancio di scatto Bombur sulla pila di nani con un espressione disgustata, i quali non furono entusiasti del gesto vista la mole del compagno. L'incanto durò poco quando Bert, apparentemente il più intelligente dei tre, lo guardo dubbioso. “Cosa, cosa?” gli chiese come per sfidarlo a ripetere le sue parole. “Si ha i vermi... nelle sue … em, eh … tubature” disse Bilbo cercando di sembrare credibile, anche se la frase venne fuori più come una domanda che come un affermazione.

Davanti all'espressione dei tre troll, che ora si stavano guardando tra loro uno più confuso dell'altro, Bilbo si raddrizzo e continuò con più convinzione “In effetti c'è li hanno tutti, sono infestati da parassiti. Una faccenda terribile, io non rischierei... dico davvero!!” accentuando la cadenza sulle ultime parole per farle apparire come il consiglio di un vecchio amico d'infanzia. Tutta la sua confidenza fu spazzata via come paglia al vento quando Gloin e Kili incominciarono a protestare contro l'affermazione offensiva, “parassiti?” “si” “ha detto parassiti?” “noi non abbiamo parassiti” “oh no” “c'è li hai tu i parassiti, noi non siamo infestati dai parassiti”.

Tutto quello che Bilbo voleva fare in quel momento era affondare le dita tra i suoi riccioli e strapparsi l'intera chioma a manciate per l'esasperazione, fortunatamente il sacco glielo impedì. Benché fino a quel momento non lo avesse mai pensato ora incomincia fortemente a dubitare dell'intelletto dei nani, perlomeno di quello di alcuni. Invece di sprofondare nello sconforto si limitò a voltarsi verso i nani e incrociando lo sguardo con Thorin, la sua espressione lasciava decisamente poco all'interpretazione. Sul viso furente della piccola creatura era come se ci fosse scritto: ' Fa qualcosa prima che ficchi un po' di buon senso nella testa di tuo nipote prendendolo a calci'.

Certo non lo avrebbe mai fatto e nemmeno lo avrebbe pensato non fosse stato per la tempesta di emozioni che gli turbinava nel petto. Ad essere onesti tra il senso di colpa, la paura e l'ansia di quello che Gandalf stava pianificando, Bilbo non aveva idea da dove gli fosse venuto il coraggio di lanciare un simile sguardo al nano più scontroso della compagnia. Apparentemente Thorin prese il suggerimento alla lettera, perché appena recepito il messaggio sferrò un calcio alla schiena del giovane nano.

Kili interruppe le sue proteste con un grugnito e rivolse lo sguardo verso lo zio con un espressione indignata. Bastarono poche occhiate di intendimento tra Thorin a i suoi compagni e la musica cambiò completamente , “Io ho dei parassiti grossi come il mio braccio” “I miei parassiti sono i più grossi, ho degli enormi parassiti” “Io ho i pidocchi” “Si, siamo infestati gravemente”.

Bilbo si lasciò sfuggire un ghigno soddisfatto nel prendere atto che i nani si fossero messi a collaborare. Quel poco di euforia gli morì subito in gola quando si ritrovò il faccione di Bert a poca distanza dal viso. “Secondo te che ne facciamo di questi? Li lasciamo andare?” gli sussurro il troll a pochi centimetri di distanza, mandando una ventata di alito fetido dritto nelle narici del povero hobbit. “Behh...” rispose Bilbo con un espressione che lasciava intendere fosse l'idea migliore, mentre lottava contro gli sporadici conati che il lezzo della creatura gli stava provocando per mantenere un atteggiamento sicuro.

“Credi che non sappia cosa ti frulla nel cervello?....Questo piccolo furetto ci sta prendendo per degli stupidi” Bert sembrava decisamente furente ora, si era accorto che Bilbo stava cercando di raggirarli fin dall'inizio e aveva lasciato che la piccola creatura continuasse ad arrovellarsi non fosse altro per il gusto di infrangere le sue speranze alla fine di quello che, per il troll, era lo svago prima di cena.

Il fatto che quella misera manciata di pelle e ossa fosse riuscito ad instillare in loro il dubbio era decisamente la sensazione più irritante che Bert avesse mai provato. Quando lo hobbit protesto con uno sguardo incredulo mentre pronunciava “Furetto?” come se fosse il più grande degli insulti, e guardo negli occhi dell'enorme creatura con l'espressione più innocente che esistesse al mondo, la pazienza di Bert si frantumò in mille piccoli pezzi.

Improvvisamente il troll afferrò Bilbo per il busto con una solo mano, lo tirò su e cominciò a serrare il pugno. La piccola creatura all'inizio pensò di tirarsi fuori da quella situazione ragionando col troll, ma l'espressione di puro disprezzo sulla faccia di quel mostro lasciava presupporre che non ci sarebbero state ulteriori chiacchiere quella notte.

Con un braccio bloccato tra le sue costole e il palmo di Bert e i piedi penzolanti a mezz'aria Bilbo incominciava a sentire la stretta attorno alle sue costole diventare insopportabile, ogni volta che respirava la dita del troll si serravano sempre più. In tutto questo i nani non poterono fare altro che cercare di attrarre l'attenzione della creatura su di loro, urlando e divincolandosi ancora più ferocemente di prima, quando si resero conto con orrore che il loro piccolo scassinatore stava lentamente soffocando a causa della stretta sul suo torace.

L'apparizione tempestiva di Gandalf, per quanto fosse servita a distrarre Bert dalla sua presa sulle costole di Bilbo, non fu sufficiente a far desistere il troll infuriato dai suoi intenti maligni. Mente Tom e William si interrogavano confusi sulla possibilità di mangiare o meno Gandalf , Bert sollevò Bilbo sopra la sua testa e con tutta la sua forza lo scagliò verso la foresta in direzione opposta al nuovo arrivato. L'azione si era conclusa prima che lo stregone potesse far nulla per fermare il gesto di stizza, e la piccola creatura era volata sopra la chioma degli alberi urlando. Bilbo scomparve dalla vista dei nani e Gandalf, il quale non poté fare altro che proseguire con il suo piano originale sperando per il meglio .

“L'alba vi prenderà tutti”
 
# # #

"Hey? Terra chiama Sally, ci sei?" Piagnucolò la bella moretta al posto del passeggero accanto alguidatore. "Giulia!! quante volte ti ho detto di non chiamarmi così? Se vuoi la mia attenzione usa il mio nome... Oppure chiamami Bilbo visto che stiamo andando a fare un cosplay dello Hobbit" disse togliendosi le cuffiette dalle orecchie la ragazza cicciottella sul sedile posteriore. Non che Giulia chiamasse Sara sempre in quel modo, solo quando faceva l'asociale.
 
"E poi Sally è troppo carina perché io possa essere paragonata a lei" aggiunse Sara guardando il paesaggio che scorreva fuori dal finestrino. "Ed ecco che riappare Sally" rispose la mora, che facendo il segno della croce con le dita aggiunse " esci da questo corpo". l'intera macchia scoppiò in una grassa risata, alla quale seguirono altri commenti sul noto personaggio animato.
 
"Comunque, perché hai deciso di interpretare Bilbo come un maschio?" La mora era decisamente contrariata dalla cosa, visto che lei stessa stava interpretando una versione femminile di Kili. " Beh, Bilbo è un maschio... Non vedo perché avrei dovuto interpretarlo diversamente" borbottò la bionda, sbuffando seccata. "Ma dai, con il tuo fisico saresti stata adorabile in un vestito da hobbit" e con uno sguardo ammiccante aggiunse "e poi vuoi mettere lo sfizio di farlo sbavare?....con le tette stratosferiche che ti ritrovi il nostro 'Thorin'...." non fece in tempo a finire la frase che la bionda la fulminò con uno sguardo.
 
"Tralasciando il fatto che con il mio fisico nessun tipo di vestito mi starebbe bene..." incominciò la bionda ma venne bruscamente interrotta dalle proteste dell'amica, "Ma non è vero, perché sei convinta di essere brutta?, diglielo anche tu.." disse Giulia con una voce esasperata rivolgendosi al ragazzo seduto al posto di guida. Ma prima che Davide (vestito da Dwalin) potesse rispondere Sara lo interruppe, " io non credo di essere brutta è solo che non sono bella... E poi per tornare al di scorso di prima, anche se fossi bella non avrei nessun interesse ad attirare le attenzioni di nessuno, tanto meno quelle di Marco" detto questo si rimise le cuffiette e rivolse lo sguardo verso il finestrino.
 
Sara era consapevole di non essere brutta, semplicemente non si sentiva a suo agio in un vestito. Certo era un po' troppo in carne per i suo 150cm di altezza ma aveva tutte le curve al punto giusto, con un seno abbondante e dei fianchi sinuosi e ampi al punto giusto. Il suo viso era grazioso con zigomi alti e grandi occhi di colore cangiante (dipendeva molto dalle stagioni e da tempo), per la maggior parte del tempo le sue iridi erano di colore ambra scura screziati di un verde smeraldo intenso. Delle labbra carnose di un naturale color rubino pallido, un piccolo naso alla francese e una fronte spaziosa erano incastonati in un viso ovale incorniciato da una folta chioma di riccioli del colore del miele di castagno. Tutto sommato dal suo punto di vista il suo aspetto poteva definirsi al quanto mediocre fatta eccezione per gli occhi.

Per quanto seccante potesse essere, Giulia sapeva bene che quello era un 'la discussione finisce qui' e decise di lasciare l'amica in pace. Sara dal canto suo non era stata del tutto sincera, in effetti c'era qualcuno le cui attenzioni le sarebbero state gradite, ma il suo amato "Dwalin" la vedeva solo come una sorella minore e col tempo lei aveva imparato ad accettare la cosa anche se a malincuore. Tuttavia, per quanto fosse allettante l'idea di cambiare la sua immagine agli occhi di Davide, il solo pensiero di poter attrarre Marco le faceva accapponare la pelle.

Fin dall'inizio della loro conoscenza Sara non era riuscita a farsi andare a genio il ragazzo. Marco era il classico tipo 'sono bello e so di esserlo' : arrogante, inopportuno, spesso offensivo e senza alcun senso dello spazio personale. L'ultima di queste caratteristiche era quella più fastidiosa per la ragazza. Sara era sempre stata introversa e si era sempre sentita come se la pelle che le era stata 'donata' non le appartenesse, come se fosse nata nel corpo sbagliato. La sua bassa autostima era dovuta più a questo che ai suo difetti fisici (reali o immaginari che fossero). Il fatto che Marco invadesse il suo spazio personale, in continuazione con così tanta noncuranza e sembrasse trarre divertimento dalla frustrazione che questo le provocava la mandava in bestia.

Per non parlare delle continue prese in giro del ragazzo, causate dal fatto che si fosse diplomata a 16 anni (il che solo perché i suoi genitori le avevano impedito di saltare troppi anni di scuola per paura che 'si perdesse troppo della vita' o almeno era quello che le dicevano) e che quindi fosse la più piccola del loro gruppo. Nel corso della sua infanzia diversi dottori le avevano diagnosticato un particolare tipo di autismo che le permetteva di eccellere negli studi ed altri campi ma che spesso era accompagnato da una qualche forma di afefobia.

Per quanto molti pensassero il contrario Sara si sentiva una ragazza perfettamente normale, forse un po' più intelligente della media, ma senza nessuna malattia o storia tragica che giustificasse un trattamento preferenziale nei suoi confronti. Sin da piccola era stata etichettata come una Nerd asociale, ma non le aveva dato fastidio finché Marco non era apparso nella sua vita. Per essere del tutto onesti la sua sensazione di disagio nel contatto fisico si attenuava con l'aumentare del livello di affetto e confidenza che riusciva ad instaurare, anche se non scompariva mai del tutto, il che limitava le sue esperienze fisiche al semplice ed innocente affetto dei famigliari e di pochissimi amici.

Al momento le uniche persone con cui era riuscita ad instaurare un contatto fisico erano Giulia e Davide, con i quali condividevano un appartamento da ormai due anni (praticamente da quando avevano iniziato l'università) e anche nel loro caso ci era voluti tutti gli anni di liceo perché riuscisse a sentirsi a suo agio. Inizialmente anche Giulia e Davide si erano sentiti in obbligo di trattarla diversamente ma col passare degli anni si erano resi conto che Sara era semplicemente, beh semplicemente Sara, e a lei andava più che bene essere trattata come qualunque altra persona al mondo.

Mentre questo pensiero le attraversava la mente un sorriso le si dipinse sul volto, guardando in aventi scorse Giulia che con la coda dell'occhio la osservava continuando a chiacchierare con Davide. Non stava facendo molta attenzione alla strada, presa com'era dai suoi pensieri, tutto sembrava perfettamente normale; il paesaggio scorreva, il suo mp3 le mandava della musica piacevole nelle orecchie, i suoi amici chiacchieravano felici e l'andamento della macchina stava avendo un effetto soporifero su di lei.

All'improvviso un boato attrasse la sua attenzione e quella dei sui amici, la gomma anteriore del camion che viaggiava nella corsia alla loro destra era esplosa ed ora il mezzo stava sbandando verso la loro macchina. Sara fece giusto in tempo a vedere il cofano del mezzo che impattava direttamente sullo sportello al quale era appoggiata, speronandoli e catapultando la macchina fuori dalla strada, in uno spiazzo erboso.

Per alcuni minuti (o forse erano passati più di alcuni minuti Sara non riusciva a capirlo) fu come se non fosse successo nulla, era come se il tempo si fosse fermato dopo tutto il trambusto provocato dall'incidente. Quando prese coscienza della situazione cercò in giro con lo sguardo i suoi amici, in un primo momento non riuscì a trovarli ma poi si rese conto che entrambi i ragazzi erano usciti dalle macchina. Giulia era seduta per terra vicina al suo finestrino e si teneva il braccio destro stretto al corpo e sul viso aveva diversi tagli, Davide stava prestando i primi soccorsi all'autista del camion e sembrava non essere ferito.

Sara cercò di allungare un braccio per attrarre l'attenzione dell'amica ma si accorse di non riuscire a muovere nessuna parte del corpo. Abbassando lo sguardo si rese conto che lo sportello le si era accartocciato addosso bloccandole completamente la parte destra del corpo, una specie di piccola trave di ferro le spuntava dal fianco sinistro provocandole una massiccia emorragia che era stata temporaneamente tamponata con mezzi di fortuna.

Anche volendo senza l'aiuto di attrezzature adeguate non sarebbe riusciti a tirarla fuori dalla macchina per prestarle un soccorso migliore di quello. Erano a diverse decine di chilometri dall'ospedale più vicino quindi probabilmente sarebbe morta li. Stranamente questo pensiero invece di terrorizzarla ebbe su di lei un effetto calmante. Certo che il destino aveva il senso dell'umorismo, lei che per tutta la vita si era sentita a disaggio nei suoi “panni” sarebbe morta in quelli di qualcun altro : sarebbe morta in un incidente d'auto vestita da Bilbo Baggins, che ironia.

Ad ogni modo era felice che i suoi amici ne fossero usciti quasi del tutto illesi e voleva salutarli prima di andarsene. Provò quindi a parlare ma tutto quello che le usci di bocca fu un rantolo strozzato, che comunque fu abbastanza visto che la mora si tirò subito in piedi per accertarsi delle condizioni dell'amica. “Non preoccuparti i soccorsi stanno arrivando” le aveva detto la mora con voce roca tanto stava cercando di trattenersi da piangere.

Quando Sara chiuse gli occhi ed annaspò per respirare, probabilmente perché la trave le aveva perforato il polmone, non ci fu modo per la ragazza di trattenere le lacrime “Per favore, Sara... non mollarmi ora...” a quelle parole la bionda riapri gli occhi ed accenno un sorriso per rassicurare l'amica. La mora rispose sorridendo a sua volta con le guance rigate di lacrime “Mi hai promesso che avremmo fatto questo cosplay insieme... chi sa, magari l'anno prossimo riesco ad infilarti in un vestito da hobbit” le sussurrò Giulia singhiozzando mentre le accarezzava dolcemente i capelli, probabilmente nel disperato tentativo di mantenerla cosciente.

In fondo non era così male andarsene così, non sentiva alcun dolore e le dolci carezze dell'amica la facevano sentire leggera, come se stesse galleggiando in un torrente dalla corrente gentile. Si sforzò comunque di tenere gli occhi aperti sperando che questo rassicurasse l'amica, ma la sua vista periferica incominciava ad offuscarsi lasciando sempre meno spazio al viso della ragazza che ora la guardava direttamente negli occhi.

“Sara per favore... ti prego resta con me... ti prometto che farò tutto quello che vuoi...per favore.. ” ora la voce della ragazza era disperata e Sara non poteva fare niente per consolare l'amica. “DAVIDE.... Dio mio aiutaci.... DAVIDE, SARA HA SMESSO DI RESPIRARE.... AIUTO ”la mora ora era in piena isteria mentre continuava ad accarezzare i riccioli dell'amica.

Sara la sentì gridare il nome del ragazzo per il quale aveva provato amore, lo vide avvicinarsi, lo sentì mentre le poggiava due dita sul collo e ancora non poteva fare nulla per rassicurarli. “Non c'è battito” disse il ragazzo mentre le lacrime incominciavano a scendere anche sul suo viso. “No... non è vero... non ci credo... dobbiamo fare qualcosa” la mora afferro disperatamente le lamiere dello sportello e comincio a strattonarle violentemente, rischiando più volte di peggiorare la profonda ferita sul suo braccio.

Non potendo fare altro Davide afferrò la ragazza per la vita e con un gesto deciso la allontano dalla macchina, mentre la ragazza piangeva e si dimenava per raggiungere l'amica. “NON. C'E'. BATTITO.” disse fermamente da dietro la nuca della ragazza, che all'improvviso divenne un peso morto tra le sue braccia. Quando la lasciò andare Giulia si accascio singhiozzante con lo sguardo fisso sul volto dell'amica che ora li osservava con occhi spalancati e senza vita.

Davide si inginocchio accanto a Giulia e la strinse a se, con gli occhi colmi di lacrime guardò verso la macchina e le disse “Ora non possiamo fare altro che aspettare l'ambulanza”. Questa fu l'ultima immagine che Sara riuscì a percepire prima che il mondo diventasse completamente nero, pian piano anche i suoni cominciarono ad ovattarsi, poi più nulla. Il mondo era scomparso e lei era sola nell'oscurità.

Per strano che possa sembrare non ne fu spaventata solo un po' delusa, non aveva mai pensato alla vita dopo la morte, non che credesse più di tanto all'aldilà, ma non si aspettava che ci fosse letteralmente 'il nulla'. Questo pensiero le riportò alla mente il suo libro preferito, nel ricordare le avventure di Sebastian e Atreiu senti un sorriso triste sfiorarle le labbra, non che fosse sicura di avere ancora delle labbra o un corpo in generale.

All'improvviso fu come se la forza di gravità fosse riapparsa e si senti cadere per quello che le sembrò un eternità. Con sua grande sorpresa le sembro di atterrare pesantemente al suolo, in quel preciso istante tutto il suo corpo incomincio a pulsare come se il sangue avesse ripreso a circolarle nelle vene, mentre un dolore acuto percorse il suo intero essere.

Sara aprì gli occhi aspettandosi di non riuscire a vedere niente ma invece proprio difronte al suo sguardo c'era la chioma di un albero illuminata dalle prime luci dell'alba, o dalle ultime del tramonto per quanto poteva saperne lei. Sotto di lei riusciva a sentire l'umidità della terra e lo scrosciare di foglie e rami, istintivamente affondò le dita nel sottobosco e nonostante il dolore atroce che sentiva propagarsi da ogni parte del suo corpo non si era mai sentita più in pace col mondo in vita sua.

La sua attenzione fu subito attratta altrove quando si rese conto che una figura massiccia, sicuramente un uomo dai capelli scuri, era china su di lei e le stava parlando in un linguaggio che non capiva. Ci furono alcuni momenti confusi in cui si rese conto che sentiva il sapore del sangue in bocca e che la sua vista era annebbiata, riusciva a distinguere ben poco dei contorni delle cose tanto meno il volto dell'uomo che le era accanto.

Cercò di parlare ma c'era qualcosa che le stringeva il petto così tanto che le era difficile anche solo respirare. Improvvisamente l'uomo si mise a cavalcioni su di lei, appoggiando il peso sulle ginocchia in modo da non schiacciarla. Continuando a parlarle in quello strano linguaggio lo sconosciuto prese un grosso coltello e le incise il colletto della maglia, poi prese i bordi tagliati del colletto e li strattono violentemente.

Sara era grata di riuscire a respirare liberamente di nuovo, ma non appena la sua pelle fu esposta l'uomo piantò fermamente le sue enormi mani a palmo aperto sui suoi seni. Appena realizzò dove lo sconosciuto avesse messo le mani e cosa questo potesse implicare un urlo terrorizzato le uscì dalla gola, “NOOOO.... LEVATI.... LEVATI...” combattendo contro il dolore che le percorreva il corpo incominciò a dimenarsi e riusci anche a graffiare il viso dell'uomo, che dal canto suo non stava facendo molto per difendersi, intento come era a sorreggere i suoi seni.

Dal nulla una seconda figura, un uomo biondo da quello che riusciva a capire, venne in soccorso del primo uomo e le blocco le mani sopra la testa. I due uomini continuavano a parlare di lei o con le, non riusciva bene a capirlo, mentre Sara cercava disperatamente di liberarsi. “Per favore.. lasciatemi andare” aveva sussurrato in fine, quando stremata e dolorante si era arresa, e cominciò a piangere per la vergogna (di essere vista e toccata) e per la frustrazione (di non essere in grado di difendersi).

Improvvisamente ci fu come un ruggito e una terza figura, se possibile ancora più imponente di questi due uomini che la stavano trattenendo, entrò nella radura seguita da altre ombre sfocate. Per quello che poteva capire erano tutti uomini e il cuore di Sara diventò pesante come il piombo. Cosa le avrebbero fatto? Come era finita la? Perché non riusciva a capirli? Era finita all'inferno o era tutto un sogno ed ora si trovava ancora sul sedile posteriore della macchina di Davide profondamente addormentata? Non aveva idea di quello che le stesse succedendo.

All'urlo del terzo uomo quello che era a cavalcioni su di lei alzo le mani come in segno di resa, esponendo la pelle pallida dei suoi seni alla vista di tutti i presenti. L'uomo biondo continuò a trattenerle i polsi, anzi la sua presa si fece dolorosamente stretta, come se la vista di tanta abbondanza lo avesse incitato . Sara si sentì tremendamente indifesa e il suo corpo fu scosso da forti tremori per la paura e l'imbarazzo, mentre una nuova ondata di lacrime e singhiozzi disperati la pervadeva tutto quello che riuscì a sussurrare fu “Per favore.... vi prego, lasciatemi andare”.

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Capitolo 2
*** The voice of the heart ***


LINGUAGGI : “comune” ; *elfico* ; ^nanico^ ; [linguaggio dei segni]; §mondo reale§ ; “orchesco / lingua nera”; 'pensieri o comunicazioni mentali' ; 'comunicazioni mentali (follia o maleficio)'

 

“l'alba vi prenderà tutti” e dicendo questo Gandalf colpì il masso sul quale era salito spezzandolo e rivelando la luce del sole. Le tre vili creature si tramutarono quasi immediatamente in pietra mentre gemevano e si contorcevano. Appena fu sicuro che non ci fosse più pericolo lo stregone si precipitò verso i nani nei sacchi e liberò i due giovani principi per primi. Quando furono fuori dai sacchi i due nani si affrettarono ad aiutarlo nel liberare i compagni, ma Gandalf li fermò prima che potessero cominciare “No, andate a cercare Bilbo. Fate in fretta potrebbe essere gravemente ferito”. Anche se lo stregone cercava di mantenere un tono neutrale era evidente che fosse estremamente preoccupato per la piccola creatura, così i due giovani sparirono nella boscaglia in direzione del luogo dove il troll aveva lanciato Bilbo.

Ci vollero un po' prima che tutti i nani fossero liberi e quando tutti furono saldi sui propri piedi, ed adeguatamente vestiti, Thorin incominciò ad impartire i primi ordini “Resteremo accampati alla fattoria fino a domani mattina, per riprendere le forze. Bofur, Nori, unitevi ai miei nipoti nelle ricerche dello scassinatore, appena lo trovate tornate alla fattoria. Oin e Gloin preparate tutto l'occorrente in caso il mezz'uomo o chiunque altro abbia bisogno di medicazioni. Bombur torna al campo e preparaci qualcosa per rimetterci in forze. Dori, Ori, procurate abbastanza legna da sostenere il fuoco fino a domani. Balin, Dwalin e Bifur perlustrate i dintorni e vedete se è possibile recuperare i pony. Gandalf due parole se non ti dispiace.” detto ciò si incamminò verso un angolo appartato della radura seguito da Gandalf.

Thorin sapeva che dopo una notte passata legati su uno spiedo o dentro un sacco costringere i suoi uomini a marciare (visto che con molta probabilità non avrebbero ritrovato tutti i pony) per tutto il giorno sarebbe stato un inutile attentato alla loro salute. I nani erano molto più resistenti della maggior parte delle razze ma non c'era motivo di affaticarsi inutilmente, in ogni caso con molta probabilità le ferite del mezz'uomo li avrebbero comunque costretti a fermarsi per uno o più giorni.

Nonostante fin dall'inizio avesse avvertito lo stregone che non si sarebbe preso la responsabilità di ciò che sarebbe potuto accadere allo hobbit il pensiero che la piccola creatura, inutile per quanto fosse, potesse essere ferita o peggio era come un macigno sulle sue spalle. Non che Thorin si fosse affezionato a Bilbo, anzi lo trovava decisamente irritante, ma l'idea di aver perso un componente della compagnia così presto in queste avventura era come un cattivo presagio ai suoi occhi, non che un fallimento personale.

C'era qualcosa nello hobbit che il re in esilio no riusciva a capire, come se Bilbo fosse destinato a stargli vicino, almeno per la durata della missione aveva supposto il nano, ma allo stesso tempo nella sua presenza c'era qualcosa di estremamente sbagliato. Ovviamente questo portava il nano a tollerare a penna la piccola creatura, ogni volta che i due stavano vicini Thorin aveva come la sensazione che qualcosa di innaturale gli scorresse sotto la pelle e finiva per essere burbero e prepotente con il povero hobbit.

Per Thorin gli altri erano amici e parenti ai quali era legato da affetto che si era consolidato negli anni. Bilbo invece era un portafortuna, colui senza il quale la loro impresa era destinata a fallire ( o almeno era quello che aveva detto Gandalf) così tutto quello che poteva fare era digrignare i denti ed andare avanti. Quando da lontano tra gli alberi sentì Kili urlare a pieni polmoni “ L'HO TRAVATO, E' VIVO E TUTTO D'UN PEZZO.....ALMENO CREDO”. Thorin non poté fare altro che tirare un sospiro di sollievo e lasciarsi sfuggire un sorriso. Ovviamente la sua espressione non passò inosservata allo stregone che lo contraccambiò con un ghigno compiaciuto, a sua volta sollevato della buona notizia. Qualsiasi fosse il motivo di tale compiacimento Thorin era certo di non volerlo sapere e quindi riprese il suo solito cipiglio e domandò con voce calma “Dove eri andato se posso chiedere?”.

Gandalf si sentiva euforico al pensiero che Bilbo l'avesse scampata e anche se i suoi pensieri erano incupiti dagli avvenimenti della sera prima si sentiva in vena di punzecchiare Thorin. “A guardare avanti” disse semplicemente come se fosse la risposta più logica che esistesse alla domanda del nano. Thorin lo guardò un po' sospettoso ma poi la curiosità ebbe la meglio su di lui, “Cosa ti ha fatto tornare?” chiese osservando attentamente il viso di Gandalf come a cercare di scorgere le parole non dette nella sua risposta. “Guardare indietro” rispose lo stregone compiaciuto di aver portato un altro sorriso, se pur quasi invisibile, sulle labbra del monarca in esilio.

Indicando verso i troll di pietra lo stregone aggiunse “Brutto affare, sono ancora tutti interi però”.“Non grazie al tuo scassinatore” borbottò il nano. Quanta ingenuità che poteva vedere Gandalf in quel momento nel nano o forse era solo mero orgoglio, in ogni caso chi vede uno sbaglio deve correggerlo se è in suo potere farlo. “Ha avuto il buon senso di guadagnare tempo, nessun altro di voi ci aveva pensato” alle parole di Gandalf, Thorin ebbe la decenza di sembrare quanto meno a disagio e quindi lo stregone decise di cambiare discorso “Devono essere calati dagli Erenbrulli”.

Thorin resosi conto dell'opportunità che Gandalf gli offriva assecondò lo stregone nella conversazione, “Da quando i troll di montagna si avventurano così a sud?” chiese sinceramente curioso della risposta. “Non da un era, non da quando un potere più oscuro guidava queste terre” alle orecchie di Gandalf le sue stesse parole suonarono come un oscuro presagio, ma scaccio il pensiero in favore di domante che necessitavano una risposta in un futuro più imminente. “Non possono essersi mossi alla luce del giorno” constatò lo stregone, “Deve esserci una grotta nelle vicinanze” aggiunse Thorin concludendo la sua frase.

Mentre erano in procinto di unirsi agli altri alla fattoria, per condividere le nuove informazioni, l'urlo di una donna terrorizzata riecheggio per tutta la foresta. Thorin e Gandalf si scambiarono un rapido sguardo prima di precipitarsi verso la fonte del suono. “Che ci fa una donna in un posto del genere?” chiese Thorin come se Gandalf potesse avere una risposta certa a una tale domanda. “Forse la moglie o la figlia del fattore sono riuscite a scampare, oppure qualcuno che stava viaggiando sulla Grande via Est” rispose lo stregone.


 

# # #


 

Appena entrati nella boscaglia Fili e Kili si separarono per coprire una maggiore superficie di ricerca, Kili era comunque in grado di percepire la presenza del fratello che come lui stava gridando il nome dello hobbit ad intervalli regolari, nella speranza di ricevere una risposta ed abbreviare i tempi di ricerca. Basandosi sulla durata e il modo in cui era scemato l'urlo di Bilbo mentre cadeva, potevano supporre che il troll lo avesse lanciato abbastanza lontano. Purtroppo dalle loro posizioni nei sacchi i due giovani erano riusciti solo ad individuare un direzione piuttosto approssimata nella quale era più probabile che Bilbo fosse atterrato.

Kili si sentiva terribilmente in colpa, in cuor suo era convinto che le sue stupide proteste avevano portato il troll all'esasperazione, se non fosse stato così ottuso probabilmente ora Bilbo sarebbe stato insieme a loro e non disperso chi sa dove nella foresta, ferito o peggio. Il giovane nano aveva cercato ovunque per quasi mezz'ora ormai, ma di Bilbo nemmeno l'ombra e a quanto pareva nemmeno Fili aveva avuto fortuna.

Kili si fermò un attimo per riprendere fiato ed asciugare qualche lacrima, che la sua coscienza sporca minacciava di far diventare un vero e proprio pianto. Si era lasciato scivolare lungo il tronco di un albero preso dalla disperazione, dopo un attimo di esitazione fece per rimettersi in piedi ma a distanza dietro una apertura in mezzo ai rami un roveto intravide il rosso scuro del cappotto di Bilbo. Si sporse all'interno della siepe spinosa per vedere meglio, facendo attenzione a non ferirsi e li proprio davanti i suoi occhi, ai piedi di un albero in una piccola radura quasi interamente circondata da rovi, giaceva immobile lo hobbit.

Senza pensarci su due volte Kili si aprì un varco tra i rovi, usando la sua spada come un macete, e si diresse velocemente verso il piccolo corpo di Bilbo. Lo hobbit era disteso a faccia in su sotto l'albero che molto probabilmente aveva attutito la caduta. Purtroppo scivolando giù dai rami la piccola creatura era caduta, probabilmente di testa, prima sui rovi e poi per terra colpendo un grosso masso con la testa. Li viso di Bilbo era nella penombra e ricoperto dal sangue che sgorgava dal grosso taglio che l'impatto con la pietra gli aveva provocato sullo scalpo, i suoi riccioli biondo scuro ora erano color vermiglio e i suoi vestiti erano laceri e sporchi di fango e sangue. Per un attimo penso Kili che lo hobbit fosse morto e senti un nodo stringersi in gola, ora quella creatura gentile gli sembro ancora più piccola e indifesa che mai, ma all'improvviso Bilbo prese a lamentarsi flebilmente ed aprì gli occhi.

Kili si inginocchio accanto a Bilbo e gli sussurro “Sta tranquillo Bilbo andrà tutto bene”, si strappo un pezzo di camicina e delicatamente cercò di levargli un po' di sangue dal viso prima di tamponare il taglio tra i riccioli. “L'HO TRAVATO, E' VIVO E TUTTO D'UN PEZZO.....ALMENO CREDO” urlò sapendo che presto gli altri sarebbero arrivati ad aiutarlo, poi più dolcemente si rivolse a Bilbo “Se non ci sono ossa rotte sarai come nuovo in meno di un paio di giorno” lo informò mentre si accingeva a controllare che tutte le ossa dello hobbit fossero intatte. “Di solito le ferite come questa sanguinano un sacco e basta, nulla di grave” aggiunse con un sorriso, ma Bilbo lo guardava come se non riuscisse a riconoscerlo e la cosa era decisamente preoccupante.

Il fatto che a sua volta Kili avesse l'impressione di non riconoscere gli occhi di Bilbo, e che il suo viso e il suo corpo sembrassero diversi, invece doveva essere solo un gioco della sua mente stanca. Dopo tutto, quanti altri hobbit potevano essere piovuti dal cielo quella stessa notte? E anche se ci fossero stati altri hobbit in giro per il bosco, quante probabilità potevano esserci che indossassero i suoi stessi vestiti? No, quello doveva per forza essere il loro scassinatore.

§Chi?.... Io non ... respiro..§ le parole incomprensibili rantolate da Bilbo attrassero l'attenzione di Kili sul respiro affannoso dello hobbit. Era probabile che il troll gli avesse rotto delle costole, nella peggiore delle ipotesi le ossa rotte potevano aver perforato i polmoni, per ora tutto quello che Kili poteva fare per lui era alleviare la pressione intorno al suo busto slacciando qualsiasi cosa fosse troppo stretta. Controllando bene non sembrava ci fosse nulla oltre al panciotto che potesse impedire a Bilbo di respirare, ma appena sbottonato il panciotto il giovane nano si rese conto che la blusa dello hobbit era pericolosamente stretta intorno al suo torace.

La blusa era talmente stretta che tagliarla sarebbe stato rischioso e Kili sarebbe stato costretto a strapparla con le mani. Il giovane nano si mise a cavalcioni su Bilbo in modo da evitare di doverlo muovere troppo, appoggiando il peso sulle ginocchia per non rischiare di schiacciarlo o fare alcuna pressione sulle sue costole. “Lo so che sei un tipo molto pudico e che adori i tuoi vestiti” gli disse mentre estraeva il suo pugnale dal fodero “Ma questo ti aiuterà a respirare meglio... non odiarmi per favore.” dicendo ciò incise il colletto poi ne prese i bordi tagliati e li strattono violentemente.

La stoffa sottile cedette come carta sotto le mani vigorose del nano e appena libera la piccola creatura respirò a pieni polmoni. Quando il torace di Bilbo si sollevò, per permettere ai suoi polmoni di riempirsi d'aria, due seni abbondanti e pallidi fecero capolino dai lembi laceri dei suoi indumenti e Kili d'istinto li afferrò nel maldestro tentativo di ricoprirli e salvare la modestia di quella che evidentemente era una donna . Il giovane nano era completamente esterrefatto, la sua mente non riusciva a dare un senso a ciò che i suoi occhi stavano vedendo. Osservando meglio lo hobbit ( LA hobbit ) non c'era dubbio che fosse Bilbo, solo che ora per qualche assurda ragione era una femmina.

§NOOOO.... LEVATI.... LEVATI...§ urlò la donna terrorizzata mentre cercava disperatamente di sottrarsi alla presa del nano. Kili non riusciva a capire in che lingua stesse parlando Bilbo e sconvolto com'era non si sposto minimamente dalla sua posizione. Per quanto lei si agitasse non c'era alcuna speranza che la hobbit fosse in grado di smuoverlo, tanto meno che riuscisse a 'disarcionarlo' .

Con sua grande vergogna il giovane si rese conto di quanto facile sarebbe stato per lui approfittare del momento, mentre la piccola creatura si dimenava con la forza che a lui ricordava tanto lo sfarfallio delle ali di un uccellino. Kili era così immerso in quei pensieri e nella sensazione della pelle setosa sotto i sui palmi che non si accorse che Fili era entrato nella radura fino a quando non lo vide bloccare le mani di Bilbo, che a quanto pare a sua insaputa stavano cercando di accecarlo, sopra la sua testa.

“Kili ma a che diamine stavi pensando?...” il principe rimproverò il fratello minore, “Per poco non ti cavava un occhio...e perché si agita tanto?” borbottò a denti stretti mentre teneva ferme le braccia di Bilbo. Per Fili tutta la situazione era assurda. Appena arrivato nella radura si era ritrovato davanti i due in quella strana posizione, Kili che come una statua di sale guardava imbambolato il viso di Bilbo mentre questi si agitava come un gatto in un sacco.

“Io … non ...io non dovrei toccarle... davvero... non è corretto” aveva balbettato Kili ad un certo punto e il nano biondo ora era più confuso di prima. “Ma di che stai parlando? Cosa non dovresti toccare?” aveva chiesto Fili al fratello ma la sua attenzione si sposto su Bilbo che improvvisamente era immobile sotto il loro, probabilmente esausto dopo tutto quel dimenarsi.

Fili stava per aprire bocca per cercare di ragionare con Bilbo quando la piccola creatura lo guadò dritto in faccia, gli enormi e meravigliosi occhi di Bilbo si riempirono di lacrime e terrore mentre il suo corpo veniva scosso da tremori e singhiozzi. Con una voce estremamente femminile Bilbo sussurro §Per favore... lasciatemi andare§ in una lingua che Fili non conosceva, ma quelle parole suonavano pericolosamente come una supplica o una richiesta di misericordia. L'idea che in qualche modo lo hobbit pensasse che i due giovani principi volessero fargli dal male fu come un pugno nello stomaco per Fili. Cosa, in nome di Mahal, avrebbe potuto far pensare al loro scassinatore che uno qualunque dei nani nella compagnia potesse avere cattive intenzioni nei suoi confronti? Persino Thorin, per quanto rude, non avrebbe mai alzato nemmeno un dito sullo hobbit, neanche per gioco.

Proprio in quel momento Thorin entrò nella radura seguito da Gandalf, Bofur e Nori. "Fili, Kili, cosa sta succedendo?" al ruggito dello zio Kili alzo le mai come in segno di resa, esponendo la pelle pallida di due seni sodi e giovani alla vista di tutti i presenti. Ora Fili riusciva a comprendere le parole del fratello, e per un breve momento la sua stretta si serrò sui polsi della donna, 'No.. decisamente non avrebbe dovuto toccarle' penso. Il giovane principe si rese conto che lui e suo fratello stavano imponendo la loro forza fisica su una giovane donna, avevano toccato senza il suo consenso quella delicata creatura che ora era terrorizzata.

Ora il principe era completamente immobile, esattamente come Kili nel momento in cui il fratello era entrato nella radura. Quella situazione era così surreale che si sentiva come paralizzato, sebbene l'unica cosa che volesse fare fosse allontanarsi da Bilbo. Fili sentì il corpo di Bilbo (perché di Bilbo si trattava) scosso da forti tremori, sicuramente provocati dalla paura e l'imbarazzo, e mentre una nuova ondata di lacrime e singhiozzi disperati la pervadeva la hobbit sussurro §Per favore.... vi prego, lasciatemi andare§ in quella lingua sconosciuta.

Thorin non poteva credere ai suoi occhi. Il re in esilio era andato in contro a quella richiesta di aiuto aspettandosi di trovare una donna in pericolo, invece si era trovato difronte ai suoi nipoti che per qualche assurta ragione stavano trattenendo a terra un Bilbo frignante e malconcio. All'improvviso, per qualche sortilegio che non riusciva a comprendere, due dei più invitanti seni che avesse mai visto in vita sua erano attaccati a quello che doveva essere il corpo del suo scassinatore. Nel nome di Mahal, che diamine stava succedendo? Lo stupore iniziale si dissolse al suono di una voce delicata che sussurrava una supplica incomprensibile ma allo stesso tempo chiarissima.

La scena che aveva davanti gli fece accapponare la pelle. I suoi due giovani nipoti, i suoi eredi, stavano trattenendo una donna con la forza e contro la sua volontà l'avevano toccata in modo indecente, riducendola in lacrime. Per di più tutto questo stava avvenendo sotto gli occhi di quasi tutta la compagnia, non che questo fosse il punto ovviamente. Non importava quanto il gesto fosse dettato dalla necessità, non importava che non ci fosse malizia nelle loro intenzioni, tutto quello che era importante era che i suoi nipoti si allontanassero da Bilbo (fino a prova contraria) prima di peggiorare ulteriormente la situazione.

Per i nani le donne, di qualunque razza fossero, era considerate un dono a causa della loro rarità nella loro razza. Le donne portano con loro la vita e la forza per sostenerla, fare un torto ad una di esse non era solo deprecabile moralmente ma anche un presagio di sventura o morte. Non avrebbe mai permesso che una donna venisse maltrattata sotto i suoi occhi, tanto più se questo poteva voler dire che i suoi nipoti avrebbe attratto le ire dei loro Padri su di essi o sulla compagnia.

Rendendosi conto che i due ragazzi erano stupiti tanto quanto lui delle loro azioni, si avvicinò a grandi passi verso di loro, li sollevò di peso uno alla volta gettandoli poco decorosamente in mezzo alla radura ai piedi degli altri. Facendo questo Thorin frappose il suo corpo tra i nipoti e donna ( o meglio la fanciulla, per quello che Thorin riusciva a vedere) nella speranza di salvare quello che restava della sua modestia. La hobbit appena libera dalla presa dei due giovani si era stretta le braccia intorno al petto nel disperato tentativo di coprirsi ed era strisciata tra le radici dell'albero, rannicchiandosi in modo da essere più piccola che fosse possibile aveva continuato a piangere e singhiozzare. Quello spettacolo fu come un dardo al cuore per Thorin. Mai in tutta la sua vita aveva desiderato tanto di proteggere qualcuno, di essere gentile con qualcuno, che non appartenesse alla sua famiglia o alla sua gente.

"Che vi passa per quelle testacce? Vi sembra il modo di trattare una donna?" ringhiò il monarca verso i suoi nipoti, che ora sembravano estremamente imbarazzanti da ciò che avevano fatto. "Vostra madre vi raserebbe a zero se venisse a saperlo..." Thorin aveva continuato, ed ora i principi sembravano quasi in lacrime. "E probabilmente pretenderebbe il mio scalpo" aggiunse con un sospiro rassegnato mentre si voltava verso Bilbo (non sapendo come altro chiamare la ragazza). " Chi è? Perché indossa i vestiti di Bilbo?" chiese sperando che i nipoti avessero almeno un idea di quello che stava succedendo. "Io .... Io credo che lei sia Bilbo, ma non so come sia diventato una lei "Aveva risposto Kili, con una voce tanto flebile da essere appena udibile.

Thorin guardo verso Gandalf, che nel frattempo si era avvicinato alla hobbit senza però lasciar intendere che avesse alcuna intenzione di toccarla. Quando lo stregone annui il nano comprese che una cosa del genere era evidentemente possibile e che quindi quella fragile figura tremolante era di fatto Bilbo Baggins della contea, lo scassinatore che aveva firmato il suo contratto, maschio o femmina che fosse.

"Per quale ragione le avete strappato i vestiti?" a quella domanda tutto il colore scomparve dai volti dei due giovani nani, ma Thorin continuò il suo interrogatorio, "E per la barba di Mahl, perché avevi le mani sui suoi seni?". Quest'ultima domanda era rivolta chiaramente a Kili che si precipitò a rispondere, "Non è come sembra... Lui .... Cioè lei ... Non riusciva a respirare ma io pensavo che fosse il vero Bilbo ... Cioè che fosse maschio... Insomma... Quando le ho viste volevo coprirla, ma lei ... Lei si è messa a urlare in questa strana lingua... Io non sapevo cosa fare." concluse il giovane moro con un sospiro pieno di rammarico e vergogna, mentre le lacrime incominciavano a scendere.

"E tu che cosa hai da dire in tua difesa?" questa volta la domanda di Thorin era rivolta verso Fili. "Io pensavo che Bilbo si stesse agitando per le ferite e che Kili stesse cercando di evitare che si ferisse ulteriormente. Così ho cercato di aiutarlo, mi sono accorto che c'era qualcosa di strano solo quando ho sentito la sua voce poi....poi Kili a alzato le mani.... Le mani..." il giovane principe non riuscì a finire la frase, il suo viso era della stessa tonalità dei pomodori maturi e continuava a fissare ostinatamente gli stivale dello zio.

Thorin non poteva biasimare più di tanto Fili e Kili data la loro giovane età, di certo erano addestrati a combattere non a reagire in simili situazioni, ma in qualche modo doveva punirli. "Da ora in avanti vi è proibito di stare a meno di 3 metri dal mezz'uomo....ecco, volevo dire della Hobbit, a meno che non ci sia altra scelta. In ogni caso potrete avvicinarla solo in presenza di altri e solo se lei acconsente a stare in vostra presenza. Sono stato chiaro?" chiese con il tono più autoritari che avesse mai adottato in vita sua, la minaccia di una pesante punizione ad un eventuale disubbidienza era implicita, e i due giovani annuirono energicamente completamente sottomessi.

Thorin sapeva bene quanto i suoi nipoti adorassero la compagnia di Bilbo e questo sarebbe servito sia a punirli che a far sentire più al sicuro la giovane fanciulla. Fece per avvicinarsi alla ragazza, camminando a grandi passi pesanti e raddrizzando le spalle in modo da avere l'aspetto più dignitoso possibile in una situazione del genere, ma fu congelato nel muoversi dalla voce di Nori. "Se fossi in te non mi avvicinerei a lei così presto, e in ogni caso non con un atteggiamento tanto minaccioso" la voce del ladro lo colpì in pieno nell'orgoglio, l'ultima cosa che voleva era sembrare minaccioso.

"E di grazia, vorresti avere la gentilezza di dirmi perché non dovrei avvicinarmi.....visto che ai suoi occhi sono colui che l'ha liberata?" Thorin era decisamente seccato dal tono insolente di Nori. "Si certo, l'hai salvata.... oppure ... ai suoi occhi sei il capo di un gruppo di banditi e ti vuoi togliere lo sfizio di essere il primo a violentarla.... sai, la storia della verginità e tutto il resto. Dopo di che la lascerai alle nostre amorevole cure, uno alla volta o tutti insieme, non credo che per lei faccia differenza visto il modo in cui l'abbiamo trovata con i ragazzi. Ma questa è solo una mia supposizione. Sta tranquillo mio re, sono sicuro che questo pensiero non le ha sfiorato minimamente il cervello" il tono di schermo nella voce di Nori era davvero troppo, Thorin avrebbe voluto prenderlo a pugni proprio li, in quel momento, ma il nano dai capelli a stella aveva ragione. Nori aveva visto molte più cose di tutti loro nella sua vita, molte delle quali grazie al suo lavoro di spia e ladro, sapeva bene quanto il mondo fosse crudele soprattutto con le donne.

Thorin maledisse comunque Nori e la sua mancanza di finezza. Fili e Kili ora erano bianchi come un lenzuolo e le loro bocche erano spalancate in una smorfia di puro orrore, probabilmente fino a quel momento non avevano compreso in pieno quanto grave fossero state le loro azioni. Thorin era piuttosto sicuro che quella fosse la prima volta che i due avessero a che fare con il corpo femminile, lui stesso aveva avuto il suo primo rapporto con una donna oltre il suo primo secolo di vita, quasi certamente i suoi nipoti avevano già avuto le loro prime esperienze sessuali, le classiche scappatelle con un compagno di addestramento o qualche amico d'infanzia.

Per i nani, al contrario degli uomini, non c'era nulla di male in due uomini (o due donne) che condividessero i piaceri della carne, anzi era piuttosto comune vista la carenza di donne nella loro razza e la loro riluttanza a socializzare con le altre razze. Il pensiero che i due giovani associassero la loro prima esperienza con il genere femminile ad un atto tanto perverso lo preoccupava. Lui stesso in questo momento si sentiva un essere repellente solo al pensiero che una creatura tanto delicata potesse sentirsi minacciata da lui in quel modo, poteva solo immaginare cosa stessero provando i suoi nipoti.

Mentre Thorin soppesava le parole del compagno, incerto sul come procedere nell'approcciare Bilbo, altri nani entrarono nella piccola radura. Dwalin, Balin e Bifur erano apparsi dalla siepe col fiato corto, probabilmente avevano corso fin li attratti dalla richiesta d'aiuto della ragazza, ed ora fissavano la scena confusi. “Thorin, che sta succedendo? Abbiamo sentito una donna urlare...” Dwalin aveva incominciato a chiedere spiegazioni quando da dietro le spalle di Thorin un ombra minuta si era scagliata veloce come un fulmine su di lui.

Thorin fece giusto in tempo ad urlare “FERMO....E' UNA DONNA” che Dwalin, che aveva alzato le braccia per raggiungere le asce gemelle che teneva attaccate alla schiena, sentì due braccia sottili stringersi intorno alla sua vita in un abbraccio tremolante. Non era riuscito a vedere molto di quella piccola creatura, che a quanto pareva era una donna, comunque dall'altezza e dalla chioma riccioluta agli occhi del nano sembrava proprio Bilbo, il che non aveva assolutamente alcun senso. Non sapendo che fare il robusto nano restò completamente immobile mentre la ragazza affondava il viso nella pelliccia che gli ricopriva il petto prima di scoppiare in un pianto disperato, ma che sembrava più liberatorio che di tristezza o paura.

La ragazza parlava in una strana lingua, Dwalin non capiva le parole ma era ovvio che gli stesse chiedendo protezione e conforto. Per quanto burbero e poco avvezzo alle dimostrazioni d'affetto fosse, Dwalin non poté fare altro che abbassare lentamente le braccia e cingere quelle spalle minute il più delicatamente possibile. Inizialmente lei si irrigidì ma poi lo strinse con ancora più vigore. Mentre la abbracciava non tentò minimamente di stringerla a se lasciandole la possibilità di allontanarsi in qualsiasi momento, però le posò una mano sulla nuca ed incominciò a sussurrale parole di conforto.

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Capitolo 3
*** Cosplay Camp ***


LINGUAGGI : “comune” ; *elfico* ; ^nanico^ ; [linguaggio dei segni]; §mondo reale§ ; “orchesco / lingua nera”; 'pensieri o comunicazioni mentali' ; 'comunicazioni mentali (follia o maleficio)'



Il terzo uomo si avvicinò a grandi passi verso di loro e Sara chiuse gli occhi sperando che il tocco delle nuovo arrivato non fosse rude come la sua mole lasciava presupporre. Dopo quella che a lei sembrò un eternità non era successo nulla, aprì gli occhi giusto in tempo per vedere l'uomo che afferrava i suoi aggressori e li lanciava di peso lontano da lei. L'uomo si frappose tra lei e gli altri nella radura ma Sara non aveva intenzione di scoprirne il motivo, quella figura le appariva troppo minacciosa e da quello che era riuscita a vedere aveva una forza decisamente fuori dal comune.

Appena libera cercò disperatamente di coprirsi, inutilmente tentò di riunire i lembi della blusa che evidentemente non era stata cucita per un corpo femminile, quindi strisciò via nella speranza di allontanarsi il più possibile da quegli uomini sconosciuti. Purtroppo la mancanza di una vista nitida e gli arti doloranti le impedirono di andare lontano. Quando riuscì a trovare un una piccola nicchia, tra quelle che sembravano radici, ci si rannicchio dentro nel tentativo di nascondersi. Mai in vita sua si era sentita così spaventata e con sua grande frustrazione non riuscì a trattenere il pianto per l'ennesima volta quella sera.

L'uomo alto (o così era apparso a Sara) ora stava urlando minacciosamente contro i suoi aggressori. Sara non riusciva a capire nemmeno una parola ma dal tono sembrava decisamente un superiore che da una strigliata a i suoi subordinati. La realtà la colpì come uno schiaffo in faccia, 'e se fossero dei criminali? Se questo è un sogno non devo preoccuparmi, ma se non lo fosse? E se fossi davvero morta e questo è il mio aldilà e da ora in poi dovrò vivere qui?' pensò mentre li osservava interagire. Di colpo l'uomo alto si girò verso di lei e incominciò ad avvicinarsi, schiena dritta ed incedere deciso come qualcuno che sta andando a ritirare la sua ricompensa.

Sara strinse i pugni e si preparò, sinceramente non sapeva cosa aspettarsi ma qualsiasi cosa fosse successo, ovunque si trovasse in quel momento, non si sarebbe arresa senza lottare ora che era riuscita a riacquistare un po' di lucidità. Uno degli altri uomini aveva parlato attirando l'attenzione dell'uomo alto che ora le dava le spalle e stava rispondendo con un tono di voce che le sembrò decisamente insofferente, era ovvio che non gradisse essere interrotto o contrariato. Mentre la discussione tra i due andava avanti Sara notò una figura estremamente alta (almeno 30cm più alta dell'uomo alto) che la stava osservando da breve distanza, lei non aveva idea di quando si fosse avvicinato ma non sembrava volerle fare del male anzi in qualche modo quella presenza la rassicurava.

Tutto d'un tratto altri uomini entrarono nella radura, ebbe l'impressione che uno di loro avesse un aspetto estremamente familiare ma la sua vista, benché fosse un po' più nitida, non era ancora del tutto affidabile. “Thorin, che sta succedendo? Abbiamo sentito una donna urlare...” a quelle parole in cuore di Sara le saltò in gola. 'Questa è la voce di Davide' pensò mentre il suo cuore prese a battere all'impazzata e quella strana sensazione di euforia che si percepisce quando si passa sopra un dosso a tutta velocità si stabilì fermamente nel suo addome.

Senza pensarci due volte raccolse tutte le forze che le rimanevano, si mise in piedi e corse più velocemente che le fosse possibile verso quella voce. Anche se non era riuscita a capire una sola parola lei era sicura che fosse la voce di Davide, era del tutto plausibile visto che lui parlava fluentemente almeno 7 o 8 lingue. Dopotutto aveva passato troppo tempo a memorizzare ogni tonalità, ogni timbro di quella voce che tanto aveva adorato nei giorni della sua cotta senza speranze per il ragazzo. Si rendeva conto che molto probabilmente lo sconosciuto non era Davide ma il suo istinto le diceva di correre il più velocemente possibile verso quella che per lei ora era la sua unica ancora di salvezza.

Superò l'uomo alto e si lanciò ciecamente a braccia aperte verso la voce amica, praticamente schiantandosi contro un ampio torace che sembrava fatto di pietra. Sara sentì i muscoli dell'uomo muoversi sotto i suoi vestiti, quando lui alzò le braccia lei istintivamente prese il gesto come un invito e gli abbraccio la cintola. Quando la voce dell'uomo alto tuonò dietro di lei Sara non poté fare altro che aggrapparsi disperata al 'presunto Davide' , mentre l'uomo era rimasto completamente immobile dopo il ruggito di quello che era probabilmente il suo comandante.

Sara affondo il viso in quella che le sembro una pelliccia ornata da strisce di cuoio, lo sconosciuto aveva un odore forte, ma decisamente non sgradevole, odorava di erba bagnata, fuliggine e metallo. Il pensiero di aver trovato un'alleato fu un sollievo troppo grande e la giovane scoppiò di nuovo in lacrime. §Per favore … dimmi che sei tu …. ti prego dimmi che sei il mio Davide§ singhiozzo con il viso premuto contro l'ampio torace dello sconosciuto. §E se non sei tu... non ….non lasciare che si avvicinino... salvami§ aveva sussurrato, odiando se stessa per la sua debolezza, ma l'uomo non sembrava capirla e non accenno a muoversi.

Quando meno se lo spettava lo sconosciuto abbassò lentamente le braccia e le cinse delicatamente le spalle, come se avesse paura di romperla. Inizialmente lei si irrigidì ma poi lo strinse con ancora più vigore. Sentì una delle enormi mani dell'uomo scivolare verso la sua nuca, quasi come a sostenerla in piedi, le dita che scivolavano dolcemente tra i suoi riccioli resi appiccicosi dal sangue, e un brivido le percorse la schiena. “Non devi preoccuparti piccoletta, qui non c'è nessuno che vuole farti del male. Sei al sicuro con noi... Mi prenderò cura di te” mentre l'uomo le sussurrava quelle parole, che alle sue orecchie suonavano incomprensibili, Sara sentì il suo fiato caldo tra i capelli ed il tocco delicato delle sue labbra sulla fronte. La parte razionale del suo cervello le diceva che non era un buon segno ma ciò nonostante si ritrovò a rilassarsi e da li a poco la stanchezza ebbe la meglio su di lei.

Dwalin ebbe giusto il tempo di stringere leggermente la sua presa per evitare che la ragazza, ormai priva di sensi, gli scivolasse via dalle braccia. Quando, una volta presa in braccio la fragile fanciulla, alzò lo sguardo, tutti i presenti (compreso Gandalf) lo stavano guardando come se gli fosse spuntata una seconda testa. “Che c'è?... E' svenuta devo portarla in braccio per forza” disse cercando di sembrare il più disinteressato possibile. “Si certo , scommetto che la cosa ti pesa un sacco” lo stuzzicò Nori sghignazzando. “Che vorresti dire 'ladro'?” il tono di Dwalin ora era decisamente minaccioso ma Nori sapeva di poterlo gestire (soprattutto se Dwalin aveva le mani occupate) quindi continuò a punzecchiarlo.

“Niente, rilassati... è solo che ti sei macchiato un po' la barba di sangue, ma suppongo che non ti importi dopo quel tenero ba-....” Nori non fece a tempo a finire la frase che Dwalin lo stava già caricando nonostante avesse la ragazza tra le braccia, fortunatamente Balin gli si parò davanti impedendogli di concretizzare il suo attacco. “Quello che Nori intendeva, fratello, è che di certo non sembri un tipo da manifestare certi atteggiamenti.... a dire il vero io stesso sono rimasto scioccato da quel bacio” come sempre la voce di Balin era gentile con un tono paterno e Dwalin non poté fare altro che arrossire e abbassare lo sguardo sulla ragazza tra le sue braccia. “ Beh... ma lei è così piccola e delicata... anche più di Bilbo, come si può non volerla difendere” borbottò il nano calvo mentre stringeva la ragazza più fermamente al suo petto.

Thorin, come tutti gli altri del resto, non poteva credere ai suoi occhi : Dwalin, il nano più cinico e rude che avesse mai conosciuto stava arrossendo come una sposina nella sua prima notte di nozze. Non fosse stato per quella assurda voglia (a cui non riusciva a dare ne un nome ne una spiegazione) di strappare la ragazza dalle braccia dell'amico anche lui sarebbe scoppiato a ridere come tutti gli altri, mentre Nori approfittava della distrazione che l'anziano nano gli offriva per scomparire nella boscaglia.

“Ma quello è Bilbo” le parole di Kili risuonarono nella radura e attrassero gli sguardi ti tutti i presenti su di lui. “Ragazzo, che vai blaterando?” a questo punto Dwalin non sapeva che fare, se quello che Kili aveva detto era vero la delicata femmina che ora riposava tra le sue braccia completamente inerme era il loro scassinatore. Come diamine era possibile?, 'sicuramente lo stregone deve aver combinato qualche guaio con quel suo dannato bastone' fu l'unica spiegazione che il nano riuscì a dare alla sua mente stanca.

Dwalin, in ogni caso, non aveva intenzione di farsi influenzare, anche se in precedenza quella docile femmina era un maschio lui la avrebbe difesa comunque, lei era corsa tra le sue braccia senza esitare nemmeno per un secondo e lui avrebbe ripagato quella fiducia. Già sentiva la piccola creatura come una sorella minore o una nipotina, e le sue guance si arrossarono di nuovo al pensiero di poterla coccolare e proteggere, ma visti gli sguardi attoniti che i compagni gli stavano rivolgendo un dubbio lo assalì 'mi sa che ho inalato troppo fumo sullo spiedo'. Decisamente non era da lui comportarsi come una ragazzina che ha ricevuto la sua prima bambola.

Rientrati al campo furono accolti da Bombur e un pentolone di stufato caldo, inutile dire che il povero cuoco era completamente smarrito alla vista dei suoi compagni insieme alla ragazza svenuta e all'assenza di Bilbo. Mentre Ori aiutava Dwalin a sistemare il giaciglio di Bilbo per accomodare la ragazza gli altri nani si sistemarono intorno allo stufato per rifocillarsi. Dwalin ovviamente rifiutò di allontanarsi dalla fanciulla per mangiare, l'unico momento in cui distolse lo sguardo da lei fu quando Oin le medicò le ferite e le cambiò i vestiti. Era ormai mattina inoltrata quando tutti incominciarono a trovare un buon posto per riposare.

“Fili, Kili voi avete il primo turno di guardia. Svegliate Bofur e Bifur solo dopo che il sole abbia superato il suo vertice” comandò Thorin, i due giovani volevano protestare che in questo modo il loro turno di guardia sarebbe durato il doppio del solito ma dal tono dello zio questo doveva fare parte della loro punizione quindi si accinsero ad obbedire a testa bassa. Thorin era decisamente di pessimo umore e i suoi nipoti non avevano nessuna intenzione di attirare ulteriormente la sua attenzione.

Dal canto suo il sovrano in esilio non riusciva a capire il perché del suo cipiglio, il comportamento dei suoi nipoti lo aveva fatto adirare ma di certo la sua reazione incominciava ad essere sproporzionata. Ogni volta che rivolgeva lo sguardo verso la ragazza che giaceva assopita con il nano calvo a vegliare sul suo sonno, Thorin sentiva l'impellente bisogno di allontanarlo da lei, di rimpiazzarlo. Non era mai stato vittima dei suoi istinti più bassi ma ogni volta che il suo sguardo si posava sulla ragazza tutto ciò che il sovrano desiderava era toccarla, proteggerla, farla sua e nasconderla alla vista di chiunque altro.

Thorin aveva cercato un posto il più distante possibile dalla hobbit per stendersi, tentando disperatamente di accogliere il tanto desiderato riposo nella sua mente, ma i suoi pensieri continuavano a turbinare intorno all'immagine dei seni rosei della fanciulla e a quanto potesse essere piacevole la sensazione di quella pelle morbida. L'immagine di Kili e Fili sopra la piccola creatura in lacrime apparve improvvisamente davanti ai suoi occhi e il suo sguardo si spostò dalla ragazza ai due giovani.

Con suo grande stupore si accorse che i suoi nipoti ora lo stavano guardando con un'espressione sconcertata, quasi di paura, si rese conto che li stava guardando con odio. Ovviamente non li odiava veramente ma qualcosa dentro di lui odiava il fatto che loro avessero toccato la SUA hobbit e lui no, per la prima volta in vita sua Thorin aveva i desiderio di alzare le mani sui suoi nipoti e questo era qualcosa che non poteva sopportare. Dopo qualche istante distolse lo sguardo provando vergogna per i sui pensieri : si vergognava del desiderio che provava verso quella giovane sconosciuta, si vergognava di essere geloso dei suoi nipoti, si vergognava di non essere in grado di comprendere i suoi stessi sentimenti.

Tutto questa confusione di sentimenti si presentava come un Thorin furente agli occhi della compagnia, ma in realtà il nano era più spaventato da se stesso che arrabbiato per la situazione. Tutte le sensazioni sgradevoli che aveva provato con Bilbo all'inizio si erano trasformate in un desiderio ardete così in fretta che Thorin si sentiva stordito, come era possibile che in poche ore fosse cambiato tutto? Quella fanciulla da dove era spuntata? Se la sua presenza era frutto di una stregoneria, lo erano anche i suoi sentimenti? Troppe domande e nessuna risposta, il suo umore era destinato a peggiorare.

La giornata e la notte si susseguirono senza nessun evento degno di nota, i nani si riposarono e rifocillarono. Thorin a stento riuscì a dormire un paio di ore, continuando a rigirarsi senza sosta nel sua giaciglio. Si costrinse comunque a rimanere sdraiato quando non era il suo turno di guardia, fingendosi addormentato mentre continuava a crucciarsi per tutto quello che li attendeva. Non era necessario che gli altri si preoccupassero per lui, non era necessario che si accorgessero delle sue debolezze. Quando l'alba finalmente giunse per Thorin fu allo stesso tempo un sollievo e una condanna, si sentiva stanco e dolorante ma non avrebbe sopportato di stare fermo un momento di più.

La giovane hobbit, nonostante le ferite e una leggera febbre, non si era lamentata per niente nel sonno (al contrario del precedente Bilbo durante il viaggio). Il campo incominciava a prendere vita e le prime luci dell'alba si accingevano a fare capolino dalla cresta dei monti, una volta svegli tutti i nani incominciarono a prepararsi per la partenza mentre Bombur preparava la colazione. Tutti tranne Dwalin che, cocciuto come un mulo, si rifiutava di allontanarsi dalla delicata creatura, che disturbata dal trambusto del campo incominciava a stiracchiarsi sotto le coperte del suo giaciglio.

 

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Sara si sveglio avvolta in una calda pelliccia al suono di stoviglie che sbattevano e di mormorii sommessi. La testa le faceva ancora terribilmente male ma la vista sembrava notevolmente migliorata, così fece capolino dalla sua coperta e si ritrovo nel bel mezzo di un accampamento indaffarato. Tutti si stavano occupando di qualcosa anche se lei non riusciva a capire bene di cosa si trattasse. Improvvisamente la figura che le sedeva accanto le si avvicinò, sollevando delicatamente la pelliccia che le ricopriva parzialmente il viso. §Dwalin?§ si ritrovò a sussurrare sbigottita, questo era un cosplay fatto dannatamente bene, l'uomo che le stava davanti e le sorrideva era identico al personaggio del film.

"Hey, mi ha riconosciuto... Ha detto il mio nome" qualunque cosa questo Dwalin avesse detto aveva attratto l'attenzione di tutti gli altri. In men che non si dica Sara si ritrovo circondata dall'intera compagnia di Thorin Scudodiquercia. 'porca vacca, sono identici!!' fu il primo pensiero che le attraverso la mente. Guardandosi intorno non poté fare altro che scoppiare a ridere, si tirò su lentamente per alleviare il senso di nausea e una volta trovata una posizione comoda da seduta li rimprovero §Per la miseria ragazzi, mi avete fatto venire un infarto. Non ho idea di come ci sia finita qui ... ma potevate dirmelo subito che sono finita in un Cosplay Camp§ .

L'Oin di turno le si avvicinò per controllare le sue condizioni, "Bilbo non sono sicuro che sia un bene che tu stia di già in questa posizione" le disse spingendo dolcemente sulla sua spalla per farla sdraiare. Sara si lasciò guidare fino a poggiare la testa su quello che sembrava un cuscino fatto col cappotto di qualcuno, improvvisamente realizzo il nome che 'Oin' aveva appena pronunciato con occhi preoccupati. Lei si guardo intorno ma non riuscì a scorgere la figura dello hobbit da nessuna parte. I suoi occhi si sgranarono per la sorpresa quando realizzò che probabilmente si erano imbattuti in lei mentre stavano cercando il loro compagno, e che ora le stavano chiedendo informazioni. §Oh...mio Dio , io non so dove sia il vostro Bilbo....mi dispiace, sarete preoccupati da morire per lui§ disse scuotendo vigorosamente la testa.

“Secondo voi sta dicendo che non è Bilbo?” chiese Ori timidamente dalle retrovie del gruppo. “Certo che è Bilbo, è solo confusa.... chi non lo sarebbe in certe condizioni? Vero signor Gandalf?” lo rassicurò Dori mentre cercava l'approvazione dello stregone, che al momento stava guardando tutta la situazione da lontano estremamente preoccupato. “E' complicato, mastro nano.... sicuramente questa fanciulla è Bilbo ma allo stesso tempo non lo è... almeno non il Bilbo che noi tutti conosciamo” rispose lo stregone quando gli sguardi pieni di aspettative dei nani divennero difficili da ignorare.

“Che intendi dire Tharkûn?” chiese Thorin con un tono di voce perentorio quasi minaccioso, da un angolo distante della fattoria decadente. Da quando erano tornati all'accampamento il re nanico aveva mantenuto le sue distanze dalla fanciulla, quella creatura lo confondeva gli faceva provare dei sentimenti strani che non riusciva a comprendere. Per la prima volta in vita sua Thorin non si fidava di se stesso e non ne capiva il motivo. Avrebbe voluto starle accanto e allontanare chiunque tentasse di avvicinarsi, se solo avesse potuto stringerla tra le sue braccia era sicuro che avrebbe ringhiato, mostrando i denti come un lupo che si sta nutrendo, contro chiunque avesse minacciato di portargliela via.

Tutto questo non era da lui, non era da re. 'sicuramente tutto questo fa parte del sortilegio che ha colpito il mezz'uomo... forse qualcuno cerca di distrarmi dal mio scopo' si era detto dopo tanto rimuginare. Thorin si era prefissato di stare il più lontano possibile dalla delicate creatura e dalle sue tentazioni, stringendo i pugni fino a far diventare le nocche bianche e deglutendo dolorosamente intorno al nodo che gli si formava in gola ogni volta che Dwalin (che a quanto pareva era il prescelto dalla hobbit) le sfiorava la pelle mentre si prendeva cura di lei. Ora però non poteva più starsene in disparte, lo stregone gli doveva una spiegazione un indovinello non gli sarebbe bastato.

Gandalf guardò il cupo cipiglio del nano e con un sospiro si accinse a rispondere alla sua domanda. “Da quello che vedo, è possibile che le 'essenze' di Bilbo e questa ragazza siano state mischiate o scambiate del tutto, non è in mio potere dire in che misura questa creatura sia ancora Bilbo Baggins.... senza alcun dubbio questo corpo è quello di Bilbo, che si è modificato in accordo alla nuova presenza al suo interno” fece un attimo di pausa per pensare bene alle parole che stava per dire “Ma per quanto riguarda la mente, beh... è ancora presto per dirlo con certezza”.

“Dove possiamo trovare tale certezza?” chiese Thorin corrugando la fronte sapendo bene quale sarebbe stata la risposta dello stregone. “Lord Elrond probabilmente può esserci di aiuto in questo … e magari anche in altri frangenti della nostra missione” disse lo stregone cautamente, sapendo bene quanto Thorin odiasse gli elfi e tutto quello che li riguardava. Il re in esilio sembrava sul punto di esplodere dalla rabbia, il suo viso era una nuvola scura che prometteva tempesta, quando un suono improvviso lo distrasse. §Pff...ah ah ah... sei tale e quale.... ah ah ah …. riesci anche a fare la stessa espressione truce di Thorin§ il suono della voce della ragazza, che ora lo stava guardando direttamente attraverso la folla di nani che la circondava, era come musica per le sue orecchie, il suo nome sulle labbra di quella creatura tanto pura e delicata era dolce come miele che si scioglie in bocca.

Per un attivo il suo volto fu completamente rapito dall'estasi che quella melodia stava facendo dilagare in tutto il suo essere e non vi era più traccia di alcuna preoccupazione nel cuore di Thorin, almeno non fino a quando si rese conto che il suo corpo stava reagendo in maniera del tutto poco casta. Il possente nano distolse velocemente lo sguardo dalla ragazza e si rivolse a Gandalf con un espressione seccata, ma non furente, “Era il tuo piano sin dall'inizio, trovare rifugio dal nostro nemico”. “Non hai nessun nemico di cui preoccuparti Thorin Scudodiquercia, il solo malanimo che troverai nella valle di Imladris è quello che porti tu stesso” Gandalf cominciava davvero ad averne abbastanza della diffidenza di Thorin verso gli elfi, ma sapeva bene che era meglio non far adirare un nano.

“Pensi che gli elfi vorranno benedire la nostra impresa? Piuttosto tenteranno di fermarci” ora Thorin sembrava più propenso al dialogo ma la sua domanda restava comunque retorica. “Certo che lo faranno ma noi abbiamo domande che attendono una risposta... se vogliamo avere successo la faccenda va trattata con tatto e rispetto e non poca dose di fascino, ecco perché lascerai parlare me” disse Gandalf drizzando la schiena in un vano tentativo di surclassare il tono autoritari del nano. “Porteremo la hobbit dagli orecchie-a-punta , ma non faremo menzione ne della mappa ne della nostra missione” lo ammoni il re in esilio.

Detto questo Thorin si allontanò dal gruppo verso la boscaglia con l'intenzione di trovare un momento di pace per la sua povera testa dolorante, lontano dai rumori del campo e dalla presenza della hobbit, in ogni caso si sarebbero messi in marcia solo dopo pranzo e i nani della compagnia erano troppo impegnati ad osservare curiosamente la ragazza per fare caso alla sua assenza. Tutte quelle attenzioni sulla piccola creatura, che a sua volta si osservava intorno con grandi e meravigliosi occhi curiosi, non facevano altro che peggiorare il malessere del re in esilio che con un ultima occhiata e un grugnito di sdegno alla ragazza scomparve nella boscaglia.

A Sara non sfuggi l'atteggiamento di Thorin (non sapendo come altro chiamarli aveva deciso di assegnare ad ognuno il nome del personaggio che interpretava). Quello sguardo così pieno di disprezzo la aveva infastidita parecchio, di certo non aveva fatto nulla per meritare di essere la destinataria di un simile atteggiamento. Stranamente l'atteggiamento di questo sconosciuto le lasciava l'amaro in bocca, come se in qualche modo non fosse così che le cose dovessero andare tra i due. Sara era abituata ad essere emarginata ed aveva imparato ad fregarsene delle opinioni altrui, ma in qualche modo l'idea che quest'uomo la trovasse immeritevole della sua compagna la feriva profondamente. La giovane cercò di eliminare subito quei sentimenti rilegandoli in un angolo nascosto del suo cuore come aveva fatto tante altre volte, l'ultima cosa di cui aveva bisogno era di affezionarsi ad uno sconosciuto vestito da Thorin incontrato in un bosco.

Tutto intorno a lei poteva vedere “La Compagnia” che la osserva con occhi curiosi, a sua volta lei li osservava sempre più stupita di quanto i loro costumi fossero dettagliati e di ottima fattura. Per quanto i vestiti e gli accessori non fossero identici a quelli usati nel film l'immagine di ognuno dei personaggi era perfettamente definita. Le pellicce sembravano avere i bordi frastagliati come se fossero state effettivamente lavorati a mano e a giudicare da quanto fosse soffice le sua coperta non dovevano essere sintetiche. Gli strati di cuoio apparivano logori per il troppo uso (di certo non come quelli usati una volta l'anno ) , tutte le armi che riusciva a vedere (diversamente da quelle di alluminio e senza unta o lama usata in un costume da cosplay) sembravano pesanti e la loro lama lasciava intravedere lo scintillio dell'affilatura.

Sara continuò ad osservare tutto quello che la circondava dal suo giaciglio mentre il resto della comitiva ritornava lentamente ad occuparsi di ciò che stava facendo prima che lei si svegliasse. Tutti tranne Dwalin che resto seduto accanto a lei osservando il punto in cui Thorin era scomparso nella boscaglia. La ragazza sfilò un braccio da sotto la coperta e prima che potesse rendersi conto di quello che stava facendo la sua piccola mano stava delicatamente accarezzando il dorso di quella del guerriero. Dwalin preso alla sprovvista dal morbido tocco di quelle piccole dita si ritrasse di scatto e il suo movimento improvviso spaventò a mote la ragazza. Certo quest'uomo era stato gentile con lei ma questo non le dava il diritto di prendersi determinate confidenze così spaventata e presa dal senso di colpa Sara si seppellì sotto la coperta.

Appena si rese conto di ciò che era successo Dwalin si sentì malissimo, fino a quel momento la ragazza non aveva mostrato la minima paura nei suoi confronti. La piccola creatura si era nascosta sotto la coperta veloce come una lepre che rientra nella sua tana dopo aver avvistato un aquila. Il nano allungo una mano verso il bozzolo tremante, la poggiò delicatamente su quella che doveva essere la spalla della ragazza. “Mi dispiace non volevo spaventarti, prometto che d'ora in poi farò più attenzione....mm? che ne dici piccoletta?” le disse con un tono di voce basso e calmo. La ragazza inizialmente si irrigidì sotto il suo tocco e per qualche istante sembrava non volerne sapere di fidarsi dal guerriero, Dwalin stava quasi per rinunciare quando la testolina riccioluta della hobbit spuntò dalla coperta.

Ovviamente la fanciulla non aveva capito una sola parola e ora lo osservava come per capire che cosa avesse detto. Il visino imbronciato che gli stava davanti aveva le guance gonfie come se la ragazza stesse trattenendo il fiato e la fronte così corrugata che le sopracciglia sembravano un unica linea. A quella vista il cipiglio preoccupato del nano si dissolse in una sonora risata, Dwalin rise così tanto che la vista gli si appanno per le lacrime. Quando il nano calvo riuscì a riprendere un po' della sua solita compostezza e rivolse di nuovo lo sguardo verso la ragazza l'espressione che lo accolse lo lasciò senza fiato, il sorriso più tenero e solare che avesse mai visto era stampato sul volto della hobbit e non c'era dubbio che fosse dedicato interamente a lui.

Mai in vita sua Dwalin era stato destinatario di una tale gesto, così sincero, così amorevole e puro. Anche tra le donne di razza nanica non era mai stato molto popolare, il sua aspetto era intimidatori e il suo temperamento burbero, anche le più temerarie non si erano mai lasciate andare come questa piccola creatura che gli sedeva davanti. Tutto d'un tratto Dwalin si rese conto che anche se non aveva capito quello che le aveva detto (almeno non le parole) la ragazza aveva perfettamente interpretato ciò che lui voleva trasmetterle. Tutto questo teatrino era stato montato ad arte per farlo ridere, era il suo modo per farsi scusare per averlo fatto preoccupare. Erano decenni che Dwalin non rideva tanto e prima che se ne rendesse conto stava stringendo la piccola hobbit tra le braccia e lei stava ridacchiando mentre accoccolava il viso sul suo petto.

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Capitolo 4
*** I'm dead ***


Warning!!

Questo capitolo contiene contenuti espliciti che potrebbero essere considerati offensivi (oppure no) in base alla sensibilità di chi li legge. Qualsiasi frase da me scritta che si riferisca a violenze fisiche o mentali non vuole in nessun modo promuovere o giustificare tale atto e in ogni caso deve essere interpretata nel contesto della storia. Estrarre specifici stralci o frasi da un testo più ampio potrebbe portare a interpretazioni sbagliate ed ad indurre il lettore a credere che io condivida tali interpretazioni: COSA DEL TUTTO NON VERA. Come nella realtà i personaggi di una fanfiction sono delle creature complesse e non ci si può limitare a credere che sia o tutto bianco o tutto nero. Anche le persone buone possono fare cose orribili ma non per questo non meritano di essere perdonate, come un essere nato dal male può essere buono o fare del bene: ricordando sempre che una buona azione non ne cancella una cattiva. Detto questo, sono sempre disponibile a spiegare il mio punto di vista e non mi ritengo minimamente responsabile di nessuna delle conclusioni errate che un lettore poco attento possa addurre continuando nella lettura di questo capitolo.


 

LINGUAGGI : “comune” ; *elfico* ; ^nanico^ ; [linguaggio dei segni]; §mondo reale§ ; “orchesco / lingua nera”; 'pensieri o comunicazioni mentali' ; 'comunicazioni mentali (follia o maleficio)'


 

Thorin aveva bisogno di stare da solo, di avere il tempo per pensare, di avere il tempo per calmare la sua anima e il suo corpo. Soprattutto il suo corpo. Si era reso dolorosamente conto che non poteva fare altro che seguire i consigli di Gandalf, con tutta probabilità gli elfi lo avrebbe liberato da quella piccola (e splendida) piaga che così all'improvviso gli era caduta tra capo e collo. Ovviamente questo sarebbe stato un bene anche per lei. Certo, sapeva bene che avevano comunque bisogno di uno scassinatore ma, quale utile avrebbe portato la she-hobbit alla loro missione se tutto quello che aveva fatto fin da quando era apparsa era stato distrarli? ( anche se probabilmente l'unico ad esserne completamente ammaliato da lei era solo lui, ma non lo avrebbe ammesso nemmeno a se stesso). Purtroppo il solo pensiero di lasciarla con gli elfi gli faceva ribollire il sangue per la rabbia.

Appena fu abbastanza distante dall'accampamento da avere un po' di privacy, ma comunque abbastanza vicino da essere a portata d'orecchio in caso di necessità, sguainò la sua spada e incominciò a sferrare fendenti nell'aria. Con grande maestria e grazia continuò a combattere il suo avversario invisibile, tutti i suoi movimenti erano ben controllati così come lo erano il ritmo del suo respiro e del suo cuore. Pian piano incominciò ad aumentare il ritmo, ogni colpo sempre più deciso , il respiro sempre più affannoso, il battito del cuore sempre più veloce. Improvvisamente, dopo un affondo particolarmente possente che per poco non gli aveva fatto perdere l'equilibrio, getto la spada per terra con un gesto stizzito e sibilò una maledizione a denti stretti per evitare di urlarla al cielo per la frustrazione.

Non era servito a niente. Tutti i muscoli del suo corpo stavano protestando per la stanchezza, era completamente ricoperto di sudore eppure non sembrava che tutto il suo corpo (una parte in particolare) fosse ancora abbastanza stanco. Si concentrò su tutto quello che il mondo gli aveva portato via, su tutto quello che odiava e tutte le difficoltà che ancora lo attendevano ma non servì a nulla. Si sedette su un tronco caduto poco distante e lasciò che il suo viso sprofondasse nelle sue mani, mentre le sue dita tozze e callose si facevano strada tra le ciocche corvine screziate di argento della sua folta chioma. Dopo qualche momento di disperazione si rassegnò a prendersi cura di quel suo corpo che, traditore, non voleva obbedirgli.

Prese dei profondi respiri, cercando di immaginare le cose più disgustose che avesse mai visto 'una lunga lista' pensò mentre un sorriso amaro gli sfiorò le labbra. Cercò ancora una volta di placare il suo desiderio con la mente, rifiutandosi di essere dominato dai suoi istinti. Tutto inutile. Rassegnato si lascio scivolare lungo il tronco lasciando che le sue gambe si distendessero a terra su un soffice cuscino di muschio e la sua schiena fosse appoggiata al tronco. Per un attimo lascio cadere la testa indietro poggiandola sul tronco e fissando il cielo attraverso la chioma degli alberi, poi si guardò in torno per essere sicuro che nessuno lo avesse seguito e lascio che le sue mani slacciassero tutte le restrizioni attorno alla sua cintola.

Esitò un attimo prima di lasciare che la sua mano destra scivolasse all'interno dei suoi indumenti, per posizionarsi fermamente intorno a quel dolorante pezzo di se stesso che in quel momento tanto stava odiando. Al primo contatto della sue dita callose con la pelle liscia Thorin si lasciò sfuggire un sibilo di rabbia, quel contatto era allo stesso tempo piacere e dolore. Piacere, perché era così eccitato che anche il minimo contatto sembrava potesse portato all'apice, ponendo fine a quella tortura. Dolore, perché tutto ciò che stava facendo rappresentava un fallimento. Non di meno cominciò a far scivolare la mano su e giù lungo il suo membro, massaggiandone le punta con delicati movimenti circolatori del pollice. Thorin si concentrò su i ricordi che aveva del suo ultimo amante, un giovane nano dai capelli rossi conosciuto sui Monti Azzurri, ma tutto quello che gli veniva in mente erano gli abbondanti e pallidi seni che aveva visto la sera precedente. Di tutte le immagini che cercava di rievocare nella sua mente solo quelle della she-hobbit riusciva a togliergli il respiro, a guidare i suoi movimenti con il giusto ritmo.

Per tutta la vita aveva creduto di essere migliore di così. Non era l'atto in se che lo disturbava, di certo non era la prima (né sarebbe stata l'ultima) volta che sarebbe ricorso a questo genere di piaceri, ma la consapevolezza di non essere in grado di fermarsi, di non avere alcun potere su quello che gli stava accadendo nonostante la sua forza di volontà. Lo faceva stare male sapere che quello che stava facendo era ispirato da una ragazza così giovane, praticamente una bambina per gli standard dei nani. Peggio ancora era il fatto che le immagini che gli venivano in mente erano tutte così facilmente fraintendibili. Non riusciva a smettere di provare piacere nel pensare che i piccoli gemiti, sospiri e singhiozzi che aveva sentito dalla giovane somigliassero vagamente a quelli emessi da ogni vergine che viene toccata per la prima volta. Lungi da lui il pensare che l'immagine di una donna terrorizzata e in lacrime fosse eccitante, semmai il contrario, ma l'idea di essere il primo ad esplorare quel piccolo corpo per portarlo all'estasi tra piacere e dolore era semplicemente troppo allettante.

In qualche modo tutto questo gli faceva ricordare quanto fosse simile a suo nonno, un nano che si era lasciato sedurre così facilmente da un unica gemma preziosa. Lui non era migliore di suo nonno , non ora che era caduto in ginocchio letteralmente con le mani nelle brache per colpa di un paio di seni sodi e un bel visino. 'Un bel visino? Sotto tutto quello sporco e sangue non sono nemmeno certo che ci fosse veramente una faccia. Dopo di che con Dwalin che continuava a farle da chioccia non sono nemmeno riuscito a ve-..' i suoi pensieri si fermarono di colpo e gli sembrò che con loro si fosse fermato anche il battito frenetico del suo cuore. Come era possibile che provasse un tale desiderio per una donna che non avrebbe nemmeno riconosciuto se l'avesse incontrata in quel preciso istante? Digrignò i denti e fermò i movimenti della sua mano per un momento, era ovvio che tutto questo non potesse essere naturale. “Che lo sappia o meno è tutta colpa di quel maledetto mezz'uomo” si ritrovò a sussurrare.

Ovviamente la parte razionale del suo cervello era consapevole di quanto fosse ingiusto biasimare Bilbo per qualcosa che gli era stata fatto a sua insaputa, ma tutto questo era così umiliante per Thorin che in qualche modo voleva che la giovane fanciulla si sentisse altrettanto miserabile, anche se solo nella sua testa. Il re in esilio incominciò ad immaginare Bilbo come una tra le più volgari e vogliose sgualdrine che avesse mai visto nelle città degli uomini, cercò di ricordare tutti i racconti che aveva sentito su di loro nelle taverne di in quelle stesse città, perché di certo lui (come ogni nano degno di questo nome) non si era mai macchiato la coscienza usufruendo dei loro servizi. Ma le immagini non erano nitide e servivano a poco per attenuare il desiderio che scorreva nelle vene di Thorin. Pensare che la ragazza potesse essere come quelle donne invece di fargli provare disgusto aumentava la voglia che il nano aveva di proteggerla, di impedire che qualcuno potesse farle ciò che lui stesso ora stava immaginando di fare.

Sapeva che era sbagliato che era contro tutto ciò che fosse giusto per lui ma continuò ad immaginare di possederla rudemente mentre la sua mano continuava a dargli piacere con movimenti frenetici. Improvvisamente un gemito attrasse la sua attenzione, la sua testa scattò in avanti con occhi aperti e vigili. Per poco non ebbe un attacco di cuore quando vide la giovane completamente nuda a cavalcioni sulle sue gambe che, con la testa tirata indietro e la schiena inarcata, lo stava cavalcando selvaggiamente. Ci volle poco per rendersi conto che tutto quello che stava vedendo era frutto della sua fantasia (semplicemente a questo punto era troppo perso nel piacere per pensare ad un altra spiegazione) , la ragazza infatti sembrava quasi incorporea e poteva ancora sentire distintamente la sensazione della sua mano che continuava a muoversi nei suoi pantaloni, nonostante ai suoi occhi sembrasse che che tutta la parte inferiore del suo corpo fosse nuda e che entrambe le sue mani fossero appoggiate sui fianchi della piccola creatura.

Thorin si strinse nelle spalle 'Tanto vale... è meglio approfittarne' pensò semplicemente, chiuse gli occhi e lasciò nuovamente cadere la testa all'indietro sul tronco. Non avendo ancora rinunciato alla sua vile piccola vendetta incominciò a muoversi ancora più rudemente, intanto che i dettagli della fantasia si facevano sempre più realistici. Pian piano tutto era sempre più nitido, il peso della ragazza che si muoveva sopra di lui, quella pelle morbida sotto le sue dita, il calore bagnato di quella piccola caverna che lo stava stritolando gentilmente, i suoni dei loro corpi. Era tutto come doveva essere ma allo stesso tempo era tutto profondamente sbagliato, stava provando un piacere immenso che per qualche ragione non riusciva a raggiungerne l'apice.

Aprì gli occhi e la ragazza era ancora li che guardava verso il cielo mentre continuando a muoversi faceva ballonzolare i suoi seni di fronte al viso di Thorin. Lui si tirò su per raggiungere con la bocca uno di quai capezzoli che tanto aveva desiderato e nel muoversi scivolò ancora più in profondità dentro di lei. Un sibilo strozzato di dolore gli fece gelare il sangue, la osservò meglio e il senso di colpa gli spezzo il cuore : lungo le guance arrossate della ragazza scorrevano sottili rivoli di lacrime, il suo respiro era spezzato e irregolare, ogni suono che emetteva era di dolore e strozzato come se non volesse che lui se ne accorgesse, lungo la parte interna delle sue cosce e sopra il pube di lui c'erano piccole macchie di sangue diluite dai loro fluidi ma non abbastanza da far credere che la fanciulla avesse smesso di sanguinare.

All'improvviso, come se lei avesse percepito il suo disagio, la testa dalla she-hobbit era balzata in avanti ed ora quegli enormi occhi colmi di lacrime stavano guardando direttamente nell'anima di Thorin. “Perché mi stai facendo questo?” la voce della ragazza era scivolata nelle suo orecchie in modo così soave che Thorin quasi rifiutava di credere che fosse solo frutto della sua fantasia non fosse che per la pesante nota di tristezza e dolore che riusciva a percepirvi. “Io non sto facendo nulla che tu stessa non voglia, guardati... sei tu che mi stai così voracemente accogliendo dentro di te, perché non dovrei approfittarne?” le sussurrò con un sorriso maligno. Non sapeva perché continuasse ad essere così ostinatamente infame, non riusciva a fare a meno del suo orgoglio anche quando le lacrime della ragazza lo stavano logorando dall'interno.

Il nano sapeva che i movimenti della ragazza corrispondevano a quelli della sua mano, che lei essendo parte di quella fantasia non aveva alcun potere su quello che le stava accadendo, esattamente come lui non aveva potere sul suo desiderio per lei. Thorin aveva raggiunto il suo scopo, stava umiliando quella fragile creatura nella sua mente, non era sua intenzione provare piacere mentre lei stava soffrendo ciò nonostante per qualche motivo non aveva smesso di farla muovere come un burattino spezzato. “Mi odi così tanto? Cosa ho fatto di così sbagliato?” singhiozzò la ragazza mentre grosse lacrime rotonde avevano preso a scorrere lungo il suo viso per poi gocciolare giù dal suo mento ed atterrare sul petto del nano. Bilbo sollevò le braccia da dove stavano ciondolando lungo i suoi fianchi e seppellì il viso tra le mani mentre fiumi di lacrime continuavano a scorrerle tra le dita, singhiozzando apertamente ora che il re in esilio aveva scoperto il suo segreto.

Qualcosa dentro Thorin scattò alla vista di quel pianto disperato, perché si stava comportando in quel modo? Odiarla ? Per quale motivo al mondo avrebbe dovuto odiarla? Non era lei che odiava ma la sua debolezza, quella debolezza che si era materializzata con la sua apparizione. Prima che potesse rendersene conto i suoi movimenti si bloccarono e le sue braccia erano avvolte intorno alla a Bilbo che continuava a singhiozzare disperata contro il suo petto. “Shh, shh..... non piangere... ti prego.... mi dispiace..... non ti odio, lo giuro” tutto l'orgoglio e la voglia di vendetta di Thorin erano svaniti di fronte alle immagini che la sua coscienza gli stava propinando. Anche se solo una fantasia era ovvio che la sua mente stava cercando di mandargli un messaggio chiaro come la luce del giorno, non poteva trarre piacere dal dolore di qualcun altro soprattutto da quello di questa piccola e fragile creatura.

“Io non ti odio, odio me stesso e le mie debolezze. Non posso provare quello che provo per te, non è giusto nei confronti della mia Metà che ancora non ho incontrato. Non posso desiderarti così tanto se tu non sei l'altra metà della mia anima” le sussurrò tra i capelli mentre con le mani disegnava invisibili cerchi sulla sua schiena nel tentativo di rassicurarla. Sinceramente non sapeva perché all'improvviso cercassi di giustificarsi con questa ragazza che era il mero prodotto della sua mente, probabilmente stava solo facendosi un'esame di coscienza ed ammettendo perché fosse tanto infastidito da questo nuovo Bilbo. “Io non capisco, come puoi sapere che non sono io la tua Metà? Non mi conosci nemmeno” riuscì a sussurrare la ragazza ora che i singhiozzi erano cessati. “Il mio marchio non ha reagito alla tua presenza, in più la mia Metà deve essere o troppo giovane o deve aver intrapreso il suo viaggio verso le sale dei nostri Padri quando ero ancora troppo giovane per conoscere l'amore, altrimenti sarei in grado di percepire la sua presenza nel mondo” le rispose quasi incredulo che la sua mente stesse creando un'immagine tanto ignorante su cose così ovvie.

La ragazza tirò su la testa e lo guardò con occhi pieni di stupore e un barlume di speranza se Thorin ci aveva visto bene. “Tu?.... Tu mi desideri?” chiese con una voce appena udibile mentre con quei meravigliosi occhi dalle mille sfumature guardava in quelli azzurro cielo del nano. Il re in esilio esitò un attimo prima di rispondere, “Perché non dovrei? Sei molto bella... le tue forme sono molto allettanti” le disse spostandola leggermente dal suo petto per poi poggiare delicatamente la sua enorme mano sinistra sul suo seno destro. Al complimento Bilbo arrossì vistosamente e distolse lo sguardo da lui, gemette dolcemente mordendosi il labbro inferiore al contatto. Thorin le si avvicinò all'orecchio con la bocca per sussurrarle “Mi renderebbe molto felice se volessi farmi l'onore di provare piacere insieme a me” con una voce bassa e roca, prima di prendere il lobo tra le labbra e succhiarlo delicatamente. Il suo tentativo di seduzione fu ripagato da un fremito del corpo della ragazza che la portò a scuotere involontariamente i fianchi mentre i suoi muscoli interni si strinsero e allentarono ritmicamente attorno al suo pene per alcune volte.

Per poco Thorin non venne in quel preciso istante tanto sublime era sentire il corpo della ragazza che lo stava accogliendo così volentieri . Non riusciva più a capire quanto di tutto questo fosse fantasia o realtà, non che fosse importante ovviamente, ormai che si era perso in quel immenso piacere. Preso da un irrefrenabile impulso di sfoggiare la sua forza e virilità (tutto sommato un istinto naturale per un 'maschi alfa' per così dire) , in un certo senso di dominarla, la afferrò nuovamente per i fianchi e incominciò a muoversi freneticamente dentro di lei. La ragazza emise un piccolo grido di spavento e cercò di divincolarsi dalla sua stretta “No... non così, per favore... non mi piace”. Quelle semplici parole bastarono a prosciugare tutto il piacere che Thorin stava provando lasciandolo immobile come una statua, quel 'non mi piace' continuò ad riecheggiare nella mente del nano per alcuni momenti prima che riprendesse il controllo di se.

Che fantasia era mai questa? Perché mai si sentiva in dovere di compiacere un essere che nemmeno era reale? Come a chiunque altro gli era già capitato di trovare soddisfazione anche la dove il suo partner fosse rimasto insoddisfatto (non che fosse sua abitudine essere un amante egoista), ma ora era come se tutto dipendesse dalle sensazioni provate da questa piccola creatura onirica. Il pensiero che questo fosse esattamente come gli era stata descritta da suo padre la sensazione di possedere fisicamente la propria Metà fu rapidamente messo da parte e sostituito dalla ricerca di modi per portare piacere a Bilbo.

“Perdonami mia signora, non era mia intenzione spaventarti” le disse mentre le prendeva il viso tra le mani per costringerla a guardarlo negli occhi, la fanciulla sembrò cogliere la leggera nota di scherno nella sua voce ed arrossi ancora più vistosamente. “Noi nani siamo per natura irruenti e passionali ma se questo non ti aggrada... decidi tu il ritmo e l'intensità della nostra unione” Bilbo lo guardo con occhi sgranati ed apri e chiuse la bocca diverse volte ma nessun suono ne venne fuori, mentre il re faceva scivolare le sue mani callose su e giù per i suoi fianchi sinuosi. “Per favore, mostrami come farti godere.... mia signora” la incoraggio lasciando una scia di piccoli baci umidi che partiva da dietro il suo orecchio fino ad arrivare ai suoi seni. Bilbo rimase immobile per qualche istante, quando le labbra di Thorin si chiusero intorno ad uno dei suoi capezzoli un dolce gemito di piacere abbandonò le labbra della ragazza che istintivamente inarcò la schiena per cercare più contatto.

A quel delizioso gemito ne seguirono tanti altri mentre la ragazza continuava a muoversi sinuosa sopra di lui. Inizialmente i suoi movimenti erano lenti ed incerti, poi sempre più sicuri sempre più intensi e veloci. In tutta la sua vita Thorin non aveva mai provato niente di simile, che fosse un sogno o la realtà, era come se fino a quel momento non avesse mai veramente conosciuto il piacere di unirsi ad un altro essere. Quando il suo orgasmo lo colpì fu come se un fulmine gli avesse attraversato il corpo: improvviso e magnifico. Avrebbe quasi voluto piangere all'idea che il suo seme non stava veramente inondando il grembo di quella piccola e bellissima creatura, avrebbe voluto sigillare le loro labbra in un bacio senza fine ora che lo stava guardando con un'espressione consapevole di quello che era appena accaduto dentro di lei. Non fece nulla di tutto ciò. Quando l'immagine della ragazza cominciò ad affievolirsi, a perdere sostanza esattamente come era stato all'inizio lui si limitò a salutarla con un sorriso stanco ma soddisfatto prima che lei svanisse del tutto.

Thorin si risvegliò di soprassalto, a qualche punto mentre si stava toccando si era addormentato e la fantasia aveva avuto inizio. Si guardò intorno e si rese conto che probabilmente non erano passato molto da quando si era allontanato dal campo, infatti fortunatamente nessuno era venuto a cercarlo. Aveva ancora la mano nei pantaloni e una sgradevole sensazione di umido confermava quello che era avvenuto sotto gli strati di stoffa. Con un grugnito a metà tra il seccato e l'incredulo il re in esilio si accinse a ricomporsi per tornare all'accampamento. Mentre camminava Thorin ripensò a quanto dettagliato fosse stato il viso che aveva visto nella sua fantasia, il colore e la forma degli occhi e della pelle, le curve sinuose delle labbra e del naso, come poteva la sua mente creare una sinfonia così perfetta e come avrebbe potuto più guardare in faccia la she-hobbit senza paragonarla alla ninfa del suo sogno.

Fortunatamente, tralasciando il sempre presente malumore del nano, Thorin si sentiva notevolmente più rilassato. In qualche modo ora non si sentiva più sull'orlo di un precipizio pronto a sprofondare sotto i suoi piedi anche se il suo desiderio per la giovane si era solo placato, non era svanito del tutto e questo lo turbava profondamente. Il giovane re fu scosso dal suo meditare da un improvviso grido acuto proveniente dalla fattoria diroccata, senza dubbio la voce apparteneva alla piccola she-hobbit e prima di rendersene conto Thorin stava correndo al limite delle sue possibilità verso l'accampamento. Mille cose potevano essere successe, mille pensieri gli percorsero la mente e tutti in qualche modo comprendevano un futuro miserevole per la ragazza e tutti erano come una pugnalata al cuore per il nano. In men che non si dica Thorin si ritrovò nel mezzo dell'accampamento col cuore in gola e a fiato corto con la spada sguainata pronto ad fare a pezzi chiunque la stesse minacciando, ma tutto quello che trovò fu una piccola she-hobbit completamente nel panico accerchiata da nani che cercavano di calmarla.



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Sara si era lasciata sciogliere nell'abbraccio di questo sconosciuto e con sua grande sorpresa (e vergogna) era come se nessuno la avesse mai abbracciata prima d'ora . Persino gli abbracci amorevoli dei suoi genitori sembravano artefatti e sterili comparati al calore del corpo che ora la stava avvolgendo, come se non fosse mai stata veramente a contatto con un altro essere vivente.. Per tutta la sua vita aveva creduto che in lei ci fosse qualcosa di profondamente sbagliato che le impedisse di lasciarsi andare ed aveva rinunciato a dimostrare il fisicamente suo affetto, aveva persino accettato il fatto che forse non avrebbe mai potuto innamorarsi ed avere una famiglia tutta sua. Era tutto così strano, improvvisamente si era trovata nel bel mezzo di quel campo, in cui ovviamente non avrebbe dovuta trovarsi, e non si era mai sentita più a suo agio.

Fin dal principio quest'uomo così minaccioso e possente non aveva fatto altro che essere gentile con lei, dimostrandole come alle volte le apparenze possano ingannare. Vedere lo sguardo triste di Dwalin mentre fissava il punto in cui Thorin si era dileguato nel bosco le aveva torturato il cuore, poi la sua reazione al suo tocco l'aveva davvero preoccupata. Fortunatamente si era risolto tutto in grasse risate e in un abbraccio. Una volta libera da quelle braccia ridicolmente muscolose Sara si sporse in avanti a pose un casto bacio sulla guancia di Dwalin il cui viso avvampò di rosso acceso facendolo apparire come un grosso orsacchiotto coccoloso. Mentre Dwalin e Sara si stavano scambiando un silenzioso sguardo di complicità l'intero campo scoppio in una sinfonia di incoraggiamenti festosi e falsi sospiri scandalizzati lasciando i due completamente attoniti.

Appena ebbe fine tutto il trambusto e le risate, grazie anche a Balin che aveva in qualche modo riportato i compagni alla sobrietà, Oin le si avvicino e dopo averle ispezionate le ferite la fece sdraiare e la ricoprì fino al mento con la pelliccia/coperta. L'uomo la guardò per qualche istante pensieroso ma non sapendo bene come farsi capire dalla ragazza si limitò ad unì le mani come se volesse pregare, poi le appoggiò su una delle sue guance e chiudendo gli occhi fece finta di russare. Il messaggio era molto chiaro: 'Devi dormire' . Tralasciando gli inizi burrascosi e lo strano comportamento di Thorin , tutti erano stati carini e pieni di considerazione nei suoi confronti, ormai non si sentiva più in pericolo e Dwalin sembrava avere tutte le intenzioni di restarle accanto quindi non le ci volle molto per addormentarsi profondamente.

Dolore, vergogna, paura, speranza, curiosità, piacere, estasi. Sara si svegliò ansimando destata dal gentile tocco di Dwalin che ora la stava osservando lei con apprensione. Che razza di sogno era mai stato quello? Da quando aveva certi desideri? Istintivamente la ragazza strinse le sue mani tra le cosce e si rannicchiò in posizione fetale, guadagnandosi un grugnito preoccupato da Dwalin che ora era praticamente sdraiato su un fianco accanto a lei in modo da poterla guardare direttamente in faccia. Con le dita esplorò nei dintorni delle sue parti intime quasi a confermare che effettivamente quella intrusione indesiderata non fosse mai avvenuta , quel sogno era stato così realistico che per qualche momento non ne fu del tutto sicura. Tirò un sospiro di sollievo nel confermare che 'tutto fosse a posto' ma arrossi come un pomodoro al ricordo di quello che la sua mente aveva creato

Anche se in effetti più che delle vere e proprie sensazioni fisiche tutto quello che aveva provato era stato puramente platonico. Come se tutto quello che era accaduto nel sogno fosse successo direttamente alla sua anima e non al suo corpo, come se nel sogno non esistessero i cinque sensi ma solo gli impulsi elettrici che essi inviano al cervello. 'Ma guarda un po se devo mettermi a fare ragionamenti filosofici sulle sinapsi proprio in questo momento' si rimproverò mentalmente mentre si tirava su a sedere seguita in ogni suo movimento dal nano calvo. Guardandosi intorno si rese conto che doveva essere all'incirca mezzogiorno e tutti si stavano accingendo a prepararsi per il pranzo. Sara fece per alzarsi ma per qualche ragione il suo corpo non sembrava voler ubbidire con esattezza ai suoi comandi. Dopo un paio di goffi tentativi falliti Dwalin prese in mano la situazione e la tirò su dal giacigli mettendola in piedi ed assicurandosi che fosse ben salda sui suoi piedi prima di lasciarla andare.

Quando Dwalin fu certo che lei non sarebbe caduta rovinosamente a terra si allontanò e fu allora che Sara ebbe il tempo di esaminare il suo corpo con attenzione. Una hobbit, il suo corpo era quello di una HOBBIT. Era evidente che indossasse la blusa di qualcuno della compagnia, la quale era abbastanza grande da sembrare un vestito addosso a lei e poteva sentire che sotto era nuda. Tutto il suo corpo era piccolo e rotondo e dei grandi piedi lanuginosi erano attaccati alle sue caviglie. Prima che potesse pensare ad altro un urlo terrorizzato le lasciò la gola, seguito da un ^Che merda significa?^ pronunciato in quel poco di khuzdul che era riuscita ad imparare e che aveva preso l'abitudine di usava solo per imprecare quando si sentiva frustrata. Si guardò intorno e si rese conto che quelli che ora la stavano guardando con occhi sgranati con un misto di preoccupazione e stupore non erano 'uomini' ma 'nani' se la differenza tra la loro altezza e quello che presumibilmente doveva essere Gandalf (che ora la stava osservando mentre in piedi torreggiava su tutti gli altri anche da un angolo remoto dell'accampamento) poteva dire qualcosa.

Mentre il suo sguardo guizzava da un volto all'altro la ragazza incominciò ad andare in iperventilazione presa dal panico. Cosa significava tutto questo? Come era possibile che li con lei ci fossero dei veri nani? Dwalin le si avvicinò preoccupato e completamente esterrefatto che del fatto che avesse parlato nella loro lingua segreta, ^Respira, piccoletta^ le disse in khuzdul sperando che riuscisse a capirlo ma la ragazza non sembrava volerlo ascoltare e quando lui tentò rassicurarla poggiandole una mano sulla spalla lei schivò il suo tocco e barcollo verso il centro del campo. Nori, Gloin, Dori e Oin la accerchiarono nel tentativo di evitare che si ferisse in qualche modo in un quello stato sconvolto mentre Dwalin cercava di avvicinarla per poterla calmare.

Tutto il mondo incominciò a girarle intorno, si muoveva barcollando senza meta guardando intorno come un animale in trappolo troppo confusa per apprezzare il maldestro tentativo dei nani di sostenerla in piedi mentre tutto quello che le stava riuscendo era passare di mano in mano come la pallina impazzita di un flipper. Tutte le immagini di quello che le era successo cominciarono a scorrere nella sua mente mentre cercava in qualche modo di sfuggire all'anello di nani che si era creato intorno a lei . I ricordi della partenza da casa per andare al cosplay le risate e i giochi in macchina si mischiavano con il volto preoccupato di Gloin, l'incidente e i volti disperati dei suoi amici ballavano intorno al viso di Dori, le ombre sfocate che la trattenevano a terra tra paura e dolore erano proiettate sulla faccia di Oin , il sollievo di essere di nuovo al sicuro non erano altro che lo sguardo triste negli occhi di Dwalin.

In qualche modo riuscì a divincolasi dalla loro stretta ma fini per schiantarsi contro un muro di muscoli e vestiti che emise un grugnito poco compiaciuto all'impatto mentre con le possenti mani la afferrava dolorosamente per le spalle. Alzando in alto il volto li vide, quei due meravigliosi zaffiri che solo pochi minuti prima le avevano pervaso il cuore di mille emozioni nel suo sogno e gli occhi le si riempirono di lacrime. Thorin Scudodiquercia era lì davanti a lei, il vero Thorin non un qualunque nerd travestito, questo mondo di fantasia si era in qualche modo materializzato intorno a lei e questo la terrorizzava. Questo era un mondo medievale pieno di mostri in cui la magia era reale e tutto poteva capitarle, poi si rese conto di cosa tutto questo potesse voler dire, §Sono morta sul serio allora§ sussurro quasi senza fiato prima di diventare un peso morto tra le mani del re in esilio.

 

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Tu hai fallito mago, avevi detto che la ragazza non sarebbe mai esistita in questo mondosibilò l'ombra che aleggiava tra mura diroccate e torri cadenti. Un'aura nera si stringeva e dilatava attorno alla figura austera di un uomo alto avvolta in un mantello scuro. L'uomo poteva percepire la rabbia, la pungente sensazione di disgusto che quella 'creatura' provava nei suoi confronti (sentimenti ampiamente ricambiati dal mago, per usare un eufemismo). Ogni volta che quell'anima oscura, che somigliava a delle dita esili e incorporee come inchiostro nell'acqua, si avvinghiava su di lui minacciosamente il mago restava immobile, il suo viso una maschera pallida senza espressione mentre ripeteva a se stesso ' la pazienza è la virtù dei forti, presto arriverà il mio momento e il mondo si inchinerà davanti alla mia lungimiranza'. “Mio signore, l'incantesimo che lanciai è tra i più antichi e potenti che esitano, si dice che 'usando la magia non c'è modo di concepirne tutte le possibili conseguenze' tanto più è antica tanto più è vera questa frase” replicò il mago senza che la sua espressione rivelasse alcuna emozione.

Questo non cambia il fatto che tu hai fallito gli sussurro velenosamente all'orecchio l'ombra. “Mio Signore, non c'è motivo di preoccuparsi della fanciulla. I nani sono una razza cruenta in ogni aspetto della loro vita.... il corpo e l'anima di Thorin Scudodiquercia non sono preparati alla presenza della ragazza in questo mondo, è molto probabile che lui finisca per uccidere lei o uno dei suoi compagni, oppure per possederla con la forza e magari sarà lei stessa a togliersi la vita quando tutto sarà compiuto.... in ogni caso uno scenario a nostro favore” disse il mago con un tono divertito ma ancora una volta la sua espressione non lasciava trasparire il minimo segnale che in quella figura ci fosse un'anima di un qualsiasi genere. 'molto probabile', 'magari'.... sono parole che non attraggono la mia attenzione , ora vattene la tua presenza non è più richiesta ho già ordinato ad Azog di rimediare ai tuo sbagli prima ancora che questi si manifestassero, sapevo che non c'era da fidarsi della tua razza.... Torna a vegliare sulle terre degli uomini, torna a giocare con i tuoi burattini con questo l'ombra svanì senza lasciare altro che polvere a rovine inanimate.

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Capitolo 5
*** Friends? ***


 

LINGUAGGI : “comune” ; *elfico* ; ^nanico^ ; [linguaggio dei segni]; §mondo reale§ ; “orchesco / lingua nera”; 'pensieri o comunicazioni mentali'


 

Thorin cercò di trattenere il gemito di piacere che gli aveva provocato l'impatto di quel corpicino così morbido contro il suo torace, ma di fatto emise un grugnito strozzato senza volerlo. Istintivamente afferrò Bilbo per le spalle, non era sua intenzione farle male ma la sua presa si serrò involontariamente attorno a quella carne delicata per paura che la she-hobbit scivolasse via dalle mani. Per fortuna il sovrano aveva avuto tempo a sufficienza per rinfoderare la spada prima che Bilbo gli piombasse addosso. Quando lei sollevo il viso e lo fisso dritto negli occhi per un attimo Thorin credette di essersi paralizzato. Tutto era perfettamente identico a come lo aveva immaginato, dalla forma delle labbra fino all'ultima delicata e lunga ciglia, il viso della sua ninfa era davanti al suo e una nuova ondata di desiderio (se possibile ancora più selvaggia delle precedenti) lo pervase.


 

Voleva stringerla tra le braccia per non lasciarla andare mai più, ma gli occhi della fanciulla si riempirono di lacrime e il suo corpo incominciò a tremare. Giusto il tempo di qualche parola in quella lingua a lui incomprensibile, sussurrata nel più puro panico che Thorin avesse mai sentito, che Bilbo era priva di sensi sorretta in piedi solo dalla sua stretta sulle piccole spalle. Tutto il desiderio del nano si trasformo istantaneamente in pura furia, odio per giunta anche se al pensiero di odiarla sentiva le sue interiora accartocciarsi su se stesse. Perché doveva avere così tanta paura di lui? Perché doveva respingerlo così veementemente? Perché lui doveva desiderarla tanto? Nemmeno nel suo sogno lei lo aveva accettato, inizialmente si era concessa solo perché costretta ed anche dopo probabilmente si era solo arresa all'inevitabile. Thorin lasciò la presa sulla ragazza facendola cadere a terra senza troppe cerimonie, poi fece un passo indietro e la guardò con aria disgustata “Oin rimettila in sesto, tra un paio d'ore ci mettiamo in cammino” disse con una voce gelida e priva di ogni gentilezza, poi si accomodò vicino al fuoco per mangiare.


 

Nel vedere quel comportamento tutta la compagnia era rimasta basita, nessuno riusciva a capire perché Thorin si stesse comportando in quel modo, né tanto meno riuscivano a concepire il trattamento che il loro re stava riservando ad una donna. Per la prima volta in vita sua Dwalin aveva voglia di prendere a pugni ( per fare male e non per gioco) il suo migliore amico. Fortunatamente in quel momento il guerriero era troppo impegnato ad occuparsi della fragile creatura, il pestaggio di Thorin per mano dell'improvvisato fratello maggiore avrebbe dovuto attendere. Balin dal canto suo non sembrava così intenzionato a lasciar correre l'accaduto e prese posto vicino a Thorin con tutte le intenzioni di farlo rinsavire, ovviamente Gandalf lo aveva già preceduto.


 

Una volta seduto davanti al fuoco con lo stufato in mano Thorin rivolse involontariamente lo sguardo verso la giovane priva di sensi. Dwalin era seduto a gambe incrociate e la she-hobbit era adagiata su di esse quasi come se fosse stata deposta in una culla, le braccia del nano le sorreggevano spalle e ginocchia in modo che una volta sveglia non fosse in grado di sbattere da qualche parte se presa dal panico. Oin le sosteneva la testa con una mano mentre le passava una piccola fiala sotto il naso. Quando la giovane riprese i sensi si guardò intorno disorientata e prese ad agitarsi ma appena il suo sguardo incrociò quello di Dwalin, la piccola creatura allacciò le sue esili braccia attorno al collo del nano ed affondò il viso sulla sua spalla lasciandosi placidamente confortare dal guerriero. Thorin era così preso dall'osservare come il piccolo corpicino si stesse rilassando tra le braccia del nano calvo che non fece caso alla presenza di Balin e Gandalf fino a che il primo non attirò le sua attenzione picchiettando impazientemente con il piede per terra.


 

Trovatosi sotto lo sguardo accusatorio dei Balin e Gandalf, il re distolse la sua attenzione dal fuoco ed emise un sospiro seccato. “Che c'è? Perché mi state guardando come se avessi appena strappato il cuore ad un infante?” disse con un tono pieno di rabbia, ma in effetti per quanto raccapricciante fosse quella immagine era così che il duo lo stava guardando. “ Mio caro ragazzo, c'è un motivo in particolare per il quale ritieni sia giustificato gettare a terra una fanciulla ferita e priva di sensi?” incominciò a rimproverarlo Balin, che stava cercando con tutto sé stesso di mantenere il suo tono calmo mentre era profondamente turbato dal comportamento di colui che era stato suo allievo fin dalla più tenera età. “Non l'ho gettata a terra l'ho solo-..” provò a difendersi senza troppa convinzione ma fu subito interrotto dal nano anziano, “L'hai lasciata cadere, sapendo che avrebbe potuto ferirsi” la voce di Balin, sempre così gentile e paterna, ora era severa e fredda e in qualche modo riusciva ad intimidire persino Thorin che si sentì costretto ad abbassare lo sguardo per la vergogna.


 

“Sono stato il tuo mentore sin da quando sei stato in grado di sollevare la tua prima ascia, so che sei migliore di così... perché la presenza di questa ragazza di affligge così tanto?” ora la voce di Balin era gentile quasi una supplica piena di tristezza. Il cuore di Thorin si spezzo nel sentire quelle parole, se Balin avesse saputo fino a che punto il desiderio per quella fanciulla aveva spinto la sua mente cosa avrebbe pensato di lui? 'Ho praticamente sognato di farla mia con la forza, cosa ne penserebbe di questo? Mi sputerebbe in faccia, ecco cosa'. “Sono stati dei giorni duri per tutti, mi da semplicemente ai nervi che la ragazza sia ancora meno utile alla nostra causa di quanto non lo fosse mezz'uomo” disse scuotendo le spalle. Parole crudeli, non del tutto una bugia, sempre meglio che mettere a nudo la propria vergogna. “Utile o meno sai bene che le donne sono sacre nella nostra cultura, non dico che devi andarci d'accordo ma evita di procurarle ulteriori ferite fisiche. La compagnia è piuttosto scontenta del tuo comportamento di prima e il mio 'fratellino' sembra avere tutte le intenzioni di scuoiarti con lo sguardo” detto questo prese il suo stufato ed andò a sedersi vicino a Dori.


 

Alle parole di Balin istintivamente la sua attenzione si rivolse nuovamente alla coppia, ora Dwalin era in piedi e la ragazza era seduta elegantemente sui suoi polpacci e stava sorridendo dolcemente al guerriero. Dwalin si allontano dopo qualche istante di esitazione lasciando la ragazza a guardarsi intorno con occhi impauriti ma curiosi. L'attenzione della giovane fu attratta da qualcosa, la piccola creatura si mise carponi sul giaciglio e allungò la mano come per afferrare il fulcro del suo interesse. Al solo vedere la ragazza in quella posizione a Thorin sembrò di impazzire ma cercò di restare calmo mordendosi l'interno della guancia sperando che il dolore lo aiutasse. Quasi immediatamente la ragazza si rimise a sedere e incrociò le braccia sul petto tenendo stretto il largo colletto della blusa che stava indossando, il suo sguardo dardeggiava ovunque tranne che sul falò e il suo viso aveva preso un colorito vermiglio. Il giovane re fu inizialmente confuso dal comportamento fin che non vide che dritto di fronte alla ragazza c'era Dori che stava facendo la paternale ad Ori che per qualche motivo (che Thorin sospettava avesse a che fare con due bei seni) era rosso come un pomodoro.


 

“Tutto qua?” la voce di Gandalf lo fece trasalire, per qualche ragione aveva pensato che lo stregone si fosse allontanato insieme a Balin. “Che intendi dire Tharkûn?” chiese estremamente irritato dal tono di sufficienza di Gandalf. “Sei sicuro che non ci siano motivazioni più profonde per il tuo malumore? Non provi nessun tipo di interesse verso la ragazza?” chiese quasi bisbigliando come se fosse consapevole che quella domanda fosse in qualche modo imbarazzante per il nano. “Non ho idea a che cosa tu ti stia riferendo. Fatta eccezione per la sua inutilità la presenza di quella ragazza mi lascia indifferente” rispose a denti stretti, lo stregone lo guardò sospettoso quasi come se potesse leggere la bugia dietro le sue parole ma poi gli rivolse un sorriso divertito “Mmmm... Bene, meglio così”.


 

“Giusto perché ritengo che sia utile che tu ne sia al corrente... quello che è successo al nostro caro hobbit è sicuramente frutto di un potente incantesimo ma ti assicuro che è solo lui ad esserne stato affetto, non c'è alcun motivo di pensare che questo possa influenzare il comportamento degli altri membri della compagnia” a quelle parole Thorin annuì ma non riuscì a nascondere il suo sguardo preoccupato, cercò comunque di evitare che lo stregone se ne accorgesse più del necessario. Sapendo bene che il re in esilio non era stato sincero Gandalf cercò di offrirgli una speranza, una via d'uscita, “In ogni caso può succedere che come effetto collaterale di un incantesimo si mettano in moto forze che non è facile comprendere, quindi preferirei che tu e la compagnia mi informaste di eventuali 'disagi' che una presenza femminile potrebbe provocare...” Gandalf guardò in direzione di Ori poi verso Fili e Kili “.. soprattutto ai più giovani di voi” aggiunse facendo l'occhiolino prima di ritirarsi decisamente divertito dall'espressione di completo stupore sulla faccia di Thorin.


 

Le parole dello stregone lo avevano turbato profondamente, se l'incantesimo non aveva nulla a che fare con il suo stato d'animo allora c'era qualcosa che non andava in lui. Le uniche storie che gli venivano in mente erano quelle di nani, che portati quasi alla follia dal desiderio a causa di un rifiuto, erano arrivati al punto di rapire la loro Metà pur di obbligala ad innamorarsi di loro, gesto poco produttivo visto che pur condividendo la stessa anima non c'è garanzia che l'amore nascesse (grazie ad un'antica maledizione posta sulla razza dei nani). Il re continuò il suo pasto cercando di pensare al da farsi lasciando da parte quel pensiero, quasi divertito che la cosa gli fosse anche solo lontanamente balenata per la mente. In fondo era improbabile, se non praticamente impossibile, che un nano trovasse la sua Metà fuori della sua razza. Dovette comunque imporsi di evitare di guardare verso Dwalin e Bilbo perché di certo l'ultima cosa a cui voleva andare in contro era la collera del suo più caro amico (un'altra ragione per provare risentimento verso Bilbo aggiunta alla lista). Dopo l'iniziale silenzio denso di imbarazzo il pasto continuò non molto diversamente dal solito, fatta eccezione per il guerriero calvo che stava praticamente imboccando la piccola creatura, e tutti erano tornati più o meno di buon umore.


 

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Sara fu svegliata da un pungente odore di spezie che le era prepotentemente entrato nelle narici. Inizialmente non riusciva a focalizzare le cose che le stavano attorno e presa dal panico incominciò a divincolarsi contro le braccia che la stavano trattenendo, ma quando il viso preoccupato di Dwalin incominciò a delinearsi di fronte a lei la realtà della situazione in cui si trovava fu troppo da poter gestire. La giovane ragazza getto le braccia attorno al collo del possente guerriero e cominciò a piangere sconsolata. Tutto questo era troppo reale per essere un sogno, ma come poteva essere reale? Cosa significava tutto questo? Sara odiava non avere risposte a queste domande e giurò a se stessa che le avrebbe trovare.


 

Dwalin la scostò delicatamente in modo da poterla guardare in faccia e le sorrise dolcemente mentre le spostava una ciocca di capelli dal viso. Il gigantesco nano la adagiò dolcemente sul giaciglio per poi accingersi ad alzarsi ed allontanarsi. Prima che fosse fuori portata Sara si era messa in ginocchio e lo aveva afferrato per i pantaloni in un disperato tentativo di trattenerlo. §Dove vai?§ gli chiese con area preoccupata quando lui la guardò stranito da quel gesto. ^Mangiare^ disse semplicemente avendo in qualche modo compreso il senso della sua domanda. Sara non conosceva molto khuzdul ma fortunatamente questa parola le era nota, quindi sistemò la stoffa della casacca che stava indossando in modo che coprisse il più possibile del suo corpo e poi si mise a sedere sui polpacci e poggiò le mani sulle cosce mettendo ben dritta la schiena nella migliore imitazione di una geisha seduta ad un tavolo da tè che le riuscì di fate.


 

Dwalin la guardò un po' perplesso ma lei semplicemente gli indicò il fuoco con un cenno delicato della mano, incoraggiandolo a continuare a fare quello che aveva iniziato con un piccolo sorriso. Non sapeva se i nani avessero intenzione di sprecare ulteriori risorse su di lei (molto probabilmente no, visto il disgusto che le era stato rivolto dal loro leader). Non era detto che questi nani fossero identici ai personaggi descritti da Tolkien ma in ogni caso erano stati abbastanza ospitali, sopratutto Dwalin, e lei non aveva nessuna intenzione di disturbarli più del necessario. Il nano esitò ancora per un attimo poi si diresse verso i compagni intorno al fuoco.


 

Sara si guardò attorno ancora un po' scossa da tutto quello che le era successo, non era del tutto convinta che questo non fosse tutto frutto della sua fantasia. 'Negare la realtà non mi porterà da nessuna parte, devo trovare un modo per tornare a casa o per svegliarmi al più presto se questo è un sogno...intanto che sono qui meglio stare al gioco' si fece coraggio mentalmente . Ora che era decisamente meno nel panico tutto incominciava a prendere un aspetto diverso, tutto intorno a lei sembrava così vivido e colorato. Nulla le era mai apparso più reale di questo mondo di fantasia. Era come se il suo corpo si fosse svegliato da un lungo torpore, e ripensandoci bene non sentiva più quella repulsione al contatto che l'aveva accompagnata per tutta la vita. Non ci volle molto perché il suo cervello esaminasse i fatti e tirasse le somme. ' Bilbo non si vede da nessuna parte e nessuno sembra intenzionato ad andare a cercarlo + io sono un hobbit + si sono rivolti a me con il nome Bilbo = per qualche assurda ragione io sono diventata Bilbo' il corso dei suoi pensieri non aveva molto senso per lei ma d'altronde al momento non c'era molto che ne avesse.


 

Continuò ad osservare la foresta che la circondava, evitando di proposito di guardare in direzione dei nani. Con molta probabilità non l'avrebbero abbandonata nel bel mezzo del nulla ma non aveva intenzione di irritarli osservandoli mangiare (cosa che lei stessa trovava parecchio fastidiosa). La flora locale assomigliava molto a quella che si trova nel nord Europa, tutto intorno a lei c'era un misto di Faggi e sempreverdi, felci e arbusti dai quali spuntavano una vasta gamma di fiori. Dalla varietà di colori e profumi che stavano invadendo i suoi sensi Sara stimò che doveva essere primavera inoltrata, probabilmente inizio estate. Per terra nella radura l'erba era bassa e rada ma ancora verde e lasciava intravedere una terra scura e fertile.


 

Lo sguardo della ragazza fu catturato da un piccolo cespuglio di primule selvatiche, tra le foglie verde scuro spuntavano quattro piccoli fiori bianchi con il centro di un arancione acceso che sfumava quasi subito in petali candidi come la neve. La vista di quei fiori delicati la sorprese un po', non si aspettava che dei fiori così fragili fossero sopravvissuti ai pesanti stivali dei nani accampati tutti intorno. Quel piccolo miracolo floreale le diede un tuffo al cuore. Fin da bambina per qualche motivo aveva amato la natura in maniera quasi ossessiva ed aveva imparato l'uso e il significato di più piante le fosse possibile, 'Cosa decisamente appropriata per un hobbit se ci si pensa bene' pensò ridacchiando sommessamente di se stessa. 'Le primule sono il simbolo della rinascita, della speranza e per i più romantici del primo vero amore. A parte l'ultima questi fiori sembrano quasi un segno del destino' quel pensiero le fece scorrere un piccolo brivido lungo la schiena, non era di certo il suo sogno nel cassetto rinascere come il personaggio di un libro ma nel profondo del suo cuore in qualche modo questo suonava come una possibile risposta a molte delle sue domande.


 

§Si certo come no, e poi cosa? Mi innamorerò di quel barbaro?§ sussurrò quasi divertita, anche se senza volerlo con la coda dell'occhio ora stava osservando Thorin che a sua volta la stava guardando. Ciò che vide negli occhi del nano la spaventò a morte, quindi rivolse subito le sue attenzioni sui piccoli fiori bianchi. Thorin la stava scrutando con un misto di desiderio e rabbia, un sentimento combattuto e violento. Lei non era sicura di poter adeguarsi ad una simile interazione con lui, il disgusto e l'insofferenza sarebbero stati facili da gestire ma questo era diverso. Quello che la spaventava di più era quella stana voglia di accettazione che stava crescendo dentro di lei. Sara desiderava essere notata ed apprezzata da quell'individuo a lei del tutto estraneo, per la prima volta nella sua vita le importava veramente quello che qualcun altro pensasse di lei e non riusciva a capirne il motivo.


 

Con l'intenzione di distrarsi dai sui pensieri si concentrò sulle primule di fronte a lei. Con sentimenti contrastanti si mise carponi sul giaciglio ed allungò la mano per toccarle. Le sembrava un peccato raccoglierle ma non voleva che qualcuno le calpestasse inavvertitamente. Quando stava per raggiungerle il largo colletto della blusa che stava indossando scivolò via dalla sua spalla scoprendole quasi metà busto. Prima che potesse rimettere a posto la stoffa sentì qualcuno tossire come se gli fosse andato di traverso qualcosa, alzò lo sguardo e dritto davanti a lei vide Ori che la stava osservando con occhi sgranati mentre un po' di stufato gli colava dalle labbra sulla barba. Inizialmente il giovane nano sembrava imbambolato, mentre un preoccupatissimo Dori gli dava delle pacche sulla schiena e lo incoraggiava a respirare, poi resosi conto che la giovane lo stava guardando a sua volta il suo volto avvampò e distolse gli occhi imbarazzato. Ci volle lo sguardo scandalizzato di Dori che balzava da lei a Ori e la sua bocca spalancata in una smorfia di incredulità perché Sara si accorgesse di quel che era successo.


 

Quasi immediatamente Sara si rimise a sedere e incrociò le braccia sul petto tenendo stretto il largo colletto della blusa che stava indossando. Sentiva il viso in fiamme e cercava disperatamente di non incrociare lo sguardo con nessuno. Per quanto non si considerasse una puritana, per lei restava estremamente imbarazzante essere così esposta di fronte a degli sconosciuti. 'Possibile che da quando mi sono svegliata non ho fatto altro che mettermi in queste situazioni? Perché non riesco a tenermi i vestiti addosso?' Pensò abbassando il viso e trattenendo due piccole lacrime di frustrazione. In fondo, fino a quel momento, nessuno l'aveva mai vista completamente nuda. In costume da bagno o biancheria intima? Certamente. Nuda in presenza di qualcuno? Assolutamente no. Erano anni che anche a sua madre era vietato di intromettersi nei suoi momenti più intimi. Mentre rimuginava su quanto fosse miserabile la sua esistenza in quel momento, poteva sentire Dori rimproverare (perché dal tono non poteva essere altro che una ramanzina) il povero Ori. Decise di tenere la testa bassa, respirando appena nel tentativo di emettere meno rumori possibili, sperando che la sua presenza passasse inosservata da quel momento in poi.


 

Mentre pregava che una qualche divinità misericordiosa permettesse alla terra di aprirsi sotto di lei ,in modo da inghiottirla per sempre e risparmiarle ulteriori momenti imbarazzanti, due pesanti stivali di cuoio rifiniti in pelliccia e borchie metalliche le si pararono davanti. Alzando lo sguardo Sara si ritrovò sovrastata dall'enorme figura di Dwalin, inizialmente con il sole alle sue spalle le era apparso come una enorme ombra minacciosa ma appena i suoi occhi si erano adattati alla luce non ci era voluto molto perché riconoscesse il volto amico. ' Amico? Chi sa se posso veramente considerarlo mio amico. Magari sta solo eseguendo degli ordini o forse gli faccio semplicemente pena'. I pensieri della ragazza ebbero una brusca battuta d'arresto quando si rese conto di cosa tenesse in mano il guerriero.


 

Dwalin stava in piedi di fronte a lei con due ciotole di legno in mano e un sorriso gentile in volto. Con una grazia quasi impossibile, vista la sua mole, il nano si sedette a gambe incrociate di fronte alla ragazza e le porse quello che sembrava dello stufato. In un primo momento Sara lo osservò un po' spaesata poi quando il suo stomaco fece un rumore simile ad un ruggito si rese conto che in effetti le era stato offerto del cibo. ^Mangiare^ le ripeté sollevando la ciotola, che Sara stava guardando come se dovesse attaccarla da un momento all'altro, quasi fino sotto il suo naso. La ragazza allungò le mani per afferrare la ciotola e fu stupita da quanto questa sembrasse grande nelle sue mani rispetto a quelle di Dwalin. Era cambiata completamente? C'era ancora qualcosa che le fosse familiare in quel corpo? A quel pensiero un'espressione triste e rassegnata le si dipinse in volto.


 

Dwalin osservò la piccola she-hobbit per qualche minuto, insicuro sul come convincerla a nutrirsi. Quella creaturina così indifesa stava osservando la ciotola di stufato come se fosse una minaccia e non sembrava avere alcuna intenzione di mangiare, nonostante il suo stomaco avesse fatto rumorosamente notare quanto fosse affamata. La delicata femmina stava osservando la ciotola con un'espressione così preoccupata che per poco il nano non credette che gli hobbit avessero un qualche legame psichico con la natura che permettesse loro di comunicare con il legno e che in qualche modo la stoviglia l'avesse offesa o messa in guardia sul suo contenuto. Di punto in bianco un pensiero gli attraversò la mente, 'Non crederà mica che vogliamo avvelenarla o drogarla? A quale scopo poi? Per quale motivo dovremmo volerla mansueta...' Gli occhi di Dwalin si dilatarono per lo stupore quando si rese conto che, dato il racconto di come i ragazzi avevano fatto conoscenza con lei, in effetti c'era una ragione plausibile (almeno agli occhi della ragazza) per la quale avrebbero potuto volerla tenere in vita e il più collaborativa che fosse possibile. Un brivido di disgusto misto a rabbia gli attraversò la schiena ma lo represse temendo che la she-hobbit fosse spaventata dalla sua reazione.


 

Sara fu destata dai suoi pensieri quando un cucchiaio di metallo scivolò dolcemente dentro la sua ciotola. Alzando lo sguardo vide mentre Dwalin si portava un'abbondante cucchiaiata di brodo alla bocca, assaporandola lentamente. Il nano trattenne il suo cucchiaio in bocca e con la mano ora libera le porse un altro cucchiaio. Sorridendo a labbra strette per non far cadere il pezzo di metallo fece un'espressione come per dire: Visto? È buono non è avvelenato. La ragazza arrossì vistosamente (ancora una volta) rendendosi conto che il suo meditare sui cambiamenti del suo corpo era stato interpretato come una mancanza di fiducia nei confronti dei nani. In effetti il pensiero che lo stufato potesse essere drogato le era passata per la testa ma per quanto questi nani le fossero sconosciuti si sentiva stranamente al sicuro con loro (fatta eccezione per Thorin verso il quale provava un misto di terrore, risentimento e desiderio) e quindi era giunta alla conclusione che al massimo potesse contenere qualche erba officinale o calmante che non le avrebbe fatto altro che del bene. L'idea che volessero avvelenarla era semplicemente ridicola, perché sprecare del cibo quando in pratica si portavano dietro l'equivalente di un'acciaieria in armi. No, se avessero voluto ucciderla gli sarebbe bastato poco. Con un pugnale o perfino a mani nude anche il più debole tra di loro non ci avrebbe impiegato che qualche minuto a spezzare la sua vita.


 

Prese in mano il cucchiaio e un po' esitante lo immerse nel brodo . Mescolò il contenuto della ciotola per qualche secondo, inalando il caldo profumo che si sollevò dal liquido smosso. Per quello che riusciva a vedere nello stufato oltre a pezzetti di carne (molto probabilmente coniglio) c'erano anche patate, carote e ceci. Le venne da sorridere quando si accorse che non c'era traccia di ingredienti verdi, ' forse non sono poi così diversi dai personaggi del libro' pensò sorridendo involontariamente. Ma ancora una volta al pensiero di essere immersa in un mondo di fantasia una profonda ansia si annidò viscidamente nella sua mente. Avrebbe fatto la fine di Persefone se avesse mangiato il cibo di quel mondo? Sarebbe mai riuscita a tornare a casa dopo tutto questo? Per quanto questo corpo fosso così accogliente e tutto intorno a lei sembrasse essere nel posto giusto per la prima volta nella sua vita, era giusto usurpare il posto di Bilbo? Cosa avrebbe fatto il vero Bilbo, era corretto assumere che se lei fosse rimasta in quel corpo forse lo spirito del povero hobbit sarebbe svanito? Il sorriso svanì rimpiazzato dalla tristezza che la stava avvolgendo. Abbandonò il cucchiaio e si posò la ciotola avvolta dalle sue mani in grembo, senza alcuna intenzione di mangiare ora che le sue preoccupazioni avevano assopito i morsi della fame.


 

Quando la graziosa creatura abbandonò ogni pretesa di interesse nel cibo che teneva in mano, mentre la tristezza si impossessava del suo viso, Dwalin ebbe un attimo di panico. Cosa avrebbe fatto se Bilbo stesse tentando di lasciarsi morire di fame? Costringerla a mangiare non sembrava una buona idea, l'avrebbe solo spaventata di più. Il guerriero osservò la ragazza per qualche minuto poi con un sospiro rassegnato mise da parte il suo pranzo e si accinse ad imboccare la she-hobbit. Inizialmente per il nano fu molto difficile prendere in mano il cucchiaio per portarlo alla bocca della ragazza, la quale in quel momento sembrava non essere consapevole di ciò che la circondava tanto era immersa nella sua miseria. Di certo tra tutti i componenti della compagnia Dwalin era il meno adatto a fare da balia ( ammesso che si potesse considerare un qualunque dei nani presenti adatto al ruolo in ogni caso), questa situazione era estremamente imbarazzante ma il nano calvo si fece coraggio e incominciò ad imboccare la giovane. Dopo un iniziale rifiuto delle prime cucchiaiate la radazza aprì la bocca e lasciò che il guerriero le facesse mandare giù quasi metà ciotola prima che fosse ritornata in se abbastanza da essere in grado di nutrirsi da sola.


 

Era ovvio che averle riservato quelle attenzioni stava mettendo il povero Dwalin in imbarazzo e Sara si sentiva terribilmente in colpa per questo. Ovviamente, una volta riuscita a placare la tempesta di pensieri che stava dirompendo nella sua testa, la ragazza si era sentita estremamente grata per quel gesto così imbarazzatamente necessario. Continuarono a mangiare in silenzio, un silenzio confortante e pacato. Durante il pasto il nano continuò a tenerla d'occhio accertandosi che non smettesse di mangiare, e più volte dalla compagnia si levarono risa sommesse e frasi (probabilmente battute) alle quali Dwalin rispondeva repentinamente e con un tono stizzito ma divertito. Il fatto di non riuscire a capire la conversazione la preoccupava ma visto che il suo 'protettore' sembrava essere più imbarazzato che infastidito la ragazza decise semplicemente di tenersi in disparte. In effetti la comunicazione era un problema da risolvere: Conosceva poco o niente di khuzdul (nulla che potesse essere utile in una conversazione civile in ogni caso). Il linguaggio che gli aveva sentito usare probabilmente era la lingua comune che, per quanto Tolkien avesse ben definito, nei film e nei libri viene tradotta con l'inglese per comodità così lei non si era mai neanche minimamente sognata di impararlo. Conosceva discretamente bene il sindarin ( lo aveva imparato nella speranza di impressionare Davide), dubitava che i nani lo parlassero quindi la sua unica opportunità di comunicare era con Gandalf.


 

Come se avesse letto nella sua mente lo stregone si avvicinò alla coppia e prese posto accanto a Dwalin, di fronte alla ragazza che li guardava insicura. "Come sta andando con la nostra amica?" Chiesa lo stregone dopo aver osservato la ragazza per qualche momento. "Sembra che le ferite stiano guarendo bene, è ancora un po' sotto shock e non capisce una parola di quello che diciamo..” il nano si soffermò un attimo a pensare bene a come finire quella frase “... bhe almeno sembrerebbe che non capisca, visto che l'ho sentita imprecare in un khuzdul impeccabile” aggiunse ridacchiando al pensiero che quella fragile creatura avesse usato un linguaggio così scurrile. Gandalf si lasciò trascinare nel momento di ilarità e a sua volta lascio che un sorriso si disperdesse nella sua barba folta poi osservando la fanciulla, che ora stava disperatamente cercando di mantenere il contatto visivo con Dwalin, si rivolse al nano giocosamente “Sembra che si sia piuttosto affezionata a te”. “Sinceramente? non ne capisco il motivo. Di solito le creature delicate come lei sono così spaventate da me che non faccio nemmeno in tempo ad aprire bocca prima che siano già scappate a gambe levate” Dwalin sporse una mano in avanti e la poggio delicatamente sulla guancia della she-hobbit che per tutta risposta chiuse gli occhi ed accomodò il viso sul palmo calloso accogliendo la carezza con un sorriso, “Lei però è diversa. Lei non mi teme, si è subito fidata di me e io ho intenzione di ripagare questa fiducia”.


 

“Così hai deciso di diventare il suo protettore?” chiese lo stregone mentre i due si separavano. “Ho deciso di proteggerla fin tanto che sarà necessario e anche oltre se il mio re me lo consentirà” rispose il nano gonfiando il petto orgoglioso. Non avrebbe mai ammesso che al momento sarebbe andato anche contro il volere di Thorin pur di proteggere Bilbo. Per dirla tutta aveva come la sensazione che il maggior pericolo per lei fosse proprio il giovane re, anche se non riusciva ancora a comprendere le motivazioni dietro l'astio dell'amico nei confronti della ragazza. Quelli che Dwalin scorgeva negli occhi di Thorin erano sentimenti del tutto alieni al carattere del nano che aveva imparato a rispettare ed amare come un fratello nei lunghi anni della loro amicizia. Il guerriero si girò ed osservò il sovrano per qualche momento, Thorin sembrava immerso nei suoi pensieri quasi incurante di ciò che lo circondava, poi si rivolse nuovamente verso lo stregone quando questi gli domando con un'espressione spaventosamente seria " La difenderesti anche da coloro che ami?.... rispondi semplicemente con sì o no, non sono interessato a disquisire sulla lealtà e l'onore dei nani". Dwalin fu preso alla sprovvista dall'improvvisa cambio di atteggiamento dell'uomo, 'Maledetto... questo vecchio caprone sa qualcosa su questa ragazza e non vuole dircelo' pensò digrignando i denti a labbra serrate. Avrebbe voluto rendere partecipe lo stregone dei suoi pensieri, ma non essendo uno sciocco represse la sua rabbia e rispose con voce cristallina "Si".


 

Sara li osservo parlare e quando le sembrò che la conversazione fosse finita poggiò la mano sulla lunga manica delle tunica di Gandalf e diede qualche delicato strattone alla stoffa. Il gesto attirò subito l'attenzione dello stregone e di conseguenza anche quella del nano, la osservarono increduli per qualche istanti come se si aspettassero che volasse via da un momento all'altro. La ragazza fece per parlare ma le parole le morirono in bocca. Come avrebbe potuto cominciare quella conversazione? Quale sarebbe stata la scelta migliore di parole? Sara si rese conto che non ne aveva la benché minima e pallida idea, quindi lasciò che la domanda che maggiormente la stava assillando le scivolasse dalle labbra. *Mi... Mithrandir? Tu sei il vero Mithrandir?... Sono davvero nella Terra di Mezzo?* disse con una voce tremolante in un elfico con un accento un po' strano ma senza errori. Fu scossa dalle sue insicurezze dall'improvviso scoppio di una risata gutturale che melodiosamente si stava propagando dal petto del grigio pellegrino. *Oh mia cara bambina, abbiamo molto di cui parlare... E la risposta è si ad entrambe le tue domande* disse lo stregone con dolcezza per rassicurare la ragazza confusa.


 

Sara fece balenare lo sguardo dallo stregone a Dwalin che li stava guardando confuso e preoccupato, ovviamente a disagio nell'essere escluso dalla conversazione. ^Dwalin, io, amico?^ disse prendendo le grandi mani del nano nelle sue, usando deliberatamente la sua lingua natia per enfatizzare il concetto. ^Sempre^ fu tutto quello che il guerriero rispose e anche se non conosceva quella parola Sara percepiva dal suo sorriso gentile che in effetti lui la considerava un amica. Gandalf li guadando ancora per qualche istante, *Posso tradurre se vuoi conoscere meglio mastro Dwalin* disse ridacchiando ed infine aggiunse * Qual è il tuo nome mia cara? Sarebbe bello poter usare il giusto appellativo... tanto per cominciare*. Sara sorrise imbarazzata dalla sua mancanza di buone maniere * Mi dispiace. Che maleducata che sono, il mio nome è S-... è Sa... Sss* prima di poter finire la frase incominciò a tossire violentemente. Con grande stupore capì che non riusciva a far uscire quella parola dalla sua bocca, per quanto ci stesse provando con tutta se stessa era come se ogni sillaba tentasse di soffocarla. Gandalf e Dwalin furono subito al suo fianco *Stai bene mia cara?* le chiese lo stregone ma lei scosse la testa e si portò le mani alla gola. Sollevò il viso e con gli occhi imperlati dalle lacrime provocatele dalla tosse sussurro * B...Bilbo... il mio nome è Bilbo*.

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Capitolo 6
*** The other half of a soul ***


Note dell'Autore 

Eccomi qui con un nuovo capitolo (^_^), e una nuova rubrica (Note dell'Autore è un vero tocco di fantasia come titolo, vero?) che potrebbe diventare una consuetudine per avere un modo di esprimere le mie opinioni o rispondere a domandi di interesse collettivo sulla storia (ok, lo so.... mi rendo conto che qui c'è un po' di delirio di onnipotenza nel pensare che la mia storia sia così seguita, ma al mondo sognare è gratis quindi perché no?).

Per prima cosa vorrei ringraziare tutti coloro che stanno seguendo la mia storia e in particolare : Lucson89, ThorinOakenshield e Thranduil_Laufeyson  per le loro recensioni. In secondo luogo voglio scusarmi per la lunga attesa ma tra studio e lavoro non ho nemmeno il tempo per respirare (T . T), spero che il prossimo capitolo sia pronto per metà luglio. Ultimo ma non in ordine di importanza voglio rendere omaggio a due persone veramente speciali :

  • Giulia (detta anche Bonnie) : la mia beta reader, che è il mio sostegno morale e la fonte di tutte le mie energie, non che la povera sventurata che prova a stare dietro a tutti gli strafalcioni ortografici che faccio (e come avete ben appurato non è cosa da poco).

  • Martina : la mia amata nipotina adolescente che, nonostante si ritrovi una zia come me, invece di nascondere il fatto di essere in qualche modo mia consanguinea cerca pure di sostenermi e farmi pubblicità con gli amici.

Detto questo vi auguro una buona lettura (^_^)

P.S. Si, per chi se lo stesse chiedendo il personaggio di Giulia (l'amica di Sara nel primo capitolo) mi è stato ispirato dalla mia beta reader. Praticamente è lei che vedevo mentre stavo scrivendo. 
 



LINGUAGGI : “comune” ; *elfico* ; ^nanico^ ; [linguaggio dei segni]; §mondo reale§ ; “orchesco / lingua nera”; 'pensieri o comunicazioni mentali' ; 'pensieri o comunicazioni mentali (maledizione o follia)'


Sara non capiva, perché non era riuscita a pronunciare il suo nome? Perché tutto quello che le era uscito di bocca era stato 'Bilbo'? Eppure non si sentiva diversa. Lei era ancora Sara, la nerd asociale e cicciottella a cui piacciono gli Anime e cantare sotto la doccia. Ricordava tutta la sua vita e tutti i suoi amici, riusciva a percepire che tutto quello che era cambiato in lei era solo sul piano fisico. Anche questa rinnovata empatia con il mondo era solo fisica. Gandalf la guardò con un misto di preoccupazione e curiosità, le prese il viso tra le mani e lo osservò come se fosse un antico manufatto da decifrare. Per un attimo gli occhi azzurro-ghiaccio dello stregone si persero in quelli caleidoscopici della ragazza, Sara sentì come se un caldo e gentile flusso di energia si stesse riversando dagli occhi di Gandalf nei suoi per poi scivolarle sulle guance e rientrare nei palmi delle mani dall'istaro. Era una sensazione molto simile a quando si piange col viso rivolto al cielo mente piove, ma senza tristezza solo conforto. Quando le lunghe e ossute dita di Gandalf si allontanarono dalla sua pelle Sara chiuse gli occhi e lasciò andare un sospiro che non si era resa conto di star trattenendo. Fu sollevata nel rendersi conto che il dolore alla gola e il terrore che la stavano devastando erano completamente svaniti.


*Va meglio ora?* chiese gentilmente lo stregone quando fu sicuro che la mente della giovane fosse focalizzata sul presente. *Io non capisco, non dovrebbe essere questo il mio nome eppure non può essere diversamente* disse con un filo di voce, *Perché? Cosa significa?* aggiunse confusa. *Mia cara tu ora sei ospite nel corpo di Bilbo, ciò fa di te Bilbo Baggins a tutti gli effetti..... almeno in parte* ridacchio lo stregone gesticolando in modo snervante con le mani, ovviamente riferendosi hai nuovi tratti femminili di Bilbo. *Ma com'è possibile che sia successo? Voglio dire, ammesso che io stia 'possedendo' il corpo di Bilbo, lui non dovrebbe essere.... insomma si ... non dovrei avere delle parti anatomiche diverse? Oppure è sempre stato una donna?* l'ultima parte della frase venne fuori dalla bocca di Sara balbettata così confusamente che Gandalf non riuscì a trattenersi dal ridere mentre lei arrossiva fin sopra la punta delle orecchie. *No, no lui è sempre stato un maschio. Vedi, devi capire che nel nostro mondo anima e corpo sono legati indissolubilmente, formano una melodia unica e perfetta. Lo sapevi che il nostro mondo fu creato dal canto dei Valar dalla cui armonia è nata di ogni cosa esistente? Ad ogni modo, esattamente come in una melodia nella quale se si cambia lo strumento è necessario cambiare gli accordi perché questa risulti gradevole, quando avviene un profondo cambiamento nell'anima allora il corpo si adatta per mantenere l'equilibrio*.


Sara stava guardando lo stregone piuttosto scettica nonostante il concetto fosse estremamente chiaro lei non riusciva semplicemente ad accettarlo come un dogma. 'Aspetta...il nostro mondo? Ha appena lasciato intendere che io non sia di questo mondo? Come fa se non ho ancora detto nulla?'. *He he he.... mia cara non guardarmi come se mi fosse cresciuta una seconda testa sulle spalle, sono uno stregone dopo tutto* le disse facendole l'occhiolino, *Ciò nonostante sarebbe di grande aiuto se mi raccontassi la tua storia. La magia che ti a portata qui deve essere molto potente e pericolosa, la tua stessa presenza potrebbe essere una minaccia al equilibrio del nostro mondo.... io devo sapere chi sei e per quale motivo sai stata portata qui*. Sara osservò attentamente come lo sguardo di Gandalf si trasformava da divertito e gentile in preoccupato e indagatore, sinceramente non sapeva cosa fare così decise di raccontare tutto. Raccontò della sua vita, del suo mondo, del cosplay, dell'incidente e di come era morta lasciando i suoi amici in lacrime a vegliare su suo corpo mentre lei scivolava nella Terra di Mezzo. Mentre lei parlava Gandalf traduceva per Dwalin che alla fine del racconto avvolse le sue possenti braccia intorno al corpo di Sara per consolarla quando qualche lacrima aveva preso a scendere al ricordo di tutto quello che probabilmente lei aveva perso per sempre.


*Quando mi sono svegliata credevo di essere ancora nel mio mondo, mi sono resa conto di quello che era successo solo quando ho visto questi* concluse la giovane indicando i suoi piedi riccioluti. *Bhe, si in effetti è difficile non notarli.... Mi dispiace davvero tanto per ciò che hai dovuto passare ad una così giovane età* le disse lo stregone con un sorriso triste. *Com'è possibile che io sia qui se in questo mondo l'anima e il corpo sono così inseparabili? Non è più logico che il corpo rigetti una nuova anima piuttosto che adattarsi ad essa?... e Bilbo? dove si trova in questo momento la sua anima? Ti prego Gandalf dimmi che non ho ucciso il povero Bilbo* quelle domande le uscirono di bocca senza che lei potesse fare nulla per fermarle, anche se non era del tutto sicura di voler sentire le risposte. *Equilibrio, anche la morte è equilibrio. In effetti la magia che ti ha portata qui avrebbe dovuto uccidere sia te che Bilbo. E' davvero raro, se non impossibile, che un corpo accetti una nuova anima..... se devo essere del tutto sincero quando ho capito quello che era successo ho temuto che non sareste sopravvissuti più di un paio d'ore* dalla tono che Gandalf stava usando Sara riusciva a percepire tutta la tristezza e il sollievo che lo stregone aveva provato.


*Sareste? Noi? Quindi Bilbo è ancora vivo?* la speranza e la preoccupazione sul viso della ragazza erano così evidenti che Dwalin costrinse lo stregone a tradurre quella frase alla lettera anziché farne una descrizione a grandi linee come per il resto della conversazione in elfico. Il nano a quel punto non riuscì a trattenere un commento minaccioso “Vecchio, se le spezzi il cuore con false speranze giuro sulla barba di Mahal che faccio a pezzi quel maledetto bastone che ti porti appresso, e all'inferno le conseguenze!!”. Alle parole del nano, invece di arrabbiarsi, Gandalf rise di gusto. Sara li guardò decisamente spaesata per qualche momento fino a che lo stregone non si decise a spiegarle la situazione. *Il nostro caro Dwalin mi stava facendo notare che sembri al quanto angosciata per la sorte di Bilbo, mi ha cortesemente invitando a non darti false speranze la dove non c'è ne fossero* disse continuando a ridacchiare. *Cortesemente? Se al posto degli occhi avesse avuto due fucili saresti già morto* rispose Sara così incredula della noncuranza dello stregone da non rendersi conto di aver usato la parola fucile.


Gandalf soppesò le sue parole come se non fosse sicuro di aver sentito bene, *Cos'è un fucili? Una specie di arma?* chiese in fine decidendo di cedere alla curiosità. *Si è un arma.... una specie di balestra .... solo molto più potente e pericolosa* non era esattamente la migliore delle spiegazioni ma era la migliore che potesse dare senza confondere troppo l'anziano. Sara osservò Gandalf annuire comprensivo e fu molto divertita dal ghigno compiaciuto sulla faccia di Dwalin quando lo stregone tradusse per lui questo ultimo scambio di battute. *E allora? Bilbo è ancora vivo o no ?* chiese impaziente quando si rese conto che Gandalf non sembrava aver intenzione di continuare il loro discorso. Lo stregone la osservo ancora per qualche istante fissandola intensamente negli occhi, all'improvviso fu come se Gandalf avesse trovato nel profondo delle sue iridi la risposta che stava cercando mentre un sorriso gentile si faceva strada lungo le sue labbra sottili. *Mia cara, ho motivo di credere che Bilbo sia ancora vivo, è solo un sospetto che dovrò confermare insieme a Lord Elrond ma... c'è una buona probabilità che l'anima di Bilbo sia nascosta all'interno di questo corpo, dormiente fin tanto che la tua resterà forte abbastanza da dominare la parte senziente della sua mente*.


Sara accetto la spiegazione senza troppi problemi, ma nel profondo sentiva che Gandalf non le stava dicendo tutto. Non poteva essere così semplice e in ogni caso questo non spiegava perché lei fosse finita proprio nel corpo di Bilbo. Se l'incantesimo che l'aveva portata in questo mondo era così potente di certo non poteva essere legato alla casualità delle similitudini tra i due 'incidenti' che erano accaduti a lei e Bilbo, tanto meno poteva dipendere dal fatto che lei fosse morta vestita da Bilbo Baggins. *Mithrandir tu sai perché sono qui e perché il corpo di Bilbo mi ha accettato?* chiese in fine riluttante con un filo di voce. *Oh bambina, purtroppo non sono sicuro dei motivi della tua presenza.... vorrei con tutto il cuore darti delle risposte ma non credo sia saggio da parte mia smuovere acque che sono state quiete per troppo tempo* alla sua risposta enigmatica lo stregone aggiunse una vistosa alzata di sopracciglia e Sara capì che non era ne il momento ne il luogo per ottenere risposte ma dentro di lei si accese la fiamma della speranza. *Per quanto riguarda il corpo di Bilbo …. credo dipenda dal fatto che lui non sia mai stato un hobbit che può essere definito nella norma. Devo ammettere che fin da quando fu concepito la sua storia è piuttosto peculiare, anche per chi possiede il sangue dei Took. Per tutta l'infanzia e per gran parte della giovinezza è stato un hobbit curioso e vivace anche se mi ha confessato in più di un occasione di 'non sentirsi a suo agio nella sua pelle' o 'con la sua gente'… ti ricorda qualcosa?*


*Come me!* sussurrò stupita la ragazza. *Mio malgrado i mie doveri mi hanno tenuto lontano dalla Contea per molto tempo, in effetti ho rivisto Bilbo solo quando sono andato a chiedergli di unirsi alla compagnia. L'hobbit che ho trovato in Bag End non era quello che conoscevo e mi c'è voluto un po' per convincerlo a parlare..... e anche così sospetto che non mi abbia raccontato tutto. Vedi mia cara, gli hobbit sono una razza molto amichevole e spensierata ma tendono ad essere ostinatamente riservati ed alle volte si potrebbe definirli un po' bigotti* le spiegò gentilmente lo stregone sperando che questo fosse sufficiente ma quando la ragazza si accigliò confusa Gandalf riprese a parlare. *Nel nostro mondo quando un individuo raggiunge la maturità fisica, nel caso di nani e hobbit o quando incontra l'altra metà della sua anima nel caso degli elfi, sul suo corpo appare un marchio che lo lega indissolubilmente ad un altro individuo, l'altra metà della sua anima, la persona alla quale è destinato. Ogni razza ha un suo modo per definire questo processo, per gli hobbit è detta Fioritura e l'altra metà del anima di qualcuno viene definita Calice …* a questo punto Gandalf ridacchio e sospirò nostalgico. *Un doppio riferimento alla passione degli hobbit sia per il giardinaggio che per il bere suppongo. Ad ogni modo alla sua fioritura sul corpo di Bilbo non apparve alcun marchio, cosa mai successa prima ad un individuo che non appartenesse razza degli uomini. Al giorno d'oggi i pochi del genere umano sul quale ancora appare un marchio dell'anima sono i Dúnedain e sono molto rari. Per quanto non fosse volontario gli altri abitanti di Hobbiton hanno incominciato ad emarginare Bilbo (che a sua volta prese ad isolarsi) e con la morte dei suoi genitori le cose sono peggiorate ulteriormente. Io credo che sia grazie a queste similitudini tra di voi che il suo corpo ti abbia accettato*.


Sara si sentiva terribilmente triste per Bilbo, che cosa orribile doveva essere scoprire che non ci sarebbe mai stata una persona speciale nella propria vita, vedere parenti ed amici innamorarsi e mettere su famiglia e restare un semplice spettatore della felicità altrui. Improvvisamente le immagini di piccoli hobbit che correvano spensierati per le viuzze di Hobbiton, tra le colline rigogliose le invasero la mente. Poteva distinguere vividamente le testoline ricciolute, alte giusto a sufficienza per essere viste oltre il cancelletto esterno, passare frettolosamente di fronte Bag End mentre lei le osservava in piedi da sopra gli scalini davanti alla porta rotonda. Poteva vedere le coppiette passeggiare o fare pic nic sotto l'albero della festa, scambiandosi effusioni proibite ogni qual volta il loro chaperon era distratto a sufficienza. Una fitta dolorosa le attraversò il cuore, il dolore di chi desidera ardentemente qualcosa che non può avere ma che allo stesso tempo non ha la forza di invidiare agli altri. 'La mia vita sarebbe troppo miserabile se cadessi abbastanza in basso da risentirmi per la felicità degli altri. Fai un bel sorriso e vai avanti Bilbo Baggins' si disse mentre un nodo le stringeva la gola, ma immediatamente si rese condo che quelle immagini, quei pensieri non erano altro che i ricordi del vero Bilbo.


Alzando la testa vide le facce preoccupate di Dwalin e Gandalf che la osservavano, si portò subito le mani al viso e si asciugo le lacrime. *Io.... io credo di aver visto dei ricordi di Bilbo, erano delle immagini della Contea* disse quando riuscì a superare l'emozione di quei momenti. *Questo è un buon segno mia cara, vuol dire che le mie supposizioni sono corrette..* le rispose Gandalf con un gran sorriso. *Ora, lo so che forse non è il momento migliore ma … hai detto che nel tuo mondo tutti noi siamo i personaggi di un libro, di una storia di fantasia, giusto?* Sara rispose semplicemente annuendo. *Questo vuol forse dire che tu conosci già quello che deve avvenire? La fine della storia?* le chiese cautamente lo stregone come se in qualche modo temesse la risposta. Sara ci pensò un po' su continuando a far scorrere pensieri e informazioni nella sua mente. Aveva letto quei libri così tante volte eppure ora non riusciva a ricordarne la fine o nessun dettaglio preciso della storia che non fosse già avvenuto fino a quel momento. Per quanto si sforzasse tutto quello che le veniva in mente erano fatti storici e personaggi già vissuti o attualmente in vita, non riusciva a ricordare nulla di quello che li attendeva. *Io.. mi dispiace.... ricordo i luoghi, i personaggi e i fatti accaduti, forse in tutta Arda, fin ad ora … ma non so quello che ci attende … mi dispiace*.


Il tono mortificato della ragazza e le sue spalle abbassate in segno di sconfitta fecero sospirare Gandalf tristemente. *Oh, dolce figlia dell'ovest...* le disse mettendole delicatamente il dito indice della mano destre sotto il mento per farle alzare la testa e incrociare il suo sguardo * … non devi dispiacerti, conoscere il futuro non è sempre la cosa migliore. Molti eroi si sono imbattuti nel loro destino proprio cercando di evitarlo..... e poi quasi certamente la tua presenza ha modificato la nostra storia*. Sara non era sicura se questo la facesse sentire meglio o peggio, non voleva l'onere di esse la causa della disfatta dei nani ma allo stesso tempo non voleva l'onore di essere la causa della loro vittoria. Per quanto egoistico potesse essere lei voleva solo trovare un modo per essere felice, se le fosse stato possibile avrebbe voluto tornare a casa e continuare ad essere una semplice ragazza che ama gli Anime e cantare sotto la doccia. Di punto in bianco Dwalin si unì al loro discorso “Tra poco ci rimetteremo in marcia, i quattro ponies catturati dai trolls sono scappati quando Bilbo li ha liberati mentre combattevamo qui maledetti, quindi dobbiamo metterci d'accordo su come procedere. Fili e Kili cavalcheranno insieme e il carico dei due ponies in più verrà diviso tra gli altri 12 quindi lei è l'unica abbastanza leggera da dividerne la sella con uno di noi senza sfiancare l'animale. Magari possiamo farla cavalcare con Ori, lui parla l'elfico ed è decisamente il meno intimidatorio nella compagnia, chiedile se è d'accordo”.


Prima che lo stregone potesse rispondergli Dwalin fece cenno al giovane scriba di avvicinarsi. Ori si incammino verso di loro a testa bassa e rosso in viso, cercando disperatamente di non soffermare troppo lo sguardo su Bilbo che a sua volta arrossì all'avvicinarsi del giovane nano. “C'è qualcosa che non so ragazzo?” chiese il guerriero quando il clima di imbarazzo fu troppo evidente da ignorare. “Em... ecco... è che prima.... ovviamente è stato un incidente non era mia intenzione vedere.... lo giuro!!...” con un gesto della mano il guerriero zittì i balbettii dello scriba “Ragazzo prendi un bel respiro e cerca di dare un po' di coerenza alle tue parole”. Ori fece un respiro profondo e spiegò quello che era successo guadagnandosi un grugnito di disapprovazione, ovviamente se Dwalin ne fosse stato al corrente non avrebbe mai suggerito che Ori facesse compagnia alla ragazza. *Mi dispiace davvero tanto Ms Baggins. Giuro che è stato un caso, non era mia intenzione metterla in imbarazzo* il tono contrito del giovane nano fece sorridere Sara. *Nessun danno è stato arrecato a nessuno quindi va bene, accetto le scuse. Amici?* disse allungando la mano verso il nano. Con sua sorpresa Ori le sorrise continuando ad arrossire e delicatamente le afferro il polso (anziché stringerle la mano). Sara esitò per un attimo ma poi avvolse le sue dita attorno al polso del giovane ricordandosi della stretta di mano dei soldati romani.


Gandalf si guardò in torno e vide Thorin che stava sellando il suo pony mentre gli altri si accingevano a smontare l'accampamento. “Non credi sia meglio informare Thorin prima di prendere delle decisioni?” la voce dello stregone era assente e disinteressata, come se avesse posto quella domanda solo perché obbligato a farlo. “Thorin ha altro di cui occuparsi al momento, non credo che gli interessi chi cavalcherà con chi fintanto che ci mettiamo in marcia al più presto” il nano fece del suoi meglio per mantenere un tono neutrale nel rispondere allo stregone ma sapeva bene che Gandalf riusciva a percepire il disappunto nella sua voce. L'ultima cosa che Dwalin desiderava al momento era dover parlare con Thorin, men che meno proprio del soggetto che aveva acceso la sua ira nei confronti dell'amico. La fanciulla e lo stregone si scambiarono brevemente qualche frase e Gandalf si rivolse al guerriero, “Bilbo vorrebbe che fossi tu a cavalcare con lei. Per quanto sia lieta della compagnia di Ori dice che le ricordi molto un suo caro amico e che la tua voce la rassicura”. Dwalin osservò per un attimo la she-hobbit che a sua volta lo stava guardando con grandi occhi pieni di speranza e un espressione da cucciolo affranto. Il guerriero non poté fare altro che annuire e il suo cuore si sciolse quando fu ricompensato di nuovo con il sorriso mozzafiato della fanciulla. Poi lui e Gandalf si unirono agli altri nei preparativi per la partenza lasciando i due giovani a chiacchierare amabilmente.

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Finito il pasto tutta la compagnia si accinse a preparare i pony per la partenza. Suo malgrado il re dei nani si era ritrovato più volte ad osservare Gandalf e Dwalin parlare con le giovane she-hobbit. 'Quindi alla fine hanno trovato un modo per comunicare' borbottò tra se e se non troppo felice del fatto che in effetti c'era un modo per comunicare con la fanciulla. Sarebbe stato molto più facile ignorarla se lei non fosse stata in grado di capirli, avrebbe potuto pretendere di avere cose molto più importanti di cui occuparsi e lasciare che la ragazza importunasse qualcun altro. Al solo pensiero il petto di Thorin sembrò diventare così stretto che ad ogni respiro aveva la sensazione che delle lame gli stessero trafiggendo i polmoni. Questo non andava affatto bene, non era normale, appena possibile avrebbe dovuto farsi controllare da Oin. Oltre che un guaritore il nano sordo era anche un sacerdote di Mahal quindi probabilmente si sarebbe accorto se ci fosse stato qualcosa di innaturale nelle sue condizioni. Per il momento era meglio occuparsi di questioni più urgenti, e alla sua mente stanca tutto pur di non pensare alla ragazza appariva una questione urgente.


Mentre Thorin stava finendo di assicurare la sella alla sua cavalcatura la sua attenzione fu attirata dal chiaro rumore di qualcuno che cercava di schiarirsi la voce. Nel girarsi il sovrano si trovò facci a faccia (bhe, più o meno facci a faccia) con Gandalf che lo fissava un po' perplesso e quando non ne poté più dello sguardo indagatori dello stregone sbotto seccato “Che altro c'è adesso?”. “Heh? Ah si..” lo stregone si schiarì di nuovo la voce, come se si fosse appena svegliato da una stato di torpore ed aggiunse “.. la compagnia è quasi pronta a riprendere il viaggio, si è già trovato una soluzione al problema dei ponies scappati..” Thorin annuì e fece cenno allo stregone di proseguire. “La caverna dei Troll, è meglio dare un occhiata in giro prima di andare” continuò Gandalf con il tono di chi sta cercando di convincere un bambino capriccioso a fare qualcosa. Thorin non poté che cogliere la palla al balzo, un occasione perfetta per tenere la mente libera da pensieri che incominciavano a far arrossire persino un signore dei nani di 192 anni. “Certo, direi proprio che è il caso di controllare i dintorni” poi si rivolse verso la compagnia alzando notevolmente la voce “ Dwalin, Gloin, Nori e Bofur …. appena finito di sellare i ponies andiamo a cercare la caverna dei trolls”.


Se essere legati nei sacchi usati dai trolls era stata un esperienza disgustosa entrare nella fetida tana di una di quelle orrende creature era qualcosa che Thorin non avrebbe fatto mai più in tutta la sua vita, anche se questo gli fosse costato più di tutto l'oro sepolto dentro Erebor. 'Se gli altri hanno intenzione di tornare indietro a recuperare l'oro che hanno nascosto che facciano pure, c'è un limite anche a quanto un nano possa apprezzare la ricchezza' pensò con i sensi completamente intontiti dal tremendo fetore che lo circondava anche dopo essersi allontanato dall'entrata della caverna. Il pensiero di non essere poi così ossessionato dall'oro lo rassicurava, esattamente come lo confortava il peso della nuova spada attacca alle sue spalle nonostante si trattasse di una lama elfica (dopo tutto, da fabbro esperto era in grado di riconoscere ed apprezzare un lavoro ben fatto). Quello che non lo confortava affatto era la vista della giovane che chiacchierava amabilmente e ammiccante con Ori, 'Nemmeno 24 ore fa avremmo potuto essere un branco di bruti, per quel che ne sa potremmo ancora esserlo, e lei ora avrebbe potuto essere stata violata e percossa ripetutamente. Come può essere così rilassata?' questo pensiero lo assillava, una creatura così ingenua e fiduciosa non era fatta per questo mondo. Sentì Gandalf avvicinarsi dietro di lui e quando si girò vide lo stregone guardare in direzione della giovane con in mano quella che sembrava una daga (molto più verosimilmente un pugnale se proprio dova essere sincero) con fattezze molto simili a quelle delle spade che avevano trovato.


“Siete riusciti a comprende i motivi per i quali ci troviamo in questa situazione?” chiese senza distogliere lo sguardo dalla piccola arma. “Sembra che lei provenga da un mondo diverso dal nostro. Nel suo mondo siamo personaggi di un libro di fantasia, avendo letto tale libro ci conosce e conosce la storia del nostro mondo ” la voce dello stregone era cauta ed ogni parola ben pensata prima di lasciare le sue labbra. “Vi ha rivelato la fine della storia?” la domanda del nano era incerta ma Gandalf si aspettava di dovere rispondere a questo quesito e quindi non esitò “No. Non riesce a ricordare. Il crudele incantesimo che ha portato la sua anima in questo mondo, strappandola da tutto ciò che conosceva, ha avuto almeno la misericordia di non affliggerla con 'dono' della veggenza. A suo modo si fida di noi e credo che tutto sommato, appena avrò confermato alcuni dei miei sospetti con lord Elrond, potremo andare avanti come pianificato. Maschio o femmina non fa differenza, lei è a tutti gli effetti Bilbo Baggins lo scassinatore di questa compagnia”. “Misericordia? L'unica cosa che avrebbe potuto renderla utile le è stata negata e tu questa la chiami misericordia?.... io non vedo nessuna misericordia nel essere così stupidi da fidarsi di qualcuno solo perché si è letto di lui su un libro. E sinceramente c'è una grossa differenza tra prima ed ora, se non riesci a vederla ti consiglio di andare a controllare tra le cosce di quella ragazza” sibilo furente Thorin mentre, nel vano tentativo di mantenere un po di autocontrollo, aveva preso ad ansimare.


“Non è necessario essere volgari!!” la voce dello stregone risuonò nelle orecchie del nano come un tuono, profonda e colma di rimprovero, ma stranamente nessuno sembrava averla sentita a parte lui. “Volgare o no, sto solo dicendo la verità. Hai idea di quello che potrebbe capitarle in uno dei boschi in cui ci accamperemo, per la strada o perfino se ci fermassimo nella locanda sbagliata? In uno di questi luoghi potrebbe aspettarla un destino peggiore della morte...” Thorin si fermo per un attimo e prese a respirare attraverso il naso per placare l'ira che sentiva dentro al cuore “... io e gli altri non potremo essere sempre presenti, soprattutto quando il pericolo potrebbe avere forme diverse da metallo e fuoco. Io non posso e non voglio essere responsabile per gli orrori che quella creatura potrebbe dover affrontare...” 'orrori che potrebbero avvenire per mano Tua' sussurrò una voce da un recondito meandro della sua mente. La testa di Thorin balzò in avanti, non si era nemmeno reso conto di aver chinato il capo, il suo viso fu improvvisamente difronte a quello di Gandalf che lo stava osservando preoccupato. Dopo qualche momento lo stregone fece per andarsene ma poi si fermo e disse senza nemmeno voltarsi “Così sia, mi prenderò io la responsabilità per tutto quello che potrebbe accaderle” poi continuo ad avvicinarsi al suo cavallo già sellato e pronto per la partenza. Thorin si limitò a raggiungere la sua cavalcatura senza degnare di un altro sguardo la ragazza o almeno ci provò.
 

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Parlare con Ori era estremamente rilassante, certo Sara avrebbe volentieri fatto a meno dell'imbarazzante abbigliamento (o mancanza di abbigliamento visto che stava indossando solo una blusa, che per quanto su di lei sembrasse un vestito restava sempre e comunque solo una blusa) ma tutto sommato non poteva lamentarsi. Il dolore alla testa era quasi del tutto svanito e il senso di nausea era stato rimpiazzato con una piacevole sensazione di sazietà. L'unica cosa che avrebbe potuto migliorare di molto la sua giornata era un bel bagno. Era evidente che nel prendersi cura di lei i nani le avevano lavato le mani con gli avambracci e il viso ma non si erano spinti oltre, ovviamente era grata per il loro tatto anche se non capiva perché non le avessero lavato le gambe dal ginocchio in giù o i capelli (non che avesse nulla da obbiettare o che volesse importunarli più del necessario), e il motivo la incuriosiva così tanto che si ritrovò a chiederlo a Ori. *Ooooh... noi non... n-noi non avremmo mai osato essere così sf-sfacciati, nemmeno Oin che è un guaritore si sarebbe mai permesso* le rispose il giovane scriba con un espressione quasi inorridita dal fatto che la ragazza potesse crederli capaci di un tale atto. Quando lei lo guardò più confusa che rassicurata il giovane nano continuò nella sua spiegazione *Bilbo....cioè l'alto Bilbo, ci ha spiegato che per gli hobbit toccare le gambe di qualcuno e soprattutto i piedi è un atto molto intimo.. qualcosa che è appropriato solo tra familiare ed a-amanti...* e nonostante a quella parola il viso di Ori sembrò accendersi come un semaforo, il giovane continuò imperterrito * … per noi nani è più o meno la stessa cosa con i capelli*.


Questa volta era il turno di Sara di stupirsi *Ooooh, capisco … un grazie mi sembra d'obbligo all'ora..* non riusci a finire la frase che un fruscio di foglie e stoffa misto al sommesso mormorio di voci alle sue spalle attrasse la sua attenzione. Girando la testa vide Fili disteso a faccia in giù ai piedi di un grosso faggio con Kili carponi sulla sua schiena. Era come se fossero ruzzolati giù da dietro il tronco dell'albero. Poteva sentire i due principi inveire sommessamente l'uno contro l'altro mentre cercavano maldestramente di rimettersi in piedi. Uno spettacolo decisamente esilarante non fosse per il fatto che il povero Fili aveva il viso immerso nel sottobosco mentre Kili stava disperatamente cercando il modo di scendere dalla schiena del fratello (abbastanza ampia da impedire alle sue ginocchia di toccare del tutto terra) senza far male a nessuno dei due. Impresa abbastanza ardua visto che da un lato c'era il tronco dell'albero e dall'altro sterpaglie varie e poco accoglienti. Vedendo i due giovani in difficoltà istintivamente Sara cercò di andare in loro soccorso ma nel tentativo di voltarsi e contemporaneamente alzarsi, ancora mal ferma su i suoi nuovi piedi da hobbit, non fece altro che finire col sedere per terra con da un pietoso piagnucolio di dolore.


Appena Fili sentì i suoi lamenti si tirò su, dando una notevole dimostrazione di forza bruta, sollevando anche il fratello. I due giovani si misero a fissarla con una espressione indecifrabile. *Ms Baggins, non deve avere paura... Fili e Kili non intendono farle del male* la voce di Ori era cauta e quasi triste, sinceramente lei non riusciva a concepirne il motivo. *Cosa? Io non … oooh* in effetti dalla posizione in cui era caduta poteva sembrare che stesse cercando di allontanarsi da loro, probabilmente avevano interpretato il suo lamento più come un espressione di paura che il risultato di quello che probabilmente domani mattina si sarebbe trasformato in un vistoso livido sui suoi glutei. *Io non sono spaventata da loro. Sono sicura che hanno fatto quello che hanno fatto solo perché costretti dalle circostanze. E poi in fondo è solo carne.. toccarmi il seno o la mano non fa alcuna differenza, sono le intenzioni che contano... giusto?.... N-non è stato poi così male per essere la prima volta che qualcuno mi abbia palpato le tette* disse ridacchiando nervosamente. Non era sicura se stesse tentando di convincere se stessa o di rassicurare i due giovani principi. In realtà era stato davvero orribile, poteva ancora sentire il tocco fantasma delle mani dei due giovani sul suo corpo e un brivido le attraversò la schiena. D'istinto si sfregò i polsi ancora doloranti, osservandoli meglio poteva distinguere vividamente i lividi a forma di dita nascosti appena dalle lunghe maniche della blusa. Nonostante i suoi sforzi dall'espressione inorridita di Ori e dei due principi l'ironia della frase doveva essersi persa durante la traduzione.


“Non era mani stata toccata prima?! Mi sento un mostro!!.... Filiiiiii, probabilmente morirò di una morte tremenda” il ridicolo piagnisteo di Kili, un misto tra vero pentimento e i capricci di un bambino riportarono l'attenzione della ragazza su i giovani. Kili si era lanciato in modo teatrale tra le braccia del fratello che ora stava cercando di consolarlo. Il biondo sapeva bene che questo era il modo del fratello di nascondere quando si sentiva veramente a disagio, per non mostrare le sue debolezze al modo Kili pretendeva di essere infantile e spensierato anche quando il suo cuore era a pezzi. Lo sguardo del giovane erede al trono di Erebor cadde sui suoi bolsi martoriati e Sara quasi immediatamente nascose le mani sotto la pesante stoffa delle maniche della blusa e porse un sorriso rassicurante al nano. L'espressione di Fili era combattuta e colpevole, continuò a guardare la she-hobbit per qualche istante poi il suo sguardo si posò di nuovo sui suoi polsi ed in fine abbasso gli occhi e fisso le sue mani per qualche istante. Prese ad aprire e chiudere le dita come se stesse cercando di metabolizzare il fatto che, in effetti, erano state le sue mani a lasciare quegli orrendi segni sulla candida pelle della ragazza.


"Ci dispiace davvero tanto, lo sappiamo che quello che abbiamo fatto è imperdonabile e capiremmo perfettamente se ora ci odiassi, ma non avevamo davvero idea che fossi una ragazza" la voce di Fili era gentile e piena di rimorso e Sara non riuscì a trattenersi dal mettersi in piedi e barcollare fino ai due Durin per stringerli in un abbraccio di gruppo. I nani rimasero quasi completamente immobili, Kili affondo il viso ancora di più sulla spalla del fratello mentre Fili esitante strinse il braccio libero intorno alla cintola della she-hobbit. Immagini dei due giovani nani che ridevano e scherzavano con lei durante il viaggio le riempirono la mente, il calore del loro affetto e la loro vivacità aveva permesso a Bilbo di arrivare così lontano. Chi era lei per spezzare un legame cosi puro e sincero? Nessuno, davvero nessuno. *Va tutto bene, non avete fatto nulla di male. Sento che Bilbo vi ama con tutto il cuore ed al momento io condivido sia il suo cuore che il suo affetto per voi. Spero che voi possiate essere miei amici come lo siete di Bilbo*. Ori tradusse quasi in lacrime mentre stava in disparte, quando Sara guardo nella sua direzione realizzo che il giovane scriba voleva fare parte del momento ma era troppo timido per chiedere. *Ma dai!! Vieni qui scemo.... è ovvio fai parte della truppa* disse sollevando il braccio dalle spalle di Kili facendo spazio anche per lui. Ori esitò un attimo prima di avvicinarsi e timidamente unirsi all'abbraccio. Per qualche momento i quattro rimasero stretti l'uno all'altro ridacchiando e godendosi la sensazione di leggerezza. Sara si rese conto in quel momento che nonostante fossero più vecchi di lei di decadi i tre nani non erano altro che adolescenti, poco più che bambini rispetto a lei.


"Che sta succedendo qui?" la voce di Dwalin faceva presupporre che il nano non fosse molto felice di quelli che stava vedendo. I quattro giovani sciolsero l'abbraccio e si prepararono ad affrontare il nano calvo. Dwalin li stava osservando con le braccia conserte e le gambe leggermente divaricate, dalla sua postura era evidente che non fosse molto disposto al dialogo, Fili e Kili divennero praticamente due pezzi di marmo con lo sguardo fisso a terra. "Mr. Dwalin, B-Bilbo c-ci ha perdonati. Fili e Kili non hanno infranto nessuna regola, no-non erano da soli con lei e Bilbo ha espressamente chiesto loro di restare a farle compagnia..." la sua voce era incerta e un po' balbettante ma Ori non accenno a farsi indietro nel difendere i due amici dal nano più anziano, anche quando Dwalin prese ad avvicinarsi con fare minaccioso. "Hai fegato a rispondere in difesa di queste due teste calde" disse quasi sussurrando portando il suo viso ad un soffio da quello di Ori. Il giovane era vistosamente terrorizzato ma mantenne lo sguardo fisso in quello di Dwalin e continuò "lo-lo-loro s-sono miei amici e no-non hanno fatto nulla di male.... non difenderli sarebbe vile". Dwalin fece per avvicinarsi ai principi, che sobbalzarono al gesto sempre tenendo la testa bassa, ma Ori e Sara si pararono difronte ai due. I quattro giovani si aspettavano di tutto ma che il Guerriero scoppiasse a ridere in modo così sguaiato da far volare via gli uccelli appollaiati sugli alberi di certo non era qualcosa che gli aveva minimamente sfiorato la mente. Quando ebbe finito di ridere l'enorme guerriero porse una mano a Sara e le disse "Vieni piccoletta, dobbiamo metterci in cammino. Andate a prendere i vostri ponies stiamo partendo". Sara non ebbe nemmeno bisogno che Ori traducesse la frase, il tono di voce del nano era così gentile che si sarebbe ritrovata a seguirlo verso l'animale anche se le loro mani non fossero state unite in quello che a lei sembrava un ruvido ma dolcissimo abbraccio. 

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Capitolo 7
*** Lullaby from another world ***


Note dell'Autore 
 

Eccomi qui con un nuovo capitolo (^_^), spero di non avervi fatto aspettare tanto. Oggi per la rubrica Note dell'autore ho deciso di spiegare perché Sara non sia in grado di capire il linguaggio usato dagli abitanti di arda, visto che è una domanda che mi hanno fatto diverse persone. Inizialmente avevo pensato di farli parlare in inglese così dopo qualche difficoltà iniziale la nostra protagonista sarebbe stata in grado di capirli perfettamente. Però in cuor mio volevo che Sara finisse nel mondo immaginato da Tolkien e non nella sua trasposizione cinematografica (che tra le altre cose adoro) quindi ho semplicemente pensato di fare giustizia all'enorme bravura di questo genio della letteratura facendo usare ai personaggi l'Ovestron (o Lingua Comune, che ne Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli è presentato come tradotto completamente in inglese) che è in effetti la lingua che dovrebbero parlare e che ovviamente Sara, per nerd che sia, non conosce. Nessuna paura miei cari lettori a quanto ho capito (e così intendo rappresentarlo in questa storia) ovestron è un inglese di forma arcaica quindi con un po' di pratica la nostra eroina riuscirà a impararlo senza problemi. Per la gioia di tutti coloro che sono stanchi di doversi sempre ricordare i segni grafici dei diversi linguaggi ho deciso di aggiungere anche dei caratteri diversi così che ogni linguaggio sia più riconoscibile ;). 
 
Qui di seguito aggiungo alcuni link utili dove troverete le immagini che mi hanno ispirato alcune scene:

Come ho immaginato che Sara apparisse con i vestiti di Bilbo : https://s-media-cache-ak0.pinimg.com/236x/48/9d/3a/489d3ae6894491753d4637f8d2c242f9.jpg
La canzone suonata da Thorin e cantata da Sara : https://www.youtube.com/watch?v=_yQpU_73Dv0
Lo spezzone cinematografico che mi ha ispiarato per la scena finale del capitolo : https://www.youtube.com/watch?v=rJ3Bpj_Fo_s


 

Warning!!

Questo capitolo contiene contenuti espliciti che potrebbero essere considerati offensivi (oppure no) in base alla sensibilità di chi li legge. ecc.....

 


 

LINGUAGGI : “comune” ; *elfico* ; ^nanico^ ; [linguaggio dei segni]; §mondo reale§ ; “orchesco / lingua nera”; 'pensieri o comunicazioni mentali' ; 'pensieri o comunicazioni mentali (maledizione o follia)'



Sara e Dwalin si avvicinarono al loro pony tenendosi per mano. Per tutto il tempo la ragazza non poté fare a meno di sentirsi osservata e anche se la dolcezza delle loro dita intrecciate la confortava aveva come la sensazione che quella fosse la mano sbagliata da stringere. Non che provasse avversione per il contatto con Dwalin in quel momento, anzi tutto il contrario, avrebbe passato ore a tenersi per mano con lui. Però era come se qualcuno stesse cercando di usare 'la forza' dello sguardo per separarli. Lei non riusciva a capire le sensazioni che gli occhi che la stavano fissando volessero trasmettere. Non capiva se fossero semplicemente disgustati dalla sua intimità col guerriero o se, come lei, anche loro avessero capito che c'era qualcosa di sbagliato nella gentilezza di quel gesto. Sara d'istinto si guardò intorno ma non riuscì a vedere nessuno che la stesse fissando quindi continuò a seguire il nano, archiviando quelle sensazioni come il semplice disagio dovuto al suo nuovo corpo.


 

Arrivati al pony Dwalin si accinse a sollevare la ragazza sopra l'animale, ma lei prontamente si ritrasse quando le sue grandi mani erano quasi su i suoi fianchi. Sara non voleva sembrare scortese e l'espressione leggermente ferita del nano la rattristò, ma non aveva nessuna intenzione di mettersi in groppa a un pony con nient'altro che una blusa addosso. Dwalin fece qualche passo indietro e continuò a osservarla come se stesse aspettando che accadesse qualcosa. Non sapendo che fare lei incominciò ad dondolare il suo peso da un piede all'altro mentre con le mani cercava di tenere l'orlo della blusa il più in basso possibile lungo le sue cosce. Dato che l'espressione interrogativa di Dwalin non accennava a diminuire Sara cercò freneticamente tra le parole in khuzdul che conosceva e sperando di ricordarne la pronuncia corretta disse ^Io... uhm... Io, nudo?^ continuando ad aggiustare il bordo della blusa e arrossendo leggermente.


 

“Beh...si in effetti, non sei vestita adeguatamente per cavalcare” le disse ridacchiando e arrossendo un po' mentre con una mano si grattava la nuca. “Aspettami qui. Vado a prendere il bagaglio di Bilbo e vediamo che si può fare” continuò in una voce quasi paterna. Sara rimase a guardare mentre, facendole cenno con la mano di restare ferma dove si trovava, lui si allontanava. Qualche minuto dopo Dwalin riapparve con quello se sembrava un grosso zaino da escursioni e le fece cenno di rovistarci dentro. All'interno cerano quelli che sembravano gli effetti personali di Bilbo, tra i quali lei selezionò alcuni indumenti che potevano in qualche modo andarle bene per poi nascondersi dietro un cespuglio per cambiarsi. Fortunatamente era riuscita trovare qualcosa da indossare senza stare troppo scomoda. I pantaloni erano un po' stretti sui fianchi e troppo larghi alla vita e si abbottonavano solo i primi tre bottoni del panciotto.


 

Il colorato indumento le cingeva fermamente spalle e busto, nonostante fosse solo parzialmente abbottonato le garantiva almeno un po' di sostegno al seno e (abbinato alla larga blusa fornitele dai nani) doveva farla apparire un po' come Geena Davis in Corsari, ma tutto sommato si sentiva abbastanza coperta e libera nei movimenti. Quando riemerse dal cespuglio fu divertita dall'espressione di stupore sulla faccia di Dwalin. Era ovvio che quello non fosse di certo il modo più appropriato di vestire per una fanciulla ma dopo un'attenta ispezione il nano diede un grugnito di approvazione, probabilmente soddisfatto da quanta della sua modestia la she-hobbit fosse riuscita a preservare con così poco su cui lavorare. Solo qualche minuto dopo erano già in marcia e Sara stava cercando disperatamente di trovare una posizione comoda sopra la sella mentre tutti i muscoli del suo corpo erano rigidi e concentrati a mantenerla in equilibrio.


 

Dopo un paio di ore in sella al pony tutta la parte inferiore del suo corpo si era intorpidita e lei si era lasciata scivolare contro l'ampio torace di Dwalin che sembrava non avere assolutamente alcun problema con lo stare nella stessa posizione così a lungo. Un gesto dettato più dalle necessità che dalla desiderio di stare vicino al nano ciò nonostante dopo un iniziale imbarazzo si era lasciata andare. La sensazione di calore e protezione che le davano il corpo del guerriero schiacciato contro la sua schiena e le sue braccia che la cingevano quasi in un abbraccio mentre lui teneva le redini era davvero confortevole. Nel mentre tutto intorno a lei si stavano aprendo paesaggi meravigliosi. Una natura incontaminata e selvaggia la circondava e solo la strada di terra battuta e qualche sporadico segnale, che indicava probabilmente a che distanza dai centri abitati si trovassero, lasciavano intravedere una parvenza di civilizzazione.


 

La compagnia non sembrava dare molto peso alla sua presenza, anche se non riusciva a scacciare la sensazione di essere osservata. A parte la sporadica compagnia di Ori e Gandalf, lei e Dwalin cavalcarono per lo più da soli anche se circondati dal resto del gruppo. Stavano viaggiando giusto dietro Thorin che sembrava quasi del tutto indifferente a tutto quello che lo circondava, quando a un certo punto la barba di Dwalin le fece per caso il solletico sulla parte di spalla e collo che il largo colletto della blusa lasciava scoperte. Sara non poté fare altro che chiudere gli occhi e scoppiare in una incontrollata sequela di risate e piccole contorsioni di busto e spalle nel tentativo di far passare la sensazione di solletico. La bizzarra sensazione stava ancora aleggiava sulla sua pelle quando si rese conto che intorno a lei era calato un silenzio glaciale. Riaprendo gli occhi trovò Thorin, in sella al suo pony, dritto difronte a loro che la osservava con un misto tra ira e disgusto. "Ori, traduci" disse e il giovane scriba emerse titubante dalle retrovie del gruppo.


 

"Questa è una missione di vitale importanza, non ho intenzione di sopportare alcun tipo di frivolezze e rischiare la vita dei miei nani. Non ci servono distrazioni o impedimenti, sono stato chiaro?" mentre parlava gli occhi di Thorin erano fissi su di lei e tutto quello che Sara riuscì a fare fu annuire furiosamente e abbassare lo sguardo. Non si era mai sentita tanto imbarazzata in vita sua, le parole del re le risuonavano in testa come un sussurro maligno e gli occhi le si imperlarono di lacrime che lei testardamente rifiuto di far cadere, deglutendo sonoramente attorno al nodo che le si era formato in gola. Perché le parole di un perfetto sconosciuto la stavano ferendo tanto? 'Cosa gli ho fatto di così orribile da meritare un simile trattamento? Perché gli faccio così schifo?' fu tutto quello che riuscì a pensare mentre Thorin avvicinava il suo pony al loro in modo d'essere faccia a faccia con Dwalin. "Se ti vuoi divertire fai pure, non sarò di certo io a impedirtelo. Ammetto che, in effetti, questo frutto è abbastanza succulento che vale la pena dargli un morso ma abbi almeno la pazienza di aspettare il favore del buio".


 

Il corpo del nano alle sue spalle si irrigidì notevolmente e Sara percepì distintamente le vibrazioni del torace di Dwalin quando rispose al re a voce bassa e denti stretti. "È forse questa una richiesta del mio re? Perché a me non sembra di scorgere alcuna regalità nelle vostre parole, Sire" sibilò il guerriero sostenendo lo sguardo dell'amico, mentre la piccola forma tra le sue braccia tremava tenendo testa bassa come se volesse sparire. "È il consiglio di un amico. Le apparenze avvolte possono ingannare e questa creatura è frutto di un sortilegio, che lei ne sia consapevole o meno" disse il re quasi con un sospiro e Dwalin vide negli occhi di Thorin un profondo tormento nascosto sotto una maschera di rabbia e prepotenza. Il guerriero non capì a cosa fossero dovuti i sentimenti dell'amico ma conosceva Thorin da quasi tutta la vita ed era disposto a concedergli il beneficio del dubbio. Dwalin sapeva che per quanto il comportamento di Thorin fosse insensato le sue parole avevano un fondo di verità e che era più che sensato restare vigili in presenza della piccola creatura.


 

Ori non tradusse lo scambio di battute tra i due nani ma Sara non poteva dire se non li avesse sentiti o se lei non fosse destinata a capirne il significato. Di una cosa era certa però: stavano parlando di lei e qualsia fosse il significato delle parole di Thorin di certo non doveva essere un complimento. Non era stupida, non lo era mai stata, sapeva che il leader dei nani la vedeva come una zavorra e probabilmente l'avrebbe abbandonata a morire nel bosco se avesse avuto giusto un briciolo di onore in meno. Gandalf non le aveva detto cosa sarebbe successo una volta raggiunti gli elfi, tutto quello che lo stregone si era degnato di fare era stato sorriderle e continuare ad affermare che avrebbero trovato le risposte alle sue domande. Non ci voleva un grande stratega per supporre che Thorin l'avrebbe lasciata con gli elfi per continuare la sua missione senza impedimenti. Questo la confortava e la irritava allo stesso tempo. 'E che diamine !! Il titolo del libro è Lo Hobbit non I 13 Nani o La riconquista di Erebor' pensò seccata.


 

Anche se non ricordava i dettagli era certa che il titolo non si riferisse solo alla presenza di Bilbo ma alla sua assoluta necessità nei momenti salienti della storia. Non era giusto che per colpa sua Bilbo non potesse partecipare alla sua avventura. '“Mr. Bilbo dove andate?” “Non posso fermarmi è già tardi” “Tardi per cosa?” “Sto partendo per una avventura”' il ricordo della sensazione di leggerezza, dell'infantile eccitamento, della felicità e dalla paura dell'ignoto che Bilbo aveva provato le attraversarono la mente. Come se questa fosse una finestra aperta e le immagini di quella corsa sfrenata per raggiungere i nani in tempo una leggere brezza estiva. Ora le parole di Thorin assumevano tutto un altro significato, forse non era lei a soffrire l'intolleranza del nano ma Bilbo. Era logico assumere che se Bilbo era ancora presente in quel corpo insieme a lei quello che stava provando nei confronti del nano potessero essere i suoi sentimenti e non quelli di Sara.

 

 

Si, era la cosa più logica da pensare. Bilbo era stato a contatto con quei nani più a lungo di qualche giorno (qualche ora considerando il fatto che per la maggior parte del tempo era stata priva di sensi) lui aveva stretto con loro un legame, per quanto flebile che fosse. Si, questa era la cosa più logica da pensare. Sara cerco di convincersi di questo e di essere (come era sempre stata) una persona che si affida alla logica. Era meglio che cercare delle spiegazioni a sentimenti che probabilmente non le appartenevano. Non le avrebbe portato nessun giovamento arrovellarsi il cervello su cose che in ogni caso non poteva controllare. Eppure mentre Thorin spronava il suo pony a riprendere il suo legittimo posto alla testa della minuscola armata di nani, allontanandosi da lei e Dwalin, Sara sentiva nel profondo che stava codardamente scegliendo la via più facile. Ora, bloccata in un mondo che non doveva nemmeno esistere, la logica non sembrava la cosa più logica da seguire.


 

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Thorin riprese a guidare la compagnia verso sud, fuori dal bosco nei pressi di colle vento e in direzione della Grande via Est che auspicabilmente li avrebbe condotti in fretta dagli elfi. Prima si fosse liberato di lei meglio sarebbe stato per tutti, non importava quello che lo stregone avesse in mente. Durante le ore che seguirono Thorin fece davvero fatica a mantenere un atteggiamento distaccato e a non guardarsi alle spalle, dove sapeva che avrebbe visto la ragazza praticamente rannicchiata in grembo a Dwalin. Da quando li aveva visti avvicinarsi al pony del guerriero tenendosi per mano la sua mente non era stata in grado di darsi pace, l'avversione che provava per quel gesto tanto innocente lo aveva colto alla sprovvista. Solo per qualche istante aveva creduto che il suo sdegno dipendesse dal fatto che lei non fosse di razza nanica ma in cuor suo sapeva quanto ipocrita fosse quel pensiero, soprattutto dopo il sogno che aveva fatto.


 

Era così assorto nel guardare Dwalin che la guidava verso il pony che quando lei si fermò improvvisamente per guardarsi intorno, aveva fatto appena in tempo a voltarsi per non essere scoperto. 'Mi avrà visto? Penserà che sono interessato a lei o che non mi fido? Ovviamente non mi fido ma lei sarà abbastanza scaltra da capirlo? Che mi importa, probabilmente è troppo impegnata a fare gli occhi dolci a Dwalin. Quegli splendidi occhi arcobaleno, saranno sempre così oppure solo quando piange? Ho mai visto quegli occhi senza lacrime?... Si che li hai visti, ma i sorrisi che erano tuoi di diritto sono stati donati ad altri'. Thorin scosse la testa come per scacciare quei pensieri, era davvero frustrante sentirsi come un bambino beccato a rubare dolciumi e che diamine era quella vocina che aveva risposto hai suoi pensieri? Era davvero inquietante il pensiero che qualcuno stesse giocando con la sua mente, come se qualcosa stesse cercando di privarlo della sua volontà.


 

Thorin sentì un brivido freddo percorrergli la schiena all'idea che qualcuno lo stesse manipolando e per un attimo valutò la possibilità di parlarne con Gandalf ma lo stregone era già stato chiaro su quel punto. Il re in esilio non aveva voglia di sentire l'ennesima paternale che non avrebbe fatto altro che irritarlo, inoltre non c'era modo di esporre il suo problema senza contraddirsi. Avrebbe potuto dire che il suo interesse per la ragazza era nato dopo la conversazione con lo stregone ma in cuor suo Thorin sapeva che Gandalf si era semplicemente limitato a fingere di credergli. Avrebbe preferito strapparsi il fegato a mani nude e mangiarlo crudo piuttosto che dargliela vinta. 'L'orgoglio sarà la mia rovina' pensò lasciandosi sfuggire un sospiro rassegnato. Poi un pensiero si palesò nella sua mente nitido come un cielo d'estate. Se Gandalf sospettava qualcosa ma era disposto ad aspettare che fosse lui a farsi avanti probabilmente era qualcosa che lui poteva gestire da solo.


 

Ci erano voluti alcuni minuti perché il suo cuore smettesse di galoppare come uno stallone imbizzarrito nel suo petto ma dagli sguardi confusi dei compagni che gli stavano davanti era certo di non essere riuscito a mascherare nessuno dei sentimenti che stava provando. La solita maschera di regale indifferenza velata di burbera dedizione al suo ruolo era calata troppo tardi sul suo volto. Fortunatamente nessuno dei presenti sembrava avere il coraggio di affrontarlo apertamente e si erano semplicemente limitati a osservarlo, alcuni con apprensione altri confusi o leggermente stizzito. Era estremamente sollevato che, al contrario di quello che le parole di Balin gli avessero fatto credere, nessuno lo stesse guardando con disgusto o disprezzo. Nonostante le prime incertezze il viaggio era ricominciato senza molti problemi. Trascorsa qualche ora in sella Thorin si era immerso così tanto nelle sue pianificazioni per l'incontro con gli elfi da dimenticarsi quasi completamente di Bilbo. Anche se era un grosso 'quasi'.


 

Il viaggio sembrava procedere per il meglio, era riuscito a evitare di guardare in direzione della ragazza per tutto il tempo. Si sentiva quasi come se fosse sfuggito alla presa opprimente dei suoi desideri, ma un suono irruppe prepotente nelle sue orecchie riportando il re in esilio alla crudele realtà. Bilbo stava cinguettando una risata armoniosa e piena di compiacimento. Quando lo sguardo di Thorin si posò su quello che si era ostinatamente prefissato d'ignorare nelle ultime ore tutta la sua falsa indifferenza crollò come un castello di sabbia. Fino a quel momento non era stato consapevole dell'indecenza dei vestiti indossati da Bilbo o che lei si fosse beatamente adagiata in grembo a Dwalin. Quel suono, quella limpida e gioiosa risata, lo aveva condannato a essere testimone mentre la giovane si contorceva sensualmente contro 'il torace' del guerriero. Dwalin dal canto suo sembrava più divertito che sedotto dal comportamento della ragazza ma questo non attenuava in alcun modo l'ira che minacciava di eruttare da Thorin sotto forma di frasi meschine.


 

L'immediata reazione di terrore della giovane she-hobbit nel rendersi conto del suo sguardo su di lei lo pervase di un perverso senso di supremazia, iniettando nelle sue vene sia rabbia che rassegnazione, gioia e tristezza, amore e odio. Tutto allo stesso tempo. Come previsto le parole che uscirono dalla sua bocca furono ingiuste, sia per lei che per Dwalin, sapeva di essere stato crudele ma la sua labbra sembrava avere vita propria quando doveva riferirsi a Bilbo e lui non aveva potuto fare altro che rammaricarsi del disappunto nella risposta dell'amico. Thorin non desiderava affetto comportarsi in quel modo e aveva cercato di rimediare anche se ancora una volta il suo orgoglio gli impedì di scusarsi come si deve. Non poteva farci niente, il suo corpo e la sua lingua continuavano a disertare i suoi ordini e lui era sempre più convinto che fosse tutta colpa di ciò che era successo a Bilbo.


 

Continuarono a passo sostenuto per tutto il pomeriggio e arrivarono al limitare del bosco ai primi accenni del tramonto. In prossimità di una piccola radura giusto a qualche metro dalle ultime file di alberi Thorin alzò la mano per far cenno alla comitiva di fermarsi. Con un movimento deciso del braccio strattono le redini e spronò il suo pony a voltarsi in direzione degli altri, “Ci accampiamo qui per la notte, meglio non lasciare il riparo degli alberi per il momento” il tono della sua voce era di comando ma in qualche modo era riuscito a mantenere una parvenza di calma, quasi gentilezza, che lo fece meravigliarsi di se stesso. Mentre gli altri preparavano il bivacco lui decise di esplorare i confini del bosco, un ultimo disperato tentativo di trovare un po di pace per la sua anima in tumulto. Non molto tempo dopo, forse solo qualche passo, si ritrovo sotto una quercia che si ergeva solitaria poco più avanti del resto degli alberi. Quasi come se fosse un generale che incita il suo esercito.


 

L'albero tendeva i suoi rami verso la prateria che avrebbero attraversato l'indomani come se in qualche modo stesse cercando d'indicargli la via, ma al tempo stesso lo stesse avvertendo di un qualche pericolo incombente. Thorin scrutò nell'immensità di quelle terre, oltre gli alberi non c'era altro che una prateria ricoperta di vegetazione bassa e rada il cui colore sfumava dal verde scuro (un'ultima riminiscenza di un'ostinata primavera) al giallo quasi oro dell'erba baciata dal sole estivo. Qua e la spuntavano costoni di roccia grigia, nuda e fredda come sentinelle in allerta per un imminente attacco. Solitamente non sarebbe nel l'indole dei nani apprezzare gli spazi aperti ma Thorin non poté fare altro che inebriarsi della bellezza di quel luogo. Quel luogo era estremamente bello nonostante la sua natura selvaggia e potenzialmente ostile, nonostante non ci fossero il conforto e la protezione della roccia, nonostante non ci fossero gioielli o vene di metalli preziosi da minare


 

Thorin si sedette sulle radici della quercia che prepotenti sporgevano dal terreno e si intricavano intorno al tronco come tanti serpenti. Si tasto il torace in cerca della sua pipa ma al suo posto, sotto la stoffa dei molti strati di vestiti che indossava, le sue dita incontrarono il contorno di un oggetto a lui molto più caro. 'Ma si, perché no? Non c'è nessun pericolo imminente, posso permettermi un attimo per me stesso' pensò mentre tirava fuori da una tasca interna del mantello l'arpa da viaggio che teneva vicino al cuore. In un luogo così aperto la piccola arpa non avrebbe prodotto un suono tale da metterli in pericolo, forse nemmeno i suoi compagni sarebbero riusciti a sentirla. Thorin osservò l'oggetto con affetto, ricordando quanto era stato felice di ricevere quel dono da sua madre. La struttura era in legno placcata in ferro con delle piccole borchie in oro sugli angoli. Da ambo i lati alla base, sempre in oro, c'era un bassorilievo che ritraevano un cervo ferito accovacciato dietro un lupo intento a ringhiare contro un leone.


 

Non era altro che un giocattolo, ormai le sue mani erano quasi troppo grandi per suonarla agevolmente ma nonostante ciò continuava a portarsela dietro e a usarla di tanto in tanto. Da bambino Thorin aveva sempre creduto che il lupo stesse difendendo la sua preda ma col tempo (e la saggezza degli anni) era diventato sempre più evidente che fosse il cervo a nascondersi dietro al lupo, mentre questi affrontava il leone più per istinto di sopravvivenza che per il desiderio di difendere un pasto facilmente rimpiazzabile. Il messaggio che sua madre voleva trasmettergli era un altro; Il nemico del mio nemico è mio amico. Una nozione che con suo rammarico si rendeva conto gli fosse ancora difficile da mettere in pratica. Prima che Erebor cadesse preda di Smaug la piccola arpa era solo un ricordo, ora era diventata un simbolo. Per non dimenticare che c'erano stati giorni felici. Giorni di musica e sorrisi. Giorni di affetto e spensieratezza. Giorni che forse sarebbero tornati.


 

Per un breve attimo non c'era altro che il suono del vento tra le fronde e il cinguettio degli uccelli diurni che tornavano ai loro nidi per la notte. Solo il mondo e i suoi suoni, niente regole, nessun re nessuna impresa. Solo Thorin e la sua arpa. Solo un nano e il suo amore per la musica. Cominciò a suonare una vecchia nenia, una di quelle che aveva spesso sentito cantare a Dìs quando era ora di mettere a dormire Fili e Kili. Fin troppo spesso aveva accompagnato con la sua arpa il canticchiare di sua sorella mentre cullava i suoi bambini, per non ricordare alla perfezione quella melodia. Continuò a pizzicare delicatamente le corde facendo scorrere la melodia dalle sue dita come se fosse la sua stessa anima. Improvvisamente si accorse che c'era qualcuno che stava cantando a tempo con il suono prodotta dall'arpa. Era una voce dolce e calda, una voce che poteva appartenere a un solo membro della compagnia. Ed era brava a cantare, lei era dannatamente brava e Thorin non poté fare altro che smettere di suonare e avvicinarsi alla fonte di quel suono.


 

Mentre si inoltrava nella boscaglia alla ricerca dalla sua ninfa, non più concentrato a suonare, si rese conto che l'oscurità era calata sulla foresta. Bilbo non aveva smesso di cantare e da lontano si sentiva il suono dei violini dei suoi nipoti che la accompagnavano. La cosa non aveva assolutamente senso. Anche se le parole erano cantate nella strana lingua della ragazza la canzone era senza dubbio la ninna nanna appartenente a questo mondo, al loro mondo non al suo. Come era possibile che lei la conoscesse? 'Lei conosce l'elfico e qualche parola di nanico quindi è del tutto possibile che conosca anche delle canzoni' si disse cercando di ragionare con se stesso ma questo non alleviava la strana sensazione che aveva preso a dilagare nel petto del nano. Era come se avesse appena mandato giù un grosso sorso di un forte liquore. Poteva sentire un calore liquido che si espandeva nel suo petto, ristagnare nel suo basso ventre per qualche minuto e poi scendere a rendergli deboli le ginocchia.


 

Poteva sentire che la pace di qualche minuto prima era completamente svanita rimpiazzata da quella ormai troppo nota sensazione di rabbia e desideri che lo pervadeva ogni volta che era nelle vicinanze della ragazza. Ma questa volta era diversa, per quanto Thorin cercasse di non pensarci questa volta non era solo la lussuria a muovere i suoi passi. Il desiderio di montare Bilbo come un animale (vergognoso per quanto fosse, non aveva altre parole per descrivere la sensazione) non era diminuito ma questa volta era avvolto da un profondo senso d'incompletezza. Dopo aver udito il melodioso suono della voce di Bilbo, così piena di passione e dolcezza, in lui era cambiato qualcosa. Non era più il semplice sesso che il suo corpo stava cercando ma qualcosa di più. Thorin non sapeva cosa fosse questo qualcosa, forse non voleva saperlo, ma era qualcosa di più che un corpo caldo su cui sfogare i sui desideri carnali. Il solo pensiero lo terrorizzava più di un'armata di orchi.


 

Nonostante l'incertezza che lo stava avvolgendo Thorin continuò ad avvicinarsi silenziosamente finché tra lui e Bilbo non ci fu altro che un folto cespuglio. Lui guardò attraverso i rami e le foglie e il respiro gli morì nel petto. Lei era nuda (Thorin poteva vedere abbastanza da supporre che lo fosse) immersa in una vasca improvvisata da una buca del terreno, con solo una pelliccia messa a modi tenda tra due alberi a separarla dal resto del campo. Si stava insaponando i capelli mentre cantava beatamente accompagnata da Fili e Kili. Come poteva essere così sconsiderata? Era nuda con quasi nulla a dividerla da 11 nani e un uomo, se avessero voluto sarebbe bastato allungare le mani per averla. Thorin avrebbe voluto saltare il cespuglio e rimproverarla, farle capire quanto era stupida. 'Vai... prendila... è tua... falla tua...no, non posso... se lo è cercato... lo merita per essere così stupida... falle capire chi comanda... non lo vedi?... no... è lei a volerlo... te lo sta chiedendo... no, non è vero... lo sai che è così... no'.


 

Thorin si ritrovò a faticare per poter respirare regolarmente, mentre lottava contro i pensieri nella sua testa. Avrebbe voluto smettere di guardare Bilbo, smettere d'invadere la sua intimità ma non poteva. Non ci riusciva. Per un attimo credette che la ragazza lo avesse visto quando lei si era guardata intorno preoccupata coprendosi seni con le braccia ma poi lei si era rilassata nuovamente. Solo qualche minuto dopo Bilbo si era alzata esponendo il suo corpo nudo, ormai immerso solo fino ad appena sopra il ginocchio, ai suoi occhi. Lei prese un tegame e cominciò a sciacquare via il sapone attingendo da un pentolone di acqua pulita accanto alla sua vasca da bagno improvvisata. Thorin poteva vedere tutto, sia davanti che dietro, visto che lei era posizionata con il fianco sinistro nella sua direzione. Bilbo sollevò il tegame pieno d'acqua sopra la sua testa e se ne versò il contenuto addosso, lasciando che il sapone scivolasse lungo le dolci curve del suo corpo.


 

Thorin cercò in vano di sopprimere un ringhio profondo e gutturale che gli uscì dal petto. Era un suono che neanche lui sapeva di poter produrre, fortunatamente lei non lo sentì a causa dell'acqua che le stava scorrendo sulle orecchie. 'Ora …. prendila ora... noaffonda te stesso nella sua carne tenera... no... è lei che ti invita... non è vero... per terrascopala per terra ... non è questo quello che voglio... ma lei si, lei vuole che tu la scopi ... no, no, no... spingi, graffia, mordi, falle male... HO DETTO NO'. Ancora quella voce e cosa era quella sensazione? Qualcuno lo stava toccando. Finalmente in grado di distogliere lo sguardo da Bilbo con suo grande orrore si rese conto che era lui stesso che si stava toccando. Thorin si stava masturbando mentre guardava quella giovani fare il bagno. Appena le realtà era entrata nella sua mente il re in esilio aveva immediatamente cessato le sue azioni, allontanando la sua mano dal suo membro come se fosse una brace ardente.


 

Prima ancora di rimettere a posto i sui vestiti si voltò e si allontanò da quel luogo il più velocemente possibile. Arrivato nuovamente vicino alla quercia dalla quale era partito sentì la bile salirgli in bocca. Si sentiva male, disgustato da se stesso. Thorin non poté fare altro che vuotare il contenuto del suo stomaco ai piedi dell'albero che sembrava lo stesse guardando con disprezzo. Non ci volle molto perché le sue ginocchia non riuscissero più a reggere il suo peso e così cadde in ginocchio stringendosi il busto con le braccia come nel tentativo di non cadere in pezzi. Il giovane re sentì come se qualcosa stesse dilaniando la sua anima, un angoscia così profonda da fargli credere che il sole non sarebbe mai più sorto all'orizzonte. Ci sarebbero voluti almeno altri due giorni per raggiungere Rivendell e Thorin non era sicuro che sarebbe riuscito a sopravvivere a quella sofferenza abbastanza a lungo da vedere gli elfi.


 

Non voleva sprofondare nello sconforto ma non poté fare altro che abbassare la testa e pregare Mahal che gli desse la forza per allontanarsi da quella ragazza, per sfuggire al maleficio che gli era stato fatto. Voleva odiare la giovane per quello che gli stava facendo e in un certo senso la odiava più di quanto non avesse mai odiato chiunque altro in vita sua. Odiava la sua bellezza, la sua voce melodiosa, i suoi riccioli colore del miele, le sue guance rosee e il suo corpo sinuoso e femminile. Ma quello che odiava più di tutto era che Bilbo non fosse la sua Metà, sulla pelle cremosa e liscia della coscia e del fianco sinistro della ragazza non c'era alcun segno di un marchio dell'anima che si abbinasse a quello che lui stesso portava. Non c'era alcun dubbio che lei non fosse destinata a lui e questo lo lasciava confuso e sofferente anche se fino a quel momento Thorin non aveva nemmeno contemplato la possibilità che lei lo fosse. Mentre una miriade di pensieri lo tormentavano il povero nano riuscì solo a sospirare “Io davvero non voglio farle del male”.


 

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Accecante, la luce che trapelava da dietro le sue palpebre non poteva essere descritta con altre parole. Bilbo mugugnò indispettito dai raggi solari che lo avevano svegliato, apri comunque gli occhi sbattendo più volte le palpebre per acclimatarsi alla luce che lo circondava. Sopra di lui c'era un cielo terso e tutto intorno a lui c'erano gli alti steli dell'orzo estivo dei campi a valle della contea. Non aveva idea di come facesse a sapere di essere nella Contea ma lo sapeva, lo sentiva nel cuore. Si mise a sedere e si guardò intorno in cerca dei nani. Nessuno, ne nani, ne hobbit o uomini, era completamente solo immerso in un mare di orzo dorato e non aveva idea di come ci fosse finito. Quando si mise in piedi quello che vide lo sconcertò alquanto: l'unico segno che mai qualcuno fosse stato in quel campo erano gli steli spezzati delle piante su cui era sdraiato. Non c'era segno del percorso che aveva fatto per arrivare in mezzo al campo, solo l'impronta del suo corpo, come se di punto in bianco fosse piovuto giù dal cielo.


 

'Piovuto giù dal cielo? Beh, in effetti quel troll mi ha fatto fare proprio un bel volo' pensò ridacchiando. Perché il pensiero del troll non lo preoccupava minimamente? E i nani? Non era preoccupato per loro. Non si sentiva in colpa per essere tornato a casa senza di loro. Perché? 'Non mi volevano con loro fin dall'inizio perché dovrei preoccuparmi di quello che gli accadrà?' ma Bilbo sapeva che non era il motivo per cui si sentiva tanto sereno, non era vero che non lo avevano accettato; almeno non lo era per la maggior parte di loro. 'Sono morto e non è un mio problema?' no, non era nemmeno questo il motivo. Anche da morto si sarebbe sempre preoccupato per quelli che in cuor suo riteneva degli amici, per colui che (anche se per poco) lo aveva fatto sperare nell'amore. Un amore nascosto o brutalmente respinto ma pur sempre amore, pur sempre meglio di niente. 'È questo il mio posto?' si, questa era la domanda giusta, la domanda a cui doveva dare una risposta e l'unico modo per farlo era tornare a casa.


 

Incamminandosi verso Bag End si rese conto che ciò che lo circondava sembrava reale solo nelle sue vicinanze, come se tutto intorno a lui il paesaggio fosse un dipinto. Tutto era contraddistinto da vibranti pennellate multicolore. In alcuni punti la pittura era così spessa da formare delle piccole creste in rilievo la dove era passato lo spazio tra le setole del pennello. Un paio di volte Bilbo aveva provato a raggiungere quella tela ma a ogni passo il paesaggio di fronte a lui diventava reale mentre quello dietro riprendeva le sembianze di un dipinto, dopo un po' si rassegno a restare nella sua piccola bolla di realtà anche se a malincuore. Per tutto il tragitto non incontrò nessuno, nessuno con cui avesse voglia di parlare o che comunque sembrasse notarlo. Gli hobbit che incrociò sembravano non riuscire a vederlo, non che fosse una novità benché questa volta non fosse loro intenzione ignorarlo, ma diversamente dalle altre volte non gli importava.


 

Arrivato ai piedi della collina si fermò un attimo per ammirare lo splendido dipinto di Bag End che gli stava davanti. Non voleva che tutto diventasse reale troppo in fretta quindi si prese del tempo per osservare la sua bella casa, il suo giardino, la panca vicino al cancelletto e persino la cassetta della posta. Memorizzò tutti i dettagli e poi si avvicino più lentamente che gli fosse possibile cercando di prolungare il viaggio su quell'ultimo tratto di strada. Improvvisamente si sentiva inquieto come se una volta entrato nello smial non ne sarebbe più uscito, come se sapesse che quello che lo aspettava aldilà di quella porta lo avrebbe cambiato per sempre. Una volta difronte all'entrata mise la mano sul pomello ed esitò ancora per un attimo prima di prendere un profondo respiro e aprire. Quello che vide non era minimamente quello che si aspettava: oltre la porta non c'era nulla, solo uno spazio bianco.


 

Un infinito nulla bianco, senza pareti, pavimento o soffitto, solo bianco. Improvvisamente mentre Bilbo era sul punto di andare via delle immagini incominciarono a scorrere come se quello spazio bianco fosse diventato un teatro le cui scenografie rappresentavano i luoghi di un passato ( neanche troppo lontano) e i suoi attori le ombre dei ricordi di chi aveva vissuto in quei luoghi. Le scene continuarono a scorrere raccontando la loro storia e Bilbo si ritrovò a sperimentare una gamma di emozioni tanto vasta e tanto intensa da sentirsi girare la testa. All'inizio era confuso, poi scoccato, arrabbiato, profondamente triste e infine rassegnato ed amareggiato . “Almeno questo spiega un sacco di cose” rimuginò tra sé e sé quando alla fine della storia il nulla bianco sparì lasciando al suo posto la solita ed accogliente Bag End ma dopo quello che aveva scoperto Bilbo non era più sicuro di volerci restare. Non era più casa sua, non esattamente perlomeno. Dopo qualche minuto però realizzò che era lì per uno scopo, “Ne avremo di cose da raccontarci quando ci incontreremo mia cara Sara” canticchiò entrando in cucina per prepararsi una bella tazza di te.  

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Capitolo 8
*** The Hammer and the Anvil ***


Note dell'Autore 
 

Come si suol dire "chi non muore si rivede", così eccomi qui con un nuovo capitolo (^ _ ^) .... Mi dispiace avvero di averci messo tanto, ma per questo capitolo mi sono imbattuta in qualche problemino. Suppongo che tu possa dire che ho sofferto dal blocco dello scrittore, ma alla fine sono riuscita a venirne fuori (almeno spero). In questo capitolo ci sono chiari riferimenti alla mitologia della Valar scritta da Tolkien (ho preso tutte le informazioni sulla storia della Valar da qui ), ma tutto ciò che è diverso è nato dalla mia mente tormentata. Se ha un certo punto vi sembrerà che la trama ricordi vagamente il Mito delle due Metà di cui si parla nel Simposio di Platone non preoccupatevi perché è proprio da quello che ho tratto ispirazione, anche se in modo del tutto contorto. Per ultimo ho pensato di risolvere il problema dei linguaggi semplicemente assegnando un colore ad ogni razza. Solitamente i colori hanno un impatto  emotivo più forte sulla memoria rispetto a i segni grafici è quindi credo che renderanno più piacevole e scorrevole la letura:

NANI : ho scelto il blue perché mi ricorda sia alcune delle gemme più belle che il metallo, in più è lo sfondo dell'araldo della casata di Durin da cui, tra le altre cose, ho preso ispirazione per questo capitolo e verrà nominato in seguito nella storia.
ELFI : è davvero necessario dare una spiegazione a questa scelta cromatica? No, non credo
UMANI : non saprei dire perchè di preciso ma credo che sia perchè ho sempre associato il viola all'invidia o comunque alla violenza. Infatti la prima cosa che questo colore mi fa venire in mente sono i lividi. Tutto sommato credo sia un colore adatto agli esseri umani che siano essi appartenenti al mondo reale o meno. 

Fatemi sapere se avete dei dubbi o se qualcosa nella trama non è chiaro. Sono sempre pronto a rispondere a tutte le domande che mi vengono fatte e accolgo ben volentieri i suggerimenti. Come al solito spero di ricevere qualche commento e vi auguro una buona lettura  (^ _ ^)
 

 


 

LINGUAGGI : “comune” ; *elfico* ; ^nanico^ ; [linguaggio dei segni]; "mondo reale" ; “orchesco / lingua nera”; 'pensieri o comunicazioni mentali' ; 'pensieri o comunicazioni mentali (maledizione o follia)'

 

Sara era così esausta e dolorante dopo tutte quelle ore passate a cavalcare, che a stento si rese conto di quando Thorin si dileguò tra gli alberi. Non prima di aver abbaiato qualche generico ordine a destra e a manca, ovviamente. Dwalin la fece scendere dal pony e praticamente la depositò su una piccola roccia come se fosse una bambina, senza soffermarsi a chiederle se le servisse aiuto. Nonostante fosse imbarazzata era estremamente grata del gesto, certa che le sue gambe non l'avrebbero retta in piedi figurarsi se sarebbero riuscite a farla smontare dal pony per conto suo. Tutti erano estremamente indaffarati. C'era chi stava raccogliendo la legna, chi si occupava dei poni, chi ripuliva la radura da sassi e rami per poterci stendere i giacigli e chi come Bombur si destreggiava tra vettovaglie e utensili. La scena più peculiare gliela stavano offrendo Oin e i tre giovani del gruppo mentre Dwalin, in piedi accanto a lei, annuiva in approvazione alle pianificazioni dei quattro nani.


 

Qualche minuto dopo Dwalin si unì alla conversazione. Quando ebbero finito lui e i tre giovani nani si avvicinarono al loro equipaggiamento e si caricarono in spalla degli enormi otri vuoti, per poi sparire nella boscaglia in direzione opposta a quella che aveva preso Thorin. Sara osservò in silenzio mentre il campo lentamente prendeva vita. La cosa di più curiosa fu vedere Oin che stava istruendo il fratello su come preparare una piccola alcova vicino a due alberi completamente circondati da fitti cespugli. Gloin tagliò tutti i cespugli tra i due alberi e alle loro spalle ricavandone una piccola radura, di ferro di cavallo, aperta solo in direzione dell'accampamento e circondata da una fitta siepe. Li vicino, quasi ai piedi di uno degli alberi, i due prepararono un fuoco e sopra un treppiedi misero a scaldare un grosso pentolone vuoto. Circa 30 minuti dopo Dwalin e gli altri tornarono, ognuno di loro portando in spalla due otri completamente pieni ma raggiunsero il campo chiacchierando e ridendo, come se nulla fosse. Ancora una volta Sara si rese conto di quanto quella razza così minuta potesse essere forte.


 

Ciascuno degli otri doveva contenere almeno 15 litri. Il che voleva dire che anche Ori (che non era esageratamente più robusto di lei in confronto agli altri) stava portando almeno 30Kg in spalla senza neanche versare una goccia di sudore. Quattro degli otri furono depositati nelle vicinanze di Bombur il quale era intento a sminuzzare verdure dentro un pentolone grande circa la metà di quello su cui stavano lavorando Gloin e Oin. Gli altri quattro otri furono usati per riempire il pentolone vicino agli alberi. Sara continuò a osservare i nani affaccendati per un po'. Oin stava sminuzzando delle erbe, Fili e Kili si erano messi a scavare una buca in mezzo alla piccola radura, Dwalin stava raccogliendo dei sassi, Ori stava legando una corda tra i due alberi e Gloin aveva le braccia piene di quelle che sembravano pellicce e stuoie di cuoio. In men che non si dica ecco che tutto ebbe un senso e come dal nulla era apparsa una stanza da bagno in mezzo alla natura.


 

Dopo aver scavato la buca (non più profonda di 60 o 70 cm e con un diametro di circa 1 metro) i nani ne avevano rifinito i contorni con delle rocce e ricoperto l'interno con una stuoia di cuoi. In questo modo l'acqua non poteva filtrare nel terreno e i bordi in rilievo evitavano che la piccola vasca si riempisse di detriti o fango una volta in uso. Tra i due alberi all'ingresso della radura era stata messa una pelliccia in modo da garantire un po' di privacy e non ci voleva un genio a immaginare a cosa servisse l'acqua nel calderone. Il tutto dava un aspetto molto domestico a quel piccolo pezzo di bosco, per qualche ragione Sara non riusciva ad associare una tale comodità a quel contesto. Nella sua mente immaginava i nani disposti a darsi una rapida lavata nella fredde acque di un torrente piuttosto che impegnarsi tanto per un bagno caldo, non era forse nella loro natura essere pratici e concreti? Nel frattempo Oin aveva messo le erbe sminuzzate a bagno nel pentolone avvolte in un panno come se fossero un'enorme bustina da tè.



'Forse qualcuno di loro è ferito e ha bisogno di essere medicato' pensò con una alzata di spalle. Il pensiero che uno di loro stesse male non le piaceva ma non c'era nulla che lei potesse fare per rimediare al danno arrecato, non ora che a stento riusciva a tenere gli occhi aperti. Magari più tardi avrebbe condiviso le sue conoscenze mediche (dopo tutto lei voleva diventare un chirurgo) con Oin, qualche tecnica moderna di sicuro gli sarebbe stata utile. Presa come era dai suo pensieri quasi non si accorse quando Ori e Dwalin le si avvicinarono. *Miss. Baggins? È tutto pronto se vuole accomodarsi* le disse Ori porgendole un fagottino che emanava un profumo fresco e dolce, non di fiori era molto più simile al sapone di Marsiglia. Sara guardò il fagottino incredula per qualche momento senza accennare a prenderlo, non si aspettava che i nani fossero così gentili da prepararle un bagno. *È per me?* chiese incredula, indicando la buca che Fili e Kili stavano riempiendo di acqua fumante. *Ma certo che si, non possiamo assolutamente pretendere che una donzella ferita faccia il bagno in un gelido fiume* le rispose il giovane nano con un sorriso.


 

Lei rispose al sorriso e prese il fagottino in mano continuando a fissare i due giovani eredi al trono di Durin mentre stavano preparando la vasca. 'Oh mio dio, due principi mi stanno preparando un bagno' pensò arrossendo leggermente mentre cercava di nascondere un ghigno divertito. La situazione era semplicemente troppo assurda. Provò a mettersi in piedi ma la dura realtà la costrinse a risedersi immediatamente e un attimo dopo era in braccio a Dwalin. Per suo sommo imbarazzo l'enorme guerriero la stava portando (stile sposa) verso quelle terme fai da te. Il suo viso si infiammo quando notò Kili dare una 'gentile' gomitata al fratello per poi sussurrargli qualcosa all'orecchio riducendo i due giovani principi a due stregatti. Per fortuna uno sguardo a dir poco omicida di Dwalin fu tutto quello che ci volle per farli scappare più veloci della luce. Il tragitto fu breve ed estremamente imbarazzante ma quando i suoi piedi toccarono terra Sara non poté fare a meno di notare quanto fosse stato piacevole.


 

Nessuno a casa l'aveva mai sollevata così facilmente, una volta un suo amico fece una battuta su quanto sarebbe stato sfortunato il suo sposo a dover sollevare un peso piuma come lei. ' "Piccola ma compatta la creatura" ' avevano commentato qualcun'altro. Tutto era finito in una risata collettiva e anche lei aveva finto di esserne divertita nonostante il commento l'avesse ferita. Si era sempre vantata di essere una ragazza moderna, di quanto fosse sbagliato lo stereotipo del sesso debole o di quanto fosse sessista la classificazione dei giochi per i bambini. Perché una bambina doveva crescere con l'idea di dover essere la principessa e non il cavaliere dalla lucente armatura? Lei non lo aveva mai capito. Forse perché nessuno l'aveva mai trattata come una delicata fanciulla, non lo aveva mai permesso. Ma adesso, con il ricordo di come le forti braccia di Dwalin l'avevano avvolta. In lei stava nascendo una nuova consapevolezza: voleva essere la principessa di qualcuno, non per essere difesa ma perché aveva bisogno che qualcuno desiderasse proteggerla.

*Va tutto bene Miss. Baggins?* la voce di Ori la destò dai suoi pensieri e si accorse che era rimasta imbambolata a fissare il vuoto li dove Dwalin l'aveva messa in piedi. *Si...ehm... si, certo tutto bene. Da qui in poi non credo che mi servirà aiuto, almeno lo spero... Non dovrei essere così impedita da affogare in qualche centimetro d'acqua... anche se non si sa mai* ridacchio indicando la buca colma quasi fino all'orlo. *Per l'amore di tutti i Valar, speriamo proprio di no!!* ribatté lo scriba fingendosi inorridito. Qualche consiglio di Oin e pochi minuti più tardi e Sara si stava preparando per immergersi nella vasca improvvisata. Non ci volle molto a levarsi i vestiti ma storse il naso nel vedere in che condizioni fosse ridotta. Fino a quel momento non si era resa conto di quanto fosse sporca. Tutto il suo corpo era ricoperto di sudore, probabilmente a causa della notte trascorsa febbricitante sotto una montagna di pellicce. La pelle delle gambe era quasi grigia a causa della polvere per non parlare dei piedi le cui piante erano praticamente nere.


 

Lo scalpo le prudeva a causa del sangue incrostato, i capelli erano di un colore e una consistenza indescrivibili ( almeno per quello che riusciva a vedere). Senza indugiare oltre si mise a mollo con un sospiro. Il sapone non aveva certo il profumo dei bagnoschiuma moderni e le erbe infuse nell'acqua facevano aleggiare una aroma medicamentoso, che era tutto fuorché sgradevole, nella piccola radura. Per almeno una decina di minuti lasciò che l'acqua calda e le erbe facessero il loro dovere, permettendo a ogni muscolo del suo corpo di distendersi e rilassarsi. In quei pochi minuti l'acqua divenne torbida. Non volendo passare più tempo del necessario in quella brodaglia Sara si decise a prendere un piccolo pezzo di stoffa per impregnarlo di sapone e usarlo come guanto di luffa. Inizialmente ebbe un attimo di esitazione, nonostante che per il momento quello fosse il suo corpo allo stesso tempo non lo era e si sentiva come se stesse violando la privacy di un'altra persona.


 

Alla fine la necessità di sentirsi pulita e la curiosità ebbero la meglio su di lei. Le sue intenzioni iniziali erano di darsi una rapida lavata e rivestirsi il più in fretta possibile ma non riuscì a contenersi dall'esplorare quel nuovo involucro per lei così esotico. Man mano che la pelle tornava al suo naturale pallore Sara non smetteva di meravigliarsi di quanto quel corpicino fosse diverso dal suo. Le sue forme erano ancora quelle di un adolescente cicciottella ma il grasso di questo corpo era più sodo e ben distribuito. Era decisamente più una donna che una bambina con una vita più sottile e fianchi più sinuosi. Non c'era traccia dell'odiata cellulite che tanto l'aveva perseguitata nella sua forma precedente. Era strano pensare di aver avuto una forma diversa in precedenza. Anche i suoi seni erano più tonici e alti, nonostante in proporzione (ovviamente in scala miniaturizzata) sembravano essere una taglia o due più grandi.


 

Senza nemmeno rendersene conto si ritrovò a canticchiare una delle sue canzoni preferite, come era solita fare a casa mentre faceva la doccia. Era una melodia triste ma estremamente dolce che aveva scoperto guardando un amv del film 'I racconti di Terramare' su youtube. Le parole sembravano adattarsi perfettamente a quel luogo, era come se quella canzone fosse stata scritta per quel mondo. Prima che potesse fare nulla per fermarsi Sara stava cantando ad alta voce mentre continuava a insaponarsi e di punto in bianco il suono di due violini la stavano accompagnando. Al suono degli strumenti lei aveva interrotto il suo canto imbarazzata ma dopo le proteste (e suppliche) dei due giovani Durin aveva ripreso anche se un po' titubante. Poteva sentire che dall'altra parte della tenda l'intero campo si era fermato ad ascoltare e per quanto non credesse di essere brava abbastanza le faceva comunque piacere sentirsi apprezzata.


 

Tutto stava andando bene, finché una strana sensazione di pericolo si fece largo nella sua mente. Improvvisamente era come se qualcuno la stesse osservando. Istintivamente si guardò intorno cercando di coprirsi ma un'altra parte di lei (una che Sara non credeva di possedere). Desiderava che quegli occhi invisibili e sconosciuti la guardassero, perché senza quello sguardo era come se dentro di lei ci fosse un profondo senso d'incompletezza. Così continuò a lavarsi ed ebbe anche il coraggio di alzarsi in piedi, anche se la sua testa le stava urlando di scappare e nascondersi. Cercò (e ci riusci) di convincersi che fosse solo la sua immaginazione. Non c'era nessuno, all'infuori di Thorin, in quella parte del bosco. I nani si erano accertati che non ci fossero minacce imminenti e in ogni caso uno di loro era sempre di vedetta per eventuali attacchi. Thorin, lui sicuramente non era interessato a spiarla quindi era meglio non pensarci troppo.


 

Una volta soddisfatta dei suoi sforzi si avvolse in una specie di lenzuolo per asciugarsi. La stoffa era un po' ruvida e le irritava un po' la pelle, sembrava molto simile a quella ricavata dalla tessitura del lino o della ginestra. Il fatto che le fibre fossero ancora un po' rigide stava a indicare che era stata utilizza poco (cosa per la quale Sara era infinitamente grata non sapendo a quale uso potesse essere stata destinata in origine). Quando ebbe finito di rivestirsi cercò di pettinarsi facendo molta attenzione a non toccare la ferita, ormai rimarginata, vicino all'attaccatura dei capelli. Purtroppo gli indomiti ricci di Bilbo si rivelarono una sfida ardua anche per lei. Fini per ritrovarsi avvolta in una massa di ricci aperti a ventaglio che una volta asciutti l'avrebbero fatta apparire come un leone spelacchiato. Ovviamente lo stato pietoso della sia capigliatura non sfuggì a Fili e Kili che però fecero del loro meglio per non riderle in faccia quando riemerse della piccola radura.


 

La serata continuò tranquilla mentre tutti aspettavano che la cena fosse pronta, tra chiacchiere a qualche scherzo nessuno sembrava essere troppo preoccupato per quello che li attendeva. L'incanto finì a quando Thorin riapparve e l'atmosfera cambiò radicalmente. Il leader sembrava lo spettro di se stesso, tanto che perfino Sara si accorse che c'era qualcosa che non andava nella sua perenne espressione truce. Oin fu subito al suo fianco ma lui sembrava ostinato a fare finta che tutto andasse bene. Il nano sordo non si lasciò persuadere e dopo un po' Thorin sembrò confidarsi col guaritore che lo obbligò a stendersi e a bene qualcosa da una piccola fialetta. In tutto questo il giovane re non smise neanche per un attimo di lanciare torve occhiatacce nella sua direzione come se qualsiasi cosa gli fosse accaduto fosse colpa sua. Sotto il suo sguardo la pelle di Sara, già rossa e infiammata per il bagno e la stoffa usata per asciugarsi, sembrò prendere fuoco.


 

In tutta la sua vita non aveva mai provato nulla di simile, era abituata a provare repulsione al contatto ma addirittura dolore solo a essere guardata? Era davvero troppo strano. Era come se si sentisse claustrofobica nella sua stessa pelle, lei non voleva fare altro che scappare da quello sguardo ma allo stesso tempo non poteva farlo. Quando la sensazione fu troppo intensa da sopportare fece l'unica cosa che credeva potesse aiutarla; cercò rifugio tra le braccia di Dwalin. Il nano calvo non fu stupito quando lei gli girò in torno e si sedette al suo fianco, si irrigidì per qualche istante solo quando lei scivolò sotto il suo braccio abbracciandogli la cintola. Dwalin la osservò rannicchiarsi contro il suo fianco e poi riprese la sua conversazione con Bofur. In questo modo il suo robusto corpo la nascondesse dalla vista di Thorin. Quella sensazione di disagio mista a malinconia e a quel senso di 'c'è qualcosa che non quadra' comunque rimase li dove stava, come un macigno sul suo petto. Almeno ora si sentiva al sicuro perché anche se Thorin la spaventava sapeva che Dwalin l'avrebbe protetta persino da lui.

 

 

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Thorin era sinceramente convinto di aver sentito il crack del suo cuore che andava in frantumi. Non c'era modo più esplicito di quello per esprimere le sue preferenze: lei aveva scelto Dwalin. Sapeva di doverlo accettare lei non era la sua Metà. Non valeva la pena di litigare con il suo più caro amico per lei ma non riusciva a darsi pace. Fortunatamente era riuscito a convincere Oin di essere semplicemente stanco ma il guaritore lo aveva comunque costretto a sdraiarsi e a bere un tonico. Non poteva andare peggio, nonostante i suoi sforzi era apparso debole difronte a tutti. Era furioso: con lei, con se stesso, con il mondo. “Thorin, stai terrorizzando quella povera ragazza” la voce di Gloin lo fece trasalire, non si era nemmeno accorto che il rosso gli fosse accanto. “Non ho idea di casa tu stia parlando” gli rispose seccato. “Io credo proprio di si, uno sciocco riconosce un suo simile quando lo vede...” Thorin fece per rispondere ma Gloin alzò la mano e continuò a parlare.


 

“Non cercare di negarlo, io ci sono passato prima di te... lo so cosa stai provando ma spaventarla non ti aiuterà ad averla. Mahal solo sa cosa finirai per farle se non riuscirai a calmarti, so che è difficile e che ora vorresti solo staccare la testa a Dwalin e trascinarla dietro un cespuglio...” Thorin cercò ancora di protestare, decisamente offeso dalle parole del guerriero, ma fu zittito nuovamente. “Non ti sto giudicando...non c'è bisogno di fare quella faccia. Io per primo ho avuto questi desideri quando incontrai mia moglie per la prima volta...ti ho mai detto che una volta fui sul punto di aggredirla?” il profondo rammarico nella voce di Gloin non lasciava spazio a dubbi o domande così Thorin lasciò che l'amico continuasse. “No, certo che no. Non l'ho mai detto a nessuno. L'avevo seguita fino a casa dal mercato, lei era così bella e invitante. Così, quando fummo in un viottolo dove nessuno poteva vederci tentai di afferrarla. Volevo solo darle un bacio, lo giuro... ma qualcosa in me scatto e lei se ne accorse... lei è sempre stata la più furba dei due... scappò via prima che potessi toccarla. Mi sentì tradito e umiliato ma oggi ringrazio tutti i Valar per quella fuga, non avrei mai potuto perdonarmi di averle fatto del male”.


 

“Non capisco come questo centri con me e la ragazza. Lei non è la mia Metà Gloin” disse il re in esilio cercando di apparire confuso quando in realtà sapeva benissimo a cosa si riferisse il nano. “Forse no, chi può dirlo per il momento. In ogni caso se lei lo fosse in questo momento non ti sta rifiutando ma salvando da te stesso. Anche se fa dannatamente male vederla tra le braccia di un altro nano col tempo capirai quello che intendo” detto questo Gloin si alzò e andò a sedersi con gli altri. Thorin sospettava che quella non sarebbe stata l'ultima volta che sarebbe stato soggetto alle congetture dei suoi compagni di viaggio, se gli sguardi che lo stavano osservando potevano dire qualcosa. Non sapendo che altro fare decise di chiudere gli occhi per tentare di dormire. Sapeva di dover mangiare ma non era convinto che il suo stomaco avrebbe collaborato quindi fece finta di essere già addormentato quando qualcuno gli si avvicinò per offrirgli del cibo.

 

 

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Sara era perplessa, non capiva dove si trovasse. Dopo un'imbarazzante cena nella quale era rimasta attaccata a Dwalin come fa un cucciolo di macaco alla madre. Si era ritirata nel suo giaciglio ed era praticamente crollata in un sonno profondo ma ora stava camminando in una grotta. Non aveva la benché minima idea di come ci fosse finita o del perché fosse li, sapeva solo che stava cercando qualcosa ma non di cosa si trattasse. Dopo un po' giunse alla conclusione che stava sognando e si mise a esplorare la grotta. A un esame più accurato non si trattava di una grotta qualunque, ma l'interno di una intera montagna. Per tutta l'altezza della parete rocciosa c'erano una sequenza di terrazzamenti che delineavano diversi livelli ognuno caratterizzato da strutture diverse, alcune ricavate direttamente dalla montagna altre costruite separatamente. Nelle profondità al disotto di lei poteva intravedere una miniera verticale della quale non riusciva a vedere il fondo, alzando gli occhi un intricato dedalo di ponti scavati direttamente dalla nuda roccia.


 

Per strano che potesse essere l'aria sembrava stranamente leggera, non c'era odore di stantio o di umido nonostante quello fosse l'interno di una montagna. Il soffitto era tanto in alto da essere quasi invisibile, come se quella città surreale fosse immersa in una notte perenne e senza stelle. Quando si avvicinò al bordo e osservò meglio la miniera una leggera brezza che saliva dalle profondità della montagna le scompigliò i capelli. Allungò la mano e percepì distintamente il tepore di quel vento, un inconfondibile odore di metallo fuso le pervase le narici anche se non abbastanza da darle fastidio. Dalle sua posizione poteva vedere che sull'ultimo livello prima della miniera c'erano delle fornaci davanti alle quali si ergeva un'enorme inferriata. Guardandosi in torno vide vari tunnel aprirsi sullo spiazzo in cui si trovava ma non c'era modo che potesse vedere dove conducessero.


 

Sara era stupita dalla magnificenza di quel posto. La montagna sembrava prendere vita nelle forme in cui era stata modellata. Come se le decorazioni geometriche cesellate nella dura pietra di ogni ponte, colonna o edificio fossero di plastilina. Come potessero cambiare forma col solo tocco delle dita di una mano ma allo stesso tempo fossero il fermo immagine di un istante infinito nell'eternità. Non c'era dubbio nella sua testa che questa fosse Erebor, splendida e imponente come nessun'altra città al mondo. Lei si trovava su uno dei ripiani intermedi. Una vasta area il cui suolo era insolitamente morbido come se qualcuno avesse volutamente ricoperto quel terrazzamento con del terriccio sabbioso per renderlo più confortevole. Sul lato più sporgente del terrazzamento c'era un'enorme arena semicircolare che dava le spalle al bordo e il fianco alla parete rocciosa. Lei stava in piedi in uno spiazzo grande quanto un campo da calcio nel quale non c'era nulla.


 

Come per magia intorno a lei presero forma le sagome di alcuni nani. Erano quasi tutti maschi adulti che stavano combattendo tra di loro con delle armi in legno o a mani nude. Inizialmente credette che l'avrebbero attaccata ma poi si rese conto che nessuno di loro poteva vederla. Era come se lei fosse fumo e il massimo che potesse fare fosse infastidirli un po' senza mai essere veramente presa in considerazione. Ora che quelle figure si stavano muovendo sinuose e violente intorno a lei lo scopo di quell'area della montagna era più che chiaro. Spinta dalla curiosità si spostò dal campo di addestramento verso l'arena della quale non aveva ancora capito lo scopo. Mentre si avvicinava alla struttura poteva sentire il voci di alcuni bambini, agitate e allegre come se stessero aspettando impazienti che qualcosa avesse inizio. Entrata nell'arena fu stupita di vedere degli adolescenti seduti compostamente sugli spalti. Sembravano molto eccitati per qualsiasi cosa stesse per accadere ma allo stesso tempo su di loro aleggiava un'aria estremamente solenne.


 

Seduta sul palco centrale c'era una nana dai capelli nerissimi con degli splendidi occhi color cioccolato. Sul viso dell'elegante donna c'era una folta peluria che non faceva nulla per sminuire la sua femminilità. Su ogni lato della sua testa a partire dalle tempie c'era un'intricata treccia a cascata che formava un semicerchio intorno all'orecchio per poi intersecarsi con folte basette. A metà mascella la treccia si staccava dal viso e andava a formare una splendida spiga di grano. Quest'ultima era stata ripiegata elegantemente per andarsi a unire alla sua gemella dietro la nuca della nana in modo da tenere il resto dei capelli in ordine. Sara osservò la scena con attenzione completamente catturata dalla peculiarità della situazione, non capitava tutti giorni di assistere all'educazione di giovani nani. “Suppongo che ognuno di voi sappia di che cosa tratterà la lezione di oggi, e bene? Qualcuno vuole fare gli onori di casa?” disse la nana con un tono gentile. “Oggi parleremo del corteggiamento” disse una giovane dopo aver chiesto il permesso di parlare alzando la mano.


 

“Non è del tutto corretto” ridacchiò l'insegnante. “Siete ancora troppo giovani per apprendere i misteri del corteggiamento, ma non è mai troppo presto per conoscere le proprie origini. Oggi parleremo di un argomento molto importante: l'incudine è il martello. Qualcuno sa di cosa si tratta?” chiese seria la nana. I giovani si guardarono un po' incerti, come se nessuno di loro volesse rispondere alla domanda. Da uno degli spalti più alti si levò una mano per richiedere la parola. “È la maledizione che Melkor lanciò sulla nostra razza perché era geloso del grande Mahal” disse un ragazzo dai capelli neri e gli occhi azzurri come il cielo. “Anche questo non è del tutto vero ma ... in buona sostanza si, oggi parleremo della maledizione che è stata imposta al nostro popolo. Molto bravo Thorin” gli sorrise compiaciuta. Sara rivolse lo sguardo verso il ragazzo che aveva preso a gonfiare il petto orgoglioso dell'elogio dell'insegnate.


 

Non c'era modo di confonderlo per qualcun altro nonostante dimostrasse al massimo 14 o 15 anni. I capelli neri, i lineamenti forti, il portamento regale e quegli occhi profondi come il mare potevano appartenere solo a Thorin Scudodiquercia. Per un momento il suo cuore sembrò fermarsi, sembrava incredibilmente rude sognare della vita altrui, come se in quel attimo lei si stesse intromettendo in qualcosa d'intimo. Sarebbe stato anche peggio se queste fossero state solo delle sue fantasie. Si sarebbe sentita come una pettegola che diffonde delle dicerie se non fosse stato per il fatto che lei sapeva che ciò che stava vedendo era avvenuto veramente. Non aveva idea del perché o del come, ma lo sapeva. “Bene, qualcuno di voi sa in cosa consista la maledizione dell'Incudine e il Martello?” chiese la nana poggiandosi le mani in grembo e sporgendosi in avanti. “È il motivo per cui noi nani non ci innamoriamo a prima vista della nostra Metà” disse Il ragazzo accanto a Thorin dopo aver chiesto la parola. Dal suo tono non curante si capiva che era ben poco interessato alla lezione ma comunque stava cercando di partecipare.


 

“Questo e solo uno dei suoi effetti Dwalin, io vi ho chiesto in cosa consista. Nessuno di voi sa perché sia stata chiamata così?” alle parole della nana la mascella di Sara a stento rimase attaccata alla sua mandibola. Dwalin? Quello scricciolo pelle e ossa (con una montagna di boccoli scuri che gli cadevano a cascata sulle spalle?) seduto accanto a Thorin era Dwalin? 'La pubertà fa miracoli' ridacchiò tra se e se. “Mia mamma dice che viene chiamata così perché in amore si deve dare (il martello) e ricevere (l'incudine)”. rispose timidamente una fanciulla che sembrava tra le più giovani. Ma alle sue parole gli studenti più grandi grugnirono in disapprovazione come per schernirla della sua ingenuità, ogni suono sparì quando Thorin si schiarì la voce minacciosamente. “ Oh, mia dolce Dis...” disse l'insegnate in tono affettuoso “... questa è un'interpretazione davvero romantica ma temo che non sia corretta. Ora, visto che sembrate avere le idee un po' confuse forse è meglio cominciare dal principio”.


 

“Prima della creazione di Eä, Melkor era il più potente tra gli Ainur creati da Eru. Melkor voleva creare cose di sua immaginazione, così come faceva Eru, desiderava ardentemente distinguersi (ancora di più) dagli altri e da uno in particolare: Mahal. Sin dalla loro creazione i due Valar erano sempre stati come le due facce della stessa medaglia, così simili eppure profondamente diversi. La dove Mahal era curioso e desideroso di apprendere cose nuove Melkor era arrogante e saccente. La dove Mahal era onesto fino a sembrare un burbero Melkor era subdolamente gentile e pianificatore. I due erano in tutto e per tutto come Terra e Fuoco. La cosa che più li distingueva era l'amore che Mahal condivideva con la sua sposa, Yavanna. Sfortunatamente era anche la cosa che Melkor più bramava. Sin dal primo momento in cui aveva posato gli occhi su di lei Melkor si era innamorato di Yavanna. Cercò di conquistarla ma la Valier lo respinse”.


 

Tutti compresa Sara stavano ascoltando in ossequioso silenzio mentre la nana continuava a narrare. “Così Melkor dedicò tutto se stesso nella sua missione di superare Mahal in ogni cosa che faceva. Passò molto tempo da solo, alla ricerca della Fiamma Imperitura, senza capire che questa non era un artefatto materiale ma, semplicemente, rappresentava la potenza creativa di Eru. Stando da solo ottenne una ben scarsa comprensione degli altri Ainur e di Eru, e col tempo prese a concepire dei pensieri diversi dai loro e a provare dei sentimenti mai provati prima da nessun altro Ainur. Divenne invidioso del suo creatore, e dal momento che non poteva creare cose sue (o ottenere l'amore incondizionato di un altro essere) come faceva Eru, e come era stato concesso quasi tutti gli altri Valar, concepì l'idea della sottomissione degli altri a se stesso, idea che divenne un desiderio cardine della sua vita. E anche il suo amore per Yavanna si trasformò in una passione egoista e perversa. Se non poteva amarla l'avrebbe posseduta”


 

“Perché non chiedere a Eru di dargli una sposa?” chiese candidamente uno degli studenti. “A quel punto la mente di Melkor era troppo corrotta, e non gli importava più di Yavanna ma solo di quello che rappresentava per Mahal. La cosa triste e che al principio Melkor desiderava sinceramente essere una creatura migliore, probabilmente non avrebbe mai desiderato fare del male ai suoi fratelli. Ma evidentemente Eru conosceva il cuore di questo suo figlio meglio di Melkor stesso, infatti il Valar del fuoco è uno dei due Valar al quale non fu concessa una sposa ”. “Se Eru conosceva già il cuore di Melkor perché non lo ha fermato quando era ancora in tempo?” chiese un altro ragazzo con un'espressione confusa mentre molti altri bisbigliavano sommessamente in approvazione. L'insegnate guardo con amorevole severità ogni alunno negli occhi “Non siate frettolosi a giudicare. Eru ha concesso agli esseri mortali il libero arbitrio perché non avrebbe dovuto concederlo ai suoi figli? Come un buon padre deve fare ha sperato che Melkor facesse la scelta giusta”.


 

“Il malcontento di Melkor non faceva che aumentare e quando Mahal riuscì a creare la nostra razza dalla nuda roccia il malcontento si trasformò in ira e desiderio di vendetta. Non importava che i nani fossero stati condannati a essere i secondi figli del mondo. Che fossero stati rilegati nelle profondità della terra finché Eru non avesse instillato in loro il respiro della vita. Per Melkor e la sua mente corrotta dall'invidia l'esistenza della nostra razza era qualcosa d'inaccettabile che noi esistessimo. Il signore del fuoco quindi pianificò una vendetta meschina. Quando Eru convocò tutti gli Ainur allo scopo di far loro intonare in coro la Musica degli Ainur, che avrebbe creato il mondo, durante il canto Melkor deviò dal tema predisposto da Ilúvatar inserendovi cose immaginate solo da lui. Cose che gli avrebbero fatto ottenere la sua vendetta. Cose che avrebbero cambiato il nostro modo di amare ”.


 

L'espressione confusa sul volto dei suoi alunni incitò l'insegnate ad approfondire quest'ultimo punto. Era normale che alla loro giovane età non sapessero molto di un sentimento tanto complicato quanto l'amore, per loro amare era semplice e innocente. Bianco o nero. Qualcosa o ti piace o no. Semplice. “L'amore è un sentimento complesso composto da passione, affetto, rabbia, lussuria, gioia, malinconia, arroganza e insicurezza. Quando i Valar intonarono il canto della creazione in ogni essere vivente instillarono il seme di tutti questi sentimenti. Eru nella sua magnanimità diede a Námo il compito d'intrecciare il destino di ogni individuo con quello di un altro in modo che nessuno al mondo potesse mai sentirsi solo. A Vairë, moglie Námo, diede il compito di tessere una tela sull'anima dei due in modo che esso fosse apparso sul loro corpo una volta nati nel mondo così che avrebbero saputo riconoscersi ovunque essi si fossero incontrati”. “È così che sono nati i marchi dell'anima?” chiese un giovane interrompendo il racconto.


 

L'insegnate annui dopo un sospiro rassegnato. “Si, questa è la loro origine. Gradirei comunque che durante le mie lezioni si chiedesse la parola in modo educato” aggiunse con uno sguardo severo. “ La Vairë fece abbracciare ogni coppia di amanti e sui loro anime congiunti creò le sue tele. Quando i due si separavano l'ordito restava impresso su entrambi ma la trama si divideva in modo che solo sovrapponendo i due disegni la tela fosse completa. Così ebbero origine i marchi dall'anima che appaiono quando siamo pronti a incontrare la nostra Metà. Questo marchio serve a bilanciare i sentimenti provati da ciascun individuo nella coppia...” l'insegnante si fermò per un attimo come per trovare le parole giuste. “In pratica servono a dosare nella giusta quantità tutti i sentimenti che formano l'amore, in modo che ognuno sia egualmente timido o passionale ad esempio. Ovviamente tutto dipende anche dalla personalità di ciascun individuo. Ecco, per la nostra razza questo non avviene”.


 

“Quando Vairë incominciò a tessere sui corpi dei nani Melkor maledisse i nostri marchi. Lui ha fatto in modo che ognuno di noi fosse in grado di provare tutti i sentimenti di cui è composto l'amore ma non in modo equilibrato. [... Così come il martello che tanto ami ti aiutò a crearli, anche metà dei tuoi figli saranno dominati dalla violenza e si abbatteranno senza pietà sull'altra metà del loro cuore che giacerà immobile e inerme così come sull'incudine che tanto ammiri...]. Con queste parole Merkol ha condannò alcuni di noi a provare un amore dominato dalla parte più oscura della nostra anima e altri da quella più innocente. Le idee di Melkor entrarono a far parte della Musica, arricchendola e questo originò il Male nel Mondo. In seguito al suo ingresso nel Canto, molti Ainur rimasero confusi e cessarono di cantare, mentre alcuni altri presero a modificare il loro canto iniziale, adattandolo a quello di Melkor. Purtroppo nessuno si rese conto di quanto era avvenuto se non quando era troppo tardi”.


 

La nana osservò dispiaciuta lo sgomento dei suoi allievi nell'apprendere che erano destinati a essere o vittime o carnefici di un futuro amore. Non era giusto che per colpa di un dio respinto a una intera razza fosse precluso il diritto di amare ma non c'era nulla che Sara o chiunque altro potesse fare. “Allora che cosa dovremmo fare? Possiamo solo scegliere se essere Lupi o Agnelli? Mi rifiuto di lasciarmi dominare dall'istinto come un animale”. la voce di Thorin le fece alzare lo sguardo verso il giovane. Si era alzato in piedi e teneva le braccia tese lungo il busto e i pugni serrati, tutto il suo corpo era teso come se fosse su punto di prendere a pugni il mondo. Dalle testa bassa e le labbra tirate in una smorfia, nel vano tentativo di non digrignare i denti, si percepiva però tutta la sua frustrazione nel non poter cambiare il corso degli eventi futuri. “No, Thorin. È per imparare che siamo qui! È per questo che quando sarete pronti imparerete l'arte del corteggiamento. Oggi noi cercheremo di capire chi di voi è un Martello e chi un Incudine” rispose l'insegnante.


 

“Tutto qua? Possiamo solo imparare a controllarci? Bell'affare” sbuffo Dwalin non curante del fatto che la nana gli stesse lanciando delle occhiate omicide. “Deve esserci un modo per spezzare la maledizione, un incantesimo o qualcosa del genere” farfugliò preoccupata Dis. “Un modo c'è ma a nessuno di voi piacerebbe essere colui o colei che spezzerà la maledizione. È per questo motivo che siamo qui perché voi abbiate una scelta, perché possiate decidere con le vostre teste e non accecati da questa maledizione e...” disse l'insegnate quasi in lacrime poi sussurro *...adesso è ora di svegliarsi Miss. Baggins* mentre guardava Sara dritta negli occhi. Tutta la montagna incominciò a tremare ma nessuno sembrava accorgersene, lei voleva scappare ma era come se lo sguardo della nana la stesse paralizzando. Il cuore di Sara batteva all'impazzata e poteva sentire il sudore che le colava lungo le tempie e la schiena.


 

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Riaprendo gli occhi si ritrovò davanti Ori chino su di lei che ripeteva *Miss. Baggins per favore si svegli* in continuazione ma quasi bisbigliando mentre la scuoteva delicatamente per le spalle. In un primo momento si sentì disorientata e non riconobbe il nano immediatamente, tutto quello che vide era un uomo sconosciuto chino su di lei. Subito un urlo le salì in gola ma una enorme mano le serrò le labbra. Dopo i primi attimi di panico riconobbe Ori e la mano che le aveva impedito di svegliare mezza Arda apparteneva a Dwalin. *Dobbiamo andare, nella radura ci sono degli orchi. Degli elfi li stanno sterminando e meglio non ritrovarci nel bel mezzo di una battaglia* le disse il giovane scriba quando si rese conto che era sveglia. Fortunatamente era andata a dormire vestita e non le ci volle molto per raccattare le cose di Bilbo 'il più silenziosamente possibile' come Thorin aveva cortesemente richiesto.

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Capitolo 9
*** A liar who doesn't lie ***


 

Note dell'Autore 
 

Come si suol dire "chi non muore si rivede", così eccomi qui con un nuovo capitolo (^ _ ^) .... Mi dispiace avvero di averci messo tanto, non starò qui ad annoiarvi col racconto di tutto quello che mi è successo nell'ultimo anno ma per farla breve sono stata un po' (per modo di dire) sotto stress e alla fine questo mi ha anche fatta finire in ospedale. Sinceramente non credevo di riuscire a continuare a scrivere, c'è stato un periodo in cui ho dubitato molto di me stessa e mi sono sinceramente chiesta se ne valesse la pena e se ne fossi realmente capace. Ho incominciato a pensare che a nessuno interessava leggere le mie scemenze e che forse era meglio impiegare il mio tempo in qualcosa di molto più produttivo. Unitile dire che questo non ha aiutato con lo stress. Ora come ora credo di aver trovato un buon equilibrio quindi ho intenzione di portare questa storia fino alla fine, perché scrivere mi rende felice e sono giunta alla conclusione che ne vale la pena anche se ci fosse un unica persona a leggerla. Detto questo: Buona lettura ^_^
 


Warning!!

Questo capitolo contiene contenuti espliciti che potrebbero essere considerati offensivi (oppure no) in base alla sensibilità di chi li legge. Qualsiasi frase da me scritta che si riferisca a violenze fisiche o mentali non vuole in nessun modo promuovere o giustificare tale atto e in ogni caso deve essere interpretata nel contesto della storia. Estrarre specifici stralci o frasi da un testo più ampio potrebbe portare a interpretazioni sbagliate ed ad indurre il lettore a credere che io condivida tali interpretazioni: COSA DEL TUTTO NON VERA.


LINGUAGGI : “comune” ; *elfico* ; ^nanico^ ; [linguaggio dei segni o scritte]; >>moderno << ; “ ̶o̶r̶c̶h̶e̶s̶c̶o̶ / lingua nera ”;

COMUNICAZIONI MENTALI : 'pensieri ' ; 'persona che pensa, follia o maleficio, altro individuo' .

N.B. la persona nella cui testa sta avvenendo la conversazione:

  1. non distingue la differenza tra follia , maleficio e i propri pensieri in quanto la voce gli appare molto simile se non uguale alla sua (a meno che non sia specificato diversamente).

  2. in caso sia un' altro individuo a parlargli la persona si rende conto non sono i suoi pensieri.
     



Un suono sommesso. Il fruscio dell'erba, un ringhio lontano. Un suono sommesso era tutto quello che li avrebbe avvisati del pericolo imminente. Nessuno di loro aveva sentito una dannatissima orda, se pur piccola, di orchi. Thorin era fumante, non solo non si erano accorti del pericolo ma ora stavano usufruendo dell'aiuto di un gruppo di elfi. Certo, quell'aiuto era solo una fortuita conseguenza del pattugliamento da parte degli elfi in quelle terre, ma di certo questo non rendeva il boccone meno amaro da ingoiare per il suo orgoglio nanico. Una volta raccolte le loro cose, si limitarono ad aspettare che gli orecchieapunta finissero di abbattere gli ultimi orchi e si allontanassero sui loro cavalli ridicolmente alti, prima di lasciare il riparo che gli forniva il limitare del bosco. Non era piacevole nascondersi anziché combattere ma gli elfi erano stati irritantemente efficaci nel risolvere la questione.

 

Dopo che la radura fu immersa nel silenzio Thorin si sporse da suo riparo da dietro un albero per controllare la situazione. Continuò a fissare la vastità di quelle terre come se si aspettasse che da un momento all'altro gli elfi tornassero per attaccarli o peggio ancora per schernirli della loro vulnerabilità. Non c'era molto che potessero fare contro un gruppo di orchi tanto grande, anche se avessero voluto combattere si sarebbero ritrovati circondati e sopraffatti in pochissimo tempo. Erano stanchi, alcuni di loro erano feriti, per non contare la presenza di una ragazza completamente inerme. Mentre Thorin continuava a ripetersi tutte queste cose, per alleviare la bruciante umiliazione della loro situazione, Dwalin gli si avvicinò più silenziosamente di quello che avrebbe voluto. “Se continuerai a fissare la radura in quel modo, l'erba prenderà fuoco” gli disse praticamente in un orecchio.

 

Thorin era così preso dai suoi pensieri che nel momento in cui la voce di Dwalin gli risuonò così vicino, il suo corpo agì d'istinto. In un attimo la piccola daga attaccata alla sua cintola era alla gola dell'amico mentre il suo cuore batteva all'impazzata. Il povero nano calvo si ritrovò sbattuto violentemente contro il tronco di un faggio, schiacciato dal peso del corpo del suo re e con una lama alla gola senza nemmeno avere il tempo di capire quello che stava succedendo. Non lo aveva fatto di proposito, anni di battaglie avevano affinato i suoi riflessi, non era colpa sua se il suo corpo aveva reagito in quel modo nel sentirsi preso alla sprovvista. Ci volle qualche istante prima che Thorin si accorgesse che quello che gli stava davanti non era un nemico, che si rendesse conto che non c'era alcun pericolo. A quella vista una sensazione viscida si annidò nel petto del re e anche quando i suoi pensieri tornarono lucidi la lama rimase ferma contro la trachea di Dwalin.

 

Lui sapeva che doveva allentare la presa, che doveva spostare la lama pericolosamente vicina alla giugulare di Dwalin, ma non desiderava affatto farlo. C'era qualcosa di estremamente soddisfacente nel avere quella particolare vita completamente nelle sue mani, nel sapere che sarebbe bastato una piccola rotazione del suo polso per liberarsi di quello 'ostacolo' per sempre. 'Se lui muore, lei sarà tutta tua... Non è così che andrebbe... Nessuno oserebbe negarti ciò che è tuo di diritto... Lei non è mia, Dwalin è un amico... Un amico? Un amico che ben presto affonderà le sue dita tra i suoi morbidi capelli, sulla sua pelle liscia. Un amico che sfiorerà con le sue labbra le parti più delicate e sensibili del suo corpo; le sue labbra rosee, i suoi capezzoli turgidi, la sua... BASTA, perché mi tormenti?... Perché io so cosa sei veramente'. Quella voce, forse il suo subconscio, aveva ragione. Lui desiderava avere la piccola creatura tutta per se, anche se ancora cercava di negarlo a se stesso, ma non era disposto a pagare un prezzo così alto.

 

Prese un respiro profondo e si allontanò dal compagno, ma non prima di avergli schiacciato dolorosamente le spalle contro la corteccia ruvida. Dwalin non sembrava aver capito cosa era successo e restò a fissare sbigottito l'amico per qualche secondo.. “Ci muoviamo subito, raduna gli altri” disse Thorin voltandosi a guardare nuovamente verso la radura. Thorin poteva quasi sentire il suo sguardo perforargli la nuca. Il guerriero si allontanò da lui quasi subito, facendo più rumore dello strettamente necessario. Il re in esilio non sapeva se Dwalin avesse volutamente messo in evidenza il suo allontanarsi, oppure se il nano era semplicemente stato momentaneamente reso goffo dallo stupore o dalla rabbia, non lo sapeva e non gli importava era solo lieto di essere nuovamente solo con i suoi pensieri. C'era qualcosa di profondamente sbagliato in quello che gli stava accadendo e lui avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per capire di cosa si trattasse e come sbarazzarsene.

 

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Dwalin non aveva idea di cosa fosse appena successo. Certo, avrebbe dovuto stare più attento, non si può sgattaiolare alle spalle di un guerriero esperto come Thorin e aspettarsi una reazione diversa da quella. Quello che non riusciva a capire era il momento di esitazione avuto dall'amico nell'allontanare la lama dal suo collo, era stata solo la sua immaginazione? Forse la stanchezza stava interferendo con la sua capacità giudizio ma per una frazione di secondo Dwalin aveva visto un lampo indescrivibile attraversare gli occhi di Thorin. Per un interminabile istante sembrava che il re in esilio volesse davvero affondare la lama nella sua gola. Ritornato al campo lascio che i suoi dubbi sprofondassero nel profondo della sua mente per occuparsi di questioni più imminenti: Bilbo. La piccola creatura stava li nel bel mezzo dell'accampamento, circondata da nani che silenziosamente si preparavano a rimettersi in marcia.

 

Si vedeva da lontano un miglio quanto si sentisse spaesata e ansiosa, non cercava nemmeno di mascherare le sue emozioni e infondo non ne aveva bisogno. Quando lo vide avvicinarsi gli rivolse nuovamente quello splendido sorriso, così carico di emozioni e aspettative che Dwalin non poté fare a meno che sentirsi fortunato. Per una volta il mondo gli aveva dato l'opportunità di prendersi cura di qualcosa di fragile e delicato e non l'avrebbe sprecata. Avrebbe difeso quel sorriso contro ogni cosa, contro Mahal stesso se fosse stato necessario. Si avvicinò a Bilbo lentamente quasi come se avesse paura di spaventarla e le porse la mano. ^Noi, andare^ le disse sperando che quelle parole le fossero note. Lei chinò leggermente il capo verso destra pensierosa, come un gattino curioso quando osserva qualcosa di nuovo e interessante. Dopo qualche istante riapparve il sorriso e annui contenta afferrando delicatamente la mano che le veniva porta.

 

Guardando verso la radura le preoccupazioni del nano riemersero, non c'era modo di evitare il campo di battaglia. Non sapevano quanto esteso fosse il territorio occupato dai 'residui' dello scontro e la via più breve per Granburrone era attraversare la vallata, aggirarla per evitare la vista di qualche orco morto non era la loro priorità. Sapeva che Thorin li avrebbe condotti senza indugiare per il percorso più breve, infondo era evidente che non vedeva l'ora di liberarsi della fanciulla. Il pensiero di lasciarla (con gli elfi per giunta) gli spezzava il cuore ma era quello che andava fatto. Al momento la sua preoccupazione più grande era quella di portare Bilbo al sicuro e non c'era modo di evitare che la dolce creatura incontrassi qualche orrore; non insieme a loro, non mentre erano impegnati in questa impresa e sicuramente non in un mondo come il loro.

 

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"Proseguiremo come stabilito" annunciò Thorin una volta riunito al resto del gruppo. Ci aveva messo qualche minuto a ricomporsi dopo l'episodio con Dwalin ma ora si sentiva in controllo di se stesso. O almeno si illudeva di esserlo. "I pony potrebbero risentirne, la presenza dei corpi potrebbe renderli irrequieti. Sono bestie da soma non sono addestrati per la battaglia" gli rispose Balin con un tono pensieroso ma accondiscendente. "Andremo a piedi, ci vorrà sempre meno che aggirare la pianura" Thorin si aspettava che ci sarebbero state delle proteste ma non riuscì comunque a nascondere un grugnito scocciato. Nessuno sarebbe stato felice di attraversare un campo disseminato di cadaveri, tanto più se i suddetti corpi appartenesse a degli orchi. “Guideremo i pony da terra, questo dovrebbe evitarci ogni problema. Questo permetterà ai pony con un 'carico' eccessivo di non sfiancarsi prima di raggiungere gli elfi” senza volerlo i suoi occhi cercarono automaticamente la figura di Bilbo.

 

E come previsto lei era li, la sua piccola mano inghiottita da quella di Dwalin. “Avresti dovuto ucciderlo quando ne avevi l'occasione... non succederà... avremo altre occasioni... SILENZIO” con sua grande soddisfazione la voce si zittì. Distolse subito lo sguardo cercando di mascherare la rabbia che stava nuovamente montando. "E la ragazza? Non sarebbe meglio risparmiarle qualche spiacevole incontro?" il tono dell'anziano nano era pacato ma Thorin sapeva che quella domanda nascondeva più di un significato. Thorin sapeva di non essere stato abbastanza discreto nel suo fissare Bilbo. Non poteva farci nulla, non era colpa sua se quella piccola strega lo stava facendo impazzire. “Quello che mi preme è preservare la vita della compagnia, Bilbo compresa, non preservare l'innocenza di una singola ragazza. Qualsiasi cosa vedrà la fuori è un male necessario”. Detto ciò si allontanò da Balin e si diresse verso il suo pony senza notare lo sguardo preoccupato dell'anziano amico.

 

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Ori le aveva spiegato perché stavano continuando a piedi ma era comunque estremamente seccante dover camminare con quei piedoni enormi. Inizialmente era riuscita a tenere il passo con Dwalin in testa al gruppo ma poi la sua goffaggine nel usare il suo nuovo corpo e quelle gambe estremamente corte li avevano portati in coda alla colonna di nani. Dwalin dal canto suo ci aveva provato a farle mantenere la sua andatura, ma dopo uno strattone involontario al suo povero polso martoriato non era riuscita a sopprimere un gemito di dolore mentre delle piccole lacrime le si formavano negli occhi. Il nano le aveva lasciato andare la mano inorridito al pensiero di averle fatto male, scusandosi profusamente l'aveva lasciata a camminare per conto suo limitandosi a camminarle accanto. L'incidente aveva causato un po' di scompiglio e perfino Thorin si era fermato a vedere cosa fosse successo ma con l'aiuto di Ori era riuscita a spiegare l'accaduto e soprattutto a rassicurare Dwalin che sembrava sul punto di auto flagellarsi per il rimorso.

 

Era snervante pensare che tutto intorno a loro ci fossero dei cadaveri, lei non ne aveva ancora visto nessuno nonostante avessero camminato buona parte della mattina ma ciò non sminuiva il fatto che ci fossero. Tutto quello che la rendeva consapevole degli avvenimenti della mattina era uno strano retrogusto dell'aria. Non era un odore disgustoso come ci si potrebbe aspettare, sembrava piuttosto la riminiscenza di ciò che sarebbe dovuto essere. L'aria era colma, pesante come se li vicino ci fosse stato un incendio, riusciva quasi ad assaporare li sapore agrodolce della fuliggine scaturita dalla resina bruciata ma non c'erano segni di fumo o fiamme. Immagini di branchi di orchi intenti a bruciare alberi secolari e a forgiare spade orrende ma mortali le riempirono la testa, erano solo flash veloci e incoerenti ma pur sempre così nitidi. Non si era resa conto di essersi fermata, di essere rimasta indietro, il resto del gruppo si era fermato poco più avanti per riposare.

 

*Miss Baggins?* la voce di ori la destò dai suoi pensieri ma non distolse lo sguardo dalla radura alla sua destra che sembrava la stesse chiamando. *Miss Baggins? Bilbo? Va tutto bene?* all'insistenza del giovane nano Sara si girò a guardarlo e per un attimo provò rimorso per la sua espressione preoccupata. *Si certo, stavo solo guardando la radura. Sembra tutto così diverso dal mondo dal quale provengo* gli rispose cercando di essere il più rassicurante possibile. La verità era che c'era qualcosa che doveva vedere la giù, non sapeva cosa fosse ma il suo cuore le diceva che doveva andare da quella parte. *Ci fermiamo per pranzare. Tra breve sarà pronto ed io, Fili e Kili ci stavamo chiedendo se … se volessi sedere con noi* disse arrossendo ma poi subito dopo sembrò rendersi conto di qualcosa di veramente ovvio e ancora più rosso in viso si affretto a correggersi *Ma se preferisci pranzare con Dwalin... e ovvio che noi non te ne faremmo una colpa... infondo voi... £$%&§ £$%&§*
 

Sara non aveva idea di cosa stesse parlando tanto meno di quello che stesse dicendo in quanto adesso il poveretto stava sbiascicando le parole come se non volesse farsele uscire dalla bocca. *Sarei lieta di sedere con voi* lo interruppe sorridendogli, prima che si potesse staccare la lingua con un morso. *Ma prima devo... io devo...* non sapeva come continuare la frase. 'Andare in una direzione a caso su un campo di battaglia? Non credo che ne sarebbero contenti. Andare dove mi porta il cuore? Hmm, improbabile che conoscano Susanna Tamaro'. *Devo stare qualche minuto da sola* provò a convincerlo ma Ori la stava guardando senza dire nulla con un espressione scettica. *Devo fare … si insomma ...* arrossendo fece finta che le scappasse davvero tanto la pipì. Inizialmente Ori non sembrava aver afferrato il concetto ma poi dopo aver decifrato il suo linguaggio corporeo si accese come una lampadina per l'imbarazzo.

 

*Ma certo ovviamente, avviserò gli altri di non disturbare. Solo ... non ... non allontanarti troppo* detta da chiunque altro questa frase sarebbe potuta passare come un ordine, detta da Ori sembrava più la frase di un bambino che si assicura che la madre non sia troppo lontana in caso di necessità. *Lo so, potrebbero esserci ancora degli orchi la fuori* lo rassicurò cercando di non fargli capire che lo faceva più per il suo bene che per la sua stessa incolumità.*No, molto peggio... c'è un Thorin qui* gli rispose a bassa voce lanciandosi un occhiata alle spalle, quasi come se Thorin potesse apparire dal nulla e tirargli quelle goffe orecchie tonde. Sinceramente non pensava che il timido nano fosse tanto ardito da sfottere il loro leader, nemmeno sotto voce, e questo la fece scoppiare a ridere. Gli altri nani si accorse subito del trambusto ma si rimisero all'opera appena si resero conto che la piccola creatura stava ridendo che non c'era nessun pericolo imminente.

 

Ori la stava osservando indignato, come se dalla sua risata potessero scoprire quello che le aveva detto, ma si accodo a lei quasi subito e questo le fece dimenticare per un momento il suo nuovo obiettivo. *Tranquillo, non ci vorrà molto* lo rassicurò. Qualche momento dopo era sola a guardare le spalle di Ori allontanarsi. Non sapeva cosa le fosse preso ne perché doveva andare, ma non c'era altro modo, qualcosa in quella radura la stava chiamando. C'era una verità che aspettava di essere scoperte, non aveva idea su cosa ma doveva svelarla lei. 'Capirò perché sono qui? Vedrò qualcosa di Bello? Brutto? Forse sono solo pazza. Chi potrebbe mai darmi delle risposte se non Gandalf … ma lui non ha tutte le risposte o forse non può darmele … perché so che c'è qualcuno che mi chiama? No, non mi sta chiamando mi sta implorando... perché?.. Perché?' questi erano i suoi pensieri mentre senza rendersi conto si allontanava sempre di più dalla compagnia.

 

A prima vista non sembrava esserci nulla di strano, tutto era come doveva essere se non per quell'odore nell'aria. Poi incominciarono le macchia sul terreno, i fili d'erba schiacciati, sempre di più man mano che si avvicinava alla sua destinazione. Non aveva capito cosa fosse quella sostanza nera che macchiava la terra la dove l'erba era stata calpestata ma sentiva in cuor suo di non doverla calpestare, poi apparvero i primi segni evidenti del combattimento. Non c'erano corpi ma era evidente che qualcuno si era trascinato ventre a terra per un bel po', fu allora che capì che la scia nera come la pece che stava seguendo era sangue; il sangue di un orco. Quando la realtà la colpì il suo primo impulso fu quello di fuggire ma il suo istinto le diceva che quella creatura non la avrebbe ferita ma avrebbe risposto alle sue domande. 'Sara sei completamente pazza, torna indietro.... Vai avanti …' quella voce nella sua testa la spaventò a morte ma non perché era li ma perché sembrava proprio quella di sua madre anche se non lo era.

 

Si era paralizzata non riusciva più a fare un passo ne indietro ne in avanti. 'Vai avanti ... non ti farà del male ...' la voce era soave, calma, familiare ma allo stesso tempo sconosciuta. 'Sono impazzita completamente, ora sento pure le voci' il pensiero in qualche modo la divertiva e non riusci a trattenere una risatina isterica. In fondo si era già risvegliate nel mondo creato da Tolkien come una versione femminile di Bilbo Baggins, scoprire di essere uscita totalmente di senno era probabilmente la naturale evoluzione della situazione. 'I pazzi lo sanno di essere pazzi? … Non credo che se ne rendano conto, ma tu non sei pazza' per qualche motivo questo la rassicurò abbastanza da rimetterla in moto. 'Dove mi stai portando? ... A vedere l'altra faccia della medaglia … Perché sono qui? … Per correggere un'ingiustizia ... Cosa sono? … La rabbia che perdona, la terra cosparsa di sale dalla quale germoglia la vita … Mi darai mai delle risposte sensate?'

 

Silenzio. La voce non c'era più e lei ne sentiva già la mancanza. Per strano che potesse sembrare, dopo l'incertezza iniziale, avere quella voce in testa l'aveva rassicurata come se fosse normale che fosse li. Ora era sola ma continuò ad avanzare fino a che non lo vide: un orco morente steso sulla schiena col viso rivolto al cielo e gli occhi chiusi. Ora poteva sentirlo l'olezzo della morte che gli stava intorno: della pelle sporca ricoperta di sudore, fuliggine e sangue e dei succhi gastrici che fuoriuscivano dal profondo taglio sul suo ventre. Un odore acre che si mischiava a quello pastoso della terra e della rugiada del mattino, quasi a voler attenuare maldestramente il risultato della battaglia. Un senso di disprezzo la pervase. Perché morire così? Perché passare gli ultimi istanti della propria vita nel fango? Quanto stupidi si può essere per scontrarsi con un nemico forte come gli elfi? Il suo primo pensiero fu che in fondo gli orchi erano creature vili e che meritassero quella fine ma c'era qualcosa di strano, un tassello mancante.

 

Se quello che aveva capito degli orchi era corretto erano creature fatte d'istinto e sopravvivenza, brutali, meschini, egoisti. Perché scontrarsi su un campo aperto con dei nemici molto superiori a loro? Perché non fare un imboscata o evitare lo scontro? Una tristezza immensa le attanagliò il cuore. Più si avvicinava più comprendeva che quello che le stava davanti non era un guerriero ma un burattino, una bestia ammaestrata. Avrebbe dovuto vedere un assassino, un mostro, un incubo in carne e ossa ma tutto quello che vedeva era una vita che si stava spegnendo. Con suo grande stupore si rese conto che quello che sentiva non era l'odore della morte ma di una vita che non era mai cominciata, di tutte le scelte sbagliate di tutte le opportunità mai ricevute. Si avvicinò lentamente, sapeva che non avrebbe dovuto ma lo fece comunque, cercando di restare al sicuro ma di poter vedere il viso di quella creatura.

 

Non era come se lo aspettava, certamente non bello ma nemmeno mostruoso, aveva dei lineamenti più simili a quelli di un elfo di quanto avrebbe creduto. Come i mezzorchi in D&D. Al contrario dell'immagini che le erano apparse in mente questo orco non portava ornamenti, pircing o modificazioni corporee che potessero farlo apparire più spaventoso di quanto in realtà fosse. La creatura che le stava davanti era evidentemente molto giovane, il fatto che non presentasse alcuna cicatrici o mutilazioni ne sul viso ne sul corpo poteva indicare che questa fosse la sua prima battaglia. Incoraggiata dal fatto di non percepire alcun movimento si avvicinò per guardarlo meglio e si accorse che il suo petto si stava muovendo quasi impercettibilmente mentre la creatura cercava di continuare a respirare. Si ritrovò affascinata dalla sua ostinazione a rimanere attaccato alla vita, qualunque altra creatura sarebbe già morta per l'emorragia ma l'orco respirava ancora.

 

Accanto a lui tracciati nella terra vicino alla sua mano c'erano dei segni, avvicinandosi riconobbe le sillabe scritte in un sindarin incerto e deforme ma comunque leggibile. [Maledetto è colui che ama, maledetto è colui che viene amato. Il perdono può nascere dall'odio come il fiore può nascere dal deserto. Solo quando il frutto della violenza farà scorrere lacrime di gioia e queste si tramuteranno in sale che non inaridisce il cuore chi dall'amore è Maledetto amare senza Maledire potrà. Buona fortuna dolce Sara]. L'ultima parte era ovviamente diretta a lei ma come poteva esserlo? Perché un orco le aveva lasciato quel messaggio? Come faceva a sapere che lo avrebbe letto? Tante domande e nessuna risposta. Tanti dubbi che le facevano girare la testa, dandole un senso di nausea e di incertezza che per poco non le levarono la forza di stare in piedi. Non si accorse che l'orco l'aveva vista che aveva allungato il braccio per afferrarla, quando la toccò non poté trattenere il suo urlo spaventato mentre cadeva a terra nel tentativo di allontanarsi da lui.

 

Lo spavento durò solo pochi attimi, non c'era malizia ne volontà di fare del male negli occhi della creatura. Sembrava un uomo che cerca disperatamente di restare a galla mentre la corrente lo trascina sott'acqua più che un predatore o un assassino. La stava supplicando di fare qualcosa ma lei non capiva cosa fosse, finché d'istinto afferro l'artiglio che era proteso verso di lei quasi come se volesse ghermirla e portarla nell'incubo più profondo che ci fosse. Appena il suo palmo delicato venne in contatto con la pelle ruvida e fredda dell'orco si rese conto che questo era tutto quello che quella creatura stava cercando: una mano gentile che lo accompagnasse in questi ultimi momenti. Questo mostro aveva paura di morire da solo, lontano da chiunque lo conoscesse o da qualunque cosa gli fosse nota. Sara si avvicinò di più alla creatura mettendosi in ginocchio accanto a lui e lui le sorrise, un vero sorriso, non un ghigno o una smorfia ma un sorriso dolce e pieno di pace.

 

Come poteva una creatura che doveva essere nata dal male avere quel sorriso? Così innocente, così sereno davanti alla morte. Le lacrime incominciarono quasi subito a colarle sul viso ma lui non smise di sorridere anche se ora il suo volto era triste e pieno di vergogna. Perché vergognarsi delle lacrime di una sconosciuta? Sara non avrebbe potuto spiegarlo in una vita intera, ma sapeva che l'orco si vergognava perché lei stava piangendo. >> Mi dispiace … mi dispiace così tanto … << gli disse prima di cominciare a singhiozzare disperata. Non sapeva perché si stava scusando, non era stata lei ad ucciderlo, non era stata lei a portarlo su quel campo di battaglia ma nonostante tutto si sentiva responsabile. Era la prima volta che vedeva qualcuno morire e si sentiva inutile nel non poter fare nulla per evitarlo. Strizzo gli occhi per sbarazzarsi del più delle lacrime, quanto rivolse lo sguardo verso l'orco anche il suo volto era rigato dalle lacrime una profonda espressione di paura scolpita nei suoi lineamenti.

 

Questo mostro, questo incubo in carne ed ossa, era terrorizzato dalla sua imminente morte ma quel sorriso non aveva ancora abbandonato le sue labbra. Sara non poté fare alto che ricambiare il sorriso e lui per tutta risposta alzò la mano che lei non teneva stretta nelle sue e le indicò la scritta sulla terra. La ragazza si rese conto che era stato lui a scrivere quelle parole e i suoi occhi si dilatarono stupiti, gli orchi non dovrebbero essere in grado di scrivere in elfico. Dopo ave indicato la scritta con un grugnito di dolore ruotò il busto abbastanza da poterle toccare la guancia con un dito e il suo artiglio fu incredibilmente delicato nel sfiorare la sua pelle liscia. L'orco stava respirando pesantemente ed era ovvio che sarebbe morto a breve, quello che Sara non si aspettava era che la creatura sobbalzasse improvvisamente e che fiumi di sangue nero incominciassero a scorrere copiosi dalla sua bocca.

 

Sara non capiva cosa fosse successo, così all'improvviso, così inaspettatamente. Cercò di scuoterlo per fargli riprendere i sensi. Non capì finché non vide cosa aveva provocato le convulsioni nella creatura, un orrendo buco era apparso nel torace dell'orco poco sopra la ferita che lo stava lentamente uccidendo. Dal foro uscivano rivoli di sangue nero che fuoriuscendo direttamente dei polmoni veniva fuori sotto forma di una schiuma che produceva un gorgoglio strano, come se un granchio si fosse annidato nel suo petto e le stesse intimando di allontanarsi. Attonita sollevò lo sguardo per vedere cosa lo avesse colpito e vide Dwalin con in mano una delle sue asce protesa sopra di loro. Lo aveva colpito con la penna posteriore non con la lama e questo aveva creato un buco quasi circolare nel torace dell'orco, era stato così veloce che Sara, distratta dalla scritta, non si era nemmeno accorta di niente.

 

Sara rimase lì a fissare l'ascia che le stava davanti e quasi non riusciva a respirare mentre le lacrime le scendevano a fiumi sulle guance. Abbasso lo sguardo e l'orco continuava a sorriderle come per rassicurarla che sarebbe andato tutto bene ma lei non poteva accettarlo. Quella creatura stava morendo sotto i suoi occhi e lei non poteva fare nulla ed era stato Dwalin ad infliggere il colpo di grazia. Quando l'ultimo barlume di vita abbandonò gli occhi dell'orco e la sua mano divenne un peso morto nelle sue mani Sara l'asciò andare l'artiglio, che le cadde pesantemente in grembo, e protese le mani sul torace devastato della creatura. Fece aleggiare le dita lungo i bordi delle ferite senza mai realmente toccarli mentre continuava a fissare quel volto sorridente, pacifico ma privo di vita. Come si può morire così? Solo pochi istanti prima quella creatura era viva e avrebbe potuto esserlo ancora, avrebbe potuto... avrebbe … avrebbe … e ora era tutto cenere, ora lui era esattamente come lei, solo, in un mondo sconosciuto.

 

Sara si lasciò andare ad un pianto disperato. >> Perché? Perché lo hai fatto? Lui... Lui stava già morendo n.. non c'era bisogno di colpirlo... non mi avrebbe fatto del male... lui... stava sorridendo. PERCHE'?<< non si era resa conto di essersi gettata sul corpo dell'orco, quasi a proteggerlo da ulteriori mutilazioni. Non si era resa conto che nel frattempo erano arrivati gli altri nani. Tutto quello che vedeva era un vittima e un carnefice. Dwalin era un assassino ai suoi occhi. Nella sua disperazione tutti loro erano degli assassini, era un pensiero ipocrita e ingiusto ma era l'unica cosa che riusciva a pensare. Continuò a piangere disperata tenendosi stretta a quel corpo senza vita. Sentiva i suoi vestiti inzupparsi di sangue ma non le importava, lui era come lei adesso e lei avrebbe desiderato che qualcuno piangesse per lei al posto suo. Quando qualcuno cercò di allontanarla dal corpo lei non oppose resistenza ma non smise di piangere.

 

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Non sarebbe mai dovuto venire (non che avesse davvero scelta), non avrebbe mai dovuto lasciare le terre selvagge, il negromante non avrebbe mai dovuto chiamare a raccolta gli orchi. Cosa ci faceva lui la? Perché morire per una causa di cui non gli importava una merda secca? Non aveva le risposte ma una cosa la sapeva: la sua vita era finita. Non che la sua vita fosse mai stata nulla di speciale. Non aveva mai conosciuto altro che dolore e miseria, non era come gli altri orchi. Sua madre era un elfo dei boschi, catturata e torturata per puro svago da un gruppo di orchi ed era morta dandolo alla luce. I suoi aguzzini non si erano nemmeno accorti di averla ingravidata se non quando lui strisciò fuori dal suo corpo uccidendola. Dopo essere sopravvissuto all'iniziale indifferenza del gruppo di maschi, che sperava che quella aberrazione morisse di stenti, il leader lo prese con se e gli insegnò a sopravvivere. Solo a sopravvivere.

 

Di solito l'unione di un orco con un'altra razza non produce prole o perlomeno nulla che sia in grado di sopravvivere oltre i primi mesi di gestazione, sempre che la madre (o il padre in rarissimi casi) sopravviva alla violenza dell'accoppiamento. Non aveva l'aspetto ne di un orco ne di un elfo. Era minuto e aggraziato, dai lineamenti troppo dolci, mai abbastanza feroce. Non aveva l'istinto omicida di suo padre ma nemmeno la compassione associata alla razza di sua madre. Amava cacciare e uccidere le sue prede velocemente e stranamente non le torturava mai, ma non si faceva troppi scrupoli ad uccidere in combattimento. Non tutti gli orchi tendevano a torturare ma la maggior parte ne traeva almeno un minimo di godimento, lui no. Era una via di mezzo, un qualcosa che gli altri orchi non capivano e che quindi disprezzavano. Il suo aspetto lo rendeva anche molto soggetto allo scherno degli altri e più spesso di quanto preferisse ricordare anche ad attenzioni di altro tipo. Aveva perso il conto di quante volte era finito con la faccia schiacciata nel fango e gli occhi chiusi a pianificare di tagliare la gola del bastardo di turno, mentre aspettava che tutto finisse. Quelle erano le volte in cui provava piacere ad uccidere lentamente.

 

Per gli orchi era normale; il più forte mangia di più e sottomette gli altri, il più debole mangia gli scarti e viene sottomesso. Non c'era un'alternativa, se c'era gli orchi non la conoscevano. Nel loro mondo la violenza e la brutalità erano perfettamente normali e accettabili. Lui lo accettava ma non lo capiva e non lo approvava, questo lo rendeva ancora più strano. Conosceva i dettagli del suo concepimento, più di una volta il gruppo di orchi responsabile della sua venuta al mondo (tra i quali suo padre adottivo) si era cimentato in un racconto dettagliato di come avevano picchiato e umiliato, torturato con lame e fuoco, stuprato e sottomesso sua madre finché non aveva supplicato di morire senza mai ottenere un minimo di misericordia. Nessuno si era mai fatto problemi a ripetere quel racconto anche in sua presenza, anzi il fatto che lui fosse li rendeva il racconto ancora più dettagliato solo per il gusto di umiliare quello che per loro era un meticcio inadeguato alla vita nel branco.

 

L'apice della sua sofferenza era arrivato quando aveva incominciato a fare dei sogni strani e a svegliarsi mentre stava disegnando strani simboli su quello che gli era capitato sotto mano nel sonno. L'orco che lo aveva “adottato” lo aveva picchiato così selvaggiamente che non si era svegliato per tre giorni. A quanto pareva sua madre era uno di quei rari elfi col dono della preveggenza, lui ne aveva ereditato le capacità. La povera creatura aveva confessato a suo padre (in uno dei momenti di pausa tra un abuso e l'altro) che un giorno anche suo bambino avrebbe avuto il suo stesso dono e che avrebbe vendicato lei e tutti coloro il cui amore era stato rubato e sostituito con la violenza. Aveva inoltro predetto che la vita del suo bambino era importante (anche se solo un piccolo tassello del tutto) anche per gli orchi, e che se il piccolo fosse sopravvissuto un giorno gli orchi sarebbero stati liberi. Ovviamente l'orco l'aveva derisa dicendole che avrebbe ucciso qualunque elfo fosse venuto a vendicarla ma lei si limitò a dire che il suo bambino non sarebbe morto per mano sua.

 

Non gli era sfuggita l'ironia del fatto che invece di vendicarla lui l'aveva uccisa nascendo. Tutto sommato forse quello era stato il più grande atto di misericordia che avesse mai fatto, era buffo che fosse del tutto involontario. Tutto questo suo padre gli lo aveva confessato mentre lo picchiava, probabilmente era convinto che lo avrebbe ucciso ma non era andata così. Gli aveva detto come, mosso da un raro momento di pietà, aveva deciso di salvarlo sperando comunque che alla fine sarebbe morto. Di come per una volta aveva dato ascolto alle parole di un elfo, che sembravano così reali e minacciose, per poi pentirsene subito dopo. Di quanto lui fosse stato un peso e una delusione in tutti quegli anni, di quante volte avrebbe voluto ucciderlo solo per risparmiargli l'umiliazione della prossima sottomissione o della fame perché non era abbastanza grosso per ottenere abbastanza cibo.

 

Le parole di suo padre erano piene di rabbia ma in esse c'era anche un altra emozione. Lui non capiva e tutto quello a cui poteva pensare era il dolore che gli percorreva il corpo e la confusione che c'era nella sua testa. Ora a distanza di tanti anni e avendo osservato i comportamenti di altre razze sapeva che l'emoziono che aveva percepito nella voce di suo padre era tristezza, stava piangendo mentre lo picchiava a morte. Ora sapeva che fino a quel momento si era limitato ad osservarlo perché non poteva fare niente per proteggerlo senza farlo apparire più debole, più vulnerabile. Un dono come quello non lo si può tenere nascosto, non nel branco e non con il suo aspetto. A modo suo suo padre aveva imparato ad amarlo fin dal primo momento che era venuto al mondo. Una morte misericordiosa da infante, una vita in cui si impara a cavartela da soli ed alla fine una morte da guerriero. Niente più fango, niente più sottomissione. Lui non odiava suo padre e suo padre lo aveva amato nel l'unico modo che conosceva e per questo non lo avrebbe mai biasimato.

 

Dopo aver scoperto di possedere lo stesso dono di sua madre era scappato via dal branco perché se suo padre era stato crudele gli altri lo sarebbe stati anche di più. Era fuggito nelle terre selvagge e aveva vissuto la sua vita cacciando e restando lontano dalle città il più possibile. Finché il necromante non lo aveva costretto a rispondere alla sua chiamata. I sogni continuavano a tormentarlo, il più delle volte erano terribili immagini di battaglie e morte ma a volte vedeva qualcosa di diverso. Alle volte si ritrovava ai piedi di una collina circondata da campi di grano, sulla cima della collina c'era un enorme albero con una chioma folta e verde. Accanto al tronco poteva vedere una bellissima fanciulla dai capelli ricci e così lunghi da raggiungerle il ginocchio, dello stesso biondo intenso del grano maturo che circondava la collina e con dei fiori intrecciati tra le lunghe ciocche dorate. Ogni volta che faceva questo sogno la fanciulla stava cantando una melodia dolce in una lingua sconosciuta (elfico probabilmente) e lo invitava ad avvicinarsi con un gesto della mano. Per quanto ci provasse non riusciva mai a raggiungerla.

 

Oggi non era diverso, o almeno pensava che non lo fosse. Purtroppo la battaglia era stata reale e ora stava morendo per davvero. Non voleva morire, sapeva di non meritare la vita ma non voleva comunque lasciarsela sfuggire. Non così, non nel fango come le decine di volte che qualcuno aveva violato il suo corpo; lui odiava il fango. Per un attimo chiuse gli occhi e la dolce fanciulla riapparve, questa volta anche lui era sotto l'albero e lei gli stava sussurrando qualcosa all'orecchio. Se esisteva un paradiso e se gli orchi potessero averne accesso allora era quello. Lui non era buono, aveva fatto un sacco di cose orrende nella sua vita e sapeva di non meritare la pace ma non poteva fare a meno di desiderarla. Si ritrovò a pregare che quel momento non finisse mai, sapeva che quando la dolce fanciulla avesse finito di sussurrare lui sarebbe tornato a strisciare nel fango. Non aveva paura della morte ma del vuoto che lo attendeva dopo di essa.

 

Quando riapri gli occhi vicino a lui poteva ancora vedere la fanciulla, questa volta era vestita in modo diverso e i suoi capelli erano corti. Ben presto si reso conto che non era la stessa fanciulla e che questo non era uno dei suoi sogni, e il dolore che stava provando lo confermava. Provò ad allungare la mano per afferrare quella bella creatura, solo per controllare che fosse reale, non credeva realmente che l'avrebbe toccata. Ovviamente come era prevedibile lei si spaventò ma subito dopo gli afferrò la mano e si mise accanto a lui. Quella che gli stava davanti era l'innocenza in carne ed ossa, con degli occhi così pieni di misericordia e comprensione che quasi non sentiva più dolore. Non poté fare altro che sorriderle, il solo tocco di quelle mani gentili aveva lavato via la sensazione di tutto il fango che aveva sentito addosso per tutta la sua vita. Era come rinascere. All'improvviso la dolce creatura si mise a piangere e questo sembrò rabbuiare il cielo, come se il cuore del mondo battesse nel suo petto.

 

Era stato lui a farla piangere. Un altra cattiva azione. Un altro motivo per meritare la morte. Si vergognava di se stesso, nulla di nuovo, soprattutto perché nonostante quelle lacrime innocenti non riusciva a smettere di sorridere. Non se ne ere andata. L'aveva spaventata e lei gli aveva preso la mano, la stava facendo piangere e lei non se ne andava. Buffo come un semplice gesto, così piccolo, così apparentemente inutile rappresentasse per lui il momento più felice della sua vita. E al momento stava morendo, il che la diceva lunga su quanti momenti di felicità avesse vissuto. Ora lei gli stava parlando e sembrava disperata, come se gli stesse confessando un crimine terribile. Cosa avrebbe mai potuto fare di così terribile quella dolce creatura? Le lacrime cominciarono a sgorgargli dagli occhi prima che potesse fare nulla per fermarle quando si accorse che lei stava piangendo per lui. Non aveva mai pianto prima in vita sua, ne per tristezza ne per dolore, non credeva di esserne capace e la cosa più strana era che comunque non riusciva a smettere di sorridere.

 

Era strano che ci fosse qualcuno al mondo disposto a sprecare delle lacrime per una creatura come lui, non le meritava ma le desiderava così tanto. Era stato un reietto per tutta la vita e fino a quel momento non avrebbe mai creduto che qualcuno avrebbe fatto qualcosa di così sincero per lui. Fino a quel momento la morte gli era sembrata un alternativa accettabile, perfino gradevole ma ora che sapeva cosa si era perso gli faceva paura. Come se sapesse a cosa stava pensando lei gli sorrise e gli strinse di più la mano, alleviando la sua disperazione. Doveva ringrazia, ma come? Cosa avrebbe potuto offrirle? Improvvisamente si ricordò del sogno e sapeva quello che doveva fare. Le indicò la scritta e osò accarezzarle la guancia, asciugandole una lacrima. La sua pelle era così morbida, così pura che quasi ebbe paura di corromperla col solo tocco delle dita ma invece fu come se da quel tocco si stesse espandendo purezza anche in lui come se lei lo stesse purificando con le sue lacrime.

 

Aveva avvertito l'avvicinarsi del nano e il suo istinto gli diceva che non sarebbe andata a finire bene. Ne ebbe la conferma quando alzando gli occhi vide la massiccia figura aleggiare su di loro, braccia alzate sopra la testa con l'ascia in mano, pronto a sferrare un colpo poderoso. Non sarebbe durato molto e comunque stava già morendo. Non emise un fiato quando l'arma gli sfondò il petto, ormai era troppo stremato anche solo per sentire dolore. Forse era meglio così, in fondo stava solo rimandando l'inevitabile ma continuò a guardare il viso di quell'unico raggio di sole che il mondo gli aveva concesso e continuò a sorridere. 'Che si fotta il mondo, che si fottano gli orchi e tutte le altre razze … questo angelo sta piangendo perché gli importa della mia vita … o morte, che importanza ha?... non ho intenzione di chiedere scusa per questo' e con questo pensiero e l'immagine dell'unico viso che gli avesse mai sorriso si lasciò andare.

 

'Benvenuto nella tua nuova casa' quando quella voce nella sua testa lo svegliò si alzò di scatto a sedere e si ritrovò immerso nel grano maturo. Si alzò e si accorse di essere ai piedi della collina che vedeva nei suoi sogni e sotto l'albero come sempre c'era la fanciulla. 'Benvenuto figlio del bene nato dal male, per i tuoi servigi e le tue sofferenze hai meritato la pace. Io sono Yavanna e per ringraziarti di aver concesso la salvezza ai figli del mio sposo ti accolgo in questo luogo dove potrai vivere libero da dolore e sofferenza' le labbra della fanciulla non si erano mosse ma lui l'aveva sentita parlare. Ma che importanza aveva? Questo luogo lo stava avvolgendo di una calma e una serenità tale da portargli le lacrime agli occhi. Tutta una vita passata a soffrire, ne era valsa la pena. Ma davvero lo meritava? 'Nonostante il tuo retaggio non sei stato dominato dalla malvagità e hai provato compassione e affetto, il solo fatto di esserti fermato a considerare di meritare o meno questo dono ti rende degno di esso. Vai e sii felice' e così fece.

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