Vita quotidiana (o forse no) a Saerloon e dintorni

di Caterpillarkable
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Bath foam ***
Capitolo 2: *** Make up and kiss ***
Capitolo 3: *** Black Friday ***



Capitolo 1
*** Bath foam ***


L’acqua calda, quasi bollente, lambiva il corpo teso e stanco del ragazzo, dopo la serata frenetica. Il concerto era stato adrenalinico come sempre: la gente urlava, piangeva, cantava al loro stesso ritmo creando un unico coro di mille voci. Tutti i membri dei One Up si fermarono a firmare autografi – alcuni anche su parti del corpo veramente invitanti – e scattare foto con le fortunate che avevano il pass per il backstage, o che si erano intrufolate. Lui, forse però, un poco di più. Sapeva di essere il migliore e il più amato, alla fine.
J.Jay si era meritato quel bagno caldo e rilassante, dalla morbida schiuma bianca e profumata. L’aria del bagno era pregna dell’odore del bagnoschiuma e volute di vapore s’alzavano, permeando nella stanza.
Il ciuffo blu – qualche ora prima minuziosamente sistemato ad hoc – era completamente spettinato, non solo dai movimenti della testa sul palco per stare a ritmo e fare spettacolo, ma anche dalle sue stesse mani per togliersi le ciocche dallo sguardo ambrato, ora anch’esse in ammollo. Per godersi maggiormente quegli attimi di puro relax, il cantante chiuse gli occhi, il silenzio come unico rumore udibile. La sua mente iniziò a vagare, forse toccando idee e occasioni perse con quelle stesse fans che avrebbero pagato anche solo per passare un singolo istante in loro compagnia. Immaginarsi molto più che sette minuti in paradiso in uno sgabuzzino con una di loro – in particolar modo quella biondina dalla canotta azzurra tanto attillata – fece nascere un piccolo sorrisetto spontaneo sulle labbra di J.Jay. E non solo quello.
La sua mano, lentamente, iniziò a spostarsi sotto l’acqua e sotto la schiuma, mentre le ipotetiche scene di quell’angusto ripostiglio e l’estrema vicinanza di quei corpi, che si sarebbero toccati ed esplorati, iniziarono a susseguirsi nella mente del giovane Libani. Ben presto avrebbe trovato quel sollievo che stava agognando, carezze sul suo corpo teso e in attesa, se non fosse stato per il trambusto dietro la porta chiusa del bagno. Subito dopo qualcuno, con una grazia pari a quella di un elefante, iniziò a bussare, tirando forti pugni incessanti.
«Quanto cazzo ci metti? Esci dal bagno che ora tocca a me!»
La voce di Hugo mentre sbraitava era sempre molto alta – e riconoscibile da chiunque, non solo per la sua mancanza di tatto e gentilezza. J.Jay non rispose, sebbene il sorriso morì dal suo bel volto e il momento in solitudine passò. Tentò invano di ignorare il leader del gruppo fuori dalla stanza.
«Allora?!»
Ancora una volta, la voce del giovane Viennese interruppe lo status di calma e relax che il cantante voleva raggiungere. Hugo voleva il bagno? Lo avrebbe avuto, ma di certo non dopo una sana dose di divertimento da parte del più alto.
J.Jay abbandonò l’acqua calda e la vasca. Nell’alzarsi, non si preoccupò né di pulirsi dalla schiuma né di coprirsi in qualche modo. Quando aprì la porta completamente e improvvisamente, solo poche bollicine candide coprivano il suo corpo, celando agl’occhi del moro solo le grazie dell’altro. E nient’altro.
Si godette con vittoriosa soddisfazione l’espressione ammutolita e imbarazzata di Hugo per alcuni attimi, lasciando ch’egli lo squadrasse da capo a piedi – che il cantante fosse un Narciso non era di certo un segreto.
«Ehi, Hugo. Che c’è? Hai visto qualcosa che ti interessa?»
Se solo avesse avuto un cellulare, in quel momento, avrebbe immortalato e incorniciato quel momento: Hugo, con le guance rosse dall’imbarazzo, la bocca leggermente aperta – forse per la sorpresa o forse per altro – e gli occhi spalancati, era oro puro. J.Jay si sarebbe accontentato del ricordo e di provocarlo ancora un pochino.
In quel momento, si limitò a indossare un sorriso a metà tra il divertito e il malizioso, mentre avanzò qualche piccolo passo gocciolante, atto solo ad annullare le distanze tra le due figure sulla soglia.
«O forse ciò che ti interessa è coperto dalla schiuma. Non ti facevo un tipo così timido, Viennese.»
Non ci fu bisogno di pronunciare ad alta voce quelle parole, non dopo che il ragazzo nudo si fu avvicinato a quello ancora vestito, sulla soglia. L’orecchio di quest’ultimo fu avvicinato dalle labbra dell’altro, distese in un sorriso molto più che divertito. Quasi la bocca del cantante accarezzò la pelle morbida del collo del più basso, mentre la mano lentamente si mosse, con tutta l’intenzione di posarsi sul fianco per attirarlo a sé.
Fu solo a quel punto che Hugo reagì, allontanandosi di un passo e lanciando addosso a J.Jay ciò che aveva in mano, un asciugamano che sortì solamente l’effetto opposto, ovvero quello di togliere anche quell’effimero velo di bollicine dal suo corpo nudo e aitante. J.Jay non si scomodò di prendere al volo il telo o di raccoglierlo dal terreno. Si limitò a incrociare le braccia al petto scolpito e assumere una delle sue classiche pose narcisistiche, mettendosi molto più che in mostra di fronte al basso Hugo.
«Che cazzo stai facendo?! Fottiti, togliti dai piedi e basta, coglione
Hugo era divenuto paonazzo in volto, ben conscio che per riavere il suo asciugamano si sarebbe dovuto abbassare, mettendosi in una situazione molto più che ambigua: se solo qualcuno fosse passato da lì, la prospettiva sarebbe stata completamente a svantaggio dell’argentino. Era anche certo che l’altro avrebbe fatto qualche verso e qualche espressione estremamente compromettente, solo e soltanto con lo scopo di metterlo in imbarazzo.
E ci stava riuscendo. Eccome se lo stava facendo.
«Se vuoi che mi tolga, devi spostarmi tu
Fu con un occhiolino che J.Jay adornò quella frase che, detta in quella maniera, assumeva sfumature molto rosse. Si vedeva proprio in quelle iridi ambrate che il cantante si stava divertendo da morire. Il chitarrista e leader dei One Up gli stava dando tantissime soddisfazioni e non approfittarne sarebbe stato un peccato.
Hugo, dal canto suo, sembrava quasi stare per esplodere, la vena sulla tempia pareva non reggere l’afflusso di sangue. Un fiume di parole – principalmente insulti – iniziò a fuoriuscire dalla sua bocca, sbraitando contro il Libani, il quale stava sghignazzando sotto i baffi, ancora nudo sulla porta del bagno.
Forse per noia o forse per la salute stessa del loro leader, il front man del gruppo decise di mollare la presa ma non prima dell’ultimo boccone di divertimento. Allungandosi per prendere i suoi abiti, ma pur sempre rimanendo nudo davanti allo sguardo sconvolto e imbarazzato dell’argentino, J.Jay fece qualche passo verso Hugo, non dandogli la possibilità di allontanarsi nel suo sclero.
«Il bagno è tutto tuo, amore.»
E così, come la natura l’aveva fatto, il cantante strinse il fianco del chitarrista con una mano e lasciò un bacio volutamente provocatorio sul collo del più basso, forse lungo, forse lasciandogli un segno. Poi, come se nulla fosse successo, come se non fosse nudo, come se non avesse appena lasciato un succhiotto sul collo di Hugo, J.Jay se ne andò, divertito e rilassato molto più di quanto le fantasie sulla biondina dalla canotta azzurra avrebbero mai fatto. 

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Capitolo 2
*** Make up and kiss ***


Pairing: Shoujo-ai {Eliantho x J.Jane}.
Avvetimenti: AU (Fem!AU); Gender Bender.


«Jackie Jane, stai ferma oppure rischio di ficcarti questo eyeliner nel naso!»
Eliantho stava litigando con la cantante della band per farla rimanere ferma. Tutte loro GIRLUP avevano chiamato la rossa come artiglieria pesante per essere aiutate con i preparativi pre-concerto. Però non erano di certo collaborative con lei.
Dani ed Ethel erano state bravissime, davanti a quello stesso specchio con le luci sulla cornice su quella medesima sedia. J.Jane, invece, sembrava non voler collaborare per un poco di trucco.
«So farlo da sola, Eliantho, non c’è bisogno che tarpi le ali del mio estro creativo.»
Con la mano, la ragazza dai capelli blu cercò di divincolarsi dalla presa della rossa, non apprezzando particolarmente quel trattamento: voleva dimostrare di essere migliore delle altre anche in quello – e non solo sul palco.
«Helga non si lamenterebbe così tanto.»
Borbottò Eliantho, quasi senza nemmeno averlo pensato. Quasi. La ragazzina non era stupida, sotto quei grandi occhioni verdi nascondeva pur sempre abbastanza furbizia da riuscire a incastrare suo fratello, ma anche altre persone – proprio come anche Helga appena citata. Sapeva bene, quindi, che effetto avrebbero avuto le parole su quella ragazza.
E così fu.
«E va bene, ma sbrigati.»
Finalmente, la rossa ebbe la possibilità di truccare quel bellissimo volto femminile, illuminato dalle lampadine dello specchio. Eliantho prese delicatamente il mento di J.Jane, mentr’ella aveva gli occhi chiusi. Delicatamente, iniziò a disegnare una riga nera sulle palpebre, come se davvero fosse un’opera d’arte. La mano non tremava, era sicura di ciò che andava disegnando, Eliantho concentrata solo sul produrre un trucco bello, che accentuasse quella bellezza naturale di J.Jane, che fosse perfetto. La cantante avrebbe poi fatto le pulci al suo lavoro.
Terminato con l’eyeliner, prese il pennello per mettere un po’ di colore su quegli zigomi alti, colorandoli dello stesso rosa che aveva usato prima sugli occhi – aveva anche fatto qualche sbavatura, subito cancellata con una salviettina struccante. J.Jane fece una faccia un po’ buffa, forse per il solletico di quelle setole morbide al contatto con la sua pelle.
Eliantho s’allontanò di qualche centimetro per osservare la sua opera d’arte come stava venendo. Mancava solo il rossetto tanto azzurro quanto i capelli della ragazza ancora buona e seduta. La rossa prese quindi lo stick, lo aprì e osservò per qualche istante il rossetto, per accertarsi che fosse tutto in ordine. Fatto ciò, l’unica cosa che mancava era proprio porlo sulle labbra di J.Jane.
Osservò le labbra della cantante, avvicinandosi con il proprio volto per osservare meglio e fare un buon lavoro, senza sbavature. Eppure…
Eppure si perse a osservarle per tanto tempo, troppo tempo, tanto da avvicinarsi fino quasi a sfiorarle, dopo averle accarezzate lievemente con il pollice sinistro. Ed Eliantho avrebbe posato la propria bocca su quella di J.Jane entro pochi secondi.
Quattro… Tre… Due…
«Allora? Abbiamo finito?»
La cantante dai lunghi capelli blu proferì parola proprio ad un passo dal bacio, con ancora gli occhi chiusi. Si schiarì la voce e si allontanò nuovamente, Eliantho, mettendo velocemente il rossetto all’altra, le guance rosse per l’imbarazzo naturale e non per il trucco.
«Sì, finito.»
Jackie Jane si rese conto di quell’imbarazzo, anche perché era tanto furba quanto Eliantho e l’aveva osservata quando tentò di baciarla. Non disse nulla su quell’evidente imbarazzo mal celato della più bassa e più giovane. Con un sorrisetto enigmatico, la cantante s’alzò dalla sedia, intenzionata a lasciare il posto a Helga. Fu quando Eliantho si voltò verso la toeletta ancora illuminata dalle stesse lampadine complici e testimoni di quel momento, che J.Jane afferrò il braccio della rossa, facendola voltare con uno scatto verso di sé.
In meno di un attimo, le loro labbra s’incontrarono, scontrarono, saggiarono per quella che fu una manciata di secondi. Le mani della cantante si posarono sui fianchi dell’altra, stringendola a sé per quel breve ma intenso lasso di tempo.
«L’azzurro ti sta bene, Eliantho. Ci vediamo dopo piccola.»
E con un occhiolino Jackie Jane si allontanò fischiettando, andando verso il palco sul quale di lì a poco si sarebbe esibita. Eliantho rimase stordita a guardarla andare via e quando si voltò verso lo specchio, notò l’impronta del rossetto dell’altra.
Sì, l’azzurro le stava proprio bene.

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Capitolo 3
*** Black Friday ***


La ricognizione era avvenuta nei giorni precedenti. Tutti i negozi erano stati controllati minuziosamente, con un programma a tappeto, gli articoli segnati nell’agenda del telefono come una lista di cose da spuntare. Quando voleva, Eliantho sapeva usare il suo ingegno in maniera molto fruttuosa.
Non si scherzava con il Black Friday. 
I preparativi erano tanti, come le cose a cui pensare. La ragazzina stava mettendoci davvero molto impegno per arrivare organizzata per quel giorno dagli sconti pazzeschi – talmente tanto, che il pranzo del Ringraziamento lo passò elaborando una strategia ottimale per impiegare il meno tempo possibile in ogni negozio, un percorso che le avrebbe garantito il 100% del successo.
Le mancava ancora una cosa però: qualcuno da trascinarsi dietro che le tenesse i sacchetti. Sua madre Lilian era, ovviamente, fuori discussione. Greyl era stato categorico , mentre suo padre sicuramente non le avrebbe permesso di comprare ciò che voleva. Doveva ampliare i suoi orizzonti.
Quale occasione migliore per passare del tempo con Hugo?
Era stato piuttosto facile convincere il ragazzo – chissà come mai teneva così tanto ad un giochino con un omino vestito di verde. Peccato, però, che in quel momento in fila davanti all’entrata del centro commerciale – si era svegliata alle cinque e mezzo del mattino per essere lì – non era sola con Hugo: c’erano anche Etan e Nakita. Il perché proprio non lo capiva. Mise il broncio, Eliantho, quando vide il moro arrivare con gli altri due.
Non durò molto quella situazione, forse perché le porte stavano per aprirsi. Fu a quel punto che la rossa iniziò a spiegare il suo piano di battaglia: Hugo la stava guardando come se fosse un mostro a tre teste, Nakita sorrideva di circostanza, solo Etan era eccitato di entrare in battaglia.
«Tutto chiaro?»
Chiese alla fine Eliantho. Solo il biondo rispose con un “sì” molto sentito; gli altri due non sapevano che dire, annuendo solo con il capo.
La rossa non ebbe il tempo di dire null’altro: le guardie di sicurezza interne al centro commerciale si avvicinarono alle porte, aprendole al pubblico. Solo per i primi istanti la fila sembrava procedere tranquilla, ma appena qualcuno poggiava piede sul suolo di quell’edificio, correva a destra e a sinistra, come una biglia.
Eliantho riuscì solo a prendere Etan per il polso, l’altra mano si chiuse sul vuoto, mentre gli altri due se la svignarono da qualche parte. Di questo, la più piccola non se ne rese conto finanche non fu nel primo negozio di una lunga lista. Per fortuna, il biondino sembrava esagitato, molto più dell’altra.
Ella decise, quindi, di usare questa cosa a proprio vantaggio. Perché non si trattava null’altro che di una gara a chi arrivava prima al capo super scontato. 
Mandò Etan in avanscoperta, descrivendogli per bene ogni vestito che doveva prendere, oltre alla taglia. La maggior parte delle volte, però, tornava con qualcosa di non richiesto o della taglia sbagliata. E così per tutta la giornata, mentre di Hugo e Nakita nemmeno una notizia. Solo dopo un pranzo velocissimo – non c’era tempo per mangiare! – li videro dentro una fumetteria. Un inutile spreco di tempo per Eliantho, che in quelle pagine di carta e nelle statuette di plastica non ci vedeva nulla. E poi, non c’erano nemmeno gli sconti!
Da quel momento, il suo entusiasmo scemò un poco per dare spazio al fastidio sottopelle di vede Hugo con un’altra.
Per sua immensa fortuna, Etan e i suoi portachiavi strambi erano lì con lei, a portarle tutti i pacchi e sacchetti che aveva comprato. Solo quando si furono fatte le cinque del pomeriggio i due si concessero un gelato.
Eliantho era soddisfatta dei suoi acquisti. Mancava solo un’ultima cosa: provare tutte quelle cose che avevano alleggerito il conto bancario del padre. E quale momento migliore se non sfruttare Etan?
Trovare un posto che fungesse da camerino non fu semplice. Optarono perciò, per il bagno femminile. Etan sarebbe rimasto ad aspettare fuori, in quel corridoio laterale del tutto isolato, per loro immensa fortuna. 
Ad ogni outfit che Eliantho mostrava al biondo, quest’ultimo aveva sempre qualcosa da ridire, prima di mettersi ad esultare. La guardava con occhio critico, lo sguardo un poco socchiuso e la mano sul mento: aveva preso quel ruolo da giudice in modo forse troppo letterale, fingendo quasi un blogger di moda. Come ad esempio abbottonarle vestiti e camicette fino al collo – suo padre avrebbe sicuramente apprezzato.
Alla fine, fu con su una gonna, scalza ma con delle parigine alte a coprirle le belle gambe e un reggiseno che uscì dal bagno, indicando proprio quest’ultimo indumento.
«Mi spieghi che cosa ci fa questo nei miei acquisti di oggi?!»
«A tutti piacciono le pokéball! Era un reggiseno così carino…»
Esasperata, Eliantho fece uscire dalle sue labbra un verso che somigliava ad un grugnito, prima di ritornare in bagno e indossare un top con la chiusura sulla schiena. Quando nuovamente si mostrò al biondo – che nel mentre aveva iniziato una partita sul cellulare –, senza batter ciglio andò ad aiutarla, spostandole i lunghi capelli rossi su una spalla.
«Stai benissimo, Eli! Questo verde ti fa risaltare gli occhi e crea un bellissimo contrasto con i tuoi capelli.»
Cinguettò il ragazzo, battendo anche due volte le mani.
«Però non si vedono le pokéball
Quel bel momento del complimento, andò ad infrangersi. Se le guance di Eliantho si erano per un attimo tinte d’un rosso imbarazzato, ora era per la stizza all’udire l’ultimo “consiglio”. Entrò nuovamente nel bagno, per cambiarsi nuovamente con ciò che aveva indossato quella mattina stessa.
«Te lo regalo questo reggiseno. Ora andiamo a casa.»
Così esordì la rossa, con un borbottio unico. Al suo fianco, Etan sembrava saltellare dalla felicità con ancora tutti i sacchetti dell’altra in mano per quell’ultima notizia – come se un reggiseno con su delle pokéball fosse il regalo che da sempre aveva atteso.
Fu con un sospiro rassegnato che Eliantho terminò quel Black Friday. 

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