The List

di smak978
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Non doveva cambiare niente ***
Capitolo 2: *** Sorriso ***
Capitolo 3: *** Il lato sbagliato ***
Capitolo 4: *** Il tuo letto o il mio? ***
Capitolo 5: *** Succorbentis? ***
Capitolo 6: *** Un nuovo hobby ***
Capitolo 7: *** È tutta una questione di polso ***
Capitolo 8: *** Se non fosse stato così ***
Capitolo 9: *** È solo un'attrazione fisica ***
Capitolo 10: *** Suicida, Piccolo Bastardo Egoista di un Sanguesporco! ***
Capitolo 11: *** Indifferente ***
Capitolo 12: *** Pensieri pericolosi ***
Capitolo 13: *** Essere un Grifondoro ***
Capitolo 14: *** Esausto ***
Capitolo 15: *** Vaniglia ***
Capitolo 16: *** Flaky, Frosty e Icey ***
Capitolo 17: *** Jaime Lannister ***
Capitolo 18: *** Sangue sporco? ***
Capitolo 19: *** Io non voglio morire! ***
Capitolo 20: *** Guida Alle Pozioni per Principianti, Impara a Parlare il Tedesco e... ***
Capitolo 21: *** Oltre i Sotterranei ***
Capitolo 22: *** Non tentarmi! ***
Capitolo 23: *** Il Discorso ***
Capitolo 24: *** Mattina ***
Capitolo 25: *** Serpeverde ***
Capitolo 26: *** Proteggere ciò che... ***
Capitolo 27: *** Silenziato ***
Capitolo 28: *** Per favore, non adesso ***
Capitolo 29: *** Espulso ***
Capitolo 30: *** Sabato, Parte A ***
Capitolo 31: *** Sabato, Parte B ***
Capitolo 32: *** Invincibili ***
Capitolo 33: *** Punizione ***
Capitolo 34: *** Sotto il letto ***
Capitolo 35: *** I Serpeverde ***
Capitolo 36: *** Quattro in un giorno ***
Capitolo 37: *** Incontro ***
Capitolo 38: *** Diglielo e basta ***
Capitolo 39: *** Duello ***
Capitolo 40: *** Confessioni ***
Capitolo 41: *** Conseguenze ***
Capitolo 42: *** Scoperta ***
Capitolo 43: *** Alti e Bassi ***



Capitolo 1
*** Non doveva cambiare niente ***


Buongiorno gente! Qui mi chiamano malpensante (ho un account da qualche parte, ma non riesco a mettere il link nelle note dell'autore - ci riproverò quando il computer funziona decentemente)
Questa è la prima fanfiction che traduco, ed è presa dalla fantastica, fantasmagorica autrice smak978 su fanfiction.net: andatela a trovare e lasciatele una recensione se masticate un po' di inglese! Altrimenti se volete posso tradurre o contattarla io ;)
Per me The List è un bijou, spero che piaccia anche a voi quanto piace a me, io la amo e per questo ho deciso di tradurla.
Prima di cominciare, un po' di formalità:
Quest'autore è straniero e a gestire questo account è chi lo traduce. (cioè me medesima, potete contattarmi quando volete :D )
Inoltre, questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di J.K.Rowling; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro. (seeee, se i fan guadagnassero dieci centesimi per ogni parola che scrivono in una fanfic saremmo ricchi sfondati!)
Fine comunicazioni di servizio :)
Comunque, ditemi cosa ne pensate, e se vedete che ho fatto errori grammaticali o trovate una frase pesante ditemelo subito, la pondererò (pfff che paroloni che uso) e modificherò la frase se lo ritengo opportuno.
Sappiate però che pubblicherò sporadicamente, faccio la seconda liceo classico, quindi la quarta, e non sono proprio liberissima.
Lasciatemi una recensione, non basta tanto, solo poche parole :)
Spero vi piaccia,
malpensante
P.S. pubblicherò i link originali di smak978 e The List sulle NdA non appena potrò.
P.P.S. E attenti al linguaggio pesante, lei non si è trattenuta e neanche io ^^"
 
E ora, on with the story!
 

 

 

 

Capitolo  Uno – Non doveva cambiare niente

Madama Chips amava il suo lavoro. Amava rimettere in sesto gli studenti, mandarli via felici e comandare l’infermeria con una sola occhiata. Dopo la guerra aveva deciso di usare il suo tempo per rendere gli alunni di nuovo felici, curare quelli depressi e assicurarsi che ogni singolo studente si diplomasse nel perfetto ritratto della salute. Era una donna in missione. Avrebbe tollerato anche i Serpeverde, pensò accigliata, e avrebbe curato ogni ferita che si fossero procurati; ma che fosse dannata prima di sorridergli. Era un oltraggio anche solo che avessero avuto il permesso di tornare a scuola e Madama Chips aveva fermamente espresso i suoi dubbi alla preside, ma ormai erano tornati per rimanere. Beh, lei avrebbe dedicato il suo tempo agli studenti e li avrebbe fatti sorridere di nuovo; dopo la guerra, avevano bisogno di festeggiare e sorridere il più possibile.

Mentre tutti erano al banchetto nella Sala Grande a festeggiare l’inizio di un nuovo anno, Madama Chips era occupata a pulire l’infermeria, ricontrollando le pozioni e soppesando anche un rinnovamento delle pareti. Magari giallo, il colore della felicità? Nonostante sapesse di essere considerata una donna austera, poteva ancora sorprendere gli studenti. Si prospettava un bell’anno.

Il suono della porta che si chiudeva le disse di non essere più sola. Sorprendentemente, o anche no, per quanto la riguardava, Harry Potter era in piedi davanti alla porta, esitando impacciato prima di attraversare la stanza. C’era qualcosa di diverso in lui, ma Madama Chips scacciò il pensiero. Harry sarebbe stato il più forte quest’anno, il più spensierato, senza la minaccia costante di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato sopra la testa. Semmai, si meritava più gioia di chiunque altro qui, studente o insegnante.

Lui sorrise, ma la felicità non raggiungeva gli occhi. Qualcosa non andava.

Le porse una lettera, rifiutandosi di incrociare lo sguardo.

Il sigillo aveva una bacchetta e un osso incrociati, il simbolo di San Mungo.

Madama Chips odiava il suo lavoro. Specialmente quando si doveva occupare di un paziente senza speranza.

.

.

.

“Che c’è, Harry? Lo so, c’è Pozioni come prima lezione dell’anno ma… oh Merlino… è molto deprimente, vero?” La voce si affievolì, il ghigno improvvisamente vacillante. Harry fece un sorrisetto a Ron, sapendo che non raggiungeva gli occhi ma provando lo stesso. Non sorrideva più veramente, sembrava più una smorfia o un sorrisino incerto. Mai un sorriso.

“Grazie per l’incoraggiamento, Ron. Mi fa sentire molto meglio.”

“Quando vuoi, amico… Pozioni. È più di un anno che non faccio una pozione! Farò schifo! È ridicolo… Come si aspettano che recuperiamo? Sono a malapena al livello del sesto anno!”

Harry sospirò tra sé e sé, osservando come Ron si facesse venire un attacco di nervi. Stava andando in panico per Pozioni. Pozioni. Come se essere bocciato in quella classe fosse la fine del mondo, come se quell’unica materia potesse realizzare ogni sogno e tenere il futuro su un vassoio d’argento. Come poteva consolare il suo amico quando voleva solo sbuffargli in faccia? Harry quest’anno quasi non vedeva l’ora di fare schifo in Pozioni; poteva anche far esplodere di proposito un paio di calderoni, giusto per tormentare tutti gli altri. Seriamente, preoccuparsi per Pozioni. Harry riuscì a malapena a non alzare gli occhi al cielo.

Harry sapeva che non era colpa di Ron. Sapeva che probabilmente avrebbe dovuto dire a Ron e Hermione appena l’aveva scoperto che qualcosa non andava le settimane dopo la battaglia. Avrebbe dovuto smettere di far finta di essere felice, dir loro di piantarla di parlare di Pozioni, e dire ad alta voce ‘Hey ragazzi, volete chiedermi dove sono scomparso dopo la guerra, o no? Perché vorrei parlarvi di questa cosa che sta prendendo controllo del mio corpo, della mia magia e della mia vita…’. Ma non lo fece. Non poteva. Ed ora era troppo tardi per dirglielo. Si sentiva solo strano, sapeva bene che gli avrebbero fatto la ramanzina, e avrebbero pianto, e lui si sarebbe sentito una merda per settimane. No, non poteva dirglielo. E come dovevi introdurre l’argomento? A cena? O forse durante una partita a scacchi? ‘Hey Ron, raccontami cosa è successo in estate! Davvero, tu ed Hermione vi siete messi assieme? Cavolo, congratulazioni! Io? Nah, non posso più uscire con nessuno; salta fuori che sto morendo…’. Non suonava bene neppure nella testa di Harry, eloquente com’era.

Ne aveva abbastanza di girarsi e vedere che tutti lo guardavano con reverenza, che quasi si inchinavano quando passava. Ne aveva abbastanza di guardare la Gazzetta del Profeta la mattina e vedere la propria faccia stampata su pagine con i titoli più irritanti possibili. Il ragazzo che è sopravvissuto scomparso? Harry Potter, nuovo Signore Oscuro? Un ragazzo con più di una cicatrice? Merlino, era insopportabile. Spiritoso, mentre era in ospedale. La storia di come era scappato con un vampiro con un’evidente ossessione per il collo lo aveva interessato. Quella di come era diventato un eremita con i capelli lunghi e selvaggi e le unghie gialle e così lunghe che si arricciavano lo aveva divertito.

Il divertimento però era terminato quando era salito in treno. Le persone gli lanciavano occhiate al collo, o sussurravano tra loro e sospiravano davanti alle sue unghie normali. Il bisbiglio alle sue spalle, gli immediati ssh! quando guardava dalla loro parte… Era come se non lo avessero mai visto prima, come se non avesse mai camminato per i corridoi a scuola. La venerazione che avevano, e spesso la paura, gli facevano saltare i nervi. Non appena qualcuno a scuola avrebbe sentito di essa, la notizia di sarebbe diffusa in un lampo. Poteva immaginarsi già i titoloni. Il ragazzo che non può più vivere. Salvatore del mondo magico, un Magonò. Come reagirà Harry il Babbano?

Ecco perché non poteva dirlo a Ron o Hermione. Non che non voleva, ma fisicamente non poteva.

Ron all’inizio si sarebbe arrabbiato perché non gliel’aveva detto subito. L’avrebbe ignorato, si sarebbe agitato e avrebbe detto le cose sbagliate nei momenti sbagliati. Hermione sarebbe stata peggio, piangendo, abbracciandolo, e poi dritta in libreria a cercare una cura o a inventarne una. Harry sapeva della sua genialità, e Ron era ancora il suo migliore amico, ma a volte, avevi bisogno di combattere qualcosa da solo. Dio, l’aveva fatto già abbastanza volte per sapere come fare.

Così, finse di sorridere a Ron, scambiò un’occhiata d’intesa con Hermione, e spinse il cibo per il piatto, dato che non era così affamato. Dopo aver fatto sapere di essa a Madama Chips la sera prima, la singhiozzante infermiera lo aveva accompagnato dalla Preside, e anche lei aveva versato una lacrima prima di fingere che non fosse mai scesa sulla guancia anziana. Pretesero di sapere tutto, che Harry disse malvolentieri, e giurarono di non dirlo a nessuno studente. Gli insegnanti sarebbero stati informati, ma tutto lì. Era tutto a discrezione di Harry. Grazie al cielo.

Poi continuarono a parlare.

Harry non aveva più il permesso di usare magia in modo eccessivo, solo il minimo indispensabile. Harry aveva obiettato, dicendo che sarebbe stato evidente che qualcosa non andava se non usava per niente la magia. Era tornato per una vita di normalità, e sarebbe stata normale.

Harry doveva presentarsi in Infermeria. Quotidianamente. Solo per assicurarsi che prendesse le pozioni come stabilito. Dopo tutto, in questi casi, di solito il paziente smetteva di prendere le medicine o iniziava ad avere… domande sulla mortalità. Harry si sforzò di sorridere, scuotendo la testa. Non aveva intenzione di togliersi la vita, non quando era finalmente a casa.

I suoi compagni di casa dovevano essere informati, per la sua sicurezza e benessere. Qui, Harry aveva piantato i piedi, smettendo di sorridere ed essere gentile. Era la sua vita, e lui voleva normalità. Nessuno, a parte gli insegnanti, avrebbe saputo di questo, e se fosse successo, lui si sarebbe ritirato dalla scuola immediatamente. Non sarebbe stato più l’oggetto di sussurri e pettegolezzi e occhiate preoccupate. Ora era maggiorenne. Ora prendeva le proprie decisione, e non c’era niente che potessero fare.

Harry doveva andare a letto. Doveva essere esausto.

Sì, non sapevano neanche quanto.

Harry sospirò di nuovo, affermando finalmente di essere pieno e seguendo gli amici nei sotterranei. Aveva vissuto della sottile speranza che una volta tornato ad Hogwarts sarebbe stato tutto a posto. Era la ragione per cui non era impazzito tutta l’estate, attraverso gli esami e le medicine. Ora, qui con i suoi amici e la sua casa, tutto ciò a cui riusciva a pensare era a quanto voleva essere solo. Sembravano tutti così felici e riuscivano a ridere come se non fosse niente. E nessuno aveva neanche chiesto ad Harry della sua smorfia falsa. Non la vedevano, o semplicemente non se ne importavano? Qual era la risposta peggiore?

I Grifondoro si allinearono fuori dalla classe, le voci scese a bruschi mormorii dopo che improvvisamente ebbero squadrato trucemente gli altri occupanti. Anche Harry alzò gli occhi, sorpreso per la prima volta. Solo metà dei Serpeverde avevano deciso di tornare quest’anno. Sapere che sarebbero stati ostracizzati e odiati aveva impedito alla maggior parte di loro anche solo di considerare un eventuale ritorno a Hogwarts. Che deprimente, rifletté Harry. Hogwarts era la sua casa. Poteva essere anche la loro, e i pettegolezzi avevano impedito loro di rientrare. Un motivo in più per tenere il segreto per sé; non poteva più affrontare le chiacchiere, e francamente non voleva.

I Serpeverde erano in piedi, quasi completamente in silenzio.

Parkinson stava palesemente evitando gli sguardi di tutti, con gli occhi a terra mentre si mordeva preoccupata il labbro. Di solito, l’irritabile ragazza si sarebbe pavoneggiata davanti agli altri, ma ora era silenziosa. Allo stesso modo Goyle si rifiutava di guardare nessuno, ma invece con gli occhi trapanava buchi nella parete. Sembrava squilibrato, come se si stesse a mala pena trattenendo al di sotto dell’apparenza. Come se avesse sentito il suo sguardo, Goyle si girò improvvisamente a fissare Harry, subito con le sopracciglia a coprire gli occhi cattivi. Latrò, letteralmente, e serrò i pugni prima di girarsi, dando completamente le spalle a Harry. L’ostilità era da aspettarsi, ma non fino a questo punto. Harry batté le palpebre e i suoi occhi guizzarono verso gli altri Serpeverde. Zabini stava sussurrando a Nott e gli occhi dei due scintillarono quando incontrarono quelli sorpresi di Harry, prima di parlare di nuovo. Fantastico. Era iniziato.

Sospirando, Harry lanciò un’occhiata all’ultimo Serpeverde nella classe, battendo le palpebre quando incrociò immediatamente gli occhi grigi.

Malfoy era impeccabile come sempre, ovviamente. A testa alta, considerò pigramente i Grifondoro prima di girarsi con gli occhi al cielo. Niente irritava Malfoy, era al di sotto di lui. Almeno alcune cose non cambiavano mai.

Harry sentì il labbro contrarsi, sorprendentemente, e lo morse per impedirgli di allargarsi. Non un sorriso, e Malfoy era quello che gli faceva perdere l’abitudine? Forse stava impazzendo. Beh, più del solito.

Sentì ancora degli occhi su di lui ma tenne lo sguardo sul pavimento, ignorandoli a bella posta. Non aveva intenzione di abboccare all’esca, non quest’anno. Aveva altre cose di cui preoccuparsi. D’altra parte, voleva normalità, giusto?

La porta si aprì prima che potesse raccogliere le idee, e Harry riluttante entrò per ultimo in classe.

Fece per andare al solito posto, ma si fermò di botto quando si rese conto che non c’era posto. La classe, di solito, era sistemata con tre sedie attorno ad un calderone… quest’anno, ce n’erano solo due. Che si stavano riempiendo in modo straordinariamente veloce.

Ron si sedette affianco ad Hermione, naturalmente, facendole un sorriso a trentadue denti mentre le chiedeva se il calderone era libero in quella che considerava sicuramente una voce sensuale. Da quando si erano baciati nella guerra, erano diventati inseparabili, e quasi insopportabili. Portavano ‘baciarsi’ a nuovi estremi, e Harry era sorpreso che Hermione non chiamasse già Ron ‘RonRon’. Non gli dispiaceva che si sedessero assieme, se l’era aspettato, ma ciò non impedì al dolore di lampeggiare sul suo viso.

Non lo considerarono nemmeno, non pensarono a lui neanche un secondo di tempo. E non era tutto. Dean e Seamus erano assieme, naturalmente, e Harry come al solito puntò a Neville, ma la sedia vicino a lui era ugualmente occupata… niente meno che da Calì Patil. Calì a malapena pensava a Neville una volta al giorno, e di sicuro sapeva della sua reputazione in pozioni, e tuttavia, eccola là seduta a sbuffare e tirare fuori i libri.

Okay, poteva capirla. Di solito si sedeva vicino a Lavanda. Di solito, l’amica le avrebbe sorriso e fatto gesti, disperata perché non vedeva l’ora di rivelare l’ultimo gossip. Ora non più.

Harry rimase lì in piedi, esterrefatto. Lui, per la prima volta, non aveva qualcuno con cui sedersi in Pozioni, perché non avevano neanche pensato a lui. Il primo giorno, e nessuno dei suoi amici voleva sedersi con lui? Non una parola tutte le vacanze, e ora questo a Pozioni? Ma vaffanculo.

“Hmm, Harry, caro ragazzo! Prego, siediti.” Lumacorno attese che Harry si sedesse, attirando l’attenzione della classe su di lui. D’improvviso, tutti i suoi amici capirono.

“Oh… oh! Scusa Harry, non pensavo…”

“È tutto a posto.” Scattò Harry, non importandosi se il tono era un po’ troppo brusco. Perché non l’avevano ancora notato? Perché non si accorgevano che non sorrideva? Invece si girò verso l’altro lato della stanza, quasi gemendo. Malfoy e Zabini erano assieme, entrambi con le sopracciglia alzate quando gli occhi di Harry si fermarono sul loro tavolo per un secondo in più del necessario. Parkinson era stravaccata sulla sedia con Nott come partner… il che lasciava un Goyle incupito tutto da solo. Trattenendo un sospiro, Harry raggiunse il calderone di Goyle e si sedette con cautela, sentendosi in un nido di vipere. Davanti a loro, Malfoy e Zabini. Dietro, Nott e Parkinson. Goyle era a destra, più vicino alla porta. Era circondato da Serpeverde, e poté subito sentire ogni sguardo su di sé. Ron condivideva i suoi pensieri. Più o meno.

“Signore, non può fare sedere Harry lì! È pericoloso sedersi con un branco di…”

“Signor Weasley, posso consigliare cautela prima di parlare della mia Casa.”

“… Andiamo, è Harry! Dovrebbe essere l’ultima persona a sedersi con loro!”

“Beh, non mi hai dato molta scelta.” Harry sbottò, vedendo l’espressione assente di Ron prima di guardare il tavolo. “Lascia stare.”

Calò un profondo silenzio, prima che Lumacorno iniziasse di nuovo a parlare in tono concitato ed eccitato. “Bene, ho pensato che prima di iniziare il quadrimestre dovremmo riprendere le ultime pozioni che abbiamo fatto, giusto? Quindi, dovete scegliere una pozione, una qualunque del libro, e avete un’ora e mezza per prepararla. Buona fortuna, il vincitore guadagna trenta punti per la propria Casa. Via, via! Non perdete tempo!”

Harry sospirò e si girò verso Goyle, che lo fissava accigliato. Non lo aveva mai visto così da vicino prima, a parte le scaramucce per i corridoi. I piccoli occhietti porcini gli ricordavano quelli di Dudley, e Goyle sovrastava Harry, senza perdersi niente di quel che faceva mentre lo fissava con rabbia. Aprì il libro, senza neanche controllare la pagina, e guardò Harry in cagnesco.

“Facciamo questa. Non parlarmi, non toccarmi. Hai delle cazzo di domande?” Goyle latrò e lo osservò furioso quando lui annuì semplicemente e non ribatté affatto. Si alzò e scrutò Harry ancora per un momento, prima di prendere d’assalto l’armadio degli ingredienti.

Harry, ricordandosi di respirare, dovette impedirsi di sorridere ancora. Era ridicolo. Aveva ucciso il mago più forte di tutti i tempi… e nonostante ciò, aveva paura di un compagno che gli aveva detto a malapena due parole prima di oggi? Era assurdo. Cercando di non sorridere, si sentì degli occhi addosso e si irrigidì leggermente. Iniziò a far bollire il calderone, e diede una scorsa agli ingredienti con sorpresa. Beh, aveva già fatto questa pozione una volta. Farla una seconda volta non sarebbe stato così difficile. Dopo tutto, aveva avuto un ottimo insegnante.

Harry sentì ancora che qualcuno lo fissava, e finalmente, alzò lo sguardo su occhi grigi. Malfoy alzò le sopracciglia, come se fosse stato lui a guardare per primo, e fece un sorrisetto. “Sai, Weasel ha ragione. Non è sicuro per te sedersi qui.”

Harry non batté ciglio. “ E a me dovrebbe interessare… perché?” Chiese, guardando Malfoy fare di nuovo un sorrisino e girarsi verso la parte anteriore della classe mentre Goyle tornava. Quello scaricò gli ingredienti sul banco e tirò fuori un coltello, iniziando a tagliare l’assenzio come se avesse in mano un’accetta. Harry sospirò, raccolse le radici di valeriana e iniziò ad affettarla finemente, tenendo d’occhio Malfoy che ancora sogghignava. Perché gli aveva lasciato l’ultima parola? Cosa stava progettando?

Il lato Serpeverde della stanza lavorava in silenzio.

Harry prese il fagiolo sopoforoso, lo schiacciò con il retro della lama e fece per aggiungerlo, ma Goyle accoltellò il tagliere. Harry tirò via la mano di scatto e si girò arrabbiato. “Che problema hai?

“Tu, tu feccia mezzosangue.” Lui gli ringhiò contro, digrignando i denti. “Segui le istruzioni.”

Lo sto facendo.

“Col cazzo. La prossima volta, il coltello ti prende la mano.” Ringhiò, liberando la lama con uno strattone e fissando trucemente Harry. Poteva sentire gli occhi degli altri occupanti della stanza che lo sfidavano a farlo. Poteva sentire il calore salirgli alla faccia, e Harry strinse i denti con ira. Poi, in una mossa audace, prese il tagliere e fece scorrere nella pozione il succo del fagiolo schiacciato.

Silenzio.

Harry riappoggiò il tagliere e raccolse il mestolo, iniziando a girare la pozione in senso antiorario e contando sotto voce. Lanciò un’occhiata a Goyle, mentre ancora contava, e lo vide stringere il coltello in una mano, la bacchetta nell’altra. Harry arrivò a sette, deglutì, e mescolò in senso orario. La pozione divenne più chiara. E lui fu spinto giù dalla sedia quando lo sgabello scomparve.

Harry sbatté sulle piastrelle, sentì gli occhiali spaccarsi e ringhiò, alzandosi in piedi e pulendosi la mano sbucciata sull’abito. Si levò gli occhiali, mettendoli in tasca. Non poteva ripararli in modo giusto, non qui. Stese il braccio, riprendendo il mestolo, e ricominciò a mescolare. Sette volte. Una oraria.

Non riusciva a vedere cosa succedeva, invece dovette strizzare gli occhi verso Goyle che sembrava più vicino rispetto a un secondo fa.

“Goyle, se lo maledici avremo ogni fottuto Grifondoro sul collo a lanciarci fatture. Metti via quella dannata bacchetta.” Malfoy parlò lentamente, anche lui più vicino di quanto Harry ricordasse. Harry deglutì, sedendosi di nuovo sullo sgabello, con la mano che indugiava sul mestolo.

“Beh, Potty, hai la nostra attenzione. Procedi.” Malfoy strascicò le parole, Harry era sicuro che stesse facendo ancora il sorrisino. Harry sbatté le palpebre, deglutendo leggermente. Era una specie di test? Come diavolo si era arrivati a questo?

Deglutì ancora, e cominciò a mescolare la pozione, contando nella testa. Quando arrivò a sette, si fermò, e fece un giro orario. Si sentì respirare sul collo e si girò, stringendo gli occhi per cercare di distinguere chi era, inutilmente. Tutti i Serpeverde si erano sporti sui loro banchi, standogli addosso, cercando di vedere cosa stava facendo. Era snervante che nessuno di loro parlava, guardava e basta. Goyle stava ringhiando e borbottando da qualche parte alla sua destra e così Harry, anche solo per infastidirlo, continuò a girare la pozione. Sette antiorarie, una oraria.

“Hmm, immagino che sia così che ci hai battuti l’anno scorso.” Harry alzò gli occhi su Malfoy, aggrottando le sopracciglia. Lui sembrò notare l’errore e sbuffò, “Intendevo due anni fa. In Pozioni.”

La situazione era ancora più strana. Harry continuò a mescolare, notando finalmente che la pozione era diventata trasparente come acqua. Il perfetto Distillato della Morte Vivente.

Mise via il mestolo, picchiettandolo con le dita e innervosito dall’attenzione e da come non gli davano spazio.

“Ma se sei terribile in Pozioni.” Parkinson fu la prima a parlare ad alta voce, e apparentemente era quella che gli respirava sul collo. Harry sobbalzò alla voce, strizzando gli occhi mentre rispondeva.

“Questa è l’unica pozione che so preparare.”

“Dovresti seguire le istruzioni.”

“Perché i Serpeverde sono così bravi a seguire le regole, vero?” Sentì una risatina, girandosi a provare a vedere chi era. Aveva appena… scherzato con un Serpeverde?

“Ti ha beccato, Pans.” Malfoy ridacchiò girandosi verso la lavagna, e all’improvviso l’incantesimo si ruppe. Tutti i Serpeverde tornarono alle rispettive pozioni, lasciando Harry dannatamente confuso. Toccò gli occhiali, sentendo il vetro rotto con un dito e desiderando di poter vedere. Sapeva che Goyle aveva lasciato la sedia, ma si sentiva più a suo agio quando poteva vederlo. Goyle era cambiato dopo la guerra, e non per il meglio.

Finalmente Lumacorno annunciò Harry e Goyle come vincitori, tra la meraviglia dei Grifondoro e l’indifferenza dei Serpeverde. Malfoy parlò di nuovo, sotto voce anche se fu sentito in tutta l’aula.

“E inoltre, l’ha fatto cieco.”

Harry si voltò verso Malfoy, che stava palesemente guardando da un’altra parte. Era gentile, o era uno scherzo?

Fu un sollievo quando finalmente Lumacorno annunciò la fine della classe, e Harry si affrettò a prendere le sue cose e scivolare fuori, strizzando ancora gli occhi verso tutti. Pensò di vedere dei capelli cespugliosi, e incespicò verso di essi, ma Hermione gli afferrò il braccio, tirandoselo dietro.

“… Cos’è successo agli occhiali?”

“Uh, non mi ricordo il movimento della bacchetta per l’incantesimo…”

Hermione alzò gli occhi al cielo, o Harry immaginò che lo facesse, prima di affondare la bacchetta in avanti per riparare le lenti rotte. Entrambi stavano fissando Harry, con espressioni impazienti.

“… Uh… Che c’è?”

“Che c’è? Che c’è? Harry! Ti abbiamo guardato e stavano pendendo dalle tue labbra, accidenti! Quella vacca della Parkinson sembrava che ti stesse per fare un succhiotto!”

“Beh, non l’ha fatto.” Harry sbottò a disagio, dirigendosi a fare una pausa prima di pranzo. “Niente di tutto questo sarebbe successo comunque, se mi aveste tenuto un posto. Davvero, vi siete dimenticati di me o l’avete fatto apposta?”

“Sì, certo, dai la colpa a noi, Harry. Sul serio, cosa stavi facendo?”

“Niente, ho chiacchierato un po’, mi stavano guardando mentre lavoravo. Era tutto a posto.”

“Oh, davvero, non era niente?” Harry si girò verso Ron, esitando quando vide la faccia del famigerato rosso e un’aria di incredulità negli occhi. Fece una smorfia ad Harry, come se fosse un estraneo. “Forse dovresti andare a sederti con loro a pranzo allora, se ti piace così tanto chiacchierare con loro!”

“Oh, ma vaffanculo!” Harry gridò, girandosi da loro, fregandosene del fatto che erano in un corridoio affollato e ogni sguardo era incollato addosso a loro. “Preferiresti che faccia lo stronzo e mi faccia lanciare maledizioni tutta la lezione, o forse, solo forse, che passi l’anno senza passarmela malissimo come al solito, porca miseria? Non c’erano posti, quindi mi sono seduto là! Oh Merlino, che gran cosa! Crescete! Un! Po’!” Si mise la borsa in spalla e si fece strada nella folla, nonostante i bisbiglii che lo seguivano. Ottimo. Fantastico. Giorno uno, neanche ora di pranzo, ed era già scattato contro i suoi amici.

Harry ignorò le occhiate che riceveva e invece corse attraverso la Sala Grande, attraversando il prato come una furia prima di sistemarsi sotto un albero vicino al lago. Hogwarts non doveva cambiare. I Serpeverde non dovevano interessarsi a lui, dovevano combattere e odiarlo. I Grifondoro non dovevano dimenticarsi di lui, dovevano restargli accanto fino alla fine e scherzare come facevano sempre. La McGranitt non doveva piangere! Lumacorno non doveva lanciargli occhiate compassionevoli per tutta la lezione. L’unico che si stava comportando normalmente era Goyle, e lui era un sadico decerebrato del cazzo!

Harry ringhiò tra sé e sé, asciugandosi frettolosamente gli occhi. Non avrebbe pianto. Non aveva pianto fino ad ora, giusto? Digrignò i denti con rabbia, tirando un pugno per terra prima di sbattere la testa all’indietro contro l’albero.

Hogwarts non doveva cambiare!

…Perché non vedevano che non riusciva a sorridere?

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Capitolo 2
*** Sorriso ***


Ciao popolo di efp!

In primis, chiedo scusa se sono stata assente per più di un mese, ma ho avuto un lungo periodo a scuola in cui non potevo fare niente perchè avevo una montagna di compiti. Disgraziatamente, vado in quarta superiore al liceo classico e la scuola assorbe gran parte del mio tempo :( comunque, la colpa è mia, avevo il secondo capitolo tradotto da un po' ma avrei dovuto rileggerlo, e non avevo tempo nè voglia. Qualche anima pia là fuori è disposta a farmi da beta reader? Sono le persone che controllano l'uso corretto della lingua e la grammatica e che nelle traduzioni controllano incongruenze e consigliano l'autore sulle espressioni più corrette da usare. Fateci un pensierino, ok?

In secundis, EFP ha seri problemi perchè con tre computer non sono riuscita a sistemare la presentazione dell'account E/O il font del primo capitolo. Era normale, con alcune parti in corsivo per evidenziare delle parole, ma mi è venuto tutto in corsivo nonostante i miei ripetuti tentativi di sistemarlo! -^- mi sa che dovrò installare il programma richiesto... Se qualcuno ha consigli da darmi, per favore mi contatti, non riesco a sistemarlo!

In tertiis, tantissime grazie a chi ha letto il primo capitolo, e un abbraccione particolare a uwetta e Upsidedown che lo hanno recensito! Credetemi, ho cercato di rispondere tipo 30 volte ma EFP non mi vuole bene :( siete stati/e meravigiosi/e e vi ringrazio tantissimissimissimo! Siete voi che mi spingete a tradurre di più (e a craccare il pc di mia mamma per farlo :P) Grazie ancora tantissimo, spero che anche questo capitolo vi piaccia :)

E ora vi lascio alla storia, bye bye!

malpensante

P.S. pensateci per il discorso di farmi da beta, diminuirebbe di molto il tempo tra un capitolo e l'altro!

Capitolo Due – Sorriso

Ci volle una buona giornata prima che Harry superasse l’amarezza. Non nel senso di perdonare gli amici per la loro cecità ignorante, ma nel senso di metterla da parte quando realizzò che se non aveva intenzione di dirlo a nessuno, non poteva neanche prendersela con loro.

Così, piuttosto testardamente, Harry alla fine andò a colazione la mattina dopo, sospirando quando si trovò di fronte la coppia silenziosa. “… Mi dispiace. Non avrei dovuto scattare… Ero arrabbiato, ma non avrei dovuto sfogarmi con voi.”

“No, non avresti dovuto farlo.” Hermione fu la prima a parlare, naturalmente. Gli rivolse uno sguardo ferito, facendo stringere il nodo nel suo stomaco, a disagio. Non glielo stavano rendendo più facile.

Lei tirò uno schiaffetto alla mano di Ron quando lui continuò a sedere lì in modo indisponente, un’istigazione a guardare Harry, perlomeno. Non poteva essere così interessante un nodo del tavolo.

“Ron, amico…?”

Ron si spostò con disagio sulla sedia per un momento, lanciando un’occhiata al tavolo Serpeverde prima di accigliarsi di nuovo. “…Quindi, era solo lavorare… nient’altro? Non sei loro… amico o simili, giusto?”

“Sì, nient’altro! Francamente, stavo solo facendo la pozione, e hanno tutti iniziato a guardarla… stavano aspettando che esplodesse o qualcosa del genere, non stavo seguendo le istruzioni.” Harry lanciò un occhiata al tavolo dei Serpeverde, sbattendo le palpebre per la sorpresa quando vide degli occhi grigi che lo fissavano. Gli occhi scintillavano per il divertimento, ovviamente si erano accorti del contrasto fra i tre. Era davvero così interessante guardare la loro amicizia andare in malora? Quel biondino presuntuoso non aveva niente di meglio da fare?

Harry lo fulminò con lo sguardo, rifiutandosi di distogliere lo sguardo dall’ovvia sfida nell’aria. Fu solo quando venne alzato un sopracciglio che Harry riuscì a distogliere lo sguardo, realizzando l’errore troppo tardi.

“Oh, certo, niente un cazzo! Perché stai guardando Malfoy?”

“Niente Ron, cielo, calmati!”

La faccia di Ron era già chiazzata di rosso. Saltò in piedi, catturando l’attenzione non solo dei Grifondoro, ma dell’intera sala. Strinse i pugni con rabbia, apparentemente senza notare l’attenzione focalizzata su di loro. “Hai detto che era ‘tutto a posto’! Hai detto che avete ‘chiacchierato’!”

Cosa intendi dire?

“Cosa intendo dire? Cosa intendo dire? Sono Serpeverde!”

Se qualcuno aveva dubbi sulla discussione, ora non ne avevano. Contemporaneamente, tutti gli occhi si spostarono a fulminare il tavolo ammantato di verde. “Sono Mangiamorte e peggio! Volevano ucciderti, Harry! Hanno provato a ucciderci! Hanno u-ucciso…” Ron rabbrividì, cercando di respirare, con la faccia rossa. Harry ne aveva abbastanza.

Consapevole delle orecchie tese spudoratamente sulla conversazione, si avvicinò, sforzandosi di parlare piano. “Okay, amico, capisco. Mi dispiace, okay? Mi dispiace.” Gli dispiaceva, per più cose di quando avrebbe voluto. Gli dispiaceva che tutti erano morti per lui nella battaglia finale. Gli dispiaceva per Ron, che aveva perso suo fratello per l’amico. L’amico che ora stava pure morendo. Dio, a Harry dispiaceva. Ma non poteva perdere anche Ron. Non importava quanto si arrabbiava, non importava quanto si indeboliva in modo patetico, non poteva perdere Ron. Non ce l’avrebbe fatta se anche Ron l’avesse odiato.

“Ron. Mi dispiace…” Qualcosa nel tono di voce doveva averlo convinto perché dal nulla smise di gridare, e deglutì forte, fissando Harry. Annuì, sedendosi, e prese bruscamente un piatto di cibo. Gli occhi della sala invece si spostarono su Harry.

Non si era mai abituato agli sguardi inquisitori. Quegli occhi impietosi, tutti lo scrutavano, giudicando ogni sua parola e azione.

“…Torno in dormitorio…”

“Non essere stupido. Siediti.” Borbottò Ron senza guardare Harry, ma continuò a riempirsi la bocca. Harry deglutì di nuovo, ignorando le centinaia di occhi incollati a lui, e lentamente si sedette. Fu come se avesse premuto un interruttore; i bisbiglii ricominciarono, un sibilo che echeggiava attraverso la sala. E nessuno si preoccupava neanche di tenere la voce relativamente bassa.

Lanciò un’occhiata a Hermione, che alzò le spalle come a dire ‘Te la sei tirata addosso da solo’. Era completamente ingiusto. Era entrato nella classe di Pozioni, e non c’erano posti rimasti perché i suoi amici non avevano pensato a tenergliene uno. Aveva dovuto sedersi con i Serpeverde. E allora? Aveva parlato e non gli avevano fatto una maledizione. E allora?

Harry aspettò che la faccia si raffreddasse, ma i mormorii aumentarono. Calì era piuttosto rumorosa mentre parlava con Ginny e Luna della classe di ieri. Harry incrociò gli occhi castani furiosi di Ginny e gemette silenziosamente quando si girò sbuffando. Giorno due, e la situazione era già insopportabile.

Harry sospirò, mescolando il cibo nel piatto e cercando di ignorare tutti gli sguardi sulla schiena. Era insopportabile. Alla fine Hermione ebbe compassione di lui e gli diede un colpetto sul gomito per richiamare la sua attenzione.

“Pensi che i ragazzi dell’ottavo anno possano fare il provino per il Quidditch quest’anno?”

Ron alzò immediatamente lo sguardo, gli occhi sgranati.

“Merlino, non ci avevo neanche pensato! Cosa ne pensi, Harry, torneremo nella squadra anche quest’anno? La coppa sembra così bella nella sala comune di Grifondoro, vero? Con te come cercatore e me come portiere, non avranno possibilità. Nessuno vorrà giocare contro il grande Harry Potter, giusto? Penseranno che li butterai giù dalla scopa.” Ridacchiò, ora un po’ più felice, e tirò altri piatti verso di sé. Harry lanciò un’occhiata grata a Hermione, che fece ancora spallucce; il movimento sembrava essere uno dei suoi preferiti. Ron sarebbe stato furioso quando avrebbe scoperto che aveva già rifiutato l’offerta della McGranitt. Harry rigirò il cibo nel piatto senza scopo. Non aveva più così fame.

Cercando di essere disinvolto, Harry si guardò intorno. Quasi tutti stavano sussurrando, ridacchiando, alzando gli occhi al cielo. Era come se non si dovessero preoccupare di niente, come se questo fosse uno show da non perdere assolutamente. Fantastico.

Corvonero sembrava compiaciuta. Tassorosso moderatamente interessata. Grifondoro seccata.

Harry sapeva davvero che non doveva farlo, ma lanciò ancora un’occhiata al tavolo Serpeverde. Per curiosità. Malfoy lo stava osservando apertamente, le sopracciglia alzate. Fece un sorrisetto compiaciuto ad Harry, alzando un indice e girandolo un paio di volte.

Ringhiando, Harry girò la testa di scatto. Non era sotto il loro controllo. Erano entrambi arrabbiati, e Ron aveva perso più di Harry, quindi Harry doveva essere superiore. Essere superiore non significava essere una proprietà.

Seguì gli altri due a Trasfigurazione, amaro e arrabbiato. Come osava Malfoy ridere di lui? Chi se ne importa dell’intera scuola, quello si poteva sorvolare. Era il sorrisino sardonico di Malfoy che faceva saltare i nervi ad Harry. Aveva sempre quella dannata smorfia in faccia, doveva sempre avere l’ultima parola.

La sala lo metteva a disagio. Malfoy lo faceva diventare furioso.

Entrarono nella classe e si sedettero assieme. Harry tentò di fare un sorriso incerto a Ron, ma era forzato. Molto forzato. E non aiutò il fatto che Malfoy sorrise in modo compiaciuto quando passò il loro tavolo, evidentemente divertito.

La McGranitt iniziò la lezione con una predica, come volevasi dimostrare, e poi procedette a vedere quante cose si erano dimenticati.

“Oggi faremo dei semplici incantesimi evanescenti per vedere quanto vi ricordate. Dopo che tutti riuscirete a fare un incantesimo di sparizione, potete iniziare a prendere appunti sul Multicorfors, a pagina 103… Bè, cosa state aspettando? Signor Potter, può prendere le lumache dall’armadio. Se tutti riescono a farli svanire, prenderemo i topolini. Non ci sarà un Multicorfors nella mia classe fino a che tutti voi non riuscirete a fare un semplice incantesimo evanescente.”

Harry inciampò sulla strada per l’armadio e tirò fuori malvolentieri la piccola gabbia di lumache. Era coperta di bava e puzzava come cibo andato a male. Iniziò comunque ad andare in giro, allungando una mano e prendendo una lumaca per ciascuno, facendo una smorfia quando toccava le viscide creature. Anche Parkinson fece una smorfia d’orrore quando tirò fuori una grossa lumaca per lei, coperta di muco verde. Lei ghignò debolmente, come se fosse una scelta e non un ordine.

“Cielo, grazie Potter.” Di solito il tono sarcastico gli avrebbe fatto controllare se gli avessero lanciato una fattura o un incantesimo mentre non guardava; oggi, lo registrò a mala pena.

Sentendo degli sguardi truci sulla schiena dal resto della classe, continuò, facendone cadere una sul banco di Zabini e girandosi verso la prossima persona. Fu allora che qualcosa lo trattenne per i piedi e lo strinse come una corda. A metà passo gli tirò le caviglie, levandogli letteralmente il terreno da sotto i piedi.

Cadde sul banco più vicino, spedendo lui e lo studente dritti per terra. Il coperchio della gabbietta si aprì e le lumache scivolarono dappertutto assieme alla bava.

Harry trasalì atterrando goffamente sullo studente e sul banco, rotolò e fece una faccia schifata alla vista dell’uniforme imbrattata di schifezza. Gli ci sarebbe voluta un’eternità per levarla senza magia.

Si girò verso lo studente che non si era ancora mosso, pronto a offrirgli una mano. La mano si fermò a metà strada, riappoggiandosi al pavimento per poi spingerlo in piedi. Ottimo. Fantastico. L’Universo lo voleva rovinare, doveva essere così.

“… Uh… Scusa, immagino, Malfoy.”

“La prossima volta che ti muovi, Potty, pensa. Non dovrebbe essere troppo difficile coordinare le gambe e il posto dove il tuo stupido cervello vuole che le porti.” Malfoy parlò lentamente, sedendosi senza fretta apparente e osservando con noncuranza la moltitudine di lumache che si stavano lentamente muovendo sulla sua uniforme. “Hmm. Cosa dovrei fare con te?” Mormorò a una lumaca che aveva sulla mano, puntando crudelmente la bacchetta e guardando come essa iniziò a contorcersi, come se fosse ignaro della classe che lo guardava.

Signor Malfoy! La smetta subito di fare qualunque incantesimo sia e si alzi! Signor Potter! Anche lei.” Entrambi si alzarono di mala voglia e Malfoy fece cadere sul pavimento la lumaca ormai morta. Harry la guardò tetro, battendo le palpebre prima di girarsi verso la McGranitt. In che modo facile quella povera cosina aveva combattuto ed era morta… senza prevalere. Ma che pensiero confortante, pensò freddamente. Era un segno? No, solo una spiacevole coincidenza.

“Andate ripulirvi. Ora, chiunque lo abbia fatto se ne pentirà amaramente! Non tollererò scherzi infantili, specialmente da voi dell’ottavo anno!”

Harry non sentì più niente quando uscì dalla stanza come una furia, cercando di respirare con calma ma perdendo penosamente la battaglia. Era stato un Grifondoro, e l’avrebbero pagata. Entrò in bagno e si precipitò al lavandino, ficcando le mani sotto il getto d’acqua e cominciando a strofinare. Aveva bisogno di grattare via lo sporco. Non ce la faceva più. Voleva usare la bacchetta e maledire chiunque lo aveva fatto cadere. Lo mandava in bestia sapere che non poteva neppure reagire senza essere irrimediabilmente battuto. Diavolo, non poteva neanche usare la magia per pulire la bava che gli copriva il braccio. Era patetico; niente di più di un Magonò. Potevi diventare un Magonò? O ora era classificato come Babbano?

Harry continuò a strofinare le mano, sapendo che se ne era andata ma non sarebbe entrato di nuovo in quella stanza finché non si fosse calmato. Ora come ora non poteva affrontare Ron o Hermione… E cosa poteva dire? Probabilmente sapevano chi l’aveva detto. C’era anche la possibilità che fossero stati loro, se Ron non era così indulgente come Harry pensava.

Harry ringhiò di nuovo, appoggiando la testa allo specchio e respirando pesantemente. Era martedì oggi. La sua prima diagnosi era stanotte, per assicurarsi che non peggiorasse. Quindi, oltre a tutti i compiti avrebbe passato le prossime ore a soffrire fino a nuovo ordine. Uscire non era un problema; doveva solo prendere il mantello e la mappa.

“Penso che ci sei riuscito, Potty.”

Harry spalancò gli occhi e si voltò. Malfoy era appoggiato alla porta, con un’espressione divertita negli occhi. Era immacolato. Non un capello fuori posto. Il bastardo.

“Dov’è la bava?”

“Tsk, per una coincidenza sono un mago, Potty. È sorprendente che tu sia stato ammesso alla scuola. Davvero, un regalo.”

Harry ringhiò di nuovo, spingendolo via per tornare in classe. Non voleva che Malfoy sapesse quanto le sue parole avessero fatto centro, ma aveva appena detto quello che Harry aveva temuto per settimane. Se non poteva più usare la magia, era ancora un mago? Aveva ancora la magia; l’unico problema era che ora stava cercando di ucciderlo.

Trasfigurazione era un inferno, un’ombra di quello che era prima. Harry agitò la bacchetta svogliatamente, facendo finta di provare a lanciare l’incantesimo. Gli occhi vagarono verso l’altro lato della stanza dove tutte le lumache erano già state fatte svanire. Zabini e Malfoy stavano sussurrando tra loro, guardando a mala pena il libro prima di scribacchiare attentamente le istruzioni. Malfoy mormorò ancora qualcosa, e improvvisamente gli sguardi di entrambi erano puntati su Harry e brillavano di divertimento.

Non migliorò per niente il suo umore.

Furioso, lanciò un’occhiataccia alla lumaca sul suo banco, desiderando sapere l’incantesimo che Malfoy aveva usato prima per farla contorcere. Se si meritava di essere così infelice, lo stesso valeva per la lumaca, vero?

Incantesimi fu terribile come Trasfigurazione.

Difesa fu un incubo.

Tutti erano capaci di fare gli incantesimi con facilità, volando attraverso il ripasso senza battere ciglio. Aveva migliorato l’umore di tutti, che ora ridevano e sorridevano come se avessero deciso che, improvvisamente, i MAGO erano raggiungibili. Harry tenne giù la testa e prese appunti. Non fece pratica come gli altri, invece iniziò i compiti, e ne aveva già fatti metà prima che qualcuno si accorgesse che era ancora al banco.

Alla nuova insegnante non dispiaceva, e in realtà gli fece un mezzo sorriso. Merlino, la compassione era peggio di essere ignorato. Ron era di nuovo abbastanza felice, la trovata a Trasfigurazione era abbastanza per lui da pensare che Harry fosse stato umiliato abbastanza. Hermione però sembrava un po’ di malumore e continuava a guardare Harry. Alla fine, la tensione divenne troppo forte da sopportare e si avvicinò, un po’ scocciata. Aveva completato tutti gli incantesimi perfettamente, e nonostante ciò sembrava che li avesse sbagliati.

“Harry, che stai facendo?” Chiese lei, una vena irritata evidente nel tono di voce. Sembrava che stesse cercando di rimanere amichevole e felice, a dispetto delle occhiate tese della professoressa.

“Sto prendendo appunti.” Lui fece finta di sorridere, ignorando il lampo di irritazione. “C’è qualche problema?”

“Dovresti fare pratica. È il primo giorno della professoressa, la sua prima lezione del suo primo lavoro… e tu stai già minando la sua posizione sedendo qui a fare niente. È ovvio che la stai imbarazzando, guarda gli sguardi tristi che continua a darti.” Entrambi guardarono l’insegnante giusto in tempo per beccare una delle famigerate occhiate; la compassione le bruciava negli occhi. Harry tornò velocemente al suo lavoro. “So che puoi fare questi incantesimi, quindi magari solo per lei? Tutti guardano te, Harry. Sei un modello adesso.” Lei alzò gli occhi al cielo davanti alla sua espressione disgustata e gli parlò velocemente sopra. “Quindi, se ti vedono seduto qui a non fare incantesimi, potrebbero decidere di copiarti.”

“Hermione, non hanno dodici anni.” Harry si accigliò, non capiva perché doveva esplicitarglielo. “Sono perfettamente capaci di fare le loro decisioni; non sono stupidi idioti che copiano ogni cosa che faccio. Comunque, conosco questi incantesimi e, francamente, non voglio usarli mai più.”

L’espressione di Hermione si ammorbidì notevolmente. Annuì e si unì agli altri, parlando piano a Ron, e entrambi si girarono a guardarlo tristi. Dio, oggi era una giornata veramente insopportabile, vero?

Grazie al cielo aveva due ore di studio dopo pranzo, che passò copiando velocemente gli appunti di Trasfigurazione. Gli ci vollero solo dieci minuti, dopo i quali lasciò velocemente la stanza, ignorando i commenti curiosi di Ron e Hermione.

Lasciò che i piedi lo guidassero dato che non voleva tornare dentro. Lentamente, passeggiò fino al lago e si sedette sul posto del giorno prima. Guardò indifferente la nera acqua gelida, sbattendo le palpebre, la mente vuota. Riposando le braccia sulle ginocchia, si appoggiò all’indietro, assente.

Non voleva pensare più.

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Harry si contorse inquieto, la faccia contratta per l’agonia. Poteva sentire la pozione che gli strisciava nel corpo, proprio sotto la pelle, cercando in ogni minuscola piega del corpo. Essa forzò la strada attraverso i muscoli, a dispetto del dolore che portava, indugiando crudelmente prima di spingersi avanti. La Chips lo aveva avvertito che avrebbe ‘fatto un po’ male’.

Fatto un po’ male.

Non che lo avrebbe lasciato a urlare fino a che la gola non gli sanguinava. Doveva essere svenuto per un attimo, perché in un attimo essa si stava dimenando subito dopo la spalla, contorcendosi sotto le scapole e avvicinandosi sempre di più al petto. Il dolore era insopportabile, più di qualunque cosa che aveva patito in precedenza. Dio, la morte era stata più facile da sopportare di questo. Ora gli aveva circondato il cuore, strizzandolo, fermandolo, rendendolo impossibilitato a battere, forzandolo all’immobilità. E Dio, quello aveva fatto male.

Harry alzò una mano per strofinare l’umidità degli occhi e lo shock gli attraversò lo sguardo. Non si ricordava di aver pianto. Se li asciugò con violenza, una mano invece si stringeva attorno al nodo allo stomaco. Essa stava strisciando lì attorno, gli faceva venire la nausea. Voleva vomitare tutto quello che aveva mangiato a pranzo, e anche allora, il suo stomaco che si agitava non si sarebbe calmato.

Harry trasalì e si sedette un po’ più su, guardando scioccato il suo corpo. Il petto era coperto di graffi, marchi insanguinati che correvano sulla maglia. Il sangue cremisi era penetrato nell’uniforme e, quando alzò una mano tremante, le dita macchiate di sangue lo fissarono di rimando come a deriderlo.

“Si… Oh, bè… Lei si è un po’ frustrato mentre non riusciva ad alleviare il dolore al petto…” Balbettò Madama Chips, apparendo alla sinistra di Harry. La guardò, trasalendo quando vide il viso rosso e le guance rigate di pianto. Le mani le stavano tremando, quando si rese conto che Harry era di nuovo cosciente. “Oh… Bè, devo… Andare a controllare… Sta bene?”

Harry annuì lentamente. Non provò neanche a parlare; al momento un mugolio era impossibile. Dovette guardare in silenzio mentre lei se ne andava, la gola tradiva i suoi pensieri urlanti. Resta! Solo… resta!

La porta si chiuse con uno schiocco, echeggiando nell’infermeria vuota.

Harry boccheggiò quando essa gli strisciò nell’intestino, facendo sobbalzare i fianchi, e scattò attraverso il muscolo lì. Con le mani che si aggrappavano alle lenzuola, tutto quello che poteva fare era strizzare gli occhi, e sperare che finisse presto.

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Harry ingollò le tre pozioni, notando a malapena il gusto pungente. La pozione blu, un guaritore interno. Sapeva da frutta marcia, o almeno ne aveva l’odore. Gli aveva fatto venire la nausea quando aveva iniziato a prenderla, ma ora era solo un altro aspetto della sua vita che ignorava completamente. La pozione trasparente, un forte antidolorifico; per guarire ogni danno che si era causato durante il giorno, sia visibile che no. Bruciò quando colò nella gola, sembrava causare più danni che curarli. E ora all’ultima… Una pozione marrone, fetida, da prendere due volte al giorno. Una pozione che stabilizzava la magia. Il gusto era allo stesso livello di quello della pozione Polisucco… No, era peggiore.

Ma Harry la mandò giù, sapori e odori gli facevano a mala pena effetto. Si era abituato durante l’estate.

Non aveva ancora deciso se questa era una cosa buona o cattiva.

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Harry sbatté lentamente le palpebre, realizzando che qualcosa non andava ma la sua mente non riusciva a capire cosa esattamente. Era tutto confuso, sfocato. Aspetta, c’era qualcuno?

La sagoma distorta di una persona vicina al letto finalmente si profilò, mentre parole fredde e aggressive si facevano strada attraverso la nebbia.

“Come osi… egoista!… Deprimendoti… morire!...” Harry scosse la testa, cercando di pensare con chiarezza. Chi stava parlando? E perché faceva così male? Il petto gli pulsò, soffrendo per un dolore che pensava di aver dimenticato. Solitudine. Perché era così solo? Un’altra voce tagliò il corso dei pensieri, più profonda, ma furiosa e fredda come la prima.

“Fratello… famiglia… hai preso… bastardo!… Egoista!” Perché non riusciva a collocare la voce? Chi era? Harry batté lentamente le palpebre, cercando di scuotere ancora la testa ma sentendosi troppo pesante per muoverla. Era estenuante, e presto stava ansimando, cercando di fermare la pulsazione insistente.

La figura vicino al letto si spostò, girandosi in evidente disgusto. No. NO! Ci volle ogni briciolo di forza di Harry per tendere una mano, il compito semplice lo prosciugava. Desiderò di non averlo fatto.

Il suo polso era sottile, l’osso spuntava orribilmente dalla pelle sottile. Pesantemente contuso e debole, il polso sporgeva sgradevolmente, in pesante contrasto con le semplici dimensioni del braccio. Era pesantemente emaciato, e tuttavia non riusciva a ricordare perché… o chi era vicino al letto!

Tutto era annebbiato, incoerente. Dov’era? Chi c’era? Perché lui era lì?

Harry si fece prendere dal panico, cercando di vedere chiaramente. L’azione tuttavia lo prosciugò, lasciandolo lentamente affondare ancora una volta nell’oscurità…

Harry si sedette di scatto, ansimando pesantemente. Di colpo voltò la testa per guardare il polso, sospirando di sollievo prima di artigliarsi lo stomaco, cercando disperatamente di trattenere la nausea. Non stava morendo in ospedale… I suoi amici non l’avevano lasciato, disgustati per quello che era diventato. Era ancora Harry. Sopravviveva ancora.

Harry spinse via le coperte con rabbia, furioso per il fatto che era stato tanto debole da addormentarsi dopo il trattamento. Era ancora qui. Stava bene. Bene, porca puttana!

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Quando Harry raggiunse la Sala Grande quella mattina, si fermò appena entrato, cauto. Tutti i tavoli erano vuoti, i suoi passi echeggiavano forti nella sala vuota. Ma quanto presto era? Si avvicinò al suo tavolo, sedendosi comodamente e appoggiando la testa sulla superficie liscia. Non poteva tornare in sala comune, sarebbe stato uno spreco di tempo. E tuttavia, non poteva fare molto quaggiù, no?

Harry tirò fuori la bacchetta, pronto a lanciare un incantesimo temporale, le parole sulla punta della lingua… prima di rendersi conto che non gli era più permesso usare la magia. Certo, poteva farlo se voleva, ma in una stanza deserta, a chissà quale ora del mattino?

Stingendo i denti, mise giù la bacchetta, sbattendo duramente la mano sul tavolo. Non poteva neppure usare un incantesimo temporale? Ma quanto patetico era? Non poteva neppure sapere che ore erano senza mettersi in pericolo?

Ricacciando indietro il calore improvviso della faccia, Harry tirò di nuovo un pugno al tavolo. Non era giusto. Niente era giusto. Non si meritava di bere quelle dannate pozioni ogni giorno, di patire quella tortura ogni martedì notte. E sul fatto che non poteva più usare la magia, senza che gli si ritorcesse contro una volta sì e una no, facendogli male o cercando di ucciderlo?

E a nessuno importava.

Aveva rinunciato alla vita, si era sacrificato per distruggere l’ultimo Horcrux. Si era aspettato di morire. Quando ingiusto era il mondo, a lasciare una responsabilità del genere ad un adolescente? Ma era pronto. Aveva camminato in quella foresta, e aveva chiuso gli occhi. Non aveva rimpianti.

Poi, all’improvviso, gli era stata di nuovo donata la vita. Tutte le possibilità infinite che non aveva mai potuto considerare all’improvviso erano alla sua porta. Il potenziale era illimitato. All’improvviso poteva invecchiare, e sposarsi, e diventare padre. Poteva vivere.

Harry bestemmiò tra sé e sé, tirando un terzo pugno al tavolo. Il destino faceva schifo.

Nel momento in cui la rivelazione che poteva avere una vita lo aveva raggiunto, gli era stata portata via di nuovo.

L’Universo gli stava gridando: “Hey, hai fatto il tuo lavoro; non abbiamo più bisogno di te. Muoviti a sparire.” E sarebbe sparito. Non sarebbe mai invecchiato, non avrebbe mai avuto una casa che aveva comprato con i soldi guadagnati con il sudore della sua fronte. Non avrebbe mai comprato un grande bastardo nero che gli ricordava Sirius per rallegrarlo nei giorni di pioggia. Non avrebbe mai sposato Ginny. Non avrebbe mai visto gli occhi di Lily ripetersi ancora in sua figlia o suo figlio. E questi erano solo gli obiettivi a lungo termine.

Harry ringhiò tra sé e sé, mettendo la testa tra le mani mentre aspettava che il castello si svegliasse.

La vita non era giusta. Non sarebbe mai stata giusta. Una malattia avrebbe fatto ciò che Voldemort non era riuscito a fare. Tsk, Voldy avrebbe dovuto aspettare solo per un altro mese, e poi avrebbe avuto la strada libera. Ma l’uomo non aveva avuto pazienza, e neanche l’Universo, apparentemente.

Harry sbatté le palpebre quando si aprì la porta, il primi Serpeverde che entravano. Lo guardarono con curiosità, ma non fecero nient’altro. Ultimamente avevano tutti mantenuto le distanze, vergognandosi o sentendosi in colpa. Probabilmente solo perché era stato ferito il loro orgoglio testardo. In ogni caso, era solo una questione di tempo prima che la Casa viscida superasse la docilità e si ricordasse chi era veramente. Lui stava aspettando quel giorno; una parvenza di normalità sarebbe stata carina. Ben accetta, in realtà.

Harry fece una smorfia quando un’altra ingiustizia gli entrò in testa. Non gli avrebbe più potuto duellare con i Serpeverde. E nessuno avrebbe voluto duellare con lui, menomato com’era. Un altro aspetto della sua vita che lo stupido Universo pensava di avere il diritto di prendere.

Non sarebbe stata l’ultima volta che Harry lo pensava.

La vita. Faceva. Schifo.

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“e’é ‘on ‘angi?” Chiese Ron diverse ore dopo con la bocca piena di bacon e uova. Harry lo guardò riempire il piatto, mangiando come se non lo avesse fatto per settimane. Era arrivato con Hermione, tenendosi per mano e comportandosi come la coppia dell’anno. Harry non pensava che sarebbero caduti così in basso, ma, eccoli là. I risolini e i sussurri ora succedevano anche a colazione, come se fossero ignari dei fischi che loro amici lanciavano non appena lo facevano.

“Parlo il serpentese, Ron, non il trollese.” Hermione si allontanò dal suo orecchio e fece un sorriso divertito quando fece l’occhiolino a Ron.

“Onestamente, Ronald, non è così… attraente.” Immediatamente Ron deglutì l’intero boccone, sorridendo imbarazzato. Guardava Hermione come se fosse il suo sole, come se tutta la felicità della vita derivasse semplicemente da uno sguardo di lei. Harry sapeva che doveva sostenerli, ma quando guardò un po’ più giù e vide Ginny, non poté fare a meno di stringere i denti dalla rabbia. La gelosia che gli si dipanava nello stomaco stava diventando una costante ormai.

“Harry, perché non mangi?” Ripeté Ron, adocchiando il piatto relativamente pieno di Harry. “Eri qui prima di noi, vero?”

“…Niente, non mi sento molto bene.”

Spinse il piatto verso Ron e fece un piccolo gesto di circostanza. Ron sembrò accettare la sua risposta e continuò a mangiare, ma Hermione aggrottò le sopracciglia.

“Forse ti stai ammalando? In effetti sei un po’ pallido.”

“Solo un po’ stanco.”

E apparentemente, quello le era sufficiente. Dieci parole entrambi, e avevano finito la conversazione del mattino. Hermione annuì, girandosi a mormorare qualcosa a Ron, sorridendo raggiante. Ron arrossì e si strozzò sul boccone, guardando Hermione come se non l’avesse mai vista e con un grosso sorriso stupido che gli si apriva sulla faccia.

Harry sospirò, guardando gli amici senza divertimento. C’era stato un tempo in cui delle scuse così poco convincenti li avrebbero allertati e lo avrebbero stressato per giorni finché non avesse dato una risposta soddisfacente e sincera. Quel tempo era ovviamente passato.

Harry si guardò intorno nella sala, vedendo tutti i visi felici. Stavano ridendo e scherzando, o litigando. Tutti provavano ancora emozioni. Ultimamente, la rabbia era l’unica sensazione a cui Harry permetteva di emergere.

Lo sguardo cadde ancora su Malfoy che, sentendosi immediatamente osservato, alzò gli occhi e fece un sorrisetto di scherno. Dannato Malfoy. Aveva fatto quasi perdere a Harry l’amicizia di Ron per quella ridicola litigata. Harry lo guardò truce, ignorando il sorrisetto. Poi, Malfoy fece lo stesso gesto del giorno prima.

Harry alzò le sopracciglia, e si alzò. Sapeva che gli altri non lo avrebbero visto andarsene, il che era esattamente quello che voleva sottolineare. Non apparteneva a nessuno, e nessuno era sotto il controllo di nessun’altro!

Quando Harry raggiunse le porte, si rigirò, un ghigno falso spalmato in faccia. Si inchinò nella direzione di Malfoy, ignorando il fatto che i mormorii iniziarono quasi subito. La porta si richiuse con un tonfo dietro di lui, lasciando Harry non esattamente felice ma… contento era una parola migliore. Era bello sapere che poteva ancora battere Malfoy in qualcosa.

Aveva sottolineato quello che voleva sottolineare. L’inchino… non sapeva perché l’aveva fatto, ma non importava.

Malfoy non importava.

Non appena raggiunse l’ingresso, comunque, invece del silenzio che cercava, degli strilli furiosi si alzarono ad accoglierlo. Guardò in alto e vide Romilda Vane ridere con alcune delle sue amiche, ovviamente della ragazza Serpeverde in fondo alle scale. La ragazza sarebbe stata anche carina, se non avesse avuto sbavature di mascara sotto gli occhi. E che voce. Strillava alle Grifondoro, la faccia luccicante di lacrime e la bacchetta dimenticata per terra.

Harry alzò gli occhi al cielo, non aveva la minima voglia di essere coinvolto in una tragedia tra ragazze. La sua vita era già abbastanza piena di tragedie che stava cercando di ignorare, anche se senza molto successo.

Harry iniziò ad attraversare la sala, esitando perché non sapeva esattamente dove andare. Se fosse andato su per le scale, sarebbe stato preso nel fuoco incrociato delle ragazze, sicuramente qualcosa in cui non voleva partecipare. L’unica altra direzione erano i sotterranei, e sorprendentemente, avrebbe preferito venire colpito da un paio di ragazze isteriche piuttosto che avventurarsi là sotto.

La Serpeverde sembrava averne avuto abbastanza. Pestò un piede e strinse i pugni, chiedendosi cosa fare. Harry si aspettava che si girasse e tornasse ai sotterranei o a un bagno. Di sicuro non si aspettava che si aggrappasse al coraggio residuo sepolto da qualche parte, e caricasse su per le scale verso le Grifondoro. Le quali, anche loro inaspettatamente, risero solo più forte ai suoi tentativi di raggiungere il loro stesso piano. Gli strilli taglienti echeggiavano ancora nell’ingresso, mentre ogni ragazza tentava selvaggiamente di superare l’altra. Merlino, le ragazze erano brutali.

Harry, che ora stava camminando attraverso l’ingresso, lanciò un’altra occhiata alle ragazze, leggermente interessato al risultato. I Serpeverde di solito erano astuti, ma codardi. Non affrontavano mai un branco di Grifondoro apertamente, da soli.

Fu una fortuna per tutti loro che catturarono l’attenzione di Harry.

Nel momento in cui alzò lo sguardo, notò Romilda con la bacchetta in mano. Continuando a ghignare, la puntò sulla ragazza, che era giusto a metà scala. Lei inciampò.

Harry poté contare ogni secondo.

Uno.

L’espressione di sorpresa della ragazza non ebbe neppure il tempo di trasformarsi in terrore che scivolò all’indietro, verso il pavimento di un piano più giù. Non aveva neanche la bacchetta, l’aveva abbandonata nell’ingresso. I suoi occhi si spalancarono con incredibile lentezza.

Due.

Lo sguardo compiaciuto di Romilda esitò un attimo, combattuto tra felicità e preoccupazione. Troppo tardi per riprendersi l’azione, il ghigno non le scivolò dal viso. I suoi occhi comunque si spalancarono, turbati.

Tre.

Nello stesso istante in cui un urlo esplose nell’ingresso, Harry estrasse la bacchetta e gridò, sperando di prendere qualunque cosa.

“WINGARDIUM LEVIOSA!”

Per un attimo terribile, Harry temette che l’incantesimo non avesse fatto niente, che la sua magia ormai fosse scomparsa. Comunque, la ragazzina smise di cadere, i suoi vestiti erano ovviamente stati intrappolati dall’incantesimo. Iniziò ad agitarsi, visibilmente terrorizzata di essere levitata diversi piani più su. Harry la abbassò lentamente al pavimento, il cuore gli batteva forte nel petto.

Sarebbe successo qualcosa? Aspettò, leccandosi le labbra ansioso, ma dopo qualche momento di non dolore, sospirò di sollievo. La sua magia non aveva reagito. La sua magia non gli aveva fatto del male!

La piccola Serpeverde raggiunse dolcemente il pavimento e venne immediatamente tirata in piedi da un’altra. Harry quasi non prestò attenzione agli insulti che la Parkinson gli stava gridando addosso.

“Che CAZZO stavi pensando di fare?!” Non si era mai arrabbiato così tanto. Non quando aveva scoperto che questa cosa gli stava invadendo il corpo, non quando aveva scoperto che doveva morire di nuovo, non quando suo zio gli faceva una lavata di capo per niente. Non quando aveva distrutto l’ufficio di Silente. Era livido. La furia gli crebbe nello stomaco, forzandogli le gambe a muoversi. Sapeva a malapena che si era mosso, finché non arrivò a pochi metri da Romilda.

“Calmati, Harry, era solo per…”

“Se finisci quella frase con ‘divertirsi’, che il cielo ti aiuti!” Gridò lui, afferrandole le spalle e spingendola in malo modo contro la parete, senza preoccuparsi affatto del piccolo gemito. “Come osi? COME OSI? AVRESTI POTUTO UCCIDERLA!” Ringhiò, senza credere ai propri occhi. Si trattava di una Grifondoro, per amor del cielo! Si aspettava questo da una Serpeverde, non una della sua casa!

“Non… Non si è fatto male nes…”

E se non fossi stato qui? Allora?!” Harry non riusciva a credere ai propri occhi. Questa era una ragazza che conosceva, una di cui si fidava, nonostante qualche pasticcio con le pozioni d’amore. “Ti piace spingere le persone giù per le scale? Pensi che sia divertente, eh?”

Harry ne aveva abbastanza. Prese bruscamente Romilda per il braccio, spingendola verso le scale, guardando i suoi occhi diventare grandi per la paura. Oh, allora lei non voleva cadere, vero?

“Sembri spaventata. Hai paura della morte?” Continuò Harry, ringhiando quando gli occhi della ragazza tornarono su di lui. “Bé, anche lei. Nessuno si merita di morire. NESSUNO! CHI SEI TU PER DARE GIUDIZI? CHI SEI TU PER DECIDERE CHI VIVE E CHI MUORE?

Romilda stava tremando di paura, aggrappandosi disperatamente alla maglietta di Harry nella speranza che non la spingesse giù per le scale. Disgustato dal fatto che lei lo toccasse, Harry la spinse lontano da lui, lontano dall’orlo delle scale. Harry sbatté le palpebre per scacciare il bruciore negli occhi, spazzando via l’umidità improvvisa. Che strano.

Deglutendo a fatica, Harry si guardò intorno, verso una Romilda terrorizzata e compagnia, che stavano tremando e piangendo qualche metro più in là. Ai piedi delle scale, verso la ragazza sconvolta, che ancora piangeva, e Pansy Parkinson, che lo guardava con un’espressione guardinga, sospettosamente vicina a paura. Le porte della Sala Grande erano aperte e delle teste curiose facevano capolino.

Harry corse via.

.

.

.

Per la seconda volta in quella settimana, Harry entrò nella classe di Pozioni sentendosi distintamente fuori posto. Non pensava di essere così in ritardo, ma non appena entrò tutti gli occhi furono su di lui. Stavolta, non erano solo i Serpeverde a fulminarlo. I Grifondoro seguirono ogni suo passo furiosamente con gli occhi fiammeggianti dalla rabbia.

Harry cercò con lo sguardo Ron e Hermione, ma entrambi erano già immersi in una discussione ed era evidente che non guardavano Harry di proposito.

Quindi sarebbe stato così, eh?

Harry sospirò, stringendo i denti per non fare una smorfia e si avvicinò a Goyle, sedendosi tetro sulla sedia e guardando truce il calderone. Voleva che oggi finisse il prima possibile.

Goyle si alzò ancora per prendere gli ingredienti, lasciando Harry da solo al tavolo. Oggi stavano facendo una pozione soporifera avanzata, una che avrebbe reso l’utilizzatore incosciente anche per alcuni giorni alla volta, senza sogni. O incubi, pensò Harry tristemente, desiderando di provare questa pozione in particolare. Non gli dispiaceva davvero addormentarsi per alcuni giorni alla volta, c’era meno tempo in cui il suo corpo lo poteva tradire, no?

Harry alzò lo sguardo sorpreso quando un piccolo aeroplano di carta atterrò sul banco. Ovviamente indirizzato a lui. Guardando in giro, beccò tutti i Serpeverde a fissarlo insistentemente, ma nessun Grifondoro. Non potevano crescere un po’?

Harry aprì velocemente il bigliettino, guardandolo e sperando immediatamente di non averlo fatto. Il fastidio che stava sparendo tornò a mille.

Perché hai cercato di spingere Romilda giù dalle scale?

Furioso, Harry accartocciò il foglio e lo buttò di lato sul banco, desiderando disperatamente di bruciarlo. Un incantesimo non avrebbe fatto niente. Non gli aveva fatto male stamattina, no? Un piccolo incendio…

Goyle tornò al tavolo, buttò diversi ingredienti verso Harry e iniziò a tagliare i suoi. Con una smorfia, Harry seguì il suo esempio, lavorando in silenzio. Occasionalmente la copia di Hulk si girava verso Harry per fulminarlo, come per sfidarlo a dire qualcosa, ma Harry ne aveva abbastanza. Lavorò in silenzio, rifiutandosi di incrociare lo sguardo o di rispondere agli insulti. Anche quando mormorava qualcosa simile a ‘traditori del sangue’ e ‘sporchi mezzosangue’, Harry rimase in silenzio.

Poi, un altro aeroplanino atterrò davanti a lui.

Harry alzò di nuovo lo sguardo, senza combattere per tenere calma l’espressione, prima di leggere il bigliettino.

Perché hai cercato di spingere Romilda giù dalle scale?

Il carattere era più grande stavolta, più insistente. Sembrava più Hermione che gli faceva la predica, che Ron che cercava di scoprire cos’era successo. Di nuovo, Harry lo accartocciò e lo buttò di lato. Prese la milza di rana e la buttò selvaggiamente nella pozione, ignorando l’occhiata di fuoco che Goyle gli lanciò di nuovo.

Fai solo la pozione. Fai solo la pozione.

Harry iniziò a canticchiare il mantra nella testa, ignorando le occhiatacce e ora i bisbiglii che riempivano la stanza. Ogni occhio era incollato alla sua schiena, come se conoscesse tutte le risposte di questo scherzo di universo del cazzo. Sentendosi la faccia andare di nuovo a fuoco, Harry li ignorò, prendendo invece un coltello e accettando la radice di mandragola.

Fai solo la pozione. Fai solo la…

“Cosa volete?” Scattò verso l’altro lato della stanza quando un altro aeroplanino gli atterrò davanti. Lo accartocciò in mano, senza neanche aprirlo. La stanza si zittì immediatamente, e il loro stupido insegnante finalmente prestò attenzione allo sconvolgimento di Harry.

“Harry, ragazzo mio, devi dire qualcosa?”

Harry invece si girò freddamente verso di lui. Sì, impara a controllare la tua classe! Pensò selvaggiamente, prima di scuotere la testa e tornare alla sua pozione che bruciava. Buttò ancora il biglietto sul tavolo, guardando trucemente la pozione. Se aggiungeva un’altra milza, sarebbe esplosa? Allora la lezione sarebbe stata annullata, o lui sarebbe stato mandato in ospedale… no, non voleva tornarci lì. Madama Chips riusciva a mala pena a guardarlo quella mattina. Non voleva essere sottoposto alla stessa pietà che tutti gli insegnanti gli riservavano quando lo guardavano…

“Uno potrebbe pensare,” Harry alzò bruscamente gli occhi quando Malfoy parlò, accogliendo la piccola distrazione anche se lo canzonava, “che forse vogliono una risposta a quei bigliettini?” Ne prese uno, lo aprì e lo lesse, le sopracciglia alzate. “Sembra che stiano scoprendo solo ora il tuo pessimo carattere, Potty. Come sei riuscito a tenertelo per te tutti questi anni, non lo capirò mai.” La voce si affievolì e lui si accigliò alla mancanza di risposta di Harry.

Harry guardò semplicemente Malfoy finché quello non divenne abbastanza confuso da rigirarsi verso la cattedra. E il terzo round va a Harry. Il pensiero lo fece quasi sorridere. Quasi. Comunque, sembrava che Malfoy non si dissuadesse facilmente.

“Sai, Pansy mi ha detto che oggi hai aiutato Daphne. Non ero incline a crederle, ma i Grifondioti stavolta sembrano odiarti per un motivo completamente nuovo. Sul serio, dovrebbero aspettarselo ormai, con il tuo complesso da eroe.”

“Perché mi stai parlando?” Quello fece di nuovo ghignare Malfoy, che ridacchiò per un attimo prima di rispondere. Onestamente, tirava sempre tutto per le lunghe.

“Mi sto solo chiedendo se l’hai fatto perché era la cosa giusta da fare.” Il biondo sbuffò, come se non ci credesse neanche un po’, “Vedi, i Serpeverde hanno fatto una scommessa. Non voglio perdere cinquanta galeoni.”

“Mi piaci molto ma molto di più quando non parli.”

“Peccato. Bè?”

“Fanculo, Malfoy.” Harry si sedette all’indietro, aspettando la fine della classe e sperando disperatamente che arrivasse presto. Goyle sembrava abbastanza arrabbiato da minacciarlo ancora con il coltello, i Grifondoro erano lividi, e i Serpeverde lo guardavano come se fosse una bomba a tempo. E inoltre, Lumacorno continuava a sorridergli. Rassicurante.

Potevano provare la pozione?

La campanella del pranzo suonò e finì. Harry rimase al suo posto determinato a non andare a mangiare. Sarebbe stato bombardato, e per il momento, a dir la verità trovava rilassante l’aria fresca e umida dei sotterranei. Erano molto più tranquilli del resto della scuola. Sarebbe stato perfetto sedersi quaggiù e sparire di nuovo nel nulla.

Ma poi gli studenti più giovani iniziarono a riempire le sedie, e Harry dovette lasciar libero il suo nuovo nascondiglio, rimpiazzandolo con Trasfigurazioni. Fantastico.

Dire che la McGranitt era incazzata quando Harry arrivò era un eufemismo. Si girò a fulminarlo, e improvvisamente lui si sentì di nuovo dodicenne, in un’uniforme troppo grande per lui e occhiali tenuti assieme dallo scotch. Wow, se solo potesse tornare a quando aveva dodici anni… Avrebbe avuto altri sei anni da vivere, questa volta senza Voldemort.

Harry voleva quasi che lei lo fulminasse ancora.

“…Harry, che succede?” Gli sussurrò Hermione appena si fu seduto. Non aveva neanche avuto il tempo di mettere le gambe sotto il banco. “Romilda è arrivata in Sala Grande piangendo stamattina, dopo che tutti abbiamo sentito urlare.”

“Non è successo niente.”

“Harry, sappiamo tutti che…”

“Non è successo niente!”

“Signor Potter! Ha qualcosa di cui desidera informare la classe?” Harry guardò la McGranitt, scuotendo leggermente la testa. Aveva un sacco di cose da dire, solo non alla classe. “No? Allora ci può dire cosa stiamo studiando oggi?”

“… Il Multicorfors… Permette di cambiare il colore del proprio corpo.”

“Ben fatto, signor Potter. Sembra che dopo tutto non abbia sprecato tutta la sua educazione in futili pettegolezzi. Anche se ancora non riesce a fare decentemente un semplice incantesimo evanescente.”

Harry la guardò con il viso impassibile mentre lo trattava con condiscendenza, stringendo i denti. Lei sapeva che non poteva fare magia pratica. Gli aveva ordinato di fare il minimo indispensabile.

Di solito, quel commento gli sarebbe scivolato addosso. Ma oggi no. Non dopo essere stato ignorato dalla Chips, ignorato da Ron e Hermione, trattato come un emarginato perché aveva fermato un omicidio nel nome del ‘divertimento’, e costantemente provocato in pozioni. E ora, e ora, lo trattavano con condiscendenza?

Senza una parola, Harry si alzò e andò all’armadio, ignorando il comando della McGranitt di sedersi immediatamente. Cosa poteva fare? Metterlo in punizione? Espellerlo? Entrambe le opzioni lo facevano ridere.

Trovò velocemente la gabbia di lumache, tirandone fuori una sulla mano aperta. Ancora senza una parola, la sfiorò con la bacchetta. La lumaca scomparve. Ne tirò fuori un’altra. La lumaca scomparve. Un’altre. La lumaca scomparve. Per tre volte lo fece non verbalmente. Mezza classe non riusciva ancora a fare un semplice incantesimo senza dover sussurrare la formula.

Gli occhi inceneritori della McGranitt si ridussero a due fessure.

“Sta tirando troppo la corda, Potter.”

Hmm. Oggi aveva già usato la magia quattro volte, e non era successo niente. Di cosa si stava preoccupando quella mattina con l’incantesimo di tempo? Non sarebbe successo niente di male. Aveva reagito in maniera esagerata tutto il tempo? O i Guaritori? Gli avevano detto di non usare la magia come precauzione, e non un ordine?

Una sensazione simile alla felicità fece fare un sorrisetto ad Harry, che rimise via le lumache e tornò al posto. Non aveva la minima intenzione di farse trattare con condiscendenza, e aveva appena zittito la McGranitt. Forse oggi sarebbe stata una bella giornata, dopo tutto.

Mentre la classe iniziava a fare pratica sull’incantesimo, Harry era rimproverato da due persone nello stesso momento. Hermione gli soffiava nell’orecchio, come un gatto arrabbiato, sulla mancanza di rispetto nei confronti della Preside e su idee di evidente ribellione. Quando alla fine finì, lei sbuffò arrabbiata, gettando i capelli dietro la spalla. “Ora muoviti a cambiate il colore delle unghie, come dobbiamo fare.”

Harry lanciò un’occhiata alla seconda rompiscatole, che lo stava fulminando attraverso gli occhiali in modo piuttosto evidente, ignorando il resto della classe. Il suo sguardo non aveva bisogno di voce.

Non osare fare quell’incantesimo.

Harry in realtà si sentiva piuttosto leggero. Non felice, no, era un po’ che non era felice. Ma era come se diventare felice fosse improvvisamente raggiungibile. Quattro incantesimi, e non uno scivolone. Forse i Guaritori avevano esagerato. Non gli era ancora successo niente di male. O forse, le pozioni stavano funzionando. Forse lo avrebbero veramente curato da questa cosa nel suo corpo.

Harry esitò ancora, osservandosi le unghie. Doveva farlo?

Dopo un momento, agitò la bacchetta con determinazione, mormorando la formula, e aspettò, trattenendo il respiro. Guardò meravigliato mentre le sue unghie diventarono un nero profondo. Diverso dallo smalto, la punta delle dita divenne di un nero traslucido che imitava un’ombra. E non era successo niente.

Harry si fece quasi scappare un ghigno, il sollievo che si spandeva per il corpo, per le braccia, le mani, e tornava al… braccio? Quello non era sollievo.

Harry deglutì a fatica, girando il braccio con attenzione. Pensava che fosse sollievo, ma sembrava più… potente di quello. Non un’emozione, ma una cosa fisica… come se riuscisse a sentire la magia. Aveva una sensazione opprimente, crudele, che lo scherniva. Harry trasalì dall’orrore.

Raggiunse parte dell’avambraccio, e poi crebbe. La sensazione si espanse in una zona, diventando più rigida e stretta, come se lo stesse stritolando dall’interno, finché…

CRACK!

Harry si fece sfuggire uno strillo prima di morsicare il labbro già rovinato, bloccando il suono. Si rifiutò di guardare il braccio, e invece lo cullò con la mano. Faceva male, un bruciore costante e pulsante. Tremando, si sentì piano il braccio, sibilando quando sentì un po’ d’osso tagliare la pelle.

Inorridito, Harry fece cadere la bacchetta, disgustato. La sua magia era sporca, impura… ora stava cercando di ucciderlo, cercando di fargli male… e ci stava riuscendo.

La McGranitt fece uscire tutti velocemente, correndo verso Harry e il suo braccio rotto. Levò immediatamente punti dopo che ebbe sentito il sussurro ‘karma’, anche la sua rabbia stava crescendo. Aveva visto l’esitazione sul volto di Harry, la disperazione nella speranza che l’incantesimo funzionasse, e la quasi gioia che gli aveva illuminato gli occhi quando pensò che avesse funzionato. Poi, l’osso del braccio sinistro si era spezzato, proprio attraverso la pelle.

Merlino, sperava che Potter sarebbe sopravvissuto anche a questo. Un pensiero disperato, impossibile, ma che divenne il suo mantra mentre lo levitava fino all’infermeria. Non sapeva che lo stava sussurrando ad alta voce.

O che ad ogni eco, il dolore di Harry si rafforzava, irraggiandosi crudelmente dal petto. Se anche la McGranitt non aveva speranza, cosa doveva fare lui?

.

.

.

Harry batté di nuovo le palpebre guardando ancora il soffitto, stringendo i denti dalla rabbia. Si voltò a osservare il braccio, come se non fosse più suo. Non lo sentiva più suo… Lo sentiva come se fosse stato preso, mutilato da un estraneo e ricucito.

Sapeva che era stata la sua magia a farlo, sapeva che era fuori controllo… Ma pensava che avesse ancora una parvenza di direzione. Che se la avesse sentita affiorare, la parola che aveva usato per descriverla alla Chips, sarebbe stato capace di incanalarla nella magia che lui voleva… ma no. Non importa quanto aveva provato a stabilizzare la magia, a mandarla attraverso la bacchetta… aveva stazionato nel braccio, irrigidendosi fino a spezzare l’osso, proprio a metà.

Che mago era, se non riusciva neanche a controllare la sua magia? Pensò Harry con disperazione, girandosi dall’altra parte. Comunque, questo portava la sua bacchetta al centro dell’attenzione. Anche lei lo aveva tradito. Qual era lo scopo nell’averla ora? Poteva sconfiggere Voldemort, poteva equivalere in forza alla bacchetta di Voldemort… ma non riusciva più a incanalare la magia di Harry? Aveva bisogno di una bacchetta giocattolo, per agitarla in giro e mormorare incantesimi senza che nessuno lo notasse. Avrebbero pensato che fosse patetico come mago, invece che un Magonò.

Harry si rigirò verso il soffitto. Era di un color bianco sbiadito, un crema faceva capolino da sotto. Sul serio, non avevano abbastanza soldi per riparare il soffitto? Colori scuri, neri o blu oltremare… Colori che rappresentassero l’umore dei pazienti abituali dell’Infermeria?

Harry lanciò un’occhiata quando le porte si spalancarono, sperando che fossero Ron o Hermione che venivano a trovarlo. Comunque, disgraziatamente, fu Malfoy ad entrare.

Il biondo non guardò neanche Harry, che lo prese come un’altra occasione per trapanare il soffitto con lo sguardo. Quante persone guardano in altro, se non sono a letto? Forse Harry doveva scrivere qualcosa sul soffitto, solo per vedere quante persone non l’avrebbero dello alla Chips? Poteva scrivere un messaggio, solo per i pazienti dell’Infermeria, dicendogli esplicitamente di non spifferarlo, o qualcosa del genere. Quanto tempo sarebbe passato prima che uno degli insegnanti notasse?

Ma… Come si sarebbe alzato Harry, senza l’uso della magia. Il mondo, il suo mondo, ruotava attorno alla magia. In ospedale andava ancora bene, perché poteva stare seduto lì tutto il giorno mentre aveva il trattamento o faceva test. Leggeva, faceva i compiti… Era come essere in estate. A Hogwarts, avevi bisogno della magia anche solo per attraversare la sala comune, dato che le persone facevano malocchi o scherzi agli altri. Era pazzo a credere di poter tornare qui.

Harry guardò Malfoy con la coda dell’occhio, che guardava la Chips riempire una scatola con diverse fiaschette. Non c’era modo di dire cos’erano, ma avevano catturato l’interesse di Harry. Specialmente dato che Malfoy sembrava un po’ ansioso di prendere qualunque cosa fossero.

Harry osservò la strana transizione, e poi come la Chips se ne andò subito, per rinchiudersi nel suo ufficio. Di solito così severa con la cura dei pazienti, sembrava evitare Harry. Oh, bè. Più o meno capiva il perché, anche se non faceva niente per migliorare il suo umore.

Aspetta, perché Malfoy stava camminando verso di lui?

Harry guardò accigliato mentre Malfoy si avvicinava al letto, come avrebbe fatto uno con un cane rabbioso. Piegò la testa di lato, meditabondo, poi la scosse leggermente. Questo sarebbe stato sopportabile.

“…Ciao, Potty.” Wow, le prime parole erano un insulto. C’era da aspettarselo, ma era irritante lo stesso.

Harry lo guardò di rimando impassibile, chiedendosi di questa strana svolta. “Ciao.”

“Come ti sei rotto il braccio?”

“Eri nella stanza. Hai visto.” Quel che era ancora più strano della conversazione, realizzò Harry improvvisamente, non era il fatto che era Malfoy e stavano parlando educatamente. No, era il fatto che aveva parlato a Malfoy più che a Ron e Hermione messi assieme questo quadrimestre, fino ad oggi. E avevano litigato meno. Aveva un rapporto migliore con Malfoy che con i suoi migliori amici, in questo senso.

“No, ho visto che ti cambiavi il colore delle unghie. Poi hai aspettato pochi secondi. Poi si è rotto il braccio.”

“…E allora? Mi ci è voluto un po’ per realizzare che era rotto. Lo shock, o qualcosa del genere.”

Harry deglutì davanti alla faccia accigliata di Malfoy, non voleva ammettere di essere intimidito ma, per contro, si sentiva dannatamente ansioso davanti allo sguardo indagatore. Malfoy sembrava… confuso. Del tutto diverso dalla solita persona stupida, egocentrica, vanitosa e idiota che era normalmente.

“…Perché non sorridi più?”

Passò un minuto di silenzio.

Due.

Il petto gli si stringeva in modo spiacevole, pugnalandolo di nuovo con un dolore recentemente familiare. Faceva fatica a respirare.

La faccia rimase impassibile; aveva fatto un sacco di pratica, dopo tutto.

Lentamente i piedi scivolarono dal letto. Lentamente attraversò la stanza.

Senza un suono la porta si spalancò.

Seguendo un pensiero del subconscio, Harry permise ai piedi di portarlo attraverso il castello vuoto.

Non fu che quando Harry riuscì a sbattere le palpebre che realizzò di essere sulla riva del lago. Le ginocchia gli tremavano, e poi cedettero completamente, lasciando cadere pesantemente a terra il corpo.

Ignorò il calore del viso, il fatto che riusciva a sentire acqua calda scendere sulle guance.

Non doveva cambiare niente.

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Capitolo 3
*** Il lato sbagliato ***


A/N Ciao ragazze (e ragazzi)!
Mi dispiace essere stata tanto assente, pare strano ma sono presa con le bombe anche d'estate, giuro che non ne posso più! Ma ecco a voi un nuovo capitolo!
Forse c'è una persona che può farmi da beta, e ciò aiuterebbe immensamente me e semplificherebbe di molto la lettura a voi :) Quindi incrociate le dita e sperate intensamente che PandaCaffeinomane accetti :*
Un bacio, godetevi il capitolo
malpensante


Capitolo Tre – Il lato sbagliato

Draco non si era mai considerato una persona crudele.

Non poteva negare che aveva fatto la sua buona parte di scherni negli anni, che era stato la ragione che diversi primarioli erano scoppiati in lacrime. Sapeva che ogni volta che gli sporchi mezzosangue o i traditori di sangue della scuola erano furiosi o terrorizzati, era quasi certamente a causa di un piano che aveva escogitato. E sapeva che lui solo poteva effettivamente controllare le azioni di ogni singolo Serpeverde per soddisfare i propri capricci; fosse per prendere in giro, insultare o ridicolizzare altri studenti. Non era malvagità, era controllo.

E comunque, se la tiravano addosso.

Se qualcuno diffamava il nome Malfoy, venivano ostracizzati. Se lo sminuivano, venivano puniti. E se, Salazar non voglia, si credevano migliori di lui, avrebbero fatto meglio a sperare che Draco non si vendicasse in persona, o se ne sarebbero andati con un testicolo di meno e l’infelice (o felice, secondo Draco) impossibilità di procreare.

No, non si era mai sentito particolarmente crudele.

Ma mentre Draco guardava fuori dalla finestra dell’Infermeria, guardando un Potter catatonico collassare sulla riva del lago, singhiozzando istericamente, si ritenne categoricamente il più crudele bastardo sulla faccia della Terra.

.

.

.

Harry guardò assente l’orologio, non voleva niente di più che accoccolarsi ancora nelle coperte e ignorare il fatto che doveva andare a lezione. Era stanco, e dolorante, e appena guarito… e comunque in classe non c’era da fare nient’altro che guardare gelosamente i compagni e maledire la propria esistenza. Non c’era una vera ragione per andare. Dopo l’incidente a Trasfigurazione, Harry avrebbe felicemente fatto le valigie e partito con il prossimo treno. Qual era lo scopo? Se fosse successo questo, voleva che gli spezzasse il collo piuttosto del braccio.

Il fatto rimaneva, ora non era meglio di un Magonò; per la prima volta nella vita, a Hogwarts non c’era niente per Harry. O meglio, era quello che se ripeteva come un mantra nella testa.

Era quella la ragione perché stava nascosto. Sicuramente non il fatto che non voleva affrontare uno stupido biondino infernale innaturalmente osservatore che, ma che sorpresa, frequentava la maggior parte delle sue lezioni.

Due ore di Difesa. Trasfigurazione. Incantesimi. Studio. Oggi doveva passare cinque lezioni su sei con l’insopportabile stronzetto attento. Cinque. Dio, avrebbe preferito riavvicinarsi a Romilda e minacciarla con ogni Grifondoro presente; in quel modo, almeno, sarebbe sopravvissuto con la dignità intatta.

Lentamente, l’orologio ticchettava. Aveva solo cinque minuti prima di Trasfigurazione. La McGranitt lì lo avrebbe protetto, vero?

Sapendo che il proprio cervello e il senso di colpa inutile erano contro di lui, Harry si fece scivolare piano fuori dal letto e raccolse i libri per la lezione. Almeno lì era seduto lontano dai traditori viscidi… e più vicino ai traditori in rosso.

Perché nessuno di loro era venuto a trovarlo? Dopo qualche ora Harry si era irrigidito per il freddo ed era tornato dentro. La sala comune era vuota. Stavano tutti dormendo. Neanche uno aveva controllato se Harry era in Infermeria, o, sembrava, nessuno era stato incline a preoccuparsi. Ora che aveva fatto il suo lavoro, non importava a nessuno.

Anche Ron e Hermione non erano venuti. E nessuno dei due stamattina lo aveva svegliato. Certo, erano arrabbiati ieri, ma non si erano calmati dopo che lui si era fatto male? Anche vedendo il loro amico ovviamente dolorante, la loro rabbia non si era estinta?

Era per questo che Harry era tornato a Hogwarts?

Con calma i piedi lo portarono attraverso il castello, anche loro oggi non erano partecipi volontari. Volevano riportare Harry alla comodità del letto, dove non importava se era arrabbiato o turbato o malato; una volta che ti addormentavi, sia nei sogni o negli incubi ricorrenti, non stavi moren… malato. Inoltre il letto non aggrediva Harry.

Aveva raggiunto la porta troppo presto per i suoi gusti. Sapendo di essere comunque in ritardo, sospirò di nuovo prima di spingere la porta, non incontrando apposta lo sguardo degli altri. I piedi lo trascinarono verso un banco vuoto in fondo all’aula. Solo. Isolato. Apparentemente dove Harry meritava di essere.

Aspetta, non era una buona cosa? Se erano tutti arrabbiati con lui… non poteva ferirli, giusto? Se questa cosa prendeva il controllo e gli distruggeva il corpo… non sarebbe importato a nessuno. Non ci sarebbero stati rimpianti nell’unirsi a una guerra per salvare un ragazzo che stava già morendo. Non ci sarebbero state lacrime, né persone che decidevano che quando le perdite erano troppe erano troppe… Sarebbero stati tutti bene, purché Harry tenesse le distanze.

Quanta solitudine.

“…Signor Potter… Lei prenderà appunti per ieri. Non provi a fare questo incantesimo.” Come se avesse bisogno di un promemoria. Harry guardò cupamente mentre i compagni iniziavano a cambiare il colore delle unghie, prima di proseguire con le sopracciglia e i capelli. Guardò solo i Grifondoro. Che fosse dannato se guardava il lato verde della stanza.

Nonostante il fatto che Harry sentì che qualcuno lo fissava per tutta la lezione, era riuscito a tenere la testa giù e a non uccidere nessuno con lo sguardo tranne la sua povera penna. Grazie al cielo la classe era finita relativamente presto, i suoi ‘amici’ e compagni gemettero mentre copiavano i compiti e si affrettavano verso l’uscita. Quelli di Harry erano già finiti.

Lamentandosi mentalmente, Harry si avvicinò esitante alla cattedra, aspettando che la porta si chiudesse prima di girarsi a guardare le mani della McGranitt. Dopo ieri, non riusciva a guardarla negli occhi. Non dopo la preghiera disperata di lei, non dopo che lei gli aveva mostrato il proprio lato debole… Anche nella dannata preside, non c’era stabilità ad Hogwarts. Che pensiero confortante.

“Ho bisogno di una bacchetta finta.” Disse Harry a una penna particolarmente carina sulla cattedra, “Lo noteranno se non ci provo neanche. Con una bacchetta finta, almeno sembro solo incompetente.”

“…Harry…” Dio, anche la sua voce era venata di commiserazione; commiserazione che non aveva alcun diritto di offrire! Lei non era quella con questa cosa che le invadeva il corpo!

Ho solo bisogno di una bacchetta finta.” Harry tirò fuori a fatica, lo sguardo che divenne un’occhiataccia quando la penna lo derise. Una stupida penna avrebbe vissuto più di lui.

Si trattenne a mala pena dall’alzare gli occhi al cielo quando la McGranitt sospirò pesantemente, agitando la bacchetta per fornire ad Harry una replica. Lentamente mise via la propria bacchetta, e invece raccolse la copia. Era un’imitazione vuota dell’originale, senza nessun residuo di magia. Perfetto.

Incantesimi era addirittura interessante, ora che Harry poteva fingere di provare. Agitava la ‘bacchetta’ perfettamente, mormorava incantesimi proprio con la giusta quantità di frustrazione, e cercava di non sembrare troppo divertito dall’espressione nervosa di Vitious ogni volta che provava l’incantesimo. Forse oggi stava migliorando dopo tutto. Ovviamente, nessuno dei suoi animali di origami saltellava per la classe, ma nondimeno era interessante. In special modo il drago di Malfoy, che aveva anche delle fiamme di carta quando apriva la bocca. Però sarebbe stato più interessante se ci fosse riuscita Hermione.

Forse era la sua completa incapacità di fare un incantesimo che spinse Hermione ad avvicinarlo dopo cena. Qualcosa come una tattica crudele di gira-il-coltello-nella-piaga-mentre-la-ferita-è-ancora-fresca.

Harry alzò lo sguardo completamente sorpreso quando Hermione avvicinò una sedia al suo tavolo in biblioteca, tirando fuori un libro e leggendolo come se non fosse per niente strano. Non lo guardò neanche mentre leggeva il romanzo, girando una pagina ogni tanto o annuendo tra sé e sé.

Solo quando Harry tornò al suo tema di Difesa si decise a parlare, nel tono che avrebbe usato se avesse rimproverato un bambino. “Sai, penso che questa lite sia andata avanti abbastanza.”

“Lo dici a me.” Mormorò Harry, alzando gli occhi al cielo quando lei girò una pagina con una certa violenza.

“Harry, sai che Ron ora è solo arrabbiato, e che non porta rancore.” Sì, lo sapeva dannatamente bene! Ma prova a vederla dal suo punto di vista. Non ti abbiamo visto per tutte le vacanze, addirittura per mesi. Non appena è finita la battaglia, sei scomparso. Hai anche mancato il funerale di Fred.”

“Ma non è stata…”

“Lo so che non era tua intenzione, Harry, ma non potevamo neanche trovarti per dirti quando era. Tutti si aspettavano lì, cavolo, avevamo bisogno di te… e tu non c’eri. E poi, sei completamente silenzioso sul treno. E poi, vai dritto a letto dopo il banchetto iniziale. E poi, non ci parli neanche lontanamente quanto facevi prima. Fai solo ‘um’ o ‘sì’ o annuisci, non frasi vere. Fa male, Harry. Siamo amici; abbiamo bisogno che almeno tu riconosca la nostra esistenza.”

Harry deglutì a fatica, stringendo il pugno sulla penna. Stava scherzando, vero? Voleva che lui maledicesse tutti nel raggio di dieci metri, o trovava divertente toccare tutti i suoi tasti dolenti?

“Quest’estate è stata particolarmente difficile per Ron, Harry. Ha bisogno del suo migliore amico, ora più che mai. E poi, vederti fraternizzare proprio con i Serpeverde…”

“Non è stata colpa mia!” Harry si voltò di scatto a guardare Hermione e la sua rabbia crebbe quando lei continuò a far finta di leggere il suo stupido libro dannato. Ringhiando, Harry lo strappò dalle sue mani e lo buttò letteralmente dall’altra parte della stanza. “Almeno guardami, cazzo! Nessuno mi ha lasciato un posto, l’unico che era rimasto era…”

“Io lo so, Harry!” Hermione alla fine scattò e sbatté le mani sul tavolo. “Ma Ron no! È geloso, Harry, come lo è sempre stato di te! Non vuole perdere il suo migliore amico, e tutto quello che vede è quando ti stai separando!”

Ouch.

Harry sbattè le palpebre, deglutendo a fatica mentre Hermione continuava crudelmente, trovando con successo qualcosa che aveva colpito Harry, anche se non per le ragioni che lei pensava.

“Ron ha il terrore di perderti, Harry! Ha già perso un fratello, e vede anche te come uno! Non fargli perdere un altro fratello! Lo distruggerà! E tu, che conosci Ron più di tutti, dovresti sapere perfettamente che non é la persona più espressiva del mondo, e quando si ingelosisce, tende ad allontanare quelli vicino a lui! Dagli solo un’altra possibilità, Harry! Sii suo fratello!”

Harry poté solo annuire disperatamente, cacciando le unghie nei palmi delle mani come per ricacciare indietro il bruciore degli occhi. E c’era il peso di tutto ciò. Lui se ne sarebbe andato… e Ron sarebbe stato completamente perso e devastato. Un’altra vita che avrebbe distrutto in modo efficace, senza alzare neanche un accidenti di dito.

“…Grazie, Harry.” Hermione improvvisamente si lanciò su Harry, tirando su col naso mentre gli affondava la faccia nel collo. “Forza, vieni fuori dal tuo nascondiglio e vieni con noi in dormitorio.”

“…No… Ora come ora ho troppi compiti da fare… Salgo più tardi… Promesso.”

Harry guardò impassibile la sua amica che lasciava la stanza con una nuova leggerezza nei passi, come se tutte le sue preoccupazioni fossero finite di colpo, come se non dovesse più preoccuparsi di un cazzo di niente…

Harry ringhiò selvaggiamente, scaraventando il tavolo lontano da sé e notando a mala pena che si ribaltò e i libri e i fogli si sparpagliarono nella stanza. Era tornato a Hogwarts… per questo?

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Per Harry i giorni successivi si confondevano tra di loro. Svegliati alle sei e nasconditi vicino al lago. Vai a colazione, ma non mangiare niente. Lezioni. Prendi la pozione. Ancora lezioni. Fingi di essere patetico a fare magie. Ascolta gli scherzi, fai credere che stai sorridendo, affonda un po’ di più. Fingi di cenare. Fai giochi insulsi con Ron e Hermione. Fingi di andare a letto presto. Sgattaiola furtivamente in infermeria a mezzanotte, prendi ancora pozioni. Torna di soppiatto in sala comune. Fai incubi. Svegliati alle sei.

Stava diventando sempre più difficile svegliarsi ogni mattina, con la solita stancante routine che lo avvolgeva con un sibilo non appena si svegliava di soprassalto. Dio, gli incubi erano peggiori di quanto non lo erano prima.

Sogni su Voldemort che faceva inferi da Fred, Lupin, Sirius, Lavanda,Colin… persone che venivano torturate, da qualche parte, e solo le loro urla rimbalzavano nella testa di Harry… Sogni su Harry seduto da solo in un letto di ospedare, gli occhi incavati e morti, il respiro ridotto a un boccheggiamento… la bacchetta subito fuori dalla sua portata. Tendeva la mano verso di essa, implorava per essa, cercava di fare magie così che sperava di che questa volta lo uccidesse… cercando di strappare la macchina dell’ossigeno per lasciarsi semplicemente soffocare, ma le braccia erano troppo fragili, senza muscoli, troppo deboli per tirare un semplice tubicino… implorando Ron semplicemente di ucciderlo, ma il suo amico invece rideva, scuotendo la testa sgarbatamente. “Sei mio fratello. Non ti perderò.” Finalmente sogni sul raggiungere il coltello e piantarselo nel petto… per essere guarito subito dopo da un mostro in uniforme verde lime…

E Harry si svegliava, tremando, sudando, portando le mani a toccarsi il viso per assicurarsi che non era quella conchiglia vuota in cui questa cosa stava cercando di trasformarlo. No, non sarebbe mai stato quello. Lui era Harry Potter; salvatore, eroe… stanco.

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Non appena Harry fu entrato in infermeria, venne bombardato da strilli arrabbiati. Non fece niente per migliorare il suo umore nero, o il mal di testa corrente.

Incosciente di un ragazzo! Mi hanno detto che oggi hai fatto pratica di incantesimi e di difesa? Non ti ho avvisato al riguardo? A chi importa se sai far ballare una tazza da tè, se ti rompi l’osso del collo mentre lo fai?!” Wow. Era furiosa oggi. “Nella tua condizione, non dovresti fare alcuna magia!”

Certo, aveva provato in classe. La bacchetta finta funzionava, comunque. “Non resterò indietro, specialmente non così. Sono tornato per passare i miei MAGO, non guardare gli altri che li passano.”

La Chips schioccò la lingua in segno di disapprovazione, scosse la testa e spinse una pozione nelle sue mani, forzandolo a sedersi sul solito lettino. “I limiti sono esattamente ciò di cui ha bisogno, Signor Potter! Almeno capisce quanto è seria la situazione? Ha bisogno di un guardiano che non tollererà la mancanza di interesse verso la sua stessa vita! Gli esami si possono rifare, quando si è più in salute per farli!”

“… Faccio le mie decisioni ora, grazie. Sono maggiorenne, e intendo passare gli esami. Quest’anno.” Disse Harry piano, sperava che lei lasciasse stare e tuttavia sapeva che una volta arrabbiata, l’infermiera avrebbe continuato per ore. Farli quando era più in salute? Non c’era motivo di rimandare l’inevitabile.

“I Grifondoro hanno fin troppo coraggio secondo me; lei non dimostra altro che pura idiozia! A lei non dà fastidio svegliare me nel cuore della notte per prendere le sue pozioni, ma non fa quello che diciamo! Preferirei che lei fosse un Tassorosso in questo momento, con nient’altro che rispetto, e una salutare dose di paura!” Scattò lei. “Beva le pozioni. Ora.”

Harry annuì, ormai abituato alla predica notturna. Di solito la Chips non era così arrabbiata come stanotte, ma almeno quando era arrabbiata non piangeva o evitava il suo sguardo. Harry inghiottì la prima pozione, e si bloccò.

Qualcuno occupava il letto davanti al suo. Sveglio.

Gli occhi che brillavano leggermente si chiusero per un attimo.

Harry ingollò la pozione, prendendo in mano quella dopo e pensando precipitosamente ad ogni possibile situazione. Quanto aveva sentito? Quanto aveva ipotizzato? Porca misera, Harry e la Chips avevano quasi avuto una gara di urla sulla salute di Harry!

Gli occhi si chiusero di nuovo.

“Aspetti altri dieci minuti che si stabilizzino, e poi può tornare indietro. Sta prendendo lo stabilizzatore verso mezzogiorno? Sì? Bene. Ci vediamo domani, Signor Potter.” Fantastico, cazzo. Se lo studente non aveva già indovinato chi era prima, ora lo sapeva per certo.

Harry guardò gli occhi, decidendo sul da farsi. Aveva bisogno di sapere chi era, e di dirgli di mantenere il segreto.. Rabbrividì al pensiero di cosa sarebbe successo se non… L’intera scuola avrebbe saputo che era malato venti minuti dopo che il ragazzino fosse uscito dall’ospedale.

Determinato, Harry buttò i piedi giù dal letto, deciso ad avvicinare lo studente e pregarlo di non dire una parola, quando delle parole fredde e strascicate lo fermarono.

“Non pensarci neanche, Potty. Un altro passo e ti lancio una maledizione.”

Cazzo!

“…Certo.” Come riuscì a mantenere la voce relativamente calma, Harry non lo sapeva. Solo che sembrava sul punto di accartocciarsi e soffocarlo la prossima volta che avrebbe parlato. E diavolo, Harry l’avrebbe lasciata fare. “Che stai facendo a origliare conversazioni altrui, Malfoy? Pensavo che fossi cresciuto almeno cinque anni fa.” Perché diavolo se lo stava inimicando?

“Sto guarendo.” Arrivò la fredda risposta. “Ipotizzerei che tu sia qui a gongolare per l’apparente bravura di un altro patetico Grifondoro a farmi male, ma da quel che ho appena sentito, ne dubito. Mi sembra che tu sia malato, Potter.”

La confusione che Harry aveva provato nel sentire che i suoi amici avevano apparentemente attaccato Malfoy svanì non appena lo stupido biondo ebbe finito la frase. Comunque probabilmente se lo meritava. “Bella deduzione; è veramente sorprendente con cosa puoi uscirtene. Qualcuno in infermeria di notte che prende un semplice antidolorifico. Sono sorpreso che non sei a Corvonero.” Sapeva quanto era secca la gola di Harry? Vedeva in qualche modo che stava mentendo mentre era dall’altra parte della stanza?

“So che sei malato, Potter.” Il tono fece venire i brividi ad Harry.

“Non hai idea di cosa stai parlando.”

“E inoltre penso di essere l’unico a saperlo.” Malfoy continuò a parlare sopra Harry in modo calmo, come se sapesse di averlo inchiodato sul posto; ed essendo Malfoy, probabilmente era così. “Altrimenti, i tuoi disgustosi animaletti ti avrebbero seguito fin qui. Mi lascia in una posizione simpatica, vero?”

“Lo farebbe, se fossi davvero malato.”

“Perché essere in infermeria se non lo sei? Perché prendere tre boccette di pozioni? Perché avere bisogno di uno… stabilizzatore, giusto, a mezzogiorno? E perché l’infermiera camminerebbe per venti minuti buoni prima che tu arrivassi qui, strappandosi i capelli e contemplando l’ipotesi di andare da te? Devo avere una vivida immaginazione.” Harry vedeva che Malfoy ghignava, il tono di voce era compiaciuto e divertito. Dio, era lo scenario peggiore possibile. Anche Parkinson era meglio di MalfoyLei almeno poteva essere comprata!

“Chiudi la bocca, Malfoy. Sono qui per motivi di studio. Mi sto esercitando per diventare guaritore.”

“Bella pensata. Non era un ‘semplice antidolorifico’?”

Harry deglutì ancora e guardò quando i bagliori argentei lampeggiarono di nuovo, visibilmente soddisfatti. Non sarebbe riuscito a cavarsela con le bugie stavolta. Era solo grato che Malfoy non poteva vederlo bene; tutti vedevano sempre quando mentiva.

“Malfoy, non sono davvero affaracci tuoi se sono leggermente malato o no. Non è niente. Un piccolo raffreddore, una costola incrinata. Niente. Non puoi farmi niente.” Ti prego, ti prego, credici e stai zitto!

“Se solo in qualche modo fossi incline a considerare uno dei tuoi sproloqui.” Harry sospirò per la frustrazione, stringendo i denti con rabbia. “Allora cos’è, Potty? Cancro?”

“Non è assolutamente…”

“Si sta consumando la tua magia?” Porca troia, non sapeva fare la legilimanzia, vero?

“Non hai idea…”

“Non dirmi che stai morendo? Dopo tutti gli sforzi che ha fatto il Signore Oscuro per ucciderti, qualche malattia sta…”

“STAI ZITTO!” Harry era scioccato quasi quanto Malfoy quando gli urlò in faccia. Era grato che l’oscurità gli nascondeva il viso. Nascondeva la paura. “Non è niente!” Sputò, stringendo i pugni sulle lenzuola con furia. “Non puoi farmi niente, perché non sono malato! Non sto morendo, sono perfettamente in salute! Se sono riuscito a sconfiggere il maledetto Voldemort, una fottuta malattia non sarà un probema! Quindi, per le tue orecchie sorde, e per distruggere la tua vivida immaginazione del cazzo. Non. Sono. Malato!”

Harry non aspettò una risposta e corse via dalla stanza, facendo sbattere la porta contro la parete. Merda. Merda! Merdamerdamerda! Al mattino, tutti nel castello l’avrebbero saputo! Avrebbero saputo e lo avrebbero giudicato, e si sarebbero pentiti di averlo aiutato durante la guerra… e niente sarebbe stato più come prima!

Harry si asciugò selvaggiamente la lacrima che riuscì a scappare, tagliandosi la guancia, ma non gliene fregava niente. Di tutti gli studenti della scuola, perché cazzo doveva essere Draco Malfoy in quella stanza?

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Harry entrò velocemente nella Sala Grande, camminando verso il suo posto con la testa bassa e le spalle rigide. Merlino, perché diavolo dovevano sedersi così lontano al tavolo? Accettava un silenzio profondo, si aspettava che il gossip, i mormorii che odiava così tanto riempissero la sala… niente.

Harry si sedette e deglutì a fatica, guardandosi attorno. Nessuno lo stava guardando, per non parlare di spettegolare su di lui… ma che cazzo? Harry lanciò un’occhiata a Malfoy, che stava mangiando silenziosamente e parlava ogni tanto a Zabini o alla Parkinson. Non… aveva detto a nessuno?

“Oi, Harry.” Harry guardò Ron, irrigidendosi perché si aspettava una richiesta… eccetto che Ron stava guardando oltre la sua spalla. Harry seguì lo sguardo, sorpreso quando vide volare una bella aquila, che atterrò direttamente davanti a lui.

Con mani tremanti Harry slegò l’unico biglietto, srotolandolo con un senso di nausea nello stomaco.

“Quello è l’uccello di Malfoy. Perché quello stupido ti scrive?!”

Harry guardò il tavolo dei Serpeverde, Malfoy con viso impassibile decisamente rifiutava il contatto visivo. Ma che cavolo? Harry fissò l’unica parola sulla pergamena.

Rifiuto.

Ringhiando, Harry strappò il foglio, buttandolo a terra quando alzò la testa di scatto verso Malfoy. Stavolta il biondino idiota stava guardando Harry dritto negli occhi, un elegante sopracciglio sollevato e un sorrisetto sulla faccia.

Si sarebbe giocato una mano se non era una sfida.

E lui chi era per rifiutare una sfida?

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“Vuoi giocare a quidditch, Harry?” Oh. Quidditch.

Harry sbatté le palpebre, sentendosi molto più leggero di pochi minuti prima. Quidditch. Perché diavolo non ci aveva pensato prima? Non avevi bisogno di magia per giocare, diamine, avevi solo bisogno di stare sulla scopa. In aria poteva sentirsi di nuovo libero e normale! Chi se ne frega se Malfoy voleva spargere pettegolezzi su di lui? Se era in aria, non potevano raggiungerlo, no?

“Sì, certo. Fai squadra con me Ron?” Ron fece un largo sorriso davanti all’improvviso entusiasmo dell’amico, guardando per un attimo Hermione prima di annuire di nuovo, e sorrise ancora di più.

“Sì diavolo! Io, te, Dean e Seamus contro le ragazze.”

“Hey, non è giusto!”

“Posso a mala pena tenere la palla!”

“Andiamo! È chiamata pluffa!”

“Una palla è una palla, Ronald.”

“Voi avete Ginny!”

Harry fece un sorrisino ai bisticci giocosi dei suoi amici, incapace di trattenere un sorriso anche se voleva disperatamente farlo. Questo qui era normale. Era quello che voleva; gli sfottò degli amici, facce scherzose, e stare su fino a mezzanotte solo per chiacchierare. Ora si sentiva normale.

Il gruppo intero continuò a discutere sulle squadre fino a che non raggiunsero un punto d’incontro, concordando finalmente su squadre alla pari. Era Harry, Hermione e Ron contro Dean, Ginny, Calì e Seamus. Dato che Hermione era uno svantaggio, deplorevolmente scarsa e impossibile da allenare, avevano decretato le squadre eque e giuste… per il malcontento della ragazza con i capelli cespugliosi.

“Dio, perché sono tornati?” Harry guardò Calì, che improvvisamente stava tremando di rabbia mal repressa e scoccava occhiate di fuoco oltre la spalla di Harry. Dannazione. Li aveva evitati con successo tutta la settimana.

Harry sospirò prima di girare su se stesso, trattenendo un gemito quando gli occhi incontrarono argento luccicante. Naturalmente, oggi tra tutti i giorni, quel minuto tra tutti i maledetti minuti, entrambe le case decidevano di fare una partita.

Entrambi i gruppi si quietarono immediatamente, gli occhi si indurirono quando videro le personalità completamente opposte. I Serpeverde stavano alzando tutti gli occhi al cielo, guardandosi l’un l’altro e discutendo silenziosamente se dire qualcosa o no… I Grifondoro stavano mormorando tra di loro con occhi di fuoco e i menti testardamente in fuori. Dio, ci si sarebbe divertiti, no?

“… Abbiamo prenotato noi il campo.” Hermione fu la prima a parlare e incrociò pericolosamente le braccia. Sempre pronta a fare il capo.

“Sono sicuro che possiamo dividere lo spazio.” Harry scoccò un'occhiata a Malfoy a quelle parole, senza neanche un velo di aggressività o sarcasmo nel tono. Sembrava stanco quanto Harry si sentiva, quasi nauseato da tutti i litigi. Non appena gli occhi di Harry caddero su di lui, Malfoy gettò uno sguardo nella sua direzione, osservando l'ovvia espressione confusa, e fece un sorrisetto di scherno, alzando le sopracciglia. Che c'è, pensi che io non sappia essere maturo? Sembrava dire, riuscendo a far arrossire e abbassare lo sguardo a Harry. Dannato! L'aveva evitato per pochi giorni, e con una frase, stava già ghignando come l'idiota che era. Harry non aveva ancora detto niente e Malfoy lo stava già prendendo in giro.

“I serpenti non hanno mai diviso niente nelle loro vita; meglio non rompere l'abitudine.” Replicò Hermione freddamente, “E comunque, cosa ti fa pensare che vogliamo dividere una cosa con qualcuno come voi?”

I Serpeverde si girarono tutti verso Malfoy, che si girò alzando esageratamente gli occhi al cielo... e iniziò ad andarsene. Nessun litigio, nessuna denigrazione... nessuna attività tipica di un Malfoy. Ma che cavolo?

Harry si voltò verso i suoi amici e li guardò illuminarsi di orgoglio per la loro difenditrice testarda, sorridendo e facendo gesti alle spalle dei Serpeverde. La cosa si sarebbe potuta chiudere lì, se un “Stronza” da Parkinson a Nott non avesse raggiunto i Grifondoro festanti.

Se solo avesse tenuto la bocca chiusa ancora per un secondo.

Io, una stronza?” Scattò Hermione, ricatturando con efficacia l'attenzione sia dei Serpeverde che dei Grifondoro.

“Hermione, non...” Iniziò Harry ma fu shockato dalle parole della sua amica.

“Ho sentito un sacco di storie su di te, Pansy. Saltare da Malfoy, a Flint, a Nott, di nuovo a Malfoy, per tutto il dormitorio di Serpeverde...”

“Anche diventare 'amichevole' con i Carrow per prendere una 'A'.” Ginny aggiunse la sua, nonostante l'incredulità di Harry. Si comportava come se non lo vedesse che la guardava a bocca aperta.

“Se io sono una stronza, almeno non sono...” Hermione qui si interruppe, sembrando decisamente a disagio. Chiaramente non voleva finire la frase, dato il vocabolario non proprio carino. A Ginny non importava.

“Una puttana.”

Harry riusciva a comprendere a mala pena che aveva sentito quello dalle labbra dell'innocente Ginny. Era solo... Era Ginny, per amor di Merlino! Non aveva mai immaginato che lei sapesse imprecare e anche se l'avesse saputo, aveva pensato che non l'avrebbe fatto! Non le stava bene. E inoltre era maledettamente maleducato. E quel che era peggio, era che le altre ragazze stavano ghignando e le battevano pacche sulla spalla come se avesse fatto una gran giustizia a calunniare un'altra studentessa.

Non aveva mai creduto che uno dei suoi amici scattasse così; era una cosa crudele.

“Oh, e ho sentito di nuovo a Malfoy. Ben fatto, stai avverando tutti i tuoi sogni, vero?”

Velocemente Harry si girò di nuovo verso Parkinson, cogliendo la sua espressione impallidita, ferita, prima che la coprisse in fretta e furia, alzando gli occhi al cielo come se per lei fosse di poca importanza. Tuttavia Harry vide lo sguardo furioso di Malfoy, e seppe la verità.

Harry aprì la bocca per parlare, ma prima di riuscirci, Zabini si mosse. Inclinò la testa da un lato, avvolgendo un braccio attorno alla vita di Parkinson e appoggiando la testa sulla sua spalla. “Mi hai dimenticato, Granger. Non sono bravo a scopare?” Chiese come se stesse parlando del tempo, guardando l'ondata di indignazione scorrere tra i Grifondoro con un sorrisetto. “Vuoi provare, vedere se è vero? Voglio essere aggiunto alla tua lista.”

“Oi! È la mia...”

“Penso che riuscirò anche a sopportarlo, sai, data la tua situazione.” Zabini continuò come se Ron non avesse parlato, mentre le parole taglienti zittirono subito il gruppo. “ Viene contato come sesso con animali, Draco?”

“Penso di sì.” Malfoy parlò lentamente, alzando un sopracciglio mentre esaminava Hermione, guardando come fece un passo indietro e assunse un color rosso brillante.

“Oh, bene, un altro esperimento via dalla mia lista di persone da scopare. Che ne dici, Sporca?”

“Non ti voglio macchiato, Blaise. Chissà cosa potresti beccarti? Dato Weasel e tutto.” Disse Malfoy come se stesse considerando un animale, e conoscendoli, lo stavano pensando tutti.

Hermione era quasi in lacrime e si girò di scatto testarda per fulminare Ron e gli altri ragazzi per non averla difesa, completamente inconsapevole che i Serpeverde sogghignarono e iniziarono di nuovo ad andarsene, stavolta senza le battutine.

Harry rimase a guardare esterrefatto. I maledetti Serpeverde si erano difesi meglio e con più efficacia dei Grifondoro. Qual era la Casa della lealtà, prego?

Hermione si voltò, finalmente con una risposta sulle labbra, ma i Serpeverde erano già a qualche metro di distanza, e non si preoccupavano della casa rossa. Invece, lei ringhiò, lanciando un'occhiata alle altre Grifondoro. E le ragazze, in qualche modo in grado di comunicare solo con l'espressione, annuirono. Ginny sfoderò la bacchetta, puntandola nella direzione dei Serpeverde.

Quasi come nella moviola, Harry si girò di nuovo e con rabbia e frustrazione crescenti vide il cappotto di Parkinson illuminarsi, la parola “puttana” macchiarle la schiena di rosso, fluorescente, e sembrare terribilmente simile a sangue, se non per il fatto che si illuminava. Sia i Serpeverde che i Grifondoro sfoderarono le bacchette, girandosi con odio negli occhi, dolore pronto a uscire dalle loro labbra.

“Tu vile puttanella!”

Avvicinati, ti sfido!”

Harry esitò per un secondo, maledicendo la propria mancanza di buon senso, prima di buttarsi in mezzo, sia la sua bacchetta che la sua finta bacchetta al sicuro nella veste. Incespicò fra i gruppi con le braccia aperte, deglutendo nervosamente. Era, nonostante il fatto che nessuno di loro lo sapeva, completamente indifeso. Porca miseria.

“Sono tutti arrabbiati, solo... andiamo via...” Andiamo via? Andiamo via? Gran suggerimento, Harry. Dovresti fare il diplomatico.

Ron era in testa al gruppo, la faccia e i capelli rossi facevano orribilmente a pugni. “Spostati, Harry.”

“Ron, calmati...”

“Vattene, Potter.” Harry scoccò un'occhiata a Malfoy, sospreso che non gli avesse già lanciato una fattura, ma tornò a Ron quando lui fece di nuovo un passo avanti.

“Ehi, calmati! Pensa un attimo! Siamo in troppi qui, un incantesimo vagante può colpire chiunque...”

“Hanno insultato Hermione, Harry! Hanno insultato me!” Ron lo interruppe aspramente, fulminando con un'occhiataccia Harry invece di Parkinson. “Sono dei maledetti Mangiamorte e peggio! Abbiamo il permesso di vendicarci, per tutto quello che ci hanno fatto passare!”

Pensa a...”

“Basta pensare! Siamo Grifondoro! Noi non tramiamo come loro, noi agiamo! Andiamo, Harry! Sappiamo tutti che sono anni che vuoi farla pagare a Mafoy!”

Okay. D'accordo. Se la persuasione non funzionava...

Harry ignorò completamente il commento di Malfoy. “Oh, sì, davvero Grifondoro. Leale e coraggioso e tutto il resto! Dimmi, come lo chiami il lanciare una fattura a qualcuno, senza la bacchetta in mano, quando è girato di spalle? Che cosa molto Grifondoro, non pensi?” Harry trasalì, sentendosi improvvisamente addosso ogni singola occhiataccia infervorata.

“... Harry...” Iniziò Dean arrabbiato, ma Harry gli tagliò immediatamente la parola, senza far parlare nessun altro a meno che non riuscissero a dimostrare che c'era un po' di sale in quelle testacce dure.

“Hermione ha iniziato!” Sbottò, rimpiangendolo non appena lo disse. Cercò di correggersi velocemente ma sapeva di non esserci riuscito. “Non sto dicendo che ti sei meritata quello che ti hanno detto, Hermione, ma hai iniziato tu il litigio!”

“Perché cavolo li stai difendendo?” Urlò improvvisamente Ginny, facendo ferocemente un passo avanti e spingendo via la mano di Harry in modo da potersi avvicinare ancora di più. Stava praticamente irraggiando furia. “Sono feccia! Sono Mangiamorte!”

“Non sono i loro padri.” Disse Harry a bassa voce, la pressione di fare un rassicurante passo indietro dalla ragazza esplosiva era fin troppo accogliente.

“Guardagli il braccio!” Strillò Ginny, gesticolando nella direzione approssimativa di dove stava Malfoy. “Era già praticamente un Mangiamorte il giorno in cui è nato! Ti davano la caccia! Ci davano la caccia! Stavano cercando di ucciderci!”

“Gin, prova a...”

“No! No! Tu non eri qui! Non dovevi subire il Crucio, da lui, in classe! Non eri umiliato da loro ogni giorno, vero? Loro. Sono. Feccia!” Dio, Ginny stava per scoppiare in lacrime, la sua voce iniziò a tremare mentre fissava Malfoy con tale odio.

“Feccia o no, non hanno fatto niente oggi...”

“Hanno ucciso Fred.” Mormorò Ron a bassa voce, alzando gli occhi per incontrare la faccia orripilata di Harry. “E tu li difendi?”

“... Ron...”

“Anche Lavanda è stata uccisa. O non te ne importa niente di lei?” Intervenne Calì, con le mani strette a pugno per la rabbia mentre fissava Harry, sbattendo le palpebre come se si vergognasse.

“Colin ti idolatrava.” Aggiunse piano Seamus, scuotendo la testa disgustato prima di allontanarsi letteralmente a grandi passi dal gruppo, mentre la sua rabbia si irradiava.

Tuttavia non stava sminuendo le loro vite. Non stava dicendo a nessuno di dimenticarlo, o di andare semplicemente avanti a vivere... ma la vendetta era disgustosa. Aveva fatto diventare persone che Harry pensava di conoscere in questi estranei.

“Non sto dicendo di dimenticarli! L'ho mai detto? È solo che non voglio incantesimi lanciati in giro dove chiunque si potrebbe far male!” Harry deglutì di nuovo quando Ginny si avvicinò, una mano minacciosamente sulla bacchetta. Quand'è che un semplice gioco di Quidditch era diventato una battaglia per la sua cavolo di vita?

“Hanno scelto il lato sbagliato, Harry. Hanno combattuto contro di noi! Contro di te! Lei,” sputò Ginny, come a sfidare Parkinson a negare qualunque cosa potesse dire, “ha esatto che ti consegnassimo a Voldemort, così! Come puoi solo... dimenticare tutta quella roba?”

“Non lo sto facendo!” Harry in fretta e furia cercò di capire quando questo era diventato un dibattito politico. “Sto solo... voltando pagina.”

“Voltare pagina.” Ron si girò disgustato, seguendo l'esempio di Seamus. “Come posso voltare pagina?” Harry guardò senza poter intervenire Hermione corrergli dietro, senza neanche lanciare un'ultima occhiataccia a Harry. Aveva oltrepassato una qualche linea, e non sapeva se gli sarebbe stato concesso di riscattarsi di nuovo.

Voleva farlo davvero?

Un secondo dopo dovette frugare nelle tasche per prendere la bacchetta, un riflesso dalla guerra, e lanciare velocemente un Protego quando una fattura apparì dal nulla. Harry si girò verso Ginny, sopracciglia alzate quando vide la sua posa testarda. Senza una parola lei cercò di lanciargli di nuovo una fattura, poi lanciò una maledizione.

Ogni volta, Harry li bloccò con facilità, cercando di sentirsi rilassato con una bacchetta in mano, invece di nauseato. Era fortunato che era riuscito a prendere la sua vera bacchetta, e non la copia finta.

“... non vincerai.” Disse piano, determinato a non abbassare lo sguardo da quello di Ginny, facendo fatica a non osservarsi il corpo per scoprire che malanno gli sarebbe capitato ora.

Bloccò un'ultima fattura, poi guardò i suoi compagni di classe, non si sentiva abbastanza coraggioso da chiamarli amici ora come ora, girarsi e andarsene, mentre grida di oltraggio eccessivamente forti lo raggiungevano anche quando erano rientrati nel castello.

Sapendo che era finita solo metà della battaglia, Harry sospirò a fondo prima di trovare la forza di volontà di voltarsi, trasalendo quando un gruppo di sguardi furiosi incrociò immediatamente i suoi occhi. Sembrava che né volessero né avessero bisogno del suo aiuto, e Malfoy stava già aprendo bocca per dirglielo, senza dubbio, quando accadde.

La sua magia stava... scoppiettando. Era l'unico modo per descrivere la strana sensazione lungo il braccio. Harry aggrottò le sopraccigia, sentiva come se ci fossero delle bollicine sotto la pelle, e ogni volta che una scoppiava rimaneva una crudele sensazione pungente di bruciore. Sussultò guardando con fascino macabro la mano smettere improvvisamente di muoversi, e giacere morta, mentre le bolle invece si avvicinavano lentamente al polso.

Harry cercò di muovere le dita, di schioccarle, semplicemente di piegare il polso... niente.

Dovette solo aspettare che il polso smettesse di contrarsi prima di girarsi e correre come un fulmine verso il castello. Fanculo i Serpeverde, probabilmente lo avrebbero lasciato lì e gli avrebbero lanciato un malocchio per l'aiuto.

Harry volò per i corridoi, inciampando una volta per le scale e rialzandosi insicuro in piedi, con un braccio che penzolava inutilmente al fianco. Intravide le dita e quasi mugolò quando vide che erano già blu scuro.

Fortuna per lui che i piedi erano in modalità sopravvivenza, correndo senza pensiero cosciente di una destinazione. Le bolle gli stavano attraversando il petto, lo stomaco, giù per le cosce... stava diventando difficile respirare, la vista era sfocata con questi puntini neri che apparivano e scomparivano...

Le porte dell'infermeria si spalancarono prima che Harry le potesse toccare.

“MADAMA CHI...”

Le gambe cedettero, mandandolo a schiantarsi sul pavimento, col sangue che schizzava dal naso dato che era caduto dritto di faccia, senza braccia per attenuare la caduta o reggerlo. Grazie a Dio fu girato velocemente, mentre il panico scompariva come la sua abilità di tenere gli occhi aperti.

“... non riesco... a muovermi... bolle... bruciano... si spargono...” Riuscì a sussurrare, almeno lo sperava, prima che l'oscurità finalmente lo prendesse.

L'ultimo pensiero cosciente di Harry fu che non aveva particolare voglia di svegliarsi.

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Capitolo 4
*** Il tuo letto o il mio? ***


Note: Hello guys, (*u*)/ vogliamo informare tutti i lettori di The List che... la storia verrà pubblicata il 20 di ogni mese!!! Salvo uleriori modifiche che, nel caso, vi annunceremo. Ma l'aggiornamento mensile resta comunque!! :') Detto questo, scusate per l'enorme ritardo... BUONA LETTURA!

- Panda-chan e Malpensante.






Capitolo 4- Il tuo letto o il mio?



Harry impiegò un tempo particolarmente lungo per trovare la forza di aprire gli occhi. Sapeva di essere cosciente perché riusciva a sentire lo struscìo dei passi di qualcuno che camminava attraverso la stanza. Sentiva le risate provenienti dall'esterno, un suono distante, estraneo. Prese nota del fatto che stava controllando il suo respiro nel tentativo di rimanere fermo e calmo.

Realizzò di essere ancora vivo, nonostante la felicità che aveva provato per il suo ultimo pensiero. Quello che sperava fosse il suo ultimo pensiero.

Harry rimase completamente fermo, inspirando ed espirando, si rifiutava di fare qualunque spostamento .

E se non fosse riuscito a muoversi? La paura che aveva provato quando si era accorto che si stava intorpidendo e stava lentamente perdendo il controllo degli arti era ancora fresca nella sua memoria, e si ripeteva come una valanga ogni volta che pensava di aver trovato il coraggio di muoversi. Se non ci fosse riuscito e fosse stato costretto a vivere per sempre paralizzato nel suo letto, avrebbe pagato la sua intera fortuna per avere un Giratempo, tornare semplicemente indietro e lasciare che Voldemort lo uccidesse con successo la seconda volta. E l'avrebbe fatto con un sorriso e un inchino. No, la fottuta cosa chiamata ' Destino ' aveva giocato con Harry abbastanza per quell'anno... paralizzarlo sarebbe stato davvero il colpo di grazia.

Lentamente Harry aprì gli occhi, combattendo l'ondata di nausea che lo travolse appena vide il suo corpo immobile. Osservò la mano, racimolando ogni minuscolo granello di coraggio che gli era rimasto e... il suo dito si mosse. Grazie a Merlino!

Harry tirò un sospiro spezzato, strinse il pugno e portò la mano tremante verso il suo volto, con un senso di puro sollievo che lo attraversava. Non era paralizzato. Madama Chips l'aveva guarito ancora una volta.

Poteva continuare la sua vita completamente insoddisfacente.

Fece cadere di nuovo la mano, e scosse la testa, sorpreso dalle sue sciocche paure. Un secondo dopo urlò, ritraendola velocemente. Toccare la morbida coperta aveva fatto male. Una forte fitta di dolore si propagò dalla punta delle sue dita. Aveva avuto una sensazione diversa, più intensa.

Respirando a fatica, Harry abbassò ancora la mano e fece scorrere le dita sulla coperta, rabbrividendo al tocco. Era ruvida e instabile, come passare una mano sul brecciolino. Si aspettava quasi che le sue dita stessero sanguinando, invece bruciavano solo in modo violento. Già. Solo.

Harry si girò di scatto quando Madama Chips irruppe nella stanza, scuotendo tristemente la testa e evitando palesemente di incontrare il suo sguardo. " Che problemi hanno le mie mani? "

L'infermiera tirò un evidente sospiro di sollievo, raddrizzandosi come sei un enorme peso fosse stato rimosso improvvisamente dalle sue spalle. Si fiondò sul letto, aveva i capelli scompigliati e gli occhi iniettati di sangue. Con mani tremanti si accinse a controllare il polso di Harry, senza usare la bacchetta. Per fortuna. Non era nemmeno sicuro che riuscisse a tenerla in mano al momento, figuriamoci lanciare un incantesimo.

" ...Che problemi hanno le mie mani? " Ripeté Harry, deglutendo per tenere a freno un po' della sua crescente rabbia. Lei continuò ad ignorarlo, toccandogli lievemente il polso.

Harry urlò e si liberò con forza, come se si fosse ustionato. Riusciva a sentire ogni piega delle sue impronte digitali, la sua pelle rugosa gli provocava bruciore a contatto con la sua.

" Che diamine mi sta succedendo? "

Alla fine, alla fine, Madama Chips incontrò lo sguardo impaurito di Harry, poi lo distolse velocemente, poggiandolo sulle sue mani. " La sua malattia è stata più aggressiva questa volta. " Riuscì a dire, e una volta iniziato, proseguì senza sosta. " Ha cercato di metterla fuori uso. Ha immediatamente iniziato disattivare i suoi nervi e le cellule sensoriali. Credo che fossero queste le ' bolle ' che sentiva. Si è prepagata dal suo braccio fino al resto del corpo, mettendo fuori uso gli organi al suo passaggio. È fortunato ad essere arrivato qui in tempo! " Sbottò, poi si alzò improvvisamente in piedi, folgorando Harry con lo sguardo. " Che cosa credeva di fare lanciando incantesimi? E niente meno che fuori dalla scuola! Che cosa le è passato per la testa? "

" Stavo mantenendo l'unità fra le case. " Era incredibile. Aveva evitato che scoppiasse una dannata rissa, una di quelle disastrose, ed era lui che si beccava la lavata di capo?

" Ha funzionato? "

"Si. " Ribatté, facendo roteare gli occhi. Come si permetteva? " Mi dica cosa c'è che non va nelle mie mani! "

" Ha danneggiato i suoi nervi e le cellule sensoriali. Gliel'ho già detto. " Tirò su col naso, ricordandogli in modo sorprendente sua zia. Di conseguenza, la sua simpatia per l'infermiera scese di una tacchetta. " Si stanno rigenerando, ma nel frattempo sono sotto sforzo e quindi sono sensibili. "

Sensibili? Facevano sembrare la coperta come del brecciolino e le sue mani una vera e propria tortura. Inoltre riusciva a sentire ogni piega dei suoi vestiti, che ricadevano pesanti e scomodi sul suo corpo.

" Quando tornerà... alla normalità? " Dio, voleva davvero una risposta a quella domanda?

" ...nel giro di poche ore al massimo. " Si sentì letteralmente venire meno per il sollievo, fece una risata amara realizzando quello che aveva appena scampato. Sarebbe stato bene, solo poche ore di disagio. E l'intera casa Grifondoro che lo attaccava per il resto della settimana. E anche l'intera casa Serpeverde. Quindi, tutto sommato non era cambiato niente. Se l'era cavata senza troppe ripercussioni.

" Che ore sono? "

" Quasi ora di pranzo. "

" Se non sarò lì, se ne accorgeranno, e non ho una scusa. Sto bene adesso, giusto? Sono solo un po' sensibile? " Harry sospirò non appena l'infermiera gli lanciò un'altra occhiata, inspirando e ridacchiando nervosamente come se cercasse una scusa per tenerlo chiuso lì dentro. La interruppe quando cercò di dire qualcosa. " Ho già detto a lei e alla professoressa McGranitt che voglio che tutto rimanga il più normale possibile. Entrambe avete accettato. Se sarò assente troppo spesso le persone se ne accorgeranno. "

Madama Chips continuò ancora a fissarlo, scuotendo la testa, incredula. Infine, gettò alcune fiale sul letto e si allontanò in tutta fretta. " Starà qui per un'altra ora. " Il suo tono non lasciava spazio a obiezioni, ma appena entrò nel suo ufficio, Harry mandò giù le pozioni e uscì dalla porta. Sapeva che avrebbe dovuto sopportare i suoi rimproveri quella sera stessa , ma in quel momento non gliene poteva fregar di meno.

Harry deglutì mentre si affrettava per i corridoi, rabbrividendo perché le punte dei piedi strusciavano contro i calzini, che non erano più così soffici. Incrociò le braccia, ritraendole subito dal momento che i suoi peli sembravano filo spinato. Sbatté le palpebre, sorpreso di come fossero pesanti e di come fosse maledettamente brillante la luce del sole.

Per farla breve, era una strana esperienza. Percorreva i corridoi, e anche se lo faceva tutti i giorni in quel momento era difficile e scomodo. Solo poche ore. Doveva resistere sol per poche, minuscole ore. Comparata ai pensieri avuti durante la mattinata, un po' di sensibilità non era niente.

Harry entrò con cautela nella Sala Grande. Il suo sguardo cadde subito sui Grifondoro. I suoi compagni si erano voltati verso di lui non appena era entrato, sui loro volti un misto di furia e incredulità. Se l'era aspettato, ma lo ferì comunque quando addirittura i primini si allontanarono da lui quando si sedette, scivolando più in là sulla panca. Sul serio? Sul serio?

Poteva sentirli mentre dibattevano tra di loro e raccontavano la storia a coloro che non erano presenti. Era ridicolo. Aveva fermato una rissa, e loro si comportavano come se avesse la peste! Be' su quello non si sbagliavano, ma era comunque un comportamento completamente stupido.



Harry guardò verso il tavolo dei Serpeverde, interessato a scoprire se le sue ipotesi su di loro fossero altrettanto corrette. Desiderò di non averlo fatto.


I Serpeverde stavano tutti mangiando, ma continuavano a fissarlo, le espressioni curiose e interessate. Lo guardavano come se fosse stato dato loro un enigma difficile da risolvere ma allo stesso tempo spassoso, e trovassero divertente cercarne la soluzione. Sogghignavano fra loro, con le espressioni concentrate. Dio, partecipavano tutti alla soluzione dell'enigma.



Ogni. Singolo. Serpeverde.

Anche le matricole imitavano quelli più grandi, fissando Harry e ghignando di tanto in tanto, i più giovani ridacchiavano prima di riuscire a controllarsi. Grandioso. I Grifondoro erano furiosi fino al punto di ignorarlo di nuovo. I Serpeverde erano interessati a lui. Magnifico.

... e se Malfoy avesse spifferato tutto?

Ignorando la soffocante sensazione allo stomaco, Harry decise di prendere una salsiccia da mordicchiare.

Cazzo! Un bruciore pungente invase le sue dita. I suoi nervi già vulnerabili urlarono quando la sua mano entrò in contatto con della lava incandescente. Harry sussultò, lasciando immediatamente cadere la salsiccia e iniziando a soffiare sulle dita brucianti. Gli dolevano solo per un tocco leggero.

Deglutendo nervosamente e non sapendo che fare, Harry afferrò una forchetta e si sorprese della sua superficie completamente liscia e fredda, poi infilzò la salsiccia. Prima di provare a mangiarla, fece scorrere le dita sulla forchetta, profondamente estasiato dalla sua perfezione. Non aveva un singolo bozzo o una crepa... priva di difetti. Era la cosa più soffice che avesse toccato durante il giorno.

Infine, pensò che la sua carne si fosse raffreddata un po', quindi diede un morso.

E lo sputò subito, non appena le sue labbra presero a bruciare così forte che sembravano andare a fuoco. Sarebbe stato tutto così amplificato?

Harry strinse i denti, fissando furiosamente il suo cibo, per poi spingere via il piatto. Il destino doveva proprio detestarlo, vero? Adesso stava tentando anche di farlo morire di fame.

Qualcosa di caldo e selvaggio gli frustò improvvisamente la schiena. Rabbrividì, tentando di divincolarsi dal tocco e si girò velocemente per cercare il colpevole. Un incantesimo pungente. Amplificato per centinaia di volte. Gli si stava già formando un livido sulle spalle, che si espandeva mentre i suoi stupidi nervi si rifiutavano di rilasciare il dolore!

Harry ringhiò, girandosi per osservare i suoi compagni in rosso. Sembravano tutti un po' troppo concentrati sui loro pasti al momento, nessuno di loro parlava, come se non fosse già abbastanza sospetto che improvvisamente tutti avessero la testa bassa ed evitassero di guardarlo. Dannazione! Sì, si aspettava che fossero arrabbiati. Ma non si aspettava di certo che fossero così infantili da cercare una vendetta così superficiale.

Un'altra frustata si avvolse al suo braccio, affondando i suoi denti e godendo del dolore di Harry, la cui mano era sospesa fra la sua inutile bacchetta e la sua pelle sensibilissima. Diminuì dopo alcuni minuti, ma la sofferenza persisteva, si prendeva gioco di lui, provocandogli un dolore pulsante.

Harry si guardò ancora una volta intorno, fissando i Grifondoro. E dopo un attimo di riflessione, gettò uno sguardo anche ai Serpeverde.

Non ne poteva più. Tutto era troppo al momento. Le sue sensazioni erano troppe.

In un batter d'occhio Harry volò via dalla sala, con i pugni che tremavano sia per la rabbia che per il dolore.

Alcuni ragazzi del primo anno, e fin troppi del secondo, affermarono che si fosse smaterializzato.

 
.



.



.



Merlino, quello era un giorno infernale.

Harry sedeva al suo banco, e agitava a bacchetta finta, osservando con indifferenza i suoi compagni di classe eseguire gli incantesimi con una precisione impeccabile. Nessuno guardò Harry durante la lezione, lo degnavano a mala pena di uno sguardo, ma quando lo facevano, i loro volti si illuminavano con sorrisi e ghigni. Harry Potter, fenomenale in Difesa contro le Arti Oscure, non riusciva a fare un semplice incantesimo scudo? Il karma.

Decise di far scorrere le dita sulla bacchetta finta, prendendo nota di ogni sua imperfezione o crepa. Nonostante gli desse una sensazione sgradevole contro la pelle, perché non era liscia e levigata, ma ruvida... non provava dolore mentre la teneva in mano. Anche se era irregolare e piena di bozzi, era perfetta, a suo modo.

Fece un leggero sorriso, anche se non proprio genuino, mentre pensava. Sebbene la sua magia stesse tentando di ucciderlo, la sua bacchetta sarebbe stata sempre lì, imperterrita, a proteggerlo.

Harry sussultò quando la sua boccetta d'inchiostro esplose, il gelido liquido blu scorreva lungo il suo braccio e sull'uniforme. Dio, era così freddo. Più del ghiaccio o di una brezza invernale... l'inchiostro gli sembrava la morte, e viscido, scorreva sulla sua pelle.

Lasciò la stanza senza dire una parola, senza dare ai suoi amici quella soddisfazione... non era davvero colpa loro. Pensavano che quelli fossero solo scherzi innocui, non che stessero seriamente ferendo o spaventando Harry. E non lo stavano facendo, nemmeno lontanamente.

L'acqua era peggio dell'inchiostro.

Harry sbatté pesantemente le palpebre, e rabbrividì quando l'acqua gli schiaffeggiò la pelle.

Non ne poteva davvero più.

 
.



.



.



Harry fissava testardamente il suo cibo, la mano destra gli doleva ancora per il tentativo di prendere una patatina. Era patetico. Harry versus magia... il round numero cinquantatre andava alla sua magia. Zero a cinquantatre. Merlino, quella vita era patetica.

Gettò uno sguardo ai suoi amici, che si erano seduti più vicino a lui di quanto avessero fatto pranzo. Hermione continuava a guardarlo con un piccolo sorriso, quindi ovviamente si era lasciata alle spalle il loro litigio. Ginny si era spostata al tavolo dei Corvonero per sedersi con Luna, piuttosto che con lui. Ron sembrava aver avuto la stessa idea, ma le parole di Hermione l'avevano fermato.

Era curioso di sapere che cosa avesse detto Hermione per far sì che fossero già tutti pronti a perdonarlo. Dopotutto aveva fatto delle accuse piuttosto gravi, e Harry sapeva quanto avessero ferito Ron... non erano passate nemmeno ventiquattro ore ed erano già pronti a perdonarlo e a dimenticarsi di tutto? Hermione doveva aver detto qualcosa.

Ma non sapeva proprio di cosa si trattasse. Non c'era davvero niente che andasse a suo favore in quel momento, tranne il fatto che aveva cercato di evitare un litigio. E a quanto pareva, i Grifondoro non ne erano stati tanto entusiasti.

Harry si sorprese quando Hermione gli sorrise di nuovo, con gli occhi pieni di... compassione. Cazzo, no! Non voleva compassione! Che diavolo aveva detto?

" ...Pensavo che sareste stati tutti arrabbiati per un bel po' di tempo. " Harry si accertò che la sua voce fosse calma, non piena di rabbia e irritazione, che erano sicuramente i suoi sentimenti al momento. La suddetta irritazione non fece altro che aumentare appena Hermione scosse ancora la testa leggermente, come una madre farebbe sentendo suo figlio dire qualcosa di stupido.

" Oh, Harry. " Doveva trattenere la rabbia. Non doveva rispondere male o saltarle addosso dall'altro lato del tavolo. " Va tutto bene... ho solo... realizzato una cosa. "

" ...Cioè? "

" ... Tu non stavi supportando i Serpeverde questa mattina, Harry. Dio, siamo stati così ciechi a non accorgercene. "

Harry rimase scioccato, quella volta non riusciva a dire proprio nulla alla sua amica. Gli avevano sempre dato il merito di essere la strega più brillante della sua età, ma forse non abbastanza. Aveva ripensato al litigio, si era ricordata quello che aveva detto e-

" Non devi più nasconderlo. Sappiamo che hai sviluppato una sorta di fobia per i duelli. "

- aveva creato una sbagliatissima, contortissima, stupida scusa. Forse doveva toglierle qualche merito? Harry se ne stette in silenzio per un momento, osservava la sua amica, di solito intelligente, e combatteva l'impulso di riderle in faccia.

" Ho fatto cosa? "

" Lo so, siamo stati tutti così ciechi. " Hermione continuò parlando tutto d'un fiato, e rivolgendo a Harry un sorriso smagliante. " Intendo, hai dovuto fare combattimenti su combattimenti l'anno scorso, e tutti noi sappiamo quanto li odiassi, e poi hai avuto uno scontro all'ultimo sangue con Voldemort, ed è normale che non ti piaccia vedere gli altri litigare, perché sai cosa può succedere in un duello di incantesimi, e volevi evitare che accadesse. Non stavi spalleggiando i Serpeverde, stavi solo cercando fuggire dalle tue paure. Poi non fai più nessun esercizio pratico per Difesa contro le Arti Oscure perché ti fa stare male... lo capiamo Harry, lo capiamo. Tutti noi abbiamo deciso di non fare più duelli nei tuoi paraggi finché non ti sarai abituato all'idea. "

Harry non poté far altro che sbattere le palpebre. Ma erano sempre stati così... stupidi? Aprì la bocca per dire che potevano combattere quanto cazzo volevano perché non era spaventato dai duelli ( era solo che il suo corpo non gli permetteva più di farli! ), ma un'aquila atterrò sul suo piatto, porgendo la sua zampa in attesa.

Che ci faceva lì quell'aquila? L'ora della posta era passata da un pezzo... aspetta. Conosceva quell'aquila, l'aveva vista bombardare il suo proprietario con lettere e dolciumi per anni.

Senza dire una parola, Harry allungò la mano e prese la lettera, ignorando ancora gli sguardi intorno a lui.


- Ti rifiuti ancora di ammetterlo? O è così, oppure hai preso una dose eccessiva di ' Pozione per Amplificare il Contatto. ' -utile, ma solo a letto e con molta esperienza. -



A dirla tutta era piuttosto divertente. Harry rimase scandalizzato quando realizzò che aveva addirittura strappato dalle sue labbra una risatina. Aveva riso. Non lo faceva da mesi e Malfoy era stato l'unico a farlo ridere di nuovo?



L'aquila non aveva ancora lasciato il tavolo.

Dopo un po' di esitazione, prese una penna e scrisse una risposta, sconvolto dalle sue stesse azioni.



- E tu hai esperienza con la ' Pozione per Amplificare il Contatto'? Dovrai insegnarmi, Mister Esperienza. -



Non sapeva se fosse saggio, ma... aveva riso. Era riuscito a trovare divertente qualcosa. Se poteva stare in quello... stato per un altro po', allora ne valeva la pena.

Harry, insieme al resto della sala, osservò l'aquila tornare dal suo proprietario. Il biondo sembrava vagamente sorpreso di ricevere una risposta, e squadrò Harry con circospezione, prima di prendere il biglietto.

Si guardò intorno e fece roteare teatralmente gli occhi perché tutti lo stavano fissando, poi folgorò alcuni di loro facendoli muovere a disagio. Comunque doveva aver realizzato che non poteva far girare tutti da un'altra parte, compresi i professori, pensò Harry con frustrazione, quindi decise di aprire lentamente il biglietto.

Sembrava che l'intera sala trattenesse il respiro. Aspettando qualcosa. Un litigio, l'apocalisse, entrambe le cose.

Harry guardava Malfoy leggere il biglietto in silenzio, come tutti gli altri. Le sue sopracciglia saltarono su, dandogli un espressione di sorpresa. Ghignò, ripiegò il biglietto nella tasca, e poi alzò lentamente la testa.

Harry deglutì nervosamente quando gli occhi argentei di Malfoy incontrarono i suoi, brillando divertiti. Era perché stava per fare qualcosa che avrebbe completamente umiliato Harry, o per quello che aveva scritto lui?

Malfoy ignorò l'intera sala, finse che non lo stessero osservando e analizzando ogni sua singola mossa.

Poi fece l'occhiolino.

A Harry.

" Il tuo letto o il mio? "



Harry restò lì, completamente mortificato, mentre tutti gli lanciavano sguardi indignati. Quando vide che Malfoy gli rivolgeva un ghigno, sapeva già di star arrossendo e che stava per usare la magia, anche solo per spezzarsi il collo da solo. Il biondo scosse leggermente la testa, divertito. Come se pensasse che Harry non aveva senso dell'umorismo!

Harry abbassò velocemente lo sguardo sul suo piatto, coprendosi la bocca con la mano per trattenere le risate. Era ridicolo.

Tuttavia, lo stava facendo ridere.

" Che cosa diavolo intendeva? "

"Harry, cosa gli hai scritto? "

" Che cosa diamine è successo? "

" Sei gay, Harry? "

Lui alzò lo sguardo, aveva la faccia rossa e stava ancora ridendo, ma colse Malfoy fare lo stesso, e cercava anche di zittire un gruppo di Serpeverde che lo stava palesemente bombardando di domande. Non gli importava nemmeno che quando le persone lo scuotevano poteva sentire il loro battito cardiaco. Non gli importava se il loro tocco sembrava oleoso, viscido e violento, come se stesse lasciando dei lividi. Non gli importava.



Harry continuò a ridere.




 

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Capitolo 5
*** Succorbentis? ***


Capitolo 5: Succorbentis?
 
Bene, tutto  era  tornato  alla normalità. I Grifondoro lo ignoravano. I Tassorosso si tenevano a distanza. I Corvonero facevano supposizioni che successivamente si trasformavano in pettegolezzi. I Serpeverde facevano i Serpeverde.
 
Hermione tentava di riavvicinarsi a lui e di convincere anche gli altri a farlo, ma era un lavoro molto lento. Avevano visto l'impossibile. Harry e Malfoy comunicavano segretamente e si scambiavano battute. Ron dava come l'impressione che fosse stato accoltellato da Harry e probabilmente pensava che fosse così. Aveva provato a spiegargli che Malfoy lo aveva solo tirato un po' su di morale ma questo aveva scatenato una discussione completamente diversa. Perché era andato prima da Malfoy e non da Ron? In verità non se lo sapeva spiegare.
 
Certo, poteva evitare la questione e ricordargli che lo ignoravano, lo attaccavano o gli lanciavano fatture, e che la cosa andava avanti sin da quando erano ritornati ad Hogwarts... ma era solo una copertura. Se Harry avesse voluto che Ron lo tirasse su di morale, gli avrebbe chiesto di proporre agli altri di fare una partita a Quidditch. Ma Harry, in realtà, non vedeva più Ron come la persona da cui andare per primo. Si era sentito solo, come aveva fatto tutta l'estate... e Malfoy era stata semplicemente la prima persona ad avvicinarsi a lui dicendo qualcosa di vagamente divertente. Non l'aveva fatto di proposito, era capitato per caso. Anche se Zabini, Calì o perfino Luna gli avessero parlato in quel modo, avrebbe riso... forse.
 
Harry alzò lo sguardo per poi far roteare gli occhi e borbottare fra sé e sé. " Parli del diavolo ... "
 
Malfoy aveva appena fatto il suo ingresso nella biblioteca e si stava dirigendo direttamente verso di lui. Fantastico. Harry non aveva pianificato niente del genere. Quindi? Che problema c'era se quello era un fine settimana dedicato ad Hogsmeade, il primo dell'anno, e si era aspettato che ci fossero andati tutti? Che problema c'era se aveva letteralmente trasportato un tavolo attraverso la biblioteca fino all'angolino più oscuro e angusto che era riuscito a trovare così che se anche l'avessero scovato, nessuno si sarebbe avvicinato a lui? E che stava facendo i compiti di Pozioni in modo che se anche lo avessero notato, non sarebbero stati tentati di restare lì? Che problema c'era se aveva appositamente detto a Madama Pince che se qualcuno avesse chiesto di lui, avrebbe dovuto dirgli che non aveva mai messo piede biblioteca? Non aveva pianificato niente. Non era per niente irritato.
 
Harry ritornò al suo libro fingendo di non vedere Malfoy che camminava spedito verso di lui e sperò che la funzione del Distillato di Radice di Margherita si trovasse da qualche parte sulla pagina che stava leggendo. Perché diamine avrebbe dovuto sapere cosa fosse un Distillato di Radice di Margherita? O di come fosse collegato con le pozioni sonnifere potenti? E siccome Hermione faceva pace con lui e iniziava una nuova lite subito dopo era costretto a scervellarsi nella sua materia preferita, che era Pozioni, da solo. Splendido.
 
Malfoy si sedette di fronte a lui con il mento poggiato su una mano mentre osservava Harry divertito. " La risposta non è in nessun libro di pozioni. È di conoscenza generale. Nemmeno tu puoi essere così incapace, Potter. "
 
" Be', come tutti sanno, Pozioni è il mio cavallo di battaglia." Rispose Harry lentamente, guardandosi intorno per poi scoprire che, con sua sorpresa, erano completamente soli nella biblioteca.
 
" Ovviamente." Quando Malfoy non aggiunse nient'altro a quella risposta frustrante, Harry per poco non ringhiò.
 
" Che diamine vuoi, Malfoy? " Sul serio, stava tentando di fare i compiti! E dal momento che non poteva combattere in modo appropriato con Malfoy, quella situazione lo faceva davvero infuriare. Se solo avesse potuto lanciare un incantesimo... uno, dannazione. Ma dopo quello che era successo la volta scorsa non se la sentiva di rischiare.  Niente più rischi.
 
Qualcosa divertiva Malfoy, per questo teneva la testa piegata da un lato e le sopracciglia alzate, come faceva spesso. " Sono venuto per ricevere la mia risposta; il tuo letto o il mio? "
 
Ed ecco saltare fuori che, sorprendentemente, non stavano facendo davvero una conversazione civile; Malfoy stava solo facendo il coglione. Di nuovo. " Il gioco è bello quando dura poco, Malfoy... "
 
" Se proponi di divertirci un po', non puoi tirarti indietro quando ti pare e piace. " Harry guardò Malfoy quando si accorse del tono serio, di rimprovero. Rimase a bocca aperta. " Adesso non ho più aspettative verso il futuro."
 
Harry non poté far altro che osservare il biondo domandandosi quale fosse il suo problema. Era Malfoy,  il ragazzo che odiava sin dal primo anno. A che diavolo di gioco stava giocando? " ...Io... io non sono ...tu non puoi essere... perché... ? "
 
" Rilassati Potter; non ho nessuna intenzione di portarti nel mio letto; i Grifondoro non sono ammessi nel Dormitorio Serpeverde. " Tuttavia il suo ghigno rimase, come se lo trovasse  incredibilmente divertente. Harry stava ancora pensando a quello che Malfoy aveva appena detto. Quindi, voleva per caso dire che nella torre Grifondoro sarebbe stato permesso? No! Fermati, Harry! Perché cavolo lo stava anche solo considerando? Prima di tutto non gli piacevano i ragazzi, e poi non gli piaceva il Principe dei Serpeverde! Harry scosse la testa e serrò la mascella. Alzò un sopracciglio confuso, quando Malfoy gli diede un leggero colpetto alla mano. I suoi occhi non lasciavano mai il suo volto.
 
Ma che diamine...?
 
Il suo sorrisetto si allargò ancora un po'. " Allora Potter, ti rifiuti ancora di ammetterlo o hai bisogno di ulteriori convincimenti? "
 
Per l'amor del cielo! " Non so a che cosa ti riferisci. Smettila. "
 
" Certo. " Scrollò le spalle come a lasciar perdere la questione,  ma il divertimento che gli si leggeva ancora negli occhi gli suggeriva che non aveva nessuna intenzione di smetterla. Le parole che usò successivamente non erano altro che la conferma. " Ma, scusa un attimo-"
 
Harry sospirò melodrammaticamente e sbatté la testa sul banco, ignorando Malfoy che prese il suo libro e iniziò a sfogliarlo. Non gli importava se si stesse comportando in modo infantile. Voleva solo che quel coglione se ne andasse
 
" Sei molto maturo, non è vero Potter?  " Quello Stronzo Biondo ebbe il coraggio di sembrare compiaciuto, prima di spingere il libro nella direzione di Harry. Ringhiò, non curandosi del fatto che in quel modo avrebbe soltanto dato ragione a Malfoy, poi si tirò su osservando la pagina.
 
E diventò di un rosso acceso.
 
" Basta scherzare, Malfoy! Io dovrei essere- "
 
" Che ne dici di comprare un paio di occhiali che non ti facciano sembrare completamente deficiente e di iniziare a leggere? "
 
Ringhiando, Harry si voltò e iniziò a sfogliare di nuovo il libro, non capendo cosa Malfoy si aspettasse. Saltò la pagina con il metodo e gli effetti... niente di interessante. Finché non vide l'avvertimento a fine pagina.
 
" Hai bisogno che te lo legga io? " Chiese speranzoso Malfoy, con un tono troppo gioioso per essere considerato reale. Harry conosceva il vero Malfoy... e quello davanti a lui non lo era.
 
" Penso di poterci riuscire da- "
 
" Dice che è una pozione estremamente potente; gli effetti svaniscono entro settantadue ore. " Continuò a parlare comunque e Harry, vedendo quel ghigno che non lasciava mai la sua faccia, fece roteare gli occhi. “ Sai cosa significa? "
 
" Sono sicuro che stai tentando di- "
 
" Significa, " Dopo quello, Harry gemette non provando nemmeno più a nascondere la sua completa frustrazione. " che quando prima ti ho colpito la mano, si sarebbe dovuto formare un livido, e tu avresti dovuto sentire dolore. Quindi, Potter, sii più convincente la prossima volta. Stai ancora cercando di negare? Perché le salsicce tiepide che abbiamo mangiato a cena l'altra sera non avrebbero dovuto scottarti. E poi, quando l'inchiostro si è rovesciato, sembrava che stessi per piangere. Visto che la causa non è questa pozione, allora qual è?  "
 
" Hai davvero bisogno di trovarti un hobby. " Ribatté Harry per la prima volta da quando Malfoy era arrivato. La rabbia lo stava bruciando. " Non sono affari che ti riguardano. Non. Sono. Malato. "
 
" Oh, fantastico; ti rifiuti ancora di ammetterlo. "
 
" E comunque cosa te ne importa? Tu mi odi, io ti odio; ricordi? " Harry digrignò i denti quando si accorse che Malfoy stava sogghignando ancora più di prima, mentre scuoteva la testa con le sopracciglia alzate. Ma lo stava ascoltando?
 
" Come ho detto prima, Potter; se hai un piano, vai fino in fondo e non tirarti indietro a metà strada, non ti arrendere; i Serpeverde non si arrendono. "
 
" No, i Serpeverde ti manipolano fino a quando non ottengono quello che vogliono. E se la faccenda si fa troppo pericolosa, scappano via come i cani quali sono. Non sanno niente della determinazione, quindi non farmi la predica! Non siete nient' altro che Man- " Merda! Dillo! La gola di Harry si strinse. Dillo! Chiamalo Mangiamorte! Se ne andrà!
 
" Non riesci nemmeno a finire una frase? È patetico perfino per te, Potty. "
 
" Vattene e basta.  "
 
" No, sono determinato ad ottenere quello che voglio. " Harry sbatté la mano sul tavolo, incontrando finalmente lo sguardo freddo di Malfoy con un paio di furiosi smeraldi.
 
" Quello che vuoi è farmi ammettere che sono malato? Poi la smetterai e mi lascerai da solo? "
 
" Devi prima provare la tua teoria. "
 
Con le mani tremanti, Harry sfoderò la sua bacchetta puntandola al petto di Malfoy. La sua bacchetta, non quella finta. Malfoy se ne doveva andare, in un modo o in un altro. " Esci da qui. Lasciami solo. Il gioco è finito. "
 
Si aspettava un commento  sarcastico o due. Si aspettava che forse quell'arrogante stronzo se ne andasse. Ma non lo fece, e quel sorrisetto tornò sulla sua faccia. Malfoy sfoderò lentamente la sua bacchetta, puntandola al volto di Harry. Era calmo e composto. Notò il tremore che scuoteva le mani di Harry, ma non fece nessun commento in proposito. Continuò  soltanto a ricambiare lo sguardo del ragazzo furioso e leggermente spaventato.
 
" Va pure avanti. Ti do la possibilità di colpire per primo. "
 
Dio, Harry  avrebbe  voluto  farlo. Un semplice  Stupeficium. L’incantesimo Mangialumache. Anche un semplice Expelliarmus, soltanto per vedere l'espressione sulla sua faccia...
 
Ma Harry non si mosse, come se sapesse che non l'avrebbe fatto... come se Malfoy, in qualche modo,  sapesse che non l'avrebbe fatto.
 
Dopo alcuni momenti di assoluto silenzio, Malfoy ridacchiò. Harry si  accigliò leggermente, stringendo furiosamente i denti. " Certo che non lo faresti; sei debole, Potter. Avanti, abbraccia i tuoi veri colori Grifondioti! Colpiscimi! Proprio come tutti i Traditori del loro sangue o i Mezzosangue! " Si fermò lì, piegò la sua testa da un lato, riflettendo.  Harry strinse le dita attorno alla bacchetta, facendo per usarla... ma c'era qualcosa di strano. Qualcosa non quadrava...
 
" Dimmi, quello  stupido  elfo  è morto? Se l'è meritato, quel defic- " Malfoy si zittì quando fu scaraventato dall'altra parte della biblioteca, sbatté contro uno scaffale e scivolò sul pavimento. I libri cascarono intorno a lui, rovesciandosi pericolosamente dalle  mensole, ma lui si tenne soltanto lo stomaco, sussultando leggermente.
 
Harry deglutì, cercando di mandare giù la saliva in eccesso. Merda! Merda! Osservò il suo corpo,  aspettando  che  succedesse  qualcosa. Cosa lo avrebbe tradito questa volta? Il collo? La gamba? Cosa avrebbe smesso di funzionare? I polmoni? I reni? Il cuore?
 
Ma non successe niente, la sua magia non aveva reagito quella volta. Grazie a Dio!
 
Harry  fece un sospiro tremante e si sedette per cercare di calmarsi, quando si ricordò di quel Bastardo-Stronzo-Biondo. " Non insultare Dobby. " Mormorò a bassa voce, sapendo che Malfoy avrebbe sentito comunque. Si rifiutò di alzare lo sguardo e iniziò a sfogliare di nuovo le pagine muovendo gli occhi, senza leggere veramente.
 
Sentì Malfoy alzarsi in piedi, ma non distolse comunque lo sguardo dal libro. Era stata colpa sua. Doveva essere ad Hogsmeade a bere Burrobirra e a prendere in giro la gente con i suoi amici, non irritare Harry in una parte isolata della biblioteca.
 
" Il Distillato di Radice di Margherita è una bevanda. Acqua zuccherata per la precisione. Non riuscirai a trovarlo in nessun libro di pozioni. "
 
Harry si girò di scatto, ma vide solo un mantello scomparire fra gli scaffali e scosse la testa incredulo. Aveva volontariamente aiutato Harry nei suoi compiti di Pozioni?
 
Draco Malfoy si era appena, in qualche modo, scusato con lui?
                                        .
 
                                        .
 
                                        .               
Harry guardò la mappa, ricontrollandola prima di decidere se avventurarsi fuori oppure no. Non si sarebbe fatto catturare. Non quando era riuscito a far filare tutto liscio per così tanto tempo. Sarebbe stata una seccatura se l'avessero beccato. O voleva essere beccato? Per poter finalmente dire ai suoi amici quale fosse esattamente il problema?
 
No. Quello no. Quello mai.
 
Gli occhi di Harry perlustrarono la mappa, e sorrise quando si assicurò che fossero tutti a letto. Ron e Hermione ne stavano condividendo uno... anche se era abbastanza disgustoso visto che Harry considerava Ron come suo fratello e Hermione come sua sorella. Gli sembrava semplicemente... sbagliato che i suoi due migliori amici si comportassero in modo così civettuolo e sdolcinato tra di loro.
 
Sospirando, Harry mise via la mappa e sgattaiolò fuori dal dormitorio, camminando senza meta attraverso i corridoi. Sapeva che i suoi piedi l'avrebbero portato dove doveva andare... il fatto che non volesse non cambiava nulla, dopotutto. La sua mente era sempre in contrasto con i piedi, chiedendogli di tornare indietro e ignorare l'infermiera furiosa il mattino dopo. Ma i piedi vinsero, come facevano ogni martedì.
 
Avevano una buona motivazione dopotutto, pensò amaramente Harry. Ma lui non se la passava per niente bene ogni martedì. Stava diventando sempre più difficile alzarsi a mezzanotte e avventurarsi verso l'infermeria, sapendo che lei l'avrebbe legato, avrebbe fatto iniziare il trattamento e poi si sarebbe ritirata nel suo ufficio. Harry disprezzava l'immobilità, il silenzio. Odiava quelle cinghie che lo tenevano legato. Detestava il trattamento.  Lo faceva sentire... piccolo. Debole. Insignificante. E dopo tutto quello che aveva passato quell'anno, non era proprio quello che aveva in mente. La ragione per la quale così tante persone con la sua malattia erano morte divenne improvvisamente più chiara. Lui... lui era semplicemente stanco.
 
Almeno la scuola stava tornando pian piano alla normalità. I pettegolezzi su lui e Malfoy si stavano lentamente dissolvendo nel nulla. I Grifondoro erano più cordiali con lui, ad eccezione di Ron, che sembrava  aver tenuto il muso abbastanza a lungo da far capire ad Hermione che si era sbagliata sulla sua testardaggine.  Quando Ron era arrabbiato, era arrabbiato, e nessuno poteva convincerlo a cambiare idea. Il fatto che si ricordasse tutte le cose che gli altri avevano dimenticato non migliorava la situazione; cioè che non era stata la prima volta che lui e Malfoy si scambiavano bigliettini e che in quella lezione di pozioni, erano andati d'accordo. Sembrava che Ron non avesse perdonato quei ' crimini ' e che avesse intenzione di ignorare Harry fino a quando non si fosse scusato.
 
Ma non sarebbe successo. Si era già scusato una volta per qualcosa che non aveva fatto, col cavolo che l'avrebbe rifatto.
 
Harry si fermò, ascoltando attentamente. Pensava di aver sentito...
 
Sospirando, tirò fuori la mappa, e fece un verso di indignazione quando la lesse. Harry Potter stava camminando nel corridoio con Ron e Hermione a pochi passi da lui. E come se non bastasse, Malfoy era qualche corridoio più in la, così come lo era Gazza. Fantastico.
 
" So che siete lì. Toglietevelo. " Harry si girò indietro, allungando una mano in attesa. Ci fu un momento di profondo silenzio,  poi i suoi amici apparvero, sembrando leggermente seccati per essere stati scoperti. Hermione restituì il mantello senza fare storie, arrossendo e borbottando qualche scusa per averlo usato senza permesso . " Perché mi stavate seguendo? "
 
" Dove stavi andando? " Harry si voltò per guardare Ron, sorpreso che avesse parlato.
 
Era la prima volta dopo giorni che gli rivolgeva anche solo uno sguardo, tuttavia non poteva di certo rispondergli.
 
" Non sono affari che ti riguardano. "
 
Ron aprì testardamente la bocca per ribattere, i suoi occhi divennero furiosi quando Hermione lo interruppe, cercando di continuare la discussione con meno urla possibili. " Harry, esci di soppiatto ogni notte alla stessa ora. Non provare a negarlo, Dean e Seamus hanno controllato per noi. " Cosa? Lo stavano spiando tutti? Non lo stavano ignorando poco tempo prima? " Non dovresti farlo. "
 
" Ho il permesso. " Rispose Harry calmo, guardandoli freddamente mentre si scambiavano un’ occhiata, quasi come se si aspettassero quella risposta.
 
" Nessun insegnante darebbe a qualcuno il permesso di girovagare per la scuola di notte, quindi dove stai andando? "
 
" Hermione, questi non sono assolutamente affari tuoi. "
 
La ragazza sospirò impaziente battendo i piedi a terra come una bambina. "Harry, non ci piace giocare questa carta, ma siamo prefetti! Abbiamo la responsabilità di riferire se vediamo qualcuno che girovaga per la scuola. Dicci soltanto dove stai andando e permettici di venire con te, così non diremo niente. “ Col cavolo! " Dovresti fidarti di noi un po' di più, Harry, visto tutto quello che- "
 
" Oh no! Non avete il diritto di giocare quella carta! " Ribatté Harry. " Se foste davvero miei amici, dovrei poter contare sul fatto che non mi facciate esplodere le boccette d'inchiostro o che non mi lanciate incantesimi! "
 
" Harry... hai difeso i Serpeverde, contro di noi. Non ti dirò chi è stato, ma era arrabbiato " Hermione lo guardò di sbieco, alzando le sopracciglia come se avesse avuto ogni fottuta ragione per farlo " Stavi scambiando messaggi con... beh, lo sai. E dopo tutto quello che abbiamo passato, dopo tutte le persone che abbiamo perso... non è giusto che tu scelga loro invece che noi! Non è giusto proprio per niente! "
 
Harry serrò la mascella per fermare l'incredibile quantità di insulti che avrebbe voluto disperatamente riversarle contro. Ma come si permetteva? " Io. Non ho. Scelto. Nessuno! "
 
" Che sta succedendo fra te e Malfoy? " Domandò Ron con un misto di impaccio e rabbia. Si mosse a disagio, come se non volesse sapere la risposta, ma il modo in cui stringeva i denti indicava il suo bisogno di saperlo.
 
" Niente. "
 
" C'erano quei pettegolezzi. "
 
" Si, così mi è parso di sentire. "
 
" Ogni pettegolezzo ha un fondo di verità. " Aggiunse Hermione senza migliorare la situazione, unendo le forze con Ron per guardare Harry dall'alto in basso. Aspettava impazientemente che Harry lo negasse, ma lui scosse solo la testa, riuscendo a malapena a trattenere le urla.
 
" Cosa diceva il bigliettino? " Chiese improvvisamente Hermione ignorando l'occhiata incredula di Harry. Era come se stesse provocando Ron!
 
" Niente. Ci stavamo solo scambiando una battuta. " Riuscì a dire senza strillare, girandosi verso Ron che era evidentemente livido di rabbia. Non stava facendo nulla per tenere bassa la voce.
 
" Una battuta? Con Malfoy? " Il suo volto si chiazzò di rosso, gli occhi si spalancarono furiosi. " Che sta succedendo fra te e Malfoy?! Non è ... naturale! Siete entrambi ragazzi, per amor di Merlino! "
 
Oh, quindi a quanto pareva aveva creduto ai pettegolezzi. Fottutamente tipico di lui!
 
" Ron! Non sta succedendo un bel niente! "
 
" Ma li hai difesi. Hai difeso Malfoy. "
 
" Siete due fottuti idioti! " No, non si sarebbe più trattenuto. " Non sta succedendo niente, ci odiamo a vicenda così come facevamo in passato! Pettegolezzi! Ecco cosa sono! Fottuti pettegolezzi! "
 
Tuttavia Ron si sentì pieno di se e invece di sembrare imbarazzato, sembrava compiaciuto. " Allora cosa ci facevi in biblioteca con Malfoy? Stavate parlando?  Chiacchierando? "
 
" Perché diavolo mi state spiando? E comunque credo proprio che vi siate persi la parte in cui l' ho scaraventato dall'altra parte della biblioteca!? "
 
" Tu stai fraternizzando con il nemico! " Urlò Ron puntandogli un dito nel petto." Andiamo, non è normale!  È ... sodomia! "
 
" SCUSA?!"
 
" Suvvia, fate silenzio. Ma vi siete sentiti? Sveglierete l'intero castello. "
 
Oh, ma per l'amor di... !
 
Harry maledisse ancora il destino, la stupida forza che stava rovinando tutta la sua cazzo di vita e si girò a guardare con sospetto Malfoy che se ne stava appoggiato contro la parete di un corridoio adiacente, con il suo solito ghigno. Quanto aveva sentito?
 
" Fanculo, Malfoy! " Urlò Ron ringhiandogli. " Stai lontano da Harry! "
 
Malfoy alzò soltanto un sopracciglio piegando la testa da un lato. " Non ti ascolto, Donnola. Potter, " Harry rabbrividì quando il ragazzo si girò verso di lui, con gli occhi che brillavano per il divertimento. " La McGranitt mi ha chiesto di informarti che ti devi presentare da lei per la punizione entro cinque minuti. " Dopodiché si girò e se ne andò, con la maggior calma possibile.
 
Harry era confuso. Perché Malfoy lo stava aiutando?  Perché?
 
Si girò furioso verso i suoi amici. Si stavano scambiando uno sguardo, e sembravano finalmente imbarazzati. " Siete contenti adesso? Un grande mistero è stato risolto! Ma eccone un altro; perché diavolo sono vostro amico? " Sbottò voltandosi e imboccando un corridoio a caso. Ma come si permettevano? Il sangue di Harry stava ribollendo, più di quanto avesse fatto nelle scorse settimane... si sentiva come quando aveva visto Romilda spingere quella ragazza Serpeverde giù dalle scale... si sentiva... vivo.
 
E poi l'incantesimo si ruppe. Si sentiva vivo solo quando era arrabbiato? Ma che razza di vita era?
 
Harry si appoggiò contro il muro cercando disperatamente di calmarsi. Ci era quasi riuscito prima di sentire una voce strascicata avvicinarsi sempre di più.
 
" Mi stai mettendo in imbarazzo,  Potter. Guarda, sto arrossendo! Chi l'avrebbe mai detto che ricambiavi la mia cotta. "
 
Harry si girò verso Malfoy che stava sogghignando e scosse stancamente la testa. Non sapeva nemmeno come rispondergli.
 
" …I miei amici, " disse infine. " sono dei perfetti idioti. "
 
" Tch, avrei potuto dirtelo il primo giorno. " Malfoy roteò gli occhi, ridendo improvvisamente. " Infatti mi ricordo benissimo di averci provato . "
 
Harry osservò soltanto il sorriso di Malfoy, non ricordava di averlo mai visto prima di allora, aveva visto solo il suo solito ghigno... ma invece eccolo lì che rideva come se avesse appena sentito una barzelletta. Che rideva come se non fosse Malfoy e questo ammorbidiva i suoi lineamenti facendolo sembrare meno... crudele.
 
Invece di rispondere, Harry tirò fuori la mappa, la controllò e tirò un sospiro di sollievo, vedendo che i due puntini erano ritornati alla torre Grifondoro. Finalmente. Un altro punto, però, mostrava che Madama Chips stava percorrendo l'infermeria avanti e indietro e i suoi passi diventavano via via più frenetici.
 
" Che cos'è? "
 
" Una mappa. "
 
" Fammela vedere. "
 
" No. " Harry la ripose di nuovo in tasca, felice di aver già messo lì il mantello dell'invisibilità, e continuò a camminare verso l'infermeria. Girò un paio di angoli prima di accorgersi che Malfoy lo stava seguendo.
 
" No, vattene via. "
 
" Perché?  Tanto so già che stai andando in infermeria. "
 
" Sparisci, Malfoy. "
 
" Dopo che ti ho aiutato? Sei in debito con me. " Harry si girò sentendo il tono indifferente di Malfoy, ma si sorprese quando lo vide sorridere di nuovo. Quel coglione si stava divertendo!
 
" Perché quest'improvvisa infatuazione verso di me, Malfoy?  " Harry era davvero curioso di saperlo. Si erano a malapena parlati durante tutto l'anno, e quando lo facevano, difficilmente Malfoy lo insultava o gli lanciava fatture. Era una cosa... misteriosa. Lo metteva a disagio.  Ma il ragazzo invece di rispondere scrollò solamente le spalle, riuscendo facilmente a tenergli testa.
 
" Credo che sia stato tu a fraternizzare con il nemico. " Harry fece roteare gli occhi ma si fermò quando il suo sguardo incontrò la porta dell'infermeria. Lui non voleva assolutamente che ci fosse qualcuno con lui lì dentro e se chiedergli di andarsene non funzionava...
 
" Io... io non ti voglio con me lì dentro. Per favore, potresti semplicemente andartene? " Harry deglutì nervosamente sperando che funzionasse. Cavolo, aveva persino provato ad usare i suoi occhi da cagnolino bastonato per riuscire a persuaderlo. Il sorriso di Malfoy scomparve; sembrava disgustato almeno quanto Harry.
 
" Se ti sei ridotto a supplicarmi, Potter, si prospetta una cosa molto interessante. " Il ragazzo piegò la testa da un lato, e fece riapparire quel ghigno quando Harry si morse le labbra. " Non usi più la magia,  almeno non quando puoi evitarlo; un'azione leggermente pericolosa da fare in una scuola di magia e stregoneria, non credi? " Fantastico,  il biondo lo stava perseguitando più del solito. Se lui l'aveva notato, l'avevano fatto anche altre persone? " Nemmeno i tuoi amici lo sanno, quindi dirmelo estinguerebbe sicuramente il debito che hai appena contratto. "
 
" Non conta come 'debito'. "
 
" E comunque, " Malfoy continuò a parlare come se Harry non avesse detto niente. I suoi occhi si illuminarono divertiti. " Mi è sempre piaciuto sentirmi unico. "
 
Harry sospirò ancora, consapevole che un Malfoy determinato non portava a niente di buono. Sembrò ricordarsi un gruppo di Mangiamorte apparire magicamente al centro del castello. No, un Malfoy determinato era da evitare a tutti i costi.
 
" Voglio sapere cos'è che ti rifiuti di accettare. " Detta da qualcun altro sarebbe sembrata una supplica lagnosa, ma lui la fece suonare come una pretesa.
 
" Nessuno lo sa perché io non voglio che lo sappiano. " Non gli importava se in quel modo aveva ammesso che c'era qualcosa da dire, anche perché Malfoy non batté ciglio sentendo quella rivelazione.
 
" Non lo dirò a nessuno. "
 
" Sei un Serpeverde! " Scoppiò Harry; la frustrazione aveva avuto la meglio su di lui. " E peggio ancora un Malfoy! "
 
" ... Mi hai salvato la vita, Potter. " Il divertimento era scomparso, era piuttosto furia o frustrazione ma Harry non seppe scegliere quale delle due. " In quella stanza che andava a fuoco. Non. Lo. Dirò. A. Nessuno... e comunque non potresti far nulla per impedirmi di seguirti in infermeria.  "
 
Merlino, Harry sapeva che se ne sarebbe pentito. Sospirando ancora una volta, entrò nella stanza senza nemmeno controllare se Malfoy lo stesse seguendo o meno. Non c'era neanche ragione di farlo, visto che non si sarebbe certamente fatto sfuggire un'occasione del genere. Nemmeno tra un milione di anni.
 
Madama Chips fu lì in un secondo e agitò la bacchetta per chiudere la porta a chiave, poi si girò verso Harry puntandogli un dito contro, proprio come aveva fatto Ron poco prima. " Lei è in ritardo, signor Potter! Ero proprio sul punto di venirla a cercare! "
 
Harry annuì riuscendo a malapena a parlare. " Sono stato beccato mentre venivo qui. " Biascicò, quando apparve chiaro che l'infermiera voleva una risposta. Lei tirò su col naso, girandosi verso il letto per poi fermarsi ad osservare Malfoy.
 
" E perché il signor Malfoy è qui? " Domandò freddamente, alzando un sopracciglio mentre lo guardava. Malfoy, dal canto suo, ricambiò soltanto il suo sguardo con una maschera di indifferenza sul volto. " È fuori dopo il coprifuoco; ritorni nella sua stanza. "
 
Harry ghignò leggermente vedendo Malfoy assottigliare gli occhi e guardarlo male perché se ne stava in silenzio. Aveva detto che avrebbe potuto seguirlo, non che sarebbe potuto rimanere, dopotutto.
 
" Se ne vada! Sciò!" Sbottò lei, agitando la mano verso il ragazzo come se fosse un bambino piccolo. Malfoy lanciò un ringhio minaccioso ad Harry, alzò teatralmente gli occhi al cielo e iniziò ad incamminarsi fuori, quando Harry parlò.
 
" In verità, gli ho chiesto io di venire. " Intervenne a bassa voce. " Non volevo essere... volevo compagnia. "
 
" ... La signorina Granger e il signor Weasley non andavano bene per tenerle compagnia? "
 
Harry la guardò male per il tono che aveva usato, facendola tirare su col naso per l'imbarazzo di quello che aveva detto, poi continuò. Una cosa del genere se la aspettava dagli studenti, non dagli insegnanti. " Sto cercando di creare unità fra le case. "
 
Madama Chips continuò lo stesso ad osservare Malfoy mentre rispondeva ad Harry. " Si ricorda cos'è successo l'ultima volta che ha cercato di farlo? "
 
" Sì, ha funzionato! " Ribatté Harry frustrato ed esausto. Voleva soltanto tornare nella sua stanza, dormire e ignorare tutti gli incubi che avrebbe fatto.
 
Lei non sembrò arrabbiarsi per il tono che aveva usato, ma continuò a parlargli in modo freddo. " È una sua decisione, signor Potter. Le suggerirei di pensare attentamente chi si porta dietro; non aveva detto che non voleva che la scuola venisse a saperlo? "
 
" Malfoy non lo dirà a nessuno. " Rispose piano, sorpassando lei e il biondo silenzioso per raggiungere il letto.
 
Dio, quelle orrende macchine erano già collegate e pronte per essere messe in funzione, era come se lo deridessero. Harry non poté far altro che rabbrividire, i suoi piedi gli gridavano di fermarsi, girarsi e fuggire a gambe levate. Quella situazione era un inferno... e aveva anche un pubblico!
 
Harry si sfilò il maglione buttandolo a terra, impacciato . Osservò Malfoy che si avvicinava al letto, mentre con gli occhi prendeva nota di ogni minimo particolare.
 
" Ha preso le sue pozioni oggi? "
 
" No. "
 
" Bene. "
 
Harry guardò l'infermiera infilare un ago nel suo braccio fermandolo con un cerotto, per poi passare all'altro braccio. Quei tubicini erano più ributtanti di quanto sembrasse. Avrebbero fatto iniziare quella tortura... ancora una volta.
 
Madama Chips agitò la sua bacchetta facendo apparire delle cinghie sul letto. Harry sospirò ancora mentre gli legava le braccia. Lei sorrise in segno di scusa, ma lui la notò a malapena. Non avrebbe potuto muoversi per tutto quel tempo?
 
" ...Si è quasi strappato gli aghi di dosso l'ultima volta. " Rispose piano. “ E poteva essere potenzialmente pericoloso. È strettamente necessario che la pozione non rimanga all'interno del corpo. Potrebbe... peggiorare le sue attuali condizioni. " Scoccò uno sguardo a Malfoy prima di continuare. " Il processo inizierà a momenti, ho bisogno di controllare una cosa... " Concluse, prima di affrettarsi verso il suo ufficio a fare solo Dio sapeva cosa.
 
Lasciando Harry legato al letto.
 
Con Malfoy.
 
" ...Perché ci sono delle macchine? Sembrano... babbane. " Harry sospirò girandosi a guardare Malfoy quando si decise finalmente a parlare. Era lì in piedi di fianco al letto, appoggiato contro la parete a braccia conserte, la faccia completamente indifferente. I suoi occhi, comunque,  mostravano curiosità.
 
" Lo sono. Babbane intendo. Umh... Madama Chips me l'ha spiegato un po' di tempo fa. Sono state  magicamente preparate ad essere usate per i nostri... propositi.”
 
" Che sarebbero? "
 
Harry si mosse a disagio e strinse i denti perché le cinghie gli impedivano di muoversi. “È semplicemente un lavoro di diagnostica. Serve soltanto a controllare se è tutto a posto e se funziona come dovrebbe... " Concluse prima di ritentare. " ...hai ancora la possibilità di andartene. "
 
" E perdermi questo? " Sembrava che gli avessero detto di saltare il Natale. Malfoy fece apparire una sedia carina e dall'aspetto comodo e appoggiò i piedi sul letto, completamente a suo agio. Come se non stesse per assistere alla tortura di Harry.
 
Beh, in realtà non lo sapeva, non è vero?
 
" Mi vuoi dare una risposta adesso? Oppure vuoi ancora farmi credere di essere in salute? "
 
" Bene. Hai vinto.  " Harry dovette alzare gli occhi al cielo per evitare di vedere l' espressione soddisfatta e compiaciuta sulla faccia di Malfoy. " Sono leggermente malato. " Ignorò il finto shock di Malfoy.
 
" Non l'avrei mai immaginato! " Disse biascicando, prima di piegare la testa al lato. " Leggermente, eh? "
 
" Devi sempre rimarcare ogni dannata parola? "
 
Il biondo si limitò a fare un ghigno, non permettendo che si trasformasse in un altro sorriso. Era un peccato, era più bello quando rideva. " Sei collegato a delle macchine babbane. Se hai bisogno di un esame diagnostico, esistono degli incantesimi che possono farlo. "
 
" Non a livello cellulare. "
 
" ...Leggermente? " Ripeté Malfoy con le sopracciglia ancora alzate. " Che cos'hai?  "
 
L'unica domanda che Harry non voleva che gli facessero e per ironia della sorte, l'unica a cui non poteva rispondere. Non sapeva pronunciarne il nome. " Non so come si chiami. Non è importante. "
 
" Bugiardo.  "
 
" Si. " Fu finalmente il suo turno di sogghignare, vedendo Malfoy sorprendersi per la sua chiara ammissione.
 
" Dimmelo. "
 
" No. "
 
Harry rise, stava vincendo una piccola battaglia, ma si sentiva come se stesse vincendo la guerra. Quello stupido Serpeverde gliela faceva troppo facile a volte.
 
Poi Madama Chips rientrò nella stanza, e controllò nuovamente le macchine annuendo fra sé e sé.
 
No. Non così presto.
 
" Aspetti, aspetti un momento. " Due paia di freddi occhi si diressero verso di lui, curiosi di sapere il perché di quella richiesta. Era accettabile per Malfoy, ma lo sguardo di Madama Chips lo mandò su tutte le furie. Lei, tra tutti, era quella che lo sapeva meglio. "...intendevo, può ricordarmi a cosa servono quelle macchine? "
 
" Ha già sentito questa spiegazione milioni di volte signor Potter. Questa è la terza da quando è tornato a scuola, e l'ospedale ci ha perfino riferito che ha avuto il suo primo trattamento lì. "
 
" Mi hanno messo K.O. per farlo. " Disse Harry, ancora un po' irritato per il fatto che all'ospedale l'avevano anestetizzato prima di fare il suo primo trattamento. Sarebbe stato pericoloso farlo di nuovo. Pericoloso. Harry credeva che fossero tutte stronzate. " ...e comunque Malfoy non lo sa e io non ho mai prestato davvero attenzione. " Stava mentendo e lo sapevano.
 
Madama Chips decise di accontentarlo. Guardò freddamente la spalla di Harry per un momento. Poi continuò a prepararlo per il trattamento, ignorando il ringhio frustrato che gli scappò.
 
" Questa macchina manderà una pozione nel tuo corpo registrando ogni anomalia. " Fantastico.  Doveva aiutarlo a guadagnare un po' di tempo, non a velocizzare il processo informando subito Malfoy. " Quest'altra invece controllerà il suo sangue e lo depurerà se presenta qualche stranezza. Ok? " L'infermiera non aspettò che i ragazzi annuissero e accese le macchine. " Sarò nel mio ufficio. Signor Malfoy... qualunque cosa succeda, mi chiami immediatamente. "
 
Harry strizzò gli occhi quando entrambe le macchine vennero messe in funzione. Quel leggero ronzio era nauseante, gli ricordava cosa sarebbe successo dopo. Alzò lo sguardo per osservare i due tubicini. Uno si stava colorando di rosso perché estraeva il suo sangue per depurarlo... l'altro stava trasportando una pozione densa e scura. Quella pozione.
 
La osservò farsi strada nel tubo fino a quando non raggiunse la sua pelle. Strinse i pugni assicurandosi che le unghie gli tagliassero i palmi, avrebbe fatto di tutto per distrarsi dall'effetto che gli faceva la pozione. Scivolò lungo il suo braccio lasciando dietro di se una sensazione di costante bruciore, invasiva e crudele. Poi guizzò verso la punta delle dita, trattenendosi per un paio di secondi prima di continuare ad avanzare. Dio, faceva male. Le sue vene stavano bruciando. Le mani tremavano mentre la pozione invadeva il suo corpo. Perquisiva le mani, strisciando nelle vene e nei muscoli per trovare qualunque cosa da usare contro di lui, indifferente al dolore. Anzi, le piaceva il dolore, provava sempre a ferirlo, scivolando lungo il suo corpo per trovare un'altra sezione di muscoli da abusare.
 
Faceva male.
 
Harry strattonò il polso serrando la mascella prima di ricordarsi che non poteva muoverlo di un centimetro. Provò a respirare lentamente come faceva ogni martedì, ma non funzionava. La sentiva ancora nella mano, mentre gli tirava le ossa, contaminandolo.
 
" Sei ancora vivo, Potter?  " Oh. Si era dimenticato del biondo. Accidenti.
 
Ci volle un po' prima che riuscisse a parlare senza sembrare troppo patetico. " ...Sì... "
 
" Tesoro ” Disse Malfoy ironicamente, continuando a parlare con noncuranza. "Sei poi riuscito a capire cos'è il Distillato di Radice di Margherita?  " Sembrava davvero curioso, se fosse stata un'altra persona sarebbe stato credibile.
 
" ...Uhmm... sì... alcol... "
 
" No, è acqua zuccherata. Il vero alcol è il cognac, o la vodka se sei così disperato. L'acqua colorata non conta. "
 
Harry si sforzò di tenere gli occhi aperti ed era sicuro di star osservando Malfoy con la parola confusione scritta su tutta la faccia. Perché Malfoy si stava comportando in modo carino con lui? Stavano chiacchierando?  Sul serio? " Non avrei potuto saperlo... bevo solo... aargh! " Harry chiuse immediatamente la bocca per fermare un lamento, quella cosa stava slittando sotto il suo gomito. Non adesso. Non avrebbe mostrato a Malfoy nessuna debolezza. " Burrobirra. "  Riuscì a dire dopo essersi ripreso, cercando di ignorare la sensazione viscida lungo il suo braccio.
 
Comunque Malfoy aveva aspettato pazientemente che finisse, per poi deriderlo. " Non hai vissuto. Non hai mai bevuto un Whisky Incendiario in cima alla torre di Astronomia?  Non hai mai giocato a Mago o Mezzosangue? "
 
" Cosa... diavolo... è...? " Mago o Mezzosangue? No, sicuramente non aveva mai fatto quel gioco con Ron e Hermione. 
 
" È un gioco usato a scopo di intrattenimento quando ci si annoia. Per spezzare la monotonia. "
 
Harry fece roteare gli occhi ignorando il sorrisetto di superiorità che aveva assunto Malfoy. " ...Come... si... gioca? "
 
" Devi eseguire qualunque ordine ti diano. Dire qualcosa. Fare qualcosa. Insomma, devi provare di essere un mago. Se non lo fai, vieni bollato come un Mezzosangue. Dopo ogni azione si beve, è una scusa per ubriacarsi e calunniare i tuoi compagni di casa. È abbastanza carino. " Malfoy si aspettava tutto tranne che vedere Harry scoppiare in una grossa risata. Un po' di dolore scomparve dai suoi occhi per far posto al divertimento. Per prima cosa,  Malfoy stava farneticando. Seconda cosa...
 
" Si chiama... obbligo o... verità, è un gioco babbano . " Riuscì a dire fra le risate, e vide Malfoy impallidire tenendo comunque il mento alzato.
 
" Si chiama Mago o Mezzosangue. " Ripeté freddamente, guardando Harry mentre continuava a ridere.
 
" Certo, certo. "
 
La pozione strisciò risalendo il braccio per poi sostare nella spalla. No, non sostare, ma scavare, spostandosi fra i muscoli come se non fossero attaccati alle ossa. Scosse la spalla, sussultando. Mossa sbagliata. Scavò con più violenza, scendendo in profondità.
 
" Sei ancora qui? "
 
" Sul serio Potter, hai bisogno di un nuovo paio di occhiali. Quelli con lo scotch sono fuori moda dagli anni cinquanta.  "
 
Harry sorrise debolmente e sospirò quando Malfoy gli rivolse di nuovo lo sguardo. Ma chiacchierava sempre così tanto? " Suppongo che la Donnola e la So-tutto-io non lo sappiano ancora, è così?”
 
Col cavolo! " Sarebbero... insopportabili.  " Harry guardò Malfoy come se fosse pazzo.  Beh, stava passando la notte lì, quindi probabilmente lo era.
 
" Attirare l'attenzione è una bella cosa.  "
 
" È un inferno. " Disse chiaramente, alzando lo sguardo per incrociare quello di Malfoy. Ne era sicuro e non poteva fare niente per convincerlo del contrario.
 
La pozione scivolò nel suo petto, concentrandosi sul cuore.
 
Harry boccheggiò tentando di alzare la mano, ma questa non si mosse. Si spostò violentemente da un lato all'altro, provando a dislocare la pozione, tentando di farla spostare di lato. CAZZO!
 
Harry ringhiò, affondando i denti nelle labbra per eludere il dolore. Fa' che si fermi! Fa' che si fermi! Quella cosa strinse, stritolandogli il cuore. Il dolore. Morire era più facile! Morire era preferibile!
 
Harry ormai vedeva rosso, un costante pulsare lo rendeva sordo, e in quel modo non poteva far altro che concentrarsi sul dolore, pregandogli di andarsene. Stava stringendo il suo cuore, stritolandolo e ridacchiando, mentre Harry si contorceva sul letto. Ogni secondo scorreva lento come un'ora.
 
La pozione sgusciò verso il suo stomaco, scalciando e torturando lungo il suo cammino.
 
Harry non poté far altro che boccheggiare, iniziando ad inalare aria dopo essersi ricordato di respirare. Era lì sul letto, affannato e scioccato. Con le mani tremanti, deglutì a fatica e gemette quando si accorse che la gola gli bruciava in modo orribile. Lentamente il suo respiro si regolarizzò lasciando il suo petto tremante.
 
Si spostò provando a sedersi, ma sussultò ancora una volta ricordandosi che le cinghie lo tenevano bloccato. Quelle fottute cinghie! Provò a muovere ancora la mano e rabbrividì quando le sentì scavare profondamente nella pelle. Voleva sedersi. Ne aveva bisogno. Stare steso lo faceva sentire così patetico.
 
Harry strizzò gli occhi tentando di liberarsi da quella sensazione pungente che gli faceva vedere solo i contorni sfocati di qualcuno che si stava sporgendo su di lui. Così realizzò con frustrazione che stava piangendo. Oh! Fantastico! Sbatté ancora le palpebre e si schiarì la vista. Aveva pianto di fronte a Malfoy!
 
Harry fissò testardo il soffitto, evitando lo sguardo dell'altro ragazzo. Quello stupido e infernale biondo tornò lentamente a sedersi, come se per lo shock si fosse alzato per controllare di persona. Perché Malfoy si era alzato?
 
La mezz'ora successiva passò in religioso silenzio. Harry continuava a fissare il soffitto aspettando l'occasione giusta per tirarsi fuori da quella situazione, fallendo miserabilmente. Fingeva di ignorare quella cosa malvagia che percorreva il suo corpo. Nulla avrebbe fatto male come il cuore, ma provava lo stesso dolore.
 
Rabbrividì quando Malfoy spezzò il silenzio.  " Potter, non me ne frega un cazzo se ti rifiuti di ammetterlo o no. Dimmi qual è il tuo fottuto problema. "
 
" Non... " Harry deglutì tentando di inumidire la sua gola secca e dolorante. " sono... affari che ti- "
 
" Potter, ho passato l'ultimo anno a guardare persone che venivano torturate, e sinceramente non avrei voluto vederne altre. "
 
" Te l'avevo detto... di andartene... "  Gli ricordò Harry, e sussultò quando Malfoy gli ringhiò contro. Ben tornato buon vecchio Malfoy che tutti conosciamo e apprezziamo.
 
" Ma non mi aspettavo di certo quello! Qualche avvertimento sarebbe stato carino. Dimmi qual è il nome. "
 
" Ti ho già detto... che non lo so- "
 
" Se non me lo dici adesso, " Sbottò Malfoy con gli occhi che brillavano furiosi. " andrò dritto alla torre dei Grifondioti e lo dirò alla Donnola e alla Sanguemarcio. " Sì, l'avrebbe fatto.
 
Harry sospirò ancora, riflettendo velocemente sul da farsi. Poteva ancora rifiutare... Ron non avrebbe creduto a niente che fosse uscito dalla bocca di Malfoy, ma Hermione era un problema.
 
Non era giusto, pensò dolorosamente, ostinato ad evitare lo sguardo del suo rivale mentre rifletteva. Non aveva nemmeno potuto asciugarsi le lacrime, con le mani legate in quel modo. Fidati di un Malfoy e userà tutto quello che ha contro di te.
 
La pozione strisciò nella sua spalla sinistra.
 
" Non ti crederebbero. " Riuscì a mugugnare, cercando di convincere anche se stesso.
 
" Ma davvero? " Sembrava che Malfoy non aspettasse altro che quella risposta. E probabilmente era così, quel piccolo furetto infido " Scappi ogni notte dal dormitorio, quando gli farò notare che non usi più la magia potrebbe esserci la possibilità che si insospettiscano. E se andassero in infermeria prima di te... beh sarebbe un po' incriminante, non credi? Sono sicuro che posso convincere la So-Tutto-Io a farsi anche un giretto nei miei ricordi. E poi se facessi una soffiata al Profeta, inizierebbero i pettegolezzi. C'è l'imbarazzo della scelta. "
 
" Cos'è successo al fatto che non l'avresti detto a nessuno? " Chiese freddamente Harry ringhiandogli contro, ma il biondo scrollò solo le spalle, imperturbato.
 
" Serpeverde. "
 
Harry aprì la bocca per rispondere... ma si fermò. Cosa avrebbe dovuto fare? Dirglielo o non dirglielo? Poteva facilmente... far credere ai suoi amici una cosa diversa.
 
" Oppure, " Disse piano, pensando attentamente a quello che avrebbe dovuto dire dopo. " potrei convincerli che scappo dal dormitorio per vedere te ". Buttò lì Harry, e fece un sorrisetto mentre Malfoy alzava le sopracciglia con stupore. " Ron sospetta già qualcosa. "
 
" Si, ho sentito. Comunque c'è una falla molto grande nel tuo piano. "
 
" Ah sì? E quale sarebbe?  " Harry iniziava davvero a divertirsi, aveva anche lasciato che un piccolo sorriso affiorasse sulle sue labbra. Scoprì che il dolore poteva facilmente essere ignorato quando si aveva una distrazione, ed era determinato a tenersela.
 
" Non ne hai il fegato. " Disse Malfoy con un ghigno compiaciuto e arrogante. Ah, davvero?
 
" Guarda caso sei stato tu a interrompere tu la nostra conversazione, prima. "
 
" Non girare la frittata, Potter. "
 
" Be’, ho difeso te l'altro giorno. Non gli altri Serpeverde... te. " Continuò Harry, ridendo ancora. " E riguardo all'infermeria? Sono sicuro che qui dentro hanno della Pozione per Amplificare il Contatto, da qualche parte; ho anche il bigliettino per provare tutto. "
 
Malfoy piegò la testa da un lato con gli occhi che brillavano divertiti. " Mossa intelligente, Potter. " Harry si lasciò sfuggire una risatina, ma non durò a lungo. " Starò al gioco se lo farai. "
 
" Cosa? " Doveva essere uno scherzo. La pozione strisciò nella sua gola.
 
" Ho detto che ti aiuterò a convincerli. "
 
" Non dirlo nemmeno per scherzo. " Sarebbe stato peggio che dirgli quel dannato nome. Sarebbero venuti fuori ancora più pettegolezzi e il Profeta l'avrebbe saputo, come sempre, e non avrebbe più potuto far pace con Ron. E poi non gli piacevano nemmeno i ragazzi!
                                                           
" Dimmi il nome, Harry. " Malfoy sembrava fare le fusa, e rise quando Harry si girò di scatto per guardarlo nervosamente" Oppure ti aiuterò a sviluppare la nostra storia. Sai che posso. E lo farò. E potrei anche non essere così fine come avevi calcolato mentre la racconto. "
 
" Va' all'inferno, Malfoy. "
 
" Sì, sto pensando di farlo. Adesso, il nome. " Rispose velocemente, sapendo di aver già vinto.  La sua stupida faccia arrogante chiedeva di essere presa a pugni!
 
" Non voglio- "
 
" Non m'importa. "
 
Harry ringhiò ancora, scuotendo la testa disperato. " Perché stai- "
 
" Smettila di evitare la domanda. " Sbottò Malfoy, quel suo irritante ' sbottare '. Quello era il Malfoy che tutti conoscevano e... odiavano. " Dimmi quel dannato nome o andrò diritto dalla Donnola. "
 
Harry gli ringhiò contro adirato, ma quando si accorse che il suo sguardo non faceva altro che divertire Malfoy, decise di arrendersi e si voltò da un'altra parte fissando un punto dell'infermeria vuota. Malfoy aspettò pazientemente, aveva già vinto.
 
Harry si decise a parlare, a bassa voce.
 
" Succ ... Succie? Argh! Succorbits? "
 
" Succorbentis? " Chiese Malfoy con un filo di voce, coprendo subito il volto con quell'insopportabile maschera. Non era più infastidito, irritato e nemmeno divertito. Era completamente inespressivo.
 
Harry rimase in silenzio, non voleva più parlare. " ...Tu... hai la Succorbentis? "
 
L'altro sospirò ed annuì, non capacitandosi ancora di averglielo detto. Per una volta Malfoy restò in silenzio, era scioccato. Non se ne uscì nemmeno con una risposta delle sue. Raccogliendo tutte le risorse di coraggio che aveva, Harry si girò, incontrando gli occhi spalancati di Malfoy. Non batteva ciglio.
 
" Per l'amor del cielo, Malfoy!  Smettila di guardarmi così! "
 
Il biondo serrò la mascella e sbatté finalmente le palpebre.  Una sola volta. " ...tu lo sai che è una malattia incredibilmente rara, vero? "
 
" Sì, così ho sentito. "
 
" ...e lo sai che è incurabile, vero? "
 
" Non tecnicamente... l'ultimo ragazzo che l'ha presa stava migliorando prima di... beh ... impazzire... e suicidarsi. " Harry alzò gli occhi al cielo quando quelli di Malfoy si spalancarono ancora di più. Si stava comportando come se fosse un'altra persona! Se perfino Malfoy aveva reagito così, tutti gli altri sarebbero stati insopportabili! Non voleva, né aveva bisogno della loro compassione. " Smettila di guardarmi così. È snervante. " Lui continuò lo stesso" Smettila! "
 
Malfoy diventò silenzioso e aggrottò leggermente le sopracciglia. " Non mi stupisce che ti rifiuti di accettarlo. "
 
Fu detto così piano che Harry non era sicuro di averlo sentito oppure no.
 
Rimasero in silenzio per alcuni minuti, nessuno dei due riusciva a guardare l'altro. Seriamente, cosa si diceva ad una persona che aveva appena scoperto che il suo rivale stava mor... era malato? Cosa si diceva ad una persona dopo avergli rivelato di essere malato? Non erano nemmeno amici, non si potevano confortare a vicenda.
 
Ad Harry andava bene il silenzio.  Stava diventando un'abitudine.
 
" Perché non sei in ospedale?  " Non per Malfoy, però. Oh, trenta secondi ed era già tornato alla normalità?  Be', non proprio alla normalità, perché il Malfoy normale era uno stronzo... era tornato com'era prima. Un Malfoy felice, strano e leggermente inquietante. Faceva male più di quanto avrebbe dovuto che Malfoy era rimasto scioccato per mezzo minuto prima di concludere che non gli importava niente se Harry fosse malato o no.
 
" Posso prendere lo stesso le mie medicine qui, no? L'ospedale mi stava facendo diventare matto; indossavano delle uniformi verde lime. Un brillante verde lime. " Malfoy ghignò ritornando lentamente lo stronzo che era sempre stato. " Non c'è niente da fare in ospedale, e poi voglio finire i miei M.A.G.O. ... o almeno così ho detto alla McGranitt. " Mugugnò Harry, e sospirò quando Madama Chips uscì di fretta dal suo ufficio, controllando se fosse tutto a posto mentre la pozione ritornava nel buco da cui era uscita. Quando tutta la pozione fu fuori dal suo corpo, l'infermiera spense le macchine e iniziò a slegare le braccia di Harry.
 
Il ragazzo fece un verso di sollievo guardando le macchine mentre si infilava il maglione. Si coprì le braccia, che erano rimaste ferite dalle cinghie, ma a parte quello sembrava che fosse tutto a posto. Sentiva soltanto dolore.
 
" Che problemi ha il mio cuore? Ha fatto... un po' male. " Ignorò il risolino divertito di Malfoy aspettando la risposta un po' troppo concentrato.
 
" ...Niente caro. È il posto dove risiede la tua magia. Il cuore è il suo nucleo. Adesso... devo analizzare i risultati.  Te li darò domani. "
 
Chiaramente congedati, entrambi i ragazzi lasciarono l'infermeria, ognuno pensando a quello che avrebbe dovuto dire, ma nessuno dei due riuscì a proferire parola. Non si parlarono nemmeno quando si divisero, prendendo due strade diverse.
 
Draco non riusciva a crederci.
 
Potter stava morendo.
 
Era incurabile.
 
E nessuno a parte lui lo sapeva.
 
Digrignò i denti, e ringhiò contro i ritratti mentre camminava per il castello. Voleva urlare. Non di tristezza, cazzo, no, ma di pura e incontaminata furia. Era insopportabile! Una fottuta ingiustizia! Come poteva essere giusta una cosa del genere?
 
Dopo tutto quello che Potter aveva fatto, l'universo stava tentando di ucciderlo?!
 
Non c'è nessuna distrazione migliore di Potter. Come sarebbe sopravvissuto alla monotonia della sua vita se Potter se ne fosse andato?
 
Merlino, quanto voleva urlare!
 
Piccole esplosioni seguirono il biondino adirato fino ai sotterranei; se non poteva urlare, allora tutto sarebbe esploso.

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Capitolo 6
*** Un nuovo hobby ***


Ed ecco a voi una chicca per chi di noi ha appena iniziato la scuola. Un nuovo capitolo di The List!
Speriamo che vi piaccia xxx
malpensante e Panda-chan




Capitolo 6 - Un nuovo hobby.


 

Harry tenne gli occhi fissi su Malfoy che faceva lentamente il suo ingresso nella Sala Grande, pregando anche le divinità sconosciute che si che si comportasse normalmente, che gli rivolgesse un ghigno, che facesse una battutaccia su di lui o cose del genere. Invece no. Malfoy doveva per forza essere l'insopportabile idiota che era sempre stato e che sempre sarebbe stato, vero?


 

Invece di arrabbiarsi con lui, o ancora meglio, ignorarlo completamente e fare finta che la sera prima non esistesse, lo fissava.


 

E continuò a fissarlo.


 

Per tutta la durata della colazione.


 

Come se non avesse nulla di meglio da fare a parte far sentire Harry il più a disagio possibile. Non toccava il suo cibo, non parlava ai suoi amici. Lo fissava e basta. Tranquillamente. Dall'altra parte della sala. Senza sorridere, senza essere arrabbiato, senza alzare le sopracciglia. Con il volto inespressivo, continuava a fissare Harry.


 

Ed Harry, che non avrebbe mai potuto mangiare dopo il trattamento della scorsa notte, se non voleva svuotare tutto il suo stomaco sulla tavola imbandita per la colazione, non poteva fare nient'altro che ricambiare il suo sguardo. Ron non era sceso per mangiare, dopotutto. E sebbene Hermione l'avesse fatto, si era limitata a tirare su col naso e annuire, ma non aveva ancora spiccicato una parola. Quell'atteggiamento scostante lo stava davvero stancando, ma tutto quello che poteva fare era aspettare che iniziassero di nuovo a comportarsi normalmente. Fino a quel momento, doveva gestire un biondino idiota che continuava a fissarlo e non aveva per niente l'aria di divertirsi.


 

Perché non si attaccava anche un insegna al neon sulla fronte?


 

Harry sospirò, giocherellando con il suo cibo, senza mangiarlo. Avrebbe dovuto riflettere meglio la scorsa notte. Chi diavolo avrebbe mai permesso al suo nemico e rivale di sedersi lì e assistere a quello spettacolo, un momento di pura debolezza? E adesso sapeva che non poteva più usare la magia. Conosceva il suo tallone d'Achille.


 

Harry era fottuto.


 

Comunque, non c'erano stati brusii di gente che parlottava e nessuno sembrava guardarlo più di una volta. Quindi, cosa diamine significava? Perché Malfoy stava aspettando del tempo prima di spifferare tutto? Perché essendo un Serpeverde e un Malfoy non lasciava dubbi sul fatto che l'avrebbe detto a qualcuno, era solo una questione di tempo. Ma sul serio, perché aspettare?


 

Harry alzò ancora lo sguardo, incontrando di nuovo quello di Malfoy, quindi roteò gli occhi infastidito. A che diavolo stava pensando? Prese un pezzo di pergamena dalla borsa e iniziò a scriverci sopra con indignazione.


 

" Che stai facendo Harry? " Gli chiese incuriosita Hermione, ma lui si spostò leggermente in modo che non potesse leggere quello che scriveva.


 

" Niente. "


 

- Trovati un nuovo hobby. -


 

Harry piegò il suo bigliettino, poi si fermò. Come diamine avrebbe fatto a recapitarlo all'idiota se non poteva usare la magia? Non c'era un gufo stavolta e dubitava che i suoi amici gliene prestassero uno. Dando un ultimo sguardo al volto confuso di Hermione, si girò di nuovo verso Malfoy, tendendogli il bigliettino, con le sopracciglia alzate.


 

" Harry, che cosa stai facendo? " Sibilò di nuovo Hermione. Sembrava così... delusa. Perché?


 

Fortunatamente Malfoy era perspicace, anche se Harry non l'avrebbe mai ammesso di fronte a lui, infatti sfilò dal suo pugno il bigliettino, che fluttuò attraverso la sala poggiandosi, infine, sulla mano aperta di Malfoy. Harry ignorò i sussurri intorno a lui mentre lo osservava leggere il messaggio, sogghignare e infilarselo in tasca. Doveva farlo proprio con tutti i bigliettini? Funzionò, comunque, perché si girò e iniziò a parlottare con Parkinson. Finalmente.


 

" ...puoi rispondermi, Harry? "


 

Oh, si era completamente dimenticato di Hermione.


 

Desiderando di non doverlo fare, Harry tornò con lo sguardo alla sua amica con i capelli cespugliosi, e perse subito la pazienza a causa della sua espressione. " Un'altra battuta, non è così Harry? "


 

" E se anche lo fosse? " Rispose seccamente, abbassandosi per appoggiare la testa sulle braccia. Non aveva dormito bene quella notte, ormai succedeva ogni martedì. E se doveva essere del tutto sincero, non dormiva molto nemmeno durante il resto della settimana. Ma ultimamente la sincerità non era nella lista delle sue priorità.


 

" ...Harry... sto solo... "


 

Harry sussultò quando qualcosa lo colpì in pieno volto, non troppo gentilmente. Che diamine? Sul suo piatto era poggiato un aeroplanino di carta, palesemente diretto a uno dei suoi occhi. Dall'altro lato della sala, i Serpeverde stavano tutti ridacchiando. Sul serio, perché a loro andava bene che i due ragazzi comunicassero e alla ' leale ' casa dei Grifondoro no?


 

Ignorò Hermione mentre leggeva il biglietto.


 

- Sono perfettamente contento del mio hobby attuale. Tu, ad ogni modo, dovresti smetterla di fissarmi con quell'espressione inebetita. -


 

Quell'insopportabile piccolo idiota! Harry sbuffò, mentre lanciava via il bigliettino e scuoteva la testa osservando i Serpeverde. Alcuni stavano ridacchiando tra loro, vedendo Harry chiaramente frustrato dal messaggio. Anche se non sapevano a cosa si riferisse, spalleggiavano comunque Malfoy. Forse il cappello si era sempre sbagliato... dal suo punto di vista, la casa in verde sembrava la più unita. E questo veniva provato ogni giorno di più.


 

Harry prese un nuovo pezzo di carta, scrivendoci sopra un'altra risposta. Però, fu portato via prima che avesse finito, un Malfoy evidentemente divertito lo prese.


 

- È inquietante -


 

Era tutto quello che era riuscito a scrivere prima che gli venisse portato via. È inquietante. Stava per scrivere un bel discorso, forse avrebbe anche aggiunto un paio di insulti scelti molto accuratamente, e invece no. Tutto quello che era riuscito a scrivere era un patetico ' È inquietante '. Forti risate si propagarono dall'altra parte della sala. Harry fece roteare gli occhi, impegnandosi a trattenere il sorriso che stava rapidamente affiorando sul suo volto.


 

Malfoy tirò via il biglietto da Nott che si sbellicava dalle risate, e alzò gli occhi al cielo come se fosse irritato, ma il suo ghigno diceva il contrario. Conservò anche quel bigliettino, mentre l'altra mano aveva già ricominciato a scrivere.


 

" Harry! "


 

Harry prese al volo un altro aeroplanino, che questa volta non puntava dritto al suo occhio. Lo spiegò velocemente.


 

- È per questo che mi ami. -


 

Ebbe a malapena il tempo di ridere per la fottuta faccina con l'occhiolino che Malfoy aveva disegnato alla fine della frase, che il bigliettino fu strappato con rabbia dalle sue mani.


 

" Ridammelo! " Harry si allungò per riprenderlo, ma non ci riuscì perché Hermione saltò via dalla panca, e si mise a leggerlo fuori dalla sua portata. In un batter d'occhio la sua espressione divenne gelida. Non disse nemmeno una parola ma gli lanciò il biglietto, e senza nemmeno guardarlo negli occhi, si girò e corse via dalla sala.


 

Harry recuperò il messaggio e se lo mise in tasca. Il suo umore era stato disintegrato in quell'unico secondo. Fantastico. Era la prima occasione in cui si era sentito puramente felice, e gli era stata negata. Ancora una volta.


 

Sospirò e se ne stette lì in silenzio, notando come la maggior parte dei suoi compagni di casa evitassero il suo sguardo. O era perché erano arrabbiati con lui, una storia che si ripeteva spesso in quell'ultimo periodo... o perché il feroce demone dai capelli rossi proveniente direttamente dall'inferno si stava dirigendo velocemente verso di lui. Con la bacchetta in mano.


 

Harry si girò affrettandosi verso l'uscita, sperava di evitare quel particolare litigio ancora per un po'. Ma a quanto pareva non era possibile, quel demone gli afferrò il braccio e lo costrinse a girarsi, i suoi occhi scuri brillavano per le lacrime di rabbia che non aveva ancora versato. " Che diavolo stai facendo? " Domandò lei, lanciando un'occhiata di disgusto a Harry, per poi indicare i Serpeverde. Harry era certo che tutti loro stessero guardando quel suo nuovo spettacolo con interesse.


 

" Possiamo non parlarne qui? "


 

" Mi hai evitata come la peste. " Sibilò Ginny, buttandosi i capelli dietro la spalla con indignazione. " E a quanto pare, per un mucchio di Serpeverde! "


 

" Ti ho evitata- " Ma lei non gli lascio dire un'altra parola.


 

" Perché ti sei trasformato in un... in un codardo! Dov'è finito il vero Harry? Eh? " Gli chiese, puntandolo con un dito. " Dov'è finito l'Harry che si sarebbe presentato al funerale di mio fratello? Dov'è l'Harry che non avrebbe dato a un serpente nemmeno un secondo? Dov'è l'Harry che mi amava?! "


 

Harry deglutì nervosamente. Osservava la ragazza furente di fronte a lui senza sapere cosa rispondere. Dov'era quell'Harry? Era morto. Era in ospedale e stava facendo il trattamento, il giorno del funerale di Fred. Era privo di sensi e non sapeva nemmeno che giorno fosse, o se si trovasse dritto o a testa in giù... l'unica cosa certa era il dolore. Poi quando si svegliò, scoprì di essersi perso il funerale, e non poteva certo presentarsi lì dicendo loro il motivo. Quindi si era tenuto alla larga. L'Harry che ignorava i Serpeverde era scomparso quando aveva scoperto che erano innocenti come tutti gli altri studenti della scuola. Erano solo ragazzi, come lui. E l'Harry che amava Ginny... era scomparso nel momento in cui le aveva detto addio prima di andare in ospedale. Non potevi amare qualcuno, se dovevi morire nel giro di pochi mesi. Proprio non potevi.


 

Quindi rimase in silenzio, lasciando che lei rimanesse lì a fissarlo indignata, con la rabbia che aumentava ogni secondo di più.


 

" Harry! " La sua voce pretendeva una risposta.


 

Harry aprì la bocca, il suo cuore si strinse quando si decise finalmente a parlare, ma fu interrotto di nuovo. Non da Ginny.


 

" L'arte della discrezione ti è sfuggita ancora una volta, Potter. "


 

Harry si voltò lentamente verso lo stupido biondino, notando che nonostante avesse ancora un ghigno incollato sul volto innaturalmente pallido, tutto il suo divertimento era svanito. " Quanti litigi hai avuto di fronte a tutti fin ora? Vediamo un po'... c'è quello avvenuto dopo l'ora di Pozioni, il primo giorno che siamo tornati... "


 

" Malfoy, non adesso- " Cercò di dire Harry, ma lui non lo degnò nemmeno di uno sguardo e continuò con il suo discorso.


 

" Hai avuto un'altra piccola scaramuccia nella Sala Grande, che ti ha indotto a cercare di far volare giù per le scale qualche povero idiota. " Continuò Malfoy, portando il conto sulle dita. " Poi c'è la rissa durante la partita di Quidditch, non possiamo dimenticarci di quella lì, vero? La lite di mezzanotte... e, ovviamente, questo mini-dibattito, che, mi permetto di aggiungere , avrà un meraviglioso epilogo non appena io- "


 

" Vai al diavolo Malfoy! " Sbottò Ginny, girandosi per puntargli la bacchetta in modo intimidatorio. " Tutto questo non ha nulla a che fare con te, quindi non rompere i coglioni e vai a farti fottere! ”


 

Harry provò un forte senso di rabbia, desiderò di essere dovunque tranne che lì. Invece, Malfoy si limitò a fare un altro ghigno e alzare le sopracciglia. Si voltò verso Harry, un bagliore di divertimento era tornato ad ardere nei suoi occhi incredibilmente grigi. " Vieni con me, Potter. "


 

Una semplice frase, senza nessuna traccia di malizia o sarcasmo. Ma nonostante questo, Harry rabbrividì prima che la finisse. Ginny si girò di scatto, incatenando il suo sguardo con quello di Harry, e avvertendolo di non fare nemmeno un passo. Malfoy, stette semplicemente lì ad aspettare, il suo solito ghigno sulle labbra. Stavano giocando ad un pericoloso tiro alla fune, e Harry non era nemmeno un po' indeciso. Doveva fare una scelta... Merlino, ma davvero non voleva farlo.


 

Nessuno si mosse.


 

Ginny era una sua amica, Harry aveva pensato di sposarla dopo la guerra... ma ormai non aveva più nessun diritto su di lei. Non poteva coinvolgerla in una relazione e farla felice, sapendo fin troppo bene che nel giro di pochi mesi sarebbe stata di nuovo triste. Malfoy, invece, era tutta un'altra storia. Conosceva la verità, e quindi poteva ricattare Harry... come stava facendo in quel momento. Se Harry non fosse andato con lui, l'intera sala l'avrebbe saputo nel giro di pochi secondi. Era stato un completo idiota a permettere a Malfoy di restare la notte precedente! Chi diavolo l'avrebbe mai fatto? Non era più capace di pensare? Quella cosa stava già danneggiando il suo cervello?


 

" Non dovrebbe essere così difficile, Harry! " Ringhiò ferocemente Ginny, e assunse un'espressione scioccata non appena Harry fece un passo. Accanto a Malfoy.


 

" Scusa, Gin... ti spiegherò... un giorno... " Non riuscì nemmeno a scusarsi come si deve.


 

Con il peso di ogni dannato sguardo su di loro, Harry e Malfoy lasciarono la sala, volontariamente l'uno al fianco dell'altro.


 

.


 

.


 

.


 

Harry aspettò solo fino a che le porte della sala si chiudessero per rivolgersi a quell'idiota che stava ancora sogghignando. " Ma cosa diamine hai fatto? Ti piace così tanto distruggermi la vita? " Urlò Harry, e fece un verso indignato quando Malfoy rispose soddisfatto.


 

" Be', sì, ha il suo fascino. " Nonostante tutto, fece roteare gli occhi, come se fosse leggermente irritato. " Avrei creduto che mi avresti ringraziato, che ti saresti inginocchiato con gratitudine e via discorrendo. "


 


 

" Gratitudine? " Farfugliò, seguendo a malavoglia Malfoy verso la rampa di scale. " Per cosa? Mi hai appena fatto scegliere fra te e la sorella del mio migliore amico! "


 

" Ti stavo tirando fuori da una situazione spiacevole. "


 

" Se avessi avuto bisogno del tuo aiuto, l'avrei chiesto! " Ribatté Harry, " Non sono così patetico da aver bisogno che tu intervenga per difendermi! "


 

" Ma ci sei vicino. " Rispose compiaciuto, " Era uno spettacolo insopportabile. Ti stavo salvando la faccia. " Harry si fermò di colpo, sorpreso per l'improvvisa confusione di Malfoy. " Vieni o no, Potter? "


 

" ...Perché ti stai comportando... gentilmente con me? " Domandò, assumendo un cipiglio arrabbiato. " Tu mi odi. Io ti odio. Niente dovrebbe cambiare tutto questo. Cioè, parlare? Scambiarsi battute? Bigliettini? Che cosa diavolo stai facendo? " Non era nemmeno lontanamente vero. Era da settimane che non odiava Malfoy, ma lui non aveva bisogno di saperlo.


 

Il Serpeverde rimase in silenzio per un momento, ponderando e considerando una risposta. Questo, comunque, finché Harry non si mosse a disagio, allora rispose seccamente. " Ho bisogno di una ragione per essere gentile, Potter? Non posso star solo provando ad aumentare l'unità fra le case e tutte quelle altre stronzate? "


 

" Se è per la scorsa notte, " Disse Harry a bassa voce, guardandosi intorno per assicurarsi che fossero soli. " allora falla finita, adesso. Non ho bisogno della tua compassione, non la voglio. Voglio solo che tu ti comporti normalmente. "


 

" Non è per la scorsa notte- " Lo interruppe Malfoy, irritandosi non appena Harry fece la stessa cosa. Non si aspettava certo che stesse lì ad ascoltare le sue stronzate, vero? Non aveva prestato attenzione durante gli ultimi sei anni?


 

" Allora ritorna in te! Non ricordo di averti chiesto compagnia, non ricordo decisamente di averti chiesto di essere gentile in modo patetico nei miei confronti, e non ricordo di averti chiesto di seguirmi dappertutto come se fossi un triste, piccolo progetto di carità! Ti comporti come se stessi per morire-! "


 

" Hai la Succ- "


 

" Tu non sai quello che dici! "


 

Malfoy guardò Harry con frustrazione prima di continuare. " Hai ' l'influenza ', " Affermò ad alta voce e con sarcasmo, alimentando la sua rabbia, " Tu, tra tutte le persone, dovresti sapere- "


 

" Non mi importa niente di quella merda! " Sbottò Harry, " E nemmeno a te dovrebbe importare! Ieri è storia, Malfoy! "


 

"No, è per questo che esistono i Pensatoi. " Ribatté, le sue mani fremevano come se avesse voluto sfoderare la bacchetta. Oh, che ci provasse pure!


 

" Non starò qui a spiegarlo a te! " Esclamò Harry, spingendo via Malfoy e affrettandosi a scendere le scale verso l'ingresso. " Tu sei Malfoy! "


 

" Eppure sono l'unica persona a conoscenza delle tue... condizioni. " Harry si voltò di nuovo, stringendo furiosamente i pugni.


 

" Non per mia scelta. "


 

" Davvero? Ricordo distintamente Madama Chips che mi diceva di andarmene, ma tu hai interferito. Non è stata una tua decisione, giusto? "


 

Harry ringhiò ancora una volta, e si affrettò attraverso il cortile, dirigendosi verso il suo albero preferito vicino al lago. " Sul serio Malfoy trovati un nuovo hobby. Una nuova valvola di sfogo. Basta che mi lasci in pace. "


 

" Forse sei tu ad aver bisogno di una nuova valvola di sfogo. " Rispose semplicemente Malfoy, smise finalmente di pedinare Harry e piegò la testa da un lato. " Lamentarsi sempre dell'ingiustizia della vita e sbraitare contro tutte le persone che invadono il tuo spazio personale è davvero molto attraente. "


 

Harry si voltò di nuovo, stava per urlare a quel viscido idiota quanto fosse ingiusta la vita, ma se n'era già andato. Quell'insopportabile piccolo stronzo! Come si permetteva di fare la predica a Harry? Aveva appena causato un altro litigio fra lui e i suoi amici, e quello stupido aveva anche la faccia tosta di dire a Harry di crescere? Si rendeva conto di quanto lui stesso fosse ipercritico?


 

Harry gettò a terra i suoi libri e si lasciò scivolare a terra lungo l'albero, borbottando fra sé e sé. Ma quale nuova valvola di sfogo? Che cosa diavolo avrebbe dovuto fare? Non poteva usare la magia, e aveva rifiutato la proposta di giocare nella squadra di Quidditch. I suoi amici non gli rivolgevano la parola e, oh, giusto, aveva quella fottuta malattia che stava tentando di ucciderlo. Quale cazzo di valvola di sfogo?


 

Non aveva ancora vissuto la sua vita. Per questo era così arrabbiato. Non aveva ancora avuto la fottuta possibilità di VIVERE!


 

...


 

Allora fallo.


 

Harry si sorprese di quel pensiero, non sapeva nemmeno da dove fosse sbucato. Non era quello che stava già facendo? Vivere come faceva sempre ad Hogwarts? Ma no, quell'anno era completamente diverso. Tutti erano ancora arrabbiati e feriti per via della guerra. Tutti avevano poca pazienza. E lui passava il suo tempo come una vuota copia del se stesso di sempre.


 

Harry racimolò lentamente una penna e una pergamena. Una nuova valvola di sfogo, eh?


 

Intinse la penna nell'inchiostro, esitando ancora una volta prima di buttare giù un titolo sulla pagina.


 

La Lista


 

Forse Malfoy non era incredibilmente stupido come Harry credeva... poteva davvero essere divertente. Scosse la testa, ignaro del fatto che stava sorridendo leggermente. Era davvero eccitato per quella cosa... sarebbe stata sua e sua soltanto, nessuno avrebbe saputo della sua esistenza. Avrebbe vissuto un po'; avrebbe fatto tutte le cose che aveva sempre voluto fare disperatamente, ma che gli erano state negate nel corso del tempo, sia dai Dursley che dalla guerra.


 

E c'erano così tante cose che voleva fare!


 

Ma... non aveva il permesso di scriverle tutte, pensò con indignazione, ricordandosi di Ginny. Non sapeva per quanto tempo ancora la sua maledetta cosa gli avrebbe permesso di funzionare. Quindi dovevano essere solo cose che poteva davvero conseguire, e nei confini di Hogwarts. Il che limitava drasticamente le sue scelte.


 

Harry sospirò ancora una volta, riflettendo. Che cosa voleva fare prima di... nella sua vita?


 

Osservò il foglio, lo buttò via e ne prese un altro. Non poteva innamorarsi, sarebbe stato ingiusto. Ma... c'erano alcune cose che non aveva ancora fatto. Non si era spinto oltre baciare Ginny, e la prospettiva di morire vergine era piuttosto patetica, anche nella sua testa. Ok, quella era la numero uno.


 

Da lì in poi divenne più facile. Pensò ai suoi amici che erano arrabbiati con lui e ne scrisse un altro paio. Pensò a tutto quello che gli era stato negato durante l'infanzia e la lista continuò a crescere. Le idee che gli venivano in mente lo facevano scoppiare a ridere o semplicemente sorridere, proprio come voleva tornare a fare.


 

Si era accorto di ridere di più quando parlava o litigava con Malfoy... e sebbene lo irritasse, non poteva essere una brutta cosa, no? Quindi Harry ne scrisse una sul Principe dei Serpeverde.


 

Infine, la lista crebbe... e non gli venne in mente più nulla. Quindi, invece di sprecare l'ultima mezz'ora dell'ora di studio, prese la prima pergamena e iniziò a riscrivere la lista, catalogando gli obiettivi in ordine di importanza.


 

Harry fissò il lavoro finito, sorpreso del fatto che un altro leggero sorriso aveva preso posto sulle sue labbra. Era una persona così triste.


 

Be' aveva trovato il suo nuovo hobby. Perché non controllare se Malfoy avesse trovato il suo?


 

.


 

.


 

.


 

Harry entrò nella classe di Pozioni, ed esitò quando tutti si girarono a fissarlo. Oh, non erano contenti. Anche qualche Serpeverde, Goyle per la precisione, sembrava fuori di sé dalla rabbia perché Harry aveva deciso di andare a lezione quel giorno. Era come se tutti si aspettassero che si nascondesse ancora. Be', non poteva farlo, giusto? Dopotutto, stando a quanto diceva l'obiettivo numero 2 sulla sua lista, non gli era permesso pentirsi di nulla. Non più.


 

Ma era più facile a dirsi che a farsi, pensò Harry, mentre il senso di colpa si faceva strada nel suo stomaco. Decisamente più facile a dirsi che a farsi. Sembrava che Hermione stesse fisicamente trattenendo Ron, che era pronto a balzare in piedi. Anche Seamus e Dean sembravano stizziti. Dean sembrava arrabbiato quanto Ron, mentre Seamus annuiva e cercava frettolosamente di calmarlo. A quanto pareva Ginny aveva già spifferato tutto. Grandioso.


 

Harry si affrettò verso il suo banco, ignorando i soliti versi indignati di Goyle, poi tirò fuori i libri velocemente. Malfoy si girò sulla sua sedia per un momento, guardando Harry con freddezza. Forse si aspettava dei ringraziamenti o delle scuse. Poi si voltò di nuovo verso Zabini per farfugliargli qualcosa. Oh, fantastico. Stava stringendo amicizia con tutti quel giorno.


 

Nonostante fosse seccante, Harry sentì un'ondata di irritazione quando Malfoy continuò ad ignorarlo per i successivi minuti. Era l'unica persona che gli rivolgeva ancora la parola, e tutto d'un tratto aveva deciso che evitarlo fosse l'opzione migliore?


 

" Oi, Malfoy, "Aspettò con pazienza che il biondo si girasse, come al solito aveva un'espressione compiaciuta e i suoi freddi occhi brillavano. Prima che potesse parlare, Lumacorno irruppe nella classe con un sorriso a trentadue denti.


 

" Allora, come procede con la ricerca? Venerdì è l'ultimo giorno, lo sapete. "


 

Harry si lasciò di nuovo affondare nella sedia, cercando di non guardare il professore mentre rideva eccitato per gli sforzi che i Grifondoro stavano impiegando nel trovare la risposta. Se solo avessero pensato di chiederlo a Harry...


 

" No, no, no! State tutti cercando nei posti sbagliati! " Ridacchiò, voltandosi dall'altra parte dell'aula. " Come sta andando questo lato? Meglio dei Grifondoro? Dieci punti a chiunque abbia già trovato la risposta. " Parole di disapprovazione riempirono la classe quando i Grifondoro iniziarono a lamentarsi, ma Lumacorno fece finta di non sentire. O era così, oppure era totalmente sordo.


 

" Ce l'abbiamo tutti. " Sospirò Zabini, poi passò un foglio di carta al professore in modo che potesse leggerlo, evitando così di dirlo a voce e farlo sentire al resto della classe. " Era... piuttosto semplice, sul serio. Addirittura banale. " Non riuscì a non rivolgere al lato rosso della stanza un ghigno, e ridacchiò per le improvvise occhiatacce rivolte verso di lui.


 

" Oh, dovrò impegnarmi di più la prossima volta. " Disse Lumacorno con una risata, poi si girò verso Harry, con lo sguardo pieno di aspettative. " Che mi dici di te, ragazzo? Hai già trovato la risposta? "


 

Anche se Harry voleva dare con un ghigno la risposta al professor Lumacorno e ricevere la ricompensa che gli era stata negata nelle ultime settimane, non poté farlo. Tecnicamente non l'aveva trovata lui... e loro avrebbero pensato che era stato Malfoy a dargliela, non importava cosa dicesse a sua discolpa. Era vero, ma nonostante questo, si sentiva come se se la fosse proprio guadagnata quella risposta! Aveva rischiato la pelle per averla!


 

" ...Non ancora, Signore... penso di esserci vicino, ma non ancora. " Lumacorno fece un sospiro e si voltò verso la lavagna, mentre i Grifondoro sogghignavano fra di loro. Erano tutti così compiaciuti.


 

" Be' cosa state aspettando? Sbrigatevi, sbrigatevi! Voglio un perfetto Elisir dell'Euforia per la fine della lezione! "


 

Harry fu capace di scacciare i suoi pensieri mentre lavorava alla pozione, facendo attenzione a seguire le istruzioni e a non far arrabbiare Goyle, che tra l'altro era già irritato.


 

" Dico sul serio, Potty, sei proprio così imbecille? " Harry sospirò di nuovo, e si voltò lentamente, trovandosi di fronte un incredulo biondo e un Zabini divertito, entrambi lo guardavano incuriositi. " Non hai capito il piccolissimo suggerimento che ti ho dato ieri? "


 

Harry, che si sentì arrossire perché tutti i Serpeverde iniziarono a ridere di lui, si piegò in avanti, avvicinandosi al biondo dall'aria divertita, e alzò le sopracciglia. " È acqua zuccherata, come mi è stato gentilmente riferito. Non può nemmeno essere definito alcool vero e proprio. Lo stesso tizio che l'ha inventato, creò alcune soluzioni sonnifere potenti; gli piaceva essere privo di sensi. Quindi no, Malfoy, non sono così imbecille. "


 

" Allora perché non l'hai detto a Lumacorno? " Harry rimase scioccato quando Zabini gli rivolse la parola, aveva un'espressione genuinamente curiosa. Fece cenno verso i Grifondoro " Per cancellare quella soddisfazione dai loro volti? "


 

" Perché non volevo che guadagnassero punti. " Borbottò Harry, dopodiché arrossì quando Malfoy fece una risatina e alzò gli occhi al cielo.


 

" Davvero molto maturo, non è così? "


 

" Hai appena fatto roteare gli occhi; non hai il diritto di chiamarmi immaturo. "


 

Malfoy si limitò a ghignare, il divertimento fece finalmente ritorno nei suoi occhi. " Cosa volevi? " Oh.


 

Harry dovette fisicamente trattenersi dal roteare gli occhi, e il ghigno sulle labbra di Malfoy, indicava che quel bastardo se n'era accorto. " ...Niente. Mi domandavo se avessi già trovato un nuovo passatempo. "


 

Malfoy osservò Lumacorno che si stava avvicinando, poi fece di nuovo scivolare lentamente gli occhi su di Harry, analizzandolo. Tuttavia, infine, rispose, come se non gli importasse che tutti vedessero che non stava completando la pozione, infatti sembrava voler attirare attenzione. Era ovvio, era un ragazzino immaturo e viziato.


 

" ...Non penso che lo farò. " Questo era tutto quello che aveva da dire dopo tutto quel tempo? Cinque paroline e basta? Quello lì si nutriva letteralmente della sua teatralità.


 

Goyle ringhiava sotto voce mentre lavoravano alla pozione. I suoi occhietti non lasciavano mai il volto di Harry, non controllava nemmeno le giuste dosi, continuava soltanto a ringhiargli contro. Sembrava che volesse vendicarsi di Harry, ed era evidente dal modo in cui tagliava gli ingredienti sempre più vicino alla sua mano, senza curarsi neanche di passare inosservato. Harry dovette letteralmente prendere il suo sgabello e spostarsi un po' più in là per non essere pugnalato dal ragazzo tarchiato.


 

Non sapeva da dove fosse sbucata quell'amicizia con il Biondo Infernale, ma era molto snervante il fatto che fosse così semplice parlare con lui... fin troppo, considerando che si erano odiati visceralmente per gli ultimi sette anni. Tuttavia, pensò Harry sentendosi un po' patetico, forse provava solo pietà per un morto che camminava. Dopotutto, aveva reagito in modo strano la notte precedente.


 

Era troppo confuso.


 

Harry si sarebbe concentrato solo sul completamento della lista, e non sulla volubile personalità di Malfoy. Non importava quanto si sarebbe sentito solo, dato che tutto l'istituto lo ignorava. E comunque, perché mai aveva risollevato la questione dell'hobby? Aveva deciso di continuare da solo per la sua strada, no? E l'aveva fatto anche venti minuti prima.


 

Harry sospirò ancora, quell'azione stava velocemente diventando un'abitudine. Era tutto troppo difficile. Era proprio un sollievo aver trovato una valvola di sfogo. Doveva dimenticare le stranezze fra lui e Malfoy, o qualunque assurdo gioco lui stesse giocando, e tenere in mente la lista. Malfoy non era importante.


 

" Merda! "


 

Harry saltò giù dallo sgabello per lo spavento, improvvisamente un'esplosione rimbombò nella classe, la pozione schizzava dappertutto. Saltellò velocemente indietro per evitare quella robaccia pericolosa che stava velocemente distruggendo la stanza. L'aula si riempì di urla, i Grifondoro ridacchiavano, mentre i Serpeverde e Harry indietreggiavano.


 

" Cazzo. Cazzo! CAZZO! "


 

" Signor Malfoy, quel tipo di linguaggio... oh, ragazzo mio, oh! "


 

Harry e il resto degli studenti in verde si accinsero a tornare indietro, aggirarono con cautela la pericolosa pozione sul pavimento, osservando il misterioso gas verdastro che aleggiava inaspettatamente sopra i loro calderoni. Lumacorno stava tamburellando un piede, era chiaramente a disagio e non sapeva di preciso cosa fare, quindi tutti si preparano a raggiungerlo e... rimasero impietriti.


 

Malfoy e Zabini erano entrambi distesi sul pavimento, ricoperti dalla loro pozione. Si tenevano il volto tra le mani, le loro nocche erano sbiancate o per la rabbia o per il dolore. Harry si sentiva male solo a guardarli; la pozione stava ustionando la loro pelle, e l'avrebbe disintegrata se avesse potuto. Malfoy cercò di togliere la mano dalla guancia, ma ringhiò per il dolore, e la rimise velocemente a posto... ma non abbastanza velocemente, perché Harry vide con la coda dell'occhio qualcosa cadere sul pavimento in pietra. Guardò meglio... doveva lasciare la stanza, aveva bisogno di aria fresca... quella faceva meglio a non essere la loro pelle che si scioglieva... faceva davvero meglio a non esserlo.


 

Un momento dopo, la porta si spalancò; Zabini, Malfoy e Parkinson corsero, senza dubbio, verso l'infermeria. I due ragazzi ringhiavano e si lamentavano dicendo cose a malapena comprensibili. Merlino, e dire che fino a poco tempo prima era una bella giornata.


 

Inspirò, cercando di dimenticare l'immagine della faccia di Malfoy che si scioglieva, ma la porta si spalancò di nuovo; i suoi compagni di classe stavano velocemente affollando il corridoio. Lumacorno li seguì. Una volta tanto sembrava piuttosto arrabbiato, nervoso quasi come la notte in cui Harry gli chiese il ricordo degli Horcrux.


 

" Uscite fuori! Tutti quanti! Quest'abominio non deve mai più ripetersi, intesi?! Nella mia classe per giunta? La mia? Fuori di qui! Non voglio vedere le vostre facce! "


 

Be', sembrava che fosse più arrabbiato perché avevano sabotato la sua lezione, che per i due studenti infortunati. Era davvero un Serpeverde, dopotutto.


 

I Grifondoro si allontanarono velocemente, quasi smaterializzandosi, volevano tutti scappare dalla scena del crimine. Il che lasciò un imbarazzatissimo Harry al fianco di Nott e Goyle.


 

Goyle si limitò a ringhiare, poi si girò e scomparve, senza guardarsi indietro, e lasciò gli altri due ragazzi a disagio nel corridoio. Nott lo squadrava. Harry si voltò e cercò di fare lo stesso, ma fallì. Se si fosse girato e se ne fosse andato, sarebbe stato totalmente imbarazzante, oltretutto il suo sguardo lo teneva inchiodato lì. Comunque, infine, Nott parlò, chiaramente incuriosito. Come lo erano tutti i Serpeverde da un po' di tempo a quella parte.


 

" Non sei stato tu, vero? " Chiese, poi continuò senza che Harry potesse dire una parola. " No, non credo che me lo diresti, anche se non fossi stato tu. Penso che se ti riconciliassi con i Grifondoro sarebbe la cosa migliore per tutti. Non sei un Serpeverde, quindi lasciaci in pace. " Detto questo, si allontanò. Lasciando Harry perplesso, lì nel corridoio. Ma che diamine?


 

Quello sì che era strano, e Malfoy che sbagliava una pozione lo era ancora di più. Qualcuno, qualche patetico ragazzino della sua casa aveva messo qualcosa di pericoloso nel calderone, e quando Harry avesse scoperto chi, avrebbe desiderato che non gli fosse mai venuto in mente di dar fastidio ai Serpeverde.


 

Neville, Dean, Seamus, Hermione, Ron o Calì.


 

Chi era stato? Erano tutti suoi amici, brave persone... avrebbe fatto desiderare loro di avergli conservato un posto il primo giorno di lezione.


 

.


 

.


 

.


 

Malfoy era uno stupido arrogante, una persona ipocondriaca che doveva per forza protrarre la sua degenza per più tempo possibile. Madama Chips gli aveva fatto ricrescere le ossa del braccio una volta, riparare un po' di pelle bruciata era una cosa da niente per lei. La ragione per cui non si era presentato né per le due ore di Trasfigurazione, né per cena, era per la sua testardaggine di dover creare un dramma per un morso di zanzara; un piccolo bruciore si dimenticava in pochi minuti, ma non era da Malfoy farlo. Avrebbe prolungato dolorosamente il tutto, facendo sentire a tutti le sue lamentele. O almeno era quello che Harry si disse.


 

Non era preoccupato per quello stupidissimo biondo, oh certo che no. Non era preoccupato nemmeno lontanamente.


 

Ed era per questo che, per ragioni a lui completamente sconosciute, Harry se ne stava in piedi davanti alla porta dell'infermeria, chiedendosi se entrare oppure no. Non avrebbe proprio dovuto, era mezzanotte dopotutto... e non andavano nemmeno d'accordo! Un paio di bigliettini e un sorriso una volta tanto non li rendevano improvvisamente amici. No, Harry era lì per prendere le sue pozioni giornaliere, ecco tutto.


 

Allungò la mano per abbassare la maniglia... poi esitò. Non erano svegli, giusto? Già il fatto che Malfoy sapesse delle sue condizioni era un guaio, ma se l'avesse scoperto anche Zabini , entro poche ore tutta la scuola ne sarebbe venuta a conoscenza. I segreti non restavano tali per molto tempo in quell'istituto.


 

Prima che Harry potesse aprire la porta, comunque, questa si spalancò, mostrando l'infermiera stizzita che lo guardava con sorpresa, perché rimaneva lì sull'uscio.


 

" Perché se ne sta lì a fissare la porta? Entri, entri! "


 

Fu trascinato velocemente nella sala e spinto con noncuranza su uno dei letti, mentre lei gli passava le pozioni che doveva mandare giù. Ebbe a malapena il tempo di guardarsi intorno in cerca dei due Serpeverde, che gli spinse la testa all'indietro e cercò di soffocarlo, costringendolo a bere.


 

" Va bene, va bene! Lo faccio da solo! " L'infermiera non sembrò sollevata, e lo guardò finché non fu convinta che ogni goccia fosse stata mandata giù. E anche allora sembrava non credere che Harry avesse bevuto le pozioni, perché non fece smorfie per il loro sapore disgustoso. Dovette ripetere per alcuni minuti che era 'abituato al gusto', e finalmente Madama Chips tirò su col naso e si allontanò, dicendogli di aspettare un po' affinché facessero effetto, prima di andarsene.


 

Dopo quello spettacolo, Harry pregò i maghi del passato, conosciuti e sconosciuti che entrambi i ragazzi stessero dormendo.


 

" Lei non si fida di te, vero? " Gli antichi maghi lo detestavano quanto l'Universo.


 

" A quanto pare, no. " Rispose seccamente Harry. Guardò la porta attraverso cui era sparita la strega, prima di scendere dal suo letto e dirigersi verso quelli già occupati. Zabini, almeno, stava dormendo, era coperto dalle lenzuola e farfugliava lentamente nel sonno. Malfoy, invece, si mise a sedere; i suoi occhi erano vigili, senza la minima traccia di stanchezza. La sua faccia, grazie a Merlino, era guarita. Era pallida, un po' infiammata, ma almeno non gocciolava più sul pavimento.


 

Harry doveva aver sospirato di sollievo, perché le sopracciglia di Malfoy erano alzate, e il volto privo di espressione. " Preoccupato? Sono commosso. "


 

" Non per te, " Harry scosse la testa e si affrettò a continuare quando gli occhi di Malfoy brillarono di una luce pericolosa. " Intendo, non in quel senso, ero preoccupato, non per te, ma, ecco, per la tua facc- "


 

" Oh. La mia faccia è l'unica cosa di me che si salva, è così? ” Ok, il biondo era decisamente arrabbiato, il suo tono era tagliente. I suoi occhi, di solito di un grigio brillante, si erano assottigliati, trasformandosi in due pugnali d'argento.


 

" No! Intendevo, ero preoccupato per la tua faccia, che Madama Chips non fosse riuscita a metterla a posto e che fossi rimasto sfigurato- "


 

" Quindi si può parlare con me solo se ho una faccia carina, giusto? Vattene, Potter. ”


 

" No! Intendevo, è solo che... " Harry sospirò, poi si passò una mano fra i capelli, cercando un modo per fargli capire cosa intendesse. Comunque, quando non gli venne in mente nulla e il biondo continuava a fissarlo con uno sguardo glaciale, si arrese. Tirando un lungo sospiro, Harry scosse la testa, ed evitò palesemente il suo sguardo. " Sì, ero preoccupato. "


 

" Dovresti veramente smetterla di parlare quando vedi che stai esagerando; te l'hanno mai detto? " Il suo tono era sarcastico e anche esageratamente meno severo di quello di pochi minuti prima.


 

" Si, almeno due volte al giorno. Inizio a blaterare e- "


 

" Così sembrerebbe. "


 

Harry si morse il labbro, cercando di trattenere un sorriso. Si chiese quando aveva iniziato a sentirsi così al suo agio mentre parlava con Draco Malfoy, fra tutti gli altri. " Be', quindi... ti ha aggiustato la faccia? "


 

" Ti esprimi sempre alla perfezione. " Ghignò Malfoy, facendo roteare gli occhi, ma annuì comunque. " Sei fortunato che me l'abbia aggiustata, per un momento non ho avuto il naso. "


 

L'immagine di Draco... Malfoy senza naso non era piacevole. Il solo pensiero lo fece rabbrividire, per questo cambiò discorso. " Cosa significa che sono fortunato? "


 

" Significa che non dovrò mutilare ogni Grifondoro che mi passa davanti agli occhi affinché la loro faccia si abbini alla mia. " Il divertimento svanì dal suo volto il secondo dopo che vi era comparso. Le emozioni furono nascoste dietro quella maschera, Harry era certo che non stesse scherzando. I suoi compagni di classe erano fortunati che non fosse un danno permanente, perché dubitava che si sarebbe fermato solo al loro naso se il suo non fosse stato riattaccato.


 

" Non riesco ancora a credere che l'abbiano fatto. " Harry sapeva che erano arrabbiati, non c'era dubbio su quello, ma arrivare a quel punto? Si avvicinò al letto, e ignorando le sopracciglia alzate di Draco... di Malfoy, si sedette sul bordo. " Le boccette d'inchiostro e gli incantesimi pungenti sono una cosa, ma questa è un'altra. "


 

" Nessun Serpeverde ha mai menzionato boccette di inchiostro, Potty. " Harry arrossì quando Malfoy ghignò, evidentemente incuriosito. Siccome non voleva rispondere alla domanda che stava per fare, continuò a parlare forzatamente.


 

" Hai visto chi è stato? "


 

Malfoy ghignò, non fu ingannato nemmeno per un istante da quello che Harry aveva cercato di fare, e che aveva anche fallito. " Chiuderò un occhio. " Disse seccamente, vedendo Harry arrossire nella stanza buia, prima di continuare. " Come ho già detto a Madama Chips e alla McGranitt, non ho visto l'assalitore. Stavo per chiederti se tu sapessi chi è stato. " Non lo domandò, ma stava chiaramente aspettando con impazienza la risposta. Ma avrebbe dovuto aspettare un altro po'.


 

" Non so chi è stato, " Disse Harry lentamente, scuotendo la testa. " Qualcuno di loro è arrabbiato con te? Cioè, " Si affrettò a continuare appena Malfoy fece una risatina, incredulo. " qualcuno di loro è arrabbiato con te, per altre ragioni a parte il fatto che sei sempre il solito bastardo? "


 

" Mi vengono in mente un paio di cose. " Disse Malfoy spensieratamente, " La maggior parte riguarda l'anno scorso, ad essere onesto. "


 

" Ma non c'eri nemmeno l'anno scorso, eri al maniero. "


 

" Sono stato a scuola per alcuni mesi. "


 

" Non ti ho visto. "


 

Harry voleva raggiungere il muro più vicino e sbattervi la testa contro. O quello, oppure tagliarsi la lingua. Nessuno a parte Ron e Hermione sapeva della connessione fra lui e Voldemort, ed era così che doveva rimanere!


 

Merda, Malfoy sembrava più curioso che mai. Fantastico. " Intendevo, non ho sentito di te. "


 

" Ci hai provato. "


 

" Dimenticatene. "


 

" Non credo che lo farò. " Harry si alzò di scatto, deglutì e guardò verso l'uscita. Non poteva rendere il suo bisogno di scappare più evidente, ma Malfoy continuò imperturbato. " Scopri chi è stato. " Chiese, senza nemmeno provare ad avere un'aria innocente. " Ho bisogno di ripagare il favore. "


 

" Non ti aiuterò a massacrare i miei amici. "


 

" Oh, ma loro non sono tuoi amici, non più. " Harry non guardò Malfoy mentre se ne andava, ma le sue parole gli rimbombavano nella testa. Erano stati amici per sette anni, non l'avrebbero abbandonato, non nel momento in cui aveva più bisogno di loro. Non fino a quando avesse avuto bisogno che lo abbandonassero.


 

" Notte, Potter. "


 

.


 

.


 

.


 

Harry fu sorpreso quando vide la luce del sole, aveva gli occhi asciutti e doloranti. Non aveva chiuso occhio quella notte, e questo significava che non dormiva da due giorni. Forse avrebbe fatto un nuovo record stando senza dormire per un'intera settimana. Si chiese quante Pozioni Peperine servissero per farlo.


 

Dei rumori alla sua sinistra lo costrinsero ad alzarsi stancamente da dove si era seduto. Osservò silenziosamente Neville mentre scendeva le scale per poi fermarsi di colpo, si era accorto che lo sguardo gelido di Harry lo stava seguendo.


 

" 'Giorno, Neville. " Disse a bassa voce, facendolo impietrire. Nonostante avesse perso peso dalla guerra e fosse diventato sicuro di sé e degno di lode, quando Harry parlò, lui rimase immobile. Il ragazzo slanciato lo salutò con un lento cenno del capo ed esitò prima di avvicinarsi, poi si lasciò affondare in una sedia lì accanto e lo guardò con preoccupazione.


 

" Non hai una bella cera, Harry. " Disse infine con un filo di voce, prendendo nota della sua uniforme stropicciata e, probabilmente, dei suoi occhi iniettati di sangue. " Stai dormendo come si deve? "


 

" È tutto apposto, amico, è tutto apposto. " Harry si sforzò di non sembrare troppo arrabbiato, quindi cercò di calmarsi. Se doveva farlo, e solo Merlino sapeva perché se ne sentiva in dovere, doveva farlo per bene. Tuttavia non riuscì a sorridergli, come se ne fosse fisicamente incapace. Aveva preso il comando dopo che Harry se ne era andato, ormai tutti si fidavano di lui. Era consapevole di quanto potessero essere veloci a tradirlo? " Uh... come sono andate le tue vacanze? " Era la prima volta dopo settimane che lo chiedeva, e sentiva il senso di colpa corrodergli lo stomaco perché non gli importava.


 

Neville sobbalzò per lo stupore, con un espressione di incredulità sul volto. Poi iniziò a raccontare della ricostruzione di Hogwarts e del ruolo fondamentale che aveva avuto nella ristrutturazione delle Serre. Fu Harry ad essere sorpreso stavolta; non sapeva che Neville aveva dato una mano a ricostruire Hogwarts, non sapeva che avevano chiesto dei volontari per farlo. Quando glielo disse, Neville sembrò di nuovo deluso e leggermente perplesso.


 

" Tutti noi abbiamo partecipato; Dean, Seamus e tutti gli altri. Anche Ron e Hermione. Per la maggior parte abbiamo pulito i corridoi, portato via le macerie e salvato quello che potevamo. Io ho lavorato con la Professoressa Sprite nelle Serre, mentre gli altri hanno fatto miracoli per ricostruire tutto entro Settembre. Ma non penso che tu mi abbia fermato per parlare di questo. "


 

Harry deglutì a vuoto, senza nemmeno accorgersene. Tutti avevano partecipato alla ricostruzione della sua casa, la loro casa... senza di lui. Non lo sapeva, quindi non aveva dato una mano. Che bell'eroe che era stato, aveva compiuto un omicidio e aveva lasciato gli altri a pulire. " Io... io sarei venuto... " Riuscì a farfugliare, ma Neville stava già scuotendo la testa.


 

" Non siamo riusciti a metterci in contatto con te, nessuno di noi... ci abbiamo provato, ma non sapevamo dov'eri. Non hai idea di quanto... " Sembrò fare un grande sforzo per interrompersi, ma Neville lo fece. Era evidente che tratteneva le parole di risentimento con cui voleva rispondere, era palesemente arrabbiato come tutti gli altri. Harry aspettò che si calmasse, pensava che sarebbe stato lui il più propenso ad ascoltarlo, ma a quanto pareva non era così. " Cosa volevi da me, Harry ? " Il suo tono non era ostile, ma nemmeno amichevole. Quella sensazione allo stomaco apparve di nuovo, prendendolo in giro.


 

" Bene. " Se Neville era così schietto allora lo sarebbe stato anche Harry. " Chi ha rovinato la pozione di Malfoy? "


 

Se prima Neville era perplesso, dopo quella domanda aveva il sospetto stampato sul volto. " Perché? "


 

Perché? Perché?! Era proprio quello che voleva sapere Harry. " Perché era pericoloso, " Sbottò, arrabbiandosi con il suo amico. " E perché avrebbe potuto seriamente ferirlo! " Woah, da dove era sbucata fuori quella frase? A Harry non importava un fico secco se Malfoy era ferito oppure no.


 

Neville si contenne, solo un po' della sua rabbia riuscì a trapelare. " Non puoi vendicarti, Harry- "


 

" Si stava facendo gli affari suoi. " Ribatté.


 

" Stai zitto, Harry. " Lo avvertì Neville, alzandosi per sovrastarlo. Anche Harry balzò in piedi, notando la mano dell'altro che stringeva la bacchetta. Harry non sfoderò la sua e fece un ghigno quando vide che l'amico se ne rese conto. Che facesse come voleva. " Tu non eri qui l'anno scorso. Non hai idea di quanto sia stato orribile. Sono tutti arrabbiati, e lo capisco. Anche tu dovresti; lascia che guariscano. "


 

Harry fu pervaso da un'ondata d'ira che gli urlava di prendere a pugni il suo amico, di saltargli addosso e urlargli contro. Invece si trattenne e parlò con un mortale sussurro " Non... parlare a me di guarire... " Merda, sentiva di nuovo gli occhi pizzicare, per la sua debolezza! " Non... farlo e basta. "


 

E improvvisamente si sentì più alto di Neville, che era in preda al nervosismo, nonostante la differenza di statura. Harry era serissimo, si sforzava di mantenere il controllo... i suoi occhi, probabilmente, brillavano per la furia.


 

" Gli hanno sciolto la faccia, Neville. " Riuscì a dire, senza ringhiare, mentre vedeva la sua espressione cambiare da infastidita a orripilata. Ok, quindi non era stato Neville. " La sua pelle gocciolava a terra. Questo non è guarire. Dimmi chi è stato. "


 

" Non posso. " Anche Neville sembrò arrabbiarsi sul serio, ed era anche un po' frustrato. " Non ho visto chi è stato. " Ma a pensarci bene, era stato uno studente dei Carrow. Sapeva come mentire.


 

" ...Bene. Se è così che la metti... " Harry scosse la testa, incredulo, poi si mise la borsa in spalla e si avviò verso la porta.


 

" Ci manchi nella sala comune, Harry. " Disse Nevile a bassa voce. " Non riusciamo più né a vederti né a parlarti. "


 

" Non è colpa mia. " Harry si voltò indietro. Probabilmente, i suoi occhi stanchi cercarono di lanciare un'occhiataccia a Neville, ma fallirono. " E non mi scuserò per nessuna ragione al mondo. "


 

" Harry... siamo noi i tuoi amici. " Rispose con semplicità, cercando di essere cauto, come se si aspettasse che Harry sarebbe esploso da un momento all'altro. " Non... non Malfoy. "


 

" Coraggio? Cavalleria? Eroismo? " Scosse pesantemente la testa, mostrando infine la stanchezza al suo unico amico. " I Grifondoro mi fanno venire la nausea. "


 

Harry lasciò la stanza senza guardarsi indietro.


 

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Capitolo 7
*** È tutta una questione di polso ***


Capitolo 7. : È tutta una questione di polso


 

Harry osservò accigliato La Lista nelle sue mani. Era una buona teoria, ma avrebbe funzionato? Se avesse avuto degli obiettivi davanti a sé, il suo corpo non sarebbe caduto in rovina, giusto? Comunque, alcuni di quegli obiettivi erano impossibili da raggiungere. Non erano soltanto difficili, ma richiedevano un miracolo per essere completati. E poi doveva anche scegliere quale fare per primo. Ce n'era addirittura uno che non poteva fare fino all'inizio delle vacanze. E anche allora sarebbe stato un fiasco; qualunque cosa collegata ai Dursley lo sarebbe stata.


 

Il Numero Otto era fisicamente impossibile.


 

La materializzazione contava? No, non valeva la pena di mettere una cosa così semplice sulla sua lista, vero? Materializzarsi sarebbe stata una stupidaggine, nulla per cui festeggiare.


 

Nessuno avrebbe notato se avesse fatto il Numero Ventiquattro; a nessuno importava abbastanza.


 

Il Numero Trentuno... chi avrebbe accettato di giocare con lui?


 

E fu così che Harry si ritrovò sulla riva del lago, di Giovedì pomeriggio, con una pila di sassi in tasca, lanciandoli nell'acqua con frustrazione. Ci aveva provato per circa un'ora, ma nonostante tutti i suoi tentativi, nessuno di loro era rimbalzato. Aveva provato a lanciarli con il braccio sollevato, abbassato e in altre angolazioni, irritandosi perché affondavano tutti nel lago.


 

Come facevano le altre persone a farlo? Aveva pensato che sarebbe stato un obiettivo relativamente facile da completare, dopotutto, quanto poteva essere difficile lanciare un sasso nell'acqua? Oh, era solo uno degli esercizi più impegnativi che Harry conoscesse.


 

Aveva anche provato con sassi di grandezza differente, ciottoli, pezzi di ghiaia che aveva trovato sulla riva del lago... ma nessuno sembrava funzionare. Lo faceva infuriare. Era una delle uniche cose che poteva fare in quel momento, e sembrava impossibile. La sola cosa che riuscì a far rimbalzare fu uno schizzo d'acqua.


 

Digrignando i denti arrabbiato, Harry prese tutti i sassi e li buttò nel lago, poi raccolse il suo mantello e si incamminò verso il castello per la cena. Quello almeno poteva farlo. Il Numero Sette. Assaggiare tutto, anche se quel giorno era nauseato e non aveva per niente appetito. Essere soggetto a centinaia di sguardi e commenti, tutto questo mentre cercava di sopportare il cibo che non voleva rimanere nel suo stomaco. Si prospettava una lista molto interessante.


 

Harry esitò sul suo percorso verso il castello, la sgradevole sensazione di essere osservato gli faceva formicolare la nuca. Ma visto che non c'era nessuno lì, la cosa lo irritava ancora di più.


 

Osservò il Platano Picchiatore prendendo nota dei suoi rami minacciosi. Sembrava che sapesse cosa stava pensando di fare, quindi lo ignorò raggiungendo velocemente le porte... quel dannato albero, lo avrebbe affrontato un altro giorno. Il Numero Diciassette.


 

Perfetto, Harry, fai una lista per tenerti occupato e poi la ignori. Che gran lavoratore.


 

Ignorò la voce nella sua testa e lo sguardo di qualcuno che lo seguiva sulla strada per il castello. Avrebbe completato la lista.


 

Lo giurava sulla sua vita.

.


 

.


 

.


 

Harry si stava sfogando sui libri in biblioteca, e si sentiva un po' meglio dopo il fallimento di quella mattina. Se non riusciva a fare quello, avrebbe potuto farne un altro. Per tenersi occupato. La Numero Dieci, imparare a dire ' ciao ' in cinquanta lingue. E sì, l'inglese contava.


 

Era più difficile di quanto pensasse e per una volta ammirava tutti gli sforzi che Hermione metteva nello studio. Non doveva trovare soltanto cinquanta lingue differenti ma anche quella specifica parola, la sua pronuncia e infine doveva ricordarsele tutte e cinquanta. Detto questo, ce n'erano alcune che non aveva mai sentito prima. Non capiva nemmeno se Hmong o Navaho fossero vere lingue, ignorante da parte sua, ma doveva comunque trovare un libro per ognuna di loro e poi impegnarsi a trascrivere le parole e la pronuncia su un foglio.


 

Era un processo estenuante. Ringraziò Merlino perché ne conosceva già una. Non era barare, era la sua lista.


 

Era così concentrato su quello che stava facendo da non accorgersi nemmeno che qualcuno si stava avvicinando, oppure del colpo di tosse che diede, fino a quando non fece cadere un libro sul suo tavolo. Harry sobbalzò leggermente, alzando lo sguardo per poi incontrare quelli di Hermione e Ron. Divenne immediatamente sospettoso ed esitò a continuare a scrivere.


 

" ...Ti dispiace se ci sediamo qui, Harry? " Hermione era la negoziatrice e teneva tutto sotto controllo agendo diplomaticamente, anche se non lo stava guardando negli occhi e il suo tono era quasi supplichevole. Prima di accorgersene, Harry aveva già acconsentito, spostando una pila di libri dall'altra parte del tavolo per fargli posto.


 

" ...Ci sei mancato, Harry. " Sembrava molto simile a quello che aveva detto Neville, era troppo per essere una coincidenza, rifletté, piegando la lista in due per poi nasconderla nella sua tasca. Non voleva che loro sapessero... Era una cosa che riguardava solo lui. Se si fossero davvero consultati con Neville e stessero cercando di mettere in pratica qualche sorta di tattica, non erano degni di fiducia. Non importava quanto il suo stomaco volesse vomitare la cena al solo pensiero.


 

" ...Sì, anche a me. " Riuscì a dire, deglutendo mentre Hermione apriva lentamente il suo libro, esortando Ron a fare lo stesso.


 

Non aveva una bella cera, Ron; era pallido e i suoi occhi erano leggermente iniettati di sangue... ma erano le sue sopracciglia costantemente inarcate che lo facevano apparire completamente diverso. Non l'avrebbe perdonato, era ancora troppo arrabbiato. Troppo dolore l'aveva colpito in una volta sola. Gli si contorse lo stomaco pensando a come l'avrebbe presa quando Harry gli avesse finalmente detto che era leggermente malato.


 

Ma Harry non se ne sarebbe andato, non mentre completava la lista. Non avrebbe permesso che accadesse.


 

" Che cosa stai facendo, Harry? " Hermione osservò i libri e la curiosità prese il sopravvento sulla pacata gentilezza. Era così tipico di Hermione che Harry quasi sorrise. " Indonesiano, italiano, ebraico, polacco... ma che cavolo stai facendo? "


 

" È un piccolo progetto extracurriculare. " Harry evitò il suo sguardo sfogliando il libro per controllare se riportasse altre pronunce. Alla biblioteca mancavano diversi libri di lingue. Avrebbe dovuto ordinarne qualcuno, forse una trentina, solo per ricavarne un singolo ' Ciao '. Ma non gli importava, tanto non aveva più bisogno di fare economia.


 

" Mi tengo occupato. " Non intendeva essere brusco, ma all'improvviso la ragazza si voltò verso di lui, sospettosa. Sembrava come se stesse provando a leggerlo. Era quello che Neville gli aveva chiesto di fare? Le aveva detto che era diventato pazzo?


 

" Non... pensi di avere un po' troppi compiti da fare per intraprendere un progetto extracurriculare? " Era proprio tipico di lei, parlare con me se non avessero litigato per tutte quelle settimane. " Ci stanno dando tonnellate di compiti. "


 

I compiti non erano più un problema per Harry, aveva completato i temi, ed ecco tutto. Aveva circa metà del lavoro che avevano gli altri, perché non doveva fare gli esercizi pratici. Comunque aveva finito la maggior parte del lavoro che avevano nelle materie pratiche. Era quasi come se non avesse più compiti da fare. " Mi sto tenendo al passo con le lezioni. " Rispose infine, sorridendo leggermente alla sua amica con i capelli arruffati. " Sono avanti col programma per la prima volta nella mia vita; ho bisogno di un progetto. Potrei ricevere dei punti di credito. " Disse solo per accontentarla.


 

" ...E in quale materia servirebbero le lingue? " Era davvero troppo intelligente per la sua età. Harry evitò i suoi occhi continuando a scrivere e cercando di sembrare indifferente, anche se sapeva di fallire incredibilmente bene.


 

" È una sorta di assegno individuale. " Poi cambiò discorso, funzionava molto meglio con loro che con Malfoy. " E che mi dici di te? Sei rimasta indietro? "


 

" No, sto cercando di completare la ricerca di Pozioni. " Il silenzio che scese sul tavolo tavolo rese l'atmosfera sgradevole e rigida. Improvvisamente Hermione trovò le sue mani molto interessanti, e non aveva nemmeno concluso la frase. Quindi Neville gli aveva parlato. Sembrava che fossero ancora leali, ma non verso di lui.


 

" ...Non siete stati voi, vero? " Chiese Harry lentamente, osservando i suoi amici scambiarsi uno sguardo prima di rispondere. Ron non aveva ancora detto niente.


 

" Certo che no, Harry. " Lei gli sussurrò con le lacrime agli occhi. " Siamo tuoi amici. " Lo ripeté con convinzione, nel caso che non le credesse. "Siamo tuoi amici. Avremmo potuto colpirti. Comunque, penso che chiunque l'abbia fatto, non sapeva quali sarebbero state le conseguenze; è stato un terribile incidente, Harry. " Bene, rimanevano Calì, Dean e Seamus. Ma Harry pensava che anche loro fossero suoi amici.


 

Non l'avrebbe mai scoperto, non gliel'avrebbero detto. Hermione aveva resistito a Bellatrix, era inverosimile che avrebbe ceduto a Harry, sebbene si trattasse solo di un incidente.


 

Harry annuì, guardando Ron ancora una volta. Lui ricambiò sorridendo con gentilezza mentre tirava fuori i libri. Sembrava che le cose stessero migliorando fra loro tre. Oppure era parte del loro piano. Piano? Quale piano? Perché avrebbero dovuto pianificare qualcosa?


 

Harry scosse la testa, la paranoia stava avendo la meglio su di lui. Tornò a cercare come si dicesse ' ciao ' in giapponese e la sua pronuncia. Cosa? C'erano cinque modi diversi per dirlo. Harry aggrottò le sopracciglia cercando di capirne il senso. Le lingue erano difficili. Grazie a Merlino non doveva impararle. Gli incantesimi in qualche modo erano la stessa cosa, ma erano tutti in latino, facili da dire e facili da ricordare. Le lingue... perché si era fatto una cosa del genere?


 

Harry iniziò a tamburellare le dita sul tavolo mentre leggeva, lo faceva per calmare la sua frustrazione e in parte per frustrare Hermione. La ragazza se ne stava con la testa sui libri cercando a destra e a manca la risposta della ricerca di pozioni, diventando via via sempre più irritata perché non riusciva a trovarla. Aveva perfino iniziato a borbottare fra sé e sé.


 

"Banale... gli farò vedere quant'è banale! " Aveva mormorato alcuni minuti prima, ma poi il suo sguardo fu attratto dalle dita di Harry, che tamburellavano a ritmo. Aveva provato a nascondere un sorrisetto quando si fermò per un po'... per poi iniziare di nuovo.


 

" Smettila di distrarci e fai i compiti. " Hermione stava evidentemente cercando di non litigare, ma i suoi occhi si indurirono quando Harry scrollò le spalle ghignando leggermente, era proprio come ai vecchi tempi.


 

" Quali compiti? "


 

" Pozioni! Abbiamo solo stasera per trovare la risposta e io non riesco a trovarla! Come hanno fatto i Serpeverde ad arrivarci subito e i Grifondoro no? Ho pensato che fosse una cosa da purosangue, " Tirò su col naso afferrando un altro libro. " ma nemmeno Ron lo sa. " Gli era mancato tutto questo.


 

Fino a quando Ron non parlò. " Cos'è quel sorrisetto? " Chiese cupo, guardandolo freddamente. " È spaventoso; assomigli a Malfoy. "


 

Harry sbatté le palpebre, diventando serio. Era il primo sorriso che avevano notato e gli chiedevano di fermarsi? Faceva male come se lo avessero pugnalato al cuore. "E quindi? "


 

"E quindi mi da fastidio. "


 

" Non litigate voi due, aiutatemi con i compiti! " Hermione attirò la loro attenzione con il suo tono disperato, sembrava quasi che stesse per strapparsi i capelli. " Tu cosa ne pensi, Harry? Ho provato quasi tutte le combinazioni per arrivare alla risposta, ma non riesco a trovarla da nessuna parte. Ho cercato fra le pozioni per bambini, fra le pozioni di magia oscura, fra le pozioni inutili. Saresti sorpreso di scoprire quante ce ne sono. " Aggiunse cupamente, rabbrividendo quasi al ricordo. " Comunque penso che Lumacorno ci abbia rifilato una domanda a trabocchetto. Per testare quanto lontano saremmo andati per trovare la risposta. È il capo dei Serpeverde dopotutto, deve essere viscido e ingannatore. Deve essere un Serpeverde, in qualche modo."


 

Harry ghignò ancora, aspramente e senza divertimento, solo per infastidire Ron. Non gli avrebbe mai detto quanto lo avesse ferito con quel commento, ma l'aveva fatto e non gli importava se si fosse scusato e avesse iniziato a scherzare con lui; voleva lasciare la biblioteca. Voleva mettere la lista da parte e usare la magia, fino a quando il suo cuore non avesse smesso di far male, fino a quando il suo stomaco non avesse smesso di tentare di farlo vomitare. Stava solo cercando di fare del suo meglio. " In verità, la risposta non si trova in nessun libro di pozioni. "


 

" Cosa? Che intendi? " Hermione lo stava guardando come se fosse ipnotizzata dalla sua faccia, non batté ciglio mentre aspettava una risposta. Detestava essere superata, perfino in quel momento.


 

" In verità l'ho trovata tempo fa, la prima notte che ci è stata chiesta. Beh, no, in realtà l'ha trovata Draco- "


 

"Ooh, Draco eh? " Sputò Ron, confondendo leggermente Harry, che solo dopo un po' si rese conto di averlo chiamato con il suo nome di battesimo. Merda! Perché l'aveva fatto? Aveva anche provato a pensare a lui come ' Malfoy '. Per l'amor di Merlino. Ecco cosa succede quando si entra troppo in confidenza con qualcuno che dovrebbe essere un tuo rivale. " Ma che cazzo, Harry?! Stai anche avendo delle piccole sessioni di studio con quel Mangiamorte adesso?


 

Si arrabbiò così velocemente da irritare Harry. " Sta zitto Ron! "


 

" Merlino, lo sapevo che le voci erano vere! "


 

Harry fu attraversato da pura indignazione, che si irradiò finché non divenne rabbia. Come si permetteva? Un vero amico l'avrebbe appoggiato, non curandosi dei pettegolezzi, sia che fossero stati veri, che se fossero stati falsi! Ma Ron continuava a tirarli in ballo, quasi come se fossero una cosa peggiore del fatto che stesse facendo amicizia con Malfoy... non che lo stesse facendo.


 

Harry non si aspettava la rabbia, ma lo travolse come un fiume in piena.


 

Sembrava che Hermione stesse per correre ai ripari quando Harry ricambiò l'occhiataccia con uno sguardo truce. Il ricordo del primo trattamento in Infermeria con qualcuno presente gli balenò in mente, arrivando alle sue labbra prima che potesse fermarlo.


 

" Ah, sì, dimenticavo di dirti che io e Draco facciamo anche sesso alle vostre spalle. " Sentì una strana sensazione di piacere nel guardare Ron colorarsi di un rosso brillante, mentre i suoi occhi si riempivano di rabbia e shock. Hermione dal canto suo fece roteare semplicemente gli occhi scuotendo la testa incredula.


 

Harry alzò le sopracciglia girandosi di nuovo verso Ron. Stava per dirgli di star zitto o di andarsene, quando delle agili braccia gli cinsero le spalle spingendolo più vicino al petto di qualcuno. Serrò le mascelle, deglutendo perplesso mentre l'odore di vaniglia riempiva l'aria, qualcuno gli appoggiò la testa sulla spalla strusciando una guancia contro la sua.


 

Pensava che non sarebbe riuscito a parlare nemmeno se l'avesse voluto, quando la voce di Malfoy vibrò attraverso il suo collo, morbida, ma zittì l'intero tavolo. " Pensavo che non l'avremmo detto a nessuno. " Esordì con una nota di divertimento.


 

Stava per spingerlo via; lo stava stringendo fin troppo forte, strofinando il petto contro la sua schiena, strusciando le sue soffici labbra contro la gola di Harry, per poi dargli un piccolo e innocente bacetto. Beh, sarebbe stato innocente, e Harry era convinto di riuscire a risolvere la questione facilmente, facendo credere che fosse uno scherzo, se quello stronzetto biondo non l'avesse baciato ancora e, questa volta, non in modo così fine.


 

Malfoy succhiò gentilmente la sua gola, mordendolo piano, come per marchiarlo. Harry non era pronto a sentire il collo diventare un fascio di nervi, o al fatto che faceva improvvisamente molto caldo nella biblioteca. Si irrigidì deglutendo a vuoto quando Malfoy allontanò le labbra dal suo collo impietrito, e una mano gli arruffò dolcemente i capelli.


 

Harry guardò solamente dall'altra parte del tavolo e non era sicuro che i suoi occhi potessero spalancarsi di più. Lui... cosa...?


 

Ignorando completamente i suoi amici, si girò di scatto adocchiando l'insopportabile testa bionda di Malfoy lasciare la biblioteca con il suo seguito di Serpeverde. Lo shock iniziale era svanito, così si mise a correre per inseguire quel ragazzo malefico, per ucciderlo o per riempirlo di botte.


 

Perché l'aveva fatto? E perché lui si era sentito così... no! Cazzo, no!


 

Quando Harry girò l'angolo, per poco non sbatté contro il biondino. Dovette scivolare per fermarsi, attirando su di sé tre paia di occhi molto curiosi. Prima che potessero dire qualcosa, comunque, Harry afferrò il mantello di Malfoy e lo spinse contro il muro, ma non nella maniera che si aspettava il biondo, Harry ne era sicuro.


 

" Cosa diavolo hai fatto? " Urlò Harry. La sua voce si ruppe nel bel mezzo della frase a causa del suo disagio. La confusione e la rabbia presero posto sul suo volto, si sentiva più nervoso di quanto lo fosse stato nelle ultime settimane. Anche tutte le altre volte che aveva scherzato con Malfoy erano una finzione? O era serio? I pettegolezzi erano veri? O era stato lui a farli cominciare? Perché sentiva il suo collo andare a fuoco?


 

Ma Malfoy gli fece soltanto un ghigno, alzando le sopracciglia in quella maniera arrogante che solo lui aveva. I suoi amici, Pansy e Blaise se ne stavano in piedi divertiti; non cercavano nemmeno di aiutarlo. Ridevano fra di loro, senza puntare le bacchette o cose del genere. " Stavo semplicemente convalidando la tua storia. "


 

Harry ringhiò sentendo quella risposta beffarda, e lasciò che la rabbia lo sopraffacesse. " L'avevo. Detto. Con. Sarcasmo. "


 

" Non sono molto bravo con il sarcasmo. " Disse lentamente, e ghignò quando vide il divertimento insinuarsi negli occhi di Harry. Avrebbe voluto colpirsi da solo; doveva arrabbiarsi, non cercare di trattenere le risate.


 

" Mi hai appena rovinato la vita. " Si rifiutò di mollare la presa, anche se il sorriso stava per avere la meglio.


 

" Lo hai fatto da solo "


 

" Ti odio. "


 

" Io non mi odio; sono bello, intelligente... " Malfoy rise inseme a Harry, e poi entrambi alzarono gli occhi al celo. La maggior parte del tempo, Malfoy era una delle persone più immature che avesse mai conosciuto.


 

" Egoista. "


 

" Come tutti i grandi uomini della storia. " Quello stronzo ebbe il coraggio di sembrare orgoglioso di quell'insulto.


 

" Vanesio. " Ribatté Harry, sperando soltanto che quel sorriso se ne andasse. Era così difficile odiarlo quando rideva in quel modo.


 

" Si chiama prendersi cura di sé, del proprio aspetto, usando una spazzola, di tanto in tanto... è un invenzione abbastanza recente, non sono sicuro che tu ne abbia mai sentito parlare. Infatti, dovresti investire- "


 

" Basso. "


 

" Sono più alto di te. " Harry stava toccando il fondo, non era sicuro del perché avesse lasciato andare Malfoy. Non voleva prenderlo a pugni un momento prima?


 

" ...Biondo. "


 

" In verità è un complimento. "


 

Harry sospirò, alzando drammaticamente le braccia, proprio come avrebbe fatto quell'idiota, ne era sicuro. " Sei impossibile! " Esclamò, ridendo senza saperne esattamente il motivo. Ma il biondo gli fece l'occhiolino, era ancora molto divertito.


 

" È per questo che mi ami. " Un ringhio alle loro spalle li fece girare di scatto, e videro una coppia di Grifondoro infuriati affrettarsi per il corridoio. Ron sembrava pronto a dare in escandescenze, mentre Hermione era pallida come un cencio. Un attimo, che aveva fatto sta volta?


 

Si girò di nuovo verso Malfoy, e incontrò il suo sguardo esterrefatto, prima che riucisse a nasconderlo. Fu troppo.


 

Harry scoppiò in una grossa risata. Era così ridicolo! Perché erano arrabbiati con lui? Perché pensavano che fosse gay? Perché era corso lì per picchiare Malfoy? Oppure perché quel coglione di un Serpeverde aveva provato a stuprare la sua gola con la sua bocca? Non lo sapeva, non gli importava... e per qualche ragione sconosciuta stava ridendo di felicità.


 

Appoggiò la testa contro la spalla di Malfoy, per riuscire a reggersi in piedi. Era così stupida! Tutta la situazione e il cattivissimo tempismo dei suoi amici; era sicuro che l'indomani i pettegolezzi sarebbero tornati più vigorosi che mai. Hey, anche il Profeta sarebbe potuto essere coinvolto... ma in quel momento, per qualche misterioso motivo, pensava che sarebbe stato addirittura divertente.


 

Alla fine Harry riuscì a fermare la sua incontrollabile risata, allontanandosi da Malfoy che in quel momento stava ghignando. Annuì per poi scuotere la testa incredulo e ritornare in biblioteca senza dire una parola.


 

Malfoy negli ultimi tempi lo rendeva sempre... contento.


 

Perché si era messo a inseguirlo prima?

.


 

.


 

.

Draco ridacchiò alle spalle di Harry, sentendosi compiaciuto in tutti i modi possibili e immaginabili. Aveva fatto ridere Potter in quel modo; non era stata la Mezzosangue e nemmeno la Donnola... ma lui.


 

Dopo essersi crogiolato nella sua superiorità, diresse lo sguardo ai suoi due amici. Sembravano sotto l'effetto dell'incantesimo Confundus, con le bocche spalancate fino al pavimento e gli occhi sbarrati. Beh, Blaise aveva inarcato solo un sopracciglio, ma Pansy sembrava come se avesse appena saputo che il Natale era stato cancellato. Si scambiarono uno sguardo comunicando velocemente fra loro; non importava se parlassero o meno, Draco capì tutto immediatamente.


 

Contò fino a tre a mente, aspettando l'ordine.


 

" ...Spiega. Adesso. " Chiesero entrambi, con un tono che non ammetteva repliche.


 

Draco, sorridendo ancora, continuò a camminare.

.


 

.


 

.

Harry non poteva far altro che star lì a sospirare sulla riva del lago, tirando sassi nell'acqua. Quel giorno era stato proprio come quelli precedenti; si iniziava con le brevi occhiatacce e i sussurri alle sue spalle. Beh, non proprio sussurri, erano più urla e rimproveri che si sprigionavano appena passava per i corridoi. Nessuna discriminazione fra le case o le classi; si facevano avanti tutti insieme, dimostrando una forte unità contro di Harry.


 

Qualcuno aveva fatto ricominciare i pettegolezzi, e sembrava che a nessuno andasse bene il suo gusto in fatto di partner. Si comportavano piuttosto come se stesse praticando magia nera nel tempo libero, o avesse intenzione di diventare il prossimo Voldemort dopo aver creato una cospicua quantità di Inferi.


 

Ma non era quello che lo infastidiva, proprio per niente. Era arrabbiato perché che tutti pensavano che, per qualche strana ragione, fossero fattacci loro! Harry aveva fatto il suo dovere aiutando la comunità magica! Gli aveva dato la possibilità di essere liberi, in pace e anche di più. Quindi perché non potevano stare zitti e lasciarlo in pace?


 

Lui non era una loro proprietà!


 

Se Harry avesse voluto stare con Malfoy, l'avrebbe fatto, e tutti gli altri potevano anche ficcarsi le loro disgustose opinioni su per il culo! Non che Harry lo stesse considerando, ovviamente. Era una cosa puramente ipotetica, legata ai pettegolezzi. E comunque, non poteva uscire con nessuno, vero? Se doveva mor... se era così malato. Non sarebbe stato giusto.


 

...


 

E poi a Harry non piacevano i ragazzi! E anche se gli fossero piaciuti, cosa che era ovviamente falsa, sarebbero stati comunque affari suoi e di nessun altro!


 

Lanciò un altro sasso nel lago, e digrignò i denti vedendolo affondare in men che non si dica; fece a malapena degli schizzi. Perché far rimbalzare un dannato sasso era così difficile? Era un'altra delle cose che contribuivano ad aumentare il suo malumore. Sembrava che lo sapessero fare tutti! L'anno scorso aveva visto riuscirci perfino Ron...


 

Quel pensiero non aiutava a renderlo meno frustrato. Dovevano essere stati Ron o Hermione a diffondere quelle voci. Erano gli unici ad aver letto i bigliettini l'altro giorno, e ad aver sentito la frase 'giocosa 'di Malfoy. Beh, loro più Zabini e Parkinson. Ma Zabini non sembrava un tipo a cui piacesse diffondere pettegolezzi e Parkinson avrebbe fatto difficilmente qualcosa che potesse rovinare la reputazione di Malfoy. Quindi erano stati Ron e Hermione; a loro non importava chi venisse ferito, gli bastava sfogare la rabbia.


 

Era così irritante!


 

Era sicuro che il giorno seguente il Profeta l'avrebbe saputo, e tutti gli sarebbero stati saltati alla gola. Poteva già immaginarsi i titoli in prima pagina e il solo pensiero lo faceva rabbrividire. Sarebbero stati brutali.


 

" Sei terribile anche in questo. "


 

Harry si girò di scatto con le sopracciglia alzate e un'espressione arrabbiata quando Malfoy si avvicinò. Ma che pensava di fare?


 

Se qualcuno li avesse visti, i pettegolezzi non sarebbero mai finiti.


 

" Vaffanculo. " Ringhiò Harry voltandosi verso l'acqua e lanciandole violentemente un sasso. Non sarebbe successo niente se negli ultimi tempi non fossero stati amichevoli l'uno con l'altro.


 

" Wow, qualcuno ha la sua sindrome premestruale stamattina; sei ovviamente quello che sta sotto nella nostra relazione. "


 

" Lo trovi divertente? " Sbottò Harry, guardando di nuovo l'impassibile biondo. " Perché io non sto ridendo! Hai completamente mandato a puttane la mia vita! "


 

" Io? " Malfoy sembrava annoiato, era completamente al suo agio, come se non avesse qualcuno che gli urlava contro a pochi metri di distanza. " Stai incolpando me? "


 

" Tutto questo casino è colpa tua! "Perché se ne stava lì con quel sopracciglio alzato? Harry avrebbe voluto afferrare quella striscia di peli biondi e strapparla via! Voleva proprio vedere come sarebbe riuscito ad essere ancora indifferente! " Se non mi avessi mandato quel bigliettino, loro non si sarebbero insospettiti! E poi mi hai stuprato la gola ieri! "


 

Gli occhi di Malfoy brillarono divertiti e un ghigno iniziò ad apparire sulle sue labbra. " Hai chiaramente bisogno che qualcuno ti istruisca sullo ' stupro di gola ', un bacetto non rientra di certo nella categoria. "


 

" Smettila di ridere! È per commenti come questo che siamo finiti in questa situazione! " Harry si passò una mano fra i capelli, deglutendo a vuoto. " Lo sai che il Profeta verrà coinvolto, vero? Lo sai che la tua preziosissima reputazione verrà compromessa? " Malfoy sbatté le palpebre ghignando un po' meno. Finalmente Harry aveva trovato qualcosa da usare per fargli capire che non era affatto divertente. " Se solo non pensassi sempre che tutto sia un gioco, la tua reputazione sarebbe salva! " Harry strinse la mano in un pugno, " Io sarei ancora amico di Ron e Hermione ... i Grifondoro non mi odierebbero e... e sarei capace di passare i pochi mesi che mi rimangono in maniera relativamente felice. " Concluse a bassa voce, voltandosi per tirare un'altra pietra nel lago, ma anche quella affondò. " Quindi davvero, Malfoy, vaffanculo. "


 

Harry sapeva che non era giusto incolpare Malfoy per tutto quello che stava succedendo; la maggior parte dei problemi erano colpa sua, dopotutto. Era solo arrabbiato quel giorno, stanco e irritato al pensiero che a lui non importasse niente.


 

" In verità, Potter, " Ovviamente era troppo sperare che Malfoy capisse e lo lasciasse in pace. " la mia posizione tra i Serpeverde non ha niente a che fare con i pettegolezzi, a loro non importerebbe un bel niente, sia se stessi con te che con Paciock; però avrebbero qualcosa da ridire con la Donnola, dato il problema della zoofilia e via dicendo... e comunque, francamente, non sarebbero affari loro. "


 

Harry si rifiutò di guardarlo, continuò invece ad osservare il lago pregando ogni dio esistente di farlo andare via. " Seconda cosa, non saresti comunque amico della Donnola e della Mezzosangue, perché non vi parlavate nemmeno prima che iniziassi a comunicare civilmente con me. E poi i Grifondoro sono leali tanto quanto un gruppo di Mangiamorte. Nessuno di loro sarebbe dovuto cambiare, nemmeno leggermente, solo perché ti ho scritto un bigliettino. "


 

Harry strinse i denti con rabbia. Sì, si sarebbero parlati. Stavano già iniziando a far pace, scherzando e chiacchierando normalmente. Sarebbe andato tutto bene.


 

" E poi, " Harry per poco non saltò quando Malfoy parlò; non si era accorto di quanto si fosse avvicinato. " non ti ho sentito lamentarti. "


 

" È stato troppo poco sbatterti al muro? " Disse Harry beffardo, ma si zittì quando Malfoy prese una pietra, girandosi per lanciarla nel lago.


 

Rimbalzò sulla superficie, gli schizzi si susseguirono mentre il sasso si allontanava sempre di più. Un rimbalzo perfetto.


 

Quel bastardo.


 

Harry, contrariato, guardava Malfoy raccogliere diverse pietre. In realtà era sorpreso di vedere che il ragazzo si sporcasse volontariamente le mani.


 

" Devono essere piatte. " Esclamò Malfoy posizionando una pietra piuttosto grande nelle mani di Harry. " Devi mantenerla in questo modo. " Gli piazzò la pietra fra il pollice e l'indice, con le sue mani straordinariamente soffici. Era difficile prestare attenzione alla direzione in cui doveva andare il sasso e non guardare le sue dita affusolate. Quelle mani non avevano nemmeno una cicatrice, nemmeno un piccolo difetto. Com'era possibile?


 

" E poi pieghi il polso. È tutta una questione di polso. " Malfoy afferrò la pietra e la lanciò velocemente verso l'acqua. Non la guardò rimbalzare, i suoi occhi grigi erano fissi sulla mano dell'altro ragazzo, che esitava a muoversi.


 

Harry sospirò interiormente, sapendo che non ce l'avrebbe fatta. Ci aveva provato per ore, non poteva riuscirci così di punto in bianco. Posizionò il braccio cercando di copiare il movimento che aveva fatto Malfoy, sapeva che sarebbe stata una scarsa imitazione, ma ci provò lo stesso.


 

La sua pietra si fiondò verso l'acqua. Harry incrociò le braccia, aspettando che affondasse come avevano fatto tutte le altre... ma sbatté le palpebre sorpreso. La sua pietra era rimbalzata tre volte attraverso il lago per poi affondare. Un rimbalzo perfetto.


 

Guardò Malfoy ridendo, profondamente sorpreso. Aveva fatto rimbalzare una pietra sulla superficie del lago... aveva completato il primo obiettivo sulla lista! Il suo brutto umore svanì in un secondo, una strana sensazione di felicità si propagò dentro di lui, come aveva fatto raramente nel corso delle settimane precedenti. Aveva fatto rimbalzare una pietra sull'acqua!


 

Malfoy stava ghignando, ma i suoi occhi rimanevano gentili e non crudeli; non lo stava prendendo in giro, si stava divertendo anche lui.


 

Harry prese un’altra pietra, lanciandola di nuovo nell'acqua. Rise quando rimbalzò per ben quattro volte prima di affondare. Non si chiese nemmeno perché Malfoy l'avesse raggiunto lì al lago.


 

29. Imparare a far rimbalzare le pietre sull'acqua.


 

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Capitolo 8
*** Se non fosse stato così ***


Capitolo 8 - Se non fosse stato così.


 

Harry Potter fidanzato con il Mangiamorte Draco Malfoy!


 

Be', era un po' peggio del previsto.


 

Harry lesse il titolo a bocca aperta e capì solo in quel momento perché tutta la Sala Grande gli aveva urlato contro e lanciato occhiatacce appena era entrato quella mattina. Si era rassegnato agli sguardi puntati su di lui, se lo aspettava. Non si accorse di nulla fino a quando non adocchiò la posta di Neville, gliela strappò di mano appena vide il suo nome nel titolo. Non si sarebbe mai aspettato una cosa del genere.


 

Certo, i commenti che gli avevano rivolto avevano suscitato la sua curiosità. Il fatto che molte persone gli dicessero ' rompete ' era stato un po' strano, e riflettendoci, avrebbe dovuto intuire qualcosa. Ma Harry era rimasto ingenuamente all'oscuro di tutto, e per sua sfortuna, ormai si trovava al centro della sala con tutti gli occhi fissi su di lui.


 

Ma su cosa diavolo si basavano le insinuazioni del Profeta?


 

Harry osservò la grande foto di lui e Malfoy sulla riva del lago: era stata scattata proprio il giorno prima, al tramonto. Sì, c'era qualcosa che luccicava sulla mano sinistra di Malfoy, ma non era un fottuto anello! Harry, euforico e ingenuo, aveva scommesso con Malfoy per vedere chi faceva rimbalzare la propria pietra più lontano. Eccitato per aver eliminato il Ventinove, voleva provare a cancellarne un altro. Era stato completamente asfaltato, Malfoy lo aveva preso in giro, e si era fatto passare il Galeone fra le dita per tirarsela come faceva sempre!


 

Merlino! Chi diavolo aveva scattato una foto del genere, e perché cazzo l'aveva mandata al Profeta?!


 

Ovviamente i suoi compagni di stanza non ci credevano, giusto? Lui e Malfoy si parlavano solo da una settimana, non si consideravano nemmeno amici! I Grifondoro non potevano mica credere a quella montagna di frottole?!


 

Oh, sì, sì che potevano.


 

Una Ginny assolutamente furiosa abbassò il giornale, il suo sguardo indignato scrutò la sala, per poi individuare il moro. Stava praticamente volando verso di lui ad una velocità impressionante, come un pipistrello in azione. Dean e Seamus borbottavano fra loro, poi scossero la testa con disgusto prima di lanciare un'occhiata al tavolo in verde. Anche Neville era stranamente silenzioso, fissava il suo piatto con un'espressione perplessa stampata sulla faccia. Ognuno di loro aveva dato per scontato che fosse la verità.


 

Cazzo, non riusciva a crederci!


 

" Harry Potter! " Urlò Ginny, lanciandogli contro il giornale. " È vero? Eh? Spiegati! " Sembrava sul punto di piangere, o meglio, sull'orlo di una crisi di nervi.


 

Questo lo fece infuriare; il fatto che lei osasse essere ferita, come se lo fosse più di Harry. Il Profeta non stava diffondendo bugie su di lei. Non aveva reso triste la sua vita più volte di quante ne potesse contare. E non era lei che stava per essere ostracizzata, di nuovo. Quindi che cosa aveva da essere ferita?


 

" Non è vero. " Disse a bassa voce, poi si alzò velocemente dal tavolo. Prima lo stava sovrastando, quindi anche se non poteva usare la magia, la leggera differenza di altezza lo faceva sentire più sicuro.


 

" Hanno una foto! " Strillò. " Hanno una cazzo di foto. "


 

" Non. È. Vero. " Perché non gli credeva? Non si riusciva a vedere nemmeno l'anello, e l'articolo era pieno di speculazioni. Si basava solo su una foto scadente e l'immaginazione di un imbecille.


 

A quanto pareva imbecille fino a quel punto! " Mi stavi solo usando come cavia, non è così? " Chiese, con una voce troppo alta per quella sala piena di studenti che origliavano. " Stavo aspettando invano? "


 

" Per l'amor del cielo, non è vero! " La tentazione di sfoderare la bacchetta e iniziare a fare incantesimi a caso solo per finire quell'infinita tortura, era fin troppa. Cazzo, le dita di Harry si stavano stringendo contro la manica.


 

Perché nessuno di loro gli credeva? Sul serio, si stavano comportando come se avesse commesso chi sa quale osceno peccato e loro stessero risparmiando a Dei conosciuti e sconosciuti di giudicarlo, facendolo da soli. E cercavano anche di distruggere completamente la sua buona mancanza di autolesionismo. Volevano proprio che Harry scoppiasse?


 

E comunque, come se fossero affari loro. Non avrebbe mai potuto dire loro della malattia se facevano quel casino per una sola fotografia.


 

Il pensiero colpì Harry come una tonnellata di mattoni, facendo sprofondare il suo cuore in un dolore sordo. Non poteva dirlo a nessuno. Doveva affrontare tutto da solo, anche se farlo sarebbe stato troppo da sopportare.


 

I brusii aumentarono quando le porte della Sala Grande si aprirono. Harry guardò la scena ringhiando interiormente. Malfoy aveva appena fatto il suo ingresso, e come se fosse totalmente ignaro della tensione che c'era, si diresse verso il suo tavolo. Fottutissimo stronzo, era tutta colpa sua... per l'ennesima volta!


 

" Signorina Weasley, penso sia meglio che lei si metta a sedere. " Harry ringhiò letteralmente, prima di girarsi verso la McGranitt, non voleva nient'altro che sbattere la testa contro il muro più vicino finché non si fosse ridotta in poltiglia. O quello, oppure finché perdeva i sensi. A quel punto entrambe le cose andavano bene. Anche se la poltiglia era preferibile.


 

La preside non sembrava affatto contenta.


 

" E, Signor Potter, credo che io e lei abbiamo una lunga conversazione da fare. " Anche lei si stava intromettendo in faccende che non la riguardavano.


 

Delle risate dall'altra parte della sala, attirarono l'attenzione di Harry, che si voltò leggermente, scorgendo i Serpeverde che se la ridevano tutt'intorno a Malfoy. Addirittura quel biondino idiota stava sogghignando mentre scuoteva la testa con incredulità. Stava parlando piuttosto animatamente con quelli che lo circondavano... e stavano tutti ridendo. Ghignavano verso gli altri tavoli, ma continuavano comunque a ridere.


 

Nessuno lo accusava per il fidanzamento. Nessuno sembrava nemmeno lontanamente arrabbiato. Tutti pensavano che fosse un grandioso scherzo e portavano con orgoglio il loro solito ghigno. Fantastico.


 

" Signor Potter, la prego di seguirmi. " L'uso di ' la prego ' non cambiava il fatto che fosse un ordine. Se Harry non l'avesse seguita, era sicuro che avrebbero avuto quella conversazione lì, nonostante tutti gli studenti che cercavano di origliare invano.


 

Così Harry, lasciando la colazione intatta, seguì la silenziosa preside fuori dalla Sala Grande. Tra gli sguardi che lo seguirono, non uno di loro era confortante.


 

Il cammino lungo i corridoi fu gelido. La McGranitt si rifiutava di parlare. Se il silenzio non rendeva chiara abbastanza la sua irritazione, le sue braccia conserte ne erano la prova lampante. Se non fosse per il giornale che stringeva nella mano, Harry sarebbe potuto essere un ragazzo qualunque che riceveva una punizione.


 

Stava ancora pensando al Profeta e a come stesse distruggendo completamente la sua vita prima che la malattia ne avesse l'occasione. Ma non poteva mai avere riposo?


 

Tutto preso a detestare la propria esistenza, Harry non si accorse che non erano più soli fino quando non sentì un leggerissimo colpetto di tosse proveniente da qualcuno affianco a lui.


 

Se prima la McGranitt era arrabbiata, in quel momento era furiosa. Assottigliò così tanto gli occhi, che sembravano a malapena aperti, inoltre la sua voce tremò quando iniziò a parlare. " Se ne vada, Signor Malfoy. Non mi ricordo di averle chiesto di seguirmi fuori dalla Sala Grande. "


 

" Vero, vero, " Harry rabbrividì solo per quel il tono di voce, non aveva nemmeno bisogno di guardare Malfoy per sapere che stava indossando quel ghigno altezzoso che sembrava adorare. " Comunque lei ha trascinato fuori il mio fidanzato. Questo non dovrebbe rientrare nei miei affari? "


 

" Nessuno sta ridendo qui, Signor Malfoy, per il suo sordido umorismo. Non la riguard- "


 

" Al contrario, " Harry non si sarebbe mai permesso di interrompere la preside, non in quel modo. " c'è anche il mio nome in quel titolo. Il che, credo, fa sì che il tutto mi riguardi molto da vicino. "


 

' Per favore, dica di no, per favore, mi dia una cazzo di pausa! ' " Bene. Anche lei risponderà alle mie domande. " Harry sospirò lungo il cammino, era completamente esausto. Non poteva continuare a sopportare tutta quella situazione, o il continuo odio indirizzato verso di lui. Per di più l'avrebbero attaccato per quell'articolo di cui era la vittima e non il creatore. E a peggiorare le cose era la sua mancanza di riposo, gli incubi ricorrenti non gli permettevano di dormire più di un paio d'ore a notte. Cosa poteva desiderare di più da quella giornata?


 

Harry si voltò verso Malfoy che aveva picchettato la sua spalla. " Quant'era brutta l'atmosfera nella Sala Grande? " Chiese a bassa voce, poi alzò le sopracciglia quando la McGranitt si girò di scatto.


 

" Non potete parlarvi fin quando non entreremo nell'ufficio. Non vi permetterò di mettere a punto qualche storiella, intesi? " Disse, senza aspettare risposta.


 

Harry si girò verso Malfoy con curiosità, e lo vide alzare gli occhi al cielo con quelle sue stupide maniere teatrali. Lui intercettò il suo sguardo, avvicinandosi fino al suo orecchio " Su una scala da uno a dieci? Quanto? "


 

" Ho. Detto. Non. Parlate. " Fecero cenno di aver capito quando la preside si girò di nuovo, folgorandoli con lo sguardo. Se Harry non andava errato, era una minaccia. Non sapeva quali sarebbero state le conseguenze, ma non potevano essere tanto terribili, giusto? Cosa poteva essere peggio della sua malattia?


 

Harry contò cinque secondi, prima di ritornare con lo sguardo a Malfoy, riflettendo sulla risposta da dare. Una parola non avrebbe fatto male a nessuno, vero? " ...circa cinquanta. "


 

" Bene. Entrate qui dentro. " Disse la McGranitt con frustrazione, poi spalancò la porta di un'aula a caso. I suoi occhi brillavano di una luce pericolosa mentre li spingeva ad entrare. Non ebbero nemmeno il tempo di sedersi ai rispettivi banchi, perché mostrò loro il giornale in un batter d'occhio, con le sopracciglia alzate. " Cos'è questa spazzatura? " Chiese, alzando il mento per poterli guardare dall'alto in basso. " Spiegatevi. "


 

Harry si limitò a sbattere le palpebre, i suoi occhi stanchi si sarebbero chiusi più che volentieri per permettergli alcuni minuti di riposo. Essere convocati lì era del tutto ingiusto, non avevano fatto niente, per l'amor del cielo.


 

" Sembra essere... " Biascicò Malfoy, ignorando il ringhio di Harry. " una sorta di articolo di giornale. Mi corregga se sbaglio, ovviamente. "


 

" Sta scherzando col fuoco, Signor Malfoy. " Quella fredda risposta lo fece alzare in piedi, stringendo stancamente la radice del naso fra due dita. Malfoy non avrebbe mai migliorato le cose. Accidenti, non sapeva nemmeno perché l'avesse seguito. Avrebbe reso tutto il più doloroso possibile.


 

" Il Profeta ha mai scritto qualcosa di vero su di me? " Chiese Harry con un filo di voce, non riusciva ad incontrare lo sguardo del capo dei Grifondoro. " Non è vero. "


 

A quanto pareva, nessuno sembrava volergli credere. " Devi essere al corrente delle voci che sono circolate nella scuola, Harry. E poi, spunta fuori quest- "


 

" Mi dica, " Malfoy la interruppe ancora, ignorando completamente le sue narici dilatate e il suo sguardo gelido. " È il fatto che Harry sia fidanzato con un ragazzo che la fa infuriare così tanto, o è la scelta del partner? "


 

" I pettegolezzi erano solo pettegolezzi. " Harry cercò di interrompere Malfoy, ma sapeva di essere intervenuto con un secondo di ritardo. Merda, il biondo stava facendo un gioco pericoloso. Entrambe le risposte potevano causare il licenziamento della preside, e lei lo sapeva. Tuttavia era una domanda interessante, almeno per Harry. Perché era così arrabbiata? E poi perché erano obbligati a risponderle?


 

Un silenzio opprimente scese nell'aula. La McGranitt era lì in piedi, in tutta la sua altezza, e guardava entrambi in modo gelido. " Non è divertente, ragazzi. Ve lo chiederò per l'ultima volta. L'articolo è vero? "


 

" ...No. " Borbottò Harry quando gli fu chiaro che Malfoy aveva scelto di restare in religioso silenzio. Se avesse ascoltato trenta secondi prima, non avrebbe avuto bisogno di chiederlo ancora.


 

Lei fece un sospiro di sollievo, voltandosi verso Harry, visto che stava collaborando. " Voi due avete una relazione? "


 

" Non vedo come possa interessarle. " A quanto pareva, il religioso silenzio era troppo da sostenere per Malfoy " Lei non chiede agli altri studenti con chi escono o non escono, e loro non sono tenuti a dirglielo. Questi sono solo affari nostri. "


 

" Harry. "


 

Harry sospirò interiormente, e deglutì quando lei iniziò a fissarlo con intensità.


 

" Potter. " Cazzo, se lo sguardo della McGranitt era intenso, era fortunato di non disintegrarsi sotto quello di Malfoy. Che andasse tutto a quel paese. Era fottuto sia se diceva di sì, che se diceva di no. Si basava tutto su cosa avesse di più da perdere.


 

" Mi scusi, Professoressa, ma non capisco perché dovrebbe importarle. " Merlino, poteva praticamente percepire la soddisfazione di Malfoy accanto a lui. Quell'insopportabile idiota, se non fosse stato per lui avrebbe già chiuso quella faccenda da tempo! " Dovrei poter uscire con chiunque senza essere giudicato, soprattutto da un insegnante. "


 

" ...Pensi che sia saggio, Harry? Date le tue attuali... condizioni? " C'era un incantesimo per la disintegrazione? Harry avrebbe pagato volentieri fino all'ultimo zellino della sua camera blindata, piuttosto che stare lì seduto a sorbirsi la compassione di qualcuno. " Non sarebbe giusto né per te, né per il tuo partner, Harry. A dire la verità è piuttosto egoista da parte tua. Conosci... i rischi, no?


 

Non stavano più parlando del problema con Il Profeta.


 

Harry sospirò, quella conversazione non lo stava per niente aiutando a evitare un mal di testa. Era domenica, per Merlino... avrebbe dovuto ascoltare il suo corpo stanco e passare tutta la giornata a dormire. " ...sì. " Farfugliò, fissando la spalla della McGranitt. Non stava nemmeno uscendo con Malfoy, ma si sentiva comunque in colpa.


 

" E conoscendoli, pensi comunque che tu ti stia comportando correttamente? "


 

" ...Sono malato... non sto morendo. " Harry affondò un po' di più nella sua sedia, e deglutì a vuoto perché entrambi stavano studiando attentamente il suo volto. Sapevano che era una bugia. " ...Malfoy lo sa. " Aggiunse in risposta alla silenziosa McGranitt, poi deglutì prima di continuare. " Ed è una scelta che spetta solo a me. "


 

" Sia quel che sia," Se il suo tono fosse stato più critico, sarebbe stata sua zia. " La scuola parlerà. La Comunità Magica parlerà. Spero che voi due capiate- "


 

" La scuola saprà che era una bufala entro l'ora di pranzo. " Malfoy chiuse quel discorso agitando lievemente la mano in aria, poi si appoggiò allo schienale della sedia come se questo fosse sufficientemente confortevole. Harry non sapeva come riuscisse a comportarsi così, come se non fosse lì per essere rimproverato. " I Serpeverde non ci hanno mai creduto. Inoltre penso che debba applicare qualche sorta di filtro per la posta, almeno per i prossimi giorni. So di non avere la migliore delle reputazioni, e sono sicuro che stiano già spedendo qui dei gufi. "


 

" Era già stato deciso, Signor Malfoy. " Harry ne dubitava fortemente. " So come dirigere la mia scuola. " Harry dubitava anche di quello. La preside scrutò entrambi per qualche momento, e il silenzio divenne ben presto insopportabile. Non credeva a una sola parola di quello che le avevano detto, e lo sapevano tutti e tre.


 

Quando fu chiaro che non c'era nient'altro da dire, senza nemmeno congedarsi, Malfoy si stiracchiò pigramente, alzandosi in piedi. Fece cenno a Harry di seguirlo, e aspettò finché non lo fece. La porta non si era ancora chiusa quando iniziò a parlare.


 

" Non è stata di certo una cosetta da niente, questa qui. " Commentò, guardando Harry, che se ne stava in silenzio, prima di continuare. " Non fare quella faccia, non è mica la fine del mondo; sono solo pettegolezzi. "


 

" Si, altri pettegolezzi che rendono la mia meravigliosa vita molto più semplice. " Sospirò Harry, passandosi nervosamente una mano fra i capelli. Non sapeva perché, ma si sentiva sul punto di esplodere. Non doveva diventare tutto più facile? Invece si sentiva vuoto, e quando non lo era, si sentiva infuriato, una rabbia incontrollabile. Perché la sua vita non poteva essere semplice, una volta tanto? " E poi perché ci hai seguiti? Adesso lei crede che stiamo mentendo. "


 

" Ti stavo dando supporto morale e stronzate del genere. " Rispose Malfoy con semplicità; il suo solito ghigno era tornato. " Sai come siamo fatti, noi Serpeverde; siamo sempre lì pronti ad aiutare. "


 

Harry non poté far altro che fissarlo interdetto. Non sapeva se fosse serio o se scherzasse. Non si poteva mai dire con certezza quando si trattava del biondino idiota, e questo non diminuiva il suo disagio. Poteva essere uno scherzo... ma allora perché li aveva seguiti?


 

Harry non riusciva a gestire le cinquanta sfumature di Malfoy in quel momento. Svoltò nella direzione opposta appena ne ebbe l'opportunità, cercando di ignorare lo sguardo che lo seguì fino all'ingresso.


 

.


 

.


 

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Harry si sedette sulla riva del lago, al solito posto. Il clima stava diventando più freddo: ogni minuscolo soffio di vento era capace di farlo tremare come una foglia. Era come se il vento stesse trasportando piccole particelle di ghiaccio, attratte solo e soltanto da Harry.


 

Non gli piaceva quell'attrazione, ma come tutte le cose che non gli andavano a genio in quel periodo, questa ignorava i suoi desideri e continuava a perseguitarlo. In maniera simile al biondino infernale, che lo stava fissando intensamente da una finestra del castello.


 

Harry l'aveva notato mezz'ora prima, e l'impudente ragazzo si rifiutava di andarsene. Ovviamente, non c'era modo di dire se fosse veramente Malfoy da quella distanza. Era solo un puntino sfocato, forse una macchia sulla finestra. Ma Harry lo sapeva. Nessuno era ostinato come quell'idiota, e nessuno avrebbe mai potuto imitare quel colore di capelli. Quindi il biondo lo fissava imperterrito, mentre Harry cercava di congelarsi da solo sulla riva del lago.


 

Quello stupido. Non doveva studiare per i M.A.G.O.? Oppure stava facendo fare i suoi compiti ai suoi scagnozzi?


 

Harry lanciò un sasso nel lago, ed un leggero sorriso si fece strada sulle sue labbra, quando questo rimbalzò cinque volte prima di affondare nell'acqua gelida. Era sciocco che una cosa così insignificante come far rimbalzare una pietra, potesse tirarlo su di morale, farlo addirittura sorridere. Era sciocco, immaturo, completamente insensato...


 

Lanciò un altro sasso nel lago, solo per sorridere.


 

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Harry si guardò intorno, e si mosse a disagio mentre girovagava per la sala comune di Grifondoro. Dov'erano tutti? Lo stavano evitando? Avevano forse un incantesimo che li avvisava quando si avvicinava al ritratto all'entrata?


 

Aveva bisogno di parlare con loro, di spiegare che l'articolo era una bugia. Aveva bisogno di salvare le sue amicizie, non poteva farcela da solo, la prospettiva lo terrorizzava. Aveva bisogno di qualcuno.


 

Si guardò ancora intorno, prendendo nota dei resti del carbone nel camino e la stanza vuota. L'orologio... oh. Ecco perché. Erano solo le tre del mattino. Non lo stavano evitando, stavano dormendo. Aveva passato più tempo di quanto pensasse giù al lago.


 

Certo, era rimasto per alcuni minuti dopo aver ammirato il tramonto, ma non pensava che fossero passate delle ore.


 

Sentendosi un po' stupido, Harry si passò una mano fra i capelli, e salì le scale verso il dormitorio. Aprì la porta facendo un passo nella stanza buia...


 

Ron era disteso sul pavimento, qualcosa di scuro ricopriva il suo pigiama troppo piccolo, e stava lentamente gocciolando in una macabra pozza scura che lo circondava. I suoi occhi erano spalancati, fissi nel vuoto. Un'onnipresente espressione accigliata ricopriva il suo volto, qualcosa di simile alla sorpresa. Lui... no, non poteva essere vero. Ron non poteva essere...


 

Harry barcollò mentre avanzava, riuscendo a malapena a respirare. ' Non Ron. Per favore, chiunque ma non Ron! ' Scivolò a terrà, e rabbrividì quando cadde nella sostanza appiccicosa. Un odore di ruggine gli invase le narici. Doveva salvarlo. Avrebbe fatto di tutto per far tornare quegli occhi a vedere.


 

Harry urlò quando qualcosa lo spinse lontano dal suo amico insanguinato, mettendolo da parte come il sacco d'immondizia che era. Quella forza fu tanto potente da indebolire le sue ginocchia, che tremarono in modo convulso, facendolo cadere sul pavimento.


 

Quella cosa avanzò verso Ron, una mano putrefatta comparve da sotto il suo mantello consunto, Si avvicinava, sempre di più...voleva alla sua anima.


 

Harry era bloccato sul pavimento e guardava, paralizzato dal terrore, l'anima di Ron che veniva strappata dal suo petto; un orrendo suono di risucchio riecheggiava crudelmente nella stanza, mentre veniva ghermita dalla sua stessa carne. Merda, era indifeso; non poteva nemmeno aiutare il suo amico...


 

La cosa si voltò verso di lui, mentre del sangue gocciolava dalla sua raccapricciante mano, raggiungendolo...


 

Harry si girò di scatto su un fianco, cadendo e urlando a squarciagola. Un gelo pungente lo trafisse da tutte le parti, e la sua bocca si riempì d'acqua. Dopo alcuni momenti d'agitazione, in cui continuò solo a dimenarsi, riuscì ad afferrare una radice e spingersi in superficie, annaspando per recuperare l'aria di cui aveva disperatamente bisogno.


 

Tremò nell'acqua ghiacciata del lago, tossendo e sputacchiando mentre si avvicinava alla riva. Con mani tremanti, riuscì a tirarsi su, poi cadde nel fango, con il petto che si alzava e si abbassava rapidamente. Era una combinazione tra l'estrema paura che aveva provato durante l'incubo e l'acqua gelida del lago. In ogni caso, voleva solo stendersi lì per un altro paio d'ore, finché non fosse riuscito a respirare senza affanno.


 

Rabbrividì, alzando una mano per stringersi i capelli. Quell'incubo era così reale, così dettagliato. Quella cosa, che ormai aveva realizzato che era un dissennatore, era orribile, raccapricciante... aveva la nausea solo a pensarci. Non sarebbe mai riuscito a dormire decentemente.


 

Si alzò lentamente in piedi, avviandosi al castello. Si era addormentato al lago, proprio come nel sogno. Era una coincidenza a cui non voleva pensare.


 

Tirò un tremante sospirò di sollievo quando entrò nel dormitorio, ma non sprofondò nel suo allettante letto. Doveva prendere le sue pozioni della sera, affrontare una furiosa Madama Chips e spiegarle perché aveva tardato di tre ore. Poteva passarne altre tre a letto, ma poi sarebbe dovuto andare a lezione. Due ore di Pozioni. Grandioso.


 

.


 

.


 

.


 

Harry fissava il cubo senza entusiasmo, cercando invano di ignorare tutte le occhiatacce rivolte verso di lui. Era entrato, quella mattina, e aveva passato il tempo a fare colazione invece di tentare di comunicare con i suoi amici. In tutta onestà, il sospiro di Ron gli fece venir voglia di vomitare tutto quello che aveva mangiato nelle settimane scorse, il che, francamente, non era molto. Non riusciva a sopportare l'espressione accigliata di Ron, non dopo averla vista stampata indelebilmente sul suo volto in quell'incubo. Quindi evitò il ragazzo dai capelli rossi, non che fosse difficile, e cominciò a giocare con il suo nuovo passatempo.


 

Era così che aveva passato gli ultimi minuti di Difesa contro le Arti Oscure ed era così che voleva continuare a trascorrerli. L'insegnante non poteva nemmeno lamentarsi, giusto? Harry era avanti con il programma di Difesa, aveva già fatto i compiti di tutta la settimana successiva. Non doveva esercitarsi con la magia, ma dopotutto era riuscito a lanciare un incantesimo scudo anni prima, quindi, invece di prestare attenzione, Harry si poggiò sullo schienale della sedia e cercò di risolvere un cubo di Rubik. Era più difficile di quanto avesse immaginato. Non poteva nemmeno staccare gli adesivi dal cubo, come aveva visto fare a Dudley anni prima, perché i colori erano dipinti sulla superficie.


 

Aveva deciso di portare il cubo con sé in infermeria quella sera, e pregare Madama Chips di lasciargli le mani slegate. Le cinghie non erano la migliore delle compagnie, non in una sera come quella. Aveva già i nervi a fior di pelle; non aveva dormito molto, di nuovo, non aveva mangiato, di nuovo, e tutti lo stavano ignorando, di nuovo. Non voleva essere completamente immobilizzato e lasciato lì come un paziente psicopatico, non quando era così vicino ad esplodere. Avrebbe potuto anche fare un incantesimo e togliersi dalle palle.


 

Cosa sarebbe successo se l'avesse fatto? E se usava la magia durante il trattamento? Era così curioso che avrebbe anche potuto provarci. Ruotò un'altra sezione del cubo, e fu sorpreso di vedere che un intero lato era verde, con un vivace cubo arancione direttamente nel mezzo. Come cavolo ci era riuscito? Era davvero possibile? Sospirando, si schioccò le dita e iniziò di nuovo il lento processo di scombinare i colori; sarebbe stata un'impresa impossibile.


 

E la cosa peggiore era che Harry riusciva praticamente a percepire il disprezzo di Malfoy dall'altra parte dell'aula, che emanava ondate di disgusto. Il suo sguardo pieno d'odio non aveva mai lasciato la schiena di Harry durante la giornata, perforando spiacevolmente le sue spalle. Harry lo ignorava, ma ultimamente non sembrava funzionare. Se il biondo voleva attirare l'attenzione, sarebbe sicuramente riuscito ad ottenerla, proprio quel che ci si aspetta da un serpente. E lo sguardo insistente non stava facendo niente per distendere i nervi già tesi di Harry.


 

Era quello che facevano tutti, in quell'ultimo periodo. Lo fissavano. Non cercavano di intavolare una conversazione, non chiedevano mai il suo parere... lo fissavano e basta. In modi diversi, certo; ma gli sguardi furiosi erano la maggioranza, quelli di critica li seguivano a ruota. Quelli di compassione sembravano un classico fra gli insegnanti. Nemmeno una volta avevano pensato che i pettegolezzi fossero veri, eccetto la McGranitt, ma la cosa comunque non contava molto.


 

No, lo fissavano e basta. E quella situazione, a lungo andare, iniziava a seccarlo. Aveva passato tutta la vita sotto lo scrutinio degli altri. Doveva davvero passare così anche gli ultimi... quei pochi mesi?


 

Quindi ecco Malfoy. Che lo fissava.


 

E che ora stava proprio aspettando che Harry lo prendesse a calci in culo appena quella patetica imitazione di un'insegnante si fosse congedata.


 

Malfoy gli lanciò un'altra occhiataccia; Harry la ignorò. Poi uno sguardo di rimprovero; non lo vide neppure.


 

Harry si alzò e si avviò nel corridoio ancora prima che la classe si accorgesse che la lezione era finita. Malfoy lo raggiunse ancor prima che la campanella finisse di suonare.


 

" Che diavolo è quel coso? " Chiese immediatamente, come se non fosse strano uscire insieme dall'aula. Dopo i pettegolezzi e il giornale, Harry pensava che si sarebbe tenuto alla larga. Dio, Harry aveva sperato che Malfoy si tenesse alla larga. " Sembra... babbano. "


 

Anche dopo tutto quel tempo, gli faceva male che Malfoy considerasse tutto ciò che era fuori dai suoi canoni come una cosa inaccettabile. Aveva detto ' babbano ' come se fosse una parolaccia, come se Harry non fosse un mezzosangue o che non fosse cresciuto con i babbani, passando l'ultimo anno a difenderli da un fottuto lunatico senza naso!


 

" Attento, Malfoy, i babbani sono contagiosi. " Ribatté Harry. Cercò di far suonare ' Malfoy ' come lui aveva fatto suonare ' babbano ', ma sapeva di aver fallito miseramente. Si concentrò sul cubo. Aveva tentato di non mostrare traccia del suo malumore nella voce. Di solito avrebbe funzionato. Quel giorno, dopo l'irritazione per l'impossibilità di completare il cubo, il fastidio per i pettegolezzi, i fottuti sguardi, e i pregiudizi che Malfoy gli spiattellava in faccia... Harry sapeva che era impossibile controllarsi.


 

Come si permetteva di irrompere nella sua vita e sminuire la sua lista? Era la fottuta lista di Harry, dannazione, non avrebbe permesso a nessuno di giudicarla!


 

" Non ti stai comportando troppo da piccola stronzetta oggi? " Harry si girò di scatto, furente. Assottigliò gli occhi in risposta alla sfrontatezza del biondino deficiente. " Sei in quel periodo del mese? "


 

" Vaffanculo, Malfoy; ne ho abbastanza adesso. " Ed era vero. Era incredibile che l'enorme quantità di aggettivi che gli affibbiavano implicassero tutti la stessa cosa. Ed era incredibile anche che la maggior parte della popolazione studentesca fosse così piena di pregiudizi. " E vuoi sapere una cosa? Non fai ridere nessuno. Quindi perché non la smetti di giocare al Mangamorte, perché è sicuro al cento per cento che hai fallito anche in questo, e non cresci un po'!? "


 

Harry si pentì di aver pronunciato quelle parole non appena lasciarono le sue labbra.


 

Il volto di Malfoy si contorse immediatamente, nascondendosi dietro quella maschera insopportabile. Freddi occhi ricambiarono il suo sguardo, con l'espressione stoica e indifferente. Comunque, se non l'avesse ferito, che bisogno aveva di nascondersi dietro la maschera?


 

" Fottiti. " Merda, non aveva nemmeno urlato. Anzi, parlò così piano che Harry non era nemmeno sicuro di averlo sentito. Perché diamine aveva pensato una cosa del genere? Era un argomento delicato, anche per coloro che non erano diventati Mangiamorte.


 

Malfoy lo sorpassò, imboccando un altro corridoio. Harry non riuscì ad evitare il groppo che gli si formò in gola. Uno strano sentimento gli stingeva il petto. Per un momento entrò in panico, perché pensò che la sua magia stesse reagendo di nuovo... poi realizzò.


 

Non avrebbe più visto Malfoy ridere e scherzare. Era riuscito a spezzare quel ponte in un sol colpo. Almeno, tra alcuni mesi, nessuno sarebbe stato ferito, non per mano di Harry. Be' nessuno sarebbe stato ferito eccessivamente.


 

Adesso era totalmente solo.


 

Doveva sentirsi sollevato... ma il groppo in gola non accennava a dissolversi.


 

.


 

.


 

.


 

Harry camminava lentamente. I suoi piedi diventavano più pesanti ad ogni passo. Eccolo lì, di nuovo. Era la quinta volta che doveva affrontare quell'inferno, e le cose non miglioravano. I suoi piedi cercavano di svoltare e correre, senza riposarsi finché non fossero al sicuro, dopo Hogsmeade; Era la pura forza di volontà a fargli continuare il cammino verso il letto. Quello, e il fatto che Madama Chips lo stesse seguendo, a un passo dietro di lui, come se potesse leggere parte dei suoi pensieri rumorosi.


 

" Nessuna compagnia stasera? " Domandò piano. Sembrava abbastanza sollevata, nonostante dovesse essere imparziale, in quanto insegnante.


 

" No. " Il mondo era distante, privo di significato. Il suo cervello stava cercando di renderlo indifferente? Forse per evitargli un po' di dolore? In passato aveva letto che il corpo era capace di farlo, qualche volta, per non far stressare troppo il suo proprietario. La sua situazione era abbastanza complicata da essere classificata come stress?


 

" ...Credo che sia la cosa migliore. "


 

Perché Harry faceva sempre la cosa migliore. Diventare un assassino, isolarsi dagli amici ed evitare tutti i contatti. Era Harry Potter! Il Ragazzo Che Era Sopravvissuto, straordinario, altruista ed eroico! Sì, era la cosa migliore.


 

Ma quella sera non ne era così sicuro.


 

Specialmente quando Madama Chips si accinse a prendere le cinghie.


 

" Uh, per stasera va bene, non ne ho bisogno. " Harry spostò il polso, facendo finta di sorridere. Alzò in aria il cubo. " Ho portato questo, sa, per tenere le mani occupate. "


 

Madama Chips non parlò per un istante, ma non lasciò nemmeno andare le cinghie. Non era il migliore dei risultati. La spiacevole sensazione che lo accompagnava ogni volta che entrava nell'infermeria aumentò, fetida e crudele. Si stava godendo la sofferenza di Harry.


 

" Harry, l'ultima volta che ti ho lasciato le mani libere, ti sei graffiato il petto. " Disse, guardandogli la spalla, era una sua abitudine ormai. Non faceva niente per distendere i suoi nervi. "Non posso permettere questo autolesionismo. "


 

" Non l'ho fatto di proposito. " Stava diventando difficile mantenere il sorriso. " Facendo in questo modo posso concentrarmi su qualcos'altro. Non mi ferirò da solo. "


 

" Non puoi assicurarlo. "


 

" Potrebbe farlo lei, se solo non se ne andasse. "


 

Sbagliò a dire così.


 

Madama Chips si irrigidì visibilmente, e assottigliò gli occhi. Assunse la posa che faceva fuggire gli studenti, a meno che non volessero lavare le lenzuola o cose del genere. Di solito non era crudele di proposito, tuttavia non succedeva spesso che gli studenti le mancassero di rispetto. Gli puntò contro la bacchetta, e si rifiutò di guardarlo in faccia mentre le cinghie si stringevano ai suoi polsi, immobilizzandolo. Il cubo rimase nella mano di Harry, completamente inutile.


 

" ...Io non voglio le cinghie. " Disse Harry ad alta voce. Cercò di spostare la mano, e per poco non si mise a piangere quando questa non si mosse. “ A quanto pare non ero stato abbastanza esplicito. ”


 

" Finché sarà mio paziente, Signor Potter, " Improvvisamente era tornata a rivolgersi a lui con il cognome. " farà come dico io. Non le permetterò di farsi del male. Useremo le cinghie stanotte, ogni martedì, e per i prossimi pochi mesi. Capito? " Iniziò ad inserirgli gli aghi nelle braccia, ancora decisa ad evitare il suo sguardo. " E in quanto mio paziente, dovrà portarmi rispetto. Sono una donna incredibilmente occupata, ho altri pazienti e altro lavoro da fare, oltre che con lei. Deve rispettare tutto questo. Non posso coccolarla per tutta la durata del trattamento. " Dannazione, non chiedeva di essere coccolato! La stava supplicando di non legarlo come un paziente psicopatico!


 

" ...Per favore, non- "


 

Rabbrividì quando lei accese le macchine, non avevano nemmeno iniziato a fare il loro solito rumore, quando lei si affrettò a ritornare nel suo ufficio. Altri pazienti e altro lavoro il cazzo. O correva a letto per non sentire più nulla, oppure trovava conforto in un bicchierone di bourbon.


 

Quella ' cosa ' scivolò nel suo braccio, canticchiava gioiosamente mentre mordeva i muscoli del polso di Harry. Il suo pugno si strinse sul cubo, non era una distrazione utile come aveva pensato, ma l'azione fece solo espandere ' quella cosa ' che aumento la presa attorno al suo braccio, arrivò fino all'osso e strinse finché Harry non sentì il braccio sul punto di spezzarsi, come aveva fatto l'altro giorno.


 

Bruciava, niente di più. Un leggero bruciore. Non gli faceva male, gli procurava solo fastidio. Solo un po'. ' Non è niente Harry. Sei morto una volta, ricordi? Un po' di dolore non è nulla in confront- '


 

Cazzo! Harry cacciò un urlo quando la cosa scivolò lungo il braccio, fino al gomito. Si spostava attraverso il legamento come se quello dovesse piegarsi nel senso opposto. Aveva bisogno di qualcosa, cazzo, di qualunque cosa, per ignorare quella roba che stava letteralmente invadendo il suo corpo. Aveva anche provato a strattonare l'altro polso contro la cinghia, per vedere se si tagliasse o se si formasse un livido. Ovviamente il livido era assicurato, ma aveva bisogno di qualcosa per distrarsi dal dolore che stava invadendo il suo braccio-


 

Harry spostò gli occhi sulla porta, quando questa si chiuse. L'adrenalina prese a scorrere nelle sue vene. Non poteva essere trovato lì, non in quello stato; i fottuti pettegolezzi non sarebbero mai finiti.


 

L'adrenalina non era una bella cosa. Quando la sostanza e la cosa entrarono in contatto, sentì il braccio andare a fuoco. Della lava incandescente scorreva nelle sue vene, tentando di bruciarlo dall'interno. Bruciava senza produrre fiamme, si rifiutava di assecondarlo. Il suo braccio si lamentò per il dolore, urlando... no, no, ad urlare era lui.


 

Harry si morse con forza il labbro per fermare quell'orribile lamento, e si odiò quando un piccolo mugolio riuscì comunque ad uscire dalla sua bocca. Non poteva andare peggio.


 

Qualcosa che strusciava accanto al letto, lo costrinse a spalancare gli occhi. Li richiuse quasi immediatamente. Dio, no! Doveva essere la sua fervida immaginazione del cazzo; l'Universo non poteva essere così crudele.


 

" Per tua informazione, sono ancora estremamente arrabbiato con te. " Sì, sì, poteva e lo sarebbe stato. " Non puoi immaginare quanto voglia spaccare quella brutta faccia che ti ritrovi, Potty. Tagliarti la lingua e romperti il naso non sarebbe abbastanza per soddisfarmi. "


 

" Dovrai... metterti... in fila... " Riuscì a farfugliare, ma non si capiva nulla, dato che non era ancora riuscito a smettere di mordersi il labbro. Non voleva urlare ancora, soprattutto di fronte a Malfoy. Non di nuovo.


 

" I Malfoy non balbettano. " Ribatté. Harry poteva praticamente vedere un ghigno stampato sulla sua faccia. Era sorprendentemente confortante. Poter immaginare le reazioni del biondino idiota era molto meglio che concentrarsi su quella cosa, che al momento stava attraversando il suo avambraccio.


 

"Perché sei... qui? "


 

" Io non farfuglio. " Malfoy sbadigliò pigramente. Due tonfi pesanti sul letto indicarono che aveva appena poggiato i piedi su Harry. Era il ritratto dell'indifferenza.


 

" Perché... sei- ? "


 

" Riprovaci. "


 

Harry ringhiò, sentendo la sua irritazione aumentare. Era ovvio che Malfoy approfittasse di una situazione del genere. Non voleva nient'altro che dirlo in modo chiaro, così da cancellare quel ghigno immaginario dal suo volto.


 

" Perché sei qui? " Fu uno sforzo non serrare la bocca, specialmente perché quella cosa aveva deciso che era il momento perfetto per spostarsi nella spalla. Ma Harry ci riuscì. Lentamente, ma ci riuscì.


 

" Quindi puoi formulare una frase coesa. " Harry non avrebbe dovuto sentire una senzazione di... orgoglio? ...per quelle parole. " Tuttavia, io, mi rifiuto di comunicare con persone maleducate, che per esempio si rifiutano di guardarmi negli occhi. "


 

...


 

Non era serio, vero? Comunque, ecco che quando lui rimase in silenzio per alcuni minuti, l'altro schioccò la lingua e il suono riecheggiò per tutta la stanza. Che bastardo senza cuore; Harry non riusciva a muoversi, poteva a malapena parlare, e nonostante questo, Malfoy voleva che si girasse e lo guardasse negli occhi?


 

Tutti dicevano sempre che Harry era un fottuto libro aperto; se avesse ricambiato il suo sguardo in quel momento, avrebbe capito tutto quello che gli passava per la testa, e non era la più gradevole delle prospettive. Per Merlino! Voleva più elementi con cui poterlo ricattare.


 

" Potty? Sei ancora con noi? " Anche allora sembrò indifferente. Se non fosse stato legato, quel fottuto naso aristocratico sarebbe già stato rotto. Ma...


 

Era sempre meglio che concentrarsi sulla pozione.


 

Odiandosi fin dal profondo degli abissi dell'inferno dei maghi, se gli era ancora permesso di entrarci, ovviamente, dal momento che ormai poteva essere classificato come un Magonò, Harry si voltò verso Malfoy. Era una pura tortura, oltre che completamente umiliante, incontrare lo sguardo del proprio rivale in quelle circostanze, ma lo fece. Doveva farlo. Non poteva concentrarsi, non quella sera. E anche se Malfoy stava solo facendo il bastardo senza pietà, era comunque una sorta di sollievo. Dopotutto non gli erano permesse pozioni sonnifere.


 

Degli occhi verdi, pieni di dolore, incontrarono un paio di occhi grigi e leggermente irritati.


 

E la cosa si fece strada verso il suo petto.


 

La pozione scivolò all'interno del cuore, sguazzando nel nucleo della sua magia, cercava di contaminarlo con la sua fetida essenza. Si avvinghiava ad ogni muscolo, o nervo... e stringeva.


 

Harry si contorse sul letto. Avrebbe fatto di tutto per spostarla. ' Muoviti. Muoviti! MUOVITI! ' Era vagamente consapevole di star urlando, ma non riusciva a racimolare le forze per importarsene. Aveva bisogno che quella cosa smettesse di divorarlo; aveva bisogno solo di quello!


 

Come se riuscisse a sentire la sua sofferenza, e come se ne godesse, quella andò più a fondo, crogiolandosi nel suo dolore. Di tanto in tanto diminuiva l'effetto, dandogli la falsa speranza che la tortura fosse quasi finita, ma poi si riattaccava alle sue interiora, insaziabile e maligna. Non aveva scrupoli, godeva mentre torturava i suoi tessuti e i suoi muscoli.


 

Il petto di Harry si stringeva sempre di più, comprimendosi senza sosta. Sempre più stretto... sempre di più...


 

La pozione avanzò, spostandosi verso lo stomaco.


 

Harry iniziò immediatamente ad ingoiare boccate d'aria, ricordandosi come respirare. Lo fece troppo velocemente, infatti continuò per alcuni minuti a cercare inutilmente di respirare in modo normale. Tuttavia non gli riuscì niente di meglio di uno strano miscuglio di affanno e tosse contemporaneamente. Cazzo, non era mai stato così intenso prima. Si sentiva... vivo.


 

Improvvisamente, il violento bisogno di vomitare tutto quello che aveva mangiato durante la settimana ritornò. Visto che le mani erano bloccate, dovette accontentarsi di serrare la bocca.


 

Gli faceva male la gola e i suoi occhi pizzicavano e lacrimavano. Del freddo sudore scorreva lungo la sua schiena. Grandioso. Fantastico! Aveva urlato e pianto di fronte a Malfoy, ancora una volta. Fottutamente meraviglioso!


 

Be', adesso col cavolo che l'avrebbe guardato negli occhi. Il biondo poteva lamentarsi e dire tutto quello che voleva. Era umiliante. Se solo la pozione fosse riuscita ad ucciderlo.


 

Harry sussultò quando, improvvisamente, delle mani strapparono via il cubo di Rubik dal suo pugno indolenzito, lanciandolo a terra. Sbatté contro le piastrelle e con ogni probabilità si ruppe. Si chiese perché quel bastardo di un Serpeverde serbasse tanto odio per un giocattolo; era solo un giocattolo, per l'amor di Merlino!


 

Malfoy, rimpiazzò lentamente il cubo con una mano soffice ed incredibilmente calda.


 

Harry fu sorpreso da quel contatto volontario fra di loro. Malfoy non avrebbe voluto di certo essere beccato in una situazione del genere, vero? Stava stringendo la mano di Harry. Che razza di Serpeverde ammattito-?


 

La mano strinse gentilmente la sua: era capace di comunicare così tante parole, senza una sola sillaba. Lenì tutto il dolore all'istante. Tutto quello che Harry riusciva a sentire era il calore che si irradiava dal palmo della sua mano. Quella dolce pressione che gli assicurava di non essere solo, non più. Il dolore alla gola tornò, ma non era più dovuto alle sue urla.


 

" Ti odio ancora. " Sussurrò piano Malfoy, la sua voce era quasi inesistente. Nonostante la negatività del messaggio, Harry si ritrovò a ridere.


 

" Non l'avrei accettato... se non fosse stato così... "


 

Un calore che Harry aveva dimenticato iniziò a farsi di nuovo strada nella sua vita.

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Capitolo 9
*** È solo un'attrazione fisica ***


Capitolo 9: E' solo un'attrazione fisica.



Hermione si accigliò quando Malfoy fece il suo ingresso nella Sala Grande. Nonostante fosse abituato ad entrare in modo teatrale anche quando, o meglio, specialmente quando gli altri Serpeverde cercavano di non dare nell'occhio, quel giorno si sedette senza dire una parola accanto ai suoi compagni di casa. Non toccò nemmeno una forchetta. Il Principe dei Serpeverde rimase in silenzio e immobile. Anche se di solito Hermione avrebbe fatto notare ai suoi amici la scontentezza del ragazzo, aggiungendo forse qualche pettegolezzo, farlo quel giorno sarebbe stato semplicemente... crudele.



La crudeltà era esattamente quello che si meritava quel Serpeverde senza cuore. Dopo anni passati a ridicolizzarli, tormentarli e ad avere pregiudizi su di loro, sarebbe stato bello sapere che stava ricevendo un assaggio della sua stessa medicina. Dopotutto era colpa sua se Harry non rivolgeva loro nemmeno più uno sguardo, né tantomeno la parola. Aveva una terribile influenza su di lui; il suo amico aveva iniziato ad imprecare a destra e a manca, non prestava più molta attenzione durante le lezioni e di notte se ne andava in giro per la scuola a fare cose di cui solo Dio era a conoscenza. Il suo amico stava cambiando, e questo non le piaceva per niente. Per quanto assurdo, l'unico nuovo fattore era il Serpeverde biondo e questo doveva cambiare.



Malfoy distruggeva tutto quello su cui poggiava le mani, e in quel momento stava distruggendo Harry. Per di più era riuscito a distruggere la loro amicizia.



Ma nonostante fosse Malfoy, si sentì dispiaciuta per lui.



Aveva delle grandi occhiaie viola sotto gli occhi, segno di una chiara mancanza di sonno. Continuava a osservare il suo piatto senza toccare cibo; stress forse? E per di più i suoi capelli, che erano sempre immacolati, in quel momento erano in uno stato di completo disordine; se Malfoy stesse funzionando normalmente, non avrebbe mai permesso che una cosa del genere accadesse.



Notò a malapena la posta arrivare e sembrava ignaro dei tentativi che la casa in verde stava facendo per riuscire a parlargli. Non vide nessuno dei loro volti spenti e preoccupati e continuò ad osservare leggermente accigliato il suo pasto ancora intatto.



Hermione aveva preso una decisione. Anche se era un ragazzino viziato che si meritava la stessa quantità di comprensione che lei avrebbe riservato a Voldemort, aveva bisogno di una pausa. Sembrava che non si reggesse in piedi, come se fosse sul punto di collassare per la stanchezza. Nessuno si meritava di essere perseguitato quando era emotivamente esausto.



Hermione avrebbe detto ai Grifondoro di lasciare Malfoy in pace per un paio di giorni, senza derisioni e fatture. Avrebbe visto di quanta compassione erano capaci i Grifondoro.



Annuendo fra sé e sé, la strega più brillante della sua età raccolse i suoi libri per poi andare a studiare.



Non si accorse dei piccoli sguardi che Malfoy lanciava al ragazzo seduto a due posti da lei. Non vide il Serpeverde accigliarsi notando le mani tremanti e il volto pallido del moro. Non vide Harry, che teneva chiusi i suoi occhi iniettati di sangue e si premeva disperatamente una mano stretta a pugno sullo stomaco. Non vide la lacrima che gli sfuggì, scorrere lungo il viso.



.



.



.






Harry alzò lo sguardo per osservare l'ombra apparsa nel suo nascondiglio, lasciando sfuggire un sospiro che non riuscì a trattenere dalle sue labbra disidratate. Tutto quello che avrebbe voluto era un giorno senza il suo stalker. Un. Fottuto. Giorno.



" Che cosa vuoi? " Ringhiò Harry contro le sue ginocchia, senza nemmeno tentare di nascondere l'irritazione nel suo tono di voce. Era riuscito ad evitare Malfoy per sei ore intere. Sei ore e il suo nuovo nascondiglio era già stato scoperto; la cosa peggiore era che la prima ora non era nemmeno iniziata. " Vattene via."



" Chiedilo gentilmente. "



" Vaffanculo. "



" Plebeo. "



Harry sospirò ancora, alzando la testa quel tanto che bastava per guardare oltre le sue ginocchia, verso quel bastardo aristocratico. Non gli dispiaceva essere un plebeo se significava non essere considerato della stessa categoria di Malfoy.



" Va bene. Bon jou, monsieur Malfoy. "



" Vous avez ruiné la langue française pour moi. "



Ovviamente parlava francese. Era naturale.



Harry fece finta di non vedere il sorrisetto compiaciuto che Malfoy gli rivolse e abbassò di nuovo la testa per nasconderla dietro le ginocchia. Non voleva che Malfoy vedesse quanto erano rossi i suoi occhi, neanche se avesse avuto una malattia che faceva esplodere gli occhi che solo quel coglione biondo poteva in qualche modo curare miracolosamente; Harry se li sarebbe fatti scoppiare pur di non umiliarsi per l'ennesima volta di fronte a Malfoy. Aveva già visto troppe cose. Non le aveva ancora usate contro di lui, ma avrebbe potuto farlo in qualsiasi momento.



Strinse una mano sulla vita, voleva che si fermasse. Il suo stomaco non aveva smesso di contorcersi e agitarsi dal giorno precedente. Aveva la sensazione che se si fosse mosso avrebbe vomitato, ma nonostante questo, stare lì seduto senza far niente lo faceva sentire così male che avvertiva il bisogno di spostarsi. Almeno verso il bagno più vicino. Harry aveva scelto di andare a colazione per poi soffocare alla vista del suo bacon. Non riuscì a bere nemmeno un sorso d'acqua senza sentirsi come se stesse per rimettere quel poco che aveva mangiato durante le ultime settimane. Era una sensazione orribile.



E Malfoy non poteva saperlo. A meno che non volesse che Harry ridecorasse la sua deliziosa uniforme.



" Perché si sta nascondendo in un ombroso angolino del castello? " Sembrava che fosse incuriosito, come l'altra sera ... oh cazzo. Harry si era felicemente dimenticato dell'umiliazione che aveva subito. " La colazione non era di suo gradimento, mio piccolo contadino? "



Harry alzò la testa di scatto, e sussultò quando il movimento gli causò dolore. Un attimo! Uno " Io non sono un contadino! " E due " Io non sono ' tuo '. Non c'è un ' mio ' riferito a noi e non ci sarà mai, Malfoy. "



" Dillo al Profeta, caro. " Lo sguardo torvo che Harry gli lanciò non fece diminuire il ghigno di Malfoy. No, quel melodrammatico amava avere l'attenzione su di sé. " Niente più ' mio '? Quindi non posso parlare della mia relazione con Potter? Della mia storia con lui? Non in modo romantico, prima che la tua mente pervertita lo pensi, ma della mia- "



" Va' al diavolo, Malfoy! Non sto scherzando. "



" Bene. " Non poteva essere così facile. Nulla che riguardasse quel bastardo biondo lo era-



" Dovrò riferirmi a questa come la nostra relazione. È più intimo. Molto meglio, non credi? La nostra. La Nostra. " Doveva per forza ripeterlo in quel modo? Non che stesse facendo sul serio.



" Malfoy, non puoi essere- "



" Troppo tardi. " Ed ecco apparire di nuovo quel sorriso impeccabile. Il Principe dei Serpeverde? Non era possibile, con un sorriso come quello. " Siamo fidanzati. "



Non c'era da stupirsi se metà della scuola e la maggior parte del mondo magico pensava che stessero insieme; Malfoy non stava per niente cercando di smentire i pettegolezzi, vero? Questo avrebbe dovuto davvero seccare Harry più di quanto lo stesse facendo.



" Ora, mio piccolo Sfregiato, vorrebbe degnarsi di spiegarmi per quale motivo si sta nascondendo in un ombroso angolo del castello? " Dannazione. " Non devi mostrarti così sorpreso del fatto che io abbia una memoria che copre i trenta secondi, si chiama multitasking, Potty."



Bene. Ok. Se Malfoy aveva intenzione di essere il coglione dell'anno, Harry sarebbe stato il secondo classificato.



Si allungò verso la sua borsa, e fece una smorfia quando il suo stomaco si contorse di nuovo. Con un po' di ottimismo Malfoy l'avrebbe preso come un segno di disagio da parte di Harry perché si sentiva osservato, e non per il fatto che c'era qualche problema ... di nuovo.



" Non devi andare a lezione? " Harry non si degnò nemmeno di nascondere l'irritazione nella sua voce. Perché disturbarsi a farlo? Quando si affrontava Malfoy si doveva dare il proprio meglio e si dovevano avere cinquanta piani B prima di avere anche solo il pensiero di litigare con lui. Ma stare seduti sul pavimento di un corridoio abbandonato non era un piano molto desiderabile.



" Smettila di evitare le mie domande senza successo. " Malfoy sogghignò quando Harry alzò un sopracciglio. " Noi due dobbiamo andare a lezione. Ora, rispondimi. "



Harry non rispose. Non aveva l'obbligo di farlo. Doveva soltanto sedersi lì e collezionare il suo trofeo di secondo classificato.



L'effetto fu istantaneo.



Il sorriso del biondo fu rimpiazzato da una smorfia e i suoi occhi si incupirono pericolosamente, folgorando il cubo che Harry teneva fra le mani. Sembrava attorcigliato come un serpente pronto a saltargli alla gola. Harry non dubitava che il pensiero gli stesse ripetutamente attraversando la mente.



" Cosa stai facendo? "



" So cercando di riuscire ad evitare le tue domande con successo. "



Harry si permise un sorriso. Si girò verso il cubo di Rubik nelle sue mani pensando che chiunque l'avesse creato era un genio e che stava per ricevere una generosa donazione anonima. Era difficile trovare un repellente anti Malfoy negli ultimi...



Il cubo fu lanciato via dalle sue mani in modo selvaggio, il piede di Malfoy aveva sostituito il piccolo giocattolo. Sì, l'aveva calciato dall'altro lato della stanza. Insieme ad almeno tre delle dita di Harry, ma, hey, a chi importava?



" Faranno meglio a non essere rotte, Malfoy. "



" Se no che mi fai? Mi lanci una fattura? " Harry deglutì a vuoto quando quel viscido bastardo lo derise, e si strinse una mano sullo stomaco. Forse non gli dispiaceva vomitare sul mantello di Malfoy. " Rispondi solo alla mia domanda. "



" Perché non vai a farti fottere? " Suggerì invece Harry, concentrandosi su quei pugnali argentati piuttosto che sul suo giramento di stomaco. Perché gli stava dando problemi proprio in quel momento? Le emozioni non c'entravano nulla con i dolori di stomaco, vero? " Non riesco a capire perché ti interessi. "



" Che razza di fidanzato sarei se non mi interessassi al tuo benessere? "



" Malfoy, mi raderei il capo, le sopracciglia e il resto camminando a testa alta nell'aula di pozioni, piuttosto che volere che tu ti interessi al mio benessere. "



" Ne dubito, Potter. " Oh merda ... perché quel bagliore era ritornato nei suoi occhi? Il bagliore non era mai una cosa buona. " Ne dubito fortemente. "



Harry ringhiò ancora, appoggiando nuovamente la testa sulle ginocchia. Il suo stomaco si stava ancora contorcendo, così tanto che iniziava a diventare doloroso. Lo sentiva come se stesse bruciando, e non sembrava in procinto di smettere. " Non mi muoverò di qui, quindi faresti meglio ad andartene. Testardaggine Grifondoro e via dicendo ... "



Harry non capiva il perché del comportamento del suo nuovo stalker. Gliel'aveva fatto capire piuttosto chiaramente che non voleva ricevere attenzioni, anche se qualche volta era bello avere qualcuno lì, oltre ai professori. Be', ad essere onesti, era molto meglio dei professori. Malfoy era la cosa più vicina ad un amico che avesse in quel momento, anche se suonava come una cosa completamente impossibile, e il fatto che a Malfoy non dispiacesse lo stava confondendo fino all'inverosimile. Ma in ogni caso, la loro ' amicizia ' non si sarebbe mai trasformata in una specie di incredibile accoppiata.



Harry era malato.



Malfoy stava sprecando il suo tempo.



Aprì di nuovo gli occhi quando sentì un fruscio, e poi rimase di stucco. Malfoy si era unito a lui in quell'angolino. Sedendosi sul pavimento. Con una smorfia e uno sguardo di completo disgusto per averlo fatto, ma si era seduto comunque. E Harry aveva pensato che fosse vanitoso.



" Cosa stai facendo? "



" Sembrerebbe che io mi stia sedendo. Correggimi se sbaglio, di certo io tendo a non comprendere le piccole azioni. Per quanto ne sappia potrei star correndo- "



" Ah, ma sta zitto. " E lui ebbe anche la sfacciataggine di sembrare offeso. " Intendevo, perché ti sei seduto lì? "



" Interessante, questa cosa. " Malfoy piegò la testa da un lato, osservando Harry con un espressione seria. Quella dannata maschera era impenetrabile. " Mi chiedi cosa stia facendo intendendo invece perché; quella cicatrice ha forse danneggiato la tua capacità di pensare? Ovviamente la lucidità si perde durante il tragitto fra i pensieri e la bocca- "



" Smettila- "



" Di fare cosa, esattamente?



" Questo! " Harry indicò entrambi bruscamente, pentendosi di averlo fatto appena iniziò ad avere forti crampi allo stomaco. Continuò con un tono un po' più basso. " Smettila di sederti qui, di chiacchierare con me, di perseguitarmi... non posso essere tuo amico Malfoy. "



Non aveva del tutto previsto che il ragazzo scoppiasse in una risatina derisoria. " Amico? " Perché stava ridacchiando? Non c'era niente di divertente in tutta quella situazione! " Chi ha mai parlato di amicizia? Ti ho chiesto forse di essere mio amico, mio piccolo e illuso Potty? L'ho mai menzionato? "



Harry deglutì nervosamente, ignorando la brutta sensazione nel suo petto. Ecco che l'ultima persona rimasta se n'era andata.



" Come la chiameresti allora? "



" Compassione? "



" E io ti ho già detto che se lo fai per compassione puoi anche andare a farti fottere! " Harry ringhiò furiosamente; le sue emozioni sembravano essere su delle fottute montagne russe quel giorno. Non aveva dormito bene per tutta la settimana, non mangiava niente da giorni ed era estenuante. E per di più, quella confusa pletora di maschere che aveva Malfoy non era un problema di cui Harry aveva bisogno di occuparsi in quel momento. " È meglio stare soli piuttosto! "



" Se fosse vero avresti già lasciato Hogwarts. " Non sembrava nemmeno turbato. Quel dannato bastardo.



" Vale anche per te. " Ribatté Harry accigliandosi mentre osservava il biondo. " Perché sei ancora qui? Non è per compassione; tu sei troppo al di sopra della compassione. Quindi cos'è?



" Non ti devo nessuna spiegazione- "



" Si, in verità me la devi. Sono arrivato qui per primo. " Harry cercò di ignorare il ghigno che l'altro fece dopo aver sentito quella frase, ma non gli importava quanto fosse arrossito per essersi comportato in modo così puerile. " Questo è il mio angolino. Non posso- non mi muoverò di qui. " Gli occhi grigi si assottigliarono leggermente sentendolo; ovviamente aveva notato lo sbaglio che aveva fatto. " Non è compassione, non è nemmeno solitudine; hai ancora tutti i tuoi amici Serpeverde che scattano ad ogni tuo capriccio. " Malfoy sembrava compiaciuto. " Se non è per amicizia, perché dovrebbe importarti- ? "



" Non scambiare il fatto che io ti tenga compagnia per preoccupazione. "



Harry fu sorpreso dall'improvvisa vena d'odio nella sua voce, accigliandosi per quella frase così offensiva. Aveva solo lasciato intendere che Malfoy si preoccupasse per... no. Era impossibile.
Guardò il biondo, che di solito era impassibile, e la sorpresa sovrastò il dolore allo stomaco. Malfoy stava arrossendo. C'era sicuramente una sfumatura rosa sulle sue guance mentre continuava ad osservare Harry. Se solo gli sguardi avessero potuto compiere omicidi. Torturare, umiliare e uccidere in maniera estremamente lenta.



Merda; Draco Malfoy, Glaciale Principe Serpeverde, Reale Bastardo Senza Cuore e istigatore di ogni rissa o litigio in tutta Hogwarts... si preoccupava per Harry? Ovviamente non in modo romantico, ma anche solo in modo amichevole era completamente... strano. Malfoy si preoccupava per Malfoy, e basta. Ma nonostante questo, se ne stava lì, leggermente arrossato, ed era sul punto di ucciderlo se avesse detto qualcosa per imbarazzarlo ancora di più.



Harry non riuscì trattenersi.



Iniziò a ridere.



" Sta zitto! " Il biondo scattò immediatamente sulla difensiva, la sua mano si stava allungando verso la bacchetta. Sembrava che fosse ad un passo dall'usarla. Harry lo ignorò.



" Stai arrossendo Malfoy! " Rise Harry, con entrambe le mani strette sul suo stomaco. " Arrossendo! " Quello, ovviamente, lo fece soltanto arrossire di più, e di conseguenza Harry rise più forte.



" Chiudi quella dannata bocca Potter! "



" Hai paura che qualcuno ci senta? " Ridacchiò Harry, trovando divertente il fatto che lo sguardo di Malfoy si incupì. Non aveva dubbi che il biondo l'avrebbe affatturato più che volentieri per azzittirlo. Diavolo, forse l'avrebbe trovato addirittura divertente. " Hai paura che qualcuno scopra che il grosso Serpeverde cattivo abbia un cuore? "



" Tch, chi ha mai detto che ho un cuore? " Harry stava ancora ridacchiando mentre Malfoy cercava di ricomporsi, alzando gli occhi al cielo come se tutta la conversazione non l'avesse completamente mortificato. " Stai davvero esagerando, Potty. "



" Come no. "



" Se, e intendo in tutti i modi più ipotetici che il tuo cervello limitato possa immaginare, se io avessi un minimo accenno, un fottuto granello di... un piccolissimo interesse nei tuoi confronti, stai pur certo che non avrebbe niente a che fare con il tuo benessere emotivo, nemmeno lontanamente. "



Harry annuì soltanto, trattenendo la felicità nel suo petto. Il suo stomaco stava andando a fuoco, ma il suo cuore era fra le fottute nuvole.



" Okay. " Rispose in modo abbastanza minimale, facendo soltanto aumentare l'irritazione di Malfoy. Harry non l'aveva mai visto impegnarsi per trovare le parole giuste da dire prima di allora; era quasi divertente quanto vederlo arrossire. " Con cosa ha a che fare allora? "



Malfoy sembrava seccato sotto la sua maschera. I suoi occhi brillavano di una luce pericolosa. Avrebbe potuto star pianificando l' assassino di Harry senza batter ciglio. Detto questo, non si aspettava che il ragazzo sospirasse teatralmente e che alzasse di nuovo gli occhi al cielo. Di certo non si aspettava che Malfoy gli sorridesse, lasciando infine che la sua versione più dolce venisse a galla. Una pugnalata nel collo con la sua bacchetta sarebbe stata più verosimile di quello.



" È solo un' attrazione fisica, Potty. " Rise Malfoy, passando una mano fra i suoi capelli perfetti. Sembrava quasi... normale. " Come riusciremo a consumare il nostro matrimonio con queste... limitazioni da parte tua? "



Harry rise ancora, scuotendo il capo, incredulo. C'era da aspettarselo che il biondino bastardo girasse di nuovo la frittata. " Ad ogni modo, ti preoccupi comunque per me. "



" Fottiti, mio piccolo sfregiato. "



" Questo non rende piuttosto inutili i tuoi tentativi di negare, Draco? "



Harry era impegnato a meravigliarsi di aver fatto ridere Malfoy, ridere, per l' amor di Dio, quando uno squittio di sorpresa li fece girare entrambi di scatto.



Neville stava lì in piedi a pochi metri di distanza con la bocca spalancata e gli occhi sgranati mentre li osservava. Sembrò esitare per un momento, irradiava praticamente confusione prima di girarsi indietro e scappare, inciampando nei suoi pantaloni. Sembrava molto più simile al goffo e silenzioso studente del primo anno che al nuovo leader dei Grifondoro, Harry lo osservò inespressivo per qualche attimo.



Dalla faccia che aveva, era evidente che avesse sentito tutto. Grandioso.



Harry si voltò di scatto quando Malfoy balzò in piedi con gli occhi che promettevano morte. Aveva pensato che fosse imbarazzato quando stava arrossendo, ma in quel momento la sua faccia era di un rosso vivo. Strinse i pugni e iniziò a seguire Neville borbottando a bassa voce potenziali maledizioni mentre si allontanava. Sembrava che una vena stesse per scoppiargli.



" Grazie Neville. " Disse Harry a bassa voce, chiedendosi se Malfoy l'avrebbe mutilato. Minacciarlo soltanto era fuori discussione, ovviamente; Nev aveva visto il biondo ridere, per l'amor del cielo. Sarebbe stato fortunato se Draco gli avesse permesso di andare a lezione quella settimana. " Ti devo un favore. "



Harry rimase seduto lì in quell'angolino, domandandosi se fosse così scomodo anche prima.



.



.



.



Bene, Harry era riuscito per il secondo giorno consecutivo a ricevere soltanto delle occhiatacce e nulla di più. Niente boccette d'inchiostro che esplodevano. Niente compiti miracolosamente scomparsi. La settimana stava migliorando, come se Harry potesse finalmente rilassarsi senza quell'ansia che era diventata parte della sua esistenza. Era finalmente contento.



...



Con la piccola eccezione che il suo stomaco stava resistendo ad ogni tentativo di tornare normale. Erano passati due dannati giorni e si stava ancora agitando e contorcendo. Ogni tentativo di gettare anche solo uno sguardo verso il cibo lo faceva sentire come se stesse per vomitare, figurarsi cercare di mangiare. Forse era per questo che i suoi compagni di scuola gli avevano concesso una pausa dalle derisioni e dagli scherzi. Erano ancora arrabbiati per la sua nuova amicizia con Malfoy, anche se non si erano più parlati dopo quello strano avvenimento della mattina precedente, e il fatto che Malfoy gli aveva detto piuttosto chiaramente che non erano amici, ma forse pensavano che il suo dolore allo stomaco bastasse come punizione per il momento.



Quei bastardi.



Harry attraversò la porta della biblioteca cercando con lo sguardo un tavolo abbandonato. Gli era stata data una pausa dai brutti tiri, e nonostante le ragioni per cui l'avevano fatto, l'avrebbe utilizzata al meglio; avrebbe imparato qualche lingua in più quel giorno. Ne aveva già scritte alcune, ma era complicato, quasi quanto restare svegli nelle ore di lezione del professor Rüf. Tuttavia aveva deciso di impegnarsi comunque. Aveva bisogno di una distrazione e quella delle lingue era benaccetta. Non come il suo stalker Serpeverde, che in quel momento se ne stava seduto da solo ad un tavolo, e leggeva con cipiglio un libro particolarmente spesso. Dovette avvertire che Harry lo stava fissando, perché si spostò leggermente sulla sedia, rifiutandosi palesemente di alzare lo sguardo. Ad ogni modo, alzò il dito medio.



Harry ghinò fra sé e sé chiedendosi perché un'azione così brusca avesse migliorato così tanto la sua giornata.



L'intera biblioteca era piena.



Tavoli zeppi di ragazzi dell'ottavo anno riempivano l'ampio spazio, tutti sfogliavano i libri quasi freneticamente, si passavano bigliettini e si scervellavano. Madama Pince stava in piedi di fronte a loro, era di pessimo umore e indicava l'uscita a chiunque aprisse la bocca per parlare. Bene, era quello che si meritavano.



Harry stava ghignando fra sé e sé, ma il suo sorriso compiaciuto scomparve tutt'ad un tratto. Cosa aveva fatto di male per meritarsi l'arrivo di Neville? Voleva litigare con lui nella biblioteca? Sul serio?



" Harry non andartene! " Disse Neville appena il pensiero gli sfiorò la mente. Il ragazzo affrettò gli ultimi passi rimasti. " Voglio solo parlare, davvero. "



Rassegnandosi al fatto che avrebbero di nuovo iniziato ad affatturarlo alla fine di quella conversazione, Harry sospirò e rimase lì dov'era. Dannazione, tutti gli sguardi erano già fissi su di lui, perché Neville non si era direttamente disegnato un bersaglio dietro le spalle?



" È... ehm... mi dispiace per aver origliato ieri... " disse Neville tutto d'un fiato, arrossendo mentre guardava la punta delle sue scarpe. Oh, grandioso. Sarebbe stata una cosa infernale... anzi, cento volte peggio che infernale. " Non era mia intenzione, è solo che quando ho sentito urlare, ho pensato che Malfoy ti stesse attaccando... " Se possibile Neville divenne ancora più rosso dopo quell'affermazione, mettendo in imbarazzo se stesso e mortificando Harry allo stetso tempo. Merda, credeva ai pettegolezzi.



" Neville, non c'è niente fra me e- "



" E tutto apposto, Harry, non devi più fingere. Ho... capito. " Harry osservò con morbosa attenzione Neville alzare la testa, incontrando finalmente il suo sguardo. Improvvisamente, il leader dei Grifondoro era tornato, pronto a farsi carico del problema e affrontarlo a testa alta. " Pensavo... no, tutti noi pensavamo che tu lo stessi facendo solo per ripicca. Per cercare di litigare con noi o cose del genere. Poi però, dopo avervi visti ieri... so che non è così. Se lui ti rende felice- "



" Oh Santo Dio, fermati per favore- "



" A me sta bene. Hai la mia completa approvazione Harry. " Disse Neville con un sorriso, e non riuscì a trattenere le risate quando si accorse della sua faccia completamente orripilata. Malfoy aveva mentito; l'intera scuola credeva ancora che loro due fossero una coppia. Harry avrebbe senz'altro ucciso quel coglione. " Cercherò di far cambiare idea anche agli altri Grifondoro- "



" Per favore, non lo fare. " Harry deglutì nervosamente, prendendo nota di tutte le occhiatacce che gli stavano lanciando. Non sarebbe mai riuscito a convincerli che era tutta una farsa, soprattutto se Neville era il primo a non credergli! E c'era da considerare che lui era il più lucido di tutti! " È solo che... è già abbastanza che tu mi capisca. " Harry avrebbe voluto spararsi. " Loro... seguiranno il tuo esempio... " Improbabile. Davvero molto, molto improbabile.



Entrambi restarono lì impacciati per alcuni minuti. Harry voleva nascondersi e scomparire per sempre dalla faccia della terra, mentre Neville sembrava alquanto soddisfatto di sé, come se avesse fatto una buona azione. Dio, non si era mai sentito più umiliato in tutta la sua vita. Avevano la benedizione di Neville?



" Beh... adesso devo finire i miei compiti di Pozioni. " Disse improvvisamente, ridacchiando fra sé e sé. " Non riesco a trovare la risposta da nessuna parte. ”



" Prova a cercare in ' Erbe Inutili Del Ventesimo Secolo '... io l'ho trovata lì. " Harry si guardò di nuovo intorno, cercando di trovare un tavolo dove le occhiate non potessero raggiungerlo. Grandioso. Poteva anche andare a sedersi sul pavimento, dietro qualche scaffale.



" G-grazie Harry... oh, ehm... solo perché tu lo sappia... l'incidente di pozioni con Malfoy... " Harry sbatté le palpebre sorpreso, girandosi accigliato verso Neville. Possibile che... stesse facendo la spia su un suo compagno Grifondoro? Quello... andava contro ogni codice morale che avessero nella torre... e lui lo stava facendo solo per Harry? " Umh... non è stata nessuna delle ragazze... e non sono stati nemmeno Ron e Seamus. " In quel momento si accigliò, sembrando quasi imbarazzato quanto lo era Harry un attimo prima. " Gli ho parlato. Lui non sapeva quali sarebbero state le conseguenze. Ha soltanto buttato degli ingredienti a caso nel calderone appena ne ha avuto l'occasione... ed è evidentemente finita molto male. Non lo farà più, lo prometto... dì solo a Mal- ehm Draco che ho sistemato la faccenda. "



Oh Dio, Malfoy avrebbe ucciso Neville se l'avesse sentito mentre lo chiamava con il suo nome di battesimo. L'avrebbe torturato se avesse scoperto che gli stava dando una mano.



" Sì... ehm, grazie... " Harry annuì goffamente quando il suo amico, oh Merlino, aveva ancora un amico!, fece per ritornare al suo banco, per poi essere attaccato dai Grifondoro. Ma cosa diavolo era appena successo?



Harry restò lì immobile per qualche minuto, non era sicuro di cosa pensare. Dean. Era stato Dean a tentare di sciogliere il volto di Malfoy. In modo accidentale, ovviamente, ma l'intenzione meschina dietro la sua azione c'era comunque. Ma per l'amor del cielo, chi metterebbe mai degli ingredienti a caso in un calderone?! Dannazione, ma avano ancora dodici anni?



...



Avrebbe dovuto dirlo a Malfoy?



I suoi piedi si mossero prima che la sua mente riuscisse ad evitarlo e continuò ad ignorare il suo stomaco che si contorceva dolorosamente. Se lo ignorava, non esisteva. Stessa cosa per la sua... malattia.



" Cosa voleva il Rospo Delle Meraviglie, Potty? "



Harry deglutì osservando la testa bionda, e si accigliò leggermente quando non lo vide alzare lo sguardo. Come diamine aveva fatto a capire che era stato Harry ad avvicinarsi? Stava diventando sempre più stalker, ogni giorno che passava.



" Ci ha dato la sua benedizione. " Disse Harry seccamente, e ghignò quando la mano di Malfoy si fermò per qualche momento prima di girare la pagina. L'unica reazione era una leggera esitazione? Ma non c'era proprio nulla che riuscisse a turbarlo?



" Quindi dovrò rompere con te? Che peccato. " Lo diceva come se stesse parlando del tempo. " Suppongo sia per questo che hanno cambiato atteggiamento. "



" Cosa intendi? " Avevano cambiato atteggiamento? I Grifondoro non erano cambiati di una virgola; lo guardavano ancora di sbieco e spettegolavano su di lui, l'unica differenza era che non gli lanciavano più maledizioni e sembrava che Malfoy stesse pensando la stessa cosa.



" Hanno smesso di lanciarmi fatture questa settimana. Meglio per loro; stavano perdendo troppi membri. "



Harry si rabbuiò. " Ti lanciavano fatture? "



" Oh Merlino, Potty, vivi forse sotto una roccia? " Finalmente Malfoy alzò lo sguardo, con la maschera già in posizione. " Gli studenti non sono esattamente in buoni rapporti con i Serpeverde al momento, e ce l'hanno chiaramente dimostrato. Niente che non si possa gestire, ovviamente. Non vorrei attivare quell'irritante complesso dell'eroe che ti ritrovi, gli altri Serpeverde potrebbero decidere di non perdonarmi se lo faccio. ”



" Io non ho il complesso dell'eroe... che diavolo stai leggendo? ” Harry era riuscito a dare un'occhiata al libro che Malfoy stava leggendo; una parola aveva attirato la sua attenzione, facendo scattare l'allarme. E il biondo ebbe anche la sfacciataggine di sembrare innocente.



" È solo una lettura leggera. Non ha nulla a che fare con te. "



" Col cavolo che non ha nulla a che fare con me! " Harry si avvicinò per tirargli via il libro; fu sorpreso quando Malfoy ci sbatté una mano sopra per impedirglielo. La maschera era ancora saldamente in posizione, ma i suoi occhi stavano scintillando. Harry non riusciva a capire se per rabbia o per divertimento; Ma qualunque cosa fosse, riuscì a mandargli un brivido lungo la schiena. " Dammi il libro Malfoy. "



" In realtà, non credo proprio che lo farò. " Rispose seccamente, alzando le sopracciglia. " Sto soltanto svolgendo una ricerca extracurriculare. "



" Non è divertente-! "



" Non ho mai detto che lo fosse. "



Harry deglutì a vuoto, lanciando un'altra occhiata a quella parola per poi ritrarre la mano. Era come se avesse potuto bruciarlo. " Rimettilo al suo posto. Rimettilo al suo posto, ora! ”



" Siamo proprio dei mariti apprensivi, non è vero? Non ci avrei mai scommesso... be', si, in realtà l'ho fatto... "



" Rimettilo al suo posto! "



" No. " Malfoy sembrò addirittura compiaciuto. " Posso leggere quello che voglio, senza aver bisogno del tuo permesso. "



" Non quando ha a che fare con me! " Harry si maledisse per aver lasciato che la sua voce tremasse, ma continuò a mantenere il contatto visivo con Malfoy. Riusciva praticamente a sentire che lo stava giudicando. " Se qualcuno ti vedesse mentre lo leggi potrebbe intuire- "



" A nessuno interessa cosa leggo, Potty. A nessuno. "



" Non puoi esserne del tutto certo. "



" Be', a nessuno importava prima che arrivassi tu. Sei l'unico che sta facendo sembrare la situazione sospetta. "



Harry si guardò velocemente intorno e per poco non ringhiò quando si accorse che tutti gli studenti li stavano osservando. Come aveva detto Malfoy, erano tutti molto interessati da quello che stava accadendo. Un attimo prima sembrava che non si fossero nemmeno accorti che Malfoy era nella stanza. Merda.



Per la paura, lo stomaco di Harry si contorse bruscamente, facendo aumentare il suo panico. Ansimò leggermente, stringendo con ansia una mano sullo stomaco. Quella sensazione era la peggiore in assoluto; la paura era viscida, e quella sua viscidità faceva sì che il terrore di Harry si centuplicasse. Era un circolo brutale, a cui doveva porre fine il prima possibile. Appena fosse riuscito a gestire quella sottospecie di spia professionista di nome Malfoy.



" Comunque non possono sentire quello che stiamo dicendo. Sapevi che tre persone su cinque che hanno contratto la Succ- "



" Sta zitto! "



" -sono diventate pazze? "



Harry ringhiò adirato, estraendo la bacchetta dalla sua manica. Non la sua bacchetta finta. Che importava se la malattia l'avesse ferito? Se fosse riuscito ad azzittire quel dannato bastardo, ne sarebbe valsa la pena, anzi ne sarebbe stato felice.



Come osava informarsi su quella cosa? Che cazzo stava cercando di fare? Voleva forse trovare più elementi da usare contro di lui? Chi leggerebbe mai cose del genere? Come se non avesse già visto abbastanza!



Harry fu invaso dalla rabbia allo stato puro, arrivando al limite. Voleva far soffrire Malfoy. Voleva che se ne andasse a quel paese e che lo lasciasse in pace; non che cercasse di ricavare inutili informazioni su un'inutile malattia!



Malfoy stava minando la sicurezza di Harry, che era già instabile di per sé. No, cazzo, non l'avrebbe mai permesso!



" Dammi il libro, o ti lancio una maledizione. Non credere che non lo farò. "



Ma quel coglione non sembrò nemmeno sorpreso. " Ho oltrepassato qualche sorta di limite immaginario? " Strascicò le parole , sembrando completamente a suo agio per uno che aveva una bacchetta puntata alla testa. Questo gli faceva solo venir voglia di lanciare l'incantesimo. Un. Solo. Incantesimo.



Lo stomaco di Harry brontolò, agitandosi e stringendosi mentre lui cercava di tenere a bada il suo torrente di rabbia. Non poteva staccare la testa Malfoy... dopotutto, Madama Pince si stava già avvicinando per intervenire. Non poteva decapitarlo in quel momento, giusto? Il suo stomaco non lo stava per niente aiutando... si agitava e rideva della paura e della rabbia che lo stavano sopraffacend-... cazzo.
Le interiora di Harry divennero fredde, quasi come se si stessero ghiacciando. Il suo stomaco si comportava in modo strano dallo scorso Martedì, era... quella cosa. Sembrava la pozione, quella dannata sostanza che stava rovinando la vita di Harry. Era ancora nel suo corpo.



Cazzo. Cazzo! Cazzo!



La sua mente iniziò ad urlare, implorandogli di correre verso l'infermeria, di incatenarsi a quel letto e sottoporsi a quella dannata tortura... ma non riusciva a muoversi. Harry non era nemmeno certo di riuscire a parlare; sentiva di aver avuto più coraggio quando aveva affrontato Voldemort che in quel momento. Non sapeva se avrebbe potuto fare di nuovo il ' trattamento ' così presto... non sapeva se sarebbe riuscito a sopportarlo.



Quindi Harry rimase lì, con la mente che gli urlava contro e l'espressione assente, chiedendosi cosa diavolo avrebbe dovuto fare. Si sentiva sudicio e sporco con quella cosa dentro di lui. E se non avessero potuto più tirarla fuori dal suo corpo? E se avesse dovuto conviverci per il resto della sua-



" Rispondimi. "



Oh Cazzo! Harry si era dimenticato di quel biondo bastardo della casa Serpeverde, che con ogni probabilità aveva continuato a parlare per tutto il tempo. Grandioso. Fantastico. Era arrabbiato con lui, l'irritazione era chiaramente visibile sotto la sua maschera.



Harry stava tenendo mollemente la sua bacchetta, che ormai non stava nemmeno più puntando alla testa di Malfoy. Era rimasto lì in piedi come un imbecille, con gli occhi vuoti e, quasi sicuramente, borbottando frasi senza senso. Quello di certo non l'avrebbe aiutato a mantenere una buona immagine di sé.



" ... io... " Harry si maledisse per esser riuscito a pronunciare solo una fievole parola. Era riuscito a uccidere un uomo, ma non era capace di chiedere aiuto? Ma quanto era diventata incasinata la sua mente? " ... io credo di dover andare in infermeria. "



Che cominciasse pure l'apocalisse. Harry aveva chiesto aiuto a Draco Malfoy.



" Bene. Seguimi. "



Non ci fu nessuna esitazione.



.



.



.



Harry si contorse sul letto, mordendosi il labbro fino a farlo sanguinare. Madama Chips era sbiancata di colpo e l'aveva subito legato al letto, accendendo i macchinari e cercando di estrarre quanta più pozione possibile. Era riuscita a trattenersi nel suo stomaco, forse perché durante l'ultimo trattamento aveva avuto troppa paura. Doveva restare legato lì per una mezz'ora in più, per assicurarsi che fosse stata rimossa con successo.



Se fosse rimasta per un altro po' di tempo sarebbe diventata tossica. A quanto pareva, Harry era stato fortunato.



Malfoy non disse una parola, ma non se ne andò nemmeno.



Non menzionò più il libro.



Comunque Harry lo intravide mentre lo riponeva nella sua borsa.



Fece finta di non essersene accorto.



Secondo la sua filosofia, se ignorava qualcosa, non esisteva.

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Capitolo 10
*** Suicida, Piccolo Bastardo Egoista di un Sanguesporco! ***


Ciao ragazzi! Ecco a voi il decimo capitolo! E anche se in ritardo, buon anno nuovo a tutti <3!

Panda- chan e Malpensante


Capitolo 10 – Suicida, Piccolo Bastardo Egoista di un Sanguesporco!



Harry fissava il suo riflesso con il terrore stampato sul volto. Come aveva fatto a pensare che sarebbe stata una buona idea? Quando gli era passato per la mente che sarebbe andata bene? Accidenti, ma ci aveva davvero riflettuto? A quanto pareva no, dato il completo disgusto che provava per il suo riflesso. Dannazione … si chiedeva solo … perché?



Aveva iniziato la giornata relativamente bene. Se poteva essere considerato tale continuare a fissare la stancante lista che era nella sua mano da quando era uscito dall’infermeria. Un obiettivo era stato spuntato … solo uno. Aveva una dannata montagna di cose da fare, e solo un obiettivo era stato completato. Era patetico; come poteva essergli utile se non si sforzava di completarla? Alcuni non potevano essere ancora realizzati, poi ce n’erano altri che non aveva semplicemente voglia di fare … nonostante ciò, doveva pur fare qualcosa.



E così, dopò l’incontro incredibilmente strano con Malfoy, Harry aveva fatto chiarezza nella sua mente. Determinato, prima che potesse ripensarci, o pensarci, in verità, era corso al bagno per completare il Numero Dodici.



E lo completò, con sua grande mortificazione. Dannazione, sembrava un fottuto alieno. Doveva solo tingersi il corpo di verde e presentarsi nella Sala Grande. Probabilmente nessuno l’avrebbe riconosciuto.



Harry si guardò interdetto, deglutendo per il nervosismo. Non si aspettava il fiume di … debolezza che lo travolse. Davvero gli sarebbe successo? Avrebbe avuto quell’aspetto per il resto della sua … per i prossimi pochi mesi? Si limitò a pregare dei conosciuti e sconosciuti, e con ogni probabilità inesistenti, che l’indomani sarebbe tornato normale. Una volta si erano ripristinati nel giro di un giorno, potevano farlo di nuovo … con un po’ di ottimismo. Con un po’ di disperato ottimismo. Senza l’uso della magia avrebbe funzionato lo stesso? Merlino, avrebbe fatto meglio a funzionare. Harry avrebbe detto a tutti quali erano i suoi problemi piuttosto che restare in quelle condizioni per più di ventiquattro ore. Era… non c’erano parole per descrivere l’assoluto orrore che attanagliava la sua mente. Era semplicemente … sbagliato.



Per questo lo avrebbero trattato come un pezzo di merda durante la giornata. Era garantito. La prima lezione era Pozioni. Fantastico, cazzo!



Be’, presto o tardi avrebbe dovuto affrontare la situazione. Senza rimpianti. Come un vero Grifondoro!



Anche se avrebbe preferito duellare ancora con Voldemort, piuttosto che fronteggiare i suoi compagni di classe quel giorno.



Il tragitto verso i sotterranei fu silenzioso, poiché la maggior parte degli studenti era a colazione. Nessuno notò veramente Harry finché ovviamente non lo guardarono per una seconda volta. Un ragazzino del primo anno smise addirittura di camminare e spalancò la bocca. Era bello sapere che avevano tutti un giusto contegno.



Al suo arrivo in classe fu accolto come da programma, se non peggio. Il brusio iniziò immediatamente, si distinguevano parole come ‘ esibizionista ’ e dalle persone nate in famiglie babbane cose come ‘ E.T. ’ e nonostante i Serpeverde non capissero a cosa si riferivano, il disprezzo dietro la frase era difficile da ignorare.



Sospirando fra sé e sé, Harry tenne gli occhi fissi sul suo banco mentre avanzava attraverso la classe. Avrebbe preparato la pozione, ignorato tutti e sarebbe uscito dall’aula il prima possibile. Facile. Semplice. Non aveva calcolato Malfoy nei suoi piani.



“ Chi è stato? ” A dirla tutta, l’odio nella sua voce era piuttosto terrificante; quando riuscivi a scorgere quel particolare bagliore nei suoi occhi era facile capire perché gli era stato permesso di diventare un Mangiamorte a una così giovane età. Quando Harry gli lanciò un’occhiata rimase scioccato; dannazione.



Stava lanciando sguardi omicidi all’altro lato della stanza, con la sua solita smorfia supponente già stampata sul volto. Aveva sfoderato la bacchetta, e senza nemmeno cercare di passare inosservato, l’aveva puntata contro gli studenti in rosso. La cosa più sorprendente però, era che Zabini e Parkinson avevano già seguito il suo esempio, osservandosi cautamente l’un l’altro prima di puntare la bacchetta verso Ron. Solo verso Ron, dovette aggiungere Harry. E nessun altro.



“ Chi? ”



Be’, era leggermente imbarazzante.



Harry deglutì nervosamente, cercando di evitare il contatto visivo come la peste. Malfoy l’avrebbe ammazzato. “ Metti via la tua dannata bacchetta; non sono stati loro. ”



“Stronzate. ”



“ Sono stato io, okay? Me lo sono fatto da solo; adesso metti via la tua fottuta bacchetta! ”



La moviola era possibile anche senza l’uso della magia.



Malfoy si voltò in maniera incredibilmente lenta, alzando le sopracciglia nel processo. Se prima sembrava furioso, in quel momento poteva uccidere. I suoi occhi brillavano come pugnali d’argento, e la rabbia controllava i suoi lineamenti, prima di trasformarsi velocemente in forte disgusto. Harry si sentì sporco mentre gli occhi di Malfoy lo guardavano dall’alto in basso, per poi distogliersi bruscamente con una smorfia. Malfoy prese ad ignorarlo con la stessa velocità con cui era corso in suo aiuto.



In quanto tali, i Serpeverde si voltarono tutti dall’altra parte, fissando la lavagna con indifferenza.



Cazzo, aveva fatto più male di quando gli altri l'avevano deriso dicendo " Telefono casa. "



Costringendosi a non toccare la sua pelle mutilata, Harry aspettò in quel soffocante silenzio che la lezione iniziasse. Sì, era insopportabile. E sì, se l'era fatto da solo. Ma era meglio allora che più avanti nel tempo, quando gli studenti più intelligenti avrebbero potuto intuire qualcosa. Era sulla lista, doveva essere completato per forza.



Era vero, probabilmente non avrebbe dovuto usare il rasoio che era nella doccia. E se avesse riflettuto di più sul perché ci fosse un rasoio nel bagno dei maschi, non l'avrebbe toccato. Ma non aveva riflettuto in entrambi i casi. Sembrava un mostro senza capelli, ma almeno aveva ancora il suo naso.

Cazzo, avrebbero fatto meglio a ricrescere.



12. Rasarmi tutti i capelli
.



.



.



Harry guardò il suo riflesso, passandosi una mano sulla testa ruvida e pelata. Avrebbe fatto meglio a non assomigliare a Voldemort, oppure avrebbe avuto qualche seria conversazione con il dipartimento ‘ per quanto ancora hai intenzione di prendermi per il culo? ’



Sul serio… aveva un aspetto orribile. L’assenza di capelli faceva sembrare la sua pelle sottile e malata, quasi come se avesse il cancro. Le borse sotto i suoi occhi erano più evidenti… era così che sarebbe diventato andando avanti col trattamento? Una versione più giovane di Voldemort?



Harry passò un dito sul suo cuoio capelluto, iniziò a sentirsi nauseato. Questo non era lui. Non sarebbe diventato... così. No, mai. Non se poteva evitarlo. Era a questo che serviva la lista, no? Ad evitare che diventasse un inutile... qualunque cosa fosse.



Merlino, era brutto. E anche se non gli era mai importato un cazzo del suo aspetto, il solo pensiero lo faceva soffrire. Aveva bisogno che i suoi capelli ricrescessero, anche solo per usarli come riparo. Avrebbero fatto meglio a ricrescere entro il giorno successivo, o Harry si sarebbe gettato dalla torre d’astronomia. Oppure avrebbe lasciato immediatamente Hogwarts. Una delle due.



Harry si sorprese quando la sensazione di essere osservato gli procurò un formicolio lungo la schiena. Era da solo nel bagno; aveva controllato almeno tre volte prima di chiudere la porta... oh.



“ Come te la passi, Mirtilla? ”



Ci fu un altro momento di silenzio, mentre entrambi aspettavano per vedere quale sarebbe stata la prima mossa dell’altro. Alla fine, siccome Harry aspettava in silenzio, la testa del fantasma spuntò da una delle toilette. Arrossì, o meglio, sbiancò per essere stata catturata e fluttuò un po’ più in alto prima di parlare.



“ Oh, sai com’è, svolazzo fra i cubicoli ogni giorno. A volte vado dai primini per spaventarli, ma, be’, suppongo che diventi stancante dopo qualche decina d’anni. ” Sospirò, sorridendogli ancora una volta. Era degna di merito; non aveva nemmeno guardato la sua testa. “ Mi manchi, Harry; ormai vieni raramente a trovarmi. Diventa molto deprimente percorrere le tubature ogni settimana. Prima veniva a farmi visita anche il Serpeverde biondo, ma tu me l’hai portato via. Eri geloso, non è così? ” Ridacchiò con amarezza e per la prima volta sembrò davvero arrabbiata, poi il dolore e l’assoluta solitudine tornarono sul suo volto. Harry conosceva quell’espressione; negli ultimi tempi lui ce l’aveva spesso.



“ ... Nessun... nessun... altro viene a salutarti? Gli altri studenti, o gli insegnanti? ”



Il fantasma mostrò un cupo divertimento prima di sospirare melodrammaticamente, scrollando le spalle mentre fluttuava verso la finestra. “ Perché dovrebbero salutare qualcuno che è qui solo per metà? ” Rispose, fissando con insistenza qualcosa fuori dalla finestra invece di Harry. “ La volta in cui mi hanno prestato più attenzione fu quando tu stavi infrangendo tutte le regole durante il secondo anno... ” Sorrise al ricordo, voltandosi indietro. “ E poi c’era Draco... era sempre così gentile... ” Sospirò con aria sognante, girandosi per guardare Harry. “ Cosa è successo alla tua testa? Hai quasi lo stesso aspetto orribile che aveva la micetta al secondo anno. ” Ridacchiò ancora. Riuscì perfino a strappargli un sorriso; non poteva farci niente, anche il solo ricordo di Hermione con le sembianze di un gatto era divertente.



“ Ho deciso di cambiare look; ti piace? ”



“ Mi piaceva di più quello di prima. ”



“ Allora lo cambierò di nuovo. ” Promise Harry a voce bassa, poi si voltò, pensando a un modo per svignarsela il prima possibile. Mirtilla era sempre sembrata un po’ troppo sola, e in quel momento la cosa toccava un nervo scoperto. E se fosse diventato un fantasma destinato a passare una vita a metà? Che... tristezza.



Senza rifletterci, cosa che succedeva fin troppo spesso quel giorno, Harry si voltò indietro di scatto. “ Mirtilla... voglio farti una proposta. ”



Harry la vide fare un’espressione perplessa, la confusione iniziò a farsi strada sul suo volto traslucido. Avrebbe potuto alleviare la solitudine dei suoi prossimi millenni. “ Te lo ricordi, vero? Quando mi hai chiesto di condividere le tue tubature con me? ”



Non pensava che un fantasma fosse capace di provare tanta felicità; i suoi occhi perlacei erano pieni di speranza, la sua intera figura si raddrizzò da quanto era disperata. Non poteva più tirarsi indietro, nemmeno se avesse voluto.



“ Be’... sto solo dicendo che, se divento un fantasma... non so se succederà davvero, penso che dipenda dalle circostanze della tua morte... quell’offerta è ancora disponibile? ”



Mirtilla scoppiò in una fragorosa risata e subito dopo le scappò un risolino, seguito da un ampio sorriso. Era ancora più contenta di quando aveva visto Hermione con sembianze da gatta, più felice di quanto Harry potesse immaginare. Delle lacrime scorrevano sulle sue guance mentre si fiondava su di lui per abbracciarlo. Il gelido freddo di quell’abbraccio fece sparire la sua felicità, ma la gioia del fantasma rimase intatta. Era... contenta.



“ Oh, sì! Sì! Sì! Ho iniziato ad essere un po’ gelosa quando hai smesso di farmi visita, ho pensato che forse non ti piacevo più... ma sì! L’offerta è aperta, accettata e finita! ” Fece un sorriso brillante, fissando Harry come se non l’avesse mai visto prima. Era piuttosto snervante, a dirla tutta. Harry iniziava già a pentirsene. Non sembrava che sbattesse spesso le palpebre, era una cosa tipica dei fantasmi o solo di Mirtilla?



“ Prova a pensarci, Harry! Io e te per secoli... insieme. Un anno sì, e l’altro pure! ” Cazzo.



“ ...Uh... sì... però... lo sai che succederà solo se divento un fantasma, giusto? Potrebbe anche non succedere, quindi non sperarci troppo, ok? ”



Non sembrò esserne turbata. Sorrise addirittura di più. “ Hai paura della morte, Harry? ”



Paura della morte? Harry non pensava che ci fosse ancora qualcosa che lo spaventava più della Morte. Voldemort al confronto sembrava un nonnino con la bava scappato dalla casa di riposo. Lentamente, Harry annuì.



“ Preparo le tubature allora. ” Disse Mirtilla con un sorriso forzato. Fece l’occhiolino a Harry prima di scomparire attraverso il muro. Dio, la sua risata isterica riecheggiava per i corridoi.



Harry sospirò, voltandosi indietro per osservare la sua testa deforme nello specchio. Se aveva paura della morte?



Ne aveva il terrore.



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Harry non voleva aprire gli occhi. Se non aveva ancora i capelli, anche se nelle cucine all’ora di cena alcuni elfi domestici gli avevano assicurato che sarebbero certamente ricresciuti, si sarebbe gettato dalla torre. Si sarebbe unito a Mirtilla, anche solo per farle chiudere il becco.



A quanto pareva quel dannato fantasma non capiva che doveva tenere la bocca chiusa. Il giorno prima aveva addirittura cantato... cantato! Il fantasma più sconsolato al mondo che svolazzava per i corridoi cantando a squarciagola, sorridendo agli studenti ed evitando di punto in bianco i bagni. E se anche le persone fossero state troppo stupide per far caso a quel suo strano comportamento, il fatto che aveva passato tutto il giorno a sorridere compiaciuta ripetendo a tutte le studentesse " Io ho un ragazzo che starà con me per millenni, e il vostro lo farà? " aveva suscitato l'attenzione di tutti.



E per grande sfortuna di Harry, soprattutto quella di Pix. Si era messo a giocare al detective e cercava di svelare l'identità dell'ammiratore segreto del fantasma. Gli studenti stavano facendo supposizioni. Lo sesso Pix stava facendo supposizioni E gli insegnanti tentavano di trovare Mirtilla per assicurarsi che nessuno studente provasse a farsi del male da solo. Non era divertente.



Harry era finalmente riuscito a rintracciarla dopo cena; non che fosse così difficile. Aveva dovuto solo seguire la musica e l’aveva trovata dinanzi a una luminosa finestra, mentre canticchiava felicemente fra sé e sé. Nonostante fosse una bella sensazione sapere di aver tirato su di morale una ragazza immensamente depressa, Harry si era ritrovato a desiderare di non averlo mai fatto. Passare un secolo in quel modo sarebbe stato un po'... stancante.



Alla fine Mirtilla aveva promesso che non avrebbe rivelato la sua identità, anche perché nessuno gliel'avrebbe chiesto, poi aveva svolazzato da un'altra parte, continuando a cantare. Dannate ragazze... Harry non le aveva mai capite; erano piene di misteri.



Harry sospirò, avvicinando una mano alla testa. Com’era prevedibile quella notte non aveva chiuso occhio per paura che i suoi capelli non sarebbero ricresciuti. Non perché era tormentato dagli incubi... certo che no.



Sarebbero ricresciuti, vero? Se non poteva usare la magia, sarebbero tornati lo stesso? Era abbastanza sicuro che aveva usato la magia per farli ricrescere quand’era più piccolo... se la sua magia era così pericolosa, avrebbe funzionato comunque?



Dove diavolo era il suo coraggio Grifondoro quando ne aveva bisogno?



No, non ce la faceva a controllare. Sarebbe andato in bagno, si sarebbe preparato per quello che si prospettava un sabato in completa solitudine, e poi ad un certo punto avrebbe accidentalmente guardato lo specchio. Sì, ecco cosa avrebbe fatto. In ogni caso, non riusciva a trovare la forza per alzare la mano e controllare lo stato dei suoi capelli.



Harry scivolò fuori dal letto, era grato che fossero già le undici e che quindi tutta la sua casa era già alzata a fare cose che solo Dio sapeva. Era grato che non dovesse affrontare i loro sguardi delusi. Lui non lo faceva per attirare attenzione; stava completando la sua lista. Dopo essere entrato in bagno gli ci vollero cinque secondi in tutto per guardare lo specchio con un’occhiata disperata, e altri cinque per rendersi conto di quello che vedeva, ma poi tirò un sospiro di sollievo mentre faceva passare una mano fra i suoi capelli neri e incredibilmente disordinati. Una parte della sua magia funzionava ancora; grazie al grande Merlino.



Non doveva unirsi a Mirtilla così presto, come lei invece sperava.



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Mentre stava a guardare senza divertimento le buffonate dei suoi amici, Draco pensò che stavano completamente sprecando quella giornata. Credevano davvero di essere divertenti? Era il primo giorno dopo settimane che il sole si era deciso a fare la sua apparizione, e così il cortile si era riempito di quegli idioti senza cervello delle altre case. Tutti si comportavano come se fosse un giorno d’estate, prendevano il sole e gettavano via i loro mantelli. In verità facevano solo un po’ più di diciotto gradi e sembrava che stesse per nevicare. Avevano tutti un intelletto così ammirabile, vero?



A dirla tutta, Pansy e Blaise potevano essere una delle ragioni dello strano comportamento degli studenti e del tempo. Avevano iniziato a lanciare fatture verso gli studenti almeno un’ora prima, e non sembrano in procinto di smettere. Di solito Draco si sarebbe unito a loro, ma quel giorno non era dell’umore adatto. E no, non stava tenendo il broncio; i Malfoy non tenevano il broncio. Era solo estremamente seccato dal fatto che quel completo coglione di Potty aveva fato qualcosa di così plebeo come tagliarsi da solo i capelli. Voleva che tutti sapessero che stava morendo? Stupida testa di cazzo. ”



Draco guardò Pansy mentre lanciava un altro aeroplanino di carta dietro alla Weaslette, trasformandolo in un calorifero con un incantesimo di trasfigurazione abbastanza complesso. Avevano una scommessa in ballo, tre di loro. Avrebbero mandato un altro aeroplanino, nel caso quello precedente non fosse arrivato a destinazione. Poteva essere facilmente scambiato per un errore o un incidente. Poi l’avrebbero trasformato in un calorifero e contato tutti i vestiti che quegli stolti senza cervello si sarebbero tolti prima di accorgersi che avevano un armata di caloriferi dietro di loro. In quel momento la Weaslette ne aveva tre alle sue spalle. Ridacchiava e si lamentava del tempo mentre si sbottonava un altro paio di bottoni della camicia.



Dean Thomas era fuori di sé , era arrossito e faceva degli evidenti sforzi per guardarla direttamente negli occhi. Era patetico. Si meritavano i quattro aeroplanini che Blaise aveva lanciato verso di loro.



Draco alzò gli occhi al cielo quando gli chiesero di scegliere il prossimo bersaglio: ormai si era stancato di quel gioco. In quegli ultimi tempi niente sembrava attirare la sua attenzione, tutto sembrava così banale.



Appena quel pensiero attraversò la sua testa, Potter attraversò il cortile con un espressione piuttosto vacua. Era uno dei pochi alunni ad avere ancora tutti i vestiti, e per quanto Draco odiasse ammetterlo, era decisamente uno degli unici studenti sani di mente nel cortile. Grazie a Dio i suoi capelli erano tornati alla normalità... Draco non sapeva come prenderlo quando era in quello stato. Era un fottuto schiaffo in pieno volto, gli ricordava che in realtà era davvero malato, e che molto probabilmente sarebbe morto nel giro di pochi mesi. Bastardo di un Sanguesporco, come si permetteva di ricordarglielo? Lui sapeva più di tutti, e probabilmente stava anche soffrendo più di chiunque altro!



Accidenti a Potter e alla sua stupida malattia! Draco non riusciva a toglierselo dalla testa da quanto sembrava solo; lo capiva perfettamente, dal momento che aveva passato anche lui un sesto anno da incubo. Ma aveva ancora i suoi amici, e la possibilità di vivere. Potter non aveva nessuno e nessuna possibilità, inoltre stava sprecando la sua vita in quel posto! Quell’idiota avrebbe dovuto pensare a vivere, non a completare i suoi dannati M.A.G.O.



“ Draco? Una risposta sarebbe carina, Tesoro. ” Pansy era stata così gentile da ricordargli della sua evidente scortesia. Che cosa ironica; Draco considerava una scortesia il fatto di essere stato costretto a passare quella giornata infernale.



Optò per ignorarla.



Potter si accigliò, e si fermò di botto. Tirò fuori una pergamena dalla tasca, la lesse e iniziò ad arrabbiarsi ogni minuto di più. Ma cosa diavolo stava facendo?



Un secondo dopo, si tolse il mantello con rabbia e lo gettò al suolo, così come la sua cravatta, poi si scorciò le maniche fin sopra il gomito. Blaise ridacchiò, mentre Pansy fece dei commenti lascivi affermando di volere che si togliesse anche gli altri vestiti. Draco fece roteare gli occhi, riuscendo a malapena a ignorare quegli idioti dei suoi compagni, poi si voltò di nuovo verso Potter.



Teneva qualcosa di luccicante nella mano, per alcuni momenti la guardò con rabbia... poi iniziò a correre, quasi volando attraverso il cortile.



Diritto verso il Platano Picchiatore.



Non l’avrebbe mai fatto!



...Oh, sì, sì che l’avrebbe fatto!



Potter non rallentò mentre si avvicinava all’albero, ignorò la sua incolumità mentre correva verso l’albero assassino, il quale, ovviamente, reagì all’istante; i rami si fiondarono verso il basso per sbalzare via Potter, quello stupido idiota riuscì solo a spostarsi dalla loro traiettoria. Potter rotolò do lato e atterrò in piedi, una chiara abitudine della guerra. Non esitò prima di lanciarsi di nuovo verso il tronco dell’albero, facendo notevoli progressi.



Cosa cazzo stava facendo? Tutti sapevano di quell’idiota che aveva perso un occhio per colpa dell’albero; Potter voleva per caso morire?!



...



Oh.



Un ramo colpì Potter nello stomaco, scaraventandolo indietro di alcuni metri. Draco osservò con orrore Potter che veniva sbalzato bruscamente all’indietro, non si mosse mentre veniva gettato al suolo. Draco trasalì come se avesse potuto sentire il ‘ crack ’ prodotto dalla sua testa dura quando fu schiantato sul pavimento.



Non sapeva quando aveva iniziato a correre, sapeva solo che ormai era a metà strada.



Tuttavia, Potter aveva idee differenti. Si rialzò in piedi a fatica, scosse la testa e si strinse leggermente il petto prima di girarsi di nuovo indietro. Raccolse qualcosa da terra, e fece a malapena una pausa prima di fiondarsi ancora verso l’albero.



Quella volta doveva esser riuscito a fare il giro del tronco, perché l'albero era furioso. I rami si dimenavano freneticamente, schiantandosi al suolo e staccando grandi zolle di terra. Se avesse potuto urlare, tutta la scuola avrebbe potuto sentire i suoi lamenti...



Dov'era quel bastardo suicida? Dove cazzo era?



Il Platano Picchiatore lanciò i suoi grossi rami verso Draco, i suoi arti si unirono per colpire il suolo e ricoprirlo di sporco e foglie.



Si rialzarono e presero a vorticare e ad allungarsi il più lontano possibile. Harry saltò improvvisamente alla vista, armeggiava con il tronco, stava facendo qualcosa. Poi i rami vennero giù tutti nello stesso momento, mirando al loro tronco.



Harry ebbe a malapena il tempo di alzare lo sguardo prima di essere colpito di nuovo. Stavolta Draco era abbastanza vicino da sentire il ' crack '. Harry fu sbalzato via e fece un volo di qualche metro, poi cacciò un urlo stridulo quando atterrò malamente su un fianco.



Draco fu lì in pochi secondi.



“ Ma che cazzo di problemi hai, Potter? ”



Dio, c'era così tanto sangue. Aveva un profondo taglio sulla fronte, e il liquido gocciolava sul suo volto, fino ad arrivare al suo occhio destro. La camicia era macchiata di rosso, alcune ferite sulle spalle perdevano sangue quasi come se piangessero sul fine tessuto. Cercò di mettersi a sedere e ansimò, tornando immediatamente a stendersi, e con una mano tremante si aggrappò con cautela al suo petto.



Alzò lo sguardo verso Draco, ma i suoi occhi erano vitrei e sembravano non mettere bene a fuoco, “ ...Drac... Mal-? ”



“ … Quand'è che sono diventato ' Draco ' per te? Tu, dannato imbecille, vuoi forse morire?! ”



“ No... ” Farfugliò. “ ...ma la Morte di sicuro vuole me, non è così? ” Biascicò, sorridendo leggermente. “ Non... non riesco a respirare... ” Riuscì a sussurrare, la paura iniziava a farsi strada nei suoi occhi. “ ...fa... male... ”



“ Be', forse così la prossima volta ci penserai bene prima di scontrarti contro il fottuto Platano Picchiatore, no?! ” Ringhiò Draco, poi alzò lo sguardo e vide Madama Chips avvicinarsi frettolosamente con un seguito di alcuni insegnanti preoccupati. Tutti gli studenti furono radunati, alcuni erano sconvolti, altri sembravano davvero seccati. Come se avessero il fottuto diritto di esserlo!



“ Madama Chips è qui. ” Draco informò Harry, il quale impallidiva a vista d’occhio, e dovette trattenere un ghigno per il fatto che sembrava più spaventato in quel momento di quando aveva combattuto contro quell'albero assassino. “ Oh, adorerò ascoltarti mentre spieghi cos'è successo. ”



“ ...Non andar... ” Riuscì a farfugliare, prima che le sue labbra si chiudessero. Le sue palpebre si abbassarono lentamente, la mano che era contro il suo petto cadde. Merda. Merda! MERDA!



Madama Chips non disse una parola quando arrivò, rivolse a malapena lo sguardo a Draco e agitò la bacchetta verso Potter, che era privo di sensi. Una barella apparve sotto di lui, sollevandolo non troppo gentilmente in aria. La McGranitt arrivò lì di pessimo umore e lo afferrò per le spalle, scuotendolo e pretendendo che gli raccontasse cos'era successo.



Draco non rispose. Non sapeva se l'avrebbe fatto, nemmeno se il blocco nella sua gola non stesse tentando di strangolarlo.



Non riusciva a distogliere lo sguardo dal ragazzo pallido e coperto di sangue, steso su una barella che ormai diventava sempre più scarlatta.



Sembrava che la Morte fosse già venuta a prenderlo.



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Draco osservò senza divertimento Blaise che continuava ad analizzare la scacchiera, tentando di surclassarlo senza riuscirci. Quella partita era orribile. Ogni turno, passava cinque minuti alla ricerca di ogni mossa possibile, poi allungava la mano per muovere un pezzo ma la ritraeva subito dopo per continuare a rifletterci su. E quel processo si ripeteva. Ancora. E ancora.



Come aveva fatto Draco a trovarsi in quella trappola? Di sicuro non per sua volontà.



Finalmente Blaise mosse una torre tre caselle a sinistra e mangiò un pedone. Senza esitazione, l'alfiere di Draco avanzò immediatamente e distrusse con malvagità la torre. E non si fermò lì. Continuò prendendo una spada in miniatura dalla regina e riprese ad infierire sui pezzi già caduti, poi rubò una lancia e la conficcò sulla scacchiera.



Blaise si limitò ad alzare un sopracciglio, prima di tornare di nuovo con lo sguardo alla scacchiera. “ Nervosetti, eh? ”



Draco invece gli ringhiò contro, e in risposta al suo mal umore, l'alfiere iniziò a calciare i residui della torre. “ I Malfoy non sono nervosetti. E per di più non impiegano cinquanta dannatissimi anni per muovere una maledettissima torre con lo scopo di mangiare un pedone che sarà a sua volta mangiato dal mio alfiere. Ma non rifletti sulla partita? C'è qualcosa di vagamente funzionante in quel cranio plebeo che ti ritrovi? ”



“ Sei tu che hai accettato di giocare. ” Canticchiò Pansy dall'altra parte della stanza, agitava la bacchetta e cambiava svogliatamente gli arredi, per poi farli tornare come prima. “ Non lamentarti se non riesci a sopportare le conseguenze. ”



Draco ringhiò, lanciando di nuovo un incantesimo veloce per controllare l'ora. Erano quasi le otto. Potter era rimasto da solo nell'infermeria per circa sei ore ormai; dovevano averlo già rimesso in sesto. Sul serio, a cosa diavolo pensava quell'idiota mentre prendeva la rincorsa verso il Platano Picchiatore? Doveva proprio sfogare le sue frustrazioni sull'unico albero che rispondeva agli attacchi?



Draco rimase ad osservare le sue mani, poi le strinse quando Blaise mosse il cavallo. In un batter d'occhio Draco gli mandò contro la sua regina, e continuò a fissarsi le mani mentre questa decapitava l'unico cavallo rimasto di Blaise. Aveva passato tutto il tempo della cena a lavare via il sangue di Potter, che sembrava quasi aumentare per ogni goccia che veniva lavata via. Infine, Pansy si era intrufolata nel bagno dei ragazzi, ignorando i versi di indignazione, e lo aveva trascinato via dal lavandino. Ma le sue mani ancora bruciavano. Poteva ancora vedere quel rosso; sentire la nauseabonda sensazione del sangue che scorreva lungo le sue mani.



Cosa diavolo aveva in mente di fare quel dannatissimo idiota?



Draco sospirò ancora, poi si allungò per prendere il re e iniziò a rigirarlo fra le mani. Quel set di scacchi era stato realizzato con i materiali più pregiati. Era stato preso il cuore di un meteora, attaccato ferocemente e intagliato in modo da formare il lato difensivo... l'altro lato, invece, era stato ricavato dal più puro dei diamanti. Era un regalo di sua madre per il suo diciassettesimo compleanno, l'unico regalo che avesse mai ricevuto. Metà della scacchiera brillava, era perfetto. L'altra metà era immersa nell'oscurità, sussurrava parole di scherno e si prendeva gioco della parte avversaria. Draco aveva sempre e solo giocato con il lato puro. Non voleva macchiarsi più del necessario. Dopotutto lo era già.



“ Perdonami se sbaglio, sono ancora un principiante in questo gioco, ma l'obiettivo non è catturare il re? ”



“ Quanto sei perspicace. ” disse Draco lentamente in risposta, lanciando il suo re da una mano al'altra.



“ E come faccio esattamente a farlo, se il re non è presente sulla scacchiera? ”



“Magia.”



Draco alzò gli occhi al cielo e sospirò ancora, prima di rimettere a posto il pezzo. Gli scacchi erano un gioco subdolo, un gioco di sacrifici fatti al solo scopo di proteggere il re. Ma quel re aveva una crepa. Era più vulnerabile del solito, e per questo, doveva essere protetto con risolutezza. Si poteva anche rinunciare agli altri pezzi, volontariamente, se serviva a tenere protetto il re per più tempo.



Blaise borbottò qualcosa sotto voce, cercando di trovare un percorso sicuro che permettesse ai suoi maledetti pezzi di ammazzare il re. Si affidava alla fortuna, senza nessuna strategia.



“ Onestamente, Draco, smettila di prendertela con tutti noi. Non è stata colpa nostra se Potty ha tentato il suicidio; è sempre stato fuori di testa. ” Pansy si sedette fiaccamente accanto a loro e iniziò ad osservare la partita con disinteresse, ignorando apertamente lo sguardo di Draco. Ma come si permetteva? Potty era il suo nomignolo. “ Mi annoio. Andiamo, trovatemi qualcosa da fare. Strip poker? Strip shot? Un bagno nel lago nudi? ”



“ Stai cercando in maniera schifosamente ostinata di sbarazzarti dei vestiti. ”



“ Se solo tu cercassi di sbarazzarti dei miei vestiti con un po' della mia ostinazione.” Sospirò, facendogli l'occhiolino in quella che, secondo lui, era la sua idea di seduzione. “ Mi annoio, e non ne posso più di te che ti deprimi perché qualche ingenuo Grifondiota del cazzo ha cercato di togliersi la vita! Ma non hai niente di meglio da fare? ”



Draco la osservò, con volto inespressivo. Se aveva qualcosa di meglio da fare? Merlino, sì. E nonostante questo, era lì che giocava a scacchi con il Pivello del Secolo e la Sgualdrina Professionista.



Tornò con lo sguardo alla partita non appena Blaise fece avanzare la sua regina e mangiò un altro dei suoi pezzi, soffocandolo nell'oscurità finché non cadde dalla scacchiera e si ruppe in mille pezzi. Senza esitazione, Draco mosse un pedone. Di una sola casella in avanti.



“ Scacco matto. ” Si alzò immediatamente, dopodiché con un colpo di bacchetta riparò i pezzi rotti e si diresse verso l'uscita della sala comune.



Aveva molto di meglio da fare.



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Gli occhi di Potter furono su di lui nel momento esatto in cui entrò nella stanza. La porta non aveva ancora avuto il tempo di chiudersi, per Salazar, non aveva ancora fatto il minimo rumore! Nonostante tutto, quei dannati smeraldi si erano già spostati su Draco, squadrandolo ansiosamente. Il moro si era immobilizzato goffamente con una mano a metà strada fra il letto e il comodino.



Draco non era turbato. Fece un passo, e Potter si sbloccò. Ritrasse il braccio, e quegli smeraldi sussultarono per il dolore. Era ancora pallido, ma fortunatamente non ricoperto di sangue. Era un miracolo che fosse ancora capace di spostarsi e trasalire.



Draco si accertò di mantenere un'espressione calma, di far rimanere la maschera al suo posto. Sapeva che la cosa snervava il Ragazzo Sopravvissuto e, come previsto, si stava già leccando nervosamente le labbra e guardava nella direzione in cui si trovava Madama Chips, presumibilmente.



“ Che ci fai qui? ”



“ Tch, non ci provare, Potty. Credi davvero che sarai tu a farmi delle domande? Si vede che hai battuto la testa più forte di quanto tu credessi. ” Draco sogghignò, incrociando le braccia al petto con aria pericolosa. Gli occhi di Potter erano spalancati, confusi. Il che non migliorava il suo umore. “ Perché lo hai fatto? Puoi darmi una risposta? ”



“ Abbassa la voce! ” Urlò quasi Harry, guardando in fondo alla stanza. “ Non dovrei avere visite, e se ti vedono qui ti cacceranno fuori prima che tu possa dire ...uh... ”



“ Idiota? ” Chiese Draco a bassa voce, e gioì interiormente per il fatto che, alla fine, Potter aveva il coraggio di mostrarsi colpevole. “ No? Che ne dici allora di stupido? Codardo? Suicida, piccolo bastardo egoista di un Sanguesporco! ”



“ Basta, sta’ zitto! ” Potter trasalì dopo aver gridato, perché dall'altra stanza provenne il rumore di una porta sbattuta con violenza. Che andasse tutto a farsi fottere! Doveva dargli una risposta, e doveva farlo quella sera!



Rivolse lo sguardo a Draco, quasi supplicando in modo patetico, poi si piegò in avanti per afferrare il suo il mantello. A Draco non sfuggì il gemito di dolore che fece, né tanto meno disse qualcosa in merito. Perché avrebbe dovuto? Quello stupido se l'era cercata, si meritava un po' di dolore per averlo fatto preocc... per averlo fatto andare fin laggiù a controllare se il Ragazzo Sopravvissuto tenesse ancora fede al suo soprannome.



Draco si limitò ad alzare un sopracciglio, per nulla divertito. “ Perché non ti hanno ancora rimesso in sesto? ”



“ Il mantello... nella tasca del mio mantello, mettitelo sulla testa, e non muoverti. ” Riuscì a a dire con un rantolo prima che la porta venisse spalancata, Madama Chips avanzava verso di lui in preda alla rabbia.



“ Cos'erano quelle urla? Chi c'è qui? ”



Draco, grazie a i suoi riflessi da cercatore, si era calato velocemente a terra, e con un espressione di disgusto era rotolato sotto il letto. Non riusciva a credere di essere sul pavimento. Come stava cadendo in basso il nome dei Malfoy. Se ne stette lì steso con indignazione; vide l'infermiera avvicinarsi e pestare i piedi come una ragazzina, ed ebbe l'irreprimibile impulso di affatturarla.



“ Non voglio più sentire nemmeno un suono provenire da te, intesi? È già abbastanza difficile doverti stare dietro in questo modo, essere qui ad assicurarmi che tu prenda le tue dannate pozioni, essere sempre sull'attenti, nel caso tu abbia un altro maledetto attacco, semplicemente perché sei troppo ottuso per smettere di usare la magia, anche se significa rischiare la tua vita! E per di più, cerchi anche di farti del male da solo! Stupido ragazzino egoista! ” Draco non l'aveva mai sentita sbraitare in quel modo, soprattutto non contro il suo studente preferito. Sembrava che stesse piangendo, ma Draco non era incline ad importarsene. Potter aveva più ragioni per piangere, e in quel momento era sorprendentemente silenzioso.



“ Be'? Non hai intenzione di scusarti? Non hai intenzione di darci delle spiegazioni? ”



Draco fece roteare gli occhi dopo averla sentita, e aspettò con rabbia che il Ragazzo Sopravvissuto iniziasse a strisciare ai suoi piedi e a scusarsi. C'era una precisa ragione per cui Potty era un Grifondiota e non un Serpeverde.



Non si aspettava che la sua risposta, con un filo di voce, facesse calare il silenzio sulla stanza. “ No. Non mi pento di nulla. ”



La risposta di Madama Chips fu altrettanto agghiacciante. “ Allora morirai, in solitudine, e nessuno sentirà la tua mancanza, o meglio, non si accorgeranno nemmeno che te ne sei andato. ” Qualcosa sul letto si mosse, e improvvisamente i piedi erano più vicini, per poco non toccavano il volto di Draco.



“ No, non voglio- ”



“ Sfortunatamente, Signor Potter, non ha alternative. ” Cosa?



“ Non ne ho bisogno- ”



“ Ha cercato di commettere sui- ”



“ No, non è vero! ”



“ E fin quando la Guaritrice non sarà qui per la diagnostica, non le permetterò di riprovarci! ” I piedi camminarono intorno al letto per due volte, poi ritornarono frettolosamente nell'ufficio, scomparendo alla vista.



“ Toglimeli, stupido pipistrello! Oi! ”



Draco rotolò fuori all'istante, ripulendosi dallo sporco immaginario e dai pezzi di polvere. Dio, non si sarebbe mai più nascosto in quel modo.



I Malfoy non si nascondevano.



“ Il... uh... il mantello, mettitelo. ” Potter sussurrò, costringendo gli occhi grigi a rivolgergli di nuovo una smorfia. La rabbia si dissolse quando si ritrovò improvvisamente di fronte ad Harry, che aveva le braccia legate e tenute ferme lungo i fianchi. Era una cosa semplicemente... patetica. Stava tremando, per l'amor del cielo!



Con la rabbia che sfumava, Draco si accinse con riluttanza a tirare fuori il mantello, meravigliandosi della sua completa assenza di peso. Era un mantello dell'invisibilità, ed era anche molto potente. Draco lo lasciò scivolare come dell'acqua fra le dita mentre contemplava il più puro tra i tessuti di seta; non avrebbe più voluto restituirlo a Potter.



“ ...Era di mio padre... quindi, ecco... non lo rapire. ”



“ Deve essere vivo per poterlo rapire. Si tratterebbe di rubare. ” Mormorò Draco a bassa voce, poi si decise ad appoggiarlo sulle spalle e rimase ad osservare con inespressività il suo corpo che scompariva. Non sentì la piccola risatina di Harry, solo il gemito di dolore che gli sfuggì dopo. Infine coprì anche la testa con il mantello, si diresse verso la figura immobile e si sedette sul bordo del letto.



Nessuno dei due parlò.



Draco sentì la sua rabbia tornare al solo pensiero di quella stupida strega che si autodefiniva un'infermiera. Come si permetteva di legarlo in quel modo, con la piena consapevolezza che sarebbe rimasto da solo con i suoi pensieri quella notte, e con la piena consapevolezza che probabilmente non gli erano stati dati antidolorifici? Certo che lo sapeva, era l'unica persona lì ad occuparsi di quelle cose.



“ Perché non ti hanno curato? ”



“ Per punizione. ”



“ Avresti potuto dire che l'albero ti ha guardato in modo strano. Che ti ha provocato. ”



Potter rimase ad osservarlo, un leggero ghigno si faceva strada sulle sue labbra. Era una bella sensazione sapere che era stato lui a mettercelo. Soprattutto in quella situazione. “ L'hanno fatto, più o meno. Sto assumendo troppe pozioni al momento, antidolorifici, guaritori interni, stabilizzatori di magia... dosi elevate potrebbero rendermi dipendente, o qualcosa del genere. Non preoccuparti, si sono assicurati che stessi bene. ”



“ Perché dovrei essere preoccupato? ” I Malfoy non si preoccupavano.



Potter fece una risatina in risposta, gemendo subito dopo. Poi si limitò a scrollare le spalle, con quella costante goffaggine che solo lui e Paciock continuavano ad avere in modo marcato. “ E tanto perché tu lo sappia, non ho cercato di suicidarmi. ”



“ Be' è un sollievo. Sai, con l'intera scuola che ha potuto perfettamente vedere come hai attaccato l'albero più volte di seguito senza alcun riguardo per la tua vita o per il numero di volte in cui venivi colpito, abbastanza violentemente, mi permetto di aggiungere, ovviamente ci stavamo tutti sbagliando. Perché mai una cosa del genere dovrebbe contare come suicidio? Te la stavi solamente spassando! ”



Il Ragazzo Sopravvissuto sussultò ancora dopo la sfuriata e deglutì a vuoto. “ Divertente. Ma non è stato un tentato suicidio. Dio, se posso affrontare quella cosa ogni martedì, perché dovrei mandare tutto all'aria per avere una lotta con il Platano? ”



Be', questo sì che lo confondeva.



“ Spiegami. ”



Potty lo osservò con circospezione, cercando di capire se svelargli o no il suo segreto. Quei dannati occhi sembravano prendersi gioco di Draco, mostrandogli tutti i misteri che avevano da offrire. Era uno sforzo nascondersi dietro la maschera, quando quegli fottuti occhi smeraldini ti fissavano in quel modo. Anche la maschera aveva le sue crepe.



“ Non posso. ” Gli avrebbe rotto il naso se non avesse iniziato a parlare. Draco non aveva necessariamente bisogno del suo naso, solo di quegli smeraldi.



“ Non è una valida spiegazione, Potty. ”



“ Ok, va bene; non te lo dirò e basta. Sono affari miei. ”



Draco schiaffeggiò il ginocchio di Harry, ringhiando per la frustrazione. Era ridicolo; Potter gli aveva detto delle sue condizioni, aveva chiesto aiuto a lui quando pensava che la pozione tossica fosse ancora nel suo organismo, aveva addirittura scherzato con lui, si erano scambiati lettere, avevano chiacchierato sulle sponde del lago... ma non era comunque disposto a dirgli perché aveva combattuto con quell'albero assassino?



“ Non ho detto niente a nessuno, ti risulta? ”



Ed ecco ancora quegli occhi, riflettevano, nervosi. Non si fidavano di Draco, proprio come Draco non si fidava di loro. Come si poteva credere a qualcosa che ti mostrava ogni cazzo di emozione in una volta sola? Era innaturale.



Draco aspettò un minuto. Poi un altro. Ma al terzo, tuttavia, stava seriamente considerando di cacciare con la forza nella gola tumefatta di Harry la boccetta di Veritaserum che si portava sempre nel taschino. L'avrebbe ucciso dargli una risposta? Ormai doveva sapere che la pazienza non era una delle caratteristiche principali di Draco.



“ ...non voglio dirlo a nessuno. ”



“ Prova un'altra risposta. ”



“ Ok. Non te lo dico. ” Oh, quello sì che era geniale. Ti pareva che il suo inutile lato Grifondoro non sarebbe sbucato nei momenti meno opportuni.



“ Ho delle notizie interessanti per te. Se non vuoi dirmi perché hai deciso di diventare un rinomato wrestler di alberi, ” Ignorò l'occhiata tagliente che ricevette. “ allora ascolterai quello che ho da dire. Non sembra che tu abbia fretta di andartene. Ho trovato un libro molto interessante l'altro giorno, e pensa che l'ho già quasi memorizzato. Lo sapevi che la Succorbentis non esisteva fino all'inizio del dodicesimo secolo? Il primo mago che la contrasse fu un vescovo, che- ”



“ Non voglio sentire questa roba. ”



“ Hmm, che cosa interessante. Tu non vuoi ascoltare quello che ho da dire, mentre io voglio che tu lo faccia. Io voglio ascoltare gli assurdi motivi per cui hai deciso di lottare contro il Platano Picchiatore, ma tu non vuoi che io li sappia. Come la mettiamo? ” Draco sbatté le palpebre, ignorando la sensazione di stretta allo stomaco. Sul serio, una stretta allo stomaco? Quanti anni aveva, dodici? Comunque non sarebbe svanita, non quando gli occhi di Potty lo supplicavano in quel modo.



“ Dr... Malfoy, non dirmi niente. Ti prego. ”



“ Come farai a guarire se non vuoi sapere nulla sulla tua malattia? ”



“ Ci sto già lavorando, okay? Quindi... non dirmi nulla. Per favore. ”



“ ...tre persone che l'hanno contratta sono impazzite. Tre. Altre due stavano manifestando sintomi che- ”



“ Ti ho detto di smetterla, cazzo! ” Urlò Potter, e rabbrividì mentre lanciava un'occhiata alla porta attraverso la quale era scomparsa Madama Chips. Un'infermiera adirata che rovinasse la loro amabile conversazione era proprio quello che ci voleva. E si stavano anche divertendo così tanto. “ La Guaritrice verrà domani per accertarsi che io non mi stia arrendendo, anche se so per certo che non lo sto facendo! Forse vuoi unirti alla piccola sessione di terapia così anche tu potrai smetterla di ripetermi che mi sto facendo delle illusioni? Me lo dicono già troppe persone senza aver bisogno che ti ci metta anche tu! ”







Perché stava paragonando Draco a tutti gli altri? Era ovvio che lui fosse cinquanta volte meglio di quando gli altri potessero solo sperare di essere; Draco era su un livello completamente diverso!



“ ...Perché sei qui, Potty? ” Draco si assicurò di parlare a bassa voce, ma non con pietà. Potter sembrava esserne allergico. “ Perché cazzo sei tornato, con tutte queste cose che hai da affrontare? ”



“ ...Per la mia schiera di amici? ” Scherzò stancamente Harry, sospirando prima di scrollare le spalle. Era distrutto, esausto. Sembrava di nuovo sul punto di arrendersi; non era un buon segno. Draco aveva bisogno di cambiare quella situazione. “ ...Non lo so... loro mi hanno dato una scelta. Potevo stare al San Mungo, oppure tornare qui. Ho provato a restare al San Mungo, ma sarei rimasto chiuso in una stanza fino alla fine, con la sola compagnia di una mosca morta che tenevo sul davanzale della finestra, al di fuori dell'infermiera che mi dava le medicine. Non si fidavano a lasciarmi da solo, sai; questa cosa... be', c'è un alta percentuale di suicidi. E il fatto che io sia il fottuto ' salvatore ', a quanto pare, significa che hanno il diritto fare di tutto per il mio bene... era uno schifo. ” Scrollò ancora le spalle, senza incrociare il suo sguardo. “ Qui ci sono i professori che mi tengono d'occhio, Madama Chips che mi dà le medicine, fa i dovuti accertamenti e cose del genere, e poi ci sono altri cinquecento studenti che non sanno proprio farsi gli affari loro; sembrava l'opzione migliore. ”



E Draco pensava di essersela passata male per essere stato tutta l'estate sotto sorveglianza. Esserlo per il resto della sua vita sembrava un tantino eccessivo.



Sbuffò, si lasciò cadere sulla sedia e iniziò a fissare Potter. Si stava di nuovo muovendo a disagio, era ancora pallido e sembrava un fottuto cadavere. Per di più non sembrava che avesse intenzione di sputare il rospo, quell'idiota. Be', se Draco doveva passare di nuovo la notte in infermeria, se non altro avrebbe dovuto renderla un po' meno noiosa.



“ Non pensare di cavartela così anche dopo il matrimonio; mi dirai tutto, oppure andrai in bianco finché non lo farai. ” E poi c'era quel sorriso che solo Draco sapeva far comparire. Era perfetto.



“ Che orrore! ” Potter ridacchiò nervosamente, poi scosse leggermente la testa, tentando di non sussultare. I suoi tentativi erano patetici, sul serio; Draco si assicurò di osservare tutto con attenzione. “ Sai, dovresti davvero smetterla, tutto questo non aiuta a far smettere i pettegolezzi. ”



“ Ho mai implicato di volere che smettessero? ” Potter si limitò ad alzare le sopracciglia, aveva ancora quello stupido sorriso mentre alzava gli occhi al cielo. Quello stronzo non lo stava prendendo seriamente. “ Mi piace che tutti pensino che sia riuscito a sedurre l'unico e solo Ragazzo Che è Sopravvissuto; mi fa sembrare onnipotente. ”



“ Tranne per il fatto che nessuno di tutti e due è gay, non ha intenzione di esserlo e molto probabilmente non lo sarà mai... tralasciando questo, hai una possibilità. ”



“ Cinquanta Galeoni dicono che ti ho ammaliato. ” Draco ghignò, riuscendo a malapena a trattenersi dal colpire ancora Potty quando scosse la testa, ridendo. Stonzetto ignaro.



“ Be' basta flirtare adesso. E evidente che non sta funzionando. ” Fece addirittura una risatina, di nuovo. Draco dovette mordersi il labbro per tenere a bada la sua crescente irritazione. I Malfoy non erano facilmente ignorati.



Agitò la bacchetta, sciogliendo le cinghie sulle mani di Potter e ignorando lo sguardo incredulo che gli lanciò. Quel coglione. “ Posso rimetterli. ” Commentò, alzando le sopracciglia, poi ghignò quando Potter lo ringraziò velocemente e si stiracchiò le mani.



Draco si posizionò su uno dei letti, osservando Potter che cadeva lentamente addormentato. Prima o poi avrebbe scoperto perché quell'idiota aveva deciso di accorciare la sua vita sfidando la sorte contro il Platano, fosse stata l'ultima cosa che faceva. Aveva scoperto la malattia, avrebbe scoperto facilmente anche quello.



.



.



.



Draco osservava il bozzolo tremolante sull'altro letto, che supponeva fosse Potter. Si era girato e rigirato per quasi un'ora ormai, farfugliando e mugolando nel sonno. Dannazione... ma non poteva avere un po' di tregua?



Draco conosceva gli incubi, più di quanto volesse ammettere. Conosceva anche l'umiliazione che si provava dopo essere stato svegliato da un incubo particolarmente brutto.



Quindi rimase sveglio, e continuò a fissarlo, sperando di essere abbastanza veloce nel caso Potter si buttasse giù dal letto. Stanotte non aveva portato la pozione del Sonno Senza Sogni, quindi non poteva dormire comunque. Era stanco, ma nemmeno lontanamente esausto quanto Potter.



Sospirando, Draco aprì di nuovo gli occhi, passandosi una mano sul volto...



Potter si agitò ancora nel sonno, questa volta calciando il suo mantello sul pavimento. Sul serio, anche nel sonno, implicare che un Malfoy dovesse badare a qualcuno era una cosa che non stava né in cielo e né in terra, e per farlo bisognava avere un desiderio di morte... bè, o almeno un desiderio più grande di quello di gettarsi contro il Platano Picchiatore.



Ignorando l’irritazione che provò quando dovette alzarsi dal suo letto confortevole, Draco camminò verso il mantello e lo raccolse dal pavimento. Ugh, era incrostato di sangue.



Tuttavia, un foglio di pergamena cadde dalla tasca: era stato evidentemente messo lì dentro in modo precario. Be', Potter avrebbe dovuto nasconderlo meglio se non voleva che Draco...







Cosa diavolo era quella roba?



.



.



.



17. Incidere il mio nome sul Platano Picchiatore.

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Capitolo 11
*** Indifferente ***


Ciao ragazzi! Finalmente è di nuovo quel periodo del mese...! Ok suonava male...
IN OGNI CASO, buona lettura. Godetevi questo bel capitolo 11... dopo un lasso di tempo non ' indifferente ' ... ahah.. ah... ehm.
Cogliamo l'occasione per ringraziare voi tutti, ammiratori della storia, nonché delle nostre traduzioni,
che ci supportate e ci invogliate a continuare, lasciando anche bellissime recensioni *-*
Siete fantastici!

- Panda chan e Malpensante 






Capitolo undici: Indifferente



Harry osservava con indifferenza il soffitto bianco sbiadito. Era un colore bruttissimo, vero? Pallido e malaticcio. Proprio quello che voleva vedere ogni ragazzino che visitava l'infermeria. C'era una perdita d'acqua nell'angolo in alto a sinistra. Chiunque avrebbe pensato che, essendo in una scuola di magia, sarebbe stata facile da riparare... ma, a quanto pareva, non era così. C'era della muffa che si stava facendo strada nell'intonaco, proprio sopra il letto di Harry, e anche quella sembrava essere sul punto di morte. Fantastico. Nemmeno la muffa riusciva a sopravvivere lì dentro.



Indifferente. Era così che lo aveva etichettato quella completa testa di cazzo dell'apprendista Guaritrice che l'aveva esaminato. Indifferente. Tutte stronzate! Solo perché voleva cancellare qualcosa dalla sua lista, pensavano che si stesse suicidando. Che non avesse considerazione per la sua vita. Che fosse soltanto una vuota copia del ragazzo che era stato in passato. Anche se andava in infermeria ogni fottuto Martedì per sottoporsi a quell'estenuante trattamento solo per ' tenere sotto controllo ' la sua salute ... oh sì, senza dubbio non aveva nessuna considerazione per la sua vita.



La sua seduta con la Guaritrice non andò come previsto.



Gli fece un enorme quantità di domande, alcune delle quali non avano proprio niente a che fare con le sue ' tendenze suicide '. In realtà, la maggior parte. Gli chiese se il suo fidanzamento con Draco Malfoy fosse vero, come si sentì quando uccise Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, dov'era scomparso per tutta l'estate, quando aveva realizzato di essere gay oppure se i suoi occhi fossero stati ereditati da sua madre o da suo padre.



...



Ma che cazzo di importanza avevano?



Avrebbe potuto prendere il suo esagerato entusiasmo e ficcarselo su per il suo grosso culo. Forse era per questo che l'avevano definito indifferente; perché non voleva rispondere a delle domande così personali fattegli da una puttanella di dodici anni!



Merlino, faceva male.



Era evidente che fosse una pettegola. L'indomani il Profeta avrebbe saputo che era malato. Sarebbe stato costretto a lasciare Hogwarts per l'ora di pranzo, per poi dover affrontare i Weasley. Probabilmente avrebbe vissuto il resto della sua patetica vita in un ospedale, con le infermiere che facevano finta di ignorarlo per poi spettegolare su di lui non appena uscite dalla sua stanza. Una vita circondata dal verde lime. Fantastico.



Harry sospirò, guardando la porta attraverso cui era scomparsa Madama Chips e poi ancora verso il soffitto. Era da più di un'ora che l'avevano lasciato solo. Onestamente, non era possibile che quell'ochetta bionda avesse così tante cose da dire sul suo conto, vero? Quante malattie immaginarie gli aveva affibbiato?



Una bussatina alla porta lo fece sobbalzare; sperava quasi che si spalancasse, anche se dietro ci fosse stato Goyle. C'era solo una persona che sarebbe venuta a trovarlo... ma quell'insopportabile stronzetto biondo non avrebbe mai bussato, vero?



Dannazione, perché si sentiva triste per quello che era successo? Malfoy non significava niente per lui; era semplicemente... cosa? Un amico? Un compagno? Un rivale? Non era nessuna di quelle cose, eppure sembrava molto, molto di più... quello stupido bastardo.



Harry digrignò i denti con rabbia quando la porta si aprì lentamente.



Ok. Bene. Se proprio doveva essere onesto, quell'idiota dell'apprendista Guaritrice non l'aveva fatto arrabbiare così tanto. Si era abituato al fatto che nessuno capiva il concetto di ' privacy '. Si era abituato al fatto che alcune persone svenivano quando lui era nei paraggi... sì, non stava esagerando, svenivano. E si era perfino abituato al fatto che tutta la scuola lo trattava una merda ogni pochi mesi dell'anno. Quello di certo non lo turbava.



No, era stato Malfoy a farlo sentire una merda; arrabbiato, triste e un'altra montagna di sentimenti confusi di cui non aveva alcun bisogno in quel momento!



Quel coglione arrogante, come osava andarsene così, di punto in bianco?



Harry si era appena svegliato da un incubo, di nuovo, giusto in tempo per scorgere la testa fluttuante di Malfoy scomparire dietro la porta, mentre borbottava arrabbiato fra sé e sé. Non aveva nemmeno la sua maschera, quindi Harry aveva potuto vedere perfettamente il biondo emanare ondate di rabbia incondizionata.



Ma perché diavolo era arrabbiato?



Non si potevano considerare nemmeno amici, quindi non erano affari suoi se Harry aveva deciso di combattere con il Platano Picchiatore. A malapena si parlavano, e quando lo facevano, era per lo più un collage di insulti o una battaglia di supremazia. Che ragione aveva quel bastardo di essere così arrabbiato ed andarsene?



Che importava se avesse fatto un incubo e aveva urlato nel sonno? Era una cosa più umiliante che irritante.



Che importava se si fosse addormentato nel bel mezzo della conversazione? Era stato polverizzato da un fottuto albero, per l'amor del cielo! E comunque Malfoy avrebbe potuto dargli uno strattone e svegliarlo se avesse voluto.



...



Perché se n'era andato?



Era l'unica persona a conoscenza delle condizioni di Harry, Merlino, l'unica persona a cui l'aveva confidato... e se ne andava così?



...



Harry si era stancato di essere solo. E il fatto che anche Malfoy si stesse stancando di fargli compagnia era... deprimente.



Quindi, non solo quella mattina si era dovuto sorbire le urla di Madama Chips perché non era più legato al letto con le cinghie e le domande di quella tirocinante idiota, ma anche il fatto che Malfoy si era comportato un'altra volta da stronzo. Proprio quello di cui aveva bisogno in una giornata come quella; essere isolato.



Harry, in preda alla rabbia, diede un pugno al letto, e sussultò per il leggero dolore alla spalla. Dannazione! Aveva pensato che Malfoy fosse diverso. La maggior parte del tempo lo trattava proprio come un vero essere umano. Era bello scherzare e passare il tempo con una persona che non lo vedeva come un morto vivente. Il suo sorriso era fantastico. E proprio quando sembrava che Harry si stesse di nuovo abituando ad avere compagnia, poof! Ritornava il bastardo del primo anno. A quanto pareva non gli era permesso avere rapporti affettivi. No, avrebbe vissuto il resto della sua... il resto dei suoi pochi... insomma, non gli era permesso avere amici.



" Sembra che tu stia meglio Harry! Sei molto meno pallido. "



Grandioso. Proprio quello di cui aveva bisogno per rendere quella giornata ancora più bella di quanto già non fosse; una ramanzina da Hermione e Neville. Ed erano solo le nove e mezza. Che razza di giornata!



Neville sembrava felice e gioioso, come sempre. Stava correndo verso il suo letto guardandosi intorno, Harry era sicuro che stesse cercando Malfoy. Accidenti! Stava davvero portando il ' supporto ' ad un nuovo livello, vero?



Hermione lo seguiva, sembrando sia arrabbiata che sollevata, e come se avesse voluto essere da tutt'altra parte... era evidente che Neville l'aveva costretta a seguirlo, in qualità di Grifondoro meno arrabbiata del gruppo. Di norma Harry ne sarebbe stato piuttosto felice... ma quel giorno sfiorava quasi la tortura.



Dio, sperava almeno di poter uscire dal letto. Si sentiva come un invalido, stando lì steso con uno di quei pigiamini sottili che offriva l'infermiera. Era come mettere in mostra la sua malattia. Una cosa potenzialmente pericolosa, dato che la strega più brillante della sua età stava già analizzando il suo volto.



" Allora, come stai? " Chiese Neville appena raggiunse Harry, prendendo nota del letto disfatto accanto al suo e sorridendo. " Dov'è andato Malfoy? " Hermione sussultò leggermente, ma per il resto la sua espressione non cambiò. Accidenti a Neville e al suo stupido ottimismo.



" E chi lo sa, quando mi sono svegliato se n'era già andato... ! Cioè... non in quel senso! " Harry si affrettò per rimediare all'errore, e arrossì quando Neville alzò le sopracciglia. Il suo amico ridacchiò, annuendo fra sé e sé.



" Certo, Harry, certo- "



" No! Intendo dire... che ha dormito in quel letto! Quello lì! "



Neville fece una risatina sedendosi sul bordo del letto di Harry. " Ti credo, ti credo. " Allora perché non la smetteva di ridere? " Perché stai arrossendo Harry? "



" Non rompere. "



Harry fece roteare gli occhi e cercò di ignorare la risata dell'amico. Non era nemmeno lontanamente contagiosa quanto quella di Malfoy. Si girò invece verso Hermione. Era in piedi, piuttosto lontana dal letto, e non sapeva dove guardare. Nel breve lasso di tempo in cui Harry la osservò, la ragazza guardò il letto di Malfoy, la porta, il soffitto, e poi ancora il letto di Malfoy. Quando incrociò il suo sguardo ebbe anche la faccia tosta di sembrare imbarazzata.



" Ciao Harry. " Ok, non poteva di certo biasimarla. Lui se ne stava lì, impacciato, chiedendosi cosa dovesse dire. Non erano molto in confidenza in quel momento. Anche una breve chiacchierata era una cosa impossibile da immaginare. Cosa avrebbe dovuto dire, lui? Bel tempo? Specialmente ieri? Sì, certo.



Non parlarono per alcuni secondi. Hermione stava cercando palesemente di evitare il suo sguardo e Harry la osservava ammutolito. Sul serio? Niente?



" Quindi... sei guarito, adesso? " Esitò nel fare la domanda, facendo una pausa fra ogni parola come se sarebbe esplosa se non l'avesse fatto. Merlino.



" Sì... sono sano come un pesce. "



" Bene... " E discese di nuovo il silenzio.



Harry dovette trattenere un sospiro, si guardò intorno e pregò che Madama Chips uscisse dal suo ufficio. Cavolo, avrebbe addirittura fatto la diagnostica, al posto di trovarsi in quella situazione. Grazie al cielo Ron non era lì. Harry avrebbe addirittura preferito lui.



" Sai sempre come aggiungere un pizzico di adrenalina, Harry. " Neville rise, lanciando uno sguardo d'avvertimento a Hermione, per poi voltarsi ancora verso di lui. Come se Harry non riuscisse a vedere la tacita conversazione che stavano ovviamente facendo. Dio, era malato, non cieco. " Una semplice passeggiata non era abbastanza eccitante? "



" Un po' banale, a dir la verità. " Rispose Harry con un ghigno. Osservando Hermione che si stava gradualmente arrabbiando. " Ho bisogno di tenere tutti sulle spine. "



" Malfoy lo era eccome. " Neville fece un ghigno che fece scomparire quello di Harry, e così ghignò ancora di più. " Non appena hai iniziato a correre, bam! Era come se si fosse materializzato sotto l'albero. Non ho mai visto nessuno correre così, a parte te. "



" È grazie a tutti gli anni passati a rincorrerci. " Borbottò, dando uno scappellotto a Neville quando fece un risolino. " Non in quel senso, idiota. Intendevo, tutti gli anni passati a rincorrerci per pestarci a vicenda! Smettila di fraintendere! "



" Ma se non ho detto niente! " Rise ancora Neville. " Sei sempre stato così facile da prendere in giro? Se l'avessi saputo avrei iniziato molto prima ."



" Sono grato che tu l'abbia scoperto solo ora. Davvero, sono colmo di gratitudine. Si potrebbe anche dire che sia in debito con te. "



" Stai passando troppo tempo con Malfoy. Parli proprio come lui. " Disse Neville cupamente. Tuttavia, il suo sorriso non scomparve. Fin troppo oppurtunista.



" Ci manchi Harry. " Quello riuscì a disintegrare l'umore di Harry, che era quasi felice. " Dicci solo... perché hai fatto una cosa del genere? Perché hai cercato di ucciderti? Cosa abbiamo fatto per spingerti a fare... quella cosa?! "



Ah, bene, era quella la domanda che volevano fargli.



Harry sospirò, voltandosi nuovamente verso Hermione che, con le braccia conserte e gli sguardi indignati che scambiava con Neville, sembrava sul punto di scoppiare in lacrime. Si preoccupava ancora per Harry, senza alcun dubbio... ma stava fraintendendo. Di nuovo.



Harry si infuriò sentendola, stringendo i denti per calmare la sua rabbia. Aveva appena ammesso che erano i Grifondoro a rendergli la vita impossibile con tutte le fatture e i pettegolezzi... ma trovava davvero così impossibile il fatto che Harry fosse arrivato al limite? Dopotutto Harry stava imparando che tutti ne avevano uno. Tutti scoppiavano ad un certo punto. Non era una questione di quanto, ma piuttosto di quando.



" Non sapremmo cosa fare senza di te, Harry. Tutti sentiamo la tua mancanza. Per favore... ritorna da noi. Non nasconderti tutto il tempo in biblioteca passando il tempo da solo... o con Malfoy. Sii... solamente nostro amico. " Se si fosse fermata lì, Harry avrebbe anche potuto considerarlo. Cavolo, non poteva mentire a se stesso; anche a lui mancavano i suoi amici. " Possiamo perdonare tutta la faccenda con Malfoy, possiamo- "



...



Fanculo.



Harry smise di ascoltare dopo ' Malfoy '. L'avrebbero perdonato? Sul serio? Oh, era davvero troppo.



Sarebbero stati di nuovo amici, solo se lui non fosse stato amico di Malfoy? Non che lo fosse, ovviamente, ma suonava comunque come... un purosangue che affermava di non poter essere amico di Hermione solo perché era una Mezzosangue. Ma non riuscivano a vedere quanto erano ipocriti?



" Non sono fidanzato con lui. " Disse Harry a bassa voce, riuscendo a fermare la ramanzina di Hermione. " Ma in ogni caso, non smetterò di essere suo amico. "



" Chi ha mai detto che fossimo amici? "



Si metteva male.



Tre paia di occhi scivolarono verso la porta, e si incupirono quando videro Malfoy appoggiato allo stipite. La sua postura mostrava che non era colpito. Aveva indossato già la sua maschera, era il perfetto ritratto dell'indifferenza. Grandioso.



Una volta attirata l'attenzione su di sé, Malfoy si incamminò verso il letto di Harry. C'era così tanto silenzio che i suoi passi riecheggiavano. Accidenti! Riusciva addirittura a sentire il battito del suo cuore ed era sorpreso che Neville non l'avesse ancora commentato.



Malfoy non guardò nessuno dei due Grifondoro intorno al letto, ma si avvicinò con disinvoltura alla sua sedia, la calciò un po' più vicino al letto, e ci si lasciò affondare. Incapace di resistere alla tentazione di prenderli un po' in giro, appoggiò quindi i piedi sul letto, proprio sulle ginocchia di Harry, e prese il tanto odiato cubo di Rubik dal comodino. Il perfetto ritratto dell'indifferenza verso i due Grifondoro.



Era piuttosto geniale, a dirla tutta.



Harry rimase spiazzato. Malfoy, che ogni santo giorno mandava una marea maledizioni a quel cubo, era lì seduto e ci stava giocando? Sul serio? Ma che diavolo gli era successo?



" Hai una bruttissima cera Potty. Non avrei mai immaginato che esistesse una sfumatura di colore oltre il ' bianco cadaverico ', ma tu sei riuscito a centrarla in pieno. " Ecco che lo derideva. Chi mai avrebbe voluto che non lo facesse?



Accanto a lui, Hermione tirò su col naso e guardò Malfoy con le sopracciglia alzate. " Harry stava parlando, Malfoy. "



" Congratulazioni Harry; a quanto pare sai parlare. " Disse Malfoy pigramente, senza distogliere lo sguardo dal giocattolo nelle sue mani. Ma che diamine... ?



" Ehm... sì... è un talento. " Harry era sbigottito, Malfoy l'aveva appena chiamato volontariamente Harry. Non Potter, ma Harry.



Era assolutamente inquietante! Ci sarebbe stata un'atmosfera meno tesa di quella perfino se Voldemort fosse improvvisamente sbucato dal pavimento!



" Ciao Malfoy. " Oh, per favore non farlo, Neville. Non sarebbe finita bene. " Come te la passi? Non abbiamo avuto molto tempo per parlare quest'anno, non è vero? "



Il silenzio di prima era nulla, comparato all'intensità del momento in cui Malfoy smise di muoversi. Harry avrebbe voluto urlare a Neville di fuggire. Di fuggire, nascondersi e pregare che non riuscisse a trovarlo! Non aveva mai sentito il detto " non svegliare il fottuto can che dorme "?



Di certo Malfoy non era un cane, e non era nemmeno lontanamente feroce... ma la sua lingua velenosa avrebbe potuto dire cose che ti facevano venir voglia di pararti le palle e scappare in un altro Paese.



Malfoy non batté ciglio. " Potrebbe essere a causa della costante e piuttosto allettante mancanza di comunicazione fra noi due; Potty, informa il tuo... amico. " Un ghigno sarebbe stato molto più incoraggiante rispetto a quell'espressione di completo disgusto sulla faccia del biondo.



" Non devi essere cosi maleducato- "



" È qualcosa che dovremmo cambiare allora, non trovi? " Neville interruppe Hermione, mandandole un occhiata veloce, prima di tornare a sorridere a Malfoy. Harry provò a scivolare un po' di più sotto le sue coperte. Forse, se avesse cambiato letto, sarebbe stato fuori dal raggio d'azione? " Adesso che stai con Harry. "



Oh, Dio.



" Potter, dì a Paciock che ogni parola che proferisce abbassa drasticamente il QI totale nella stanza. "



" Smettila di essere così ridicolo! "Sbottò Hermione. Harry si fece sprofondare un po' di più nel letto. " Stiamo parlando noi, non tu! Se non ti comporti in maniera civile, allora puoi anche andartene! "



Harry sussultò quando Malfoy smise lentamente di giocare con il cubo di Rubik. Trovò invece il tempo di tirarsi su le maniche. Fino ai gomiti. Mettendo in vista il suo Marchio Nero ancora vivido.



Hermione stava praticamente ringhiando.



Nonostante il suo sguardo si fosse indurito, Neville si girò di nuovo verso Harry cercando di riavviare la conversazione. " Allora Harry... Madama Chips ti ha guarito? Mancherai di nuovo a lezione domani? " Ovviamente.



" Sì, sembra proprio di sì. " Era difficile tenere lo sguardo su tre persone diverse, ognuna delle quali sarebbe stata capace di lanciare degli incantesimi piuttosto crudeli in un batter d'occhio, e mantenere anche viva la conversazione; Harry era abbastanza orgoglioso di se stesso.



" Posso chiederti perché hai deciso di attaccare l'albero? Seriamente Harry, a cosa diavolo stavi pensando? " Sembrava come se Neville fosse indeciso fra sgridarlo ed essere impressionato. " Hai attaccato il Platano Picchiatore, l'unico albero che può reagire!"



" Mi ha provocato. " Harry si girò verso Malfoy quando sentì la sua risatina divertita. " Mi guardava in modo strano. "



" Non è divertente Harry! " Sembrava che Hermione fosse tornata in azione. " Avremmo potuto perderti! "



" Questo implicherebbe che voi lo abbiate. " Dannazione, quello stupido bastardo ormai avrebbe dovuto conoscere la differenza fra sembrare seri e sembrare sarcastici.



Hermione guardò Malfoy ancora una volta, i suoi occhi si erano rabbuiati. Oh Dio, Harry conosceva quello sguardo; stava mettendo in gioco il suo coraggio Grifondoro. Non sarebbe finita bene. " Sono venuta per dirti che i Grifondoro ti rivogliono indietro. Non sei più costretto a frequentare della feccia come Malfoy! "



Harry non osò fiatare. Guardò Malfoy che... non sembrava turbato. Stava lì seduto e continuava a giocare con il cubo. Ma che diamine... ? Malfoy non lasciava mai impuniti commenti come quello, eppure lo stava facendo, l'aveva completamente ignorato. Non batté ciglio.



" Harry? " Oh, aveva impiegato troppo tempo ad aspettare la sua reazione. Cercando di tenere fisso lo sguardo su Malfoy il più a lungo possibile, si girò lentamente verso Hermione. Non sembrava calma come un momento prima.



" Sì, scusa, cosa? "



" Ti abbiamo già perdonato- " Perché Malfoy stava ridacchiando? " Ti rivogliamo con noi. "



...



Per essere perdonato era necessario che Harry avesse fatto qualcosa di sbagliato. E dal canto suo, l'unica cosa che aveva fatto era stata ereditare un gene sbagliato.



" Hermione, io non voglio- "



" Sebbene pensi che sia molto interessante veder comunicare dei minuscoli cervelli Grifondioti che si contendono un briciolo di intelligenza, Potter manda Castorino e compagnia a casa. Ho sentito che ' l'idiozia ' è contagiosa. "



Ma avevano dodici anni?



" Buffo, anche la codardia lo è. "



Sì, sì. Avevano proprio dodici anni.



" Ehm... ragazzi, potreste smetterla di- " Oh per favore Neville, dacci un taglio. Avrebbe dovuto saper riconoscere una causa persa quando ne vedeva una.



" Potter. " La voce di Malfoy era glaciale. " Manda la Sanguesporco e il suo amico fuori di qui. " La minaccia era fin troppo chiara.



Harry pensava di essere riuscito a nascondere molto bene la sua angoscia, durante quella tortura. Finché Malfoy non si alzò in piedi.



Fu assalito dal panico allo stato puro, che gli urlava di fermare il biondo. Sì, faceva il coglione la metà del tempo, e l'altra metà si comportava da bastardo ma...



Era una costante. Gli teneva compagnia.



Harry non poteva rischiare che quello spiraglio di normalità lo abbandonasse. Malfoy non si scomponeva mai, qualunque fosse il problema. Non poteva andarsene.



Harry non gliel'avrebbe permesso.



Il suo braccio si allungò senza che lui se ne accorgesse, aggrappandosi a quello di Malfoy. Dio, era patetico. Riusciva a a sentire Hermione e Neville che lo guardavano con delusione, ma non riuscì a trovare la forza di curarsene. Harry non avrebbe mai supplicato nessuno. Non l'Harry che conoscevano loro; ma quell'Harry non era tornato ad Hogwarts.



" Siediti, arrogante bastardo che non sei altro. " Non doveva far tremare la sua voce, non doveva far tremare la sua voce. " Siediti... e basta. " Harry deglutì nervosamente, e provò odio verso sé stesso quando guardò i suoi ' amici. ' " Ragazzi... scusatemi, vi dispiacerebbe- "



" Mi ha chiamata Sanguesporco, Harry. " Disse indignata Hermione. " Non te ne importa proprio niente? "



Certo che gli importava. Gli importava... sul serio, era soltanto una parola. Da quando i pettegolezzi erano cominciati Harry era stato insultato in maniera peggiore. Le parole non lo turbavano più. Parole che il biondo non stava usando al momento.



Il suo silenzio fu una risposta più che eloquente.



Le labbra di Hermione stavano tremando. La sua espressione era un misto di tristezza e rabbia. Era ancora sua amica... ma era meglio così. Pochi mesi dopo non avrebbe sofferto.



Doveva essere meglio così.



Harry non ebbe il coraggio di guardare i suoi amici lasciare l'infermeria. Era così... patetico. Sul serio? Aveva appena permesso che una sua amica venisse insultata, senza fare niente? Ma che razza di amico era?



Malfoy si voltò, una smorfia deturpava il suo viso solitamente impeccabile. Grandioso. La maschera era preferibile. Praticamente emanava rabbia e disgusto. Il fatto che erano diretti a lui faceva male più di quanto avrebbe dovuto; ma che cazzo aveva fatto?



" Vedo che lo stronzo infame del primo anno ha fatto il suo teatrale ritorno." Sbottò Harry, lasciando il braccio di Malfoy. Appena lo fece, comunque, il ragazzo si abbassò le maniche. Era piuttosto triste come cosa, ma non era abbastanza per perdonare quello stronzo.



" Oh, per favore, non se n'è mai andato. " Ribatté Malfoy piccato, lasciando che la maschera scivolasse. Non avrebbe dovuto, emanava furia allo stato puro mentre osservava Harry. Sembrava come se stesse per saltargli addosso per pestarlo a sangue. E dal modo in cui stava stringendo i pugni, era sicuro che il pensiero gli aveva attraversato la mente.



" Non devi essere duro con i miei amici- "



" Ma quando te lo ficcherai in quella testaccia dura che loro non sono più tuoi amici?! A loro non importa un cazzo di te, e a te non dovrebbe importare un cazzo di loro! " Harry sobbalzò leggermente quando Malfoy iniziò ad urlare, deglutendo a vuoto. Erano passate settimane dall'ultima volta che era così nervoso. Malfoy sembrava pronto ad uccidere. " Sono soltanto Sanguesporco e Traditori del loro sangue, sono feccia! "



" Ehi, sono ancora miei amici... "



" Tutte stronzate! E lo sai bene! Dimmi, qualcuno di loro è venuto a trovarti quando ti sei rotto il braccio? Si sono chiesti almeno una volta dov'è che scompari tutto il cazzo di tempo? Hanno mai notato che tu non dormi, non mangi e non usi la magia?! L'hanno fatto?! "



" Chiudi quella cazzo di bocca! " Sbottò Harry spostandosi le coperte di dosso e alzandosi in piedi, barcollante. No, erano ancora suoi amici, non importava cosa dicesse quel dannato bastardo; quel giorno erano andati a trovarlo, no? " Smettila di fare lo stronzo del cazzo! "



" Serpeverde. "



Un altro commento e Harry gli avrebbe rotto il naso.



" No! Non puoi giocare la carta del Serpeverde ogni volta che vuoi comportarti da bastardo!"



" In realtà, credo che sia proprio per situazioni come questa che la carta Serpeverde sia inclusa nel fottuto pacchetto." Sbottò Malfoy con un ghigno cattivo.



Ma il Malfoy gentile era solo frutto della sua fervida immaginazione? Seriamente, cos'era che l'aveva fatto arrabbiare così tanto da fargli perdere la compostezza in quel modo? Sembrava pronto ad uccidere. Ed Harry lo stava lentamente raggiungendo.



" Sta attento Malfoy. Posso essere Serpeverde proprio quanto te, e sono pronto a tirarti giù dal tuo bel piedistallo. " Era uno sforzo cercare di rimanere calmi e tenere la voce stabile. Ma ogni tentativo fu abbandonato quando Malfoy sogghignò ancora, facendo roteare gli occhi.



" Provaci. " Ghignò, con le braccia spalancate. " Non hai la bacchetta. Se provi ad usare la magia non farai nient'altro che ucciderti. Quindi provaci. Magonò. "



Harry si bloccò, e la tristezza rimpiazzò la sua rabbia. Era proprio quello che era diventato, vero? Non era nient'altro che un Magonò agli occhi di Malfoy. Un fottuto mostro, proprio come gli avevano detto durante tutta la sua infanzia.



" Proprio così, non sei null'altro che un essere sporco e patetico per la maggior parte della comunità magica, proprio come i tuoi piccoli amici Sanguesporco- "



" Fottiti Malfoy! Non li conosci nemmeno, proprio come non conosci m- ! "



" Li conosco abbastanza da sapere che non posso fidarmi nemmeno di una singola fottuta persona del loro gruppo! Non dopo che mi hanno sciolto la faccia! Sto iniziando a credere che forse il Signore Oscuro avesse davvero qualche ragione per- "



" NON SONO STATI NEVILLE E HERMIONE! QUINDI VAI A FARTI FOTTERE! "



Merda.



Mentre guardava Malfoy il cuore gli batteva a mille e le mani gli tremavano. Non riusciva nemmeno più a sentire, il sangue nelle sue vene stava pompando troppo velocemente. Erano settimane che non si sentiva così vivo, forse mesi. Voleva prendere a pugni Malfoy e continuare fino a quando la sua rabbia non si fosse esaurita. Voleva farlo soffrire.



Non sentì la porta spalancarsi; Le urla di Madama Chips gli sembravano lontane mille miglia. L'unica cosa che importava era lo sguardo furioso di Malfoy che inseguiva il suo.



" Tu sai chi è stato. " Non era una domanda e nemmeno una richiesta. Harry provò puro terrore, come se fosse sotto Veritaserum.



" So chi è stato. " Harry convenne, parlando a bassa voce. Provò una tetra soddisfazione quando Malfoy alzò le sopracciglia, esterrefatto. " L'ho sempre saputo. "



Harry non seppe mai come successe, e a dirla tutta, nemmeno Madama Chips. Un attimo prima stavano litigando, come avrebbero fatto negli anni precedenti. Poi una frase sussurrata, e in un batter d'occhio erano sul pavimento e si urlavano contro.



Harry avrebbe tolto quel cazzo di ghigno dal suo brutto muso! Tirò un pugno selvaggiamente, accorgendosi a malapena di aver colpito il naso aristocratico di Malfoy. Non riusciva a sentire nulla. Non voleva. L'unica cosa che gli interessava erano i pugni che continuava a tirare e lo scricchiolio della faccia di Malfoy.



Harry imprecò quando un calcio improvviso nello stomaco lo fece rimanere senza fiato. Malfoy era forte come lo era sempre stato, e teneva fede alla sua reputazione.



In un attimo il biondo si mise a cavalcioni su di lui, tirandogli un pugno all'occhio e un altro alla guancia, facendogli girare la testa di scatto. Ma a quanto pareva non era abbastanza come punizione. Improvvisamente il petto di Harry fu tirato su per il colletto e venne spinto contro le mattonelle.



Fottute stelle, gli si oscurò la vista. Ancora e ancora.



Le forze lo abbandonarono e il suo udito tornò a funzionare. Sperò quasi che non l'avesse fatto.



" Tu, stupido, stupido idiota! Come osi compiere un'azione così sconsiderata solo per cancellarla da una fottuta lista?! COME OSI?! "



Ci fu un esplosione, e improvvisamente non venne più colpito. Gli faceva male il viso, la schiena, le braccia gli bruciavano e sembrava che il suo stomaco stesse andando fuoco. Malfoy aveva trovato la sua lista. Cazzo, Malfoy aveva trovato la sua lista. Lui...



Sarebbe anche potuto morire allora. Usare la magia. Farla finita.



Prima che iniziasse a deriderlo.



Cosa che lui non sarebbe riuscito a sopportare.



" Alzatevi! Alzatevi, ora. Inutili, piccoli- ! "



Harry sussultò quando fu tirato in piedi, zoppicando leggermente. Quando si era fatto male al piede? Ma infondo che importanza aveva?



Più nessuna.



Si lasciò trascinare verso il letto, sentendosi proprio come quella tirocinante l'aveva descritto. Indifferente. Lo era un'altra volta. E non riusciva a trovare la forza di curarsene. Malfoy aveva trovato la sua lista. L'aveva letta. Lui l'aveva letta.



" Non riesco a credere che abbiate compiuto un'azione così immatura! Ma cosa siete, dei selvaggi? La sua carriera scolastica è già in bilico, signor Potter, e lei fa questo?! Non so proprio cosa dirà la preside al riguardo... ! "



Harry si soffermò ad osservare i suoi polsi che venivano legati al letto: odiava quella sensazione opprimente nel suo petto. Odiava sentirsi in quel modo, odiava sentirsi... debole.



" Restate qui e non vi azzardate a muovervi! Ridurvi a fare una cosa del genere... "



Fu uno sforzo incredibile riuscire ad alzare lo sguardo su Malfoy, anche lui legato al letto. Sembrava che lei non si fidasse abbastanza di loro, credeva che si sarebbero strangolati a vicenda non appena avesse lasciato la stanza. Si sbagliava di grosso; soltanto uno di loro sarebbe stato strangolato. Harry l'avrebbe lasciato fare.



Il ragazzo perdeva sangue dal naso; era evidente che era rotto. Nonostante quello, non sembrava che fosse turbato. A parte i suoi occhi. I suoi occhi erano ancora furiosi.



Harry non poteva neanche chiedere che gliela restituisse.



Aspettarono per alcuni minuti che la tortura iniziasse. E iniziò. Oh se iniziò.



La McGranitt non fu affatto contenta. La ramanzina durò per un'ora, dopodiché la Professoressa decise di dare una settimana di punizione. Harry invece ne ebbe tre. Non gli era più permesso stare vicini. Solo dopo il pranzo fu concesso loro di essere curati.



Harry restò seduto in silenzio, ma i suoi occhi seguirono Malfoy.



Il biondo se ne andò senza guardarsi indietro.



Harry ipotizzò che il loro fidanzamento fosse terminato.

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Capitolo 12
*** Pensieri pericolosi ***


Fate scorta di snack e mettetevi comodi perché è ora di leggere il dodicesimo capitolo di questa fantastica fanficion! 
Ne approfittiamo per augurare una buona Pasqua a tutti <3

- Panda-chan e Malpensante





Capitolo 12 – Pensieri Pericolosi


Harry credeva di conoscere la solitudine.


Insomma, era rimasto per settimane e settimane in quella minuscola stanza d'ospedale, e l'unica persona che andava a trovarlo era un'infermiera con un'orribile divisa verde lime che non lo guardava nemmeno negli occhi. Credeva di capire cos'era la noia, quell'orribile sensazione di dover sguazzare nell'autocommiserazione e rimpiangere tutto quello che non aveva ancora avuto la possibilità di fare.


Ritornare a Hogwarts non aveva portato grandi cambiamenti. Andava bene che i Grifondoro continuassero ad evitarlo e che nessuno gli tenesse compagnia. Ci era abituato, dal momento che aveva trascorso un'estate così orribile.


Ma ad un tratto quel bastardo aveva iniziato a tenergli compagnia, a battibeccare e a scherzare con lui. E poi, di punto in bianco, se n'era andato.


Non può mancarti ciò che non hai.


Ma cazzo, a Harry mancava.


I pettegolezzi erano svaniti, tutti ormai credevano che dopo quel litigio avessero ' rotto '. Ma non aveva molta importanza. Hermione aveva detto ai Grifondoro che Harry non si era degnato neanche di difenderla, cosa che non avrebbe fatto molta differenza. E i Serpeverde avevano notato che Malfoy era chiaramente tornato ad essere la persona irascibile di sempre. Quindi, nonostante fossero rimasti neutrali fino a quel momento, avevano di nuovo iniziato a comportarsi... come loro solito. Nei confronti di Harry, ovviamente.


Le fatture non erano aumentate, ma le frecciatine erano una costante.


Lo chiamavano in ogni maniera possibile ed immaginabile; sembrava che tutti avessero la propria opinione sulla sua vita, come se fossero affari loro.


Harry non aveva chiuso occhio.


Il solo pensiero che Malfoy aveva la sua lista era insopportabile. Era la sua lista, i suoi obiettivi. Il suo unico appiglio per non perdere il senno.


Harry poteva già immaginarselo mentre la faceva girare per la Sala Comune Serpeverde, facendo fare a tutti una bella risata. Merda, era molto probabile che, arrabbiato com'era, Malfoy avesse sparso dei pettegolezzi. Oppure verità. Ormai tutti avrebbero saputo che era malato. Fantastico.


E così, non aveva dormito. Si era incamminato dritto verso i sotterranei invece di andare a colazione, con l' intenzione di rimandare la camminata della vergogna all'inizio delle lezioni. Tuttavia, si accorse che non ne aveva bisogno. Quasi tutti lo ignorarono, tranne Neville, che lo salutò mestamente con un cenno del capo.


Malfoy non lo degnò nemmeno di uno sguardo quando entrò nell'aula; la sua maschera era perfettamente in posizione.


Fece molto più male di quanto avrebbe dovuto.


L'intera lezione di Pozioni trascorse in silenzio; anche Lumacorno sembrava a disagio, si muoveva impacciato e si schiariva la voce mentre osservava la classe. Si può dire che Harry fu il primo a lasciare la classe, e il primo a presentarsi per la lezione successiva.


Fu in quel momento che iniziarono a mandargli frecciatine.


" Hey, Harry. "


Dio.


Anche se avrebbe voluto fare tutto tranne che rispondere al suo compagno di casa, con un sospiro, Harry si decise ad affrontarlo. Avevano passato gli ultimi dieci minuti a ridacchiare e gettargli occhiate. Era ovvio che prima o poi si sarebbero decisi a fare commenti.


" Ho sentito che hai avuto una piccola lite amorosa. Non pensavo che ti saresti fatto mettere i piedi in testa da qualcuno, Rihanna. "


" Va' al diavolo, Dean. " Ringhò Harry, che afferrò la borsa e lasciò la stanza. Certo, non era arrivato nemmeno a seguire metà della lezione, ma che importava? Che potevano mai fargli? Metterlo in punizione?


Chi diavolo era Dean per giudicarlo? A mala pena si parlavano, anche quando erano amici. Quel fottuto riferimento... certo, solo i maghi nati da famiglie babbane avrebbero potuto capirlo, ma visto che stavano sogghignando, era piuttosto evidente che non era stato poi così gentile. E Harry l'aveva anche protetto da Malfoy... che stronzo.


Era riuscito a nascondersi nella stanza delle necessità per tutta l'ora di pranzo, lontano dalle provocazioni e dalle derisioni. Sul serio, era come se non si fossero mai conosciuti. Come se non fossero stati suoi amici.


La solitudine non l'aveva mai afflitto così tanto come quel giorno. Voleva solo scomparire.


Il commento su ' Rihanna ' si era diffuso fra tutti i nati babbani entro l'ora di pranzo. E nel pomeriggio, avevano già altri commenti da fargli.


Harry all'inizio non ci fece caso; era troppo impegnato a farsi gli affari suoi e ad essere perso in un mondo tutto suo per la maggior parte del tempo. E comunque, ormai non gli interessava più nulla. No, ma fu il fatto che la maggior parte degli studenti stavano cantando, ad attirare la sua attenzione.


Certo, alla scuola erano sempre piaciute le canzoncine. E ' Weasley è il nostro Re ' ne era la prova lampante. Ma non era una cosa da tutti i giorni sentire dei Serpeverde purosangue cantare sulle note di Rihanna, persona di cui avrebbero dovuto ignorare l'esistenza. E non lo era nemmeno essere osservati da centinaia di persone, mentre cantavano la suddetta canzone.


Non conosceva quel singolo in particolare, questo finché non fu cantato per i corridoi da ogni studente, ogni volta che Harry faceva la sua apparizione. Il fatto che trattava di pratiche sadomaso non fece nulla per migliorare quella giornata già fin troppo umiliante.


La punizione fu brutta allo stesso modo, se non peggio.


Dovette scrivere pagine e pagine mentre era seduto a pochi centimetri da quel completo bastardo di un biondino, che non lo degnava nemmeno di uno sguardo.


Faceva male.


E non c'era nessuno che lo notasse.


Merda, nessuno che volesse notarlo.


.


.


.


Harry fece un lungo sospiro mentre attraversava la Sala Grande, cercando di ignorare i cori di studenti stonati che pensavano che fosse una buona idea cantare a squarcia gola. Sul serio? Pensavano ancora che lo ferisse?


" Cause I may be bad, But I'm perfectly good at it~! "


Non aveva dormito nemmeno la notte prima, non era riuscito a chiudere occhio. Ed era anche martedì. Quel giorno sarebbe stata la prima volta che avrebbe dovuto sottoporsi al trattamento senza nessuno a fargli compagnia. Legato al letto, in quell'infermeria deserta, dopo quella giornata di merda. Fantastico.


" Sex in the air, I don't care, I love the smell of it~ ! "


Aveva passato le ultime ore a cercare di nuovo di memorizzare le diverse lingue, ma non si ricordava nemmeno una parola. E come avrebbe potuto farlo? Non aveva nemmeno più la sua lista, come avrebbe mai potuto completarla? Non era più la stessa cosa; nel giro di un giorno, era cambiato tutto. Ed Harry non sapeva né immaginava come poter migliorare la situazione.


" Sticks and stones may break my bones, but chains and whips excite me~! "


Che andassero tutti al diavolo. Harry non aveva ucciso Voldemort per permettere loro di trattarlo come una merda per il resto della sua esistenza. Il destino era proprio ridicolo.


Le risatine riecheggiavano nella sala, gli studenti scoppiavano a ridere e si facevano beffe di lui. Ma a Harry non importava. Era indifferente, ricordate?


" Fottuto finocchio! "


Almeno fino a quel momento.


Harry perse l'equilibrio quando un incantesimo inciampante lo colpì, e riuscì a restare in piedi per un soffio. Ad ogni modo, tutti i suoi libri si sparpagliarono sul pavimento. Grandioso. Semplicemente perfetto.


Raccolse in fretta e furia tutti i tomi, con l'intento di lasciare la stanza al più presto. Ma un altro incantesimo lo centrò in pieno, e questa volta riuscì a farlo cadere al suolo.


Cazzo. Cazzo! CAZZO!


Non doveva rattristarsi! Non doveva provare vergogna! Stavano ridendo di quella dannata canzone, non di lui. Non avrebbero mai osato!


Mentre Harry cercava di riacquistare un po' della sua inesistente dignità, una mano scura accorse in suo aiuto. E quello che era ancora più sconvolgente, era che quella mano apparteneva a Zabini.


Cosa diamine voleva? Infierire su di lui, visto che era in un momento di debolezza?


Non sembrava essere colpito, e nemmeno arrabbiato. Con la sua solita indifferenza, gli offrì semplicemente la mano. Dopo un momento di evidente perplessità e ancora un po' di mortificazione, Harry si lasciò tirare su. Già lo detestavano; perché non peggiorare ancora di più la situazione già che c'era? Poteva ancora far sì che tutta la comunità magica lo odiasse.


Mentre raccoglieva i suoi libri, si accorse che la sala era di nuovo sprofondata nel silenzio. Nessuno cantava, nessuno fiatava... non si sentiva nemmeno il rumore di un passo. Il silenzio.


Si voltò velocemente, Harry intendeva ringraziare Zabini. Davvero, voleva farlo.


Ma Malfoy doveva sempre essere al centro dell'attenzione, giusto?


Non stava facendo nulla di particolarmente minaccioso. Se ne stava semplicemente appoggiato allo stipite della porta, con le sopracciglia alzate. Sembrava completamente al suo agio mentre fissava un altro Serpeverde, probabilmente di un anno più piccolo di lui. Questo, se si ignorava il fatto che tutta la sala stava trattenendo il respiro, aspettando la sua reazione per i maltrattamenti subiti da Harry.


I pettegoli ricevettero una grossa delusione.


“ Si vous autant que regardez mon fiancé à nouveau, et je vais te tuer. ”


Cosa? Ma quello stupido esibizionista doveva parlare in altre lingue per tutto il cazzo di tempo? Era a malapena comprensibile in inglese, perché doveva aggiungere anche il francese nella mischia?


Zabini sembrò essere sorpreso da quello che aveva detto, se era questo che significava la sua risatina. Dopodiché, se ne andarono.


E Harry fece lo stesso, prima che la sala riuscisse a capire cos'era successo.


Non era codardia. Era una mossa strategica.


.


.


.


Per la punizione di quel giorno, furono spostati nella Sala dei Trofei, per pulirli e lucidarli tutti. Non era permesso usare la magia, come se Harry avesse avuto altra scelta. Sembrava che la McGranitt l'avesse detto con con l'intenzione di ferirlo.


Continuarono a lavorare in silenzio.


Harry puliva con impaccio seduto nel suo lato della stanza, a malapena sveglio abbastanza da capire che non stava facendo altro che spostare lo sporco della coppa da una parte all'altra, mentre Malfoy se ne stava in silenzio dall'altra parte. Harry avrebbe preferito centomila volte che si urlassero contro.


Non aveva ancora capito perché Malfoy si era arrabbiato così tanto, l'altro giorno. Aveva trovato la sua lista... e allora? Che c'entrava lui? Era solo di Harry, e di nessun altro; a nessuno era permesso di giudicarla, soprattutto a Malfoy. Merda, era probabilmente una delle poche persone che, secondo Harry, l' avrebbero compreso... non si aspettava certo che esplodesse come una donna in menopausa e lo pestasse a sangue. Era ridicolo il modo in cui si era arrabbiato... e poi, per Harry? Era assurdo. Follia allo stato puro.


Se ne stette seduto e in silenzio nel suo angolino, non fiatò nemmeno mentre lavorava. C'era un silenzio assordante. Ne aveva avuto abbastanza, ma col cavolo che si sarebbe scusato per qualcosa che non aveva fatto.


Gettò uno sguardo a Malfoy, scorgendo con la coda dell'occhio le sue iridi grigie, prima che scomparissero di nuovo. Nessuno dei due si sarebbe scusato. Anche se era evidente che era Malfoy ad essere nel torto.


In fine la McGranitt ritornò, dicendogli che doveva andare in infermeria per il suo trattamento. Riusciva a malapena a reggersi sulle gambe, che stavano già cercando di resistere alla sua mente. Aveva bisogno di andare in infermeria... ma i suoi piedi lo tradivano. Gli urlavano di fuggire. E solo Merlino sapeva quanto volesse farlo.


In ogni caso si incamminò diligentemente verso l'infermeria, proprio come c'era da aspettarsi dal guscio vuoto che era diventato.


.


.


.
Draco riuscì con difficoltà a trattenersi dal lanciare un'occhiata di odio profondo alla McGranitt non appena ordinò a Potter di andare a fare il suo trattamento. Ma quella cagna non riusciva a vedere l'espressione di puro terrore che aveva sul volto? Non vedeva come gli tremavano le gambe mentre si costringeva ad alzarsi?


No, a quanto pareva erano tutti ciechi alla sofferenza di Potter, a parte Draco.





Be', certo, Draco era colui che ne aveva provocato la maggior parte, ma non c'entrava nulla. Ci si aspetterebbe che qualcuno notasse che Il Ragazzo che è Sopravvissuto era distrutto. Dato che era il salvatore del mondo magico e via discorrendo.


Invece no, tutti continuavano a non vedere, lasciando Draco a sguazzare nel suo... osava anche pensarlo? …senso di colpa. Non avrebbe dovuto sentirsi in colpa. I Malfoy non si sentivano in colpa. Non avrebbero dovuto sentirsi in colpa... non avrebbero dovuto provare un cazzo! Ma nonostante questo, era costretto a guardare Potter con la coda dell'occhio, e vederlo deteriorarsi ogni giorno di più.


Draco aspettò che la Preside se ne andasse, poi smise di pulire la coppa, e iniziò a rimuginare. Non era colpa sua se Potter era un imbecille. Era lui che l'aveva fatto infuriare, iniziando praticamente ad urlare nel tentativo di proteggere i suoi presunti amici. Perché non si ficcava in quella testaccia dura che non aveva più alcun bisogno di loro? Era ovvio che l'avevano abbandonato. Doveva perfettamente bastargli la compagnia di Draco, non doveva elemosinare la loro.





No, non era geloso. I Malfoy non erano mai gelosi, perché potevano comprare tutto quello che non avevano. Potter non poteva essere comprato; problematico, ma non irrisolvibile. Tutti quanti avevano un prezzo. Quello di Potter era indubbiamente la compagnia; anche la più orrenda fra le persone ne aveva bisogno. Non era naturale isolarsi; gli esseri umani erano socievoli di natura. E Potter aveva una combriccola di amici sin da quando era un bambino. Era ovvio che l'amicizia era tutto quello che desiderava. Sarebbe tornato strisciando da Draco, scusandosi per ricevere anche il minimo segno d'affetto.


Il pensiero gli fece venire la nausea.


Lui era Potter. Il suo rivale. L'unica persona in quel castello che sembrava essere capace di curare la sua noia cronica. Che catturava la sua fottuta attenzione appena metteva piede nella stanza. Non doveva scusarsi, o elemosinare compagnia. Doveva soltanto essere Potter.


Salazar, il nervosismo era tornato a torturare il suo stomaco. Si pentiva di aver tentato di cavargli gli occhi? No, non si sarebbe dovuto pentire di nulla.


Eppure, il senso di colpa rimaneva.


Dannato Potter!


Non aveva fatto nulla di male, non questa volta. Era stato Potter a decidere di fare l' egoista e gettarsi contro un albero che non voleva fare nient'altro che polverizzarlo. E perché? Per una fottuta lista... una lista di cose da fare prima di morire.


Quel bastardo egoista.


Che ne era del suo ridicolo coraggio Grifondoro?


Che ne era della sua fastidiosissima testardaggine?


Che diavolo ne era del fatto che non poteva essere ucciso?


Ormai aveva già rinunciato a combattere qualsiasi battaglia facendo quella dannata lista, e poi si era quasi fatto uccidere per completare come prima cosa l'attività più pericolosa che c'era, senza uno straccio di piano. Che bastardo.


Come osava rinunciare a combattere quella battaglia? Come osava rischiare la propria vita?


Aveva il dovere di combattere! Era Harry Potter, per l'amor di Merlino!


Sì, era Harry Potter. Ed era Harry Potter ad essere incatenato su un letto in infermeria, e che si stava sottoponendo ad un estenuante trattamento da solo, per colpa di un litigio che era stato Draco ad iniziare.





Fanculo la punizione. Il suo fidanzato aveva bisogno di lui.


.


.


.


Draco riusciva a sentire le urla prima ancora di aprire la porta. Sbrigati ad entrare. Entra. Cazzo, entra!


Tuttavia, la sua mano rimase bloccata sulla maniglia. Ignorò il fatto che stava tremando, e cercò di ignorare anche le urla di disperazione. Dannazione. Aveva visto abbastanza torture l'anno precedente, e non era intenzionato a vederne altre. Avrebbe preferito che lo cruciassero piuttosto che vedere Potter soffrire in quel modo. Ogni. Fottuto. Martedì.


Invocando il suo Grifondoro interiore, anche se l'avrebbe negato perfino sul letto di morte, aprì la porta e sgattaiolò all'interno. Gli era proibito stare nella stessa stanza con Potty, ma la preside non aveva tenuto conto del fatto che non gli aveva ancora restituito il mantello dell'invisibilità.


Come prevedibile, Potter era da solo. Di Madama Chips nemmeno l'ombra.


Le urla erano centinaia di volte peggio mentre guardava il volto contratto di Potter. Maledizione.


Il suo petto si muoveva in maniera convulsa e il corpo era scosso da violenti brividi, si contorceva fin quanto le cinghie gli permettevano di fare mentre urlava. Era un suono di assoluto dolore e paura, che convergevano in un unica grande supplica. Dio, nessuno avrebbe meritato di urlare in quel modo.


Potter urlava per il dolore, strattonando le cinghie. I suoi polsi avevano chiazze bianche e rosse, le fibbie affondavano nella sua pelle lasciando dei tagli, mentre lui cercava di liberarsene. Sembrava che non respirasse; stava strizzando gli occhi e il suo volto diventava sempre più rosso. Dove diavolo era quella dannata strega? Non importava quanto fosse sconvolta, di solito non lasciava i suoi pazienti soffrire in quel modo.


Aspettò alcuni secondi, e quando non la vide comparire, si sfilò il mantello di dosso, correndo verso il letto. Potter era ancora in preda alle convulsioni, e urlava, quindi Draco posizionò le mani tremanti sulle sue spalle, cercando di tenerlo fermo. Riusciva a sentire ogni tremore, e la sua camicia inzuppata sudore.


Merda, merda! Non sapeva cosa fare, non sapeva se dovesse provare a chiamare l'infermiera o cercare soltanto di tenerlo fermo. Del sangue scorreva lungo i suoi polsi, denso, inarrestabile. Cazzo, Draco dovette combattere la nausea che diveniva sempre più forte. Non poteva aiutarlo, non in quel modo. Cosa diamine avrebbe dovuto fare? Perché non insegnavano quel genere di cose a scuola? Sarebbe stato molto, molto più utile di Storia della Magia!


Un altro strattone fece cadere Draco in avanti, il quale ringhiò fra sé e sé mentre tentava di tenergli le spalle ferme contro il letto. Tuttavia, appena lo fece, la testa di Potter iniziò a tremare, la girava da un lato all'altro nel macabro tentativo di staccarsela dal suo stesso collo. Draco fu costretto a togliere le mani dalle spalle per cercare di fermargli la testa. I suoi occhi verdi si spalancarono.


Una sensazione di sollievo invase il suo corpo, gli scappò addirittura un piccolo sorriso, prima di realizzare che quegli occhi non lo stavano guardando davvero. Erano vitrei, come se guardassero attraverso di lui, e nonostante avesse smesso di urlare, il volto di Potter era ancora contratto per il dolore. Il piccolo spiraglio di speranza si trasformò in una sensazione orribile nel suo stomaco, quando l'altro iniziò a farfugliare frasi sotto voce. I suoi sussurri deliranti aumentavano di tono ogni secondo di più. Draco non poté far altro che osservare mentre iniziava di nuovo ad urlare, questa volta strillando parole che rimbombavano sulle pareti della stanza.


“ PER FAVORE! ”


Draco gli diede uno schiaffo.


Forte.


La sua testa fu sbattuta a destra, e le urla si interruppero immediatamente. Aveva un grande affanno, come se avesse corso per tutto il castello; i suoi pugni erano ancora chiusi nelle cinghie, e gocce color cremisi gli scorrevano lungo le braccia.


“ Maledizione, svegliati Potter. ”


E improvvisamente, quegli smeraldi si focalizzarono su di lui. Merda.


Malfoy balzò indietro come se si fosse scottato, ritraendo le mani dal petto tremante del moro. Che compostezza! Era un Malfoy! Delicato e posato in tutte sue azioni, compreso il fottuto controllo dei battiti del suo cuore!

Prima che Potter potesse dire una parola, Draco raccolse il mantello che era caduto sul pavimento e lo fece svolazzare in aria prima di indossarlo.

Aveva fatto la sua parte, aveva aiutato Potty... adesso poteva anche andarsene, prima che il Ragazzo Sopravvissuto realizzasse che il biondo che aveva visto a pochi passi dal suo letto non era solo frutto della sua immaginazione.

“ Hey! N-non andartene! ”


Draco si fermò di colpo.


No. Non doveva voltarsi. A chi importava se la sua voce si era spezzata? A nessuno. Nemmeno ad una singola cazzo di persona. Doveva andarsene. Draco doveva andare via.


“ Malfoy? ”


Draco si voltò indietro per guardare Potter, che cercava invano di sedersi e capire dov'era il biondo. I suoi occhi girovagavano da una parte all'altra della stanza, prendendo nota di ogni singola ombra. Si accorse che la porta era chiusa. Nessuna via d'uscita. Fantastico.


“ Potresti degnarti di rispondere... ”


Draco rimase in silenzio. Non poteva certo rispondergli, no? I Malfoy non erano spesso nel torto, e quando lo erano, non lo ammettevano. Potty avrebbe dovuto soltanto sperare in un miracolo.


“ Bene. S-sei contento adesso? Eh? Era questo che volevi vedere, non è così? Un patetico Potter, fottutamente terrorizzato da una cazzo di pozione! Stronzo! Era la mia lista, razza di coglione! La mia! Che diritto hai di giudicarla!? ”


E così il senso di colpa ritornò.


Draco sospirò mentre Potter digrignava i denti con rabbia. Aveva le guance rigate dalle lacrime. I suoi polsi stavano sanguinando. E per di più era incatenato ad un letto. Di certo non avrebbe potuto tentare di rompere di nuovo il naso di Draco.


“ Non mi è rimasto più nulla, bastardo! ”


“ …Lo so. ”


Draco avanzò leggermente, sedendosi sul letto. Con esitazione, poggiò una mano sul braccio di Potter. Era imbarazzante, lo metteva a disagio e si sentiva ridicolo per quel gesto, ma non rimosse la sua mano. Non ci riusciva.


“ Vuoi spiegarmi perché avevi la sindrome premestruale l'altro giorno? ” E l'atmosfera fu rovinata. “ Se non puoi, allora va' al diavolo. ”


E così fece.


.


.


.


Harry ne aveva avuto abbastanza.


Ne aveva piene le tasche delle prese in giro, delle risate di scherno e dei dannati cori che lo seguivano lungo i corridoi. Era stanco di essere torturato ogni martedì, o dei suoi presunti amici che miglioravano le loro arti magiche, mentre lui se ne stava in disparte ad osservarli con malinconia.


Era stufo di essere così dannatamente debole e patetico, e di incassare tutti i brutti tiri che riceveva. Cazzo, era Harry Potter! Aveva sconfitto il mago più crudele che era mai esistito per essere trattato come una merda tutti i santi giorni?


Ne aveva abbastanza.


E la pietà di Malfoy era la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.


Come si era permesso di prendere la sua lista?


Era di Harry, e di Harry soltanto. Era l'unica cosa che lo trattenesse dal perdere la ragione. E Malfoy pensava di potergliela portare via così facilmente? Doveva passare sul cadavere che sarebbe presto diventato!


Fece il suo ingresso nella Sala Grande per la prima volta dopo giorni, ma mise da parte la compostezza appena la nausea iniziò a farsi strada dentro di lui. Riusciva a malapena a sopportare l'odore del cibo, figurarsi provare a mangiarlo. Come diavolo avrebbe mai potuto completare il Numero Sedici se non riusciva ad avvicinarsi al cibo?


Harry ignorò gli altri tavoli, ma si affrettò verso quello coperto di verde. Neanche loro erano in vena di mangiare, a quanto pareva.


Che diamine stava succedendo? Nessun Serpeverde stava pranzando, giocherellavano soltanto con il cibo. La maggior parte di loro lanciava occhiatacce agli altri tavoli. Erano quasi tutti pallidi in volto. Se Harry non li avesse conosciuti così bene, avrebbe pensato che si sentissero umiliati... ma, erano Serpeverde. Non provavano imbarazzo, o almeno non per molto tempo. E non avevano mai perso nessuna battaglia. Il solo pensiero era ridicolo.


Harry scrutò il tavolo, riuscendo infine ad individuare il biondo, che era seduto nel mezzo. Era ovvio che fosse al centro; doveva sempre attirare l'attenzione! Razza di stronzo, maniaco della melodrammaticità.


“ Non possiamo fare niente, non ancora. ” Stava dicendo alla sua combriccola, massaggiandosi la fronte. “ Non sappiamo chi è stato, e siamo già in una situazione precaria al momento. ”


“ Certo, sicuramente non grazie alle tue liti domestiche con... che vuoi, Potty? ” Harry ignorò Parkinson, tenendo il suo sguardo fisso su Malfoy. Lo irritava il fatto che lei l'avesse chiamato Potty, solamente Malfoy poteva farlo. Detto da qualunque altra persona sembrava che fosse un idiota a dirlo, era un po' come chiamare qualcun altro ' stupido '.


“ Malfoy, ridammela. ” Non gli importava se lo scoprissero; probabilmente ne erano già a conoscenza. Non gliene fregava un cazzo. Avrebbero scoperto cosa stava facendo, che gran bel problema. Ma non avrebbero saputo le motivazioni dietro tutta la faccenda... probabilmente. E in caso contrario li avrebbe semplicemente ignorati; come diceva il suo motto. Se una cosa veniva ignorata, non esisteva. La sua malattia non gli stava facendo del male, i suoi Grifondoro non si stavano comportando da stronzi, e Malfoy non esisteva. Adesso i Serpeverde potevano aggiungersi alla pletora di preoccupazioni immaginarie che aveva creato.


“ Forse se me lo chiedessi gentilmente-? ”


“ Ridammela, se non vuoi che ti faccia del male. ” Herry ignorò le numerose bacchette che gli vennero puntate da sotto il tavolo. Potevano ridere e imprecare quanto volevano; ma davanti ai professori non avrebbero potuto fare molto.


“ Stavo per farlo la scorsa notte, ma la nostra affettuosa riunione non ha avuto il tempo di proseguire. Temo di averla smarrita. ”


Harry si sentì piuttosto calmo mentre sfoderava la sua bacchetta. Non era in una posizione minacciosa, neanche lontanamente. Ma Malfoy assottigliò pericolosamente lo sguardo comunque, pronto a dire la sua. Ma Harry non gliene diede il tempo.


“ Preferirei non dover usare Accio, ma lo farò. Ho già preparato un biglietto piccolo e carino nella mia stanza con su scritto il motivo per cui ho dovuto usare quest'incantesimo, il che non migliorerà di certo la condizione di libertà vigilata in cui ti trovi. Perché non c'è modo che io lasci questa stanza senza la mia lista. ” Dannazione, probabilmente l'avrebbe fatto comunque, a discapito delle conseguenze. Non gli importava se quella lettera sarebbe stata il motivo di una lunga detenzione di Malfoy ad Azkaban; non era solo il salvatore; no, era il salvatore malato. Doveva pur contare qualcosa.


Malfoy non disse una parola, ma guardò Harry dall'alto in basso. I suoi occhi erano glaciali, taglienti. Sembrava pronto ad uccidere, e lo stesso valeva per i suoi compagni, ma tutti sapevano che Malfoy era il più subdolo di tutti. Lui era quello da cui guardarsi, e in quel momento era furioso.


In un batter d'occhio balzò via dal tavolo e spinse Harry contro uno dei muri della sala. Si espresse in lividi sussurri, i suoi occhi non lasciavano mai il volto di Harry.


“ Sei peggio di una ragazzina in piena pubertà con i tuoi continui sbalzi d'umore del cazzo! Scegli un'emozione e limitati a quella! ”


“ Rabbia. ” Ringhiò Harry, spingendo via Malfoy di un passo. Non gli piaceva la loro vicinanza, nemmeno un po'. Nessuno si accostava così tanto ad Harry, non più. “ Scelgo la fottutissima rabbia cieca. ”


“ E che emozione originale. ” Commentò secco Malfoy. “ Non proprio ammirevole, ma senza dubbio originale. ”


“ Dici che non è ammirevole? Da. Che. Pulpito. E tu? Che diavolo hai da essere così arrabbiato? Non sei tu la persona che- ”


Harry sobbalzò quando fu spinto di nuovo contro la parete, e questa volta fu costretto a restarci. Malfoy era livido. “ Stamattina un molliccio è stato rilasciato nella Sala Comune. ” Che diavolo c'entrava con la lista? “ Che cosa orribile, sul serio. Tutti quanti se la stavano facendo nei pantaloni quando all'improvviso il Signore Oscuro è sbucato davanti al camino, con la bacchetta pronta a torturare qualcuno. E lo sai cosa è successo quando sono entrato nella stanza? Riesci a fare qualche ipotesi? ”


“ Stai sprecando il mio- ”


“ Il molliccio ha cambiato forma, Potty. Sei comparso tu nella Sala Comune. Ho visto te, che venivi polverizzato da quel cazzo di Platano Picchiatore, ancora, ancora e ancora. Quindi prova ad immaginare. Fa funzionare quello stupido cervello che ti ritrovi. Perché credi che io sia arrabbiato, Potter?! ”


Harry deglutì a vuoto, guardando la fila di Serpeverde dietro Malfoy. Erano tutti pallidi, nessuno di loro stava mangiando... nemmeno Harry avrebbe mangiato se avesse visto in giro quel mostro senza naso.


“ Rischi la tua vita, per una lista- ”


“ Rischio la mia vita se non completo la lista. ” Disse Hary a bassa voce, ghignando interiormente quando Malfoy si zittì. “ Non lascerò che questa... questa cosa controlli la mia vita. ”


“ Fare un pupazzo di neve? Vincere una partita a scacchi? Non sono traguardi di vita- ”


“ È l'unica cosa che mi impedisce di... ” Harry deglutì nervosamente, “ restituiscimela... e basta. ”


“ Non me ne starò qui seduto a... cazzo, non puoi rischiare la vita, Potter. ” Merda, Malfoy lo stava quasi supplicando. Anche se non l'avrebbe mai ammesso, sembrava esausto. La presa delle sue mani sul colletto di Harry era diminuita, lo teneva stretto a malapena. E Harry vide attraverso la sua maschera.


Non era arrabbiato. Be', sì, lo era. Ma per la maggior parte, era spaventato. Preoccupato.


E il fatto che era stato lui a causare tutto quello, lo uccise.


Cosa avrebbe dovuto dire?


Se ne stavano lì, quasi naso contro naso, schiacciati contro la parete. Harry riusciva a percepire gli sguardi increduli di tutti gli studenti che li bruciavano vivi. Riusciva a sentire l'imbarazzo diffondersi per l'intera stanza.


Malfoy era troppo vicino; si sentiva al caldo... protetto. Poteva sentire il suo respiro sul suo volto, e anche se normalmente era considerata una cosa agghiacciante, aveva scoperto che non gli dispiaceva poi così tanto. Vaniglia.


I suoi occhi si spostarono velocemente sul pomo d'Adamo di Malfoy appena deglutì, con esitazione. Lentamente, tornò con lo sguardo al volto estremamente vicino al suo.


Riuscì a scorgere una traccia di nervosismo negli occhi incredibilmente grigi di Malfoy.


Harry deglutì a vuoto, chiedendosi che fine aveva fatto la sua rabbia nel momento in cui ne aveva bisogno. Probabilmente se l'era data a gambe insieme al suo coraggio, nascondendosi nelle profondità della sua mente, dove non poteva più raggiungerla. Grandioso.


Harry spinse lentamente Malfoy via da lui, con le mani tremanti. Per un momento il biondo non si mosse; si poteva capire dai suoi occhi che non aveva intenzione di farlo. Ma poi, fece un passo indietro.


Era tutto ciò di cui Harry aveva bisogno per divincolarsi, e andare via dalla Sala Grande.


.


.


.


Che diavolo era successo?


Il suo cuore non aveva ancora smesso di battere. Era certo che Malfoy stava per...


No. No, si sbagliava. Si odiavano. Erano a malapena amici. Qualunque... qualunque cosa fosse, non poteva accadere. Era malato, per l'amore di Merlino!


Harry sbatté la testa sul banco, passandosi le mani fra i capelli. Non era successo, non sarebbe successo... non voleva che succedesse?


No! Pensieri pericolosi, Harry! Doveva smetterla!


Oh, Dio, sarebbe stato insopportabile. L'inferno. Una tortura vera e propria.


Che gli prendeva? Era Malfoy... un ragazzo. E l'aveva quasi...!


Be', ecco come era andata a finire la loro amicizia straordinariamente felice.


Harry nascose il volto fra le mani quando la porta dell'aula si aprì, e gli studenti iniziarono ad entrare. Era certo che la sua faccia era ancora di un rosso brillante, e che lo diventava di più ogni momento che passava. Forse poteva sgattaiolare via e andare in infermeria? La nuova insegnante ancora non riusciva a gestire la classe, giusto?


“ Ciao ragazzi! Come state oggi? ” La sua eccessiva allegria non era necessaria. “ Oggi studieremo un incantesimo piuttosto semplice per la maggior parte di voi, data la straordinaria esperienza che già avete acquisito. ” Era un eufemismo. “ Ho trovato un molliccio nei sotterranei- ”


Harry alzò lo sguardo dopo quella frase, ringhiando interiormente per gli sguardi soddisfatti che si diffusero nella classe. Erano i Grifondoro, dovevano essere stati loro. Come potevano provare felicità tormentando in quel modo gli studenti? La cosa stava andando oltre la semplice vendetta.


“ che sarà perfetto per questa lezione. Ora, io so che evocare un Patronus può risultare difficile, specialmente se non c'è un dissennatore nella stanza. Non possiamo prenderne uno in prestito, non è così? ” Metà della classe scoppiò a ridere. Sul serio? Che razza di battuta era quella? “ Ma... ho sentito... ehm... gira voce... che c'è uno studente in questa classe che può trasformare un molliccio in un dissennatore. ”


Harry sospirò interiormente quando tutti gli occhi vennero puntati su di lui.


“ Non sto tentando di costringere questo studente... a fare qualcosa che lui, cioè, lui o lei, non vuole fare. È solo che vedere dal vivo gli effetti di un dissennatore sarebbe un aiuto eccezionale per la lezione. ”


Harry ricambiò il suo sguardo con indifferenza, ascoltandola come il resto della classe. Non l'avrebbe fatto. Non conosceva nemmeno il suo nome. Non aveva prestato nessuna attenzione alle sue lezioni, fino a quel momento.


“ Allora... c'è qualcuno che si offre come volontario? Per contribuire alla lezione? ”


Harry rimase seduto.


“ ...Harry? ”


Alla faccia dell'anonimato. Harry fece un sospiro, stringendo i denti. Davvero non voleva alzarsi. E poi chi diceva che il molliccio si sarebbe trasformato proprio in un dissennatore? Era molto probabile che si sarebbe trasformato nel cadavere di Harry. Oppure in lui, steso su un letto d'ospedale, senza capelli, pallido, emaciato e-


“ Per favore, Harry? ”


Perché non potevano lasciarlo in pace?


Harry sospirò di nuovo, alzandosi lentamente dalla sedia e incamminandosi in fondo all'aula. Gli sguardi lo seguirono, perforandogli la schiena.


L'insegnante aprì una cesta che aveva posizionato sulla cattedra, senza preparare Harry a quel fiume di emozioni. Merda, e se avesse mostrato la sua morte? Non avrebbe saputo gestirlo, non l'avrebbe m-!


La classe divenne gelida, come se tutto il calore fosse stato risucchiato dalla stessa atmosfera. Come se non fosse addirittura mai esistito. Grazie a Dio.


Harry si spostò vicino ad un banchetto abbandonato nelle sue vicinanze, anche se rimaneva sempre la persona più vicina al molliccio. Non poteva allontanarsi troppo, altrimenti avrebbe mostrato le paure di qualcun altro. E dal momento che i Serpeverde erano già stati tormentati quella mattina, non reputava giusto che ci andassero di mezzo loro.


E poi, non gli andava l'idea che un altro Voldemort comparisse nell'aula, ed era molto probabile che accadesse.


Non ascoltò la professoressa mentre spiegava che si doveva pensare al ricordo più felice che si aveva. Fino ad allora, aveva potuto eseguire l'incantesimo alla perfezione. Fino ad allora, non aveva realizzato che non avrebbe mai più visto il suo cervo argenteo correre. Lo ferì più di quanto avesse dovuto, che il suo cervo gli era stato strappato via. Quand'era l'ultima volta ad aver usato l'incantesimo? Avrebbe dovuto rischiare ed eseguirlo di nuovo?


Quando il dissennatore si avvicinò, una nebbiolina argentea riempì la stanza, proteggendo la maggior parte delle persone al suo interno. Essendo l'unica persona senza la bacchetta puntata, il dissennatore si diresse verso Harry.


Era... quella cosa era orribile.


Delle urla gli riempirono la testa, era sua madre in punto di morte. Voldemort era scosso da una crudele risata, che lo scherniva, che lo piegava al suo volere. Poteva vedere il corpo morto di Fred, una montagna di cadaveri, sentire tutte le urla, riusciva ad udire il pianto di Ron, che supplicava suo fratello di tornare indietro, di svegliarsi...


L'aria ghiacciata fu smorzata.


Harry rimase di stucco, e osservò Malfoy, che si trovava al banco accanto al suo. Proprio lì. Come se... l'episodio di quella mattina non fosse mai accaduto. Herry era mortificato. Merda, avrebbe voluto parlare con lui, era Malfoy, non si sarebbe mai lasciato sfuggire un'opportunità simile. Non se era l'occasione perfetta per rendere la sua vita ancora più infernale di quello che era.


Non stava guardando Harry, ma continuava a tenere gli occhi sulla sostanza scintillante che li stava proteggendo dal dissennatore. Ed Harry, che non aveva nessuna voglia di discutere con lui, fece la stessa cosa.


Non si aspettava l'incredibile felicità che lo travolse.


“ Il tuo patronus è un drago? Ma quanto sei vanitoso? ” Ridacchiò, ignorando il dissennatore, o gli sguardi perplessi e indignati dei suoi compagni.


Malfoy lo guardò, aveva le guance leggermente rosate e un piccolo ghigno sulle labbra. “ Invidioso? ”


“ Da morire. ”


Non notò che Malfoy fece scivolare precariamente il foglio di pergamena ripiegato nella sua tasca.

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Capitolo 13
*** Essere un Grifondoro ***


Ciao ragazzi! Ecco a voi la vostra fanfic Dramione preferi- ok scherzavo purtroppo per voi siete nell'inferno Drarry! Buona lettura, e grazie per le bellissime recensioni! Alla prossima!!!

- Panda chan e Malpensante




Capitolo 13 – Essere un Grifondoro






Harry si alzò per la terza volta in un ora, prese la borsa e se la mise in spalla, determinato, quella volta, a lasciare la biblioteca. Probabilmente Malfoy non si ricordava nemmeno che dovevano incontrarsi lì. Forse se l'era dimenticato. Aveva aspettato per un'ora, ma di lui neanche l'ombra. Quello stronzo pensava che fosse divertente, vero? Sprecare il tempo prezioso di Harry.


Rallentò di nuovo, con la mano poggiata sulla maniglia della porta della biblioteca. Malfoy si presentava, che Harry lo volesse o no, ogni martedì sera. Ogni. Santo. Martedì. Che gli costava dire che era semplicemente impegnato o che si sentiva imbarazzato, proprio come Harry?


Nessuno dei due si era scusato per il loro litigio. Harry stava ignorando la cosa, come faceva con tutto il resto. L'unico indizio che Malfoy gli aveva dato per fargli capire che in qualche modo era dispiaciuto, anche se non si sarebbe mai degnato di dirlo a voce, era il fatto che, il giorno prima, aveva trovato la sua lista piegata accuratamente nella tasca. Poteva essere stato solamente lui, e quel gesto parlava molto più di quanto Malfoy avesse mai potuto fare... be' almeno senza dover uccidere Harry subito dopo.


Nessuno dei due aveva menzionato nemmeno il momento di assoluta tensione nella Sala Grande.


E nessuno dei due l'avrebbe fatto.


Harry si morse il labbro con esitazione, stringendo la presa sulla maniglia. No. No! Non si sarebbe convinto a tornare di nuovo al suo tavolo. Aveva già deciso che non avrebbe aspettato un secondo di più. Aveva atteso, come prevedeva l'accordo con Malfoy... ma non era assolutamente colpa di Harry se si era dimenticato di dirgli l'ora dell'incontro.


…Si sarebbe pentito di andarsene?


Maledicendo la sua serie di pensieri assolutamente irritanti, Harry si incamminò di nuovo verso il tavolo, gettandovi in malo modo la sua borsa. Avrebbe aspettato altri dieci minuti, e se non si fosse presentato, allora poteva dimenticarsene.


Dio, ma poi perché si stava incontrando con Malfoy? O lo derideva, o gli faceva pensare di essere stupido. Ogni dannata volta che apriva bocca. Quello stupido Universo se la stava proprio spassando.


Alla sua destra scoppiarono delle risate. Alcune ragazze, per nulla abituate al silenzio che c'era di solito in biblioteca, stavano ridendo come matte al suo lato sinistro, con la gioia stampata sui loro giovani volti. Harry distolse velocemente lo sguardo, rivolgendolo invece ad un gruppo di ragazzi che stavano ridacchiando piuttosto rumorosamente. Cercavano di nascondere dalla rigida bibliotecaria qualunque cosa stessero leggendo, con i volti arrossati e le espressioni supplichevoli. Più il là, alcuni Corvonero stavano studiando molto intensamente, e di tanto in tanto uno di loro sussurrava qualcosa ad un'altra per farla sorridere.


Quella stretta al cuore era ritornata, e improvvisamente tirar fuori i libri dalla borsa divenne un'attività molto interessante. Perché era invidioso di persone che nemmeno conosceva?


Harry si bloccò, fissando la mappa nella sua borsa. Be', almeno avrebbe potuto capire dove fosse, o se avesse intenzione di presentarsi. La tirò fuori, sussurrò la parola d'ordine e iniziò ad analizzarla. Faceva meglio ad avere una buona ragione per essere così in ritardo. Se era stato affatturato o si trovava nell'infermeria, bene. Se aveva dormito troppo allora poteva anche andare al diavolo.


Harry era sveglio dalle cinque di quella mattina, era rimasto a fissare con sguardo torvo il soffitto della sua stanza. Non riusciva a prender sonno, non senza avere incubi. Quindi dormire era diventato superfluo. Aveva preferito invece recarsi in biblioteca, mentre tutti gli altri erano a colazione, ed era rimasto nascosto lì per tutto il tempo. Procrastinando e cercando di non pensare all'imminente test di Pozioni. Il suo cubo di Rubik aveva due lati completi; doveva pur essere un buon segno.


Ma dov'era?


Harry aveva letto di un incantesimo abbastanza subdolo durante l'estate; avrebbe funzionato piuttosto bene contro quel biondino vanitoso. Cambiava il colore dei capelli... in modo permanente. E in più, la fattura non poteva essere rimossa finché chi l'aveva lanciata non lo riteneva opportuno. E Harry pensava che quel biondino sarebbe stato una meraviglia con dei capelli rosa fiammante.


Harry si accigliò, ricontrollando la mappa. Non riusciva trovarlo. Non era con i suoi amici nella Sala Grande, l'Infermeria era vuota, tranne che per la McGranitt e Madama Chips che camminavano fianco a fianco. Harry pensò che non fosse un buon segno, poi tornò ancora con lo sguardo alla mappa. I Tassorosso erano sul campo di Quidditch ma sfortunatamente non avevano spettatori, e nella Sala Comune Serpeverde c'era solo un gruppetto di persone che non conosceva. Dov'era?


Harry percorse con lo sguardo il tragitto verso la biblioteca, chiedendosi se non stesse attraversando i corridoi... e folgorò la pergamena sbiadita con un'occhiataccia. Un puntino mostrava ' Harry Potter ' che sedeva apparentemente da solo nella biblioteca, e proprio di fronte a lui, allo stesso dannato tavolo, era seduto ' Draco Malfoy '.


Harry piegò la pergamena, borbottando la frase per farla tornare bianca, stracciò un foglio di carta e lo appallottolò. Poi, lo lanciò con rabbia verso la testa di Malfoy.


“ Molto divertente. Sul serio, hai davvero un gran bel senso dell'umorismo. ”


“ Be' Potty, sfortunatamente non si può dire lo stesso di te. ” Con un gesto teatrale, Malfoy comparì da sotto il mantello, come se fosse sbucato dal nulla. I Corvonero lo fissarono con le bocche spalancate, ovviamente ignari del mantello nascosto sulle sue gambe.


“ Nessuno sa del mio mantello, e gradirei che continuasse ad essere così. ” Sibilò Harry, guardando Malfoy mentre si avvicinava e gli lanciava il mantello dopo qualche istante di esitazione.


“ Ignorali; probabilmente pensano che mi sia materializzato. E comunque, non mi dispiace affatto che credano che in qualche modo sia riuscito a trascendere le barriere anti-Materializzazione, mi fa sembrare onnipotente, non è così? ” Disse Malfoy strascicando pigramente le parole, per poi ghignare ancora. “ Certo che cambi spesso idea, vero Potty? ”


“ Si può sapere da quanto tempo eri lì? ” Ribatté Harry, senza nemmeno provare a nascondere il suo pessimo umore. Tutt'intorno a lui le persone si stavano divertendo, e lui era lì, ad aspettare quel bastardo anche se in realtà era già arrivato? Aveva altre cose da fare con la sua vita!


“ Ho saltato la colazione, ero già qui quando sei arrivato. ” Malfoy ghignò ancora, alzando un sopracciglio. “ Perché? Non ti starai mica pentendo di avermi invitato qui, vero? ”


Harry lo folgorò di nuovo con lo sguardo, incrociò con indignazione le braccia e allontanò la sua sedia da quella di Malfoy. Quello stupido stronzetto, come osava cercare di utilizzare la lista contro di lui?


“ Devi proprio fare l'antipatico ogni volta che parliamo? ”


“ E tu devi proprio fare il bastardo? ” Commentò sarcasticamente Malfoy, con un ghigno sulle labbra. Non era nemmeno lontanamente offeso per essere stato insultato. Accidenti a lui. Perché doveva sempre averla vinta?


“ Codardo. ” Mormorò Harry, allungandosi per tirar fuori il cubo di Rubik. Sarebbe riuscito a risolverlo, se solo avesse scoperto come muovere gli altri lati senza rovinare quelli già completati.


“ Deficente. ” Harry fu sorpreso da quella pigrissima risposta a scoppio ritardato. Malfoy non sembrava essersela presa. Infatti aveva quella dannata aria di sfida nei suoi occhi... e perché mai Harry avrebbe dovuto tirarsi indietro?


“ …Egoista. ”


“ Che offesona. ”


“ Ci provo. ” Harry non riuscì a trattenere il sorriso che si stava insinuando sulle sue labbra, e sospettava che anche Malfoy fosse nella stessa situazione.


Scrollò le spalle, gli venivano in mente solo gli insulti più comuni. “ Farabutto. ”


“ Gretto. ”


“ Hippy. ” Ouch. Harry si accigliò, doveva pensarne una in fretta. I. I...


“ Ingrato. ”


“ Jettatore. ”


“ Killer. ”


“ Lunatico. ”


Cazzo, era difficile. E sembrava che Malfoy si stesse divertendo fin troppo ad insultare Harry. Cosa poteva mai trovarci di divertente? “ Maniaco. ”


“ Nullafacente. ”


“ O... orangutan! ” Riuscì a dire Harry, sentendosi arrossire velocemente. Era l'insulto più stupido che avesse mai sentito, e dalle risate di Malofy, era evidente che pensava la stessa cosa.


Orangutan? Sul serio? ” Scoppiò, cercando di controllare le sue risate. Harry riusciva a percepire occhiate di stupore provenire da tutta la sala. Quel Draco Malfoy stava... ridendo? L'apocalisse era alle porte. “ Perdente. ”


“ Queen. ”


“ Ritardato. ”


S. Oh, ce n'erano così tanti con la ' S ' fra cui scegliere. “ Serpeverde.”


“ Questo qui è un complimento. ” Ghignò Malfoy, che alzò le sopracciglia quando Harry fece roteare gli occhi. Davvero, non lo era. Se solo Malfoy avesse saputo che era uno degli insulti più popolari fra le altre case. “ Troglodita. ”


“ Utilità zero. ” Non era vero, ma poteva usarlo comunque. Quanti insulti potevano mai esserci con la ' U '?


“ Vanker. ”


Che? ” Per l'ennesima volta, Harry stava quasi per cadere dalla sedia. Forse era stato l'accento che Malfoy aveva utilizzato, o forse il fatto che le sue guance si erano colorate di rosa. In ogni caso, la felicità stava invadendo il suo corpo. Si sentiva... felice.

“ È il modo in cui i Russi che hanno imparato l'inglese come seconda lingua pronunciano ' wanker ', che significa testa di cazzo . ” Come riusciva a spiegarlo con un'espressione così seria?


“ Okay. Bene. Tu, razza di wanker. ”


“ Xlimpy... uno dei miei elfi domestici. ” Aggiunse Malfoy non appena Harry aprì bocca per ribattere. Stava proprio raschiando il fondo del barile, eh?


“ Yesterday's bad boy. ”


“ Zero. ”


Si fissarono l'un l'altro, entrambi avevano un ghigno stampato sulla faccia e cercavano di contenere la felicità che voleva semplicemente esplodere. Harry non avrebbe mai potuto fare una cosa del genere con Hermione, o Ron; si sarebbero facilmente offesi.


“ Sei un tale idiota. ”


“ Scemo. ”


Ridacchiando, Harry tornò al suo cubo di Rubik. Era davvero arrabbiato prima?


Riuscirono a lavorare in silenzio per i pochi minuti successivi; Malfoy era immerso nello studio e Harry procrastinava.


“ Ci sono due volte. ”


“ Ci sei due volte dove? ” Harry distolse lo sguardo dal cubo di Rubik, ed era sicuro di avere la parola ' confusione ' stampata in fronte.


“ Sulla tua lista. Ci sono due volte. ” Malfoy finalmente alzò lo sguardo dal suo libro, con la maschera in posizione. “ Perché? ”


“ Non ci sei. ” Di quello Harry ne era certo. Non si sentiva più sicuro quando era con Malfoy, non dopo quell'episodio nella Sala Grande. Ogni parola di Malfoy gli entrava in un orecchio e usciva dall'altro. Ogni volta che si muoveva, Harry si ritrovava a sobbalzare per il nervosismo. Il suo dannato stomaco era fuori controllo, si contorceva ed era sottosopra. Lo stava facendo impazzire.


“ Sì, ci sono. ”


“ No, non ci sei. ” Era la lista di Harry, dopotutto. In teoria avrebbe dovuto saperlo. “ Sei nel Numero Ventidue. Non sei poi così in alto, no? ” Non riuscì a trattenersi dal mandargli una frecciatina, e, naturalmente, il ghigno di Malfoy era già in posizione.


“ Almeno sono riuscito a guadagnarmi un posto nella lista; vedo che la Donnola non ci è riuscita. ” Sì, be'... forse doveva aggiungerlo? Per diventare di nuovo amici come prima... no. Non poteva. Avrebbe cancellato tutti i suoi buoni propositi di allontanarli. “ In ogni caso, ci sono due volte. ”


Harry tirò fuori la pagina di pergamena dalla sua tasca, analizzando la lista. L'aveva memorizzata, quel dannato coglione non c'era.


“ Suppongo che Mago o Mezzosangue implichi la mia presenza, dal momento che è chiaramente un gioco Serpeverde. ”


“ Questo non significa che ci sei due volte. ”


“ Visto che il gioco è di mia invenzione, sì, di fatto ci sono. ” Sogghignò Malfoy, ma i suoi occhi non mostravano la stessa cosa. Faceva fatica a mantenere quel ghigno, perché le sue labbra si stavano curvando in su per il divertimento. “ Tre volte, se calcoliamo quello sugli scacchi dei maghi. ”


“ ...Sei bravo a scacchi? ” Harry aveva bisogno di uno sfidante facile da battere, qualcuno contro cui avesse la possibilità di vincere. Con un po' di ottimismo un nato babbano, che non aveva mai giocato a scacchi prima.


“ Ti distruggerei. ” Disse Malfoy strascicando pigramente le parole e facendo un altro segno sui suoi appunti. “ Ed è il massimo della modestia che posso usare. Prova con Blaise; è negato. Potrei insegnare al mio gufo a giocare meglio di lui, infatti, l'ho già fatto. ” Certo, come no, perché Harry poteva facilmente avvicinarsi a Zabini e sfidarlo a giocare a scacchi. Sicuro.


Malfoy diede un' occhiata al cubo, e infine il disprezzo si fece strada sul suo volto. “ Dimmi, hai la minima intenzione di iniziare a studiare Pozioni, o vuoi continuare a sprecare la tua esistenza? Preferisci la seconda? ”


“ Sprecare la mia esistenza... come per esempio rimanere tutta la mattinata seduto lì a spiarmi? ” L'occhiataccia che gli lanciò non fu piacevole.


Harry sospirò, sforzandosi di tirare fuori i libri. Sì, voleva passare Pozioni quell'anno; era l'unica materia che gli permetteva di partecipare alle lezioni. Se voleva studiare per il test? Era incentrato sulle pozioni inutili del tredicesimo secolo. A chi sarebbe mai piaciuto studiare per quel test?


Fece un verso d'indignazione quando Malfoy tirò verso di lui un foglio di pergamena, e tornò ai suoi compiti solo quando si fu assicurato che Harry avesse preso la sua penna. Sul serio, a volte poteva essere dispotico come Hermione quando si trattava dei compiti.


.


.


.




Punizione nel fine settimana. Ma quanto poteva essere vendicativa la McGranitt?


Voci gioiose, urla e risate riecheggiavano fra le mura del castello. Stava nevicando quel giorno, quindi tutti ne avevano approfittato per fare un combattimento con le palle di neve. Harry riusciva vederli dalla finestra mentre correvano, si colpivano a vicenda e fingevano che non si sarebbero beccati una polmonite. Sembrava divertente.


Tornò con lo sguardo sul suo foglio, e alle tre pagine che aveva già completato. La sua mano iniziava ad indolenzirsi. Sul serio, quanto pensava che potessero scrivere sulle tecniche per trasformare un topo in una forcina per capelli? C'era solo quello da dire. Harry aveva già iniziato a ripetersi. Era noiosissimo.


Guardò in fondo alla stanza, dove la McGranitt stava firmando dei documenti con un'espressione corrucciata. Sembrava ignara di quello che stavano facendo; dannazione, Harry aveva passato gli ultimi dieci minuti a guardare fuori dalla finestra e lei non aveva detto una parola.


Malfoy era seduto accanto a lui, come sempre. Sembrava che pensasse che farli stare vicini li avrebbe irritati, dato il loro litigio. Ah, quanto si sbagliava.


Ogni volta che Malfoy si spostava, gli occhi di Harry erano su di lui. Ogni volta che Harry lo fissava, il loro sguardi si incontravano. Ogni volta che Harry smetteva di scrivere per così tanto tempo da attirare l'attenzione della McGranitt, Malfoy gli dava un calcetto per ricordargli che li stava controllando. Insomma, probabilmente era il peggior sbaglio che la McGranitt avesse mai potuto fare. Lo stomaco di Harry si stava stringendo all'inverosimile, capovolgendosi e comportandosi in modo strano. Voleva solo che si fermasse; non era per niente nervoso, quindi perché il suo stomaco era così strano?


Malfoy gli tirò un altro calcio, e ghignò perché Harry per pelo non cadde dalla sedia. Dannazione, qualche avvertimento sarebbe stato carino. La McGranitt non lo stava nemmeno guardando in quel momento!


Aveva tutta l'intenzione di restituirgli il calcio, preferibilmente più forte, ma Malfoy fece scivolare una delle sue pergamene verso di lui. A malapena si mosse, ma fu abbastanza per catturare l'attenzione di Harry.


- Tutto questo è divertente quanto sgozzarsi da soli. -


Se li avesse beccati, Malfoy sarebbe stato massacrato. Harry dovette sforzarsi di mantenersi composto, e gettò un occhiatina alla McGranitt prima di scrivere su uno dei suoi foglietti.


- Pensavi che scontare la punizione sarebbe stato divertente? -


Sembrava che Malfoy non avesse nemmeno guardato il biglietto, ma ghignò. Si mosse leggermente, e prima di rispondere al messaggio si stiracchiò le mani. Non guardò neanche la preside; col senno di poi, avrebbe dovuto farlo. Nessuno dei due aveva notato che d'improvviso avevano attirato la sua attenzione.


- Con te qui, sì. -


Harry ne fu sorpreso. Era un complimento. Malfoy non si faceva mai sfuggire complimenti.


- Vuoi venire ad Hogsmeade domani? -


Be', quello era ancora più inaspettato. Harry si accigliò, guardando Malfoy. L'altro ricambiava il suo sguardo, con un' aria di sfida nei suoi occhi argentei. Perché avrebbe dovuto voler andare ad Hogsmeade? Certo, incontrarsi all'interno del castello andava bene. Ma uscire insieme rendeva la loro amicizia molto più reale.


“ Signor Malfoy, per favore, si sposti al banco qui giù. Siete in punizione, non in Sala Comune. ” Harry sobbalzò appena sentì quella voce, e rabbrividì quando i biglietti fluttuarono infondo alla stanza. Li lesse con la fronte aggrottata, soffermandosi un po' troppo tempo su ogni frase. “ Signor Malfoy, non voglio ripetermi. ”


Harry deglutì nervosamente mentre lei continuava ancora a leggere la loro conversazione in miniatura. Non poteva essere poi così interessante, no?


Malfoy sospirò teatralmente, e raccolse le sue cose mentre si preparava a spostarsi. Il rumore sembrava fin troppo forte per quella stanza così silenziosa. Il calore della persona seduta al suo fianco iniziò pian piano a svanire.


Doveva andarci? Non era ancora stato ad Hogsmeade quell'anno. Bere qualcosa al pub non sarebbe stata una cattiva idea. Racimolando tutta la sua determinazione prima che si dileguasse codardamente come succedeva spesso negli ultimi tempi, Harry fissò la schiena di Malfoy finché non si voltò. Sapevano sempre quando uno dei due fissava l'altro; avevano una specie di sesto senso. Di solito era inquietante, ma in quel momento tornò abbastanza utile.


Harry annuì, e abbassò velocemente lo sguardo quando Malfoy sorrise. Avrebbe fatto iniziare una catena di ghigni e sorrisi che la McGranitt non avrebbe apprezzato mentre scontavano la sua punizione.


Mmh. Che altro poteva scrivere su quella stupida forcina per capelli? Delle decorazioni? Della sua inutilità?


Harry allungò la mano quando un aeroplanino di carta atterrò sul suo banco, e fece un colpetto di tosse per coprire velocemente il suo rumore. Dannazione, ma Malfoy non aveva neanche un briciolo di discrezione? Non sapeva che non doveva tirare troppo la corda dal momento che la professoressa era già irritata?


Entrambi lo stavano guardando. La McGranitt con circospezione e Malfoy con un'espressione divertita. Quello stronzo se la stava ridendo lì giù, e lei non aveva fatto una piega!


Lentamente, un po' alla volta, Harry iniziò a spiegare l'aeroplanino di carta. Era difficile, quando c'era una professoressa che analizzava tutti i suoi movimenti, e con quell'espressione di colpevolezza stampata su tutta la faccia.


- È un appuntamento. -





Merda.


.


.


.


Harry era un fascio di nervi. Le sue mani erano sudatissime, si sentiva come se le sue guance fossero diventate perennemente rosse e il suo stomaco era sottosopra per il nervosismo. Che diavolo gli stava succedendo?


Era solo un'uscita con un suo amico, no? Solo due amici che si divertivano fuori scuola. Non era un appuntamento appuntamento, giusto? Malfoy non la vedeva mica in quel modo?


Accidenti... che si indossava per un non-appuntamento? Harry si era cambiato la maglia tre volte... tre dannatissime volte! La prima era una normale maglia rossa, ma Malfoy avrebbe avuto sicuramente qualcosa da ridire a riguardo. La seconda aveva un buco; e venne scartata come quella precedente. L'ultima non lo convinceva, era un regalo di Natale, ma non l'aveva mai indossata. Si potevano addirittura vedere le pieghe nei punti in cui era stata piegata.


Neville stava guardando la scena con divertimento, e infine gli aveva fatto notare una cosa ovvia; stava nevicando. Avrebbe dovuto comunque indossare una giacca, no? Ed ecco che sorgeva un altro problema... aveva solo pochi cappotti. Uno era di Dudley, ed era fin troppo largo per lui e lo faceva sembrare un dodicenne. L'altro era rosso. Il che, naturalmente, significava che Malfoy avrebbe avuto qualcosa da ridire.


Harry strinse fra le dita il maglione, un ondata di nostalgia lo travolse. Era l'ultimo che la signora Weasley gli aveva cucito. Probabilmente l'ultimo che gli avrebbe mai cucito.


Decise di indossarlo.


Non passava mai così tanto tempo a scegliere cosa indossare... perché lo stava facendo? Si sentiva così stupido. Non era nemmeno un appuntamento!


' È un appuntamento '





Perché mai aveva scritto una cosa del genere? Provava qualche sorta di sordido divertimento nel giocare con le emozioni di Harry?


“ Calmati, Harry, sono sicuro che qualunque cosa tu scelga di indossare non sarà un problema per lui. ”


Quell'intervento fu totalmente apprezzato. “ Non mi importa di quello che pensa. Cosa te l'ha fatto pensare? Sul serio, ti sembra che mi importi qualcosa di Malfoy? ” Harry ignorò il fatto che Neville alzò le sopracciglia, e si passò invece una mano fra i capelli. “ Non è un appuntamento. ”


“ Andiamo, sono sicuro che avrete passato una montagna di tempo insieme. Cosa c'è di nuovo questa volta? Non stai facendo nulla che non sia già successo prima. ”


Era vero?


Le uniche volte in cui avevano delle conversazioni serie era quando Harry era incatenato ad un letto dell'infermeria. O quando la magia lo faceva star male. Oppure quando si avvicinavano per prendersi in giro, mandarsi frecciatine, o litigare. Ma quel giorno sarebbe stato completamente diverso!


Il tragitto fino alla Sala Grande fu come andare al patibolo. Neville decise di accompagnarlo, con la scusa di dover andare a colazione. In realtà, Harry era sicuro che volesse dare un'occhiata tanto per farsi una risata; il suo volto non era ancora tornato ad una tonalità che si potesse definire normale. Che cazzo di problemi aveva il suo corpo? Perché insisteva col volerlo umiliare?


“ Dagli semplicemente un bacetto, trasfigura dei fiori per lui e vedrai che non sbaglierai. ”


Non è un appuntamento! ” Ew. Anche il solo pensiero di dare a Malfoy dei fiori avrebbe potuto procurare ad Harry un pugno ben assestato sul naso. Non sarebbe mai accaduto.


Harry riuscì finalmente ad arrivare nella Sala Grande, e tirò un sospiro di sollievo quando vide che Malfoy non era ancora lì. Forse se n'era dimenticato? Non sapeva se essere felice o irritato di quell'eventualità, quindi optò per rimanere neutrale e appoggiò la schiena contro il muro mentre chiacchierava con Neville. Grazie a Dio gli era rimasto un amico; sarebbe stato imbarazzante aspettare da solo in quella sala così enorme, girandosi i pollici e contando i minuti che passavano; l'emblema di una persona ' disperata per la comunicazione '.


“ Excuse moi. ” Harry si voltò subito a destra quando sentì quel pesante accento francese, il suo sorriso diminuì leggermente quando gli si parò di fronte quell'idiota dell'altro giorno che provò a sorpassarlo. Non era nemmeno tanto più alto di lui. Avrebbe probabilmente avuto la meglio in un combattimento, se ci pensava bene. Perché non aveva reagito quando l'aveva fatto inciampare? Tralasciando la sua solitudine, la depressione e quanto si sentiva vuoto in quel momento, Harry non riusciva proprio a capire perché non aveva agito da Grifondoro, tirando fuori la sua bacchetta e affatturandolo fino all'inverosimile.


Il Serpeverde lo fissò con rabbia, e arricciò le labbra come se stesse ringhiando. Non era così attraente, a dirla tutta. Probabilmente era un parente di Tiger o Goyle... il che avrebbe almeno spiegato il perché di tanto astio nei confronti di Harry.


A Harry non fregava nulla di quello studente del settimo anno; niente poteva scocciarlo in quel momento. Questo finché il ragazzo non rivolse lo sguardo oltre la spalla di Harry, sbarrando gli occhi con terrore. Impallidì più velocemente di quanto Harry credesse possibile, alzando le mani in un gesto di difesa. “ N...non ho fatto nulla! Lo giuro! ”


Che?


Harry si accigliò confuso, e scambiò uno sguardo di perplessità con Neville. Non avevano detto una parola; perché quel Serpeverde era impallidito per la paura? Stava addirittura sudando come se fosse sotto interrogatorio. Intuendo che fosse stato qualcun altro a spaventarlo, Harry si guardò intorno, curioso di vedere chi fosse riuscito a provocare una tale reazione...


Malfoy era appoggiato al muro di fronte, con le sopracciglia alzate.


Ah. Quello spiegava tutto.


“ Smettila di terrorizzarlo. ” Esclamò Harry, e sorrise quando Malfoy ebbe la faccia tosta di mettere su un'aria di innocenza. Era più verosimile che iniziasse l'apocalisse. “ Non ha fatto molto a parte fissarmi. ”


“ Avrebbe fatto meglio a non farlo. ” Rispose semplicemente il biondo, dirigendosi pigramente verso le porte. “ Dovrei ucciderlo. ” A Harry scappò una risata; sì, certo, come no. Si voltò verso Neville... ma dove diavolo era?


Harry ne rimase confuso; dopo quella piccola conversazione, sia il Serpeverde che Neville si erano volatilizzati. Come se si fossero smaterializzati.


“ Seguimi, Potty. Voglio tornare prima di cena. ” Prima di cena? Che cos'aveva in mente di preciso? Dopotutto non c'era molto da fare ad Hogsmeade. Alcuni negozi, qualche pub... e non c'era davvero nient altro da dire. “ …Sul serio, Potter? Rosso? Non puoi far passare un giorno senza ricordarmi che sei il Principe dei Grifondoro? ”


Visto? Erano quelle le prime parole che avevano lasciato la bocca di quello stronzetto arrogante.


“ Disse il Principe dei Serpeverde? ”


“ Non vado mica in giro mettendo in mostra i miei colori. ”


Indubbiamente, Malfoy aveva solo un largo cappotto; di verde neanche l'ombra. Quel bastardo, aveva già iniziato una competizione fra di loro. E non avevano nemmeno varcato le porte del castello.


Harry sospirò, seguendo Malfoy in quella fredda giornata. Fu piuttosto imbarazzante, camminare giù per la collina verso il piccolo villaggio. C'erano coppiette ovunque, che quasi fremevano all'idea di passare un po' di tempo insieme. Harry aveva difficoltà a camminare nella neve fresca, visto che ci affondava dentro fino al ginocchio. I suoi pantaloni erano già zuppi; il gelo stava penetrando nelle sue ossa, cercando quasi di mandargli in cancrena le gambe. Grandioso.


“ La squadra Grifondiota sembra cavarsela malissimo senza te come cercatore. ”


Harry ne fu sorpreso; sulle sue labbra era già comparso un sorriso. “ Questo era per caso un giro di parole per complimentare le mie abilità? ”


Malfoy non sembro turbato; si limitò a rivolgergli una pigra occhiata, alzando le sopracciglia. Non era tenuto a rispondergli, ma lo fece comunque. Harry ipotizzò che gli piacesse sentire il suono della sua voce. “ Mai. ” Almeno aveva avuto tatto. “ Sto semplicemente portando alla tua attenzione il fatto che i Grifondoro stanno elargendo a noi Serpeverde un'infinita quantità di divertimento ogni singola volta che si allenano... nonché ogni volta che vediamo le loro facce. Sii sincero, hai visto la Weaslette mancare il boccino durante l'ultima partita? Le ha svolazzato intorno all'orecchio per la maggior parte del tempo, prendendola in giro, ma lei ha le capacità visive di un pipistrello. Perché pensava che il cercatore dei Tassorosso continuasse a fissarla? Credeva sul serio che avesse qualche sorta di morbosa attrazione verso le donnole? ”


Harry scoppiò a ridere; era bello ricordare l'orribile prima partita della stagione di Ginny. Il boccino era sempre a pochi metri di distanza da lei, ma non riusciva mai a notarlo. Continuava invece a fare gli occhi dolci all'altro cercatore, che stava soltanto tentando di avvicinarsi un po' di più. Era davvero patetico; aveva tirato alzato immensamente il morale di Harry.


“ Onestamente, i Tassorosso che battono i Grifondoro. È stato disgustoso. Ai Serpeverde non importa neanche più del Quidditch, adesso che non abbiamo più degli avversari degni. Pensiamo addirittura di ritirarci dal torneo. ”


Harry rimase a fissare il biondo per capire se lo stesse prendendo in giro. Non poteva essere serio... giusto? No, i Serpeverde non si sarebbero mai ritirati... ma non sembrava che stesse mentendo. Malfoy ghignò per lo sguardo incredulo di Harry, alzando di nuovo le sopracciglia. “ Non mi credi? ” Si guardò intorno, e fece un ghigno appena intravide un gruppo di alcuni dei suoi compagni Serpeverde. Oh, sperava che non attirasse la loro attenzione...


“ Blaise! ” Harry avrebbe voluto scavare un buco nella neve e nascondercisi quando quattro paia di occhi inquisitori vennero rivolti verso di lui. Probabilmente volevano passare del tempo con Malfoy quel giorno, e invece lui era con Harry... oh, be'... loro avevano anni per stare in sua compagnia. Harry solo pochi mesi. “ Che faranno i Serpeverde con in Quidditch? ”


Zabini si bloccò, accigliandosi leggermente prima di urlargli una risposta. “ Ci ritiriamo! ”


No. Non potevano farlo. Era... un sacrilegio! Nessuno si ritirava mai dal torneo... nessuno.


Deve essere uno scherzo... è assolutamente... ” Harry non sapeva nemmeno cosa dire. Era come se avesse appena scoperto che Babbo Natale non esisteva... anche se aveva sempre e solo portato i suoi regali a Dudley. L'idea era carina. Se i Serpeverde si ritiravano, sarebbe stato davvero stranissimo.


“ Theodore, mi devi venti galeoni. ” Gridò Malfoy, e ghignò appena Nott imprecò e diede un calcio ad un cumulo di neve. I Serpeverde iniziarono a deriderlo. Ma che?


Malfoy si limitò a guardare Harry con un'espressione divertita. Fece schioccare la lingua sul palato, scuotendo tristemente il capo. “ Piccolo, ingenuo Potty... perché mai dovremmo ritirarci quando abbiamo praticamente la coppa in pugno? Grazie per avermi aiutato a vincere la scommessa, comunque. ”


Harry avrebbe dovuto sentirsi seccato, o arrabbiato per il fatto che avevano scommesso su di lui... ma sul serio? Sperava che anche lui potesse divertirsi così. Non trovava il bisogno di arrabbiarsi con il silenzioso Malfoy al suo fianco. “ … se dividiamo la vincita, va bene. ”


“ Blaise ne ha già rubato la metà. ” Rise Malfoy, imboccando una stradina del villaggio. Era strano; era come se fosse più facile parlare con Malfoy che con Ron e Hermione. Infatti lo era. Non doveva stare attento a quello che diceva, nemmeno un po', perché Malfoy avrebbe dato una risposta dieci volte peggiore. Era semplicemente... facile.


Harry lo seguì nei Tre Manici di Scopa, grato che avesse scelto un posto appartato. Non aveva voglia di stare attento ai ficcanaso quel giorno; era una giornata di relax e svago. Forse. Se il suo dannato stomaco si fosse calmato quel tanto da permettergli di godersela; era come se un fascio di nervi stesse ballando il tango nel suo stomaco.


E per di più Malfoy non aveva approvato la Burrobirra. Ed era invece ritornato con una bottiglia piuttosto grande di Whiskey Incendiario, e lo offrì ad Harry che ne bevve un sorso.


Tossì non appena il liquido attraversò la sua gola; non era assolutamente caldo come la Burrobirra, era su tutto un altro livello. Il fuoco non era nulla al confronto.


Harry sorseggiò il suo drink, sussultando ogni volta che ingoiava. Come poteva Malfoy a mandarlo giù con tale facilità; a malapena batteva ciglio, figurarsi sussultare. O era privo di papille gustative, o ne era immune. Cosa che Harry trovava altamente improbabile.





“ Allora... ” Harry dovette trattenere un brivido per quell'inizio frase così da cliché; dannazione, stava solo tentando di scrollarsi di dosso quell'imbarazzante silenzio! “ …c'era qualcosa in particolare di cui volevi parlarmi che non poteva essere detta al castello? ” Ci doveva pur essere qualcosa che voleva dirgli. Non poteva averlo invitato lì senza un motivo.


“ Niente in particolare. ” Okay, a quanto pareva, sì. “ Mi chiedevo solo se ce l'avrei fatta a trascinarti via da quella specie di tana che hai nell'angolino della biblioteca. A quanto pare ci sono riuscito. ”


Non c'era nessuna tana. “ A quanto pare. ” Ribatté Harry secco, e fece roteare gli occhi quando in risposta ricevette solamente un ghigno. Sul serio, perché lo stava fissando? Non ne aveva avuto abbastanza durante le ore scolastiche? “ Quindi... ehm... ”


“ Su, esprimiti, Potty, puoi farcela. ” Malfoy ghignò ancora, i suoi occhi argentei brillavano per il divertimento. Finalmente; era quello che Harry voleva vedere. I suoi occhi erano un libro aperto, proprio come gli altri ritenevano che fosse il volto di Harry; se era divertito, abbassava la guardia. Il Malfoy semplice e amichevole stava facendo la sua apparizione.


“ Non è neanche più un'offesa, sai? ” Malfoy restò solo a guardarlo, con un sorriso che giocherellava sulle sue labbra. “ Cioè, non fai altro che ripeterlo, ma non intendi offendermi... cioè, intendevo... argh, non riesco a spiegarlo. ” Harry si tolse gli occhiali e bevve d'un fiato il drink, ma un secondo dopo lo sputò perché gli aveva praticamente ustionato la lingua. Merda, le persone non potevano bere quella roba per divertimento... era più che altro uno strumento di tortura!


“ Elegante, anche per i tuoi standard. ”


“ Ah, sta zitto. ” Harry fece roteare gli occhi, strofinando un fazzoletto sulla lingua. Accidenti, stava facendo la figura del coglione. “ Quello che intendevo dire era che non è più un'offesa. ”


“ Non intendevi dirlo, lo hai detto. ”


“ Smettila di provare a confondermi! ”


“ Non ho bisogno di provarci. ”


“ Okay, okay! Ho capito; sei Draco Malfoy! Onnipotente, superbo, e perfetto in ogni modo possibile ed immaginabile! ”


“ E non osare dimenticarlo. ”


Harry rise, giocherellando col suo bicchiere vuoto. Quel bastardo, doveva sapere cosa stava cercando di dire. Harry non era un idiota, nemmeno lontanamente. Non come Malfoy stava tentando di farlo apparire. Non doveva spiegare ogni frase.


Malfoy non cercò di mettere in piedi una conversazione. Se ne stava solamente seduto di fronte ad Harry, di tanto in tanto sorseggiava il suo drink... e lo fissava. Quei dannati occhi grigi osservavano ogni suo movimento; era snervante quanto potessero essere attenti, soprattutto considerando il fatto che il loro proprietario non ci stava andando leggero con i drink.


Harry si guardò intorno, sospirando interiormente. I Serpeverde non sembravano molto contenti in quel momento. O almeno, Parkinson non lo sembrava. Se ne stava seduta dall'altro lato del locale con i suoi amici... ma aveva evidentemente allontanato la sedia in modo da bloccare il passaggio con le braccia incrociate, e fissava il loro tavolo. Era impossibile dire verso chi provasse tutto quel disprezzo, ma Harry scommetteva che si trattasse di lui.


“ I tuoi amici non hanno l'aria così contenta. ”


“ Ignorala. ”


“ Non ti ho detto chi era. ” Harry ghignò quando Malfoy alzò gli occhi al cielo. Non si era nemmeno voltato.


“ Prova a dimostrarmi che mi sbaglio, Potter. Ci scommetto i galeoni che ho appena riscosso. ” Accidenti a lui. Ricambiò il ghigno, scuotendo leggermente il capo. “ Scommetto che sta tamburellando il piede. Ha le braccia incrociate? E sembra che stia per castrare qualcuno? ”


Harry la guardò di nuovo, prendendo nota dei suoi occhi ridotti a due fessure e del suo piede che iniziò a tamburellare contro il pavimento in legno. Be' era assolutamente terrificante. “ Potrebbe darsi. ”


“ Non c'è nessun ' potrebbe '. Aspetta che qualcuno le chieda di spostarsi, e lei lo castrerà. Scommetto su Thomas. ”


“ Ok, sei dentro. Io scommetto che non sarà Dean. ” Avrebbe fatto meglio a cancellare qualcosa dalla lista mentre era lì, giusto? “ Stai per essere cancellato dalla mia lista, Malfoy. ”


“ Non ci conterei. ” Harry non era sicuro se avrebbe dovuto sentire quella risposta, quindi optò per ignorarla. Come sempre. E comunque perché l'aveva sussurrata? Era un tantino strano.


“ Pensi di trascorrere il Natale a casa tua? ” Chiese Harry d'impulso, smorzando ancora una volta il silenzio. A Malfoy doveva esser sembrato strano quell'improvviso cambio di conversazione, ma non disse nulla al riguardo. Non ancora.


“ In verità, rimarrò qui. ” Sembrava impassibile, ma il suo sguardo si inasprì improvvisamente. Dannazione, non erano quelle le intenzioni di Harry. “ Non ho molta voglia di tornare a casa quest'anno. ”


“ Perché? ”


Oh, fra tutte le domande stupide che poteva fargli! Stupido! Stupido!


Harry avrebbe voluto spararsi un colpo in testa seduta stante. Era ovvio che Malfoy non volesse tornare a casa. Forse la magia gli stava danneggiando il cervello.


“ Cioè... scusa, non devi- ”


“ Non mi sembra giusto. ” Malfoy lo interruppe, con un bagliore negli occhi. Era sulla difensiva; una parola sbagliata e si sarebbe trasformato in una serpe meglio di un animagus. “ Non è più come prima. ” Certo che non lo era, con un padre pazzo che viveva lì per la maggior parte dell'anno. “ Suppongo che dovrò fare la mia parte di volontariato e tenerti compagnia per il Natale. ” Avrebbe dovuto innervosirlo; ma un senso di colpa si insinuò nel suo stomaco, e certamente anche sul suo volto.


“ Uh... sì, forse... ” Gli occhi di Malfoy scattarono su di lui, chiedendogli spiegazioni prima ancora che proferisse parola. “ Intendevo che... farò visita ai miei parenti quetso Natale. Voglio solo cercare di aggiustare le cose fra di noi... ”


“ Non andate d'accordo? ” Come faceva Malfoy a non saperlo? Certo, sapeva che Harry non tornava mai a casa per Natale, ma com'era che non avesse mai sentito nessuna voce sui Dursley? Credeva che il biondo sapesse già qualcosa; qualcosa a proposito del fatto che si detestavano. Ma a quanto pareva non era così, considerando l'aria di curiosità che si stava insinuando negli occhi di Malfoy.


“ Io... non ne ho idea, in realtà. Con mio cugino era tutto a posto l'ultima volta che l'ho visto... e penso che mia zia fosse pentita... meglio di niente, no? ” In verità, Harry stava contando i giorni che mancavano con timore; doveva dire loro della sua... malattia. E a loro sarebbe importato; aveva vissuto con loro per tutta la sua vita, non c'era alcun dubbio che gli importasse. Sarebbe stato solamente difficile dare loro la notizia.


Restarono in silenzio per un po' di tempo, sorseggiando quel disgustoso drink. Un'atmosfera opprimente era calata su di loro, ed era evidente a tutti in quel locale, considerati gli sguardi puntati su di loro e le persone che li indicavano. Pansy sembrava esserne contenta.


“ Ho qualcosa che ti tirerà su. ” Disse tutt'a un tratto Malfoy, mandando giù le rimanenze del suo drink e e indossando di nuovo il cappotto. Sembrava improvvisamente nervoso, ma cercò di dissimularlo con una risata. “ Volevo serbarlo per dopo, preferibilmente dopo che tu avessi messo qualcosa sotto i denti, ma fa lo stesso. ”


“ Non avrei mangiato tanto comunque. ” Cercò di dire Harry, facendosi piccolo sotto lo sguardo d'indifferenza che gli fu rivolto. Malfoy non sembrava sorpreso.


“ Lo so che non mangi. Ecco perché avrei spinto cospicue quantità di pollo giù per la tua gola. ” Aveva addirittura un'aria innocente mentre lo diceva. “ Ma, ahimé... dovrò aspettare l'ora di cena. Se mi permetteranno di avvicinarmi a te. ”


Suonava bene. “ Che vuoi dire? Abbiamo quasi finito di scontare la punizione; non possono tenerci separati per sempre. ”


“ Potrebbero provarci. ” Ghignò Malfoy, passandosi una mano fra i capelli. In ogni caso sembrava euforico; nervoso, ma dannatamente eccitato. Quello stato umorale era contagioso.


Harry lo seguì di nuovo all'esterno con un sorriso, si limitò ad accigliarsi leggermente quando Malfoy si fermò nel bel mezzo della strada. Che diavolo stava succedendo?


“ Mmh.. il tempo poteva essere più soleggiato. Almeno non sta nevicando... sarebbe stata impossibile da trovare... ”


“ Trovare cosa? ”


Harry fu sorpreso quando un sorridente Malfoy si voltò verso di lui, ridendo apprensivamente. “ Ho deciso che tanto per cambiare farò il Grifondoro. ” Sembrava disgustato al pensiero, ma continuò comunque. Harry fece finta di non vederlo rabbrividire. “ Ti materializzerai laggiù. ” Così dicendo, indicò un punto a caso della strada.


Ok... non lo stava seguendo.


“ Umh... non credo di capire cosa hai- ”


“ Fidati di me e basta, ok? ”Come diavolo faceva a dirgli di no quando i suoi occhi brillavano a quel modo per l'euforia?


Harry si morse la lingua quando Malfoy strinse forte la sua mano. Si stavano tenendo per mano. Nel bel mezzo della strada. Mentre erano circondati da insegnanti e compagni di scuola che sapevano esattamente chi erano.


Per non parlare poi del suo stomaco che si stava contorcendo con incertezza; si sentiva le mani sudaticce e impacciate. Poteva sentire il cuore battere all'impazzata nel suo petto. Aveva bisogno di vedere Madama Chips per quei sintomi, stavano diventando ridicoli.


Ma in quel momento tutto quello a cui riusciva a pensare era la mano stretta intorno alla sua.


“ … quando sei pronto tu, Potty. ” Disse secco Malfoy; il suo nervosismo era evidente dal modo in cui la sua voce si era spezzata leggermente. Qualunque cosa stesse per accadere andava bene, se avesse fatto tornare Malfoy alla normalità.


Harry si voltò, concentrandosi sul punto che Malfoy gli aveva indicato. Quell'orribile sensazione di essere strizzato un un tubicino dieci volte più piccolo di lui era nauseante. Era buio e freddo; i suoi occhi vennero spinti indietro nelle orbite e sembrava che le sue ossa si stessero frantumando, la sua mano sembrava... merda.


Panico allo stato puro iniziò ad invadere Harry quando la sua mano iniziò a bruciare. Pizzicava; bruciava... ma non veniva stritolata come il resto del suo corpo. Rimaneva esattamente allo stesso punto, e stava per essere strappata via selvaggiamente dal suo braccio mentre veniva spintonato nello spazio....


“ ARGH! ” Harry atterrò con il volto ricoperto di neve, sputacchiando e cercando di ricordare come si respirava. Il braccio gli bruciava, i suoi nervi si muovevano con crudeltà mentre urtavano contro le vene. Riusciva a sentire sussulti e voci indignate, ma non gliene fregava un cazzo. Malfoy l'aveva appena spaccato!


Di proposito!


Quell'arrogante bastardo sarebbe stato castrato nel giro di pochi minuti, e non da Parkinson!


Harry non aveva molta voglia di aprire gli occhi e guardare il suo braccio mozzato, ma sapeva che avrebbe dovuto farlo per forza. Era proprio come aveva sospettato. La sua mano destra era semplicemente... andata. C'era solo il suo braccio mozzato, e stava sanguinando piuttosto copiosamente. La neve intorno a lui si era già tinta di rosso, il sangue stava penetrando al suo interno, rovinando il suo candore.


Riuscì a mettersi seduto, portandosi il braccio al petto. Si guardò intorno con agitazione e i suoi occhi individuarono Malfoy proprio nel posto in cui l'aveva lasciato. Con la sua mano ancora stretta nella sua. Quel fottutissimo Serpeverde... sarebbe morto non appena Harry fosse riuscito a -!


“ Potty, ” La suo voce stava leggermente tremando, con ogni probabilità piena zeppa di preoccupazione. Alzò in aria la mano di Harry, con il volto pallido e sconvolto. Poi, si voltò e la lanciò via.


Letteralmente.


La buttò in strada, osservandola con morbosa soddisfazione mentre atterrava nel bel mezzo della via.


Ma che cazzo?!


Harry era pronto a strozzare quel bastardo; stava già cercando di alzarsi sulle ginocchia per ammazzarlo! Certo, non sapeva molto sugli spaccamenti, ma era sicuro che se si voleva essere ricostruiti c'era bisogno di tutto il corpo!


“ Potty, ” tentò di dire ancora Malfoy, e fallì nel tentativo di sorridere. Le persone accorrevano e urlavano creando il caos. Harry riuscì a sentirlo per un pelo. “ Adesso sei in due posti contemporaneamente. ”


Harry rimase di stucco.


Era in ginocchio di fronte ai Tre Manici di Scopa.


La sua mano era almeno a duecento metri da lui.


Quel bastardo aveva ragione.


Non riuscì a trattenere la dolorosa risata che gli sfuggì.


Malfoy corse a riprendere la mano, e quasi rabbrividì quando dovette tirarla su e ritornare da lui. Qualcuno aveva fatto stendere Harry sulla schiena, cercando di esaminare il suo moncherino. Urlarono contro di loro, li sgridarono, e giurarono di incatenarli nei sotterranei a vita.


Ma nonostante tutto, Malfoy non lasciò Harry finché la sua mano non fu riattaccata decentemente.


E Harry si rifiutò di lasciar andare il suddetto piccolo e irritante stronzetto con la sua mano sinistra.


“ Ci sono altri modi per dichiararsi. ” Ridacchiò Harry, gemendo per il dolore, ma comunque molto felice. Più felice di quanto fosse stato nelle ultime settimane, a dirla tutta.


Malfoy sembrava vagamente sollevato del fatto che non sarebbe morto per mano di Harry quella sera. Grifondoro, come no! Era una delle azioni più Serpeverde che Harry avesse mai visto! Rise ancora.


Si era rivelato il miglior appuntamento di sempre.


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8. Essere in due posti contemporaneamente

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Capitolo 14
*** Esausto ***


Buoana lettura a tutti!! <3

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Capitolo 14 – Esausto
 
“ Smettila di sorridere. ”
                       
Harry distolse lo sguardo da Malfoy, facendo fatica a trattenete il sorriso. La sua mano era stata riattaccata; faceva ancora malissimo, ma almeno riusciva a muoverla normalmente. Malfoy non l'aveva lasciato solo un attimo da quando gli aveva mozzato la mano, e lui non riusciva a trattenere il sorriso. Harry era euforico.
 
Stava completando la lista, passo dopo passo. E per di più con lui c'era un Serpeverde biondo e stronzo con una pletora di idee contorte ad aiutarlo a cancellare gli obiettivi. La sua lista sarebbe stata completata. Merlino, aveva voglia di mettersi a cantare!
 
Non riusciva a trattenere il sorriso, e non sembrava che la McGranitt la stesse prendendo tanto bene. Ma pensandoci meglio, non avrebbe mai capito.
 
“ Signor Potter, non c'è nulla da- ”
 
“ Onestamente, professoressa, ” In condizioni normali Harry non si sarebbe mai sognato di interromperla in quel modo, ma era troppo allegro per curarsene in quel momento. Per poco non scoppiò a ridere pensandoci; definirsi ' allegro '; che controsenso. “ è stato un incidente. Pensavo che ci saremmo materializzati nel pub, Malfoy invece credeva che andassimo da Zonko. Abbiamo fatto un po' di confusione. ”
 
“ Troppo alcool. ” Aggiunse Malfoy, che ghignò quando la preside diresse il suo sguardo glaciale verso di lui. “ Probabilmente non è stata la migliore delle idee. ”
 
“ Probabilmente no. ” Ripeté lei, incrociando minacciosamente le braccia. A dirla tutta, Harry pensava che fosse ridicolo. Incidenti come quello accadevano di frequente, no? Certo, loro l'avevano fatto di proposito, ma lei non l'avrebbe mai scoperto. E di sicuro non aveva il diritto di giudicarli. “ Mi dica, Signor Malfoy, ce l'ha la Licenza di Materializzazione? ” Il sorriso di Harry si ritirò leggermente quando Malfoy annuì. Dio, lei sapeva che lui non ne aveva una...
 
“ E, Signor Potter... lei invece possiede una Licenza di Materializzazione? ” Harry non ebbe bisogno di risponderle; il suo imbarazzante silenzio fu più che abbastanza. “ Quindi, fatemi riepilogare la situazione. Voi due cercavate di materializzarvi mentre eravate ad Hogsmeade, in stato di ebrezza e senza avere una delle due licenze? ”
 
I due annuirono cupamente, sapendo che non l'avrebbero scampata per quello che avevano fatto. Harry non pensava che avrebbe dedotto così tanto dalle poche frasi che le avevano riferito; era certo che l'Universo l'odiava. “ Sono sbigottita dall'esorbitante livello di idiozia che voi due continuate a mostrare. ” Aggiunse, scuotendo il capo. “ Cinquanta punti in meno. A testa. ”
 
Harry la osservò mentre si allontanava, senza provare nessun senso di colpa; che senso aveva preoccuparsi dei punti? Tecnicamente, se non si faceva parte di nessuna casa, non si aveva davvero ragione di preoccuparsi per la perdita dei punti, giusto? E poi, un ' incidente ' era davvero un motivo valido per togliere punti? Affrontare il troll al primo anno gli era costato di meno, e quello era stato di sicuro un incidente.
 
Il suo sguardo si spostò sul silenzioso biondino che se ne stava accanto al suo letto d'infermeria, e sorrise quando incontrò quegli inquieti occhi grigi. Quell'idiota temeva ancora che Harry l'avrebbe ucciso. Molto improbabile, dopo un appuntamento del genere.
 
“ Ecco... non avevi detto che non mi era permesso rischiare la pelle? ” Chiese Harry con naturalezza, scivolando giù dal letto e infilandosi di nuovo il maglione. Fu grato che quell'azione gli permise di coprirsi il volto, perché era sicuro che era arrossito ancora una volta Nessuno dei due menzionava il litigio, una regola che entrambi rispettavano più che volentieri. Harry non sapeva se gli avrebbe dato fastidio, e in quel caso, non voleva vedere quell'amichevole Malfoy nascondersi di nuovo dietro la maschera. Era insopportabile, il modo in cui Malfoy continuava a rifugiarcisi. Ma la cosa non avrebbe dovuto ferirlo in quel modo.
 
“ Non ricordo. ” Rispose Malfoy con la stessa naturalezza. “ Ma se avessi implicato una cosa del genere, mi riferivo di certo all'emblematica modalità autodistruttiva che sembra essere la tua impostazione di default. Se ci sono io lì fuori a mutilarti, almeno sono sicuro che non sei da qualche parte ad ucciderti nel tentativo di costruire il più estremo dei pupazzi di neve. ”
 
“ È pericoloso costruire un pupazzo di neve? ” Chiese Harry seccamente, e alzò le sopracciglia quando Malfoy rispose con un ghigno.
 
“ Conoscendoti, ti impaleresti su ramoscello. ”
 
“ Toccante, il fatto che mi conosci. ”
 
“ So più di quanto pensi. ”
 
Dannato idiota.
 
Harry sorrise quando Malfoy non riuscì a trattenersi dall'alzare il mento, con la sua solita aria di superiorità. Non aveva più nessuna traccia di inquietudine... forse Harry avrebbe davvero dovuto arrabbiarsi con lui? Scherzare in quel modo gli faceva sempre montare la testa. Non andava bene quando il ragazzo si considerava una sorta di divinità.
 
Quella sera, Harry si mise a letto con il sorriso ancora stampato sulle labbra. Dopo aver lasciato l'infermeria, erano tornati in biblioteca, dove avevano fatto un gioco particolarmente crudele inventato da Malfoy e il suo seguito di Serpeverde che comprendeva i titoli dei libri, un limite di tempo di tre secondi e l'allarmante immaginazione della mente di Malfoy. Harry non rideva così tanto da mesi ormai. Non riusciva a togliersi quel sorriso di bocca; aveva le guance doloranti.
 
“ Bell'appuntamento, Harry? ” Gli chiese Neville, abbassando le luci mentre si avvicinava al proprio letto.
 
Bello? Non c'erano parole per descriverlo.
 
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“ Harry, Malfoy ti sta guardando di nuovo. ” Lo informò gentilmente Neville, sembrando fin troppo divertito da quella situazione. Erano in biblioteca in quel momento; Neville stava rimandando il completamento del lavoro quasi impossibile di Trasfigurazione, e Harry stava cercando di nuovo di imparare le lingue. Era quasi impossibile quanto ignorare quel biondino idiota seduto a tre tavoli di distanza da lui che si rifiutava di dirigere l'attenzione da un'altra parte.
 
Lo fissava da quando Harry aveva messo piede nella sala, ghignando in risposta al suo atteggiamento seccato. Il divertimento si era velocemente trasformato in offesa quando Harry aveva deciso di sedersi con il suo amico anziché dirigersi verso il tavolo Serpeverde. Sul serio, cosa voleva che facesse? Doveva mandare Neville a quel paese solo perché Malfoy lo stava fissando?
 
Dal suo sguardo fisso e quasi irritante, sì, sì era proprio quello che voleva.
 
“ Harry, ti sta ancora guardando. ”
 
“ Così pare. ” Rispose secco Harry, rifiutandosi di togliere gli occhi dal suo libro. Come sarebbe mai riuscito a concentrarsi con quell'idiota seduto proprio di fronte a lui? Dannazione, era come se gli stesse perforando il cranio. Se gli sguardi avessero potuto uccidere, Neville sarebbe già stato massacrato. E la cosa non era di alcun aiuto allo stomaco di Harry, che si comportava di nuovo in modo strano, girando e contorcendosi; perché si sentiva così male ogni volta che Malfoy lo guardava? Con un po' di ottimismo era perché era allergico al biondino. Il pensiero lo fece sorridere.
 
“ Sta sogghignando adesso. È stano... non penso di aver mai visto Malfoy felice. ”
 
“ Neville, non ho bisogno di sapere cosa sta facendo ogni tre secondi. ”
 
“  È inquietante; ha l'aspetto di qualcuno che sta per rubare un gelato ad un bambino. ”
 
La cosa fece sorridere Harry, che appena alzò lo sguardo, incontrò immediatamente quegli intensi occhi argentei. No, cattiva idea. Il suo stomaco si strinse quasi dolorosamente quando l'altro sbatté le palpebre, così si costrinse ad abbassare di nuovo il capo.
 
“ Non lo guarderò, quindi smettila. Allo stato attuale il mio stomaco reagisce in modo strano. ” Riusciva praticamente a percepire l'autocompiacimento di Malfoy dall'altra parte della sala.
 
Neville sorrise, Harry non voleva incontrare il bagliore malizioso che si stava insinuando negli occhi del suo amico. “ Hai ancora le farfalle? Harry, Harry, Harry. Ormai dovresti sentirti al tuo agio con lui, visti tutti gli appuntamenti che- ”
 
“ Hey, frena! ” Harry rimase di sasso, sentendo il panico invadere il suo petto. Ma che diavolo? Lui non aveva le farfalle allo stomaco per Malfoy... non stavano nemmeno insieme! Avevano avuto soltanto un appuntamento, come amici! Ecco tutto! “ Farfalle? Chi cazzo ha mai menzionato le farfalle? Non sono mica una specie di ragazzina che gli sviene dietro! ”
 
“ Hey, c'è scritto Signora Harry Malfoy sul tuo libro? ” Neville scoppiò a ridere quando Harry colpì il suo braccio, per poi ritirarsi di nuovo sulla sua parte di tavolo, lasciandovi cadere il libro. Ma quel bagliore non aveva ancora lasciato i suoi occhi; Harry non era ancora in salvo. “ Il tuo stomaco si comporta in modo strano? Sgradevole? ” Harry annuì lentamente, e non gli piacque per niente il sorriso che comparve sulle labbra del suo amico. “ Mani sudate? Impaccio? ” Harry non ebbe bisogno di annuire.
 
“ Battito accelerato- ”
 
“ No! ”
 
“ Bugiardo. ” Ma perché si era avvicinato di nuovo a Neville? E quando cazzo era diventato così sicuro di sé?
 
Ma Harry non aveva le farfalle! Non aveva una cotta per Malfoy, neanche per sogno. Erano amici; ecco tutto! Quelli erano solo i sintomi della sua malattia; Neville era quasi riuscito a convincerlo. Quasi. Quello stupido di Neville e le sue stupide idee.
 
“ A che punto sei con i tuoi compiti? ” Chiese Harry, prima che Neville potesse dire altro, e gli scappò un ghigno quando l'altro ringhiò e sbatté la testa contro il tavolo.
 
“ È un colpo basso Harry... davvero basso. ”
 
Harry continuò a fissare la parola in polacco che aveva scritto, non aveva né voglia di leggerla né sapeva come pronunciarla. Non gli entrava proprio nulla in testa quel giorno... era abbastanza difficile con Neville che lo accusava di assurdità e Malfoy che gli perforava la testa con la sola forza di volontà.
 
Harry non aveva le farfalle. Prima di tutto, non era interessato ad una relazione con un ragazzo. E in secondo luogo, non era interessato ad una relazione e basta. Mai più. Non poteva iniziare una cosa del genere con qualcuno e poi scomparire dopo pochi mesi. Non era giusto, neanche lontanamente.
 
Malfoy lo stava ancora fissando. Probabilmente stava ancora aspettando che Harry cacciasse via Neville. Anzi, la parola ' probabilmente ' non poteva essere associata a Malfoy; o voleva qualcosa, oppure non la voleva, e quando la voleva, gli veniva servita su un fottuto vassoio d'oro. Be', non quella volta.
 
Harry alzò velocemente lo sguardo, e si bloccò quando incontrò lo sguardo fisso di Malfoy.
 
Cazzo.
 
Le farfalle.
 
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Harry balzò in piedi, sconvolto. No. No. Non poteva essersi preso una cazzo di cotta, e non per quel quel presuntuoso idiota Serpeverde che adorava odiare. Non stava succedendo.
 
Deglutendo a vuoto, diede a Neville la fiacca scusa di dover utilizzare il bagno e corse via dalla sala. Codardo? Sì. Gliene fregava qualcosa? Nemmeno per idea.
 
Harry sfrecciò nella stanza, passandosi ansiosamente una mano fra i capelli. No. No... e basta.
 
Perché lui?
 
Il suo corpo l'aveva già tradito abbastanza durante tutto il corso dell'anno, ma reagire a Malfoy? Era proprio la ciliegina sulla torta per rendere quell'anno perfetto, vero? Prediamoci gioco di lui attraverso magia, mente e corpo... e ormai anche il suo cazzo!
 
Harry imprecò, folgorando con lo sguardo il suo riflesso, come se fosse colpa sua. Gli piaceva trascorrere del tempo con Malfoy. Cazzo, era divertente. Non voleva che finisse tutto soltanto perché il suo corpo pensava che fosse divertente prenderlo per il culo... di nuovo. Farfalle? Sul serio? Perché non si metteva anche ad arrossire quando quell'idiota infernale diceva qualcosa... oh Dio. Stava succedendo in quegli ultimi tempi... Merlino, l'Universo lo odiava davvero così tanto?
 
Davvero lui non si era accorto di nulla? Era davvero così ingenuo? Harry si pizzicò il naso, cercando di respirare normalmente. Con un po' di ottimismo Malfoy non aveva notato nulla, proprio come Harry. Avrebbe probabilmente continuato ad ignorare la cosa, come aveva fatto fino a quel momento... fin quando Neville non avesse riportato a galla la questione. Se lo ignorava, non esisteva... giusto?
 
“ Se mandi via quel Grifondiota, avremo la possibilità di parlare, Potty. ” Oh, cazz-! “ Di sicuro, non dovrà avere molto di interessante da dire. Probabilmente sarà già la terza volta che ti recita le sue filastrocche preferite. ”
 
“ Va' via, Malfoy. ”
 
“ Tsk, che c'è? Ti sei ritrasformato nel leader dei Grifondoro? ” Harry si voltò di scatto quando la porta iniziò ad aprirsi, puntandole contro la bacchetta in fretta e furia. Si chiuse con un ' click ' piccolo e carino, e il colpo che sentì dall'altro lato, lasciò Harry con un leggero senso di soddisfazione. Ipotizzò che Malfoy fosse appena sbattuto contro la porta. “ Ow! Hey, Sfregiato- ”
 
Ti chiedo soltanto di andare via per dieci minuti. ” Era davvero una richiesta così impossibile? Quella di poter andare in bagno a riflettere, relativamente immerso nel silenzio, dopo essere stato assalito da una realizzazione che era di gran lunga meglio dimenticare? Aveva bisogno di pensare e fare chiarezza nella sua mente; per esempio, quando diavolo aveva iniziato ad avere delle cazzo di farfalle allo stomaco per Malfoy e non per Ginny? Era assurdo!
 
“ Apri la porta Potter, così posso affatturarti fino alla nausea. ” Harry decise di ignorarlo, sebbene il suo stomaco stesse di nuovo facendo le capriole. Dannato stomaco; ma non poteva proprio smetterla di tradirlo? Era troppo chiedere un giorno di tregua? “ Potter, apri la porta.
 
Harry aprì la bocca per rispondere, ma le parole gli si bloccarono in gola. Si accigliò, perché una sostanza liquida gli gocciolò nell'occhio. Sentì il suo stomaco affondare quando, strofinandola via, si accorse che la sua mano era sporca di un fluido rosso. Ma che cazzo?!
 
Si voltò, barcollando, e guardò lo specchio con terrore.
 
Del sangue gli scorreva dalla fronte e dal naso. E fu proprio quest'ultimo a scricchiolare brutalmente, rompendosi. Harry annaspò, alzando cautamente la mano per reggere il suo naso rotto... ma questa si bloccò, sospesa precariamente fra il lavandino e la sua bacchetta.
 
Il ' Non devo dire bugie ' inciso sulla sua mano si era riempito di sangue, che aveva preso a sgorgare e gocciolare sulle mattonelle. Osservò con orrore la mano che gli era stata recentemente riattaccata strapparsi e cadere al suolo con un morbido tonfo. Diversi lividi iniziarono a formarsi sul volto e le braccia, assumendo un intenso e terrificante color prugna.
 
Le sue vecchie ferite si stavano riaprendo.
 
Cazzo.
 
Harry deglutì a vuoto, ignorando il dolore che invadeva e paralizzava il suo corpo. Quell'intorpidimento non poteva essere un buon segno; il suo corpo iniziava a non rispondergli più. Merda. Merda.
 
Sì voltò verso la porta. Malfoy. Doveva raggiungere Malfoy. Era l'unica persona presente; l'unica che poteva-
 
Le sue gambe cedettero, facendolo sbattere pesantemente al suolo.
 
Era caduto con il volto a terra, e fu uno sforzo rotolare per stendersi sulla sua schiena. Il sangue allagava il pavimento, facendogli girare di nuovo lo stomaco. Si sentì malato... la scoperta del secolo. Si sentì nauseato... era evidente che era malato.
 
Cazzo. Cosa diavolo avrebbe dovuto fare? Aprì la bocca per parlare, ma tutto quello che riusciva ad emettere erano dei flebili sussulti; non poteva parlare neanche se lo voleva.. eccome se lo voleva! Voleva urlare, per far sapere a tutti che stava morendo in modo patetico sul pavimento; da solo... non voleva morire in un bagno! Era successo a Mirtilla, e tutti sapevano che brutta fine aveva fatto!
 
Gli si formò un nodo in gola, e non riusciva a deglutire, nonostante i suoi tentativi. Si sentiva soffocare.
 
Un singhiozzo riecheggiò nel bagno, paralizzando immediatamente Harry.
 
Un singhiozzo? Chi c'era lì con lui? Oh, pregava che fosse-!
 
Non appena un fantasma argenteo fluttuò davanti ai suoi occhi, fu invaso dal sollievo. Grazie a Dio, Mirtilla avrebbe chiamato i soccorsi. La porta. Doveva solo fluttuare attraverso la porta. Sarebbe andato tutto bene. Lei avrebbe dato l'allarme.
 

 
Perché non stava dando l'allarme?
 
Harry non poté far nient altro che starsene steso lì con impotenza, mentre lo spettro fluttuava su di lui, con la testa piegata da un lato. Si stava mordendo le labbra, osservando la porta e il corpo rivestito di sangue di Harry come se fosse indecisa. Solo allora capì.
 
Harry aveva promesso di tenerle compagnia se fosse morto.
 
Lei stava aspettando.
 
Harry rimase steso lì, debole; iniziava gradualmente a stancarsi. La spossatezza faceva sentire il suo peso, cullandolo in un senso di falsa sicurezza che lo induceva a chiudere gli occhi. Nel profondo del suo cuore, sapeva che se si fosse addormentato non avrebbe mai più riaperto gli occhi, ma era una battaglia impossibile. I suoi occhi si stavano lentamente chiudendo...
 
Tutto quello che poteva fare era supplicare Mirtilla con lo sguardo, e sperare che avesse l'abilità di leggere la sua mente. Era un pensiero disperato; solo Malfoy riusciva a farlo.
 
Una lacrima gli rigò la guancia.
 
E Mirtilla urlò.
 
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Lo sguardo di Draco oscillava fra la professoressa, che non smetteva di fare avanti e indietro per la stanza, e Potter, privo di sensi. Gli si formò un nodo in gola. Non riusciva a ricordare momenti del suo passato in cui era stato così esausto, così... vulnerabile. E non era nemmeno lui a trovarsi su quel letto, mentre lo curavano.
 
Cazzo, Potter era quasi morto. Non sapevano se fosse accidentale o volontario, ma Draco stava quasi implorando che fosse la prima. Potter non si sarebbe mai suicidato; non era da lui. Non importava quanto fosse arrabbiato o disperato, non si sarebbe mai ridotto a fare una cosa del genere. Lui era un Grifondoro, e quello era un modo così Serpeverde di morire. Poteva anche dirsi che Potter era la persona meno Serpeverde sulla faccia della terra. Non sarebbe mai successo.
 
O almeno era questo che continuava a ripetersi.
 
Le urla di Mirtilla avevano avvertito l'intero castello, la foresta e anche il calamaro gigante che Potter era morto. Le persone correvano da tutte le parti, sia terrorizzate che incuriosite. Girava voce che qualcuno fosse stato ucciso, o che avesse solo infastidito il fantasma; solo in pochi conoscevano la verità, e fra loro, solo in pochi comprendevano la realtà dei fatti. Draco era uno dei fortunati che capivano tutto.
 
Potter doveva aver fatto un incantesimo, quell'assoluto imbecille, e la sua magia aveva reagito. Draco stava vedendo di persona quanto stava diventando crudele, ed era ripugnante. Potter era ricoperto di sangue e lividi; sembrava vittima delle torture dei Mangiamorte. Draco ne aveva viste fin troppe, e non era un'esperienza che avrebbe voluto ripetere. Tuttavia, era successo, e aveva vomitato all'istante. Potter sembrava morto. Era un cadavere, e fra lo scorrere sfrenato dell'adrenalina nel corpo di Draco e le urla raggelanti del fantasma, nessuno stava facendo niente per rianimarlo.
 
Draco imprecò fra sé e sé, e deglutì ancora quando guardò il volto tumefatto accanto a lui. Si era prendere dal panico. Era paralizzato, e con ogni probabilità sarebbe rimasto lì a guardare mentre Potter moriva. Era nauseante.
 
Grazie a Merlino... argh, Draco non riusciva nemmeno a pensarlo senza rabbrividire... grazie a Merlino per Neville Paciock, cazzo. Il ragazzo aveva sentito le urla, ed era corso nel bagno, impugnando la bacchetta. Il tempo di gettare uno sguardo a Potter, e il ragazzo si era già voltato di scatto per lanciare a Draco una fattura. E, a dirla tutta, non era giusto. Non c'era grazia nel modo in cui Paciock lanciava maledizioni, e neanche eleganza. Solo un ghigno, un movimento di bacchetta, e Draco era privo di sensi. Comunque, l'avrebbe negato anche sul letto di morte. Paciock non poteva neanche sognare di competere con Draco in un vero e proprio duello. Non sarebbe stato nemmeno capace di immaginarselo.
 
E dire che Draco era infastidito dalle accuse che gli fece quando si svegliò era un eufemismo. Era infuriato; appena Potter si fosse ripeso, Draco avrebbe cercato quel Grifondiota troppo cresciuto, e l'avrebbe ammazzato.
 
Draco rivolse per l'ennesima volta lo sguardo alla McGranitt, che era sfinita e si asciugava gli occhi parlottando animatamente con Madama Chips. Stavano decidendo cosa fare quando Potter avrebbe riaperto gli occhi; sfortunatamente, il trattamento era previsto per quella sera, e avevano bisogno che si riprendesse quanto bastava per affrontarlo.
 
Draco ringhiò silenziosamente; era pura follia costringere Potter a sottoporsi a quella tortura dopo che era stato tagliato a pezzi pochissime ore prima. Lui aveva espresso molto chiaramente la sua opinione, ma gli era stato detto che se si fosse rivolto di nuovo in quel modo alla preside, sarebbe stato sospeso. E anche se era molto tentato di sussurrarle un insulto, assicurandosi che la sua voce fosse abbastanza alta da essere udibile, non poteva ancora farsi sospendere. Come avrebbe fatto Potty a completare la lista se non era lì ad aiutarlo?
 
Draco si voltò verso Potter, e trasalì quando vide i suoi lividi. C'erano delle impronte intorno alla sua gola, come se fosse stato strangolato... chi avrebbe mai strangolato Potter? Il numero di ferite sembrava un po' troppo per una persona normale, anche calcolando che fossero state accumulate durante tutto l'arco della vita. Ma nonostante tutto, Draco non riusciva a distogliere lo sguardo.
 
Allungò con esitazione una mano, facendola combaciare con le impronte sul collo di Potter, e sussultò quando arrivò alla conclusione che si trattava davvero di strangolamento. Era assolutamente osceno-
 
Gli occhi verdi lo stavano fissando.
 
Merda. Draco ricambiò lo sguardo, sentendosi invadere dal sollievo. Almeno Potter era sveglio; e se lo era, significava che le cure stavano facendo effetto. Se fosse rimasto privo di sensi, il danno potrebbe essere stato troppo grave per essere risolto. Grazie a Merlino.
 
Ma c'era ancora il problema di essere stato beccato con una mano stretta intorno alla gola di Potter, e non c'era nessuna spiegazione plausibile per quel gesto. Quindi, Draco decise di ignorare la cosa, indossando di nuovo la maschera. Era protetto dietro la sua maschera.
 
“ Avresti semplicemente dovuto aprire la porta. ” Disse in un sussurro, sollevato dal fatto che qualche altra emozione, oltre il dolore, aveva attraversato quegli smeraldi. “ Non ti avrei davvero riempito di fatture. ”
 
“ Ci ho provato. ” La voce di Potter era debole, flebile. Sembrò solo irritarlo di più il fatto che cercò di deglutire trovando invece un nodo in gola. “ Sono caduto. ”
 
Draco ridacchiò. Sembrava una moglie maltrattata, con la solita scusa che nessuno si sarebbe mai bevuto. “ Contro la maniglia? ” Chiese seccamente, lanciando uno sguardo alle professoresse che stavano ancora bisbigliando fra loro. “ Farai meglio a inventarti una storia più credibile quando arriverà L'Inquisizione Spagnola; non sono molto contente. Non vogliono che tu torni a casa la prossima settimana. ”
 
Potter alzò gli occhi al cielo sentendolo, poi guardò le sue mani, e trasalì quando vide che era ricoperto di lividi. Avevano guarito le ferite più pericolose, ma avevano voluto aspettare il suo risveglio prima di occuparsi dei lividi. Essere curato completamente mentre era privo di sensi, avrebbe potuto ingannare il cervello facendogli credere che fosse ancora ferito, e ciò avrebbe causato dolori psicosomatici, piuttosto che guarirlo.
 
“ Ci proverò. ” Borbottò, per poi sospirare alla vista delle due professoresse che battibeccavano. Non sembravano ancora sul punto di smetterla, infatti continuavano a gesticolare, indicando il punto dove si trovava il letto di Potter. Tuttavia, se solo una delle due avesse avuto l'idea di gettare uno sguardo al ragazzo in questione...
 
Gli occhi di Potter si assottigliarono un po' quando distolsero lo sguardo dalle professoresse. Draco lo sentì deglutire sotto il suo palmo, era nervoso. Ma cos'aveva da essere nervoso? Non c'erano studenti ficcanaso nella stanza. Infatti, l'unica entità presente era Mirtilla Malcontenta, che non aveva spiccicato una parola da quando aveva avvertito il castello. Si limitava solamente a guardare in silenzio, singhiozzando di tanto in tanto. Non c'era dubbio; era sempre stata stramba.
 
“ È completamente cotta di te. ” Commentò Draco, ritornando con lo sguardo allo stanchissimo Potter. “ Non ti ha tolto gli occhi di dosso da quando siamo arrivati qui. ”
 
Se non altro, Potter sembrava diffidente. “ Ci scommetto. ” Sussurrò, costringendosi a distogliere lo sguardo. Poi sobbalzò.
 
E Draco fece lo stesso.
 
Madama Chips e la McGranitt avevano gli occhi fissi su di loro. O, più precisamente, su Potter.
 
Draco si rese immediatamente conto che la sua mano era ancora intorno alla gola di Potter. La ritrasse velocemente, sbloccando l'immobilità delle professoresse. Desiderò di non averlo fatto.
 
“ Cosa. È. Successo? ” Chiese la McGranitt, affrettandosi verso di loro. Era una cazzo di dragonessa; Draco poteva praticamente vedere il fumo fuoriuscire dalle sue narici.
 
“ Sta bene Signor Potter? Avverte nausea? Stordimento? ” Draco si voltò di scatto verso Madama Chips, sorpreso dalla quantità di preoccupazione nella sua voce. Sembrava che avesse finalmente deciso di comportarsi da vera Guaritrice.
 
“ Ho bisogno di sapere cos'è successo. Perché ha utilizzato la magia in un posto così isolato? ”
 
“ Devo curare il mio paziente! ”
 
“ Devo sapere la verità! ”
 
Draco tornò con lo sguardo a Potter, e un misto di compassione e irritazione infestò il suo stomaco. L'altro le osservava entrambe e l'ansia prese il controllo del suo volto... il suo volto incredibilmente tumefatto. Era evidente che era l'ultimo posto dove voleva trovarsi; bloccato fra un'incudine e un martello particolarmente maligni. I loro sguardi si incontrarono, e Draco non riuscì a distogliere il suo.
 
Quei dannati occhi... erano così verdi. Di solito brillanti e vivaci, in quel momento vuoti e disperati. Lo stavano supplicando con tutte le forze di aiutarlo... ma cosa diavolo avrebbe potuto fare? Se provava ad aprir bocca, entrambe le Professoresse l'avrebbero sbattuto fuori dalla stanza prima che potesse dire ' Quidditch '.
 
“ Signor Potter... ho bisogno di sapere perché stava praticando della magia, in una parte isolata del castello, senza nessuno nei paraggi. È per aiutarla, non per causarle ulteriore stress. ” Aggiunse in un secondo momento. Vacca.
 
Draco osservò Madama Chips avanzare con indignazione, sfoderare la sua bacchetta e iniziare a guarire i lividi più evidenti sul corpo di Potter. Tuttavia, dal suo atteggiamento non sembrava che stesse guarendo. Dal modo in cui aveva distolto lo sguardo e si era messo a fissare il soffitto, sembrava che stesse ancora ignorando le professoresse, e ormai anche Draco. Se non altro sembrava stare peggio, come se non volesse ricordare.
 
Se solo Draco fosse entrato un po' prima nel bagno.
 
“ Signor Potter. Non era una domanda. ”
 
Attesero tutti col fiato sospeso. Draco sapeva esattamente quando avrebbe ceduto. Alzò testardamente il mento, borbottando sotto voce “ ...è stato un incidente. ”, ed evitò con decisione di guardarli. Davvero un tentativo patetico; nessuno lo credette, nemmeno per un istante.
 
“ E cosa stava facendo, esattamente-? ”
 
“ ...stavo... ” A quel punto esitò, e comparve una sfumatura di rosso fra il miscuglio di blu e nero sulle sue guance. Sarebbe stato piuttosto interessante, se Draco non fosse stato sulle spine, in attesa della sua risposta. “ ...non importa... è stato un incidente... non me ne sono neanche reso conto quando l'ho fatto. ” Serrò la bocca e distolse finalmente lo sguardo dal soffitto. Puntandolo alla porta. Come se stesse aspettando l'occasione giusta per scappare.
 
“ …è consapevole della pericolosità- ”
 
“ Sì. ” Draco era così orgoglioso del modo in cui Potter riuscì a folgorarla con lo sguardo; aveva finalmente iniziato ad imparare.
 
Tutti e quattro rimasero in silenzio per alcuni minuti; stavano cercando di calmare la propria rabbia prima che la situazione potesse degenerare. Draco non era sicuro di voler far diminuire il suo risentimento; confidava molto nelle risposte saccenti che si inventava a piacimento quando era incazzato. E per di più aveva conservato dei commentini per Madama Chips che non era certo di riuscire a trattenere ancora per molto.
 
“ Signor Malfoy, la prego di seguirmi. ”
 
Be', quello non se lo aspettava.
 
Draco sospirò interiormente quando fu costretto a seguire la rigida preside nell'ufficio dell'infermiera, lontano da Potter e orecchie spettrali. Qualunque cosa avesse dovuto dirgli non si prospettava niente di buono, vista la sua decisione di nascondersi in un ufficio. Pensava forse che sedendo dietro una grossa scrivania mentre lo guardava attraverso i suoi occhiali l'avrebbe intimidito? Si sbagliava di grosso.
 
“ Le avrei offerto un biscotto, ma sembra che Madama Chips non ne abbia. ” Perché menzionarli allora? “ ...Signor Malfoy, cosa ne pensa di tutto... questo? ”
 
Draco sbatté le palpebre. Era così che voleva giocarsela? Bene.
 
Continuò a tenere le mani poggiate con naturalezza sui bracci della sedia, la postura dritta e la maschera in posizione. Quel giorno non sarebbe riuscita a manipolare le sue emozioni; non ne avrebbe trovato traccia.
 
“ Cosa intende per ' questo '? ” Chiese a sua volta, mantenendo il volto inespressivo. Non le avrebbe reso le cose facili.
 
E neanche lei, a quanto pareva. “ Il Signor Potter, ovviamente. Cosa ne pensa di questo suo... ultimo crollo? ”
 
“ Lo dice come se l'avesse fatto volontariamente. ”
 
“ Perché? Non è così? ”
 
Draco fissò la preside, mentre il suo disgusto cresceva ogni minuto di più. Non aveva il diritto di pretendere che gli dicesse una cosa del genere... una parola sbagliata e molto probabilmente Potter sarebbe stato sbattuto di nuovo al San Mungo. E Draco non poteva permetterlo; sapeva quanto Potter detestasse le uniformi che indossavano lì dentro.
 
“ No. ” Disse limpidamente. Doveva tenere la maschera in posizione. Doveva restare calmo. “ Non è da Potter agire in quel modo. ”
 
“ Dice? ” Quelle domande retoriche iniziavano già a dargli sui nervi. “ Voi due siete in confidenza. ” Non era una domanda, e quindi Draco non intendeva dare una risposta. Quella cagna avrebbe raccolto solo quel poco che riusciva a seminare. “ È a conoscenza delle sue condizioni, non è così? ” Gli lanciò un occhiata carica di pietà, quasi addolorata. Come se fosse nella posizione di farlo, se riguardava Potter. “ Comprende che non è curabile? ”
 
“ Comprendo perfettamente. ”
 
“ Allora sono sicura che capirà perché non è giusto che lei e Harry stiate insieme. Non è giusto che Harry continui ad essere preso in giro, e soprattutto, non è né giusto né appropriato per lei- ”
 
“ Credo proprio che possiamo prendere questo genere di decisioni da soli, grazie. ” La interruppe Draco con rabbia, infuriato più con se stesso che con lei. Dannazione, non avrebbe dovuto rompere la cazzo di maschera! “ Non ho intenzione di ' prenderlo in giro ', non mi sembra proprio che lui disdegni la mia compagnia. Ergo, porteremo avanti la nostra relazione senza che venga ostacolata da un qualsiasi imbecille. ”
 
“ Signor Malfoy. ” Lui serrò la mascella, folgorando la professoressa con lo sguardo. Quella stronza poteva anche marcire nell'inferno dei maghi per quanto gli riguardava! “ Morirà entro pochi mesi. Ha considerato la perdita che avrà se vi avvicinerete ancora? Ha considerato il dolore? ”
 
 
Draco stava quasi per aprir bocca e lanciarle un insulto abbastanza pesante, fanculo le conseguenze... quando la realizzazione lo colpì. Era questo che Potter stava facendo.
 
Quel bastardo.
 
Era ovvio che continuava a tenere i Grifondoro a distanza, senza fare nessun tentativo di riconciliazione. Sapeva che non aveva possibilità di sopravvivere... e anche in quella circostanza, stava cercando di proteggere quei completi idioti per evitargli il dolore della sua perdita. Era stato titubante a lasciar entrare Draco nella sua vita, perché quel pensiero era sempre fisso nella sua mente. Come avrebbe potuto essere diversamente? Tutti avevano paura della morte.
 
La solitudine era l'unica ragione per cui aveva lasciato entrare Draco... e per questo motivo, entro pochi mesi, era probabile che avrebbe cercato di allontanarlo ancora una volta. Ma doveva sempre essere così dannatamente altruista? Appena fuori di lì, Draco l'avrebbe strozzato.
 
“ Vedo che sta riflettendo su quello che le ho detto. Bene. Deve prendere in considerazione- ”
 
“ Se è vero che gli sono rimasti pochi mesi, Professoressa, ” Disse Draco in un sussurro, riuscendo ad interromperla. “ allora farò meglio ad assicurarmi di essere lì con lui ogni istante. Con permesso. ”
 
Approfittò dell'improvvisa entrata di Madama Chips nell'ufficio per andarsene, e tornò velocemente nell'Infermeria.
 

 
Potter era sparito.
 
.
 
.
 
.
 
 
 
Draco si affrettò per i corridoi, notando a malapena i ritratti che evitavano il suo sguardo furibondo. Era l'una del mattino. L'una del mattino, cazzo! Certo, non dormiva più così tanto. Ma anche lui aveva i suoi limiti; come ascoltare Madama Chips lamentarsi ancora e ancora di quanto era preoccupata che Potter avesse cercato di suicidarsi.
 
Dove diavolo era Potter?
 
Doveva fare il trattamento quella notte; non l'aveva certo dimenticato? Chiunque avrebbe tenuto il conto dei propri giorni di relativa libertà. No, non se n'era dimenticato. Si stava nascondendo.
 
E c'era solo un posto dove Draco non sarebbe riuscito a trovarlo.
 
Il biondo si precipitò verso il ritratto addormentato, bussandovi con rabbia per farlo svegliare. Dio, se era grassa. Perché una donna così grassa aveva permesso che le facessero un ritratto? Era ridicolo. Era una sorta di azione masochista.
 
“ Mi lasci entrare. ” Ordinò, e quando il dipinto ebbe la sfrontatezza di deriderlo, si accigliò. Una donna che non riusciva nemmeno ad entrare fra gli stipiti di una porta lo stava deridendo?
 
“ Lei non fa parte della mia casa, Signor Malfoy. Non le permetterò di entrare; non riuscirà a causare problemi ai miei studenti, questa notte. ”
 
“ Per favore, mi lasci entrare. È urgente. ” Ugh. Che umiliazione; ridursi a supplicare un quadro orrendo.
 
“ Neanche per sogno. ”
 
“ Allora può chiamare qui uno dei suoi studenti? ” Ringhiò, folgorando con lo sguardo il dipinto che si limitò a rispondere con un sorrisetto. Appena avuto il diploma, l'avrebbe comprato e gli avrebbe dato fuoco.
 
“ Lo farei, se le credessi. Ma al momento, non ho nessuna intenzione di farlo. ”
 
“ E cosa posso fare per cambiare le sue ' intenzioni '? ”
 
“ Nulla. ”
 
Draco tirò un calcio al dipinto, ignorando l'urlo di rabbia e il dolore alle dita del piede che lo seguirono. “ Mi! ” Calcio. “ Lasci! ” Calcio. “ ENTRARE! ”
 
Con tutto il chiasso che stavano facendo, di li a poco qualcuno avrebbe probabilmente avvertito un professore. Draco doveva soltanto rinunciare alle dita dei piedi per far sì che ciò avvenisse; davvero un buon affare.
 
Tuttavia, non dovette aspettare così a lungo. Il ritratto venne leggermente aperto e un Paciock dall'aria seccata e confusa fece sbucare la sua brutta faccia dall'oscurità. Doveva farselo andare bene.
 
Il ragazzo in preda alla rabbia avanzò e riuscì a spingere indietro Paciock, passando attraverso il minuscolo varco lasciato dal ritratto prima di chiudersi con violenza. Quell' attimo di momentaneo vantaggio fu presto dimenticato quando Paciock riuscì ad afferrare Draco per il colletto. Gli rivolse un' occhiata carica di rabbia e una discreta quantità d'odio. Non esattamente giustificata, e decisamente non apprezzata.
 
“ Esci fuori di qui se non vuoi essere affatturato. ” Lo minacciò, allungandosi per aprire di nuovo il ritratto, ma Draco gli afferrò la mano, rabbrividendo da solo per quello che aveva fatto. Che Merlino lo aiutasse... stava davvero toccando Paciock. Sperava che non fosse contagioso.
 
“ Devo vedere Potter. ”
 
“ Pensi davvero che ti aiuti, dopo quello che gli hai fatto-! ”
 
Draco dovette trattenersi dallo sbattere la testa contro il muro. “ Non sono stato io. ”
 
“ Stronzate. ”
 
“ Non ho bisogno che tu mi creda, né tantomeno mi frega che tu lo faccia. ” Ribatté Draco, sforzandosi di tenere lo sguardo fisso su Paciock anziché su quell'invitante parete. “ Ma ho bisogno di vedere Potter. Adesso. Prima che ti rompa quell'antiestetico naso che ti ritrovi. Perché ha bisogno di me, e non mi impedirai di raggiungerlo. ”
 
Certo, minacciarlo probabilmente non era la cosa più giusta che potesse fare. Infatti Draco non credeva che avrebbe funzionato. Stava pensando di provocare quell'idiota e affatturarlo, ma per chi sa quale motivo, Paciock gli credette.
 
Lo fissò in silenzio per un po', guardando Draco come se non l'avesse mai visto prima. Poi, stranamente... annuì.
 
Ma che cazzo?
 
“ …cerca solo... di stare in silenzio. Sei in territorio nemico. ” Tch. Non ebbe bisogno di ripeterlo.
 
Lentamente, si arrampicarono nella sala comune, mentre Draco seguiva le direzioni di Paciock. Era snervante dover farsi guidare da un idiota come lui...
 
Rosso.
 
Merda, tutta la stanza era di un color rosso acceso...
 
Ma chi poteva mai vivere in quel modo?
 
Draco sentì la sua bocca spalancarsi per il disgusto, si guardò intorno con uno sguardo orripilato. Era ripugnante! Non c'era un solo elemento di quella stanza che si salvava; ogni cosa era orrenda allo stesso modo! Cos'erano i Grifondoro, ciechi?
 
Sentendo lo sguardo di Paciock fisso su di lui, Draco si sforzò di chiudere la bocca e continuò a seguirlo. Non c'erano parole per descrivere quanto  fosse rivoltante quel posto. Non c'era nulla che si avvicinasse al concetto di adeguatezza. E se avesse potuto dormire, Draco era certo che avrebbe avuto gli incubi.
 
Draco deglutì, sentendosi un po' nervoso mentre lo seguiva su per le scale. Dietro quelle porte c'era un'orda di Grifondoro che lo detestava e che si sarebbe infuriata se avesse scoperto che era  lì. Sembravano stranamente territoriali quando si trattava di quel genere di cose, e questo spingeva l'indole maliziosa di Draco a restare nascosta. Non aveva molta voglia di affrontarli nel buio, e per giunta nel loro territorio.
 
Appena entrarono nella stanza, Draco fu di nuovo investito da un'ondata violenta di rosso. Il colore era attenuato dall'oscurità, ma riusciva a percepire la sua immensa bruttezza mentre avanzava.
 
Si fiondò dritto verso il letto di Potter; era l'unico con le tendine tirate.
 
Le aprì con violenza, era sul punto di dirgliene quattro... ma gelò. Le parole gli morirono in gola.
 
Potter era steso sul letto, con gli occhi aperti... si limitava ad osservare l'orologio di fronte a lui. Sbatteva le palpebre al ritmo della lancetta dei minuti, ma a parte quello, non si muoveva di un millimetro. La maggior parte dei lividi sul suo volto era sparita... grazie a Dio. Aveva dei cerchi neri sotto gli occhi, tuttavia non dormiva. Qualcosa non andava.
 
“ ...sei in ritardo, Potter. ” Sussurrò Malfoy, ignorando gli altri ragazzi che dormivano nella stanza. Se uno di loro si fosse svegliato... “ M... Lei non faceva altro che andare avanti e indietro, raccontandomi la storia della sua vita. Carino da parte tua lasciarmi da solo a sorbirmela. ”
 
Potter rivolse a malapena lo sguardo a Draco. Tirò un pesante sospiro, scrollando le spalle come se non gli importasse. Probabilmente non gli importava davvero. Ma non era da lui non rispondere.
 
“ Andiamo, è  preoccupata- ”
 
“ No... non lo è. ” Draco fu sorpreso da quel tono flebile; sembrava esausto. Non solo fisicamente, ma anche mentalmente. Non andava bene.
 
“ ...che ti succede? ”
 
“ ...niente... ”
 
Draco continuò a fissare Potter, voleva che il suo sguardo lo perforasse. Funzionò, visto che l'altro si mosse leggermente e sbatté le palpebre con lentezza, stancamente. La faccenda non si sarebbe risolta facilmente, non questa volta. “ ...Andiamo, Potter. Devi alzarti. ”
 
Potter scosse leggermente la testa, muovendola a malapena. “ È... troppo difficile... ” Disse con un filo di voce, poi scosse di nuovo la testa. “ Io non... voglio più farlo. ”
 
Draco gelò. “ Fare cosa? ”
 
“ Tutto quanto... sono così... sono stanco. Non ce la faccio più. ” Cazzo. No.
 
Non si sarebbe arreso adesso.
 
Odiandosi un po', Draco lo raggiunse, ignorando la volontà di Harry. Gli tirò via le coperte di dosso, e lo aiutò a mettersi seduto. Anche quell'azione sembrava sfinirlo, come facesse un grande sforzo a non cadere di nuovo sul letto. “ Lo sai che non hai scelta. ”
 
Potter si limitò a fissarlo debolmente, aveva gli occhi spalancati e il volto pallidissimo. Scosse ancora la testa, come se fosse l'unica cosa che aveva la forza di fare. Era semplicemente distrutto.
 
“ Per favore... ti chiedo solo di... non farmelo fare. ”
 
Si sentì il cuore in gola. “ Sarò lì con te. Non sono mancato neanche una volta, ricordi? Andiamo, resterò con te. Non arrenderti. ”
 
Draco tirò Potter... Harry in piedi, raccolse il maglione che aveva indossato l'altro giorno e lasciò che se lo infilasse. Si congelava, Potter non poteva andare in infermeria indossando soltanto il suo pigiama.
 
Cazzo, era difficile.
 
Draco si passò una mano fra i capelli, scorgendo Paciock accanto alla porta. Ecco qualcosa di facile.
 
“ Se sento qualcuno parlare o anche solo accennare a questa faccenda, te ne pentirai così tanto che inizierai a supplicare di farti sbattere in manicomio insieme ai tuoi genitori. ” Sogghignò Malfoy, afferrando Pot... Harry per il polso e trascinandolo via con sé.
 
Fu il tragitto verso l'infermeria più lungo che Draco avesse mai fatto. Potter barcollava ogni pochi passi, e continuava a sospirare e borbottare qualcosa fra sé e sé. Nessuno dei due voleva aprire la porta dell'infermeria.
 
Madama Chips non esitò neanche un momento ad infilare gli aghi nelle braccia di Harry e far iniziare di nuovo il trattamento. Entrambi i ragazzi rimasero lì in silenzio.
 
Finché le cinghie non vennero strette.
 
“ Le chiedo solo di... non usarle oggi. ” Supplicò, e la sua voce si ruppe quando gli sfuggì una lacrima. “ Per favore... non lo faccia... io non... ce la faccio... ”
 
“ ...Non ha scelta, Signor Potter. ”
 
“ Può fare come le dice almeno per una volta? ”
 
“ Una sola parola e la caccio fuori. ”
 
I macchinari furono messi in funzione.
 
Potter non era mai stato così vulnerabile.
Sembrava che non fosse capace di trattenere le lacrime che gli colmavano gli occhi. O i sussulti e i brividi che di solito tentava così testardamente di nascondere. Era esausto, e non c'era niente che Draco poteva fare per aiutarlo.
 
Quando quell'invadente pozione raggiunse il suo petto, iniziò ad urlare.
 
Niente avrebbe potuto preparare Draco a quella scena. Invece degli strilli doloranti che accompagnavano di solito la tortura, c'erano piuttosto delle agonizzanti urla di paura. Il terrore allo stato puro riecheggiava nella stanza; provenivano da un ragazzo che era riuscito a guardare Voldemort diritto negli occhi col sorriso sulle labbra.
 
E questo distrusse Draco.
 
Potter gettato su un letto, che cercava di liberarsi dalle cinghie, piangendo a dirotto. Draco non poteva fare altro che starsene lì senza poter fare niente, quasi strappandosi i capelli dalla radice. Doveva fare qualcosa...
 
Potter non poteva continuare in quel modo.
 
Cazzo, neanche Draco poteva.
 
Il biondino balzò in piedi, agitando la bacchetta in aria. Le cinghie sui polsi di Potter si ruppero immediatamente; lui non se ne accorse. Stava annaspando per recuperare aria, rabbrividiva e cercava disperatamente di fermare le lacrime.
 
Quindi Draco fece l'unica cosa che poteva fare.
 
Salì sul letto, e strinse forte Potter.
 
Era l'abbraccio più imbarazzante a cui avesse mai assistito.
 
Draco non era abituato agli abbracci, e non era sicuro della loro reale utilità. Potter era rigido per il disagio, era evidente che non gradiva essere toccato.
 
Ma lentamente si mosse.
 
Le sue mani strinsero la camicia di Draco.
 
Il volto si premette contro il suo petto.
 
E si avvinghiò a lui come a un'ancora di salvezza.
 
Si tennero stretti a vicenda, e piansero.
 
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Capitolo 15
*** Vaniglia ***


Ecco a voi un nuovo capitolo, e in bocca al lupo a tutti i maturandi!








Capitolo 15: Vaniglia.
 
Harry si svegliò avvolto da un intenso profumo di vaniglia.
 
Era nella fase in cui sapeva di essere sveglio, ma non riusciva semplicemente a racimolare le energie per trovare la volontà di aprire gli occhi. Era al calduccio, era rilassato e non voleva che la situazione cambiasse per nessuna ragione. Merlino, non riusciva a ricordare l'ultima volta che aveva dormito per tutta la notte.
 
Invece di essere indolenzito come ogni mattina, esausto o in preda alla nausea, si sentiva riposato. E il solo pensiero gli faceva venir voglia di mettersi a ridere come un idiota.
 
Non riusciva nemmeno a ricordare la diagnostica della notte scorsa ...
 
...
 
Oh Dio.
 
Harry sospirò fra sé e sé, ripercorrendo con la mente i ricordi della sera precedente. Bene, era troppo tardi. Adesso si sarebbe tolto la vita piuttosto che guardare in faccia Malfoy. Merda. Era stato costretto a fare irruzione nella torre Grifondoro per andare a prenderlo, e l'aveva trascinato via per fare il trattamento quando nessuno lo obbligava a farlo. Non erano nemmeno grandi amici; perché diavolo Malfoy avrebbe dovuto fare tutte quelle cose ... per lui? Non valeva nessuno di quegli sforzi. Cavolo, tra pochi mesi non sarebbe nemmeno più esistito. Cosa importava a Malfoy se Harry facesse il suo trattamento in tempo oppure no?
 
Gli faceva male il petto al solo pensiero. La sera precedente sarebbe stata un altro ricordo da buttare via; da ignorare.
 
...
 
Tranne per il fatto che Malfoy aveva fatto in qualche modo irruzione nella Torre Grifondoro! Aveva lasciato Harry così esterrefatto che era quasi irritante. Quel biondino bastardo non aveva un mantello dell'invisibilità, né una mappa magica e non avrebbe nemmeno dovuto sapere dov'era la sala comune ... eppure era riuscito a intrufolarsi e ad uscire, con un ostaggio e senza farsi vedere da nessuno. Meritava almeno un applauso.
 
Harry si spostò ancora, e sbadigliò mentre si stiracchiava le punte dei piedi. Tutto il suo corpo era rilassato, caldo e semplicemente rinvigorito. Non voleva ancora alzarsi.  Era troppo-
 
Qualcosa al suo fianco si mosse.
 
Oh.
 
Dio.
 
No.
 
Deglutendo con agitazione, Harry aprì lentamente gli occhi.
 
Beh, quello avrebbe di certo spiegato perché faceva così caldo.
 
E anche perché Harry si sarebbe gettato dalla torre.
 
Era steso nel suo solito letto d'ospedale. Arrotolato nelle coperte. Niente di nuovo. Assolutamente niente.
 
Oh, ad eccezione di un piccolo dettaglio, Draco Malfoy era a due centimetri di distanza, con la faccia di Harry pressata contro il suo collo!
 
Gli mancò il respiro, e rimase bloccato mentre prendeva aria. Dannazione... Malfoy si sarebbe svegliato se Harry fosse uscito dal letto? Era sveglio? Era completamente mortificato proprio come lo era lui?
 
Il suo stomaco si strinse quasi dolorosamente, quelle fottute farfalle stavano ancora svolazzando qui e lì. Harry giurò che se non avessero smesso di esistere, avrebbe bruciato quelle dannate ali che si ritrovavano. Cos'altro poteva riservargli l'universo? Sul serio?
 
Harry trasalì quando Malfoy mugugnò qualcosa sotto voce, e si spostò leggermente per far affondare un po'di più la sua testa nel cuscino. Era la cosa più terrificante che gli fosse successa da quando aveva affrontato il basilisco. Allo stesso modo, se si fosse mosso avrebbe segnalato la sua presenza al serpente. Rischiando di essere morso. Non era proprio uno scenario vincente. Se si fosse mosso, Malfoy si sarebbe svegliato. Era davvero la cosa migliore da fare? Svegliare il biondo Serpeverde, o aspettare semplicemente che fosse lui a svegliarsi per primo per poi scoprire che stava coccolando Harry Potter a letto?
 
Harry pensò che quella fosse la scelta migliore; se Malfoy si fosse ' svegliato ' per primo, sarebbe stato lui a dover fronteggiare l'umiliazione e, ancora meglio, a dover prendere una decisione sul da farsi. Harry avrebbe fatto finta di niente, come sempre.
 
Rabbrividì quando il respiro di Malfoy gli scompigliò i capelli; non era mai stato così vicino a qualcuno prima di allora. Era snervante ... dannatamente meraviglioso, ma pur sempre snervante.
 
Le farfalle nel suo stomaco ricominciarono a svolazzare quando Malfoy si mosse, stringendo il suo braccio sulla spalla di Harry. E chi se lo aspettava? Malfoy dava delle coccole straordinarie.
 
Beh, le farfalle non erano da ignorare.
 
Era da tempo che Harry non si sentiva così contento. Non era possibile che sentirsi in quel modo fosse una brutta cosa.
 
Rassegnandosi ad una lunga dormita, e sorridendo al solo pensiero, Harry si avvicinò al calore, inalando la dolce fragranza vanigliata. Malfoy sarebbe stato l'unica persona infuriata o imbarazzata. Non riusciva proprio a trovare la forza di preoccuparsene in quel momento.
 
...
 
Sopra di lui, Malfoy sogghignò.
 
                                          .
 
                                          .
 
                                          .
 
Harry strizzò gli occhi cercando di sembrare indifferente mentre dormiva. Un arduo compito, dal momento che un ragazzo sveglio che era a malapena suo amico era accanto a lui, in un letto di un'area pubblica, con un'infermiera irritata che batteva il piede a terra a pochi passi di distanza. Oh, Harry non invidiava Malfoy in quel momento. Avrebbe voluto aprire un occhio in modo tale che sarebbe sembrato naturale mentre dormiva, così da poter spiare il biondino.
 
Merlino, se solo fosse stato possibile ridere durante il ' sonno '.
 
" Carino da parte sua decidersi a svegliarsi, signor Malfoy. Adesso mi fa il piacere di staccarsi dal signor Potter, in modo io che possa rimuovere gli aghi? "
 
Harry dovette mordersi la guancia per trattenere le risate. Avrebbe anche potuto mozzarsi la lingua.  Madama Chips non sembrava felice. Povero Malfoy.
 
...
 
 Ah!
 
No, non c'era nessuna compassione da riservargli. Era troppo divertente.
 
" Signor Malfoy, inizio a perdere la pazienza. Esca fuori dal letto del signor Potter! "
 
" Ci sto provando ... è sul mio braccio! "
 
Harry era certo che entrambi si fossero fermati e che avessero sentito la sua risata a denti stretti, a quel punto cercò di utilizzare tutte le sue abilità recitative, in quel momento estremamente necessarie, per sembrare placidamente addormentato e non sul punto di cadere al suolo ridendo istericamente.
 
La gioia svanì all'istante.
 
Delle morbide mani lo stavano spostando gentilmente di lato. Quella incastrata gli accarezzava la schiena per calmare i nervi che si erano tesi non appena era stato scostato. Harry dovette combattere l'urgenza di deglutire in modo rumoroso. Perché mai Malfoy avrebbe dovuto essere così gentile con qualcuno che non gli andava a genio? Non aveva alcun senso.
 
Subito dopo delle fredde mani si poggiarono sul suo braccio per rimuovere gli aghi. Sebbene fosse una professionista, e Harry non aveva dubbi sulla sua esperienza, sembrava una principiante mentre strattonava gli aghi per sfilarli. Chiunque lo sarebbe sembrato dopo che quelle mani delicate l'avevano sfiorato.
 
" Ma come le è venuto in mente di rimuovere le cinghie? " Sibilò Madama Chips rivolgendosi al biondo. Iniziò ad assomigliare non poco alla zia Petunia, infatti Harry per poco non saltò giù dal letto per cucinare il bacon, ricordandosi dei vecchi tempi. In ogni caso si fece guardingo.
 
" A quanto pare Harry non gradisce particolarmente il bondage. " Disse placidamente Malfoy, alla sua sinistra. " Un vero peccato. Beh, avremo tutto il tempo di scoprire cosa ci eccita oppure no durante la nosta relazione. Pensavo di usare delle soffici manette rosa al posto delle cinghie in cuoio; fanno molto meno male ai polsi. "
 
" Non ci vedo nulla di diverten- "
 
" Nemmeno io. " Ribatté Malfoy. Non c'era alcuna traccia di timore nella sua voce; i ragazzini del primo anno sarebbero già fuggiti a gambe levate da tempo. " Infatti questa è la cosa meno divertente a cui abbia mai assistito o di cui abbia mai discusso." I ragazzi del terzo anno si sarebbero uniti a loro. " Era distrutto la notte scorsa. In quanto Guaritrice avrebbe dovuto fare qualcosa. Qualunque cosa. Invece si è nascosta nel suo ufficio lasciandosi annegare nell'alcol. Scotch, se non vado errato. "
 
" Non si rivolga a me in questo modo, Signor Malfoy. "
 
" Comunque, " proseguì come se lei non avesse detto nulla. " Non stavamo parlando di questo, non è così? Parlavamo delle cinghie. " Improvvisamente, Harry desiderò di essersi svegliato quando ne aveva avuto l'occasione. Quella situazione era umiliante. " Ad Harry non piacciono. Quindi, sono davvero così necessarie? "
 
" Io sono una professoressa e lei è uno studente. Se continuerà a rivolgersi a me in questi termini, si ritroverà in punizione per il resto del quadrimestre. Sono stata chiara? "
 
" Cristallina. Adesso mi dica, le cinghie sono davvero così necessarie? "
 
" Non discuterò di queste cose con lei. È uno studente e in quanto tale non deve essere al corrente- "
 
" Sono il suo fidanzato. Sono al corrente di tutto quello che gli riguarda. Non è a lei che rompe il cazzo sfogandosi alla fine della giornata. "
 
Harry si rabbuiò sentendolo, non avrebbe voluto altro che saltare giù dal letto e contraddire Malfoy. Sul serio? Stava usando ancora la fottuta carta del fidanzato? Non uscivano nemmeno insieme!
 
...
 
 
Non importava se le farfalle nel suo stomaco reagivano quando lui era nei paraggi.
 
" Attento a quel che dice- "
 
" Il prossimo martedì rimuoverò le cinghie, se lui mi chiederà di farlo. "
 
" Non farà niente del genere! "
 
" Di certo non potrò mai riuscirci. Lei mi fermerà mentre si nasconde nel suo ufficio. È naturale. "
 
Harry deglutì a vuoto, le sue mani tremavano. Ma che diavolo? Anche se non era sveglio, Malfoy continuava a battersi per lui? Credeva che almeno in privato si sarebbe dimostrato annoiato e stanco di quell'estenuante amicizia con Harry ... lo snervava il fatto che non era così. Malfoy sembrava genuinamente interessato alla felicità a breve termine di Harry.
 
Perché?
 
" Ci vediamo stasera per la punizione, Signor Malfoy. Alle otto in punto. "
 
" Il piacere sarà tutto mio. " Rispose flemmatico Malfoy. Harry immaginò che stesse facendo un inchino, era un’azione così tipica di lui. Ci fu un rumore di passi che si allontanarono e la porta di destra fu sbattuta contemporaneamente a quella di sinistra nel momento in cui entrambi abbandonarono la stanza.
 
Harry aprì gli occhi e si guardò velocemente intorno. Col cavolo che sarebbe rimasto lì; per fare cosa poi? Per ritrovarsi fra l'incudine e il martello? Neanche per sogno.
 
Si infilò velocemente il maglione, rabbrividendo al pensiero di non avere nemmeno un mantello sotto cui nascondere il suo pigiama consunto. Sperava solo che stessero ancora tutti dormendo o che fossero a pranzo.
 
Si affrettò ad andarsene guardandosi indietro per assicurarsi che Madama Chips non rispuntasse nel momento meno opportuno. Avrebbe dovuto preoccuparsi di più per l'altro lato della stanza.
 
" La prossima volta che fingi di dormire, prova a tenere il volto inespressivo. Sembravi un molliccio da quanto ti spostavi o ti muovevi. Molto attraente. "
 
Harry sospirò appoggiando la testa sulla porta. Stalker com'era, era ovvio che se ne accorgesse.
 
" Oh, buongiorno Malfoy. Sei appena arrivato? Devo aver dormito troppo. " Optò per fingere di non saperne nulla.
 
Malfoy invece no.
 
" Per questa volta chiuderò un occhio, ma per quanto riguarda il futuro, di prima mattina non mi piace particolarmente rimanere bloccato in tediose conversazioni con la persona più Magonò del Secolo. Mi fa venire un mal di testa che non va via facilmente. "
 
Oh.
 
Ad Harry non piacque molto il modo in cui il suo stomaco si strinse; sembrava che gli avessero tirato un calcio allo stomaco. Sapeva che la strana curiosità di Malfoy non sarebbe durata ... a dirla tutta era già sorpreso che fosse durata così a lungo.
 
" Nessuno ti ha costretto a venire. " Non riuscì a forzare un sorriso, proprio come non ci riusciva settimane prima, al suo ritorno a scuola. Grandioso. Fantastico. In ogni caso era meglio così. Non poteva lasciare che si avvicinassero a lui. Non avrebbe ferito nessuno quando se ne sarebbe andato.
 
Fece un cenno a Malfoy, fissando il suo dannato mento. Non riusciva nemmeno a guardarlo negli occhi, dettaglio che un Serpeverde avrebbe notato all'istante. Perfino un Grifondoro ci sarebbe riuscito.
 
Non aveva fatto nemmeno cinque passi quando Malfoy lo fermò.
 
" Non mi riferivo a te, razza di idiota. " Harry lo guardò, accigliandosi. Sembrava più a disagio in quella situazione di quando si era svegliato scoprendo di essere avvinghiato a lui. " Mi riferivo a Madama Chips. È stata degradata. "
 
Certo, perché aveva tutto molto senso.
 
Harry rispose con un semplice cenno della testa e si affrettò a ritornare in stanza. Sul serio, il pavimento in pietra gli stava congelando i piedi. Ma il castello non aveva incantesimi di riscaldamento? Volevano che gli studenti si beccassero una polmonite?
 
" Quindi... stai b-?"
 
Non avrebbero avuto quella conversazione. " Smettila. "
 
" ... lo farò se tu- "
 
" Sto bene. " Enfatizzò Harry guardando il biondo con un ghigno. " Ieri è stata una lunga giornata. Non ero pronto per ... ieri sera. Sto bene. "
 
Malfoy lo osservò per un po'di tempo. Come se stesse scrutando addirittura la sua anima. Era snervante pensare a tutte le cose che i suoi occhi grigi potevano vedere.
 
" Sul serio, è tutto a posto. "
 
" ' A posto ' non è nel mio vocabolario. "
 
" Una cosa molto plebea da parte tua. " Rispose Harry, sforzandosi di ghignare ancora. " Ti ho detto di smetterla, ok? Ero fuori di me ieri. " E lo era anche quel giorno.
 
Sorprendentemente Malfoy la piantò. Annuì soltanto, senza sbattere le palpebre per timore di spezzare il contatto visivo. Distolse lo sguardo solo quando si udirono delle risate, alcuni ragazzi li indicavano e ridevano, avviandosi verso la classe successiva. Harry non aveva le forze per esserne seccato; stava indossando il suo pigiama nel bel mezzo della scuola, mentre saltava le lezioni. I suoi capelli erano un disastro, come sempre, e per giunta era in compagnia di Malfoy. In effetti sembrava un tantino sospetto.
 
" È per le cinghie, non è così? " Harry per poco non inciampò, scoppiando in una grossa risata. " Non avrei dovuto parlare delle cinghie. È fin troppo presto per quelle, nella nostra relazione. "
 
" Un errore da principiante. " Harry convenne, guardando Malfoy annuire pensierosamente.
 
" Quindi l'unica cosa che non ti sta bene è il tempismo? " Ghignò. I suoi occhi brillavano divertiti. " Interessante. "
 
" Penso che il piacere sarà tutto mio. " Rise, inchinandosi in modo teatrale. Malfoy non rise, ma incurvò leggermente le labbra all'insù. Entrambi sapevano che Harry era stato sveglio durante il litigio, e a nessuno dei due importava. Fino a quando non avessero accennato al fatto che avevano dormito insieme. Quello poteva aspettare un altro giorno.
 
Un altro anno.
 
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" Non è successo niente, Neville, smettila. " Harry stava palesemente evitando lo sguardo del suo amico, osservando invece il libro di fronte a lui. Come diamine si poteva anche solo iniziare ad imparare la pronuncia di quella parola? Päevast? Possibile che un solo termine avrebbe segnato la sua disfatta?
 
" No, non la smetto proprio per niente! Ha fatto irruzione nella sala comune Harry! La sala comune! Riesci ad immaginare come avrebbero reagito gli altri se l'avessero visto? "
 
" Ti comporti come se fosse un territorio sacro.  "
 
"Perché, non lo è? "
 
Harry rivolse lo sguardo a Neville, ignorando il suo pulsante mal di testa.
Andava avanti così da giorni ormai. Giorni! Ogni volta che aveva un momento libero e pensava di potersi rilassare, forse di prendere un piccolo respiro, Neville sbucava da qualche parte con un'espressione confusa, aspettandolo. Era come se conoscesse la routine di Harry. Come se stesse rimpiazzando Malfoy nel ruolo di stalker.
 
" Nev, lascia perdere una volta per tutte. "
 
" Mi devi una spiegazione, Harry. C'era qualcosa che non andava quella sera ... e che ancora non va. Io ... Io sono un tuo amico, sono preoccupato per te. "
 
" Non devi esserlo, sto bene. " Harry tornò al suo libro, ignorando lo sguardo folgorante di Neville. Non si ricordava che quel giorno ci fosse stato anche lui, ma a quanto pareva era presente. Aveva visto la sua parte più debole e vulnerabile, e adesso Harry non riusciva a guardarlo negli occhi. Con Malfoy era diverso. Malfoy aveva sempre saputo quanto lui fosse fragile e patetico. Non c'era nessun motivo per nasconderglielo.
 
Ma con Neville era un altro paio di maniche.
 
" ... se ti trovi in qualche sorta di guaio, io posso darti una mano. " Ma per l'amor di ...! " Se ... lui ti ha cacciato in una brutta situazine, io posso aiutarti a venirne fuori. "
 
Entrambi guardarono dall'altra parte della biblioteca e fissarono Malfoy. Lui e la sua combriccola erano impegnati in una complicata partita a scacchi, alla quale aveva tutta l'aria di star vincendo ... nonostante stesse giocando contro Zabini, Parkinson e Nott contemporaneamente. Infatti sembrava quasi annoiato.
 
" Pensavo che Malfoy non ti dispiacesse. " Harry finse una certa nonchalance, ma sapeva di star fallendo miseramente. In quell'istante il biondo alzò lo sguardo, come se avesse avuto le orecchie da pipistrello e si fosse accorto che stavano spettegolando su di lui. I suoi occhi argentei si assottigliarono, ma fecero di tutto per non spezzare il contatto visivo con Harry. Per lui era sempre tutto una dannata sfida, giusto?
 
" Non mi dispiace che a te non dispiaccia. " Lo corresse Neville, muovendosi a disagio. " Non è esattamente la persona più gentile che c'è in giro. Hey, nemmeno tu puoi negarlo! Mi ha minacciato di sbattermi in manicomio l'altra sera! Se ti sta importunando- "
 
" Penso di poter gestire Malfoy da solo. Non è così spaventoso come vuole far credere. "
 
Neville ridacchiò dopo quella frase, ed Harry pensò che la discussione fosse ormai giunta al termine.
 
" Perché avrebbe dovuto dirti che smetterla non era un’opzione contemplabile? Perché ti ha trascinato via nel bel mezzo della notte? Qualcosa non quadra, Harry. " Era ovvio che non avrebbe chiuso quella dannata bocca.
 
" Ti ho detto di smetterla. "
 
" Hai detto di non volerlo più fare! Gli hai chiesto di non fartelo fare! "
 
" Stai. Zitto! " Harry sbatté la mano sul tavolo, incontrando infine i suoi occhi determinati. " Non hai la più pallida idea di quello che stai dicendo! Non posso smetterla perché non ho scelta! Malfoy mi sta addirittura aiutando, razza di idiota che non sei altro! Vorrei che tutti la smettessero di incolparlo per ogni minima stupidaggine! "
 
Harry fissò con rabbia Neville, che ricambiava il suo sguardo. I suoi dubbi non erano svaniti, erano solo aumentati. Grandioso.
 
" Cosa intendi quando dici che non hai scelta? Chi ti sta costringendo-? "
 
Harry ringhiò, lasciando cadere la testa sul banco. Immaturo? Forse. Se ne pentiva? Assolutamente no. Era ovvio che si concentrasse sulla parte meno importante della frase.
 
" Ti ho detto di finirla. "
 
" Harry, sono un tuo amico. Sto solo cercando di aiutar- "
 
Harry girò la testa, tenendola ancora appoggiata sul banco, e osservò l'altra parte della sala. Malfoy stava ancora giocando a scacchi con i suoi amici, prestando a mala pena attenzione ad Harry.
 
Spostò col piede l'ultima sedia libera rimasta al loro tavolo.
 
Un chiaro invito.
 
Deglutendo nervosamente, Harry lo accettò.
 
Ignorando Neville, si alzò e raccolse velocemente i suoi libri. Poté sentire il suo amico sospirare. Che importava? Non sarebbe rimasto lì tutto il giorno ad ascoltarlo fino alla nausea. I Serpeverde sembravano una compagnia molto migliore; non gliene fregava un cazzo se lo avessero insultato.
 
Era come se stesse passando al lato oscuro.
 
Tutti i presenti lo indicarono, borbottando fra di loro mentre si avvicinava con determinazione a quel tavolo. Malfoy aveva un piccolo ghigno sulle labbra, ma quello era l'unico dettaglio a dimostrare che sapesse dell'arrivo imminente di Harry.
 
Sembrando a suo agio, nonostante lo stomaco gli dolesse per il nervosismo, spostò la sedia e ci si lasciò affondare. Poi gettò i libri sul banco e vi poggiò sopra i gomiti. Sbadigliò come se provasse indifferenza, i suoi occhi cercavano sulla scacchiera qualunque mossa a lui familiare. Un sforzo inutile, ma almeno ci aveva provato. " Allora? Chi sta vincendo? "
 
Harry dovette mordersi l'interno delle guance per trattenere le risate.
 
Malfoy non riuscì a non ghignare.
 
Sembrava che gli altri Serpeverde avessero appena visto Voldemort sbucare dal pavimento e offrire loro degli abbracci. Gli occhi sbarrati, le bocche spalancate e un'espressione di pura confusione sui loro volti. Se solo Harry avesse avuto una videocamera.
 
" ... vedi perché devo giocare tre contro uno? " Sospirò infine Malfoy. " Non danno segni di intelligenza. "
 
Quell'affermazione li riportò sicuramente alla realtà.
 
" Così mi offendi. " Zabini fu il primo a parlare, una finta espressione di dolore aleggiava sul suo volto. Alzò una mano al petto, scuotendo la testa come se fosse ferito. " Se il mio playboy si fosse aggiunto al nostro tavolo come se vi appartenesse, anche tu saresti rimasto a bocca aperta come un idiota. "
 
Harry fu irritato da quel commento, ma Malfoy lo fu ancora di più.
 
" Hai detto proprio una parola chiave: come un idiota. "
 
Zabini fece roteare gli occhi, mentre un ghigno giocherellava sulle sue labbra. Rivolse con disinvoltura lo sguardo ad Harry e alzò le sopracciglia.  " Puoi fare meglio di così. "
 
Harry si mosse leggermente a disagio sulla sedia, chiedendosi in che razza di situazione si fosse andato a cacciare. Non aveva molta voglia di fare una conversazione a cuore aperto con i Serpeverde; avrebbe potuto comportare la perdita del cuore. Ma era pur sempre meglio che essere interrogato da Neville. Doveva esserlo.
 
" Hai davvero detto a Neville che l'avresti sbattuto in manicomio? " Harry chiese a Malfoy, osservandolo mentre gli veniva un tic nervoso all'occhio. Agli altri Serpevede era stato restituito il dono della parola e osservavano la scena con attenzione. Qualunque cosa avessero pensato o intuito da quella conversazione, Harry non lo sapeva. E nemmeno gli importava. Non stava pianificando o architettando nulla, cosa che invece loro avrebbero fatto. Potevano dedurre tutto quello che volevano dalle frasi di Harry.
 
" Certo che no. " Biascicò Malfoy battendo a malapena ciglio. " Gli ho detto che si sarebbe unito ai suoi genitori nel loro manicomio. "
 
L'attenzione di Harry fu catturata per un istante dalla risatina divertita di Nott, poi il suo sguardo tornò al biondo. Perché mai avrebbe dovuto ferirlo in quel modo? "Perché? " Chiese, rivolgendo lo sguardo al ragazzo che se ne stava tristemente seduto in disparte.
 
" Perché dovrebbe imparare a tenere la bocca chiusa. " Rispose infine, con indifferenza. " E perché invece tu te ne sei andato lasciandolo con un’aria così affranta? "
 
Harry non riuscì a trattenere l'occhiataccia che rivolse a Malfoy subito dopo. " Non rompere… ”
 
" No, no, sono curioso di sentire delle spiegazioni. Come mai hai lasciato lì il nuovo Ragazzo d'Oro dei Grifondioti? Avanti, diccelo. "
 
Gli sguardi sembravano divertire Malfoy. Il bastardo... " ...non riusciva a tenere la bocca chiusa. " Harry mugugnò infine, osservando i Serpeverde che ridevano divertiti. Beh, almeno Nott e Zabini. Parkinson invece era pallida, come se volesse essere dovunque tranne che lì. L'aveva davvero offesa così tanto?
 
" Ecco cosa intendevo. " Malfoy per poco non sorrise mentre muoveva un altro pezzo sulla scacchiera, il quale decapitò brutalmente la regina di Zabini. Versi di disapprovazione si innalzarono dal gruppo avversario, era ovvio che non avessero alcuna possibilità di vincita.
 
" Allora, Potty. " Continuò Zabini, ghignando appena Malfoy, per qualche motivo sconosciuto, lo folgorò con lo sguardo. " Cos'altro hanno in mente i Grifondioti? "
 
" Scusa? " Harry si grattò nervosamente il braccio quando tutti loro si scambiarono degli sguardi di intesa. " Non sono affari che vi riguardano. "
 
" Tutto quello che accade nella scuola, si ritorce inevitabilmente contro i Serpeverde. " Borbottò Parkinson, fissando disperatamente la porta.
 
" E se sfogano la loro rabbia su di noi, è decisamente affar nostro. "Aggiunse ugualmente Nott, osservando la scacchiera leggermente accigliato. " Merda. Siamo stati fregati Blaise. "
 
Harry, confuso, rivolse di nuovo lo sguardo a Malfoy, che era abbastanza irritato. Cosa intendevano per ' sfogare la loro rabbia '? Erano arrabbiati con Harry, non con i Serpeverde. L'incidente di Pozioni ne era un esempio; un errore che non doveva più ripetersi.
 
" Smettila di rovinarmi il divertimento, Theodore. " Ringhiò Malfoy, facendo roteare teatralmente gli occhi. Sembrava pronto ad uccidere. " Non hai idea di quanto sia stato difficile ingannarvi. "
 
" È crudele quello che fai durante una semplice partita a scacchi. " Ribatté Nott, scuotendo la testa seccato. " Prima dai all'avversario un barlume di speranza e poi lo distruggi senza pietà. "
 
Il biondo batté a malapena ciglio. " Sono un Malfoy. " Disse come se fosse una spiegazione sufficiente. In alcuni casi lo era.
 
" Un'altra partita. " Disse velocemente Zabini, mettendo a posto i pezzi. Nemmeno il verso indignato di Malfoy funse da deterrente.
 
" Ogni volta che gioco contro di te, centinaia di cellule celebrali si suicidano gettandosi contro il mio cranio. Potter non ne ha; gioca con lui. "
 
Otto occhi furono diretti verso di lui.
 
Merda.
 
La sfida era dovunque, ma non c'era un singolo sguardo di conforto fra di loro.
 
Harry scrollò le spalle fingendo indifferenza. I suoi occhi urlavano a Malfoy di dargli una spiegazione, ma il biondo sembrava soddisfatto. Compiaciuto. Merlino, Harry voleva ucciderlo. " Non gioco spesso. " Ammise, informandoli di quanto avrebbe fatto schifo durante quella partita.
 
" Non importa; Blaise gioca ogni giorno ed è ancora una schiappa. "
 
" E dov'è finito il tuo patriottismo Serpeverde? " Disse Zabini, ridacchiando insieme al resto del gruppo. Sembrava quasi una battuta creata appositamente per farlo sentire un intruso. L'anno precedente sarebbe stato anche lui patriottico verso i Grifondoro. Ma in quel momento, non lo era così tanto.
 
Girò la scacchiera in modo da essere di fronte ad Harry. Non sembrava aver niente da ridire in proposito.
 
" Puoi avere i bianchi, Ragazzo d'Oro. " Ghignò, aspettando che Harry facesse la prima mossa. Era come se durante quella partita si dovessero prendere decisioni da cui dipendevano la vita o la morte. Lentamente e con esitazione, Harry mosse un pedone.
 
E la partita ebbe inizio.
 
" Quindi, Potty. " Un'altra occhiataccia fu lanciata nella sua direzione. La Parkinson gli diede addirittura una gomitata, borbottandogli di non tirare troppo la corda. Ma che diavolo? " Cosa. Hanno. In. Mente. I Grifondoro. Potresti darci delucidazioni sulla faccenda? "
 
Harry scrollò le spalle, guardando Malfoy. " Non lo so. " Tutti si scambiarono di nuovo sguardi d'intesa e piccoli ghigni. Questo lo faceva andare su tutte le furie; stava dicendo la verità.  " Ditemi cosa avete in mente voi, invece. " Ribatté appena Nott e Zabini iniziarono a borbottare fra di loro.
 
Beh quello catturò decisamente la loro attenzione.
 
Ma non nel modo che Harry sperava.
 
 Zabini addirittura sorrise. Sorrise. " Ed ecco ritornare il Grifondiota. " Canticchiò ghignando mentre muoveva un altro pezzo. Stava iniziando a fare sul serio.
 
" Non direi. " Anche Harry fece un'altra mossa usando la torre per mangiare un alfiere. Zabini alzò le sopracciglia.
 
" Per favore, non direi che sei un Serpeverde, Potty. " Poi gridò, sembrando altamente turbato dal fatto che il glaciale Malfoy avesse semplicemente alzato un sopracciglio.
 
" Ti avevo avvertito. " Tre parole e lui abbassò la cresta. Ma chi diamine era Malfoy? Il guardiano dei sotterranei?
 
" Sono più Serpeverde di quanto pensi. " Mugugnò Harry, muovendosi di nuovo per prendere un pedone. I pezzi di Harry non attaccavano più quelli di Zabini in modo normale. Invece di usare un singolo colpo di spada, avevano iniziato ad essere più subdoli. Un semplice colpo al cuore era considerato normale. Ma se iniziavano a decapitare gli altri pezzi e a conservare le loro teste come souvenir? Era una cosa che avevano notato tutti, ma nessuno aveva detto niente in proposito. " Penso che siano solo arrabbiati. "
 
Quasi tutti i Serpeverde alzarono le sopracciglia. Dio. Erano davvero così idioti o volevano che Harry facesse lo spelling di tutto quello che diceva?
 
" Cosa. Hanno. In mente. I Grifondoro. " Disse irritato. " Sono solo arrabbiati. "
 
" Così sembrerebbe. " Disse Malfoy, interrompendo Zabini prima che potesse dire qualunque cosa. Harry gliene fu grato.
 
Proprio quello di cui aveva bisogno per calmarsi. Negli ultimi tempi la sua rabbia era completamente fuori controllo. Avrebbe voluto attribuirla al fatto che Malfoy lo importunava continuamente, ma sapeva quale fosse la verità. Le vacanze sarebbero iniziate a breve e lui non aveva nessuna voglia di parlarne con i Dursley. Dannazione, lo sapevano già troppe persone. Neville stava intuendo qualcosa, e come se non bastasse, le uniche due persone a cui voleva dirlo non gli concedevano nemmeno un attimo di tempo. Che andasse tutto a fanculo, voleva solo usare la magia!
 
Dopo alcuni minuti di tensione durante i quali continuarono a giocare in silenzio, Harry sentì di essere di nuovo in grado di parlare senza sbottare come ... beh, come un Grifondoro.
 
" ...sono solo in lutto. " Disse, evitando di guardare i Grifondoro. " Sono arrabbiati. Presto si calmeranno e tornerà tutto alla normalità. "
 
Ancora una volta, si scambiarono sguardi d'intesa intorno al tavolo.
 
" Che c'è? Cosa significa? " Chiese Harry, stringendo i denti per fermare la rabbia che stava prendendo di nuovo il sopravvento. Malfoy fu l'unico a rispondere.
 
" Tutti noi abbiamo subito delle perdite, Potter. " Raccolse uno dei libri che Harry stava studiando, sfogliandolo con le sopracciglia leggermente aggrottate. " Sembra una tattica Serpeverde. Usare la scusa del lutto per comportarsi da completi bastardi. "
 
" Non si sono comportati poi così male- "
 
" Tch, dammi il nome del bastardo della pozione di quel giorno. "
 
 
Harry sospirò, muovendo in avanti un altro pezzo. Ancora una testa fu collezionata. " Non ti permetterò di andare in giro e castrare una benedetta persona. "
 
" Pansy è la castratrice, non io. " Malfoy ebbe addirittura la presunzione di sorridere. Come se lui fosse del tutto innocente. Parkinson non fece altro che scrollare le spalle, senza negare. Dio, erano tutti matti.
 
" È la stessa cosa, non voglio che ti sporchi le mani, tesoro. " Harry finse di concentrarsi sulla partita di scacchi. No, lui si stava concentrando sulla partita di scacchi. Non stava affatto tentando di calmare le farfalle nel suo stomaco. Non che ne avesse.
 
" Tu ami le mie mani sporche, " Rispose prevedibilmente. " Harry. "
 
 
Harry deglutì bruscamente, detestando il fatto di poter sentire il suo volto accaldarsi. Perché pronunciare semplicemente il suo nome poteva suonare così osceno?
 
" Non con il sangue del cazzo di qualcun'altro. " Rispose freddamente, alzando lo sguardo con sorpresa appena sentì i Serpeverde ridere. Non pensava che fosse così divertente; lo stavano guardando come se non l'avessero mai visto prima. Era come se l'astio fra di loro fosse svanito, a parte per Parkinson che continuava a fissare la porta con quello strano pallore ancora in volto. Se ne stava in silenzio. Lei non stava mai in silenzio.
 
" Stai ... uhm ... ecco, stai bene? "
 
 E le risate si fermarono.
 
Parkinson deglutì con agitazione, rivolgendo ad Harry una brevissima occhiata prima di annuire, restando ancora in silenzio. Fece un sorriso forzato e si alzò, affrettandosi verso l'uscita. Il rumore della porta riecheggiò nella sala.
 
Ok.
 
Quindi aveva sbagliato a pensare di essere il benvenuto.
 
Harry sbatté le palpebre scioccato, ritornando alla partita. Prima finiva, meglio era.
 
" Quindi tu sai chi è stato a mettere in atto tutti gli scherzi? " Continuò Zabini, come se Parkinson non fosse mai fuggita dalla biblioteca. Come se lui non l'avesse mai spaventata.
 
" Che problemi ha Parkinson? "
 
" Quindi tu sai chi è stato a mettere in atto tutti gli scherzi? " Ripeté Nott, chiudendo con efficacia il discorso relativo alla loro amica. Harry fissava silenziosamente la scacchiera. Il suo cavallo colpì la torre di Zabini fino a quando non fu completamente distrutta. E nemmeno allora si fermò.
 
" Non farò la spia. "
 
" Sarebbe per il bene di tutti. " Tentò di convincerlo Nott, e ridacchiò quando vide l'espressione per niente divertita di Harry. " Beh, per il nostro bene, almeno. Andiamo, sono degli stronzi. Tutti loro. Si meritano di essere ripagati con la stessa moneta. "
 
" Theo, noi Serpeverde sappiamo badare a noi stessi, come abbiamo sempre fatto. " Disse Malfoy a bassa voce. Era ancora immerso nella lettura di quel libro, borbottando fra sé e sé di tanto in tanto. Il perché era un mistero; non sarebbe stato capace di pronunciare niente, proprio come Harry. " Smettila di cercare scorciatoie. "
 
" Scommetto che esiste addirittura una procedura, non è così? " Domandò Harry con una risata, che si interruppe dopo che tre teste annuirono. " Oh, Dio... state scherzando vero? "
 
" Noi facciamo le cose alla giusta maniera, quella Serpeverde. " Rispose Zabini mentre analizzava la scacchiera. " Tutto. "
 
" Beh ... ricordatemi di non farvi mai più arrabbiare. " Borbottò Harry, muovendo uno dei suoi pedoni. " Non penso che riuscirei a gestire i crimini organizzati in aggiunta agli scherzi infantili. "
 
" Ne rimarresti sorpreso. " Sospirò Malfoy, girandosi per incontrare ancora lo sguardo di Harry. " Quindi davvero non mi dirai nulla? Nemmeno un indizio? "
 
Merlino, era difficile cercare di distogliere lo sguardo da quei dannati occhi grigi. Era come se gridassero 'guarda nella mia anima! '.
 
" ...No, non oggi. "
 
" Riuscirò comunque ad estorcerti quest'informazione. " Buona fortuna allora.
 
Harry squadrò la scacchiera. Dio, stava giocando malissimo. Zabini era quasi riuscito a prendere il suo re per ben due volte, mentre lui era lontano anni luce dal suo. Non riusciva proprio a capirlo quel gioco; era impossibile. Anche se la partita con Zabini era durata più di tutte le partite che aveva fatto con Ron, non sembrava star migliorando così tanto.
 
" ...cavallo in E4... " Borbottò Harry, cercando di mangiare un altro pedone.
 
Non successe niente.
 
" ... cavallo in E4. "
 
Di nuovo, non successe niente.
 
Harry guardò Zabini, che sembrava perplesso almeno quanto lui. Entrambi analizzarono la scacchiera, tentando di capire perché i pezzi non si muovessero.
 
" Ma è il mio turno? " Zabini ordinò ad uno dei suoi pezzi di muoversi, ma rimasero ancora immobili. Ma che diavolo?! Anche la scacchiera si era rivoltata contro di lui?
 
" Non avrei mai pensato di assistere ad una scena simile. " Malfoy si accasciò, passandosi una mano sul volto come se provasse dolore. Harry e Zabini si scambiarono un altro sguardo confuso.
 
" Che c'è? "
 
" Sembra che vi siate massacrati a vicenda le poche cellule cerebrali che vi erano rimaste. Ditemi, è divertente avere un quoziente intellettivo più basso di cinquanta? "
 
Harry riprese ad osservare la scacchiera. Non c'era niente fuori posto, o almeno nulla che lui riuscisse a vedere.
 
" Malfoy, cos- "
 
" La partita è conclusa, dementi. " Disse con voce strascicata. " È scacco matto. Davvero non ve ne eravate accorti? "
 
Oh.
 
Harry fissò la scacchiera, dubbioso. Non voleva chiederlo ma...
 
" Uhm... quindi chi ha vinto? "
 
Malfoy aveva tutta l'aria di essere sull'orlo di una crisi di nervi. Sbatté lentamente le palpebre, guardandoli entrambi. Nott se la stava ridendo in un angolino, quasi incontrollabilmente. Harry cercò di tenere a freno la felicità che lo stava pervadendo. Anche se aveva perso, la situazione era troppo divertente. Malfoy aveva addirittura un tic nervoso all'occhio. Era assolutamente magnifico.
 
" Hai vinto tu, idiota. Hai vinto tu. "
 
Harry ghignò.
 
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31. Vincere una partita agli scacchi dei maghi.
 
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Due giorni dopo Harry prese l'Espresso per Londra. Era uno dei primi Natali che passava con i Dursley da quando era un bambino. E nonostante fosse nervoso perché doveva parlare loro della sua malattia, era sorpreso di essere ansioso di incontrarli. Forse Dudley era cambiato in meglio. Chi poteva dirlo? Una settimana trascorsa a conoscere meglio suo cugino non poteva essere un’idea così cattiva.
 
Partì con entusiasmo venerdì.
 
Ritornò domenica.

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Capitolo 16
*** Flaky, Frosty e Icey ***


Questo capitolo è la perfezione, godetevelo! Byee





Capitolo 16 – Flaky, Frosty, e Icey.



Sebbene dovesse mantenere la sua reputazione di bastardo senza cuore, Draco non riusciva ad odiare il Natale. Gli piaceva la solitudine; il fatto che tutti quanti tornassero a casa e lo lasciassero finalmente in pace. Il fatto di poter aprire i suoi regali in privato, senza doversi curare di quello che avrebbero pensato gli altri se gli avessero spedito un regalo completamente inappropriato, che lui detestava, e che avrebbe probabilmente distrutto. E soprattutto, amava il fatto che tutti erano felicissimi e che era proprio un gioco da ragazzi metterli di cattivo umore. Se giocava bene le sue carte, aveva la capacità di rovinare il Natale a chiunque in un batter d'occhio; il potere. Ecco cosa amava.
 
E supponeva che non gli dispiacessero le decorazioni di Hogwarts. Nonostante fossero spesso enormi, abbinate in modo orrendo e palesemente messe su da quel babbeo di Hagrid, erano accoglienti, fino ad un certo punto. Il maniero non aveva mai avuto luci. E non aveva senz'altro avuto il vischio. Aveva solo un albero a malapena decorato.
 
Sebbene il pensiero di sua madre al maniero, da sola nel giorno di Natale fosse un po' angosciante, Draco aveva trovato il rimedio perfetto. Non pensava più a sua madre al maniero, da sola nel giorno di Natale. Ecco fatto. Risolto. Poteva godersi la sua solitudine in santa pace.
 
Quell'anno, la maggior parte degli studenti era tornata a casa. Ed era magnifico.
 
I Serpeverde erano migrati dai loro genitori. O erano felici che fossero ancora vivi, o facevano l'ultimo 'urrà ' prima che venissero sbattuti ad Azkaban per i crimini compiuti l'anno prima. Anche il resto della scuola era corso a casa, piangendo per la perdita dei loro cari e godendosi il tempo passato insieme. Addirittura Blaise era rientrato, e in quel momento non andava particolarmente d'accordo con sua madre. Beh, non gli piaceva il suo nuovo marito. Ma era prevedibile; sarebbe comunque morto entro cinque mesi. Con un po'di fortuna. Ci aveva scommesso 30 galeoni. Blaise tre; tirchio bastardo.
 
Anche Theo era andato a casa quell'anno, solo Dio sapeva perché.  Suo padre era già ad Azkaban e sua madre era morta anni prima. Qual era il senso di passare il Natale da solo in un maniero, con gli elfi domestici come unica compagnia? Chiunque sarebbe diventato matto.
 
Anche se, di fatto, Draco era ad Hogwarts da solo. Circondato da insegnanti, ragazzini altezzosi ed elfi domestici. Ognuno per conto proprio.
 
Due ragazzi del primo anno e una del terzo erano rimasti lì, quel Natale; non erano un gran problema. Stavano alla larga da Draco, proprio come avrebbero dovuto. Non gli importava quanti ragazzi delle altre case avessero deciso di restare; prestava loro a malapena attenzione. Erano sempre fuori a lanciarsi palle di neve, o in biblioteca a ridere in modo irritante.
 
Che differenza c'era se erano in vacanza? La biblioteca era la biblioteca, non importava che periodo dell'anno fosse. Una lezione che due Tassorosso impararono molto bene quando scapparono dalla sala con le lacrime agli occhi.
 
E no. Non era il Grinch.
 
Amava semplicemente la solitudine.
 
Lo faceva riflettere.
 
Draco guardò fuori dalla finestra, osservando i soffici fiocchi di neve danzare nell'aria e posarsi sul davanzale esterno. Era carino; poteva ammetterlo.
 
Guardò verso il cortile, incupendosi.
 
Sì, la solitudine lo faceva riflettere.
 
Il più delle volte su Potter.
 
E sul perché si trovava nel cortile della scuola di lunedì pomeriggio, nonostante il suo ritorno fosse previsto per venerdì.
 
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Ne aveva fatti un cazzo di esercito.
 
Draco se ne stava appoggiato ad un albero con le sopracciglia alzate e la mascella sul punto di cadere, in una chiara dimostrazione di ribellione Malfoyiana. Potter doveva essere pazzo per fare... una cosa del genere. Era... non c'erano parole per descrivere l'orrore che Draco stava provando.
 
Pupazzi di neve.
 
Al plurale.
 
Un paio? Sarebbe stato normale. Non c'era nulla di male nel fare un pupazzo di neve.
 
Invece no.
 
Potter doveva sempre oltrepassare i limiti.
 
Ce n'erano dozzine di quei cosi. Un'armata. Divennero due dopo che Draco controllò più avanti. Due eserciti uno di fronte all'altro, una dannata foresta di pupazzi di neve. Erano di forme e dimensioni diverse ... e la cosa più spaventosa era che ognuno di loro aveva un volto proprio. Avevano delle espressioni. Ed era fottutamente terrificante. No, non erano le armi che Potter aveva dato ad alcuni di loro, erano le loro facce che sarebbero riuscite a terrorizzare così tanto i bambini da non farli più metter piede fuori di casa durante la stagione invernale; Potter aveva tutte le potenzialità di danneggiare psicologicamente gli altri e le stava usando per... per cose di cui solo Merlino era a conoscenza. Diavolo, nemmeno Draco li avrebbe usati contro dei sorridenti Tassorosso. Si sarebbe sentito in colpa al solo pensiero.
 
Ed ecco Potter.
 
Stava posizionando delle pietre sulla faccia di un altro pupazzo di neve, creando una smorfia che avrebbe avuto la capacità di infestare i suoi incubi per molti anni. Il pupazzo era più alto di Potter; dovette alzarsi sulle punte dei piedi per applicare gli occhi. I suddetti occhi erano strabici, e lo facevano sembrare... facevano sembrare quel coso ... folle e fuori di sé. Grandioso. Doveva per forza avere anche delle emozioni, no?
 
" Che razza di mostruosità è questa? " Draco non riuscì trattenere i suoi pensieri, anche se avrebbe voluto.
 
 Potter si girò di scatto, e sbarrò gli occhi appena lo vide. Si passò nervosamente una mano fra i capelli, facendo roteare gli occhi in modo un po' troppo teatrale. Poi sorrise.
 
Qualcosa non andava.
 
Il sorriso era falso.
 
" Mi stai già pedinando? Non ci hai messo molto. " Fece finta di ridere, voltandosi per aggiustare l'occhio del pupazzo di neve. Non servì a migliorare il suo aspetto.
 
" Devo ammettere che sto perdendo colpi." Rispose infine Draco. Doveva tenere su la maschera. Indifferenza. Calma. " Quando sei tornato? "
 
" Huh? Ah, ieri; La McGranitt è venuta a prendermi. Non me la sentivo di venire a cena; avevo da fare i compiti e cose del genere.”
 
Frequentavano le stesse lezioni.
 
E non avevano compiti da fare.
 
 “ Cosa sono… questi? ”
 
Potter continuava a sfoggiare quel sorriso pateticamente falso mentre si avvicinava, con una risata forzata. " Sono pupazzi di neve. "
 
" Ovviamente. E che hai intenzione di farci? "
 
" Niente. " In realtà sembrava un po' confuso, ma poi si ridestò. " Non ne avevo mai fatto uno, e quale momento migliore di questo? Qualcos'altro da eliminare dalla lista. Mi stavo ancora esercitando con il numero da giocoliere, ma non riesco a farlo bene, non importa quanto ci provi; continuo a far cadere le pietre. Guarda questo graffio! "
 
Draco osservò Potter mentre si mordeva il labbro, per poi guardarsi intorno in cerca di un'ispirazione.
 
" Perché quello lì non ha il naso? " Chiese, indicando un pupazzo particolarmente brutto. Quello, comunque, fece scoppiare Potter in una risata.
 
" Ah, quello è Voldy. "
 
" Vol... Potter! Non puoi fare una cosa del genere! "
 
Draco diede un'altra occhiata al pupazzo di neve, e rabbrividì quando questo sembrò indirizzargli un ghigno. L'unica cosa che gli mancava era un cazzo di serpente avvolto intorno alle spalle. Dannato Potter, non aveva alcun senso dell'umorismo!
 
" Qual è il problema?  È morto, Malfoy. Non ritornerà. " E per dimostrare la sua stupida teoria, appallottolò un po' di neve e la lanciò sulla faccia di ' Voldy '.
 
" Potter! "
 
" Semplice! Non è lui quello da cui guardarsi le spalle. " Draco non riusciva a credere che lo dicesse con una faccia così seria. " Flaky è stato mandato in esilio ieri sera... si è scoperto che era una spia. Si! Sto parlando di te! "
 
Draco per poco non sobbalzò quando Potter si mise improvvisamente ad urlare, guardandosi nervosamente intorno per localizzare qualunque fosse la cosa a cui stava rivolgendo la parola. E proprio lì, al limitare della foresta, si poteva scorgere la testa di un pupazzo di neve. Con tanto di faccia triste.
 
Dio santo.
 
" Potter, qualunque bizzarra crisi di mezza età tu stia avendo- "
 
" Che c'è?  Non posso divertirmi un po'? "
 
Draco sbatté le palpebre, squadrando il moro. Quel finto sorriso era ancora lì.
 
Cazzo, non poteva fare così.
 
Draco annuì, osservando attentamente l'esercito. I pupazzi di neve dovevano essere uccisi. Tutti e cinquanta. Lui non ci sarebbe riuscito, ma conosceva un paio di irritanti Tassorosso che gli dovevano un favore.
 
Seguì Potter attraverso quella folla inquietante, sentendolo parlare a vanvera. Merlino, erano tutti deformati.
 
" Attento. Quello è Frosty. " Lasciò che Potter stringesse il suo braccio e lo trascinasse lontano da un pupazzo di neve abbastanza grasso con un solo occhio. " Non mi fido di lui. "
 
Draco non si fidava della sanità mentale di Potter. Eppure eccoli lì.
 
Nell'inferno.
 
Era proprio bizzarro. Soprattutto quando raggiunsero il centro di quell'orda assassina, per poi trovare resti di un... igloo? Forse?
 
" Non ne ho mai costruito uno prima. In realtà è abbastanza difficile; sai, trovare della neve che non si separi quando viene ammassata. " Potter si lasciò cadere sulle ginocchia, appallottolando ancora una volta la neve e schiacciandola per formare un blocco. Non rivolse più lo sguardo a Draco, tenne la testa bassa mentre blaterava. " Mi chiedo come facciano gli eschimesi... ci ho lavorato fino a ieri sera per completarlo, e non sono neanche a metà del lavoro! Nemmeno ad un terzo. È maledettamente più difficile senza mag... volevo dire, è molto difficile e basta. Non importa quanto compatti la neve, non si tiene in piedi. E poi come diavolo fanno a darle la forma di una sfera? La mia non si curva nemmeno un po'. "
 
E non l'avrebbe mai fatto. Non secondo Draco.
 
Ma non poteva dirglielo. Non quando quel finto sorriso era ancora stampato sulla faccia di Potter.
 
Cazzo, pensava di essersene sbarazzato.
 
Quindi, anche se c’erano due gradi, stava indossando abiti non molto pesanti, e per giunta aveva una cavolo di torta meringata al limone che lo aspettava nella Sala Comune, Draco fece una cosa davvero anti-Serpeverde.
 
Si inginocchiò, maledicendo la dannata crisi di Potter e i suoi pantaloni rovinati, e iniziò a compattare la neve.  Non disse niente. Non ce n’era bisogno.
 
Tutti sapevano che Potter non sapeva gestire bene il silenzio; era praticamente saltato addosso a Draco per conversare con lui quando i Grifondoro, come al solito, stavano facendo gli stronzi. Tutto quello che doveva fare era sedersi, aspettare e sperare che ' Flaky ' non rovinasse quel momento con la sua riammissione nell'esercito di Potty.
 
L'igloo non sarebbe mai stato creato. Forse, il sorriso di Potter sì.
 
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Harry tenne la testa bassa, raccogliendo neve da poter trasformare in cubi. Non riusciva a guardare Malfoy. Non riusciva nemmeno a girarsi nella sua direzione senza avere l'impulso di urlargli quanto era stato stupido, ingenuo, e...
 
Harry strinse le mani su un cumulo di neve, e digrignò i denti con rabbia quando questo esplose e fece schizzare dei pezzetti di gelido ghiaccio ovunque. Non poteva dipendere da Malfoy per ogni minima stupidaggine. Dio, ormai era un adulto. Avrebbe dovuto essere intraprendente e altre cretinate del genere; avrebbe dovuto essere solo.
 
Non era per quello che non aveva fatto niente per ricostruire il suo rapporto con Hermione e Ron? Non era per quello che avrebbe allontanato anche Neville? Non era per quello che stava completando quella dannata lista?
 
Avrebbe dovuto essere più facile in quel modo!
 
Quando cavolo aveva lasciato che Malfoy entrasse nella sua vita? E da quando, Dio solo sapeva perché, Malfoy sembrava aver deciso di restarci? Non avrebbe dovuto appoggiarsi a lui tutte le volte; no, non poteva appoggiarsi a lui. Proprio per niente!
 
Perché quando sarebbe mort...
 
Perché nel giro di pochi mesi, Malfoy sarebbe rimasto solo e, anche se era impossibile da immaginare, addolorato e ferito, e sarebbe stata tutta colpa di Harry. Aveva allontanato Ron, per poi ferire Malfoy? In base a quale logica? Dipendeva da lui per ogni cosa, e non era giusto. Doveva finire. Subito.
 
Ciò significava che non poteva lamentarsi con lui dell'ingiustizia di... di tutto ormai, perché...
 
Harry sospirò pesantemente, strofinandosi le dita ghiacciate sugli occhi. Non era giusto. Doveva essere forte, non importava quanto fosse difficile. Doveva sorridere e ... e ... sopportarlo, e ...
 
Era troppo per una sola cazzo di persona!
 
Harry digrignò i denti, sbattendo furiosamente la neve al suolo. Quanto era difficile costruire un cazzo di igloo?!
 
Si tirò su barcollando, si voltò, e si avvicinò ad uno dei suoi tanti pupazzi di neve, al quale strappò un braccio. Era un bel ramo, spesso e resistente. Fantastico.
 
Lo lanciò sulla testa del pupazzo, guardando con indifferenza l'occhio che schizzò via e il suo volto distrutto. Ancora. E ancora. Ci aveva messo venti minuti per costruirlo.
 
Quindici per quell'altro.
 
Una buona mezz'ora per Frosty.
 
" Era solo un fottuto igloo! " Ringhiò Harry, colpendo Rollie con la mazza improvvisata, e gli disintegrò la faccia quando questo tentò di reagire afferrandogli la giacca. " Una sola soddisfazione! Ma non me l'avete concessa! "
 
" Potter. "
 
Ignorò il ramo e iniziò ad ucciderli da solo, con le mani li distruggeva e con i piedi calciava tutti i pupazzi di neve che lo circondavano. Tutti lo fissavano, deridendolo, ghignandogli. Se lui non poteva essere felice, allora nemmeno loro potevano! Se a lui non era concessa una vita, perché cazzo avrebbero dovuto averla loro? Aveva dato a tutti nomi, lavori... a Icey, laggiù, aveva dato una cazzo di famiglia perfetta!
 
" Potter. "
 
Harry corse verso Icey, spingendolo e calciando la sua faccia. Aveva uno stupido, dannato sorriso sul volto? Voleva vedere come avrebbe sorriso dopo, quell'ammasso di neve sciolta. Ah, ma aveva ancora la sua famiglia, giusto?  La sua cavolo di famiglia perfetta che ostentava felicità. Si voltò verso Timmy-
 
" Potter! "
 
Harry ringhiò quando fu trascinato via dal pupazzetto di neve in miniatura e spinto al suolo. Ingoiò della neve, mentre il suo cervello era intento a capire come fosse passato dall'assassinare gli allegri pupazzi di neve a essere steso per terra...
 
Sentì qualcosa toccargli la schiena.
 
Harry ruotò su sé stesso e si mise di lato, atterrando qualsiasi cosa fosse, sfoderò la bacchetta e afferrò, con l'altra mano, il colletto di... Malfoy.
 
Malfoy.
 
Cazzo. Cazzo. Cazzo.
 
" CAZZO! "
 
Harry serrò la mascella, strizzando gli occhi. Non doveva guardarlo. Doveva andarsene. Doveva andarsene senza coinvolgerlo.
 
Si mise in piedi barcollando, e cercò di ascoltare il suo cervello. In verità era abbastanza difficile riporre la bacchetta nella manica con gli occhi chiusi; soprattutto quando ci si accorgeva che era la bacchetta finta che si aveva sfoderato. Che diavolo avrebbe potuto fare con una bacchetta finta? Cavare un occhio al suo avversario?
 
" Potty. "
 
Harry fece uno sbaglio.
 
Guardò Malfoy.
 
E improvvisamente si lasciò cadere di nuovo al suolo, sforzandosi di controllare le sue emozioni e quel fottuto bruciore agli occhi. Era così arrabbiato. E ferito. Ed esausto. E... cazzo, non riusciva nemmeno a guardare Malfoy senza sentirsi patetico.
 
" Cos'è successo con i babbani? "
 
Cos'era successo? Cos'era successo? Beh, dopo che lo avevano deriso, schernito, umiliato, ridicolizzato, ignorato, sbeffeggiato, irriso, trascurato, dimenticato e privato dell'ultimo raggio di speranza rimastogli, e dopo che avevano dato quel che ne restava in pasto a Squarta? " Niente. "
 
Malfoy ringhiò per il nervosismo, quasi abbaiando. " Potter, io- "
 
" Non è successo niente. "
 
" Qualcosa è successo. "
 
" Oh, no, posso assicurarti che non è successo niente. Assolutamente niente, cazzo. " Harry sospirò, stringendosi la radice del naso nel tentativo di calmarsi. Quella dannata rabbia era nauseante; era incontrollabile, pronta ad esplodere da un momento all'altro. Si sentiva come al quinto anno, e a nessuno piaceva il suo umore al quinto anno.
 
Stava aspettando la solita risposta. Quel discorso del ' Che ti aspettavi? ' che gli avevano già ripetuto troppe volte. Quel discorso che gli ripetevano continuamente da quando aveva fatto il suo tragico ritorno al castello. Uno di quei piccoli commenti intelligenti ma anche beffardi, di cui Malfoy non restava mai a corto, pronti a sua disposizione, per ogni genere di situazione.
 
" A loro non è importato nulla. " Borbottò, visto che non gli fu data una risposta immediata, fissando ancora la neve. " Non gliene fregava un cazzo. Certo, Dudley sembrava addolorato, ma mia zia non mi ha nemmeno degnato di uno sguardo dopo che gliel'ho detto; ha finto che io non fossi lì. E la palla di lardo poteva a malapena trattenersi dal non far comparire il simbolo delle monete nei suoi occhi. È stato proprio... ho preferito tornare a casa, ad Hogwarts. Perché mi ero aspettato che qualcosa cambiasse? Dio, sono così stupido. "
 
" Tu sei molte cose, Potty, ma non sei stupido. "
 
Harry fu sorpreso da quella frase che si avvicinava quasi ad un complimento e guardò il biondo, seduto a pochi metri da lui. Non si era mosso di lì, si era solo messo a sedere con la testa piegata di lato, appoggiata sul palmo della mano, e i gomiti sulle ginocchia. Sembrava il perfetto ritratto della calma. Anche se aveva i vestiti coperti di macchie e fiocchi di neve fra i capelli. E, meglio ancora, non sembrava giudicarlo.
 
" Ogni ragazzo cerca l'approvazione dei suoi genitori. Pensa alla mia vita, ne è l'esempio lampante. L'unica differenza tra me e te è che io ho imparato che è impossibile. "
 
" Non sono i miei genitori. Cavolo, non li considero nemme- "
 
" Eppure eccoti qui a massacrare piccoli, innocenti pupazzi di neve. " Harry guardò con sospetto Malfoy chi si stiracchiava e si metteva in piedi, strofinando via la neve dai suoi abiti con un ghigno. " Inizio a pensare che tu sia stato clemente con Flaky mandandolo in esilio. Vuoi rientrare o vuoi continuare ad ucciderne altri? "
 
" Tutto qui? " Maledizione, Harry!  Chiudi quella dannata bocca traditrice!
 
Malfoy scrollò le spalle, allungando una mano per aiutare Harry ad alzarsi. " Non so cos'altro dire. " Era semplice e brutalmente onesto; un miracolo in sé e per sé. " Potrei affatturarli per te, se vuoi. Con la biblioteca vuota ho passato il tempo a leggere scoprendo alcuni incantesimi interessanti, e avrei bisogno di cavie. "
 
Harry scosse stancamente la testa, facendosi tirare su. Era ridicolo. Erano solo i Dursley, niente di speciale. Certo, faceva male, ma era così con tutte le cose collegate a loro. " La colpa ricadrebbe su di me, e non mi piace molto immaginare i miei ultimi mesi ad Azkaban. " Anche se se lo sarebbero meritato.
 
Non ci pensare, Harry. Sorridi e sopportalo. Sono i fottuti Dursley. A. Te. Non. Importa. Di. Loro.
 
Osservò Malfoy, sorridendo leggermente alla vista della neve ancora posata fra i suoi capelli. Ma davvero non se ne accorgeva? Doveva stargli congelando la testa. Dio, anche quando era sporco e trasandato sembrava un modello di una rivista hot... no. Non pensare a cose del genere, Harry. Per favore, non pensarci. Allungò la mano per togliere la neve dai capelli del biondo, e fece roteare gli occhi appena si accorse che Malfoy ne fu sbalordito, quasi sul punto di tirarsi via. " Sì, mi hai beccato; stavo tagliando una ciocca per il mio diario dal titolo " I heart Draco Malfoy ". Quasi.
 
Harry fece finta di ridere, incamminandosi su un sentiero diretto al castello. Ignorò lo sguardo fisso sulla sua schiena che cercava un modo per riuscire ad arrivare al suo cuore.
 
" E adesso stai bene? Come se nulla fosse successo? "
 
" Ho esagerato Malfoy. " Continuò a sorridere. Se non guardava Malfoy, lo stalker non avrebbe capito che stava mentendo. Fu un grosso sforzo fisico mantenere la sua voce spensierata e felice. " Era una cosa stupida da fare, fin dall'inizio. È solo una stupida lista. "
 
Poteva anche fingere di non essere distrutto.
 
Fin quando non avesse trovato un modo per sbarazzarsi di Malfoy, prima che le farfalle lo costringessero a fare qualcosa che avrebbe distrutto anche lui.
 
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30. Costruire il mio primo pupazzo di neve.
 
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Harry fu sorpreso quando Malfoy si sedette sulla panca di fronte a lui, come se fosse perfettamente normale per un Serpeverde sedersi al tavolo dei Grifondoro. Il biondo non sembrò farsi tanti problemi e si servì una porzione di Shepherd's pie, gemendo in segno di apprezzamento. Entrambi si erano divisi per asciugarsi ed evitare la polmonite con una doccia calda, accordandosi per incontrarsi a cena. Solo Merlino sapeva perché Malfoy aveva bisogno di due ore per fare una doccia; erano fortunati che il castello avesse ancora l'acqua calda, con tutto il tempo che probabilmente passava nella doccia.
 
Harry impiegò quel tempo per ritornare in sé, rimproverandosi per la sua debolezza e prendendo a pugni il cuscino per un bel po'. Mai più. Malfoy non l'avrebbe mai più visto debole o patetico, non importava in che situazione si trovasse. Cavolo, lui era Harry Potter, per l'amor del cielo; sapeva come sfuggire alle grinfie di Voldemort; Malfoy non sarebbe dovuto essere un problema.
 
A parte il fatto che Harry aveva iniziato a dover combattere l'impulso di sorridere quando lo vedeva.
 
E che si ritrovava a cercare la compagnia del biondo ogni volta che poteva.
 
Farfalle; c'era ancora bisogno di dire altro?
 
Ovviamente la sua piccola... infatuazione non era importante. Non poteva essere importante. Specialmente se si pensava che Harry era interessato alle donne. Non si poteva definire una cotta; era solo una grande amicizia, qualcosa che aveva cercato in tutti modi di evitare.
 
Ma allora perché era così diverso da quello che sentiva per Ron?
 
No, basta! Erano amici, ecco tutto. Non era interessato ad una relazione, non con un cavolo di ragazzo, e decisamente non con Malfoy!
 
...
 
Tralasciando il fatto che erano fidanzati.
 
Era una situazione così confusa che si andava ad aggiungere al suo groviglio di emozioni nel quale stava già tentando di destreggiarsi.
 
" ...Credo che tu abbia sbagliato tavolo. " Affermò Harry, deglutendo sotto lo sguardo di Malfoy fisso su di lui, anziché sulla sua cena. " Oppure stai abbracciando il tuo leone interiore? "
 
" Quando ho detto ' ci vediamo a cena ', sebbene sia strano a dirsi, intendevo proprio ' ci vediamo a cena '. Vuoi che te lo scriva? Che te lo divida in sillabe? Potrei anche creare delle schede didattiche se questo rendesse il lavoro di comprensione più facile per il tuo piccolo, minuscolo cervello. "
 
Harry lo ignorò, scegliendo di osservare il suo calice d'acqua. " Di recente, ho scoperto una cosa molto strana. È un curioso paradosso; se Malfoy non passasse così tanto tempo dietro la maschera di un coglione, assomiglierebbe davvero ad una persona normale. "
 
" Non parlare di me come se non fossi qui, Potty. O i tuoi parenti s… babbani non ti hanno insegnato le buone maniere? " Harry sospirò dopo quella frase, scuotendo la testa sotto gli occhi dell'indifferente biondo. Era fortunato; Harry non pensava di poter più riuscire ad odiare quel bastardo.
 
" Questo implicherebbe che loro le abbiano... cosa stai facendo? "
 
Harry osservò stancamente Malfoy riempire un altro piatto di cibo, un assortimento di varie pietanze prese qui e lì dal tavolo. Ovviamente, essendo ora di cena, c'erano soltanto pochi piatti fra qui scegliere e nessuno di questi sembrava essere compatibile con l'altro. I Brownie di certo non si abbinavano con lo Shepherd's pie. Come non lo facevano le ali di pollo, per esempio.
 
" Non riuscirai mai a mangiare così tante cose.  "
 
" No, non ci riuscirò. " Ammise sospirando, poi scosse la testa fingendo tristezza. Harry provò addirittura pena per quel bastardo, prima che il piatto scivolasse verso la sua parte di tavolo." Ma forse tu puoi. "
 
" Ho già mangiato. " Tentò Harry, per poi prendere un sorso dal suo calice. L'acqua era buona; non gli faceva venire da vomitare.
 
" Quale piatto hai usato? "
 
Merda.
 
Harry si guardò intorno in cerca di ispirazione, indicando qualche piatto in lontananza. " Ero vicino ai ragazzi del terzo anno ma non la smettevano di ridere. "
 
" Bel tentativo. Mangia. "
 
"Sul serio, non ho tanta fame, Malfoy. " Perché era sempre così testardo su quell'argomento. Aveva già alzato il mento, una chiara dimostrazione che era determinato a vincere qualunque battaglia avesse pianificato. " Ho fatto una colazione abbondante.  "
 
" Non eri nemmeno qui a colazione. O a pranzo. "
 
Grandioso, doveva arrendersi. Ancora una volta.
 
" Mi fa venire la nausea. "
 
" È sulla tua lista. "
 
Harry trasalì, stringendo forte i denti. Come osava? Quel piccolo bastardo... non avevano passato nemmeno mezza giornata insieme e già glielo stava rinfacciando!
 
" Anche i Dursley c'erano, e sai bene com'è andata a finire- "
 
" Hai battuto il Platano Picchiatore, e non vuoi fare il tentativo di battere una cena? Potty, mangia.”
 
Harry osservò il piatto. Il brownie si stava già inzuppando, quello stronzo. Non era nemmeno lontanamente possibile che riuscisse a mangiare tutto il contenuto del piatto, ma suppose che poteva mordicchiare qualcosa. Dannato Malfoy e suoi occhi esigenti.
 
" D'accordo. Ma ti vomiterò addosso, spero che tu lo sappia. "
 
" Che cosa incantevole. " Ma Malfoy stava sorridendo, il che eliminava tutto il disgusto da quella frase. Come si poteva odiare Malfoy, se era capace di sorridere in quel modo? Era semplicemente perfett-
 
No. Harry, non pensare a cose del genere.
 
Amici. Amici. Soltanto amici.
 
Diede un morso al brownie, concentrandosi sul suo sapore. Proprio come si aspettava, non avrebbe dovuto essere accompagnato dal sugo alla carne. E chi l'avrebbe mai detto?
 
" Allora, perché Parkinson mi odia? " Chiese Harry dando un altro morso e rabbrividendo per il sapore. Era duro, quasi non riusciva ad ingoiarlo. Dovette mandarlo giù con un sorso d'acqua. Dio, ma chi aveva inventato i brownie? " Il resto dei Serpeverde sono... be', non sono spaventosi come in passato. Non fraintendermi, " Dovette darsi una mossa per spiegarsi meglio, perché gli occhi di Malfoy stavano brillando di una luce pericolosa. " sono ancora dei bastardi, e sono sicuro che siano più ignobili che mai, ma non sono poi così cattivi adesso, capisci? "
 
" I Serpeverde non si sono rammolliti- "
 
" Lo so! Non l'ho mai detto! Sono solo... più amichevoli. O qualcosa del genere. Andiamo, hanno giocato a scacchi con me, ho le prove. "
 
Harry osservò con crescente nervosismo Malfoy piegare la testa di lato, riflettendo. Non era un buon segno. " Quindi pensi che dovremmo 'alzare le barriere' ? "
 
" No, voglio dire, Merlino, no! Mi piacete così come siete, grazie. " Non riusciva a gestire quello stronzo di un Serpeverde glaciale, non per lunghi periodi di tempo. " Io... mi chiedevo soltanto perché la Parkinson sia l'unica che sembra ancora detestarmi. "
 
" Tch, lei non ti detesta. " Ridacchiò, assottigliando gli occhi. " Perché continui a tirare in ballo Pansy? Hai una piccola cotta, non è così? "
 
" Non ho una cotta per Pansy! " Oh Merlino, adesso poteva anche spararsi. Suonava sospetto anche dal punto di vista di Harry. Poteva sentire anche il suo volto andare a fuoco. Dio, sarebbe stato un inferno.
 
" Non per Pansy eh? Allora per un'altra Serpeverde? Ci ho azzeccato! Oh buon Salazar, guarda la tua faccia. Una Serpeverde, eh? "
 
Harry si nascose il volto fra le mani, ringhiando e scuotendo la testa. Perché era un libro aperto?
 
" È Daphne? Tutti hanno avuto una cotta per Daphne. No, tu sembri più un tipo da Millicent. È Millie, non è vero? Ti ha lanciato un incantesimo? "
 
" Fottiti. "
 
Harry non riuscì comunque a trattenere il sorriso quando Malfoy scoppiò a ridere, con la testa sul tavolo e il respiro affannoso. Non era il Principe Glaciale, non era un Malfoy... era semplicemente Draco, e Harry lo amava...- cioè amava il fatto che riuscisse ad essere Draco quando era insieme a lui. Proprio come Harry riusciva ad essere se stesso, senza la sua maschera di persona coraggiosa.
 
" Beh, chiunque sia non ha nessuna chance. Dovrai prima sbarazzarti di me, mio piccolo, dolce fidanzato, e io non ho intenzione di arrendermi senza combattere. "
 
Harry osservò il sorriso di Malfoy, a bocca aperta. Lui... era uno scherzo, giusto? Giusto?
 
" Non hai ancora assaggiato il pasticcio, amore. " Malfoy piegò nuovamente la testa di lato, con il sorriso stampato sulle sue labbra. " Vuoi che ti imbocchi? Sono sicuro di poter trovare il modo di farti ingoiare. "
 
" Sono sicura che ci possa riuscire, Signor Malfoy. "
 
Harry sobbalzò, distogliendo velocemente lo sguardo da Malfoy per poi trovare, per sua grande umiliazione, la professoressa McGranitt, in piedi, dietro la sedia di Malfoy. Come avevano fatto a non accorgersi che si stava avvicinando a loro? La sala era praticamente vuota; perfino il tintinnio delle posate riecheggiava, figurarsi il rumore dei passi.
 
Harry non riuscì a trattenere le risate, tanto che portò una mano a tapparsi la bocca. Non riusciva nemmeno a trovare la forza di essere imbarazzato; era Malfoy, che sembrava mortificato. Le sue guance si erano tinte di rosa, e non riusciva ad incrociare lo sguardo della professoressa. Lanciò comunque un’occhiataccia ad Harry, che ebbe bisogno di due mani per coprirsi la bocca. I suoi polmoni stavano esplodendo, ma ogni volta che tentava di prendere un respiro, gli sfuggiva una risata.
 
Harry non riuscì a guardare nessuno dei due; si concentrò invece sul tavolo, esaminando una macchia sulla sua superficie. Ma che strana forma che aveva.
 
" Mi dispiace interrompere quel che, sono sicura, fosse una conversazione affascinante... " Si interruppe, aspettando che Harry la smettesse di ridacchiare." Ma ho bisogno di parlare con lei in privato, Signor Malfoy. Non ci vorrà molto.  "
 
Harry fu capace di fermare le sue risate giusto in tempo per alzare lo sguardo, sorridendo. Malfoy, con sua grande sorpresa, non aveva l'aspetto di chi volesse strozzarlo per non averlo avvertito che avesse la Mcgranitt alle spalle. Sembrava esasperato, ma sulle sue labbra giocherellava un sorriso. Era ancora rosso in viso. Quello fece scappare ad Harry un’altra risata. Dirigeva lo sguardo dovunque tranne che sulla McGranitt.
 
" Vieni a trovarmi più tardi, razza di idiota che non sei altro. " Rise, alzandosi per seguire la McGranitt con impazienza. " Ma finisci prima il tuo piatto; se non lo fai, lo verrò a sapere. "
 
Oh sì, Malfoy l'onnipotente sapeva sempre tutto.
 
Era un tipo dai molti talenti.
 
Harry scoppiò a ridere.
 
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Harry sospirò mentre abbracciava la tazza del water, maledicendo quello stronzo biondino Serpeverde in tutti i modi possibili e immaginabili. Oh sì, mangia il piatto, Harry.  È sulla tua lista, Harry. Che si fottesse la lista! Voleva soltanto mettersi a sedere senza vomitare l'anima. Saltava fuori che la nausea non era soltanto un frutto della sua immaginazione.
 
" Harry, cosa stai facendo? Stai male? Vuoi... vuoi che chiami l'infermiera? "
 
Harry trasalì, e ringhiò mentre si tirava su. Dove cavolo era? Si guardò intorno, cercando di trovarla prima che la sua testa iniziasse a girare e avesse un conato di vomito. No, cattiva idea. Decisamente una cattiva idea.
 
" Oh Harry, stenditi, io- "
 
" Stai lontana da me. " Sbottò Harry, posando finalmente gli occhi sul fantasma argentato. Stava fluttuando vicino alla finestra, si mordeva il labbro preoccupata, intrecciando insieme le mani. Era l'emblema del senso di colpa. Bene.
 
Harry si strinse lo stomaco e con l'altra mano si tenne aggrappato al water, sforzandosi di mettere la schiena dritta. Per fissarla. Poteva sopportare un po' di nausea, se significava mettersi in salvo.
 
Ovviamente sapeva che in realtà non avrebbe potuto fargli niente; era un fantasma. Il minimo che poteva fare era provocargli un po' di freddo. Il massimo... beh, sapeva qual era il massimo.
 
" Harry, mi dispiace, sul serio, mi dispiace. È solo che ero così felice che ero un po'indecisa, ma stavo comunque per-! "
 
" Lasciarmi lì?  " Sbottò Harry, stringendo la mano sul water con rabbia. Almeno aveva la decenza di sembrare mortificata. " Non voglio morire, Mirtilla! Pensavo che sarebbe stato bello stare con te, ma non mi aspettavo che cercassi di assicurarti la mia morte! "
 
" Non è andata così Harry! Ho chiamato i soccorsi, non ti avrei lasciato lì! "
 
Fluttuò più avanti, mentre le lacrime scorrevano copiosamente dai suoi occhi, sotto forma di gocce argentee, e brillavano contro la sua pelle trasparente. In un'altra occasione sarebbe stato carino. Quel giorno, non così tanto.
 
" Stai lontana da me Mirtilla! "
 
" Io... per favore Harry, ho sbagliato. Tutti fanno degli errori! È solo che... io non voglio essere più sola. Per favore Harry, non voglio essere la misera Mirtilla malcontenta! Per favore- "
 
" Vai via! "
 
Harry indietreggiò, barcollando leggermente e gemette quando sentì ancora la testa girare e la bile risalirgli lungo la gola. Non poteva fare nulla in quel momento, non quando era da solo, messo all'angolo da un fantasma che voleva la sua morte.
 
Faceva male guardarla; stava singhiozzando e sembrava più devastata di quando... be', di quanto Harry l'avesse mai vista. Ciò significava che il suo atteggiamento lamentoso durante tutti quegli anni era solo un modo per attirare l'attenzione. E, pensandoci un po' su, Harry suppose che probabilmente era proprio così. La vita di un fantasma doveva essere miserabilmente triste.
 
" M... me ne vado... " Piagnucolò, nascondendosi il volto fra le mani. Riusciva a malapena a parlare; le sue parole assomigliavano per lo più a singhiozzi disperati. " Lui... lui mi ha c-chiesto di chiamarti... "   Fu tutto quello che riuscì a dire prima di tuffarsi nella toilette più vicina, il suo pianto si affievoliva man mano che si allontanava.
 
Harry vomitò ancora, per una ragione completamente differente.
 
Fu uno sforzo attraversare la sala comune, si aggrappava ai mobili come se fossero un ancora di salvezza. Era meglio che le sue supposizioni fossero esatte, oppure, l'indomani ci sarebbe stato un Serpeverde con il culo dolorante. Perché l'avrebbe calciato. Doveva smetterla con i pensieri sconci.
 
Harry spalancò il ritratto, tirando un sospiro di sollievo.
 
C'era un biondo molto sodisfatto nel bel mezzo di un battibecco con la Signora Grassa. Solo Merlino sapeva perché qualcuno avrebbe voluto litigare con un dipinto, ma ognuno aveva le sue manie, suppose.
 
Malfoy guardò Harry, scioccato per la sua apparizione, ne era convinto. " La Weaselette ti ha chiamato via camino? " Fu tutto quello che disse prima di spingere Harry indietro e arrampicarsi nella stanza prima che la Signora Grassa lo chiudesse fuori.
 
La spinta non portò a nulla di buono.
 
Harry si tappò la bocca con una mano, e gemette mentre faceva alcuni passi indietro, cercando di fermare la bile che risaliva. No. Non avrebbe vomitato. Erano passate alcune ore da quando aveva mangiato; avrebbe già dovuto essere tutto fuori dal suo organismo, giusto?
 
Harry per poco non cadde quando una mano lo afferrò per il gomito, addentrandosi nella sala comune Grifondoro. Non riuscì nemmeno a lamentarsi del fatto che un Serpeverde fosse nella terra sacra dei Grifondoro; si stava lentamente avvicinando al bagno. Bene. Il bagno. Più vicino.
 
Invece fu spinto non troppo gentilmente sul divano. Prima che potesse lamentarsene, poi, una mano ferma gli abbassò la testa sulle sue ginocchia.
 
" Respira, Potty. Anche i bambini riescono a farlo con dei colpetti dietro la schiena.  " Harry ridacchiò debolmente, prendendo dei respiri profondi, nonostante gli facessero venire ancora più voglia di correre al gabinetto.
 
" No... no, devo- "
 
" Respira, Potty. " Harry si irrigidì quando la mano iniziò ad accarezzargli il retro del collo, mandandogli dei brividi lungo la schiena. Dio, non avrebbe mai immaginato che qualcuno potesse essere così gentile.
 
" Per Salazar, Potter, rilassati un po'. " Era come chiedergli di ammettere di fronte a tutti che era malato; non sarebbe mai successo. " Allora, cosa voleva la Weaselette? " Harry rise ancora, concentrandosi ostinatamente sul tappeto decorato anziché sulle pantofole di seta vicino ai suoi piedi, o sulle ginocchia su cui stava quasi affondando, o sul fatto che Malfoy gli aveva appena passato una mano fra i capelli.
 
" Uh...  è stato il... uh... cibo... te l'avevo detto che avevo la nausea.  "
 
" Devo ammettere che non ti ho creduto. Errore mio; ho sottovalutato la ridicola lealtà verso la sincerità che i Grifondoro sembrano avere tanto a cuore. "
 
" Mentiamo molto più di quanto tu creda. "
 
" Lo so. E so anche che non riuscite a farlo con un'espressione credibile. Ti senti meglio?  "
 
" Si, un po'. " In tutta onestà, non aveva più la nausea.  No, le innocenti carezze sul suo collo avevano fatto nascere nel suo stomaco una sensazione di calore, un qualcosa di cui non si era accorto fino a quel momento. Merlino, gli piaceva quando Malfoy lo toccava. Oh, cazzo cazzo cazzo...!
 
" Se ti permetto di alzarti, prometti che non mi vomiterai addosso?  " Harry annuì, debolmente. Non sapeva con certezza se avrebbe potuto mantenere la promessa.
 
Lentamente le dita smisero di massaggiare in quel modo strano la gola di Harry, lasciando che alzasse il suo volto completamente mortificato e arrossito per l'imbarazzo. Evitava di incrociare lo sguardo del sorridente biondino.  " Ti è piaciuto, vero? "
 
" Un po'. " Harry tossì per controllare le sue condizioni. La testa gli girava ancora, ma di certo non come prima. Forse aveva solo bisogno di distrarsi? Ok, bene. Adesso come avrebbe fatto a distrarsi dalla troppa vicinanza del biondo?
 
" Non riesco ancora a credere che qui dentro sia così rosso. " Commentò Malfoy, i suoi occhi non lasciavano mai quelli di Harry. " È grottesca tutta questa... lucentezza messa in una sola stanza.
 
" A me piace. "
 
" È una stanza creata per i ciechi. "
 
" Allora sono fortunato a vivere qui. "
 
Harry deglutì sotto l'intensità dello sguardo di Malfoy, e sentì la testa svuotarsi quando i suoi occhi si spostarono sulla sua gola appena lo fece. Era andato lì per qualche ragione, o solo per... fissare? Fu snervante ai limiti dell'impossibile, specialmente quando Malfoy si spostò leggermente, avvicinandosi proprio di quel tanto che...
 
Delle risate risuonarono nella parte della torre destinata alle ragazze, e fortunatamente, ruppe l'incantesimo. Harry deglutì nuovamente in preda al nervosismo, cercando di inumidire la sua gola prosciugata. Dio, stava per cascarci... un'altra volta! Controllati Harry! Cazzo, controllati!
 
Evitando lo sguardo di Malfoy, fissò la porta d'entrata sussultando mentalmente quando due ragazze del terzo anno arrivarono bighellonando. Di solito andavano d'accordo con Harry; non si rivolgevano a lui in modo scortese, e la ragazza con i capelli rossi gli aveva addirittura chiesto un autografo all'inizio delle vacanze. Ma questo, comunque, non significava che avrebbero dovuto approvare l'ingresso di un Serpeverde nella loro sala comune. E, a quanto pareva, non lo approvavano.
 
Entrambe spalancarono la bocca, la ragazza bionda parlò per prima. " Che ci fa lui qui? Veronica chiama la McGranitt! Ha fatto irruzione qui dentro... lui ha fatto irruzione- "
 
" In realtà è un ospite.  " Disse Harry a bassa voce, sentendosi a disagio sotto lo sguardo delle due ragazze. " L'ho lasciato entrare io. "
 
" Ma questa è la sala comune dei Grifondoro... la Torre Grifondoro. Non dovrebbe esserci nessuna persona proveniente da un'altra casa qui; è contro le regole. Io non voglio che lui sia nella mia- "
 
" È anche la mia di torre. " Sbottò Harry, che scese dal divano, pentendosi immediatamente di averlo fatto. La bile risalì ancora una volta, minacciando di sfuggire al suo controllo. Dannata cena. " E dal momento che sono dell'ottavo anno, penso di esservi superiore. "
 
" Nessuno degli altri studenti più grandi proverebbe mai ad infrangere le regole in questo modo- "
 
Malfoy tirò un sospiro rumoroso, alzando gli occhi al cielo. " Potter, vuoi venire a letto oppure no? " Ebbe anche la sfacciataggine di mostrarsi innocente quando tre paia di occhi si spostarono su di lui. " Che c'è?  " Chiese, mettendosi sulla difensiva, poi fissò entrambe le ragazze con un bagliore maligno negli occhi." Stavamo per scopare, prima di essere interrotti in modo così rude; non staresti più comodo nella tua stanza, Harry? "
 
Le due ragazze sussultarono sentendo quella frase, con le mani incollate alla bocca e le mascelle sul punto di cascare. A Malfoy non sembrò importare più di tanto; afferrò nuovamente Harry per il braccio, questa volta sorreggendolo svogliatamente e dirigendosi nel dormitorio vuoto di Harry.
 
Harry aspettò che la porta venisse chiusa con un incantesimo, poi diede un'occhiata a Malfoy e si affrettò verso il suo letto. " Era... era proprio necessario?  " Dannazione, ci sarebbero stati milioni di nuovi pettegolezzi dopo la fine del Natale. Fantastico. Come al solito.
 
E, come al solito, Malfoy non sembrava turbato. " Quelle sgualdrine dovrebbero imparare a farsi gli affari loro, dico bene? " Alzò un sopracciglio, quel bagliore non aveva ancora abbandonato i suoi occhi argentei.
 
Harry deglutì, spostando i panni sporchi sotto il letto con un calcio e rivolgendo lo sguardo al Serpeverde, che si trovava ancora vicino alla porta. Non... non faceva sul serio, giusto? Era solo uno scherzo per punire quelle due ragazze del loro comportamento... e se fosse stato serio? Quell'aria di sfida era ancora nei suoi occhi. Dannazione, Harry aveva appena iniziato ad abituarsi al fatto di avere una cotta... infatuazione... o qualunque cosa fosse, per Malfoy, figurarsi pensare a... quello! Perché, parlando in tutta sincerità, non sarebbe mai successo. Non sapeva nemmeno cosa ne pensasse lui stesso.
 
Delle immagini gli saltarono alla mente. La mano che passava tra i suoi capelli, che accarezzava la sua gola...
 
No! Smettila, Harry!
 
Si tolse le scarpe agitando i piedi, e finse di sbadigliare. Aveva ancora male allo stomaco, ma probabilmente era causato dalla tensione e non dall'eccessivo consumo di cibi grassi.
 
" In... in realtà mi sento un po'... stanco... mi farò una dormita... " Borbottò, evitando palesemente di guardare il Serpeverde.  " Mi dispiace... che ci abbiano interrotti... uh... forse la prossima... " Aveva avuto abbastanza umiliazioni per quella sera.
 
Harry indossò velocemente il pigiama, sperando che Malfoy capisse e se ne andasse. Ma la sua speranza ebbe vita breve.
 
Si voltò constatando che Malfoy era considerevolmente più vicino di quanto lo fosse un momento prima, ghignando come era solito fare. Fece cenno verso la porta, i suoi occhi brillavano di una strana luce. " Non mi piace molto l'idea di avere a che fare con gli immaturi capricci di due tredicenni. Ho detto la mia, e non intendo dargliela vinta. " Per poco a Harry non cadde la mascella, e sbarrò gli occhi. Non era... non poteva essere serio, vero? Doveva essere un bluff, o un obbligo a cui era stato costretto, o... qualcos'altro.
 
" Dormirò qui Potty. Così non sapranno che ho mentito. " Il ghigno rimase, il suo divertimento per l'umiliazione di Harry era fin troppo evidente.
 
" Uh... sì... bene... " Harry entrò nel letto mettendosi comodo, mentre Malfoy camminava in giro per la stanza. Sembrava un predatore, girava in tondo per cercare di capire quale letto fosse la miglior preda. I suoi occhi di falco vedevano tutte le imperfezioni, Harry ne era sicuro. Rabbrividiva al pensiero di cosa pensasse quando fissava Harry.
 
" In ogni caso, mercoledì usciamo. Penso che il mondo si sia ripreso abbastanza da reggere il nostro secondo appuntamento.  "
 
Harry cercava di rilassarsi, ma in quel momento l'impresa era molto difficile. " Cosa? " Riuscì a dire dopo un lasso di tempo tanto lungo quanto imbarazzante.  " Un secondo appuntamento? "
 
" Il primo è stato troppo doloroso? "
 
Era stato il più bell' appuntamento che avesse mai avuto, ma nonostante tutto... " No. "
 
" E allora perché non dovrei avere la possibilità di passare una serata in città con il mio fidanzato? Se proprio devo competere con qualche insignificante ragazza Serpeverde, farò meglio a tirare fuori gli artigli. " Ridacchiò avvicinandosi al letto.
 
Harry sospirò, il suo imbarazzo scomparve quando Malfoy, con la bacchetta, chiuse tutte le tende. L'oscurità era più rassicurante della luce del crepuscolo; il sole non era ancora nemmeno tramontato, e lui era lì, già a letto. Che razza di vita che aveva.
 
" Cosa diavolo stai facendo? " Harry sobbalzò quando le sue lenzuola si mossero, Malfoy si stava stendendo con disinvoltura sul letto. Sul suo letto. Con lui. " Pensavo che stessi cercando un letto! "
 
" E ne ho scelto uno. Questo. "
 
" Non puoi dormire qui! "
 
" Tch, non penserai mica che io dorma in uno di quei letti, non è vero? Ho sentito che la stupidità è contagiosa; chi sa cosa potrei beccarmi fra quelle lenzuola. "
 
Harry ringhiò, spostandosi lontano dal calore di Malfoy. " Questo è il mio letto. "
 
" Impara a condividere. " Borbottò Malfoy, fingendo di avere sonno. Era impossibile che fosse stanco. " Abbiamo già dormito nello stesso letto prima; che differenza c'è? "
 
La differenza? Allora erano amici. Ma in quel momento?  Harry non sapeva più cosa fossero. Erano ancora amici, ma per quanto ancora prima che il suo corpo traditore iniziasse a desiderare in maniera evidente qualcosa di più?
 
Harry deglutì a vuoto, fissando la sagoma di Malfoy. Era solo un gioco per lui? O era qualcos'altro? Merda, non voleva ferirlo.
 
Harry si lasciò affondare di nuovo nel letto, poggiò la sua schiena contro quella di Malfoy, sospirando per il calore che avvertì. Poteva facilmente abituarsi al calore umano, specialmente in inverno. Andava bene essere un po' egoisti, no? Dopotutto era solo per una notte.  Non poteva succedere nulla in una sola notte.
 
Venti minuti dopo, Malfoy si rigirò, appoggiando il petto alla schiena di Harry. Allungò un braccio e poggiò la mano sulla sua. In un primo momento Harry pensò che fosse una cosa involontaria, niente di importante. Ma poi il suo pollice iniziò ad accarezzargli la mano.
 
" Non hai esagerato. " Mormorò, fu a malapena un sussurro nell' oscurità. A Harry mancò per un attimo il fiato; il suo stomaco si contorse dolorosamente. " Non era una cosa stupida da fare. Non è una stupida lista. E tu non sei di sicuro uno stupido, Potty. "
 
Harry fissava l'oscurità, cercando di controllare il respiro. Lentamente, si avvicino a Malfoy, lasciando che il suo braccio gli avvolgesse la spalla e che la sua mano accarezzasse dolcemente la sua schiena. Non gli importava se faceva troppo caldo, un caldo soffocante. Non gli importava di star condividendo il letto con Draco Malfoy.
 
Sospirò, si rilassò e si lasciò infatuare dalla vaniglia.

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Capitolo 17
*** Jaime Lannister ***


 

Capitolo 17 - Jaime Lannister 

Harry sospirò, avvicinandosi alla fonte di calore. Era sveglio già da un po' ormai, ed era sorpreso di essere riuscito a dormire per tutta la notte senza i soliti incubi insistenti. Sembrava proprio che avesse trovato il suo acchiappasogni. 

Sapeva che neanche Malfoy dormiva; stava lentamente accarezzando la sua schiena con il pollice, e questo lo aveva calmato considerevolmente da quando si era svegliato trovandosi davanti agli occhi il petto di Draco Malfoy. 

Avevano dormito di nuovo insieme. Sì, per dimostrare una stupida tesi e prendersi gioco di quelle problematiche ragazzine del terzo anno. Ma nonostante tutto, stava bene, era al caldo e Harry non aveva nessuna intenzione di rompere quell'armonioso silenzio. 

Si sarebbe potuto facilmente abituare a tutto questo.

Il che era terrificante. 

" Spero che quella sia solo la tua bacchetta. "

E l'incantesimo si spezzò. 

Harry si mise a sedere di scatto, e nel farlo diede una testata alla mascella di Malfoy. Era un groviglio di coperte e arti. Cazzo, non riusciva ad averla vinta nemmeno una volta, eh? 

Rabbrividendo per l'umiliazione, cadde finalmente al suolo non appena le lenzuola gliene diedero l'opportunità, poi si alzò in fretta e furia in piedi e corse verso il bagno. Riusciva a sentire Malfoy sogghignare alle sue spalle, che ignorava il suo dolore al mento per dedicarsi all'umiliazione di Harry. 

" Qualunque puttanella Serpeverde abbia catturato la tua attenzione, non ha nessuna chance. "

" È mattina, Malfoy. " Urlò Harry dal bagno. Merlino, se solo Malfoy avesse saputo. 

Impiegarono una buona mezz'ora a prepararsi e, infine, trascinarsi verso la Sala Grande.  Harry aveva il volto arrossato e Malfoy non faceva altro che ridacchiare ogni minuto che passava. Sembrava nutrirsi della mortificazione di Harry. Almeno uno dei due si stava godendo la vacanza. 

" Non capisco perché sei così imbarazzato, Potter. È perfettamente naturale- "

" Smettila di parlarne! " E come se non bastasse, avevano attirato l'attenzione di quelle ragazze Grifondoro della scorsa notte. Stavano parlando piuttosto animatamente con la McGranitt, che in quel momento aveva un’espressione sospettosa. Malfoy si limitò a sogghignare di nuovo per poi lasciarsi cadere, di nuovo, al tavolo dei Grifondoro.

 Si servì delle uova strapazzate, senza mai smettere di sorridere.  " La mattina migliora dopo mangiato. " Rise, gettando uno sguardo al piatto vuoto davanti ad Harry. " Non riuscirai mai ad eliminarlo dalla lista se non fai neanche un tentativo. "

" Perdonami; mi hai visto bene la scorsa notte? "

" Devo confessare che ho visto meno di quanto volessi." 

Harry lanciò una finta occhiataccia a Malfoy, gli angoli della sua bocca si incurvarono all'insù. Aveva sempre la risposta pronta, eh? " Oh, quasi dimenticavo; sei arrivato dopo che ho smesso di rimettere senza sosta. Il mio stomaco non riesce a sopportarlo. "

" Non ti ho chiesto di divorare l'intero piatto. " Rispose obiettivamente Malfoy, spostando lo sguardo sul volto di Harry. " Ti ho chiesto di eliminare un obiettivo relativamente semplice dalla tua lista. Devi solo assaggiare tutto, non mangiare tutto. "

Perché aveva tutta l'aria di aspettarsi che Harry si trasformasse in qualche sorta di mostro pazzoide dei biscotti? Di certo non stava cercando di morire di fame; stava solo mangiando con moderazione. 

" Bravo bambino. " Canticchiò Malfoy quando Harry prese un boccone delle uova strapazzate, e ghignò di nuovo dopo che Harry gli fece il dito medio.  " Allora, dove vuoi andare per il nostro appuntamento? " 

Fu uno sforzo ingoiare e mantenere un'aria imperturbata, visto che il suo cuore gli balzo in gola per l'aspettativa. " Credevo che stessi scherzando." 

" Neanche per sogno. La McGranitt ci ha dato il via libera per passare la giornata fuori dal castello e ho pensato- "

" Stronzate. " Harry rivolse lo sguardo alla severa preside, che in quel momento stava bruscamente invitando le due ragazzine a farsi gli affari loro. " Per gli studenti è contro le regole lasciare il castello mentre si è in punizione; e poi non ricordo che l'ultima volta tu e lei foste in così buoni rapporti. Perché diavolo dovrebbe trasgredire le regole per te?  Cioè... intendo nel modo più carino possibile. " Aggiunse Harry appena l'altro alzò le sopracciglia assassine, un chiaro segno di pericolo.

" Se mi dai il tempo di finire il discorso. " Disse pigramente Malfoy, con la testa inclinata da un lato. " Mi sono battuto valorosamente per i tuoi diritti; è stato il momento più degradante della mia intera esistenza. "

" Uh-huh. "

" Dal momento che siamo entrambi adulti, la scuola tecnicamente non può tenerci prigionieri. Per la questione del libero arbitrio e via discorrendo. Ho fatto un po' marcia su stronzate come il fatto che ' è il tuo ultimo Natale ' e ci ha dato il via libera quasi immediatamente. " Ad Harry si gelò il sangue nelle vene. Non aveva riflettuto sul fatto che quello fosse il suo ultimo Natale. " Ovviamente, tutti e due sappiamo che non lo e non è, vero, Potty? " Qui pugnali argentati miravano al suo volto, minacciandolo di cavargli gli occhi se si fosse permesso di distogliere lo sguardo. “Perché hai la tua lista, e se ti permetti di andartene prima che sia completata come si deve, trafugherò il tuo cadavere, troverò un modo per riportarti in vita, e ti ucciderò con le mie stesse mani. " E disse tutto con un sorriso stampato sulle labbra. " Tra l'altro, sei compreso nei piani per il mio prossimo Natale, quindi temo proprio che tu non abbia scelta. "

Harry non sapeva perché lo faceva sorridere; non era nemmeno lontanamente carina come cosa. " Che romanticheria.  "

" Tutto per te. Mangia. "

Harry ghignò, mordicchiando il bacon. Non gli piaceva più così tanto, non dopo gli innumerevoli fallimenti culinari che aveva avuto da bambino. Ma se rendeva felice Malfoy, ipotizzò di poterlo fare.

.

.

.

" Sei sicuro che abbiamo il permesso di farlo?  " Chiese Harry per la quinta volta, guardandosi intorno per i corridoi con aria speranzosa. " Cioè, non è nemmeno un fine settimana dedicato ad Hogsmeade...  perché dovrebbe permetterci di andare in giro ad esplorare la periferia, e non di scendere giù per la collina? Non ha il minimo senso. "

" Dov'è finito il tuo assurdo coraggio Grifondoro? " Disse Malfoy, strascicando di nuovo le parole, e poi lo fissò con un ghigno. " Granger ha forse dovuto trascinarti nella Camera dei Segreti mentre eri ignaro di tutto? Ti ha detto che ci avresti trovato delle caramelle, vero? Hai capito che era tutto un imbroglio dopo il set gigante di scacchi o quando stavi quasi per essere avvelenato? "

" Come fai a sapere queste cose? " Aveva forse delle spie dappertutto? Lui, Hermione e Ron avevano raccontato solo a Silente cos'era successo; come diavolo faceva Malfoy a saperlo?

" Pensavo che ormai fossi a conoscenza del modo in cui vengono tenuti i segreti in questa scuola. "

Ah. Ecco spiegato tutto. 

" Adesso ho comunque ragione di pensare che sia vero. Hai davvero combattuto contro un set di scacchi gigante?  Ma se non riesci neanche a muovere un pedone senza che gli altri pezzi inizino a compiangerlo; come diavolo hai fatto a sopravvivere? "

" Posso a malapena ritenermi consapevole di tutto quello che è successo...  avevo dodici anni, Malfoy. Dodici. "

" Quindi il Potter dodicenne aveva più palle di te? Direi che sono scioccato...  se solo lo fossi. " 

Harry diede a Malfoy una gomitata nello stomaco, e si guardò di nuovo intorno in cerca di qualche insegnante che avrebbe potuto fermarli e metterli in punizione. Andiamo! Dovevano esserci almeno venti studenti che erano rimasti ad Hogwarts quel Natale... dove diavolo erano? Perché non avvertivano nessuno che Harry Potter e Draco Malfoy stavano scappando? 

" Non devi essere così euforico. " Disse pigramente Malfoy, e ghignò quando Harry arrossì. Non credeva proprio di essere stato così evidente; non era colpa sua se Malfoy aveva l'hobby di stalkerarlo. 

" Ho solo la sensazione che me ne pentirò." Ammise Harry, preoccupandosi del fatto che Malfoy si limitò a ghignare piuttosto che deriderlo, come si aspettava che facesse. " E, in qualche modo, il tuo piccolo sorrisetto compiaciuto è tutto fuorché rassicurante. " 

" Tu ami il mio piccolo sorrisetto compiaciuto. " Merlino, non avrebbe dovuto sorridere così. Era capace di far amare a tutti il suo sorrisetto; nemmeno Ron sarebbe stato immune al suo incantesimo. " Non stiamo facendo niente di illegale.  Prendiamo il Nottetempo, sbuchiamo in città, facciamo quello che cazzo ci pare, e torniamo indietro. Smettila di preoccuparti così tanto. "

" Potremmo essere espulsi. "

" E allora passeremmo i prossimi due o tre anni a fare quel che cazzo ci pare. È da mesi che voglio visitare di nuovo la Francia. Forse potremmo concentrarci sulla mia di lista? " Harry lo guardò, cercando di sembrare indifferente. Ma in profondità, il suo cuore stava facendo dei cazzo di salti mortali. Una seconda lista non era verosimile, ma il solo pensiero lo rendeva felice. " Questo, ovviamente, nel caso in cui ci espellano. Cosa che non accadrà. Perché abbiamo già chiesto alla McGranitt, che ci ha dato il permesso. Perché non riesci a ficcartelo in quella microscopica testa che ti ritrovi? "

" Perché sembra proprio che io non riesca ad immaginare te chiedere qualcosa a qualcuno. "

Ed ecco ancora quel sorriso. Harry non riusciva a fare nient'altro che ricambiarlo. 

Non si poteva esattamente definire ' aggirarsi furtivamente ', ma era comunque elettrizzante. Un ultimo urrà prima di infrangere le regole della scuola...  forse avrebbero anche potuto stare fuori oltre il coprifuoco o cose del genere?

Scesero giù per la scalinata principale, e si affrettarono verso l'uscita. Malfoy gli tenne addirittura la porta, inchinandosi con fare teatrale. Era fuori luogo, derisorio, esagerato... e semplicemente così...  così tipico di Malfoy. 

Un rumore di passi catturò la sua attenzione, e si voltò proprio mentre stava attraversando la porta.  La McGranitt, che era nel bel mezzo di una conversazione con Lumacorno, aveva appena fatto il suo ingresso nella sala. Ringraziarla non sarebbe stata una cattiva idea, vero? Anche solo per accertarsi di persona che avesse dato loro il permesso, invece di affidarsi a quello che aveva detto Malfoy. 

" Hey, sarò di ritorno in un batter d'occhio. "

" Ti concedo dieci millisecondi. " 

" Certo... aspetta, cosa? "

" Ed eccoti qui.  Andiamo. "

Harry si ritrovò in mezzo alla neve trascinato da un impaziente Malfoy, che lo stava guidando giù per in sentiero con una mano sul suo gomito. Come se fosse invalido. Lo fece infuriare tantissimo... ma a pensarci bene, Malfoy aveva volontariamente messo una mano sul braccio di Harry. Il che non poteva essere considerato negativo, giusto? 

Si dirigevano verso i piedi della collina in silenzio. Malfoy pianificava chi sa cosa su quel presunto ' appuntamento ', mentre Harry reprimeva l'impulso di fare una palla di neve e lanciarla contro quell'insopportabile biondino. Anche solo per scompigliare la sua pettinatura immacolata. E Harry pensò con un ghigno che l'altro aveva passato una buona mezz'ora in bagno ad acconciarsi i capelli. 

Ma Harry non poteva davvero parlare; aveva impiegato la stessa quantità di tempo agonizzando sulla scelta degli abiti da indossare. E non aveva molti indumenti che non fossero consumati, bucati, abiti dismessi di Dudley, o rossi. E tutti sapevano quanto Malfoy amasse quel colore. 

" Non pensarci nemmeno. "

" A cosa? " Harry scrollò le spalle, cercando di sembrare il più innocente possibile. Non era assolutamente possibile che Malfoy sapesse cosa stava pensando; sebbene gli stesse rivolgendo la solita mezza occhiataccia che i genitori usavano contro i figli disobbedienti. Era ovvio che non si fidava del suo sorriso innocente come Harry aveva sperato. 

" Lo sai. " Perché insisteva con quei suoi modi criptici? Era una cosa che Harry avrebbe adorato comprendere; perché Malfoy non poteva rispondere ad una domanda senza usare qualche sorta di commentino acido, sarcasmo, o domanda retorica? Harry avrebbe volentieri pagato tutto il denaro che aveva in banca per capirlo. 

Discesero lentamente la collina, in silenzio. Harry non riuscì a trattenere una risatina quando adocchiò la sua armata di pupazzi di neve distrutta sul limitare del perimetro del castello; era potenzialmente riuscito a segnare a vita il Natale di Malfoy. Bene. 

" Perché stai ridendo sotto i baffi? "

" Penso che Flaky stia sventolando bandiera bianca."  Harry si sorprese di riuscire a dirlo con un’espressione così seria. " Se porgesse le sue scuse, potrei permettergli di tornare alla base. Sbrigati, sei ancora lì?  "Aggiunse, scoppiando a ridere per via dell'espressione sospettosa di Malfoy. Che cercasse pure di capire se Harry fosse sano di mente oppure no; questo li avrebbe messi alla pari, perché Harry doveva leggere la sua maschera inespressiva. 

" Sei un tale idiota. " 

" È per questo che mi ami. " Canticchiò Harry, piegandosi per evitare la palla di neve che Malfoy lanciò verso la sua testa. Lo mancò, spiaccicandosi su un albero. Harry impiegò un secondo per fabbricarne una, e la lanciò prima che Malfoy avesse il tempo di capire che stava contrattaccando. Quel piccolo bastardo; come faceva a sapere cosa stava pensando? 

E così, un’epica battaglia a palle di neve cominciò.

.

.

.

Draco sorrise mentre teneva la porta del ristorante. Si inchinò di nuovo per Potter, adorando all'inverosimile il modo in cui quell'idiota alzava gli occhi al cielo pur continuando a sfoggiare il suo sorriso entusiasta ogni volta che lo faceva. Quindi il ' Ragazzo Che è Ignaro Di Tutto ' amava essere viziato? Sorpresa sorpresa. 

Per arrivare a Diagon Alley avevano impiegato più tempo del previsto, dato che Potter si rifiutava testardamente di ammettere la sua sconfitta nella battaglia di palle di neve che avevano iniziato. Draco dovette saltargli addosso, mettendosi a cavalcioni su di lui e bloccarlo, ma anche allora sembrò essere incapace di pronunciare le semplici parole ' Hai vinto '. 

E comunque, in quel momento, era anche assolutamente scopabile. Leggermente affannato, capelli arruffati e scompigliati e le dannatissime guance tinte di rosa; Draco stava quasi per chinarsi e limonare quell'idiota fino a fargli perdere i sensi. Forse avrebbe finalmente smesso di essere ignaro del fatto che provava evidentemente qualcosa per Draco. 

Decise che non era il caso, ricordandosi che in teoria stavano scappando, e se la McGranitt li avesse beccati, avrebbe schiacciato loro le palle prima che potessero aprir bocca. Be' forse stava un po' esagerando. Ma non sarebbe stata contenta. In un modo o nell'altro, erano fortunati se non ricevevano una sospensione. Forse Draco aveva dimenticato di dire a Potter che, mentre combatteva per la sua causa, la McGranitt aveva pronunciato la frase ' Dovrete passare sul mio cadavere. ' 

Oops. 

Draco seguì Potter verso un tavolo in fondo al piccolo ristorante. Osservò la clientela mentre camminavano, tirando un sospiro di sollievo. In quel momento non era esattamente la persona più apprezzata del mondo magico, e non moriva certo dalla voglia di ricevere un’ennesima lavata di capo da un gruppo di sangue-sporco che odiava ogni singola goccia di essenza Malfoy dentro di lui. Non era esattamente un posto che avrebbe frequentato, ma Potter sembrava quasi al suo agio, infatti si lasciò affondare su una sedia con un sospiro soddisfatto. Valeva la pena infrangere le regole se significava vedere Potter sorridere in quel modo.

Adesso come avrebbe fatto a convincerlo a raggiungere la tappa successiva?


“ Perché hai l’aria di star complottando qualcosa? ”  

A Draco scappò un sorriso, poi piegò la testa da un lato come se fosse curioso. Era interessante il fatto che Potter conosceva la sua grande varietà di stati d’animo o emozioni. “ Perché lo sto facendo. ” Rispose onestamente. Ad ogni modo, Potter rise, scuotendo la testa. Figuriamoci se credeva che stesse dicendo la verità.

“ Allora, Malfoy, sei tu ad aver organizzato tutto. Deve esserci un motivo. ”

“ Ho bisogno di un motivo per voler trascorrere del tempo col mio fidanzato? ”

“ Direi di sì, vedi, considerando che mi hai trascinato dall’altra parte del paese. ”

Intelligente, Potter; e chi se lo aspettava? “ Questo è il ristorante con il maggior numero di recensioni positive del paese. ” Ghignò Draco, poi diede una scorsa al menù tentando trattenere le risate. “ Guarda: Spaghetti Vampiretti; il menu è in rima. Come potevo non portarti qui? Hanno addirittura dei pastelli, così puoi colorare mentre aspetti la tua cena scadente. ”

“ Non essere crudele, Malfoy. ” Ma lo disse sorridendo. Significava che non era serio. Forse stava contagiando Potter… eccellente.

“ Non sono mai crudele; sono solo brutalmente onesto. ”    

“ Be’, allora ti darò un momento per essere brutalmente onesto quanto ti pare e piace. ” Oh, si prospettava una cosa interessante. “ Puoi, per caso, delucidarmi sul perché Parkinson non sembri capace di rimanere nella stessa stanza con me senza avere l’aria di chi preferirebbe cavarsi gli occhi da sola? ” Oh, fantastico. Bel modo di finire in trappola, Draco. Dannazione, non sapeva se essere orgoglioso di Potter per aver cercato di utilizzate le sue limitate doti intellettive per estorcergli una risposta, o seccato perché che non lasciava perdere la questione.

“ Che cos’è questa tua nuova ossessione per Pansy? ” Si chiese Draco a voce alta, poggiando la testa su una mano e il gomito sul tavolo. Potter non sembrava nemmeno imbarazzato. Dannazione, aveva un appuntamento con Draco, cazzo, non con Pansy! “ Devi sempre tirarla in ballo nei momenti meno opportuni? Mi immagino già quando la porterai a letto. ”

Naturalmente, Potter arrossì, e si guardò intorno per controllare se qualcuno li stesse ascoltando. “ Abbassa la voce. ”

“ Sì! Oh, sì, proprio lì, oh, cazzo, Pansy… cioè, Draco! ”

“ Sta’ zitto! ” Ecco. Almeno l’equilibrio di potere era tornato a favore di Draco; si sarebbe sentito male per la scenata imbarazzante, ma era così divertente guardare Potter mentre arrossiva, mortificato.

“ Perché sei così in imbarazzo, Harry? ” Chiese Malfoy, come se stesse facendo le fusa, e quando il volto di Potter divenne paonazzo, ridacchiò fra sé e sé. “ Hai mai sbagliato nome mentre eri a letto con qualcuno? ” Ovviamente, no. Draco aveva l’orribile sospetto che Potter non avesse ma detto nessun nome a letto, stando a quel che diceva la lista.

“ Chiudi  il becco. ” Potter tentò di lanciargli un’occhiataccia… tentò. Aspetta, cosa? Sembrava divertito. Quando e come era successo? Draco si era forse perso qualcosa? “ Smettila di evitare la domanda. Sta diventando seccante, il fatto che sembra che lei non mi sopporti. Non le ho fatto niente di male, no? ”

Grandioso, Potter era di nuovo ignaro di tutto. Ma esisteva un'altra casa, oltre a quella Serpeverde, capace di leggere correttamente le persone? Che considerasse sia le emozioni che la personalità quando constatavano che c’era qualcosa che non andava in un amico? A quanto pareva, no.

Quindi Draco si limitò a starsene seduto e ad ascoltare Potter mentre continuava a blaterare cose su Pansy, anche se lei gli aveva fatto lo stesso discorso su Potter. Se Draco l’avesse conosciuto meglio, avrebbe pensato che era lei la puttanella Serpeverde su cui aveva messo gli occhi. Chiunque fosse, non aveva uno straccio di possibilità contro Draco; era di sua proprietà.

“ Per l’amor del cielo, Harry, lei non ti odia. ” ‘Fanculo il codice d’onore Serpeverde; quella conversazione doveva finire; Pansy stava monopolizzando Potter, e non era nemmeno lì. E perché Potter stava di nuovo sorridendo? Sembrava decisamente contento… perché?

“ Lo so che mi odia, voglio solo sapere il motivo- ”

“ Perché sai che i tuoi fan psicopatici stanno rapidamente diminuendo e tu stai disperatamente cercando di mantenerne qualcuno? ” Okay, aveva un po’ esagerato. Il sorriso di Potter si ridusse piuttosto velocemente, e ora la sua fronte era leggermente corrugata. Grandioso, quel dannato senso di colpa era tornato. Dannazione.

“ Lo spiegherò soltanto una volta, e poi sono abbastanza certo che ti cancellerò ogni ricordo di questa conversazione per evitare che mi si ritorca contro. Pansy non ti odia. Anzi, pensa che sei un ragazzo a posto. Né troppo affascinante, né troppo attraente. ” Be’ in qualche modo doveva allontanarlo da lei. Non giudicate. “ Ecco il problema. ”

“ Non capisco- ”

Oh, grazie a Merlino per quelle imbarazzanti pause di silenzio che fornivano le scarse doti coordinative dei camerieri. Non stava andando come sperava; doveva riuscire a portare la situazione sulla strada che aveva previsto, influenzando Potter in maniera decente. Ma come?

Il fatto che la graziosa cameriera bruna stava rivolgendo a Potter sorrisini e sguardi di sottecchi, non migliorava la situazione. Ovviamente sapeva chi era, stupida sgualdrinella. Non si era voltata per andarsene nemmeno quando l’attenzione di Potter era tornata su Draco.

“ Che diavolo significa? Quest’anno non sono stato nemmeno lontanamente gentile; sto allontanando tutti- ”

“ Esattamente. Sei un idiota, ma non sei uno stronzo. Sei a posto. Parole sue, non mie. Quindi, cerca di comprendere, con quel cervello in miniatura che ti ritrovi, come potrebbe sentirsi dopo aver realizzato una cosa del genere, avendo provato a consegnarti a Tu-Sai-Chi per salvarsi le penne. ”

E finalmente Potter capì. Grazie a Dio.

“ Adesso basta con Pansy. Non voglio nemmeno più sentirti pensare quel nome. ” Potter sbatté le palpebre, i suoi occhi brillavano per il divertimento. Come se Draco non potesse leggere i suoi pensieri come un libro aperto. Quindi, fu perfettamente ragionevole da parte sua colpirgli il braccio. “ Pensaci ancora una volta, Harry. Ti sfido a farlo. ”

Potter, comunque, addirittura sorrise. “ Non so proprio di che cosa tu stia parlando, Draco. ” Cazzo, non poteva fare così… oh, merda.

“ Certo che non lo sai, Potter. ”

“ Niente più nomi di battesimo? ” Quell’insopportabile piccolo rospo. Che fosse maledetto! Avrebbe dovuto essere lui ad iniziare a chiamarlo per nome, non Draco! “ Peccato, avrei potuto abituarmici. Mi faceva sentire speciale. ”

“ Va’ al diavolo. ” Invece di arrabbiarsi, comunque, Potter si limitò a ridere di nuovo, alzando melodrammaticamente gli occhi al cielo. Forse lo stava contagiando un po’ troppo. “ Se è questo che ottengo dal cercare di portarti a cena fuori… ”

“ Smettila con questa storia. Non sei nemmeno lontanamente cattivo quanto credi. ”

“ Oh, davvero? ” Doveva essere interessante.

“ Sono quasi convinto che tu in realtà abbia un talento per le coccole. ” Potter sorrise, “ Le persone malvagie non fanno le coccole. ”

“ Sembri così sicuro di te. ”

“ Lo sono. ”

Draco non riuscì a trattenere un ghigno, stava andando tutto secondo i piani. Era proprio quello che stava aspettando; quello sguardo di sfida che Potter sembrava tirare in ballo nei momenti più inaspettati. Poteva sfruttarlo.

Era uno sforzo non sembrare troppo entusiasti. Quindi, Draco dovette accomodarsi sullo schienale della sedia; aveva un ghigno stampato sulle labbra e le sopracciglia alzate. Doveva attirare l’interesse di Potter; non avrebbe mai rifiutato una sfida, non se proposta da Draco. Anche se era stato lui a creare l’atmosfera.

“ Vogliamo scommettere? ” Chiese Draco, osservando Potter raddrizzarsi di colpo, aveva di nuovo un’aria intrigata. “Numero Ventidue; hai finalmente la possibilità di cancellarmi dalla lista, se credi di poterci riuscire. ”

“ Che scommessa? ”

“ Un semplice test per vedere chi conosce meglio l’altro. ” Perché era certo che Draco avrebbe vinto; Potter non aveva possibilità di pedinare Draco nel suo tempo libero.

“ Che ci guadagno? ” Figuriamoci se Potter rifletteva prima di buttarsi a capofitto nella sfida; era meno Grifondoro possibile nei momenti più inopportuni. Draco doveva stare attento.

“ …non so cosa vuoi tu. Ad ogni modo, se vinco io, ti porto in un negozio, scelgo un articolo per te e tu devi comprarlo e indossarlo. ”

“ Tutto qui? ”

“ Tutto qui. ” Non devi ridere, Draco. Non farti scoprire.

“ Ci sto. Se vinco io, comunque, devi chiamarmi ‘ Harry ’ per il resto della giornata. ”

Per niente verosimile. “ Bene. Allora, inizia pure. Sorprendimi. ”

Draco guardò con soddisfazione Potter quando si appoggiò allo schienale, mimandolo. Si prospettava divertente, in entrambi i casi. Vediamo quanto Poteva essere stalker Potter.

“ Sei ambidestro, ma preferisci usare la mano sinistra. ” Un bell’osservatore, apparentemente.

“ Preferisci stare in luoghi angusti, piuttosto che in quelli aperti. ” Potter ne rimase sorpreso. Pensava forse che Draco ci sarebbe andato leggero con lui?

“ Sei goloso; più del normale, a mio avviso ”

“ Giusta osservazione. Non hai preso la pozione stasera. ” Solo a quel punto Potter iniziò a sembrare sospettoso. E assolutamente circospetto; Draco non pensava che avrebbe potuto trattenere il suo ghigno di soddisfazione ancora per molto; l’avrebbe sicuramente stracciato.

“ Come sai che prendo una pozione all’ora di cena? ” Chiese Potter, poi incrociò le braccia, passano sulla difensiva. “ Mi assicuro sempre che in bagno non ci sia nessuno. ”

“ Perché, casualmente, sono un Dio quando si tratta di pozioni, Potty. Be’? Vuoi prenderla?

“ Non qui. ”

“ A nessuno interessa cosa prendi o non prendi. ”

“ Finché non è sul Profeta. La prenderò dopo. ” I suoi occhi si assottigliarono, con ogni probabilità, aveva realizzato che Draco non avrebbe giocato pulito. “ Non ti piace tuo padre. ”

“ No, merda, Sherlock. ” 
“ No, intendevo che non ti è mai piaciuto. Quando ti pavoneggiavi a scuola, usando il suo nome; in realtà ne avevi paura. ” Ouch.

“ Granger e la Donnola non ti mancano nemmeno lontanamente quanto speravi. ”

“ Non mangi nulla che sia di colore blu. ” Come diavolo faceva a saperlo? “ Il che è abbastanza strano, a dirla tutta. ”

“ Non c’è nulla di strano; il blu non è un colore naturale per il cibo. Perché mangiarlo? ” Sbuffò Draco, che iniziò guardarsi intorno in cerca di ispirazione. Ghignò quando i suoi occhi si posarono sulla cameriera. “ Non hai mai fatto sesso. ”

“ E allora? ” Farfugliò Potter, facendo roteare gli occhi. “ Che cos’hai da sogghignare? Non è divertente… smettila! ”

Draco però non riusciva a trattenersi; il modo in cui Potter sembrava così mortificato da non riuscire a negarlo. Era stato azzardato, ma fortunatamente ci aveva preso; Draco pensava che la Weaslette fosse troppo testarda per lasciarsi sfuggire un’occasione con Potter. A quanto pare si sbagliava.

Non aveva motivo di non sorridere, dopo quella rivelazione.

Dalla sua parte di tavolo, Harry sbuffò, aggrottando le sopracciglia nel tentativo di farsi venire un’idea. Draco ne aveva così tante in serbo; una pletora infinita di nozioni su Potter che i Serpeverde collezionavano da anni. Come il fatto che non gli piaceva il bacon, ma lo mangiava lo stesso. Poi poteva menzionare il fatto che non era un bravo nuotatore, provato dal fatto che si era trovato in difficoltà nel lago durante il Torneo Tremaghi. O che, nonostante la facciata di coraggio, in realtà era più fragile di quanto tutti sembravano credere.

“ …ti senti in colpa per quello che è successo durante la guerra. ” Draco rivolse di scatto lo sguardo su Potter quando mormorò a bassa voce quella frase, era evidente che si era sentito in colpa appena l’aveva detto. “ Fino al punto da tenere le maniche abbassate con qualunque condizione climatica. ”

Faceva freddo in quel periodo; com’era possibile che il Ragazzo Sopravvissuto lo sapesse?

“ Escludendo quando hai massacrato la tua testa poche settimane fa, non ti tagli i capelli da cinque anni. ”

“ Indossi una maschera per nascondere i tuoi sentimenti. ”

“ In realtà odiavi Cura Delle Creature Magiche, al contrario di quanto facevi credere. ”

“ Hai abbassato la tua bacchetta. ”Draco sospirò, strizzando gli occhi per evitare lo sguardo ardente di Potter. Come cazzo faceva a saperlo? Nessun’anima vivente sapeva del suo più grande momento di debolezza, ed ecco che il Ragazzo Sopravvissuto lo urlava a cena ai quattro venti? Draco aveva cercato di non andare sulle questioni serie durante la sfida; a quanto pareva Potter stava sfruttando l’occasione per togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Be’ non con lui; era arrivato il momento di vincere.

Draco si sforzò di aprire gli occhi, tamburellando leggermente il piede quando la cameriera tornò con i loro drink, e li posò sul tavolo impiegando fin troppo tempo a ridacchiare e a lanciare sguardi a Potter per evidenziare l’atmosfera imbarazzante che aleggiava sul tavolo. Dovette aspettare che si allontanasse di qualche passo prima di iniziare.

“ Sei stato trascurato da bambino. Ti rifiuti così tanto di accettare la tua situazione che non riesci neanche a pronunciare, e forse anche a pensare, la parola con la M maiuscola. Ti impegni a fare quante più cose possibile ogni giorno perché sei tristemente consapevole del tempo… del tuo tempo. Non sai un bel niente di ‘ quella cosa ’. Il tuo colore preferito è il rosso; il tuo cibo preferito è la treacle tart, e non ti interessa più di nessuna materia, tranne Pozioni. A volte pensi di essere più Serpeverde che Grifondoro, ed è per questo che quando Pansy ti evitava eri così seccato, perché pensavi che saresti riuscito ad andare d’accordo con la mia casa. È a causa tua se Mirtilla sembra quasi essere morta due volte. Hai allontanato tutti spacciandoti per egoista, ma ancora una volta, è il tuo complesso da eroe che ti sta rovinando la vita. E, per di più, stai anche considerando l’idea di allontanarti da me, cosa che in tutta onestà, finirebbe con me che ti calcio le palle così forte che la prima conquista che ti porti a letto sarà costretta a chiedersi se sei eunuco o ermafrodita. ” E per completare il tutto, Draco sorrise. Potter sembrava sbalordito, lo guardava con perplessità. “ Sembra proprio che io abbia vinto, Potty. Io scelgo qualcosa; tu la compri e la indossi, qualunque cosa sia. Affare fatto?

“ Non mi farai indossare una tuta integrale o cose del genere, vero? ” Chiese piano. Oh, no. Un Potter pensieroso non era un buon segno; mai. Decideva di provare ad usare il cervello solo quando stava per fare qualcosa di incredibilmente stupido.

“ Non sono così crudele. ” Potter annuì, ma non disse nulla. Dannazione. Era leggermente accigliato e sembrava particolarmente sospettoso. Fantastico.

“ So quelle cose solo perché ti pedino nel tempo libero, Harry. ” Ecco, era riuscito a fargli tornare il sorriso. “ Mi sono divertito un mondo quando avevo il tuo mantello dell’invisibilità; non crederesti mai cos’ho visto. ”

“ Uh-huh. ”

“ Credi che stia scherzando, ma non è così. ” Draco sorrise quando Potter alzò le sopracciglia. Era un’azione tipica di un Malfoy, e il moro riusciva a farla senza troppi sforzi. Non c’era da sorprendersi se la scuola era gelosa della loro relazione; era forse lui stesso la ragione per cui Potty stava diventando un Serpeverde? “ Ho potuto avere un bel primo piano del tuo culetto abbronzato mentre facevi la doccia. ”

“ Certo, Malfoy. Mi hai osservato anche mentre dormivo? ”

“ Ti ho tagliato ciocche di capelli e le ho messe nel mio album. Ti ho rubato la biancheria. I compiti. ”

“ È raccapricciante. ”

“ Ci provo. ” Ma Potter non sembrava ancora convinto. Quel sorriso falso era tornato. Grandioso.

“ Ascoltami, Harry. Non è evidente. Nessuno sospetta niente. L’unico motivo per cui so quelle cose, è che sono infatuato di un idiota dagli occhi verdi che pedino fra una lezione e l’altra.”

Draco sorrise affettuosamente, guardando Potter scuotere la testa per sbarazzarsi di tutti i pensieri negativi e ridacchiare fra sé e sé. Era meraviglioso, il fatto che una sola frase riuscisse a cambiare l’umore di Potter. Poteva solo sperare che, una volta che Draco avesse rivelato il suo piano, non si sarebbe infuriato più di tanto.

.

.

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“ Per favore, dimmi che stai scherzando. ”

Draco ghignò mentre gironzolavano per il negozio, i suoi occhi brillavano mentre cercava di fare la sua scelta. Era troppo divertente. All’inizio aveva qualche dubbio, pensava che sarebbe stato troppo crudele. Ma una volta nel negozio… anche se fosse stato un Tassorosso, sarebbe stato comunque il più crudele possibile e non gliene sarebbe fregato nulla.

“ Non sei malvagio, l’hai ammesso prima. Non lo farai. ”

“ In realtà, sei stato tu ad uscirtene con quell’epifania. Io ho semplicemente dimenticato di correggerti. ”

“ Malfoy, per favore… cioè… un cazzo di tatuaggio? ”

Draco sorrise, voltandosi per guardare lo spaventatissimo moro. Se ne stava in piedi, proprio davanti alla porta, con le braccia conserte e la fronte corrugata. Sembrava decisamente fuori posto mentre continuava a voltarsi costantemente verso la porta con un’aria speranzosa. Probabilmente stava considerando la fuga. Sciocco ragazzo.

“ Non ho mai specificato che si trattasse di abiti. ” Gli ricordò Draco, senza riuscire a non sembrare contento. “ Oh guarda, un leprecauno. ” Scoppiò a ridere appena Potter fece un verso d’indignazione, accucciandosi con la testa fra le mani. Che melodrammatico.

“ Per favore, Malfoy, abbi pietà. ” Mormorò tirandosi i capelli e sospirando. Sembrava che si stesse rassegnando al suo destino. Bene. Se se ne fosse reso velocemente conto, avrebbe accettato più velocemente.

“ E perché dovrei averne? ”

“ Perché mi ami. ” Draco ne fu sorpreso, e ghignò per l’espressione esageratamente innocente che Potter stava sfoggiando. Gli occhi dolci erano la ciliegina sulla torta. “ E non mi farai fare nulla che non voglio fare, caro. ”

“ Sto pensando di sceglierne uno da fare sul volto. ”

Draco rise mentre si avvicinava a Potter per tirarlo in piedi. “ È sulla tua lista, quindi non puoi davvero essere contro l’idea di tatuarti. ”

“ Sì, ma ne ho sempre immaginato uno alto un centimetro. E sotto il mio piede. Ma in qualche modo, non credo che tu abbia intenzione di scegliere una cosa del genere. ”

“ Tzé, non mi conosci neanche un po’, non è così Potty? ” Rise Draco, trascinando Potter da una parte all’altra della stanza per osservare tutte le immagini applicate alle pareti. Spaziavano da carini, a idioti, per poi passare a quelli assolutamente mostruosi. Più ne guardavano, più i versi arrabbiati di Potter diventavano rumorosi.

“ Che ne diresti di un unicorno? Un grazioso unicorno rosa che vola su un ridente arcobaleno. E sotto di questo, tre piccole parole… Io. Sono. Gay. ”

“ Se vuoi rovinarmi la vita, potresti almo usare un po’ d’immaginazione. ”

“ Non ti ho detto dove l’avrei piazzato. ” Draco rise quando Potter realizzò, schivando un colpetto alla testa. “ No? Bene. Dovremo sceglierne uno scritto male. ”

“ Ma non potevi farmi indossare una tutina? ” Chiese Potter, supplicandolo senza successo. “ Dannazione, andrei perfino in giro per il castello nudo, piuttosto che fare una cosa del genere. ”

“ Lo sto considerando. ” Concesse Draco, combattendo contro il fiume di immagini che travolsero la sua mente. “ In ogni caso, ciò significherebbe condividerti con centinaia di persone, e io ti voglio tutto per me. ”

“ Centinaia? Ci sono a malapena dodici persone al castello questo Natale! ”

“ Fa lo stesso. ” C’erano troppe persone che potevano vederlo; sarebbe bastata una foto, e Potter avrebbe avuto un’intera industria pornografica su di lui nel giro di un mese. Tempo una settimana e i suoi stalker si sarebbero diventati dieci volte tanto. Non era da lui condividere con così tante persone. “ Guarda questo… un bel serpentone… questo sì che farebbe infuriare la McGranitt, non è vero? ”

Potter annuì a malapena, ridacchiando fra sé e sé mente fissava la parete. Quindi anche lui aveva iniziato a trovare quella caccia al tatuaggio divertente. Bene. Almeno fin quando avesse ricordato che Draco stava per scegliere uno di quei disegni orrendi per imprimerlo a vita sulla sua pelle. “ È un ritratto di Silente… quello? ”

“ Uno di quelli brutti. ”

“ …i suoi occhi non erano marroni. ”

“ Sono anche abbastanza sicuro di ricordare che ne avesse due. ” Convenne Draco, guardandosi intorno. “ Strano… Oh, guarda Potter, questo sarebbe perfetto per te. Una Puffola Pigmea. ” Ma che diavolo? Potter avrebbe dovuto spaventarsi, non scoppiare a ridere.

“ Così posso abbinarlo a quello di Ron. ” Ridacchiò, spostando lo sguardo da una parte all’altra della stanza, completamente ignaro dei pensieri che affollavano la testa di Draco.

“ Cosa? ” Chiese infine, invece di domandare che posto aveva scelto la Donnola per la sua Puffola Pigmea. Perché ogni conversazione che facevano doveva riguardare qualche altro fottuto studente?

“ Correvano delle voci un po’ di tempo fa, dicevano che entrambi avevamo un tatuaggio. Il suo era un Puffola Pigmea. ”

“ Mi sembra di ricordare una del genere. ” Disse pigramente Draco, fissando con insistenza la schiena di Harry. “ Qual era il tuo? ”

“ Un drago, se riesci a crederci. ”

Mmh. Interessante.

Draco si diresse verso l’altra parete, canticchiando mentre Potter ridacchiava dietro di lui. Lì ce n’erano di migliori. Potter sapeva il fatto suo, chi l’avrebbe mai detto?

Con gli occhi analizzò i disegni, sorridendo fra sé e sé. Quello l’avrebbe detta lunga, seccando i Grifondoro in un modo impagabile. E avrebbe anche fatto sì che i Serpeverde ci pensassero due volte prima di mettersi contro Potter, come aveva fatto quell’idiota di Claude. Certo, Draco non l’avrebbe mai scelto per realizzarlo sulla sua pelle. Non era un tipo da tatuaggi; quello che aveva sull’avambraccio ancora gli bruciava. Gli bastava guardarlo per trasalire; da brava cosa disgustosa quale era. Un promemoria, nulla di più. Forse, avrebbe potuto esserlo anche per Potter. Con un po’ di ottimismo.

“ Sarò magnanimo, e ascolterò il posto dove hai intenzione di posizionarlo. ” Disse lentamente, mentre ancora sfogliava le pagine. Non aveva ancora trovato quello giu… eccolo. Non riuscì a trattenere il sorriso, i suoi occhi stavano percorrendo il design. Aveva trovato quello giusto.

“ Caritatevole da parte sua, mio signore. ” Potter cercò di parlare in modo secco, ma non riuscì a farlo mentre si muoveva a disagio, evitando tutt’a un tratto il suo sguardo. “ Sotto il mio piede. ”

“ Deve essere in mostra. ”

“ Il tuo non lo è. ” Ouch.

Draco iniziò a fissare Potter, con la maschera in posizione. E avrebbe continuato a fissarlo freddamente finché non avesse realizzato e si fosse scusato, in ginocchio. Era sempre così crudele, o era solo un imbecille? In ogni caso, Potter non ci mise tanto.

Trasalì non appena le parole uscirono dalla sua bocca, e si passò nervosamente una mano fra i capelli. “ Merda, non ci ho pensato. Scusami- ”

“ Ho scelto quello lì. ” Sbottò Draco, indicandone uno a caso, e fu soddisfatto visto che gli capitò un teschio. Se il destino era brutale, anche  

Draco poteva esserlo. “ Qui. ” Poggiò la mano sul suo stesso tatuaggio, i suoi occhi brillarono quando Potter arrossì e strinse i denti. Figuriamoci se un Grifondoro non avrebbe rovinato un appuntamento perfetto.

Draco si voltò quando Potter aprì di nuovo bocca, riuscendo con efficacia a stroncargli ogni possibilità di scusarsi. Che lui e la sua grande bocca andassero a farsi fottere; era stata un’idea stupida, comunque. Ecco cosa succedeva quando le persone si entusiasmavano troppo per qualcosa; veniva distrutta, insieme ai loro sentimenti. Le maschere erano il metodo dei Malfoy. Cazzo, non avrebbe dovuto ricordargli-

“ Scusa, Draco. Non ho riflettuto. ” Si rifiutò di muoversi quando una mano si posò sul suo avambraccio, nonostante il suo bisogno impellente di spostarsi; si era poggiato sul suo marchio. Quello stupido ottuso di Potter e il suo ridicolo complesso dell’eroe.

Non parlarono per alcuni minuti, a malapena guardarono l’artista che era appena uscita dal retro; Draco non ghignò nemmeno quando questa sobbalzò e imprecò per aver trovato qualcuno nel negozio; non riusciva neanche a ghignare… cosa diavolo gli stava facendo Potter?

Draco fissò il design, voleva odiarlo. Non ci riusciva. Dannazione.

“ Uh… posso aiutarvi? ”

“ Quale hai scelto, Draco? ” Oh, pensava forse che usando il suo nome ci sarebbe andato leggero con lui?

“ Questo qui. ” Che fosse dannato.

Draco si voltò per guardare Potter, prendendo nota della sua espressione. Per sua grande sorpresa, le sue labbra erano incurvate all'insù per il divertimento.

“ Mi stai marchiando. ” A Draco piaceva come suonava quella frase, anche se Potter stava ridendo come se fosse divertente. Pensava che Draco stesse scherzando, vero?

“ Sì, esatto. ”

Il sorriso di Potter si ridusse leggermente mentre si voltava per cogliere lo sguardo di Draco. Ma non glielo permise.

“ In ogni caso, devo sbrigare una faccenda altrove. ” Disse velocemente, e sorrise quando Potter sfoggiò di nuovo quell’espressione sorpresa. La piega sulla sua fronte era ancora lì, non sembrava in procinto di andare via. “ Che tu lo faccia o no. Sarò di ritorno fra mezz’ora. ”

“ Te ne vai? ” Sembrava terrorizzato da quella prospettiva, spostava il suo sguardo dalla curiosa artista a Draco, con un’aria quasi supplichevole. “ È la vigilia di Natale, Potty. Devo, come minimo, fare a mia madre i miei migliori auguri. Starò via solo per mezz’ora. ” Aveva già calcolato i tempi per il tragitto e il piano da seguire. Se tutto andava bene, sarebbe tornato entro quel lasso di tempo. Sperava. “ Non posso prendere tutte le decisioni per te; scegli il posto, la dimensione, e per quando sarò tornato, dovresti avere appena iniziato ”

Potter non sembrava sollevato; aveva un’aria completamente delusa. Poi sorrise; per finta.

“ Puoi sempre venire con me al maniero. ” Gli propose Draco, pregando a Merlino che non avrebbe accettato l’offerta; era un bluff, per favore, per l’amor di Dio, di’ di no!

“ No, va bene, saluta tua mamma da parte mia. ”

Tzé, come se avesse potuto chiamare sua madre ‘ mamma ’.

“ Se farai qualunque altro tatuaggio che non sia quello che ho scelto, ti farò ingoiare i tuoi stessi testicoli. ” Lo minacciò Draco prima di lasciare il negozio, smaterializzandosi immediatamente. Doveva fare presto; cazzo, voleva essere lì quando Potter faceva il tatuaggio; sapeva quanto avrebbe fatto male, ed essere soli non era mai una cosa divertente.

Ma era per il bene di Potter; sperava di non metterci tanto.

Draco iniziò a correre.

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.

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Dudley si assicurò di non incrociare lo sguardo di suo padre mentre attraversava la stanza, sedendosi sulla poltrona più lontana dall’uomo nerboruto. Era arrabbiato con suo padre e non era in procinto di perdonarlo; ma ciò non significava che doveva perdersi la sua serie preferita alla televisione, che sarebbe iniziata entro dieci minuti. Si sarebbe goduto lo show, e avrebbe mostrato disprezzo per suo padre da lontano; bel piano. Avrebbe retto.

Era un’arma a doppio taglio in realtà, considerando che lui gli lanciava occhiatacce e si schiariva la gola ogni tre secondi. Se l’avesse fatto durante lo show, avrebbe fatto meglio a stare attento. Nessuno rovinava a Dudley la visione del Trono di Spade; nessuno. Dudley si considerava un po’ come Jaime Lannister, in verità; bell’aspetto, arguzia, e una marea di donne. Si assomigliavano decisamente molto. Senza contare il fatto che avrebbe impugnato il suo bastone della Snobkin come una spada se si fosse presentata l’occasione.

“ Allora, Dudders… cos’hai fatto oggi a scuola? ” Dudley sospirò, fissando ostinatamente la pubblicità della pizza. Li aveva ignorati per tutta la settimana. A quanto pareva evitare il problema non lo risolveva per niente. Forse era giunto il momento di cambiare tattica? Se Papà voleva parlare, allora avrebbero parlato.

“ Abbiamo iniziato un nuovo argomento. ” Rispose infine Dudley, rifiutandosi ancora di guardare suo padre. Ad ogni modo, lo vide sorridere con la coda dell’occhio, felice per la risposta che aveva finalmente ricevuto. In verità, era una cosa triste. Il fatto che era così ferito per via della prima ribellione di Dudley dopo diciotto anni. Certo, non era mai stato un bell’esempio da seguire. Non aveva buoni voti, non si era fatto le migliori amicizie quando era piccolo, e aveva reso triste la vita di molte persone… inclusa quella di suo cugino.

Ma era sempre rimasto un vero Dursley. Una persona meno strana possibile. Un ragazzino normale. 

Pensava che fosse arrivato il momento di cambiare.

“ Bene! Vedi, è stato quella specie di corso che hai scelto di frequentare l’anno scorso il motivo per cui non sei passato. Quella scuola non ha fatto assolutamente niente per aiutarti, Dudders, assolutamente niente! Fagli vedere che nessuno mette i piedi in testa a un Dursley! ” Quell’ispirante discorso d’incoraggiamento andò scemando, con un imbarazzante schiarimento di gola. “ Allora… uhm, che argomento hai studiato? Qualcosa di interessante? ”

“ Il cancro. ” Alla fine, Dudley si voltò per fissare suo padre, e si accigliò quando Vernon Dudley divenne paonazzo. “ Abbiamo studiato il cancro. ”

“ Q-quindi, uhm… state studiando astronomia-? ”

“ Non fare il finto tonto. ”

“ Dudley, non sappiamo nemmeno se è davvero quello che- ”

“ È la parola che Harry ha usato per descrivere la malattia; come il cancro, ha detto. Inoperabile. ”

“ Non è importante che- ”

“ Dovrebbe esserlo! È tuo nipote! È mio cugino! Sembrano motivi abbastanza validi per far sì che sia importante, Papà! ”  Dudley si maledisse, stringendo i pugni. Non voleva alzare la voce; i vicini avrebbero potuto sentire.

“ Shh! I vicini potrebbero sentire-! ”

“ A chi importa se i vicini ci ascoltano!? ” Be’… a chi importava? Di certo non a Dudley. Specialmente se importava a suo padre.

Cercò di alzarsi dalla poltrona, riuscendoci al terzo tentativo. Non poteva guardare il Trono di spade, non quando era così irritato. Non poteva guardarlo nella stessa stanza di suo padre; di quell’uomo a cui non importava del ragazzo che aveva vissuto con loro per diciassette anni. Gli sarebbe importato di Dudley, se avesse avuto il cancro? Sperava di sì.

“ Dove stai andando, Dudders? Non mangi non noi da una settimana, tua madre sta- ”

“ Non mangerò qui. ”

Dudley, in verità, si sentì molto orgoglioso di sé mentre usciva dalla stanza, mantenendo le sue convinzioni. Era difficile, ferire deliberatamente i propri genitori in quel modo. Ed era ancora più difficile abbandonare la cena; non avrebbe mai pensato di vedere il giorno in cui si sarebbe stancato del McDonald.

I suoi genitori se lo meritavano. Dio santo, Harry si meritava di meglio. Le persone con il cancro non si sottoponevano ad un trattamento? E i loro parenti non avevano il permesso di andare lì e assisterli, o qualcosa del genere?

Dudley arricciò le labbra, rimuginando; cosa che cercava sempre di evitare. Ancora non si era scusato con Harry per le volte in cui si era comportato da stronzetto, quando erano bambini. Forse poteva rifarsi?

Aprì la porta e si sorprese nel vedere che c’era già qualcuno ad occupare il gradino. Chi diavolo era? Sembrava avere la stessa età di Dudley, ma era sicuro di non averlo mai visto prima; era evidentemente straricco, il tipo di persona che Dudley non frequentava.

“ Harry Potter è in casa? ” Chiese il ragazzo, freddamente. Il mento del ragazzo era sollevato, e anche se Dudley era di una spanna più alto di lui, sembrava comunque che lo guardasse dall’alto in basso. Chi poteva mai guardare un Dudley dall’alto in basso?

E perché diavolo si era recato lì per cercare Harry? Di solito non rimaneva a scuola, o… be’ non era molto sicuro di cosa facesse durante le vacanze. Giurò di scoprirlo, però.

“ È a scuola. ”

“ Tu chi sei? ”

Chi era quell’idiota? “ Suo cugino. ” Dudley si mise dritto, sfoggiando una smofia che fece alzare al biondo gli occhi al cielo. “ Chi cazzo sei tu piuttosto? ”

Il tempo di battere ciglio, e Dudley si trovò schiacciato contro la parete del corridoio, con una mano stretta attorno alla gola e un bastoncino premuto contro il naso, che poi capì essere un’altra cosa. Merda. 

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 Harry per poco non saltò in aria quando la porta dello studio si spalancò, era quasi sul punto di rovinare il tatuaggio. Quando vide la testa bionda però, e il ragazzo affannato, non riuscì a trattenere il sorriso. Era tornato indietro, di corsa, a quanto pareva.

“ Come stava tua mamma? ”

“ Mia madre… stava bene. ” Annaspò, piegandosi e usando le ginocchia come supporto. Scosse pigramente la mano. “ Ha detto… Buon… Natale… ”

E chi se l’aspettava che un Malfoy potesse mostrarsi così trasandato in pubblico?

“ Hai un aspetto orribile. ” Commentò Harry, ridacchiando per la finta occhiataccia che gli lanciò Malfoy. Grazie a Merlino; Harry non sarebbe stato capace di stare lì da solo ancora per molto. Malfoy si era dimenticato di dirgli quanto bruciava.

Saltava fuori che i tatuaggi magici erano diversi da quelli babbani. In primo luogo, non c’era nessuno ago. Al contrario, consisteva in un mucchio di incantesimi apparentemente complicati, e per realizzare il design veniva usata la punta della bacchetta. Faceva male comunque. Era come se gli stessero marchiando la pelle, e dati gli standard del mondo magico, non era sicuro che non lo stessero facendo.

Non riusciva a credere di essersi cacciato in una situazione simile; se non era per Malfoy, non ne avrebbe mai avuto il coraggio.

Malfoy si avvicino, guardando attonito il posto in cui Harry aveva deciso di piazzarlo. Harry faceva difficoltà ad incontrare il suo sguardo; sì, era un posto stupido. Ma a lui non importava.

“ Sarà difficile da coprire. ”

“ Userò degli incantesimi dissimulanti o qualcosa del genere. ”

Malfoy prese una sedia, stringendo la mano di Harry con nonchalance. Harry non riuscì a fermare la sensazione di calore che si espandeva nel suo stomaco.

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Harry scoppiò a ridere quando Malfoy lo spinse fuori dalla porta, non curandosi del suo braccio dolorante. L’aveva fatto; si era fatto un tatuaggio. Cazzo, si era fatto un tatuaggio!

“ Quella lì ti stava sbavando addosso. ”

“ È spaventoso. ”

“ È vero, scorreva tutta sul suo mento. L’ho vista. Cercava disperatamente di ricevere attenzioni dal Prescelto. ”

“ Sfortunatamente per lei, mi piacciono le persone bionde. ” Harry si ritrovò a ridacchiare, mentre si faceva mille domande. Stava… flirtando con Malfoy? Be’, il suo tatuaggio era praticamente un marchio di appartenenza; suppose che poteva fare quello che diavolo gli pareva con il biondo adesso.

“ Merda. ”

Harry si guardò intorno dopo quell’imprecazione, e i suoi occhi si posarono sulla McGranitt che scendeva frettolosamente le scale; sembrava sul punto di uccidere… e il suo sguardo era diretto proprio a loro.

Avevano forse superato il coprifuoco che aveva stabilito?

Harry si voltò verso Malfoy, prendendo nota dell’apparizione del suo solito ghigno supponente. Poi tornò a fissare l’infuriata McGranitt. Malfoy sembrava distintamente soddisfatto. Fu allora che realizzò.

“ … mi avevi detto che avevamo il permesso! ”

Harry avrebbe potuto prenderlo a pugni quando scrollò le spalle, indifferente. Sembrava compiaciuto. “Ma non mi aspettavo neanche che ci beccasse. ”

Harry avrebbe riso, se non fosse stato per la Preside che si affrettava a raggiungerli.

“ Pensi che apprezzerà la tua nuova decorazione? ” Sussurrò Malfoy, che ghignò quando Harry nascose il suo braccio dietro la schiena. Era bendato, e nascosto dal maglione… ma era pur sempre grosso per essere un braccio normale.

“ Non quanto me. ” Riuscì a sussurrargli Harry, l’attimo prima che li raggiungesse. “ Neanche lontanamente. ” Coraggioso? Sì, cazzo!

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13. Farmi un tatuaggio

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Capitolo 18
*** Sangue sporco? ***


Scusate il ritardo gente, buona lettura!



Capitolo 18 – Sangue-sporco?
 
Harry se ne stava immobile ad osservare il dragone grigio avvinghiato al suo avambraccio, studiando il rossore attorno al nuovo tatuaggio. La sua pelle era rosa e dolorante, ma stando a quanto diceva Malfoy, sarebbe durato per pochi giorni. Il drago, però, era permanente.
 
Si stiracchiò un po’ sul suo letto, alzò il braccio per esporlo alla luce del sole e rimase sbalordito quando vide brillare e risplendere alcune squame; a quanto pareva, i tatuaggi magici erano diversi da quelli babbani. Era stato uno shock per lui, anche se in realtà avrebbe dovuto immaginarlo. Il suo drago brillava alla luce del sole, e si spostava come se ci nuotasse dentro. Malfoy aveva insistito per fare eseguire alla tatuatrice un incantesimo particolarmente complicato che l’avrebbe fatto muovere, non curandosi del prezzo esorbitante. Proprio come aveva detto lui, ne era valsa la pena. Il drago si mosse, sbatté le palpebre, e Harry giurò di aver visto del fumo d’inchiostro fuoriuscire dalle sue narici. Era un peccato che doveva tenerlo nascosto, per paura che la McGranitt decidesse di ammazzarlo. Una creatura così bella non era fatta per essere nascosta.
 
Harry ringhiò fra sé e sé, e gli scappò un risolino quando il drago sbatté ancora le palpebre, i suoi profondi occhi argentei erano pensierosi.
 
Cazzo, Draco era riuscito a marchiarlo con il suo ritratto sputato.
 
E ad Harry piaceva.
 
Dannazione.
 
Harry rotolò, alzandosi dal letto. Tirò un sospiro mentre frugava fra le varie pozioni, alle quali si era aggiunto anche un nuovo antinfiammatorio. Non c’era da sorprendersi che non era in vena di fare colazione, se doveva mandar giù quattro pozioni ogni mattina; era sazio già prima di raggiungere la Sala Grande.
 
Si vestì lentamente, guardandosi intorno nella stanza vuota. Era il suo ultimo Natale.
 
Ignorò la stretta al petto. Al contrario, i suoi occhi si posarono su una piccola pila di… regali? Li guardò confuso. Non si aspettava di ricevere regali quell’anno, riflettendoci su. Non capiva se il fatto che qualcuno era ancora interessato a lui tanto da mandargli regali gli procurava una buona o una cattiva sensazione; li avrebbe feriti, quando se ne sarebbe andato.
 
Harry si asciugò una lacrima, aveva il cuore in gola.
 
Gli era stato spedito un maglione Weasley.
 
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Harry si diresse a colazione, sorridendo per il calore del suo nuovo maglione color castagna. Se Malfoy avesse detto una sola parola, Harry non avrebbe esitato a sfoderare la bacchetta e affatturarlo fino alla morte. Non poteva rovinargli quel giorno… non l’avrebbe fatto… o almeno sperava.
 
Harry lo adocchiò al tavolo dei Grifondoro e si avvicinò, come al solito. Il che era davvero strano.
 
Non disse nulla, si limitò solo ad alzare un sopracciglio e a fare una leggera smorfia. I suoi occhi, comunque, si posarono immediatamente sul avambraccio di Harry, e un sorriso comparve sulle sue labbra. Anche se non aveva detto nulla in proposito, era chiaro che gli piaceva il fatto che Harry aveva deciso di fare il tatuaggio proprio dove Malfoy aveva il Marchio Nero; conoscendo il biondo, probabilmente, pensava che avesse ammesso di considerarlo un Dio, o qualcosa che ci andava vicino.
 
Harry non aveva il coraggio di dirgli che era solo più facile nasconderlo in quel modo.
 
Harry si sedette, servendosi automaticamente del cibo. Sapeva che Malfoy l’avrebbe perseguitato se non mangiava; era più facile accontentarlo.
 
“ Come fai a sederti? ” Chiese seccamente Malfoy, con gli occhi che brillavano di una luce divertita.
 
“ Che vuoi dire? ”
 
“ Oh, sai, per il nuovo buco nel culo che ti ha aperto ieri la McGranitt. ”
 
Harry sputacchiò, facendo roteare gli occhi. “ Devi proprio essere così schietto? ”
 
“ E tu non fare l’inetto. ” Ribatté il biondo immediatamente, sorridendo.
 
“ Inizierò un conflitto. ” Lo minacciò Harry, tra le risate. A volte sapevano essere così idioti; era difficile credere che erano dell’ottavo anno. E che stavano per diplomarsi. Che Dio aiutasse il mondo. “ La McGranitt ci sta fissando. ”
 
“ E sta stringendo così tanto i denti che li ridurrà allo spessore di un foglietto.” Convenne Malfoy, ghignando ancora una volta. “ Non ne capisco i motivo. Io gliel’avevo chiesto. ”
 
Harry aveva già sentito quel discorso il giorno prima; non era in vena di riascoltarlo. Stando a quel che diceva la McGranitt, Malfoy non aveva capito il significato della frase, ‘ Dovrete Passare Sul Mio Cadavere ’. Malfoy rispose a bassa voce chiedendo come faceva a sapere che sarebbe sopravvissuta un’altra notte, dato che era così decrepita?
 
Avevano lasciato l’ufficio ricevendo una serie di pesanti avvertimenti, cinquanta punti in meno a testa, e una settimana di punizioni. Harry pensava che sarebbe potuta andare molto peggio, ma Malfoy si era aspramente lamentato. Almeno gli era ancora permesso di frequentarsi. Li aveva minacciati di separarli per il resto dell’anno, e quello l’avrebbe distrutto. Aveva bisogno di Malfoy in quel momento, anche se si sentiva in colpa per questo.
 
Cazzo, voleva stare con Malfoy più di quanto avrebbe dovuto. Ed era terrificante.
 
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“ Per favore, si sieda, signor Potter. ”
 
Harry sospirò mentre affondava nella sedia davanti alla scrivania della McGranitt. Silente era lì che dormiva nella sua cornice, e russava leggermente. Aveva l’aria di fingere, comunque, visto il modo in cui apriva deliberatamente un solo occhio per guardarsi intorno ogni tre minuti, facendo sorridere Harry. Stava cercando di tirarlo su di morale, anche da morto… Silente era davvero il miglior preside che Hogwarts avesse mai avuto.
 
“ Prendi un biscotto. ” Harry prese una manciata di scotch finger, sapendo che non aveva altra scelta. Sapeva anche che sarebbe stata una conversazione molto tesa; i biscotti servivano per le situazioni difficili.
 
“ Come stai, Harry? ”
 
“ Bene. ” Borbottò, facendo fatica a incontrare il suo sguardo. Era difficile guardare qualcuno che lo vedeva come un morto vivente. Qualcuno che gli aveva urlato contro così tanto da farsi venire il mal di gola solo poche ora prima.
 
“ Ho due cose da dirti. ” Harry si contenne, ringhiando interiormente. Non le aveva detto dov’era andato il giorno prima, e col cazzo che l’avrebbe fatto ora!
 
Sapeva cosa facevano i Serpeverde alle spie.
 
“ Per prima cosa, è stata rilevata una leggera complicazione nel trattamento di martedì sera. ” Si accigliò mentre lo diceva, appena il petto di Harry si strinse. No. Non ancora. Quattro mesi non erano abbastanza. Non aveva fatto abbastanza! “ Abbiamo le prove che la tua magia inizia a diventare più aggressiva. Diventerà gradualmente più difficile gestirla, d’ora in poi. ” D’ora in poi? Non era stata già abbastanza aggressiva fino a quel momento? “ Ad ogni modo, Madama Chips sostiene che con le pozioni stabilizzanti e la tua astinenza dalla magia, dovrebbe essere perfettamente controllabile. ”
 
“ Okay… quindi come facciamo a evitare che peggiori? ” Harry si ritrovò a chiedere la prima domanda sulla sua malattia da quando l’aveva contratta. Non aveva voluto saperne nulla fino ad allora… fino ad allora…
 
La McGranitt si limitò a rivolgergli uno sguardo carico di pietà, costringendosi a guardare altrove. “ Dovresti sapere che non ci sono informazioni su questa malattia, Harry. Ci sono stati soltanto pochi maghi nella storia ad averla contratta, e quindi c’è una limitata- ”
 
“ Sì, ma io ce l’ho adesso, no? ” La interruppe Harry, ignorando il peso allo stomaco. Si sentiva male. “ Perché non sono attaccato a degli aghi con delle persone che fanno esperimenti e cose del genere? Non possono fare ricerche su di me? ”
 
“ …non sappiamo quanto tempo… ” La McGranitt non riuscì a terminare la frase. Non doveva. Non sapevano per quanto tempo la malattia sarebbe rimasta ‘ tranquilla ’.
 
“ Sì, lo capisco, ma perché non stanno facendo delle ricerche adesso? Non c’è nessuna cura sperimentale? Ci dovrebbe essere, cioè, se non ci sono molte persone a contrarla, sarebbe normale pensare che curare me sia una grande occasione… be’, per i dottori almeno. Nessuno lo sa ancora, grazie a Dio… ” Si zittì quando lei si asciugò gli occhi, evitando deliberatamente il suo sguardo. Perché stava piangendo? Sarebbe stato LUI a dover piangere, non lei! Non era lei a stare lì senza una cura disponibile!
 
Rimasero in silenzio per un po’, nessuno dei due sapeva esattamente cosa dire. Harry voleva soltanto che si facesse qualcosa… era stanco di sottoporsi al trattamento ogni settimana. Qual era il senso di sapere quando qualcosa andava storto, se non si poteva fare nulla per evitarlo?
 
“ Harry… non esiste un modo per contenere la magia. ” Disse infine, con un filo di voce, incontrando i suoi occhi con determinazione. “ Per quanto ne sappiamo. ”
 
Oh. La malattia era dispersa nella sua magia.
 
Harry digrignò i denti con rabbia, stringendo con forza i pugni. Era per questo che non voleva saperne nulla; ti entusiasmavi, ma venivi calciato così forte dalla realtà che non eri più neanche un cane, ma solo un mucchio di resti sanguinolenti sul pavimento. Era stato contento nella sua ignoranza… perché aveva fatto domande? Non poteva semplicemente rimanere ignaro di tutto?
 
Il tatuaggio bruciava sul suo braccio, pesava.
 
Ecco perché.
 
“ Qual… qual era la seconda cosa che aveva da dirmi? ”
 
“ Harry, non hai ancora motivo di preoccuparti. Anche se i primi segni si stanno manifestando, non significa che la tua magia diventerà già aggressiva. Potresti avere ancora settimane, o mesi, prima che- ”
 
“ Per favore. ” Farfugliò Harry, senza guardarla. Il biscotto si era sbriciolato nella sua mano. “ Qual è la seconda cosa che doveva dirmi? ”
 
Lei lo guardò mestamente per un momento, ponderando se fosse abbastanza forte. Come avrebbe fatto ad essere peggio di quello che aveva appena sentito, lui non lo sapeva. Dio, lo voleva sapere? Alla fine, lei si arrese; probabilmente perché non le piaceva stare nella stessa stanza con un morto.
 
Gli passò una lettera.
 
Era indirizzata a lei.
 
Senza dire una parola, la lesse.
 
“ Caro Preside Silente,
 
Ciao. Piacere di fare di nuovo la sua conoscenza. Spero in una circostanza migliore. O forse no, dato che questa lettera riguarda mio cugino. Harry mi ha detto che era malato, e non sono sicuro di cosa fare. Non siamo mai andati d’accordo, perché lui era un idiota, e io ero un cretino, ma voglio provare ad essere migliore. Voglio fargli visita quando è in chemioterapia. So che è un mago, e che io non lo sono, ma lei mi sembra un bravo ragazzo a cui non importano queste cose. Per favore, mi risponda. Con sincerità, Dudley Dursley. ”
 
Ma. Che. Cazzo?
 
Harry scoppiò a ridere, stringendo una mano sulla bocca. Suo cugino era un completo idiota. Si era rivolto a ‘ Silente ’ chiamandolo ‘ bravo ragazzo ’. Aveva scritto ‘ idiota ’ e ‘ cretino ’ in una lettera indirizzata a uno dei più potenti maghi defunti mai esistiti. Pensava che Harry avesse il cancro, e che per questo facesse la chemioterapia. Era evidente che non sapeva scrivere una lettera in modo decente.
 
Non riusciva a smettere di ridere.
 
E nemmeno di piangere.
 
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Harry si affrettò verso la biblioteca, con gli occhi rossi e doloranti. Dannato Dudley e il suo cambiamento interiore. Avrebbe dovuto restare neutrale; senza essere sicuro se dovesse comportarsi in modo amichevole con Harry oppure odiarlo a morte. Quando cazzo aveva sviluppato una coscienza?
 
Sobbalzò quando Malfoy apparve dal nulla al suo fianco, i suoi occhi percepirono la situazione. Diede ad Harry uno sguardo, e poi continuò a camminare accanto a lui in silenzio. Non proferì parola, e Harry dubitava che l’avrebbe fatto. Malfoy era neutrale, e permetteva ad Harry di dire o fare qualunque cosa voleva. Se avesse voluto dargli un pugno in quel momento, probabilmente gliel’avrebbe lasciato fare. Il che significava che era tutt’altro che neutrale!
 
Il cuore di Harry accelerò quando le loro spalle si sfiorarono, palpitando dolorosamente.
 
Perché non lo lasciavano morire da solo?
 
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Harry osservò il suo cibo, stringendo i denti così forte da farsi male. Non voleva mangiare; lo faceva vomitare, la maggior parte delle volte. Perché quel biondino egoista aveva anche solo cercato di convincerlo a completare quell’obiettivo della lista? Era una cosa stupida; non era per niente soddisfacente, eccetto quella volta che aveva vomitato sulle scarpe nuove di Malfoy. Quello era stato davvero divertente.
 
Harry ringhiò fra sé e sé, lanciando occhiate al tavolo dei Serpeverde. Appena i suoi compagni di casa in verde erano tornati Malfoy l’aveva completamente ignorato, come un vecchio vestito dismesso, ed era corso a cercare una veste di gala più costosa. Stronzo.
 
Non era geloso, comunque. Col cazzo. Perché doveva essere geloso di uno stronzo e della sua combriccola, che ridevano e se la spassavano dall’altra parte della sala? Non sembrava che si stessero divertendo. Non sembravano studenti felici, leali, oppure divertenti. Ai suoi occhi erano tutti idioti. Tutti quanti.
 
Tzé, e Malfoy pensava che Parkinson avesse monopolizzato le attenzioni di Harry? Era praticamente seduta sulle sue gambe! Non l’aveva mai notata prima, onestamente, ma adesso aveva la sua attenzione; si era assicurato di riservagli le sue occhiatacce più incazzate, anche se lei l’aveva già beccato due volte. Non era imbarazzato, nemmeno un po’. Cazzo, non aveva il tempo di essere imbarazzato. Non se ne pentì nemmeno per un istante.
 
E il fatto che Malfoy si rifiutava di degnarlo di uno sguardo era assolutamente scortese! Sì, Harry doveva ammettere che non era stato molto felice durante gli ultimi giorni. Era stato un po' spento, nel leggere, nello studiare, e anche nell’evitare lo sguardo fisso del biondo. Ma ciò non significava che doveva ignorare Harry! Quell’idiota. Quel completo idiota.
 
Harry afferrò un pezzo di carta e scrisse velocemente qualcosa, aspettando che arrivasse la posta mattutina. Non poteva ignorarlo per sempre.
 
D’altra parte, il suo braccio aveva smesso di bruciare. Infatti, il suo tatuaggio era meraviglioso adesso che era guarito. Quando si era svegliato, quella mattina, aveva trovato delle fiamme d’inchiostro sul suo avambraccio, il respiro infuocato del drago. Il modo in cui si muoveva era stupendo. Era stata davvero una bella mossa, scegliere il Draco.
 
Uhm, il drago.
 
Harry non ebbe il tempo di fare face-palm, perché la posta decise di arrivare in quell’istante. Era troppo occupato a cercare un gufo da prendere in prestito.
 
Tzé, non era per niente geloso.
 
Harry osservò nervosamente il gufo che atterrava davanti a Draco... Malfoy... graffiandogli il polso perché non si sbrigava a ritirare il messaggio. Harry aveva scelto un buon gufo; gli aveva promesso un premio se avesse morso il biondino, e non sembrava importante che era stato addestrato a non attaccare i maghi. Bene.
 
Malfoy guardò esterrefatto il gufo, accigliandosi.
 
I suoi occhi si posarono a malapena sul volatile prima di spostarsi su Harry, con quel sorriso splendente sulle labbra e un'aria di sfida. Avrebbe potuto iniziare a cantare, e avrebbe suscitato meno sorpresa di un suo sorriso.
 
I Serpeverde continuarono a guardarli entrambi, Parkinson alzò gli occhi al cielo e strappò il biglietto dalle mani di Malfoy, leggendolo ad alta voce. Vacca.
 
Dopodiché, tutti quanti si voltarono a fissare Harry. Che, prontamente, tornò a concentrarsi sul suo pasto. Malfoy era una cosa, Parkinson ne era un'altra. Ma essere fissato dalla maggior parte della casa Serpeverde era davvero snervante.
 
Mordicchiò un'omelette, gemendo per il suo dolce sapore. Gli sarebbe mancato il cibo di Hogwarts, poco ma sicuro.
 
Ghignò, comunque, appena qualcuno strinse le braccia intorno alle sue spalle. Qualcuno che aveva un forte odore di vaniglia. Fu uno sforzo non voltarsi indietro, e continuare a mangiare con la massima disinvoltura possibile.
 
“ Sul serio , Malfoy, non hai nemmeno un po' di finezza. ” Commentò, strozzandosi dopo che una voce profonda lo rispose.
 
“ Sicuro che sia Draco? ” In quel momento sobbalzò, voltandosi di scatto per vedere chi di quei mostri aveva le braccia intorno alle sue... accidenti a loro.
 
Zabini stava ridacchiando a pochi centimetri di distanza, scuotendo la testa divertito. Era Draco ad essersi poggiato su di lui... che bastardo. Avrebbe dovuto intuirlo che era qualche sorta di scherzo, trattandosi di Serpeverde.
 
“ Ci sei cascato così facilmente; e vorresti addirittura giocare con i grandi? ” Disse flemmaticamente Draco, lasciando la presa per sedersi al tavolo dei Grifondoro, come aveva fatto durante le vacanze. Zabini lo seguì. Come se fosse la cosa più normale del mondo.
 
“ Non siete grandi come credete. ” Era tutto quello che aveva da dire. E a quanto pareva era abbastanza, visto che Zabini rise ancora una volta, con una luce divertita negli occhi.
 
“ Sei un tipo a posto, Potty. ” Poi cacciò uno strillo, perché Draco gli aveva puntato contro la bacchetta all'improvviso. Si scambiarono degli sguardi esasperati prima di voltarsi di nuovo verso Harry. Come se non ci fosse nulla di strano.
 
Harry li fissò entrambi con le sopracciglia alzate, in attesa di una spiegazione per quello che era appena successo. Comunque, non la ottenne, perché Draco lo guardò, simulando innocenza. Certo, nemmeno una matricola avrebbe creduto a quello sguardo.
 
“ Se vuoi giocare, sono completamente a tuo favore, davvero, lo sono- ”
 
“ Ma? ”
 
“ Ma... ce l'hai il permesso? ” Harry si accigliò, scuotendo leggermente la testa. Di che cazzo stava parlando? Era ovvio che non gli era permesso partecipare a quel gioco; implicava bere alcol a scuola. Di certo non avrebbe chiesto il permesso della Preside.
 
“ Sono maggiorenne, ho una casa, ho il controllo sul mio patrimonio... penso di essere capace bere un drink. ”
 
“ Io intendevo, ti è permesso farlo? ” Oh. Harry alzò gli occhi al cielo, e si accorse della confusione di Zabini, trattenendo un ringhio. Doveva proprio essere così furtivo?
 
“ Smettila. ” Sussurrò, incontrando gli occhi di Draco con un’aria quasi supplichevole. Dio, era così debole. “Non succederà niente.” Avevano bevuto al loro primo appuntamento, e poi si erano smaterializzati. Bere al sicuro nel castello non avrebbe fatto male a nessuno.
 
“ Non puoi sapere- ”
 
“ Draco, non succederà niente. ”
 
E sorprendentemente, sospirò, arrendendosi e ghignando leggermente. “ Se ti sbagli, non ti farò la RCP. ”
 
“ Sì che la farai. ” Ghignò Harry, e rise appena Draco arrossì e alzando gli occhi al cielo con un lieve sorriso sulle labbra.
 
“ Ti ha beccato, Draco. ” Canticchiò Zabini, scoppiando a ridere quando il biondo si avvicinò a lui per colpirlo. Merda. Quando aveva smesso di chiamare Malfoy con il suo cognome? Dannazione, ecco cosa succedeva se entravi troppo in confidenza con qualcuno. Zabini si voltò verso Harry, ghignò e gli porse la mano. “ Non credo che ci siamo mai presentati; cioè, ho sentito ogni tipo di lamentela su di te, tutte le vicende, e i piagnistei, ma... ”
 
“ Io non piagnucolo! ”
 
“ Non ti sei mai sprecato a imparare il mio nome? ” Chiese Harry con un ghigno, pensando alla stupidità della sua domanda. Per favore. Ogni bambino della comunità magica, e anche alcuni di quella babbana, conoscevano il suo nome. Forse non sapevano perché era famoso, ma lo conoscevano. In un modo o nell'altro.
 
“ Blaise Zabini. ”
 
“ ...Harry? ” Era una delle conversazioni più strane che avesse mai avuto, considerando che si stava presentando ad un ragazzo con cui aveva frequentato la scuola per otto anni.
 
“ Basta Blaise, smettila di monopolizzarlo.” Li interruppe Malfoy, che si alzò in piedi e spinse praticamente Zabini giù dalla panca, lanciandogli un'occhiata che lo fece tornare al tavolo Serpeverde con le mani in alto. Strano. “ Giocheremo stanotte, allora. Nella Sala Comune Serpeverde. ”
 
“ È un appuntamento. ” Rise Harry, tornando alla sua colazione, anche se poté sentire Malfoy fissarlo ancora per alcuni minuti. Cazzo, riusciva ancora sentire l'odore di vaniglia.
 
Prendi questa, Parkinson.
 
No, non era assolutamente geloso.
 
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Harry aveva continuato a saltellare per tutto il giorno. Quella sera, aveva un altro obiettivo da cancellare dalla lista. Era a cavallo considerando che la sua magia aveva deciso di fare la stronza e diventare più ' aggressiva '… qualunque cosa volesse dire.
 
Non sapeva perché, ma si sentiva in colpa per non averlo detto a Malfoy. Ma, non doveva dirgli proprio tutto, no? Se lo faceva, l'altro avrebbe girato i tacchi e sarebbe fuggito, nonostante l'evidente flirt che era nato fra di loro.
 
Alle dieci in punto, stava bussando alla porta di entrata della Sala Comune Serpeverde, leccandosi nervosamente le labbra. Aveva rubato una bottiglia di vodka dal baule di Ron mentre non guardava, e la teneva stretta sotto il braccio. Era snervante, andare nel nido delle vipere; aveva già bevuto un sorso per far diminuire il suo stress. Non era servito a niente.
 
La parete si aprì, e un robusto ragazzino del secondo anno sbucò fuori. Fu sorpreso di vedere Harry, i suoi occhi blu lo squadrarono con curiosità, prima di indietreggiare e indicargli con un cenno del capo di sbrigarsi ad entrare. Non si era aspettato un caldo benvenuto. Ma l'assenza di rabbia era strana.
 
La sala comune era esattamente come se la ricordava, tetra, con una delle pareti che dava sulle profondità del lago. Non sapeva come facevano a non trovarlo terrificante, con tutte le creature che scorrazzavano davanti alla finestra. Se loro potevano vedere il calamaro gigante, quasi sicuramente, anche lui poteva vederli.
 
I vari studenti alzarono lo sguardo per fissarlo, ma nulla di più. Tornarono a farsi gli affari propri, e quasi nessuno si voltò per dare un'altra occhiata. I Grifondoro sarebbero già balzati in piedi, pronti a combattere, mentre i Serpeverde avevano solamente scrollato le spalle.
 
“ Sono laggiù. ” Gli indicò un primino, con una smorfia sulla faccia che, Harry suppose, volesse somigliare ad un ghigno. In ogni caso, era stato un tentativo carinissimo. Sorridendo, Harry attraversò la stanza, e scompigliò i capelli del ragazzino, ridacchiando per il suo squittio d'indignazione. Quando eri nella tana del serpente, dovevi far finta di essere un serpente, altrimenti saresti stato morso.
 
Conoscendo la malvagità di Malfoy, un'intera orda di Serpeverde poteva essere molto più che fatale.
 
Si apprestò a scendere le scale, addentrandosi nell'oscurità. Diventava sempre più buio man mano che proseguiva, e la sua ombra si perse nelle tenebre; il che era dannatamente inquietante.
 
Finalmente, trovò la porta che conduceva al dormitorio e spinse la pesante anta di legno, strizzando gli occhi per l'improvvisa ondata di luce. Era una copia del dormitorio Grifondoro, solo che era colorato di argento, nero e verde e al posto delle finestre, aveva una parete di vetro che dava nel lago. Era molto più che spaventoso.
 
“ Potty. ” Lo chiamò pigramente Malfoy, sorridendo come se non si aspettasse il suo arrivo. Era ovvio che si sarebbe presentato; non poteva più avere rimpianti. Non ne aveva il tempo.
 
“ Ciao. ” Disse Harry con impaccio, facendosi strada attraverso la stanza, diretto da Malfoy; si sentiva più al sicuro lì. Parkinson era appoggiata a uno dei montanti di un letto, e fissava incessantemente Harry; non sembrava contenta. Zabini ghignò, era steso sottosopra con la testa che penzolava dal letto, e cercava di bere senza far cadere nulla. C'era anche Nott, aveva la testa piegata da un lato e lo squadrava, come aveva fatto il ragazzino di prima. Avrebbe pensato che fossero parenti, dal modo in cui entrambi mantenevano la compostezza. E infine, c'era Goyle. L'espressione sulla sua faccia, faceva sembrare Parkinson una fangirl entusiasta.
 
Si affrettò a prendere posto accanto a Malfoy, sedendosi con impaccio sul bordo del suo letto. Un'atmosfera tesa calò nella stanza; aveva l'aria della calma prima della tempesta. Una sola parola sbagliata, o una battuta fraintesa, e sarebbe crollato tutto. Tutti i presenti percepivano la tensione, e nessuno aveva intenzione di romperla.
 
Tranne Malfoy.
 
“ Allora, sei un mago o un sangue-sporco? ” Chiese lentamente, poi incrociò le gambe e si poggiò sopra il letto con una sola mano, fissando Harry come un predatore con la sua preda. Sorseggiò il suo drink con disinvoltura, come se non avesse appena detto un pesante insulto, come se non gli importasse. Probabilmente era così.
 
“ ...Uhm... mezzosangue. ” Harry sentì il suo volto andare a fuoco quando tutti iniziarono a ridere. Zabini rotolò per mettersi in una posizione corretta, scuotendo leggermente la testa. Non pensavano che Harry potesse farcela? Avrebbe mostrato loro che aveva del fegato... o dell'astuzia, o qualunque qualità necessaria a vincere quel gioco.
 
Malfoy non rise, ghignò soltanto. Non ruppe il contatto visivo con Harry. “ O spieghi alla donnola perché stavi dicendo che facevi sesso con me, ” Disse chiaramente, con una luce divertita negli occhi. Gli altri Serpeverde risero ancora, sputando i loro drink. “ O ti infiltri nella cucina e ci procuri altre bottiglie di whiskey incendiario. ”
 
“ Quindi è così che si gioca? ” Rise Harry, con un crescente entusiasmo. Sarebbe stato difficile convincere gli elfi domestici a dargli una bevanda vietata.
 
“ È così che giochiamo. ” Convenne Malfoy, ghignando.
 
“ Il limite di tempo? ”
 
“ Dieci minuti dovrebbero bastare; sei un principiante. ”
 
Harry fece roteare gli occhi, sogghignando. “ Ci vediamo fra dieci minuti. ”
 
I Serpeverde ridacchiarono per quella frase, certi che fosse impossibile. Stavano sicuramente parlando di lui in quel momento; forse Malfoy stava ancora cercando di convincerli a farlo giocare? In ogni caso, dieci minuti non erano molti.
 
Harry corse via dalla stanza, sorridendo. Non correva così veloce da mesi; non riusciva a girare agli angoli, quindi doveva finire leggermente contro le pareti prima di svoltare; doveva proprio sembrare un idiota! Comunque, stava giocando con i Serpeverde; doveva dimostrare il suo valore, il che significava ritornare entro dieci minuti esatti. Ogni secondo era importante.
 
Con un leggero affanno, solleticò la pera e scese giù in cucina. Il suo cuore batteva così veloce che riusciva a malapena a respirare, figurarsi sentire. Il battito era assordante. “ Salve? C'è nessuno? ” Chiese, ma dovette ripeterlo perché la prima volta era riuscito solo ad annaspare.
 
In pochi secondi, andò in panico e si avvicinò alla cucina, senza accorgersi che stava quasi per inciampare nell'elfo che era appena comparso davanti a lui. Questo iniziò a fissarlo, le orecchie a pipistrello dondolarono quando iniziò a saltellare per l'entusiasmo.
 
“ Oh, il Signor Potter, Signore, sei tu Signor Potter! È tardi, Signore. Cosa può fare Snuffy per te, Signore? ” Harry si sedette, aveva ancora l'affanno. Riusciva a malapena a sentirla oltre il rumore del suo cuore.
 
“ Be', ecco... ” Harry si mise a giocherellare con le maniche, guardandosi intorno in cerca di ispirazione. Non se la sentiva di mentire ad un elfo... forse avrebbe potuto dirgli la verità? Era un errore? “ Io... io mi stavo chiedendo se potevi aiutarmi a fare una cosa. ”
 
“ Tutto il possibile per Harry Potter, Signore! ”
 
“ Grandioso. Mi... chiedevo, per caso potresti darmi un paio di bottiglie di whiskey incendiario? ”
 
Il cambiamento fu istantaneo; l'elfo sbatté le palpebre, le si afflosciarono le orecchie e si accigliò. Sembrava che avesse messo il broncio, se un elfo poteva mettere il broncio. “ Ma, Signore, tu è giovane, non mi è permesso dare alcol agli studenti, Signore. Non si fa! Non si può! ”
 
“  Lo so, Snuffy, ma... uhm... ” Dio, Harry era la persona più orribile sulla faccia della terra per quello che stava per fare. Odiandosi, cercò di ricomporsi; metà del tempo era già volato. Doveva sbrigarsi. “ Vedi... io sono malato. Ho la... uhm... seccor... succorbentis? Oh, no, va tutto bene, davvero! ”
 
L'elfo singhiozzò, poi scoppiò a piangere. Rumorosamente.
 
“ Lo so, è brutto. Non è per niente bello. È solo che... questo è- ”
 
“ Ma... tu è la persona preferita di Dobby, Signor Harry Potter, Signore! Dobby ci dice di tutta la tua bontà. Dobby ci dice di prenderci cura di te... e noi abbiamo fallito! ” Pianse ancora più forte, ignara del fatto che Harry la stava guardando ad occhi aperti. Si avvicinò a lei lentamente e, con cautela, le diede delle pacche sulla schiena, consapevole dell'ora e dei suoi sentimenti.
 
“ Io... voi non avete fallito. Sto bene, sono felice. Però, sarei ancora più felice con del whiskey incendiario. ” Riuscì a dire, senza sembrare lo stronzo che ormai sentiva di essere. “ È la mia ultima opportunità di divertirmi con i miei amici. ” Se i Serpeverde potevano considerarsi ' amici '. “ Il whiskey incendiario è l'unica cosa che non ho avuto il tempo di provare, e... ”
 
L'elfo si limitò ad annuire, tirò su col naso e si affretto verso una credenza. La aprì con uno schiocco di dita, tornando da lui con due bottiglie che erano quasi delle sue stesse dimensioni. Era sbalorditivo che riuscisse a trasportarle. Gliele porse, con un sorriso incerto sulle labbra. Poi gli diede una fiala. “ Un anti-sbornia, Signore. Per te e per i tuoi amici. ” Disse, sbattendo di nuovo le palpebre. “ …se hai bisogno di altro, Snuffy lo prenderà. ”
 
“ Nah, va benissimo. In realtà, è perfetto. Grazie, Snuffy. ” Disse con sincerità, poi guardò l’orologio sulla parete. Aveva solo tre minuti per tornare indietro. “ E… grazie per essere stata una buona amica per Dobby. ”
 
Le sue labbra iniziarono di nuovo a tremare, quindi Harry batté velocemente in ritirata, affrettandosi a lasciare la stanza. Iniziò la sua frenetica corsa per ritornare al dormitorio, cercando di andare sempre più veloce. Era impossibile! Gli faceva già male il fianco, e stava affannando, ma sembrava che l’aria non fosse mai abbastanza per i suoi polmoni.
 
Bussò di nuovo alla porta, e quando una matricola Serpeverde lo lasciò entrare annaspò e rise. Ce l’aveva quasi fatta… forse. In ogni caso, quella corsa era stata divertente. Stava per battere i Serpeverde al loro stesso gioco! Era determinato a ricevere l’appellativo di ‘ purosangue ’ secondo i loro standard… anche solo per una notte.
 
Entrò nella stanza barcollando, aveva l’affanno e per poco non cadeva. Non era nemmeno lontanamente elegante, sicuramente non era negli standard di un purosangue. Poggiò entrambe le bottiglie accanto a Malfoy, e sorrise quando lo vide sorpreso. “ Nient’… altro? ” Chiese, cercando di riprendere fiato.
 
“ Come cazzo hai fatto ad entrare nelle cucine, e perché cazzo avrebbero dovuto darti del whiskey incendiario? ” Chiese Nott, poi si alzò in piedi e iniziò a guardarlo come se avesse barato. Andiamo, dovevano saperlo che ci voleva almeno mezz’ora per salire nella torre Grifondoro, no?
 
Harry si limitò a scrollare le spalle, senza sapere come rispondere a quel Serpeverde. Non avevano comunicato molto in passato; non sapeva come avrebbe reagito.
 
“ Non ci andrò leggero con te. ” Ghignò Malfoy, poi dovette scolarsi un bicchierino di whiskey incendiario. Come se prima avesse intenzione di farlo! Il suo obiettivo era quello di massacrarlo e umiliarlo… e Harry non gliel’avrebbe permesso.
 
Malfoy tirò fuori una boccetta, e ghignò mentre ne versava il contenuto in ogni bottiglia disponibile. Cazzo… quello era, se Harry non andava errato… Veritaserum. Sarebbe stato più difficile di quanto pensava.
 
Il prossimo era Nott, che rivolse a Draco un sorriso. “ Bevi. ” Malfoy ghignò, mandando giù il suo whiskey incendiario. “ O ci spieghi perché hai deciso che Potter è abbastanza Serpeverde da giocare, oppure mi dai i tuoi compiti di pozioni. ”
 
Malfoy fece roteare gli occhi quando Nott scrollò le spalle, imperturbato. “ Sono sul mio comodino. ”
 
“ Com’è possibile che io ho dovuto rubare del whiskey incendiario, mentre tu hai soltanto dovuto dargli i tuoi compiti? ” Chiese Harry, sorpreso di ricevere la sua risposta onesta.
 
“ Perché ci stavo andando leggero con te. ” Poi lo fulminò con un’occhiataccia, assottigliando gli occhi. “ Un po’ rischioso da parte tua farmi domande mentre sono sotto l’effetto di Veritaserum. Non credevo che ne avessi il coraggio. ” Traduzione; mi vendicherò.
 
Harry si voltò verso Nott quando gli rivolse la parola; non riuscì a fare a meno di ricambiargli il sorriso. “Gioca di furbizia, Potter. ” Gli suggerì, schioccandosi le dita con fare piuttosto compiaciuto. Tra tutti i presenti, Nott era l’ultima persona che Harry si aspettava essere… be’, gentile.
 
“ Potty, caro Potty, ” Ghignò Parkinson, schivando una fattura di Malfoy, “ Bevi. ”
 
Con la sensazione di star cadendo in trappola, Harry riempì il bicchiere che gli era stato dato con il whiskey incendiario, e trasalì quando il siero della verità lo invase. Poteva essere potenzialmente pericoloso… era fantastico.
 
“ O ci spieghi perché ti rifiuti di usare la magia in classe, ” Merda. Era così evidente? Cazzo, mannaggia al cazzo, cazzo…! “ Oppure, ci fai entrare nella torre Grifondoro e ce la fai ridecorare. ” La ragazza ignorò l’occhiata di Malfoy, il suo sguardo tagliente era fisso su Harry. Non c’era nessun senso di colpa nei suoi occhi, solo brutalità… e voglia di gossip.
 
Non aveva altra scelta, vero?
 
“ Seguitemi. ” Harry si costrinse a sorridere. Non sarebbe finita bene. E se erano ancora svegli?
 
“ Perché dobbiamo aggirarci per il castello? ” Ringhiò Nott, bevendo un grande sorso dalla sua bottiglia prima di continuare. A quanto pareva, non si facevano nessuno scrupolo. “ Tutta questa attività fisica non può essere salutare. ”
 
“ Perché, Tesoro, ” Rispose Parkinson fingendo un sorriso, i suoi occhi brillavano di una luce eccitata. Era strano vedere felicità sul suo volto, senza il solito ghigno. “ Voglio far parte del primo gruppo di Serpeverde che fanno irruzione nella torre Grifondoro; voglio fare la storia. E anche far incazzare qualche Grifondoro se posso. Vi va bene? ” Gli altri scrollarono le spalle, e alzarono le mani in alto con le loro bottiglie per poi dirigersi verso la porta. Sembrava che nessuno volesse andare contro Parkinson; non con la sua reputazione di castratrice.
 
Harry decise di camminare con Draco, si sentiva più al sicuro lì. E dal modo in cui ghignava, l’aveva capito, quell’idiota.
 
“ Spero che tu sappia che questa spedizione è inutile. ” Commentò Malfoy mentre attraversavano la Sala Comune Serpeverde, cogliendo di sorpresa la maggior parte delle persone che stavano bevendo in allegria con Harry Potter.
 
“ Spiegati meglio. ” Ridacchiò Parkinson, mettendosi a braccetto con Nott e Zabini. Sembrava… Harry osava anche pensarlo? Felice? Normale? Era uno strano cambiamento.
 
“ Perché? Perché sono già stato nella Sala Comune Grifondoro. ”
 
Harry sobbalzò quando la ragazza si voltò di scatto, con uno sguardo omicida. Dal modo in cui stava per sfoderare la bacchetta, sembrava pronta a lanciare fatture. I suoi occhi si spostarono su Harry, ridotti a due fessure, poi tornarono lentamente su Malfoy. Dio, lo sapeva. “ Cosa?! ”
 
“ Due volte. ” Malfoy continuò a camminare come se nulla fosse successo, e ghignò quando Parkinson gli si parò davanti. Era piuttosto divertente, a dir la verità. Se non facevi caso alle parolacce.
 
“ Che pezzo di merda! Razza di piccolo, sadico succhia-cazzi di merda! ” Harry rimase esterrefatto; certo, lui imprecava qualche volta. Ma aveva i suoi limiti. “ Lo sapevi che lo stavo pianificando! Da mesi! Anni! E cosa fai? Ti comporti da piccolo stronzetto del cazzo che e- ”
 
“ Draco, ” Blaise sovrastò i suoi insulti con un ghigno; gli altri Serpeverde ridacchiavano, divertiti dalla sua ramanzina. Harry era l’unico ad essere leggermente spaventato dal modo in cui aveva calciato un tavolino di vetro, distruggendolo? “ Perché eri nella Torre Grifondoro? ”
 
Draco non batté neanche ciglio. “ Perché sono andato a letto con Potter. ” Quel bastardo! Sapeva come sarebbe suonata! Non sembrava nemmeno turbato!
 
Harry resto a bocca aperta, aveva gli occhi sbarrati e l’aria mortificata. E come se non bastasse, Parkinson aveva smesso di urlare, e tutta la Sala Comune Serpeverde lo stava fissando con un ghigno, sforzandosi di origliare la loro conversazione. Proprio quando i pettegolezzi stavano morendo!
 
Blaise si voltò verso Harry, con un sorriso sadico stampato sul volto. “ Sei andato a letto con Draco? ”
 
Col cazzo che avrebbe rispos- “ Sì. ” Le parole erano uscite dalla sua bocca prima che potesse fermarle, realizzando con orrore di avere il Veritaserum in circolazione. Era alla loro mercé… tzé, Serpeverde con un po’ di compassione? Solo negli incubi peggiori.
 
“ Vogliamo distruggere o no la Sala Comune Grifondoro? ” Chiese Harry, il cui volto andò in fiamme mentre si affrettava verso l’uscita. Dannati Serpeverde; non avevano nessun senso dell’umorismo! Malfoy lo seguì velocemente, i suoi occhi avevano un’aria divertita. “ Oh, grazie per- ”
 
“ Mi sento come se ti stessi mettendo in vantaggio, ma stai giocando con dei Serpeverde, hai bisogno di tutto l’aiuto possibile. ” Disse lentamente, e ghignò quando Harry gli tirò una gomitata. “ C’è un modo per evitare di dire la verità, anche se hai ingoiato il siero. ” Disse, poi fece roteare gli occhi appena Nott lanciò loro un fischio, raggiungendo insieme agli altri la coppia nel corridoio.
 
Ingannare il siero della verità? Come?
 
“ Torniamo al gioco! ” Esclamò Zabini, con il sorriso ancora stampato sulle labbra. Si voltò verso Harry, ridacchiando di nuovo. “ Bevi. ” Disse, e il moro, alzando gli occhi al cielo, bevve un grande sorso d’alcol. Non era perché doveva rinnovare l’effetto del siero; non era stato ancora smaltito dal suo sangue! Sarebbe rimasto lì per ore, data la grande quantità che stavano assumendo. “ Okay. Potty, dolce Potty, ” Il suo sorriso non era per niente confortante. “ O ci spieghi perché stai litigando con Weasley, o ci dici quali sono le cose che ami di più di Draco. ”
 
Cosa?
 
Harry per poco non inciampò nel corridoio mentre si voltava per capire se il ragazzo dalla pelle scura faceva sul serio. Oh, era serio. Ma che diavolo? Non voleva rispondere a nessuna delle due domande! Non sapeva nemmeno come rispondere!
 
Un momento, perché stavano facendo il conto alla rovescia?
 
“ Tre, due, uno. ” Nott ridacchiò, sorridendo come un maniaco. Harry si allontanò da entrambi i ragazzi; volevano annientarlo.
 
“ Quali sono le tre cose di Draco che adori di più? Chiese Zabini, con gli occhi sicuri e crudeli. Harry rabbrividì, le parole gli uscirono di bocca senza che lui avesse il tempo di analizzarle.
 
“ I suoi occhi, il suo profumo, il suo sorriso. ” Harry ringhiò, nascondendosi il volto fra le mani mentre tutti gli altri se la ridevano. Non riusciva a guardare Malfoy; come cazzo faceva a guardarlo di nuovo negli occhi? Era tutto un complotto per buttare merda su Harry!
 
“ Il suo profumo? ” Ripeté Parkinson, ridendo con insensata felicità. Continuò a farlo per diversi minuti, infatti Zabini dovette addirittura sorreggerla mentre salivano le scale dirette alla torre. Quella vacca.
 
Era umiliante! Come faceva Harry a sapere cosa lo attraeva del Biondo? E poi, adorazione? Anche no.
 

 
Definisci ‘adorare ’?
 
Goyle parlò per la prima volta in tutta la serata. Si voltò verso Nott, che evidentemente era considerato l’obiettivo più debole fra tutti i Serpeverde. “ O mi dici chi mi ha fatto lo scherzo ieri, ” Grugnì, con lo sguardo freddo e tagliente. Sembrava che non si stesse divertendo nemmeno un po’. “ O lasci che io ti cruci. ”
 
Le risate morirono, un’atmosfera imbarazzante calò su tutto il gruppo. Harry non riusciva a credere che il ragazzo fosse serio, ma non sembrava un tipo a cui piaceva scherzare. Perfino Nott aveva smesso di sorridere e aveva iniziato a fissare cupamente il suo compagno di stanza.
 
Harry cercò gli occhi del biondo al suo fianco, ma il suo sguardo gelido era diretto a Goyle. Stavano tutti riflettendo, consideravano le loro opzioni. Non avrebbero certo accettato le condizioni?
 
“ …sono stati Draco e Pansy… è stata un’idea di Pansy. ” Borbottò, ignorando lo scappellotto che Pansy gli mollò sorpassandolo.
 
Attraversarono i corridoi successivi in silenzio, la pesantezza dell’atmosfera aveva avuto la meglio. Nessuno perdeva di vista il corpulento ragazzo, che di solito se ne stava in silenzio.
 
Harry li guidò fino al ritratto della Signora Grassa, poi tirò fuori la mappa controllandola velocemente. Sembrava che tutti fossero a letto, o almeno erano nei loro dormitori. Non c’era nessuno nella Sala Comune, grazie a Merlino.
 
“ Che cos’è? ” Chiese Malfoy, cercando di sbirciare. Harry la strinse al petto, piegandola velocemente.
 
“ Nulla. ”
“ Non è vero… c’ero io su quella cosa. ”
 
Harry scelse di ignorarlo, arrampicandosi per raggiungere il ritratto. “ Quidditch. ” Farfugliò, ignorando la Signora Grassa mentre arricciava le labbra e gli faceva una smorfia. A quanto pareva, non approvava. Però non poteva impedirgli di entrare, anche se era seguito da una serie di beffardi Serpeverde.
 
Tutti e sei si intrufolarono all’interno.
 
“ Argh! I colori! ”
 
Harry sobbalzò quando Parkinson si mise ad urlare, ghignando per aver attirato l’attenzione della maggior parte di loro. Sarebbero stati riempiti di fatture se li avessero beccati. Harry sarebbe morto.
 
Prese di nuovo la mappa, allontanandosi da Malfoy appena cercò di sbirciare. Nessuno sembrava essersi mosso. Fece cenno agli altri di continuare, tirando un sospiro di sollievo. Arrivati a quel punto, non potevano farsi scoprire.
 
“ È così… rosso… ” Sussurrò Parkinson, e per qualche bizzarro motivo, iniziò a ridere. Pansy Parkinson, stava ridendo come una ragazza normale… era inquietante. Ma Harry non riuscì a trattenere il sorriso. Erano solo dei normali ragazzi, almeno così pareva, proprio come lui. Non c’era motivo per non andare d’accordo. Davvero, non c’era motivo che le loro case fossero in conflitto.
 
Parkinson alzò la bacchetta, agitandola con gioia.
 
Harry osservò gli altri ridecorare la sua casa, con distaccato divertimento. I colori furono cambiati da rosso e oro, a verde e argento, fino a che non rimase neanche una traccia di Grifondorezza. Anche l’arredamento fu trasfigurato, le morbide poltrone divennero sgabelli di legno. Qualcuno aveva anche aggiunto le incoraggianti parole ‘ I Grifondoro fanno schifo ’ sulla parete che sovrastava il camino.
 
Come se non fosse già evidente che erano stati i Serpeverde.                                          
 
Sapeva che la colpa sarebbe ricaduta su di lui, o su Malfoy.
 
Avrebbe dovuto essere triste. Non lo era.
 
In realtà era divertente immaginare come si sarebbero arrabbiati i Grifondoro la mattina seguente.
 
Harry controllo di nuovo la mappa, gli salì il cuore in gola. Hermione era sveglia… e stava scendendo nella Sala Comune. Merda.
 
“ Si sono svegliati! ” Gridò Harry a bassa voce, e rimase sorpreso quando Parkinson gli sorrise, seguita da Zabini. Non se lo aspettava. Assolutamente no. Ma non dovevano odiarlo per il resto della sua vita?
 
Harry li guidò verso l’uscita, sgattaiolando nel corridoio. Malfoy non si affrettò; sembrava a malapena turbato. Non aveva partecipato alle decorazioni, si era limitato a starsene in disparte, alzando gli occhi al cielo. Come se fosse più maturo di loro!
 
Non si fermarono lì, e stavano quasi per girare l’angolo. Harry continuò a controllare la mappa, si fermò di scatto e afferrò il braccio di Parkinson prima che potesse svoltare l’angolo, però inciampò, arrestando tutti per non farli finire a terra come era successo a lui. Le sue mani bruciavano, si erano graffiate sul pavimento, ma non aveva il tempo di lamentarsene.
 
“ Gazza è qui! ” Sussurrò, e appena lo disse, i suoi passi strascicati e il miagolio di Mrs Purr riecheggiarono per i corridoi. Con gli occhi sbarrati i Serpeverde, iniziarono a correre a ritroso, sorpassando il ritratto aperto della Signora Grassa. Malfoy si fermò, esitando abbastanza per tirare su Harry; non riuscì a trattenere il sorriso, poi corsero per i corridoi, ridendo e facendo così tanto baccano che avrebbe potuto svegliare l’intero castello.
 
Lasciarono che Harry tenesse d’occhio la sua mappa, e che li guidasse aggirando sia professori che studenti. La Sala Comune Grifondoro si era già riempita di alunni, che stavano senza dubbio discutendo sull’accaduto. Non riuscivano a fare a meno di ridere mentre correvano.
 
Alla fine, si infilarono nella Sala Grande, affannando e ridendo allo stesso tempo. L’unico a rimanere stoico fu Goyle, ma nessuno gli prestò attenzione. Avevano smesso di farlo nel momento in cui aveva minacciato Nott di sferrargli una maledizione imperdonabile.
 
“ O ci dici cos’è quella pergamena, o vai dritto alla Torre Grifondoro e confessi di essere tu il colpevole. ”Ghignò Zabini, offrendo ad Harry un altro bicchierino.
 
Harry lo prese, grato di poter mandare giù il liquido. Scrollò le spalle, non era furtivo come suo solito. Che differenza faceva se lo sapevano un gruppetto di Serpeverde?  Lo sapevano già tutti quelli che facevano parte dell’Esercito di Silente, se non l’avevano detto anche a tutti i loro amici. Andava bene, fino a quando nessuno sapeva come usarla.
 
“ È una mappa di Hogwarts; è stata creata da mio padre e i suoi amici. ” Disse fra gli affanni, seguendo gli altri infondo alla stanza così che tutti poterono sedersi vicino al tavolo dei professori. Anzi, non solo vicino, letteralmente sul tavolo. Come se non stessero infrangendo già abbastanza regole. “ Mi mostra la posizione di tutti, e anche cosa stanno facendo, a qualunque ora, di qualunque giorno. ” Ghignò appena i loro occhi si illuminarono di curiosità.
 
“ Posso vederla? ”
 
“ Col cazzo. ” Harry la piegò, riponendola nella sua tasca. E si assicurò anche di renderla bianca con un sussurro. Non si era mai troppo cauti, non quando si aveva a che fare con i Serpeverde. Specie quelli più cordiali.
 
“ È il tuo turno, Potter. ” Harry guardò Malfoy, sorpreso che avesse parlato. Era rimasto in silenzio per circa mezz’ora, ascoltando attentamente ogni cosa, senza proferire parola. Da quando Harry aveva… ammesso quelle cose. Merlino, sarebbe mai riuscito a sopravvivere?
 
“ Bene. Bevi, Malfoy. ” Aveva l’attenzione di tutti, perché aspettavano di vedere come aveva intenzione di giocare. Loro giocavano sporco. E il Ragazzo Sopravvissuto, invece?
 
Ovviamente sì.
 
Malfoy sgolò il suo bicchierino con un ghigno, e gli occhi che brillavano divertiti. “ Sto aspettando. ” Disse pigramente, il perfetto ritratto dell’indifferenza. Tzé.
 
“ O mi chiami ‘ Harry ’ per il resto della settimana, ” Harry si voltò verso Zabini che iniziò a ridere, per poi tornare al biondo. “ o mi aiuti a fare i compiti di Pozioni. ” Non avrebbe fallito in Pozioni, visto che era l’unica materia che poteva praticare. E poi lo sapevano tutti che Malfoy era il Principe delle Pozioni… in tutte e due i casi, Harry avrebbe vinto.
 
“ Bene. Ci vediamo domani in biblioteca, Potter. ” Allora perché si sentiva come se avesse perso?
 
Era il turno di Malfoy, e non ci sarebbe andato leggero, come aveva promesso. Si diresse verso Harry, respirando contro il suo orecchio. Dio, era faticoso sembrare disinvolto, e non muoversi. Ogni nervo nel suo corpo gli stava urlando di spostarsi, di fare qualcosa. Fu invaso dalla vaniglia, e dovette trattenersi dall’inalare tutto il profumo. Cazzo, si stava trasformando in una sanguisuga eccitata in preda ad una tempesta ormonale.
 
“ O dici a tutti perché vai in infermeria ogni notte, ” Sussurrò, ignaro dell’occhiataccia che gli rivolse Harry. Dopodiché alzò la voce. “ Oppure, ti intrufoli nella stanza di Lumacorno e rubi una Pozione per Amplificare il Contatto. ”
 
Harry non sapeva se essere furioso, e ne aveva tutte le ragioni, spaventato, o divertito.
 
Quindi, al contrario, si voltò e cercò di sembrare indifferente mentre apriva le porte e usciva a testa alta. Poteva farcela.
 
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Quindi, provando disgusto per quello che stava per fare, Harry sgattaiolò nella stanza privata di Lumacorno, sperando di trovare lì la pozione.
 
Avrebbe funzionato, se Lumacorno fosse stato addormentato.
 
Ma no. Al contrario, Harry dovette sorbirsi lo spettacolo di lui che andava in giro in camicia da notte, con la sua pancia ingombrante che sbucava dalla maglietta, intento a canticchiare e a danzare per la stanza. La cosa peggiore era che si stava registrando mentre lo faceva. Urgh; roba da incubo.
 
Harry era rimasto bloccato dietro una poltrona eccessivamente gonfia, sobbalzando ogni volta che lo sentiva avvicinarsi. Se continuava così, non avrebbe avuto il tempo di prendere la pozione. E per di più, come diavolo avrebbe fatto a spiegare cosa ci faceva lì se veniva catturato? Era perfettamente visibile dalla porta; e se un insegnante entrava e vedeva il docente di Pozioni mezzo nudo e Harry accovacciato lì nella stessa stanza? Doveva uscire, e anche di corsa.
 
Decidendo che ne sarebbe valsa la pena, o forse era l’alcol a parlare, Harry sfoderò la bacchetta, farfugliando un Accio. Sperava che fosse lì, altrimenti sarebbe stato molto strano se la boccetta si fosse schiantata contro la porta per raggiungerlo…
 
Harry sorrise quando vide la boccetta schizzare attraverso la stanza, appoggiandosi sul palmo della sua mano. Non sapeva come avesse voluto usarla Lumacorno, e francamente, non voleva saperlo. Ugh, che immagini! Per niente carine! Doveva soltanto bruciarsi gli occhi ormai!
 
Harry agitò la bacchetta verso l’altro lato della stanza, distruggendo qualcosa che fece sobbalzare Lumacorno, il quale scosse la testa e borbottò qualcosa fra sé e sé. Harry colse l’occasione per raggiungere la porta, poi la chiuse e iniziò ad affrettarsi lungo il corridoio. Merlino, dopo quello, Malfoy era in debito con lui! La sua innocenza era stata distrutta.
 
Fu solo quando raggiunse di nuovo la Sala Grande, che realizzò di aver usato la magia per ben due volte, e che non era successo nulla. Forse la fortuna era dalla sua parte.
 
Lanciò la fiala a Malfoy, sfoggiando il suo ghigno migliore; dopotutto, aveva avuto un bravo insegnante.
 
“ Ricorda, è utile, ma solo a letto e con molta esperienza, Malfoy. ” Sorrise, saltando e sedendosi accanto al biondo esterrefatto. Rise di nuovo, bevendo un altro lungo sorso. Non si aspettavano che passasse anche quella prova, vero? Si era già dimostrato un mago coi fiocchi, oppure no?
 
Il gioco continuò, e diventarono tutti più cattivi con le loro richieste. Harry si sorprese quando Nott chiese alla Parkinson di scegliere fra dire la verità su lei e i Carrows, oppure cambiare gli stendardi nella Sala Grande. È sufficiente dire che dopo la sfida, gli stendardi Grifondoro raffiguravano un tasso, quelli Corvonero, un serpente viola e i Tassorosso un piccione. Nemmeno un corvo, un piccione. E i punti delle case erano ormai tutti di un arancione fluorescente. Parkinson aveva davvero talento con gli incantesimi.
 
In ogni caso, Parkinson aveva preso di mira Harry, con l’aiuto di Zabini. Sembrava ossessionata dalla sua mancanza di magia, ma dati gli sguardi minacciosi di Malfoy, lui non aveva detto nulla. Se lei l’aveva notato, poteva notarlo chiunque. “ Dicci perché stai giocando, o provaci che puoi ancora usare la magia. ”
 
“ Perché, ” Biascicò Harry, sentendo le palpebre pesanti. Stava diventando difficile concentrarsi, con la Sala Grande che girava. “ Mi piace passare del tempo con Malfoy. Mi ha parlato di questo gioco, e da allora ho sempre voluto provarlo. ” Sorrise, anche se era il siero a strappargli le parole di bocca. “ E sembrava molto più divertente giocare con voi che con gli altri… loro non avrebbero nemmeno pronunciato il nome del gioco. ” Parkinson annuì mestamente, con un’espressione seria.
 
“ Questo è perché fanno schifo. ” Disse, annuendo e sorseggiando il suo whiskey. “ È una verità universale. ”
 
“ Potter, ” Dio, perché sceglievano tutti quanti lui? Non potevano dargli una tregua? “ O ci dici se sei morto davvero durante la battaglia, o prendi una dose di Pozione per Amplificare il Contatto che duri alcuni minuti. ”
 
“ …Pozione per Amplificare il contatto? ” Chiese Harry, che si accigliò quando Malfoy gli lanciò la boccetta. Oh, accidenti a tutti.
 
“ Ma… non c’è nessun letto. ” Rise vedendo gli sguardi seri degli altri, poi si scambiò un sorriso con Malfoy. Non era neanche lontanamente ubriaco quanto gli altri, ma stava ridendo più del solito. Il che era strano. Harry sorseggiò il contenuto della boccetta, e sorrise per il suo gusto alla ciliegia, ma il biondo gliela strappò via dalle mani.
 
“ Cristo, Potter, vuoi che duri per pochi minuti, o per giorni? ” Disse lentamente, e quando Harry trasalì alzò le sopracciglia. Dio, era proprio come quando i suoi nervi si erano danneggiati. Percepiva tutto in modo differente; più pesante, più liscio o più ruvido.
 
I suoi vestiti gli graffiavano la pelle, stretti e scomodi. Aveva l’impulso di togliersi la camicia, l’unica cosa che lo tratteneva era il sopracciglio alzato di Malfoy. Non poteva mettersi ancora più in imbarazzo di fronte al biondo; non sarebbe riuscito a sopravvivere nemmeno pochi mesi… o settimane… se doveva evitarlo. Come avrebbe fatto la mattina seguente, dopo aver confessato chi sa quale altra cosa quella sera.
 
Se ne stette lì seduto, percependo la superfice smaltata del tavolo come se fosse ruvida e scheggiata; non era questo quello che voleva. Sperava che l’effetto sarebbe finito presto; non poteva rivivere la stessa esperienza.
 
“ Malfoy, ” Esordì Goyle, sorprendendo ancora una volta tutti. Perché non chiamava Malfoy per nome? Non erano amici? “ O dici quello che hai fatto nella Camera delle Necessità quando andava a fuoco, ” Harry osservò il ragazzo robusto, stringendo i pugni con rabbia. Come osava? “ O ci spieghi perché cazzo Potter è qui. ”
 
Malfoy piegò la testa da un lato, sorseggiando il suo whiskey incendiario. “ Credo che tu abbia già avuto una risposta, comunque, ti asseconderò. Mi piace la sua compagnia, e ho pensato che gli sarebbe piaciuto unirsi a noi in questo gioco; pensavo che sareste andati d’accordo, e guarda un po’, non ci stiamo affatturando a vicenda. ” Vero, ma anche ambiguo allo stesso tempo. La semplice amicizia di Harry non era già abbastanza?
 
Harry si imbronciò, bevendo un altro sorso dalla bottiglia. L’alcol era lava allo stato puro che scivolava lungo la sua gola, marchiandolo a fuoco. Cazzo, non poteva più bere fino a che l’effetto della pozione non si fosse esaurito… che tristezza.
 
“ Zabini, ” Lo chiamò, voltandosi verso di lui. Per tutta la sera, non aveva fatto altro che impartirgli degli obblighi davvero subdoli… era tempo di vendetta. “ O domani mattina vai da Hermione e le canti il tuo eterno amore per lei o ci dici la cosa più imbarazzante che hai fatto nella tua vita. ”
 
Se non altro, sbiancò notevolmente, leccandosi le labbra. Malfoy sembrava compiaciuto, come se non credesse che Harry aveva il coraggio di giocare sporco. C’erano molte cose che non sapevano su di lui.
 
“ Dovrò odiarti adesso, Potter. ” Commentò Zabini, facendo un altro sorso dalla sua bottiglia prima di rabbrividire, strofinandosi la faccia. “ Be’, è davvero umiliante. Ero al cinquantesimo compleanno di mia zia, alcuni anni fa; Avevo circa quattordici anni ed ero ubriaco fradicio. Così tanto, che ballavo, bevevo e probabilmente fumavo un sacco d’erba. Be’ in quel momento vidi la ragazza più bella che avessi mai visto; ballammo, parlammo e scopammo. ” Sospirò, bevendo altro alcol. Sembrava sull’orlo di piangere… Harry aveva detto divertente, no? Imbarazzante significava divertente! “ Il mattino seguente, mi svegliai in un letto che non era il mio. ” Fece una pausa, rabbrividendo. “ Accanto a qualcuno della mia famiglia. ”
 
Ad Harry vennero i brividi; immaginatevi di perdere la verginità con un membro della famiglia… era assolutamente…
 
Ma Zabini non aveva ancora finito. Esitò, poi scrollò le spalle. Era come se stesse strappando un cerotto. “ Mio cugino di primo grado, Boris. ”
 
Harry sbuffò, scoppiando a ridere. Era così… divertente! Zabini aveva perso la verginità con suo cugino Boris, che molto probabilmente era un... travestito? Oh, l’avrebbe perseguitato per sempre con quella storia. Nott rotolava sul pavimento ridendo istericamente, e indicava Zabini continuando a ripetere il nome all’infinito.
 
Se non era per Malfoy che lo teneva fermo sul tavolo, Harry si sarebbe unito a lui. Iniziava a sentirsi accaldato e stanco, quella pozione gli provocava davvero delle strane sensazioni. Anche mentre rideva, riusciva a sentire il peso dell’aria nei polmoni. Ma quanto durava?
 
La mano di Malfoy sulla sua spalla era cocente, e il calore filtrava attraverso i vestiti. Gli mandava dei brividi lungo il braccio, gli tendeva i nervi. Voleva davvero che l’effetto finisse in quel preciso istante.
 
Harry era così preoccupato che per poco non si perse Parkinson che accettava di comportarsi ‘ relativamente bene ’ con lui per il resto della settimana. Era come se Malfoy fosse infastidito dalle sue domande insistenti, proprio come Harry; a nessuno piaceva essere ubriaco e spifferare tutti i suoi segreti. Specialmente se si erano tenuti nascosti per mesi perfino alle persone più care.
 
Nott era ancora arrabbiato per la minaccia di essere cruciato, e dopo essersi alzato dal pavimento, rivolse a Goyle un ghigno. C’era almeno qualcuno che andava d’accordo con il ragazzo dallo sguardo truce?
 
“ O Fai una battuta. ”Disse, sogghignando. “ O sorridi. ” Per l’ennesima volta, l’imbarazzo discese sul gruppo. Era più verosimile che iniziasse l’apocalisse.
 
“ Toc toc. ” Ghignò Goyle, con una pericolosa luce negli occhi. Harry si raddrizzò, ascoltandolo attentamente. Poteva essere solo o esilarante, o assolutamente imbarazzante.
 
“ Chi è? ”
 
“ Vaffan. Culo.”
 
Sembrava proprio che avesse optato per essere assolutamente imbarazzante.
 
Harry si mosse a disagio sulla panca, aveva un leggero giramento di testa. Si passò il pollice sulla punta delle dita, percependo le incavatissime impronte digitali che ricoprivano la sua mano. Il suo respiro contro quest’ultima era come vapore caldo, la bottiglia che aveva nell’altra, invece, sembrava seta. Riuscì a scorgere lo sguardo di Zabini, e si senti immediatamente male. Stava ghignando di nuovo, nessuna traccia di pietà nei suoi occhi. Grandioso, quale altra tortura era riuscito ad inventarsi?
 
“ Blaise, ” Lo interruppe Parkinson, ridendo rumorosamente. Ogni volta che cercava di completare la frase scoppiava a ridere senza riuscire a controllarsi. Alla fine, ce la fece, con un magnifico sorriso sulle labbra. “ Domani mattina devi andare da Granger e cantarle il tuo eterno amore per lei… ” Rise ancora, schiarendosi velocemente la gola. Merlino, lo trovava così divertente che stava addirittura piangendo di gioia. “ Oppure… vai dalla donnola e gli canti il tuo eterno amore per lui! ”
 
Harry scoppiò a ridere, scuotendo la testa. In entrambi i casi, Zabini sarebbe stato umiliato. I suoi amici non avrebbero fatto una piega, a parte irritarsi un po’. Ma Zabini, sarebbe morto dall’imbarazzo.
 
Come in quel momento. Aveva la bocca spalancata e gli occhi sbarrati per la rabbia. “ Stronza! ” Ringhiò, incredulo. “ Che cazzo ti ho fatto di male? ”
 
“ Esisti, caro, esisti. ” Rispose, sorridendo nel suo drink. Harry non vedeva l’ora di andare a colazione; pensava che l’avrebbe saltata, dati i postumi della sbronza con cui si sarebbe indubbiamente svegliato, ma era tentato di scolarsi l’intera boccetta di anti-sbornia. Zabini che cantava una serenata a Ron o a Hermione? Non se lo sarebbe perso nemmeno sul letto di morte… forse.
 
Harry stava ghignando nel suo drink quando sentì di nuovo lo sguardo di Zabini su di lui, neanche un po’ divertito. Si rifiutava di spostare i suoi occhi scuri dal volto di Harry, ma al contrario, sfidò Malfoy.
 
“ Draco, sono certo che sai perché Potter non usa più la magia, e il fatto che hai evitato di rispondere a tutte le domande in proposito ne è la prova schiacciante. Quindi, o ci spieghi il motivo, nei dettagli, ” Ghignò divertito. “ Oppure baci Potter. ”
 
Harry saltò giù dal tavolo come se colpito da una scarica elettrica, allontanandosi da Malfoy il più presto possibile. Dannazione, non l’avrebbe mai fatto, vero? Era… era un Serpeverde! Ovvio che l’avrebbe fatto!
 
Perché il suo obbligo doveva includere Harry? Nessuno degli altri aveva coinvolto uno dei presenti!
 
Harry deglutì, il panico si faceva strada nel suo stomaco, poi i suoi occhi incontrarono quelli di Malfoy. Merda.
 
L’altro si limitò a fissare Zabini per un istante, inespressivo. Poi, si alzò lentamente, piegò la testa di lato e si avvicinò ad Harry. Sembrava un predatore, i suoi occhi argentei brillavano di una luce pericolosa. Aveva il suo tipico ghigno stampato sulle sue labbra, come se lo trovasse divertente. Divertente!
 
Harry indietreggiò, scosse la testa e protese le braccia per proteggersi. Stava seriamente considerando di dire tutto riguardo al trattamento. Come avrebbe fatto a guardare in faccia Malfoy dopo quella notte? Però poteva andare peggio; Zabini poteva ordinare a Goyle di baciarlo. Rabbrividì al solo pensiero; no, quello era peggio. Almeno Goyle avrebbe fatto finta che non fosse mai successo… Malfoy invece, l’avrebbe usato per sempre come materiale di ricatto.
 
Malfoy lo seguì mentre indietreggiava velocemente.
 
“ Okay, basta con gli scherzi. Andiamo, Malfoy, quando è troppo è troppo. ” Cercò di sorridere, maledicendosi quando il suo stomaco si strinse per la felicità. Le farfalle erano tornate, e l’eccitazione scorreva nelle sue vene.
 
“ Si potrebbe pensare che tu abbia paura, Potter. ” Disse lentamente, il suo ghigno cresceva man mano che si avvicinava. Paura? No, cazzo, Harry era fottutamente imbarazzato. Riusciva a vedere Nott dietro di loro con la bocca spalancata per lo shock. Zabini aveva un’aria compiaciuta, mentre Parkinson doveva trattenersi dal raggiungerli di corsa, entusiasta. Non era un cazzo di show!
 
“ Malfoy, non- ”
 
“ È solo un obbligo. ” Disse con un filo di voce, il ghigno era già svanito quando spinse leggermente Harry contro la parete.
 
Ma non lo era. E dal suo tono, lo sapeva anche lui.
 
Si fissarono a vicenda, quasi naso contro naso. I loro petti si stavano decisamente toccando; Harry riusciva a sentire il battito del cuore dell’altro contro la pelle, che si trasferiva nel suo petto. Poteva sentire il suo respiro sul volto, e questo gli mandava brividi lungo tutta la schiena. C’era di nuovo quell’avvolgente profumo di vaniglia, che era solo leggermente coperto da quello del whiskey incendiario. Era Draco allo stato puro.
 
I suoi occhi stavano di nuovo scintillando, ma questa volta, senza la minima traccia di divertimento. Quella sfida faceva sembrare tutte le altre, facili e patetiche; quella sfida l’avrebbe ferito se non avesse risposto, se non avesse reagito.
 
In modo lento, dolorosamente lento, Draco annullò la distanza, sfiorando a malapena le labbra di Harry con un delicato bacio casto.
 
Fece formicolare le sue labbra, provocandogli un leggero dolore; una dolce provocazione.
 
Harry voleva di più.
 
Con un’azione spaventosamente più decisa di quanto si sentisse, Harry si avvicinò e strinse la nuca di Malfoy, spingendolo in avanti per far toccare le loro labbra in maniera decente. Non c’era più nulla di dolce questa volta.
 
Era completamente diverso dai baci di Ginny. Harry non voleva pensarci, ma il pensiero gli saltò alla mente prima che avesse la possibilità di reprimerlo. Con una donna, dovevi essere dolce e gentile. Ma non c’era nulla di gentile in quel bacio.
 
Malfoy si mosse con disinvoltura, era un esperto. L’allettante e fugace tocco della sua lingua, una mano che tirava i suoi capelli, il dolore provocato dai morsi sulle labbra; anche quello mandava dei brividi di piacere lungo la spina dorsale di Harry.
 
Il suo cuore stava battendo forte, molto forte. Non c’era più niente nella stanza, a parte loro due. Non sentiva nulla a parte il suo cuore, e il respiro affannoso. Merlino, avrebbe avuto bisogno d’aria molto presto.
 
Riusciva a sentire Malfoy ghignare contro le sue labbra.
 
Un fischio ruppe il silenzio, trascinando Harry alla dura realtà. Aveva limonato Malfoy, in una stanza piena di gente. Merda.
 
Harry si bloccò, come se fosse paralizzato. Merda. Merda! Che diavolo avrebbe dovuto fare adesso? Per poco non scoppiò a ridere istericamente, visto l’accumulo di forti emozioni. Era stato lui ad iniziare il bacio, per un suo bisogno animalesco; e Malfoy lo sapeva. Avrebbe ricattato Harry fino alla fine dei tempi. Tutto quello che voleva era… Malfoy! Ma Malfoy no, non doveva e quasi sicuramente non lo voleva.
 
Harry trasalì quando le sue mani, che si trovavano ancora fra i capelli di Malfoy, iniziarono a tremare. Doveva spostarle al più presto, se voleva evitare di coinvolgere il biondo in un altro bacio. In ogni caso, non credeva che sarebbe andato bene. Poteva già sentire il panico, quasi come se vedesse nel futuro.
 
Lentamente, Malfoy accarezzò la nuca di Harry con il pollice.
 
Continuò per pochi secondi, prima di indietreggiare, allontanando anche le mani di Harry.
 
Harry vide per un istante le iridi argentee, ma distolse velocemente lo sguardo. Non riusciva a guardarlo in quel momento, non poteva essere umiliato, mortificato o deriso. L’avrebbe distrutto.
 
“ Potter- ”
 
“ Che cazzo era?! ”
 
Harry deglutì nervosamente, incrociando le braccia contro il petto. Malfoy era ancora troppo vicino, e non sembrava in procinto di allontanarsi. Faceva meglio ad alzare le barriere prima che fosse troppo tardi. Magari l’avrebbe baciato di nuovo.
 
“ Era un obbligo. ” Rispose freddamente Malfoy, con un tono di voce tagliente. Harry non sapeva se esserne contento o preoccupato.
 
“ Non era un bacio da obbligo. ”
 
“ Stavo seguendo le regole del gioco, Greg. ”
 
“ Stronzate, e tu lo sai! ” Urlò Goyle, rivolgendo ad Harry un ghigno. “ Mandalo via di qui, o dimmi che cazzo di problemi ha! ”
 
Be’ doveva esserci per forza un po’ di spirito Serpeverde in lui.
 
Suppose che il gioco fosse terminato.
 
Harry sospirò, lanciando un’occhiatina veloce a Malfoy. Stava di nuovo indossando la maschera, il suo volto era inespressivo, ma emanava furia allo stato puro. Riusciva praticamente a percepire l’aumento di tensione fra di loro.
 
Dopo quella… scenata… Harry pensò che fosse meglio sparire. Non sarebbe mancato a nessuno. Aveva ottenuto quello che voleva.
 
Harry raggiunse in silenzio le porte, assicurandosi di evitare gli sguardi. Pochi minuti prima, pensava di essere un ragazzo etero con una malattia di cui non gli fregava nulla. Adesso, non così tanto.
 
Non avrebbe mai dovuto lasciare che Malfoy si avvicinasse a lui.
 
Ora, tutto quello che voleva, più di ogni altra cosa, era vivere.
 
.
 
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23. Giocare a Mago o Sangue-sporco

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Capitolo 19
*** Io non voglio morire! ***


Ciao ragazzuoli! Siamo al venti di Hallowee... ehm Ottobre, cadono le foglie, inizia a far freddino maaa!!! 
Preparate una bella cioccolata calda, un té o quello che volete e mettetevi al calduccio!! 
State per leggere il diciannovesimo capitolo della vostra Drarry preferitah! 
Cogliamo l'occasione per ringraziarvi tutti dell'enormissimo supporto e dei bellissimi commenti che ci lasciate ongi volta!! 
(tra l'altro abbiamo raggiunto le 100 recensioni quindi siamo super contentissime! Siete fantastici *^*) 
Ciancio alle bande, speriamo anche stavolta di aver fatto un buon lavoro, e buona lettura!!

e anche buon Halloween perché chi non ama Halloween festeggiate Halloween e... *continua a spammare*

 

 

 

Capitolo 19  - Io non voglio morire!

 

Harry si svegliò con un dolore pulsante, un fortissimo dolore pulsante. Ringhiò, intontito, e si sforzò di sedersi senza vomitare a causa di un tremendo giramento di testa. Sì, era stata davvero una pessima idea bere con i Serpeverde per tutta la notte. Cazzo, ma cosa c’era in quel whiskey incendiario? A parte, ovviamente, l’enorme quantità di Veritaserum?

 

La sua bocca era disgustosamente impastata, la camicia era macchiata di giallo dove, con ogni probabilità, aveva fatto cadere il suo drink la scorsa notte, ed era… steso sul pavimento in un angolino nascosto? Non era neanche riuscito a tornare nel suo dormitorio la scorsa notte; non c’era da sorprendersi che la sua schiena stesse andando a fuoco.

 

Fu uno sforzo trovare le energie per muoversi, si alzò in piedi e iniziò a barcollare verso il bagno delle ragazze che si trovava dall’altro lato, frugando nelle tasche per trovare la soluzione anti-sbornia. Maledizione, ma dov’era? Non poteva essersela dimenticata nel dormitorio Serpeverde… grandioso. Anzi, perfetto.

 

Ciondolò verso il lavandino, appoggiando la testa contro lo specchio.

 

Aveva baciato Malfoy.

 

 

No, non suonava bene. Non sembrava vero. Non poteva essere successo, anche il solo pensiero sembrava ridicolo. Anche il suo corpo malandato sapeva riconoscere una bugia quando la sentiva.

 

Aveva baciato Malfoy. Lui aveva baciato Malfoy. Lui aveva baciato Malfoy.

 

 

Non suonava bene. Le parole erano contorte, e non erano coerenti fra loro. Non era successo. Doveva essere stata qualche sorta di allucinazione, con tutto l’alcol che aveva in circolo. Era stato un sogno, o un incubo. Non era successo.

 

Harry si sciacquò il volto con un sospirò, ripulendosi dalla polvere e dallo sporco. Aveva bisogno di una bella dormita, e di un Pensatoio. Merlino, ma che problemi aveva? Come aveva fatto a pensare che giocare con i Serpeverde sarebbe stato divertente? Si sarebbero presi gioco di lui fino a quando non se ne andava.

 

Si passò stancamente una mano fra i capelli, osservando le sue occhiaie. Era più magro, o era soltanto la luce? Forse se infilava la camicia nei pantaloni… no, era peggio. La sfilò.

 

Non c’era modo di pettinarsi i capelli, quindi decise di bagnarli con dell’acqua, sperando che, in qualche modo, il dolore diminuisse. Non c’era nulla da fare per migliorare il suo aspetto disastroso, avrebbe fatto meglio ad andare a colazione e mangiare qualcosa per farsi passare i postumi della sbornia; al solo pensiero, il suo stomaco brontolò rumorosamente. Merlino, era da settimane che non era così affamato. Era una ragione più che valida per sorridere.

 

Harry sospirò ancora, fissando i suoi stessi occhi con distacco. Che senso aveva nascere con degli occhi carini, se non potevi tenerli aperti ancora per molto? Avrebbe sacrificato volentieri i suoi occhi in cambio della sua vita.

 

“Ho baciato Malfoy.” Sussurrò.

 

Cazzo. Suonava bene.

 

.

 

.

 

.

 

Harry sobbalzò quando una luce accecante fece esplodere un concerto di trombe nella sua testa, che lo deridevano senza scrupoli. La luce era troppo luminosa. La Sala Grande era troppo rumorosa. Era troppo presto per tutto questo. Per poco non tornò indietro, ma l’insistente brontolio del suo stomaco ebbe la meglio. E poi, non riusciva a immaginare una cosa peggiore di risalire di nuovo tutte quelle scale; scendere era molto più semplice che salire.

 

Harry si avvicinò al tavolo più vicino, tirò un sospiro di sollievo nel constatare che era quello Grifondoro, e si servì con delle uova strapazzate e un toast. La mattina migliorava dopo aver mangiato, parole di Malfoy. Sperava che valesse anche per le mattine dopo una stupida nottata all’insegna dell’alcol che aveva rovinato le sue future prospettive di felicità dei mesi seguenti. Ne dubitava.

 

Dio, gli era mancato il buon cibo.

 

Harry iniziò a mangiare con foga, mentre il suo stomaco brontolava bruscamente. Stava morendo di fame; come aveva fatto a non mangiare nulla negli ultimi tempi? Era stato come essere rinchiuso di nuovo nel suo sottoscala. Ma sta volta di sua spontanea volontà. Come aveva fatto a digiunare di proposito per tutto quel tempo? Certo, sapeva che stava esagerando; era solo leggermente affamato. E per leggermente intendeva che stava già facendo il bis, dopo soli due secondi.

 

Un paio di occhi stavano fissando la sua schiena; un paio di occhi grigi, Harry ci avrebbe scommesso. Riusciva anche ad immaginare il piccolo ghigno soddisfatto sulle labbra di Malfoy, e l’onnipotente ‘ te l’avevo detto ’ che gli avrebbe rifilato non appena fossero stati abbastanza vicini da parlare.

 

Non riusciva a guardarlo negli occhi.

 

Non dopo quella notte.

 

Quindi, tenne lo sguardo basso e continuò ad abboffarsi, ma doveva ammettere che nessuna delle due cose sembrava migliorare il suo mal di testa. Sarebbe andato in biblioteca, per leggere qualcosa, e lì non aveva bisogno che Malfoy fosse lì a sorvegliarlo.

 

Oh Donnola, Oh Donnola, non mi importa se sei frivola,”

 

Oh. Dio. No.

 

Harry si voltò di scatto con un sorriso sulle labbra, vedendo che Zabini era salito sul tavolo Serpeverde, intento a cantare con le braccia protese in avanti. Aveva un’espressione di assoluta adorazione, e sorrideva vittorioso a Ron. Fece un occhiolino al sorpreso ragazzo dai capelli rossi, marciando attraverso la sala, perfettamente consapevole che tutti gli sguardi erano puntati su di lui.

 

“Chiunque altro potrà essere anche nauseato, ma continuerò imperturbato, con fare avventato, ad essere innamorato del mio Weasley dal pelo ramato.”

 

Harry portò una mano alla bocca per trattenere le risate. Un sentimento di gioia lo invase; non riusciva a reprimere le risate incredule, anche se lo voleva. Ron aveva un’espressione palesemente mortificata, passava da paonazzo a pallido ogni tre secondi. E Zabini! Stava praticamente saltando mentre canticchiava in giro per la Sala Grande, senza mai distogliere lo sguardo da Ron. Sfoggiò un ghigno da predatore e si avvicinò sempre di più, sembrava quasi che stesse per saltargli addosso! Se la stava spassando, che idiota!

 

“Oh Weasley, Oh Weasley, i tuoi capelli saranno anche oleosi, putridi, arruffati e-”

 

Le attenzioni divennero fin troppe per Ron.

 

Con un ruggito, si avventò su Zabini, che in quel momento era in ginocchio, con le braccia aperte nel tentativo di dedicargli la serenata meno ortodossa di sempre.

 

Il ragazzo abbronzato sorrise fra sé e sé e balzò in piedi, scansandolo.

 

“Esatto, dolcezza, vieni da me!” Ghignò, indietreggiando velocemente. Nella Sala riecheggiavano le risate, nessuno sapeva come comportarsi. “Vieni per me!” Aggiunse, scivolando contro il bordo del tavolo mentre cercava di ritornare al sicuro fra i Serpeverde.

 

Harry continuò a ridere, asciugando via le lacrime dagli occhi.

 

La McGranitt era saltata in piedi, indicando ad entrambi i ragazzi di seguirla. Dio, Zabini non aveva un briciolo di pudore. Anche davanti alla Preside, che non aveva una bella cera, continuava a fare occhiolini a Ron sogghignando sfacciatamente.

 

Harry si guardò intorno, accorgendosi che tutti stavano ridendo e ghignando. Anche Hermione si era coperta la bocca con una mano, cercando in tutti i modi di non ridere. Ovviamente, i Serpeverde si stavano sbellicando. Accolsero il ritorno di Zabini al tavolo con applausi e complimenti. E con sua grande sorpresa, a loro si unirono anche studenti di altre case. Che stranezza.

 

Harry si ritrovò ad applaudire con gli altri, e scosse la testa quando Zabini salì di nuovo sul tavolo, inchinandosi verso Ron. Un po’ eccessivo, forse, ma non per un melodrammatico Serpeverde. Cazzo, aveva appena proclamato il suo amore per Ron davanti a tutta la scuola; a quel punto non c’era niente di più eccessivo da fare.

 

Un lampo di colore grigio.

 

Harry tornò velocemente a mangiare.

 

.

 

.

 

.

 

Harry tirò un sospiro appena entrò nell’aula di Pozioni, mentre la morsa allo stomaco ritornava. Non voleva essere lì. Voleva fuggire di sopra e mettersi a letto, ma non l’avrebbe aiutato ad essere promosso nell’unica materia che voleva praticare, no? Ma non lo aiutava neanche il fatto che si era dimenticato di portare i libri e tutto l’equipaggiamento, ma non aveva altra scelta. Harry non avrebbe risalito quelle dannatissime scale.

 

Attraversò le porte, cercando di tenere ferma la testa. Il mal di testa non gli dava tregua, e nemmeno le vertigini. In ogni caso, era meglio se cercava di non muoversi. Non guardò i Grifondoro, sapeva che lo consideravano il colpevole delle decorazioni. Mentre aspettava che le lezioni iniziassero, aveva sentito dei bisbigli indignati nella Sala Grande, quindi sapeva che lo volevano morto. Non letteralmente, ma volevano comunque vendicarsi. E sorprendentemente, non voleva dargliela vinta.

 

Si avvicinò al suo calderone, ma trasalì quando, una volta arrivato, Goyle gli ringhiò contro, calciando a terra lo sgabello accanto a lui “Non mi siederò vicino a un frocio del cazzo.” Grugnì, i suoi occhi porcini brillarono di una luce pericolosa.

 

Harry rimase di stucco quando il peso sul suo cuore ricomparve. Era stato chiamato mille volte in quel modo quanto tutti pensavano che fosse fidanzato con Malfoy. Continuavano a farlo, anche se in maniera meno eccessiva. Eppure, non l’aveva mai ferito come quella volta.

 

Lentamente, tutti iniziarono a bisbigliare, voltandosi nella loro direzione. Harry poté sentire il suo volto andare in fiamme, e anche in confusione. Non aveva nessun altro posto dove sedersi. Per di più, se ne stava lì in imbarazzo perché non sapeva dove andare, e la situazione peggiorava ogni momento che passava lì in piedi come un imbecille… perché era ancora lì?

 

“Oh, certo, perché la tua relazione con Vincent era così platonica.” Ghignò Parkinson con sua grande sorpresa. Harry la guardò confuso, e indietreggiò quando Goyle scattò in piedi.

 

“Non abbiamo mai-”

 

“Stando a quel che dici,” Continuò, legandosi i capelli in un disordinato chignon con un’espressione accigliata, senza nemmeno guardare i suoi compagni di casa. “siamo tutti froci qui. Ci sono Draco e Potty, che hanno completamente perso la testa l’uno per l’altro,” Non aveva perso la testa! Era una piccola cotta, al massimo! “Blaise ha un osceno amore non corrisposto per la Donnola,” A quel punto dovette sorridere, ma non svelò altro. “E Theo è innamorato di sé stesso. Con quale frocio vuoi sederti?” Ghignò, alzando le sopracciglia.

 

Ouch. Certo che aveva un bel caratterino.

 

“Tu non sei-” Iniziò Goyle, che grugnì, sentendosi a disagio perché tutti stavano ascoltando la loro conversazione, con degli sguardi avidi di pettegolezzi. Ma la risata stridula di Parkinson lo interruppe.

 

“Non pensarci nemmeno.” Sulle sue labbra stava affiorando un altro ghigno. “Noi non siamo amici.”

 

Harry sobbalzò quando lo sguardo predatorio di Parkinson si posò su di lui. I suoi occhi brillavano di curiosità. “Potter. Puoi prendere-”

 

“Prendi il mio posto, Potty.” Sospirò melodrammaticamente Zabini, gettando la sua borsa accanto a Goyle. Poi si alzò dalla sedia, “Prima che Pansy-”

 

 

Harry non aveva molta voglia di sentire cosa avesse in mente di fargli Parkinson, e fu abbastanza grato che Lumacorno scelse proprio quel momento per ritornare dallo stanzino.

 

“Su, avanti, prendete posto!” Sbottò, posizionandosi goffamente di fronte alla classe. “A quanto pare devo parlare con voi di una brutta faccenda. Molto brutta. Non ha nulla a che fare con Pozioni, ma ogni classe sta subendo lo stesso interrogatorio.” Fece schioccare la lingua sul palato diverse volte, alzando gli occhi al cielo.

 

Harry si sedette velocemente accanto a Malfoy, e si mosse a disagio quando i suoi occhi si posarono su di lui. Merlino, il suo stomaco andava a fuoco, un fascio incontrollabile di nervi. Riusciva a sentire il suo volto andare in fiamme mentre quello sguardo non lo abbandonava, continuava a fissarlo. Cosa voleva che dicesse? ‘Scusa se ti ho quasi succhiato via la faccia?’ non suonava bene neanche nella sua testa.

 

Harry per poco non saltò in aria quando qualcosa sfiorò la sua mano. Ritrasse di scatto il braccio, poi lo avvicinò di nuovo quando si rese conto del suo errore. Malfoy gli stava passando qualcosa, e aveva finalmente distolto lo sguardo per vedere se Lumacorno li stava osservando. Qualunque cosa fosse, faceva meglio a valere il rischio…

 

Era la soluzione anti-sbornia.

 

Harry tirò un sospiro di sollievo, e mandò giù la pozione facendo finta di grattarsi il naso. Sembrava sospetto, ma Lumacorno non se n’era accorto, quindi che importava?

 

“Un gruppo di studenti ribelli, è andato in giro per la scuola questa notte, prendendosi gioco perfino dei suoi fondatori, con-”

 

Harry non riuscì a trattenere il sorriso.

 

Lumacorno continuo a blaterare quanto fosse immaturo quel comportamento, oltre che assolutamente pericoloso. Harry non capiva come poteva essere pericoloso; degli studenti che andavano in giro dopo il tramonto non correvano nessun pericolo; l’unica minaccia era la possibile vendetta dei Grifondoro, considerando che gli insegnanti avevano ignorato i loro comportamenti per tutto l’anno. Non sarebbero mai intervenuti, nemmeno se avessero notato che le fatture diventavano sempre più evidenti.

 

“Quindi, se qualcuno vuole scusarsi per le azioni della scorsa notte, la scuola promette che non saranno inflitte punizioni.” Continuò seccamente Lumacorno, come se fosse leggermente annoiato. “Vogliamo solo sapere il perché delle loro azioni, come si sono procurati l’alcol e come hanno fatto ad intrufolarsi nella Torre Grifondoro.”

 

Fece una pausa, guardandosi tutta la classe. “Ecco tutto. Qualcuno vuole confessare?”

 

Harry tenne lo sguardo fisso sul suo banco, senza osare alzarlo. La sua espressione era troppo facile da leggere, tutto quello che i professori dovevano fare era guardarlo negli occhi per capire. Non aveva molta voglia di essere di nuovo perseguitato dai Grifondoro; erano già stati abbastanza crudeli con lui quell’anno, per qualcosa su cui lui non aveva il minimo controllo. Se avessero scoperto che l’aveva fatto di proposito, non si sarebbero fatti scrupoli.

 

Comunque, dovette alzare gli occhi al cielo. I Serpeverde stavano gongolando; non potevano essere un po’ più compiaciuti, no?

 

“Nessuno?” Continuò Lumacorno, saltellando sulle punte dei piedi. “Che peccato, davvero. Hanno eseguito degli incantesimi notevoli; avete visto le statue nella Sala Grande? E il piccione…” Ridacchiò, asciugandosi teatralmente le lacrime e voltandosi verso la lavagna.

 

“Signore, non penso che dovreste avallare questo genere di comportamenti.” Disse Hermione, guadagnandosi versi d’approvazione dalla sua casa. “La casa Grifondoro è stata attaccata.”

 

“Sì, certo, va tutto bene.” Lumacorno agitò amichevolmente una mano, fallendo nel tentativo di calmare Hermione. “Era uno scherzo; non si è fatto male nessuno, no? E penso che anche voi siate d’accordo sul fatto che sia stato uno scherzo davvero ben riuscito.”

 

“C’è la possibilità che gli studenti non siano al sicuro; non sappiamo come sono entrati. E se-”

 

“Può essere stato chiunque, Signorina Granger.” Annuì Lumacorno, sedendosi alla cattedra con un sopracciglio alzato. “Nemmeno i Grifondoro sono da escludere. Sarebbe una bella tattica, a mio avviso. Far ricadere la colpa su un’altra casa per eliminare ogni sospetto su di voi.” Oh, Dio. “Forse da qualche parte c’è qualche Grifondoro soddisfatto che pensava di mettere le case in conflitto fra loro. Non sto accusando nessuno, e dubito che sia stato davvero un Grifondoro, ma non posso neanche escluderlo.” Smettila. “Lasciamoci tutto alle spalle, e andiamo avanti. Sono stati degli incantesimi notevoli, mettiamola così e facciamo sì che la cosa non si ripeta. Fine della storia. Oggi faremo-”

 

Harry deglutì, guardando dall’altra parte dell’aula, senza soffermarsi su Malfoy, e dovette trattenere un brivido. Riusciva a vedere la realizzazione colpirli in pieno, il momento esatto in cui giunsero tutti all’inevitabile conclusione. Solo un Grifondoro poteva entrare nella torre; doveva conoscere la parola d’ordine, avere una mentalità Serpeverde, essere stato estromesso dalla casa in rosso e con ogni probabilità, avere un desiderio di vendetta nei loro confronti.

 

Uno ad uno, i Grifondoro assottigliarono lo sguardo, e si voltarono verso di lui.

 

“Tu, maledetto traditore!” Urlò Ron, scattando in piedi e puntandogli contro un dito. “Come hai potuto lasciarli entrare nella nostra casa!”

 

“Come hai potuto, Harry?”

 

“Hai proprio toccato il fondo, vero Potter?”

 

Harry balzò quando l’altra metà della classe iniziò a dargli contro, deglutì nervosamente e scosse la testa per gli insulti che gli rivolgevano. “Non sono stato io!” Cercò di dire con risolutezza, ma lo sapevano tutti che non sapeva mentire per nulla al mondo.

 

“Hey, hey, calmatevi tutti!” Lumacorno si allontanò dalla cattedra e si piazzò fra una casa e l’altra, impugnando la bacchetta. “Calmatevi! Perché vi agitate tanto? Ho detto di calmarvi!”

 

Lentamente i Grifondoro smisero di urlare, ma rimasero in piedi, guardando Harry dall’alto in basso. Tranne Neville, ovviamente, che era rimasto seduto e si mordeva le labbra, guardandosi intorno come se non sapesse che parti prendere. E, stranamente, Hermione aveva una mano poggiata sul gomito di Ron, come se stesse cercando di calmarlo e di farlo sedere.

 

“È stato Harry!” Sbottò Seamus, folgorandolo con lo sguardo. “Ha distrutto la Sala Comune. È lui quello che pensa che siamo feccia.”

 

“Oppure ha lasciato entrare i Serpeverde! Ormai sono loro ad essere diventati i suoi amici.” Aggiunse Ron, rifiutandosi di guardare Harry negli occhi.

 

Harry rimase sconvolto; aveva gli occhi sbarrati. Per la prima volta, il senso di colpa si fece strada nel suo stomaco. Be’ avevano ragione. Era stato Harry a guidare i Serpeverde nella Sala Comune la notte prima, ed erano stati loro a ridecorare la stanza. Era colpa sua. Ma non voleva dare ragione ai Grifondoro.

 

Era arrabbiato con loro, ed era così stanco di essere solo. E poi, se non avesse spalleggiato i Serpeverde, avrebbe perso Malfoy, e anche se non riusciva nemmeno a guardarlo negli occhi in quel momento, avrebbe fatto qualunque cosa per evitarlo. Aveva bisogno di quell’idiota.

 

“Non sono stato io.” Negò Harry, deglutendo quando anche gli occhi di Hermione e Neville si assottigliarono; sapevano che stava mentendo. “Vi sbagliate.”

 

“Stronzate!” Tuonò Ron, con gli occhi spalancati. Sembrava che non avesse mai visto Harry, e quello lo ferì più del dovuto. “Stai mentendo! Non eri a letto ieri notte!” Aggiunse, le sue orecchie diventarono rosse. “Dov’eri?”

 

Harry sbatté le palpebre, gli tremavano le mani. Ron controllava ancora se dormiva della Torre Grifondoro? Gli importava ancora di lui.

 

“Era con noi Serpeverde.” Disse lentamente Zabini, scrollando con indifferenza le spalle. “Abbiamo giocato nel nostro dormitorio.”

 

“Perché dovreste permettere a un Grifondoro di mettere piede nel vostro dormitorio?” Sbottò ancora una volta Seamus, scuotendo la testa incredulo. “Stai mentendo!”

 

“Potete chiedere a chiunque.” Sospirò Harry, evitando lo sguardo accusatorio di Ron. “Era proprio quello che stavamo facendo.”

 

“A qualunque Serpeverde, di qualunque anno.” Aggiunse Parkinson, con l’espressione di chi non sapeva nemmeno se valesse la pena dare spiegazioni. Be’, probabilmente era così. “Ti diranno tutti la stessa cosa.”

 

“Certo, correrete a dirgli cosa devono risponderci prima di noi.” Esordì Calì, alzando teatralmente gli occhi al cielo. Un tentativo malriuscito.

 

“Noi non ci muoveremo da questa stanza.” La sfidò Zabini, con le braccia aperte. Merlino, come facevano a trovare quella situazione divertente? Harry stava per sentirsi davvero male.

 

“Okay, adesso basta.” Tutti si voltarono di scatto come se si fossero dimenticati della presenza di Lumacorno; Ron sembrava un po’ imbarazzato per aver imprecato davanti a lui. Ad ogni modo, il professore aveva un’aria seriosa. “Non è stato Harry. Adesso torniamo alla nostra lezione.”

 

“Professore, non può davvero aspettarsi che stiano dicendo la verità-” Ribatté Seamus, ma fu interrotto da uno scatto di rabbia di Lumacorno.

 

“Non. È. Stato. Harry.” Ringhiò quasi, guardando uno per uno tutti i Grifondoro. Harry si mosse a disagio sulla sua sedia; era ovvio che Lumacorno ne era sicuro; Harry non poteva usare la magia senza autodistruggersi. Se soltanto fosse servito a convincere i Grifondoro.

 

Ma dai loro sguardi, sembrava di no.

 

Perfino Neville si era voltato dall’altra parte, scuotendo la testa indignato.

 

Harry rimase immobile, ignorò la soddisfazione dei Serpeverde quando il senso di colpa si fece strada nel suo stomaco.

 

Si odiava.

 

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Harry trascinava i piedi fra gli scaffali, con il suo nuovo libro sotto il braccio, nascosto ben bene sotto una serie di altri libri. Se lo trovavano, poteva dire che stava facendo i compiti di Pozioni, oppure che stava imparando di nuovo altre lingue. Lo faceva spesso, ora che riusciva a ricordarne dieci senza dimenticarle; non era molto, ma almeno era un passo avanti.

 

Aveva bisogno di trovare un banco nascosto, dove nessuno l’avrebbe scovato. In alternativa, sarebbe andato nella Stanza delle Necessità. A dir la verità, non era una cattiva idea. Perché sprecava il suo tempo a nascondersi nella biblioteca quando lì non avrebbero potuto trovarlo nemmeno con la mappa o cose del genere? Oh, be’ ormai era troppo tardi.

 

Si sentiva male. Non voleva farlo, neanche lontanamente. Gli avrebbe rovinato l’umore, non sarebbe servito a nulla… era una cosa stupida.

 

Eppure, continuò a gironzolare fra gli scaffali, aggirò gli altri studenti e tirò un sospiro di sollievo quando riuscì a trovare un traballante banco in un angolo. Era ricoperto di polvere. Perfetto. Nessuno si sarebbe mai avvicinato, vero?

 

Si sedette, e deglutì a vuoto mentre osservava il libro. Era vecchio ma le pagine non avevano neanche un’orecchia; non era stato letto molte volte. Sperava che nessuno notasse di cosa trattava.

 

Ricomponendosi, Harry aprì il libro, scorrendo un dito sull’indice. Q… R… Eccola.

 

Succorbentis’.

 

 

Non suonava troppo male. Non era una parola minacciosa, per uno che non ne sapeva il significato. Poteva essere stato Wingardium Leviosa, e avrebbe sortito lo stesso effetto.

 

Harry tirò un sospiro tremulo, scuotendo la testa per la sua stessa stupidità. Aveva pensato che la parola sarebbe saltata fuori dalla pagina e l’avrebbe ucciso. Ma che avrebbe mai potuto fargli? Non poteva ghignare, non poteva prenderlo in giro. Una parola era una parola.

 

Okay. Era facile.

 

Poteva farcela.

 

‘Quest’incurabile-’

 

Harry sbatté la mano sulla pagina, strizzando gli occhi. Cazzo, faceva male. Non avrebbe dovuto essere così doloroso. Il suo cuore stava pulsando contro la gabbia toracica, la sua testa stava urlando, cercando una via d’uscita. Non poteva farcela, non poteva continuare a leggere! Non erano semplici parole, nomi o etichette; era la sua vita che quelle parole stavano distruggendo.

 

Harry tirò i suoi capelli, digrignando i denti con rabbia. Perché sempre a lui?

 

Sbatté una mano sul banco, ignorando il bruciore alla mano. Ancora.

 

Ancora.

 

Ma non lo aiutava a far diminuire la stretta al cuore, e nemmeno a scacciare via il dolore. Calciò il banco, e si accorse a malapena di averlo rotto e di aver fatto cadere tutti i libri a terra. Il respiro gli usciva in ansiti spezzati. Parole. Erano soltanto delle cazzo di parole.

 

Spalancò gli occhi quando sentì un rumore di passi. Istintivamente, balzò in piedi, indietreggiando da chiunque si fosse avvicinato. “Lumos.”

 

La sua espressione si distese leggermente quando si ritrovò faccia a faccia con un sorpreso Malfoy, i suoi occhi sgranati brillavano nel buio. Occhi che si assottigliarono velocemente in preda alla rabbia.

 

Perché era di nuovo lì? Harry si era addirittura nascosto per evitare di-

 

Sussultò quando un dolore gli invase la guancia, e finì per sbattere violentemente contro lo scaffale dietro di lui. Malfoy gli aveva appena tirato un pugno. Si sfiorò con cautela lo zigomo, gemendo per il dolore. Ma il dolore diminuì quando fu sostituito dalla furia.

 

Prima di rendersene conto, era saltato sul biondo, spingendolo sul pavimento. Sentì la testa di Malfoy sbattere contro lo scaffale con un tonfo pesante, ma non gli importava. Aveva bisogno di farlo soffrire, il più presto possibile! Proprio come stava soffrendo Harry!

 

Il moro sferrò un altro pugno violento, colpendo in pieno la guancia di Malfoy. Prima che avesse il tempo di voltarsi di nuovo verso Harry, la sua mano era già pronta a sferragli un altro pugno.

 

Harry ringhiò, caricandone un altro.

 

Perché sempre a lui?

 

Emanava furia allo stato puro, che esplodeva con ogni pugno che tirava a Malfoy. Ne aveva abbastanza! Ne aveva abbastanza dei Dursley che lo trattavano una merda, nel vero senso della parola. Di essere giudicato da ogni singola persona! Di essere ignorato e respinto a causa di una malattia che non meritava! O di mettere sempre tutti al primo posto!

 

Ne aveva abbastanza di essere solo!

 

Non poteva andare avanti così!

 

Quelle cazzo di parole!

 

Harry caricò un altro pugno, e stava per sferrarlo quando realizzò una cosa. Malfoy non stava reagendo. Se ne stava lì immobile, con il sangue che gli scorreva sia dalla bocca che dal naso, e i suoi occhi glaciali non lasciavano mai il volto di Harry.

 

Ma rimaneva lì. Non cercava neanche di liberarsi!

 

“Colpiscimi!” Sbraitò Harry, stringendo i pugni. “Colpiscimi!”

 

“…No.” Si sforzò di dire Malfoy dopo aver sputato del sangue, ma nonostante tutto, non fece nulla per contrattaccare. Non si muoveva nemmeno per proteggersi. Harry gli rivolse un ringhio, caricando di nuovo il pugno. Non era colpa sua se non reagiva. Gli aveva dato una possibilità.

 

Comunque, qualcosa era cambiato. Appena Harry aveva realizzato che Malfoy non stava contrattaccando, che era una battaglia a senso unico, la rabbia svanì codardamente nel nulla. Si nascose nei meandri della mente contorta di Harry, trasformandolo in un guscio di rabbia finta e… un senso di vuoto.

 

Qualcos’altro gli nacque nel profondo, cresceva e marciva fino a che i suoi occhi non iniziarono a lacrimare e il vuoto dentro di lui divenne troppo, troppo grande. Divenne uno sforzo perfino tenere le braccia alzate, o stare seduto. Tentò in tutti i modi di reprimere quelle lacrime improvvise. Non ci riuscì.

 

Harry venne schiacciato dalla spossatezza, che prese il controllo della sua mente e del suo corpo, fino a farlo cadere in avanti, con la testa appoggiata sul petto del ragazzo malconcio. Le sue mani si strinsero sulla divisa Serpeverde, anche se quella destra gli bruciava in modo incredibile, e si aggrappò a lui come a un ancora di salvezza. Anche se il biondo avesse voluto spostare Harry, non ci sarebbe riuscito.

 

Il suo intero corpo si immobilizzò, l’unico segno di movimento era il leggero tremore che scuoteva la sua figura. Le lacrime erano inarrestabili, non riuscivano a smettere di scorrere una volta salite in superficie.

 

Perché sempre a lui?

 

Cazzo, faceva male. Faceva così tanto male.

 

Harry tremava leggermente, cercando di arrestare i singhiozzi che iniziavano ad avere la meglio su di lui. Non poteva continuare così! Era distrutto e non era rimasto nessuno che lo aiutasse a ricomporre i suoi cocci.

 

Lentamente e con esitazione una mano si posò sulla sua schiena. Harry si era dimenticato di essere a cavalcioni su Malfoy, e se pensava che una volta accortosene avrebbe smesso, si sbagliava di grosso. Gli sfuggì un singhiozzo strangolato, che sembrava a malapena il suo.

 

Non riusciva ad andare avanti.

 

Quindi continuò a piangere, e Malfoy glielo lasciò fare.

 

.

 

.

 

.

 

Harry era completamente mortificato, la sua testa era ancora poggiata sul petto di Malfoy. Era a cavalcioni su di lui dopo aver pianto istericamente per minuti e minuti, e dopo averlo pestato a sangue. Senza contare il fatto che l’aveva limonato meno di ventiquattro ore prima. Come cazzo faceva a guardarlo in faccia?

 

Senza ombra di dubbio, Malfoy stava aspettando che alzasse la testa per fulminarlo con lo sguardo. Quindi si rifiutò di muoversi. Aveva firmato la sua condanna. Poteva restare così per giorni; e se i piedi e le mani si addormentavano? Se non riusciva a sentirli, non avrebbe provato dolore.

 

Harry deglutì a vuoto, trattenendo il respiro per non rompere il silenzio. Il respiro costante di Malfoy soffiava contro la sua testa, calmandolo.  Non aveva ancora tolto la mano dalla sua schiena, e con il pollice continuava a fargli delle leggere carezze. La sua mano era calda contro la sua camicia; Harry era sicuro di riuscire a percepire ogni singolo dito, come se fosse marchiato a fuoco nella sua pelle.

 

Non voleva rompere il silenzio. Era entrato in uno stato di comfort.

 

Eppure, una parte recondita della sua mente continuava a ricordargli che quasi sicuramente Malfoy aveva il naso rotto. Gli faceva notare che la sua mano stava diventando viola e che non riusciva a muoverla. Gli sussurrava di muoversi, prima di mettersi ancora di più in imbarazzo.

 

Harry la ignorò prontamente.

 

“Prima o poi dovrai muoverti.” Disse una lenta voce davanti a lui, immobilizzandolo ancora di più. Non pensava che fosse possibile, ma a quanto pareva il suo corpo aveva deciso di prendere le sembianze di una statua. Una statua a cavalcioni di Draco Malfoy. Cazzo, aveva bisogno di whiskey incendiario.

 

Harry non voleva muoversi. Voleva rimanere lì dov’era, senza il complesso di situazioni imbarazzanti che stava diventando la sua vita. Aveva perso gli occhiali un po’ di tempo prima, riusciva solo a vedere dei contorni sfocati intorno a lui. Ma non aveva comunque la forza di fronteggiare Malfoy. Anche un Malfoy sfocato era spaventoso.

 

“So che sei sveglio.” Continuò Malfoy, ma nemmeno lui si mosse. Poteva semplicemente spingerlo via; invece, aspettava che fosse Harry a fare la prima mossa. E la cosa gli fece pensare che conoscesse il semplice concetto di ‘compassione’. “So che mi stai ascoltando. E so anche che se non ti alzi, ci beccheranno in questa posizione compromettente e le tue guance rigate dalle lacrime saranno su tutte le pagine del Profeta entro il tramonto. È questo che vuoi?”

 

Aveva delle buone motivazioni, anche se quelle parole fecero tornare ad Harry la nausea.

 

“Potty, levati di dosso.”

 

Harry strinse i denti, racimolando ogni residuo di coraggio Grifondoro. Non ce n’era più molto, ma era abbastanza da spingerlo a muoversi. Il suo stomaco si strinse violentemente, avvertendogli di stare fermo; lo ignorò.

 

Costrinse i suoi arti a muoversi, ad ascoltarlo. La sua gamba si mosse di poco, e si spostò lentamente fino a che non era più steso sul biondo. Era leggermente irritante, il fatto che fosse riuscito a racimolare solo quelle poche energie. Si sentiva debole; non poteva nemmeno fingere di riuscire a muoversi; non ce la faceva.

 

Harry spalancò gli occhi quando delle mani ricoprirono le sue; furono incredibilmente gentili mentre aprivano i suoi pugni stretti.

 

Le sue mani, però, tremavano e riusciva a malapena a muoverle. Il pollice di Malfoy gli accarezzò il palmo, mandandogli dei brividi dal braccio allo stomaco, riscaldandolo. Merda.

 

Harry si allontanò di scatto e cadde pesantemente di lato, sbattendo sul pavimento senza riuscire a fare niente per impedirlo. Non riusciva a vedere l’espressione di Malfoy, e ne era veramente grato. Indietreggiò, scivolando lontano da lui. Non poteva affrontare quella situazione, non in quel momento.

 

Per un po’, nessuno dei due disse niente. Alla fine Malfoy eseguì alcuni incantesimi di guarigione, ritornando al suo antico splendore.

 

Harry rimase sul pavimento in preda all’imbarazzo, senza neanche guardare il biondo negli occhi; continuava a ripetere a mente il suo patetico mantra ‘ lontano dagli occhi, lontano dal cuore ’. Dio, era lui stesso ad essere patetico.

 

“Complimenti per averci evitato tutto il giorno.” Disse infine Malfoy, ignorando il fatto che era appena stato pestato a sangue. E il fatto che si erano baciati. E il fatto che Harry aveva appena- “Saltare Erbologia per nascondersi nelle profondità della biblioteca è un tantino drastico, non trovi?”

 

“Malfoy-” Harry fu interrotto.

 

“Ti stavo cercando perché devo aiutarti con i compiti, se non voglio perdere al mio stesso gioco.” Continuò, con il suo tono indifferente. “E invece tu mi ritorni un rozzo Grifondoro. Che perdita di progressi.”

 

Che diavolo stava dicendo? Perché non stava strozzando Harry? Voleva deriderlo?

 

Harry si aspettava quasi che continuasse, ma discese di nuovo il silenzio. Grazie a Dio aveva perso i suoi occhiali.

 

“Mi dispiace.” Sussurrò Harry, fissando il tappeto. Cazzo, Malfoy si meritava delle scuse migliori, ma era tutto quello che poteva fare al momento. Era già sorpreso che la sua voce gli avesse permesso di parlare; anche in quel caso, si aspettava quasi che lo abbandonasse.

 

Come avrebbe dovuto fare Malfoy.

 

“Non scusarti, ti sminuisce.” Rispose Malfoy egualmente piano, sedendosi da qualche parte alla sinistra di Harry. Non sapeva come prenderla; non doveva fargli le sue scuse perché non le avrebbe accettate, o perché non erano necessarie? Erano decisamente necessarie, ma ciò stava a significare che-

 

“Smettila di pensare, o ucciderai le poche cellule cerebrali che ti rimangono.” Continuò il biondo. Si spostò, i rumori sembravano troppo pesanti nell’oscurità. “È per l’obbligo…?”

 

Oh, Dio. Non era possibile che stesse davvero iniziando quella conversazione.

 

“No, non è per quello.” Rispose fulmineo, rifiutandosi ancora di guardarlo. Continuò a fissare il tappeto sfocato; la sua vista doveva essere peggiorata, riusciva a mala pena a vedere la sua mano. Grandioso.

 

“Ignora Gregory; è un idiota.”

 

“Lo so.” Harry si tuffò nei suoi pensieri, cercando una via d’uscita da quella conversazione imbarazzante. “Se ne stanno… accorgendo.” Bella scusa Harry. Un bel giro di applausi per la sua incredibile stupidaggine!

 

“È così grave?”

 

Cosa? Certo che lo era; nessuno doveva saperlo. Nemmeno Malfoy!

 

“Sì!”

 

“…dirò loro di smetterla.” Era una magra consolazione. Se i Serpeverde lo stavano scoprendo, a che punto erano i Corvonero? Cazzo, e i Grifondoro? Dovevano per forza aver notato che non stava usando la magia.

 

“Cazzo, Potter, non mi ignorare!” Merda, stava parlando? Non l’aveva nemmeno sentito.

 

Harry aprì la bocca per rispondere, ma non sapeva cosa dire. Cazzo, non sapeva quale fosse la risposta giusta a una domanda che non aveva sentito. E se era una trappola per incastrarlo? E se aveva qualcosa a che fare con l’obbligo?

 

Malfoy ringhiò, una grande rabbia trapelava dal suo tono ti voce. “Non osare iniziare a tagliare anche me fuori dalla tua vita, Potter. Dimmi semplicemente qual è il cazzo di problema! È per l’obbligo, non è vero? È l’-”

 

“Non è per l’obbligo!” Ribatté Harry, cercando semplicemente di farlo stare zitto. Perché andava tutto contro di lui? “Quello era… lascia perdere.” Non gli avrebbe mai detto cosa pensava di quel bacio. Del fatto che era l’unica cosa che l’aveva fatto sentire vivo dopo settimane. Che Merlino lo facesse morire d’imbarazzo!

 

“Sono tutte stronzate! Se non è quello il problema, allora-”

 

“Io non voglio morire!” Harry sbatté le palpebre, serrando la mascella. Merda. Cazzo. Non voleva dirlo. Piuttosto avrebbe detto a Malfoy di sbrigarsi a prendere di nuovo le sue labbra! Ma ormai aveva iniziato, e non importava quanto la sua mente gli gridasse di star zitto, non riusciva a fermarsi. “La scorsa notte è stata divertente, molto divertente. E ho realizzato che mi manca divertirmi, che mi manca vivere. Non sto più vivendo, cazzo; sto solo contando i giorni che mancano alla mia morte, o alla mia resa. Perché, sarò onesto, non ce la faccio più! Non posso starmene con le mani in mano e accettare il fatto che non invecchierò, che non potrò mai sposarmi, che non avrò mai la possibilità di amare qualcuno; costruire un cazzo di pupazzo di neve, era un fottuto traguardo di vita, ed è assolutamente patetico; voglio più notti come la scorsa notte, ma non posso averle. Cazzo, non voglio morire. Non voglio! Sto morendo, e non posso fare nulla per impedirlo, e tutto quello che voglio è-”

 

A Harry sfuggì un piccolo ‘oomph’ quando fu spinto indietro, gli prese il panico quando realizzò che era steso di schiena con un corpo piuttosto potente su di lui. Che cazzo pensava di fare Malfoy…!

 

Oh.

 

Le sue lamentele, finirono con la stessa velocità con cui erano iniziate appena le gentili labbra di Malfoy si posarono sulle sue. Tzé, gentili. Non c’era proprio nulla di gentile in tutto questo.

 

Malfoy pretendeva la sua attenzione; premeva le labbra contro le sue, baciandolo con forza. Prima un colpetto di lingua, poi un leggero morso. Il corpo di Harry lo tradì, rispondendo con fervore appena i denti di Malfoy gli strinsero il labbro inferiore, e gli sfuggì un piccolo gemito prima che potesse accorgersene.

 

Cazzo, Harry stava rispondendo al bacio di sua spontanea volontà, poggiando una mano esitante sulla schiena di Malfoy per trattenerlo lì, nel caso ci fossero ripensamenti. Non sarebbe scappato questa volta; per quanto ne sapeva, non c’erano compagni di stanza esibizionisti ad osservare la scena e non avevano nessuno motivo di fermarsi.

 

Il suo cuore iniziò a correre all’impazzata quando Malfoy si fece strada nella sua bocca, così forte che era sicuro che il Serpeverde stava ghignando di nuovo contro le sue labbra. Riusciva a malapena a respirare; il petto stava per esplodergli. Aveva bisogno d’aria, ma non aveva intenzione di smettere.

 

Si sentiva vivo.

 

Non riusciva a vedere Malfoy, ma per Merlino, riusciva a sentirlo.

 

La lingua del biondo scivolò contro la sua, tirandola, controllandola. Harry non era mai stato baciato in quel modo; il suo stomaco era caldo, un fascio di nervi incontrollabile. Ogni tocco era intenzionale. La mano sulla sua guancia, le carezze dietro l’orecchio. Cazzo, stava andando a fuoco. Il pavimento era sempre stato così cocente?

 

 

Harry aveva sentito molti termini sulle relazioni fra ragazzi. E anche se la maggior parte di loro era offensiva, ce n’era uno di cui aveva più o meno capito il significato.

 

E aveva deciso che non era un tipo passivo’.

 

Quindi, Harry aveva spinto indietro la lingua dell’altro, cercando di spostare le attenzioni dalla sua bocca a quella di Malfoy. Percepì che l’altro era ancora un po’ sorpreso, ma iniziò subito a reagire. Riuscì a controllare un gemito questa volta, trasformandolo invece in un patetico piccolo miagolio. Grandioso. Fantastico.

 

Hmm. Stava perdendo la battaglia.

 

Spostò un po’ le mani, rafforzando la sua presa sul biondo. Ne fece scivolare una sul collo di Malfoy, e lo spinse leggermente in basso, controllando la posizione della sua testa e forse anche la forza del bacio.

 

Malfoy fece scivolare via le mani dal volto di Harry e afferrò entrambi i polsi, sbattendoli contro il tappeto. Li tenne bloccati mentre li accarezzava con i pollici.

 

Harry gli morse audacemente il labbro, un po’ più forte di quanto si aspettava.

 

Malfoy ricambiò il morso con l’intenzione di farlo gemere.

 

Nessuno dei due si era tirato fuori dal bacio; a quel punto Harry era leggermente stordito. I suoi polmoni chiedevano disperatamente aria, ma non poteva smettere. Non poteva perdere.

 

In quel momento Malfoy stava decisamente ghignando, ma neanche lui si fermò. Infatti, intensificò il bacio, come se stesse cercando di farlo gemere ancora.

 

Cazzo, aveva bisogno di respirare. Aveva bisogno di…

 

Harry attorcigliò le sue caviglie intorno a quelle di Malfoy e spostò le mani in modo da afferrare i polsi dell’altro. Con un brusco movimento si costrinse a piegarsi in due, alzandosi dal pavimento…

 

E rotolò sopra Malfoy, questa volta era lui a costringerlo sul pavimento e a bloccargli i polsi contro il tappeto, vicino al suo volto.

 

Malfoy spostò via la testa, interrompendo finalmente il bacio. Prese un bel respiro, poi scoppiò a ridere.

 

Grazie a Dio.

 

Harry gli liberò i polsi e rotolò via con affanno, cercando di riprendere fiato. Era peggio di quella volta nel lago, quando si era ritrasformato in umano dopo che l’effetto dell’Algabranchia era terminato. Il suo petto era completamente dolorante; non riusciva a riprendere fiato abbastanza in fretta.

 

Il suo cervello si stava cupamente lamentando con lui per aver interrotto il bacio, minacciandolo sia di non farlo mai più che di farlo ancora in quel preciso istante!

 

“Merlino, Potty,” Il corpo di Malfoy, accanto a lui, era scosso da gioiose risate. “Non tutto è una competizione.”

 

Tzé, allora perché non si era arreso?

 

Harry scosse a malapena le spalle, il suo cervello era un po’ confuso e non capiva come fosse potuta accadere una cosa del genere. Un attimo prima si stava lamentando, alzando sempre di più la voce, e un attimo dopo Malfoy… si era tuffato su di lui. Come diavolo era potuto succedere? Quando Harry litigava con Ginny, lei ribatteva oppure andava via piangendo. Non gli era mai saltata addosso, attaccandolo con la sua lingua.

 

“…Uh… a… cosa devo tutto questo?” Affannò, voltandosi a guardare i contorni sfocati di Malfoy.

 

“Ti stai lamentando?” Riusciva a sentire il ghigno nella sua voce.

 

“No.”

 

“Allora non fare domande.” Rispose seccamente Malfoy. Sembrava recuperare fiato molto più velocemente di Harry. Bastardo.

 

“…ma-”

 

“E che cazzo, Potty.” Più che arrabbiato, suonava esasperato. “Non sei più nella fase di negazione. Non vuoi morire. Io non voglio che tu muoia. Sono felice. Puoi lasciare le cose così come stanno? Riesco praticamente a sentire le tue cellule cerebrali commettere il suicidio.”

 

Harry rimase interdetto, non era sicuro di come sentirsi.

 

Malfoy era… felice?

 

Ridacchiò fra sé e sé e scosse la testa mentre rotolava, alzandosi e mettendosi a sedere sul pavimento. Certo, come no.

 

Tastò il pavimento, cercando di trovare quegli scarti metallici di cui era dipendente. Se non riusciva nemmeno a vedere le sue mani sul pavimento, dubitava fortemente che sarebbe riuscito a trovarli. E se si erano distrutti mentre… uhm, si baciavano? Non ci avrebbe messo di nuovo il nastro adesivo; non era il migliore dei look. Aveva una reputazione da mantenere, dopotutto.

 

Harry ridacchiò nuovamente fra sé e sé, sorridendo mentre tastava il pavimento.

 

 “Che stai facendo?” Chiese Malfoy con un tono divertito mentre assisteva agli sforzi di Harry. Come se non sapesse che era cieco senza quegli scarti di metallo e vetro. E i maiali volavano. Be’ in senso babbano. Harry non sapeva se i maiali potessero volare nel mondo magico. Avrebbe dovuto informarsi; un’altra cosa da aggiungere alla sua limitata lista di cose che sapeva sulla magia.

 

“Sto cercando di trovare i miei occhiali. Non vedo assolutamente niente.” Rispose Harry, accigliandosi mentre controllava il pavimento. Doveva trovare anche il libro, e nasconderlo prima che Malfoy leggesse la copertina. Quella era una delle cose che voleva affrontare da solo.

 

Continuò la sua ricerca ancora per un po’ prima di accorgersi che Malfoy non si era mosso.

 

“Un po’ d’aiuto sarebbe… be’, ecco, d’aiuto.”

 

“Harry, stai già indossando i tuoi occhiali.”

 

 

Oh.

 

.

 

.

 

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Capitolo 20
*** Guida Alle Pozioni per Principianti, Impara a Parlare il Tedesco e... ***


Capitolo 20  - Guida Alle Pozioni per Principianti, Impara a Parlare il Tedesco e…
 



Harry deglutì nervosamente quando la porta si aprì nuovamente, stringendo i pugni sulle lenzuola. Odiava quella situazione, il fatto di non poter vedere nulla. Lo faceva sentire debole, vulnerabile; come se il suo corpo non lo odiasse già abbastanza, adesso stava anche cercando di portargli via le poche cose che lo facevano star bene con sé stesso.
 
Ovviamente, era stato lui stesso a farsi questo. Strinse con rabbia i denti, accigliandosi. Proprio il giorno prima aveva pensato che avrebbe volentieri sacrificato i suoi occhi in cambio della sua vita. Adesso non ne era poi così sicuro.
 
Madama Chips era rimasta mortificata quando si erano recati entrambi in infermeria, e aveva sussurrato quasi piagnucolando “Merlino, che c’è ancora?”. Ovviamente, notò Harry con un mesto sorriso, tutti e due si erano presentati lì con un aspetto assolutamente indecente.
 
I capelli in disordine, le labbra rosse e gonfie, le guance arrossate… be’, almeno Harry era paonazzo… e aveva evitato ogni contatto visivo. Non si prospettava niente di buono.
 
Appena aveva saputo che la vista lo stava abbandonando, Madama Chips l’aveva spinto su un letto, seppur con gentilezza, e aveva iniziato ad analizzarlo, facendogli delle domande, pretendendo che le dicesse esattamente cosa era successo. Harry aveva tralasciato alcune informazioni molto importanti.
 
Malfoy invece no, per suo completo orrore.
 
Il bastardo aveva anche un tono compiaciuto mentre le raccontava di come aveva sorpreso Harry nella biblioteca. Che stronzo. Comunque, almeno non aveva detto niente sul fatto che era saltato addosso ad Harry. Non che fosse necessario, dati i suoi sorrisetti maliziosi, ma fortunatamente Madama Chips ne era o ignara, o immune. Harry sperava nella seconda.
 
Quello era il giorno prima.
 
Erano state escogitate pozioni, tirati incantesimi e un’agitata Madama Chips lo aveva controllato ogni venti minuti. Alla fine, l’aveva lasciato abbandonarsi ad un sogno precario, dal momento che non gli aveva permesso di assumere nessuna pozione Sonnosenzasogni. Avrebbe interferito con le altre pozioni, capite. E non potevano lasciare che ciò accadesse. Oh, no.
 
Così, Harry fu costretto a visitare di nuovo la tomba dei suoi genitori, un opprimente ricordo delle morti che aveva causato. Vide Fred ridere per un’ultima volta prima di essere scaraventato dall’altra parte della stanza, l’acuta e crudele risata che riecheggiava per tutta Hogwarts, la carne putrefatta degli Inferi che si protendevano per tirarlo sott’acqua, il fuoco che li aveva spaventati, che si era trasformato in quello nella Stanza delle Necessità, e lo rincorreva, bruciandolo, bruciandolo
 
C’era una ragione dietro al fatto che non gli piaceva dormire.
 
Quindi Harry si mise a sedere nel letto, in attesa, con gli occhi bendati. Non gli era permesso aprirli, per dare loro la possibilità di guarire; a quanto pareva la magia gli aveva lentamente logorato i nervi; le sue cellule erano a malapena vive e il suo nervo ottico era stato distrutto… Harry era andato in panico quando tutto era diventato buio, ma Madama Chips gli aveva assicurato che poteva aggiustare le cose, e l’avrebbe fatto.
 
Anche se non riusciva a guardarlo, era stata rassicurante.
 
Non lo irritava così tanto se non poteva vederla tremare e piagnucolare per lui. Sembrava quasi tornata alla normalità, rigida e imbronciata, ma con un buon cuore.
 
La sua opinione di lei era cambiata in meglio.
 
Purché riuscisse a curare i suoi occhi.
 
Non si considerava vanitoso; si era rasato la testa, per l’amor del cielo! Ma, gli sarebbe piaciuto tornare a vedere. Gli sarebbe piaciuto molto.
 
Dei passi riecheggiarono nell’infermeria, leggiadri passi che a sento producevano un suono. Madama Chips si era chiusa ancora una volta nel suo ufficio, e non c’era nessun altro nella stanza. Il rumore della porta che si chiudeva gli aveva fatto capire che non era più da solo, e la cosa lo terrorizzava. Madama Chips si era ricordata di chiudere le tendine come gli aveva chiesto? Aveva…
 
Hmm, vaniglia.
 
Harry si rilassò di nuovo sul cuscino, sospirando. “Mi chiedevo che fine avessi fatto.”
 
“Non è possibile che sapessi che ero io.”
 
“Eppure, lo sapevo.”
 
Il fruscio delle tende che si mossero lo fece sobbalzare leggermente, così come il rumore di una sedia che veniva trascinata. Tutto sembrava troppo rumoroso, troppo brusco. Dio, aveva bisogno dei suoi occhi.
 
Una mano gentile strinse la sua, il pollice di Malfoy iniziò ad accarezzare una delle sue dita. L’intera mano gli formicolava, mandando dei brividi lungo il suo braccio, fino allo stomaco. Malfoy aveva delle mani molto esperte. E anche se il solo pensiero lo mandava in confusione, così come le emozioni che urlavano nella sua testa, Harry si concesse il lusso di lasciarsi percorrere da quelle mani. Riuscivano decisamente a farlo rilassare.
 
“Qual è il verdetto?” Chiese infine Malfoy, con esitazione. Harry deglutì di nuovo, senza sapere cosa rispondere. Aveva bisogno di vedere il volto del biondo, di vedere cosa c’era nascosto sotto quell’insopportabile maschera, se era preoccupato, oppure se era vagamente curioso. Si trovava decisamente su un terreno accidentato, aveva un enorme svantaggio e il biondo l’avrebbe usato a suo favore.
 
“Madama Chips è convinta che riuscirà a risolvere il problema.” Si ritrovò a borbottare Harry, speranzoso. Non l’aveva detto direttamente, ma l’aveva fatto con altri piccoli segnali. Forse.
 
“Oh. Bene. Allora non dovrò farmi scrupoli su quello che sto per fare.” Disse lentamente Malfoy, spostandosi sulla sedia. Harry rimase ad ascoltare attentamente, non era sicuro di quello che avrebbe-
 
“Hey!” Esclamò indignato quando l’altro gli tirò uno scappellotto. “Colpisci un invalido, certo, perché no!?”
 
“Se proprio insisti.” Harry si spostò velocemente quando fu colpito ancora una volta, scivolando dall’altra parte del letto. Cercò velocemente di allontanare la sua mano da quella di Malfoy, ma il biondo aveva una presa ferrea; non l’avrebbe lasciata andare, non ne aveva alcuna intenzione. Il suo pollice non aveva smesso ancora di accarezzarlo.
 
“Questo era per il fatto che sei un insopportabile, stupido illuso di un babbano.” Disse Malfoy piuttosto tranquillamente, Harry era sicuro che gli stava rivolgendo un ghigno. Immaginò il biondo e vide i suoi occhi un acceso colore argenteo; oh sì, i suoi occhi in quel momento dovevano star brillando di una luce pericolosa. “Dimmi, se la magia è dannosa per te, perché, oh perché, ti soffermeresti anche solo a contemplare l’idea di utilizzarla per futili motivi? Perché sei un idiota, ecco perché.” Concluse, interrompendolo non appena cercò di dar voce ad un suo ragionamento. Malfoy non avrebbe accettato nessuna scusa.
 
“E ora dammi.”
 
All’inizio Harry aveva pensato che gli stesse chiedendo di rispondere ai colpi che gli aveva dato. Cavolo, quanto avrebbe voluto. Davvero tanto. Ma poi la logica ebbe la meglio, subito prima del terrore.
 
Cosa? No, non la toccherai. Sto bene così come s-”
 
“C’è una ragione se sei in questo letto d’ospedale, Potter. Dammela.”
 
Harry era indeciso; era come se gli stesse chiedendo di cedergli uno dei suoi arti. Non poteva farlo. Non aveva già perso abbastanza?
 
“Io… no, non me la restituirai mai-”
 
“Si spera di sì.” Disse flemmaticamente Malfoy, spostandosi ancora sulla sedia. Quella situazione lo faceva davvero irritare, il fatto che Malfoy potesse star facendo qualunque cosa a sua insaputa. Era possibile che stesse cambiando le etichette alle pozioni, rubando qualunque cosa ci fosse sul comodino, facendogli le smorfie mentre era seduto proprio accanto a lui. La mente di Harry cestinò il pensiero appena fu creato. “Guarda, vuoi darla alla McGranitt? A quel punto non avresti nemmeno una singola possibilità di riaverla indietro, e chiunque altro in questa patetica scuola finirebbe probabilmente per venderla. Sono sicuro che l’oggetto che ha sconfitto il Signore Oscuro possa essere venduto piuttosto bene. Io sono la scelta migliore.”
 
“Posso prendermene cura da solo, sono stato-”
 
“E guarda che bel lavoro che hai fatto fin ora.” Rispose asciutto; stava ghignando, Harry ne era praticamente convinto. “Potter, dammela.”
 
Harry digrignò i denti, cercando disperatamente di trovare una via d’uscita da quella situazione. Malfoy avrebbe potuto facilmente allungarsi e prenderla; Harry non poteva di certo fermarlo, dopotutto. Allora perché stava aspettando che fosse lui a consegnargliela? Provava qualche sorta di sadico piacere nel vedere Harry in preda all’agitazione?
 
“…Malfoy… è…” Non sapeva nemmeno se poteva fidarsi dell’altro fino in fondo; certo, negli ultimi tempi si era dimostrato abbastanza umano, ma poteva facilmente essere una facciata. Anche se ne dubitava.
 
“Harry, dammela.”
 
Oh, sì, certo, come se usare il suo nome di battesimo gli avrebbe fatto cambiare idea.
 
“…bene… però… ecco… abbine cura.” Harry iniziò a cercarla, stringendo la presa sulla sua bacchetta prima di tendere la mano verso Malfoy, colpendo accidentalmente il suo petto. Merda, era più vicino di quanto pensasse.
 
Trattenne il respiro quando lui la prese gentilmente, godendosi la sensazione della sua aura magica prima di separarsene. Ecco. Adesso era davvero disarmato in un castello pieno di studenti che lo odiavano.
 
“Bene.” Malfoy ebbe il coraggio di suonare sollevato. Bastardo. “Adesso so che non ti farai esplodere per sbaglio una mano o altre stupidaggini del genere.”
 
“Grato di sapere che-”
 
“Ho anche bisogno che tu mi assicuri che non ruberai un’altra bacchetta. Non c’è niente da ridere, Potter; sappiamo entrambi che hai un’ottusa determinazione.” Harry chiuse lentamente la bocca. Avrebbe alzato gli occhi al cielo se avesse potuto. “Quindi, ripeti dopo di me. ‘Prometto di non usare più la magia.’ Avanti.”
 
Harry si mosse a disagio sotto quello sguardo insistente; anche se non poteva vederlo, Merlino, poteva sentirlo. Gli occhi di Malfoy erano pugnali ghiacciati, pronti a mutilarlo se non lo assecondava. “Perché devo fare-”
 
“Prometto di non usare più la magia.” Ripeté Malfoy con un tono di voce freddo e tagliente. Harry aveva davvero bisogno di vedere la sua espressione.
 
“Prometto di non usare più la magia.” Ripeté Harry seccato, senza intendere una sola parola di quello che diceva. Se ne avesse avuto bisogno, avrebbe usato la magia. Non sarebbe morto per via di una stupida promessa.
 
“Non potevi sembrare più sincero.” Malfoy, però, suonava divertito, forse.
 
“Vivo per compiacervi tutti.” Stava ancora accarezzando gentilmente la sua mano, quel dannato pollice gli mandava dei brividi lungo tutto il braccio. Deglutì a vuoto, ignorando le farfalle nel suo stomaco. Malfoy stava solo giocando, oppure era davvero interessato? “Comunque, nel caso non fossi stato sincero-”
 
“Lo sei.”
 
“Posso facilmente rompere una promessa.”
 
“Non lo farai.”
 
“Lo farò.”
 
“Sei un Grifondoro, Potty. Sei più interessato all’onore e a tutta quella merda, che include anche mantenere la parola data. Anche se la romperesti, ti sentiresti in colpa per mesi e mesi finché non striscerai da me per scusarti. Quindi, penso di non avere preoccupazioni riguardo alla promessa; anche se la rompi, mi piace abbastanza l’idea di te che torni indietro strisciando per ricevere il mio affetto.”
 
Harry non sapeva se stava flirtando apertamente o se si stava facendo troppe illusioni su quella faccenda. Ignorò l’ultimo commento.
 
“E comunque perché ti importa se uso la magia?” Chiese Harry, allungandosi per cercare la sua bacchetta finta. Gli dava la sensazione di un semplice pezzo di legno; niente magia, niente formicolio. Niente di niente. “Non te ne saresti nemmeno accorto se non avessi continuato a stalkerarmi.”
 
“Potter,” Grandioso, la sua voce era di nuovo fredda. “Se ti trovo un’altra volta ad usare la magia, non sarò io quello bloccato sul pavimento mentre viene pestato a sangue, non importa che brutta giornata tu stia avendo. Intesi?”
 
Non era necessario che Harry rispondesse, quindi decise di rimanere in silenzio. Malfoy lo stava facendo diventare pazzo; era tutto un groviglio confuso di nodi, cominciando dal modo in cui gli stava accarezzando la mano, e finendo con il disperato bisogno di vedere i suoi occhi. Che diavolo gli prendeva? Prima di quell’anno era stato perfettamente felice di provare attrazione verso le ragazze, perché Malfoy stava rovinando tutto? Era stato perfettamente felice di fantasticare su Ginny, non sul biondo stronzetto Serpeverde.
 
Adesso riusciva a malapena a smettere di pensarlo. Merlino, sarebbe andato nell’Inferno dei Maghi. Avrebbe dovuto preoccuparsi della sua vista; invece, quella minaccia gli aveva procurato dei brividi di eccitazione. Aveva seriamente qualcosa che non andava.
 
“Certamente, mio signore.”
 
“Sarà meglio per te, plebeo.”
 
Le labbra di Harry si incurvarono per la prima volta dopo quelle che sembrarono ore, ma smisero immediatamente appena la porta fu aperta di nuovo. Qualcuno ansimava mentre si addentrava nella stanza e le sue scarpe stridevano rumorosamente contro le mattonelle.
 
Harry riusciva a sentire la sua tensione crescere man mano che quei passi si avvicinavano, e quando Malfoy allontanò la mano dalla sua. Fece più male del dovuto, il fatto che non voleva dare a vedere che si interessava a lui in pubblico. Chiunque fosse non avrebbe aperto le tende, vero?
 
Un fruscio lo avvertì che le tendine erano state aperte ancora una volta, ma non come il verso indignato di Malfoy, comunque. “Impara a bussare.” Il suo tono fece trasalire Harry; chiunque stesse incrociando il suo sguardo in quel momento doveva essere terrorizzato. Nessuno importunava un Malfoy e ne usciva impunito.
 
“Come ti pare, Mal… Harry, cos’è successo ai tuoi occhi?”
 
Poteva essere chiunque. Dio santo, ma perché era proprio Neville?
 
“Uhm…” Svelto, pensa. Pensa.
 
“Un incidente di pozioni.” Disse brevemente Malfoy, come se considerasse disgustoso il fatto di dovergli rispondere. Probabilmente era così.
 
“Va tutto bene. Si può rimediare.” Aggiunse Harry, deglutendo a vuoto. Con un po’ di fortuna non sarebbero riusciti a leggerlo così bene adesso che i suoi occhi erano nascosti. Se gli occhi erano la finestra dell’anima, adesso poteva mentire e nessuno l’avrebbe beccato, giusto?
 
“Davvero?” Non sembrava sorpreso, o rassicurato. Non sembrava nemmeno credergli; il ragazzo, che solitamente era allegro, adesso era freddo, diffidente. “Sono venuto soltanto per darti questa; è a arrivata circa un’ora e mezza fa; tutti gli altri volevano aprirla, ma li ho fermati. In realtà il gufo l’ha consegnata ad un ragazzino del secondo anno.”
 
Harry fece per raggiugere la lettera, e fu sorpreso quando Malfoy spinse la sua mano verso il basso.
 
“Non la consegnerò a te.” Disse freddamente Neville, a quanto pareva, era da qualche parte alla sua sinistra.
 
“Patetico.” Fu tutto quello che Malfoy disse. Era sul punto di iniziare un altro litigio. Harry riusciva ad immaginare la sua smorfia.
 
“Nev, va tutto bene. Davvero. Dagliela e basta.”
 
Ci fu un attimo di imbarazzante silenzio prima che Malfoy si lasciasse affondare di nuovo nella sua sedia, mettendosi comodo. Harry se ne stava impacciato a letto, e giocherellava con le dita. Aveva il forte sospetto che sopra la sua testa si stesse tenendo una tacita conversazione. Quegli idioti, c’era anche lui!
 
“Hai fatto arrabbiare di nuovo tutti.” Continuò Neville, come se Harry gliel’avesse chiesto. “Sanno che sei stato tu a far entrare i Serpeverde.” Non era una domanda, solo un sospiro carico di delusione. “E un paio di ragazze si sono fatte avanti dicendo che hai anche lasciato che lui entrasse nella torre per tutto la durata delle vacanze. Sono tutti furiosi, amico.” Be’ almeno c’era ancora un ‘amico’ alla fine della frase. La cosa lo fece sentire un po’ meglio con sé stesso. Leggermente.
 
“E il punto?” Chiese con lentezza Malfoy, senza nemmeno curarsi di negare. In ogni caso, tecnicamente anche lui non aveva fatto niente. Era un testimone, ma non era colpevole di nulla tranne che di aver assistito. Questo tirava Harry su di morale, molto più di quanto lo facesse la parola ‘amico’.
 
Il punto,” Borbottò Neville, sospirando di nuovo. Harry riusciva ad immaginarlo mentre si passava una mano fra i capelli impacciatamente, in preda alla paura di dare una brutta notizia. “è che non ti vogliono più nella Torre Grifondoro. Loro… non li ho mai visti così arrabbiati. È incredibile. Stanno facendo una scelta azzardata. Sono troppo presi dalla foga del momento. Ron e Hermione, penso che siano solo feriti. Ma gli altri… è come se fossero persone totalmente diverse. Si rifiutano di cambiare idea.”
 
E…?” Harry deglutì, non voleva sapere la risposta. Il tanto temuto ‘ma’ stava praticamente aleggiando su ogni fibra di quella frase.
 
“E… be’, hanno spostato la tua roba nel corridoio, accanto alla Signora Grassa.” Borbottò Neville, tutto d’un fiato. “Ho cercato di fermarli, ci ho provato, ma sono così arrabbiati con te, non so cos’altro fa-”
 
“Loro hanno fatto cosa?!” Ringhiò Malfoy, il suo Serpeverde interiore era di nuovo a piede libero. “Quegli sporchi fottutissimi-!”
 
“Oi, sono ancora i miei compagni di casa-”
 
“La tua casa non è altro che un ammasso di vermi-”
 
Harry non sarebbe stato lì ad ascoltare i loro battibecchi. Il suo mantello dell’invisibilità era nel baule. Il suo album di foto con i suoi genitori. La lettera del San Mungo con su scritto che aveva un’incurabile…
 
“Malfoy,” Li interruppe Harry, voltandosi dalla parte in cui era seduto il biondo. “Sta’ zitto per un momento. Ho bisogno che tu recuperi la mia roba. Per favore.” Nessuna risposta era in procinto di arrivare. Ci fu un movimento al suo fianco, ma nulla di più. La viscida sensazioni di essere folgorato con lo sguardo ritornò, procurandogli un formicolio sulla pelle.
 
“Malfoy, andiamo, non intendevo-”
 
La porta venne sbattuta ancora una volta, e riecheggiò sulle pareti della stanza vuota. Harry sobbalzò, quel suono lo fece stare peggio di quanto sarebbe stato se gli avesse urlato contro. Perché Malfoy prendeva tutto così sul personale? Non intendeva interferire con qualunque litigio lui e Neville stessero avendo, ma i suoi pochi effetti personali erano importanti per lui. Malfoy era l’unico di cui si fidava per recuperarli; cazzo, gli aveva appena dato la sua bacchetta! Di quante rassicurazioni aveva ancora bisogno?
 
“Ignoralo, Harry-”
 
“Sta’ zitto, Neville.” Ringhiò Harry, e percepì l’irritazione invaderlo non appena sentì l’amico sedersi proprio dov’era stato Malfoy qualche momento prima. Quello era il posto di Malfoy.
 
“…Harry, cos’è successo ai tuoi occhi?”
 
Per l’amor di…!
 
“Ti ho già detto cos’è successo.”
 
“No, è stato Malfoy a farlo.”
 
“Allora dovresti credergli.” Ribatté Harry, incrociando goffamente le braccia. Era peggio che stare seduto con Malfoy. Non si era reso conto di quanto riusciva a leggere le emozioni del biondo, ma sedere accanto a Neville era come trovarsi in una stanza silenziosa, cercava di indovinare un’emozione ma falliva ad ogni tentativo. Non si sentiva così nervoso da parecchio tempo. Forse non avrebbe dovuto mandare via Malfoy?
 
“Non mi fido di lui.” Be’, quella sì che era una gran bella novità. Harry si accigliò, riflettendo. Fino a quel momento gli era sembrato che Neville non avesse nulla contro di lui, aveva perfino preso in giro Harry per i suoi sconosciuti sentimenti di attrazione per il biondo. E proprio adesso che Harry aveva realizzato di avere un’enorme cotta, Neville aveva cambiato idea, disapprovando. Quando era successo?
 
“Perché no? Ti andava bene prima.”
 
“No, mi andava bene che a te andasse bene.” Lo corresse Neville, sospirando di nuovo. “Adesso… non ne sono più così sicuro. Non va bene per te, Harry. Lui è… be’, lui è Malfoy.”
 
“Cosa diavolo dovrebbe significare?”
 
“Significa che ti sta cambiando.” In meglio. “No, fermati solo a riflettere su quello che è successo l’altro giorno; la Torre Grifondoro è stata vandalizzata.”
 
“Non è stata vandalizzata.”
 
“E tutto perché tu li hai lasciati entrare.”
 
“Anche tu l’hai lasciato entrare in passato.”
 
Una sola volta. Perché ho pensato che avessi bisogno di lui. Adesso non ne sono più così sicuro.”
 
Harry ringhiò fra sé e sé, scuotendo la testa. Era pignolo. Su tutto.
 
“Per favore Harry, qualunque cosa tu stia facendo con lui, smettila. Per favore. Se ti sei cacciato in qualche guaio, ti aiuterò a venirne fuori. Lo prometto, ti aiuterò, di qualunque cosa si tratti. Se ti stanno costringendo a fare cose che non vuoi-”
 
“Non sono un piccolo ragazzino innocente e ignaro di tutto, Neville! Dio santo, lo fai sembrare come se mi stessero manovrando come un burattino!” Sbottò Harry, spostandosi leggermente dall’altra parte del letto. Lo faceva sentire un vecchio decrepito; riusciva ancora ragionare e a prendere da solo le sue decisioni! Non si era ancora rammollito!  “Posso cavarmela benissimo da solo!”
 
“Ogni volta che ti vedo sei ferito, oppure stai male, e succede sempre quando sei con lui!”
 
Merda.
 
Stava mettendo insieme i pezzi.
 
Harry deglutì a vuoto, temendo ciò che stava per fare. Sapeva cosa che era la cosa giusta, e si sarebbe odiato per questo. Non voleva ferire il suo amico.
 
“Lui mi sta aiutando, idiota.”
 
“Per cosa hai bisogno d’aiuto? Andiamo, Harry, puoi fidarti di me. Sono ancora tuo amico, posso aiutar-”
 
“Nev, apprezzo questo tuo attacco, davvero, ma non posso proprio gestirlo in questo momento.” Riuscì a ringhiare e, con sua sorpresa, il suo amico glielo concesse.
 
“Va bene. La smetto” Borbottò Neville, lasciandosi affondare un po’ di più nella sedia. “Ma non significa che la cosa mi stia bene.”
 
Harry tirò un sospiro di sollievo, riposizionando la sua testa sul cuscino. Grazie a Merlino. Perché non aveva davvero bisogno di litigare con lo svantaggio di essere cieco; avrebbe senza dubbio perso.
 
Doveva tenersi a distanza da Neville.
 
Doveva allontanarsi per evitare di ferirlo.
 
Ma, dannazione, non voleva farlo!
 
“Allora, ti sei divertito la scorsa notte?” Chiese Neville, ancora troppo arrabbiato per interessarsi genuinamente a lui. “Il pavimento della Sala Grande era ricoperto di bottiglie di Whiskey Incendiario.”
 
“Non è consigliabile giocare con i Serpeverde.” Sussurrò Harry, ripensando a tutto quello che era successo da quel momento in poi. “Giocano sporco.” Fargli tornare la voglia di vivere; che razza di idioti. Era stato perfettamente contento anche prima. “Ad ogni modo, se ho giocato, e con questo non sto assolutamente ammettendo di essere colpevole, ero completamente ubriaco e sragionavo, quindi non posso essere considerato responsabile per nessuna delle mie azioni.”
 
Accanto a lui Neville ridacchiò, probabilmente stava scuotendo la testa. Suonava come se non volesse ridere. “Merlino, Harry, stai passando fin troppo tempo con i Serpeverde.”
 
La cosa lo rese leggermente allegro.
 
Strano.
 
“Sono un mucchio di teneroni una volta che riesci ad andare oltre le loro apparenze inspiegabilmente assassine.”
 
Neville sbuffò divertito. “Loro… ecco, con loro è lo stesso che stare con noi?”
 
Harry esitò, accigliandosi. Lo era? Con Ron e Hermione era stato tutto così facile, così confortevole. Poteva dire quel che voleva, e loro l’avrebbero accettato oppure l’avrebbero compreso. C’erano momenti in cui non avevano bisogno di dire niente, solo di stare lì e accettarsi l’un l’altro. Era stato tutto così semplice.
 
I Serpeverde, al contrario, erano complicati quanto camminare su una fune, senza esperienza e con loro che tagliavano lentamente la fune. Non avevano nulla di semplice; ti criticavano severamente, facevano subito chiare le loro opinioni, ed erano programmati per ferirti.
 

 
Ma si prendevano cura l’uno dell’altro.
 
Harry aveva avuto modo di constatarlo più e più volte; quando Il Profeta se n’era uscito con quella montagna di frottole sulla relazione di Malfoy, quando avevano difeso Parkinson dall’attacco di Hermione… nessuno di loro aveva lasciato anche solo intuire che il gruppo di Malfoy era colpevole di aver vandalizzato la Torre Grifondoro. In tutta la casa, non c’era una singola persona tra di loro che avrebbe tradito gli altri.
 
Zabini era divertente, non poteva negarlo. Anche Parkinson, per qualche strana ragione, aveva difeso Harry da Goyle. Nott non l’aveva mai attaccato, e nemmeno considerato più di tanto.
 
E Malfoy…
 
“Sono solo dei ragazzi normali, Neville.” Disse infine Harry in risposta, ignorando lo sbuffo divertito del suo amico. “Certo, sono un po’ diversi, ma si comportano esattamente come facciamo noi.”
 
“In qualche modo, ne dubito.” Rispose obiettivamente. Un altro imbarazzante silenzio discese sui due, che non sapevano cosa dire. Era snervante, non riuscire a vedere con chi stava parlando. Sapeva che era Neville, ma allo stesso tempo aveva una viscida sensazione di incertezza nello stomaco. Era felice? Agitato? Faceva finta di sorridere? Era annoiato? Stava cercando di trovare una via d’uscita da quella stanza? Harry non sapeva come comportarsi, e la cosa era disturbante. Si supponeva che l’altro fosse un suo amico. Avrebbe dovuto essere in grado di dire tutto quello che voleva.
 
“Allora, cosa stai leggendo qui?”
 
Harry si accigliò, muovendosi a disagio. Non sapeva che c’erano dei libri sul comodino. Non erano suoi.
 
“Devono essere di Malfoy.” Scrollò le spalle, senza preoccuparsene. E se il biondo avesse pensato che ci sarebbero state conversazioni noiose, e quindi di avere bisogno di materiale per tenersi occupato? Non gli importava. Ok, solo un pochino.
 
“Addentriamoci nella vita di Draco Malfoy,” Sbuffò divertito Neville; sentì il suono dei libri che venivano presi al suo fianco e le loro copertine rigide che urtavano una contro l’altra. “Guida alle Pozioni per Principianti.” Ah, allora non è così bravo come dicono?” A Harry venne da ridere. Più tardi avrebbe preso in giro il biondo. “Impara a Parlare il Tedesco… perché diavolo dovrebbe avere un libro del genere?”
 
Il cuore di Harry si fermò.
 
Quelli erano i suoi libri.
 
Malfoy doveva averli visti, e aver deciso di portarli con sé in infermeria quando aveva accompagnato Harry il giorno prima. Questo significava che il prossimo libro avrebbe avuto il titolo di ‘ Guida alle Più Rare Malattie Magiche. ’
 
Il suo amico avrebbe realizzato perché Malfoy aveva un libro del genere fra gli altri. Sarebbe diventato curioso. Avrebbe fatto domande.
 
Neville non doveva saperlo.
 
“E dulcis in fundo…”
 
Harry lanciò in avanti un braccio alla cieca, riuscendo a raggiungere Neville e a fargli cadere i libri dalle mani. Con l’altro si fece leva per scivolare giù dal letto, liberando un piede che era avvolto dalle coperte.
 
“Smettila!” Urlò, poi strinse con una mano la camicia di Neville e iniziò a strattonarlo. Non poteva saperlo. A nessuno era permesso di saperlo!
 
“Ma che diavolo-?” Neville barcollò all’indietro, inciampò sulla poltrona ed entrambi finirono violentemente al suolo. Harry sussultò quando il suo mento urtò il pavimento, facendogli mordere il labbro, e rabbrividì appena il sangue iniziò a riempirgli velocemente la bocca. La sua cazzo di bacchetta sarebbe stata davvero utile in quel momento!
 
Harry recluse il dolore in un angolo recondito della sua mente, le sue mani tastavano disperatamente il pavimento in cerca dei libri. Non poteva permettere che Neville lo vedesse, non poteva.
 
Le sue mani sfiorarono la copertina di un libro, si affrettò a raccoglierlo e poi lo strinse a sé cercando di coprire il titolo con una mano. Dannazione, dov’erano gli altri?
 
Neville era più intelligente di quanto sembrava. Harry riusciva ad immaginarlo mentre univa i pezzi del puzzle, collegando il comportamento agitato di Harry all’ultimo libro che aveva preso. E, essendo un Grifondoro, non si sarebbe limitato ad ignoralo.
 
Harry trovò un altro libro, lo raccolse e pregò a tutti gli dei sconosciuti che uno di quei due fosse quello di cui aveva bisogno.
 
Accio.”
 
“NO!” Harry si tuffò in avanti al suono della voce di Neville, e gemette quando un libro gli colpì la nuca. Con i riflessi da cercatore che pensava di aver dimenticato, protrasse le mani per afferrarli, e fece cadere gli altri due per avere una presa minore sul terzo. Era più spesso degli altri, e non gli era molto familiare. Era lui.
 
Ma, il libro faceva tutto per congiungersi a Neville per via dell’incantesimo. Harry lo mise in fretta e furia dietro la schiena, nascondendo disperatamente la copertina. Agitava l’altra mano nell’aria tentando di trovare qualcosa per ancorarsi meglio, dato che la pressione del libro lo stava trascinando in avanti sul pavimento. Le braccia gli tremavano già per lo sforzo.
 
“Cos’è che non vuoi farmi vedere?” Urlò Neville con indignazione, i suoi passi pesanti si avvicinavano a lui molto velocemente. “Possibile che sia così grave? In che situazione ti ha cacciato?”
 
“Va’ al diavolo!”
 
“Ma non capisci che sto cercando di aiutarti?!”
 
“Per favore, smettila!” Ribatté Harry, senza successo. La sua mano si aggrappò finalmente a una gamba del letto. La afferrò saldamente, allontanandosi dal suo amico. Non poteva vedere, non poteva sapere.
 
“Sapere cosa?!”
 
Merda, non aveva intenzione di dirlo ad alta voce. Harry rabbrividì ancora una volta, il panico stava prendendo possesso della sua mente. Lo sforzo di frenare il libro e mantenersi aggrappato al letto era fin troppo; sentiva che la presa si stava allentando. Era certo che di essersi tagliato la mano con il libro, dato il modo in cui gli bruciava.
 
La sua testa gli stava urlando di fuggire, di proteggersi una volta per tutte! Non voleva che tutti gli altri lo venissero a sapere; se lo venivano a sapere, tutti i suoi sforzi sarebbero stati vani!
 
La mano di Neville afferrò il suo braccio, facendolo sobbalzare per la paura. Non sapeva che si era avvicinato così tanto. Cercò di liberarsi, e la sua mano tremava per lo sforzo di trattenere il libro dietro la schiena. Riusciva a sentire le gocce di sudore scorrergli lungo il collo. Il suo cuore stava palpitando crudelmente nel petto, provocandogli dolore. Le sue bende erano bagnate; inzuppate dal suo stesso sudore. No!
 
Il suo braccio iniziò lentamente a cedere.
 
Dio, quel lamento era uscito dalla sua bocca?
 
Cosa cazzo credi di fare?!”
 
Un rumore violento dall’altra pare della stanza fece tremare Harry in preda al terrore, e per poco non si lasciò sfuggire il libro. Suonò quasi come un’esplosione, e, con il senno di poi, era un’accurata descrizione.
 
“Allontanati immediatamente da lui!” Neville mollò subito la presa sul braccio di Harry, un tonfo pesante segnalò che era stato scaraventato lontano dal moro.
 
Harry urlò quando il volume cercò di seguire l’altro ragazzo, spingendo selvaggiamente il suo braccio nella direzione opposta. Sembrava che si fosse lussato! Non riusciva nemmeno a racimolare le energie per essere sollevato del ritorno di Malfoy.
 
“Ascolta, stavo solo-!”
 
“Fuori di qui!”
 
“Malfoy, sii ragionevole-!”
 
“Ragionevole? Razza di piccolo, insignificante figlio di puttana, guardalo!”
 
Harry strinse i denti quando il silenzio discese sulla stanza, creando un’atmosfera stranamente soffocante. Non credeva di avere un aspetto così tragico, tutto considerato. Forse avrebbe potuto controllare meglio il suo respiro, oppure fermare il tremore che scuoteva i suoi arti.
 
“Oh, merda. Mi dispiace, non mi sono reso conto-”
 
“Fuori di qui!”
 
Cazzo, Harry, mi dispiace, non intendevo-”
 
“Esci fuori di qui!” Harry rabbrividì ancora per lo sforzo di tenere stretti il libro e il letto; le sue mani erano intorpidite, non riusciva più a sentirle. Non avrebbe resistito ancora per molto, e a quel punto Neville avrebbe visto, e avrebbe saputo
 
Harry si rese improvvisamente conto del fatto che Malfoy stava urlando maledizioni e fatture solo quando la porta sbatté violentemente, immobilizzando la stanza ad eccezione dei respiri molto, molto affannati, e i sussulti.
 
Una volta che la porta venne chiusa, Harry mollò la presa.
 
Prima quella sul letto, e il gesto lo fece scivolare crudelmente sul pavimento prima che la mano sinistra lasciasse la presa sul libro, facendolo sbattere con la testa a terra. Lo slancio del libro l’aveva fatto rotolare per un po’, finché non riuscì a fermarsi e riprendere fiato. Merlino, aveva le mani e le braccia a pezzi.
 
Sentì il fragoroso schianto della copertina rigida contro la porta, e non riuscì a trattenere il piccolo singhiozzo che gli scappò.
 
Ci era andato vicino.
 
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Neville cadde pesantemente al suolo una volta fuori dall’infermeria. Gli tremavano le mani.
 
Ma che gli era preso?
 
Harry aveva gli occhi bendati! Non poteva vedere nulla, eppure Neville si era azzuffato con lui sul pavimento. Era un modo così Serpeverde di combattere. Merlino, che razza di Grifondoro che era!
 
Non aveva intenzione di essere così spietato. Voleva solo… voleva solo scoprire quello Harry stava nascondendo! Il suo amico era nei guai, e lo sapevano entrambi. Doveva essere qualcosa che aveva a che fare con Malfoy, e se quel dannato libro era la dannatissima chiave per scoprire cos'era, a Neville andava bene. Almeno era quello che aveva pensato. Adesso, aveva qualche dubbio in proposito.
 

 
Voleva soltanto aiutarlo; Harry aveva salvato tutti quanti il giorno che aveva ucciso Voldemort, e adesso nessuno più era in pericolo. Si meritava così tanto, e non di essere preso in giro, ridicolizzato e importunato ogni singolo giorno... ed ecco lì Neville, che sfrutta un infortunio per avere la meglio su di lui.
 
Harry non gli avrebbe rivolto mai più la parola.
 
Anche dopo che avevano iniziato a litigare, Harry non aveva usato la magia. Avrebbe potuto vincere facilmente, ma con ogni probabilità non voleva rischiare di ferire il suo amico, o di far degenerare la lite. Harry sarebbe sempre stato un uomo migliore di Neville.
 
Che importava se aveva fatto entrare i Serpeverde nella Torre? Che importava se avevano ridecorato tutto; il danno era stato facile da riparare; avrebbero potuto lanciare un incantesimo incollante permanente su tutta la stanza, ma non l'avevano fatto. E invece Neville era lì a rovinare un'amicizia perfetta a causa di quella stupidaggine.
 
Dannazione, Harry non aveva una così brutta cera da quando aveva attaccato il Platano Picchiatore; ora sembrava disperato. Non aveva avuto quell'aspetto neanche durante la battaglia finale. Quando aveva affrontato Voldemort era sembrato addirittura più rilassato. Era orribile realizzare che un tuo amico avrebbe affrontato tranquillamente il nemico più temuto del mondo, piuttosto che accettare il tuo aiuto.
 
Serrò la mascella con rabbia ripensando al Serpeverde.
 
Malfoy era stato spietato con i suoi incantesimi; le sue mani erano state ustionate da chi sa quale ignota maledizione, gli si erano già formate delle vesciche fra le dita. La lingua si era gonfiata, ed era incollata al palato in quel preciso istante, come se il biondo non avesse voluto ascoltare nessuna delle sue flebili scuse. E le braccia sembravano essere state lacerate dagli artigli di qualche enorme felino; il suo mantello era già impregnato di sangue.
 
Aveva trascinato Harry in qualche casino, e Neville l'avrebbe aiutato ad uscirne, fosse l'ultima cosa che faceva. Non credeva al fatto che fossero una coppia, o che fossero fidanzati, e nemmeno che uscissero insieme. Doveva essere una copertura. Non mostravano nessun segno d'affetto quando erano in pubblico, e a malapena avevano delle conversazioni razionali o civili fra loro. Non strusciavano nemmeno le spalle mentre percorrevano i corridoi; le coppie lo facevano sempre. E per giunta, Harry non sembrava avere quel genere di orientamento. Era stato infatuato di Ginny per anni, giusto?
 
Ma cosa ci poteva essere di tanto orribile da far sì che Harry preferisse quei pettegolezzi, piuttosto che la verità?
 
.
 
.
 
.
 
“Non affatturerai Neville.”
 
“E io ti ho detto di non parlare finché non avrò finito di pulirti il labbro. Se pronunci un'altra sillaba userò Gratta e Netta. È questo che vuoi?”
 
Ad essere onesto, Harry non sapeva perché non l'avesse già fatto. Anche Madama Chips avrebbe lanciato l'incantesimo, e la faccenda sarebbe finita lì. Perché Malfoy aveva insistito per lavarlo con un panno caldo? Si era morso un labbro, non amputato un arto.
 
E comunque le labbra gli formicolavano per il bisogno di parlare. Non poteva fare sempre tutto quello che voleva Malfoy; non aveva certo perso la testa per lui. Non avrebbe seguito volontariamente tutti gli ordini del biondo.
 
“No.” Rispose tranquillamente Harry, immaginando Malfoy che assottigliava lo sguardo. Doveva aver capito che era una sfida, e stava sicuramente pensando a cosa rispondere.
 
 
“Allora smettila di parlare.”
 
“Okay.”
 
Harry non riuscì a trattenere un sorriso quando il biondo tirò un sospiro irritato. Riusciva a sentire il suo sguardo glaciale mentre lo fissava, giudicandolo, cercando di capire se lo faceva di proposito oppure no. Sembrava che Malfoy non capisse i pensieri di Harry senza guardare i suoi occhi; aveva finalmente trovato un modo efficace per mentirgli.
 
“Bene.”
 
“Decisamente.”
 

 
“Hai finito?”
 
“Quasi.”
 
“Se parli un'altra volta, non toccherò mai più quelle labbra.” Il respiro di Malfoy sfiorò delicatamente la bocca dolorante di Harry, era un'allettante vicinanza. L'altro ridacchiò quando ad Harry mancò il respiro, lasciando passare un po' troppo tempo prima di allontanarsi e continuare a tamponargli il labbro.
 
Harry riuscì a sentire il suo volto andare a fuoco, era pericolosamente cocente. Le sue mani stavano tremando leggermente, per l'orrore o per il desiderio. Sperava disperatamente nella prima opzione, ma il suo stomaco in subbuglio era di un altro avviso.
 
Perché gli sarebbe dovuto importare se Malfoy non l'avesse più baciato? Non avrebbe, invece, risolto parte dei suoi problemi? Tzé, era meglio che Malfoy stesse alla larga; Harry era immune.
 

 
Ma non disse più nulla.
 
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Capitolo 21
*** Oltre i Sotterranei ***


Avviso!
Buonasera ragazzi! Sappiamo che il capitolo precedente è stato un trauma per molti, ma è probabile che questo aggiusterà un po' le cose.
Prima di augurarvi buona lettura, vorremmo avvisarvi di restare sintonizzati in questo periodo, perché pubblicheremo un capitolo extra in vista delle feste! Non vi sappiamo dire esattamente quando. 

Se non ci risentiremo entro il 25, vi auguriamo un buonissimissimisiseidnoe Natale! State al caldo e buttate le bilance... voglio dire... distruggetele!!

Buona letturaaaa!


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Capitolo 21 – Oltre i Sotterranei



 
Harry trasalì non appena l’incantesimo giunse al termine, e portò una mano alla bocca ormai guarita. Sembrava a posto, era tornata al suo antico splendore. Non sapeva cosa aspettarsi dalle abilità di guaritore di Malfoy, ma non gli era cresciuto il becco, quindi doveva supporre con riluttanza che avesse fatto un buon lavoro. Era un peccato, davvero; era stato molto eccitato alla prospettiva di prendere in giro il biondo.
 
“Devo ammettere che mi sono superato anche stavolta.” Disse Malfoy lentamente, girando con una mano delicata la testa di Harry prima a destra e poi a sinistra ed esaminando il risultato del suo lavoro. Stupido esibizionista. Harry finse che il suo volto non fosse diventato cocente al suo tocco. “Neanche l’ombra di una cicatrice. Quel culone lì fuori-”
 
“Lascialo in pace, non è stata-”
 
“Non ti ho mai dato il permesso di parlare.”
 
“Colpa sua.”
 
Harry si mosse a disagio quando Malfoy sbuffò; con ogni probabilità se ne stava lì con le braccia conserte e le sopracciglia alzate, arrogante come al solito. Aveva sicuramente spostato il peso su una sola gamba; era un modo particolare di stare in piedi che aveva perfezionato nel tempo.
 
“Se ti azzardi anche solo a pensare le parole ‘perdono’ e ‘Rospo delle Meraviglie’ nella stessa frase…”
 
“Non mi stava aggredendo; stavamo solo lottando per-”
 
“Non puoi vedere. Il fatto che stava chiaramente usando la cosa a suo vantaggio-”
 
“Mi sono morso il labbro quando sono caduto, non è stata-”
 
“Eri a terra, il sangue ti colava sul mento e stavi urlando-”
 
“Non stavo urlando.”
 
“E invece sì.”
 
Se Harry avesse potuto guardare Malfoy, gli avrebbe lanciato la più feroce delle sue occhiate. Di quelle che facevano sì che i fiori appassissero e rinunciassero alla vita. Neville non era cattivo; era il più grande tenerone che Harry avesse mai conosciuto. Entrambi si erano fatti prendere dalle emozioni, e Harry era andato in panico. La colpa era di entrambi, nessuno era più colpevole dell’altro.
 
“Ho esagerato.”
 
“Ne dubito fortemente.”
 
Harry deglutì quando il materasso affondò leggermente, Malfoy era seduto così vicino che le loro ginocchia si toccavano. Eppure c’era una sedia perfettamente comoda e stabile accanto al letto.
 
Riusciva a sentire la porta cigolare sotto la pressione del libro che tentava ancora di raggiungere Neville, e poteva solo sperare che Malfoy non l’avesse ancora notato. Strano a dirsi, ma se Malfoy avesse saputo che Harry stava cercando di documentarsi e capire la sua malattia, quell’insopportabile biondino avrebbe sviluppato la ridicola speranza che Harry potesse magicamente guarirsi da solo. Lui era il Ragazzo Sopravvissuto, dopotutto. Comunque Harry non voleva che iniziasse a sperare; Malfoy era stato piuttosto premuroso negli ultimi tempi, anche se sapeva che non poteva esserci nulla fra di loro. Non voleva che l’altro iniziasse a volere di più, sia dalla sua vita che dal loro rapporto; avrebbe causato solo delusioni. E dolore. E Harry sicuramente non voleva che gli altri soffrissero ancora.
 
“Potty, so che razza di pensieri morbosi ti frullano per la testa in questo momento; smettila.”
 
“In verità, no,” Harry provò a sembrare felice, ci provò davvero. “Stavo solo riflettendo. Cioè, ti ho consegnato la bacchetta meno di dieci minuti fa e guarda cos’è successo.”
 
“In circostanze normali, non mi sarei dovuto preoccupare. Ma errare è umano. Avevo dimenticato che era con te che avevo a che fare.”
 
“Cosa vorresti dire?”
 
“Significa che hai una malsana tendenza a cacciarti nei guai nei momenti meno opportuni.” Malfoy ebbe il coraggio di suonare esasperato, come se gli importasse davvero. A volte sembrava quasi umano. E se aveva quel sorriso? Quel sincero sorriso gentile che a volte sfoggiava? La sua vista avrebbe fatto meglio a tornare, perché aveva davvero voglia di vedere quel sorriso ancora una volta. “La nostra amicizia ne è un esempio lampante.” Aggiunse poi, quasi scherzosamente.
 
Harry sbuffò divertito, alzando mentalmente gli occhi al cielo. Malfoy aveva sicuramente quel sorriso. “Non sei pericoloso neanche la metà di quanto credi.”
 
“Ah, davvero?” Chiese Malfoy pigramente, portando una mano alla fronte di Harry per dargli un colpetto non troppo gentile. “Devo davvero iniziare a farti cambiare opinione su di me; non posso lasciare che tu vada in giro a dire che sono affettuoso, perderò tutto il mio fascino.”
 
“Odio essere io a dovertelo dire, Malfoy,” Sorrise Harry, ripensando alle vacanze. “Ma hai un vero talento per le coccole, anche se lo nascondi.”
 
Il suo sorriso svanì, comunque, quando la risposta del biondo non arrivò e il silenzio calò sull’infermeria. Forse non avrebbe dovuto menzionare le volte in cui avevano dormito insieme? Il loro rapporto era diventato meno imbarazzate con il tempo, e poi Malfoy ne aveva parlato la notte in cui avevano giocato. Perché le regole valevano soltanto per lui? Il rumore del libro che sbatteva sulla porta lo costrinse a continuare il discorso; altrimenti, avrebbe sguazzato nell’umiliazione per tutto il resto della giornata.
 
“Uhm, lascia perdere, era solo una battuta…” Borbottò infine, sentendo la faccia riscaldarsi di nuovo. Dio, se avesse lanciato un’imbarazzante occhiata al panorama fuori dalla finestra, la giornata sarebbe stata completa. Si era messo in ridicolo di fronte a Neville, e in ridicolo di fronte a Malfoy… Ci mancava solo che Madama Chips entrasse nella stanza e lo imboccasse per colazione!
 
“No, non lo era.” Rispose piano Malfoy. Cosa diavolo avrebbe dovuto significare? Harry non sapeva se sotto quell’insopportabile maschera si celasse felicità o irritazione. Come avrebbe dovuto rispondere?
 
Si ritrovò ad indietreggiare sul letto, indeciso su dove mettere le mani. Doveva trovare in fretta una risposta, o sarebbe stato troppo tardi, e l’imbarazzo sarebbe diventato pesante e fetido…
 
“Uhm, che mi dici di quella lettera che ha portato Neville-”
 
“Questo ovvio tentativo di cambiare discorso non è assolutamente piacevole. Anzi, è piuttosto irritante.” Ma cosa voleva da lui?
 
“Non c’è davvero più nulla da dir-”
 
“Io penso di sì.” Non stavano davvero iniziando quella conversazione.
 
“Malfoy, per favore, non rendere le cose più difficili di quanto non lo siano già.” Sussurrò Harry, desiderando con tutte le forze di vedere l’altro ragazzo. Riusciva a sentire lo sguardo fisso sul suo volto che lo riscaldava fastidiosamente. Le loro ginocchia erano ancora in contatto.
 
Harry si allontanò leggermente, spostandosi più in là nel letto e distanziandosi da Malfoy. Se non lo faceva, il bisogno di toccare l’altro avrebbe avuto la meglio, e non era il momento adatto per cacciarsi in quella situazione. “Oggi ho quasi perso un amico; non ho tutta questa voglia di perderne un altro. Anche se è orribile a dirsi, tu sei l’ultimo che mi è rimasto. Quindi non iniziare un litigio, una discussione o qualunque altra cosa.”
 
La stanza sprofondò nel silenzio per circa tre secondi.
 
“Pensavo che intendessi ‘perdonare’ quel bruto.” Dannazione, perché Malfoy non poteva essere un po’ meno attento?
 
“Infatti è così.” Sospirò Harry, attendendo che l’attacco arrivasse. Riusciva a percepire che stava per accadere, che la confusione o la curiosità di Malfoy stavano avendo la meglio su di lui.
 
“Allora non capisco.” Il tacito ‘spiegami’ aleggiava pesantemente nell’aria.
 
“È solo che… Dio, non so nemmeno perché te ne sto parlando.” O perché volesse parlargliene. “Neville stava iniziando a capire, e io non posso permetterglielo. È un mio amico, e mi mancherà passare del tempo con lui, ma non può venirlo a sapere. Ha troppi sospetti, ed è molto più intelligente di quanto crediate.” Aspettò che la prevedibile risata derisoria arrivasse, ma deglutì a vuoto quando Malfoy non la fece. Strano. “Non… non posso lasciare che succeda… ecco, io… ugh, lascia perdere.”
 
Questo sì che era umiliante, mettere in bella mostra le sue emozioni di fronte a Malfoy. Merlino, l’aveva baciato due volte; non avevano certo una relazione, o un legame. Non che lui lo volesse-
 
“Dannazione! Finite Incantatem! Harry deglutì quando il libro smise di provare a fuggire, desiderava che Malfoy rimanesse lì piuttosto che andare a controllare dall’altra parte della stanza. Ma se aveva spezzato l’incantesimo, doveva per forza sapere che era stato quello il motivo del litigio-
 
“…Non devi fare sempre l’eroe della situazione, Potter.” Disse piano Malfoy, interrompendo il suo enorme flusso di pensieri. “Sii egoista per una volta.”
 
Harry deglutì, voltandosi nella direzione in cui pensava che Malfoy si trovasse. Emise a malapena un sussurro. “Io sono egoista. Altrimenti, avrei già tagliato fuori anche te.” Malfoy avrebbe sofferto, lo sapevano entrambi, ma nonostante questo Harry non l’aveva allontanato. Che razza di amico che era. “Sai, l’altro giorno ho pensato che avrei dato volentieri i miei occhi in cambio della… be’, e guarda cos’è successo. Adesso tutto quello che riesco a pensare è che farei di tutto per riavere la vista. Sono egoista, Malfoy, non sono mai appagato, mai felice; Ho già ferito-”
 
“A volte sei davvero un idiota.” Lo interruppe Malfoy, spostandosi sul letto. Harry si accigliò, aprendo la bocca per ribattere, ma dei passi riecheggiarono nell’infermeria. Accidenti a Madama Chips e alle sue entrate strategiche.
 
“Okay, ho trovato un’altra pozione che potrebbe aiutarla. Signor Malfoy, per favore, sgombri il letto. Signor Potter, gli occhi le fanno ancora male? Avverte nausea, vertigini-?”
 
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“Non si preoccupi, sono sicura che la prossima farà effetto. Ho contattato la Guaritrice a capo del reparto per i disturbi ottici al San Mungo, ci spedirà ogni possibile trattamento di cui è a conoscenza; il meglio del meglio sta lavorando al suo caso, Signor Potter. Nel frattempo, questa notte procederemo con il trattamento per assicurarci che non ci siano altri danni. Spero che questo l’abbia convinta a non lanciare più incantesimi senza motivo!”
 
Harry non rispose mentre lei gli riavvolgeva le bende sugli occhi. Non riusciva a trovarne le forze. Aveva provato tre pozioni, due incantesimi e molti incoraggiamenti… ma non gli aveva ancora restituito la vista. Non sarebbe mai tornata. Non avrebbe più visto la luce del sole, il sorriso di Malfoy, l’atroce quantità di rosso della Sala Comune Grifondoro, o…
 
“Non si preoccupi, la Guaritrice Burnes è piuttosto meticolosa nel suo lavoro. Avrà già programmato diversi trattamenti pronti per l’uso; dobbiamo solo trovare quello giusto.”
 
…o il boccino mentre giocava a Quidditch. Non avrebbe più potuto giocare a Quidditch. E nemmeno andare in giro senza qualcuno che lo aiutasse, qualcuno che lo guidasse nella giusta direzione. Non sarebbe più riuscito a vestirsi senza la paura di aver indossato qualcosa di ridicolo. Tutti avrebbero avuto la possibilità di prenderlo in giro, facendogli lo sgambetto, per esempio. Non avrebbe potuto più leggere l’espressione di nessuno, sapere se era felice, triste, se lo stava prendendo in giro o se stava sfoggiando quel sorriso sincero che illuminava la stanza…
 
“A quanto pare si è anche consultata con un collega che inventa delle stupefacenti cure sperimentali. Dovremmo forse invitarlo qui? I Guaritori hanno il dovere di mantenere confidenziali i dati dei pazienti, quindi non dovremmo preoccuparci dei giornali. Penso che lo contatterò.”
 
O leggere un libro. Non avrebbe mai più letto Il Quidditch Attraverso i Secoli. Oppure la sua lista. Come avrebbe fatto a completarla? Non sarebbe riuscito a finire il cubo di Rubik senza la vista. O fare i giochi di prestigio. Oppure duellare con qualcuno, era impossibile da cieco. Non sarebbe stato mai più in grado di lanciare un incantesimo e sentire quel brivido di eccitazione provocato dalla consapevolezza che aveva centrato l’obiettivo.
 
“Vedo che il suo amico ha portato alcuni dei suoi effetti personali nell’infermeria. Dovrebbe saperlo che questa non è una proprietà privata; non possono stare qui. Non capisco cosa abbiate in mente, ma lei rimarrà nella Torre Grifondoro, sono stata chiara? È quello il suo posto.”
 
Non avrebbe mai più potuto usare la mappa per sapere la posizione esatta di tutti. Vedere i volti sorridenti dei suoi genitori. Oppure il suo patronus a forma di cervo. O la foto di Edvige. Non avrebbe più potuto fissare la vistosa testa bionda di Malfoy, o i suoi vividi occhi argentei che con aria di sfida sembravano trascinarlo verso la voglia di vivere, oppure…
 
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Hermione sbirciò oltre la porta e il suo sguardo si assottigliò posandosi sul letto in fondo all’infermeria. Soffriva al pensiero di dover visitare di nascosto un suo amico ferito, ma al momento le cose stavano così. Soffriva di più per il fatto che non ne aveva saputo nulla prima che Neville l’avesse avvisata, poche ore prima. Aveva dovuto aspettare che la Sala Comune si svuotasse prima di sgattaiolare via, nascondendosi ad ogni rumore. Dire che era cinquanta volte più difficile senza il mantello o la mappa era un eufemismo.
 
Ma era andata avanti, anche se, in soli venti minuti, era stata quasi beccata da Gazza, Vitious e Mirtilla Malcontenta. Doveva provare a parlare con Harry, per recuperare anche solo un po’ del loro legame.
 
Il famoso trio si era disgregato, e la cosa la uccideva dentro. Gli mancava Harry. Le cose erano cambiate; adesso era la fidanzata di Ron, non una sua semplice amica. E anche se era fantastico e meraviglioso… aveva comunque bisogno di un amico. A chi poteva mai rivolgersi? Calì aveva più interesse nel gossip e nell’interpretazione dei sogni, che nel chiacchierare o andare in giro con lei. Hermione le aveva raccontato piuttosto dettagliatamente un suo ‘sogno’ che includeva una tempesta di fulmini, Ron che piangeva, e lei nel bel mezzo delle due cose, incapace sia di fermare la tempesta che di dargli una mano. Aveva pensato che fosse evidente l’argomento sul quale stava chiedendo consiglio; ma Calì si era voltata e aveva affermato che sarebbe rimasta incinta entro la fine del mese. Gli era venuta la tentazione di correre e sbattere la testa contro il muro.
 
Dean era a posto, ma passava la maggior parte del tempo a seguire Ginny con la lingua di fuori, solo che lei non approvava l’incidente che lui aveva causato a Pozioni. Ginny era più una sorella che un’amica e Seamus era così… mascolino. Se ne andava in giro parlando di Quidditch per tutto il tempo, come se l’universo orbitasse intorno all’imminente partita. Perfino Neville era stato distante quell’anno, cercava di ristabilire la comunicazione fra lei e Harry, e quando non lo faceva, parlava di Erbologia, di piante oppure di Malfoy, fra tutte le persone disponibili. Ormai passava la maggior parte del tempo con Luna, e anche se era adorabile e affascinante a modo suo, c’era un limite alla quantità di creature immaginarie che una persona poteva sopportare.
 
Aveva bisogno del suo amico. Il piccolo problema era che lui non era interessato neanche un po’ a ristabilire il legame.
 
Ma non capiva che era lui ad essere nel torto? Il fatto che li aveva ignorati per tutta l’estate non era importante, ci erano abituati. Ma rifiutarsi di partecipare al funerale di Fred? I Weasley lo amavano, e lui aveva voltato loro le spalle. Lo consideravano un figlio e un fratello, e di punto in bianco si era perfino rifiutato di spiegare perché non si era presentato alla funzione.
 
E poi, poi, era tornato ad Hogwarts e aveva fatto subito amicizia con Malfoy? Per anni quello stronzetto si era comportato in maniera orribile con Harry, e lui aveva subito preferito lui a loro. L’aveva subito perdonato per essere stato dalla parte sbagliata durante la guerra, eppure non riusciva a perdonare Ron che, al contrario, non c’era riuscito.
 
Non era sembrato capace di comprendere perché aveva preso le parti di Ron. Lei amava Ron; si sarebbero sposati. Perché non riusciva a capirlo?
 
Tutta quella situazione era ingiusta.
 
Hermione si affrettò verso il letto, poi portò una mano alla bocca per lo shock. Neville l’aveva avvertita che era grave, ma non si aspettava niente del genere. Aveva gli occhi bendati. Non ci vedeva più? Perché Neville non gliel’aveva detto? Dio, Harry
 
Si asciugò in fretta una lacrima, odiandosi per la sua stessa rabbia. Ormai era stanca di tutti gli inutili litigi fra i Grifondoro, stanca di tutti i malefici e i complotti che avevano dovuto escogitare contro i Serpeverde. Gli altri volevano vendetta, lo capiva. Ma dopo così tanti mesi, avrebbero dovuto stancarsi. Doveva risolvere le cose. Ma non sapeva come; non poteva certo di ridursi ad utilizzare i metodi crudeli di Harry, come spingere le ragazze giù per le scale.
 
Dean e Seamus, presi dalla rabbia, avevano spostato la maggior parte della sua roba nel corridoio. Erano così immaturi; ma non riuscivano a capire che, se non tornava alla Torre Grifondoro, non c’erano più possibilità di riconciliazione? Oppure si aspettavano che li implorasse? Se l’avessero conosciuto almeno la metà di quanto credevano, avrebbero saputo che lui non implorava, supplicava o chiedeva niente a nessuno.
 
Be’, voleva solo assicurarsi che stesse bene. Stava bene, a parte per gli occhi.
 

 
E se faceva un incantesimo di analisi, solo per controllare se era grave?
 
“Signorina Granger, cosa pensa di fare qui?”
 
Hermione si voltò di scatto, la mano si fiondò sulla bacchetta; tirò un sospiro di sollievo. Era solo Madama Chips che faceva la severa. Grazie a Dio.
 
“Mi scusi; so che non dovrei essere qui.” Convenne guardando Harry ancora una volta. “Ho sentito che era malato e… be’, non siamo in così buoni rapporti quest’anno. Ero solo venuta a dare un’occhiata.” L’espressione di Madama Chips si ammorbidì e le rivolse un sorriso gentile.
 
“Ti capisco, cara. In verità, preferirei che fosse lei a fargli visita al posto di…” Si fermò lì comunque, e arrossì appena realizzò di aver parlato troppo. Non era necessario che finisse, Hermione sapeva cosa stava per dire. Malfoy. Intendeva Malfoy. Quella viscida, insignificante serpe era riuscita in qualche modo ad azzannare Harry, e non aveva intenzione di lasciarlo andare; doveva avergli fatto qualcosa. Era l’unica spiegazione plausibile; sapeva che non erano legati in modo romantico, al contrario di quello che credevano Il Profeta e la maggior parte del corpo studentesco. Prima di tutto, Harry non era gay. E in secondo luogo, non avrebbe di certo scelto e non si sarebbe dichiarato a Malfoy. I Serpeverde dovevano avergli fatto qualcosa, forse dei ricatti. Non potevano essere amici.
 
“Be’, è bello vedere che ti importa ancora di lui. Sarebbe contento di sapere che sei passata di qui.”
 
“Madama Chips, se non sono indiscreta… cos’è successo ai suoi occhi?” Questo era meglio di un incantesimo di analisi; l’avrebbe saputo da una fonte affidabile, senza dover fare ricerche e passare ore nella biblioteca.
 
Madama Chips non disse nulla per qualche momento; continuò soltanto a fissare la sagoma assopita di Harry, riflettendo. Non distolse lo sguardo da lui mentre rispondeva. “Harry è… è stato coinvolto in un incidente. Un incantesimo andato male. Sembra che lui e il Signor Malfoy stessero provando a rendere più potenti gli effetti di ‘lumos’ da soli; sono stati degli incoscienti a farlo senza supervisione. E soprattutto a provare di cambiare un incantesimo ad una così giovane età.”
 
Hermione rimase interdetta e si accigliò leggermente. Perché mai avrebbero fatto qualcosa di così insolito?
 
“Mmm…” Si voltò verso Harry quando iniziò a farfugliare nel sonno, sorridendo leggermente; anche se non si stavano sparlando, tutto sembrava essere tornato alla normalità-
 
“…Mal…foy…” Farfugliò Harry mentre dormiva, quasi sospirando quel nome.
 
Hermione sbatté le palpebre e distolse lo sguardo. Doveva andarsene, prima di scoppiare in-
 
Degli occhi grigi incontrarono i suoi con aria di sfida a meno di tre metri di distanza.
 
Vai. Via.
 
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Harry rabbrividì sul letto, e deglutì a vuoto quando Madama Chips rimosse gli aghi dalle sue braccia. Se di solito pensava che il trattamento fosse un inferno, senza la vista era l’apocalisse. Ogni tocco bruciava, ogni cosa che sfiorava era un altro genere di inimmaginabile agonia.
 
Malfoy aspettò finché la pozione non si fece spietatamente strada nel suo petto, poi tolse le cinghie, lasciando che Harry stringesse la sua mano quasi disperatamente mentre aspettavano la fine della tortura. Non sembrava importargli che Harry avesse cercato di rompergli le ossa della mano, o che la situazione doveva essere imbarazzante; il biondo era rimasto lì seduto, sfiorando in maniera molto allettante la sua pelle con il pollice. Erano più premure di quanto si aspettasse, visto il modo in cui l’aveva pestato a sangue l’altro giorno. Ignorando il fatto che si erano anche baciati. Non che sarebbe successo di nuovo.
 
“Le consiglio vivamente di lasciarmi rimuovere le bende e guarire ciò che c’è lì sotto.” Brontolò Madama Chips, tirando su col naso come se si sentisse insultata. Probabilmente era così. Malfoy aveva fatto un incantesimo veloce per far comparire delle bende intorno al suo avambraccio, coprendo con facilità il tatuaggio a forma di drago. A Madama Chips non piaceva quell’aggiunta al corpo di Harry, e si era sentita offesa dal momento esatto in cui le aveva viste.
 
“Va tutto bene.” Ripeté per la sesta volta in un’ora; avrebbe alzato gli occhi al cielo se avesse potuto. “Mi importa più che siano i miei occhi a guarire. Possiamo concentrarci su questo, per favore?”
 
“Se sta influendo sulla-”
 
“Su cosa? Sulla mia salute?” Harry si lasciò sfuggire una finta risata, ignorando il verso di disapprovazione della donna. La sua salute non sarebbe mai migliorata; che differenza faceva una benda in tutta quella situazione?
 
“Se le sta procurando dei fastidi-” Provò a convincerlo e Harry dovette interromperla. Di nuovo.
 
“Voglio solo che i miei occhi guariscano. È questo l’importante. Non mi interessa del trattamento. Non mi interessa delle bende. Non mi interesserebbe neanche se mi esplodesse il braccio in questo momento, se i miei organi smettessero di funzionare, o se dovessi passare il resto della mia breve vita bloccato in questo maledettissimo letto! Voglio solo che i miei occhi guariscano. È troppo da chiedere?!” Okay, si stava facendo prendere un po’ troppo dalle emozioni; e francamente, non gli interessava neanche quello. Cosa poteva fargli? Metterlo in punizione?
 
Era stanco. Esausto, a dirla tutta. E il fatto che il suo cuore stava ancora correndo e che era ricoperto da un sottile strato di sudore non migliorava le cose. Nemmeno l’insistenza di Madama Chips migliorava le cose.
 
“La prossima pozione dovrebbe essere pronta in poche ore. I suoi occhi saranno guariti, e allora dovrà permettermi di curare il suo braccio.” Gli ordinò con la solita gentilezza di sempre mentre si affrettava a tornare nel suo ufficio. Dannazione! A volte, solo a volte, sarebbe stato carino avere una scelta!
 
“Alzati.” Disse quasi immediatamente Malfoy, scoprendo Harry dalle coperte prima che potesse metabolizzare il suo ordine. Non la sua richiesta, o la sua domanda. Un altro dannatissimo ordine. Aveva a malapena aspettato che le porte dell’ufficio si chiudessero per decidere che Harry sarebbe stato il suo complice; non aveva ancora lasciato andare la sua mano. E, anche se Harry stava palesemente cercando di liberarsi, la presa di Malfoy era ferrea.
 
“Sono stanco, Malfoy.” Disse invano Harry, cercando di divincolarsi dalla stretta. Odiava sentirsi così vulnerabile; era patetico. “Mi limiterò a dormire.”
 
“Bel tentativo.” Harry non riusciva a capire se era arrabbiato o esasperato. Gli faceva male la testa solo a pensarci. “Tu adesso ti alzi, e vieni con me.”
 
Oppure,” Ringhiò Harry in risposta, strattonando il braccio. “Me ne starò steso qui a dormire.” Provò a muovere di nuovo il braccio, e fece un verso d’indignazione quando non riuscì a liberarlo. “Molla quel cazzo di braccio!”
 
“Potter,” La voce di Malfoy fu un sussurro, una minaccia in sé. Harry la ignorò prontamente. “smettila con questa crisi isterica e-”
 
Lascia andare il mio braccio!
 
“Non tentarmi, Pot-”
 
“Come se tu potessi-”
 
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Be’. L’aveva avvertito.
 
Draco tirò Potter per il braccio, trascinandolo letteralmente dal letto al pavimento, che probabilmente era ghiacciato. Solo dopo che Potter si scontrò con le mattonelle mollò la presa su di lui. Quell’insopportabile idiota. Pensava davvero che Draco fosse, gentile, dolce e adorabile? Poteva ammettere di essere interessato al moro, poteva anche ammettere quei sentimenti terrificanti, ma non gli avrebbe mai permesso di trattarlo in quel modo, non dopo quei due giorni infernali.
 
“Sei uno stronzo!” Draco non riuscì a trattenere un ghigno quando Potter si mise a sedere sul pavimento, voltandosi a destra e a sinistra per trovarlo.
 
“Ti avevo fornito adeguati avvertimenti.”
 
“Cazzate, e lo sai bene!” Chi l’avrebbe mai detto che Potty dicesse quel genere di cose? Specialmente quando era arrabbiato, il che sembrava succedere la maggior parte del tempo. Era come se fosse passato alla parte rabbiosa del suo dolore. Draco non sapeva se essere sollevato o furioso. Sì, significava che si stava allontanando dalla fase di negazione. Quello doveva essere per forza un progresso. Ma non sapeva quale fosse il prossimo stadio; sarebbe stato felice fin quando non arrivava all’accettazione.
 
Quella era insopportabile.
 
A Potter non era permesso di accettare il suo stato.
 
Draco si inginocchiò accanto al moro, e quando l’altro lo colpì all’istante con un pugno, alzò gli occhi al cielo. Era giusto così, suppose. Nonostante fosse un Serpeverde e, di solito, la parola ‘giusto’ non era consentita nel suo vocabolario. Il secondo pugno fu bloccato velocemente. “Ti sei sfogato abbastanza?” Gli chiese, e ghignò quando Potter rispose digrignando i denti. Ah, quanto era incazzato.
 
Anche Draco avrebbe reagito così, dopo aver subito una tortura notturna. In ogni caso, non avrebbe dovuto sfogarsi proprio su di lui; Madama Chips, il Rospo delle Meraviglie, Goyle… andava bene chiunque. Anzi, non gli dispiaceva incoraggiare un confronto fra loro. Avrebbe addirittura potuto farlo.
 
“Va bene. Alzati, dobbiamo andare.”
 
“Malfoy, sono stanco.” Tentò di dire ancora, ringhiando a malapena. “Ho il mal di testa, io-”
 
“Perfetto. Allora la cosa dovrebbe aiutarti.”
 
“Non voglio che mi aiuti-”
 
“Merlino, Potty, ti stai comportando come un bambino capriccioso. Cresci un po’ e alzati, oppure sarò costretto a trattarti come tale.” E l’avrebbe fatto. Oh, ci poteva giurare. “Devo forse iniziare a sculacciarti ” Quello sì che poteva essere divertente; Draco non riusciva a togliersi quel ghigno dalle labbra pensando alla reazione indignata di Potter, aveva una smorfia aggressiva sul volto. “Be’? Devo contare fino a tre?”
 
“Fallo e non mi toccherai mai più.”
 
Draco sbatté le palpebre, accigliandosi. Potter stava usando se stesso per minacciarlo, come se si aspettasse che Draco rimanesse ferito o arrabbiato alla prospettiva di doverlo evitare. E, per giunta, stava usando le stesse tattiche di Draco contro di lui. Era allarmante il fatto che il suo cervello avesse istantaneamente cercato una soluzione per calmare Potter; quasi come se avesse voluto davvero toccarlo ancora. Quello stronzetto impudente; Draco non pensava che potesse comportarsi così.
 
Doveva forse considerarlo un segnale che gli era piaciuto il loro… non poteva definirlo un bacio. Battaglia era più accurato.
 
O era solo un pensiero ottimistico e terrificante?
 
Era abbastanza probabile che stesse bluffando, ma sapendo quanto era testardo Potter, aveva qualche dubbio. Quell’idiota non gli avrebbe mai più rivolto né la parola, né uno sguardo. Sempre se avesse recuperato la vista.
 
Era meglio calmarlo.
 
“Ho trovato qualcosa che potrebbe interessarti. E, salvo errori, ti tirerà decisamente su di morale.” Si ritrovò ad ignorare la minaccia dell’altro di punto in bianco. “Vieni con me.” Merlino, riusciva praticamente a sentire il tacito ‘per favore ’ alla fine della frase. I Malfoy non supplicavano.
 
Potter se ne stette immobile per un istante; non sembrava nemmeno che avesse sentito quello che Draco aveva detto. Dannazione, aveva bisogno di quegli smeraldi. Era diventato così bravo a mentire con quelle finestre chiuse. “Non possiamo rimandare a quando la mia vista sarà tornata?” Chiese infine gentilmente, sospirando. Quell’ idiota non pensava che sarebbe tornato a vedere. Era ovvio che Madama Chips l’avrebbe guarito. E anche se falliva, gli specialisti del San Mungo avrebbero avuto tutto il patrimonio dei Malfoy a supportare il loro trionfo. Draco non avrebbe lasciato che Potter si abbattesse per la tristezza, abbandonando le cure all’improvviso, cosa che con ogni probabilità avrebbe fatto se la prossima pozione di Madama Chips non avesse funzionato.
 
“La vista non è necessaria.” Rispose Draco tranquillamente, lasciando che il suo tono si ammorbidisse. “È fantastico. Vieni.”
 
“Sai, se me l’avessi semplicemente chiesto fin dall’inizio-”
 
Con un ghigno, Draco raggiunse Potter e lo tirò su, poi gli afferrò un polso, trascinandolo verso la porta.
 
“–adesso non avresti dovuto comportarti da stronzo esibizionista per tutto il tempo-”
 
“Se continui ad insultarmi, Potty, ti trascinerò in un bagno e ti farò trascorrere lì la notte.”
 
“Non oseresti-”
 
“Ah, no?” Ovvio che non l’avrebbe fatto. Trovava Potter troppo divertente e piacevole per ridicolizzarlo, o maltrattarlo. Ma Potter non poteva saperlo, giusto? Era bello avere un po’ di potere, quando di solito se ne ritrovava così poco.
 
Camminarono in silenzio per alcuni minuti, fianco a fianco. Draco non aveva realizzato quanto era vulnerabile Potter in quello stato, ma iniziava a farsene un’idea. Lo Sfregiato stringeva forte il suo braccio con una mano, fingendo di non tremare. Esitava prima di ogni singolo passo; era a malapena percepibile. Ecco perché Draco ci aveva messo alcuni secondi a notarlo. E ad ogni passo, diventava più evidente. Una minuscola pausa prima di fare un passo per constatare se il pavimento sarebbe stato davvero lì a sostenerlo. La diceva lunga su quanto si fidasse di Draco; gli aveva permesso di guidarlo al buio attraverso i corridoi di un castello magico.
 
 
Accidenti, Draco pensava di aver esagerato con la questione della bacchetta. Adesso pensava che Potter gliel’avrebbe consegnata a prescindere.
 
Le scale furono un’ardua sfida. Draco non disse una parola, ma ogni passo era fastidiosamente lento ed incerto. Le sue mani erano avvinghiate con tutte le forze alla ringhiera, e si rifiutava di mollare la presa finché non era arrivato in cima. L’enorme concentrazione che impiegava nel camminare doveva essere estenuante.
 
Forse a Madama Chips serviva un incentivo per trovare miracolosamente una cura più in fretta? Quanto poteva impegnarsi una donna a cercare rimedi per un ragazzo che secondo lei stava già morendo? Perché sprecarsi a trovare una cura se entro pochi mesi sarebbe stata inutile?
 
Draco si fermò, aguzzando le orecchie. Indietreggiò. Che diavolo ci faceva Gazza in giro per i corridoi alle due del mattino? Hogwarts doveva rivedere i suoi metodi di assunzione del personale scolastico.
 
Afferrò il braccio di Potter, trascinandolo in un’aula abbandonata. Con un po’ di fortuna il magonò avrebbe semplicemente continuato a camminare senza controllare le classi con le sue solite manie da scarafaggio paranoico.
 
“Avresti dovuto portare la mia mappa.” Borbottò Potter, dietro di lui, standosene goffamente in piedi con le braccia conserte. Quell’idiota era sicuramente accigliato. Non sapeva che si usavano più muscoli per accigliarsi che per sorridere? Avrebbe avuto le rughe entro i trent’anni.
 
“Non mi hai dato il permesso di usarla, giusto?” Rispose a bassa voce Draco, con un orecchio premuto contro la porta. Era nel corridoio o aveva scelto un altro percorso? Forse era… no, era decisamente lui. Quel miagolio stridulo poteva appartenere solo a Mrs. Purr. Un suono da incubo, in tutta onestà.
 
“O il mio mantello dell’invisibilità.” Aggiunse Potter. Ebbe anche la faccia tosta di suonare irritato!
 
“Non mi hai permesso di usare neanche quello, giusto?” Si ritrovo a sbottare Draco, aggrottando le sopracciglia per lo sforzo di ascoltare. Non riusciva a sentire molto bene con il cuore che batteva così rumorosamente nel suo petto; e se Gazza riusciva a sentirlo?
 
“Era per dire che non sei molto equipaggiato, non è così?”
 
“Sta’ zitto, Potty-”
 
“Come ti pare, furetto-”
 
BANG!
 
Draco si ritrovò in aria per alcuni secondi, era letteralmente saltato per lo spavento. Quel tonfo pesante avrebbe attirato tutti i Professori su quel piano per investigare! Che diavolo stava facendo quell’idiot-?
 
Potter era incappato in un banco. Ma invece di limitarsi semplicemente a spingerlo come avrebbe fatto chiunque, aveva deciso, chi sa come, di aggrovigliarsi attorno ai suoi piedi, scaraventando sia lui che il banco al suolo. Solo Potter poteva avere un incidente con un banco.
 
“Ma che cazzo, Potter! Non ti è rimasto nessun neurone in quella testa vuota che ti ritrovi? Siamo in piedi dopo il coprifuoco, è per questo ci stiamo nascondendo in un’aula abbandonata-”
 
“Eppure sei tu che stai urlando!” Ribatté ad alta voce Potter, producendo un rumoroso stridio mentre si spostava il banco di dosso.
 
“Smettila! Cerca solo di non muoverti razza di idiota!”
 
Draco corse dall’altra parte della stanza e trascinò in piedi il moro, ma quando l’altro schiaffeggiò via la sua mano gli lanciò un’occhiataccia.
 
“Credo che questo sia classificato come muoversi, sua altissima incoerenza!”
 
Chiudi quel-”
 
La porta!”
 
Draco si voltò di scatto, agitando a caso la bacchetta nel disperato tentativo di chiuderla a chiave. Grazie a Merlino funzionò appena la maniglia iniziò a muoversi. Potter e la sua boccaccia rumorosa!
 
Draco corse verso una porta adiacente, la aprì e la chiuse il più forte possibile. Con un po’ di fortuna Gazza avrebbe creduto che fossero scappati da quella parte, così potevano sgattaiolare via dietro di lui.
 

 
Potter non poteva correre. Cazzo, riusciva a malapena a camminare senza inciampare dappertutto! Il banco ne era un esempio lampante. Merda.
 
Sospirò per la frustrazione, passandosi una mano fra i capelli. Ci doveva essere un posto dove nascondersi, un posto dove Gazza non avrebbe guardato. Sarebbe entrato nella stanza, esaminando ogni nascondiglio senza controllare…
 
L’armadietto? Era troppo banale come nascondiglio? Era troppo emblematico? Troppo semplice?
 
O l’avrebbe ignorato, pensando che nessuno fosse così stupido da nascondersi lì?
 
Ci fu un tintinnio di chiavi fuori dalla porta.
 
Che armadietto sia.
 
Draco afferrò il polso di Potter, correndo in fondo alla stanza. Potter barcollò per un bel po’, aggrappandosi con una mano al braccio di Draco mentre correvano.
 
La porta venne spalancata, accompagnata da un ringhio di Draco. C’era spazio a malapena per stare seduti, figurarsi per stare in piedi. Sbuffò, poi raccolse una scatola e la buttò sul pavimento accanto all’armadietto, sperando che non sembrasse troppo sospetta. Poi afferrò un contenitore e lo poggiò precariamente su un altro nella piccola credenza. Vacillò, ma resse. Bene.
 
Spinse Potter al suo interno ignorando un suo urletto che avrebbe preso in giro più tardi. Lo ficcò nel piccolo spazio che aveva ricavato, e poi ci si infilò anche lui. Sfoderò la bacchetta e con un incantesimo chiuse le porte, sigillandole. Si riposizionò in modo da appoggiare la schiena sul fondo dell’armadietto, pressato contro un silenzioso Potter.
 
Era caldo e scomodo, ed era fin troppo consapevole che lui e Potter erano premuti l’uno contro l’altro, senza potersi muovere. Tutto considerato, non era una situazione piacevole.
 
Ma era comunque dieci volte meglio che essere beccati da Gazza. Lui aveva costituito una minaccia quando i Carrow avevano preso il controllo della scuola; era un gracile uomo a cui non importava che compito gli fosse assegnato, finché aveva salva la pelle. Certo, probabilmente era pentito, proprio come lo era Draco per molte delle cose di cui non si era fatto scrupoli durante la guerra. Che razza di uomo avrebbe mai consegnato ai Mangiamorte dei ragazzini che avevano infranto le regole della scuola? Quell’uomo era feccia.
 
Il suddetto uomo entrò nella stanza; potevano chiaramente sentirlo mentre gironzolava per l’aula. Riusciva forse a sentire i loro cuori? Riusciva a sentire quanto battevano forte?
 
L’armadietto tremò quando Gazza provò ad aprire le porte, ma resse. Fortunatamente.
 
Draco rilasciò il fiato che non si era accorto di trattenere, e sorrise quando sentì Potter fare lo stesso pochi istanti dopo. Adesso dovevano solo aspettare che se ne andasse.
 
Draco sospirò di nuovo, fissando l’oscurità. Non c’era un solo raggio di luce nell’armadietto, nemmeno uno spiraglio. E, anche se Draco non aveva mai avuto paura del buio neanche da bambino, era un po’ inquietante non poter vedere ad un palmo dal naso; non sapere dove si trovasse Gazza, ma sapere che era comunque nella stanza.
 
Era così che Potter si era sentito negli ultimi giorni? Non poteva biasimare la sua rabbia, specialmente in quella situazione.
 
“Pensi che se ne sia andato?” Chiese Potter con un filo di voce, poi gemette quando Draco gli colpì per sbaglio il naso nel tentativo di coprirgli la bocca.
 
“Ugh… cazzo!” Draco sorrise quando Potter provò ad imprecare a bassa voce; era chiaramente uno sforzo non urlare e farsi scoprire.
 
“Non vedo niente.” Borbottò Draco, cercando di capire se Gazza avesse lasciato la stanza, o se l’urlo di Potter l’avesse messo di nuovo in guardia-
 
C-c-c-ca-ah-z-zo! Draco strinse i denti per impedirsi disperatamente di urlare, appena uno degli stupidi arti di Potter lo centrò in pieno volto, colpendogli il naso e l’occhio. Quel cavernicolo!
 
“Ooops. Non vedo niente.” Ribatté Potter, muovendosi nell’oscurità. Perché doveva essere Potter proprio oggi? Non poteva trascorrere la giornata in modo tranquillo e depresso invece di far tornare l’irascibile, testardo Ragazzo Prodigio in tutto il suo splendore?! “Hai notato la distinta mancanza di scuse nella mia frase?”
 
Draco sarebbe anche scoppiato a ridere, ma in quel momento provava troppo dolore per trovarne le forze. Aveva la sensazione che quell’idiota gli avesse rotto il naso!
 
“Penso che se ne sia andato, apri la porta dai.”
 
“Non possiamo esserne certi. Forse sta aspettando che usciamo.”
 
“Provalo.”
 
Come diavolo faccio a provarlo, Potty, senza farci scoprire?”
 
Pro-va-lo.”
 
Draco sospirò sentendo quel tono cocciuto; era come se volesse che li scoprissero. Ma capiva qual era il concetto di nascondersi? Di punizione? Di infrangere una dozzina di regole scolastiche?
 
“Gazza, al terzo anno ho calciato Mrs. Purr così forte che ha zoppicato per due settimane.”
 
Sentì Potter ridacchiare, prima di trattenere il respiro. Se Gazza fosse stato lì ad aspettarli, o anche solo all’interno stanza, avrebbe scardinato immediatamente la porta. Sembrava che se ne fosse davvero andato. Dannazione, Draco odiava quando Potter aveva ragione.
 
Agitò la bacchetta per sbloccare la porta, poi si spostò più avanti per aprirla. Prima arrivavano ai sotterranei, prima sarebbero tornati, Potter avrebbe potuto prendere la sua stupida pozione e riavere indietro la sua stupida vista…
 
La porta non si mosse.
 
Ignorando l’ansia crescente, la spinse di nuovo.
 
Niente.
 
Senza preoccuparsi di fare rumore, la calciò violentemente, ascoltando il forte tonfo riecheggiare nel castello silenzioso.
 
Niente.
 
“Ti prego dimmi che stai scherzando.” Disse piano Potter mentre ascoltava Draco lanciare incantesimi e calci contro la porta. Perché i suoi incantesimi non funzionavano? “Siamo bloccati in un armadietto?”
 
“…sì.”
 
Incredibilmente, Potter iniziò a ridere.
 
.
 
.
 
.
 
“Potremmo aspettare che si presenti una classe; bussiamo alla porta, li sorprendiamo tutti saltando fuori di qui senza batter ciglio e proseguiamo felicemente per la nostra strada.”
 
“Conoscendo la mia fortuna, non si presenterà nessuno fino a dopodomani.”
 
“Hmm, non susciteremo neanche un po’ di scalpore allora; saremo affamati, stanchi, sporchi…”
 
“Bleah.”
 
Non sapevano per quanto tempo erano rimasti chiusi lì dentro, ma la gamba di Draco era tremendamente stanca di calciare la porta. Thump. Thump. Ogni tre secondi la calciava nell’illusione che si sarebbe aperta. A quel punto, stavano perdendo le speranze.
 
“Potrei chiamare un elfo domestico.”
 
Non lascerò che un elfo domestico mi veda in queste condizioni.”
 
“Quale sarebbe la tua idea, allora?”
 
“…potremmo usare Reducto.”
 
“E farci esplodere un piede o una mano, oppure qualcos’altro. Ho già perso i miei occhi, grazie; adesso sono piuttosto affezionato alle altre parti del mio corpo.”
 
Draco sbuffò divertito, alzando gli occhi al cielo. Calciò di nuovo la porta. Ma ancora una volta, resse. “Spero che tu sappia che è tutta colpa tua.”
 
“Colpa mia?!” Sbottò Potty, riuscendo ad assestargli una gomitata. Aveva addirittura il coraggio di suonare arrabbiato. “Sei tu quello che mi ha letteralmente trascinato giù dal letto con la forza!”
 
“Sì. Sono anche quello che sta cercando di tirarti su di morale. Se tu fossi stato contento, senza rimuginare malinconicamente nell’infermeria per tre giorni consecutivi, non sarei stato costretto a prendere provvedimenti. È colpa tua.” Come previsto, Potter ridacchiò nell’oscurità. Bene. “Solo Merlino sa se tu ti spingeresti a tanto per me.”
 
“Potrei farlo.”
 
“Stronzate.” Potter non riusciva a vedere oltre il suo naso normalmente, figurarsi da cieco.
 
“Mi sono fatto tatuare te sull’avambraccio, Malfoy.” Lo interruppe divertito Potter. “Non puoi superare quel gesto di dedizione.”
 
“Tch, ti sei fatto tatuare un drago sull’avambraccio; nulla a che vedere con me.” Draco sorrise nell’oscurità, calciando lentamente la porta ancora una volta. Non poteva fargli scoprire che se ne vantava mentalmente ogni notte; quell’idiota sarebbe stato insopportabile se avesse saputo quanto controllo aveva sul biondo. Era una quantità terrificante. “Io, nel frattempo, dovrei andare a lezione oggi. Dovrei essere sveglio fra meno di quattro ore. Mentre tu, al contrario, puoi riposarti. Non capisci che ho bisogno del mio sonno di bellezza, e che ci sto rinunciando solo per te? Questa è dedizione.”
 
“Un drago grigio,” Potter si limitò ad ignorarlo, che stronzo. “sul mio avambraccio sinistro. Un drago scelto personalmente da te. Mi sembra di ricordare che l’hai definito un ‘ marchio ’.”
 
“Tu l’hai detto, non io.”
 
“Eri d’accordo.”
 
“Non presuppore automaticamente che il silenzio significhi essere d’accordo.”
 
“Silenzio? Dicesti di ‘sì’, idiota! Eri chiaramente d’accordo con me!”
 
“Non me lo ricordo.”
 
“Dai un’occhiata al mio pensatoio.” Visto che stavano ridendo piuttosto rumorosamente, non si accorsero che non erano più soli.
 
“Sapete,” Esordì una voce incredibilmente flebile e acuta. “Siete così chiassosi che mi chiedevo se i professori non stessero già arrivando qui per investigare e capire cosa stia succedendo, anche se non è necessario.” Potter, al suo fianco, si irrigidì immediatamente, smettendo di ridere. Il fantasma gli aveva salvato la vita in quel bagno; il suo nervosismo non era esattamente giustificato.
 
“Di nuovo qui a stalkerarmi, Mirtilla?” Chiese seccamente Draco, e si accigliò quando non rispose. Di solito era felice quando le rivolgevano la parola, quasi sollevata di non essere sola. Si aspettava almeno una risatina; era un intercalare che aveva usato spesso durante quel sesto anno d’inferno. Visto che la risposta tardava ad arrivare, continuò con più tatto. “Che intendevi con ‘non è necessario’?”
 
“C’è un’asse di legno abbastanza grande che vi tiene chiusi dentro.” Rispose mestamente il fantasma, senza nessun interesse nel sapere cos’era successo. Era piuttosto snervante, a dirla tutta. “Qualcuno ha pensato che fosse divertente, suppongo. Lo fecero anche a me quando ero al primo anno…”
 
Accidenti a quello stronzo di Gazza. Draco gli avrebbe infilato quell’asse di legno su per il culo così in profondità che non sarebbe riuscito neanche a piegarsi per rimuoverla!
 
“Qualche idea su come toglierla?” Sospirò il fantasma da qualche parte alla sua sinistra. Potter si spostò più vicino a Draco, solo di un centimetro. Perché non diceva nulla?
 
“Non posso esattamente spostarla via, sapete?” Borbottò, malinconicamente. Dio santo, qualunque cosa fosse successa al fantasma sembrava aver distrutto la sua voglia di… vivere non era la parola adeguata. Sussistere?
 
Hmm…
 
Quindi Gazza sapeva che si erano nascosti lì, e invece di catturarli, li aveva chiusi dentro. A che scopo? Per usarli come monito il mattino seguente? Per tenerli chiusi lì finché qualcuno non gli avesse chiesto perché un semplice armadietto era sigillato con un’asse di legno?
 
Nessuno mancava di rispetto ad un Malfoy.
 
E, per associazione, al suo fidanzato.
 
“Puoi farmi un favore, Mirtilla? È una questione di vita o di morte.”
 
“Attento,” Ringhiò Potter, avvicinandosi a lui nell’oscurità. Merlino, Draco poteva sentire il suo cuore battere nel petto, tanta era la vicinanza. “lei non considera la vita come una priorità.”
 

 
Perché mai aveva detto una cosa del genere?
 
Ma la cosa più sconcertante, era che Mirtilla si era lasciata sfuggire un singhiozzo, quasi facendosi piccola nell’oscurità. Era ridicolo! Dovevano smetterla, qualunque cosa fosse.
 
Per favore, Harry-!” Tentò, ma un ringhio del moro la interruppe. Iniziò allora a tirare su col naso, cercando di fermare i singhiozzi. Davanti a lui si stava svolgendo un chiaro gioco di potere, e non c’erano dubbi su chi fosse in vantaggio. Interessante.
 
“Chiama Blaise, Mirtilla.” Chiese Draco, tenendo d’occhio la sagoma scura di Potter. “Fa’ in fretta.”
 
Lei non rispose, ma i singhiozzi che riecheggiavano sempre più lontani segnalarono che se ne stava andando. Non abbastanza in fretta.
 
“Che diavolo è appena successo?” Chiese Draco, accorgendosi che Potter aveva lasciato andare un respiro; come se lo stesse trattenendo. Perché? “Ti rendi conto che sei in debito con lei, vero?”
 
Non le devo niente.” E bentornato Potter, colui che aveva sconfitto il Signore Oscuro. Merlino, Draco avrebbe potuto addirittura esultare dopo aver sentito quel tono di voce; determinato, arrabbiato, e pieno di vita. Era esattamente così avrebbe dovuto essere Potter.
 
“Ti ha impedito di sanguinare fino alla morte-”
 
No, lei è la ragione per cui sono quasi morto.” Ribatté il moro. Un forte rumore indicò che aveva sferrato un pugno a una parete dell’armadietto in preda all’irritazione. “Dannazione, credi davvero che sia io ad essere in debito con lei? Per poco non mi lasciava morire quel giorno, dopo che le avevo promesso di…” Ma a quel punto si interruppe, serrando la mascella. Maledizione; c’era così vicino.
 
“Cosa le avevi promesso?” Chiese piano Draco, ma strinse i denti quando Potter rimase testardamente in silenzio. In quel momento era più facile ricevere informazioni da Weasley che dallo Sfregiato. “Va bene. E lei cos’ha fatto?”
 
“Non vedo perché sia così importante.”
 
“Perché lo è.” E avrebbe potuto rifletterci finché si non si fosse ficcato in quella testaccia incredibilmente dura che Draco voleva sapere quelle cose di Potter. Che si sentiva pieno di rabbia quando gliele nascondeva, che si sentiva furioso quando lo prendevano in giro, che si sentiva vivo quando si baciavano.
 
Cazzo, nessuno poteva essere così ottuso!
 
Potter non disse nulla. Draco non pensava che avrebbe più parlato finché Blaise non li avesse raggiunti per tirarli fuori da quello stupidissimo-!
 
“Stavo sanguinando.” Borbottò Potter con un filo di voce, quasi senza emettere alcun suono. “Le ferite si erano aperte. Ero in panico. Non riuscivo a parlare.” Si mosse ancora, a disagio. Molto probabilmente non voleva raccontargli quella storia; allora perché lo stava facendo? “E Mirtilla mi ha trovato.”
 
Draco si accigliò. Pensava che Mirtilla fosse arrivata lì quando era già privo di sensi; di certo non aveva detto a nessuno che era sveglio quando l’aveva trovato.
 
“Ed è rimasta a fissarmi.”
 
Draco sentì il suo stomaco stringersi dolorosamente; gelarsi. Lei non l’avrebbe mai fatto
 
“E ha continuato a fissarmi. Ancora e ancora. Non ha chiamato i soccorsi neanche una volta. Stavo morendo, e lei continuava soltanto a fissarmi.”
 
“…può darsi che fosse in stato di-”
 
Shock? Cazzo, no! Ha continuato a fissarmi per via di quella stupida promessa che le ho fatto. Se fossi morto, avrebbe avuto esattamente quello che voleva!” Di che promessa si trattava? Sperava che adesso non fosse più valida. Potter aveva il respiro pesante ed era appoggiato sul fianco di Draco. Faceva troppo caldo lì dentro; era stretto e caldo.
 
Malfoy poteva a malapena a muoversi, eppure la sua mano voleva farlo. Ma le intenzioni della sua mano non avevano assolutamente nulla a che fare con il voler calmare i lamenti deliranti di Potter.
 
Fingendosi sicuro di sé, Draco allungò la mano e afferrò il pugno chiuso e sudaticcio dell’altro.
 
Non fu respinto.
 
.
 
.
 
.
 
“Draco, piccolo bastardo pervertito, sono così fiero di te!”
 
Draco lasciò cadere la testa all’indietro con un forte tonfo, ignorando il dolore che si propagò fino al suo cranio. Poteva permettersi di uccidere un paio di neuroni a patto che quello fosse solo un orribile incubo crudele. Non voleva sorbirsi le frecciatine, gli occhiolini e i doppi sensi di Blaise in quel momento.
 
Aveva pianificato attentamente come avere per sé più parti di Potter, e, chi sa come, era riuscito a toccare con entrambe le mani la sua pelle cocente. Un braccio era intorno alle spalle di Potter, e gli permetteva di appoggiare stancamente la testa su Draco. La guancia dell’altro era contro le sue clavicole, ed era meraviglioso. L’altra mano non avrebbe lasciato andare il polso di Potter senza opporre resistenza; stava di nuovo accarezzando la soffice pelle con il pollice, e sorrideva ogni volta che sentiva dei piccoli brividi percorrere il corpo del moro. Si stava lentamente rilassando, lentamente aprendo…
 
E Blaise aveva rovinato tutto con quell’entrata plateale.
 
Potter era sobbalzato non appena aveva sentito la voce, rintanandosi velocemente nel suo angolino ristretto. Maledizione. Doveva essere completamente arrossito, sorpreso e mortificato sia per aver permesso a Draco di avvicinarsi così tanto, che per il fatto che gli era indubbiamente piaciuto.
 
C’era così fottutamente vicino.
 
“E Potter, lasciami solo aggiungere… vecchia volpe.
 
“Blaise, se non apri quest’armadietto nel giro di dieci secondi giuro che-!”
 
“Sono solo così orgoglioso.” Continuò Blaise, un singhiozzo palesemente finito riecheggiò nella stanza. Si stava divertendo fin troppo, quel coglione. “Vorrei ringraziare Pansy per aver insegnato a Draco tutto quello che sa. È stato un processo estenuante, ma a quanto pare ne è valsa la pena-”
 
Draco tirò un sospiro quando Potter ridacchiò al suo fianco; ancora in imbarazzo, probabilmente, ma almeno era divertito. Tch. Allora non avrebbe gradito che Draco strangolasse il suo amico con i suoi stessi testicoli.
 
“Se non mi lasci uscire di qui, giuro su Salazar che racconterò a tutta la casa di Boris: Seconda Parte.
 
Quello fece davvero scoppiare a ridere Potter; accidenti, anche Draco si ritrovò a sorridere, anche se per ragioni differenti.
 
“C’è una seconda… l’hai fatto più di una volta?!” Rise Potter, cercando di prendere aria mentre Blaise sbuffava.
 
“Sei uno stronzo, Draco.”
 
“Bell’ intuizione.”
 
Aspettò un altro paio di agonizzanti secondi, ascoltando un suono di sfregamento sulla porta dell’armadietto. Finalmente si aprì, rivelando un Blaise divertito con le sopracciglia suggestivamente alzate e un ghigno stampato sulle labbra. Oh Dio, ecco che iniziavano i doppi sensi.
 
Draco si spostò verso l’entrata, e ringhiò mentre si stiracchiava finalmente i muscoli indolenziti. Merlino, non sapeva neanche dell’esistenza di alcuni di essi.
 
“Sei dolorante?” Chiese Blaise, e ridacchiò quando Draco riuscì a racimolare le forze per alzargli il dito medio, afferrando la mano di Potter per far uscire anche lui. Non riuscivi a realizzare quanto era davvero vulnerabile finché non lo vedevi annaspare in quel modo ad ogni passo. Era… da spezzare il cuore, per le persone che ce l’avevano. Draco non si collocava in quella categoria. Merlino sapeva bene che i Malfoy non vi rientravano.
 
“Allora? Mi riferirete i piccoli, succosi… che cazzo è successo agli occhi di Potter?”
 
Draco si voltò a fissarlo, scuotendo velocemente la testa. Non era il momento il posto adatto.
 
“Un incidente di pozioni.” Rispose in fretta, nell’istante in cui anche Potter decise di rispondere.
 
“Sono finito contro una porta.” Ci fu in imbarazzante silenzio quando entrambi realizzarono di aver inventato due scuse differenti. “dopo un incidente di pozioni.” Aggiunse Potter un po’ troppo tardi, senza curarsi se l’altro ci credesse o no. Non sembrava nemmeno imbarazzato.
 
“Uh-uh.” L’avevano sicuramente convinto.
 
“Malfoy, qualunque cosa tu voglia mostrarmi, farà meglio a valerne la pena.” Aggiunse Potter, ignorando completamente Blaise. O provando a ignorarlo; era così bravo a fingere senza i suoi occhi. Così difficile da leggere.
 
Draco aveva bisogno di quegli smeraldi.
 
.
 
.
 
.
 
Malfoy aprì un’altra porta, accompagnando Harry all’interno della stanza. Il suo entusiasmo aveva praticamente preso forma. Riusciva a percepire che il biondo stava sorridendo, con gli occhi che gli brillavano. La porta si chiuse pianissimo e delle mani delicate lo guidarono al centro della stanza.
 
Infine lo lasciarono andare. Harry le volle immediatamente indietro; non sapeva dove si trovasse. Non sapeva se il muro fosse proprio di fronte a lui, o a cento metri di distanza. Le mani erano una costante, qualcosa che lo rendeva stabile. Anche se odiava ammetterlo, in quel momento non lo era più così tanto.
 
Finì per mettere le braccia conserte.
 
“Cosa senti?” Sussurrò Malfoy alla sua destra. ‘Provò a sussurrare’ era più accurato; aveva a malapena emesso qualche suono, a stento aveva aperto la bocca.
 
Lì? Non c’era nulla da sentire. Si poteva pensare che, così in profondità nei sotterranei, riecheggiassero delle gocce, oppure che ci fosse un silenzio inquietante ma non esattamente così privo di suoni; che ci fosse stato il vento, o uno fruscio che ribalzasse sulle pareti. Uno di quegli stupidi rumori che sembravano usciti direttamente da un incubo o da un film horror. Non c’era nulla di tutto questo; non riusciva a sentire nemmeno il suo cuore, a meno che non si concentrasse.
 
Che diavolo aveva in mente Malfoy? Non c’era nulla lì.
 

 
Oh.
 
Assolutamente niente.
 
Malfoy aveva ragione; era fantastico.
 
.
 
.
 
.
 
6. Sentire il silenzio assoluto.
 
.
 
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.
 
 
Harry mandò giù la pozione fetida, cercando di non avere conati. Madama Chips dovette tappargli il naso per evitarlo, e anche costringerlo a berla. Riusciva a sentire il biondo ridacchiare sotto i baffi, come se la puzza non raggiungesse anche lui. Lo sentiva che aveva dei conati fra un risolino e l’altro, quello stupido ipocrita.
 
Madama Chips iniziò a srotolare le bende, rimuovendole lentamente dal suo volto. Con esitazione.
 
Molto rassicurante.
 
L’ultima benda cadde. Tutti trattennero il respiro.
 
Se questa non funzionava, Harry avrebbe fatto un favore a tutti e si sarebbe buttato giù dalla torre di astronomia. Non gli sarebbe dispiaciuto morire cadendo. Cazzo, non poteva vedere nemmeno il terreno che si avvicinava; come si poteva aver paura di qualcosa che non si vedeva?
 
Harry aprì gli occhi, e per poco non scoppiò in lacrime quando vide Malfoy ricambiare il suo sorriso compiaciuto. 

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Capitolo 22
*** Non tentarmi! ***


Cos'è questo? Un regalo di Natale extra tutto per voi <3
Buon Natale a tutti i nostri lettori!
Un bacione a tutti,
malpensante e Panda-chan






Capitolo 22 – Non tentarmi!
 
 
Okay. Un bel respiro. Doveva riprovarci.
 
Pagina trecentododici.
 
Succorbentis.
 
Harry lesse la parola un bel po’di volte, a denti stretti. “Succorbentis. Succorbentis. Fottutissima Succorbentis.” Sembrava crudele detta ad alta voce, malvagia. Violenta. Niente di quella parola ispirava delicatezza o gentilezza. Un suono veloce, brusco. Calzava a pennello. Forse il mondo magico doveva cambiarla in ‘Colei-Che-Non-Deve-Essere-Nominata’ oppure in ‘Tu-Sai-Cosa’. Probabilmente, solo allora Harry sarebbe riuscito a pronunciarla senza problemi. Per sua sfortuna, nel frattempo doveva abituarsi a quel sordo dolore che gli risuonava nel petto.
 
-Quest’incurabile malattia ha terrorizzato la comunità magica per secoli.-
 
Bel miglioramento dall’ultima volta, Harry. Doveva solo respirare e sarebbe andato tutto bene.
 
-Non se ne conoscono le cause, ma stando alla mitologia degli inizi del dodicesimo secolo, il demone dell’invidia, Succorbenoth, maledisse un vescovo (un’occupazione babbana destinata all’insegnamento della religione babbana.) di nome Edward Worthy. A quanto pare Worthy, che era uno stregone dotato di straordinario talento e potere, provocò il demone con la sua magia. Invidioso delle sue abilità, il demone maledisse il cuore vero e proprio della sua magia, riuscendo con efficacia a ritorcergliela contro.-
 
Harry serrò la mascella, stringendo i pugni. Gli tremavano per l’impulso di fare a pezzi quell’orribile libro. Fu difficile trattenersi, ma ci riuscì.
 
E comunque doveva informarsi. Non poteva sconfiggerla con l’ignoranza.
 
.
 
.
 
.
 
Neville fissava corrucciato il suo tema di incantesimi ancora in bianco, tamburellando leggermente la penna sul foglio di pergamena. Era seduto lì da più di un’ora, ma era riuscito a scribacchiare soltanto la traccia. Poi aveva trasformato la stessa traccia in un’introduzione. A quel punto, si era bloccato. A chi importavano i settantatré modi differenti di ‘agitare’ la bacchetta e le loro conseguenze? Come poteva importare a qualcuno, visto il caos che c’era a scuola?
 
Tutti stavano soffrendo, e la situazione non sembrava migliorare. Invece di restare semplice tristezza, quel dolore si era trasformato in rabbia, ed era piuttosto spaventosa da gestire.
 
La maggior parte dei sui compagni di casa erano arrabbiati e sorridevano solo quando complottavano nuovi scherzi o incantesimi da sperimentare sui Serpeverde. Capiva il loro bisogno di vendetta, ma la cosa stava andando fuori controllo. I Professori andavano informati, e se già lo erano dovevano intervenire al più presto. Gli incantesimi erano una cosa; le maledizioni un’altra.
 
E Harry…
 
Cosa doveva fare? Aveva ferito il suo amico; si era abbassato al livello di tutti gli altri. Era determinato ad andare dritto da lui e scusarsi appena l’avesse incrociato. Aveva diritto ad avere segreti; tutti ce li avevano, no? Se non voleva l’aiuto di Neville, andava bene. L’avrebbe osservato e aspettato da lontano, e se Malfoy si fosse azzardato anche solo a rivolgergli un ghigno di troppo…!
 
Si ritrovò a sospirare, tamburellando di nuovo la penna. C’era qualcosa che non andava. Era come una di quelle risposte irritanti che avevi proprio sulla punta della lingua, e che ricordavi solo alle due del mattino invece che a lezione. Però i giorni passavano, e lui cercava ancora di venirne a capo senza alcun successo. Era impossibile.
 
Delle risate dall’altra parte della sala attirarono la sua attenzione, facendolo sorridere. Ron, Seamus e Dean stavano ridacchiando nell’angolo mentre leggevano una lettera. Seamus era a metà fra il divertito e l’imbarazzato. Era bello che si distraessero, che fossero felici. Sembravano addirittura sul punto di dimenticare il passato, e andare avanti con le proprie vite. Ron guardò alla sua destra, come se avesse voluto dire qualcosa, ma si bloccò. Con cipiglio osservò il posto tristemente vuoto accanto a lui, poi si voltò di nuovo verso gli altri con un finto sorriso sulle labbra.
 
Era strano non vedere Harry seduto lì con loro. Di solito sarebbe stato accanto a Ron, a passarsi una mano fra i capelli, a pulirsi gli occhiali, o a ridere fino a star male, piegato in due sulla sedia…
 
Con un po’ di fortuna, sarebbe tornato alla Torre Grifondoro se Neville gliel’avesse chiesto. Se l’avesse implorato. Avevano bisogno di lui più di quanto credeva.
 
“Hai bisogno d’aiuto, Neville?”
 
Si voltò sorridendo quando Hermione si unì al suo tavolo guardando con felicità gli altri ragazzi. Ecco perché erano tornati ad Hogwarts. Non per le vendette infantili, ma per momenti come quelli.
 
“Nah, è tutto sotto controllo.”
 
“Davvero?” Alzò le sopracciglia, guardando la pagina in banco di fronte a lui. “Perché nel giro di un’ora non ti sei né mosso né tantomeno hai scritto qualcosa, a parte il titolo… e non credo che ‘swish’ sia la parola adatta.”
 
Hermione era diventata più silenziosa quell’anno, meno autoritaria. Aveva messo in chiaro che dovevano smetterla di contrastare i Serpeverde, ma non si era fatta valere. Tuttavia, si poteva dire lo stesso anche di Neville.
 
“Sì, lo so. Sono solo…”
 
“Preoccupato?” Neville si ritrovò ad annuire, anche se non voleva stressarla con i suoi pensieri. Avevano già troppo di cui preoccuparsi, senza che ci si mettessero anche gli altri. Cavolo, Hermione era quella con più problemi al momento; aveva perso entrambi i suoi amici quell’anno, in un modo o nell’altro. C’erano così tante cose che non potevi dire al tuo fidanzato; come lamentarsi di lui, per esempio. Era ad un punto morto. Non poteva rivolgersi a uno di loro due senza far arrabbiare l’altro. “Vuoi parlarne?”
 
“Non voglio stressarti.”
 
“Sarebbe difficile. Niente può stressarmi, eccetto Malfoy.”
 
Neville restò a fissarla, poi annuì quando l’altra comprese. In quel momento tutti parlavano solo di Malfoy.
 
“Grandioso. Cos’altro ha combinato il furetto?” Hermione storse il naso mentre lo diceva; e non perché stava parlando del biondo. Ma perché non riusciva a credere di essersi ridotta a usare un soprannome così infantile; ormai lo facevano senza rendersene conto. Un’altra abitudine da stroncare.
 
“Non lo so.” Rispose sinceramente Neville, facendo tamburellare di nuovo la penna. È questo che mi infastidisce. Deve aver incastrato Harry in qualche modo, ne sono sicuro-”
 
“Harry è un uomo adulto e sa badare a se stesso.” Lo interruppe la strega con un sorriso; non ci credeva neanche lei, neanche un po’. “Può gestire Malfoy da solo.”
 
“Ne sei proprio sicura?” La sfidò Neville, accigliandosi. “Sai benissimo quanto era ossessionato da lui in passato… si è sempre comportato in maniera strana quando Malfoy era nelle vicinanze. In un modo o nell’altro lo sta manipolando. Non so come, ma è l’unica spiegazione plausibile. Altrimenti perché Harry avrebbe deciso di allontanarsi da noi? Perché scegliere pubblicamente la compagnia di Malfoy? Non ha alcun senso. Non era mai stato interessato alla sua amicizia prima d’ora.”
 
Hermione restò in silenzio per un momento, la sua fronte si increspò. Ma scosse comunque la testa. “Malfoy l’ha aiutato durante la guerra.” Disse piano, lanciando uno sguardo a Ron prima di continuare. “Aveva la possibilità di consegnarci a Voldemort, ma non l’ha fatto.”
 
Neville poté sentire la sua bocca spalancarsi. Malfoy? Avrebbe venduto addirittura sua nonna per scampare a una punizione, eppure… si era rifiutato di consegnarli a Voldemort? Era… assurdo. Perché fare una cosa del genere? “No, ci deve essere sotto qualcos’altro. Harry fa tutto quello che gli dice… hai visto con i tuoi occhi quanto era disperato il giorno in cui andammo a trovarlo in infermeria, dopo l’incidente con il Platano Picchiatore; non ho mai visto Harry supplicare in quel modo.”
 
“Ha fatto la sua scelta, Neville.”
 
“E se non fosse così?” Insistette, in preda alla disperazione. “Se fosse stato costretto? L’altro giorno l’ho visto-”
 
“Hai visto i suoi occhi?” Chiese Hermione a bassa voce, fissando il tavolo per evitare l’espressione sorpresa dell’altro. Quando era andata a trovarlo?
 
“Sì, li ho visti.” Rimasero in silenzio pensando a Harry bendato e indifeso nell’infermeria. Non poteva né guardarli negli occhi né sapere da che parte erano senza che glielo indicassero. Non riusciva neanche a raccogliere un libro da terra, pensò Neville. “Non so che razza di pozione stessero-”
 
Pozione? Hermione alzò di scatto lo sguardo, assottigliando gli occhi pericolosamente. Finalmente; un po’ di quella caparbietà Grifondoro che a Neville era tanto mancata. “A me hanno detto che si è trattato di un incantesimo andato male.”
 
“Malfoy mi ha detto che è stata colpa di un incidente di pozioni.”
 
“Madama Chips invece mi ha detto che stavano facendo esperimenti sul Lumos.” Neville si accigliò, riflettendo. Perché avevano raccontato due versioni discordanti? Cosa diavolo stavano nascondendo? “Malfoy mi ha praticamente cacciato via dalla stanza.”
 
“Anche a me.”
 
“Ci sono andata di notte.” Aggiunse Hermione, pensierosa. “Era tardi, molto tardi. Perché Malfoy era lì a quell’ora? Madama Chips non l’ha nemmeno rimproverato, ha semplicemente accettato la cosa… che sia coinvolta anche lei? Ma no, è una professoressa.”
 
“Stanno sempre attaccati.” L’euforia di Neville aumentava sempre di più; Hermione gli credeva. Se c’era una persona abbastanza intelligente da scoprire la verità, era senz’altro la sua amica. “E non credo proprio che escano insieme, che stiano per sposarsi, che si stiano corteggiando, o qualunque siano i pettegolezzi del momento.”
 
“Certo che no,” Rise Hermione, un po’ confusa. “Harry è etero, in ogni caso. E se davvero uscissero insieme, si sarebbero toccati in pubblico almeno qualche volta. Strusciando le spalle, tenendosi per mano; non fanno niente di tutto questo.”
 
Esatto!” Neville stava sorridendo adesso; riusciva praticamente a visualizzare gli ingranaggi di quella mente brillante in azione. “Allora mi credi, vero? C’è qualcosa sotto.”
 
Hermione annuì, ma era ancora pensierosa. “È così pallido ultimamente, e ha perso molto peso… classici segni di stress.”
 
“Quindi mi aiuterai a scoprire cosa gli stanno facendo?”
 
Hermione esitò ancora, lanciando uno sguardo ai ragazzi che se la ridevano nell’angolo. Entrambi videro Ron muoversi di nuovo a disagio sulla sedia. Aveva gli occhi spenti, non vivaci come quelli degli altri due. Era come se non riuscisse a evitare di voltarsi verso il posto vuoto accanto a lui; era un impulso irrefrenabile, visto che Harry era stato lì al suo fianco per anni.
 
“Ti darò una mano. Forse Harry sta aspettando il nostro aiuto.” Non suonò rassicurata, ma era già abbastanza. Potevano aiutare Harry a liberarsi di Malfoy.
 
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Ventiquattro.
 
Sarebbe entrato nella storia; il numero Ventiquattro.
 
Si sarebbero dimenticati della sua vittoria contro Voldemort, o del titolo ‘Ragazzo Sopravvissuto.”
 
No, avrebbero dimenticato tutto appena si sarebbe sparsa la voce che era la ventiquattresima persona nella storia a contrarre la Succorbentis.
 
Come diavolo era possibile?
 
Certo, aveva sentito che era rara, ma sul serio?
 
Significava che a beccarsi la malattia erano state ventiquattro persone su sei miliardi e mezzo di quelle esistite a partire dal dodicesimo secolo. Era ridicolo.
 
Solo una persona su circa duecentosettanta milioni l’aveva contratta.
 
L’Universo era un bastardo.
 
Tutti e ventitré i poveretti erano morti. Ovviamente.
 
Quattordici erano impazziti. Altri due ci stavano andando vicino.
 
Dodici di loro si erano suicidati.
 
Un altro era stato ucciso. Per sua fortuna.
 
Otto erano morti per mano della loro stessa magia, prima che potessero soccorrerli. Polmoni collassati, arresti cardiaci, crani spaccati, arti esplosi, reni scomparsi… una ragazza era stata arrostita come una patatina; come, non si sa.
 
Una fantastica lettura serale.
 
Il tempo medio era di cinque mesi. Uno di loro era durato solo due settimane, il più longevo invece… no, non era possibile.
 
Tre anni?
 
Come?
 
Harry si accigliò, imprimendosi a fuoco quel nome nella mente. Simon Harvey. Morto nel millenovecentosettantotto; suicidio.
 

 
Come ci era riuscito?
 
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Harry sospirò non appena mise piede nella Sala Grande, prendendo nota delle solite conversazioni interrotte e l’aumentare del brusio. Non potevano farsi semplicemente i cazzi loro? Era troppo da chiedere? A quanto pareva, sì. Almeno sarebbe stato interessante sentire l’ultimo pettegolezzo. Forse.
 
Non voleva essere lì. Madama Chips l’aveva cacciato dall’infermeria dicendogli che era sano come un pesce, e ignorava totalmente il motivo per cui Harry aveva voglia di mozzarle quella lingua bugiarda per aver anche solo pensato di dire una cosa del genere. Dopo ore passate a gironzolare per i corridoi, la fame l’aveva condotto lì; se ne stava goffamente in piedi sull’uscio della Sala Grande, senza sapere cosa fare. Probabilmente avrebbe rubato un piatto di cibo e sarebbe andato a mangiare in cortile, nonostante l’incessante bufera di neve. I Grifondoro avevano messo bene in chiaro che non lo volevano.
 
Sebbene in fin dei conti lo considerasse un miglioramento, visto che nessuno avrebbe sofferto per… uhm… la fine della sua esistenza… era comunque sorpreso dal dolore che provava. Li aveva ignorati per tutto l’anno, quindi come mai si aspettava che gli offrissero un ramoscello d’ulivo? Si raccoglie quello che si semina, e lui stava decisamente raccogliendo in quel momento.
 
Nonostante tutto, non si aspettava di essere cacciato dalla Torre Grifondoro. Cos’è che li aveva fatti arrabbiare così tanto? Era perché aveva fatto entrare i Serpeverde? Ma loro non si erano mica lasciati prendere dalla frenesia, lanciando maledizioni a destra e a manca; e non avevano neanche lasciato lì un molliccio per terrorizzarli al mattino seguente, o spinti giù dalle scale della torre. Anzi, i Serpeverde non avevano mai neanche pensato di fare quel genere di cose. I Grifondoro, al contrario, sì.
 
Capiva che erano arrabbiati con lui per non essere andato al funerale. Capiva perfettamente quanto fossero feriti. Dopotutto, nessuno sarebbe andato al suo di funerale; solo il prete, e forse Malfoy.
 
Harry esitò ancora, incrociando gli sguardi dei suoi ex compagni di casa con un sopracciglio alzato. Non avrebbe dato loro la soddisfazione di vederlo agitato o ferito. Non avrebbe mai sospettato che sarebbero stati crudeli di proposito.
 
“Andiamo, Sfregiato,” Harry rimase di stucco quando Parkinson lo prese a braccetto, sbucando dal nulla. “Potresti fare lezione ai cuccioli nel dipartimento ‘Bastonato e Sofferente.”
 
“Avrei optato per ‘Distante ma Arrabbiato’.” Rispose con cautela, permettendole confusamente di tirarlo via dal tavolo. Merlino, come se la cosa non sarebbe servita solamente a confermare i loro sospetti.
 
“Oh per favore, la tua espressione indifferente è la stessa di una persona presa a pugni fin troppe volte in età infantile. Era decisamente uno ‘sguardo da cane bastonato’.” La ragazza lo guardò, un ghigno le incurvava le labbra. Non era assolutamente brutta come le ragazze delle altre case la descrivevano; i suoi occhi erano grandi ed espressivi. Come aveva fatto a non accorgersene? “Attento, Potty, se continui a guardarmi così penseranno che ti sei innamorato di me. E a cosa ci porterebbe? A Draco che si comporta da stronzo lunatico da una parte e al mondo magico assetato di sangue dall’altra.”
 
Harry riuscì solo a balbettare qualcosa quando lei lo spinse sulla panca, lasciandosi cadere pesantemente accanto a lui.
 
“Li ho sentiti all’entrata, Draco. Ne stanno pianificando un’altra delle loro; non possiamo starcene qui a…” Nott si interruppe e alzò le sopracciglia quando i due si sedettero. Scambiò un ghigno con Zabini, piegando la testa da un lato per analizzare un Harry dall’aria circospetta. Questo sì che lo faceva sentire al suo agio, un bel nido di vipere.
 
I bisbigli alle sue spalle aumentarono e si propagarono viscidamente da una bocca oltraggiata all’altra. Perché erano così sorpresi? Luna si era unita spesso al tavolo dei Grifondoro; era davvero un’azione così sconcertante?
 
“‘Giorno, Potty.” Harry alzò di scatto lo sguardo su Malfoy, stampandosi un falso sorriso sulle labbra. Non si sarebbe comportato da Grifondiota depresso e petulante proprio quando l’avevano invitato a sedersi al tavolo Serpeverde; non sarebbe successo, nonostante l’impellente bisogno di chiudersi nella Camera dei Segreti per il resto della sua vita. Anche se breve.
 
“‘Giorno, Malfoy.” Cercò di sorridere, sperando di non fallire alla grande. Gli occhi di Malfoy si assottigliarono leggermente. Grandioso. “A quanto pare, sono stato cacciato.”
 
“Non era già evidente quando ho dovuto recuperare i tuoi effetti personali?”
 
“No. È solo che adesso è ancora più evidente; sono stato cacciato anche da…uhm… dall’altro posto.”
 
“Quale altro posto?” Chiese immediatamente Nott, nello stesso momento in cui Parkinson pretese di sapere se Malfoy le stesse nascondendo qualcosa. Harry doveva davvero imparare a chiudere quella dannatissima bocca!
 
“Cos’era successo ai tuoi occhi?” Harry sbatté le palpebre, voltandosi verso un Zabini dall’aria profondamente confusa. Il ragazzo dalla pelle scura aveva la testa piegata da un lato e le sopracciglia aggrottate. Era una delle poche persone a sapere cos’era successo e, stranamente, Harry voleva che restasse così. “Adesso che il peggio è passato… cos’era successo? È stata una pozione o una porta? Avete avuto un sacco di tempo per far combaciare le vostre versioni.”
 
“Occhi?” Harry si accigliò, assicurandosi di mantenere il contatto visivo; se avesse distolto lo sguardo avrebbero capito che stava mentendo. “Di che stai parlando? I miei occhi sono apposto. Be’, tranne per il fatto che ho bisogno degli occhiali-”
 
“Non trattarmi da stupido, Potter.” Sorrise Zabini, “So cosa ho visto. Neanche tu puoi negarlo.”
 
“In tutta onestà, non ho idea di cosa tu stia parlando.” Scrollò le spalle, come se non importasse. “Forse te lo sei immaginato?”
 
“Sì, e sono sicuro di essermi immaginato anche di beccare te e Draco chiusi in un armadietto-”
 
Cosa?! Urlò Parkinson, riuscendo ad attirare l’attenzione di tutta la sala. “Li hai beccati a fare cosa?!”
 
Draco alzò le sopracciglia in risposta a quella scenata, ghignando fra sé e sé. Harry non osò guardarlo, altrimenti sarebbe apparso sospetto. Si stava costringendo a non arrossire con la sola forza di volontà; forse aveva sperato che accadesse qualcosa di più in quell’armadietto. Accidenti a Zabini e al suo tempismo irritante.
 
“È vero, Draco?” Chiese gioiosamente Parkinson, saltando quasi dalla panca. A dirla tutta… il suo enorme interesse per la faccenda era piuttosto irritante. Pregava Dio che non si trasformasse in una fangirl.
 
“Non so, né ho voglia di sapere a quali circostanze Blaise si riferisca.” Rispose seccamente Draco, sorseggiando la sua spremuta d’arancia come se fosse vino, oppure porto. Ne dava davvero l’impressione. “Se stai facendo dei sogni fantasiosi su me e Potter, Blaise-”
 
“Bleah! No, non azzardarti ad andare oltre, Draco!”
 
“Sono sicuro che potremmo-”
 
“Basta! Le mie orecchie! Bruciano!”
 
Harry si ritrovò a ridere nel suo calice e per poco non si strozzò con il succo. Riusciva a sentire di nuovo lo sguardo insistente di Malfoy su di lui, era piuttosto difficile ignorarlo da pochi metri di distanza.
 
“È bello quando lui è dalla tua parte, vero?” Sussurrò Nott accanto a Harry, dandogli una piccola gomitata sul braccio, quasi con aria di complicità. Nessuno dei due si aspettava l’urlo che scappò dalle labbra mortificate di Harry.
 
Un bruciore lancinante si irradiò dal punto esatto in cui Nott l’aveva toccato, diffondendosi per tutto il braccio. Harry si allontanò velocemente da lui, e fu sorpreso quando l’altro lo imitò, alzando le mani in segno di resa. “Okay, va bene, non ti tocco più…” Borbottò, sia offeso che irritato. Harry sentì il senso di colpa invaderlo prima che qualcun altro attirasse la sua attenzione.
 
“Che è successo al tuo braccio?” Chiese Malfoy, assottigliando di nuovo lo sguardo. Merlino, perché Harry non poteva trascorrere un’intera giornata senza che accadesse qualcosa? Qualcosa di imbarazzante o umiliante.
 
“Non lo so.” Harry sperò che quella risposta archiviasse la conversazione.
 
“Be’ controlla, allora.” Ma ovviamente non lo fece; era con Malfoy che stava parlando. Ancora una volta, gli occhi di quasi tutti i Serpeverde erano puntati su Harry. Non ebbe altra scelta che scostare il mantello dal braccio sinistro, e storcere il naso davanti a un enorme livido viola comparso proprio sopra il suo gomito. Trasalì mentre si scorciava la manica, rimanendo a bocca aperta; il livido era ancora più esteso, e andava dalla spalla al gomito. Stava male solo a guardarlo. Come diavolo se l’era fatto?
 
“…avrò urtato qualcosa.” Borbottò, pensieroso. Era sicuro che quella cosa non era lì quando si era vestito poche ore prima. Oppure non l’aveva notato?
 
“Come hai fatto a non accorgertene? Sembra che un troll ti abbia preso a randellate.”
 
“Giuro che la mia gomitata non era così forte!” Disse Nott, con le mani alzate sulla difensiva. Era strano… ma sembrava che si sentisse in colpa.
 
“A meno che il tuo gomito non abbia le dimensioni di un troll, ne dubito.” Rispose seccamente Harry, picchiettando il livido con un sussulto.
 
“Non toccarlo!” Malfoy si allungò dall’altra parte del tavolo, afferrò la mano di Harry e la costrinse ad allontanarsi dalla pelle sensibile. “Cosa sei, una specie di bestia primitiva? Lascialo guarire, citrullo.”
 
 
“Citrullo?” Harry rise, alzando le sopracciglia. “Questa mi è decisamente nuova.”
 
“Sta’ zitto.”
 
“Costringimi.”
 
“Non credere che non lo farò.”
 
“Non lo farai.”
 
“Vuoi scommettere?”
 
“Oh, ci scommetto eccome.” Sorrise Harry, aggiustandosi il mantello. Non si accorse delle espressioni sbalordite, incerte, e disorientate degli altri Serpeverde finché non restarono in silenzio per fin troppo tempo. Si guardò intorno, sentendosi stranamente a disagio.
 
“Che c’è?”                                                              
 
“Hai appena… avuto un battibecco con Draco.” Sorrise Pansy, “Come una coppietta di vecchi sposi.”
 
Io non riesco a credere che Draco si sia appena comportato da immaturo.” Aggiunse Blaise, tanto per rincarare la dose. “Quasi come se fosse, come dire… un ragazzino.”
 
“Andate al diavolo. Tutti quanti.” Harry guardò il biondo stizzito, e ridacchiò per la sorpresa quando le sue guance si colorarono di rosa. Era in imbarazzo. Dolce Merlino.
 
“Oh Salazar… Draco sta arrossendo!
 
Gli occhi di Malfoy si assottigliarono. “Diamo inizio alla seconda parte di Boris il-”
 
“Okay, gente, lo spettacolo è finito!” Intervenne velocemente Zabini, poi lanciò un’occhiataccia a Malfoy e coprì gli occhi di Parkinson. Letteralmente. “Non c’è più niente da vedere! Draco, sei uno stronzo.”
 
Harry ghignò fra sé e sé, incrociando lo sguardo di Draco. Il biondo gli fece l’occhiolino, tornando alla sua colazione.
 
I Serpeverde non erano niente male.
 
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“Signor Malfoy, devi recuperare. Avrai anche una predisposizione per le pozioni, ma il solo talento non è abbastanza per passare l’esame finale, non trovi, caro ragazzo?” La voce risonante di Lumacorno attirò l’attenzione di tutta la classe, scioccandone la maggior parte.
 
Harry posò lo sguardo sul suo partner di pozioni, notando che si era leggermente irrigidito e i suoi occhi avevano un bagliore pericoloso. Perché non aveva fatto i compiti? Perfino Ron ci era riuscito, non erano particolarmente difficili.
 
“Certo, Signore.” Rispose infine il biondo, e quando il professore si diresse dall’altra parte della classe, assottigliò lo sguardo. “È evidente che hanno completamente tirato a indovinare, stupido grassone.” Borbottò, tornando al suo calderone.
 
“Perché non hai fatto i compiti?” Chiese Harry, tagliuzzando una radice di mandragora. Non gli era permesso di toccare la pozione vera e propria, non con un partner come Malfoy. L’aveva etichettato come ‘il preparatore’. Qualunque cosa significasse.
 
Malfoy lo guardò con la maschera in posizione. Harry pensò quasi che non gli avrebbe risposto, ma poi l’altro alzò gli occhi al cielo con fare irritato. “Erano un gioco da ragazzi; non sprecherò il mio tempo a studiare argomenti del primo anno.”
 
Ah. “Non erano un gioco da ragazzi.” Harry si assicurò di non incrociare il suo sguardo. Dopotutto, doveva tagliare le radici in modo perfetto. Al millimetro.
 
“Come puoi averli trovati difficili.”
 
Harry scrollò le spalle, ignorando la risata dell’altro. A dirla tutta ci aveva messo un bel po’ di tempo per trovare la soluzione al tema, e aveva avuto problemi anche ad arrivare alla lunghezza richiesta. Pozioni non era proprio il suo forte, anche se era l’unica materia in cui poteva essere promosso. Riusciva già a vedere il Numero Diciotto della sua lista che si allontanava.
 
“Non era il più facile dei-”
 
“Forse hai bisogno di un tutor, Potter.”
 
“Strano,” Harry sorrise, apparendo cinquanta volte più sicuro di sé di quanto lo era in realtà. “Mi sembra di ricordare che mi hai pedinato fino alla biblioteca per ‘aiutarmi’ con i compiti… ma quel che è certo è che non li abbiamo neanche iniziati.”
 
“Erano un altro genere di compiti.” Rispose immediatamente Malfoy, con tranquillità; ad ogni modo ghignò, aggiungendo le radici alla pozione. “Smettila di arrossire, Potter, o gli altri penseranno che siamo degli incivili. E noi non vogliamo fargli credere che siamo degli incivili, giusto?”
 
“Certo che no.” Concentrati sulla rana da spellare, Harry. Solo sulla rana. “Non ho motivo di arrossire. Non abbiamo fatto niente sul pavimento della biblioteca. Assolutamente niente di incivile.”
 
“Non quanto mi sarebbe piaciuto, devo ammettere.”
 
Harry si ritrovò a deglutire a vuoto; aveva la faccia completamente rossa. Parla più forte, Malfoy. Era sicuro che c’erano alcune classi adiacenti che non l’avevano sentito.
 
Non era possibile che ne stavano parlando… nel bel mezzo della lezione di Pozioni. Harry si voltò, incontrando dei divertiti occhi grigi. Il suo stomaco si strinse all’istante. Non c’era nulla da rispondere, nulla che non avrebbe distrutto o aumentato le aspettative. Quindi rimase in silenzio.
 
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“Professoressa McGranitt!” Harry trasalì quando la sua voce riecheggiò nel corridoio, attirando tutti gli sguardi su di lui. Ma c’era almeno qualcuno che aveva dei compiti da fare? Perché gironzolavano tutti nel castello senza una meta? Almeno lui una scusa ce l’aveva; non dovevano studiare per le verifiche, fare i compiti o pregare per una zia in fin di vita?
 
La McGranitt smise di sgridare due ragazzini del secondo anno, che si muovevano a disagio e tiravano su col naso come se stessero per scoppiare in lacrime. Essere sgridati dalla Preside non era una cosa da tutti giorni. Poveretti.
 
Li congedò con un gesto della mano, ignorando la fila di studenti che volevano la sua attenzione. Strano… Harry si accigliò contando i Grifondoro nella mischia. Undici… doveva essere una coincidenza. Non c’era nulla che collegasse il Grifondoro esiliato, la direttrice della Casa e alcuni delegati Grifondoro provenienti da ogni anno. Proprio niente.
 
“Signor Potter, suppongo che tu sia qui per la lettera?”
 
“Uhm… sì.” Aveva scoperto che la lettera consegnatagli da Neville era da parte di Dudley; grazie a Merlino, lo sveglio Grifondoro aveva avuto la decenza, o la lealtà, di non aprirla. Quell’idiota di suo cugino aveva menzionato la parola ‘cancro’ sette volte in sole cinque righe; come se non fosse già abbastanza evidente. “Era da parte di mio cugino… riguardo a… uhm…”
 
Per sua sorpresa lei annuì e lanciò un veloce Incantesimo Silenziatore attorno a loro. La McGranitt aveva del tatto. Chi l’avrebbe mai detto? “Continua.”
 
Harry deglutì, osservando il gruppo di Grifondoro che lo osservava al di là della barriera. Non sembravano così contenti ora che l’ultimo potenziale pettegolezzo su di lui gli era stato strappato via dalle grinfie. Si sentiva compiaciuto; era forse troppo immaturo fargli la linguaccia?
 
“Sì, ha detto che lei gli ha dato il permesso di assistere alla… ‘chemio’? È, uhm, un termine babbano per-”
 
“Grazie per le premure Signor Potter, ma so già cosa significa.”
 
Harry arrossì per l’imbarazzo, continuando velocemente il discorso. “È questo il problema; il mio… trattamento… è diverso da quello babbano. E…tecnicamente non è neanche un trattamento. Malfoy la chiama ‘tortura’… non posso lasciare che mio cugino mi veda in quello stato…”
 
Se solo i suoi occhi avessero potuto perforargli il cranio. Le narici della donna si dilatarono, e le labbra divennero sottili. “Mi hanno riferito che non ti dispiace che altre persone assistano al trattamento. Non sarebbe rassicurante-?”
 
“Ma è Malfoy.” La interruppe Harry, accigliandosi leggermente. “È completamente diverso. Non mi attira molto l’idea che mio cugino sia lì in quei momenti.”
 
“È stato molto insistente.” Ringhiò lei, mettendo le braccia conserte. “Ho già pensato ai preparativi. Infatti, ho infranto una tradizione decennale permettendo a un babbano di vedere Hogwarts, figuriamoci farlo entrare.”
 
“E lo capisco, davvero.” La interruppe di nuovo Harry, sbrigativamente; si stava preparando a fargli un bel discorso. Era meglio concludere alla svelta. “Si può semplicemente… evitare che assista al trattamento? Non possiamo andare ad Hogsmeade o da qualche altra parte per esempio? Solo per rivederci; lui penserà di fare la cosa giusta nei miei confronti e nessuno si offenderà… è meglio così, giusto?”
 
Harry si lasciò quasi sfuggire un sospiro di sollievo quando la donna spezzò l’Incantesimo Silenziatore, continuando ad osservarlo con i suoi fastidiosi occhi di falco; riusciva davvero a scrutarti l’anima.
 
“Sei un adulto; se proprio non vuoi cambiare idea, faremo come dici tu.” Suonava come se l’avesse offesa, o trattata male. “Comunque, ho la ferma convinzione che stai commettendo un errore.”
 
Harry annuì, voltandosi e tentando di fuggire alla svelta. Era stato difficile quasi come estrarsi da solo un dente con la forza. Era ironico che la gente non volesse avere niente a che fare con lui, ma che continuasse in ogni caso a contestare le sue scelte. La voce della McGranitt lo fermò di nuovo.
 
“Perché le tue cose sono nell’infermeria?” Harry si voltò di scatto, diede un’occhiata al gruppo di studenti distratti e si affrettò a ritornare dalla Preside. Merlino, l’avrebbe presa a schiaffi. Sapeva che non voleva far sentire niente a nessuno! Doveva forse farle firmare un cazzo di contratto per impedirle di rovinargli la vita?
 
Cosa crede di-”
 
“Signor Potter. Rispondi alla domanda.” Okay, in qualche modo era riuscito a farla davvero incazzare. E questa era la sua risposta? Una stupida vendetta? Dio, e dire che aveva cercato di conversare in maniera educata!
 
Harry digrignò i denti, stringendo i pugni lungo i fianchi. Come osava? “Visto tutto il tempo che passo lì, ho pensato che-” Ridusse la sua voce a un sussurro, sperando che gli altri studenti non l’avessero sentito. Era così, ma il suo improvviso scatto d’ira aveva attirato la loro attenzione. “sia più comodo avere tutto a portata di mano.”
 
“L’infermeria non è un dormitorio; non è progettata per ospitare un singolo studente. Per favore, riporta le tue cose alla Torre Grifondoro.”
 
Harry fissò la Preside, cercando di trasmetterle l’enorme quantità d’odio che provava in quel momento. Come osava? “Certo.” Sbottò, voltandosi una seconda volta per andare via. Avrebbe voluto prendere a pugni qualcuno! Perché nessuno lo aiutava a mantenere quel piccolo segreto?
 
Si affrettò per il corridoio, chiedendosi perché andasse così di fretta. Dopotutto non aveva nessun posto dove andare, o restare, e nemmeno una meta esatta. Sospettava di conoscere la causa di quel livido, e sperava disperatamente di sbagliarsi. Un altro dettaglio per rendere quella giornata ancora più perfetta di quello che era.
 
“Potter, devo parlarti.”
 
Ebbe a malapena il tempo di batter ciglio prima che Parkinson lo afferrasse per il braccio, trascinandolo nell’aula più vicina. Agitò la bacchetta verso la porta per chiuderla a chiave, e Harry finse che l’ondata d’invidia che lo invase non esistesse.
 
“Non sono molto di buon umore al momento, Parkinson.” Riuscì a borbottare senza attaccarla. Era già qualcosa.
 
“Ho visto il vostro piccolo litigio nel corridoio. Non preoccuparti; la McGranitt è sempre stata una stronza, non trovi?” Harry tirò un sospiro, si passò una mano sulla fronte e osservò la ragazza. Era appoggiata contro la parete, con le braccia conserte. Non sembrava proprio che volesse ‘parlare’. “E siccome sono la persona più adorabile del pianeta, diffonderò la voce che è arrabbiata con te perché non vuoi mantenere lei e il vostro figlio illegittimo.”
 
Harry trattenne una risata, anche se c’era mancato poco che fallisse. Non riusciva a smettere di provare a contenersi. “Sono sicuro che mi aiuterà tantissimo.” Rispose brevemente, scandalizzato dal breve sorriso nervoso della ragazza
 

 
Un sorriso. Non un ghigno, una risatina di scherno o un sorriso a trentadue denti.
 
Parkinson aveva rivolto ad Harry un sorriso.
 
“…cosa c’è che non va?” Si ritrovò a chiedere, sia preoccupato per lei, e solo Merlino sapeva perché, sia desideroso di sbattere la testa contro il muro. Non erano affari suoi, non spettava a lui, non era una sua amica…
 
Lei scoppiò in una falsa risata, passandosi una mano fra i capelli. “Be’, ad essere onesta… tu.”
 
“Wow sei stata… schietta.”
 
“Onesta.” Gli ricordò, osservando attentamente il soffitto. Sembrava quasi nervosa, ma era un pensiero ridicolo. Era di Pansy Parkinson che si trattava, colei che, stando agli attendibili pettegolezzi che circolavano fra i Serpeverde di ogni anno, era capace di castrare un uomo a mani nude… “Io… cazzo. Oh cazzo! Mi dispiace! Ecco! Te l’ho detto! E se ti azzardi anche soltanto ad aprire la bocca per dirlo a qualcun altro, Draco compreso, ti infilerò una mano in gola, strapperò via le corde vocali e te le farò ingoiare! Intesi?”
 
Ah, eccola tornata alla normalità. Menomale, per un momento aveva pensato quasi che fosse umana.
 
Harry si ritrovò a ridacchiare, annuendo velocemente. “Va bene, sei perdonata…”
 
“Non ho bisogno del tuo perdono, Potter.” Storse il naso, facendo roteare gli occhi. “Cristo fottutissimo Salazar!” Come… funzionava esattamente? “Cosa ti ha fatto pensare il contrario? Non sono una specie di piccola, stupida, Grifondiota piagnucolona-!”
 
Harry esitò ancora, riflettendo. Aveva ipotizzato, in maniera errata, ovviamente, che scusarsi indicasse il bisogno di essere perdonati. Quei dannati Serpeverde non avevano mai alcun senso. In ogni caso lei era ancora lì, in attesa. Se Harry non la stava leggendo male, era un po’ a disagio.
 
“…Sono successe un sacco di cose durante la guerra.” Iniziò con esitazione, e quando lei si voltò di scatto a guardarlo, si rifiutò di interrompere il contatto visivo. “…molte persone hanno fatto una montagna di cose orribili. Io stesso… ho usato le Maledizioni senza Perdono.” Ammise, fingendo di non vedere il guizzo nei suoi occhi. Solo un Serpeverde avrebbe potuto considerarla un’azione degna di merito. “Ma cercare di salvare te e i tuoi amici… è… be’, io avrei fatto di tutto per salvarli.” E l’aveva fatto. Harry riusciva ancora a ricordare la sua avanzata verso la foresta, e che si era dovuto nascondere mentre i suoi amici soffrivano; il senso di vuoto nello stomaco quando era entrato nell’oscurità… le sue mani tremanti. Era stato terrorizzato.
 
Parkinson se ne stava in silenzio, guardando Harry attraverso le sue iridi color cioccolato. Alzò di nuovo gli occhi al cielo. “Perché devi essere sempre così dannatamente Grifondiota?” Chiese, rivolgendogli ancora quel brevissimo sorriso. “Quel tratto ti fa amare da tutti, lo sai?” Aprì la porta, ghignando. “Apprezzerei che tenessi la bocca chiusa, Potter.”
 
“Naturalmente. Mi piacerebbe tenermi le corde vocali.” Rispose infine, osservandola mentre rideva. Non era una di quelle risate rumorose o stridule… era normale. Dio, cosa diavolo stava facendo ai Serpeverde?
 
Degli occhi grigi li inchiodarono quando uscirono dalla porta.
 
“Potter. Pansy.” Lo sguardo di Malfoy si assottigliò prima su entrambi, poi sull’aula vuota dietro di loro. Non fece domande, ma la sua maschera rimase in posizione.
 
“Be’, io devo scappare!” Pansy era fin troppo felice, iniziò praticamente a saltellare lungo il corridoio. Grandioso. Bel modo di lasciarlo indifeso insieme ad un irritato e sospettoso Malfoy.
 
Harry scrollò le spalle, proseguendo il suo tragitto verso l’infermeria. Stava davvero passando la maggior parte della sua vita in quell’orribile, piccola stanza pulita, vero?
 
“Ti degneresti di darmi una spiegazione?”
 
“Non è successo niente.”
 
“Stronzate; non sei più capace di mentire, adesso che hai gli occhi in bella mostra.” Malfoy tenne facilmente il suo passo, aveva un’espressione così furiosa che i primini scappavano via terrorizzati. Il tacito ‘dimmelo’ aleggiava scomodamente nell’aria.
 
“Non spetta a me dirtelo.”
 
“Pansy cederà nel giro di una settimana.”
 
“Ne dubito.” Harry ghignò mentre rifletteva; Parkinson sembrava il tipo di persona che non avrebbe mai detto quello che gli altri volevano sapere, ma solo informazioni inutili che non servivano a nessuno. Lei che cedeva era paragonabile a Dudley che rinunciava a una torta. “Vuoi scommettere?”
 
“Bene. Se vinco, dovrai accompagnarmi a un altro appuntamento nel prossimo fine settimana a Hogsmeade.” Harry si voltò verso di lui, riflettendo. Era la seconda volta quel giorno che diceva qualcosa di… be’, romantico. Non poteva piacergli Harry, almeno non in quel senso. Era stato… solo il fervore del momento in biblioteca, giusto?
 
“Uhm, non credo sia una buona idea.” Lo sguardo dell’altro si era tramutato in un pugnale di ghiaccio, pronto a cavargli gli occhi e farli a fette. “Mio cugino verrà a farmi visita proprio quel fine settimana.” Aggiunse velocemente, deglutendo. Lo sguardo di Malfoy non si ammorbidì. Sapeva che era solo una copertura.
 
“Credevo che tuo cugino fosse babbano.” Affermò, riducendo gli occhi a due fessure.
 
“Lo è. È una gigantesca balena di un babbano.” Harry rallentò il passo; solo un corridoio li separava dall’infermeria, e quel giorno non aveva molta voglia che Malfoy fosse lì con lui. L’altro non aveva bisogno di sapere ciò che Harry sperava non fosse vero. “E la McGranitt, dall’alto della sua saggezza, gli ha permesso di venire.”
 
“Un babbano a Hogwarts.” Malfoy era sul punto di star male; Harry aveva la certezza che sarebbe successo anche a lui. Dudley che parlava con i suoi amici. Con la McGranitt. Con Malfoy. Merlino, era una tragedia annunciata.
 
“Allora… hai già recuperato i compiti di pozioni?” Harry cambiò discorso nella speranza che Malfoy capisse l’antifona e se ne andasse. Smise di camminare, per sua grande sorpresa Malfoy aveva messo un braccio attorno al suo, costringendolo a proseguire. Che bastardo.
 
“Devi far pratica con le bugie; sei patetico.” Disse pigramente, con l’aria annoiata. A chiunque altro sarebbe apparso indifferente, ma Harry riusciva a vedere i suoi occhi brillare per il divertimento. Merlino, per poco non inciampava da quanto era nervoso. La situazione gli stava sfuggendo di mano, maledette farfalle. “Non nascondermi dove sei diretto; nelle ultime settimane ho percorso questo tragitto così tante volte che mi è più familiare della strada per il dormitorio.”
 
Wow.
 
Deprimente.
 
“Ho bisogno di un controllo; non ti sarà comunque permesso andare oltre le tendine.” Tentò Harry, poi sospirò quando Malfoy iniziò a fissarlo, ancora e ancora.
 
“Occhi. Finestre. Stai mentendo.” Malfoy ebbe il coraggio di ghignare alla fine. Stronzo.
 
Harry sospirò interiormente; non si prospettava niente di divertente.
 
Madama Chips si immobilizzò appena entrarono, accigliandosi. “Che altro c’è adesso?” Suonava circospetta, spaventata. Ma riuscì comunque a raddrizzarsi, poi si affrettò verso un letto e gli indicò di sedersi.
 
Malfoy si appoggiò alla parete, indifferente. Be’ ancora per poco.
 
“Ho questo livido e non so come me lo sono fatto.” Si tolse di nuovo il mantello, scorciando la manica per mostrare l’intero braccio. Era ancora di un viola intenso e si estendeva dalla spalla al gomito. “Non era lì quando mi sono vestito, è comparso prima di colazione. Non ho urtato nulla.” Aveva la bocca asciutta.
 
Madama Chips aggrottò le sopracciglia, picchiettandolo con le dita. Harry trasalì, e quando Malfoy ringhiò aggressivamente, lo folgorò con lo sguardo. Le aveva letteralmente ringhiato contro. Merlino.
 
“…Be’, hai fatto bene a mostrarmelo.” Disse gentilmente, il solco sulla sua fronte si fece più profondo. “Comunque… non è strano, considerando che la tua magia è diventata molto più aggressiva. La Preside McGranitt te ne già parlato, no?” Harry annuì, e tenne gli occhi puntati su Madama Chips quando uno sguardo insistente iniziò a perforargli la nuca. Merda.
 
“Adesso stai assumendo una dose doppia di Stabilizzante Magico, quindi per il momento i danni dovrebbero essere contenuti… mi dispiace Harry, ma non c’è niente che possa fare per evitarlo…” Esitò, guarendo il livido con un colpo di bacchetta. “Non devi venire qui per ogni piccolo... episodio. Se sei preoccupato, e anche gli altri lo sono,” Aggiunse, scoccando uno sguardo a Malfoy. “Allora sì, certamente...”
 
“Quindi devo aspettarmi anche cose di questo genere da ora in poi?” Chiese piano, ignorando l’enorme debolezza nella sua voce. Conosceva già la risposta. Era preparato. Allora perché faceva così male?
 
“È diventata più aggressiva adesso; la tua magia non ha più necessariamente bisogno dell’uso della bacchetta per reagire.” Spiegò. Almeno aveva l’aria dispiaciuta.
 
“Ah… quindi può darsi che mi esploda un braccio mentre me ne sto senza far nulla? All’improvviso?” Continuò a parlare, tutto per evitare di restare solo con quel Malfoy in preda a una furia omicida.
 
“…quel genere di situazione è estremamente inverosimile.” Ma non lo negò.
 
“Strano a dirsi, ma non me la sento più di ignorare le eventualità più insolite.” Harry incontrò il suo sguardo e le fece un lento cenno della testa mentre si allontanava via sconvolta.
 
“Mi dispiace, Harry.”
 
Grandioso. Ma non era abbastanza dispiaciuta da salvarlo da quella situazione difficile.
 
Maledettissimo. Bastardo.
 
Harry si tenne forte, osservando il biondo furioso. Quegli occhi grigi erano incatenati ai suoi, non riusciva a distogliere lo sguardo. Si era aspettato la solita maschera. Si era aspettato freddezza, o uno sguardo pensieroso.
 
Ma nulla era nascosto, e la cosa in sé era peggio di qualsiasi maschera che Malfoy potesse indossare. Le emozioni nude e crude attraversavano il suo volto, il cosiddetto ‘ Principe-Glaciale’ emanava una furia bollente; quanto era inadatto quel soprannome. Harry si sentiva davvero in colpa; era proprio quello che sperava di evitare. Merlino, non voleva che Malfoy soffrisse; era molto peggio lui che Ron, Hermione, o… al diavolo, l’intera scuola poteva anche bruciare tra le fiamme purché Malfoy stesse bene.
 
“Quando avevi intenzione di dirmi che stai peggiorando?” Ringhiò l’altro, stringendosi le braccia con le mani. Le sue nocche erano sbiancate; si era trattenuto finché Madama Chips non aveva lasciato la stanza. Harry era sorpreso che avesse resistito così tanto.
 
“Mai.” La gola di Harry stava per collassare su sé stessa; quella parola fu tutto quello che riuscì a dire prima che succedesse. Aveva bisogno di distogliere lo sguardo, ma la persistenza di Malfoy era implacabile.
 
Meritavo di sapere!” Urlò, aprendo le braccia con un ampio gesto. Si avvicinò ad Harry di un solo passo, poi si fermò. Qualcosa agguantò il cuore di Harry, stritolandolo. Malfoy prese di nuovo a stringersi le braccia con le mani; si sarebbe costretto a non raggiungerlo, non per quello.
 
Un senso di rabbia iniziò ad invadere Harry; perché era lui ad essere così furioso? Non era la sua magia a dare di matto!
 
Perché, Malfoy? Harry si ritrovò ad urlargli contro. Saltò giù dal letto e lo aggirò, mettendo il biondo all’angolo. “Non stiamo insieme, non siamo una coppia. Siamo a malapena amici; non ho il dovere di dirti un cazzo della mia vita! L’unica ragione per cui sai di questa storia è che sei un piccolo stronzetto egoista-”
 
“Ma vuoi ficcartelo una buona volta in quella testa dura che ti ritrovi?” Urlò Malfoy, afferrandolo per la camicia. La rabbia di Harry diminuì velocemente quando realizzò con orrore quello che aveva detto. No. Non poteva perderlo, non poteva perdere anche lui. Le mani di Malfoy stavano tremando. “Se non me ne fregasse un cazzo di te, non sarei qui adesso, Potter! Perché pensi che io sia qui? Perché è una specie di hobby? Un gioco? Che provi piacere nel veder soffrire una persona a cui tengo? Che sia divertente star qui a vederti appassire ogni giorno di più, mentre te ne stai lì con la tua cazzo di mente ottusa e ignorante, senza avere la più pallida idea di quanto io…!... Non puoi essere davvero così cieco, Potter!
 
Ad Harry mancò il respiro. Non poteva dire sul serio. Nessuno lo voleva, specialmente Malfoy. No, non poteva succedere. Non importava quanto Harry lo volesse.
 
Si ritrovò a scuotere la testa.
 
“V-vai via.” La sua voce tremò, e si odiò per questo.
 
Anche la voce di Malfoy fece lo stesso. “No.” Ringhiò; i suoi occhi avevano un bagliore pericoloso. “Non allontanerai anche me.”
 
“‘Allontanarti’ implicherebbe che mi appartieni.”
 
Con questo implichi che non è così.”
 
Harry cercò di divincolarsi, ma Malfoy gli ringhiò contro in segno di minaccia, rafforzando la presa. Però rimase in silenzio; si era sfogato, adesso toccava a Harry dire quello che pensava. Ma non poteva…
 
Riuscì finalmente a distogliere lo sguardo. Iniziò a fissare il soffitto, cercando disperatamente di non lasciare che il bruciore agli occhi si trasformasse in qualcosa di più. “Non uscirò con te Malfoy. Non uscirò con nessuno. È che io… Cazzo, Malfoy, non puoi farmi questo… ti chiedo solo di… non…”
 
“‘Non’ cosa?!” Sbottò, e quando Harry non rispose lo strattonò. “‘Non’ cosa?!”
 
Non tentarmi, cazzo! Urlò Harry in risposta, liberandosi dalla stretta del biondo. Non poteva farlo. Non aveva neanche metà della tenacia che gli altri gli attribuivano. Si asciugò velocemente gli occhi, lo rendeva furioso il fatto che gli erano scappate delle lacrime. Era così debole. Così patetico. Aveva il respiro pesante, come se avesse corso miglia e miglia. Non riusciva nemmeno a guardare il biondo negli occhi. “Non… posso…” Merda, non sapeva nemmeno come continuare. Che avrebbe mai potuto dire? Sì, si sarebbe messo con lui e poi sarebbe morto nel giro di pochi mesi, spezzandogli il cuore? No, non l’avrebbe mai fatto! Non a Malfoy.
 
“…non dobbiamo per forza stare insieme.”
 
Harry si accigliò, quel tono gentile attirò il suo sguardo. Malfoy era ancora furibondo, il suo volto emanava collera e confusione. Però non sembrava arrabbiato come prima. I suoi occhi erano gentili. “E allora che proponi… di essere amici ‘con altri vantaggi’?” Quello sì che avrebbe funzionato alla grande.
 
“Che termine sgradevole. Assolutamente no.” Harry osservò il biondo ricomporsi; sembrava tornato in sé; le emozioni erano state messe da parte.
 
“E allora?” Si ritrovò a chiedere Harry, asciugandosi ancora le guance. Perché Malfoy lo vedeva sempre piangere? Ormai non gli rimaneva più nulla da fare, eccetto chiudersi da qualche parte e buttarsi giù dalla torre. O morire di fame nella Camera dei Segreti.
 
“Ci… godremo i momenti.” Harry sospirò, e si voltò per rifiutare il biondo, ma si ritrovò a sobbalzare, indietreggiando. Malfoy era proprio lì, a pochi centimetri dalla sua faccia. Se indietreggiava, lui lo seguiva.
 
“Ho messo il mio cuore su una maledetta picca, Harry; non continuare a trafiggerlo.” Sussurrò. Cazzo, era proprio lì davanti a lui. Harry riusciva a sentire quell’odore di vaniglia che sembrava seguirlo dappertutto, e anche a vedere ogni singola ciglia sui suoi occhi. “Goditi i momenti.” Harry Ignorò il tacito ‘che ti restano’ e allungò con esitazione le mani per toccare il volto sorprendentemente caldo dell’altro, anche solo per fargli smettere di inseguirlo.
 
“Non odiarmi quando morirò.” Sussurrò, scavando nelle profondità di quelle iridi argentate. Merlino, potevi perderti nei suoi occhi.
 
“È semplice.” Rispose lentamente Malfoy, non sarebbe mai cambiato. “Non morire.”
 
Le loro labbra si sfiorarono.
 
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Capitolo 23
*** Il Discorso ***


Enjoyyyy <3






Capitolo 23 - Il Discorso.






 
Caldo.
 
Mani.
 
Pelle.
 
Fottutissima vaniglia.
 
Il calore era intenso, quasi travolgente. Malfoy era dappertutto; aveva una mano sul collo di Harry, le sue maledettissime dita esperte lo accarezzavano in maniera incredibilmente delicata. Ogni tocco era un fremito lungo la schiena, un brivido di desiderio. L’altro braccio gli cingeva il bacino, accarezzando la sua schiena con dita leggere come l’aria. Le loro ginocchia si toccavano. Erano stretti l’uno contro il petto dell’altro.
 
Harry riusciva a sentire ogni singolo respiro affannoso che Malfoy prendeva, sia sul petto che contro il viso. Avrebbe potuto contare i battiti del suo cuore, se avesse voluto. Ma aveva altro da fare.
 
Malfoy esigeva le sue attenzioni. Gli mordeva le labbra, gli sfiorava brevemente la lingua con la sua; cazzo, lo stava provocando, e Harry voleva di più. Cercando di sembrare sicuro di sé, e non l’instabile poltiglia decerebrata in cui stava per trasformarsi, Harry sfiorò la lingua di Malfoy con la sua, e si sentì compiaciuto quando lo sentì sobbalzare per la sorpresa. Quando le loro lingue si incontrarono, brividi di tutt’altra intensità scossero il corpo di Harry. Di questo passo, non sarebbe durato molto.
 
Harry infilò le mani sotto la camicia di Malfoy, e percorse la sua liscissima schiena cercando di sentirne ogni millimetro. Merlino, era così caldo, così reale. Stava succedendo davvero. I suoi polmoni vuoti erano già abbastanza come conferma, ma Harry preferiva un approccio più ‘diretto’.  Le sue mani scivolarono lungo il dorso di Malfoy, adoravano quanto fosse liscio. Doveva essere magia; doveva esserlo per forza.
 
Le sue mani, però, esitarono arrivate all’incavo della sua schiena. Non aveva toccato mai nessuno così, specie un ragazzo. E se stesse facendo qualcosa di sbagliato? E se il suo fosse un comportamento troppo presuntuoso, o sgarbato?
 
Dannatissimo Merlino, Harry… aveva la lingua di Malfoy quasi in gola. Poteva affermare con sicurezza che i loro livelli di presunzione si eguagliavano.
 
L’ultima domanda che si poneva era cosa diavolo dovesse fare? Non era così ottuso da non capire cosa gradisse o volesse la gente… ma con i vestiti ancora addosso, era un po’ confuso.
 
E terrorizzato.
 
Malfoy ghignò sulle le sue labbra, premendo leggermente la schiena contro le mani di Harry. Che bastardo. Lo stava prendendo in giro perfino nel bel mezzo di un bacio!
 
Bene! Racimolando le ultime riserve di sicurezza rimaste, Harry iniziò a far scivolare lentamente le mani più in basso sulla schiena di Malfoy…
 
Ah-hem!
 
Harry si scostò di scatto, e sbatté la fronte contro quella di Malfoy, facendoli barcollare e cadere entrambi a terra. “Cazzo, Potty…” Ringhiò Malfoy, strofinandosi il volto con una mano. Harry si voltò verso di lui; appena incrociarono gli sguardi sfuggì loro un piccolo sorriso.
 
Beccati dall’infermiera della scuola.
 
Procurandosi una commozione cerebrale.
 
Harry scoppiò a ridere.
 
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Harry si svegliò di soprassalto, il suo cuore correva all’impazzata. Si sporse dal bordo del letto, vomitando quel poco che aveva mangiato per cena. La bile gli bruciava la gola, e i suoi occhi lacrimavano per lo sforzo di non chiudersi. Il disgustoso suono del vomito che colpiva le mattonelle riecheggiò sulle pareti dell’infermeria.
 
Dio, era stato un incubo particolarmente orribile. La sua magia era esplosa, strappandogli parti del corpo articolazione dopo articolazione. Era partita dalle dita dei piedi e poi aveva straziato il resto del corpo. Per di più, era stato legato con le cinghie per il trattamento, e Dudley era lì a guardarlo con gli occhi spalancati, senza poter far nulla. Madama Chips aveva portato con sé un gruppo di studenti, indicando loro Harry in quella situazione devastante. “E alla vostra sinistra, un morto che cammina. Dovrebbe morire nel giro di un mese; è quello il tempo medio.”
 
Harry tremò sul letto, asciugandosi la bocca con disgusto. Sembrava ridicolo adesso che era sveglio. Ma nel sogno… riusciva a sentire i suoi arti staccarsi, a vedere il sangue colare dal suo corpo, il tanfo di ferro…
 
Merlino, quando ormai non aveva più i piedi e la sua gamba destra era stata mutilata fino al ginocchio, Madama Chips l’aveva slegato e gli aveva ordinato di alzarsi ed uscire dalla stanza.
 
Aveva sentito il dolore irradiarsi dalle sue gambe, l’agonia di dover camminare sulle ferite aperte e sanguinanti… aveva urlato
 
Rabbrividì, afferrando il bicchiere d’acqua accanto a sé per sciacquarsi la bocca. Voleva che quegli incubi si fermassero; ne aveva bisogno. Durante il giorno, era il suo corpo a tradirlo. Durante la notte, la sua mente.
 
Non ne poteva più di tutto questo.
 
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Con gli occhi ancora assonnati, Harry continuò ad osservare quella parola con confusione. Zdravo. Come diavolo si pronunciavano la ‘Z’ e la ‘D’ insieme? Zeh-Deh? Zii-D? Perché era così difficile?
 
Non era più riuscito a dormire quella notte… quella mattina… o qualunque cosa fosse. Al contrario, aveva raccolto una pergamena e alcuni libri dalla sua roba ed era sgattaiolato in biblioteca prima che Madama Chips potesse ordinargli di riportare le sue cose nella Torre Grifondoro. Quello era successo alle tre.
 
Se la stava cavando piuttosto bene con le lingue, ma continuava a fallire drammaticamente nel recuperare informazioni su Simon Harvey. Quel fottuto Simon Harvey. Perché quello stronzo era scomparso dalla faccia della terra? Possibile che nessuno si fosse degnato di fare qualche ricerca su quella cazzo di malattia? Era sorprendentemente ridicolo; una terribile malattia terrorizzava la gente del mondo magico, eppure nessuno la reputava degna della scoperta di una cura? Di ricerche? Di essere studiata? Era successo lo stesso anche con Voldemort; nessuno pronunciava il suo nome, quindi non esisteva! Be’ che andassero tutti al diavolo!
 
Harry aveva già letto almeno una ventina di riviste mediche, e nessuna di loro menzionava né Harvey né tantomeno la malattia. Aveva controllato anche nei libri che elencavano i maghi più importanti della storia. Ma di lui neanche l’ombra. Aveva perfino cercato in un librone particolarmente pesante dal titolo ‘Maghi Che Non Dovrebbero Mai Essere Menzionati Nella Società’… ma nada. In un impeto di rabbia, Harry aveva scribacchiato il nome dell’autore del libro sulla prima pagina… e l’aveva cerchiato. E aggiunto delle freccette. E anche scritto ‘numero uno’ in grassetto attorno al nome.
 
Okay, non era una bella giornata per lui. E allora? In quel momento non gliene poteva fregar di meno.
 
“Zeh-Druh-voe… Bravo… Zeh-Dravo… meglio.” Harry sospirò, scrisse la pronuncia e trascinò verso di sé un altro libro. Ungherese. Questo sì che si prospettava un gioco da ragazzi.
 
Sospirò, aprendo il libro. Aveva già imparato la parola in tre lingue diverse quel giorno; se solo avesse avuto la stessa voglia di studiare anche per gli esami, avrebbe surclassato Hermione. Era un peccato che stava totalmente fallendo in Pozioni; non importava quanto impegno ci mettesse, era come se non riuscisse ad imparare nulla riguardo a pozioni o soluzioni. Riusciva già a vedere il Numero Diciotto fargli ciao ciao con la manina.
 
Alzò lo sguardo quando le porte della biblioteca si spalancarono, una piccola ragazzina Corvonero sbirciò nella sala e si affrettò verso gli scaffali. Sembrava che il castello si stesse svegliando; grandioso.
 
Harry sospirò, strofinandosi gli occhi stanchi come se il gesto potesse aiutarlo, poi iniziò a raccattare tutti i libri di medicina disseminati sul tavolo. Non sarebbe tornato al dormitorio Grifondoro con la metaforica coda fra le gambe. Non aveva intenzione né di supplicare né di mentire per rientrarci. Quella parte del castello non era più casa sua; la cosa sembrava rendere nulle tutte le ragioni per cui era tornato ad Hogwarts, ma ignorò velocemente quel pensiero. L’ignoranza era una benedizione.
 
A quanto pareva, Madama Chips e la McGranitt avevano parlato di lui alle sue spalle. Gli avevano fortemente consigliato di riportare i suoi averi nel suo dormitorio inesistente; non sarebbe successo. L’unica ragione per cui era riuscito ad addormentarsi in infermeria era perché a mezzanotte aveva finto di essersi assopito dopo aver preso lo Stabilizzante Magico. E dubitava che avrebbe funzionato di nuovo. Quindi dove poteva andare? Da Hagrid? No; l’idea era quella di godersi la compagnia dei suoi amici da lontano; e non era una cosa facile da fare se dipendevi dalla loro ospitalità. Luna gli avrebbe offerto un posto per dormire, ma dubitava che gli altri Corvonero ne sarebbero stati contenti. Malfoy probabilmente l’avrebbe… no. Assolutamente no.
 
Sì, si parlavano. Sì, si erano divertiti a fare quel subdolo gioco nel loro dormitorio. E sì, l’avrebbero disintegrato se si azzardava a chiedere una cosa del genere.
 
E poi, in quel modo si sarebbe avvicinato di più a Malfoy.
 
E al momento stava cercando di evitare il suddetto biondino.
 
Come avrebbero fatto a parlare dopo che si erano etichettati ‘amici con altri vantaggi’? Riusciva a malapena a guardare il biondo senza arrossire, che imbarazzo. Era assolutamente ridicolo; le farfalle non erano andate via. Cazzo, no; sembrava che avessero scambiato i loro baci per una droga; erano maledettamente entusiaste. Svolazzavano speranzose ogni volta che Harry posava lo sguardo sul Serpeverde. Quel perfetto idiota. Come si permetteva di fare questo al suo corpo?
 
Harry confidava ancora nella sottile e inverosimile speranza che Drac-Malfoy non lo volesse veramente.
 
Ma stava già svanendo.
 
Harry sbadigliò, sfogliando pigramente le pagine del libro. Almeno non era martedì.
 
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Harry, insofferente al caos che c’era in biblioteca, iniziò a tamburellare le dita sul libro con irritazione. Ma in teoria la biblioteca non doveva essere silenziosa? Dove diavolo era Madama Prince quando serviva?
 
O meglio, perché la maggior parte degli studenti era così annoiata da vedere la biblioteca come unica e sola consolazione? In genere non era un posto per chi non aveva niente di meglio da fare, o per i Corvonero? Metà del corpo studentesco era accalcata lì dentro; ridacchiavano dietro gli scaffali, correvano intorno ai tavoli, facevano baccano.
 
Dov’. Era. Madama. Prince?
 
“Hai avuto pensieri negativi per tutta la settimana; smettila.”
 
Harry sobbalzò sulla sedia e agitò le braccia per evitare di cadere al suolo. O sì, Harry. Molto attraente. Malfoy, dal canto suo, si limitò ad alzare un sopracciglio e ad allungare una mano per distendergli il solco sulla fronte, lasciando Harry di stucco. Nessuno… lo toccava così affettuosamente da molto tempo. Era scioccante che a farlo era stato proprio Malfoy.
 
“Smettila di crucciarti, Potter; ti verranno le rughe.” Lo rimproverò Malfoy, prendendo posto sulla sedia più vicina. “Vedi questa faccia?” Domandò retoricamente. “Neanche l’ombra di una ruga.”
 
“È solo perché ti nascondi dietro una maschera.”
 
“Neanche. L’ombra. Di una. Ruga.” Ripeté Malfoy con un leggero ghigno, poi si voltò ad osservare i libri sparsi sul tavolo per allontanare chiunque volesse condividerlo. “Non sapevo che sapessi leggere il coreano.”
 
Spiritoso.
 
Harry continuò a sfogliare il libro, osservando disperatamente confuso a una parola coreana dopo l’altra. Se non poteva leggera, figurarsi come avrebbe fatto a pronunciarla. Era impossibile!
 
“Quante ne hai fatte fino ad ora?”
 
Ventotto. Ma non voleva rovinargli la sorpresa quando avrebbe finito, quindi si limitò a scrollare le spalle.
 
Risposta sbagliata.
 
Malfoy sospirò, e gli chiuse il libro senza fregarsene un cazzo di aver schiacciato piuttosto violentemente la mano di Harry fra le pagine. Riusciva già a sentire il livido che si formava; non erano libri leggeri!
 
“Ok, mettilo sul tavolo. Lo farò una sola volta, e una soltanto. Sputa il rospo e poi chiudi quella cazzo di bocca per il resto della tua miserabile esistenza.”
 
“Perché io?” Harry alzò immediatamente lo sguardo, odiando la sua bocca traditrice. “Avresti potuto avere chiunque in questo stupido castello, eppure hai scelto me. Non finirà bene, con arcobaleni, raggi di sole e un enorme lieto fine del cazzo.” Quello, e anche il fatto che la stupida faccenda degli ‘amici con altri vantaggi’ non avrebbe mai funzionato. Entro pochi mesi sarebbero tornati felicemente a maledirsi l’un l’altro. O, nella remota possibilità in cui l’inevitabile litigio non si fosse presentato, entro un paio di mesi Malfoy avrebbe maledetto la tomba di Harry. In entrambi i casi sarebbero volate maledizioni.
 
“Non sono sciocco quanto te.” Rispose Malfoy freddamente, i suoi occhi avevano un bagliore pericoloso. “Lo so. Eppure, eccoci qui.”
 
“Ma-”
 
“Sono stato troppo vago quando ti ho invitato nel mio letto? E che mi dici di quando sono salito sul tuo?” Continuò Malfoy, con l’aria di chi non avesse idea che quella particolare affermazione aveva attirato una ventina di sguardi sorpresi. Non stava per niente cercando di abbassare la voce; voleva che le persone sentissero. Stronzo. E quelle persone avrebbero decisamente notato l’imbarazzo di Harry e le sue guance rosse.
 
Harry arrossì per l’umiliazione. Non riusciva a credere di non averlo notato prima; era abbastanza evidente adesso che guardava la cosa da quella prospettiva. Malfoy aveva l’aria soddisfatta mentre ghignava, i suoi occhi avevano ancora quella scintilla.
 
“Ma… non sono gay.” Harry finì la frase sussurrando, con gli occhi puntati sui ficcanaso che stavano guardando il loro tavolo con grande aspettativa. Perché non aggiungevano anche delle insegne al neon che puntavano verso di loro? C’è del gossip qui! Le fangirl sono benvenute!
 
Fu più che sollevato quando Malfoy abbassò la voce per rispondergli. “Neanche io.”
 

 
Cosa?
 
Harry lo guardò incredulo, quasi sul punto di ridere. Malfoy, cogliendo il suo scetticismo, ringhiò. A quanto pareva, i Malfoy non si lasciavano prendere in giro. “Che c’è? Non mi piace essere etichettato, va bene?” Harry non gli fece notare che lui era il primo a classificare le persone in base al loro lignaggio, ma ci era mancato poco. Se l’avesse fatto sarebbe stato disprezzato all’istante; piuttosto era un brutto segno il fatto che non parlasse.
 
Malfoy sospirò, sembrava che doversi spiegare l’avesse reso piuttosto irritabile. Si spostò velocemente, piegandosi in avanti per parlare bisbigliare. Harry finse che le farfalle non avevano notato la loro vicinanza. “Io sono chi sono, e tu sei chi sei; una persona con dei capelli atroci, poca eleganza, e di mio interesse. Non mi spiegherò oltre, né per te né per nessun altro.”
 
Harry riusciva comprenderlo; le azioni di Malfoy erano costantemente esaminate. Era sorpreso che non analizzassero anche i suoi pensieri. Poteva concedergli un po’ di privacy.
 
Ma c’era ancora una cosa che lo tartassava, una cosa che non riusciva proprio ad ignorare. Che vergogna.
 
Non sono ‘passivo’!” Sibilò, osservando con leggero divertimento Malfoy che sobbalzava per lo shock con un sorriso esterrefatto sulle labbra. Scosse la testa incredulo, sogghignando fra sé e sé.
 
“Neanche io.” Scoppiò a ridere, sorridendo. Merlino, ed ecco il sorriso che avrebbe potuto conquistare gli dei. “La cosa ti preoccupava davvero, non è così?”
 
“Come no.” Harry riaprì il libro con fatica, stiracchiando la mano schiacciata. Ma se nessuno dei due era…
 
“Dubbi chiariti?” Chiese Malfoy un po’ troppo seccamente, mentre il suo ghigno veniva sostituito faticosamente da un sorrisetto compiaciuto. “Abbiamo avuto la prima diatriba brutta e cattiva sulla nostra relazione, e siamo entrambi intatti.”
 
“Non è una relazione.” Lo corresse Harry, reprimendo il disaccordo nella sua testa. “È godersi i momenti.”
 
“Certamente, caro.”
 
“Bene.”
 
“Bene?”
 
“Bene.”
 
“Il tuo entusiasmo è travolgente.” Se solo avesse saputo quanto era difficile tenere lo sguardo fisso sul libro e la mano ferma nel suo patetico tentativo di scrivere. Non riusciva ancora a smettere di arrossire; grandioso, si stava trasformando in una fanciulla alle prese con la sua prima cotta.
 
“Io…” Merlino, voleva davvero dirglielo? Harry esitò, guardando Malfoy. Stava tranquillamente ricambiando il suo sguardo con un piccolo ghigno stampato sulle labbra. Lo voleva davvero; cazzo, Malfoy aveva addirittura osato iniziare una discussione di ‘coppia’. Le farfalle non erano le sole a volerlo… un momento, adesso anche il suo cervello si stava ammutinando contro di lui? Il suo intero corpo era un traditore. “non so più come parlarti adesso.” Ammise nervosamente quando lo sguardo di Malfoy si assottigliò un po’ troppo.
 
“Paradossalmente,” Disse piano l’altro, “sembra che ce la stiamo cavando piuttosto bene al momento.” Aveva ragione. “Visto, Potty? Non è così difficile.” A Harry venne quasi da sorridere; Malfoy aveva ragione. Stava cercando di mettere dei paletti per tenerli entrambi al sicuro. Ma non lo erano. Harry stava per morire, e Malfoy ne avrebbe sofferto. Era il momento di essere un po’ egoisti.
 
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Harry seguì Draco nella Sala Grande per la cena, e sorrise fra sé e sé quando il biondo gli indicò immediatamente di unirsi al tavolo Serpeverde. Almeno aveva ancora un posto dove mangiare.
 
Harry si sedette accanto a Draco e Parkinson, mentre Nott e Zabini erano di fronte a loro. Goyle era accanto a Nott, ma aveva il broncio e non sembrava essere interessato alle loro conversazioni. A Harry stava bene.
 
“Abbiamo un ospite.” Ghignò Zabini, inclinando leggermente la testa. “Benvenuto.”
 
“Sta’ zitto Blaise.” Sbottò immediatamente Parkinson, anche se il sorriso che fece rovinò l’effetto della frase. “Ciao, Harry.”
 
Harry?” Draco… Malfoy la minacciò all’istante, accigliandosi. Be’ adesso sì che gli sarebbero venute le rughe. “Cosa diavolo credi di fare, razza di puttanella svitata.”
 
“Disse affettuosamente.” Parkinson finse un sorriso, facendo l’occhiolino a Harry. “Credo di averlo salutato. Non è consentito neanche questo?”
 
“Il suo nome è Potter.” Ribatté il biondo. Se Harry non l’avesse conosciuto meglio, avrebbe pensato che era geloso. Ma lo conosceva meglio.
 
Vero?
 
Harry finse che il litigio davanti ai suoi occhi non esistesse mentre si riempiva il piatto di cibo. Sempre un po’ di ogni pietanza, però. Doveva assaggiare tutto quello che voleva, non mangiare. Avrebbe preso le verdure, un po’ di torta alla crema per dessert, e come piatto princip…
 
“Che diavolo è quella roba?”
 
Era… disgustosa. Grigia, dall’aspetto rancido, e… anche il suo brodo aveva qualcosa di strano. Era forse qualche sorta di zuppa? Cosa diavolo passava per la testa agli Elfi-Domestici? I ragazzini e i loro amici immaginari avrebbero sicuramente invaso le cucine quella notte.
 
“Quella, mio caro Potty,” Harry si voltò verso il biondo, sorpreso dell’enfasi sulla parola ‘mio’, “è gelatina di anguille.” Prese il mestolo, tirò su un’abbondante porzione e se la mise generosamente in una ciotola. Di sicuro non sarebbe mai riuscito a mangiare quella viscidissima-! “Mangia.” La ciotola fu spinta verso di lui.
 
Preso dal panico si lasciò sfuggire una risatina strozzata, spingendo via la ciotola. “No grazie. Preferisco morire di fame. Diavolo, sarebbe di certo più salutare.”
 
“Hai vissuto davvero sotto una campana di vetro, non è vero?” Ghignò Parkinson, facendo scivolare di nuovo la ciotola verso di lui. Grandioso, si stavano mettendo tutti contro di lui. Inaspettato.
 
“Non puoi neanche immaginare.” Ribatté, storcendo il naso alla sola vista di quella scodella. Merlino, stava male solo a guardarla; che Dio aiutasse il suo stomaco se davvero ne mandava giù un morso.
 
“È una delizia.” Rise Malfoy, godendo dell’agitazione di Harry. Be’, se gli piaceva così tanto-!
 
“Va bene, allora; mangiala tu.” Harry la spinse di nuovo verso Malfoy, e ritrasse velocemente la mano quando del liquido strabordò dalla ciotola. Bleah.
 
“Io non devo mangiarla.” Malfoy se la stava spassando fin troppo. “Tu, al contrario, sì. Chi sa quando apparirà di nuovo sul menù?” Oh, quel bastardo. Non avrebbe
 
“Numero Sette?”
 
Bastardo.” Harry con molta, molta, riluttanza, tirò di nuovo la ciotola verso di sé con una smorfia di disgusto.
 
“Che vuol dire Numero Sette?” Chiese Nott, confuso.
 
“Potter, seriamente, io non lo farei. È un… gusto acquisito.” Lo avvertì Zabini, ghignando per tutto il tempo. Tutti loro si stavano divertendo.
 
Harry finse nonchalance mentre afferrava il cucchiaio e prendeva un po’ di quella presunta anguilla. La sua mano tremava. Sembrava così… avrebbe preferito indossare una benda. E una molletta sul naso. Non l’avrebbe vista, annusata o assaporata… l’avrebbe soltanto ingoiata e fine della storia.
 
Dov’era il suo coraggio Grifondoro?
 
Harry storse il naso, prese un morso e iniziò a masticare.
 
Argh…
 
Portò subito una mano alla bocca, tentando di non vomitare. Era viscida, sembrava una versione più morbida della cartilagine, o dei calamari… ma quel che è certo è che non aveva il sapore dei calamari. Era fredda, ghiacciata. Le sue gengive erano già congelate. Riusciva a malapena a sentire le risate dei Serpeverde intorno a lui che lo deridevano; cena più spettacolo. Grandioso.
 
Alla fine, riuscì miracolosamente ad ingoiarla e a spingere via la ciotola.
 
Cazzo!” Ringhiò, poi afferrò il calice d’acqua, mandandolo giù tutto. No, il sapore era ancora lì. Il suo stomaco si strinse violentemente al solo ricordo, desiderando di rimuovere quell’orrida ‘pietanza’ dai suoi contenuti. Non senza il suo permesso.
 
Intorno a lui, i Serpeverde se la ridevano.
 
“Non è di tuo gusto, suppongo?” Sghignazzò Malfoy, servendosi con delle verdure. Harry si guardò intorno, e sbuffò quando vide che ogni singolo studente iniziò ad evitare quella cosa… simile a una zuppa, optando per le verdure. Aveva fatto da cavia.
 
“Bastardi.” Ringhiò, ma quando gli altri scoppiarono a ridere, gli sfuggì un sorriso.
 
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“Dove stai andando?” Harry fu sorpreso quando Malfoy glielo chiese, con aria confusa. Gli altri Serpeverde stavano andando nel loro dormitorio. Dato che Harry non era un Serpeverde, e in quel momento non aveva un dormitorio, avrebbe dormito in biblioteca per un po’. O forse si sarebbe accampato nella Stanza delle Necessità. La sua roba sarebbe rimasta nella stanza, oppure sarebbe scomparsa appena qualcun altro avesse avuto bisogno della camera? Era rischioso spostare lì le sue cose… aveva bisogno di un nascondiglio.
 
“In giro. Ho delle cose da studiare.” Harry scrollò le spalle, pregando che Malfoy non facesse domande.
 
Ma era impossibile.
 
“Hai studiato tutto il giorno. Cosa mai potresti aver bisogno di studiare a quest’ora? Siamo nel fine settimana, Potty; fallo domani.”
 
Harry sospirò, scervellandosi. Un’altra scusa, un’altra scusa…!
 
“Va bene. Buonanotte, Malfoy. Ci vediamo domani.”
 
“Non hai risposto alla mia domanda.” Il biondo lo guardò torvo, alzando le sopracciglia. “Dove. Stai. Andando?”
 
Che avrebbe mai potuto importargli? Harry si accigliò, seguendolo nel corridoio. “A letto.” Rispose, agitando svogliatamente la mano per salutarlo. Non sia mai che il biondo capisse l’antifona!
 
“E dove sarebbe questo letto?”
 
“Per l’amor del cielo, Malfoy, non lo so!” Sbottò Harry, arrabbiato sia con il biondo per la sua insistenza, che con sé stesso per non avere un posto dove stare. “Dovunque i miei piedi mi portino.”
 
“Babbano.” Harry si voltò di scatto quando sentì l’insulto, ma si immobilizzò; Malfoy sembrava… divertito. Niente di quello che aveva detto era lontanamente divertente… l’aveva insultato. Perché stava ghignando in quel modo? “Verrai al dormitorio Serpeverde.”
 
Oh Dio santo, no…
 
“Uhm, è tutto a posto. Sul serio.” Harry cercò di divincolarsi, ma Malfoy lo prese a braccetto e iniziò a trascinarlo con nonchalance verso i sotterranei. Merlino, non si prospettava niente di divertente. “Malfoy, davvero, lasciami. Non posso dormire lì.”
 
“‘Non posso’ è davvero un’espressione molto forte.”
 
“È il dormitorio Serpeverde.”
 
“Se riuscivi a dormire in quel posto atroce che chiamavi dormitorio Grifondoro,” Si fermò un momento per rabbrividire, quello stronzo. “allora credo proprio che tu possa tranquillamente trascorrere una notte nel nostro dormitorio.”
 
“Ai tuoi compagni di casa non piacerà.”
 
“Se lo faranno piacere.”
 
“Non c’è spazio.”
 
“C’è un letto libero.” Harry sbiancò, fissando Malfoy finché non si decise ad annuire, scartando quell’opzione. Non avrebbe dormito nel letto di un uomo morto… specialmente se l’aveva visto morire. Tiger non era il più sveglio dei ragazzi, ma era sicuro che avrebbe avuto da ridire anche lui se Harry avesse dormito nel suo letto. “C’è il mio letto.” Malfoy si corresse. Quando Harry rispose ghignò.
 
“Salti la parte degli appuntamenti e mi trascini diritto a letto? Stiamo bruciando le tappe, non credi?”
 
“Abbiamo già dormito insieme, più di una volta. Non cambia molto, eccetto la location. E poi… abbiamo già avuto degli appuntamenti.”
 
“Durante uno dei quali mi hai strappato via una mano.”
 
“Ammettilo, l’hai adorato.” Idiota. Una volta accortosi che Harry non aveva negato, il suo ghigno si intensificò. “Hai altri problemi che posso scartare?”
 
“Non ho un cambio di vestiti.”
 
Ghignò ancora di più. “Ho detto problemi, Potty.”
 
Harry rise addirittura, finché non realizzò che si stavano avvicinando velocemente alla sala comune. Merda, non era quello che aveva pianificato. Non poteva farlo, non poteva andare lì e imporsi su di loro. Non era un Serpeverde; non l’avrebbero mai accettato lì!
 
“Io…” Dillo! Andiamo, dillo! “Il numero Trentatré. Non… sono ancora riuscito a risolverlo. So che tu sai di cosa sto parlando; è umiliante. E tutta la scuola lo verrà a sapere entro mezzogiorno-”
 
“Tutti li hanno, una volta ogni tanto. Specialmente dopo la fine della guerra. Eccetto me, ovviamente. “Harry fece roteare gli occhi, osservando la parete che si apriva. “Comunque, lancerò lo stesso un Silencio. Ti sei calmato?”
 
“Non proprio, non è una buona idea.”
 
“Se fossi stato davvero così contrario, non saresti qui adesso.” Dannazione. “Andiamo.”
 
Lasciò finalmente andare il suo braccio, ma invece di fuggire il più presto possibile in un’altra direzione, seguì Malfoy nelle profondità dei sotterranei. Nella Sala Comune Serpeverde. Cristo.
 
Harry si guardò intorno appena entrarono; Parkinson e Zabini erano concentrati su una partita di scacchi, con Nott che incantava i pezzi di tanto in tanto. Mentre li osservava, uno dei cavalli di Zabini commise un suicidio, saltando dalla scacchiera con l’emblematica frase ‘Addio, Mondo Crudele!’. Zabini sembrava perplesso, e implorava ai suoi pezzi di rimanere lì dov’erano. Le labbra di Harry si incurvarono senza permesso.
 
“Ci vediamo domani mattina.” Malfoy sbadigliò, facendo cenno ad Harry di seguirlo dall’altra parte della stanza. Gli altri Serpeverde si limitarono a guardare i due ragazzi, poi tornarono a fare i compiti oppure a giocare. Ancora una volta, nessuno di loro sembrava turbato dal fatto che Harry fosse lì. Quando si voltò indietro colse lo sguardo stupito di Parkinson, poi si affrettò a seguire Malfoy. Non voleva che l’inevitabile lite avvenisse nella Sala Comune.
 
Arrivarono al dormitorio senza complicazioni.
 
Harry aspettò con impaccio che Malfoy gli trovasse qualcosa da indossare, fissando la misteriosa finestra che dava sul lago. Non capiva come facessero i Serpeverde a dormire lì dentro; si sentiva osservato; anche se Draco gli aveva dato le spalle per svestirsi. Era maledettamente inquietante. Harry si lasciò goffamente scivolare nei soffici abiti che Draco gli aveva prestato, cercando di coprire quanta più pelle possibile. Anche se lui si era voltato per il biondo, era palese che quello stronzo di Draco Malfoy non l’aveva fatto. Tirò anche un sospiro di delusione quando Harry gli lanciò un’occhiataccia!
 
“Perché non scatti una foto già che ci sei.” Sbottò Harry, infilandosi meglio il maglione. Il biondo non sembrava turbato. Ribatté molto facilmente.
 
“Se ti volti lo faccio.” Oh sì, la loro relazione era indubbiamente platonica.
 
Poi la porta si aprì, e alcuni Serpeverde confusi entrarono nella stanza. Harry sospirò, lanciando un’occhiata a Malfoy. Sapeva che sarebbe successo; gli avrebbero negato anche il privilegio di mangiare con loro, se si fossero arrabbiati abbastanza quella sera. Non era stata una buona idea. Malfoy ignorò le loro occhiate, ghignando. Stronzo.
 
I tre ragazzi guardarono Harry, e varie espressioni si formarono sui loro volti. Prevalentemente? Rabbia.
 
Parkinson era l’unica a pensarla in maniera diversa; face l’occhiolino a Harry, gioendo. Evidentemente, non aveva opinioni politiche sulle case nella sua sporca mente.
 
Aspettarono in silenzio. Malfoy si appoggiò a un montante del letto, con le sopracciglia alzate. Sembrava annoiato da quello che stava accadendo, come se fosse un’irritante faccenda che voleva evitare. Zabini era accigliato; Nott non sembrava in procinto di distogliere lo sguardo da Harry, i suoi occhi folgoravano il pigiama preso in prestito. Erano indubbiamente felici.
 
“Che diavolo succede?” Zabini fu il primo a cedere, lanciando uno sguardo di disapprovazione a Harry prima di tornare a Malfoy. Harry incrociò goffamente le braccia, spostandosi in modo da essere più vicino al biondo che agli altri; così c’erano meno possibilità che lo affatturassero fino alla morte.
 
“Questo è Potty.” Rispose seccamente Malfoy, con indifferenza. “Potty sorridi e di’ ‘Ciao’.” Oh sì, mettersi contro di loro avrebbe funzionato alla perfezione. Stavolta fu Harry a lanciare un’occhiata a Malfoy, stava per dirgli di stare zitto quando quelle iridi grigie si posarono su di lui. Glaciali. Harry chiuse lentamente la bocca; non litigava con lui quando aveva quell’aria omicida. Nessuno lo faceva. Gli altri erano forse troppo distanti per capire che chiunque l’avesse fatto arrabbiare sarebbe morto? Harry voleva quasi avvertirli.
 
“Non trattarmi da stupido.”
 
“Non sentirai ragioni, quindi ritengo che trattarti da stupido sia l’unica soluzione.”
 
“Mettimi alla prova.”
 
“Bene. Voglio che Potty passi qui la notte. Questa è la ragione.”
 
Harry ringhiò interiormente, scuotendo leggermente la testa. Fu apertamente ignorato. “Malfoy-”
 
Gli occhi grigi assunsero un’aria pericolosa. Harry trasalì, rimanendo in silenzio. Guardò gli altri, cogliendo l’espressione divertita di Parkinson. La ragazza si scambiò uno sguardo con gli altri facendo un gesto molto osceno con le labbra e il pollice. Harry spalancò la bocca prima di accorgersi che gli altri lo stavano fissando. Parkinson tentava in maniera patetica di nascondere le sue risate. Con il labiale gli chiese ‘è questa la ragione?’…
 
Harry sentì dei brividi lungo la schiena, e non avevano nulla a che fare con Malfoy che era a pochi metri di distanza da lui. Era… orribile. Dimostrava solo quanto era inesperto; quanto era patetico. Malfoy voleva davvero fare davvero quel genere di cose... Merlino, non arrossire. Non arrossire!
 
“Non è un Serpeverde.” Sbottò Nott, ringhiando con rabbia. “Non dovrebbe essere qui. Voglio dire, giocare e passare del tempo insieme è una cosa. Passare la notte nel dormitorio ne è un’altra. Nessuno eccetto i Serpeverde, sin dall’epoca dei fondatori, è mai stato qui dentro. Lasciare che un Grifondiota subentri-!
 
“Non sta subentrando, sta solo passando qui la notte!” Ribatté Malfoy, la rabbia fuoriuscì dalla sua maschera. Harry era scioccato; nessuno entrava nella Sala Comune Serpeverde da secoli? Be’, la cosa lo faceva sembrare uno stronzo, vero? Piombare lì e rovinare una tradizione. “Io ho passato la notte a Grifondoro. Non vedo che importi.”
 
“È un cazzo di Grifondoro!”
 
È la persona meno Grifondoro che abbia visto negli ultimi mesi!”
 
Harry trasalì quando iniziarono ad urlare, e si intromise prima che Malfoy potesse sfoderare la bacchetta. “In verità, dovevo essere smistato in Serpeverde, se la cosa vi può aiutare.” Si affrettò a dire, scoraggiato dagli sguardi rabbiosi che si posarono su di lui. “Il cappello non mi voleva fra i Grifondoro, ma è successo al primo anno… non credo che sia d’aiuto adesso che ci penso. Voi siete tutti Serpeverde, e io sono solo una specie di avanzo…”
 
“Spero che siate fieri di voi, ragazzi; ha dovuto tirare fuori il suo sguardo da cane bastonato.” Rise Parkinson; stava ancora ghignando. Si stava ancora godendo la situazione.
 
“Non intendevo farlo. Cioè, più o meno, ma non credo che ‘cane bastonato’ sia il termine-”
 
“Potter, sta’ zitto.” Harry fu sorpreso quando tutti e quattro parlarono all’unisono, ogni volto accompagnato da un ghigno. Zabini sospirò, passandosi una mano fra i capelli con un’aria sia divertita che frustrata.
 
“Dannazione, ci hai fatti ridere.” Imprecò, poi si avvicinò al suo letto e ci si lasciò affondare. “Schifosissimo figlio di puttana.”
 
“E la vittoria è mia.” Draco ghignò, si voltò verso il letto e iniziò a spostare sul comodino alcuni libri sparsi sulle coperte, poi, chi sa come, si sedette sul materasso.
 
“Sei uno stronzo, Draco. Ci stai rovinando.” Ringhiò Zabini, chiudendo gli occhi mentre insultava il suo amico.
 
“No, Potter ci sta rovinando.” Harry sobbalzò quando Parkinson si avvicinò a lui di soppiatto, ghignando come un gatto con la sua preda. “È vero che al primo anno dovevi essere smistato a Serpeverde, oppure era solo una stronzata che ti sei inventato per salvarti il culo?”
 
“Uh, niente stronzate, per una volta.” Harry cercò di indietreggiare di qualche passo con disinvoltura, avvicinandosi al letto di Malfoy; dal modo in cui stavano ghignando, sapevano che le sue azioni non erano per niente casuali. “Il cappello fu piuttosto insistente.”
 
“Eppure sei finito fra i Grifondioti.”
 
“Esatto,” Aggiunse Nott, avvicinandosi al suo letto e spostando le tendine con aria imbronciata. Era palesemente contrario alla presenza di Harry, e aveva ragione. Era come se Goyle pretendesse di usare il letto di Harry nella torre. Capiva perfettamente il loro punto di vista. “non è finito qui. E c’è una ragione per questo. Non è uno di noi.”
 
Fece più male del dovuto.
 
“Va’ al diavolo Theo,” Ringhiò Draco, i suoi occhi avevano una luce pericolosa. “Ne ho abbastanza di queste stronzate. È il mio fidanzato, e se voglio che passi la notte qui con me, lo farà.” Harry si accorse del modo in cui le sue dita si stavano avvicinando alla bacchetta, quasi sul punto di usarla. Zabini fece lo stesso, intervenendo frettolosamente nella conversazione.
 
“Non fraintenderci, Potter, sei un tipo a posto-”
 
“Falla finita, Draco!” Sbottò Nott, “Sarai anche riuscito ad ingannare quegli altri idioti, ma per chi ci hai presi? Voi due non state insieme; sono sorpreso che tu non ti sia scopato Pansy per sbarazzarti del suo sapore!”
 
Ouch. Harry sbatté le palpebre, voltandosi velocemente verso Parkinson, che aveva ridotto gli occhi a due fessure. Non era preparato per l’incredibile quantità di… rabbia che lo invase. Erano solo amici di letto, vero? Non avrebbero… oh merda, era forse geloso?
 
Prima che Harry avesse il tempo di rifletterci, Malfoy si alzò di nuovo. Tutti i presenti fecero immediatamente un passo indietro; l’espressione di Malfoy poteva uccidere. Piuttosto letteralmente. Il suo sguardo era glaciale, tagliente, mortale.
 
Poi rivolse quello sguardo gelido verso Harry.
 
In un batter d’occhio il biondo lo afferrò per la maglia e lo spinse con forza verso la parete più vicina. Harry non sapeva se sorridere euforicamente perché stava accadendo di nuovo, oppure se essere imbarazzato di fronte alle espressioni scioccate degli altri Serpeverde.
 
Ma poi, la sua bocca fu occupata, e a Harry non fregò più un cazzo.
 
Malfoy lo baciò con forza, i suoi denti affondarono nelle sue labbra, la lingua dell’altro si face violentemente strada nella sua bocca. Harry ne fu scosso; era esigente, lo stava completamente dominando. Non sapeva nemmeno come iniziare a tenergli testa; la sua inesperienza era evidente, i pochi baci che si erano scambiati fino a quel momento gli avevano fornito una familiarità molto limitata con lui. Tutto quello che riusciva a fare era subire. Merda, Malfoy aveva il pieno controllo sul bacio. E l’aveva fatto capire sia a lui che a tutti i presenti.
 
Non… era giusto.
 
Harry tentò di allontanarsi, ma una mano di Malfoy gli strinse i capelli, quasi dolorosamente. Quando cercò di muoversi una seconda volta, il biondo glieli tirò, facendolo urlare. In preda all’umiliazione, Harry reagì. Mordendolo.
 
Veloce com’era iniziato, Malfoy interruppe il bacio.
 
Harry riprese fiato, era paonazzo. Si sentiva… sfruttato. Era stato appena usato da Malfoy per provare un cazzo di punto, che in ogni caso, era falso! Merlino, si sentiva come un burattino; patetico.
 
Alzò lo sguardo… incontrando il volto stoico e completamente controllato di Malfoy. Non ne aveva per niente risentito. Harry, invece, si sentiva come se l’avessero colpito.
 
Sapeva che l’umiliazione nel suo sguardo era evidente, quindi lo distolse, ma rabbrividì quando scorse gli altri Serpeverde perplessi. Detestandosi, si voltò di nuovo verso Malfoy, sperando che non capisse quanto era debole-
 
Il biondo si avvicinò e sfiorò delicatamente le labbra di Harry con le sue.
 
Era il gesto più vicino a una richiesta di scuse che Malfoy gli avrebbe mai rivolto.
 
La mano mollò la presa sui capelli di Harry, scivolando sulla base del suo collo. Gli accarezzò delicatamente la pelle con il pollice. Poi poggiò la fronte contro la sua.
 
“Se ti azzardi a farlo ancora,” Sussurrò Harry, assottigliando lo sguardo. “Ti mozzo la lingua con i denti.”
 
Malfoy sbatté le palpebre, poi annuì. Il movimento fu così piccolo che gli altri non avrebbero mai potuto notarlo, Harry stesso dubitava di averlo visto.
 
Draco si spinse via dalla parete, e Harry lo seguì verso il letto, evitando fermamente lo sguardo di chiunque nelle vicinanze.
 
Gli altri li stavano folgorando, ma entrambi li ignorarono, Draco con molta più esperienza di Harry. Quindi, appena il biondo si accomodò sul letto senza dire una parola, Harry fece lo stesso.
 
Draco agitò la bacchetta una volta per chiudere le tende e un’altra per lanciare un Incantesimo Silenziatore.
 
Si sedettero entrambi sul letto, evitando di incrociare i loro sguardi.
 
“Te l’avevo detto.”
 
“Ah, sta’ zitto, Potty.” Harry si voltò verso di lui, facendo roteare gli occhi. “Non me ne frega un cazzo di quello che pensano.”
 
“Se fosse stato così, non avresti messo in piedi quella… scenata.”
 
Harry si rimboccò le coperte, dando le spalle al biondo. Merlino, lì dentro tutto profumava di vaniglia; le lenzuola, i cuscini. Harry cercò di inalare senza sembrare troppo sospetto; fallì.
 
Anche Malfoy si mise comodo; allungò un braccio e lo posò sul fianco di Harry. Poi poggiò la testa sulla sua nuca, la fronte dell’altro era a contatto con la sua pelle. Come avrebbe fatto a dormire, con quel calore premuto contro di lui?
 
“Tu sei mio, Potty.” Rispose infine, con un filo di voce. Sospirò contro il suo collo, e ghignò appena vide che a Harry era venuta la pelle d’oca. “Non voglio il sapore di nessun altro. Il solo pensiero mi ha fatto venir voglia di sciacquarmi la bocca, o di assaporare qualcosa di ancora più delizioso. Ho optato per la seconda.” Harry alzò gli occhi al cielo, sospirando contro le lenzuola.
 
Stava dormendo in un letto vero e proprio. Uno che non puzzava d’ospedale, e che non era rigido e scomodo. Uno che gli ricordava di non essere solo; era passato un bel po’ dall’ultima volta che aveva dormito in un letto che non fosse gelido.
 
Sembrava decisamente un amante piuttosto che un ‘amico con altri vantaggi’, ma non gli importava. Sarebbe stato doloroso, lo sapeva, ma non riusciva a fermarsi. Si stava godendo i momenti.
 
“Sei mio.”
 
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Neville sorrise quando Hermione corse verso di lui con un’espressione euforica. Aveva trovato qualcosa, lo sapeva. Qualcosa per aiutare Harry.
 
“Tutti i Serpeverde sono coinvolti.” Affermò appena si sedette, saltellando praticamente dall’eccitazione. “Be’, quelli del nostro anno almeno. Non lo erano prima, ma Malfoy deve essersi fatto sfuggire qualcosa con loro; per tutto l’anno non avevano rivolto ad Harry neanche la parola, e tutt’ad un tratto anche loro hanno iniziato a considerarlo. Hai visto come si sono messi tutti contro di lui a cena? Harry sembrava riluttante, però. Forse ci ascolterà se gli diciamo che lo aiuteremo ad uscire da qualunque casino si trovi in questo momento. Forse gli altri lo stanno sorvegliando perché hanno bisogno di più persone per tenerlo sotto controllo… forse mentre erano distratti si sono fatti sfuggire qualcosa?” Disse tutto d’un fiato, in preda all’eccitazione. Era bello vederla di nuovo euforica; concentrata su un progetto, se così poteva definirsi. “Sono tutte speculazioni, ovviamente. Senza fatti o prove Harry non ci darà mai ascolto.”
 
“Oggi li ho origliati in biblioteca.” Ammise Neville, imbarazzato dalle sue stesse tattiche. Era un Grifondoro, non avrebbe dovuto appostarsi o nascondersi… ma aveva già provato l’approccio diretto, e lui e Harry non si parlavano da allora. Quindi, doveva usare il metodo Serpeverde, non importava se la cosa gli lasciava l’amaro in bocca. Tirò fuori il foglietto con gli appunti che aveva segnato.
 
Lo fece scivolare sul tavolo, teso per il verso indignato che fece Hermione. “Ha davvero detto una cosa del genere?” Sibilò, furiosa. “‘Chiudi quella… cavolo di bocca per il resto della tua miserabile esistenza?’ …Harry invece ha detto questo? Ha chiesto ‘Perché io?’” La ragazza piegò il biglietto, accigliandosi. “È tutto quello che hai?”
 
“Sì, poi hanno iniziato a bisbigliare. Malfoy aveva sorrideva però; ghignava. Merlino, quanto mi dava sui nervi.” L’altra annuì, sospirando. Neville capiva il suo stato d’animo; un loro amico era nei guai e loro non avevano idea di come aiutarlo. O se volesse essere aiutato. A quel punto, potevano solo fare congetture.
 
“Harry sembrava preoccupato. Malfoy gli ha chiesto una certa quantità… qualcosa come ‘quante ne hai fatte fino ad ora?’ …lo stanno costringendo a fare qualcosa, Hermione. Me lo sento. Non è felice.”
 
Neville notò che Hermione si morse il labbro, e iniziò a rimuginare. C’era qualcos’altro, qualcosa che non gli aveva detto.
 
“Che c’è?”
 
“Hmm… oh, niente. Volevo aspettare prima di azzardare ipotesi…”
 
“Dimmelo; qualunque cosa sia, è sempre meglio di niente.”
 
Hermione continuò a titubare, poi si avvicinò. Doveva essere qualcosa di interessante se non voleva essere origliata. “Io… Harry non usa più la magia.” Bisbigliò, aveva lo sguardo colmo di preoccupazione. “Io… io credo che…” Esitò ancora, indecisa.
 
“…Sì?”
 
“Penso che abbiano preso la sua bacchetta.” Disse tutto d’un fiato, quasi disperatamente. “Non usa la magia durante le lezioni. Penso che… in qualche modo gliel’abbiano sottratta. La staranno usando per ricattarlo. Come potrebbe mai difendersi senza? Non è bravo a fare incantesimi senza bacchetta.”
 
Neville si accigliò, cercando di ricordare l’ultima volta che Harry aveva partecipato alle lezioni. Non ci riusciva. “Nah… non può essere. Harry ce l’avrebbe detto.”
 
“È troppo orgoglioso; è un Grifondoro. Non vorrebbe dircelo se l’avessero disarmato. O battuto in duello. Ha da poco sconfitto Voldemortdeve essere umiliante per lui perdere contro un gruppetto di Serpeverde.”
 
Se ne stettero lì in silenzio per alcuni minuti, cercavano entrambi di ricordare l’ultima volta che avevano visto Harry con la sua bacchetta. Era successo mesi prima, durante Trasfigurazione, o Incantesimi. Ce l’aveva sicuramente, e la agitava a casaccio. Merlino, quei bastardi dei Serpeverde.
 
“Hanno la sua bacchetta. Ecco cosa ci sta nascondendo.”
 
“Hanno preso la sua bacchetta.” Convenne Hermione, con una scintilla pericolosa negli occhi. “Dopo che si è schierato dalla loro parte, al nostro ritorno. Mi sento una stupida per aver cercato di convincere gli altri a farsene una ragione e a smettere di lanciare loro delle fatture. Sì, è sbagliato, ma finché non la smetteranno di tormentare Harry-”
 
“Che succede a Harry?” Hermione gelò sul posto, l’imbarazzo lampeggiò sul suo volto prima che tentasse di nasconderlo. Neville guardò il bigliettino sul banco fra loro due, stava cercando di capire se recuperandolo non sarebbe apparso troppo sospetto.
 
“Niente, Ron, stiamo solo-”   
 
“Hai menzionato il suo nome.” La interruppe il rosso, guardando entrambi dubbioso. “Non dovete girarci intorno; sono un adulto, posso sopportare il suono del suo nome.”
 
“Non ho mai insinuato il contrario.” Rispose freddamente Hermione, guardando Neville e il biglietto; il messaggio era chiaro. Raccoglilo; velocemente. Però anche Ron colse il suo sguardo.
 
Tutti e tre si tuffarono verso il foglietto, schiaffeggiando rumorosamente il tavolo. Diventò ben presto un tiro alla fune fra Ron e Neville, ma il rosso usò astutamente Accio, facendolo svolazzare risolutamente fra le sue mani. Merlino, riusciva praticamente a sentire il gong del KO.
 
Ron spiegò il biglietto, analizzandolo. Il ghigno svanì piuttosto velocemente dalle sue labbra. Li fissò entrambi, poi rilesse il foglietto. E poi fisso ancora loro due. La sua faccia iniziò a diventare paonazza; sì, si era incavolato. I Serpeverde facevano meglio a fuggire a gambe levate.
 
“Come vi permettete?” Erano fortunati se… cosa?
 
Neville si accigliò appena lo sguardo si posò su di lui, Ron era inorridito. Hermione si era fatta piccola piccola sulla sua sedia e cercava apertamente di evitare il suo sguardo. Emanava praticamente senso di colpa. E suppose che fosse lo stesso anche per lui. Ma era per il bene di Harry, non gli importava se lui e Ron erano ai ferri corti; era ancora un loro amico. E Neville l’avrebbe comunque aiutato se ne avesse avuto bisogno.
 
“Ron, so che abbiamo agito alle tue spalle-” Cominciò Neville, ma fu interrotto di nuovo all’istante.
 
“State… state spiando Harry?” Neville deglutì a vuoto, poi annuì. Era una tattica Serpeverde, ma era necessaria. “È sbagliato! Smettetela subito, intesi? Dico a tutti e due!” A Neville per poco non cadde la mascella.
 
“Ron, abbiamo dovuto-” Tentò di dire Hermione, ma il rosso la interruppe; il suo sguardo eguagliava quasi quello di Malfoy.
 
“No! Questo è… noi non spiamo in questo modo. Questo ficcanasare… è ai livelli di quella vecchia strega della Skeeter al quarto anno! Volete fare la sua stessa fine?” Hermione iniziò a stizzirsi, i suoi occhi si assottigliarono pericolosamente. Be’, aveva toccato un tasto dolente. “Lasciatelo in pace! Sono solo affari suoi!”
 
“Tu non capisci cosa sta succedendo; lui è nei guai-”
 
“Se Harry è davvero nei guai, verrà da noi.” Ron sembrò addirittura convinto di quello che diceva, nonostante avesse goffamente messo le braccia conserte. Sapeva che era una bugia. “Sul serio, smettetela di ficcare il naso nei suoi affari. Non sto scherzando; se non la fate finita, sarò io stesso ad avvertirlo.”
 
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Capitolo 24
*** Mattina ***


Capitolo 24 – Mattina
 
Harry si svegliò da un sonno senza incubi per la prima volta dopo settimane.
 
Sospirò alla prospettiva di doversi alzare, non voleva nient’altro che restare avvolto dal calore che Malfoy gli aveva volutamente messo a disposizione. Il biondo aveva dormito con un braccio attorno al suo bacino per tutta la notte, tirandolo a sé ogni volta che cercava di allontanarsi. Avrebbe dovuto aspettarselo da una persona così predisposta alla possessività. O, per farla breve, a cui non piaceva condividere.
 
Quello che non si aspettava era quanto fosse difficile alzarsi di mattina.
 
Amici con ‘altri vantaggi’, certo, come no.
 
Harry si liberò piano dagli arti di Malfoy, passandosi stancamente una mano fra i capelli. Non dormiva così bene da anni; neanche l’ombra di un incubo. Forse era merito della comodità del letto; era sicuro che i letti nella Torre Grifondoro non erano così soffici, e nemmeno così spaziosi. Sul suo letto nella Torre, due persone non potevano decisamente starci comode. Come al solito, i Serpeverde avevano sempre il meglio.
 
Un sospiro di Malfoy lo spinse a guardarlo; in realtà, nessuno lo spingeva a fare niente. Malfoy non lo stava fissando in quel momento, non era né contento né arrabbiato. Non poteva ghignare mentre dormiva, e nemmeno dire cose cattive, o indifferenti. Lui era lì… e basta.
 
Nessuna increspatura sulla sua fronte.
 
I suoi capelli erano leggermente scompigliati; normali. Era uno sforzo trattenersi dall’accarezzarli, o semplicemente dall’accarezzare la sua pelle. Il solo pensiero di Malfoy che si svegliava beccandolo ad arruffargli i capelli o ad accarezzargli il braccio l’avrebbe segnato per tutta la vita, o peggio, avrebbe suggerito che provava affetto. Non poteva lasciare che nessuna delle due cose accadesse. Intrappolò le mani sotto le ginocchia per evitare ogni tentazione.
 
Lì non c’era nessuna maschera dietro la quale nascondersi.
 
Quindi Harry se ne stette lì seduto con la testa sulle ginocchia a fissarlo. Non riusciva a distogliere lo sguardo, nemmeno quando il biondo dormiva.
 
Merlino, era fottuto.
 
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Draco si stiracchiò sul letto, e si accigliò quando non sentì il calore che avrebbe dovuto sentire. Se quella brutta copia di un Grifondiota era sgattaiolato via nel bel mezzo della notte gli avrebbe tranciato un arto. Preferibilmente le gambe, così non sarebbe più potuto scappare. Il pensiero lo fece sorridere. Si prospettava una bella giornata.
 
Gemette, era uno sforzo aprire gli occhi. Una delle cose fantastiche di vivere sotto il livello del lago era la mancanza di luce che filtrava dalle finestre; i raggi andavano solo dal verde scuro a una sfumatura leggermente più chiara, a seconda del tempo. Quel giorno, il lago era ancora di un cupo color giada; cielo coperto e, con ogni probabilità, piovoso. Un tempo ottimo poltrire a letto.
 
Draco lasciò cadere di nuovo la tenda, e sospirò mentre rotolava dall’altra parte. La bellezza del lago non era niente in confronto a quegli smeraldi.
 
Allora non era scappato.
 
“Da quant’è che sei sveglio?” Sbadigliò Draco, strofinandosi gli occhi. Merlino, non dormiva così bene da settimane; non aveva nemmeno dovuto prendere la sua SonnoSenzaSogni. Si prospettava una bella giornata. “E perché mi fissavi mentre dormivo? È alquanto inquietante.”
 
Potter sbatté le palpebre, ma non si mosse. “Mi sono appena svegliato.” Rispose infine, senza dire nulla riguardo al suo comportamento da stalker.
 
Bugiardo.
 
Il posto accanto al suo era freddo; nessuno lo toccava da minuti, se non da ore. I suoi occhi non avevano la minima traccia di sonno, e non suonava neanche stanco. Era totalmente sveglio, e vigile. Pensava che Draco fosse stupido?
 
“E ovviamente, hai tutte le intenzioni di sloggiare.” Draco si assicurò che fosse un’affermazione, non una domanda. Provò a sbattere le palpebre per cacciare via il sonno dagli occhi; era difficile cercare di essere allerta appena sveglio. Per farla breve, non era una persona mattiniera. Sia Theo che Blaise erano finiti in infermeria in due occasioni separate per aver cercato di svegliarlo. Non ci avevano più riprovato.
 
In teoria, neanche Harry avrebbe dovuto essere una persona mattiniera… eppure, era seduto in mezzo al letto con la testa poggiata su un palmo, e continuava a… fissarlo.
 
Draco non si sentiva così insicuro da molto tempo; dopotutto, i Malfoy non dovevano essere nient’altro che perfetti. Però, con quegli occhi che lo fissavano… era uno sforzo non sentirsi a disagio. Perché era così insistente? Che cosa c’era di così interessante?
 
Draco si accigliò, poggiandosi su un gomito. Si passò una mano fra i capelli, ma erano normali. Non sentiva di essere in uno stato orribile, e nemmeno di essersi agitato e dimenato durante la notte… anche se, la possibilità non era da scartare.
 
“Ho fatto…?” Iniziò, ma si interruppe velocemente. Non riusciva a dirlo; non durante una giornata qualunque, e soprattutto non mentre lo fissavano in quel modo. “Numero Trentatré.” Finì per borbottare, e si sorprese quando Potter si limitò a scuotere leggermente la testa, fu un movimento impercettibile.
 
A quel punto Draco non sapeva cosa pensare. Cosa diavolo poteva essere così interessante da tenere Potter sveglio, possibilmente per ore, senza dire niente?
 
E per di più Draco si era lasciato sfuggire uno dei suoi piccoli segreti. Fantastico.
 
Sospirò, lasciandosi sprofondare nuovamente nel calore del letto. Era troppo presto per tutto questo. “Dormirò un altro po’.” Lo avvertì, mettendosi più comodo. Potter non si mosse, nonostante Draco stesse cercando di tirare di nuovo su le coperte.
 
“Non posso uscire lì fuori.” Mormorò con un filo di voce, interrompendo il contatto visivo per indicare la stanza al di là delle tende. “Mi getterei in pasto ai lupi.”
 
“Non mi importa.”
 
“Lo so.” Lo disse così piano che Draco non era sicuro che volesse farglielo sentire. Lo sapeva? Quella risposta… lo irritava più di quanto avrebbe dovuto. Si comportava come se Draco si stesse semplicemente approfittando di lui, come se chiunque potesse sottomettere il grande Harry Potter. Doveva smetterla, lo sapeva che Draco provava affetto nei suoi confronti, giusto? Non gliel’aveva fatto capire l’altro giorno in infermeria?
 
Saremo amici ‘con altri vantaggi’?
 
Ci… godremo i momenti.
 
Oh. Ma prendendo in considerazione il… uhm, momento di debolezza della sera prima, poteva definirlo così? Potter era ovviamente saltato alle conclusioni sbagliate. Non aveva ragioni per non farlo, non è così? E se Draco l’avesse negato, be’, a quel punto Potter l’avrebbe brutalmente allontanato, e tutto per il benessere e la felicità di Draco, a quanto pareva.
 
Potter aveva messo in gioco una fottutissima lama a doppio taglio.
 
Imbroglione.
 
Draco si sforzò di nuovo di aprire gli occhi, fissando svogliatamente Potter. Non sembrava divertito; stava tentando di non mostrare emozioni, e anche se era ancora un principiante, era maledettamente bravo.
 
“Theo ha esagerato-”
 
Tu mi hai usato.” Potter assottigliò leggermente gli occhi, serrando la mascella. Poi strinse i pugni sui pantaloni del pigiama. Draco dubitava che qualcun altro a parte lui sarebbe riuscito a notarlo. A dirla tutta, neanche lui stesso era riuscito a notarlo, gli era servito un secondo di riflessione.
 
“Col senno di poi, non era la cosa giusta-”
 
“Sì, col senno di poi avresti dovuto dire a Nott di andare a farsi fottere!” Grazie a Merlino, era tornato il Potter che sapeva come gestire. Era quello il Potter che am… a cui era affezionato. Merda, non era ancora a quel punto.
 
Ma quel Potter non voleva fare la sua comparsa; Draco osservò vagamente sorpreso il moro mentre cercava di rimuovere le emozioni dalla sua espressione, e calmarsi. Dove diavolo aveva imparato a farlo?
 
“Non voglio essere un burattino, o un giocattolo.” Aggiunse infine a bassa voce. “Non voglio più essere umiliato in quel modo, o deriso. Voglio solo… penso, uhm, che il nostro accordo debba essere-”
 
Draco si piegò in avanti e posò un dito sulle sue labbra, impedendogli di finire la frase. Non gliel’avrebbe permesso.
 
Avrebbe dovuto voltarsi e dire a Potter, come lui stesso aveva eloquentemente detto prima, di ‘andare a farsi fottere’. Avrebbe dovuto alzare gli occhi al cielo e avvolgersi nelle coperte come se fosse un litigio insignificante. Avrebbe dovuto avvertirlo di non scocciare di prima mattina, oppure che ormai conosceva la personalità di Draco già da anni, e anche che, se la cosa non era già abbastanza evidente, Potter era uno stupido perdente Tassorosso. Avrebbe dovuto rispondere come un Malfoy, e troncare il litigio.
 
Tuttavia, la vocina nel retro della sua testa che non era Malfoy, ma puramente Draco, chiedeva di meglio. Se non poteva essere sé stesso a letto, isolato e al sicuro nel suo cazzo di letto, allora dove avrebbe mai potuto esserlo?
 
“Harry,” Lo interruppe gentilmente, rotolandosi dall’altra parte per fissare le tende anziché il moro. “Non era mia intenzione ferirti. Non succederà mai più.” Non riusciva nemmeno a guardarlo. Salazar, era umiliante. Peggio di quando aveva perso il controllo nell’infermeria; non era arrabbiato adesso, e non stava vomitando cattiverie che era meglio non dire. Aveva dovuto rifletterci su; il che era ugualmente pericoloso, se non di più.
 
Quella era la miglior scusa che era capace di porgergli senza che il mondo implodesse su se stesso.
 
E in ogni caso, si ritrovò ad aspettare l’arrivo dell’apocalisse.
 
Ma al contrario, il letto affondò non appena Potter si stese di nuovo. Le loro spalle si sfiorarono, mandandogli dei brividi lungo la schiena.
 
Cazzo, brividi? Cosa diavolo gli stava succedendo? Ci mancavano solo le farfalle; tch, come no. Avrebbe preferito strapparsi via lo stomaco piuttosto che provare quellorripilante sensazione su se stesso.
 
“Non uscirò lì fuori da solo.” Disse Harry, spostandosi in modo da parlare contro la schiena di Draco. Merlino, il suo respiro gli sfiorava i capelli sulla nuca; sembrava quasi che lo facesse apposta a provocarlo in quel modo. “Soffrirai con me.”
 
Draco sospirò sentendo quella frase, lasciandosi sfuggire un sorriso. Sì, avrebbero sofferto insieme, perché Draco non aveva intenzione di andare da nessuna parte, e neanche di lasciar andare via Potter. Avrebbe accettato le ferite al cuore, se servivano a rendere Potter felice per un po’ di tempo in più.
 

 
Merlino, era fottuto, vero?
 
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Non andrò lì fuori.”
 
“Uno di noi deve farlo.”
 
“Bella idea; è il tuo letto, la tua stanza, i tuoi compagni di casa; vacci tu!”
 
“Più tempo passerai a procrastinare qui dentro, più grande sarà il loro complotto.”
 
Harry ringhiò, tamburellando le dita contro le ginocchia. Erano finiti entrambi in uno stato di dormiveglia, contenti di attendere l’inizio della giornata avvolti nel calore del letto di Malfoy. L’altro era stato sorprendentemente… calmo per tutta la mattinata. Il Serpeverde si era addirittura scusato, in un certo senso.
 
Come diavolo avrebbe fatto Harry a lasciarlo andare se di punto in bianco decideva di essere umano? Gli stava rendendo le cose molto difficili, quell’imbroglione.
 
Tuttavia, quando si erano svegliati per la seconda volta, nessuno dei due voleva essere il primo a lasciare i confini del letto. Harry non capiva qual era il suo problema; si trovava faccia a faccia con i Serpeverde ogni giorno! In teoria doveva essere abituato a svegliarsi dopo un litigio con loro, e dover decidere fra ignorare i suoi compagni di casa o giungere a qualche sorta di compromesso. Era Harry l’intruso! Era lui il parassita che si era imposto su di loro, avendola vinta! Perché doveva essere proprio lui ad aprire le tende ed essere, con ogni probabilità, affatturato?
 
Non l’avrebbe mai fatto. Soprattutto se non poteva neanche difendersi.
 
“Andiamo, ho fame.” Tentò Harry, infuriandosi per la risata derisoria del biondo.
 
“Tu non hai mai fame.”
 
“Ho un brontolio allo stomaco che potrebbe essere interpretato come fame." Ribatté, e sorrise quando Malfoy alzò gli occhi al cielo. “Forse.”
 
Avevano entrambi deciso di ignorare la conversazione che avevano avuto poco prima; era come se nulla fosse successo. Dopotutto, con Malfoy non potevi tirare la corda più di tanto nel corso della stessa giornata. E Harry era un esperto nell’ignorare qualunque cosa fosse dolorosa o confusa; quello che era successo gli aveva provocato un dolore al cuore, ma era comunque riuscito a dimenticarsene.
 
Merlino, Malfoy si era scusato con lui.
 
“Non è fame. È gas.”
 
“È decisamente fame.”
 
“Tira fuori le palle, Potter.” Ghignò, gli occhi grigi brillarono pericolosamente. “In teoria, non dovresti essere un Grifondoro?”
 
“In verità, non proprio.” Scrollò le spalle, “Non mi hai sentito?”
 
“Stavi mentendo.”
 
“Non è vero.”
 
“Il cappello non fa le preferenze.”
 
“Con me le ha fatte.” Harry sorrise impacciato, “Disse che avrei fatto cose fantastiche a Serpeverde.”
 
“Forse intendeva che le avresti fatte in futuro, per esempio, all’ottavo anno. Forse intendeva che saresti riuscito ad aprire le tende e saltare giù dal letto senza che ti esplodessero le palle.”
 
“Perché non lo fai tu, allora?
 
“E perché non tu?” Merlino, erano regrediti a una coppia di primini.
 
Harry guardò il biondo, incontrando la sua espressione compiaciuta. Non pensava che ne avrebbe avuto il coraggio; c’era divertimento nei suoi occhi. Pensava che Harry si sarebbe nascosto dietro le tende per tutto il giorno; lo pensava sul serio.
 
 
Harry non era bravo a ignorare le sfide.
 
Sospirò, reprimendo il bisogno di alzare gli occhi al cielo. Non doveva sembrare nervoso. Quindi, con tutto il finto coraggio che riuscì a trovare, nonostante il suo stomaco si stesse contorcendo per il nervoso, Harry si spinse in avanti e scivolò giù dal letto, aprendo le tende.
 
Per un momento Harry si stiracchiò, schioccando con disinvoltura le dita per poi voltarsi verso l’esterrefatto biondino. “Quando hai intenzione di alzarti? Sembra già pomeriggio.”
 
“Grandissimo. Stronzo.” Harry sorrise a fatica, sforzandosi. Non voleva sorridere ma doveva. Altrimenti Malfoy avrebbe capito che c’era qualcosa che non andava con le sue impeccabili capacità deduttive. In quel momento, gli occhi dell’altro si assottigliarono leggermente alla vista di quel sorriso; non era possibile che avesse già capito che era finto, giusto? Le capacità dell’onnipotente Malfoy.
 
“Puoi prendere in prestito i miei abiti; non ha senso salire fino in infermeria e tornare giù per la colazione.”
 
Questa volta fu Harry ad alzare le sopracciglia. “Sembrerebbe… non so, che tu mi stia marchiando. Sei un tipetto un po’ possessivo, eh?”
 
Malfoy ricambiò il ghigno, percorrendo l’avambraccio dell’altro con lo sguardo. “Sei già marchiato.” Harry non avrebbe dovuto esserne così contento; e Malfoy non sarebbe dovuto sembrare così compiaciuto. “Tuttavia, questa mattina ti senti coraggioso.” Disse canticchiando, poi ruzzolò finalmente giù dal letto, dirigendosi verso la cassettiera.
 
Harry sospirò, appoggiandosi contro il montante del letto. Di solito quando Malfoy era felice significava che avrebbe architettato e detto cose che non avrebbero portato benefici a nessuno; e come previsto, Malfoy gli tirò una normalissima t-shirt. Sembrava quasi troppo casual per appartenere al suo guardaroba, e ad Harry sarebbe stata decisamente bene. Avrebbe anche messo in mostra il drago grigio piuttosto grande avvolto intorno al suo avambraccio.
 
“Non me la metto.” Harry afferrò la maglietta, senza interrompere il contatto visivo con il biondo. Fingeva innocenza; era credibile quanto un lupo mannaro al guinzaglio.
 
“Mette in mostra il tuo fantastico patriottismo Serpeverde. E ti mette in risalto gli occhi, o stronzate del genere.”
 
“Peccato che io non sia davvero un Serpeverde.”
 
“A quanto pare avresti dovuto esserlo.” Malfoy gli sorrise, godendosi semplicemente la mattinata. Harry non pensava di aver mai visto il biondo sorridere così tanto; sembrava assolutamente contento; e la cosa in sé era un miracolo. “O la indossi, o esci lì fuori in pigiama. A te la scelta.” E, come per provare il suo punto, agitò la bacchetta verso la cassettiera. Non aveva dubbi che l’aveva sigillata. Idiota.
 
Malfoy ghignò ancora, avviandosi al bagno senza degnarlo di un altro singolo sguardo. Doveva sapere che la testa di Harry era in subbuglio; indossare la maglietta e mostrare il drago, o indossare con umiliazione il pigiama all’ora di pranzo, di sabato, con tutto il corpo studentesco che lo fissava. E lo giudicava.
 
Non era una decisione molto difficile.
 
Harry ghignò, piegò la maglietta e la ripose ordinatamente nella cassettiera. Malfoy credeva di capire Harry perfettamente, ma si stava dimenticando un dettaglio molto importante; era un testardo Grifondoro, non importava se gli altri sperassero o pensassero il contrario. Non avrebbe lasciato che un Serpeverde controllasse la sua vita.
 
Be’, non del tutto.
 
E poi, non voleva che tutti vedessero il suo tatuaggio; era… be’, privato. Solo lui e Malfoy sapevano della sua esistenza. Era un loro segreto, uno dei tanti.
 
Quel drago era suo soltanto.
 
Wow, erano entrambi follemente possessivi.
 
Harry sbuffò divertito, passandosi una mano fra i capelli. Probabilmente avrebbe dovuto pettinarli, in modo da non sembrare troppo sciatto per il pranzo; che Dio ce ne scampasse se gli altri non avrebbero pensato che era sciatto solo per non essersi vestito.
 
Si sarebbe presentato lì in maniera decente, dannazione!
 
Il pensiero lo fece ridacchiare leggermente. Tuttavia, Goyle fece il suo ingresso nella stanza.
 
Era come se una malleabile tensione, si fosse estesa per tutta la stanza sotto forma di una foschia visibile e tangibile. Gli occhietti di Goyle si assottigliarono non appena notò la presenza di Harry mentre era intento a guardarsi intorno. Esitarono sul letto disfatto, sui capelli scompigliati e per la mancanza di Draco nella stanza. La luce ‘pericolosa’ nei suoi occhi diventò ‘omicida’, come se qualcuno avesse schiacciato un interruttore.
 
Sapeva che quella situazione era troppo bella per durare; non gli era permesso di essere felice, ricordate?
 
“Che cazzo ci fai tu qui?” Ringhiò, lasciando che la porta sbattesse dietro di lui. Avanzò lentamente nella stanza, osservando i letti vuoti intorno a sé.
 
Anche Harry fece lo stesso.
 
Merda, era davvero da solo con l’unico Serpeverde che sembrava odiarlo visceralmente. A parte Nott, ovviamente; ma lui non sembrava avercela con Harry. Goyle, tuttavia, era assolutamente capace di affatturarlo. L’aveva sentito minacciare un suo stesso amico di cruciarlo; cosa diavolo avrebbe fatto a qualcuno che riteneva un suo nemico?
 
Sembrava che stesse aspettando una risposta; a quanto pare non era una domanda retorica.
 
“Sto aspettando Draco.” Rispose semplicemente, vedendo l’occhiata del ragazzo tarchiato intensificarsi, gli stava ringhiando dall’altra parte della stanza.
 
“Non prendermi per il culo, frocio.” Ouch. “Tu non meriti di stare qui. Questa è la nostra stanza, piccolo pezzo di merda. C’è bisogno che qualcuno lo ricordi anche agli altri!” Ok, annullare la missione ‘distrailo con una conversazione’. Era incazzato, non in una maniera considerevolmente ragionevole, ma era comunque incazzato. Era la frase più lunga che Harry gli avesse sentito formulare senza essere interrotta da un ringhio; sembrava molto più lucido del solito, e questo era terrificante. Una persona arrabbiata faceva errori mentre lanciava incantesimi, una calma, invece, era meticolosa; era fottuto. “Cazzo, hai avuto il fegato di dormire qui? Nel dormitorio Serpeverde? A pochi metri da me?” Ringhiò, avvicinandosi. “Se hai dormito nel letto di Tiger, razza di assassino, ti uccido seduta stante.”
 
Sfoderò la bacchetta, puntandogliela contro senza esitazione. Okay, era ora di andarsene. Harry non aveva neanche la bacchetta finta con sé; non avrebbe neanche potuto svincolarsi con un bluff! Il panico stava lentamente riuscendo a prendere possesso della sua mente; quanto tempo ci voleva per fare una maledettissima doccia?
 
“Penso che ci sia stato un fraintendimento-!”
 
“L’unico fraintendimento qui sei tu.” Ruggì Goyle, agitandogli contro la bacchetta. Il moro non poté fare a meno di notare quanto erano eleganti movimenti della bacchetta di Malfoy rispetto a quelli rozzi di quell’idiota; non c’era da meravigliarsi che aveva fallito in tutto quello che concerneva una bacchetta fino alle lezioni di Arti Oscure dell’anno prima. La frase, ad ogni modo, non aveva senso. “Non avvicinarti più a noi, intesi? Non parlarci più, non fare neanche un cazzo di pensiero su di noi; vai solamente a farti fottere!”
 
Cosa diavolo aveva fatto a quello stronzo? Non gli aveva neanche rivolto la parola durante l’anno!
 
Harry aprì la bocca per replicare, ma gelò.
 
Incantesimo Silenziatore.
 
Che significava o molto di dolore, o molte urla.
 
Oppure entrambe le cose.
 
Harry aprì la bocca per urlare non appena fu scaraventato all’indietro da un incantesimo in tutta la sua potenza; si schiantò contro la parete e scivolò sul pavimento, ma non se ne accorse nemmeno. Degli ardenti pugnali invisibili gli stavano perforando la pelle, inondando le sue vene come lava; bruciava, sembrava nutrirsi della sua paura, prosperava nella sua paura. Scavò ancora più profondamente nelle sue vene, serpeggiando in ogni nervo, bruciandolo…
 
Prese un respiro, introducendo aria nei polmoni. Non avrebbe mai più voluto subire la cruciatus. Dannazione, i trattamenti del martedì per poco non la eguagliavano. Ma quello… merda, Neville non scherzava quando diceva che era la prima volta che eccellevano in qualcosa. Aveva fatto maledettamente male.
 
Tentò di deglutire, e sussultò per il dolore alla gola. Se le sue urla fossero state udibili, era certo che tutti i sotterranei l’avrebbero sentito. Goyle era più intelligente di quanto sembrava, per aver escogitato un piano del genere. Oppure solamente malvagio.
 
Sussultò mentre si rialzava; sì, faceva male, ma sarebbe andato all’inferno piuttosto che chinarsi o inginocchiarsi davanti a quell’idiota; poteva resistere per un’altra manciata di minuti, solo finché Draco non fosse tornato. Quindi, stringendo i denti, si costrinse a guardare quello stupido negli occhi.
 
Oh, grazie a Dio.
 
Goyle folgorò con lo sguardo l’allampanato Serpeverde che stava attraversando il dormitorio, e borbottò qualcosa a mezza voce. Doveva aver pensato che stesse semplicemente andando al bagno, dato che sul suo volto apparve una smorfia di rabbia piuttosto sgradevole non appena Nott si piazzò fra Harry e lui.
 
“Va’ via, Goyle.” Disse piano, agitando la bacchetta per bloccare una fattura diretta a lui anziché a Harry. “Fuori di qui.”
 
Harry spalancò la bocca in preda allo shock; sì, aveva già sentito Goyle minacciare i suoi compagni di dormitorio… ma da lì a cercare di affatturarli sul serio, e per giunta senza provocazione? Il ragazzo era matto. Era maledettamente fuori di testa.
 
“Lo proteggeresti?”
 
“Va’ via.”
 
“È un cazzo di Grifondiota-”
 
“È uno di noi, Goyle, che tu lo voglia o no! E adesso esci fuori di qui, prima che ti riempia di maledizioni!” E per provare che era serio, borbottò un veloce Confundo, riuscendo a malapena a colpire il tarchiato Serpeverde. A quel punto, l’altro si limitò a sbattere le palpebre una o due volte, e a scuotere la testa per poi guardarsi intorno. E vedere Harry. E ringhiargli sottovoce.
 
“Che ci fa qui quel coso?” Ringhiò, fece per sfoderare la bacchetta, e sembrò confuso quando si accorse che la stava già impugnando. Che idiota.
 
“Ci penso io a lui. Va’ via, sei d’impiccio.” Harry sussultò sentendo quel tono disinvolto, niente a che vedere con quello che stava usando pochissimi istanti prima. Un cambiamento così brusco di emozioni nel giro di pochi secondi; c’erano forse dei corsi per Serpeverde?
 
Harry osservò in silenzio, come se avesse altra scelta, Goyle che considerava con cipiglio le sue condizioni. Infine, scrollò le spalle, grugnì e si voltò per andarsene. Merlino, dopo la scorsa notte, Harry era fortunato che Nott aveva deciso che l’avrebbe aiutato nonostante tutto; non sembrava avercela con Harry in quel momento. Passò un istante in cui nessuno dei due si rivolse la parola, o anche solo lo sguardo.
 
Harry l’avrebbe fatto, se solo non fosse stato sotto l’effetto dell’incantesimo, e se non avesse dovuto preoccuparsi delle sue mani.
 
Stavano tremando.
 
Un leggero tremore, ma pur sempre un tremore; ma che diavolo? Non aveva paura di Goyle, non aveva paura del dolore… perché tutt’ad un tratto stava tremando? Non faceva nemmeno freddo lì sotto; le piastrelle si erano riscaldate leggermente nel punto in cui si trovava. Perché stava-?
 
“Effetti collaterali della cruciatus.” Harry sobbalzò, alzando lo sguardo su quello impassibile di Nott. “A volte capita; i nervi si incasinano, si agitano.” Scrollò le spalle, come se non fosse una novità per lui. “Però non lasciare che Draco se ne accorga.”
 
“Va bene.”
 
Nott si accigliò, agitando nuovamente la bacchetta in aria. Usò anche movimenti differenti; strano. E così a Harry tornò la voce.
 
“Grazie.” Cercò di sorridere, ma fu un tentativo infelice. Nessuno poteva davvero lasciarsi semplicemente scivolare addosso una cruciatus; aveva ancora gli arti doloranti e il suo cuore stava ancora correndo. Continuava a voler sussultare o rabbrividire, aspettandosi un altro attacco; era molto peggio, quando si era incapaci di difendersi.
 
A quanto pareva, Nott la pensava allo stesso modo. “Sei molto più bravo di me con gli incantesimi di difesa, Potter.” Mormorò, scrollando le spalle. “Perché non usi più la magia?” Anche se aveva posto una domanda, si voltò per andarsene un attimo dopo. La minaccia era evidente; era curioso.
 
Merda.
 
Era ancora peggio della comparsa di Goyle.
 
Be’, in realtà no. Ma ci mancava poco.
 
“Che ci fai sul pavimento?” Harry si sforzò di sorridere, e si tirò in piedi, voltandosi verso il biondo. Per un pelo non si era trovato fra un’incudine e un martello molto indifferenti e testardi. “E perché non ti sei ancora vestito?”
 
“Sono già vestito.” Scelse di ignorare la prima domanda. “Mi hai dato la possibilità di scegliere, dopotutto.”
 
Per favore non notare niente.
 
Per favore.
 
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Capitolo 25
*** Serpeverde ***


Hola gente, buon inizio di primavera a tutti! (rip persone con l'allergia al polline) Vi auguriamo una buona lettura e vi ringraziamo tantissimo per il love che, come sempre, ci trasmettete attraverso le recensioni <3 *^* Alla prossima!! *si smaterializzano*



Capitolo 25 – Serpeverde




 
Harry storse il naso mentre seguiva Malfoy nella Sala Grande, prendendo nota dell’aumentare dei bisbigli. Sì, era in pigiama. Era davvero così scandaloso? Qualcuno doveva pur essersi presentato a pranzo mezzo vestito in passato, con i calzini scompagnati o con la camicia alla rovescia. Non riusciva a ricordare nessuna occasione del genere in quel momento, ma era certo che ce n’erano.
 
“Tu e le tue solite entrate teatrali.” Malfoy era addirittura divertito da quella situazione; tuttavia, il suo ghigno svanì quando incontrò lo sguardo di Harry. Non ne capiva il motivo; non si poteva dire che non ci stava mettendo impegno. Si era sforzato di ricambiare il suo sorriso, di alzare gli occhi al cielo, e si era finto divertito dal suo commento sorprendentemente azzeccato. Perché i Malfoy erano fabbricati con un dannatissimo rilevatore di bugie interno?
 
“Pensi che sia particolarmente… saggio sedersi al tavolo Serpeverde oggi?” In fin dei conti, alcuni studenti avevano manifestato una discreta sete di sangue. “Penso che stiamo un tantinello tirando la co-”
 
“Dove altro vorresti sederti?” Be’, colpito e affondato.
 
Harry percorse il tavolo con lo sguardo, adocchiando velocemente il piccolo, infernale, bruto tarchiato. Goyle incrociò il suo sguardo con una smorfia rabbiosa; se possibile, Harry era certo che la forchetta nella sua mano si sarebbe piegata sotto la pressione del suo pollice. Harry non voleva assolutamente trovarsi nelle sue vicinanze, neanche con una distanza minima di dieci metri. Ancora meglio se era fuori dal raggio d’azione dei suoi incantesimi, a dirla tutta.
 
Le mani di Harry continuavano a tremare incontrollatamente. Era ancora sbalordito dal fatto che qualcuno aveva usato una Maledizione Senza Perdono all’interno della scuola. Su un altro studente, per giunta. Non riusciva a capacitarsi del fatto che, non meno di mezz’ora prima, era sul pavimento dei sotterranei in preda alle convulsioni.
 
E Goyle l’avrebbe scampata. Nessuna ripercussione.
 
Perché Harry era assolutamente sicuro che non l’avrebbe detto a nessuno; e comunque, era inverosimile che gli credessero. Il grande Harry Potter, uccisore del male allo stato puro, più comunemente detto Voldemort, che non riusciva a lanciare un semplicissimo incantesimo difensivo contro Goyle? Si sarebbero fatti delle domande, come aveva fatto Nott. Perché era tutto così dannatamente complicato?
 
L’unica ragione per cui Malfoy non aveva notato le sue mani era perché Harry aveva finto di avere freddo e si era fatto prestare uno dei suoi maglioni. Le mani erano al sicuro, coperte dalle maniche, lontane dagli occhi, ma decisamente non lontane dalla sua mente. Harry riusciva a sentire i loro fremiti, ed era incapace di tenerle ferme.
 
Probabilmente aveva un aspetto ridicolo, ma almeno Malfoy non aveva ancora fatto domande.
 
Trattenne un sospiro mentre seguiva l’altro verso il tavolo Serpeverde, e diede un’occhiata alla Sala. I suoi occhi caddero immediatamente su una furiosa Hermione, che era in piedi e… lo indicava. Oh, grandioso. Fantastico. Aveva proprio bisogno che ci si mettessero anche loro. Ma almeno sembrava che Ron la stesse trattenendo dal correre dall’altra parte della Sala Grande; Harry comprendeva che presentarsi a pranzo in pigiama doveva sembrare bizzarro. Per di più con Malfoy che camminava impettito davanti a lui. Non era strano pensare che fosse stato il biondo a costringerlo. Ma perché non potevano semplicemente credere che si trattava di qualcosa di divertente, come una sfida, per esempio? Pensavano davvero che fosse così indifeso?
 
Le sue mani continuarono a tremare.
 
Harry si strinse al fianco di Draco sulla panca, sedendosi impacciatamente senza usare le mani. Se gli altri avevano notato qualcosa, non lo davano a vedere. Non che fossero nella posizione di notarlo; Zabini era troppo impegnato a mandar giù enormi bocconi di cibo, come per impedirsi di parlare, e Nott si limitava a fissare intensamente il suo piatto. Che divertimento.
 
Goyle, grazie al cielo, era seduto in fondo al tavolo. L’unico dettaglio che manifestava la sua irritazione era il mucchio di posate piegate e sparpagliate intorno a lui, e dal modo in cui nessuno sembrava preoccuparsene, Harry dovette supporre che accadesse spesso. Lo sguardo assassino era diretto a lui? Anche quella non era una novità.
 
Un silenzio imbarazzante discese su di loro, nessuno incrociava lo sguardo degli altri. Perfino Malfoy sembrava seccato, anche se quella mattina era apparso umano. Guardò con cipiglio il suo piatto, tuffandosi sul suo toast ancor prima di salutare i suoi compagni di Casa. La sua capacità di cambiare emozioni nel giro di un istante avrebbe suscitato il suo interesse, se solo Harry non fosse stato così maledettamente confuso.
 
Malfoy gli era sembrato felice mezz’ora prima. Aveva passato il tempo a giocherellare, cazzo, gli aveva chiesto scusa, tanto per fare un altro esempio. E aveva addirittura cercato di alleggerire l’atmosfera appena i bisbigli della Sala Grande li avevano assaliti, per l’amor di Merlino! Nell’arco di quei venti secondi impiegati per sedersi, aveva già uno sguardo che se la batteva alla pari con l’espressione di Goyle. Quella doccia doveva avergli lavato via ogni residuo di calore; in senso letterale o metaforico, a voi la scelta.
 
Come aveva fatto la giornata a passare da piacevole ad apocalittica?
 
E non era nemmeno un’iperbole.
 
Harry sospirò fra sé e sé, e allungò una mano verso il suo calice. Visto che tutti evitavano di guardarsi, nessuno si chiese perché l’aveva alzato con la mano ancora avvolta dalla lana. Fu un peccato che finì per rovesciare il suo calice di succo sul tavolo, attirando l’attenzione di ogni singolo commensale.
 
Come se il pigiama non bastasse.
 
“Merda, io…uhm, scusate-”
 
Malfoy fece evanescere tutto il casino che aveva combinato senza neanche guardarlo, comunque i suoi occhi si assottigliarono pericolosamente. Interruppe Harry con un singolo schiocco della lingua; avrebbe potuto dare alla sua rabbia una forma corporea. Per poco non ne emanava ondate visibili anche a occhio nudo. “Okay, Potty, che cazzo succ-”
 
“Fottutissimo Salazar in una tazza!” Nott imprecò ad alta voce, spingendosi contro il tavolo. Le sue posate caddero al suolo mentre si guardava freneticamente intorno, osservando gli altri tavoli. Maledizione, anche se quel giorno l’intera Casa Serpeverde avesse dato alla propria rabbia una forma corporea, nessuno avrebbe battuto ciglio. Ad ogni modo, la maggior parte di loro rabbrividì sotto il suo sguardo. Strano, visto che di solito era una delle persone più riservate fra i Serpeverde. Forse era il caso di dire che incuteva paura proprio per quello. L’ignoto era sempre temuto, come gli era stato palesemente ricordato.
 
Nott si voltò ancora di scatto, spingendo via da lui il suo piatto quasi intatto. “Chiunque sia il piccolo bastardello che si sta esercitando su di noi con le Fatture Pungenti morirà. Non gli lancerò una maledizione; quello che farò sarà, letteralmente, staccargli la testa dal collo.” Ruggì, strofinandosi il braccio. “Draco, vedi qualcuno che impugna la bacchetta?”
 
Harry si accigliò, perplesso; o era un’incredibile coincidenza, oppure…
 
Quando Nott incrociò il suo sguardo, Harry gli sorrise ammirato, facendogli un leggero cenno con la testa. Lo stava aiutando a coprire il tremolio. Nott si stava comportando in modo amichevole, anche se così facendo metteva in pericolo altri studenti. Rispettava comunque il suo gesto.
 
Era saggio presupporre che tentare di usare le posate si sarebbe rivelata un’ennesima catastrofe, quindi il piatto di Harry rimase intatto. Cercò di ignorare il leggero brontolio del suo stomaco; fino a quel momento se l’era cavata benissimo non mangiando. Guai a Malfoy se interveniva, perché la ciliegina sulla torta per rendere quella situazione sgradevole ai limiti dell’impossibile era proprio il suo stomaco che iniziava a brontolare.
 
Harry alzò lo sguardo per incontrare quello di Zabini, il ragazzo scuro gli rivolse un leggero ghigno. Mentre lo osservava, i suoi occhi neri brillarono per il divertimento, poi si voltò verso Nott con le sopracciglia alzate. Era abbastanza ovvio che non si era bevuto quelle stravaganti minacce di morte. Al contrario, sembrava curioso. Come se avesse un rompicapo da risolvere. Dannati Serpeverde.
 
Perché Harry non si era fatto degli amici a Tassorosso?
 
Una crescente trepidazione si fece strada nello stomaco di Harry man mano che il ghigno dell’altro si estendeva, ma fortunatamente appena l’altro aprì la bocca per dare il via all’imminente lite, Parkinson decise di arrivare e sedersi sgraziatamente al tavolo, non spingendo per poco Zabini giù dalla panca per sedersi fra i due ragazzi. Quindi Dio esisteva. Anche se implacabile.
 
Il pranzo sarebbe diventato la tomba di Harry; si sentiva già come se avesse corso una maratona, dal modo in cui il cuore gli martellava nel petto. E per di più c’erano due Serpeverde sospettosi accanto a lui, di cui uno sapeva tutto, e l’altro sogghignava tanto quanto un predatore con la sua preda.
 
Parkinson tamburellò le mani sul tavolo, saltellando praticamente sul posto. I suoi occhi pendolarono da Harry a Malfoy, finché non si posarono sul moro. Il suo sorriso si ingrandì ancora di più, se possibile. Era come se stesse programmando nella sua mente il modo migliore per iniziare la conversazione. Con un po’ di fortuna sarebbe stata delicata, o discreta. Qualcos’altro che rappresentasse i Serpeverde, oltre alla rabbia e alle brutalità che si erano manifestate in passato.
 
“Allora, avete scopato?”
 
Non era assolutamente quello che si erano aspettati, neanche lontanamente. Zabini si soffocò con il succo, annaffiando uno sfortunato ragazzino del secondo anno, mentre Nott sobbalzò come se fosse stato ‘affatturato’ di nuovo. Malfoy era il solo a sembrare indifferente; continuò a morsicare il suo toast, spostando pigramente lo sguardo tra gli altri partecipanti della conversazione.
 
Harry non si accorse di avere la bocca spalancata finché il biondo non allungò una mano per alzargli la mascella, e quel tocco risvegliò la sua capacità di formulare pensieri compiuti. No, non aveva sentito bene. Non gli avrebbe fatto una domanda così personale… Zabini stava ancora tossendo, con gli occhi che lacrimavano, e Nott stava cercando con tutte le forze di trattenere un ghigno. Oh sì, sì che l’aveva fatto.
 
“Non risponderò a questa domanda!” Sbottò Harry, mortificato dal rossore alle sue guance. Si voltò verso Malfoy per chiedergli aiuto, ma quell’idiota si limitò a dare un altro morso alla sua fetta di pane! Tuttavia gli angoli della sua bocca tendevano all’insù; che cretino! Lasciare Harry indifeso contro quella fangirl!
 
“È un sì.” Ridacchiò Zabini, incurante dell’occhiata rabbiosa che Harry gli lanciò. Non avrebbe mai affrontato quella conversazione con i Serpeverde!
 
Parkinson cacciò letteralmente uno strillo, sprigionando ondate di euforia. Spaventoso, ecco cos’era. Anzi, tutta quella situazione era raccapricciante! “Dettagli!”
 
“No!” Harry dovette ripeterlo molte volte prima di rendersi conto che l’altra non stava prestando attenzione. “Non è successo niente!”
 
“Non è successo niente un corno.” Ma da che parte stava Zabini? Era stato il più normale del gruppo, fino a quel momento! “Guarda quanta tensione sessuale c’è nell’aria.”
 
“C’è decisamente tensione sessuale.” Convenne Nott, ghignando per l’occhiata incredula che gli lanciò Harry.
 
“Traditore!” Come poteva passare dall’avere istinti omicidi all’essere pronto a deridere Harry nel giro di un istante? Quelli lì mancavano chiaramente di qualche emozione vitale! Si voltò disperatamente verso Malfoy, che stava di nuovo ghignando. Probabilmente per il rossore alle guance di Harry. “Che diavolo fai? Aiutami!”
 
“Perché?” Perché? Perché?! Quel piccolo bastardo presuntuoso aveva avuto la faccia tosta di chiedergli-! “C’è decisamente della tensione sessuale qui.” Oh, ben fatto Draco. Quello sì che li avrebbe tenuti a bada.
 
“Su, andiamo! Voglio i dettagli!” Insistette Parkinson, sbattendo una mano sul tavolo. Come se il gesto non avrebbe catturato le attenzioni di tutta la Sala. “Chi è stato sopra? Oh, be’, domanda stupida suppongo-”
 
“Che vorresti dire?” La interruppe Harry, che si accigliò quando tutti ridacchiarono. Perfino Draco non trattenne le risate; e non era perché gli era piaciuta la sua risposta.
 
“Be’,” Oh Dio, perché stava sorridendo in quel modo. Dal tono che aveva, sembrava che stesse cercando di essere gentile; gli occhi di lei brillarono di una gioia maliziosa. Grandioso. “È solo un po’ ridicolo, il pensiero di te sopr-”
 
“Perché, sarebbe così ridicolo se fossi stato sopra?” La interruppe ancora Harry, ignorando l’aumentare dei ghigni lungo il tavolo, quasi come un’onda. A quanto pareva tutti quanti stavano origliando adesso.
 
Pansy imitava il sole. “Ci sei stato?”
 
“Nessuno dei due ci è stato.” Ripeté Harry per la quinta volta. “Ma potrei assolutamente farlo!” Fu un po’ offensivo il modo in cui non gli diedero credito.
 
“Tu vuoi stare sopra, vero, Potter?” Ghignò Zabini, che rise quando Harry diventò paonazzo. Dio, aveva davvero affrontato una conversazione sulla sua inesistente vita sessuale, con i Serpeverde?
 
“Cosa? No!”
 
“Allora sei passivo?”
 
“…no.”
 
“Allora cosa sei?”
 
Harry decise che era il momento perfetto per nascondere la testa fra le braccia, ricordandosi troppo tardi che le sue mani stavano ancora tremando. Non era una buona idea avere le mani in bella mostra in quel momento, quindi le ritrasse velocemente sotto il tavolo, sospirando fra sé e sé mentre lo faceva. Come avrebbe fatto a nascondersi senza le sue mani? Non aveva molta voglia di affrontare quella conversazione; i Serpeverde stavano ancora ridendo per il modo in cui l’avevano messo alle strette.
 
Nonostante l’umiliazione, si ritrovò a sorridere leggermente divertito.
 
Aveva decisamente qualcosa che non andava.
 
“Oh,” Parkinson ebbe un’improvvisa epifania, e spalancò esageratamente gli occhi. “Sei vergin-!”
 
“Il fatto che non abbiamo tutti il tuo stesso livello di esperienza,” Finalmente Draco si decise a dare un piccolo contributo, grazie al cielo. Harry avrebbe potuto abbracciarlo in quel momento; sapeva sempre quando intervenire per distogliere l’attenzione. “non ci rende automaticamente tutti vergini. Non è successo niente questa notte. Smettetela di torturare Potter.”
 
Harry tirò un sospiro di sollievo quando Parkinson mise il broncio, appoggiando la testa su un braccio mentre li osservava annoiata. Come cambiavano velocemente le loro emozioni. “Oh, solo robette quindi.”
 
Doveva azzardarsi a chiederglielo? “…robette?”
Okay, sapeva che non avrebbe dovuto incoraggiarla. Ma il sospiro esagerato di Draco, la risatina strozzata di Zabini, e il calcio che Nott gli diede allo stinco mentre scuoteva la testa erano un tantino eccessivi.
 
“Sai, pompini, seghe-”
 
“Pansy!” Zabini si coprì gli occhi con una mano, scuotendo la testa. “Non volevo delle immagini in mente! I miei occhi! Bruciano!”
 
Harry sbuffò divertito, guardando ancora una volta le sue mani tremanti sotto il tavolo. Di conseguenza, non si rese conto che tutti gli altri avevano smesso di ridere ed erano piombati in uno stoico silenzio.
 
“Posso parlarti?” Fu uno sforzo non cadere dalla panca quando sentì la voce di Ron. E fu egualmente difficile non tentare immediatamente di sfoderare la bacchetta; okay forse stava leggermente esagerando. Ma non era da biasimare, specialmente dopo quella mattina.
 
“Il tuo incredibile livello di stupidità è sorprendente, Donnola,” Intervenne Draco, uno dei pochi a non ghignare. No, Malfoy no. Lui doveva per forza assumere una smorfia arrabbiata o severa e creare un litigio dal nulla. “Stai già parlando. La questione non è se puoi parlare oppure no, perché l’avevi già reso abbastanza evidente, ma piuttosto se Harry vuole ascoltarti.”
 
“Sì, va bene, Ron.” Harry lo interruppe velocemente, folgorando con lo sguardo il Serpeverde. “Uhm… andiamo in corridoio. Meno impiccioni.” Si tirò su dalla panca, tirando velocemente giù le maniche del maglione per coprirsi le mani; si erano arricciate un po’, esponendo le dita. Ma gli altri non l’avevano notato, giusto?
 
Lanciò una rapida occhiata verso il tavolo e vide Nott guardarlo e scuotere la testa, incredulo. Non era colpa sua se il maglione si muoveva a suo piacimento! Zabini, tuttavia era accigliato. Così come Draco.
 
Nulla di grave; era solo perché Ron si era presentato al loro tavolo, nulla di più.
 
“Non si chiama impicciarsi se ce l’hai scritto in faccia.” Urlò Pansy alle loro spalle mentre si incamminavano impacciatamente verso il corridoio; probabilmente era anche convinta di quello che diceva.
 
Il tragitto verso il corridoio fu imbarazzante, e carico di tensione. La cosa lo feriva. C’era stato un tempo in cui avrebbero potuto parlare di qualunque cosa, anche delle cose più disparate che attiravano gli sguardi preoccupati dei passanti nei corridoi. Adesso, solo il silenzio.
 
Era per il bene di Ron, dopotutto…
 
Più o meno.
 
Harry si accigliò al pensiero. Era per il bene di Ron. L’avrebbe capito, alla fine. Quello che voleva Harry non importava a quel punto.
 
Rimasero impalati in corridoio per altri cinque minuti, senza proferire parola.
 
Dannazione, Harry preferiva la conversazione con i Serpeverde a questo.
 
Ma era stato Ron a voler parlare, quindi poteva fare anche il primo passo.
 
“Allora… uhm…” Sembrava che stesse recuperando il sonno; il solco che di solito gli segnava la fronte era iniziato a diminuire, dandogli un’aria più rilassata. Harry per poco non sorrise; era un buon segno. Significava che il suo amico si stava riprendendo. Ron sospirò, stringendo i pugni. Ecco l’attitudine Grifondoro di tuffarsi direttamente nelle situazioni. “Sono venuto a darti un avvertimento. Niente di pericoloso, giuro, ma qualcuno doveva pure tirar fuori le palle e dirtelo, e visto che al momento gli altri si stanno comportando da idioti… be’ lei non è davvero un’idiota, non dirle che te l’ho detto, è comunque la persona più intelligente che conosco… aspetta, sto perdendo il filo del discorso. Hermione e Neville ti stanno spiando.”
 
Be’, quello non se l’aspettava.
 
“Che intendi con ‘spiando’?” Hermione e Neville? Dannazione. Perché non riuscivano ad accettare l’idea che era tutto a posto?
 
“Intendo che ti origliano e trascrivono le tue conversazioni.” Perfino Ron sembrava arrabbiato, anche se si supponeva che dovesse essere infuriato con Harry. Si mosse a disagio, grattandosi il naso. “Li ho avvertiti di smetterla, ma non l’hanno fatto, quindi… ho semplicemente pensato che avresti voluto saperlo. Sai, per lanciare un Incantesimo Silenziatore o cose del genere.”
 
A Harry scappò un sorriso, desiderò di poterlo fare. Ron era… ancora Ron. “Grazie amico.”
 
Ron fu sorpreso da quella frase, e sorrise impacciatamente. Scrollò le spalle, evitando di incontrare lo sguardo di Harry. “È solo che non mi sembrava giusto.”
 
Be’.
 
Adesso cosa avrebbero dovuto dire?
 
Sebbene avesse recapitato il messaggio, Ron non sembrava in procinto andarsene. Harry strinse i denti, rifiutandosi di parlare. Voleva raccontargli delle tendenze da fangirl di Parkinson e delle risate che si erano fatti quella mattina, anche se avevano riso a sue spese. Voleva dirgli che aveva le farfalle allo stomaco ogni maledetta volta che Draco lo guardava con quel ghigno stampato sulle labbra e gli occhi che brillavano per il tacito divertimento. Voleva dirgli che Dudley sarebbe venuto a Hogwarts la prossima settimana. Dudley.
 
Ma doveva restare in silenzio.
 
Non importava se iniziava ad avere dubbi sul perché.
 
“Mi dispiace che abbiano buttato fuori la tua roba, hanno esagerato.” Farfugliò Ron, grattandosi impacciatamente la testa. “Hai… be’, dove hai dormito?”
 
“In giro.” Harry scrollò le spalle, poi si rese conto di com’era suonata quella frase. “Cioè, in infermeria, nella Stanza delle Necessità. Va tutto bene.” Ma Ron tirò un sospiro come se fosse sollevato, e annuì.
 
“Sai…uhm…” Harry notò con leggera sorpresa che Ron era diventato paonazzo, ed evitava apertamente il suo sguardo. Faceva sempre così quando era imbarazzato, quindi qualunque cosa volesse dire doveva essere interessante- “Grifondoro non è più la stessa senza di te.” Disse d’un fiato, con una smorfia. Essendo un Grifondoro, non era molto in sintonia con le sue emozioni. In realtà nessuno di loro lo era. Era più un affrettarsi a dire qualcosa, sentirsi imbarazzati, e aspettare finché non sentivano di poter alzare la testa senza colorarsi di varie sfumature di rosso.
 
Harry recepì il messaggio; mancava a Ron. E anche se si stava divertendo con i Serpeverde, e si era ripromesso che l’altro non gli sarebbe mancato, non era così.
 
Sì, avevano avuto altri litigi in passato; ma ci avevano sempre messo una pietra sopra. I ragazzi non riuscivano a tenere il broncio, dopotutto.
 
“Ci farai l’abitudine.” Rispose piano Harry con un sorriso amaro, e Ron si accigliò, alzando lo sguardo per incontrare quello di Harry. Aprì la bocca, ma prima che potesse dire niente la porta si spalancò alle loro spalle.
 
Entrambi i ragazzi si voltarono di scatto, confusi dall’uscita di Nott dalla Sala, il ragazzo rivolse a Harry a malapena lo sguardo prima di sorpassarlo e iniziare a correre.
 
“L’ha scoperto!” Sibilò, lanciandosi in direzione delle scale.
 
Cosa?
 
Harry rimase perplesso, e si scambiò uno sguardo esterrefatto con Ron, dopodiché anche Zabini uscì in fretta e furia dalla Sala Grande, per una volta senza il suo solito ghigno.
 
“Merda, scusa Potter, davvero.” Gli afferrò letteralmente il braccio, trascinandolo via da Ron. “Prendo in prestito il tuo toy-boy, Ronny.” Anche in una situazione di pericolo imminente, riuscì a pronunciare il nome di Ron con un tono suggestivamente smielato. Zabini aveva talento. Un vero talento. “Andiamo, Potter, so che puoi correre! Corri!”
 
“Da cosa?!” chiese Harry, guardando ancora la porta, completamente scioccato. Che diavolo prendeva a quei… oh.
 
Oh cazzo!
 
Harry si voltò di scatto con l’intenzione di nascondersi nei sotterranei, ma Zabini lo afferrò di nuovo per il braccio, trascinandolo verso le scale. “No, pessima idea; conosce i sotterranei come il palmo della sua fottutissima mano. Ci metterebbe all’angolo in men che non si dica.”
 
I tre ragazzi risalirono le scale, tenendo d’occhio la porta per vedere quanto tempo avevano a disposizione.
 
“MALEDETTISSIMO HARRY POTTER!”
 
Non molto.
 
Avevano un drago alle calcagna.
 
Tutti e tre saltavano tre gradini alla volta, sfrecciando nel corridoio verso le scale mobili. Il suo cuore stava già battendo all’impazzata, ma non per la paura. Merlino no, non aveva paura di Draco. Era divertente.
 
Non correva così da settimane.
 
Sorpassò velocemente Zabini, e raggiunse Nott che, doveva aggiungere, aveva avuto un vantaggio nella partenza. Nessuno dei due sembrava divertito da quella corsa per i corridoi, ed entrambi avevano già l’affanno. Tuttavia, riservavano un’occhiataccia a qualunque passante sembrasse vagamente interessato loro.
 
“Al diavolo!” Riuscì a ringhiare Nott verso una matricola, e ghignò quando questa scoppiò in lacrime. Povera Tassorosso.
 
Harry risalì gli scalini guardandosi intorno per trovare quello che cercava. “Lì!” Indicò, guidandoli. Riuscivano a sentire Draco correre dietro di loro, i suoi passi furiosi riecheggiavano sulle pareti. Non si azzardavano neanche a guardarsi indietro, per paura di trovarselo di fronte. Tutti sapevano che era veloce quanto Harry, o forse di più. Non avevano possibilità di seminarlo.
 
Harry saltò sulla scala mobile appena iniziò a spostarsi, girandosi per assicurarsi che anche gli altri due ce l’avessero fatta. C’era mancato poco, Zabini si era aggrappato disperatamente alla ringhiera mentre la scala si spostava, e impallidì notevolmente quando si rese conto che se avesse mollato la presa, sarebbe stata la sua fine. Sul serio, neanche lui avrebbe saltato come aveva fatto Zabini.
 
Certe volte i Serpeverde avevano più coraggio dei Grifondoro.
 
“Più stupido di un Tassorosso.” Commentò Nott, aiutando il suo amico ad arrampicarsi dall’altra parte della ringhiera.
 
Harry non stava prestando attenzione. Stava fissando il Malfoy furioso che era stato letteralmente a pochi metri di distanza da loro.
 
Tuttavia, Draco non si fermò a ricambiare lo sguardo. Assottigliò gli occhi, e imboccò un corridoio adiacente.
 
Conosceva forse una scorciatoia?
 
“Perché sta inseguendo noi?” Chiese Harry mentre sfrecciavano giù per le scale, senza l’ombra della velocità che avevano pochi minuti prima. I Serpeverde non erano decisamente tipi sportivi. “Goyle era seduto proprio lì!”
 
“È stato Goyle?” Sbraitò Zabini, che per poco non inciampò mentre si voltava di scatto per guardare Harry. Nott si limitò a… coprirsi incredulamente il volto con una mano? Era una cosa così incredibilmente… non-Serpeverde.
 
Oh. Si vede che era quella la ragione per cui li stava inseguendo.
 
“Be’… perché sta inseguendo voi due allora?” Chiese Harry, che svoltò in un corridoio e per poco non si schiantò contro due Corvonero. “È con me che è arrabbiato.”
 
“Perché questo perfetto idiota accanto a te…!” Affannò Nott, lanciando un’altra occhiataccia a Zabini.
 
“Non è colpa mia se sei così Tassorosso da non riuscire a mantenere un’espressione indifferente!” Ribatté il ragazzo dalla pelle scura. Tuttavia stava sorridendo; era ovvio che se la stava spassando fin troppo. “Non saresti potuto sembrare più colpevole neanche se ti avessero beccato con le mani nella cazzo di marmellata!”
 
“Tutto questo non sarebbe successo se avessi tenuto le mani nascoste!” Ringhiò Nott a Harry, afferrandogli il braccio per trascinarlo in un altro corridoio. Stavano correndo in un labirinto; Harry non aveva la più pallida idea di dove si trovassero. “Cazzo, hai fatto cadere il succo… l’hai forse fatto apposta per farti scoprire?”
 
“No!”
 
“Penso che tu voglia semplicemente attirare attenzione.”
 
Fottiti.” Sbottò Harry, facendo roteare gli occhi. Era lui quello nei guai lì. Harry si guardò intorno nel corridoio, e tirò un sospiro di sollievo quando intravide un arazzo; se non andava errato, nascondeva una stanza segreta. “Lì dietro.”
 
Camminarono lentamente, affannando e annaspando mentre cercavano di riprendere fiato. Riuscivano ancora a sentire Draco che correva nei dintorni; i suoi passi si avvicinavano in maniera inquietante diventando sempre più pesanti. Forse avevano alzato un po’ troppo la voce mentre litigavano. Harry alzò l’affresco, notando il ghigno d’approvazione di Zabini.
 
“Non sapevo di questo quadro.” Disse, scivolando all’interno della piccola stanza.
 
Harry lo seguì, accigliato. “Aspetta, perché diavolo stai scappando anche tu?”
 
“Perché è un idiota.”
 
“Oi” Zabini tentò di sembrare offeso, ma il suo ghigno rovinava tutto. “Questo mi ha ferito.”
 
“Tzé, ‘sembrava che l’avessero cruciato!’. Da che razza di ritardati pazzoidi sei stato cresciuto?”
 
“Gliel’hai detto?” Domandò Harry, sospirando. Si appoggiò contro la parete, cercando di riprendere fiato. Aveva ancora l’adrenalina in circolo; era grandioso. “Pensavo che i Serpeverde fossero furbi.”
 
Nott ghignò sentendolo, riposandosi contro la parete opposta. Era solo una piccola stanzetta di pochi metri quadrati. Vuota. Una piccola finestrella nell’angolo lasciava filtrare la luce, ma a parte quello, non c’erano mobili. A dire il vero non sembrava avere nessuna utilità.
 

 
Harry avrebbe potuto tranquillamente spostare la sua roba lì dentro. E forse anche trasfigurare un letto? Oppure, pensò amaramente, farlo trasfigurare a qualcun altro. Almeno avrebbe avuto una stanza tutta sua.
 
“Sul serio Potter, Goyle?” Chiese Zabini, scuotendo la testa come se fosse deluso. “Le tue doti difensive stanno andando a rotoli.”
 
“Forse migliorerebbero se usasse la bacchetta.” Intervenne Nott, ignorando lo sguardo fisso di Harry su di lui.
 
“Esatto, come mai non la usi?” Zabini sembrava un bambino curioso che faceva domande impossibili al suo maestro di scienze. “Adesso che sono arrivato alla conclusione che non sei così stronzo come pensavo, posso anche ammettere che non te la cavi tanto male con gli incantesimi. Certo, non sei originale come il mio Ronny, ma…” Disse con un ghigno presuntuoso che strappò agli altri due dei sorrisi esasperati, “ma sei a posto.”
 
“Lo prenderò come un complimento.” Rispose Harry, che sorrise quando sentì la risata dell’altro. Erano davvero divertenti una volta che li conoscevi meglio. La maggior parte di loro.
 
“E adesso abbiamo un legame.” Harry non sapeva di poter sorridere così tanto. “Stiamo legando. Un complimento qui, un piccolo scambio di informazioni là. Possiamo forgiare una relazione simbiotica.”
 
“E io cosa ci ricavo?”
 
“Le due parti non devono necessariamente ricavarne entrambe benefici.” Rispose Zabini immediatamente. “Io ti ho fatto delle lusinghe; e tu puoi dirmi perché ti piace fare la parte del Magonò.”
 
“Non usare la magia non fa di me un Magonò.” Harry fece finta di non notare che avevano entrambi alzato palesemente gli occhi al cielo. “Ci sarà un motivo se sono stato ammesso a una scuola di magia. Carino da parte vostra notarlo.”
 
“Non usare la magia mentre si frequenta la suddetta scuola fa sì che tu rientri più o meno nella stessa categoria di Gazza.” Oh, fantastico. Harry amava i piccoli interventi di Nott; gli davano sempre qualcosa di interessante su cui riflettere. La sua autostima stava lentamente calando al livello di Gazza.
 
“Ho una bacchetta. È solo che non la uso.” Harry non riusciva a credere di averlo appena ammesso. Stava tentando di far credere a tutti che era normale, d’accordo, raccontando loro solo mezze verità. Ma…
 
Era stanco di tutto questo. Stanco dei segreti e di nascondersi… e sebbene fossero Serpeverde, sembravano piuttosto onesti. Nott l’aveva coperto già due volte quel giorno, e Zabini era… Zabini. Non c’erano abbastanza parole per descriverlo.
 
Harry stentava a crederci, ma voleva avere fiducia in loro.
 
Voleva parlargliene, anche solo per farli smettere d’indagare.
 
“Perché?” Insistette Zabini, che tirò un sospiro esagerato quando Harry si limitò a scuotere la testa. Non gliel’avrebbe detto per un semplice capriccio. “Be’ penso che sia arrivato il momento di giocarsi la carta Serpeverde. O ci dici perché non usi la bacchetta, oppure lasceremo questo magnifico e sicuro stanzino per dire a Draco che è Goyle la persona che stai proteggendo.”
 
“Proteggendo?” Chiese Harry incredulo, “Come diavolo puoi pensare una cosa del genere? È davvero così sbagliato volersi tenere per sé il fatto di essere stati colpiti da una maledizione?”
 
“Conterò fino a tre.”
 
Harry squadrò il Serpeverde, stentando a credere che un sorriso voleva farsi strada sulle proprie labbra. Non voleva essere divertito; con ogni probabilità, l’avrebbero presa come un incentivo. “In un modo o nell’altro dovevate per forza comportarvi da Serpeverde.” Sospirò, riflettendo attentamente. Ci doveva pur essere un modo… oh.
 
“Bene. Io ti dico perché non uso la bacchetta, e tu non lo dici a Draco.” Mise in chiaro, cercando di mantenere la sua espressione indifferente. Andiamo, era con Draco tutti i giorni; doveva pur aver imparato qualcosa. Zabini annuì, e il suo ghigno tornò in posizione.
 
Credevano di averlo messo con le spalle al muro.
 
“Bene. Non uso più la magia perché non ho la mia bacchetta.” Scrollò le spalle come se non fosse importante, e continuò appena gli altri due cercarono di aprir bocca. “L’ha presa Draco.”
 
“Ma hai una bacchetta durante le lezioni.” Affermò Nott, assottigliando lo sguardo; non gli credette nemmeno per un secondo.
 
Harry sfoderò la sua bacchetta falsa e la lanciò al Serpeverde, così che potesse constatare di persona. “È finta. Per tutto questo tempo ho continuato ad agitarla inutilmente, facendo finta di sbagliare. Soddisfatti? Bene, non ditelo a Draco.”
 
Zabini stava già scuotendo la testa, con un ghigno. “Non ci hai-”
 
“Mi hai chiesto perché non uso la bacchetta,” lo corresse velocemente Harry, ghignando. “E io te l’ho detto. Ce l’ha Draco. Nessuno mi obbliga a dirvi perché ce l’abbia, come mai l’abbia presa, o perché la cosa non mi preoccupi minimamente. Quindi, non ditegli di Goyle.”
 
Harry si aspettava che si arrabbiassero. Ma, al contrario, risero. Risero.
 
“Allora ieri non mentivi a proposito del Cappello Parlante.” Ridacchiò Zabini; semmai, sembrava appagato. “Hai davvero qualcosa di Serpeverde in te.”
 
“Se si cerca di ignorare la pila soffocante di Grifondiozia sotto cui lo nascondi.” Aggiunse Nott spostandosi contro il muro. Poteva quasi essere considerata una battuta. “Suppongo che dovrò rivalutare l’opinione che avevo di te.”
 
Harry notò che non l’aveva rivalutata, supponeva soltanto di doverlo fare. Prima o poi. Dannati Serpeverde, erano tutti incapaci di chiedere scusa.
 
A parte Zabini, a quanto pareva.
 
E lui era… Zabini.
 
Harry desiderò di essere stato abbastanza sveglio da portare la mappa con sé, così da poter monitorare gli spostamenti di Draco. Stare lì dentro era quasi snervante come trovarsi lì fuori. Con la sua fortuna, avrebbe sporto la testa per controllare proprio mentre il biondo imboccava il loro corridoio.
 
“Allora, perché Draco ha la tua bacchetta?”
 
“Bel tentativo.” Si limitò a rispondere Harry, che scosse la testa quando Zabini si lasciò scivolare a terra contro la parete. Pensava davvero che Harry fosse così ingenuo?
 
“Quindi, perché Goyle ha deciso di tirar fuori il Mangiamorte che è in lui?”
 
Harry fu sorpreso da quella domanda, e ancor di più dal tono pericoloso di Zabini. Non pensava che ne fosse capace. “Io… lui non sapeva che avevo passato la notte lì. Si è arrabbiato, credo. Pensava che avessi dormito nel letto di Tiger.”
 
“Tu credi che si sia arrabbiato.” Borbottò Nott al suo fianco. “Idiota.”
 
“Aspetta un attimo!” Improvvisamente Zabini apparve positivamente sorpreso. “Perché Theo lo sa? Sono io quello che sta cercando di instaurare un rapporto con te! Siamo noi due a dover legare!” Diede dei colpetti al pavimento accanto a lui, facendo cenno a Harry di raggiungerlo. “Vieni via da quel… parassita, Potter.”
 
“…non puoi essere serio.”
 
Ma mentre Harry rimaneva immobile, Zabini continuò a dare colpetti al pavimento, e a fare quei versetti irritanti usati per attirare i gattini. Capiva che il Serpeverde era un po’ diverso dagli altri, un tantino più amichevole ma…
 
Harry lo raggiunse con disinvoltura. Stavano parlando delle Maledizioni Senza Perdono; l’altro stava solo cercando di sdrammatizzare. Come aveva fatto quando aveva proclamato il suo amore per Ron. Sarebbe andato molto d’accordo con i Grifondoro.
 
“Adesso che possiamo legare indisturbati,” Disse, ghignando per tutto il tempo. “Perché Theo lo sapeva?”
 
Mhh, come faceva a rispondere senza sembrare un perfetto idiota incapace?
 
“Avevo dimenticato di prendere la pozione che dovevamo mettere di nascosto nel succo di Potter,” Rispose Nott, noncurante perfino dell’occhiataccia indignata di Harry. “E li ho beccati.”
 
“Ha!” Gridò trionfante Zabini, sorridendo di nuovo. Harry non riusciva a capire che c’era di così entusiasmante nel incappare in una scena di tortura- “Hai un debito con Theo. Siamo qui per riscuoterlo. Perché Draco ha la tua bacchetta?”
 
“Perché me l’ha sottratta.” Rispose immediatamente Harry, che sorrise quando Nott sferrò un calcio allo stinco di Zabini. Che debito sprecato. A quanto pareva, Nott la pensava allo stesso modo.
 
“Maledetto Imbecille! Era il mio debito, razza di scarto Tassorosso!” Quella gli era nuova. “Non farlo rispondere in maniera criptica! Che razza di Serpeverde decerebrato sei?”
 
“Uno di quelli fottutamente fantastici.”
 
Harry si voltò verso la porta appena sentì un rumore… erano passi? Ma… nessuno era entrato nella stanza. Erano ancora al sicuro. Be’, lui lo era, per il momento.
 
“Draco ti ammazzerà per non averglielo detto.” Disse Zabini rivolgendosi a Nott, con un sorriso sulle labbra. Non sembrava essere dispiaciuto per la perdita del suo amico. “Ammazzerà anche Goyle quando lo verrà a sapere. E ammazzerà me quando scoprirà che lo sapevo. Potter invece potrebbe sopravvivere perché è il suo toy-boy. Pansy castrerà Goyle da parte tua.” Fece un cenno a Harry. Non aveva nemmeno l’aria di mentire. “Sarà un gran bel lago di sangue. Che divertimento.”
 
“Penso che tu stia esagerando.”
 
“Potter, allora perché ci stiamo nascondendo in questo stanzino?”
 
Ah, bella domanda.
 
“Allora, Potter, tornando all’affascinante discussione di stare sopra o sotto…”
 
.
 
.
 
.
 
 
Blaise e Theo si guardarono, comunicando con il loro sguardi. Blaise non voleva ridursi a fare una cosa del genere ma dal momento che Potter era senza bacchetta, non si sentiva così indeciso. Sapeva che la sua bellezza folgorante non sarebbe stata rovinata da qualche incantesimo di Potter e quindi poteva permettersi di rischiare, e anche un po’ perché Potter non poteva lanciare neanche un incantesimo per difendersi.
 
Che era esattamente il motivo per cui si era cacciato in quel guaio.
 
Blaise non riusciva a non sorridere a Potter; in quel momento era paonazzo e cercava di districarsi impacciatamente dalla conversazione che Blaise aveva assolutamente intenzione di continuare. Avrebbe dovuto ricordare l’argomento per una giornata storta… un’altra giornata storta. Potter era… che fosse maledetto per averlo anche solo pensato… adorabile. Aveva senso dell’umorismo, e non complottava nulla. Era un nuovo, rinfrescante concetto per i Serpeverde, e avrebbe maledetto chiunque si fosse azzardato a definirlo un rammollito per averlo pensato. Bastava metterli in una stanza con Potter per un’ora, e sarebbero usciti come delle fangirl.
 
Il pensiero non lo rallegrò. Era così…
 
Questo era un altro problema. Non riusciva a completare la frase.
 
Era così, cosa?
 
Arrabbiato? No, era furioso. Avrebbe potuto mutilare bambini senza batter ciglio. Non l’avrebbe fatto, ma era comunque risentito. Come osava Goyle fare una cazzata del genere?
 
E se ci fossero stati incantesimi per rilevare la magia oscura?
 
E se Potter avesse deciso di dirlo alla Preside?
 
E se, Salazar non voglia, Theo non l’avesse colto in flagrante?
 
Fra tutta quella rabbia, c’era uno strano senso di torpore.
 
Era come se riuscisse a sentire le parole e a rispondere, ma in realtà stava… attendendo.
 
Sì, attendendo era la parola perfetta.
 
L’incantesimo di Theo colpì Potter diritto al petto, facendo capovolgere le sue iridi, che scomparvero alla vista. Sarebbe rimasto k.o. per un bel po’. Bene. Aveva bisogno di riposare.
 
Blaise smise immediatamente di sorridere, e stese Potter sul pavimento per evitare che rimanesse appoggiato alla parete; fu un piccolo sforzo, ma la schiena del Grifondoro l’avrebbe ringraziato il mattino seguente.
 
I suoi occhi si posarono sulle mani di Potter, che stavano ancora tremando.
 
Quel piccolo bastardo
 
Senza dire una parola, entrambi si alzarono e lasciarono la stanza. Avevano lasciato a Potter la sua bacchetta finta.
 
Merlino, una bacchetta finta? Che diavolo stava succedendo? Di sicuro, più di quanto avevano immaginato. Draco prendeva in ostaggio la sua bacchetta e, per giunta, Potter glielo lasciava fare? Cosa ci poteva essere di peggio che diventare un Magonò? Merda… bastava dare un’occhiata a Gazza! Riprenditi quella cazzo di bacchetta, Potter!
 
“Non lasceremo correre.” Disse piano Blaise, ricevendo un impercettibile cenno affermativo dall’altro. Sapeva che il suo amico sarebbe stato più che contento di chiudere un occhio su quella brutalità; era intuibile da quello che aveva tentato di fare quella mattina, dicendo a Potter di evitare Draco. Era davvero sorpreso dell’intervento di Theo in difesa di Potter; di solito gli altri si dimenticavano che il suo amico era un perfetto Serpeverde.
 
Se qualcosa andava a suo favore, avrebbe lasciato che accadesse. Altrimenti, non avrebbe sprecato neanche un secondo del suo tempo.
 
Quindi perché mai avrebbe dovuto intervenire per difendere Potter, tenendo conto anche del fatto che era arrabbiato con lui la scorsa notte?
 
Non avrebbero lasciato correre. Soprattutto dal momento che avevano attaccato un Serpeverde.
 
Blaise non disse più nulla finché non raggiunsero i sotterranei, dove farfugliò a malapena la parola d’ordine. Entrò nella Sala Comune, e il suo sguardo si indurì quando constatò il numero di alunni presenti.
 
“Goyle?” Chiese a un primino… Braxton se non ricordava male. Il ragazzo annuì, indicando il loro dormitorio.
 
Era l’ideale.
 
“Andate via tutti. Se non lo fate, preparatevi a tenere la bocca chiusa.”
 
Fu tutto quello che servì per far obbedire la maggior parte degli studenti nella stanza, che si diressero velocemente verso l’uscita. Poteva tranquillamente scommettere che nessun’altra casa avrebbe svuotato la Sala Comune con quella velocità; a Serpeverde si rispettavano l’un l’altro. Il rispetto sarebbe servito a far tenere loro la bocca chiusa.
 
E, naturalmente, l’affollamento dei sotterranei avrebbe allertato Draco.
 
Fu lì nel giro di pochi istanti.
 
Chi?” Ringhiò appena la porta sbatté alle sue spalle. Blaise si voltò per rispondergli, ma Theo intercettò di nuovo il suo sguardo. Strano. Sì, avevano detto a Potter che non l’avrebbero detto a Draco, ma non si aspettava davvero che mantenessero la promessa, giusto?
 
Be’, non era proprio una promessa, ma il lato Grifondiota di Potter l’avrebbe sicuramente considerata come tale.
 
Dannazione. Non voleva perdere la fiducia di Potter. E a quanto pareva, neanche Theo.
 
Che diavolo di problemi avevano?
 
“Chi?!” Ringhiò nuovamente Draco, che aveva già impugnato la bacchetta. Blaise era stato il suo migliore amico per anni, e non l’aveva mai visto infuriarsi così tanto per qualcun altro. Non era mai stato più pronto a difendere qualcuno come lo era con Potter.
 
Perché aveva preso la sua bacchetta? Era per proteggere il Grifondoro?
 
“Ti ha chiamato ‘Draco’ per tutto il tempo che abbiamo parlato.” A Theo sembrava davvero il momento adatto per dirglielo? Avrebbe solo aumentato la sua… oh. Se Draco era furioso, avrebbe fatto lui la maggior parte dei danni.
 
Dannazione, anche Blaise voleva sangue.
 
Immaginò un altro ‘chi’ formarsi sulle labbra di Draco, con ogni probabilità urlato, e accompagnato esso stesso da un crucio. Quindi, Blaise si diresse verso il suo dormitorio.
 
Seguito dagli altri.
 
E lanciarono uno sguardo mortale a quello scimmione che grugnì nel suo sudicio letto disfatto. “Cosa?”
 
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Capitolo 26
*** Proteggere ciò che... ***


Capitolo 26 – Proteggere ciò che…


 
 
Harry gemette e si rotolò, confuso dall’oscurità. Accidenti, si sentiva come se avesse dormito su un letto di spilli per tutta la notte. Il dolore gli invase la schiena, che protestò per il suo tentativo di mettersi a sedere. Era steso su delle mattonelle? In una… dove si trovava?
 
Si guardò intorno, e scivolò verso la finestra per sbirciare nel buio. Il cielo notturno aveva preso tranquillamente il sopravvento, anche se Harry ricordava che solo pochi minuti prima era ora di pranzo.
 
Un attimo.
 
Dov’erano Zabini e Nott?
 
Un secondo sguardo alla stanza gli rivelò che i due ragazzi non erano lì. Tuttavia, poco prima stavano chiacchierando; si ricordava che Zabini stava ridendo, e anche Nott, che di solito era inespressivo, aveva un sorriso stampato sulla faccia. Nott stava ascoltando una qualunque storiella raccontata da Blaise, poi d’un tratto aveva sfoderato la bacchetta…
 
Cazzo, Nott gli aveva lanciato una fattura!
 
Harry imprecò con rabbia e si tirò immediatamente in piedi. Proprio quando si stava aprendo con loro, avevano deciso di fare un’azione in pieno stile Serpeverde come quella! Affatturarlo dopo che lui aveva confessato di non avere una bacchetta. Quei bastardi.
 
Non riusciva a credere a quanto era stato stupido. Non ci si fidava dei Serpeverde, non era cosa da farsi. Lui non era uno di loro, e quella ne era la prova lampante. Non l’avrebbero mai accettato.
 
Harry si guardò le mani, e tirò un sospiro di sollievo quando vide che non tremavano. Finalmente, la bella notizia che stava aspettando. Adesso non c’erano prove che fosse successo. Non era successo.
 
La cosa gli lasciò l’amaro in bocca.
 
Camminò silenziosamente lungo il corridoio, senza temere di essere scoperto. Sembrava che avere una malattia che tentava di annientarlo avesse i suoi vantaggi; era stato indubbiamente esonerato dal coprifuoco. Non sapeva se prenderla male oppure no; poteva praticamente andare dovunque senza essere richiamato, ma dopotutto gli piaceva sgattaiolare in giro dopo il tramonto.
 
La possibilità di essere beccato era sempre una scossa adrenalinica.
 
Si era sempre creato bei ricordi rompendo il coprifuoco. Come la volta in cui lui e Hermione trascinarono Norberto… Norberta… fino alla Torre di Astronomia. Durante le ore notturne aveva scoperto anche lo Specchio delle Brame, e aveva visitato la libreria più volte di quante se ne potessero contare per leggere i libri della sezione proibita. Il fatto che poteva giustificarsi con ogni professore dicendo che stava semplicemente andando a prendere le sue pozioni rendeva l’esperienza noiosa.
 
Harry sospirò mentre si avvicinava alle porte dell’Infermeria, strofinandosi debolmente gli occhi. Era stancante dover andare lì ogni notte. Dopo tutto il tempo che era passato, non potevano affidargli direttamente tutte le pozioni?
 
Si aspettava una tacita predica quando entrò nella stanza. Non il silenzio. Harry si accigliò, strizzando gli occhi alla ricerca di Madama Chips che andava avanti e indietro come al solito. Non era lì.
 
Sfortunatamente, c’era un altro letto occupato. Harry sperò solamente che l’altro studente stesse dormendo; si ricordava cos’era successo l’ultima volta che aveva trovato lì un altro alunno, e non se n’era più sbarazzato.
 
Harry si accigliò leggermente, riflettendo. Perché Draco era lì quella notte? Anzi, entrambe le notti. Non gliel’aveva mai chiesto, e lui non gliel’aveva mai detto. Invece Harry non gli nascondeva tanti segreti.
 
Scrollando le spalle, Harry si fece strada verso il mobiletto dove si trovavano le sue pozioni. Poteva prenderle da solo, come un adulto. Per quanto ne sapeva quello studente sconosciuto, Harry stava rubando delle pozioni. Preferiva quello, piuttosto che essere beccato da qualche altro studente.
 
Harry rabbrividì mentre mandava giù gli intrugli, faticando ad ingoiarli. Merlino, erano disgustosi. Non potevano aggiungervi del miele o qualcosa del genere per farli diventare meno… nauseabondi?
 
Sembrava che gli esperti di Pozioni creassero solo medicinali in grado di annientare le papille gustative, o peggiorare la malattia del paziente. Quella pozione non poteva essere certamente considerata salutare.
 
Harry fece per chiudere il mobiletto, ma la sua mano glielo impedì. Quella stupida mano che ignorava i suoi comandi. Ma aveva ragione… perché non lasciavano che Harry prendesse le pozioni da solo? Era la sua vita che stava andando a rotoli; non poteva essere lui ad averne il controllo? Harry sorrise fra sé e sé e frugò negli altri armadietti per trovare le boccette. Ne avrebbe prese abbastanza per tutta la settimana, né di più né di meno.
 
Trovarsi di fronte al numero complessivo di pozioni… lo stordì.
 
Sette antidolorifici.
 
Sette Guaritori Interni.
 
Quattordici Stabilizzanti Magici.
 
Ventotto pozioni da prendere, in una settimana.
 
Harry si accigliò, riponendo alcuni antidolorifici. Non avrebbe esaurito la scorta, nel caso qualche altro studente ne avesse avuto bisogno. Non poteva fare a meno del Guaritore Interno per motivi a lui ignoti, ma riusciva gestire il dolore. Ciò nonostante, ventidue pozioni in una sola settimana sembravano un tantino eccessive.
 
Riusciva a malapena a trasportarle.
 
Harry si diresse di nuovo verso la porta d’entrata, cercando di scappare con il suo bottino. Sarebbe stato fantastico. Prendere le pozioni da solo avrebbe significato che poteva riacquistare un po’ di controllo sulla sua vita.
 
E che poteva sgattaiolare per il castello senza un valido motivo.
 
Poteva tornare a divertirsi un po’.
 
Harry sorrise fra sé e sé, guardandosi intorno mentre si dirigeva verso la porta. Non l’avrebbero beccato proprio adesso…
 
Lo studente nel letto era immobile.
 
Completamente immobile.
 
Ma stava respirando?
 
Harry mise lentamente giù le sue pozioni, e si voltò per avvicinarsi al letto. Dove diavolo era Madama Chips proprio adesso che aveva un paziente a cui badare? Cercava di ignorare Harry; questo era comprensibile. Ma chiunque egli fosse di certo non si meritava…
 
Oh, Dio.
 
Harry spalancò la bocca per lo shock o per il disgusto. Oppure per entrambi. Era… una cosa del genere non poteva accadere ad Hogwarts, giusto? Era… disumano.
 
Quel povero studente era stato mutilato.
 
Il suo volto era gonfio e tumefatto, era completamente ricoperto di lividi. Dubitava che sarebbe riuscito ad aprire di nuovo gli occhi, da quanto erano gonfi; il suo petto si muoveva a malapena.
 
Ad ogni respiro, una lacrima rigava il suo volto. E un lamento scappava dalla sua gola. Era privo di sensi, eppure stava piangendo.
 
Cazzo, Harry avrebbe voluto piangere al posto suo.
 
La sua bacchetta spezzata in due era riposta inutilmente sul comodino.
 
Chiunque fosse stato, era stato feroce.
 
Harry deglutì a vuoto, con ancora gli occhi sbarrati. Non aveva mai visto niente del genere, neanche durante la guerra. Morte, sì. Pura violenza? Mai come quella…
 
Indossava una cravatta Serpeverde, allentata sul collo livido.
 
Merlino, Draco doveva essere informato di…
 
Cazzo.
 
.
 
.
 
.
 
Harry bussò alla parete del dormitorio Serpeverde sentendosi stranamente intontito.
 
Non sapeva cosa provare; rabbia, sollievo… qualche sorta di macabra soddisfazione? Si sentiva male, e non era in procinto di sentirsi meglio.
 
Infine la porta si aprì, e un piccolo primino sporse fuori la testa. Il ragazzino biondo guardò Harry, ma non si fece domande. Anzi, aprì la parete e indietreggiò per lasciarlo entrare. Come se Harry appartenesse a quel posto.
 
Ma non era così.
 
A farlo era il ragazzo menomato nell’Infermeria che annaspava per prendere fiato.
 
“Un comportamento disgustoso!” Harry esitò appena mise piede nella Sala Comune, sorpreso di vedere tutta la casa Serpeverde accalcata lì dentro. Lumacorno li stava strigliando per benino, per una volta aveva un’espressione furiosa. “Troveremo i colpevoli, e saranno espulsi! Mi avete sentito? Espulsi!”
 
Nessuno dei volti nella stanza sembrava contento.
 
Tutti i ragazzi, da quelli del primo anno a quelli dell’ottavo, avevano la stessa espressione cupa mentre fronteggiavano Lumacorno. Non battevano ciglio. Nessuno si muoveva.
 
L’intero gruppo emanava puro stoicismo. E Lumacorno lo detestava.
 
“Dovreste essere preoccupati per il vostro compagno di casa!” Urlò, gesticolando vigorosamente. “È un Serpeverde, per la barba di Merlino! Capisco come la pensiate sulla debolezza, un tempo facevo parte anch’io di questa casa! Ma si suppone che sia un vostro amico! Dov’è la vostra rabbia per lui? E le vostre promesse di vendicarlo?!” Camminò avanti e indietro, folgorandoli uno ad uno con lo sguardo. “L’unico motivo che potrebbe spiegare il vostro silenzio sarebbe che sappiate qualcosa! Tutti voi sapete qualcosa e vi rifiutate di aiutare un vostro amico! Incredibile! Un tempo la casa Serpeverde era la più nobile delle case! E invece guardatevi adesso!”
 
Non poteva rendere la sua opinione più evidente neanche sputando sul pavimento per il disgusto.
 
Harry si guardò intorno, prendendo nota dell’inespressività dei Serpeverde. A nessuno sembrava importare niente. A nessuno. Il ragazzino che l’aveva lasciato entrare era in piedi accanto a lui con le braccia conserte e un’educata espressione noncurante sul volto. Aveva undici anni! Doveva pur essere preoccupante che un suo compagno di casa era stato torturato.
 
Invece no, se ne stava lì come se fosse annoiato.
 
Harry scorse immediatamente Draco. Il biondo, naturalmente, lo stava fissando.
 
Oh, il suo volto non era indifferente, o noncurante.
 
I suoi occhi traboccavano di rabbia.
 
Sembrava che martoriare il suo amico non l’avesse appagato.
 
Quindi Harry ricambiò inespressivamente il suo sguardo.
 
“Capisco che nessuno della mia casa sarebbe capace di una simile… brutalità.” Lumacorno cercò di urlare con un tono più basso, ma la sua espressione era furibonda. Quel che era certo, era che in quel momento lui stesso sembrava capace di compiere qualche brutalità. “Ma voi sapete qualcosa. Lo so. Se qualcuno ha qualcosa da dire, adesso è la vostra occasione. Altrimenti potete sempre trovare qualche altro Professore a cui confessare. Se verrà fuori che uno di voi stava nascondendo delle informazioni, sarà sospeso. Sono stato chiaro?”
 
Ancora una volta, nessuno rispose.
 
Sembrava che tutte le altre case fossero state sottoposte alla stessa ramanzina. E, naturalmente, nessuno dei direttori voleva credere che la propria casa fosse colpevole di una tale violenza. Nessuno sarebbe stato beccato, a meno che qualcuno non avesse fatto la spia.
 
“Domani ci vedremo tutti in Sala Grande per la colazione. Dovete esserci, oppure vi sottrarrò cinquanta punti a testa. Per ogni minuto di ritardo che farete, vi sarà inferta una punizione.” Scosse un’ultima volta la testa in segno di disgusto, e si voltò per uscire a grandi passi…
 
Ma i suoi occhi si posarono su Harry.
 
“Harry, cosa ci fai tu qui?” Si accigliò nuovamente per la rabbia, incrociando pericolosamente le braccia. “Non ti è permesso stare qui; non m’importa come ci sei entrato, ma non si ripeterà mai più. Cinquanta punti in meno a-”
 
“È stato invitato.” Disse piano il piccolo ragazzino accanto a lui, senza trasalire sotto lo sguardo furioso del professore. “Giochiamo insieme durante il fine settimana.”
 
“Potter è pessimo a scacchi.” Aggiunse un ragazzino del secondo anno, attirando l’attenzione su di lui. “È divertente vederlo in difficoltà.”
 
Lumacorno rimase di stucco, non riusciva a capacitarsene. Harry si chiedeva perché due ragazzini a cui non aveva mai rivolto la parola lo stavano improvvisamente difendendo.
 
“In ogni caso,” Borbottò infine, “non penso che sia il momento adatto per giocare e divertirsi.”
 
“Perché?” Chiese una ragazza del sesto anno, alzando le sopracciglia. “Non siamo noi quelli sfigurati in Infermeria.”
 
Ouch.
 
Harry non riusciva a credere alla loro faccia tosta; se qualcuno avesse provato a fare la stessa cosa con la McGranitt, sarebbe trasalito sotto il suo sguardo. Quei piccoli…
 
 Non gli importava un fico secco di quello che Lumacorno pensava di loro.
 
Non lo rispettavano abbastanza da prenderlo seriamente.
 
“E questa cos’è, allora?” Lumacorno distolse lo sguardo dalla ragazza, perdendosi il ghigno che questa si scambiò con una sua amica. Indicò invece la scatola che Harry teneva fra le braccia. “Oggetti Proibiti?”
 
Merlino, perché doveva essere così intuitivo proprio quella sera?
 
“Sa cosa sono, Signore.” Finì per borbottare Harry, alzandone una per mostrargli l’etichetta. Cercò di non andare in panico quando alcune teste si mossero per tentare di avere una visuale migliore.
 
Lumacorno la ripose immediatamente nella scatola come se scottasse, pulendosi apertamente la mano sulla veste. Harry lo fissò con freddezza, era indignato. Non era contagioso, dannazione. Non aveva la peste.
 
“Dovresti ritornare alla tua Casa, Harry.” Borbotto comunque, con un misto di rabbia e imbarazzo. “Il posto a cui appartieni.”
 
E con questo, lasciò velocemente la stanza.
 
Silenzio.
 
Nessuno si mosse.
 
Al contrario, fissavano Harry.
 
Ogni. Singolo. Serpeverde.
 
Harry scelse di ignorare le occhiate che gli perforavano in cranio, e si voltò verso Nott e Zabini. Entrambi ricambiarono tranquillamente il suo sguardo, senza un’ombra d’imbarazzo.
 
Nessuno parlò.
 
Quindi volevano combattere tutti insieme, giusto? Bene.
 
Bene. credevano che Harry non riuscisse ad ammetterlo, vero? Era pur sempre un Grifondoro, qualche volta poteva ancora racimolare il suo coraggio. Avrebbe solo dovuto mettere per un attimo l’orgoglio da parte; era gestibile. Non gli dispiaceva ammettere che Goyle gli aveva lanciato una maledizione. Una maledizione era una maledizione; ce lo si poteva aspettare in una scuola di magia.
 
“Bugiardi.” Non dovette urlare; il suo tono basso li raggiunse ugualmente. “Maledettissimi bugiardi.”
 
“Ti abbiamo detto che non gliel’avremmo riferito.” Zabini fu il primo a parlare, e non aveva niente a che vedere con il ragazzo felice e divertente di poche ore prima. I suoi occhi erano freddi. “Non l’abbiamo fatto.”
 
Che risposta Serpeverde! “E cosa ho tralasciato? Qualche minuscolo particolare? Lasciatemi indovinare, non dovevate necessariamente dirlo, l’avete scritto? O l’avete indicato? Che bastardi!” Okay, forse stava urlando. Anche voi avreste urlato se vi foste trovati di fronte a una Sala piena di Serpeverde impassibili.
 
E di fronte a Draco che se ne stava tranquillamente seduto sullo schienale di una poltrona, con il volto inespressivo. Senza proferir parola. Che si limitava a fissare. A fissare furiosamente.
 
“Per niente. Noi abbiamo iniziato. Draco ci ha seguiti.”
 
“Perché?!” Urlò Harry, gesticolando furiosamente. “Dovrebbe essere un vostro amico!” Se riuscivano a fare una cosa del genere a un loro maledettissimo amico, di cos’altro potevano mai essere capaci? E Harry si era addirittura fidato di quei mostri. Era…
 
Era una cosa che solo un Mangiamorte avrebbe potuto fare. Il pensiero gli diede la nausea.
 
“Non è più nostro amico da molto tempo.” Disse Nott con un filo di voce, i suoi occhi erano gelidi mentre squadrava Harry. Tutti loro avevano degli sguardi così freddi. “Perché dovrebbe importare?”
 
“Non l’avevo nemmeno riconosciuto!” Harry spinse la sua scatola fra le braccia del sorpreso primino, anche solo per poter stringere furiosamente i pugni. Aveva bisogno di calmarsi, ma non ci riusciva. Il suo stomaco si stava contorcendo violentemente, era sul punto di vomitare. Quel volto sfigurato… “L’unica cosa che sono riuscito a distinguere è stata la sua cravatta… gli avete spezzato la bacchetta! Avete idea di come-?”
 
“Gli abbiamo rotto la bacchetta così sarebbe rimasto indifeso.” Sussurrò Zabini, “Proprio come lo eri tu.”
 
La temperatura calò di altri venti gradi.
 
“Gli abbiamo spezzato le mani,” Continuò Nott, “così non sarebbe stato in grado di impugnare una bacchetta finché le tue non avessero smesso di tremare.”
 
Harry deglutì a vuoto, stringendo i pugni. “Hanno smesso.” Ringhiò silenziosamente.
 
“L’abbiamo colpito alla gola in modo che non potesse urlare. Come non hai potuto fare tu.” Zabini continuò come se Harry non avesse detto niente. “Se è capace di usare una Maledizione Senza Perdono, è capace di ferire anche gli altri. Stavamo soltanto proteggendo la nostra casa; nemmeno tu puoi biasimarci per questo.”
 
Avrebbero potuto fare qualche altra cosa. Qualunque altra cosa.
 
“Perché sei così arrabbiato?” Chiese Nott, con sincera curiosità. “Non è possibile che ti andasse a genio. Ti ha torturato.”
 
“Mi ha lanciato una maledizione; è diverso!” Ribatté Harry, ignorando gli sguardi increduli che si scambiarono tutti gli altri Serpeverde. “Non avevo una particolare voglia di vedere la sua faccia sfigurata e-”
 
“Non sei arrabbiato per questo. Perché sei così arrabbiato?” Lo interruppe Nott, ignorando il verso indignato di Harry.
 
“Ma a nessuno di voi importa di quello che avete-”
 
“Perché sei così arrabbiato?”
 
“Sapete che potreste essere tutti espulsi o sospesi per-!”
 
“Perché cazzo sei così arrabbiato?!”
 
“Non volevo che lui venisse a saperlo!” Urlò Harry, e trasalì quando le persone più vicine si guardarono nervosamente intorno e indietreggiarono. Merda, stava anche spaventando i Serpeverde adesso. “Cazzo, cosa c’è di così difficile da capire?! Non volevo che lui venisse a…” Harry non riusciva nemmeno a guardarli. Come poteva farlo?
 
Furioso, si voltò di scatto e si diresse verso l’uscita. Avrebbe dormito nella Foresta Proibita se proprio avesse dovut-
 
“Harry,” I suoi piedi lo tradirono, ancorandosi sul posto. “Non ci piace fare questo genere di cose. Mi sento nauseato, crudele e sporco.” Harry deglutì ancora, voltandosi a guardare il biondo.
 
La sua maschera era salda e in posizione. “Ma certe volte è necessario proteggere ciò che… si ritiene importante. Dovevo saperlo.” Infine si alzò in piedi, mettendo le braccia conserte. L’intera stanza trattenne il respiro, i ragazzi si appiattirono lungo le pareti come se non volessero azzardarsi a interrompere il loro contatto visivo. “Avrei maledetto l’intera scuola finché non me l’avessero detto.”
 
Ma perché?
 
Harry deglutì, ignorando la risposta scontata che era proprio di fronte a lui, dall’altra parte della stanza. Non parlarono, si limitarono a fissarsi. L’espressione di Draco non era cambiata da quando aveva messo piede nella stanza. Harry era sicuro che appena si fosse avvicinato, il biondo gli avrebbe tirato uno scapaccione.
 
Non mostravano neanche un briciolo di rimorso.
 
Nessuno di loro.
 
Anche quelli che sapevano, l’intera casa Serpeverde adesso sapeva cos’era successo, ma non mostrava rimorso. Stavano rischiando la sospensione o l’espulsione, eppure si limitavano a malapena a scrollare le spalle.
 
I Grifondoro non avevano quella lealtà.
 
Harry non era nemmeno così arrabbiato, sul serio. Era un po’ nauseato, e un po’ triste che potessero fare una cosa del genere a un altro essere umano. Ma non era arrabbiato.
 
Che diavolo c’era che non andava in lui?
 
Harry sospirò interiormente, consapevole di aver già perdonato il biondo e il suo seguito. Anche se in modo poco ortodosso, l’avevano protetto.
 
Avevano scelto lui, anziché un loro compagno di casa.
 
La cosa non avrebbe dovuto sollevarlo.
 
Harry avanzò lentamente, continuando a ignorare gli spettatori. Che, doveva aggiungere, non avevano nessuna intenzione di andarsene. Sembravano curiosi, divertiti, interessati. Che problemi avevano quei ragazzini?
 
E, com’era prevedibile, appena si avvicinò, Draco non mancò di tirargli uno scappellotto. Quel perfetto idiota.
 
Harry si limito a scuotere con stanchezza la testa, appoggiando la fronte sulla sua spalla. Sapeva che se fosse successo a Draco, anche lui avrebbe polverizzato Goyle, senza magia. L’avrebbe strozzato con le sue stesse mani se avesse cruciato Draco. Dopotutto, dovevi proteggere ciò che ritenevi importante.
 
“Cos’è tutto questo?” Chiese in un sussurro.
 
“È godersi i momenti.”
 
“No, non lo è.”
 
“No, non lo è.” Draco non riuscì nemmeno a mentire.
 
.
 
.
 
.
 
 
La Sala Grande era immersa in una totale assenza di suono. Gli studenti mangiavano in silenzio, rivolgendosi a malapena la parola. Soltanto alcuni borbottii qua e là, e alcuni sussurri.
 
Dopo la colazione, li avevano avvertiti che nessuno avrebbe lasciato la stanza fin quando qualcuno non avesse ammesso le proprie colpe. Si erano dimenticati un dettaglio molto importante; i Serpeverde.
 
I Serpeverde se ne stavano seduti con delle espressioni annoiate, e una palese indifferenza. Ma c’era determinazione nello sguardo di ognuno di loro.
 
 
Non li avrebbero beccati, perché non avrebbero permesso che accadesse. Erano tutti uniti; tutti per uno eccetera eccetera. Ecco perché si erano seduti e avevano ricostruito quello che era successo la notte prima. Ecco perché adesso lo guardavano in modo strano, senza i ghigni e gli sguardi divertiti che gli riservavano di solito. Stavano facendo tutto questo solo perché Harry non voleva ammettere ai professori di essersi fatto colpire da una maledizione.
 
Be’, e anche per salvarsi la pelle. Nessuno voleva davvero che i ragazzi dell’ottavo anno fossero espulsi; era strano a dirsi, ma tenevano la casa unita. Erano come i piccoli lord della scuola, e qualunque cosa dicessero, era legge.
 
Harry osservò gli altri tavoli, paragonando le loro espressioni. Non sembravano colpevoli, neanche lontanamente. Be’, perché avrebbero dovuto, giusto? Tuttavia, sembravano… interessati. Volevano sapere chi era stato, e dalle occhiate soddisfatte che lanciavano al tavolo Serpeverde, dovevano pensare che gli studenti in verde fossero semplicemente arrabbiati per l’accaduto. Nessuno avrebbe incolpato i Serpeverde di aver attaccato un altro Serpeverde. L’avrebbero scampata, se nessuno vuotava il sacco.
 
E, da quello che poteva constatare guardando tutti gli altri, era più verosimile che Zabini si mettesse a ballare il tiptap sul tavolo.
 
“Smettila di sembrare così preoccupato, Potter.” Disse a bassa voce Parkinson, ghignando come se stesse spettegolando su qualcosa. “Ci farai scoprire.”
 
Harry la guardò prima di tornare a mordicchiare la sua colazione. Per una volta non era l’unico a non mangiare. “Non vi farei mai scoprire.”
 
Quella semplice frase ebbe il potere di far indurire lo sguardo dell’altra. La ragazza si scambiò uno sguardo d’intesa con Draco prima di schiaffeggiare la mano di Harry. “Non farlo.”
 
“Ho solo detto che non-”
 
“Tu non hai fatto niente. Quindi non fare qualcosa di così orrendamente nobile come costituirti. Se l’è meritato. È… un malato di mente.”
 
“Che intendi?” Se aveva qualche sorta di disabilità, sarebbe stato solo peggio-
 
“…non è più lo stesso dall’anno scorso. Questo non giustifica le sue azioni, certo. È solo che… ha bisogno d’aiuto.” La ragazza sospirò alla vista della sua espressione confusa, sporgendosi verso di lui. “Si godeva le lezioni dei Carrow fin troppo per essere considerato normale. Li citava molto spesso. Come ho detto, è malato di mente. Tuttavia, speravo che qualcuno mi dicesse qualcosa, senza farmi arrivare in ritardo e perder-”
 
“Mettici una pietra sopra, Pans!” Esclamò Zabini, piuttosto rumorosamente. La sua voce riecheggiò per tutta la Sala. “Come se avessimo potuto aspettarti!”
 
“Non è giusto che voi tre ve la siate spassata da soli!” Ribatté, alzando gli occhi al cielo. “Si riusciva a sentire l’odore di testosterone per tutta la stanza.”
 
Il battibecco strappò a Harry un sorriso, prima che si voltasse a guardare Draco. Non aveva parlato molto dalla scorsa notte, né sembrava in procinto di farlo. Se ne stava lì seduto al tavolo con le mani intrecciate davanti alla bocca. Calcolava. Rifletteva.
 
Non disse molto nemmeno la notte prima. Si limitò a voltarsi e andare a letto, aspettandosi che Harry lo seguisse.
 
Cosa che fece immediatamente.
 
Draco aveva tenuto la fronte appoggiata sulla nuca di Harry per tutta la notte; dubitava che avesse dormito, considerando l’immobilità del letto.
 
Erano rimasti lì in silenzio, con l’opprimente sensazione di bisogno che aleggiava nella stanza.
 
Il bisogno di stringersi a Draco.
 
Il suo sorriso svanì. Che c’era che non andava con il biondo? Non si sentiva in colpa, quello era certo. Non si sarebbe mai pentito delle sue azioni. Sembrava semplicemente… vuoto.
 
Che aveva detto la scorsa notte? Che si sentiva nauseato, e sporco?
 
Harry non sarebbe mai riuscito a crederci; il biondo non aveva mai l’apparenza di qualcosa di imperfetto. Non era mai nulla al di fuori della perfezione. “Aiutami con i compiti di pozioni.” Sospirò Harry, tirando fuori lo spesso libro che aveva preso in prestito dalla biblioteca. La maggior parte degli studenti si era portato i compiti a colazione, anche solo come passatempo da usare mentre aspettavano una confessione che non sarebbe mai arrivata.
 
Draco si limitò a sbattere le palpebre, distogliendo finalmente lo sguardo dal suo piatto. “Tu sì che eccelli nelle richieste d’aiuto.”
 
Be’. Harry deglutì, consapevole che non si riferiva ai compiti. Era ovvio che una delle prime cose che avrebbe detto sarebbe stata una mina pronta ad esplodere. “Non ti stavo chiedendo di aiutarmi, giusto?” Riuscì a dire, e cercò di non trasalire quando lo sguardo del Serpeverde diventò gelido. “Ho bisogno del tuo aiuto.” E lo lasciò constatare la cosa da sé.
 
Harry aprì il libro, ignorò gli sguardi che stava sicuramente ricevendo, e spostò i piatti di lato così che Draco potesse vedere la pagina. “Non capisco perché l’alcalinità di un ingrediente influisca sulla pozione.”
 
Abbocca all’amo. Abbocca.
 
Draco lo fissò per qualche istante, e un minuscolo sorriso si fece pian piano strada sulle sue labbra. Sapeva cosa Harry stava tentando di fare, ma avrebbe fatto comunque finta di niente. Grazie a Merlino.
 
“Non capisco come hai fatto a raggiungere questo livello in Pozioni senza distruggere il laboratorio, Potty.” Sospirò, piegandosi un po’ di più verso il libro. Squadrò la pagina, e sbuffò. “Ignora qualunque idiozia abbia scritto quest’autore incapace; si sbaglia. L’alcalinità e l’acidità sono correlate; determinano la volatilità di una pozione.”
 
Harry dovette trattenere un ghigno quando Zabini e Nott si fiondarono su un pezzo di carta e iniziarono a prendere appunti. Se perfino loro avevano trovato delle difficoltà, significava che non era una domanda semplice.
 
“Si collega per caso al motivo per cui non si devono utilizzare frutti nelle pozioni?”
 
Draco ringhiò, passandosi una mano sul volto. “Usa la testa, Potty. Cerca di fare due più due…”
 
Harry sorrise mentre si impegnava a fare i compiti, e mentre Draco tornava a poco a poco quello di sempre. Quel piccolo incidente non avrebbe influito su di loro. L’opinione che Harry aveva del biondo non sarebbe cambiata. Era un stronzo all’inizio dell’anno, e lo era anche adesso.
 
E Harry aveva ancora le farfalle nello stomaco ogni volta che guardava nella sua direzione.
 
Tre ore dopo, nessuno riuscì più a convincere Draco a farsi aiutare con i compiti. Harry aveva passato l’ultima quarantina di minuti a scrivere una lettera al San Mungo, supplicandoli di inviargli del materiale o di organizzargli un incontro con i parenti di Simon Harvey. Harry sarebbe stato un pazzo a non indagare sul suo caso; era riuscito a sopravvivere tre anni. Perché mai Harry non avrebbe potuto fare lo stesso?
 
Certo, scrivere una lettera circondato da diversi Serpeverde annoiati non era la situazione ideale. Harry dovette lasciare in bianco le parti più specifiche della lettera, decidendo di scriverle in un secondo momento.  Quindi, se avessero sbirciato, avrebbero capito soltanto che Harry stava chiedendo a qualcuno di aiutarlo a trovare qualcun altro. Sorrise per quanto era riuscito ad essere vago.
 
Quando finì, fece un altro tentativo con il cubo di Rubik.
 
E iniziava a capire perché Draco provava un odio così intenso verso quell’oggetto.
 
In qualche modo riuscì a completarlo…
 
Fatta eccezione per i quadrati centrali.
 
Ogni quadratino centrale era di un colore diverso.
 
Il girone più profondo dell’inferno era riservato al creatore di quel cubo.
 
Per sua enorme sorpresa, dopo un po’ anche quell’attività iniziò ad annoiarlo.
 
 
“Be’, sto pensando di ammettere che sono stato io a polverizzare Goyle,” Ringhiò Harry contro il tavolo, “anche solo per salvare tutti dall’immenso calvario che sarebbe restare qui un minuto di più.”
 
“Toccante.” Harry si voltò a guardare Draco, osservandolo in silenzio. Si stava ancora comportando in modo strano. Non era sarcastico o… arrogante come suo solito.
 
A Harry non piaceva quel Draco taciturno.
 
“Metto via il cubo.”
 
“Continuerà pur sempre ad esistere.” Ma lo disse al tavolo, con le mani ancora intrecciate davanti alla bocca. Che gli prendeva? Harry non sapeva come comportarsi con un Draco così vuoto.
 
Harry ringhiò ancora, facendo correre lo sguardo lungo il tavolo…
 
Ma che diavolo?
 
Harry sbatté le palpebre, scuotendo leggermente la testa ma… no, lo stavano ancora facendo. I Serpeverde si stavano massacrando in fondo al tavolo.
 
Sembrava strano, perché alcuni studenti erano già stesi sul tavolo oppure curvati sulla panca, ‘senza vita’. E il fenomeno si diffondeva di studente in studente. Nessuno rideva di quella singolare dimostrazione, ma tutti gli alunni avevano delle espressioni divertite. Chi l’avrebbe mai detto che i Serpeverde sapevano come intrattenersi?
 
Harry osservò un ragazzino del secondo anno spararsi un colpo alla testa, mentre il suo amico si impiccava con la cravatta. Una ragazza iniziò a ridere istericamente… ma i suoi occhi si spalancarono sempre di più, e la sua risata diventò sempre più convulsa. Poi annaspò e crollò sul tavolo. Era letteralmente morta dalle risate.
 
Di posto in posto, i Serpeverde si stavano suicidando pur di non soccombere alla noia.
 
Harry rise, alzandosi in piedi per avere una visuale migliore. Era esilarante!
 
Un ragazzo del quarto anno si strinse il naso finché non morì per soffocamento. Una primina ridacchiò mentre si lanciava ai piedi di un suo amico, beccandosi una maledizione immaginaria destinata a lui, poi si accasciò, il suo cadavere era ancora scosso dalle risate. In qualche modo, la maledizione rimbalzò e colpì il ragazzo che l’aveva lanciata, che cadde al suolo a rallentatore. Poi, il ragazzo che l’altra aveva così valorosamente protetto corse per raggiungerla, ma inciampò e cadde di faccia sul pavimento senza più rialzarsi.
 
Harry sbuffò divertito, voltandosi verso la ragazza successiva. Quest’ultima sobbalzò quando il Barone Sanguinario le fluttuò davanti, spaventandosi a morte. Il suo fidanzato soffocò con le sue stesse lacrime. Il suo migliore amico sfoderò uno stiletto immaginario e si pugnalò diritto al cuore, schiantandosi contro il tavolo.
 
“Niente ripetizioni.” Sussurrò Zabini a Harry, sorridendo. “Ci stai?”
 
“Tu hai già un’idea?”
 
“Certamente.”
 
“Non sei preoccupato che qualcun altro te la rubi?”
 
Zabini si limitò a ridacchiare, osservando la fila di studenti morti che si avvicinava a loro. “Spero che lo facciano.”
 
Un primino finse di mordersi la lingua, riuscendo ad affogare nel suo stesso sangue. Uno del quinto recitò impeccabilmente l’azione di pronunciare male un incantesimo e trasfigurò un bue giocattolo che cadde sulla sua testa, schiacciandolo. Ricevette addirittura degli applausi per la performance.
 
Una del quarto anno si strappò via il cuore. La sua amica lo mangiò e morì di infezione… che cosa macabra.
 
Poi fu il turno di Nott.
 
Non sembrava preoccupato che tutta la casa Serpeverde, viva o morta, lo stava osservando con trepidazione. Non dava l’impressione di voler partecipare al gioco, neanche in quella circostanza. Per questo, fu uno shock quando sospirò, alzò gli occhi al cielo e finse di tagliarsi la gola, con tanto di sangue finto.
 
Quanto era… tipico di Nott.
 
Sbatté sul tavolo con un rumoroso ‘bang’, che riecheggiò nella Sala silenziosa.
 
Harry rimase esterrefatto guardando il liquido rosso che impregnava il tavolo, e quella scena raccapricciante. “È consentito?” Chiese, ma quelli intorno a lui scrollarono le spalle. Erano più interessati a Zabini, che ghignò e sbadigliò esageratamente. Poi poggiò la testa sulla mano, e i suoi occhi si chiusero lentamente finché non iniziò a russare.

 
Poi la sua testa scivolò e finì con la faccia nella ciotola di zuppa.
 
Affogò nella zuppa.
 
Harry rise, finché non realizzò che tutti gli occhi erano ormai puntati su di lui.
 
Merda, non aveva pensato ancora a niente.
 
Si guardò intorno per cercare ispirazione, e si ricordò che nella tasca aveva lo Stabilizzante Magico che doveva prendere a pranzo. Nessuno sapeva cos’era, tranne Draco.  Perfino lui sapeva che era soltanto una pozione che doveva prendere a quell’ora.
 
Poteva fungere da veleno.
 
Harry si frugò le tasche per trovare la pozione, la tirò fuori e la innalzò. Dopo che tutti ebbero visto la scena, esitò, fingendo di essere nervoso. Alla fine, rabbrividì, mandando giù l’intruglio… poi iniziò a soffocare, fingendo di non riuscire a respirare. Era palesemente veleno.
 
Lentamente iniziò ad accasciarsi sul tavolo, chiudendo gli occhi.
 
Draco si piegò verso di lui, e sfiorò le sue labbra con il più delicato dei baci.
 
Harry gelò.
 
Ma Draco poggiò la testa accanto alla sua, gli occhi grigi fissavano attentamente Harry. Aveva rubato il suo veleno.
 
Quell’idiota.
 
Harry si leccò le labbra; stavano formicolando, e non lo aiutava per niente il fatto che Draco lo stava guardando come se volesse divorarlo lì sul posto, al diavolo gli sguardi dell’intera scuola. Non gli interessava molto cosa stesse facendo il resto del tavolo per suicidarsi; non si rese neanche conto di essersi perso la performance di Parkinson.
 
Voleva avvicinarsi e baciare di nuovo Draco.
 
Ma non poteva farlo davvero, giusto? Non mentre tutta la scuola era bloccata lì in punizione. La gente avrebbe pensato che non gli importasse di cosa era successo a Goyle.
 
Così, con la bocca asciutta, Harry allungò il piede per sfiorare quello di Draco.
 
Gli occhi grigi lo guardarono come se niente fosse, e un ghigno si fece strada sulle sue labbra. Doveva essersi tolto la scarpa, chi sa come, riuscendoci senza la goffaggine e l’idiozia che Harry avrebbe sicuramente dimostrato al suo posto, visto che un secondo dopo il suo piede stava accarezzando con delicatezza la gamba di Harry.
 
Harry deglutì all’istante, il suo stomaco si stava già contorcendo. Merlino, erano in una Sala piena zeppa di studenti. Se chiunque dagli altri tavoli avesse notato cosa stava succedendo…
 
O peggio, poteva anche non essere Malfoy.
 
Zabini era il tipo di persona che faceva questo genere di cose. Era decisamente uno scherzo alla Zabini.
 
Harry si voltò verso il ragazzo abbronzato, e per poco non sobbalzò quando l’altro intercettò il suo sguardo e gli fece l’occhiolino. Okay, se era Zabini, avrebbe preso il piede che gli stava accarezzando il polpaccio e gliel’avrebbe ficcato su per il-!
 
Malfoy… perché suonava strano adesso? Era il suo nome, eppure gli sembrava estraneo. Harry si accigliò leggermente, spostandosi immediatamente. Non era possibile che per tutto quel tempo l’avesse chiamato Draco, giusto? Nah, se ne sarebbe accorto.
 
Mal… quando Harry si voltò verso di lui, Draco lo stava fissando in modo strano, aveva un sopracciglio alzato. Merlino, probabilmente sembrava lunatico. Chi diavolo si sarebbe mai voltato, perdendosi nei pensieri mentre un altro ragazzo gli accarezzava lentamente la gamba con un piede?
 
Draco ghignò, le dita dei suoi piedi scivolarono sulle ginocchia di Harry, aleggiando sulle sue gambe…
 
“Be’, spero che vi siate divertiti abbastanza.”
 
La voce della McGranitt non aveva nulla da invidiare a una doccia fredda.
 
Harry sbuffò divertito, e sbatté la testa sul tavolo appena Draco sospirò per l’irritazione, folgorando con lo sguardo la Preside. Come se lei avesse già pianificato quello che aveva da dire.
 
Harry, infine, alzò lo sguardo e si trovò di fronte l’intera casa Serpeverde morta in tutti i modi possibili e immaginabili, l’ultimo si era impalato su un cucchiaio. Nonostante questo, nessuno si mosse. Alcuni primini stavano ancora ridendo, ma tutti gli altri erano dei cadaveri modello.
 
“Sono contenta di sapere che troviate noioso il fatto che c’è un ragazzo malmenato della vostra casa che sta soffrendo in Infermeria!”
 
Draco si spostò in modo da mettere entrambi i piedi sulle ginocchia di Harry, lo stava usando come poggiapiedi. Ignorò palesemente il suo sopracciglio alzato, scegliendo di ghignare contro il tavolo.
 
“Voglio che vi facciate un esame di coscienza, un esame profondo! Se non riuscite a trovare neanche un briciolo di compassione per il vostro compagno di casa, potete anche andare! Ma se trovate della gentilezza dentro di voi… tornate immediatamente a sedervi!
 
Harry si guardò intorno, e si morse le labbra per trattenere una risata. Appena aveva dato loro il permesso di andare, i cadaveri dei Serpeverde erano balzati in piedi, e avevano raccolto le loro cose per fuggire a gambe levate. Se non voleva che gli studenti se ne andassero, non avrebbe dovuto bluffare in quel modo.
 
Erano Serpeverde, per l’amor di Dio.
 
La casa si scambiò degli sguardi, e lentamente tornarono tutti a sedersi.
 
“E il resto di voi altri cadaveri, tiratevi subito su!”
 
Harry sospirò, alzandosi. Poi si aggrottò le sopracciglia, afferrando l’ampolla come per leggerne l’etichetta, e sussultò, ridendo. “Mi sono sbagliato, questo qui era succo di zucca.” Ricevette alcune risatine d’apprezzamento.
 
“Ha qualcosa da dire, Signor Potter?”
 
Harry restò a guardarla a bocca aperta per un momento, poi si guardò con indignazione intorno quando il brusio aumentò. Figuriamoci se non prendeva di mira proprio lui. Era scontato che non gli concedesse neanche un minuto di riposo; Harry non era affatto in difficoltà, proprio per niente. Perché la Preside avrebbe dovuto essere clemente con un alunno a cui non era rimasto più nulla? Dovevano essere equi, dopotutto.
 
Giusti e corretti.
 
Era proprio per questo che aveva preso di mira lui tra centinaia di studenti che bisbigliavano per tutta la Sala.
 
Harry digrignò i denti, un po’ spaventato dalla velocità con cui la rabbia montò dentro di lui. Dannazione, aveva bisogno di darsi una calmata. Sapeva che la donna stava solo cercando di tenere la Sala sotto controllo; e per avere controllo si dovevano porre dei limiti e dare degli esempi. Ma perché toccava sempre a lui?
 
“No, Professoressa.”
 
“Pensi che sia divertente stare qui?”
 
“Nemmeno un po’.”
 
“Pensi che il Signor Goyle si meriti di stare in quel letto in Infermeria?”
 
“Forse.”
 

 
Oh, merda.
 
Harry si guardò intorno quasi con disperazione, e trasalì quando si rese conto che, sì, l’aveva detto. Sarebbe stato più comodo mettere un’insegna al neon sulla sua testa con la scritta ‘sono colpevole!’ che illuminava la stanza.
 
La McGranitt era d’accordo con lui.
 
Il suo sguardo si assottigliò mentre studiava lui, e i ragazzi al suo fianco. Non dovette ritenerli degni della sua rabbia, infatti distolse immediatamente lo sguardo con una smorfia. “È stato un comportamento atroce. Non permetterò che si ripeta una cosa del genere fra le mura del mio castello. Sono stata chiara?”
 
Cercò di fare contatto visivo con ogni studente, come se avesse potuto leggere le loro menti e giudicarli. Tuttavia, Harry notò di essere stato evitato. Il suo sguardo si posò su Draco, e si assottigliò. Si era piegato in avanti per sussurrare qualcosa a Zabini, che ridacchiò. Piuttosto rumorosamente.
 
“Invece lei ha qualcosa da dire, Signor Malfoy?”
 
Draco si voltò a guardarla, alzando un sopracciglio. “Forse dovrebbe smetterla di sprecare il suo tempo a cercare chi abbia fatto cosa a quello scimmione, e passarne di più a riflettere su cosa abbia fatto per meritarselo.” Disse pacatamente, ma dato il silenzio nella Sala, il messaggio la raggiunse facilmente.
 
Harry si accigliò, sferrandogli un calcio allo stinco. Ma il biondo gli rivolse a malapena lo sguardo prima di alzare le sopracciglia verso la McGranitt.
 
“E cos’ha fatto?” Harry si aspettò quasi che Draco rispondesse. Lanciò uno sguardo terrorizzato a Nott, grato di constatare che condividevano gli stessi sentimenti; nessuno voleva essere espulso per quella faccenda, e per di più, nessuno voleva che la colpa ricadesse su Draco. L’aveva fatto per un motivo valido, almeno nella sua testa.
 
Ma Draco scrollò a malapena le spalle. “E io come faccio a saperlo?”
 
Continuarono a fissarsi a vicenda, rendendo chiare le proprie posizioni. La McGranitt, accidenti a lei, sapeva che era stato Draco, e Draco non poteva fregarsene di meno. Le rivolse un ghigno senza emozioni, come per prendersi gioco di lei.
 
Be’, cosa poteva fargli senza lo straccio di una prova?
 
“Potrei vedere la sua bacchetta, Signor Malfoy?”
 
Harry rimase di sasso, e si accigliò. Ma quella non era… invasione della privacy? Era consentito? Harry sapeva che, senza consenso, non potevano usare neanche un pensatoio; questo non rientrava nelle stesse circostanze?
 
La stanza si riempì di brusii, la stessa espressione scioccata e curiosa era stampata sui volti di tutti. Parkinson stava borbottando qualcosa sotto voce, scuotendo la testa per il comportamento di Draco.
 
Solo il biondo sembrava impassibile. Senza esitazione si alzò e si avvicinò alla Preside che ribolliva di rabbia, con lo spettro di un ghigno stampato sulle labbra. Che diavolo stava facendo? Se utilizzava un Incantesimo d’Inversione avrebbe visto, così come tutti gli altri, che era stato lui a mandare Goyle in infermeria! Voleva forse essere espulso?
 
Voleva forse lasciare Harry lì, da solo?!
 
“Che bastardo fortunato.” Borbottò Zabini, con un ghigno che si faceva strada sul suo volto. Come poteva essere così calmo?
 
Fortunato? Scoprirà tutt-!”
 
“No, non lo farà, Potter.” Harry doveva esser sembrato confuso, perché Zabini ghignò ancora una volta. “Non ha usato la bacchetta.”
 
Oh.
 
E infatti, Draco era in piedi di fronte all’intera scuola, e non sembrava turbato mentre i suoi incantesimi utilizzati di recente fluttuavano sotto gli occhi di tutti. Si limitò a starsene lì con le braccia conserte e le sopracciglia alzate quando la McGranitt gli restituì la bacchetta.
 
Palesemente furiosa, la donna non si degnò neanche di guardarlo. “Non appena il Signor Goyle riprenderà i sensi, ci dirà chi è stato il responsabile di tale atrocità. E sarà espulso.” Dopo quell’evidente congedo, tutti gli studenti si alzarono di nuovo in piedi e si affrettarono verso le porte.
 
Harry non si mosse; Draco era tornato al tavolo, poggiando di nuovo i piedi sulle sue ginocchia.
 
“Pensavo che accigliarsi facesse venire le rughe.” Quella di Harry fu un’affermazione piuttosto che una domanda. Poi si piegò in avanti e distese con una mano il solco sulla pallida fronte del ragazzo, proprio come lui stesso aveva fatto il giorno prima. “Smettila con quei pensieri negativi.”
 
Lo spettro di un sorriso apparve sulle sue labbra, ma il solco era ancora lì. I suoi occhi stavano ancora riflettendo, senza lasciare mai quelli di Harry. “Nessuno dirà niente.” Ritentò Harry, che tirò un sospiro di sollievo quando ricevette una risposta.
 
“Certo che non lo faranno. Sono Serpeverde.”
 
“Allora perché sei-”
 
“L’anno scorso…” Iniziò, deglutendo per prendere un po’ di tempo. Sembrava decisamente a disagio; parlare di debolezze non rientrava assolutamente nella normalità per un Malfoy. Alla fine aveva distolto lo sguardo, e si rifiutava di fare contatto visivo.
 
Draco doveva essere mortificato da quello che stava per dire, o per lo meno umiliato.
 
E improvvisamente, Harry non voleva più nessuna spiegazione.
 
“Tieni, trasfiguralo per me; lo voglio più resistente e più affilato.” Lo interruppe Harry, costringendolo a prendere un coltello da burro fra le mani. Se gli sguardi avessero potuto uccidere. “Veloce!”
 
“Un giorno dovrò instillarti il dono del tatto, Potty.”
 
“Dovresti prima trovarlo. Andiamo, sbrigati.”
 
Draco alzò a malapena gli occhi al cielo, agitando la bacchetta verso il coltello. “Sono solo una bacchetta per te.” Disse lentamente, rigirando con facilità il coltello fra le lunghe dita. Harry sbatté le palpebre, alzandosi velocemente in piedi e facendo cenno all’altro di seguirlo. Le sue dita erano corte rispetto a quelle di Draco; Harry non aveva mai considerato attraenti delle dita, fra tutte le parti del corpo che c’erano, tuttavia Malfoy gli stava facendo cambiare idea.
 
“Andiamo, devi fare una cosa per me.”
 
“Cosa ti fa pensare che io voglia fare qualcosa per te?”
 
“Perché sei Draco.” E con questo, lo guidò fino al cortile della scuola, ignorando la strana occhiataccia fissa su di sé. Gli studenti bisbigliavano al loro passaggio, facendo loro strada immediatamente. Forse perché era Harry a guidare Draco per una volta, prendendo con testardaggine il controllo anche se negli ultimi tempi i ruoli erano stati invertiti.
 
Oppure per via del coltello affilato e piuttosto grande che il biondo stava ancora rigirando nella mano, che suscitava lo sgomento dei presenti, increduli che aveva ancora tutte le dita. Chiunque altro al posto suo avrebbe già lasciato una scia di sangue alle spalle.
 
“Allontanarci dagli sguardi critici della gente mentre stringo un gigantesco coltello appuntito? Coraggioso da parte tua.”
 
Harry continuò a fissare con risolutezza la strada davanti a lui, senza guardare il biondo. Quando iniziò a parlare sentì un’occhiata perforargli la schiena. “Ecco perché siamo qui. Tu pensi che, solo perché hai mostrato un po’ di violenza, ogni volta che ti guarderò i miei occhi si poseranno immediatamente sul tuo avambraccio.”
 
Allungò un braccio per afferrare quello di Draco e farlo continuare a camminare; l’altro si era fermato di scatto, e fece un paio di passi solo perché Harry lo costrinse. “Ma non sarà così. Eri uno stronzo allora, come lo sei adesso. A causa di quell’incidente, in qualche modo la tua stronzaggine è diminuita, e per chi sa quale assurdo motivo, mi manca il Draco stronzo. Voglio lo stronzo indietro.”
 
“I tuoi complimenti mi sbalordiscono.” Rispose seccamente Draco, “Tuttavia, ciò non spiega perché stiamo camminando per il cortile con un coltello.”
 
“Conficcherai l’enorme coltello appuntito nel posto a cui appartiene.” Rispose tranquillamente Harry, rivolgendo finalmente lo sguardo al biondo. Lui lo stava fissando, con la testa piegata da un lato e un sorriso quasi impercettibile sulle labbra. “Nel tronco del Platano Picchiatore.”
 
“Stai cercando di farmi uccidere?”
 
“Ti sto sfidando a essere fantastico come me.” Harry tirò un sospiro di sollievo quando Draco alzò gli occhi al cielo, il suo sorriso si allargò ancora un po’. “Incidi il tuo nome sul tronco. Sii uno stronzo.”
“Stai cercando di trasformarmi in un dannatissimo Grifondoro.”
 
“Quel che è giusto è giusto; tu mi hai trasformato in un Serpeverde.”
 
Draco non sembrava più vuoto; stava fissando il coltello, considerando le sue opzioni. Guardò anche l’albero, prendendo nota della sua immobilità. Quasi come se si aspettasse un suo attacco. “Spero tu sappia che questa è un’azione completamente sconsiderata.” Disse con flemma, ghignando. “E che non ha la minima connessione con gli avvenimenti degli ultimi giorni.”
 
“No, non ce l’ha,” convenne Harry, “Finché non lo fai.”
 
Davvero non si aspettava che Draco accettasse; qualunque cosa potesse potenzialmente ferirlo o distruggere la sua faccia, andava evitata a tutti i costi. Era un bluff.
 
Uno stupido bluff, per cercare di indurre il biondo a reagire a qualche provocazione; per cercare di farlo tornare a sogghignare e ad essere sé stesso.
 
Per questo motivo, gli venne un colpo quando l’altro iniziò a correre verso l’albero.
 
.
 
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.
 
Harry sorrise mentre se ne stava seduto accanto al letto nell’infermeria, e cercò di trattenere le risate quando Madama Chips fece una ramanzina a Draco dandogli del folle. Bellicoso. Senza alcun rispetto per la sua vita.
 
Draco alzò gli occhi al cielo, rivolgendo a Harry un ghigno esasperato. Il suo braccio sinistro si era rotto, fratturandosi in due punti. Aveva anche un orribile taglio sulla guancia, ma niente di più. Considerando quello che aveva fatto, era lodevole che si fosse procurato solo quelle ferite.
 
“Be’,” Harry si sforzò di parlare con un’espressione seria, si sforzò davvero. “Ci siamo leggermente scambiati i ruoli.”
 
“Quante cose che faccio per te.” Disse lentamente Draco, che ghignò quando Harry sbuffò divertito.
 
“Non era previsto che lo facessi sul serio.”
 
“Tu mi hai sfidato.”
 
“Era un bluff!”
 
“Devi imparare a farlo meglio.”
 
Harry sorrise ancora, schivando la boccetta vuota che Malfoy gli tirò alla testa. Non c’era nessun’ombra di indifferenza nella sua voce, non sembrava più depresso; lo stronzo era tornato.
 
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Draco ghignò quando Potter scoppiò a ridere, costringendosi a non sobbalzare per il dolore al braccio. Maledetto albero, l’aveva pestato a sangue. Se Potter non l’avesse calciato dall’altra parte, gli avrebbe di sicuro inferto un colpo mortale.
 
Tutto per incidere sciattamente il suo nome sulla corteccia.
 
Le sue mani avevano iniziato a tremare così tanto; non riusciva a credere di essere stato così nervoso.
   
O che sarebbe stato così elettrizzante. Sapere che in ogni momento l’albero avrebbe potuto colpirlo senza farlo più rialzare. Sapere che Potter lo osservava da lontano con gli occhi sbarrati per shock.
 
Aveva appena iniziato ad incidere il ghirigoro della ‘y’ quando l’albero era finalmente riuscito a colpirlo con un paio di rami, gettandolo appena fuori dal suo campo d’azione. Grazie a Merlino.
 
Tuttavia, Potter non aveva smesso di ridere. Sorrideva come un lunatico, e quando Madama Chips era arrivata, era dovuto perfino uscire perché era costantemente sul punto di fare risatine inopportune e, Merlino ce ne scampasse, di scoppiare a ridere.
 
Ne era valsa la pena. Vedere Potter felice soltanto perché lui era contento.
 
Draco sorrise mentre Harry continuava a ridere, poi spostò il suo sguardo sul letto dall’altra parte della stanza. Sembrava che fosse ancora privo di sensi. Bene.
 
L’altro non avrebbe mai voluto risvegliarsi.
 
La prossima volta, Draco non avrebbe esitato a sfoderare la bacchetta.
 
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Capitolo 27
*** Silenziato ***


Buongiorno a tutti ragazzi! Preparatevi perché probabilmente questo capitolo sarà troppo da reggere per il vostro cuore!!
Come sempre, grazie per le bellissime recensioni che ci lasciate!
Buona lettura





Capitolo 27 – Silenziato



 
Draco si guardò intorno per cercare il suo Potter, esatto, il suo, e arricciò il naso prendendo nota degli altri studenti bavosi intorno a lui. Era lunedì. Mancavano mesi agli esami. Quindi perché diavolo la biblioteca doveva essere piena di scarti umani che bisbigliavano dietro i loro libri, scervellandosi nel vano tentativo di pensare? Era un momento di pausa, un intervallo prima di cena. Era lecito pensare che la maggior parte degli studenti preferisse spassarsela all’aperto, godersi il caldo, accoppiarsi. O qualunque altro passatempo a loro gradito.
 
Invece no, erano ammassati nella biblioteca.
 
Fantastico.
 
Fece il giro della sala, e ghignò fra sé e sé quando notò che gli studenti si zittivano al suo passaggio. Perfino i Serpeverde interrompevano bruscamente le loro conversazioni, lanciandogli sguardi circospetti prima di continuare. Bene. Tutto come previsto.
 
Parkinson gli aveva rivolto un insulto notevolmente offensivo il giorno prima, quando era tornato dall’Infermeria con un braccio dolorante. Era guarito, ma gli procurava ancora fastidio al tatto.
 
Il suo commento, inteso come benigno, lasciava intendere che stesse diventando più dolce.
 
Dolce.
 
Figuriamoci! Un Malfoy, dolce! Era ridicolo!
 
Aveva appena attaccato il Platano Picchiatore con un misero coltello da burro trasfigurato. E lei aveva la faccia tosta di definirlo dolce? Il suo nome era stato accuratamente inciso accanto a quello di Potter; adesso il Grifondoro doveva solo intagliare un cuore intorno ai loro nomi e l’opera sarebbe stata completa. Non riuscì a trattenere un ghigno; Draco era divertente anche nella sua testa.
 
Il commento di Pansy lo fece sentire piuttosto male, però. In teoria lui doveva essere pacato, un leader; temuto.
 
Draco ringhiò fra sé e sé, lanciando un’occhiataccia a un Tassorosso di passaggio. Il ragazzo del terzo anno sobbalzò e cadde dalla sedia. Tzé, dolce, come no.
 
Prendi questa, Pansy.
 
Riuscì finalmente a trovare Potter, nell’angolino più appartato della sala; doveva essere l’unica persona nella biblioteca a non avere compagnia al proprio tavolo; mentre Draco si avvicinava scorse un gruppo di ragazzi del settimo anno che adocchiavano l’altra metà del suo banco. Avvoltoi.
 
Potter si mosse a disagio, e si guardò intorno appena gli occhi di Draco si posarono su di lui; sembrava accorgersene all’istante quando Draco era nei paraggi; era come se avesse lanciato un incantesimo che si attivava solo quando il biondo era nei dintorni. Ovviamente era impossibile, ma era strano vedere che si accorgeva di lui ogni volta che si avvicinava.
 
Sorrise, calciando via dal tavolo la sedia più vicina.
 
Ed eccolo lì.
 
Il motivo per cui Draco non avrebbe mai potuto considerarsi ‘dolce’.
 
Aveva mutilato un suo ex-amico, solo per far sì che il moro continuasse a sorridere.
 
E l’avrebbe rifatto senza battere ciglio.
 
E Potter si era limitato a sorridere, cercando addirittura di tirargli su il morale. Si era comportato come una bestia, come il mostro che suo padre aveva sempre visto in lui, quello che Tu-Sai-Chi aveva sempre desiderato… era nauseante. Non riusciva a toccare cibo. Mentre dormiva, il ricordo lo perseguitava. Era tornato a bere la SonnoSenzaSogni, come faceva all’inizio dell’anno scolastico.
 
Come poteva sorridere a un mostro come lui?
 
In teoria sarebbe dovuto scappare nella direzione opposta, lanciando incantesimi di protezione nonostante il suo ‘divieto’ di usare la magia.
 
Come poteva continuare a sorridere?
 
In quel modo Draco lo desiderava ancora di più.
 
“È lunedì, Potty. Dolce Potty, perché siamo qui?” Canticchiò mentre si avvicinava a lui, e ghignò appena Potter assunse quell’adorabile sfumatura di rosso e tentò di ignorarlo. Stava lavorando ancora sulle lingue, cercava di impararne quante più possibili. Cosa stava studiando oggi? Il cinese? Sarebbe stato interessante ascoltarlo mentre le balbettava tutte insieme, con tanto di accento inglese. Almeno sarebbe stato divertente.
 
“Sei tu quello che voleva incontrarmi.” Rispose seccamente Potter, appoggiando la penna sul foglio per scrivere. I suoi occhi, tuttavia, non lasciarono mai il volto di Draco. Quei dannati smeraldi sarebbero stati la rovina di Draco, questo era sicuro.
 
“Non me la ricordo proprio così.” Ghignò Draco, posando lo sguardo sulla montagna di libri che Potter aveva sparpagliato sul banco. “Anche perché, i Malfoy non ‘incontrano’ nessuno. Sono gli altri che si gettano ai loro piedi.” Ignorò la risatina divertita dell’altro non appena un libro di medicina colse la sua attenzione. Quest’ultimo non era all’interno dell’indecoroso cumulo di libri sul banco; era stato ficcato alla bell’e meglio nella borsa di Potter e la copertina era a malapena visibile.
 
Tuttavia, si scorgeva una bacchetta incrociata con un osso; il simbolo del San Mungo.
 
Potter stava facendo delle ricerche.
 
Draco avrebbe voluto sorridere.
 
“Certo, con tanto di gingilli e doni suntuosi.”
 
“Sei forse stato a uno dei nostri gala?” Domandò Draco, mantenendo la sua espressione di genuina curiosità. Ovviamente le persone non portavano dei doni al Maniero Malfoy, ma Potter questo non lo sapeva. Il moro si limitò a lanciargli uno sguardo perplesso, e cercò di mantenere il sorriso mentre tornava alla sua pergamena.
 
Non aveva scritto ancora nulla.
 
“Il fatto che siamo qui è solo uno stratagemma per distrarti da qualcos’altro.” Disse infine Draco con sincerità, osservando Potter che sorrideva divertito e continuava a sfogliare il suo libro. Doveva davvero iniziare a prestare attenzione a quello che diceva Draco: in quegli ultimi tempi, mentiva raramente.
 
Ed erano davvero lì per quello.
 
Pansy e Theo nel frattempo si stavano dirigendo in Infermeria per prendere la roba di Potter e sistemarla nel Dormitorio Serpeverde. Se le sue cose erano lì non sarebbe riuscito ad evitarli, giusto?
 
Blaise aveva un compito diverso invece.
 
“Allora, hai di nuovo saltato i tuoi compiti di Incantesimi.”
 
Draco rimase perplesso, e si appoggiò allo schienale della sedia per osservare il suo Potter. Che argomento interessante. Non gli rispose, costringendo l’altro a continuare.
 
“È già la terza volta.”
 
“Mi stai spiando?” Chiese lentamente Draco, alzando le sopracciglia per far apparire di nuovo quel bellissimo rossore. “Che strana perversione. Dammi un paio d’ore e suppongo che potrei-”
 
“Idiota.” Tuttavia Potter sorrise, continuando testardamente il discorso. Stupido tratto Grifondoro. “Però, sul serio, che ti prende? Non hai abbastanza tempo, sei stressato, o-”
 
“Non avevo voglia di scrivere un tema su come far guizzare, affondare, o agitare la bacchetta possa influire sull’efficacia di un incantesimo. In tutta sincerità, non me ne frega un cazzo.” Quello che zittì Potter, che si decise finalmente a scrivere una parola. Una singola parola. “Che mi dici di te, Harry?” Draco sorrise vedendo che era riuscito a catturare di nuovo la sua attenzione, “E alla tua bacchetta piace guizzare,” Si piegò in avanti, diede un colpetto al ginocchio di Potter, fece scorrere un dito lungo la sua coscia, e ghignò quando l’altro si mosse leggermente sul posto. “Affondare,” avvicinò di più la mano con un movimento rapido e veloce, con gli occhi incatenati a quelli di Potter. Osservò il suo pomo d’Adamo sollevarsi lungo la gola mentre deglutiva. Non avrebbe voluto nient’altro divorare quel collo maledettamente abbronzato. “O agitarsi…?” Le sue dita danzarono delicatamente sulla coscia dell’altro, avvicinandosi sempre di più, sempre di più…
 
La mano di Potter si chiuse intorno al suo polso, costringendo Draco a smettere di stuzzicarlo. Le dita erano poggiate sul tessuto dei suoi pantaloni, contro la cerniera. Merlino, voleva continuare. Se avesse premuto leggermente
 
Potter cercò di parlare, ma dovette serrare la bocca per deglutire. Il suo volto era di nuovo di un rosso acceso, e i suoi occhi erano… affamati.
 
“Goditi i momenti.” Draco si avvicinò di più, sussurrandogli quelle parole con un filo di voce. Il suo respiro spettinava i capelli sull’orecchio di Potter. Ghignò quando vide che l’altro fu percorso da un brivido leggero.
 
“Non… nella biblioteca…” Riuscì infine ad ansimare Potter, deglutendo ancora una volta. Allontanò la mano di Draco, spostandosi più in là con la sedia. Di circa di due metri.
 
“Sei un po’ drastico, non credi?” Disse svogliatamente, curvandosi sul tavolo. C’era andato così vicino.
 
“No; la tua aura di perversione si estende fin qui.” Potter disegnò una linea sul tavolo; di sicuro non aveva alcun riguardo per la propria esistenza, perché se Madama Pince l’avesse visto l’avrebbe ammazzato.
 
“E tu non ti fidi del mio autocontrollo? Mi ferisci.” Ghignò Draco, ma quando Potter si allontanò ancora di più alzò gli occhi al cielo. Erano seduti l’uno di fronte all’altro adesso, longitudinalmente. “Non sei sicuro che il tuo stesso autocontrollo riesca a tenerti a bada?”
 
Potter lo fissò, incredulo. “Neanche per idea.” Tuttavia, sorrise quando Draco scoppiò a ridere, poggiando la testa sul tavolo.
 
“Credo che dovrò tenermi occupato con qualcos’altro.” Draco prese una matita, e la fece roteare fra le dita. Quella sì che era una distrazione. Adesso aveva sicuramente le attenzioni di Potter; il moro non provò nemmeno a fingere di concentrarsi sulle lingue; se ne stava lì seduto, all’altro capo del tavolo, con il respiro affannoso, le guance rosse e gli occhi sbarrati. Come un cervo volontariamente abbagliato dai fari.
 
“Ho bisogno della mia matita.”
 
“Vieni a prenderla.” Ma Potter gli rivolse un veloce sguardo, quasi supplichevole. Dannazione; non avrebbe dovuto supplicarlo. Non doveva sembrare nient’altro che ‘totalmente felice’, o arrapante.
 
Mmh. Idea interessante.
 
Draco gli lanciò il suo patetico bastoncino di legno, si appoggiò allo schienale della sedia e mise i piedi sul tavolo.  Poi, frugò nel suo mantello e sfoderò la bacchetta che aveva confiscato a Harry settimane prima. La fece roteare fra le dita, aspettando che l’idiota lo notasse.
 
Non alzò lo sguardo.
 
Stava forse cercando di ignorarlo?
 
Draco posò di nuovo i piedi a terra e continuò a farla roteare, assicurandosi di perforare la testa dura di Potter con lo sguardo. Aveva un cazzo di radar che lo avvertiva ogni volta che Draco lo guardava, lo sapeva, eppure osava ignorarlo?
 
Draco si piegò in avanti, sopportando i germi e l’orribile sapore mentre leccava la punta della bacchetta.
 
Gli occhi di Potter furono su di lui all’istante.
 
“Cosa diavolo credi di fare?” Sussurrò Potter; le sue labbra tuttavia erano incurvate all’insù. Pensava che fosse divertente.
 
“Non mi hai dato una risposta.” Ribatté Draco tranquillamente, ghignando. “Alla tua bacchetta piace guizzare, affondare, o agitarsi?” La leccò ancora, solo la punta della bacchetta. Merlino, sapeva di… be’, corteccia. Riusciva praticamente a vedere i batteri ammucchiarsi.
 
“Quella è… porti la mia bacchetta su di te?”
 
“Lo farei se me lo permettessi.” Disse Draco facendo le fusa, e sorrise quando Potter spalancò la bocca. Come se non sapesse che Draco otteneva tutto quello che voleva. “Per quanto riguarda questa bacchetta, sì, è così. È il posto più sicuro e via discorrendo.”
 
E adesso perché Potter lo stava fissando in quel modo?
 
“Draco, tesoro, comprendo perfettamente ogni tipo di perversione, ma a dirla tutta sono un po’ sconcertata.”
 
Draco ringhiò rumorosamente, sbattendo la testa sul tavolo. Pansy gli sorrise mentre prendeva posto, poi accavallò le gambe e gli arruffò i capelli. Cercò di afferrare la bacchetta, ma Draco la ritrasse, schioccando la lingua.
 
“Hai perso la tua occasione, Potty.” Sospirò Draco, osservando Theo sedersi accanto a lui dall’altro lato.
 
“Dimmi, cosa vi ho beccati a fare?” Domandò Pansy, voltandosi verso Potter come se non si aspettasse una risposta da Draco. Avrebbe dovuto conoscerlo meglio; lui doveva avere sempre l’ultima parola.
 
“Stuzzico Potter.” Be’, quella sì che era una sorpresa; Theo e Potter potevano assumere la stessa tonalità di rosso “Cercando di irritarlo, ovviamente. Ho fallito. Sono sbigottito.” Pansy si limitò a fissarlo, ghignando. Dannata fangirl.
 
“Ciao.” Disse piano Potter, cercando subito di mettere via alcuni dei libri senza dare nell’occhio. Non si fidava ancora degli altri, era un po’ impacciato quando erano nelle vicinanze. Ben presto sarebbe stato capace di essere brillante come sempre anche quando era in loro compagnia.
 
“Sono come quei fratelli irritanti di cui non riesci mai a sbarazzarti.” Disse pigramente Draco, intercettando lo sguardo di Potter, “Parassiti, oserei dire. Una volta che si avvinghiano a te, non puoi più liberartene.”
 
“Siamo la miglior qualità di sanguisughe esistenti.” Theo convenne, mentre Pansy gli diede uno scappellotto.
 
Draco ne fu sorpreso, e alzò le sopracciglia. Qualche mese fa non si sarebbe mai azzardata a farlo; forse si stava un po’ addolc… no.
 
“Allora, che mi dici delle lingue straniere?” Chiese Pansy, raccogliendo un libro dal tavolo. Si accigliò, e piegò la testa da un lato mentre lo sfogliava. Harry si limitò a protrarre la mano nell’attesa che glielo restituisse, facendo finta di essere abituato a quel comportamento.
 
“È solo un passatempo.” Rispose Potter, riponendone altri nella sua borsa.
 
“Quella non è la tua bacchetta.” Esclamò Theo, che assottigliò lo sguardo quando Draco sbuffò divertito.
 
“Intuizione geniale. Ben detto.”
 
“Smettila di essere cattivo,” Sorrise Potter, piegandosi in avanti e protraendo la mano con un bagliore malizioso negli occhi. “Sbrigati a restituirmi la bacchetta.”
 
Oh, quel piccolo Serpeverde.
 
Sapevano entrambi che non aveva nessuna ragione per restituirgliela; se Potter la rivoleva indietro, tutto quello che doveva fare era mettere Draco in una situazione scomoda, una in cui, come adesso, non sapeva come rispondergli. Ma perché Potter avrebbe dovuto rivolere indietro la sua bacchetta? In altre circostanze, Draco sarebbe stato orgoglioso di lui.
 
Ma ovviamente, aveva dimenticato che Draco era un Serpeverde. “Nah.”
 
Potter sbuffò, la sua mano iniziò a tremare leggermente per la sua posizione scomoda. “Voglio solo controllare l’ora.” Oh, aveva l’aria innocente. Occhi grandi, ingenui; colpevoli.
 
Draco agitò la bacchetta, ghignando. “Ecco. Sono le quindici e venti.”
 
“Sei un tale idiota.”
 
Draco scrollò le spalle, iniziando di nuovo a far roteare la bacchetta fra le dita, visto che non poteva più leccarla ora che erano in compagnia. Be’, non credeva che gli altri l’avrebbero presa tanto bene. “E adesso che mi fai?” Era un bluff; una provocazione. Fra amici.
 
Sicuramente non rivolta a un buffone Grifondoro che aveva deciso di voler giocare a fare l’eroe.
 
Paciock, chi sa come, era riuscito a fare capolino da un tavolo vicino, e a strappare la bacchetta dalle mani di Draco.
 
Be’.
 
Si aspettava forse di cavarsela con una semplice ramanzina? Immischiarsi negli affari dei Serpeverde; era pura idiozia. Sottrarre qualcosa a Draco? Avrebbe dovuto iniziare a correre nel momento stesso in cui le sue dita paffute avevano toccato la bacchetta.
 
Ma non l’aveva fatto. Quindi, non era colpa di Draco se aveva finito per placcare quell’imbranato.
 
Una gamba tentò di calciare via Draco, ma lui fu troppo veloce; lo fece rotolare a terra per, Merlino non voglia, salire a cavalcioni su di lui e bloccarlo al pavimento. Draco ringhiò, furioso. Non sapeva se qualcuno stesse parlando o se stessero cercando di dividerli.
 
Si concentrò sugli occhi sbarrati di Paciock; ma non per la paura, no, era troppo Grifondoro per quella. I suoi occhi erano sbarrati con aria di sfida; sorpresa e determinazione. Non avrebbe lasciato la presa sulla bacchetta senza combattere.
 
Draco strinse il pugno, pronto a chiudere quei dannati occhi che lo giudicavano.
 
Un’altra mano afferrò la bacchetta, una mano più piccola. Paciock passò in secondo piano quando Draco posò lo sguardo su dei capelli arruffati e un’espressione testarda. La Mezzosangue. Si tirò in piedi, ed era sul punto di sfoderare la bacchetta quando… Paciock si aggrappò alla sua gamba, facendolo cadere al suolo così da mettersi a cavalcioni su di lui. Che impertinenza!
 
Si meritò la Fattura Pungente che Draco gli lanciò, soddisfatto di aver centrato le sue palle. Un meraviglioso sbaglio andato a buon fine.
 
Qualcuno inciampò sulla sua mano.
 
Qualcun altro cadde e atterrò sulle sue gambe.
 
Si accorse di sfuggita che Paciock aveva ripreso la bacchetta e l’aveva lanciata a qualcun altro. Quei figli di puttana, ma non sapevano a chi apparteneva? Stava succedendo tutto troppo velocemente, troppo all’improvviso…
 
Draco si voltò di scatto per non perderla d’occhio mentre volava in aria. Stava per lanciare un Accio su quel dannatissimo affare… ma Potter la afferrò.
 
Potter corse verso di loro, aveva un’espressione spaventosa. Draco pensò che l’avrebbe colpito; era successo in passato! Ma proprio quando lo raggiunse, spinse via qualcuno e tese una mano a Draco per aiutarlo a tirarsi su. Draco non ebbe il tempo di godersi il calore della mano di Potter, perché questa aiutò velocemente ad alzarsi anche Pansy e Theo. Draco notò che non aveva aiutato i Grifondoro. Bene.
 
Potter lanciò la più torva delle occhiatacce ai due Grifondioti; con un po’ di pratica, avrebbe potuto perfino superare quella di Draco. Merlino, era abbastanza da tener testa a un dissennatore. Non aveva mai guardato Draco in quel modo e, di quello, gli era eternamente grato.
 
Potter si voltò, con gli occhi traboccanti di rabbia… e lanciò di nuovo la bacchetta a Draco.
 
Che la ripose prontamente sotto al mantello, al suo posto.
 
“Harry,” Paciock sembrava offeso, confuso. Bene, quel bastardo presuntuoso. Draco detestava quel ragazzo; il suo braccio infortunato aveva ripreso a fargli male. Coglione.
 
Vai al diavolo Neville!” Urlò Potter, ignaro degli sguardi dell’intera biblioteca puntati su di lui. “Cosa diavolo credevi di fare?”
 
“Io…” Il ragazzo si voltò a guardare la sua amica Mezzosangue che lo incoraggiò con un fervente cenno della testa. Idioti. “Stavo recuperando la tua bacchetta!” Urlò a sua volta, indicando istericamente Draco. Che ringhiò; se lo indicava di nuovo gli avrebbe mozzato il dito.
 
“Attaccandoli?” Domandò Harry, “Penso che al momento ci sia già uno studente in Infermeria per aver subito degli attacchi; l’hai guardato bene?”
 
Lui mi ha spinto.”
 
Tu l’hai provocato strappando qualcosa di suo dalle sue mani!” Harry esitò un attimo, realizzando di punto in bianco che tutti i presenti lo stavano guardando con interesse. Lanciò un’altra occhiataccia ai Grifondioti, voltandosi ancora verso Draco con quei maledetti occhi.
 
Draco annuì, l’afferrò per il braccio e lo trascinò verso l’uscita. Era il momento di lasciare la biblioteca prima che scoppiasse una vera e propria rissa. Lui non era stato affatturato; ma non poteva dire lo stesso per gli altri due. Paciock di sicuro aveva intenzione di farlo una volta che i suoi genitali avessero smesso di bruciare. Tzé, non era il momento di fare ironia.
 
“Harry, siamo tuoi amici. Stiamo solo cercando di aiutarti-!” Intervenne Granger, che sobbalzò quando Harry si voltò di scatto, liberando con forza il suo braccio dalla presa di Draco. Era abbastanza sicuro che tutti i presenti nella biblioteca sussultarono quando iniziò ad urlare.
 
“Non ho mai chiesto il vostro aiuto!” Corse verso di lei, e spinse Paciock appena si parò fra lui e la Mezzosangue. Come se Harry avesse potuto farle davvero qualcosa; era fin troppo nobile per compiere un’azione del genere. Questo dimostrava quanto poco lo conoscessero. “Anzi, l’unica cosa che vi ho davvero chiesto, è di lasciarmi in pace!” Urlò a Granger al di là della spalla di Paciock, era furibondo.
 
“Harry, è solo che-”
 
Cosa? Solo cosa? Cosa cazzo volete da me?!”
 
Draco corse velocemente verso di lui; c’erano troppe persone lì. Era tempo di finirla. “Harry.”
 
Granger lo sovrastò con la voce. “Harry, vogliamo solo-”
 
“Taci, Hermione! Taci e basta!” Si passò una mano fra i capelli, tirandoli leggermente e lasciandoli. Le sue mani avevano ripreso a tremare, i suoi occhi erano sbarrati, disperati. Sembrava sul punto di piangere. “Cosa volete da me?” Supplicò quasi, con la voce spezzata. “Non posso continuare in questo modo. Non posso. Statemi alla larga. Mi avete sentito? State alla larga da me, cazzo!
 
Draco afferrò di nuovo il suo braccio, e si rifiutò di lasciarlo andare mentre lo portava fuori dalla biblioteca. Harry stava tremando, era confuso… ma era anche terrorizzato dalla possibilità che scoprissero il suo segreto, ed era semplicemente… stanco.
 
Quei pezzi di merda. Draco li avrebbe affatturati la prossima volta che li incontrava. Con qualche incantesimo che bloccava la fertilità; non si meritavano che la loro prole invadesse la terra.
 
Finalmente, un’aula.
 
Draco spalancò la porta e vi spinse dentro Potter. “Fuori di qui!” Abbaiò a due Corvonero che si stavano sbaciucchiando su un banco. Aspettò a malapena che se ne fossero andati prima di sbattere la porta.
 
Potter era in piedi accanto a un banco, con la testa volta al cielo ed entrambe le mani sugli occhi.
 
“Non posso continuare così.” Disse in un sussurro, cadendo sulle ginocchia. “Non posso.”
 
“…non mi aspetto che tu lo faccia.” Mormorò Draco, avvicinandosi a lui.
 
“Io… io non sono nient’altro che un magonò adesso. Non ho potuto fare niente in quella… battaglia, solo osservare inutilmente la scena da lontano. Un maledetto, inutile magonò.”
 
“Potter.”
 
“Non meglio di Gazza.”
 
“Harry.”
 
“Non sono riuscito a fermare Goyle. Non riuscirei nemmeno fermare un cazzo di girotondo con la mia bacchetta! Gesù Cristo, che senso ha tutto que-”
 
 
Silencio.”
 
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Neville osservò in silenzio Harry che lasciava l’infermeria con uno strano misto di rabbia e spossatezza. Si era sentito… un vero schifo. L’aveva fatto ancora; aveva ferito il suo amico. E per cosa?
 
Era quella la parte ridicola; aveva pensato che stesse facendo qualcosa di amichevole. Che stesse aiutando un amico.
 
Ma si era sbagliato di grosso.
 
Aveva sbagliato tutto. Rivoleva indietro il suo amico, ma il suo era ovviamente un modo immorale per riaverlo.
 
Era ora di smetterla con quell’inutile crociata. Strappare via la bacchetta a Malfoy? Ma cosa diavolo pensavano di fare?
 
“Abbiamo sbagliato.” Sussurrò Neville a Hermione, sperando che comprendesse. D’ora in avanti avrebbe agito a modo suo, avrebbe tirato fuori le palle e si sarebbe scusato. Ron aveva ragione.
 
“Abbiamo sbagliato.” Convenne Hermione, fissando la porta attraverso la quale Harry era stato trascinato via. Il suo sguardo si assottigliò; non era mai un buon segno. “Non ha niente a che fare con la sua bacchetta.” Disse piano, “È qualcos’altro. Qualcosa di peggio. E Malfoy lo sa.”
 
Neville sospirò, osservandola mentre tornava al suo tavolo.
 
Si voltò verso quello di Harry; non aveva nemmeno preso la sua borsa.
 
Sospirando, Neville se la mise in spalla; sperava di incontrarlo a cena. Così poteva scusarsi decentemente.
 
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.
 
.
 
Dolore.
 
La bacchetta cade sul pavimento e i pezzi si sparpagliano dappertutto.
 
Mani doloranti. Non riusciva a muoverle.
 
Un incantesimo le tiene legate, costringendole al suolo. Il tacco chiodato di una scarpa gli calpesta la mano destra; le ossa si spezzano.
 
Fatica a respirare. Petto dolente, polmoni senz’aria.
 
Un calcio al petto. Ancora. Ancora. Ancora.
 
L’occhio sinistro non si muoveva. L’altro si apriva a malapena. Troppa luce. Faceva male.
 
Gli colpiscono la faccia con degli incantesimi; nessuno di loro usa i pugni. Sono prove. Codardi.
 
“Legilimens!”
 
Scavano nella sua testa, trascinando a galla i ricordi uno per uno.
 
Il fuoco.
 
Suo padre che urla mentre alcuni maghi lo trascinano con la forza verso i dissennatori.
 
Potter sul pavimento, che urla silenziosamente.
 
Paura. Aveva visto tutto. Cazzo, aveva visto tutto.
 
Gola stretta, asciutta.
 
Delle mani lo afferrano per la gola, stringendo forte. Gli fanno mancare il respiro, cercando di spappolargli la gola
 
“Draco! Basta così, smettila!”
 
Gola in fiamme, livida. Difficile ingoiare.
 
“Maledettissimo bastardo! Ne ha già passate abbastanza! Ne ha avute abbastanza per una vita intera, razza di disgustosissimo succhiacazzi!”
 
“Draco!”
 
Cercava di aprire di nuovo gli occhi. Non ci riusciva. Cercava di parlare. Non ci riusciva.
 
“A Potter non farà piacere se lo uccidi!”
 
Un lamento lasciò la sua gola.
 
“Lascialo andare! Basta così!”
 
Dolore. Così tanto dolore. Era tutta colpa sua. Quel lurido Sanguesporco.
 
“Draco!”
 
Potter.
 
Goyle aprì l’unico occhio che era in grado di aprire.
 
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Harry rimase di stucco e la rabbia iniziò a sovrastare velocemente il senso di spossatezza che scorreva nelle sue vene. L’aveva appena silenziato. Quel bastardo l’aveva appena silenziato!
 
“Stronzo!” Ringhiò, ma non emise alcun suono. Nemmeno un briciolo. Draco invece sembrava divertito, sul serio, quel ghigno irritante era tornato in posizione. “Oh, maledetto idiota! Se non sciogli subito l’incantesimo, razza di dannatissimo cretino idiota, connetterò il mio piede con il tuo culo!”
 
“Potresti ripetere l’ultima cosa che hai detto?” Draco ignorò il verso indignato di Potter; era facile quando non esisteva nemmeno. “Bene. Così per una volta mi ascolterai. Ti siederai lì e mi ascolterai.”
 
Harry folgorò con lo sguardo il biondo, alzandosi velocemente in piedi. Come si permetteva di… impartirgli degli ordini? Era già grave che aveva palesemente sfruttato l’assenza di magia di Harry. Maledetto Serpeverde, se solo avesse messo mano alla sua bacchetta…!
 
“Non mi ripeterò, e questa conversazione non è mai esistita.” Disse piano Draco… no, finché non scioglieva l’incantesimo era di nuovo Malfoy! Disse piano Malfoy. Harry si limitò a ringhiargli contro, sperando che la sua espressione mostrasse quant’era infuriato.
 
Niente magia, niente voce; quale sarebbe stata la prossima cosa che avrebbe perso?
 
“Non sei un magonò, Harry.” Improvvisamente il ghigno era svanito. Malfoy lo stava fissando attentamente, pretendendo che lui recepisse il suo messaggio. Se avesse potuto, Harry l’avrebbe interrotto, il che era probabilmente quello che Malfoy si era aspettato. Non poteva più usare la magia. Se non era un magonò era un babbano. Era inutile. “Sei nato da una famiglia magica. Hai usato la magia per tutta la vita, fino a questo momento. Quella magia è ancora dentro di te; è solo che non la usi. Tu sei, e resterai per sempre un mago.”
 
Questo non era assolutamente da Malfoy. Era sicuro che a pagina 101 del libro ‘I Malfoy’ c’era un capitolo sulla distinta mancanza di empatia che, in teoria, il biondo avrebbe dovuto avere. Che stava succedendo?
 
E perché era già riuscito a calmarlo?
 
“Puoi ancora usare gli artefatti magici. Puoi ancora fare pozioni. Puoi ancora vivere nella comunità magica. Gazza ha un livello tutto suo e tu sei su un piano considerevolmente superiore. Se ti sento di nuovo paragonarti a quell’imbecille, mi sentirò in diritto di schiaffeggiarti. Obiezioni? No? Bene.”
 
Cretino.
 
“Non dovevi fermare tu Goyle; quello è compito mio.” Continuò. Il suo sguardo si indurì per un istante. “E riesco a percepire che ancora non credi a una parola di quello che sto dicendo.” Perché non era vero. Che razza di mago non usava la magia?
 
“Anche se credi di essere un magonò, un babbano o qualunque altra cosa ti dica quel cervello allucinato che ti ritrovi, non farebbe alcuna differenza. Tu sei ancora te stesso, Potter. La magia non definisce chi sei.”
 
Ma non riusciva a capire? La magia lo definiva e come. Non era nulla senza la magia; gli aveva dato una nuova vita, l’aveva portato via dai Dursley e gli aveva regalato la possibilità di prosperare. Senza magia, era ritornato l’undicenne rinchiuso in un sottoscala.
 
Harry si puntò un dito alla gola, aspettando che Malfoy capisse l’antifona. Il biondo tuttavia si limitò a ghignare, scuotendo la testa. “Penso che questa sia l’occasione perfetta per completare il Numero Ventiquattro.” Oh, quel bastardo. In teoria, doveva essere una cosa volontaria, non forzata! “Tutto questo ti darà la possibilità di ascoltare quello che gli altri vogliono dirti. Oh Dio, oggi sono molto spirituale, non trovi anche tu?”
 
Harry gli tirò un pugno sul braccio. Poteva prendere la sua spiritualità e i suoi consigli e ficcarseli dove non batteva il sole!
 
“Sciogli immediatamente questo cazzo di incantesimo, insopportabile, piccolo stronzetto!” Cercò di urlare Harry, che ringhiò quando vide che Malfoy si limitò ad alzare un sopracciglio.
 
“Che hai detto?”
 
“Maledettissimo stronzetto presuntuoso! Stupido ipocrita di un furetto innaturalmente biondo!”
 
“Dovresti alzare un po’ la voce.”
 
“Furetto! Furetto! Furetto! Furetto! Furetto!”
 
“Non hai niente da dire? Andiamo allora, è quasi ora di cena.”
 
Harry urlò per la frustrazione, lo sorpassò e corse verso la Sala Grande. Uno degli altri Serpeverde l’avrebbe sciolto per lui; doveva arrivare lì prima di Malfoy.
 
 
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“Scusa, Potter, ma ci tengo alla mia vita.” Ridacchiò Parkinson, senza sembrare neanche lontanamente dispiaciuta. Gli sorrise, e inclinò la testa da un lato quando lui sbatté la testa sul tavolo. Melodrammatico? Neanche un po’. “E visto che prima ho visto Draco sorridere come un lunatico in posti dove tutti potevano vederlo, infangando la sua reputazione, devo dedurne che è stato lui a lanciarti quest’ incantesimo.”
 
Harry alzò velocemente lo sguardo, scuotendo la testa. Le indicò speranzosamente il tavolo Grifondoro, ma lei gli rispose sorridendo. Come una gatta affamata. “Se è vero, aspetterò semplicemente che Draco arrivi.  È molto divertente vederlo mentre ti muore dietro.”
 
“Non mi muore dietro.” Ringhiò Harry, e quando Parkinson scoppiò a ridere, alzò gli occhi al cielo. Come aveva fatto a pensare che i Serpeverde sarebbero stati d’aiuto?
 
“Significa forse che adesso sei alla mia mercé?” La ragazza si alzò in piedi con entusiasmo e uno strano bagliore negli occhi. “Oh, bene. Penso che dovresti tirare fuori le palle e deciderti a confessare a Draco i tuoi sentimenti; non fate altro che ronzarvi intorno, quando è palpabile che non vuoi nient’altro che farti scopare da lui su un tavolo.”
 
“Smettila, non hai la più pallida idea di cosa stai dicendo!” Cercò di dire Harry, ma non emise alcun suono. In preda alla frustrazione, colpì il tavolo con un pugno. Perché tutti davano per scontato che fosse lui quello passivo?!
 
“Ecco, bravo caro, sfoga la tua tensione sessuale.”
 
“Fanculo, vacca.”
 
“Lo so, lo so.”
 
Harry la guardò perplesso. Oh. Lui poteva sentirla, ma non era in grado di fare niente. Se l’altra non poteva sentirlo, valeva lo stesso anche per lei. Poteva approfittare della situazione.
 
Si raddrizzò sul posto, assottigliando lo sguardo. “Se io ronzo intorno a Draco, tu dovresti smetterla di ronzare intorno a Zabini.” Ghignò, e notò subito che il sorriso soddisfatto dell’altra diminuì leggermente, sembrava aver intuito che qualunque cosa stesse dicendo non era gentile. “Anche tu gli muori dietro; sei un po’ troppo indifferente quando è nei paraggi, anche per una Serpeverde come te.”
 
“Qualunque cosa tu stia dicendo, ti suggerisco di smetterla.” Lo minacciò, ignorando il fatto che Harry si limitò a sorridere.
 
“È fantastico. Non hai la minima idea di quello che sto dicendo, vero? Potrei farti dei complimenti e tu non lo sapresti nemmeno. Pansy, non lo direi mai ad alta voce, ma hai dei begli occhi. Non belli come quelli di Draco, ma sono notevolmente carini.”
 
“Rimangiati dubito quello che hai detto.”
 
“Sei anche piuttosto intelligente; ma lo nascondi dietro una personalità da stronzetta smorfiosa, e non ne capisco proprio il motivo.”
 
“Theo! Potter sta facendo il coglione!” Canticchiò lei appena il ragazzo entrò nella Sala, e sbuffò quando Harry scoppiò a ridere fragorosamente in silenzio. Non riusciva a trattenersi; stava provando esattamente la sua tesi! Nott e Zabini erano entrati nella Sala, ma lei aveva ignorato prontamente Zabini, anche se sarebbe stato quello più propenso ad aiutarla. Nott alzò a malapena le spalle, sedendosi di fronte a Harry.
 
“Potty, a nessuno piacciono i coglioni… Oh, be’, anzi credo che piacciano a tutti, non è così?” Ridacchiò Zabini mentre prendeva posto, riflettendoci. “Fatta eccezione per le lesbiche, ovviamente. Okay, Potter, non piaci alle lesbiche.”
 
Ma. Che. Cazzo?
 
Harry rise ancora, scuotendo la testa. I due nuovi arrivati iniziarono a fissarlo, momentaneamente perplessi. Quindi si indicò la gola, sperando che almeno Zabini avrebbe avuto pietà di lui.
 
“Malfoy è il più grande coglione esistente. Potresti sciogliere l’incantesimo?” Domandò, e sorrise quando Zabini fece immediatamente per sfoderare la bacchetta. Tuttavia, Nott allungò una mano per fermarlo, assottigliando lo sguardo.
 
“Perché stai chiedendo aiuto a noi? Dov’è Draco?” Chiese, e un ghigno comparve sulle sue labbra quando Harry scrollò le spalle. “Molto Serpeverde, Potter. Non lo sciogliere, è stato Draco a lanciarglielo.”
 
“Avresti lasciato che se la prendesse con me?” Domandò Zabini, sfoggiando la sua espressione da cane bastonato. Peccato che il ghigno sulle sue labbra la rovinasse del tutto. “Ma noi abbiamo legato, Potter. Abbiamo legato.
 
“Non quanto vorrebbe fare Pansy con te.” Ribatté Harry, rivolgendo un ghigno alla ragazza accigliata.
 
“Che ha detto? Sciogliete quel cazzo di incantesimo! Mi sta prendendo in giro!”
 
Non era poi tanto male; in realtà era divertente. Poteva dire tutto quello che voleva e nessuno avrebbe saputo niente. Aveva l’immunità.
 

 
Poteva dire tutto quello che voleva.
 
Harry deglutì a vuoto, il suo sorriso diminuì leggermente. Gli altri stavano parlottando fra di loro, chiacchieravano e discutevano di qualche stupido argomento. Non l’avrebbero notato, e neanche sentito. Che importava cosa diceva?
 
“Sono… malato.” Disse, osservando le loro reazioni. Pansy stava colpendo Nott alla testa, urlando in risposta a qualcosa che l’altro aveva borbottato, mentre Zabini osservava la scena con un ghigno stampato sul volto. Poteva farlo. “Ho una malattia terminale.” Aggiunse, tirando un sospiro di sollievo. “Ho la Succorbentis che, a quanto pare, è l’unica malattia su cui nessuno si scomoda a fare ricerche per via del timore che incute. È rara, così rara che non ci sono informazioni dettagliate sulle persone che l’hanno contratta. Tutti quelli che se la beccano muoiono; non ci sono stati ancora superstiti; se non li uccide la magia, il che è orribile perché è stata proprio la magia a darmi la vita, li uccide la pazzia, o si suicidano, perché a quanto pare si arriva al punto di vivere nella costante paura di quello che la magia potrebbe fare come prossima mossa. Non voglio mai più vivere con quella paura, quella paura paralizzante. In realtà, non voglio neanche morire, Non voglio assolutamente morire. Ho gli incubi quasi ogni notte. Finisco sotto tortura ogni martedì. Ah, e ho il leggero sospetto di essere attratto dagli uomini.” Harry rise fra sé e sé, scuotendo la testa. Merlino, a volte era davvero un idiota.
 
“Draco, penso che Potter abbia perso la ragione.”
 
Harry alzò lo sguardo, e il suo sorriso diminuì leggermente quando si ritrovò davanti degli occhi grigi che analizzavano il suo volto, cercando di cogliere ogni emozione che attraversava la sua mente. Anche gli altri Serpeverde lo stavano guardando in silenzio, leggermente accigliati. Oh, forse non era stato discreto come pensava nel parlare.
 
“Furetto mio!” Sorrise, “Sei rimbalzato fin qui?”
 
“Dici quella parola molto spesso.” Disse pacatamente l’altro, sedendosi con lentezza di fronte a Harry. “Inizio a credere che sia un insulto.”
 
“Perspicace.” Rispose con disinvoltura Harry, infilzando un pezzo di pasticcio con la forchetta. Lo Shepherd’s pie; delizioso. Ignorò lo sguardo che gli perforava il volto; non era possibile che sapesse quello che stava dicendo.
 
Sorpreso, Harry sbatté le palpebre e si alzò di nuovo in piedi. Era l’occasione perfetta.
 
“Pansy,” Disse, toccandole il braccio per essere sicuro di avere la sua attenzione. “Penso che tu ti preoccupi per gli altri più di quanto lasci credere.” Si voltò verso Zabini, “Sei un tipo fantastico con cui andare in giro.” Nott. “Sai essere spaventoso. Ma cerchi di fare la cosa giusta secondo i tuoi standard, il che è bello.” Si voltò verso Draco, ma cambiò idea. Era troppo facile leggere il labiale di quello che stava per dire, e non l’avrebbe detto in quella situazione. Poi si alzò, e si affrettò dall’altra parte della sala, ignorando i Serpeverde che lo chiamavano alle sue spalle. Al contrario, si affrettò verso il tavolo in rosso.
 
Ansimando, si diresse verso Ron, e finse che vederlo guardarsi intorno con aria allarmata non lo ferisse. Come se Harry avesse potuto scagliargli contro tutto il seguito Serpeverde; non era lui il capo.
 
“Ron, so che sei arrabbiato con me, e lo capisco. Ti perdono.” Scosse velocemente la testa quando il rosso si accigliò e sfoderò la bacchetta, facendogli cenno di metterla via. Anche se lentamente, lo fece. “Ma sei la persona più testarda che io conosca. Anche se so che sei arrabbiato con me e non farò nulla per ricostruire la nostra amicizia, ti considero ancora il mio migliore amico.” Poi si voltò verso Hermione, accigliandosi leggermente. “Sei la persona più intelligente che conosca, eppure, a volte sai essere davvero stupida. Lascia che Ron si prenda cura di te.” Neville. “Sei il cuore della casa Grifondoro; hai più coraggio di me.” Ginny. “Adesso, ti considero come una sorella minore.” Dean.
 
Dean. Harry gli alzò il dito medio, ignorando i bisbigli intorno a lui. “Sei un bastardo.”
 
E con questo, tornò al tavolo Serpeverde. Chi l’avrebbe detto? Quell’incantesimo si stava rivelando utile, dopotutto.
 
“Dovrei forse supporre che non esprimerai un’opinione su di me?” Chiese Malfoy lentamente, quell’insopportabile maschera era tornata in posizione.
 
Non sapeva come dirlo a parole; non sapeva da dove iniziare. Ma si decise comunque a dire qualcosa, sperando che Draco non riuscisse a leggere il labiale. Probabilmente ci riusciva, quell’onnipotente, geniale bastardo.
 
“Ho le farfalle allo stomaco perfino quando ti penso.”
 
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3.Dire a tutti le mie opinioni su di loro
 
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Flaky.
 
Quel bastardo di Flaky era tornato strisciando fino castello; non come un emissario, e nemmeno con delle informazioni; ma soltanto per prendersi gioco di Harry con la sua sola presenza. Sapeva che avrebbe dovuto uccidere quel traditore di un pupazzo di neve quando ne aveva avuta l’opportunità.
 
Flaky. Quel bastardo aveva formato una sorta di alleanza con Draco.
 
Indovinate qual era la parola d’ordine del Dormitorio Serpeverde?
 
E non poteva neanche dire a Draco quanto era stato idiota a scegliere quella password, perché non era assolutamente in procinto di sciogliere l’incantesimo! Era stato letteralmente lasciato a soffrire in silenzio, mentre malediceva tutti i passanti.
 
Doveva aspettarselo che i Serpeverde non avrebbero sciolto l’incantesimo; pensavano che fosse divertente. Tutti loro. Perfino una ragazzina notevolmente apatica del secondo anno, che era sembrata decisamente meno accondiscendente di loro. Si era offerta di rimuovere l’incantesimo a patto che facesse lo spogliarello per lei; strano a dirsi, ma Harry aveva rifiutato.
 
“Andiamo, Potty, pensavo che l’avresti trovato divertente.”
 
Oh, sì, molto divertente. Un fottutissimo spasso.
 
In un primo momento era sorpreso che tutti avessero iniziato a rivelargli la parola d’ordine volontariamente; ma essere invitato e trattato come se fosse la sua casa era tutta un’altra storia. Harry ignorò il fatto che i Serpeverde non gli avevano chiesto di unirsi alla loro casa; loro si aspettavano, pretendevano e ottenevano tutto quello che volevano. A quanto pareva, quel pomeriggio Draco lo stava davvero distraendo. Idiota.
 
“Di certo, una riunione non sarebbe una cattiva idea; era davvero dispiaciuto l’ultima volta che l’ho sentito.”
 
Harry si voltò verso il biondo con un sopracciglio alzato. Pensava che fosse divertente; stava sorridendo in pubblico, con gli occhi che brillavano. “Furetto.”
 
Se possibile, il sorriso aumentò, estendendosi sul volto. Tuttavia, gli occhi dell’altro assunsero un bagliore predatorio. Era sempre una persona dalle mille reazioni, quel Malfoy. “Sai, se continui a riferirti a me come a un roditore, potrei iniziare a comportarmi come tale.”
 
Harry rimase di sasso, sorpreso per l’ennesima volta. Aveva capito quello che stava dicendo fin dall’inizio, e non aveva fatto niente? Perché non reagiva più agli insulti?”
 
Un’atmosfera di sfida aleggiava nell’aria. E chi era Harry per rifiutare una sfida?
 
“Questo implicherebbe che non sei mai stato un roditore, quando in realtà posso assicurarti che, lo sei stato e come,” ghignò, ignorando il piccolo sorrisetto tronfio che Draco stava cercando di trattenere. “…mio soffice Furetto rimbalzante.”
 
Draco lo afferrò per un braccio, trascinandolo via dal corridoio. Lo spinse poi in un’aula oscura fino a sbatterlo contro una finestra ghiacciata. Harry ricambiò il suo ghigno, desideroso di ascoltare qualsiasi rispostina intelligente avesse in mente. Aveva sempre qualcosa da dire, aveva sempre un’opinione o un’osservazione pungente stipata in quella biblioteca mentale che…
 
Le labbra dell’altro si posarono violentemente sulle sue, con urgenza. Si curvarono in un sorrisetto compiaciuto quando Harry sobbalzò per la sorpresa, ricambiando con esitazione il bacio. La sua mente impiegò solo pochi secondi a interpretare la situazione, a ragionare, e volle disperatamente di più. E Draco lo sapeva.
 
Era passata una settimana o due dall’ultima volta che l’avevano fatto; essere sfiorato sotto banchi e tavoli non gli dava sensazioni fantastiche come quella. C’era una stretta allo stomaco particolare destinata solo a quel tipo di situazioni. Questo… era maledettamente indescrivibile.
 
Delle mani si posarono ai lati del suo volto, come per tenerlo fermo mentre la lingua di Draco esplorava, scivolando con urgenza nella bocca vogliosa di Harry. Non ci sarebbero stati gemiti quella sera, dannazione. Senza contare il fatto che la lingua dell’altro era implacabile; scivolava fra i suoi denti velocemente per poi sfiorare la lingua di Harry, ripetendo il processo con sempre più foga. Stava invitando Harry a partecipare, a lasciarsi andare con lui.
 
A godersi il momento.
 
Le mani di Harry tremarono quando le strinse intorno alle spalle del biondo, attirandolo a sé. I loro corpi aderirono l’uno all’altro, i loro fianchi si toccarono.
 
Oh, dolce Merlino. Harry avrebbe potuto gemere; ogni tocco gli mandava un brivido lungo la schiena e un formicolio sulla pelle. Faceva così caldo, così maledettamente caldo. Perché la scuola non investiva in sistemi di raffreddamento?
 
Draco annaspò quando Harry, con fin troppa fiducia in sé stesso, fece roteare leggermente il bacino, liberandosi finalmente dal controllo che l’altro aveva sulla sua mente e sulla sua capacità di respirare. Un respiro veloce, e si era già fiondato di nuovo su di lui, mentre gli occhi grigi stavano letteralmente brillando.
 
Famelici.
 
Allontanò le labbra da quelle di Harry, baciandogli delicatamente la guancia, la mascella, il retro dell’orecchio… e infine si fermò sul suo collo che morse, leccò, e succhiò.
 
“Dimmelo, se vuoi che mi fermi.” Sussurrò Draco, ghignando contro la gola di Harry. Merlino, faceva l’idiota anche in quella situazione. Ma non…?
 
Draco gli morse violentemente la gola, quasi con ferocia. Harry sussultò nuovamente, deglutendo a vuoto. Quello non avrebbe dovuto mandargli brividi di piacere lungo la schiena, vero? Lo fece di nuovo; Harry era assolutamente grato di essere silenziato. Sarebbe stato piuttosto mortificante se Draco l’avesse sentito fare i versi che stavano sicuramente lasciando la sua gola traditrice.
 
Harry reclinò leggermente la testa all’indietro, permettendo un accesso più facile all’altro per divorare la sua gola. E Draco lo accontentò all’istante; Cristo, non sarebbe durato ancora per molto.
 
Fece roteare di nuovo il bacino, e annaspò quando Draco lo imitò in preda al desiderio. Così tante sensazioni, così tanto calore
 
Le mani dell’altro scivolarono lungo la sua schiena inarcata, e strattonarono la camicia per sfilarla dai pantaloni. Poi fecero il percorso a ritroso, stavolta sfiorando la sua pelle. Harry non riuscì a trattenere un brivido per l’aspettativa, non riuscì a non premersi contro quelle mani. Scivolarono più in basso, e ancora… senza la minima esitazione, arrivarono fino alle gambe e poi più su, stringendo delicatamente.
 
Oh, Merlino.
 
Harry strinse gli occhi quando la mano tornò indietro, e percorse il bordo dei suoi pantaloni, tirandolo leggermente, strattonandolo. Draco smise di mordere le sue clavicole e iniziò a baciargli delicatamente il collo, lasciando dei morsetti veloci e sfiorandolo con la lingua…
 
Le dita esperte sbottonarono i suoi pantaloni, l’altra mano aveva smesso qualunque cosa stesse facendo per accarezzare con il pollice la guancia di Harry; Draco rise dolcemente quando Harry sobbalzò di nuovo, sgranando gli occhi.
 
Gli occhi verdi si incatenarono a quelli grigi; a quel punto, avevano entrambi l’affanno, il petto che si alzava e si abbassava freneticamente, e il cuore che batteva in modo eccessivamente rumoroso. Avrebbero potuto avere un pubblico, e nessuno dei due se ne sarebbe accorto, o importato. Esistevano solo loro due.
 
E quel momento.
 
A Harry mancò il respiro quando la cerniera fu abbassata, e chiuse di nuovo gli occhi. Lo desiderava così tanto da essere imbarazzante; e lo metteva a disagio il fatto che Draco lo osservasse così attentamente.
 
Il pollice gli accarezzò nuovamente la guancia, inducendolo ad aprire gli occhi.
 
“Shh, Harry, devi fare silenzio.” Ansimò, ghignando anche in quella situazione.
 
Draco non distolse lo sguardo da lui mentre le sue mani scivolavano in basso.
 
Sempre più in basso.
 
Le mani calde si introdussero nei suoi slip, sfiorando i peli in quella zona…
 
Mani, pelle, calore, morsi, carezze, baci, gemiti…
 
Finì fin troppo velocemente.
 
.
 
.
 
.
 
Una mano passò fra i suoi capelli, tirandoli delicatamente, con insistenza.
 
Harry cedette e alzò la testa dalla spalla del biondo, allontanandosi lentamente dal confortevole odore di vaniglia.
 
Si aspettava un ghigno. Si aspettava un commento.
 
Ma le labbra dell’altro sfiorarono di nuovo le sue, incredibilmente delicate.
 
Incredibilmente perfette.
 
 
.
 
.
 
.

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Capitolo 28
*** Per favore, non adesso ***


Buona sera a tutti i nostri fantastici lettori, cominciamo col dire che le recensioni dell'ultimo capitolo sono state uno spasso da leggere, strapiene di scleri e fangirleggiamenti meravigliosi *^* grazissime!!!
Il capitolo di questo mese invece è un crescendo di emozioni distruttive! Munitevi una bevanda ghiacciata, fate un bel respiro e...
Buona lettura!!!
ps. siete liberi di sfogarvi nei commenti perché probabilmente ce ne sarà bisogno... ehm...*salgono su un manico di scopa e scappano via*





Capitolo 28 – Per favore, non adesso
 



Harry si risvegliò in Infermeria, i suoi occhi si posarono immediatamente sulla chioma bionda che gli solleticava il naso. Draco aveva un braccio poggiato sul petto di Harry e una mano fra i suoi capelli. Merlino, era la persona più possessiva che Harry avesse mai incontrato; lo stava stringendo a sé durante il sonno.
 
Dopo il loro… oh, Dio.
 
Era successo davvero.
 
Harry poté sentire il suo volto andare a fuoco e il cuore battere più velocemente nel suo petto. Loro due avevano… in una fottutissima aula… dove chiunque avrebbe potuto coglierli di sorpresa…
 
I Serpeverde non erano codardi. No cazzo, erano capaci di dare un nome al coraggio.
 
Harry deglutì a vuoto, ricordandosi di quel bacio possessivo, di come si era sentito al sicuro, del modo in cui gli occhi di Draco brillavano di felicità… strinse più forte il biondo, avvicinandolo a sé. Non voleva lasciare la presa.
 
Il trattamento della scorsa notte era stato… movimentato.
 
Goyle era ancora ricoverato in Infermeria, quindi era a pochi letti di distanza. Stando a quanto diceva Madama Chips non riusciva ancora a camminare, ma i suoi occhi avevano lanciato loro occhiate pronte a spedirli dritti all’inferno. Digrignò i denti appena entrarono, ringhiando furiosamente.
 
Draco aveva ricambiato il suo sguardo, gli alzò il dito medio quando Madama Chips era di spalle e chiuse le tendine attorno al letto in modo che non potesse assistere all’imminente tortura.
 
Non riuscire a parlare era stato un tormento. E una benedizione.
 
Non aveva dovuto tenersi tutto dentro. Poteva lamentarsi e urlare senza fingere di non essere in agonia. L’unico problema era Draco, seduto a pochi centimetri da lui con il volto coperto di nuovo da quell’insopportabile maschera. I suoi occhi rimasero fissi sul volto di Harry per tutto il tempo, e appena l’orribile pozione gli attraversò il petto, sciolse le cinghie, salì sul letto con Harry, e… lo strinse.
 
“Puoi lasciarti andare.” Aveva sussurrato, stringendolo più forte.
 
E Harry lo fece.
 
Urlò con tutta la forza che aveva in corpo. Silenziosamente. Non si ricordava neanche quando si era addormentato. I tubi erano stati rimossi, quindi ipotizzò che era stato Draco a toglierli la scorsa notte.
 

 
Era fortunato ad avere il biondo lì con lui. Era orribile da parte sua farlo restare.
 
Harry affondò il volto fra le ciocche bionde, inalando il profumo di vaniglia di cui era infatuato. Draco non era l’unico Serpeverde possessivo.
 
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Ma dov’era?
 
Harry si abbassò sotto il letto dell’Infermeria, e sferrò un pugno al pavimento quando ad accoglierlo trovò soltanto le mattonelle. Aveva risvoltato la Sala Comune Serpeverde come un calzino, ripercorso le azioni del giorno prima, ricontrollato se tutti quelli che aveva visto stessero trasportando la loro roba in spalla… dove diavolo era la sua borsa?
 
Harry si rimise in piedi con rabbia, affrettandosi ad uscire dalla stanza senza prestare la minima attenzione alle occhiatacce del ragazzo sull’altro letto. In biblioteca. Ce l’aveva quand’era in biblioteca.
 
Maledizione, aveva bisogno della sua borsa! C’erano dentro tutti i suoi compiti, il suo Mantello dell’Invisibilità, la Mappa del Malandrino, la lettera di Dudley… la sua lista. I libri di medicina. E, cosa ancora più umiliante, la lettera del San Mungo. Perché non l’aveva nascosta nel baule appena l’aveva ricevuta? Chiunque avrebbe potuto leggerla, e non ci voleva un cazzo di genio per fare due più due. Oh Merlino, conoscendo la sua fortuna, era finita nelle mani di Hermione. Grandioso. I Grifondoro sarebbero venuti a saperlo nel giro di un giorno. La scuola nel giro di due. Il Profeta il terzo giorno.
 
Affrettò il passo verso la biblioteca.
 
Doveva essere lì.
 
Una sbirciata sotto i tavoli e una domanda scarabocchiata velocemente e data a Madama Prince gli fecero cambiare idea.
 
Merda.
 
Harry non era del migliore degli umori quando fece la sua entrata nell’aula di Pozioni con almeno dieci minuti di ritardo e uno sguardo furioso che se la batteva alla pari con qualunque Serpeverde. Si lasciò cadere sulla sedia accanto a Draco, strappò la piuma dalle sue mani e scarabocchiò un messaggio sui suoi compiti già finiti.
 
-Ho bisogno di una penna e di una pergamena-
 
Draco spalancò la bocca appena Harry si sedette accanto a lui, le sue labbra si incurvarono. Quella mattina Harry aveva lasciato l’Infermeria prima che il biondo si svegliasse, quindi probabilmente l’altro era seccato. In ogni caso, Harry non era dell’umore adatto. Alzò le sopracciglia, sottolineando la breve e irritata frase che aveva appena scritto. Non stava usando il braille.
 
Il ghigno si stava di nuovo facendo strada sulle labbra di Draco. Scrollò le spalle quando Harry sottolineò la frase per la seconda volta, e tirò fuori il necessario dalla borsa. Harry gli rivolse un breve sguardo, voltandosi per scrivere le indicazioni scritte alla lavagna. Non sapeva cosa divertisse tanto il biondo, ma quel che era certo è che non divertiva lui.
 
“…Potty, penso che…” Draco si interruppe quando Harry lo folgorò con lo sguardo, e alzò le mani in segno di resa. Si accomodò sullo schienale, con quel ghigno compiaciuto stampato sulle labbra.
 

 
Aveva un bagliore predatorio negli occhi.
 
Perché?
 
Harry si guardò intorno, e deglutì quando si accorse che la maggior parte della classe lo stava fissando con un misto di shock e divertimento. I Grifondoro gli lanciavano occhiate scandalizzate quando pensavano che non stesse guardando, e alzavano le sopracciglia mentre bisbigliavano fra loro. L’unico a non essere coinvolto in quella situazione era Neville, che guardava con cipiglio il suo banco. Non aveva ancora aperto il libro. Harry si ritrovò per un istante a fissare il Grifondoro prima di ricordarsi che avrebbe dovuto mantenersi distaccato. Perfino Ron sembrava impacciato, e si muoveva a disagio sulla sedia. Ma che diavolo?
 
Harry si voltò dall’altra parte della stanza, e trasalì per le troppe attenzioni. Parkinson lo stava fissando a bocca aperta, con gli occhi sgranati. Ma che diavolo?
 
Harry si controllò, accigliandosi. Non aveva nulla di strano; non si era presentato lì in pigiama, e non si era rovesciato niente addosso.
 
Si guardò intorno; prese nota degli sguardi, delle risatine… sentì il suo volto andare a fuoco mentre l’imbarazzo si faceva strada dentro di lui. Era come se sapessero che lui e Draco avevano avuto un… incontro segreto.
 
“Draco…” Harry imprecò fra sé e sé dall’irritazione quando parlò e non emise alcun suono. Merlino, non avrebbe voluto nient’altro che parlare. Mancavano solo poche ore. Pochissime. Nel frattempo dovette arrangiarsi scribacchiando sul suo foglio di pergamena.
 
-Che succede?-
 
“Oh, adesso vuoi parlare?” Ghignò Draco, lasciandosi affondare di più nello schienale.
 
-Perché mi fissano tutti?- Scrisse Harry sulla pergamena, lanciandola verso la metà del banco di Draco. Tuttavia, il biondo si limitò a ridacchiare, i suoi occhi brillavano di una luce divertita. In pubblico. Che diavolo stava succedendo?
 
“Se tu mi dici perché pochi secondi fa eri isterico come una ragazzina in età prepuberale, io ti dirò perché ti fissano tutti.”
 
Harry lo guardò torvo. Maledetto Serpeverde.
 
Lumacorno non sembrò far caso all’atmosfera irrequieta della classe; stava ancora scrivendo le istruzioni alla lavagna, cercando di spiegare una teoria complicata senza mostrare un minimo di interesse. Non l’aveva nemmeno rimproverato quand’era arrivato tardi a lezione; a quanto pareva, era ancora arrabbiato per l’attentato a Goyle. Stava ignorando la classe nel tentativo di comunicare il suo disgusto; ma la classe scrollò le spalle e ignorò il suo rimprovero. Harry si sentiva quasi dispiaciuto per lui ma, se non altro, era il momento perfetto per parlare senza essere sgridati o osservati.
 
-Ho perso la mia borsa- Scrisse Harry, dopo un intenso dibattito interiore. Solitamente, avrebbe ignorato gli sguardi. Quel giorno, non riusciva a trovare le forze per farlo. Draco alzò soltanto un sopracciglio, incredulo. –Avevo la mia roba lì dentro; il Mantello dell’Invisibilità, la Mappa…- poi esitò, concludendo il messaggio. Non voleva che Draco sapesse delle ricerche che stava facendo; quell’idiota ci avrebbe messo le speranze.
 
“Accio.” Ghignò il biondino idiota, “Lo eseguirò per te a cena.”
 
-Non funzionerà-
 
Draco si limitò a scrollare le spalle, e tornò ai suoi compiti, poi sorrise quando Harry gli diede una gomitata piuttosto violenta nel fianco. “Che c’è?”
 
-Dimmi perché mi fissano tutti!-
 
“Tch, lo farò, appena mi dirai la verità. Al momento, penso che tu mi abbia detto una marea cazzate.” Ebbe la faccia tosta di sembrare divertito. Giocoso. Harry si aspettava davvero qualcosa di diverso?
 
Digrignando i denti, intinse la piuma nell’inchiostro così violentemente che si rovesciò sul banco; non gli importava, e neanche l’alzarsi di quelle sopracciglia bionde gli avrebbe fatto cambiare idea. Non voleva dirlo a quel cretino. Possibile che non potesse tenere nulla per sé?
 
Con la calligrafia più piccola che riuscì ad utilizzare, scrisse piuttosto velocemente sul bordo del foglio, poi, appena gli occhi grigi l’ebbero letto, lo scarabocchiò con violenza. Il divertimento svanì all’istante.
 
-Avevo la lettera del San Mungo lì dentro-
 
E figuriamoci se Lumacorno non avesse scelto proprio quel momento per voltarsi e chiedere alla classe se stesse copiando gli appunti, zittendola con un’occhiataccia… poi lanciò uno sguardo a Harry, e assunse un’espressione scioccata prima di scuotere la testa e fissare il resto degli alunni. Sul serio, che diavolo avevano da guardare?
 
Harry si scambiò uno sguardo con Draco, e ringhiò interiormente quando trovò quegli occhi d’acciaio fissi su di lui. Afferrò la piuma, le sue dita sfiorarono leggermente quelle di Harry prima di iniziare a scrivere. Aveva capito quanto era difficile per Harry ammetterlo visto che aveva deciso di non proseguire il discorso a voce.
 
-Buone o cattive notizie?-
 
Harry scosse la testa; non avrebbe risposto a quella domanda. Non nel bel mezzo della lezione di pozioni, nonostante quanto sembrasse inutile. Draco si limitò ad assottigliare lo sguardo, sottolineando la frase.
 
-Era piena di dettagli- Scrisse Harry, sospirando. Riuscì a sentire il panico invadere di nuovo il suo petto al solo pensiero. –Nomi. La cosa in sé e per sé. Basterebbe anche solo che una persona curiosa ricercasse uno di quei nomi-
 
Ma a Draco non importava. Cerchiò la domanda, i suoi occhi brillarono di una luce pericolosa. “Lo chiederò ad alta voce.” Lo minacciò con un sussurro, malgrado la disapprovazione di Lumacorno.
 
Merlino. I Serpeverde.
 
Con esitazione, Harry afferrò di nuovo la piuma, e deglutì per il panico mentre scriveva. Draco si era infuriato l’ultima volta che Harry gli aveva tenuto nascosto qualcosa. Forse era meglio accennarglielo?
 
-Ho scritto loro una lettera chiedendo informazioni su un caso simile al mio. Hanno declinato la mia richiesta. Cazzate sulla confidenzialità e cose del genere-
 
Deglutendo, Harry continuò a scrivere.
 
-Una Guaritrice ha preso le mie parti. Lei…- Tentennò ancora, ma quegli occhi erano insistenti, esigenti. Scribacchiò il resto della frase, poi spinse via il biglietto, voltandosi a guardare la lavagna. La tacita conversazione giunse al termine. In teoria, non avrebbe dovuto neanche virare su quell’argomento; avrebbe dovuto riguardare la sua borsa rubata! Perché, per qualche assurdo motivo, tutti pensavano che fosse lui l’attrazione più scandalosa?
 
 
La lezione continuò lentamente, Lumacorno aveva continuato a parlare e riparlare di proprietà che non importavano a nessuno. Le persone continuavano a guardarlo, scuotendo le teste o ridendo sotto i baffi. I Serpeverde erano ancora peggio. Parkinson era stata già buttata fuori dalla classe per essere scoppiata a ridere istericamente.
 
Draco non disse più una parola per tutta la durata della lezione.
 
Harry avrebbe potuto esultare per il sollievo quando la lezione giunse al termine. Afferrò poi il foglio su cui avevano conversato, con l’intenzione di ridurlo in cenere…
 
Deglutì a vuoto, voltandosi per incontrare degli ardenti occhi grigi.
 
-Una Guaritrice ha preso le mie parti. Lei… mi ha dato l’indirizzo di sua figlia-
 
E sotto, una promessa.
 
-Verrò con te-
 
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Cinque minuti.
 
“Andiamo, Potter, dettagli!” Sorrise Parkinson, con gli occhi che brillavano per il divertimento. La ragazza posò lo sguardo su suo collo, ridacchiando ancora; dovette mordersi il labbro per trattenersi.
 
Ancora cinque minuti e li avrebbe insultati fino alla morte.
 
“Abbiamo davvero bisogno dei dettagli?” Aggiunse Zabini, anche lui stava sorridendo. Chi l’avrebbe mai detto che i Serpeverde riuscivano a esternare emozioni quando la situazione lo richiedeva? Ma agli occhi di Harry, quella non era una di quelle situazioni. “Voglio dire, la cosa parla da sé, non trovi?”
 
Harry lo folgorò con lo sguardo, tornando a fissare l’orologio. Ancora quattro minuti.
 
“È stato morsicchiato un po’ qui, masticato lì… Salazar, che attacco feroce. Qualche sanguisuga si sarà sicuramente appiccicata alla sua gola. Deve aver danneggiato anche il suo cervello, forse gli ha provocato una commozione quando l’ha sbattuto contro una porta…” Harry riuscì a sentire il suo volto andare in fiamme, ma si rifiutò di cedere alle loro provocazioni. “Dev’essere andata così, visto che il povero idiota si è addirittura presentato a lezione senza farli guarire.”
 
“O applicare del trucco.” Aggiunse Parkinson, con quasi fin troppa gioia. “Avrebbe potuto indossare una sciarpa.”
 
“Lo sappiamo che Potter non si nutre affatto delle attenzioni della gente, deve essere stato un semplice sbaglio.” Rise Zabini.
 
Tre minuti.
 
Harry arrossì per l’imbarazzo; non li aveva neanche considerati, ad essere completamente onesto. Come avrebbe potuto, dato che non sapeva neanche della loro esistenza. Si sentiva un idiota; Draco gli aveva morso il collo, l’aveva succhiato, morsicchiato… era ovvio che sarebbero rimasti i segni! Ma non si aspettava che sarebbero stati… be’ su tutta la sua fottutissima gola! E nessuno gliel’aveva detto; erano rimasti a guardare mentre si rendeva ridicolo per tutta la giornata, per poco non gli era venuta una sincope quando era andato in bagno e si era ritrovato di fronte al suo riflesso.
 
Dannazione, perfino Lumacorno non gli aveva detto niente! Era umiliante!
 
“Ti fanno male, Potter?” Chiese Parkinson con aria quasi innocente, sedendosi accanto a lui. “Posso farti stare meglio, ti piacerebbe?”
 
Harry le lanciò un’occhiata sospettosa, osservandola mentre alzava un sopracciglio. Lei… sembrava che si stesse davvero offrendo di guarirli. Nessun altro l’aveva fatto. Perfino Madama Chips si era rifiutata, dicendo che doveva imparare dai propri errori.
 
Harry annuì piano, e deglutì mentre l’altra si avvicinava a lui. Sfoderò la bacchetta, e con una mano gli reclinò testa all’indietro. Harry colse di sfuggita lo sguardo di Zabini, sorpreso che il ragazzo avesse assottigliato leggermente gli occhi. Stava forse stringendo i denti? Lei stava solamente-
 
Un incantesimo lo colpì, e improvvisamente non riuscì più a muoversi.
 
Il panico lo invase, e subito dopo la rabbia, non appena delle labbra sorridenti si avvicinarono a uno dei suoi succhiotti, coprendolo-
 
“Allontanati da lui, sgualdrina.” La voce di Draco era glaciale, e non lo sorprese che Parkinson balzò via in un istante, sbrigandosi a raggiungere Zabini come se avesse potuto proteggerla da Draco. Che stolta.
 
“Era uno scherzo, solo uno scherzo, era solo una scommessa con Theo…” Si affrettò a dire, “Non gli avrei fatto niente.”
 
Harry rimase pietrificato solo per un altro istante, fino a quando Draco non si rese conto che non si stava muovendo. Saltò giù dalla poltrona con la stessa velocità con cui Parkinson era scappata via, voltandosi per guardare Draco. Si sentiva… non aveva potuto fare niente per impedire quello che era appena successo, ma si sentiva comunque responsabile… si sentiva in colpa.
 
Non riusciva a credere che Parkinson l’aveva quasi baciato, forse stava per lasciargli un altro dannato succhiotto. Quella lì era Serpeverde nell’anima. Avrebbe dovuto immaginare che aveva in mente qualcosa.
 
Ma Draco sembrò semplicemente indifferente. Guardò Parkinson, assottigliando leggermente lo sguardo, poi Harry, e incurvò leggermente le labbra all’insù.
 
“Sei stato in silenzio per ventiquattro ore ormai.” Disse seriosamente, ricambiando il sorriso di Harry. Sì, proprio così. Ed era pronto a riavere indietro la sua voce.
 
Senza ulteriori indugi, Draco agitò di nuovo la bacchetta.
 
Harry parlò immediatamente; gli era mancata la sua voce. C’erano così tante cose che voleva dire, aveva perso così tante occasioni di rispondere.
 
“Che covo di bastardi.” I Serpeverde si limitarono a sbuffare divertiti. “Che razza di ipocrita, subdolo, arrapato,” si rivolse a Draco, “covo di assoluti e completi bastardi. Vi odio tutti.”
 
Gli altri risero.
 
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24. Voto di silenzio per un giorno
 
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Quel giorno, nessuno rideva fissando la sua gola. Grazie a Dio.
 
Parkinson sembrava imbarazzata dal fatto che Draco l’aveva beccata mentre assaliva Harry, dovendogli lanciare addirittura un incantesimo immobilizzante per raggiungere il suo scopo; aveva un senso morale contorto. Non le dispiaceva attaccare Harry mentre era immobile, ma la imbarazzava essere stata scoperta? I Serpeverde.
 
Per porgergli una strana sorta di scuse aveva praticamente trascinato Harry nel bagno delle ragazze, attaccando nuovamente la sua gola, stavolta con il trucco. Lei, come tutti gli altri, si era rifiutata di guarire i succhiotti. Sostenevano che fosse il suo marchio, o chi sa quale altra assurdità. Harry aveva già il marchio di Draco su di lui, proprio sull’avambraccio. Un paio di effimeri succhiotti non avrebbero fatto la differenza.
 
Il trucco gli dava una strana sensazione di pesantezza contro il collo, e Draco aveva alzato le sopracciglia quando l’aveva visto senza i suoi ‘marchi’ quella mattina. Almeno aveva evitato di diventare l’attrazione settimanale di tutto il corpo studentesco.
 
Ad ogni modo, circolavano già dei pettegolezzi, alcuni dei quali incomprensibili agli occhi di Harry.
 
Pensavano che avesse un amante segreto; che si incontrasse di notte con lui/lei (la storia cambiava in base alle preferenze di ogni studente) nel cortile della scuola. Qualcuno l’aveva visto sgattaiolare in Sala Professori, martedì notte. Pensavano davvero che avesse una relazione con un Professore? Per Merlino. Ma che… bleah.
 
I Serpeverde lo trovavano divertente. Tutti loro. Alcuni primini, alcuni fottutissimi primini, gli avevano chiesto se si trattasse la McGranitt! Bleah. Era un’immagine di cui Harry non aveva proprio bisogno!
 
“Be’ questo spiegherebbe i vostri continui litigi.” Zabini rise, e per poco non cadde dalla sedia quando i primini ridacchiarono e se la diedero a gambe. “Parola d’ordine. Potter, tira fuori la bacchetta.”
 
Rise quando a Harry venne un conato di vomito mentre riempiva il suo piatto con del cibo. Aveva dato uno sguardo al porridge, spingendolo via prima ancora di assaggiarlo. Quel giorno non se la sentiva di mangiare. Probabilmente non avrebbe voluto farlo per il resto dell’anno.
 
“C’è qualcosa che devi dirmi?” Chiese Draco, con un luccichio divertito negli occhi. Idiota. Ma in teoria, non avrebbe dovuto proteggere Harry? Difendere il suo onore, e quant’altro? “Non mi piace condividere, Potter. Cose da Malfoy.”
 
“Romperò con lei, lo giuro.” Promise Harry, che ridacchiò quando il biondo gli fece l’occhiolino.
 
“Hey Harry, posso parlarti un momento?”
 
Harry fu sorpreso da quella voce, e cercò di non sbottare. Si era letteralmente appena seduto; non aveva neanche assaggiato la colazione, non che avesse appetito. Ed ecco arrivare già il primo confronto.
 
Quante volte doveva allontanarlo prima che capisse l’antifona? Perché Neville era così maledettamente insistente sulla loro amicizia? Ron era più facile da evitare! Per la barba di Merlino, possibile che trovasse qualche sorta di sadico piacere nella sofferenza? Perché non si rendeva conto che, con il senno di poi, la loro mancanza di comunicazione sarebbe stata una cosa buona?
 
Harry sospirò, scambiandosi uno sguardo con Zabini e Draco. Zabini non sembrava divertito, ma non era niente in confronto a Draco. I suoi occhi erano glaciali, minacciosi. Non aveva ancora aperto bocca, ma Neville preferì comunque indietreggiare nervosamente di un passo.
 
Harry lanciò uno sguardo d’avvertimento a Draco, poi si alzò e seguì Neville fuori dalla Sala.  Sarebbe stato doloroso, proprio come ogni dannato cerotto che Harry si strappava via dalla pelle ogni volta che parlava con il Grifondoro. Un cerotto perennemente dolorante. Gliel’aveva chiesto, supplicato, urlato contro, l’aveva spinto via… doveva forse maledirlo?
 
Che altro avrebbe dovuto fare per allontanarlo?
 
“Neville, questa storia deve finire.” Disse piano Harry appena misero piede fuori dalla Sala, rifiutandosi di guardare il suo silenzioso amico. “Cos’altro devo fare per far sì che tu mi lasci in pace? Per favore, sono tutt’orecchi; perché sono stanco di tutto questo. Stanco morto, Nev. È troppo chiedere un po’ di solitudine-?”
 
Oh Dio.
 
Harry rimase di sasso; deglutì a vuoto quando vide la sua borsa ciondolare nella mano tesa di Neville. Neville aveva trovato la sua borsa. Con la lista. I libri. La lettera del San Mungo.
 
Oh merda, Neville aveva trovato la sua borsa.
 
Harry pensava che si sarebbe sentito umiliato, ma invece si sentiva… piuttosto vuoto. La rabbia, la paura… erano scomparse. Se avesse potuto sentirsi così ogni martedì, sarebbe stato grandioso, sul serio. Era come in uno stato di stordimento; un riflessivo, lento stato di stordimento. Harry osservò ancora per un istante la sua borsa prima di alzare lo sguardo su Neville. Occhi spettrali. Mascella contratta.
 
L’aveva scoperto.
 
Harry sospirò interiormente; all’esterno invece, non riusciva a trovare la forza di muoversi. Il suo braccio raggiunse lentamente la borsa, poi la afferrò, facendola cadere al suolo piuttosto che metterla in spalla. Quella fottuta cosa poteva anche andare a fuoco per quello che gli importava.
 
In quel momento, era impegnato a pensare a come reagire.
 
Neville sembrava stordito quasi quanto lui; non reagì al tonfo della borsa. Continuò solamente a fissare Harry, metabolizzando tutto. Il fatto che stava morendo.
 
“Io… io non l’ho letta, Harry.” Non c’era neanche bisogno di chiedere di cosa stava parlando. Lo sapevano. Lo sapevano entrambi. “È solo che era in cima a tutto il resto…” Harry lo osservò in silenzio. Non avrebbe permesso a quel briciolo di speranza di farsi strada fino alla superfice. Si sarebbe consumato in ogni caso. “È… è grave, Harry?”
 
E fu così.
 
Perché stava succedendo adesso? Prima i Serpeverde, poi Neville. Mancava solo che i Grifondoro si unissero alla coda. Avrebbe dovuto mentire, giusto? Negare ogni cosa. Fingere che Dudley fosse stato colpito da una maledizione e che lo stessero aiutando. Che un fan gli avesse chiesto di fargli visita mentre era in ospedale; era successo in passato. Che stessero chiamando un farmaco con il suo nome. Una qualunque di quelle risposte. Una qualunque.
 
Harry annuì lentamente.
 
“È… curabile?”
 
Era sicuro di sembrare un cervo abbagliato dai fari. O per lo meno si sentiva esattamente così. Ma Neville si limitò ad aspettare, pazientemente, con un po’ di tristezza. Così, involontariamente, scosse la testa.
 
Neville spalancò la bocca appena gli sfuggì il sospiro che aveva trattenuto fino a quel momento, la sua voce stava già tremando. Alzò lo sguardo al soffitto come se avesse potesse essere d’aiuto e si coprì le labbra con le mani. “Oh…. okay… O-okay…” Stava già crollando. Per colpa di Harry.
 
Barcollò fino a un gradino e ci si lasciò cadere, tirandosi i capelli. Harry si voltò a guardare le porte; era giusto tornare dentro? Dire una battuta a Zabini, fingere di star bene e mandare giù la colazione? Voleva farlo. Non pensava di desiderare nient’altro nella vita.
 
A parte vivere, ovviamente.
 
Tuttavia, raccolse la borsa e si sedette in silenzio accanto a Neville. Accanto a quel ficcanaso impiccione di Neville.
 
“Perché non hai semplicemente lasciato perdere?” Chiese Harry in un sussurro, fissando le porte. Non riusciva a guardare Nev, non ancora. Avrebbe avuto gli stessi occhi della Guaritrice; carichi di pietà. Draco era l’unico che non lo guardava come se fosse un morto vivente. Neville avrebbe avuto quello sguardo. E Harry non sarebbe riuscito a sopportarlo.
 
“Ho pensato… cose assurde. A cui in fondo non credevo neanche io.” Neville rispose altrettanto piano. “Ho pensato che ti stessero minacciando; quella era la teoria più gettonata.”
 
“L’hai detto a Hermione?”
 
“No.” Un piccolo sollievo. “Mi dici di che si tratta?”
 
“No.”
 
“Harry… i miei genitori hanno passato la loro vita in ospedale. Sono… bravo a-”
 
“A fare cosa, Neville? A non vedermi come un morto?” Il Grifondoro indietreggiò di scatto, sobbalzando come se l’avesse schiaffeggiato. Aveva rovinato un'altra persona. Aveva rovinato Madama Chips, la McGranitt, avrebbe ferito i Serpeverde… Draco. Oh, Dio, Draco sarebbe andato in pezzi. E adesso stava aggiungendo anche Neville alla lista.
 
E improvvisamente Harry si ritrovò a consolarlo. “Stai bene?”
 
Neville sobbalzò, come se fosse stato colto da un misto di incredulità e offesa. “Se io sto bene? Io? A chi diavolo importa di come sto io; di certo non a me! Tu stai bene, Harry? E so che questa è la domanda più stupida che esista, perché nessuno si aspetta che tu stia bene! Non devi stare per forza bene, Harry, non devi!”
 
“Invece sì, all’inizio dell’anno.” Rispose piano Harry, “E non stavo bene. Tuttavia, adesso sì.”
 
“Stronzate.”
 
Harry scrollò le spalle. “È tutto quello che posso dire. Posso stare bene, o posso stare una schifezza. Quale delle due preferisci?”
 
“Può…” Neville si mosse a disagio in quel momento, sembrava piuttosto insicuro. “È qualcosa che i babbani possono guarire? Operare? È quello il termine giusto?”
 
Harry sorrise debolmente in risposta, scuotendo la testa. L’unica operazione che i babbani avrebbero fatto per controllare la sua magia sarebbe stata dissezionarlo per scoprirne la fonte. Di sicuro non era roba per babbani. “Non c’è molto da fare, Nev, a parte monitorarla mentre peggiora e controllare la mia salute.”
 
“…Ma… perché non ce l’hai detto?” Adesso suonava arrabbiato, ferito. Harry si scambiò uno sguardo con il suo amico, sospirando interiormente. Pietà. Era stampata sul suo volto, controllava la sua espressione; preoccupazione, pietà e confusione unite a formare un’unica, deturpante espressione. E anche se Harry sapeva che non lo faceva di proposito, che il suo amico non lo stava ferendo intenzionalmente… non faceva alcuna differenza. Non voleva compassione. La compassione non avrebbe fatto altro che ricordargli che era malato. Era la ragione per cui non l’aveva detto a nessuno. “Avremmo potuto essere lì per te.”
 
“Non voglio che le persone siano lì per me perché sono malato; voglio che lo facciano perché gradiscano la mia fottuta compagnia. Senza che la cosa abbia a che fare con la malattia, ma soltanto per me. E i Grifondoro di sicuro non rientravano nei canoni, non trovi?”
 
“Quindi hai deciso di allontanarci? Harry non devi affrontare la cosa da-”
 
“Non sono da solo.” Ribatté Harry, un sottile frammento di rabbia era riuscito a farsi strada nel suo stato di insensibilità. Aveva già sentito la stessa cosa, e stava diventando un irritante rumore di sottofondo. Le stesse parole, da persone diverse, tutte senza sincerità. “No, smettila finché sei in tempo.” Sovrastò Neville con la voce appena aprì bocca. E comunque Harry sapeva cosa stava per dire. “A chi avrei dovuto dirlo? A Hermione? Non lascerò che passi il resto dell’anno con la testa sui libri di medicina. Non le farò una cosa del genere. A Ron? È già in lutto per Fred. Ai Weasley? Hanno già perso un fratello, un figlio… non farò loro una cosa del genere! Ai Grifondoro? I pettegolezzi volano per il castello più veloci di qualsiasi incantesimo, e entro il pomeriggio, il Profeta avrebbe lanciato un intero giornale, analizzando al microscopio tutta la mia maledettissima esistenza! Non sono affari loro, dannazione!”
 
“… e quindi ti sei fidato di Malfoy.” Non era una domanda, era più un’affermazione incredula.
 
Harry scrollò le spalle, continuando a fissare la porta. Quella sensazione di stordimento stava diventando più pesante, togliendogli il respiro. Ma in teoria il senso di vuoto non avrebbe dovuto calmare tutto, rendendo le cose più chiare? Perché gli stava causando dolore? “Quello stupido idiota. Stavo bene prima che ficcasse il suo naso appuntito nella mia privacy.” Harry tirò un sospiro, chiedendosi brevemente perché fosse così spezzato. Perché le sue mani stavano tremando? “Draco è stato al mio fianco nei momenti peggiori. Non si è mai tirato indietro. Non ha mai desistito.”
 
Dio, quel senso di vuoto stava crescendo nel suo petto, attanagliando il suo cuore, stritolandolo. “Cosa dovrei fare, Neville? Quell’idiota non mi lascerà mai solo.”
 
Perché la sua voce tremava?
 
“Gli ho ripetuto un milione di volte di andarsene al diavolo, ma lui scrolla le spalle, e mi dice ‘Sei il Ragazzo Sopravvissuto,’ con quel tono incredibilmente arrogante, come se fossi io a deciderlo. Quel coglione, stavo benissimo prima che arrivasse lui.”
 
Lacrime?
 
“Che posso fare, Nev? Lo ferirò. Lui resterà ferito, e sarà solo colpa mia.”
 
“Mi dispiace, Harry.” Quando si era avvicinato così tanto da avvolgergli le spalle con un braccio? Come aveva fatto a non accorgersene? “Non mi ero reso conto di quanto tu… Merlino, mi dispiace.”
 
Saltava fuori che non era insensibile.
 
Era distrutto.
 
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.
 
La colazione doveva essere quasi finita ormai. Harry si asciugò di nuovo gli occhi, infuriato con sé stesso. Gesù Cristo, aveva pianto? Ormai avrebbe dovuto essere fuori dalla fase di distruzione; quando cazzo si sarebbe decisa ad arrivare quella dell’accettazione?
 
E adesso Neville sapeva tutto.
 
Il mondo non era imploso, e nessuna Strillettera si era materializzata di fronte a lui. Niente era davvero cambiato.
 
Ad eccezione del fatto che Harry si sentiva malissimo, peggio delle ultime settimane, se non mesi. Trattamento incluso. Inutile. Debole. E per di più, adesso si sentiva malato. Si sentiva come se non fosse un ragazzo normale, un adolescente confuso… al contrario, si sentiva malato. La cosa aveva preso il sopravvento.
 
“…Per favore, Harry, dimmi di che si tratta. Forse posso aiutarti in qualche modo. Sono un cliente fisso del San Mungo, tutti conoscono il mio nome.”
 
Harry sospirò ancora, asciugandosi un’altra lacrima traditrice appena fece capolino. “Pensa alle tre patologie o malattie peggiori che un mago possa contrarre.” Borbottò, evitando risolutamente il suo sguardo. “Ora, posso assicurarti che è una di quelle.”
 
Cazzo…” Sorprendentemente, a Harry scappò una risata; Neville Paciock che imprecava? Che stava succedendo al mondo? “Se hai bisogno di qualcosa…”
 
“Tutto quello che voglio, Nev, amico, è che vi comportiate normalmente. Voglio solo un normale anno a Hogwarts.” Non chiese a Neville di non dirlo a nessuno. Si odiava già abbastanza.
 
“E, come sempre, tutti noi abbiamo superato le tue più rosee aspettative.” Rispose normalmente Neville, fingendo un sorriso incerto. Harry lo ricambiò stancamente.
 
“Quanti paroloni.”
 
“Hai passato troppo tempo con Malfoy.”
 
“Sì…” Non era una brutta cosa. In verità, Harry l’aveva preso come un complimento. Si asciugò di nuovo gli occhi, stringendo i denti per la rabbia. Perché non smettev…?
 
La porta si aprì, arrestando la loro conversazione deprimente. L’intera Sala stava trattenendo il respiro, non c’era neanche l’ombra di un sussurro. Avevano forse parlato troppo forte? Avevano urlato? Harry non riusciva a ricordarselo, il panico iniziò a farsi strada nel suo…
 
Una ragazza Serpeverde barcollò nel corridoio con una mano sullo stomaco e un’espressione nauseata sul volto. Lanciò loro uno sguardo indifferente prima di affrettarsi verso le scale, saltandole due per volta. Un paio di minuti dopo, un altro ragazzo pallido in volto uscì fuori, e seguì l’altra su per le scale.
 
Harry tirò un sospiro di sollievo, e scosse la testa per la sua stupidità. Era diventato un fascio di nervi e il panico aveva preso il controllo della sua mente. Neville lo stava fissando e sembrava indeciso fra ignorare cos’aveva percepito e dire qualcosa per calmare Harry o rassicurarlo che-
 
Due Serpeverde del secondo anno entrarono in corridoio, aggrappandosi l’un l’altro per restare in piedi. Ma che diavolo? Quattro in un solo minuto?
 
Arrivarono a malapena alle scale quando dalla Sala ne uscirono altri, tutti Serpeverde, e ognuno di loro cercava di tenere la maschera ferma in posizione per fingere disinteresse, quando in realtà non volevano nient’altro che correre. Che stava succedendo?
 
Harry si alzò, accigliandosi, ma prima che potesse avanzare di qualche passo, la Sala Grande ruggì.
 
Era come se il vincitore della Coppa delle Case fosse stato già annunciato, oppure come se qualcuno avesse vinto un gigantesco numero di punti. Ma non sembrava realistico, visto il gran numero di Serpeverde che scappavano nei corridoi.
 
Harry si affrettò verso la Sala, spalancando le porte, Neville lo seguì immediatamente. Qualunque cosa stesse succedendo, faceva meglio a non riguardare le fatture e i Serpeverde…
 
I Serpeverde erano in subbuglio. Alcuni erano curvati su loro stessi; altri lasciavano cadere le proprie posate, spingendo via il cibo. Erano tutti pallidi, avevano le espressioni contratte e le mani sullo stomaco o sulla bocca.
 
Un ragazzo del terzo anno non riuscì più a trattenersi e vomitò sul tavolo, cercando invano di correre via dalla stanza. Un altro boato riecheggiò nella stanza, carico di entusiasmo.
 
I Serpeverde correvano via dalla stanza più veloce che potevano, mettendo la dignità da parte nel tentativo di uscire di lì. Harry scorse Zabini, aveva una cera orribile e sembrava sul punto di rimettere, ma continuava imperterrito a trascinarsi dietro Parkinson, che aveva il suo stesso aspetto nauseato.
 
Draco sembrava pronto ad uccidere; una smorfia di rabbia copriva il suo volto, le sue nocche erano sbiancate da quanto stringeva i pugni. Contrariamente agli altri, tuttavia, teneva la testa alta, lanciando sguardi assassini a tutta la Sala. Le sue mani tremavano per la rabbia o per tenere a bada lo stomaco.
 
Avevano messo qualcosa nel loro cibo.
 
Quei bastardi.
 
Un altro ragazzino non riuscì a trattenere il suo stomaco, vomitò violentemente e cadde sulle ginocchia, esausto. Era paonazzo, l’umiliazione si stava facendo strada dentro di lui. Il coglione francese che aveva attaccato Harry in pubblico aveva le guance rigate dalle lacrime, del vomito sull’uniforme e lo sguardo fisso sul pavimento.
 
Li avevano voluti umiliare. Era disgustoso.
 
Un altro boato riecheggiò nella Sala.
 
Esultavano. Cazzo, stavano esultando?
 
Harry si voltò, furibondo. Con un’espressione traboccante di rabbia, si guardò intorno cercando di trovare il figlio di puttana che si era abbassato a tanto… metà di loro sembrava divertita, l’altra disgustata… nessuno si alzava per aiutarli.
 
I suoi occhi si posarono su Dean. Dean, che stava dando il cinque a un ragazzo del settimo anno con un’aria compiaciuta e che esultava con gli altri. Dean, che non era abbastanza astuto da congegnare una cosa del genere ma, di recente, abbastanza crudele.
 
Dean si girò verso il resto del tavolo con un sorriso tronfio sulle labbra e gli fece cenno di dargli il cinque. Ron era uno dei pochi a non sorridere, ma dopo un po’ di persuasioni, anche se con riluttanza, alzò la mano.
 
Harry non ci vide più.
 
“Tarantallegra! Furunculus!” Urlò, attirando immediatamente l’attenzione della Sala. Era dall’altra parte della stanza, ma i suoi incantesimi arrivarono immediatamente a destinazione. LEVICORPUS! “MAGIA QUELLE CAZZO DI LUMACHE!
 
Come osavano?!
 
Harry corse dall’altra parte della Sala, improvvisamente piombata nel silenzio, e osservò in preda alla furia la persona che una volta considerava suo amico, dondolare a testa in giù a mezz’aria, con le gambe che facevano movimenti convulsi, delle bolle sul volto e le lumache che fuoriuscivano dalla sua bocca per poi cadere sul tavolo terrorizzato.
 
“PERCHÈ NON POTETE LASCIARLI IN PACE?!”
 
“Harry Potter!” L’urlo della McGranitt fu un sussurro paragonato a quello di Harry.
 
“E tu!” Si voltò verso di lei. “Fai il tuo cazzo di lavoro e controlla la tua cazzo di scuola! I Serpeverde sono stati tormentati senza sosta dall’inizio dell’anno! Proteggi! I tuoi! Studenti!”
 
“Vai in infermeria! Urlò, con un tono pericoloso. “Vai!”
 
Harry ringhiò ancora, voltandosi di nuovo per lanciare un'altra occhiata ai Grifondoro. Si ritirarono sulle panche, con gli occhi sgranati e le bocche spalancate. Ron sembrava sentirsi terribilmente in colpa, era pallido e a bocca aperta.
 
“Codardi, tutti voi!” Ringhiò Harry, poi si voltò e si affrettò ad uscire dalla Sala. Calciò la porta, ignorando il fatto che questa sbatté contro il muro e rimbalzò indietro con un grosso tonfo. Quel bullismo doveva finire.
 
Fu una piccola consolazione il fatto che ancora nessuno aveva aiutato Dean.
 
Harry si ricordava a mala pena che pochi minuti prima era in lacrime.
 
La Sala era piena di pozze a causa degli studenti che non erano riusciti a controllare il proprio stomaco. Harry non aveva mai compatito i Serpeverde, sapeva che avrebbero detestato la compassione quanto lui, ma nella sua mente non riusciva ad evitarlo. Era stato brutale; era fin troppo per essere uno scherzo. Era pura crudeltà. Qualcosa che ci si poteva aspettare da Goyle, non da un Grifondoro. Non da un Corvonero. E decisamente non da un Tassorosso.
 
Ma nessuno studente si era alzato per aiutarli.
 
Codardi.
 
Harry proseguì verso l’infermeria, cercando di calmarsi. Era inutile, ma tentare non costava nulla. Madama Chips lo odiava già abbastanza senza che la trattasse male. La cosa non avrebbe per niente migliorato la loro già splendida relazione.
 
Un singhiozzo colse la sua attenzione, a malapena udibile.
 
Il cuore gli salì in gola, si voltò e vide Mirtilla che fluttuava nel corridoio. Erano settimane che non la vedeva; ed era stato un periodo meraviglioso.
 
Lei lo fissò con ansia e si morse il labbro prima di racimolare anche il più piccolo briciolo di coraggio che riusciva a trovare. La sua voce fu un singhiozzo, un sussurro. “Lui… lui non se ne va, Harry. È il bagno delle ragazze, ma… sta male, Harry. Non si muove…”
 
Harry annuì lentamente, deglutendo il groppo in gola mentre si avvicinava a lei. Sapeva che si stava comportando in modo ridicolo. Era un fantasma; in realtà non poteva fargli niente. In ogni caso, non staccò gli occhi da lei mentre la seguiva nel bagno.
 
C’era un ragazzino in uno dei cubicoli, ed era abbracciato al water. Era minuscolo, e tremava mentre si aggrappava alla tazza. Era del primo anno… Harry l’aveva visto un bel po’di volte. Era il ragazzino che aveva preso le sue parti con Lumacorno, che aveva garantito per lui.
 
“Stai bene, ragazzo?” Era ovvio che non stava bene, quindi non era stata una delle uscite migliori di Harry. Aveva un sottile velo di sudore sulla fronte, il suo volto era pallido e umidiccio… aveva bisogno di Madama Chips. Mirtilla era in silenzio, e fluttuava al di sopra della sua spalla. Non aveva bisogno di guardarla per sapere che teneva lo sguardo fisso su di lui. I brividi che gli correvano lungo la schiena erano un indizio già abbastanza evidente.
 
Harry si affrettò verso di lui, e si inginocchiò per tirarlo su; era evidente che non era in procinto di alzarsi. Tuttavia, appena lo toccò, il ragazzino emise un lamento, stringendosi più forte alla tazza.
 
“Hey, va tutto bene; ti porterò semplicemente in Infermeria. Ti sentirai meglio in un istante, te lo prometto.” Il ragazzino si costrinse ad aprire gli occhi, osservando dubbiosamente Harry. Che occhi Serpeverde. Alla fine, con riluttanza lasciò la presa, posizionò una mano sul suo stomaco e una sulla camicia di Harry.
 
Harry lo prese lentamente fra le braccia, con una mano gli supportava la schiena e con un’altra le ginocchia. Non riusciva a credere a quanto fosse leggero quel ragazzino. Ma tutti i primini erano così piccoli?
 
“…Io sono… Braxton…” Disse con un filo di voce il ragazzino mentre fissava testardamente la camicia di Harry, poi sussultò quando Harry aumentò il passo. Era un primino. Un cazzo di primino. Merlino, Harry avrebbe dovuto lanciare alcune Fatture Pungenti per rafforzare la sua tesi. Era semplicemente sbagliato.
 
“Io sono Harry.”
 
“Lo so… stupido…” Harry rise per quell’insulto, salendo i gradini due per volta. Lo stava trasportando, eppure, aveva ancora la faccia tosta di insultarlo? Decisamente un Serpeverde.
 
Harry non sarebbe riuscito ad arrivare più velocemente in Infermeria neanche volando; però, una volta giunto a destinazione, non poté evitare di gelarsi. Era piena. Straripante.
 
I letti erano accalcati in ogni spazio disponibile, c’erano solo dei minuscoli passaggi fra ogni letto. Probabilmente tutta la casa Serpeverde era lì dentro, ed erano tutti a letto, con una mano sullo stomaco, svenuti sulle barelle, o con un bicchiere d’acqua da sorseggiare.  In alcuni punti ce n’erano due o tre in un solo letto, ovviamente erano amici e applicavano dei panni bagnati l’uno sulla fronte dell’altro.
 
Solo pochi di loro non avevano ancora il controllo dei propri stomaci, ma erano aggrappati a delle bacinelle, e avevano Madama Chips che correva fra di loro, facendogli ingurgitare varie pozioni.
 
La suddetta Guaritrice si voltò e scorse Harry… e sembrò sul punto di piangere. Appassì praticamente davanti ai suoi occhi, e il suo sguardo smise di saltare da una parte all’altra della stanza.
 
“Non è per me.” Affermò velocemente Harry, fingendo che la cosa non l’avesse ferito. “È per il ragazzino.”
 
Braxton.” Borbottò nuovamente il primino, che si fece sfuggire un lamento a metà parola.
 
“Mettilo nel letto in fondo. Dall’altro lato.” Esclamò, poi si voltò verso una ragazza pallida, controllò velocemente la sua temperatura e le diede una pozione azzurrognola.  Con un quarto della scuola in una sola stanza, Harry non era molto sorpreso dalla sua scarsa considerazione.
 
Si fece strada fra letti e studenti, soffermandosi su Goyle che era ancora pieno di lividi. A quanto pareva era ancora lì, ma anche in quella circostanza continuavano ad ostracizzarlo. Quelli che erano posizionati attorno a lui gli avevano voltato le spalle, letteralmente; nessuno lo degnava di uno sguardo. E anche per questo il ragazzo sembrava furibondo. Oppure era solo perché aveva appena adocchiato Harry, anche quella era un’ipotesi plausibile.
 
Riuscì finalmente a trovare un letto vuoto in fondo alla stanza, proprio accanto all’ufficio di Madama Chips. Le sue braccia erano sempre più stanche, anche se sapeva di non avere il diritto di lamentarsi. Il ragazzino… Braxton… non aveva mollato la presa. Osservò Harry per un istante, poi fece finta che non fosse lì, ignorandolo con la stessa facilità con cui aveva accettato il suo aiuto. Si strinse lo stomaco con entrambe le mani mentre si piegava in due sul letto, aspettando la sua pozione.
 
Un primino, già così esperto nelle tattiche Serpeverde.
 
Harry sospirò e si sedette sul bordo del letto, fingendo di non vedere lo stupore negli occhi dell’altro. Il ragazzino stava soffrendo, era malato… Harry avrebbe preso esempio da Draco e l’avrebbe aiutato. Niente era meglio che essere distratti.
 
“Madama Chips arriverà qui fra un attimo; sta curando tutti lungo la strada.” Il primino lo guardò freddamente, e chi sa come annuì una sola volta. Come se non avesse le lacrime agli occhi. “Qual è la tua materia preferita?” Chiese improvvisamente Harry, ghignando per la confusione di Braxton.
 
“…uhm… Trasfigurazione…”
 
“Wow. Davvero? Non Pozioni? Io non sono mai stato molto bravo, mi confonde troppo. Malfoy invece è bravo, perché non gli chiedi di farti da tutor? Al secondo anno è riuscito ad evocare un serpente… mi sono sempre chiesto come ci sia riuscito. Giochi a Quidditch?”
 
Ancora una volta, il ragazzino lo guardò confuso, poi annuì. Sembrava esterrefatto. “…un po’… non me la cavo tanto bene…”
 
“In che posizione giochi?”
 
“…in porta.”
 
“Dovresti provare ad entrare nella squadra, sai. Be’, forse non quest’anno, ma l’anno prossimo di sicuro. Se ti alleni, non importa quanti anni hai, se sai giocare. Io ero cercatore al primo anno, tutta fortuna, giuro, e neanche un briciolo di talento.”
 
“Non me la cavo bene… perché ho una scopa di merda.” Sbuffò il primino, un ghigno si stava facendo strada sulle sue labbra. Era strano sentire un ragazzino così giovane imprecare.
 
“Che scopa?”
 
“…una Scopalinda…” Borbottò, le sue guance si colorarono di un rosa pallido. Che carino; era imbarazzato a causa di una scopa. “Nessuno a Serpeverde ha una Scopalinda.”
 
“Sono sicuro che non è così male-”
 
“Una Scopalinda di seconda mano.” Borbottò più forte il primino, ghignando ancora di più. Ouch. I manici di scopa non avrebbero dovuto essere riutilizzati; un po’ come le bacchette. Imparavano le abitudini del primo proprietario, al secondo… be’, tendevano a essere un po’ disobbedienti.
 
“Ah… be’, perché non provi con gli scacchi?” Harry si sentì stranamente contento quando il ragazzino ridacchiò, scuotendo la testa come se fosse annoiato. Il ghigno diceva altrimenti.
 
“Non ho una scacchiera; è troppo costosa…” Il primino arrossì leggermente, alzando gli occhi al cielo. “Non ho molto denaro. Avanti, ridi; in teoria i Serpeverde dovrebbero essere ricchi…”
 
“…non tutti.” Harry si guardò intorno in cerca di ispirazione, ma non gli veniva in mente il nome di nessun Serpeverde. Mmh. Be’, la maggior parte di loro… lo erano. Ad eccezione di Voldy, e non poteva certo menzionarlo in quella situazione, vero? “Neanche io avevo tanti soldi quando ero piccolo, sai. Non ho mai ricevuto neanche un singolo regalo di compleanno. Un anno mi diedero un paio di calzini ammuffiti.” Il ragazzino rise ancora. “I soldi non comprano la felicità, non trovi?”
 
“…Invece sì, ti aiutano.” E lo disse anche con un’espressione seria.
 
A quel punto Madama Chips arrivò, riempiendo il primino di pozioni. Restò a malapena due secondi prima di borbottare qualcosa sotto voce e affrettarsi verso lo studente successivo.
 
Il ragazzino si addormentò in pochi minuti.
 
Harry sospirò, passandosi una mano fra i capelli. Distrarre una persona malata si era rivelato più complicato di quanto pensava; era difficile trovare argomenti per continuare la conversazione. Era estenuante. Anche tirare su di morale lui era così estenuante?
 
Harry si guardò intorno e i suoi occhi furono immediatamente catturati da un paio di iridi grigie.
 
Si affrettò nella loro direzione, come se l’avessero chiamato.
 
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Neville diede un’occhiata alla Sala, prendendo nota delle espressioni scontente di tutti. Erano arrabbiati per essere stati rimproverati per quello scherzo; era stato crudele. Non c’era proprio niente di divertente. I Grifondoro che si comportavano in maniera accanitamente crudele. Non avrebbe mai immaginato di vivere così a lungo da vedere l’alba di quel giorno.
 
E neanche Harry.
 
Harry era malato. Nel senso che era malato. Stava morendo. Incurabile, aveva detto. Non c’era nient’altro da fare che sedersi e aspettare che… no. Lui era Harry Potter; si meritava di più. Molto più di tutto questo.
 
E come l’avevano trattato i Grifondoro?
 
Si erano dimenticati di riservagli un posto a lezione, l’avevano affatturato per i corridoi a causa del suo atteggiamento recluso, l’avevano deriso quando aveva litigato con Malfoy… Merlino. Harry doveva essersi sentito malissimo in quel periodo.
 
L’avevano cacciato fuori dalla Torre Grifondoro. La sua casa.
 
Neville si passò una mano fra i capelli, ignorando le occhiate confuse che stava ricevendo dagli altri studenti. Harry era sempre stato così forte, così determinato, così pieno di speranza… aveva pianto. Era distrutto. E a nessuno importava. Dio, a nessuno importava! Non li aveva mica salvati tutti lo scorso anno, giusto?!
 
Aveva a malapena reagito mentre parlava di sé stesso e della sua malattia. Ma appena la conversazione era virata su Malfoy, le sue emozioni erano ritornate. I suoi occhi avevano assunto un bagliore pericoloso mentre difendeva il biondo… e poi era crollato. Sembrava che non gli importasse un cazzo che stava morendo, ma andava nel panico al pensiero di ferire Malfoy. Merlino, lo amava. Era l’unica risposta plausibile.
 
Harry amava il freddo, brutale, spesso crudele, bullo senza cuore di un Serpeverde. Malfoy. Merlino, proprio lui.
 
Neville si lasciò cadere su una poltrona davanti al camino, dove di solito sedeva Ron, e iniziò a fissare le fiamme. Doveva fare qualcosa, ma cosa? Non voleva nessun aiuto. Voleva vivere i suoi ultimi mesi da solo, cercando ancora una volta di evitare un dolore a tutti gli altri, quando era piuttosto evidente che era lui quello più bisognoso di conforto. Doveva fare qualcosa.
 
Neville sospirò e si guardò intorno. I suoi occhi si fermarono su Hermione.
 
Era seduta al tavolo, circondata da pile di libri sparse sulla scrivania, c’era a malapena spazio per muoversi senza farne crollare una. Accigliata, sbuffò e mise via un altro libro, afferrandone un altro senza curarsi degli altri tre che caddero a terra.
 
“Artimanzia?” Chiese Neville, consapevole del fatto che era una delle materie più difficili insegnate a Hogwarts. A quanto pareva era impossibile passare con una ‘E’ negli standard dei MAGO, ma Hermione ci stava provando. Era brillante, ma anche pazza.
 
“Mmh? Oh, no, sto solo cercando di analizzare il comportamento di Harry. Forse se riesco a leggere il suo linguaggio corporeo, saprò se si sente in colpa, sotto pressione, o compiaciuto; mi darà una prospettiva migliore di quello che sta succedendo fra lui e i Serpeverde.”
 
Neville rimase di sasso.
 
Perfettamente sensato. Perfettamente ridicolo.
 
-Non lascerò che passi il resto dell’anno con la testa sui libri di medicina. Non le farò una cosa del genere-
 
“Non pensi di stare un po’ esagerando?”
 
“No, no, tutto è logico, quando non si ha nessun’altra teoria…” Si fece spazio e scrisse velocemente un appunto, facendo cadere alti due libri al suolo. Li raccolse rapidamente, e quando si accorse che la stava folgorando con lo sguardo, si voltò verso Neville. Una cosa che aveva imparato da Malfoy.
 
“Non pensi che sia abbastanza? Sono affari di Harry, non nostri. Ron aveva ragione; è ora di smetterla.”
 
“Ma i Serpeverde-”
 
“Sono amici, Hermione, niente di più, niente di meno. Perché è così assurdo che Harry si sia fatto altri amici oltre te?” Neville per poco non trasalì sotto il suo sguardo, consapevole di aver colpito un tasto dolente. “Non riuscirai a trovare una risposta miracolosa, quindi smettila finché sei in tempo.”
 
Hermione, tuttavia, non ribatté. Continuò a fisarlo con il sorriso che si estendeva sulle sue labbra. “Lo sai!” Esclamò, alzandosi dal tavolo per raggiungere speditamente Neville. “Tu sai cosa sta succedendo! Oh, Neville sei geniale!”
 
Deglutì sotto il suo sguardo intenso, speranzoso, pieno di aspettative. “…smettila, Hermione.” Disse infine, con un filo di voce. “Se non vuole che lo sappiamo, non vuole che lo sappiamo. Non abbiamo il diritto di ficcanasare.”
 
“Neville!”
 
Ti ho detto di smetterla!” Neville balzò in piedi quando vide la sua espressione scettica, odiando il fatto che stava assumendo pian piano uno sguardo furioso. Si aspettava che glielo dicesse; lo pretendeva. E che ne era della privacy di Harry? E dell’amico che lei affermava di voler aiutare? Ai suoi occhi, la sua sembrava solo curiosità. Pura e semplice curiosità.
 
“Se Malfoy ti ha detto qualcosa, o ti ha minacciato in qualche modo-”
 
Per l’amor del cielo, Hermione, se pensi che Harry sia ancora tuo amico, sarà meglio che tu ora la smetta. Ci sono alcune cose su cui è meglio non intervenire.” Cercò di calmarsi, cercò di tenere a bada la rabbia. La Sala Comune li stava guardando con interesse ormai; erano tutti curiosi. Ingordi avvoltoi.
 
Hermione rise seccamente, accigliandosi. “Non puoi aspettarti che io-”
 
“TI HO DETTO DI SMETTERLA!”
 
Okay. Forse non era calmo.
 
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.
 
“Domani affatturerò il primo studente che mi capiterà a tiro.” Affermò una ragazzina del secondo anno, lasciandosi cadere teatralmente su una poltrona nella Sala Comune Serpeverde. Tutti erano stati dimessi dall’Infermeria ma, in pieno spirito Serpeverde, nessuno aveva lasciato la stanza finché non erano stati rilasciati tutti. L’ultimo ad essere visitato fu il primino, Braxton, e solo dopo che Madama Chips gli aveva dato l’ok se ne andarono. Insieme.
 
Potter era rimasto a osservarli per tutto il tempo, dapprima confuso, poi esterrefatto. Come se non avesse mai visto una casa essere così unita. Provenendo da Grifondoro, probabilmente era così.
 
La ragazzina fissò ansiosamente Draco, chiedendogli il permesso con lo sguardo. Come se avesse potuto negarglielo.
 
“Fa come credi.” Rispose freddamente, “Abbiamo mantenuto un profilo basso per tutto l’anno,” Ignorò apertamente la risatina divertita di Potter. “A causa del… comportamento che abbiamo assunto l’anno scorso. Ma non permetteremo a degli idioti di sgridarci come bambini sottomessi. Quando è troppo è troppo. Fai come credi.”
 
“Darai inizio alla Terza Guerra Mondiale.” Borbottò Potter, ricambiando freddamente l’occhiata che Draco gli lanciò. “Be’, è vero.”
 
“Stai insinuando che non ci è permesso difenderci?” Avrebbe fatto meglio a non essere così, o Draco si sarebbe assicurato che il culo di Potter facesse la conoscenza del suo piede. Come osava mettere in discussione il metodo con cui gestivano la loro casa? Stavano facendo del male ai loro studenti, ed era proprio ora di reagire. Potter non era stato avvelenato quella mattina. Loro sì.
 
Ma Potter stava già scuotendo velocemente la testa, e si guardava intorno deglutendo sotto gli sguardi delusi che gli stavano improvvisamente rivolgendo. “No, non è questo che intendo. Dico solo che la scuola si trasformerà in un campo di battaglia.”
 
“Se lo meritano.” Intervenne un ragazzo del terzo anno; era arrossito; probabilmente aveva racimolato il coraggio per rivolgere la parola al famigerato Ragazzo Sopravvissuto. Che idiota. “Due Corvonero hanno tentato di rinchiudermi in una stanza con delle Mandragore.”
 
Potter rimase a bocca aperta, era quasi incredulo. Le Mandragore erano mortali, come tutti sapevano. Gli scherzi stavano diventando mortali.
 
“Dobbiamo lanciare incantesimi di protezione; altrimenti ci attaccano quando i professori non guardano.” Aggiunse un ragazzo del quarto anno.
 
“Ormai lanciano Fatture Pungenti come se nulla fosse.” Una ragazza del settimo. “Come se fosse un cazzo di riflesso condizionato.”
 
“E io sono finito in Infermeria all’inizio dell’anno.” Sbadigliò Draco, ma i suoi occhi erano incollati al volto di Potter. “Ricordi?” Era ovvio che il moro se ne ricordava; era ciò che aveva attirato l’attenzione di Draco, che quindi aveva cercato di capire che gli stava succedendo.
 
“Sono già stati richiamati.” Continuò debolmente Potter, consapevole che era una battaglia persa. Draco non riuscì a trattenere un ghigno; Il Ragazzo Sopravvissuto che concordava con i Serpeverde sull’atto di vendicarsi? Chi l’avrebbe mai detto?
 
“E che utilità potrebbe mai avere?” Intervenne Blaise, alzando gli occhi al cielo mentre sedeva su un banco. Non a un banco, sul banco. “Non immaginano che siamo stati noi ad attaccare Goyle, quindi sentono di poterla passare liscia anche con ‘scherzi’ più grandi. Abbiamo già deciso come vendicarci; non ci puoi fermare.”
 
Draco osservò Potter mentre apriva bocca, con una risposta sulla punta della lingua… ma sbatté le palpebre e la richiuse velocemente. No, non poteva fermarli, non senza la magia. e dallo sguardo malinconico che lanciò a Draco, lo sapeva anche lui.
 
“È solo che… non voglio che i miei… non voglio che facciano la fine di-”
 
“Goyle era un caso differente.” Theo lo interruppe, alzando le sopracciglia come se dubitasse che Potter se lo ricordava.
 
“In che modo?”
 
“Lui si è messo contro di te.” Draco lo fissò come se niente fosse quando Potter si voltò a guardarlo, sospettosamente, cautamente… rassicurato solo in parte. Merlino, perché aveva coperto i segni sul collo? Onestamente, Draco preferiva quando erano in bella mostra. Avrebbero completato meravigliosamente l’espressione che aveva in quel momento.
 
“Sei impossibile.”
 
“È per questo che mi ami.” Draco ignorò gli sguardi della Sala; a volte sapevano essere impiccioni proprio come dei Tassorosso. “Tu ci darai una mano.” Avrebbe preferito farlo quando erano da soli; con disinvoltura, metterla intorno al suo adorabile collo mentre erano stesi sul letto. Ma gli studenti più giovani avevano preteso i posti in prima fila.
 
Si guardavano tutti intorno con eccitazione, l’aspettativa era presente su ogni singolo volto. Anche quei pochi che non erano entusiasti di quella decisione erano rimasti nella stanza; curiosi. Se Potter fosse stato un po’ più attento, avrebbe già notato che qualcosa bolliva in pentola; ma ahimè, se ne stava lì, con la solita aria assente. Il che andava bene; non era la sua attenzione ai dettagli che aveva affascinato Draco.
 
“Sappiamo già come vendicarci con il resto della scuola; potremmo anche dire che prenderemo due piccioni con una fava. È qualcosa che farà piacere a tutti noi, te compreso, e farà infuriare loro da morire.” Oh, sì Blaise, sii ancora più sospetto.
 
“Davvero?” Potter sorrise debolmente, iniziando finalmente a rendersi conto degli sguardi che stava ricevendo. “E quali sono esattamente le opzioni?”
 
Draco si spostò per appoggiarsi a una poltrona, assicurandosi di non distogliere neanche per un secondo lo sguardo da Potty. Voleva assistere alla sua reazione, come tutti gli altri. E comunque, la cosa aveva un significato più forte per lui che per Potter.
 
“Il solito; mutilarli, ucciderli, legare loro delle piccole pietre alle caviglie e guardarli affondare nel lago come cibo per il calamaro gigante.”
 
“Castrarli.” Aggiunse Pansy, lanciando un timido sguardo a Draco; ancora non l’aveva perdonata per essersi comportata da sgualdrina e aver cercato di baciare Potter; lui era suo, dannazione. E adesso lei lo sapeva.
 
“Che problemi hai con le castrazioni?” Chiese incredulo Potter, rivolgendosi poi con un’aria sarcasticamente preoccupata a Blaise. “Stai attento, amico.”
 

 
Potter aveva forse notato qualcosa di cui lui non si era accorto? Gli occhi grigi lanciarono un breve sguardo agli altri, prendendo nota delle loro espressioni offese, mortificate… no, quel Potter ignaro di tutto non sarebbe mai riuscito a fare un collegamento del genere. Era al di fuori della sua portata.
 
“…non mi coinvolgerete in nessuna castrazione.” Continuò Potter, guardando Draco per essere sicuro di star rispondendo bene. Ovviamente era ancora sotto lo sguardo attento di tutti. “Per quanto riguarda il calamaro gigante, invece, penso che potrei anche fare un’eccezione.”
 
Passabile.
 
Era difficile trattenere il sorriso; ma non poteva certo sorridere dovunque andasse, no? Avrebbero pensato che si stesse addolcendo. Quindi, al contrario, si tolse la cravatta e la lanciò verso il suo idiota.
 
Potter… Harry la afferrò per riflesso, accigliandosi in preda alla confusione. “Che? Ma io non… Oh.” Alzò velocemente lo sguardo quando realizzò, perforando il cranio di Draco con gli occhi. “È… uno scherzo?”
 
“No.”
 
“Ma… io non ho la stoffa del Serpeverde, dico davvero.”
 
“Harry.”
 
“Vi imbarazzerò e vi deluderò tutti.”
 
“Potter. Metti la cravatta.”
 
Harry deglutì ancora e si guardò intorno, prendendo nota degli sguardi, dei ghigni e delle aspettative. Solo Merlino sapeva cosa gli passava per la testa in quel momento. Probabilmente le vie di fuga dalla stanza.
 
Harry tirò un lungo sospiro, e scosse leggermente la testa mentre si annodava il tessuto verde e argento intorno al collo. Quei dannati smeraldi si rifiutavano di abbandonare i suoi occhi.
 
“Benvenuto a Serpeverde.”
 
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Harry seguì Draco nel dormitorio, dolorosamente consapevole della cravatta verde annodata al suo collo. Merda; i Serpeverde erano pazzi. Quella era l’unica cosa che avrebbe spiegato il suo reclutamento. Ad ogni modo, le altre case avrebbero a malapena notato qualcosa di così minuscolo come una cravatta.
 
Le porte si erano a malapena chiuse quando una mano lo afferrò per la suddetta cravatta, attirandolo a sé per un casto bacio.
 
Sì. Decisamente pazzi.
 
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Draco osservò Harry mentre rideva con gli altri, aveva un sorriso a trentadue denti. Andavano d’accordo più di quanto pensasse; certo, era un po’ circospetto a volte, e Draco riusciva praticamente a capire quando pensava a risposte che non avrebbe mai detto ad alta voce. Ma si limitava ad annuire, a rispondere a bassa voce, e in quel momento stava ridendo così forte che aveva iniziato a tossire.
 
Gli occhi verdi si posarono su di lui, come facevano ogni minuto, e brillavano per il divertimento. Merlino, non avrebbe mai dovuto smettere di ridere, non con un sorriso come quello. Era contagioso.
 
E la cravatta verde gli stava alla perfezione. Certo, non erano così stupidi da credere che una cravatta servisse a cambiare la sua casa, ma era una bella trasformazione. Avrebbe seccato il resto della scuola e avrebbe permesso a Draco di sguazzare nell’autocompiacimento, visto che era la sua cravatta che il Ragazzo Prodigio stava indossando.
 
Qualcosa gli strinse il cuore in maniera quasi dolorosa.
 
Harry rivolse un sorriso incredulo a Draco, ridendo e tossendo per la conversazione ridicola in cui Pansy e Blaise stavano cercando di trascinarli. Tentò di sopprimere la tosse, battendosi con forza il petto.
 
Draco guardò Blaise, e ghignò per via delle stravaganti mosse che stava mimando. Che idiota, se uno qualunque degli studenti più giovani l’avesse visto, la sua reputazione sarebbe svanita in un istante. Chi l’avrebbe mai detto che i Serpeverde sapevano divertirsi?
 
Harry stava ancora tossendo. Si era voltato dall’altra parte, e si era piegato in avanti, poggiando una mano sul ginocchio mentre tossiva. Sapeva che Draco lo stava fissando, infatti alzò lo sguardo e la mano, segnalandogli che stava bene.
 
Ma stava ancora tossendo. Rumorosamente.
 
“Potter-”
 
Harry cadde dal letto, e si curvò sul pavimento appena il suo corpo fu attraversato da un brivido violento. Stava rimettendo un polmone, aveva il volto rosso e i suoi occhi lacrimavano perché non riusciva a prendere fiato.
 
“Salazar, Potty, non era così divertente.” Blaise cercò di sdrammatizzare. Draco stava già raggiungendo l’altro lato della stanza; la preoccupazione si stava espandendo fino stringergli la gola. Merlino, preoccupazione. Era fottuto.
 
“Harry, che-”
 
Quando tossì nuovamente, del sangue schizzò sulle mattonelle in pietra.
 
Draco si fiondò a terra, sostenendo Harry con le mani mentre vomitava sangue sul pavimento. Il suo intero corpo rabbrividì. Aveva piazzato entrambe le mani davanti alla bocca nel tentativo di fermare quell’attacco violento. Il sangue gli gocciolava fra le dita. Venne assorbito dal mantello di Draco, sgradito.
 
Chiamate Madama Chips.” Non sapeva chi fosse corso via dalla stanza, sentì solo il rumore della porta che sbatteva.
 
Un altro brivido scosse il corpo di Harry; se Draco non fosse stato lì a sorreggerlo, sarebbe caduto. Stava ancora tossendo. Annegando nel suo stesso sangue.
 
“Harry…” Come mai la sua voce era così calma? “Devi togliere le mani.” Si avvicinò delicatamente, cercando di rimuovere le dita dalla sua bocca. Ma Harry spostò via la testa, tossendo, cercando di allontanarsi. Draco insistette. “Stai soffocando; toglile. Va tutto bene, sono qui. Non lascerò che ti accada nulla.”
 
Lentamente, tremando, Harry spostò le mani. Perse ancora più sangue; Draco non poteva negarlo; era raccapricciante.
 
Si avvicinò ancora, stringendolo forte a sé.
 
“…Draco… cosa vuoi che facciamo?” La voce di Pansy lo raggiunse, era inorridita proprio come lui.
 
Chiamate Madama Chips.” Ringhiò Draco, stringendo il moro più forte. Non poteva succedere. Non adesso. Per favore, non adesso! “CHIAMATE MADAMA CHIPS!”
 
.
 
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Capitolo 29
*** Espulso ***


Buonasera e scusate per il ritardo, a causa di alcuni contrattempi il capitolo non ha attraversato le consuete fasi di correzione, quindi potreste trovare delle imperfezioni. In ogni caso il capitolo corretto sarà postato entro il 25.
Buona lettura!!



Capitolo 29 - Espulso





“Lo metta a posto!
 
“Lo metta a posto! Lo metta a posto! Non tutto si può mettere a posto, Malfoy!”
 
“FACCIA IL SUO LAVORO E LO METTA A POSTO!”
 
“Giralo! Tienilo fermo!”
 
Blaise osservò a bocca aperta la scena davanti ai suoi occhi, le sue mani tremavano. Il sangue impregnava il mantello di Potter, gocciolava sul suo volto, e formava una pozzanghera sul pavimento intorno a lui. Era una cazzo di scena da incubo. E poi c’era Draco, nel bel mezzo della stanza, che teneva fermo il Ragazzo Prodigio con le mani macchiate di rosso. Stava accarezzando la fronte sudata di Potter, e cercava di calmarlo mentre era in preda alle convulsioni sul pavimento. Erano tornati all’anno precedente. Mancava solo Goyle che sbucava dal nulla con la sua bacchetta, e il quadro sarebbe stato completo.
 
Madama Chips si era quasi materializzata lì quando Blaise l’aveva avvertita. Tutto quello che era riuscito a dire, fra gli affanni, era stato “Potter… sangue-” E lei aveva raccolto quante più pozioni riusciva a trasportare, ne aveva lanciate a Blaise così tante altre che non c’entrava più nulla fra le sue braccia, e lo aveva spinto velocemente nel camino. Tecnicamente, la Metropolvere non avrebbe dovuto essere più in funzione a Hogwarts. Ma non sembrava proprio che a Madama Chips fregasse qualcosa.
 
Tienilo fermo, per Merlino!”
 
“Lo sto facendo, razza di pipistrello rincoglionito!”
 
Blaise rimase inutilmente in disparte, con gli occhi sgranati. Madama Chips agitò la bacchetta quasi con violenza, tagliando direttamente il mantello di Potter; dei lividi gli ricoprivano il petto e lo stomaco, blu e viola. Perché non aveva detto niente? Eppure dovevano avergli fatto molto male.
 
Tastò in punti diversi, aveva il volto pallido come un cencio, e agitava la bacchetta così velocemente che era un miracolo che riuscisse anche solo a vedere i risultati. “Guaritore Interno, adesso!” Gli ci volle un po’ per capire che stava parlando con lui, e anche quando se ne rese conto, non riuscì a muoversi. Theo dovette raggiungerlo e frugare fra le pozioni per trovare quella giusta, poi la passò a Madama Chips. “Stabilizzante Magico!”
 
“È un po’ troppo tardi per quello, non trova?!” Ringhiò Draco, “Perché non l’ha controllato?!”
 
“Ho avuto un’intera casa in Infermeria oggi! E lei pretende che passassi il tempo a seguire questo stupido e sciocco ragazzo?!” Ribatté, agitatissima. Aveva gli occhi colmi di lacrime e le guance rigate. Draco non sembrò curarsene, ringhiò invece.
 
“È COMPITO SUO!”
 
Tuttavia la donna continuò a lavorare, fece svanire il sangue con un tocco di bacchetta, poi un momento dopo la puntò sul petto di Potter, borbottando degli incantesimi sotto voce.
 
Draco sembrava… a pezzi.
 
Stava letteralmente stringendo Potter, gli accarezzava le spalle, scostandogli i capelli dagli occhi. Era… oh, fottutissimo Salazar… Potter era ancora cosciente. Sbatteva pesantemente le palpebre, e i suoi occhi agitati erano puntati sul volto di Draco. Senza lasciarlo un secondo. Merda… Blaise aveva bisogno di uscire. Non riusciva più a sopportare quella situazione. Ma aveva le pozioni fra le braccia. Cazzo. Cazzo.
 
Pansy intercettò il suo sguardo.
 
In un batter d’occhio si apprestò a rimuovere le pozioni ammassate fra le sue braccia, posizionandole sul letto più vicino. Le riordinò velocemente, in ordine alfabetico. Di conseguenza, quando Madama Chips urlò “Il dannatissimo Coagulante!” Pansy la stava già raggiungendo, stappando la pozione per fornirle anche solo un minimo di aiuto.
 
“Controllo Danni.” Esclamò, prendendo le ultime due pozioni. “Fa quello che devi fare.”
 
Maledizione, si sentì debole mentre correva via dalla stanza, le gambe gli cedevano. Potter stava tremando sul pavimento mentre perdeva un’enorme quantità di sangue. Madama Chips sembrava sull’orlo di una crisi isterica; e Draco non era in uno stato migliore. Eppure era lui che aveva dovuto lasciare la stanza. Che razza di Serpeverde stava diventando; non c’era da sorprendersi che non si era mai unito ai Mangiamorte; non l’avrebbero neanche accettato fra loro.
 
Blaise iniziò a contare a mente, cercando di calmare il suo respiro. Molto presto avrebbe avuto bisogno del bagno. Tuttavia, mise la maschera in posizione, e si accigliò mentre si affrettava verso la Sala Comune.
 
Come previsto, era piena di facce curiose. Alcuni ragazzi del terzo anno fingevano di terminare i loro compiti, anche se erano stati esonerati dallo studio per via dell’incidente di poco prima. Altri primini giocavano a scacchi, anche se era ovvio che non avevano mai visto una scacchiera in vita loro. Un ragazzo del settimo anno fingeva di dormire sulla poltrona per origliare qualche informazione importante.
 
Blaise agitò la bacchetta verso l’entrata, sigillandola. “Riunione. Adesso.”
 
Ci fu un forte calpestio quando afferrò una pergamena, i Serpeverde si spinsero fra loro nella stanza. Avevano sentito le urla; sapevano che stava succedendo qualcosa. Perfino in quel momento le urla di Draco riecheggiavano da sopra le scale. “Cazzo, non ti permettere, Harry!”
 
Blaise si guardò intorno silenziosamente, incontrando tutti gli sguardi curiosi. “Giuramento. Adesso.”
 
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.
 
“Draco, hai bisogno di riposo.”
 
Theo sospirò interiormente, scambiandosi uno sguardo con Blaise. Sarebbe stato un disastro. Pansy aveva deciso che fare domande era fuori questione, e proprio a supporto della sua tesi, era stata insistente. Pretendeva risposte. Perché tutti sapevano che i Malfoy adoravano che gli si dicesse cosa fare.
 
Tuttavia, Draco non batté ciglio sentendo le richieste; i suoi occhi non si staccavano dal volto di Potter. Non avrebbe dormito finché Potter non si fosse svegliato, assicurandogli che non sarebbe più annegato a morte nel proprio sangue. Anche un idiota l’avrebbe capito.
 
Si erano sbagliati di grosso; avevano pensato che fossero amici, certo, ma… perché erano costretti. Non che… Theo non si sarebbe mai aspettato di vedere Draco che guardava qualcun altro in quel modo. Sembrava smarrito. Anche quando l’avevano costretto a lavorare per il Signore Oscuro non era sembrato così spaventato come in quel momento, mentre osservava le palpebre chiuse di Potter che tremavano nel sonno.
 
Cazzo, che situazione contorta. Era una merda.
 
Stavano ridendo. Parlando. Si stavano divertendo.
 
Chi diavolo si sarebbe mai aspettato che Potter cercasse di decedere?
 
Il sangue era scomparso, per fortuna. E anche le convulsioni. Potter aveva ripreso a respirare.
 
Draco si rifiutava di parlare. Appena la singhiozzante Madama Chips aveva lasciato il Dormitorio, fu come se un Incantesimo Silenziatore l’avesse colpito. Non era così, ovviamente; avevano controllato. Non c’era modo di convincerlo a parlare; solo il silenzio accoglieva le loro domande.
 
C’era qualcosa sotto; le persone non soffocavano nel proprio sangue.
 
Doveva essere collegato al fatto che Draco aveva la bacchetta di Potter, questo era certo. O alla sua mancanza di magia. Oppure al fatto che in quel momento sembrava che il mondo stesse crollando addosso a Draco.
 
Potter e Draco stavano nascondendo qualcosa.
 
 
“Draco, Potty non andrà da nessuna parte. Puoi dormire.”
 
Oh. Merda.
 
Blaise fece un verso strozzato nel proprio letto, era al sicuro sotto le coperte nel posto più lontano dal biondo furioso. Theo l’avrebbe imitato, se solo non fosse stato così vicino.
 
Che stolta. Che idiota completa. Ormai sapeva di non dover chiamare Potter con quel soprannome. Quando era solo, certo, aveva campo libero. Ma quando Draco era nella stanza? Che stupida.
 
Draco distolse finalmente gli occhi dal ragazzo addormentato, rivolgendo il suo sguardo assassino a Pansy. Lei rimase immobile, con le sopracciglia alzate. Proprio come avrebbe fatto uno stupido Grifondiota. Non avrebbe per niente migliorato la situazione.
 
La voce di Draco fu bassa, pericolosa. “Pansy, se tieni alla tua vita quanto credo, farai meglio ad uscire immediatamente di qui prima che io faccia qualcosa di cui non mi pentirò affatto.”
 
Cristo, Draco, è solo un soprannome!”
 
“È il mio soprannome!”
 
“Be’, adesso ti stai comportando in modo davvero ridicolo.”
 
Va’ fuori.”
 
“Draco-” La bacchetta apparve nella sua mano come se si fosse materializzata, silenziando immediatamente Pansy. Lei distolse lo sguardo, pensando a cosa fare. Avrebbe dovuto guardare Draco; i suoi occhi erano freddi, oscuri.
 
Draco si era addolcito da quando aveva iniziato a frequentare Potter; nessuno poteva negarlo. Tuttavia, in quel momento, era capace di tutto; una volta che si faceva la conoscenza di quel gelido Draco, no, Malfoy, non si potevano avere dubbi sul perché riuscisse a controllare la casa Serpeverde con un solo sguardo. Theo poteva tranquillamente ammettere che era terrorizzato da quel Draco.
 
Era davvero tentato di rannicchiarsi e fingere di essere sordo in quel momento; non lo fece per timore di attirare l’attenzione di Draco. Gli andava perfettamente bene che fosse concentrato su Pansy.
 
Theo tornò con lo sguardo al moro; che c’era in lui che aveva trasformato Draco? Che c’era in lui che aveva suscitato la fiducia dei Serpeverde? Di certo non…
 
Gli occhi verdi lo guardarono.
 
“Draco.” Theo dovette sforzarsi di mantenere un’espressione calma e indifferente quando lo sguardo assassino si posò su di lui. Per quanto tempo il pretendente era stato sveglio? La sua espressione era ancora assente, si guardava intorno con occhi appannati, cercando di capire cosa fosse successo. Il sostituto perfetto per Pansy. “Potter è sveglio.”
 
Quasi si dispiacque per Potter quando Draco si voltò di scatto, con gli occhi ridotti a due fessure. Quasi.
 
Io ti tolgo quella maledetta bacchetta per evitare che ti autodistrugga… e tu invece decidi di fare incantesimi senza usarla, ma che razza di stronzo!”
 
Potter, dal canto suo, si prese un momento per concentrarsi su Draco prima di parlare, e trasalì quando trovò il suo obbiettivo. Deglutì a fatica, sforzandosi di mettersi seduto. “Scus-”
 
“E che Salazar mi fermi, se stai cercando di scusarti, perché ti annienterei.”
 
Potter sbatté ancora le palpebre, accigliandosi per la confusione. Povero Potter; nessuno riusciva a ragionare con Draco quando era in quello stato. Le ipocrisie non venivano considerate, ed era meglio non fargliele notare. Theo guardò di sfuggita Pansy che correva verso il letto di Blaise, cercando rifugio sotto le sue coperte. Be’. Quella era una cosa di cui non si era accorto.
 
“S-stai… bene?” Riuscì a dire Potter con voce rauca, tendendo una mano per invitare Draco a raggiungerlo. Cristo, chi l’avrebbe mai invitato ad avvicinarsi quando era in quello stato? Era come chiedere una maledizione!
 
“Razza di idiota.” Theo guardò esterrefatto Draco che raggiungeva il letto dell’altro, con la voce tremante. Si lasciò affondare sul materasso, chinandosi per appoggiare la testa sulla sua spalla. “Non farlo mai più.”
 

 
Due parole, e la bestia era domata.
 
Dannazione, dovevano amarsi sul serio.
 
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 Harry degnò a malapena di uno sguardo i lividi che gli ricoprivano il petto, e indossò rapidamente la camicia, anche solo per far smettere Pansy di fissarlo a bocca aperta come se fosse l’attrazione di uno show. Madama Chips l’aveva messo apposto, di nuovo, ma non si sentiva ancora bene al cento per cento; il suo respiro non era normale, era come se fosse ostruito, come se non ci fosse abituato. Doveva concentrarsi ad ogni respiro, e cercare di non sussultare per il dolore che si irradiava nel suo petto, attanagliandogli i polmoni. Anche lo stomaco era dolorante, così come la testa, e il cuore. Gli faceva male tutto.
 
Ma era vivo. Doveva pur contare qualcosa, giusto?
 
Harry era rimasto sveglio per un’ora prima di alzarsi; ci era voluto tutto quel tempo per racimolare le energie per alzarsi. Era passato un bel po’ dall’ultima volta che si era sentito così spossato, così esausto. Eppure, si stava comunque preparando per andare a lezione.
 
Non aveva tempo per essere stanco. Per ‘guarire’. Non sarebbe mai guarito completamente, quindi perché perdere tempo? Non poteva comunque farci niente; il suo corpo stava cedendo. Sorpresa.
 
Indossò il suo mantello, raddrizzò il colletto della camicia e alzò le sopracciglia mentre osservava Theo, che si stava vestendo lentamente di fronte a lui. Si comportava come se non fosse successo niente la notte prima, era indifferente. E Harry ci avrebbe creduto se non l’avesse beccato a fissarlo con confusione ogni due secondi.
 
Il silenzio era quasi palpabile; Harry era sicuro che la tensione aveva assunto una forma corporea. Mancava solo che succedesse qualcosa di imbarazzante, per completare il quadro.
 
Tornò a guardare lo specchio, fissando i suoi capelli disordinati. Non aveva senso provare a riordinarli, ma sperava di non sembrare come se… be’ come se avesse appena scopato, come prima cosa. Perché non poteva avere dei normali capelli corti? Sembravano sottili, poco sani. Perché ogni cosa di lui sembrava così malaticcia? Perfino la sua pelle era pallida. Aveva gli occhi scavati, e sotto di loro iniziavano a formarsi dei cerchi viola. Perché non poteva avere un aspetto normale mentre smetteva di esistere?
 
Scorse lo sguardo di Zabini allo specchio, e alzò gli occhi al cielo quando lo distolse velocemente. Grandioso. I Serpeverde lo compativano. O quello, oppure non volevano avere più niente a che fare con lui. In entrambi i casi, il suo petto era attanagliato da un dolore che non aveva niente a che fare con il fatto che la scorsa notte il suo polmone aveva cercato di soffocarlo.
 
Harry sospirò, si passò una mano fra i capelli e si voltò a guardarli, ma trasalì quando, appena incontrarono i suoi occhi, tutti loro distolsero immediatamente lo sguardo. Era esattamente quello che aveva cercato di evitare; l’imbarazzo che aleggiava intorno a qualcuno che non sarebbe sopravvissuto neanche fino al suo prossimo compleanno.
 
“…vi darò un minuto per farmi qualsiasi tipo di domanda.” Harry sospirò, e fu sorpreso di vedere che i loro occhi si posarono immediatamente su di lui. Ron e Hermione avrebbero scrollato le spalle dicendo ‘Non devi dircelo se non te la senti.’, oppure sarebbero stati semplicemente felici della cosa. I Serpeverde si stavano già preparando all’attacco.
 
“Cinque.” Ribatté Theo, e si accigliò quando Potter ridacchiò nervosamente in risposta. Stavano contrattando per sentire le bugie di un morto-vivente? Sul serio?
 
“Uno.” Propose con disinvoltura Harry.
 
“Tre.”
 
“Uno.”
 
Tre.” Quel tono differente gli fece subito venir voglia di cambiare di cambiare idea.
 
“Uno.”
 
“…va bene.” Gli concesse Theo, scrollando le spalle. Harry non ignorò quel gesto; era una minaccia in sé. “Qual è il nome della malattia?”
 
Harry rimase di stucco, era a bocca aperta. Sul serio? Come prima domanda? Non gli aveva chiesto se avesse una malattia, ma il suo nome? Erano proprio dei piccoli bastardelli scaltri, vero? Guardò gli altri, ma lo fissavano entrambi attentamente, perforando il cranio di Harry. Non aveva molta voglia di rispondere; qualunque altra domanda andava bene, riusciva a malapena a dirlo ad altra voce! Come potevano aspettarsi che lo dicesse?
 
“…Succorbentis…” Sussurrò Harry, distogliendo lo sguardo per non vedere le loro reazioni. Wow. L’aveva detto ad altri tre studenti; aveva pronunciato quell’orribile, malvagia parola. Il Profeta l’avrebbe saputo entro il crepuscolo. Harry era grato di non aver visto le loro reazioni, anche solo per non vedere il simbolo dei Galeoni nei loro occhi.
 
“…Da quanto tempo ce l’hai?” Chiese Blaise, facendo il giro del letto per avvicinarsi. Harry gli rivolse lo sguardo, ma quando vide il suo volto indifferente, coperto da una maschera, lo distolse di nuovo.
 
“Da poche settimane dopo la fine della guerra.”
 
“Da quanto lo sa Draco?” Intervenne Pansy, accigliandosi leggermente. Anche Harry fece lo stesso, cercando di ricordarsene.
 
“Uhm… l’ha saputo poche settimane dopo l’inizio della scuola. Quell’idiota mi ha stalkerato.”
 
“Bastardo.” Borbottò Parkinson, mordendosi il pollice. Harry si limitò a guardarla freddamente, voltandosi verso Nott appena gli fece un’altra domanda a bruciapelo. Era senza scrupoli, quel ragazzo.
 
“I Grifondoro non lo sanno, non è così?”
 
Harry strinse i denti, borbottando una risposta. Merlino, si sentiva patetico. “No.”
 
“Quindi perché Draco ha la tua bacchetta?” Stava forse cercando di essere il più brutale possibile? Harry scrollò le spalle quando l’altro gli lanciò un’occhiata, con noncuranza. “Ci hai dato campo libero per un minuto. Rispondi.”
 
Serpeverde.
 
“Me l’ha requisita quando ho avuto una brutta reazione.”
 
“Per aver usato la magia?” Chiese, ma quando Harry annuì continuò ad essere accigliato. Dio, riusciva già a sentire i pensieri che si formavano nelle loro teste ‘Quindi, adesso sei praticamente un magonò, o un babbano, giusto?’ Oppure, ‘Puoi restituirci la cravatta?’ Avrebbero iniziato a compatirlo, se non lo stavano già facendo.  Poi sarebbe arrivato l’allontanamento. Le conversazioni imbarazzanti. La solitudine.
 
“Allora, a che punto sei con Draco?” Harry si voltò di nuovo verso Parkinson, balbettando. No.
 
“Non risponderò a questa domanda.” Sbottò, e quando arrossì alzò gli occhi al cielo. Lei iniziò a ghignare.
 
“Un minuto di campo libero, giusto?” Tubò, sorridendo con malizia. Letteralmente; la malvagità si irradiava dalle sue labbra, infettando la stanza. Ugh, le fangirl. “Avete fatto qualcosa, se ti sei rifiutato così velocemente di rispondere.”
 
“Aspetta, ma se sei a scuola, come fai a curarti?” Aggiunse Blaise, confuso. Accidenti a lui e alla sua intelligenza, ma gli era grato per aver cambiato discorso.
 
“Non mi curo.” Harry scrollò ancora le spalle, interrompendo la domanda successiva prima che gliela ponessero. “Faccio un checkup settimanale, per controllare quanto sta crollando bene il mio fantastico corpo. Madama Chips mi rimette in sesto; io continuo per la mia strada. Senza cure. Non esistono.”
 
“Quindi nessuno sta facendo niente?”
 
“Cosa possono fare?” Sospirò Harry, ignorando il dolore sordo al petto. “Ho la peste.”
 
Il silenziò discese sulla stanza, i Serpeverde Stavano riflettendo. Harry si passò di nuovo una mano fra i capelli, calmandosi. Ecco fatto. Era successo quello che aveva cercato di evitare con tutte le forze.
 
“No. Non capisco.” Zabini fu il primo a parlare, scuotendo la testa con cipiglio. Harry lo guardò, sentendosi insicuro per l’espressione che l’altro aveva assunto.
 
“Che cosa?” Rispose sospettosamente Harry, con una morsa al cuore. Non capiva perché aveva lasciato che facessero amicizia, anche se doveva morire a breve? O perché si era praticamente attaccato a Draco, sapendo che non ci sarebbe stato un lieto fine? Oppure perché non era in ospedale, al sicuro, senza che potesse ferire gli altri studenti?
 
“Con tutto il rispetto, Potter, ma… perché cazzo sei tornato a Hogwarts?”
 
Ecco fatto.
 
Pensavano che avesse la peste. Di sicuro si comportavano come se ce l’avesse.
 
“È tornato a casa per morire.” La voce di Draco li raggiunse, facendoli sobbalzare tutti e quattro. Era nella doccia, e tutti sapevano che restava lì dentro almeno un’ora. Non si aspettavano che tornasse così presto; ma ahimè, eccolo lì, appoggiato allo stipite della porta, la sua abitudine preferita. Harry fu sorpreso di sentire la sua voce, e deglutì a fatica. Sì, era proprio così. “Peccato che io sia un bastardo egoista, e non glielo permetterò mai. È semplice, Il Ragazzo Sopravvissuto, non può morire.” Attraversò con disinvoltura la stanza, come se non fosse successo nulla la scorsa notte. Il suo sguardo si assottigliò quando vide Harry, pronto per andare a lezione. “E non dimenticartelo.”
 
“Certamente, caro.” Sarebbe suonato meglio se la voce di Harry non fosse stata così debole; proprio come i Serpeverde attorno a lui, non riusciva a ricambiare lo sguardo di Draco. Si era comportato da idiota il giorno prima, non aveva riflettuto prima di lanciare gli incantesimi. Se l’era cercata; come avrebbe mai potuto guardare Draco negli occhi, senza sentirsi come se se lo fosse meritato?
 
Una mano gli sollevò il mento, sollevandogli il mento per incontrare il suo sguardo. “Non andrai da nessuna parte mentre sono qui, sono stato chiaro?”
 
“Non penso che la cosa ti consulterà.” Rispose debolmente Harry, fin troppo consapevole degli sguardi puntati su di loro. Sembrava… la cosa più affettuosa che avessero mai fatto davanti agli altri. E Merlino, avevano addirittura limonato sotto i loro nasi! Era arrossito, questo era sicuro.
 
“Sono un Malfoy. Certo che lo farà.” Lo disse come se ci credesse sul serio. “E voi avvoltoi, il minuto è finito. Spero che la vostra morbosa curiosità sia stata appagata.”
 
“È stato lui ad offrirsi.” Nott scrollò le spalle, e si voltò per continuare a prepararsi. Harry lo guardò con un sorriso amaro; non lo sconvolgeva proprio niente, vero?
 
“Perché è un Grifondoro, con quel suo stupido senso di colpa, o di rimorso; qualcosa di cui voi Serpeverde con il vostro spirito di conservazione, non dovreste approfittare.” Ringhiò Draco, ricambiando lo sguardo di Theo finché quest’ultimo non si voltò. Cristo, quanto era protettivo. “E non dovrei essere io a dirti che non sei obbligato a dirgli niente.” Disse a Harry, e incrociò indignatamente le braccia quando Harry rispose.
 
“Hai ragione; non dovresti dirmi cosa posso o non posso fare. Sono capace di capirlo da solo, grazie.”
 
“Non dovevano sapere.”
 
“Invece sì, se il mio corpo continuerà a cercare di farmi a pezzi nei momenti meno opportuni.”
 
Draco assottigliò lo sguardo, ringhiando silenziosamente. “Non lo farebbe se tu non fossi uno stupido Grifondiota che continua ad utilizzare la magia. Dimmi che ha fatto di così grave Thomas per farti rischiare la tua egoistica vita.”
 
Harry sospirò, guardando gli altri senza trovare conforto. Nott era vestito, e stava rapidamente raccogliendo le sue borse; voleva uscire dalla stanza il prima possibile, era evidente. Parkinson sembrava sul punto di star male, era pallida. Grandioso. E Zabini si limitava a ricambiare apertamente il suo sguardo, con gli occhi sgranati, e un leggero solco sulla fronte. “Non lo so.”
 
“Sì che lo sai.” Sbottò Draco, con occhi ardenti. “C’era un’intera Sala piena di studenti, e tu hai riempito di fatture proprio lui. Perché? Cosa può aver mai fatto, per farti pensare che si meritasse la tua vita?”
 
Non ne sarebbe uscito. “…stava dando il cinque agli altri. Mi ha fatto incazzare.”
 
“Thomas non ha il cervello per organizzare un piano del genere. Tu non sei stupido, anche se ti comporti come tale. Sai che non è stato lui, quindi ritenta.”
 
“Ero incazzato, questo è quanto!” Ribatté Harry. “Dobbiamo davvero discuterne?”
 
“Se ti ha fatto incazzare così tanto da tentare il suicid-”
 
-non avevo intenzione di-!
 
“Allora sì, mi permetto di dire che dobbiamo discuterne.”
 
Harry sospirò, guardando quelle dannate iridi argentee che pretendevano delle risposte. La scora notte era stata… traumatica. E Draco non l’aveva lasciato solo neanche un maledettissimo istante. Accidenti a lui. “…è stato lui a scioglierti la faccia.” Disse freddamente Harry, tornando allo specchio per prepararsi. “E stava dando il cinque agli altri a vostre spese. Non c’è davvero niente da discutere; ero incazzato, e lui ti ha sciolto la faccia.”
 
Gli occhi di Harry si posarono sul riflesso di Draco allo specchio quando raccolse qualcosa dal letto e si avvicinò. “Sei un idiota.” Disse seriosamente, anche se non c’era più rabbia nei suoi occhi. “Non pensare assolutamente di andare a lezione oggi.” Affermazione, non domanda.
 
“Ci saranno pettegolezzi se non lo farò.”
 
“Ci sono già.”
 
“Posso stroncarli se vado. Ho il raffreddore. Niente di più.”
 
Draco era proprio dietro di lui; Harry riusciva a sentire il suo caldo respiro sul collo. Gli mandò dei brividi lungo la schiena. “Madama Chips ti tirerà le palle, se ci vai.”
 
“È…” Harry si interruppe subito, deglutendo. Un rischio che avrebbe corso. Non dopo la scorsa notte, aveva quasi perso Draco. Niente più rischi.
 
Draco allungò le mani per annodargli al collo la cravatta Serpeverde.
 
Non gli sembrava affatto diversa da quella rossa.
 
Il suo cuore si strinse dolorosamente.
 
.
 
.
 
.
 
Come previsto, appena Harry mise piede nella Sala, i bisbigli riecheggiarono dappertutto. Di sicuro, la scorsa notte i pettegolezzi erano andati fuori controllo, visti gli sguardi confusi che gli lanciavano parecchi studenti, che poi alzavano gli occhi al cielo e si voltavano verso i loro amici. Harry Potter malato? Bugiardo, è proprio lì in piedi, sano come un pesce!
 
Se solo…
 
Harry si avvicinò al tavolo Serpeverde, osservando il silenzioso Nott. Non stava mangiando, si limitava a fissare il suo piatto vuoto con un solco sulla fronte. Parkinson gli era seduta accanto, e come lui fissava il suo cibo mentre sorseggiava un bicchier d’acqua. Erano al centro dell’attenzione; se avevano un’aria sospetta, i pettegolezzi sarebbero ripartiti.
 
Quindi, anche se era l’ultima cosa che avrebbe voluto fare, Harry si sedette di fronte a loro, riempiendo il suo piatto di cibo. Quel giorno avrebbe optato per quel porridge dall’aspetto grumoso; tanto per cambiare. Draco lo imitò, riempiendo il suo piatto con aria annoiata. Proprio come… Zabini?
 
Il ragazzo abbronzato si allungò per prendere uova e bacon, tornando a sedere velocemente. Come se la notte prima non avesse visto una persona soffocare nel proprio sangue. La cosa sarebbe stata capace di togliere l’appetito a chiunque, sul serio.
 
Il resto della casa non sembrava turbata; mangiavano, chiacchieravano fra loro, lanciavano occhiatacce al resto della scuola e alla… questo era strano. Perché stavano tutti fissando la McGranitt?
 
Neanche la Preside sembrava avere appetito; mordicchiava il suo cibo di tanto in tanto, senza mai posare lo sguardo sul tavolo Serpeverde. che stava succedendo?
 
“Che ha fatto la McGranitt?” Chiese Harry al tavolo, grato che Zabini lo rispose davvero. Si aspettava di essere ostracizzato, dopo che la notizia era stata rivelata. Zabini si comportava come al solito, da persona fantastica quale era.
 
“Nessuno dei ragazzini vuole dirmelo. Mi hanno detto solo che è stata troppo distratta, qualunque cosa voglia dire.” Scrollò le spalle e tornò al suo piatto, esitando prima di prendere un altro boccone. Non riusciva ancora a guardare Harry negli occhi.
 
Harry guardò Nott e Parkinson. Nessuno dei due aveva ancora alzato lo sguardo dalla propria colazione intatta. Spostavano il cibo nel piatto, e sembravano decisamente star male. Non facevano neanche il tentativo di mangiare.
 
Per colpa sua.
 
Harry sospirò, ignorando il groppo in gola. Parlò piano, consapevole che una buona metà del tavolo stava origliando. “Sposterò la mia roba dal Dormitorio, questo fine settimana.” Borbottò, osservando il suo bruttissimo porridge. Dannazione, non gli sarebbe dovuto importare! Dove diavolo era finita la sua insensibili-!
 
“Che diavolo significa?” Sbottò Nott all’istante, rivolgendogli finalmente lo sguardo. Un’occhiataccia. Era la stessa cosa. “Il fatto che tu…” Si interruppe e digrignò con rabbia i denti, ringhiando ai ragazzi del terso anno che osservavano la conversazione con interesse. “Il fatto che sei in quella circostanza, non ti da il diritto di andare a farti fottere!”
 
“Non siamo così superficiali, dico sul serio.” Aggiunse Parkinson, accigliandosi.
 
“Non ho mai detto che lo siete.” Rispose piano Harry, ignorando apertamente lo sguardo fisso del biondo accanto a lui. Non stava parlando, grazie a Merlino, ma la cosa in sé era un motivo per avere paura. “Ma è il vostro dormitorio. Siete a disagio, e-”
 
“Potter, se avessimo voluto che te ne andassi al diavolo, ti avremmo semplicemente detto di andare al diavolo!” Sbottò ancora Nott, tornando al suo piatto integro. Quello sì che lo faceva stare meglio. “Non l’abbiamo fatto, quindi porta le tue stronzate ipocrite da qualche altra parte.”
 
“Ma tu…”
 
“Ma io cosa, Potter?” Ringhiò Nott, con occhi rabbiosi. Si allungò dall’altra parte del tavolo e afferrò la cravatta di Harry. “Pensi forse che questa qui non significhi nulla?”
 
Harry ringhiò fra sé e sé, ignorando gli sguardi sorpresi che gli rivolsero. Si riprese con forza la sua cravatta. “Sto cercando di comportarmi da persona matura, razza di idiota!”
 
“Questa situazione richiede davvero una ‘persona matura’? Non è cambiato niente, Potter, ad eccezione della tua presunzione che ti fa pensare che tutto e tutti ruotino intorno a te.”
 
“Non è cambiato niente?” Harry rise amaramente, alzando le sopracciglia. “Non riuscite neanche a guardarmi negli occhi.”
 
Sul gruppo cadde il silenzio, lo guardarono scioccati quando si accorsero che, sì, nessuno di loro, a parte Draco, incrociava lo sguardo di Harry. Nessuno di loro aveva il fegato di guardare negli occhi qualcuno che non sarebbe più esistito nel giro di pochi mesi. Le conversazioni erano già degenerate, riempiendosi di rabbia.
 
Era questo il motivo per cui nessuno doveva saperlo.
 
Harry era stato ingenuo, e aveva creduto che i Serpeverde si sarebbero comportati diversamente.
 
Aveva fatto un salto nel vuoto, ed era caduto prima di quanto si aspettasse.
 
“Abbiamo solo bisogno di metabolizzare la notizia, Potter.” Disse piano Zabini, quasi come se non volesse attirare l’attenzione su di lui. Guardò Harry negli occhi, come per provare che ci riusciva. “È tanto da digerire.”
 
“No, niente da metabolizzare.” Enfatizzò Harry; odiava quanto fosse debole la sua voce in quel momento. “Niente da digerire. Niente da capire. Niente di cui essere curiosi. È quello che è.”
 
Zabini continuò a guardarlo, i suoi occhi scuri erano stranamente percettivi. A Harry non piacevano quegli occhi. Non lo stavano compatendo, non erano arrabbiati… non riusciva a leggere le sue emozioni, i suoi pensieri. Il che era terrificante. Che diavolo stava per fare il Serpeverde?
 
Restarono seduti in silenzio, giocherellando con il cibo.
 
Harry sospirò e diede un’occhiata alla Sala. C’era molto casino, più del solito. Chiunque avesse origliato la loro conversazione non avrebbe avuto idea di cosa stavano parlando, quindi non potevano essere nati dei pettegolezzi. Eppure, dovunque guardava, studenti furiosi gli lanciavano occhiatacce.
 
I Grifondoro sembravano pronti a uccidere
 
Oh.
 
Sorprendentemente, Harry si lasciò sfuggire una risata, scuotendo la testa. Probabilmente erano mesi che non passava una mattinata così brutta; era da un po’ che non si sentiva così esausto, o giù di morale. Tuttavia, il fatto che tutti avevano realizzato che stava indossando i colori Serpeverde lo divertiva. Maledetti sbalzi emotivi.
 
“I Grifondoro si sentono traditi. L’ironia della sorte.” Harry tentò un sorriso, guardando Draco. Il biondo stranamente taciturno aveva di nuovo la sua maschera di indifferenza, i suoi occhi pendolarono dai suoi amici a Harry, assottigliandosi leggermente. Non sembrava divertito.
 
“Blaise, dammi la lista.” Disse piano, o non aveva notato lo sguardo pieno di panico di Harry, oppure non gli importava. Era la maschera a non permetterglielo, capite? Harry ringhiò a mezza voce, tamburellando le dita. Quella maschera andava distrutta.
 
Zabini lo guardo, accigliandosi. “Non penso che sia il momento giusto per-”
 
“È il momento perfetto. Tutti noi abbiamo passato una nottata orrenda. Avete fatto sì che Potty dubitasse di sé, branco di coglioni irresponsabili, e io non voglio che il primo giorno di Potty a Serpeverde continui ad essere così terribile. Dammi la lista.” Ouch. Tutti intorno trasalirono.
 
Zabini sospirò, raggiunse la sua borsa e iniziò a frugare al suo interno. Harry era curioso, ma aveva anche la sensazione che il suo stomaco stesse per digerirsi da solo. Il primo sentimento prese il sopravvento quando una lista piuttosto lunga fu passata a Draco, che poi la passò a Harry.
 
Harry si accigliò, aprendola per capire cosa fosse.
 
Scuola di… wow.
 
Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts; Regolamento.
 
Aveva fra le mani la lista delle regole scolastiche.
 
Harry avrebbe potuto baciare Draco lì sul posto, senza fregarsene un cazzo di essere sotto gli occhi di tutta la scuola.
 
“Penso che questo potrebbe funzionare.” Disse piano Harry, leggendo le regole. Oh, sì, sarebbe stato fantastico.
 
“Mmh, vediamo.” Draco ignorò il resto del gruppo e i loro sguardi, spostandosi in modo da poter leggere oltre la spalla di Harry. Strano, perché quello poteva essere considerato un comportamento rude per il galateo di un Purosangue. Il biondo ghignò, spostandosi ancora più vicino. Coglione. Il suo corpo era premuto contro quello di Harry; era sicuro di avere già il volto in fiamme. “Eccone una che fa al caso nostro; si deve mantenere un abbigliamento decente durante i pasti. Gli abiti borghesi o la mancanza di una componente fondamentale dell’uniforme sono proibiti. Bene, spogliati, Potty.”
 
“Non mi spoglio.” Disse Harry, mentre si toglieva già il mantello di dosso. Non si sarebbe spogliato; in quel modo avrebbe messo in bella mostra i lividi che ricoprivano il suo petto di fronte a tutta la Sala. E conoscendo la scuola, sarebbe stata solo questione di tempo prima che qualcuno si chiedesse perché aveva quei lividi.
 
Draco schioccò la lingua sul palato. “Che mancanza di entusiasmo.”
 
Harry sobbalzò quando le sue scarpe e i suoi calzini furono fatti evanescere, i suoi piedi nudi si scontrarono con le gelide mattonelle. cretino. Aveva solo un unico paio di scarpe.
 
“Fatto. La prossima, i ritardi non sono consentiti. Si deve arrivare in orario a lezione, ed essere assenti soltanto con una giustificazione. Facile. Ci presenteremo in ritardo per una lezione, e ne salteremo un’altra. La prossima.”
 
Gli altri iniziarono ad osservarli, curiosi.
 
“Gli oggetti pericolosi sono proibiti.” Draco ghignò, voltandosi a guardare il resto del tavolo Serpeverde. “Oggetti Incantabili Proibiti, sia all’esterno che all’interno.” E improvvisamente, ci fu un’ondata di movimento. I ragazzi iniziarono a passarsi Frisbee Zannuti, Yo-Yo Ululanti, Filtri d’Amore, un assortimento di dolciumi della collezione di Merendine Marinare Weasley, un interessante paio di occhiali con la montatura viola… e a nessuno sembrava importare che i professori li stavano fissando mentre tiravano fuori quell’orrore.
 
Harry ridacchiò quando lanciò un Frisbee Zannuto e alcune persone dovettero tuffarsi rapidamente via dal suo raggio d’azione. Non c’era da sorprendersi che era proibito; aveva cercato di azzannagli la mano mentre lo lanciava. Poteva solo immaginare cosa sarebbe successo se avesse colpito qualcuno. Finse di non sentire l’urlo che seguì il suo atterraggio.
 
Harry afferrò lo Yo-Yo Ululante, e lo lasciò scorrere lungo la cordicella, sobbalzando per lo strillo che riecheggiò nella Sala. Lo ripose rapidamente sul tavolo, e fu subito sostituito da quel paio di occhiali.
 
“Indossali.” Ghignò Draco, e ridacchiò quando Harry lo fece, poi sbiancò, lanciandoli via.
 
“Argh! I miei occhi! Perché avete… argh!” Davvero non avrebbe voluto vedere una cosa del genere. Tutti i presenti nella Sala erano diventati nudi… e aveva guardato Lumacorno… e… no. Cancellò quel ricordo.
 
“Stai davvero infrangendo le regole della scuola?” Chiese curiosamente Zabini, che si accigliò quando Harry scrollò le spalle, posizionò cautamente gli occhiali sul tavolo e prese una rivista porno, ghignando.
 
“Be’, sono fatte proprio per questo.” Disse con noncuranza Harry, ridendo mentre sfogliava la rivista. Lo restituì al Serpeverde indifferente che era già in cerca di un’altra regola. Non erano stati ancora richiamati da un professore; finché continuavano, Harry si sarebbe potuto godere la giornata. “I tatuaggi non sono permessi, per nessun motivo.” Si scambiò uno sguardo con Draco, sorridendo. “Fatto.”
 
“Tu hai un tatuaggio?” Chiese Zabini, alzando le sopracciglia con incredulità. “Stronzate.”
 
“Draco, ho un tatuaggio o no?” Chiese Harry, scansionando la pagina per trovare un’altra regola. Non gliel’avrebbe mostrato, Merlino no, ma non avrebbe neanche mentito. Amava il suo drago; sbuffava durante la notte e camminava con fierezza sul suo avambraccio durante il giorno. Gli faceva chiedere se fosse possibile avere un drago domestico. Anche solo per fargli da babysitter per un paio di mesi. Di sicuro Norberto non era così male come aveva pensato la sua mente da undicenne, giusto?
 
“Hai un meraviglioso tatuaggio.” Rispose Draco abbastanza disinvoltamente mentre scansionava la lista, sposandosi sulla panca in modo da essere più vicino ad Harry. Le farfalle reagirono immediatamente quando la sua gamba sfiorò quella di Harry. Non era giusto che l’altro avesse così tanto controllo sul suo corpo. “Che nessuno qui ha il permesso di vedere.”
 
Harry spostò la sua gamba, più vicino, ignorando lo sguardo che gli rivolse il biondo. La scorsa notte, aveva pensato che non si sarebbe più svegliato. Al diavolo l’imbarazzo; se non era coraggioso adesso, probabilmente non ne avrebbe mai più avuto occasione.
 
“Ecco; qualcuna decente. Nuotare nel lago è vietato.” Draco sorrise, alzandosi in piedi. “Vieni o no, Potter?”
 
Harry rise vedendo l’espressione dell’altro, affrettandosi verso l’uscita con Draco, con gli altri alle calcagna. Potevano anche non riuscire a guardarlo negli occhi, ma non si sarebbero mai persi la scena. Un piccolo Serpeverde, tuttavia, saltellò verso di lui con in mano un foglio di pergamena. Era il ragazzino che Harry aveva portato in Infermeria il giorno prima… Braxton, giusto?
 
Non sembrava entusiasta mentre guardava Harry, rivolgendogli quasi un’occhiataccia. Anzi, gli spinse in malo modo il biglietto fra le mani, incrociando le braccia con indignazione. Che diavolo aveva fatto per meritarsi quello sguardo? “La McGranitt vuole vederti dopo la colazione.” Informò Harry, osservandolo mentre leggeva il messaggio che diceva esattamente la stessa cosa.
 
“Bene.” Il ragazzo non si mosse. “…c’è qualcos’altro?”
 
Braxton assottigliò ancora di più lo sguardo, ma non si mosse. Sbuffò, tamburellando con rabbia il piede mentre Harry lo sorpassava. Forse non tutti erano contenti dei nuovi colori di Harry?
 
“Che hai fatto per farlo incazzare?” Chiese Parkinson, accigliandosi. Scrollò le spalle quando Harry le rivolse lo sguardo, imbarazzata. “Di solito è carino.”
 
“Non ho fatto niente.”
 
“Era arrabbiato ieri. Mi ha urlato contro.” Intervenne Zabini, che alzò le spalle quando si voltarono tutti verso di lui. “Ho preteso il giuramento, e proprio quando stavano per farlo, si è alzato e ha iniziato a fare i capricci. Ha anche convinto tutti gli altri a non farlo, piccolo bastardo.”
 
“Braxton, giusto?” Quella di Draco non era una domanda, aveva solo confermato il suo nome. I suoi occhi si rabbuiarono leggermente, furiosi. Harry dovette dargli un colpetto alla mano per attirare la sua attenzione.
 
“Mi piace il ragazzino; niente mutilazioni, per favore.”
 
“E se per colpa sua qualcuno andasse a dirlo al Profeta? Ti piacerebbe ancora?” Aggiunse Zabini, scuotendo la testa con rabbia. Harry non pensava che sarebbe successo; il giorno prima, i Serpeverde avevano mostrato unità quando avevano aspettato che tutti quelli che erano stati avvelenati venissero curati. Non si mettevano contro la loro stessa casa, e quando lo facevano, come nel caso di Goyle, c’era sempre una ragione dietro. La sera prima avevano dato a Harry una cravatta verde. No, i Serpeverde non l’avrebbero fatto, anche se si stavano comportando in modo strano. Si sentiva come se li avesse traditi per aver anche solo dubitato di loro.
 
“E cosa potrebbero dire, che ho vomitato? Oh no, il Ragazzo Prodigio ha l’influenza?” Harry seguì gli altri attraverso il cortile della scuola, affrettandosi verso il lago. Sarebbe stato ghiacciato.
 
“Le reazioni di tutti sono state un po’troppo esagerate per una semplice influenza.”
 
“Be’, ho un sistema immunitario debole. È stato stressante. Cattiva influenza, cattiva.” Harry sorrise quando Draco ridacchiò, grato che i suoi occhi brillassero di nuovo di una luce divertita. Era sembrato così… giù, la scorsa notte. E anche quella mattina. Harry era grato che non fosse troppo arrabbiato. Probabilmente ci sarebbe voluto un po’, ma Draco sarebbe sopravvissuto alla sua dipartita. Questo attenuava il suo senso di colpa.
 
Gli altri erano sorpresi dal suo comportamento disinvolto. Si aspettavano forse di vederlo scalciare, urlare e maledire la vita? No, riservava quelle cose per quando era solo. Lì fuori invece, poteva fingere.
 
“Avanti, tuffati.” Draco gli diede una spintarella verso il lago, osservando la verde acqua torbida con un ghigno. Probabilmente era proibito perché era nocivo per la salute. Be’, allora non c’era niente di cui preoccuparsi.
 
Harry sospirò, fissando l’acqua. “Sembra… pulita.”
 
Si avvicinarono tutti.
 
“Neanche un po’.” Disse Draco con esultanza, spingendolo nuovamente. “Perfetto.”
 
Più vicino. Solo un po’ più vicino.
 
“Probabilmente ci saranno molti gradi sotto zero.” Continuò Draco, ghignando. “Speriamo che il calamaro gigante non sia nelle vicinanze. O che lo sia. Una delle due.” Harry sorrise, tenendo lo sguardo fisso davanti a sé. Un po’ di più. Altri pochi passi. Erano quasi vicino alle sponde adesso. “Sai, ho sentito che le sanguisughe sono attive in questo periodo dell’ann-”
 
Harry allungò la mano, afferrando il braccio di Draco. “Scopriamo se è vero.”
 
Riuscì a fargli fare un paio di passi, prima che il biondo facesse resistenza, con i talloni che scavavano inutilmente nel pietrisco. “Potter, lasciami andare.” Lo minacciò Draco, lanciandogli il suo famigerato sguardo da ‘Io sono un Mangiamorte’. Harry lo ignorò, sforzandosi di trascinare il contrariato biondo più vicino all’acqua. “Oi, non ci pensare nemmeno, Sfregiato!”
 
“Ci ha pensato eccome.” Aggiunse utilmente Blaise, con il sorriso che ritornava a poco a poco sul suo volto. Osservava Harry mentre si sforzava di trascinare il biondo più vicino, scuotendo la testa per quell’orribile tentativo.
 
Harry ringhiò, facendo un altro passo, e per poco non mollò la presa su Draco quando l’acqua gelida avvolse i suoi piedi. Gesù Cristo, era ghiacciata! Urlò, mentre teneva con entrambe le mani quella di Draco, e usava l’intero peso del suo corpo per trascinarlo più avanti. “Andiamo, mio soffice, piccolo furetto,” Rise affannosamente Harry di fronte all’espressione offesa di Draco. “Non vuoi farti una nuotata con il calamaro gigante?”
 
“Neanche una cazzo di persona con metà cervello nuoterebbe con quel mostro, stupido ritardato!” Ringhiò Draco, “Giuro che se fai un altro passo, chiederò il divorz- Per le fottutissime palle di Salazar!” Harry rise appena l’altro imprecò per via dell’acqua che era entrata nelle sue scarpe. Quello era il Draco Malfoy che adorava! “Smettila, razza di scarto Grifondoro che non sei altro!”
 
Harry fece un altro passo, e sussultò quando l’acqua gelida gli raggiunse i polpacci. Si sarebbero ustionati per il freddo. E ne sarebbe totalmente valsa la pena.
 
Draco smise di cercare di liberare la sua mano e di affondare le unghie nelle mani di Harry; al contrario, fece un passo in avanti, cercando di intimidirlo. Harry sorrise, sforzandosi di afferrarlo per il torso.
 
Mettimi giù, maledetto bue!” Riuscì a urlare, prima che Harry inciampasse su un tronco. Ci fu un momento di realizzazione in cui entrambi si scambiarono uno sguardo, un momento in cui Draco irradiò odio profondo e incredulità.
 
Harry finì sott’acqua, Draco cadde su di lui.
 
Non c’era un briciolo di romanticismo in quella situazione.
 
Delle rocce scavarono nella schiena di Harry, e un gomito di Draco gli colpì le costole. Ci fu un attimo di confusione mentre cercavano di coordinare i movimenti e salire in superficie.
 
Harry sputò fuori l’acqua, ridendo. Non si sentiva la maggior parte degli arti. Ma l'espressione di Draco! L'acqua gli arrivava fino al bacino e aveva allargato le braccia per guardare la sua uniforme fradicia. Un pezzo d’alga gli penzolava dalla spalla.

“Cazzo, ti ucciderò, Potty!” Ma stava sorridendo, incredibilmente, le sue labbra si contraevano come se volesse assumere un’espressione arrabbiata, ma era fisicamente impossibile. Si scostò i capelli bagnati dalla fronte, e mentre scuoteva la testa rivolse a Harry un sorriso indisponente. “Vieni qui, tesoro.”
 
Harry sorrise, indietreggiando. L’acqua si stava lentamente alzando; era un paio di centimetri più alta ad ogni passo; il lago diventava profondo molto velocemente. Non si fidava di Draco, finché aveva la possibilità di spingerlo; ed era appurato che non ci sarebbe voluto molto tempo prima che lo facesse.
 
Draco saltellò nell’acqua mentre Harry urlava nel tentativo di scappare. Ci fu un momento in cui entrambi cercarono di spingersi l’un l’altro sott’acqua, senza riuscirci.
 
Harry guardò l’acqua, che adesso era al livello del suo collo. Era un po' troppo alta per i suoi gusti; Merlino, non aveva mai preso lezioni di nuoto nella sua vita. E L’Algabranchia l’aveva fatto nuotare per un istinto naturale. Non che non sapesse nuotare, ma la cosa lo metteva a disagio.
 
Draco l’aveva circondato; letteralmente. Aveva un braccio intorno alla spalla di Harry, e lo stringeva contro il suo corpo. Con l’altro gli teneva bloccata la mano destra sul suo petto. Niente più schizzi, o tentativi di annegarsi a vicenda. Lo stava costringendo a una tregua.
 
Stavano entrambi tremando a quel punto.
 
“Sei un perfetto idiota.” Ridacchiò Draco, piegandosi in avanti per lasciare un delicato bacio sul collo di Harry.
 
Un calore si irradiò dalle sue labbra ghiacciate.
 
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Corsero, ridendo.
 
Nella Foresta Proibita, superarono solo alcuni alberi prima di fare una ritirata strategica.
 
A Hogsmeade, durante un giorno di scuola. Comprarono del Whiskey Incendiario e risero quando un piercing si attaccò all’orecchio di Harry, che si fece sfuggire un urlo.
 
Bevvero alcool nei cortili della scuola, fuggendo alla vista di Gazza. In alcune classi vuote, senza permesso. Gli Elfi Domestici diedero loro il pranzo, sebbene fossero quasi le dieci e non mezzogiorno.
 
Si dimenticarono del loro disagio, e della malattia di Harry.
 
Ringhiarono contro una ragazzina del secondo anno che aveva avuto il fegato di guardarli e alzare gli occhi al cielo. Corsero lungo il corridoio dell’aula di Incantesimi gridando imprecazioni, e quando Vitious si voltò per vedere chi stesse dicendo quelle profanità, iniziò a balbettare senza sosta. Finsero una rissa, ridendo fra i pugni. Si silenziarono per smettere di ridere mentre sgattaiolavano in Sala Professori, sentendoli lamentarsi dei ‘mascalzoni’ che scorrazzavano per la scuola.
 
Si presentarono alla lezione di Erbologia cinque minuti prima della campanella, senza riuscire a sentire i rimproveri per le troppe risate.
 
Blaise iniziò a prendere la lista, decidendo le regola successive.
 
Pansy iniziò a ridere con quella sua risata rumorosa e orrendamente acuta appena ne completavano una.
 
Theo si concesse un piccolo sorriso, correndo al loro fianco.
 
Draco ghignò fra sé e sé quando indicò la regola successiva, e ignorò gli sguardi e i colpetti di tosse imbarazzati degli altri mentre trascinava Harry nell’armadietto più vicino.
 
Avevano infranto tutte le regole.
 
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34. Infrangere tutte le regole della scuola
 
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Harry si sedette di fronte alla scrivania in mogano della McGranitt, tamburellando nervosamente le dita fra loro. Avevano rubato una boccetta di Veritaserum per la partita a Mago o Sanguesporco di quella notte, e stavano scappando dalla fornitura privata di pozioni quando, appena girato l’angolo… per poco non avevano investito la loro Preside.
 
Lei li guardò freddamente, con le sopracciglia alzate; li fissò con l’espressione più delusa che riuscisse a fare. Per un momento, nessuno aveva parlato. Nessuno aveva osato farlo.
 
“Signor Potter, il regolamento vieta i piercing a Hogwarts. Lo rimuova subito.” Disse piano, senza un briciolo di rabbia. E quella in sé e per sé era una ragione per preoccuparsi. Non per i Serpeverde, a quanto pareva.
 
“Non preoccuparti, Harry, almeno il tuo tatuaggio è salvo.” Ma Draco credeva davvero di migliorare la situazione comportandosi in quel modo?
 
I Serpeverde erano stati congedati con un irritato cenno della mano; a Harry era stato detto di seguirla.
 
E di sedersi goffamente nel suo ufficio, mentre lei lo fissava con uno sguardo incomprensibile. Stavano aspettando Madama Chips. Fantastico.
 
“…sono sospeso?” Chiese Harry a bassa voce, e sperò che qualche emozione trasparisse dal suo volto. In quel momento, sembrava pronta ad assistere a un’esecuzione.
 
In ogni caso, lei attese un altro momento e lo guardò freddamente prima di rispondergli. “Non sospeso, no.” Disse altrettanto piano. “Anche se ha infranto una cinquantina di regole scolastiche.”
 
Non dirlo, Harry. Lascia perdere. Gli sbruffoni non piacciono a nessuno.
 
“…tutte quante.” Bocca traditrice.
 
Lei lo fissò, alzando ancor di più le sopracciglia. “Che ha detto?”
 
“…Ho infranto tutte le regole della scuola.”
 
“…e la regola che proibisce i duelli?” Chiese lei, aveva ancora la voce bassa, senza emozioni. Harry avrebbe preferito che fosse furiosa; era un’emozione a cui era abituato, la poteva leggere facilmente. Quella silenziosa inespressività… era terrificante.
 
“Dettagli. La mia mano era sulla bacchetta, ma a lanciare incantesimi era Draco. Vale lo stesso.”
 
La donna tirò un sospiro pesante, ma non rispose. Harry continuò a tamburellare le dita.
 
“Vedo che ha abbandonato il suo solito colore rosso.” Notò, non era davvero una domanda. Discorso piccolo. Qualunque cosa stesse per accadere, sarebbe stata grande.
 
Harry scrollò le spalle, giocando con la punta della sua cravatta. “Li ho fatti felici.”
 
Cadde di nuovo il silenzio, nessuno dei due aveva intenzione di spezzarlo. Se non era nei guai per la marea di, be’, per aver infranto tutte le regole, perché era stato convocato? Era forse per la visita di Dudley? Avevano cambiato idea?
 
Fu quasi un sollievo quando Madama Chips entrò nella stanza, affrettandosi a raggiungere la McGranitt dietro la scrivania.
 
Quasi.
 
Gli occhi di lei erano gonfi, rossi e fissi verso il basso. Le sue labbra erano contratte in una stretta linea, come se non osasse parlare. Non guardava Harry, ma la ciotola di biscotti davanti a lei.
 
Un senso di disagio invase lo stomaco di Harry mentre fissava entrambe le donne; non sembravano turbate. Madama Chips aveva pianto. Non sarebbe stato sospeso. Piccolo discorso. L’unica cosa che le avrebbe fatte… oh. No.
 
“…per favore, no.” Non ebbe bisogno di chiarificare.
 
La McGranitt parlò e aumentò la sua risolutezza, confermando le sue paure. “Signor Potter, negli ultimi mesi ci sono state diverse occasioni in cui si è cacciato in situazioni pericolose. Quindi, credo… entrambe crediamo che, per il bene della sua salute-”
 
“Non lo faccia, per favore.”
 
“E della la sua sicurezza, sarebbe meglio che ritornasse al San Mungo per il resto dei… in modo che possano tenerla d’occhio in maniera adeguata.”
 
“No.” Scosse la testa quasi freneticamente, fingendo che la sua gola non si stesse stringendo. “Non voglio tornare lì. Che… c’è di sbagliato nel restare? È andata bene fino ad ora, giusto? Voglio dire, sono ancora qui.”
 
La McGranitt gli diede uno sguardo, ignorando il verso d’indignazione che Madama Chips si era lasciata sfuggire. “Non è giusto usare la magia, pur essedo consapevoli delle conseguenze, e aspettarsi che Madama Chips aggiusti le cose. È faticoso per lei, Signor Potter. Non è giusto.”
 
“Scusate se ho pensato che fosse abituata a gestire ragazzi malati o infortunati.”
 
“Malati, o infortunati. Non terminali.” Harry serrò la mascella quando sentì la sua risposta, guardandola con stupore. Era stupito che potesse essere così spietata. “Non ragazzini che continuano ripetutamente a mostrare noncuranza per la propria vita. Non ragazzini che si aspettano semplicemente che lei sia lì, senza badare alle conseguenze.”
 
“Lo dice come se lo facessi di proposito!”
 
“Cos’è successo ieri sera?”
 
“La mia magia è più instabile adesso. Non è colpa-”
 
“Cos’è successo ieri sera?” Chiese più forte, con un tono tagliente. Merda, davvero non le importava. Ma non poteva succedere; Harry non l’avrebbe permesso.
 
Smise di discutere, guardandola con disperazione. “…la mia magia ha reagito.” Borbottò debolmente, represse il bruciore agli occhi, e incontrò il suo sguardo impassibile. Non era nemmeno dispiaciuta!
 
“A cosa?”
 
“…io non-”
 
“Alle numerose fatture che ha lanciato contro un suo compagno di casa, senza alcun riguardo per la sua salute.”
 
“Non era la mia salute che aveva bisogno di essere riguardata; era quella dei Serpeverde! Avevano bisogno che qualcuno facesse qualcosa.”
 
“Quindi si è assunto la responsabilità di punirli? Di proposito? Consapevole delle conseguenze?” Lei scosse la testa, accigliandosi. “Ha attaccato il Platano Picchiatore, e ha persuaso un altro studente a fare lo stesso. È stato trovato in un bagno con l’aspetto di chi ha subito un’aggressione; ha perso il controllo degli arti; si è accecato. Non è abbastanza? Francamente, noi ne abbiamo abbastanza, Harry.”
 
“Mi… mi dispiace, va bene? Non succederà più, né intenzionalmente né accidentalmente; lo prometto. Non la userò mai più.” Harry dovette fermarsi quando la sua voce si spezzò, stringendo i denti. Non poteva essere mandato via. Non adesso.
 
“Temo proprio che non cambierò idea.” Rispose tranquillamente, continuando a non mostrare alcuna emozione. Sul serio? “Il San Mungo è più attrezzato a soddisfare sue necessità; si sentirà più al suo agio.”
 
“NON VOGLIO ESSERE AL MIO AGIO!” Harry non riuscì a trovare le forze per curarsi del fatto che la donna avesse finalmente mostrato qualche emozione. Troppo poco, troppo tardi. Fu davvero difficile abbassare la voce. “Voglio restare qui!”
 
“Non è più un’opzione.”
 
“Lei… lei aveva detto che potevo tornare! Che senso ha se mi manda via quando le cose iniziano a farsi troppo difficili? Sapeva cos’ho! Sapeva cosa sarebbe successo!” Perché era così difficile riprendere fiato? Stava affannando, senza saperne il motivo.
 
“Le opinioni sono inclini a cambiare, Signor Potter.” Ribatté la McGranitt, la rabbia trapelava dalla sua voce. “I trattamenti non sono il migliore degli spettacoli a cui si può assistere, e-”
 
“Tanto lei non assiste comunque ai trattamenti!” Replicò Harry, con voce tremante. “Mi lascia da solo in quella maledetta stanza!”
 
“La costringe a dover guardarla mentre si suicida con la sua stessa idiozia!”
 
Madama Chips se ne stava in piedi dietro la sua sedia e osservava malevolmente il contenitore di biscotti, come se non stessero discutendo di lei. Harry dubitava addirittura che stesse ascoltando la loro conversazione; sapeva che era ovvio che non volesse farlo!
 
“Non si ripeterà; e comunque, per la maggior parte erano incidenti. Per favore, starò più attento-”
 
“Harry,” La sua voce era stanca, come se avesse ragione di esserlo. Era stremata. “La mia opinione su questa faccenda non cambierà. Sono costernata.” Ma non lo era. Come avrebbe mai potuto esserlo? Lo stava risbattendo al cazzo di San Mungo; isolato e solo. Senza qualcuno che lo guardasse negli occhi.
 
Non che fosse molto diverso lì, comunque. C’era solo un’irritante differenza; Draco non era al San Mungo.
 
“Per favore, non lo faccia.” Le supplico Harry, chiedendosi per un attimo perché quella lacrima traditrice era riuscita a scappargli. Non gli importava molto in quel momento. “Questa è casa mia. Voglio passare gli ultimi mesi della mia vita a casa. Perché nessuno riesce a comprenderlo?”
 
Madama Chips scoppiò in lacrime, portandosi una mano alla bocca.
 
Harry non tardò a fare lo stesso.
 
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Blaise saltellò verso il suo dormitorio, sogghignando fra sé e sé. Avrebbe rubato quel piccolo cubetto con cui Potter giocava e avrebbe sfidato Draco a provarlo, oppure ad ammettere i suoi sentimenti per il Ragazzo Sopravvissuto. Draco odiava quel cubo; sarebbe stato divertente.
 
Potter.
 
Che argomento interessante che era, in quel momento.
 
La maggior parte della casa parlava di lui, chiedendosi cosa fosse successo la scorsa notte, gli altri invece erano stupiti che aveva infranto tutte le regole scolastiche in un solo giorno. A nessuno dei due gruppi sembrava importare che Potter detestava le attenzioni; si stava velocemente guadagnando il rispetto degli altri studenti; l’opinione più popolare era che il verde gli donava.
 
Tuttavia, Potter non voleva il rispetto. Anzi, non sembrava voler nulla, a parte passare inosservato. Ignorando l’evidente esibizionismo che aveva mostrato quel giorno; chi l’avrebbe mai detto che un Grifondiota sapeva come divertirsi? Specialmente quando…
 
Blaise esitò, accigliandosi. Potter era malato.
 
Sarebbe scomparso entro pochi mesi; be’, tecnicamente, entro poche settimane ormai. Blaise aveva fatto i calcoli; era al quinto mese. Un territorio pericoloso, per le persone con….
 
Maledizione!
 
Cazzo, non era assolutamente giusto! Si erano finalmente resi conto che Potter non era lo stronzo che credevano, e sapere che avevano un tempo così limitato era ridicolo! Dovevano fare qualcosa per quella situazione; altrimenti avrebbe iniziato una cazzo di protesta! Draco si sarebbe unito a lui, e Merlino sa che Draco ottiene sempre quello che vuole, senza bisogno di domande.
 
Blaise sospirò, addentrandosi nel dormitorio. Non erano stati indifferenti come avrebbero dovuto; che razza di Serpeverde che erano. Essere impassibili e fare ricerche non-stop finché non trovavano una cura miracolosa. Era così che avrebbero dovuto comportarsi i Serpeverde; non mettere il muso e sperare che le cose fossero andate diversamente.
 
Avevano deluso Potter, quella mattina. Erano le prime persone a saperlo, e non avevano reagito bene.
 
Be’, realisticamente, chi mai avrebbe potuto, dopo aver scoperto che un amico era malato?
 
La cosa lo fece bloccare.
 
Un amico?
 
Quando diavolo era successo?
 

 
E come diavolo aveva fatto Potter a entrare senza farsi notare da nessuno? Erano tutti intorno al camino, proprio vicino all’entrata. Di certo non l’avevano visto entrare nella Sala Comune; eppure era lì, in piedi accanto al letto di Draco, e osservava il suo baule.
 
Non c’era da sorprendersi se era sembrato giù di morale in quel periodo. La cosa avrebbe stremato chiunque.
 
“Sei sgattaiolato qui piuttosto silenziosamente.” Disse Blaise, il suo sorriso diminuì quando Potter sobbalzò, voltandosi di pochissimo per guardarlo. Non si girò totalmente, e non guardò neanche al di sopra della sua gola. Mmh. Potter doveva essersi sentito così arrabbiato, visto come si erano comportati nei suoi confronti. “Hai qualche scorta di Whiskey Incendiario nascosta da qualche parte?”
 
“…mi piacerebbe.”
 

 
Blaise continuò a sorridere, divertito in apparenza dalla sua risposta. Tuttavia, la voce di Potter era bassa, debole, era successo qualcosa.
 
“Quindi, Succorbentis, eh?” Disse con disinvoltura, e scrollò le spalle quando Potter si voltò un po’ di più per rivolgergli un’occhiata indifferente. “…ci sono cose peggiori che ci si può beccare. Il mio pro-pro zio contrasse il Vaiolo del Drago. Quello sì che è disgustoso. Si è gonfiato fino a sembrare una scimmia grassa con lo smoking. Però ha ceduto la sua fortuna a mia madre, quindi non posso giudicare troppo, non credi? Comporta anche l’amnesia; no, non giudicare. Riesci a immaginare la tua vita sparire nel nulla? Puff, andata? Cristo, è il mio incubo peggiore.”
 
“…che stai facendo?”
 
Blaise si limitò a scrollare le spalle, non lo sapeva neanche lui. Nessun altro avrebbe blaterato in quel modo. “Sto solo provando metodi poco ortodossi per tirare su un amico.” Era meglio essere schietti con i Grifondoro; altrimenti non capivano.
 
“…noi non siamo amici.”
 
Ouch. Blaise mantenne il sorriso e il bagliore divertito negli occhi. Non sarebbe servito a niente accigliarsi e mostrare che quella frase l’aveva ferito. Sì, era un Serpeverde. Ma non significava che non provasse emozioni.
 
“Ma noi abbiamo legato. Dovrà pur-”
 
Non posso avere amici, Zabini. Non funziona così.”
 
“Sono sicuro che se ci pensi bene-”
 
“Sei tu che devi pensarci bene; non siamo amici, chiaro?” La sua voce si spezzò di nuovo, leggermente. Ma abbastanza da poter essere notato. “Dovrei restare solo; gli amici non fanno parte del piano; non. Posso. Averli; causerebbe solo sofferenze, a lungo andare.”
 
Blaise non riuscì più a mantenere il sorriso; non era neanche lontanamente divertente, neanche se fosse stato uno scherzo. Potter aveva qualche serio problema mentale se credeva che farsi un amico o due fosse fuori dalla sua portata. “Nessuno è fatto per restare solo, Potter.”
 
Lui rise, senza divertimento. “Mi permetto di dissentire.” La sua voce si spezzò di nuovo. Stava forse… piangendo?
 
“Spiegami allora, perché non ti seguo.”
 
Potter serrò la mascella, ringhiando. “Morirò entro un mese o due; ficcatevelo in testa. Non posso avere amici perché fra un po’ non esisterò più. Quindi, riprendetevi questa maledetta cravatta e allontanatevi immediatamente da me!”
 
Blaise restò a fissarlo, deglutendo il groppo in gola. “Abbi un po’ di fiducia, Potter. Non fuggiremo come ti aspetti che facciamo. Siamo Serpeverde, maledizione. Una malattia o due non riuscirà a sbarazzarsi di noi.”
 
Potter aprì bocca per rispondere, stava sicuramente per dire qualcosa di crudele come ‘sarà lei a sbarazzarsi di me’, ma si interruppe, e si asciugò rapidamente gli occhi con una mano. Sì, stava decisamente piangendo. Dove diavolo era Pansy quando Blaise aveva bisogno di lei? Non era bravo con qui confronti emotivi. I confronti erano di routine per i Serpeverde; ma l’aspetto emozionale? Era un dannato straniero in terra straniera.
 
Potter non rispose, e la cosa colpì Blaise come la solita cascata metaforica di mattoni.
 
“…non lo pensi sul serio, vero?”
 
“Ai mei parenti non importa; perché dovrebbe importare a chiunque altro?” Fece un’altra risata amara, poi sospirò e si lasciò cadere sul letto. Sembrava dannatamente esausto; Blaise non lo biasimava. A quale razza di parenti non importava che un membro della famiglia era malato?
 
“Perfino la peste aveva una cura.” Disse piano Blaise, cercando di ignorare Potter che si accartocciava su se stesso. “E poi, hai sentito Draco; siamo parassiti. Non puoi liberarti di noi. Al momento, stai facendo un tentativo magnificamente orrendo. È decisamente roba da principianti.”
 
“Non preoccuparti, non mi aspetto che siate voi a fuggire.” Il modo in cui lo disse fece contorcere sgradevolmente lo stomaco di Blaise; era la sua impressione, o c’era un doppio significato dietro quella frase? In ogni caso, non era per niente divertito.
 
“Potter… cos’è successo?”
 
Ci fu un momento di silenzio, nessuno dei due si mosse o osò respirare. Poi, miracolosamente, Potter si voltò verso Blaise e scrollò le spalle. I suoi occhi erano rossi, vitrei. Esausti. “Sono stato espulso.”
 
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Venti minuti dopo, un Malfoy infuriato calciò la porta dell’ufficio della Preside.
 
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Capitolo 30
*** Sabato, Parte A ***


Capitolo 30 – Sabato, Parte A



 
Tutti si abbassarono quando uno dei vasi esplose e i cocci schizzarono in tutte le direzioni. Harry sospirò, passandosi una mano fra i capelli. Draco era tornato.
 
“Quella stronza del cazzo!” Ringhiò, agitò la bacchetta verso un altro vaso, e si incupì quando vide che esplose vicino a un gruppetto di ragazzini del secondo anno, che urlarono e indietreggiarono velocemente. “Come osa? Quell’insopportabile stronza arrogante!” Si voltò, i suoi occhi cercarono qualcos’altro da distruggere, ma ringhiò quando non riuscì a trovare niente.
 
Fu piuttosto divertente quando Parkinson trasfigurò una delle poltrone in un altro vaso, che esplose ancor prima di essersi trasformato completamente. Se continuavano così, ben presto la Casa Serpeverde avrebbe esibito uno stile minimalista.
 
“Il Signor Potter non è una sua proprietà.” Mimò, ringhiando. “Col cazzo che non lo è!”
 
“L’incontro è andato bene, quindi?” Chiese sardonico Zabini, che alzò velocemente le mani in segno di resa quando Draco si voltò verso di lui. Indietreggiò di alcuni passi, come se fosse stato messo all’angolo.
 
“Bene? È stato assolutamente meraviglioso.” Ruggì Draco, “Quell’inetta di una Preside mi ha sospeso.”
 
“Cosa?” I tre Serpeverde sembravano scioccati. Come se non avessero passato gli ultimi quindici minuti con il biondo.
 
“Le hai detto qualche parolina di troppo, vero?” Chiese Harry dalla poltrona, fiero che la sua voce avesse di nuovo un suono normale. Non era ancora pronto a ridere e scherzare come voleva, ma era già un passo avanti. Zabini l’aveva trovato in un momento di debolezza che avrebbe voluto affrontare in solitudine. E invece di mantenere il segreto, o comportarsi come un normalissimo Serpeverde, era corso nella Sala Comune per dirlo all’unica persona a cui Harry non avrebbe mai voluto dirlo. Certo, non era così stupido da credere che Draco non si sarebbe accorto della sua assenza, ma tardi era sempre meglio che presto, secondo il parere di Harry.
 
Draco aveva demolito la stanza ed era corso via in fretta e furia, per poi tornare e distruggerla nuovamente. Sembrava furioso, e ancora peggio, quando quegli occhi argentei si posarono su Harry, terrorizzati. Dannato Zabini.
 
Draco continuò a fissare Harry e in qualche modo il suo volto si calmò. Sospirò, e strinse furiosamente i denti come per fermare l’ondata di imprecazioni che aveva bisogno di essere rilasciata sulla terra. “Potrei averle fatto capire, velatamente, che era nel torto.”
 
“Uh-huh.”
 
“E aver elencato altre soluzioni disponibili che non avrebbe dovuto sottovalutare.”
 
“Certo.”
 
“Ho portato alla sua attenzione alcuni esempi che non aveva collegato al tuo caso.”
 
“Giusto.”
 
“…L’ho chiamata maledetta vacca rincoglionita e ho buttato le sue pergamene nel camino.”
 
“Ecco, lo sapevo.” Harry si sforzò di sorridere; fu un tentativo penoso, e i Serpeverde lo sapevano. Draco si avvicinò alla poltrona, ed era ignaro degli studenti che si allontanavano velocemente da lui oppure non gli importava, il che era più probabile.
 
“L’ho paragonata al suo vecchio predecessore rimbambito, e ho fatto sì che il suo ritratto mi desse ragione.” Continuò Draco, lasciandosi cadere stancamente sul divano, con gli occhi pieni di rabbia. “Potrei averla minacciata un paio di volte. Il solito.”
 
“Te l’avevo detto di non andarci.” Rispose piano Harry, cercando di ignorare i cinquanta paia di occhi che lo fissavano. Sembrava che nessuno dei Serpeverde fosse ancora a letto, ed era la seconda notte consecutiva. Di sicuro Harry aveva portato del divertimento in Sala Comune. “Non ascolta.”
 
“Nessuno.” Sbottò Draco, stringendo i pugni. “Eccetto quella perfetta idiota di una Guaritrice.” Ringhiò fra sé e sé, fissando il fuoco. “Pensa. Pensa. Ci deve essere qualcos’altro che possiamo fare.”
 
“Non voglio che-”
 
“Potty, giuro che-!”
 
“Ascoltami!” Sbottò Harry, che deglutì appena quegli occhi furiosi incontrarono i suoi. Draco poteva fissarlo quanto voleva, Harry non avrebbe cambiato idea. Maledetti sbalzi di umore. Un momento prima era agitato, quello dopo era furibondo. La cosa valeva per entrambi. E se quello era davvero l’ultimo fine settimana di Harry a Hogwarts, non voleva che finisse così! “Non voglio che tu lo faccia. Litigare con lei non le farà cambiare idea, e io non voglio che tu combatta per una causa persa. Sai perché non l’ho detto a nessuno. Adesso non venire a sbattermelo in faccia.”
 
Draco lo fissò con freddezza, alzando le sopracciglia. “Non mi importa.”
 
E con questo, tornò a guardare il fuoco, accigliandosi, riflettendo.
 
Bastardo.
 
“Cosa diavolo significa che non ti importa?” Sbottò di nuovo Harry. Non gli importava di lui? Non gli importava di cosa volesse? Non gli importava di starsi comportando da coglione completo?
 
“Non mi importa di quello che vuoi.” Puntualizzò Draco, degnandolo a malapena di uno sguardo. “Sei un illuso se pensi che me ne stia qui seduto a guardare mentre te ne vai.”
 
“Sei un illuso se pensi che io abbia qualche possibilità di restare!”
 
“Non andrai da nessuna parte, Potter!” Sbraitò Draco, tirandosi su di scatto dalla poltrona. Merlino, era davvero sconvolto se lo stava mostrando a tutta la sua casa. Quello non era un comportamento da ‘Malfoy’. “Non glielo permetterò.”
 
“Non penso che consulteranno te.” Rispose tranquillamente Harry. “Anzi, penso che la decisione sia già stata presa.”
 
Draco si voltò di scatto verso di lui. “Come puoi essere così calmo? Vuoi davvero tornare…lì dentro?”
 
Come osava?
 
Harry lo folgorò con lo sguardo, e si alzò dal divano per poterlo fronteggiare faccia a faccia. Non sarebbe stato in svantaggio; era della sua vita che stavano discutendo. “Ho avuto bisogno di tempo per mettere su la mia maschera.” Ringhiò. “Adesso ce l’ho. Questa è la vita. Accettalo.”
 
“Quindi ti limiterai a tornare lì con la coda fra le gambe, non è così?” Era ovvio che non l’avrebbe fatto. Avrebbe preferito combattere di nuovo Voldemort piuttosto che rimettere piede in quel posto da incubo.
 
“Non andrei , no.” Borbottò Harry. “Ho una casa.”
 
Dal modo in cui Draco sgranò gli occhi, era ancora peggio. Harry riusciva anche a comprenderlo; Grimmauld Place non era esattamente un posto affollato. Almeno avrebbe avuto Kreacher con cui parlare. Era assolutamente deprimente.
 
“Se intendi quello che penso tu stia intendendo,” La sua voce fu a malapena un sussurro, “ti strangolerò nel giro di cinque secondi esatti.”
 
Harry si limitò a fissarlo, rifiutandosi di rispondere. Non sapeva cosa intendesse, ma se non era più a Hogwarts, e se non era con Draco… a cosa sarebbero serviti i trattamenti? Che senso aveva prolungare la sua vita se avrebbe dovuto trascorrerla in una stanzetta isolata?
 
Draco ringhiò fra sé e sé, e assottigliò lo sguardo quando gli occhi di Harry si posarono sui suoi pugni chiusi. Ma invece di soffocarlo come aveva promesso, si voltò verso il camino, afferrò l’orologio che c’era lì sopra e lo lanciò contro la parete.
 
Harry colse l’occasione per scappare nel suo… nel Dormitorio Serpeverde. Dopotutto doveva fare le valigie.
 
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Blaise deglutì a vuoto, i suoi occhi pendolavano dalle porte chiuse del Dormitorio a un Draco affannato e furibondo appoggiato contro il camino. Cristo, non vedeva Draco così… non sapeva neanche come descriverlo. Era una peculiare combinazione di panico, dolore e furia allo stato puro.
 
Si guardò intorno, prendendo nota degli sguardi increduli e completamente terrorizzati dei suoi compagni di casa. Nessuno si trovava nel giro di cinque metri da lui, Blaise incluso. Andava avanti e indietro come un animale in gabbia, ringhiando e disintegrando tutto quello che gli capitava sotto mano.
 
Doveva essere una bella sensazione: amare qualcuno così tanto che tutto il resto non era importante. I suoi Mago? Dimenticati. Il fatto che era stato sospeso, e che avrebbe dovuto spiegare al Ministero perché avesse infranto la sua libertà condizionale? Insignificante. Potter non viveva con lui?
 
La maschera si era sciolta.
 
Blaise non pensava che ci fosse un metro di misura per Potter. Lui… valeva e basta. Valeva qualunque cosa.
 
Doveva essere bello.
 
“È illegale non fornire istruzione a uno studente disposto a riceverla.” Disse Blaise, cercando di non trasalire sotto lo sguardo argenteo che lo fulminò. “Forse possiamo usare la cosa a nostro vantaggio?”
 
“Anche io ho sentito una cosa del genere.” Aggiunse Pansy, avanzando velocemente per far spostare il suo sguardo furioso su di lei. “Cioè, se uno studente è già iscritto, non possono buttarlo fuori senza un motivo apparente.”
 
“Ce l’hanno un motivo.” Ringhiò Draco, che semplicemente non li vide fare un altro passo indietro.
 
“Sì, ma dove si aspettano che vada? Di sicuro non a Durmstrang. All’estero? Non si può costringere uno studente a cambiare stato per frequentare una scuola; l’ho letto da qualche parte in un maledetto libro di storia. Ci devono essere altre alternative disponibili e, be’, senza offesa, ma non credo che le altre scuole siano disposte ad accoglierlo a braccia aperte data la… uhm, situazione. È qualche sorta di legge, fidati. Troverò quel libro.”
 
“Potter è un adulto.” Aggiunse un altro studente, un ragazzo del quarto anno. Si mosse a disagio sotto lo scrutinio di tutti, probabilmente perché non avrebbe dovuto essere nella stanza, non avrebbe dovuto origliare, e soprattutto non avrebbe dovuto origliare apertamente. “Non ha genitori. Non dovrebbero informare i tutori in caso di sospensione? Non ci sono tutori, non è un caso regolare, non è così?”
 
“Mio padre è nel consiglio d’istituto.” Disse lentamente un primino, un’imitazione perfetta di Draco. “Posso far sì che metta una buona parola per lui, o che discuta con la McGranitt sulla faccenda, ha influenza anche nel Ministero.”
 
“Potrebbe sempre nascondersi sotto il suo Mantello dell’Invisibilità.” Sussurrò Theo a Draco, così che metà della stanza non potesse sentirlo. L’altra metà ci riuscì, a giudicare dalle loro espressioni esterrefatte e a bocca aperta. “Come possono cacciarlo se non lo trovano?”
 
“Potrebbe stare nella Stanza delle Necessità.” Disse una ragazza del terzo anno, rivolgendo un sorriso a Theo, fra tutte le persone. “Potremmo connetterla alle cucine con un passaggio e nessuno sarebbe in grado di entrarci.”
 
“Se tu fossi d’accordo a rivolgerti al Profeta, potremmo scrivere un articolo per mostrare che Hogwarts discrimina i ragazzi malati. È illegale. È un punto di pressione.”
 
Blaise si voltò di scatto verso quel primino. Come diavolo faceva a saperlo? Come osava spifferarlo così, davanti a tutti? Ma Braxton si limitò a ricambiare inespressivamente lo sguardo, ignaro che i quattro Serpeverde dell’ottavo anno stessero pianificando la sua scomparsa. Nessun altro sembrò notare quello scivolone, anzi, continuarono a elencare soluzioni.
 
“Potremmo lasciare una Mandragola nell’ufficio della Preside.” Disse piano una ragazzina del secondo anno, che restò impassibile quando tutti si voltarono a fissarla. Lei scrollò le spalle, ma distolse lo sguardo. “Volevo solo contribuire.”
 
“Non farlo.” Ghignò una sua amica. “Mai più.”
 
“Potremmo dire a parenti e amici di mandare Strillettere nell’ufficio della McGranitt.”
 
“Allora, Draco?” Chiese piano Blaise, sorpreso che la stanza si zittì all’istante. Di solito erano Pansy o Draco a far cadere il silenzio. Certo, lo rispettavano, ma non come gli altri. Avere il potere di zittirli…
 
Era fantastico.
 
Blaise dovette trattenere un sorriso.
 
“L’hai sentito.” Rispose Draco altrettanto piano, ma i suoi occhi avevano perso un po’ del loro… bagliore omicida. Almeno quello era un buon segno. “Non vuole nessun aiuto.”
 
“Tch, pensavo che avessimo deciso che è un Serpeverde.” Sbuffò divertito Blaise, alzando le sopracciglia. “I Serpeverde non decidono cosa vogliono. Lo ottengono e basta.”
 
Draco restò a fissarlo con freddezza, come se stesse riflettendo. Gli fece venir voglia di scappare, sul serio. Lo stava analizzando, come se non riuscisse a capire. Draco sapeva che loro non detestavano Potter, vero?
 
“Ho bisogno di una pergamena.”
 
Nella stanza risuonò un calpestio, tutti si affrettarono a prendere dell’inchiostro e della pergamena per buttare giù delle idee. Complottavano, proprio come ai vecchi tempi. Tutti sogghignarono.
 
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Harry sospirò quando il materasso affondò accanto a lui e un calore gli pervase la schiena e le spalle. Ormai era notte inoltrata, probabilmente era quasi l’alba. Gli rimanevano due giorni a Hogwarts.
 
Delle soffici labbra sfiorarono il suo collo, ghignando mentre lo baciavano.
 
Harry avrebbe felicemente trascorso così i due giorni successivi.
 
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“Draco, cosa sta succedendo?” Chiese Harry per l’ennesima volta quella mattina, quasi supplicandolo, con un pizzico di morbosa curiosità. Sapeva che aveva a che fare con lui, sperava che non fosse così, e aveva bisogno di sapere di cosa si trattasse. Draco ghignò; non gliel’avrebbe detto.
 
La colazione era iniziata ormai da mezz’ora e la Sala sarebbe stata traboccante di curiosità. Era il momento perfetto per parlare alla McGranitt.
 
I Serpeverde si spostarono in gruppo, e avanzarono disposti in file; nessuno parlava. Nessuno ghignava. ogni tanto degli occhi brillavano di euforia prima di essere nascosti sotto una maschera. Avrebbe funzionato; Draco se lo sentiva. Da solo, non poteva convincere la McGranitt. Ma con un’orda di menti Serpeverde combinate insieme? Era possibile. Almeno avevano una possibilità. E se non avessero vinto, non importava. Si sarebbero tolti la soddisfazione di rovinare sia la reputazione di Hogwarts che quella della McGranitt. Ne sarebbe valsa la pena.
 
“Draco, qualunque cosa stiate architettando, non fatelo. Okay? Te lo chiedo per favore; non fatelo.”
 
“Ssh, Potter.” Rispose pigramente Draco, trattenendo un ghigno. “Stai rovinando l’effetto.”
 
Harry ringhiò al suo fianco, mentre un tonfo sordo gli fece capire che Potter si era appena colpito la fronte. Ne sarebbe valsa la pena.
 
Lui ne valeva la pena.
 
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“Lo vuole mandare via?”                   
 
Minerva sospirò, prendendo un altro sorso del suo tè mattutino. Non si sarebbe mai aspettata che la scorsa notte un Malfoy furioso avrebbe fatto irruzione nel suo ufficio, e neanche di doverlo sospendere. Se l’era cercata; lei l’aveva avvertito più e più volte di mantenere un minimo di decoro. Ma lui continuava a tirare la corda, a urlare, e non la smetteva di ribattere. Aveva strappato via dalle sue mani dei fogli di pergamena, buttandoli nel camino. Aveva sbattuto la mano sulla scrivania, svegliando tutti i ritratti circostanti. Come avrebbe mai potuto reagire davanti a un pubblico? L’aveva costretta a farlo.
 
Questa è forse la sua idea di scherzo folle?”
 
Lei sospirò ancora, massaggiandosi la fronte per calmare il mal di testa. Non aveva dormito la scorsa notte, i capricci del giovane Malfoy riecheggiavano dietro i suoi occhi. E Harry… Merlino, non si aspettava che la supplicasse. Era il Ragazzo Sopravvissuto; il ragazzo che aveva affrontato faccia a faccia Voldemort con un ghigno. Eppure, non era riuscito a trovare il coraggio di trattenere le lacrime. Come se fosse lei il nemico; ma non riusciva a capire che stava solo cercando di aiutarlo? Sarebbe stato più sicuro per lui stare in ospedale. Hogwarts non aveva le attrezzature o il personale adatto per tenerlo ancora in salute. La situazione le stava sfuggendo di mano.
 
“Lei continua, continua e continua! Congratulazioni! Alla fine è crollato!”
 
Storse in naso sorseggiando il tè; ormai era tiepido. Aveva troppe cose che le ronzavano per la testa, quella mattina.
 
Minerva guardò la distrazione più evidente; il tavolo Serpeverde era vuoto.
 
La colazione era iniziata da circa mezz’ora, eppure nessuno studente della Casa Serpeverde si era presentato. Forse il malumore del Signor Malfoy aveva bloccato l’entrata della Sala Comune? La magia involontaria spesso aveva delle conseguenze pericolose; forse aveva inavvertitamente sigillato l’entrata, o causato un’ostruzione. Era successo in passato.
 
Oh, quanto sperava che fosse così.
 
“Lui non ha nient’altro, razza di vacca rincoglionita!”
 
Si guardò intorno, osservando gli altri studenti. La maggior parte sembrava star bene, era felice. Alcuni stavano scopiazzando dai loro amici i compiti che avevano dimenticato di fare. Altri ridevano, e facevano cadere il succo d’arancia sul tavolo, trasalendo non appena colava sulle loro gambe. Erano felici. Avevano bisogno di felicità, soprattutto dopo la guerra. Un po’ di normalità non poteva essere la scelta sbagliata. Se avrebbe dovuto espellere uno studente per il suo bene, e per quello degli altri… sì, era la cosa giusta da fare. I suoi studenti erano felici.
 
“Questa è la sua casa; è l’unica cosa che gli è rimasta! Ha già perso i suoi amici, la sua magia, la sua vita; non può portargli via la sua casa solo per via delle sue stupide insicurezze!”
 
Minerva ignorò lo sbuffo di disapprovazione accanto a lei; mentre la Sala chiacchierava, rumorosa come doveva essere, sul tavolo dei Professori regnava un silenzio tombale. C’era dissenso fra gli insegnanti, e lei non sapeva come risolvere la situazione. Alcuni pensavano che fosse crudele mandare via Harry, e sebbene Minerva capisse i loro sentimenti, era fin troppo evidente che si stavano lasciando prendere dall’affetto che provavano per Harry. Se fosse stato un altro studente, avrebbero concordato con lei sul fatto che era la scelta migliore.  La cosa giusta da fare.
 
“Harry è anche un suo studente. Non ha bisogno di molto; solo di un tetto.”
 
Grazie a Merlino Hagrid era in viaggio con Madame Maxime, altrimenti avrebbe già ribaltato il tavolo. In ogni caso, Sibilla non aveva smesso un momento di lanciarle occhiatacce dal fondo del tavolo; Minerva era certa che stava leggendo nelle foglie di tè le disgrazie che le sarebbero capitate. Peccato.
 
Si aspettava che Sibilla reagisse così; a volte aveva dei comportamenti insoliti. Ma gli altri! Filius non aveva spiccicato una parola per tutta la mattinata, con nessuno. Pomona scuoteva tristemente la testa, mentre sedeva accanto a Sibilla dall’altra parte del tavolo e, a quanto pareva, stava ascoltando le sue ‘profezie’ con estrema attenzione. Horace aveva le braccia conserte, e continuava a sbuffare. Horace! Proprio lui che era quasi sempre terrorizzato da Potter, e che lasciava la stanza ogni volta che il nome di Harry veniva menzionato. Adesso si stava comportando come se avesse commesso un crimine contro di lui! Erano suoi amici; perché non la supportavano nel momento del bisogno? Possibile che ignorassero quant’era difficile quella decisione per lei?
 
“Qualche studente è rimasto ferito a causa della sua malattia? A causa della sua malattia, non dei suoi incantesimi?”
 
Quando la porta si spalancò, nessuno si voltò a guardare. Ma nel giro di pochi secondi, ebbero l’attenzione di tutta la Sala.
 
I Serpeverde.
 
Che avevano in mente adesso?
 
Avanzavano in gruppo, in fila per due. Non c’era un briciolo di divertimento sui loro volti, e nessuna distinzione nelle fra le loro espressioni. Dal primo all’ottavo anno, irradiavano tutti la stessa fredda rabbia indifferente. Nessuno dei Serpeverde sembrava diverso dal freddo purosangue che i loro genitori avevano cresciuto. La Sala si ammutolì immediatamente.
 
Avrebbe potuto ringhiare quando vide Draco Malfoy in testa al gruppo con la maschera che lasciava trasparire noncuranza. Perché gli altri mostravano rabbia e lui indifferenza? Che piano disgustoso avevano architettato adesso?
 
“Non dica stupidaggini. Hanno affrontato una guerra; ce l’hanno lo stomaco per sopportare un po’ di sangue.”
 
Gli studenti marciarono fino e in fondo alla stanza, poi si fermarono. Si disposero dove avevano dovuto attendere il loro Smistamento. In quel istante non avevano nemmeno un briciolo del nervosismo che avevano mostrato allora. Anzi, sembravano piuttosto sprezzanti; braccia conserte, espressioni traboccanti di rabbia. Nessuno era turbato.
 
Minerva sospirò interiormente, raddrizzandosi sulla sedia. Avrebbe dovuto affrontare la situazione il prima possibile, se si poteva risolvere in modo veloce. Un’orda di Serpeverde furiosi era piombata di fronte al tavolo degli insegnanti, e se ne stava lì in piedi con arroganza e orgoglio davanti a tutti gli altri studenti. Non si poteva metterli a tacere.
 
Draco Malfoy, ovviamente, si fece avanti, e pochi altri studenti lo seguirono. Stranamente, non erano i suoi amici. Gli studenti che si avvicinarono erano delegati di ogni anno, e ognuno di loro trasportava una pergamena di dimensioni diverse. Cosa diavolo stavano pianificando?
 
“Signor Malfoy, è già stato sospeso la scorsa notte.” Era meglio parlare per prima e dimostrare che quella piccola scenata non l’avesse indispettita. “Non peggiori la sua pena.”
 
“Mia madre verrà a prendermi lunedì.” Il Signor Malfoy scrollò le spalle, imperturbato. “Di certo, non lascerebbe mai che uno studente resti senza dimora finché non trova un’altra sistemazione, giusto?” Il suo tono fu indifferente, noncurante. E si ricollegò direttamente alla discussione che avevano avuto la notte prima.
 
“Solo se lei manterrà un atteggiamento tranquillo.” Lo sguardo di Malfoy si assottigliò leggermente, ma il suo tono non cambiò. Fece un cenno ai ragazzi dietro di lui. Uno per uno, depositarono le pergamene sul tavolo di fronte a lei. Tutti loro mantennero il contatto visivo. Non erano imbarazzati per quella scenata, neanche un po’. Senza dire una parola, ritornarono fra gli altri.  Non aveva mancato di notare che ce n’era uno per ogni anno; voleva forse significare che era una decisione collettiva? Inverosimile, dato che nessuno degli studenti, a parte Malfoy, era a conoscenza delle condizioni di Harry.
 
“Lo lega a un letto, preme un interruttore e si scola bottiglie di Bourbon chiusa nel suo ufficio. Sono l’unico che sta facendo la cosa giusta, considerata la situazione. Sono l’unico che resta seduto al suo fianco mentre urla dal dolore.”
 
“Cos’è tutto questo?” Chiese, raccogliendo uno dei fogli. Era una pergamena piuttosto lunga, con una lista di nomi scritti in ogni spazio disponibile. Erano tutte calligrafie differenti, come se ogni studente avesse contribuito. Nomi?
 
L’altra pergamena conteneva un numero; Trecentosedici.
 
La terza, un…
 

 
La terza, un articolo da mandare alla Gazzetta del Profeta che affermava che Hogwarts fosse un istituto discriminativo, in particolare nei confronti del salvatore del mondo magico. Quindi. Un ricatto.
 
Alzò lo sguardo e incontrò degli occhi glaciali. “Questo numero?”
 
“Il numero di Strillettere che riceverà entro l’ora di pranzo.”
 
“È una minaccia?”
 
“Non è una minaccia.” Malfoy alzò un sopracciglio, sembrava guardarla dall’altro in basso. “Si può a malapena definire una proposta.”
 
Minerva sbuffò, mettendo via le pergamene. Non aveva bisogno di leggere le altre; sarebbero assomigliate tutte alle prime tre. La Casa Serpeverde la stava minacciando. La loro Preside. Potevano essere tutti espulsi per questo. Sul serio, era davvero necessario adottare quella linea di condotta? Credevano davvero che avrebbe sortito qualche effetto su di lei?  Che avrebbe tremato e ceduto alle richieste di un mucchio di ragazzini? Era sopravvissuta ai Carrow che tormentavano la scuola; non si sarebbe piegata sotto le pressioni di un gruppetto di studenti.
 
“La decisione è stata presa.”
 
“La modifichi.” Per poco Malfoy non ringhiò mentre lo diceva, sbattendo poi le palpebre come se fosse sorpreso. Nessuno dei due si aspettava così tanta… rabbia. Rimase immobile per un momento, poi scosse la testa leggermente, facendo tornare la maschera in posizione. Il suo tono di voce si ridusse quasi a un sussurro; agitò tranquillamente la sua bacchetta, silenziando l’aria circostante. “Harry andrà al San Mungo ogni martedì sera, riceverà il suo trattamento, e ritornerà. In questo modo Madama Chips non ne… risentirà. Tutto quello che chiede è di restare a casa sua.”
 
“E perché a parlare non è il Signor Potter.”
 
“Se Harry parlasse per sé, lei l’avrebbe vinta.” Sbuffò divertito Malfoy, incrociando le braccia con indignazione. Le sue nocche erano sbiancate mentre stringeva il mantello. “È quasi sul punto di arrendersi, non per merito suo. Io invece non sono ancora così pronto. Ha sentito la nostra proposta.”
 
Perché non capivano? “Non ha detto nulla in proposito alla protezione degli altri studenti. Loro sono una mia priorità, Signor Malfoy. Far restare qui Harry li mette a rischio.”
 
“A rischio?” L’altro strinse i denti, assumendo un’espressione rabbiosa. “Lupin era un lupo mannaro; malato. Era una minaccia pericolosa per gli studenti, ma gli avete permesso di insegnare. Harry non vuole imparare; vuole solo stare qui. Le sue condizioni non danneggiano nessuno, a parte se stesso.”
 
“Le condizioni del Professor Lupin erano-”
 
“Incurabili, ma gestibili. Proprio come quelle di Harry.”
 
Ci furono versi d’approvazione dal tavolo degli insegnanti, ma tutti si zittirono quando Minerva li folgorò con lo sguardo. Come osavano approvare le loro argomentazioni? Non era niente più che un confronto, e un ricatto. Ma che bella proposta!
 
Gli angoli della bocca di Malfoy si incurvarono all’insù, trattenendo un ghigno. Che ragazzo arrogante. “In ogni caso, questa non è un’altra inutile discussione. Perché sprecarsi a fornirle prove o motivazioni, visto che sarebbero state comunque ignorate? Siamo venuti a mostrarle le conseguenze che seguirebbero l’espulsione del salvatore del mondo magico da Hogwarts.”
 
“Un ricatto.”
 
“Una proposta.” Rispose Malfoy altrettanto velocemente. Il suo tono era tornato indifferente. Se solo fosse riuscito a far sembrare freddi anche i suoi occhi; al contrario, questi ultimi brillavano. “Harry è nostro amico. Si sarebbe forse aspettata qualcosa di diverso dai Grifondoro, se fossero stati ancora in contatto? Un po’ di capricci?”
 
“Non una rivolta.”
 
Lui scrollò le spalle, imperturbato. “Questa è la bozza che abbiamo creato per il Profeta, descrivendo le vostre azioni discriminanti nei confronti di Harry; come se non gli doveste la vita. Quelle sono le Strillettere che dovrebbero arrivare per ora di pranzo; e sono solo le persone che hanno risposto ai nostri gufi. Sa, abbiamo avuto poco preavviso. Questa lista di in particolare contiene i nomi delle persone influenti nel consiglio d’istituto, che sono stati persuasi o hanno delle relazioni familiari con alcuni studenti Serpeverde. Le altre pergamene contengono vari esempi di circostanze in cui Harry resterebbe qui senza il suo consenso o la sua approvazione. E queste,” Indicò i suoi compagni di classe. Ognuno frugò nel proprio mantello e tirò fuori una lettera. La indispettì guardare quella nelle mani di Malfoy; era indirizzata a lei. “Sono le nostre dimissioni ufficiali dalla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.”
 
A qualcuno scappò il calice di mano; del succo cadde sul tavolo senza impedimenti.
 
Minerva parlò piano, assicurandosi che la sua voce fosse mortale. Se il suo sguardo non li aveva fatti scappare, la sua voce ci sarebbe riuscita. “Nessuno di voi farà un’azione così drastica, non senza prima consultare i vostri genitori. Non approverebbero.” Stavano bluffando.
 
“Ci vorrà tempo per avvertirli; a quel punto ce ne saremo già andati. Cosa penseranno i nostri genitori? Riesce a immaginare la collera di ogni singola madre Serpeverde? Roba da incubo, dico sul serio. Un quarto della sua scuola; svanito nel nulla. Insieme ai suoi finanziamenti, largamente versati da, ah, sì, le famiglie Serpeverde. Come dimostrato dalla pergamena numero cinque.” Si rese utile indicandole la suddetta pergamena con un falso sorriso stampato sulle labbra.
 
Minerva strinse i denti, posando lo sguardo sugli altri studenti. Come osavano? Hogwarts non sarebbe sopravvissuta senza quei finanziamenti. Ogni Serpeverde se ne stava in piedi con fierezza e determinazione. Avevano un’espressione cupamente rabbiosa; l’avrebbero fatto. In un batter d’occhio.
 
“È disgustoso.” Sibilò, spingendo via quella subdola pergamena. “Che vi abbassiate a fare una cosa del genere.”
 
“È disgustoso.” Alzò lo sguardo quando sentì quel tono glaciale. “Che ci siamo dovuti ridurre a questo. Possiamo gestire il bullismo e l’odio incontrollato verso di noi. Lo comprendiamo. Possiamo… rispettarlo, fino a un certo punto. Nessuno di noi va fiero della nostra posizione durante la guerra.” E non dovevano andarne. “Ma vedere Potter essere rifiutato più e più volte nel corso di tutto l’anno, nel momento in cui aveva bisogno di tutti… non ce ne staremo con le mani in mano mentre viene cacciato via da casa sua. Per Merlino, non ha fatto niente! Di certo non ha contratto quella malattia di proposito!”
 
“Pensi che io vada fiera di quello che devo fare?” Il tavolo iniziò a vociferare appena si alzò in piedi. “Che devo fare? Non c’è nient’altro da fare! Per la sicurezza dei miei studenti, per tutti i miei studenti-”
 
“Salvi Potter da se stesso!” Ribatté Malfoy, ringhiando. “La sua sicurezza non dovrebbe essere di primaria importanza? Perché dal suo punto di vista sembra essere completamente trascurabile?”
 
Si fissarono l’un l’altra, nessuno dei due voleva distogliere lo sguardo per primo.
 
“C’è una ragione per cui Harry ha sostituito così velocemente la sua cravatta rossa con quella verde.” Disse piano. “Ha sentito la nostra propo… la nostra minaccia. Se a Harry Potter non viene permesso di restare a casa sua, lei perderà un quarto della scuola.”
 
“La sospensione è prolungata fino a venerdì.”
 
“Lo prenderò come se mi avesse detto che non dobbiamo scomparire.” Si voltò, ignorandola. “Informerò Harry.”
 
“Signor Malfoy-!”
 
“Minerva,” Filius, fra tutte le persone, la interruppe posando una mano sul suo braccio. “Penso che dovremmo discuterne. Tutti insieme.”
 
Malfoy agitò la sua bacchetta; per un momento non successe nulla. La Sala era silenziosa come prima. Poi i bisbigli si diffusero, i pettegolezzi, le teorie cospirative. Minerva si lasciò cadere di nuovo sulla sedia, osservando i Serpeverde lasciare con lentezza la stanza. Nessuno si guardò indietro. Non esitarono neppure.
 
Uno sguardo alla stanza; tutti stavano bisbigliando, si accigliavano, ridevano. Tutti supposero, correttamente, che i Serpeverde sarebbero stati puniti per la loro palese insubordinazione. Tuttavia…
 
Neville Paciock fissava le porte con un’espressione pensierosa.
 
“Harry Potter ha bisogno di restare qui!”
 
Luna Lovegood stava scuotendo tristemente la testa, la sua rivista era caduta sul pavimento.
 
“Io ho bisogno che lui resti qui!”
 
Un primino Tassorosso fissò tristemente il suo piatto, spingendolo via.
 
“Ne ho tutti i diritti! Lui è mio, dannazione! Harry Potter appartiene a me!”
 

 
E i Serpeverde. Traditori che non erano altro… nessuno si era lasciato sfuggire un ghigno, o un sorriso per tutto il tempo che erano stati nella Sala. Perfino il tentativo patetico di Malfoy non poteva essere considerato un sorriso… più che altro era una smorfia. Sembravano tutti… tristissimi.
 
I suoi studenti erano infelici.
 
Se la sua decisione aveva sortito quell’effetto sugli altri studenti… Merlino, che tormenti stava affrontando Harry?
 
“Se lo sbatte fuori e lo costringe a tornare di nuovo in quel lurido ospedale-”
 
“Farà meglio a non essere una minaccia, Signor Malfoy.”
 
“…l’avrà ucciso. Si arrenderà nel momento stesso in cui resterà solo. Per favore, la supplico!”
 
Come avrebbe potuto vivere in pace con se stessa, dopo questo?
 
.
 
.
 
.
 
“Comodo?”
 
Harry rivolse gli occhi alla porta, cercando di comunicare quanta più rabbia fosse umanamente possibile nella sua espressione pietrificata. Quello stronzo di un purosangue l’aveva affatturato appena avevano raggiunto la Sala Grande, aveva impiegato un po’ di tempo prima di girarlo in modo che fosse stesso sulla schiena e non sulla faccia, poi aveva continuato a camminare. Coglione. Di certo Harry valeva più dei cinque secondi che aveva impiegato per affatturarlo e della leggera esitazione che aveva avuto prima di farlo rotolare sulla schiena.
 
Un incantesimo lo liberò, permettendo a Harry di tirarsi in piedi, ringhiando. “Bastardo.”
 
“Ho sentito di peggio.” Disse lentamente Draco, un leggerissimo ghigno si fece strada sul suo volto. Harry si bloccò, e aprì la bocca pronto a lanciare un altro insulto al biondo; ma non ci riuscì, non quando indossava quel finto sorriso. Di solito lo usava Harry; perché aveva fatto la sua apparizione su Draco?
 
“Cos’avete fatto?” Disse invece.  Sperò di aver lanciato quell’insulto quando l’altro lo rispose scuotendo con condiscendenza il capo. “Sbrigati a dirmelo; se a che fare con me, ho il diritto di-”
 
“Abbiamo fatto le nostre richieste alla McGranitt.” L’altro… rispose sul serio. Ma che diavolo? “Noi teniamo te, lei tiene la sua scuola. Un scambio equo.”
 
Oh.
 
Harry cercò di non prendere a pugni quello stronzetto biondo; fu uno sforzo. “Pensavo di averti detto di smetterla.” Riuscì a dire senza sbraitare, sorprendentemente. “Non valgo una scuola.”
 
“Non questa scuola, poco ma sicuro.” Draco si allontanò, ignorando lo sbuffo che Harry fece quando fu costretto a seguirlo e a interrompere la conversazione. Quando raggiunse il biondo, questi gli lanciò uno sguardo seccato, come se avesse sperato che Harry rimanesse fuori dalla Sala Grande. Coglione. “Non dire un’altra parola, Harry.” Disse a bassa voce, distogliendo velocemente lo sguardo. “Torna al tuo stato di ignoranza, e non ci pensare.”
 
“Credevo che non ti piacesse quando mi rifiuto di accettare le cose.” Che avevano detto per far sì che Draco avesse quell’aspetto? A Harry non piaceva; il suo Malfoy doveva essere irascibile, pieno di risposte saccenti e avere un leggero sorriso di tanto in tanto. Non doveva essere inespressivo. Non ricevette una risposta.
 
Attraversarono le porte, nessuno dei due parlò. Harry, per quanto si sforzasse, non sapeva come alleggerire la situazione. Neanche lui era del migliore degli umori; come poteva un ragazzo moderatamente depresso consolare quell’enigma che era Draco Malfoy? Missione impossibile. Se avesse fatto una battuta, era probabile che lo decapitasse lì sul posto.
 
Ugh, ma non voleva andare a Hogsmeade. Non era la migliore delle giornate. Era nuvoloso, e l’aria era fredda. Ideale, dato l’umore dei due ragazzi. Aveva bisogno di un bel giorno tranquillo per crogiolarsi nella biblioteca. Ma Draco si stava già dirigendo lì senza pensarci due volte. Se l’avesse detto, quell’idiota si sarebbe soltanto arrabbiato di più.
 
Harry sbuffò fra sé e sé, e calciò una roccia mentre discendevano il sentiero; visto che era ora di colazione, sarebbero stati i primi ad arrivare lì. Il miglior posto a sedere nei Tre Manici Di Scopa lo stava chiamando. Non era troppo presto, vero?
 
Harry si accigliò e tirò un sospiro, e si sorprese quando notò finalmente Draco. Lo stava osservando con la coda dell’occhio; con il famigerato sopracciglio alzato.
 
“Che c’è?”
 
“…non mi piace quando pensi in quel modo. Non finisce mai bene per me.”
 
Harry sbuffò divertito, era incredulo. “Il volto del male allo stato puro.” Indicò teatralmente la sua faccia, e tirò una pacca al biondo quando rispose.
 
“Precisamente. Ora, cos’è che ha fatto credere al tuo povero cervello di poter provare a pensare ancora?
 
Harry non sapeva nemmeno perché passasse così tanto tempo con quell’idiota. Tutto quello che faceva era irritarlo, prenderlo in giro, o insultarlo. “Stavo cercando di mettere in piedi una conversazione che non risulti in me che vengo squartato da te.”
 
“Mmh, non ce l’hai fatta.” Ma lo spettro di un sorriso si stava facendo strada nei suoi occhi, proprio sotto la superficie. “Quali erano le opzioni?”
 
“Avrei fatto una battuta.”
 
“Il che avrebbe causato la tua uscita di scena definitiva.”
 
“L’avevo intuito. Pensavo che potremmo bere prima-”
 
“A quest’ora del mattino?”
 
“Da Madama Piediburro. Ne hai mai sentito parlare?”
 
“E Tre Manici Di Scopa sia.”
 
Harry ridacchiò, infilandosi la mano in tasca. Dov’era finita la sua delusione? Nel giro di un istante, stava di nuovo bene. Non era felice, ma era a posto. Merlino, gli sarebbero mancate quelle frecciatine fra lui e Malfoy.
 
E i rimpianti fecero il loro trionfante ritorno.
 
Sospirò di nuovo.
 
“Harry, se continui a sospirare, il tuo culo farà la conoscenza del mio piede.”
 
“Che casanova che sei.” Fu uno sforzo non ghignare quando il biondo si voltò di scatto a guardare Harry, incredulo. Stronzetto presuntuoso. “È solo che oggi non sono del giusto stato d’animo per Hogsmeade. Tutte quelle dannate persone felici, che saltellano in giro con… felicità.”
 
“Articolato.”
 
“Preferirei passare la giornata all’interno. Preferibilmente nella biblioteca. Forse a dormire. È il modo perfetto per trascorrere una giornata orribile. È solo che… non voglio dover parlare oggi, capisci?”
 
Fra tutte le risposte possibili, non si aspettava che Draco sbuffasse divertito. Divertimento? L’apocalisse era alle porte.
 
“Vedo che la tua mente sta funzionando secondo i soliti standard.” Ghignò lui, mentre gli occhi grigi brillavano. Se Harry avesse avuto una minima idea riguardo a cosa si stesse riferendo, gli sarebbe saltato addosso solo per la gioia che quelle pozze argentee stavano emanando. Merlino, aveva davvero dei fantastici, bellissimi occhi. “Abbiamo deciso di completare un obiettivo dalla tua lista. Ricordi?”
 
Cosa poteva essere rimasto da fare a Hogsmeade?
 
“…Mi stai… portando a ubriacare?” Chiese, e si accigliò quando il ghigno dell’altro aumentò. “Okay, non ricordo. Dimmelo.”
 
“Indovina.”
 
“Tch, conosco la mia lista a memoria. Non ci vorrà molto.”
 
“Prenditi tutto il tempo che vuoi.”
 
Accidenti a lui.
 
Harry si accigliò, passandoli al setaccio. La maggior parte di loro includeva Hogwarts, o cose babbane. Suppose che avrebbero potuto perdere punti facendo qualche danno grave a Hogsmeade, ma perché rischiare, visto che, a quanto pareva, Draco stava lottando per tenere Harry a scuola?
 
Il Numero Venti? Nah, la Stamberga Strillante non contava.
 
Numero Undici? Storielle da bar, forse?
 
Il Numero Nove era decisamente possibile, ma stando a quanto diceva Draco, era sbagliato.
 
Quando arrivarono ai Tre Manici Di Scopa, quello stronzetto biondo stava sogghignando ormai. Harry non capiva cosa ci trovasse di divertente. Umorismo Serpeverde; non avrebbe mai capito quello strano dialetto. Si era dimenticato qualche obiettivo. Che scandalo.
 
Qual era?
 
Oh.
 
“Merda.”
 
Dudley.
 
.
 
.
 
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Capitolo 31
*** Sabato, Parte B ***


Hola chicos! L'autunno è alle porte e il clima si sta raffreddando, ma ci pensa The List a scaldarci per bene!

Buona Lettura!




Capitolo 31 -  Sabato, Parte B





 
“Perché non me l’hai ricordato?” Chiese Harry per la centesima volta; e non era un’iperbole. Erano lì da un’ora ormai, e osservavano l’ondata di studenti che stava riempiendo il villaggio. Battaglie a palle di neve, risate, una corsa fino all’emporio di Zonko; tutti erano felici. Harry si sentiva come se avesse un groppo alle budella.
 
“Perché, Harry, proprio come ti ho detto l’ultima volta che me l’hai chiesto, approssimativamente trenta secondi fa… è più divertente così.” Harry lanciò un’occhiataccia al biondo compiaciuto, sorseggiando la sua Burrobirra nonostante fossero le nove e mezza del mattino. “Ho una tendenza sistematica che mi porta a cercare di umiliarti quanto più umanamente possibile. È nel mio DNA.”
 
“Molto divertente.” Harry si lasciò cadere sullo schienale della sedia mentre sorseggiava la sua birra. E comunque a che ora arrivava suo cugino? Avevano fissato un punto d’incontro? E soprattutto, come avrebbe fatto ad arrivare lì? Non si ricordava di aver organizzato niente!
 
Merlino, stava per incontrare Dudley, a Hogsmeade. Come sarebbe mai potuta andare male?
 
“E se si portasse dietro Zia Petunia?” Si chiese fra sé e sé, sbattendo la testa sul tavolo. “Non sarà altro che una silenziosa aura di disapprovazione che ci guarderà dall’angolo. Santo Dio, perché non me l’hai ricordato?”
 
“Perché, Harry, proprio come ti ho detto l’ultima volta che me l’hai chiesto, approssimativamente trenta secondi fa… è più divertente così.” Harry alzò la testa abbastanza da rivolgere il dito medio al biondo. La cosa non lo turbò. “Ho una tendenza sistematica che mi porta a cercare di umiliarti quanto più umanamente possibile. È nel mio DNA.”
 
“Molto divertente.”
 
“Correggimi se sbaglio, ma ho una leggera sensazione di déjà vu.” Ghignò, Draco “Mi sento come se avessimo già avuto questa conversazione… approssimativamente ogni trenta secondi. È un loop. Che Merlino ci aiuti; siamo bloccati in un loop temporale.”
 
“Chiama Il Dottore.”
 
 “Non è un Guaritore babbano? Cosa diavolo potrebbe mai fare?”
 
Harry scollò le spalle, quel riferimento era sprecato con lui. Preferì guardare fuori dalla finestra, squadrando la strada per cercare qualcuno con l’andatura a papera. Merlino, perché nessuno gliel’aveva ricordato?
 
“Perché, Harry, proprio come ti ho detto l’ultima volta che me l’hai chiesto-”
 
“Non ho neanche fiatato!”
 
“Lo stavi pensando.” Ghignò Draco, scrollando le spalle. Almeno il suo umore era migliorato con l’aggiunta dell’alcool e il disagio di Harry. “Non vedo cosa ci sia da agitarsi tanto. È un parente. Babbano, purtroppo. Di cosa potresti mai avere paura?”
 
“Non mi fa paura.” Harry ignorò il ‘Sembrava quasi il contrario’ non troppo sussurrato del biondo. “In verità era un tipo a posto l’ultima volta che l’ho incontrato; non è rimasto pietrificato a guardarmi o cose del genere. Mi ha anche offerto una tazza di tè, per ben due volte.” Come se fosse una cosa di cui vantarsi.
 
“Non è un gran problema allora.”
 
“Sarà un disastro. Che diavolo faremo? Ecco a te Dudley, assaggia un po’ d’alcool magico per cercare di ignorare il disagio?”
 
“Sono sicuro che riuscirete a conversare.” Disse pigramente Draco, alzando le sopracciglia. Davvero non capiva che i Dursley non erano… uh, persone creative. Niente di nuovo, niente di strano, niente di divertente. Conducevano le loro vite in modo ordinario; e non c’era nulla di remotamente ordinario a Hogsmeade. Era l’unico villaggio interamente magico, per l’amor del cielo. Invitare i Dursley lì! Perché era stato così stupido? “Dovresti parlare ad alta voce, sai. Anche se ne ho il potere, detesto leggere la mente.”
 
“Sicuro, conversazione.” Scelse di ignorare la parte del ‘leggere la mente’; non voleva che Malfoy si credesse troppo onnipotente.
 
“I tuoi parenti. Avete vissuto nella stessa casa. Vi assomiglierete.”
 
Harry rise senza divertimento; somiglianze con Dudley? Le loro vite a Privet Drive comprendevano esperienze leggermente diverse. Draco alzò un sopracciglio. “Aspetta di conoscerlo… aspetta un attimo, che diavolo ci fai tu qui?”
 
“Sono solo accogliente come sempre.”
 
“Non incontrerai mio cugino.” Harry guardò ancora fuori dalla finestra, ignorando la risata incredula del biondo. “Torna a scuola.” Draco Malfoy, purosangue extraordinaire, che incontrava Dudley? Era ovvio che sarebbe filato tutto liscio come l’olio! Harry era fortunato se Dudley fosse tornato a casa con tutti gli arti. Non c’erano possibilità di mantenerlo illeso.
 
“No.”
 
“No?”
 
“Lo incontrerò.” Lo disse come se non fosse assolutamente strano da parte sua volerlo fare. “Hai programmi per sabato prossimo?”
 
Harry rimase intontito dall’improvviso cambio di conversazione. “Che?”
 
“Sabato prossimo. Hai programmi?”
 
Programmi? A parte starsene tranquillamente seduto a Grimmauld Place, a osservare le pareti e chiedersi se avrebbe avuto la forza o il tempo di provare a denunciare la sua ex-Preside? “Niente in particolare. Non puoi cambiare argom-”
 
“Pensavo che potremmo far visita alla figlia di Simon Harvey. Dopotutto, quella gentilissima Guaritrice non ha rotto il suo giuramento tanto per divertirsi un po’. Ci incontreremo a Londra e andremo a trovarla. Non puoi lasciare questa cosa in sospeso; niente rimpianti, ricordi?” Draco restò a fissarlo con un’espressione incredibilmente seria. Stava facendo programmi per assicurarsi che Harry non si… be’, arrendesse. Sarebbero stati in paesi diversi, eppure continuava a fare programmi per stare insieme? Malfoy non l’avrebbe lasciato scappare così in fretta.
 
Harry deglutì a vuoto, sorseggiando di nuovo la birra solo per non dover guardare quelle iridi grigie; perché Draco avrebbe dovuto spingersi a tanto per lui? Non era niente di speciale. Entrambi sapevano che non sarebbe durata. Eppure eccolo lì, a fare programmi.
 
Gli trasmetteva la sicurezza che non sarebbe dovuto rimanere solo.
 
“Va bene.” Rispose piano Harry, assicurandosi di guardare di nuovo fuori dalla finestra. Non c’era motivo di sorridergli; avrebbe solo gonfiato il suo ego già incredibilmente enorme.
 
“Va bene.” Concordò Draco, con un ghigno nel suo tono di voce. Accidenti a lui, sapeva ogni cosa che passava per la testa di Harry. E lo usava completamente a suo vantaggio, quel bastardo. “Allora, Potty, quando completeremo l’obiettivo Numero Uno?”
 
Complimenti a lui per non aver battuto ciglio mentre Harry sputava la Burrobirra sul tavolo. Balbettò qualcosa, mortificato per aver appena sputato Burrobirra su Malfoy. Quel rapido cambio di conversazione era allarmante, e totalmente pericoloso. “Non ti risponderò mai!”
 
“È solo una domanda.” Ghignò Draco, asciugandosi melodrammaticamente l’unica goccia che era finita sul suo volto. Harry asciugò goffamente la bevanda con il fazzoletto, ma imprecò perché non fece altro che spalmarla dappertutto. Il suo volto era in fiamme. “Non ci credo, stai arrossendo?”
 
“Fottiti.”
 
“Sono sicuro che fottersi è incluso.” Quello stronzo sogghignò quando Harry tornò ad armeggiare goffamente con il suo drink.
 
Harry, che era il ritratto dell’imbarazzo, si guardò rapidamente intorno per assicurarsi che nessuno potesse sentirli. Grazie a Merlino solo poche persone avevano deciso di andare al pub così presto. “Siamo fuori, e stiamo bevendo un bel drink per colazione,” Fu uno sforzo parlare normalmente. “e tu non riesci a comportarti in maniera decente per più di trenta secondi!”
 
“Non ti piacerei se fossi decente.” Draco rise, alzando gli occhi al cielo. Coglione. “È questo il mio fascino. Allora, te lo chiederò di nuovo-”
 
“Non farai niente del genere!”
 
“Quando completeremo l’obiettivo. Numero. Uno?” Harry fu dolorosamente tentato di usare la sua bacchetta. Un piccolo incantesimo non avrebbe fatto male a nessuno; tanto non sarebbe durato ancora per molto comunque. E poi poteva essere una scusa per defilarsi dall’incontro con Dudley. Un triplice vantaggio. “Devo ammettere che sono impaziente di completarlo. Ho già pronte innumerevoli idee.”
 
“Tieni i tuoi pensieri perversi per te.”
 
“Se tu che l’hai messo sulla tua lista.” Draco rise ancora, e Harry per poco non si sciolse. Merlino, doveva ridere più spesso. “È il tuo pensiero perverso. Metterlo al primo posto; birichino. Qualcuno potrebbe quasi pensare che tu sia disperato.” Si piegò verso di lui, godendosi l’imbarazzo di Harry. “Sarei disposto ad aiutarti.”
 
“C’è un pulsante per farti smettere di flirtare?”
 
“Lo ami.” Sorrise. Un autentico sorriso di Draco. “E poi, è una caratteristica permanente.”
 
“Sei un tale idiota.” Harry riuscì a ridere senza sembrare assolutamente disperato. Miracolo.
 
“Non hai risposto alla mia domanda.”
 
“È ora? Farà meglio a esserlo-”
 
“Sono le nove e mezza. Rimarrai qui a bere copiose quantità d’alcool senza pudore per tutta la mattinata.” Harry rise ancora, facendo cozzare la sua bottiglia con quella di Draco prima di bere un altro sorso. Com’era possibile che il biondo tramutasse sempre i suoi stati miserabili in felicità? E tutto nel giro di pochi minuti. Non avrebbe saputo cosa fare senza di lui. “Ora, il piccolo dettaglio di dominare completamente-”
 
“Draco!”
 
“Volevo dire, completare, ovviamente.” Harry scosse la testa. “Completare la tua… lista.  Prima o poi dovremo farlo; gradirei più prima che poi. Oppure lo stavi conservando per ultimo? Se è questo il caso, dovremmo metterci più impegno nel completare gli ultimi rimanenti.”
 
“Sembra proprio che tu ti sia illuso di essere compreso in quell’obiettivo.”
 
“Aw, pensa di essere divertente.” Draco piegò la testa da un lato. “Suppongo che potrei iniziare, e tu saresti costretto a seguirmi.”
 
“Buona fortuna con questo piano-”
 
“Come con l’idea di essere ‘in due posti contemporaneamente’. Quella del silenzio assoluto. E il tatuaggio. E il piercing. E il voto di silenzio-”
 
“E cosa potresti mai fare questa volta?” Harry rise, “intrufolarti nel mio letto?”
 
“Non vedo perché no.” Ghignò Draco. Sorseggiando di nuovo la sua birra. “Dopotutto, il letto è una mia proprietà.”
 
Si comportava come se sarebbe stato un momento programmato, qualche sorta di evento dal tempismo perfetto. Chi mai pianificava sul serio quel genere di cose?
 
“Se sei nervoso, posso tranquillamente insegnarti tutto quello che so.” Draco abbassò la voce, alzando un sopracciglio. “Vuoi una dimostrazione?”
 
Be’ l’incubo era appena diventato realtà, vero?
 
Harry non era mai stato più felice di una distrazione, quando un tonfo pesante riecheggiò nel villaggio. Fortunatamente guardò fuori dalla finestra, ignorando le risate del biondo; riusciva a sentire che era completamente arrossito. Sarebbe stato molto imbarazzante cambiare conversazione; Merlino, parlarne così, all’aperto! Malfoy non aveva neanche un briciolo di pudore.
 
Rimase vagamente sorpreso.
 
Dudley era arrivato.
 
O, più precisamente, era caduto.
 
Colei che lo scortava, Madama Bumb fra tutte le persone, se ne stava fieramente in piedi su quel che rimaneva della neve invernale, schioccando la lingua sul palato e sfoderando la sua bacchetta. Dudley aveva liberato la sua mano dal gomito della donna ed era caduto al suolo vomitando gli avanzi della sua colazione.
 

 
Materializzazione. Ma non potevano scegliere un mezzo di trasporto che non terrorizzasse suo cugino?
 
“Accidenti…” Harry sbatté le palpebre quando Draco si voltò per guardare fuori dalla finestra, le sue sopracciglia svanirono fra i suoi capelli. Sembrava scioccato, genuinamente scioccato.
 
“Stai bene?”
 
“Quello deve essere tuo cugino.” Rispose con risolutezza Draco, poi si voltò a fissare Harry con un ghigno che si faceva strada sulle sue labbra. “La vostra somiglianza è sbalorditiva.”
 
“Ah, ma sta’ zitto.” Harry si spinse via dal tavolo, ignorando l’urlo del suo biondino.
 
“L’hai forse usato come controfigura l’anno scorso?”
 
Sebbene il suo stomaco si stesse contorcendo dolorosamente, si avventurò comunque fuori dal pub. Dudley era entrato in un villaggio magico; era in ginocchio a pochi metri da una scuola di stregoneria. C’erano voluti forza e coraggio per arrivare così lontano; se fosse sopravvissuto alla nausea, sarebbe riuscito a fare qualunque altra cosa.
 
Gli occhi diligenti di Madama Bumb intercettarono quelli di Harry, sorridendo per il sollievo, “Sii grato per aver ereditato la capacità di volare dalla famiglia di tuo padre.” Sembrava severa, ma i suoi occhi stavano brillando per il divertimento. “Io lo sono. Questo povero ragazzo ha quasi avuto una sincope quando ho cercato di fargli usare la Metropolvere, e a me non è permesso di trasportare babbani su un manico di scopa. Non riusciva neanche a vedere il Nottetempo. Non riusciva a vederlo.” Scosse la testa, e fece schioccare la lingua sul palato quando Dudley annaspò, tirandosi di nuovo in piedi, barcollando.
 
Tentò di rivolgere un sorriso a Harry, superando tranquillamente in altezza chiunque nelle vicinanze. Alcuni ragazzini del secondo anno indietreggiarono, fissandolo con gli occhi sgranati.
 
“Il coraggio devi averlo ereditato dalla parte di tua madre.” Continuò, affettuosamente. “Non ha esitato un attimo quando gli ho offerto il mio braccio.”
 
Dudley la guardò come se fosse pazza; Harry provava quasi pietà per lui. non poteva sapere cosa significasse quel gesto. Fra quella pietà, si fece strada il divertimento. Riusciva ad immaginarsi la sua faccia orripilata mentre veniva tirato via dal pavimento.
 
“Tutto bene, Harry?” Chiese la donna, che annuì quando lui tentò di rivolgerle un sorriso. A lavoro concluso, diede una pacca sulla spalla di Dudley per congedarsi; Dudley sobbalzò, ritraendo subito il braccio.
 
Harry sbuffò divertito. “Non lo farà più, finché non te ne vai.”
 
Stranamente, non sembrò sollevato. Anzi, si guardò intorno, confuso dall’enorme quantità di studenti che lo fissavano apertamente.
 
Non era abituato a essere quello strano.
 
“Io… ero a Londra pochi secondi fa…” Disse debolmente, barcollando. “E adesso sono qui. Dove… mi trovo?”
 
“È confidenziale.” Rispose con preoccupazione Harry: se suo cugino fosse svenuto, non sarebbe stato abbastanza forte da trascinarlo dentro. “Vuoi sederti?”
 
Dudley annuì, avanzando precariamente. “I… tubi…” Farfugliò, “Sono stato spinto attraverso delle tubature…”
 
“Uhm, non proprio…”
 
“Io… mi sono teletrasportato?”
 
Harry esitò per un momento, non sapendo come rispondere. Non aveva molta voglia di spiegare al suo cugino babbano come funzionava la materializzazione. Neanche lui capiva a pieno come funzionava la materializzazione, a parte la regola delle tre D. “Sì, ti sei teletrasportato.”
 
“Ma… come?” Fece un altro passo, accigliandosi. “Non è giusto; potete teletrasportarvi?”
 
“E voi potete guidare; sono mezzi di trasporto diversi, Dud.” Harry guardò di nuovo il suo enorme cugino; cavolo, era diventato grande. Si era dovuto piegare per entrare nel pub.
 
“Se avessimo la possibilità di scegliere, nessuno guiderebbe.”
 
“Stai davvero dicendo che preferiresti teletrasportarti piuttosto che guidare? Preferiresti usare mezzi di trasporto magici?”
 
Dudley si limitò a scrollare le spalle, strofinandosi delicatamente una mano sullo stomaco. “È teletrasporto.” Lo disse come se l’enfasi su teletrasporto aggiungesse qualche strano significato alla parola. “Come nei film.”
 
“So cos’è Dudley, è semplicemente…” Era semplicemente strano. Era con un Dursley che stava parlando!
 
Harry scosse la testa confuso, dirigendosi verso il suo tavolo. Malfoy stava sorseggiando la sua birra, un bagliore attraversò i suoi occhi quando si posarono su Dudley. Merlino, l’avrebbe torturato; la sua espressione parlava da sé.
 
“Dudley, vorrei presentarti-”
 
“Tu!”
 
Harry si voltò di scatto, accigliandosi. Chi avrebbe mai potuto conoscere Dudley a Hogsmeade? C’era forse una nuova strega o mago che viveva vicino Privet Drive; forse una nata babbana di cui non sapeva l’esistenza? Ma gli occhi di suo cugino erano sgranati, e il suo dito grassoccio stava puntando oltre la sua spalla.
 
Harry si voltò di nuovo, e rimase a bocca aperta quando Draco rispose in tutta calma, con una leggera espressione confusa sul volto. Innocente, insicuro… la bugia per eccellenza.
 
“Io.”
 
In che razza si universo parallelo era finito? Aveva… stava forse sognando? Aveva forse lanciato una fattura a Malfoy, e questo era il risultato?
 
“Voi vi conoscete?” Riuscì a dire Harry, guardando prima l’uno e poi l’altro. Draco si limitò a sorseggiare di nuovo il suo drink, con lo spettro di un ghigno sul volto. Dudley stava aprendo e chiudendo la bocca come un pesce.
 
“Uhm…” Si interruppe, aveva un’aria decisamente preoccupata mentre si guardava indietro per vedere la porta, l’unica via d’uscita visibile.
 
“Be’?” Chiese piano Draco, con gli occhi che brillavano per il divertimento. “Mi conosci?”
 
Dudley deglutì lentamente, guardando Harry con una tacita conversazione negli occhi. Se solo Harry avesse saputo leggerli metà di come sapeva fare con quelli grigi. “No…” Disse infine, guardandosi intorno per fissare i pochi studenti che osservavano quel siparietto. Dopotutto, non c’era quasi nessuno nel pub a quell’ora del mattino; probabilmente riuscivano a sentire ogni parola. “Io… uhm… allora, come stai, Harry?”
 
Harry sbatté le palpebre, alzando le sopracciglia tanto a lungo da mettere suo cugino a disagio. Entrambi ignorarono i borbottii del biondo.
 
“Buon Dio, non lo credevo possibile. C’è qualcuno che sa cambiare conversazione peggio di Potty…”
 
“Tu stai bene? Bene.” Harry osservò in silenzio Dudley che prendeva posto al tavolo e assottigliava lo sguardo per lanciare al biondo un’occhiata, credendo che Harry non lo notasse. Draco ricambiò lo sguardo con un ghigno.
 
Si conoscevano.
 
“Quindi… uhm…”
 
Harry scivolò accanto a Draco, calciandolo leggermente in segno d’avvertimento. Il suo ghigno non fece altro che aumentare.
 
“…tu stai bene?” Concluse noiosamente Dudley, e scrollò le spalle quando due paia di sopracciglia si alzarono incredule. “Che c’è?”
 
“Sto bene.” Rispose Harry, “Penso che abbiamo già coperto quest’argomento.”
 
“Hai ancora i capelli.”
 
Harry riuscì a non farsi scappare un sussultò. Per poco. “Uhm, Sì… non penso che se ne andranno mai senza combattere.” Si passò goffamente la mano fra i capelli, scrollando le spalle. “Ma… uhm… c’è una differenza fra i babbani, voglio dire, lo sai, le persone normali come te, e, le persone con la m-magia. Ci sono, uhm...” Oh, che Dio lo uccidesse. “Dottori e medicine diverse, e cose del genere.” Perché tutt’ad un tratto era incapace di pronunciare frasi di senso compiuto? Aveva balbettato. Il suo imbarazzo di prima non era niente in confronto all’umiliazione che provava in quel momento; perché era così nervoso?
 
Draco lo fissò con insistenza, con uno sguardo risoluto. Non parlò, ma sfoderò la sua bacchetta, lanciando un Incantesimo Silenziatore sul loro tavolo.
 
Dudley guardò la bacchetta come un falco, e si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo quando fu riposta. Lanciò un altro di quegli sguardi a Harry, supplicandolo quasi di connettersi o parlare telepaticamente con lui. Harry continuò a non avere idea di cosa volesse.
 
“Grazie a Dio.” Sospirò di nuovo Dudley, rabbrividendo. “Le persone spellate mi spaventano un po’.”
 
Harry rimase interdetto, non sapeva come sentirsi; un briciolo di divertimento si stava facendo strada fra il suo imbarazzo. “Qualcosa contro le scottature?”
 
Suo cugino non capì la battuta. “Huh?”
 
Lasciò perdere. “È pelate, Dudley, non spellate.”
 
“…Qual è la differenza?” Harry scosse leggermente la testa, osservando suo cugino scrollare le spalle, ignaro. “Le loro teste sono sempre molto pallide, e be’, hanno una forma strana. Avrei passato tutto il tempo a osservare la tua testa.”
 
“Perché dovrebbe spaventarti?”
 
“Non mi spaventano.” Dudley si accigliò, raddrizzandosi sulla sedia. Adesso sovrastava di molto entrambi, e un cipiglio iniziò a farsi strada sul suo volto. “È solo che… non è normale. Sono contento che tu abbia ancora i capelli.”
 
Ecco.
 
La normalità.
 
Sebbene Dudley stesse cercando di stare al fianco di Harry, i suoi genitori gli avevano inculcato la paura per qualunque cosa fosse anche solo lontanamente strana. O mostruosa, come lui.
 
E anche se la cosa avrebbe dovuto far arrabbiare Harry, o frustrarlo, perché le persone calve, specialmente quelle malate, non perdevano i capelli di proposito, provava solamente… pietà. Pietà per Dudley, e per quello che gli avevano fatto i suoi genitori.
 
Cristo, c’era qualcosa di sbagliato nella mente di Harry.
 
Draco si mosse accanto a lui, e il piccolo spostamento ricordò a Harry che il biondo era ancora lì. Il che era strano perché se ne aveva voglia, Draco era capace di impersonare una statua. Harry non lo guardò; quegli occhi gli stavano ancora mandando dei brividi lungo la schiena, e mentre lo fissavano gli facevano venire la pelle d’oca. A Dudley doveva sembrare strano; il fatto che Draco continuasse a fissare Harry, senza parlare.
 
Infatti, Dudley aveva iniziato a rivolgere strane occhiate al biondo.
 
Improvvisamente, lo sguardo abbandonò il volto di Harry.
 
E questo era terrificante, perché c’era solo un'altra persona al tavolo su cui poteva posarsi.
 
Come previsto, Draco iniziò a fissare Dudley, i suoi gelidi occhi grigi analizzarono pigramente i suoi lineamenti. Quel che era certo, è che non gli piaceva quello che stava guardando.
 
Draco non batté né ciglio, né parlò per un bel po’.
 
Il silenzio cadde sul tavolo, la tensione era quasi soffocante.
 
Dudley era sbiancato; aveva i pugni stretti come se fosse pronto a combattere e, a dire il vero, quell’ipotesi non era tanto sbagliata. Deglutì nervosamente per un paio di volte, non riuscendo a distogliere lo sguardo da quello di Draco; era come se fosse ipnotizzato. Come quelle persone che vedevano una macchina venirgli incontro, senza spostarsi dalla sua traiettoria.
 
“Sai-” La sua voce fu glaciale.
 
“Mi sono dimenticato di offrirti un drink, Dudley.” Harry lo interruppe, velocemente, e si spinse praticamente contro il tavolo nel tentativo di scansare la tempesta imminente. Tirò fuori alcuni spiccioli e li spinse verso suo cugino. “Vai al bar e ordina una Burrobirra. Il nome sembra orribile, ma ti riscalderà, fidati.”
 
“…sono le nove e mezza del mattino.” La voce di Dudley era strozzata, era molto grato di quella distrazione.
 
“Esattamente.”
 
Suo cugino colse l’antifona; si alzò dal tavolo, dirigendosi verso il bar con la strana moneta stretta fra due dita, come se fosse pericolosa. Se aveva notato le occhiate che stava ricevendo da i pochi clienti presenti, non ne dava l’impressione.
 
“Non mi piace.” Disse piano Draco, con un tono freddo. Continuava a fissare il braccio che Harry aveva messo sul tavolo davanti a lui, una patetica barriera per fermare qualunque cosa stesse per accadere. Più precisamente, la distruzione di Dudley.
 
Harry rimosse lentamente la mano. “Non deve piacerti.” Rispose, accigliandosi, “Ma avresti dovuto già capirlo la prima volta che vi siete incontrati.”
 
Quello, almeno, fece tornare un leggero ghigno sul volto dell’altro. “Non parlò molto.”
 
“Cosa gli hai fatto?”
 
“Io? Così mi offendi. Anzi, mi ferisci.” Scherzò, alzando gli occhi al cielo.
 
“Tra un po’ lo farò davvero.”
 
Il suo ghigno crebbe. “Niente di permanente.” Quello però non rispondeva alla sua domanda, vero? “La vera domanda qui è,” Draco piegò la testa da un lato, i suoi occhi brillavano di divertimento. “cos’hai fatto tu a lui? Appena ha scoperto che sono un mago, il che non è stato troppo difficile visto che gli ho ficcato la bacchetta nel naso, ha iniziato a farfugliare cose a caso come un rospo. Mi supplicava. Si è portato velocemente le mani al sedere. Ha detto qualche ridicolosità su una coda di maiale. Hai qualche idea?”
 
“Neanche una.”
 
“Non penso proprio.”
 
Harry era perplesso. Quando aveva avuto il tempo, o il permesso, di andare fino a Londra per incontrare suo cugino?
A meno che non avesse…
 

 
Cristo.
 
“Hai…” Harry si odiò per non essere riuscito a finire la frase senza deglutire. “incontrato anche mia zia?”
 
Gli occhi grigi tornarono immediatamente a fissare i suoi. “No.” Non si sforzò neanche di nascondere il suo sollievo. Draco se la sarebbe proprio spassata se avesse fatto la sua conoscenza. “Ma mi sarebbe piaciuto.”
 
“Ah, un po’ si vince e un po’ si perde.”
 
“Dovrò semplicemente tornare al numero quattro di Privet Drive.”
 
Sebbene Harry sapesse che Draco era riuscito a rintracciare suo cugino, fu uno shock sentirgli pronunciare quell’indirizzo. Draco non avrebbe mai dovuto sapere della casa in quella stradina ordinata, proprio quella e non un’altra. Non sarebbe mai dovuto entrare in quella casa e vedere le foto della famiglia Dursley in bella mostra, chiedendosi dove fossero quelle di Harry. O camminare davanti alle scale, ignaro del sottoscala che di tanto in tanto faceva ancora rabbrividire Harry. O ascoltare le idiozie di suo zio, e sforzarsi di trovare qualche somiglianza fra loro. Soltanto confrontare la corporatura robusta di Dudley e quella mingherlina di Harry avrebbe destato dei dubbi. Draco non avrebbe dovuto sapere niente. Era un segreto che Harry si sarebbe portato fin nella tomba.
 
“Non farlo.” Harry si sforzò di guardarlo negli occhi, ricordando a se stesso che non lo stava supplicando. “Non farlo… e basta.”
 
Perché Draco era così taciturno? Continuava a fissarlo, e a fissarlo, i pensieri gli attraversavano velocemente lo sguardo, tanto che Harry aveva a malapena il tempo di leggerli. Stava riflettendo, e a Harry non piaceva.
 
Dudley prese di nuovo posto, e ruppe la tensione con un sorso di birra, creando uno squilibrio tutto nuovo intorno al tavolo senza neanche rendersene conto. Tossì leggermente, giocherellando con la bottiglia per non restare immobile. E Draco aveva detto che avrebbero trovato argomenti di conversazione. Ha!
 
“Ecco… mamma… lei, uhm, vuole che ti dica che le dispiace per, be’, come si è comportata a Natale.”
 
Harry sbatté le palpebre; tra tutte le conversazioni che potevano affrontare, di certo non si aspettava proprio quella. I Dursley che si scusavano; non poteva essere successo. Avevano ragione, tutti quanti erano nel torto marcio. E Petunia? La Signora Faccio-Finta-Che-Vada-Tutto-Bene, ammetteva le sue colpe? E soprattutto, era stato proprio Dudley a iniziare quella conversazione?
 
“Davvero?” Chiese Harry seccamente, ovviamente incredulo. Se mai, quello esortò Dudley a parlare di più per difendere sua madre. Stranamente. “L’ha detto?”
 
“Sì, lei… be’, non l’ha esattamente detto,” Ah ecco. “Ma so che è così. Io… lei ha pianto, ha sfogliato le vecchie foto di tua… di tua madre, e lei… lei, be’, c’era una foto di te da piccolo, e l’ha fissata per secoli.” Harry si stava ancora riprendendo dal fatto che sua zia tenesse delle foto di sua madre nascoste in giro per casa… ma il fatto che avesse anche una sua foto? Era impossibile.
 
Dudley era completamente arrossito ormai, e fissava attentamente il suo drink. Esternare emozioni e sentimenti non era una cosa semplice per lui; doveva essere difficile. “È successo, uhm, il giorno dopo che te ne sei andato, quindi…” Lasciò la frase a metà. Non aveva davvero bisogno di dire altro.
 
“Allora, questa cosa del cancro-”
 
“Non parliamo di questo.” Harry lo interruppe subito, guardandosi rapidamente intorno. Nessuno avrebbe sentito, con Incantesimo Silenziatore che Draco aveva lanciato intorno a loro, ma la paranoia di Harry ebbe la meglio su di lui. Con la sua fortuna, l’unico studente capace di leggere il labiale sarebbe stato seduto lì in un angolo e avrebbe preso appunti.
 
“Ma…” Deglutì, gesticolando esageratamente mentre cercava le parole adatte. “Non è questo il motivo per cui sono qui? Per… parlare… se tu, uhm, ne hai bisogno.”
 
Draco coprì una risatina con un colpo di tosse, ma Harry lo ignorò completamente.
 
“Grazie per l’offerta… ma non ho bisogno di parlare.”
 
Entrambi ignorarono il versetto divertito di Draco.
 
“Ma… gli opuscoli che ho portato sono pieni di ‘parlare’ e cose del genere.” Dudley si accigliò, iniziando a frugare nella sua borsa. E, per l’orrore di Harry, tirò fuori un mucchio di fogli con uno strano miscuglio di titoli morbosi e generici. ‘Le Cose Da Fare E Non Fare Quando Si Parla Con Un Malato Terminale’, seguito da ‘Cancro: Una Guida Per Idioti,’ e, ‘Quindi Hai Il Cancro!’ Harry si concentrò su quest’ultimo. Era davvero necessario il punto esclamativo? Dava come la sensazione che la prossima frase sarebbe stata ‘non ci pensare’. Punto esclamativo.
 
Draco sbatté una mano sul tavolo, coprendo la maggior parte dei titoli. Un secondo dopo agitò la sua bacchetta, evanescendoli nonostante l’urlo di sorpresa di Dudley.
 
“So che è un argomento doloroso, ma mi permetterò di essere indiscreto; ti sei completamente bevuto quel cazzo di cervello rincoglionito che ti ritrovi?” Ringhiò, facendo roteare la bacchetta fra le dita.
 
Harry non stava ascoltando il loro litigio. Dudley si era scomodato a fare delle ricerche, del tipo sbagliato. Aveva riflettuto sul serio su qualunque patologia pensava che affliggesse Harry.
 
Non se lo aspettava.
 
E non sapeva esattamente come sentirsi.
 
“Sai quanto tempo ci è voluto per rubarli tutti?” Ringhiò Dudley, stringendo i pugni. “Dovrai ripagarmeli.”
 
Tu non li hai pagati.” Draco sbuffò divertito, era il ritratto della calma mentre se ne stava appoggiato allo schienale della sedia, con le braccia incrociate dietro la testa. “Lo considero un dovere verso la società, restituirli.” Ovviamente, non li aveva restituiti. Li aveva solo spediti chi sa dove.
 
“Me li devi.”
 
“E tu mi devi il tempo prezioso che sto sprecando ad ascoltare le tue stupidaggini, e i molti, moltissimi neuroni che si tagliano i polsi che non hanno ogni volta che pronunci una frase in modo incorretto.”
 
“Parla normalmente!”
 
Salazar, dimmi che la tua idiozia pura non è contagiosa. Mi sento sporco anche solo a respirare la tua stessa aria.”
 
Quell’insulto, l’aveva capito. Si alzò in piedi di scatto, sbattendo contro il tavolo e attirando tutti gli sguardi su di loro. “Vuoi vedertela con me fuori?”  Ringhiò, sicuro di sé mentre guardava con malignità il biondo. “Sono più che pronto a pestarti a sangue.”
 
“Guarda un po’, Harry.” Draco ringhiò a sua volta, fingendo un’espressione sorpresa. “Sembra che riesca anche a pensare.” A quanto pareva, quello era il limite di Draco. Harry sospirò fra sé e sé, preferendo sorseggiare la sua birra anziché farsi coinvolgere dalla situazione. Non si era aspettato che i due andassero d’accordo, ma da lì a saltarsi al collo a vicenda per un paio di opuscoli? Erano entrambi matti allo stesso modo.
 
Harry sbuffò divertito; probabilmente a loro non sarebbe piaciuto quel paragone.
 
“Proprio così.” Ringhiò Dudley, piegandosi in avanti sul tavolo con tutta l’intenzione di prendere Draco per il colletto. Harry sospirò ancora, pronto a intervenire. Non ce ne fu bisogno.
 
Draco aveva tranquillamente sfoderato la sua bacchetta, puntandola pigramente verso l’enorme ragazzo di fronde a lui. “Provaci.” Parlò piano, emanando sicurezza. Se solo Harry avesse avuto la bacchetta a portata di mano quando era un ragazzino; avrebbe potuto evitare così tante discussioni. Principalmente di Dudley e Vernon.
 
Dudley sbatté le palpebre, impallidendo nel giro di pochi istanti. Ma non si sedette.
 
“Posso farti bollire il sangue nelle vene con due piccole parole.” Draco non batté ciglio. “Far smettere di incamerare aria ai tuoi polmoni. Posso scaraventarti dall’altra parte della stanza senza una parola, desiderando a malapena che succeda. E questi sono solo incantesimi di riflesso; se avessi solo un momento per pianificare la tua dipartita, potrei essere molto più creativo. E tu vorresti vedertela con me fuori?”
 
A quel punto Harry decise di intervenire; Dudley sembrava sul punto di svenire, stava tremando così tanto. Ovviamente, aveva sviluppato una fobia per la magia, proprio come la sua famiglia. Sperava che la sua paura si limitasse solo a quello; il suo timore. a Harry sarebbe dispiaciuto se avesse sviluppato lo stesso odio di suo padre, o la sua rabbia.
 
“Una semplice coda di maiale sarebbe bastata.” Suggerì, a bassa voce. “Non conosceva la reale entità della magia.”
 
“Dovrebbe.”
 
La situazione era completamente fuori controllo. Per un paio di opuscoli.
 
“Di’ un'altra parola.” Fu tutto quello che Harry disse. Non doveva aggiungere nient’altro; l’immaginazione del biondo avrebbe fatto il resto.
 
L’altro stava già assottigliando lo sguardo. “Non oseresti.”
 
“Ne sei certo?”
 
Si guardarono l’un l’altro per un momento, nessuno dei due voleva arrendersi. Con Dudley, almeno era comprensibile; Draco era una potenziale minaccia, era capace di trasformarlo in un rospo con un solo movimento del polso. E comunque, Harry non capiva cosa volesse Draco da suo cugino. Si rifiutò di distogliere lo sguardo per alcuni momenti carichi di tensione, infine sospirò melodrammaticamente, come se non stesse giudicando Dudley per il suo peso eccessivo o per la sua giacca a vento esageratamente fluorescente.
 
Draco sospirò, riponendo con lentezza la sua bacchetta. “Va bene.” Sebbene fosse l’ultima cosa che volesse fare, lasciò comunque correre, “Sarò gentile con l’imbecille.”
 
“Draco-!”
 
“Va bene. Va bene. Sarò gentile.” Ma stava ancora ghignando. “Dopotutto, Harry, la tua famiglia è la mia famiglia.”
 
Se prima lo stomaco di Harry era un groviglio di nodi, adesso era completamente congelato.
 
Non pensava neanche di riuscire a parlare.
 
Cristo.
 
Sarebbe potuto restare lì a fissare il biondo compiaciuto, sperando che il commento sfuggisse all’attenzione di suo cugino-
 
“Harry,” Dudley era accigliato, e aveva una smorfia d’orrore mentre fissava Draco. “Il tuo amico è fuori di testa.” Oh, grazie a Dio.
 
Harry dovette trattenere il suo evidente sospiro di sollievo, lanciando al biondo un altro calcio d’avvertimento. Non poteva dire cose del genere!  E se Dudley avesse capito? I Dursley non sopportavano la magia; Harry aveva paura di sapere su cos’altro avessero delle strette vedute.
 
Si affrettò a evitare l’argomento che Draco stava sicuramente cercando di toccare nell’unico modo che poteva; un disperato cambio di discorso. “Grazie per… il tempo che hai impiegato a rubare gli o-opuscoli…” E quegli occhi grigi si posarono di nuovo su di lui, confusi come non mai. “Ma… la medicina magica e molto diversa dalla… vostra. La maggior parte delle informazioni non sarebbero… esatte.”
 
“Lo so.” Dudley scrollò le spalle, fissando di nuovo la sua bottiglia. Lanciò uno sguardo agitato a Draco, spostandosi in modo da essere più vicino a Harry che al biondo. “Ma alcuni titoli avevano ‘magia’ al loro interno, ho pensato che fossero collegati, be’, alla tua specie.”
 
“Solo perché contenevano la parola proibita con la lettera ‘m’, non significa che fossero automaticamente collegati a me, Dud.”
 
Dudley scrollò le spalle, cercando di sminuire la sua espressione ferita. Era strano; Dudley si era scomodato a raccogliere informazioni, per… fare cosa? Mostrare che gli importava? “Sono solo degli stupidi opuscoli.”
 
Draco aprì bocca, ma si interruppe all’occhiataccia di Harry. Dudley ci stava provando.
 
“Grazie Big D.”
 
Quello, almeno, portò un sorriso sul suo volto, il primo di quella giornata. Ringhiò, passandosi una mano fra i capelli. “Me ne ero dimenticato.” Ridacchiò, arrossendo di nuovo. “Cristo, ero un ragazzino strano. Pugilato. Cercavo di essere un gangster.” Rise ancora, ignaro di ciò che stava indossando. Se quello non dava l’dea del gangster, Harry non sapeva cos’era capitato alle gang di Little Whinging. “Ricordi Piers? Polkiss? È ancora a capo della sua piccola gang, con i coltelli e tutto. Ma non ce l’hanno con me. Mi permettono di camminare nel loro territorio di notte, da solo.” Si vantò, sembrava ignaro del fatto che né Harry né Draco la trovassero una conquista così grande. “Ho smesso con la boxe, ma potrei ancora batterli tutti, se dovessi.”
 
“…che altro stai facendo?” Dannazione, ma se Dudley ci stava provando, l’avrebbe fatto anche Harry. Se non faceva più boxe, Harry non era sicuro di come suo cugino passasse il tempo. Al momento era più massiccio che grasso.
 
Ma lui scrollò le spalle, finendo il suo drink. “Non molto. C’è una serie televisiva che mi piace. Ho dovuto ripetere un anno a scuola. Questa volta mi sto impegnando di più.”
 
Entrambi ignorarono lo sbuffo divertito di Draco.
 
“Sto… uscendo con una ragazza.” Aggiunse, scollando di nuovo le spalle. “È carina.” Ed era tutto quello che aveva bisogno di sapere, a quanto pareva.
 
“Buon per te, Dudders.”
 
Dudley ridacchiò, scuotendo la testa. “No. Basta.” Ringhiò, arrossendo ancora una volta.
 
“Zuccottino, penso che ne fosse un altro.”
 
“Stai portando a galla la mia infanzia repressa.” Harry era sorpreso che conoscesse una parola come ‘repressa’.
 
“Didino Piccino.”
 
Dopo quello, Dudley scoppiò a ridere, nascondendosi la testa fra le mani. Anche Harry rise, guardando lo stoico Draco. Andiamo, l’ultima doveva essere per forza divertente. Ma Draco a malapena sbuffò, come se fosse annoiato. Quell’idiota.
 
Harry gli diede una spintarella, ma l’unica risposta che ricevette fu un’alzata di sopracciglio. Be’. Ci aveva provato.
 
Tornò con lo sguardo a Dudley, aveva già pronto un altro nome per prenderlo in giro.
 
Ron era in piedi sull’uscio del pub, con gli occhi sgranati.
 
La voce gli morì in gola.
 
Ron fissò perplesso il loro tavolo, i suoi occhi si spostarono da Dudley, di cui ovviamente si ricordava, a Draco, l’ultima persona che si sarebbe immaginato di vedere al tavolo con loro, e infine su Harry…
 
Emanava dolore e confusione.
 
Non c’erano dubbi su cosa stesse facendo Harry in quel momento; stava chiacchierando con il cugino che in teoria avrebbe dovuto odiare. Doveva aver ferito Ron il fatto che un purosangue come Draco incontrasse ufficialmente Dudley prima di lui.
 
Harry si costrinse a guardare di nuovo Dudley. Era la cosa migliore da fare.
 
Doveva esserlo.
 
.
 
.
 
.
 
“Cosa fai per le vacanze?”
 
Harry si accigliò alla domanda, scrollando le spalle. “Perché diavolo vorresti saperlo?”
 
Avevano bevuto cinque birre a testa, godendosi la leggera sensazione di calore che invadeva i loro stomaci. Il pub era più affollato ormai, e ogni tavolo pullulava di studenti che assaporavano il piacere dell’alcool a bassa gradazione. A ogni tavolo, almeno due persone lanciavano sguardi verso quello di Harry.
 
Dudley sembrava più rilassato adesso, meno propenso a svenire o a coinvolgere Draco in una scazzottata. Di tanto in tanto si muoveva ancora a disagio, e lanciava occhiatacce agli studenti che lo osservavano apertamente, ma per la maggior parte del tempo, sembrava accontentarsi di chiacchierare.
 
Draco, allo stesso modo, si era scongelato un po’. Leggermente.
 
Be’, era poggiato pigramente contro lo schienale della sedia, parlava a malapena, ma di tanto in tanto ridacchiava. Era il meglio che Harry si aspettava di ricevere da lui, al momento. Appena Dudley si allontanava per prendere altri drink, parlava come se fossero da soli. Appena tornava, silenzio.
 
Be’, Harry di certo non si aspettava che sbocciasse un’amicizia, no?
 
“Perché non mi sono mai posto il problema di chiedertelo.” Dudley fu piuttosto schietto con quella risposta, sorprendentemente. Era molto più simile a Draco di quanto avrebbe mai ammesso. Se solo fossero riusciti a rendersene conto.
 
Harry scrollò le spalle, il gesto era diventato un riflesso condizionato per ogni risposta. “Quando ero più piccolo, le passavo a casa dei mei amici. Adesso, rimango qui.”
 
“Rimani a scuola?” Dudley lo fissò con orrore. “Sei matto.”
 
“Mi piace.” Si difese Harry, fermando l’ondata imminente di aggettivi come ‘nerd’. “È tranquillo. Il cibo è migliore. Puoi fare quello che vuoi: nessuno lo sa, e a nessuno importa. Hai la biblioteca tutta per te. Il Dormitorio tutto per te.”
 
Quasi tutto per te.” Adesso? Adesso Draco aveva deciso di contribuire alla conversazione, ghignando sotto i baffi in qualità di idiota che non era altro.
 
Harry finse che non ci fosse un doppio senso dietro le sue parole. “Le ultime vacanze sono state piuttosto piacevoli, a dirla tutta.” Forse quello avrebbe tenuto a bada Draco.
 
“Perché non fai più visita ai tuoi amici?” Perché, tra tutte le domande, Dudley doveva scegliere proprio quella? “Quel rosso non era un tuo amico?”
 
Fu uno sforzo non guardare l’imbronciato Ron a pochi tavoli di distanza.  Hermione, Neville e Ginny l’avevano raggiunto e non sembravano particolarmente contenti. “Non siamo in buoni rapporti al momento.” Harry cercò di archiviare la conversazione. “Va tutto bene. E tu-?”
 
“Ti ha mollato?” Chiese indignatamente Dudley, per la sorpresa di entrambi. “Solo perché hai qualcosa che non puoi cambiare? Non siete più amici perché sei malato?”
 
E per l’orrore di Harry, si alzò di nuovo dal tavolo, voltandosi per lanciargli la peggiore delle occhiate. “Gliela faccio vedere io-”
 
“Non è così!” Anche Harry si alzò, frapponendosi tra Dudley e Ron. Maledizione, sicuramente avevano di nuovo gli sguardi di tutti puntati addosso. Forse la Burrobirre aveva più effetto sui babbani che sui maghi? In ogni caso, come prossimo drink, Harry avrebbe preso a suo cugino acqua e zucchero. “Torna a sederti, idiota.”
 
È così.” Disse pigramente Draco, migliorando la situazione. “In tutto e per tutto, ad essere onesti.”
 
“Non è vero.” Harry spinse Dudley per spalle, ma non lo spostò di un centimetro. Ragazzi, era enorme. “Torna a sederti, stai dando nell’occhio.”
 
“Io dico che tu debba prenderlo a pugni.” Continuò Draco, con lo spettro di un ghigno sul volto. “Proprio su quella brutta faccia lentigginosa che si ritrova.”
 
Con quello, almeno, Dudley titubò. Era come se fosse indeciso fra il voler difendere l’onore di suo cugino e ascoltare Draco. Alla fine, fortunatamente, il suo orgoglio ebbe la meglio. Non avrebbe fatto nulla che il biondo gli avesse suggerito.
 
Harry sospirò di sollievo, lanciando un rapido sguardo a un Ron sbigottito. L’unico che non sembrava sorpreso era Neville; non si era mosso di un millimetro, preferì sfogliare quello che sembrava un libro di Erbologia. I bisbigli riempirono velocemente il pub mentre altri cinque anni di stress si aggiunsero alla sua mente esausta.
 
Cristo, Dudley, non puoi andare in giro a minacciare chiunque!” Sibilò Harry, lasciandosi cadere di nuovo accanto a Draco. “La metà di loro ti punterebbero le bacchette prima che tu arrivi dall’altra parte del pub. Come ti aspetteresti di difenderti, esattamente?”
 
“Con la magia.” Rispose schiettamente Dudley, scollando le spalle. “Anche tu devi conoscere qualche incantesimo potente, se sei stato l’unico capace di uccidere quel criminale. Hai la tua bacchetta.” Era sorprendente che Dudley riuscisse a dire parole come ‘magia’ e ‘bacchetta’ senza nient’altro che un brivido.
 
Draco, tuttavia, lanciò un altro sguardo a Harry. “Al momento, non ha la sua bacchetta.”
 
Dudley si limitò ad accigliarsi, e si mosse a disagio quando Draco gli rivolse la parola. Avevano passato ore a ignorarsi apertamente. “Perché no?”
 
“L’ho persa in un a scommessa.” Disse Harry. “È sequestrata finché non completo un obbligo.” Non era neanche lontanamente vicino alla verità, ma Dudley non avrebbe mai potuto saperlo. “Ron e io non siamo più amici perché io ho smesso di frequentare lui, e non il contrario. Quindi se proprio devi prendere a pugni qualcuno, questo sono io, non lui.”
 
“…e che mi dici di lui?”
 
“Cosa?”
 
“Lui è un tuo amico, non è così?” Dudley sembrò disgustato anche solo nel chiederlo, e fece cenno verso Draco, che stava ghignando. “Perché non passi le vacanze a casa sua?”
 
“…Perché non sono invitato.” Che razza di domanda ritardata era quella?
 
“Sei sempre invitato, Harry.”  Disse lentamente Draco, le sue labbra si incurvarono all’insù. “Potresti venire durante la mia sospensione.”
 
Dudley si accigliò, incredulo. “Sei stato sospeso?” Chiese, sbuffando divertito. “Tu?”
 
“Ho chiamato la Preside con un paio nomignoli di troppo.” Draco scrollò le spalle, i suoi occhi non lasciarono mai quelli di Harry. “Sei sempre invitato.” Ripeté. “Vieni lunedì.”
 
“Penso che la tua libertà condizionata sia già abbastanza precaria così com’è.” Rispose tranquillamente Harry, che si irritò quando il biondo alzò gli occhi al cielo, altezzosamente. Neanche la prospettiva di finire ad Azkaban lo intimidiva.
 
“Sei in libertà condizionata?”
 
Draco si voltò verso Dudley, con sguardo deciso. “Ero dalla parte sbagliata durante la guerra.” Disse chiaramente, suonò quasi come una minaccia. L’aveva fatto per avere silenzio, e c’era riuscito. Soddisfatte che Dudley non li avrebbe più interrotti, le iridi grigie ritornarono su Harry. “Lunedì, siamo entrambi liberi.”
 
“Non penso che a tua madre farebbe piacere ospitarmi.” Disse a bassa voce, cercando un veloce cambio di conversazione. Non voleva addentrarsi nelle dinamiche della guerra con Dudley, in quel momento. Le sue insistenti domande sulla materializzazione erano già abbastanza.
 
“Non deve saperlo per forza.” Draco scrollò le spalle, sembrava che l’idea gli andasse bene. Harry dovette scollare evasivamente le spalle; non pensava di essere pronto per avvicinarsi al maniero. L’ultima volta che l’aveva ‘visitato’ ne aveva avuto abbastanza per tutta la vita. Tuttavia, neanche Draco lo considerava casa sua. Era forse un modo velato per chiedergli supporto?
 
“Vedremo.”
 
Sapevano entrambi che era un rifiuto.
 
Fu Dudley a cercare di cambiare conversazione, questa volta.
 
“Uhm… sai, una strana signora sta scrivendo un libro su di te.”
 
Maledettamente Fantastico.
 
“Ci sono già altri libri su di me.” Sospirò Harry, riappoggiandosi allo schienale. “Nessuno mi consulta, ovviamente. Esistono… e basta.”
 
“All’ultima conta, ne erano stati scritti ventitré solo quest’anno.” Draco si spostò in modo da essere più vicino a Harry sulla sedia, le loro braccia si sfioravano tranquillamente. “Ne ha di stalker.”
 
“Non sono stalker, sono paparazzi.”
 
“Se potessi vedere alcune delle foto che ti hanno scattato, anche tu li chiameresti stalker.” Harry dovette reprimere un brivido sentendo quella frase; solo Dio sapeva come avevano fatto a scattare foto quando era in ospedale o a scuola.
 
Dudley si mosse a disagio. “Be’, questa matta è venuta a casa. Ha detto che sta scrivendo la tua biografia autentica, o qualcosa del genere. Non riesco a credere che mamma l’abbia fatta entrare.”
 
“…le hai parlato?” Era come se qualcosa gli stesse attanagliando di nuovo lo stomaco, contorcendolo per causargli quanto più dolore fosse umanamente possibile, c’era qualche strega lì fuori che sapeva dei Dursley? Perché diavolo i Dursley avrebbero dovuto permettere a una strega di entrare in casa loro, o rivolgerle addirittura la parola?
 
“Mamma l’ha fatto. Erano uguali. Sai, pettegole. Voleva solo sapere come sei cresciuto, le cose strane che facevi. Ma ha detto che siete amici.”
 
“…non sono amico di nessuno che scriverebbe un libro su di me.” Vero. Perché Draco era il suo unico compagno al momento, e non si sarebbe scomodato a scrivere un libro su di lui, visto che ce l’aveva davanti in carne e ossa. “Qual era il suo nome?”
 
“Uhm, Rita qualcosa. Aveva degli occhiali orrendi.”
 
Oh, buon Dio.
 
“Cosa le avete detto?”
 
Dudley doveva aver percepito il dolore nella voce di Harry, perché si sbrigò a calmarlo, balbettando parole su parole per la fretta. “No, niente di male, lo giuro. Ho assistito a tutta la scena, ho fatto tacere mamma su alcune cose. Però ha scoperto che sei scappato con la macchina volante. E non preoccuparti, mi sono assicurato che non dicesse una parola sul tuo sottoscala.”
 

 
Non l’aveva detto.
 
Non aveva appena menzionato il sottoscala davanti a Draco.
 
No, non poteva averlo fatto. Avrebbe censurato le sue maledettissime parole.
 
Non si sarebbe assicurato che Rita Skeeter non lo venisse a sapere, per poi farselo scappare adesso.
 
Harry sbatté le palpebre, osservando il volto pallido di Dudley e i suoi occhi sgranati. Lanciò uno sguardo traboccante di panico al biondo, spalancando la bocca come un pesce.
 
Cazzo.
 
“Vuoi vedere il castello, Dudley?” Chiese Harry, mentre si alzava dalla sedia. Dudley lo seguì a ruota, annuendo e correndo quasi verso l’uscita.
 
“Sì, il castello. Mostrami il castello.”
 
Okay, non era così male. Doveva solo trovare una spiegazione, una piccola bugia veloce che non avrebbe insospettito Draco. Perché la loro fuga l’avrebbe decisamente fatto.
 
Harry mise piede nel villaggio, voltandosi esasperatamente verso Dudley.
 
“Mi dispiace, mi è scappato!” Sembrava triste già da sé, come se si vergognasse. “Ci ho pensato molto ultimamente, al fatto che sembrava normale quando eravamo piccoli, ma, ma era sbagliato. Voglio dire-”
 
“Apprezzo il pensiero, Dud, ma mi stai leggermente rovinando la vita in questo momento.” Harry lo tirò via dalla porta, scuotendo la testa. “Non menzionarlo in presenza di Draco. Anzi, in presenza di nessuno.”
 
Dudley annuì velocemente, e sobbalzò quando la porta sbatté dietro un biondo infuriato. Avanzò verso di loro con decisione, accigliandosi leggermente.
 
“Quale sottoscala?” Chiese immediatamente, osservandoli mentre si scambiavano uno sguardo d’avvertimento. Harry era congelato sul posto, non sapeva esattamente come rispondere. Non avevano ancora concordato una risposta, e adesso, sfortunatamente, il suo cervello si stava ammutinando. Si rifiutava di pensare.
 
Dudley non era in condizioni molto migliori. Aveva spalancato la bocca come un pesce finché non era diventato paonazzo, poi, sorprendentemente, disse la più grande stronzata di tutti i tempi. “La sua stanza da letto nel sottoscala.” Era come se la sua bocca fosse bloccata sulla modalità ‘sputa fuori tutto quello che ti passa per la testa’. “Aveva un enorme scorta di porno. Era enorme; e intendo fottutamente enorme. Tutto quello che potresti immaginare. Abbastanza da riempire tutti i cassetti, così i suoi vestiti erano piegati sul pavimento. Tutti sapevano che era lì, ma nessuno lo menzionava. Era troppo di cui sbarazzarsi. Giornaletti, video, e quella fottuta-”
 
Grazie, Dudley.” Harry sentì il suo volto andare in fiamme. “Castello. Adesso.”
 
Preferiva quasi che Draco sapesse che aveva passato tutta l’infanzia chiuso in un sottoscala, piuttosto che credesse che era una specie di adolescente arrapato.
 

 
No, in realtà non era vero.
 
Harry spinse Dudley su per la collina, lanciandogli uno sguardo mortificato. Dudley sembrava umiliato come lui, e scrollò le spalle difensivamente. “Dovevo dire qualcosa.” Sussurrò, e deglutì quando Draco li raggiunse, affiancandoli.
 
Non sembrava divertito.
 
Anzi, la sua maschera era tornata in posizione.
 
Grandioso.
 
Si fecero strada fra le poche rimanenze di neve, in silenzio. Harry avrebbe voluto sprofondare; era meglio lì sotto, che fra due forze opposte di imbarazzo e di furia.
 
Avevano quasi raggiunto la cima della collina quando Dudley su voltò di scatto e iniziò a ridiscenderla.
 
“…uhm Dudley?”
 
Suo cugino esitò, voltandosi indietro con cipiglio. “Che c’è? Non stavamo andando al pub?”
 
“Ti lasciamo visitare il castello.” Harry si accigliò, guardando lo stoico Draco per cercare aiuto. “Siamo già stati al pub.”
 
“Ma… oh, giusto.” Dudley sembrò confuso all’inverosimile mentre tornava indietro, risalendo la collina. Sorpassò Harry e Draco, e si accigliò ancora… per poi voltarsi e iniziare a ridiscenderla.
 
“È la magia anti-babbano.” Disse Draco, gelido. “Sta cercando di attirarlo lontano dal castello.”
 
“Dudley.” Harry afferrò il suo braccio, trascinandolo di nuovo in cima. “Devi vedere il castello.” Fecero solo pochi passi, e suo cugino si ancorò di nuovo al pavimento. “Andiamo da questa parte.”
 
Adesso, sembrava spaventato. Harry sbuffò divertito; doveva avere una strana forma di déjà vu.
 
Ci vollero diversi minuti per trasportare Dudley in cima alla collina, senza nessun aiuto da parte di Draco. Ed ecco Hogwarts, la casa di Harry, in tutto il suo splendore le finestre scintillavano contro il cielo nuvoloso; le cime delle torri erano ancora ricoperte dalla neve del mattino. Merlino, era bello.
 
“Tu… vivi lì dentro?” Harry si accigliò per il tono di Dudley; non sembrava impressionato, piuttosto era orripilato. “Non è… pericoloso?”
 
“Hogwarts ha un incantesimo che repelle i babbani.” Ripeté Draco. “Perderà il suo effetto una volta che saremo entrati.”
 
Harry si ricordò vagamente che Hermione aveva detto qualcosa del genere al quarto anno. “Oh. Cosa vedi, Dudley?”
 
“…un vecchio castello insozzato.”
 
“Non è neanche una parola.” Borbottò Draco dietro di lui, sfoderando di nuovo la bacchetta. Harry lo guardò accigliato, tornando con lo sguardo all’orribile descrizione di Hogwarts.
 
“Ci sono cartelli che… dicono non entrare… Dio, è forse scritto con il sangue?”
 
“È molto meglio all’interno.” Disse Harry, voltandosi per fissare il castello. Poteva facilmente immaginarlo in rovine, data la battaglia dei mesi precedenti. Non voleva vederlo mai più così; Hogwarts si meritava di rimanere bella, per sempre. E anche se non lo l’aveva fatto di proposito, la descrizione di suo cugino lo ferì. “Vuoi vederlo… all’interno?” Perché glielo stava chiedendo? A nessuno avrebbe fatto piacere la presenza di Dudley, e i Serpeverde sarebbero stati mortificati. Era già fortunato che Draco non avesse obliviato quella richiesta dalla sua mente.
 
“…Certo. Se… è importante per te…”
 
“Lo è.” Harry lo afferrò per la giacca, guidandolo giù per la collina. Si interruppe ancora, ma continuò, lentamente. “È casa mia.” Ancora per un altro giorno.
 
Ci misero un’eternità per arrivare al castello.
 
Dudley si fermava ripetutamente, accigliandosi, e cercando di ritornare al villaggio. Diceva di avere altre cose da fare, da vedere, che doveva tornare a casa; avevano percorso a malapena un centinaio di metri, e aveva causato problemi per tutto il tragitto. Un passo sembrava un chilometro.
 
Ed era stremante.
 
Il corpo di Harry bruciava per via dei lividi che ancora dovevano svanire, e ogni volta che l’altro si fermava di scatto, strattonava il suo corpo. Erano successe così tante cose negli ultimi giorni, era stato così spossante. Se la strada verso il castello sarebbe stata dolorosa come gli ultimi cento metri, probabilmente avrebbero dovuto trascinare anche Harry.
 
Harry doveva ammetterlo; gli incantesimi sul castello erano maledettamente potenti.
 
Draco imprecò ad alta voce quando Dudley si voltò nuovamente, accigliandosi. Scosse violentemente la bacchetta, e batté a malapena ciglio quando Dudley inciampò sul nulla, cascando al suolo. Agitò disinvoltamente la bacchetta, lanciandogli un Incantesimo della Pastoia Total-Body. Nel giro di pochi secondi stavano arrancando di nuovo verso il castello con Dudley che fluttuava dietro di loro, molto probabilmente pietrificato.
 
Harry dovette sorridere quando Draco lo guardò di sfuggita; era preoccupato che Harry fosse arrabbiato perché aveva affatturato suo cugino? Gli era grato. “Lo supererà.”
 
“Sfortunatamente.”
 
“Sfortunatamente?”
 
Amerei essere la fonte dei suoi incubi.”
 
“Questa sì che non è una strana perversione, proprio per niente.”
 
Lo spettro di un ghigno apparve di nuovo sul suo volto; si stava rilassando, adesso che Dudley non poteva davvero interromperli. Certo, poteva ancora sentirli, ma non poteva reagire. “Non preoccuparti, Harry, ti farò conoscere tutte le mie perversioni. Alcune non sono spaventose come possono sembrare all’inizio; dovrai essere di larghe vedute.”
 
Harry riuscì solo a sbuffare divertito, e a pregare che Dudley fosse troppo scioccato per ascoltare la loro conversazione. E a cambiare velocemente argomento. “Non pensavo che ti piacesse l’idea di mio cugino all’interno del castello.”
 
“Non mi piace. È raccapricciante.” Ammise Draco, “Ma farà incazzare la McGranitt. E questa è una delle mie priorità maggiori al momento; se farà incazzare quell’impiastro di preside, me lo farò piacere.”
 
Continuarono in silenzio, di tanto in tanto Draco si voltava verso Dudley, come se volesse dimostrargli quanto controllo aveva su di lui. Non era necessario; Dudley vedeva già Draco come qualche sorta di mostro onnipotente uscito dagli incubi dei suoi genitori.
 
Alcuni studenti di passaggio si voltavano a guardarli a bocca aperta. Harry non riusciva proprio a capirne il motivo; non potevano dedurre che era un babbano con un suolo sguardo, e di certo non potevano aspettarsi che loro fossero così indifferenti mentre rapivano una persona. Era come se nessuno si fidasse di loro.
 
La cosa strana, era che non c’era l’ombra di un Serpeverde.
 
All’inizio, Harry non se n’era reso conto. Ma appena si erano avvicinati al castello, la sua nuca aveva iniziato a formicolare. C’era qualcosa che non quadrava nel numero di studenti che passavano di fronte a lui, giocando con la neve e ridendo a crepapelle. Solamente la curiosità di un ragazzo Tassorosso del settimo anno gli mise una pulce nell’orecchio. C’erano molti Grifondoro, qualche Corvonero e un gruppetto di Tassorosso. Neanche l’ombra di un Serpeverde, a parte Draco.
 
Forse Draco li aveva contagiati con la sua rabbia e avevano deciso di passare la giornata all’interno del castello, al calduccio. Lontani dall’ira di Draco.
 
Tutti loro.
 
Ogni singolo Serpeverde.
 

 
Non era neanche lontanamente possibile.
 
“Allora, che fanno oggi tutti gli altri?” chiese Harry appena si avvicinarono alle stravaganti porte d’entrata, lanciando uno sguardo all’impassibile biondo. “Zabini, Parkinson e Nott?”
 
“Non li tengo sotto controllo.” Draco fece cadere Dudley al suolo, e ghignò per il tonfo che fece. “Chiediglielo a cena.” Evitò subito la domanda. Che razza di bugiardo.
 
Dudley fu velocemente liberato dall’incantesimo, quasi come per distrarre Harry.
 
Si tirò in piedi, controllando con agitazione se avesse ancora tutti gli arti, e non qualcuno in più. Harry finse di non vedere suo cugino mentre correva dietro di lui, distanziandosi dal biondo. Sì, era terrorizzato da lui. Ma non gli aveva fatto del male. “Tienilo lontano da me!”
 
“Questo,” Disse Harry, afferrando di nuovo la giacca di Dudley e ignorando la sua frustrazione. “È Hogwarts.”
 
Spinse le porte, trascinando con sé suo cugino.
 
Fortunatamente, non c’erano studenti nell’atrio.
 
Dudley si accigliò, e iniziò a sbattere ripetutamente le palpebre quando l’illusione davanti ai suoi occhi svanì. All’inizio non sembrava vedere molto, ma poi spalancò la bocca e sgranò gli occhi. Rimase a bocca aperta mentre fissava con meraviglia l’atrio.
 
Harry si sentì orgoglioso della sua reazione questa volta. Era davvero magnifico.
 
“Tu…” Dudley si portò una mano alla testa, come se non credesse a quello che vedeva. Le fiaccole sulle pareti, le armature contro un corridoio adiacente, la stravagante rampa di scale dinanzi a lui. “Io sono dovuto andare alla Snobkin, mentre tu venivi qui?”
 
A Harry scappò una risata. Riusciva praticamente a immaginare suo cugino mentre sfoggiava in giro il suo capello di paglia e il suo bastone mentre Harry aveva la sua bacchetta e una scuola come quella.
 
“Cosa… sono quelle…?” Non riuscì a finire la frase mentre si guardava intorno con occhi pieni di stupore. Proprio come Harry, quando era entrato per la prima volta nell’atrio all’età undici anni. Gli sarebbe davvero mancato quel posto. “Cos’altro posso vedere?”
 
“Per prima cosa, andiamo a prendere il Mantello dell’Invisibilità dal tuo baule.” Intervenne Draco, che si diresse verso i sotterranei, aspettandosi che gli altri due lo seguissero. “Non voglio che la gente creda che stia socializzando con lui.”
 
 Era il brivido dell’introdurre di nascosto un babbano lì dentro che a piaceva Draco, proprio sotto il naso della McGranitt. Era una cosa completamente diversa sfoggiare in giro il suddetto babbano; specialmente adesso che era già stato sospeso.
 
“Ma… Mantello dell’Invisibilità?” Dudley aveva l’ara di essere in una fabbrica di cioccolata, circondato da assaggini gratuiti. “Posso averne uno? Come si può mai rendere qualcosa invisibile? Non… non mi state prendendo in giro, vero? Non è uno scherzo, vero?” Cristo.
 
“È vero.” Gli assicurò Harry, mentre seguiva Draco. “È molto raro. E…” Non sapeva nemmeno se fosse della misura adatta per suo cugino, vista la sua statura e via discorrendo.
 
Si diressero verso i sotterranei, Harry ridacchiava per le espressioni di Dudley e i suoi commentini. Sembrava che il castello non lo spaventasse più; anzi, sembrava leggermente invidioso. Si guardava intorno con occhi da cucciolo e faceva una moltitudine di domande che Harry non era più in vena di rispondere. Ma andava bene; se Dudley era euforico, significava che non era spaventato. E forse, e diceva forse, avrebbe trasmesso quel senso di approvazione anche ai suoi genitori. Chi poteva dirlo? Un tempo Petunia approvava la magia; forse avrebbe potuto tornare a farlo.
 
Si fermarono fuori dalla Sala Comune, ma Dudley iniziò ad annaspare come un pesce quando Draco attraversò la parete. Harry non chiese a Dudley se volesse vedere la Sala Comune; avrebbe tirato troppo la corda con Draco; non voleva spingersi troppo oltre.
 
Quindi aspettarono lì fuori, con un imbarazzante silenzio fra le tante, tantissime, domande di Dudley.
 

 
E dei Serpeverde neanche l’ombra.
 
Era legittimo pensare che, fuori dalla Sala Comune Serpeverde, ce ne sarebbero dovuti essere due o tre, dannazione. Nada.
 
C’era sotto qualcosa, e a Harry la cosa non piaceva.
 
“Ecco.” Il mantello fu lanciato verso Dudley, che lo afferrò e per poco non lo lasciò cadere al suo tocco. “Indossalo.”
 
Dudley non aveva mai eseguito un ordine così velocemente.
 
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.
 
Harry sbadigliò mentre si avvicinavano alla Sala Grande, era completamente esausto. Non si realizzava quanto era grande il castello finché non si visitava ogni singola stanza accessibile.
 
Dudley aveva passato il giorno più bello della sua vita; era rimasto esterrefatto davanti alle Scale Mobili, e si era tenuto forte fingendo che il movimento non gli avesse procurato una leggera nausea; tuttavia, aveva squittito per la paura.
 
Aveva praticamente corso davanti alla Stanza delle Necessità, anche se era scettico sulla sua esistenza. Per la delusione di entrambi, la stanza non era apparsa; doveva essere occupata.
 
La Sala Grande fu visitata in silenzio, da sotto il mantello. Non disse una parola nella sala, il che sorprese Harry. Lì, la magia poteva essere vista in tutta la sua bellezza. Le candele fluttuavano sopra le loro teste, illuminando la stanza, che in qualche modo si era incupita per via delle grandi nuvole che avevano oscurato il cielo. Di tanto in tanto i gufi svolazzavano all’interno, in ritardo, per consegnare la posta o rubare il toast di qualcuno. Gli studenti agitavano le loro bacchette, esercitandosi con le magie e incantando il loro cibo. Sperava davvero che quello non avesse niente a che fare con l’orribile scherzo fatto ai Serpeverde pochi giorni prima.
 
Imboccarono un altro corridoio, Harry intendeva mostrare a Dudley il ritratto della Signora Grassa anche se non poteva farlo entrare, ma davanti a loro la McGranitt aveva appena girato l’angolo. Era seguita da alcuni altri membri del personale scolastico e sembravano tutti piuttosto arrabbiati, tanto che li notarono soltanto quando si trovarono faccia a faccia. La Preside, che aveva le labbra strette in una linea sottile, emanava furia allo stato puro. Li aveva osservati entrambi con rabbia prima di sorpassarli con un brusco commento. “Lieta di conoscerla, Signor Dursley.”
 
Ci volle a tutti un minuto per riprendersi.
 
Dudley per poco non era svenuto, circa cinque minuti dopo, quando Mirtilla era sbucata da una parete salutando cupamente Harry. La cosa gli aveva stampato un ghigno sul volto, e sorprendentemente anche su quello di Mirtilla. La ragazza aveva notato un paio di piedi, fluttuando più vicino per attraversare la testa invisibile con una mano. Il freddo doveva averlo sconvolto, visto che Dudley strillò, si strappò il mantello di dosso e corse a razzo dietro Harry, usandolo come uno scudo umano.
 
Harry aveva ridacchiato e rivolto un sorriso al fantasma confuso. Che, a sua volta, aveva sorriso leggermente. Non era più arrabbiato con lei, non così tanto; dopotutto l’aveva aiutato quando Braxton stava male. Era sembrata sinceramente dispiaciuta per quello che aveva fatto e, dopo l’esitazione iniziale, era andata ad avvertire i professori che Harry si stava dissanguando sul pavimento del bagno. Lei… per il tempo in cui Harry gli aveva fatto la promessa era stata un fantasma felice; cantava, si presentava in Sala Grande per la cena e danzava per i corridoi. Se la sua promessa l’avrebbe resa di nuovo felice, avrebbe potuto tranquillamente perdonare la sua esitazione. Si sentiva sola; non poteva avercela con lei per quello, giusto?
 
“La promessa è ancora valida, vero Mirtilla?” Le aveva chiesto a bassa voce, sovrastando Dudley che balbettava qualcosa su fantasmi e mostri. Era la cosa giusta da fare; soprattutto considerando il sorriso che si estese sul volto di Mirtilla. Aveva annuito, ridacchiato e poi era scoppiata in un pianto di gioia, rituffandosi nella parete con un singhiozzo. Be’, e un errore era stato rimediato.
 
Da quel momento, Dudley era rimasto piuttosto vicino a Harry, per suo grande divertimento.
 
Ma ormai era quasi ora di cena, e il via vai di studenti che rientravano da Hogsmeade era terminato. Per Dudley era giunto il momento di tornare a casa. Finalmente.
 
“Devo fare una cosa.” Disse piano Draco, fermando il gruppo proprio fuori dalla Sala Grande. Era stato piuttosto taciturno da quando avevano fatto intrufolare Dudley nel castello e, tutto considerato, anche amichevole. Ma adesso la sua maschera era tornata in posizione e i suoi occhi diventavano sempre più scuri con il passare dei secondi. Afferrò il braccio di Harry come se avesse qualcosa da dirgli.
 
Harry lo seguì, curioso di sapere cosa preoccupasse il biondo.
 
Ma le sue labbra furono catturate da un delicatissimo bacio, che durò fin troppo poco.
 
Rimasero l’uno contro la fronte dell’altro per un istante, entrambi avevano gli occhi chiusi mentre si godevano la semplicità di quel contatto.
 
Harry sentì il cuore balzargli in gola; la sensazione era di sicuro quella lì.
 
Ma in un batter d’occhio si ritrovò da solo, Draco era entrato nella Sala Grande a testa alta, senza curarsi di salutare suo cugin…
 
Harry gelò, e si sforzò di stamparsi un sorriso sulle labbra mentre si voltava, indicando la via d’uscita a suo cugino, che era rimasto a bocca aperta. Draco… quel fottutissimo coglione.
 
“Allora… quale delle due è meglio? Snobkin o Hogwarts?”
 
L’espressione di Dudley era ancora al limite dell’orrore, ma appena aveva menzionato la scuola criminale immaginaria, il suo volto fu invaso dal senso di colpa. Distolse lo sguardo, sbuffando fra sé e sé. “S… sai, è tutto il giorno che voglio dirti una cosa ma con il tuo… amico,” Lanciò a Harry un altro sguardo scandalizzato. “Non… sapevo come… dirlo.”
 
“Non devi dire niente, Dudley.” Harry cercò di mantenere la conversazione priva di cose imbarazzanti da dire per entrambi. “È tutto a posto. Quello stronzo ha una tendenza naturale ad essere d’impiccio.”
 
“No, ma… mi dispiace di aver menzionato il sottoscala, prima… è stato davvero un incidente. È solo che… ci penso sempre.” Tenne testardamente lo sguardo davanti a sé piuttosto che su Harry. “Non era normale, la cosa mi… mi disgusta. Mi… dispiace, per tutto.”
 
“Non… eri tu a mettermi lì dentro, Dudley.” Tentò ancora Harry scrollando le spalle, anche lui fissava davanti a sé. Merlino, quella situazione era orribile. “Non devi-”
 
“Mi sto scusando da parte di mia madre, e anche di mio padre. Per il loro comportamento.” Si voltò, bloccando la strada e costringendo Harry a guardarlo. “Tu… mi hai salvato la vita, Harry, con i dissennatori… e, e be’, ho visto in quanti guai ti sei cacciato, con la scuola e tutto, ma lo hai fatto comunque, e, io ti ho sempre trattato come una merda, e mamma e papà ti trattavano come un verme, e…”
 
“È acqua passata, Dudley.” Harry si sentì un verme in quel momento, ma doveva sviare la conversazione su… un altro argomento. Non era colpa di Dudley, e Harry non era arrabbiato con lui. Non c’era motivo di rinvangare il passato ormai. “Dimenticatene. Io l’ho fatto.”
 
Si fissarono l’un l’altro per un istante, nessuno dei due pronto ad arrendersi. Alla fine, Dudley abbassò lo sguardo, quindi Harry lo sorpassò, continuando il tragitto verso Hogsmeade. Aveva passato una bella giornata; era stato un piacevole cambiamento di routine. Non voleva che venisse rovinata da qualche stupido esame di coscienza e delle scuse sentite. Non avrebbero comunque cambiato il fatto che ormai doveva sorbirsi i sospetti di Draco.
 
“Perché non vuoi parlare di… nulla?”
 
Cosa?
 
Harry scambiò uno sguardo con suo cugino, e sospirò quando questi aggrottò le sopracciglia, incrociando indignatamente le braccia contro il petto. “Non vuoi parlare del cancro, non vuoi parlare del nostro passato, del sottoscala, ovviamente non vuoi parlare neanche del fatto che il tuo amico ti ha appena limonato, né nel fatto che i tuoi amici ti hanno scaricato; tutti gli opuscoli dicono che parlare fa bene, che significa accettare-”
 
“Forse non voglio accettarlo.” Harry ringhiò, e si sentì piuttosto soddisfatto quando l’espressione di Dudley diventò diffidente. “Accettazione significa sconfitta, Dudley. Significa arrendersi. Forse io non voglio perdere quel poco che ho. Cazzo, lo so che non sopravvivrò; ma mi farei dannare piuttosto che accettarlo!”
 
Dudley si limitò a fissalo mentre prendeva un respiro profondo, calmandosi. A quel punto la rabbia non sarebbe più dovuta trapelare. Pensava di aver raggiunto un maledetto stato di indifferenza!
 
Continuarono in silenzio, finché Harry non ritenne di aver riacquistato il suo autocontrollo. “Grazie, comunque… per essertene fregato qualcosa ed essere venuto qui.” Si sforzò di mantenere il contatto visivo. “Dico sul serio. Grazie.”
 
“Be’, sei mio cugino.” Dudley scrollò ancora le spalle, “E mi sentivo male per… delle cose.” Rivolse un altro sguardo a Harry, e alzò le mani in segno di resa quando questi gli lanciò un’occhiataccia. “…Io… anche la tua scuola non è niente male. Non è così pericolosa come crede qualcuno.”
 
Molto più sicura di San Bruto.”
 
Dudley sbuffò divertito, scuotendo la testa. “Però il tuo amico è matto da legare.”
 
Gli scappò una risata per quell’osservazione. Matto da legare. Non gli rendeva giustizia. “Non è male.”
 
“Mi ha fatto levitare. Non riuscivo a muovermi. Non… non è vero che può farmi bollire il sangue e stronzate del genere, giusto?”
 
“Assolutamente no, Dudley. Non glielo permetterei.” Harry non gli lasciò dire un’altra parola. “L’hai incontrato prima di adesso; quando?”
 
Dudley per poco non inciampò quando gli pose quella domanda, sospirando di sollievo. “Ha fatto irruzione in casa nostra, ecco come!” Harry non gli fece notare che aveva chiesto quando, non come. “Mi ha ficcato la bacchetta nel naso! Mi ha detto…”
 
“Cosa?”
 
“…non importa.”
 
Oh, no. Non avrebbe chiuso la bocca adesso! “Non è qui, dimmelo e basta.”
 
“Ha… detto che se te l’avessi detto, l’avrebbe saputo, mi avrebbe dato la caccia e mi avrebbe riattaccato la coda. Io… io… non rivoglio la coda, Harry.” Sembrava sinceramente preoccupato. “Mi ha lanciato un incantesimo che indica la mia posizione ventiquattro ore su ventiquattro.”
 
“Dudley, non esiste nulla del genere!” Sospirò Harry, in preda all’esasperazione. Accidenti a quel biondino! “E non lo verrà mai a sapere, te lo assicuro.”
 
“Dopo quello che ho visto oggi, non ho altra scelta che credergli.” Disse saggiamente Dudley, un tantino seccato. “Furetto che non è altro.”
 
Girarono l’angolo, salutando con un cenno del capo Madama Bumb, che rivolse loro un sorriso a trentadue denti. Si avvicinò a loro, canticchiando a bassa voce.
 
“È la tua ultima occasione, Dudley.”
 
“Preferirei rimanere senza coda.”
 
Harry restò a guardare con divertimento Madama Bumb che li raggiungeva, protendendo di nuovo il braccio. Dudley sembrava terrorizzato per ciò che si prospettava; la sua mano tremò mentre avanzava.
 
Ci fu un forte schiocco, e i due scomparvero.
 
Harry rimase immobile, e sospirò. Che giornata.
 
Ma almeno ci avevano provato.
 
Non aveva nessuna voglia di tornare al castello.
 
A ‘casa’ sua.
 
Preferì dirigersi alla Testa di Porco, con il cuore stretto in una morsa e la mente vuota.
 
.
 
.
 
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4. Riconciliarsi con i Dursley
 
.
 
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.
 
Harry raggiunse il castello più tardi del previsto; non era particolarmente affamato, ma poteva comunque tentare di mandar giù qualcosa. Non c’era molto chiasso, fortunatamente. La maggior parte degli studenti doveva essere a letto.
 
Harry entrò nella Sala Grande e gelò.
 
La maggior parte dei tavoli era rimasta piena di studenti, che borbottavano mentre divoravano i loro dessert. La maggior parte; al tavolo Serpeverde era seduto solo il biondo, proprio nel mezzo.
 
La Sala era quasi in silenzio.
 
Harry restò a guardare.
 
Draco se ne stava lì seduto con aria tronfia e compiaciuta. Era l’unico a non lanciare occhiatine nervose al tavolo dei professori o in giro per la stanza. Era l’unico a non essere preoccupato. Qualunque cosa stesse succedendo, era opera di Draco.
 
Harry avanzò, ignorando i bisbigli e le occhiate. Era quasi un riflesso condizionato ormai.
 
Si lasciò cadere sulla panca, tirando a sé la torta che Draco gli aveva conservato. “Dudley ti saluta.”
 
“Ci scommetto.”
 
“Non sai ancora dove sono Zabini, Parkinson e Nott?”
 
“Non ne ho la più pallida idea.”
 
Harry scrollò le spalle, affondando la forchetta nella sua torta. Melassa. Deliziosa.
 
“E ovviamente, tu non hai niente a che fare con tutto questo.”
 
“Con cosa?” Oh sì, perché succedeva tutti i giorni che un’intera tavolata rimanesse completamente vuota. Infatti era così comune che le altre case avevano finito di mangiare ed erano rimaste lì per attendere l’arrivo della tempesta. Ma Draco non sembrava turbato.
 
Quindi, sul serio, cosa c’era da temere?
 
Harry si fidava di lui.
 
Mangiò la sua torta in silenzio, e quando la finì se ne andarono in silenzio.
 
.
 
.
 
.
 
La Sala Comune Serpeverde era vuota.
 
“Okay, cosa diavolo sta succedendo?” Chiese Harry, che si bloccò subito dopo essere entrato. “Dove sono tutti?”
 
“Ho passato tutto il giorno con te,” Disse flemmaticamente Draco, scrollando le spalle. “Devo forse controllare i movimenti di tutta la mia casa?”
 
“E non sei preoccupato?”
 
“Sanno badare a loro stessi.”
 
“Non fanno nulla se non sei tu a ordinarlo.”
 
Draco lo osservò dopo quell’affermazione, e ghignò. Se non altro, la cosa lo tirava immensamente su di morale. “Ad ogni modo, sono esterrefatto proprio quanto te.”
 
Uh-huh.
 
Harry lo seguì a-
 
Cosa diavolo era quello?
 
C’era una boccetta sul tavolino del caffè, e conteneva la solita torbida pozione marrone.
 
Harry afferrò il bigliettino, accigliandosi.
 
Potter, hai dimenticato di prendere questa oggi.
 
Qualcun altro lo sapeva.
 
E, sorprendentemente, la cosa non lo scioccava. Non ci fu panico, né una caccia all’uomo, né suppliche e nessun esaurimento nervoso.
 
Era stata una lunga settimana.
 
Quindi, Harry si raggomitolò accanto a Draco sul divano, circondato dalla vaniglia. Un braccio si posò sulla sua spalla, per trattenerlo lì. Delle labbra si posarono sulla sua fronte.
 
Ed è così che rimasero finché le misteriose profondità del lago non si illuminarono delle prime luci dell’alba.
 

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Capitolo 32
*** Invincibili ***



Capitolo Trentadue – Invincibili


 
Harry per poco non sospirò quando Draco si mosse alle sue spalle; si stava svegliando, il che significava che ben presto Harry avrebbe dovuto lasciare il suo piccolo angolo di paradiso. Era circondato dall’essenza pura di Draco, un braccio era poggiato pesantemente sulla sua spalla, e i piccoli palpiti che tradivano l’illusoria assenza del cuore del biondo riecheggiavano nel suo orecchio. Non voleva muoversi.
 
Quella maledetta pozione se ne stava beffardamente sul tavolino.
 
Non voleva prenderla.
 
Sul serio, che senso aveva?
 
Un’abbondante dose di pozione al sapore di immondizia, per fare… cosa?
 
Stabilizzare precariamente la sua incontrollabile e inutile magia?
 
Una volta espulso, non avrebbe mai più preso quell’orrido intruglio.
 
Draco si mosse ancora, e ringhiò mentre si stiracchiava. Probabilmente aveva il fianco dolorante, visto che Harry c’era rimasto attaccato per tutta la notte. Nonostante questo, non si sforzò di muovere un dito.
 
“Mi sento come se qualcuno mi abbia punzecchiato la schiena per tutta la notte.” Borbottò Draco, sospirando. “Merlino, il mio collo non è in condizioni migliori.”
 
“Non riesco a sentirmi il braccio destro. Si è addormentato verso mezzanotte.” Rispose Harry, sentendo Draco immobilizzarsi. La voce di Harry era vigile, sveglia. Ovviamente, era dovuto al fatto che non aveva dormito per tutta la notte e non che si era svegliato ore prima. “E mi formicolano i piedi.”
 
“Suppongo che dovremmo alzarci.” Nonostante questo, nessuno dei due si mosse.
 
Il carbone nel camino era bruciato fino a diventare cenere, eppure nessun elfo si era avvicinato per rimuoverla. Dovevano essersi accorti che Harry era sveglio, sfortunatamente. A Harry non sarebbero dispiaciute due chiacchiere.
 
“È quasi ora di colazione.” Aggiunse Harry. Erano passate quasi ventiquattro ore dall’ultima volta che aveva visto un Serpeverde, dall’ultima colazione. Forse oggi sarebbero miracolosamente tornati?
 
Rimasero sul divano.
 
Dopotutto, era bello ascoltare il battito di Draco.
 
.
 
.
 
.
 
Alla fine, dovettero affrontare il mondo. Anche se nessuno dei due ne aveva voglia.
 
Draco si assicurò di tenere d’occhio Harry mentre si preparavano per la giornata; il moro continuava a sospirare, a fermarsi, e si era incantato un paio di volte; la cosa non faceva presagire nulla di buono.  L’ultima volta che Harry era così esausto, si era rifiutato di punto in bianco di andare a sottoporsi al trattamento. Non gli era permesso di raggiungere di nuovo quello stato.
 
“Mi sbagliavo, sai?” Quello sì che catturò l’attenzione di Harry; quell’idiota alzò perfino un sopracciglio, scioccato. E faceva bene ad esserlo; i Malfoy non ammettevano i rari errori che commettevano, dopotutto. “Non c’era conversazione, ieri, che tu potessi intraprendere con quella balena di un babbano. Era rozzo, analfabeta, e spero con tutta l’anima che i tuoi figli ereditino solo i tuoi geni paterni.”
 
Harry sbuffò divertito e i suoi occhi tornarono a brillare di vita. “Ho tentato di avvertirti.”
 
“Quello che tu mi hai dato non era l’avvertimento adatto. La prossima volta, fammi sedere, guardami negli occhi e schiaffeggiami un paio di volte se credo che tu stia esagerando. Perché, fidati, d’ora in poi prenderò ogni frase che proferisci e cambierò il suo livello di rilevanza moltiplicandolo per dieci. Ecco quanto hai fatto sembrare non-esagerato tuo cugino.”
 
“Uh-huh-” Sorpresa. Bene.
 
“Era come cercare di comunicare con un elfo domestico.”
 
“A me piace parlare con gli elfi domestici.”
 
“Questo è sicuramente perché hai avuto molto tempo per esercitarti.”
 
Harry rise, scuotendo tranquillamente la testa. Pensava che stesse scherzando.
 
“Era da tempo che non si comportava in modo così gentile. Anzi, non l’ha mai fatto. Devi dargli almeno questo merito.”
 
“Non avrà nulla da me.” Draco tentò di sembrare offeso, nonostante il sorriso che si stava facendo strada sul suo volto. “Fatta eccezione per qualche piccolo avvertimento.”
 
“Sì, mi ha parlato della tua minaccia.”
 
“Be’, allora suppongo che si meriti la coda che riceverà lunedì pomeriggio.”
 
I bisbigli divamparono non appena fecero il loro ingresso nella Sala Grande, proprio come s’intendeva che facessero. Il tavolo Serpeverde continuava a essere vuoto.
 
Doveva ammettere che era leggermente colpito. Quale altra casa avrebbe sgomberato la sede su una sua semplice richiesta? Si poteva pensare che i ragazzi del settimo anno, ribelli com’erano, avrebbero fatto un po’ di resistenza. Anche quelli del sesto tentavano di tirare la corda più del dovuto. Ma il tavolo era vuoto.
 
Stavano rischiando il loro posto a Hogwarts.
 
E ancora peggio, stavano rischiando l’ira dei loro genitori; specialmente quando la McGranitt li avrebbe avvisati della loro sparizione.
 
Si domandò di sfuggita chi avesse architettato la struttura del loro nascondiglio; sicuramente uno degli studenti più brillanti; non riusciva ad immaginarli accalcati in una stanza per una notte intera. Be’, ci riusciva, ma non voleva immaginare il loro umore quando sarebbero stati liberi, se mai lo sarebbero stati. Avrebbero cercato vendetta, e la maggior parte degli occhi sarebbe caduta sull’ideatore del piano.
 
C’era un limite alle colpe che poteva scaricare su Blaise.
 
“La coda è stata un incidente.”
 
“Quindi lo ammetti?”
 
“Non sono stato io; è stato Hagrid, se proprio vuoi saperlo. L’incantesimo non ha funzionato proprio come avrebbe dovuto.” Ah, era ovvio che fosse opera di quel babbeo. Non poteva puntare quel maledetto ombrello senza dare fuoco alla sua capanna.
 
Se solo avesse potuto dirlo ad alta voce, davanti a Harry.
 
Ma stranamente, a lui non dispiaceva la sua compagnia.
 
Harry gli lanciò uno sguardo d’avvertimento, come se conoscesse i pensieri di Draco. Impossibile con il suo livello di addestramento. Tuttavia, Draco rafforzò la sua mente; nessuno sarebbe entrato nella sua testa.
 
Specialmente Harry; sarebbe scappato se avesse scoperto quanto spazio occupava.
 
Harry canticchiò a bassa voce mentre tirava a sé qualche toast, osservando il tavolo con un leggero solco sulla fronte. Ovviamente era curioso, se non puramente preoccupato, dell’assenza della Casa più importante. Sebbene, con ogni probabilità, non si considerasse un Serpeverde, stava sicuramente agendo da tale. Ignorava le occhiate, faceva battute orrende mentre mangiavano e trattava con noncuranza quella strana situazione come se fosse parte del curioso schema; perché Draco non aveva mai notato il Serpeverde che era in lui prima di allora?
 
Avrebbero potuto avere più tempo.
 
“Vedi,” Ghignò Draco, “Data la tua distinta mancanza di adeguate esagerazioni, devo dedurne che Hagrid abbia completamente mandato a puttane l’incantesimo; avrebbe dovuto accendere le luci, e invece ha trasformato tuo cugino in una mezza mostruosità adatta solo per il circo dei fenomeni da baraccone.”
 
Harry rise. “Non è andata proprio così.”
 
“Questo, con il mio nuovo sistema, si traduce con il fatto che è andata proprio così. Draco, hai colpito nel segno.”
 
“Uh-huh.”
 
“Concordo in pieno con lei, onnipotente signore.”
 
“Adesso puoi anche smetterla.”
 
“Non la smetterò mai.”
 
“Sei un tale coglione.” Rise Harry, scuotendo il capo. Il divertimento stava sostituendo la stanchezza. La notavi solo se scavavi nei suoi occhi, una spossatezza che non poteva essere completamente celata. Andava meglio.
 
“Harry,” Draco ghignò, alzando le sopracciglia, “Quello in cui si traduce quella frase è… non puoi dire quelle parole in pubblico. La gente crederebbe che sei qualche sorta di maniaco sessuale. Sai? Uno di quelli con un’enorme scorta di porno nella propria camera da letto. Uno di quei teenager affamati di sesso con le loro bambole gonfiabili e simili; di quelli con povere famiglie che riescono a sentire i cardini del letto scricchiolare mentre continuano a sorseggiare il loro te e a far finta di non sapere che il proprio nipote si sta strofinando contro-”
 
“Oh, santo Dio.”
 
Non riuscì a trattenersi; sebbene fosse nella Sala Grande, e sotto gli occhi della maggior parte della nauseante popolazione studentesca, Draco scoppiò a ridere. La maschera si spostò.
 
Harry era mortificato.
 
Aveva il volto di un rosso acceso, fino alla punta delle orecchie. Non riusciva nemmeno a guardare Draco. Era fantastico.
 
“Ucciderò Dudley.” Borbottò, coprendosi il volto con le mani come per creare una patetica barriera. Perché Draco non poteva vederlo se lui non poteva vedere Draco, ovviamente. “In modo doloroso.”
 
“Sono curioso,” Sogghignò Draco osservando Harry mentre si muoveva a disagio sulla sedia. Merlino, era davvero imbarazzante per lui. “I giornaletti. Avevi una collezione di ‘Bazooka’s’, oppure di ‘Chiappe’?’ Perché a seconda della tua risposta la nostra relazione potrebbe essere ad un punto morto.”
 
“Nessuna delle due.”
 
“Non mi sorprende che sia il Numero Uno sulla tua lista.”
 
Harry gemette, orripilato. “Non è vero.”
 
“Giornaletti magici o babbani? Ho sentito dire che sono due esperienze completamente differenti. Ci sono certi incantesimi sui giornaletti magici che migliorano l’esperienza.”
 
“Draco-”
 
“E un intero sottoscala. Merlino, e io che credevo che fossi timido.”
 
Era deciso. Draco gli avrebbe ordinato il porno più ridicolo che sarebbe riuscito a trovare.
 
“Draco.” Anche se quella tortura era divertente, permise a Harry di dire qualcosa in sua difesa. “Non è vero. Dudley se l’è inventato.” Suonava come se quello fosse tutto ciò che servisse per tenere a bada un Malfoy. Piccolo e ingenuo Harry.
 
“Se è vero che stava mentendo,” Rispose lentamente, sorseggiando il succo unicamente per accrescere la tensione. “Allora cosa c’era davvero in questo famoso sottoscala?”
 
E a quel punto apparve il terrore vero e proprio.
 
Harry gelò per un momento, poi si costrinse a stamparsi in faccia quel ridicolo sorriso forzato, evitando ogni domanda. Quel momento di esitazione, tuttavia, rivelò molto più di quanto potesse fare qualunque delle flebili scuse che erano sicuramente in procinto di arrivare. Aveva distolto lo sguardo, evitando quello di Draco. Il tremolio alle mani, come se volessero chiudersi a pugno. L’imbarazzo, e ancora peggio, la vergogna che riuscì a trasparire prima di essere repressa con forzata obbedienza.
 
Oh, sì, quel sottoscala era un argomento che andava affrontato.
 
“Ognuno ha i suoi segreti.” Riuscì a sembrare perfettamente convinto di quella spiegazione.
 
“Non i fidanzati.” Harry si voltò verso di lui con le sopracciglia alzate. Idiota. “Non voglio che scheletri di cui non ero a conoscenza saltino fuori nei momenti meno opportuni. I segreti in un matrimonio sono solamente ostacoli.”
 
“Stai di nuovo leggendo il Settimanale delle Streghe? Te l’ho già detto, Draco, non fa bene alla tua salute.”
 
“Non ti giudicherò.”
 
Ebbe l’audacia di sbuffare divertito. “Sei la persona più ipercritica che conosca! L’altro giorno hai fatto cambiare d’abito Parkinson perché non ti piaceva il suo maglione!”
 
“La faceva sembrare sgraziata; l’ho fatto solo per aiutare un’amica. E lei lo sa bene.”
 
“Ripetimi, cos’è che pensavi di Dudley? Che non era meglio di un elfo domestico?”
 
“Ma hai ascoltato tutte le idiozie che ha elargito? È fortunato che abbia fatto quel paragone; diretto a lui, era un complimento.” Drago osservò Harry ridere e scuotere il capo. Tornò alla sua colazione senza pensarci due volte. Lo sapeva che Draco aveva una memoria migliore di quella di un pesce rosso, vero? “Non ti giudicherò.” Gli occhi verdi divennero circospetti. “Se riesco a sopportare i tuoi stati umorali, i tuoi occhiali assolutamente ributtanti e il fatto che hai questo sciocco senso intrinseco del giusto e dello sbagliato, penso di poter sopportare qualcosa su un semplice sottoscala senza giudicare.”
 
“Lascia perdere, Draco.” Cercò addirittura di sorridere. “Non è niente di importante.”
 
“Sai, non dovresti parlare con la bocca piena di bugie. È piuttosto sgradevole.”
 
Era una soddisfazione vedere Harry balbettare con immeritata indignazione. Che durò particolarmente poco, tuttavia, visto che Lunatica Lovegood prese posto al tavolo, di fronte a loro.
 
Se non fosse stato inverosimile per un Malfoy, avrebbe spalancato la bocca. Luna Lovegood; sbadata, con qualche rotella fuori posto, con una collana fatta di maledettissimi tappi, era seduta dinanzi a lui.
 
Sorrise luminosamente a Harry, e rivolse quella stessa espressione felice a lui subito dopo. Come se non stesse sorridendo al proprietario dei sotterranei in cui era stata torturata.
 
“Ho pensato che a voi due servisse un’amica,” Propose con quel suo tono sognante e in un certo senso disorientato. Suonava come se nemmeno lei sapesse perché era lì. Draco non la biasimava. “visto che i vostri sembrano mancare all’appello.” E con questo, si servì la colazione. A quanto pareva, era deciso.
 
Una veloce occhiata a Harry gli rivelò che lui non era in condizioni migliori; semmai sembrava leggermente in pena.
 
Merlino, qualcun avrebbe dovuto scattare una foto a quella scena; Harry Potter e Draco Malfoy sconcertati dal conversare con una ragazza.
 
Neanche lei proferì parola. Si limitò a posizionare frittelle di patate e salsicce sul suo piatto, schiacciandole insieme per formare una sostanza appiccicosa, come se sembrasse lontanamente appetibile. Entrambi restarono a guardarla con orrore mentre spalmava quel pastrocchio su un toast e lo mordeva, apprezzandone il sapore con un sorriso.
 
“Perché non mangi, Harry?” Chiese lei, esitando prima di dare un altro morso. Non sembrava preoccuparsi del fatto che i suoi capelli erano a pochi centimetri di distanza dal quell’intruglio. “Hai bisogno di mangiare per tenerti in forze. I Gorgosprizzi non se ne andranno da soli, giusto? La tua testa ne è piena; peggio dell’anno scorso, quando stavi per addentrarti nella foresta. I pensieri felici costituiscono solo una parte di quello che elimina l’infestazione.”
 

 
Un Gorgosprizzo? Era forse qualche sorta di creatura magica a cui non aveva prestato attenzione durante le lezioni?”
 
 
Fu abbastanza per curare Harry. Le sue labbra si contrassero, come se stesse trattenendo un sorriso. “Ho un problema con loro, non è vero?” Rispose affettuosamente. “Te la passi bene, Luna?”
 
“Mi sono sentita un po’ sola.” Rispose, con brutale onestà. “Ginny ha molti nuovi amici quest’anno; non penso che intendesse dimenticarsi di me, ma ti ho difeso quando rilasciarono quell’articolo bizzarro, e a lei non è piaciuto. L’ho incorniciato sopra la mia testa; mi fa sempre ridere.”
 
Poté solo supporre che si trattasse dell’articolo del fidanzamento.
 
“È evidente che tieni in mano una moneta; alcune delle cose che vengono stampate da quei giornali sono pura e semplice spazzatura.” Ridacchiò leggermente, e diede un altro morso alla sua colazione pasticciata. Draco guardò Harry quando questi sbuffò divertito; non capiva cosa ci fosse da ridere. La maggior parte dei giornali era completa spazzatura.
 
“Sto passando del tempo con Hermione; si concentra molto sullo studio, e sulle teorie complottiste su di te. Alcune sono un po’ ridicole, ma ha bisogno di qualche ispirazione creativa, quindi la incoraggio. Dovremmo riaprire il club dei duellanti.”
 
Non sembrava che ci sperasse. Semmai, sembrava che avesse semplicemente detto quello che le era passato per la testa. Strana ragazza.
 
E, come se l’avesse sentito, posò i suoi occhi da gufo su di lui.
 
“Penso di aver rotto il tuo amico, Harry. Stai bene, Draco?”
 
Lei…
 
Draco non capiva.
 
Quella ragazza era stata rinchiusa nei sotterranei della sua famiglia.
 
Aveva visto persone entrare in quel posto orribile e non uscirne mai più.
 
Doveva aver sentito le torture.
 
Eppure chiedeva a Draco se lui stava bene?
 
“Anche lui ha i Gorgosprizzi. Non quanti ne hai tu, Harry, ma devono essere cacciati. Penso che un bel bacio risolverà il problema.”
 
“Lo prenderò in considerazione.”
 
“Penso che Neville si senta un po’ solo. Ci sta fissando in modo molto serio non trovi? Oh, guarda, è arrossito. Forse ha una cotta? Dovresti tenerti stretto Draco, Harry, prima che provi a rubartelo.”
 
Una risata nervosa riuscì a sfuggirgli, era pura incredulità. La cosa attirò nuovamente gli occhi da gufo su di lui. Erano stranamente percettivi, nonostante l’apparenza sognante.
 
Pretendevano che dicesse qualcosa.
 
Che si scusasse? No, no era troppo tardi per scusarsi. E l’avrebbe fatto sembrare debole. E poi, lui non si scusava.
 
Non la conosceva abbastanza bene da insultarla senza ripercussioni.
 
Non la conosceva abbastanza bene da poterle dire qualunque cosa, in verità.
 
Non voleva conoscerla.
 
Quindi che diavolo avrebbe mai dovuto dire?
 
“…Cos’è un Gorgosprizzo?”
 
E perché la cosa fece ridere Harry?
 
.
 
.
 
.
 
Draco sembrava divertito, sorprendentemente. Non voleva darlo a vedere, ovviamente, ma i suoi occhi luccicavano senza malizia, e si era lasciato sfuggire un due o tre risolini, quando Harry sapeva che lui era perfettamente in controllo di tutto quello che riguardava Draco Malfoy; le risatine, i sogghigni, il numero di respiri che prendeva ogni minuto. Aveva riso con divertimento.
 
E Luna, semmai, sembrava incuriosita da lui.
 
Aveva raccontato vari aneddoti che le erano accaduti quell’estate, e i suoi occhi si posavano continuamente su Draco come per controllare le sue reazioni. Per quel che ne sapeva Harry, a Luna non importava cosa pensasse la gente delle sue misteriose creature fittizie, o dell’opinione che avevano di lei. Eppure, i suoi occhi tornavano e ritornavano su Draco fra un racconto e l’altro, perforandolo.
 
L’altro non le rivolse la parola, a parte la domanda iniziale. Ma non la ridicolizzò nemmeno.
 
La ragazza sembrava divertirsi con un pubblico che le permetteva di parlare.
 
Al tavolo vuoto dei Serpeverde. Quello sì che non avrebbe scatenato un putiferio.
 
“Quindi adesso, l’unicorno è diventato un mio amico. L’ho chiamato Smith. Al momento stiamo trasformando il piano terra in una stanza da letto per lui.”
 
Harry sogghignò fra sé e sé mentre Draco alzava un sopracciglio, senza dire una parola. Né sul fatto che era una ridicola storia sul salvataggio di un unicorno dai bracconieri, né sul fatto che il suddetto unicorno non aveva il corno, quindi molto probabilmente si trattava di un cavallo, e non chiese nemmeno perché, in nome di Dio, perché qualcuno avesse avuto l’idea di modificare la propria casa per far vivere un cavallo insieme a loro…
 
Alzò soltanto un sopracciglio, e bevve un sorso dal suo calice per calmarsi.
 
Merlino, Harry voleva ridere.
 
“Perché Smith?” Chiese Harry, quando riuscì a parlare senza scoppiare a ridere. “Non credi che sia un nome banale?”
 
“Neanche per sogno.” Sembrava scandalizzata. “John Smith. Il nome si è inventato da solo. Ecco, se riusciste a guardare la cosa da un punto di vista non lineare e non soggettivo -”
 
Si interruppe quando Draco tossì, in un orribile tentativo di mantenere un’espressione neutra. Harry la osservò scrollare le spalle con un sorriso quasi subdolo sul volto. “Non importa, è un concetto vacillante.”(1) Il tacito ‘non riuscireste a capire’ fu sentito da tutti.
 
 
“Credi che la McGranitt si sia decisa a prendere una decisione?” Chiese direttamente a Draco, aspettando una risposta senza battere ciglio. Merlino, certo che era coraggiosa. Più coraggiosa di quanto Harry sarebbe mai stato.
 
Ricordava l’immagine di una Luna insudiciata nei sotterranei dei Malfoy, e non c’erano dubbi che Draco se ne ricordasse. Eppure eccola che chiacchierava con loro, lasciandosi tutto alle spalle. Non sembrava avercela neanche minimamente con Draco mentre cercava di coinvolgerlo nella conversazione.
 
Draco rimase perplesso e la sua maschera tornò in posizione. “Non ne sono sicuro.” Rispose con diffidenza, lanciando uno sguardo a Harry. “Forse.”
 
 
“Quale decisione?” Chiese Harry, accigliandosi. C’era qualche sorta di novità che si era perso mentre sguazzava nella sua tristezza? Qualcosa di importante di cui non aveva idea?
 
 
“Non hai visto?” Domandò Luna, con un sorriso. “L’altro giorno i Serpeverde sono entrati qui dentro, con le loro bacchette fiammanti, e hanno affrontato la Preside. Sembravano tutti piuttosto fighi mentre la guardavano dall’alto in basso. Dio, devono piacermi i ribelli.”
 
 
Harry rimase di sasso e si voltò verso Draco. “Hai duellato contro la McGranitt?” Tra tutte le cose folli e stupide che avrebbero potuto fare-! Era per questo che i Serpeverde erano scomparsi? Erano stati tutti espulsi?
 
 
“Certo che no.” Draco ebbe addirittura la faccia tosta di ghignare, più arrogante che mai. “Non abbiamo neanche sfoderato le bacchette.”
 
 
“Tu l’hai fatto.”
 
 
“Per lanciare un Incantesimo Silenziatore.” Disse Draco, “Ecco tutto. Nessun litigio, nessun duello, nessuna fiamma.”
 
 
“Poi i Serpeverde sono corsi via dalla stanza, e sono scomparsi.” Tuttavia Luna sfoggiò un mezzo sorriso. Si piegò in avanti come per dire un segreto, sussurrando. “Nessuno ha più notizie di loro.”
 
 
“Non sei di aiuto.” Sbottò Draco, che deglutì quando gli occhi da gufo si soffermarono di nuovo su di lui. Deglutì letteralmente. Aveva forse paura di Luna? Impossibile… ma la stava guardando con circospezione. Cristo, Draco Malfoy si sentiva in colpa?
 
 
“Sto cercando di conferire alla storia un po’ di ‘oooh’.” Disse, continuando a sorridere. “Sarebbe noioso se gli dicessi soltanto che siete entrati in silenzio e ve ne siete andati in silenzio. Harry vuole sentire del vostro eroico duello romantico.”
 
 
“Puoi fermarti qui.” Intervenne Harry quando Draco iniziò a guardarsi intorno con aria perplessa, in cerca di aiuto. Era troppo divertente; non sapeva come prendere Luna. “Non voglio assolutamente immaginarmi la McGranitt e Draco in senso romantico.”
 
 
Luna sbuffò divertita, ridendo. “La Professoressa McGranitt! E Draco!” La ragazza si accasciò, con le spalle tremanti. Draco riuscì a lanciargli un’altra occhiata perplessa, quasi terrorizzata, prima che lei si rialzasse, asciugandosi una lacrima immaginaria. “Mi è mancato tutto questo. Voi ragazzi. Be’, solo Harry in realtà, Draco, perché non abbiamo parlato fino ad ora. Ma credo che anche tu mi piaccia.” Lui batté a malapena ciglio. “Il che mi fa venire in mente una cosa.” Trascinò la sua borsa sulla panca accanto a lei e tirò fuori vari oggetti che fecero alzare le sopracciglia di Draco fino all’attaccatura dei capelli.
 
 
I suoi orecchini a forma di ravanello, un’altra collana di tappi, varie copie del Cavillo, un ritaglio di giornale che mostrava che Rita Skeeter stava scrivendo la biografia di Harry. Cristo.
 
 
“Perché hai ritagliato questo?”
 
 
“Come ricordo; scriveranno un libro su di te Harry. È eccitante. Ah, eccola!” E sfoderò trionfante… una pannocchia?” “Aprila Harry!”



Fu uno sforzo non sembrare totalmente preoccupato per salute mentale della sua amica. Una pannocchia. Okay.
 
 
La prese e la sbucciò, scambiandosi un altro sguardo esterrefatto con Draco. Nemmeno lui sapeva come reagire alla cosa. Luna stava aspettando col fiato sospeso, i suoi occhi squadrarono la pannocchia finché…
 
 
“Ecco! Ecco! Lo sapevo che era una buona pannocchia!” Luna indicò il piccolo semino rosso, sorridendo a più non posso. Sospirò, sollevata, e lo indicò di nuovo quando vide che i due ragazzi non capivano perché lo fosse. “Trovare una pannocchia rossa indica che sarai in buona salute per il resto dell’anno.” Il sangue di Harry gelò. “Oh, e anche una buona vita amorosa. Doppia fortuna per voi, ragazzi.”
 
 
Come faceva Luna a saperlo?
 
 
Harry fissò il puntino rosso sulla pannocchia, e poi la sua amica.
 
 
Il suo sorriso si era addolcito. Lo sapeva.
 
 
“Una buona salute.” Ripeté, “Che è esattamente quello di cui hai bisogno in questo momento, Harry James, per sbarazzarti di quei brutti Gorgosprizzi. Ti stanno affollando la testa, piccole, orrende creature. Anche legarti un po’ di menta al polso non sarebbe una cattiva idea. Tiene lontano le malattie.  Puoi avere la mia seconda collana,” Disse in aggiunta. “Per tenere alla larga i Nargilli. Ho intimato loro di non ritornare quest’anno, ma sono persistenti!”
 
 
“Grazie, Luna.” Era particolarmente percettiva per essere una persona con la testa fra le nuvole.
 
 
“Okay. Wow, Draco, tua madre non sembra molto contenta, non trovi anche tu? Avrà forse bisogno di un abbraccio?”
 
 

 
 
Cosa?
 
 
 
Harry si voltò di scatto, e il cuore gli balzò in gola. Non pensava che sarebbe riuscito a parlare nemmeno se avesse voluto. La Professoressa McGranitt, colei che l’aveva espulso, stava attraversando la navata a passo spedito verso di loro, il suo volto rabbuiato dalle sopracciglia aggrottate. Alle sue spalle, c’era Narcissa Malfoy sull’uscio della Sala Grande, con le braccia conserte. Nessuna delle due sembrava contenta.
 
 
“Oh, merda.” E neanche Draco, notò Harry quando si voltò verso di lui. Il ragazzo sospirò, chiudendo gli occhi come per prepararsi al prossimo scontro. Harry non sapeva come avrebbero fatto a uscire illesi da un confronto con le due donne.
 
 
“Pensavo che te ne andassi lunedì; perché tua madre è qui così presto?” Harry non voleva che Draco lo lasciasse, non ancora. Il dormitorio Serpeverde sarebbe stato dolorosamente vuoto, senza lui e gli altri Serpeverde.
 
 
“E io non pensavo di dover andare.” Sbuffò Draco, che si raddrizzo è rimise a posto la maschera. Si stava preparando alla battaglia. Se solo Harry avesse avuto la sua stessa voglia di fare.
 
 
Luna lo stava scrutando con curiosità, aveva piegato la testa di lato mentre l’altro si preparava.
 
 
“Signor Malfoy, Signor Potter, Signorina… Lovegood.” La McGranitt esitò sul nome di Luna, perplessa dalla stranezza dalla situazione. Lunatica Lovegood che mangiava con Draco Malfoy? Avrebbe sorpreso chiunque.
 
 
“Buongiorno Professoressa McGranitt,” Rispose Luna con aria sognante, ignara della tensione crescente. È proprio una bella giornata, non trova?” Semmai le nuvole stavano assumendo un colore sempre più scuro.
 
 
“Sì, lo è.” Rispose brevemente, poi spostò lo sguardo su Harry e Draco, preparandosi all’attacco. “Voi due. Per favore seguitemi nel mio ufficio. Abbiamo una faccenda di cui discutere.”
 
 
“Dell’espulsione di Harry?” Disse flemmaticamente Draco, con un’aria disinteressata. Luna si voltò di scatto verso di lui, con gli occhi spalancati. “O della sparizione dei Serpeverde?”
 
 
“Inizieremo dal fatto che tua madre era ignara della tua sospensione.” Ribatté, indicando loro di dirigersi verso l’uscita.
 
 
Con un sospiro, Harry si alzò, e dovette tirare di peso Draco in piedi mentre era intento a fissare la Preside. “Le porgo le mie scuse.” Rispose, i suoi occhi erano colmi di irritazione. “Non sapevo che dare l’avviso rientrasse nei compiti dello studente sospeso.”
 
 
Le labbra della McGranitt si ridussero a una linea sottile. Stavano tirando la corda.
 
 
“Ci vediamo, Luna.” Harry la salutò con un cenno del capo, e si soprese quando Draco si guardò indietro con esitazione e si congedò. Raccolse la sua pannocchia con uno strano miscuglio si ansia e divertimento. Una pannocchia con un semino rosso. Merlino, gli sarebbe mancata Luna.
 
 
Cercò di tenere gli fissi sul pavimento mentre camminava, ma uno sguardo perforante lo costrinse ad alzare la testa. La madre di Draco lo stava fissando, i suoi occhi erano assottigliati per la confusione. Allora era da lei che aveva ereditato quel dono particolare; a quanto pareva era genetico.
 
 
Il pensiero lo fece ridere.
 
 
“Cosa c’è di così divertente?” Chiese pigramente Draco, guardando sua madre mentre percorrevano con goffaggine il corridoio. La McGranitt li raggiunse e iniziò a scortarli nel suo ufficio. Formavano una strana processione.
 
“Niente. Allora, ti è piaciuta Luna? Ho notato che non sono volate immediatamente fatture.”
 
 
“Se non altro, l’ho trovata piacevole.” Ammise Draco, con circospezione. “Tuttavia, non sarà un ospite fisso a colazione.”
 
Harry si limitò a scrollare le spalle; non conosceva Luna. Se voleva essere lì, lo sarebbe stata.
 
 
Lo sguardo continuò a perforargli la testa.
 
 
Avanzarono in silenzio, l’unico rumore percepibile erano le sue scarpe che strusciavano contro il pavimento. Harry continuò a strusciarle; se la cosa riusciva a seccare Draco, ne valeva la pena. E visto il movimento del suo sopracciglio, era decisamente una cosa che doveva fare più spesso.
 
 
Tuttavia, Harry era dolorosamente consapevole del fatto che se la madre di Draco era lì, significava che era venuto a prenderlo. Sarebbe stato assente dalla scuola per il resto della settimana. Un’intera settimana senza Draco; si prospettava un inferno.
 
 
E se doveva essere portato a casa, quella era l’ultima occasione per parlargli.
 
 
Fra la sua Preside, che ce l’aveva a morte con loro, e sua madre che molto probabilmente era delusa dal comportamento di Draco, e che provava diffidenza, se non completo disgusto nei confronti di Harry. Una situazione meravigliosa da ogni punto di vista.
 
 
Harry si voltò verso Draco, intercettando il suo sguardo. “John Smith.”
 
 
Le labbra del biondo si incurvarono, quasi in un ghigno. “Il nome più generico della storia.”
 
 
“La storia era piena di spionaggio, irruzioni nel covo dei bracconieri, e…”
 
 
“E su come cavalcare un unicorno, senza corno, e senza sella. Non dimenticartelo; ha addestrato un unicorno ad essere cavalcato, nonostante fosse in gabbia in quel momento.”
 
 
“John Smith.” Ripeté Harry, ridacchiando. “Come si fa a non amare Luna?”
 
 
“Come si fa a sopportarla, piuttosto.”
 
 
“Andiamo, finiscila.” Harry gli schiaffeggiò il braccio, nonostante l’alzata di sopracciglia che ricevette. “Io vado d’accordo con i tuoi amici; è così difficile credere che potresti andare d’accordo con almeno uno dei miei?”
 
 
“Tu tolleri i miei amici.”
 
 
“Non è vero. Zabini è piuttosto divertente.”
 
 
“Tzé,” Draco alzò gli occhi al cielo, “Blaise è a malapena un Serpeverde.”
 
 
Harry si concesse un ghigno quando le spalle della McGranitt si irrigidirono, mostrando la sua irritazione. Stavano per essere sgridati, e non sembravano avere sensi di colpa, o la minima traccia di paura. Stavano chiacchierando. Doveva darle davvero sui nervi. A dirla tutta, Harry era grato che la madre di Draco stesse camminando lentamente dietro di loro; la sua sola presenza tratteneva la McGranitt dall’attaccarli.
 
 
“Parkinson è dolce, a modo suo. E Nott non è male una volta che lo conosci meglio.”
 
 
“Non tutti sono Grifondoro, Harry. Non facciamo immediatamente amicizia con degli sconosciuti che offrono caramelle da un furgoncino.”
 
 
“Divertente.” Harry alzò gli occhi al cielo. Era sorpreso che Draco sapeva cos’era un ‘furgone’; i Purosangue non viaggiavano con manici di scopa o polvere volante?
 
 
“Sono serio, Harry. È uno dei tuoi problemi più grandi dopo l’insensato eroismo altruista di cui non riesci a sbarazzarti.” Draco ghignò per l’espressione sorpresa di Harry, “Per quel che ne so, hai offerto l’amicizia a Tu-Sai-Chi.”
 
 
Be’, quello era un commento estremamente azzardato. La McGranitt si voltò addirittura verso di loro per lanciare uno sguardo di avvertimento, con le narici dilatate. Era come se non sapesse che ormai era morto. Commenti come quello non avrebbero dovuto importare, non più. E poi, ci aveva quasi azzeccato.
 
 
“Ero giovane.” Harry scrollò le spalle, ignorando l’occhiata che Draco gli lanciò. Ricordava fin troppo bene la chiacchierata che avevano avuto attraverso il diario. “È successo prima che venissi a sapere che era un maniaco psicopatico senza naso.”
 
 
Il ghigno di Draco tornò in posizione, lì dove doveva essere. I suoi occhi brillavano di divertimento. “Stavo parlando di Colui Che Non Deve Essere Nominato… La Donnola. Ma ho ipotizzato che ci fosse una ragione dietro. Cercare di farsi amico il Signore Oscuro, invece, fa di te una persona profondamente ingenua. Avvicineresti chiunque.”
 
 
“Non è vero!” Harry ci rifletté, cercando di farsi venire in mente un nome. “Goyle non mi piace.”
 
 
“A nessuno piace Goyle. Lui non conta.”
 
 
“Rita Skeeter.”
 
 
“È lo stesso, non conta. È stata disconosciuta dalla sua stessa famiglia.”
 
 
Harry si accigliò, cercando di pensare a un’altra persona che non aveva avvicinato. Tutti i Mangiamorte, ovviamente, ma non poteva fare i loro nomi in quel momento, giusto?  Era fin troppo consapevole del fatto che la madre di Draco era dietro di lui, e ascoltava ogni parola. “Dean, Dean è uno stronzo.”
 
 
“Signor Potter,” La Professoressa McGranitt si voltò sentendo quel commento, era infuriata. “È in una situazione precaria al momento, non la peggiori.” Per un’insignificante parolaccia? Merlino, l’intero tavolo Serpeverde era svanito per colpa di Draco e lui veniva richiamato per un’imprecazione?
 
 
Draco ridacchiò, e tenne l’espressione calma quando la Preside posò il suo sguardo severo su di lui. Proseguirono con irritazione, questa volta in silenzio.
 
Tuttavia Harry voleva parlare. Era l’ultima volta che vedeva il suo biondino prima di salutarlo per una settimana e doveva stare in silenzio? Non era abbastanza.
 
 
Ma erano arrivati all’ufficio, e la McGranitt indicò una sedia che aveva trasfigurato proprio fuori la porta d’entrata. “Aspetti il suo turno qui, Signor Potter.”
 
 
Harry riuscì a malapena a scambiarsi un ultimo sguardo con Draco prima che venissero scortati nella stanza, la cui porta si chiuse con un pesante click. Dannazione.
 
 
Si lasciò cadere sulla sedia e tirò fuori il suo cubo di Rubik per prepararsi all’attesa.
 
 
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Harry era rimasto seduto su quella sedia per la buona parte di un’ora, e stava giocherellando svogliatamente con il suo cubo, annoiato ai massimi livelli. Quando la porta si aprì, sobbalzò addirittura.
 
 
“Dentro, Signor Potter.” Era tornata all’uso del cognome; la situazione non sembrava andare per il meglio.
 
 
Harry si rimise il cubo in tasca, ansioso di attraversare la porta. Draco gli avrebbe rivolto un ghigno, oppure solamente un’occhiata, e avrebbero iniziato di nuovo a sogghignare, irritando la loro Preside.
 
 
Ma la stanza era vuota.
 
 
Harry rimase a fissare le due sedie vuote davanti alla scrivania della McGranitt, poi il camino alle sue spalle. Dovevano aver usato la Metropolvere direttamente da lì. Dannazione. Ecco che iniziava la solitudine.
 
Con un sospiro, si lasciò cadere su una delle sedie; era fredda, se n’erano andati da un bel po’.
 
 
Non gli offrì un biscotto prima di cominciare; era furiosa.
 
 
“In qualità di Preside della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, è mio dovere proteggere i miei studenti nel miglior modo possibile. Non posso rivolgere la mia attenzione a un unico studente e lasciare che gli altri se la cavino da soli. Se prendo una decisione, è per il bene di tutti, non del singolo individuo. Ci stiamo capendo?”
 
 
Harry annuì mestamente, sapendo esattamente dove voleva andare a parare. La sua decisione non era cambiata; l’indomani, se ne sarebbe andato. Sul serio, non capiva perché dovesse rimarcare le sue ragioni; aveva capito. Non la credeva cosi vendicativa.
 
 
“La decisione che ho preso era per il benessere dei miei studenti, capisco la sua situazione complicata, ma ho il dovere di prendermi cura di tutti i miei studenti, non solo di lei.” Lo guardò dall’alto in basso, quasi non ribolliva di rabbia. “Se lei e i suoi nuovi amici vi azzardate a minacciarmi di nuovo per una cosa del genere, vi espellerò tutti.” Un attimo, cosa? “Non è questo il modo in cui gestiamo Hogwarts. La mia decisione è stata alterata, leggermente, a causa delle insistenze degli altri docenti, non dalle folli dinamiche di sabato mattina. E se un episodio del genere dovesse ripetersi, non ci penserei due volte ad espellervi. Sono la Preside di questa scuola; potrete anche esporre le vostre opinioni, ma se deciderete di… di… ammutinare ancora una volta…!”
 
 
“Saremo espulsi.” Harry annuì, e per poco non sussultò quando lo sguardo della donna si indurì. Non l’aveva mai vista così furiosa prima; e aveva insegnato lì con i Carrow. Dio, che aveva fatto Draco? Ammutinamento?
 
“Mi deve dire dove si sono cacciati i Serpeverde.”
 
 
“Non lo so.” Rispose Harry con sincerità. “Non mi hanno detto nulla.”
 
 
“Signor Potter,” I suoi occhi erano colmi di furia omicida. “Deve dirmelo, adesso.”
 
 
“Davvero, non lo so.”
 
 
Si fissarono l’un l’altra per un momento, una con rabbia, l’altro con sorpresa. Non sapeva cos’avessero fatto i Serpeverde, ma di certo non erano d’aiuto!
 
 
“Si recherà all’Ospedale San Mungo ogni martedì sera, dove studieranno un programma appositamente per lei. Me ne darà una copia e non dovrà gironzolare per la città invece di fare il trattamento. Sono stata chiara?”
 
 
“Aspetti, cosa?” Harry si accigliò, cercando di reprimere l’euforia che si stava facendo strada dentro di lui. Lei lo ignorò.
 
 
“Tornerà mercoledì mattina. Userà soltanto il mio camino per andare e tornare dall’ospedale. Riceverà le pozioni necessarie dall’Ospedale. E guai a lei se vengo a sapere che ha usato di nuovo la magia fra le mura del castello, la mia decisione cambierà all’istante. Mi consegni la bacchetta.”
 
 
“Ehm, ce l’ha Draco.” Harry non riusciva a credere alle sue orecchie. Sembrava proprio che sarebbe rimasto lì. Ma lui stesso non era riuscito a farle cambiare idea… che diavolo aveva fatto Draco?
 
 
La donna ritrasse freddamente la mano.
 
 
L’orribile lotta di sguardi ricominciò, insistente, pericolosa.
 
 
Sembrava disgustata da lui. “Adesso vada e dica ai suoi amici Serpeverde che devono ritornare a scuola prima che informi i loro genitori nel pomeriggio, altrimenti saranno tutti sospesi. Devono recarsi da me a mezzogiorno, nella Sala Grande.” Lo sguardo severo si posò brevemente sulla sua cravatta, e una smorfia di rabbia iniziò deformarle il volto. “E dal momento che si considera chiaramente uno di loro, si unirà alla punizione. Mai, in tutti i miei anni…” Scosse la testa con rabbia. “Quella cravatta le dona, Signor Potter.” Commentò, come se fosse un insulto. “Si presenterà qui appena finito di cenare, martedì. Adesso vada via.”
 
 
Harry era sbigottito.
 
 
Non riusciva a crederci, nemmeno un po’. Gli era permesso di restare a Hogwarts? Non doveva andarsene?
 
 
Si affrettò a mettersi in piedi, e si voltò indietro per guardare velocemente la sua Preside. Stava fissando la sua scrivania con le labbra ridotte a una rabbiosa linea sottile. “Grazie.” Disse piano, correndo via prima che potesse rispondergli. Merlino, poteva anche avercela a morte con lui, ma gli aveva appena restituito la vita. Non riusciva prendersela con lei.
 
 
E adesso, dove diavolo erano quei Serpeverde?
 
 
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Dovevano essere lì.
 
 
Harry aveva cercato per tutto il dannato castello; tutti i passaggi segreti, ogni angolo della biblioteca, nel labirinto dei sotterranei. All’avvicinarsi dell’ora di pranzo, aveva consultato con frustrazione la sua mappa, con sua grande perplessità. Aveva controllato ogni corridoio, cercando di trovare un nome familiare, cercando un indizio per capire dove si erano rintanati. Ma niente. Erano scomparsi. Stando a quanto diceva la mappa, non si trovavano a Hogwarts.
 
 
Era sfrecciato verso la Guferia, e aveva scritto in fretta e furia bigliettini a chiunque si sarebbe degnato di rispondere, ma tutto quello che avevano fatto quegli stupidi gufi era restare a fissarlo. Non avevano neanche tentato di consegnare i biglietti. Cosa diavolo stava succedendo? Per un frangente Harry aveva pensato che i pennuti non lo considerassero più un mago. Aveva lasciato la stanza senza mettere in discussione quella particolare ipotesi.
 
Poi, dopo aver fissato confuso la mappa per alcuni minuti, era corso al settimo piano. La Stanza delle Necessità.
 
Dovevano essere lì.
 
Harry andò avanti e indietro davanti alla stanza per tre volte, desiderando ferventemente i Serpeverde.
 
 
La porta non apparve.
 
 
Fece un altro tentativo, pensando di aver bisogno di un posto dove nascondersi, dove nessuno potesse trovarlo.
 
Niente porta.
 
Ringhiò, continuando ad andare avanti e indietro. Aveva bisogno di una stanza simile a un sotterraneo. Un dormitorio. Zabini!
 
Niente.
 
Perché la stanza non lo lasciava entrare? Quanto specifico volevano che fosse?
 
Harry sospirò, passandosi una mano fra i capelli. Era quasi pomeriggio. Dovevano andare in Sala Grande, o rischiavano una sospensione. Conoscendo i Serpeverde, nessuno di loro avrebbe voluto che i genitori venissero coinvolti in quella faccenda! Una punizione ad Hogwarts non era nulla in confronto a quella di un genitore Serpeverde. Pensa, pensa. Come poteva entrare nella stanza?
 
Harry si fermò, accigliandosi. Poteva funzionare.
 
“Uhm… Dob… cioè, Snuffy?”
 
 
Per poco non sobbalzò quando un forte schiocco lo sorprese, facendolo voltare di scatto verso l’Elfo Domestico che ricambiava con esitazione il suo sorriso. “Cosa può fare Snuffy per lei, Harry Potter, Signore?”
 
 
“Fantastico.” Snuffy rimase a guardarlo con quegli occhi da gufo, le sue orecchie si muovevano per la felicità. “Uhm, Snuffy, ho bisogno di un altro favore.”
 
 
“Non darò a lei altro alcool, Signore. Fa male, Signore, e lei è giovane, e buono.”
 
 
“Lo so. Non preoccuparti, non ho bisogno d’alcool.” Per il momento. “Ho bisogno di entrare nella Stanza delle Necessità. La stanza che è proprio in questo punto. Ma non vuole saperne di aprirsi. E so che gli Elfi Domestici sanno materializzarsi anche dove gli altri non possono, come a Hogwarts.”
 
L’Elfo piegò la testa da un lato, accigliandosi “Ma non c’è nessuna stanza lì, Signore. È… un muro.”
 
 
Oh.
 
 
“Uhm, fidati di me. C’è una stanza oltre la parete. Tutto quello di cui ho bisogno è che tu riesca ad accedervi e che dica agli studenti che sono lì dentro che sono proprio qui fuori. Puoi farlo per me, Snuffy?”
 
 
L’Elfo Domestico esitò, dubitando palesemente della sanità mentale di Harry. “Ma, Signore… non c’è… nessuna stanza lì.”
 
 
Per favore, Snuffy. Fidati di me, esiste. È solo che non puoi vederla.”
 
 
Stentava a crederci; era uno dei pochi Elfi Domestici a non sapere della Stanza delle Necessità. Lei esitò ancora, poi, con un altro schiocco assordante, scomparve.
 
 
Harry si voltò a fissare la porta, aspettando che apparisse. Avrebbero sicuramente aperto, se sapevano che lui li stava aspettando lì fuori. Sicuramente…
 
 
Sospirò di sollievo quando la sagoma di una porta fece la sua comparsa. Sarebbero andati tutti insieme nella Sala Grande, e avrebbero evitato una sospensione. Sarebbe andato tutto bene.
 
 
L’anta si spalancò, rivelando un Serpeverde dall’aspetto piuttosto imbronciato. Fissò truce Harry, alzando le sopracciglia. “Qual è la parola d’ordine?”
 
 
“Mi prendi in giro?” Esclamò Harry, “Non conosco la parola d’ordine! Tutto quello che so è che se non lasciate la stanza al più presto-!”
 
 
L’anta si richiuse, e si sentì il rumore del chiavistello. Che bastardo!
 
 
Tuttavia, prima che Harry calciasse la porta e li scaraventasse fuori dalla stanza, opzione molto allettante in quel momento, questa si spalancò. Uno Zabini dall’aria particolarmente divertita gli sorrise, e tese le braccia. Harry indietreggiò di un passo; sembrava che stesse per abbracciarlo.
 
“Potter!” Urlò, “Il mio eroe, Potter! Sei venuto a salvarci!” Si avvicinò a grandi passi, ignorò il balzo che Harry fece per scappare via da lui, e poggiò saldamente entrambe le mani sulle sue spalle. Non era neanche lontanamente confortevole avere Zabini a pochi centimetri dalla sua faccia, ma sembrava davvero esausto. “Possiamo uscire allo scoperto adesso, vero? Oh per l’amor del cielo, non farmi tornare lì dentro!”
 
“Umh, certo, potete uscire.” Harry si guardò intorno per chiedere aiuto, ma finì per sospirare quando vide che gli altri si limitavano a scrollare le spalle. Parkinson non aveva un aspetto migliore, e si massaggiava la fronte come se avesse il mal di testa. Nott aveva l’aria di chi aveva tentato, e probabilmente era ancora tentato, di commettere un omicidio. Alcuni esitanti primini si sporsero dalla porta, e non sembravano passarsela meglio. “Cosa diavolo vi è successo?”
 
“Cosa ci è successo?” Ripeté Zabini, con gli occhi sgranati per l’orrore. “Cosa ci è successo? Abbiamo passato un’eternità in compagnia degli studenti più giovani. Con tutte quelle risatine, i battibecchi, e le effusioni. C’è un limite a quanto una persona può sopportare!” Esclamò fra le risate. “Non c’era niente da fare. C’era solo quella stanza.”
 
Harry si limitò ad annuire, ignorando le esagerazioni dell’altro. I Serpeverde tendevano a essere melodrammatici.
 
“Che ci facevate lì dentro?”
 
“Ricattavamo la McGranitt.” Disse con noncuranza Zabini mentre osservava gli altri studenti che si affrettavano ad uscire dalla stanza. C’erano due tipi di reazioni da parte loro; metà del gruppo parlottava, e l’altra si accasciava al suolo, ringraziando Merlino. Era uno spettacolo divertente. “La vera domanda è, ha funzionato? Ti permettono di restare a Hogwarts?”
 
Il corridoio si zittì leggermente, tutti stavano origliando per sentire la risposta; nessuno voleva ritornare in quella stanza.
 
Harry entrò in stato di shock; l’ammutinamento dell’intera Casa Serpeverde era per il suo bene? Sarebbero stati puniti, e avevano rischiato di scatenare l’ira dei propri genitori, per lui? Da parte di Draco, era comprensibile. Ma dagli altri?
 
“Io… uhm, sì. Ha cambiato idea-”
 
All’improvviso gli studenti esultarono; si guardarono l’un l’altro con espressioni scioccate, sorrisero, ghignarono e scoppiarono a ridere alla notizia. Erano davvero riusciti a minacciare la Preside di Hogwarts. Avrebbero potuto ottenere qualsiasi maledettissima cosa, e lo sapevano. Accidenti, l’evento avrebbe potuto perfino guadagnarsi un posto in ‘Storia di Hogwarts’.
 
Zabini sogghignò insieme a loro, scambiandosi uno sguardo d’intesa con gli altri due. I Serpeverde sguazzavano nell’autocompiacimento.
 
“Umh… il che mi ricorda che lei mi ha mandato a prendervi.” Harry non voleva sollevare l’argomento, non con l’aria di festeggiamento che aleggiava. “Se non ci troveremo nella Sala Grande entro mezzogiorno, saremo tutti sospesi.”
 
Nessuno si lamentò. Avrebbero sopportato una piccola punizione; dopotutto, avevano vinto.
 
Si diressero tutti verso la Sala Grande, emanando un’aria di superiorità. Non camminavano normalmente, oh no, sfilavano lungo i corridoi con i menti alzati, e ghignavano ogni volta che incrociavano uno studente di un’altra Casa. Si erano opposti alla volontà della Preside, e avevano vinto. Erano invincibili.
 
Arrivarono a destinazione un quarto d’ora dopo le dodici.
 
Li sgridarono, e sottrassero loro la maggior parte dei punti.
 
Le altre Case osservavano la scena con interesse e preoccupazione. Se li stavano rimproverando, perché sembravano così compiaciuti? Cosa diavolo avevano combinato i Serpeverde?
 
Harry rimase lì fra loro, strinse la sua pannocchia e scambiò sorrisi con la sua Casa.
 
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​(1)
Se trovate questo scambio di battute familiare, non vi state sbagliando! L’autrice ha semi-citato una frase tratta direttamente dalla serie televisiva Doctor Who.
 
-Le persone pensano che il tempo sia una rigida progressione di causa ed effetto ma in realtà, da un punto di vista non lineare, non soggettivo, è più come una grossa palla un po' vacillante che va e viene...fluttuante. (Dottore)
 
(LA) People assume that time is a strict progression of cause to effect, but, actually, from a non-linear, non-subjective viewpoint - it's more like a big ball of wibbly wobbly... timey wimey... stuff.-

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Capitolo 33
*** Punizione ***


Grazie a tutti per le recensioni! Buona lettura *^*



Capitolo 33 – Punizione



 
Harry ringhiò, stiracchiandosi la schiena intorpidita. Ormai era piegato a terra da circa un’ora, con le mani premute contro le gelide mattonelle. L’indomani si sarebbe ritrovato con i lividi alle ginocchia e i palmi delle mani sbucciati. Riusciva a sentire una goccia di sudore scorrergli lungo il sopracciglio, e anche i suoi rumorosissimi respiri affannosi. Le sue mani si strinsero quando uno spasmo di dolore percorse la sua spina dorsale, pulsando. Si accasciò in avanti e riuscì a malapena a sostenersi per la troppa stanchezza, una mano venne fiaccamente in suo soccorso per supportarlo mentre…
 
Strofinava.
 
L’intera Casa Serpeverde era stata condannata ai lavori manuali; le pulizie. Dovevano strofinare i pavimenti, pulire le finestre e lubrificare i cardini di qualunque porta incontrassero sul loro cammino. E come se non fosse già abbastanza umiliante, la Preside aveva ordinato agli Elfi Domestici di supervisionare ogni gruppo, per far segnalare loro ogni difetto. Se il castello non era immacolato, non sarebbero mai andati a letto.
 
Di fronte a lui, Parkinson lavorava alla finestra più vicina con una smorfia di rabbia sul volto. Si era mostrata oltraggiata all’idea di pulire con metodi babbani, quasi sul punto di piangere. L’Elfo Domestico non si era fatto ingannare dai suoi capricci, ma si era limitato a indicare la finestra, e più lei si rifiutava di farlo, più il suo ghigno indulgente cresceva. Lo divertiva, la sua umiliazione.
 
Così, anche solo per ignorare il ghigno dell’Elfo Domestico, Parkinson si era voltata con riluttanza verso la finestra. Da allora il suo umore era migliorato parecchio; usava frequentemente la bacchetta nascosta nella manica.
 
Nott e Zabini stavano strofinando il pavimento come Harry, ma avevano iniziato dall’altra parte del corridoio. Perdevano tempo a scambiarsi sguardi disgustati e commentini sotto voce ogni volta che l’Elfo posava il suo sguardo severo su di loro.
 
Per come stavano le cose, Harry era l’unico a pulire per davvero, e quindi era l’unico a scontare la punizione. Per qualcosa che non aveva fatto. Quel che è giusto è giusto.
 
C’erano due ragazzini del secondo anno nella prima classe e due del terzo nella seconda. Era un corridoio minuscolo, quasi di nessuna utilità. Harry non riusciva a ricordare di averci mai messo piede in tutti i suoi anni a Hogwarts. Era già immacolato quando erano arrivati; ma ciò non impediva all’Elfo Domestico di indicare delle mattonelle splendenti, costringendoli a strofinare di nuovo qualcosa che era già candido di suo. Neanche Kreacher era così malvagio, nemmeno nei suoi anni più bui.
 
Harry sospirò, schioccò le dita e si spostò un po’ più avanti, puntando alla successiva sezione di mattonelle. L’acqua saponata gli impregnò le ginocchia, era gelida. Non avevano dato loro niente con cui asciugare, e a un certo punto Harry si era stufato di accucciarsi e saltellare lungo il corridoio. Si sarebbe beccato la polmonite per quella ridicola punizione. Come se non avesse già abbastanza di cui preoccuparsi.
 
Zabini puntò lo sguardo su di lui abbastanza a lungo da attirare la sua attenzione. Poi, finse di pugnalarsi al petto. Nott aveva finto di impiccarsi un momento prima. Sembrava che quel gioco fosse riservato a svariate situazioni sgradevoli. Harry si sparò dopo che l’Elfo si era voltato da qualche parte nella direzione di Nott per lamentarsi della loro incompetenza, poi alzò lo sguardo per vedere cosa si sarebbe inventata Parkinson.
 
Sparò all’Elfo Domestico.
 
Harry sbuffò divertito, e abbassò il capo non appena gli occhi di ghiaccio si posarono su di lui. Quell’Elfo non aveva nessun senso dell’umorismo; Winky aveva più personalità. Sembrava proprio che la loro amata Preside avesse scelto l’Elfo peggiore per il loro gruppetto. Non sarebbe stata una gran sorpresa.
 
Continuarono a far finta di pulire.
 
“Cosa non faremmo per te.” Sospirò pesantemente Zabini dopo che l’Elfo gli aveva ripetuto per venti minuti buoni di strofinare di nuovo una singola, candida mattonella. Quello fece a malapena un passo prima di tornare indietro, standosene orgogliosamente alle sue spalle mentre gli puntava contro il suo naso ad uncino.
 
Zabini ricambiò apertamente l’occhiataccia, se non altro era disgustato dal fatto che era così vicino. “Allontanati.” Ringhiò, ma l’Elfo indietreggiò solo dopo l’intervento di Harry. A dirla tutta era quasi orgoglioso di esser riuscito a deviare la conversazione; se Draco fosse stato lì, sarebbe stato virtualmente impossibile.
 
“Sto facendo anch’io la mia parte.”
 
“Shh.” L’Elfo li zittì, accigliandosi in segno di disapprovazione
 
“Avrei quasi preferito la sospensione.” Rispose Zabini, strofinando una macchia particolarmente ostinata. “Sarebbe stato meno doloroso.”
 
“Tua madre ti avrebbe preso per le palle…” Sogghignò Nott, strofinando a malapena le mattonelle con la sua spazzola. Stava solo imitando il gesto di pulire, che stronzo. “…se avessi anche solo considerato l’idea di farti sospendere.”
 
“Shh.”
 
Guardarono l’Elfo Domestico, che rivolse loro uno sguardo severo. Avanzò di alcuni passi, scuotendo la testa sproporzionata. Harry si alzò sulle caviglie mentre si avvicinava, e mantenne il contatto visivo. Il suo lato del corridoio era immacolato, e non avrebbe mai iniziato tutto da capo.
 
 
Ma l'Elfo lo sorpassò, punzecchiando Parkinson sulla gamba per attirare la sua attenzione. Lei gli ringhiò contro mentre l’essere ispezionava la finestra e scuoteva il capo. Schioccò le dita con la consapevolezza di avere l'attenzione di tutti, e fece apparire uno strato fresco di acqua e sapone sul vetro. "Ancora." Gracchiò, e quando Parkinson lanciò il suo strofinaccio a terra alzò un sopracciglio.
 
"Era pulita, razza di esserino spregevole che non sei altro.” Latrò. “L’intero corridoio era già pulito!”
 
“Ancora.” Gracchiò, mentre un sorriso maligno appariva sul suo volto. “A meno che tu non voglia tornare qui domani sera.”
 
Harry pensò quasi che Parkinson l’avrebbe strozzato. Tuttavia, strinse i pugni, raccolse lo straccio e iniziò da capo. L’Elfo Domestico si era a mala pena voltato quando la ragazza lanciò un incantesimo per ripulirla, facendo un gesto particolarmente fantasioso alle sue spalle.
 
La creatura tornò di nuovo al suo posto, fissandoli severamente. “Continuate.”
 
Sospirando, e ignorando il leggero schiocco alle spalle, Harry si inginocchiò di nuovo e iniziò a strofinare. Gli altri due lo imitarono alcuni attimi dopo, ma senza lo stesso entusiasmo. Dalle loro espressioni, stavano pianificando la spiacevole dipartita dell’Elfo. O il suo rapimento. O qualunque cosa l’avrebbe terrorizzato di più.
 
Continuarono quasi in silenzio; i borbottii e gli sbuffi di rabbia erano gli unici rumori presenti. E ognuno di loro era seguito da un forte ‘shh.’ Sarebbe stato comico, se solo le spalle di Harry non stessero bruciando.
 
Per fortuna, un forte rumore riecheggiò da una delle classi; poteva essere ignorato con tranquillità, se non era per i fili di fumo che fuoriuscivano da sotto la porta.
 
Appena l’Elfo entrò nella stanza, Zabini era già balzato in piedi per stiracchiarsi. Nott gettò a terra la spazzola con disgusto, poi agitò la bacchetta verso la porta, chiudendola a chiave. Con un po’ di fortuna L’Elfo avrebbe impiegato un po’ di tempo per capire che era chiusa, e un altro po’ per aprirla.
 
“Che essere spregevole.” Sbuffò Parkinson, affrettandosi verso di loro. Lanciò lo straccio a terra e iniziò a pestarlo. “Se mi avesse zittita un’altra singola volta…!” Minacciò, analizzandosi le mani. Rabbrividì alla loro vista, e per poco non si mise a piangere. “Ho le dita raggrinzite. Le mie perfette, curatissime dita. Guardate!”
 
Harry ringhiò mentre si tirava con lentezza in piedi, stiracchiandosi. Era esausto. “Quelle sì che sono delle grinze magnifiche, Pansy.”
 
Lei sbatté le palpebre, come se fosse sorpresa. Di sicuro, dopo aver ricattato la Preside per lui, dovevano sentirsi al proprio agio in sua compagnia, no?
 
“Salazar, la McGranitt è proprio una stronza vendicativa.” Nott fece schioccare il collo così rumorosamente che perfino Parkinson trasalì. “Sono quasi le undici. Siamo qui da quattro ore.”
 
“Penso che abbiamo finito.” Ghignò Zabini, indicando la scalinata con un movimento della testa. Si avvicinò con disinvoltura alla seconda classe e la aprì con un ghigno.
 
Harry dovette trattenersi dall’alzare gli occhi al cielo; i ragazzi del secondo anno erano seduti sui banchi, con un mucchio di carte fra loro. Gli stracci non erano stati toccati neanche una volta. Al segnale di Zabini, scattarono in piedi e si affrettarono verso la rampa di scale.
 
Avevano fatto a malapena un passo quando l’Elfo tornò da loro, con un’espressione accigliata.
 
Shh.” Ringhiò, indicando il pavimento.
 
Harry si sarebbe tornato in ginocchio solamente sotto Imperio.
 
“Voi non dovete andare.” Gracchiò l’Elfo, indicando ancora il pavimento. “Voi non avere finito.”
 
I primini lo aggirarono, correndo verso le scale senza esitazione; era come se potessero assaporare la libertà.
 
Harry deglutì, seguendo gli altri verso la scalinata. Non c’era dubbio che sarebbero dovuti tornare la sera successiva, pronti a strofinare con le spazzole alla mano.
 
“Lo dirò alla Preside!”
 
Nott lanciò un incantesimo alle sue spalle senza guardarsi neanche indietro. Harry non voleva sapere se fosse un Incantesimo Pulente, o una fattura indirizzata all’Elfo. Con ogni probabilità, avrebbero peggiorato la situazione fuggendo. E stranamente, a nessuno fregava un cazzo.
 
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Era strano dormire nel Dormitorio Serpeverde senza Draco. L’inquietante bagliore verde del lago era tutt’altro che rassicurante. Di tanto in tanto, dei rumori riecheggiavano dalla parte di Nott; Harry non sapeva cosa stesse combinando, ma ogni tanto un raggio di luce illuminava l’oscurità della stanza. Gli ricordò l’estate con i Weasley. Dalla stanza di Fred e George proveniva un costante flusso di esplosioni che era stranamente rilassante.
 
Zabini borbottò qualcosa nel sonno, solo alcune parole erano comprensibili. Fino a quel momento, aveva detto ‘toast’ diverse volte. E gli altri letti erano vuoti; Tiger era morto, e Goyle era ancora indisposto. La stanza aveva un’atmosfera pesante difficile da ignorare.
 
Harry trasalì quando una sagoma enorme nuotò davanti alla finestra, e fluttuò minacciosamente prima di sfrecciare via. Cristo, non si sarebbe mai abituato a quella dannata finestra. Per quel che ne sapeva, il calamaro gigante fantasticava su di loro mentre si vestivano. Era inverosimile, ma altre creature non avrebbero assolutamente sprecato l’occasione; come le Sirene e Mirtilla.
 
Harry diede le spalle alla finestra, inalando il debole aroma di vaniglia che impregnava il letto. Non riusciva a dormire.
 
Non perché Draco non era lì; non ne era così dipendente.
 
Ma perché era stato troppo orgoglioso per chiedere agli altri di lanciare un Incantesimo Silenziatore al suo posto. Di solito era Draco a farlo, senza che glielo chiedesse, ogni notte. Harry sapeva che anche lui aveva brutti ricordi della guerra, e per questo era diventata un’abitudine lanciare quegli incantesimi, solo per precauzione.
 
Erano ormai settimane che non faceva incubi, anzi, fin da quando si era trasferito al Dormitorio Serpeverde. Sapeva che era una paura irrazionale, il fatto che gli incubi incombessero su di lui aspettando un momento di debolezza per colpire ancora. Sapere che aveva gli incubi era diverso da assistere alla scena in prima persona.
 
Si era svegliato urlando fin troppe volte.
 
Era già abbastanza umiliante nella Torre Grifondoro; nei Sotterranei Serpeverde sarebbe stato mortificante.
 
Quindi Harry si girò e si rigirò mentre osservava le inquietanti figure apparire proprio davanti alla finestra, cercando di restare sveglio.
 
Non sapeva quando si era appisolato, sapeva solo che si era svegliato di soprassalto, con l’affanno, coperto di sudore, arrotolato nelle lenzuola, e umiliato.
 
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Era lunedì ed era ancora a Hogwarts. Il pensiero lo fece quasi sorridere.
 
Harry era andato a colazione in anticipo quella mattina, con l’intenzione di prendere posto prima che gli altri arrivassero. Sebbene avessero messo in chiaro che era il benvenuto al tavolo Serpeverde, voleva ancora reclamare il suo posto in anticipo. Una precauzione nel caso cambiassero idea.
 
Ma a quanto pareva, si era preoccupato inutilmente.
 
I primi Serpeverde a svegliarsi lo salutarono con un cenno del capo mentre passavano.
 
Un ragazzino del secondo anno gli rivolse un ghigno di complicità.
 
Uno del quarto gli fece addirittura l’occhiolino.
 
“Ti sei alzato presto.” Parkinson volò praticamente verso la panca, con un sorriso già stampato sulle labbra. Merlino, come si poteva essere così energetici di prima mattina? “Hai completamente rovinato i miei piani; avevo in mente di sgattaiolare nel tuo letto e farti urlare come una donnicciola.”
 
“Buongiorno anche a te, Pansy.” Disse Harry, incredulo del sorriso che si stava facendo strada sul suo volto. Dio, che cosa gli stavano facendo i Serpeverde? “E in che modo mi avresti fatto urlare, esattamente?”
 
Lei scrollò le spalle, imperturbata. “Ho solo ipotizzato che se avresti scoperto che qualcuno di stava abbracciando, e ti fossi ricordato che Draco è stato sospeso, urlare sarebbe stata una reazione logica.
 
“Uh-huh.”
 
Non venire a dirmi che non ti abbraccia!” Finse orrore, ma la sua risata rovinò l’effetto desiderato. “Dovrò fargli un bel discorsetto. Insegnargli come essere l’uomo della relazione.”
 
“Non mi crederai mai se ti dico che non sono io quello che sta sotto, non è vero?”
 
“Mai.” Confermò, sghignazzando. “Non è da Draco essere sottomesso.” Si versò una bevanda e quando si accorse che Harry la stava fissando, ammiccò. Non aveva davvero nulla di diverso da qualsiasi altra ragazza; begli occhi, capelli castani abbastanza lunghi, un senso dell’umorismo umiliante, ma stranamente soddisfacente. Non riusciva a capire perché le altre Case la detestassero; era gentile, una volta che la si conosceva meglio. Ma vista la brutta nomea collegata al fatto che era una Serpeverde, non le davano nessuna chance.
 
Forse la sua vena cruenta contribuiva ad accrescere la sua cattiva reputazione. Leggermente.
 
“Comunque, il tuo fidanzato mi ha dato ordini ben precisi.” Sorrise, ignorando Harry mentre negava la loro relazione. “Oh, falla finita; non è esattamente un segreto per le persone dotate di un maledetto apparato visivo.”
 
“Uh-huh.” Ripeté Harry, pensando a lei e Zabini. Si ronzavano intorno, lanciandosi sguardi quando uno dei due non guardava, piccole azioni giornaliere che indicavano la loro attrazione reciproca. Eppure, nessuno dei due aveva fatto la prima mossa. Ipocrita.
 
“Come vuoi.” Ringhiò, ma i suoi occhi brillavano di divertimento. “Mi hanno detto che il tuo peso ti mette a disagio.”
 

 
Cosa?
 
“Che hai un problema di alimentazione. Che, per farla breve, sei quasi anoressico.”
 
Harry riuscì solo a fissarla. Draco le aveva detto… cosa?
 
Spalancò la bocca; non sapeva cosa rispondere. Se l’avesse negato, avrebbe solo aumentato le sue convinzioni. “Umh… penso che le informazioni che ti hanno dato siano leggermente distorte-”
 
“Potty,” Un ghigno era tornato a giocherellare sul suo volto. “Oh, è bello poterlo dire senza essere affatturati a morte. Potty,” Fece praticamente le fusa, “Non ti alzerai da tavola finché non avrai mangiato qualcosa.”
 
Rimase attonito.
 
Si sentiva… stranamente contento. Era bello sapere che a qualcuno fregava davvero qualcosa della sua salute, o almeno fingeva che gli fregasse. Per quanto potessero sbagliarsi.
 
“Pansy, a volte non mangio perché ho la nausea. Ci sto lavorando, ma non sono anoressico.”
 
“Non fa alcuna differenza.” Fece spallucce, spingendo il suo piatto vuoto verso di lui. “Mangia.”
 
Ah, ma era ridicolo! Gli stavano affibbiando ancora più malattie di quante ne avesse, perché a quanto pareva essere malati terminali non bastava.
 
Brontolando, Harry le tirò via il piatto, e lo riempì a dismisura. Accidenti, l’aveva visto mangiare in passato. Perché mai avrebbe dovuto pensare che stava digiunando solo per via di una bugia di Draco?
 
Lentamente, la Sala iniziò a riempirsi, il chiacchiericcio diventò assordante piuttosto in fretta. Il resto del corpo studentesco non sembrò sorprendersi del trionfale ritorno dei Serpeverde, completamente indenni. Ed erano davvero trionfanti; a testa alta, si scambiavano dei ghigni ogni volta che incrociavano lo sguardo. I Serpeverde avrebbero potuto insegnare a Voldy una cosa o due su come manipolare le autorità.
 
Potevano certamente insegnare alla McGranitt come controllare le proprie emozioni; sedeva cupamente a capotavola, e borbottava qualcosa sottovoce. Semmai, più era arrabbiata, più i Serpeverde erano felici.
 
Harry mangiò quello che riuscì a mandar giù del suo piatto, piccoli assaggi di cibo. Non sapeva perché stesse cercando di provare qualcosa a Parkinson, ma di sicuro non stava migliorando la sua nausea. Dovette spingerlo via per non correre al bagno. Forse l’avrebbe creduto se dimostrava quanto fosse debole di stomaco?
 
In generale, la colazione fu piuttosto piacevole.
 
Un po’seccante, ma gradevole. Le risate, le strane battute su Harry, i soliti insulti che si scambiavano. Harry sarebbe stato molto felice se fosse continuata in quel modo.
 
E invece no. Dio, l’Universo, e ogni divinità minore lassù da qualche parte, lo odiavano a morte. Non passava giorno senza che gli accadesse qualcosa di assolutamente umiliante. L’incubo non era stato abbastanza plateale; avevano bisogno di alzare la posta in gioco.
 
E c’erano riusciti, grazie all’insopportabile bastardello di nome Draco, e al suo orribile senso dell’umorismo.
 
Accidenti, probabilmente avevano creato un vento che spingesse l’aquila solo per farla arrivare in tempo per la colazione.
 
Un pacco. Dall’aspetto innocuo.
 
Ma dal momento che l’orario della posta era finito, aveva catturato l’attenzione di quasi tutta la Sala. Pura curiosità; a nessuno importava veramente.
 
Finché i Serpeverde non scoppiarono a ridere.
 
Harry non riuscì nemmeno a difendersi; si limitò a nascondersi con le mani, aspettando che le risate scemassero.
 
Non successe.
 
Draco gli aveva mandato diversi giornaletti, che ormai stavano facendo il giro di tutto il tavolo in verde. Riuscì a sentire un rumore di carta stracciata quando solo-Dio-sa-chi aveva deciso che una di quelle pagine meritava di essere conservata; gli altri si accasciarono sul tavolo, perdendo il loro contegno Serpeverde a discapito di Harry. Parkinson aveva praticamente la bava alla bocca.
 
Harry non voleva sapere quanti ce ne fossero, e neanche cosa contenessero, voleva solo che non pensassero mai più a lui nella stessa stanza con quella roba. Per Merlino, avrebbe permesso a Draco di regalare a Dudley la sua meritatissima coda, dopo quella scena.
 
Aveva visto con la coda dell’occhio la prima copertina, ed era già abbastanza.
 
Una fotografia piuttosto esplicita di duo uomini che facevano cose di cui neanche-Merlino-voleva-sapere! Con l’affascinante titolo da far accapponare la pelle: ‘Salva una Scopa; Monta un Giocatore di Quidditch!’
 
E figuriamoci se non era Zabini a trovare il piccolo biglietto che era scivolato via dalla scatola, e ad alzare suggestivamente quel maledetto sopracciglio.
 
“Da aggiungere alla tua collezione?” Lesse, cercando inutilmente di strappare via le mani dalla sua faccia mortificata e paonazza. “Harry James, piccolo bastardo pervertito che non sei altro.”
 
Oh Dio, uccidilo, adesso.
 
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“Non vi sopporto neanche un po’.” Borbottò Harry, che non stava assolutamente tenendo il broncio mentre fissava il suo calderone. Diventava sempre più difficile non affatturarli; Parkinson non riusciva a smettere di ridere. Si fermava, cadevano tutti nella falsa convinzione che erano stati risparmiati dalle sue acutissime risa… e iniziava di nuovo. Zabini non migliorava la situazione, ovviamente. Bastava solo che incrociasse lo sguardo dell’altra, e iniziavano da capo.
 
Dannazione, perfino Neville aveva l’aria divertita mentre se ne stava seduto in silenzio dall’altra parte della stanza. Gli altri Grifondoro non rispondevano; se la cosa faceva ridere i Serpeverde, probabilmente non era nulla di buono. Di quello, Harry era davvero riconoscente.
 
Risero, di nuovo.
 
“Ah, piantatela! Non era così divertente.” Sbottò Harry, che alzò gli occhi al cielo quando scoppiarono di nuovo a ridere. Con ogni probabilità, Zabini era semplicemente felice di legare con lei.
 
“La tua faccia!” Rise Parkinson, passandosi una mano fra i capelli per scompigliarli. “La tua faccia era impagabile! Devo comprare una maledettissima fotocamera!”
 
Il pensiero di Parkinson con una fotocamera era allarmante.
 
Harry avrebbe dovuto vivere sotto il suo Mantello dell’Invisibilità.
 
Non era mai stato più felice di iniziare una lezione di Pozioni.
 
Lumacorno fece il suo ingresso sbuffando come al solito, avanzò con la sua camminata a papera verso la cattedra, e preparò i libri per la lezione. Niente pratica quel giorno; un altro punto a favore di Harry. Un brusio riecheggiò per la stanza mentre tutti si affrettavano a tirare fuori libri e penne. A nessuno piacevano le lezioni teoriche, non erano negli standard dei Mago. Solo a Harry, a quanto pareva.
 
Ma Lumacorno non iniziò la lezione.
 
La classe si scambiò sguardi perplessi mentre il professore se ne stava dietro la cattedra, con le mani intrecciate e un leggero sorriso sul volto. Nessuno riusciva a ricordare l’ultima volta che era apparso così contento; né a una delle feste del Luma Club, né quando si vantava di persone famose che gli dovevano un favore. Si limitava a starsene lì, sorridendo al pavimento.
 
Dopo alcuni momenti di imbarazzo e dopo che molte persone si erano mosse a disagio sulle sedie, Lumacorno alzò lo sguardo. Si voltò verso il lato Serpeverde della stanza, e si limitò a… fissarli.
 
Era la prima volta che vedevano il Capo del Dormitorio Serpeverde dopo la loro sparizione. Harry riusciva praticamente a percepire la crescente aria di sfida; se non altro, i Serpeverde intorno a lui si raddrizzarono, tenendo alta la testa. Non si pentivano di nulla.
 
Lo sguardo di Lumacorno si posò su Harry.
 
“Cinquanta punti a Serpeverde.” Annuì, saltellando sul posto.
 
Harry rimase di stucco, voltandosi verso l’altro lato della stanza. I Grifondoro sembravano confusi, e arrabbiati. Be’, quello ormai era un comportamento normale da parte loro. I Serpeverde sembravano esterrefatti quanto lui.
 
“Ora, chi sa dirmi le proprietà di un Filtro d’Amore di Classe D?”
 
Doveva pur essere un Serpeverde, in qualche modo. Era forse… orgoglioso del loro ricatto?
 
L’intera lezione continuò allo stesso modo. Poneva delle domande, faceva scrivere loro le risposte sulla lavagna dietro di lui, e si assicurava che tutti copiassero gli appunti in modo corretto. Ma il suo atteggiamento compiaciuto non cambiò minimamente. Nott e Zabini avevano chiacchierato apertamente per tutta la durata della lezione, e lui non aveva battuto ciglio. Ron aveva tossito, e gli erano stati sottratti cinque punti per aver disturbato la quiete!
 
Era strano; quasi come avere di nuovo Piton in classe. Neville doveva essere d’accordo con lui, perché non aveva alzato lo sguardo dal libro neanche una volta.
 
Neanche quando Zabini, accidenti a lui, lanciò un pezzo di carta verso la cattedra. Lumacorno lo raccolse immediatamente, alzando le sopracciglia fino all’attaccatura dei capelli. Spalancò la bocca, arrossì e balbetto qualcosa davanti a tutti, mettendo l’immagine in bella mostra. Era la pagina di uno di quei dannati giornaletti di quella mattina; niente era censurato.
 
“D-di chi è questa… questa spazzatura?” Urlò, e sgranò gli occhi quando Nott iniziò a sghignazzare.
 
“È di Potter.”
 
Lumacorno fece cadere la pagina sulla cattedra con l’immagine rivolta verso l’alto, lo guardò con cipiglio, ma non fece nulla. Non sottrasse alcun punto.
 
I Grifondoro erano furibondi.
 
Mentre andavano a pranzo incontrarono una gioiosa Cooman, che sorrise caldamente a tutti loro. I Serpeverde per poco non morirono dalla sorpresa quando la donna sbarrò loro la strada con un bagliore vivace nello sguardo.
 
“Che piacevole mattinata, non trovate?” Disse, senza il solito tono inquietante. Non si stava dando delle arie, e la cosa in sé e per sé era più terrificante di qualsiasi presagio di morte cruenta.
 
Zabini fu il primo a riprendersi, accigliandosi leggermente. “Umh… sì, lo è, Professoressa.”
 
“Oh, che maniere educate! Dieci punti a testa.” E con questo se ne andò, ignorando le loro espressioni sbigottite. A quanto pareva, alcuni docenti non erano d’accordo con le decisioni della McGranitt. Più di alcuni, notarono all’entrata della Sala Grande, fissando a bocca aperta la Clessidra Serpeverde; era piena di smeraldi, che sovrastavano le altre Case.
 
Si erano ammutinati contro la Preside, e la loro punizione era vincere la Coppa delle Case.
 
“Dovremmo prenderci cura di qualcuno più spesso.” Rise Nott, dirigendosi per primo verso il tavolo.
 
Harry lo guardò, scuotendo leggermente la testa. Non sarebbero dovuti cambiare per lui. Non sarebbe rimasto lì per molto, dopotutto. Perché mai avrebbero dovuto rischiare le ire della Preside per qualcuno che non sarebbe più esistito entro il prossimo anno?
 
Harry guardò il tavolo dei professori, prendendo nota dei sorrisi conniventi degli insegnanti, e dell’atteggiamento distaccato della McGranitt. Lumacorno si vantava della propria casa con chiunque lo ascoltasse, e, incredibilmente, molti di loro erano d’accordo con lui.
 
Era bello avere persone a cui importava.
 
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La felicità non poteva durare.
 
Harry sospirò per la dodicesima volta in un minuto, passandosi di nuovo la mano fra i capelli. Non voleva farlo; i suoi piedi erano più pesanti a ogni passo, un piccolo promemoria che gli ricordava semplicemente di non andarci. Tentavano costantemente di farlo tornare al Dormitorio Serpeverde; in realtà aveva davvero raggiunto l’entrata prima di realizzare di esserci tornato.
 
Cercare di attraversare la scuola era una continua battaglia, e i suoi piedi stavano vincendo.
 
Se non fosse andato, non sarebbe potuto rimanere a Hogwarts. Molto semplice.
 
Se non andava, voleva dire che si stava già arrendendo.
 
Tuttavia, non voleva andarci.
 
Salì lentamente i gradini verso l’ufficio della McGranitt. Ogni passo durava circa dieci secondi. Tutto pur di rimandare l’inevitabile. La sua mano si immobilizzò prima che potesse bussare alla porta, intimandogli di voltarsi e scappare verso i Sotterranei. Il cuore gli balzò in gola, impedendogli di parlare, o deglutire.
 
Quella paura era irrazionale.
 
Stava andando a fare il trattamento; non stava sprofondando all’inferno. Nonostante la tortura.
 
Harry sospirò di nuovo, e aprì la porta in mogano.
 
La McGranitt non lo rimproverò per non aver bussato. Si limitò fargli un cenno, emanando ancora rabbia e delusione. Lo squadrò mentre se ne stava sull’uscio, e quando vide che non era in procinto di muoversi, indicò il camino.
 
Un altro sospiro esausto sfuggì alle sue labbra, prima che Harry riuscisse a trovare le forze per reprimerlo. Si addentrò nella stanza, ignorando lo sguardo fisso della Preside. Lo guardava accigliata, come se stesse per dire qualcosa. Harry non glielo permise.
 
“Qual è l’ufficio?” Chiese, vuoto, con lo sguardo fisso sul camino. Prese una manciata di polvere, pronto ad andare e a evitare ogni genere di conversazione. Tuttavia, la donna esitò un momento prima di rispondere.
 
“Guaritrice Brown, settimo piano. Ascolta, Harry-”
 
Harry entrò rapidamente nel camino. “Ufficio della Guaritrice Brown. Settimo Piano, Ospedale San Mungo.” Fu un po’ troppo da dire, e per un momento sembrò non funzionare, ma le sue secche parole furono registrate dalla rete della Metropolvere. Un momento prima stava evitando la voce esitante della McGranitt, quello dopo stava vorticando attraverso il camino.
 
Harry aveva sempre odiato la Metropolvere, ma quel giorno se l’era goduta. Era magica. Poteva ancora viaggiare con i mezzi magici.
 
E sebbene gli stesse facendo venire la nausea, fu scaraventato fuori dal camino fin troppo presto, rotolando pesantemente al suolo.
 
Bene.
 
Ringhiò, sputando l’enorme quantità di fuliggine che aveva trovato il modo di infilarsi nella sua bocca. Non avrebbe potuto sperare in un atterraggio migliore.
 
“È stato magnifico.”
 
Harry fu sorpreso da una voce divertita mentre si tirava su dal pavimento. Le sue gambe tremarono leggermente; un altro urgente bisogno di tornare al castello.
 
“Sul serio, non penso di aver mai assistito a un fallimento migliore. Hai stravinto.”
 
“Signorina Harris,” Una voce severa fece irruzione. “Pensa che questo sia il comportamento appropriato?”
 
Harry strofinò via la sporcizia dagli occhi, accigliandosi. Riusciva a vedere soltanto due sagome sfocate; dov’erano finiti i suoi occhiali? “Umh… vi dispiacerebbe…?” Chiese, e sobbalzò quando una delle due lo pulì immediatamente dalla fuliggine. I suoi occhiali furono riposti fra le sue mani un momento dopo, quindi si affrettò a indossarli. Era meglio vedere chi fossero le sue torturatrici.
 
Di fronte a lui c’erano due donne, ed entrambe indossavano quelle orribili uniformi verde lime.
 
La più vecchia aveva ciocche bianche sparse nella sua chioma bruna, e legata in una stretta crocchia. Era piuttosto tarchiata, e perennemente accigliata. Non sembrava in grado di sorridere.
 
L’altra era più giovane, e aveva un ampio sorriso. Aveva dei bei capelli ramati, raccolti in uno chignon disordinato. Una tirocinante. Grandioso.
 
 “Signor Potter.” Ipotizzò che la più vecchia fosse la Guaritrice Brown. Gli tese fermamente una mano, che lui strinse con riluttanza. “È bello averla di nuovo fra noi. Se vuole seguirmi, la guiderò nella sua stanza.”
 
Dritta al punto.
 
Harry annuì, costringendo i suoi piedi esitanti a seguirle.
 
Si sentiva come un ragazzino che andava a scontare una punizione. Le due donne avanzavano a grandi passi davanti a lui, e per poco non spingevano via chiunque le intralciasse mentre si districavano nel labirinto di corridoi. Fortunatamente non incontrarono nessun paziente, solo altri Guaritori.
 
Ciononostante, ognuno di loro si voltava al loro passaggio, con le sopracciglia alzate o le bocche spalancate. Era vero; Harry Potter era in ospedale. La maggior parte di loro evitava il suo sguardo, solo i più coraggiosi lo salutavano con un cenno del capo. Come se quel cenno avrebbe risolto ogni cosa, e gli avrebbe dato la forza per affrontare la tortura imminente.
 
Harry sospirò ancora, e distolse lo sguardo quando la tirocinante si voltò verso di lui.
 
Era troppo tardi per tornare indietro?
 
A quanto pareva sì, si disse quando aprirono una porta e aspettarono che entrasse prima di seguirlo. Probabilmente per assicurarsi che non scappasse.
 
Era proprio orrenda come se la ricordava. C’era un letto al centro della stanza, circondato da una moltitudine di macchinari di cui non voleva sapere l’utilità. Sulla parete c’era un singolo quadro; un dipinto di alcuni girasoli in un vaso. Non c’erano finestre.
 
Una luce fioca si accese, strappandogli un altro sospiro.
 
Fu solo dopo che entrò nella stanza che si sentì davvero male.
 
“Allora, la diagnostica inizierà alle nove. Questo le darà il tempo di abituarsi alla stanza e di mettersi al suo agio. A quel punto ritornerò. La sua veste è accanto al letto-”
 
“Veste?” Harry si voltò, era sul punto di vomitare. Doveva indossare una veste da ospedale? “Non voglio metterla.”
 
“È la prassi.” Come se la cosa gli avrebbe fatto cambiare idea.
 
“Non voglio metterla.”
 
La donna gli rivolse uno sguardo freddo e indifferente. “Signor Potter, sta per affrontare una procedura estremamente intensa e dolorosa. Vuole impedirci di aiutarla in caso di imprevisti, solo perché ha scelto di indossare un paio jeans?”
 
“Non lasciate che accadano imprevisti.” Rispose, con l’impulso di alzare gli occhi al cielo. Come potevano un paio di jeans mettere a repentaglio la sua vita?
 
“Non inizierò la procedura finché non indosserà la veste.” Concluse. “Sarò di ritorno alle nove.”
 
Harry lanciò un’occhiataccia alle spalle della donna, voltandosi di nuovo verso il letto. Si fermò subito dopo, alla vista della tirocinante. Era seduta sul letto a gambe incrociate, e stava ghignando.
 
“Non dovresti metterti contro di lei; è una stronza.” Sorrise, scivolando giù dal letto per lanciargli la veste. “Se indossi la veste ti porterò un gelato per placare quell’incredibile ego che credo tu stia nascondendo.”
 
Harry non sapeva se stesse facendo il suo lavoro, cercando di tirarlo su di morale o se lo stesse semplicemente insultando. “Io… cosa?”
 
L’altra sorrise di nuovo, come se riuscisse a vedere il suo dibattito interiore. “Ascolta, la pensavo come te un paio di settimane fa. Perché scomodarsi a indossare una veste? È solamente un dannato indumento.” Si avvicinò a uno degli armadietti contro la parete, e ci si sedette mentre continuava a ghignare. “Ma la scorsa settimana un ragazzo si è rifiutato di indossarla, una componente di un macchinario è esplosa, e lui ha quasi perso una gamba perché non riusciva a liberarsi dai suoi jeans aderenti. È successo davvero.”
 
“Questo mi fa solo sospettare che i vostri macchinari siano difettosi.” Rispose Harry, vedendo il sorriso allargarsi sulle labbra dell’altra, che inizi a ridere.
 
“Fa lo stesso; indossa la veste. Placa la bestia. Si nutre di te; come un parassita. Voglio dire, se io riesco a indossare questa robaccia,” Volteggiò, mostrando quanto era lime la sua uniforme. “Allora tu riuscirai sicuramente a indossare quella veste incredibilmente succinta.”
 
Harry si limitò a fissarla. Non era come se l’immaginava. “Okay, Guaritrice Harris. Indosserò la veste.”
 
“Dio, non chiamarmi così. Non sono ancora una Guaritrice, sono solo un’apprendista. Guaritrice Harris mi fa sembrare così vecchia. Sono Kelly. Kell.”
 
“Va bene, Kelly.” Si tolse il maglione Weasley, e si sedette sul letto. “Puoi uscire, così posso cambiarmi?”
 
“Aw, siamo timidi, eh?” Rise, con gli occhi che brillavano per il divertimento. “Che fine ha fatto il tuo ego?”
 
“Per caso era una Serpeverde in passato?”
 
“Puoi dirlo forte.”
 
Harry indicò la porta. “Va’ a prendermi il gelato.”
 
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.
 
.
 
Harry se ne stava seduto goffamente sul letto, sopra le coperte. Quella veste lo faceva sentire davvero malato. Almeno aveva indossato di nuovo il maglione, per nascondere le sue braccia ossute e il tatuaggio. Era ancora coperto dalle bende, ma non sapeva quanto sarebbe durata; sembrava che le due Guaritrici che gli avevano assegnato ottenessero tutto quello che volevano; insieme erano imbattibili. Non era per niente giusto. E se avessero voluto vedere cosa c’era sotto le bende, Harry scommetteva che ci sarebbero riuscite.
 
La tirocinante era tornata, e come aveva detto, gli aveva portato un vasetto di gelato. Un gelato al sale marino. Quel nome insolito l’aveva un po’ scoraggiato, ma la ragazza l’aveva persuaso ad assaggiarlo. Non era niente male.
 
Tuttavia, serviva solo come diversivo mentre gli chiedevano informazioni. Influenze positive, e cose del genere.
 
“Allora, hai avuto delle reazioni a uno dei trattamenti avuti fin ora?” Chiese Kelly, sedendosi di nuovo sul letto con il portablocco sulle ginocchia. A Harry non dispiaceva; almeno lo guardava negli occhi, e non sembrava dar conto alla sua identità. Le sue strane maniere l’avrebbero resa un’ottima Guaritrice. Harry scosse la testa, prendendo un altro boccone di gelato al sale marino. L’avrebbe fatto vomitare più tardi, ma per il momento, se lo stava godendo. Perché non avrebbe dovuto?
 
“Hai continuato a prendere le dovute Pozioni, agli orari giusti?” Harry annuì.
 
“La dose dello Stabilizzante Magico è stata raddoppiata?”
 
“Sì.”
 
“Vuoi che chiami qualcuno che ti faccia compagnia durante il trattamento?”
 
Harry si bloccò, alzando lo sguardo vero di lei. “Te lo sei appena inventata, non è vero?”
 
“Puoi forse biasimarmi?” Sorrise, alzando le sopracciglia. “Allora? Vuoi che chiami qualcuno? Non devi restare da solo, sai.”
 
“No.” Harry non specificò a quale domanda avesse risposto; era una Serpeverde, avrebbe dovuto esserci abituata. “Non verrà nessuno.”
 
“Ma possono venire-”
 
“Non chiamare nessuno.” Ripeté Harry, indicando le scartoffie con un cenno del capo. “Andiamo, sono sicuro che ci sono altre domande serie.” La ragazza lo fissò per un momento, prima di sbuffare fra sé e sé e tornare con lo sguardo ai documenti. Harry non vedeva perché sarebbero dovuti essere affari suoi. Era lì in segreto. Nessuno si sarebbe presentato lì per assistere alla tortura, perché nessuno ne sapeva niente. Draco era stato sospeso; era quasi dall’altra parte del Paese. Harry non era così patetico da implorargli di assistere ad ogni maledettissimo trattamento.
 
“La tua magia ha avuto reazioni negative dall’ultima volta che sei stato qui?” Chiese, con la penna alla mano.
 
Harry ringhiò sentendo quella domanda, e si passò una mano fra i capelli. “Quanti incidenti vuoi che ti elenchi?”
 
“Il più possibile.”
 
“Va bene… uhm, ho perso la vista per una o due settimane. Ho usato un Lumos quella volta. Uhm… ho chiuso una porta e le mie ferite hanno iniziato a riaprirsi.”
 
“Quante ferite?” La sua voce divenne indifferente, si immedesimò nel suo ruolo da Guaritrice.
 
“Tutte… tutte quante.” Finse di non vederla trasalire.
 
“Tutte le ferite passate? Erano tagli, oppure lividi?”
 
“Entrambi. Una volta la mia mano si è Spaccata, e la cosa si è ripetuta. Sia il braccio che il naso si sono rotti un'altra volta. Tutto.”
 
“Qualcos’altro?”
 
“E… uhm, che altro c’è? Adesso mi ritrovo lividi senza motivo, con o senza l’uso della magia. Il mio braccio si è spezzato da solo… Ah, una volta il mio sistema ha smesso di funzionare.”
 
“Quale sistema?”
 
“Uhm, è iniziato con i nervi, persi completamente la sensibilità, poi i miei arti hanno semplicemente smesso di funzionare. Ricordo che non riuscivo ad alzare le braccia. Cadevo ovunque. Penso che quello sia stato l’episodio peggiore.”
 
 
“Hai dimenticato la volta in cui sei quasi annegato nel tuo stesso sangue.” Harry alzò lo sguardo di scatto quando senti quella voce, il cuore gli balzò in gola. “Penso che quello fosse l’episodio peggiore.”
 
Com’era possibile che quell’insopportabile stronzetto fosse riuscito a intrufolarsi lì dentro?
 
Non era stato sospeso? E non aveva problemi con la libertà condizionata?
 
Eppure eccolo lì che gironzolava per la stanza con la maschera in posizione e una smorfia di disgusto sulle labbra, ignorò completamente la Tirocinante Kelly, chiudendosi la porta alle spalle. “Be’, la tua stanza è assolutamente orrenda. Cristo, sembra che abbiano voluto conferirgli un’atmosfera da ‘catastrofe imminente’ di proposito, non trovi?”
 
“Ce l’hai il permesso per stare qui?” Chiese Harry, che ignorò il biondo mentre alzava gli occhi al cielo. “Hai, come dire, una piccola violazione di libertà condizionata di cui preoccuparti.”
 
“Non ho ricevuto niente più che uno schiaffetto sulla mano.” Scrollò le spalle. “Ho bruciato la mia ultima chance. Ma non hanno ancora minacciato di sbattermi ad Azkaban, niente di cui valga la pena preoccuparsi.” Si avvicinò al letto con la testa leggermente inclinata. “Non mi hai mai detto che il tuo cazzo di corpo ha smesso di funzionare.”
 
“Acqua passata.” Non riuscì a trattenere il sorriso quando Draco prese il suo cucchiaio, assaggiando un po’ di gelato. La faccia della tirocinante era impagabile; era a metà strada fra lo shock e l’irritazione. “Niente di cui valga la pena preoccuparsi.” Gli fece eco, spostandosi più in là sul letto per fare spazio a Draco.
                                                                                                                        
Lo spettro di un ghigno apparve sul suo volto mente prendeva posto accanto a Harry, mangiando il suo gelato. “Anche a me fa piacere rivederti.” Disse pigramente. “Con quanto entusiasmo mi hai accolto, come se non avessi violato la libertà condizionata per te.”
 
“L’hai violata perché odi la McGranitt.” Rise Harry, “Il che ha portato i Serpeverde a vincere la coppa delle case. Abbiamo più di settecento punti al momento; Nott ha starnutito, e gli hanno assegnato dei punti.”
 
Draco sogghignò, indicando a un’esterrefatta Kelly di proseguire. “Be’, vada avanti. Le domande.” Disse stancamente, riposizionandosi sul cuscino.
Harry non riuscì a trattenere il sorriso. Draco aveva subito migliorato la situazione.
 
Kally si diede immediatamente un contegno. “Okay. Va bene. Uhm, perché non iniziamo dal solito ‘chi diavolo sei’?”
 
Draco si limitò ad alzare un singolo sopracciglio, poi continuò a mangiare. “Draco Malfoy. Incantato.” Sembrava tutt’altro che incantato quando notò finalmente la veste che Harry stava indossando. La sfiorò con disgusto. “Che roba è? Ti fa sembrare malato.”
 
“Acuta osservazione.” Harry tornò con lo sguardo alla tirocinante, facendole cenno di continuare. “Ignoralo. Hai altre domande?”
 
La ragazza guardò prima il biondo, poi Harry; riusciva a vedere i pezzi del puzzle che si collegavano nella sua mente. “Ho solo bisogno di sapere se hai qualcos’altro da dichiarare, poi possiamo dare inizio allo show.”
 
Grandioso.
 
“Nient’altro.”
 
“Fantastico. Vuoi un’altra scodella di gelato, visto che il tuo toy boy l’ha mangiata tutta?” Sorrise quando Draco le lanciò un’occhiataccia. “Oh, rilassati. Non ti ricordi di me? Eri un primino quando ero all’ultimo anno.”
 
“Neanche un po’.” Rispose Draco. “È ovvio che non valeva un minuto del mio tempo.”
 
Harry gli intimò di stare zitto, ma la cosa non sembrò turbare la Guaritrice. La ragazza scrollò le spalle, voltandosi verso Harry. “Vuoi che ti portiamo qualcosa? Abbiamo una televisione babbana rubata al dipartimento di ricerca; ci sono tutte le commedie romantiche più in voga. Qualcosa per tenere la mente occupata.”
 
“Sto bene così.” E lo sarebbe stato, nonostante l’incredulità nello sguardo dell’altra. Draco era lì.
 
“Allora andrò dalla Guaritrice Brown.”
 
“Non mi piace quella baldracca.” Affermò Draco, senza neanche aspettare che lei lasciasse la stanza. La sua mano esitò sulla maniglia prima che uscisse, sbattendo la porta un po’ troppo forte. “Parla troppo.”
 
“Sei solo seccato perché ti ha chiamato toy boy.” Harry scollò le spalle, e deglutì quando Draco si voltò a guardarlo e i suoi occhi argentei percorsero il suo corpo scarsamente coperto.
 
“Perché sei tu a essere il mio toy boy, non il contrario.” Mormorò, stringendo la caviglia di Harry con la sua mano fredda. “Non mi piace questo posto. Ti fa sembrare malato.”
 
“…io sono malato.” Sussurrò Harry, che si premette contro il cuscino, e alzò gli occhi al cielo quando Draco ne trasfigurò uno più grande e più soffice.
 
“Tu sei molto, molto di più.”
 
Harry deglutì a vuoto, desiderando di avere quella televisione o qualunque altra cosa potesse distrarre il biondo. Quella conversazione stava diventando troppo seria, aveva bisogno di qualcosa per alleggerire l’a-”
 
“Hey! Perché diavolo hai detto a Parkinson che sono anoressico!?” Riuscì con successo a rovinare l’atmosfera, puntando un dito contro Draco. “No, togliti quell’espressione da bugia innocente dalla faccia! Mi ha perseguitato, cazzo, mi ha costretto a mangiare e mi ha seguito dopo ogni pasto per assicurarsi che non vomitassi! È stato un incubo!”
 
“Non ho detto niente del genere.” Draco tirò su col naso, accomodandosi su un altro cuscino che aveva trasfigurato. “Mi offendi.”
 
“Ha detto che sei stato tu a dirglielo. Che ragione avrebbe di mentire?”
 
“E che ragione avrei io, invece?” Rispose Draco con tranquillità. Quasi con troppa tranquillità. “Ascolta, stupido idiota che non sei altro; le piaci. Ti considera un Serpeverde. E noi Serpeverde ci prendiamo cura l’uno dell’altro. Se ti sta costringendo a mangiare, probabilmente pensa che mangi troppo poco. Forse ha visto il tuo culo secco con la coda dell’occhio mentre facevi la doccia. Non lo so. Non m’importa. Se riesce a farti mangiare come si deve, e non le piccolissime cucchiaiate del cazzo che fai finta di mandar giù quando sono nei paraggi, allora le darò un maledettissimo bacio quando torno.”
 
A Harry per poco non cadde la mascella, qualcosa di simile alla rabbia prese possesso del suo stomaco. “Non osare!” Sbottò. “Se baci Pakinson, non ti bacerò mai più! Per non parlare del sesso!”
 
“A-ehm.”
 
Oh, santo cielo.
 
Harry si voltò di scatto verso la porta, e ringhiò quando si rese conto che c’erano diversi membri dello staff sull’uscio. La Guaritrice Brown era in testa al gruppo, e lo fissava con le sopracciglia alzate. La Tirocinante Kelly fece un fischio prima di addentrarsi nella stanza sollevando allusivamente le sopracciglia.
 
Harry si voltò verso Draco per cercare aiuto…
 
Ma l’idiota stava ghignando, più compiaciuto che mai. Era senza pudore. Non era imbarazzato. Anzi, si stava godendo la sua umiliazione.
 
Harry ringhiò, e si nascose il volto con le mani mentre entravano nella stanza, avvampando.
 
“Geloso di Pansy, eh?”
 
“Chiudi il becco.” Latrò Harry, affondando un po’ di più nel cuscino. Era così grande che forse poteva contenere un’altra dimensione.
 
“Mi fa piacere che ha seguito il mio consiglio e ha indossato la veste.” Commentò la Guaritrice Brown, posando il suo sguardo freddo su Draco. “Ed è bello vedere che è in compagnia di qualcuno. Quando avrà rimosso il maglione, potremo iniziare.”
 
Harry sospirò e si tolse il maglione, sentendosi terribilmente a disagio con le sue gracili braccia scoperte. Era ossuto, e probabilmente aveva un aspetto orribile agli occhi di Draco. Sospirò ancora quando iniziarono a lanciare gli incantesimi. Piegò la testa in modo che i suoi capelli coprissero gli occhi; almeno non avrebbe dovuto essere partecipe della sua umiliazione.
 
C’erano almeno venti persone nella stanza, e tutte armeggiavano con dei dispositivi, tiravano fuori macchinari, o gli lanciavano semplici incantesimi di diagnostica.
 
“Otto percento.” Disse uno dei Guaritori, agitando di nuovo la bacchetta. “Negativo. Negativo. Sessantuno chili.”
 
“Sessantuno?” La Guaritrice Brown si voltò di nuovo verso Harry. “È sottopeso per la tua età, e anche per l’altezza. Pensa che ci sia una ragione dietro la sua perdita di peso?”
 
Adesso fu Harry a guardarla finché l’altra non si sentì a disagio. “Stress, forse.” Ringhiò. Era seria? Stava morendo, cazzo! Forse era per quello che non riusciva a mangiare un cazzo!
 
“È anche anoressico.”
 
“Chiudi il becco, Draco.”
 
“Cos’è quello?” La donna ignorò il commento, indicando l’avambraccio di Harry. “Ha qualche ferita che può compromettere la procedura?”
 
“È il mio tatuaggio.” Rispose seccamente.
 
“È infetto?”
 
“No.”
 
“Allora perché è bendato?”
 
“Perché i tatuaggi non sono ammessi ad Hogwarts.” Disse con noncuranza. “Perché mostrarlo se potrebbe farmi espellere?”
 
Impiegarono una manciata di lunghissimi minuti per preparare la stanza, dopodiché la maggior parte dei Guaritori se ne andò. Ne rimase solo un gruppetto, per controllare le apparecchiature e applicare impacchi caldi sul suo avambraccio per far circolare il sangue.
 
Draco rimase in silenzio per tutto il tempo.
 
E la cosa fece quasi rabbrividire Harry.
 
Stava vedendo con i suoi occhi quant’era malato.
 
Quant’era patetico.
 
“Okay, Harry,” La Tirocinante Kelly tornò, sorrideva di meno adesso. Ma ci provava comunque. “Preferisci le cinghie o le mani libere? Abbiamo diverse tipologie di cinghie; non preoccuparti, sono tutte delicate sulla pelle, e non lasciano segni. Ho anche un paio di manette sexy, se vuoi aggiungere un po’di pepe alla festa.”
 
Harry non riuscì a far altro che accigliarsi, titubante. “Posso… uhm… posso scegliere?”
 
“Certamente.” Vacillò per un attimo. “Non sei un animale, sei un nostro paziente. Allora, libero o legato?”
 
Certe volte Harry si odiava. Sul serio.
 
Non voleva nient’altro che avere le mani libere durante il trattamento, ma… le volte in cui le aveva avute, si era artigliato il petto fino a farlo sanguinare. Non l’avrebbe fatto di nuovo, non sotto gli occhi di Draco.
 
“…Opterò per le cing-”
 
“No, non ne ha bisogno.” Draco lo interruppe, i suoi occhi erano gelidi.
 
“Draco, io-”
 
“Harry.”
 
Accidenti a lui e ai suoi imbrogli! Perché bastava solo che dicesse il suo nome per fargli cambiare idea? Cosa doveva fare Harry per avere un aiuto divino?
 
“Vuoi le cinghie?” La Tirocinante Kelly ignorò completamente Draco, e fissò solo Harry. Accidenti, avevano già iniziato a infilare gli aghi nel suo braccio sinistro.
 
“…no.”
 
Lo collegarono alle macchine un po’ troppo velocemente per i suoi gusti; anche se Draco diede alcuni problemi.
 
Di punto in bianco si rifiutò di spostarsi, e un povero tirocinante iniziò a tremare quando dovette abbassarsi sul biondo per connettere gli aghi. Quando Harry sussultò a causa dell’idiota, l’occhiataccia di Draco non fece altro che intensificarsi; il povero tirocinante cacciò addirittura un urletto.
 
Harry deglutì e si rigirò sul letto, stringendo la mascella appena il ronzio che indicava l’accensione dei macchinari iniziò. Era questione di tempo ormai…
 
“Non ve ne andate?” Harry fu sorpreso dalla domanda di Draco, e si guardò intorno. La Guaritrice Brown era seduta su una sedia accanto a una macchina, con la penna alla mano. La Tirocinante Kelly e altri due ragazzi se ne stavano alle sue spalle mentre prendevano appunti o si muovevano a disagio. Perché non se n’erano ancora andati?
 
“Osservare fa parte del nostro lavoro.” Rispose la Guaritrice Brown, i suoi occhi severi erano concentrati sul macchinario. “Come possiamo farlo se non siamo nella stanza?”
 
Harry strattonò il braccio quando la pozione si fece strada nelle sue vene, bruciando i primi nervi che era riuscita a trovare. Harry impiegò più forza di quanto pensasse nel tenere semplicemente stretti i pugni, senza strappare via gli orridi tubicini dal braccio. Cristo, nessuno poteva abituarsi a una cosa del genere.
 
Scivolò attraverso la mano, spingendo sia muscoli che ossa sulla strada verso la punta delle dita. Una volta arrivata, ci rimase e strinse come se cercasse di perforargli le unghie, ma fallì e piantò spregevolmente i suoi artigli sottopelle. Harry strattonò ancora la mano, le sue dita tremavano come se gli avessero appena lanciato una Cruciatus. Era pura agonia; come tenere una mano sul fuoco.
 
Erano passati trenta secondi, e stava già considerando l’idea di chiedere alla Guaritrice di fermarsi.
 
Tutti lo osservarono, riflettendo. Annotarono le sue reazioni, come se non fosse altro che una cavia. I suoi sguardi lo penetravano, notando ogni piccolo segno di fastidio o sofferenza. Non si era mai sentito così in imbarazzo, neanche con le cinghie.
 
Accanto a lui, Draco si mosse, sfoderando la sua bacchetta con movimenti deliberatamente lenti, come se cercasse di attirare l’attenzione di Harry. Ci riuscì immediatamente; qualsiasi cosa su cui puntare l’attenzione, a parte il dolore e quegli sguardi indifferenti. Cristo, Harry aveva pensato che Draco era apatico, ma in confronto allo stoicismo dei Guaritori, sprizzava praticamente emozioni da tutti i pori.
 
“Silencio.” Puntò la bacchetta verso tutti i Guaritori nella stanza, ignorando completamente le loro espressioni indignate. “Ecco. Almeno non sentiremo i loro sbuffi irritanti.”
 
“Sbuffi?” Riuscì a chiedere Harry senza balbettare, per una volta la sua voce era limpida. Miracolo. “Quali sbuffi?”
 
“Accetterò la tua distrazione, visto che ti stanno torturando. Gli sbuffi; gli ansimi, e i rumori tremendamente irritanti che quell’idiota con la faccia brufolosa emette quando guarda nella nostra direzione.”
 
“Sei arrabbiato con lui…” Harry sussultò quando la pozione slittò nel suo gomito, scavando nella cartilagine. In quel momento, non sarebbe riuscito a muovere il braccio neanche se lo voleva. “Perché respira?”
 
“Perché respira in modo incredibilmente irritante.” Tuttavia, un ghigno apparve sul suo volto appuntito. La cosa non faceva mai presagire niente di buono. “A proposito di sbuffi e ansimi, ti è piaciuto il mio regalo?”
 
Giusto; quel bastardo l’aveva umiliato di fronte a tutto il tavolo!
 
“Hey, idiota!” Harry lo spinse, e alzò gli occhi al cielo quando l’altro allontanò con facilità la sua mano. “Hai una vaga idea di quanto è stato mortificante?!” Era estremamente consapevole che la pozione stava scivolando nelle sue spalle, scostando i muscoli e infiltrandosi nelle ossa.
 
“Ne ho una vaga idea, sì. Era quello l’intento.”
 
“Quella di consegnare i tuoi sudici porno a colazione?”
 
“Avrei preferito nell’ora di Pozioni.” Ghignò Draco, che si sposto più vicino in modo che le loro spalle si sfiorassero. Appoggiò con disinvoltura una mano sulla gamba di Harry. E tutt’a un tratto, a Harry non importava un fico secco di dove si trovasse la pozione. Sentiva un leggero fastidio alla gola, ma il suo cuore batteva così forte che non riusciva a concentrarsi sul dolore. “E comunque erano i tuoi porno. Da aggiungere alla collezione.”
 
“Li restituisco.”
 
“Non puoi restituire oggetti usati.” Sorrise per la smorfia di Harry, il suo pollice iniziò ad accarezzare magicamente la sua gamba. Draco aveva una talento come massaggiatore. “Come se tu potessi parlare. Niente sesso se bacio Pansy, certo.” Ridacchiò, aveva un tono divertito e una luce ironica negli occhi. “Non puoi proibire qualcosa senza prima proporla.”
 
Harry era arrossito mentre ricordava la scenata che aveva fatto poco prima. “Non so perché l’ho detto. Cancellalo dalla tua memoria. E, prima che ce ne andiamo, anche da quella dei Guaritori, se non ti dispiace.”
 
“Sei sessualmente frustrato.” Disse pigramente Draco, spostando la sua mano un po’ più su. Si mosse solo di un centimetro, si notava a malapena. Harry si voltò immediatamente a guardarla. “Comprensibile.”
 
“Cancellalo. Dalla. Tua. Memoria.”
 
“Temo proprio di non poterlo fare.” Si spostò ancora, alzando il braccio di Harry per posizionarsi dietro la sua spalla. Cosa diavolo stava facendo? “L’attesa mi uccide. Chi l’avrebbe mai detto che eri un tale provocatore.”
 
“Ah-ah.” Harry si voltò per alzare un sopracciglio verso il biondo, che si stava ancora spostando. “Cosa diavolo stai facendo? Torna qui, così posso vedere la tua faccia appuntita.”
 
Draco si mosse ancora, spostando una gamba così da sedersi direttamente dietro Harry, tenendolo fra le sue gambe. Appoggiò il mento sulla sua spalla, e gli afferrò entrambi i polsi, piegandoli sul suo petto nell’abbraccio più goffo che Harry avesse mai sperimentato. Draco lo avvolgeva, bloccandogli le mani come se fosse ignaro delle otto persone che li fissavano.
 
“Che stai facendo?”
 
“Non devi essere così teso. Non ti sto strangolando.”
 
“Potresti riuscirci tranquillamente, dalla tua posizione.” Rispose Harry, spostandosi contro il petto dell’altro. Voleva guardare Draco, non parlare con gli increduli tirocinanti di fronte a lui. “Coccoli meglio a letto.”
 
“Tecnicamente, siamo a letto.” Rispose Draco in un sussurro, la sua voce provocò brividi che percorsero tutta la sua spina dorsale. Si stese di nuovo sul letto, attirando Harry più vicino a sé, se possibile. Riusciva a sentire il calore del petto dell’altro che si irradiava nella sua schiena. Sentiva ogni battito del suo cuore, che contraddiceva le voci secondo cui i Malfoy erano insensibili. “Di solito ci vogliono alcuni minuti.” Parlò ancora più piano, così che solo Harry potesse sentirlo. “Per arrivare al peggio.”
 
Lo strinse ancora più saldamente, e Harry capì.
 
L’orrida pozione si faceva strada nella sua gola, andando sempre più in basso e in profondità.
 
Harry lasciò che i suoi occhi si chiudessero, e si tenne più forte che poteva. Reclinò la testa all’indietro, inalando quel meraviglioso profumo di vaniglia per distrarsi-
 
Penetrò nel suo cuore, nella sua magia, e strinse.
 
Harry non sapeva se avesse annaspato, ringhiato, o urlato. Non sapeva se si stesse agitando, tirando testate a Draco, o rigirando sul letto. Non sapeva se quella roba disgustosa avesse giocato crudelmente con il suo cuore per un minuto, cinque, oppure dieci.
 
Sapeva solo che faceva male, più di quanto qualsiasi cosa avrebbe dovuto far male.
 
Le braccia di Draco lo strinsero più forte, senza esitazione.
 
.
 
.
 
.
 
Harry sussultò quando delle mani inesperte rimossero gli aghi dalle sue braccia, assicurandosi che i suoi occhi fossero nascosti dai capelli. Voleva tornare al castello il prima possibile, lì dove nessuno aveva assistito alla scena. Non riusciva più a sopportare quelle persone che lo fissavano a bocca aperta, o evitavano rapidamente il suo sguardo. Oppure quella veste che lo faceva sembrare così malato! Voleva strapparsi quella stupida vestaglia di dosso; avrebbe rischiato le ire della sua magia, se fosse servita a ridurla in cenere.
 
Non voleva più essere malato; voleva essere semplicemente Harry. Solo Harry. Accidenti, avrebbe perfino accettato di essere un babbano, o quel ragazzino di undici anni rinchiuso in un sottoscala, oppure di essere strangolato da suo zio. Avrebbe perfino preferito tornare a essere incastrato in un orribile albero che cercava di sbriciolargli i piedi. Tutto tranne che la persona debole, patetica e umiliata in cui si stava lentamente trasformando.
 
Sapeva che la Guaritrice stava parlando con lui, informandolo dei risultati. Ma non riusciva a sentire. Era come un suono ovattato; nulla di lontanamente importante in confronto al battito del cuore di Draco sulla sua schiena.
 
Oh, Dio. Draco.
 
Aveva finalmente realizzato quanto si stava ammalando? Quanto era inutile prolungare la sua esistenza-?
 
Il pollice iniziò ad accarezzargli di nuovo la gamba, il piccolo movimento catturò la sua attenzione. Probabilmente avevano detto qualcosa d’importante.
 
Con un sospiro, alzò lo sguardo.
 
La Guaritrice Brown gli stava porgendo una pozione da prendere.
 
Scorse la parola ‘reni’ sulla boccetta, e distolse subito lo sguardo, ingurgitandola con indifferenza. Non voleva sapere.
 
La voce continuò, vuota e inespressiva. Era una Guaritrice, ecco tutto. Non era coinvolta in quella faccenda. Finché non le rovinava la carriera, non le importava.
 
Un attimo.
 
“Che cosa?” Chiese Harry, che fissò il suo portablocco invece di guardarla negli occhi. Non ci riusciva. Non osava neanche guardare nella direzione di Kelly. “Io… cos’ha detto?”
 
Probabilmente sbuffò, raddrizzandosi con aria d’importanza. “Le ho chiesto quali fossero i suoi piani per tornare a Hogwarts. Torna stasera, o domattina? Possiamo arrangiare un letto, se è stanco.” Draco si irrigidì dietro di lui, i suoi pensieri erano evidenti.
 
“…mi piacerebbe tornare domattina. Mi è… permesso stare a casa per stanotte? Non mi piacciono molto gli ospedali.”
 
“Va bene. Chiamerò la Guaritrice Kelly per i documenti di dimissione.”
 
Harry se ne stette in silenzio mentre gli altri si affrettavano per la stanza. Gli avevano appena concesso la libertà.
 
Draco si piegò in avanti, appoggiando la testa sulla spalla di Harry con un tono divertito.
 
“Vuoi stare a casa mia stanotte?”
 
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Capitolo 34
*** Sotto il letto ***


Buonasera a tutti! Fa un freddo cane, ma The List sopravvive a qualsiasi temperatura.
Ne approfittiamo per augurarvi buone feste! Non esagerate con il panettone e...
Buona lettura!


Capitolo 34 – Sotto il letto


 
Harry cadde con violenza dal camino, e uno strattone alla camicia gli indicò che Draco aveva provato a sorreggerlo, senza riuscirci. Quel riflesso impreciso era comprensibile; appena avevano smesso di vorticare, era partito un suono acuto che con gli anni aveva associato alle grida della madre di tutte le banshee torturata nelle profondità più oscure dell’inferno.
 
Non gli importava di aver urtato il ginocchio contro un solidissimo tavolino da caffè mentre cadeva, o che era accovacciato a terra e ricoperto di fuliggine. Quel rumore stridente, quel costante lamento su tutto ciò che c’era di sbagliato nel mondo, un migliaio di grida, persone che si lamentavano dal dolore, non si fermava…
 
Si fermò.
 
Annaspò, gemendo per il fischio alle orecchie. Neanche il suono emesso dall’uovo d’oro del Torneo Tremaghi era così agghiacciante. Dio, aveva sentito miagolii di gatti in calore più piacevoli di quello stridio.
 
“Merda, alzati. Alzati.” Harry ringhiò quando il suo biondo lo tirò in piedi e gli afferrò il braccio per trascinarlo verso una tenda, tra tutte le cose disponibili.
 
“Bella presa, comunque.” Brontolò mentre veniva spinto non troppo garbatamente dietro la tenda. Lo stava letteralmente costringendo a nascondersi dietro una tenda. Come un bambino. Nascondersi sotto a un tavolo era più dignitoso.
 
“Non incolpare me per la tua incredibile mancanza di equilibrio. Non riesci neanche a uscire da un camino senza fare una scenata.”
 
“Be’, non ho esattamente-”
 
“Expelli-!” Harry chiuse di scatto la bocca quando sentì un’altra voce, sperando con tutte le forze che la tenda non si stesse muovendo. Si immobilizzò, e vide le dita perfettamente curate attorno all’orlo del tessuto stringersi fino a sbiancare. “Draco. Sei stato tu a far scattare l’allarme?”
 
“Le mie scuse, madre. Un errore di valutazione.” La mano di Draco si strinse sulla tenda, tirandola lungo la finestra. Harry avrebbe tirato un sospiro di sollievo per la prontezza di Malfoy, se solo il suono non avesse indicato a Narcissa Malfoy la sua posizione.
 
Calò il silenzio mentre Draco tirava l’altra tenda, probabilmente con molta disinvoltura. Era un’azione normale per un purosangue, o ordinavano di farlo agli Elfi Domestici? Oppure usavano la bacchetta? Quella piccola azione per nasconderlo stava forse attirando attenzione su di lui? Non era verosimile che Draco chiudesse immediatamente le tende una volta tornato a casa; sua madre avrebbe sospettato qualcosa.
 
“Prova che sei mio figlio.” Rispose piano, con freddezza. Harry riusciva a immaginarsela mentre impugnava severamente la bacchetta, puntandola senza esitazione contro Draco. Il che era assolutamente spaventoso. L’usanza di provare la propria identità era scomparsa con la guerra; era un anno di pace. Quindi perché i Malfoy eseguivano ancora quella pratica?
 
“Fammi una domanda.” Sospirò, seccato. Harry deglutì per la tensione palpabile che c’era nell’aria. Di certo Draco non voleva che lui assistesse mentre rispondeva a domande private, giusto? Tuttavia era bloccato dietro una tenda. E anche se non l’avrebbe mai detto a Draco, l’idea di scoprire più cose sul suo conto era molto invitante.
 
“Dove ti ho portato appena è finita la battaglia?”
 
“Qui.”
 
“Dove?”
 
Un altro sospiro. “Nella camera blindata.”
 
Harry si accigliò. Quello sì che non era per niente sospetto. Se un ufficiale del ministero fosse stato lì avrebbe trascritto ogni singola parola. Una camera blindata, al di fuori della Gringott?
 
Calò di nuovo il silenzio, e il battito del cuore di Harry era la cosa più rumorosa nella stanza. Stava forse respirando troppo forte? Aveva sfiorato la tenda? Merda, si stava muovendo?
 
“Tesoro, ho pensato…” La sua voce sembrava stanca adesso, molto meno minacciosa. “Perché eri fuori casa? Sei già in una situazione abbastanza precaria, senza bisogno di aggravanti. Se gli Auror scoprono che sei uscito-”
 
“Le guardie hanno informato mio padre della mia assenza?” Ipotizzò che la donna scosse la testa. “Allora dubito che gli Auror verranno a sapere della mia piccola passeggiata.”
 
“Dove sei stato?”
 
“In giro.”
 
Dove, Draco?”
 
“In giro.” Ci fu di nuovo il silenzio, e il respiro di Harry. Non sapeva chi avrebbe vinto quella discussione; Draco doveva vedersela con sua madre, una donna capace di mentire a Voldemort. E Draco era Draco; il che era tutto dire.
 
“Forse hai una scarsa opinione di me-” Iniziò Narcissa, con un tono basso.
 
“Ho buonissima opinione di te.” Rispose Draco, con altrettanta calma.
 
“Grazie. Tuttavia non può essere del tutto vero, se ti aspetti che creda che sia stato tu a lasciare entrambe le scie di fuliggine sul pavimento.”
 
Harry deglutì, abbassando lo sguardo in una sorta trance. I suoi piedi erano neri e grigi per lo sporco. Le impronte conducevano direttamente a lui. Fantastico.
 
Cosa diavolo avrebbe mai potuto dire Draco in sua difesa? Qualunque spiegazione possibile-
 
“Ho imbucato un amico.” Oppure, poteva optare per l’onestà assoluta. “Ecco perché è scattato l’allarme. È dietro la tenda, perché non voglio che incontri…”
 
“Allora, Narcissa, chi è lo stolto che ha deciso di farci visita stavolta? Oh, se n’è già andato?”
 
Harry strizzò gli occhi, desiderando disperatamente che la stanza si svuotasse. Non era particolarmente in vena di avere un testa a testa con Lucius Malfoy, padre acquisito o meno che fosse. Probabilmente l’avrebbe affatturato fino a lanciarlo dalla finestra, solo per aver fatto un solo passo all’interno del Maniero.
 
La tensione di poco prima non era nulla in confronto a quella.
 
“Padre.” Se il tono che aveva usato con sua madre era educato, e forse un po’ distante, quello che usò con suo padre era pura indifferenza. Freddo e ostile. “Se vuoi scusarmi.”
 
Harry avrebbe voluto spalancare le tende e sgattaiolare via con Draco. Fu un miracolo che riuscì a trattenersi. Ma i passi del biondo furono precisi e veloci, e prima che Harry avesse preso quella dolorosa decisione, i suoi genitori iniziarono a parlare.
 
Draco l’aveva lasciato in balia dei suoi genitori.
 
Con sua madre che sapeva della sua presenza.
 
“Attirerà tutti gli Auror di Londra a casa nostra.”
 
“Sta tentando di riprendersi. Lascialo in pace.”
 
“Non posso lasciare che ci metta in pericolo.”
 
Harry alzò le sopracciglia. Che ipocrita del cazzo!
 
“Draco non ha mai, intenzionalmente o meno, arrecato alcun danno a questa famiglia.” Il tacito ‘al contrario di te’ aleggiava nell’aria. “Ne parleremo domattina.” Un altro momento di silenzio. “Lucius. Lascialo stare.”
 
Dopo un altro dolorosissimo minuto in cui Harry aveva cercato di respirare in silenzio, non toccare la tenda, far finta che non stesse per starnutire, e di trattenere un lamento dopo essersi accorto che il suo piede destro sbucava dalla tenda… se ne andarono.
 
O Harry suppose che fosse così. Non avrebbe mai scostato la tenda per verificarlo.
 
Per quel che ne sapeva, stavano discutendo in silenzio. Una di quelle battaglie di sguardi che tutti i genitori avevano quando non erano d’accordo su qualcosa, dove le sopracciglia si alzavano e i nasi si arricciavano. Era possibile che una discussione stesse avendo luogo dall’altra parte della tenda. E che Narcissa la stesse indicando per far notare al marito ciò che non era riuscito a vedere.
 
Ma non riuscivano a scorgere la sua sagoma? Harry dovette supporre che il suo petto sfiorasse la tenda ad ogni respiro. Sarebbe dovuto essere piuttosto ovvio che era lì dietro; non aveva sentito Incantesimi Pulenti. Le impronte di fuliggine li avrebbero condotti proprio a lui.
 
Quindi, cosa stavano facendo? Se n’erano andati o si stavano avvicinando furtivamente alla tenda, impugnando le bacchette, pronti a affatturarlo per essersi imbucato lì dentro, e aver messo potenzialmente a rischio loro figlio-?
 
La tenda si spalancò, e il cuore gli affondò nello stomaco. Per un doloroso momento, la sua mente si svuotò. Non avrebbe potuto dire niente per migliorare la situazione.
 
Il sollievo.
 
Gli occhi grigi appartenevano all’unico biondo che gli interessava.
 
“Vuoi venire, o preferisci dormire qui stanotte?”
 
“Sei stato tu ad andartene.” La voce di Harry era più sollevata di quanto volesse. “Cos’avrei dovuto fare? Seguirti?”
 
Ma Draco non sembro turbarsi; ghignò, e alzò le sopracciglia. “In teoria i Grifondoro non dovrebbero avere un po’ di coraggio?”
 
“Sono un Serpeverde.” Harry non riuscì a trattenere il sorriso dopo che ne vide uno spuntare sul volto di Draco. “Non te l’hanno detto?”
 
Harry seguì Draco attraverso il corridoio, guardando ogni porta col timore che si spalancasse. Quel corridoio era piuttosto lungo, senza vie di fuga. Non c’erano tende dietro cui nascondersi, nel caso Lucius Malfoy avesse deciso di fare un giretto. Ma Draco non sembrava andare di fretta, quindi Harry dovette concludere che erano salvi per il momento.
 
“Allora, cos’è era la tensione di prima?” Chiese Harry, pensò che fosse una domanda perfettamente lecita. Non si aspettava lo sbuffo di indignazione che la seguì.
 
“Non sono affari tuoi.”
 
“Sono un po’ curioso di quest’altra camera blindata.”
 
“Sii curioso quanto ti pare.”
 
“Perché hai dovuto rispondere a una domanda quando sei arrivato?”
 
Draco gli lanciò un’occhiata d’indifferenza, per niente divertito. Chiaramente, pensava che non valesse la pena rispondere. Idiota.
 
Harry tirò un sospiro, assicurandosi che fosse rumoroso e melodrammatico. Sebbene lo facesse sentire uno stupido. E lo sembrava anche, vista la risata incredula di Draco.
 
“Perché hai messo il broncio come un bambino?” Chiese Draco pigramente, imboccando un terzo corridoio. E subito topo un quarto. Cristo, quel posto era enorme. Gli sembrava di percorrere un labirinto.
 
“Non sono affari tuoi.” Harry scrollò le spalle. Poteva giocare al suo stesso gioco. “Perché? Curioso?”
 
“Affascinato.” Accidenti a lui. “A stento riesco a contenere tutta la mia euforia per il fatto che ti stai comportando come un bambino.”
 
“Io riesco a contenere la mia quando ti comporti da stronzo.” Harry schivò lo schiaffo diretto alla sua testa. “Allora, che succede con tuo papà?”
 
Draco si fermò di scatto, voltandosi verso di lui con le sopracciglia alzate. La sua maschera non era in posizione ma si nascondeva proprio al di sotto della superficie. Harry non capiva perché sembrava così sorpreso, o circospetto. Non erano domande personali, quasi per niente.
 
“Non mi sono mai riferito a mio padre con il termine ‘papà’, né mai lo farò,” Harry evitò di ribattere. Stava già tirando la corda. Senza contare il fatto che si era appena riferito a suo padre con il termine papà. “E tu non dovrai mai più chiedere di lui. Ci siamo capiti?”
 
“Neanche un po’.” Rispose con sincerità Harry, che deglutì quando la maschera si fece strada sul volto dell’altro.
 
“Ci sono cose che non hai bisogno di sapere.”
 
“Tu sai tutto quello che c’è da sapere su di me. Voglio semplicemente che sia lo stesso per me.”
 
Gli occhi grigi lo fissarono. Non si erano ammorbiditi; non gli credevano.
 
Ma riuscì a mettere da parte la diffidenza quando il suo sguardo si spostò oltre la spalla di Harry. Si girò di scatto e svoltò in un altro corridoio.
 
Harry esitò un istante, non sapeva se sentirsi insultato o meno. Draco sapeva tutto di lui. Partecipava ai suoi trattamenti, aveva incontrato i suoi parenti, e aveva assistito ai suoi momenti di debolezza. E lui aveva il coraggio di ignorare quelle poche domande che gli aveva posto?
 
Erano domande lecite. Harry era piuttosto preoccupato; sia Narcissa che Lucius si erano aspettati che qualcuno al di fuori di Draco piombasse in quella stanza. E dai loro bisbigli e dagli esitanti Incantesimi di Disarmo, non pensavano che fosse una visita di cortesia. Allora chi si aspettavano che fosse?
 
E la domanda di verifica. Quella pratica era svanita non appena i Mangiamorte erano stati messi all’angolo e processati; era un’era di pace. Non c’era più ragione di diffidare del proprio vicino, o della propria famiglia. Voldemort era morto, la guerra era vinta. Quindi perché i Malfoy usavano ancora quella pratica?
 
Qualcosa non quadrava.
 
Harry seguì Draco verso la porta, e incrociò le braccia quando Draco la aprì e aspettò che Harry entrasse per primo. Dovette trattenersi dal dirgli che avrebbe dovuto controllare se fosse davvero Harry ad entrare in quella stanza. Tuttavia, sarebbe stato immaturo da parte sua.
 
La stanza di Draco era proprio come se l’aspettava.
 
Bianca. Pareti bianche, tappeto bianco e arredi bianchi. E anche enorme. Era grande quanto il loro Dormitorio a Hogwarts, se non di più. Un letto gigante si stagliava contro la parete, e avrebbe potuto contenere tranquillamente l’intera famiglia Dursley. Il che non era un’impresa da poco.
 
C’erano delle porte su un’altra parete, Harry pensò che si trattasse di una toilette e di una cabina armadio.
 
A parte quelle stravaganze, sembrava la stanza di un normale adolescente. Non c’erano poster alle pareti, ma c’era una scrivania vicino alla finestra, una libreria contro un’altra parete e una cassapanca accanto alla porta. Una stanza spoglia, ma normale.
 
Dov’era tutta la magia?
 
“Allora?”
 
Harry guardò il biondo, sorpreso che fosse sorpreso. Si era aspettato che Draco volesse sbandierare la sua stanza, o vantarsene per avere la sua approvazione. Invece se ne stava in silenzio accanto alla porta, che chiuse con un piccolo ‘snap’.
 
“Sto sporcando il tuo pavimento.” Rispose Harry, ancora accigliato.
 
Draco sembrò sospirare, ma agitò la bacchetta verso Harry. D’un tratto si allontanò dalla porta, si tolse il cappotto e lo gettò sulla chaise longue. Sì, aveva una chaise longue nella sua camera da letto.
 
“Allora… nessun artefatto magico fluttuante?” Chiese Harry, avvicinandosi alla libreria. Merlino, a Draco piacevano le letture pesanti. C’era solo un libro sul Quidditch nell’intera collezione; il resto riguardava pozioni, trasfigurazioni o biografie. Harry ignorò completamente i libri sulle arti oscure; non avrebbe fatto una scenata su un suo hobby. Curiosità; ecco perché Draco ce li aveva.
 
“Cosa ti aspettavi? È una camera da letto.” Ovviamente, dovette ricordarglielo perché Harry aveva avuto davvero pochissima esperienza con le camere da letto.
 
“Non so. Magia. Uno specchio che ti dice di infilarti la camicia nei pantaloni. Qualcosa.”
 
“Aggeggi da turisti.” Draco non ringhiò, ma ci era vicino. Harry si voltò a guardarlo per controllare che la maschera non fosse tornata in posizione. Non sapeva cosa Draco vide nei suoi occhi, ma fu abbastanza da farlo sospirare, e costringerlo ad ammorbidire la sua espressione.
 
Draco avanzò verso due ante e le aprì per rivelare uno stravagante armadietto. Svariati oggetti erano posti delicatamente su diverse mensole, ognuno al proprio posto. Anche se era chiuso a chiave e nascosto dalle porte, era tutto perfetto.
 
Harry si avvicinò, esterrefatto dalla vista di tutti quegli oggetti preziosi. “Quella è una Ricordella di diamante?”
 
“Un regalo di mia madre.” Rispose Draco, lanciandola a Harry come se fosse semplice vetro. Era fortunato che Harry avesse ancora le sue doti da Cercatore, perché altrimenti sarebbe stato un incidente piuttosto costoso. Un ghigno attraversò il volto dello stronzetto biondo quando l’oggetto si colorò di un rosso intenso. “Allora, cos’hai dimenticato?”
 
Le sue pozioni, da domenica. Ma Draco non aveva bisogno di saperlo.
 
“Non ricordo. Sai, questi aggeggi dovrebbero davvero essere aggiornati per dirti esattamente cosa ti sei dimenticato.”
 
“Oppure, si potrebbero scrivere dei promemoria per non dimenticare niente in partenza.”
 
Harry non riusciva a credere alle cose che Draco teneva lì dentro. Prime edizioni di libri, troppo preziose per tenerle su una mensola della libreria. Un cappello sgualcito, che sembrava sorprendentemente simile a quello che indossava Merlino nel loro libro di Storia della Magia. Quello che sembrava un anello di matrimonio, ma la meravigliosa gemma che vi era incastonata cambiava tonalità, dallo zaffiro al rubino, e poi allo smeraldo. Un grosso contenitore di vetro che sembrava vuoto, ma grandi bolle continuavano ad apparire e a fluttuare dall’alto in basso, per poi svanire di nuovo. Harry non fece neanche finta di sapere a cosa servisse. Un…
 
“Cos’è quello?” Harry non riuscì a trattenere un sorriso quando vide che Draco arrossì all’istante. Aveva tutti quegli oggetti costosi, e nel bel mezzo…
 
“Non è niente.”
 
“Ha un posto su quella mensola. Non può non essere niente.”
 
Un peluche a forma di drago, sgualcito e scolorito. Era piuttosto patetico lì in mezzo, con un occhio mancante e le ali storte.
 
La porta si richiuse, nascondendolo alla sua vista. “È l’ultima volta che mi faccio ingannare dai tuoi dannati occhioni da cane bastonato.”
 
“Non c’è nulla di cui vergognarsi; penso che sia carino il fatto che conservi un giocattolo della tua infanzia.”
 
“Cancellalo dalla tua memoria.”
 
“Non puoi essere serio.” Rise Harry, cercando di aprire di nuovo l’armadietto. La sua mano venne bloccata appena si avvicinò, le dita di Draco stringevano la presa sul suo polso.
 
“Non so perché sia finito lì. Non è nient’altro che un ricordo.”
 
Era mortificato per un giocattolo, eppure si aspettava che Harry non reagisse all’enorme collezione di porno che gli aveva consegnato durante le ore scolastiche? C’era un serio problema di ipocrisia, allora.
 
“Come si chiama?” Chiese Harry, nonostante lo sguardo fisso dell’altro che gli perforava la fronte. Se solo gli sguardi avessero potuto uccidere. O rendere ciechi. Entrambe le opzioni sarebbero andate bene, secondo Draco. “Andiamo, voglio conoscerlo.”
 
“Non ricordo.” Draco tirò su col naso, “Probabilmente mia madre l’ha messo lì per farmi uno scherzo.”
 
“Ti aspetti che me la beva?” Sorrise Harry, alzando la mano libera in segno di resa. Draco era sul punto di esplodere. “Che tua madre volesse farti conservare un animale di pezza? Da quello che ho visto a casa dei Weasley, è una battaglia continua per costringerli a rinunciare ai vecchi giocattoli. E scusami, ma tua madre non sembra il tipo da scherzetti del genere.”
 
“Che fortuna che i Malfoy non siano i Weasley.” Gli occhi di Draco si assottigliarono leggermente, un bel contrasto con le guance rosse. “Potter, lascia perdere”
 
Harry lo fissò, alzando le sopracciglia. “Potter? Siamo tornati di nuovo a usare i cognomi, eh? Per via di un giocattolo?”
 
“È solo un giocattolo.” Rispose con tranquillità Draco, forse con un po’ di freddezza. “Non ne vedo l’importanza, o l’interesse. Smettila.”
 
Be’, la situazione non era orribilmente degenerata un po’ troppo velocemente?
 
Harry era incredulo, non capiva dove fosse andata a finire la gioia che l’aveva riempito pochi attimi prima. Draco era in imbarazzo, solo Dio sapeva perché, per il fatto che aveva visto un giocattolo della sua infanzia. L’imbarazzo di Draco si era trasformato in freddezza… il che lo faceva davvero infuriare.
 
“Tu sai tutto di me, eppure non vuoi neanche dirmi il nome di un tuo vecchio giocattolo?” Chiese piano. “Non ti vedo da giorni, e stiamo litigando su uno stupido giocattolo?”
 
“Prima di tutto, non conosco ogni minuscolo dettaglio della tua vita-”
 
“Mi hai visto incatenato a un letto. Se condividessi un po’ della mia umiliazione sarebbe carino.”
 
“Non vale il tuo tempo.”
 
“Perché non mi lasci decidere da solo cos’è che vale il mio tempo? Visto che è del mio tempo limitato che stiamo parlando.”
 
Aveva esagerato.
 
Gli occhi di Draco divennero gelidi, la sua maschera tornò in posizione. Spinse via il braccio di Harry con violenza, si voltò e aprì con forza l’armadietto. Raccolse il drago, e lo lanciò con noncuranza a Harry. “È solo un maledettissimo giocattolo. Complimenti per aver sprecato il tuo tempo già abbastanza limitato su una cosa così insignificante.”
 
E con quell’ultima smorfia di rabbia degna di un Malfoy, sorpassò Harry e si diresse verso il bagno.
 
Harry afferrò prontamente il pupazzo, poi allungò una mano per fermare Draco. L’idiota tentò di liberarsi dalla sua presa, ma Harry non gliel’avrebbe permesso.
 
“Cosa diavolo è successo?” Chiese paino Harry, “Non avevamo un litigio così superficiale da anni.”
 
“Litighiamo sempre su cose superficiali.” Rispose tranquillamente Draco, incrociando le braccia al petto. Era il ritratto della calma, ma i suoi occhi andavano da lividi a gelidi fin troppo velocemente. Aprì bocca per continuare, ma la richiuse un attimo dopo. Probabilmente stava per fare degli esempi, visto il modo in cui assottigliava lo sguardo mentre pensava. Raccoglieva prove, non c’erano dubbi.
 
“Non voglio litigare.” Harry ignorò a fatica la sua risatina ironica. Dio, voleva davvero tirare un pugno a quello stronzetto biondo. “Non volevo deriderti. Non volevo prenderti in giro. Quel che è importante per te,” alzò il pupazzo, “lo è anche per me. Volevo solo saperne di più sul tuo conto.”
 
“Sai già un sacco di me.”
 
Bene. Se era così che voleva comportarsi, Harry l’avrebbe accontentato.
 
“Avrei potuto farti più domande sulla camera blindata.” Harry mollò la presa sulla mano di Draco, solo perché l’idiota non si era mosso. “Avrei potuto chiederti perché tua madre era così sollevata che fossi tu. Avrei potuto chiederti perché sei dovuto scappare dalle guardie. Chi si aspettavano di trovare i tuoi genitori. Perché sembravi così a disagio quando tuo padre è entrato nella stanza. Oppure perché hai dovuto rispondere a una domanda per provare la tua identità, visto che sono mesi che questa pratica non viene più utilizzata. Invece, ti ho chiesto il nome di un cazzo di animale di pezza.”
 
“Hai finito?”
 
“Tutta questa… qualunque cosa sia, è a senso unico! Il tuo! È davvero così orribile che voglia sapere di più sul mio ragazz-…uhm, su di te?”
 
Almeno adesso erano entrambi in imbarazzo. Cristo, si era davvero riferito a lui come il suo ragazzo? Era proprio quello che ci voleva; che si montasse la testa.
 
Tuttavia, un leggero ghigno apparì sulle labbra dell’altro. “Ragazzo? Perché sono stato retrocesso dal mio stato di fidanzato?”
 
Harry scrollò le spalle, circospetto. “Per qualche ragione io sono stato retrocesso da Harry a Potter.”
 
Draco si strinse la radice del naso, un modo incredibilmente strano di mostrare che era arrabbiato con lui. “Hai la mia stessa maledettissima testardaggine, Harry. È un pupazzo.”
 
“Credevo che non ci fossero segreti in un matrimonio.” Disse Harry, incrociando le braccia al petto. “Sei retrocesso finché non mi rispondi. Io non sono testardo quanto te. Lo sono ancora di più.”
 
Draco fece schioccare la lingua, e alzò le sopracciglia. Tentò di rispondere ma Harry lo interruppe. Non era più arrabbiato come poco prima; tuttavia, se avesse avuto il tempo di pensare, si sarebbe ricordato perché avrebbe dovuto essere imbarazzato e infuriato.
 
“Rispondi alla domanda!”
 
“Una risposta per un'altra risposta.” Ribatté Draco, accigliandosi.
 
“Bene.”
 
“Bene.” Il cipiglio di Draco svanì in un istante, un ghigno comparve sul suo volto. Il ghiaccio si sciolse lasciando spazio al divertimento, e che Merlino ci scampasse, alla soddisfazione. Si stiracchiò e quando colse con lo sguardo quella che Harry era sicuro fosse un’espressione terrorizzata, scoppiò a ridere. “Forse non sono testardo quanto te.” Draco sorrise, “Ma grazie a Salazar sono più paziente.”
 
Harry riuscì solo a fissarlo, lasciando che il terrore si accumulasse nel suo stomaco. Draco non era neanche lontanamente arrabbiato. Non era in imbarazzo, e neanche seccato. Aveva l’aria di un gatto che aveva appena messo all’angolo un passerotto.
 
“Il pupazzo si chiamava Draco, come me. È un drago, dopotutto. I bambini sono rinomati per la loro scarsa immaginazione quando si tratta di dare nomi ai giocattoli; e anche se la cosa ti sorprenderà, un tempo anch’io ero un bambino e avevo un giocattolo a cui ero molto affezionato. Appena avrai smesso di venerarlo, mettilo al sicuro sulla mensola.”
 
Harry spostò lo sguardo dal giocattolo all’idiota, che ormai stava quasi sorridendo.
 
“Pensavi davvero che fossi così insensibile? Chiunque conserva almeno un giocattolo della propria infanzia. Sono sicuro che tu hai un gufo, un orsetto o qualcosa del genere nel tuo baule.”
 
“No.” Harry scrollò le spalle, riponendo con cautela il pupazzo sulla mensola. Qualunque cosa per evitare l’inevitabile. “Non avevo giocattoli.”
 
Draco assunse un’aria perplessa, ma niente che scalfisse il suo sorriso. Harry si limitò ad attendere; stava per chiederglielo.
 
“Allora… perché hai così tanta paura dei sottoscala?”
 
Come volevasi dimostrare.
 
Harry sospirò, lasciandosi sfuggire un sorriso di sollievo. Grazie a Dio. Poteva evitarlo.
 
Draco si accigliò vedendo quel sorriso; si aspettava diniego, oppure paura. Non sollievo.
 
“Chi ha paura dei sottoscala?” Rispose Harry, raggiungendone uno dall’aspetto stravagante dall’altra parte della stanza. Lo aprì senza esitazione, e sbuffò divertito dall’enorme quantità di spazio e vestiti che c’era lì dentro. Metà di quella roba non avrebbe mai visto la luce del sole. Anzi, nemmeno un terzo.
 
Entrò, e fece una piroetta a braccia aperte. “Non io; vedi, sono in un sottoscala. Non è assolutamente terrificante. Avresti davvero dovuto scegliere una domanda migliore.”
 
“Mi devi una risposta.” Cercò di dire Draco, che sospirò quando Harry fece spallucce.
 
“E io te l’ho data. Non sono per niente spaventato dai sottoscala. Anzi, potrei addirittura dormire qui dentro senza batter ciglio.” La pratica rendeva perfetti.
 
“Harry,” Draco si avvicinò a lui con una mano sul fianco e un’espressione tutt’altro che divertita. “Sai a cosa mi riferisco.”
 
“Lo so.” Rispose Harry con sincerità, “E posso dirti, in tutta onestà, che non ho paura di nessun sottoscala. Ti sembro un tipo che ha paura? Posso sconfiggere un drago, un serpente gigante, Voldemort… per poi soccombere davanti a un semplice sottoscala?”
 
“E che mi dici del fatto che non devono esserci segreti in un matrimonio? O sono ancora retrocesso?”
 
Harry non poté far altro che ridere mentre usciva dal sottoscala, che era più grande della seconda camera di Dudley a Privet Drive. “Non sei più retrocesso, ma non siamo sposati. Anzi, ricordo distintamente che non siamo neanche fidanzati. Era un articolo di giornale, ricordi?”
 
“Io no di certo.” Draco si accigliò, “sto dicendo a tutti che abbiamo in programma un matrimonio invernale. Immagina che scandalo se lo annullassimo.”
 
“Prima di tutto, siamo già a metà marzo. Se vuoi un matrimonio invernale hai due settimane per organizzarlo. E in secondo luogo, riesci a immaginare che scandalo se non lo annullassimo?”
 
“Ho sempre amato gli scandali. Il prossimo inverno allora.” Mormorò Draco, che iniziava di nuovo a ghignare. “Deciderò la data.”
 
“Certo, perché no?” Harry rise per la stupidità della cosa. Era gentile da parte di Draco far finta di programmare il loro futuro; a dirla tutta lo faceva sentire piuttosto amato. Anche se erano entrambi perfettamente consapevoli della futilità di un piano del genere. “Posso invitare Flaky.”
 
“Quel maledetto pupazzo di neve non è invitato.” Draco si avvicinò e strinse Harry, poggiando le mani sulla sua schiena. “Può anche restare a piangere in un angolo.”
 
“Lo costruirò non troppo lontano dalla reception.” Promise Harry, ridendo. “Penso che stia sviluppando delle tendenze da stalker. Sarebbe da lui; imbucarsi a un matrimonio.”
 
“Certo che sarebbe da lui, idiota.” Harry fu tirato via dal sottoscala e spinto verso il letto sulla parete opposta. L’eccitazione iniziò ad accumularsi alla bocca del suo stomaco. “L’hai costruito tu così.”
 
“Io creo il corpo, non la personalità.”
 
“Ah, sta’ zitto.”
 
.
 
.
 
.
 
Oh, Merlino.
 
Harry affannava tra un bacio e l’altro, abbastanza contento che per una volta fosse Draco ad agitarsi sul letto per merito suo. Ovviamente aveva faticato un po’ all’inizio; c’era stato un costante invertimento di ruoli, una lotta dalle apparenze giocose che nascondeva però una sottintesa promessa di dominio. Draco non voleva che fosse Harry a stare sopra; neanche un solo osso del suo corpo era d’accordo. Ogni volta che Harry era vicino alla meta, intrecciava i loro piedi e lo spostava, capovolgeva le posizioni, o si metteva a sedere spingendo la schiena di Harry contro il letto.
 
Perché non riuscivano decidere i loro ruoli come una coppia normale?
 
Quando Harry riuscì finalmente a invertire le loro posizioni, entrambi erano ricoperti di morsi, bernoccoli sulla fronte e avevano i polsi stanchi. Ne era valsa la pena.
 
Perché Draco aveva il viso arrossato, i suoi occhi erano limpidi e attenti, ma colmi di lussuria e desiderio. Harry non credeva che ci fosse qualcosa in grado di offuscare quelle iridi grigie, se non per un istante, ma era pronto a provarci. E lo fece.
 
Le sue mani esplorarono con fervore il corpo del biondo, sfiorando ogni muscolo, ogni neo e ogni cicatrice prima di raggiungere i boxer. Lo baciò con foga, prendendo per una volta il controllo del ritmo. Pensò, per un brevissimo istante, di sentire un ghigno contro le sue labbra; ma sparì prima che avesse l’opportunità di intravederlo.
 
Draco non tentò più di invertire le loro posizioni come aveva fatto fino a quel momento, quindi Harry si fiondò sul suo collo, succhiando e mordendo fino a trovare il punto che fece gemere Draco con il suono più forte che aveva fatto quella sera. Lui non gemeva e non parlava; non faceva nessun rumore equivoco a letto. Grazie a Merlino, perché Harry avrebbe perso il coraggio se l’altro avesse fatto un solo commento sarcastico.
 
Delle mani lo raggiunsero e scivolarono lungo schiena di Harry, stringendosi ad ogni sua mossa. Stringeva così forte che faceva quasi male. L’indomani avrebbe avuto una scia di lividi sui fianchi.
 
Harry baciò un succhiotto piuttosto grande sul collo di Draco, prendendosi un momento per posare la fronte sul suo pallido petto.  Sperava quasi che Draco fosse troppo concentrato su ciò che stava facendo la mano nei suoi boxer per notare che Harry stava riprendendo fiato. Sul serio, chi aveva bisogno di una pausa durante il sesso? Non poteva essere normale, e la cosa lo fece sentire piuttosto patetico.
 
Ma era esausto. Non riusciva a riprendere fiato, e gli facevano male le braccia. Quell’orribile pozione l’aveva torturato poche ore prima, e l’ospedale l’aveva sfinito. Voleva farlo; corpo, mente e cuore lo volevano. Ma il suo corpo non teneva il passo.
 
Draco accarezzò con una mano l’incavo della sua schiena, le dita danzavano con gentilezza sulla sua pelle. Gli diede un bacio sulla testa sudata; perfino in quella situazione era più percettivo che mai.
 
Ma quella notte doveva essere incentrata su di lui, sulla passione e il desiderio, non sulla malattia di Harry.
 
Quindi baciò la spalla di Draco, tirandosi su in modo da smettere di riposare. Si spostò più in basso, sfiorando con le labbra ogni centimetro di pelle che incontrava. In basso, sempre più in basso…
 
Draco gemette di nuovo, il suo stomaco tremò per la prospettiva di ciò che stava per accadere. Harry avrebbe riso, se solo non avesse rovinato l’atmosfera. Baciare la pancia di Draco aveva dato il risultato migliore fino a quel momento; i baci erano la cosa che eccitava maggiormente il Serpeverde brutto e cattivo. Volere qualcosa di così semplice era… così tipico di Draco.
 
Harry si spostò ancora più in basso, spingendo giù i boxer fino a farli raggiungere i pantaloni abbassati. Non era mai stato così spavaldo, e iniziava ad adorare l’idea. Sapere che aveva la stessa quantità di controllo che Draco aveva su di lui.
 
Le dita gli strinsero i capelli, tirandoli e spingendogli la testa in basso. Un piccolo gemito scappò dalle labbra di Draco prima che potesse chiuderle di nuovo. Harry rispose con un altro gemito e quelle dannate dita per poco non gli strapparono i capelli. Cristo, non ci avrebbe mai più riprovato.
 
Harry lasciò che le sue mani si posassero sui fianchi di Draco, carezzando delicatamente la pelle liscia con i pollici. Le sue mani tremavano per lo sforzo di sorreggerlo. Non sarebbe riuscito a continuare per molto, neanche se l’unica cosa che voleva era stringersi a Draco per tutta la notte e ricevere carezze in cambio. Non gli dispiaceva se avrebbero dovuto fermarsi dopo quello, non se i pollici di Draco avessero iniziato il loro incantesimo sfiorandogli la schiena, i fianchi o la mano in quel loro modo incredibilmente gentile. Si sarebbe accontentato anche di quello.
 
Le dita si strinsero ancora una volta sui suoi capelli procurandogli dolore, poi si rilassarono. Tiravano leggermente, persuadendo Harry a raccogliere quanta più energia possibile per tornare a riposare sul petto di Draco.
 
Le loro labbra si incontrarono con un bacio languido; ok, c’era sicuramente un ghigno questa volta.
 
“Che stronzo.” Ansimò Harry, che sorrise quando Draco iniziò a ridere fragorosamente. Non riusciva a immaginare quanto sarebbe stato noioso senza i battibecchi e le frecciatine. Forse era quella la loro routine, e se lo era, a Harry andava assolutamente bene.
 
La risata si interruppe a causa di un forte tonfo sulla porta.
 
Il tempo che si muoveva a rallentatore era uno dei massimi cliché, ma era sorprendentemente veritiero.
 
Harry fissò la porta per un momento, il suo cuore mancò un battito. Era la sua immaginazione, o qualcuno aveva davvero bussato alla porta di Draco? Il loro tempo insieme sarebbe stato rovinato ancora una volta?
 
Spostò lo sguardo su Draco, accorgendosi che era raggelato e che strizzava gli occhi nell’oscurità per mettere a fuoco la porta. Sembrava che non stesse neanche respirando. I loro occhi si incontrarono, incerti sul da farsi.
 
Poi, dalla porta si sentì uno schiocco.
 
Qualcuno aveva aperto il chiavistello.
 
Qualcuno stava per entrare nella stanza di Draco, e avrebbe sorpreso lui e Harry Potter mezzi nudi, sudati e palesemente intenti ad amoreggiare.
 
Avevano circa dieci secondi.
 
Draco cinse la schiena di Harry e rotolò.
 
Finirono al bordo del letto, calciarono via le lenzuola che tentavano di intrappolarli e caddero a terra. Harry atterrò sopra Draco e le loro teste cozzarono con forza, facendoli imprecare sotto voce.
 
Cah-zzo!” Sbottò Draco, portando una mano alla fronte. Ringhiò e serrò la mascella, guardando verso la porta mentre si apriva. Draco afferrò il braccio di Harry e lo spinse a seguirlo. Si infilarono entrambi sotto il letto, e trasalirono quando la luce si accese.
 
Harry guardò i grossi piedi di chiunque fosse entrato nella stanza esitare, per poi avvicinarsi al bagno. Si spostò ancora in modo che i suoi piedi non sbucassero fuori dal letto.
 
“Draco, dobbiamo parlare.” Oh, fantastico.
 
Il piede di Lucius Malfoy tamburellò con impazienza, non era contento di dover attendere davanti alla porta del bagno.
 
Oh, Dio.
 
Harry si voltò a guardare Draco, che era mortificato. Non riuscì a trattenersi. Fu troppo per lui.
 
Rise.
 
Draco gli tappò la bocca con una mano, sbalordito. Attutì il rumore, ma non fece altro che istigare ancora di più le risa di Harry. La gioia scalpitava nel suo petto, incredula, gioia nervosa. Dovette trattenere la mano di Draco sulla sua bocca, prendendo respiri profondi per fermare le risate. I suoi occhi stavano già lacrimando per lo sforzo di trattenere il divertimento.
 
“Sta’zitto.” Sussurrò Draco, cercando di non sorridere. “Smettila.”
 
Ma non ci riusciva. Si stavano nascondendo da Lucius Malfoy sotto a un letto. Prima dietro la tenda, poi sotto al letto… era immaturo, e non così divertente; ma non riusciva a smettere di ridere. Non riusciva a fermare l’adrenalina e la felicità; si sentiva vivo.
 
Il piede di Lucius smise di tamburellare; anzi, si era allontanato dal bagno, avvicinandosi al letto. Harry cacciò un urletto sommesso, e si nascose meglio sotto al letto strappando una risata piuttosto forte a Draco, che si tappò da solo la bocca con la mano.
 
Erano in serio pericolo.
 
E la risata era contagiosa.
 
“Draco, ti stai davvero nascondendo sotto al letto?” Chiese freddamente, facendo tamburellare ancora il piede quando sentì le risate di entrambi, e i loro tentativi di smorzarle. “Non è affatto divertente.”
 
Alla fine Draco prese un bel respiro tremante, si tirò sui pantaloni e li abbottonò velocemente. La sua camicia era stata dimenticata sul letto con i bottoni staccati. Avrebbe avuto tutti i succhiotti in bella mostra.
 
Harry riuscì finalmente a respirare, e fece per seguirlo. Se Draco aveva il coraggio di affrontare suo padre, Harry l’avrebbe affiancato. Ma il biondo scosse la testa, indicandogli di non muoversi. Seppur contro la sua volontà, visto che era piuttosto indifeso lì sotto.
 
“Padre, volevi parlarmi?” Chiese infine Draco, con il divertimento ancora nella voce. Se fosse servito a sfidare ancora di più suo padre si sarebbe stampato in faccia quel maledetto ghigno.
 
“Levati quell’espressione soddisfatta dalla faccia, prima sia io a farlo.” La voce di Lucius era glaciale in confronto a quella di Draco. “Devo forse ipotizzare che sei sgattaiolato via mettendoci tutti in pericolo solo per far imbucare una ragazzina nel mio maniero?”
 
“Ci hai quasi azzeccato.” Rispose Draco, con un tono altrettanto glaciale. “Una persona cara, non una ragazzina.”
 
“Che razza di incosciente.” Ringhiò, avanzando ancora. Harry si spostò più vicino a Draco, pronto a nascondersi il volto nel caso Lucius decidesse di sbirciare sotto il letto. “Ci hai messo tutti in pericolo per soddisfare la tua lussuria? E se gli Auror scoprissero che sei andato a fare un giretto? Potresti finire ad Azkaban, Draco! Potrebbero usarti come pretesto per mandare me ad Azkaban!”
 
“Ne è valsa la pena.” Disse Draco, con lentezza. “E comunque non sono agli arresti domiciliari. Sono solo sospeso da scuola, non nel mezzo di una caccia al Mangiamorte. Agli Auror non frega un cazzo se ero a Londra. Non ho affatturato nessun babbano mentre ero lì, quindi dubito che se ne siano accorti.”
 
“Ti proibisco di lasciare questa casa per stanotte.” Sbottò Lucius, “Obbedirai a me, che sono il capo di questa famiglia!”
 
“Certamente, padre. Sappiamo tutti che le tue scelte hanno solo portato benefici a questa famiglia.” Ci fu un silenzio carico di tensione, in cui il rumore più forte proveniva con ogni probabilità dal cuore di Harry. “È stato un piacere parlare con te, padre.”
 
Harry fu sorpreso dalla sua sfacciataggine. Draco aveva appena congedato suo padre. Nemmeno Harry avrebbe osato farlo con i Dursley, per i quali non provava nulla. Era una dichiarazione forte e chiara, e tutti i presenti l’avevano sentita. Adesso non c’era più niente da ridere.
 
“La tua piccola rivolta finisce qui.” Sibilò Lucius. La temperatura calò di altri dieci gradi. “Tira fuori quella ragazzina e portala al camino più vicino, poi tornerai qui per discutere.”
 
Harry stava già uscendo allo scoperto, pronto a sfrecciare verso il camino più vicino, ma Draco gli piazzò un piede sul braccio per fermarlo. Non lo stava calpestando, rifiutava solo di lasciarlo andare. “Il mio amico non andrà da nessuna parte, anzi, resterà per la notte.”
 
“Draco, non farmi evanescere il letto. È costoso.”
 
Draco non rispose, ma afferrò lentamente la bacchetta sul comodino. “Provaci.”
 
Era peggio di quando si era messo contro Piton, Voldemort e la Umbridge messi insieme. La tensione nella stanza era palpabile; Harry avrebbe potuto tranquillamente allungare una mano e afferrarla. Che diavolo era successo per scatenare una battaglia di potere tra i due Malfoy?           
 
Harry si nascose ancora più in profondità quando la porta si aprì di nuovo; Merlino, quella stanza era sempre più affollata. E per di più c’era il fatto che non era uscito allo scoperto per affrontare Lucius da uomo a uomo; si sentiva un codardo. Ma era la volontà di Draco, quindi Harry aveva lasciato che la codardia prevaricasse.
 
“Che sta succedendo qui?” Chiese lentamente Narcissa, con freddezza. “Riponete le bacchette, tutti e due.” Ci fu ancora un momento di silenzio, quasi letale. “Lucius. Posala.” Merlino, Harry aveva pensato che Lucius fosse glaciale. Ma era ovvio che era stata Narcissa a insegnare a Draco come essere il più freddo possibile. Perfino la polvere aveva smesso di fluttuare, come se avesse il terrore di stare in quella stanza.
 
“Ti avevo detto di lasciarlo in pace.” Disse piano, “Adesso lascialo in pace.”
 
“Ha portato qui un-”
 
“Certo che sì! È un adolescente!” La sua voce ebbe l’impatto di una frusta. “Adesso lascialo in pace.”        
 
Harry rimase a guardare la scena ad occhi aperti quando Lucius volò via dalla stanza al suono di quelle poche parole. Se non avesse avuto paura di essere affatturato a morte, le avrebbe chiesto di dargli lezioni.
 
“Draco non puntare la bacchetta contro tuo padre.” Disse piano, voltandosi anche lei verso la porta. “Spero che non abbiamo spaventato il tuo… partner.”
 
La porta si chiuse con un click.
 
“Cazzo.”
 
Draco tornò sul pavimento con un ghigno sulle labbra. “Be’, paura, Harry?”
 
“Ti piacerebbe.” Sorrise, uscendo dal nascondiglio. Si mise a sedere, e alzò gli occhi al cielo quando Draco spazzò via dalla sua spalla granelli di polvere immaginari. “Tua mamma è…”
 
“Me, fra una ventina d’anni.” Draco sorrise, “Salazar, adesso dovrò comprarle qualche gioiello. Ah, è comunque sa che sei tu.”
 
“Cosa?” Proprio quando il suo cuore aveva ripreso a battere decentemente. “Come?
 
“Stava fissando i tuoi occhiali. Un’atrocità del genere è memorabile.”
 
“E… le sta bene?”
 
“Non ti ha affatturato fino alla stanza adiacente, quindi dobbiamo supporre che sia aperta al dibattito.” Harry non riusciva a credere che quell’idiota stesse ridendo come se nulla di estremamente terrificante fosse appena successo. Semmai, il suo umore sembrava addirittura migliorato.
 
Dannati Malfoy.
 
“Andiamo, doccia. E poi dovrò aprire te al dibattito su questo famigerato sottoscala.”
 
“Solo se tu mi dici delle tensioni con tuo padre e dei problemi con gli Auror.”
 
Draco si limitò a ghignare, infuriandolo. Pensava di estrapolare informazioni a Harry senza dare nulla in cambio. Tzé, l’unico modo per farlo parlare di quel sottoscala era il siero della verità.
 
Nessuno avrebbe avuto le risposte che voleva.
 
Ma avrebbero battibeccato, lanciato frecciatine e avrebbero evitato il discorso.
 
E a Harry andava assolutamente bene.
 
.
 
.
 
.
 
Minerva sospirò ancora fra sé e sé, guardando ancora una volta il camino. Non aveva dormito per tutta la notte per vedere se il Signor Potter… Harry… fosse tornato sano e salvo dalla sua prima visita in ospedale. Non sarebbe mai più stato sano, povero ragazzo. Ma almeno poteva assicurarsi che tornasse salvo…
 
Non poteva fare nemmeno quello.
 
Poteva solo starsene seduta nell’ufficio e lasciarsi divorare dal senso di colpa per aver mandato un ragazzo malato in ospedale da solo, a combattere contro un’orribile malattia e ad essere emotivamente distrutto da quei freddi Guaritori. Non aveva mai assistito al ‘trattamento’, ma le avevano detto che era spregevole. Una vera tortura per chi lo subiva. Tortura sembrava un’esagerazione, quindi non ci aveva dato peso.
 
Finché non aveva visto Potter, esausto ed esitante, entrare nel suo ufficio.
 
Non voleva andarci; l’avevano notato perfino tutti i suoi ritratti, che avevano anche commentato la faccenda. Era sembrato nervoso, ansioso e, che Godric non volesse, terrorizzato. Harry Potter aveva paura di qualunque cosa sarebbe successa all’ospedale.
 
Il che era abbastanza per far riflettere più a fondo chiunque sulla procedura.
 
Tuttavia era la cosa migliore da fare. All’ospedale si sarebbero presi miglior cura di lui che a scuola. Gli altri studenti erano al sicuro. Madama Chips si sarebbe ripresa dal suo esaurimento nervoso. Nonostante quello che pensava Potter, era la cosa migliore per tutti.
 
Guardò ancora il camino, facendo tamburellare la penna mentre attendeva che comparisse. L’alba era già passata; ormai sarebbe dovuto essere lì, giusto? E se avesse deciso di scorrazzare per le vie di Londra… no, non l’avrebbe mai fatto. Non avrebbe rischiato il suo posto a Hogwarts se davvero la considerava la sua casa. Sarebbe tornato immediatamente attraverso il suo camino. Era l’unico aperto alla Metropolvere, e lei non aveva lasciato il suo ufficio per tutta la notte.
 
Minerva sospirò, massaggiandosi le tempie per trovare sollievo. Il mal di testa era diventato una costante negli ultimi tempi. Nessuno dei suoi predecessori si lamentava del mal di testa, o delle decisioni difficili che dovevano prendere. Lo facevano sembrare così facile.
 
Si spostò sulla sedia, alzando gli occhi verso il ritratto di Albus.
 
Questi ricambiava solennemente il suo sguardo, gli occhi blu non brillavano come al solito. Non approvava le sue decisioni; anche se non l’aveva mai detto, aveva smesso di chiacchierare con lei. Il suo silenzio tradiva la sua delusione.
 
“Harry non è ancora tornato.” Disse piano, afferrando la sua tazza di tè mattutino. “Pensi che stia bene?”
 
“Certo che no.” Erano le prime parole che diceva da giorni. Uno schiaffo in pieno volto.
 
“Non c’è più niente che possa fare per lui.”
 
“Non dubito che tu lo creda.”
 
“Ma tu ti aspetti di più.”
 
“Sono un dipinto, Minerva. Non posso aspettarmi nulla da te.” Di solito la frase sarebbe stata accompagnata da un sorriso, o dal suo solito guizzo nello sguardo. Quel giorno, niente. “Adesso sei tu la Preside; non tocca all’autorità precedente dettare le regole della scuola. Sono qui soltanto come guida.” Se fosse stato d’accordo con il suo metodo di gestire la scuola, non avrebbe aggiunto il pezzetto sulla guida.
 
Sospirò ancora, strofinandosi la fronte per impedire l’imminente mal di testa. “Allora dammi direttive; cos’ho mai fatto per meritarmi la tua delusione?”
 
Il ritratto di Albus sembrò penetrarla con lo sguardo, scrutando la sua anima. Non era potente come quello del vero Albus ma era abbastanza per mettere a disagio chiunque, Minerva inclusa. Sembrava star contemplando attentamente la sua risposta, cercando le parole perfette.
 
“Non si disturba il drago che dorme. Minerva, tu l’hai istigato finché non ha reagito.”
 
Il fuoco divampò, attirando tutti gli sguardi nella stanza.
 
Finalmente.
 
Harry uscì dal camino con l’ombra di un sorriso sulle labbra. La guardò, fece un cenno col capo e filò dritto verso la porta, come se avesse paura di restare più del necessario. Una persona completamente diversa dal ragazzo ansioso che era entrato lì il giorno prima. Non era andata male come pensava. Non era necessario che provasse quell’insopportabile senso di colpa.
 
“L’amore ha salvato Harry una volta.” Disse piano Albus, quasi in un sussurro. Uno sguardo veloce la spiazzò; il guizzo era tornato. “Forse può farlo ancora.”

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Capitolo 35
*** I Serpeverde ***


Non sapete che giorno è? Ma che domande fate? è il 20! Tempo di dare buca all'appuntamento del sabato sera per rintanarsi in casa con una bella tazza di té caldo e immergersi nella lettura.

ps. Preparate i fazzoletti per il finale

Buona lettura!


Capitolo 35 – I Serpeverde



 
Harry sbadigliò mentre percorreva i silenziosi corridoi dei Sotterranei. La notte al Maniero Malfoy era stata incredibilmente divertente, ma anche spossante. Riusciva a muoversi solo per via dell’adrenalina in circolo. Grazie a Merlino chiunque avesse programmato il suo orario aveva avuto pietà, dandogli due ore di studio ogni mercoledì mattina. Come si aspettavano che tornasse a lezione se non riusciva a tenere gli occhi aperti? Quei viaggi all’ospedale non erano organizzati bene; il che, suppose, spiegava perché la sua amabile Preside aveva cercato di convincerlo a rimanere al San Mungo.
 
In ogni caso, non vedeva l’ora di rilassarsi in Dormitorio fino a Pozioni.
 
Si incamminò verso l’entrata della Sala Comune, sorpreso di vederla aprirsi in anticipo.
 
Parkinson. Era ovvio; l’unica strega del castello che rinunciava al suo sonno di bellezza per aggiudicarsi il posto migliore a colazione. Appena vide Harry, la sua espressione imbronciata si tramutò in un ghigno.
 
Harry cercò di sorpassarla velocemente ma una mano lo raggiunse, stringendogli il polso. “O sei sgattaiolato via per vedere Draco invece di fare il trattamento, oppure l’ospedale ha dei gigolò. In entrambi i casi, devi spiegarmi da dove vengono quei succhiotti.”
 
“Pansy, sono esausto.” Sapeva che aveva usato un tono lamentoso, ma non gli importava poi così tanto. Il suo letto, o quello di Draco, era a meno di cinquanta metri di distanza. Se glielo tiravano via da sotto il naso…!
 
“Lo so.” Suonava tutt’altro che comprensiva. “Per aver limonato Draco, o con dei gigolò per tutta la notte. E io ho bisogno di dettagli.”
 
“Non ne hai bisogno.” Tuttavia Harry sospirò, mentre si suoi piedi traditori la seguivano attraverso i Sotterranei. Almeno lei avrebbe saputo il percorso più veloce da prendere in quel labirinto di corridoi.
 
“Sì, è così. Le pettegole hanno bisogno di scandali così come le piante hanno bisogno di luce. Vuoi davvero portarmi via la luce, Harry?” E lo disse anche con una faccia seria. Puro talento.
 
“Be’, se la metti così,” Harry trattenne uno sbadiglio, e ritrasse il polso per seguirla senza essere trascinato. “Suppongo che sarebbe sgarbato da parte mia negartela.”
 
Era la cosa giusta da dire; sul volto di Parkinson comparve un magnifico sorriso, la sua risata riecheggiò nei Sotterranei. Era davvero carina quando sorrideva in quel modo. “Draco ti sta contagiando, se hai iniziato a usare paroloni come ‘sgarbato’. Non immaginavo che avresti potuto usare una parola del genere.”
 
“Neanche io, ad essere onesto.”
 
Era piuttosto piacevole, in verità, camminare con Parkinson per i corridoi dei Sotterranei. Nessuno era sveglio a quell’ora, quindi non doveva nascondersi dietro la sua apparenza Serpeverde; ogni Serpeverde aveva una maschera dietro la quale nascondersi, anche se non intricata come quella di Draco. Quella di Parkinson consisteva nel trasformarsi in una vacca scontrosa per abusare verbalmente di chiunque nel suo raggio d’azione, solo per far dimenticare a tutti un suo momento di umiliazione. Nott urlava e ringhiava. Zabini diventava semplicemente taciturno, imitando la freddezza di Draco. Non era terrificante come la sua, ma era comunque formidabile.
 
Lì, camminando per i corridoi, Pansy sorrideva e ridacchiava. Spettegolava su Daphne Greengrass, e la sua famosa cotta per Draco. Parlava di Nott, che sperimentava incantesimi a tarda notte quando pensava che tutti dormissero. A quanto pareva, aveva mandato a fuoco i Dormitori per due volte l’anno prima. Gridò di felicità quando gli raccontò che il giorno prima aveva battuto Hermione su una domanda di Trasfigurazione; a quanto pareva, era tutto l’anno che provava a rispondere una frazione di secondo prima di lei; un po’ di rivalità, forse. Era bello stare ad ascoltarla. Era una di quelle abitudini quotidiane che gli era mancata quell’anno.
 
 “E ho beccato alcuni primini a duellare la scorsa notte. Un paio di Corvonero del secondo anno stavano cercando di affatturarli in un’aula vuota; ho subito rimediato. Che razza di Prefetto sarei stata se non avessi riempito di fatture quelle teste di cazzo per aver minacciato la mia casa? Sono primini, per l’amor del cielo; non conoscono ancora nessun incantesimo malvagio. Erano in chiaro svantaggio.
 
“Che depravazione.” Ridacchiò Harry, scuotendo la testa incredulo. Non le importava che li stavano affatturando, o che gli orrendi atti di bullismo non si erano placati, ma si preoccupava che non conoscessero nessun incantesimo efficace per contrattaccare? Parkinson era davvero un personaggio.
 
“Non preoccuparti, ho insegnato loro un piccolo incantesimo per la rimozione dei capelli. Molto efficace, molto umiliante. Dovrebbe bastare per pareggiare i conti.”
 
Entrarono nella Sala Grande che, come previsto, era vuota.
 
Incredibilmente vuota.
 
Non era neanche apparecchiata; non c’erano né posate, né ombra di cibo.
 
Perché diavolo si era alzata così presto? Non era un po’ troppo in anticipo, anche per i suoi standard?
 
“Ma basta parlare di me.” Parkinson si lasciò cadere al suo solito posto, indicando a Harry si scavalcare il tavolo per sedersi di fronte a lei. Si sarebbe rifiutato, ma la Sala era vuota. A chi importava cosa faceva? Almeno lei aspettava che lui si sedesse. “Nutrimi. Pensavo che dovessi andare a fare una delle tue… visite. L’hai saltata per farti sbaciucchiare in giro per Londra?”
 
“Abbi un po’ più di fiducia in me, Pansy.” Sospirò Harry, che sorrise quando lei mise il broncio. Probabilmente era dispiaciuta che non potesse riferirlo a Draco; Merlino, tutti sapevano che appena Draco metteva piede nel castello Pansy si materializzava al suo fianco per riferirgli ogni singolo episodio successo durante la sua assenza. “Preferisco vivere; non mi metto in pericolo di proposito.”
 
“Sì, come no.” Ghignò Parkinson, agitando con impazienza la mano. “Draco finisce a litigare con qualcuno un giorno sì e uno no solo perché tu ti metti in pericolo. A quanto pare è il tuo hobby.”
 
“Mi sembra un po’ esagerato.”
 
“Non sei tu quello con cui si lamenta.” Quando Harry si accigliò il ghigno di Parkinson crebbe. Non gli piaceva il suono di quella frase. “Andiamo, sto per appassirmi. Ho bisogno di nutrimento!”
 
Harry la osservo mentre si piegava sul tavolo, con un guizzo negli occhi. Non si sarebbe mai comportata così nella Sala Comune. Non sarebbe mai stata così spensierata. “Sono andato a fare la visita, come previsto. Ed è stato orribile, come sempre. In realtà ho avuto una Guaritrice, anzi, una tirocinante Serpeverde. Kelly Harris?”
 
“Kell.” Parkinson sorrise. “Me la ricordo. Ha insegnato a tutti l’incantesimo della pastoia la prima notte che siamo arrivati. Poi ha tentato di scaricare tutta la colpa su di noi, viscida vacca. Come se la passa?”
 
“Uhm… bene. Sembrava stare bene.” Harry non sapeva se le piacesse la Guaritrice Kelly o se la odiasse. “Mi ha preso un gelato. Mi guardava addirittura negli occhi, il che è molto più di quanto fanno tutti gli altri.” Forse non avrebbe dovuto parlarne, visto il cipiglio comparso sul volto di Parkinson. “Mi ha offerto delle manette sconce, solo per rendere le cose più piccanti.”
 
“È stata Kell a farti quei succhiotti?”
 
“Cosa? No! Dio, no!”
 
“Be’, allora arriva al punto. Non voglio saperne dei successi di un ex-Serpeverde; se ha inciampato e balbettato senza riuscire a infilare l’ago nel tuo braccio al primo tentativo, certo. Ascolterò. Sarebbe divertente. Ma non i suoi successi.”
 
Harry si limitò a fissarla; i Grifondoro adoravano le storie di successo; Baston era un giocatore internazionale, Lee Jordan aveva un suo show radiofonico e Katie Bell si era trasferita oltreoceano appena dopo la guerra. Quelle storie davano speranza nel futuro agli studenti più giovani. Come poteva disprezzarle?
 
“È bravissima.” Aggiunse Harry, che imitò la ragazza quando alzò gli occhi al cielo. “Ma dopo non mi sono più concentrato su di lei; Draco si è presentato all’ospedale. Quindi non ho fatto niente di entusiasmante come saltare la visita o pagare qualcuno per farmi sentire speciale. Non sono poi così interessante.”
 
“Draco si è presentato lì?” Ne fu sorpresa, aggrottò le sopracciglia. “Pensavo che fosse sospeso; di solito non permettono ai Mangiamorte sospesi di andare dove vogliono. Accidenti, era in libertà condizionata prima che il semestre iniziasse.”
 
Davvero? Be’, quello rispondeva ad alcune delle migliaia di domande che aveva in serbo. “Pensi che si caccerà nei guai?”
 
“È possibile.” Nessun’edulcorazione a Serpeverde. “Dopotutto ha ancora il Marchio Nero; le persone non sono comprensive come te, sai?”
 
Harry diede uno sguardo al tavolo Grifondoro con un sospiro. Lo sapeva meglio di tutti.
 
“È davvero un idiota. Perché rischiare l’ira degli Auror solo per vedermi?” Harry non capiva. Una cosa era gironzolare per la scuola dopo il coprifuoco. Un’altra era farlo per Londra. Draco non avrebbe dovuto correre nessun rischio, se la conseguenza fosse stata Azkaban.
 
“Forse pensa che tu ne valga la pena.” Parkinson sospirò, il suo ghigno predatorio stava tornando in posizione. Merlino, a volte riusciva a essere inquietante. “Ha minacciato la McGranitt per te; a questo punto credo che tu possa indicare qualsiasi oggetto e lui te lo consegnerà su un vassoio d’argento. Davvero non so come ci sei riuscito; io ci ho provato per anni prima di capire che era impossibile.”
 
La cosa lo rese più contento di quanto avrebbe dovuto.
 
“Io non ho fatto niente.” Harry scrollò le spalle, sorridendo fra sé e sé. “Quell’idiota mi ha stalkerato e ha fatto irruzione nella mia vita. Non sono riuscito a sbarazzarmi di lui, e credimi, ci ho provato. Mi ha pedinato fino all’ospedale! Come diavolo faceva a sapere che ero lì? È sbucato dal nulla, più altezzoso che mai e si è mangiato il mio gelato.”
 
“Lo colpirò per te quando ritorna.” Rise Pansy, “Quindi Draco ti ha fatto quei succhiotti durante la visita. Mi aspettavo qualcosa di più eccitante, ad essere onesta.”
 
“Uhm… no.” Non poteva mentirle, non quando stava osservando con attenzione ogni sua mossa. Non era così stupida da credere alle sue bugie. E le piaceva abbastanza da non volerla deludere. Stranamente, quella sessione di gossip non era poi tanto male. Era bello poter parlare senza doverlo fare in codice, o chiedersi se avrebbe dovuto omettere qualcosa. Poteva essere ‘Semplicemente Harry’ lì. Proprio come Parkinson poteva essere Pansy. Nessuna maschera, per entrambi. “Siamo… andati al Maniero.”
 
Pansy aveva il talento di riuscire a soffocare senza una bibita.
 
“Vi siete intrufolati nel Maniero? Siete matti?” Sibilò, come se un momento prima non si fosse aspettata più eccitazione. “Ma non lo sai che Lucius non lascia quella maledetta villa dalla fine della guerra? Non sai che hanno mura più spesse di Hogwarts?”
 
“Be’, adesso lo so.”
 
Cristo, Potty.” Nonostante la lavata di testa, stava ancora sorridendo. “Tresca sotto il naso di Lucius. Siete pazzi.”
 
Era Draco il pazzo che si era messo litigare con suo padre quando li aveva beccati. Harry era riuscito a scappare a Hogwarts; ma era fin troppo chiaro che l’indomani Draco avrebbe dovuto affrontare le ire di suo padre, eppure l’aveva ignorato. C’era davvero qualcuno in grado di ignorare Lucius Malfoy?
 
“Be’, mi sto ancora appassendo. I dettagli, se non ti dispiace.”
 
Harry era sbalordito dal fatto che gliel’avesse chiesto sul serio. A che si erano ridotti? “Sai, noi Grifondoro non… uhm, spettegoliamo su quello che succede. Cioè, certo, ci giochiamo su e cose del genere, ma-”
 
Merlino, voi Grifondoro siete una noia.” Lo interruppe Pansy, che si lasciò scappare un ghigno. “Gli amici esistono proprio per estrapolare tutti i pettegolezzi succosi e usarli contro di te al momento opportuno. Cosa fate per divertirvi?” Agitò la mano per non sentir risposta, non le importava. “Lascia perdere. Sono una professionista. Non mi serve che tu dica niente.”
 
Detto questo, i suoi occhi di falco si posarono sui succhiotti del suo collo e brillarono di divertimento quando lui si mosse a disagio. Sul serio, a Grifondoro non parlavano di cosa succedeva a letto. Certo, a volte facevano dei commenti sconci. O un timido sorriso quando li ricevevano. Ma nessuno si aspettava che si sedessero e raccontassero tutto quello che avevano fatto.
 
Harry non si sarebbe mai aspettato di avere una conversazione del genere con Ron o Hermione.
 
Ci fu un attimo di silenzio; glorioso, meraviglioso silenzio.
 
“A giudicare dalla scia di segni, avete fatto un po’ più che limonare.” Sorrise, un gatto che giocava con un topo. “Hai meno succhiotti dell’ultima volta, il che significa… chi stava sopra?” Harry riuscì a sentire il suo volto andare a fuoco mentre cercava di mantenere un’espressione seria. “Oh merda, ti ha fatto stare sopra? Ti ha fatto stare sopra?”
 
Come aveva fatto a intuire così tante cose senza che lui dicesse una parola?
 
“Non capisco perché nessuno vuole crederci.” Riuscì a dire tra una domanda e un commento sconcio di lei. Merlino, la sua immaginazione avrebbe fatto arrossire e imbarazzare a morte i ragazzi Grifondoro. “Comunque, fermati finché sei in tempo. Non è successo niente di… non è successo niente.”
 
“Be’, com’è stato quel poco che avete fatto?”
 
“È stato ok.”
 
“Ok?” Adesso sembrava preoccupata. “Che è successo?”
 
“In che senso?” Chiese Harry, un po’ imbarazzato. Era stato ok. Più che ok. Eppure, il ghigno predatorio di Parkinson era svanito.
 
“Tesoro, ok non è l’aggettivo che la gente normale usa quando passa un’intera notte con il suo partner. Sai quando un ragazzo chiede a una ragazza come sta e lei risponde con ‘ok’? Significa che farà scoppiare la terza guerra mondiale se qualcosa non cambia al più presto.” I maghi erano coinvolti nelle guerre mondiali? “Caldo, bollente, appassionato, selvaggio… gentile! Non ok.”
Harry fissò Pansy, domandandosi se avrebbe dovuto dirglielo oppure no. Non avrebbe detto cose del genere a Ron. La loro amicizia non comprendeva discorsi sulla camera da letto, a parte le minacce di non portarci Ginny.
 
E poi c’era Pansy Parkinson; la ragazza che dava nome al gossip. La ragazza che fino a poco tempo fa non conosceva e non gli stava neanche simpatica.
 
La ragazza che si era scusata per le azioni dell’anno prima. La ragazza che non aveva avuto problemi ad accoglierlo la prima notte che si era trasferito a Serpeverde. La ragazza che lo costringeva a mangiare perché aveva notato che non lo faceva.
 
“Siamo stati noi stessi.” Harry sospirò, ignorando il bagliore che tornò a splendere negli occhi di Pansy. “Ma io… uhm, ho avuto un problema.”
 
“Oh. Oh.”
 
“Non in quel senso!” Harry si passò una mano fra i capelli. “Io… maledizione, non ce l’ho fatta a tenere il passo.” E anche se lo faceva sentire incredibilmente infantile, inesperto e piuttosto patetico, non riusciva a non volere la sua opinione. Non era così grave, giusto? Oppure rovinava sempre di più tutto quello che aveva con il biondo ogni volta che cercavano di fare qualcosa di lontanamente fisico?
 
“Be’, è di Draco che stiamo parlando; chi sa che razza di perversioni ha accumulato durante tutti questi anni.”
 
“No, non in quel senso.” Harry sospirò ancora, cercando di reprimere l’espressione ferita che si faceva strada sul suo volto. “Non riuscivo a tenere il passo. Ci stavamo rotolando sul letto e stavamo facendo la lotta… e ho avuto bisogno di riprendere fiato! Avevo fisicamente bisogno di una pausa; Dio, le mie mani stavano letteralmente tremando dalla stanchezza. Ero pronto a stendermi e non contribuire più alla situazione.”
 
“Be’, allora perché non l’hai fatto?”
 
Perché non poteva.
 
Non poteva mostrarsi ancora più debole agli occhi di Draco.
 
Era… Draco, per l’amor del cielo.
 
Harry si piegò sul tavolo, nascondendo la testa fra le braccia. Era una delle conversazioni più umilianti che avesse mai avuto; e aveva sorbito un breve discorso sul sesso da parte di Vernon Dursley quando aveva undici anni. Sì, era anche peggio di quell’imbarazzante ‘discorso’ con suo zio, non importava quanto fosse stato conciso.
 
“Be’, eri appena tornato dall’ospedale, no? È spossante, giusto?” Pansy non sembrava turbata. “Sei stato sveglio per tutto il giorno e anche la notte. Sfido io che eri stanco. Le persone si stancano. E sono sicuro che a Draco non importa; potresti dargli un pugno e lui ti bacerebbe subito dopo.”
 
Ed era successo.
 
Harry sbirciò attraverso le braccia, e alzò gli occhi al cielo quando la vide sorridere. Stranamente, il suo discorso l’aveva calmato.
 
“Penso che sia carino. Harry Potter che perde la testa per un Serpeverde. Non è un titolo da prima pagina?”
 
“Lo è già stato.” Le ricordò Harry, “Non ricordi la furia di tutto il corpo studentesco? Mi sembra che mi abbiano schiaffeggiato quella mattina.”
 
“Sì, ma allora nessuno ci credeva.” Ghignò Pansy, “Accidenti, Draco insultava ancora tutto quello che dicevi o indossavi. Però lo fa ancora, quindi non credo sia l’esempio migliore.” Le sue parole strapparono a Harry una risata stanca. “Penso che voi due dobbiate smetterla di danzarvi intorno; una bella pomiciata nella sala grande metterà fine ai pettegolezzi.”
 
Harry non pensava che si danzassero intorno. Aveva due piedi sinistri; non danzava.
 
“Se riesci a convincere Draco,” Harry ghignò. Ah; una rara occasione per zittire Parkinson; la colse. “Io convincerò Blaise.”
 
Parkinson lo guardò, alzando le sopracciglia. All’apparenza le sue parole non sembravano aver sortito effetto su di lei, anche se restò in silenzio per qualche attimo. “Non ho la più pallida idea di cosa stai dicendo. Blaise è a malapena un Serpeverde.”
 
“Forse è questo che ti piace di lui.”
 
“Non è il mio tipo.”
 
“Pensavi che Draco fosse il mio di tipo?”
 
“Non mi noterà mai.”
 
“L’ha già fatto.”
 
Harry sobbalzò quando i piatti apparvero sulla tavola, e due di loro si riempirono lentamente di cibo. Finse di non vedere il sorriso che Pansy cercava di reprimere, proprio come lei non vedeva le sue insicurezze quando parlava di Draco.
 
I Serpeverde lo sorprendevano ancora.
 
.
 
.
 
.
 
“Non hai preso la tua pozione oggi.”
 
Harry fissò lo scarabocchio che doveva rappresentare il suo compito di Pozioni, e soppresse a fatica un sospiro. Sapeva che sarebbe successo prima o poi; era solo sorpreso che il panico che doveva provare non fosse emerso immediatamente. Forse era troppo stanco per andare nel panico. E per sua sorpresa, il pensiero non lo consolava.
 
“E neanche ieri. Spero che tu abbia una buona scusa, visto che sai cosa succede se non la prendi.”
 
Harry alzò lo sguardo sul primino, con calma. Non posò nemmeno la penna; finse che non fosse degno del suo tempo, e che non lo sarebbe mai stato. Be’, almeno era quello che sperava.
 
Braxton aveva l’aria arrabbiata. Avanzò verso il banco e piazzò l’orribile pozione sul suo tema. Fatto ciò, incrociò le braccia con rabbia e aspettò. Quanta rabbia per una persona così piccola.
 
“Hai ficcato il naso nel mio baule.” Harry non guardò la pozione. Si rifiutò di farlo.
 
“Sì.” Non sembrava sentirsi in colpa. “Sei stato proprio un idiota.”
 
Harry non riuscì a trattenere una risata, anche se la cosa fece arrabbiare ancora di più il ragazzino. Un undicenne che gli faceva la ramanzina. Qualcuno che conosceva a mala pena pretendeva delle risposte. “Me ne sono dimenticato.”
 
“Bugiardo.”
 
A quel punto gli sfuggì un sospiro, mentre si passava una mano fra i capelli. Il Serpeverde non era in procinto di andarsene, si limitava a mantenere il contatto visivo. Se era testardo anche solo la metà dei suoi compagni di casa, non si sarebbe mosso di lì.
 
Harry calciò una sedia verso il ragazzino, invitandolo a sedersi.
 
Rimase in piedi.
 
“Be’, penso di doverti chiedere da quanto tempo lo sai.” Harry non lo chiese, lo suppose soltanto. Braxton rispose lo stesso, dopo una spaventosa alzata di occhi al cielo.
 
“Mio padre lavora come farmacista al San Mungo. È tornato a casa poche settimane dopo la guerra, devastato. Addirittura pianse. Disse che c’era qualcuno con un’orribile malattia e che aveva bisogno di fare quelle pozioni per aiutarlo a contrastarla. L’ho perfino aiutato durante l’estate, tagliavo gli ingredienti.” Il primo segno di disagio attraversò il suo volto; ma conoscendolo, era perché aveva passato l’estate a lavorare in una farmacia e non perché aveva affrontato un ragazzo malato dell’ottavo anno. “Poi, quando Lumacorno ci stava sgridando per l’attacco a Goyle mi hai passato quella scatola. Le ho riconosciute.”
 
“Avere della magia instabile non è così raro; un sacco di bambini hanno bisogno di prendere quelle pozioni prima di iscriversi a scuola.”
 
“Sì, e una pozione di solito basta. Non così tante. So che sei tu la persona per cui mio padre ha fatto quelle pozioni. E, considerando il fatto che non usi più la magia e che stai dimagrendo a vista d’occhio… i conti tornano.”

“Sei proprio un piccolo detective.”
 
“…un cosa?”
 
Ancora niente panico. Cosa diavolo aveva di sbagliato?
 
“Non ti siedi?” Chiese Harry, indicando ancora la sedia. Doveva sembrar strano al resto della libreria che un primino lo stava rimproverando. Nessuno poteva sentirli, ma lo spettacolo stava attirando le attenzioni di tutti.
 
“Solo se la bevi.”
 
Be’, non ci aveva messo molto a imparare i trucchi del baratto Serpeverde.
 
Alla fine, Harry posò la penna, afferrò la boccetta e la mando giù con un unico gesto fluido. Se lo faceva velocemente forse non avrebbe avuto l’orrido sapore di sempre. No, non cambiava niente. Era ancora marcia e putrida.
 
Braxton si sedete quasi all’istante, e un leggero sorriso di sollievo comparve sul suo volto. Semmai, sembrava soddisfatto di essere riuscito a bullizzare niente meno che Harry Potter; e, in cambio, la cosa divertì Harry.
“Non hai lezione?” Chiese Harry, che si mosse a disagio quando gli occhi blu del primino si concentrarono all’istante sui suoi succhiotti. Adesso sembrava imbarazzato. Bene.
 
“Solo Incantesimi.” Scrollò le spalle, come se non fosse importante. Solo una delle materie principali; niente di cui preoccuparsi. “Sai, non mi aspettavo che mi avresti ascoltato.”
 
“Neanche io, ad essere onesto.”
 
“Perché l’hai fatto?”
 
Già, perché? C’era qualcosa di tenero in un piccolo primino che correva ad affrontarlo. A undici anni Harry avrebbe fatto la stessa e identica cosa. Ma l’Harry diciottenne aveva l’abilità di mentire o rifiutarsi.
 
“Non c’erano ragioni per non farlo.” Disse infine Harry, sentendosi piuttosto intelligente per una volta. Ed era anche la verità. Che aveva da perdere dicendo la verità? Era ovvio che il ragazzino lo sapeva da un bel po’, e non l’aveva detto a nessuno. Se tutto quello che voleva era che Harry prendesse la pozione, perché non accontentarlo? Entrambe le cose avrebbero portato benefici. Harry che prendeva le sue medicine, e Braxton che lo influenzava.
 
“Sai, avrei voluto odiarti.” Perfino allora non sembrò in imbarazzo. “Prima di venire a scuola sapevo che saresti tornato per i tuoi MAGO, e ti odiavo per questo. Chi mai avrebbe potuto superare il grande Harry Potter? Eri già un idolo quando eri solo un bambino, e lo sei ancora adesso. Chiunque ad Hogwarts sarà paragonato a te per sempre. Mio padre era entusiasta del fatto che avrei studiato nello stesso posto del Salvatore del Mondo Magico. Non che io non sia grato che… lo sai, che ti sei sbarazzato di Tu-Sai.Chi.” Harry non sapeva neanche cosa rispondergli. “Ma poi mi hai portato nell’infermeria come nulla fosse. E hai continuato a stare dalla parte dei Serpeverde. E adesso hai quest’orribile malattia. La vita ti ha riservato delle sorprese di merda.”
 
“Quindi… non mi odi?” Dovette chiedere, nonostante il teatrale sbuffo dell’altro.
 
“No. È impossibile odiarti. Sei un idiota, ma non meriti di essere odiato. Ed è per questo che è davvero seccante che abbia dovuto cercarti per costringerti a prendere le tue medicine! Ho undici anni! Sono troppe responsabilità!”
 
“Hey, non te l’ho chiesto io-”
 
“Dimmi, Signor Complesso dell’Eroe,” Nonostante le sue dure parole, i suoi occhi brillavano di divertimento. Dio, i Serpeverde erano strani. Si stava divertendo troppo per offendersi. “Noi Serpeverde ti abbiamo chiesto di stare dalla nostra parte il giorno che ci hanno avvelenati? Avresti mai potuto ignorarci e continuare a mangiare? Non credo proprio.” Sbuffò ancora, mettendo le braccia conserte e appoggiando la testa sullo schienale della sedia.
 
Harry dovette dargli ragione.
 
Rimasero in silenzio per un momento, guardandosi l’un l’altro. Harry stava pensando a quanto fosse particolare quel ragazzino, che aveva saltato una lezione solo per sgridare qualcuno che a malapena conosceva. Braxton stava fissando un altro succhiotto che sbucava dalla camicia di Harry.
 
“Non voglio inseguirti di nuovo.” Borbottò infine. “Sono solo una matricola. Non dovresti aspettarti così tanto da me.”
 
“Non mi aspetto niente da te.” Disse Harry con sincerità, “solo che ti faccia gli affari tuoi.”
 
“Lo dirò a Draco Malfoy.”
 
“Lo sa.”
 
“Che hai smesso di prendere le pozioni.”
 
“L’ho appena presa, non hai visto?”
 
“Vorrà sapere che ti sei comportato da idiota mentre non c’era.”
 
“Non sono neanche affari suoi, dico bene?”
 
Braxton si mosse a disagio sulla sedia, ed era la prima volta che sembrava preoccupato da quando aveva fatto irruzione nella biblioteca. Si grattava la fronte ed evitava il contatto visivo. Qualunque cosa stesse per dire sarebbe stata divertente. “Vuoi… vuoi parlarne?”
 
Harry scoppiò a ridere. I Serpeverde e la loro paura irrazionale di mostrare emozioni.
 
“Te lo risparmierò.” Disse ridacchiando, “Ormai non funzionano più; ho pensato che fossero inutili. Ma se serve per non attirare le ire dei Serpeverde, inizierò a prenderle di nuovo. Contento?”
 
“…anche se funzionano solo un po’, è meglio di niente, non credi?” Borbottò, con un’aria decisamente nervosa. “Un po’ più di tempo per vivere è meglio che un po’ di meno.”
 
“Perché ti interessa così tanto? Ci conosciamo appena.” Forse era per quello che Harry non era entrato nel panico; non era una persona a cui sarebbe mancato.
 
Ma il ragazzino scrollò le spalle. “Ti hanno dato la cravatta Serpeverde; significa che sei uno di noi. E noi ci prendiamo cura l’uno dell’altro.”
 
Si fece bastare quella risposta.
 
“Sei un ragazzino carino, lo sai?”
 
“Non so per quale parte della frase dovrei offendermi prima.”
 
Tzé, i Serpeverde.
 
.
 
.
 
.
 
Hej.”
 
“Hi.”
 
“No. Hej.”
 
“…Hi.”
 
No! Hej. Pronuncialo. Hej.”
 
“…Hi.”
 
“Devo ricominciare a schiaffeggiarti ogni volta che sbagli?”
 
Harry indietreggiò dalla ragazza infuriata, guardandosi intorno per cercare aiuto. Nessuno voleva dargliene. Si divertivano tutti a vederlo sbagliare di volta in volta. Ancora di più quando Blaise e Nott avevano iniziato a schiaffeggiargli la fronte ogni volta che sbagliava a pronunciare una parola. Cristo, era difficile cercare di non spezzargli quelle maledette dita.
 
Pansy l’aveva beccato a esercitarsi con le lingue, il che si era ben presto trasformato in una tortura per Harry e una fonte di divertimento per tutta la Sala Comune Serpeverde. Tutti i bilingui che, parliamoci chiaro, costituivano l’intera Casa Serpeverde, avevano deciso di aiutarlo. Sebbene all’inizio si fosse divertito, ignorando tutti gli occhi puntati su di lui… ormai era passata un’ora e mezza. Perché non si stancavano?
 
“Vuoi parlare danese, oppure no? Hej!”
 
“…He-i?”
 
“Quasi. H-e-j. Hej!
 
“…Hej?”
 
Alleluia!”
 
Perfino a Harry scappò un sorriso quando la ragazza del terzo anno se la rise di gusto. Saltò fuori che aveva passato le vacanze in Groenlandia e l’unica parola che aveva imparato era ‘ciao’. Sebbene conoscesse soltanto una parola aveva insistito col dire che era un’esperta e aveva torturato Harry per quegli ultimi dieci minuti. Ormai tutto gli suonava come una lingua incomprensibile. Le parole inglesi non sembravano più normali.
 
Incomprensibile; era davvero una parola di senso compiuto?
 
“Bene, vai avanti Potty.” Pansy stava usando quel soprannome ad ogni occasione ora che Draco era assente. Le piaceva la vita spericolata. “Ripetile di nuovo.”
 
Era stesa sul tavolo e ignorava gli sguardi dei ragazzini del secondo anno che la circondavano. I loro temi erano intrappolati sotto di lei, e lei non aveva alcuna intenzione di spostarsi. I ragazzi non avevano il coraggio di chiederle di restituirli. Al contrario, si aggiravano intorno al tavolo aspettando il momento di afferrarli senza che se ne accorgesse. La ragazza non prestò loro nessuna attenzione, il che significava che sapeva esattamente cosa stava facendo. I suoi occhi brillavano divertiti.
 
Zabini era seduto al banchetto con Harry, le sue mani fremevano come se volesse dargli di nuovo un pizzicotto. I suoi occhi continuavano a spostarsi sul gruppo di ragazzini, ma la luce nel suo sguardo era un po’ meno amichevole. Se avessero proferito parola avrebbero dovuto vedersela con lui, tuttavia loro evitavano palesemente di guardare nella sua direzione, lo sapevano. Le dinamiche Serpeverde erano assurde anche in un giorno qualunque.
 
“Va bene.” Harry deglutì quando sulla stanza cadde il silenzio, alcuni studenti curiosi si avvicinarono a loro. Non aveva certo l’attenzione di tutti i Serpeverde, ma la presenza di un gruppo misteriosamente grande aleggiava nella stanza. Era come se volessero che fallisse. “Namaste. Olà. Salve. Buna. Hei. Guten Tag. Aloha. Hej. Privet.”
 
“Pri-vi-et.”
 
Privet.” La ragazza del quarto anno annuì, con la traccia di un ghigno sulle labbra. Era stato pizzicato molte volte mentre cercava di pronunciare quella parola.
 
“Salut. Moi. Shalom… uhm, salaam… cześć.”
 
“Cześć. Ce-sh-ch.”
 
“Ce-sh-ch… uhm… ah, zdravo.” Quante ne aveva dette? “…uhm, halo. Hallo…”
 
“Ahn nyeong.”
 
“Che?”
 
Harry si scambiò uno sguardo esasperato con Zabini prima di voltarsi verso il compiaciuto primino. Si limitò a fissarlo, come se fosse annoiato.
 
“Ahn nyeong. È coreano.”
 
“E anche impossibile.”
 
“I settantaquattro milioni di persone che popolano la Corea sembrano essere in grado di dirlo.” Commentò seccamente Pansy, “Non è vero ragazzi?” I ragazzini del secondo anno dietro di lei si affrettarono immediatamente ad annuire e a darle ragione. Avrebbero fatto di tutto per avere indietro i propri compiti. Tutti tranne una sola ragazza con i riccioli biondi. Non sembrava contenta.
 
Harry la osservò divertito mentre spostava i capelli dietro la spalla e incrociava le braccia al petto. I ragazzini intorno a lei smisero di annuire all’istante. Non c’erano dubbi su chi controllasse quel gruppo. Sarebbe stato divertente assistere alla scena; avrebbero preso i loro compiti come la biondina suggeriva, o avrebbero permesso a Pansy di continuare a starsene lì come se nulla fosse?
 
“Mi state già facendo imparare da capo parole che pensavo di aver padroneggiato.”
 
“Non le stavi dicendo correttamente. Vuoi imparare altre lingue o sparare stupidaggini a caso?”
 
“Che importa?” Chiese Harry, e non era la prima volta quella sera. “Non ne userò neanche una comunque. Lo faccio solo per un po’ di soddisfazione personale.”
 
“È come dire, perché sprecarsi a imparare qualcosa se nessun altro comprende le tue capacità.”
 
Non era quello che Harry intendeva dire.
 
La ragazzina bionda aveva spostato il suo sguardo su Pansy; si tastò il mantello per assicurarsi che la bacchetta fosse al suo posto, poi drizzò la schiena. Non aveva speranze di vincere quella battaglia; specialmente perché non aveva l’aiuto dei suoi amici; avevano tutti fatto immediatamente un passo indietro, osservandosi le scarpe o le unghie. Sarebbe stato divertente, se solo la più coraggiosa del gruppo non stesse per essere completamente distrutta.
 
“Pansy,” Harry si accigliò, piegando la testa da un lato. La fissò come se si fosse appena ricordato di qualcosa. “Non hai fatto molti compiti stasera. Posso leggere il tuo tema per confrontarlo con il mio? La mia conclusione mi è sembrata un po’ forzata.”
 
“Quale tema?” Ancora non le importava; i suoi occhi si erano posati sulla biondina, assottigliandosi per la sua posa difensiva. L’inferno si sarebbe scatenato da un momento all’altro.
 
“Difesa.”
 
“…non avevamo un tema per Difesa.” Fu uno sforzo trattenere il sorriso quando l’altra si voltò di scatto verso di lui, dimenticandosi della ragazza. “Giovedì abbiamo fatto pratica con gli incantesimi.”
 
“Ed è su quello che verteva il tema. Le proprietà degli incantesimi, gli errori di pronuncia, e le possibili conseguenze di ogni errore. Eccolo…” Tirò su la sua borsa, perfettamente consapevole che sia Zabini che Nott lo stavano fissando con un’intensità che se la batteva alla pari con quella di Draco. Alla fine trovò il tema, posto disordinatamente fra le pagine del suo libro.
 
Pansy volò praticamente dall’altro lato della stanza per strapparlo dalle sue mani, i suoi occhi iniziarono a studiare la pergamena.
 
I ragazzini del secondo anno si fiondarono sul banco per recuperare i compiti prima che Pansy realizzasse di essersi mossa. Harry colse il sorriso della biondina, ma non poté ricambiarlo. Avrebbe voluto farle l’occhiolino; sembrava un gesto molto Serpeverde da fare. Ma Pansy lo stava fissando con aria sospettosa quindi non poteva correre il rischio.
 
“Non ricordo che ce l’abbiano assegnato.”
 
“…Be’, l’hanno fatto.” Harry scrollò le spalle, “Non l’hai ancora iniziato?”
 
“Neanche io lo ricordo.” Ovviamente non ci si poteva aspettare che Zabini gli reggesse il gioco; era infatuato di Pansy. Non avrebbe preso le parti di nessun altro.
 
“Io l’ho fatto.” Harry si voltò verso Nott, e dovette trattenersi dal restare a bocca aperta. “Non posso permettermi saltare i compiti con i MAGO all’orizzonte.”
 
“Io non me lo ricordo proprio per niente!” Si lamentò Pansy, passandosi una mano fra i capelli. “E quella vacca di Difesa mi ha presa già di mira quest’anno! Potter, lo prendo in prestito.” E a quel punto, Pansy corse al piano di sopra per fare i suoi compiti inesistenti. Zabini aspettò un minuto prima di seguirla con un’aria disinvolta.
 
“Sai essere davvero uno stronzo, Potter.” Sghignazzò Nott, “Mi ritrovo ad apprezzarti ogni giorno di più.”
 
“Non mi sento colpevole neanche la metà del necessario.” Ammise Harry, “Stava per scoppiare una rissa.”
 
“Lo so. Ero sul punto di dare il via alle scommesse.”
 
“La ragazzina non avrebbe mai potuto vincere.”
 
“Tzé, ti sembro forse stupido? Era su quanti incantesimi sarebbe riuscita a lanciare prima che Pansy la distruggesse.”
 
“Non avrebbe avuto il tempo di sfoderare la bacchetta.”
 
“Lo so.” Ringhiò Nott, con risentimento. “Non riusciresti a credere a quanto siano ridicole alcune delle scommesse che fanno quei ragazzini. Puoi fare una fortuna scommettendo nella Sala Comune.”
 
“Lo terrò a mente.” Rise Harry, riponendo i suoi libri. Adesso che la parte della serata che prevedeva deridere Harry era finita, il resto degli studenti iniziò a dissiparsi lentamente. “Allora, quando hai intenzione di dirle che il tema era uno scherzo?”
 
“Sei pazzo? Neanche noi avremmo alcuna possibilità contro l’ira di Pansy.” Nott rabbrividì, era la prima volta che Harry lo vedeva così disinvolto. “C’è un motivo se ha la reputazione di castratrice.  Ad ogni modo, perché avevi quel ridicolo tema? Ti porti avanti con le lezioni?”
 
“È solo un po’ di lavoro extra.” Harry scrollò le spalle. “Un modo per stare al passo con gli altri. Mostrare che capisco gli incantesimi, anche se non faccio pratica.”
 
Ricevette alcuni sguardi dopo quel commento, ma nessuno disse una parola.
 
Era un po’ preoccupante che non gli importasse.
 
Forse stava finalmente entrando nella fase di accettazione.
 
“Non vedo perché sprecarsi a fare una cosa simile.” Rispose Nott, piuttosto schiettamente. “Se fossi in te, adesso sarei da tutt’altra parte.”
 
“Il pensiero mi è passato per la testa.” Neanche una volta. “Ma mi sentirei un fallito se tutti si diplomassero e io fossi considerato uno scarto. Immaginati i titoli in prima pagina… Argh!”
 
Proprio quando si stava abituando all’accettazione.
 
Chiuse gli occhi, cercando di ignorare il dolore che si stava espandendo dalle dita a tutta la mano. Tenne la mano sulle sue gambe, stringendo il polso come per fermare l’agonia.
 
Non voleva guardare.
 
Ma non poteva rimandare per sempre.
 
“Potter?” La voce di Nott era circospetta, probabilmente si stava pentendo di non aver seguito i suoi amici nel Dormitorio. Harry non lo biasimava. “Che hai?”
 
Harry si sforzò di aprire gli occhi, l’incredulità si faceva spazio fra il dolore. Non avrebbe dovuto importargli. Non avrebbe dovuto fargli quella domanda. Perché Theodore Nott che, stando a quanto diceva Zabini, si interessava solo a se stesso, aveva cautamente chiesto a Harry come stava? Era colpa di Harry se suo padre era in prigione. E in ogni caso, perché sapeva l’opinione di Zabini su Nott? Quando era diventato così normale? Harry non aveva deciso di allontanarsi da tutti?
 
Ma Nott era seduto ancora di fronte a lui, sull’attenti e con la maschera saldamente in posizione.
 
Ecco.
 
Harry trascinò la mano sul banco.
 
Tre dita si erano spezzate, ogni giuntura sporgeva da sotto la pelle. Avevano già iniziato a gonfiarsi.
 
“Non ho usato la magia.” Riuscì a dire Harry a bassa voce. Adesso che le vedeva, non riusciva a distogliere lo sguardo. Era come se qualcuno gli avesse torto le dita facendole puntare in direzioni impossibili. Sarebbe stato comico, se solo non stesse cercando di trattenere il vomito.
 
Vide Nott guardarsi intorno con la coda dell’occhio; l’attimo dopo sfoderò la bacchetta, e sfiorò ogni dito rotto.
 
Epismendo.” Sussurrò, trasalendo leggermente ogni volta che un dito si raddrizzava con un forte schiocco. Si guardò di nuovo attorno con cautela. “Non era mai successo.”
 
“No.” Harry si rese a malapena conto di aver risposto. “Certo che no.”
 
Nott scappò a letto poco dopo, il loro rapporto non si estendeva a farsi compagnia.
 
Harry rimase seduto al banco, rifiutandosi di alzarsi mentre gli altri si scambiavano occhiate. Alla fine la Sala Comune si svuotò finché non rimase da solo. Come voleva.
 
Aveva pensato che non avrebbe provato indifferenza. L’indifferenza sarebbe stata l’emozione appropriata, forse tristezza; tutti si sarebbero aspettati un po’ di dispiacere. Maledizione, perfino il sollievo sarebbe stato beneaccetto.
 
Invece provava rabbia.
 
Quella giornata era stata relativamente felice.
 
Aveva avuto compagnia ad ogni pasto. Aveva avuto compagnia ad ogni pausa. Nella sua ora di spacco. Pansy l’aveva seguito in bagno per chiacchierare. Una ragazzina del secondo anno l’aveva accompagnato di nuovo in Sala Comune perché aveva notato che sembrava un po’ spaesato. L’avevano perseguitato per fargli perfezionare un obbiettivo della lista, cosa di cui non sapevano niente.
 
Draco non era lì, e lui non era stato abbandonato.
 
Non voleva accettare che stava per morire.
 
Non adesso che la sua vita era assolutamente fantastica.
 
Harry strinse i pugni, sebbene gli bruciassero. Il banco fu ben presto capovolto, e lanciato dall’altra parte della stanza. Se qualcuno aveva sentito quel tonfo, non venne ad investigare. E andava perfettamente bene, perché la sedia lo seguì a ruota.
 
Braxton aveva ragione; la vita gli aveva davvero riservato delle sorprese di merda!
 
Voleva rompere qualcosa! Qualunque cosa!
 
Ma la maggior parte della stanza aveva arredi che non potevano essere rotti senza una bacchetta, il ché incrementò ancora di più la sua rabbia. Qualcosa doveva pur esserci.
 
Quindi, quando Goyle entrò nella stanza con un un’espressione arrabbiata e tirò un pugno dritto allo stomaco di Harry, ricambiò con piacere il favore.
 
.
 
.
 
.
 
Maledettissimo Potter.
 
Gregory comminò con passo pesante fra i corridoi dei Sotterranei, folgorando con lo sguardo i ritratti che gli facevano notare l’ora. Era quasi mezzanotte. Lo sapeva. Aveva dovuto aspettare che Madama Chips tornasse finalmente nelle sue stanze per scappare via. Quella strega stava diventando matta. Aspettava ogni giorno fino a mezzanotte con gli occhi incollati sulla porta d’entrata dell’Infermeria. E una volta che si rendeva conto che nessuno era in procinto di entrare (perché chi l’avrebbe mai fatto a quell’ora della notte?), tornava con riluttanza nel suo studio, sospirando, piangendo, o con l’aria di essere sul punto di farlo. Era una pazza.
 
Era dovuto scappare dall’Infermeria.
 
Stava bene. Si era rimesso da più di una settimana.
 
Ma lei si era rifiutata di dimetterlo! Gli stava sempre alle costole, e gli rifilava pozioni. Per un paio di ossa rotte e lividi non aveva bisogno di essere coccolato. Aveva passato di peggio.
 
Cos’erano un paio di ossa rotte in confronto a quello che era successo a Vincent?
 
Tzé, Vincent era l’unico che lo capiva.
 
Adesso se n’era andato, e il resto della casa si era innamorato del suo assassino!
 
Maledettissimo Potter!
 
Sarebbe potuto tornare in dietro con la scopa! Avrebbe dovuto! Il presunto Salvatore del Mondo Magico aveva permesso che il suo amico bruciasse vivo in quella maledetta stanza! Potter sarebbe dovuto tornare indietro per Vincent!
 
Vincent valeva dieci volte Potter! Almeno per lui.
 
Ma quel bifolco non poteva commettere errori.
 
Perfino Theo era dalla sua parte. Theo.
 
E Draco era infatuato. Quel bacio.
 
Era disgustoso.
 
No, non gli importava di un paio di ossa rotte. Non era niente in confronto a quello che avrebbe fatto a Potter la prossima volta che avrebbe posato lo sguardo su di lui.
 
Gregory posò lo sguardo sul ritratto di una signora grassa che gli faceva segno col dito di fare silenzio. Silenzio. Tutti gli dicevano di fare silenzio.
 
Non sei nient’altro che uno scagnozzo per quel moccioso di Malfoy?
 
Dio, ma sei stupido?
 
Sta’ zitto!
 
Un troll riuscirebbe a parlare con più grazia.
 
Non so perché li stai proteggendo.
 
Lo sai che è mezzanotte? Coprifuoco, giovanotto.
 
Coprifuoco? Aveva detto coprifuoco?
 
Nel giro di pochi secondi, aveva preso il quadro per la cornice e l’aveva strappato, lanciandolo lungo il corridoio. Si schiantò contro un muro, e la cornice si spaccò. La carta si arricciò e nascose la brutta faccia della donna.
 
Si avvicinò lentamente, sfoderando la bacchetta. Voleva vedere quella stronza bruciare. Se non era appeso alla parete non avrebbe potuto raggiungere gli altri dipinti.
 
Incendio.”
 
Le sue grida rimbombarono sulle pareti, cercando di chiamare chiunque avesse potuto evitare la sua morte. Ma era mezzanotte, dopotutto. Tutti gli altri avevano il coprifuoco.
 
Per la prima volta dopo settimane, Greg fece un sorriso.
 
Ma scomparve quando entrò nella sua Sala Comune. Potter se ne stava lì in piedi come se ne avesse tutto il diritto.
 
Per un momento ci fu il silenzio, ma Potter si voltò dall’altra parte, ignorandolo completamente. Lo ignorava? Lo ignorava?
 
Fu il verde della cravatta di Potter che lo fece fiondare verso di lui, caricando un pungo.
 
Il sorriso tornò nel momento esatto in cui assestò il primo colpo.
 
.
 
.
 
.
 
Blaise guardò la porta del Dormitorio quando sentì un forte tonfo, ma scrollò le spalle quando non sentì nessun altro suono. Probabilmente qualcuno era inciampato, colpendo qualcosa. Non c’era bisogno di controllare.
 
Non adesso.
 
Pansy si era addormentata mentre scriveva il tema, si era spaparanzata sul suo letto costringendolo a sedersi su un cuscino posto sul suo baule. Si era presa letteralmente tutto il letto. Aveva le braccia aperte ed era distesa in obliquo su tutta la lunghezza del letto. I suoi capelli la incorniciavano disordinatamente, annodandosi senza neanche muoversi.
 
Aveva macchiato la guancia, le mani e le lenzuola d’inchiostro. Il tema non sarebbe stato decifrabile con tutto quell’inchiostro che scorreva. Tutto il suo duro lavoro non sarebbe servito a niente.
 
Stava russando, aveva la bocca aperta e poteva giurare di averla sentita fare una scorreggia.
 
Merlino, era perfetta.
 
Ci fu un altro tonfo fuori dalla stanza, questa volta accompagnato da un urlo.
 
Valeva la pena andare a controllar-?
 
Un altro tonfo.
 
Blaise guardò gli altri letti, accorgendosi che quello di Draco era vuoto.
 
Con un sospiro, si tirò in piedi e si diresse verso le scale. Chiunque gli stava facendo perdere la probabile umiliazione di Pansy per essersi mostrata vulnerabile se ne sarebbe pentito. Non succedeva spesso che la ragazza lasciasse cadere la sua maschera, e lui se lo stava perdendo. Stava perdendo anche del materiale per ricattarla solo per tornare nella Sala Comune. Avrebbe potuto costringerla ad uscire con lui con una buona foto.
 
E farla anche pagare per il pasto.
 
Ah, quante possibilità perdute.
 
Blaise entrò nella stanza con uno sbadiglio, ma la sua mano si fermò a meta strada verso la bocca.
 
Goyle era tornato per vendicarsi.
 
Se ne stava lì in piedi con il naso rotto, affannava e sembrava decisamente pazzo con quel sorriso e il sangue che gli scorreva sulla faccia. Afferrò una sedia e lo lanciò sul pavimento. No, non sul pavimento. C’era Potter accovacciato sulle mattonelle di pietra, e da quello che Blaise poteva vedere, il naso e le mani gli sanguinavano.
 
Trasalì quando la sedia colpì Potter sul fianco, e sfoderò la bacchetta.
 
Il piede di Potter si mosse, calciando il ginocchio di Goyle. Cadde a terra con un urlo, imprecando a tutta forza.
 
Non fu abbastanza. Goyle si rialzò in un batter d’occhio e afferrò Potter, scaraventandolo contro la parete. Potter non sembrò spaventato nemmeno per un istante; sembrava furioso. Tirò un pugno, e riuscì a colpire ancora una volta il naso di Goyle.
 
Era assurdo.
 
Goyle ringhiò, mollando la presa su Potter, che sgattaiolò fuori dal suo raggio d’azione. Finalmente.
 
Incollarapido!” Gridò Blaise, che tirò un sospiro di sollievo quando i piedi di Goyle si attaccarono immediatamente al pavimento in pietra, facendolo traballare ma non cadere. Ringhiò, e cercò di liberare i suoi piedi per un po’ prima di sfoderare con forza la bacchetta dalla manica. Ma Blaise non era d’accordo. “Expelliarmus!” Non raccolse neanche la bacchetta, lasciando che cadesse a terra. Doveva essersene comprata un’altra prima di tornare a Serpeverde. In ogni caso, nessuna bacchetta in grado di scegliere una persona come lui doveva essere buona.
 
Potter si voltò a guardarlo, affrettandosi a raggiungerlo. Zoppicava un po’, e il sangue che gli scorreva sul volto non era così attraente. Sembrava… che si sentisse in colpa.
 
“Blaise, io-”
 
Liberami!”
 
“Non ci penso nemmeno-”
 
BLAISE! Adesso!”
 
Silencio.”
 
Blaise osservò il suo lavoro per un attimo, fissando quel toro furioso che gli urlava contro minacce silenziose. Non aveva un aspetto orribile; sembrava che Potter fosse a malapena riuscito a sfiorarlo. E chi ci sarebbe riuscito, con una balena che ti piomba addosso? Nessuno aveva possibilità contro di lui.
 
Potter, dal canto suo, aveva il naso rotto, i lividi stavano già comparendo sulla sua pelle, zoppicava e aveva un livido particolarmente grande intorno al…
 
Cristo. Sembrava che Goyle avesse provato a strangolarlo.
 
Con uno sguardo veloce alla stanza si accorse che la cravatta di Potter se ne stava abbandonata davanti al camino. Bene.
 
E poi c’era Potter, che si sentiva ancora in colpa.
 
“Non sono bravo con gli Incantesimi di Guarigione. Dovrò svegliare Theo per farti aggiustare il naso.”
 
Il sussultò che ne seguì fu inaspettato; che aveva fatto Theo per fargli sperare che stesse ancora combattendo con Goyle?
 
Dio, le emozioni. Non sapeva come reagire. Non c’era il controllo dei danni stavolta; nessuno li aveva raggiunti, fatta eccezione per alcuni primini che erano accorsi quando Blaise aveva sfoderato la bacchetta. Non poteva guarirlo, non era ferrato in materia. E Draco l’avrebbe ucciso se al suo ritorno Potter aveva il naso storto.
 
“Andiamo, vieni di sotto. A Draco verrà un colpo se al suo ritorno non sarai in perfette condizioni. Non potevi fare questa bravata qualche giorno fa, eh?”
 
“Di solito non combatto-”
 
“Con nessuno tranne che con Draco. Lo so; voi e i vostri feticismi. Resterà un segreto; fra di noi.”
 
Potter restò di stucco, con una mano sul naso per fermare l’emorragia. Guardò Goyle e trasalì ancora. “Non è vero-”
 
“Cristo, Potter, sei un Serpeverde o un Tassorosso?” Sospirò Blaise, indicando ancora le scale. Voleva davvero allontanarsi dallo sguardo di Goyle; probabilmente quel bastardo stava tentando di ucciderli con degli incantesimi silenziosi. Forse quell’idiota pensava di riuscire a farli addirittura senza bacchetta. “Di sotto prima che Pansy si svegli, altrimenti non la passerai liscia.”
 
“Non dirlo a Draco.”
 
“Anche io tengo alla mia vita. Probabilmente quell’idiota incolperebbe me per averti lasciato solo. Sai, come se fossi un bambino che ha bisogno di essere controllato e non come un adulto con un cervello proprio.” Non era bravo con alcune cose, ma almeno riscriva a far ridere. Almeno aveva una buona qualità. “Non so perché tu voglia stare con una persona ossessiva come Draco, ma… a ognuno le sue.”
 
“Non è ossessivo.” A quel punto stava sorridendo dolcemente, non era neanche lontanamente minaccioso come la smorfia di Goyle.
 
“Ah, per favore, hai dimenticato con chi stai parlando.” Ghignò Blaise, che lanciò un ultimo sguardo a Goyle. Maledetto idiota; poteva passare lì la notte per quel che gliene importava. Si avviarono al piano di sotto, ignorando i sussurri dietro ogni porta. A quanto pareva, erano tutti svegli e volevano sapere cos’era successo. Grandioso. Draco l’avrebbe saputo. “Al secondo anno ha creato una tabella di studio personalizzata per ognuno di noi. Chi diavolo vuole studiare Storia della Magia ogni dannatissima sera?”
 
“Hermione fece la stessa cosa.” Rispose con nostalgia. “Dio, mi manca.” Lo disse così piano che Blaise non sapeva se avesse dovuto sentirlo oppure no. Non rispose, ma accompagnò Potter nella stanza. L’avrebbero guarito e sarebbero andati tutti a letto.
 
Non ci sarebbero stati pettegolezzi. Né consolazioni. Né momenti per legare.
 
Perché Harry stava morendo, e Blaise sperava quasi che non fosse così.

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Capitolo 36
*** Quattro in un giorno ***


Capitolo 36 – Quattro in un giorno




 
Draco uscì dalla tana della Preside con, che Salazar ce ne scampasse, una sensazione di sollievo. Non considerava il Maniero come la sua casa, proprio come Harry non considerava tale quell’orribile topaia babbana. Con nessun’altra opzione disponibile, Hogwarts era l’unica alternativa. Quand’era più piccolo avrebbe disprezzato l’idea. Aveva perfino preso in giro Harry al solo pensiero; tuttavia, adesso era contento.
 
Non c’erano Auror a sorvegliare i corridoi.
 
E, per di più, non c’era suo padre.
 
Certo, aveva un fallimento di Preside, ma era un dettaglio sorvolabile. Dopotutto, una Preside che aveva permesso ai suoi studenti di ricattarla non poteva esattamente rappresentare un’autorità. Non era meglio della Umbridge; quando quel rospo percorreva i corridoi la ignoravano tutti. Se avessero saputo del trattamento di Harry, sarebbe successa la stessa cosa.
 
Draco non aveva una particolare voglia di nascondere la sua aria di superiorità mentre camminava per i corridoi, quindi non lo fece. E se da una parte poteva ammettere che il suo ghigno aveva un pizzico di altezzosità, e la marcia in più nel suo passo poteva considerarsi un pavoneggiarsi, c’era un lato positivo; non gli importava.
 
E perché avrebbe dovuto?
 
Se l’era cavata con una sospensione e uno schiaffetto sul polso quando, a detta di tutti avrebbero dovuto scortarlo silenziosamente ad Azkaban nel momento stesso in cui aveva lasciato la scuola. Aveva passato dei giorni di quiete a casa, senza la responsabilità di controllare il Dormitorio Serpeverde sulle spalle, o lo sforzo di continuare a mantenere la sua reputazione. E quale era la terza cosa…ah, sì.
 
Il più celebre mago esistente, passato o futuro, era al suo completo servizio.
 
Harry Potter era suo.
 
Che motivo aveva per non vantarsene?
 
Perciò Draco sfilò attraverso i corridoi, e sembrava che nessuno potesse rovinargli il momento. Ogni studente che incrociava si faceva da parte, nel caso in cui il suo buon umore l’avesse spinto a lanciare fatture a destra e a manca. I Tassorosso impallidivano quando lo vedevano; poteva giurare di averne visto uno che si smaterializzava. Perfino il Professor Vitious gli lanciò un paio di occhiate prima di tornare rapidamente nella sua classe vuota.
 
Si prospettava una giornata piuttosto fantastica, a dirla tutta.
 
Niente avrebbe potuto…
 
Fu uno sforzo considerevole mantenere un sorrisetto compiaciuto e non sorridere apertamente. Merlino, cosa gli stava facendo Potter per fargli avere voglia di sorridere in un posto dove tutti potevano vederlo? Specialmente quel tipo di meraviglioso pubblico. Ignorando gli sbagli della sua vita attuale, aveva fatto di sicuro qualcosa di buono nella sua vita precedente. Doveva essere così, per meritarsi un regalo del genere quando stava già sguazzando nella sua superiorità.
 
La Donnola femmina si era parata dinanzi a lui, rossa, brutta e bassa. Se non stava attenta, si sarebbe ben presto adattata alla statura di sua madre; sarebbero sembrate due gocce d’acqua. Lei alzò un sopracciglio, cercando di sembrare arrabbiata, seccata, oppure…
 
Chiaramente qualunque stesse cercando di mostrare non funzionava. Stava cercando di trasmettere troppe emozioni con un solo sguardo.
“Malfoy,” Ringhiò, incrociando le braccia al petto. Bene, braccia conserte e strano tic al sopracciglio; rabbia. Doveva supporre che fosse arrabbiata. “Ti credevo espulso.”
 
Perché pensava di potergli rivolgere la parola? Forse non le aveva ringhiato l’ultima volta che si erano incrociati per i corridoi? E se avesse preso quel momento di distrazione per, che Dio ce ne scampi, un segno di amicizia? Doveva rettificare.
 
Ma non poteva parlarle.
 
Era una Weasley. Tutte le parole che si scambiavano dovevano essere insulti, era una tacita regola. E poi, non voleva.
 
Quindi fece la cosa migliore da farsi. Si limitò a fissarla come se fosse annoiato.
 
E funzionò; la schiena della ragazza si irrigidì immediatamente, e si spostò i capelli dietro le spalle. Un altro gesto di rabbia. Stava migliorando nel decifrare le emozioni dei Weasley.
 
“Non riesco a credere che abbiano permesso a un disgustoso Mangiamorte di tornare a scuola.” Disse ai suoi amici senza volto. “Fai un favore a tutti e vattene; non sopportiamo più la tua presenza.” Il solito discorso sui Mangiamorte e un insulto innocuo. “Saresti dovuto morire nella battaglia.” Nuovo, e poco interessante. “Cioè, dico sul serio, chi diavolo ti credi di essere per tornare qui e sfilare per i corridoi come un-”
 
“Sono io quello che si scopa Harry Potter.”
 
Quello di sicuro la zittì. Si soffocò letteralmente con le parole che stava per dire, e alzò le sopracciglia.
 
I suoi amici fecero dei versi eccitati; ma non furono abbastanza da catturare la sua attenzione.
 
Il suo obiettivo era la Donnola.
 
Alla fine, sbuffò divertita e alzò gli occhi al cielo. Una leggera esitazione tradì i suoi pensieri; non era sicura se credergli o no. Non poteva ignorarlo, l’esitazione era la sua debolezza.
 
Incrociò furiosamente le braccia. “Non sei nient’altro che un bullo-”
 
“Che si scopa Harry Potter.”
 
Perché quelle cinque parole la resero così silenziosa? Sbatté le palpebre un po’ di volte, era ovvio che era stata colta alla sprovvista e si stava indubbiamente sforzando di trovare le parole da dirgli. La cosa la disturbava. Bene.
 
Draco la osservò piuttosto divertito mentre apriva la bocca cercando di sputare fuori un altro insulto a cui avrebbe facilmente ribattuto. Se solo avesse capito anni prima come fare a zittirla.
 
Invece la richiuse e gli lanciò una ridicola occhiataccia. Girò i tacchi e se ne andò in fretta e furia, ignorando i commentini elettrizzati dei suoi amici.
 
Bene.
 
Draco sbuffò divertito e continuò il suo tragitto verso la sala comune con una camminata più energica.
 
Per pura fortuna, colse con la coda dell’occhio una capigliatura corvina scompigliata per il labirinto dei sotterranei. Harry non l’avrebbe mai ammesso ma si sperdeva sempre quando vagava per i sotterranei da solo; se avevano appuntamento in cinque minuti, arrivava quasi sempre in ritardo di quindici.
 
Si guardò indietro quando sentì il rumore dei suoi passi, e sul suo volto comparve un’espressione di sollievo. E-
 
Dio, ecco quel sorriso che solo Draco poteva far apparire.
 
Si affrettò a raggiungerlo e gli buttò le braccia al collo, poggiandogli la testa sulla spalla in modo da poter mordicchiare delicatamente il suo collo. Era trasalito? No, sentì Harry inalare; non scherzava quando diceva che gli piaceva il profumo di Draco, tra tutte le cose. Era sempre una piccola soddisfazione quando Harry cercava inutilmente di annusare qualunque cosa appartenesse a Draco senza farsi notare.
 
“Ma ti stai pavoneggiando? Dio, non sapevo che fossi un tale coglione-”
 
“Vieni qui.” Disse lascivamente Draco, che ghignò quando al moro venne la pelle d’oca. Lo tirò a sé, costringendolo a rimanere immobile. “Voglio scopare Harry Potter.”
 
“Che bel benvenuto.” Rispose Harry seccamente, “Perché dire che ti sono mancato? Saltiamo direttamente al sesso.”
 
“Mm-mh.” Draco concordò, sentendo il moro sbuffare per coprire una risata. “Una settimana in bianco è fin troppo.”
 
“Mi hai visto martedì.”
 
“Mi hai visto più tu che io.” Gli ricordò, e ghignò quando vide il suo collo raggiungere una meravigliosa sfumatura di rosso. “Sono qui per pareggiare i conti.”
 
“Non c’è bisogno di nessun pareggiamento di conti.”
 
“Ma io mi offro comunque.”
 
Draco sentì Harry deglutire contro il suo braccio. Era fortunato che non fossero faccia a faccia, perché era sicuro che il suo sorriso era diventato predatorio. Trascinò Harry verso la porta di un’aula, e ridacchiò per la mancanza di resistenza.
 
Baciò delicatamente il suo collo, e chiuse la porta con un tonfo che fece sobbalzare Harry. Merlino, non si sarebbe mai stancato delle sue reazioni. Sempre a saltare, arrossire, ribattere. Era fantastico.
 
Spinse Harry contro un banco, e sospirò quando questi riuscì a liberarsi e voltarsi verso di lui. Dannazione, adesso o sarebbe fuggito o gli avrebbe dato un pugno. Entrambe le reazioni erano da aspettarsi.
 
Invece, gli sfiorò delicatamente le labbra con le sue. Il più gentile dei baci.
 
“Bentornato a casa, Tesoro.” Harry sorrise, e scoppiò a ridere quando Draco rispose con una necessarissima alzata di occhi al cielo. Sul serio, era obbligato ad alzare gli occhi al cielo dopo quell’uscita smielata. Altrimenti avrebbe finito col dire qualcosa di altrettanto sdolcinato e nauseante in risposta. “Ti sono mancato?”
 
“Penso che questo fosse già stato stabilito.” Ghignò Draco, spingendolo ancora contro il banco. “Visto che sei stato così indifferente penso che metterò io il sesso in tavola. Questa tavola.”
 
“Niente chiacchiere di benvenuto?” Chiese Harry, con un ghigno che si faceva strada sulle sue labbra. Quindi voleva giocare a fare il Serpeverde. Draco l’avrebbe accontentato.
 
“Com’è andata la tua giornata?” Chiese, al posto di strappargli la camicia di dosso. Fu cortese. Un vero gentiluomo.
 
“Un po’ noiosa.”
 
“Qualche nuovo pettegolezzo?”
 
“Non che io sappia.” Il ghigno era stato rimpiazzato da un sorriso a trentadue denti.
 
“Vuoi crearne qualcuno?” Spinse Harry sul banco stesso, godendosi la sua risata. Lo fece stendere, piegandosi su di lui per dargli un altro bacio.
 
Harry gemette; una piccolezza, non l’avrebbe neanche notato se il suo corpo non si fosse irrigidito. Draco sarebbe stato più che felice di continuare se fosse stato un gemito di piacere. Ma conosceva la differenza, e sapeva quando il suo Harry stava soffrendo.
 
Anche lui si fermò, fissandolo.
 
L’immobilità tra di loro era palpabile. Durò un anno e un secondo.
 
Poi Harry allungò le braccia per cingergli la schiena, cercando di persuaderlo ad unirsi a lui sul banco. Era così tipico di Harry, ignorare qualunque tipo di malessere quando si trattava di sé stesso. Ma non era da Draco ignorare Harry.
 
“Cos’hai?” Chiese, cercando il contatto visivo che sapeva che Harry avrebbe evitato. Non riusciva a mentire quando si trovavano faccia a faccia. Poteva provarci, ma sarebbe stato un enorme fallimento. “Harry?”
 
“Non è niente.” Lo raggiunse per dargli un altro bacio, ma sospirò quando Draco evitò di accontentarlo. “Davvero, non è niente.”
 
Bugiardo.
 
Draco si limitò a fissarlo, sapendo che di lì a poco avrebbe confessato. Harry aveva quasi la stessa mancanza di obbedienza di Draco. Starsene steso su un banco con Draco su di lui stava sicuramente toccando dei tasti critici; per la precisione la sua paura di essere debole o sottomesso.
 
Dopo un momento Harry si mosse a disagio, le gemme verdi nei suoi occhi erano fisse sul soffitto. Le sue mani scivolarono via dalla schiena di Draco, fermandosi inutilmente a mezz’aria. “Ho detto che non è niente.” Per poco non ringhiò mentre lo diceva, poi strinse i denti. Assolutamente plausibile.
 
“Disse con una smorfia.” Gli dava davvero sui nervi il fatto che Harry sembrasse mentire o ignorarlo. Lo faceva sentire meno di quello che era. Piccolo. E i Malfoy erano tutto tranne che quello. “Se davvero fosse così non staresti insistendo così tanto sulla questione.”
 
Ci volle solo un momento prima che Harry si sentisse a disagio. Quelle gemme verdi che aveva come occhi si assottigliarono e le mani decisero di spingere via Draco; non si aspettavano di essere afferrate e spinte di nuovo contro il banco.
 
“Levati.”
 
Chi si credeva di essere per ricattarlo? Era più vulnerabile che mai in quel momento; Draco strinse leggermente la presa sul polso di Harry e avanzò contro il banco per essere più vicino al ragazzo imprigionato. Com’era previsto, Harry strinse con rabbia la mascella.
 
Ma si fermò lì.
 
Dov’erano le urla? E i piccoli commentini?
 
Draco aveva appena rischiato di andare ad Azkaban per far rimanere Harry a Hogwarts e il piccolo bastardo non voleva dirgli che aveva provato indiscutibilmente dolore? Perché gli stava ancora mentendo?
 
Ok. Bene, se voleva un Malfoy irritato l’avrebbe avuto.
 
“Non è ‘niente’ come la volta in cui ai tuoi parenti non fregava un cazzo della tua malattia, o ‘niente’ nel senso che hai usato la magia e ne hai sofferto le conseguenze? Ho bisogno di saperlo per decidere una risposta appropriata.”
 
Harry si dimenò sul tavolo, senza riuscire né a liberarsi né a nascondere un secondo gemito. Ringhiò quando Draco non si mosse, arricciando il naso per la rabbia. “Sai essere un vero stronzo a volte, lo sai?”
 
“Sarò sempre uno stronzo se serve ad aiutarti alla lunga. Allora, di che ‘niente’ si tratta oggi? ‘Niente’ nel senso che qualcuno ha di nuovo usato una maledizione senza perdono su di te? O i tuoi amici Grifondoro ti hanno rifiutato ancora una volta?”
 
Harry non fu per niente contento.
 
I suoi occhi stavano praticamente ardendo di rabbia, ma il suo volto era diventato relativamente disteso. Si era esercitato a indossare una maschera? O meglio, che era successo per farlo esercitare?
 
“Mi fanno male le costole.” Disse infine, freddamente. “Un ‘niente’ di poca importanza. Adesso levati.”
 
Draco lo fissò un un’espressione altrettanto fredda. “E cos’è che ti ha procurato questo dolore?”
 
“Cos’è che mi fa provare dolore secondo te?” sarebbe potuta essere la verità, ma aveva un tono elusivo. “Levati.”
 
“Cosa può mai essere successo in una settimana per farti cambiare così tanto?”
 
Finalmente la finta maschera cadde. Harry lo fissò, accigliandosi per nascondere il dolore che era apparso sul suo volto. Si mosse ancora, distogliendo lo sguardo da Draco per rivolgerlo di nuovo al soffitto. Si era visibilmente abbattuto.
 
“Levati.” Il suo tono non era neanche lontanamente freddo come quello di poco prima. Era pieno di vulnerabilità, che non doveva essere lì.
 
“Harry, il posto di quella maschera non è sul tuo viso.”
 
“Togliti.” Ripeté piano, “Per favore.”
 
Draco sospirò, allontanandosi dal banco. Aveva oltrepassato il limite; era il momento di fare un passo indietro e consolarlo.
 
Harry saltò immediatamente giù dal banco, incrociando impacciatamente le braccia contro il petto. Nessuno dei due disse niente sul terzo gemito, ma entrambi l’avevano sentito. Aleggiò sgradevolmente fra di loro, una barriera che non doveva essere lì.
 
“E fu tolto di nuovo dalla tavola.” Sussurrò Harry, cercando di sdrammatizzare. Le sue labbra si incurvarono a malapena all’insù.
 
“Non hai bisogno di una maschera.” Ripeté Draco, perché Harry l’aveva palesemente ignorato la prima volta. “Una delle ragioni per cui io… non ne hai bisogno. Mi piace poterti guardare in faccia e capire se sei annoiato, felice o furioso. E non dovresti assolutamente nascondere se provi dolore, se sei ferito o giù di morale. Non ti avrei costretto a-”
 
“Se non volevo essere in questa stanza, non sarei in questa stanza.” Lo interruppe Harry con un sospiro, poi si passò una mano fra i capelli. Esitò, non voleva dire nient’altro. Ma l’avrebbe fatto; se Draco avesse aspettato abbastanza, avrebbe detto tutto quello che gli passava per la testa. E infatti, non riuscì a trattenersi. “Non penso di doverti riferire ogni minimo problema. È un po’ eccessivo, non credi?”
 
“Eccessivo?” Dovette chiedere, perché anche dopo averci riflettuto per un momento, non era riuscito a comprenderne il significato. Di sicuro Harry non intendeva dire che preoccuparsi per lui aveva un limite. Di sicuro non avrebbe cercato di dare a Draco delle direttive su cosa avrebbe dovuto provare oppure no.
 
“Non devi sapere tutto di me. Se sbatto l’alluce, devo riferirtelo? Cioè, dove andremo a finire?”
 

 
Il cuore di Draco divenne più freddo ad ogni parola. Suonava come se Harry non lo volesse più fra i piedi; era peggio di limitare i suoi sentimenti, stava cercando di limitare la loro intera relazione.
 
Tuttavia, si limitò a fissarlo in risposta; non alzò neanche le sopracciglia, che fremevano dal bisogno di essere alzate. Accidenti, volevano saltare via dalla sua faccia e schiaffeggiare quell’idiota.
 
Ma qualunque cosa intendesse dire Harry, evidentemente aveva senso solo nella sua testa; la sua espressione cambiò quando si rese conto di come era suonato. Draco non pensava che potesse sgranare così tanto gli occhi, o che Potter potesse sembrare così spaventato. Aveva affrontato Voldemort con meno emozioni.
 
“No, non intendevo dire quello! Non volevo farlo suonare così, lo giuro! Ignora… ignora quello che ho detto-”
 
“Che ne dici di spiegarmi cosa intendevi invece?” E pensare che la sua giornata era stata fantastica pochi minuti prima. Dov’era finita la gioia che aveva provato affrontando la Donnola?
 
“È solo che…” Harry lo stava issando con un’espressione guardinga, come se si aspettasse di vederlo uscire dall’aula. “Tu sai tutto di me. Non posso tenere alcune cose per me stesso? Io non so quasi niente di te, ma che Dio ci aiuti se mi lascio sfuggire un gemito e tu non sai il perché. Anche se faccio una cosa semplice come guardarti pretendi di sapere cos’è successo.”
 
“Forse lo pretendo perché tu preferisci tenerti tutto dentro e sentirti triste mentre lo fai. Te lo tieni dentro e fingi indifferenza, o più semplicemente lo ignori finché non diventa così tanto da esplodere.” Harry aprì la bocca per ribattere, ma Draco lo interruppe. Dopotutto era lui che aveva iniziato il discorso; non poteva aspettarsi che Draco se ne stesse lì ad aspettare che quell’assurdità continuasse. “Esplodere, letteralmente. Mi sembra di ricordare il tuo braccio spezzarsi a Trasfigurazione. Ho un vago ricordo di te che soffochi con il tuo stesso sangue.” Un eufemismo; infestava i suoi incubi ogni notte. “Ma che Dio ce ne scampi se voglio sapere se è successo qualcosa di potenzialmente pericoloso all’unica persona di cui mi importa in questo maledettissimo castello.”
 
La bocca di Harry si aprì ma fu interrotto di nuovo.
 
Draco lo zittì.
 
“Tu non devi sapere tutto di me, proprio come io non voglio sapere tutto di te. Le cose che ti fanno stare male, tuttavia, o che ti addolorano… sì, mi piacerebbe saperle. Il famoso sottoscala che ti fa rabbrividire a ogni sua menzione. Il fatto che Greg ti ha cruciato. E sì, anche una piccolezza come quel dolore alle costole. Non penso che sia eccessivo e ti sbagli se credi che non ti costringerò a riferirmi tutto.”
 
“Ma tu non dovresti sapere certe cose sul mio conto!” Harry riuscì a dire, più a disagio che mai. “Non vedo perché anche solo una di quelle cose dovrebbe interessare a qualcuno!”
 
“Cristo, che ti hanno fatto i babbani?”
 
Harry serrò di scatto la mascella e i suoi occhi si sgranarono ancora di più, se possibile. Invece dei balbettii che Draco si aspettava, ci fu il silenzio. Perché cos’avrebbe potuto dire? Draco era già a conoscenza del fatto che lo maltrattavano; fino a che punto era ancora da scoprire. Non c’era nessun altro da incolpare per il comportamento di Harry; cercare di stare di stare da solo mentre combatteva una terribile malattia, non dirlo a nessuno, il fatto che credeva che di non meritare compagnia. Tutte quelle cose potevano essere attribuite ai babbani.
 
Neanche Draco parlò; aveva detto tutto quello che doveva dire, e adesso era il turno di Harry. Era solo questione di tempo.
 
Alla fine, Harry si mosse per stringersi forte le braccia al petto. “Sei un tale ipocrita.” Sussurrò, fissando il banco invece del soffitto.
 

 
Cosa?
 
“Martedì ti sei infuriato con me perché volevo sapere il nome del tuo drago di pezza, e tu non volevi dirmelo. Eri tu quello che cercava di tenere segreti, e adesso che la situazione si è ribaltata improvvisamente me ne fai una colpa? Entrami non vogliamo che l’altro sappia alcune cose private.”
 
Be’, su quello non poteva ribattere.
 
Draco sospirò interiormente, osservando il silenzioso ragazzo di fronte a lui. Erano stati così contenti pochi minuti prima, e adesso si attaccavano a vicenda? Stare con Harry era la cosa più sconcertante di sempre.
 
“E…” Ah, aveva altra benzina da gettare sul fuoco, vero? “…non sono cambiato. Proprio per niente.”
 
Cristo, non avrebbe dovuto essere capace di fare una cosa del genere; tutta la rabbia e l’irritazione erano semplicemente scivolate via. Non avevano nessuna possibilità contro le insicurezze di Harry.
 
Doveva dare una risposta. E doveva essere quella giusta; doveva mettere fine al litigio e mostrare a quell’idiota che lui era ancora lì, che gli importava di lui. Doveva mostrargli che non gli importava di quel litigio; perché Harry stava per uscire da quella porta, e non poteva farlo con quella cosa fra di loro.
 
Ah, che stupido litigio. Ma come porgli fine? Come fare per calmarlo?
 
“…E mi sei mancato.”
 
Quattro parole, e quel litigio non esisteva più.
 
.
 
.
 
.
 
“Voglio completare il Numero Ventuno.” Harry stava guardando Draco con la coda dell’occhio, con la testa sul banco. L’unica reazione che mostrò fu esitare a scrivere la frase successiva. Fu a malapena una pausa; poteva essersi fermato anche solo per decidere le parole da usare per il prossimo capoverso, oppure perché stava leggendo le parole in inchiostro ancora bagnato. Ma Harry lo conosceva troppo bene; stava cercando di ricordarsi quale obiettivo fosse il Numero Ventuno, considerandone le conseguenze.
 
“Non pensi che sia un po’rischioso?” Rispose a bassa voce, scrivendo un’altra parola o due. Almeno Harry aveva la sua attenzione. Se non l’avesse avuta, la penna di Draco a quel punto sarebbe arrivata già a metà del prossimo paragrafo. Stava scrivendo una lettera a sua madre che si era già protratta per tre pagine, senza nessuna pausa.
 
“No. Voglio farlo, e al più presto.” Certo che era rischioso; era più rischioso che attaccare il Platano Picchiatore, e più terrificante di riconciliarsi con i Dursley. Ma doveva farlo al più presto, oppure non ne avrebbe avuto più la possibilità. Se la sua magia lo stava ferendo anche senza lanciare un incantesimo, l’avrebbe fatto a pezzi quando ne avesse davvero lanciato uno. Doveva farlo prima di peggiorare. “E visto che ti sei assunto la responsabilità di aiutarmi, ho pensato che dovessi saperlo.”
 
“Ci…penserò su.”
 
Harry lo fissò, alzando le sopracciglia. Draco non poteva decidere se Harry avrebbe completato o meno gli obiettivi sulla sua lista, che al momento aveva un’aria vuota e patetica. L’avrebbe fatto con o senza Draco, preferibilmente con. L’avrebbe fatto comunque.
 
“Dal momento che non ero disponibile l’ultimo sabato,” Draco continuò, cambiando discorso. Harry non avrebbe dovuto esserne così divertito; sapeva che a Draco non sarebbe piaciuto fare una cosa del genere. L’aveva detto solo per avere una piccola vendetta sul litigio che avevano avuto ore prima. Ma ignorarlo completamente? Aveva aiutato Harry a spaccarsi; non avrebbe dovuto essere prudente proprio adesso. “Che ne dici se ci andiamo domani?”
 
“Domani?” Harry era appoggiato contro lo schienale della sedia e fissava il soffitto. Forse avrebbero dovuto rubare qualche pozione dall’Infermeria per precauzione. Avrebbero potuto lanciare un paio di incantesimi e poi annegare Harry nelle pozioni. In quel modo non avrebbero subito una lavata di testa da Madama Chips e la McGranitt non avrebbe avuto un’altra scusa per esiliarlo.
 
“A visitare la figlia di Simon Harvey.”
 
Harry sobbalzò sulla sedia, e trasalì quando questa traballò e lo fece cadere a terra. Quello stronzetto biondo non poteva essere serio. Harry era disteso sul pavimento della biblioteca e ignorava gli sguardi che gli lanciavano gli altri studenti curiosi. Quella caduta era stata una figuraccia epocale.
 
Ma non poteva restare lì per sempre.
 
Si alzò con cautela, accigliandosi per il ghigno che Draco gli rivolse. “Adesso ho la tua attenzione?”
 
“Domani no. Ho degli impegni.”
 
“Sì, ce li hai. Scapperemo dalla scuola per fare visita alla figlia di Simon Harvey.”
 
Bastardo.
 
Harry tirò su la sedia, e si sedette lentamente. Draco aveva iniziato di nuovo a scrivere, ma non con la stessa velocità di prima. Stava palesemente aspettando che Harry scappasse, si infuriasse o che gli desse un pugno in faccia. E Harry non sapeva davvero quale razione dovesse adottare. Erano tutte piuttosto attraenti.
 
“Domani non posso. È una giornata piena.”
 
Gli occhi grigi lasciarono la pergamena per fissarlo intensamente. “Quali sono i tuoi impegni.”
 
“Evitare la figlia.”
 
“Harry, non puoi scappare per sempre.” Sì, cazzo, poteva farlo e come. “Quella tirocinante ha rischiato la sua carriera per darti quell’informazione. Non puoi semplicemente ignorarla.”
 
“E tu non puoi chiedermelo così improvvisamente e aspettarti che faccia i salti di gioia alla prospettiva che tutto il Mondo Magico si accorga che non sono perfetto.” Quella era l’unica conseguenza possibile di quell’incontro; la figlia avrebbe venduto la storia al miglior offerente.
 
“Il Mondo Magico non pensa che tu sia perfetto. Ricordo degli articoli piuttosto interessanti che ti dipingevano come un esibizionista.” A dirla tutta Draco sembrava affezionato a quelle storie. Probabilmente era stato lui a fornire le informazioni. “E non capisco come possa essere una cosa improvvisa, dopotutto hai avuto quella lettera settimane fa. A meno che tu non abbia avuto una reazione a scoppio ritardato, non dovrebbe essere una cosa ‘improvvisa’. Avrei potuto semplicemente invitarti a uscire e bussare alla sua porta a tua insaputa.”
 
“Questo era palesemente il tuo piano B.” Non lo negò, che bastardo. “E comunque era un’idea stupida; che cosa potrebbe mai avere da dirci?”
 
Harry stava cedendo e Draco lo sapeva.
 
Il biondo si guardò intorno per poi iniziare a fissare inespressivamente Harry; non era un buon segno. Se aveva controllato la zona in cerca di possibili ficcanaso la conversazione stava per farsi seria.
 
“È durato tre anni, la figlia sarà in grado di dirci come.”
 
“Io duro già da sei mesi.” Harry riusciva a malapena a credere che quelle parole avessero lasciato la sua bocca. Le aveva sussurrate, erano quasi silenziose, ma le aveva dette. “Non sono ancora impazzito.”
 
“E siccome sei Harry Potter continuerai a superare le aspettative, che è quello che tutti si aspettano davvero da te. Con il suo aiuto.” La voce di Draco si ridusse a un sussurro. “Io voglio tre anni.”
 
I Malfoy non sapevano fare i conti con le emozioni; riuscivano a essere solo arrabbiati o sarcastici. Ed evidentemente c’erano state troppe emozioni in ballo quel giorno. Harry lo osservò con curiosità mentre indossava una mezza maschera e metteva da parte la sua lettera. Poi, iniziò ad accartocciare delle pergamene, e le tirò a Harry.
 
“Ti insegnerò a fare il giocoliere; cancella quel maledetto obiettivo dalla lista, non importa quanto sia immaturo.”
 
Era divertente; in uno di quei modi che non erano neanche lontanamente divertenti, ma non c’erano altre parole per descriverlo. Strano? No, non sembrava l’aggettivo adatto. Ironico sembrava troppo deprimente.
 
Era divertente pensare che pochi mesi prima Harry era in uno stato di negazione e ignorava qualunque cosa avesse un briciolo di fatalismo in sé. Ignorava la sua malattia, i suoi litigi, i suoi amici, parti della sua lista… e adesso era troppo stanco per fregarsene. Una parte di lui voleva uscire allo scoperto, un’altra scuoteva ancora la testa per la delusione. In ogni caso, nessuna delle due parti voleva ignorare cosa stesse accadendo.
 
Era stato proprio Draco a riportarlo alla realtà, facendogli capire che non poteva nasconderlo per sempre. Eppure, si ostinava a credere che avrebbe avuto tre anni invece di sei mesi. Era lui ad essere in uno stato di negazione.
 
Era divertente perché non c’era nessun’altra parola adatta. Un aggettivo diverso gli avrebbe spezzato il cuore.
 
Quindi si concentrò sul numero da giocoliere, fallendo miseramente. Come se l’indomani non sarebbe stato un totale inferno.
 
La figlia di Simon Harvey non sarebbe stata in grado di dirgli niente di utile. Perché in fin dei conti Harvey aveva avuto solo tre anni, e Harry voleva tutta la vita.
 
Cristo, non era divertente la vita?
 
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Ron camminò a fatica per i corridoi con le braccia stipate di libri e il sudore che gli scorreva giù per la schiena. Probabilmente sembrava ridicolo; maledizione, lo era. Iniziare a sudare solo perché stava trasportando dei libri pesanti? Ma quelli che non erano nei suoi panni potevano anche chiudere il becco.
 
Stava trasportando almeno dieci volumi, e nessuno era di piccola taglia. Sembrava che Neville gli avesse prestato i libri più spessi conosciuti dal genere umano. Perché qualcuno scrivesse così tanto su delle piante era oltre la sua comprensione. Forse era per quello che riusciva a malapena a prendere il minimo sindacale per passare Erbologia; non riusciva proprio a comprenderla. Non aveva il pollice verde di sua madre. E non aveva la passione di Hermione per i libri. Non capiva neanche i discorsi insensati di Neville sulle piante.
 
Non era neanche più sicuro di voler diventare un Auror. I combattimenti e il sovraccarico di lavoro non lo attraevano molto al momento. Ne aveva avuto abbastanza dei combattimenti. I suoi voti non gli avrebbero di certo permesso di entrare nel dipartimento degli Auror. Forse avrebbe dovuto aiutare George con il negozio? Il mondo aveva sempre bisogno di più risate; forse lo avrebbe anche aiutato a trovare il lato positivo delle cose. Non rideva da tempo.
 
Ma ci stava provando, per Hermione. Probabilmente si sarebbe ammalata a furia di preoccuparsi; si preoccupava di Harry e della sua relazione con i Serpeverde, di Luna a cui non importava dei suoi M.A.G.O, della rabbia repressa di Ginny…
 
Almeno se i suoi voti si fossero alzati un po’, la cosa le avrebbe dato un minimo di consolazione. Stava andando decentemente in Pozioni solo grazie all’intelligenza della sua ragazza, supponeva di essere in debito con lei.
 
Avrebbe fatto di tutto per lei.
 
Per questo si stava dirigendo in Biblioteca per studiare Erbologia, fra tutte le cose possibili; era peggio di Pozioni secondo lui. Almeno Pozioni era interessante; c’era sempre un calderone che scoppiava o porno che venivano lanciati a destra e a manca.
 
Rise ripensandoci, nonostante fosse una trovata Serpeverde. Lumacorno non aveva saputo come reagire, ed era stato fantastico.
 
Sperava che Neville si sentisse meglio. Era stato taciturno per settimane, parlottava con Luna e piangeva quando credeva che tutti dormissero. Nessuno menzionava quei pianti; Ron non sapeva se anche qualcun altro li avesse sentiti. Ma a Grifondoro nessuno ne parlava; non potevano sottolineare un momento di debolezza di un amico. Non singhiozzava; tirava solo su col naso di tanto in tanto. In ogni caso, la mattina sembrava distrutto. Forse sua nonna era malata; Merlino, ma quel ragazzo non poteva avere un attimo di pace?
 
Ron svoltò all’angolo successivo e ringhiò. Le porte erano chiuse; perché erano chiuse? Di solito erano aperte e accoglienti per le povere anime come lui che trasportavano tutti i libri esistenti su ogni maledetta erba esistente. Grandioso.
 
Si avvicinò alla porta, cercando di spingere la maniglia con il gomito. Se fosse riuscito ad aprirla abbastanza da infilarci il piede… quasi
 
La porta si spalancò e quando lo colpì sul braccio per poco non gli caddero i libri di mano. Grazie al cielo non successe, perché se fossero caduti non li avrebbe raccolti, e non sarebbe stato un bene per lui; Pince gli avrebbe tagliato le mani pur di non permettergli di prendere in prestito un altro libro. Forse avrebbe potuto dare la colpa del fallimento dei suoi M.A.G.O a lei.
 
Ron fissò il Tassorosso che aveva aperto la porta, era un ragazzo mingherlino con i capelli rossi e una faccia ancora più rossa. Delle lacrime gli rigavano le guance; i suoi occhi erano sgranati per il terrore.
 
Trasalì quando vide Ron, e guardò indietro verso la Biblioteca come se avesse un mostro alle calcagna mentre cercava di sgattaiolare via.
 
“Oi!” Gli urlò Ron, guardandolo sobbalzare e voltarsi indietro di scatto, pietrificato. “Cos’è successo?”
 
“Non stavano facendo numeri da giocoliere!” Cristo, che urla acute. “Assolutamente no!” E con quello, iniziò a correre via lungo il corridoio.
 
I Tassorosso erano sempre stati un po’ strani.
 
Ma, be’, aveva aperto la porta.
 
Ron scrollò le spalle ed entrò nella Biblioteca, sorpreso dalla sua vuotezza. Tutto l’ottavo anno aveva due ore di studio; era impossibile che le stessero saltando tutti, giusto?
 
Si affrettò a trovare un posto, e stava quasi per lasciar cadere i libri sul banco con sollievo quando… li vide.
 
All’inizio aveva intenzione di ignorarli, forse avrebbe lanciato un’occhiataccia al furetto biondo e si sarebbe spostato su un tavolo fuori dalla portata del suo atteggiamento altezzoso. Ma…
 
Harry aveva un sorriso sulle labbra, non importava quanto fosse piccolo. Stava lanciando le palline di carta per aria, e ne afferrava due su cinque, scrollando le spalle quando le altre tre lo colpivano in testa. Malfoy stava… il mondo stava per finire. Malfoy stava sorridendo.
 
Non stava ghignando; era sorriso vero e autentico. Stava gesticolando vigorosamente con le braccia, indicando prima uno dei libri davanti a lui e poi Harry. Harry rispose ghignando. E… Malfoy rise. Alzò gli occhi al cielo, ma rise.
 
Non avevano motivo di recitare visto che non c’era nessuno lì; erano amichevoli.
 
Se solo Hermione avesse potuto vederli; avrebbe abbandonato le sue teorie complottistiche.
 
E non riusciva neanche a provare rabbia. Non c’era stato spazio per Harry all’inizio dell’anno; era rimasto a sguazzare nel dolore e nel senso di colpa, e non vedeva ragioni. Non pensava a nulla tranne che a se stesso; non aveva tenuto il posto a Harry a lezione. Era il suo migliore amico, e poi si era arrabbiato con lui perché era stato costretto a sedersi con i Serpeverde? Non poteva farci niente.
 
Harry era cambiato, ed era triste. Ma Ron non l’aveva notato.
 
Non poteva essere arrabbiato con lui solo perché aveva trovato qualcuno che lo ascoltava, anche se quella persona era uno stronzo come Malfoy. Anche se gli mancava. Forse avrebbe potuto aggiustare le cose? Se si fosse scusato, di sicuro…
 
Erano passati mesi.
 
Se Harry avesse voluto aggiustare le cose, avrebbe costretto Ron ad ascoltarlo mesi prima.
 
Harry lanciò una pallina al furetto biondo, e rise quando l’altro gli restituì immediatamente il favore. Ci fu una pausa in cui entrambi le raccolsero da terra… sì, anche Malfoy aiutò.
 
Harry le lanciò di nuovo in aria, muovendo velocemente le braccia e passandole da una mano all’altra. Caddero di nuovo a terra, ma a Harry non importava. Harry fece un salto, braccia aperte, un sorriso spettacolare. Malfoy gli diede addirittura il cinque, e gli… scompigliò i capelli? La sua mano fu spinta via immediatamente.
 
C’era qualcosa che non quadrava in quel gesto. Accidenti, Ron non aveva mai arruffato i capelli di Harry; gli amici si toccavano forse i capelli a vicenda?
 
Ron deglutì il nodo che aveva in gola, e si voltò di scatto. Avrebbe studiato nella Sala Grande.
 
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Imparare a fare un numero da giocoliere
 
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“Gli altri sanno che sei tornato?” Dovette chiedere Harry mentre percorrevano i corridoi vicini alle cucine. A quanto pareva avrebbero cenato lì e non nella Sala Grande. Quindi, da mezzogiorno in poi, quando Draco era tornato a scuola e aveva dovuto subire, parole sue, uno degli incontri più condiscendenti della storia (stando a quanto diceva lui, la McGranitt aveva degli appunti su come aumentare ancora di più la sua condiscendenza), era stato incollato ad Harry tutto il tempo.
 
Gli andava bene; a Harry mancava la sua compagnia. Gli altri erano stati accoglienti ed era un piacere stare con loro. Ma non erano Draco.
 
Era probabile che avrebbero ucciso Draco quando avrebbero scoperto che era tornato senza fare visita a nessuno. Harry li conosceva abbastanza da sapere che c’era da aspettarsi quel genere di cose. E conosceva abbastanza Draco da sapere che non aveva mai tollerato le cose prevedibili.
 
“No. Perché dovrebbe importare a qualcuno?” Come volevasi dimostrare, non gli importava. Il suo ghigno lo tradiva; sapeva che li avrebbe irritati.
 
“Forse perché sono tuoi amici?” Tentò di spiegare Harry, scrollando le spalle. “Ci tengono a te.”
 
Draco sbuffò divertito.
 
“Va bene, perché vogliono nuovi pettegolezzi.” Ammise Harry. “Ma vogliono comunque la tua compagnia.”
 
“Sono stronzate e lo sai. La prima cosa che mi chiederanno è come sta mia madre, e poi mi chiederanno se ho portato loro un regalo. Perché a quanto pare, ogni volta che lascio il castello la considerano una sorta di vacanza e vogliono un risarcimento per non essere stati invitati.” In realtà lo disse con affetto, come se le cose che stava raccontando fossero normali.
 
“Sei stato sospeso.”
 
“Vorranno comunque un regalo.” Draco gli lanciò uno sguardo divertito, solleticando la pera proprio fuori dalle cucine. “Non so perché stai difendendo quegli avvoltoi. Avevi ragione; loro tengono davvero al gossip. E mi diranno tutti i piccoli dettagli delle avventure in cui ti sei cacciato mentre ero via. Non dovrò neanche chiederlo, e loro ti sputtaneranno.”
 
“Ne dubito.” Non avrebbero detto a Draco nulla di importante; il litigio con Goyle? Non era verosimile, se la colpa sarebbe potuta ricadere su di loro. Le sue dita spezzate? Nott sembrava piuttosto felice di dimenticarsi dell’accaduto. Non avrebbero rischiato le ire di Draco; Harry era più o meno al sicuro.
 
“Vuoi scommettere? Possiamo provare a completare il Numero Ventidue già che ci siamo.” Oh, suonava così compiaciuto. Non c’erano possibilità che glielo dicessero. “Dico ‘provare’ perché non lo completerai.”
 
“Bene. Quali sono i termini?” Questa volta avrebbe vinto.
 
“Se vinco io, non dovrai neanche pensare di completare il Numero Ventuno mentre non ci sono.” Harry gli lanciò un’occhiata, non era sicuro di come sentirsi. Erano ancora nel corridoio, nonostante il dipinto si fosse aperto. Un centinaio di aromi differenti danzarono verso di loro. “Sono serio, Harry. Neanche un singolo pensiero sulla cosa, per non parlare di farlo davvero. È… rischioso.”
 
Lo era anche tutto il resto; la lista lo faceva andare avanti.
 
“Va bene. Se vinco io, invece-”
 
“Non succederà.” Draco lo invitò ad entrare in cucina, ghignando di nuovo da stronzetto quale era.
 
“Niente ricompensa per me?”
 
“Pensaci dopo; non vincerai.”
 
Harry alzò gli occhi al cielo, addentrandosi in cucina. Bene, non l’avrebbe detto ad alta voce. Ma in caso di vittoria, quel bastardo si sarebbe presentato in classe nudo come un verme. Questo avrebbe insegnato a quello stronzo condiscendente a non fare delle scommesse eque. Sbuffò divertito all’idea. Avevano due ore di Pozioni lunedì mattina; probabilmente Lumacorno sarebbe fuggito via con le mani sugli occhi.
 
Draco non avrebbe vinto. L’istinto di autoconservazione Serpeverde avrebbe avuto la meglio; e, considerando quanto potesse essere terrificante un Draco arrabbiato, Harry non li biasimava. Anzi, ci contava.
 
La cucina era fantastica come sempre; l’enorme focolare splendeva dall’altro lato della stanza, e le tavole erano piazzate per lungo in quello spazio enorme. Gli Elfi Domestici correvano dai fornelli alle panche con le braccia piene di piatti da posizionare sui tavoli prima che fossero trasferiti sulle loro controparti nella Sala Grande.
 
Draco lo guidò attraverso il viavai di Elfi per raggiungere, naturalmente, il tavolo Serpeverde. E nonostante la sua superficie fosse quasi piena, i piatti rimanevano immobili. Harry si accigliò a quella vista; i piatti più grandi venivano trasportati ai tavoli superiori, ma il piano era costellato di porzioni incredibilmente minute.
 
Gli Elfi lo osservavano con gli occhi sgranati, i loro enormi sguardi li seguivano per la cucina. Se ne ricambiava uno, ridevano vivacemente e facevano ciao con la mano. Le attenzioni non lo avevano mai messo al suo agio, ma quel livello di scrutinio era assolutamente inquietante. Gli Elfi Domestici giravano le teste mentre camminavano per continuare a fissarlo; era un miracolo che nessuno facesse cadere i piatti, o andasse a sbattere contro un altro Elfo. Gli ricordò una storia dell’orrore.
 
Capì il perché mentre si avvicinava al tavolo con un Draco dall’aspetto stranamente soddisfatto che stava ricevendo sguardi folgoranti dagli Elfi più vicini. Stavano aspettando la sua reazione.
 
Piccole ciotole costellavano il tavolo Serpeverde, dovevano essere centinaia ed erano tutte piene di pietanze in miniatura.
 
La più piccola delle porzioni di Shepherd’s pie, che sarebbe potuta entrare in un cucchiaio, era posizionata accanto a un vassoio di minuscoli tramezzini. Questi ultimi invece erano circondati da cubetti di verdure arrostite e per di più, bicchierini di bevande che andavano dal latte al vino.
 
Era un banchetto progettato per le fate.
 
“Non me l’ero immaginata proprio così.” Disse infine. Quello scrutinio era quasi insopportabile; nessuno stava parlando. Non le centinaia di Elfi, e nemmeno Draco. C’era silenzio, ad eccezione del rumore dei passi e delle pentole.
 
“È fantastico, non è vero?” Ghignò Draco, “Penso di essermi superato.”
 
“Ah, sei stato a dare ordini in cucina per tutto il giorno, non è vero?”
 
“Io ho pensato al progetto.” Disse come se avesse fatto tutto da solo; e conoscendo quell’idiota probabilmente lo pensava davvero. “E gli Elfi Domestici mi hanno gentilmente assistito con le dinamiche.” Disse guardando un Elfo particolarmente vecchio con un copriteiera in testa che gli ringhiava, indietreggiando con palese disgusto. “Che esserini graziosi. Farebbero di tutto per il grande Harry Potter.”
 
Harry gli lanciò un’occhiataccia, ma fu prontamente ignorata. Sembrava che Draco si fosse innervosito. Sarebbe successo anche a Harry se un Elfo gli avesse dimostrato così tanto odio. Ma il biondo si voltò verso di lui con un’espressione calma e alzò le sopracciglia; nessuna traccia di irritazione o rabbia. Accidenti a lui e alla sua capacità di nasconderle così facilmente.
 
“Vuoi assaggiarli, o continuare a sbavare? Non mi sono preso la briga di organizzare tutto questo per poi buttarlo.”
 
“La briga di organizzare?” Harry prese posto accanto a lui, e raccolse uno stuzzicadenti per infilzare uno dei tramezzini. “Intendevi di pensare?”
 
“Ho dovuto mandare un gufo. Uno spreco di pergamena.” Dio, che stronzo. “Mi ha distratto dallo studio.”
 
“Tu non studi.” Harry infilzò altri due tramezzini, dando il via al banchetto. “Perfino io studio più di te, e non ho nessuna possibilità di essere promosso in qualche materia.”
 
“Riusciremo a farti passare Pozioni.” Disse pigramente Draco, “È l’unica che importa.” Era l’unica materia in cui Harry poteva fare pratica.
 
Harry arricciò il naso davanti al miscuglio di tonno e marmellata di more. L’Acquaviola con cui tentò di mandarlo giù servì solo a renderlo più molliccio; un ditale non era paragonabile a un bicchiere. Ma era pur sempre il miglio pranzo che avesse mai fatto.
 
“Allora, due in un giorno?” Dovette chiedere Harry, preferibilmente mentre Draco era distratto. Il biondo stava fissando il soffitto, e strizzava gli occhi come se potesse vedere dove erano gli altri studenti. Tra di loro c’era una ciotola con degli involtini. “Stai cercando di intenerirmi?”
 
“Sì.” Rispose immediatamente Draco, rivolgendo un ghigno ad Harry. Afferrò un involtino, gli diede un morso e lo ripose nella ciotola mentre l’Elfo era di spalle. Scomparve per apparire sulla tavolata Serpeverde. “Perché, credevi che fosse un piano elaborato per corteggiarti?”
 
“Non posso pensare a niente di più orripilante.” Harry rispose mentre prendeva un boccone di Caesar Salad. Non sapeva più se fosse vero o no. Ma fece ridere Draco, quindi era stata la cosa giusta da dire. Dio, gli era mancato quello stronzetto biondo.
 
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7. Provare ogni singola pietanza servita nella Sala Grande
 
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Ok, era un po’ preoccupato che avrebbe perso la scommessa.
 
Nel momento in cui si erano addentrati nella Sala Comune, Pansy era corsa verso di loro con un’espressione arrabbiata. Aveva chiesto educatamente notizie di Narcissa Malfoy, e nella stessa frase aveva preteso anche il suo regalo.
 
Draco si era limitato a ghignare. Bastardo onnipotente. Come diavolo faceva a sapere che sarebbero state le prime parole ad uscire dalla bocca di Pansy?
 
Almeno Pansy non aveva assistito a nessuna delle sue attività rischiose. Cristo, era come se lo stessero sgridando per essere stato un bambino cattivo mentre suo padre era via. Doveva davvero ricordare loro che avevano la stessa età? Che erano i suoi compagni di classe, non i suoi guardiani?
 
Non avrebbe dovuto sentirsi in colpa per essere stato se stesso mentre Draco era in sospensione. Se c’era qualcuno a doversi sentire in colpa, quello era Draco.
 
Harry si accomodò meglio sulla poltrona, osservando Draco distruggere Blaise a scacchi. Nott aveva ragione; le azioni di Draco durante il gioco potevano essere davvero crudeli. Ron avrebbe adorato giocare con lui.
 
Nott non si era unito a loro; aveva salutato Harry con un cenno del capo quando era entrato nella stanza, e nel giro di pochi secondi era sparito nel Dormitorio. Era di lui che Harry si preoccupava. Che importava se Blaise avesse spifferato il combattimento con Goyle? Cose del genere capitavano.
 
Ma Nott sapeva perché Harry si era lanciato contro quello scimmione. Aveva visto le dita rotte di Harry, e sapeva che non aveva usato la magia.
 
I tre anni di Draco sembravano davvero impossibili.
 
“Scacco matto.” Sospirò Draco per la quinta volta in un’ora, fissando le sue unghie al posto della scacchiera. Tutti rabbrividirono quando Blaise chiese la rivincita. Non aveva speranze di vincere.
 
Due obiettivi completati in un giorno. Obiettivi semplici, ma ugualmente importanti.
 
Ma non quello che aveva bisogno di completare al più presto.
 
“Scacco matto.”
 
Harry non riuscì a trattenere le risate; avevano a malapena mosso i pezzi. Draco aveva fatto solo due mosse ed era già scacco matto? Perfino lui poteva fare meglio di così.
 
“Rivincita!”
 
“Se fossi stato più bravo di un bambino dell’asilo, ci avrei pensato su. Ma, sul serio Blaise, fai schifo. Sei al di sotto di quel livello. Sei un inetto.”
 
“Ci proverò io.” Era un’opportunità che non poteva lasciarsi sfuggire; poteva provare che era meglio di un ‘inetto’ almeno. Forse Draco l’avrebbe smessa con quei commenti sui suoi neuroni che si suicidavano in modi creativi.
 
Tuttavia, Draco alzò gli occhi al cielo, stranamente immaturo da parte sua, considerando che erano nel bel mezzo di un gruppo Serpeverde. “Noioso.”
 
Davvero? Harry non aveva neanche diritto a un ausiliare?
 
“Be’, potremmo giocare a Mago o Sang-”
 
“Monotono.”
 
Tzé, bene.
 
“Non hai mangiato prima. Sono sicuro che-”
 
“Non ho fame.”
 
“Potrei insegnarti qualche gioco babbano.” Lo disse solo per irritarlo, e a quanto pareva ci riuscì, vista l’occhiataccia che gli lanciò.
 
“Plebeo.”
 
“Va bene, sua maestà. Che diavolo vuole fare?”
 
“Intrufolarmi nella Torre Corvonero.”
 
“…bene.”
 
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20. Intrufolarsi in una zona altamente protetta
 
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19. Perdere cento punti in una sola volta

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Capitolo 37
*** Incontro ***


Capitolo 37 -  Incontro



“Smettila di sorridere.” Ormai stava diventando un mantra, e Draco ne sembrava incurante. “Sul serio, smettila.”

“Mi sembra di ricordare qualcosa su te che adori il mio sorriso.”

“Posso assicurarti che al momento non è così. Vuoi forse provocarla? Sono sicuro che non ci penserà due volte a sospenderti. Di nuovo.”

Si stavano dirigendo verso la Sala Grande; Harry camminava, Draco si pavoneggiava. Da idiota qual era.

Erano riusciti a intrufolarsi nella Torre Corvonero; dopo aver litigato con il batacchio che faceva da guardia alla porta, provato a risolvere i rompicapi, e addirittura giocato la carta del ‘Per favore, ho la Succorbentis’. Sì, erano caduti davvero così in basso. Ma nonostante tutto non erano stati ammessi.

Ci vollero diverse implorazioni e fughe da Gazza prima che Harry riuscisse a convincere l’oggetto inanimato che siccome erano due persone, avevano diritto a due indovinelli diversi.

Harry rimase di stucco quando sentì il secondo quesito; possibile che Hogwarts riciclasse le domande? L’aveva già sentita in passato, durante il Torneo Tremaghi. 

Veramente baciarlo è cosa grama, sai ora dirmi come esso si chiama?

Ragno, ovviamente.

Draco l’aveva guardato con le sopracciglia alzate e la bocca spalancata quando aveva risposto senza alcuna esitazione, e rimase ancora più sorpreso quando la porta si spalancò. Aveva messo il broncio per tutta la sera dopo quell’episodio, com’era tipico dei Malfoy. Dopotutto, in teoria doveva essere lui quello sveglio e intelligente; Harry era tutt’altro che brillante. Doveva averlo messo a dura prova il fatto che era stato Harry a rispondere correttamente; la cosa rese a sua volta Harry piuttosto contento per il resto della sera.

“Non la vedo nei paraggi.”

“Sarà nella Sala Grande, e sarà furiosa. Specialmente se ti vede sfilare così soddisfatto attraverso quella porta.”

I Corvonero non erano stati contenti quando Harry e Draco erano entrati con disinvoltura dalla porta e si arano lasciati cadere su una grossa poltrona davanti al camino. Anzi, erano rimasti quasi senza parole.

Quasi, perché appena si erano resi conto che potevano parlare, iniziarono le urla. Non ci volle molto prima che la Professoressa Sprite arrivasse, o che fosse chiamata la Preside. Le prime parole che disse avrebbero potuto mettere a tacere perfino un troll.

“È tornato solamente da un giorno, Signor Malfoy!”

Sul serio, era come se lei non avesse infranto nessuna regola durante i suoi anni a scuola. Le regole erano fatte per essere infrante. In ogni caso, Harry pensava che avesse avuto una reazione un po’ esagerata. I Serpeverde ammettevano un Grifondoro nella loro Sala Comune senza alzare un polverone del genere.

“Sai, ho pensato e ripensato al Numero Ventuno.” Draco voleva la sua attenzione, e riuscì a ottenerla. “E mi sono accorto che l’hai già completato. Era una delle regole scolastiche che abbiamo infranto.”

Wow. Era proprio restio all’idea, vero?

Harry si limitò a fissarlo, cercando di fargli capire che quella soluzione non gli andava a genio. Draco non lo guardò nemmeno. “Non vale. Li hai lanciati tu, non io.”

“Però valeva per le regole scolastiche.”

“Era una scappatoia. Come la metà delle altre cose.” Sospirò Harry, passandosi una mano fra i capelli. “Voglio essere io stesso a farlo.”

Voleva sentirsi un vero mago, e non qualcuno simile Gazza. Ne sarebbe valsa la pena.

E se qualcosa sarebbe andato storto, almeno…

No, non c’era nessuna speranza.

Sarebbe sicuramente successo qualcosa di orribile.

Ma l’avrebbe fatto comunque.

Almeno un’ultima volta.

Aprirono le porte della Sala Grande, preparandosi al peggio. Be’, Draco aveva ancora il sorriso, anche se era forzato. Pensava che sarebbe potuta andare peggio. Peggio! Non c’era niente di peggio che cento punti in meno a testa. E tutti sottratti da Serpeverde; La McGranitt aveva detto qualcosa su Harry che si credeva un Serpeverde e per questo la Casa avrebbe potuto assumersi le responsabilità delle sue azioni. Draco era praticamente radioso.

Un solo sguardo alle clessidre rivelò loro che i Serpeverde erano ancora in testa, ma una grossa parte dei loro immeritati smeraldi era sparita. Ah, be’, allora le conseguenze non sarebbero state poi così tragiche.

Per un momento ci fu il silenzio, poi un ruggito riecheggiò sulle pareti della Sala.

All’inizio Harry pensava che fossero i Corvonero che inveivano contro di loro. Avrebbero avuto tutte le ragioni per essere arrabbiati. Ma avevano solo un’aria imbronciata, lanciavano occhiatacce e alzavano gli occhi al cielo.

No, il rumore proveniva dall’ultimo tavolo.

L’intera tavolata Serpeverde era in piedi, esultava, batteva le mani e sghignazzava. Emanavano altezzosità, come se tutti loro fossero stati incolpati per qualcosa che non avevano fatto. E a nessuno importava.

Be’. Non era grandioso?

“Harry, smettila di sorridere.”

“Sta’ zitto.”

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.

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“Draco, per favore. Non voglio farlo.” Harry ripeté forse per la quinta volta in un minuto, pregando dèi conosciuti e non di distruggere quell’arrogante biondino bastardo. “Torniamo indietro.”

“Se il mondo girasse attorno ai voleri della gente, sarebbe certamente un mondo misero.” Rispose pigramente, imperturbato. Continuò a camminare verso Hogsmeade, la sua mano stretta al polso di Harry come una catena. “Tutti vorrebbero la ricchezza, e per questo dovrebbe essere sottratta a quelli che ce l’hanno per darla ai meno abbienti; nessuno avrebbe denaro se fosse distribuito equamente. Sarebbero tutti insoddisfatti. Le persone vorrebbero sposare le persone per cui hanno una cotta, anche se queste ultime sono innamorate di qualcun altro. La cosa renderebbe il matrimonio piuttosto problematico, non trovi? Immagina le centinaia di persone fra cui tu dovresti dividerti.”

“Che diavolo stai farfugliando?”

“Sto cercando di spiegare perché i voleri della gente non sono necessariamente giusti. Prendi la McGranitt; lei ci vuole in punizione più o meno in questo momento, ma è più giusto non assecondare il suo volere perché ne siamo tutti più felici.”

“Ci farai espellere.”

Draco gli rivolse uno dei suoi sorrisi. “È solo un’espulsione. Credo che si siano cose peggiori. Potrei doverti condividere con un paio di centinaia di fangirl arpie. Contrastarle tutte sarebbe insopportabilmente noioso.”

Harry aveva il leggero sospetto che era il dover ‘condividere’ ad essere insopportabile per Draco. Dopotutto, perdeva la calma quando Harry passava del tempo con altri Serpeverde.

Si stavano avvicinando al villaggio a una velocità allarmante. I piccoli cottage con i tetti di paglia diventavano più grandi a ogni passo. Tuttavia, il villaggio era una città fantasma; non era un fine settimana dedicato a Hogsmeade. Sgattaiolando fuori dal castello avevano infranto l’ennesima regola scolastica.

“I miei voleri dovrebbero essere di primaria importanza.” Tentò Harry, ignorando la risatina di scherno dell’altro “E io non voglio decisamente farlo.”

“In quel caso, non dovresti automaticamente preoccuparti dei miei voleri? Io invece voglio farlo. Quindi cosa mai dovremmo fare? Trovare un compromesso?” Si stava divertendo fin troppo.

“Certo. Non ci andiamo.”

“Credo che un compromesso implichi una piccola fase di negoziazione.”

“Bene. Se vuoi proprio andarci, vacci da solo. Io rimarrò qui.”

“Ma tu sei l’asso nella manica; farebbero di tutto per il grande Salvatore del Mondo Magico, che tu sia accompagnato da un Malfoy oppure no. Cosa credi che farà quando si troverà un Mangiamorte solitario sull’uscio di casa? Pensi che si fermerà a farmi domande prima o dopo avermi affatturato?”

“Non mi importa.”

“Harry, mi ferisci.” Cretino.

Era uno sbaglio.

Draco aveva ragione solo su una cosa; le persone avrebbero fatto di tutto per il loro idolo Harry Potter. Finché non avrebbero realizzato che era l’idolo di tutti e quindi, solo una grossa somma di denaro su un assegno. Avrebbero spifferato immediatamente i suoi segreti; l’indomani i giornali sarebbero entrati nella storia. Confermata la relazione fra Harry Potter e Draco Malfoy. Harry Potter in fin di vita per la Succorbentis. La sua vita spiattellata sui giornali come se tutti avessero il diritto di conoscerla.

E poi sarebbe stato sommerso dalla posta. Strillettere o Fanmail. Entrambe l’avrebbero sopraffatto. Tutti a scuola sarebbero stati arrabbiati o devastati. Dio, Ron e Hermione ne sarebbero rimasti feriti. E anche tutti gli altri; le loro famiglie erano state uccise per proteggere qualcuno che stava già morendo.

Era consapevole che la battaglia era servita a liberare l’Inghilterra da Voldemort; lo comprendeva. Ma il senso di colpa infestava ancora il suo cuore. Fred. Colin. Lavanda. Avevano combattuto per lui. Alcuni erano morti.

“Da quando sono tornato Blaise continua a lanciarmi sguardi furtivi.” Harry si limitò ad annuire; non importava, finché Nott teneva la bocca chiusa. “Penso che perderai la tua scommessa prima di quanto tu credessi.”

“Ah, ma pensa un po’.” Draco aveva cambiato diversi argomenti da quando avevano lasciato Hogwarts. Probabilmente stava cercando di distrarlo dal fatto che si avvicinavano sempre di più all’inferno che lo stava costringendo a sopportare.

“Non sei preoccupato?”

“Neanche un po’.” Rispose Harry con sincerità. “Di cosa dovrei essere preoccupato? Non ho fatto nulla di pericoloso mentre eri via, e anche se l’avessi fatto, non mi metteresti di certo in punizione. Sei un amico, non un guardiano. Non puoi decidere come devo comportarmi.”

“Certo che no.” Gli concesse Draco. “Farò di peggio.”

“Cosa potresti mai fare?”

“Rimarrei deluso.” Sghignazzò Draco, scansando il pugno di Harry. “Non c’è niente di peggio che uno sguardo deluso. Ho sentito che è piuttosto efficace sui Grifondoro.”

“Sarai un marito piuttosto assillante, dico bene?”

“Non te ne andrebbe mai bene uno accondiscendente.”

Harry non si chiese perché Draco avesse stretto più forte il suo polso finché tutto non divenne buio. Si sentì spingere attraverso strette tubature, pressato da ogni direzione. I suoi occhi furono spinti più a fondo nelle orbite, nel suo cranio.

E poi riuscì di nuovo a respirare.

Strappò via la mano da quella di Draco e fece un grande passo indietro prima che riuscisse a Smaterializzarli di nuovo. “Un piccolo avvertimento sarebbe stato carino; avresti potuto spaccarmi, di nuovo.”

“Non ti sei lamentato la prima volta.”

Harry gli lanciò un’occhiataccia, e iniziò a guardarsi intorno. Si trovavano in un viale tra due grandi abitazioni, nei sobborghi di Londra. Case di mattone identiche si profilavano lungo la strada, distinguibili fra loro solo dalle decorazioni. Una aveva una sola pianta a decorare il giardino; un’altra aveva ancora i festoni di natale.

“Ti muovi?” Draco era all’ingresso del viale, aveva una mano sul fianco e un sopracciglio alzato. “È proprio lì giù.”

Cristo.

“Pensavo che stessimo per raggiungere un compromesso.” Riuscì a parlare solo dopo alcuni momenti carichi di tensione. Non avrebbe fatto un passo. I suoi piedi erano incollati al pavimento. Non c’era neanche bisogno di un Incollarapido. “Ti dirò tutto del sottoscala se torniamo indietro. Adesso.”

Ed ecco apparire la maschera.

Draco lo fissò in silenzio, osservandolo giocherellare con le mani per il nervosismo, per poi incrociare le braccia al petto. Aveva la nausea. Come se fosse sul punto di vomitare.

E se non avesse avuto niente da dire? Se non era altro che una coincidenza?

Che speranze gli sarebbero rimaste a qual punto?

No, era meglio starne alla larga. Draco avrebbe abboccato all’esca; l’aveva perseguitato sin da quando Dudley aveva menzionato quel maledetto sottoscala. Non avrebbe sprecato quell’occasione.

“Allora? Ci stai?” Chiese Harry mentre Draco si limitava a fissarlo senza batter ciglio. “Allora?”

Draco continuò a fissarlo; si mosse, ripercorrendo il viale all’indietro. Grazie a Dio. Era finita. Poteva tornare al sicuro nel castello, da codardo quale era.

Harry afferrò con piacere il braccio che gli tese l’altro, preparandosi a materializzarsi di nuovo a Hogsmeade. Con un po’ di fortuna sarebbero tornati in tempo per la punizione della McGranitt.

Draco strinse la presa sul braccio di Harry, tenendolo legato a sé.

Poi fece un passo.

Verso l’entrata del viale.

“Draco no! Non ci vengo!” Harry piantò i piedi a terra, cercando di tirare via il braccio. La presa di Draco era ferrea e costante. Continuò a camminare con facilità, riuscendo a trascinare Harry lungo il viale come se non stesse opponendo alcuna resistenza. “Lasciami andare! Troverò il modo di tornare da solo a Hogwarts! Draco!”

Harry si piegò all’indietro, cercando di tirare via la mano, ma fallì ancora nel tentativo. Avevano la stessa stazza; perché era così facile per Draco costringerlo a seguirlo? L’umiliazione si fece strada sul volto di Harry mentre cercava di arrestare quella graduale processione lungo la strada.

“Lasciami andare!” Finì per usare l’altra mano nel tentativo di rimuovere le dita di Draco, riuscendo perlomeno a fermarlo. La sua presa era ferrea intorno al suo polso.

Draco lo raggiunse per afferragli l’altro polso, e quando Harry spinse via la sua mano, rafforzò la presa sul primo. Continuò a fissarlo con inespressività mentre faceva un altro passo, cercando di trascinare Harry con sé.

Harry si dimenò, facendoli quasi cadere a terra.

“Non voglio farlo, Draco.” Ringhiò, per paura che sembrasse una supplica. “Lasciami andare.”

Perché rimaneva lì a fissarlo? Non diceva una parola, continuava solamente a fissarlo con quei grandi occhi grigi. Cosa diavolo stava pensando?

Harry non riusciva a sopportarlo; sì, stava scappando. Sì, era un codardo. Non gli importava. Si sentiva sul punto di vomitare; i suoi piedi divennero di piombo. Era come se stesse avendo un attacco di panico; aveva bisogno di andare via di lì! Perché quel maledetto Serpeverde non riusciva a capirlo?

“LASCIAMI ANDARE!”

“Cosa diavolo sta succedendo qui?”

Entrambi si girarono come sotto l’effetto di un Confundus, cervi abbagliati dai fari. Una giovane donna era in piedi sull’uscio di casa sua con le braccia conserte e le sopracciglia alzate. Harry considerò seriamente l’idea di Smaterializzarsi. Non ebbe bisogno di guardare la cassetta della posta per confermare l’indirizzo. Draco era sempre un passo avanti.

“Amanda Harvey?” Chiese, più educato di quanto Harry l’avesse mai sentito. Non sembrava turbato dal fatto di essere stato beccato a trascinare con la forza qualcuno lungo il viale.

“Adesso è Stewarts.” Si accigliò, spostando lo sguardo dall’uno all’altro. Harry non riusciva a incrociare il suo sguardo; preferì fissare la mano di Draco stretta attorno al suo polso. Presa ancora ferrea. “Vi conosco?”

“Non ancora.” Harry non sapeva se Draco avesse tentato di sorridere oppure no. Non era abbastanza coraggioso da guardare. Dio, era così dannatamente codardo. “Io sono Draco Malfoy. È un piacere conoscerla. Questo è Harry Potter. Ci stavamo chiedendo se potessimo rubare un minuto del suo tempo.” Non era una domanda.

“Harry… oh, merda. Harry Potter?”

Sentì il suo stomaco affondare. “…Ciao.” Non riuscì a sorriderle. E se avesse fatto finta di non essere lì?

“Oh mio… sei davvero tu! Davvero, davvero tu!” Harry sospirò interiormente quando la donna si affrettò a raggiungerlo, passandosi una mano fra i capelli. Si pulì la mano da dello sporco immaginario sulla maglia, prima di offrirgliela. “È un tale onore.” Sembrava senza respiro.

Draco lasciò con riluttanza la mano di Harry per permettergli di stringere quella della donna. Harry sperò quasi di avere ancora la sua catena.

“Vuoi incontrare me? Me? È forse… un’idea di Chris?”

“In verità, vorremmo discutere di un argomento un po’ mesto. Forse sarebbe meglio spostarci all’interno, se non ha nulla da obiettare.” Grazie a Dio c’era Draco.

Amanda Harvey sfoderò un sorriso brillante e fece loro cenno di seguirla. Non sembrava aver interpretato bene le parole come avrebbe dovuto. Nessuna persona sana di mente avrebbe sorriso dopo aver sentito una cosa del genere.

Intrappolato fra l’entusiasta Harvey e il rigido Draco, Harry non ebbe altra scelta che entrare.

Era un disordine organizzato.

La rampa di scale era circondata da libri impilati in alte torrette sul pavimento. Su una di queste era stato piazzato disordinatamente un mazzo di chiavi, e su di un’altra una giacchetta. Tre gatti zampettarono giù dalle scale e sgattaiolarono verso la cucina, sorpassandoli.

La donna li guidò in soggiorno, cercando di spostare il Profeta aperto sul tavolino da caffè. Harry colse la sua faccia con la coda dell’occhio prima di distogliere lo sguardo. Era una lettrice del Profeta. Grandioso.

“Uhm, posso offrirvi un tè, o qualcos’altro? Ho del succo di zucca in frigo.” Adesso sembrava un po’ nervosa, ma il sorriso rimaneva. “Forse una brioche?” 
“Grazie, ma siamo a posto.” Rispose Draco, nonostante l’altra stesse fissando palesemente Harry. Tutti e tre sapevano a chi era stata diretta l’offerta. Si sedette sulla poltrona, mettendosi al suo agio. Harry lo seguì con riluttanza, sospirando. Non c’era via di scampo.

“Allora, cosa posso fare per voi?” Sorrideva ancora.

Il silenzio scese sul piccolo gruppo nell’attesa di una risposta. Harry fissava con concentrazione il tavolo da caffè, deglutendo a vuoto. Non voleva dirlo. Il suo sorriso sarebbe scomparso in un batter d’occhio.

Non era mai stato più sollevato di sentir parlare Draco accanto a lui. “In realtà, speriamo che lei ci possa dare una mano. Simon Harvey era suo padre?”

Ed ecco svanire il sorriso.

“Sì, lo era. Perché?” Era felice un momento prima, adesso guardinga. Harry alzò lo sguardo per osservarla e se ne pentì. La sua espressione era scioccata e ferita. Si cingeva il petto con le braccia protettivamente. “Doveva dei soldi anche a voi?”

“Non soldi. Ci deve una spiegazione, e speriamo che lei possa esserci d’aiuto.”

“…Una spiegazione?” Non si spinse oltre, cauta.

“Sappiamo che aveva una malattia pericolosa.” Gli occhi della donna si strinsero. Draco continuò senza pietà. “Che di solito ha una data di scadenza di sei mesi. Abbiamo bisogno di sapere come ha fatto a durare tre anni.”

“Come fate voi a saperlo?” Evitò la domanda, accigliandosi. I suoi occhi si soffermarono su Harry prima di spostarsi su Draco. “Ha tentato di tenerlo segreto. Lo sapevano solo l’ospedale e la famiglia.”

“Abbiamo avuto un’aiutante nell’ospedale.” Ammise Draco. “Non le dirò chi. Non comprometterò il suo lavoro.”

Harry riuscì a dare un’altra sbirciata. Adesso aveva un aspetto davvero spaventoso. Continuava a guardare la porta, come se volesse chiedere loro di andarsene. Harry l’avrebbe fatto in un batter d’occhio.

“Non vedo perché vi debba qualcosa. Non vedo come possano essere affari vostri.

Draco sospirò accanto a Harry, facendo schioccare la lingua sul palato per l’irritazione. “Siamo qui perché abbiamo un amico in comune che è in ospedale in questo momento. E l’ospedale non sta facendo niente. Curano ogni nuovo dolore, lo medicano, e così fino al prossimo incidente. Suo padre è quello che è durato di più, ma non ha specificato come. Ce lo deve.”

“Oh Dio, un ragazzino…” Harry chiuse gli occhi, stringendo i denti per fermare un’ondata di nausea. Un amico in comune, come no. “Ma… non so cosa dirvi. Cioè, lo conoscevo a malapena.”

“Per favore.” Harry si impietrì, costringendosi ad aprire gli occhi per fissare Draco. Gliel’aveva chiesto con educazione. Sembrava triste quasi quanto Amanda Harvey. “Qualunque cosa.”

La donna sbatté velocemente le palpebre alcune volte, e fece scivolare i suoi capelli fra le dita. “Cioè, io non… un bel giorno si è presentato qui, senza preavviso. Non era con noi quando ero piccola, è stato con altre tre streghe, nessuna delle quali era mia madre. Stavo facendo i preparativi per il mio matrimonio e bang, si è presentato alla porta di casa. Disse che aveva una malattia orribile e che aveva bisogno di me.” Scosse velocemente la testa, asciugandosi gli occhi. “La situazione era folle; lui era folle. Non mi lasciava mai sola; era qui ogni singolo giorno. Ogni. Singolo. Giorno. C’era un limite a quanto lo si potesse sopportare.”

Si allungò per prendere un fazzoletto, e si asciugò gli occhi umidi. Draco non disse una parola, non ne aveva bisogno. Ormai era scoppiata, come se dovesse liberarsi di un peso dal petto. Non le importava il fatto che erano sconosciuti.

“Era inaffidabile. Di punto in bianco si rifiutò di andare in ospedale dopo i primi mesi; disse che era inutile. Era… continuo. Appiccicoso. Anniversari, compleanni… i mercoledì notte alle due… lui era qui. Verso la fine diventò disperato. Arrivò al punto di aver paura di addormentarsi. Si è scavato la fossa da solo. Fu un sollievo quando… mi svegliavo e lo trovavo ad aspettarmi fuori alla stanza da letto per ‘chiacchierare’. Quando tornavo a casa da lavoro, mi apriva la porta con una tazza di tè in mano e una lista, una vera e propria lista di cose che aveva fatto durante il giorno per parlarne con me. Era una costante. Si autoinvitava ai miei anniversari. Ha finito quasi con il distruggere il mio matrimonio, spendendo tutti i miei soldi per i suoi ‘trattamenti’ inesistenti.”

“Che tipo di trattamenti?”

“Stupidaggini.” Scrollò le spalle, scuotendo la mano. “Ad un certo punto ha provato anche le immersioni magiche, non curandosi della loro illegalità. Un Auror ha addirittura rotto il mio camino, precipitandosi qui. Ho la sua lista da qualche parte.

“Possiamo darle un’occhiata?”

“Non è servita a nulla.” Sospirò, poi si alzò e rovistò nelle montagne di libri sparse per il corridoio. “Se fossi in voi, affiderei il vostro amico ai Guaritori. Sanno quello che fanno; se ci fosse stata una cura l’avrebbero già trovata.”

“Non se non cercano.” Mormorò Draco. Harry riuscì a percepire che lo stava di nuovo fissando, ma non incrociò il suo sguardo. Non sarebbe stato lì se non fosse stato per quello stronzo seduto accanto a lui. Gli dispiaceva per Harvey, ma ne era anche terrorizzato. In cosa si sarebbe trasformato? In qualcuno alla disperata ricerca di attenzioni? Qualcuno che era pazzo a modo suo?

“Non è stata la malattia a spegnerlo, non è vero?” Chiese Draco mentre l’altra le passava il taccuino sgualcito senza soffermarsi neanche a guardarlo. “Si è suicidato.”

“Sì.” Rispose con freddezza, “Decise di materializzarsi; l’ha ridotto in pezzi. Ha altre domande per soddisfare la sua curiosità, Signor Malfoy? Oppure ha finito di rinvangare vecchi fantasmi?”

“Non intendevo mancarle di rispetto. Sto semplicemente cercando di-”

“Di fare cosa? Di scoprire qualche cura miracolosa per il suo amico?” Aveva raggiunto il limite. “Mi dispiace, ma non succederà. Se volete un mio consiglio, è meglio che corriate via da lui a gambe levate prima che diventi matto. Se il vostro amico è come mio padre, è meglio allontanarlo. Vi farà solo del male.”

“Le mie scuse.” Oh, grandioso. La voce di Draco era diventata glaciale. “Pensavo che suo padre avesse sofferto. Non ho pensato che anche lei fosse in agonia.”

“Non osi venire in casa mia e giudicarmi.” Sbottò, alzandosi di scatto dalla poltrona. “Non ha idea di cosa si prova! Un piccolo errore e poteva esplodergli una mano! Una volta ha lanciato Accio a un piatto… un piatto, e il suo intero corpo è crollato! Si è sgretolato intorno a lui, era come se fosse fatto di cartone. Il vostro amico è in ospedale, giusto? Ci sono i Guaritori a prendersi cura di lui; esistono per quello! Be’, non ha idea di quanto sia estenuante prendersi cura di qualcuno che non sembra ricordare che comportarsi come un Babbano è l’unico modo per sopravvivere! La costante preoccupazione, la costante paura-”

Harry non resistette un altro secondo.

Balzò in piedi prima che gli altri due potessero fare niente, e barcollò verso la porta. Doveva andare via di lì; si sentiva soffocare. La nausea invase di nuovo il suo stomaco, la bile gli riempì la bocca.

“Harry!”

Harry riuscì a malapena a uscire dalla porta prima che il suo stomaco cedesse. Vomitò quasi violentemente nel giardino, il poco che aveva mangiato quella mattina fece la sua misera riapparizione.

Era così estenuante per Draco? Si era forse imposto sulla sua vita, rovinandogliela? Il pensiero lo fece vomitare di nuovo. Per poco non collassò.

Delle mani forti lo tennero in piedi, gentili come lo erano sempre. La cosa lo fece quasi piangere.

“Noi siamo diversi, Harry.” Draco parlò più forte di quanto avesse fatto per tutta la mattinata. Più determinato. “Mi stai ascoltando? Non mi pento neanche di un giorno. Neanche di un singolo, maledettissimo giorno.”

Harry si asciugò la bocca, barcollando mentre scendeva i gradini.


“Oh… oh Dio.” Posò i suoi occhi su Harvey, e incrociò finalmente il suo sguardo.

Si smaterializzò non appena vide la consapevolezza raggiungere i suoi occhi.

.

.

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Harry atterrò pesantemente, cadendo sulle ginocchia. Al contrario di Harvey, lui non era andato in mille pezzi. Sfortunatamente.

Cristo, la figlia aveva un odio così grande per suo padre. Puro disprezzo. E aveva confermato le paure di Harry; la malattia avrebbe rovinato tutti quelli che conosceva. Li avrebbe consumati finché non sarebbero stati stanchi come lei. Stanchi come lo era Harry.

Ma non aveva molto tempo per riflettere; un biondo furioso l’avrebbe raggiunto molto presto. Doveva trovare un posto sicuro, perché Draco sapeva che sarebbe tornato ad Hogsmeade.

Harry si tirò in piedi, sputando per rimuovere il sapore di vomito che impregnava la sua bocca… Il senso di colpa aveva attanagliato così tanto il suo stomaco che l’aveva letteralmente spinto a vomitare. Ma quanto era debole? Non riusciva a tenere testa a Draco, non aveva controllo sul suo stomaco, aveva quasi pianto. Sì, molto virile. Quello sì che avrebbe convinto Draco che era meritevole di tutti i suoi sforzi.

Dannazione!

Aveva fatto solo un piccolo passo incerto prima che un forte schiocco riecheggiasse per il villaggio.

Non aveva fatto in tempo a fuggire.

Harry deglutì quando il biondo lo avvistò, non indossava la sua maschera. Teneva stretto il taccuino di Harvey in una mano; l’altra era chiusa a pugno.

“Stai bene?” Chiese Draco, il che era piuttosto strano per una persona che stava inevitabilmente per infuriarsi. Si affrettò verso di lui con un passo veloce.

“Sto bene-”

“Ah, perfetto. Allora cosa cazzo credevi di fare?!” Harry sussultò quando ricevette un pugno sul braccio, ma evitò il secondo diretto alla sua testa.

“Smettila!”

“Avevi appena sentito che smaterializzarti era pericoloso! Volevi forse essere ridotto in pezzi?” Nonostante la rabbia, non lo stava colpendo forte. Harry conosceva i pugni che era in grado di assestare, e in quel momento non li aveva ancora usati. “Non farlo mai più, maledettissimo idiota.”

“Va bene!” Urlò Harry, parando il pugno successivo. Fissò il naso di Draco, anziché i suoi occhi. Ben presto sarebbero stati delusi. “Dovevo… andare via di lì.”

“Quella donna non è neanche lontanamente forte quanto me.” Draco liberò la sua mano con uno strattone, facilmente, e la usò per alzare la testa di Harry. “Guardami.”

Con rabbia, Harry alzò lo sguardo. Non c’era nessuna maschera in vista. Era palesemente arrabbiato, ma non c’era traccia di compassione. Semmai era preoccupato. “Mi ascolti quando parlo? Non mi pento di un solo giorno, Harry. Né i giorni in cui ti sei comportato da stronzetta lunatica, né i giorni in cui eri in uno dei tuoi stati depressivi, neanche un singolo giorno. Né al tuo peggio, né al tuo meglio. Mi stai ascoltando?”

“Ti estenuerò come ha fatto lui.”

“Mettimi alla prova. Non perdo mai le sfide.”

“Anche lui aveva una lista.” Disse piano Harry. “Aveva sempre qualcosa da fare. Si teneva occupato; non aveva tempo di pensare alla malattia, figurarsi preoccuparsene. E a cosa è servito? Si è letteralmente ridotto in pezzi da solo.”

“È impazzito.”

“Non è impazzito; ne aveva solo abbastanza.”

“Non ha permesso che prendesse il controllo della sua vita.”

“Pensieri felici e attitudine positiva non cambieranno la malattia, Draco. I desideri non servono a niente; non pensi che abbia desiderato milioni di volte che questa malattia non esistesse?”

“Non pensi che l’abbia fatto anch’io?” Draco si guardò intorno, fin troppo consapevole di trovarsi nel bel mezzo di Hogsmeade. Harry non sapeva perché si preoccupasse; la figlia di Harvey avrebbe detto al Profeta tutti i dettagli sulla sua malattia non appena si sarebbe ripresa dallo shock. O forse prima; la rabbia portava sempre a decisioni azzardate, è lei era parecchio arrabbiata.

Il ritorno a Hogwarts fu silenzioso; entrambi i ragazzi erano immersi nei loro pensieri.

Harry non voleva che domani arrivasse; riusciva già a immaginarsi i titoloni.

Il suo segreto sarebbe stato scoperto, e lui si sarebbe avvilito per questo.

Un giorno passò, e i giornali erano puliti.

Ancora due; niente.

Una settimana. Ancora niente.

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.

Harry aspettò fuori dall’aula di Trasfigurazione, e sospirò mentre osservava Pix lanciare gessetti ai suoi compagni di classe. La McGranitt aveva trattenuto Draco dopo la lezione perché non aveva completato i compiti per l’ennesima volta. Aveva consegnato la pergamena, ma non era lunga neanche la metà del necessario. Draco era un asso in Trasfigurazione; avrebbe potuto facilmente prendere una ‘E’ se ci avesse messo un pizzico d’impegno.

Harry sapeva perché stava ignorando lo studio; il biondo stava passando tutto il tempo con Harry. O lo aiutava a completare la lista, o ad occupare il tempo libero di entrambi. Quando pensava che Harry non ci fosse, si immergeva nell’analisi del taccuino sgualcito di Harvey. Era inutile; non c’era niente che gli potesse servire lì dentro. Ma se avesse aiutato Draco a capire che Harry non poteva vivere una vita lunga e felice, non avrebbe detto una parola per fermarlo.

E infatti non lo faceva.

Draco uscì finalmente nel corridoio, con un aspetto tutt’altro che turbato. La McGranitt non lo intimoriva; la donna poteva minacciarlo in qualunque modo, e lui l’avrebbe semplicemente ignorata. Era indomito. 

“Hey, cervellone.” Harry ignorò le sopracciglia alzate dell’altro. “Se vuoi i tuoi M.A.G.O devi iniziare a prestare attenzione in classe, e a fare i tuoi compiti. Non puoi continuare così. Fattelo dire da uno che non si aspetta neanche di arrivarci ai M.A.G.O”

“Ho cose più importanti da fare dei compiti.” Harry era sicuro che stesse parlando così lentamente solo perché la porta era aperta e probabilmente la McGranitt riusciva a sentire ogni parola.

“Cos’è più importante della tua carriera scolastica?” Harry si sentiva molto Hermionesco al momento. “Sei intelligente; potresti avere tutti i lavori che vuoi. E invece stai facendo in modo di finire con un’occupazione senza nessuno sbocco. Probabilmente guadagnerai un salario minimo sul Nottetempo.”

“Che orrore.” Sbuffò divertito, alzando gli occhi al cielo. “Comunque. Più importante, meno importante. Insignificante.” Draco scrollò le spalle. “Alcune cose non hanno peso.”

“Se non è importante-”

“Il peso di questa cosa è un puntino in confronto. Un insignificante, malleabile puntino. Comprendi?”

Merlino, non si poteva ragionare con lui quando si comportava così. Quell’idiota era incredibilmente cocciuto.

Si diressero verso la Sala Grande come se nulla fosse. Negli ultimi tempi facevano lì i compiti. Be’, Draco stava aiutando tutti in Pozioni. Anzi, stava aiutando Harry in Pozioni, e gli altri avevano trovato il modo di intrufolarsi. Almeno c’era una materia in cui tutti avevano la certezza di passare. Harry aveva capito davvero qualcosa; non tutto, ma più del solito.

“Sai, Ron ha preso voti migliori di te.” Disse Harry a voce piuttosto alta, e rise quando Draco gli diede un pugno al braccio. Un paio di ragazzi Serpeverde del secondo anno avevano sentito, e sembravano visibilmente addolorati dalla notizia. “Lo stesso si può dire di Neville. Li ho sentiti gongolare.”

“Stai cercando di rovinarmi?”

“Se serve a farti tornare l’interesse per i compiti… sì. Credo di sì.”

“Idiota.”

“Cretino.”

Avevano entrambi ignorato gli orrori della settimana precedente e l’incontro con Amanda Harvey. Aleggiava nelle menti di entrambi, ed era palese ogni volta che si guardavano in faccia. Ma nessuno dei due ne parlava, e nessuno dei due l’avrebbe fatto. L’incontro non era mai avvenuto.

Entrarono nella Sala Grande, grati che fosse quasi vuota. Una delle ragioni perché la preferivano alla biblioteca, o alla Sala Comune; entrambe erano affollatissime prima di cena e il rumore rendeva Draco irritabile. Il che, ovviamente, doveva essere evitato ad ogni costo.

Gli altri tre erano già lì.

Harry sorrise, sedendosi accanto a Draco e di fronte agli altri. Si assicurò che il suo sorriso fosse più ampio possibile, anche se finto. “Ciao Pansy. Ciao Theo.” Li salutò entrambi con più entusiasmo possibile, prima di voltarsi e incrociare lentamente lo sguardo di Zabini. Aspettò un momento prima di girarsi di nuovo verso gli altri. “Cosa ve n’è parso della lezione di Trasfigurazione?”

“Andiamo, Potter!” Mugugnò Zabini, accasciandosi sul tavolo. Odiava essere ignorato quasi quanto Draco. “Non avevo scelta! Non ignorarmi!”

Gli altri sghignazzarono, tirando fuori le loro pergamene. Pensavano che fosse divertente. E anche Harry, in verità. Non era arrabbiato con Zabini, era solo divertente vedere che gli importava così tanto che Harry avesse una buona opinione di lui. In ogni caso, doveva mostrarsi seccato per aver ‘perso’ la scommessa con Draco. Nott non aveva detto niente, e così sarebbe rimasto. Se Harry si comportava come se avesse vinto, Draco avrebbe sospettato che fosse successo qualcos’altro durante la sua assenza. Non poteva lasciare che accadesse.

“Parlami.” Disse Zabini con tono lamentoso, “Pensavo che avessimo una connessione! Un legame!”

“Questo prima che ti trasformassi in uno spione.” Pansy rise, e alzò gli occhi al cielo quando Zabini iniziò a sputacchiare e a indicarla.

“Che vacca ipocrita che sei! Ti ho sentito mentre dicevi a Draco delle abitudini alimentari di Potter, tra le tante cose!”

“E allora? Era per il suo bene.”

“Anche dire a Draco che un toro impazzito carico di testosterone ce l’ha con Potter era per il suo bene!”

Harry ridacchiò, copiando il diagramma che Draco stava indicando con un sospiro annoiato. Non spiegava molto in realtà, indicava solo le frasi da copiare, e a volte si aspettava che rispondessero ad alcune domande. Era davvero un modo illecito di studiare.

“Potter ha riso! Mi perdona!”

“Ma il legame è stato spezzato.” Ghignò Harry, sentendosi un vero e proprio Serpeverde. “Non può essere riparato. Temerò per sempre la tua ‘subdolezza’.”

“Lui è subdolo quanto un’ascia ficcata in fronte.” Rise Pansy, ma i suoi occhi erano gentili. Se solo Zabini l’avesse vista; avrebbe tentato di fare qualche sorta di mossa. Ma ahi lui, era accasciato sul tavolo. Occasione persa.

“Sono stanco di Pozioni.” Sospirò, “Che ne dite di una pausa?”

Harry non portò all’attenzione il fatto che avevano copiato solo un diagramma fino a quel momento.

“Qualcuno vuole giocare a scacchi?”

“Nessuno sano di mente giocherebbe ancora con te, Blaise.” Disse pigramente Draco. “Sei un inetto, ricordi?”

“Non pensi di essere un po’ presuntuoso?” Chiese Harry, ignorando l’immotivato sguardo di adorazione che gli rivolse Zabini; Dio, non aveva un briciolo di moderazione, vero? Non faceva mai niente senza dare il massimo. “Inetto? Sul serio? Chi sei tu per affibbiare un titolo del genere?”

“Sono il Re.” Draco ricambiò il ghigno, “Io controllo la scacchiera.”

“Come no.”

“Bene, piccolo pedone.” A Harry non sfuggì il paragone fra i rispettivi pezzi. “Facciamo una partita.”

Non aveva mai giocato contro Draco; sapeva che era piuttosto bravo, e Harry era piuttosto mediocre. Ma c’era aria di sfida, come poteva resistere?

“Ma prima,” Ghignò Draco, con la solita aria da professore compiaciuto. “Perché non si usa mai un calderone sporco prima di iniziare a creare una Pozione?”

“Gli ingredienti di quella precedente rimangono e possono rendere la nuova pozione velenosa.”

“Qual è l’ingrediente principale della Pozione Rigeneratrice?”

“Il moli; stelo nero, fiori bianchi.”

“E cos’è una Pozione Rigeneratrice?”

“Una Pozione di Guarigione. È usata come antidoto per il Distillato di Morte Vivente.”

Draco si rilassò sullo schienale, un sorriso si stava facendo strada sul suo volto. “Sono un Dio.” Che creatura umilissima.

“Non ne ho mai dubitato per un secondo.” Harry rise quando gli altri fecero finta di vomitare sul tavolo. Be’, Pansy e Blaise lo fecero, Nott se ne stava in silenzio, come al solito negli ultimi tempi. Non parlava più come in passato, e Harry si sentiva in colpa per questo. Tuttavia, i suoi occhi incontrarono quelli di Harry e fece un cenno con la testa, quindi non poteva essere troppo seccato per il segreto che doveva mantenere.

La scacchiera fu preparata velocemente, e il ghigno di Draco diventava più predatorio ogni secondo che passava. “Che ne dici di rendere le cose più interessanti?” Si allungò sul tavolo, arrogante. “Il vincitore dovrà scegliere una penalità per il perdente.”

“Una penalità? Di che genere?” Harry aveva imparato a non accettare niente senza fare domande. Alcuni Serpeverde gli avevano chiesto alcuni favori senza dirgli di cosa si trattava, e il giorno dopo non aveva più trovato alcuni dei suoi averi. Una ragazza del quarto anno aveva addirittura preso in prestito il suo Mantello dell’Invisibilità!

“Ah, non lo so.” Draco fissò la scacchiera, muovendo il primo pezzo. “Si potrebbe chiedere di completare un certo obiettivo di una certa lista. Di andare a nuotare con qualcuno a mezzanotte. Far rasare la testa di qualcuno. Qualunque piccola penalità per la sconfitta.

Non suonava troppo male.

“Va bene. Affare fatto.”

“No, Potter!” Disse Nott, un secondo troppo tardi, e sospirò quando Harry gli rivolse uno sguardo incredulo. Non aveva parlato per una settimana, e la prima cosa che riceveva era un sospiro di delusione.

“Si potrebbe orinare allo sconfitto di presentarsi a lezione indossando solo un asciugamano.”

Oh, Dio santo.

Harry si voltò di nuovo verso lo stronzetto compiaciuto. Non l’avrebbe fatto. Non l’avrebbe fatto.

“È il tuo turno, Harry.”

Harry mosse un pezzo, deglutendo a vuoto. Il piccolo gioco frivolo era diventato un po’ pericoloso, non è così?

Draco era brutale come con gli altri. Invece di puntare a una vittoria facile e diretta, si prendeva gioco di Harry. Mangiava pezzo per pezzo, ghignando tutto il tempo. Quando era giunto per lui il momento di dare il colpo di grazia, aveva già quattro regine sulla scacchiera e non aveva ancora perso un singolo pezzo.

A Harry erano rimasti due pedoni e un inutile Re.

“Credo che sia scacco matto.” Rise Draco, “Questa partita è stata molto più produttiva di Pozioni. Buona idea, Blaise.”

Harry si voltò disperatamente verso gli altri, ma scrollarono le spalle senza dargli alcun supporto.

“Ho provato ad avvertirti.” Disse piano Nott.


“Grande idea. Blaise.” Ringhiò Harry, passandosi una mano fra i capelli. Ovviamente Draco stava scherzando. Aveva provato di avere un cuore lì da qualche parte nel suo petto; di certo aveva anche compassione.

Il suo ghigno affermava il contrario. Emanava altezzosità.

“Sei un bastardo crudele.”

“Sei tu quello che ha perso.”

“Lascia o raddoppia?” Tentò, disperato. Nott commentò la sua idea con un forte ringhio, Pansy gli diede un colpo in testa.

Draco lo fissò, cercando di capire se fosse una trappola. Harry doveva certamente aver architettato un magnifico piano se lo stava sfidando a fare un’altra partita. Si sbagliava di grosso.

“Abbiamo Trasfigurazione domani. Pensi davvero che riuscirai a convincermi ad annullare la penalità?”

“Va bene.” Harry scrollò le spalle, come se non stesse pianificando di lasciare la scuola nella notte. Forse sarebbe potuto diventare un monaco? “Sei hai paura, non devi.”

“Tzé, stai giocando la carta della paura? Che immaturo.”

“Ha funzionato, non è così?”

Fu uno shock per tutti quando Draco ridacchiò e preparò di nuovo la scacchiera. “Bene. Vediamo se riesco a farti presentare lì nudo come un verme allora.”

Oh, santo Dio!

Perché doveva peggiorare le cose?

Draco iniziò per primo, di nuovo. Fissò la scacchiera per alcuni minuti prima di muovere il suo primo pedone. Harry non guardò neanche i suoi pezzi prima di muovere il suo.

“Oh, Salazar, cosa ci stai facendo?” Ringhiò Nott prima di spostarsi accanto a Harry aspettò che fosse di nuovo il turno di Harry per parlare. “No, non quello. Tutto tranne quel pezzo.”

Quindi a quanto pareva l’avrebbero aiutato.

Era peggio di fare i suoi GUFO, ed era tutto dire considerando che era svenuto durante uno dei suoi esami.

Nott non gli lasciava fare una mossa senza averla prima approvata. Zabini diceva cose inutili come ‘Prendi il Re.’, e Pansy faceva commentini osceni, come per esempio che avrebbe voluto tanto evanescere il suo asciugamano il giorno dopo.

Attorno a loro si era formato un piccolo gruppo, con studenti di diversi anni. Fra tutti c’era anche una studentessa Corvonero del quinto anno, ma fu immediatamente la benvenuta quando gli indicò una mossa che gli permise di mangiare uno dei cavalli di Draco.

Non era esattamente una partita onesta; dodici contro uno.

Eppure, Draco ghignava. Non era ancora preoccupato.

La cena era iniziata, e loro stavano ancora giocando. E litigando.

“No, adesso dovrebbe muovere la torre.”

“Non ascoltarlo Harry. Il pedone. Muovi quel pedone.”

“No, l’alfiere! Potrebbe mangiare l’altro cavallo con l’alfiere!”

“Non vedi che è una trappola?”

La scacchiera era un casino; Harry non aveva idea di cosa stesse succedendo. Dovunque guardava sembravano esserci trappole; era vero. Draco trasformava davvero quel gioco in una tortura.

Draco ghignava ancora.

Non diceva una parola da molto tempo. Non ne aveva bisogno; avrebbe vinto.

Lentamente, Harry mosse la torre per mangiare un pedone.

E l’alfiere di Draco prese la sua regina.

Harry rimase scioccato. Be’ ormai non c’era più modo di vincere. Come avevano cercato di fargli capire gli altri, quello era un pezzo fondamentale. Era necessario, e adesso era davvero vulnerabile.

Come poteva vincere senza la regina?

Non aveva speranze. Assolutamente nessuna speranza.

Draco continuava a ghignare.

Altre persone si avvicinarono al tavolo; ci dovevano essere almeno venti studenti ad aiutare Harry ormai. Ma non erano abbastanza; le capacità di Draco erano insormontabili.

Harry avrebbe perso.




“Chiamate Ron.”

Draco alzò un sopracciglio, ma era ancora tranquillo. Non sembrava arrabbiato, solo autocompiaciuto. La cosa gli diede carica.

“Qualcuno chiami Ron.”

Era a malapena consapevole dell’orda di primini Serpeverde che iniziarono a correre verso l’altro lato della Sala. Dovevano star attirando le attenzioni di tutta la scuola. Harry era sicuro che fossero già state fatte scommesse. Sentendo i commenti di Pansy era impossibile che non fosse così.

Draco non stava più guardando la scacchiera; probabilmente aveva memorizzato la posizione di tutti i pezzi. Harry non dubitava che potesse giocare bendato e vincere comunque. Al contrario, fissava Harry. All’apparenza sembrava normale; un pizzico di curiosità per le parole di Harry, noncuranza verso il gioco. I suoi occhi erano guardinghi. Non per la prima volta Harry si domando se fosse capace di Legilimanzia. Se fosse stato così, era fottuto.

Lentamente, i Serpeverde si zittirono, se era un indizio da prendere in considerazione. Harry guardò oltre le sue spalle, sorpreso dal senso di sollievo che lo invase quando vide una zazzera rossa attraversare la folla di mantelli verdi. Dio, gli era mancato.

Ron se ne stava accigliato accanto al gruppo di primini, grattandosi un braccio. Non sembrava seccato per essere stato chiamato da una persona che con cui non parlava da mesi, era solo a disagio per tutti i Serpeverde che lo circondavano. Harry non lo biasimava; riuscivano a essere assolutamente terrificanti.

“Se non vinco questa partita a scacchi,” Disse Harry, forzando un mesto sorriso. “Dovrò presentarmi alla lezione di domani… nudo.”

Ron, dal canto suo, si limitò a fissarlo. Arrossì e si grattò il naso, ma non sembrava troppo scioccato. “Be’, sarà meglio che ti aiuti allora.” Disse con un sorriso imbarazzato, avvicinandosi al tavolo.

Draco non sembrava ancora troppo arrabbiato, per sua sorpresa. Inclinò leggermente la testa, aspettando la loro mossa.

Sul tavolo cadde il silenzio mentre il nuovo arrivato studiava la scacchiera. Appoggiò il suo avambraccio sulla spalla di Harry, proprio come quando giocavano nella loro affollata Sala Comune. Erano passati mesi, eppure erano tornati a comportarsi come sempre nel giro di pochi momenti.

A Harry per poco non si spezzò il cuore.

“Cavallo in E5.” Disse piano Ron, ma con risolutezza. Harry spostò il pezzo senza esitazione. Ron sapeva quello che faceva.

Draco mosse immediatamente il suo alfiere per mangiarlo.

“Adesso mangialo con la torre.”

Harry lo fece.

Draco si accigliò, scuotendo leggermente la testa. Tuttavia, il ghigno riapparve quasi subito mentre metteva in salvo la regina. Permise a Harry di mangiargli la torre.

Due pezzi in tre mosse.

Meglio di quanto aveva fatto tutta la sera.

Continuarono in quel modo per un bel po’; aggressivi e veloci.

Harry guardò Draco con preoccupazione quando lo sentì sospirare, il primo rumore che faceva da molto tempo. Ma le sue labbra fremevano per incurvarsi all’insù, come se fosse uno sforzo rimanere serio. Si stava godendo la sfida, anche se era contro Ron.

Lentamente, i Serpeverde iniziarono di nuovo a partecipare.

“Avresti potuto mangiargli la regina, Weasley.”

“Lo so.”

“…Non capisco.”

“Non ce n’è bisogno. Harry, muovi il Re a sinistra.”

Continuarono così, finché Draco non sospirò di nuovo, grattandosi la mano. “Chi l’avrebbe detto che la Donnola sapesse il fatto suo?” Chiese retoricamente. Il cibo stava iniziando a svanire dai tavoli; da quanto stavano giocando?

Harry lanciò uno sguardo confuso a Draco quando si allungò ad afferrare un piatto di torta di melassa prima che scomparisse, sedendosi con un altro ghigno. Sembrava addirittura quasi orgoglioso.

Sentì Ron irrigidirsi al suo fianco, probabilmente per il soprannome. “Ha battuto la scacchiera gigante della McGranitt al primo anno.” Sorrise, guardando il suo amico allampanato. Se lo era ancora. “E comunque oggi ti ha battuto anche a Trasfigurazione. Penso che abbiamo un nuovo Re degli scacchi.”

“Smettila di ripeterlo.” Ghignò Draco, spingendo il piatto verso di lui. Yum. Era il suo dolce preferito.

“Quindi… è finita?” Dovette chiedere Harry, anche solo per vedere le reazioni degli altri.

“Merlino…” “Cristo.” “Per l’amor di…”

“Nessuno si presenterà nudo in classe domani.” Chiarificò Ron con un sorriso. “Dio, hai sempre fatto schifo a scacchi. Perché diavolo hai deciso di scommette?”

“L’avevo avvertito.” Disse Zabini con solennità, ghignando per le urla dei suoi compagni.

“Non è assolutamente vero!”

“Prendi il Re! È questo il meglio che sai dire?”

Harry incrociò lo sguardo di Draco, e gli offrì il suo ghigno più condiscendente. “Be’, Draco, penso che domani ti unirai al party degli asciugamani.”

“Bene, punto tuo.” Draco scrollò le spalle, “Ritiro la mia penalità. Sei libero di indossare la tua uniforme. Contento?”

Harry non riuscì a trattenere il sorriso. Ah, era davvero felice. “È davvero carino da parte tua, ma io non ritiro la mia. Dovresti essere grato che ti permetta di indossare l’asciugamano.”

“Se devo indossarlo, lo stesso vale per te.”

“Penso che siamo giunti a un punto morto.”

“Ridammi la mia torta.”

Harry rise, voltandosi verso Ron per dirgli delle altre penalità previste per il gioco, ma si era già incamminato verso l’altro lato della stanza, grattandosi la testa come se fosse confuso.

Non avrebbe dovuto ferirlo così tanto. 

Era stato lui ad abbandonare la loro amicizia.

Lo ferì comunque.

.

.

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Draco se ne stava steso sul suo letto, era il ritratto della calma mentre arrotolava i piedi nelle lenzuola. Era solo un normale ragazzo che fissava il suo fidanzato mentre si cambiava per la notte, senza cercare di nascondere il suo desiderio per il moro slanciato.

Interiormente, Draco avrebbe potuto urlare.

Se non avesse avuto un eccezionale controllo sulla sua mente. Il normale panico che avrebbe sopraffatto i pensieri e le azioni di qualcun altro era stato ridotto a un monotono, seppur insistente sussurro.

I presunti ‘trattamenti’ a cui Harvey si stava interessando non portavano a niente. Assolutamente a niente. L’intero taccuino era inutile. Alcune annotazioni come ‘sopprimila’ o ‘liberatene’ costellavano i paragrafi. Ma la spiegazione su come farlo non era da nessuna parte.

La spedizione non aveva fatto altro che far ritornare i dubbi e il senso di colpa di Harry, cosa che Draco aveva sempre cercato di evitare. Dannazione, era stato già abbastanza difficile tentare di far continuare Harry a godersi la vita senza che si facesse problemi; quante volte aveva proposto di completare un obiettivo da solo senza che Draco lo persuadesse o lo costringesse a farlo? L’esempio lampante.

Era difficile; non estenuante. Quella stronza demente non avrebbe mai dovuto pronunciare quella parola. Era sicuro che Harry ne era tormentato; era evidente che stava già costruendo fra loro un'altra barriera che Draco avrebbe dovuto distruggere. Cambiare le opinioni di quell’idiota cocciuto era difficile, ma ne valeva la pena ogni volta.

“Fai una foto.” Harry interruppe il suo flusso di pensieri, si tolse la maglia e la gettò sul pavimento. Il lato del Dormitorio di Draco non era mai stato così disordinato; con due bauli al posto di uno, e Harry che non sapeva piegare un solo capo di vestiario.

Draco rotolò giù dal letto e si avvicinò al lato di Blaise, ignorando il suo amico che russava. Aprì il primo cassetto del comò e rubò la macchina fotografica che Pansy gli aveva prestato. Gli aveva chiesto delle foto da fangirl; Draco lo sapeva.

Si voltò, si lasciò cadere di nuovo sul letto e spinse il tasto della fotocamera. Il flash fu abbagliante, e la bocca spalancata di Harry impagabile.

“Cancellala!”

“No.” Ne fece un’altra, e ghignò quando Harry tentò di infilarsi una maglia per coprirsi, senza successo. Draco agitò la bacchetta, e gli sfuggì un sorriso quando la maglia tradì Harry, strappandosi in due. Un’altra fotografia fu necessaria.

“Maledettissimo bastardo!” Harry finse di arrabbiarsi, ma le sue guance erano rosse per l’imbarazzo. Si voltò indietro e si avvicinò di nuovo alla cassettiera; come se potesse convincere Draco a fermarsi. Servì solo a fornirgli una buona visuale del suo posteriore.

Stava anche per farlo notare al moro.

Tuttavia, osservò con macabro fascino una parte della schiena di Harry che si inscuriva. Proprio sotto le spalle, una grossa parte di pelle diventava scura, come vernice che si espandeva su una tela. Quando smise di espandersi, si attenuò. Se Draco avesse scattato un’altra foto, il flash avrebbe rivelato il colore viola scuro della macchia.

Un livido terribilmente grande era appena esploso sulla schiena di Harry, e l’unica reazione di Harry fu scrollare leggermente le spalle mentre indossava un’altra maglietta.

Draco mise via la fotocamera; il divertimento era svanito.

Era per quello che non potevano completare il Numero Ventuno; se i lividi si formavano senza una ragione, né magia né altro… cosa sarebbe successo se l’avesse usata? Sarebbe stato da incoscienti; sarebbero stati fortunati se fosse andato in pezzi.

Eppure, Harry voleva ancora farlo, come se volesse disperatamente completare quell’obiettivo.

Draco ne capiva il motivo; doveva farlo mentre aveva ancora la possibilità di rischiare e continuare a vivere.

Ma…

Ma accidenti a lui per averlo messo sulla lista.

Lui valeva più di un obiettivo su una lista.

“Tutto bene?” Harry lo stava guardando leggermente accigliato, c’era preoccupazione nei suoi occhi. Si preoccupava fin troppo; doveva cambiare quei pensieri tristi.

“Stavo solo pensando a quanto non voglia presentarmi a lezione indossando solo un asciugamano.”

Ed ecco quel sorriso.

Estenuante? Difficile?

Era tutto insignificante, in confronto a quel sorriso.

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Capitolo 38
*** Diglielo e basta ***


Buonasera a tutti e buona lettura!




Capitolo 38 – Diglielo e basta




 
Parole di un folle.
 
Draco ringhiò fra sé e sé, sorprendendosi da solo per la ferocia con cui aveva sfogliato la pagina. Si era strappata, costringendolo a raccoglierla per ficcarla di nuovo nel taccuino e ripararla. Quel momento di terrore e paura per una semplice pagina strappata fece schizzare la rabbia di Draco alle stelle. Dove, lo sapeva, era rimasta per tutto il corso della notte.
 
E il giorno prima.
 
E quello prima ancora.
 
Tre anni. Doveva pur esserci qualcosa lì dentro che gli aveva assicurato tre anni.
 
Si fermò sulla pagina seguente, i suoi occhi fissi sulla piccola parola su cui si ritrovava sempre a soffermarsi. Sbarazzatene. Sbarazzatene.
 
Sbarazzati di cosa? Della malattia?
 
Quelle parole disgustosamente vaghe erano scritte agli angoli di ogni pagina, un promemoria per Harvey nel caso la sua folle mente deragliasse. Erano cerchiate, sottolineate, una talmente tanto che la pergamena si era strappata. Era importante.
 
In che modo?
 
Perché quell’imbecille non aveva specificato il suo folle corso di pensieri? Perché non aveva lasciato qualche sorta di indizio? Un suggerimento? Una maledetta freccia che puntasse nella giusta direzione?
 
Draco ormai sognava ad occhi aperti di uccidere quell’idiota; peccato che fosse già morto.
 
Si costrinse a continuare, invece di fissare quella significativa parola. Sangue di unicorno.
 
Senza dubbio, quella poteva essere una soluzione.
 
Il sangue di unicorno era usato spesso nelle Pozioni Revitalizzanti. Era rinomato per aver salvato la vita a molte persone; di certo la maledizione sulla vita non avrebbe avuto alcuna influenza su Harry. E se non avesse saputo cosa stava bevendo, la maledizione avrebbe avuto ancora effetto? E se l’unicorno non fosse ucciso; donazioni, forse? Sarebbe stato abbastanza da tenerlo in vita nel caso la sua magia avesse deciso di essere particolarmente crudele.
 
Harvey si era procurato del sangue di unicorno tre settimane prima della sua morte.
 
Quel codardo aveva deciso di non utilizzarlo, stando a quanto diceva il suo taccuino.
 
Draco non si sarebbe fatto nessuno scrupolo.
 
Si voltò di scatto verso il letto quando Harry si agitò nel sonno, protetto dall’imbarazzo per via dell’Incantesimo Silenziatore di Draco. Anche da quella distanza, mentre era seduto sul baule di Blaise dall’altra parte della stanza, riusciva a vedere la sua fronte madida di sudore e i suoi occhi strizzati.
 
Gli incubi di Draco si erano fermati quasi del tutto; quelli di Harry persistevano.
 
Le ricerche di quella notte ebbero un esito deludente. Aveva analizzato il taccuino ogni notte da quando l’aveva ricevuto, ma si rifiutava ancora di dargli delle risposte. Sapeva che la chiave era lì dentro; ogni volta che lo chiudeva sentiva di star deludendo Harry. Era lì, era solo troppo cieco per vederla.
 
Sbarazzatene.
 
Draco lanciò il quaderno verso la sua parte della stanza, e vide che finì sotto al suo letto ma non fece niente per recuperarlo. Guardò Harry mentre si agitava nel sonno, arrotolandosi nelle lenzuola e scattando di tanto in tanto.
 
Sperava che Harvey stesse bruciando fra le fiamme dell’inferno per tutto quello che stava facendo passare a Harry. Se avesse scritto i suoi segreti come una qualunque persona normale, a quest’ora Harry e Draco avrebbero potuto studiare per il loro M.A.G.O senza alcuna preoccupazione, tranne il pensiero di quando avrebbero finalmente scopato. Invece, dovevano cercare di evitare l’imminente morte di Harry.
 
Draco si avvicinò al suo letto, afferrò un braccio dell’altro e lo spinse contro il materasso.
 
Sperava che la morte di Harvey fosse stata dolorosa. Sperava che la sua magia l’avesse fatto a pezzi prima che potesse perdere coscienza, e morire. E sperava che fosse stato estenuante.
 
Draco avrebbe scoperto solo più tardi quanto erano accurate le sue congetture.
 
E avrebbe sorriso.
 
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Draco non era mai stato una persona mattutina.
 
C’era una routine nel castello, ed era monotona. Nonostante questo però, non aveva mai sprecato un solo giorno. Se era sveglio, era anche in piedi.
 
Sapere che le ore disponibili di sole scivolavano via ogni secondo che passava pigramente nel letto lo aveva sempre lasciato con un insopportabile senso di prurito; non c’era niente di importante da fare, ma le inutili azioni per cominciare la giornata dovevano essere completate comunque.
 
Tuttavia, non era in procinto di rotolare giù dal letto.
 
E questo da quando Harry aveva trovato una posizione comoda, occupando la maggior parte del suddetto letto.
 
Era un avvenimento curioso. Non era cambiato nulla. Il rumore dei suoi compagni di classe che gironzolavano qua e là non era diverso dal solito, e i mostri nel lago continuavano a fluttuare davanti alla finestra con curiosità. La stanza era sempre fredda al punto da non essere più confortevole. La sensazione di prurito si annidava già sotto la sua pelle, per ricordargli di iniziare la noiosa routine.
 
Eppure, non mosse un dito.
 
Harry era spaparanzato sul letto e respirava profondamente. Le lenzuola erano attorcigliate intorno al suo bacino, la maglia si era arrotolata durante la notte lasciandogli la pancia scoperta, e le sue braccia erano messe in una posizione che non avrebbe mai potuto essere rilassante; si sarebbe svegliato senza sentirsele.
 
Era il ritratto del sonno profondo.
 
Che maledettissimo bugiardo.
 
Harry si svegliava ancora prima di Draco; non era possibile che stesse ancora dormendo a quell’ora. Il suo stomaco brontolava di tanto in tanto, tradendolo. Le sue palpebre tremavano. Chi pensava di fregare?
 
Quindi Draco se ne stava immobile, fissando le tende verdi che procuravano loro quel piccolo angolo di solitudine. Era stranamente catartico fissare il vuoto. Permetteva alla sua mente di rilassarsi per un po’, ed evitare il casino che infestava di solito i suoi pensieri. Gli altri erano andati a fare colazione già da un po’, lasciando un bel silenzio al loro risveglio. L’unico rumore presente era il respiro controllato di Harry.
 
Era strano come condividere le sue mattine con quell’idiota di un Grifondoro l’avesse calmato. Semmai, avrebbe dovuto peggiorare il suo rapporto con l’alba. Visto il tempo limitato di Harry, avrebbero dovuto essere svegli e completare gli obiettivi appena la luce del giorno l’avesse reso possibile.
 
Invece, se ne stavano a letto. Sentendo i minuti scivolare via.
 
Draco osservò il bugiardo, e ghignò quando vide che, in risposta, i capelli sulla sua nuca si rizzarono. A che gioco stava giocando?
 
“Non voglio andare a colazione indossando solo un asciugamano, e a meno che tu non voglia essere soggetto agli Incantesimi Evanescenti di Pansy, neanche tu lo vuoi. Quindi, nei venti minuti che ci rimangono prima di colazione faremo meglio a raggiungere un compromesso, non credi?” Fu quasi comico il modo in cui Harry spalancò gli occhi. Si mise a sedere in un istante, senza nessun torpore mattutino. “Perché fingevi di dormire?”
 
Lo stronzo si limitò a rispondere con un’alzata di spalle, e si accigliò per quell’improvvisa conversazione. Il loro bassissimo tono di voce era fin troppo alto in confronto al silenzio che regnava nella stanza. “Il silenzio era piacevole.” Sussurrò, accigliandosi ancora di più. “Non li farebbe sparire davvero, dico bene? Deve pur avere qualche sorta di coscienza.”
 
“Il tuo sedere sarà sul Profeta entro l’ora di pranzo.” Disse pigramente Draco. Riuscì ad ignorare il fatto che era stato ignorato ripetutamente per quasi un’ora. “Quindi. Mi esonererai dalla penalità?”
 
“Certo che no.” Harry non sembrava neanche lontanamente dispiaciuto. Anzi, sbuffò divertito. “Te lo meriti.”
 
Dopo quello Draco si accigliò. Perché tra tutte le persone era lui a meritarsi le angherie di Pansy? Era stato costretto a convivere con lei per gli ultimi sette anni, e ci era a malapena riuscito senza affatturarla. Perché avrebbe dovuto meritarsi una punizione? Dopotutto, non era stato gentile nell’ultimo periodo? Non aveva rivolto un solo insulto alla Donnola la sera precedente, e quello sì che era un grande sacrificio.
 
Nessuno si merita che gli sguinzaglino contro Pansy.”
 
“Vero.” Almeno un sorriso si era fatto strada tra il malumore che si era impadronito di Harry quella mattina. Era perfettamente contento quando erano andati a dormire, accidenti, era addirittura compiaciuto. La colpa di quegli stati d’animo completamente opposti era davvero attribuibile agli incubi?
 
Draco iniziò ad osservarlo, e trattenne un sospiro quando vide che Harry fissava qualunque cosa pur di non ricambiare il suo sguardo; le lenzuola ancora attorcigliate alle sue gambe, le sue unghie mangiucchiate, un nodo nel legno che circondava il loro letto. Non si prospettava una bella giornata.
 
“Hai carta bianca, eppure, il meglio che sai fare è copiare la mia penalità? Andiamo, ci deve pur essere qualcosa che vuoi più della mia umiliazione.” Doveva essere una provocazione; per sollecitare il suo entusiasmo. Draco si pentì delle sue parole appena le aveva pronunciate; Harry gli lanciò un’occhiata, aveva un’aria di sfida nei suoi stupidi occhi, e sapevano entrambi quale sarebbe stata l’orribile richiesta.
 
“Va bene.”
 
“No. L’asciugamano va bene.”
 
“Ho carta bianca, non è così?” Rispose con semplicità Harry, che si sforzò di liberare le gambe dalle lenzuola. I suoi occhi si erano spostati di nuovo su queste ultime. Bastardo. “Il Ventuno. Lo voglio completare.”
 
Draco sapeva che c’era una ragione per cui odiava le mattinate; finivano per portare complicazioni come quella. “Pensavo che avessimo deciso-”
 
Tu hai deciso.” Rispose con testardaggine, riuscendo finalmente a liberarsi dalle lenzuola. Saltò giù dal letto con facilità, come se non stesse chiedendo a Draco di aiutarlo a suicidarsi. “Ho bisogno di completarlo. Al più presto. Questa è la penalità che ho scelto per la tua sconfitta a scacchi; voglio cancellarlo da quella stupida lista, e passare al prossimo obiettivo prima possibile.”
 
Draco osservò Harry mentre frugava nel baule in cerca della sua uniforme. Quello stronzo si assicurò di nascondere a Draco la sua schiena mentre si cambiava; sapeva del livido che era apparso la scorsa notte.
 
“Bene.” Draco non fece nulla per alzarsi dal letto. Non aveva nessuna voglia di iniziare quella giornata, soprattutto se era iniziata così male. Sul serio, stava praticamente ordinando a Draco di aiutarlo a ferirsi. Senza alcuno scrupolo. Se si fosse mosso dal letto, avrebbe anche potuto strangolare quel pazzoide. “Vuoi che la tolga anche a te?”
 
“Uhm… certo.” Harry si fermò mentre si abbottonava la camicia; aveva dimenticato che le stesse conseguenze valevano anche per lui. Guardò Draco con sospetto, come avrebbe dovuto. L’immaginazione di Draco era sicuramente più fervida, e sarebbe stata senza dubbio più crudele. “Che cosa vuoi?” Non avrebbe potuto suonare così indifferente nemmeno se ci avesse provato.
 
“Niente.” Draco scrollò le spalle, “sto semplicemente rimuovendo la tua penalità.”
 
Harry si accigliò, e iniziò lentamente a riabbottonarsi la camicia. Aprì la bocca per parlare, ma non disse niente. Ci fu un momento di silenzio in cui nessuno dei due proferì parola.
 
Harry si voltò ancora verso il baule prima di guardare di nuovo Draco. Stava aspettando il commento che sapeva sarebbe arrivato; lo conosceva troppo bene per sapere che non poteva essere così semplice.
 
“Avrei potuto scegliere tra una miriade di penalità.” Draco continuò solo dopo che Harry fece per riprendere a vestirsi, e trattenne un ghigno quando l’altro sbuffò irritato. “Avrei potuto ordinarti di spiegarmi una volta per tutte il mistero di quel maledetto sottoscala, ma non l’ho fatto. Perché so quando è il momento di fermarsi per non chiedere troppo a una persona che in teoria non disprezzo.”
 
“In teoria non disprezzo?” Ripeté Harry, sbuffando divertito. “Questa mi è nuova.”
 
Era apatico. Indifferente. Come se non gli importasse. Ah, non poteva sapere quanto lo detestava.
 
Spinse via le lenzuola, costringendosi ad alzarsi. Non poteva andare peggio di così, dopo quella fantastica mattinata. Diavolo, gli Auror sarebbero potuti piombare lì e arrestarlo e la cosa sarebbe sembrata insignificante in confronto a quello. Anzi, li avrebbe accolti con i polsi alzati, pronto per farsi ammanettare. Non avrebbe dovuto ferire Harry se era in prigione, non importava che non avesse fatto niente per meritarsi un arresto.
 
“Mi hai costretto a incontrare Amanda Harvey.” Sussurrò Harry dall’altra parte del letto, concentrandosi sui lacci delle sue scarpe invece che su Draco. “Quello era chiedere troppo a una persona che dici di non disprezzare.”
 
Ma che problemi aveva quella mattina?
 
Draco fissò in silenzio il moro, che di solito era magnifico; testardo come un mulo, avrebbe fatto di tutto per i suoi amici, ed era sorprendentemente divertente. Era come se stesse cercando di litigare.
 
Aveva una risposta sulla punta della lingua, pronta per essere esternata. Un singolo commento sul modo in cui aveva dormito sarebbe stato abbastanza per richiamare l’umiliazione che sapeva che Harry provava dopo ogni incubo.
 
Harry si era stretto nelle spalle, attendendo il commento.
 
“Faremo tardi a colazione.” Disse piano Draco, indossando la sua divisa. Riusciva a percepire lo sguardo di Harry sulla schiena, ma si rifiutò di ricambiarlo. Non avrebbe litigato con Harry se si era svegliato di cattivo umore.
 
Se era una brutta giornata, Draco non avrebbe fatto niente per peggiorarla.
 
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Ron si addentrò nella Sala Grande, i suoi occhi furono attratti dalla parte Serpeverde della stanza. Osservò velocemente gli studenti, e quando non vide nessuno visibilmente ridicolizzato o nudo, osservò con più attenzione. Ah, ecco Harry. Indossava la sua uniforme, e aveva la testa piegata da un lato mentre ascoltava i discorsi della tavolata. E poi c’era Malfoy, che era seduto di fronte a lui. La schiena di quello stronzetto arrogante era rivolta a Ron, ma probabilmente stava parlando perché gli occhi di Harry erano incollati a lui. Non c’erano risate quel giorno, e di solito Harry era sempre sul punto di rotolare a terra. Ma non stava ridendo… non sarebbe stato normale rattristarsi per non essere costretto a fare qualcosa di umiliante, vero? Harry non era dispiaciuto perché stava indossando la sua uniforme… giusto?
 
Per la prima volta dopo mesi, Ron si sentiva… leggero. Non era uno sforzo scendere per colazione, e non era estenuante cercare di mantenere un’espressione neutra sul volto.
 
Un peso immaginario era stato sollevato dalle sue spalle. E non sapeva nemmeno della sua esistenza.
 
Non avrebbe voluto andarsene la sera prima; era stata una bella sfida, e perfino divertente, non importava quanto cercasse di negarlo quando gli altri Grifondoro glielo chiedevano. Malfoy era bravo a scacchi; li rendeva un labirinto pieno di trappole. Ed era fantastico. Ron non aveva giocato una partita così bella da anni. Aveva finalmente trovato un rivale alla sua altezza, anche se era un Malfoy.
 
Ma quando Harry e il Furetto avevano iniziato a battibeccare…
 
Non aveva avuto altra scelta che andarsene. Si sentiva come se si stesse intromettendo in una conversazione privata. Le frecciatine e i sorrisi l’avevano messo davvero a disagio. Era quasi come se stessero flirtando, proprio lì, di fronte a tutto il tavolo. Argh, era stato così imbarazzante. Non voleva vedere Harry sorridere in quel modo a Malfoy.
 
Ron trasalì quando si ricordò i litigi che avevano avuto all’inizio dell’anno. Era stato così… Cristo… bigotto. Era stato così arrabbiato, così ferito. Non c’era da sorprendersi se Harry non l’aveva perdonato; se le voci erano vere, Ron meritava davvero l’allontanamento per la sua reazione.
 
Quei pettegolezzi ormai avevano veri e propri fondamenti.
 
Quella scena in cui era incappato in biblioteca. Le frecciatine durante la partita a scacchi. Il fatto che Malfoy e Harry passassero così tanto tempo insieme.
 
Ma… non c’era nessun enorme complotto, come sospettavano Hermione e Neville; erano amici. Se non di più. E, sul serio…
 
Importava davvero così tanto?
 
Harry si era davvero meritato l’esplosione di quelle boccette d’inchiostro? L’essere ignorato per i corridoi? La rimozione delle sue cose dalla Torre? Un’amicizia valeva davvero la perdita di un’altra?
 
L’espressione di Harry si era riempita di sollievo quando aveva visto Ron avvicinarsi con curiosità al tavolo Serpeverde. Era sembrato più felice in quel momento di quanto non lo fosse da mesi.
 
E a dirla tutta, lo stesso valeva per Ron.
 
Gli mancava il suo migliore amico.
 
La speranza di riallacciare la loro amicizia aleggiava con aspettativa nell’aria. Avrebbe sopportato Malfoy se significava passare un po’ di tempo con Harry. Dopo tutto quello che avevano passato l’anno prima… come aveva potuto essere così stupido da interrompere i rapporti con Harry? E perché Harry gliel’aveva permesso?
 
No, qualcosa non quadrava. Aveva lasciato correre, pensando che Harry sarebbe ritornato quando era pronto. Forse, per una volta, toccava a Ron essere coraggioso? Era sicuramente disposto a provarci.
 
“Chi stai cercando?” Chiese Neville, alzando le sopracciglia. Sebbene avesse un’espressione curiosa e innocente, era anche totalmente falsa. Avrebbe dovuto essere un idiota per non capire che era il tavolo Serpeverde ad attirare la sua attenzione, e Neville non era mai stato un idiota.
 
“Nessuno.” Ron finì per scrollare le spalle, prendendo lentamente posto al tavolo. Fece finta di essere più propenso a impilare grandi quantità di cibo nel suo piatto che a conversare. “Pensavo di aver visto qualcosa. Mi sono sbagliato.”
 
Non avrebbe detto a Neville che si stava assicurando che il suo amico non fosse stato costretto a presentarsi a colazione nudo oppure indossando solo un asciugamano. Sarebbe solo servito a dare di nuovo il via alle teorie complottiste, e non andava per niente bene. Neville sembrava essersene stancato.
 
Hermione fingeva che i suoi sospetti non fossero importanti, ma Ron la beccava spesso a fissare qualche Serpeverde come se potesse leggere le loro menti. Aveva smesso con le sue teorie deliranti, e si era invece concentrata sull’impossibile quantità di compiti che avevano. Solo dopo che Ron l’aveva praticamente implorata.
 
Aveva dovuto ricorrere alle lacrime. Umiliante, ma ne era valsa la pena.
 
“Uh-huh.” Neville era stato piuttosto difficile da accontentare nell’ultimo periodo. Se non stava in silenzio, parlottava per i corridoi con Luna. Ron l’aveva beccato spesso a fissare Harry, scuotendo la testa con evidente preoccupazione. Ma finché non ricominciava con i pedinamenti e le teorie complottiste, gli sguardi erano permessi. Tuttavia, Neville aveva tanti pensieri per la testa.
 
“Come sta tua nonna, Nev?”
 
“Sta bene. Perché?” Adesso sembrava sorpreso. Uhm. Ron era sicuro che fosse in ospedale, o che fosse di nuovo malata. Era l’unica famiglia rimasta a Neville. Avrebbe di certo spiegato perché si stesse comportando in modo così insolito.
 
“Uhm… non importa. Mi sono sbagliato.” Ron cercò di cambiare argomento, ma dallo sguardo fisso che Neville gli stava rivolgendo era evidente che non gli credeva. Grandioso. “Pensavo che stesse male, o qualcosa del genere. Ignorami, amico.”
 
“Perché avresti dovuto pensare che stava male?” Non avrebbe mai dovuto aprire la sua bocca larga! “Sai qualcosa che non so?”
 
“Niente del genere. Ultimamente sei solo un po’ taciturno. Ho pensato che qualcosa non andasse, questo è tutto.” Neville lo fissò, esterrefatto. Pensava che a Ron non importasse di lui? Non erano migliori amici, ma erano comunque buoni amici. “Sei pronto per il test di Trasfigurazione? Piazzare un test nel bel mezzo della settimana; ma non lo sa che stiamo annegando negli impegni?”
 
Neville concesse il repentino cambio di conversazione; probabilmente non voleva spiegare il motivo del suo malumore, e Ron era più che felice della sua scelta. “Sai, pensavo davvero che avrei avuto un po’ di vantaggio. Vuoi e alcuni altri ragazzi non avete frequentato la scuola l’anno scorso, noi invece sì. Alcuni di questi argomenti dovrebbero essere ripetizione per noi… eppure è come se non ce li avessero mai insegnati. È più difficile dell’anno scorso, eppure studiavamo sotto ricatto.”
 
Non avrebbe dovuto ridere, ma era troppo divertente. Aveva lasciato la scuola per un anno, e non era rimasto troppo indietro. Era un maledettissimo miracolo.
 
“Però evita di menzionare il test a Hermione. Pensa che il risultato sarà indicativo per i M.A.G.O , e se l’avesse avuta vinta, staremmo tutti studiando a colazione. Niente tempo per il cibo.”
 
“Non dirò una parola.” Rabbrividì al pensiero. Tutti quelli che riuscirono a sentirlo rabbrividirono.
 
“Buongiorno Neville. Buongiorno Traditore.” Ron sospirò, dando un morso al suo toast invece di rispondere. Le sorelle minori esistevano al solo scopo di irritare gli altri fratelli quanto più umanamente possibile, non importava quanti anni avessero; sette o diciassette. Erano pensate per infastidire. “State passando una buona mattinata?” Ginny non aspettò che rispondessero. “Come stanno i vostri amici?”
 
“Quali amici?” Rispose con cautela Ron, con lo sguardo puntato ancora sul toast. Era insolitamente gioiosa, il che non faceva presagire niente di buono.
 
“Sai. I Serpeverde con cui avete deciso di passare il vostro tempo. Come stanno oggi i nostri piccoli Mangiamorte?”
 
Ron si scambiò uno sguardo stanco con Neville prima di tornare a Ginny. Avevano già affrontato l’argomento il giorno prima, e in quel momento non ne aveva la pazienza. “Sembrano piuttosto felici. Grazie per l’interessamento.”
 
Ok, probabilmente non avrebbe dovuto istigarla, visto lo sguardo fisso di Neville e l’occhiataccia di Ginny. Ma sul serio, per quanto avrebbe dovuto continuare a subire? Gli avevano fatto praticamente l’interrogatorio la sera prima, e tutti i Grifondoro gli lanciavano occhiatacce appena lo vedevano. Erano davvero affari loro con chi passava il tempo?
 
E poi era stato solo per alcuni minuti.
 
E sì, era consapevole della sua ipocrisia. Gli dava la nausea ad essere onesti.
 
“Allora probabilmente hanno affatturato un paio di primini.” Ribatté Ginny, incrociando le braccia al petto con rabbia. “So che farlo migliora il loro umore.”
 
Lascia stare. Lascia che faccia i suoi commentini, e non ci pensare. Le sorelle minori avevano raramente ragione, doveva solo dargli quella piccola vittoria.
 
No. Non ci riusciva. Fu più il fatto che Ginny stava facendo la difficile che la sua indignazione verso i Serpeverde a farlo rispondere. Non aveva nessun affetto per quella Casa meschina, ma non poteva neanche lasciare che Ginny parlasse a vanvera in quel modo. I primini la prendevano a modello, e avrebbero creduto ad ogni sua parola.
 
Sì, lo stava facendo solo perché era il suo dovere di Prefetto.
 
“Non tutto quello che succede nel castello-”
 
“Adesso li difendi anche?”
 
“Non sono neanche tutti Mangiamorte.”
 
“Ah, non propinarmi queste stupidaggini.” Sibilò, “Hanno fatto la loro buona parti di danni.”
 
“Sembra che adesso stiano mangiando la colazione.” Neville decise di intromettersi nella conversazione, indifferente all’occhiataccia che lei gli lanciò. “Ah no, concordo. Altamente dannosi. Credo che stiano masticando con la bocca aperta; che orrore.”
 
“Non minimizzare quello che hanno fatto, eri qui l’anno scorso.” Disse quasi in un sibilo per la furia. “Ci affatturavano come se fosse normale. Rispondevamo agli attacchi? No, stavamo immobili e ci punivano per questo. Loro se ne fregavano, e perfezionavano le loro Maledizioni Senza Perdono.”
 
“Non ricordo che fossero poi così bravi.” Neville rispose altrettanto piano, i suoi occhi bruciavano di rabbia. Era stanco di quella situazione. “E mi sembra di ricordare qualcuno attaccarli alle spalle. Non amo i Serpeverde, non mi stanno neanche simpatici; ma non si può incolpare un paio di ragazzini del secondo anno per le loro azioni quando avevano un vero Mangiamorte dietro di loro, con la bacchetta alzata.”
 
Malfoy non è un ragazzino del secondo anno.” Fu quella la risposta di Ginny, che tirò su col naso mentre avvicinava a lei il suo piatto.
 
Ron la osservò versarsi del succo come se la loro diatriba non fosse mai accaduta; la sua rabbia era insaziabile. Era come la sua all’inizio dell’anno, ma non era diminuita. Come poteva aiutarla se non faceva altro che concentrarsi su quelle stupide vendette? Come aveva fatto lui stesso a calmarsi?
 
Sai cosa mi ha detto l’altro giorno?”
 
“Sono sicuro che me lo dirai.” Era sorprendente quanto Gin potesse assomigliare a sua madre, a volte. Assolutamente spaventoso.
 
“Si pavoneggiava per i corridoi, da stronzetto quale è. Si pavoneggiava. Un commento è stato fatto mentre passava, qualcosa come ‘chi si crede di essere?’. Non era nemmeno rivolto a lui, ma ha risposto lo stesso!” Il volto di Ginny divenne pallido; sembrava che quel ricordo la facesse stare leggermente male. “Sono io quello che si scopa Harry Potter.” Scimmiottò, arricciando il naso. “Era l’unica cosa che diceva! ‘Sono io quello che si scopa-”
 
“Modera i termini, Ginny.” Sussurrò debolmente Ron, ignorando la sua occhiataccia. Odiava essere trattata come una bambina, ma… sul serio, Ron non aveva tanta voglia di immaginarsi la situazione. E… Dio, l’immagine era nella sua mente! No! Cristo!
 
…e poi, Harry era troppo testardo per… uhm… stare sotto? No, smettila! Cancellalo!
 
“È tutto quello che hai da dire? Modera i termini?” Lanciò un’occhiataccia al tavolo Serpeverde, che fu ignorata. “Harry non ha neanche rotto con me; ha solo interrotto i rapporti con tutti! E adesso, pensare che loro due… non può essere vero, dico bene? So che ci sono delle voci, ma…”
 
Allora era per quello che era lì a parlare con loro; non mangiava mai con il suo fratello maggiore. Voleva delle rassicurazioni, e i suoi amici non potevano dargliele perché non conoscevano Harry.
 
“Sono amici, Ginny. Probabilmente Malfoy stava solo cercando di provocarti. È quello che fa sempre.” Sebbene non l’avesse fatto la sera prima. Malfoy non aveva fatto un singolo commento sgarbato durante la partita. Era rimasto in silenzio fino alla fine, con qualcosa che assomigliava a un sorriso sul suo volto (a dir poco inquietante!), aveva perfino riconosciuto la bravura di Ron.
 
Malfoy era meno furetto del solito.
 
“Lo sapevo!” Come no. “Dovevo solo sfogarmi. Merlino, mi fa diventare furiosa!”
 
“È un suo dono.” Convenne Neville, offrendo a Ginny un ramoscello d’ulivo per il battibecco che avevano avuto poco prima. Non portava rancore con nessuno, non più.
 
Ginny mangiucchiò lentamente il suo toast, accigliandosi. Non sembrava troppo sollevata dai loro tentativi di consolare la sua mente confusa. Ma attenzione, non era il solo motivo per cui le avevano parlato. Ron voleva solo finire la sua colazione. “Be’, sono venuta per sapere se eravate interessati a un nuovo scherzo che stiamo per mettere in atto. Faremo sbucare un Molliccio dall’acqua… ma visto che voi siete così amichevoli con i Serpeverde, non penso che sia roba per voi.”
 
Lo disse al solo scopo di attirare di nuovo la loro attenzione.
 
E ci riuscì.
 
“Un altro?” Sospirò Ron, accigliandosi. “Non ne avete abbastanza?” Ogni giorno nuovi studenti finivano in infermeria, specialmente da quando i Serpeverde avevano iniziato a reagire. Erano sembrati accomodanti all’inizio, quasi come se pensassero di meritarsi le fatture. Adesso, rispondevano vendicativamente al fuoco. Non si poteva passare da una classe all’altra senza vedere strani incantesimi rimbalzare sulle pareti.
 
“No.” Rispose seccamente, e senza rimorso. Ron non riusciva a portarle rancore; l’anno scorso aveva passato un anno terribile. Ma… tutta quella rabbia. Sembrava ingiustificata. Rabbia fine a se stessa.
 
“Harry non ne sarà coinvolto, vero?” Ron si ritrovò a chiedere, sia pentendosene che desiderando conoscere la risposta. Non fu piacevole.
 
E anche se fosse? Non è colpa nostra se-”
 
“Non pensi che abbia già subito abbastanza per tutto l’anno?” Sbottò Neville, sorprendendoli entrambi. “Lasciatelo in pace. Sul serio, lasciate Harry in pace.”
 
“Se se la fa con le persone sbagliate-”
 
“Non sta a te decidere come punirlo. Se sei arrabbiata perché non ha rotto ufficialmente con te, rompi tu con lui. Se non ti piace la sua compagnia, non interagire con loro. Lascialo in pace una volta per tutte.”
 
“Non è comunque diretto a Harry!” Ribatté, alzando gli occhi al cielo. “Non agitarti tanto, Neville. Se Harry viene coinvolto, viene coinvolto. Non vedo perché ti dia così tanto fastidio. Non siete neanche più amici.”
 
Ma lo erano; la distanza non cancellava le amicizie.
 
I litigi potevano essere ignorati, nonostante le scuse arrivassero in ritardo.
 
…giusto?
 
Uno sguardo scambiato con Neville gli fece capire che la pensava come lui. Forse non parlavano o non passavano molto tempo con Harry, ma era ancora loro amico. Non era un nemico, o qualcuno che potessero odiare dopo un paio di incomprensioni.
 
Ginny non era d’accordo.
 
“Non si è neanche presentato al funerale di Fred! Al funerale di nostro fratello; perché dovrebbe importarci ancora di lui.”
 
“Potrebbe aver avuto le sue ragioni-”
 
“Ah, non comportarti come nostro padre, Ronald.”
 
“Si dà il caso che io conosca le sue ragioni.” Aggiunse Neville, senza esitare sotto i loro sguardi scioccati. Ron era sicuro di aver spalancato la bocca; tutt’ad un tratto il malumore di Neville aveva una spiegazione. “E sono maledettamente valide. Smettila, Ginny.”
 
Ginny rimase immobile per un momento, con gli occhi sbarrati e l’espressione scioccata. Non si era aspettata entusiasmo dai due ragazzi, ma neanche una totale disapprovazione. Sembrava come se l’avessero appena schiaffeggiata; non si era di certo aspettata una risata o un sorriso?
 
Ron non si aspettava che Harry avesse preferito confidarsi con Neville piuttosto che con lui. Faceva male…
 
“Davvero, che problemi avete voi due?” Sussurrò Ginny; spinse via il piatto come se avesse perso l’appetito. “Non è poi così esagerato-”
 
“Ti stai giustificando.” La interruppe Ron, con un pizzico di soddisfazione per averla messa a tacere con una risposta così brillante. Non sarebbe stato capace di farlo con Hermione, ma poteva assolutamente provarci con gli altri Grifondoro. “Il che significa che sì, è esagerato. E in qualità di Prefetto, è mio dovere far sì che non accada ‘niente di male’.”
 
Le sopracciglia di Ginny sparirono fra i suoi capelli. “Scusami?” La sua voce era glaciale.
 
“Qualunque cosa stiate architettando.” Neville stava scuotendo leggermente la testa, e trasalì prima ancora che Ron finisse la frase. “Ve lo proibisco.”
 
Oh, avrebbe dovuto fermarsi finché era in tempo.
 
“Ah, lo proibisci, eh?”
 
Impugnava la bacchetta, e stava già pronunciando una formula.
 
Ron ringhiò, piegandosi in avanti per spingere via la sua mano.
 
La fattura mancò Malfoy…
 
…e Harry fu scaraventato via dal tavolo, e sbatté contro la parete opposta.
 
La Sala osservò la scena in silenzio, mentre era rannicchiato sul pavimento e tossiva.
 
Tutti i Serpeverde si alzarono in piedi, la loro attenzione era divisa. Metà di loro fissava Harry con shock, l’altra si era presa il compito di lanciare occhiatacce al resto della Sala. Malfoy balzò sul tavolo non appena senti Harry vomitare; probabilmente stava mangiando quando era stato colpito.
 
Ron non si accorse di essere in piedi finché Neville non gli mise una mano sulla spalla, costringendolo a tornare al suo posto. “Hanno tutto sotto controllo.” Sussurrò, fissando con rabbia il suo cibo. Dopo un istante spinse via il suo piatto. Ron non lo biasimava.
 
Guardò la sua sorellina, ma non dovette dire niente. Stava osservando la scena con gli occhi sgranati, era scioccata. Era pallida per la preoccupazione. Nonostante le sue parole taglienti, non aveva davvero intenzione di ferire Harry. Forse quell’episodio sarebbe servito a farla tornare in sé, cosa di cui aveva disperatamente bisogno.
 
La bacchetta le cadde sul piatto, ma non fece nulla per recuperarla.
 
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Harry stava malissimo.
 
Quella mattina si era svegliato tutt’altro che riposato; gli incubi gli avevano impedito di dormire a sufficienza, e quando si svegliava di soprassalto dall’orrore che consumava ogni suo momento di incoscienza… tutto quello che provava era vergogna.
 
Aveva diciotto anni, e aveva gli incubi.
 
Un bambino aveva gli incubi.
 
Era stanco di svegliarsi impregnato di sudore. O di non riuscire a riprendere fiato. Di quel orribile momento in cui non sapeva se fosse sveglio o se quel sogno fosse reale. Ed era stanco di Draco che assisteva sempre a quei suoi momenti di debolezza. Sì, aveva partecipato ad una guerra terribile. Sì, aveva una malattia incurabile. Ma lo shock ormai sarebbe dovuto diminuire, no? Quando sarebbe entrata in gioco l’accettazione? Ogni volta che crollava, c’era una folla ad assistere allo spettacolo. Era un cazzo di evento.
 
Nonostante gli incubi, o il livido piuttosto grande che decorava la sua schiena di cui avrebbe dovuto sbarazzarsi prima che Draco l’avesse notato, si era svegliato con molto poco entusiasmo.
 
Non aveva una spiegazione, e non pensava che ce ne fosse una.
 
Aveva aperto gli occhi, e tutto quello che voleva era restare steso lì per il resto della giornata.
 
Che...
 
Sul serio, che senso aveva?
 
Le sue braccia e le sue gambe erano così deboli che facevano male. Dannazione, gli faceva male tutto.
 
Si era svegliato dolorante, esausto e umiliato. Aveva davvero bisogno di prendersela con qualcuno; urlare un po’ avrebbe potuto dargli energia, o costringerlo a mettere da parte l’umiliazione. Aveva cercato di provocare Draco. Cazzo, ci aveva davvero provato! Ma Draco rimaneva impassibile, posato e civile.
 
L’unica volta che Harry cercava di approfittarsi del brutto carattere dell’altro, questi riusciva a controllarsi.
 
Ron avrebbe reagito.
 
Dio, doveva smetterla di pensare a Ron.
 
La loro amicizia era finita; non l’aveva deciso all’inizio dell’anno?
 
Tuttavia, si chiedeva se avrebbe mai potuto assistere a un’altra partita di scacchi fra Ron e Draco. Probabilmente no. Draco era stato piuttosto educato, ma non sarebbe mai potuta durare. E Ron non aveva nessuna ragione di approcciarsi a loro.
 
E se…?
 
No. Non sarebbe successo.
 
Quelle fantasie elaborate erano inutili. Visto che non poteva spiegare il perché della sua assenza, e Ron avrebbe sicuramente preteso una spiegazione.
 
A volte, quando i pensieri di Harry andavano in quella direzione, desiderava di non essersi tenuto tutto dentro.
 
Forse quel peso si sarebbe alleviato se non l’avesse trasportato tutto da solo.
 
Ovviamente, ormai era troppo tardi. Aveva fatto la sua scelta, e avrebbe agito di conseguenza.
 
A quel paese le Fatture Pungenti a colazione.
 
“Devi andare in infermeria.”
 
“Non penso proprio.” Harry sospirò ancora, alzando le braccia e scuotendole con più energia di quanta se ne sentisse. Tremarono per lo sforzo. Lo ignorò. “Sto bene. Neanche un graffio.” Non era vero, ma Draco non doveva saperlo. E poi, era solo una piccola ferita; una piccola sbucciatura dove la spalla era sbattuta contro il muro in pietra. Insignificante, visto che nessun osso si era rotto, anche se ce n’era stata la possibilità.
 
“Sei stato scaraventato contro il muro.” La voce di Draco era glaciale; si destreggiava fra una strana combinazione di furia e apatia. Stava fallendo. “Hai bisogno di-”
 
“Sto bene.” Ripeté Harry, questa volta fece un piccolo saltello, a braccia aperte. Le lasciò cadere sui fianchi quando pensò che il messaggio fosse stato ricevuto. “Era un’Impedimenta; di solito rompono le ossa? No.”
 
Harry era piuttosto orgoglioso di essere riuscito a mentire così facilmente; e per di più, Draco ci cascò.
 
Non c’era un singolo Incantesimo di Impedimento a colazione; era troppo pericoloso da lanciare, e nessuno era così stupido da colpire uno studente a caso della Sala Grande. Nessuno voleva ferire per sbaglio un primino.
 
No, era una semplice Fattura Pungente.
 
Gli avevano lanciato un incantesimo, e il suo corpo aveva avuto una reazione spropositata.
 
La magia di qualcun altro l’aveva toccato, ed era stata respinta.
 
La sua stessa magia l’aveva scaraventato dall’altra parte della Sala per la sola presenza di magia esterna. Aveva cambiato la vera e propria essenza dell’incantesimo. Era davvero possibile? A quanto pareva, sì.
 
Harry ricambiò con più calma possibile lo sguardo critico di Draco.
 
Stava davvero morendo, eh?
 
E in quel momento non aveva la forza per curarsene.
 
“Hai vomitato.” Fu l’argomentazione successiva di Draco. “Se stai male-”
 
“Avevo del cibo in gola; prova a essere scaraventato dall’alta parte della stanza e vedi se riesci a controllare i conati.” Sospirò Harry, scrollando le spalle.
 
Bugie.
 
Aveva avuto un momento di chiarezza; un’epifania. E la paura era stata così intensa da farlo vomitare con violenza. Quindi non solo era debole quando dormiva, ma anche quando era sveglio e cosciente.
 
Tzé, non l’aveva già dimostrato quando aveva incontrato la famosa Amanda Harvey?
 
“Non sei nemmeno un po’ arrabbiato?” Sbotto Draco, anziché trovare altre motivazioni. “Ti hanno attaccato mentre facevi colazione.”
 
“Non penso che fosse diretto a me.” Per quanto sarebbe andato avanti? Harry aveva già messo in chiaro che il litigio che voleva non sarebbe accaduto; Draco insisteva e continuava una conversazione insignificante. Se a Harry non era concesso il suo litigio, valeva certamente lo stesso anche per Draco. “La Sala sembrava scioccata, non compiaciuta.”
 
“Ah, adesso riesci a decifrare le emozioni della Sala, eh?”
 
“Sì.”
 
Harry sospirò per quella che forse era la dodicesima volta da quando erano entrati nella Sala Grande. Era esausto, e ad essere onesti, non voleva provare né entusiasmo né noia per le lezioni. Aveva una giornata pienissima, e si prospettava già infernale.
 
Un’ondata di paura lo invase; come avrebbe fatto a presentarsi a lezione? Se era pratica… sarebbe successa la stessa cosa, o forse sarebbe potuta andare anche peggio? Come diavolo avrebbe fatto a studiare, se temeva per la sua vita ad ogni incantesimo pronunciato?
 
Dio, stava per vomitare di nuovo.
 
“Sai che c’è di nuovo; me ne ritorno a letto.” Decise Harry, voltandosi prima che Draco potesse dargli dell’ipocrita. Aveva bisogno di andare via prima che le sue gambe cedessero, e prima che il terrore salisse fino a soffocarlo, stringendo le sue fredde dita attorno alla sua gola, facendosi strada sul suo volto. “Ho anche dimenticato di prendere la mia prima pozione. Ci vediamo dopo.”
 
Bugie.
 
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Draco avanzò verso la Sala Comune Serpeverde, i suoi passi riecheggiavano lungo il corridoio. Aveva chiesto di andare in bagno durante Difesa, e per qualche ragione si era ritrovato a vagare per i sotterranei.
 
Harry non si era presentato a Trasfigurazione, Incantesimi o all’Intervallo.
 
Certo, aveva uno strano umore fin da quando si era svegliato. Sbottava, sospirava e scrollava le spalle invece di rispondere alle domande. Se aveva bisogno di spazio, andava bene. Draco era perfettamente capace di dargli spazio. Non era mica innamorato di quell’idiota; entrambi avevano le loro vite da realizzare.
 
Ma non c’era nessuna regola che gli impedisse di dargli un’occhiata. Se Harry si fosse esasperato per la sua apparizione, avrebbe potuto fingere di essersi dimenticato i compiti. Draco avrebbe preferito che fosse esasperato piuttosto che distrutto.
 
Però non era affatto preoccupato.
 
I Serpeverde non correvano a gambe levate.
 
Camminò.
 
Velocemente.
 
La sua piccola spedizione non sarebbe servita a niente; sarebbe arrivato, avrebbe trovato Harry a recuperare un po’ di sonno, e sarebbe tornato in classe prima che la nuova Professoressa si chiedesse perché andare in bagno impiegasse più di venti minuti. Era già arrabbiato con se stesso per la sua ingenuità; Harry non era un bambino incapace. Non aveva bisogno di un babysitter, e senza dubbio Draco non voleva diventarlo.
 
Quella spedizione era una perdita di tempo.
 
Una completa perdita di-
 

 
Draco si fermò sull’uscio.
 
Harry doveva essere davvero stanco. Era rannicchiato sulle lenzuola, con le braccia attorno alle gambe e la testa sulle ginocchia. La sua espressione era serena. Non si stava agitando o lamentando nel sonno. Era la personificazione della tranquillità.
 
Draco si tolse il mantello, e impugnò silenziosamente la bacchetta. La agitò verso il giocattolo rotto, riparando il cubo di Rubik che si era distrutto. Si ricostruì con tutte le facce complete; Harry ci era finalmente riuscito. Lo raccolse e lo mise nel baule di Harry, dove non l’avrebbe deriso quando si sarebbe svegliato.
 
Fece svanire la strana legione di bottiglie di Whiskey Incendiario sparse intorno al letto, e lanciò un veloce incantesimo per ripulire la camicia macchiata di Harry. Dopo un momento di esitazione, pulì anche il cuscino. C’erano delle chiazze che assomigliavano incredibilmente a delle lacrime, e dovevano sparire. Iniziò ad aprire il pugno di Harry per rimuovere la pergamena stropicciata che teneva stretta; era la sua lista. Cancellò accuratamente i Numeri Nove e Ventotto, e la ripose sul comodino.
 
Rimboccò a Harry le coperte, e piazzò una Soluzione Anti-sbornia accanto alla lista.
 
C’era qualcosa che non andava, e Harry glielo stava nascondendo.
 
Avrebbe dovuto trovare qualche altro modo di aiutarlo.
 
Forse avrebbe minacciato quel primino che sembrava saperne così tanto.
 
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Bere durante le ore scolastiche
 
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Risolvere il cubo di Rubik
 
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Il senso di colpa era riuscito a farsi strada nella mente di Harry, piazzandosi tra la stanchezza e l’abbattimento. Gli sussurrava mentre fingeva di studiare, ricordandogli che Draco era a pochi centimetri da lui, eppure non si stavano scambiando una parola. Lo prendeva in giro durante Pozioni mentre tagliuzzava male le radici di legumi, rendendole una poltiglia inutilizzabile che Draco ignorava mentre iniziava a tagliarseli da solo. La cena passava con Harry che fissava il suo piatto troppo pieno, e giocherellava con il cibo.
 
Draco non diceva una parola.
 
Aveva lasciato una Soluzione Anti-sbornia accanto a Harry la sera prima. Aveva accompagnato Harry in bagno senza fare un singolo commentino perverso su lui che faceva la doccia. Grazie a Harry, in qualche modo faceva i compiti da consegnare a Lumacorno.
 
Harry non riusciva a guardarlo negli occhi. Il biondo avrebbe capito subito che cosa lo tormentava, ed era terrificante. Quindi Harry evitava di guardarlo, e Draco non lo spingeva a farlo.
 
Il silenzio era calato sulla coppia.
 
Permettendo al senso di colpa di infiltrarsi nei pensieri di Harry. Avrebbe dovuto dirlo a Draco; che senso aveva tenerselo dentro?
 

 
Non sapeva come farlo.
 
Come poteva guardare la persona che aveva dato un senso alla sua inutile esistenza e dirgli che stava sprecando il suo tempo? Le parole “Sta peggiorando” si bloccavano nella sua gola, soffocandolo.
 
Sta peggiorando.
 
Cazzo, stava davvero peggiorando.
 
Avrebbero potuto avere un altro mese, o un altro giorno.
 
Come faceva a dirgli una cosa del genere?!
 
Non ne aveva la forza.
 
Quindi restava in silenzio.
 
Entrarono nell’aula di Trasfigurazione in silenzio, per qualche ragione il solito brusio della classe era diminuito. I Serpeverde si erano zittiti proprio come Harry e Draco, quasi come se avessero paura che il loro buon umore sarebbe stato rifiutato dalla coppia. Per quanto riguardava Harry, potevano essere felici quanto volevano. Avevano un futuro davanti a loro. E Draco non lanciava un’occhiataccia da ore. Non li avrebbero di certo sgridati; potevano parlare quanto volevano.
 
Sembrava che la strana atmosfera che circondava Harry li tenesse a bada. Perfetto; stava risucchiando perfino la loro felicità.
 
I Grifondoro sembravano rispecchiare la loro situazione. Ron e Neville sembravano particolarmente cupi e avevano contaminato anche gli altri, come succedeva spesso con l’infelicità.
 
La McGranitt non era ancora arrivata, era in ritardo per la prima volta dopo mesi, e i ragazzi dell’ottavo anno non facevano niente per approfittarsi di quel miracolo. Se ne stavano tutti seduti in silenzio sulle loro sedie.
 
Harry si sentiva davvero triste; sembrava che la sua insoddisfazione per la sua morte imminente avesse contagiato l’intera classe. Ecco perché non dovevano saperlo. Il lutto sarebbe passato; era l’attesa che detestava.
 
Sospirò, ormai era un’abitudine, e fissò il banco.
 
Un movimento al suo fianco colse la sua attenzione.
 
La mano di Draco si muoveva in maniera piuttosto strana. Le sue dita tremavano, spasmodiche sul banco.
 
Lo shock lo costrinse a guardare il volto del biondo. Quel che vi trovò non fu piacevole.
 
Draco aveva un’espressione di assoluta furia. Le sue braccia tremavano, agitandosi convulsamente sul banco. Sarebbe caduto dalla sedia se Harry non gli avesse afferrato le spalle per tenerlo fermo. Sembrava che il suo corpo si muovesse senza sosta, e dalla sua espressione, non per sua volontà.
 
Ancora una volta, un grosso strattone stava quasi per farlo cadere dalla sedia, lasciando Harry impossibilitato ad aiutarlo. Non poteva guarire Draco, non poteva lanciare il contro-incantesimo, non riusciva neanche a identificare la fattura.
 
Gli occhi di Draco, che fino a quel momento erano roteati all’indietro, riuscirono a fermarsi su di Harry.
 
La furia nelle iridi grigie infestò quelle verdi.
 
Harry si voltò di scatto per fronteggiare la classe, non si era neanche accorto di essere in piedi. “Spezzatelo.” Ringhiò, “Adesso.”
 
L’unica risposta fu il silenzio.
 
Maledettissimo silenzio.
 
Aveva un modo curioso di prenderlo in giro; ogni cosa ce l’aveva.
 
Riusciva a sentire le spalle di Draco tremare sotto le sue mani. Un tonfo gli indicò che aveva appena sbattuto un braccio contro il banco. Aveva perso il controllo dei suoi arti; era orribile. Peggio di una Fattura Pungente, o di una boccetta d’inchiostro esplosa. Quel bullismo era malvagio.
 
Nessuno alzò una bacchetta.
 
Bene. Doveva prendere la via più difficile.
 
Non erano stati né Hermione, né Ron, né Neville; non erano vendicativi. Non poteva essere stato Seamus; non era così bravo con la bacchetta. Era...
 
Dean.
 
Harry fu dall’altra parte della stanza in un istante, afferrò per il colletto Dean e lo tirò in piedi. Adesso sì che sentiva le sedie spostarsi. Che incredibile differenza vedevano fra i due per riconoscere che Dean aveva più bisogno d’aiuto di Draco?
 
“Lasciami, Harry.”
 
Spezza l’incantesimo!” Non intendeva urlare così forte. “Adesso!”
 
“Lasciami andare-!”
 
Harry lo spinse d nuovo sulla sua sedia, e cercò la sua bacchetta finta. Forse sarebbe riuscito ad estrarre un po’ di magia da quel pezzo di legno. La sua magia avrebbe fatto di tutto per distruggerlo. “Spezza quel maledetto incantesimo!”
 
“Che sta succedendo qui?” Harry ignorò lo sbuffo della McGranitt, concentrandosi su Dean. Avrebbe rimosso quell’incantesimo, oppure l’avrebbe strozzato. “Capisco che sono stata un’incosciente a credere che i ragazzi dell’ottavo anno avessero un po’ di affidabilità e riuscissero a comportarsi civilmente per cinque minuti! Signor Potter, ritorni al suo posto. Venti punti in meno per essere stato violento contro un altro studente.”
 

 
Stava scherzando?
 
Harry si voltò lentamente, ignorando i Grifondoro che trasalirono e distolsero lo sguardo. Ron fu l’unico a non farlo, e perfino lui aveva una smorfia d’incredulità.
 
Un movimento della bacchetta della McGranitt mise a posto le braccia del ragazzo. Un pizzico di sollievo riuscì a farsi strada fra i pensieri di Harry, prima di essere respinto dalla furia e dal disgusto.
 
“Quell’incantesimo,” Continuò la McGranitt, poggiando una pila di fogli sulla cattedra, “non dovrà essere mai più utilizzato a Hogwarts. Sono stata chiara? Se lo sento anche solo sussurrare, lo studente in questione sarà sospeso. È deplorevole, e sono davvero molto delusa da tutti voi.”
 
Con le narici dilatate, agitò la bacchetta verso la pila di fogli. Le pagine iniziarono a fluttuare e si distribuirono per la stanza, atterrando su ogni banco. “Questa disgustosa faccenda è chiusa. Adesso, prendete posto. La verifica avrà luogo come da-”
 
Questo è tutto?” Ringhiò Harry. Il silenzio che c’era già prima in classe diventò assordante. Tutti guardarono la Preside e Harry, nessuno voleva perdersi quella scena.
 
“La faccenda è chiusa, Signor-”
 
“Ha tolto dei punti a me solo perché stavo tentando di fermare loro-”
 
“È stato l’unico ad essere stato colto in flagrante-”
 
“Lui era in preda alle convulsioni!” Harry non credeva alle sue orecchie. Potevano affatturare Draco durante le sue lezioni senza alcuna ripercussione? “Lei è la Preside! Perché non fa mai niente per fermarli?!
 
“Harry.” La bocca di Harry si chiuse con obbedienza. Draco si girò sulla sua sedia e alzò le sopracciglia. “Sto bene.” Tzé, aveva avuto la faccia tosta di chiedere a Harry perché non si era arrabbiato per la Fattura Pungente nella Sala Grande il giorno prima, eppure, se era lui la vittima andava tutto bene. Quell’ipocrisia era ridicola.
 
“Si sieda signor Potter.” La voce della McGranitt fu glaciale. “E faccia il suo test. Un’altra parola è sarà in punizione per il resto dell’anno.”
 
Bene.
 
Furia allo stato puro ribolliva sotto la pelle di Harry.
 
Si sedette accanto a Draco, incrociò le braccia al petto e continuò a fissare con rabbia la sua Preside.
 
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15. Fallire intenzionalmente un test
 
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Fu un sollievo quando Draco gli chiese di rimanere dopo Incantesimi.
 
Harry fece cenno verso la porta, facendogli presente che l’avrebbe aspettato del corridoio. Draco non gli rispose nemmeno; raccolse i suoi libri e si avviò verso il Professor Vitious con un’espressione annoiata sul volto.
 
Come poteva non essere annoiato; c’era un limite alla creatività che un Professore potesse usare per spiegare a qualcuno di star buttando via il suo futuro. Volevano che facesse i compiti, e che gli importasse dei suoi M.A.G.O. Ogni docente usava un punto di vista differente; nessuno dei quali era servito a niente.
 
Per Harry era diventata un’abitudine fare dei commentini sarcastici quando Draco era finalmente di ritorno, un’altra spinta nella direzione accademica. Quel giorno non ci sarebbe stato nessun commentino.
 
Harry camminò tranquillamente per i primi metri, distanziandosi dalla porta aperta. Quando si fu allontanato abbastanza, iniziò a correre. Si stava preoccupando di come avrebbe fatto ad andarci, e Vitious gli aveva procurato l’occasione perfetta. Un momento senza Draco.
 
Raggiunse il bagno con anticipo, affannando. Cercò di ignorare il suo senso di disagio; in passato poteva correre il doppio di quella distanza senza versare una goccia di sudore. Adesso, era piegato su un lavandino con una fitta al fianco. Quando era diventato così debole?
 
Ci volle un po’ prima che riuscisse a raddrizzarsi e a guardarsi bene intorno. Mirtilla non era lì. Era stranamente silenzioso senza i lamenti del fantasma; di solito sarebbe stato un piacere. Quel giorno era soffocante. Ogni passo che faceva riecheggiava sulle pareti, ricordandogli con crudeltà che era davvero solo.
 
Finì per sedersi sul marmo mentre aspettava, giocherellando con le manopole. Osservò i piccoli serpenti scolpiti nell’acciaio; aveva dodici anni quando si era addentrato nella Camera dei Segreti per affrontare il Basilisco e un ricordo di Voldemort (anche se allora non ne era consapevole) Eppure, non era neanche lontanamente terrorizzato come lo era adesso. Era saltato impavidamente in una tubatura per salvare Ginny. Ma non riusciva neanche a guardare negli occhi Draco e dirgli cosa cos’è che non andava. Dio, era patetico. Perché il suo coraggio l’aveva abbandonato?
 
“Braxton mi ha detto che cercavi dei Rimedi Magici.” Harry alzò lo sguardo sul ragazzino Serpeverde del terzo anno, non l’aveva sentito entrare. Il ragazzo lo fissò, assottigliando gli occhi. “Farai la spia, non è vero?”
 
“Certo che no.” Che senso aveva dire agli insegnanti che c’era un piccolo mercato nero nella scuola? Streghe preoccupate non avrebbero ricevuto la loro Pozione Scacciabrufoli Tolipan proibita, ragazzi nervosi del settimo anno non avrebbero ricevuto le loro Piume Autoscriventi, e Harry non avrebbe ricevuto i suoi Rimedi. “Non sarebbe un bene per nessuno.”
 
Non poteva andare in Infermeria senza che Madama Chips lo fissasse con quegli enormi occhioni umidi, e francamente, non voleva che lo controllasse. Adesso che la sua magia aveva deciso di spezzargli i polsi senza l’uso di nessun incantesimo, Harry sapeva di essere diventato un peso. Era un pericolo per se stesso. Il solo fatto di stare a scuola e non in ospedale stava mettendo a rischio la sua vita. E se fosse andato in bagno nel bel mezzo della notte e i suoi polmoni si fossero riempiti d’acqua? E se avesse deciso di fare una passeggiata nel cortile e i suoi arti si fossero staccati? E se durante le lezioni la sua magia avesse deciso di fermargli il cuore?
 
Poteva succedere da un momento all’altro.
 
E appena Madama Chips o la McGranitt l’avessero scoperto, l’avrebbero spedito di nuovo in ospedale. Perfino le minacce dei Serpeverde non potevano fare niente per evitarlo. Una volta era stata già un miracolo. Ma due? Gli insegnanti non l’avrebbero assistito sul letto di morte.
 
Quindi, avrebbe evitato l’Infermeria come la peste.
 
Le pozioni gli venivano date attraverso l’ospedale, ma non voleva farlo sapere neanche a loro. Quindi quello che non gli fornivano, o che non poteva essere preso dall’Infermeria doveva essere acquisito in qualche altra maniera. E Braxton era stato fin troppo felice di indirizzare Harry verso il Mercato Nero Serpeverde.
 
“Ecco, ho qui la Pasta Cancellalividi e la Pozione Cura Ferite. La Pasta fa sparire i lividi entro un’ora, e la Pozione allevia ogni ferita. Non dovresti abusarne; la pozione è un po’ puzzolente. È abbastanza pungente.”
 
Harry aprì la pozione, annusandola velocemente. Abbastanza pungente? Aveva appestato l’intera stanza in un istante.
 
“Eucalipto.” Continuò il ragazzino con una smorfia. “Non sopporto questa roba, quindi non mettertela nella Sala Comune, va bene?”
 
“Certo che no.” Harry mise tutto in tasca. “Quanto ti devo?”
 
Semmai, il ragazzo sembrò rattristarsi moltissimo dopo quella domanda. Sospirò e fissò il soffitto per un attimo prima di raggiungere la borsa. Harry sapeva già di cosa si trattava; Braxton aveva iniziato a ridere istericamente dopo averglielo sentito dire nella Sala Comune, ed era corso dritto da Harry per dirgli qual era il prezzo. Era divertente.
 
Harry aspettò divertito mentre il Serpeverde tirava fuori una copia delle tante biografie fasulle sul Salvatore del Mondo Magico. Questa era intitolata Harry Potter e Colui Che Non Deve Essere Nominato: la Storia. Be’, almeno era una delle più coerenti. Pansy aveva iniziato a ordinarle e a leggergli pezzi della sua stessa vita. Lo sapevi che sei addirittura alto un metro e trenta? A guardarti non si direbbe.
 
Sospirò ancora, tenendo con cautela il libro fra le mani; non voleva neanche stringerlo. “Ho bisogno del tuo autografo.”
 
Ah, era impagabile.
 
Harry addirittura sorrise. “Va bene. Dammi il libro.”
 
“Non è per me.” Si affrettò a dire il ragazzo, che trasalì per quel sorriso. “È per mia sorella. La prossima settimana è il suo compleanno, ed è ossessionata da te.”
 
“Come no.” Annuì Harry, che prese una penna e dell’inchiostro dalla sua borsa.
 
“Non è per me!” Cercò di mostrare un’espressione arrabbiata; tuttavia, era attutita perché era arrossito dall’imbarazzo.
 
“Come si chiama?” Harry non intendeva provare compassione per lui, ma le sue mani iniziarono a fremere. Se avesse impugnato la bacchetta, Harry non avrebbe potuto disarmarlo, no? E comunque, se avesse avuto bisogno di qualcos’altro non sarebbe stato saggio irritare il suo fornitore.
 
“Glinda.” Tirò un sospiro di sollievo, ma la sua mascella rimase serrata. Diede un’occhiata alla porta, assicurandosi che non ci fossero intrusi. Dio, i Serpeverde e le loro priorità.
 
“Cara Glinda. Ti auguro tutta la gioia e la felicità che ti meriti per il tuo compleanno. Harry Potter. PS. Non ritengo veritiera una sola parola di questo libro.”
 
“Ne sarà entusiasta.” Il ragazzo riprese velocemente il libro, e lo ripose in fretta e furia nella borsa. Si rilassò soltanto quando lo tolse di mezzo, e incrociò di nuovo lo sguardo di Harry. “Sai, Madama Chips ha una miriade di rimedi. Sono sicuro che te ne darebbe qualcuno se ti lamentassi un po’.”
 
“Io e Madama Chips non siamo esattamente in buoni rapporti al momento.” Rispose tranquillamente Harry, accantonando il discorso, come sperava che facesse anche il Serpeverde. “Fai anche le pozioni?”
 
“Certo.” Scrollò le spalle, “Ma metto in conto gli ingredienti e anche i costi di preparazione.”
 
“Le prepari da solo?” Harry era un po’colpito; lui non riusciva a fare neanche una pozione senza far esplodere il calderone. Quel ragazzino invece le distillava e le vendeva-
 
“No, le prepara uno studente più grande. Non ti piacerà sapere chi.”
 
Draco.
 
Era ovvio che fosse Draco, no? Ma quando trovava il tempo?
 
“Allora penso che mi limiterò a questi rimedi. Grazie.”
 
Il ragazzino scrollò le spalle, ma non si mosse. Continuava solamente a fissare Harry, leggermente accigliato. “Non sei come ti avevo immaginato.” Disse infine. Ecco tutto. Nessuna spiegazione, nessun altro commento.
 
“Okay.” Come si rispondeva a un’affermazione del genere? “Neanche Serpeverde è come me l’aspettavo.” E non lo era; aveva pensato che consistesse solo nel ridicolizzare o prendere in giro gli altri per tutto il tempo. Be’, più o meno era così. Pensava che ruotasse attorno al bullismo. Ma a parte le dispute occasionali, sembravano andare tutti d’accordo.
 
“La nostra assoluta magnificenza è piuttosto sottovalutata.” Che stronzetto impudente.
 
La risata di Harry si fermò immediatamente. In primo luogo, perché era sorpreso di aver riso. Erano giorni che non si sentiva così contento da ridere. Il fatto che ne fosse sorpreso era piuttosto deprimente, e riuscì a fargli tornare la nausea che era stata una costante per tutta la giornata.
 
In secondo luogo, perché Goyle aveva appena fatto irruzione nel bagno.
 
“Hey Pucey, dove cazzo è la mia pozione?” Ringhiò, e s fermò appena i suoi piccoli occhi porcini si posarono su Harry. La sua espressone si riempì di disgusto.
 
Grandioso.
 
Harry si domandò velocemente in che modo si sarebbe mutilato il suo corpo questa volta, sfoderando la sua bacchetta finta. Nessun movimento improvviso; Goyle era come un animale. Se si muoveva troppo velocemente l’avrebbe attaccato alla gola.
 
“Non osare.” Pucey Junior, a quanto pareva, lo minacciò, gli strappò la bacchetta dalle mani e la mise da parte. Sfoderò la sua, ma deglutì nervosamente. “Malfoy mi ucciderebbe.”
 

 
Possibile che tutti sapessero che non stava usando la magia?
 
O sapevano che era malato?
 
Nessuna delle due possibilità era particolarmente desiderabile.
 
Goyle fisso prima la bacchetta, e poi l’indifeso Harry. La sua bocca si curvò in un ghigno divertito; che Harry ricordasse, era la prima volta che lo vedeva ridere. Era piuttosto orrendo. “Pensi di potermi battere?”
 
“Posso provarci.” La sua voce tremò mentre lo diceva; Harry aveva visto in prima persona quanto poteva essere vendicativo il Serpeverde più grande. E dal tono che aveva il ragazzino, valeva lo stesso anche per lui. “Ma lascia che ti ricordi che sono l’unica persona di questo anno che è riuscita a introdurre articoli proibiti nella scuola.”
 
“E quindi?”
 
Quindi,” Rispose Harry, al posto di Pucey Junior, “Non sarebbe una grande idea metterti contro di lui se in futuro avrai bisogno di qualcosa.”
 
Sta’ zitto.” La sua faccia si distorse. “Assassino di un Mezzosangue-
 
“Ho ucciso soltanto una persona.” Lo interruppe Harry con rabbia, ignorando il fatto che Pucey trasalì, “E non mi scuserò per essermi sbarazzato di qualcuno che voleva ucciderne migliaia.”
 
 
“Vincent è morto!” Urlò Goyle, la sua voce piena di rabbia rimbalzò sulle mattonelle. “Per colpa tua!”
 

 
Lo pensava veramente.
 
Harry fissò il volto furioso e triste di Goyle. Era crudele e vendicativo. Era un orribile bullo.
 
Gli mancava il suo unico amico, e credeva sul serio che fosse morto per colpa di Harry.
 
Odiava Goyle, ma faceva male comunque.
 
Concretizzava le sue paure. I Weasley non l’avrebbero mai incolpato per la morte di Fred, vero? No, erano troppo buoni. Ma se Goyle lo pensava…
 
Fortunatamente, le urla di Goyle avevano attirato un gruppo di ragazzi del quinto anno che passavano di lì. Sbirciarono nel bagno, prendendo nota di Harry che se ne stava goffamente dietro Pucey Junior, che aveva la bacchetta alzata sulla difensiva.
 
“Che sta succedendo qui?” Chiese coraggiosamente la ragazza, che era palesemente il capo di quel gruppo Serpeverde. Guardò di nuovo Pucey, alzando un sopracciglio. “Stai vendendo qualcosa, ragazzino?”
 
“No.” Sembrava molto più rilassato con i rinforzi. Fronteggiò Goyle con una schiena più diritta, e la testa alzata. Tzé, i Serpeverde. “Non avrai la tua pozione, perché è Malfoy a prepararle e tu continui a infortunare il suo toy-boy.”
 
Harry ignorò le risatine degli altri ragazzi; era ovvio che fosse stato Draco a specificare quel piccolo messaggio.
 
Con quattro bacchette in più, perfino Goyle sapeva di non avere possibilità di vincere un duello. Con un altro ringhio, uscì dalla stanza spingendo via agli altri. Cristo, la sua rabbia era insaziabile.
 
Harry sospirò, passandosi una mano fra i capelli. Doveva fare qualcosa per la faccenda di Goyle.
 
Il loro piccolo incontro sarebbe arrivato alle orecchie di Draco, e lui si sarebbe messo di nuovo sulla difensiva.
 
C’era troppo di cui preoccuparsi…
 
Pucey stava fissando la bacchetta finta con cipiglio. La rigirò fra le dita un paio di volte prima di iniziare a fissare Harry. Probabilmente aveva provato ad usarla; in molti volevano usare la bacchetta che aveva messo fine alla tirannia di Voldemort.
 
Harry protese una mano, riponendo l’inutile pezzo di legno nella sua manica. Non la degnò neanche di uno sguardo; perfino tenerla in mano era doloroso. “Lo sapete, non è vero?” Sospirò, osservando con calma le espressioni di Pucey Junior e degli altri diventare cautamente disinteressate. Non erano convincenti nemmeno la metà di Draco.
 
“Sappiamo cosa?”
 
“Sono troppo stanco per i giochetti.” Rispose Harry onestamente, scrollando le spalle. “Ditemelo e basta.”
 
Tutti si scambiarono degli sguardi; nessuno voleva rompere il silenzio per primo. E se non avessero dovuto dirlo? Non sarebbe stato piacevole avere un Draco furioso alle calcagna. Si sarebbero ribellati a Goyle, ma non a Draco.
 
Harry sospirò ancora, scuotendo la testa. Non aveva le energie per quella situazione.
 
Accidenti, non ne aveva neanche il tempo.
 
“…Chiunque abbia almeno metà cervello riuscirebbe a capire che non stai bene.”
 
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“Va tutto bene?” Harry cercò di non sembrare teso dopo quella domanda. “Ultimamente sembri un po’ nervoso.”
 
Adesso era il momento di dirglielo.
 
Era l’opportunità perfetta; erano da soli nel dormitorio. Le possibilità di essere origliati o interrotti erano minime. Era stato Draco a iniziare la conversazione. Un semplice ‘no’ sarebbe bastato. Un ‘In realtà ho qualcosa da dirti’, sarebbe stata la giusta frase per iniziare quell’orribile conversazione; quelle parole non presagivano mai niente di buono. ‘Le pozioni non funzionano più come una volta’. ‘Vengo ferito anche senza usare la magia’. ‘Non penso di avere ancora molto tempo’. ‘Penso di aver bisogno di un’altra visita all’ospedale’. Una qualunque di quelle frasi. Doveva dirlo a Draco.
 
“Sto bene. Sono un po’ stanco, credo.”
 
Codardo.
 
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Quattro giorni al prossimo trattamento.
 
Che Dio lo aiuti.
 
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Capitolo 39
*** Duello ***


Ecco qui il nuovo capitolo per i nostri fedelissimi lettori :D Buon fine anno per chi ha la scuola, e in bocca al lupo per la maturità e la sessione per chi li ha! E un bacio a tutti quanti perché abbiamo bisogno di un po’ di affetto xxx
malpy e Pandina



Capitolo 39 – Duello

“…Chiunque abbia almeno metà cervello riuscirebbe a capire che non stai bene.”

Harry rabbrividì al solo pensiero; era stato tutto inutile se tutti sapevano la verità. Perché era mezzo nudo nel bagno degli studenti dell’ottavo anno, alle tre meno un quarto del mattino, con una pozione terribilmente puzzolente sulla schiena se tutti sapevano che era malato? E perché stava contando incantesimi nel tentativo di restare sveglio?

Be’, ovviamente, perché Draco non poteva sapere quanto si stava aggravando. Ma quella era solo la minima parte del problema. Quell’anno era iniziato con speranze di normalità. Un ultimo anno senza la minaccia incombente di Voldemort; un anno a Hogwarts, senza i soliti inconvenienti che costellavano di solito la vita di Harry.

E dato che non sembrava fattibile, almeno avrebbe passato un anno a casa sua. Un anno nell’unico posto a cui era sempre appartenuto, con o senza compagnia.

Francamente, aveva sperato di morire in serenità. Anche quando non riusciva a pronunciare il nome dell’orribile malattia, o quando ipotizzava stupidamente che i Guaritori fossero paranoici e che stessero esagerando la gravità della sua sedicente malattia; aveva sempre sperato di passare un anno, il suo ultimo anno, nel sollievo che gli offriva Hogwarts. In serenità.

Eppure, eccolo lì; che sobbalzava a ogni piccolo rumore, e pregava divinità in cui nemmeno credeva che i Serpeverde non si muovessero dal letto. Il bagno era gelido, e la parete di vetro che dava sulle profondità del lago non migliorava la situazione. Ogni respiro esalato da Harry si ghiacciava prima di lasciare le sue labbra. Probabilmente gli altri usavano degli incantesimi per contrastare quel freddo, ma Harry era inerme. Non gli rimaneva altro che osservare le ombre che apparivano nell’oscurità del lago e stringere le braccia al petto.

Il livido stava guarendo, vero?

E invece no, era ancora lì. Sulla sua schiena c’era una macchia viola che gli ringhiava contro con gioia feroce. Se solo quell’orribile ematoma fosse sparito con la stessa velocità con cui era apparso. Era un promemoria che avrebbe preferito non avere.

“…Chiunque abbia almeno metà cervello riuscirebbe a capire che non stai bene.”

Quella semplice frase stava infestando i suoi pensieri.

Era così evidente? Per i Serpeverde, di sicuro. Passavano ogni momento con lui.

Ma le altre Case avevano qualche sospetto? Lo sapevano?

Harry si raddrizzò nell’oscurità della stanza, fissando la sua sagoma. C’era voluto un po’ prima che i suoi occhi si adattassero al buio, perché osare accendere le luci avrebbe potuto svegliare gli altri, ma da quando l’avevano fatto riusciva a vedere abbastanza bene.

Non stava poi così male.

Sì, aveva perso un po’ di peso. Ma era sempre stato mingherlino. Sembrava un po’ stanco, ma poteva essere attribuito allo stress scolastico. Non aveva un aspetto terribile.

Aveva ancora i capelli di suo padre, e gli occhi di sua madre.

“…Chiunque abbia almeno metà cervello riuscirebbe a capire che non stai bene.”



Okay, forse i suoi occhi erano un po’ scavati. Be’, era esausto. Quella spossatezza avrebbe avuto effetto su chiunque. Tutti avevano le borse sotto agli occhi; che problemi c’erano se le sue erano un po’ più pronunciate?

I suoi capelli non erano al massimo del loro disordine; erano un po’ flosci. Ma non smorti, o grigi. Non era cambiato molto, solo un po’.



Il peso era la cosa più evidente; si poteva coprire tranquillamente con i vestiti. I suoi zigomi non sporgevano in maniera esagerata. Era solo magro… asciutto… scarno. Va bene, era ossuto. Però poteva andare peggio. Le sue articolazioni non erano prominenti.

Poteva andare peggio.

Poteva-

Chi cazzo voleva prendere in giro? Se l’avessero guardato due volte avrebbero visto una notevole differenza. Era solo fortunato che Ron e Hermione non l’avessero ancora messo all’angolo. Se uno dei due avesse avuto quell’aspetto non ci avrebbe pensato due volte a fronteggiarlo, che si parlassero oppure no.

Come poteva essere così attraente?

Sul serio, cosa ci vedeva Draco in lui?

Harry finì per dare le spalle allo specchio, incapace di fissare ancora lo sconosciuto in cui si stava trasformando.

E fu così che lo trovò Draco meno di un’ora dopo.

Sul serio, aveva un sesto senso? Un formicolio alle dita dei piedi ogni volta che Harry stava avendo una crisi esistenziale?

Non si chiese perché Harry fosse immobile nel bagno alle quattro del mattino. Non chiese perché la sua maglietta fosse a terra, dall’altra parte della stanza, o perché se ne stesse al buio senza fare niente.

Harry si stava rigirando di nuovo davanti allo specchio, frustrato per la persistenza di quel livido, quando la porta si aprì. Gli ci volle solo uno sguardo per riconoscere la sagoma di quello stronzetto biondo.

Si allontanò di un passo dallo specchio.

Draco non sembrava turbato. Lasciò che la porta si chiudesse rumorosamente, e sussurrò un Lumos.

Harry ignorò l’ondata di invidia per quella semplice azione, e trasalì per la luce improvvisa. L’oscurità non gli dispiaceva.

Si aspettava che Draco si affrettasse verso di lui con preoccupazione, o con una domanda difficile. Tuttavia, lo fissò per un po’, poi sorpassò Harry e si avviò verso l’altra parte del bagno. Il suono dell’acqua corrente riecheggiò per la stanza, e del vapore iniziò ad innalzarsi da uno dei cubicoli.

Oh.

Forse voleva solo fare una doccia notturna; non era raro in un dormitorio maschile. Anzi, anche Harry ne aveva avuto bisogno anni prima. Si ricordò di una notte particolarmente imbarazzante in cui Harry, Ron e Seamus erano sgattaiolati in bagno a cinque minuti di distanza l’uno dall’altro. Roba da incubo.

Be’, se era lì solo per puro caso…?

Harry si affrettò a raccogliere la sua maglietta dall’altra parte della stanza; se Draco stava facendo la doccia, avrebbe potuto ripulire gran parte della lozione prima di tornare a letto. L’odore sarebbe rimasto, ma almeno la sua schiena non sarebbe stata così oleosa. Forse sarebbe potuta passare per la fragranza dello shampoo.

“Dove credi di andare?” La voce di Draco fu bassa anche per il silenzio della stanza. Riuscì senza dubbio a immobilizzare Harry.

Da nessuna parte. Ma non poteva davvero dirglielo; Draco era stato tutt’altro che d’aiuto negli ultimi giorni. Non litigava, non sbottava, e non chiedeva niente di niente. Era davvero ingiusto da parte sua.

“A letto-”

“Ma non avremo un’altra opportunità del genere neanche se ci provassimo.” Rispose lentamente Draco. Harry non l’aveva visto muoversi, ma improvvisamente era dall’altra parte della stanza. Subdolo stronzetto. “Tutti gli altri stanno dormendo.”



Ma non lo vedeva?

Quanto era magro, pallido e brutto? Aveva dell’olio spalmato sulla schiena e piccoli lividi sui fianchi. L’unico essere vivente che avrebbe dovuto sentirsi attratto da lui era un maledettissimo koala, e solo perché puzzava incredibilmente di intenso e pungente eucalipto.

Harry diede uno sguardo al suo torso scarno, e incrociò le braccia al petto. “Io non penso-”

“Per tua fortuna, io invece sì.” Draco si avvicinò, “E ho deciso che sono stanco di questo malumore. Per quanto pensi che continuerà? Dammi una data indicativa così posso decidere se proibirlo o no in questo stesso istante; ci sono altre cose che vorrei farti che non posso fare se hai il broncio.”

Harry rimase di stucco; “Penso di avere il diritto di-”

“No, non ce l’hai.” Continuò, un ghigno nel suo tono di voce. “Lo proibisco.”

“Lo… proibisci?”

“Esatto. Niente più malumore, niente più sospiri. Lo proibisco.”

Harry fece schioccare la lingua per l’irritazione; chi diavolo si credeva di essere? “In realtà, non penso che tu ne abbia il diritto; visto che è della mia vita che stiamo parlando e cose del genere.”
 
“È qui che ti sbagli.” Disse pigramente Draco. Aveva finalmente raggiunto Harry, e si era fermato di fronte a lui, il ritratto della disinvoltura. Le braccia di Harry avevano smesso di essere incrociate semplicemente al petto; adesso erano incrociate in segno di sfida. “Sono io che controllo questa relazione; i tuoi stati d’animo, il tuo comportamento… te.”

“E perché mai?”

“Devo davvero dirtelo?” Draco per poco non ringhiò; maledetto bastardo. “Sono un Malfoy; il potere è inscritto nel nome.”

“Tzé, e io dico che continuerò a tenere il broncio.” Harry non capiva perché gli stava rispondendo a tono. “Cosa potrebbe mai fare l’onnipotente Signor Malfoy per impedirlo?”

“Castigarti.” Sussurrò Draco, con gli occhi che ardevano.

Col senno di poi, avrebbe dovuto sapere che non era saggio sfidare un Malfoy.

Harry non aveva una maglietta, quindi Draco non poteva afferrarla. Tuttavia, si accontentò di quello che c’era.

Harry ringhiò quando fu sbattuto contro le piastrelle del muro, rifiutandosi di trasalire per il contatto con la sua schiena tumefatta. I suoi polsi furono afferrati piuttosto velocemente, uno bloccato contro la parete, l’altro sul fianco del biondo. Per un momento furono petto a petto, così vicini che Harry poté sentire il battito impazzito del cuore di Draco. E poi gli morse il collo; dolore e piacere mandarono un brivido lungo la sua schiena.

Harry serrò la mascella e si rifiutò di emettere il minimo suono. Cercò di liberare il polso, ma la presa di Draco era ferrea. Quando provò a muovere il collo, fu punito con un altro morso; quest’ultimo gli ruppe la pelle. Ma Draco stava già succhiando e leccando il suo collo e stava prendendo improvvisamente il controllo su di lui.

Harry riusciva a sentire il suo volto riscaldarsi; il vapore che riempiva la stanza non lo aiutava di certo. Fu quando l’altro gli leccò il collo dalla base fino alla mascella che si ricordò della sfida. Non poteva permettere che Draco vincesse quella particolare dimostrazione di dominio.

Cercò di scostarsi dal muro; un tentativo di pareggiare i conti.

Tuttavia, Draco ancorò la sua caviglia intorno a quella di Harry e tirò, facendolo cadere a terra. Atterrò con violenza, di sicuro aveva un livido sul culo. Quel bastardo non sapeva quando fermarsi.

Prima che Harry potesse alzarsi, Draco era già lì. A cavalcioni su di Harry, e fece ruotare il bacino. Oh, buon Dio. Cercò di ricambiare, ma la pressione su di lui sparì. Cercò di baciare Draco ma lui era fuori dalla sua portata.

Draco continuava a fargli succhiotti o a mordicchiargli la gola, nient’altro.

Accidenti a lui.

“Dra-”

Il suo polso fu liberato per coprire la bocca di Harry. “Chi ti ha dato il permesso di parlare?” Sbuffò Draco, divertito. “Stai tenendo il broncio, ricordi?”



L’ultima goccia.

Harry ringhiò e morse le dita che gli coprivano la bocca. Non era senza speranze e Draco stava per rendersene conto. Non aveva il completo controllo su Harry; aveva influenza, ma non controllo.

Draco ritrasse la mano con uno strillo. Ma Harry non aveva finito.

La sua mano libera riuscì ad afferrare il mento di Draco, tenendolo fermo in modo da poter finalmente connettere le loro labbra. Lo baciò intensamente, prendendo il controllo una volta per tutte. E, per sua sorpresa, non ricevette alcun morso.

Harry si distanziò dalla parete, si piegò su Draco e lo costrinse a stendersi sulle fredde piastrelle. Liberò l’altra mano e la usò per accarezzare la calda pelle dello stomaco di Draco. Era sempre stato sensibile in quel punto; il suo stomaco tremò, e prese un respiro profondo contro le labbra di Harry.

Era così che doveva andare.

Si baciarono lentamente e con delicatezza. Le loro mani sfioravano l’un l’altro mentre si esploravano come se non si fossero mai toccati. Draco non sembrava turbato dall’olio sulla schiena di Harry; non sembrava neanche sorpreso. le sue dita tracciavano linee sulla sua schiena, disegnandogli ghirigori sulla pelle.

Quando Harry ebbe bisogno di una pausa, appoggiò semplicemente la fronte contro quella di Draco, e prese respiri profondi per evitare di ansimare come gli suggeriva il suo corpo. Sapeva che Draco lo stava fissando, ma si rifiutò di aprire gli occhi. Aveva solo bisogno di un minuto. 

“Ti è concesso avere giorni bui.” Disse Draco in un sussurro, “Ma non tutti i giorni. Non ti è permesso lasciare che le brutte giornate ti cambino.”

“È il Signor Malfoy che parla?”

“Sì. Perché è questo che faccio; ti risollevo dalle brutte giornate.”

Harry realizzò che c’era riuscito. Si era sentito triste e miserabile. Aveva guardato il suo corpo e si era chiesto chi diavolo avrebbe mai potuto desiderarlo.

E poi era arrivato Draco, che invece l’aveva fatto arrabbiare. Aveva completamente dissipato la fitta coltre di infelicità che si era posata sulla mente di Harry per giorni. E poi, aveva trasformato quella rabbia in lussuria. Aveva costretto Harry ad ammettere a se stesso di non essere fragile, e che poteva ancora prevalere su Draco. Non era debole.

Harry rotolò via da Draco quando questi fece per alzarsi, e fu sorpreso di vedere che gli stava perfino offrendo una mano per aiutarlo. “Andiamo. Lavati. La lozione funziona solo dopo che viene sciacquata.” Era ovvio che sapesse a cosa serviva. “Sono sicuro che Pucey Junior si è dimenticato di dirtelo.” Bastardo onnipotente. “E poi, sono venuto per spiarti mentre facevi la doccia; non mi piace che si deludano le mie aspettative.”

E il suo Draco era tornato.

.

.

.

Harry copiò il piccolo diagramma che Draco stava indicando, tentando con tutte le forze di mantenere un’espressione impassiva e confusa per la complicata illustrazione di Pozioni, e non per il piede di Draco che andava su e giù per il suo polpaccio. Non era neanche lontanamente erotico, ma era confortevole. Probabilmente Draco non era nemmeno consapevole di starlo facendo; stava scrivendo i suoi appunti mentre dava lezioni a Harry senza alcuno sforzo, quindi che gli costava un’azione in più?

Tuttavia, era quasi impossibile non concentrarsi sul suo piede. Su e giù. Tracciava una linea sul suo polpaccio. E poi ancora.  Faceva incredibilmente caldo nella libreria quel giorno, e non era dovuto soltanto ai banchi super affollati.

Gli studenti erano accalcati attorno ai tavoli, spaparanzati sul pavimento, stavano perfino usando la cattedra di Madama Prince mentre gironzolava fra gli scaffali. Era anche rumoroso; il leggero chiacchiericcio tra amici moltiplicato per cinquanta era diventato piuttosto assordante. A Harry stava per venire il mal di testa, anche se poteva essere dovuto anche alla mancanza di sonno. Erano andati a letto solo alle luci dell’alba, e Parkinson aveva deciso che dovevano svegliarsi alle sei. Due ore di sonno non facevano prospettare niente di buono per gli altri Serpeverde; Draco era stato di cattivo umore per tutto il giorno.

“Allora, hai capito?”

“…uhm, in realtà, no.”

“È semplice.” Sospirò Draco, “Devi solo scrivere questo all’esame, e avrai finito. Vedi le altre risposte? Devi scriverle solo in caso ci sia una domanda sugli ingredienti. Alta e bassa classificazione. E le cinque sottoclassi per ognuna.”

“…va bene.”

“Tzé, è quello che continui a ripetere.” Sussurrò Draco, sfogliando il libro per trovare un’altra pagina. “Ecco.” Lo spinse verso Harry. “Te lo ricordi?” Vagamente. “Rileggilo, poi guarda il grafico e vedi se ti è chiaro.”

“È solo che non capisco come possa aiutarmi il grafico; ha metà delle informazioni mancanti.”

“Ricordi le informazioni di Difesa?” Chiese Draco, alzando le sopracciglia. “Come fai a rispondere a quelle domande?”

“Difesa mi risulta semplicemente facile-”

“Esatto. E fai schifo in Pozioni, quindi dovremmo provare metodi diversi per memorizzare il materiale, non credi?” Draco si fermò, e guardò dall’altra parte della stanza, oltre la spalla di Harry. Calciò una sedia, quindi stava probabilmente invitando uno degli altri al loro tavolo. Era rimasto completamente vuoto a causa dello sguardo vendicativo di Draco. “Se hai un quadro in testa, e lo scrivi appena in tempo non dovrai faticare per ricordartelo. Scrivi le informazioni basilari, e tira fuori il resto quando ne hai bisogno. Questo grafico avrà le nozioni base. Il tuo compito è imparare i piccoli dettagli che le accompagnano. Comprendi?”

“No.”

“Tzé, memorizza il grafico e basta. Leggi quella pagina e memorizza il grafico.”

Harry si voltò verso il Serpeverde che si era aggiunto a loro. “Benvenuto all’inferno.”

Non era un Serpeverde. Era Ron.

Draco aveva appena invitato Ron a studiare con loro.

Harry riuscì a sentire la sua bocca spalancarsi, e sebbene Ron stesse sorridendo goffamente, muovendosi a disagio sulla sedia, non riusciva a chiuderla. Ron. Ron. Che diavolo-?

“Hey.” Harry si voltò di scatto verso il subdolo stronzetto biondo che gli aveva appena pizzicato mano. “Vuoi scrivere questa roba, o vuoi continuare a fare quell’espressione da pesce lesso?”

Harry rimase immobile. Draco aveva le sopracciglia alzate e, più che altro, sembrava un insegnante irritato. Non degnò Ron di uno sguardo, non sembrava affatto turbato. Che serpentello disonesto. Continuò a fissare la piuma nella mano di Harry prima di tornare ai suoi compiti.

Harry deglutì nervosamente, tornando con lo sguardo a Ron. Stava prendendo i suoi libri di Incantesimi. E se avesse notato quanto era diverso Harry? Era abbastanza vicino da notare le sue occhiaie, o quanto era magro, e se gli fosse spuntato un livido mentre era lì? L’avrebbe notato di sicuro. L’avrebbe notato. Oh, merda. No. No, no, no. L’avrebbe-!

Il piede di Draco continuava il suo movimento. Su e giù. Su e giù.

Harry riprese il respiro che non sapeva di star trattenendo, alzò lo sguardo giusto in tempo per notare le iridi grigie abbassarsi. Era un completo bastardo, ma Harry non avrebbe saputo cosa fare senza di lui.

Lentamente, si voltò di nuovo verso Ron. “Questa sì che è una sorpresa… come va?” Accidenti a lui e alla sua voce tremolante?

“Sì, bene, amico. A te? Sembri un po’ stanco.” Era normale; quello poteva essere il Ron di qualsiasi anno.

“Non ho dormito molto stanotte.” Accidenti a Draco per aver ghignato dopo quella frase; il volto di Harry andò a fuoco per l’imbarazzo.

“…incubi?” Chiese goffamente Ron, grattandosi la testa. Dio, la cosa gli strappò un sorriso. Era così… familiare. Così tipico di Ron.

“Qualcosa del genere.”

“Davvero?” Ebbe la faccia tosta di chiedere Draco, seppur a bassa voce. Rivolse a Harry un ghigno e alzò le sopracciglia prima di tornare ai sui compiti. Oh, buon Dio, l’avrebbe pagata per quel commento. “Potty, se non hai intenzione di scrivere, perché sto sprecando il mio tempo?”

“Perché adori tormentarmi.” Ribatté Harry, tuttavia, prese la pergamena quando vide che Draco continuò a fissarlo. Non poteva permettersi di perdere il suo tutor; non adesso che aveva una possibilità di passare Pozioni.

Harry guardò Ron mentre scriveva, e gli rivolse un piccolo sorriso mentre copiava l’orribile grafico. Ron sembrava un po’ in imbarazzo, ma si sforzò di fare i suoi compiti. Aveva deciso di sedersi lì, e da vero Grifondoro, sarebbe rimasto fino alla fine. Non sembrava che gli dispiacesse stare vicino a un Malfoy se significava studiare con Harry.

Rimasero in silenzio per un po’, e la cosa sembrò estendersi agli altri studenti alla vista della loro strana disposizione. Era… bello.

Harry non riusciva a concentrarsi sulla pagina. Cercò di leggere il paragrafo, ma i suoi occhi continuavano a spostarsi su Ron; stava leggendo la stessa frase da un po’, con la fronte aggrottata e il naso arricciato. Lo faceva sempre quando non capiva. Ma di solito ci avrebbe già rinunciato. Mentre Harry guardava Ron, lo vide lanciare piccoli sguardi a Draco. Ah, ecco spiegato tutto. Non voleva dargli l’occasione per ridicolizzarlo. Poi, guardò Harry.

I loro sguardi si incrociarono, ed entrambi dovettero trattenere le risate. Era come quando Hermione li costringeva a studiare.

“Spiega i grafici.”

Harry si voltò di scatto sulla sedia, e guardò Draco. Stava ancora scrivendo, concentrato sui suoi compiti. “Uhm… ecco, ci sono alte e basse classificazioni… e cinque sottoclassi per ognuna.”

“Uh-huh.”

“E… se ci capita una domanda sugli ingredienti… dobbiamo solo copiare questo grafico.”

Draco alzò finalmente lo sguardo, con le sopracciglia alzate.

“Penso che ci siamo soffermati abbastanza su questo grafico.” Continuò Harry, con il volto in fiamme. “Possiamo passare all’acidità e all’alcalinità delle pozioni adesso?”

“L’abbiamo già fatto.” Il volto di Draco era l’emblema della noia, ma i suoi occhi brillavano di divertimento. “Ed è per questo che passeremo a qualcosa di nuovo. Hai appena letto le sottoclassi, vero?”

“…sì…” Sembrava troppo calmo per aver passato un’ora a studiare per niente. Si sentiva come se stesse per incappare in una trappola. Guardò Ron, ma non gli offrì alcun aiuto, si limitò a scrollare le spalle.

Draco ghignò. Era pronto all’attacco. “Che ne dici se facciamo così; ci sono dieci sottoclassi. Per ogni risposta sbagliata, dirò a Weasley un dettaglio dell’incubo che hai avuto stanotte.”

“Che bastardo.”

“Alto rischio. Vai.”

Oh, merda. Doppia merda.

Harry fece per sbirciare il libro, ma Draco lo chiuse immediatamente. Il suono riecheggiò per la biblioteca, fin troppo rumorosamente. I suoi appunti erano incoerenti.

“Ehm… alto rischio… bene…”

Il ghigno di Draco aumentò, e si voltò verso Ron. “L’incubo della scorsa notte riguarda Harry e un bagno.”

“Sta’ zitto!” Harry si voltò verso Ron, che sembrava piuttosto a disagio. “Non ascoltarlo. Non è…” Stava per dire ‘non è vero’… ma non sarebbe stato onesto. Quello che avevano fatto quella notte era di sicuro successo, e non voleva insultare Draco negandolo. “…ignoralo e basta. E tu!” Si voltò di nuovo verso Draco, che aveva semplicemente piegato la testa da un lato.

“Alto. Rischio.”

“Andiamo, non lo so!”

“C’ero anche io nell’incubo.”

“Materia organica!”

“Per esempio…?”

“Uhm… sangue… piante? Uhm…”

“Organi.” Aggiunse Ron, e Harry colse subito il suggerimento.

“Sì, organi! Uhm… peli di animali…”

“Nell’incubo, gli ho-”

“OSSA!” Harry non credeva che fosse possibile arrossire così tanto. Draco si limitava a ghignare, che bastardo. Ron adesso si era accigliato. “Visto, li ricordo. Dobbiamo davvero-?”

“Basso rischio; inorganico. Vai.”

“Metalli, acqua… uhm cii-iibo?” Che altro? Cos’altro si utilizzava per fare pozioni? “Incantesimi! Usiamo gli incantesimi!”

“L’ultima.”

“Uhm…” Cosa diavolo era? Pensa, pensa, pensa! “Penso…”

“Ero piuttosto dominante nell’incubo, non è vero?” Ghignò Draco, “Ti ho spinto nel cubicolo della doccia e -oomph!” Harry si lanciò dall’altra parte del tavolo per zittire lo stronzetto biondo, tappandogli la bocca con le mani. Usò troppa forza; scivolò sul banco e sbatté contro Draco, facendoli cadere entrambi sul pavimento, insieme a una pila di libri e pergamene.

“Chiudi quella maledetta bocca!” Lo avvertì Harry, che urlò quando Draco gli morse le dita, come aveva fatto lui la sera prima. Un piccolo ricordo della scorsa notte, e l’orrore che Draco stava per rivelare a Ron suddette attività.

“Era buio, quindi non riuscivamo a vedere, ma riuscivamo a-”

“No! Smettila! Sta’ zitto!”

“Harry ha deciso di-”

“LA-LA-LA! Niente!” Harry finì per premere più forte contro il volto e la bocca di Draco, ed era piuttosto difficile visto che continuava a mordergli le dita, e aveva anche due mani per spingerle via. “Andiamo, che bastardo senza cuore! Ne ho elencate nove!”

“I suoi pantaloni erano-”

“NO! Basta!” Aveva bisogno di farlo stare zitto. E anche subito. “Draco, ti giuro che prenderò la Sonnosenzasogni per il resto dell’anno se non chiudi quella cazzo di bocca!”

Draco stava ridendo. Al contrario di lui, sbuffò divertito e alzò gli occhi al cielo. Dannazione, ma adesso anche Harry stava trattenendo un sorriso. Si erano appena resi ridicoli di fronte a tutta la biblioteca.

“È quello che dici ogni volta.” Ridacchiò, con gli occhi che brillavano con vivacità. “L’ultima era ‘sostanze chimiche’, come l’antimonio in forma liquida.”

“E come diavolo avrei dovuto saperlo?” Chiese Harry, alzandosi in piedi. Si guardò in torno e sospirò quando vide tutti quanti li guardavano con interesse. Ron…

Ron sembrava completamente imbarazzato. Era paonazzo, e fissava il soffitto anziché la piccola disputa. Semmai, Draco sembrava compiaciuto dal suo operato.

“Però te lo ricorderai, dico bene?” Ghignò Draco. “Adesso disegna quel cazzo di grafico decentemente.”

.

.

.


Harry guardò Ron lasciare la biblioteca con le pergamene piene di appunti di Pozioni. Aveva abbandonato Incantesimi nel giro di venti minuti, e aveva iniziato a copiare con discrezione tutto quello che Draco aveva da dire. Forse Draco non gli andava a genio, ma non poteva negare le sue abilità con il calderone.

La situazione si era calmata molto dopo il test per cui Draco l’aveva tormentato. Era come se quel momento di umiliazione avesse lavato via tutto il resto, e così, si erano potuti godere la tranquillità. Ron aveva detto a Harry come stavano gli altri, e Harry gli aveva assicurato che era solo stanco. Avevano parlato di Quidditch per un po’, e si erano scambiati sguardi ogni volta che Draco riportava pedantemente la conversazione sullo studio.

Ovviamente, Draco e Ron non si erano scambiati una parola. Si lanciavano sguardi, rimanendo sospettosi l’uno dell’altro. Ma non volò una singola minaccia, o una presa in giro. Doveva essere stata una tortura per entrambi.

“Okay, perché l’hai fatto?” Chiese Harry non appena Ron se ne fu andato, voltandosi per rivolgere un’occhiata inespressiva a Draco. Era stato fantastico, ma Draco sapeva perché Harry li stava evitando. Lo sapeva.

“Suppongo che non sia giusto che io monopolizzi tutto il tuo tempo.” Draco scrollò le spalle con indifferenza. “E ad essere onesti, sapevo che avrei avuto la possibilità di metterti in imbarazzo. Non ha funzionato molto bene, però, dopo che hai iniziato a placcarmi.”

“Ti avevo avvertito di stare zitto.”

“Non posso dire che mi sia dispiaciuto.” Draco ghignò in risposta. “Di sicuro ha fatto diventare Weasley di una bella tonalità scarlatta, non è vero? La prossima volta mettiti a cavalcioni su di me. Voglio vedere se diventa viola.”

“Sei impossibile.”

“Tu sei un idiota.”

“Cretino.”

“Stupido.”

Cosa stava architettando il serpentello disonesto?

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Draco atterò per primo nell’ufficio, fin troppo consapevole che se non l’avesse fatto, molto probabilmente Harry si sarebbe rintanato di nuovo a letto. Ignorò entrambi i Guaritori che lo guardavano con entusiasmo. Non li avrebbe definiti Guaritori capaci finché non avessero guarito Harry. Non era ancora successo, quindi il loro status restava uguale. Erano meglio di Madama Chips, ma non erano comunque degni di merito.

Il camino ruggì alle sue spalle, quindi tese una mano per evitare che Harry cadesse. E, come previsto, il suo bel moro la afferrò nel momento stesso in cui cadde dal camino. Si raddrizzò e si mosse a disagio. Non voleva essere lì.

“Buonasera Signor Potter. Mi segua per favore.” La più anziana era molto pragmatica, il che era preferibile alle lacrime e ai singhiozzi di Madama Chips. Ma sarebbe stata capace di empatia quando Harry ne avrebbe avuto bisogno? Draco ipotizzò che era per quello che le avevano affiancato l’altra Guaritrice.

La suddetta gli stava sorridendo. Draco per poco non storse la bocca quando gli fece l’occhiolino, ma il suo autocontrollo era migliore di così. Le offrì uno sguardo indifferente e si voltò verso quella più grande. Era con lei che voleva parlare.

“Le dispiace se io Harry ci prendiamo un momento di privacy prima di iniziare?” Le chiese, ignorando lo sguardo che Harry gli lanciò e il ghigno della Guaritrice Harris.

“Abbiamo una scaletta molto serrata.”

“Non ci vorrà più di un minuto; ha la mia parola.”

“Un minuto e basta?” Sbuffò divertita la Tirocinante Harris, incrociando le braccia al petto.

“È quello che ho detto.” Dovette dire Draco. Detestava davvero quella ragazza.

“Bene. Seguiteci, lasciate che vi mostriamo la vostra stanza.”

Bene. Oppure no, dipendeva dalla situazione. In quel momento, Draco era sul punto di vomitare. Non voleva farlo. Neanche un po’. Accidenti a Harry per averlo costretto a fare una cosa del genere.

Harry lo stava fissando con confusione; probabilmente aveva percepito il suo stato d’animo infelice. Non poteva più nascondergli niente; stava diventando un maledettissimo libro aperto.

“Hai completato il Numero Trentadue, giusto?” Chiese, ignorando la Guaritrice Harris. Li stava fissando come un falco, e non si faceva scrupoli a renderlo evidente.

Harry si limitò ad accigliarsi. Non sapeva cosa stava per succedere. “No.”

“Sei stato il cercatore più giovane del secolo, un record che ancora detieni.”

“…ma sarebbe come se non l’avessi completata se mi accontentassi di questo.”

“…bene. Ne completeremo due simultaneamente.”

“Quali due?”

Tempo di iniziare. “Trentadue e Ventuno.”

Harry rimase in silenzio al suo fianco. Bene. Se avesse parlato, li avrebbe fatti scoprire. Era molto probabile che dicesse qualcosa che li avrebbe resi sospetti.

Si avvicinarono alla stanza, e rimasero goffamente in silenzio quando gli altri se ne andarono. Harry era l’incarnazione del senso di colpa, il che attirò alcuni sguardi curiosi. Si mosse a disagio, incrociò le braccia, si morse il labbro. Se lui era preoccupato, Draco era maledettamente terrorizzato.

“Un minuto.” La Guaritrice Harris fece l’occhiolino mentre se ne andava, soffermandosi su Harry. “Via al tempo.”

Appena la porta si richiuse, Draco sfoderò le bacchette. Tutte e due.

Lanciò a Harry la sua, e finse che non gli importava quando la afferrò maldestramente. La teneva anche in modo strano, come se fosse un oggetto che non aveva mai toccato.

“Bene. Il record per il duello più veloce è quindici secondi.” Draco fece apparire un cronometro. “Niente incantesimi particolarmente cattivi.”

“Va bene.” La voce di Harry tremò. Sembrava terrorizzato. “Ma che ne dici se-?”

“Inchinati, Harry.”

Si posizionarono l’uno di fronte all’altro, e si inchinarono. Merlino, il cuore di Draco stava battendo all’impazzata. Harry sembrava preoccupato; continuava a mordersi il labbro. No, doveva concentrarsi. Doveva battere i quindici secondi.

Si rialzarono, e Draco diede il via al cronometro.

“Stupeficium!” Urlò, e sperò che lo cogliesse prima di lanciare un veloce incantesimo di protezione per bloccare la fattura di Harry. Non si era ancora dissolto quando ne lanciò altri due. “Gambemolli! Impedimenta! Expelliarmus!” Il primo incantesimo non centrò il bersaglio, al contrario dell’Impedimenta.

Harry sbatté contro la parete, e la bacchetta volò via dalle sue mani. Draco fermò il cronometro e si fiondò su Harry. Nel giro di pochi secondi era andato tutto al diavolo.

“AIUTO!” Urlò, “HA BISOGNO D’AIUTO!” Harry era diventato pallido come un lenzuolo, e aveva sgranato gli occhi. Annaspò, ma non sembrava in grado di inalare aria. Strinse una mano al petto, con gli occhi sbarrati. No. Sarebbe stato bene. L’avevano fatto in ospedale proprio per quella ragione. Sarebbe stato bene. Se quei cazzo di Guaritori avessero mai deciso di arrivare! “AIUTO!” La voce di Draco si spezzò mentre urlava, e fu interrotto dal suono della porta che si spalancava.

I Guaritori accorsero, gridavano, puntavano bacchette e lanciavano incantesimi. Qualcuno afferrò il braccio di Draco e lo tirò in piedi, sottraendogli la bacchetta. Poteva vedere Harry che continuava boccheggiare e a tossire, non riusciva ancora respirare! Perché non riusciva a respirare?

“Cos’è successo?” Gli stava urlando qualcuno. Oh, Harris. “Cos’hai fatto?”

“Lui…” Perché era così difficile parlare? “Ha usato un incantesimo.”

“Quale?” Harry non riusciva ancora a respirare. Stava diventando cianotico. “Guardami.” Lo avevano spinto nel corridoio e avevano sbattuto la porta. Draco non ebbe altra scelta che voltarsi con riluttanza verso la ragazza a malapena più grande di lui. Per una volta, non stava sorridendo. “Harry sta bene. Lo stanno curando. Puoi aiutarmi dicendomi che incantesimo ha utilizzato.”

“Non riesce a respirare.” Perché le sue mani stavano tremando? “Non sta respirando.”

“Dimmi qual era l’incantesimo. Malfoy, concentrati. Qual era l’incantesimo?”

“Penso…” Cos’aveva urlato? Era stato così concentrato sul finire il duello il prima possibile che non aveva prestato attenzione. “Ricordo un Confundus.” Rispose infine, accigliandosi. Sapeva come sarebbe suonato.

“Bene. Siediti lì, verrò a prenderti quando starà meglio. Okay?” La ragazza cercò di rimanere impassibile, ma Draco sapeva come funzionava. Stava per chiamare la sicurezza. Draco si avvicinò a una delle sedie, e ci si lasciò cadere lentamente. Ogni volta che chiudeva le palpebre vedeva Harry che annaspava per cercare aria. 

…che aveva fatto?

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21. Finire un duello prima che LA COSA reagisca.

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“Di recente ci sono stati altri incidenti?”

“Non risponderò finché non portate indietro Draco.”

Kelly non fu contenta di quella decisione; la sua mascella era rimasta serrata per gli ultimi venti minuti per l’assenza di collaborazione di Harry, e la sua schiena era rigida. Pensava che l’incidente fosse colpa di Draco. Tutti lo pensavano.

Non avevano capito niente.

I ricordi di Harry erano tutti confusi; si ricordava com’era faticoso inalare aria senza che avesse un posto dove andare, il dolore nelle profondità del suo petto. Si ricordava il panico, l’espressione terrorizzata di Draco, le persone che urlavano da qualche parte in lontananza. Si ricordava Draco che veniva trascinato via dalla stanza, ma a quel punto aveva perso i sensi. Era quello che faceva la mancanza d’aria a una persona.

Ed era sicuro che a Harry fosse mancata; questa volta i suoi polmoni erano spariti. Be’ il suo polmone sinistro e tre quarti di quello destro. Ma ne era rimasto abbastanza da ricavare un po’ d’ossigeno attraverso una gamma di pozioni disgustose per far ricrescere l’altro polmone.

Respirare faceva male. Parlare era uno sforzo; non aveva abbastanza fiato per finire le frasi. Se parlava per alcuni secondi, finiva per avere l’affanno. Aveva provato a chiedere di restituirgli Draco già due volte, e in tutte e due le occasioni aveva perso conoscenza. Continuavano a svegliarlo.

“Non possiamo farlo tornare-” Tentò di dire Kelly, che cercò di non arrabbiarsi quando Harry la interruppe. Fino a quel momento aveva mantenuto la sua indifferenza, una santa pazienza. Si stava esaurendo.

“Allora me ne vado.” Affannò Harry, che si tolse le lenzuola di dosso, sforzandosi di mettersi a sedere. I Guaritori si scambiarono degli sguardi. Il mondo girò, ma Harry resistette; gli stavano facendo ricrescere i polmoni, ma la piccola sezione che gli era rimasta non era neanche lontanamente abbastanza per sostenerlo. Le sue gambe tremarono per lo sforzo di alzarsi in piedi; quasi non si accorse dei due Guaritori che si avvicinarono per afferrarlo non appena sarebbe inevitabilmente caduto.

“Torna al tuo posto.” Kelly cercò di rendere il suo tono di voce più severo. “Sei qui per il tuo trattamento-”

“Sono qui per… la tortura…” La interruppe di nuovo Harry, combattendo contro i suoi giramenti di testa. “Dov’è…Draco?”


“È stato trattenuto.”

“Perché tu hai chiamato gli Auror!” Harry serrò di scatto la mascella, contrariato dalle sue stese urla. Oh, aveva bisogno di sedersi. Riusciva a sentire le gambe cedere sotto il suo peso; le sue mani stavano tremando. Rimase lì dov’era.

“È il protocoll-” Tentò di dire il Guaritore dietro di lui, un uomo sulla trentina con un tono sospirante. 

“Chiamare la sicurezza, forse. Non gli Auror!”

“Il protocollo prevede che chiunque sia sospettato di un reato-”

“Reato?”

“E visto che il suo Marchio Nero era in bella vista-”

“Non stai migliorando la situazione.” Kell lanciò al Guaritore un’occhiata truce, per poi tornare con lo sguardo a Harry. A giudicare dai loro sguardi, ormai tutti avevano notato che stava tremando. Ancora pochi secondi e sarebbe collassato. “Harry, hai bisogno di tornare a sederti. Ti procurerai altre ferite. Sei qui perché vuoi essere quanto più in salute possibile, giusto?”

Harry la fissò, trattenendosi dal ringhiarle contro. Kelly gli piaceva, ma non capiva. “Sono qui…” Affannò, odiando il fatto che la sua voce era poco più che un sussurro, “perché Draco mi ha costretto. Se lui…” Tossì, e barcollò leggermente, ritraendo le mani dal Guaritore che stava cercando di aiutarlo. Non poteva farcela da solo! “… non mi avesse trascinato fin qui…” Un’altra crisi di tosse scosse il suo corpo. Rabbrividì quando si accorse quanta poca aria riusciva a inalare. Il suo corpo non poteva reggere con così poca aria, giusto? “Per favore.” Non gli importava di essersi ridotto a implorare. Non aveva pudore, non più. “Non posso farcela senza-” Un'altra crisi di tosse.

“Perché non è a letto?” La Guaritrice Brown entrò nella stanza, accigliandosi. Fece schioccare la lingua sul palato, e indicò con un dito tozzo. “Torni a letto. Non capisce che il suo corpo ha bisogno di riposo? Al momento sta funzionando con pochissimo ossigeno a disposizione; ha bisogno di dargli la possibilità di guarire.”

“Si rifiuta di fare il trattamento finché non gli restituiamo il suo toy-boy.” Kell non sembrò turbata dall’occhiata che ricevette per il suo tono schietto. “Quello sotto interrogatorio.”

“Be’, starcene fermi qui è una perdita di tempo, non credete?” Rispose seccamente Brown, fissando Harry. Si sentiva uno scarafaggio sotto quello sguardo, ma si rifiutò di distoglierlo. Riusciva già a reggersi in piedi a mala pena, guardare altrove avrebbe potuto farlo cadere. “Non vuole denunciarlo? Si assume tutte le responsabilità, dico bene?”

Cosa?

Harry deglutì a vuoto, ma annuì. Il mondo girò intorno a lui, e all’improvviso due Guaritori lo stavano sorreggendo.

Dio, odiava essere così debole.

“Bene. Signor Potter, mi faccia il piacere di tornare a letto. Guaritore O’Brien, per favore, informi gli Auror che il paziente non ha intenzione di sporgere denuncia e che si assume tutte le responsabilità dell’accaduto, e si scusi per aver sprecato il loro tempo. Spieghi quanto possano essere fastidiosi alcuni protocolli. Poi, accompagni qui il Signor Malfoy, così possiamo iniziare. Guaritore Croft, qual è la percentuale di polmoni ricresciuta?”

“…ventitré percento.”

“Continuate così.” A Harry piaceva quella sua attitudine assurda. Avrebbe potuto baciarla per la scusa che gli aveva suggerito. “Guaritrice Harris, prenda informazioni dal Signor Potter. Signor Potter, perché non è ancora tornato a letto? I suoi polmoni sono appena stati rimossi; ha bisogno di riposo.”

Harry si lasciò trasportare verso il letto, e affondò sul materasso con un sospiro. Gli faceva male tutto. Respirare era difficile. Di certo se avesse riposato gli occhi per un attimo e avesse stabilizzato il suo respiro, gli avrebbe fatto bene? E comunque, non potevano iniziare la diagnostica finché i suoi polmoni non avessero raggiunto un peso sostanziale.

Cristo, la diagnostica.

Era già esausto e il trattamento non era ancora iniziato.

Che Dio lo aiuti.

“Hai bisogno d’acqua?” Gli chiese Kelly, un tantino irrigidita. Aspettò che scuotesse leggermente la testa prima di iniziare. “Hai avuto qualche altro incidente?”

“No.”

“Non ci credo neanche un po’, quindi riproviamo. Quali sono stati i nuovi incidenti?”

Harry riuscì a rotolare su un fianco per incontrare il suo sguardo. Non sembrava arrabbiata per la scenata di poco prima, solo preoccupata. Stava diventando più bravo a decifrare le emozioni che si nascondevano dietro le maschere dei Serpeverde. “Mi dispiace.” Sussurrò, ignorando la risatina incredula dell’altra. “Non volevo… farvi preoccupare…”

“Sono più preoccupata per la tua mancanza di interesse verso la tua stessa vita.” Ouch. “Adesso smettila di evitare le domande; quali sono i nuovi incidenti?”

Avrebbe dovuto dirgli che stava peggiorando? Avrebbero fermato il trattamento e l’avrebbero lasciato vivere i giorni restanti in pace… o avrebbero inventato qualche nuova tortura? L’avrebbero costretto a restare in ospedale, dove potevano controllarlo meglio? Avrebbero dichiarato che Hogwarts era troppo pericolosa?

E se l’avessero detto a Draco?

“…il mio piede si è addormentato… mentre camminavo. E almeno una volta al giorno… dei lividi… sbucano dal nulla. Niente di grave.”

“Uh-huh.” Harry non riusciva a incontrare il suo sguardo; era colmo di sospetto. Aveva capito che stava mentendo nel momento stesso in cui aveva aperto bocca. “Nessuna attività pericolosa? Da paragonare ai polmoni scomparsi?”

La sua magia stava reagendo alla magia esterna.

Se i Guaritori avessero usato degli incantesimi su di lui avrebbero potuto ucciderlo.

“…non questa settimana.” Era un nuovo sviluppo; non sarebbe peggiorato immediatamente. Aveva ancora tempo per capire come spiegarlo. 

“Ti sei sentito stanco di recente? Più del solito? Trovi difficile alzarti al mattino? Ti senti come se non avessi energie?”

Sì. “No.”

“Hai più sbalzi d’umore del solito? Come se passassi velocemente da un’emozione all’altra?”

“No.” Sì.

“Ti ritrovi a pensare di mettere fine a tutto questo?”

“No.” Harry si spostò, cercando di trovare una posizione che non gli facesse male. “Non penso… di mettere fine alla mia vita. Non sono depresso… e non sto diventando matto. Ho… solo avuto un momento di debolezza. Una… tentazione…”

Kelly alzò lo sguardo dai suoi appunti, con lo sguardo carico di tristezza. Harry non riusciva a ricambiarlo, si limitava a fissare la coperta di lana che gli copriva le gambe. “Hai spesso… questi momenti di debolezza?”

Harry non rispose, il che, di conseguenza, rispose alla sua domanda.

Pensava di morire? Certo. Cercava modi di morire? No.

Ma non aveva ancora detto a nessuno del suo peggioramento. Come poteva classificare la cosa se non come puro terrore? Come avrebbe mai potuto dirlo a qualcuno? Draco non era nemmeno nella stanza, eppure non riusciva a pronunciare quelle parole. Sto peggiorando… aiuto.

No. Rimase in silenzio.

Non era nient’altro che un codardo.

“Stai continuando a prendere le pozioni?” Kell non si soffermò su quella domanda scomoda, ma si concentrò su quella successiva. Stava reprimendo la disapprovazione con un’espressione tranquilla, il che era d’aiuto. Almeno non c’era pietà nei suoi occhi. Tristezza, sì. Confusione, certo che sì. Pietà? Neanche un briciolo.

“Sì.”

“Quante ne stai prendendo adesso?” Era una domanda semplice, ma era incredibilmente difficile rispondere. Quante doveva prenderne secondo l’ospedale? Avrebbe dovuto assumerne il corretto dosaggio, ma accidenti a lui, non se lo ricordava. Stava scolando pozioni in ogni momento libero per cercare di sopprimere la magia che non vedeva l’ora di ucciderlo.

“Uhm… alcune al giorno.” Finì per affannare Harry, evitando di nuovo il contatto visivo. “Una in più a quelle prescritte.” Non suonava poi così male; era meglio della verità.

“Va bene, ne aggiungerò qualcun’altra così puoi farne scorta.” Lo sapeva. In qualche modo, lo sapeva. “Allora, nient’altro da dichiarare?”

Dillo.

Dillo. Diglielo!

“No.” Codardo.

Kell mise giù i suoi appunti, e rivolse a Harry uno sguardo inespressivo. Ecco che arrivava la ramanzina. “Gradiresti un gelato?” Chiese, “O forse della cioccolata?”

Harry rimase di stucco, ma scosse comunque la testa. L’avrebbe vomitato di sicuro, e quella sera non aveva le energie per stringersi alla tazza del bagno.

“Bene. Hogwarts ha assunto qualcuno con cui tu possa parlare?” Di sicuro quel giorno saltava da un argomento all’altro, vero? Sembrava che lo facesse per confondere Harry; era un trucco che i Serpeverde avrebbero usato per ottenere una confessione.

“Come… per esempio?”

“Qualcuno con cui puoi parlare. Se hai altri momenti di debolezza, o tentazioni. Posso contattare un professionista, con il tuo permesso. Posso far sì che venga a Hogwarts così non c’è bisogno che tu venga fin qui.”

“No.” Non avrebbe parlato con uno sconosciuto della sua paura di morire. Non c’era niente di preciso di cui parlare; c’è una vita migliore oltre questa? Hai avuto una vita soddisfacente? No, e poi no. Non voleva un’altra vita, voleva continuare quella presente! E poi non aveva ancora avuto la possibilità di vivere; la sua vita era stata davvero vuota rispetto alle sue ambizioni.

“Non dovrai fare niente-”

“No.”

Kell sbuffò, facendo schioccare la lingua sul palato. Sembrava delusa, e non era una bella espressione da sfoggiare. La delusione era peggio della rabbia. “Bene. Dimmelo tu. Che posso fare per assicurarmi che non farai qualcosa di stupido come usare di nuovo la magia?”

Buon Dio, quel giorno stava saltando da un’emozione all’altra.

A dirla tutta i suoi sforzi gli strapparono un sorriso, per quanto piccolo.

“Non morirei…” Riuscì a sospirare, riuscendo a malapena a trattenere la tosse. “Draco non me lo permetterebbe.” Vide a malapena la sua espressione esterrefatta.

“E non dimenticartelo mai.”

Harry alzò lo sguardo al suono di quella parlata lenta, e tirò un sospiro di sollievo. Draco non sembrava arrabbiato per il fatto che la sicurezza dell’ospedale l’aveva trascinato via; anzi, sembrava più impassibile che mai. Ma…

Non si affrettò a raggiungerlo, come Harry si era aspettato. Se ne stava sull’uscio. Qualcosa non andava.

“Che è successo stavolta?” Chiese piano, e si accigliò quando senti Harry rispondere fra gli affanni.

“I polmoni… sono scomparsi.”

“Sei un marmocchio così viziato; che cos’erano quei lamenti? Era praticamente un nonnulla rispetto alle altre cose.”

Perché non si avvicinava?

“Sono una puttanella in cerca di… attenzioni.” Draco alzò le sopracciglia quando sentì la parolaccia. “Dovresti… saperlo che… amo i melodrammi…” Perché non si avvicinava? “Draco…” Harry tossì, ma cercò ti trattenersi con una smorfia. Doveva essere detto. “Sto bene.” La sua mano tremò, ma riuscì a protenderla per invitare Draco ad avvicinarsi. “Sto bene.”

Fu come se Harry avesse lanciato un incantesimo.

Draco si mosse dopo quel gesto, lentamente. Avanzò verso il letto, prese la mano di Harry, e sorprese tutti baciandola con delicatezza. Si sedette sul bordo del letto e si piegò in avanti per baciargli anche la fronte. 

“Mi dispiace.” Sussurrò, stringendolo con un braccio per tenere ferma la testa di Harry. Il che, a quanto pareva, era una mossa strategica, perché Harry tentò di alzare la testa quando sentì le sue scuse. Invece, la tenne ferma. “Mi dispiace così tanto.”

“Che vai… blaterando?” Sussurrò Harry a sua volta, contro il petto di Draco. “I Malfoy… non si scusano.”

“Mi dispiace.” Continuò, incredibilmente piano. Harry deglutì il nodo che gli si era formato in gola. Le dita di Draco lo stringevano così forte da fargli male. “Non succederà mai più. Lo prometto. Mi dispiace.”

Era troppo.

Draco era terrorizzato per Harry. Era sconvolto perché Harry aveva lanciato un singolo incantesimo.

Cosa diavolo sarebbe successo quando avrebbe scoperto che stava peggiorando?

L’avrebbe devastato.

Harry riuscì ad alzare un braccio pesante, e strinse Draco più forte che poteva. Appoggiò la fronte sul petto di Draco, inalando avidamente il suo meraviglioso profumo di vaniglia. Sebbene un quarto dei suoi polmoni fosse ricresciuto, era più difficile respirare in quel momento che venti minuti prima.

“Dispiace anche a me.” Sussurrò. Draco non aveva bisogno di saperne il motivo; l’avrebbe scoperto molto presto.

I due ragazzi distrutti se ne stettero sulla brandina dell’ospedale, un piccolo momento di conforto prima del dolore che li aspettava.

.

.

.

“Allora, a cosa serviva il cronometro?” Harry non si voltò per fissare Kelly; a muoversi furono solo i suoi occhi. Non si sarebbe mosso nemmeno se avesse voluto. Draco era steso accanto a lui, con un braccio sul suo petto e la testa sulla spalla di Harry. Non riusciva più a sentirsela, era intorpidita, ma non osava muoversi; la bocca di Draco era leggermente aperta e, per una volta, il suo volto era disteso. Sembrava tranquillo; un’espressione rara per il Serpeverde.

Kelly sembrava esausta; i suoi occhi erano scavati, e aveva sbadigliato già due volte mentre aspettava la sua risposta. Si era offerta di fargli da baby-sitter; dovevano assicurarsi che Harry e Draco non provassero ad affatturarsi a morte. Fino ad allora, era andata a controllarli solo una volta, e solo per accertarsi che Harry fosse stabile. Ipotizzò che si fosse calmata abbastanza per rivolgergli di nuovo la parola.

Tra le sue mani c’era il cronometro che Draco aveva fatto apparire prima del loro duello.

11.4 secondi.

Un altro obiettivo completato.

“Per cronometrare.” Rispose con un filo di voce Harry, e fu sollevato quando l’altra rispose con una melodrammatica alzata di occhi al cielo. Non era più furiosa.

“Molto spiritoso.” Rispose, mettendosi a sedere. “Un vero e proprio spasso. Sul serio, per cosa l’avete usato?”



Importava così tanto se l’avesse saputo?

Cosa mai poteva fargli, a parte una lavata di testa?

“…il duello più veloce della storia era quindici secondi.” Rispose piano Harry, osservando senza preoccupazioni mentre l’altra alzava le sopracciglia fino all’attaccatura dei capelli. “Era quello il record da battere.”

“Avete duellato?” Si sforzò di mantenere il suo tono neutrale. “In un ospedale?”

“Aiuto a portata di mano.” O almeno era quello che Harry pensava fosse il piano di Draco.

“…posso chiederti perché hai improvvisamente deciso che un duello fosse appropriato, date le tue condizioni?” Il pizzico di sarcasmo non passò inosservato.

“Ho una lista di cose che voglio fare prima di morire.” Era davvero strano che riuscisse a dirlo così apertamente. Senza nessuna emozione. “Il duello era una di queste. Be’, due di queste. Due piccioni con una fava.” Harry dovette distogliere lo sguardo quando ricevette quell’occhiata. Tornò a osservare il soffitto bianco sbiadito. “Draco non voleva, quindi è colpa mia. Ho insistito.”

“Avrebbe potuto rifiutarsi.”

“No.” Harry deglutì, “Gli piaccio troppo.”

“Forse volevi dire che ti venera troppo” Nonostante la sua disapprovazione, c’era del divertimento nel suo tono. Cristo, se solo fosse stato così semplice.

“No, è solo un’infatuazione.” Harry rispose con più calma possibile. “Godersi il momento. Non ci sarò più fra alcuni mesi, Kelly. Pensi davvero che sia giusto per me… cosa? Avere una relazione?”

“Tutti meritano l’amore.”

“Ecco dove si dividono le nostre opinioni.” Sussurrò Harry, rivolgendole di nuovo lo sguardo. Il sorriso era sparito, c’era un’espressione seria sul suo volto, di solito gioioso.

“Sai che ti dico,” Disse, scrollando le spalle dopo un momento di riflessione, “sono quasi le due del mattino; il tuo cervello sta chiaramente delirando per la mancanza di sonno. Quindi, dormi, ti sentirai meglio domattina.”

“Non posso.” Rispose Harry tornando al soffitto. Riusciva a sentire la pesantezza dell’ultima settimana tornare, sebbene Draco l’avesse proibito. “Incubi.”

“Ho la Sonnosenzasogni.”

“St-” Harry si interruppe quando Draco si mosse nel sonno, borbottando qualcosa di incomprensibile. Il suo volto era così disteso quando dormiva, così calmo. Nessuna maschera in vista; era un bel cambiamento. “Sto bene.” Finì per dire Harry, con un sorriso amaro. “Mi limiterò ad osservarlo.”

“Come uno stalker inquietante.” Rispose con un sorriso. “Okay. Mi sta bene. Ma se ritorno e sei ancora sveglio ti porterò della cioccolata. E dovrai mangiarla. Ordini della Guaritrice.”

“Certamente.”

Harry la osservò mentre se ne andava, per poi voltarsi di nuovo verso Draco. Il biondo si era stretto a lui durante il trattamento, e si era addormentato poco dopo. La Guaritrice l’aveva costretto a passare lì la notte, e gli aveva detto con impazienza che ai parenti non era permesso restare.

Draco era rimasto, perché come Harry le aveva fatto notare, non era un parente. E lui era Harry Potter, salvatore del Mondo Magico, colui che aveva sconfitto Lord Voldemort, e voleva che lo stronzetto biondo rimanesse.

Draco, che stava ‘dormendo’, aveva sorriso.

Era un bel cambiamento rispetto agli occhi gonfi.

Harry avrebbe voluto giurare di non far piangere Draco mai più; era troppo buono per essere ferito. Troppo maledettamente meraviglioso.  Voleva giurare che nessun’altra lacrima avrebbe lasciato quei perfetti occhi grigi; Draco avrebbe provato solo felicità, o contentezza. Che se avesse avuto un momento di debolezza non sarebbe stato a causa di Harry.



Se solo…

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32. Battere un record

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Capitolo 40
*** Confessioni ***


Buonasera! Ci siamo, questo capitolo è l'apice della perfezione, speriamo di essere riuscite a tradurlo al meglio. 
Condoglianze a chiunque abbia affrontato la prima prova dell' esame di stato :'D Siete vicini al traguardo!!! Mettetecela tutta!!!!

p.s. Per rispondere alle vostre domande sulla storia originale... abbiamo provato a metterci in contatto con l'autrice ma, purtroppo, non sappiamo ancora niente. 
Continueremo a tradurre fino al punto in cui si è fermata, sperando che riprenda al più presto. Incrociamo le dita :'(

Buona lettura 




Capitolo 40 – Confessioni


 
 
Neville scribacchiò gli appunti che Ron gli aveva prestato, per gentile concessione dell’impeccabile conoscenza in Pozioni di Malfoy. Avrebbe glissato sulla pagina se Ron non gli avesse fatto notare la sua utilità e, anche se odiava ammetterlo, il grafico che Malfoy aveva scritto aveva senso. In un modo che sarebbe stato capace di ricordare senza problemi.
 
Ron era stato fin troppo felice di condividere gli appunti; Neville non era il primo a copiarli. Seamus aveva fatto un urlo di gioia quando Ron aveva tirato fuori la pergamena, e ben presto tutti i Grifondoro dell’ottavo anno si erano messi a copiare il grafico. Hermione si era rifiutata, ma Neville l’aveva beccata a guardare il grafico con riluttante approvazione.
 
A nessuno sembrava importare che Ron aveva dovuto studiare con Malfoy per ottenere gli appunti; quel minuscolo fatto era stato ignorato per il potenziale vantaggio di cui tutti beneficiavano.
 
“Allora, com’è andata la sessione di studio?” Ron alzò lo sguardo come risvegliandosi dalle riflessioni in cui era immerso, con una scrollata di spalle già iniziata. Sembrava una reazione istintiva adesso, ogni volta che qualcuno chiedeva di Harry o Malfoy. Ron era stato tampinato per giorni e giorni per la partita a scacchi, ed era bene felice di sfuggire all’attenzione.
 
“È stata okay, immagino.”
 
“Okay?” Insistette Neville, curioso. Perché non doveva esserlo? Malfoy e Ron provavano un odio reciproco dal primo anno; c’era da stupirsi che fossero in grado di passare del tempo assieme, uno accanto all’altro, senza spargimenti di sangue. Malfoy era stato ben poco cordiale tutto l’anno, specialmente con i Grifondoro. Aveva ringhiato a Neville più di una volta. Era strano che improvvisamente invitasse Ron a una sessione di studio. Era Malfoy.
 
Ron esitò, guardandosi sopra la spalla con la coda dell’occhio e osservando il resto della stanza. Nessuno sembrava particolarmente interessato alla loro conversazione vicino alla finestra. Tutti erano raggruppati attorno al fuoco, lottando contro i compiti. L’unica altra persona dell’ottavo anno era Seamus, e stava dormendo sul pavimento vicino all’entrata.
 
“Va bene, è stato strano. Ero in biblioteca e tutto ad un tratto Malfoy mi stava fissando. Non ha neppure esitato, ha solo spinto in fuori la sedia. E, be’, Harry era al tavolo, quindi sono andato.” Ron parlava in fretta, come se non aspettasse altro che quella domanda. Cercava di sembrare distaccato, ma stava parlando troppo velocemente per essere credibile. “Harry non pensava che la sedia fosse per me; ha spalancato la bocca. Per un bel po’. Cioè, non è così strano, vero?”
 
Neville non poteva dargli le rassicurazioni che cercava, e quindi fece spallucce. Ron gemette, arricciando il naso. “Non è stato neanche Harry a invitarmi; è stato Malfoy. Seriamente, che cosa significa? Cosa sta escogitando il Furetto?”
 

 
Neville dovette fare di nuovo spallucce, facendo finta di non sapere. Malfoy stava iniziando i contatti tra i Grifondoro e Harry? O voleva che Harry tornasse nella torre, e Neville non ci credette neanche per un momento. Era una ragione stupida, e per di più Harry non l’avrebbe mai permesso. Oppure… la malattia di Harry non stava migliorando e Malfoy pensava che sarebbe stato meglio per Harry avere i suoi vecchi amici al suo fianco.
 
Chi avrebbe immaginato che Malfoy aveva un lato altruista?
 
“Immagino che ti abbia punzecchiato un bel po’, conoscendo Malfoy.”
 
“Non una parola.” Ron scosse la testa e rise allo sguardo incredulo di Neville. “Sul serio; e stato quasi completamente civile. Ma ha preso un sacco in giro Harry.” Fece una smorfia al pensiero, contraddicendo il suo sorrisino.
 
“Che è successo?”
 
“Eh? Cosa intendi?”
 
“Oh, andiamo. Sembra che tu stia per vomitare. E ora stai arrossendo.” Cosa cavolo poteva far sembrare Ron così mortificato? “È successo qualcosa?”
 
Ron si guardò di nuovo intorno, muovendosi a disagio. Si chinò in avanti, facendo cenno a Neville di fare lo stesso. Neville era sconcertato. “Pensi… si comportavano…” Oh, no. “Si comportavano come se stessero… assieme.”
 
Neville non riuscì a trattenersi; scoppiò a ridere.
 
La faccia di Ron era così seria, e il bisbigliare e il gridolino indignato alla domanda-!
 
Gli uscì di nuovo un grugnito per il ridere, mentre si teneva la testa fra le mani. Era troppo divertente. Si era aspettato che Ron chiedesse della salute di Harry, o che dichiarasse che voleva sapere perché li stava evitando. Il fatto che chiedesse della relazione con Malfoy? Era una bazzecola.
 
“Va bene. Ridi, ridi.” Ron aveva le braccia incrociate, imbarazzato. La sua faccia era ancora di una bella tonalità di scarlatto. “Ma ti dico, sono più che amici. Malfoy ha messo da parte della torta di melassa per Harry, l’altro giorno.”
 
“… Cosa?” Neville non lo stava seguendo. Cosa avevano in comune la torta di melassa e la relazione di Harry?
 
“Gli ha messo da parte la torta di melassa.” Ripeté Ron, come se potesse spiegare tutto. Poi sembrò cogliere l’espressione confusa di Neville, perché continuò. “È il dolce preferito di Harry. Durante la partita a scacchi; hanno giocato per tutta la cena, quindi nessuno ha mangiato. Ma mentre il cibo stava sparendo, Malfoy ha afferrato un piattino e lo ha messo davanti a Harry.”
 
“… E quindi?”
 
“Non importa, non capisci.” Proprio no. “E li ho visti in biblioteca, a lanciare palline in aria come i giocolieri.”
 
“Lanciare palline in aria?”
 
“Pensi che Malfoy potrebbe mai fare il giocoliere se non fosse obbligato? E poi, ha toccato i capelli di Harry.”
 
Neville ghignò. Che orrore. “Sì.Quello è assolutamente indice che stanno assieme.”
 
Ron gemette, attirando diversi sguardi. Si accasciò nella sedia, scuotendo la testa mentre cercava un altro esempio. “Poi… non importa.”
 
“No, questo è il tavolo della condivisione.” Rise Neville, punzecchiando il braccio di Ron per attirare la sua attenzione, che si era rivolta di nuovo verso la finestra. Questa era bella; Ron era di nuovo arrossito. “Andiamo; quali sono le prove?”
 
“… Va bene. Mentre stavamo studiando Malfoy stava prendendo in giro Harry; del tipo, lo stava sfidando. Doveva rispondere a una domanda e se diceva qualcosa di sbagliato, Malfoy mi avrebbe detto qualcosa del suo incubo più recente.” Ron qui fece una pausa, corrucciandosi. “Non penso che stessero parlando di un incubo.”
 
“E quindi stavano parlando di…?” Neville lo sollecitò, confuso. Cosa poteva essere così grave da…
 
“Harry aveva dei succhiotti sulla clavicola.” Ron bisbigliò, e fece una faccia orripilata a Neville. “C’entrava un bagno, e qualcosa con i suoi pantaloni, e…”
 
“No, no, è sufficiente!”
 
“Era più che sufficiente per me!” Ron sputacchiò, scuotendo la testa. “Loro… cioè… andiamo!”
 
“Non voglio sapere.”
 
“Neanche io volevo sapere!” Gemette Ron, “Cioè… Malfoy? E Harry? Cioè, se a Harry piacciono i ragazzi… certo. D’accordo; posso accettarlo.”
 
“Che generoso.”
 
“Ma quello snob, stronzo, idiota di un furetto? … Perché?” mugolò Ron, tenendo la testa fra le mani. Neville poteva capire il suo sconcerto; era solo… Malfoy. Non c’era bisogno di altre spiegazioni. “E non mi stupisce che Harry si sia tenuto alla larga da me, dopo quello che gli avevo detto. Non sapevo che fosse vero, ma… Dio, ero così arrabbiato che mi è uscito…”
 
“Sono sicuro che non fosse così male.” Ron poteva dire cose insensibili a volte, ma non era mai qualcosa che potesse distruggere un’amicizia.
 
“Gli ho detto che era sodomia.”
 
“Ouch.”
 
“Ecco, appunto.”
 
“Sarà meglio che ti scusi.”
 
“Ovviamente, ma non cambierà il fatto che l’ho detto, e che Harry è rimasto incazzato per mesi.”
 
… Ma era davvero così?
 
Tutti ignoravano qualche parola insensibile; un commento o due non erano motivi per portare rancore. Harry la stava usando come scusa per proteggere il suo segreto.
 
Neville non sapeva cosa dire; sapeva che Harry non stava rimuginando su un commento di mesi prima. Ma se lo diceva a Ron, avrebbe preteso di conoscere la vera ragione, e Neville non aveva il permesso di rivelargliela. Non poteva proteggere un amico e mentire a un altro. Quindi annuì, e rimase in silenzio.
 
Ron lo scoprì subito.
 
Alzò le sopracciglia, e incrociò vistosamente le braccia, ma fece spallucce come se cercasse di sembrare indifferente “Neville… hai menzionato a colazione che sapevi il motivo per cui Harry ci sta evitando. Sai che si sta comportando in modo strano…”
 
Neville sospirò nella sua testa; sapeva che se lo doveva aspettare.
 
Ron si grattò il naso, fissando la finestra. Aspettò un momento, forse per permettere a Neville di rispondere alla domanda implicita. Solo quando rimase in silenzio Ron parlò di nuovo.
 
“È… È un buon motivo?” Chiese tristemente. L’umorismo era stato come afferrato dall’aria e strozzato. Come potevi ignorare una cosa del genere? A Ron mancava solo il suo amico; a tutti mancava.
 
Lo avrebbero perso.
 
“Non direi buono.” Almeno questo poteva dirlo; non stava infrangendo una promessa. Il segreto di Harry sarebbe rimasto suo. “È una cosa…” Come dirlo, però? Ron lo fissò dalla coda dell’occhio, incupendosi quando Neville fece fatica a trovare le parole. “… fottutamente orrenda.”
 
Ron sbatté le palpebre per la parolaccia, rigirandosi infelice verso la finestra. “Sì. Era quello che temevo.”
 
.
 
.
 
.
 
Harry camminava per i corridoi, con uno zellino in mano, facendolo roteare fra le dita. Immaginava che sarebbe stato meglio completare la lista il prima possibile, dato che sembrava improbabile che sarebbe stato in circolazione ancora per molto. Non voleva essere così blasé, ma…
 
Non gli importava.
 
Quell’attesa, e deterioramento… erano un inferno. Un vero inferno.
 
Ovviamente, cambiava opinione in cinque minuti, ogni cinque minuti. Quella mattina era andata piuttosto bene; aveva saltato Trasfigurazione perché aveva dormito di più, cosa che non gli dispiaceva affatto. Aveva fatto un pranzo sostanzioso senza sentirsi male dopo, che era una vera e propria prodezza. I succhiotti, che gli avevano decorato il collo per tutta la settimana a sua insaputa, erano finalmente sbiaditi fino a diventare un livido leggero leggero. Draco lo aveva aiutato nei compiti di Pozioni, e lui aveva seguito e capito sul serio quello che lo stronzetto biondo stava cercando di insegnargli. Era stato un momento di orgoglio per tutti.
 
E poi, mentre era seduto a Incantesimi, facendo i compiti invece di fare pratica col nuovo incantesimo, le unghie della mano sinistra si erano frantumate.
 
Era come se stesse succedendo a un’altra persona; Harry aveva fissato le linee che decoravano ogni unghia, e aveva sbattuto le palpebre per la sorpresa quando le goccioline di sangue avevano iniziato a filtrare attraverso le crepe. Faceva davvero male; gli sembrava di aver immerso le punte di ogni dito in un fuoco acceso.
 
Harry aveva silenziosamente tirato giù la mano dal tavolo, e l’aveva messa in grembo. Nessuno se ne era accorto. Nessuno l’avrebbe saputo.
 
Aveva continuato il suo lavoro, anche se giusto un poco distratto.
 
Non aveva visto Pucey Junior a cena, quindi sperava di vederlo nella Sala Comune con, forse, dell’Essenza di Purvincolo. E dato che ogni Serpeverde era sicuramente gli occhi e le orecchie di Draco nel castello quando era assente – lacchè, davvero –, Harry supponeva di dover fare qualunque altra cosa piuttosto che fissarsi la mano e correre per il castello.
 
Quindi, girava la moneta, e cercava di completare un altro punto insignificante della sua lista inutile.
 
Tenne la moneta tra il pollice e il dito, stringendo la mano e facendo scivolare la moneta in una piega del pollice. Se lo faceva abbastanza velocemente…?
 
Provò di nuovo, e poi la fece roteare di nuovo sulle dita.
 
“Hey, Potter!” Harry lanciò un’occhiata al viso furioso di Nott, corrucciandosi. Cosa aveva fatto adesso per farlo arrabbiare? Di sicuro non era ancora arrabbiato per il fatto di dover tenere il segreto; non sembrava il tipo da serbare rancore. Harry aveva persino spedito suo padre ad Azkaban, e non sembrava esserne troppo dispiaciuto.
 
Harry fece roteare di nuovo la moneta sulle dita, facendola scivolare dietro al pollice quando Nott si avvicinò. Il Serpeverde vide l’azione e scosse la testa per il disgusto. Era il trucco di magia babbano che lo…?
 
Raggiunse Harry, e subito gli tirò uno scappellotto. “Idiota ignorante che non sei altro!”
 
“Ouch!” Harry schivò il secondo colpo e si portò fuori tiro. “Che cavolo di problema hai?”
 
“Tu!” Nott gli tirò un violento spintone, gesticolando verso la sua mano. “Hai fatto svanire la moneta! Vuoi ucciderti, o sei solo stupido come una capra?”
 
“È solo un trucco!” strillò Harry, spintonando via il ragazzo furibondo. Alzò subito la moneta, sbuffando. Nott non lo aveva solo colpito, aveva cercato di tirargli un pugno! Gli pulsava la testa; tuttavia, il Serpeverde non sembrava per niente in colpa. Anzi, sembrava ancora arrabbiato.
 
“Un trucco?”
 
“Un trucco babbano.” Harry si strofinò la testa mestamente e sospirò. “Non farei niente per farmi a pezzi nel bel mezzo di un maledetto corridoio; sconvolgerebbe i primini.” Harry fece roteare la moneta sulle nocche, la fece scivolare e la nascose dietro il pollice. “Visto? Un trucco.”
 
“Cosa ti è successo all’altra mano?” Harry non riuscì a trattenersi e gemette, tirando di nuovo la manica sopra la mano. Ma perché i Serpeverde non potevano essere un po’ meno perspicaci?
 
“Niente di cui preoccupare Draco.” Rispose in tono pacato, facendo finta di non vedere la smorfia dell’altro. Nott non voleva sapere più di quanto già non sapesse; a Harry andava benissimo. “Hai intenzione di scusarti?”
 
“Assolutamente no; te lo meritavi.” Sbuffò Nott, ricominciando a camminare verso la Sala Comune. Era perennemente corrucciato.
 
“E in che modo? Camminando? Facendomi i cavoli miei?” Nott lanciò di nuovo un’occhiata alla mano di Harry; un messaggio forte e chiaro. “Chi se ne frega. Non è che posso controllarlo.”
 
Nott lanciò un’occhiata al corridoio con un sospiro, fulminando con lo sguardo una ragazzina del secondo anno che era dietro di loro finché quella non si girò e sparì in un’aula a caso. Solo allora tirò fuori la bacchetta. “Le guarisco io…”
 
“No!” Harry si sforzò di calmarsi, e di ignorare le sopracciglia alzate. La sua reazione era tutto fuorché normale. “Io… lascia stare.”
 
“Ma Draco se ne accorgerà subito.”
 
“Lascia stare.” Ripeté, cercando di sembrare risoluto. Sembrava tutto tranne che convinto. “Niente che un po’ di Essenza di Purvincolo non possa sistemare.”
 
“E come pensi di procurarti questa Essenza senza che Draco lo sappia?” Non sembrò molto felice alla scrollata di spalle di Harry. “Ti guarda come un falco. Potresti fare un maledetto starnuto in una stanza adiacente e lui correrebbe a controllare come stai. E stai cercando di dirmi che ignorerà l’utilizzo del Purvincolo?”
 
“Io non ti ho detto niente. Sei tu che hai fatto delle supposizioni.”
 
“Dimmi, Potter, puoi immaginare un qualunque scenario dove Draco non voglia sapere ogni insignificante dettaglio di una qualunque ferita lieve che hai?” No. Aveva scatenato un litigio enorme tra di loro perché Harry aveva avuto una costola incrinata una volta, e non glielo aveva detto subito. Che Dio li salvasse tutti se Harry avesse mai sbattuto un piede contro uno spigolo. “Esatto. Ora, se me le fai guarire qui, possiamo evitare tutti gli orrendi battibecchi che ne seguirebbero.”
 
“Usare un incantesimo su di me,” borbottò Harry, lanciando un’occhiata al ragazzo impassibile affianco a sé, “adesso potrebbe uccidermi. Non so te, ma io non vorrei essere neanche lontanamente coinvolto nell’orrendo battibecco che ne conseguirebbe.”
 
Ron avrebbe annuito e probabilmente si sarebbe messo a ridere. Hermione avrebbe alzato gli occhi al cielo. Neville sarebbe rabbrividito al pensiero. Luna avrebbe portato la conversazione ai Gorgosprizzi. Ginny avrebbe replicato con una battuta intelligente. Il Serpeverde davanti a lui?
 
Sbatté le palpebre, scuotendo la testa per la frustrazione. Colse la frase nascosta, che era facilmente ignorabile. Seppe in un istante che la malattia di Harry stava peggiorando.
 
Nott corrugò la fronte e gemette, passando una mano fra i capelli. “Quand’è che è diventato tutto così complicato?” Sospirò, “L’unica cosa che facevamo era provocare i Tassorosso. Gli mettevamo pozioni d’amore nelle bevande, cercavamo di entrare nella loro Sala Comune, li usavamo come bersaglio per le fatture.” Poveri Tassorosso. “Giuro, i Serpeverde sono l’unica ragione per cui passano gli esami; gli facciamo fare pratica.”
 
“Quindi il fatto che facevate angarie era un vantaggio per entrambi?”
 
“Esattamente.” Nott glissò sull’angariare; non sembrava vedere il problema. “Poi sei arrivato tu; sono settimane che non lancio una maledizione a un Tassorosso. Non è più divertente.”
 
“Non vi ho fatto smettere!”
 
“Non hai interferito intenzionalmente, ma indirettamente.” Nott sbuffò, ora che la diga si era aperta aveva iniziato una tirata. Harry era quasi senza parole; Nott non parlava praticamente mai così tanto, o così apertamente. L’ultima volta che si era aperto, la mano di Harry era scattata in alto e si era frapposta fra i due, e di fatto lo aveva zittito nuovamente. Neppure la minaccia del peggioramento della sua malattia stava influenzando le lamentele di Nott. “Draco non li affattura perché tu non approveresti, e lui è troppo preso da te per fare qualcosa che non ti piacerebbe.” Scommettiamo? “Blaise sta cercando di entrare nelle tue grazie, quindi non farà mai qualcosa per metterlo a repentaglio. Pansy fa quello che fa Blaise, e non vale nemmeno la pena di contare Goyle, perché è diventato una testa di cazzo ripugnante. Sei arrivato e hai complicato tutto. Con i tuoi segreti e il tuo ‘Non dirlo a Draco’. Sto rischiando la mia vita per te.”
 
“Cosa vorresti dire?”
 
Nott sogghignò, facendo spallucce. La sua faccia si era ricomposta in una facciata scherzosa, ma i suoi occhi non brillavano. Era serissimo. “Sei in debito con me.”
 
Ah. Quindi era lì che voleva andare a parare. “Va bene.” Harry non ci vedeva niente di male; certo, sembrava molto mafiosa, come cosa. Nott sarebbe venuto in un momento inopportuno e avrebbe preteso un favore molto sconveniente. Ma non era a quello che servivano gli amici? “Certo.”
 
“Così velocemente?”
 
“Certo.”
 
Nott invece ringhiò, schioccando la lingua con irritazione. “Accidenti a te, Potter.” Borbottò, prima di accelerare il passo. “Andiamo; devi far prendere un colpo a Blaise e a Draco con quel trucco. Io prendo il Purvincolo.”
 
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26. Imparare un trucco di magia babbano
 
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Theo era seduto su una delle larghe poltrone vicino alla finestra congelata, ingobbito su se stesso per avvisare gli studenti più giovani di stare alla larga. Non doveva impegnarsi tanto per mantenere la postura; la sola finestra garantiva l’isolamento. Era fredda, e assorbiva tutte le fonti di calore piuttosto velocemente. Non era un punto di ritrovo popolare.
 
“Rifallo!” Gridò Blaise dall’altra parte della stanza, corrucciandosi quando Harry obbedì facilmente. Era sbalordito dal trucco; non riusciva a capacitarsi del fatto che i babbani avevano inventato un modo per nascondere facilmente soldi senza usare apparentemente niente. Era stato divertente quando Harry aveva fatto comparire la moneta da dietro l’orecchio di Blaise, ma era stato venti minuti fa. Il divertimento stava iniziando a sparire.
 
Maledetto Potter. Lo aveva messo di cattivo umore.
 
La sua magia adesso reagiva senza incantesimi, e Draco non lo sapeva.
 
E aveva implicato un ulteriore peggioramento.
 
Merlino, si sarebbero svegliati una mattina e lui sarebbe stato letteralmente a pezzi, o sul punto di morire soffocato, o semplicemente… freddo. Non era modo di andarsene.  Però, non sembrava preoccuparsene. Non ci dava peso, ne parlava vagamente e cercava trucchi babbani per divertire i Serpeverde più giovani e idioti.
 
C’era qualcosa di molto sbagliato in quella situazione, e accidenti a Potter per far penare Theo così. Quello di cui aveva bisogno era una provvidenziale fattura a un Tassorosso. Ma non poteva farla franca a meno che uno di loro non attaccasse per primo, e nessun Tassorosso l’avrebbe affrontato. Non dopo che quello stupido Corvonero era finito in Infermeria frignando. Sicuramente adesso si stavano stancando dei loro incantesimi meschini, no? Senz’altro ora lui…
 
No, non ci poteva neanche pensare senza sbuffare. Affatturare i Tassorosso non perdeva mai il suo divertimento. Le ostilità tra le Case non potevano essere risolte con poche parole, o con il crescente squallore della monotona routine. Avrebbero continuato ad azzuffarsi finché qualcosa non li avrebbe forzati a smettere.
 
Theo osservò Potter notare che Pucey Junior lasciava la Sala, per poi stiracchiarsi. Si inventò qualche scusa riguardo ad avere bisogno di una doccia, e intascò la moneta. Theo lanciò un’occhiata a Draco; non fece per seguire Potter, ma i suoi occhi lo seguirono, rimanendo sulla porta per più tempo del necessario prima di tornare al suo libro. Era infatuato. La morte di Potter lo avrebbe distrutto.
 
Osservò Blaise perlustrare la stanza. Visto che il suo passatempo era sparito, aveva bisogno di vessare qualcun altro. Pansy era scomparsa un po’prima quella sera, lamentando un mal di testa. Draco era di nuovo fissato con quel maledetto quadernino, il che significava che non avrebbe spiccicato parola per le prossime ore. Il che portava…
 
Blaise sogghignò quando notò Theo, e praticamente rimbalzò fino a lui.
 
“Allora, per che cosa sei cupo oggi?” Cantilenò, lasciandosi cadere nella seconda poltrona. Non si scompose per l’occhiataccia; erano cresciuti assieme, e sapevano quando scappare e quando prendere in giro. “Raggomitolato in un angolo e fulminando il mondo con lo sguardo; se volevi che Potter ti mostrasse il suo trucchetto, dovevi solo chiedere.”
 
“Non me ne frega niente di quello stupido trucco.” Borbottò Theo, corrugando le sopracciglia. Come dirlo? “Blaise, ti ricordi quella volta in cui avevi bisogno di un consiglio per la nuova fiamma di tua madre?”
 
In risposta quello alzò un sopracciglio, perplesso. “Sì, certo. Stava cercando di imbrogliarla.”
 
“E io cosa ho fatto per aiutare?”
 
“Be’, mi hai aiutato a rintracciare sua…”
 
Non quello.”
 
“Mi hai aiutato a tramare vendetta.”
 
“Riprova.”
 
“Abbiamo piantato della marijua...”
 
“Ti ho dato delle alternative.” Lo interruppe Theo prima che qualche avventura passata riuscisse a farsi strada nei gossip della Sala Comune. Merlino, alcune cose che avevano fatto non erano proprio legali. “Ti ho dato suggerimenti. Ho aiutato dandoti il parere di un terzo.”
 
“… Di solito è quello che si intende con ‘consiglio’. Ma continua.” Blaise si stava divertendo fin troppo. Il coglione dalla pelle scura aveva un ghigno a 32 denti.
 
“Ho bisogno di un consiglio.” Venne fuori in un mugugno; ammetterlo, proprio a Blaise… era umiliante. Lo stronzo si raddrizzò sulla sedia, probabilmente per supportare meglio il suo ego ingigantito.
 
“Per una fiamma imbrogliona? Sono tutt’orecchi.” Oh, si sarebbe pentito di averlo detto.
 
Theo sospirò e obbligò i suoi occhi a fissare Blaise invece che a lanciare un’occhiata a Draco, come volevano fare. Alla loro più piccola deviazione Blaise avrebbe capito e sarebbe scappato. “La settimana scorsa la mano di Potter si è spezzata, senza magia.”
 
Blaise sbatté le palpebre. Il suo sorriso svanì in un lampo. Lanciò un’occhiata a Draco e scosse la testa, mentre si grattava la fronte. “Sei uno stronzo.” Borbottò, sospirando. Almeno i suoi sentimenti erano come quelli di Theo. “Questo è molto peggio di una fiamma imbrogliona.”
 
“Sei tu che hai fatto quella supposizione.” Theo guardò impassibile mentre Blaise sospirava, borbottando sottovoce. “Allora, dammi un consiglio. Potter sta nascondendo a Draco lo stato della sua malattia. Cosa diavolo faccio? Sto zitto, e guardo che Potter si uccide e sostanzialmente distrugge il nostro amico? O lo dico al nostro amico, e li guardo mentre litigano, si disintegrano reciprocamente, e ci odiano per mesi e mesi. Qual è il male minore?”
 
“Non posso credere che mi hai trascinato in questa faccenda con te.”
 
“Certo che puoi.” Theo quasi si mise a ridere. “Sono io; la personificazione dell’autoconservazione.” Il suo soprannome, prima che diventassero amici, era ‘Il Non-Conformista’. Non suonava così male, ma aveva un tono di scherno quando lo diceva un Serpeverde sogghignante.
 
“Ah-an.” Non era colpito. “Sei un amico orribile.”
 
Theo era assolutamente d’accordo; la solitudine era la sua routine, prima che quegli idioti casinisti si facessero strada nella sua vita con la forza. “Dammi un consiglio.”
 
Blaise si appoggiò allo schienale della sedia, fissando l’oscurità del lago. Un altro motivo per cui queste sedie erano permanentemente vuote; era inquietante sapere che qualcosa poteva guardarti a sua volta. Almeno Blaise non si era nascosto nel dormitorio a fumare di rabbia come Theo aveva predetto. Stava prendendo la cosa sul serio.
 
“Okay, per come la vedo io,” mormorò lui, incenerendo il lago con lo sguardo. Fu compito di Theo assicurarsi discretamente che Draco fosse ancora preso dal quadernino. “Se non lo dici a Draco, ti ucciderà quando, e non se, scoprirà che lo sapevi.” Quello era scontato. “Se lo dici a Draco, Potter ci odierà per il resto della sua vita.” Anche quello era vero. “Se non lo dici a Draco, non sarà preparato quando Harry salterà in aria all’improvviso.”
 
“Non penso che sarà preparato in nessun caso.” Aggiunse Theo irritato, ignorando la legittima occhiataccia che gli lanciò Blaise. La morte di Potter avrebbe colpito duramente Draco.
 
“Nessuno di noi sarà preparato.” Rispose Blaise aspramente, facendo una smorfia. “Un’altra cosa: non sono affari nostri. Questa faccenda è tra Draco e Potter. Che diritto abbiamo noi di rivelare gli affari suoi?”
 
Theo ci aveva già pensato; era una delle ragioni per cui finora si era trattenuto.
 
“Ma comunque, siamo amici. Non è forse responsabilità degli amici fargli notare la loro stupidità?” Giusto. “Ma, come amici, dobbiamo anche tenere il segreto.”
 
“Lo so!” Theo non riuscì a trattenere il tono sgarbato; Blaise non gli era di nessun aiuto, dato che stava indicando la marea di contraddizioni che Theo aveva già notato. “Dimmi cosa fare!”
 
Io non so cosa fare!” Scattò Blaise di rimando, scrollando le spalle all’occhiataccia che ricevette. “È una situazione di merda. Non fare niente.”
 
“E dovrei guardare Potter che salta in aria.”
 
“E allora dillo a Draco!”
 
“Un segreto che non dobbiamo svelare noi, che ci è stato confidato, da qualcuno che ha già una vita schifosa così com’è.”
 
Blaise smise finalmente di guardare il vetro, con un altro sospiro. A Theo non piacque lo sguardo che stava ricevendo, proprio per niente. “Cosa vuoi che ti dica?” Chiese Blaise in modo calmo, fra tutte le cose che poteva chiedere.
 
Theo fece un verso stizzito, voltando la testa da un’altra parte. Non gli era proprio di nessun aiuto.
 
“Va bene.” Mormorò invece Blaise, “Tanto so già che Draco ci ucciderà tutti e due. Allora, cos’è successo?”
 
Quello sì che era… inaspettato.
 
Era difficile staccare gli occhi dalla finestra; e anche lì, lo fece solo perché vide che Draco li stava guardando dall’altro lato della stanza, con la coda dell’occhio. L’espressione dell’erede Malfoy era… preoccupata. Non avrebbe dovuto impiegare le sue energie rimaste a stare in pensiero per i suoi amici; non quando il suo… qualunque cosa Potter fosse per lui, stava morendo.
 
“Stavamo parlando, e le sue dita si sono spezzate.” Bisbigliò Theo, lanciando un’occhiata al riflesso di Draco. Blaise colse il cenno, perché bisbigliò anche lui.
 
“Cosa significa spezzate?”
 
“Significa che queste tre dita,” Theo le alzò in aria, fin troppo consapevole che avevano catturato l’attenzione di Draco. “Si sono rotte sull’articolazione. Girate completamente al contrario. Si sono spaccate.”
 
“Merda.”
 
“Non ha neanche fatto un cazzo di suono” Mormorò Theo, seccato per la rabbia che il ricordo gli provocava. Perché doveva arrabbiarsi per le reazioni di un Grifondoro? “Gli si sono rotte le dita, e lui ha solo sussultato. Poi, niente. Le ha solo guardate. Neanche una parola. E appena adesso, si è alzato per seguire Pucey Junior, perché gli si sono frantumate tutte le unghie. Un’altra ferita.”
 
Il riflesso di Draco stava mettendo giù il libro, e si stava alzando in piedi. “È peggiorata.”
 
“È peggiorata di brutto.” Replicò Theo, corrucciandosi. “E non so perché mi importa.”
 
“Andiamo, non sei un idiota.”
 
Tzé.
 
“Voi due sembrate nel bel mezzo di una discussione accesa.” Blaise sobbalzò, l’idiota. Sembrava praticamente irraggiare colpa. Dilettante.
 
Draco si era avvicinato quasi senza fare rumore; incrociò le braccia e alzò le sopracciglia. “Tutto bene?”
 
Theo trattenne una smorfia; sapeva a cosa doveva ricorrere. Tattiche di distrazione. “È più di un mese che mio padre non mi invia un gufo da Azkaban.” Non era dura sembrare amareggiato; lo era. “L’ultima volta che l’ho sentito non stava così bene.”
 
Draco non avrebbe saputo come confortarlo; suo padre era in salute, e agli arresti domiciliari per aver rivelato informazioni sugli altri Mangiamorte. E, inoltre, era Potter il motivo per cui il padre di Theo era in prigione. Come avrebbe potuto Draco dargli supporto?
 
E, come previsto, Draco lo fissò per un momento, con la faccia impeccabilmente immobile. “Mi…” Il collo di Blaise scrocchiò rumorosamente quando voltò la testa di scatto per fissare Draco. Theo non reagì in modo tanto drammatico da spalancare la bocca o avere un infarto… ma le sue sopracciglia sparirono nell’attaccatura dei capelli. Draco Malfoy che cercava di consolare qualcuno?
 
Poi, cosa ancora più scandalosa, l’intera faccia di Draco arrossì a causa delle loro reazioni.
 
Tutti e tre i ragazzi si voltarono e si misero a fissare la finestra, o le pareti estremamente interessanti.
 
Pochi secondi dopo Draco finì per uscire come una furia dal dormitorio, lasciando Theo e Blaise a fissarsi piuttosto confusi. Draco Malfoy si era ammorbidito. Potter lo aveva cambiato.
 
“Potter lo disintegrerà.”
 
“Concordo.”
 
“Quindi… Cosa facciamo?”
 
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Harry correva per il castello con un ghigno stampato in faccia. Si sentiva brioso; un’emozione nuova, ultimamente. Ron si era avvicinato a lui di nuovo; due volte in una settimana. Era terrificante, e tuttavia aveva alleggerito le spalle di Harry. Voleva sapere se Harry aveva voglia di fare una partitina di quidditch dopo cena; lo stadio sarebbe stato illuminato, e avrebbero potuto giocare per mezz’ora dopo la fine dell’allenamento della squadra di Grifondoro.
 
Harry si era girato verso Malfoy, che era in silenzio affianco a lui; i suoi occhi dovevano essere stati pateticamente speranzosi, perché Draco aveva fatto uno sbuffo di risa e lo aveva preso in giro dicendo che non era il suo padrone. E sebbene fosse strano il fatto che Draco lo stava spingendo a passare del tempo con i suoi vecchi amici, Harry aveva colto la palla al balzo. Con lo stress dell’anno, si era completamente dimenticato del quidditch. La fantastica sensazione di librarsi nell’aria, di essere leggero come una piuma… lo chiamava.
 
E Ron sembrava davvero voler ravvivare la loro amicizia. Anche se non sarebbe durata per molto, considerata la malattia di Harry… lo rendeva allegro. Era davvero bello essere voluti.
 
Harry aveva fissato incessantemente l’orologio durante ogni ora, tamburellato le dita per tutta la cena, e seccato Draco con distratti contributi alla conversazione. Non erano neanche le sette che Draco lo aveva sbattuto fuori, dicendogli di andare a infuriare qualcun altro.
 
Era eccitato.
 
Era da un po’ che non era eccitato.
 
Il sorriso di Harry si allargò alla vista del campo vuoto; i Grifondoro avevano finito prima del previsto. Avrebbero avuto più tempo per volare. Fantastico.
 
Corse verso il campo, con la Firebolt sottobraccio. Aveva sempre amato volare; il senso di libertà che provocava non smetteva mai di stupirlo. Le lievi vertigini che accompagnavano una salita troppo veloce, la velocità del suo manico di scopa che confondeva l’ambiente circostante. Il fatto che era bravo a volare; per una volta, era un suo successo personale. Una sua abilità personale.
 
Come aveva fatto ad ignorare il quidditch? Se aveva una brutta giornata, sicuramente qualche giro del campo l’avrebbe alleggerita. Poteva anche mollare il boccino, per vedere se era ancora capace di prenderlo.
 
Harry ansimava quando finalmente raggiunse il verde perfetto che delimitava il campo. Era più che pronto a iniziare.
 
Fece un sorrisone, e salì sul manico di scopa. Con i movimenti inculcati dagli addestramenti, calciò il suolo per sollevarsi…
 

 
Niente.
 
Sbatté le palpebre mentre fissava il manico di scopa. Vagamente, cercò di ricordare il nome della nuova emozione che si era affacciata. Gli si era stretto il petto, lo stomaco era in subbuglio…
 
Harry fece cadere a terra il manico di scopa, e vomitò, cadendo sulle ginocchia.
 
Nauseato e…
 
Oh, ecco il nome.
 
A pezzi.
 
Harry si pulì la bocca con mani tremanti e si voltò a fissare la scopa. Perché non aveva funzionato? Aveva calciato perfettamente…
 
Non aveva sentito niente.
 
Il solito formicolare nelle mani, le possibilità, la… magia. Era sparita. Il manico di scopa era un inutile ciocco di legno con dei rametti attaccati. Non aveva sentito nulla.
 
Harry afferrò di nuovo la scopa, la montò e tirò un pestone al suolo per partire. La scopa non si librò.
 
I piedi rimasero piantati al suolo.
 
Il suo sorriso era decisamente svanito.
 
La scopa non gli stava rispondendo. Perché non reagiva alla sua…?
 
Magia.
 
La sua magia non stava rispondendo.
 
Era… sparita?
 
Harry per poco non vomitò di nuovo. Non poteva essere sparita. No, non la sua magia. Era la scopa che era difettata. Sì, era solo la sua… magia.
 
Oh, Dio.
 
Harry fece di nuovo cadere la scopa e si voltò stordito. Doveva assicurarsene. Doveva controllare che ci fosse ancora.
 
Notò a malapena Ron che lo chiamava, o le occhiate impaurite che altri studenti gli lanciavano mentre tornava vacillante al castello. Non riusciva a sentirla; il formicolio alle dita, il potere pulsante nelle vene. Non riusciva a sentire la sua magia.
 
Era semplicemente… sparita.
 
Harry strizzò gli occhi, barcollando per il labirinto dei corridoi dei Serpeverde. Non era sparita. Non quello. Tutto ma non quello. Era solo in pausa. Lo stava solo canzonando, mentre preparava il prossimo attacco sul suo corpo difettoso. Non poteva essere sparita.
 
L’entrata per la Sala Comune si aprì, e Harry entrò incespicando.
 
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Draco osservava Theo che fissava la scacchiera, nascondendo il disgusto che provava nel vederlo impiegare così tanto tempo a muovere un maledettissimo pezzo. Aveva organizzato la partita in modo che potesse vincere facilmente; si era trattenuto, e, per una volta, avrebbe lasciato il trionfo a qualcun altro. Theo si meritava di vincere, dopo aver menzionato la mancanza di comunicazione con suo padre.
 
Draco non sapeva cosa dirgli. Non era il tipo di persona adatta a consolare gli altri; sembrava funzionare solo con Potter, ma non pensava che Theo avrebbe reagito bene né a un bacio né a un litigio. Era sempre stato il tipo silenzioso del gruppo; l’unico le cui emozioni Draco esitava a decifrare.
 
Non poteva aiutarlo con la faccenda del padre, non quando il suo era sano e salvo a casa. Quindi, aveva deciso di lasciare che il suo infelice amico vincesse contro di lui a scacchi.
 
Semmai si fosse deciso a fare una mossa!
 
Aveva notato il percorso vincente già da alcuni minuti e non aveva mosso ancora un pezzo. Li fissava uno per uno, cercando di capire se fosse una trappola oppure no.
 
Theo assottigliò lo sguardo, e mosse un pedone. Un maledettissimo pedone.
 
Fu uno sforzo non sbattere la testa contro il tavolo.
 
“Alfiere in D2.” Sospirò in risposta. Theo si accigliò ed esaminò la scacchiera.
 
Draco urlò interiormente.
 
“Cavallo in E5.” Draco alzò un sopracciglio quando sentì la voce. Non si era accorto che Harry era tornato, e non si aspettava che lo facesse così presto. Aveva passato tutto il giorno a saltellare alla prospettiva di distruggere la Donnola a Quidditch; perché era tornato così presto? Erano passati a malapena venti minuti.
 
Se la Donnola aveva cambiato idea e fatto un commento azzardato, il suo culo avrebbe conosciuto il piede di Draco. Tra tutti gli idioti con cui Harry poteva fare amicizia, perché doveva essere una persona senza peli sulla lingua che dava voce a ogni minuscolo pensiero che gli passava per la testa?
 
“Sei tornato piuttosto presto.” Si assicurò di renderla un’affermazione, non una domanda. Una domanda sarebbe suonata troppo pretenziosa, e Harry l’avrebbe evitata se fosse successo qualcosa che considerava imbarazzante.
 
“Cavallo in E5.”
 
Draco, sorpreso di essere ignorato, si accigliò. Harry non lo ignorava; anche se sapeva di suonare presuntuoso, era una delle uniche influenze decenti nella vita di Harry in quel momento. Lo distraeva dal dolore che gli si prospettava. Era successo sicuramente qualcosa se Harry lo stava ignorando, deliberatamente o meno.
 
Neanche Theo stava più guardando la scacchiera ormai. Era concentrato sul moro dietro Draco, con gli occhi insolitamente spalancati. Perché mai Theo avrebbe dovuto reagire in quel modo?
 
“Harry,” Draco si bloccò mentre si voltava. Il volto di Harry era pallido, e la sua mascella serrata. Stava fissando la scacchiera con uno sguardo vuoto; senza vederla veramente. E, quel che era peggio, erano le sue ciglia intrise di lacrime. Draco era esterrefatto; come avrebbe fatto a calmarlo lì, davanti a tutti? Cosa poteva mai essere successo in venti minuti per ridurlo in quello stato? Non era sembrato così sconvolto neanche quando i suoi parenti non avevano preso in considerazione l’accorciarsi della sua esistenza. “Cos’è success-”
 
“Cavallo in E5!” Il suo urlo fece sobbalzare parecchi studenti più piccoli.
 
Perché era così determinato a far muovere quel pezzo?
 
Draco guardò la scacchiera. Era sicuramente una mossa che il pezzo di Theo poteva fare, visto che era il suo turno. I pezzi avrebbero dovuto muoversi, non importava chi avesse pronunciato… i pezzi non si erano mossi.
 
Oh.
 
“Harry.” Tentò di nuovo Draco, che calciò via la sedia quando Harry si voltò via dalla scacchiera e iniziò a camminare avanti e indietro per la stanza. Si passò una mano tremante fra i capelli, asciugandosi furiosamente le lacrime che alla fine erano riuscite a sfuggirgli. “Oi, Potty, devi calmarti.”
 
Draco era perfettamente consapevole che avevano l’attenzione di tutta la stanza; i ragazzi più grandi riuscirono ad assumere un’espressione d’indifferenza, ma i loro occhi si spostavano troppo velocemente dall’uno all’altro per essere veritiera. Quelli più giovani indossavano espressioni apertamente curiose o spaventate. Se non avesse dovuto calmare Harry, li avrebbe affatturati finché non avessero realizzato che non erano meglio delle altre Case. Doveva essere gentile con Harry, e lo infastidiva il fatto che gli spettatori avrebbero usato la cosa contro di lui. Ma che andassero al diavolo finché non avrebbero trovato una persona importante come lo era Harry per lui…
 
Harry emise un suono orribile con la gola, quasi un singhiozzo.
 
Draco doveva raggiungerlo; stava accorciando rapidamente la distanza fra loro con le braccia alzate, come per placare una bestia selvaggia… non fu abbastanza rapido.
 
Harry sfoderò la sua bacchetta. A Draco non era nemmeno passato per la mente che l’avesse tenuta dopo il duello all’ospedale.
 
“Lumos.”
 
Oh, Dio. “Harry, non farlo!”
 
“Non succede niente.” La sua voce era distante, velata. “Lumos! Lumos. Lumos!”
 
Smettila!” Fanculo la gentilezza. Draco gli avrebbe rotto tutte le ossa della mano.
 
Sfrecciò dall’altro lato della stanza. Ancora una volta, non fu abbastanza veloce.
 
“Lumos! Lumos! Lu-” Draco gli afferrò la mano, che nello stesso istante esplose in un fascio di luce.
 
Ci furono solo un paio di strilli, più di sorpresa che altro, prima che calasse di nuovo il silenzio sulla stanza. Tutti volevano assistere al litigio, da piccole merdine curiose che erano.
 
Draco osservò i sottili fili di fumo che si innalzavano verso il soffitto, prima di spostare lo sguardo sui frammenti di legno carbonizzato che decoravano sia la sua mano che quella di Harry. Le loro mani erano coperte di schegge e taglietti insanguinati.
 
La bacchetta di Harry si era distrutta.
 
Almeno quel problema era risolto.
 
Draco si ricompose, fissando le mani tremanti di Harry. Doveva rimanere calmo. Dare un pugno sul naso a quello stupido non avrebbe risolto niente. Avrebbe provato un’immensa soddisfazione, ma avrebbe avuto vita breve. L’appagante scricchiolio del suo naso non era la risposta. Doveva ricomporsi e chiedere con calma a Harry perché aveva pensato che fosse una buona idea fare una cosa così maledettamente-! No, calma. Calma.
 
I minuti passarono in silenzio.
 
Quando Draco reputò che la sua rabbia fosse debitamente calata, spostò lo sguardo dalle mani di Harry al suo volto.
 
Sembrava sollevato.
 
Le sue labbra erano curvate in un piccolo sorrisetto compiaciuto.
 
“Maledettissimo bastardo!” Draco esplose, spingendo via quell’idiota. Era così furioso che non gli importò nemmeno di averlo fatto barcollare. “Che diavolo ti è saltato in mente? Il duello doveva essere l’ultima volta che usavi la magia! L’ultima dannatissima volta!”
 
Harry incrociò lo sguardo di Draco, senza nessun senso di colpa. Lo stronzo non si pentiva di nulla. “Tu non capisci.” Sussurrò, tornando a fissare le sue mani ferite. Fece per prendere una scheggia della sua bacchetta distrutta, quindi non vide arrivare il secondo spintone.
 
“Sei tu a non capire!” Ribatté Draco, con rabbia crescente. “Quante volte dobbiamo ripetere questa situazione?”
 
“Tutte le volte che ne avrò bisogno!” Ringhiò in risposta Harry, che tirò un calcio mentre veniva spinto di nuovo. Draco ringhiò mentre cadeva a terra, rifacendosi con un calcio sul ginocchio di quell’idiota.
 
“Quante volte hai bisogno di farti esplodere,” Draco lo fissò truce, “prima di capire che non dovresti usare la tua dannata magia? Quante volte è successo? Otto? Nove?
 
“Più di quante te ne aspetti.” Draco non ci vide più. Quanti altri incidenti gli aveva tenuto nascosti?
 
Non gli importava se non gli procurasse nessuna soddisfazione; il naso di Harry doveva essere rotto. La rabbia di Harry sembrava eguagliare la sua.
 
Ma prima che potesse saltare addosso a quel piccolo stronzo, Blaise gli bloccò la strada.
 
Blaise.
 
Tzé, quello sì che lo avrebbe calmato.
 
Levati di mezzo.” Ringhiò Draco, alzandosi in piedi. Il suo ridicolo amico si era piazzato fra di loro, e aveva alzato le mani come per pacificarli. Anche Harry sembrava irritato per quell’interruzione.
 
“È stata una lunga giornata piena di turbamenti emotivi,” Cercò di dire Blaise, mentre le sue dita tremavano. Si sarebbe sentito molto più a suo agio con una bacchetta in mano. “Penso che dovremmo prenderci tutti cinque minuti di pausa e-”
 
“Sta’ zitto!” “Vai a farti fottere!”
 
Blaise deglutì quando urlarono entrambi, si arrese e si allontanò dal campo di battaglia. Se nessuno dei due voleva il suo aiuto, non avrebbe continuato a stare lì e a rendersi ridicolo.
 
Tuttavia, la distrazione aveva alleviato la rabbia di Draco. Adesso non poteva correre verso Harry e prenderlo a pugni; sembrava immotivato. Harry era il ritratto di un cane bastonato; volto arrossato, sopracciglia leggermente aggrottate. I suoi occhi erano ancora rossi e le tracce delle lacrime erano ancora visibili sulle sue guance.
 
Nonostante la sua idiozia, Harry aveva avuto una ragione per lanciare quell’incantesimo. Qualcosa che considerava abbastanza grave da rischiare la sua vita. La rabbia di Draco non poteva far leva su quello.
 
Draco sospirò, il suo sguardo cadde sulle mani di Harry. La sua pelle era coperta di tagli e schegge. Fece per stringere i pugni, ma si fermò per via del dolore. Sfoderò la bacchetta puntandola su Harry.
 
Non riuscì a nascondere l’ira che rimontò rapidamente quando Harry balzò via da lui.
 
“Niente magia!” Sbottò, con una vaghezza frustrante. Le sue mani erano piene di tagli aperti e non voleva che li guarisse. Aveva pezzi di bacchetta che sporgevano dalle dita, e a quanto pareva gli stava bene.
 
Cosa diavolo stava succedendo?
 
“Quindi, visto che tu non puoi usare la magia, non posso farlo neanche io?” Draco sapeva che era un colpo basso, e dall’espressione ferita che attraversò gli occhi di Harry, aveva funzionato. “È ridicolo.”
 
“D’ora in poi, nessuno può lanciarmi più incantesimi.” Esclamò Harry, osservando gli spettatori di quella discussione. “O peggiorerete le cose.”
 
“In che modo i miei incantesimi peggiorerebbero le cose?” Era forse un episodio di paranoia? “È la tua magia che è fottuta.”
 
Harry si voltò di nuovo verso Draco, e scrollò leggermente le spalle. Non fece altro che gettare benzina sul fuoco. Perché diavolo aveva scrollato le spalle? Come avrebbe dovuto interpret…? Oh.
 
Draco poté sentire il suo volto incupirsi; la sua magia strabordò e qualcosa alle sue spalle andò in mille pezzi. Non importava cosa.
 
“È solo la tua magia.” Era il tono più basso che aveva usato quella sera, eppure, tutti sembrarono trasalire. “Stai bluffando.”
 
Harry non lo stava nemmeno guardando negli occhi; stava fissando un punto oltre la sua spalla. Lo stronzo non riusciva a guardarlo negli occhi. “Provaci e vedi con i tuoi stessi occhi.”
 
No.
 
No. No. No. No.
 
Non poteva sopportare quella situazione.
 
Quindi si voltò, e uscì dalla stanza.
 
.
 
.
 
.
 
Kelly Harris amava essere un’apprendista Guaritrice. Ma ‘amare’ era un termine così abusato in quei tempi. Non aveva neanche più un vero significato. Amava le sue nuove scarpe, ma in modo diverso da come amava essere una Guaritrice. Poteva dire di amare il gelato al sale marino che spiluccava dai letti di marmocchi ingrati quando era l’unica tirocinante di turno, ma come poteva paragonare l’amore per aiutare i malati e l’amore per il gelato? Stimare era una parola migliore. O ritenere speciale.
 
Sì, Kelly riteneva speciale essere una Guaritrice. Anche se era solo una tirocinante.
 
Lavorava all’ospedale da un anno e mezzo ormai, sotto Patricia Brown. Era una vecchietta scontrosa, quello era certo. La prima settimana aveva messo in chiaro che non voleva chiacchierare, spettegolare, o fare pausa insieme a Kelly. Non voleva neanche che comunicasse troppo con i pazienti, a meno che non fossero loro a interpellarla, e il suo lavoro doveva essere terminato con immediatezza. Quella vacca si aspettava che non avesse nessuna vita sociale.
 
Era atterrata nel camino il suo primo giorno d’apprendistato, ed era stata completamente annientata da Patricia. Quel giorno non lasciarono neanche l’ufficio; ci furono solo le lamentele di un’irritata donna di mezz’età che non voleva una tirocinante fra i piedi per un paio d’anni, e gliel’aveva fatto capire immediatamente.
 
Accidenti, amava quella vecchia vacca. La considerava addirittura speciale.
 
Kelly aveva ignorato tutte le sue avvertenze, aveva consegnato i suoi compiti con un giorno di ritardo per tutto l’anno, scherzava con i pazienti, e spettegolava in conversazioni a senso unico con la sua mentore furiosa.
 
E adesso si incontravano ogni sabato per cenare insieme.
 
E la domenica per il caffè.
 
Quella vecchiaccia non l’avrebbe mai ammesso, ma si sentiva sola. E Kelly si era affezionata a lei.
 
Avere a che fare con malati terminali ti faceva sentire un po’ solo, e infuriato. Era un lavoro stressante; iniziavi a conoscere i tuoi pazienti; i loro pregi e i loro difetti. Diventavano tuoi amici. E poi morivano. Era un circolo vizioso; solo un paziente era uscito di lì, e l’aveva fatto per morire nel confort della sua abitazione.
 
A Kelly era permesso cambiare reparto se non ci si trovava bene. Ma non se ne sarebbe mai andata. La sua loquacità era indispensabile lì.
 
Sospirò felicemente, e continuò i suoi compiti per la notte. Gli era stato dato un registro con delle malattie e i loro trattamenti, e lei doveva individuare gli errori. Non era tanto difficile, dato che avevano elencato malattie molto differenti. Sul serio, la Spruzzolosi Cerebrale era completamente diversa dalla Sindrome di Squabbs; una delle differenze stava nel fatto che colpiva gli umani, non i draghi. Entrambe erano curabili.
 
Tutte le malattie avrebbero dovuto essere curabili.
 
“Ascoltami bene, imbecille!”
 

 
Che diavolo era stato?
 
Kelly mise da parte i compiti con piacere per sbirciare fuori dalla porta dell’ufficio e vedere cosa stesse succedendo. Piangere era normale lì, anche essere un po’ arrabbiati. Tuttavia, nessuno gridava in maniera così arrogante.
 
“Ho bisogno di parlare con lei, dannazione! Fatele usare la Metropolvere se proprio dovete!”
 
Be’ quello sì che era interessante.
 
Draco Malfoy, ex-Mangiamorte egoista e toy-boy di Harry Potter stava sbraitando contro la Guaritrice di turno, che aveva l’aria decisamente annoiata. Non aveva nessuna intenzione di assisterlo; aveva i piedi poggiati sulla scrivania e le sopracciglia alzate. Non si sarebbe mossa se non fosse intervenuto uno dei Guaritori più anziani, e nessuno di loro era in ospedale. Si sarebbero materializzati subito se un paziente ne avesse avuto bisogno, ma meritavano il loro riposo. Presenziare a una scenata di un altezzoso Malfoy non era un’emergenza.
 
“Accidenti a te donna, pensi che mi piaccia essere qui? Pensi che avrei scelto di stare qui, tra tutti i posti, se avessi potuto decidere? È urgente, ho bisogno della Guaritrice Brown! Adesso!”
 
“Se ha bisogno di una Guaritrice, le suggerisco di rivolgersi alla reception.” Sospirò la ragazza sospirò, incrociando le braccia al petto. “Tuttavia, la Guaritrice Brown non è disponibile.”
 
“Chi è disponibile?”
 
“Le suggerisco di andare alla reception e chiedere.”
 
Malfoy aveva un aspetto miserabile; i suoi capelli erano in disordine, i suoi vestiti erano stropicciati. Sembrava che fosse saltato giù dal letto alla prima occasione e fosse corso fin lì. Ovviamente, non era possibile.
 
Si passò una mano fra i capelli, e strinse i pugni fino a far sbiancare le nocche. Era agitato, quello era sicuro. Forse era successo qualcosa a Potter? Metteva tutti un po’ a disagio il fatto che Potter fosse altrove con una malattia di quel calibro.
 
“Oi, Malfoy.” Kell notò a malapena di aver aperto bocca finché lo sguardo del biondo non si posò su di lei; era un suo problema ricorrente. “Sono la sua tirocinante. Posso parlare con lei domattina, se vuoi parlare con me. Altrimenti, la reception è il posto giusto.”
 
L’idiota la fissò con palese disgusto; si era praticamente manifestato intorno a lui. Ringhiando, si fiondò verso di lei e la spinse per entrare nel suo ufficio. Tecnicamente era l’ufficio di Patricia Brown, ma a Kell era permesso di usarlo quando lei era a casa. Be’, lo usava con o senza il suo permesso. Avevano un sistema.
 
Kelly vide la Guaritrice fare spallucce, e chiuse la porta; sarebbe stato proprio un piccolo gioiellino, vero? Si ricordava quando era al primo anno, mentre saltellava in giro e si vantava della sua famiglia. Allora era proprio un piccolo stronzetto, e lo sarebbe stato anche adesso.
 
“Allora, perché questo trambusto?” Dovette chiedere, anche solo per vederlo arricciare di nuovo il naso.
 
Malfoy non aveva una bella cera. Se ne stava contro il muro con le braccia conserte e un’espressione di rabbia permanente sulla faccia. I suoi occhi erano rossi, come se non avesse dormito. E poteva essere davvero così, visto che si stava avvicinando la mezzanotte.
 
Non provò alcuna compassione; aveva visto genitori distrutti vegliare sui propri figli, aveva visto una donna che aveva urlato a suo marito di restare con lei. Malfoy aveva tutto quello che voleva su un piatto d’argento; non si meritava alcuna compassione.
 
La fissava con una smorfia di rabbia, come se sapesse quello che stava pensando. Tuttavia, la cosa non gli impedì di rispondere.
 
“È possibile rimuovere la magia?”
 

 
Cosa?
 
“Di cosa diavolo stai parlando, Malfoy?”
 
“Mi hai sentito. È possibile rimuovere la magia?”
 
Non poteva essere serio. “Senti, non ho tempo per queste stupidaggini-”
 
Maledizione, rispondimi! È possibile?!”
 
Kelly si sorprese quando iniziò a urlare, e si accigliò. Aveva pensato che si stesse comportando da stronzo perché era quello che facevano i Malfoy. Erano al di sopra di chiunque altro, e delle loro emozioni.
 
La voce di Draco Malfoy si era appena spezzata; non era il ragazzino orgoglioso che ricordava.
 
Lo guardò di nuovo. Lo guardò veramente.
 
Andava avanti e indietro, mostrando la sua agitazione. Non riusciva a tenere ferme le mani; le aveva alzate a mezz’aria, strette, le aveva piegate al petto, se l’era passate fra i capelli. I suoi occhi erano arrossati. Continuava a tirare su col naso, e a serrare la mascella… non si stava comportando in modo altezzoso. Qualcosa lo terrorizzava.
 
E accidenti a lui, la compassione l’aveva colta prima ancora di finire quell’analisi.
 
“Non è possibile.” Rispose infine, “Malfoy, penso che-”
 
La interruppe; non voleva sentire quello che entrambi sapevano.
 
“C’è un dipartimento di ricerca, giusto? C’è qualcuno capace di trovare un modo?” Non stava più urlando, ma la sua voce era forzata. Tremava con ogni parola che proferiva.
 
“…non facciamo miracoli. O abbiamo un trattamento, oppure no. Non possiamo creare una cura prodigiosa schioccando semplicemente le dita.” Sembrava duro, persino alle sue stesse orecchie. “Con Harry Potter-”
 
Malfoy rabbrividì letteralmente quando sentì il suo nome. “Una volta c’era del sangue nei suoi polmoni.” Continuò ad andare avanti e indietro, era disperato. “L’hanno fatto sparire. Non potete fare la stessa cosa, ma con la sua magia? Se è la magia che lo sta uccidendo, abbiamo bisogno di sbarazzarci della magia.”
 
“…ma non è fattibile.”
 
“Deve esserlo!” Si asciugò gli occhi velocemente, stringendo i denti. “Un Dissennatore può portarti via addirittura l’anima. L’anima. Chi ci dice che non c’è un modo per rimuovere la magia?”
 
“Mal-”
 
“Che ne dici dell’incantesimo evanescente? Ci insegnano che si possono far sparire oggetti animati e inanimati.”
 
“Lui non è uno dei gattini su cui ti eserciti a Trasfigurazione.” Riuscì a dire, anche se piano. L’aveva sentita, se i suoi pugni stretti erano un indizio sufficiente. “Nei vertebrati la difficoltà aumenta parallelamente alla complessità dell’organismo. E la magia… non riesco a pensare a nulla di più complesso.”
 
“Fa svanire sia oggetti animati che inanimati. La magia è entrambe le cose, non è così? Falla sparire!”
 
“Non è possibile.”
 
“Provaci comunque!”
 
“Non posso!”
 
Allora lo farò io stesso! Chi sa che lavoraccio farò! Potrei anche mancarla e rimuovergli il cuore. Ma che importerebbe, dico bene? Tanto morirà lo stesso!” Si asciugò di nuovo gli occhi, quasi prendendosi a pugni. “Si può rimuovere la sanità di una persona. La sua memoria. I maledetti Dissennatori possono rimuoverti l’anima! Sono sicuro che è possibile rimuovere la magia! Deve esserlo!”
 
“Ma…” Come poteva dirlo con delicatezza? “È la sua magia, è una parte di lui.”
 
“Quando hai un’appendice infiammata,” Disse Malfoy, a denti stretti, “la rimuovi. Una parte di te.”
 
“Pensa a quanto sarebbe doloroso, Malfoy. Vivere senza la magia-”
 
“Lo sta già facendo!” Sbottò, la sua voce si spezzò fra un ringhio e un lamento. “È lì, ma non può usarla. È lì, e LO STA UCCIDENDO! Se hai un cazzo di tumore, lo rimuovi. Se hai un parassita, lo rimuovi. E io non riesco a pensare a niente di più invasivo, disgustoso e parassitario di quello che ha Harry! Per favore, per favore, lo chieda almeno a Brown!”
 
Kelly non riuscì a trattenersi; attraversò la stanza e lo tirò a sé per abbracciarlo. Solo perché lui non vedesse le lacrime che stavano scorrendo sulle sue guance. Cristo, non piangeva da mesi.
 
Malfoy era rigido, ossuto e più alto di lei, ma lo abbracciò comunque. L’altro non tentò di ricambiare, ma le sue spalle tremavano. Probabilmente era grato di poter nascondere il suo volto.
 
“Glielo chiederò, va bene?” Dio, anche la sua voce tremò. “Lo chiederò a Brown domattina.”
 
Considerava il suo lavoro speciale. Ma a volte era una tortura.
 
 
.
 
.
 
.
 
Dio, Harry era patetico. Era stupido, egoista e assolutamente patetico. Doveva aver sconfitto Voldemort per un semplice colpo di fortuna, perché non era possibile che una persona patetica come lui avesse potuto farlo.
 
Le sue mani tremavano e fremevano per il desiderio di prendere la bottiglia di Whiskey Incendiario posta in un angolo del suo baule per infondersi il coraggio di affrontare il furioso Malfoy che stava per arrivare. Ma si costrinse a non farlo. Se Draco fosse tornato e Harry era ubriaco, non si sarebbe risolto niente. Avrebbe aumentato la rabbia di Draco, o avrebbe potuto fargli provare pietà per Harry. Non avrebbe mai permesso che accadesse. Harry si sarebbe lanciato dalla Torre di Astronomia piuttosto che essere soggetto alla pietà di Draco.
 
Il litigio era stato orribile. Non voleva che Draco lo scoprisse così. Ad essere onesti, non avrebbe mai voluto che Draco lo scoprisse. Stava sperando che per miracolo si addormentasse, e il suo cuore smettesse di battere nel bel mezzo della notte. Sì, era un desiderio orribile. Ma ci sperava disperatamente; perché Draco sapeva che stava peggiorando, e avrebbe iniziato a contare i giorni.
 
La fine si avvicinava, e Harry non voleva che contasse i giorni. Voleva passare il suo tempo con l’irritabile biondo senza che la sua morte pesasse su ogni loro risata. Ogni bacio. Ogni litigio.
 
Harry sospirò, fissando la porta immobile. Era in momenti come quello che riusciva a capire perché Simon Harvey si fosse smaterializzato per mettere precocemente fine alle sue sofferenze. Chi poteva sopportare tutto quel senso di colpa, la rabbia e il lutto? Era estenuante. Lui era estenuante.
 
Di sicuro Draco si stava stancando di quella situazione.
 
Usare un incantesimo davanti a lui. Tzé, che gli era passato per la testa?
 
Non gli era passato niente per la testa. Si era sentito vuoto, come se la terra si stesse aprendo sotto di lui per divorarlo. Riusciva a malapena a respirare, a vedere. La sua magia aveva smesso di funzionare. Nessun oggetto magico gli rispondeva; la scopa, gli scacchi, la sua bacchetta. In quel dolorosissimo momento, era tornato ad essere il semplice ‘ragazzo’ nel sottoscala; una nullità.
 
Non aveva mai provato un terrore più grande. Neanche affrontando Voldemort, o il Basilisco. Neanche quando aveva perso la vista, oppure quando aveva sentito per la prima volta la condanna: ‘Si chiama Succorbentis’. Era stato terribile. Aveva pensato che fosse la paura più grande che si potesse provare.
 
E poi Draco aveva scosso la testa con frustrazione e se n’era andato dalla stanza.
 
E il panico che Harry aveva provato prima era diventato insignificante.
 
Quindi Harry se ne stava seduto lì, sul letto di Draco, e aspettava il suo ritorno. Doveva dargli una spiegazione. Doveva smetterla di essere così patetico, di nascondersi dietro la sua malattia, e doveva… fidarsi di lui.
 
La finestra che dava sul lago si stava illuminando; se era di quel colore verde chiaro significava che il sole stava sorgendo. Draco era stato via tutta la notte. Non sarebbe ritornato. Harry era stato uno stupido a pensare che-
 
La porta si spalancò, ed eccolo lì.
 
 
Gli si fermò il respiro in gola. Draco non lo stava ignorando; non era da lui. Lo fissava dritto negli occhi, con il volto inespressivo. Non parlava, lo fissava soltanto.
 
C’era così tanta delusione in quell’unico sguardo.
 
E diventò dieci volte più difficile. La delusione era l’emozione peggiore; Harry non aveva mai assistito alla delusione di nessuno, prima di Hogwarts. Rabbia, disgusto e indifferenza erano la normalità. Ma deludere qualcuno significava che quella persona aveva stima di te, e le sue aspettative erano state deluse.
 
Draco non parlò e non si mosse.
 
La tensione nell’aria era quasi palpabile; era soffocante. Harry non pensava di riuscire a parlare, ma non aveva appena deciso che non avrebbe permesso che Draco provasse pietà per lui? Non poteva essere debole; non adesso.
 
Dillo. Dillo. DILLO!
 
“Mi dispiace!” Disse Harry tutto d’un fiato, chiedendosi perché non riuscisse a riprendere fiato. “Mi… mi dispiace.” Harry non sapeva se si stesse scusando per il litigio o per non avergli detto del peggioramento della malattia. Si sentiva male fino alla nausea.
 
Draco si limitò a fissarlo, e fece un passo nella stanza, lasciando che la porta si chiudesse dietro di lui. Lo fissò ancora un po’ e poi si diresse senza alcun motivo nel bagno.
 
A quel punto, stava andando decisamente male. Conosceva Draco abbastanza da sapere che non voleva le sue scuse, voleva solo una spiegazione.
 
Preparandosi, Harry aspettò che Draco uscisse dal bagno. Ignorava il fatto che le sue mani stavano tremando, e che si sentiva sul punto di vomitare. Di certo, era più coraggioso di così, vero?
 
Draco rientrò nella stanza, e si diresse verso il suo letto.
 
Comportati da uomo, Harry.
 
“Mi dispiace così tanto. Non volevo farti preoccupare, o cose del genere. Sono… sono stato uno stupido. Egoista, completamente egocentrico e stupido.” Harry deglutì a vuoto quando Draco si sedette sul letto, e il suo cuore sprofondò quando vide la distanza fra di loro. Draco non stava incrociando il suo sguardo. “E io… tu hai tutto il diritto di essere arrabbiato.”
 
Perché non parlava?
 
Draco si avvicinò a lui, e prese la sua mano sinistra nella sua. Riuscì a fermare il fiume di parole di Harry, quasi dolorosamente. Draco aveva preso un paio di pinzette dal bagno, e aveva deciso di rimuovere le schegge restanti dalla mano di Harry.
 
Harry rabbrividì, quel dolore non era niente in confronto a quello che aveva alle mani. Niente più scuse. Non avrebbe più vomitato tutto quello che gli passava per la testa.
 
“Mi dispiace.” Sussurrò, voltandosi a guardare il comodino invece delle gentilissime mani sulle sue. “Non riuscivo a sentire la mia magia, e sono andato nel panico. Non avrei dovuto usare la bacchetta, ma… non sono nulla senza la magia.” Le mani di Draco si fermarono. “Quando non riuscivo più a percepirla, mi sono sentito di nuovo una nullità.”
 
“Quando hai completato il Numero Dieci.”
 
Harry non sapeva se stesse rabbrividendo per il tono di Draco o per il cambio di conversazione.
 
“…alcune settimane fa.”
 
“Hai rovinato il mio piano.” Rispose in un sussurro. “Recitali per me.”
 
…adesso?
 
Dopo il loro litigio pubblico?
 
Harry non riusciva a farlo. Non poteva far finta che andasse tutto bene e parlare di un suo stupido obiettivo sulla lista quando-
 
“Di’ ‘ciao’ in tedesco.” Gli ordinò Draco, estraendo una scheggia conficcata nel pollice di Harry.
 
“…Guten Tag, ma-”
 
“Ich liebe dich.”
 
“…non so cosa signifi-”
 
“Continua con il Danese.”
 
Harry sospirò, sentendo il suo stomaco stringersi. Non sarebbe riuscito a scamparla. Se avesse cercato di insistere, probabilmente Draco sarebbe esploso. Non voleva più litigare. “Hej.”
 
“Jeg elsker dig.”
 
Era evidente che anche Draco aveva imparato qualche parola. Ma Harry non sapeva cosa significassero. Se Draco stava cercando di avere una conversazione con lui, sarebbe stato deluso di nuovo.
 
“Devo continuare a spronarti?” Chiese piano Draco, concentrandosi su un’atra scheggia.
 
Harry non aveva altra scelta che parlare. “Privet. Konnichiwa. Salve.”
 
“Ya tebya lyublyu. Aishiteru. Te amo.”
 
“…uhm, hola. Zdravo. Buna.”
 
“Te amo. Ijubim. Te iubesc.”
 
“Ola. Cześć. Ni hao. Zdrasti. Szervusz. Namaste.”
 
“Eu te amo. Kocham cię. Wo ài ni. Obicham te. Szeretlek. Mai tumse pyar karta hu.”
 
Harry si fermò. Non capiva una parola di quello che Draco stava dicendo, ma… lo sapeva. Sapeva quello che lo stronzetto biondo stava cercando di esprimere. Avrebbe potuto dirlo in cinquanta modi, o solo in tredici, come aveva fatto fino a quel momento, ma avrebbe comunque distrutto Harry. “Draco… non puoi-”
 
“Hai già finito? Io posso continuare; je t’aime. Se agapò. Aloha Au Ia ‘Oe.”
 
“Draco-”
 
“Is breà liom tù. Naneun dangsin-eul salanghabinda. Ek is lief vir jou. Ikh libe ir.”
 
“Draco, per favore.”
 
Draco si fermò con un sospiro, ma alzò lo sguardo su Harry. Finalmente. “Penso che il Numero Uno sia stato completato.”
 
“…non ho ancora-”
 
“Il Numero Uno originale. Quello che hai cambiato perché pensavi di non meritarlo. Quello migliore.”
 
“…non fa parte della lista.”
 
“Be’, dovrebbe.”
 
Harry deglutì ancora, il senso di colpa si fece strada nella sua gola. Non aveva ricambiato immediatamente, e la distanza fra le due dichiarazioni aumentava sempre di più. “Pensavo che fossimo solo due persone che si godevano il momento.”
 
“E io mi godo ogni momento.” Rispose fermamente Draco, accigliandosi leggermente. Sembrava più controllato della sera prima. “Ed è per questo che mi imbestialisce il fatto che cerchi continuamente di accorciarli. In realtà, sono felice che la tua bacchetta sia esplosa. E anche se lo pensi, il tuo valore non è determinato dalla tua magia. Quest’anno mi sono goduto la tua compagnia senza che usassi alcun incantesimo.”
 
“Tu non capisci.” Come avrebbe potuto?
 
“Allora spiegamelo.”
 
Harry sospirò; non voleva iniziare quella conversazione, non quando stava cercando di dire qualcosa di importante a quel bastardissimo biondo. “Non ero niente senza magia. Sentirsi di nuovo così…”
 
“È da quando eri un bambino che non sei normale, Harry. Essere retrocesso a ‘nullità’ è una leggera esagerazione per quanto mi riguarda.”
 

 
“Finché non ho compiuto undici anni, ho dormito in un sottoscala.” Non era esattamente la dichiarazione di affetto che voleva dedicargli. Finse di non sentire Draco irrigidirsi al suo fianco. “Ero detestato in quella casa; non sapevo nemmeno di essere un mago. Fin quando non sono andato a scuola pensavo che il mio nome fosse ‘ragazzo’, quindi non pensare che stia esagerando. Non ero niente, e sentirmi di nuovo così… ero pietrificato. La magia mi ha dato la vita; posso passare sul fatto che mi ucciderà, finché è ancora .”
 
Si comportava come se Harry avesse una scelta.
 
“E non pensare che non mi sia accorto che hai ignorato la mia dichiarazione. Hai una vaga idea di quanto ci sia voluto a memorizzare quella roba? Cinquanta lingue diverse, e me ne hai lasciate dire solo quindici.”
 
Harry fissò il ragazzo rinomato per essere il Principe di Serpeverde; era accovacciato sul suo letto senza aver dormito per tutta la notte, e rimuoveva le schegge dalla mano di Harry. Stava reprimendo la sua frustrazione. Gli aveva appena fatto una dichiarazione appassionata; un ragazzo che odiava mostrare le sue emozioni.
 
“Se avessi una lista, anche il tuo Numero Uno sarebbe completato.”
 
“…il mio Numero Uno sarebbe andare in Francia. Non so di cosa stai parlando.”
 
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10. Imparare a dire ‘ciao’ in 50 lingue

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Capitolo 41
*** Conseguenze ***


Capitolo 41 – Conseguenze
 
 
Kelly Harris si affrettò verso l’ascensore, osservando con disinteresse i suoi colleghi che le liberavano la strada. Era una delle abilità che aveva appreso a Serpeverde, e la riteneva indispensabile. Non c’era niente di peggio che essere di cattivo umore e doversi sorbire persone che si lamentavano delle loro vite monotone, o peggio, che cercavano di tirarla su di morale. Le bastava semplicemente bloccare le emozioni e tutti correvano nella direzione opposta. Dire che la cosa non la tirava su di morale sarebbe stata una bugia.
 
Aveva mantenuto la promessa che aveva fatto a quel moccioso di Malfoy; si era avventurata nelle orrende profondità del Dipartimento di Ricerca e aveva parlato con un paio di assistenti. Appena avevano capito la sua richiesta, il che non fu difficile visto che aveva preteso una risposta immediata, si erano trasformati in una massa di bambini balbettanti che erano tutto tranne che utili.
 
Avevano nascosto la testa sotto la sabbia, si erano rifiutati di ricambiare il suo sguardo e avevano farfugliato che era pazza anche solo per averlo suggerito. Pazza. Erano il ritratto del disgusto. E, peggio ancora, quando uno dei supervisori riuscì a sentire di sfuggita la loro conversazione… scoppiò a ridere. Erano degli idioti, dal primo a l’ultimo. Imbecilli senza cervello. Maledettissimi-!
 
Prese un respiro profondo, e si calmò mentre gli occupanti dell’ascensore si allontanavano e le porte si chiudevano, isolandola finalmente da tutti. Approfittò di quel momento per dare un pugno al muro. Era da tempo che non si arrabbiava così; il suo lavoro non glielo permetteva. Come potevi consolare una madre terrorizzata se eri arrabbiato e teso? Non poteva funzionare.
 
Prese un altro respiro profondo, si raddrizzò e raccolse i suoi capelli in uno chignon disordinato. Era il momento di lasciarsi quella mattinata umiliante alle spalle e concentrarsi sul suo lavoro. Più tardi avrebbe scritto una lettera a quel moccioso di Malfoy.
 
Tirocinante Harris.” Kelly non poté fare a meno di sospirare, di alzare gli occhi al cielo e di tirare con fin troppa forza i suoi capelli. Avrebbe dovuto aspettarselo. Sarebbe stato troppo semplice uscire da quell’ascensore e andare avanti con la sua vita. Fin troppo semplice. “Nel mio ufficio.”
 
Kelly sospirò di nuovo, avviandosi nella stanza con una camminata sgraziata. Patricia Brown la chiamava ‘Tirocinante’ solo quando era infuriata con lei; non si prospettava una conversazione piacevole.
 
Kelly si chiuse la porta alle spalle e ci si appoggiò, evitando di sedersi sulla poltrona che la donna le stava indicando. Se Patricia aveva intenzione di rimanere in piedi, lei avrebbe fatto lo stesso. Non ci sarebbero state ramanzine o lavate di testa; non quel giorno.
 
“Il Signor Malfoy è venuto qui ieri sera?” Non esistevano giri di parole con Patricia.
 
“Sì.”
 
“Ho ragione a ipotizzare che abbia parlato con lei?”
 
“Sì.”
 
“Bene. Credo che possa darmi una spiegazione.” Non era una domanda, era solo una supposizione.
 
Kelly sospirò ancora una volta, fissando il giornale che l’altra le aveva lanciato davanti. Sapeva di cosa si trattava, visto che l’aveva già letto. La Gazzetta del Profeta aveva rilasciato un articolo quella mattina; il giornale aveva dovuto affrettarsi a includere la notizia poche ore dopo che l’incidente era trapelato; ciò significava che qualcuno nel dipartimento aveva mandato loro un gufo con quella storia pochi minuti dopo il fatto.
 
La testata era orrenda, e faceva davvero onore agli standard del Profeta.
 
L’erede dei Malfoy frequenta il           San Mungo; karma o sacrosanta giustizia?
 
“Sembra proprio che qualcuno sia andato a spifferare in giro gli affari di questo dipartimento.” Rispose tranquillamente Kelly, osservando Patricia Brown che aggrottava la fronte. Oh, era davvero furiosa. “Però nell’articolo non c’è nessun riferimento a Potter, quindi il nostro giuramento di privacy è ancora intatto.”
 
“Mi dica che si tratta delle solite fandonie che s’inventa il Profeta.”
 
Kelly fece schioccare la lingua sul palato, cercando di trovare un modo di spiegarle la situazione senza essere attaccata. “È quasi tutta spazzatura. Sì, è vero che ieri sera Malfoy si è presentato qui in preda al panico, e anche che abbiamo parlato. Ma buona parte dell’articolo riguarda il suo passato da Mangiamorte, e c’è scritto anche che si merita tutta questa merda. Faranno meglio a spedirgli una lettera di scuse per questa violazione della privacy.”
 
La sua mentore non era affatto contenta; i suoi occhi si erano ridotti a due fessure. “Buona parte?”
 
“Sembra che l’articolo riporti la nostra conversazione piuttosto accuratamente. Ripeto, è una violazione della privacy. Io aumenterei i controlli sulle guardie assegnate al suo ufficio; è chiaro che a qualcuno dei Guaritori o dei pazienti non importa un fico secco del giuramento di privacy.”
 
Brown le lanciò un’occhiata sospettosa, poi sospirò e si lasciò cadere sulla sua sedia. Tirò fuori la lista dei turni della sera prima e studiò i nomi delle persone che erano in servizio. Adesso che aveva finito con la sua tecnica di intimidazione, Kelly si sedette sulla sedia di fronte a lei e accavallò le gambe come se fosse calma. Ma in cuor suo ribolliva di rabbia. Era un attacco assolutamente immotivato.
 
“Tutti quanti dovranno rifare il giuramento.” Sussurrò     Brown fra sé e sé, massaggiandosi le tempie come per alleviare un mal di testa. “E poi ho già spedito delle lettere al Signor Malfoy e al Signor Potter. Dovremo solo assicurare loro che non succederà mai più.”
 
“Non penso che si preoccuperanno molto di quell’articolo.” Kelly scrollò le spalle quando la donna le lanciò un’occhiataccia, impassibile. “Harry Potter è finito sui giornali almeno una volta a settimana da quando è finita la guerra; ci è abituato. E poi, nell’articolo non è stato menzionato il suo nome; si concentra su Malfoy. E Malfoy non alzerà un polverone perché sta cercando di rimanere nelle nostre grazie.”
 
“E perché mai a Draco Malfoy dovrebbe interessare anche solo un po’ della nostra opinione su di lui?” La sua voce si acuì di nuovo, era sospettosa. Sul serio, si comportava come se non fossero amiche.
 
“Perché gli abbiamo salvato il culo la volta in cui ha duellato con Il Prescelto; se non l’avessimo fatto, adesso si troverebbe ad Azkaban.” Kelly placò la bestia, osservandola mentre tornava alle sue scartoffie. Ma Kelly era stata una Serpeverde, e i sospetti nei suoi confronti l’avevano irritata all’inverosimile. “E anche perché mi ha chiesto un favore, e sa che non otterrà nulla irritandoci.”
 
“Ha forse promesso-?”
 
“Non ho fatto nulla.” Kelly finse un’espressione innocente e scrollò le spalle. Il gesto irritava la sua mentore, e quella volta non fece eccezione. “Sono solo una tirocinante; non posso promettere nulla senza un’autorizzazione.” Si fissarono a vicenda, nessuna delle due distoglieva lo sguardo. Una cinica, l’altra furiosa. “A proposito; per ipotesi, ovviamente, si potrebbe rimuovere la magia di qualcuno, se si volesse? Ha qualche idea?”
 
Se la tensione era palpabile un momento prima, adesso avrebbe potuto materializzarsi e distruggere l’ufficio. Kelly non aveva mai visto Patricia dilatare le narici, e solo adesso realizzava quanto era stata fortunata. Era come tornare a sedersi di fronte a una furiosa McGranitt che la sgridava per aver fatto crescere la coda a un gruppo di Tassorosso.
 
Tuttavia non ci furono urla. Nessun licenziamento. Patricia Brown mise da parte le scartoffie che erano di fronte a lei e incrociò le braccia al petto. Solo allora parlò, a bassa voce e con calma. Kelly aveva la sensazione che quell’atteggiamento tranquillo non sarebbe durato più di dieci minuti.
 
“Kelly, qual è la prima regola da rispettare quando si lavora con malati terminali?” Ah, grandioso. Avrebbe affrontato la discussione come se le stesse dando un ‘insegnamento’. “Qual è la regola cruciale? Cosa le ho raccomandato di fare il suo primissimo giorno di lavoro? Qual è la regola più importante?” Kelly dovette supporre che non era calma come voleva far credere, visto che le aveva fatto quattro volte la stessa domanda in modi diversi.
 
“La felicità del paziente ha la priorità.”
 
“Ritenta.”
 
“È quella la regola; la felicità del paziente ha la priorità. È molto probabile che i nostri pazienti muoiano nonostante le nostre cure, quindi la loro felicità è sempre al primo posto. Dopo, e solo dopo, viene la medicina; facciamo tutto il possibile per tenerli in vita il più a lungo possibile, se lo vogliono. Dobbiamo metterli a loro agio e-”
 
“Ma non si fanno promesse che non si possono mantenere!” Kelly la fissò, ma non si lasciò sfuggire la risposta che aveva sulla punta della lingua. “E non si promettono miracoli! Non si dice alle famiglie che andrà tutto bene! I loro cari stanno morendo; si meritano molto più di una ridicola, falsa speranza!”
 
“Non lo stavo ridicolizzando.”
 
“Stai ridicolizzando l’intero dipartimento. Il nostro lavoro è prenderci cura delle povere anime che finiscono in questa corsia. Non siamo la Divisione di Ricerca.”
 
“È per questo che ho fatto visita al Dipartimento di Ricerca.”
 
“Pensi di essere la prima Guaritrice a chiedere loro dei trattamenti che non hanno? È per questo che non dovresti affezionarti-”
 
“Non dovrei affezionarmi? È seria? Come si fa a non farlo? Stringiamo loro la mano mentre muoiono; come si fa a non affezionarsi?”
 
“Ed era il suo lavoro stringere la mano a Harry Potter; il suo unico lavoro!”
 
“Non vuole morire!”
 
“Nessuna di quelle persone vuole morire! E noi non vogliamo che muoiano! Non è qualcosa che possiamo cambiare con uno schiocco delle dita e una sola visita al Dipartimento di Ricerca. Usa la testa, ragazzina. Nessuno dei nostri pazienti guarirà; non esistono cure. Non ci sono rimedi.”
 
“Solo perché nessuno ha il coraggio di studiare quella cazzo di malattia!” Urlò Kelly, spingendo via la sua sedia. Patricia fu sorpresa da quella reazione; le sue sopracciglia avevano quasi raggiunto l’attaccatura dei capelli. Ma non la interruppe. “È come se fosse un maledettissimo tabù! Mi è bastato solo pronunciarne il nome, e il Dipartimento di Ricerca aveva già la testa sotto la sabbia. Nessuno ne parla, nessun libro la descrive nel dettaglio. Perfino la nostra documentazione è inesistente; c’è solo la data in cui è stata contratta è quella in cui il paziente è morto. Cioè, che diavolo è quella robaccia inutile? Per quel che ne sappiamo ci potrebbe essere una cura semplicissima per questa malattia vile e bastarda, ma non ne sappiamo niente perché tutti hanno paura della perdita del controllo della magia!”
 
“È una malattia della sua magia.” Rispose tranquillamente Brown, non sembrava turbata dalle sue urla. “Non si può interferire con la magia perché è una parte dell’anima. Come ben sa. Ora, lo so che le piace questo paziente. Abbiamo tutti delle preferenze; non dovremmo, ma le abbiamo. È comprensibile che abbia sviluppato una connessione con lui, e che adesso sia arrabbiata. Comprendo la sua frustrazione. Ma dovrà scusarsi con il Signor Malfoy, e cessare quest’inutile tentativo. Sono stata chiara?”
 
Kelly fece un lungo sospiro, cercando di calmarsi. Non aveva ragione di litigare con Patricia per quella faccenda, soprattutto dal momento che aveva già messo in chiaro le sue opinioni. E poi Kelly aveva già rispettato la promessa; aveva fatto visita al Dipartimento di Ricerca e l’aveva chiesto alla sua mentore. Non aveva dato la risposta che voleva Malfoy, ma era una cosa che avevano già previsto.
 
Sì, a Kelly irritava la mancanza di interesse nello sviluppo della cura, ma in cuor suo aveva mille dubbi; era una missione impossibile. Era la magia ad essere malata; come si poteva curare la magia?
 
Potter sarebbe morto, ed era ora che Malfoy facesse i conti con la realtà.
 
“Capisce quello che sto tentando di dirle?”
 
“Sì.”
 
“Capisce che non possiamo curare l malattia di Harry Potter e che se ci fosse stato un possibile trattamento, a quest’ora sarebbe già stato scoperto?”
 
“Sì.”
 
“Questa missione la lascerebbe soltanto delusa e amareggiata. È meglio evitare che accada.”
 
“Molto probabilmente.”
 
“Non ti arrenderai, non è vero?”
 
“Neanche per sogno.”
 
.
 
.
 
.
 
Harry si addentrò nella Sala Grande e tirò un sospiro di sollievo quando la trovò vuota. Solo alcuni Tassorosso e Serpeverde dell’ottavo anno erano abbastanza irrazionali da recarsi a colazione così presto, e a Harry non dispiaceva per niente. Un po’ di silenzio prima del mal di testa che la giornata gli avrebbe inevitabilmente procurato. Quel giorno c’erano molte materie teoriche e Pozioni, quindi non c’era modo di evitare Draco. Era già grato di essersi svegliato per primo, così da non dover rispondere alle venti domande che aveva sicuramente in serbo per lui. Non l’avrebbe sorpreso se avesse cercato di versare del Veritaserum nel suo succo di zucca.
 
 
“Bene, bene, guarda chi si vede.” Blaise fu il primo a notarlo, e non sembrava contento. Harry non lo biasimava. “Il Signor non-ho-bisogno-dell’aiuto-di-nessuno.”
 
Harry fece per aprire bocca, ma Pansy lo interruppe. “Sta’ zitto, idiota. L’imbecille sei tu che hai cercato di intrometterti nel loro litigio; sembrava forse che volessero aiuto?”
 
“Non può usare la magia!” Disse Blaise, che indicò Harry con veemenza e ringhiò quando li vide scambiarsi semplicemente uno sguardo perplesso. “Era un vantaggio ingiusto!”
 
“Se la stava cavando benissimo da solo.” Pansy diede un colpetto all’orecchio di Blaise, ignorando il suo urletto. “Si sarebbero picchiati, la tensione si darebbe accumulata, poi si sarebbero baciati e avrebbero scop-”
 
“No, non l’avremmo fatto.” La interruppe Harry, che era consapevole di star arrossendo mentre prendeva posto accanto a Theo. Non gli avevano chiesto perché avesse usato la magia, né del litigio, e nemmeno se Draco l’avesse affrontato. Si limitavano ad accettare che era finita, e che tutto era tornato alla normalità. Dio, perché i Grifondoro non si comportavano mai in quel modo? “Comunque mi scuso per averti urlato contro.”
 
Dal sorriso di Zabini sembrava che gli avessero regalato la luna. “E il legame si rafforza.” Scansò un colpetto di Pansy e ignorò l’occhiataccia di Nott. Sul serio, perché non potevano essere tutti felici o divertiti come Blaise? “Allora, dov’è Draco?” In un istante passò da una persona che si accontentava di poco a un malevolo Serpeverde.
 
“Sta dormendo.” Harry cercò di far finire lì la conversazione, ma non sembrò funzionare, visto che indossavano tutti un ghigno predatorio.
 
“Hai paura, eh?” Chiese Nott, il ritratto dell’innocenza. Sarebbe stato convincente se solo non avesse sogghignato.
 
“No.”
 
“Penso che lei stia affermando il falso.” Che razza di frase era quella? Blaise ignorò la sua occhiata e continuò.
 
“Perché mai avresti dovuto sgattaiolare fin qui? Per il solo piacere della nostra compagnia?”
 
“Per legare.” Rispose Harry, che dovette trattenere il sorriso quando li sentì ridacchiare. I Serpeverde e il loro umorismo. “E, onestamente, volevo assicurarmi che nessuno fosse troppo arrabbiato con me.” Anche se aveva parlato di nuovo del litigio, non c’era traccia di risentimento nei loro occhi. Per un secondo Harry pensò che fosse perché a loro non importava, ma gli bastò un attimo per capire che non era così. Era solo che non giudicavano le decisioni affrettate che aveva preso la sera prima.
 
“A Serpeverde c’è sempre qualcuno che litiga,” Pansy inclinò la testa da un lato, sinceramente perplessa. “Di certo avrai notato che è un evento comunissimo qui.”
 
“Certo, ma nessuno litiga con Draco.” Aggiunse Blaise, ghignando. “Una volta Theo ci si è avvicinato, ma il senso del giudizio gli ritornò quando si ricordò che Draco l’avrebbe letteralmente distrutto a duello. Il che ci riporta alla conversazione precedente; ti stai nascondendo dal nostro terrificante padrone?”
 
No.” Ritentò, ma nessuno gli credette. E non l’avrebbero mai fatto; tutti avevano paura di Draco. Harry non aveva paura di lui, considerando che la notte precedente aveva avuto la possibilità di farlo a pezzi, e invece gli aveva fatto la più bella dichiarazione del secolo. No, Harry aveva paura della conversazione che avrebbero dovuto affrontare. Delle domande, e delle risposte che si sarebbe sentito obbligato a dare. “Non mi sto nascondendo. Mi sono svegliato per primo e ho pensato che avesse bisogno di dormire.”
 
“Come no.” Fece finta che non lo irritasse il fatto che avevano risposto tutti all’unisono.
 
“Pensatela come volete,” Harry rispose ai loro ghigni con un’altra osservazione. “Voi non siete neanche tornati al Dormitorio ieri sera; non avete neanche dormito nei vostri letti per evitare che Draco posasse il suo sguardo su di voi. Che importa se lo sto evitando o no, almeno io riesco ancora a fronteggiarlo.”
 
“Un colpo basso, Potter… basso.” Tutti ignorarono il commento di Blaise e il fatto che aveva messo il broncio.
 
“Non abbiamo dormito altrove perché avevamo paura.” Nott si alzò, e con un cenno della mano impedì a Harry di continuare. “Ma per puro istinto di autoconservazione. Hai mai visto Blaise che cerca di mantenere un’espressione impassibile? Con un solo sguardo Draco avrebbe capito che sapeva qualcosa; guardalo!” Si voltarono tutti verso il Serpeverde dalla pelle scura, che sorrise perché era al centro dell’attenzione. “È un idiota! Draco si sarebbe chiesto come facesse lui a saperlo e si sarebbe voltato verso di me.” L’espressione scioccata di Blaise fece valere la pena di aver affrontato l’intera conversazione. “Poi si sarebbe chiesto perché sapevo così tante cose e, francamente, gliel’avrei detto senza pensarci due volte. Stavamo già cercando un modo per dirglielo inavvertitamente.”
 
“Triste ma vero.” Aggiunse Blaise, scrollando le spalle. Il dispiacere per l’insulto che gli aveva rivolto Nott era già sparito.
 
“E, infine, Draco avrebbe posato il suo sguardo assassino su di te. Lo stavamo evitando… per aiutarti.”
 
“Tutte stronzate.” Rise Harry, “Avete paura di lui, ammettetelo!”
 
“Neanche sul letto di morte.” Si paralizzò una volta che le parole lasciarono la sua bocca, realizzando quanto fossero inopportune date le condizioni di Harry. Era tutto apposto. Anzi, era qualcosa che Harry avrebbe potuto usare contro di lui.
 
“Allora, fammi capire meglio.” Pansy passò tranquillamente sopra l’imbarazzo che aleggiava sul piccolo ma animato gruppo. Erano arrivati più studenti nella Sala Grande, ma i loro quattro posti erano i più rumorosi.  “Lo sapevate tutti… e non me l’avete detto? Di nuovo? Perché sono l’unica ad essere tagliata fuori da queste cose, branco di traditori bastardi?”
 
Harry sbuffò divertito quando entrambi i ragazzi si mossero a disagio; se avevano paura di Draco, erano ugualmente spaventati da Pansy. Aveva una fama da castratrice, se Harry non ricordava male.
 
“Non è importante.” Blaise ignorò di punto in bianco le accuse della ragazza, posando di nuovo i suoi occhi scuri su di Harry. “Finché Potter non ammette di aver paura di Draco!”
 
“Non è vero!” Tentò ancora Harry, ma gli altri stavano già scuotendo le teste.
 
“Anche questi due codardi sarebbero corsi a nascondersi.” Pansy cercò di persuaderlo, lanciando un’occhiataccia ai due ragazzi. Sì, aveva permesso che la conversazione tornasse su Harry, ma non avrebbe ignorato il loro tradimento. Harry si sentì quasi in pena per loro, finché non si ricordò che avevano avuto intenzione di spifferare tutto a Draco. “Non c’è nulla di cui vergognarsi.”
 
“Unisciti a noi Potter.” Ghignò Blaise, “Sii un vero Serpeverde.”
 
“Ditemi se ho capito bene… i prerequisiti per essere un Serpeverde sono, l’istinto di autoconservazione, la malizia e… avere paura di Draco Malfoy?”
 
“Piò o meno.” Un Serpeverde del quarto anno che passava di lì rispose al posto degli altri. Tzé, accidenti ai Serpeverde e al loro patriottismo.
 
“Non ho paura di Draco.”
 
Ma lo stai evitando?”
 
“Che importa?”
 
Blaise scrollò le spalle, senza un briciolo di tatto. “Ci annoiamo. È un bel passatempo.”
 
Harry li fissò uno per uno, non era la prima volta che rimaneva perplesso dall’umorismo e dalle emozioni Serpeverde. Gli altri ricambiarono il suo sguardo, e anche loro erano confusi dalla sua esitazione. Il fatto che nessuno battesse ciglio non migliorava la situazione; era come se stessero cercando di mantenere il contatto visivo prima di fiondarsi su di lui; fin troppo simili a dei serpenti, a dirla tutta.
 
Alla fine Harry sospirò, distogliendo lo sguardo. Gli altri ghignarono appena lo fece, consapevoli di aver vinto. Maledetti bastardi. “Mi farà domande imbarazzanti.” Gemette, tenendosi la testa fra le mani.
 
“Non devi rispondere per forza.” Gli fece notare Nott, inutilmente.
 
“E pensi che non userà il fattore ho-cercato-di-farmi-esplodere contro di me?”
 
“Menti.” Harry non si degnò neanche di rispondere al suggerimento di Blaise; Pansy lo fece al posto suo, schiaffeggiandogli il braccio e dandogli dell’idiota. L’espressione impassibile di Harry non era migliore di quella di Blaise quando si trattava di Draco.
 
“Non avete parlato ieri sera?”
 
“Uhm… più o meno. Ha cambiato discorso piuttosto velocemente.”
 
“Ecco. Non vuole parlare.” Harry si voltò a guardare Pansy con le sopracciglia alzate, e lei annuì alla confessione. La ragazza riconosceva le manie di controllo di Draco.
 
“Penso che ci stiamo dimenticando una cosa molto importante.” Nott richiamò a lui l’attenzione, accigliandosi. Fissava il tavolo e annuiva mentre metteva insieme i pezzi del suo ragionamento. “Un’opportunità che non avevamo considerato.”
 
Un’opportunità? Harry lo fissò, cercando di capire cosa ci fosse di vantaggioso nel rivelare tutte le sue paure e i suoi momenti imbarazzanti alla persona che rispettava di più al mondo. Quale opportunità stava ignorando?
 
“Cosa pensi che farà Draco quando entrerà da quella porta?” Continuò Nott, indicando l’altra parte della stanza. “Qual è la primissima cosa che farà?”
 
Harry si voltò verso la porta, riflettendoci. Lo stronzetto biondo avrebbe posato i suoi occhi su di Harry, come se ogni suo gene avesse un dispositivo per localizzarlo. Si sarebbe avvicinato a lui con gli occhi colmi di emozioni anche se il suo volto sarebbe rimasto impassibile. Avrebbe…
 
Gli altri due ragazzi stavano annuendo e avevano gli occhi spalancati. Cosa sfuggiva a Harry? Qualcosa di ovvio? Qualcosa di così evidente che lui, la persona più vicina a Draco, non riusciva a capire? Qual era l’opportunità che non aveva considerato?
 
“Capisci?” Continuò Nott, con un tono serio. Lui e gli altri si scambiarono uno sguardo d’intesa, per poi tornare a fissare Harry.  “Scommetto un galeone che la sua prima parola sarà ‘Potty’.”
 

 
Cosa?
 
“Un galeone che lo punirà.” Aggiunse Pansy, lanciando la sua moneta d’oro sul tavolo.
 
“È troppo vago.”
 
“Bene. Gli darà un colpetto all’orecchio.”  E sarebbe potuto succedere davvero.
 
Harry si voltò verso Blaise. Il traditore scrollò le spalle, e lanciò a sua volta una moneta d’oro sul tavolo, accanto a quella di Pansy. “Un galeone che Draco non dirà una parola, ma si siederà così vicino a Potter che i loro fianchi si toccheranno.”
 
Quella che era un’opportunità che aveva sottovalutato.
 
“Che bastardi.” Sospirò Harry, osservando i piatti che iniziavano ad apparire sul tavolo.  Decise di prendere un toast, nonostante la sua mancanza d’appetito.
 
“Cosa scommetti tu, Potter?” Chiese Nott, con un ghigno sulle labbra. “Cosa pensi che farà Draco quando entrerà da quella porta?”
 
“Non voglio scommettere.”
 
“Vivi un po’, dai.”  Harry arricciò il naso per la mancanza di tatto nelle sue parole. “Oggi non mi sta andando molto bene.” Sussurrò, voltandosi a fissare con sorpresa una ragazzina del secondo anno che passava di lì. Si era fermata e si stava mordendo il labbro.
 
La ragazzina guardò Harry, prima di tirare fuori una moneta dal suo mantello. “Un galeone che Malfoy ignorerà completamente Potter. Non lo guarderà e non gli parlerà per i primi minuti.”
 
Maledetti Serpeverde.
 
La colazione faticava a iniziare per via delle scommesse, nonostante l’arrivo dei professori e le attenzioni che stavano ricevendo dall’intera Sala per via della montagna d’oro che cresceva fra gli studenti dell’ottavo anno. Non potevano accusarli di aver infranto le regole perché Theo non aveva messo per iscritto neanche una parola. Ascoltava le scommesse, annuiva o assumeva un’espressione perplessa a seconda dello studente, e si voltava verso il Serpeverde successivo. Harry non sapeva come facesse a ricordarsi le scommesse e ad associarle ai vari studenti, ma stando a quanto diceva Blaise era uno dei suoi tanti talenti.
 
Le scommesse ottenevano reazioni differenti a seconda di quanto fossero specifiche. La maggior parte includeva anche Harry.
 
“Un galeone che ruberà il toast di Potter senza dire una parola.”
 
“Un galeone che gli darà uno scappellotto sulla nuca.”
 
“Un galeone che costringerà chiunque sia seduto accanto a Potter a spostarsi, senza dire una parola.”
 
“Quella lì è già stata fatta.”
 
“…Bene. Si siederà fra te e Potter.” Quella scommessa ottenne parecchi consensi.
 
Era ridicolo.
 
Ogni Serpeverde voleva contribuire. Che branco di stronzi.
 
“Sembra divertente, posso unirmi anche io, Harry?” Harry alzò la testa di scatto quando sentì quella voce sognante, osservando Luna che se ne stava di fronte a Nott e fissava la pila piuttosto grande di monete. Posò i suoi grandi occhi su Harry, sorridendo calorosamente. “Avete intenzione di darli in beneficenza?”
 
“Stanno scommettendo.” Rispose Harry, che ghignò quando il gruppo si zittì. Pansy aveva una smorfia sul volto, Theo aveva l’aria di voler attaccare la Corvonero e Blaise aveva alzato le sopracciglia. Ma non fecero nulla. Anche i Serpeverde intorno al loro gruppo iniziarono a zittirsi alla vista di quella strana visitatrice. “Scommettono su cosa farà Draco quando entrerà nella Sala Grande.”
 
“È una cosa un po’ strana da fare.” Rispose, inclinando la testa da un lato. “I Serpeverde sanno essere piuttosto strani, non è vero?” Si voltò a guardare Pansy quando iniziò a tossire nel suo succo. “È ovvio che Draco cercherà di liberarsi dei Gorgosprizzi che gli infestano la testa e poi ti darà un pizzicotto sul sedere.”
 
“Luna,” Balbettò Harry, fingendo di non star arrossendo, o che i Serpeverde intorno a lui non stessero trattenendo risate di incredulità. “Non dare loro altri spunti!”
 
Ma la sua amica non stava ascoltando; la osservò con un misto di sorpresa e orrore mentre tirava fuori dal mantello un orecchino a forma di tappo, e lo piazzava accanto alla pila d’oro. Annuì felicemente e prese posto tra Pansy e Blaise, senza curarsi del fatto che entrambi si allontanarono subito da lei.
 
“Come va, Harry?” Chiese, frugando ancora nel suo mantello. Iniziò a tirare fuori dalle tasche uno strano assortimento di roba, compresa una maniglia, qualche rosa appassita e tre cucchiai, tra tutte le cose possibili. “Sembri più magro. La pannocchia non ha funzionato bene come speravo.” Finalmente trovò quello che stava cercando, una striscia di foglie di menta annodate insieme. Allungò la mano per afferrare quella di Harry, e si accigliò quando vide i tagli, ma annodò comunque la menta intorno al suo polso. “Ecco. Questo dovrebbe esserti d’aiuto.”
 
Harry non riuscì a trattenere un sorriso; fa gli sguardi sconvolti e arrabbiati dei Serpeverde, e quello distante e assorto di Luna, Harry non sapeva se essere preoccupato o felice.
 
“Dov’è Draco?” Chiese Luna, che posò i suoi occhioni su Pansy quando la sentì bisbigliare a Theo. “Lo stai evitando?”
 
Quello sì che fece ridere i Serpeverde, ma nessuno aveva ancora aperto bocca. Harry li osservò, prendendo nota della loro irritazione, del leggero divertimento e dell’intolleranza verso la sua amica. Ma non si stavano comportando in modo cattivo. Non le ringhiavano contro e non l’attaccavano nemmeno. Se rendeva felice Harry, l’avrebbero accettata.
 
“Non lo sto evitando.”
 
“Ah, bene. Pensavo che fosse triste per via dell’articolo, ma è troppo intelligente per credere alle stupidaggini che dice il Profeta. Scrivono un mucchio di spazzatura in quel giornale.”
 

 
Harry sentì il suo stomaco sprofondare. Una veloce occhiata al tavolo gli rivelò che anche gli altri provavano la stessa emozione; erano confusi. Si voltò verso gli altri notando che erano tutti interessati al giornale. Anzi, l’intero corpo studentesco sembrava assorto nella lettura.
 
Cos’era successo adesso?
 
Pansy afferrò velocemente un ragazzino del secondo anno per il colletto; le bastò far schioccare la lingua sul palato e il Profeta apparve miracolosamente davanti a lei. Aveva un vero talento.
 
Harry la osservò nervoso mentre leggeva la rivista, e notò che le sue labbra si assottigliarono e il suo naso si arricciò per il disgusto. Quindi non era un articolo molto piacevole. Lo passò a Theo, che lo lesse in silenzio.
 
Grandioso. E dire che quella mattina si stava divertendo.
 
Harry sospirò e prese un altro toast, voltandosi di nuovo verso Luna. “A te come va? Sei pronta per gli esami?”
 
“Sto meglio, grazie.” Sorrise, completamente ignara della rabbia che si era diffusa fra gli studenti dell’ottavo anno intorno a loro.
 
“Ginny si è calmata un po’; adesso è molto più piacevole parlare con lei. Anzi, molte persone sono più gentili da quando Ronald e Neville hanno iniziato a richiamarle per la loro cattiveria. L’atmosfera è migliorata un bel po’; va tutto bene finché qualcuno non riesce a trovare le sue scarpe.”
 
A Luna non sembrava importare che Pansy la stava fissando come se avesse due teste. Si voltò e la fissò dritto negli occhi, sorridendo. “Sono più gentili, non è vero?”
 
“Non ci lanciano fatture in ogni angolo della scuola, se è quello che intendi.” Rispose piano, fissando Harry come se gli stesse chiedendo aiuto. “Ma sono ancora un branco di stronzi.”
 
“Potter.” Nott gli passò il giornale, ma rimase esterrefatto quando Harry lo passò direttamente a Blaise. “Non vuoi leggerlo?”
 
“Parla di me?” Rispose seccamente Harry, e scrollò le spalle quando l’altro scosse la testa. “Allora passo.”
 
“Ma parla-”
 
“Il Profeta inventa metà delle sue fandonie. Non mi importa che razza di storiella abbiano inventato su Draco. Probabilmente qualche stupidaggine sui Mangiamorte di cui non m’importa nulla.”
 
“Dici così adesso,” Sussurrò Nott, “Ma non sai cosa c’è scritto nell’articolo.”
 
Harry si accigliò, guardandosi intorno. Gli studenti ridevano, e si voltavano per vedere la reazione di Draco. Harry era grato che il suo stronzetto biondo non fosse lì per sorbirsi un tale scrutinio. Poi tornò con lo sguardo agli altri Serpeverde. Nessuno dei suoi nuovi amici sembrava contento; anzi avevano un’aria mesta, ed erano estremamente seccati.
 
“Non dice niente di vero, dico bene?” Si ritrovò a chiedere, e sospirò quando gli altri scrollarono le spalle.
 
“Parla di qualcuno vicino a Draco che è bloccato in ospedale, e che lui visita spesso.” Disse Blaise, lanciando il giornale sul tavolo. “Dice che è distrutto e che se lo merita.”
 
“Pensavo che non potessero rivelare informazioni su…” Harry fu interrotto da un gufo che atterrò davanti a lui, gli porse la zampa per mostrargli il sigillo del San Mungo su due lettere diverse. Non voleva ritirarle. Non aveva letto l’articolo e non voleva farlo.
 
Pansy si allungò sul tavolo e afferrò entrambe le lettere, aprendole senza pensarci su due volte. Le lesse rapidamente, per poi lanciarle accanto al giornale. “Stupidaggini sulla confidenzialità e di come sperano che tu non sporga denuncia.”
 
Harry non era particolarmente arrabbiato; lo irritava il fatto il Profeta avesse pubblicato un articolo che non avrebbe attenuato lo stress di Draco, ma perché preoccuparsi? Era stufo delle tragedie; la sera prima aveva avuto un esaurimento nervoso, rischiato la vita e rivelato per sbaglio informazioni che avrebbe preferito dimenticare… e adesso il Profeta pensava di potergli complicare la vita ancora di più? Non l’avevano menzionato apertamente ma era comunque sottinteso.
 
La cosa avrebbe dato il via a bisbigli e occhiate per i corridoi. I pettegolezzi si sarebbero diffusi e il peso sulle sue spalle sarebbe diventato insopportabile.
 
Anche in quel preciso istante, il tavolo Serpeverde diventava sempre più silenzioso man mano che tutti finivano di leggere l’articolo. Uno per uno, gli studenti si voltavano verso Harry, accigliandosi. Pensavano che fosse lui il motivo per cui il loro ‘leader’ stava ricevendo critiche simili. Dopo la sera precedente, non si era aspettato che continuassero ad essere gentili con lui, ma quella situazione era nettamente peggiore. I loro sguardi erano calcolati, scontrosi.
 
Una ragazza del quinto anno ridusse i suoi occhi blu acceso a due fessure e si alzò in piedi di scatto, affrettandosi verso il loro gruppetto. L’attenzione della sala era concentrata sul suo passo veloce e il viso teso. Li raggiunse in un batter d’occhio, incrociò le braccia al petto e si piegò in avanti con rabbia.
 
Si riuscivano a sentire i granelli di polvere che cadevano; il silenzio era assordante. La tensione era insopportabile.
 
La ragazza guardo le sue amiche e arricciò di nuovo il naso prima di spostare lo sguardi su Theo.
 
“Voglio cambiare la mia scommessa! Quest’ultima notizia cambia tutto!”
 
La cosa scatenò una rivolta.
 
Improvvisamente la maggior parte dei Serpeverde si alzò in piedi, e si avvicinò per cercare di farsi sentire.
 
“Non credete che le regole si debbano correggere?”
 
“Dovremmo poter cambiare i termini almeno una volta”
 
“Devo cambiare la mia scommessa!”
 
“Anche io!”
 
Harry non ce la fece; scoppiò a ridere. A loro non importava un bel niente dell’articolo, non adesso che avevano una scommessa in ballo. Dannati Serpeverde.
 
Luna osservò la scena con interesse, e di tanto in tanto scacciava qualcosa, era sicuro che fossero quelle canaglie dei Gorgosprizzi. Sembrava davvero divertirsi al nuovo tavolo. Pansy la stava tenendo d’occhio con un’espressione simile a disagio sul volto. Non sapeva come prendere Luna, soprattutto perché lei riusciva a guardarla negli occhi senza battere ciglio.
 
“Le scommesse non si possono modificare!” Nott si alzò in piedi e il suo ringhio zittì la folla. Aspettò finché non si calmarono tutti, assicurandosi di avere l’attenzione di tutti i Serpeverde. “Tuttavia, posso accettare nuove scommesse. Avrete il doppio delle possibilità di vincere, è consentita più di una scommessa!” Ci fu un via vai di studenti che correvano al loro tavolo e lanciavano monete sui piatti.
 
Harry dovette rimuovere due monete dal suo toast prima di potergli dare un morso. Di sicuro i professori non avrebbero lasciato che la cosa continuasse per molto; era sicuro che Vitious stava fissando il loro tavolo con interesse.
 
“Come funziona, comunque?” Harry dovette urlare per farsi sentire al di sopra della folla di Serpeverde, e dovette battere le mani per attirare l’attenzione di Blaise. “Che succede se Draco completa due scommesse allo stesso tempo?”
 
“Vince la prima azione!” Urlo Blaise in risposta. Sfoderò la bacchetta, probabilmente stava per creare una bolla di silenzio intorno a loro, ma esitò a metà incantesimo. Lanciò uno sguardo a Harry prima di riporla. Quella piccola azione lo colpì come un pugno allo stomaco.
 
“E se ne fa più di una? Che succede se si avvicina dicendo ‘Potty, idiota, come va con le mani?’ e mi dà un colpetto sulla fronte mentre mi ruba il toast? Sarebbero già cinque scommesse!”
 
“Be’, vincerebbe Theo, è ovvio. È stato lui a scegliere ‘Potty’.”
 
Ovviamente.
 
“Andiamo Potter. Unisciti a noi; piazza una scommessa.”
 
“Non sono interessato.”  Tutte le scommesse, tranne quella di Luna, erano plausibili. Sarebbe stato interessante vedere chi sarebbe stato il fortunato studente a vincere il premio; quanti galeoni potevano entrare nelle tasche di un mantello?
 
Lo sguardi di Harry si spostò sulla porta. La colazione sarebbe stata una delusione se Draco non si fosse presentato. Avrebbero avuto per le mani dei Serpeverde ribelli che chiedevano o il sangue o un compenso. Harry non si sarebbe sorpreso se la maggior parte dei Serpeverde avesse seguito Harry a Pozioni per assistere alla prima azione del giorno di Draco. Erano un bel gruppetto determinato.
 
Era vagamente consapevole del fatto che Blaise stava tentando di attirare di nuovo la sua attenzione, ma mentre si voltava verso di lui la sua attenzione si concentrò sugli altri tavoli, piuttosto che sul suo amico dalla pelle scura.
 
Incrociò gli sguardi di alcuni Corvonero, che sembravano compatirlo. Perché un gruppo di Corvonero che non aveva mai incontrato avrebbe dovuto provare pietà per lui?
 
Il suo sguardo si spostò più in là, fino al tavolo Tassorosso. E, com’era prevedibile, alcuni studenti lo stavano fissando. Fissavano lui. Non la gigantesca montagna d’oro accanto al suo piatto; riuscì a guardarli negli occhi prima che si voltassero dall’altra parte. E poi ancora, i Grifondoro. Ron aveva l’aria distrutta, mentre Ginny sorrideva. Gli altri continuavano a lanciargli occhiate curiose; era come se volessero vedere la sua reazione.
 
Come avrebbe dovuto reagire a quell’articolo? Non c’era il suo nome lì dentro, no?
 
“Sei sicuro che non sono menzionato nell’articolo?” Dovette chiedere Harry, continuando a studiare gli altri tavoli. La metà degli studenti fissava lui, e l’altra la pila di monete. Una montagna d’oro doveva essere sicuramente più affascinante di lui, giusto?
 
“Ah, non preoccuparti di loro, Harry.” Luna si voltò per guardare distrattamente la Sala, e poi fece spallucce. “Gli interessa solo di come la prenderai.”
 
“Perché dovrei reagire in maniera diversa dagli altri?” Era pur sempre un amico di Draco; sarebbe dovuto essere, ed era, infuriato per la situazione del suo compagno di classe. Non si aspettavano certo che si rimboccasse le maniche e iniziasse ad affatturare tutti a destra e a manca? Sì, era successo in passato. Ma in quell’occasione gli altri studenti erano nel torto, e qualcuno doveva far capire loro che gli atti di bullismo avevano oltrepassato il limite. Ma non avevano niente a che fare con l’articolo.
 
“Per via dei pettegolezzi.” Rispose Pansy al posto di Luna, e si sentì a disagio sotto lo sguardo da gufo che ricevette in cambio. Davvero non sapeva come comportarsi con quella strana Corvonero, “Metà della scuola pensa che tu e Draco scopiate, l’altra pensa che ti stiamo costringendo a passare del tempo con noi. Sul serio, vivi sotto una roccia?”
 
“So dei pettegolezzi.” Sospirò Harry, “Ma non mi importa degli altri; faccio quello che mi pare.”
 
“Sì, ma l’articolo non ha specificato chi fosse la persona a cui Draco fa visita in ospedale.” Pansy si allontanò un po’ di più da Luna quando parlò. “Ha ipotizzato che fosse un parente o un amante, concentrandosi sulla teoria dell’amante. Se tu sei qui mentre lui se ne va in giro… chi è la persona in ospedale per cui è distrutto? Quelle piccole merdine arroganti pensano che sia un traditore e un imbroglione. Non gli sta facendo fare una bellissima figura.”
 
 
Harry si guardò di nuovo intorno nella sala, stavolta aggrottando la fronte. Le occhiate che ricevette erano curiose, di attesa… compiaciute. Perché mai erano compiaciuti? Perché pensavano di avere la prova che Harry e Draco non se la spassassero nel castello, o perché credevano che Harry fosse arrabbiato con Draco? Perché avrebbero dovuto essere compiaciuti per un articolo così meschino su un compagno di classe?
 
“È un argomento scottante.” Pensò di aggiungere Luna, ma non fu d’aiuto.  “Dato che litigate un sacco in pubblico, e si potrebbe dire che tu lo segua in giro come un cucciolo abbandonato. E Ginny si è lamentata un sacco di quello che Draco le ha detto qualche settimana fa.”
 
“Cosa le ha detto Draco?” Draco non si sarebbe mai avvicinato a Ginny neanche con un bastone di tre metri e armato di bacchetta. Lui detestava Ginny.
 
“Non posso ripeterlo.” Sospirò Luna, allungandosi e rubando un pezzo del toast che Harry aveva lasciato lì. “È stato piuttosto maleducato. Forse dovresti essere tu a pizzicargli il sedere quando arriva?”
 
Harry non sapeva come sentirsi.
 
Sentì lo stomaco aggrovigliarsi in un’emozione insolita; in un certo senso faceva male. Era come se credessero che Draco non fosse degno del tempo di Harry. Quando, di fatto, Draco aveva gli aveva dato più tempo semplicemente entrando a far parte della sua vita. Era assolutamente ingiusto.
 
Perché tutti odiavano Draco?
 
Certo, a volte sapeva essere un vero stronzo. Sogghignava, spaventava i primini e una buona parte della popolazione studentesca. Era irriverente, maleducato, viziato, ed era stato dalla parte sbagliata della guerra.
 
Teneva stretto Harry durante i trattamenti diagnostici; era il suo unico supporto.
 
Lo stava aiutando a completare un numero dopo l’altro della sua stupida lista.
 
Aveva imparato a dichiarare il suo amore in cinquanta lingue diverse.
 
Perché nessuno riusciva a vedere quant’era umano?
 
“Quindi… è una specie di teoria complottista?” Chiese Harry a bassa voce, “Tutti stanno discutendo della mia… relazione con Draco?”
 
“Be’, è una relazione?” Chiese Pansy, alzando un sopracciglio davanti allo sguardo offeso di Harry. “Che c’è? Non ci dite un cazzo, e negate tutto quando ne avete la possibilità. Non siete affettuosi l’uno con l’alto; al massimo vi considererei scopamici.”
 

 
Harry sbatté le palpebre. Scopamici?
 

 
Non erano affettuosi?
 
Era come se tutti… disapprovassero. Cristo, non aveva bisogno del loro permesso, o consenso, e neanche del loro supporto. Ma il fatto che non riconoscessero la loro relazione lo rendeva furioso. Diavolo, erano tutti compiaciuti dell’articolo perché pensavano che avesse rivelato la ‘verità’? È impossibile che Draco Malfoy e Harry Potter abbiano una relazione! Guardate, ha un’amante in ospedale! Per tutto questo tempo ci siamo preoccupati per niente! È impossibile che al salvatore del mondo magico piaccia un ragazzo.
 
Harry si sentiva…
 
Non gli piaceva ciò che provava.
 
Prima che avesse la possibilità di giustificarsi, o di dire a Pansy che la sua relazione con Draco non era affare di nessuno e che poteva ficcarsi il suo “scopamici” su per il culo, la sala cadde nel silenzio.
 
Harry si voltò verso la porta come chiunque altro, osservando il biondino esitare un po’ a causa dell’improvvisa attenzione su di lui. Tuttavia, ignorò gli sguardi e si avviò con disinteresse verso il tavolo Serpeverde.
 
Harry non riuscì a fare a meno di lanciare un’occhiata agli altri tavoli. Compiaciuti. Sogghignavano fra loro; non vedevano l’ora che Draco leggesse il giornale e ci rimanesse male. Non vedevano l’ora di vedere la reazione di Harry.
 
Bastardi arroganti.
 
E così, pensavano che la loro ‘teoria complottista’ fosse vera, eh?
 
Lanciò un’occhiata a Pansy. Tzè. Non affettuosi.
 
Prima che capisse veramente che cosa stava facendo, Harry si alzò dal tavolo, e iniziò a frugare nelle sue tasche. Ignorò le bocche aperte dei suoi amici, e lanciò una moneta d’oro sulla pila.
 
“Un galeone che mi bacia.” Ringhiò, camminando lungo il tavolo. Era fin troppo consapevole che la sua faccia era già di un rosso brillante, e che poteva sentire il rumore delle panche che le persone spostavano mentre si alzavano in piedi alle sue spalle. Sapeva di star esagerando con la gelosia, e che a Draco non sarebbe piaciuto quello che stava per fare. Sapeva di aver attirato gli sguardi di tutti gli studenti.
 
Una metà aspettava di vedere se avrebbe avuto il fegato di fare quello che aveva appena dichiarato, l’altra di vedere se sarebbe scoppiato un litigio. Odiava quest’ultima possibilità.
 
Quindi attraversò la sala, dirigendosi a grandi passi verso lo stronzetto biondo che aveva evitato tutta la mattina. Draco lo vide subito arrivare; alzò un sopracciglio, dando un’occhiata al resto della scuola che li fissava, per poi ignorarla. Era troppo onnipotente per preoccuparsi dell’attenzione degli altri studenti.
 
Camminò pavoneggiandosi, con le sopracciglia sollevate, e un ghigno che si faceva strada sul viso. Ancora qualche metro. Ancora tre. Non sospettava proprio niente; anzi, i suoi occhi brillavano divertiti per la faccia scarlatta ma determinata di Harry. Harry si chiese quanto sarebbe durato quel divertimento.
 
“Pot-?” Gli mise una mano sulla bocca, ignorando il suo stomaco che si aggrovigliava per il ghigno presuntuoso che sentiva allargarsi sotto il palmo. Aveva dovuto farlo. Nott stava per vincere la scommessa. Le sopracciglia di Draco praticamente scomparvero, ma non spostò la mano di Harry.
 
A Harry non importava di avere le attenzioni di tutta la Sala.
 
Spostò la mano sulla nuca di Draco, come precauzione nel caso avesse cercato di allontanarsi di scatto. E prima che quegli occhi grigi potessero trovare una risposta in quelli di Harry, fece un passo in avanti e sfiorò le labbra di Draco con le sue.
 
Draco si irrigidì immediatamente; le dimostrazioni pubbliche di affetto non erano nel suo repertorio. Harry baciò per un attimo le sue labbra immobili, notando che il ghigno era scomparso all’istante. Non riuscì a trattenere un sospiro amaro. Sul serio, che cosa gli era saltato in testa? Un’altra delusione cocente.
 
Harry fece un passo indietro.
 
E Draco fece un passo in avanti.
 
Delle mani afferrarono i suoi fianchi magri, impedendogli di allontanarsi. Il biondo fece un suono di domanda, probabilmente si chiedeva a che cosa fosse dovuta quell’insolita dimostrazione di affetto in pubblico. Ma poi, inaspettatamente… si chinò in avanti e ricambiò il bacio.
 
Con un sospiro di sollievo, Harry lasciò che il solito profumo di vaniglia sopraffacesse i suoi sensi, e bloccasse le occhiate della Sala. Si baciarono in silenzio, ma era ciò di cui Harry aveva bisogno. Morbido, gentile, e caldo.
 
Draco lo strinse a sé, obbligandolo ad avvicinarsi. Approfondì il bacio, e lo privò della sua innocenza facendo scivolare la lingua sulle labbra e nella bocca di Harry. Il ghigno si stava di nuovo facendo strada sul viso del biondo.
 
Harry cercò di tirarsi indietro, ma le labbra di Draco lo seguirono, senza perdere il contatto.
 
Sbuffò indignato, ma l’altro ridacchiò in risposta.
 
Va bene. Se era questo il modo in cui voleva giocare.
 
Harry morse il labbro di Draco, e sogghignò a sua volta quando il biondo sobbalzò per la sorpresa, alzando le sopracciglia. Harry era vagamente consapevole dei Serpeverde che fischiavano dall’altra parte della stanza.
 
“Draco,” Iniziò Harry, che assottigliò gli occhi quando lo stronzetto sogghignò e piegò la testa di lato. “Stanno…”
 
“L’hai voluto tu.” Mormorò Draco di rimando, le sue semplici parole erano cariche di superbia. “Ti stai pentendo della tua decisione?”
 
Oh, il bastardo lo stava sfidando, non è vero?
 
Harry si preparò mentalmente per i gossip che sarebbero arrivati, e raccolse la sfida di Draco con uno scontro di labbra e denti.
 
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Smentire una teoria complottista.
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Draco osservò Harry che parlava sottovoce con Pansy, tra tutte le persone possibili, mentre cercavano di risolvere l’equazione della pozione. Non chiedevano aiuto, anche se Draco era seduto al loro stesso tavolo, al momento era lo studente migliore di Pozioni, e non più di dieci minuti prima, si era persino offerto di aiutarli nel caso avessero avuto bisogno di una mano.
 
Harry lo stava evitando.
 
Era abbastanza evidente a colazione, dopo la loro battaglia di baci. Doveva essere descritta come una battaglia, dato che nessuno dei due aveva intenzione di cedere e fermarsi per primo. Infatti, si erano separati solo dopo che un imbarazzatissimo Lumacorno si era avvicinato e li aveva implorati di smettere. Le labbra di Harry erano gonfie, il volto arrossato, e il petto ansante mentre si sforzava di respirare. Era stato fantastico.
 
Draco adesso sapeva, più o meno, perché Harry aveva preteso quel bacio. Aveva letto di sfuggita il Profeta, anche se era carta straccia. Ma di sicuro non era stato quel semplice articolo a fargli ostentare la loro relazione. Evidentemente qualcuno aveva detto qualcosa che aveva piantato un semino del dubbio, o di rabbia, nella testa di Harry. E Draco non si stava lamentando del risultato; forzare Harry a sedersi mentre lo baciava, e poi salirgli in grembo a colazione era stato piuttosto divertente. I primini erano sicuramente traumatizzati.
 
Ma Harry era stato avventato, come lo era sempre. Pensava alle conseguenze dopo aver agito. E quelle conseguenze sarebbero state eccezionalmente inclementi. Bastava un solo studente vendicativo per far stampare un altro articolo su di loro il giorno dopo.
 
Dopo che Lumacorno si era trascinato di nuovo al suo tavolo, Harry e Draco avevano deciso di riunirsi ai loro amici. Il resto del corpo studentesco era a bocca aperta, e i Serpeverde erano imbarazzati. Pansy aveva un ghigno a trentadue denti, e… oh dio, perché Lunatica Lovegood era seduta al loro tavolo?
 
Draco si era strizzato tra Theo e Harry, gli aveva rubato il toast, e guardato con sospetto il numero spropositato di Serpeverde che avevano iniziato simultaneamente a sbattere la testa sul tavolo. Aveva sicuramente a che fare con la grande quantità d’oro sul tavolo, che Harry aveva lentamente iniziato a intascare senza dire una parola. Nessuna aveva parlato a colazione, il che poteva essere attribuito all’imbarazzo di Harry e a quello degli altri, o nel caso di Pansy, all’estasi.
 
E poi Harry aveva cominciato a evitarlo.
 
Era stato impercettibile all’inizio. Harry che andava a lezione camminando tra Theo e Blaise, ascoltando con interesse le loro battute sui Tassorosso senza battere ciglio. Pansy lo prese a braccetto e lo trascinò con sé per farsi accompagnare in bagno. In effetti, i tre Serpeverde li avevano seguiti dappertutto. Quando erano andati a studiare prima di Pozioni, si erano seduti al tavolo con loro. Li avevano seguiti al tè del mattino. A pranzo. Harry e Draco non avevano avuto neanche un momento da soli.
 
E per di più, Harry era sembrato più che felice di seguire qualunque piano stessero mettendo in atto. Cristo, aveva seguito Pansy al bagno delle ragazze. A pranzo, l’aveva ascoltata piuttosto attentamente mentre spiegava, con minuzia di dettagli, come ogni altra ragazza fosse inferiore a lei. Aveva sopportato le battute di Blaise, che si erano rapidamente spostati dai Tassorosso ai Grifondoro.
 
Aveva prestato completa attenzione a Pozioni. Pozioni. Lumacorno non era stato capace di guardare nella loro direzione senza diventare di una brillante sfumatura di bordeaux, ma anche lui era soddisfatto per la partecipazione di Harry nella materia in cui andava peggio.
 
Ed eccolo lì… a lavorare sui suoi compiti di Pozioni con Pansy, tra tutte le alternative disponibili.
 
Draco poteva capire la sua esitazione. Era umano, dopotutto. Sapeva che Harry era imbarazzato per la scenata della notte precedente. Sapeva che era vulnerabile; in effetti doveva essere stato spiacevole rivelare i propri segreti. Di sicuro Draco aveva scheletri nell’armadio di cui voleva tenere H.
 
Ma ciò non cambiava il fatto che Drago era irritato. Anzi, si poteva anche dire che stesse ribollendo di rabbia, era livido.
 
Avrebbe potuto strozzare Harry la notte precedente. Le sue mani fremevano dalla voglia di farlo.
 
Invece, si era limitato a estrarre i frammenti di bacchetta dai suoi palmi, aveva fatto battute infelici sulla sua finta lista, e aveva stretto l’idiota fra le braccia finché non si era addormentato.
 
Avrebbe voluto urlare fino a farsi sanguinare la gola, ma invece aveva rassicurato quello stronzo.
 
Che altro avrebbe dovuto fare?
 
Draco guardò silenziosamente Harry mentre fissava l’equazione con cipiglio, e si passava una mano fra i capelli. Si accasciò sul tavolo, borbottando tra sé e sé.
 
“È impossibile. Perché ci sono delle lettere in un’equazione di matematica?”
 
“Perché la maggior parte delle equazioni hanno le lettere.” Pansy gli rivolse un ghigno in risposta, ma anche lei aveva la fronte aggrottata. “È solo che non capisco per che cosa sta ‘J’. ‘J’ per ‘N’. Ma che cavolo? ‘N’ significa tempo, quindi ‘J’ sta per… che cos’è?”
 
Giudizio del Tempo.” Intervenne Draco dall’altra parte del tavolo, parlando lentamente. Vide Pansy lanciare un’occhiata a Harry prima di girarsi verso di lui. Harry non alzò neanche la testa dal tavolo; non mostrò nessun segno apparente d’interesse. “Devi usare la tua precedente ipotesi di tempo e metterla in relazione all’effettivo tempo di sobbollizione. Questo mette alla prova la tua profonda conoscenza nel preparare pozioni, dato che ci può essere una sola soluzione. Se le tue previsioni sono scorrette, anche la tua risposta lo sarà.”
 
“Ma come fai a saperlo?” Sospirò Harry, fissando ancora il libro davanti a sé.
 
“Certo che è crudele” Pansy parlò sopra a Harry, fissando accigliata l’equazione. “Metà classe non saprà questa roba.” Parlando, attirò l’attenzione su di sé.
 
Draco sbatté le palpebre. Quell’ alleanza doveva finire.
 
“Dovresti smetterla di cercare di evitarmi, Harry.” Finì per dire, lentamente, appoggiandosi allo schienale della sedia mentre i due si scambiavano un’altra occhiata. “Non servirà a niente, se non a farmi incazzare. Se sei preoccupato di quello che ho intenzione di chiederti quando saremo da soli, non dovresti esserlo. Sono più che capace di farlo in pubblico.”
 
Solo allora gli occhi verdi incontrarono i suoi, con un lampo di rabbia. Ma l’ira non rimpiazzò l’imbarazzo, come Draco avrebbe voluto.
 
“Proprio come il tuo bacio; hai piazzato una scommessa su di me. Non è stato molto sportivo, considerando quello che ti ho detto ieri notte.”
 
“Vuoi parlarne qui?” Chiese con cautela Harry, guardandosi attorno in biblioteca. “Ora?”
 
“Mi hai evitato tutto il giorno; come dovrei parlarti altrimenti?”
 
Pansy aveva uno sguardo assolutamente orripilato, perfino adesso che aveva la prospettiva di qualche pettegolezzo meraviglioso. Adocchiava molto apertamente l’entrata della libreria, e le sue dita erano contratte sui libri come se stesse decidendo se rischiare di ascoltarli, o se fosse necessario un sacrificio per poter scappare.
 
“Puoi andare, se vuoi.” Anche Harry aveva notato la sua afflizione. “Grazie per avermi aiutato a studiare.” Tzè, si stava ancora attenendo a quella farsa. Ottuso Grifondoro. “E non ti stavo evitando; ho frequentato le tue stesse lezioni, ho pranzato con te-”
 
“Questa è la prima volta che mi guardi negli occhi.” Replicò Draco in tono piatto, soffocando ancora la sua irritazione. Almeno sembrava che Harry si sentisse in colpa; distolse rapidamente lo sguardo prima che finisse la frase. Invece, e fissò Pansy mentre afferrava le sue cose e abbandonava la stanza in fretta e furia.
 
Draco aspettò che fosse fuori portata prima di continuare a voce bassa. “Non hai niente di cui vergognarti pe-”
 
“Non iniziare a compatirmi, ok?” Harry lo interruppe con una smorfia. “Vuoi parlarne qui? Va bene. Ti concedo una domanda, e solo una, perché sono terrorizzato da questa cazzo di conversazione.”
 
Be’, se non altro era onesto.
 
Draco continuò a fissarlo, anche se il moro sembrava di nuovo concentrato sull’equazione di Pozioni, il che era estremamente irritante. Sapevano entrambi qual era la domanda più urgente che aveva da fargli.
 
Il sottoscala.
 
Finché non ho compiuto undici anni, ho dormito in un sottoscala.
 
Oh, voleva davvero sapere le circostanze che circondavano quel cazzo di sottoscala.
 
Ma Harry non riusciva a mantenere il contatto visivo. I suoi pugni erano così stretti che le nocche erano sbiancate. E avrebbe anche risposto. Draco lo sapeva.
 
Quindi, gli chiese: “Stai bene?”
 
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.
 
.
 
Harry era a bocca aperta.
 
Era quella la sua domanda? Aveva la possibilità di chiedergli qualunque cosa gli stesse nascondendo, e la sua domanda era ‘come stai’? A che razza di gioco stava…?
 
Oh. Certo. Stava cercando di farlo sentire in colpa.
 
“Hai sprecato una buona opportunità.” Replicò Harry, invece di tirargli un calcio come avrebbe voluto. Il suo piede fremeva dalla voglia di allungarsi e dare un calcio agli stinchi del biondo; stava forse cercando di dimostrarsi il più maturo fra i due? Draco Malfoy che voleva comportarsi da ragazzo responsabile? “Anche Blaise si sarebbe fiondato su quest’opportunità.”
 
“Non sei felice che io non sia Blaise?” Rispose Draco lentamente, con le sopracciglia alzate. “Hai ignorato la domanda. Non hai intenzione di degnarmi di una risposta?”
 
Non era serio. Ma, dal modo in cui aveva inclinato la testa e dall’evidente mancanza di un ghigno, lo era. C’era una venatura di rabbia nei suoi occhi, e ne aveva tutte le ragioni. Il litigio che Harry aveva evitato covava sotto la superficie della conversazione.
 
Così Harry sospirò interiormente, e rispose a quella ridicola domanda “Sto bene.”
 
“Bugiardo.” Il tono di Draco sarebbe apparso disinteressato a chiunque avesse origliato la conversazione, ma Harry sentì la durezza di ogni sillaba. “Riprova.”
 
“Cosa vuoi da me, Draco?” Harry non aveva le energie di occuparsi di quella faccenda. Era esausto a tal punto che le braccia gli facevano male se cercava di sollevarle. Tutto era pesante. La testa gli pulsava dentro il cranio, un dolore insistente. E si sentiva infelice; la colazione di quella mattina era stata divertente, ma allo stesso tempo dolorosa. Non riusciva a fingere di stare bene; le sue emozioni cambiavano con la stessa velocità con cui si sfogliavano le pagine di un libro. In un primo momento si divertiva, e in quello successivo veniva sopraffatto dalla rabbia, o dalla tristezza. E, per di più, Draco lo stava fissando deluso. La delusione era peggio della rabbia, sempre.
 
“Voglio che tu mi dia una risposta decente.” Rispose, il viso fermo e gli occhi duri. “Stai. Bene?”
 
“Ti ho detto che sto-”
 
Stai. Bene-
 
No!
 
“Ok. Vuoi sapere perché non stai bene?”
 
“Sono sicuro che hai intenzione di dirmelo tu.” Sbuffò Harry, lanciando un’occhiata ai diversi studenti che avevano iniziato a bisbigliare per la sua improvvisa esplosione di rabbia. Era davvero così divertente? Dio, perché non potevano lasciarlo in pace?
 
“Perché sei un idiota stupido e testardo.” Replicò Draco come se stesse parlando del tempo. “Sei ignorante, scriteriato, e non ti penti di niente. Sei uno stronzo bastardo.”
 

 
Harry sospirò, chiuse il libro e guardò Draco dritto negli occhi. Non poteva aver già finito, e, infatti, non lo era.
 
“Sei un coglione illuso, senza cervello e con l’autostima di una lumaca.”
 
“Hai finito?”
 
“Sei un cattivo fidanzato.” Affermò Draco, stiracchiando le braccia e alzandosi in piedi. Guardò Harry per un momento e, con la testa, gli fece cenno di uscire dalla libreria.
 
Harry sospirò di nuovo, e raccolse la sua roba. Draco aveva ogni diritto di essere arrabbiato, considerando che il suo tempo con Harry era stato di nuovo ridotto. Ma nessuno di quegli insulti era stato particolarmente cattivo. Draco aveva a disposizione un vocabolario incredibilmente volgare, e il meglio che era riuscito a trovare era ‘lumaca’?
 
“La stai prendendo meglio di come mi aspettavo.” Si ritrovò ad ammettere Harry quando lasciarono la biblioteca, dirigendosi verso la Sala Comune. Nessuno dei due aveva aperto bocca, e sebbene Harry avesse cercato di evitare Draco tutto il giorno… nel momento in cui erano assieme, non avevano niente da dirsi? Be’, faceva male. Il silenzio era assordante; sarebbe stato meglio se gli avesse urlato contro.
 
Draco non lo degnò neanche di un o sguardo, e il suo tono era noncurante e disinteressato. “Ah, come mai?”
 
Fu difficile far finta di non essere stato invaso da un’ondata di infelicità dopo quella risposta. Harry deglutì, e fece spallucce, fissando il pavimento. Sapeva che sarebbe successo; non aveva ragione di agitarsi. Tuttavia, la gola gli si chiuse e impiegò qualche momento per rispondere. “Non sei arrabbiato come mi aspettavo. Pensavo che mi avresti spinto a terra, o qualcosa del genere, e che mi avresti tirato fuori le risposte con la forza.”
 
“Ecco dove sbagli. Sono furioso; ma tra la mia rabbia e la tua testardaggine, cominceremmo una nuova guerra magica. Meglio evitarlo.”
 
“… potresti avere ragione.”
 
Continuarono in un silenzio agonizzante.
 
Lo stomaco di Harry si attorcigliò dolorosamente, come se stesse per vomitare con violenza. Odiava quella sensazione di inadeguatezza, di vergogna. Sì, aveva nascosto a Draco informazioni sul suo stato di salute. Ma non era una specie di prerequisito della loro… cos’era? Relazione?... informare Draco di tutto quello che gli accadeva nella vita.
 

 
Sì, Harry sapeva di star inventando delle scuse. Era nel torto. Aveva ferito i sentimenti di Draco, e la cosa lo faceva stare malissimo. Ma cosa poteva fare? Non poteva evitare la sua magia.
 
“Mi disp-”
 
“Allora, niente più incantesimi.” Lo interruppe Draco, in tono ancora distaccato. “Immagino che sia fattibile. Ma cosa mi dici delle pozioni? Hai qualche effetto collaterale?”
 
Harry lo fissò senza comprendere; a essere del tutto onesti, non ci aveva ancora pensato. Aveva mandato giù i dosaggi senza neanche sospettare che ci potrebbero essere state delle conseguenze. Dio, e se anche le pozioni avessero iniziato a fargli male? Come avrebbe fatto a sopprimere la sua magia in quel caso?
 
“Be’? Se ti portassi all’ospedale i tuoi polmoni collasserebbero? O qualcosa di altrettanto orrendo? Che mi dici delle pozioni giornaliere? Sono sicure?”
 
“Io… non lo so.”
 
“Be’, cos’hanno detto i Guaritori? Hanno saputo dirti come procederà?”
 
Harry sospirò, e obbligò i suoi piedi a seguire Draco. Non voleva fare altro che smettere di camminare e vedere se Draco lo avrebbe aspettato o se avrebbe continuato senza di lui. Sapeva anche come avrebbe reagito. Harry sarebbe rimasto solo in pochi secondi. “Possiamo parlare di qualcos’altro, per favore? Cioè, siamo in un corridoio pieno di persone-”
 
“La conversazione non è abbastanza stimolante per te?” Le parole di Draco non avevano nessuna traccia di umorismo. “Nessun interesse per la tua salute?”
 
Come poteva obbligare Draco a capire i sentimenti che Harry non voleva ammettere neanche a se stesso? Come poteva rivelargli le sue paure? “Draco, mi disp-”
 
“Come farai a frequentare le lezioni?” Draco lo interruppe di nuovo, contraendo le labbra per trattenere una smorfia che voleva farsi strada con forza sul suo volto. “E se un incantesimo vagante ti colpisse?”
 
“Non lo so.”
 
“Hai intenzione di continuare a venire a lezione? C’è una pozione più forte che puoi prendere?”
 
“Non lo so.”
 
“Ci sono un sacco di cose che dici di non sapere!” Lo aggredì Draco, che si voltò di scatto per fulminare Harry con lo sguardo. L’unico motivo per cui si era fermato era perché le scale mobili lo avevano obbligato. “Cos’hanno detto i Guaritori?”
 
Era vero che Draco era furioso; i suoi occhi erano colmi di rabbia, e le sue dita tremavano. E se Harry avrebbe risposto, la maschera, che stava già scivolando, si sarebbe dissolta.
 
Cristo, non voleva farlo.
 
Harry fissò Draco il più a lungo possibile. Le sopracciglia alzate, la lieve ruga sulla fronte che indicava l’imminente implosione del suo malumore. Questo si poteva considerare calma rispetto alla reazione seguente.
 
“…Non gliel’ho detto.”
 
Draco non perse tempo e gli afferrò le vesti, per poi gettarlo contro la ringhiera delle scale. E, a dirla tutta, Harry non lo biasimava.
 
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.
 
.
 
“Maledettissimo Potter.” All’insulto Blaise alzò lo sguardo verso il suo compagno di stanza, sollevando le sopracciglia. Da qualche minuto Theo stava insolitamente unendo il nome di Potter a una serie di insulti. Blaise era impressionato dal fatto che riuscisse addirittura a integrarli nei suoi compiti di Incantesimi; era una sfida in cui i Serpeverde si cimentavano spesso. Pansy deteneva il record con tre parolacce nel suo tema di Pozioni, ma sembrava che Theo stesse per spodestarla. “Stupido idiota.”
 
“Se fossi in te eviterei i pronomi, e il suo nome.” Stava solo cercando di aiutare; l’occhiataccia che ricevette fu un po’ eccessiva. “Perché non provi ‘Sfregiato’ o ‘Prescelto’? Sono meno riconoscibili.”
 
“Non sto aggiungendo volgarità al tema.”
 
“Dovresti. Non possiamo lasciare a Pansy la vittoria.”
 
“Mi ha fatto perdere soldi.”
 
“Correggimi se sbaglio, ma tu prendi comunque il dieci per cento di tutte le scommesse. Hai guadagnato soldi con la tua piccola usura.”
 
Theo non sembrò confortato; semmai, la menzione del suo business lucrativo lo irritò ancora di più. “È stata una mossa scorretta! Piazzare una scommessa, e poi assicurarsi che si avverasse! È stato un-”
 
“Serpeverde?” Quello sì che mise a tacere Theo, che alzò gli occhi al cielo. Che strano. Non era molto evidente, ma Theo era cambiato di recente. Erano quei piccoli episodi, come l’alzata di occhi al cielo. Theo pensava che fosse un’azione troppo immatura per una persona come lui; Blaise si ricordava che gli aveva fatto una ramanzina al riguardo al terzo anno. Ma eccolo lì, a comportarsi, Salazar ce ne scampasse, da adolescente qual era. Quell’anno aveva cambiato tutti. In modo sottile, ma fantastico.
 
“Lui avrebbe dovuto essere quello ingenuo.” Theo arrivò al culmine della sua frustrazione.
 
“Penso che sia ingenuo a sufficienza.” Perché ricevette un’altra occhiataccia? Possibile che dovesse limitarsi ad annuire e ascoltare le lamentele?
 
“È bravo quanto noi a fingere.” Ah.
 
“È una sua scelta.”
 
“E non interveniamo? Neanche se è la scelta sbagliata?”
 
“Wow, qui stiamo quasi sfiorando l’etica. Sai, quella strana parolina che implica che ce ne freghi qualcosa?”
 
Theo riuscì finalmente ad abbozzare un sorriso, anche se era un po’ forzato. Alzò di nuovo gli occhi al cielo, e face spallucce come se le condizioni di salute di Potter non lo preoccupassero minimamente. “Avresti potuto lasciare che lo insultassi in pace; sei tu che hai iniziato questa conversazione a cuore aperto.”
 
“Be’, io-” Non fece in tempo a finire la frase, perché la porta della sala comune si spalancò con violenza; la forza frantumò alcuni mattoni, di cui i pezzi si sparpagliarono per la stanza.
 
C’era un solo mago così arrabbiato da obbligare il castello ad autodistruggersi al suo arrivo. E, per l’appunto, fu Draco a irrompere nella stanza.
 
Blaise lanciò un’occhiata a Theo, e tirò un sospiro di sollievo al suo cenno di assenso. Un patto veloce e di effetto immediato, nessuno dei due si mosse quando Draco passò al loro fianco come una furia. Nessuno dei due lo guardò negli occhi, né fece alcuna espressione. Non sarebbe servito a niente entrare nel campo visivo di Draco.
 
Anche perché aveva già una vittima. Non avevano tendenze suicide.
 
Draco li sorpassò come una furia, trascinando Potter per le vesti.
 
Potter sembrava rassegnato alla situazione, aveva le spalle curve e l’aria infelice. Ma non fece nessuno sforzo per liberarsi, anche se avrebbe potuto. Invece, lasciò che Draco lo trascinasse attraverso la stanza fino ai dormitori, con un sospiro sulle labbra.
 
Sul serio, quei due ragazzi. Quella mattina avevano limonato, ma all’arrivo del pomeriggio erano già ai ferri corti. Blaise non li capiva.
 
La porta si chiuse con un colpo, e tutti ripresero a respirare.
 
Blaise non riuscì a fare a meno di ghignare. “…Quella era la tua occasione per abbracciare la tua nuova etica. Vai; salva Potter.”
 
“Chiudi quella cazzo di bocca.”
 
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.
 
Harry si lasciò cadere sul letto, e sospirò interiormente quando Draco attraversò la stanza per raggiungere il suo baule. Nessuno dei due aveva detto una parola fin da quando si erano allontanati dalle scale, strategicamente nel caso di Harry. Con ogni probabilità, le mani di Draco stavano tremando per costringersi a non buttare Harry oltre la ringhiera. Era troppo furioso per parlare.
 
Harry era troppo stanco. Cosa poteva dire? Non esisteva un’espressione corretta, o delle parole magiche. Non c’era niente che potesse calmare le acque.
 
Così Harry se ne stette seduto sul bordo del letto, guardando Draco rovistare nel suo baule. Sapeva che la sua mancanza di rimorso stava mandando Draco su tutte le furie, ma non poteva farci niente. Non si pentiva della sua decisione.
 
Draco aveva trovato quello che cercava; penna e pergamena. Raggiunse il comodino con la velocità di un tornado e le sbatté sulla superficie lignea. Harry lo osservò senza capire; voleva una confessione?
 
“Scrivi alla Guaritrice Brown. Adesso.” Gli ordinò con un ringhio; al momento non c’era neanche un briciolo di calma nel corpo di Draco. Neanche una cellula di compostezza. “Dille che si è aggravata. Prenota una visita.”
 
“No.” La penna esplose, scagliando schegge di legno per tutta la stanza. Ne fece apparire un’altra all’istante, nonostante la ferocia della sua magia.
 
Scrivi a Brown.
 
“No.” Harry deglutì il nodo che aveva in gola quando a Draco sfuggì un suono strozzato. Era un’orrenda combinazione tra un singhiozzo e un lamento. Nessuno di quei suoni sarebbero mai dovuti uscire dalla bocca di Draco. Harry lo guardò mestamente mentre si allontanava dal comodino e iniziava a fare su e giù per la stanza. “Non mi permetteranno di restare a scuola.”
 
“Non possono buttarti fuori! Non sei un pericolo per nessuno!”
 
“Ah, no?” Chiese Harry a bassa voce, fissando il pavimento. Il tappeto non se la sarebbe presa con lui. “Spiegalo ai primini che vedranno gli arti staccarsi dal mio corpo, o me che annego ne mio stesso sangue. Cercheranno di aiutarmi, di lanciarmi un incantesimo, e peggioreranno le cose.”
 
Draco ringhiò tra sé e sé, passandosi una mano fra i capelli. Faticava a trovare le parole. Draco Malfoy, rinomato per avere una risposta a ogni frase, non sapeva cosa dire. Dio, Harry si odiava per aver causato una cosa del genere. “Io non… È solo…!” Ringhiò di nuovo, e finalmente si voltò di nuovo verso Harry.
 
Aveva gli occhi umidi.
 
“Se i Guaritori non se ne sono accorti-!”
 
“Ho mentito alle loro domande.” Replicò Harry piano. Non poteva mentire ora. Non adesso che Draco era così distrutto.
 
“Da quanto?” Chiese Draco, e la sua voce si spezzò quando dovette ripeterlo. “Da quanto tempo?
 
“Settimane. Forse un po’ più di un mese.”
 
Draco iniziò ad annaspare. Continuava a scuotere la testa, a passarsi una mano fra i capelli. Alla fine smise di camminare e si voltò verso Harry. Lo fissò finché Harry non si fece coraggio, alzò la testa e i suoi occhi incontrarono quelli grigi di Draco. “Perché non me l’hai detto?” Disse a fatica, e le lacrime che aveva trattenuto con tutta la sua forza di volontà si liberarono.
 
Oh, dio.
 
In un battibaleno Harry attraversò la stanza con un balzo, e strinse a sé Draco con le sue braccia sottili. “Non riuscivo.” Accidenti alla sua voce tremante. “Non riuscivo a dirlo.”
 
Le dita di Draco si incurvarono sulla sua schiena, e le unghie affondarono nella pelle. Premette il viso nell’incavo del collo di Harry per nascondere le lacrime. Harry ne era grato, perché non pensava di riuscire a incrociare il suo sguardo. Dio, era patetico. Era egoista, stupido e patetico. Era la peggior feccia sulla terra.
 
“Non voglio che peggiori.” La voce di Draco era soffocata dal mantello, ma ogni parola ferì Harry come un pugno al petto. “Voglio più tempo!”
 
“Diventerò un fantasma.” Si ritrovò a dire Harry prima di riflettere. “E ti perseguiterò per l’eternità se è necessario.”
 
Draco lo strinse più forte, ma non replicò. Non ne aveva bisogno. Diventare un fantasma sarebbe stato straziante; poter vedere Draco, senza poterlo toccare mai più? Non inalare più quel profumo intossicante vaniglia? Non baciare più quelle morbide labbra? No, Harry non sarebbe mai diventato un fantasma.
 
Avrebbe preferito la morte.
 
Harry immerse il naso nei capelli di Draco, inspirando come se fosse l’ultima volta. Draco non protestò, e neanche Harry lo fece quando sentì le dita sottili dell’altro affondarono nelle sue spalle.
 
Rimasero così per ore.
 
Con Draco che non riusciva a spingere le emozioni dietro la maschera Malfoy.
 
E Harry che si odiava. Perché era tutta colpa sua; Draco stava singhiozzando a causa sua.
 
Pensò sul serio di utilizzare la sua magia. Prima che potesse ferire chiunque altro.
 
Perché se poteva fare questo alla persona che amava… non voleva immaginare come avrebbe disintegrato tutti gli altri.
 
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Capitolo 42
*** Scoperta ***


Adoratissime lettrici e adoratissimi lettori, chiedo umilmente scusa per il giorno di ritardo, è tutta colpa mia (malpensante) TT.TT vi chiediamo anche tantissimo scusa perché non abbiamo aggiornato ad agosto, diciamo solo che lo studio non ce lo ha permesso. Ma, non siamo sparite dalla faccia della terra, e quindi ecco qui il nuovo capitolo!
Ma prima di iniziare dobbiamo porvi una domanda: ci mancano ancora due capitoli da tradurre prima di arrivare al punto di smak, e ci piacerebbe aggiornare a dicembre come regalo di Natale. Quindi: volete che postiamo il capitolo 43 a Ottobre o a Novembre? A voi la scelta, lasciateci anche solo una parola di commento, la riceveremo come messaggio privato!
E senza altri indugi, ecco il capitolo 42!
malpensante e Pandina



Capitolo 42 – Scoperta
 
A colazione, l’attenzione di Ron era divisa.
 
Hermione sedeva di fronte a lui e studiava il suo piatto senza toccare cibo. Aveva posato la fronte sulla mano, e lasciato che i capelli le coprissero il volto. I suoi occhi erano scavati e colmi di lacrime che ancora doveva versare. Nonostante i suoi tentativi di persuasione, la ragazza rimaneva in silenzio.
 
Cosa diavolo era successo per sconvolgerla in quel modo?
 
Non poteva essere niente che aveva detto o fatto. Avevano passato mezza serata a chiacchierare come facevano di solito; si era lamentata di Parkinson che stava raggiungendo i suoi voti, o che fingeva di farlo, e lui aveva fatto un commento sugli ultimi risultati del Quidditch. Avevano finto di insultarsi, cercando di mantenere l’atmosfera calma e tranquilla. Semplici azioni per dimenticarsi della loro confusione, sofferenza o rabbia. Di emozioni negative ne avevano a bizzeffe.
 
Hermione aveva scoperto che i suoi genitori erano in Australia, ma non aveva fatto ancora niente per mettersi in contatto con loro. La possibilità che si ricordassero di lei era pressoché nulla, dopo i due anni in cui erano stati semplicemente Wendell e Monica Wilkins. Aveva deciso di cercarli e ripristinare la loro memoria dopo il diploma; era una decisione difficile da prendere.
 
Ma era quello che la faceva stare così male?
 
Gli aveva dato un bacio sul naso prima di voltarsi e addormentarsi. Svegliarsi e vederla trattenere a stento le lacrime era stato sconcertante. Era da tempo che Ron non la vedeva così sconvolta, e non avrebbe voluto rivivere quell’evento per nessuna ragione al mondo. Il funerale era stato difficile per tutti loro.
 
“’Mione,” Cercò di dire, per esserle di conforto. Aveva sempre pensato di peggiorare le cose, ma aveva scoperto che l’altra trovava consolazione nelle sue parole sussurrate. Era un vero mistero.
 
Tuttavia, quel giorno non funzionava, “Dammi solo un minuto.” Disse, sforzandosi di non far tremare la voce. Deglutì a vuoto, tentando di non lasciarsi sfuggire le lacrime, e alzò lo sguardo. “Per favore.”
 
Ron non poté far altro che annuire, e fare spallucce a Neville che sedeva accanto a lui. Cosa poteva fare? Erano dieci minuti che cercava di consolarla, o di farle alzare anche solo lo sguardo per più di tre secondi. Era certo che a farla stare così non era la faccenda dei suoi genitori. Se avesse dovuto lasciare la scuola e andare in Australia per spezzare l’incantesimo per lei… l’avrebbe fatto. Non avrebbe dovuto soffrire in quel modo. Star seduto di fronte a lei senza poter far nulla lo faceva stare male. Era il suo fidanzato, e si sentiva inutile.
 
Il suo sguardo si spostò sul suo secondo problema che, guarda caso, si trovava oltre la spalla di Hermione.
 
Harry.
 
Era circondato da una folla, una vera e propria folla di Serpeverde che lanciavano monete nel suo piatto. L’oro scintillava sempre di più dall’altra parte della Sala man mano che la pila cresceva. E che pila. Ormai ci dovevano essere più di un centinaio di galeoni sul tavolo.
 
Non erano i Serpeverde che sfoggiavano la loro ricchezza smodata a farlo arrabbiare. E neanche l’insopportabile ruggito che proveniva dal tavolo. Era Harry.
 
Se ne stava seduto con aria innocente tra loro, con un piccolo sorriso sulle labbra. Che bugiardo. Stava diventando più bravo a nascondere le sue emozioni; probabilmente era perché ormai passava ogni minuto della sua vita in compagnia dei maestri dell’inganno. Ma lo scorso pomeriggio… era devastato.
 
Ron si era sentito elettrizzato all’idea della partita di Quidditch; montare su una scopa e vedere il mondo sfocato mentre si volava era la sensazione più bella del mondo. Era libertà. E passare un pomeriggio con Harry… riuscire a parlargli senza che scoppiasse un litigio. Chiacchierare di nuovo con il suo amico. Accidenti, per poco non aveva raggiunto il campo saltellando. Era così entusiasta che era andato lì con mezz’ora di anticipo.
 
Tuttavia, Harry era arrivato addirittura prima di lui. Ron aveva pensato che il fatto che il suo amico era già pronto per spiccare il volo fosse un buon segno.
 
Poi, d’un tratto, la scopa era caduta al suolo e Harry si era voltato indietro di scatto. I suoi occhi erano sgranati e la sua bocca era spalancata. Sembrava che non riuscisse a capire più niente; né di quello che vedeva né di quello che sentiva. Ron gli aveva urlato ma lui l’aveva sorpassato di corsa.
 
Sembrava spaventato.
 
Harry non aveva paura di niente, eppure, era terrorizzato.
 
In quel momento stava fingendo un sorriso, seppur leggero. Chiacchierava con Luna, anche se solo Merlino sapeva perché fosse al loro tavolo e, soprattutto, perché le stessero dando il permesso di rimanere. Mordicchiava il suo toast. Fingeva di star bene.
 
Non stava bene.
 
“Non posso…” La sua attenzione tornò su Hermione. Si asciugò velocemente una lacrima che era riuscita a scapparle, e si alzò in piedi di scatto. “Oggi non vengo a lezione.” Molte bocche si spalancarono lungo il tavolo. “Vado in biblioteca.”
 
“Vengo con te.” Hermione pensava che passare il tempo sui libri la tirasse su di morale, ma non era così. Forse le dava un po’ di conforto, ma era parlare che la aiutava a calmarsi. Non era ancora pronta per parlare, ma forse ne avrebbe avuto bisogno durante il suo studio frenetico, ed era compito di Ron essere a sua disposizione.
 
“Ho solo bisogno di restare sola per un attimo.” Cercò di nuovo di sorridere, ma quel ridicolo tentativo non fece altro che farle scappare una seconda lacrima. La asciugò rapidamente. “Ho bisogno di fare chiarezza nella mia mente.”
 
“L’ultima cosa di cui hai bisogno è restare sola.” Tentò ancora, sorpreso di vederla scuotere la testa. Perché non voleva essere consolata? Perché non voleva dirgli qual era il problema? “Andiamo, ‘Mione, stai-”
 
“Chiedendo al mio fidanzato di avere fiducia in me.” Ah, dannazione. Aveva giocato la carta della fiducia. “Per favore, fidati di me. Ti dirò tutto, ho soltanto bisogno di riprendermi.”
 
Non poté far altro che tornare a sedersi e guardarla mentre si affrettava ad uscire dalla stanza. Gli salì il cuore in gola mentre la vedeva fuggire nel corridoio. Si sentiva inutile.
 
I suoi occhi tornarono su di Harry.
 
Adesso stava parlando con Parkinson e non sembrava troppo divertito. Il finto sorriso era scomparso, rimpiazzato da un leggero cipiglio. Perché la sera prima era così devastato?
 
“Sai,” Neville attirò la sua attenzione. Parlò piano, ma evitò il suo sguardo.
 
“Devo tornare in sala comune. Ho lasciato i compiti sul letto.”
 
Ron lo fisso, accigliandosi. Non avevano compiti per quel giorno. Si limitò ad annuire mentre il suo amico si alzava dalla panca per imitare l’uscita frettolosa di Hermione.
 
Quello era l’indizio decisivo.
 
Hermione conosceva il segreto che Neville stava tenendo per Harry.
 
L’aveva saputo ed era scoppiata a piangere.
 
Si sentiva come se stesse per vomitare.
 
“Ron!” Ignorò sua sorella che stava riempiendo i posti appena svuotati, concentrandosi sul cipiglio di Harry. “Hai già letto il giornale? È fantastico!”
 
Harry si era irrigidito notevolmente, e aveva smesso di guardarsi intorno per ricambiare lo sguardo di Parkinson. Qualunque cosa stesse dicendo quella vacca non sembrava avere un effetto positivo su di lui.
 
Poi, Harry si alzò in piedi.
 
“Ron, mi stai… oh, si sta muovendo! Spero che gli dia un pugno dritto in bocca.” Era difficile ignorare i commenti di Ginny, e anche la presa ferrea sul suo braccio.
 
Harry stava attraversando rapidamente la sala con i pugni chiusi e gli occhi fissi su Malfoy. Metà dei Serpeverde era balzata in piedi, e l’altra spingeva via gli studenti che bloccavano la visuale. Ron non si accorse di essere in piedi finché qualcuno non gli toccò la spalla.
 
Non riusciva a distogliere lo sguardo. Harry era arrabbiato, e stava correndo per ammazzare di botte Malfoy, che se le era meritate. Non sapeva cos’avesse fatto quel bastardo di un furetto, ma probabilmente se l’era cercata. Ron continuava ad avere la nausea. Se il suo amico sarebbe finito in svantaggio, era pronto a saltare sui tavoli per separarli…
 
Oh… diavolo!
 
“Argh! I miei occhi!” L’impulso di separarli non lo abbandonò.
 
.
 
.
 
.
 
“L’articolo parlava di Harry, non è vero?”
 
Avrebbe dovuto continuare a camminare. Se avesse ignorato quella puttana non le avrebbe dato la soddisfazione di dare voce ai suoi sospetti. Se avesse continuato a camminare, la ragazza avrebbe cambiato idea e li avrebbe lasciati in pace. Forse avrebbe continuato ad avere dei sospetti, ma non avrebbe avuto né prove né indizi che confermassero la sua tesi.
 
Tuttavia, Draco si era ritrovato a fermarsi nel bel mezzo del corridoio. Aveva estratto la bacchetta per lanciare un paio di Incantesimi Silenziatori verso le porte più vicine, e si era voltato di nuovo verso Granger. Era da un po’ che si aspettava quel confronto, ma almeno era grato che non l’avesse messo alle strette mentre Harry era presente.
 
L’espressione di Granger non lo divertiva per niente. Aveva le sopracciglia alzate e le labbra strette. Aveva incrociato le braccia al petto; aveva un assetto determinato. Che finzione stravagante. Doveva essere distrutta per il segreto che aveva scoperto, e ancor di più per il fatto che Harry aveva deciso di cercare il conforto di Draco piuttosto che il suo. Far finta di star bene? Tzé, ma per chi l’aveva preso? Per di più, i suoi occhi erano arrossati. Chi pensava di ingannare?
 
Aspettò che continuasse a parlare ma, per sua sorpresa, rimase in silenzio. Pensava che quello che aveva detto bastasse a catturare l’attenzione di Draco, si aspettava che andasse nel panico?
 
“Dovresti davvero pensarci due volte prima di dire certe cose in pubblico, Granger. Alcune persone attribuiscono un grande valore alla loro privacy.” Riuscì a dire, lentamente. Avrebbe mentito se avesse detto che il suo cuore non stava sprofondando. Ecco fatto; adesso Granger e Weasley si sarebbero combattuti le attenzioni del loro amico. Avrebbero rubato quel che restava del tempo che gli rimaneva.
 
“Non mi importa niente dei tuoi soldi.”
 
“Non intendevo niente che avesse a che fare con la mia ricchezza. Ti stavo solo ricordando che alcune persone apprezzano la discrezione. Le suddette persone, in caso di invasione della privacy, potrebbero cercare di isolarsi; ciò non gioverebbe a nessuno, non credi?”
 
Granger assottigliò lo sguardo e strinse più forte le braccia al petto. “È per questo che ha iniziato a evitarci come la peste? È malato?” Perché stava ripetendo la domanda? Era in cerca di una conferma?
 
“Non è la sequenza di parole che avrei utilizzato.” Rispose con tranquillità Draco, senza confermare né negare le sue supposizioni. “Mi sembra di ricordare che siete stati voi a cacciarlo dalla Torre. Non si può dire che sia stato lui ad abbandonarvi.”
 
Si aspettava che la strega gli urlasse contro, ma si limitò a chiudere gli occhi per un momento. Wow. Era come se le sue parole le avessero procurato dolore fisico. Era una cosa che aveva desiderato fare sin da piccolo. Eppure non gli aveva procurato neanche la metà della soddisfazione che si era immaginato. Certo, era appagante, ma era privo dell’euforia che si era aspettato.
 
“La verità fa male?” Draco non riuscì a trattenere quel commento, e ghignò fra sé e sé quando l’altra spalancò gli occhi, infuriata.
 
“Potresti dirmi il nome? Per favore?” Sebbene fosse una supplica, l’aveva fatta suonare come una pretesa.
 
“Non penso proprio.” Rispose piano Draco, che si acciglio quando la vide asciugarsi velocemente una lacrima. Non sapeva gestire gli stati emozionali e, soprattutto, non gli importava di quelli della ragazza.
 
“Potrei tranquillamente scoprirlo da sola.”
 
“Ne dubito.”
 
“La biblioteca-”
 
“È stata sgomberata di tutti i libri che ne contengono informazioni.” La sorpresa nel suo sguardo era più che ingiustificata. “Non vorrei che suggerissi alla scuola che qualcosa non va, perché parliamoci chiaro… voi tre che ficcate la testa nei libri è sempre stato sintomo di un’ondata di merda imminente, per così dire, sin dal primo anno. Non mi piace l’idea che degli sconosciuti ficchino il naso nelle nostre faccende.”
 
“Nelle faccende di Harry.”
 
“È la stessa cosa.”
 
Si asciugò l’altro occhio, scuotendo la testa come se fosse disgustata. “Cosa posso fare perché tu mi dica il nome?” Be’. Non si era aspettato una cosa del genere. “Allora? Qual è il tuo prezzo?”
 
“Non c’è niente che tu possa fare per persuadermi, Granger.”
 
“Tu non capisci! Se mi informassi potrei-!”
 
“Non potresti fare assolutamente nulla.” Draco si sorprese di aver usato un tono aggressivo, e si schiarì la voce per calmarsi. Ultimamente perdeva la pazienza piuttosto velocemente. Granger non doveva vederlo così irritato; avrebbe usato la cosa a suo vantaggio. “Limitati a fingere ignoranza e tieni per te questo piccola informazione.”
 
Informazione? La malattia del mio migliore amico non è una semplice informazione, e-!”
 
“Non farete niente. Certo, salutatelo quando lo incontrate nei corridoi. Lasciate che Weasley giochi a scacchi con lui. Potrei perfino permettervi di cenare insieme.” Draco ghignò interiormente per l’espressione di rabbia sulla faccia di Granger. Non pensava che fosse capace di un’emozione del genere. “Ma dovrete lasciare che Harry affronti la situazione come vuole, non come voi volete che l’affronti.”
 
“Lui sa che vogliamo solo il meglio per lui.”
 
Draco rise di quell’affermazione, senza divertimento. “Vi eviterà come la peste se vi azzarderete anche solo a guardarlo con un briciolo di pietà.”
 
“Harry è un Grifondoro: lui-”
 
“Era un Grifondoro.”
 
“Sostituire il colore della sua cravatta non cambia il fatto che-”
 
“Ha paura.” Quello sì che la zittì: la sua bocca si chiuse di scatto. “E il vostro correre in giro come dei tornado, agendo prima di pensare, non gli sarà d’aiuto. Sono finalmente riuscito a fargli passare del tempo con i suoi ex-amici,” Lo sguardo di Granger si raffreddò alla parola ‘ex’. “Sono riuscito a tirarlo fuori dallo stato di negazione e lutto in cui è rimasto bloccato per mesi. L’ho trascinato via dal baratro della depressione in cui stava cadendo, e non ho bisogno che voi maledettissimi Grifondoro mi roviniate tutto! Non lascerò che Harry trascorra il limitatissimo tempo che gli rimane preoccupandosi per voi! Sono stato chiaro, Granger? Voi non farete niente!”
 
Dannazione.
 
Draco lanciò un altro Incantesimo Silenziatore sul corridoio; non pensava che il primo fosse abbastanza.
 
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.
 
Continuarono come se il giorno prima non fosse successo niente, si recarono a cena come se i loro occhi non fossero rossi e gonfi, e senza prestare attenzione alle espressioni esterrefatte dei Serpeverde.
 
Gli altri non sapevano come reagire. Theo si rifiutava di interrompere il contatto visivo con il suo piatto e Blaise non aveva nascosto il volto dietro la sua tazza per un totale di due minuti. Pansy rimase in silenzio per tutta la cena; non gli sfuggì neanche un pettegolezzo. Il silenzio aleggiava pesantemente su di loro.
 
A Harry non dispiaceva. Non aveva molta voglia di conversazioni imbarazzanti o spiacevoli discorsi a cuore aperto. Tutte le emozioni che non fossero rabbia o gelosia erano piuttosto difficili da apprezzare per i Serpeverde, e questo avrebbe impedito loro di prendere in giro Draco per la sua debolezza.
 
Harry non considerava ‘provare amore’ una debolezza. Ed era pronto a distruggere il primo idiota che avesse fatto un commento sul naso rosso di Draco. Ma sembrava che le sue intenzioni non fossero celate come credeva, visto che nessuno, nei loro paraggi, si era azzardato a proferire parola. Perfino un paio di Corvonero si arano voltati di scatto mentre passavano di fronte a loro, perché non volevano scatenare la sua ira.
 
Forse aveva ancora un po’ di magia.
 
La settimana passò senza problemi, anche se i piccoli cambiamenti erano palesi.
 
Quello più evidente, per cominciare, era la nuova disposizione dei posti in classe. Per una volta, erano arrivati in anticipo alla lezione di Incantesimi, e avevano occupato la classe per primi. Harry si era seduto al suo solito banco, ma era stato subito trascinato nell’angolo in fondo alla classe. Era stato letteralmente circondato da uno scudo umano di Serpeverde. I Grifondoro contrariati avevano cambiato posto senza lamentarsi, ma avevano lanciato loro numerose occhiatacce durante la lezione.
 
Lo stesso si ripeté a Difesa e a Trasfigurazione.
 
I Grifondoro, nello specifico Dean e Seamus, avevano cercato di riconquistare i propri posti, ma quando Pansy rivolse loro un paio di minacce velate, scapparono via. Harry non sapeva cosa avrebbe potuto farli sbiancare in quel modo, ma era stato davvero efficace.
 
La nuova disposizione non era un mistero. C’era una possibilità minore di essere colpito da un incantesimo vagante se si trovava in fondo alla classe, e circondato dai Serpeverde.
 
Draco non usava mai la magia quando era accanto a Harry. Di solito riscaldava le lenzuola mentre si preparavano per andare a letto, ma le lenzuola erano rimaste fredde per tutta la settimana. Non si esercitava in classe. Si alzava e andava a prendere di persona la penna o il libro, anche se avrebbe potuto usare un incantesimo per attirarli a sé.
 
Non c’era traccia di magia quando Harry era presente.
 
Era incappato in un gruppo di ragazzi del quarto anno che si esercitavano per un test, ma avevano subito riposto le bacchette quando Harry era entrato nella Sala Comune. E non era riuscito a convincerli che avrebbero potuto continuare.
 
L’ultimo cambiamento era l’assenza di Draco la mattina presto, o nel bel mezzo della notte. Probabilmente pensava che Harry non se ne fosse accorto, ma come poteva? Si addormentavano con le braccia o i piedi intrecciati. La mancanza di calore poteva esser percepita immediataemente.
 
Harry si era svegliato alcuni minuti prima per quel motivo.
 
Aveva scrutato l’oscurità, osservando la sagoma di Draco sparire nel corridoio cupo. Era la terza volta quella settimana.
 
Sospirando, Harry si ritrovò a rotolare sul letto per tastare il comodino. Fece cadere qualcosa che provocò un forte tonfo, ma gli altri non diedero cenno di essersi svegliati. A Harry non sarebbe importato se fosse successo; almeno gli avrebbero fatto luce.
 
Gli ci vollero alcuni secondi per trovare la mappa, e alcuni minuti prima che riuscisse a trovare la forza di alzarsi dal letto. Le sue gambe non volevano scendere le scale; gli facevano male. Harry non sapeva se fosse dolore, o stanchezza. Il dolore cronico era diventato una costante.
 
La stanza era deserta, quindi Harry si avviò verso il camino con il fuoco morente. L’aria fredda si appigliò alla sua pelle, mangiandolo vivo. Sul serio, perché la Sala Comune Serpeverde era sottoterra e accanto al lago? Chi aveva avuto quella brillante idea?
 
Si sedette accanto al camino, e spiegò la mappa. Non poteva dire la formula per chiuderla senza rischiare che lo sentissero, per questo rimaneva aperta. Per sua fortuna.
 
Studiò la pergamena nella luce morente, strizzando gli occhi nel punto in cui di solito…
 
Ah. Eccolo là.
 
Il puntino con la scritta ‘Draco Malfoy’ era entrato in biblioteca e si stava dirigendo vero un tavolo occupato.
 
Harry sospirò alla vista del secondo puntino, ma la stanchezza gli impediva di provare la paura o la rabbia dovute.
 
Hermione. Di nuovo.
 
Osservò con indifferenza Draco che prendeva posto al suo solito tavolo. Poteva immaginarselo mentre raccoglieva uno spesso libro e faceva un cenno a Hermione. Che strana sessione di studio.
 
Lo sapeva, e aveva reagito proprio come si era aspettato. Passava le sue notti chiusa in biblioteca, cercando cure impossibili. Aveva mantenuto il segreto, eppure l’avrebbe comunque consumata.
 
Quindi, per la terza volta in quella settimana, Harry osservò la mappa accanto al fuoco morente. Erano rimasti lì per ore, immobili. Probabilmente Hermione aveva piazzato degli incantesimi intorno al tavolo perché Vitious passava di lì ogni notte senza accorgersi di niente.
 
Di solito Draco tornava nella Sala Comune alle cinque. Non sembrava né stanco né provato. Era solo una questione di tempo; non poteva continuare a sgattaiolare via alle prime luci dell’alba: le persone, anche i maghi, non potevano vivere con così poche ore di sonno.
 
Harry si avvicinò al camino, e si spostò in modo da poter coprire le sue dita con le maniche del pigiama. Cristo, si gelava quella notte. Il freddo delle mattonelle sembrava penetrargli nelle ossa. I piedi e i polsi stavano già bruciando.
 
Una poltrona colse la sua attenzione. Non voleva tornare a letto: non c’era calore nel vuoto.
 
Harry piegò la mappa e si diresse verso la poltrona. Aveva una coperta sul bracciolo; perfetto.
 
Non sapeva per quanto tempo rimase lì, con gli occhi fissi sull’unico puntino che importava. Tuttavia, sobbalzò per l’improvvisa apparizione di luce nella stanza. Impiegò un momento per realizzare che Braxton era in piedi di fronte a un fuoco ruggente, e riponeva lentamente la bacchetta mentre fissava Harry con cipiglio. Perché diavolo era entrato nella stanza? E perché Harry non l’aveva notato?
 
“Lo sai che sono quasi le quattro, vero?” Braxton sembrava sconcertato dal fatto che qualcuno potesse essere sveglio a quell’ora, nonostante l’ipocrisia della cosa. Aveva un libro sottobraccio e una coperta piegata sull’altro. La sua faccia divenne paonazza quando notò che Harry la stava fissando.
 
“Devo davvero farti notare l’evidenza?” Chiese Harry a sua volta, scivolando un po’ di più sotto la coperta. Si ghiacciava, nonostante il fuoco.
 
“Non riuscivo a dormire.” Rispose stancamente, facendo spallucce. “Sono venuto qui per leggere.”
 
“Anche io.” Harry osservò la sua mappa, prendendo nota dei puntini che occupavano ancora la biblioteca. Nessuno si era mosso. Tornò a voltarsi verso il ragazzino, e alzò le sopracciglia quando lo vide in piedi di fronte al camino, con le braccia conserte. “È un po’ difficile leggere se te ne stai lì con il libro chiuso.”
 
Braxton si mosse a disagio invece di rispondere, dirigendosi lentamente verso la poltrona più vicina.
 
Harry tornò alla mappa. La luce rendeva la lettura infinitamente più semplice, nonostante i suoi obiettivi fossero immobili. Non sapeva perché avesse il bisogno di osservarli ogni volta che Draco sgattaiolava via… non lo calmava. Anzi, lo faceva sentire vuoto. Draco e Hermione che si incontravano in biblioteca: non riusciva a pensare a un’accoppiata più problematica di quella.
 
“Era buio.”  La strana affermazione riscosse Harry dai suoi pensieri, costringendolo a distogliere lo sguardo dai due imprevedibili puntini.
 
“Io… cosa?”
 
“Era buio quando sono arrivato.” Spiegò, il suo libro dimenticato nel posto accanto a lui. “Non puoi leggere al buio. Uno, è impossibile. Due, non fa bene alla vista.”
 
“A meno che non la deteriori nel giro di pochi…” Quanto? Mesi? Settimane? Quanto ci avrebbe impiegato la sua magia a prendere il sopravvento? “…non penso di dovermi preoccupare della mia vista.”
 
Lo sguardo del primino era incessante. “Be’, non dovresti riposare?”
 
Un piccolo barlume di divertimento si fece strada dentro di lui, facendogli incurvare le labbra. Quel ragazzino pensava davvero di avere il diritto di dargli degli ordini; aveva undici anni e stava tentando di mandare a letto Harry Potter.
 
“È forse uno stratagemma per avere la sala tutta per te?” Chiese Harry, divertito dal fatto che gli occhi del ragazzino si assottigliarono pericolosamente. “Sono seduto sulla tua poltrona preferita?”
 
“Non essere ridicolo.” Sospirò, alzando gli occhi al cielo. “Chi sprecherebbe energie per una poltrona?” I Grifondoro, in più di un’occasione. Le soffici poltrone di fronte al camino erano le migliori. “Mi stavo solo chiedendo… come stavi. Ultimamente sembri stanco.” Ah, le emozioni erano sempre state il suo punto debole. Braxton era arrossito dopo aver detto quella frase, e le sue parole scemarono in un sussurro verso la fine.
 
“Niente di cui la tua testolina debba preoccuparsi.” L’espressione arrabbiata tornò, per il piacere di Harry. “Non è una tua responsabilità controllare il mio stato di salute. Mi limiterò ad andare avanti come ho sempre fatto; ho resistito per sei mesi, chi ci dice che non ne sopravvivrò altri sei?” Harry si strinse ancor di più nella coperta quando il freddo penetrò addirittura nel suo stomaco. Sei? Solo il pensiero di altri sei mesi così gli faceva venir voglia si rotolarsi per terra e piangere. Non ci sarebbe riuscito.
 
Il suo piccolo sorriso svanì, quindi tornò a fissare la sua mappa. Stava diventando sempre più difficile fingere di star bene, perfino con le persone che conosceva a malapena.
 
“Non è giusto.”
 
“No, non lo è affatto.” La voce di Harry si affievolì quando colse un movimento con la coda dell’occhio. Il Professor Vitious si aggirava nella biblioteca, andando avanti e indietro per i corridoi senza esitazione. Forse neanche lui riusciva a dormire. La cosa sembrava ripetersi anche per altre persone; c’erano alcuni Corvonero nella loro Sala Comune, accalcati intorno a tavoli e sedie. In quel momento c’erano due Tassorosso nelle cucine, e alcuni Grifondoro nella Torre di Astronomia. Il castello non si fermava mai, neanche alle quattro del mattino.
 
Tuttavia, Vitious si era fermato. Per un momento non fece nulla, poi si diresse spedito verso il tavolo di Hermione e Draco. Al contrario di Gazza, probabilmente riusciva a notare gli incantesimi di protezione. Rimase al tavolo per un minuto, era ovvio che stesse parlando con loro. Poi se ne andò.
 
I due puntini non si mossero.
 
Stavano infrangendo molte regole scolastiche, eppure Vitious non li aveva fatti tornare nei rispettivi dormitori. Cristo, che cosa stavano combinando?
 
“Che cosa stai guardando?” Se fosse stato un Grifondoro, probabilmente il primino avrebbe già sbirciato oltre la sua spalla per studiare la mappa con entusiasmo. Gli occhi di Braxton erano colmi di curiosità, eppure era rimasto al suo posto. Il suo libro e la sua coperta giacevano dimenticati al suo fianco.
 
“Non hai freddo?” Chiese Harry, osservando con orrore il ragazzino a piedi nudi e senza vestaglia. “Indossa un maglione, o qualcos’altro.” Riusciva a sentire il suo petto tremare ad ogni doloroso respiro; le punte dei suoi piedi e delle sue mani erano ghiacciate e insensibili. Cercò di muoverle. Ma non sentì nient’altro che dolore. Come faceva quel ragazzino a restarsene lì con le sopracciglia alzate e un’espressione d’indifferenza sul volto?
 
“Non fa così freddo stanotte.” Rispose tranquillamente. I suoi occhi si spostavano sulla mappa, ma era come se si sforzasse di riportarli su Harry. Come se non volesse sembrare troppo curioso. “Stai esagerando.”
 
Possibile che i Serpeverde fossero immuni al freddo? Si esercitavano nei sotterranei di famiglia prima di andare a Hogwarts?
 
Harry si sentì immediatamente in colpa per quel pensiero; fu quello a spingerlo a fare cenno alla matricola di avvicinarsi.
 
“Puoi dargli un’occhiata se vuoi.”
 
Braxton si alzò e si piegò sulla sua poltrona nel giro di un secondo, studiando la mappa. In un primo momento si accigliò e la delusione apparve chiaramente sul suo volto. Poi sgranò gli occhi. “Ma quelli sono… Malfoy e… non la conosco… nella biblioteca? È… la stai usando per stalkerarlo?”
 
No.”
 
“Come no!”
 
“Guardala… e basta.” Cristo, le sue mani bruciavano quando le tirava dal freddo della coperta al gelo assoluto della stanza. Spiegò la mappa con mani tremanti, divertito dal fatto che una mano sbucò dal nulla per indicare il piccolo angolo della Sala Comune Serpeverde.
 
“Noi siamo lì!” La sua voce era entusiasta, anche se bassa. Era elettrizzato, ma cercava di non dare a vederlo. “Wow, è fantastico. Potresti pedinare chiunque.”
 
“Non sto pedinando nessuno.” Harry sapeva che negarlo era inutile, ma non poté fare a meno di dirlo.
 
“Non stai pedinando nessuno, solo Draco Malfoy.” Le sue battute erano troppo saccenti per un ragazzino di undici anni. “Potresti farci così tante cose… perché il Professor Vitious se ne sta lì in piedi? È rotta?”
 
Lo sguardo di Harry si spostò dalla biblioteca, dove non stava stalkerando nessuno, a Vitious. Che, come aveva detto l’altro, se ne stava in un corridoio davanti alle scale mobili. Non si muoveva, restava fermo lì. Harry riusciva ad immaginarlo mentre aveva gli occhi chiusi e una mano sulla fronte per la preoccupazione. Cosa gli avevano detto Hermione e Draco per causare quella reazione?
 
“Non è rotta.”
 
“Forse sta parlando con un fantasma. I fantasmi appaiono sulla mappa?”
 
“No. Ecco, tienila. Fissa gli studenti che dormono. Sii un maniaco. È terapeutico per l’insonnia.” Dall’espressione di Braxton sembrava che il natale fosse arrivato in anticipo. Accettò volentieri la mappa, prendendola delicatamente per il bordo come se avesse paura di romperla.
 
Be’, anche se stava distruggendo tutti a destra e a manca… quel giorno aveva procurato un po’ di felicità. Sapeva che la cosa non lo redimeva, ma almeno era un inizio.
 
Harry ricoprì velocemente le mani con la coperta, strofinando le mani nell’aria fredda. Impiegò un momento per accorgersi che Braxton non si era mosso. Era come se si fosse ghiacciato, e con quel gelo era di sicuro plausibile. La mappa era nelle sue mani delicate, spiegata e pronta. Aveva fatto un mezzo passo indietro verso la sua poltrona… i suoi occhi erano incollati a Harry. Se non avesse battuto ciglio sarebbe sembrata una statua.
 
“Stai bene?” Chiese Harry, raggomitolato nella sua coperta. sperava che stesse bene, perché non aveva molta voglia di alzarsi…
 
“…Hai freddo.” Rispose con esitazione.
 
“…sì, è così.” Sul serio, che problemi aveva il ragazzino? Facevano due gradi lì dentro! Eppure se ne andava in giro senza calzini, come se le sue dita dei piedi non stessero per cadere. “Si congela.”
 
“No… intendevo che… sei freddo.” Lasciò la mappa sulla poltrona, dimenticandola, e portò una mano alla fronte di Harry. Si accigliò, e gli toccò la guancia, il collo e la spalla prima che Harry se lo scrollasse di dosso.
 
“…Uhm, cosa stai-?”
 
“Non fa così freddo.” Continuò, raccogliendo la sua coperta dalla poltrona. La tirò a Harry, avvolgendola intorno alle sue spalle. “Ma stai congelando. E come se fossi di ghiaccio. Aspetta… qui.” Si voltò e corse, corse, verso le scale per il Dormitorio.
 

 
Non faceva freddo? Si ghiacciava nei sotterranei; Harry si aspettava quasi che piccole nuvole di vapore uscissero dalla sua bocca ad ogni respiro che faceva. Tirò il braccio fuori dalla coperta, osservando la sua pelle d’oca. Stava tremando. Se non faceva freddo non doveva succedere.
 
Sebbene stesse cercando di non pensare alle parole di Braxton... il cuore gli affondò nello stomaco. Cosa gli avrebbe fatto la magia stavolta? E come avrebbero potuto fermarla senza usare la magia su di lui?
 
Sperava che Draco fosse lì.
 
Non poté far altro che sospirare, e poggiare la testa sulle sue ginocchia doloranti. Delle voci riecheggiarono dalla scalinata: un pubblico per la sua ultima umiliazione. Cristo, non poteva continuare così.
 
Li sentì entrare nella stanza, ma nessuno disse una parola. Non avrebbero detto niente, non quando la vulnerabilità di Harry era chiara di fronte ai loro occhi. Probabilmente erano in imbarazzo.
 
“’Giorno.” Riuscì a dire Harry, in qualche modo, alzando la testa. “Scusate se vi faccio questo. Di nuovo.”
 
Per sua sorpresa, fu Theo a parlare per primo. Sbadigliò, portando una mano alla bocca mentre attraversava la stanza. “Non è colpa tua.” Be’, era stato inaspettatamente gentile.
 
Blaise seguì il suo amico, ma non parlò. Il suo volto era stanco, ma attento. Per una volta non c’era traccia di umorismo nei suoi occhi, e la cosa lo ferì non poco. Braxton rimase con ansia accanto a lui; Harry non pensava che fosse consapevole di starsi mordendo il labbro.
 
Notò subito che nessuno indossava indumenti pesanti. Grandioso.
 
Theo si piegò sulla poltrona, e toccò la fronte di Harry con il dorso della mano, proprio come aveva fatto Braxton alcuni minuti prima. Era un po’ preoccupante essere toccato così gentilmente da un Serpeverde che di solito era così indifferente; Harry avrebbe tranquillamente ammesso che era un po’ imbarazzante.
 
“Sei un pezzo di ghiaccio.” Concluse, lasciando andare la sua mano e incrociando le braccia al petto. Sembrava sentirsi a disagio, proprio come Harry. “Uhm… che facciamo?”
 
Neanche Theo riusciva a trovare una soluzione. “Non lo so.” Gli fece male dirlo.
 
“È la tua…?” Harry annuì prima che potesse finire la domanda. Era ovvio che fosse la sua magia; era sempre la sua magia.
 
La stanza cadde di nuovo nel silenzio e i quattro ragazzi si scambiarono degli sguardi, uno più perplesso dell’altro. Nessuno sapeva cosa fare.
 
“È… grave?” Blaise si decise a parlare, e scrollò le spalle quando tutti gli sguardi si posarono su di lui. “Non voglio essere brusco, ma è davvero un problema? Cioè, il freddo può davvero far male a qualcuno? La magia stavolta ha avuto uno strano effetto, considerando le reazioni violente che abbiamo visto le altre volte.”
 
“Certo che è un problema.” Fu Braxton a rispondere, e non sembrò turbato dall’espressione accigliata che aveva assunto il suo senior. “E se diventasse sempre più freddo, e il suo cuore smettesse di battere?”
 
“Non ricordo di averlo chiesto a te.” Il tono di Blaise era calmo, ma Harry riusciva a vedere un lampo d’irritazione nei suoi occhi perfino dall’altra parte della stanza.
 
“L’hai chiesto all’intera stanza.” Ribatté il ragazzino, incrociando le braccia. Era piuttosto divertente vederlo fronteggiare un ragazzo dell’ottavo anno. “E io sono nella stanza.”
 
“Abbiamo un amico ghiacciato sulla poltrona.” Li interruppe Theo, impedendo a Blaise di controbattere. “Potrai polverizzarlo a colazione. Adesso aiutami a riscaldare Potty.” Harry sussultò visibilmente, poi evitò i loro sguardi. Nott si era appena riferito a lui come a un amico. Nott.
 
“Trascinatelo più vicino al fuoco.” Ordinò Braxton, la cui bocca si incurvò all’insù quando vide Blaise rabbuiarsi. Ma il ragazzo scuro seguì le direttive non appena Theo gli lanciò un cuscino. Se la matricola continuava così, l’indomani avrebbe avuto una bella gatta da pelare.
 
Stare a pochi centimetri dal fuoco non sembrava essergli d’aiuto; sembrava che il calore si disperdesse prima di raggiungere Harry. Le dita dei piedi gli facevano ancora male.
 
“Va meglio?” Chiese Braxton, come se fosse responsabile di quella soluzione. Nonostante il piccolo gioco di poteri nella stanza, sembrava sinceramente preoccupato. Continuava a mordersi il labbro e le sue braccia erano incrociate goffamente al petto, come se si fosse pentito di aver lasciato il calore del suo letto.
 
“Sì… va un po’ meglio.” Il freddo si era avvinghiato alle sue ossa, penetrando in posti che non sapeva di avere. Si strinse di più nella coperta, sorpreso dall’insensibilità nelle sue dita. Provò a sfiorare la coperta ma non sentiva niente; aveva perso la sensibilità nelle dita. “Probabilmente potete tornare a letto. Come avete detto voi… cosa si può fare contro il freddo?”
 
“…ma non fa freddo.” Esclamò Blaise, “Cazzo, Potter, se vedi una luce abbagliante non seguirla per nessuna ragione.”
 
“Non sta morendo!”
 
“Be’, spesso le persone che stanno morendo dicono di avere freddo, non è così?”
 
“Infatti ho avuto freddo.” Convenne stancamente Harry, fissando il fuoco per evitare gli improvvisi sguardi degli altri. “Però, è durato solo un istante. Dopo è stata perfino una bella sensazione.” Rimasero tutti in silenzio, il che lo costrinse ad alzare lo sguardo. Theo sembrava sospettoso, Blaise era preoccupato… gli occhi di Braxton erano più sgranati che mai. “Che c’è?”
 
“Sembri avere… nostalgia.” Disse Theo, al culmine del suo disagio.
 
“Pensavo che le persone diventassero sentimentali quando-”
 
“Non è la tua ora.”
 
“Ah, no?” Harry non lo chiese con cattiveria. Ma quanto tempo sarebbe durata? Ormai il pensiero infestava la sua mente tutte le notti. Mesi? Settimane? Quanto tempo gli rimaneva?
 
“Ribadisco,” Non c’era traccia di ironia nella voce di Blaise, “se vedi una luce abbagliante-”
 
“Correrò via a gambe levate.” Sospirò Harry, annuendo. Cercò di rassicurarli con un sorriso, ma non sembrò funzionare. “Al momento ho troppo da perdere per arrendermi.” Anche se aveva pensato di farlo; ma non avevano bisogno di saperlo. Era senza dubbio una prospettiva allettante, ma non ci sarebbe mai riuscito. Quello stronzetto biondo l’avrebbe trascinato via per la collottola se ci avesse provato.
 
Batté a malapena ciglio quando una mano gli sfiorò di nuovo la fronte, sbucando dal nulla. Non aveva notato che Theo si era mosso. “Vado a prendere altre coperte.” Annunciò, affrettandosi verso le scale. Probabilmente voleva solo andarsene da quella stanza soffocante, e Harry non lo biasimava. Anche lui voleva scappare da quella stanza, e dalle attenzioni degli altri.
 
Blaise si fece da parte, come se volesse passare inosservato, e Braxton…
 
Era proprio accanto a lui.
 
“Sei morto?” Chiese di getto, accigliandosi. “Com’è possibile che sei morto?” Sembrava essersi dimenticato che Harry aveva una malattia che stava lentamente cercando di distruggergli il corpo e la mente. Che strano.
 
“Perché Voldemort mi ha ucciso.” Rispose piano Harry, osservandolo sussultare per quel nome. Lo fissò con gli occhi spalancati, e scosse la testa. Pensava che Harry lo stesse prendendo in giro.
 
“Ma hai vinto-”
 
“Sì.”
 
“Allora come ha fatto… Tu-Sai-Chi a ucciderti?”
 
“Perché gliel’ho lasciato fare.” Adesso che sembrava confuso, a giudicare dalla fronte aggrottata e la bocca aperta. Farfugliò qualcosa, voltandosi verso Blaise in cerca di aiuto. Il Serpeverde, che era ancora irritato, scrollò le spalle e lo ignorò. Non avrebbe potuto comunque aiutarlo. “Non preoccuparti; sono vivo, no? Ho avuto un’altra possibilità. È stata fantastica.” Sbuffò divertito, poi rise. La felicità lasciò le sue labbra, come stava tentando di fare da giorni. Perché diceva sul serio. Il suo corpo lo stava tradendo e non aveva più amici, e tra tutte le persone erano stati i Serpeverde ad accoglierlo. E, per la maggior parte del tempo, era stato fantastico.
 
“Cosa gli avete fatto?” Theo ritornò con alcune coperte. Probabilmente aveva lasciato dietro di sé diversi Serpeverde contrariati.
 
“Abbiamo parlato della sua morte.” Disse tranquillamente Blaise, scrollando le spalle. “A quanto pare è stata divertente.”
 
Theo rispose lanciando le coperte a Harry, con le sopracciglia alzate. “Hai avuto qualche piccolo incidente? Del tipo che sei inciampato sui lacci delle tue scarpe?
 
“Oh no, in verità è stato Tu-Sai-Chi.” Blaise si stava sforzando di mantenere un tono d’indifferenza. Theo tornò a fissare Harry con le sopracciglia alzate, come se dubitasse della sua sanità mentale.
 
“Non potreste capire.” Concluse, sorridendo. Quelle risate l’avevano tirato su di morale.”
 
“Certo che no.” Una mano lo raggiunse di nuovo, poggiandosi sulla sua fronte. “Sei ancora gelido. Dovremmo forse provare qualcos’altro? Non sta funzionando.”
 
“Mi vengono in mente solo gli incantesimi, che non possiamo usare.” Rispose Blaise, senza essere d’aiuto. Scrollò le spalle. “E se lo immergessimo nell’acqua calda?”
 
“Nel bagno dei Prefetti?” Chiese Theo, confuso quanto gli altri. “Conosci la parola d’ordine?”
 
“Non potete metterlo nell’acqua.” Braxton decise che era ora di parlare, e incrociò le braccia al petto con arroganza. “Le persone che hanno freddo vanno tenute asciutte, e poi l’acqua si fredda prima dell’aria. Se lo buttate nell’acqua, non farà altro che peggiorare.” Harry non pensava che avessero dovuto sentire il piccolo ‘idioti’ alla fine del discorsetto. In ogni caso, adesso aveva ben due Serpeverde dell’ottavo anno contro di lui.
 
“Non possiamo usare incantesimi e il fuoco non sta funzionando.” Theo non era contento della presenza di quella matricola. “Cosa suggerisci di fare?” Il ‘piccolo mocciosetto di merda’ che ne seguì fu a malapena udibile.
 
“Non lo so! Calore corporeo?” Harry rise di nuovo e, improvvisamente, tutti e tre indietreggiarono di un passo da lui.
 
“Se tu vuoi fare le coccole a Potter-”
 
“Non ho detto questo!”
 
“Prego, accomodati pure-!”
 
“Intendevo dire che l’ho letto da qualche-!”
 
“Non farò le coccole a Potter, neanche se fosse l’ultimo umano sulla terra e mi sentissi un po’ solo!”
 
“Stai completamente sottovalutando le sue abilità nel fare le coccole, Blaise.” Il sorriso di Harry aumentò quando Draco fece il suo ingresso nella stanza, la sua voce faceva intuire che era pronto a ribattere a qualsiasi commento. “È vero, è un po’ scarno, ma uno sguardo ai suoi occhi e nuoterai negli smeraldi, a quel punto non ti importerà se si è avvinghiato al tuo collo.” Finalmente si avvicinò e Harry riuscì a guardarlo senza storcere il collo, aveva le sopracciglia alzate e la testa piegata da un lato mentre osservava la pila di coperte che lo ricopriva, e la sua assurda vicinanza al fuoco. “Devo chiedervelo io?”
 
“Ha freddo.” Theo decise di rispondere, visto che Braxton era paonazzo e Blaise lo stava diventando. Sembravano imbarazzatissimi.
 
“L’avevo intuito.” Rispose seccamente Draco, che si guardò intorno soffermandosi per un momento sulla mappa aperta, prima di tornare a guardare Harry. Era coperto dalla testa ai piedi, tranne che per gli occhi e il naso. “Be’, fammi spazio.”
 
“Cosa?”
 
“Se nessun altro vuole approfittare del tuo culo ossuto…”
 
Fu davvero divertente vedere il disagio degli altri Serpeverde. Theo stava fissando con ansia le scale, mentre gli altri due si scambiavano sguardi circospetti.  Si erano dati una tregua mentre condividevano quel momento di imbarazzo.
 
“Quanto hai intenzione di farmi aspettare?” Prima di finire la domanda, Draco stava già strappando le coperte dalle dita insensibili di Harry. Non aspettò nemmeno che Harry si spostasse per accomodarsi. Era seduto più su Harry che sulla poltrona.
 
“E poi dici che il mio culo è ossuto.” Sussurrò Harry, spostandosi per trovare una posizione comoda in cui il bacino di Draco non gli scavasse nella pelle.
 
“Sembrano piuttosto imbarazzati.” Disse a bassa voce Draco, indicando con un cenno gli altri membri della stanza. Riposizionò le coperte e strinse Harry con un braccio. Era la prima volta quella sera che provava calore. “Vuoi vedere quanto riesco a farli arrossire?”
 
Bastò solo un sorrisetto di Harry, e Draco si piegò verso di lui sfiorando la sua guancia ghiacciata con un delicatissimo bacio.
 
“Io me ne vado.” Dichiarò Blaise, parlando al soffitto. Gli altri seguirono subito il suo esempio, affrettandosi verso le scale senza guardarsi indietro. Il libro di Braxton fu dimenticato sull’altra poltrona.
 
“Dilettanti.” Rise Draco, con un sospiro di soddisfazione. Si avvicinò ancora di più a Harry, in modo che le loro fronti si toccassero. Infilò una mano sotto la maglietta di Harry, poggiandola contro la sua schiena. “Mio dio, hai davvero freddo, eh? Hai fatto una passeggiata nei sotterranei?”
 
“No.” Come poteva spiegarlo senza menzionare la sua magia? Aprì la bocca per trovare una scusa plausibile, ma non gli venne in mente nulla. Trova una scusa. Andiamo! Trova una scusa decente!
 
Il silenzio li avvolse mentre la mente di Harry lo tradiva.
 
Draco iniziò a canticchiare, accarezzando la sua pelle fredda con il pollice. Doveva aver capito quello che aveva detto, o che non aveva detto, ma si era a malapena irrigidito. Non rispose nemmeno.
 
Harry sospirò tra sé e sé, grato che Draco non potesse vedere la sua espressione. Era stanco della sua magia. Stanco di tutta quella situazione. Non voleva continuare così; aveva rovinato tutto. Ogni momento divertente, ogni momento felice.
 
Perfino in quel momento non sapeva se il groppo che aveva in gola era dovuto alla tristezza o al freddo che la magia gli aveva scagliato contro, penetrando ancor di più nella sua pelle. “Draco, mi dispi-”
 
“Non è niente che un paio di coperte e un bel focolare non possano curare; ci si può sempre sbarazzare del freddo.”
 
“Mi-”
 
“E poi non mi dispiace se sei un po’ freddo; è rinfrescante.”
 
“Perché non mi permetti di scusarmi?”
 
La sua voce continuò ad essere un lieve sussurro. “Perché non so per cosa ti stai scusando. Sei dispiaciuto perché mi hai mentito, o per il peggioramento della tua malattia?”
 
Harry non dovette dare la risposta che entrambi sapevano.
 
“Esatto. E poi, non hai niente di cui scusarti. Sei tu ad essere malato.”
 
“Non mi sto nascondendo dietro le mie scuse,” Ribatté Harry. “È solo che non posso giocare la carta della morte ogni volta che voglio.”
 
“Certo che puoi. È per questo che esiste. Sei malato, e hai la carta a tua completa disposizione. Come possono giocarla gli altri, quando sei tu a possederne i diritti? Se cerchi ‘dolore’ sul dizionario non c’è nessuna definizione. Solo la tua faccia.”
 
“Non è che la cosa mi faccia sentire meglio.”
 
“Corpo tuo; decisione tua.” Sembrava che dire quella frase avesse inflitto a Draco dolore fisico. Sentì il suo cuore sprofondare; era come se ogni conversazione che affrontava facesse arrabbiare o intristire qualcuno. Il freddo artigliò i muscoli di Harry fino ad arrivare alle ossa; era ghiacciato.
 
La mano di Draco si mosse sulla sua schiena, premendo contro la sua pelle. Canticchiò di nuovo, e cambiò bruscamente discorso. “Riesci a immaginare gli altri che cercano di riscaldarti?” Chiese, il divertimento apparve nella sua voce come per magia. “Riesci a immaginare Theo che cerca di darti un po’ di calore corporeo?” E, nonostante il suo pessimo umore, un sorriso riuscì a farsi strada sulle labbra di Harry. “A che punto credi che sarebbe arrivato prima di battere in ritirata? A toccati le braccia? Il bacino?” Harry poteva facilmente immaginare Theo che si allontanava dalla poltrona con la faccia arrossata, fuggendo verso le scale. Non avrebbe detto nulla; il suo imbarazzo avrebbe assunto una forma corporea. “A stringerti la mano?”
 
La mano libera di Draco frugò tra le lenzuola per trovare quella di Harry. Il suo pollice iniziò ad accarezzarlo ipnoticamente.
 
E per chissà quale ragione, Harry non sentiva più così freddo.
 
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“Harry vi ha nascosto delle informazioni.” Le parole lasciarono la bocca di Draco ancora prima che la Tirocinante Harris chiudesse la porta dell’ufficio. Non aveva il lusso di aspettare il momento giusto; avevano portato Harry nella sua stanza, quindi la tortura stava per iniziare. Doveva ritornare da lui. “È peggiorato; usare la magia su di lui potrebbe provocare una reazione. Le… suggerisco di dirlo agli altri Guaritori prima che lo uccidano.” La ragazza lasciò di nuovo la stanza.
 
Draco sospirò, raggiunse la sedia e ci si lasciò cadere. Era stanco, ma non era niente in confronto alla spossatezza di Harry. Non gli importava più dei suoi voti, quindi aveva uno stress in meno nella sua mente esausta. Ma le sue escursioni notturne iniziavano a farsi sentire. E Harry. C’era sempre la paura per Harry.
 
 
C’erano così tante cose da fare, e un tempo così limitato per farle.
 
“Sai, questo il genere di cose che dovresti dire appena arrivi.” Draco si raddrizzò, fingendo che non avesse avuto un tuffo al cuore per le sue parole. “Non preoccuparti, sta bene. Si stava ancora cambiando.” Lei, invece, non sembrava stare bene. Aveva delle leggere borse sotto gli occhi.
 
Raggiunse la scrivania e si sedette, come se avessero tutto il tempo del mondo. Alzò perfino un dito per impedire a Draco di parlare, mentre frugava in un cassetto per perdere ancora più tempo. “Prendi un po’ di cioccolata.” Draco la fissò per un momento, prima di allungare una mano e prendere la barretta. Non la mangiò. Non pensava che fosse il momento giusto per la cioccolata. “Be’, come stai?”
 
“Lo ripeterò di nuovo perché sembra che tu non mi abbia sentito bene: la magia di Harry sta diventando sempre più difficile da controllare. Se usaste la magia nei suoi paraggi, esploderebbe. Ha iniziato ad attaccare senza inneschi; l’altro giorno reagiva alle sue emozioni. Se era felice, la sua temperatura era normale. Se era triste, era ghiacciato. È una bomba ad orologeria.”
 
“Lo sappiamo.” Non sembrò molto turbata dalla sua occhiataccia. “Anche se ci mente, usiamo gli incantesimi di diagnostica quando arriva. Era piuttosto evidente visto che all’inizio aveva pochi problemi, mentre la settimana scorsa si sono presentate una serie di… intricate complicazioni, se così si può dire. Siamo allenati a notare i cambiamenti.” Non sembrava esserne contenta.
 
“Come farete a eseguire la diagnostica oggi?”
 
“Lo faremo tramite esami babbani o l’uso di pozioni generiche. È tutto quello che possiamo fare al momento; e, ovviamente, la macchina ce lo dirà. Ecco per ché sei qui; ci dirà dov’è concentrata la magia in questo momento. Ma, passiamo a cose più importanti… come stai?”
 
“Sto bene. Allora qual è il prossimo-?”
 
“Malfoy, perché non mi rispondi seriamente per una volta?” La Tirocinante Kelly lo interruppe mentre cercava un’altra barretta di cioccolato da mangiare. “Come va?”
 
Fu davvero uno sforzo non urlarle contro. Ma non capiva che Harry era rimasto da solo? Che quelle domande inutili gli stavano facendo perdere del tempo prezioso? “Alla luce dei recenti avvenimenti non importa come sto.” Era uno smacco all’ego di qualunque Malfoy, ma era comunque la verità.
 
Ma la tirocinante ridacchiò, scettica. “Certo che importa. Tu importi a lui.”
 
“Ti consiglio di non consolarmi.” La avvertì Draco, fissando la porta. Da quanto tempo era lì dentro? “Non gioverà a nessuno di tutti e due.”
 
“Oggi il mio lavoro è prendermi cura di te.” Finalmente Draco si voltò a guardarla; il suo tono era forzato, con una leggera vena di frustrazione. Non pensava che l’irritazione fosse diretta a lui; nessuno dei due voleva essere in quella stanza. “Sei importante quanto Potter.” E nessuno dei due le credeva. “Anche tu hai l’aria stanca. Può essere faticoso prendersi cura-”
 
“Faticoso non è una parola che associo a Harry,” Rispose piano Draco, lanciando un’occhiata veloce all’orologio. A quel punto dovevano averlo messo a letto dopo avergli fatto le domande di routine. C’era ancora tempo. “E l’unica ragione per cui ti sto chiedendo di non usarla mai più è perché Harry sembra tollerarti. Io non lo farò.”
 
“In ogni caso, un paio di minuti di pausa faranno bene a entrambi.”
 
“Non è una decisione che spetta a te. Disse Draco con lentezza, accomodandosi sullo schienale della sedia. “E posso assicurarti, per la cronaca, che ne dubito fortemente. Se è per questo che mi hai trascinato in questa stanza, stai sprecando il tuo tempo.”
 
“Assecondami.” La Guaritrice Harris raccolse un’altra barretta di cioccolato, offrendola a Draco. La accettò, ma si limitò a posarla sulle sue gambe. “A volte fa bene trascorrere del tempo senza stress e preoccupazioni per la testa. Quindi puoi smettere di fissarle l’orologio perché trascorrerete dieci minuti l’uno lontano dall’altro.” Draco distolse immediatamente lo sguardo dall’orologio, ma ormai era già stato scoperto.
 
“Non può farcela da solo.”
 
“Ha a disposizione i migliori Guaritori dell’ospedale.”
 
“Non gli importa di loro; non sono me, e nemmeno te. Sei l’unica con cui sembra essere a suo agio, anche se sei solo una tirocinante. Lo status non significa niente per lui.”
 
“Sono solo dieci minuti.”
 
“Di stress per entrambi.” Mormorò Draco, guardandola stringere la presa sul cioccolato. Sapeva anche lei che aveva ragione. Harry aveva bisogno di tutto il conforto che poteva avere in quel momento, e loro se ne stavano chiusi in quella stanza. Come poteva mai essergli d’aiuto una cosa del genere?
 
“Sai,” Rispose sussurrando allo stesso modo, mentre prendeva un altro pezzo di cioccolata. Non lo offrì a Draco; lo lanciò sulla sua spalla. Percepiva un pizzico di irritazione dentro di lei. “questa situazione dovrebbe darti il tempo di rilassarti e pensare un po’ a te stesso, ma tutto quello che hai fatto è stato parlare di Potter. Andiamo, cosa piace fare a te? Fammi un riassunto della tua giornata. Parla di cose frivole se è quello che vuoi fare.”
 
Draco raccolse la terza barretta dal pavimento e ritornò alla posizione di prima. Quella donna non gli era mai piaciuta particolarmente, e adesso stava oltrepassando di nuovo il limite. Si era distesa sullo schienale della sedia, e stava girando su sé stessa. Tzé.
 
Draco controllò di nuovo l’orologio; ormai il trattamento doveva essere iniziato. Erano sempre abbastanza puntuali lì dentro. “Mi sveglio con le braccia e le gambe intrecciate a quelle di Harry.” Disse con un filo di voce. La guaritrice lo guardò come se non si fosse aspettata una risposta. Peccato. Aveva sperato che lo shock la facesse cadere dalla sedia. “Restiamo a letto il più a lungo possibile prima di andare a colazione, insieme, e frequentiamo le lezioni, insieme. In classe abbiamo spostato Harry in un angolo e l’abbiamo circondato in modo che nessun incantesimo vagante possa colpirlo. Cerchiamo di riportarlo nella Sala Comune Serpeverde il prima possibile, perché lì siamo sicuri che nessun incantesimo viene lanciato nelle sue vicinanze. Passo i miei pomeriggi e le mie sere con lui, e poi andiamo a letto insieme. L’unico lasso di tempo in cui non sono con Harry è quando sgattaiolo via dal letto per andare in biblioteca, dove cerco miracolose, inutili e impossibili cure. Contenta? Parlo di Harry perché la mia giornata è Harry.”
 
Draco alzò la guardia quando la tirocinante si raddrizzò; le aveva dato una miriade di informazioni che potevano essere usate contro di lui. La sua possessività, la mancanza di indipendenza, l’ammissione della loro relazione. Aveva carta bianca. Eppure, decise di chiedergli-
 
“Perché dorme a Serpeverde?” Per lei, era quella la parte più sconcertante. “È un Grifondoro, non è vero?”
 
“L’hanno cacciato via.” La osservò alzare le sopracciglia e fece un cenno di approvazione. “A loro non piaceva il fatto che li stesse evitando. Lo faceva perché non voleva ferirli con la notizia della sua imminente dipartita. Curioso, vero? È lui ad essere malato, eppure era più preoccupato di come si sarebbero sentiti gli altri. Tuttavia, la sua solitudine la spinto verso di me, il che gli è valso l’appellativo di ‘traditore’; come si permette di frequentare quei Mangiamorte e altra feccia come loro? È per questo che si è trasferito a Serpeverde.”
 
“Quindi non aveva nessun altro posto dove andare?”
 
“Oppure ha trovato un posto in cui può essere sé stesso.” Disse Draco, al posto di sbottare, ma stava quasi per farlo. “Tutta la Casa sa che è malato, eppure nessuno l’ha spifferato ai giornali.”
 
“Stai parlando davvero tanto, Malfoy. Tuttavia, non hai detto una parola su di te.” Accidenti a lei. “Continui a sviare la conversazione si Potter.”
 
“E allora?” Qualcuno bussò alla porta. “Be’, è stata una conversazione affascinante.” Draco si alzò, ignorando il cipiglio della Tirocinante Harris. Sapeva un Guaritore era venuto a prenderlo perché il prezioso salvatore del mondo magico non riusciva a stare solo.
 
Una testa sbucò da dietro la porta. “Mi dispiace interrompervi, ma il Signor Malfoy è richiesto nella sala principale.”
 
A volte essere così perspicace era assolutamente noioso.
 
Draco sorpassò il Guaritore senza degnarlo di uno sguardo e si diresse in fondo al corridoio, nella stanza che gli avevano indicato. Era stata una completa perdita di tempo, senza alcun risultato. L’unica ricompensa era stata una manciata di cioccolato. Salazar, avrebbe fatto un bel discorsetto alla guaritrice Brown. Sapeva che era il protocollo prendersi cura dei tutori, dei badanti o dei partner di pazienti gravemente malati; se non riuscivano a prendersi cura di loro stessi, come avrebbero fatto a prendersi cura di qualcuno di così fragile?
 
Ma era ridicolo; chiedere a Draco come stava?
 
Spalancò la porta con violenza, puntando lo sguardo sul letto.
 
Harry era accasciato sul letto; i suoi piedi e le sue mani erano stretti alle lenzuola, come se fossero la sua ancora. Aveva il volto contratto e i denti stretti. Eppure, in qualche modo riuscì a sforzarsi di sorridere per l’arrivo di Draco.
 
“Hanno cercato di sottopormi a una seduta terapeutica improvvisata.” Spiegò Draco, avvicinandosi al letto. “Quindi ho iniziato a parlare di te.  Ho detto che dormi con la bocca aperta e che mi sbavi addosso.”
 
“È successo… solo… una vota.” Era incredibile come riuscisse a sembrare esasperato anche sotto tortura. “Smettila… di… rinfacciarmelo.”
 
“Hai rovinato la mia maglietta preferita: non smetterò mai di ricordartelo. Ecco, ho rubato un po’ di cioccolato per te.”
 
Quello che provava Draco era insignificante in confronto all’agonia di Harry.
 
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.
 
.
 
“Granger.” Ormai, era diventata un’abitudine riconoscere la sua esistenza in quel tipo di situazioni. Non avrebbe voluto, ma se non avesse nemmeno borbottato il suo nome quando arrivava avrebbe dovuto sorbirsi una serie di occhiatacce ed espressioni arrabbiate. Dirlo gli assicurava calma e isolamento; ne valeva la pena.
 
“Malfoy.” Maledetto Salazar Serpeverde! Perché gli rispondeva?
 
Draco prese posto alla sua sedia e tirò fuori i volumi che stava studiando quella settimana. Solo dopo averli piazzati sul tavolo e aver preso la pergamena per gli appunti si degnò di rivolgerle uno sguardo di disapprovazione. Lo stava attendendo con pazienza, anche se un po’ freddamente. Oh, fantastico. Aveva poggiato la piuma sul tavolo. Voleva parlare.
 
Avrebbe dovuto optare per le occhiatacce.
 
“Ti decidi a parlare, o ti diverti a sprecare il mio tempo?” Ringhiò, tornando al suo libro. Se voleva sprecare tempo, era una sua decisione, lui non poteva permettersi quel lusso.
 
La ragazza non ribatté come faceva di solito. Anzi, si sforzò di mantenere un tono pacato. Aveva capito che trovava divertenti i suoi insulti, e quindi aveva smesso. Che volpe.
 
“Qui ho un libro sul controllo della magia; pensi di potergli dare un’occhiata mentre faccio ricerche su questi altri?” Ah. Ora sì che i conti tornavano.
 
Granger pensava che avrebbe trovato sicuramente una cura miracolosa; era così presuntuosa da credere che fosse possibile per una strega senza nessuna conoscenza medica, e soprattutto magica, tirare fuori dal nulla una cura per una malattia così incredibilmente orribile e rara. Cercava nei libri di medicina.
 
Draco non era d’accordo. Si rifiutava di toccare quei libri inadeguati. Soprattutto perché l’aveva già fatto appena aveva scoperto la malattia di Harry. Erano inutili. Quando menzionavano la Succorbentis, se lo facevano, era solo per accrescere il timore che incuteva. No, Draco leggeva libri sulla magia.
 
Soprattutto su come sbarazzarsene.
 
Alla fine della settimana inviavano le loro teorie alla Tirocinante Harris, e lei inviava a loro altri libri. Non erano ancora riusciti a trovare niente.
 
“Non riesce più a controllarla.” Rispose lentamente, sfogliando la pagina come se avesse letto quella precedente. “Ritenta.”
 
“Pensavo solo che se avesse più controllo su-”
 
“E mentre testiamo la tua meravigliosa idea si farà esplodere un braccio. Forse sarà la volta della sua testa. Non so proprio come faremo a riattaccargliela.” Si voltò verso di lei per rivolgerle un’occhiataccia. “Ripeto; ritenta.”
 
La ragazza strinse i denti, ma non si arrese andandosene come una furia come aveva fatto le settimane precedenti. Evitava sia di attaccarlo che di insultarlo. Granger stava imparando.
 
Al contrario, raccolse la piuma e tornò silenziosamente a leggere il libro davanti a lei. “Era solo un’idea.” Disse piano, “Migliore di sbarazzarsi completamente della sua magia. Più plausibile.” O forse no.
 
“Per te.” Draco sfogliò un’altra pagina, rifiutandosi di degnarla di uno sguardo. Forse stavano usando toni pacati, ma era comunque una battaglia in piena regola. Che Granger non stava vincendo.
 
“Harry non vorrebbe vivere una vita senza magia.”
 
“Harry non vuole neanche morire.”
 
“E tu cosa vuoi, Malfoy?” Draco la fissò. Non si era aspettato quella domanda, soprattutto chiesta con quel tono. Granger stava scrivendo un appunto, all’ apparenza, e non sembrava notare il suo sguardo. Che doti recitative. “So che siete amici-”
 
Che cosa si aspettava? Una confessione? Che si mettesse a urlare e a battere le mani contro il petto?
 
“Voglio più tempo.” Perché le stava rispondendo?
 
“E allora perché lo stai sprecando qui?” Stava entrando in un territorio pericoloso, adesso. “Se vuoi più tempo con Harry… non dovresti passarlo con Harry?”
 
“Se riuscissi a prolungargli la vita, non sarebbe tempo sprecato.” Perché le stava ancora parlando?
 
“Prima o poi noterà che sei scomparso.”
 
Draco alzò le sopracciglia e inclinò la testa da un lato. Finalmente qualcosa da usare a suo vantaggio. “Sono le tre del mattino, Granger.” Disse con lentezza, per dare effetto alla frase. “A meno che non si sia accampato sotto al mio letto… dubito che l’abbia scoperto.” Almeno lei ebbe la decenza di arrossire e tornare alle ricerche. Tzé, non aveva bisogno di sapere che probabilmente Harry era accovacciato sul suo letto con la mappa sulle gambe.
 
“Ho un’altra domanda.” Cosa aveva fatto per meritarselo? Draco sbuffò prima di ricordarsi che era Granger con cui stava parlando, e non poteva mostrare troppe emozioni. Aveva bisogno di rimettersi la maschera. Dio, cosa gli aveva fatto Harry per rendergli difficile il controllo delle emozioni? Zia Bellatrix si sarebbe rivoltata nella… tzé, non ne sarebbe stata contenta.
 
“Che vuoi?” Dannazione. Sembrava più un lamento che una domanda.
 
“Ti dispiacerebbe se qualcun altro si unisse a noi?”
 
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Capitolo 43
*** Alti e Bassi ***


Ciao nostre adorate lettrici e nostri adorati lettori!
A settembre dovevamo scegliere se aggiornare a ottobre o a novembre, e abbiamo chiesto a voi cosa ne pensavate: dato che abbiamo avuto una richiesta per ottobre, una per novembre e un “uguale” abbiamo deciso di aggiornare a novembre! Grazie a malikx, ilariapokemon e DolceZeref per averci detto la loro, e grazie a tutti quanti per aver recensito e averci chiesto quando usciva questo capitolo!
Passiamo ora a una nota dolente, ma IMPORTANTE: il prossimo capitolo, quello di dicembre, sarà l’ultimo a nostra disposizione. Lo pubblicheremo sempre il 20, come regalo di Natale. Purtroppo smak non ha ancora aggiornato, e non aggiorna da due anni. Noi non abbiamo perso e non perdiamo le speranze, perché comunque è una storia pesante e non è facile da scrivere. Lei aveva promesso che non avrebbe smesso, e noi ci crediamo ancora. Quando aggiorneremo il prossimo capitolo segneremo la storia come incompleta. Inutile dire che noi speriamo sempre nel miracolo. Se volete avere qualche aggiornamento, potete guardare direttamente sulla storia originale, oppure quando (e non se, non vogliamo un se) ci sarà un nuovo capitolo lo tradurremo e lo posteremo il 20 del mese, come abbiamo fatto fino ad ora.
Un bacione a tutti,
malpensante e Pandina
 
 
 
 
Capitolo 43 – Alti e Bassi
 
Hermione si strofinò gli occhi, come se quella piccola azione avesse il potere di cancellare la stanchezza dalla sua mente. Non chiudeva occhio da venti ore e iniziava lentamente a sentirne gli effetti collaterali.  Era da un po' che rileggeva la stessa frase, ma non aveva senso. Conosceva le parole e ne capiva i rispettivi significati; le leggeva, ma non riusciva a comprendere cosa stesse cercando di dire il libro. Era ora di riposare.
 
Sospirò lentamente e si voltò a vedere come se la passavano i suoi insoliti compagni di studio.
 
Quella notte Malfoy aveva un'espressione arrabbiata che non vacillò neanche per un istante. L'aveva tenuta sotto controllo; semmai era peggiorata.
 
Era stato piuttosto pacato durante le loro ricerche. Sì, ogni tanto sbottava o alzava gli occhi al cielo, ma tutto sommato si era comportato piuttosto bene. Era distante e non aveva alcuna intenzione di fare amicizia. Non poteva biasimarlo; anni di rivalità e odio non potevano essere cancellati da un paio di cenni o gesti forzati. E poi neanche lei aveva proposto una tregua.
 
Tuttavia, in quel momento realizzò che era stato addirittura accogliente. Se Malfoy non aveva avuto alcun interesse a collaborare con lei, riteneva certamente che farlo con Neville fosse un oltraggio.
 
Gli aveva lanciato occhiatacce per tutta la sera, borbottando tra sé e sé e intingendo con violenza la penna nell'inchiostro ogni volta che ne aveva la necessità. Hermione aveva anche il sospetto che si tirassero calci sotto il tavolo, dato che entrambi sussultavano o sobbalzavano a intervalli irregolari.
 
Neville non stava per niente migliorando la situazione; non si immergeva nello studio come loro, i suoi libri erano ammucchiati in un cumulo disorganizzato sulla sua metà del tavolo, e non riusciva a stare fermo. Faceva tamburellare le dita, canticchiava sottovoce oppure rigirava la penna tra le dita. Hermione aveva scoperto queste sue abitudini anni prima, quindi non le dava molto fastidio. Riusciva a non pensarci; ma era ovvio che la cosa mandasse Malfoy su tutte le furie. Aveva già spezzato in due la sua penna pochi minuti prima, e sembrava sul punto di rifarlo. E come se non bastasse, Neville lanciava degli sguardi al Serpeverde, sogghignando. Sapeva di essere irritante.
 
Un piccolo movimento colse la sua attenzione; la mano di Malfoy si stava lentamente avvicinando alla sua bacchetta.
 
"Che ne dite di andare a letto?" Chiese Hermione prima che potessero affatturarsi a vicenda... chi voleva prendere in giro? Prima che Malfoy spedisse Neville in Infermeria. "Non so voi, ma io riesco a malapena a tenere gli occhi aperti."
 
"Sì, le parole hanno smesso di avere senso almeno un'ora fa." Convenne Neville, stiracchiandosi sulla sedia. Sembrava completamente a suo agio, sebbene Malfoy avesse assunto un'espressione ancora più infuriata.
 
"Perché hai invitato il babbano?" Ringhiò Malfoy, chiudendo di scatto il suo libro. Raccolse con rabbia le pergamene, stringendo con forza i pugni. Wow. Non lo vedeva così infuriato da quando l'aveva messo alle strette per fargli rivelare le vere condizioni di Harry. "È maledettamente inutile. Mi ero preparato a ricevere quel deficiente del tuo ragazzo e invece hai portato qui quella cosa. Avrei preferito addirittura Weasley."
 
"Sono ancora qui." Fece notare inutilmente Neville, lanciando a Hermione uno sguardo esasperato.
 
Ignorò le insinuazioni sul suo ragazzo, raccogliendo i suoi libri. "È qui perché sa delle condizioni di Harry, perché gli vuole bene e perché tre menti sono meglio di due."
 
"Ne dubito." Sussurrò Malfoy che, trattenendo uno sbadiglio, raggruppò le ultime pergamene rimaste.
 
Sembrava stanco.
 
Probabilmente Hermione non l'aveva notato perché di solito passava la maggior parte del tempo a ignorare l'esistenza degli altri due, ma adesso che se n'era accorta era impossibile da ignorare. Gli si stavano formando delle borse sotto agli occhi, che erano rossi, e perfino mentre lo osservava stava cercando di trattenere uno sbadiglio.
 
Avrebbe dovuto dire qualcosa? No, non erano amici. Erano a malapena conoscenti. Avevano un obiettivo in comune; ecco tutto.
 
Invece Neville parlò. "Com'è andata ieri sera?" Che?
 
Malfoy non rispose immediatamente, e Hermione non pensava che l'avrebbe fatto. Aveva espresso molto chiaramente il suo disprezzo per Neville appena si era avvicinato al loro tavolo. Tuttavia, più aspettavano una risposta, più si faceva evidente non lo stava ignorando, ma stava esitando. Quasi come se stesse faticando a trovare le parole giuste; che stesse scegliendo l'insulto più adatto?
 
Perciò, la sua risposta quasi civile la sconvolse. "È stato orribile, come sempre." Disse piano, guardando brevemente il Grifondoro. "Idiota." Quasi civile.
 
"Che cosa-?"
 
"Domattina dovrete aiutarmi'" La interruppe Malfoy, impedendole di finire la domanda. Notò che non chiese aiuto, ma lo pretese. "Per la precisione, dovrete aiutare Harry."
 
Di solito avrebbe ignorato una richiesta del genere, ma le guance di Malfoy stavano diventando rosse. Qualunque fosse la domanda, doveva sicuramente imbarazzarlo a morte. Non vedeva l'ora di dirlo a Ron. "Cosa devi chiederci?"
 
Fu piuttosto divertente vedere Malfoy sospirare fra sé e sé. Si stava già prendendo della sua decisione. Qualunque cosa fosse, sarebbe stata-
 
"Domani mattina, a colazione, inizierà una lotta col cibo." Ok, non era proprio quello che si era aspettata. "Dovrete convincere i Grifondoro a partecipare, anche solo per un momento."
 
"Una lotta col cibo?" Chiese Neville, alzando le sopracciglia.
 
"Sì." Adesso Malfoy sembrava imitare Piton per il modo in cui parlava senza né muovere la bocca né cambiare espressione. "Cos'è che non hai capito?"
 
Hermione pensò che Neville stesse davvero tirando la corda quando scoppiò a ridere, considerando lo sguardo glaciale di Malfoy. "Tra tutte le cose più ridicole che potevi dire-"
 
"Sarà una cosa pacifica," Continuò Malfoy, che ignorò improvvisamente Neville, rivolgendosi direttamente a Hermione. "dovrete controllare quella banda di stupidi disadattati in modo che non passi loro neanche per l'anticamera del cervello di lanciare un incantesimo invece del porridge. Sono stato chiaro?"
 
Non c'era umorismo nel suo sguardo, né altri indizi che potevano tradire il fatto che fosse uno scherzo. Non c'era nessuna traccia di divertimento nella sua espressione. Se l'avesse proposto un Grifondoro... no, se l'avesse proposto qualunque altro studente, avrebbe accompagnato la frase con un sorriso. Sguardi pieni di rimorso, bisbigli. Non sarebbero stati in grado di controllare la loro euforia.
 
Il volto di Malfoy era inespressivo, l'irritazione era l'unica emozione che traspariva dai suoi occhi gelidi. Sembrava quasi assurdo che un'idea così divertente fosse stata partorita da una persona fredda e scortese come Malfoy.
 
"...Perché?" Non gli stava chiedendo perché avrebbe dovuto tenere a bada i Grifondoro; ormai bastava loro un nonnulla per sfoderare le loro bacchette. La cosa valeva per tutti.
 
Malfoy la fissò per qualche istante, era ovvio che stesse considerando se risponderla o meno. Alla fine, si volto dall'altra parte pensando probabilmente che non ne fosse degna. Raccolse le sue cose e si avviò verso la porta senza neanche pensare di congedarsi.
 
Era difficile non alzare gli occhi al cielo e tirare un lungo sospiro; gli avrebbe dato prova che la irritava e non voleva dargli il piacere di-
 
"Perché ieri sera è stato orribile, come sempre." Mormorò piano, sbattendosi la porta alle spalle. Che significava? Ieri sera? Non facevano nessuna ricerca il martedì; era l'unico giorno di riposo che si erano concessi, per fare altre cose o calmarsi un po'.
 
Hermione si voltò verso Neville, che non stava più ridendo. Il ragazzo sospirò, passandosi una mano tra i capelli. "Non vorrei ammetterlo," Sussurrò. "Cioè, è davvero uno stronzo. È un furetto egoista con serie manie di controllo, e non si farebbe nessuno scrupolo ad affatturarci tutti. Probabilmente gli farebbe anche piacere. Ma che sto dicendo? Gli farebbe sicuramente piacere-"
 
"Cosa stai cercando di dire?" Chiese Hermione per placare quel fiume di parole. Chiunque si sarebbe distratto a trovare tutti gli insulti adatti a Malfoy.
 
Neville sorrise timidamente, raccogliendo i libri che Hermione gli aveva prestato. "Sta diventando difficile odiarlo, non è vero?"
 
Hermione si limitò ad annuire. Non era per niente d'accordo. Non riusciva a capire; era davvero facile odiarlo. Era sempre scortese, sbottava e li comandava a bacchetta come se pensasse di averne tutti i diritti.
 
Fu solamente il giorno dopo, mentre toglieva il porridge che Ron aveva ‘accidentalmente’ versato sui suoi capelli, che capì. Non ebbe bisogno di dire ai Grifondoro di non sfoderare le bacchette; furono più che contenti di lanciare frutta e frittelle di patate al tavolo in verde. Era un caos; i suoi amici si lanciavano cibo in faccia a vicenda, altri salivano sui tavoli per sentirsi più protetti. Ma tutti loro stavano sorridendo; ridevano, lanciavano sguardi impudenti al tavolo dei professori e i professori non facevano niente per fermarli; continuavano a mangiare come se nulla fosse.
 
 Malfoy non aveva nessuna traccia di cibo addosso, solo qualcosa di liquido che gli gocciolava dalla spalla. Harry ne era ricoperto; a quanto pareva, i Serpeverde non si erano lasciati sfuggire quell'occasione. Aveva persino un pezzo di toast appiccicato sulla fronte. Stava ridendo, e disse qualcosa che fece scoppiare a ridere tutti i Serpeverde che lo circondavano. Si voltò verso Malfoy, e il suo sorriso si allargò ancora di più.
 
Il Serpeverde gli tolse di dosso il toast, e sbuffò quando Harry lo morse, ridendo.
 
Harry appiccicò del porridge sulla guancia di Malfoy, e arrossì visibilmente quando Malfoy ghignò e afferrò la sua mano, leccando la farina d'avena dalle sue dita in maniera piuttosto sensuale.
 
I loro sguardi erano incatenati.
 
Oh.
 
.
 
.
 
.
 
Iniziare una lotta con il cibo nella Sala Grande
 
.
 
.
 
.
 
Harry si strinse nelle coperte, tastando le lenzuola con una mano. Si fermò appena le sue dita entrarono in contatto con il freddo tessuto. Erano vuote. Aprire gli occhi non fece altro che confermare i suoi sospetti; era solo.
 
Non sospirò, e non diede neanche un pugno al cuscino intatto per la frustrazione. Quelle azioni non sarebbero servite a nulla, se non a farlo stancare di più. Non aveva energie da sprecare per quelle inutili emozioni. Al contrario, si rigirò sul letto per raggiungere la mappa aperta. Gli ci volle solo uno sguardo nell’oscurità per confermare i suoi pensieri.
 
Quindi Harry la lasciò cadere sul pavimento, rotolando sulla sua schiena. Fissò il soffitto per un bel po’, come faceva spesso negli ultimi tempi. Era sempre stanco, ma sembrava proprio che non riuscisse a chiudere occhio. Passava molte notti a guardarsi intorno per studiare oggetti di uso comune. Aveva già memorizzato tutti i minuscoli dettagli del baule di Draco. La scorsa notte si era avvicinato all’enorme muro di vetro, e aveva scrutato le profondità del lago. Era certo che qualcosa ricambiasse il suo sguardo. Quella sera non sarebbe stata diversa; e soffitto fu. Avrebbe fissato gli insignificanti dettagli del muro in pietra, fingendo che non gli importasse di star sprecando il suo-
 
Harry sbatté le palpebre, e tirò via le coperte. Aprì la tenda e cercò un paio di calzini nel buio. Le sue mani incapparono nel suo maglione Weasley, quindi indossò anche quello. Lasciò la mappa sul pavimento, e ignorò i versi interrogativi di Blaise. Non pensava di aver fatto così tanto rumore, eppure, aveva accidentalmente svegliato gli altri.
 
Uscì dalla stanza, e i ragazzi non lo seguirono. Erano quasi le due.
 
Harry attraversò i sotterranei, senza nessuna fretta. Non era la rabbia a controllare i suoi movimenti, e nemmeno la paura. Aveva una missione, ma non c’era niente che lo spingesse ad affrettarsi. Che gli mancava? La passione? In ogni caso, quella pace mentale gli permise un po’ di riposo.
 
I sotterranei non erano complicati come pensava in passato, o forse era solo dovuto l’incredibile quantità di pratica che aveva fatto. Si sorprese di non essersi perso neanche una volta, nonostante fosse buio per via della fioca luminosità delle candele. Gli ci erano voluti alcuni mesi, ma aveva imparato ad uscire dai sotterranei.
 
La cosa lo rese abbastanza orgoglioso.
 
Percorse l’ultimo corridoio e salì le scale per il primo piano. Non sobbalzò quando il Barone Sanguinario sbucò da una parete, e ignorò le sue domande a proposito dell’ora. Spinse la pesante porta della Biblioteca, e si addentrò tra gli scaffali per raggiungere il fondo della sala.
 
Non aveva bisogno della mappa per trovare il loro tavolo. L’incantesimo di Hermione funzionava alla perfezione; non poteva né vederli né sentirli. E comunque, dubitava che stessero parlando. Probabilmente Hermione e Neville avevano la bocca spalancata; nessuno dei due si aspettava di essere affrontato in quel modo. Draco probabilmente non si mosse; aveva sicuramente piegato la testa da un lato o alzato le sopracciglia per l’arrivo inaspettato di Harry. Non avrebbero dovuto preoccuparsi.
 
Harry si voltò verso la parte sinistra del tavolo, fissando le sedie vuote. Ipotizzò che Draco fosse seduto lì; si sedeva sempre a sinistra durante le lezioni, e anche quando studiavano insieme. Dormiva anche sulla parte sinistra del letto.
 
“È ora di andare a letto.” Harry si assicurò di parlare piano, ma in modo chiaro. Non voleva sembrare uno di quei partner con manie di controllo o bisognosi d’affetto. Di certo non era arrabbiato. Voleva soltanto farlo ragionare. “È tardi, e le lenzuola sono fredde.” Non si sentì stupido mentre parlava con il tavolo vuoto; sapeva che erano lì, e ci sarebbe rimasto finché Draco non si fosse palesato.
 
Non dovette aspettare molto; aveva appena finito la frase quando Draco apparve dal nulla, a qualche passo di distanza dal tavolo e vicinissimo al punto in cui Harry stava guardando. “Questo non va per niente bene.” Disse lentamente, con un tono divertito.
 
Harry gli fece cenno di raggiungerlo, e sbuffò quando Draco iniziò a ghignare. Pensava che fosse divertente. “Andiamocene. Lasciale lì.” Aggiunse, mentre Draco faceva un passo indietro verso il tavolo, probabilmente per raccogliere le sue cose. Harry fu piuttosto soddisfatto quando lo vide esitare e alzare le sopracciglia. “Sono certo che te le riporteranno domani.”
 
“Va bene.” Il suo tono non tradì i suoi pensieri. Tuttavia, doveva aver capito dal modo in cui si avvicinò a lui senza guardarsi indietro. Quando raggiunse Harry, gli cinse il bacino, tirandolo a sé. Non sembrava turbato dal fatto che c’erano due silenziosi Grifondoro a pochi metri di distanza.
 
Harry si avviò verso la porta, contento che Draco lo stesse seguendo. Non riuscì a trattenersi dal voltarsi leggermente indietro e dire: “È stato un piacere vedervi, Hermione, Neville.”  Il divertimento di Draco aveva assunto una forma corporea.
 
“Posso sapere a cosa è dovuto tutto questo? Ci stai osservando da due settimane.”
 
Harry si voltò verso Draco, scrollando le spalle. Il suo tono era davvero assonnato; se era stanco, perché non andava a letto? Era semplice. “Se proprio devo sprecare il mio tempo, vorrei farlo in compagnia.”
 
“Tzé, Potty,” Fece schioccare la lingua sul palato, cercando di trattenere uno sbadiglio. “Non hai sprecato neanche un secondo.”
 
Harry ne dubitava.
 
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“Smettila di agitarti.” Sussurrò Draco alla sinistra di Harry, con la testa sotto il cuscino. Si era praticamente fiondato sul letto appena erano entrati nella stanza, e non si era più mosso. Harry non pensava di starsi agitando, però c’era da dire che ogni movimento sembrava brusco se comparato con il cadavere al suo fianco.
 
“Non riesco a dormire.” Confessò Harry, fissando la tenda nel buio. Sapeva che Draco stava aspettando che gli dicesse perché si stesse muovendo così tanto. C’era silenzio nella stanza, ma la domanda aleggiava su di loro. Era strano, il modo in cui riuscivano a comunicare senza parlare.
 
“Incubi?” Chiese in un sussurro. Le sue parole erano semplici, e quindi rilassanti. Dal tono si capiva che non lo stava giudicando.
 
“Non ne ho più, in linea di massima. E se ne ho non si avvicinano neanche lontanamente al concetto di ‘paura’.”
 
“Allora cancellalo dalla lista.” Draco sbadigliò, stringendosi nelle coperte. Nei sotterranei si era vantato di non essere stanco, ma appena aveva posato la testa sul cuscino aveva iniziato a sbadigliare.
 
Harry fece un verso evasivo; non voleva cancellarlo. Sarebbero rimasti solo sei obiettivi. Anzi, cinque, perché era indeciso se cancellarne o meno un altro. Non voleva completare la lista così presto.
 
“Sei esausto. Si sente dalla tua voce.”
 
“Lo so; prova a dirlo al mio cervello. Pensa che dormire sia una perdita di tempo.”
 
Harry si sorprese quando Draco rotolò accanto a lui, avvicinandosi fino a sfiorarlo. Alzò la testa così da potergli dare un bacio sulla fronte, proprio a sinistra della cicatrice.
 
“Lascialo dormire,” Sospirò, parlando all’attaccatura dei capelli di Harry. “È esausto.”
 
“Sei un tale idiota.” Harry spinse via Draco, e alzò gli occhi al cielo quando vide il ghigno stanco dell’altro. Scrollò le spalle, per nulla offeso dall’insulto di Harry.
 
“Ho fatto come mi hai chiesto.”
 
“Era ovvio che stessi parlando in senso figurato.”
 
“È davvero un gran bel parolone per i tuoi standard.” Farfugliò Draco, poggiando di nuovo la testa sul cuscino. Harry lo vide sbadigliare rumorosamente, non riusciva a tenere gli occhi aperti. “A dirla tutta sono davvero impressionato.” Era sorprendente che riuscisse ancora a dire le sue solite battute mentre era sul punto di addormentarsi. “Su che cosa sta ruminando il tuo cervello?”
 
Harry scrollò le spalle nell’oscurità, senza preoccuparsi di non poter essere visto. “Tutto e niente. Niente di importante.”
 
“Per esempio?”
 
“Non saprei. Pe esempio… uhm, Blaise e Pansy. Dovrebbero farsi coraggio e iniziare a uscire insieme.”
 
“Ma è ridicolo-” Draco non riuscì a finire perché Harry lo interruppe.
 
“Prova a osservarli! È ancora peggio di quando Ron e Hermione si evitavano a vicenda, il che è tutto dire. Cioè, Pansy chiede aiuto a qualunque Serpeverde prima di chiederlo a Blaise; è ovvio che lo sta evitando. E se osservi bene Blaise, è evidente che ha occhi solo per lei. Pansy non deve neanche schioccare le dita per farlo correre in suo aiuto. Sul serio, osservali domani a colazione.”
 
“Mh-mmh.”
 
“E sto pensando a quell’orrenda partita di Quidditch dell’altro giorno; come diavolo hanno fatto i Corvonero a perdere per trecento punti? Hanno il miglior Cercatore, e anche il miglior Portiere. I Tassorosso non avrebbero mai dovuto vincere, anche in assenza di uno dei soliti Cacciatori Corvonero. È stato imbarazzante da guardare.”
 
“Mh-mmh.”
 
“Ho ricevuto un’altra lettera da Dudley; vuole incontrarmi di nuovo per vedere come sto. Non so se vale lo stesso anche per me.” Era piuttosto grato che fossero poggiati uno contro la schiena dell’altro; ciò significava che Draco non poteva vedere le espressioni di Harry, e quindi non poteva leggere la sua mente con uno dei suoi sguardi onnipotenti. “Penso che il mio aspetto sia un po’ cambiato.”
 
Stavolta Draco non fece alcun verso.
 
Harry aspettò per qualche istante che il Serpeverde tirasse fuori uno dei suoi piccoli commenti, ma non fu accontentato. Si accigliò, ascoltando i profondi respiri del corpo accanto al suo.
 
“Draco, sei ancora sveglio?” Harry non sapeva se sentirsi confortato o deluso del fatto che l’unica risposta di Draco fu una serie versi incoerenti. Nessuno di quei suoni ricordava l’inglese. Ipotizzò che fosse sul punto di addormentarsi. “Continuerò a parlare.” Nessuna risposta.
 
“Penso che dovresti rasarti i capelli, e tingerti le sopracciglia di rosa fosforescente.” Niente.
 
“Ti voglio. Qui e adesso.” Neanche un movimento.
 
Mmh.
 
Harry tirò un lungo sospiro. Sarebbe stato strano se avesse continuato a parlare del più e del meno? Era inaspettatamente rilassante, anche se Draco non stava prestando attenzione.
 
“Vorrei dirti così tante cose.” Si ritrovò a sussurrare Harry, scrutando l’oscurità della stanza. “Vorrei parlarti di Sirius; era il mio padrino, e avrebbe dovuto portarmi via dai Dursley. Ma tua zia l’ha ucciso, quindi come faccio a introdurre l’argomento?” Niente.
 
Harry sospirò, premendo la sua schiena contro quella di Draco per ricavarne calore. Chiuse gli occhi per provare a dormire. “Se eri stanco perché non sei venuto a letto? Sei un tale idiota. Solo Dio sa perché ti amo.”
 
Harry spalancò gli occhi appena Draco si mosse dietro di lui. Oh, accidenti a quello stronzo! Doveva essersi addormentato!
 
Non avrebbe dovuto preoccuparsi; Draco si rigirò e lo abbracciò da dietro, premendo il suo naso sulla nuca di Harry. Si limitò a fare un verso. Stava dormendo.
 
Harry non avrebbe tardato a raggiungerlo.
 
.
 
.
 
.
 
“Sei un maledettissimo idiota!”
 
“Be’ Harry,” Draco non era per nulla turbato mentre entravano nella classe di Difesa. Anzi, aveva ancora quel maledettissimo ghigno con cui si era svegliato; era lì da tutto il giorno. “è questo che ami di me.”
 
Harry ringhiò, sbatté la borsa sul banco e tirò fuori i compiti. Gli altri Serpeverde sedevano in silenzio al proprio posto; non sapevano perché Draco stesse punzecchiando Harry, ma per una volta avevano deciso di farsi gli affari loro. “Se lo dici tu.” Sbottò con frustrazione, spingendo la borsa a terra e guardando fuori dalla finestra.
 
“Mh-mmh.” La mancanza di parole nella sua risposta lo fece infuriare allo stesso modo; si riusciva a percepire il compiacimento emanato dalla sua durissima testaccia bionda.
 
“Non sei nient’altro che un furetto.”
 
“Non importa,” Merlino, certo che era di buon umore. Di solito si irritava quando menzionava quel roditore. “mi ami comunque.”
 
Stavano ricevendo un bel po’ di occhiate dalla classe, mentre aspettavano che il professore arrivasse; tutto perché quel coglione non voleva abbassare la voce. Aveva fatto così per tutto il maledettissimo giorno; qualunque occasione era buona per dire quelle parole infernali. Lumacorno aveva chiesto alla classe quale fosse l’ingrediente principale della nuova pozione, e cosa pensate che gli abbia risposto? Lo faceva infuriare!
 
“Urlalo al mondo intero!” Lo schernì Harry, “Strillalo dai tetti! Sono sicuro che c’è ancora qualche babbano su quella montagna che non ti ha ancora sentito.”
 
“Non sfidarlo!” Si lamentò Blaise, sbattendo la testa sul banco. Mmh, non aveva tutti i torti-
 
“HARRY POTTER-”
 
“STA’ZITTO, razza di coglione!” Harry riuscì a trascinare la testa di quell’idiota di nuovo dentro la stanza, intrecciando insieme le loro caviglie. Caddero entrambi al suolo con una sedia, che Harry spinse via per sedersi a cavalcioni su Draco e bloccarlo lì. Gli coprì la bocca con una mano, e si accigliò quando lo sentì ghignare sotto le dita. Le spalle di Draco erano scosse dalle risate.
 
Harry si piegò in avanti così che i loro nasi per poco non si toccavano. “Falla finita.” Ringhiò, “Se sento di nuovo quella dannata parola, ti cucio le labbra. Quanto pensi che sarà terrificante il grande e grosso ex-Mangiamorte quando riuscirà a dire solo ‘mMMmm?”
 
L’altro non alzò neanche le sopracciglia; continuò a ridere. Non era in difficoltà; entrambe le sue mani erano libere; eppure, rimanevano lungo i fianchi. Avrebbe potuto spingere via Harry in qualunque momento.
 
“Se tolgo la mano, ti comporterai bene?”
 
Draco si limitò a sbattere le palpebre.
 
Lanciandogli un altro sguardo d’avvertimento, Harry rimosse lentamente la mano. Era fin troppo consapevole che il resto della classe era in piedi e allungava le teste per vederli meglio.
 
“Quanto sei aggressivo, Harry.” Disse Draco lentamente, con un tono divertito. Sembrava che si stesse sforzando di non scoppiare a ridere di nuovo. “Placcarmi e cercare di importi su di me in classe. Devi proprio amar-” Harry gli tappò di nuovo la bocca con la mano, ringhiando rumorosamente.
 
“Cosa devo fare per farti smettere?” Era fin troppo consapevole che sembrava un lamento. “Dovevi esserti addormentato, traditore!”
 
Draco sbatté le palpebre.
 
“Dimmi cosa devo fare per farti smettere.”
 
Draco sbatté le palpebre.
 
Harry sospirò rumorosamente, e rimosse la mano, nonostante Blaise glielo stesse sconsigliando.
 
“Dillo di nuovo.”
 
Harry lo fissò, sentendosi arrossire. Era stato imbarazzato per tutto il giorno, ma non era niente in confronto a quel momento! Quel leggero fastidio era una bazzecola se comparata a quell’umiliazione. “Che?
 
“Dillo di nuovo.” Adesso Draco stava sorridendo. “Non ho bisogno che tu faccia una scenata stravagante, gridandolo fuori dalla finestra. Sono sicuro che un sussurro andrà bene.”
 
“Non… che?... no!” Harry si spinse via dal biondo e si tirò in piedi. Era pazzo. Draco Malfoy era maledettamente pazzo! Di certo non si aspettava sul serio che Harry dicesse una cosa del genere a comando, vero? Era assolutamente imbarazzante!
 
Anche Draco si alzò in piedi, con ancora quel sorriso folle sulla faccia. Il resto della classe sobbalzò quando lo vide; non si era mai visto un Malfoy sorridere. “Dillo. Dillo. Dillo.” Canticchiò dolcemente Draco, piegando la testa da un lato. Sembrava un rapace che adocchiava la sua preda.
 
“Mai!”
 
“Scommetto di riuscire a fartelo dire prima della fine del giorno.”
 
“E i maiali voleranno!”
 
Draco guardò oltre la spalla di Harry per mezzo secondo prima di tornare a fissare i suoi occhi verdi. “Sfida accettata.”
 
“Non puoi accettare la tua stessa, maledettissima sfida!”
 
“Il calamaro gigante sta prendendo il sole.” Harry mise da parte la sua irritazione per guardare fuori dalla finestra, confermando le parole di Draco. Il fatto che era sul punto di sorridere quando, un momento prima, avrebbe voluto prendere a pugni in faccia quello stronzo compiaciuto, lo mandava su tutte le furie. “Vogliamo andare a punzecchiarlo?”
 
Harry ignorò gli sguardi perplessi dei suoi compagni di classe. “Ovvio.”
 
Il sorriso di Draco non aveva vacillato neanche un istante. “L’ultimo che arriva deve farsi il bagno nu-”
 
Harry non aspettò che finisse; una frase come quella non poteva avere un esito felice per lui. Quindi, con i riflessi che credeva di aver perduto, saltò sul banco e sfrecciò verso la porta, schivando gli studenti per la strada. Una risatina dietro di lui era l’unico indizio che Draco lo stesse seguendo; tuttavia, sperava di seminarlo sulle scale mobili. Non avrebbe perso quella gara.
 
Gli facevano male i fianchi e faticava a riprendere fiato, ma continuava a correre. Scese le scale tre gradini alla volta e urlò ad alcuni primini di farsi da parte. Non osava guardarsi indietro perché riusciva a sentire i passi di Draco alle sue spalle. Era piuttosto contento che le lezioni stessero per iniziare, perché la maggior parte dei corridoi erano vuoti.
 
Per pura coincidenza, Hagrid stava entrando nella scuola proprio quando Harry aveva raggiunto la sala d’entrata. “Tienimela!” Urlò, ridendo per l’espressione interdetta di Hagrid. Fissò l’entrata socchiusa, ne considerò l’ampiezza. Poteva riuscirci, e poi non pensava che Draco volesse marinare la scuola davanti a Hagrid.
 
“Harry? Che sta succedendo?”
 
Harry saltò attraverso la porta, e sorrise quando si chiuse alle sue spalle. Ah! Hagrid non avrebbe permesso a Draco di inseguirlo per i corridoi. Avrebbe vinto.
 
Tuttavia, non rallentò la corsa. E fece bene; lanciò un’occhiata alla porta, osservando il determinato biondino che la apriva e continuava il suo inseguimento. Doveva esserci andato leggero fino a quel momento perché lo stava rapidamente raggiungendo.
 
Harry si voltò di nuovo avanti. Era quasi arrivato!
 
Ancora dieci metri! Cinque! Due!
 
Il piede di Harry affondò nella riva fangosa. Un altro passo e-!
 
Un’enorme forza… e Harry non era così stupido da credere che non fosse Draco, lo placcò, facendoli finire entrambi nell’acqua torbida.
 
Affondarono in un groviglio di arti e vesti. La bocca di Harry si riempì d’acqua e dovette afferrare gli occhiali prima che venissero trascinati via dall’improvvisa ondata d’acqua. Nuotò in superficie, ma perfino allora non riuscì a riprendere fiato. Era bloccato in uno strano miscuglio di tosse e risate.
 
Si sforzò di arrivare a riva, collassando affannosamente nel fango. Draco lo seguì, liberandosi velocemente di veste, scarpe, calzini e cravatta.
 
“Vuoi… ancora… spogliarti?” Chiese Harry tra gli affanni. Santo cielo, perché era così esausto? Di solito, dopo una corsa del genere, non era neanche a corto di fiato.
 
“Eri in vantaggio.” Sbuffò Draco, ma stava ancora sorridendo. “E se la porta non si fosse chiusa, saresti tu a dover mostrare a tutti il tuo culetto abbronzato.”
 
Harry si costrinse ad alzarsi e a liberarsi della veste. Più tempo aspettavano per fargli riprendere fiato, più aumentavano le probabilità che il calamaro gigante ritornasse negli abissi del lago. Non faceva molto caldo, ma c’era il sole. Il calamaro non sarebbe rimasto in superficie per sempre. Si tolse anche la cravatta e continuò ad ansimare mentre si toglieva le scarpe e i calzini inzuppati d’acqua.
 
Si voltò verso Draco. Dannazione. Harry sospirò prima di togliersi a malavoglia la camicia. Era difficile mantenere la propria autostima quando Draco, pallido ma normale, se ne stava lì e sprizzava sicurezza da tutti i pori. Sapeva di aver perso peso e che a Draco non sembrava importare, ma cercava comunque di mostrare meno pelle possibile quando era in sua presenza. Aveva indossato maglione e pantaloni per tutto l’anno; era sempre stato magro, ma mai così tanto.
 
Se Draco era il ritratto della sicurezza, Harry era quello della malattia.
 
I suoi pantaloni si unirono al mucchio, quindi era rimasto in boxer, e si sentiva piuttosto piccolo.
 
“Pensi che i nostri compagni di classe ci stiano guardando?” Chiese Draco, mettendo un piede in acqua con una smorfia. Sì, c’era il sole, ma l’acqua era tutt’altro che calda.
 
“Senza ombra di dubbio.” Disse con l’affanno Harry, avvicinandosi all’acqua. Aveva già le gambe e i boxer ricoperti di fango, ma tenne comunque le braccia conserte. Preferiva nascondere il suo corpo malaticcio.
 
“Mmh, è un po’ lontano.” Draco attraversò il fango per avvicinarsi a Harry, afferrandogli le braccia per trascinarlo in acqua. “Avrai problemi a raggiungerlo?”
 
"Certo che no." Harry non gli disse che in realtà ne dubitava. "Tornare indietro è il problema."
 
"Tornare indietro è la parte più semplice; ci lancerà." Harry ridacchiò, seguendolo in acque più profonde. Il calamaro era a più di un centinaio di metri di distanza; era una distanza piuttosto notevole da fare a nuoto. Almeno non sarebbero stati i vestiti a trascinarlo a fondo; se fosse annegato a sarebbe stato a causa della sua incompetenza.
 
"Non porti con te la bacchetta?"
 
"È un calamaro, cosa potrebbe mai farci?"
 
Harry non ne era così sicuro; qualche anno prima Fred e George ricevettero una ramanzina per averlo punzecchiato. E tutti sapevano la verità sulle ‘innocue’ creature magiche di Hagrid.
 
Harry fece un passo e si ritrovò sott'acqua. In quel punto il lago era più profondo di quanto si aspettasse; dopo aver tossito acqua e fango si voltò verso la riva, e lo frustrò vedere quanto era breve la distanza che avevano percorso. Credeva che avrebbero potuto camminare ancora per un bel po'.
 
"Non mi sembri molto contento." Commentò Draco, nuotando senza fatica accanto a lui. "Ormai hai quasi completato la lista. Non dovrebbe essere una cosa per cui festeggiare?"
 
"È solo che non mi piace molto nuotare." Rispose Harry, affannando per lo sforzo di parlare mentre nuotava. Di questo passo non ce l'avrebbe fatta a raggiungere il calamaro. "Non ho mai potuto fare molta pratica."
 
"Ma hai nuotato durante il Torneo Tremaghi."
 
"Algabranchia." Harry sputò fuori un po'd'acqua, "Ti dà branchie e piedi palmati."
 
"Mmh." Draco si mise a nuotare a dorso, continuando a tenere il passo con Harry senza il minimo sforzo. "Non ho prestato molta attenzione durante il Torneo; avevo scommesso sulla vittoria di Krum."
 
"Non Cedric?" Draco si voltò a guardarlo con un volto piuttosto inespressivo.
 
"Con quello che so sui Tassorosso... no."
 
"Sottovaluti davvero troppo quella Casa." Ridacchiò Harry, dando un'altra occhiata al calamaro... si fermò, sorpreso. "Ehi, si sta muovendo?" Pensò che la sua voce fosse velata da una giusta quantità di paura. Considerando che il suo cuore aveva appena smesso di battere e le sue interiora si erano ghiacciate.
 
Mentre lo osservava si immerse, creando una piccola onda nella direzione in cui era diretto. Verso di loro.
 
Drago si voltò verso il calamaro, accigliandosi leggermente alla vista dell'onda. Non sembrava molto turbato, ma in tono freddo mormorò: "Questa... storia non mi piace. Torna a riva."
 
Harry non se lo fece ripetere dire volte; si sforzò di tornare indietro, respirando a fatica e muovendo freneticamente i suoi arti nell'acqua. Anche Draco iniziò a seguirlo, e si fermò quando lo sorpassò. Harry vide il suo sguardo, e sapeva cosa stesse pensando. Cercò di andare più veloce.
 
"Cristo, entro oggi Harry!"
 
"Ci sto provando!" Ribatté Harry, guardandosi indietro; grosso sbaglio. L'onda stava quasi per raggiungerli. Merda. Merda! "Cosa mangiano i calamari?!" Probabilmente non era stata la migliore delle domande, vista l'occhiataccia esasperata di Draco. Pesce, vero? Oppure erano erbivori? "Andiamo... vai! Ti seguirò a ruota!"
 
"Cazzo, non ti lascerò q-!" Draco fu trascinato sott'acqua; al suo posto rimaneva solamente una bolla.
 
"No! Restituiscimelo!" Gridò Harry, agitandosi nell'acqua per afferrare la mano del biondo scomparso. Qualcosa di grosso e viscido lo colpì alla schiena, spingendolo via. Sentì un tentacolo attorcigliarsi intorno alla sua gamba, e un altro intorno al braccio. Si guardò freneticamente intorno ma nell’acqua spumosa non c'era nessuna traccia del biondo.
 
Il calamaro non sembrava così grande da lontano; Harry riusciva a malapena a muoversi senza colpire uno dei suoi arti. Tentò di liberare la gamba, ma ciò non fece altro che aumentare la presa del tentacolo su di lui.
 
Era come se gli tessero schiacciando la metà inferiore del corpo; di sicuro non riusciva a respirare. L'acqua gli riempì la bocca mentre veniva trascinato sotto la superficie, dritto verso il corpo del ferocissimo gigante.
 
 Lo lasciò andare.
 
Harry nuotò con forza verso la superficie, scalciando per fuggire via dalla bestia. Improvvisamente, la creatura mosse un tentacolo, che fuoriuscì dall'acqua. Harry osservò con impotenza il calamaro lanciare via Draco, che sorvolò un tratto di lago fino a schiantarsi a pochi metri dalla riva. Qual era l'altezza massima per potersi tuffare in acqua? Quanto potevano essere in alto i trampolini?
 
Nuotò più velocemente che poté, senza chiedersi perché l'avesse lasciato andare. Ogni secondo sembrava un minuto. Si rifiutò di guardare indietro, perché non voleva vedere quanto fosse vicina quella cosa. Sapeva che avrebbe potuto afferrarlo di nuovo se avesse voluto; era una preda facile.
 
Per poco Harry non pianse dal sollievo quando arrivò a riva, ignorando i vestiti per correre lungo il lago. Dov'era Draco? Dov'era? Ci furono alcuni istanti di panico-
 
Eccolo!
 
Harry corse in acqua, afferrando una parte qualunque del suo corpo per trascinarlo a riva.
 
"Argh! Lasciami!" Sbottò Draco, che ringhiò finché Harry non l'ebbe trascinato tra il fango e l'erba e a un paio di metri dall'acqua. "Mi stai uccidendo, lasciami!"
 
"Stai bene?" Una domanda piuttosto stupida, "Sei ferito?"
 
"Sì a entrambe." Ringhiò Draco, stringendosi il braccio destro. "E penso che si possa affermare con sicurezza che il calamaro gigante si nutra di persone."
 
Harry cadde sulle ginocchia accanto a Draco; le sue mani stavano tremando e non pensava che le sue gambe avrebbero potuto reggerlo ancora per molto. Cristo, l'aveva quasi perso. Per un orribile momento Harry aveva pensato che il biondo fosse morto.
 
"Ehi," Il tono di Draco adesso era severo. "Guardami." Harry non voleva; riuscì a sentire la paura e la stanchezza scivolare via, e i suoi occhi si riempirsi di lacrime. Non le lasciò scorrere, ma non voleva comunque che Draco le vedesse. "Guardami." Harry aprì gli occhi controvoglia. "Io sono vivo. Tu sei vivo. Non c'è niente di cui preoccuparsi.”
 
"Perché siamo stati così stupidi? Abbiamo appena fatto il bagno con un maledettissimo calamaro gigante!"
 
"Abbiamo anche duellato in un ospedale, e combattuto contro il Platano Picchiatore. Siamo fatti così." Disse lentamente Draco, lasciandosi cadere per stendersi sul fango. "Dimmi che l'hai toccato. Sì, cazzo, alleluia." Aggiunse, quando Harry annuì di scatto.
 
"Odio doverlo dire," E diceva sul serio, "ma Infermeria?"
 
"Sì." Ringhiò Draco, ma una risata esasperata riuscì a scappargli prima che riuscisse a trattenerla. "Quella maledetta bestia mi ha morso. Voglio decisamente andare in Infermeria."
 
"Ti ha morso?" Harry si spinse di nuovo in avanti, trasalendo per il dolore alle gambe. Adesso che l'adrenalina stava svanendo il dolore era tornato, e non gli piaceva molto. Cristo, era come se gli avessero colpito ripetutamente le gambe con una mazza. E, dopo uno sguardo, ne avevano anche l'aspetto. "Non sapevo neanche che avesse una bocca."
 
"Oh, ce l'ha." Ridacchiò Draco, "Ma non gli è piaciuto molto quando ho ricambiato."
 
"Gli hai dato un morso anche tu?"
 
"Che avrei dovuto fare?" Il suo tono fu alto e sulla difensiva. "Quel bastardo mi stava stritolando; riuscivo a malapena a muovermi! Ho agito d'istinto!"
 
"Va bene! Prendo le nostre cose." Harry si tirò in piedi barcollando, e fece una smorfia di dolore. I suoi piedi tremavano a ogni passo, ma sembrava che non avesse niente di rotto. A denti stretti iniziò a recuperare i vestiti. Dovette cercare e tastare un po' dappertutto, ma riuscì a trovare anche gli occhiali. Non volle dare neanche un'occhiata alle sue gambe; erano già abbastanza livide quando le vedeva sfocate. Il quadro limpido non sarebbe stata una bella vista.
 
Barcollò verso Draco, e spalancò la bocca quando si avvicinò.
 
"Va così male?" Disse Draco, tendendo una mano così che Harry potesse aiutarlo ad alzarsi.
 
Male era un eufemismo. Su tutto il suo corpo stavano già spuntando grossi lividi, e dal suo braccio destro gocciolava del sangue. Il suddetto braccio era gonfio e pieno di ferite; era doloroso guardarlo.
 
Harry dovette distogliere lo sguardo prima di poter aiutare Draco ad alzarsi. Fu solo allora che notò l'enorme buco che aveva nella spalla; morso era un eufemismo. Gli mancava un pezzo dalla spalla fino alla metà della schiena. Era tutto pieno di sangue.
 
"Oh, merda-!"
 
"Non voglio saperlo." Il fatto che Draco stesse parlando a denti stretti fece zittire Harry. "È solo che..." Non ebbe bisogno di finire la frase.
 
Harry afferrò il suo braccio sinistro, facendogli da supporto mentre tornavano al castello. In quel momento i vestiti non importavano; la pelle di Draco era fredda e viscida al tatto, e faceva fatica a respirare. Aveva bisogno dell’Infermeria.
 
"È solo un grosso graffio." Si sentì in dovere di dire Harry, mentre attraversavano in silenzio il cortile. Le sue gambe erano all'apice del dolore, ma come poteva pensare a sé stesso quando Draco gli stava stringendo la mano così forte da rompergli le ossa? "Probabilmente si infetterà se non andiamo. Non è molto profondo."
 
"Fai schifo a mentire." La voce di Draco era tremula.
 
"Pensi che la classe ci stesse guardando?" Gli chiese, invece di rispondergli. Trasalirono entrambi mentre salivano le scale di entrata; era estenuante. "È stato davvero un trionfale fallimento."
 
"Fallimento?" Draco fissò le scale con un'espressione simile al terrore. "Abbiamo avuto quello che volevamo."
 
"Sul serio, non pensavo che fosse così aggressivo." Aggiunse Harry, aggrappandosi alla ringhiera per avere un po' più di supporto. Se le sue gambe stavano per collassare, quelle di Draco dovevano aver perso la sensibilità. "Mi aspettavo qualcosa di molto più affettuoso."
 
"Ovviamente." Draco trasalì di nuovo, fermandosi su un gradino. Harry lo guardò, stava strizzando gli occhi per il dolore. Probabilmente l'adrenalina oppure lo shock stavano sparendo. Harry era sorpreso che riuscisse a camminare.
 
“Non possiamo fermarci.”
 
“Solo un minuto.” Ringhiò, stringendo la presa sulla sua mano. Uno sguardo veloce gli rivelò che le sue dita stavano diventando viola.
 
“Non possiamo fermarci.” Si sentì la persona peggiore sulla faccia della terra, ma fece un passo, costringendo Draco a seguirlo. Avevano lasciato una scia di sangue dietro di loro; non si sarebbero fermati finché Madama Chips non avesse messo a letto Draco. “Se aspettiamo non vorrai più continuare.”
 
“Non penso che tu abbia capito le mie condizioni.” Latrò Draco, “Ho bisogno di fermarmi.”
 
“Andiamo.” Harry fece un altro passo, e trasalì per il lamento che sfuggì a Draco. “Siamo quasi arrivati.”
 
“Argh! Fermati!”
 
Harry rafforzò la presa, e continuò a salire le scale. Grazie a Dio l’Infermeria era al primo piano; si sarebbe messo a piangere se avessero dovuto salire un’altra rampa di scale. Quando raggiunsero la cima, Draco stava insultando Harry in tutte le maniere possibili e immaginabili; non gli dispiaceva. Lo distraeva dal suo braccio distrutto e la sua schiena sfigurata.
 
Una piccola ragazza Corvonero fece capolino da una porta, forse incuriosita dalle imprecazioni urlate nel corridoio. Spalancò la bocca quando li vide; probabilmente per via delle loro ferite, ma soprattutto per la loro mancanza di vestiti. Oltre al sangue c’era una scia di indumenti dietro di loro; per quanto ne sapeva aveva perso due scarpe e una camicia.
 
“Tu! Fermati!” Gridò Harry, sorpreso di vederla mordersi le labbra e uscire con esitazione dalla stanza. Si era aspettato di vederla fuggire a gambe levate. “Dì a Madama Chips che è stato morso dal calamaro gigante!”
 
Harry pensò di averla vista alzare le sopracciglia con scetticismo e ghignare leggermente, ma si era voltata ed era corsa verso l’infermeria. Grazie a Dio. Almeno si sarebbe preparata ad accoglierli, oppure li avrebbe raggiunti. Non pensava di farcela ad attraversare gli ultimi due corridoi.
 
“-maledettissimo scarto di un babbano mezzo-sangue.” Il volto di Draco era contratto, ma continuò a tenere il passo barcollante di Harry. “Sei un fidanzato orribile.”
 
“Anche io ti amo.” Sospirò Harry, che si accigliò quando gli cadde un’altra scarpa a terra. Non c’era tempo per raccoglierla; che Dio li aiutasse se Madama Chip non avesse dato loro delle vesti. La mano di Draco si irrigidì.
 
“Non riesco a crederci.” Borbottò, “Me lo dici adesso? Dannatissimo scarto di un Grifondoro decerebrato-”
 
Harry si costrinse a girare l’angolo, imboccando un altro corridoio. “Scusi Principessa-”
 
“Perché non sono sorpresa?” Madama Chips girò l’angolo, impugnando la bacchetta e scuotendo la testa. La ragazzina Corvonero li sorpassò, fissando di nuovo i loro corpi apertamente. “Siete sempre voi due. Attaccati da un Ippogrifo, un Dissennatore, un bolide, il Platano Picchiatore, l’un l’altro, e adesso il calamaro gigante?” Era una bella lista. “Oh, Merlino…”
 
Harry cedette con piacere Draco a Madama Chips, appoggiandosi contro la parete. Lei gli lanciò un’occhiata, ma lui scosse la testa. “Sto bene, ho solo qualche livido.”
 
“Vedremo.” Sbuffò, avviandosi verso l’Infermeria. “Andiamo, mi segua.” Era piuttosto sorprendente sentire il tono gentile con cui cercava di consolare Draco. Avevano discusso più di una volta quell’anno.
 
Harry li seguì, e si accasciò su una sedia appena entrarono nella sala. Ecco; non si sarebbe alzato mai più.
 
Madama Chips era indaffarata con Draco; l’aveva fatto sedere su uno sgabello, e gli aveva passato più pozioni di quante ne riuscisse a bere. Sebbene avesse una smorfia per il disgusto e per il dolore, le bevve con gratitudine. “È fortunato ad aver riportato solo un graffio; perfino i calamari più piccoli possono romperti le ossa con un morso.”
 
Harry non disse niente, ma dentro di lui stava cercando di non vomitare. Graffio? Graffio? Gli mancava un pezzo di spalla e di schiena! L’enormità di quello che avevano appena fatto lo colpì; erano davvero fortunati che nessuno dei due fosse morto.
 
Harry vide Draco trasalire di nuovo, ma sembrava stare già un po’ meglio. Erano in Infermeria da pochi minuti, ma il suo braccio era già guarito, il sangue era scomparso e adesso la donna stava cercando di curare il morso. Era ancora coperto di lividi, ma probabilmente a quello ci avrebbe pensato una di quelle pozioni.
 
“…Scusatemi.” Harry sobbalzò quando sentì quella vocina, girandosi sulla sedia. Era la ragazzina Corvonero, e aveva tra le braccia tre scarpe, una camicia, una cravatta Serpeverde e un paio di calzini. Aggiunse tutto al cumulo di vestiti e rivolse a Harry un sorriso.
 
“Non avresti dovuto.” Disse Harry, che continuò velocemente appena la ragazza smise di sorridere. “Cioè, grazie. Te ne sono grato.”
 
Il sorriso ritornò. “Nessun problema.” Ma non se ne andò. Furono le parole di Madama Chips e le sue minacce di farle pulire i vasi da notte a farla sgattaiolare verso la porta.
 
“Questo sarà il pettegolezzo più grande del secolo.” Sussurrò, indicando un letto. “Hop.”
 
Draco la fissò per un momento, pensando sicuramente alla miriade di insulti che avrebbe potuto rivolgerle, ma alla fine si alzò e barcollò verso il letto. Era fuori pericolo. Grazie a Dio.
 
“È il suo turno.” Si voltò verso Harry, fissandolo per qualche istante prima di avvicinarsi. Non riuscì a trattenersi dall’incrociare le sue braccia ossute davanti al petto.
 
“Ho solo qualche livido.”
 
“Vedremo.” Puntò la sua bacchetta, e rimase di stucco quando Harry urlò e saltò via dalla sedia.
 
“Niente magia!” Fu assolutamente doloroso vedere la sua espressione. “Non posso più ricevere incantesimi. È…”
 
“La sua magia è troppo violenta.” Disse Draco dal letto; non importava quanto fosse arrabbiato con Harry, non avrebbe lasciato che la sua magia esplodesse. “Reagisce agli stimoli esterni.”
 
Madama Chips aveva una strana espressione sul suo volto, ma ripose la bacchetta. Protese un braccio per aiutare Harry ad alzarsi. “E che mi dice delle pozioni?”
 
“Funzionano ancora.” Sussurrò Harry, prendendo la sua mano. Riusciva a sentire la sua faccia bruciare per l’imbarazzo; voleva davvero cambiarsi e nascondersi.
 
“Prenda queste allora.” Gli diede due pozioni, e indicò il letto accanto a quello di Draco. “Potete restare fino all’ora di pranzo. Sono sicura che la Preside McGranitt ci raggiungerà molto presto.”
 
Era ovvio; Harry non aveva pensato neanche per un momento che l’avrebbero passata liscia.
 
Si stese sul letto, chiedendosi quanti punti-casa avrebbe fatto perdere ai Grifondoro. La cosa in realtà lo fece ridere.
 
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25. Toccare il Calamaro Gigante.
 
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Kelly ringhiò per esprimere il suo odio verso la scarsissima scelta di programmi sul suo televisore. Sebbene adorasse le sitcom come ogni altra strega con una TV funzionante, aveva i suoi limiti. Soprattutto perché stava visionando le ricerche settimanali di Malfoy e i suoi Amici.
 
Leggeva di malattie, e ascoltava battute. Era piuttosto disgustoso ridere mentre leggeva di un esperimento che aveva fatto urlare un povero mago fino a fargli sanguinare la gola, e annegare. Cambiò canale.
 
Il notiziario babbano la deprimeva. Quella era una replica. Wow, quella donna non si faceva nessuno scrupolo ad andare in giro nuda. Kelly si fermò un momento, osservando la scenata di quella ragazza bionda. Oh, stava per nuotare. Be’ adesso si spiegava tutto. Cambiò canale ancora, e ancora.
 
Non c’era niente che la distraesse dalla tristezza delle pergamene che aveva davanti. Il lavoro era palesemente diviso; da una parte c’era una tesi elegante con domande e considerazioni sul rafforzamento del controllo della magia. L’altra metà non avrebbe potuto essere più diversa; Malfoy era convinto di doversi sbarazzare completamente della magia di Potter. I suoi suggerimenti erano vari, non avevano nessuna limitazione; andavano dal sangue di unicorno all’uso di un Dissennatore.
 
Il Dissennatore era un’idea piuttosto intelligente; era capace di localizzare l’anima e rimuoverla. E visto che la magia proveniva dall’anima, doveva essere semplice rimuovere la magia e lasciare l’anima. E dopo aver fatto quella scoperta fenomenale avrebbe dovuto volare sulla luna e conquistarla in nome delle streghe e i maghi di tutto il mondo. Avrebbe calciato via la bandiera americana e l’avrebbe rimpiazzata con il Jolly Roger. Cazzo, già che c’era perché non dichiarare la pace nel mondo? Vincere la lotteria? Curare tutte le malattie del globo?
 
Kelly ringhiò di nuovo, poggiando con violenza la testa sui cuscini dietro di lei. Perché si stava spingendo a tanto per quel paziente? La piccola Mildred era morta quel pomeriggio. Mildred, tre anni, era davvero al suo agio. Era circondata dalle sue bambole preferite, sua madre le stringeva la mano e le baciava la fronte. Non aveva sentito niente quando era arrivato il momento di andarsene. Ma dov’erano le infinite ricerche sulla malattia di Mildred? il rifiuto di arrendersi? E la lettura di molti, moltissimi libri di medicina?
 
Kelly si passò una mano tra i capelli disordinati. Non poteva farsi questo; molti ospedali stavano studiando la malattia di Mildred. Non stavano ignorando il suo problema; non c’era nessun tabù.
 
La malattia di Potter veniva ignorata ad ogni occasione possibile. Non facevano neanche un tentativo per curarla.
 
Alzò di nuovo la testa e fissò con occhi vuoti le ricerche di Malfoy. Era inutile; ogni maledetta frase. Studiò la pergamena, assottigliando lo sguardo verso la fine. Ogni settimana c’era una stupida parola. Di solito era sottolineata, o cerchiata. Stavolta l’aveva cerchiata così tanto che aveva quasi bucato la pergamena.
 
Evanesco.
 
Pensava che un semplice Incantesimo Evanescente sarebbe bastato. Un incantesimo che qualunque studente del quinto anno avrebbe saputo fare; come se qualcosa di così semplice potesse rimuovere la magia.
 
Ringhiò fissando quella parola; era insistente, e la stava irritando. La magia non si poteva vedere; come diavolo si faceva sparire qualcosa che non poteva essere visto? E perché non se lo ficcava in quella testaccia dura? La cosa migliore che avrebbero potuto ottenere era che Harry riguadagnasse un po’ di controllo sulla sua magia, almeno per un po’. Un paio di mesi.
 
I suoi occhi ritornarono su quella parola. Accidenti a quel moccioso di Malfoy.
 
Sospirando, mise da parte le scartoffie e impugnò la bacchetta. Dovette aspettare di riacquisire la sensibilità nella gamba prima di andare in cucina, e prendere un bicchier d’acqua. Lo riempì, fece apparire un coperchio e inclinò il bicchiere da un lato. Si formò una sacca d’aria.
 
“Evanesco… merda!” Il bicchiere svanì, inzuppandola d’acqua. Ringhiando, afferrò un altro bicchiere e lo riempì velocemente. “Evanesco!” Stavolta fu l’acqua a sparire. “Evanesco!” Acqua. “Evanesco!” Bicchiere.
 
Kelly ringhiò, lanciando con rabbia il bicchiere nel lavandino. Non funzionava.
 
Aprì il frigo, afferrò una lattina di soda e riempì un altro bicchiere intatto. Calma. Doveva concentrarsi sull’incantesimo. Intinse la bacchetta nel bicchiere, e si inginocchiò per guardare con chiarezza la bolla che aveva scelto. La punta della bacchetta era a pochi millimetri di distanza dalla sacca di diossido di carbonio; era la cosa che ci si avvicinava di più. La fissò, sperando che il suo incantesimo funzionasse. “Evanesco.”
 
La bolla scoppiò.
 
“Al diavolo,” Sospirò Kelly. Lanciando la bacchetta sulla panca. Tornò a sedersi sulla poltrona, e raggiunse il telecomando. Sorseggiò la sua soda, osservando le bollicine fluttuare in superficie. Ci aveva provato, e aveva fallito. Malfoy non poteva aspettarsi più di così.
 
Trovò una sitcom che aveva visto già diverse volte, e conosceva metà delle battute in quell’episodio. Si sarebbe accontentata. Quindi ripeté le battute, si rifiutò di ridere per le freddure e lasciò che la sua mente vagasse.
 
I suoi occhi tornarono alla soda e alle sue bollicine. Galleggiavano verso la superficie, e fluttuavano appena raggiungevano l’aria. Non scoppiavano.
 
Lentamente, si ritrovò di nuovo in piedi.
 
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Ron aveva abbandonato già da un po’ i suoi compiti impossibili; continuava a sfogliare il libro senza leggere, per non farsi scoprire da Hermione. Si assicurò di scrivere alcuni appunti, che non avevano alcun senso e non erano neanche necessari. Quel giorno Neville, Dean e Seamus si erano uniti a loro, insieme a Luna ed Ernie Macmillan.
 
La McGranitt aveva assegnato loro un tema impossibile, che tutti avevano rimandato. Dovevano consegnarlo il giorno dopo, e nessuno aveva fatto molti progressi. Era sorprendente che anche Ernie e Hermione si fossero ridotti a farlo la sera prima. Quindi, ci provarono insieme. Luna era lì per supportarli.
 
Anzi, la maggior parte degli studenti dell’ottavo anno era nella Biblioteca. Due gruppi avevano già litigato per lo stesso libro. Ron non ne aveva alcuna voglia; aveva scritto solo l’introduzione, e sembrava che l’avesse fatta un Troll. Aveva semplicemente ripetuto la traccia del tema in qualunque modo possibile.
 
Lo stress era palpabile; i gruppi di studenti più piccoli si dividevano appena entravano nella biblioteca. Tenevano gli occhi bassi e si affrettavano tra i tavoli.
 
Qualcuno iniziò a ridere, attirando lo sguardo di Ron. I Serpeverde erano gli unici a non sembrare così scombussolati; la cosa irritava anche tutti gli altri. Sembrava che li deridessero con le loro continue risate.
 
Erano accalcati attorno a un banco; dei libri nessuna traccia. Certo, sul tavolo c’erano delle pergamene per fingere che stessero studiando, così che Madama Prince non li avrebbe cacciati. Li aveva già richiamati due volte per quel chiasso, ma non aveva chiesto loro di andarsene. Negli ultimi tempi i Serpeverde la passavano sempre liscia, specialmente da quando Harry si era unito al loro gruppetto. I Professori sembravano ignorare il fatto che infrangevano le regole; il giorno prima avevano nuotato con il calamaro gigante e avevano ricevuto solamente qualche ora di punizione.
 
Ron osservava Zabini che parlava animatamente, gesticolando con vigore. Parkinson stava facendo una delle sue risate stridule, sbattendo la mano sul tavolo ogni volta. Anche Malfoy stava sorridendo, il che era abbastanza strano per lui. Harry dal canto suo… rideva a crepapelle, più di quanto Ron l’avesse visto fare in tutto l’anno, e si manteneva il fianco come se avesse una fitta. Sembrava che stesse per cadere dalla sedia.
 
Ron non riuscì a trattenere un mesto sorriso. Come potevano disprezzare le sue nuove amicizie se lo facevano ridere così?
 
Vide che Zabini aveva finito di raccontare la sua entusiasmante storia, indicando il tavolo. Tutti gli altri annuirono e afferrarono…
 
Bastardi! Stavano facendo un gioco alcolico nel bel mezzo della biblioteca! Mentre tutti si sforzavano di fare i compiti!
 
Ron non riuscì a trattenere un’espressione arrabbiata mentre si passavano a turno la bottiglia, prendendone un sorso. Zabini stava tenendo d’occhio Madama Prince.
 
Tipico dei Serpeverde; divertirsi mentre tutti gli altri soffrivano.
 
Harry osservò gli altri mentre finivano di bere, e ripose la bottiglia sul tavolo, dove sparì. Cosa? Ah, certo. Stavano usando il Mantello dell’Invisibilità. Risero di nuovo, e questa volta sembrava che volessero infastidire tutti gli altri.
 
Ron avrebbe mentito se avesse detto che non era geloso.
 
Continuò a osservarli; era meglio che fare i compiti. Stavolta fu Parkinson a parlare, piegando la testa da un lato come se stesse riflettendo. Sembrava che stesse scegliendo chi torturare; sembravano tutti preoccupati. L’unico a non fissarla con terrore era… Zabini, che ricambiava apertamente lo sguardo di Ron.
 
Ron si mosse a disagio; non si era aspettato che lo beccassero, ma non stava facendo niente di male. Erano il gruppo più rumoroso della biblioteca, era normale che attirassero attenzione.
 
Era come fissare un lupo; non doveva mostrare paura, giusto? Aveva sentito che si doveva ricambiare lo sguardo. Era difficile, considerando che Zabini non batteva ciglio.
 
Alla fine, ghignò e tornò a guardare il tavolo. I suoi occhi continuarono a fissarlo per un po’ dopo che si era voltato. Era come un maledettissimo avvertimento.
 
E Ron riprese a respirare. Tornò velocemente alla sua pergamena, e scrisse qualche frase senza senso. Gli si rizzarono i capelli sulla nuca, e non c’era dubbio che ormai tutto il tavolo lo stesse fissando. Girò alcune pagine, fingendo di essere assorto nella lettura, ma la sensazione non svanì.
 
“Ehi, Luna.” Disse, fissando il libro con cipiglio. “Puoi farmi un favore?”
 
“Certo.” Rispose in maniera sognante; era seduta accanto a lui ed era la sola a essere nella posizione di vedere i Serpeverde. “Mi sbarazzerò con piacere dei tuoi Gorgosprizzi.”
 
“Uhm… un’altra volta. I Serpeverde mi stanno fissando? No, non guardateli tutti!” Sospirò, poggiando la testa sul tavolo. Tutte le persone al suo tavolo si erano voltati a fissare i Serpeverde. Merlino! Ma non sapevano cosa fosse la discrezione?!
 
“O ti stanno fissando, oppure stanno ammirando i miei nuovi orecchini.” Rispose felicemente Luna, “Adesso ci stanno salutando.”
 
Ron ringhiò, voltandosi. Che gli importava? Lo stavano indubbiamente salutando; tutti e quattro. Harry incluso.
 
Ringhiò di nuovo.
 
“Stanno salutando te, Ron?” Domandò Seamus, confuso.
 
“Non lo so.”
 
“Probabilmente è perché sei stato tu a fissarli per primo.” Disse Luna per aiutarlo, per poi tornare alla sua pergamena. Fino a quel momento aveva disegnato una specie di… creatura. Di sicuro non era una creatura magica, ma dubitava anche che fosse babbana. Era orribile; per metà uomo e per metà ragno… o qualcosa del genere. A volte Luna lo preoccupava sul serio.
 
Anche Hermione aveva perso interesse ed era tornata ai suoi appunti. Forse avrebbe dovuto continuare anche lui.
 
Guardò di nuovo il tavolo, accigliandosi. Lo stavano ancora salutando.
 
“È davvero maleducato da parte tua, Weasley.” Gridò Malfoy, ghignando. Cosa si aspettavano che facesse? Ricambiare… il saluto?
 
Ron sospirò, agitando brevemente la mano. Malfoy ghignò, indicando la bottiglia sul tavolo. Ipotizzò che stesse ordinando agli altri di bere. Se la passarono attorno al tavolo…
 
Quattro.
 
Dove diavolo era andato Zabini?
 
Appena la domanda sfiorò la sua mente, qualcosa gli sfiorò la nuca. Ci fu un momento di silenzio, e poi una forte e rumorosa… inspirazione.
 
Ron scattò in piedi, girandosi di scatto. “Va al diavolo, Zabini!” Sbottò, e ringhiò quando sentì il ragazzo invisibile sghignazzare sottovoce.
 
Il tavolo Serpeverde scoppiò di nuovo a ridere, anche se stavolta Harry non sembrava così entusiasta. Vide Zabini apparire da sotto il Mantello dell’Invisibilità con un gesto plateale e un sorriso stampato sul suo volto abbronzato.
 
Bene.
 
Bene.
 
“Lascia stare, Ron.” Cercò di dire Hermione, ma era troppo tardi. Si stava già dirigendo verso il loro tavolo, e ringhiò quando tutti iniziarono a ghignare per il suo arrivo. Era tutto un gioco per loro.
 
“Ehi, voi!” Tentò di dire, ma Malfoy lo interruppe.
 
“Carino da parte tua unirti a noi, Weasley. Accomodati pure.”
 
“Ci sono persone che stanno cercando di… che?”
 
“Be’, sei rimasto lì a fissarci per un bel po’,” Disse lentamente Malfoy, poggiandosi con arroganza sullo schienale della sua sedia. “Quindi abbiamo pensato di lanciarti un osso. Unisciti a noi.” Era evidente che fosse una sfida, oppure una minaccia. E Ron non aveva molta voglia di scoprire su quale delle due cose avesse ragione.
 
Harry sembrava nervoso al fianco di Malfoy. “Non devi-” Cercò di dire, ma fu interrotto anche lui.
 
“A nessuno di noi dispiacerebbe un altro giocatore.” Guardandosi intorno vide che avevano tutti un ghigno predatorio. “Non è vero, Harry?”
 
Harry era in difficoltà; aveva un’espressione dolorante sul volto. Ron non sapeva se fosse perché non lo voleva lì, o perché stesse cercando di fornirgli una via di fuga. Anche lui era sconcertato dalla situazione, proprio come Harry; era andato lì per litigare con loro. L’ultima cosa che si aspettava era che lo invitassero a giocare.
 
“No.” Disse infine Harry, sospirando. “Ma voi tutti-!”
 
“Stiamo cercando di essere gentili, Harry.” Il ghigno di Malfoy sembrava tutt’altro che gentile. Calciò una sedia, piegando la testa da un lato. “Unisciti a noi, Weasley.”
 
 
Ron rimase lì, interdetto. Ovviamente, non si prospettava niente di buono; probabilmente se ne sarebbe pentito. Harry lo stava fissando come se volesse dirgli di fuggire.
 
Ma non voleva studiare.
 
E poi era un’occasione per passare del tempo con Harry. Poteva sorbirsi i Serpeverde se significava divertirsi un po’ con il suo amico.
 
“…a che gioco state-?”
 
“Ha accettato!” Urlò Zabini, afferrandolo per il braccio e spingendolo verso la sedia. Ron barcollò e per poco non cadde a terra. Arrivare alla sedia fu un miracolo.
 
Tuttavia, non mancò di notare che Harry aveva la testa tra le mani. La stava scuotendo, e borbottava fra sé e sé.
 
Non fu difficile notare anche che la bottiglia era improvvisamente in bella vista; c’erano un paio di bottiglie sul tavolo; una era già vuota. Dovevano aver usato un incantesimo per nasconderle.
 
“È il tuo turno.” Disse Nott con il suo tono pacato; era l’unico a non avere un grosso ghigno sulle labbra.
 
Harry si alzò, guardando brevemente Ron prima di voltarsi. “Pansy.” La Serpeverde rimase di stucco, e si voltò a guardare Harry. Ovviamente, non si era aspettata che avrebbe scelto lei. “Puoi ammettere a che Casa appartiene la persona che ti piace,” Ron si accigliò. Il gioco era… Obbligo o Verità? “Oppure puoi baciare… umh, vediamo un po’, facciamo Blaise.”
 
Lo sguardo di Parkinson si riempì di rabbia, ma rispose comunque. La sua voce fu glaciale. “Serpeverde.”
 
“Bleah, ti piace uno del-?” Esclamò Zabini, che alzò le mani in segno di difesa quando la ragazza si voltò di scatto verso di lui.
 
“Conosci le regole!” Ribatté, afferrando velocemente la bottiglia per berne un sorso. Ron rimase seduto in silenzio; Harry e Malfoy si stavano scambiando uno sguardo d’intesa. Era quasi come se stessero comunicando qualcosa. “Weasley.” Oh, merda. “Puoi ballare sul tavolo, spogliandoti mentre lo fai, e rimanendo nudo.” Oh, merda. “Oppure puoi baciare, uhm… vediamo un po’,” Mimò Harry, assottigliando lo sguardo. “Facciamo Paciock.”
 
Ron si impietrì. “Io… che?”
 
“Fa in fretta.” Ghignò. “Il tempo scorre.”
 
Ron si guardo intorno, soffermandosi su Harry che aveva il naso arricciato. “Pensavo che fosse obbligo o verità.”
 
“Uhm, no.” Rispose, un po’ a disagio. Fece scivolare una delle bottiglie verso di lui; la afferrò solo grazie a un riflesso condizionato. “Fortuna Liquida?” Chiese, ma arrossì quando Malfoy iniziò a sghignazzare.
 
“Vuoi giocare o vuoi andare a farti fottere?” Aggiunse Parkinson, lasciandosi cadere sulla sua sedia. Ron ebbe la sensazione che fosse un po’ seccata.
 
Be’. Era un Grifondoro o no?
 
Ron sospirò, bevve un sorso e si alzò in piedi. Si voltò, correndo letteralmente verso l’altro tavolo. Era meglio farla finita in fretta.
 
Dietro di lui, senti delle risate incredule.
 
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Harry sorrise mentre il tavolo sghignazzava, fissando Ron. Sembrava che si stesse divertendo, anche se i Serpeverde l’avevano palesemente preso di mira. Gli avevano fatto stracciare i pochi compiti che aveva fatto quel giorno, incluso il tema della McGranitt. Gli fecero indossare i vestiti al contrario, e ammettere quali fossero i Grifondoro con cui non andava d’accordo. In quel momento stava correndo con Blaise in spalla per tutta la biblioteca, invece di raccontare in maniera dettagliata come aveva perso la sua verginità. Non ci stavano andando per niente leggeri.
 
Ma era meraviglioso non essere il bersaglio principale, per una volta. E Draco non aveva nessun interesse a mettere Ron in difficoltà; sembrava che si stesse trattenendo per entrare nelle grazie di Harry. Perché tutti sapevano che aveva un sacco di idee in serbo per il rosso, e che normalmente non ci sarebbe andato leggero come gli altri con lui.
 
“Togliti di dosso.” Borbottò Ron, scuotendo le spalle mentre tornava al tavolo. “E se farai un altro commento ti infilerò un piede nel culo.”
 
“Non è colpa mia se non hai senso dell’umorismo per le battute sui cavalli.” Ghignò Blaise, tornando a sedersi.
 
“Sapete,” Disse Harry, piegando la testa da un lato come se fosse sorpreso. “Ci sono altre quattro persone sedute a questo tavolo. E le suddette persone non stanno bevendo perché state sfidando solo Ron. Condividi il tuo amore, Blaise. Lega un po’ con noi.”
 
Ron gli rivolse uno sguardo di gratitudine, ma Blaise si limitò a ridere. “Non mi importa; ho già in mente cosa chiederò nel prossimo turno. Spero che ti piaccia cantare Weasley.”
 
“Va bene, ok.” Harry stava già ridendo; non riusciva a trattenersi. “È il mio turno, Blaise.” Guardò di nuovo la mappa, che teneva aperta sulle sue gambe. Fantastico. “Ti do una possibilità.”
 
“Sorprendimi.” Lo sfidò Blaise. Non aveva pudore; era disposto a tutto.
 
“Ci proverò.” Sghignazzò Harry, “Puoi raccontare la meravigliosa storia di tuo cugino Boris all’intera biblioteca, ad alta voce, con gesti e ricostruzioni,” Il suo sorriso era già svanito. “Oppure, puoi abbracciare la prima persona che entrerà nella biblioteca.”
 
“Pfff.” Blaise si alzò in piedi, scollando le spalle. “Mi deludi, Potty.”
 
Harry si limitò a sfoggiare un sorriso; non riusciva a trattenere le risate ma continuò a fissare Blaise. Aspettava che cambiasse espressione.
 
Sentì Draco piegarsi verso di lui per fissare la mappa. “Oh, santo cielo.” Ridacchiò, “Ho addestrato proprio un piccolo Serpeverde, non è vero?”
 
Il sorriso di Blaise vacillò per un momento, ma si voltò di scatto verso la porta quando si aprì.
 
Ci fu un momento di silenzio.
 
Poi tutti scoppiarono a ridere.
 
“Oh, devi marcire all’inferno.” Ringhiò Blaise, fissando con orrore Lumacorno che attraversava la stanza. “Il girone più profondo e oscuro è riservato alle persone come te!”
 
Harry rise, guardando Ron. Il suo migliore amico stava ridacchiando, ma i suoi occhi avevano un bagliore di gioia vendicativa. Dopo che il Serpeverde l’aveva umiliato così tanto, voleva solo che soffrisse. E quello era il modo perfetto per farlo.
 
Ron incrociò il suo sguardo, e il suo sorriso aumento ancora di più. potevano contare ancora l’uno sull’altro.
 
Tuttavia, l’espressione di Ron si raggelò. Fissò Harry, il suo volto si rabbuiò, e si accigliò.
 
Perché aveva quella faccia?
 
Harry si accigliò abbassando lo sguardo per controllarsi. Non c’era niente fuori posto; né un buco sul suo maglione né un osso scoperto sulla sua mano. Non aveva neanche un livido. Si guardò alle spalle; forse era successo qualcosa che non poteva vedere? Blaise stava cercando di abbracciare il Professore, che cercava di divincolarsi, e il resto del gruppo lo stava deridendo. Non stava succedendo niente di strano.
 
Si voltò di nuovo avanti e vide Ron che ricambiava lo sguardo di Draco.
 
“Che c’è?”  Harry non aveva più il tempo di preoccuparsi. Non sentiva che la sua magia stesse reagendo, quindi dubitava che si trattasse di quello. Si era controllato e non c’era nessun osso fuori posto o rotto, e nessun arto mancante. “Che stai guardando?”
 
“Pensavo… di aver visto qualcosa.” La sua voce era palesemente esitante. “Ma deve essere stato un effetto della luce.”
 
Harry lo fissò, voltandosi verso gli altri. L’espressione di Draco era più impassiva che mai, ma quelle di Pansy e Theo erano un po’… strane. Forzate.
 
“Sul serio, che succede?”
 
Tutti gli altri distolsero lo sguardo.
 
Harry si voltò verso Draco, alzando le sopracciglia.
 
Draco ricambiò il suo sguardo, sbattendo lentamente le palpebre. Era come se stesse cercando le parole giuste da dire, e la cosa lo terrorizzò più di qualunque parola potesse dire. Riusciva a sentire la paura impadronirsi di nuovo di lui, paralizzandolo e facendogli accapponare la pelle. Cosa poteva essere successo di così grave da-?
 
“Smettila di andare nel panico.” Disse Draco in un sussurro, incatenando i loro sguardi. “È solo un livido.”
 
Solo un livido?
 
“Dove? Argh!” Harry sei era tastato il viso con le mani, e sussultò quando il dolore esplose per tutta la guancia. Rabbrividì, ma il movimento non fece altro che aumentare il suo dolore. Si estese fino alla parte sinistra della fronte. Ma che diavolo?!
 
Harry si sentì cadere sempre di più nel panico mentre il dolore aumentava ogni momento di più. Perché non gli aveva fatto male quando aveva alzato le sopracciglia, un momento fa?
 
“Smettila di muovere la faccia.” Gli ordinò Draco. “È evidente che ti fa male.”
 
“No, cazzo, Sherlock.” Sussurrò a sua volta Harry, che fece per toccarsi di nuovo il viso. Le sue dita non lo raggiunsero perché si suoi occhi si posarono si Ron.
 
Ron.
 
Aveva appena visto un livido apparire sulla faccia di Harry. Senza motivo.
 
Harry piazzò la mano sulla parte sinistra del volto, cercando di nascondere la maggior parte del livido. “Uhm, non preoccuparti. È solo…” Pensa. Pensa. “Vedi…” Pensa!
 
“Madama Chips ti ha avvertito che poteva succedere.” Draco su piegò su di lui, facendo schioccare la lingua. Tolse la mano di Harry dalla sua faccia, trasalendo leggermente. “Il calamaro non ci è andato per niente leggero con te, non è vero?”
 
Oh, grazie a Dio c’era Draco.
 
“Ve l’avevo detto di non toccarlo.” Aggiunse Nott, scuotendo la testa. “Una volta l’ho sfiorato e mi sono spuntati lividi per una settimana.”
 
Ron si accigliò, guardandoli uno ad uno. “Come funziona?” Il suo tono era scettico.
 
“Sei tu quello che adora Cura delle Creature Magiche.” Ghignò Pansy, bevendo un altro sorso di alcol. “Diccelo tu.”
 
Harry deglutì nervosamente; era difficile sembrare rilassato quando il suo istinto gli diceva di fuggire dalla stanza. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Draco lasciò finalmente andare la sua mano, quindi si ricoprì la faccia velocemente. Faceva male, ma era meglio che tenerlo in bella vista.
 
“Si vede che è stato un tentacolo.”
 
Harry vide Ron guardare gli altri, ancora accigliato.  Anche se spostare l’attenzione su altro e minimizzare l’accaduto era nelle loro migliori intenzioni, non potrebbero essere stati più sospetti. Ron non li credette neanche per un secondo.
 
Doveva andarsene prima che iniziasse a fare domande.
 
La sua paura ebbe la meglio.
 
Harry scattò in piedi, sforzandosi di sorridere. “Farò meglio a sbarazzarmene, allora.” Cercò di sembrare indifferente, ma non ci riuscì. Neanche lontanamente. “Non posso lasciare al calamaro la soddisfazione di avermi battuto.”
 
Ron lo guardava ancora con sospetto.
 
Vide che lo guardava dall’alto in basso, squadrandolo.
 
Stava capendo.
 
Quindi Harry si voltò, e camminò il più velocemente possibile verso l’uscita, trattenendosi dal correre. Nonostante ciò, si sentiva come se stesse fuggendo.
 
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Harry era appena giunto alla fine del corridoio quando Draco lo raggiunse, afferrandogli il braccio per fermarlo. “Cerca di calmarti.” Sussurrò, trascinando il moro in un’aula. “Non puoi continuare a fuggire ogni volta che qualcosa va storto.”
 
“Hai visto la sua faccia?” Gemette Harry, cercando ancora di nascondere il volto. “Lo sa. Lo sa, cazzo.”
 
Calmati.” Gli ordinò Draco, “È solo un livido.” Tese il braccio per togliergli la mano dal viso, reprimendo il bisogno di trasalire. Metà della faccia di Harry era diventata nera; partiva dalla fronte e continuava intorno all’occhio, fino alla mascella. Era piuttosto orrendo. “Un insignificante livido.”
 
L’espressione di Harry era contratta dal dolore o dalla paura; probabilmente da entrambe.
 
“Andiamo in Infermeria,” Continuò piano, “Prendiamo una pozione e ce ne sbarazziamo. Poi negheremo la sua esistenza per tutti gli anni a venire. Gli cancello la memoria, se vuoi.” Diceva sul serio. E a giudicare dall’espressione accigliata di Harry, neanche lui ne aveva dubitato per un secondo.
 
Attraversarono silenziosamente l’Infermeria.
 
Draco aveva visto la comprensione negli occhi di Weasley. Oh, lo sapeva.
 
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NOTA delle traduttrici: Se non l’avete già fatto, passate due minuti a leggere il nostro avviso a inizio pagina, è importante :)

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