The Targaryen Wolf

di Believer98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio di tutto ***
Capitolo 2: *** Unburnt - Non bruciato ***
Capitolo 3: *** I Ribelli nelle Terre della Tempesta ***
Capitolo 4: *** La nascita di Rhaegal ***
Capitolo 5: *** Non Snow, ma Targaryen ***
Capitolo 6: *** Dracarys ***



Capitolo 1
*** L'inizio di tutto ***


Me: Salve, eccomi a scrivere nella mia categoria preferita.
Come potrete ben vedere in questo primo capitolo seguo più personaggi  e state attenti al genere della storia: GUERRA, INTROSPETTIVO e ROMANTICO.
Specifico questo perché ho intenzione di essere molto fedele ai tre canoni, prima o poi ci sarà molto di tutti.
Spero che qualcuno, in questa vasta categoria, apprezzi.




Westeros, Grande Inverno

 

Il Nord era una regione molto ostica, dura, fredda e apparentemente inospitale. L’erba non cresceva tanto facilmente, il sole era restio a mostrarsi con il grigiore delle nuvole che oscurava il cielo. Persino in estate nevicava di tanto in tanto.
Il Nord era grande quasi quanto il totale dei restanti Regni, fatto da lande selvagge: foreste, colline e montagne sterminate. Se si andava oltre alla prima impressione, però, non era un luogo inospitale, ma una regione di meravigliosi paesaggi popolata da gente fiera e leale.
Robert Baratheon conosceva bene quella terra: amico di Ned Stark, Lord Protettore di Grande Inverno, e una volta promesso sposo a sua sorella. Lì aveva incontrato Lyanna e ancora lì se ne era innamorato. Non avrebbe mai smesso di pensare a lei. Lyanna era sua, era sempre stata sua. Fu Rhaegar Targaryen a rapirla, a stuprarla e infine a causarne il decesso. Per fortuna Robert aveva vendicato Lyanna e si era preso con abilità i Sette Regni che gli spettavano. Se avesse potuto avrebbe rivissuto cento volte quello scontro, quando Rhaegar Targaryen morì per mano sua, e ogni volta che ci pensava provava un grande soddisfazione. Non avrebbe mai dimenticato la Battaglia del Tridente, quella che aveva visto il prode trionfo di Re Robert primo del suo nome.
Ora era sposato con una donna che non amava, Cersei Lannister. Lei gli aveva dato tre bei figli: questo era il suo unico riconoscimento, per il resto Robert preferiva i bordelli e andare a donne. Poi c’era il vino, la caccia, il Trono.
Era difficile rimanere con i piedi per terra quando ci si sedeva sopra il Trono di Spade. Robert odiava regnare, odiava dover soddisfare il popolo, ma amava la sensazione di sedersi dove avrebbe dovuto stare Rhaegar Targaryen. Il Drago aveva rapito Lyanna ma Robert gli aveva sottratto il Trono e la vita. Lui aveva vinto, o almeno questo era il racconto che si ripeteva nella testa.

Nella carrozza che si dirigeva a Grande Inverno c’era Cersei Lannister, Regina dei Sette Regni, con i figli più piccoli, Myrcella e Tommen. Mentre il mezzo avanza sopra il terreno arido e saltava a causa delle buche, Cersei storceva il muso e arricciava il naso: odiava il freddo, odiava simili lande e quella gente così rozza. Sarebbe volentieri tornata a casa a piedi, ma doveva obbedire a suo marito. Non sopportava neanche lui. Per fortuna, o per sfortuna a seconda dei punti di vista, era una grande attrice.
Provava piacere a vedere i suoi nemici soffrire, provava piacere a viziare i figli e provava piacere a fare sesso con il proprio fratello gemello. Provava piacere se pensava che i suoi figli erano discesi da un incesto e non dalla disgustosa relazione con il marito. Godeva degli inganni e dei sotterfugi, odiava il popolo povero e lamentoso. Si sentiva una brutta persona e ne andava fiera.
Seduta comodamente nella carrozza si affacciò fuori per dare un’occhiata alle uniche cose che amava: il suo primogenito Joffrey e suo fratello gemello Jaime, che cavalcavano.
Ovviamente avrebbe potuto amare anche Rhaegar Targaryen, ma il principe non si era interessato a lei e il padre di lui non aveva permesso il matrimonio. Jaime aveva fatto bene a uccidere il Re Folle e, grazie ai piani subdoli di Tywin Lannister, i ribelli avevano saccheggiato e preso Approdo del Re.
Allora Robert Baratheon non aveva potuto far altro che sposare Cersei, come riconoscimento a suo padre, nonostante non portasse alcun rispetto per i Lannister.
Pochi rispettavano davvero i Leoni, molti li temevano e ancor di più odiavano. Meglio così: Cersei trovava divertente il pensiero di lei, i figli e Jaime contro il resto del mondo. Non aveva bisogno di altro e al diavolo i moralismi se appariva come un’egoista. Lei era egoista, sadica, vendicativa e si sentiva pienamente fiera di ciò.
I suoi occhi, purtroppo, si posarono su una cosa perfettamente in linea con il paesaggio. Il paesaggio era disgustoso e così il fratello minore, il nano Tyrion. Aveva ucciso sua madre nascendo, era un vero e proprio scherzo della natura, un mostriciattolo. Cersei disprezzava apertamente e pubblicamente il nano e non se ne vergognava. Ciò che non riusciva a capire era come facesse Jaime a adorare quella sprezzante creatura.

Ned Stark non era solo il Protettore di Grande Inverno, ma era ritenuto anche un uomo d’onore e di dignità. Il Lord aveva combattuto con Robert Baratheon e con i ribelli per diseredare i Targaryen.
Rhaegar era stato battuto dalla furia cieca di Robert alla Battaglia del Tridente, e un colpo di ascia aveva messo fine alla sua vita, conclusa dentro il fiume con un nome di donna sulle labbra.
In realtà quella guerra era stata molto di più. I figli di Rhaegar Targaryen erano stati massacrati per conto dei Lannister e a nome di Robert Baratheon, da parte della Montagna e di Ser Amory Lorch. Dopodiché Gregor Clegane, colui conosciuto con il nome di Montagna, aveva stuprato Elia Martell. La donna non aveva opposto resistenza, immobile come un sacco vuoto, dopo aver visto i propri bambini morire. Infine era stata uccisa anche lei.
Quello era stato uno sterminio, un massacro.
Il nobile Eddard Stark rimase sconvolto davanti ai corpicini senza vita di Aegon e Rhaenys Targaryen, si astenne da quelle barbarie e abbandonò Robert, a guerra quasi terminata, per tornare a Nord.
Lì aveva sposato la donna che era stata promessa a suo fratello maggiore, Brandon Stark, morto per mano di Aerys il Folle. Se questo non fosse successo il matrimonio non sarebbe avvenuto. Non sarebbero nati Robb, Sansa, Arya, Bran e Rickon.
Robb, il maggiore, era un giovane fiero e carismatico. Il suo nome era un omaggio a Re Robert. In effetti il primogenito di Ned Stark non aveva difetti, un giorno avrebbe potuto diventare un gran Lord Protettore.
Sansa, seconda dei figli legittimi, era una bella ragazzina dai capelli rossi come quelli di Lady Catelyn. In effetti non assomigliava per niente a suo padre, ma aveva strappato gli occhi alla madre. Sapeva cucire bene, rendere orgogliosa sua madre e sognava di cavalieri e di principi azzurri. Una dama del Sud.
Invece Arya era una ribelle. Assomigliava più di tutti a suo padre, viso allungato, occhi grigi e capelli castani. L’indole però era quella della zia Lyanna Stark: selvaggia. Odiava svolgere i compiti da Lady e non voleva essere educata come un nobildonna, preferiva invece il combattimento e l’equitazione. Era ostinata, impulsiva e indipendente, e spesso veniva punita da Lady Catelyn per la sua impertinenza.
Poi c’era Bran. Bran era un bambino dolce e sempre dinamico, cercava di seguire i fratelli e di imparare da Lord Stark. Spesso insicuro, si distingueva perché era più intelligente rispetto ai suoi coetanei.
Infine Rickon Stark era ancora troppo piccolo e non aveva una personalità ben definita, ma era molto attaccato ai fratelli e alle sorelle.
Quando Eddard osservava i propri figli non riusciva a non immaginare i cadaveri martoriati dei due bambini Targaryen. Sarebbe potuto succedere a chiunque, a qualsiasi bambino. Specialmente a uno che minacciava il diritto al trono di Robert.
In realtà, agli occhi dei Sette Regni, c’era una macchia sulla reputazione di Lord Eddard Stark. Si trattava di un neonato bastardo tornato con lui dalla guerra, figlio di un presunto tradimento. Nessuno sapeva chi fosse sua madre, con che donna Lord Stark avesse tradito Lady Stark, ma il fatto era risaputo.
Fatto sta che, quando Re Robert si recò a Grande Inverno con gran parte della Corte, il primo pensiero di Lord Stark andò a Jon Snow, il figlio bastardo. Insomma Eddard fu felice di allontanare il Re da Jon per accompagnarlo nelle cripte, dove si soffermarono davanti alla statua di Lyanna.
« Nei miei sogni uccido Rhaegar Targaryen ogni notte » sussurrò il Re amaramente.
« Maestà è finita, i Targaryen sono tutti morti » disse Ned per tranquillizzare il suo amico.
« No, non tutti. »
Come diceva il Re, infatti, c’erano altri due componenti della Casata ancora in vita: Daenerys e Viserys. Entrambi esiliati a Essos, erano ancora vittime di vari tentati omicidi da parte dei sicari di Robert.
Ma non era a loro che Lord Stark stava pensando. In verità Jon Snow, trattato male ogni giorno da Lady Catelyn, non era suo figlio perché il Lord non era stato con nessuna altra donna mentre era sposato.
“No, non sono tutti morti” ripeté nella propria testa.
« Hai proprio ragione Maestà. »

Tyrion Lannister non aveva mai avuto una vita facile. Era un nano: suo padre e sua sorella si curavano di ricordarglielo sempre. Non sia mai che si sentisse uno di famiglia, o semplicemente una persona normale. Invece Tywin aveva sempre stimato Jaime come il figlio d’oro ma Jaime non aveva mai ascoltato i suoi insegnamenti; Tyrion, messo in un angolo, invece sì. Aveva ascoltato attentamente suo padre e ricordava ogni dettaglio di quelle lezioni. Inoltre si riteneva un pensatore libero e amava leggere, perché il miglior mezzo che aveva per difendersi erano la cultura e il sarcasmo.
Invece odiava Cersei, ma in parte invidiava un aspetto di lei. Quella testardaggine, quella cattiveria così covati da non conoscere errore se non quello degli altri. Sarebbe stato bello vivere senza remore, senza morale o senso di colpa, ma Tyrion era molto diverso da lei. Lui era una brava persona e ne andava orgoglioso, per quanto questo non gli portasse nulla in tasca. A riempire quella bastavano gli interminabili quanto famigerati soldi dei Lannister.
Il nano aveva capito il trucco per non soffrire: accettare prima di tutti chi era e farne una propria forza, più che un punto di debolezza. Questo era uno dei segreti che si nascondevano dietro alla sua rinomata intelligenza politica.
Per questo, quando incontrò il giovane bastardo di Ned Stark, decise di impartirgli quella lezione.
« Ti do un consiglio, bastardo. Rammenta sempre chi sei, gli altri lo faranno. Fanne la tua armatura e non potrà essere usata contro di te. »
Il ragazzo aveva qualcosa di particolare, non nella faccia, né nei movimenti. Era negli occhi. Sembravano grigi come quelli di tutti gli Stark, eppure c’era una sorta di scintillio in fondo. In un determinato momento, quando la luce della candela illuminò il profilo di Jon Snow, il nano credette di vedere un riflesso viola. Tyrion era un grande osservatore e non aveva mai notato in nessuno occhi simili. Il giovane Snow, inoltre, aveva una strana malinconia dentro. Sembrava un semplice ragazzo eppure c’era regalità nei suoi lineamenti.
« Cosa ne sai di cosa prova un bastardo? » domandò.
Tyrion sorrise: quasi si riconosceva in Jon Snow. Forse il giovane era anche più nobile di lui, se si trattava di anima.
« I nani sono bastardi agli occhi dei loro padri. »

C’erano solo due cose che Arya odiava più di cucire e indossare abiti scomodi, ovvero sua sorella e quelle pesti delle amiche. Non facevano altro che prenderla in giro, chiamarla  “faccia da cavallo” e ridere di lei. Arya sapeva di non essere bella come nessuna di loro, ma sapeva anche di avere molti anni in meno. Suo padre diceva che assomigliava molto a sua zia Lyanna e che un giorno cresciuta sarebbe diventata bella come lei. Arya fingeva di non interessarsi a quelle cose, giocava soprattutto con i maschi e ci si azzuffava ma, quando gli stessi maschi fissavano Sansa e Jeyne Poole, non poteva dire di esserne felice. Anche Robb riempiva di complimenti Jeyne. In quei momenti Lady Catelyn si voltava verso Arya, per esclamare: « Non vorresti anche tu questi complimenti? Impara a comportanti da signorina. »
Allora Arya pensò che avrebbe preferito una vita da zitella piuttosto che abbassarsi a quelle sciocchezze pur di conquistare un uomo. Lei amava combattere, cavalcare e sentire il vento che le scorreva fra i capelli. Il duello, scontro corpo contro corpo in sinuosi movimenti che portavano alla delusione di una sconfitta o alla gioia di una vittoria. No, non aveva bisogno dei complimenti degli uomini. Bastavano quelli di suo padre e di Jon.
« Hai due occhi ipnotici » le aveva detto Jon, una volta. « Cosa ti importa dei capelli di Sansa o del fisico di Jeyne Poole? »
« Oggi dici così ma domani guarderai Jeyne Poole da dietro mentre lei cammina e muove il fondoschiena. Sei uguale a tutti gli altri. »
Jon aveva riso di gusto e si era portato entrambe le mani sulla faccia. L’innocenza di Arya riusciva a divertirlo anche nei momenti più inopportuni. « Domani non guarderò Jeyne, guarderò te. »
« Prometti? »
« Prometto. »
E così aveva fatto. Il giorno seguente Jeyne aveva attraversato il cortile e tanti ragazzi avevano seguito il suo andamento con lo sguardo; eccetto Jon che, invece, si era voltato verso Arya per concentrarsi su di lei. Solo su di lei.
La ragazzina pensò a Jon e sorrise. Era quello il sentimento così forte chiamato amore fraterno? Come avrebbe fatto a separarsi da lui ora che partiva per unirsi ai Guardiani della Notte?
« Arya ho controllato in camera e ho scoperto che i tuoi vestiti non sono piegati per bene » sbottò Septa Mordane entrando velocemente nella stanza. « Vai e ripiegali. »
« Sì Arya, vai di corsa » fece Sansa e Jeyne scoppiò a ridere. Arya pensò di astenersi, ma sapeva che avrebbe fatto arrabbiare i suoi genitori quindi decise di andarsene in camera in silenzio. Lì fu raggiunta da Jon che aveva un regalo in serbo per lei.
« Chiudi la porta. » Arya obbedì, per poi tornare da Jon. Il ragazzo le porse una spada. Arya sentì gli occhi diventare lucidi: una spada tutta sua. Soltanto Jon poteva sostenere le sue passioni a tal punto.
« Non è un giocattolo. Mi raccomando, è ben affilata » la avvertì.
« Grazie mille, non so cosa dire » disse lei, incredula. « È così sottile! »
« Anche tu » osservò Jon ridacchiando. « Il fabbro l’ha forgiata proprio per te. Non mozzerai teste ma se sarai svelta lascerai il segno. »
« Io sono svelta. »
« Dovrai fare tanta pratica » decretò lui. Dopodiché si piego sulle ginocchia, abbastanza da essere alla sua altezza, e le accarezzò una guancia. Arya si sentì arrossire. « Prima lezione, infilzali con la parte aguzza. »
« Fin lì ci arrivo anche io. »
« Mi mancherai » ammise Jon con sguardo malinconico. Arya provò a dargli un abbraccio, dimenticandosi completamente di avere in mano un’arma. « Attenzione » replicò Jon. La ragazzina posò la spada e gli saltò in braccio: non esisteva luogo più sicuro nei Sette Regni di quelle braccia.

Petyr Baelish non avrebbe dovuto seguire il Re e parte della Corte a Grande Inverno: come gli altri membri del Concilio Ristretto il suo compito era restare nella Fortezza Rossa e occuparsi dei Regni.
La sua era stata una decisione frettolosa, dettata dall’istinto e dalla curiosità. Si era chiesto come stesse quella donna che aveva amato per tanti anni. Catelyn Tully. Si era dimenticata di lui?
Fu contento di notare che non era così: Appena il Re ebbe terminato di salutare i membri principali della famiglia, Ditocorto scese dalla carrozza e Lady Catelyn gli rivolse un sorriso smagliante. Petyr pensò che fosse bellissima sempre, e sposata con un altro uomo. Quanto avrebbe voluto mettere i bastoni fra le ruote al maledetto Stark: sempre perfetto, onorevole e fiero. Doveva pur avere un difetto.
Protettore del Nord. Abile combattente, anche se non troppo. Cinque bei figli.
Non cinque ma sei, il pensiero lo colpì come un fulmine a ciel sereno. Ecco il peccato di Eddard Stark: aveva tradito sua moglie e ora ospitava il proprio bastardo a Grande Inverno. Petyr si guardò attorno fin quando non lo trovò. Doveva trattarsi proprio di lui: capelli neri e ricci, viso allungato e occhi grigi. Il giovane assomigliava agli Stark originari più di tutto il resto della figliata messo assieme. Questo a Catelyn doveva dare parecchio fastidio.
Purtroppo, però, non era un delitto da poter utilizzare contro il nobile Eddard Stark. Tutti sapevano che avesse un bastardo; e poi chi ormai, delle famiglie nobili, non ne aveva uno?
Eppure Ditocorto non voleva arrendersi: doveva esserci qualche scheletro nel passato di Lord Stark e magari il segreto si nascondeva proprio dietro gli occhi grigi del bastardo.
I giorni seguenti si impegnò a seguire Jon fingendosi semplicemente di passaggio e, tutto sommato, non trovò nulla di strano, anzi il bastardo aveva una vita abbastanza monotona: il mattino presto si allenava con i fratelli, non pranzava con il nucleo principale della famiglia, il pomeriggio andava a cavallo e svolgeva vari compiti, la sera beveva qualcosa con il fratello Robb e infine, dopo cena, si chiudeva nella propria camera. Tale padre tale figlio, pensò Ditocorto, una noia.
In realtà aveva notato anche dei piccoli dettagli: se il ragazzo assomigliava fisicamente ai familiari da parte di padre, il suo atteggiamento e il suo carattere erano invece singolari. Jon Snow si prendeva dei momenti di solitudine, in cui riflettere e meditare con aria malinconica e occhi pensierosi.
Petyr vedeva che il giovane non abbassava mai lo sguardo, come segno di fierezza, non si piegava. Allo stesso tempo sembrava ingenuamente premuroso e pronto a difendere i più deboli.
Rispecchiava i valori di suo padre, eppure in lui c’era qualcosa di tremendamente diverso dagli Stark. Petyr aveva come una sorta di sesto senso, un ronzio nella parte posteriore della testa che gli suggeriva che il segreto era proprio lì, nascosto sotto i propri occhi.
Ancora un altro giorno seguì il ragazzo, prima della partenza. Il giovane entrò nelle stanze della sorellina con una spada e ne uscì senza. Interessante. Poi andò a salutare il fratellino e lì Ditocorto si tenne a debita distanza. Troppe persone giravano attorno alla camera di Bran Stark, caduto da una torre pochi giorni prima. Infatti poco dopo Lord Stark entrò e il bastardo uscì.
In un primo momento Baelish, annoiato e demotivato, pensò che fosse tutto inutile. Poi cambiò idea e si accostò alla porta della stanza. Nella camera Cat era in lacrime, diceva di temere che suo marito partisse poiché già anni prima, dopo un viaggio a Sud, era tornato con il figlio di un’altra donna. Ned sembrava davvero costernato davanti alla moglie.
« Ora che siamo soli devo dirti una cosa perché non posso lasciarti così, ma prima devo assicurarmi che nessuno possa sentirci.»
Ditocorto si nascose dietro una colonna mentre il Lord di Grande Inverno andava a controllare fuori dalla stanza, prima di chiudere ermeticamente ogni ingresso. Subito dopo Ditocorto si riavvicinò alla porta e appoggiò un orecchio contro il legno.
« Il modo in cui tratti Jon è ingiusto. L’ho tollerato pur di proteggere il ragazzo ma devi sapere, prima che io parta, che non ti ho mai tradita. »
Ditocorto strabuzzò gli occhi. Anche Lady Catelyn sembrava senza parole. « Che cosa intendi dire? »
« Intendo dire che Jon è figlio di un’altra donna, è vero. Ma anche di un altro uomo. » Catelyn tentò di intervenire. « Non ti dirò di chi si tratta, certo tu sei mia moglie ma io devo proteggere Jon. Lasciamo che si unisca ai Guardiani della Notte e tutto procederà per il verso giusto. »
Ditocorto si allontanò prima che Ned potesse uscire e iniziò a vagare per Grande Inverno senza un meta. Il bastardo non era un bastardo, e non era neppure figlio di Lord Stark. Aveva iniziato a spiare Jon Snow grazie alla sua abilità di non farsi scovare, e l’aveva fatto per incastrare il nobile Eddard. Il segreto, invece, era custodito dal Lord stesso. Perché aveva fatto passare il ragazzo  per un proprio figlio? Ma soprattutto, perché ci teneva tanto da mentire a sua moglie? Chi erano i veri genitori di Jon Snow, o meglio, a questo punto, il ragazzo si poteva ancora chiamare Snow?

Jon era rimasto fermo, davanti alle stalle a guardarsi attorno. Spesso si isolava per riflettere, non gli importava di risultare malinconico e imbronciato agli occhi degli altri. Theon lo prendeva in giro per questo suo modo di fare. Insomma Jon non era tipo da tante parole ai quali preferiva i fatti, dimostrazioni che richiedevano maggiore sforzo e impegno. Non sapeva da chi avesse preso questo suo carattere introverso, nessuno Stark assomigliava a lui.
Ormai il ragazzo aveva salutato tutti i suoi fratelli, tranne Sansa ma con lei non avevano un bellissimo rapporto. Sansa assomigliava molto a sua madre e, come Lady Catelyn, vedeva Jon come un semplice bastardo. Robb era un buon fratello, anche se riconosceva che avessero madri differenti. Arya, invece, amava Jon visceralmente e incondizionatamente, non concepiva neanche il concetto di ‘bastardo’: lei avrebbe tenuto a lui in qualsiasi caso. Anche Jon teneva a lei perché riconosceva in Arya una spalla, che meritava tutto il suo affetto e le sue attenzioni. Era l’unica donna della sua vita e, visto che Jon stava per promettersi ai Guardiani della Notte, lo sarebbe stata sempre.
Purtroppo mancava qualcosa dentro di lui. Non era semplicemente l’assenza di una figura materna, ma un intero pezzo della propria esistenza. La vita di un bastardo non era facile. Non avrebbe augurato quella trafila a nessuno, neanche ai propri nemici: proprio per questo non voleva sposarsi e avere figli, ma preferiva unirsi ai Guardiani della Notte e vivere in castità. Che futuro potevano avere i figli di un bastardo?
Lui veniva sempre trattato come uno scarto. Da Lady Catelyn, da Theon e da molte persone che lavoravano dentro il castello. Da Tyrion Lannister, da suo fratello Jaime Lannister, da chiunque. Persino Robb non riusciva a vederlo come uno di loro. Si trattava di essere a casa senza sentirsi mai completamente a casa, per quanto potesse volere bene alle persone con cui era cresciuto.
Jon sapeva che Lord Stark era suo padre, però a volte percepiva una tale distanza. Inoltre non chiacchieravano spesso. Eddard conversava molto di più con Robb: i due andavano a cavallo insieme e il Lord impartiva a suo figlio delle lezioni sulla gestione di un Regno. Lady Catelyn non perdeva mai occasione per ricordare a Jon che Robb era il vero erede di Ned, e che Ned avrebbe sempre voluto più bene a lui.
Jon sapeva che suo padre ci teneva, ma a volte provava un vero dispiacere. Poteva almeno raccontargli della madre. Il Lord di Grande Inverno gli aveva insegnato i valori, come onore, giustizia e nobiltà; tuttavia non era mai stato un genitore davvero presente.
Mentre Jon rifletteva su queste cose, un uomo alto e minuto gli si avvicinò. « Jon Snow, giusto? » Il ragazzo lo squadrò da capo a piedi e si limitò ad annuire. « Felice di conoscerti, io sono Lord Petyr Baelish, amico di Lady Catelyn e Maestro del Conio del Re. »
Improvvisamente Jon capì quanto fosse importante il ruolo e chinò il capo, in segno di rispetto. Allo stesso tempo si chiese perché un uomo tanto potente fosse interessato a lui. « Piacere, mio Lord. »
« Ti direi che assomigli molto a tuo padre ma sarebbe riduttivo. Assomigli molto anche a tuo zio, a tua zia e ai tuoi antenati Stark » disse con sguardo indagatore.
« Certo, dopotutto gli Stark sono miei familiari. »
« Ma non sono tutta la tua famiglia, giusto? » insistette Lord Baelish. « Qui sarai sempre e solo un bastardo. Non sei curioso di scoprire chi sono gli altri tuoi parenti? »
Jon corrugò la fronte, non capendo il motivo di tanto interesse. « Ovviamente, però mio padre non ne parla mai.»
« Curioso, no? Insomma, non ci sarebbe nessun problema. È assurdo che non ti abbia mai parlato di tua madre. »
« In realtà una cosa l’ha detta » replicò Jon ingenuamente. « Secondo lui assomiglio molto a lei. »
Petyr Baelish non aggiunse altro. Rimase in silenzio a guardarlo, come se fosse la persona più interessante e misteriosa di Grande Inverno.
« Jon! » gridò improvvisamente qualcuno alle loro spalle. Jon si voltò verso suo padre. Ned Stark sembrava preoccupato. « Vieni via. »
Jon tornò a guardare Petyr Baelish e accennò un saluto veloce. « Alla prossima, Lord Baelish. »
« A presto, Jon Snow. »

 

Essos

 

Intanto a Essos, il continente opposto a Westeros, i due Targaryen banditi discutevano il loro futuro.
« Allora, sei pronta a dedicarti a Khal Drogo? » chiese Viserys, il fratello maggiore. Sua sorella se ne stava a braccia conserte e imbronciata, il suo corpo circondato da un vestito quasi trasparente. « Su dai, non farmi sentire in colpa. Se tu sei consenziente sarò più felice di fartelo sposare. »
« Il tuo affetto mi commuove » mormorò Daenerys con una vena di sarcasmo. Aveva imparato a usare anche quello.
« Lo sai che ti voglio bene, Dany. Siamo insieme in questo. Ti ho insegnato a essere una donna forte e oggi eccoti qui, pronta a sposare il più potente dei Khal. » Viserys sospirò e tutto sommato sembrava sincero. Daenerys, a volte, era convinta che suo fratello fosse pazzo, proprio come il Re Folle. Eppure Viserys era ancora lì, non aveva mai alzato un dito contro di lei e sembrava tenerci, nonostante i suoi piani folli per recuperare il Trono di Spade. Come per esempio quello di darla in moglie a un Dothraki.
« Non sono pronta proprio per niente. »
Viserys non le diede retta. Quando Illyrio Mopatis annunciò l’arrivo dei Dothraki, prese Daenerys per un braccio e la trascinò fuori. Lei sospirò riluttante ma scelse di comportarsi bene per suo fratello e, soprattutto, per tornare a casa. La casa da cui era stata costretta a fuggire, dove un usurpatore aveva rubato il Trono di suo fratello Rhaegar. Khal Drogo aveva un’orda di uomini che avrebbero potuto essere il loro esercito per conquistare i Sette Regni e ristabilirsi nella Fortezza Rossa, come era giusto che fosse.
Illyrio Mopatis fece una lunga presentazione e, alla fine del suo sproloquio, Daenerys si presentò al futuro marito. Khal Drogo era un uomo possente, alto e con dei lunghi capelli castani legati in una treccia, simbolo che non era mai stato sconfitto. Per questo era potente, per questo era un Khal dei Dothraki. Indossava semplicemente un pantalone e il suo petto nudo rimaneva esposto alla vista. Daenerys provò un poco di timore – perché Drogo incuteva quello – ma anche di rispetto. Sembrava duro, selvaggio però leale. Disse una cosa a Illyrio e poi guardò Viserys, come in attesa.
Illyrio fece da traduttore. « Drogo accetta di sposare Daenerys se, in cambio, Viserys sposerà sua sorella Jules Mara. »
Viserys e Daenerys si voltarono verso Jules Mara. Anche lei sedeva sopra un cavallo, i suoi seni enormi completamente esposti alla vista e, con un sorriso, mostrò i propri denti neri. Viserys deglutì, mentre Daenerys tentò di soffocare una risatina. Jules era alta almeno due metri, molto più di Viserys, con due spalle robuste e delle ginocchia grinzose e possenti. La bocca era circondata dalle rughe e i suoi vestiti emanavano un brutto fetore. I capelli sembravano incrostati e sporchi.
« Ovviamente accetto » affermò Viserys con voce incerta e traballante. Khal Drogo annuì mentre Jules Mara sorrise, permettendo ai Targaryen di ammirare ancora una volta i suoi denti neri e marci.
Infine i due Dothraki se ne andarono a galoppo, seguiti dagli uomini che li avevano accompagnati.
« Come dicevi fratello, siamo insieme in questo » scherzò Daenerys e rise di gran gusto. Quello era il giusto compenso per i piani e i sotterfugi di Viserys.
Il maggiore aveva un faccia a dir poco disgustata. « Cosa non si fa per i Sette Regni. »

 

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Capitolo 2
*** Unburnt - Non bruciato ***


Ciao :)
Eccomi con un nuovo capitolo e mi scuso se ho impiegato tanto ma dovevo decidere come far evolvere il futuro dei nostri protagonisti,
in particolare quello di Jon, il giovane drago. E devo dire che ho trovato idee carine per i prossimi capitoli.
Spero che questo sia di vostro gradimento.
RINGRAZIO chi segue, ricorda, preferisce e chi ha recensito!





Castello Nero, la Barriera

Dopo la visita di Robert Baratheon a Grande Inverno, nei Sette Regni trascorsero tre mesi tranquilli. Bran si era risvegliato, sua madre e suo fratello Robb accanto a lui.
Intanto, nella Fortezza Rossa, Sansa era stata ufficialmente promessa in sposa a Joffrey e Arya prendeva lezioni di danza da un maestro spadaccino di Braavos.
Jon invece, durante il tempo trascorso alla Barriera, aveva stretto amicizia con alcuni dei suoi compagni, ovvero Samwell Tarly, Ed, Pypar e Grenn.
Sam era di corporatura robusta e aveva un carattere timoroso: per questi motivi non si era ambientato tanto facilmente tra i Corvi. Jon, con il suo essere comprensivo, gli era sempre stato vicino. Sam aveva un buon cuore e amava leggere, tanto da essere nominato attendente di Aemon Targaryen, il Maestro dei Guardiani della Notte.
Eddison invece era un tipo solitario e cupo, che però si trovava bene dentro il suo gruppo di amici. Nessuno era fedele a Jon come Ed. Sin dal primo giorno si era attaccato a lui senza una precisa motivazione.
Pypar, imitatore di voci e amante della recitazione, era il più schietto della combriccola. Infine Green, anche lui molto legato a Jon, non era tanto intelligente ma grosso e muscoloso.
Come Jon, i suoi amici non erano mai stati trattati degnamente. Come lui volevano fare qualcosa di giusto, di buono e farsi valere agli occhi degli altri.
Ognuno di loro aveva ricevuto un nomignolo offensivo da Ser Alliser Thorne: Jon era diventato Lord Snow il Perdente, Grenn il Muflone, Ed l’Addolorato, Sam il Ciccione e Pyp il Buffone.
Spesso i ragazzi cercavano di divertirsi con quei nomi, si prendevano in giro gli uni con gli altri e li modificavano in versione più onorevoli e spiritose. Così Jon diventava Re Snow il Magnifico, Grenn il Maschione, Ed il Gioioso, Sam il Leggiadro e Pyp il Saggio.
Jon, però, si sentiva sempre più nervoso: nonostante il sostegno degli amici e l’onore di servire i Guardiani, suo zio Benjen era sparito al di là della Barriera e non aveva ancora fatto ritorno. Jon non riusciva a ottenere il permesso per partire alla sua ricerca perché non era un Ranger, ma un semplice attendente. Attendente di Jeor Mormont, il Lord Comandante dei Guardiani.
« Forza, muovete quelle chiappe signorine » gridò Ser Thorne. « L’allenamento non finisce mica perché siete diventati attendenti. Hai sentito tu, Ciccione che non sei altro? »
Sam storse il muso ma non replicò. Era abituato a essere chiamato in quella maniera. Jon, invece, con il pensiero su zio Ben, era parecchio nervoso. Non sopportava i prepotenti e non era disposto a tollerare ancora gli insulti di Alliser Thorne.
« Gli attendenti non dovrebbero essere affidati a un Ser più competente? »
« Jon non fa niente » sussurrò Sam, cercando di tranquillizzare il proprio amico.
« Come osi, bastardo? » sbottò Thorne, attento a marcare bene l’ultima parola. « Ripeti quello che hai detto e ti faccio pulire tutte le latrine del Castello Nero. »
Ser Alliser sembrava davvero arrabbiato stavolta. Ed diede una gomitata a Jon, sperando che non avesse la brillante idea di ribattere. E per fortuna Jon non lo fece.
« Tutti contro il signorino Snow, ora » ordinò Alliser. « Insegniamo ai bastardi a stare a posto, ovvero in fondo alla scala sociale. »
Jon digrignò i denti ma mantenne il sangue freddo. Alcuni si rifiutarono di battersi contro di lui, come i suoi amici; altri invece, come Rast, si fecero immediatamente avanti. Erano in tanti ma, ovviamente, Jon li sconfisse tutti. Odiava il pensiero di uccidere, quello della spada era un talento con cui era nato ma questo non significava che gli piacesse.
Dopo aver disarmato i suoi compagni si voltò verso Ser Alliser Thorne, unico responsabile della sua rabbia. Ser Thorne fu uno dei capi che si opposero alla richiesta di Jon, di partire per l’estremo Nord alla ricerca di Benjen. Se fosse successo qualcosa a suo zio, Ser Alliser poteva esserne considerato responsabile.
« Snow » gridò il Lord Comandante, che sembrava aver assistito alla scena. « Tu e i tuoi amici venite con me. »
Jon e i compagni si guardarono perplessi e seguirono Jeor Mormont nelle sue stanze. Il capo dei Guardiani della Notte aveva una comunicazione da fare. Con il viso pensieroso passò in rassegna dei ragazzi, da Jon a Pyp e sospirò pesantemente. Prima che parlasse sembrarono passati dei minuti interminabili.
« Abbiamo notizie su Benjen Stark. »
Jon strabuzzò gli occhi. « L’avete ritrovato? »
« Più o meno » borbottò Mormont.
« Che significa più o meno? » sbottò Jon abbastanza irritato. Era stanco di quella situazione, non gli importava più neanche dei Guardiani della Notte: doveva ritrovare suo zio.
« Jon. » Ed rimproverò il suo amico per il tono avventato che aveva utilizzato.
« Sei un tipo parecchio irriverente Snow, se ti capitasse davanti un Re neanche ti inchineresti » osservò il Lord Comandante, il tono divertita.
« Mi sono inchinato a Re Robert. Se si comportasse in maniera sleale non mi inchinerei più dinanzi a lui e non mi interesserebbe se è il sovrano. Sono fatto così. »
I suoi amici sorrisero. Quello era il Jon che avevano imparato a conoscere, a seguire. Anche Mormont sorrideva, finché un pensiero non oscurò il suo viso e il Lord Comandante tornò serio. « Tuo zio è stato catturato dai bruti, questo intendevo dire. » E nella stanza calò il silenzio.
Jon rimase in silenzio, meditabondo.
« Allora mi dovete dare il permesso per andare a recuperarlo. »
« Ci dovete dare il permesso, a tutti » precisò Ed. « Noi veniamo con te amico. »
Il Lord Comandate si schiarì la voce per attirare l’attenzione dei ragazzi. « Siete Attendenti, non Ranger. Non posso mandarvi in una simile spedizione. O almeno non posso farlo se non siamo tutti d’accordo. »
« Gli altri non saranno mai d’accordo » borbottò Jon, contrariato, iniziando a camminare avanti e indietro. Le pressioni di Ser Alliser Thorne sul resto dei membri anziani erano troppo forti, e poi nessuno avrebbe creduto in loro.
« Cercherò di convincerli, ma dovrete avere pazienza. »
« Pazienza? Lo zio di Jon rischia giorno dopo giorno » urlò Grenn, il vocione possente. Jeor Mormont alzò un sopracciglio, sfidando il giovane a gridare di nuovo.
« I bruti sanno che teniamo a lui, non gli faranno del male. Ovviamente sanno anche che io manderò qualcuno e attendono. » Detto questo si voltò verso Jon. « Tuo zio starà bene ancora per un poco, intanto dammi il tempo di convincere gli altri a farvi partire e non fare gesti avventati. »

Il giorno seguente gli attendenti tornarono a svolgere i propri compiti regolarmente, oltre a sopportare in silenzio gli insulti di Ser Alliser. Jon stava combattendo contro Grenn, Ed e Pyp si allenavano con l’arco e le frecce, mentre Samwell restava seduto a guardare e ogni tanto abbassava gli occhi sulle pagine ingiallite dei propri libri. Ser Thorne si era limitato a qualche battuta, non li aveva offesi troppo. Questo perché aveva altro su cui concentrarsi: attendeva dei nuovi arrivati. Improvvisamente il portone si aprì e Yoren, il confratello reclutatore, scortò dei ragazzi dentro. Jon li guardò a uno a uno e notò che erano tutti molto giovani, c’era persino un bambino. Uno dei più grandi catturò la sua attenzione: non era bello, anzi nonostante i vestiti buoni era brutto. Di ossatura robusta, aveva un naso largo e due labbra enormi. Gli occhi piccoli, molto ravvicinati e pallidi, sembravano due schegge di ghiaccio.
Anche lui sembrò interessarsi a Jon. Lo fissava come si fissa un pezzo di carne. Non è del Sud, realizzò Jon.
« Ser Alliser, vi presento i nuovi arrivati. Loro sono Luke, Bamb Pyke, Joe Hunt, Olly » e mentre Yoren parlava indicava i giovani uno a uno. « Lui, invece, è Ramsay Snow, bastardo di Casa Bolton. »
Jon guardò il ragazzo. Quindi era un bastardo del Nord, proprio come lui, però non si assomigliavano. Non per una questione estetica, quello veniva in secondo piano, quanto per alcuni dettagli evidenti: gli occhi di Ramsay erano folli, perfidi, sfioravano quasi il sadismo.
Il bastardo di Casa Bolton sembrò irritato dalla presentazione fatta da Yoren.
« Io non sono uno Snow, sono un Bolton vero. » La sua voce era bassa, cadenzata ma nascondeva una prominente rabbia.
« Sì certo » mormorò Yoren con sarcasmo.
« So che qui avete uno Snow degli Stark piuttosto. »
Ser Alliser si fece avanti, come illuminato. « Io sono Ser Alliser Thorne, mi occuperò di addestrarvi. Lascia che ti presenti il caro Lord Snow, colui che tutto può a quanto pare, anche sfidare i propri superiori. »
Ramsay squadrò Jon da capo a piedi e gli si avvicinò con fare superiore. « Noi non siamo sullo stesso piano, chiaro ragazzino? Posso non avere il nome di mio padre ma sono un Bolton, mentre tu sei un bastardo di cui si sono liberati volentieri. »
Jon cercò di non sentirsi ferito. Il maledetto era astuto, aveva capito subito il suo punto debole e aveva colpito. Eppure non doveva essere poi così furbo se era finito lì.
« Allora se sei un Bolton, cosa ci fai con i Guardiani della Notte? »
La sua sfacciataggine fece grugnire Ser Alliser e irritò Ramsay. Inizialmente il figlio di Bolton strinse i denti, poi tornò a sorridere, in maniera felice e spensierata. « Stavo per scuoiare vivo uno dei figli di Lord Reed » disse. « Il tuo caro fratellastro mi voleva morto ma mio padre ha scritto a Re Robert e lui mi ha concesso di venire qui. »
Jon provò un forte disgusto per quella creatura malefica che si era ritrovato davanti. Conosceva i bambini Reed, li aveva visti nascere e crescere. La grazia che Re Robert aveva concesso a Ramsay sembrava inconcepibile agli occhi di Jon: il bastardo dei Bolton meritava di essere giustiziato.
Ser Thorne invece si avvicinò a Ramsay con gli occhi spalancati e ammirati. « Tu mi piaci Bolton. »
Jon pensò che anche il Castello dei Guardiani della Notte improvvisamente fosse diventato un luogo sgradevole. La gente della peggiore specie veniva accolta in un ordine che avrebbe dovuto essere nobile e onorevole. Credeva che lì sarebbe stato messo da parte il suo status e che avrebbe potuto dimostrare il proprio valore, eppure tutti continuavano a rinfacciargli chi era. Quanto avrebbe voluto che Arya fosse lì. Per lei non esisteva nessuno Snow, ma era solo una ragazzina. Presto sarebbe cresciuta e avrebbe iniziato a guardarlo come tutti. Non c’era via di fuga dalle proprie origini a Westeros.
Neanche zio Benjen era lì. Non poteva fargli da spalla o a dargli dei consigli.
Dove sei zio, si chiese Jon.

 

Aspra Dimora, Oltre la Barriera

Affacciata sopra il Mare dei Brividi, Aspra Dimora torreggiava su tutto il resto. Mance Ryder era il Re Oltre alla Barriera, un bruto cresciuto dai Guardiani della Notte che era tornato a casa. Il freddo lì era diventato distruttivo, quasi tossico. Da tempo si vociferava di quella che i bruti chiamavano apocalisse, parte dei loro territori si sarebbe disintegrata. O almeno questo dicevano gli antichi saggi. Avevano due possibilità: spingersi ancora più a Nord e scoprire cosa ci fosse, oppure avvicinarsi alla Barriera e rischiare di venire ammazzati dai Guardiani.
Mance Ryder, però, con il suo flemma aveva trovato una terza opzione per salvare il proprio popolo: far tornare i bruti a Westeros. Antiche leggende dicevano che sarebbe successo, che qualcuno li avrebbe guidati al sicuro. Purtroppo nessuno si era presentato, e non c’era tempo per aspettare un aiuto.
Dovevano agire in fretta, senza esitare. L’unico vantaggio che per adesso avevano sui Guardiani era un uomo, un ostaggio. Si trattava di un loro confratello giurato, Benjen Stark. I bruti conoscevano bene quella Casata. Erano stati gli Stark a cacciarli e ora, secondo il giudizio di Mance, sarebbe stato uno Stark a farli tornare. Come ostaggio. Con una spada puntata contro. Il Lord Comandante Jeor Mormont non avrebbe mai lasciato morire un confratello fidato come Benjen.
Lo Stark se ne stava nella tenda di Mance, sorvegliato da una bruta e un bruto. Entrambi dai capelli rossi e dalla carnagione chiara. Lei aveva detto di chiamarsi Ygritte; lui Tormund, leader dei bruti dopo Mance Ryder.
In realtà Benjen aveva temuto di subire un trattamento peggiore quando fu catturato, ma, a parte i borbottii della ragazza, non poteva lamentarsi. Gli davano cibo e acqua, dormiva comodo su una branda, anche se con i polsi legati. Sembrava si prendessero cura di lui come una merce di scambio. Sapeva cosa volevano e temeva non sarebbero riusciti a ottenerlo.
« Su cosa rimugini vecchio? » domandò Ygritte, rozza e insolente. Benjen storse il muso infastidito dalla voce grezza della bruta.
« Sulle stagioni che passano, sulla zuppa calda, su un camino acceso » mentì, e i due bruti sembrarono credergli.
« Noi non conosciamo queste cose » affermò Tormund. « Ti pare giusto? »
« Io non posso farci nulla, il passato è passato. »
« No, però puoi fare qualcosa per il presente. »
« Intendete usarmi come ostaggio? Solo io per il passaggio di un intero popolo a Westeros? Non funzionerà mai, non sono così importante quindi fareste meglio a cambiare piano » osservò Benjen con arguzia. Non l’avrebbero mai liberato. Almeno tentava di fargli perdere tempo.
« Non ha capito niente » bofonchiò Ygritte rivolta a Tormund.
Il bruto scosse la testa e si decise a spiegare il piano a Benjen. Tanto non poteva comunicare con gli altri confratelli. « Noi useremo te come ostaggio per attirare tuo nipote, il figlio legittimo di Lord Stark. Minacceremo di bruciarti vivo se non verrà qui. Catturato il giovane Stark il gioco sarà fatto. Il Re dovrà darci il permesso di tornare. »
Benjen sospirò e con una mano si strofinò il viso. Il piano era davvero stupido. « Quest’idea continua a fare schifo. Non ci credo che Mance Ryder in persona non sia riuscito a pensare a nulla di meglio.»
« Cos’altro possiamo fare » gridò la bruta. Tormund le fece cenno di stare calma.
« Qui inizia a fare troppo freddo, si avvicina l’apocalisse predetta dagli antichi » disse lui a Benjen, e il Corvo rimase in silenzio. Non credeva che i bruti fossero un popolo superstizioso. Eppure se temevano qualcosa doveva esserci un motivo.
« Deve esistere una soluzione migliore, una soluzione che non comprenda minacce e ostaggi » constatò. « Avete mai pensato di trattare? »
I due bruti scoppiarono a ridere. « Il Re non si interesserebbe mai a noi. Da quanto dice Mance non si interessa nemmeno alla propria gente che muore di fame » disse Tormund. In effetti ha ragione, pensò Benjen. Robert di reale ha solo il Trono. Il bruto notò il suo silenzio e, con un sorriso ironico, riprese il discorso. « Sai qui credevamo in una leggenda. Raccontava di un uomo che ci avrebbe salvati e riportati nei Sette Regni. Eppure siamo alla fine di queste terre e di lui ancora nessuna traccia. »
« Sapete qualcosa di questa persona? Come è fatta, da dove viene … »
« La leggenda racconta di un giovane uomo in grado di sfidare il fuoco e darci una nuova vita. »
« Sciocchezze, storielle della buona notte raccontate per far addormentare i bambini » intervenne Ygritte, braccia conserte e naso arricciato. Benjen trovò il suo atteggiamento davvero insopportabile.
« Si chiamavano Targaryen » disse il Corvo, « però hanno smesso di esistere anni fa. »
Ygritte sorrise sarcastica, come per dire te l’avevo detto. Tormund sospirò. « Come puoi vedere Corvo, siamo costretti a questo piano. Mance non ha escogitato di meglio perché non esiste di meglio. »

 

Castello Nero, la Barriera

Jon camminava avanti e indietro, impaziente, davanti alla porta della Sala Comune. Lì dentro i membri anziani dei Guardiani della Notte stavano prendendo delle decisioni importanti sulla spedizione per salvare Benjen Stark. Ciò che preoccupava Jon era il pensiero di non venir incluso nella spedizione. Sarebbe volentieri entrato a parlare con tutti loro per convincerli, ma prima doveva avere il permesso dal Lord Comandante.
I suoi amici se ne stavano seduti, in attesa come lui. Ed e Grenn erano pronti a partire, Pyp e Samwell sembravano più spaventati ma pur sempre disponibili.
« Jon calmati o esploderai » constatò Ed, con fare apprensivo.
Jon sospirò e stava per mettersi a sedere quando sentì una voce. Si trattava di Donal Noye, il fabbro dei Guardiani della Notte, che raccontava delle storie ai nuovi arrivati. Fra questi c’era anche Ramsay.
« Ho costruito io quel martello da guerra » diceva Donal. « Bello, possente, letale. Il martello di Robert Baratheon, quello che uccise Rhaegar Targaryen. »
« Saresti in grado di forgiarne uno simile per me? » chiese Ramsay, e Donal Noye gli rivolse un’occhiata scettica. « Come prova di ciò che dici, delle tue abilità » si giustificò il bastardo.
« Posso provarci ma nessun martello sarà mai potente quanto quello. »
« Come fa un martello a essere più potente degli altri martelli? » protestò Sam, che come Jon si era messo a origliare i discorsi di Noye. « Gli associate un simile valore soltanto perché ha ucciso un Targaryen. »
« Soltanto? Tu non capisci proprio niente ragazzo » sbottò il fabbro. « Non è poco uccidere un Targaryen, né tantomeno Rhaegar Targaryen. »
« La vittoria non è dovuta alle armi ma solo ai combattenti. Le armi sono simboliche. »
Jon fu in disaccordo con Sam: non bastava essere bravi per vincere un combattimento. Intanto il dibattito aveva acceso i presenti e un gruppo di curiosi si era radunato attorno ai contendenti.
« Le armature fanno una vittoria » replicò Grenn, anche lui infervorato dalla questione.
« Uno più ignorante di un altro » mormorò Donal con una mano sulla faccia.
« La perfidia vince su tutto » intervenne Ramsay, un ghigno divertito sulle sue labbra.
« Accusi il Re dei Sette Regni di essere perfido? » domandò Sam ingenuamente.
Ramsay scoppiò a ridere. « Accusare? La perfidia è meravigliosa, io ammiro il Re. »
Nessuno replicò e il sussurro di Pyp emerse dal silenzio. « Questo è pazzo per davvero. »
« Un martello contro un spada » osservò Jon a voce alta. Molte teste si girarono nella sua direzione. « In un qualsiasi scontro in campo aperto, indipendentemente dalle armature usate, un’arma inastata è sempre più pericolosa di una spada. Un maggiore allungo, unito a una buona maneggevolezza, nonché una grande potenza di impatto. Re o non Re, non provi nulla roteando un martello. La vera abilità esce fuori quando brandisci una spada, e il fatto che i duellanti usassero armi diverse ci impedisce di affermare che il vincitore era il più abile dei due. La storia è raccontata dai vincitori, di solito come preferiscono. »
Il suo era un ragionamento scontato e basico, ma alcuni dei presenti lo guardarono come se avesse tre teste. Jon notò che persino Ed aveva iniziato a fissarlo insistentemente.
« Ma tu da che parte stai? » chiese Donal Noye. In un primo momento Jon non capì il senso di quella domanda, in realtà non fece in tempo dato che Jeor Mormont uscì dalla Sala Comune e si avvicinò a grandi falcate.
« Snow e amici, venite dentro. »

« Chi ci dice che è una buona idea mandare quattro giovani attendenti insieme ai Ranger? »
« Sono dei ragazzi in gamba e credo che il loro desiderio di farsi valere possa essere una facoltà preziosa in una missione come questa » dichiarò il Lord Comandante.
Aemon Targaryen, intervenuto in precedenza, si voltò verso Jon. « Sai che non puoi farti condizionare dagli affetti? Se ci assicuri che non sarai troppo precipitoso, impulsivo e non ti farai compromettere dai sentimentalismi ti manderemo in spedizione. Prima però dovrai convincerci. »
Jon guardò i suoi amici e questi gli rivolsero degli cenni di incoraggiamento. Cosa avrebbe potuto dire per convincere i Guardiani della Notte? Si era unito ai Corvi da tre mesi, aveva fatto il suo giuramento. Aveva avuto il tempo per mettere in dubbio quella decisione e aveva constato che non c’era altra soluzione: poteva vivere bene soltanto con i Guardiani della Notte. Altrove era un semplice bastardo, senza una figura materna e con una figura paterna quasi assente, rappresentata da un uomo che non aveva intenzione di dargli il proprio cognome. Doveva vivere bene lì, non aveva altre alternative e non poteva riuscirci senza zio Benjen.
« Sappiate che non mi piace parlare e che non mi ritengo un bravo oratore. So che la paura può portare a delle scelte impulsive, ma chi mi conosce sa che sono un tipo riflessivo e che non metterei mai in pericolo i miei compagni. Non sono un egoista. Sono qui per diventare qualcuno e diventerò qualcuno. Sono qui per proteggere gli altri, anche Benjen Stark. Non solo perché è mio zio ma anche perché è il mio compito, come Guardiano della Notte. Per favore, lasciatemi partire. »
Aemon Targaryen sorrise e annuì, Ser Alliser Thorne sbuffò.

Tre giorni dopo un gruppo di nove Guardiani era in partenza dalla Barriera. I membri anziani dei Guardiani della Notte avevano deciso che era meglio partire in pochi pur di non attirare l’attenzione.
Il gruppo era composto da Jon, Sam, Ed, Grenn, Pyp, Chett, Satin, Jaremy Rykker e il Lord Comandante in persona. Alcuni si erano opposti alla sua partenza, mentre altri, che aspiravano al potere, ne erano stati felici. Lui aveva scelto di partire in nome di Benjen Stark: voleva recuperare un vecchio amico.
Jon invece era contento di allontanarsi da Ser Alliser Thorne e da quella specie di sadico inquietante di Ramsay Snow, o Bolton, a chi interessava. I Corvi avevano progettato un piano che comprendeva una scorciatoia per intrufolarsi ad Aspra Dimora senza farsi notare dai bruti. Era difficile. Due componenti avrebbero dovuto seguire il percorso mentre il resto sarebbe rimasto di guardia. Secondo i piani quei due componenti dovevano essere Satin e Jeremy Rykker, il primo giovane e veloce, il secondo con esperienza. Il viaggio cominciò in brutte condizioni climatiche: una tempesta di neve investì i viaggiatori. Il tempo al di là della Barriera si faceva sempre più brutto: come se una forza oscura, magica cercasse di spiantare quegli insediamenti.
Jon non riusciva neanche immaginare alla rabbia e paura che dovevano provare i bruti: confinati secoli orsono e ora costretti a subire un freddo che sembrava preannunciare il disastro.
In realtà non era mai riuscito a odiare quelle persone, come invece facevano i Guardiani. Jon, in cuor suo, preferiva i bruti rispetto a esseri meschini come Ramsay, Ser Alliser Thorne, Rast. Tutti uomini terribili e disgustosi. Esistevano tanti uomini orripilanti nei Sette Regni, eppure non venivano condannati o respinti.
« Si preannuncia un brutto tempaccio » gridò il Lord Comandante. « Fermiamoci qui e riposiamo » disse poi, indicando un gruppo di grotte.
Quella sera mangiarono un coniglio arrostito che erano riusciti a catturare prima di partire e alcuni dei Corvi si misero subito a dormire. Gli unici rimasti svegli furono Jon, Sam, Ed e Grenn. Sam cercava di riscaldarsi vicino alle fiamme su cui avevano cucinato mentre Grenn gli ordinava di smettere di battere i denti.
Ed e Jon erano rimasti in disparte, entrambi muti fino a quando il più grande non ruppe il silenzio. « Come stai? »
« Sono preoccupato per zio Benjen e, allo stesso tempo, ho paura che sia evidente quanto sono condizionato dalla cosa » disse. Con il suo amico poteva confidarsi, di lui si fidava ciecamente.
« Lo so che hai paura, è il tuo familiare più vicino. »
« Non dovrebbe essere così. Unendoti ai Guardiani rinunci alla famiglia. »
« Ma sappiamo entrambi che è difficile » decretò Ed.
« Sai Ed, a parte mia sorella e zio Benjen nessuno è stato in grado di non farmi sentire uno Snow. Persino mio padre non mi ha dato il suo cognome, non mi ha mai trattato come trattava il suo primogenito. » I suoi ricordi tornarono indietro, pensati e dolorosi, come una coltre di immagini soffocate che circolavano nella sua mente. Casa è dove c’è famiglia, ma cosa succede se i tuoi stessi familiari ti fanno sentire fuori posto e inadatto?
Lady Catelyn, specialmente, era sempre stata sprezzante nei suoi confronti. Lo guardava con un odio e gli parlava con un tale foga da farlo sentire quasi colpevole. Quasi. Perché lui sapeva di non avere colpa degli errori di suo padre. Allo stesso tempo era triste definirsi un errore, ma molte volte aveva quella sensazione: quella di essere nato involuto e indesiderato. Lord Stark lasciava che sua moglie dicesse e facesse quello che preferiva di lui, non aveva mai preso le parti di Jon e, anche questo, lo feriva.
« E questo ti ha ferito più di quanto tu abbia dato a vedere » intuì Ed. « Sappi che per me non sei mai stato un bastardo Jon, tu sei il mio leader. Non mi interessa se il tuo cognome è Snow. Io seguo e seguirò per sempre te, e te soltanto. »
Jon sentì gli occhi diventare lucidi. La fedeltà che gli dimostravano i suoi amici, giorno dopo giorno, riusciva a commuoverlo. Con un braccio circondò Ed e il ragazzo davanti a lui ricambiò volentieri.
Improvvisamente si sentì una botta e un tonfo.
« Grenn perché mi hai colpito? La scatola è caduta dentro il fuoco » gridò Samwell con il viso completamente paonazzo. Grenn gli rispose con altrettanta veemenza.
« Non sopportavo più i tuoi denti battenti. La prossima volta ci butto te dentro il fuoco! »
« Ragazzi fate silenzio, sveglierete gli altri » li sgridò Ed.
« Il contenitore che il maestro Aemon mi aveva affidato è caduto dentro il fuoco » si lamentò Sam.
« Lo recupererai domani, quando si spegnerà il fuoco. »
« Lo troverò completamente fuso. »
« Cosa conteneva? » intervenne Jon.
« Non importa » borbottò Sam con uno sbuffo. « Non riesco neanche a vedere dove è andato a finire. »
Jon, invece, insistette. « Sam, cosa conteneva? »
Sam arrossì e sospirò, decidendosi a confessare. « La mappa di queste zone che il Lord Comandante usava per orientarsi. »
« Sam è una cosa importantissima, dobbiamo ritrovare il contenitore » sbottò Jon e tutti i compagni iniziarono a cercare nelle fiamme. Grenn, sentendosi in colpa, prese un bastone e cominciò a frugare.
« L’ho trovato » gridò e, con il bastone, sollevò il contenitore. Jon, senza riflettere, afferrò il recipiente metallico senza neanche battere ciglio.
« Jon » esclamò Ed preoccupato e istintivamente gli tolse il contenitore cocente dalle mani. Ovviamente poi, con un grido di dolore, scaraventò a terra il recupiente.
In tutta quella confusione il Lord Comandante si era svegliato. « Cosa succede qui? Vogliamo attirare tutti i bruti nella zona? »
« Torniamo a dormire signore » affermò Grenn. Jeor Mormont non si accontentò della risposta, prese Grenn e Sam per un braccio e se li trascinò dietro. Ed e Jon rimasero di nuovo.
« Ti sei fatto male? » chiese Jon, prendendo le mani di Ed per osservarne i palmi ustionati.
« Certo che mi sono fatto male, tu no? » Quando Jon non rispose, Ed decise di ispezionare i suoi di palmi. Non un segno o una scottatura, niente. Il ragazzo di Grande Inverno osservò le proprie mani con altrettanto stupore, e le paragonò a quelle dolenti di Ed. Il suo metalupo osservava quella sceneggiata senza capire.
« Non capisco come sia possibile. »
« Non ti era mai successo? »
Jon, a bocca aperta, deglutì. « Non mi ero mai avvicinato tanto al fuoco. Sai è una di quelle cose pericolose da cui ti mettono in guardia da bambino. »
Ed era stranito ma scelse di soprasedere sulla questione. « Forse hai toccato il calore per meno tempo. Io propongo di andare a dormire e di non pensarci troppo. »
Jon deglutì di nuovo e annuì, convinto a lasciar perdere.

Il giorno dopo partirono di buon ora, Jeor Mormont ancora arrabbiato per il casino che i suoi ragazzi avevano fatto in nottata. Tuttavia una gran parte della giornata sembrò procedere per il verso giusto. Fino a quando Jeremy Rykker non ordinò a tutti di fermarsi.
« Non siamo soli, ci stanno seguendo. »
Sam iniziò a tremare mentre tutti gli altri si guardarono attorno. Nei paraggi non vedevano niente. Eppure si fidavano di un grande segugio come Jeremy e, se lui diceva che qualcuno li stava seguendo, c’era sicuramente qualcuno che li stava seguendo.
« Cosa percepisci? » gli chiese Mormont.
« Siamo circondati » constatò il Guardiano della Notte. « I bruti ci hanno circondati. »
Sam cominciò, come se fosse possibile, a tremare ancora di più. Jon vide Spettro allontanarsi e non capì il motivo. Sembrava che non ci fosse via di scampo, e tutto accadeva troppo in fretta.
« Corriamo » disse improvvisamente Jeremy e si precipitò verso una direzione. Tutti gli altri seguirono il suo esempio, di corsa. Non sapevano dove stavano andando ma continuarono a fuggire nella speranza di seminare i nemici.
Le loro speranze si rivelarono vane quando un gruppo di bruti spuntò sulla strada. Jon si voltò di colpo e notò che erano ovunque, erano tantissimi. Li avevano davvero circondati. Il giovane Snow stava per estrarre la propria spada quando una lama fredda e affilata gli toccò il collo.
« Non ti muovere o sei morto. » A parlare era stata una ragazza, o meglio una bruta dalla pelle bianca e dai capelli rossi, il viso ricoperto da lentiggini e il naso sbarazzino. In un primo momento Jon pensò che fosse carina, poi rimosse il pensiero e provò a spostarsi.
« Non muoverti ragazzino, o infilzo il ciccione » disse un’altra voce. Jon vide un uomo dai capelli e dalla barba rossi che puntava una spada contro Sam, e il ragazzo ormai tremava da testa a piedi, sembrava stesse per perdere i sensi. In effetti, pochi secondi dopo, si accasciò al suolo.
« Sam » gridò Jon, cercando di soccorrere il compagno, ma la lama della bruta si fece più insistente attorno al collo, impedendogli di fare un qualsiasi movimento. Alla fine tutti i Guardiani vennero catturati e disarmati, compreso Lord Mormont.
« Sapevo che ieri sera avevamo fatto troppa confusione » bofonchiò Grenn.
« Quale confusione? » chiese il bruto rosso. « In realtà ci è arrivato un corvo che svelava il percorso che avreste fatto. »
Nella compagnia calò un lungo e frustrante silenzio. Poi Jon esclamò con rabbia: « Ramsay. »
« Il pazzo demoniaco » proruppe Pyp.
« E probabilmente anche Ser Alliser » aggiunse Ed.
« Quegli idioti pagheranno per questo giorno » concluse il Lord Comandante, il volto contratto dalla tensione e dalla preoccupazione.

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Capitolo 3
*** I Ribelli nelle Terre della Tempesta ***


Eccomi tornata, spero non troppo tardi.
Mi sono dimenticata un avvertimento: L'OOC. Noterete infatti come alcuni personaggi siano diversi dai libri e dalla serie.
Un esempio è quello di Viserys: non è un pazzo e vuole bene a sua sorella. Anche Dani è più sicura di sé.
Ringrazio chi segue e chi preferisce.
Grazie mille a chi recensisce e a chi recensirà. Ho bisogno delle vostre opinioni, di sapere se vado bene.
Spero che questo capitolo vi piaccia.

 



Essos, Doppio Matrimonio Dothraki

In una prateria sconfinata si era radunata un’orda di Dothraki. L’evento era non uno ma ben due matrimoni. Quelli fra Drogo e Daenerys e quello fra Viserys e Jules Mara.
I due Targaryen erano seduti accanto ai loro sposi. Viserys fissava sua moglie di sottecchi. In effetti Jules Mara non era brutta, ma i suoi denti neri avrebbero messo in soggezione anche il più coraggioso dei dorniani.
« Sei pronto per una meravigliosa notte di nozze? » chiese Dani a mezza voce, accostandosi a suo fratello. Sulla sua faccia un sorrisino divertito. Viserys non sapeva se ridere o piangere.
« Se sei pronta tu » mormorò di scherno, e Dani smise di sorridere. In effetti erano insieme in quella situazione scomoda, fratello e sorella. Come ogni rispettoso matrimonio Dothraki morirono una decina di uomini e altri fecero sesso davanti ai loro occhi.
« Cosa abbiamo combinato? »
Daenerys sorrise sotto i baffi. « Non è stata una mia idea caro fratello, ma tua. Non vuoi più i Sette Regni? »
« Voglio ritornare a casa » affermò Viserys pazientemente, « per smettere di scappare. »
Dani gli appoggiò una mano sulla spalla. « Lo voglio anche io. »
Trascorsero il resto della giornata accanto ai propri compagni, fingendosi aderenti alle tradizioni dei Dothraki. Improvvisamente furono distratti da un uomo di una certa età che si avvicinava con una pila di libri.
« Un piccolo dono per i Targaryen e soprattutto per Daenerys che è diventata una khaleesi » disse, porgendole i libri, in quella che era chiaramente una lingua di Westeros. Dani ne sembrò affascinata.
« Grazie Ser. Vieni dalle mie terre? »
« Io sono Ser Jorah Mormont. Ho servito vostro padre per molti anni e, con l’aiuto degli Dei, spero di servire ancora il legittimo Re » aggiunse prima di voltarsi dalla parte di Viserys.
« Benvenuto Ser Jorah, ogni aiuto è ben accolto » replicò il giovane Targaryen. Khal Drogo e Jules Mara sembrarono disinteressati a quella conversazione, che forse neanche riuscivano a capire bene.
« Tocca a me » intervenne Illyrio Mopatis facendosi avanti con uno scrigno. Lo appoggiò ai piedi dei Targaryen e ne aprì il coperchio, rivelando due uova di grandi dimensioni. Dani si portò una mano alla bocca mentre Viserys ne afferrò subito uno, quello giallo.
« Uova di Drago, che il passare delle ere ha trasformato in pietra, ma sono sempre meravigliosi » esclamò Yllirio.
« Grazie mille Maestro » rispose Daenerys per entrambi. Prese una delle due uova, quella nera, e iniziò a studiarla da vicino. Non sembrava pietra, anzi assomigliava a un meraviglioso nucleo sano e integro. Non che avesse mai visto uova di drago, o draghi, ma era proprio come aveva immaginato che fossero.
« Questo giallo è mio » ci tenne a specificare Viserys.
« Non avevo alcun dubbio » osservò Dani divertita. « Il mio invece è questo nero. »
« Avevo anche un terzo uovo ma mi è stato rubato » aggiunse Illyrio. « Era il più bello, brillava di verde con macchie color bronzo. Purtroppo non sono ancora riuscito a individuare il ladro. »
Più tardi i festeggiamenti si conclusero e si avvicinò il momento per Daenerys e Viserys di andare in tenda per trascorrere una memorabile notte con i rispettivi coniugi. Nessuno dei due sembrava allettato dalla cosa.
« Questo viene in tenda con me » disse Viserys con il dono in mano, « magari mi porterà fortuna. »
« O ci darà il coraggio necessario. »
Viserys sospirò. « Fallo impazzire sorellina. »
« Tu fai un buon lavoro con Jules Mara » scherzò lei. Il fratello roteò gli occhi e se ne andò.

 

Fortezza Rossa, Approdo del Re

« La troie Dothraki e Targaryen sono entrambe incinte » sbottò il Re e diede un pugno sopra il tavolo. Il Concilio Ristretto si era radunato e, stavolta, aveva partecipato persino il sovrano, nonostante spesso fosse disinteressato e assente alle decisioni di stato. Eddard era appena entrato nella Sala quando il Re aveva fatto quella declamazione.
« Ma cosa dici? » domandò confuso Lord Stark.
« Jules Mara, sorella di Khal Drogo, quella che ha sposato il cretino di Viserys Targaryen e Daenerys Targaryen sono incinte dei loro mariti. »  Dicendo questo assestò un altro pugno alla tavola e il bicchiere di Varys schizzò via. Il Maestro dei Sussurri sembrò leggermente seccato, ma si piegò per raccogliere il calice.  
« Quindi? Dove sta il problema? »
Robert guardò Ned come se fosse impazzito. « Sei serio? Nasceranno altri due Targaryen dannazione! E io che pensavo di essermene quasi liberato. »
« Nasceranno altri due Targaryen è vero, ma al di là del Mare Stretto. »
« Parliamo di Khal Drogo e di sua sorella. Il maledetto possiede un’orda di dieci mila Dothraki. »
« Orda che non potrà attraversare il Mare Stretto. »
« Sciocco, folle, tu e il tuo onore » sbottò il Re. « Io ti avevo avvertito sui rischi dei due matrimoni, e tu non mi hai dato retta! »
Lord Stark sospirò costernato. Riusciva a sentire il puzzo di vino a metri di distanza. « Vorresti ammazzare due ragazzine? »
« Certamente. Voglio quella stupida bambina morta, insieme alla selvaggia. Con i figli in pancia. E voglio morto anche quel troglodita di Viserys. Li voglio tutti morti. »
Ned storse il muso, disgustato e sconcertato. Si chiese come avrebbe reagito il suo vecchio amico alla notizia che esisteva un altro Targaryen, per di più il figlio di Rhaegar Targaryen, e che alloggiava nei Sette Regni da diciassette anni. « Dov’è finito il tuo onore? » chiese.
« Il mio onore è morto anni fa » bofonchiò il Re. « Ho già visto i cadaveri di due bambini, due Targaryen, e non mi fermerò adesso. Non finché non saranno tutti morti. »
« Se parli così non sei molto diverso da Aerys il Folle » affermò Eddard con chiarezza.
Robert sbiancò e poi divenne tutto paonazzo, sintomo che stava per arrabbiarsi. « Non osare » sibilò.
« Forse non è un gene malato quello dei Targaryen, forse è il Trono che instupidisce chi non ha abbastanza umiltà da reggerne il peso » ragionò il Lord di Grande Inverno. Il suo pensiero di nuovo su Jon.
« Ancora una parola e, amicizia o no, ti infilzerò su una picca. Fuori da qui prima che io non risponda più delle mie azioni. »
Eddard arretrò e fece per andarsene quando si accorse di essere seguito. Varys gli stava attaccato dietro. « Cosa vuoi adesso? » domandò bruscamente.
« Da che parte stai mio Lord? » chiese il Maestro dei Sussurri. Parlava a bassa voce, come per accostare quella questione a un grande segreto. Ned lo fissò confuso, senza capire dove volesse andare a parare e con che intenzioni.
« Da che parte stai tu, Varys. »
Non aveva notato gli occhi di Ditocorto, che indugiavano su di lui come quelli di un rapace indagatore. Lord Baelish era rimasto tutto il tempo in silenzio, a riflettere: era molto vicino alla scoperta di un grosso segreto e, una volta aperto il nascondiglio, tutto ciò che sarebbe fuoriuscito da esso avrebbe avuto delle conseguenze irreversibili.

Eddard Stark tornò nei propri appartamenti più agitato che mai. Robert stava diventando sempre più incontenibile, arrabbiato e intollerante. Non avrebbe dovuto portare Arya e Sansa in quei luoghi.
« Ragazze, preparate i bagagli che ce ne andiamo via. »
« Dove andiamo? » domandò Sansa bruscamente. Le piaceva Approdo del Re, il clima nelle Terre della Corona e soprattutto la Fortezza Rossa. Non voleva andare via, voleva restare e sposare il Principe.
« Torniamo a Casa, a Grande Inverno. Gli Stark non fanno una bella fine qui. »
« Io devo sposare Joffrey. »
« Le mie lezioni di danza? » Arya non apprezzava molto quei luoghi ma amava esplorare e quella Fortezza nascondeva tanti passaggi, segreti e intrighi. Poi aveva delle lezioni importanti da portare a termine. « Oggi Syrio mi insegnerà a combattere da bendata, sono migliorata tantissimo. »
« Combattere? » domandò Sansa confusa.
« Forse non avete capito cosa ho detto » protestò il padre. « Qui non è più sicuro per noi. »
« Ma il Re è tuo amico e io ormai sono promessa in sposa a Joffrey. »
« Non ci si può fidare più neanche degli amici. Troveremo un marito migliore per te Sansa, credimi. »
« No, io voglio Joffrey » insistette lei.
Arya saltò in piedi e si aggrappò alle vesti di Lord Stark. « E io voglio restare. Per favore padre, restiamo. » Per una volta lei e Sansa erano dalla stessa parte. Avrebbe potuto quasi abituarsi.
Prima che il padre delle ragazze potesse replicare, Septa Mordane entrò nella stanza.
« Mio Signore, qui c’è un certo Clegane che chiede di entrare. »
Ned perse qualche battito. Improvvisamente i corpi di Aegon e Rhaenys Targaryen gli tornarono in mente come un fulmine a ciel sereno. Immaginò Arya e Sansa in quelle condizioni. « Quale dei due Clegane? »
« Ovviamente quello con il viso sfigurato » si affrettò a precisare Septa Mordane.
Lo Stark tirò un sospiro di sollievo alla notizia, e Arya si chiese perché suo padre fosse tanto agitato. « Lasciatelo entrare » disse infine. Dopo un minuto di attesa il Mastino fece il suo ingresso nella dimora dei lupi. Sansa fissò il suo viso sfigurato e, come sempre, fu scossa da un brivido.
« Lord Eddard, Sua Altezza Cersei Lannister chiede di vedere Lady Sansa e Lady Arya. »
« Il mio nome è Arya e basta » replicò la più piccola delle ragazze.
« Arya » rimproverò il Lord di Grande Inverno, prima di rivolgersi a Sandor Clegane. « Cosa vorrebbe Cersei Lannister dalle mie figlie? »
« Pranzare. »
« Io non voglio pranzare con lei » protestò Arya. Il Mastino non riuscì a trattenere un sorrisino divertito, che ovviamente Sansa non mancò di notare.
« Arya, ti prego » mormorò suo padre.
« Lasciaci andare padre » disse Sansa invece. « Forse vuole parlarmi di Joffrey e delle nostre nozze. »
Lord Stark si fermò a riflettere. Non si fidava di Cersei Lannister e non immaginava cosa potesse avere in serbo per Sansa ma, di certo, Arya sarebbe stata abbastanza sveglia da proteggere entrambe. Era identica a Lyanna: una ribelle e una combattente.
« Andate pure, ma stasera discuteremo di quello che dicevo. E non fatene parola con nessuno. »
Sansa ne fu felicissima e fu ancora più contenta quando il Mastino scortò lei e sua sorella verso gli appartamenti della Regina. Avrebbe imparato tante cose da Cersei e un giorno non molto lontano sarebbe diventata Regina come lei. Arya sembrava molto meno entusiasta ma, tutto sommato, si incuriosì alla lesione sulla faccia di Sandor Clegane.
« Come ti sei fatto quella cosa sulla faccia? »
« Arya, non fare domande sciocche » sbottò Sansa.
« Mio fratello mi ha schiacciato contro il fuoco come una costoletta » affermò il Mastino, senza peli sulla lingua.
« Se tu fossi nato Targaryen non ti sarebbe successo niente. »
« Se io fossi nato Targaryen mi avrebbero massacrato tempo orsono, Little Lady » precisò Sandor. L’appellativo ‘Lady’ fu usato appositamente per infastidire Arya e questo fece ridere Sansa. « Non hanno fatto una bella fine i draghi. »
Arya ignorò il nomignolo e pure sua sorella. Era più interessata alla storia che poteva raccontare il Mastino. « Tu c’eri? »
« Io ero già a servizio dei Lannister in effetti. Ero con i leoni quando conquistarono i Sette Regni per Robert Baratheon. »
« Anche quando fecero martoriare i figli di Rhaegar Targaryen? »
Sandor Clegane si fermò un attimo, poi riprese a camminare come se niente fosse.
« Quello fu mio fratello » ribatté con un grugnito rozzo. « Basta domande mocciosa. »
Arya ignorò bellamente l’ordine. « So cosa hanno subito gli Stark, ma i bambini Targaryen non meritavano quella fine e Re Robert fu spietato » continuò a ragionare. « Insomma mi riferisco a mio zio e a mio nonno, uccisi da Aerys il Folle. Mia zia Lyanna invece è stata rapita e stuprata da Rhaegar Targaryen. »
« Non tutti i Principi e i cavalieri sono nobili. » E facendo questa constatazione il Mastino si voltò verso Sansa. La rossa si sentì strana, come se Sandor Clegane cercasse di comunicarle qualcosa di importante. Non tutti i Principi sono nobili.
« Nostro padre non parla spesso di lei » bisbigliò, desiderosa di cambiare argomento. « Conosciamo zia Lyanna grazie ai racconti degli altri. Dicono tutti che assomigliasse molto a mia sorella. » Arya rimase a bocca aperta: non avrebbe mai immaginato di sentire quelle parole proprio da Sansa.
Il Mastino sghignazzò e disse: « Allora doveva essere una grande impicciona. »
Sansa e Arya ridacchiarono. Entrambe pensarono che fosse una bella giornata e che non avevano mai avuto momenti di simile sintonia prima di allora.
« Non sei poi così male Mastino » osservò Arya.
Fece per aumentare il passo quando Clegane afferrò sia lei che Sansa, trascinandole dietro una colonna. Le due sorelle si guardarono confuse, poi fissarono il Mastino e, infine, scoprirono il motivo della sua agitazione. Jaime Lannister era appena uscito dalla stanze di sua sorella senza armatura. Stava infilando il bordo della propria camicia nei pantaloni. I tre rimasero nascosti e in silenzio fino a quando il Lannister non sparì dalla vista.
« Cosa ci faceva in quelle condizioni nella camera da letto della Regina? » domandò Arya quando riuscì finalmente a parlare.
Il Mastino sospirò e scosse il capo. « Basta domande, o ti chiuderò nelle stanze di Cersei Lannister per il resto dei tuoi giorni. »
Accompagnò Arya e sua sorella alla porta e bussò. La Regina li aprì e fece segno alle ragazzine di entrare. Sansa fissò Sandor senza dire niente mentre Arya gli sorrise. Il Mastino guardò entrambe, soffermandosi di più sulla maggiore, e infine se ne andò.
« Ragazze » salutò Cersei. « Come siete carine. Venite a sedervi. »
Sia Sansa che Arya si avvicinarono alla tavola imbandita riluttati. Erano ancora dubbiose a causa della scena di poco prima e a causa delle parole di Lord Stark. Il padre aveva detto che non era un luogo sicuro e che gli Stark non facevano una bella fine alla Fortezza Rossa.
« Assaggiate questa zuppa, c’è un ingrediente segreto che viene da Dorne. » Sansa e Arya si accomodarono davanti alla Regina, che sorrideva costantemente con quella che sembrava più una smorfia forzata. Persino Sansa non era completamente a suo agio. In ogni caso, iniziarono a mangiare e lei fece subito i complimenti per il cibo.
« Dentro alla zuppa ci sono limoni di Dorne » intuì Arya invece.
« Come sai queste cose? Dubito che a Grande Inverno crescano dei limoni » disse Cersei con tono di scherno.
« Da noi li importano » replicò prontamente Arya. « Non siamo barbari come molti di voi pensano, anche a Grande Inverno conosciamo i limoni. » Con molti di voi, faceva riferimento a Cersei e basta. Aveva notato i suoi occhi disgustati mentre girovagava nella terra degli Stark. Era semplicemente una donna viziata e arrogante.
Cersei alzò un sopracciglio e scoppiò a ridere. « Sei una ragazzina sfacciata, ci credo che assomigli molto a tua zia. »
Sansa pensò che Cersei non sopportasse Lyanna e che quella similitudine con sua sorella poteva sembrarle una minaccia. « Arya non pensa a quello che dice mia Regina, mi scuso per il suo temperamento. »
« Non fa niente mia cara, tua sorella è ancora una ragazzina e avrà tempo per imparare a comportarsi come una nobildonna. Quanti anni hai Arya? »
« Ho tredici anni, due in meno di Sansa. »
« Non è una grande differenza » constatò Cersei, poi riprese a mangiare indisturbata e Sansa e Arya imitarono il suo esempio. Però non si sentivano per niente tranquille accanto a quella donna. Improvvisamente la Regina si fermò e posò il cucchiaio. « Le nostre Casate sono amiche, giusto? Eppure oggi vostro padre ha litigato pesantemente con mio marito. »
« Sono certa che faranno pace » si affrettò a precisare Sansa. « Perché hanno litigato? » indagò.
« Per via dei Targaryen. I nostri cari uomini hanno visioni contrastanti. »
« Cosa importa? » sbottò Arya. « Sì insomma, non possono attraversare il Mare Stretto. »
Cersei storse il muso. « Ragioni come tuo padre » disse quella cosa come se fosse un difetto, e Arya si irritò.
« Nostro padre è un uomo nobile e rispettoso. »
« Lui è un uomo d’onore » aggiunse Sansa, sentendosi in dovere di difendere il genitore.
« L’onore non porta da nessuna parte mie dolci fanciulle. Finché vivrete qui imparerete quanto io abbia ragione. » Il tono della Regina si era fatto più aspro e duro, come il tono di una donna che non ammetteva repliche. « In ogni caso spero che a vostro padre non vengano in mente strane idee e, infatti, ho una brillante proposta. Legheremo Stark e Baratheon ancora di più. Sansa sposerà Joffrey e tu, Arya, sposerai mio figlio Tommen. »
La maggiore per poco non si strozzò con il liquido della zuppa, mentre Arya impallidì. « Il principe Tommen è un bambino, e poi io non voglio sposarmi. »
« Crescerà, e in ogni caso non era una richiesta. Io sono Cersei Lannister, figlia di Tywin Lannister e Regina dei Sette Regni. Ciò che voglio è ciò che avverrà. Inoltre, spero che tornate da vostro padre gli ricorderete i suoi doveri da Primo Cavaliere » intimò Cersei, il tono sempre più alto e minaccioso e il viso contratto dalla tensione. Sansa iniziò a tremare e, improvvisamente, i tratti di Cersei si addolcirono. La Regina sorrise falsamente e con una voce mascherata aggiunse: « Ora finite il vostro pasto mie care. »

Tornata a casa Arya si recò immediatamente nella propria camera, senza rivolgersi a nessuno e lasciando suo padre e sua sorella nella stanza principale. Si gettò sulla cattedra e prese carta e inchiostro. I suoi occhi lacrimavano dalla rabbia e, con la vista annebbiata, scrisse una lettera a Jon.
Soltanto lui poteva capire cosa provava in quella tremenda situazione. Sperò intensamente in una risposta.
Non avremmo mai dovuto lasciare Grande Inverno, scrisse. Mi manchi più di ogni cosa.
Lascia i Guardiani e vieni a prendermi. Qui mi sento in trappola.

 

 

Ingresso della Fortezza Rossa

Tyrion Lannister raggiunse i cancelli della Fortezza Rossa. Suo padre, il grande e potente Tywin Lannister, sarebbe arrivato a breve in città. La stessa città che aveva conquistato per Re Robert tanti anni fa.
Tyrion doveva contribuire alla fase politica della famiglia, dato che Jaime aveva deciso di diventare una Guardia Reale e mantenere il celibato. Il nano conosceva il motivo di quella decisione, sapeva che Jaime e Cersei avevano una relazione incestuosa e sapeva persino che tutti i figli di Cersei erano di suo fratello. Tuttavia non poteva dirlo a nessuno, doveva tacere per proteggere i propri familiari e la resilienza della Casata Lannister.
Intanto, mentre rifletteva, Ditocorto gli sfrecciò accanto. Ecco un altro soggetto che Tyrion non sopportava. L’unica cosa che apprezzava di lui erano i suoi bordelli.
« Dove corri Baelish? »
Petyr sorrise sardonico e replicò: « Non sono affari tuoi nano. Sappi solo che ho in mano un grande segreto. Aspetto che mi diano una conferma dalla Cittadella, li ho pagati per fare alcune ricerche. Quando dirò a Re Robert cosa ho scoperto otterrò una posizione talmente privilegiata da farvi impallidire tutti quanti. » Detto questo si voltò e se ne andò di corsa. La sua tunica svolazzò avanti e indietro, mentre lui spariva dentro il proprio bordello.
« Per fortuna aveva detto che non erano affari miei » borbottò il nano. « Che soggetto. »
Rimase lì, fermo e impalato, in attesa di suo padre. Con lui c’erano soltanto Bronn, suo amico e mercenario che aveva incontrato durante il viaggio di ritorno, e il suo scudiero Podrick. Aveva incontrato anche una donna, una prostituta di nome Shae, che si era unita a lui e lavorava nella Fortezza Rossa.
« Cosa sibilava il serpente Baelish? »
Tyrion non si era accorto invece della presenza silenziosa di Varys. L’uomo era capace di spuntare sempre e ovunque senza farsi notare.
« Dice di aver scoperto un importante segreto. Sinceramente poco mi interessa. » Varys rimase in silenzio. « Non sarai mica preoccupato amico mio. »
« Sono il Maestro dei Sussurri, eppure non ho idea di cosa trami quella vipera » osservò Varys. « Purtroppo ha un vantaggio sui miei uccelletti, è più furbo e discreto di chiunque altro. »
« Se io fossi in te non mi preoccuperei » intervenne Bronn.  
« Sono tre mesi che è in fermento, io mi preoccupo e anche tanto. »
« Tre mesi? » domandò Tyrion confuso. « Tre mesi fa è stato a Grande Inverno. »
Prima che Varys potesse replicare, un fitto rumore di zoccoli fece vibrare il terreno. Tyrion guardò in lontananza e vide Tywin Lannister, con una schiera di soldati Lannister, che cavalcava nella sua direzione. Il Capo della Casata più temuta dei Sette Regni era giunto in città.
« Padre » salutò Tyrion.
« Tyrion. » Ovviamente Tywin non avrebbe mai usato il termine ‘figlio’ per lui e questo fece sorridere malinconicamente il nano. « Prima di entrare a salutare i miei figli e il Re, ti affido un compito nella speranza che tu parta il più in fretta possibile. »
« Di cosa si tratta? »
« Ci sono degli insorti nelle Terre della Tempesta, ancora una volta. Faremo un favore a Re Robert e manderemo i nostri soldati a placare i ribelli. »
« E cosa dovrei fare io? » chiese Tyrion. Non capiva cosa pretendesse suo padre: era appena tornato dalla Barriera, meritava un poco di riposo.
« Tuo zio è a capo della spedizione, mentre tu presenzierai e combatterai in mio nome. Ovviamente è un ordine, quindi non accetto repliche. »
Il nano era rimasto allibito, senza parole. « Già che ci sei mettimi in avanguardia, così avrò maggiori probabilità di morire e di togliermi dai piedi. »
« Ci vedremo al tuo ritorno » disse Tywin e riprese il tragitto verso il castello, con i suoi uomini dietro.
« Ancora ribelli. » Il sussurro di Varys fu basso ma abbastanza forte da essere sentito.
« Certo pensiamo ai ribelli » borbottò Tyrion, « e non pensiamo alla felicità di mio padre di liberarsi di me. »
« Non sono ribelli qualsiasi, mio Lord. Sono ribelli delle Terre della Tempesta. Avvertono ancora il sangue di drago, non si spaventeranno davanti a un ruggito di leone. »
Tyrion era rimasto in ascolto affascinato. « Parli dei Targaryen? »
Varys annuì. « Fra battaglie e conquiste i confini dei Sette Regni hanno continuato a cambiare fino alla Ribellione di Robert. Per secoli i Targaryen hanno posseduto gran parte delle Terre della Tempesta e, anni fa, Rhaegar Targaryen ci passò giornate intere, cantando come un semplice menestrello in mezzo alla gente. Il popolo delle Terre della Tempesta amava Rhaegar e amava i Targaryen, sin dalla prima volta che misero piede a Westeros. Non si può motivare sai, il senso di appartenenza e di lealtà non ha una spiegazione precisa. Fatto sta che Robert cercò di radunare i vessilli e metà dei nobili delle Terre della Tempesta si opposero a lui, rifiutandosi di scendere in campo contro i Targaryen. Anche alla Valle non tutti seguirono Jon Arryn in battaglia, ma è un discorso diverso. Nelle Terre della Tempesta ci sono ancora dei fedeli ai draghi e, ora più che mai, sono aumentati perché non sopportano il nuovo Re ubriacone e indifferente alla plebe. Secondo te perché Renly Baratheon che ora è Lord di Capo Tempesta non vive nelle Terre della Tempesta? »
« Perché i Baratheon se ne fregano di quella gente, dei poveri e di tutto ciò che dici tu. Perché li ci sono ribellioni e insurrezioni, e guerrieri forti e coraggiosi pronti a darne quattro. Perché sono i sovrani dei Sette Regni e si accontentano di vivere nella bambagia » disse. « Viserys e Daenerys saranno anche dei draghi ma non riusciranno mai a crearsi un seguito decente per conquistare Westeros. Non hanno abbastanza carisma e, oggi come oggi, sono considerati i figli di Aerys il Folle. »
« Persino sotto Aerys il Folle il popolo prosperava. Non c’era pace certo, quella non ci sarà mai, ma si pativa meno di quanto si patisce oggi. » Varys parlava con una passione e con una convinzione da far tremare i polsi. « Tuttavia hai ragione, ci vorrebbe un Re diverso da Viserys Targaryen. »
« Sembra quasi che tu stia aspettando un Re simile. »
« Non piacerebbe anche a te? Non piacerebbe ai bambini che pregano di poter vivere un altro giorno senza morire di fame? »
Tyrion deglutì e non replicò. Neanche lui conosceva una risposta degna della conversazione, o della speranza di Varys.

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Capitolo 4
*** La nascita di Rhaegal ***


Ciao carissimi,
prima di tutto BUONE FESTE!
Spero sinceramente abbiate passato un felice Natale. Credo di dovervi già augurare anche un buon Capodanno!
Eccomi tornata con un nuovo capitolo, difficile da scrivere in questo clima, e il titolo dice TUTTO.
Siamo vicini alla SVOLTA.
RINGRAZIO chi segue e preferisce questa storia, ma soprattutto chi recensisce. Per me è importante sapere cosa ne pensate.
BUONA LETTURA! Spero vi piaccia.

 



Aspra Dimora, Oltre alla Barriera

« Io propongo di tagliare una mano a Snow e di spedirla a suo padre, come minaccia. »
« Io propongo di darti una calmata. »
« Non abbiamo bisogno di Robb Stark, capisci? Anche Jon Snow è figlio di Lord Stark, il Primo Cavaliere di Re Robert. »
« Non possiamo ferirlo Ygritte, dannazione ragiona » obbiettò Tormund. « Arriveremo nei Sette Regni ma non in questo modo. »
« Non importa il modo, dobbiamo arrivarci e in fretta » sbottò Ygritte.
« Ascolteremo il giudizio di Mance, è lui il nostro capo. »
Il dibattito tra i due bruti andava avanti da tempo, e per di più dinanzi agli occhi dei prigionieri. Jon e i suoi compagni erano stati portati in una tenda, dove Benjen era incatenato. Erano stati legati insieme a lui e ora aspettavano il verdetto di Mance Ryder, dopo che i bruti avevano scoperto che Jon era in parte uno Stark.
« Stai tranquillo nipote mio, ne usciremo vivi » sussurrò Benjen per non farsi sentire dai bruti.
« Sono felice di rivederti zio » rispose Jon. « Non puoi immaginare quanto fossi preoccupato. »
« Non avresti dovuto venire, sei giovane e sei più prezioso di questo vecchio. »
« Sono prezioso solo per te » replicò il ragazzo. « Che senso avrebbe avuto se tu fossi morto? »
« Non è vero Jon. Per i tuoi amici sei prezioso, altrimenti non ti avrebbero seguito sin qui, non avrebbero rischiato così tanto. »
Jon sorrise e si voltò a guardare Sam, Eddison, Grenn e Pyp. Gli amici erano lì soltanto per lui, cosa che nessun altro avrebbe fatto in nome di un semplice bastardo. Non li avrebbe mai ringraziati abbastanza. Se fosse accaduto qualcosa a uno di loro, ne avrebbe sofferto troppo.
In lontananza si sentì un rumore di passi e Mance Ryder, con altri bruti, entrò nella tenda. Jon fissò Mance: il suo aspetto era abbastanza anonimo ma non sembrava una cattiva persona, non del genere di Ramsay Bolton o di Ser Alliser Thorne. Probabilmente i bruti erano anche migliori di alcuni uomini che dominavano i Sette Regni, ma Jon non li conosceva. Provò paura, non per sé stesso quanto per i propri compagni.
« Fate di me ciò che volete, ma non toccate mio zio e i miei amici. »
Mance si voltò verso il giovane di Grande Inverno e gli fece un sorriso sbiadito, come se sapesse già tutto su di lui.
Ed non riusciva a credere alle proprie orecchie. « Jon cosa diavolo dici? »
« Sentite bruti, se toccate lui toccate noi » sbottò Grenn cercando di alzarsi in piedi. Uno dei bruti presenti nella tenda rimise a sedere il Corvo.
« Grenn sta fermo » mormorò Jon apprensivo.
« Amico non morirai senza il mio permesso. »
« Morirete tutti a breve se non chiuderete il becco » replicò Ygritte.
« Stai zitta cagna » fu il commento di Pypar.
Sam spalancò gli occhi, indignato. « Pyp! Modera i termini, è pur sempre una damigella. »
Molti bruti scoppiarono a ridere, seguiti subito dalla stessa Ygritte.
« Sam sa fare il comico a quanto pare » osservò Benjen pur di sdrammatizzare.
Mance Ryder ignorò il momento di ilarità e si inginocchiò a guardare Jon negli occhi.
« Ascoltami bene Corvo, io ti libererò e tu farai il bravo. Altrimenti saremo costretti a prendercela con tuo zio » minacciò. Jon annuì e Mance gli sorrise. « Bravo ragazzo. Liberatelo. »
« Perché? » domandò Jon, mentre il bruto di nome Tormund gli slegava i polsi. « Mi sopravvaluti Ryder, io non sono importante quanto Robb per nostro padre. Non vi lasceranno entrare nei Sette Regni per un bastardo. »
« Non voglio minacciare Lord Stark, voglio che tu conosca i bruti e che capisca che razza di gente siamo. Quando ci conoscerai meglio sarai tu stesso a chiedere a tuo padre di farci entrare. »
« So cosa si dice di voi » proferì Jon. I bruti erano i cattivi delle fiabe da cui i bambini dovevano essere tutelati, erano dei selvaggi.
« Ciò che dicono di noi a Westeros non è vero. »
« Mance dannazione, non abbiamo tempo per queste sdolcinatezze » protestò Ygritte. Ormai era da ore che fissava malignamente Jon. Il ragazzo non sapeva cosa aveva fatto di male. Insomma bruti e Guardiani non si sopportavano di certo, ma quello di Ygritte sembrava puro disprezzo. Tuttavia la maggior parte della sua rabbia era indirizzata proprio verso Mance, come se invidiasse il capostipite.
« Sono io che comando e decido io per cosa abbiamo tempo. Tormund! » tuonò Mance. Il bruto dai capelli rossi si fece avanti e annuì. « Il ragazzo sarà affidato a te. Dormirà nella tua tenda, mangerà il tuo cibo e tu sarai la sua ombra. »
« Gli starò attaccato come una cozza » annunciò Tormund con un sorriso bonario.
Jon sollevò un sopracciglio ma non si azzardò a replicare. « Se non cambierò idea? » chiese semplicemente.
Mance Ryder sospirò. « Dacci un mese di tempo, non ti chiedo di più. »

I bruti e i Guardiani della Notte rimasero nella tenda a lungo, discutendo e protestando. Intanto Jon cercava di scaldarsi vicino al fuoco. Improvvisamente a Mance saltò in mente un pensiero. « Li avete già perquisiti? » domandò. I bruti che si erano occupati della loro sorveglianza deglutirono e risposero che no, non avevano ancora perquisito i prigionieri. « Davvero? Allora fatelo immediatamente. »
Gli uomini di Mance iniziarono a frugare ovunque. Nelle tasche, in mezzo alle pellicce, dentro i borsoni, alla ricerca di non si sa cosa. Sam era pieno di tasche e infatti fu tormentato da capo a piedi, mentre borbottava. Alla fine i bruti sembrarono arrendersi quando uno di loro, quello che frugava nella borsa di Satin, chiamò Mance. « Questo Corvo nascondeva una cosa. »
« Di cosa si tratta? » domandò il capo.
« Credo sia un uovo di … drago. » Tutti i presenti si voltarono stupiti verso il bruto che aveva parlato. L’uomo teneva in mano un oggetto, tondo e grande. Brillava di verde con delle sfumature bronzee. Sembrava un uovo, ma Jon non riuscì a capire se fosse davvero di drago. È meraviglioso, si disse.
Mance afferrò il guscio e raggiunse Satin con poche falcate. Il Corvo era diventato completamente paonazzo e tratteneva il respiro, senza guardare in faccia nessuno. « Dove hai presto questo? »
Satin si fece coraggio e, alla fine, disse: « L’ho sottratto a un cliente del bordello in cui lavoravo. Si trattava di un anziano Maestro, un certo Yllirio Mopatis. »
« Hai derubato un Maestro? » domandò Sam, sempre più oltraggiato dalla faccenda. Il suo rispetto per i Maestri superava persino il disorientamento provocato dalla presenza di un mitologico uovo di drago.
« Rubato non è il termine adatto, pensavo di venderlo per ricavarci qualcosa. » Lord Mormont e Benjen storsero il muso. Persino alcuni bruti lanciarono a Satin delle occhiatacce indignate. « Guardate che non c’è niente di vivo dentro, ormai è semplice pietra. »
Mance, intanto, aveva notato che Jon fissava il prezioso uovo di drago da troppo tempo. Così sorrise e glielo porse. Il giovane non riuscì a trattenere un suono di stupore.
« Ti interessa? » domandò Mance. Jon ci provò a mentire, provò a dire di ‘no’ in maniera convincente, ma il capo dei bruti sembrò aver capito tutto. « Invece ho notato che ti interessa e, come simbolo di amicizia, te ne faccio dono. »
Mance abbandonò il reperto nelle mani di Jon, che rabbrividì al contatto con la fredda pietra. Si specchiò nella superficie verde e lucida che sottostava ai suoi occhi. È bellissimo, realizzò ancora una volta. Neanche il tempo di concretizzare il pensiero che vide un guizzo viola nei meandri del verde, e sentì chiaramente un fremito dentro il tuorlo apparentemente fossilizzato. Il drago è vivo, pensò emozionato.

 

Jon e Tormund divennero presto un tutt’uno. Jon poteva vagare libero fra i villaggi di Aspra Dimora ma Tormund gli stava sempre attaccato alle calcagna, come aveva ordinato Mance. Jon ci provava spesso a seminare il bruto ma il suo nuovo compagno si era rivelato un osso duro. Non permetteva che Jon si cambiasse in privato, figurarsi lasciare che passeggiasse senza una sorveglianza costante.
« Non ti dare tutte queste arie, tu e il tuo sangue nobile » mormorò un pomeriggio. Jon gli stava simpatico e a lui stesso non dispiaceva il bruto, ma non si conoscevano ancora abbastanza bene.
« Ti sbagli su di me » gli fece notare Jon.
« E tu ti sbagli su di noi. »
Il ragazzo di Grande Inverno sospirò. « Forse dovremo imparare tutti a conoscerci meglio. »
« Tu chi sei Jon Snow? Cosa nascondi sotto quei ricci ben fatti? »
« Sono un figlio illegittimo e di conseguenza nella catena sociale sono posizionato poco sopra di voi » spiegò. « In realtà ho una vita abbastanza tranquilla, e credimi nulla da nascondere. »
« Che tristezza » commentò Tormund.
« Hai capito bene » concordò Jon. « Non otterrete nulla da me, sono solo un bastardo. »
Il bruto scoppiò a ridere e gli assestò una pacca sulla schiena. « Vedremo mio caro Snow, di solito Mance ha un buon sesto senso. »
Jon sorrise e continuò a camminare. Seguiva il suo nuovo amico: Tormund aveva detto di dovergli presentare una persona fantastica. Tuttavia Jon non riusciva a smettere di pensare alla bruta dai capelli rossi. « La tua amica non sembra d’accordo con Mance. »
« Parli di Ygritte? Lei non è mai d’accordo con Mance. Comunque sento che ti piace. Sappi mio caro Jon che lei non si innamorerà, né di te né di nessun altro, non illuderti perché lei vuole solo sesso. » Jon arrossì e il bruto di Aspra Dimora strabuzzò gli occhi. « Non hai mai fatto sesso? Almeno hai dato un bacio a una bella donna? »
« Certo che ho baciato, ma ho preferito evitare il rapporto completo. »
« Perché? »
Jon fu tentato di dirgli di farsi gli affari propri. Poi pensò che Tormund era sempre stato disponibile con lui. « Non voglio avere figli. Immagina come vivrebbe il bambino di un bastardo »
Improvvisamente il rosso sembrò capire e iniziò a guardare Jon con occhi diversi. Non con gli occhi di un adulto che si trova fra i piedi un ragazzino inesperto e immaturo; ma con gli occhi di chi ammira il giovane uomo con cui ha il piacere di confrontarsi. « Non avresti questi problemi con Ygritte. Lei butterebbe il bambino direttamente da un burrone. »
I due scoppiarono a ridere.
« Per i Sette Dei! È crudele. »
« Ma ci faresti sesso » insistette il bruto.
Jon, invece, non aveva voglia di affrontare quell’argomento. « Dovrei convincere mio padre a far entrare gente come Ygritte nei Sette Regni? »
Tormund scosse la testa ma cercò di spiegarsi con pacatezza. « Davvero non vogliamo minacciare e saccheggiare, vogliamo entrare nei Sette Regni pacificamente. Sarebbe l’unica maniera per restarci a lungo, per non rischiare di venire scacciati ancora una volta. »
« Vi ammiro per questo. Siete chiaramente spaventati da qualcosa ma cercate un approccio pacifico. Nel mio mondo più si è spaventati più si diventa cattivi. »
« Non dire sciocchezze. Scommetto che lì siete tutti agnellini. »
Jon gli disse che si sbagliava. « Robert Baratheon uccise Rhaegar Targaryen con una martellata in petto, i suoi bambini vennero massacrati e martoriati per ordine dei Lannister, Ramsay Snow scuoia gente viva. »
Il rosso era rimasto senza parole. « Per tutti i focolari. Bastardi trattati come criminali, bambini uccisi, gente pazza. Se potessi resterei da questa parte della Barriera, credimi. »
Jon sorrise divertito. Il bruto aveva proprio ragione: in simili casi quelli di Westeros sembravano i veri selvaggi, non il Popolo Libero.
« Dove mi porti? »
« Ti faccio conoscere una delle donne più popolari qui da noi. Il suo nome è Rose. Da giovane era una guerriera, una vera dura dal cuore tenero. Ora è adulta e madre di due bambini, ma è pur sempre coraggiosissima. Ogni giorno assiste il suo bambino malato. »
« Cosa è successo a lui? »
Il rosso sembrò esitare, poi guardò Jon e si convinse a parlarne. « Non sappiamo ancora bene chi sia il nostro nemico, ma sappiamo che esiste. Il bambino di Rose si era allontanato, giocava con gli amici. Sparì in una selva a varie miglia di qui e tornò con un braccio mezzo congelato, piangendo come un ossesso. Nessuno sa cosa abbia visto ma da allora non ha mai parlato, è pallido, il suo sguardo è fisso e sembra più fragile del cristallo. »
Portò Jon in una tenda e gli presentò Rose. Lei non sembrava una bruta, anzi era una donna dai lineamenti nobili e dagli occhi gentili, misericordiosi. Accudiva i suoi figli, in particolare il bambino di cui aveva parlato Tormund. Un bambino esile e pallido, con un braccio di ghiaccio e gli occhi immobili, fissi a guardare un punto dinanzi a sé. Il ragazzino si chiamava Tom e molti bruti gli andavano a fare visita ogni giorno, perché volevano bene a sua madre e poi si erano affezionati a lui. Jon provò una grande compassione per quelle persone, molto più grande di qualsiasi altro sentimento avesse provato per i cittadini di Westeros. Di bruto in quella gente esisteva solo il nome. Certo avevano dei modi un poco rozzi, ma anche i maschi dei Sette Regni mentre uscivano dalle taverne ubriachi marci sbraitavano, stupravano e sputavano volgarità. Non erano migliori degli uomini oltre alla Barriera.
« Mi dispiace per tuo figlio » disse Jon. « Se posso fare qualcosa … »
« Non sembri un Corvo giovane uomo, sei troppo gentile. Poi hai uno strano riflesso nello sguardo » replicò Rose. Fissava il ragazzo dritto negli occhi, come se potesse leggerci qualcosa dentro.
« Come fate a non sapere cosa gli è successo » indagò lui. Tormund, intanto, ascoltava quella discussione in disparte.
Rose prendeva quella situazione molto seriamente, come probabilmente facevano anche i suoi compagni. Intanto discuteva animatamente, ma non distoglieva mai gli occhi dal proprio bambino. « Sappi solo che siamo davvero in pericolo. Se puoi salvaci, portaci fuori da tutto questo. »
Per una volta, Jon si sentì responsabile della faccenda. Quella gente contava davvero su di lui. « Ho paura di non essere la persona giusta per riuscirci. »
« Tu provaci » insistette Rose.
Poco più tardi Jon e Tormund lasciarono la tenda della donna e si immersero nella confusione di Aspra Dimora. Per tutto il tempo il giovane di Grande Inverno non fece altro che pensare alle parole di Mance, a quelle di Rose e alla faccia del piccolo Tom. I bruti sembravano davvero convinti che ci fosse un pericolo lì fuori, il freddo era diventato un nemico pericoloso e il braccio congelato di Tom ne era la prova. Sembrava quasi si trattasse di magia oscura, quella specie di magia protagonista dei racconti delle septe.
« Cosa c’è? »
« E se non riuscissi a salvarvi? »
Il rosso ridacchiò, colpito e allo stesso tempo divertito dalla sua espressione. « Jon Snow che meraviglioso mistero che sei » decretò. « Ma non ti illudere, certo hai dei bei ricci ma continuerò a preferiti una bella donnona. »

Jon trascorse i seguenti giorni in giro per Aspra Dimora, come desiderava Mance, alla conoscenza del Popolo Libero. Certo si sentiva caricato di una grande responsabilità. Sembrava tutti si aspettassero qualcosa da lui. Intanto non riusciva neanche a salvare suo zio, aiutarlo a scappare insieme agli altri. Erano tutti sorvegliati a vista d’occhio.
« Perché deve essere tutto così difficile? »
La notte rimaneva spesso da solo davanti al fuoco di un tizzone acceso che, con il freddo oltre alla Barriera, resisteva poco, ma gli sembrava più intenso di qualsiasi altro fuoco. Più di una volta aveva provato a lasciare il suo nuovo uovo nelle fiamme, senza alcun motivo preciso. Sentiva che doveva provarci e semplicemente ci provava. Tuttavia il mattino seguente, con il fuoco spento, non trovava altro che una pietra fredda affondata nelle ceneri e nessun cambiamento dinanzi ai propri occhi. Eppure aveva sentito qualcosa muoversi dentro il tuorlo, non poteva essere roccia morta e basta.
Non sono un Targaryen, pensò una sera. Se c’è un essere vivo in quest’uovo di certo non risponderà a me.
Ma ci provò ancora una volta. Accompagnò delicatamente il tuorlo freddo nelle fiamme, che non bruciarono il palmo della sua mano e non lasciarono segni sulla pelle. Si sentiva quasi bene quando si avvicinava al fuoco, anche questo senza un motivo preciso.
Forse sono quello di cui parlano i bruti nelle leggende, forse posso davvero riportarli nei Sette Regni e aiutarli a scampare alla magia oscura che c’è oltre alla Barriera.
« Cosa fai qui solo soletto, Corvo? »
Jon si voltò e vide Ygritte alle proprie spalle, quindi recuperò l’uovo di drago e lo nascose in mezzo alla neve. « Cosa fai tu piuttosto? »
« Stai tranquillo, mia cara vergine. Non mordo. »
Il ragazzo si sentì irritato da tanta saccenteria e sbottò. « Ti sbagli. »
« Sicuramente » ridacchiò lei. « Ti avverto, una come me non ti capiterà spesso. Hai poche occasioni per approfittarne. »
« E se io non volessi approfittarne? » domandò onestamente Jon.
« Perché? C’è un’altra nei tuoi pensieri? »
« No, non c’è nessuna. »
« Come non crederci » commentò sarcastica Ygritte con un sorrisino saputello sulle labbra.
« L’unica donna della mia vita, per ora, è mia sorella Arya, e questa è una cosa che tu non sarai mai in grado di capire » insistette il moro. La rossa non rispose ma si mosse sedendosi vicino a lui, troppo vicino.
« Tua sorella non ti farà provare certe cose però, cose che posso farti provare io » disse e, con una mano, iniziò a percorrere il profilo della coscia di Jon. Lui strinse i denti e afferrò il braccio di Ygritte, spazzando via ogni tentazione.  
« Ho fatto un voto » replicò ostinato. Non sapeva da chi avesse preso tanta testardaggine.
« Ai Guardiani o a tua sorella? » scherzò Ygritte, riuscendo infine a strappargli un sorriso.

Qualche settimana dopo i Guardiani della Notte erano ancora trattenuti ad Aspra Dimora. Jon era libero di vagare e stava conoscendo sempre di più i bruti, che ormai si distinguevano dalle confuse leggende che circolavano su di loro. Non erano più quelle vaghe figure minacciose da cui tutelare i Sette Regni, ma degli esseri umani con delle identità e dei sentimenti come quelli che era abituato a conoscere. Un giorno aveva assistito a una lotta fra Tormund e un altro bruto di nome Rick. Jon si era preoccupato per il suo nuovo amico ma il litigio si era concluso in mezzo alle risate generali, e i due contendenti si erano salutati scambiandosi un abbraccio fraterno. Jon ne era rimasto stupito: simili litigi a Westeros si concludevano con un ferito o persino con un morto.
Si trovava bene in mezzo a loro e, giorno dopo giorno, raccontava delle impressioni a suo zio e agli amici. Benjen sembrava convinto dalle sensazioni di Jon. Anche lui pensava ormai che i bruti non fossero un vero pericolo. Invece il Lord Comandante Mormont non si lasciò convincere tanto facilmente.
« Anche se i bruti non fossero una minaccia, come faremo a convincere Re Robert ma soprattutto gli uomini del Nord? Sono troppo diffidenti nei loro confronti » diceva.
Insomma non sembrava esistere una soluzione reale e, intanto, il tempo passava e Ygritte si avvicinava sempre di più a Jon. Il ragazzo si chiedeva se ci fosse qualcosa sotto o se lei si fosse interessata a lui perché voleva raggiungere Westeros. I suoi amici avevano notato quella vicinanza e si erano preoccupati per Jon, per i suoi voti ai Guardiani della Notte, perché Ygritte era una bruta e sembrava spietata. Insomma non c’erano motivi per fidarsi di lei.
« Stai attento Jon » gli ripeteva spesso Ed.
« Sapete che io adoro stare in compagnia delle ragazze, ma quella lì non mi piace » diceva Sam.
Grenn era dello stesso avviso dei compagni. « Ricordati dei voti Jon. »
« Soprattutto non rimanere solo con lei » terminava Pyp.
Le filippiche dei suoi amici si rivelarono inutili e Jon si sentì terribilmente in colpa nei loro confronti. Una notte Ygritte si infilò sotto alle coperte e gli si strinse contro. Un poco per il freddo, un poco per il desiderio Jon cedette. Dimenticò il Nord, i voti e i suoi amici. E fece sesso con lei. Non fu l’unica volta. Ygritte non lasciava che si affezionasse: terminato il sesso ogni notte se ne andava e il mattino seguente Jon si risvegliava da solo e con i sensi di colpa. Fino a quando non si decise a raccontarlo a suo zio.
« Jon » mormorò Benjen con occhi afflitti. Si sentiva responsabile per il nipote e colpevole di essere il motivo del suo viaggio oltre alla Barriera.
« Lo so, ho infranto i voti e mi dispiace tantissimo. »
« Diavolo ai voti, diavolo i Guardiani della Notte » sbottò Benjen lasciando il giovane di stucco. « Io penso a te, penso tutti i giorni a te. Io e i tuoi amici vogliamo che tu stia attento, quella ragazza è senza scrupoli. »
« Zio ti giuro che starò attento. Sarò prudente. »
« Jon sei il mio adorato nipote, il mio nipote preferito. Se ti accadesse qualcosa io non mi darei pace. »
Jon abbracciò Benjen, anche se suo zio non poteva ricambiare il gesto, incatenato com’era. « Zio » sussurrò. « Da oggi in poi cercherò di non ricascarci. »
Benjen Stark si allontanò per guardare il ragazzo negli occhi. I suoi di certo erano colmi di affetto e orgoglio. « Bravo il mio ragazzo, e smettila di startene ogni notte da solo vicino ai falò. Cosa combini? »
Jon deglutì e borbottò un « Nulla. »
Lo zio ridacchiò immerso in chissà che ricordi. Il suo sguardo vagò lontano nella memoria e richiamò un tempo passato. Jon avvertì una dolorosa nostalgia mentre Benjen gli diceva: « Sai, mi ricordi tanto mia sorella Lyanna. E allo stesso tempo non mi ricordi nessuno della nostra famiglia. »
« Forse perché siamo diversi » constatò il ragazzo. Non era un pensiero neonato, ma un pensiero maturo e ben radicato nelle sue convinzioni.
« Cosa dici Jon? Tu sei uno Stark. »
« In parte è vero. Tuttavia non mi sono sempre sentito a casa sai? Era difficile con te via e con Lady Catelyn che mi trattava male, che allontanava Robb e Arya, gli unici che mi capivano. Rimanevo spesso solo. Credimi mi piace stare solo e mi piace riflettere, ma non quando avrei bisogno di un padre che mi dia una pacca e mi dica che sono suo figlio. Non me l’ha mai detto. Tuo fratello mi ha sempre trattato in maniera diversa da Robb, non ha mai pensato di darmi il vostro cognome. Certe volte vorrei sentirmi più desiderato in un posto che dovrebbe essere casa mia. » Jon aveva urlato così forte che alcuni, se non tutti i presenti, si erano voltati verso di lui e ora sembravano turbati. Il ragazzo si girò imbarazzato e si nascose alla loro vista.
Il più stupito di tutti però fu suo zio. « Accidenti, non hai mai parlato così tanto » disse senza riuscire a soffocare una risatina. Jon rise a sua volta.
« Sai che non mi piace parlare » gli ricordò.
« A volte mi chiedo davvero tu da chi abbia preso. »
Nei giorni seguente fece come gli aveva detto suo zio. Allontanò Ygritte, smise di accostarsi ogni notte alle fiamme e di cercare cosa non sapeva neanche lui. Fu da allora che il mondo di Jon iniziò a precipitare.
I drammi iniziarono quando Mance scelse di lasciarli andare. Inizialmente Jon e i suoi amici pensarono che ci fosse qualcosa sotto, ma in realtà il capostipite del Popolo Libero sembrava davvero intenzionato a liberarli senza chiedere nulla in cambio. La decisione di Mance suscitò scalpore nella sua gente, alcuni pensarono che fosse impazzito e Ygritte arrivò persino a gridargli contro davanti a tutti.
« Mi conoscete, sono un visionario e credo che debba andare così »
Jon era stupito, però mai quanto il Lord Comandante, che ringraziò il capo dei bruti. Mance li fece liberare e gli spiegò come tornare alla Barriera. Jon abbracciò Tormund e, prima di partire, prese il proprio uovo. Salutò Rose e i suoi figli, altri uomini che aveva conosciuto e Mance. Pensò di salutare anche Ygritte ma quest’ultima gli lanciò un’occhiata assassina.
« Quindi scappiamo via e basta? » domandò Sam a Mance.
« Sono io che scelgo di lasciarvi andare, non siete voi a scappare » spiegò il bruto. « Non posso spiegare queste sensazioni, posso solo dirti che sono come visioni e che spesso funzionano. »
La discussione si concluse lì e Jeor Mormont salutò Mance. « Alla prossima amico bruto. »
« A presto Lord Corvo. »
Prima che se ne andassero, però, Ygritte li raggiunse sulla collina. Sam indietreggiò spaventato e si andò a nascondere, mentre Pyp e Grenn si posizionarono davanti Jon a braccia conserte, con fare protettivo.
« Cosa vuoi? » domandò Eddison, a nome di tutti.  
« Fammi indovinare Jon Snow » pronunciò il secondo nome con disprezzo, « ti sei scopato anche Mance oltre me? »
La rossa sorrise vittoriosa dinanzi alle facce sconvolte dei Corvi, mentre Jon digrignò i denti e il Lord Comandante roteò gli occhi esasperato. « Farò a finta di non aver sentito. »
Ygritte si avvicinò a Jon. « Adesso il tuo caro Lord Comandante sa che te la sei spassata con me e che hai infranto i voti. »
« Jon » chiamò Sam. « Dobbiamo partire. »
« Mance è uno sciocco e pagherà per quello che ha fatto » disse Ygritte con faccia rabbiosa, prima di voltarsi e andarsene.

In un primo momento Jon non si preoccupò della minaccia di Ygritte ma, in seguito, il pensiero di Mance in difficoltà gli trafisse il cuore e smise di camminare. « Fermi tutti » gridò. I compagni di viaggio si fermarono e si girarono verso di lui, confusi. « Mance ci ha aiutati. Non possiamo sparire e farci gli affari nostri, avete sentito cosa ha detto Ygritte. » Sperava di richiamare almeno il senso di dovere dei Guardiani.
« Ragazzo quella bruta è una sbruffona » replicò Jeremy.
« E se invece avesse davvero intenzione di uccidere Mance? Dov’è finito il vostro onore? »
« Jon ha ragione» intervenne Eddison. « Ryder ci ha salvati, non possiamo far finta di non aver sentito cosa ha detto Ygritte. »
« Scherzate? Siamo stati rilasciati per pura fortuna e voi avete intenzione di tornare indietro? » domandò Satin a braccia conserte.
« Non ci aspettavamo un gran senso della morale da un ladro » borbottò Sam. Satin gli sbuffò contro.
« Mettiamola ai voti » propose Pyp. « Io sto dalla parte di Jon. »
Anche Grenn si schierò con Jon. « Io dico che possiamo fare un gesto onorevole una volta tanto. »
« Io penso che dovremo tornare dai nostri compagni finché siamo in tempo » insistette Jeremy Rykker.
« I nostri presunti compagni ci hanno tradito, i bruti invece ci hanno aiutati » replicò Benjen che invece era totalmente a favore di suo nipote. Il Lord Comandante intanto ascoltava e valutava in silenzio.
« Fermi tutti » Ed li interruppe bruscamente. I Corvi ammutolirono. « Dove si è cacciato Jon? »

Come previsto, Ygritte si intrufolò nella tenda di Mance e gli puntò una freccia contro. Invidiava il suo ruolo e odiava il fatto che tutti stimassero un uomo debole. « Guarda quanto sei debole » disse mirando al cuore. « Davvero, guardati. »
Mance rimase seduto e calmo, il vecchio uomo flemmatico che tutti conoscevano. « So di non esserti mai piaciuto Ygritte » mormorò « e so che vorresti il mio posto. »
« Non ti ho scelto io come capo. » Era pronta a scoccare e a infilzare il capo della sua gente.
« Mi ha scelto il nostro Popolo. »
« Nostro? Il mio, vorrai dire. Tu sei cresciuto in mezzo ai Corvi, io sono una di loro. »
« Eppure preferiscono me, si fidano di me e questo ti da molto fastidio. »
La corda dell’arco si fece ancora più tesa, pronta a lasciar andare quella freccia che avrebbe pregiudicato la fine di Mance. « Non ha importanza perché oggi morirai. »
« Ferma » gridò. Jon piombando appena in tempo nella tenda. La rossa provò a colpirlo ma lui fu più veloce e, in un movimento fulmineo, aveva puntato una lama alla gola di lei. La ragazza provò a divincolarsi ma i compagni di Jon e alcuni uomini liberi erano ormai entrati nella tenda. Tormund afferrò Ygritte per i polsi e la costrinse a mettersi seduta.
Mance invece fissava il ragazzo di Grande Inverno con stupore e meraviglia. « Tu mi hai salvato » sussurrò.
Jon gli fu subito vicino. « Stai bene Mance? »
« Tu non sei un ragazzino o un Corvo Jon Snow, tu sei un eroe e un uomo d’onore. » Benjen e il Lord Comandante aiutarono il bruto a rimettersi in piedi. « Tu Ygritte, invece, per il crimine grave di alto tradimento sei condannata a bruciare. »

Quella notte i Guardiani non se ne andarono ma rimasero a partecipare alla giustizia dei bruti. Tanti degli abitanti oltre alla Barriera si erano radunati davanti alla pira. Ygritte, fredda e granitica come sempre, era stata legata al tronco centrale e aspettava che Mance accendesse il fuoco. Jon invece se stava lì in piedi fra suo zio e il suo nuovo amico Tormund.
« Non ti saremo mai abbastanza grati per aver salvato Mance » gli disse il rosso. La sua ammirazione per il giovane Snow era ormai salita più in alto delle stelle. C’era una luce dentro il cuore di Jon che brillava e illuminava chi gli stava vicino. Era un cuore buono e malinconico.
« La bruceranno viva » osservò il ragazzo con voce piatta e meccanica. La sua osservazione rattristì Benjen Stark. Stimava davvero suo nipote, così diverso da chiunque altro.
« So che sei triste e questo rende ancora più magnifico il salvataggio che hai fatto » ammise Lord Stark. « Tuttavia giustizia e legge devono fare il proprio corso. »
In seguito Mance iniziò un discorso che Jon non riuscì a sentire, afferrò una torcia e diede fuoco alla pira. Accadde tutto così velocemente ma Jon, quando sentì Ygritte strillare, fu ancora più veloce degli eventi: prese un arco e scoccò una freccia nelle carni della bruta, pur di evitare che soffrisse. Mance guardò il ragazzo con una faccia indecifrabile mentre Ygritte moriva di una morte rapida e indolore.
« Sei stato nobile Jon e sono molto orgoglioso di te » sussurrò Benjen. Era convinto che suo nipote fosse accanto a lui, infatti provò a circondargli il busto con un braccio. Tuttavia toccò il vuoto. Jon non era più lì. Anzi si avvicinava rapidamente alle fiamme della pira. « Nipote, dove vai? »
« Jon » urlò Sam provando a corrergli dietro.
Ma Jon fu più veloce: ignorò i richiami di suo zio e gli strilli disperati degli amici, e si immerse nelle fiamme. Non aveva troppo caldo, non bruciava. Sempre più emozionato e ipnotizzato, affondò dentro il rosso del fuoco che gli lambiva il corpo e, con una mano, continuò a tenere ben stretto il suo uovo di drago.
Non c’era un motivo preciso in tutto ciò. Si muoveva per intuizione, sensazione. Non sapeva neanche cosa potesse ottenere ma era convinto di ciò che stava facendo. I suoi vestiti presero a bruciare e presto si sentì completamente nudo, mentre il tuorlo nella sua mano fremeva e scricchiolava.

Il mattino seguente un’intera orda di bruti si era radunata attorno alla pira ormai spenta. Mance se ne stava lì, in piedi e fissava il punto in cui era sparito Jon poche ore prima. Il fuoco era stato sostituito da una fumata grigia che saliva in abbondanza. I Guardiani, compreso il Lord Comandante, avevano dormito sopra il terreno freddo. Benjen Stark non capiva il gesto di suo nipote, ma Eddison aveva assicurato che Jon ne sarebbe uscito incolume e i Corvi si erano fidati di lui. Improvvisamente Ed si alzò e si diresse, con il proprio mantello in mano, verso il fumo grigio.
« Eddison Tollett! Dove hai intenzione di andare? » sbottò il Lord Comandante.
« Porto una coperta a Jon » disse semplicemente, prima di sparire in mezzo al fumo grigio che saliva dai resti del rogo.
« Dovremmo andarci anche noi? » domandò Sam, sconcertato e timoroso.
« Aspettate » intervenne Grenn « riesco a vedere qualcosa. »
Il fumo era in abbassamento, tanto che ormai si riusciva quasi a vedere attraverso. Mance e i Corvi iniziarono a camminare verso il centro della pira. Presto il resto dei bruti li seguirono e arrivarono a formare un cerchio attorno a due figure. Benjen Stark e Mance furono quelli che si avvicinarono di più e, di conseguenza, i primi a vedere. Sam vide soltanto Benjen sussultare e si alzò in punta di piedi per sbirciare.
Seduto a terra, Jon era coperto dal mantello di Eddison e ora stringeva qualcosa tra le braccia. Non aveva una ferita, nessuna ustione, nessun segno di bruciatura. Mance e Tormund furono invece i primi a inchinarsi, e fu allora che gli altri Guardiani videro il drago. O meglio, il piccolo drago. La creatura si era arrampicata sulle spalle di Jon e si era eretta su due zampe emettendo degli strani suoni dalla bocca.
Gli uomini del Popolo Libero si inchinarono. Persino Tom, il figlio malato di Rose, era uscito dalla propria tenda e si era messo in ginocchio. Avevano trovato il Salvatore.
Tutti i presenti si resero conto di quanto fosse straordinario ciò che stavano ammirando con i propri occhi. Un uomo comune, anzi un bastardo, era entrato in una pira infuocata e ne era riuscito incolume. Anzi, con un drago in grembo, una creatura che credevano scomparsa da secoli.
Benjen Stark deglutì e, con il corpo fragile come un sussurro nel vento, cadde in ginocchio davanti a suo nipote. Non si accorse neanche di Jeor Mormont che, poco dietro, aveva imitato il suo gesto.

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Capitolo 5
*** Non Snow, ma Targaryen ***


Salve, sono tornata!
Passate bene queste feste?
Come noterete dal titolo siamo giunti alla rivelazione, il prossimo invece tornerà a concentrarsi su Jon.
Fatemi sapere se vi piace, se sto sbagliando qualcosa e ditemi cosa ne pensate.
Alla prossima! Spero ovviamente che vi piaccia.




Grande Inverno

Bran vagava per i corridoi di Grande Inverno quando una donna bellissima gli passò davanti. Non riuscì a seguirla per più di un secondo poiché lei sparì dietro un angolo.
Bran iniziò a correre, in sogno poteva. Corse fino a quando non sentì un ruggito di leone, e infine precipitò.

Si risvegliò e gridò, madido di sudore. Respirava in maniera irregolare. Quello che avrebbe dovuto essere un incubo sembrava molto di più. Sua madre e suo fratello, che per primi avevano sentito il grido, accorsero immediatamente nella stanza di Bran. Bran non poteva più camminare e, da quando questo si era saputo, i suoi familiari erano diventati ancora più apprensivi, sempre pronti a correre in suo soccorso. Poco dopo anche Theon e il Maestro Luwin entrarono nella stanza.
« Cosa hai sognato Bran? Hai ricordato cosa è successo sulla torre? » domandò insistentemente suo fratello.
« No, è tutto così confuso » mormorò Bran. Poi si voltò verso Lady Catelyn. « Ho paura madre. »
La donna guardò il bambino con dolcezza. « Di cosa? Sai bene che qui sei al sicuro. »
« Non è questo, è che temo di non essere semplicemente scivolato dalla torre. »
« Forse c’era qualche pietra instabile » suggerì Theon. Bran scosse la testa insistentemente.
« No, non volevo dire neanche questo. Credo che mi abbiano spinto. »
Tutti i presenti si guardarono, sconvolti.
« Chi? » domandò Robb.
Bran deglutì e disse: « So di non avere prove, so che può trattarsi solo di un sogno ma continuo a sentire un leone che ruggisce e, ogni mattina, mi sveglio in lacrime. »
« Lannister » borbottò il fratello maggiore.
Theon si avvicinò al suo migliore amico e si schiarì la voce. « Robb è il sogno di un bambino. Inoltre non parliamo di una Casata comune, ma dei Lannister. Non li possiamo accusare senza prove. »
« Forse è il subconscio di Bran che gli suggerisce cosa è capitato » intervenne il Maestro Luwin, con saggezza. Lady Catelyn annuì e si inginocchiò davanti a suo figlio.
« Scopriremo cosa è successo bambino mio, giuro sugli Antichi e Nuovi Dei. »
La mattinata, però, non poteva far altro che peggiorare. Robb si era caricato di molte responsabilità e, infatti, ormai sembrava un uomo maturo. Tuttavia non riuscì a reagire quando arrivarono due uomini dalle Terre dei Fiumi a prendersi Bran e Rickon in nome di Re Robert.
« Ser Morgarth, Ser Byron » li salutò Lady Catelyn. I due uomini provenivano dalla sua terra natia, ma si erano promessi alla causa dei Baratheon anni orsono. Erano anche cavalieri erranti al servizio di Lord Baelish. « Cosa vi spinge sin qui? »
« Il Re ci manda » rispose Ser Byron senza tentennamenti. « Ci manda a prendere i tuoi figli minori. »
Nella Sala Grande calò il silenzio. Ser Rodrik e il Maestro Luwin si guardarono, poi tornarono a fissare i due sconosciuti. La Lady di Grande Inverno era rimasta impietrita.
« Cosa? »
« Aspettate un attimo. Questo è un desiderio di mio padre? » intervenne Robb.
« Non siamo a conoscenza dei desideri del Primo Cavaliere, ma rispettiamo gli ordini di Re Robert. »
« Se mio padre fosse anche solo a conoscenza di questo piano ci avrebbe mandato un corvo » insistette il giovane Stark. « Madre non possiamo affidare Bran e Rickon a questi sconosciuti. »
« Non siamo sconosciuti, tua madre ci conosce » ribatté il secondo, Ser Morgarth.
« Credevo di conoscervi » replicò Lady Catelyn con rabbia. « Come potete chiedermi questo? »
« Siamo spiacenti cara Lady Tully » mormorò Ser Byron, « ma questo è un ordine di Re Robert e il Nord non è in grado di opporsi. »
Il Maestro Luwin si schiarì la voce. « Forse sarebbe meglio obbedire. » Robb strabuzzò gli occhi e si voltò verso il maestro, in attesa di spiegazioni. « Sansa e Arya sono ancora nella Fortezza Rossa, se disobbediamo rischiamo che facciano del male alle ragazze » precisò Luwin.
Il pensiero di Lady Catelyn corse alle figlie: a Sansa, ancora così giovane e ingenua, e Arya, troppo ribelle per non finire nei guai. Anche suo marito era nelle Terre della Corona e lei non poteva opporsi a un Re. Pensò anche che Robert non avrebbe mai ferito Rickon e Bran, prima di tutto perché erano dei bambini e poi perché gli Stark non avevano mai arrecato danno alla Corona.
Forse si era dimenticata della fine dei piccoli Targaryen, i figli di Elia.
« Lasceremo partire i bambini » annunciò, « ma Hodor verrà con voi perché Bran non può camminare. »
I due cavalieri annuirono e ser Rodrik, contrariato ma costretto a obbedire, andò a prendere Bran e Rickon.
« Madre non dovevi » sussurrò Robb. Si sentiva impotente, debole. Si chiese cosa avrebbe fatto Lord Stark, o Jon Snow, e non riuscì a trovare una risposta.
« Forse hai ragione tu Robb, forse hai davvero ragione. Ma che alternativa avevamo? Magari il Re ha in mente qualcosa di buono per i bambini. »

 

Aspra Dimora, Oltre alla Barriera

Il pomeriggio seguente alla nascita del drago, Aspra Dimora era cambiata. I bruti erano cambiati. La gente riempì i Guardiani di gentilezze, li guardava come se fossero dei vecchi amici venuti a portarli in salvo. Il Lord Comandante stesso notò che, improvvisamente, un intero popolo si aspettava qualcosa da loro. O meglio, da Jon Snow, il bastardo di Grande Inverno.
Il ragazzo, dopo essere uscito dalla pira spenta, si era vestito e si era chiuso in una tenda, senza mangiare o bere. I suoi amici e suo zio l’avevano raggiunto più tardi, trovandolo seduto sopra una branda con il drago in grembo. Il cucciolo se ne stava tutto rannicchiato, gracchiava e si lamentava.
« Cos’ha che non va? » chiese Sam.
Jon si voltò verso i compagni, sorpreso perché non li aveva sentiti entrare. « Credo sia il freddo di questo posto, e poi lui è così piccolo e fragile. Dobbiamo tornare. »
« Vuoi portare il drago alla Barriera? » domandò Benjen che non credeva più alle proprie orecchie.
« Lo terrò nascosto sotto il mantello. Gli troverò un posto. Non posso lasciarlo qui o morirà » insistette il ragazzo con apprensione.
Eddison si avvicinò e gli appoggiò una mano sulla spalla. « Ti aiuteremo noi amico. »
« Nessuno dice a voce alta che questa è una follia? »
« Pyp » sbottò Grenn.
« No Pyp ha ragione » replicò Benjen Stark, dopodiché si sedette sulla branda insieme a suo nipote e gli appoggiò una mano sulla spalla. « Jon mi dispiace ma questo non è un cucciolo. È un drago e diventerà grandicello se tutto va bene, enorme se invece dovesse assomigliare anche lontanamente a Baelon il Terrore Nero. »
« Certo che è un cucciolo, è appena nato. Che cosa ti aspettavi? L’ho fatto schiudere io, è una mia responsabilità e non l’abbandonerò come fosse un bastardo. »
Benjen rimase trafitto dal confronto e, in fin dei conti, realizzò che suo nipote si paragonava a quella creatura. « Jon » sussurrò affettuosamente, incapace di aggiungere altro.
« Non sarebbe giunto il momento di affrontare un discorso un tantino più complicato? » si intromise Sam. I presenti gli rivolsero degli sguardi confusi. « Come ha fatto Jon a sopravvivere in un rogo? Come ha fatto a far nascere un drago, creatura che non esiste da anni e anni? »
« Cosa vuoi dire? » Jon sapeva benissimo a cosa puntava Sam. Ci aveva pensato anche lui, ma aveva bisogno che qualcuno lo dicesse a voce alta.
« Amico » disse Sam cercando di farsi forza, « sei certo che tua madre non avesse sangue Targaryen? »
Per un lungo asso di tempo il ragazzo di Grande Inverno non riuscì a respirare, a mettere in ordine i pensieri. Sua madre era collegata ai Targaryen? Per questo suo padre non diceva niente?
Eddison fissò Jon con preoccupazione. Anche lui ci aveva pensato, ci aveva pensato quella sera in cui il suo migliore amico non si era scottato. Se però allora gli era parso troppo assurdo, adesso sembrava probabile. « Benjen se esiste qualcuno in grado di scoprire il vero quello sei tu. »
Lo zio di Jon era atterrito dalla situazione. « Scriverò a mio fratello una volta che saremo tornati alla Barriera » concesse.
Intanto tutti si voltarono verso Jon. Il ragazzo era pensieroso, come suo solito, ma i pensieri si dissiparono in fretta e lasciarono spazio a un’unica preoccupazione: « Il drago verrà con noi. »

« Mance noi dobbiamo andarcene » disse Mormont, seguito subito dalla compagnia di Guardiani.
Mance annuì e li guardò tutti, soffermandosi su Jon. « Tormund vi guiderà e verrà con voi. »
« Non lasceranno mai entrare un bruto » replicò il Lord Comandante.
« Sei tu che comandi, non quei bifolchi » osservò Mance. « Tormund deve venire con voi perché il nostro popolo desidera che uno di noi rimanga con Jon » si affrettò a precisare.
« Perché? » chiese il giovane di Grande Inverno.
« Non so come ragazzo, ma un giorno tu tornerai a prenderci e ci porterai in salvo. Come dicono quelle antiche storie che parlano di uomini immuni alle fiamme. Ovviamente spero che accada in fretta ma sino allora Tormund verrà con te, ti sorveglierà. »
Jon si voltò verso il rosso e questo gli sorrise affabile. « Se il Lord Comandante accetta. »
« Io accetto, ma può venire solo lui » decretò Mormont.
« Draghi e bruti alla Barriera, Aerys il Folle a confronto nostro era un uomo sano » mormorò Pyp.
Prima che i Corvi partissero, tanti bruti si precipitarono a salutare Jon, in particolare Rose e suo figlio Tom. Il bambino sembrava essersi miracolosamente ripreso e, anche se non era ancora in grado di parlare e di dire cosa aveva visto nella foresta, appariva in salute. Sam fu caricato di conigli che gli uomini di Aspra Dimora avevano cacciato, e Mance e il Lord Comandante si scambiarono delle pacche amichevoli. 
« Il tuo popolo è fatto da persone meravigliose » affermò Jon mentre si allontanava, con il drago in braccio e Tormund a fianco.
« Leali vorrai dire, e credimi ci inchiniamo raramente. Ormai questo è anche il tuo popolo, Jon Snow. »

 

Fortezza Rossa, Terre della Corona

Arya, suo padre e Sansa erano seduti attorno alla tavola imbandita per pranzo e mangiavano in silenzio. Sansa non sembrava più tanto entusiasta di avere Cersei come suocera; Arya invece era turbata. Non voleva più stare lì, non a causa della gente comune o della Fortezza, ma a causa dei nobili. Approdo del Re era dominata da un sistema corrotto fatto da inganni, egoismi e sotterfugi. Se inizialmente sembrava affascinante come mondo, ora era diventato tutto troppo stretto. Avrebbe persino dovuto sposare il frignone Tommen, mentre Sansa avrebbe sposato il pazzo schizzato Joffrey.
Il suo pensiero corse a Jon, e non riuscì a trattenere un sorrisino.
Arya era molto piccola, aveva circa otto anni quando Sansa e Jeyne Poole iniziarono un discorso sui matrimoni. « Io vorrei sposare un Lord » aveva detto Jeyne. « Magari Robb, vostro fratello mi piace. »
« Io sposerò un principe, per diventare principessa e poi Regina » disse invece Sansa, che ai tempi aveva già le idee ben chiare. « Tu Arya? Chi sposerai? »
« Io non sposerò proprio nessuno » borbottò Arya con fare ovvio.
« Devi sposarti, altrimenti nostro padre sceglierà per te. »
« Oh. »
« Pensa a un ragazzo carino » suggerì Sansa con un sorrisino complice.
« Allora sposerò Jon » dichiarò Arya.
« Non puoi, è un bastardo e in più è tuo fratellastro » ribatté Jeyne indignata.
« Beh io non potrò mai amare nessun altro, o sposo lui o non mi sposo » aveva insistito Arya bambina, già ostinata più che mai. Dopodiché era uscita dalla torre per raggiungere Robb, Jon e Theon che combattevano vicino alle stalle. Era salita sulla staccionata e aveva dato un bacio sulla guancia a Jon. Il ragazzino era arrossito e si era voltato verso Lord Eddard e sua moglie. I genitori della bambina fissavano Arya, interdetti e confusi. « Jon, davanti ai miei genitori, ti concedo il mio voto di matrimonio, perciò quando crescerò mi sposerai » aveva esclamato con decisione. Infine si era alzata leggermente il vestito per saltare giù dalla staccionata, prima di sparire dentro il castello lasciando una Lady Catelyn scandalizzata, Jon imbarazzato e Robb e Theon a terra dalle risate.

« Perché sorridi? » Sansa aveva notato sua sorella e Arya ridacchiò.
« Ricordi quando parlammo di matrimonio? Quando io dissi di voler sposare Jon? »
« Come dimenticare » replicò Sansa ridendo a sua volta. Erano dei bei momenti quelli, momenti che sembravano messi a rischio dalla fantasia di seguire quelle sue ambizioni di matrimonio e regalità.
« Impossibile da dimenticare » osservò il padre, introducendosi nella conversazione. « Sei arrivata furiosa come il vento, eri un scricciolo, hai baciato Jon sulla guancia e gli hai detto ‘ti concedo il mio voto di matrimonio’. » L’intera famiglia scoppiò a ridere, mentre Arya arrossì inevitabilmente. Nessuno prendeva seriamente quella vecchia storia poiché Arya era stata semplicemente una bambina innocente quando aveva imposto di voler sposare il fratellastro. Molte volte da piccola aveva desiderato di assomigliare a Visenya Targaryen, sorella di Aegon Targaryen e sua sposa, una grande combattente, forte e volitiva. O a sua zia Lyanna, ribelle e selvatica; ma alla seconda assomigliava davvero.
« L’hai detto a Jon? » chiese Sansa stupita. « Quando sei tornata a dirlo a me e a Jeyne credevamo fosse uno scherzo. »
« Ero piccola e senza freni » ammise Arya imbarazzata.
« Sei ancora senza freni » constatò sua sorella con un sorrisino. Eddard sospirò allegro, guardando entrambe le figlie. Si chiese quando fossero cresciute così improvvisamente da diventare quasi donne. Sansa si sarebbe sposata a breve e Arya aveva gli stessi anni di Lyanna quando venne promessa in sposa a Robert. Pensò a lei, a Lyanna e questo gli fece desiderare di poter proteggere Sansa e Arya da qualsiasi male. Se Rhaegar Targaryen fosse stato un male per Lyanna era difficile da stabilire: lei era morta felice almeno, forse con Robert non sarebbe stato così. 
« Perché ripensavi a quella volta? » domandò con curiosità alla sua figlia minore.
Arya sospirò e ritornò alle origini della propria preoccupazione. « Pensavo a un tempo in cui credevamo di poter scegliere chi sposare » dichiarò tristemente. O meglio chi non sposare, pensò. Visto che l’unico uomo della sua vita era il fratellastro, e quello non si poteva condurre a nozze se non ti chiamavi Targaryen. E se lui non fosse uno Snow, aggiunse. Odiava doversi ricordare che Jon era un bastardo e sapeva quanto lui ne soffrisse, ma in quella società era impossibile che non ti venisse sbattuto in faccia costantemente. Più Arya cresceva e più se ne rendeva conto.
« Io ho scelto chi sposare » ribatté Sansa con il broncio.
Sua sorella storse il muso e replicò: « Sai che ti conosco Sansa, neghi a te stessa il vero. Per colpa di Joffrey nostro padre è stato costretto a uccidere Lady, non era il principe che ti aspettavi. E poi sua madre è pazza, anche più pazza di lui. Io sarò costretta a sposare Tommen invece, un bambino viziato che sa solo lamentarsi. »
« Sei fuori strada » insistette la maggiore battendo un pugno sopra il tavolo. Joffrey non era pazzo e lei si sarebbe sposata con un principe, punto.
« Sei tu che non riesci a dire le cose come stanno » gridò Arya.
« Non ricominciate a litigare » sbottò il padre. Poi prese un respiro profondo e iniziò a parlare con più calma. « Da quando eravate tornate dal pranzo con la Regina si era creato un clima così bello tra di voi, quasi un clima di complicità. L’inverno sta arrivando. In inverno dobbiamo proteggerci, sostenerci a vicenda perché quando cade la neve e soffiano i venti ghiacciati, il lupo solitario muore ma il branco sopravvive. »
Le due ragazze, che in breve si erano tranquillizzate, provarono un brivido a quella considerazione. Sapevano che Lord Stark aveva ragione, aveva sempre ragione. Non potevano immaginare invece cosa sarebbe successo di lì a poco.
Ancora una volta il Mastino si presentò alla loro porta. Sansa fissò il suo profilo di sottecchi e Sandor ricambiò con intensità. Arya, invece, sorrise e gli andò incontro. « Non sarai mica qui per riportarci dalla Regina. »
Il Mastino però non sembrava in vena di scherzi. « Non è momento ragazza. Il Re ha fatto chiamare i Tyrell, gran parte della Corte e vuole anche voi. Adesso. Nella Sala del Trono. »
Le due sorelle si guardarono e iniziarono a fissare il padre. Eddard sembrava preoccupato, ma non sapeva cosa aspettarsi. « Clegane dimmi, è successo qualcosa di grave? »
Il Mastino guardò il Lord con uno sguardo indecifrabile. « Nessuno sa niente, ma il Re discute in privato con Baelish da giorni e oggi vuole parlare a tutti. »
Sansa deglutì. Aveva una brutta sensazione. Il Mastino si voltò verso di lei e sembrò volerle comunicare qualcosa con gli occhi. Di certo non sapeva tutto, ma sapeva qualcosa e cercava proprio di avvertire Sansa.

In breve tutti furono radunati nella Sala, dinanzi all’imponente Trono di Spade che Robert aveva conquistato. Eddard notò con sconcerto che era presente più gente che a un processo, o a un matrimonio. Non prometteva nulla di buono. Sansa e Arya invece non si erano volute separare da lui, ora gli stavano attaccate ai fianchi e si guardavano preoccupate.
Eddard vide i Tyrell davanti a sé, a metri di distanza, e Olenna Tyrell ricambiò il suo sguardo. Accanto a lei c’erano suo figlio Mace e tre dei suoi nipoti. Conosceva personalmente il più grande, Willas Tyrell, che camminava appoggiandosi su un bastone. Era un giovane intelligente e gentile, con una grande passione per i libri, oltre che l'erede alla carica di Lord Protettore di Altogiardiano. Il ragazzo sembrava essersi interessato a Sansa, e Lord Stark pensò che non sarebbe stato bello far sposare lui a sua figlia, e non il ragazzo fuori di testa che avrebbe ereditato il Trono. Gli altri due nipoti di Olenna presenti dovevano essere Loras e Margaery, entrambi bellissimi ma soprattutti lei, con un'acconciatura dettagliata e un sorriso spendido. 
Lord Stark capì che, come lui, i Tyrell non erano a conoscenza dei fatti.
Accanto al Trono sedevano Cersei Lannister, suo padre e i due figli maschi di lei. Jaime Lannister invece era in piedi, insieme a Ser Barristan e alle Guardie. Dietro alle sedie c’erano Varys e il Maestro Pycelle con i membri del Concilio. Anche il Mastino se ne stava in piedi, dietro Joffrey e Tommen.
Tutti aspettavano il Re. Oltre Robert, mancavano anche suo fratello Renly e il maligno Ditocorto.
Improvvisamente qualcuno fece irruzione nella Sala, ma non si trattava del Re. Tyrion Lannister, che indossava un’armatura e sfoggiava un’ampia ferita sulla faccia, si fece avanti in mezzo al corridoio di nobili seguito dal suo scudiere e da Bronn il mercenario.
« Cosa succede qui? Me ne vado per sopprimere una ribellione e non mi invitate a un matrimonio? O è un processo? » domandò a voce alta pur di farsi sentire da tutti. Sulla sua faccia c’era un sorriso scherzoso, che svanì quando percepì la tensione che si respirava nella Sala.
Tywin guardò suo figlio impassibile e, senza domandargli come stesse, affermò: « Non è un matrimonio e non è un processo, il nostro sovrano ha delle comunicazioni importanti per noi. »
« Anche io ho delle comunicazioni importanti. Primo, non sei riuscito a togliere di mezzo questo nano caro padre » dichiarò con saccenteria, tutta rivolta a Tywin. Arya fissò il nano ammirata; Sansa trattenne il respiro e si chiese come riuscisse a essere tanto sfrontato con persone così temibili. « Secondo, abbiamo allontanato i ribelli, che sono sempre tanti e infuriati, ma almeno questa sommossa è stata fermata. » 
« Smettila di farfugliare perché a nessuno interessa cosa hai fatto in battaglia. Qui aspettiamo il RE » replicò Cersei a denti stretti.
« Fatti da parte mostro » sbottò Joffrey. Le due ragazze Stark storsero il muso: non avevano mai visto nessuno trattato così dalla propria famiglia. Arya pensò inevitabilmente a Jon e alle angherie che aveva subito da parte di sua madre. Il nano invece rimase impassibile, abituato a quei trattamenti. Piuttosto si avvicinò a Lord Stark e alle ragazze.
« Mie belle dame » sussurrò alle giovani con un sorriso gentile. Poi si voltò verso il Lord di Grande Inverno e continuò a sussurrare. « Parlo con te che sei il Primo Cavaliere e non rispondi mai in maniera sgarbata, contrariamente ai Lannister. Che succede? »
« Sono il Primo Cavaliere è vero, eppure non so niente. Ditocorto sa di più » mormorò Ned con disgusto.
Tyrion sospirò frustrato e scosse il capo. « Quella vipera, è da tempo che trama. Sono curioso di scoprire cosa ha messo nelle orecchie di Re Robert. » I suoi occhi si spostarono su Varys, che sembrava pensieroso come lui.
D'un tratto il Re entrò bruscamente nella Sala e chi era seduto si alzò in piedi. Insieme a Robert c’erano, come previsto, Renly Baratheon e Baelish. Lord Stark analizzò attentamente i loro volti. Robert era chiaramente infuriato, teso e neanche si preoccupò di incrociare il suo sguardo. Baelish sorrideva trionfante, e questo irritò sia Varys che Tyrion. Eddard, invece, ricordò con terrore che quella serpe era stata a Grande Inverno mesi prima e iniziò a capire.
Robert non si andò a sedere insieme alla famiglia, ma salì gli scalini e si voltò verso il suo pubblico.
La prima cosa che disse scandalizzò tutti. « Mace Tyrell, fatti avanti con tua figlia Margaery. »
Lady Olenna guardò suo figlio e sua nipote preoccupata, mentre questi avanzavano e si inchinavano dinanzi ai reali.
« Margaery » iniziò il sovrano, « sei ufficialmente promessa in sposa a mio figlio Joffrey Baratheon. »
La sala si riempì di mormorii e tante teste si voltarono verso gli Stark. Finalmente Sansa capì cos’era che il Mastino sapeva, mentre Arya osservò attentamente sua sorella e riuscì a percepirne il dispiacere. Anche Margaery fissava Sansa, e sembrò triste per lei mentre, come tutti gli altri, non riuscì a capire il motivo di quella brusca decisione.
« Grazie vostra Maestà, è un onore per noi » rispose Mace Tyrell.
Fu Lord Stark a intervenire e a chiedere meritatamente delle spiegazioni. Era felice che Sansa non fosse più promessa a quello strano principe, tuttavia dovevano esserci motivi seri dietro alla rottura di un fidanzamento tanto atteso e tanto giurato. « Re Robert hai promesso mia figlia a Joffrey, cosa è cambiato? Sansa non ti ha arrecato nessun torto » dichiarò a gran voce, senza chiedere il permesso di intervenire.
« La mia nuova promessa mi piace di più » replicò Joffrey con un’espressione compiaciuta, e Sansa si morse il labbro sentendosi umiliata. Arya strinse i denti e sognò di prende a pugni il sorrisino malefico di Joffrey davanti a tutti. Mia sorella starà meglio senza di te, pensò stizzita.
« Non sono considerazioni carine da fare nei confronti di una bellissima signorina » intervenne Tyrion a difendere Sansa e a rimproverare suo nipote. Quest’ultimo guardò il nano con disprezzo.
« Non mi interessa cosa è carino. » La risposta di Joffrey fece sorridere Cersei, ma irritò sia Tyrion che Arya.
Intanto Robert si era voltato verso il suo Primo Cavaliere e, con un cipiglio scuro, disse semplicemente: « Sei tu che mi hai arrecato torto, e danno. »
I nobili presenti in sala reagirono con dei suoni di shock. Improvvisamente nessuno sembrava capire, tranne il Re e Lord Baelish. Purtroppo anche Eddard aveva iniziato a comprendere il motivo di quella situazione, e ne fu terrorizzato.
« Vieni avanti come il traditore che sei Stark » ordinò Ditocorto trionfante. Ned deglutì e, sotto gli occhi stupidi delle figlie e di tutti i presenti, salì i gradini e si avvicinò ai Baratheon. Robert arricciò il naso, nervoso e deluso; mentre Baelish trovò gusto in ciò che stava per dire. In realtà godeva a vedere il buon Eddard Stark chiamato in processo alla Fortezza Rossa. « Voltati verso il pubblico, e rispondi alle accuse che ti verranno fatte. »
« Questa è una sciocchezza » intervenne Arya, ma Tyrion placò ogni suo tentativo di protesta. Lord Stark guardò sia Arya che Sansa, consapevole di cosa gli avrebbe chiesto Ditocorto e degli effetti che una simile rivelazione avrebbe avuto, soprattutto sulla più piccola. Doveva trattarsi di Jon.
« Dicci il nome della madre di Jon Snow, il giovane che hai cresciuto come tuo bastardo a Grande Inverno. »
« E non mentire » aggiunse il Re. « Io e Baelish abbiamo scoperto tutto, Eddard. »
« Che importanza ha? Uno Snow è un inutile bastardo » intervenne Joffrey, e stavolta Tyrion dovette trattenere Arya per evitare che si lanciasse di peso contro suo nipote.
« Parla » insistette Robert.
Lord Stark sospirò contrariato, ma allo stesso tempo si vide costretto a confessare. « La madre di Jon è mia sorella, Lyanna Stark. »
« Incesto? » chiese Tywin apparentemente sconcertato.
« Come se non si fossero consumati degli incesti qui » commentò Tyrion, e sua sorella gli lanciò un’occhiata di fuoco. « Mi riferivo ai Targaryen sorellina » si giustificò con un sorriso tirato.
« Il bastardo non è suo figlio! » gridò il Re, che ormai si concentrava soltanto sulla presenza di Ned dinanzi a lui. « Dì il nome Eddard, dì il nome di suo padre. Il padre di quello che hai chiamato Jon Snow. Confessa a voce alta, così che tutti possano sentire e conoscere il tuo tradimento! »
Re Robert insistette così tanto che alla fine il Lord cedette, quindi guardò i presenti e disse il nome. « Rhaegar Targaryen. » La dichiarazione suscitò un “oh” di massa. « Il padre di Jon è Rhaegar Targaryen. »
Ser Barristan e Ser Jaime si guardarono strabiliati: il principe Rhaegar aveva avuto un altro figlio. Jaime pensò a quei due, Rhaenys e Aegon, che non era riuscito a proteggere e che erano morti in maniera atroce insieme alla di loro madre Elia. Cersei non riuscì a rimanere seduta, dovette scattare in piedi. Tywin e Tyrion, per una sorprendente volta in vita loro, erano rimasti senza parole. Il pensiero di Tyrion soprattutto corse a Jon, il ragazzo che tanti mesi prima aveva chiamato ‘bastardo’. Anche Varys era meravigliato ovviamente ma, da buon Maestro dei Sussurri, tenne su una maschera pacata, priva di reazioni.
« Hai nascosto il figlio del mio acerrimo nemico per diciotto anni » strillò Robert, rosso dalla rabbia e privato della pazienza necessaria.
« Questo è ALTO tradimento » dichiarò Tywin Lannister affiancando il Re.
« L’imputato merita una punizione » aggiunse il Maestro Pycelle con un cipiglio severo.
« Rob » sussurrò Eddard, e sperò con tutto il cuore di far rinsavire il suo vecchio amico. « Il ragazzo è un Sand e poi si è unito ai Guardiani della Notte. Non ti darà alcun fastidio. »
« Non è un Sand dannazione » gridò il Re portandosi una mano sulla fronte. Lord Stark non sapeva cosa dire: quindi Lyanna e Rhaegar si erano sposati?
Baelish si fece avanti e mostrò a tutti, soprattutto a Ned, dei documenti. « Ecco a voi i documenti ufficiali che mi sono arrivati dalla Cittadella. L'Alto Septon annullò il matrimonio tra Elia Martell e Rhaegar e celebrò quello tra Rhaegar e Lyanna. Non si trattò di un rapimento. Mesi dopo Lyanna morì inspiegabilmente e in condizioni misteriose, e suo fratello tornò a Grande Inverno con un fagotto. Tutto torna » spiegò. « Jon Snow, o meglio non più Snow, è un Targaryen a tutti gli effetti. »
Anche i Tyrell e il resto della Corte non sapevano cosa dire a causa della sorpresa da cui erano stati colti. Un Targaryen, di cognome, ancora in vita dentro i confini dei Sette Regni. La reazione più destabilizzata fu quella di Arya: Sansa e suo padre riuscirono a vedere il mondo crollare addosso alla più giovane. Fu una doccia fredda. E, per una volta, Arya ribelle e ostinata, si permise di mostrare i propri sentimenti. Jon non era il suo fratellastro, ma suo … cugino e un Targaryen. Come si metabolizzava una notizia simile?
Il Re cercò di recuperare almeno un minimo di lucidità. « Baelish meriti un giusto premio per il tuo nobile aiuto » decretò. Varys storse il muso contrariato, mentre Tyrion fissò Ditocorto come il verme che era. « Ti nomino Lord e Protettore delle Terre dei Fiumi, dove sostituirai i Tully. »
« Sono onorato vostra Altezza » ringraziò Petyr con un inchino falso e un sorrisino sornione.
« Mia moglie non c’entra niente » replicò Lord Stark, che ormai di quella storia ne aveva abbastanza.
Il Re guardò il suo vecchio amico impassibile, poi si rivolse a Baelish. « Di ai tuoi di portare dentro gli ostaggi. » Petyr sorrise maligno e fece un cenno a uno dei suoi uomini. Quest’ultimo uscì e rientrò con altri due cavalieri, che portavano Bran in braccio e Rickon trascinato. Sansa e Arya gridarono i nomi dei loro fratellini minori e alcuni membri della Corte rimasero a bocca aperta. Margaery guardò i due bambini presi come ostaggi e si chiese in che razza di posto fosse finita.
« Padre » urlò Bran spaventato.
« Robert! » chiamò Lord Stark, tremante. « Lascia andare i miei figli. » Improvvisamente gli tornarono alla mente i corpi senza vita di Rhaenys e Aegon Targaryen, e si sentì morire. I due bambini massacrati erano persino più piccoli dei suoi figli.
Robert continuò a comportarsi in maniera impassibile e menefreghista. « Non fare gesti avventati, ora i tuoi figli sono miei prigionieri. Il tuo erede e tua moglie staranno fermi a Grande Inverno. Non torcerò un capello ai tuoi bambini se staranno buoni e se tu ti dichiarerai pubblicamente nemico dei Targaryen, e contrario a Rhaegar Targaryen e alle sua discendenza. »
« Dovrei dichiararmi nemico di mio nipote? »
« Se non vuoi che i tuoi figli più piccoli si facciano male, sì » strillò il Re. « Tua figlia Arya è comunque promessa in sposa a Tommen. » Il ragazzino in questione guardò Arya con occhi enormi: lei gli piaceva e questo infastidì ancora di più Arya. Ora Tommen non era solo un viziato lagnoso, figlio di una pazza e fratello di un sociopatico. Era anche figlio di un ossesso menefreghista rapitore di bambini. Quella stanza era piena di gente che detestava.
« Mio Re ti imploro, Jon non è interessato a prendersi il Trono e ora è un Guardiano della Notte. »
« Non è interessato perché non sa chi è il suo vero padre, o mi sbaglio? »
« Io consiglio di decapitare Lord Stark » suggerì Joffrey e, stavolta, persino Sansa provò il bruciante desiderio di dargli un pugno.
Eddard, invece, ignorò bellamente il principe: aveva preoccupazioni più grandi di cui occuparsi. « Se era vero il rapporto di amicizia che ti legava a me, ti supplico risparmia il figlio di mia sorella » pregò con gli occhi fissi in quelli di Robert. Tuttavia, ricordargli che quello era il figlio di Lyanna, non fece altro che irritare ancora di più il Re.
« Sei un traditore dannazione! Già il fatto che non ti faccia ammazzare è una grazia in nome di quella stupida amicizia che ci legava. » Detto questo si rivolse a Lord Varys. « Varys scrivi una lettera ai Martell. Manderemo mia figlia Myrcella a Dorne, verrà promessa in sposa a uno dei principi. »
« Sei impazzito? Myrcella è una ragazzina » intervenne Cersei, avvicinandosi bruscamente a suo marito.
« Donna non mi dirai tu cosa fare con mia figlia, e poi non possiamo perdere i Martell proprio adesso. »
« Il Re ha ragione, non dobbiamo perdere alleati » confermò Tywin con un cipiglio severo. Sua figlia rimase in silenzio perché se con il sovrano dei Sette Regni poteva fare un tentativo, contro il grande Lannister non ci doveva neanche provare. « Piuttosto, presto nelle Terre della Tempesta verranno a sapere che Rhaegar Targaryen ha ancora un figlio in vita e creeranno un putiferio. Quindi io, Tywin Lannister, mi impegnerò a spegnerli come candele. »
« E il Nord? » indagò il Gran Maestro Pycelle.
Il sovrano sospirò combattuto, ma alla fine decise e decise male. « Il Nord verrà affidato ai Bolton. »
« Robert, non puoi! »
« Vuoi vedere i tuoi figli morti? Se vi lascio tutti in vita è già una grazia, considerando quanto è dannoso ciò che hai tenuto nascosto. »
« Dannoso? Sei gravemente ossessionato » giudicò il Lord di Grande Inverno. « Conosco il ragazzo, non reclamerà il Trono. »
« Tuttavia non possiamo rischiare » ribatté Lord Baelish. « Capite cosa intendo, vostra Grazia? »
Il Re aveva capito, anzi ormai sembrava succube di Ditocorto. « Recatevi alla Barriera e uccidete il Targaryen » decretò.
Il cuore di Arya si fermò per quella che sembrò un’eternità. Improvvisamente non capì più nulla, e il viso sorridente di Jon si fece sempre più sfocato nei suoi ricordi. « No, Jon no » strillò con quanto fiato aveva in gola. Iniziò a piangere e gridare, incontrollata, vittima di una crisi di nervi. Non poteva perdere Jon.
« Arya » chiamò il padre.
« Prendila e chiudila nelle sue stanze » ordinò il Re, rivolto a Sandor Clegane.
Il Mastino si avvicinò alla più giovane delle Stark, ma Sansa si fece coraggio e si frappose in mezzo a loro. « Non azzardarti a toccare mia sorella cagnaccio » sibilò a denti stretti e a braccia conserte.
« Non oserei farle del male » sussurrò Sandor con un tono che sembrava onesto. Questo convinse Sansa a spostarsi, e Arya fu sollevata di peso sotto gli occhi penosi dei presenti. Margaery si ripromise di andare a trovare gli Stark, quando quella terribile giornata si sarebbe conclusa.
« Per favore padre, non Jon, vi supplico non Jon » continuò a strillare mentre veniva portata via. Sansa, alla vista di sua sorella che si contorceva e si disperava in quella maniera, non riuscì a contenersi e iniziò a piangere. Era troppo. Tyrion, accanto a lei, le accarezzò dolcemente una mano e questo fece venire in mente a Tywin un'idea dispettosa.  
« Suggerisco di organizzare un matrimonio alla maggiore delle Stark » propose, « con mio figlio Tyrion. » Sansa, che ormai era svuotata dalle emozioni, non reagì. Suo padre, invece, rimase a bocca aperta: persino lui aveva perso il senso di ciò che stava accadendo. Era avvenuto tutto troppo in fretta e si sentiva in un incubo, una spirale di follia. Il mondo era sotto sopra.
« Lo trovo giusto » tagliò corto il Re. « Portate i bambini Stark nelle segrete, il processo si conclude qui » e detto questo si voltò e se ne andò, lasciando un Eddard sconvolto e impotente sui gradini della Sala.

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Capitolo 6
*** Dracarys ***


Ciao, rieccomi tornata.
Ho la sessione universitaria quindi è un periodo particolare.
Ringrazio chi recensisce, segue e preferisce.
Ci tengo a ringraziarvi, perché vedo che ho molte visualizzazioni. Spero di leggere qualche opinione in più.
Questo capitolo è il più lungo perché cerco di rapprensentare la svolta che porterà questo segreto nella vita di Jon, spero infatti possa piacervi come è piaciuto a me scivere certe parti.
Il prossimo tornerà a raccontare cosa succede a Nord, a Essos e alla Fortezza Rossa.
Un bacio e alla prossima!




Tre giorni dopo alla Barriera

Jon accarezzò dolcemente il musino del drago, e ridacchiò mentre quest’ultimo andava incontro alla mano. Avrebbe dovuto ricordarsi che quella creaturina verde sarebbe diventata enorme, ma non riusciva a guardarlo in maniera diversa. L’aveva visto nascere e aggrapparsi alla sua spalla, aggrovigliarsi sulle sue gambe in cerca di conforto quando il freddo gli aveva fatto troppo male.
Purtroppo non era ancora riuscito a fargli mangiare qualcosa e non sapeva come parlargli, dato che non aveva mai studiato il Valyriano.
« Stai tranquillo Jon, Maestro Aemon ti darà una mano » gli disse Sam per tranquillizzarlo. « Ormai siamo a pochi metri dalla Barriera. »
« Siamo a troppi pochi metri dalla Barriera » constatò il Lord Comandante, prima di rivolgersi a Jon, « quindi ti conviene nascondere il piccolo drago. E mi raccomando agli altri, siamo tutti legati allo stesso segreto. Jon avrà pure fatto sesso con una bruta e avrà violato il patto, ma è pur sempre uno di noi. »
Mormont non si riferiva tanto a Sam, Eddison, Green e Pyp  che erano fedelissimi a Jon - quanto invece a Satin e a Jeremy.
Jon aveva notato il modo in cui Jeremy Rykker lo guardava, come se si aspettasse qualcosa da lui. Sapeva anche che prima di diventare un Guardiano della Notte era stato un cavaliere dei Targaryen, un uomo che si era battuto lealmente accanto a Rhaegar Targaryen nella Battaglia del Tridente. Forse pensava che lui fosse uno di loro. Jon invece preferiva non pensarci e cercava ostinatamente di allontanare il pensiero. Che ironia, una vita a chiedere di mia madre e ora ho paura della verità, pensò. Non sono un codardo.
Se sua madre aveva sangue di drago, lui era imparentato con il buon maestro Aemon e quella non poteva essere una cosa negativa. Tuttavia i Targaryen non erano ben visti a Nord dopo che Aerys Il Folle aveva fatto bruciare il padre e il fratello di Lord Stark. Jon non sapeva come ragionavano gli altri Regni a Westeros, ma gli era stato insegnato da Maestro Luwin che tutti erano felici e contenti sotto il regno di Re Robert.
Il giovane Snow era abbastanza intelligente da capire che, anche se questo non fosse stato vero, nessuno a Grande Inverno avrebbe mai ammesso che si stava meglio con i Targaryen. Nessuno.
« Cosa faremo con i  traditori che ci hanno consegnato in mano ai bruti? » domandò Benjen.
« Per adesso niente, non abbiamo prove e non conosciamo tutti i coinvolti » rispose il Lord Comandante.
Il pensiero di Jon, in tutto ciò, era corso a un certo Snow, e non si trattava di sé stesso. « E Ramsay? »
« Io proporrei di lanciare il bastardo da una finestra e poi andare a dormire, come se niente fosse » propose  Grenn, più serio che mai.
« Sarebbe un trattamento troppo gentile per uno come lui » constatò Jon.
Sam era a dir poco d’accordo. « Mi inquieta quello lì. »
« Non saremo mai sicuri con lui nei paraggi » aggiunse Eddison.
« Ci occuperemo di Ramsay, come di Alliser Thorne e di tutti i traditori » assicurò Mormont. « Per adesso pensiamo a tornare, mi sta congelando il cervello qui fuori. »
I compagni concordarono e Jon infilò il drago dentro un portaborracce, da cui fuoriusciva solo il capo della creatura. Poi se lo sistemò addosso e lo coprì con il mantello.
« Non fare baccano piccolino » sussurrò Jon, nella speranza che il drago potesse capire anche nella lingua comune.
« Sei sicuro? » chiese Benjen, affiancandolo. « Vuoi davvero rischiare tutto per il drago? »
« Non mi convincerai a lasciarlo qui » replicò Jon testardamente.
« C’è tanto in ballo Jon. La tua stessa vita è in ballo. »
« Non esagerare zio » ribatté il ragazzo, poi si avvicinò ai suoi amici. « Siete pronti ragazzi? E tu Tormund? »
« Se sei pronto tu » replicò il bruto con una faccia che non riusciva a nascondere agitazione. Stava per infilarsi nella tana dei lupi o, per intendersi meglio, nel Castello dei nemici.
« Noi ti seguiamo, come sempre » tagliò corto Eddison.

Il ritorno fu bizzarro e Jon si sentì strano. Non a causa del drago, il piccolo era rimasto buono e zitto come lui gli aveva pregato di fare. Non a causa del bruto che li accompagnava: dopo una discussione con i membri più anziani dei Guardiani della Notte, il Lord Comandante riuscì a convincerli che Tormund stesse dalla loro parte. Jon si sentì strano a causa degli altri Corvi. Lo fissavano tutti, letteralmente, da quando era rientrato. Ramsay gli stava costantemente addosso con i suoi occhietti minuscoli e spenti.
Nessuno dei presenti si era accorto della creatura che nascondeva sotto il mantello, quasi non fecero caso a Tormund che invadeva gli spazi dei Guardiani con i suoi vestiti da bruto. C’erano Corvi ovunque, sulle scale, accanto alla fucina, davanti alle stalle e ognuno di loro fissava esattamente Jon. Il ragazzo di Grande Inverno si sentì come se fosse improvvisamente diventato il protagonista di una disgrazia. Avvertiva un senso di claustrofobia, non era una bella sensazione. Sembrava un brutto sogno, in cui tutti ti fissano e tu sei lì, immobile e inerme, che non sai cosa hai sbagliato.
« Cosa è successo qui? » chiese Benjen rivolto ai membri anziani. Cotter Pyke lanciò una veloce occhiata a Jon e poi chiese a Mormont di andare con lui. Il Lord Comandante lo seguì e sparì nella Torre a destra.
Gli amici di Jon intanto si erano accorti dei comportamenti ambigui degli altri e avevano reagito in maniere svariate. « Cosa avete da fissare idioti? » li rimproverò a un certo punto Grenn, facendosi avanti con il corpo enorme. La sua aura era talmente minacciosa che alcuni si allontanarono e tornare a svolgere i propri compiti. « Non c’è nulla da vedere qui. »
« Andiamocene Jon » borbottò Eddison, afferrando il suo amico per un braccio e trascinandolo via. I compagni – Tormund, Sam, Grenn e Pyp - li seguirono nella Torre di Hardin, nella camera di Jon.
« Fissavano me » constatò Jon preoccupato. Sam provò a dire qualcosa ma si sentì un fastidioso gracchiare. Era il drago, aveva iniziato a lamentarsi. « Ha fame » spiegò Jon, che in un certo senso riusciva a capirlo. « Sam vai a chiamare il Maestro Aemon, magari lui sa cosa fare. »
Sam obbedì e tornò poco dopo con Aemon Targaryen. Il Gran Maestro sembrava emozionato.
« Jon è vero ciò che mi ha detto Sam? C’è un drago in questa stanza? »
« Sì Maestro, ma è molto piccolo, e deve rimanere un segreto » disse il giovane Snow con un sorrisino divertito. L’emozione di Aemon era straripante, sembrava tornato bambino e in breve tempo contagiò tutti i presenti.
« Che meraviglia, è nato un altro drago a Westeros » esclamò pieno di gioia. « In cosa posso aiutarti Jon? »
« Ha fame. Gli ho anche preparato dei piccoli pezzi di carne ma non mangia. »
Il Maestro annuì. « Il Valyriano per “fuoco” è Dracarys, tu dì Dracarys e lui imparerà. » Jon ripeté Dracarys nella propria testa e suonò davvero bene. Aveva una gran voglia di dirlo a voce alta.
« E se ci manda tutti a fuoco? » domandò Pyp, solitamente pessimista.
Maestro Aemon assunse un’espressione risentita, come se il Corvo gli avesse offeso un parente. « I draghi sanno bene quando devono sputare una fiammella e quando invece devono arrostirti il posteriore Pypar. »
Tormund scoppiò a ridere. « Il vecchio mi piace, ma come mai non dice lui Dracarys? » Sam sbottò indignato: il bruto non poteva rivolgersi così a un Maestro.
« No Sam, il vostro nuovo amico ha ragione » replicò Aemon, prima di rivolgersi agli altri. « Se quello che mi ha detto Sam è vero, il destino ha trovato un modo per far arrivare a Jon il suo uovo e il drago ha scelto lui come cavaliere. Quindi obbedirà soltanto a Jon. »
« Pazzesco » commentò Sam che si sentiva in una delle avventure che gli venivano raccontare da bambino.
Jon prese un pezzettino della carne che non aveva mangiato a pranzo e lo posizionò davanti al drago, che guardò il proprio cavaliere in attesa. Così Jon prese un respiro profondo e disse: « Dracarys. » Il drago obbedì e, con un suono che gli fuoriusciva dalla gola, diede leggermente fuoco alla carne e finalmente mangiò. I Corvi sorrisero alla vista, e anche Jon ne fu felice e sollevato, finché non si rabbuiò e volle esprimere i propri dubbi a voce alta. « Perché ha scelto proprio me Maestro Aemon? Non sono un Targaryen » constatò.
Aemon ci pensò su un attimo ma non rispose, semplicemente sorrise. « Voglio farti un dono Jon » sussurrò. « Nella biblioteca, sopra il primo scaffale, puoi trovare un libro sulla lingua Valyriana. Ti tornerà utile con il tuo drago. »
« Lo andrò a leggere quando calerà il buio, grazie » gli concesse il ragazzo.
Quella giornata trascorse in sordina e Jon non riuscì neanche a parlare con suo zio o con il Lord Comandante, entrambi chiusi nella Torre da tempo. Il ragazzo si sentì inquieto, come se fosse in pericolo, e neanche Eddison e Sam, che era ragionevoli e pacati di natura, riuscirono a togliergli quella sensazione di dosso. Terminata una cena straziante, e sempre con mille sguardi addosso, Jon si andò a chiudere in biblioteca insieme al drago. Lasciò il piccolo libero di scorazzare perché nessuno entrava in biblioteca, soprattutto di sera. Trovò il manuale di cui parlava Aemon e iniziò a studiare. Il Valyriano era bello e di costruzione semplice, ma il lessico era massiccio e infinito. Jon cercò soprattutto i termini necessari per comunicare con il drago e provò a memorizzarli. Non gli sarebbe bastata una sera. Quando diventò notte fonda, e il drago si fu appisolato sulla sua spalla dopo aver vagato senza sosta fra gli scaffali, Jon si decise a chiudere il libro. Fece per alzarsi in piedi quando un manuale più piccolo e senza rilegatura, scivolò dalle ultime pagine e cadde a terra. Jon aggrottò le sopracciglia e, attento a non svegliare il drago dormiente, si piegò per raccogliere il libricino. Quando lesse il titolo rimase a bocca aperta, Discendenza completa dei Targaryen.
Si guardò attorno e non riuscì a resistere: tornò a leggere. La prima pagina mostrava in grande il dipinto di tre persone: un uomo dai capelli biondo argenteo con una spada in mano e una corona rossa attorno alla fronte; poi, stretta contro il petto di lui, una bellissima ragazza dagli stessi tratti; e infine un’altra bionda, agli occhi di Jon persino più bella degli altri due, sollevava una spada con aria fiera. Vestiti di nero e rosso, erano tutti e tre stupendi, forti, potenti. Il ragazzo lesse accanto, Aegon il Conquistatore con le sorelle Rhaenys e Visenya. A Aegon successe  Aenys I e dopo vari anni Jaehaerys I il Conciliatore, poi Viserys I e Aegon II. Qui vide un’altra immagine. Una donna stupenda, dagli occhi magnetici e il viso allungato. Lei, Rhaenyra Targaryen, che aveva provato a prendersi il Trono che le spettava e poi era morta. La Danza dei Draghi. Seguirono il figlio di Rhaenyra, ovvero Aegon III, e Daeron I che aveva conquistato Dorne a soli quattordici anni. Molto più tardi Daeron II il Buono, Maekar I, Aegon V, Jaehaerys II e infine Aerys II il Folle. Quasi 300 anni di dominio Targaryen, fino alla distruzione completa. Nella loro storia c’erano stati anche Re dalle qualità eccellenti come Aegon I stesso, Viserys I, Jaehaerys I e Daeron il Buono. E poi una guerra e più il nulla. Jon provò una stranissima ebbrezza davanti a quelle immagini, si immerse nei racconti di draghi e fuoco.
Infine iniziò a studiare i Targaryen più recenti. Sua madre non poteva aver sangue di drago: Aerys il Folle aveva digiunato e si era promesso di non tradire mai sua moglie e la moglie di Aerys, Rhaella, a quanto pare aveva vissuto rinchiusa. Non potevano essersi traditi e non potevano aver generato dei bastardi. C’erano soltanto quei Targaryen, quelli che erano stati spazzati via. Jon girò un’altra pagina e vide i figli di Aerys. Di Daenerys nessuna traccia, il libro doveva risalire a prima della sua nascita. C’era piuttosto un’immagine di Viserys bambino. E poi un ritratto di Rhaegar Targaryen in armatura rossa e nera. La didascalia sotto alla figura recitava L’ultimo drago. Jon iniziò a fissare il profilo del Principe ereditario. Era stato un uomo bellissimo, dai lineamenti forti ma malinconici. Non era strano che ogni ragazza di Westeros avesse sognato di sposarlo. In realtà inconsciamente, in quella posizione pensierosa, Rhaegar gli ricordò sé stesso.
Jon sobbalzò stupito quando sentì qualcosa muoversi sulla spalla. Il drago addormentato l'aveva risvegliato dalla sua contemplazione. Che stupido che sono. Notò che ormai era quasi mattino e decise che sarebbe stato meglio andare a dormire. Quindi chiuse il libro, nascose il drago sotto il proprio mantello e uscì dalla biblioteca.

Poche ore dopo Jon Snow fu svegliato da Eddison e Sam. In un primo momento borbottò e fece cenno di non volersi alzare, ma Ed disse una cosa. « Jon, tuo zio deve parlarti. »
Quella dichiarazione fece mettere seduto Jon. Si stropicciò gli occhi e guardò i propri amici. Inizialmente non notò nessuna differenza, poi, mentre si vestiva, si sentì osservato e si voltò verso i due. Lo fissavano. Adesso fissavano anche loro, proprio come avevano fatto gli altri Guardiani il giorno prima. Si comportavano come si era comportato il Maestro Aemon. Soprattutto Sam non riuscì a nascondere i propri sentimenti, e guardò Jon come un cane bastonato.
« Sam almeno tu dimmi di cosa si tratta » sbuffò, sfinito da tutto e tutti.
« Jon » sussurrò il Tarly drammatico, senza aggiungere altro.
« Sam, tocca a Benjen dirglielo » ribatté Eddison severamente.
Purtroppo, però, Sam non riuscì a trattenersi e una parte della verità gli sfuggì: « Si tratta dei tuoi genitori Jon, è arrivata una lettera ai Guardiani tre giorni fa, e tutti hanno saputo prima di te. »
« Saputo cosa? » domandò Jon. Quando i suoi amici non fecero cenno di voler spiegare, si spazientì e raggiunse suo zio nella Torre accanto, dove trovò anche il Lord Comandante e Aemon. Il dettaglio che lasciò Jon impressionato furono gli occhi di suo zio: persino lui aveva quello sguardo. « Cosa diavolo è successo? »
Benjen esitò un paio di volte, prima di decidersi a parlarne. « Tre giorni fa è arrivata una lettera dalle Terre della Corona. Il Lord Comandante e io l’abbiamo letta solo ieri. »
« E cosa c’entro io? »
« Jon si tratta delle tue origini » esclamò Benjen. Quando vide il nipote agitato, continuò: « Non so se darti in mano il messaggio, o dirtelo io stesso. Non saprei neanche da dove cominciare. »
« L’ha scritta mio padre questa lettera? » indagò Jon.
« Ragazzo tuo padre è morto anni fa » intervenne il Lord Comandante, senza pietà o remore, senza girarci troppo attorno. « La lettera è stata scritta da Tywin Lannister » aggiunse.
« Tywin Lannister? »
Benjen porse il foglio di carta a suo nipote con una mano tremante e attese mentre lui iniziava a leggere.
Mi rivolgo ai Guardiani della Notte. In mezzo a voi vive il figlio di un nemico della Corona. L’intenzione di questa lettera è quella di scoraggiare qualsiasi ribellione o incitazione alla ribellione. Non reagirete, non vi opporrete e resterete fuori dalle decisioni della Corona, poiché i vostri compiti sono altri.
È giusto pertanto che vi informi che Jon Snow non appartiene a Lord Stark, ma è il figlio legittimo di Rhaegar Targaryen e di Lyanna Stark. Non è uno Snow, ma un Targaryen. La Corona prenderà provvedimenti.

Jon si piegò sulle ginocchia e lasciò che il pezzo di carta cadesse a terra. Nella sua mente tornò lampante il viso di Rhaegar Targaryen, quello che aveva studiato attentamente poche ore prima, e quasi si sentì mancare. Non era sua madre quella che discendeva dai Targaryen, ma suo padre. Rhaegar Targaryen era suo padre, non Eddard Stark, e Lyanna era sua madre. Appoggiò il viso sulla mani a coppa e nella stanza calò il silenzio, scandito solo dai respiri irregolari di Jon. Quando non riuscì a trattenere un pianto sommesso, si sentì terribilmente triste e debole. Non era da lui piangersi addosso, ma tutte quelle informazioni gli avevano sconvolto il cuore. Non era uno Snow. Suo zio gli accarezzò dolcemente i capelli e rimasero così a lungo, per quello che sembrò un tempo infinito.
« Non sono un bastardo e non sono suo figlio » sussurrò, il tono un misto di dolore e liberazione. Il suo pensiero su Ned Stark.
Aveva passato gran parte della propria esistenza con una mancanza dentro il petto, una vita a temere di essere un errore, un bambino non desiderato e adesso improvvisamente capiva. Non era stato trattato come Robb perché non era il figlio di suo padre. Non gli era stato dato il cognome Stark, perché era il figlio di un altro uomo.
« No Jon, non sei mai stato nessuna delle due cose. »
« Chi sono allora? »
« Sei il figlio di mio nipote e hai il mio stesso cognome » affermò il Maestro Aemon. Il Maestro è mio parente, constatò Jon emozionato. Aemon, un uomo giusto, una persona che stimava con tutto il suo cuore e che gli aveva fatto da guida in quegli ultimi mesi. « E io sono felice di averti scoperto mio parente. »
« Allo stesso tempo sei il figlio di mia sorella » aggiunse Benjen. La statua di Lyanna nella cripte. La statua della bellissima Lyanna Stark, amata da tutti a Grande Inverno. Era lei sua madre, quella madre che aveva cercato e di cui Eddard non parlava mai.
« Io non li conosco, sono entrambi morti. »
« Li imparerai a conoscere, noi ti racconteremo chi erano. »
Jon non riuscì a trovare un punto stabile nella propria mente, si sentì stordito dalla rivelazione e contemporaneamente pensò a Rhaegar e a Lyanna. Chi erano davvero quei due? « Mi sento perso » ammise.
Aemon sorrise e cercò a tentoni la sua spalla. « Ti sentirai spesso così ragazzo mio, ma non sei perso. Gli antenati dei draghi ci guidano dalle stelle. Quando non saprai cosa fare ti daranno il giusto suggerimento. »
« Non c’è tempo per i raccontini della buonanotte » intervenne il Lord Comandante. « Dobbiamo discutere dei provvedimenti di cui scriveva Lannister. » Guardava Jon con preoccupazione e il ragazzo ricordò il messaggio. “Figlio di un nemico della Corona” diceva Tywin Lannister.
« Sono un Guardiano ora e lui è morto » sussurrò pensando di nuovo alla figura che si affacciava dalle pagine di un libro, un viso apparentemente sconosciuto che faceva parte di Jon e che era radicato dentro il suo sangue. Poi un Baratheon che, accecato dalla gelosia, gli sferrava una martellata in petto e metteva fine alla sua vita, a ogni possibilità di tornare dalla donna che amava e dal loro bambino. Un brivido gli percorse la spina dorsale e, in un certo senso, il Lord Comandante sembrò intuire i suoi pensieri.
« Il Re odia il tuo vero padre con tutto sé stesso. Ora ha scoperto che Lyanna ricambiava il suo amore e scommetto che vorrebbe farlo tornare in vita per ammazzarlo un’altra volta. In un certo senso Rhaegar continua a tormentarlo, attraverso te. Non gli importa che ora sei un Guardiano, ti farà del male. »
« Cosa faccio? »
« Tu niente, io proverò a scrivergli » replicò il Comandante.
« Bada a te stesso ragazzo, e lascia che ce ne occupiamo noi » gli raccomandò il Maestro Aemon e cautamente gli appoggiò una mano sulla spalla.
Benjen Stark, però, aveva un discorso più importante da affrontare. « Jon stamane è arrivata una notizia anche da Essos. Khal Drogo è morto e due draghi sono nati grazie a Daenerys Targaryen. Ora lei e Viserys sono a Qarth. Lascia che metta il drago su una nave diretta lì. »
Jon non riuscì a credere alle proprie orecchie. « Sei impazzito. Chi ti dice che non verrà preso e sfruttato? Pensi davvero che arriverà da Daenerys sano e salvo? » domandò tutto d’un fiato. Suo zio non poteva infilare il drago su una nave e spedirlo a miglia di distanza senza battere ciglio. Improvvisamente, mente rifletteva, fu travolto da una fitta di consapevolezza. « Quindi sono miei zii, Daenerys e Viserys Targaryen. »
« Ripensaci Jon » insistette Benjen apprensivo, rifiutandosi di deviare su qualsiasi altro argomento. « Robert potrebbe prendere il drago come una minaccia. »
« Non mi interessa cosa crede lui » sbottò il nipote esterrefatto, « e non sono più un ragazzino, quindi lascia che decida da solo. »
« Io devo proteggerti Jon » replicò suo zio, « sei il figlio della persona che amavo di più a questo mondo e sei una mia responsabilità. »
« Ma il drago è mio » ribatté Jon con tono severo ma determinato. Lì non aveva più niente da discute, così salutò il Maestro Aemon e se ne andò. Sulla strada che portava alla Torre di Hardin incrociò tanti Guardiani e finalmente riuscì a capire i loro maledetti sguardi ossessivi, anche se ancora non poteva metabolizzare di essere figlio di lui. Prima che potesse andarsene, alcuni compagni gli sbarrarono la strada. C’erano tutti: Sam, Grenn, Eddison, Pyp e Tormund. Grenn si gonfiò il petto e parlò a nome dei presenti: « Jon sappiamo tutto e, credimi, a noi non ce ne frega niente di come ti chiami, siamo tuoi amici e ci saremo sempre. »
Jon quasi si commosse, sentendosi finalmente apprezzato a prescindere da come si chiamava. La cosa positiva di unirsi ai Guardiani si erano dimostrati proprio quei ragazzi. Nessuno di loro, però, si accorse di Ramsay Snow, che si era avvicinato a Ser Alliser Thorne e ora fissava dritto verso il gruppetto. I suoi occhi freddi e calcolatori si soffermarono sulla figura di Jon.
« Ser Alliser ti ho già detto che non ho intenzione di restare bloccato alla Barriera? Immagina i soldi che ci pioveranno sulla testa se consegneremo il corpo mutilato e scuoiato di Jon » affermò con un ghigno sadico. « Il Re potrebbe persino darmi il cognome Bolton, e diavolo quanti cadaveri scuoierei dalla gioia. »

Quella sera Jon, sfinito e scarico di emozioni, andò a dormire il prima possibile. Quella sera successero tante cose. Il drago di Jon si era addormentato sulla schiena di lui, cullato dal respiro soave del proprio cavaliere. Le sue scaglie verdi brillavano, illuminate della luna che entrava dalla finestra. Proprio quei riflessi di verde permisero a Benjen Stark di trovare il drago anche se era tutto buio. Con cautela infilò il piccolo in una gabbia e sgusciò via. Prima di uscire dalla stanza, però, guardò un’ultima volta suo nipote e si sentì un verme.
« Lo faccio per il tuo bene » sussurrò tra sé e sé. Percepiva decisamente un lancinante senso di colpa, ma non avrebbe esitato. « Domani mi odierai, ma un giorno mi ringrazierai. »
Aumentò il passo e corse via nella notte, con il drago ancora addormentato sotto braccio. Purtroppo non si era accorto di Tormund, Eddison e Sam che erano ancora svegli e in cortile. Tutti e tre videro Benjen varcare il cancello e sparire, il suo mantello nero che svolazzava e gli permetteva di mimetizzarsi nella notte.
« Avete visto anche voi cosa aveva in braccio? » domandò Eddison con un cipiglio nervoso.
« Aveva il drago di Jon, in una gabbia » constatò Tormund.
« Non mi interessa se si chiama Benjen Stark, nessuno deruba Jon » sbottò Sam, « quindi andiamo e fermiamolo. »
Stavano per seguire il suddetto Stark quando videro del fuoco in lontananza e sentirono delle grida disperate. « Incendio! Incendio! »
Dalle porte e dalla stalla iniziarono a uscire Guardiani assonnati e preoccupati. Tutti videro il fuoco e capirono che c'era un grosso problema. « Prendete dei secchi d’acqua e spegnete il fuoco » ordinò il Lord Comandante a tutti gli uomini fermi in cortile. « Cosa fate lì impalati? Datevi una mossa. »
Tormund sbuffò e si rivolse ai due Guardiani che stavano con lui. « Seguite Benjen Stark e riportate indietro il draghetto di Jon, io aiuto i Corvi a spegnere il fuoco » borbottò. Sam e Eddison annuirono e si precipitarono alla ricerca dello Stark, mentre il bruto spariva nella direzione opposta. Il Lord Comandante avrebbe volentieri aiutato a spegnere il fuoco, quando venne fermato da un ragazzino di nome Olly.
« Signore » chiamò timidamente.
« Non è il momento ragazzino. »
« Ma, Comandante, è arrivato un altro corvo dalle Terre della Corona. »
L'uomo adulto si bloccò sul posto. « Sempre Tywin Lannister? »
« No, stavolta è stato un certo Varys a scrivere. »
Il Lord Comandante afferrò il messaggio strappandolo dalle mani di Olly e si rintanò nella propria Torre. Aveva già conosciuto Lord Varys negli anni passati, precisamente quando era sceso nelle Terre della Corona per una prima e unica volta, e sapeva che era un brav’uomo. Quindi aprì la lettera e iniziò a leggere, inconsapevole di cosa stesse accadendo poco lontano, nella Torre di Hardin.


Jon era immerso in un sonno senza sogni, stanco e annebbiato. Non si svegliò quando delle persone attraversarono il corridoio, né quando entrarono nella stanza. Un viso familiare e terribilmente serpentino gli sgusciò accanto silenzioso e rubò la spada appoggiata accanto al letto. L’unica arma di difesa di cui Jon disponeva. Il ragazzo in questione fu svegliato da un improvviso rumore di vetro che si rompeva e il pensiero corse alla tinozza che stava sullo sgabello. Si voltò e notò con sgomento che c’erano ben otto persone nella stanza, di cui due davanti alla finestra che apriva sul cortile e tre vicino alla porta, a impedire che qualcuno uscisse dalla stanza. O meglio che lui uscisse dalla stanza.
Jon cercò a tentoni la propria spada quando una risata esplose nella camera, facendogli venire i brividi. Non poteva appartenere che a Ramsay Snow. Il bastardo dei Bolton si mostrò alla pallida luce della luna che penetrava dalla finestra, in mano l’arma di Jon e sulla faccia un sorrisino beffardo e minaccioso.
« Ci ho pensato io caro bastardo » schernì, il tono che non prometteva nulla di buono.
Jon sentì una cosa che gli ribolliva dentro e scattò in piedi. « Io non sono un bastardo. » Lui non era un bastardo, non più. In realtà non sapeva ancora bene chi fosse, né conosceva il proprio destino. Ma non era di certo uno Snow, non più dello schifoso sadico davanti a lui. I presenti scoppiarono a ridere.
« No hai ragione, sembrerai ben altro quando ti avrò scuoiato per bene. Tranquillo, il tuo viso rimarrà intatto. Quello devo mostrarlo a Sua Maestà. »
Jon si agitò. La cosa che gli ribolliva dentro si placò e lasciò spazio alla paura.
« Riesco già a vedere il brillio e a sentire il dolce tintinnio delle monete dei Lannister » sussurrò Ser Alliser, bocca colma di acquolina e occhi che brillavano nella notte. « Uccidiamolo in fretta, prima che quegli idioti dei suoi amici si rendano conto che abbiamo appiccato noi il fuoco. »
E se un attimo prima Jon aveva pensato di chiamare aiuto, improvvisamente il suo piano si sgretolò. Ramsay invece doveva aver capito i suoi pensieri, perché improvvisamente disse: « Ser Alliser ha ragione, caro il mio Jon. Nessuno arriverà in tuo soccorso. Sono tutti impegnati a spegnere il fuoco. Morirai solo come un cane, e sembrerai tutto tranne che un lupo … o un drago. » Sembrava davvero un pazzo, un pazzo illuminato a metà dalla famelica luce della luna in una notte che sapeva di fuoco e sangue. Jon riuscì a capire cosa significasse essere un Targaryen, il figlio di uno di loro. La sua vita era diventata imprevistamente determinante, a tal punto che i suoi nemici architettavano una congiura contro di lui. « Se il Re sarà clemente mi lascerà il tuo corpo, e io lo darò in pasto ai miei mastini, un pezzo alla volta. Comincerò dal cuore che dicono sia delizioso. Io invece mangerò il tuo uccello e brinderò con il tuo sangue. » Era più fuori di testa Ramsay che Aerys il Folle, era il sadismo fatto a persona. Jon pensò che non meritasse di vegetare su quella terra, di torturare ancora delle persone innocenti.
« Ci vogliamo muovere? Non voglio rischiare che il piano salti, sono mesi che aspetto di essere redento e di andarmene da questa dannata Barriera » mormorò Rast.
« Prendete i pugnali, gli daremo una coltellata a ciascuno » decretò Ramsay, quasi annoiato. « Ringrazia che gli altri hanno fretta Jon, il mio piano era quello di scuoiarti vivo. »  

Benjen Stark avanzava imperturbabile nella foresta, diretto alla Baia delle Foche. Avrebbe abbandonato il drago su una nave diretta a Essos e, una volta tornato alla Barriera, si sarebbe preparato a scontrarsi con la collera di Jon. Avrebbe anche scritto una lettera al Re pur di dimostrargli che suo nipote non costituiva una minaccia. Faccio tutto questo per mio nipote, il figlio di mia sorella e il ragazzo più vicino a un figlio che io abbia mai avuto. Continuava a ripetersi questa cantilena in testa, nella speranza di sentirsi giustificato.
Intanto il drago, che si era risvegliato, aveva iniziato stranamente a gracchiare e Benjen pensò che i suoi versi sembrassero un grido di disperazione. Questo faceva il drago: si disperava, scuoteva le ali, andava ripetutamente a sbattere contro il legno con cui Benjen gli aveva costruito quella voliera. Man mano che il Guardiano si allontanava dalla Barriera, il grido aumentava e diventava sempre più disperato, finché non arrivò a un ritmo e a un’intonazione strazianti. Il drago suonava come una bestia che veniva squartata. Benjen, stanco di tutto quel rumore, si avvicinò alla gabbia e osservò il piccolo. Il suo aspetto era da brividi: occhi spalancati, squame sollevate e narici fumanti.
« Smettila di fare rumore, ti farai sentire » borbottò il Corvo. In tutta risposta il drago gridò ancora di più. Per un minuscolo secondo il Guardiano pensò che stesse cercando di dirgli qualcosa.
« Dacci il drago » gridò improvvisamente qualcuno alle sue spalle. Benjen si voltò stupito e vide Ed e Sam che gli correvano incontro. « Il drago è di Jon, è nato da lui. Non hai alcun diritto di allontanarli! » sbraitò Eddison con gli occhi infuocati e il respiro affannoso a causa della corsa.
« Non mi sembra questo il modo di rivolgersi a un superiore. »
« Non ci importa chi sei o come ti chiami. Jon ci tiene troppo, e noi non ti permetteremo di commettere questo errore » contestò Sam.
« Errore? Quindi è un errore cercare di proteggere mio nipote? »
« Non te l’ha chiesto lui » ribadì Eddison. La discussione si fece ancora più accesa tra Ed e Benjen, mentre Sam iniziò a percepire un certo silenzio di sottofondo, quindi si abbassò e sbirciò nella gabbia.
« Ragazzi … » sussurrò.
« Jon è sconvolto dalla notizia delle sue origini, e poi è troppo giovane per capire cosa è giusto » insistette Benjen.
« Jon è sicuramente più maturo di tanti altri adulti, e ha un cuore. Il drago ne fa parte ora. »
Sam sbuffò e provò ancora una volta a intervenire. « Si e, a proposito di draghi, dove è finito il nostro? »
Benjen Stark strabuzzò gli occhi e tornò a guardare nella gabbia. Il drago doveva essere riuscito a divaricare il legno e a passarci poi in mezzo, perché improvvisamente era sparito. « Ma dove diavolo è andato? »
« Ragazzi » gridò una voce in lontananza. Si trattava di Tormund che correva nella loro direzione, seguito a ruota da Grenn e Pyp.
« Cosa succede? »
« Nonostante nessuno dei tre sia abbastanza intelligente » cominciò Grenn affannato, « mentre gettavamo acqua sulle fiamme abbiamo notato un dettaglio inquietante. Gli unici tizzoni che illuminavano quella zona erano molto lontani dal punto in cui è scoppiato il fuoco, ma ci stava un tizzone spento e gettato a terra. »
« Il fuoco è stato appiccato da uno di noi » intuì Sam.
Eddison e Benjen si guardarono e improvvisamente strillarono: « Jon. »

Intanto Jon era solo nella propria stanza, solo e disarmato contro otto uomini. Due erano vicini alla finestra, tre alla porta, Rast e Alliser sulla parete a lato e Ramsay in mezzo alla stanza, vicinissimo a Jon. Il sadico continuava a sorridere e a godere di quella situazione. Si crogiolava alla vista di Jon in trappola. « L’ultimo figlio di Rhaegar Targaryen verrà ucciso in nome di colui che ha assassinato suo padre. Non è commuovente? »
« Allora diamoci una mossa » sbottò Ser Alliser Thorne spazientito. Jon prese un respiro profondo e vide qualcosa muoversi dentro il proprio campo visivo: una creatura piccola e familiare era appena saltata sulla finestra. Il suo cuore si fermò, si fece più leggero. La cosa che gli bruciava nelle vene si risvegliò e gli riempì il corpo di calore.
« Cosa vuoi dire prima di essere massacrato? » chiese Ramsay.
Jon sospirò. « Non costringetevi a fare quello che desidero fare. Se volete vivere, andatevene. »
I Guardiani presenti scoppiarono a ridere divertiti, Ramsay sopra tutti.
« Che classe, mi piacciono queste ultime dichiarazioni prima di morire » affermò. « Farò sapere alla tua famiglia materna che il loro bastardo è stato coraggioso. So anche che sei molto legato alla più giovane. Arya? Sicuramente sarà ancora vergine ma stai tranquillo, posso occuparmene io. »
La cosa che scorreva nel sangue di Jon prese definitivamente fuoco. Ora si sentiva davvero arrabbiato. « In questa stanza vedo solo un bastardo, e di certo non sono io » affermò trionfante. Ramsay si rabbuiò: Jon aveva toccato il tasto che non doveva toccare. Il bastardo dei Bolton sollevò il proprio pugnale e avanzò verso lui. Jon, però, fu più pronto. « Dracarys. »
La creatura appollaiata sulla finestra saltò giù e, con una scossa di ali, fu in mezzo alla stanza, a pochi centimetri di distanza da Ramsay. Ora tutti potevano vederlo. Il drago si riempì il petto e sputò fuoco, tanto quanto Jon ne desiderava. Non si trattava di una fiammella, come aveva detto Aemon, dalle sua fauci uscì una fiammata di medie dimensioni, che prese Ramsay in piena faccia e gli mandò a fuoco i vestiti. Il bastardo di Forte Terrore iniziò a gridare come un ossesso, e a contorcersi come se questo bastasse a liberarsi dalle fiamme. Il fuoco non si dissipò, ma anzi bruciò alla pari della rabbia di Jon. Ramsay si girò e uscì dalla porta di corsa, lasciandosi alle spalle un grido di dolore e il prezzo dei propri crimini pagato caro. I Guardiani rimasti provarono a catturare il drago ma bastò un movimento della testa di Jon, il piccolo capì e diede fuoco anche agli altri. I due uomini vicino alla finestra vennero colpiti dalle fiamme, i tre vicino alla porta strillarono e fuggirono via.
Rast provò a raggiungere Jon con il sogno di una ricompensa in testa ma, a sorpresa, Spettro entrò dalla porta e gli saltò addosso, sbranandolo. Jon si sentì sollevato: non vedeva il suo meta lupo da quando erano stati catturati dai bruti. L’ultimo rimasto fu Ser Alliser Thorne. Anche lui provò a uccidere Jon, però, ormai, il ragazzo di Grande Inverno aveva recuperato un’arma e riuscì a uccidere il suo aguzzino. Quando tutto fu finito, e nella stanza rimasero soltanto un corpo sbranato, uno pugnalato e due in fiamme, Jon si accasciò a terra e il drago gli si avvicinò con un mugolio.
« Ottimo lavoro piccino » sussurrò e accarezzò dolcemente il musino del suo drago. Spettro si fece avanti e Jon, con un sorrisino divertito, diede una carezza anche a lui. « Grazie vecchio amico mio. »

I Guardiani vittime dello spiacevole inganno di Ramsay e dei congiurati, entrarono nella stanza e trovarono esattamente quella scena. Jon seduto a terra, il drago sulle gambe e Spettro accanto. I due corpi fumanti, quello sbranato di Rast e infine Alliser privo di vita. Jon li guardò spaesato, e semplicemente disse: « Dovevo difendermi. »
Suo zio vide il drago e capì: « Il tuo drago si comportava come un indemoniato, ora capisco che si disperava perché sentiva il pericolo. » 
« Santo cielo tu sei il legittimo erede agli occhi di chiunque consideri il Re un Usurpatore » ragionò Sam allarmato. « Non sarai mai al sicuro qui. »
Jeor Mormont e Aemon Targaryen entrarono nella stanza. « Assolutamente no » convenne il Comandante, sollevando un pezzo di carta. « Lord Varys dalle Terre della Corona mi ha scritto una lettera e dice che, a quanto pare, quello pseudo Re ha mandato dei cavalieri dorati a uccidere Jon. » Il giovane deglutì. I Baratheon si erano persino premurati di mandargli dei sicari dalla Guardia Reale adesso. « Insomma saranno qui a breve, dobbiamo partire stanotte stessa. »
« Dobbiamo andarcene » concordò Eddison.
« Dobbiamo? » domandò Jon, riferendosi soprattutto alla dichiarazione di colui che era il Lord Comandante dei Guardiani della Notte in persona. Sembrava semplicemente fuori luogo che proponesse o anche aderisse a iniziative simili.
Il Comandante in questione si affrettò a spiegare. « I veri nemici non sono oltre alla Barriera, sono nei Sette Regni. È da questi che va protetto il mondo. L’ho capito tardi, ma alla fine ho capito. Ho dedicato un’esistenza alla causa dei Guardiani e ora ho il terribile presentimento che non mi appartenga più. »
« E i nostri giuramenti? »
« Fanculo ai giuramenti » sbottò Benjen, cogliendo di sorpresa sia Jon che i suoi amici, « queste sono scelte che la vita ti sbatte inaspettatamente in faccia e tu devi solo decidere da che parte stare.  »
« Quindi partiamo? » chiese Grenn evidentemente eccitato dalla cosa.
« Diserediamo Grenn, diserediamo tutti perché siamo tutti completamente fuori di testa » specificò il Lord Comandante.
« Non c’è altra scelta » convenne Benjen e appoggiò una mano sulla spalla di Pypar, che gli era più vicino. « Ragazzi prendete i vostri effetti personali e impacchettateli. Ci vediamo giù in cortile. »
Tutti uscirono dalla stanza, tutti eccetto il Maestro Aemon, mentre Jon iniziava a sistemare le proprie cose. Aveva paura, che aveva paura, soltanto uno stupido sarebbe rimasto impassibile davanti a una simile prospettiva. Dove potevano fuggire? Avrebbe vissuto una vita in fuga, e i suoi amici stavano per infilarsi nella medesima orribile situazione?
« Venite anche voi Aemon? » domandò il ragazzo. Mestamente infilò il drago in una tasca della propria giacca e indossò il mantello.
« Non sono abbastanza in forma, vi sarei di intralcio. »
« Maestro Aemon » protestò Jon.
« Non essere sciocco ragazzo, nessuno mi torcerà un capello. Sono il Maestro dei Guardiani della Notte io, se toccano me toccano tutti i Guardiani » ribadì Aemon duramente. Poi si addolcì e con una mano cercò il viso di Jon. Gli accarezzò il mento coperto da una leggera peluria e sorrise. « Preferisco sapere che il figlio di mio nipote è sano e salvo, nulla mi renderebbe più felice. Dopodiché potrei anche morire di una morte spensierata. »
Jon ricambiò sinceramente il sorriso, anche se Aemon non poteva vederlo. « Non vi ho detto una cosa ieri, ovvero che sono felice anche io di essere vostro parente » disse con il cuore caldo dalla felicità. « Avete un ultimo prezioso consiglio da darmi? »
« Uccidi il ragazzo, uccidi il giovane Jon Snow e permetti a Jon Targaryen di venire alla luce. Uno dei due rappresenta ciò che eri agli occhi degli altri e il modo in cui sei stato trattato per anni, ma l'altro è ciò che sei davvero, ciò che ti spetta di diritto e che meriti di prenderti. So che ora ti è difficile, ma un giorno capirai. »
Jon non sapeva cosa intendesse Aemon ma annuì comunque e abbracciò il Maestro, come aveva abbracciato Robb prima di lasciare Grande Inverno. Robb. Cugino. Trovò i suoi amici, suo zio e il Lord Comandante in cortile, preparati e ammantanti di un nero più nero della notte. Si strinse il drago vicino, mentre Spettro gli zampettava accanto. Aveva preso tutto.
« Dove ce ne andiamo? »
« Essos » affermò il Lord Comandante mentre montava sopra uno dei cavalli delle stalle.
« Come ci arriviamo a Essos in piena notte? » domandò Sam con i denti che battevano, un poco il freddo e un poco il timore di incappare nelle Guardie che davano la caccia a Jon.
« Il messaggio di Varys. Lady Fell, delle Terre della Tempesta, ci ha messo a disposizione una nave che ci attende alla Baia delle Foche. »
« Terre della Tempesta? »
« Ci sono ancora tanti fedeli ai Targaryen nei Sette Regni Jon, ma in particolare lì » spiegò Benjen.
Una folla di Guardiani aveva sentito il casino e si era radunata attorno a loro. « Jeremy sarà il vostro nuovo Comandante, è stato un piacere servivi e buona fortuna » esclamò Mormont.
« Buona fortuna anche a voi » mormorò Jeremy in direzione di Jon. Il ragazzo si chiese se fosse un augurio nei confronti di tutti, o se si fosse rivolto a lui con un formale “voi”. Il solo pensiero gli sembrò pazzesco: nessuno gli aveva mai parlato in maniera formale. Piuttosto si concentrò sui propri amici, si preoccupò per loro.
« Siete sicuri di quello che state facendo? Cosa ci viene a fare un bruto a Essos? » chiese squadrandoli uno a uno, prima di soffermarsi su Tormund. Sperava quasi cambiassero idea. Era una follia.
« Faccio felice Mance e tengo d’occhio il tuo nobile sedere » grugnì il rosso con i suoi soliti modi rozzi che divertivano i compagni. « E poi sono in vena di avventure. »
« Jon ti abbiamo seguito oltre alla Barriera, ti seguiremo anche a Essos. Che tu ti chiami Snow o Targaryen, sei il nostro unico vero giuramento » ribadì Eddison con gli occhi lucidi.
Sam decise che era il proprio turno di parlarne e gonfiò il petto, orgoglioso. « Ho paura, mentirei se dicessi di essere coraggioso, ma sei il mio migliore amico e io credo in te. »
Grenn annuì. « Non abbiamo nulla di importante qui, ma abbiamo promesso di essere una famiglia. »
« Quella di seguirti e di proteggerti è una scelta che abbiamo fatto mesi fa, tu sei il nostro leader naturale » concluse Pyp.
Jon si sentì commosso dei ragazzi, il cuore caldo nonostante il manto freddo della notte gli ghiacciasse il corpo. Non riusciva a capacitarsi di tanta fedeltà nei suoi confronti, non dopo quello che aveva passato nella vita, non dopo il modo in cui era stato sempre guardato e trattato. Come un bastardo buono a nulla.
« Molto romantico, ora tutti in sella e andiamocene di qui » borbottò il vecchio capo dei Guardiani. Gli altri obbedirono e iniziarono a scegliersi ognuno un cavallo. Jon salì su quello più scuro e si avvicinò a galoppo alla figura pensierosa del più anziano.  
« Comandante ne siete certo? »
Il Guardiano sorrise amaramente, anche se il sorriso non raggiunse mai i suoi occhi affaticati. « Tua madre era una donna meravigliosa e scommetto sarebbe stata una grande Regina. Io sarei stato il primo a inginocchiarmi dinanzi a lei. Purtroppo non sono riuscito a proteggere Lyanna in questa vita, e vivevo nella speranza di poter rimediare nella prossima. Il destino invece mi ha mandato te, ora. Non ti porto a Essos perché sono in vena di diseredare, ti porto a Essos per servirti. »
Servirti. Quella parola entrò nella testa di Jon come un fulmine e vi rimase a lungo, mentre cavalcano nella notte con i loro mantelli neri e tante preoccupazioni in mente. Nessuno di loro, però, si lasciò anche solo sfiorare dalla preoccupazione che non fosse giusto.

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