Il gioco proibito

di Ms Mary Santiago
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Prologo 2.0 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 1 & Selezione OC ***
Capitolo 4: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 17: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

 

 

 

 

 

 

31 agosto 2010, Notturn Alley, ore 19.30

 

 

 

 

 

 

- Ripetimi un’altra volta perché siamo qui – bofonchiò suo cugino mentre percorrevano lo stretto vicolo che li avrebbe portati al confine tra Diagon e Notturn Alley.

Effettivamente c’erano molte cose che avrebbero potuto fare quell’ultima giornata di vacanze estive e visitare il peggior quartiere del mondo magico non rientrava nemmeno nella lista delle prime cinquanta attrattive che le venivano in mente.

Tuttavia quando si erano divisi i compiti per i festeggiamenti del compleanno della sua migliore amica lei si era fatta carico dell’intrattenimento della serata. Solo che la sua proverbiale procrastinazione l’aveva portata a rimuovere la cosa per tutto il mese d’agosto e a ritrovarsi ad appena una settimana dalla fatidica data senza avere assolutamente la minima idea di quello che avrebbe potuto organizzare per l’occasione.

Tirarsi indietro era escluso, tanto più perché avrebbe dovuto ammettere con il resto del gruppo che la sua era stata una svista madornale, così l’unica cosa che le era rimasta da fare prima del rientro a scuola era stato trascinare suo cugino in giro per tutta Diagon Alley.

Peccato solo che non avessero trovato uno straccio di gioco di gruppo che fosse all’altezza dell’atmosfera a cui puntavano.

Doveva essere qualcosa di avventuroso, divertente, eccitante e magari un po’ pericoloso.

Qualcosa di completamente diverso da quello a cui erano abituati … Notturn Alley rimaneva l’unico posto in cui poter trovare quello che cercavano.

- Lo sai che questa è la nostra ultima possibilità prima di fallire miseramente. –

- Intendi dire che è la tua ultima possibilità prima che tu fallisca. Io non mi sono certo offerto di organizzare nulla. –

Ellie sbuffò, rifilandogli una gomitata nelle costole.

- Grazie per lo spirito di solidarietà, Bax. –

Baxter si strinse nelle spalle, passandosi una mano tra le corte e scompigliate ciocche corvine.

- Figurati, quando vuoi. –

- Spiritoso … aspetta, credi che lì dentro troveremo quello che cerchiamo? –

Gli indicò con un cenno l’insegna posta a meno di cento metri da dove si trovavano.

Era una targa in legno antico, dall’aria fatiscente, con delle parole incise in ottone che si stavano scolorendo sempre di più e che rendevano tremendamente difficile leggere cosa vi fosse impresso.

- “L’altro mondo, dove tutto può accadere” -, lesse Baxter inarcando un sopracciglio con scetticismo, - Qualcuno dovrebbe avvertire questi tizi che quell’insegna non spaventa nemmeno un moccioso. –

- Prima troviamo il gioco, poi gli fai tutte le rimostranze che vuoi sull’insegna. –

Bax le rivolse un sorriso sghembo, aprendo la porta e facendo cenno di precederlo.

L’interno del locale non era certo meglio dell’esterno, considerò Ellie mentre si aggirava tra gli scaffali, e di sicuro lì dentro c’era roba che non vedeva la luce del sole da secoli.

Si chiese se non fossero capitati nel posto sbagliato, lì dentro non avrebbero certo trovato nulla di utile per una festa di adolescenti.

S’infilò nel secondo corridoio di scaffali, sentendo Baxter che curiosava tra i vecchi cimeli elfici dall’altro lato del negozio.

- Posso esserti d’aiuto? –

Trasalì, voltandosi di scatto verso la voce maschile bassa e vibrante che l’aveva apostrofata.

Con le braccia incrociate al petto, le ciocche candide come la neve e due penetranti occhi blu scuro, c’era un ragazzo che doveva essere poco più grande di lei e che la fissava con freddo interesse.

Forse il viso era un po’ troppo spigoloso e le iridi blu notte erano l’unico tocco di colore in mezzo al candore dei capelli e della carnagione.

Tuttavia nel complesso era bello, considerò, malgrado non fosse una di quelle bellezze classiche … era più selvatico, quasi esotico.

- Stavo cercando un gioco, ma non uno dei soliti classici; volevo qualcosa di nuovo, di … -

- Di unico? – concluse per lei.

Annuì.

- Forse ho quello che fa al caso tuo, ma è una cosa molto speciale … non lo venderei a una persona chiunque. –

Le rivolse un sorriso sghembo, sornione, quasi la stesse prendendo in giro malgrado le parole innocue e il tono neutro che utilizzava.

- Posso pagare un buon prezzo per il gioco, l’importante è che sia qualcosa che ne valga la pena – replicò, scrutandolo con determinazione.

- Non è una questione di soldi. Dimmi, come mai sei alla disperata ricerca di un gioco unico? –

Il modo in cui si soffermava sull’ultima parola le faceva risuonare un campanello d’allarme nella testa, tuttavia si diede della sciocca.

Quel tipo stava solo cercando di prenderla in giro e magari di spaventarla un po’.

- Tra una settimana è il compleanno della mia migliore amica e tocca a me trovare qualcosa per intrattenere il nostro gruppo. Volevamo qualcosa di diverso dalle solite feste, qualcosa solo per la nostra cerchia ristretta. Dovrebbe essere qualcosa che vada bene per tredici persone. –

- Tredici? –

Le iridi blu scuro parvero illuminarsi di uno scintillio improvvisamente interessato.

- Già. –

- Sono parecchie persone da scontentare -, considerò distrattamente, - mi hai convinto. Ti venderò il gioco. Vado a prendertelo. –

Scomparve nella porta sul retro, ricomparendo una manciata di minuti dopo quando Baxter aveva ormai smesso di esaminare gli oggetti e si era unito a lei.

- Eccolo qui, è tutto vostro. –

Ellie allungò la mano ad afferrare la scatola.

Era nera e lucida, senza alcun tipo d’iscrizione se non un simbolo raffigurante non sapeva bene cosa.

- Sei sicuro che vada bene? – intervenne Baxter, scettico.

- Assolutamente. Vi assicuro che qualsiasi altro gioco al confronto è noioso. –

- Non abbiamo molte altre scelte, Bax. O questo o nulla. –

- Allora prendilo, non puoi certo farci una figura peggiore dell’ammettere di essertene dimenticata per un intero mese. –

Si trattenne dal pestargli il piede, consapevole che quel gesto non avrebbe fatto altro che divertirlo sapendo di essere riuscito a toccarla sul vivo.

- Lo prendiamo. Quanto viene? –

Il commesso si strinse nelle spalle, meditabondo, - Facciamo dieci galeoni. –

Rovistò nella borsa alla ricerca del denaro e glielo consegnò, osservandolo riporlo in un vecchio registratore di cassa dall’aria malconcia e dal contenuto alquanto interessante.

C’erano decine di monete di vario tipo, la maggior parte delle quali le erano completamente sconosciute.

- Grazie mille, ci si vede. –

- Sabato prossimo. –

- Come, scusa? –

- Ho detto: ci si vede. –

Eppure era certa di aver sentito tutt’altro.

Si voltò verso Baxter, che però era ormai nei pressi della porta e non poteva certo aver sentito le parole di quel tipo.

Gli rivolse un sorriso nervoso e raggiunse il cugino, uscendo di lì.

- Quel tipo era davvero strano – mormorò, mentre tornavano verso Diagon Alley.

- Credo che stesse solo cercando di fare colpo. Ad alcune ragazze piace il bel tenebroso. –

Annuì in silenzio.

La replica di Bax aveva senso, eppure non riusciva a togliersi di dosso quella sensazione di disagio.

Quella storia non le quadrava affatto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Stavo rileggendo una vecchia trilogia della Smith che mi era capitata tra le mani qualcosa come dieci anni fa (per l’appunto quella de “Il gioco proibito”) e mi sono detta, perché non metterci le mani ambientandola nel mondo potteriano? Ovviamente le cose saranno diverse dalla trama originaria, avendo tratto solo ispirazione da essa, quindi può tranquillamente partecipare anche chi non conosce la trilogia. Per partecipare come sempre ci saranno alcune regole, dopo le quali vi allegherò la scheda e i prestavolto sia dei miei OC che del proprietario de L’Altro mondo.

 

Regole

- Ogni OC che proponete dovrà rispecchiare uno tra gli animali che elencherò e il suo significato araldico (specificate all’atto dell’iscrizione quale volete in modo da non accalcarvi tutti sullo stesso);

- potete partecipare al massimo con due OC purchè di sesso e Casa diversi. Mi serve qualcuno che crei la festeggiata, perciò sentitevi pure liberi di proporvi;

- tutti i personaggi dovranno essere studenti del VII anno;

- vi anticipo che tutti gli OC si conosceranno già in un modo o nell’altro, perciò cercherò di darvi più informazioni possibili su Baxter ed Ellie in modo tale da facilitarvi la compilazione del campo della scheda che li riguarda, ma se doveste avere ulteriori dubbi non esitate a contattarmi per chiarimenti;

- è possibile che il vostro OC muoia nel corso della storia, ma se doveste sparire nel corso dei capitoli allora la sua morte sarà sicura al 100%. Dico questo perché mi aspetto una partecipazione attiva, altrimenti si perde lo spirito dell’interattiva; perciò se sparite per più di tre capitoli senza avvisare … beh, se la storia ha una componente horror un motivo c’è. Ovviamente se avete problemi a recensire per un periodo potete mandarmi un mp e non ci sarà alcun problema;

- non accetto Mary Sue, Gary Stu, personaggi imparentati con i Canon (ma potete usare i cognomi secondari), Ibridi, Licantropi, Animagus, Metamorphomagus, prestavolto comparsi nei film della saga o in Animali Fantastici;

- opererò una selezione che verrà pubblicata qualche giorno dopo la scadenza delle iscrizioni;

- avete tempo per inviare le schede fino al 31 maggio solo ed esclusivamente tramite messaggio privato.

 

 

 

Scheda

 

Nome e Cognome:

Simbolo araldico:

Data di nascita (è sufficiente giorno e mese):

Stato di sangue:

Orientamento sessuale:

Casa:

Aspetto fisico:

Prestavolto:

Carattere:

Famiglia e rapporto con essa:

Molliccio:

Patronus e ricordo felice:

Amortentia:

Fobie/Paure/Incubi ricorrenti (più ne mettete e meglio è, perché saranno parte integrante della storia):

Materie preferite/odiate:

Ruolo (Prefetto, Caposcuola, Lumaclub, Quidditch, etc):

In che rapporti è con Baxter e con Ellie? Come si sono conosciuti?

Qualche informazione sui fatti più importanti degli anni precedenti di scuola (mi servirà per la costruzione dei flashback perciò più siete accurati e meglio è):

Amicizie (con che tipo di persona va d’accordo):

Inimicizie (che tipo di persona non sopporta):

Amore (con che tipo di persona potrebbe avere un flirt o una storia):

Altro:

 

 

Simboli araldici

 

Aquila – simbolo di nobiltà d’animo e forza;

Leone – simbolo del coraggio, del guerriero pronto al combattimento;

Volpe – simbolo d’astuzia;

Coccodrillo – simbolo dell’ambiguità, della finzione e del tradimento;

Corvo – simbolo dell’intelligenza e della saggezza;

Gatto – simbolo d’indipendenza e destrezza;

Picchio – simbolo di perseveranza nelle proprie azioni e convinzioni;

Salamandra – simbolo di forza di carattere e capacità di affrontare le avversità;

Cerbero – simbolo di fedeltà e protezione;

Chimera – simbolo di testardaggine, ostinazione e tenacia;

Tigre – simbolo d’orgoglio e aggressività;

Sirena – simbolo d’eloquenza e persuasione;

Sfinge – simbolo di mistero, inavvicinabilità e segretezza.

 

 

 

Baxter Nott (PV Stephen James) – VII anno, Serpeverde. Capitano, Cacciatore e membro del Lumaclub. Eterosessuale. Libero per flirt e/o relazione. La Tigre.


Irriverente, sfrontato e senza peli sulla lingua. Bax non ha un carattere facile, specialmente perché si ostina a mostrarsi più incurante e forte di quanto in realtà non sia e a nascondere quel lato protettivo che esterna solo in privato con sua cugina. Se c’è da menare le mani lui non si tira mai indietro, specialmente se deve difendere qualche suo amico; non ammette facilmente di avere torto, orgoglioso com’è, ma si comporta in modo tale che le sue azioni dimostrino ciò che a parole non riesce ad ammettere. È un bel capoccione, come gli ripete sempre Ellie, e finchè non ci sbatte la testa persevera nei suoi comportamenti.

 

Ellie Flint (PV Clara Alonso) – VII anno, Corvonero. Caposcuola e Cacciatrice. Eterosessuale. Libera per flirt e/o relazione. La Sirena.


Estroversa, carismatica, sveglia e di bell’aspetto. Ellie gode di una certa popolarità all’interno del castello e la cosa è accresciuta dal fatto che non è minimamente una di quelle persone che se la tirano. È diplomatica, tenta sempre di appianare le divergenze nel suo gruppo di amici prima che si sfoci in un vero e proprio litigio, ma sotto quest’aria da acqua cheta c’è un vulcano pronto a esplodere se si pensa di poterle pestare i piedi. Non è una persona che lascia correre, se le si fa un torto non dimentica e si è segnati a vita come sue nemesi.

 

 

Asher (PV Max Krieger) – 18 anni.


 

 

 

 

 

 

 

 

Per ora è tutto.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

 

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Capitolo 2
*** Prologo 2.0 ***


Prologo 2.0

 

 

 

 

 

L’altro Mondo, Notturn Alley, ore 20.00

 

 

 

 

 

Quando la porta del negozio si chiuse alle spalle dei due ragazzi, Asher si rilassò contro lo schienale della sedia dietro al registro di cassa e sospirò.

E almeno quella parte era fatta.

L’apertura del passaggio dimensionale gli annunciò che non era più solo e poco dopo al centro del vortice scuro si materializzarono le figure di Kali e Samael.

Le lunghe onde rosso fuoco della ragazza incorniciavano due iridi cobalto che lo fissavano con aria penetrante.

- L’abbiamo sentito. –

- Una sorta di strappo all’altezza dell’ombelico, un po’ come quando usi una Passaporta, faceva tremendamente male – chiarì il ragazzo dai capelli corvini che veniva dietro di lei.

Già, l’aveva sentito anche lui perciò capiva alla perfezione a cosa si stessero riferendo i suoi amici.

- Immagino che stare lontani dal gioco per questa settimana sarà dura, ma è l’unico modo che abbiamo se vogliamo uscire da qui. –

Vivere nel varco tra l’altro mondo e quello umano era stato snervante, ma adesso che erano lontani da quel maledetto gioco non riusciva affatto a sentirsi sollevato.

Immaginava che vivere in quella situazione per dieci anni fosse ormai un’abitudine e probabilmente faceva parte del desiderio di provocare sofferenza dello spirito sadico e malato che aveva mosso chi aveva creato quel gioco.

- Chi è che l’ha comprato? – domandò Samael, appoggiandosi con il sedere contro il bancone.

- Una ragazza di Hogwarts, le serviva per il compleanno di una sua amica. –

- E com’era questa ragazza, sexy? –

Kali gli diede un buffetto dietro al collo, roteando gli occhi, - Imbecille. –

Samael incassò il colpo e si strinse nelle spalle.

- Ehy, sono dieci anni che non vedo una ragazza che non sia tu, è normale che sia curioso. –

- Sì, certo, proprio curioso. Ma fammi il piacere. –

Il sorriso malandrino di Sam confermò i sospetti di Kali, ma dopotutto era impossibile biasimarlo del tutto.

Erano dieci anni che erano legati al gioco e quando avevano avuto la malaugurata idea di fare la partita erano appena diciottenni.

Il tempo si era congelato per loro all’interno dell’altro mondo, ma gli istinti erano rimasti i medesimi perciò gli ormoni a palla di Samael non erano minimamente andati in vacanza.

- Sì, era una bella ragazza –, confermò con tono pacato, - non che questo sia importante. –

- Peccato, sarà un gran spreco. –

- È l’ultima partita che dobbiamo giocare, perciò non fatevi scrupoli proprio adesso. Voglio uscire di qui, voglio tornare a casa mia dai miei genitori e dai miei fratellini … anche se immagino che ormai sembrino più grandi di me – concluse Kali mentre la voce solitamente sicura e saggia s’incupiva.

- Tutti vogliamo tornare a casa –, asserì Asher, - e anche se non mi piace questo è l’unico modo che abbiamo per farlo perciò vinciamo anche questa partita. –

Annuirono all’unisono mentre il vortice riprendeva a formarsi in proporzioni molto più grandi di quanto non avesse fatto quando Kali e Samael si erano materializzati.

- Ecco che ci risiamo – sospirò, mentre i contorni all’esterno dell’ingresso del negozio si facevano sempre più sfocati e lentamente venivano ritrasportati nell’altro mondo.

Magari per l’ultima volta.

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Ho deciso di pubblicare un secondo prologo per presentarvi anche i “villain” di questa storia in modo tale che possiate conoscerli e al contempo capire qualcosina in più del gioco e della sua storia. Ovviamente non ci sono spoiler incredibili, ma nei primi capitoli della storia scoprirete tutto. L’unica cosa che posso dirvi è che loro tre facevano parte del gruppo che dieci anni prima giocò la sua partita e che perse.

Le iscrizioni sono ancora aperte, perciò chi volesse partecipare è il benvenuto. Ricordo a chi invece si è già iscritto e ancora non lo avesse fatto che ha tempo fino al 31 maggio per inviarmi le schede.

Vi lascio i pv dei ragazzuoli comparsi in questo secondo prologo, anche se Asher lo avete già “visto” nello scorso capitolo.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

 

 

 

 

Asher (PV Max Krieger) – 18 anni, ex Serpeverde. L’Uomo Ombra.


 

Kali – 18 anni, ex Corvonero. Il Serpente.


 

Samael (PV Riccardo Mora) – 18 anni, ex Grifondoro. Il Lupo.


 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 1 & Selezione OC ***


Capitolo 1 & Selezione OC

 

 

 

Salve!

Qui sotto troverete l’elenco degli OC selezionati e il corrispondente simbolo araldico. Ovviamente non ho potuto prendere tutti gli OC che mi sono arrivati (esattamente 22) perché il limite massimo per lo svolgimento della storia era 11. Inoltre si trattava per la maggior parte di ragazze, perciò sarebbe venuto fuori un numero femminile esorbitante. Pertanto nella selezione delle schede mi sono basata fondamentalmente su due fattori:

1)      La proporzione tra numero di maschi e femmine;

2)     La caratterizzazione degli OC che in certi casi erano fin troppo simili l’uno all’altro.

 

Ci ho messo un bel po’ a decidermi perché erano tutti OC molto validi, perciò mi sono presa qualche giorno più del previsto per pubblicare la scelta. Ci tengo a precisare che è stata una scelta sofferta, pertanto spero che nessuno di voi sia rimasto male nel non vedere il proprio OC nella lista. Ci saranno sicuramente altre occasioni in mie storie future.

Voglio comunque ringraziare tutti coloro che hanno provato a partecipare, perché non mi aspettavo davvero un riscontro così positivo né tantomeno una partecipazione così vasta.

Ma adesso bando alle ciance e veniamo a noi e al primo capitolo della storia.

 

 

 

 

 

 

1 settembre 2010, ore 9.00

 

 

 

 

 

- Non riesco a credere che tu sia ancora impegnato a fare il baule. –

Baxter inarcò un sopracciglio all’indirizzo della cugina, continuando a infilare abiti alla rinfusa.

- Invece di farmi la ramanzina, perché non mi dai una mano? –

- Potrei farlo -, convenne Ellie sorridendo furba, - ma cosa otterrei in cambio? –

- Io l’ho sempre detto che il Cappello Parlante al primo anno doveva essersi fatto un bel goccetto prima di Smistarti in Corvonero. –

- Ancora con questa storia che sarei una Serpeverde mancata? –

- Ovviamente. –

Ellie scosse il capo, ridacchiando.

- Mi mancano alcune qualità fondamentali per essere una Serpe. –

- Del tipo? –

- Del tipo la tua assoluta mancanza d’ordine … ah, no, quella è genetica Nott. –

Afferrò la maglietta più vicina e gliela tirò dritta in faccia, sogghignando davanti alla sua espressione indignata.

Tuttavia il divertimento durò poco perché lo sguardo di Ellie non prometteva nulla di buono.

- Bax … comincia a correre. –

- Ellie, non abbiamo tempo per il mio tentato omicidio, manca poco alla partenza per l’Espresso. –

La ragazza soppesò la rimostranza del cugino, mordicchiandosi il labbro inferiore, per poi annuire con uno sbuffo infastidito.

- D’accordo, ma sappi che me ne ricorderò. –

Bax riprese a sistemare le cose, bofonchiando a mezza bocca un ringraziamento a Salazar e alla sua capacità di replicare sempre in modo tale da riuscire a cavarsi d’impiccio.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

- Sei riuscito a evitare il nonno? –

Monterys annuì, voltandosi verso la cugina appena entrata nel grande salone di famiglia.

- Fortunatamente sì. –

Lui e Greta erano cugini di secondo grado, ma la grande “mano” di Harys aveva finito per investire entrambi i nipoti indipendentemente dal ramo della famiglia al quale appartenevano.

- Beato te, a me non ha risparmiato neanche un secondo della sua solita ramanzina sul perché “sono un disonore per i Rosier da praticamente tutta la vita” – replicò, lasciandosi cadere con energia sul divano in pelle e accavallando le gambe.

Effettivamente Greta era un tripudio d’energia e comportamento giudicati socialmente inaccettabili per una perfetta ragazza Purosangue … inutile dire che doveva aver reso ineluttabilmente vani tutti i tentativi del nonno di procurargli un vantaggioso contratto matrimoniale con un rampollo di una qualche rispettabile famiglia Purosangue.

- Lo sai come è fatto … -

- Sì, è un vero stronzo. Secondo me quando tirerà le cuoia nemmeno all’Inferno lo accetteranno e finiranno con il rispedircelo qui affinchè continui la sua opera di tormento incessante. –

Monterys non potè fare a meno di ridacchiare a quelle parole.

Effettivamente era un’immagine calzante.

Harys Rosier avrebbe fatto sembrare il diavolo un simpatico ometto dal carattere moderatamente iracondo.

- Se non altro mancano poche ore al ritorno a Hogwarts. Mesi interi senza vederlo sbucare fuori per ricordarci quanto dobbiamo impegnarci per essere veri Rosier. –

Greta sospirò.

- Sembra un sogno. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

- Lainey, siamo qui. –

Urania alzò un braccio, reso ambrato dal sole estivo, per attirare l’attenzione dell’amica, che arrancava sotto al peso del suo baule.

La Corvonero si voltò verso di loro e abbozzò un sorriso in risposta.

- Quel baule ha l’aria di pesare un quintale – osservò Evangeline.

- Abbastanza, ma dovevo assolutamente portare tutto quanto -, replicò Lainey, - ho della roba nuova che non avrei sopportato di lasciare sugli scaffali della mia libreria. –

Urania roteò gli occhi.

- Figurarsi se la nostra secchioncella preferita poteva evitare di portarsi dietro tre quarti dello scibile cartaceo umano. Come se a Hogwarts non avessimo una biblioteca fornitissima. –

- Andiamo lo sai che vuole soffiare il posto alla Pince –, intervenne Eve, - Per farlo deve dimostrare di essere l’essere vivente ad aver letto più libri polverosi e noiosi di tutti. –

Le due ragazze scoppiarono a ridere davanti alla smorfia sulle labbra di Lainey.

- Spiritose. E poi non è vero che leggo solo libri polverosi e noiosi … e nemmeno che voglio il posto della Pince a dirla tutta. –

Urania inarcò un sopracciglio.

- Che dici, Eve, ci crediamo? –

Finse di pensarci su prima di annuire. – Ma sì, per questa volta direi di sì. –

- Allora se avete finito di mettermi in mezzo, direi che è meglio che andiamo nello scompartimento perché deduco che Ellie e le altre sono già lì. –

- Sicuramente, quanto al metterti in mezzo non so se abbiamo già finito … Urania? –

- No -, scosse il capo la rossa, - Ovviamente no. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

- Oh Capitano, mio Capitano. –

Merritt scosse il capo sentendo la familiare voce di David ancora prima che lui e Arthur comparissero davanti al carrello dei dolci.

- David … Arthur – salutò, sorridendo a entrambi i compagni di Casa prima di selezionare con cura delle caramelle al cocco. - Come mai da queste parti? –

- Scorta di cibarie prima che cominci il viaggio … e David voleva chiederti qualcosa a proposito della festa per Greta. –

La Grifondoro storse il capo, incuriosita.

- Di cosa si tratta, pettegolo incallito? –

- Nulla di che -, replicò stringendosi nelle spalle, - mi domandavo solo se avessi scoperto cosa ha in programma Ellie per il sette. –

- Non ne ho idea. –

- E anche se ce l’avessi non lo diresti a lui – concluse Arthur, con il sorriso di chi la sapeva lunga.

Confidare una sorpresa a David era un po’ come darsi la zappa sui piedi da soli.

- Esattamente. Sei un ottimo Cacciatore, Dave, ma sei un disastro nel mantenere i segreti o il fare sorprese. –

Il biondo gonfiò le guance con fare indignato. – Questo non è assolutamente vero. –

Gli sguardi dei due dovevano parlare chiaro, perché sbuffò e ammise: - D’accordo, avete vinto, sono un disastro con le sorprese. Ma davvero non sai cosa ha in programma? –

- No, non l’ha detto nemmeno a me e Scarlett. –

- Uh … questo rende la cosa decisamente più interessante. –

- David … -

- Lo so, lo so -, intervenne prima che Arthur potesse finire la sua considerazione, - Ellie mi ucciderà se rovino la sorpresa. –

- E lo farà in modo molto brutale e doloroso. –

- Poco ma sicuro – convenne Merritt.

- Allora mi impegnerò a comportarmi come se la cosa non mi interessasse minimamente –, asserì il ragazzo portando solennemente una mano all’altezza del cuore, - Croce sul cuore che possa morire. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Scarlett mise piede all’interno dello scompartimento che aveva occupato insieme alle amiche pochi istanti dopo aver saccheggiato il carrello dei dolci e aver assicurato a Merritt che non si sarebbe fatta fuori tutta la scorta di dolciumi che doveva trasportare.

Le fu chiaro all’istante che Ellie non era più sola, ma che suo cugino e Race Burke avevano approfittato di quel momento per intrufolarsi a chiacchierare con lei.

- Race … e c’è anche Bax “idiota” Nott. Questo scompartimento sta diventando decisamente affollato. –

- Scarlett “insopportabile” Poison – replicò il Serpeverde a mo’ di saluto, mentre Ellie alzava gli occhi al cielo e Race si sforzava palesemente di non ridacchiare all’idea dell’ennesima scaramuccia verbale tra quei due.

- Ragazzi, avete davvero intenzione di battere ogni record e cominciare a discutere a nemmeno metà viaggio? –

- Forse … Dipende da quanto farà l’idiota. –

- Mi hai tolto le parole di bocca. –

Scarlett lo folgorò con un’occhiataccia.

- Per tua norma e regola, Nott, io non faccio mai l’idiota. –

Baxter si finse sorpreso, atteggiando le labbra sottili a un sorrisetto irriverente.

- Ah, vuoi dire che lo sei proprio? Beh, questo spiegherebbe un sacco di cose. –

Scarlett gettò i dolci sul sedile libero di fronte a Ellie e lo fronteggiò, una scintilla battagliera nello sguardo.

- Questa è la volta buona che ti ammazzo, Nott. –

- Se proprio dovete farlo allora immagino che mi servirò di una parte di questi dolci e mi gusterò lo spettacolo – intervenne Race, facendo per allungarsi verso la catasta di fronte a lui.

Ellie gli rifilò una pacca sul braccio, a mo’ di avvertimento.

- Se tocchi quelle Cioccorane troverai tutto ciò molto meno divertente, Race, te lo posso assicurare. –

- Cos’è una minaccia? –

- Un avvertimento. –

- Sono un ragazzo cresciuto, credo che correrò il rischio. –

- Tu tocca una di quelle Cioccorane e giuro su Rowena che ti infilzo il ginocchio con la bacchetta. Poi potrai ritenerti cresciuto quanto vuoi. –

Michael Davies scelse proprio quel momento per aprire la porta scorrevole dello scompartimento e trovarsi davanti quella scena.

Chiunque altro avrebbe trovato quella minaccia particolarmente ridicola e probabilmente sarebbe scoppiato a ridere stemperando la tensione, ma non lui.

Conosceva bene Ellie e sapeva che quando minacciava qualcuno non lo faceva mai in modo vano.

- Race, per esperienza ti sconsiglio di sottrarre alcun dolce dalle grinfie di Ellie … specialmente se si tratta di Cioccorane. –

- Ecco, fattelo dire da chi ci è passato. –

Race storse il capo, osservando l’amico con curiosità.

- Questa non la sapevo. Credevo che voi due piccioncini andaste d’amore e d’accordo. –

I due diretti interessati sbuffarono nel sentirsi rivolgere quell’epiteto.

Per qualche strana ragione Race trovava assolutamente consolidato il fatto che prima o poi si sarebbero messi insieme e non faceva che punzecchiarli a riguardo, divertendosi al contempo nell’osservare la reazione protettiva di Baxter.

Reazione che come solito non si fece attendere oltre.

- Non dire cose assurde, Race. Mia cugina e uno dei miei migliori amici è assolutamente … -

Gli venne in aiuto.

- Strano? –

- No, stavo per dire “il mio peggior incubo”. –

- Come sei melodrammatico – sbuffò Scarlett, riportando magicamente l’attenzione del ragazzo su di lei e ridando vita al loro battibecco.

- Credete che smetteranno di litigare prima dell’arrivo a scuola? –

- Lo escludo. –

- Mi associo, sarei molto deluso se la smettessero tanto presto – convenne il rosso.

- Bene, allora ingozziamoci di dolci e piazziamo scommesse su chi l’avrà vinta – concluse Michael, lasciandosi cadere accanto a Ellie e passandole un braccio attorno alle spalle con disinvoltura.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve di nuovo.

Scusate per l’attesa, ma tra l’ardua scelta, lo studio e gli impegni lavorativi sembra che il tempo non sia mai sufficiente a portare avanti tutti i miei impegni.

Ragion per cui questo capitolo sarà abbastanza breve, ma non volevo davvero aspettare oltre per pubblicare la selezione degli OC.

Ci sentiamo tra qualche giorno con il prossimo capitolo.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

 

 

 

OC selezionati

 

                                                                                                      

 

Scarlett Poison (PV Kendall Jenner) – VII anno, Grifondoro. Cacciatrice e membro del Lumaclub. Il Leone.

Evangeline Scarlett Lewis (PV Mila Kunis) – VII anno, Tassorosso. Capitano e Battitrice. La Salamandra.

Merritt Belle Yaxley (PV Marzia Bisognin) – VII anno, Grifondoro. Capitano e Battitrice. Il Picchio.

Greta Rosier – VII anno, Serpeverde. Membro del Lumaclub. La Volpe.


Michael Davies (PV Sergio Carvajal) – VII anno, Grifondoro. Portiere e membro del Lumaclub. La Sfinge.

Urania Justice Stargazer (PV Miriam Leone) – VII anno, Grifondoro. Cercatrice. Il Cerbero.

David Hewitt (PV Lucas Grabeel) – VII anno, Grifondoro. Cacciatore. Il Gatto.

Monterys Rosier (PV Jon Bengoechea) – VII anno, Grifondoro. Membro del Lumaclub. La Chimera.

Lainey Rosen (PV Autumn Reeser) – VII anno, Corvonero. Prefetto. Il Corvo.

Race Burke (PV Kenneth Bek) – VII anno, Serpeverde. Caposcuola, Cacciatore e membro del Lumaclub. Il Coccodrillo.

Arthur Ray (PV Chad Michael Murray) – VII anno, Grifondoro. Prefetto e membro del Lumaclub. L’Aquila.

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

 

 

 

 

2 settembre 2010

 

 

 

 

 

- Fammi indovinare, Bax e Scarlett hanno già cominciato a discutere durante il viaggio in treno. –

Ellie annuì all’indirizzo di Lainey mentre continuava a sistemare le sue cose all’interno dell’anta dell’armadio nell’angolo.

- Ovviamente e sono andati avanti per più di un’ora. Certe volte è estenuante frapporsi tra loro due. –

- Essere super partes lo è sempre – convenne lei, lasciandosi ricadere sul letto a baldacchino accanto a quello dell’amica.

- Già. Da una parte capisco Scarlett, perché Bax sa essere veramente estenuante nelle sue continue provocazioni ma dall’altra … -

- Tu e lui vivete praticamente in simbiosi -, concluse per lei, - certe volte se non sapessi che siete cugini penserei di avere davanti due gemelli. –

- Beh, in effetti in un qualche modo distorto potremmo considerarci tali. –

Dopotutto le loro madri erano gemelle e loro stessi, seppure da genitori diversi, erano nati lo stesso giorno a pochi minuti di distanza l’uno dall’altra.

Lainey ridacchiò, utilizzando il soprannome che il gruppo aveva loro affibbiato fin da quando avevano scoperto la curiosa storia della loro nascita.

- Già, i famosi cugini gemelli. –

Ellie le sorrise di rimando, stringendosi nelle spalle, - Questo non toglie che certe volte lo strangolerei. –

- Un po’ come tutti praticamente qui al castello. Bax sa farsi volere molto bene, ma anche rendersi intollerabile. –

- Dopotutto è un ragazzo, ci vuole pazienza. –

- Già, tanta pazienza. –

- Un’infinita pazienza. –

Ridacchiarono.

Poi Ellie afferrò la tracolla e le rivolse un cenno del capo.

- Corro a fare colazione, non tutti hanno la prima ora della giornata di buco. –

- Già, qualche gioia dopotutto ogni tanto tocca anche a me. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

- So che lo sai. –

Baxter accolse la comparsa della compagna di Casa sulla sedia di fronte a lui e Race inarcando un sopracciglio.

- Buon per te, anche se non ho la minima idea di cosa tu stia parlando. –

Greta sbuffò e poi spostò lo sguardo su Race.

- Lo sai anche tu, vero? –

Il rosso soffiò piano sulla tazza di nero caffè bollente che stava per accingersi a sorseggiare prima di rivolgerle un sorrisetto furbo.

- Io so parecchie cose, perciò credo che tu debba essere un tantinello più specifica, terremoto. –

Sbuffò nuovamente e incrociò le braccia sotto al seno prima di precisare.

- Intendevo dire che so che voi due siete a conoscenza dell’organizzazione allestita da Ellie per la mia festa. Cosa ha in programma? –

Race finse di sorprendersi sgranando gli occhi e voltandosi verso il suo migliore amico.

- Ah, noi lo sappiamo? –

- Se Greta dice che lo sappiamo evidentemente lei in proposito ne sa più di noi, perché io non ho idea del programma della festa. –

- Figurati che io non sapevo neppure dell’esistenza di una festa -, si voltò verso Greta con la migliore delle sue facce da schiaffi, - Che giorno hai detto che c’è questa festa? –

- Spiritosi. Ho capito, non mi direte nulla. –

- Non sarebbe una sorpresa altrimenti … ed Ellie ci ucciderebbe se lo scoprisse. Perciò rilassati e goditela. –

- Anche perché aggrottare la fronte in quel modo ti farà venire delle spaventose rughe premature – aggiunse Race, ottenendo per tutta risposta un dito medio ben alzato.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

- Scar, hai visto la mia spazzola? –

- No, tu hai visto la mia cravatta? –

- Non ne ho idea … Merritt? –

Il Capitano alzò gli occhi al cielo e smise temporaneamente di infilare libri alla rinfusa all’interno della sua tracolla per andare in soccorso delle amiche.

Era incredibile come quelle due fossero completamente sprovviste della più semplice forma di organizzazione e ordine.

- Pensate di riuscire a trovare la testa da sole o ve la perderete in giro per il dormitorio entro la fine della prima settimana di scuola? –

Fece capolino all’interno del bagno e passò la spazzola a Urania, per poi dirigersi verso la sedia davanti alla scrivania e afferrare il cravattino di Scarlett per lanciarglielo.

La Cacciatrice lo prese al volo e lo sistemò con cura sotto il colletto della candida camicia della divisa.

- Sei la mamma del gruppo, dovresti saperlo, abbiamo bisogno di te e della tua capacità organizzativa. –

- Già -, convenne Urania emergendo finalmente dal bagno che aveva monopolizzato fino a quel momento per acconciare la chioma rossiccia, - Tra te e Lainey il compito è equamente ripartito. –

- Che immensa gioia, adesso sì che comincio il primo giorno di scuola con il sorriso sulle labbra – ironizzò.

Scarlett mimò un bacio a mezz’aria mentre Urania le rivolgeva un sorrisetto divertito.

- So già che mi ucciderai … ma hai visto il mio orario in giro? –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

- Non riesco a crederci, è una cosa inconcepibile. –

- Sì, mi sembra di averlo capito già le prime dieci volte che l’hai ripetuto – replicò Arthur, mentre camminavano lungo il corridoio che li avrebbe portati verso l’aula di Storia della Magia.

Evangeline, che camminava al loro fianco, domandò curiosa: - Di che si lamenta questa volta? –

- Cominciare la giornata con due ore di questa lagna soporifera e farle seguire da due ore di Pozioni è una tortura legalizzata bella e buona -, replicò David, - ecco di cosa mi lamento. –

- Ah, e pensi che continuando a lamentarti ancora per molto l’orario finirà magicamente con il modificarsi? –

- Vorrei che fosse un’opzione praticabile, ma sfortunatamente non mi resta che prendermela sommessamente con chiunque abbia stilato questo orario. –

Arthur lo guardò incredulo.

- Sommessamente? Ma se è dalla colazione che non fai che lamentarti. –

- Penso che continuerà a farlo finchè non verrà a conoscenza di un qualche nuovo succoso pettegolezzo0 – gli fece presente la Tassorosso.

E in effetti Arthur aveva la netta sensazione che l’amica avesse perfettamente ragione.

- Nessuna speranza che qualcuno se ne esca con informazioni interessanti durante Storia della magia? –

Evangeline scosse il capo.

- Staranno tutti quanti a dormire con la testa sul banco, ma magari a Pozioni … -

Non riusciva a credere a quello che stava pensando, ma lo sperava davvero.

Qualsiasi cosa purchè David smettesse d’inveire da solo come un pazzo vecchio brontolone.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

- Riuscite a crederci? È solo il primo giorno di lezione e Lumacorno parla già di cene e riunioni del Lumaclub. Quell’uomo sa essere più insistente persino di mio nonno – sospirò Monterys mentre uscivano dall’aula di Pozioni.

- Lo sai che adora sentirsi riempire di complimenti e avere attorno studenti adoranti. Immagino che per un vecchio tricheco obeso sia il massimo della realizzazione professionale – replicò Michael, facendo ridere il quartetto.

- Non farti sentire da Ellie, sai che lo adora. –

- Tranquillo, Bax, il nostro Mike non farebbe mai arrabbiare la sua dolce principessa – intervenne Race, guadagnandosi un’occhiataccia da Michael e una smorfia dal suddetto Serpeverde.

- Per l’ennesima volta, io ed Ellie siamo amici ... solo amici. –

- Perché non la trovi abbastanza bella per te? – chiese Baxter, scrutandolo con attenzione.

- Non rispondere –, l’avvisò Monterys, - qualsiasi cosa tu dica non sarebbe la risposta giusta. –

Tuttavia Michael decise di tentare il tutto per tutto e dare una sua spiegazione.

- Quello che voglio dire è che Ellie è palesemente bellissima e molto intelligente e carismatica e che io … -

- No -, rise ironicamente Race, - non gli piace per nulla, sono proprio solo amici. –

Monterys gli rifilò una gomitata nelle costole che lo fece gemere.

- Così non sei d’aiuto. –

- Bene, perché non volevo esserlo. –

Il biondo alzò gli occhi al cielo e li roteò davanti alla sfrontataggine dell’amico.

Quelle risposte in perfetto “Race Burke style” avrebbero fatto scappare la pazienza anche ad un santo.

- Quindi la trovi bella e pensi di lei un sacco di altre cose positive -, tirò le somme Bax, - perciò potremmo dire che lei ti piace. –

Michael lanciò un’occhiata in direzione del grande orologio a pendolo sulla parete opposta che segnava quasi l’ora di pranzo.

- Ma tu guarda come si è fatto tardi. Devo scappare, dopo mangiato abbiamo il primo allenamento della stagione. –

Detto ciò allungò il passo, immediatamente seguito da Monterys, e lasciò i due Serpeverde nel bel mezzo del corridoio.

- Se pensa davvero che abbiamo chiuso con l’argomento si sbaglia. –

- Già, figurarsi se la santissima inquisizione di Baxter Nott potrebbe mai avere fine in tempi ragionevoli. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Finalmente riesco a riemergere dalle pagine di diritto internazionale quanto basta per completare questo secondo capitolo. È ovviamente un po’ breve perché questi primi capitoli saranno piuttosto discorsivi visto che entreremo nel vivo solo tra due capitoli. Diciamo che ne approfitto per darvi un quadro un po’ più chiaro delle dinamiche tra i vari personaggi.

Spero di riuscire ad aggiornare entro una settimana.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

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Capitolo 5
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

 

 

 

 

 

4 settembre 2010

 

 

 

 

 

 

- Greta continua a cercare d’indagare sulla sua festa? –

Ellie annuì, alzando appena lo sguardo dal tema di Antiche Rune sul quale stava lavorando con impegno.

Era una delle sue materie preferite, lavorare su quelle minuscole incisioni dai più disparati arcaici significati la rilassava tremendamente.

- Non vuoi proprio rivelarle nemmeno il più piccolo indizio, vero? –

- Certo che no, Mike, e adesso perché invece di tergiversare non ti metti a studiare anche tu? Il tuo tema non si scriverà certo da solo – gli fece notare con un sorrisetto ironico a incresparle le labbra.

- Lo sapevo che venire in biblioteca con te era una pessima idea, sei una fanatica delle Rune. –

- Sono interessanti. –

- Ci sono centinaia di cose più interessanti di questa roba. –

- Per esempio? –

- Il Quidditch, le Pozioni, gli animali … me. –

- Questione di punti di vista -, ridacchiò, - ma il tema devi comunque fartelo da solo. –

- Non ho proprio speranze di usare il mio charme per convincerti ad aiutarmi? –

- Neanche mezza -, confermò allegra, - perciò risparmia il tuo bell’aspetto per qualche ragazza più impressionabile, con me si fatica. –

Non potè fare a meno di sorridere a sua volta, chinando il capo con fare remissivo sul libro di fronte a sé.

Cominciò a sfogliare le pagine pigramente, conscio di essere ormai prossimo alla noia più totale, quando il suo sguardo venne attirato da un foglio che spuntava da sotto il tema di Ellie.

L’afferrò, sfilandolo prima che la ragazza potesse fermarlo, e lo osservò.

Era il ritratto di un ragazzo, un loro coetaneo all’incirca dai capelli candidi come la neve e gli occhi blu intenso, che non aveva mai visto prima. 

Gli suscitò un’antipatia immediata.

- Un tizio che hai conosciuto in Francia? –

Ellie afferrò il disegno, infilandolo nella tracolla in pelle di drago in tutta fretta, consapevole di avere le guance ormai rosso fuoco.

- No, è il proprietario del negozio in cui ho preso il gioco per la festa di Greta. –

- Deve averti colpito veramente molto per disegnarlo, un colpo di fulmine? –

Scosse il capo, guardandolo come se avesse detto la cosa più assurda sulla faccia della terra.

- Certo che no, è solo che aveva un’aria particolare. Immagino sia per questo che l’ho disegnato, per cercare di vedere chiaro in quella stranezza. –

- Già, ma è lontano chilometri e chilometri dal castello perciò non rimuginarci troppo sopra. –

Ellie tamburellò con le dita sulla superficie in mogano del tavolo a cui erano seduti, dopodichè annuì.

- Hai ragione, sono stata una sciocca, è storia vecchia. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

- Cosa ha? –

Monterys seguì lo sguardo di Race, soffermandosi sul profilo deciso di Baxter che in quel momento aveva la mascella serrata e si muoveva avanti e indietro per il corridoio come un’anima in pena.

- E chi può dirlo, lo sai che ogni tanto se ne esce con una follia nuova – replicò Race, alzando appena lo sguardo dalla rivista che stava sfogliando pigramente.

- Sarà per la partita di domani, diventa sempre competitivo a livelli folli quando giocate contro Grifondoro – ipotizzò Greta, facendo capolino da dietro lo schienale della sedia e appoggiandosi distrattamente alla spalla del cugino.

- Tu credi, terremoto? –

- Per prima cosa smettila di chiamarmi in quel modo, mi fa sembrare un pericolo pubblico. –

- Tu sei un pericolo pubblico. –

Assestò un buffetto dietro al collo del compagno di Casa e si voltò verso il cugino. – Monty, digli che sono un vero angioletto. –

- Certo, un angioletto capace di scatenare l’inferno in terra – asserì il rosso, portandosi questa volta fuori dalla portata dei suoi colpi veloci.

- Monty, aiutami! –

Monterys inarcò un sopracciglio ma non disse nulla, suscitando la risata dell’amico e un’occhiata alquanto seccata della cugina.

- Sarebbe carino se mi difendessi. –

- Tu sei una parente e lui è un amico, non sarebbe giusto privilegiare uno a discapito dell’altro perciò rimango neutrale. –

Greta gli fece la linguaccia.

- Paraculo. –

- Preferisco definirmi diplomatico. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

- Avete più o meno mezzo secondo per smettere di fare quello che state facendo e farvi trovare sul campo – asserì Merritt, osservando i membri della sua squadra che ciondolavano da una parte all’altra dello spogliatoio soffocando sbadigli più o meno pronunciati.

- Ma è quasi l’ora di cena e oggi servono il roastbeef -, fece per protestare David, - non possiamo annullare l’allenamento? –

L’occhiataccia che lei e il resto delle sue amiche gli rivolsero bastò a tacitare le sue rimostranze.

Quelle ragazze tendevano a diventare tremendamente competitive quando si trattava di Quidditch, specialmente se ci si scontrava contro Serpeverde.

- Merri ha ragione -, convenne Scarlett, - dobbiamo distruggere quelle viscide serpi perciò l’ultimo allenamento in vista della partita è cruciale. –

David rivolse un’occhiata complice all’indirizzo del loro Portiere, roteando poi gli occhi al cielo e rinunciando all’idea di una bella cenetta nel tepore della Sala Grande.

- Mi sa tanto che dovrò rinunciare al roastbeef e al pasticcio di patate. –

- A meno che tu non voglia che quello si trasformi nel tuo ultimo pasto – confermò la mora.

- Come sempre si trasforma in una Furia quando si tratta di affrontare Baxter – considerò Michael, osservando Scarlett afferrare con vigore i guanti protettivi e marciare risoluta dietro Merritt, a voce abbastanza bassa da essere certo di non essere udito dalla diretta interessata.

Dopotutto era un Grifondoro, ma non certo masochista.

 

 

 

 

 

- Dobbiamo davvero continuare a volare? Ho le mani gelate – protestò Urania, aprendole e chiudendole per cercare di mantenere buona la circolazione sanguigna.

Era solo settembre, ma a quell’altezza in piena sera faceva un freddo tremendo e a nulla servivano i mezzi guanti da Cercatrice.

- Dillo a miss despota e al nostro Capitano – replicò David, mentre anche Michael abbandonava gli anelli e si univa a loro massaggiandosi le braccia intorpidite.

- Merritt, se continuiamo così domani metà squadra andrà ko ancora prima di entrare in campo – le fece notare la rossa.

Soppesando i membri della sua squadra, il Capitano annuì con un sospiro.

Avevano fatto tutto il possibile per prepararsi all’inizio di campionato, sperava fosse sufficiente.

- Va bene, squadra, torniamo in spogliatoio. –

Puntò verso terra, sentendo i suoi amici che atterravano dietro di lei uno alla volta tutti troppo stanchi per dire qualsiasi cosa … almeno finchè David non individuò la figura di Arthur che percorreva gli ultimi metri del sentiero con un vassoio saldamente stretto tra le mani.

- Dimmi che quello è cibo! –

Il biondo annuì, mostrando loro il bottino che aveva rubacchiato nelle cucine al termine della cena.

- Ho immaginato che aveste fame, perciò ecco un po’ di pasticcio e di roastbeef. –

Fece appena in tempo a terminare la frase che David gli saltò addosso stringendolo in un abbraccio mozzafiato e poi sottraendogli il vassoio colmo di delizie alimentari.

Quella serata era improvvisamente migliorata.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Lainey stava giusto per terminare la ronda al secondo piano quando un rumore la spinse a voltarsi di scatto e individuare la divisa di Tassorosso nell’angolo del corridoio destro.

- Chi c’è? –

Evangeline fece capolino, sospirando sollevata a sua volta.

- Ah, sei tu di ronda questa sera, menomale. Per un attimo ho pensato che mi avesse beccata qualcuno che mi avrebbe tolto dei punti. –

Sorvolando sulla cosa, la Corvonero le rivolse un’occhiata incuriosita.

- Cosa ci fai qui a quest’ora? –

- Sto cercando Milly, non la trovo da nessuna parte … tu l’hai vista? –

- Non di recente -, replicò, - ma se vuoi posso provare a darti una mano a cercarla. Dopotutto non può essersi cacciata chissà dove, no? –

- Lo spero. –

Questa volta il rumore di passi fece trasalire entrambe le ragazze, certe dell’arrivo di qualcuno che sarebbe stato molto meno tollerante di Lainey circa la loro missione.

- Cosa c’è in questo corridoio, una festa? –

Lainey sospirò sconsolata davanti a colui che in quegli anni l’aveva fatta tribolare più di ogni altro studente.

- Bax perché non sei nei sotterranei? –

- Ero con Ellie, ma stavo giusto tornando in Sala Comune. –

Poi notò il modo in cui lo stava fissando Evangeline e le rivolse un’occhiata stranita.

- Perché quell’espressione da nana psicopatica? –

- Sicuramente è meglio di quella da idiota patentato che sfoggi costantemente tu –, rilanciò la Tassorosso, - e comunque mi stavo domandando se non fossi passato intorno alla Sala Comune di Tassorosso di recente. –

- E perché mai avrei dovuto farlo? Non ci sono Tassorosso carine dell’ultimo anno. –

Evangeline s’impose di non Schiantarlo su due piedi e mantenne la calma quanto più poteva.

- Hai fatto scappare di nuovo Milly in giro per il castello? –

Le iridi del ragazzo si sgranarono con innocenza.

- Non ho visto la tua gatta. –

- Beh sei il colpevole più plausibile, dopotutto non sarebbe la prima volta. –

- Oh, andiamo, eravamo al quarto anno ed era solo uno scherzetto innocuo. –

- Innocuo come le lumache sulla mia sedia? –

Rabbrividì al solo pensiero di quelle creature viscide e disgustose che Baxter le aveva sistemato al suo solito posto nell’aula di Pozioni quando la guerra tra di loro era cominciata.

- Tu mi avevi tinto i miei bellissimi capelli di lilla! –

- Per l’ennesima volta, è stato un incidente. –

- E io ti ripeto che questa volta non ho visto la tua gatta. –

Come a voler confermare le sue parole un miagolio annunciò l’arrivo di Milly che, tranquilla come se fosse reduce dalla migliore delle sue passeggiate notturne, si strusciò contro la gamba del Serpeverde.

- Non capisco come possa trovarti simpatico. –

- Semplice, perché é una femmina e come tutte le ragazze non può fare a meno di cadere ai miei piedi – concluse, chinandosi a grattarle dietro le orecchie facendola ronfare forte.

Lo sbuffo di Evangeline e lo sguardo divertito di Lainey, che aveva seguito la discussione senza intervenire a difesa né dell’uno né dell’altra temendo di essere trascinata all’interno della questione, accompagnò le sue parole.

- Detto ciò vi auguro una buonanotte, signore, e me ne torno in Sala Comune; ho una partita da vincere domani. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Perdonate il deprecabile ritardo, ma alla fine sono riuscita a rimettermi in pari con tutto quanto perciò eccomi qui. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi pongo una domandina per il prossimo (ovviamente prima rispondete e prima potrò aggiornare):

- chi volete che vinca la partita tra Serpeverde e Grifondoro?

Alla prossima.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

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Capitolo 6
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

 

 

 

 

 

5 settembre 2010

 

 

 

 

 

- Io spero seriamente che quello striscione che stai portando con te sia per Serpeverde. –

Ellie rivolse un sorriso enigmatico al cugino, stringendosi nelle spalle.

- Chi può saperlo, magari invece è uno stendardo rosso oro. –

- Se tifi per loro non ti rivolgo la parola da qui all’eternità. –

- Resisteresti sì e no un’ora, mi adori troppo per tenermi il broncio. –

Fece per aprire bocca e controbattere, ma poi la richiuse.

Ellie aveva ragione, erano troppo legati perché potesse avercela davvero con lei. In effetti non riusciva a ricordare una volta in cui si fossero davvero arrabbiati l’una con l’altro … probabilmente non era mai accaduto.

- Tifi davvero per il nemico, Ellie? – chiese Race, facendo capolino da dietro alla spalla dell’amico e osservandola con l’aria di chi stava per giudicare un alto tradimento.

- No, questa volta sarò neutrale come la Svizzera. –

Il rosso rivolse un’occhiata al suo migliore amico.

- Ce lo facciamo andare bene? –

Bax annuì.

- È il massimo che otterremo. –

- D’accordo, allora la corte Burke - Nott ti giudica ufficialmente non colpevole. Sei libera di andare, Ellie. –

 

 

 

 

 

- Come l’hanno presa i due buffoni di corte? –

- Abbastanza bene, se ne sono fatti una ragione. –

Greta la prese sottobraccio e la indirizzò gentilmente verso l’uscita della Sala Grande e poi lungo l’atrio del castello fino al patio.

- Allora diamoci una mossa, non voglio trovarmi incastrata in mezzo a troppa gente con indosso i colori dei Grifondoro. –

- Orgoglio di Casa? –

- Ovviamente -, affermò risoluta, - l’unico tifoso di Grifondoro che accoglierò sarà Monterys … ah, eccolo lì. –

Alzò la mano per attirare l’attenzione del cugino e insieme si diressero verso gli spalti. Mentre si arrampicavano per accaparrarsi i posti in prima fila.

- Chi fa la Cronaca questa volta? –

Roger, il loro Cronista storico, si era diplomato l’anno precedente e il posto per quanto ne sapevano era ancora scoperto.

- Credo che si alternino dei volontari … e a quanto pare questa volta tocca a Evangeline. –

Monterys scoppiò a ridere.

- Magnifico, non vedo l’ora di sentire lei e Bax urlarsi insulti da una tribuna all’altro lato del campo. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Arthur individuò Lainey nell’angolo più lontano dalla calca degli spettatori e decise di raggiungerla.

- Ti dispiace se ti faccio compagnia? –

- Affatto -, gli sorrise timidamente di rimando, - ma non hai qualche altro amico con cui vedere la partita? –

- Ci sono i miei compagni di Casa, ma ti ho vista da sola … e noi siamo amici, no Lainey? –

Lo erano?

Frequentavano lo stesso gruppo, un’accozzaglia di persone dalle più svariate identità caratteriali che chissà come avevano finito con il radunarsi tutti insieme. Eppure Lainey era sempre stata abituata a essere un po’ ai margini delle relazioni sociali del gruppo.

Ma evidentemente Arthur la pensava in modo diverso oppure non si sarebbe unito volutamente a lei.

- Certo, siamo amici. –

- Bene, allora assistere alla partita insieme cementerà il nostro legame. Ricordiamoci di assistere con cura a ogni azione di David, ci chiederà un resoconto dettagliato su quanto sia stata impeccabile la sua prestazione e se non riusciamo a rispondere a tutte le sue domande metterà su un broncio tremendo. –

- Se la prende davvero così tanto? –

- Oh, anche di più, quando si tratta di Quidditch diventa una vera primadonna. –

- Allora prometto di tenere gli occhi ben aperti. –

Arthur le sorrise.

- Fantastico, almeno non sarò il solo a dovermi ricordare tutto. Due menti sono meglio di una. –

 

 

 

 

 

- Scarlett è stranamente silenziosa questa mattina -, considerò Urania mentre finiva di allacciarsi le protezioni, - non trovate? –

David si prese qualche secondo per osservare la compagna di squadra, che in effetti appariva incredibilmente concentrata sui semplici movimenti che stava compiendo e vagamente inquietante mentre fissava i legacci dei guanti da Cacciatrice.

- Vi ricordate tutti gli schemi che Merritt ci ha fatto provare? –

- Ricordarli tutti sarebbe inumano, diciamo che ne tengo a mente una mezza dozzina -, replicò Michael stringendosi nelle spalle, - Spero che chiami quelli. –

Urania alzò gli occhi al cielo mentre David ridacchiava come se l’amico avesse detto la cosa più divertente sulla faccia della terra.

Merritt si voltò verso di loro corrugando leggermente la fronte.

- C’è qualcosa che dovrei sapere? –

Il sorriso di David scomparve immediatamente.

- Assolutamente no, stemperiamo solo la tensione con idiozie. –

Il Capitano di Grifondoro lo guardò di sottecchi, per poi abbozzare un sorriso furbo, - Ti ricordi che capisco sempre quando menti, vero? Ti conosco troppo bene perché sia altrimenti, David. –

- Certo. –

Poi si avvicinò a Michael, giungendo le mani in segno di preghiera.

- Ti prego, se perdiamo la partita uccidimi tu prima che mi mettano le mani addosso quelle due. –

 

 

 

 

 

Il fischio d’inizio venne accolto dalle urla dagli spalti che acclamavano l’inizio della prima partita dell’anno ed Evangeline ebbe bisogno di qualche minuto affinchè la sua folla attenuasse il vociare quanto bastava perché la sua voce echeggiasse sopra il frastuono generale.

- Benvenuti, signori e signore, alla prima partita di campionato che vede schierati i Serpeverde contro i favoriti del match … i Grifondoro. –

I fischi dalla tribuna verde argento l’avvolsero e fu certa di sentire su di sé le iridi scure di Baxter Nott che abbandonavano momentaneamente il campo per scoccarle un’occhiataccia.

Le labbra le si incresparono in un sorriso divertito.

Finalmente veniva il suo momento di vendicarsi per le battutine della sera precedente. Mai e poi mai far presente a una ragazza di non considerarla carina.

- Come stavo dicendo, i Grifondoro partono subito all’attacco. Sembra che il loro Capitano, Merritt Yaxley, sia particolarmente agguerrita a giudicare dal colpo che ha assestato a quel Bolide. Sfortunatamente per lei Race Burke devia appena in tempo, ma perde la Pluffa … Scarlett Poison la recupera prontamente e sfreccia verso gli anelli avversari. Tenta il tiro, ma Baxter Nott lo intercetta -, sospirò, - Si può sapere come sia possibile che quel ragazzo abbia più tentacoli della Piovra Gigante? Anche se forse in effetti la Piovra ha un’eleganza maggiore nei suoi movimenti … forse le ragazze del castello dovrebbero cominciare ad alzare gli standard e scegliere di uscire con lei invece che con Nott. –

Lo vide sterzare bruscamente verso la tribuna dopo aver effettuato un tiro lungo che finì dritto tra le braccia di Race.

- Tutta invidia, Lewis. Ti ho già detto che sei vuoi uscire con me devi solo chiederlo. –

Le risatine che si levarono dalla tribuna dei Serpeverde la fecero sbuffare indignata.

- Gentile, Nott, ma scelgo la Piovra. –

 

 

 

 

 

- Oh mio buon Godric, questa è ufficialmente la cronaca migliore che abbia mai sentito in vita mia – asserì Monterys, tenendosi la pancia con le mani mentre rideva di gusto.

- Sì, assistere alle loro discussioni è quasi meglio del match – confermò Greta, afferrando una generosa dose di lumache gommose e gettandosele in bocca senza nemmeno guardarle.

Ellie lanciò un’occhiata ai due cugini e scosse il capo ridendo.

- Sembrate due pettegole che ridono delle disgrazie altrui. –

- Deformazione professionale -, asserì Greta, - ma vivendo in una famiglia come la nostra non si può fare a meno di assimilare alcuni comportamenti molto discutibili. –

- Già, il motto di famiglia dovrebbe essere cambiato. Invece di “flectere si nequeo superos acheronta movebo”, “non ci facciamo mai gli affari nostri” suona molto meglio. –

- Credo che abbiate il motto più pomposo che abbia mai sentito. –

Monterys si strinse nelle spalle.

- Quello dei Flint è “creatio ex nihilo” giusto? –

- Già. –

- Avete ancora molto da imparare in merito ai motti pretenziosi -, considerò Greta, - potreste prendere spunto da nostro nonno; quell’uomo è una forza demoniaca con attacchi megalomani in piena regola. –

L’urlo di protesta della curva rosso oro mise fine alle loro considerazioni, riportando l’attenzione sul campo.

Scarlett Poison era stata colpita da un Bolide a gioco fermo ed era quasi stata disarcionata.

Il fischio di Madama Bumb annunciò la concessione del calcio di punizione in favore dei Grifondoro.

La rete appena segnata suscitò un’imprecazione talmente colorita dagli spalti dei Serpeverde che nemmeno i boati dei festeggiamenti degli avversari riuscirono a soffocarla.

 

 

 

 

 

Urania individuò lo sfarfallio dorato a pochi centimetri dall’anello centrale della loro porta e sfrecciò immediatamente verso il Boccino, pregando silenziosamente affinchè il Cercatore di Serpeverde fosse distratto.

Spinse la scopa al massimo della velocità, distendendosi più contro il manico possibile per cercare di eliminare l’attrito con l’aria.

Con la coda dell’occhio vide che anche il Cercatore rivale aveva individuato lo sfarfallio dorato e che cercava di recuperare terreno.

Si sporse in avanti, artigliando l’aria attorno al Boccino e quando sentì il contatto con il freddo metallo serrò le dita in una morsa micidiale.

Il fischio dell’arbitro annunciò la sua conquista e la vittoria di Grifondoro.

Con un sorriso soddisfatto la rossa alzò la mano in segno di vittoria mentre il resto della squadra le si radunava attorno festante.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Merritt sorrise mentre faceva sbattere la bottiglia di Burrobirra contro quella di ogni singolo membro della loro Casa.

- Le facce dei Serpeverde erano epocali – asserì Scarlett, trangugiando una generosa dose di bibita.

- Una volta tanto avere una despota come Capitano serve – asserì David, approfittando dell’umore generale per prendersi qualche libertà in più.

E difatti l’amica si limitò a rivolgergli una buffa smorfia invece di minacciarlo di allenamenti decuplicati.

L’ebbrezza della vittoria faceva strani effetti un po’ a tutti.

- Michael? –

- Credo che sia ancora qui fuori, c’era Ellie – replicò Arthur, sorridendo con l’aria di chi la sapeva molto lunga.

- Ma così si perderà il meglio dei festeggiamenti. –

Merritt gli rivolse un’occhiata incredula. – Sei sempre attento ai pettegolezzi e non ti rendi conto di cosa significhi questa cosa? –

- Ehm … no? –

- Michael rinuncerebbe a qualsiasi festeggiamento per stare in compagnia di Ellie -, spiegò pazientemente la ragazza, - Perché evidentemente la cosa che trova più piacevole in assoluto è passare il tempo con lei. –

- Ah … in quel senso? –

- Se la Burrobirra non è alcolica, perché i tuoi neuroni appaiono comunque danneggiati? –

 

 

 

 

 

- Come l’ha presa Bax? –

Ellie si strinse nelle spalle, portando alle labbra una delle Burrobirre che Michael aveva sgraffignato prima di uscire dalla Sala Comune.

- Lo conosci, al momento è in pieno lutto da post sconfitta. Domani avrà trovato qualcuno con cui prendersela e gli sarà passata. –

Il Grifondoro avrebbe voluto muovere qualche parola in difesa dell’amico, ma doveva riconoscere che le fasi post sconfitta di Baxter erano sempre le stesse: imprecazioni, rabbia feroce, minacce di morte ai membri della squadra, depressione e poi la ricerca di un fantomatico iettatore.

- Quanto scommetti che darà la colpa a Evangeline? –

- Se ho ragione io alla prossima uscita a Hogsmeade vieni a bere con me. –

- E se così non fosse? –

- Se hai ragione tu sono io che vengo a bere con te. –

Ellie inarcò un sopracciglio davanti alla replica del ragazzo e inarcò appena le labbra in un sorrisetto ironico.

- Praticamente passiamo l’uscita insieme in ogni caso. –

- Esatto -, le rivolse un sorriso accattivante, - Devi riconoscere di essere tremendamente fortunata. –

Gli assestò un buffetto su un fianco.

- E di me cosa dovrei dire? –

Michael finse di pensarci su prima di sorridere magnanimo. – D’accordo, anche tu non sei niente male, un po’ di fortuna è anche mia. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Eccoci con il nuovo capitolo e come avrete capito la votazione questa volta ha privilegiato i Grifondoro. Nel prossimo capitolo ci sarà la cena del Lumaclub perciò potete indicarmi con chi vorreste che il vostro OC andasse (magari datemi un paio di opzioni così che possa accontentare tutti) e se avete già le idee chiare potete anche indicarmi se c’è qualcuno tra gli OC che vorreste vedere in relazione con il vostro (anche qui fatemi un paio di nomi). Come sempre rispondete tramite messaggio privato così che possa mantenere un po’ di mistero ;)

Al prossimo aggiornamento.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

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Capitolo 7
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

 

 

 

 

L’Altro mondo

 

 

 

 

 

Asher aprì gli occhi, attirato dal rumore di bisticci in corso tra Samael e Kali, e si alzò dal divano sbuffando contrariato.

- Sarebbe troppo chiedere di starvene buoni per almeno cinque minuti? –

Kali si voltò in una massa di rossi capelli che ben si combinavano al volto arrossito per la rabbia.

- Dillo a questo idiota, continua a cercare di farmi perdere la calma in ogni modo possibile. –

Samael si strinse nelle spalle, un sorriso indolente dipinto sulle labbra, - Dovrò pur passare il tempo in qualche modo. –

- Sam, per favore, lo so che ti annoi e che tecnicamente Kali non può ucciderti finchè ci troviamo qui … ma lasciala in pace, fallo per le mie povere orecchie e per il loro disperato bisogno di non sentire le vostre urla. –

- D’accordo, non le darò più fastidio, vado a cercare Ghost. –

- Tienimi quell’animale lontano dai piedi, è inquietante –, gli gridò dietro Kali prima di sedere sul divano a sua volta, - Dieci anni in compagnia serrata di Sam farebbero ammattire chiunque. –

Asher ridacchiò piano mentre dall’altro lato della stanza arrivava la replica di Sam.

- Ehy, ti ho sentita, e Ghost non è inquietante – aggiunse, accarezzando distrattamente il capo del lupo dal pelo candido come la neve e le iridi rossastre che gli trotterellava affianco.

L’occhiata della ragazza sembrava prospettare una replica pungente, ma fortunatamente il lupo parve decidere di aver voglia di giocare un po’ con la palla e questo bastò per attirare l’attenzione di Samael ed estraniarlo completamente da tutto ciò che lo circondava.

Il lupo ombra che avevano trovato anni prima era l’unica cosa capace di tenere tranquillo Sam da quando erano finiti all’interno del gioco.

- Manca poco all’inizio della partita, presto saremo fuori da questo maledetto universo, porta ancora un po’ di pazienza Kali. –

- Ci provo, ma è frustrante la lentezza con cui passa il tempo quando si attende disperatamente qualcosa. –

Asher annuì, incrociando le braccia dietro al capo e mormorando un assenso.

- Stavi dormendo prima -, osservò d’un tratto la rossa, - c’è qualcosa che dovremmo sapere? –

Nell’Altro Mondo non si aveva la necessità di dormire, il tempo scorreva in modo diverso dal mondo dei mortali, perciò un’attività tanto semplice e naturale veniva vista sempre con sospetto quando veniva compiuta senza un’apparente necessità.

- Ho sognato. –

Inarcò un sopracciglio, fissandolo con le penetranti iridi azzurre, - Quando dici che hai sognato intendi dire che ti sei intrufolato nei sogni della ragazza che ha comprato il gioco, vero? –

- Esatto. –

- Perché? –

Bella domanda, peccato che non avesse una bella risposta.

Nostalgia di cosa si provasse nel compiere un’azione semplice come fare un bel sogno? Curiosità … noia forse? Non lo sapeva.

- Avevo voglia di farlo. –

- A questo c’ero arrivata anche io -, sbuffò beffarda, - ma perché?

- Non deve esserci sempre un perché, Kali. –

Non replicò, limitandosi a continuare a fissarlo insistentemente forse nel tentativo di spingerlo ad aprirsi con lei e confessare ciò che gli stava passando per la testa. Il punto era però che lui non ne aveva la minima intenzione e Kali avrebbe fatto molto meglio a mettersi l’anima in pace una volta per tutte.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

6 settembre 2010

 

 

 

 

 

Quella sera il giardino del Manor era stato addobbato in modo suntuoso, ma non riusciva a ricordare quale fosse il motivo per cui era stata organizzata la festa. Forse un compleanno o magari una qualche ricorrenza. Scosse il capo, poco importava. S’incamminò lungo il corridoio che conduceva al portone d’accesso e uscì, inoltrandosi nella serra sul retro del Manor in cui venivano coltivate le rose blu che fin da piccola l’avevano sempre attirata. Erano diverse, misteriose, rare e bellissime. Allungò una mano ad accarezzare i petali delicati della più vicina, sussultando quando si rese conto dell’ombra poco distante da lei.

Si voltò di scatto, scrutando l’oscurità alle sue spalle.

- Chi c’è? –

Non le giunse alcuna risposta se non un lieve rumore di passi in avvicinamento. Cercò l’impugnatura della bacchetta, stringendo nervosamente le dita sottili attorno a essa.

- Se è uno scherzo non è divertente, Bax. –

- Non è uno scherzo -, replicò una voce che impiegò qualche istante a riconoscere, - e non era mia intenzione spaventarti. –

Dall’oscurità spuntò la sagoma alta e slanciata del ragazzo del negozio.

Le iridi blu luccicavano divertite tra le ciocche del colore della neve fresca.

S’irrigidì vedendolo incamminarsi verso di lei.

- Rilassati, non ho intenzione di morderti … non subito almeno. –

Non seppe se prenderlo sul serio o meno, visto il sorriso ambiguo dipinto sulle sue labbra mentre annullava lentamente la distanza che li separava fino a fermarsi a una manciata di centimetri da lei.

- Cosa ci fai qui, non mi risulta che tu sia tra gli invitati alla festa. –

- Sarebbe senz’altro difficile che lo sia –, riconobbe continuando a sorridere, - dopotutto questo non è che un sogno. –

Ellie aggrottò la fronte, perplessa.

- Perché dovrei sognarti? –

- Questo non lo so, il sogno è tuo non mio. –

- Secondo me tu sai molto più di quanto in realtà non dici -, lo accusò assottigliando lo sguardo, - perciò non farti beffe di me. –

Il ragazzo scoppiò a ridere, le iridi illuminate da una luce divertita.

- Molto bene, Ellie, veramente molto bene. –

Lo vide afferrare una delle rose e porgergliela con un gesto galante.

- Ci rivedremo presto, mia cara, e allora capirai tutto … è una promessa. –

Ellie afferrò la rosa, sussultando appena quando una delle spine le ferì il pollice. Per essere un sogno quelle sensazioni erano tremendamente realistiche.

Lo richiamò mentre indietreggiava tornando nell’ombra.

- Aspetta … come ti chiami? –

- Asher. –

Poi l’ombra l’ammantò e il sogno cominciò a dissolversi.

 

 

 

 

 

Aprì gli occhi, impiegando qualche istante a rimettere a fuoco la stanza, una sensazione fastidiosa all’altezza del pollice destro.

Accese la bacchetta con un Lumos sussurrato a mezza bocca ed esaminò la mano dolente.

Lì, impresso con vivida chiarezza, c’era un piccolo graffio rosso a solcarle il dorso del dito. Una singola goccia di sangue rossa colava lenta ma inesorabile e, poco più giù adagiato sul materasso, vi era un petalo blu.

Proprio come nel sogno … ma non poteva essere possibile.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Greta fece capolino alle sue spalle mentre si trovava in biblioteca, seguita a pochi passi da Scarlett e Meritt.

- Cosa combini, secchioncella del nostro cuore? –

Trasalì appena, alzando lo sguardo dal libro d’interpretazione dei sogni su cui aveva passato l’ultima ora.

Le iridi scure di Scarlett l’osservarono con attenzione.

- Ehy, va tutto bene? –

- Sì -, le rassicurò, - ho solo fatto un sogno molto strano e da quando mi sono svegliata non riesco a non pensare ad altro che al significato che può avere. –

- I sogni non devono per forza avere un significato -, osservò la Serpeverde, - ma quello che ha certamente importanza è che manca pochissimo alla serata di Lumacorno. –

Merritt corrugò la fronte, perplessa.

- Ma la cena non comincia alle otto? Come fa a mancare poco se sono solo le tre? –

- Dire che sono solo le tre è un modo di vedere la cosa … qualcun altro potrebbe dire sono già le tre – convenne Scarlett, afferrando Ellie per un braccio mentre Greta faceva altrettanto con Merritt, - Perciò diamoci una mossa. –

- Ma io non devo andare alla cena – provò a protestare Merritt.

- Già, ma puoi comunque dare una mano a prepararci. –

 

 

 

 

 

Vedendo le ragazze entrare in massa nella Sala Comune di Grifondoro David inarcò un sopracciglio, cosa che si accentuò ancora di più quando vide che anche Urania aveva fatto il suo ingresso in compagnia di Lainey.

Arthur parve leggergli nel pensiero, perché lo ammonì con un’occhiata mortalmente seria.

- Non fare battute, ti prego. –

- Oh, andiamo, neanche una piccina picciò? –

- David … -

- D’accordo, Art, ma lo farò solo perché hai osservato la mia partita con molta attenzione e perché mi hai portato da mangiare agli allenamenti. –

Monterys alzò lo sguardo dal libro che stava sfogliando avidamente e abbozzò un sorriso.

- Ah, quindi è questa la tattica per tenerlo buono? Farlo abbuffare di cibo? –

- Già, è una cosa che ho imparato molto presto. Accontentalo e lo terrai a freno – decretò con un pizzico di serietà mista a ironia.

David gonfiò le guance, voltandosi verso Michael nel momento stesso in cui il ragazzo fece la sua comparsa dalla rampa del dormitorio maschile.

- Michael, difendimi almeno tu, questi due insinuano un sacco di cose assolutamente false. –

- Non provate minimamente a mettermi in mezzo -, lo anticipò, - io sto uscendo. –

Detto ciò percorse la Sala Comune a passi svelti e uscì dal ritratto sotto lo sguardo incredulo di David.

- Ma questa è una vera e propria cospirazione, è mai possibile che vi siate coalizzati tutti contro di me? –

 

 

 

 

 

Race osservò Baxter combattere contro la cravatta con un sorriso che si allargava sempre di più mano a mano che il suo migliore amico faceva e disfaceva il nodo imprecando in modo sempre più colorito.

- Sei proprio sicuro di non volere una mano, Bax? –

- No, ce la faccio da solo. –

- Come vuoi -, replicò sistemandosi meglio sul letto a baldacchino per osservarlo con più comodità, - peccato solo che non abbia qualcosa da sgranocchiare perché è meglio di qualsiasi commedia. –

Lo sguardo di Baxter fu una replica molto palese di quello che stava pensando in quel momento.

- Non è colpa mia se questa cosa è diabolica. –

- Già, le cravatte sono notoriamente degli avversari temibili – convenne ridendo.

- Race? –

- Sì? –

- Va’ a farti fottere. –

Il rosso tamburellò le dita sulle labbra con una scintilla divertita nelle iridi ambrate.

- Volentieri, ma temo dovrò aspettare la fine della cena per poter rimorchiare qualche bella ragazza. –

Baxter alzò gli occhi al cielo, ma non replicò altro. Certe volte Race non aveva minimamente bisogno di essere incoraggiato ulteriormente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

So che teoricamente questo doveva essere il capitolo della cena del Lumaclub, ma sarebbe venuto troppo lungo perciò ho deciso di dividerlo in due parti pertanto la parte vera e propria della cena comparirà nel prossimo.

Ci sentiamo al prossimo aggiornamento.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

 

Ghost – lupo ombra

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Capitolo 8
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

 

 

 

 

 

6 settembre 2010

 

 

 

 

 

- Mi spieghi come è possibile che seppure siano lì dentro a prepararsi da un’eternità finiscano sempre con l’arrivare in ritardo? –

- Non chiedere, Monty, non chiedere – commentò saggiamente Arthur, prima di afferrare la sua giacca e indirizzarsi verso l’uscita della loro Sala Comune.

Michael gli rivolse uno sguardo moderatamente sorpreso.

- Dove stai andando? –

- Ho chiesto a Lainey di accompagnarmi alla cena, ci siamo dati appuntamento fuori dalla Torre di Corvonero – replicò con nonchalance, passando attraverso il ritratto della Signora Grassa e sparendo come se non avesse appena sganciato una vera e propria bomba.

Fu Monterys a dare voce alla curiosità generale voltandosi verso David e inarcando un sopracciglio.

- Tu sapevi qualcosa di questa storia? –

Si puntò un dito dritto contro il volto, scuotendo il capo, - Questa ti sembra la faccia di una persona che sa cosa diavolo sta succedendo? –

- Magari l’ha fatto solo per carineria, andranno come amici – ipotizzò Michael, tamburellando con le dita contro le labbra con fare pensieroso.

L’occhiata simultanea che i due amici gli rivolsero preannunciò la frecciatina ancora prima che venisse proferita dalle loro bocche in modo del tutto simultaneo.

- Certo, proprio come te ed Ellie. –

 

 

 

Arthur accolse l’arrivo di Lainey con un sorriso amichevole mentre la ragazza avanzava verso di lui con fare titubante e vagamente imbarazzato. Indossava un abito semplice ma elegante, che ne risaltava la figura, e doveva aver fatto qualcosa ai capelli perché apparivano più lisci e luminosi del solito. Immersa nei libri com’era di solito era facile non notare quanto in effetti fosse carina, seppur in modo meno appariscente della maggior parte delle loro altre amiche, ma in quel particolare momento appariva come un delicato cigno che avesse appena accantonato le spoglie da brutto anatroccolo.

- Stai veramente benissimo – le disse, porgendole cavallerescamente il braccio.

Lainey l’accettò, chinando leggermente il capo nel tentativo di mascherare le gote tinte di un bel rosa acceso a causa dell’imbarazzo per quell’inaspettato complimento.

- Grazie, anche tu stai bene in completo -, mormorò appena, - e grazie anche per l’invito. Ho sempre desiderato partecipare a una delle cene del Lumaclub e vedere cosa accade. –

- Oh, preparati a una serata all’insegna dei pettegolezzi e delle chiacchiere frivole miste ad adulazione sfrenata. –

- Insomma nulla più che una tipica lezione di Pozioni? –

Rise. – Già, hai centrato il punto. –

 

 

 

- Ma tu guarda, allo zoo devono aver liberato una coppia di pinguini. –

Race accolse il commento di Greta con un sorriso ironico sul bel volto. – Tu invece hai in programma un concerto per questa sera? –

In effetti con i jeans skinny neri, la maglietta di una qualche band sconosciuta ai più e gli anfibi bassi, era in netto contrasto con i look decisamente più sobri ed eleganti del resto del gruppo.

Se all’inizio a Lumacorno era quasi venuto un infarto vedendola arrivare conciata in quel modo al primo dei suoi eventi a lungo andare aveva finito con il farci l’abitudine e si era rassegnato definendo il look di Greta come “espressione del suo incredibile estro creativo”.

- Certo, ma non del tipo che pensi tu … questa volta la musica sarà formata solo da chiacchiere e pettegolezzi. –

- Allora sarai perfettamente a tuo agio vista la smania che hai di sapere sempre tutto di tutti. –

Gli fece la linguaccia, punzecchiandolo leggermente sul fianco prima di prenderlo sottobraccio e allontanarlo leggermente da Baxter ed Ellie.

- Cosa c’è vuoi dichiararmi il tuo eterno amore, terremoto? –

Questa volta il pizzico venne sostituito da una pacca più forte di quanto fosse strettamente necessario.

- Molto spiritoso, testa rossa … ma no, volevo offrirti l’ultima occasione per rivelarmi i piani per domani. –

- Neanche morto. –

- Nemmeno se mi offro di trovarti qualche ragazza carina? –

Race la guardò con un’espressione di altezzosità mista a sufficienza, pungolato sull’orgoglio di seduttore.

- Ci riesco benissimo anche da solo. –

- Già -, roteò gli occhi al cielo, - lo conosco bene lo standard delle tue conquiste. –

- Gelosa, terremoto? –

Lo guardò con fare serio per qualche minuto, lasciandolo in attesa con espressione interdetta.

- No, mi stavo solo domandando se tu non avessi sul serio voglia di essere picchiato da me viste le domande idiote che mi stai facendo. –

- Uhm -, finse di pensarci su, - prima o poi è un’esperienza che potrei anche provare. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Michael raggiunse Ellie e Baxter non appena la cena fu terminata e interruppe con un sorriso di scuse la fitta serie di domande che Lumacorno stava rivolgendo loro.

- Professore, lei mi perdona se le rubo Ellie per qualche minuto vero? –

L’uomo annuì con un sorriso. – Ma ovviamente, mio caro ragazzo, la signorina è tutta tua. –

Lo sguardo di Baxter diceva chiaramente che non aveva alcuna voglia di rimanere lì da solo, perciò Michael lasciò vagare lo sguardo sulle persone più vicine e si soffermò su Scarlett che sorseggiava un bicchiere di Burrobirra con espressione vagamente annoiata.

- Scar, perché non ti unisci anche tu a loro? –

Se gli sguardi avessero potuto uccidere allora Michael si sarebbe ritrovato stretto in un vero e proprio fuoco incrociato, ma il trillo deliziato di Lumacorno giunse a salvarlo prima che uno dei due potesse anche solo pensare di mandarlo al diavolo.

Prese sottobraccio Ellie e la dirottò verso l’angolo dove si trovava la tavolata imbandita di dolci di ogni sorta.

- Una fetta di red velvet? –

- Sai già che è una domanda retorica, io non rifiuto mai una fetta di quella torta –, lo rimbeccò Ellie, - perciò quale domanda volevi farmi davvero? –

Tipico di lei smontare all’istante qualsiasi piano si fosse fatto, per quanto accuratamente studiato esso fosse, e ribaltare le carte in tavola.

- Ti ricordi della scommessa dell’altro giorno? –

Annuì, prendendo un boccone di velvet.

- Domani mattina c’è l’uscita a Hogsmeade, credo che sia giunto il momento di riscuotere la mia ricompensa. –

- Ma davvero? –

Le iridi della ragazza luccicavano vagamente divertite. – Ed era una domanda così importante da non poter aspettare qualche minuto? –

- Ovviamente -, la rimbeccò, - visto che immagino tu sia stata in febbrile attesa che ricordassi di riscuoterla. –

- Certo, me lo sognavo di notte. –

- Ne ero più che certo. –

Si fissarono in silenzio per qualche secondo prima di scoppiare entrambi a ridere.

Quando tornarono seri Michael riprese il discorso. – Mettendo da parte gli scherzi, ti va sul serio di passare l’uscita con me? –

- Non accetto mai una scommessa se la penitenza non è qualcosa che non mi dispiace fare. –

- Quindi sarebbe un sì? –

- Esatto, Michael, è un sì. –

 

 

 

Quando furono finalmente riusciti a sottrarsi alle chiacchiere di Lumacorno, che si era concentrato questa volta su Arthur e Lainey, Scarlett tirò un sospiro di sollievo.

Vide Baxter rovistare nella tasca interna della giacca ed estrarne una fiaschetta con inciso sopra lo stemma dorato della famiglia Nott.

- Ho ufficialmente bisogno di bere qualcosa di molto forte. –

Lo guardò portarla alle labbra e berne un paio di lunghi sorsi con espressione improvvisamente molto più soddisfatta.

Tese la mano verso di lui con fare autoritario.

- Passa qui. –

- Guarda che è roba forte. –

- Se la reggi tu allora posso reggerla anche io – replicò imperturbabile la Grifondoro.

- Non ti raccoglierò se cadi a terra per la sbronza. –

- Figurati se mi aspetto il contrario -, lo rimbeccò, - non sei certo la prima persona a cui penso quando parlo di gentiluomini. –

Le passò la fiaschetta con un’espressione sdegnata.

- Magari perché lo sono solo con chi ne vale la pena. –

Scarlett portò le labbra al collo della fiaschetta e bevve avidamente. – Certo, fammi un fischio quando avrai trovato la persona in questione così potrò porgerle le mie più sentite condoglianze. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Urania sbocconcellò una pastarella mentre, sdraiata sul divano con sopra una copertina in patchwork, osservava Merritt ed Evangeline impegnate in una partita a Sparaschiocco.

- Potrei anche trasferirmi in questa Sala Comune, praticamente gli elfi domestici vi riempiono di cibo ogni volta che vi vedono passare davanti alle cucine. –

- Già, fosse per loro saremmo tutti botti di cicca e brufoli. –

- Fatto sta che propongo di radunarci qui ogni volta che c’è una cena o una festa di Lumacorno, così terremo anche noi il nostro piccolo party. –

- Non dire a David nulla del genere -, intervenne Merritt, - altrimenti passerà settimane a rimproverarci di non averlo invitato. –

- Se ne farà una ragione prima o poi -, mormorò Evangeline, - dopotutto questa è una serata tra ragazze. –

E in effetti non passavano mai molto tempo solo tra ragazze, visto che i loro compagni erano sempre in mezzo per un motivo o per un altro, e una serata tra loro se l’erano anche meritata.

- Credete che Arthur e Lainey andranno a Hogsmeade insieme domani? –

Evangeline si strinse nelle spalle.

- Non saprei, ma di sicuro Michael ed Ellie lo faranno. –

Le tre ragazze sorrisero divertite.

Sarebbe stato strano il contrario visto che al ragazzo c’erano voluti ben tre anni a venire a patti con quello che realmente provava per lei e a decidersi ad invitarla.

Il rintocco dell’orologio a pendolo nell’angolo annunciò loro che era scoccata la mezzanotte. La cena del Lumaclub doveva essere finita e di lì a qualche minuto sarebbe cominciata la folle ronda di Gazza alla ricerca di eventuali fuggiaschi notturni.

- Sarà meglio che iniziamo ad andare – decretò Urania, abbandonando con uno sbuffo il calduccio della coperta e infilandosi nuovamente le scarpe.

Merritt annuì e si alzò, afferrando un piccolo involucro di carta sotto gli sguardi incuriositi delle due.

- Quello a chi lo porti, Mer? –

- A David … forse basterà a convincerlo a perdonarci per averlo abbandonato a se stesso. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Come promesso eccoci con la cena al Lumaclub e come vi ho anticipato nel prossimo capitolo ci sarà l’uscita a Hogsmeade. Pertanto se avete richieste particolari per il vostro OC mandatemi pure un messaggio privato e cercherò di accontentarvi conciliando le varie richieste nel miglior modo possibile. Vorrei aggiornare domenica in mattinata per cui vi chiederei di regolarvi in questo senso per l’eventuale risposta.

A presto.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

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Capitolo 9
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

 

 

 

 

 

7 settembre 2010

Sala Comune di Serpeverde

 

 

 

 

 

Greta aprì gli occhi non appena il primo raggio di luce le colpì il volto. Eppure era abbastanza sicura di aver serrato le tende del letto a baldacchino quando si era rintanata sotto le coperte la sera prima. Emise un gemito e si voltò lentamente verso il bordo del letto, trovando ad attenderla delle figure molto familiari.

Ellie, Merritt e Scarlett erano infatti sedute ognuna in un punto diverso della sua stanza e la osservavano con tre sorrisi dipinti sui rispettivi volti.

- Buon compleanno, bell’addormentata – esordì Ellie, gettandole le braccia al collo e coinvolgendola in uno dei suoi più che celebri abbracci spaccaossa.

- Come siete entrate qui dentro di mattina così presto? –

- Bax e Race. –

Greta spalancò gli occhi, incredula all’idea che i suoi compagni di Casa avessero accettato di alzarsi così presto di domenica pur di aprire l’ingresso della Sala Comune a quel gruppo di scalmanate.

- Però, chi l’avrebbe mai detto che quei due fossero disposti a rinunciare al pisolino di bellezza. –

Ridacchiarono mentre Merritt e Scarlett l’abbracciavano a loro volta augurandole un buon compleanno. Dopodichè Ellie le passò un paio di pantaloni e una felpa indicandole il bagno con un cenno del capo.

- Datti una mossa, al piano di sotto c’è una sorpresa che ti aspetta. –

- Quanto tempo ho per vestirmi e truccarmi? –

La Corvonero ci pensò su per qualche istante, calcolando chissà cosa, prima di replicare: - Venti minuti, forse poco meno. –

- Allora mi metto subito a lavoro. –

Lei adorava le sorprese e non vedeva l’ora di scoprire quale fosse quella che le avevano preparato per quell’occasione.

Riemerse dal bagno quindici minuti dopo, perfettamente preparata alla giornata che l’attendeva, seguendo poi le tre amiche lungo la rampa di scale che l’avrebbe condotta alla Sala Comune.

Giunta lì impiegò qualche istante a rendersi conto di quello a cui stava assistendo.

Uno striscione capeggiava sulla parete più ampia, molto probabilmente scritto da Race visto la dicitura che recava “Buon compleanno, terremoto”, e il grande tavolo in noce era stato liberato dai soliti oggetti che l’affollavano per fare spazio per una gigantesca torta di compleanno corredata da brocche di succhi differenti, forchette e piattini.

Il resto del loro gruppo al completo era sistemato tra le sedie, il divano e le poltrone della Sala.

- E questa dove l’avete trovata? –

Evangeline sorrise compiaciuta, alzando una mano. – Diciamo che potrei aver convinto gli elfi domestici a darci una mano con l’organizzazione della cosa. –

- Questo è ufficialmente il miglior compleanno della mia vita – decretò, le iridi chiare che scintillavano colme d’emozione e d’affetto per quel branco di pazzi che chissà per quale motivo aveva deciso di adottarla e farla divenire parte di quella grande e amorevole scatenata famiglia.

 

 

 

 

 

- Siamo stati veramente fantastici, hai visto che faccia che aveva? –

Evangeline sorrise davanti all’entusiasmo di Urania. In effetti il loro piccolo party della sera precedente aveva dato loro l’idea e convincere gli elfi era stato persino più facile del previsto, era bastato far riferimento al fisico minuto di Greta e subito si erano messi in testa di riempirli di cibo e bevande.

- Sì, la vostra idea non è stata male, ma vogliamo mettere il lavoro che abbiamo fatto io e Race? La fatica è toccata tutta a noi praticamente. –

- Intendi dire l’immensa fatica di svegliarvi alle sette per mettere un po’ in ordine questo posto, aprirci il passaggio e appendere uno striscione? Quella fatica? – gli fece eco Evangeline con un sorriso ironico.

- Esattamente. Svegliarsi alle sette di domenica mattina è un vero atto di coraggio. –

Urania scosse il capo mentre al contempo Race annuiva come a voler confermare le parole del suo migliore amico.

- Michael è arrivato prima proprio per aiutarvi - insistè Evangeline.

L’espressione di Baxter fu un tripudio di ovvietà mista ad alterigia.

- Ovviamente. –

- E perché sarebbe ovvio? –

- Perché ha chiesto a Ellie di uscire, aiutarmi era il minimo dopo un gesto così sconsiderato. –

La Tassorosso alzò gli occhi al cielo, incredula davanti all’ennesima manifestazione di protettività nei confronti della cugina.

- Certe volte mi domando se ti renda conto di quanto assurdo suoni quando dici queste cose. –

Le fece una boccaccia che le strappò quasi una risata; si trattenne quanto bastava per non dargli la soddisfazione di vederla divertita.

Discutere con Baxter Nott poteva diventare molto faticoso.

 

 

 

 

 

- Allora come vogliamo organizzare la giornata? –

Monterys si strinse nelle spalle. – Non ho idee particolari … Tu avevi in mente qualcosa in particolare, Art? –

Il loro compagno di Casa parve prestare ascolto solo in quel momento alle loro parole perché si voltò verso la coppia di amici con espressione perplessa.

- Come dici? –

- Stavo chiedendo se uno di voi due aveva qualche idea su come passare l’uscita -, ripetè lentamente David, - ma a quanto pare sei con la testa da tutt’altra parte. –

- Ah, quello. –

- Sì, quello -, aggrottò la fronte, - sicuro di sentirti bene? Sei strano. –

Monterys l’osservò a sua volta con attenzione, alla ricerca di un qualche segnale che confermasse la supposizione dell’amico ma non vi era traccia di un eventuale malessere sul volto di Arthur. Anzi sembrava che stesse assolutamente bene e fosse solo un po’ distratto … e dal modo in cui di tanto in tanto il suo sguardo cadeva sul profilo di Lainey non ci voleva certo una mente particolarmente brillante per comprendere quale fosse l’oggetto delle sue riflessioni.

- Forse Art ha già dei programmi per la giornata -, fece notare, - e magari noi due siamo di troppo. –

David lo guardò come se si fosse ammattito.

- Perché dovremmo essere di troppo? Non ha mica un appuntamento romantico … oh, per le mutande di Merlino, hai un appuntamento?

Arthur era ragionevolmente sicuro di avere il volto di una sfumatura di rosa particolarmente accesa che confermava indirettamente le insinuazioni dei suoi amici.

- So che Lainey voleva andare in libreria e visto che è anche una delle mie solite tappe … mi sono offerto di accompagnarla. –

David l’afferrò, strofinandogli le nocche contro il capo. – E bravo il nostro ragazzone, vai e conquista! –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

7 settembre 2010

Hogsmeade

 

 

 

 

 

Greta lanciò un’occhiata all’indirizzo del ragazzo al suo fianco, sorpresa da quell’improvvisa assidua presenza.

- Non hai nessuna donzella in attesa che ti presenti all’appuntamento? –

Race ammiccò per tutta risposta e le fece il suo miglior sorriso da faccia da schiaffi.

- No, questa domenica sono tutto tuo. –

- Wow, che grande onore. –

- Lieto che tu riconosca la tua fortuna. –

- Sì, è proprio un evento storico. Il tuo degno compare dove l’hai lasciato? –

Scrollò le spalle. – Probabilmente è in giro a pedinare Ellie e Michael. –

Si scambiarono un’occhiata divertita. Non era certo difficile prevedere che quei due avrebbero fatto di tutto per seminarlo e non correre il rischio di vederselo sbucare davanti all’improvviso.

- Le tue amiche? –

- Scarlett ed Evangeline sono alla ricerca di chissà cosa, immagino un regalo per il mio compleanno, mentre Merritt e Urania sono ai tre Manici di Scopa insieme a Monterys e David … Lainey e Arthur, invece, sono in libreria. –

- L’appuntamento più noioso della storia dell’umanità – commentò il rosso, guadagnandosi un’occhiataccia.

- Io li trovo molto carini. –

- Sì, se ti piace quel genere di coppia -, ammise, - personalmente sono per una maggiore azione. –

Roteò gli occhi al cielo. – Figurarsi, immagino che tipo di azione intendi. –

- Ehy -, protestò allargando le braccia, - non sono mica un ninfomane fissato. Pensavo più che altro a un bel bicchiere di whiskey incendiario alla Testa di Porco. –

- Non è un po’ presto per bere? –

- Oggi è il tuo compleanno, le regole le fai tu. –

Le piaceva quel modo di ragionare e forse era proprio quello il motivo per cui, sotto sotto, la compagnia di Race le piaceva così tanto.

- D’accordo, mi hai convinta, e Testa di Porco sia. –

 

 

 

 

 

- Hai un po’ di panna sulle labbra – disse Michael, allungandosi ad accarezzarle l’angolo esterno della bocca per pulirla.

Ellie sorrise, consapevole che quel lieve tocco aveva smosso qualcosa dentro di lei. Ed era strano perché per anni aveva sempre visto Michael solo come un buonissimo amico. Eppure quel loro flirtare scherzosamente era evoluto velocemente verso qualcosa di più profondo e a giudicare da come la stava guardando anche lui doveva pensare la stessa cosa. Così disse la prima cosa che le passava per la testa, redendosi conto che rimanere in silenzio sarebbe stato quantomeno strano viste le sue solite repliche sagaci.

- Sono un disastro quando si tratta di bere cioccolata calda, finisco sempre con l’impiastricciarmi come una bambina. –

- Io lo trovo tenero. –

E in effetti era vero.

Ellie era sempre bellissima e perfetta, con quel sorriso solare e i modi gentili ma al contempo decisi, ed era raro trovarla fuori posto in una situazione. In quel momento però, anche grazie a quella piccola confessione, appariva più normale invece che circondata dalla solita aura eterea.

Si allungò nuovamente verso di lei, continuando a fissarle le labbra vagamente consapevole che lei lo fissava a sua volta con titubanza.

- Tu credi? –

- Sì, lo credo – confermò, accarezzandole questa volta la guancia fino a seguire il profilo della mandibola e poi soffermarsi sotto il mento per spingerla dolcemente ad alzare ancora un po’ il capo verso di lui.

Era giunto il momento di gettare la prudenza alle ortiche e darsi una mossa prima che perdesse il coraggio.

Le sfiorò le labbra con le sue, in attesa di un rifiuto che non arrivò, e poi finalmente approfondì il bacio.

Le mani di Ellie affondarono tra le sue ciocche castane, serrandosi dolcemente, mentre ricambiava il bacio con uguale trasporto.

 

 

 

 

 

- Credo che sia giunto il momento di rientrare al castello – osservò Lainey mentre, al fianco di Arthur che si era fatto carico degli acquisti di entrambi, guardava il sole cominciare a tramontare.

- Già, immagino tu abbia ragione solo … -

Tentennò, non sapendo bene come procedere. In effetti non aveva idea di cosa volesse dirle, ma supponeva che dopo un’uscita come quella ci volesse qualcosa a coronare il tutto.

- Solo? –

- Solo che volevo che sapessi che sono stato veramente bene con te … sia alla cena di Lumacorno che questa giornata. E io vorrei davvero tanto fare una cosa, poi se vorrai potrai anche prendermi a schiaffi. –

Perplessa, Lainey storse appena il capo.

- Perché dovrei prenderti a … -

Le labbra di Arthur tacitarono la sua domanda, baciandola dolcemente.

Rimase ferma per una manciata di secondi prima di rendersi conto che in effetti avrebbe dovuto fare qualcosa anche lei se non voleva che il ragazzo fraintendesse completamente la sua immobilità.

Così gli passò le braccia attorno al collo e si alzò in punta di piedi, proprio come aveva letto tante volte nei suoi libri, e ricambiò il bacio.

Quando si separarono Arthur prese per mano, intrecciando le dita alle sue con un sorriso soddisfatto, - Adesso possiamo rientrare. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Chiedo scusa per il ritardo nell’aggiornamento, ma spero che la canonizzazione di ben due coppie sia abbastanza per farmi perdonare. Spero di riuscire a pubblicare il nuovo capitolo o giovedì o venerdì … anche perché si tratta della festa di Greta e dell’ingresso nel vivo del gioco.

A presto.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8

 

 

 

 

 

7 settembre 2010

Hogwarts

 

 

 

 

 

- Piccioncini vi dispiacerebbe darci una mano a finire di sistemare il buffet invece di tubare? –

Lainey e Arthur si allontanarono l’una dall’altro con un sorriso imbarazzato, voltandosi verso Urania e Scarlett che con le braccia cariche di vassoi cercavano un posto libero sul lungo tavolo nell’angolo dove poterli riporre.

- Certo -, assicurò il Grifondoro, - vi liberiamo subito quella parte del tavolo. –

Afferrò una manciata delle decorazioni e fece per spostarle sul divano nell’angolo quando la voce di Merritt lo bloccò con gli striscioni ancora a mezz’aria.

- Fermo dove sei, se sposti quella roba mi mandi in crisi tutto lo schema organizzativo – dichiarò, continuando al contempo a provare a sistemare una delle candele sul lampadario più alto.

Arthur rimase così con le braccia cariche, guardandosi attorno alla ricerca di un posto libero, ma sembrava che non fosse rimasto neppure il più piccolo angolo disponibile.

- Quindi cosa dovrei fare con queste cose, tenerle in mano finchè non avete finito di sistemare tutto? –

- Probabilmente. –

- Hai una carriera come portaoggetti -, rise David comparendo all’interno della Stanza proprio in quel momento e intromettendosi nel discorso, - dovresti esserne fiero. –

- Invece di fare battute vieni qui, mi serve la tua altezza – intervenne Merritt, che ancora si sbracciava nel vano tentativo di assicurare la candela.

Il compagno di Casa la raggiunse all’istante, sottraendole la fonte di tutti i suoi problemi e sistemandola con facilità lì dove la ragazza aveva tentato invano.

- Ecco fatto. David “la scala umana” a sua disposizione, signorina. –

- Bene, allora signor scala seguimi … abbiamo molte altre decorazioni da appendere. –

Obbediente, seguì il suo Capitano in giro per tutto il salone sistemando qualsiasi cosa che andasse troppo in alto per il metro e settanta di Merritt, attirando le occhiate divertite del resto dei presenti.

- Certo che con lei cambia completamente atteggiamento -, considerò Monterys divertito, - Sembra quasi che abbia il potere di convincerlo a fare tutto ciò che vuole sia dentro che fuori il campo da Quidditch. –

- E magari ce l’ha per davvero. –

- Cosa intendi, Urania? –

- Nulla -, replicò sorridente la rossa, - solo che alle volte la spiegazione per certi comportamenti è sotto gli occhi di tutti. –

- Tu credi che … -

Lasciò in sospeso la frase, perché non sapeva bene nemmeno lui se aveva compreso l’insinuazione della compagna o meno. Insomma lui era abbastanza intuitivo e riteneva di essere abile nel capire i comportamenti umani, specialmente quelli dei suoi amici, ma non aveva mai considerato quella particolare eventualità. Che David si comportasse in modo così servizievole per motivi diversi dalla semplice amicizia?

- Io non credo nulla, ho solo dei ragionevoli sospetti. Il tempo ci confermerà se sono fondati o meno. –

 

 

 

 

 

- Ti dico che così non va bene – insistè Evangeline.

Baxter le rivolse uno sguardo di sfida.

- E invece sì. –

- No, possibile che non ti entri in quella testaccia dura? –

- Sono il re dell’organizzazione delle feste, razza di ostinata rompiscatole, perciò figurati se mi serve la tua opinione sulla scorta di alcolici necessari per far decollare una serata. –

- D’accordo, allora se saremo troppo ubriachi per giocare al gioco che ha scelto Ellie la colpa sarà tutta tua. –

Baxter tentennò e la Tassorosso sorrise trionfante.

Sapeva fin troppo bene che la prospettiva di deludere la cugina era l’asso nella manica da giocarsi in occasioni come quella; del resto Bax era troppo testardo per anche solo pensare di ammettere di essere dalla parte del torto.

- Va bene, ma se la gente vorrà altro alcol e non ci sarà la colpa sarà tutta tua – cedette alla fine, la fronte corrucciata e le labbra serrate come se avesse appena ingoiato un rospo gigantesco e disgustoso.

- Nessun problema. –

Il Serpeverde alzò gli occhi al cielo e borbottò qualcosa di incomprensibile mentre faceva levitare le bottiglie e le incantava per seguirli lungo il corridoio alla volta della Stanza delle Necessità.

- Stai borbottando in sirenese per caso? –

- Non sto borbottando, sto solo cercando di autoconvincermi a non strangolarti. –

- Sì, certo, come se la tua minaccia fosse credibile. –

- Ad Ellie direi che sei stata risucchiata nel lago dalla Piovra Gigante. –

- Però -, emise un fischio beffardo, - proprio una scusa geniale. Hai un cervello davvero sopraffino, non c’è che dire. –

- Per l’amor di Salazar, cosa ho fatto di male nelle mie vite precedenti per meritarmi di essere accoppiato a te nell’organizzazione della serata? –

- Non so, forse eri un rapitore di gatti. –

- Ancora con quella storia? È successo una vita fa. –

- Potrei continuare a elencare tutto quello che hai combinato nel corso di questi sette anni. –

- Invece tu sei completamente innocente, vero? –

Questa volta fu il suo turno di rimanere in silenzio, perché in effetti Baxter non aveva tutti i torti quando diceva che anche lei aveva messo in atto una bella dose di scherzi ai suoi danni. Dopotutto la faida tra loro due era celebre in tutta la scuola.

- Non è importante di chi sia la colpa -, decretò alla fine, - sbrighiamoci a portare questa roba. –

 

 

 

 

 

- Perché devo essere io a distrarre Greta? –

- Perché lo dico io. –

Race sbuffò e storse il capo quanto bastava per guardare dritta negli occhi Ellie. – Ti sei accorta che non stai parlando con Bax, vero? –

- Spiritoso. Perché invece di fare battute salaci non ti alzi da quel divano e ti rendi utile? –

- Sono stanco. –

Michael intervenne con un sorriso beffardo in difesa della ragazza.

- Di fare cosa se sei stato tutto il tempo alla Testa di Porco? –

- Ma si può sapere tu da che parte stai? –

Il Grifondoro scrollò le spalle e fece un sorrisetto sghembo. – Devo davvero rispondere alla domanda? –

Cinse i fianchi di Ellie con un braccio, attirandola a sé con un sorriso smagliante mentre Race sgranava gli occhi e si metteva a sedere di scatto.

- Porco Godric, fate sul serio voi due? Da quanto va avanti questa cosa e, soprattutto, perché io non ne sapevo nulla? –

Ellie gli rivolse un sorriso furbo. – Se vuoi che rispondiamo alle tue domande dovrai fare quello che ti ho chiesto. –

- D’accordo -, cedette, - ma che sia messo a verbale che ricorrerò alla difesa dei miei diritti … non sono mica un elfo domestico. –

- Me ne sono accorta, gli elfi domestici non fanno problemi nell’eseguire quello che viene loro chiesto. –

 

 

 

 

 

Un rumore distolse l’attenzione di Greta dal tema che doveva completare per la mattina successiva e la spinse ad alzare lo sguardo dal rotolo di pergamena e puntarlo sul volto familiare del ragazzo di fronte a lei.

- Comincio quasi a credere che tu sia una sorta di stalker, rosso. –

- Beccato -, ammise portando una mano sul cuore, - mi confesso colpevole. –

- Quanto ti ha pagato Ellie per convincerti a passare tutta la giornata con me e dare loro modo di organizzare la mia festa a sorpresa? –

Race rimase interdetto, suscitando l’attacco di risate genuine dell’amica.

- Credevi davvero che non sapessi cosa avevate in mente? Vi ho lasciato fare solo perché adoro le sorprese, ma era chiaro che si trattava di questo. –

- Ah, meglio così allora. –

Sedette sulla sedia libera accanto a lei e sbirciò il titolo del tema. Aveva tutta l’aria di essere una traccia particolarmente noiosa e non aveva la minima idea del perché avesse scelto di continuare a seguire quel corso.

- Non devi per forza stare qui, prometto che non entrerò nella Stanza delle Necessità prima che qualcuno venga a prendermi – aggiunse, tornando al tema.

- Preferisci lo studio alla mia compagnia, mi sento quasi offeso. –

- La carta dello sguardo da cucciolo bastonato non attacca con me -, lo rimbeccò, - non sono una di quelle tue ragazze impressionabili. –

Race si sporse verso di lei, fissandola dritta negli occhi.

- Non ho mai pensato che tu fossi come le altre. –

- Cosa vorresti dire? –

- Che sei tutta matta, terremoto, e la cosa mi piace. –

Interdetta, Greta rimase in silenzio finchè il ragazzo non aggiunse: - Perciò continuo a passare il mio tempo qui se la cosa non ti dispiace. –

- Fai come vuoi, siamo in un paese libero. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

L’Altro Mondo

 

 

 

 

 

- Quanto credi che manchi ancora? –

Asher si strinse nelle spalle, senza nemmeno prendersi la briga di voltarsi verso Samael che stava giocando con Ghost. Gli lanciava la palla e il lupo ombra l’afferrava con rapidità per poi riportargliela trotterellando allegramente.

- Non credo molto. –

- Detesto l’idea di non sapere come scorre il tempo dall’altra parte con certezza. Insomma potrebbe essere mattina, o magari pomeriggio, e noi non ne abbiamo idea. Siamo qui ad aspettare da ore. –

- Non mi sembra che abbiamo molto altro da fare o forse avevi qualche impegno di cui non siamo a conoscenza? – lo rimbeccò Kali, alzando gli occhi dal disegno su carboncino che stava raffigurando.

Samael le rivolse una smorfia per poi grattare dietro le orecchie Ghost, che uggiolò contento.

- Menomale che ci sei tu qui, bello, perché questi due oggi sembrano avere entrambi il ciclo. –

- Vuoi che ti uccida, Sam? E questa volta per davvero? –

- Certo, come se potessi uccidermi davvero finchè siamo rinchiusi qui. –

- Potrei sempre provare a tagliarti la testa e stare a vedere che succede – bofonchiò lei, tornando a concentrarsi sul disegno.

Una gigantesca anaconda stava prendendo forma sempre più rapidamente, le scaglie realizzate con cura sembravano quasi in rilievo grazie al suo sapiente uso di chiaro scuri. Sorrise soddisfatta.

- Sei sempre così aggressiva, dovresti rilassarti un po’. –

- Quando avremo finito questa partita sarò il ritratto della serenità e della sanità mentale, mi basta solo tornare nel mondo reale. –

- Tu che dici, Ash, secondo te potrà mai essere davvero serena? Perché io ho i miei dubbi … Ash, ci sei? –

Si alzò in piedi, sventolando teatralmente una mano davanti al volto dell’amico. Poi si voltò verso Kali e scosse il capo.

- Niente, è andato. –

 

 

 

 

 

La Stanza delle Necessità non era minimamente cambiata rispetto a dieci anni prima, continuava a dare sfogo alla sua prodigiosa magia assecondando ogni più recondito desiderio dei suoi occupanti. Gli sembrava quasi fosse passato un battito di ciglia dalla volta in cui lui e il resto dei suoi amici avevano messo mano a quel gioco. Si trovavano proprio lì, in occasione di una festa per celebrare l’imminente fine del loro ultimo anno, quando tutto era accaduto. Tredici ragazzi sconsiderati che avevano giocato a qualcosa di molto più grande di loro. Dieci ragazzi che non avrebbero mai visto quello che la vita aveva in serbo per loro … tre ragazzi destinati a trascorrere un decennio rinchiusi in quella realtà estranea che non apparteneva al loro mondo. Vide i loro nuovi sfidanti ridere e scherzare, mangiare leccornie e bere bicchieri su bicchieri di bibite e alcolici. Insomma facevano festa come se nulla di male potesse abbattersi su di loro. Lo sguardo si soffermò su di lei. Ellie. Quando l’aveva vista per la prima volta all’interno del negozio non aveva creduto ai suoi occhi. Era incredibile quanto assomigliasse a lei. Sembravano due gocce d’acqua, quasi Annie fosse tornata in vita dal mondo dei morti per perseguitare colui che l’aveva condannata a quella fine dieci anni prima quando aveva proposto di giocare a quel maledetto gioco.

 La sua Annie.

 Dannazione se gli mancava.

Ellie era seduta accanto a un ragazzo alto e dal fisico asciutto e muscoloso che le sorrideva come se fosse tutto quello che aveva sempre voluto e fosse finalmente riuscito a conquistarla.

Come lui guardava Annie.

La vide ridere, scuotendo il capo, e poi appoggiarsi alla spalla del ragazzo mentre ascoltava quello che una sua amica dai capelli a caschetto tinti di verde raccontava con trasporto. Quella doveva essere la festeggiata, considerò dal modo in cui tutti le si erano radunati attorno, la migliore amica di Ellie.

Vide Ellie alzarsi in piedi e afferrare la scatola che aveva lasciato sul tavolo.

La portò in mezzo al cerchio di amici, depositandola sul tappeto persiano, e mormorò qualcosa che gli fu impossibile sentire.

Era giunto il momento, pensò mentre le mani della ragazza si soffermavano sulla scatola per poi aprirla e individuare il foglio con le istruzioni.

La partita stava per iniziare.

 

 

 

 

 

Quando tornò trovò Kali e Samael ad attenderlo con espressioni ugualmente trepidanti.

- Allora, cosa hai visto? –

- Stanno aprendo la scatola, manca poco ai rintocchi, prepariamoci. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Vi avevo accennato che in questo capitolo saremmo entrati nel vivo dell’azione, ma dal momento che il capitolo sarebbe venuto davvero troppo lungo ho deciso di dividerlo in due parti. Perciò la seconda parte, e l’ingresso nel mondo del gioco, la troverete nel prossimo aggiornamento che prometto non si farà attendere troppo (orientativamente nei primi giorni della settimana). Avrei però una piccola domanda per tutti voi:

- Come reagirà il vostro OC all’idea di giocare a un misterioso e oscuro gioco da tavolo?

A presto.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

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Capitolo 11
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9

 

 

 

 

 

Salve bella gente!

Prima di lasciarvi al capitolo vi do una piccola news, nel caso foste interessati a partecipare anche lì. Ho pubblicato un’interattiva (le cui iscrizioni chiuderanno praticamente in parallelo con la fine di questa storia, per cui l’11 novembre) che si collega all’universo dell’Altro Mondo e che è una sorta di spin off di questa. Nel caso foste interessati la trovate qui:  https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3800925&i=1

E ora bando alle ciance e vi lascio al capitolo.

 

 

 

 

 

7 novembre 2010

Stanza delle Necessità

 

 

 

 

 

David buttò giù allegramente una pizzetta dopo l’altra sotto lo sguardo incredulo di Merritt.

- Non riesco a credere che tu abbia ancora fame dopo tutto quello che hai mangiato. Praticamente da solo ti sei fatto fuori metà delle scorte della festa. –

- Sono un corpo in crescita, devo assimilare cibo. –

E come per confermare le sue parole afferrò l’ennesima pizzetta e la mandò giù in un solo morso.

- In crescita? Sei già un gigante, si può sapere quanto ancora vuoi crescere? –

- Quanto basta per mangiare anche te – replicò, atteggiando il volto a una smorfia che cercava di essere minacciosa ma che risultava più buffa che altro, - Perciò fuggi prima che ti costringa a finire dentro il mio stomaco. –

Si mosse verso di lei, allargando le braccia come se volesse afferrarla, e Merritt decise di stare al gioco fingendosi spaventata e correndo per tutta la Stanza delle Necessità sotto gli sguardi divertiti dei loro amici.

- Tutto, ma lo stomaco no! –

- E invece sì, se ti prendo ti mangio. –

Allungò la falcata e la placcò, afferrandola per i fianchi e sollevandola quanto bastava per lanciarla sulla poltrona nell’angolo. Poi la raggiunse e finse di morderla come avrebbe fatto un lupo.

Le ciocche bionde scarmigliate incorniciarono le iridi azzurre luccicanti per il divertimento.

- Dovresti urlare, Merri, non ridere. –

La ragazza riprese lentamente fiato, tenendosi i fianchi dolenti per le troppe risa, e scosse il capo.

- Non è colpa mia se sei il primo lupo nella storia che mi fa il solletico. –

Rimasero a fissarsi per quelli che parvero secondi interminabili finchè il tossicchiare discreto di Urania non li riportò alla realtà.

- Non per interrompere il vostro gioco, ma credo che sia arrivato il momento di prendere quello che ha portato Ellie. –

Rimettendosi composti, i due annuirono e fecero spazio al resto del gruppo che occupò prontamente sia il divano che le poltrone e i futon rimasti liberi.

- Sei stata molto misteriosa a riguardo -, constatò Urania curiosa, - quindi adesso devi dirci di cosa si tratta. –

Ellie sorseggiò un po’ del suo whisky incendiario, scrollando le spalle con un sorriso vagamente imbarazzato.

- In realtà non lo so nemmeno io, la scatola non ha alcun nome e il tizio del negozio non mi ha detto di cosa si tratta. –

- L’unica cosa che ha detto é che era speciale e faceva sicuramente al caso nostro –, aggiunse Baxter, - ma non so quanto sia vero perché credo fosse troppo preso dal fare il cascamorto con Ellie per prestarci davvero attenzione. –

Quelle parole ebbero il potere di risvegliare l’attenzione di Michael, che si voltò verso la sua ragazza e aggrottò la fronte.

- Ma davvero? Mi sa che quel negozio andrà escluso dai futuri acquisti. –

Il gruppo scoppiò a ridere mentre Ellie gli posava una mano sull’avambraccio e si univa alle risate generali.

- Esagerato e poi non sono affatto convinta che stesse flirtando. Era solo un tipo particolare. –

Molto particolare con un che di selvaggio e proibito, pensò tra sé e sé, ma questo non era proprio il caso di dirlo ai suoi amici. Si sentiva già abbastanza stupida per aver creduto che quel tipo fosse in grado di intrufolarsi nella sua mente e nei suoi sogni, non aveva proprio bisogno di rendere le sue convinzioni palesi e far ridere anche i suoi amici.

- Va bene, allora vediamo questo gioco speciale e misterioso -, saltò su Greta battendo le mani allegramente, - sono curiosa di sapere a cosa andremo incontro. –

Annuì, districando le gambe da quelle di Michael e alzandosi per recuperare la scatola. Rassettò il corto abito in broccato blu che aveva indossato per l’occasione e afferrò la scatola che aveva lasciato sul tavolo poco distante.

Lo depositò al centro, sul tappeto persiano che si era magicamente formato non appena avevano deciso che per giocare sarebbero stati seduti a terra, e osservò le reazioni degli amici.

Greta ed Evangeline apparivano le più emozionate all’idea di gettarsi in quell’esperienza ignota, mentre il resto del gruppo mostrava sì curiosità ma in modo decisamente più pacato.

- Coraggio aprilo -, la esortò Evangeline, - voglio vedere di cosa si tratta. –

L’accontentò, depositando il coperchio di lato e cominciando ad estrarre il contenuto. C’era un tabellone da gioco in un materiale che sembrava quasi essere legno, ma che era estremamente flessibile tanto da essere stato ripiegato in più parti, che raffigurava una serie di luoghi spettrali e insieme affascinanti che era certa di non aver mai visto né in Gran Bretagna né nel corso dei suoi viaggi nel resto del mondo. Si chiese distrattamente da cosa avesse preso ispirazione il creatore del gioco, perché gli ambienti erano riprodotti con una cura minuziosa ed erano oltremodo realistici tanto che quasi le parve di essere in procinto di immergervisi davvero. In un piccolo borsello di tessuto, chiuso da un legaccio, trovò tredici pedine dalle forme più disparate. Un foglio di pergamena completava il tutto, presentando le istruzioni affinchè il gioco avesse inizio.

Scarlett lo afferrò, srotolandolo rapidamente: - Lo leggo io. –

Rimase in silenzio per qualche istante, per poi aggrottare la fronte con sincero stupore. – Ellie, il ragazzo del negozio ti ha per caso detto se questo gioco era usato? –

- No, perché? –

Voltò la pergamena, mostrandole il retro.

Una lunga serie di nomi e cognomi erano impressi con inchiostri di differenti colori e accompagnati ciascuno da una singola piccola macchia di quello che assomigliava tremendamente a del sangue.

- Forse fa parte del gioco, magari serve a far calare maggiormente nel proprio ruolo e nella storia – ipotizzò Arthur.

- Già, anche perché tutto il resto sembra assolutamente nuovo – aggiunse Lainey, scrutando il tabellone unito alle carte e ai dadi.

- Leggi le istruzioni, Scar. –

La mora annuì, riprendendo a scorrere le righe delle istruzioni, vergate in un elaborato stile barocco.

- Benvenuti nel Gioco delle Ombre, se accettate di giocare verrete trasportati in un universo completamente diverso dal vostro, l’Altro Mondo, in cui spazio e tempo si fondono fino a diventare quasi indistinguibili. Prima di calarvi nel gioco, tuttavia, dovete giurare di star conducendo il gioco di vostra volontà e che siete pronti ad affrontare tutte le conseguenze che ne deriveranno. Per confermare la vostra volontà scrivete sulla pergamena il vostro nome e lasciatevi cadere sopra una goccia di sangue -, emise un fischio flebile, - però i creatori di questa roba prendevano molto sul serio il loro universo fantastico. –

Ellie osservò i suoi amici, cercando di notare se anche loro avvertivano la stessa strana sensazione che l’aveva assalita oppure se la sua era solo suggestione.

- Coraggio, giuriamo, non ditemi che avete paura – esclamò Greta, un sorriso sfrontato sul bel volto e un tono palesemente di sfida.

- Figurati se mi faccio spaventare da quattro pezzi di cartone -, replicò Race, - qualcuno mi passi uno stuzzicadenti pulito. –

Afferrò l’oggetto, pungendosi con decisione la punta del polpastrello e fece cadere una goccia sulla pergamena vergandovi accanto il suo nome completo. Li guardò con curiosità e alla fine porse il tutto a Greta, che lo imitò senza indugio.

Uno dopo l’altro tutti i presenti fecero la stessa cosa, chi convinto e chi semplicemente deciso a non guastare il divertimento al gruppo.

- Cos’altro dicono le regole? – chiese Evangeline.

- C’è scritto che bisogna estrarre a sorte una delle pedine, dice che il gioco saprà quale associarci. Bisogna cominciare in ordine di iscrizione sulla pergamena perciò direi che tocca a Race. –

Scarlett gli porse il sacchetto e lo osservò rovistare all’interno finchè non estrasse la pedina: un coccodrillo, dalle squame perfettamente riprodotte e l’aria minacciosa.

Greta estrasse una volpe, accarezzandola quasi si fosse trattato di un animale in carne ed ossa. – Sembrano così realistici, chiunque li abbia realizzati sa decisamente il fatto suo in quanto a intagliare il legno. –

Gli animali che si susseguirono furono una tigre per Baxter e una salamandra per Evangeline, Arthur estrasse un’aquila e Lainey un corvo, seguiti dal cerbero di Urania e dal leone di Scarlett. Quando giunse il turno di David il ragazzo estrasse un gatto e passò poi il sacchetto a Merritt la cui pedina si rivelò essere un picchio; giunse poi il turno della chimera di Monterys.

Erano rimaste solo due pedine e quando Michael estrasse la sfinge e ad Ellie toccò la sirena i ragazzi poterono finalmente passare al punto successivo delle regole.

- Qui c’è scritto che bisogna sistemare le tre carte dei nostri avversari dell’Altro Mondo in vari punti del tabellone. Possiamo metterli dove vogliamo purchè l’Uomo Ombra sia l’ultimo sfidante –, aggiunse Scarlett, - Qualcuno ha trovato le tre carte? –

Monterys alzò la mano, mostrandole a tutti i presenti.

- Eccoli. –

Osservando le tre sagome Ellie venne assalita nuovamente da quella sensazione di pericolo. Cercò lo sguardo di Baxter, sperando che il cugino confermasse quello che pensava perché l’Uomo Ombra era identico al ragazzo del negozio che le aveva venduto il gioco. L’immagine sembrava quasi una fotografia tanto era accurata nei dettagli, riprendeva perfino l’esatta sfumatura candida dei suoi capelli e la scintilla pericolosa nelle iridi blu come le profondità marine.

- Per tutti i tanga di Merlino -, esclamò Bax dando voce ai suoi pensieri, - è identico al tizio del negozio. –

Evangeline osservò la figura e sorrise maliziosa.

- Beh, hai capito la nostra Ellie, avevi rimorchiato proprio un gran bel pezzo di ragazzo. –

Michael tossicchiò, folgorandola con un’occhiataccia eloquente alla quale la Tassorosso rispose con una linguaccia.

- Come è possibile che sia identico a lui? –

- Nel mondo Babbano c’è un gioco chiamato Dungeons and Dragons -, intervenne Lainey, - e capita spesso che molti dei ragazzi che ci giocano assiduamente finiscano con il cercare di assomigliare il più possibile ai personaggi del gioco. Magari è il caso di quel tizio. –

- Oppure il creatore del gioco è un suo conoscente e l’ha usato come modello per raffigurare l’Uomo Ombra -, aggiunse Merritt, - non è poi così raro che accada del resto ha dei tratti molto particolari. –

Ellie annuì ascoltando le spiegazioni perfettamente razionali dei suoi amici; erano logici e mossi dalla ragione, doveva proprio smetterla di farsi prendere dall’ansia. Non c’era nulla che non andava in quel gioco.

- Il prossimo passo è disegnare le proprie paure su un pezzo di carta. Non dovete mostrarle a nessuno e quando avete finito le dovete riporre a faccia in giù in un punto del tabellone. Il lancio dei dadi ci dirà in quale ci imbatteremo. –

Obbedirono e quando anche l’ultimo di loro ebbe portato a termine l’opera Scarlett decretò con voce perentoria: - Adesso Stanza, ti chiedo di spegnere all’istante tutte le luci. –

Dando voce al suo comando, la Stanza delle Necessità obbedì lasciandoli al buio totale.

L’incredulità nella voce di Monterys li raggiunse.

- Come facciamo a giocare se siamo al buio e non vediamo nulla? –

Come a voler rispondere alla sua domanda una luce tenue prese ad irradiarsi dal tabellone permettendo a Scarlett di leggere l’ultimo punto della pergamena.

Al rintocco della mezzanotte il gioco avrà inizio.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Un rintocco.

Due.

Tre.

Quattro.

Cinque.

Sei.

I rintocchi si scandivano con una chiarezza impressionante, rimbombando ovunque sia nella Stanza che nel loro mondo.

Asher diede un’occhiata a Kali e Samael, pronti ai loro posti, che annuirono come a rispondere alla sua implicita domanda.

Erano pronti.

Sette.

Otto.

Nove.

Dieci.

Undici.

Dodici.

- Il gioco comincia – decretò.

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Capitolo 12
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10

 

 

 

 

 

Ellie aprì gli occhi lentamente, faticando a mettere a fuoco le sagome in mezzo a quel miscuglio di campi di luce intensa e oscurità. Quando vi riuscì tuttavia si rese conto di non essere più all’interno della Stanza delle Necessità. Cercò immediatamente Michael e il resto dei loro amici, trovandoli riversi a terra e in attesa di riprendere lentamente i sensi. Dovevano essere svenuti, realizzò mentre esaminava la sala in cui si trovavano; era un salone simile a quelli dell’ottocento, con spesse tende pesanti e divani dall’aria antica contro pareti color dell’oro pallido intarsiate di ricercati ghirigori. Fu allora, osservando il divano davanti al camino crepitante, che individuò una sagoma che era certa fino a quel momento non fosse presente.

I capelli bianchi come la neve risaltavano in quel gioco di luci e ombre e le iridi blu la fissavano come se le stessero scavando l’anima. Un sorriso increspò le labbra sottili del ragazzo quando le rivolse un cenno del capo.

Si alzò in piedi, avanzando lentamente verso di lei.

Indossava abiti neri, una camicia aderente che rivelava il guizzare dei muscoli al di sotto del tessuto e un paio di quelli che sembravano pantaloni in pelle di drago con stivali simili a quelli da caccia a completare il tutto.

Era esattamente come lo ricordava da quel loro primo incontro all’interno del negozio. Eppure mai come in quel momento si rese conto di quanto fosse ipnotico e al contempo inquietante il suo aspetto. Era un po’ come quei serpenti dall’aspetto bellissimo che attiravano le loro prede sfruttando la loro bellezza e poi attaccavano in modo repentino uccidendoli con un solo fluido movimento.

Pericoloso, pensò.

Sì, tutto nell’aspetto del ragazzo gridava a gran voce pericolo.

- Te l’avevo detto che ci saremmo rivisti, no Ellie? –

- Il mio sogno … -

- Già, devo ammettere che è stato faticoso instaurare un contatto con le porte dell’Altro Mondo ancora ben tirate su ma ne è valsa la pena … Bel vestito, mi piace soprattutto il colore – aggiunse, soffermandosi sull’abito in broccato.

Con orrore Ellie si rese conto che quella era l’esatta sfumatura dei suoi occhi; improvvisamente desiderò di aver scelto tutt’altro colore, perché l’idea di riscuotere la sua approvazione la disturbava tremendamente.

- Non l’ho indossato certo per far piacere a te – replicò freddamente, sforzandosi di mostrarsi molto più sicura di sé di quanto in realtà non fosse.

- Certo, immagino tu l’abbia scelto per Michael. –

C’era qualcosa nell’inflessione in cui pronunciò il suo nome, quasi fosse un termine che tra persone civili non avrebbe dovuto essere usato, che la spinse a posare lo sguardo sul corpo del suo fidanzato che era ancora privo di sensi.

- Oh, sta bene … almeno per il momento, non posso garantire per il futuro. –

- Se provi a toccarlo anche solo con un dito, o a fare del male a uno dei miei amici, giuro che … -

La interruppe scoppiando in una risata bassa e roca, sinceramente divertita.

- Oh, mia bellissima Ellie, qualsiasi cosa vi accada non sarà certo colpa mia. Avete accettato di giocare, avete giurato, perciò potremmo dire che vi siete condannati con le vostre mani. –

- Sei tu che mi hai venduto il gioco. –

- Certo -, ammise con il sorriso ancora al suo posto, - e lo rifarei senza esitare. Se volete uscire di qui dovrete giocare e vincere. –

- E se perdiamo? –

- Allora alcuni di voi molto probabilmente moriranno e gli altri resteranno qui per un bel po’. –

Aveva un tono pratico, come se stesse spiegando qualcosa di assolutamente scontato e non stesse parlando dell’eventualità di distruggere per sempre la vita di tredici persone.

- Ma se vinciamo allora potremmo andarcene senza riportare nessun danno collaterale? –

- A parte quelli che un’esperienza del genere comporta sulla psiche di una persona, assolutamente sì. Hai la mia parola che nessuno vi torcerà un capello e potrete andarvene tutti, ma c’è qualcosa che dovrei confidarti prima di lasciare che i tuoi amici si sveglino. –

Ellie aggrottò la fronte. – E cioè? –

Le si avvicinò di più, fermandosi a un soffio dal suo viso, chinandosi a sussurrarle all’orecchio: - Da quando sono finito qui dentro non ho mai perso una partita e non ho intenzione di cominciare a farlo adesso. –

Si scostò bruscamente da lui, folgorandolo con la migliore delle espressioni risolute che riuscì a mettere su in quella situazione. – Staremo a vedere. –

- Combattiva fino alla fine, è una cosa che apprezzo. Perciò ti darò un’opportunità di terminare il gioco senza perdere nessuno dei tuoi amici. Quando vi sarete rassegnati all’idea di perdere chiamami, vi permetterò di arrendervi. –

- Non accadrà mai, noi vinceremo – insistè.

- Bene, se ne sei così sicura allora non avrai bisogno del mio aiuto. –

Le voltò le spalle e prese a dirigersi verso il lato opposto della sala, camminando con quella sua andatura sinuosa.

Tutto gridava sicurezza in lui, come se l’idea di poter uscire da lì fosse solo pura utopia. E per un attimo si chiese se non avesse effettivamente ragione.

- Aspetta. –

Si voltò nuovamente verso di lei, inarcando un sopracciglio a mostrare di essere in ascolto.

- Come posso chiamarti se non conosco nemmeno il tuo nome? –

- Asher … Asher Travers. –

 

 

 

 

 

- Tu le hai offerto cosa? –

Kali lo guardò come se fosse completamente impazzito, mentre Samael grattava dietro le orecchie di Ghost con fare meditabondo.

- Non accetterà. –

- Se sai già che non accetterà perché le hai proposto una cosa simile? –

Asher rivolse un’occhiataccia all’indirizzo dell’amico, voltandosi a fronteggiarlo, - Fammi capire. Tu e Kali vi saltate alla gola in continuazione tranne quando si tratta di criticare me? –

Samael si strinse nelle spalle, distogliendo lo sguardo e assumendo un’espressione colpevole. – È solo che non vorrei che la somiglianza con Annie ti faccia perdere di vista il nostro obiettivo. –

- Già. Per quanto possano essere simili, tanto da sembrare gemelle in effetti, lei non è Annie – aggiunse Kali, le braccia incrociate sotto il seno e l’espressione seria.

Le iridi blu del ragazzo lampeggiarono minacciose, segno di un preludio alla collera più totale come avevano imparato a loro spese nel corso degli anni.

- Mi è perfettamente chiaro che lei non sia Annie, grazie per la precisazione, non sono diventato demente di punto in bianco. –

- Non intendevo insinuare questo -, si affrettò a precisare la rossa, - ma so quanto tenessi ad Annie e non vorrei vederti buttare all’aria tutto quello che abbiamo fatto in questo decennio solo perché una ragazza le assomiglia per qualche strano scherzo del destino. –

- Non succederà, per cui smettetela pure di preoccuparvi. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Quando aprì gli occhi la prima cosa che realizzò fu di avere un mal di testa lancinante. Eppure per qualche strano motivo la sensazione svaniva mano a mano che diventava abbastanza lucida da mettersi a sedere e rendersi conto di ciò che aveva attorno. Vide che uno dopo l’altro anche il resto dei suoi amici cominciava a riprendere i sensi, tutti tranne Ellie che appariva già sveglia da un po’ e perfettamente vigile nonché preoccupata.

Così Greta soffocò un gemito e si alzò per raggiungerla.

- Cosa è successo? –

- Credo che ci troviamo dentro al Gioco -, sussurrò lei per tutta risposta, - perché ho incontrato quel tipo del negozio. –

- Quello che assomiglia all’Uomo Ombra del disegno? –

- Non gli assomiglia soltanto, è lui. –

La Serpeverde corrugò la fronte, cercando di dare un senso a quello che le stava riferendo la sua migliore amica.

- Ma questo è assolutamente impossibile -, cercò Lainey con lo sguardo affinchè lei potesse confermare o smentire quello che stava dicendo, - Giusto? –

- Dovrebbe esserlo -, ammise la Corvonero, - ma ci sono decine di teorie sull’esistenza di realtà e mondi paralleli. Quindi forse quello all’interno del Gioco fa parte di essi. Lui cosa ti ha detto, Ellie? –

- Dice che dobbiamo giocare la partita fino alla fine e che se vinciamo potremmo lasciare il Gioco incolumi, ma se perdiamo … -

- Se perdiamo? – le fece eco Greta.

- Rimarremo nel Gioco proprio come è successo a lui e ai suoi amici. Ma c’è dell’altro … –

- Dell’altro? Cosa può esserci più di questo? –

- Credo di conoscere quel ragazzo già da molto tempo … Bax sei sveglio? –

La voce del cugino le giunse da qualche metro di distanza, leggermente intontita a indicare che doveva aver ripreso i sensi da pochissimo.

- Più o meno. –

- Asher Travers ti dice qualcosa? –

Lo vide concentrarsi per rivangare ricordi lontani per alcuni secondi interminabili, poi le iridi nocciola si sgranarono e s’illuminarono di comprensione.

- Certo. Era il nome del ragazzo con cui usciva Annie quando eravamo piccoli. –

- Annie? -, gli fece eco Race incredulo, - Intendi vostra cugina Annie, quella che è scomparsa quando avevamo sette anni? –

L’amico annuì per tutta risposta e si voltò verso Scarlett. Se lei l’aveva conservato mentre perdevano i sensi forse c’era il modo per confermare i suoi sospetti.

- Il foglio. Dov’è il foglio con il regolamento e i nomi? –

Scarlett glielo tese e a Baxter non rimase che leggerlo a febbrile velocità finchè non individuò i nomi che cercava.

I nomi alla metà esatta della lista, i primi all’interno del gruppo di tredici persone.

Kali Bulstrode.

Samael Davies.

Asher Travers.

Annie Flint.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Ed ecco spiegata la somiglianza tra Ellie e Annie e il loro grado di parentela. Ho deciso di dividere in due parti anche questo capitolo sempre per motivi di eccessiva lunghezza se conservato nella sua integralità per cui intorno a venerdì dovrebbe uscire la seconda parte. Ragion per cui vi domando di esprimere tre preferenze tra gli OC in modo tale da decidere le paure di chi incontrare per primi nel corso del gioco; esprimete le preferenze tramite messaggio privato in modo tale che si mantenga un po’ di suspense.

A venerdì.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

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Capitolo 13
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11

 

 

 

 

 

- Annie?! –

Ellie quasi strillò il nome della cugina, osservando incredula l’elenco che Baxter teneva stretto tra le mani.

Le sembrava fossero passati solo pochi giorni dalla volta in cui era giunta la missiva da Hogwarts.

 

 

Era stanca di giocare in giardino e si era rintanata in cucina passando per la porticina sul retro, inerpicandosi su una sedia per riuscire a raggiungere la brocca dell’acqua e servirsene un bicchiere. Fu allora che le sentì. All’inizio erano poco più che lievi mormorii, sussurri appena udibili e incomprensibili da dove si trovava lei, poi un gemito straziante. Incuriosita e insieme spaventata saltò giù dalla sedia, avvicinandosi al salone e prestando attenzione a non farsi scoprire dagli adulti. Fu allora che vide il corpo accasciato sul pavimento che emetteva quei gemiti che tradivano un’angoscia e un dolore indescrivibili. I capelli castani della donna le coprivano il viso e per un attimo Ellie pensò alle donne piangenti, le Banshee, di cui le raccontava sua nonna. Eppure quella non era una creatura oscura, ma semplicemente la zia Mallory. Quando finalmente la zia si decise ad alzare il volto vide che era rigato di lacrime e che i singhiozzi disperati la scuotevano ancora malgrado l’abbraccio in cui l’aveva serrata suo marito.

- La mia Annie. La mia bellissima Annie. –

Aveva solo sette anni, ma era sempre stata una bambina più sveglia e intuitiva delle sue coetanee come le diceva sempre la nonna, perciò capì subito che c’era qualcosa che non andava. A sua cugina doveva essere accaduto qualcosa che aveva ridotto la zia in quel modo. Così fece l’unica cosa che le venne istintiva, quello che faceva sempre quando aveva un problema e pensava di aver bisogno dell’aiuto di qualcuno per affrontarlo. Tornò sui suoi passi e corse nuovamente fuori in giardino, strillando il nome di Baxter a perdifiato. Lo trovò dove l’aveva lasciato, intento a giocare con Race.

- Bax! È successo qualcosa ad Annie! –

 

 

Esattamente come quel giorno di dieci anni prima, Baxter le passò un braccio attorno al collo e l’attirò verso di sé stringendola con gentile fermezza.

- Se Annie ha davvero giocato a questo gioco e non è più tornata allora magari lei è una degli amici intrappolati a cui ha fatto riferimento Asher. Potrebbe essere ancora viva, Ellie. –

Scosse il capo con determinazione, allontanando le ciocche castane dal volto ormai pallido.

- No, se fosse viva sarebbe venuta a parlarmi insieme ad Asher, non avrebbe mandato solo lui. Se ha giocato davvero a questa cosa allora lei … -

Non concluse la frase, non ce n’era bisogno.

Tutti i presenti avevano capito perfettamente cosa intendeva, ma dirlo a voce alta l’avrebbe reso vero e ineluttabile.

Annie era una delle vittime mietute dal gioco e se non avessero giocato bene le loro carte loro avrebbero potuto essere i prossimi.

 

 

 

 

 

Monterys osservò in silenzio i dadi finchè la loro immagine non divenne sfocata prima di rompere il silenzio che li aveva avvolti a seguito dell’affermazione di Ellie.

- Cosa pensate che sia meglio fare? –

- Rimanere fermi qui non ha molto senso -, osservò Greta, - perché in un modo o l’altro dovremo terminare il gioco. –

- Perciò suggerisci di giocare assecondando questo meccanismo perverso? –

La cugina annuì appena.

- Non vedo altro modo … a chi tocca lanciare per primo? –

Race si fece avanti, tendendo il palmo.

I dadi erano freddi contro la pelle; li strinse con decisione, muovendo il polso per agitarli e pregando silenziosamente affinchè non uscisse nulla di troppo pericoloso.

Poi li lanciò, osservando le pedine muoversi lentamente sul tabellone fino ad arrivare al numero sette.

 

- E adesso? –

- Credo che stia succedendo qualcosa alla stanza -. mormorò Monterys per tutta risposta, - sembra che stia cambiando. –

Ed in effetti sembrava che avesse ragione, perché l’antico salone barocco stava svanendo per lasciare posto a qualcosa che i ragazzi impiegarono alcuni secondi a riconoscere con sicurezza.

Una stanza d’ospedale, una di quelle dai muri bianchi e l’aspetto asettico. Riuscivano quasi a sentire l’odore di disinfettante che aleggiava nell’ambiente. Un lettino stava nell’angolo, l’unico presente all’interno della stanza, e una sagoma alta accarezzava lentamente il volto di un uomo anziano.

Race lanciò un’occhiata rapida al gruppo d’amici per cercare di capire di chi fosse quella particolare paura dal momento che sicuramente non era la sua.

Quando lo sguardo gli cadde sul volto di Urania, con le pupille sgranate e i muscoli tesi, capì che erano dentro l’incubo personale della ragazza.

 

 

- Nonno? –

Si avvicinò lentamente al lettino, consapevole che i suoi amici erano alle sue spalle e l’osservavano con aria apprensiva.

- Nonno?! –

Il corpo di Uranus era rigido, lo sguardo vacuo e perso nel nulla, e quella sagoma sconosciuta gli era ancorata accanto e intenta ad accarezzarlo sempre più lentamente.

Si voltò verso di lei, scrutando sotto il cappuccio, e indietreggiò inorridita.

Un teschio scavato, nelle cui orbite si annidavano insetti immondi d’ogni genere, la fissava di rimando con una strana impressione. Erano solo ossa e determinare l’espressione avrebbe dovuto essere impossibile eppure lei sapeva che quel teschio stava ghignando. Rideva di lei, della sua incapacità di proteggere il nonno, della consapevolezza che si sarebbe ritrovata completamente sola.

- Lascia stare mio nonno! –

- Non puoi salvarlo, non puoi salvare nessuno … nemmeno i tuoi amici. –

I suoi amici … improvvisamente ricordò come terminava l’incubo. Si voltò verso di loro, trovandoli intenti a svanire uno dopo l’altro in un vortice oscuro che li risucchiava inclemente.

- Nooo, ragazzi … ragazzi! –

Cadde a terra in lacrime, continuando a urlare con quanto fiato aveva in gola.

- Ragazzi, non lasciatemi anche voi. –

 

 

- Urania … Urania, svegliati! –

Gli scossoni di Scarlett si fecero sempre più energici mentre cercava di riportare indietro l’amica dalla trance in cui era precipitata non appena la stanza aveva smesso definitivamente di formarsi.

Spalancò gli occhi di scatto, il fiato corto e la gola dolente per le urla, e all’improvviso si rese conto che la stanza d’ospedale era vuota e che tutti i suoi amici erano lì e stavano bene. Non era morto nessuno; suo nonno era a casa ed era al sicuro, loro erano vivi … stavano bene, erano ancora tutti con lei.

- Era solo un incubo … solo uno spaventoso incubo – mormorò tra sé e sé.

- Io non credo fosse solo un incubo -, la contraddì Monterys, - nessun incubo può provocare un attacco di panico come quello che hai avuto tu … penso che fosse reale, una realtà che solo i proprietari dell’incubo riescono a vedere. –

- Quindi voi non avete visto nulla? –

Scosse il capo tetramente.

- Eppure c’eravate anche voi … -

- È tutto finito -, Scarlett la strinse amorevolmente a sé battendole delicati colpetti sulla schiena, - Non dovrai più affrontare una cosa come quella. –

Magari fosse finito davvero, almeno sarebbero stati nel caldo rasserenante della Stanza delle Necessità a mangiare, ridere e bere senza alcuna preoccupazione.

E invece no, erano intrappolati in quel gioco infernale.

- Chi è il prossimo a lanciare? –

Greta mostrò i dadi.

- A quanto pare tocca a me … -

Li fece cadere a terra, guardandoli rotolare su se stessi finchè non si fermarono … cinque.

La casella undici dunque, ma quale era il foglietto che avevano messo capovolto su quel numero? A chi sarebbe appartenuto il nuovo incubo?

 

 

Greta riconobbe il luogo non appena lo vide formarsi sotto il suo sguardo. Avrebbe riconosciuto quella spiaggia tra mille altre. Non perché ci fosse stata o le fosse familiare, bensì perché era il luogo in cui aveva origine uno dei suoi incubi peggiori. Deglutì mentre osservava il cielo annuvolarsi minaccioso e una sensazione di gelo l’avvolgeva fin quasi a penetrarle nelle ossa. Si rese conto di essere sola, ormai abbandonata da tutti coloro che la circondavano, e avvertì un urlo agghiacciante provenire dalle sue spalle. Si voltò di scatto, trovando un’immensa e folta giungla; da dove era lei era impossibile cercare di capire cosa avesse causato quel verso, ma in quel momento non ebbe nemmeno il tempo di preoccuparsene, perché la tempesta diede sfogo alla sua forza distruttrice generando onde sempre più alte e violente. Raccolse il libro che aveva con sé e corse verso la giungla, decisa a salvarsi da ciò che stava per abbattersi sulla spiaggia. Corse a perdifiato finchè una folata di vento particolarmente violenta non la colpì. Il libro che stringeva prese a sfogliarsi furiosamente, finendo con l’aprirsi su una pagina in particolare. La stessa pagina di sempre, quella che la perseguitava ogni volta.

Arrivo.

Quella semplice parola bastò a gelarla sul posto mentre nel bel mezzo del volume compariva un dito mozzato con tanto di fede matrimoniale ancora saldamente al suo posto.

Fece per urlare, ma l’acqua riversatasi sulla spiaggia a seguito di quella calamità naturale la raggiunse prima che riuscisse ad emettere anche solo un fiato e la sommerse. Sentiva la gola salata lungo la gola, soffocarla e inondarle i polmoni.

Sarebbe morta annegata, realizzò con terrore, e non c’era assolutamente nulla che potesse fare.

 

 

- Dannazione, non respira … non respira più. –

Race riprese a praticare il massaggio cardiaco con rinnovato vigore, chinandosi a tapparle il naso e soffiarle aria premendo le labbra contro le sue.

- Coraggio, terremoto, coraggio! –

Spinse, imprecò, continuò a martellarle incessantemente il petto incurante degli sguardi impietri e delle urla delle ragazze.

Doveva salvarla.

Poteva salvarla.

- Andiamo, terremoto … andiamo! –

E finalmente Greta spalancò gli occhi, tossendo e buttando fuori l’acqua dai polmoni.

- Ti ho detto mille volte di non chiamarmi terremoto – bofonchiò.

Tuttavia Race non le diede minimamente ascolto. Si limitò a chinarsi su di lei e a baciarla, questa volta in modo molto meno delicato e apprensivo di prima.

Era viva, la sua Greta era viva.

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Come avrete notato questa volta le votazioni hanno dato esiti tutti femminili perciò per il prossimo capitolo vi anticipo che troverete sicuramente Merritt (il capitolo sarebbe venuto troppo lungo perciò ho ritenuto di dividerlo in due parti) e vi chiedo di fare tre nomi tra i nostri ragazzuoli ovvero:

- Baxter;

- Race;

- Arthur;

- David;

- Monterys;

- Michael.

A presto.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

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Capitolo 14
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12

 

 

 

 

 

Greta impiegò qualche secondo a realizzare ciò che stava accadendo. Un attimo prima era precipitata nel peggiore dei suoi incubi, e aveva quasi rischiato di morire annegata, e quello seguente aveva ripreso a respirare e si era ritrovata avvinghiata a Race intenta a scambiare un lungo bacio passionale. Vagamente consapevole che da qualche parte dietro di loro gli amici li osservavano, evidentemente incerti su quale fosse il modo migliore per spingere i due ragazzi a separarsi senza per questo risultare invadenti, sorrise contro le labbra del compagno di Casa e si allontanò leggermente.

- Mi sembra che ci sia un po’ troppo pubblico. –

Il sorriso increspò le labbra di Race, che si allungò a depositarle nuovamente un rapido bacio e poi le tese una mano per aiutarla ad alzarsi in piedi.

Rabbrividì notando solo in quel momento che i suoi abiti erano completamente zuppi.

- Fantastico, ci manca solo che mi prenda una polmonite … in questo universo è possibile ammalarsi? –

- Non ne ho idea, ma il camino è ancora acceso perciò dovrebbe bastare per asciugare i vestiti. –

- Ne abbiamo il tempo? –

- Personalmente non ho particolarmente voglia di tirare nuovamente i dadi -, intervenne Lainey, - per cui sono assolutamente favorevole a prenderci una piccola pausa. –

Greta sondò il resto del gruppo alla ricerca di qualche dissenso, ma sembrava che fossero tutti perfettamente d’accordo.

Più rimandavano un nuovo tuffo nell’incubo e più avevano modo di cullarsi nell’illusione che fosse tutto un brutto scherzo e che prima o poi si sarebbero risvegliati sul pavimento della Stanza delle Necessità. Raggiunse il camino, sedendo a terra a gambe incrociate, e si sporse all’indietro appoggiando la schiena contro il petto solido di Race.

Sentì le sue mani cingergli i fianchi e si rilassò in quella stretta, socchiudendo gli occhi e beandosi di quella sensazione di calore mista a protezione che irradiava il ragazzo.

 

 

 

 

- Che numero hai fatto? –

- Dieci. –

David lanciò un’occhiata apprensiva all’amica, intenta a scrutare le pedine che si muovevano una dopo l’altra per raggiungere la mattonella indicata, e la vide rabbrividire quando si fermò.

La stanza prese a roteare vorticosamente fino ad assumere per la terza volta una nuova sembianza.

Assunse l’aspetto di quello che aveva tutta l’aria di essere un appartamento, uno di quelli come tanti altri che a lui non diceva assolutamente nulla ma che a giudicare dalla faccia di Arthur a lui non era affatto estraneo.

Lo vide sbiancare, cominciando a tremare mentre sventolava a mezz’aria qualcosa che aveva tutta l’aria di essere una sorta di coperta immaginaria. Si chiese cosa stesse vedendo che tanto lo spaventava e quando lo vide mettere mano alla bacchetta e agitarla nel nulla senza che l’Aguamenti avesse effetto capì che il fuoco doveva essere coinvolto in qualche modo.

 

 

Arthur agitò nuovamente la bacchetta con ancora maggior vigore, ripetendo la formula in continuazione. Avvertiva una nota isterica nella sua voce, ma non riusciva a tenere a bada la sensazione di panico che divampava in lui. Ricordava con assoluta precisione la volta in cui l’appartamento in cui viveva con sua madre e i suoi fratelli aveva preso fuoco. Si erano salvati miracolosamente e sua madre gli aveva detto che era stato un drago ad appiccare il fuoco; Arthur consciamente sapeva che quella della madre era solo una spiegazione di fantasia, ma da quel giorno aveva sempre provato un cieco terrore nei confronti di quelle gigantesche e letali creature. E in quel preciso momento un Ungaro Spinato lo fronteggiava, sputando fuoco tutto intorno e incendiando qualsiasi cosa si trovasse sul suo cammino. Provò a nascondersi dietro una parete, ma quando la  fiammata la raggiunse sgretolandola il suo debole riparo scomparve e non gli rimase nessun altro posto in cui nascondersi. Lasciò vagare lo sguardo per tutto il perimetro finchè non intravide l’unica via d’uscita. La grande finestra nell’angolo alla sua destra. Se fosse uscito di lì, arrampicandosi sul cornicione e raggiungendo l’uscita d’emergenza sul tetto dell’edificio, sarebbe riuscito a salvarsi. Tuttavia l’idea di cadere nel vuoto lo bloccava.

Schivò l’ennesima fiammata per un soffio e infine prese la sua decisione. Molto meglio morire cadendo nel vuoto che bruciare vivo.

Corse verso la finestra, scavalcò il cornicione e una sensazione di dolore assoluto lo avvolse. Con la coda dell’occhio vide la gamba destra del jeans completamente bruciata e la carne viva e sanguinolenta della coscia che faceva bella mostra e pulsava dolente. Strinse i denti e si gettò fuori.

 

 

Si svegliò urlando di dolore e provò ad artigliare la gamba destra, ma il tocco gentile e deciso di Lainey glielo impedì. Hai un’ustione molto grave, se la tocchi rischi di peggiorarla e infettarla.

- Persino tagliarla farebbe meno male – replicò tra i denti soffocando l’ennesimo gemito.

- Il tessuto dei jeans è aderito alla pelle -, fece notare Ellie indicando i pezzetti blu che spuntavano in quell’ammasso di carne rossa e sanguinante, - dobbiamo rimuoverli prima che aderiscano tanto da dover incidere per farlo. –

L’idea di vedersi strappati di dosso quei piccoli frammenti, e il pensiero del dolore che gli avrebbe causato, lo spinsero a serrare la mascella. Tuttavia sapeva che era l’unica cosa saggia da fare in casi di ustioni gravi come il suo.

- D’accordo, facciamolo. –

Ellie strappò una striscia di tessuto e l’arrotolò su se stessa. Gliela tese.

- Stringila tra i denti. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

David si avvicinò a Merritt, sedendole accanto e passandole un braccio intorno alle spalle. La strinse a sé e la osservò dritta negli occhi.

- Ehy, va tutto bene? –

- Non proprio -, ammise con espressione provata, - e sentire Arthur che urla di dolore non aiuta. Non avevo idea che ci saremmo trovati in una situazione come questa, ho sempre pensato che cose del genere non potessero capitare davvero. –

- Lo capisco. Però siamo ancora tutti qui. –

- Greta è quasi morta e Arthur è ustionato … ho paura di quello che accadrà alla prossima persona – mormorò.

Il Grifondoro la strinse maggiormente a sé e le accarezzò ritmicamente la schiena.

- Andrà tutto bene, non ti accadrà nulla di male, te lo prometto. –

- Non puoi esserne sicuro. –

- Certo che lo sono, non permetterei mai che qualcuno o qualcosa ti facesse del male Merri. –

- Nemmeno io permetterei mai che ti accadesse qualcosa. –

Rimasero a fissarsi in silenzio per qualche secondo, poi la voce di Scarlett richiamò il gruppo annunciando che era giunto il momento di tirare nuovamente i dadi.

- Sarà il caso di andare – mormorò la Grifondoro, risistemandosi il vestito.

- Già, altro giro altra corsa. –

 

 

L’ambiente intorno a lei cominciò a scurirsi e mentre le tenebre calavano si fece strada in lei la consapevolezza del peggiore dei suoi incubi che prendeva forma sempre più rapidamente. Non ebbe bisogno di guardare le lastre accanto a lei per sapere dove si trovava: una piramide, una di quelle in cui aveva sempre avuto il terrore di smarrirsi. Lo stridio in lontananza tradiva la presenza dei pipistrelli, nascosti negli antri più cupi in attesa di fare la loro comparsa. Strinse nervosamente a sé il copri spalle, le nocche bianche a causa del vigore con cui teneva serrate le mani. Fu allora che lo sentì. Un rumore di passi in avvicinamento, rapidi come se la persona in questione stesse correndo.

- Merritt. Merri! –

La voce di David fu un vero e proprio sollievo. Si voltò verso di lui, scorgendo la chioma bionda in mezzo agli ultimi spiragli di luce.

- Cosa ci fai qui? –

- Ti avevo detto che non ti avrei lasciata da sola, no? –

Annuì, accettando con piacere l’abbraccio in cui la strinse, - Ma come hai fatto a entrare nel mio incubo? Nessuno di noi c’è riuscito con gli altri. –

- Non lo so, ma immagino non abbia importanza. Dobbiamo trovare un modo per uscire da questa piramide e superare la nostra prova. –

Accettò la mano che le porgeva e lo seguì nel meandro di cubicoli e stradine senza uscita che intersecavano ogni angolo della piramide. Mano a mano che avanzavano cominciava a sentire sempre più freddo.

- Pensavo che nel deserto facesse caldo. –

- Solo di giorno -, replicò, - di notte la temperatura cala bruscamente. È per questo che non è mai saggio rimanere nel deserto di notte. –

- E qui c’è anche l’umidità a contribuire ad accrescere la sensazione di gelo. –

- Già. Dobbiamo uscire prima che faccia troppo freddo e finiamo con l’addormentarci. –

Non aveva mai avuto problemi con il freddo o le temperature basse, ma sapeva bene che l’ipotermia poteva essere letale tanto quanto le ustioni.

- Credo che questo faccia parte del mio incubo … -

- Il freddo? –

- La paura di congelare, di essere costretto ad amputare un arto perché ormai gelato ... e credo che stia cominciando ad accadere – aggiunse, osservando la mano destra che cominciava ad assumere una tonalità bluastra e decisamente inquietante.

- Abbiamo fatto una promessa, no? Nessuno dei due permetterà che accada qualcosa di male all’altro e intendo onorare questa promessa – decretò, afferrando la mano del ragazzo e cominciando a massaggiarla per riattivare la circolazione sanguigna.

- Fa davvero molto freddo, Merri. –

- Lo so -, le nuvole di vapore abbandonarono le sue labbra mentre continuava a strofinare imperterrita, - ma tu non pensarci. Immagina una di quelle belle spiagge assolate, uno di quei posti esotici la cui temperatura non scende mai sotto i trenta gradi. Lo senti il Sole che ti accarezza il volto? –

Chiuse gli occhi, concentrandosi sulle parole della ragazza.

- Sì, lo sento. –

- E i gabbiani che stridono? Le onde del mare che s’infrangono contro gli scogli? L’odore della salsedine che penetra nelle narici? –

Mano a mano che Merritt parlava gli sembrava davvero che la stanza stesse assecondando le sue parole piegando l’incubo fino a trasformarlo in qualcosa che d’inquietante non aveva più nulla.

Sentiva lo scrosciare del mare, il calore dei raggi, persino l’odore della crema solare.

Aprì gli occhi, osservando il braccio destro tornare ad assumere un colorito del tutto naturale.

Ce l’avevano fatta, stavano lasciando l’incubo.  

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

- Stanno andando bene – osservò Samael, corrucciato, mentre anche i due ragazzi emergevano dall’incubo in cui erano precipitati.

- Già – gli fece eco Kali, un’espressione identica sul volto, - ma mi domando quanto ancora potrà durare la loro fortuna. –

Asher rimase in silenzio, osservando il gruppo dalla loro postazione.

- Non durerà –, asserì, - e giusto per essere sicuri della cosa credo che sia giunto il momento di ribaltare un po’ la situazione … tanto per essere sicuri che le cose vadano esattamente come vogliamo noi. –

Soffermò lo sguardo su Michael, accanto ad Ellie, e poi tornò a fissare i dadi stretti tra le mani del cugino della ragazza.

Vide Baxter tirarli e si concentrò affinchè formassero il numero che voleva lui.

Otto.

Proprio la paura che desiderava si materializzasse.

Vide Michael sgranare gli occhi mentre la stanza assecondava i suoi più torbidi timori.

Adesso sì che cominciava il divertimento.

 

 

Michael sapeva cosa aspettarsi dalla figura accovacciata nell’oscurità. Gemeva e si dimenava, riversa al suolo, colpita da una ferita che le causava atroci sofferenze. Era tormentata dal dolore e lo implorava di aiutarla. Eppure questa volta la voce che sentiva era diversa; non era quella di una sconosciuta, bensì tremendamente e dolorosamente familiare.

Ellie.

Quella era la voce di Ellie.

Si lanciò in avanti per soccorrerla, deciso a impedirle di morire. Questa volta avrebbe fatto qualcosa di concreto per impedire che il suo incubo si risolvesse come tutte le altre notti. Doveva salvarla.

La strinse tra le braccia, lottando contro il timore del sangue, e osservò meglio la ferita che le deturpava il petto. Era all’altezza del cuore e tra lo sgorgare del sangue e il baluginare pallido delle ossa del costato riusciva a intravedere il movimento del muscolo cardiaco che provava a pompare disperatamente sangue e a mantenerla in vita.

- Mike … -

- Ssssh, non parlare, devi risparmiare le energie. –

- Non c’è più nulla da fare. –

- No, non dire così, non ti lascerò morire. –

- Non puoi fare nulla per impedirlo -, replicò con voce mozza prima di buttare fuori una boccata di sangue arterioso, - e lo sai. –

Lo sguardo cadde su una chioma candida come la neve a qualche passo da lui. Vide l’Uomo Ombra che li osservava con un luccichio maligno nelle iridi blu e un sorriso sghembo sulle labbra. – Complimenti, alla fine sei riuscito a ucciderla. –

- No! È stata tutta colpa tua! –

Fece per scagliarsi contro di lui, ma l’ultimo gemito di Ellie lo spinse a concentrarsi nuovamente su di lei.

La vide chiudere gli occhi e spirare.

Gettò la testa all’indietro, urlando la sua disperazione con quanto fiato aveva in gola.

- Non l’hai salvata così come non salverai i tuoi amici. Nessuno di voi si salverà, perché non c’è nulla che tu possa fare … sei inerme e del tutto inutile. –

Era vero. Non c’era nulla che potesse fare, non ora che Ellie era morta.

 

 

Ellie vide la sagoma di Michael venire risucchiata dal pavimento. Corse verso di lui, urlando il suo nome, ma quando lo raggiunse non le rimase che artigliare l’aria nel vago tentativo di trattenerlo.

- Michael! Michael! –

Cadde in ginocchio, singhiozzando.

- Suvvia, mia cara, per quanto ami le scene madri mi dispiace rassicurarti sul fatto che al tuo amato non sia successo nulla d’irreparabile … non ancora almeno. –

La voce fredda di Asher riecheggiò tra di loro un attimo prima che il ragazzo si materializzasse nel bel mezzo del salone.

- Lui dov’è?!?

- Da qualche parte all’interno del gioco. Lo rivedrai, se sarai abbastanza audace da spingerti ben più oltre della semplice partita che avete in corso. –

Ellie scacciò le lacrime dalle iridi nocciola e serrò i pugni. Razionalmente sapeva che colpire Asher avrebbe peggiorato solo le cose, ma doveva fare appello a ogni oncia della sua determinazione per non agire comunque.

- Lo stai facendo solo perché stiamo vincendo – lo accusò.

- Mi avete sorpreso e siete andati più avanti di quanto pensassi -, ammise, - ma ti ho già detto che voi non vincerete mai. Non ha senso illudersi del contrario, mia cara, ma che non si dica che non sono magnanimo … avrai modo di incontrare nuovamente il tuo Michael prima o poi. –

- Cosa devo fare? –

- Vinci la tua partita, arriva al tavolo finale, batti me e avrai di nuovo il tuo bello. Ma rimane poco tempo, la notte passa veloce, mia bella Ellie. –

E con quell’ultimo ammonimento svanì lasciandola a fronteggiare il nulla.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Ho aggiornato prima del previsto, ma siamo agli sgoccioli della storia per cui gli ultimi capitoli arriveranno con una certa celerità. Pertanto vi chiedo di votare entro domenica per le paure dei tre OC che volete vedere tra quelle di:

- Baxter;

- Ellie;

- Scarlett;

- Lainey;

- Monterys;

- Race;

- Evangeline.

 

A presto.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

 

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Capitolo 15
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13

 

 

 

 

 

- Dobbiamo tirarlo fuori di lì. –

- Certo che lo tireremo fuori -, asserì Scarlett passandole un braccio alle spalle e attirandola a sé, - Finchè rimaniamo tutti uniti possiamo fare qualsiasi cosa. –

Tutti insieme, uniti … Michael era scomparso, alcuni di loro avevano rischiato di perdere la vita e altri erano rimasti feriti.

Era difficile essere particolarmente ottimisti in un frangente come quello.

Serrò le dita attorno ai dadi e li lanciò, guardandoli rotolare sul pavimento fino a formare il numero sei.

Mentre la stanza ruotava su di sé, riprendendo a vorticare furiosamente, lo sguardo le cadde sul volto di Baxter che appariva tremendamente corrucciato.

- Sembra che questa volta tocchi a me – mormorò il cugino prima di perdersi nei meandri del suo incubo.

 

 

Ricordava bene quel giorno. Era l’estate del loro terzo anno a Hogwarts e avevano deciso di fare qualcosa di diverso e potenzialmente rischioso durante la notte di Halloween. La luna brillava alta e piena nel cielo notturno sgombro dalle nuvole e aveva assunto una sfumatura rossastra mentre loro s’inerpicavano lungo il sentiero che dal castello conduceva alla Foresta Proibita e si addentravano al suo interno.

Erano arrivati quasi nella zona principale, schivando rami e radici, quando sentirono un rumore alle loro spalle.

Un suono scricchiolante, come se centinaia di gambette pestassero ogni singola foglia adagiata sul terreno umido della foresta.

Poi i piccoli occhi rossi fecero capolino nell’oscurità.

Occhi di ragno, se non fosse che le loro dimensioni erano di molto superiori a quelle di un classico aracnide.

 Acromantule.

 Decine di Acromantule che pullulavano tra le radici della quercia secolare nella radura, sciamando verso di loro a velocità folle.

Acromantule che si riversavano verso di loro, le fauci che schioccavano a tenaglia a pochi centimetri dal loro volto … e d’un tratto il latrato di un cane da caccia e i passi pesanti di Hagrid in avvicinamento.

Le Acromantule si erano dileguate, ma in quel particolare incubo sembrava che non ci fosse nessun guardiacaccia in procinto di soccorrerlo.

Le creature salirono su di lui, sentì le zampette penetrare nella carne.

E tutto quello che riuscì a mormorare fu: Hagrid, dovrebbe esserci Hagrid.

 

 

Evangeline captò le parole del ragazzo e una lampadina si accese nella sua mente. Ricordava quel giorno di quattro anni prima, le era rimasto impresso nella mente a lungo, così si voltò di scatto verso David.

- Come hai fatto a entrare nell’incubo di Merritt? –

Il Grifondoro osservò la ragazza che teneva stretta a sé e aggrottò la fronte, pensieroso.

- Non saprei … -

- Sforzati, David! –

- Credo di aver semplicemente immaginato di essere con lei, di avere sfruttato la paura che le accadesse qualcosa. –

Se c’era una cosa che accomunava la paura di Baxter alla sua quella era la foresta. Ricordava la battuta di caccia con chiarezza e fu quello a cui pensò, che immaginò quasi appellandola, quando prese la sua mano e vi intrecciò le dita.

Chiuse gli occhi, concentrandosi meglio che poteva.

Quando li riaprì sentì distintamente il rumore dei tuoni in lontananza e l’odore della terra bagnata dalla pioggia.

 

 

- Evangeline? –

Baxter sgranò gli occhi trovando la ragazza accanto a lui, intenta a tenerlo per mano.

- Sorpresa -, replicò con tono tirato, - chi l’avrebbe mai detto che sarei riuscita a eguagliare il gesto di David, no? –

Mentre parlavano le Acromantule si fermarono, apparentemente incerte su come proseguire e quale fosse la migliore strategia attuabile dato il cambio di circostanze.

- Come … -

- È stato abbastanza facile in realtà, è bastato chiedere consiglio a David. –

- No, deve esserci qualcos’altro oppure anche Ellie sarebbe riuscita ad aiutare Michael. –

- Diciamo che conta anche l’affinità tra la tua fobia e la mia … le foreste non piacciono a nessuno dei due. –

Il rombo di un tuono in lontananza la fece sussultare. Ne seguì un altro e poi uno ancora più forte e decisamente più vicino.

Un fulmine divampò nell’oscurità.

Prima che potesse impedirlo, Evangeline si rese conto che le mani erano già lì a premere contro le orecchie e che si era rannicchiata.

- I temporali, è questo che ti spaventa? –

Annuì appena, battendo i denti avvertendo il freddo pungente della pioggia che le impregnava i vestiti.

Le posò le mani ai lati del volto, allontanando gentilmente le sue e costringendola a fissarlo dritto negli occhi, prima di parlarle con risoluta lentezza.

Improvvisamente le Acromantule non erano più una preoccupazione, tenute e bada dai tuoni e dalla pioggia, e aveva completamente dimenticato la paura che l’aveva attanagliato.

- Guarda me, solo me, e ascolta la mia voce. Non pensare a dove siamo. Non ti succederà nulla. –

- Nulla? –

- Nulla -, confermò con serietà, - lo prometto. –

- Ma se … -

- Ssssh, ho detto che non succederà nulla. –

- Ma … -

Non riuscì a finire la frase, perché Baxter si sporse verso di lei e la baciò con decisione.

 

 

- Ma che diavolo – esclamò quando si separarono, trovandosi nuovamente al centro della stanza insieme a tutti i loro amici.

- Non la smettevi di parlare e preoccuparti, ho pensato che potesse distrarti. –

La replica del Serpeverde le lasciò sfuggire un accenno di risata.

- Quindi hai pensato di sacrificarti per la mia sanità mentale? –

- Qualcosa del genere -, ammise rendendosi conto improvvisamente di continuare a tenere le mani attorno al suo volto e di starle accarezzando una guancia con ritmo cadenzato, - ma devo ammettere che non è stato affatto un sacrificio … in effetti potrei anche ripeterlo più che volentie … -

Questa volta fu il turno di Evangeline di chiudergli la bocca, premendo le labbra sulle sue d’impulso.

- E questo per cos’era? –

- Baciarti non è affatto male. –

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Monterys lanciò un’occhiata ai suoi compagni. La maggior parte di loro aveva già affrontato le rispettive paure e gli ignari in attesa si potevano ormai contare sulla punta delle dita di una mano.

Lasciò cadere i dadi e osservò il quattro che prendeva forma mentre la stanza roteava all’istante e si trasformava.

Impiegò appena una manciata di secondi per rendersi conto che si era appena auto condannato a vivere il suo incubo.

 

 

Martin stava sdraiato sul letto accanto a lui e gli accarezzava ritmicamente i capelli biondi, affondandovi in mezzo le dita e giocherellandoci mentre gli sorrideva. Era tale e quale a come lo ricordava durante la loro relazione, quando erano agli inizi e tutto era rosa e fiori.

- Sei così bello, Monty. Così tremendamente bello. –

- Anche tu lo sei. –

- Non quanto te -, obiettò il ragazzo, - tu sei veramente una delle cose più belle che io abbia mai visto in tutta la vita ed è una vera e propria fortuna per te. –

Monterys si rimise dritto, lanciandogli un’occhiata perplessa.

- Cosa intendi? –

- Intendo che per te essere così bello è l’unica arma rimasta ormai. Immagina se fossi nato brutto, non avresti avuto alcun pregio su cui basare la tua vita, nulla che ti facesse valere qualcosa. Del resto sanno tutti perfettamente che non hai altre doti oltre alla bellezza. Sei solo un bel faccino, grazioso da mostrare ma nient’altro. Sei inutile, Monty, ma stai tranquillo: a me vai bene così, nulla più che un grazioso trofeo da sfoggiare in giro. –

- Io … non è vero. –

- Certo che lo è e tu lo sai benissimo -, lo redarguì, - non fare finta che non sia così. Persino la tua famiglia lo sa bene. Cos’è che ti dice sempre tuo nonno Harys? –

Comportati al meglio che puoi, non darmi motivo di provare imbarazzo. Non essere la rovina della famiglia, Monterys, perché tutto ricadrebbe sulle tue spalle se disonorassi il nostro buon nome.

- Non sono un fallimento. –

- Lo sei, Monty, la tua vita non ha uno scopo. Se morissi a nessuno importerebbe, anzi sarebbe anche meglio così non imbarazzeresti oltre la famiglia. –

Morire … andarsene … non sembrava male.

Chiuse gli occhi e abbracciò l’idea.

Poteva farlo, riuscirci, precipitare nell’oblio e venire dimenticato una volta per tutte.

 

 

- Monty! Monty! –

Greta aveva afferrato la maglietta del cugino proprio nel momento in cui il suo corpo aveva cominciato a svanire nel nulla, ma si era ritrovata a stringere l’aria.

Race le fu subito accanto, sorreggendola mentre ricadeva a peso morto sulle sue stesse gambe.

- Non è morto, ti giuro che non è morto. Lo ritroveremo, proprio come ritroveremo anche Michael … non abbiamo paura. Noi non abbiamo paura, avete capito?! – aggiunse, alzando la voce con aria di sfida.

Una voce femminile risuonò nel silenzio, cogliendoli di sorpresa.

Una ragazza dai ricci rossi e indomiti stava appoggiata al camino, osservandoli con moderato interesse, le labbra carnose arricciate in un sorrisetto di supponenza.

- Ne avrete. –

Schioccò le dita e il buio calò nella stanza.

La risata della ragazza riecheggiò prima di scomparire nel nulla.

Muovendosi a tentoni, uno dopo l’altro cercarono di emergere da quell’improvvisa oscurità.

 

 

Race intravide una fonte di luce in lontananza, una di quelle luci fredde e spettrali che solitamente non promettevano nulla di buono ma che in quel momento era l’unica cosa che potesse permettergli di riemergere da lì. La seguì, guardandosi attorno con fare circospetto mentre entrava nella sala d’aspetto del San Mungo. Quello era il reparto nascite, realizzò mentre si rendeva conto che in attesa c’erano solo uomini dall’aria corrucciata.

Intravide suo padre, una versione molto più giovane di quella a cui era abituato ma che aveva visto innumerevoli volte nelle sue fotografie di gioventù; si tormentava le mani con fare nervoso, tamburellando contro il pavimento, e alzò lo sguardo solo quando vide la Guaritrice avanzare verso di lui.

L’espressione sul volto della donna era piena di cordoglio.

- Sua moglie sta bene e anche uno dei gemelli, ma l’altro … non ce l’ha fatta. –

Conosceva quella storia, sapeva delle complicanze che sua madre aveva avuto a causa del distacco della placenta. I Guaritori avevano fatto in tempo a estrarre solo un gemello, l’altro era morto soffocato.

Era stato solo un caso se il fortunato superstite era stato Race, se non era lui quello a occupare la bara in legno bianco nella cappella privata dei Burke, nulla più che un mero caso.

Seguì suo padre mentre avanzava verso la stanza privata in cui era stata sistemata la moglie, facendo capolino per trovarla con le lacrime agli occhi mentre stringeva a sé l’unico figlio che le era rimasto.

- C’è solo Reed … Race non ce l’ha fatta – mormorò tra le lacrime.

La consapevolezza lo colpì come una lama.  

Lui non esisteva.

Reed era sopravvissuto al posto suo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Mille scuse per l’attesa, ma sono stati giorni veramente impegnativi in cui ho girato a un ritmo folle tipo trottola. Comunque tutto questo per dirvi che in settimana arriverà sia il penultimo capitolo (con le paure di Scarlett, Lainey ed Ellie) che l’epilogo.

A presto.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

 

 

 

 

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Capitolo 16
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14

 

 

 

 

 

- Credo che ormai tocchi a me –, constatò Samael, - perciò lascio che siate voi a occuparvi delle altre due. –

Kali annuì mentre puntava lo sguardo sulla sagoma sottile della ragazza. Chiuse gli occhi, concentrandosi perché il suo corpo si adattasse al cambiamento che aveva intenzione di mettere in atto.

Quando li riaprì era consapevole di come apparisse, totalmente identica a quella ragazza, la secchiona del gruppo … quella che con la sua fredda lucidità sarebbe probabilmente stata la più ardua da far vacillare.

- Sam … -

Il ragazzo si voltò verso l’amico, annuendo davanti al suo sguardo serio.

- Lo so, devo solo spingerla da te, non le torceremo un capello. Vero, bello? –

Grattò dietro le orecchie di Ghost che per tutta risposta uggiolò contento.

- Bene. Non credo che ci vorrà molto per mettere fuori gioco l’altra, perciò ci vediamo tra … una decina di minuti più o meno? –

Samael annuì prima di cominciare a trasfigurarsi a sua volta.

Quando ebbe finito Kali trattenne una risata a fatica.

- Gwyn non sarebbe contento se ti vedesse conciato così. –

- Gwyn ha il suo gioco a cui pensare, figurati se ha tempo da perdere con me – la rimbeccò.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Scarlett socchiuse gli occhi cercando di mettere a fuoco qualcosa in mezzo a quell’oscurità. Da quando era comparsa quella ragazza dai capelli rossi, una degli altri giocatori rimasti intrappolati a quanto aveva capito, si erano ritrovati tutti separati e arrancare nel buio da sola le stava mettendo addosso una certa ansia. Avanzò ancora, tenendo le mani ben dritte davanti a sé finchè non sentì i palmi scontrarsi con qualcosa di rigido e impenetrabile. Fece per tornare indietro, ma anche alle sue spalle si era improvvisamente materializzato qualcosa che l’ostacolava. Allora tentò sia alla sua destra che alla sua sinistra, nuovamente inutilmente. Prese un respiro profondo, cercando di trovare una soluzione. Dentro di sé tuttavia cresceva la consapevolezza di essere in trappola.

Fu allora che lo sentì.

Una voce in lontananza, un uomo che mormorava una specie di litania.

- Diamo l’estremo saluto alla nostra amata figlia, Scarlett Poison, strappataci alla vita in modo brusco nel fiore della giovinezza. Calate la bara. –

No, non potevano davvero seppellirla viva.

Lei non era morta.

Aprì la bocca per urlare, ma dalle sue labbra non uscì nulla nemmeno il più flebile dei sibili. Provò allora a battere contro le pareti, ma anche allora il rumore non si propagò. Era come se tutto fosse improvvisamente privo di sonoro. Tentò di urlare nuovamente, ma questa volta alla mancanza di voce si associò un nuovo rumore.

Vicino a lei, come se le fosse accanto, risuonò la voce dell’Uomo Ombra.

- Inutile provare ad urlare, i cadaveri non parlano. –

Avrebbe voluto ribattere che lei non era morta, era viva e vegeta, che era tutta colpa sua e di quello stupido gioco ma quando apriva la bocca l’aria sembrava ridursi sempre di più.

Doveva uscire di lì prima che fosse troppo tardi, doveva trovare un modo.

 

 

 

 

 

Lainey retrocesse davanti allo specchio che le rimandava il suo riflesso. All’apparenza non c’era nulla di strano, ma la scintilla che illuminava lo sguardo della ragazza nello specchio era maligna e non aveva assolutamente nulla a che fare con la sua solita espressione. Quella non era lei … era Tamora.

Sua sorella gemella aveva scelto il lato oscuro, era stato evidente fin da quando aveva cominciato a frequentare quel Serpeverde così dedito alle Arti Oscure e con la fissazione per Voldemort e tutto quello che era avvenuto anni prima, e lei era stata troppo ingenua per capire subito a cosa sarebbe andata incontro. Eppure se Tamora era diventata così cosa poteva impedirle di seguire la medesima sorte? Dopotutto loro erano gemelle, avevano un legame indissolubile, non potevano certo essere ai poli opposti.

– Hai visto cosa sei diventata? Sei come me, sorellina, lo sei sempre stata. –

- No, non sono come te, sono diversa. –

Un sorriso maligno le increspò le labbra.

- Gli specchi non mentono. –

Ricordava che Tamora era solita dirlo spesso, quando affermava che loro erano l’una lo specchio dell’altra, ma sua nonna la smentiva repentinamente.

“Gli specchi sono infidi, ci mostrano le cose al contrario di come realmente appaiono. Se alzi la mano destra il tuo riflesso lo farà con la sinistra, se ti sposti in una direzione lo specchio ti farà credere di essere andata in quella opposta. Non fidarti mai di ciò che ti mostra uno specchio, Lainey.”

Si scagliò contro lo specchio, mandandolo in frantumi.

- Io non sono te, Tamora! –

 

 

 

 

 

Ellie calpestava le foglie umide del bosco con vigore mentre correva più velocemente che poteva. Sentiva i polpacci in fiamme, la milza le doleva e il respiro le si mozzava nei polmoni, i rami degli alberi più bassi le ferivano le braccia mentre s’inoltrava nel fitto della vegetazione. Il latrato del lupo alle sue spalle la raggiunse facendola sussultare. Più correva e più sembrava che il Cacciatore le si avvicinasse. Spinse ancora di più l’andatura, ignorando il dolore e la stanchezza. Fin da piccola le storie che le venivano raccontate avevano una morale e quella che più di ogni altra l’aveva turbata era stata quella della Caccia Selvaggia.

 “Le bugie non si dicono, Ellie. Mentire non sta bene e una volta che si promette qualcosa si deve fare tutto quello che è in proprio potere per non rompere il giuramento. La Caccia Selvaggia insegue i bugiardi e gli spergiuri, Ellie, e tu non vuoi essere una delle loro prossime prede vero?”

No, non voleva.

Sarebbe stata una brava bambina, una onesta, una persona su cui si potesse fare affidamento sempre e comunque.

Lei non mentiva, non ne era capace … ma in quell’universo tutti mentivano. Quella considerazione la raggiunse pungente, spingendola ad arrestarsi.

Era tutta una bugia, nulla di quello che vedevano era reale, come aveva fatto a dimenticarlo?

- Tu non esisti, non sei il Signore della Caccia Selvaggia. –

Un rumore di applausi, secco e ritmico, risuonò prima che l’illusione svanisse.

 

 

- Ben fatto, mia cara, veramente molto brava. Sam, puoi lasciarci, di qui in avanti me ne occupo io. –

Il misterioso Cacciatore ruppe l’incanto, assumendo le sembianze di un ragazzo dai serici capelli scuri che accarezzava distrattamente il lupo dal pelo candido accanto a lui.

- È stato divertente -, replicò con un sorriso, - piacere di aver giocato con te, Ellie. –

 Lo osservò con gli occhi sgranati.

Divertente?

Lui trovava davvero che tutto quell’incubo fosse un gioco?

Fece per ribattere, ma Samael scomparve insieme al lupo e a lei non rimase che fronteggiare Asher.

Il ragazzo indossava degli abiti diversi da quelli che aveva in precedenza, constatò indugiando sulla semplice t shirt blu e sui jeans.

- Ti sei cambiato. –

- Già, gli altri vestiti erano coperti di terra … seccante a dire il vero, ma non ho scelto certo io la paura della tua amica Scarlett. –

- Lei dov’è? –

Asher osservò il terreno sotto di loro con fare pensieroso prima di ribattere: - Tre o forse quattro metri sotto di noi, non ricordo con precisione, ma direi che le rimane un’altra mezz’ora di ossigeno prima di lasciarci. –

Si scagliò contro di lui, decisa a colpirlo, ma si ritrovò a colpire il vuoto.

Il tono di disapprovazione del ragazzo la raggiunse alle spalle.

- Suvvia, credi davvero che sia così semplice battermi? Nulla qui si basa sul mero corpo a corpo, credevo l’avessi capito ormai. –

Certo, era tutto un gioco mentale, un modo macabro e malato di metterli alla prova.

- I miei amici sono vivi? –

- Per il momento sì, ma come ti ho già detto dipende tutto da te. Pensi di riuscire a battermi, Ellie? –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Mi spiace lasciarvi in sospeso così, ma nel prossimo capitolo (che sarà anche l’ultimo) conoscerete la sorte dei nostri ragazzi. Ellie riuscirà a battere Asher e, se sì, in che modo? Non vi resta che attendere il prossimo aggiornamento e nel frattempo vi lascio il link di una mia nuova storia; mi farebbe piacere se voleste andare a dare un’occhiata anche lì: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3808170&i=1

A presto.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

 

 

 

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Capitolo 17
*** Epilogo ***


 

Epilogo

 

 

 

 

 

 

- Pensi di riuscire a battermi, Ellie? –

Quella sì che era una bella domanda, peccato che non ne avesse la minima idea. Certo era riuscita a sconfiggere la sua paura e uscire fuori da quell’incubo a occhi aperti, ma l’idea di affrontare Asher che in quegli anni era diventato un esperto di quell’universo la terrorizzava.

- Tremi come un gattino – le fece notare, quasi le avesse letto nel pensiero, - ti faccio così tanta paura? –

Serrò i pugni, costringendosi a smettere di tremare, e alzò lo sguardo per fissarlo dritto negli occhi.

Scandì lentamente le parole, consapevole che le unghie le graffiavano i palmi delle mani tanto teneva serrata la presa.

- Io non ho paura. –

- Come dici tu. –

- Quando dici che devo batterti cosa intendi? Quale è la sfida? –

Una scacchiera comparve a pochi passi da loro.

Era molto più grande delle consuete, quasi a dimensioni umane, ed era bellissima. Le pedine erano lavorate con sapiente maestria in un materiale che sembrava incredibilmente costoso.

- Marmo iraniano -, le suggerì la voce del ragazzo, - a casa mia ce n’era moltissimo. –

Colse una nota malinconica nella sua voce e per un attimo provò pena per lui. Non doveva essere stato facile trovarsi fuori dal mondo per dieci anni, consapevole del dolore che doveva aver lasciato nei suoi cari.

- Piaceva molto anche ad Annie. –

Lo vide sussultare come se l’avesse colpito. Fu appena un istante, poi la consueta aria fredda e imperscrutabile lo avvolse.

- Non siamo qui a rivangare ricordi, ma a finire il gioco. Battimi e siete tutti liberi. –

- Tutto qui? È solo una partita a scacchi? –

- Nulla è mai solo quello che sembra. Ogni pedone che l’avversario mangia è un accesso ai ricordi dell’avversario. La partita finisce quando uno dei due si arrende oppure viene consumato – chiarì.

Consumato.

Come se fossero nulla più che meri oggetti.

- Va bene -, decretò, - non perdiamo altro tempo e giochiamo. –

A Scarlett non restava ancora molta aria a disposizione.

 

 

Asher era un bravo giocatore, cauto e circospetto, intuitivo e a tratti impenetrabile. Anche lei però non se la cavava male, considerò distrattamente mentre la osservava afferrare un alfiere e soppesare la scacchiera con espressione assorta. La vide muovere, mangiando il suo cavallo con un sorriso appena accennato.

Un sacrificio necessario per arrivare alla sua torre.

Serrò la mandibola, pronto a veder affiorare il suo ricordo.

 

 

Annie era sdraiata sul prato in riva al lago nero, le ciocche castano chiaro le incorniciavano le iridi color cioccolato mentre alzava il capo per osservarlo.

- Cosa fai? –

Vide se stesso intento a lavorare con il carboncino. Ricordava bene cosa stesse ritraendo in quel momento, era stata la prima volta che si era reso conto di quanto spesso raffigurasse Annie. Molto più spesso di quanto un comune amico avrebbe fatto, poco importava se la ragazza in questione era o meno la sua musa ispiratrice.

- Disegno. –

- Questo lo vedo -, lo rimbrottò con un sorrisetto ironico, - ma cosa disegni? –

- Un bozzetto così, nulla di chè. –

Annie si alzò, afferrando il blocchetto e sottraendolo alla presa dell’amico. L’osservò con gli occhi sgranati, accarezzandolo con la punta delle dita. Aveva un’espressione di religioso stupore impressa sul suo bellissimo volto.

- È stupendo. –

- Ti piace davvero? –

- Lo adoro. –

- Allora tienilo, è tuo. –

 

 

- Me lo ricordo quel carboncino. –

La voce di Ellie lo fece trasalire. Serrò la presa sul pedone, pronto a muoverlo per mangiare la sua torre.

- Stiamo giocando, non condividendo vecchie memorie. –

- Annie lo conservava gelosamente, l’aveva persino fatto incorniciare e lo teneva sopra al suo letto in modo che potesse guardarlo come prima e ultima cosa quando apriva o chiudeva gli occhi durante la giornata. –

- Concentrati, mia cara, perché non sarò gentile con te ancora a lungo. –

Mosse la pedina, mangiando la torre, e si preparò a entrare nella mente della sua avversaria.

 

 

- Annie! Annie! –

La cugina si voltò verso di lei, allargando le braccia e stringendola a sé quando Ellie si tuffò su di lei con un sorriso immenso.

 – Ciao, piccola mia, hai fatto la brava quando ero via? –

Annuì, stringendola a sua volta, mentre affondava il volto nei capelli della cugina. Aveva atteso con impazienza il suo ritorno a casa e finalmente era lì con lei e ci sarebbe rimasta per tutta l’estate.

- Sono stata bravissima, proprio come ti avevo promesso, ma tu rimarrai con me fino a settembre? –

- Certo, piccola, abbiamo fatto un giuramento noi due no? –

Sempre insieme quando era possibile, tutte le volte in cui era possibile. E i Flint prendevano molto sul serio quella storia dei giuramenti.

 

 

Riemerse da quel ricordo con la consapevolezza che aveva ferito tanto Ellie quanto se stesso. Una sensazione di rabbiosa impotenza si fece strada in lui, ma quando venne nuovamente il suo turno di muovere le mangiò comunque il cavallo.

Annie non c’era più e lui non ne poteva più di stare lì dentro.

Doveva uscire, se non altro per se stesso e per i suoi ultimi due amici rimasti in vita.

 

 

- Perché piangi, piccola? –

- Quella bambina mi ha spinta – replicò, indicandole Melissa Strongold che ridacchiava nell’angolo insieme alle sue amiche. Era più grande di Ellie di un paio d’anni e si divertiva a fare la bulla con i più piccoli, consapevole che i suoi genitori non l’avrebbero mai punita e anzi ne avrebbero preso comunque le difese.

Annie le accarezzò il volto, asciugandole le lacrime e aiutandola ripulire il vestitino sporco di terra e le ginocchia sbucciate.

Poi si diresse verso il gruppetto di bulle, decisa a sfruttare la sua età maggiore per intimorirle.

Si fermò davanti a Melissa, sbattendola contro il muro con forza e fissandola con rabbia.

- Toccala di nuovo e giuro che renderò la tua vita un inferno in terra. Hai capito, piccola serpe? –

Melissa annuì tremante mentre le sue amiche corsero via spaventate.

- Sì. –

- Allora adesso vai a chiedere scusa a mia cugina. –

La ragazzina obbedì, per poi correre via dalle sue amiche. Ellie l’abbracciò stretta, scoccandole un bacio sulla guancia.

- Grazie, Annie. –

Le scompigliò affettuosamente i capelli replicando: - Chiunque voglia farti del male dovrà passare prima sul mio cadavere. Proteggerò sempre te e Bax, non dimenticartelo mai. –

 

 

Riemergendo dal ricordo Ellie scrutò da sotto le ciglia lunghe il volto di Asher. Il ragazzo era più pallido del solito, tremava mentre teneva in mano il pezzo degli scacchi, e le iridi blu erano arrossate e lucide.

Una singola lacrima gli corse lungo il volto prima che puntasse lo sguardo dritto nel suo.

Lasciò cadere il pezzo, guardandolo rotolare lungo la scacchiera e poi cadere a terra con un tonfo sordo.

- Prendi i tuoi amici e vattene, siete liberi di andare, nessuno vi torcerà un capello … mi arrendo. –

Non poteva farle male, realizzò, non dopo aver sentito le parole di Annie.

Si alzò dalla sedia, notando i corpi dei suoi amici ancora addormentati che si materializzavano accanto a lei uno dopo l’altro.

La sua strategia aveva funzionato, pensare solo ad Annie l’aveva salvata.

Avevano vinto.

Finalmente erano tutti liberi.

 

 

 

 

 

*

 

 

9 mesi dopo

 

 

 

 

 

- Non riesco a credere che siamo riusciti a diplomarci tutti quanti -, decretò Urania mentre afferrava gli ultimi oggetti e li tuffava nel baule con poca cura, - per un attimo ho pensato davvero che non ce l’avremmo fatta. –

- Quello che non riesco a credere io invece è come tu possa preparare i bagagli in quel modo barbaro – la rimbeccò Merritt, incredula davanti a quel cumulo spiegazzato, - Ci credo che hai sempre problemi a chiudere i ganci. –

- La maggior parte di quelle cose è da lavare, mammina cara. –

La ragazza le fece una linguaccia, ma Scarlett intervenne a interrompere sul nascere qualsiasi battaglia di smorfie.

- Basta, bambine, se non ci diamo una mossa finiremo con il perdere l’Espresso. Non so voi, ma non ci tengo particolarmente a passare le vacanze estive chiusa qui. –

Lo sguardo di Merritt cadde sull’orologio a pendolo e sussultò.

- Per le mutande di Merlino, ma è tardissimo, ho promesso a David che l’avrei aiutato a finire di preparare il suo baule. Ci vediamo sul treno. –

Uscì dalla stanza trascinandosi dietro i bagagli, puntando dritta verso il dormitorio maschile tra le risate delle due amiche.

- Ah, l’amore. Ti rendi conto che a essere rimasti single siamo solo noi due e Monterys? –

- Ringraziando il cielo, perché con il cavolo che mi sarei mai messa a piegare gli abiti a qualcuno. –

 

 

- Hai mangiato l’ultima Cioccorana! –

- Non è vero. –

- Sì che è vero -, insistè Evangeline puntandogli contro un dito, - ti ho visto perfettamente. –

- Avrai preso un colpo di sole, perché hai le traveggole. –

Greta lanciò un’occhiata divertita all’indirizzo di Race, entrambi completamente presi dalla discussione in atto tra la coppia di fidanzati.

- Dici che Bax e Lyn la smetteranno mai di bisticciare? –

- Spero proprio di no -, replicò il rosso, - altrimenti che divertimento ci sarebbe? –

Scosse il capo, affibbiandogli un pizzicotto sul fianco.

- Ahia, questo per cos’era? –

- Perché non sei mai serio. –

- Sono sempre mortalmente serio quando c’è qualcosa d’importante e che mi interessa particolarmente … mi sembra di avertelo dimostrato ampiamente ieri sera, terremoto. –

Avvampò, lieta che i loro amici fossero troppo presi dalla discussione sul cioccolato per aver prestato ascolto alle loro parole.

Gli assestò l’ennesimo buffetto.

- Scemo. –

 

 

- Disturbo? –

Ellie si voltò verso Monterys, in piedi davanti alla porta dello scompartimento, e gli sorrise invitandolo a entrare.

- Certo che no, ma come mai non sei con Arthur e David? –

- Sono con le loro belle -, replicò lasciandosi cadere sul divanetto davanti a lei, - Michael dov’è? –

- È andato a prendere qualcosa da mangiare. –

- Bene, allora sarò breve -, si sporse verso di lei per osservarla dritta negli occhi con assoluta serietà, - tu lo sai che nessuno dà la colpa a te per quello che è successo a settembre, vero? –

Accennò un timido assenso.

- Bene, perché è davvero così. Sei stata tu a tirarci fuori di lì, Ellie, e se non fosse stato per te molti di noi sarebbero morti o peggio. E io sono tra loro … perciò credo che sia doveroso ringraziarti. –

- Avresti fatto lo stesso al mio posto. –

- Avrei tentato -, convenne, - ma non so se ci sarei riuscito. Anzi se devo essere onesto è molto probabile che avrei fallito e condannato tutti all’oblio. Perciò promettimi che smetterai di sentirti in colpa per quel gioco. –

- Ci proverò. –

Monterys scosse il capo con decisione.

- No, non basta, devi giurarmi che lo farai. –

Ellie rimase in silenzio per qualche istante, soppesando le dichiarazioni dell’amico. Poteva riuscirci, magari con un altro po’ di tempo a disposizione. Alla fine cedette: - Va bene, giuro che lo farò. –

- Bene. Adesso ti lascio con il tuo ragazzo, vado a raggiungere Urania e Scarlett e il nostro single club. –

La porta dello scompartimento si aprì a mostrare Michael; lui e Monterys si scambiarono un cenno di saluto e si diedero il cambio.

Il fidanzato le sedette accanto, passandole un braccio attorno alle spalle e porgendole un sacchetto di dolci assortiti.

- Cosa voleva Monty? –

- Solo ringraziarmi ed essere certo che stessi bene. –

Michael le accarezzò il volto con dolcezza.

- E tu stai bene? –

Si accoccolò contro di lui, posando il capo sul petto asciutto e muscoloso.

- Quando sono con te sto sempre bene. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Come promesso eccoci qui con l’epilogo della storia. Come sempre ci tengo a ringraziare particolarmente coloro che hanno partecipato alla storia, senza i quali tutto ciò non sarebbe stato possibile, coloro che hanno recensito e letto anche se non partecipavano alla storia, coloro che hanno inserito la storia tra le seguite/preferite/ricordate.

Alla prossima avventura.

XO XO,

Mary

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