inseguendosi lungo i sentieri del destino

di sihu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO UNO: STRADE SEPARATE ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO DUE: IL PASSATO ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO TRE: TEMPO DI RINCONTRARSI ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO QUATTRO: ADDIO AD UN COMPAGNO ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO CINQUE: UN FARO MOLTO TRAFFICATO ***
Capitolo 7: *** VERSO ALABASTA: I DUBBI DI ACE ***
Capitolo 8: *** TEMPO DI DECISIONI E DI MOLLARE GLI ORMEGGI ***
Capitolo 9: *** UNA CIURMA PARTE, UN'ALTRA SI RITROVA ***
Capitolo 10: *** INSEGUITORI ED INSEGUITI ***
Capitolo 11: *** CATTURATI ***
Capitolo 12: *** NELLE MANI DELLA MARINA ***
Capitolo 13: *** SCONTRI ***
Capitolo 14: *** SPIEGAZIONI: FINALMENTE LA VERITA' ***
Capitolo 15: *** IL TRADITORE ***
Capitolo 16: *** IL DEFINITIVO ADDIO AI DUE UFFICIALI ***
Capitolo 17: *** finalmente un po' di pace ***
Capitolo 18: *** PARTENZE IMPROVVISE ***
Capitolo 19: *** scontri epici e ritorni graditi ***
Capitolo 20: *** EPILOGO - IL FUTURO CI ASPETTA ***
Capitolo 21: *** AVVISO AI LETTORI - Possibile seguito? ***



Capitolo 1
*** PROLOGO ***


INSEGUENDOSI LUNGO I SENTIERI DEL DESTINO

PROLOGO
“Ci sono delle amicizie, dei sogni e degli amori che non si possono fermare.
Nemmeno il destino ce la può fare..”

Così la pensavo quando ero solo un ragazzino immaturo e irruento di diciassette anni che solcava i mari con un sogno da realizzare e una ciurma eccezionale. Non mi curavo di nulla, non esistevano rischi o pericoli. Avrei fatto qualsiasi cosa per i miei compagni, quei ragazzi che nel corso del nostro incredibile viaggio ero arrivato a considerare fratelli. Semplicemente volevo diventare re dei pirati e tutto il resto aveva poca importanza.
Mi fa un effetto strano ripensarci ora,a distanza di sette anni mentre cammino solo per le strade di quest'isola buia e silenziosa. È abitata da pescatori, gente semplice da cui non devo guardarmi. Nessuno sa chi sono o gli importa saperlo, tranne ad un bambino che ho incontrato al porto.
I suoi occhi si sono illuminati quando ha intravisto il mio volto sotto il cappello di paglia che porto da così tanto.
“Sei davvero tu? È incredibile.. Io sono Rei, piacere”
“Piacere a te piccolo, sai indicarmi un buon posto dove mangiare?” Sorrisi, quel piccolo mi ricordava me molti anni prima quando ero solo un bambino che non aspettava altro che diventare abbastanza grande per inseguire i propri sogni.
“Mia mamma ha una locanda, oltre quel grosso edificio viola.. Non è un posto elegante ma si mangia bene, te lo assicuro!”
“Andrà benissimo”
“Dici davvero? Mangerai da noi.. ancora non ci credo! Sai, il mio sogno è diventare come te..”
Poco dopo è corso via paonazzo in viso, sparendo tra le vie secondarie che si intersecano tra loro.
“Diventare come me..”

In molti hanno espresso questo desiderio, senza sapere esattamente di cosa stavano parlando. Per loro è semplice, non sanno quello che provo e quanto è difficile a volte.
In molti non riescono davvero a capirmi, si fermano alle apparenze come se questo bastasse a giudicare un uomo.
Un uomo.. È quello che sono ora, sono passati sette anni. In questo tempo sono diventato grande, ho visto il mondo, combattuto per difendere i miei sogni, perso e vinto. Ora ho ventiquattro anni e le idee decisamente più chiare anche se ci sono molte persone pronte a giurare che non sono cambiato poi così tanto.
Ho passato molto tempo a domandarmi se io stesso fossi contento o meno di essere me, in vari momenti della mia vita.
Me lo sono chiesto da piccolo, quando per la prima volta realizzai che mia madre era morta e che mio padre aveva abbandonato me e mio fratello con un nonno fissato con la marina. Non riuscivo a capire che mio nonno lo faceva per me, voleva che diventassi forte e che imparassi a non arrendermi mai. Ma in fondo che cosa potevo aspettarmi dal futuro se la vita in pochi anni mi aveva già tolto le cose più preziose? Ero solo, avevo solo mio fratello Ace che un bel giorno partì per inseguire il suo sogno. Era quello che desiderava ed ero felice per lui ma il mio cuore sanguinava per il nuovo abbandono.
Me lo sono chiesto di nuovo quando ho incontrato ognuno di quelli che sono diventati i membri della mia ciurma e poi quando le nostre strade si sono divise, prima che i nostri sogni si fossero realizzati. È stata davvero dura in quel momento. Qualcosa dentro di me si era come spezzato, lasciandomi solo in preda ai miei demoni e ai ricordi che alle volte riescono ad essere terribili. Ci avevo messo molto tempo a capire, a dare una spiegazione a tutto quello che era successo. Alla fine quando avevo realizzato il mio sogno non era come me lo immaginato. Nami, Usup, Sanji.. Loro non c'erano.
Me lo domandai ancora una volta mentre camminavo per le strade di quel villaggio di pescatori. Era davvero così speciale essere me? Ci pensai un po' su e poi sorrisi.
Si, nonostante tutto ne valeva davvero la pena.

ANGOLO DELL'AUTRICE
benvenuti nella mia nuova e misteriosa storia.
al momento si capisce davvero poco, lo so, ma vi assicuro che i misteri verranno svelati nel corso della storia.
spero vi piaccia e che la commentiate!

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Capitolo 2
*** CAPITOLO UNO: STRADE SEPARATE ***


CAPITOLO UNO
STRADE SEPARATE

“Nel mare orientale..”


Il proprietario della bottega sobbalzò quando dalla porta entrò uno strano tizio con il capo coperto da un cappuccio scuro. Il suo volto era in ombra, eppure gli sembrò familiare. Un viso conosciuto, forse famoso.
“Trattale bene, queste spade sono preziose..” Si raccomandò il ragazzo porgendogli tre spade di straordinaria bellezza. Mai nella sua vita l’artigiano ne aveva viste di così preziose.
“Certo Signore, si fidi di me. Sono il miglior armaiolo di tutta l'isola..” Rispose l'armaiolo, cercando di sbirciare il viso dell'uomo sotto il cappuccio che lo copriva. Pochi spadaccini al mondo potevano permettersi di usare armi del genere, forse uno soltanto.
Zoro se ne andò prima ancora che l'anziano signore avesse finito di parlare. Sapeva bene che era il migliore, non gli avrebbe lasciato le sue preziose spade altrimenti.

“A Rogue Town..”


“Sorellona, che ne pensi?” chiese una ragazza con i capelli rossi all'amica che era con lei, incurante della piccola folla che si era radunata intorno a loro. Una vecchia signora le indicava e borbottava qualcosa che aveva a che fare con degli avvisi di taglia.
“Bello.. e anche caro!” mormorò Robin ignorando le chiacchere. Ormai era abituata. Ovunque andavano suscitavano scalpore per il loro passato. Con l'andar del tempo l'attenzione era diminuita ma ogni tanto qualcuno le riconosceva ancora. L’archeologa e la ladre le chiamavano.
“Che vuoi, tutte le cose belle sono care” rispose Nami guardandosi nello specchio. Il vestito che aveva indosso le stava d'incanto, era perfetto.
“Come intendi pagarlo?” chiese l'amica in modo malizioso. Conosceva fin troppo bene Nami e sapeva bene la risposta. Il passato da ladra di Nami tornava spesso alla luce, specie quando andavano a fare compere.
“Mi sembra ovvio Robin, come al solito..” Rispose Nami correndo fuori dal negozio tenendo saldamente il vestito tra le mani. La sua compagna la seguì a ruota, quel giochetto lo conosceva bene.

“Sull’isola di Drum..”


Chopper era solo nel grande castello che era stato della dottoressa Koreka e si annoiava. Da quando la vecchia dottoressa non c’era più si sentiva solo, abbandonato. Nonostante fosse il medico più preparato di tutta l’isola non veniva mai chiamato e così passava gran parte del suo tempo a rimuginare sul passato. Si chiedeva se le cose avrebbero potuto andare in modo diverso, ma non trovava mai una risposta. Ormai la piccola renna era rassegnata alla vita che faceva e non ci faceva più caso. Tutti avevano paura di lui a causa del suo passato da pirata. Improvvisamente la pesante porta del castello venne spalancata da una donna che urlava disperata.
“Dottore, la prego.. mio figlio..” biascicò tra le lacrime che solcavano il suo bel viso.
“Che è successo?” chiese Chopper prendendo lo zaino con gli strumenti medici. La piccola renna pensò che la donna doveva davvero essere disperata per rivolgersi a lui.
“Ha la febbre alta. La prego, lo aiuti. Non lasci che muoia..” mormorò la donna tra le lacrime. Probabilmente gli altri medici non erano riusciti a fare nulla per suo figlio, lui era l‘ultima speranza. La renna la tranquillizzò e la seguì. In poco tempo arrivarono in paese dove si era radunata una piccola folla intorno alla casa del malato.
“Eccomi” esclamò Chopper entrando nella stanza in cui si trovava il piccolo malato.
“Che ci fa lui qui?” chiese un uomo al capezzale del bambino, probabilmente si trattava del padre. La renna diede un occhiata al bambino e immediatamente notò che stava davvero male. Doveva intervenire al più presto.
“È il dottore. Mathias sta male, lascia che lo visiti..” lo pregò la donna cadendo in ginocchio davanti all’uomo che fissava entrambi con uno sguardo severo.
“No, lui no. Qualsiasi dottore ma non lui.” esclamò deciso il marito. La donna prese a singhiozzare più forte, gli altri dottori non erano stati in grado di fare nulla. L’unico capace di guarire il bambino era Chopper. Solo lui aveva l’esperienza necessaria. L’uomo aveva deciso il destino del figlio.
La renna uscì da quella casa a testa bassa rimpiangendo ancora una volta il giorno che aveva lasciato il mare e la vita da pirata. In mare tutti avevano rispetto delle sue capacità di medico..

“Al faro della Reverse Mountain..”

Lavoon nuotava felice, aspettando che il suo amico Brook arrivasse da lei per passare un altro pomeriggio con lui. In quei sette anni lo scheletro non aveva mai lasciato sola la sua amica balena neppure per un giorno.

“Hey amico, eccomi! Ti ho portato da mangiare. Che ne dici di un giretto insieme?” propose lo scheletro saltando sulla schiena della balena. Era pericoloso per lui andare in acqua dato che aveva mangiato uno dei frutti del mare ma insieme a Lavoon si sentiva al sicuro.
“Mi raccomando, vedi di non cadere in mare di nuovo.” gli urlò Crocus dalla finestra del faro a mo’ di raccomandazione. Brook stava al faro con lui da quasi sette anni ma spesso se ne andava per mare con la balena oppure stava all’interno della sua pancia per prendersi cura di lei. Non rimaneva spesso al faro e si disinteressava dei pirati che passavano di lì. Crocus immaginava che avesse paura di incontrare di nuovo il suo vecchio capitano.
“È successo solo un volta!” rispose Brook alzando gli occhi al cielo seccato.
“Vorrai dire che succede solo una volta alla settimana!” rispose Crocus scoppiando a ridere. Brook decise di non rispondere e si allontanò sulla schiena della balena.

“Al Baratie, il ristorante galleggiante..”


“Vecchio, al tavolo cinque vogliono l'aragosta. Vedi di non metterci una vita come tuo solito..” urlò Sanji in malo modo al suo vecchio capo Zeff. Era tornato al ristorante del suo maestro da sette anni ma a volte gli sembrava di non essersene mai andato. Zeff continuava a trattarlo come un moccioso di sette anni. Sanji sospettava di averlo deluso, il vecchio cuoco si aspettava che lui riuscisse a trovare il cuore dei mari. Si aspettava che Sanji riuscisse dove lui aveva fallito a casa dell’incidente alla gamba. Quando era tornato il Zeff aveva solo chiesto se Sanji avesse trovato il cuore dei mali, quando il ragazzo aveva risposto di no non aveva più detto nulla. Non gli aveva fatto nessuna domanda né nessun rimprovero.
“Ci metto il tempo che serve.” rispose Zeff in malo modo.
“Si, ma aspettano da un ora.” disse Sanji portandosi le mani ai fianchi. Gli altri cuochi interruppero le loro attività per vedere come sarebbe andato a finire l’ennesimo litigio tra i due cuochi. Bastò un’occhiataccia di Zeff perché si rimettessero immediatamente al lavoro.
“Aspetteranno ancora di più se sto qui a discutere con te.” urlò Zeff colpendo Sanji con un calcio potente in pieno viso. Il ragazzo non fece nulla per schivare il colpo, si lasciò colpire senza emettere un gemito.
“Stupido vecchio.” imprecò Sanji a mezza voce.
“Se le cose non ti stanno bene puoi sempre andartene.” disse il vecchio cuoco guardando dritto negli occhi Sanji.
“Hai ragione, farei molti più soldi se lavorassi da solo visto che cucino molto meglio di te.” mormorò Sanji lasciando la cucina. Aveva assoluto bisogno di una sigaretta e di prendere una boccata d’aria. A volte aveva l’impressione che quel ristorante gli stesse stretto.
“Non ne sarei tanto sicuro pivello.” disse Zeff dalla cucina.
Sanji si accese una sigaretta alzando gli occhi al cielo, pregando che quella giornata terminasse presto.
“Giornata faticosa?” chiese una voce che proveniva dal mare. Davanti a lui c’era una piccola e strana imbarcazione che Sanji conosceva bene e al suo interno uno dei più strani e pericolosi pirati che solcassero i mari.
“Ace?” mormorò incredulo il cuoco. Erano anni che non aveva sue notizie, da quando aveva lasciato la ciurma ed era tornato dal suo vecchio maestro non lo aveva più incontrato così come non aveva più incontrato nessuno dei suoi vecchi compagni.
“Disturbo?” chiese il ragazzo con le lentiggini.
“Ma no, che dici! Solo.. è strano..” mormorò Sanji un po’ imbarazzato. Davanti a lui c’era il fratello del suo vecchio capitano. Il cuoco non sapeva cosa dire, come comportarsi.
“Immagino di si. Se vuoi me ne vado, solo.. sono giorni che non mangio e la prossima isola è lontana..” iniziò Ace guardando speranzoso il cuoco, sapeva che non lo avrebbe fatto morire di fame.
“Sali a bordo.“ rispose Sanji. I suoi principi morali avevano vinto sull’imbarazzo che provava poco prima.
“Sei sicuro?” chiese ancora Ace.
“Un cuoco non lascia mai morire di fame un uomo.” rispose Sanji sparendo nelle cucine.
“Anche se quell'uomo è il fratello del tuo vecchio capitano?” domandò Ace mentre saliva a bordo.
“Tieni, mangia.” disse Sanji porgendogli un piatto. Aveva evitato consapevolmente di rispondere alla domanda di Ace che si mise immediatamente a mangiare con gusto. Sembrava davvero affamato, Sanji immaginò che non mangiava da parecchi giorni. Per un po’ il cuoco rimase zitto a guardare il vecchio amico mangiare, senza sapere cosa fare o cosa dire.
“Ace..” disse Sanji dopo un po’. Una domanda gli rimbombava in testa nonostante Sanji cercasse di non dargli peso. Voleva sapere.
“Che c'è?” mormorò Ace con la bocca piena.
“Che fine ha fatto?” domandò Sanji a testa bassa. Non aveva fatto nomi ma era sicuro che l’altro avesse capito di chi parlava. Quella testa vuota di Rufy gli mancava davvero tanto anche se provava molto risentimento nei suoi confronti.
“Sta bene, non è cambiato per niente.” rispose Ace con un sorriso triste.

“Al villaggio di Shirop..”

“Passami il martello.” chiese Franky a mo’ di ordine.

“Non puoi prendertelo da solo, sto progettando un'arma nuova.” rispose Usup infastidito. Era un pomeriggio davvero torrido e lavorare era già abbastanza pesante per il cecchino senza che l’amico si mettesse a dargli ordini.
“Non servono a nulla le armi se la nave non è finita.” lo ammonì Franky con un tono severo. Quando si trattava di costruire navi il cyborg diventava un vero despota.
“Per quello ci sei tu, no?” gli ricordò Usop distrattamente senza staccare gli occhi dal prototipo che stava costruendo, una fionda con speciali caratteristiche.
Quando avevano lasciato la ciurma avevano vagato per mare insieme e alla fine avevano deciso che si sarebbero fermati su un’isola a costruire navi. All’inizio avevano pensato a Water Seven ma avevano dovuto scartare l’idea a causa della Marina e del Governo.
A Franky non dispiaceva il villaggio di Usup, era un posto tranquillo e in più non c’era nessuno davvero bravo a costruire navi. In pochi anni erano diventati il punto di riferimento delle molte isole intorno. Forse di lì a poco avrebbero iniziato a fare concorrenza a Water Seven e ai suoi carpentieri.
“Farei molto prima se tu mi dessi una mano.” disse Franky perdendo la pazienza.
Poco lontano Kaya rideva guardando la scena. Era contenta che Usop fosse tornato al villaggio ma allo stesso tempo sapeva che prima o poi sarebbe partito di nuovo. Il richiamo del mare è qualcosa a cui un pirata non è in grado di resistere in alcun modo.

ANGOLO DELL'AUTRICE:
grazie a chi ha dedicato qualche minuto del suo tempo per leggere la mia storia. ok, è solo il primo capitolo ed è parecchio incasinata ma spero che con il tempo si aggiungano altre persone.
se avete bisogno di chiarimenti o avete domande sono qui anche se a dire la verità tutto questo mistero è voluto.. XD
in questo capitolo ho voluto fare una piccola panoramica per vedere che fine hanno fatto i compagni di ciurma di Rufy dopo sette anni. come se la passa lui si è visto nel prologo.
nel prossimo capitolo svelerò che cosa è successo (almeno in parte) sette anni prima..
GRAZIE MILLE A:
MILENA83: grazie mille dell'incoraggiamento! il primo commento di ogni storia non si scorda mai! XD spero che questo capitolo ti sia piaciuto come è piaciuto a me scriverlo!
NAMIKUN: grazie mille per il commento! eh si, nella mia storia Rufy è cresciuto anche se in fondo è sepre lo stesso! ti riferisci alla lista quando Rufy elenca coloro che non erano con lui quando ha realizzato il suo sogno? non ho messo Zoro così come non ho messo altri, il mio era una sorta di elenco per fare capire che non c'erano. non dico altro perchè Zoro rivestirà un ruolo importante nella storia anche se escludo fin dall'inizio la presenza della copia Rufy/Zoro. XD

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Capitolo 3
*** CAPITOLO DUE: IL PASSATO ***


CAPITOLO DUE
IL PASSATO


Rufy uscì dalla locanda salutando la padrona di casa e suo figlio, erano stati entrambi molto gentili con lui. Sentì l’aria pungente sferzargli il viso e si strinse nel mantello che gli copriva il volto. Era aria di mare, poteva avvertire chiaramente l’odore di salsedine, l’odore più bello che gli fosse mai arrivato alle narici.
Sapeva di libertà, di sogni realizzati ma anche di rimpianti. Una tristezza infinita lo assalì all’improvviso, senza un perchè. Rufy decise di trovare un posto tranquillo dove aspettare. Alla fine trovò una radura riparata e si appoggiò a un grosso albero.
Desiderava solo stare tranquillo e guardare il mare, pianificando la prossima avventura ma i ricordi lo assalirono riportandolo indietro di sette anni.

flash back

[..la nave era ferma in porto da qualche giorno. Era tempo di decisioni e toccava al capitano prenderle. Per un attimo si sentì di nuovo come a Water Seven, quando doveva decidere se abbandonare o meno la Merry che li aveva portati sino a lì. Come quella volta era combattuto. Ancora non sapeva bene cosa avrebbe deciso, sapeva solo che era la decisione più difficile che avesse mai preso e che i suoi compagni non avrebbero di sicuro capito. Lui stesso non capiva, sapeva solo che doveva farlo. Non c’era altra possibilità, ne andava della cosa di cui teneva di più al mondo. Sospirò e lasciò che l’aria di mare gli riempisse i polmoni. C’era solo una cosa sensata da fare. Aveva deciso che sarebbe andato avanti in questo viaggio da solo. Non avrebbe più permesso a nessuno dei suoi compagni di seguirlo. Era doloroso ma non poteva permettersi di tornare su quella decisione, era arrivato il momento di comunicarla ai suoi compagni.
“Ragazzi devo parlarvi..” iniziò Rufy calandosi il cappello di paglia sugli occhi. Non voleva guardarli negli occhi per paura di tornare sulla sua decisione.
“Oh si, anche io. La prossima isola è quella degli uomini pesci e..” lo interruppe Nami attirando l’attenzione della ciurma. Chopper e Usup tremarono all’idea di vedere un uomo pesce. Usop era ancora terrorizzato da Arlong e dai suoi compagni. Zoro invece sembrava impassibile, aveva rischiato di morire combattendo contro Arlong eppure non aveva il minimo timore di quei mostri dei mari. Robin, Brook e Franky stavano in silenzio, cercando di capire di più sull’isola in cui stavano per sbarcare. Nessuno di loro aveva fatto troppo caso all’aria così seria del capitano. Un velo di tristezza copriva quel volto, di solito pieno di energie e di buonumore.
“Che bello, su quell’isola vedremo le sirene. Chissà come sono.” esclamò Sanji eccitato all’idea di incontrare le sirene. Nemmeno lui fece troppo caso a Rufy.
“Ragazzi non andremo su quell’isola.” disse deciso Rufy, mettendo fine ai loro progetti. Tutti si voltarono di scatto verso il loro capitano che stava fermo in mezzo alla stanza, con le braccia che cadevano molli lungo i fianchi. Non era più il solito vulcano di energia, qualcosa era cambiato. Robin ebbe la sensazione che in lui si fosse rotto qualcosa.
“Capitano sei impazzito?” chiese Chopper confuso chiedendosi se Rufy non avesse la febbre. Nessuno fiatava, tutti aspettavano che Rufy parlasse.
“No, il nostro viaggio finisce qui.” precisò il capitano dopo un lungo silenzio che sembrava non finire mai. Quelle parole colpirono tutti come una pugnalata nello stomaco. Nessuno di loro si aspettava una cosa del genere.
“Cosa stai dicendo, vuoi rinunciare al tuo sogno?” chiese Zoro deciso. Rufy sentì lo sguardo dello spadaccino che lo fissava e non osò guardarlo negli occhi.  
“Sto dicendo che voglio proseguire solo.” mormorò Rufy con un filo di voce. Nessuno riusciva a credere alle proprie orecchie. Rufy, colui che aveva insistito perché lo seguissero ora stava dicendo che la loro avventura era finita? Che ne sarebbe stato dei loro sogni?
“Come solo?” chiese Sanji improvvisamente serio lasciando perdere i fornelli.
“Solo, voi mi siete solo d’impiccio. Siete deboli e io mi sono stufato di essere la vostra balia.” rispose Rufy alzando la voce. Nami restò immobile, senza riuscire a dire o a fare nulla. Le sembrava di essere tornata indietro nel tempo, a Water Seven, dove Usop e Rufy si erano scontrati.
“Sei solo uno stupido.” rispose Zoro uscendo sul ponte della nave. Il suo volto era indecifrabile. Non c’era rabbia, delusione, nulla. Era del tutto impassibile. Sanji non disse niente ma per la prima volta sembrava realmente d’accordo con lo spadaccino, Rufy era un idiota. Sapeva bene che ognuno di loro era disposto a tutto pur di proseguire con lui, pur di andare con il suo capitano. Come poteva aver davvero preso una decisione del genere?
“E io avrei lasciato Water Seven per seguire un idiota come te?” chiese Franky forse più a se stesso che a Rufy. D’improvviso Rufy non gli sembrava più quel guerriero eccezionale, orgoglioso e coraggioso che aveva rischiato la sua vita combattendo contro i più forti della CP9.
“Tornaci a Water Seven, non ho bisogno di te.” esclamò Rufy rosso in viso. Non vedeva l’ora che tutto finisse, che i suoi compagni lasciassero la nave.
“Io pensavo fossimo amici..” mormorò triste la piccola renna cercando di non scoppiare a piangere. Rufy cercò di non guardarla oppure non avrebbe avuto il coraggio di arrivare fino in fondo.
“Amici? Come avrei potuto essere amico di un essere mostruoso come te o di un codardo come Usup.” disse Rufy in modo crudele. Usop non disse nulla, si limitò a fissare per un po’ Rufy. Nel suo sguardo si leggeva rabbia e delusione.
“Sanji, dove vai?” chiese Robin smarrita, non poteva credere che stesse succedendo per davvero. La ciurma che l’aveva salvata, che le aveva ridato speranza e voglia di vivere si era appena sciolta nel modo peggiore.
“Me ne vado, non intendo stare qui a farmi insultare da questo idiota.” rispose Sanji raccogliendo alla meglio le sue cose in uno zaino. Aveva una gran voglia di spaccare la faccia a quell’idiota del suo capitano ma non poteva. Qualcosa lo fermava anche se non sapeva bene di cosa si trattasse.
“Andarmene? No, sarà lui che se ne andrà dalla mia nave.” disse deciso Franky portando le braccia ai fianchi. La Sunny era la sua nave, aveva lottato e sudato per costruirla e non avrebbe permesso che Rufy se la portasse via. Era anche disposto a combattere se necessario.
“Lascerò questa sudicia bagnarola entro stasera, sta tranquillo.” rispose Rufy uscendo sul ponte. Aveva bisogno d’aria, in quella stanza stava soffocando. Sentiva su di sé gli sguardi di tutti i suoi compagni ma ormai era tardi. La decisione era stata presa e non si poteva più tornare indietro.
“Bene” mormorò Nami piangendo. Non aveva detto molto, così come Robin.  
“Idiota.” disse Usop lasciando la nave. Questa volta non sarebbe potuto tornare indietro, era finito tutto per davvero.
Dal ponte della nave Rufy vide i suoi amici allontanarsi e sospirò. Il tempo dei giochi e dei sogni era finito..]

Rufy sentì un fruscio e si svegliò di scatto, pronto a combattere. Quando si accorse che di fronte a sé c’era una faccia amica si sdraiò nuovamente.
“Eccoti, pensavo ti fossi perso.. Le spade sono a posto?” chiese il capitano destandosi da quello strano sogno che gli aveva fatto rivivere il suo passato. Zoro era davanti a lui forse già da un po’ ma non aveva parlato per non disturbare il suo capitano che dormiva. Da come si agitava nel sonno aveva intuito cosa stesse sognando, era l’incubo che lo perseguitava ormai da sette anni.
“Come nuove, partiamo?” chiese lo spadaccino guardando il mare come ammaliato dal suo richiamo. Quando Zoro aveva preso il mare, alla ricerca dello spadaccino più forte del mondo, non credeva che sarebbe diventato così dipendente dal suo richiamo.
“Aspettiamo che scenda la sera, daremo meno nell'occhio.” rispose Rufy sicuro, chiudendo nuovamente gli occhi. Crescendo era diventato più prudente, forse perché non c’erano più Nami e gli altri ad esserlo per lui.
“Bene, allora schiaccio un pisolino anche io. Che direzione pensi di prendere? Facciamo rotta verso il nuovo mondo?” domandò Zoro prendendo posto vicino al suo capitano. Nessuno dei due aveva molta voglia di parlare, la loro amicizia era sempre stata fatta più di silenzi che di lunghi discorsi.
“Prima vorrei fare un salto da Bibi.” mormorò Rufy pensieroso.
“È tanto che non la vediamo, chissà come va il suo regno.” esclamò Zoro sbadigliando.

ANGOLO DELL'AUTRICE
grazie mille a tutti quelli che hanno letto gli scorsi capitoli e grazie anche a coloro che leggeranno questo.
come avete letto si comincia a scoprire qualcosa sul passato, ma non penserete mica che sia tutto qui.. potevo rivelare tutti i misteri di questa storia solamente al secondo capitolo?
scherzi a parte, spero che la mia storia vi stia piacendo e spero anche di non deludere le vostre aspettative!
grazie a chi ha messo la storia tra i seguiti:
-babydgv
-giunigiu95
-kaitlee90
-milena83
-penna35
-saisai_girl
-smemo92
e GRAZIE DAVVERO A CHI HA COMMENTATO LO SCORSO CAPITOLO!
SMEMO92: grazie mille per il commento, mi fa piacere che segui anche questa storia! spero che ti piaccia! diciamo che la ciurma si è sciolta per colpa di Rufy ma che nessuno sa bene come è andata davvero. lui e Zoro hanno realizzato i loro sogni, gli altri sono tornati alle loro vite passate. ace non ha un vero e proprio ruolo nella storia, compare di tanto in tanto e chiacchera un po' con tutti.
SAISAI_GIRL: grazie mille per il tuo commento! spero che questo capitolo non ti abbia deluso. diciamo che il Rufy della mia storia è leggermente diverso da quello solito, è cresciuto anche in fondo è rimasto quello di sempre.
MILENA83: grazie mille per il tuo commento! di coppie al momento non ne ho previste. almeno, non di serie. è probabile che ci sia quale avventura ma niente di più di qualche notte. poi non si sa mai.. l'idea è cmq puntare più sull'amicizia che sull'amore.
GIODAN: grazie del commento, una nota positiva da te è sempre gradita. spero che continuerai a seguire la storia! :D


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Capitolo 4
*** CAPITOLO TRE: TEMPO DI RINCONTRARSI ***


CAPITOLO TRE
TEMPO DI RINCONTRARSI


L’aria salmastra colpì Chopper in pieno viso, riscuotendolo dal torpore dei suoi pensieri e riportandolo alla realtà. Non ci si può permettere di perdersi nei ricordi quando non si ha nessuno che ti guarda le spalle.
Si trovava in una città, una delle più grandi che aveva mai visto e non sapeva da che parte cominciare. A partire da oggi quella sarebbe stata la sua nuova casa, la sua occasione per affermarsi come medico. Alla fine aveva deciso di lasciarsi dietro il passato e ricominciare da capo, lontano dai pregiudizi della gente del suo villaggio. Voleva imparare a cavarsela senza bisogno di nessuno.
Chopper sospirò rassegnato guardandosi intorno con aria smarrita. Non era mai stato in una grande città da solo, era tutto così difficile.
Aveva lasciato la sua isola da qualche tempo, deciso a trovare un posto dove poter vivere e curare la gente. In fin dei conti quello era sempre stato lo scopo della sua vita. Non gli mancavano per nulla gli abitanti del suo villaggio e le loro cattiverie. Non perdevano mai occasione per ricordargli quanto fosse diverso, mostruoso. Ormai era qualche giorno che viaggiava ma non riusciva a calcolare precisamente quanto. Quando viaggi da solo un giorno ti sembra identico a quello precedente e a quello successivo.
Tutto quello che sapeva era che si trovava in un’isola lungo la rotta del grande blu e per la prima volta da molto tempo si sentiva bene, anche se disorientato. Sentiva di potercela fare, anche se sapeva bene che sarebbe stato difficile.
Alla fine aveva preso l’unica decisione saggia e dopo sette lunghi anni era di nuovo per mare, anche se senza nessun viso amico intorno. Questa volta non c’erano i suoi compagni a guardargli le spalle, se la sarebbe dovuto cavare contando sulle proprie forze. La cosa più difficile era governare un’imbarcazione da solo, senza contare che era pericoloso per lui affrontare il mare dato che il frutto del mare gli impediva di nuotare. Era cosciente del fatto che cadere in mare per lui significava morte certa.
Per limitare al massimo i rischi aveva chiesto un passaggio ad un peschereccio di passaggio all‘isola di Drum. Gli uomini a bordo della nave lo avevano fissato per un po’, perplessi, poi avevano acconsentito. Sembravano parecchio incuriositi da lui e provarono anche a fargli qualche domanda ma la piccola renna rimase sempre in silenzio.
Era arrivato in quella strana isola da qualche ora, poi il peschereccio era ripartito verso l’isola successiva. Avevano chiesto alla piccola renna di andare con loro restando sulla nave come medico di bordo ma Chopper aveva rifiutato. Nonostante fossero passati sette anni sentiva di non riuscire a chiamare capitano nessuno che non fosse Rufy e gli sembrava di tradire i suoi vecchi compagni viaggiando senza di loro.
Chopper si chiese se in quel posto avrebbe potuto cominciare una nuova vita per davvero o se sarebbe stato come sulla sua isola. Tutto quello che desiderava era riuscire a dimenticare il passato e trovare un pizzico di felicità. Sospirò ancora una volta e poi decise di fare un giro per la città alla ricerca di un posto dove passare la notte.

Nel frattempo, al di fuori della rotta del grande blu un ragazzo rifletteva guardando il mare, cullato dalle onde che si infrangevano contro la nave ristorante. Sembrava talmente perso nei suoi pensieri da non accorgersi di quello che accadeva intorno a lui.
Sanji, solo sul ponte principale della nave si godeva la brezza marina fumando una delle sue amate sigarette. Era piacevole starsene lì, senza pensare a nulla. Da un po’ di tempo a quella parte non pensare era diventato davvero molto difficile per il ragazzo. Alcuni pensieri fissi gli ronzavano in testa senza lasciargli scampo. Ace era sparito esattamente come era arrivato, all’improvviso. Sanji non si era stupito più di tanto, sapeva bene quanto il ragazzo odiasse gli addii.
Erano state piuttosto le sue parole a lasciarlo di sasso, riaprendo una storia che pensava chiusa da molto tempo: Rufy, il suo vecchio capitano. Per sette lunghi anni non aveva pensato a lui, fino a che suo fratello non era comparso dal nulla proprio su quella nave.
Nella mente di Sanji si affacciavano molte teorie, una più improbabile dell’altra. Non aveva mai perdonato Rufy per quello che aveva fatto loro. In un attimo aveva distrutto tutto quello che avevano costruito con tanta fatica senza nessuna ragione logica. Sanji per molto tempo aveva accusato il suo vecchio capitano di avere infranto i suoi sogni, costringendolo a tornare alla sua vecchia vita. Nonostante tutto non poteva fare a meno di domandarsi che fine avesse fatto. Conoscendolo una volta lasciata quell’isola in cui si erano detti addio Sanji pensava che si fosse cacciato in un mare di guai.
“Chi non muore si rivede..” mormorò una voce alle sue spalle, una voce che non sentiva da parecchi anni.
“Questa nave sta diventato un po’ troppo frequentata!” rispose Sanji senza voltarsi mentre sul suo volto si disegnava un sorriso.
“Ma sentilo.. Vuoi dire che ti dispiace rivedere due vecchi amici?” chiese Usop fingendosi contrariato.
“Prima Ace, poi voi. Mi chiedo chi comparirà ancora..” disse Sanji sorridendo, voltandosi a guardare i due ragazzi che erano comparsi sul ponte. Gli faceva un effetto strano rivedere Franky e Usop dopo tutto quel tempo. Erano cambiati tantissimo, come lui del resto. Improvvisamente Sanji realizzò quanto gli fossero mancati. Franky era sempre lo stesso ma Usop era cresciuto parecchio. Sembrava più maturo e più sicuro di sé ma portava ancora sul fianco la sua inseparabile fionda.
“Hai incontrato Ace?” chiese incredula una voce femminile. A quelle parole il cuore di Sanji accelerò all’improvviso e si mise a fare le capriole.
“Questa voce.. Le mie dee! Nami, Robin! Siete ancora più belle di quanto mi ricordassi!” esclamò Sanji, dimenticando ogni pudore e iniziando a saltellare felice. Zeff che stava guardando la scena dalla sua cabina scosse la testa e si allontanò dalla tenda. Forse il momento che aspettava era arrivato e quello zuccone avrebbe nuovamente ripreso il mare per realizzare il loro sogno: trovare il cuore dei mari. Zeff sapeva di essere troppo vecchio, debole e malato per riuscirci ma sapeva anche che Sanji poteva farlo. Doveva solo crederci con tutto se stesso e non arrendersi di nuovo.
“Idiota!” commentò Usop superando Sanji ed avvicinandosi a salutare le due ragazze. Franky si stava tenendo la pancia dalle risate.
“Che vuoi, stupido nasone?” sibilò Sanji mostrando i denti. Tutti i presenti scoppiarono a ridere, sembrava di essere tornati ai vecchi tempi, quando litigavano per ogni minima sciocchezza. A tutti loro quei momenti insieme erano mancati tantissimo.
Nami e Robin erano ancora più belle di quanto ricordasse, rivederle allegre e sorridenti davanti a lui era un sogno che si realizzava.
“Sei sempre il solito Sanji, non sei per nulla cambiato!” disse Robin sorridendogli. Gli occhi di Sanji diventarono a forma di cuoricini e il suo cuore prese a battere più forte.
“Questo incontro è davvero Super! Dobbiamo festeggiare, no?” propose Franky guardandosi attorno divertito. Nessuno di loro si aspettava di rincontrare gli altri in un posto come quello.
“Certo!” rispose Usop cominciando a correre sul ponte.
“Evviva, facciamo festa!” esclamò Nami raggiante.
Per qualche istante a tutti loro sembrò di essere tornati indietro nel tempo a quanto navigavano e ogni occasione era buona per fare festa. C’era sempre qualcosa da festeggiare e se l’occasione mancava se la inventavano. In poco più di un mese avevano compiuto tutti gli anni almeno un paio di volte, senza contare gli onomastici e le ricorrenze ufficiali e non.
In poco tempo Sanji improvvisò una cena degna di una tavola reale e si misero tutti a mangiare facendo mille complimenti al ragazzo. Sanji era sempre stato il migliore in cucina ma in quei sette anni era migliorato ancora di più. In pochi istanti svuotarono i piatti senza che rimanesse nemmeno la più piccola briciola.
Parlarono del più e del meno, senza nominare mai i vecchi tempi apertamente anche se era chiaro che tutti loro ci stavano pensando. Era come se nessuno di loro aveva davvero voglia di ricordare.
“E così sono passati sette anni da quella sera..” buttò lì improvvisamente Franky sospirando. L’atmosfera si fece più gelida e tutti divennero più pensierosi.
“Chi se la dimentica quella sera. Tutto è andato in pezzi. La nostra ciurma, i nostri sogni, tutto insomma.”borbottò Sanji accendendosi nervosamente una sigaretta. Alla fine erano arrivati a parlare della sera che tutti loro avevano cercato inutilmente di dimenticare per sette anni. Tutte le loro certezze erano crollate in pochi istanti come un castello di carta.
“Forse avremmo dovuto restare uniti almeno noi. Forse avremmo potuto farlo ragionare e fargli cambiare idea.”mormorò Usop tristemente. Gli si leggeva chiaramente in faccia che aveva passato tutto quel tempo a chiedersi cosa sarebbe successo se Rufy avesse cambiato idea quella sera.
“Forse, ma è andata così.” disse Nami con un tono freddo e distaccato. Robin la fissò per un po’ e poi guardò gli altri senza dire nulla. In pochi secondi cadde un silenzio carico di tensione e imbarazzo. Nessuno avrebbe detto che quei ragazzi che sedevano insieme una volta facevano parte della ciurma più strana e caotica che avesse mai solcato i sette mari.
“Che avete fatto in questi anni? Io sono tornato alla mia vecchia vita, cercando di scordare che non ero stato in grado di trovare il cuore dei mari. Sapete, la cosa buffa è che ci ero quasi riuscito fino a che qualche tempo fa è sbucato Ace.” iniziò a raccontare Sanji per cercare di riempire tutto quel silenzio. Era curioso di sapere come se l’erano cavata gli amici dopo che avevano preso strade separate.
“Ace? Quell’Ace?” chiese Franky incredulo, fissando l’amico come se fosse un alieno.
“Quanti altri Ace conosci?” gli rispose Usop fissandolo male. Il cyborg gli borbottò qualcosa di poco garbato e i due presero a litigare come una vecchia coppia sposata.
“Era solo o c’era anche lui?” chiese Robin, prendendo la parola per la prima volta. Anche se non aveva nominato il loro vecchio capitano era evidente che stavano parlando di Rufy.
“Era solo e affamato. Si è fermato poco e poi sparito, sapete anche voi come è fatto. Abbiamo parlato un po’.” continuò Sanji fissando le onde.
“Immagino che sarà stata una situazione strana..” commentò Nami giocherellando con una ciocca di capelli che non voleva saperne di stare al suo posto.
“Si, c’era parecchio imbarazzo. Abbiamo parlato un po’, alla fine mi ha detto solo che Rufy sta bene..” disse Sanji mentre la sigaretta che aveva tra le mani si consumava senza che lui la fumasse.
“Non ti ha detto altro?” chiese Usop. Sanji scosse la testa senza parlare. Da quando Ace era andato via non aveva mai smesso nemmeno per un attimo di chiedersi cosa intendesse Ace con quelle parole. Come poteva Rufy stare bene ed essere in pace con se stesso dopo tutto quello che aveva fatto loro passare?
“Come se importasse a qualcuno.” esclamò di scatto Nami alterata. Sul suo volto si poteva leggere tutto l’odio che provava per Rufy.
“Nami ma che dici?” chiese Usop stranito e incredulo per la reazione della ragazza.
“Per me Rufy è morto quella sera. Non mi importa se ora è Re dei Pirati o cosa, per me non esiste comunque più.” disse Nami in tono gelido. Tutti la guardarono per un po’ senza dire nulla.
“La pensavo anche io così, solo che da quando ho visto Ace non smetto di pensare a quella sera.” mormorò Sanji prendendosi la testa tra le mani.
“Robin, perché sei pensierosa?” chiese Franky guardando l’archeologa che sembrava un’anima in pena.
“Nulla, pensavo. Sapete, in questi anni ho pensato spesso a quello che è successo e penso che ci sia qualcosa che non torna..” rispose Robin pensierosa. Nami odiava parlare di Rufy e così aveva passato gli ultimi sette anni a formulare teoria che si era sempre tenuta per sé.
“Di che parli?” chiese Sanji fissandola intensamente.
“Di tante cose. Sensazioni più che altro.” disse Robin pensando alle molte cose che non tornavano. Rufy era la persona più sincera che conosceva, si era sempre fidata di lui proprio per questo. Sembrava impossibile pensare che lui avesse mentito loro fin dall’inizio. Doveva esserci sotto qualcosa. Per non parlare del fatto che da quando Rufy aveva detto loro di andarsene la marina aveva smesso di dare loro la caccia, concentrandosi inspiegabilmente solo su Rufy.
“Nemmeno io credevo che una cosa del genere potesse succedere. Credevo in Rufy e guarda come ci ha trattati. Immagino che l’unica consolazione sia pensare che in fondo è solo un povero idiota.” mormorò Franky depresso. Robin non disse nulla, continuò a pensare a tutte le cose che non tornavano.
“Suppongo di sì.” ammise Sanji.
“Un idiota che ha realizzato il suo sogno.”commentò Usop con un tono indecifrabile. Nella sua voce c’era più delusione che rabbia. Rufy oltre che il suo capitano era stato per lui un compagno di giochi e qualcosa di molto simile ad un fratello. Rufy aveva creduto in lui sempre, anche quando nessun altro lo aveva fatto. Lo aveva anche trattato da suo pari, accettandosi di battersi con lui nonostante sapesse dall’inizio chi avrebbe vinto lo scontro.
“Dobbiamo parlare di lui ancora per molto? Mi sto stancando!” sbottò Nami, cercando di mettere fine a quella discussione.
“Hai ragione, basta ora. Ditemi di voi, che avete fatto?” chiese Sanji guardando alternativamente i ragazzi di fronte a lui. Franky e Usop erano comparsi insieme, esattamente come Nami e Robin. Probabilmente non si erano mai separati.
“Io e Nami abbiamo viaggiato parecchio. Ci guadagnavamo da vivere rubacchiando e disegnando mappe. Tutto sommato non ce la siamo passata male.” cominciò Robin.
“La marina ha praticamente smesso di darci la caccia.” esclamò Nami ritrovando il sorriso.
“Sembra incredibile, no? In passato la marina non ci ha mai dato tregua!” concordò Usop. Quelle parole risvegliarono l’interesse di Robin. Non ci aveva mai fatto caso ma era vero. Improvvisamente da quando avevano lasciato Rufy nessuno aveva più dato loro la caccia nonostante ci fossero delle discrete taglie sulle loro teste. Anche quella era solo una casualità?
“Noi invece ci siamo dedicati a costruire navi al villaggio di Usop. Le cose andavano bene fino a che non abbiamo fatto i conti con il richiamo del mare.” raccontò Franky ripensando al passato. Sia lui che Usop si erano resi conto di non riuscire a vivere sulla terra ferma, avevano salutato tutti ed erano partiti. Kaya era stata molto triste quando Usop le aveva comunicato la notizia ma sapeva bene che niente al mondo gli avrebbe fatto cambiare idea al ragazzo. Usop le aveva preso le mani e aveva promesso che sarebbe tornato da lei un giorno. Lei aveva annuito, senza riuscire a fermare le lacrime.
“Gli altri? Per caso sapete che ne è stato di Brook, Chopper e Zoro?” chiese Usop fissando i vecchi amici in cerca di risposte. Quei tre erano gli unici a mancare all’appello, chissà che ne era stato di loro.
“No, non ho loro notizie da sette anni. Brook voleva tornare dalla sua amica balena e Chopper alla sua isola. Zoro non so, quando sono andato via era ancora sulla nave che fissava il vuoto.” ricordò Sanji ripensando all’espressione dello spadaccino quando tutti loro stavano lasciando la nave. Loro erano arrabbiati, furenti, ma lui invece sembrava impassibile e deciso come se si stesse preparando a una battaglia. Sanji ricordò che quella sera per un attimo aveva creduto che avesse intenzione di combattere con Rufy.
“Zoro seguiva Rufy dall’inizio, sarà stata dura per lui.” disse Franky serio.
“È stata dura per tutti.” esclamò Nami acida. Tutti guardarono male Franky ed il cyborg arrossì intuendo la gaffe che aveva appena fatto. Nami si era unita alla ciurma poco dopo Zoro, anche se i primi tempi aveva fatto una sorta di doppio gioco.
“Non si sa molto di lui, è sempre stato misterioso. Ad ogni modo ha realizzato il suo sogno, ha una taglia sulla testa che fa paura e viaggia per i mari. Questo è quello che fa sapere la marina.” raccontò loro Robin ricordando quello che aveva letto sui giornali. Anche la marina sembrava sapere poco di Zoro, o forse sapeva ma non voleva che trapelasse nulla.
“Sapete, mi avete fatto tornare alla mente le nostre vecchie avventure. Quelli si che erano bei tempi!” mormorò Usop nostalgico ripensando a tutti gli inseguimenti, i viaggi, le feste, i tesori e tutto quello che gli aveva riservato la loro grande avventura.
“Se avete tutta questa nostalgia del passato potete sempre venire con noi.” propose Robin sorridendo. I ragazzi si voltarono verso di lei, stupiti ed increduli senza capire di cosa stesse parlando.
“Di che parli?” chiese il cecchino incuriosito.
“Di recente abbiamo trovato una mappa di un tesoro che si trova nel grande blu. Che ne dite di venire con noi, recuperarlo e fare a metà?” spiegò Nami sorridendo. Quando si parlava di soldi e tesori diventava un’altra persona.
“Sembra divertente!” esclamò Franky.
“Già, perché no! Sanji?” chiese Usop fissando il cuoco.
“Che volete da me?” mormorò Sanji tra i denti, fingendo di non capire dove Usup stesse cercando di andare a parare.
“Sei dei nostri, vero?” chiese Nami speranzosa. Sanji oltre ad essere un cuoco straordinario era anche un combattente fortissimo. Era indispensabile avere un elemento simile nella ciurma.
“Non so.. Il ristorante, il vecchio..” iniziò Sanji titubante.
“Non dire sciocchezze. Anche tu ti sei stancato di stare qui a non fare nulla. Hai deciso di abbandonare per davvero il tuo sogno?” gli chiese Usop fissandolo negli occhi.
“Forse avete ragione, il vecchio farà di nuovo a meno di me.” accettò alla fine il cuoco. Il cecchino aveva saputo toccare le corde giuste per convincerlo.
“Bravo Sanji, così si parla!” disse Robin dandogli una pacca sulla spalla.
“E poi, se non vengo io con voi chi cucinerà? Alla fine morireste di fame..” disse Sanji scherzando ma senza andare troppo lontano dalla realtà.
“Tse, tu sottovaluti le mie abilità. Chiedi a Franky se non mi credi.” rispose Usop con aria di sufficienza.
“Se cucini tu siamo a posto, è la volta buona che moriamo per davvero avvelenati!” esclamarono in coro Sanji e Nami. Tutti scoppiarono a ridere e poi si misero a definire i dettagli per la partenza.
Franky si fermò a guardare gli amici e realizzò che erano di nuovo insieme. Una lacrima di commozione cominciò a scendere senza che potesse fare nulla per fermarla mentre esclamava deciso “Io non sto piangendo!”.
 
ANGOLO DELL'AUTRICE
ed eccomi di nuovo qui a fare del mio meglio per deliziarvi con il capitolo nuovo, l'ultimo prima delle vacanze.
per il prossimo aggiornamento vi do appuntamento a settembre!
nel frattempo auguro buone vacanze a tutti, specie a quelli che leggono, commentano e aggiungono la mia storia tra i preferiti. XD
MILENA83: grazie mille per il tuo commento e in generale per apprezzare le mie storie! se ti va quando torno dalle vacanze possiamo iniziare a scrivere qualcosa insieme, a me farebbe molto piacere. per quanto riguarda Zoro e Rufy ti assicuro che si capirà tutto nel prossimo capitolo! XD
SAISAI_GIRL: grazie mille per il commento! eh si, Zoro e Rufy sono insieme. resta da scoprire da quanto.. XD
SMEMO92:
grazie mille per il commento! tutte le domande che ti sei fatta sono logiche, e ti prometto che avranno risposta nel prossimo capitolo.. prima si svelare i miei segreti ho pensato di fare una piccola parentesi sugli altri componenti della ciurma! XD

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Capitolo 5
*** CAPITOLO QUATTRO: ADDIO AD UN COMPAGNO ***


CAPITOLO QUATTRO
ADDIO A UN COMPAGNO

Erano giorni che Rufy e Zoro navigavano e si erano da poco lasciati alle spalle anche la Reverse Mountain. Nonostante non fosse la prima volta, entrare nella rotta del grande blu era qualcosa che faceva ancora molto effetto ai due ragazzi. Sia Zoro che Rufy ricordavano bene quando vi erano entrati la prima volta, insieme a Sanji, Nami e Usup carichi di sogni e sicuri che nessuno sarebbe stato in grado di dividerli. Rufy sorrideva mestamente ripensando a quei momenti e a come era andata a finire la loro avventura insieme.

Crocus era sempre lì al faro, a guardare le navi passare. Si erano fermati un po’ con lui a raccontarsi storie. Il vecchio medico aveva insistito perché i due pirati gli lasciassero curare le loro ferite e per offrir loro la cena come faceva ogni volta che passavano di lì. Come al solito non avevano parlato di Brook. Rufy e Zoro sapevano che viveva al faro con Crocus e la balena ma non lo avevano più incontrato dopo l’addio. Per qualche strano caso del destino, o forse per merito del vecchio dottore, era sempre in giro quando loro passavano di lì. Zoro sospettava che Crocus non parlasse mai delle loro visite allo scheletro anche se non riusciva a capire quale fosse la ragione. Ad ogni modo il medico con loro era gentile e si preoccupava per loro come avrebbe fatto un padre, quindi i due ragazzi non si facevano troppe domande.
“Crocus, me lo fai un favore?” chiese Rufy improvvisamente, interrompendo un silenzio surreale che si era creato alla fine della cena. Come al solito il ragazzo aveva fatto piazza pulita di qualsiasi cosa ci fosse sul tavolo.
“Si può dire di no al Re dei Pirati?” commentò il vecchio dottore ridendo. Quei due ragazzi portavano sempre una ventata di allegria. Era piacevole stare a sentire mentre raccontavano dell’ultimo combattimento contro la marina o di come avevano salvato un cucciolo di drago.
“Beh, a me capita di dirgli no abbastanza spesso eppure sono ancora vivo!” mormorò Zoro passando lo sguardo dal vecchio medico al suo capitano. Di nuovo tutti scoppiarono a ridere.
“Ma tu sei il grande Zoro, io solo un medico qualunque..” disse Crocus ridendo.
“Ma smettila..” mormorò Rufy. Nessun pirata sano di mente avrebbe definito Crocus un medico qualunque, quel vecchio era molto di più.
“Torniamo seri” suggeri il vecchio medico sparecchiando e tornando a fissare i suoi ospiti.
“Bravo, dagli retta sennò non ripartiamo più.” disse Zoro fissando il mare. Era impaziente di ripartire. Un sacco di nuove avventure e di nemici da battere li stavano aspettando.
“Dimmi che posso fare per te.” mormorò Crocus, curioso di sapere cosa voleva questa volta quello strano ragazzo da lui. Rufy era solito fare richieste a dir poco bizzarre.
“Puoi dare questa a mio fratello quando passa di qui?” chiese Rufy passando al vecchio medico una lettera.
“Tutto qui? Pensavo a qualche richiesta strana e pericolosa..” rispose Crocus fissando intensamente la busta chiedendosi se fosse pericolosa o meno. Non era la prima volta che un pirata lasciava detto qualcosa ad un altro pirata. Scherzando Crocus diceva spesso che oltre guardiano del faro faceva anche da postino.
“C’è dell’altro. Vorrei lasciarti anche questo..” disse Rufy togliendosi il suo cappello di paglia e porgendolo al vecchio medico.
“Cosa? Ma sei impazzito?” chiese Crocus scandalizzato fissando il cappello tra le sue mano come se fosse maledetto o qualcosa del genere. Che era passato per la testa a Rufy? Doveva certamente essere impazzito per fargli una richiesta del genere.
“Tempo fa feci una promessa al pirata che me lo regalò ed è ora che io la rispetti. Promettimi che lo custodirai con cura fino a che Shank non passerà di qui!” spiegò Rufy sorridendo. Il cappello di Shank lo aveva accompagnato per mille avventure, era diventato quasi una parte di lui. Separarsene gli dispiaceva ma allo stesso tempo era fiero di avere mantenuto la sua promessa. Riconsegnare quel cappello era la prova lampante che aveva realizzato il suo sogno più grande.
“Sarà un onore Rufy!” promise Crocus con gli occhi lucidi.
“Bene, allora noi partiamo. Zoro sei pronto?” chiese Rufy sorridendo come a suo solito al suo compagno di avventure. Zoro si fermò a fissare il capitano. Faceva uno strano effetto vederlo senza il suo solito cappello di paglia ma avrebbe dovuto farci l’abitudine.
“Signor si..” rispose Zoro saltando a bordo della loro nave. In poco tempo i due prepararono la nave per la partenza sotto gli occhi stupiti del vecchio medico.
“Aspettate, dove siete diretti questa volta?” chiese Crocus mentre i due mollavano gli ormeggi.
“Alabasta..” mormorò Zoro mentre la nave si allontanava. Il vecchio Crocus li guardò sparire oltre l’orizzonte, scuotendo la testa. Tra le mani teneva ancora il cappello di paglia che gli aveva affidato Rufy. Era incredibile che quello scalmanato gli avesse affidato una cosa così importante per lui.

“Non te la sei mai tolta dalla testa, vero?” chiese Zoro improvvisamente fissando il suo capitano dritto negli occhi. Rufy sorrise e abbassò la testa.
“Parli di Bibi?” disse Rufy giocando con un pezzo di corda. Tra loro non c’era mai stato bisogno di troppe parole per intendersi.
“L'ultima volta avresti dovuto prestarle più attenzione. Erano anni che non la incontravi, dai tempi della rivolta ad Alabasta. È cambiata molto, è una donna ora.. e mi sembrava anche parecchio interessata a te.” ricordò Zoro ripensando alla loro ultima visita alla principessa di Alabasta. Bibi era stata molto felice di rivederli, in particolare Rufy. La ragazza aveva insistito per sentire tutto quello che era successo loro in questi anni ed era rimasta incredula e dispiaciuta nel sentire che i suoi amici non navigavano più insieme. Bibi aveva chiesto spiegazioni anche a Zoro ma nessuno dei due ragazzi sembrava disposto a parlarne. Zoro non aveva fatto a meno di notare un certo interesse che Bibi nutriva per Rufy. L’amico però non aveva ricambiato le attenzioni della ragazza esattamente come aveva fatto anni prima, durante la rivolta.
“Ai tempi della battaglia contro Crocodile ero troppo piccolo e concentrato sul mio sogno. Le donne non esistevano per me.” sospirò Rufy ricordando gli inizi del loro viaggio. Era così concentrato sul suo sogno che non vedeva le belle donne che gli si buttavano tra le braccia, Bibi era certamente una di queste. Con il tempo aveva imparato l’importanza della compagnia femminile anche se non era mai diventato un maniaco come Sanji.
“E ora?” chiese Zoro in modo malizioso. Lo spadaccino aveva intuito che Bibi non era indifferente al suo amico ma non riusciva a capire perché non facesse nulla per dimostrarlo anche a lei. Era stato lui a insistere con Rufy perché andassero ad Alabasta in modo che il capitano potesse stare con Bibi e capire cosa provava per lei.
“Beh, sto recuperando ma Bibi non fa per me. Lei è una regina, deve stare nel suo paese e io sono un pirata che non riesce a mettere ancora da nessuna parte. Il richiamo del mare è sempre troppo forte.” mormorò Rufy guardando l’orizzonte. Bibi non era la donna che faceva per lui, l’avrebbe lasciata troppo sola e questo lei non lo meritava.
“La verità è che ci sono troppe donne che ti vogliono e non sai scegliere.” scherzò Zoro, senza andare troppo lontano dalla verità.
“Senti chi parla!” lo prese in giro Rufy. Anche Zoro aveva spezzato parecchi cuori lungo la rotta del grande blu. In ogni isola che visitavano c’era sempre una ragazza che inevitabilmente cadeva davanti al fascino delle due tre spade.
“Non eri poi così stupido ai tempi della rivolta di Alabasta oppure non ti avrei considerato il mio capitano, non avrei lottato per te. Tu aiuti sempre tutti, senza che ti chiedano nulla..” disse improvvisamente lo spadaccino ripensando alle parole che il capitano aveva pronunciato poco prima. Rufy rimase a guardarlo stupito senza sapere cosa rispondere.
“Non mi hai mai detto queste cose..” disse dopo un po’, fissando l’orizzonte.
“E tu non hai mai detto loro che lo stavi facendo per il loro bene..” rispose Zoro fissandolo negli occhi. Ancora una volta Rufy capì immediatamente a cosa si stava riferendo ma fece finta di nulla e si voltò nuovamente a guardare il mare senza dire nulla.
Flash back
[..Nella stanza era rimasto solo Zoro. Era rientrato quando gli altri se ne erano andati. Doveva essere passato un po’ di tempo eppure era ancora lì. Lo spadaccino aspettava paziente che il capitano alzasse la testa e gli desse spiegazioni. Non credeva a quello che aveva sentito dire dal suo capitano, lo conosceva troppo bene per credergli. Se veramente voleva sbarazzarsi di lui doveva essere molto più credibile.
“Perché sei ancora qui?” chiese Rufy cercando di mostrarsi il più freddo e distaccato possibile.
“Voglio delle spiegazioni.” rispose Zoro fissandolo dritto negli occhi.
“Non sono tenuto a dartele.” disse Rufy.
“E allora io non sono tenuto ad andarmene.” disse Zoro.
I due si ritrovarono a fissarsi senza che nessuno dei due si muovesse di un passo dalle sue posizioni: Zoro voleva risposte che Rufy non era disposto a dare.
“Non hai capito quello che ho detto?” disse ancora Rufy, ma questa volta la sua voce suonò disperata.  
“Ho capito solo che sei un babbeo e che non vuoi che ti diamo una mano. Voglio sapere quello che sta succedendo.. Voglio sapere perché!” rispose Zoro, percependo il cambio di tono del suo amico. Ormai era tutto chiaro, doveva esserci di mezzo la marina o qualcuno che lo aveva ricattato.
“Non voglio che vi succeda nulla..” confessò alla fine il capitano.
“Io invece non voglio che succeda nulla a te.” disse Zoro riponendo le spade e avvicinandosi di più al suo capitano.
“Che stai dicendo?” chiese Rufy confuso.
“Io rimango, capitano.” disse semplicemente Zoro. Ora che aveva capito che Rufy si era comportato a quel modo per il loro bene non era disposto a lasciarlo solo. Se la fuori esisteva qualcuno che voleva impedire a Rufy di realizzare i propri sogni avrebbe dovuto vedersela anche con lui.
“Non sai quello che dici” esclamò Rufy, cercando ottime ragioni per impedire allo spadaccino di restare.
“ti sbagli, non sono mai stato sicuro delle mie azioni come oggi. Sono il tuo primo compagno, ti ho seguito in questo viaggio dall’inizio e capisco che c’è qualcosa che non Va. Non importa se non mi vuoi dire cosa, io rimango!” spiegò Zoro. Rufy conosceva bene il suo compagno e sapeva che niente al mondo gli avrebbe potuto far cambiare idea.
“Grazie Zoro.” rispose Rufy, felice di non essere solo.
In quel momento Rufy ricordò quello che era successo qualche giorno prima quando un ufficiale della marina era venuto da lui per parlargli. All’inizio Rufy non lo aveva preso sul serio, poi le sue parole avevano iniziato a spaventarlo. Erano reduci da mesi difficili, avevano affrontato numerosi nemici e fronteggiato i marine. Rufy sapeva che i suoi compagni erano stanchi, sfiniti e che l’unica cosa che permetteva loro di andare avanti era la determinazione e la fiducia che riponevano in lui e per questo non poteva permettere che venisse fatto loro del male.
“Pensi davvero che ti lasceremo fare tutto quello che vuoi?” aveva detto l’ufficiale della marina con un tono sprezzante.
“Come avete intenzione di fermarmi?” aveva chiesto Rufy divertito.
“Uccidendo i tuoi amici, uno dopo l’altro a partire dai loro cari. La tua navigatrice ha una sorella vero?” rispose l’ufficiale guardandolo negli occhi a mo’ di sfida. Rufy per la prima volta nella sua vita non era riuscito a reggere quello sguardo. Il suo volto era diventato una maschera di orrore.  
“Cosa centrano loro?” mormorò arrabbiato. La marina non poteva davvero ricorrere a mezzi del genere per catturarlo. Non era giusto, non poteva fare del male ai suoi amici per colpa sua.
“Useremo loro per arrivare a te a meno che tu non collabori” continuò l’ufficiale divertito. Era chiaro che stava godendo nel vedere Rufy Cappello di Paglia in difficoltà.
“Dovrei rinunciare al mio sogno?” aveva chiesto Rufy alzando la testa, confuso.
“Sei un ragazzo intelligente, prendi la decisione giusta e vedrai che nessuno si farà male” disse l’ufficiale andandosene.
Rufy aveva pensato a lungo a cosa doveva fare. Se avesse deciso di andare avanti ignorando l’avvertimento della marina i suoi compagni ne avrebbero pagato le conseguenze. Che razza di capitano poteva mettere in pericolo la vita dei suoi preziosi compagni e delle persone che loro amavano? Il suo sogno valeva davvero così tanto?
Nello stesso tempo una parte di lui gli diceva che non era giusto rinunciare solo perché la marina non voleva, che non doveva cedere a un simile ricatto. Nella sua testa si accavallavano molte immagini diverse. I visi delle persone che aveva incontrato lungo la rotta del grande blu, i bei momenti con i suoi compagni e i loro visi stanchi dopo l’ultima battaglia. Avrebbero continuato a seguirlo fino alla morte, lo sapeva bene ma questa volta non poteva permetterlo.
Alla fine prese la decisione: avrebbe continuato solo. Non avrebbe più permesso a nessuno di aiutarlo o di rischiare la vita per lui. In questo modo la marina non avrebbe più potuto prendersela con nessuno dei suoi amici.
La sera stessa andò a cercare l’ufficiale.
“Ho deciso che andrò avanti da solo, dovrete lasciare stare i miei amici” comunicò Rufy all’ufficiale. L’uomo rimase per un po’ confuso a guardare il ragazzo, poi trovò le parole.
“Va bene, ma sappi che sei un pazzo. Da solo ti prenderemo presto..” rispose con un tono beffardo.
“Questo lo vedremo” rispose Rufy andandosene verso la nave. Ora arrivava la parte più dura, doveva dire addio ai suoi compagni senza che loro si facessero domande. Doveva essere forte, lo stava facendo per il loro bene.
Sospirò e si asciugò le lacrime dal viso prima di spingere la porta oltre la quale si trovavano i suoi amici.]

Rufy sembrava caduto in uno stato di trance ma Zoro non sembrava preoccupato per l’amico. Era sicuro che stesse ripensando a sette anni prima, quella terribile notte che nel bene o nel male aveva cambiato le loro vite.
Rufy agendo in quel modo aveva salvato le vite dei suoi compagni da terribili sofferenze e privazioni ma loro questo non potevano saperlo. Quei babbei se n’erano andati prima che lui potesse spiegare loro che Rufy si stava sacrificando per il loro bene.
Nel corso degli anni più volte si era presentata l’occasione per incontrare di nuovo qualcuno di loro ma Rufy se ne era sempre guardato. Forse aveva paura di non riuscire a reggere gli sguardi di quelli che erano stati i suoi vecchi amici, oppure non voleva far rischiare loro la vita.
“Non posso tornare nelle loro vite Zoro, non sarebbe giusto. Che diritto ho di tornare dopo sette anni dicendo che li ho cacciati per il loro bene?” disse Rufy stringendo forte i pugni. In quei sette anni molte volte si era chiesto se tornare o no dai suoi vecchi amici ma non lo aveva mai fatto. Li aveva fatti soffrire abbastanza prima quando navigavano insieme e poi quando li aveva lasciati. Non poteva farli soffrire ancora. In quei sette anni aveva fatto in modo che i suoi vecchi compagni venissero lasciati in pace ma si era sempre rifiutato di incontrarli.
“Sei la solita testa vuota, sempre a pensare al bene degli altri. E al tuo di bene chi ci pensa?” chiese Zoro fissandolo negli occhi.
“Per quello ci sei tu, no?” rispose Rufy sorridendo. Zoro sospirò, Rufy era sempre lo stesso ma gli voleva bene anche per quello.

ANGOLO DELL'AUTRICE
rieccomi qui, al ritorno dalle vacanze con un capitolo nuovo!
GRAZIE, GRAZIE e ancora GRAZIE a tutti quelli che leggono e commentano le mie storie!
in particolare GRAZIE MILLE a:
LUSTY: grazie mille per il tuo commento!
sono davvero contenta che la mia storia ti piaccia, spero che questo capitolo non ti abbia deluso!
per il momento (e sono abbastanza sicura anche per il futuro) non ci saranno coppie fisse, al massimo avventure di massimo una notte.
SAISAI_GIRL: grazie mille per il commento e per i complimenti! sei troppo gentile!
bravissima, avevi ragione. zoro e rufy non si sono mai separati ma per incontrare di nuovo la ciurma ci vorrà ancora qualche capitolo.
BLACKHORSE96: grazie mille per il commento!
spero che continuerai a seguire la mia storia!
MILENA83: grazie mille per il commento!
SMEMO92: grazie mille per il commento!
nel prossimo capitolo si vedrà come procederà la caccia al tesoro di nami e compagni!

chiedo scusa se la risposta ai commenti è stata un po' corta ma avevo davvero poco tempo e volevo postarvi il capitolo nuovo!

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Capitolo 6
*** CAPITOLO CINQUE: UN FARO MOLTO TRAFFICATO ***


CAPITOLO QUATTRO
UN FARO MOLTO TRAFFICATO


La strana ciurma che si era formata sulla nave ristorante Baratie era salpata già da qualche giorno e navigava a vele spiegate verso la rotta del grande blu. Sul ponte principale era in corso una grande festa, la quinta da quando erano partiti. Nonostante si fossero persi di vista per sette anni erano tornati affiatati come una volta, quasi come se quegli anni passati lontani non contassero più

La mattina successiva trovò tutti i ragazzi svegli e pimpanti, pronti ad affrontare una nuova giornata.
“Ci siamo!” urlò Nami sorridente, indicando con la mano un punto indefinito di fronte a sé. Tutti si precipitarono a guardare cosa stava mostrando loro la ragazza.
“Di già? Non pensavo ci sarebbe voluto così poco a trovare l’isola del tesoro..” mormorò Usop guardando nella direzione che stava indicando la ragazza con i suoi strani occhiali muniti di strane lenti.
“Zucca vuota! L’isola è ancora lontana, mi riferivo alla Reverse Mountain.” spiegò pazientemente Nami, cercando di non perdere la pazienza. Di fronte a loro si stagliava una montagna imponente, l’unico accesso alla rotta del grande blu. Nami ricordava bene quella giornata piovosa durante la quale aveva attraversato quel valico per la prima volta. Era stato tanti anni prima e insieme a lei c’era un ragazzino coraggioso e rumoroso che aveva giurato di proteggerla e che invece l’aveva solo fatta soffrire.
Tutti loro rimasero a guardare quella montagna come incantati, sapevano che rappresentava la porta di ingresso per trovare il loro tesoro.
“Chissà se Brook è ancora lì.” sospirò Franky pensando al vecchio amico. Sarebbe stato bello incontrare di nuovo lo scheletro. Avrebbero potuto proporgli di unirsi a loro come ai vecchi tempi.
“Nami, Robin siete le luci che illuminano la mia vita! Vi ho preparato uno spuntino.” strillò Sanji comparendo dal nulla con due pesanti vassoi ricolmi di stuzzichini e delizie. Il ragazzo si era dato davvero molto da fare e in poco tempo aveva improvvisato una colazione degna di una corte reale.
“Grazie Sanji.” risposero in coro Robin e Nami guardando incantate il ben di dio che si presentava di fronte a loro.
“Per noi non c’è nulla?” chiese Usop guardando Sanji con fare supplicante. Vedere tutte quelle delizie gli aveva messo un certo appetito.
“I soliti ingordi..” mormorò Sanji passando al cecchino un piatto più piccolo che aveva preparato per lui. Istintivamente il cuoco si voltò per cercare con lo sguardo Rufy, in quelle occasioni era sempre il primo che correva per elemosinare cibo. Una parte di sé si stupì di non trovarlo, l’altra lo malediceva per averlo cercato. Anche dopo tutto quel tempo era difficile chiudere Rufy fuori dalla loro vita, lo era per tutti loro.
“Pensate che Brook vorrà venire con noi?” chiese Usop con la bocca piena, distogliendo il cuoco dai suoi pensieri.
“Sarebbe divertente.” rispose Franky guardando il mare e ripensando ai vecchi tempi.

[poco distante dai ragazzi..]

Brook vagava per la piccola isola su cui era costruito il faro della Reverse Mountain guardandosi attorno stupito. L’isola in cui si trovava era davvero minuscola, ma nonostante questo Crocus sembrava sparito nel nulla.
“Crocus? Dove sei finito?” chiamò lo scheletro a gran voce. Era appena tornato da una delle sue gite sul dorso della sua amica balena e del vecchio dottore non c’era nessuna traccia.
“Brook, sei già tornato? Aspetta qualche istante, sto finendo di medicare una persona.” gli rispose Crocus dopo un po’ con un tono di voce seccato. Brook alzò le ossute spalle senza farsi troppe domande e si lasciò cadere su una poltrona. Improvvisamente la sagoma di una nave comparve all’orizzonte, distraendolo dai suoi pensieri.
“Ehi Crocus, si sta avvicinando una nave..” disse Brook, cercando di capire di che nave si trattasse. Normalmente era Crocus che riceveva le navi di passaggio. Nonostante l’età era in grado di capire di chi si trattava anche da una distanza notevole, nessuna bandiera pirata gli sfuggiva. Il dottore infatti conosceva praticamente tutti i pirati che transitavano di lì e si fermava sempre a parlare a lungo con ognuno di loro. Crocus era l’amico di chiunque si avventurasse per i mari.
“Non ho ancora finito, pensaci tu.” rispose ancora in vecchio medico, infastidito per essere stato interrotto una seconda volta.
Brook alzò nuovamente le spalle chiedendosi chi fosse il pirata ferito e si diresse verso la porta per scoprire qualcosa sulla nave in arrivo.
“Ragazzi?” esclamò sorpreso Brook trovandosi di fronte niente di meno che la sua vecchia ciurma su una strana nave.
“Brook! Che bello rivederti!” disse Robin sorridendo. Brook non riusciva a credere ai suoi occhi. Davanti a lui c’erano i suoi amici, la sua vecchia ciurma quasi al completo. Mancavano solo Chopper, Zoro e Rufy. La nave sulla quale si trovavano non l’aveva mai vista e sull’albero maestro non svettava nessuna bandiera pirata.
“È bello rivedere voi, anche se è strano ritrovarvi di nuovo tutti assieme!” disse Brook, scegliendo con cura le parole. Per anni si era chiesto che fine avessero fatto i suoi amici ed ora erano davanti a lui, felici e sorridenti. Brook si chiese mentalmente se erano davvero felici o se anche loro si tormentavano da anni accusandosi di non essere all’altezza, di  essere troppo deboli.
“Non proprio tutti..” preciso Nami. Brook dalle parole della ragazza intuì che i rancori con Rufy era tutto tranne che superati. Non poteva darle torto, Rufy si era comportato in maniera pessima sette anni prima, si era rivelato completamente diverso da quello che loro credevano di conoscere. Loro avevano sempre creduto nel loro capitano mentre questi improvvisamente aveva smesso di credere in loro e aveva detto di non volerli più al suo fianco. Tutto quello che avevano faticosamente costruito insieme era sfumato in pochi istanti, come un castello di sabbia che viene portato via dalle onde del mare.
“Che è successo?” chiese Brook, curioso di scoprire cosa avesse portato i suoi amici a tornare a navigare insieme dopo così tanto tempo.
“Ci siamo trovati per caso sulla nave ristorante dove lavoravo e abbiamo iniziato a parlare dei vecchi tempi fino a che Nami non ha proposto di partire insieme alla ricerca di un tesoro.” spiegò Sanji accendendosi una sigaretta.
“Un tesoro? Sembra divertente!” esclamò Brook. In pochi attimi aveva riacquistato quella spensieratezza e quella voglia di vivere che aveva perso sette anni prima e che Lavoon non gli aveva fatto ritrovare. Certo, la balena era la sua più cara amica ma i suoi compagni di avventura erano un’altra cosa. Quei ragazzi erano davvero speciali, bastava averli vicino per vedere tutto in maniera più positiva, per sentire rinascere la speranza nel suo cuore.
“Perché non ti unisci a noi?” chiese Franky di getto. Riuscire a rimettere insieme la vecchia ciurma sarebbe stato fantastico, capitano escluso ovviamente. Quelle parole colpirono Brook.
“Non so ragazzi.. Pensate davvero sia una buona idea?” mormorò Brook dubbioso. Una parte di lui non vedeva l’ora di salpare ma c’e n’era anche una che aveva timore di soffrire ancora come era già successo.
“Non ti sei ancora stufato di stare qui a vedere navi passare senza fare nulla?” chiese Usop cercando di convincere lo scheletro a venire con loro.
“Ha ragione lui amico, quello che ti serve è un po’ di avventura.” concordò Franky.
“Smettetela! Brook non dare retta a questi pazzi.. Raccontaci che hai fatto in questi anni.” disse Nami guardando male i suoi compagni per far capire loro che trattare in quel modo Brook non era il modo migliore per convincerlo a unirsi a loro.
“Ho mantenuto la mia promessa e sono tornato da Lavoon. Il vecchio Crocus dice che rivedermi gli ha fatto bene, è di nuovo più in forma che mai.” raccontò Brook indicando la balena che nuotava tranquilla a pochi metri da loro. Non sembrava la stessa balena che pochi anni prima passava la giornata a prendere a testate la scogliera.
“Ha proposito, che fine ha fatto il vecchio Crocus? Non viene a salutarci?” chiese Usop guardandosi intorno cercando con lo sguardo il vecchio dottore senza riuscire a trovarlo.
“È con un paziente.” spiegò Brook giocherellando con il suo bastone.
“Un paziente?” chiesero in coro Franky e Sanji stupiti. Nessuno di loro si aspettava che il vecchio dottore ricevesse dei pazienti su quella minuscola isoletta.
“Sembra strano anche a me, non ho nemmeno idea di chi possa essere.Crocus! Ci sono visite, hai finito?” chiamò Brook ancora una volta.
“Quanto sei pesante Brook, vieni avanti o mi farai venire il latte alle ginocchia.” gli rispose il vecchio medico infastidito. Brook alzò gli occhi al cielo e fece segno ai suoi compagni di seguirlo.
I ragazzi avanzarono lentamente e si trovarono all’interno del faro dove Crocus abitava.
Visto dall’interno il faro era decisamente molto più grande di quanto appariva dall’esterno. L’abitazione era graziosa ed era composta da tre stanze, una delle quali era quella in cui Crocus stava medicando il suo paziente.
“Mi spiace darvi tutto questo disturbo. Crocus ti avevo detto che non era necessario che mi medicassi..” disse una voce che proveniva dalla stanza in cui si trovava il medico. I ragazzi si scambiarono degli sguardi confusi e poi si sporsero per sbirciare all’interno dello studio del vecchio dottore a chi appartenesse quella voce che suonava conosciuta.
“Ace?!” chiesero in coro stupiti vedendo il ragazzo seduto su un lettino con un braccio sanguinante. Ace era decisamente l’ultima persona che aspettavano di trovarsi in quel luogo. Nami e Usop erano rigidi e sconvolti, trovarsi di fronte Ace aveva riaperto delle vecchie ferite.
“Salve a tutti. Sembra che ne siano successe di cosa dall’ultima volta che ci siamo visti al ristorante Sanji!” rispose il ragazzo passando lo sguardo da Sanji agli altri ragazzi che erano con lui, cercando di smorzare la tensione che si era venuta a creare. Sembrava allegro come sempre, per nulla turbato nonostante avesse di fronte la vecchia ciurma di suo fratello quasi al completo. I ragazzi restarono immobili, come ipnotizzati, a fissare Ace senza riuscire a dire nulla. Ace intuì che alcuni di loro provavano ostilità verso di lui.
“Sta zitto ragazzo. Qui il medico sono io e decido io chi ha bisogno o no delle mie cure! Voi piuttosto, che ci fate ancora sulla porta? Entrate, forza!” replicò Crocus indicando ai ragazzi delle sedie.
“Noi siamo solo di passaggio, stiamo tutti benissimo te lo assicuro.” lo tranquillizzò Nami riprendendosi dalla sorpresa.
“Non dite assurdità e sedetevi. Siete miei ospiti, il minimo che posso fare è offrirvi la cena.” disse ancora il vecchio dottore in un tono severo che non ammetteva replica.
“Non serve, davvero. Non vogliamo darti disturbo.” mormorò Sanji, deciso a non approfittarsi dell‘ospitalità del vecchio dottore.
“Il vecchio ha la testa dura, non serve a nulla cercare di fargli cambiare idea.” spiegò brevemente Brook prima di sedersi. Nei sette anni che aveva passato al faro con lui e Lavoon aveva imparato a conoscere bene il vecchio.
“Beh, allora grazie.” disse Usop prendendo posto vicino all’amico.
“Ecco fatto, sei come nuovo. Anche tu sei invitato.” esclamò Crocus rivolto ad Ace.
“Non so se è il caso Crocus.. E poi sono di fretta, ho un appuntamento.” rispose il ragazzo alzandosi e mettendosi in testa il suo solito cappello.
“Ah si? Sai già dove devi andare?” chiese il dottore riponendo con cura gli strumenti che aveva usato per medicare il ragazzo. I ragazzi seguivano la discussione curiosi di saperne di più su Ace. Ognuno di loro si stava chiedendo se il ragazzo sapesse qualcosa di Rufy ma aveva paura a formulare quella domanda ad alta voce.
“A dire la verità No. Tu non sai nulla?” fece il moro fissandolo dritto negli occhi. Nami guardava la scena incuriosita e confusa: come faceva Crocus a sapere dove era diretto Ace se nemmeno lui lo sapeva? Il vecchio dottore si fermò un momento a riflettere, come se conoscesse la risposta a quell‘assurda domanda.
“Adesso che me lo fai ricordare, ho qualcosa per te.” rispose alla fine andando in un’altra stanza.
“Ma cosa..” iniziò Usop confuso guardando Brook in cerca di una risposta. Ace non sembrava sorpreso dal comportamento di Crocus e lo aspettava paziente al centro della stanza.
“A volte i pirati che passano di qui lasciano delle cose per altri pirati. Di solito si tratta soprattutto di lettere ma a volte capita che qualcuno lasci anche cose più preziose o strane.” spiegò Brook.
Crocus riapparve nella stanza poco dopo tenendo una busta nella mano destra.
“Tieni ragazzo.” disse porgendo la lettera ad Ace. Il ragazzo ringrazio e si mise subito a leggerla mentre sul suo volto si dipingeva un sorriso.
“Ma chi scrive ad Ace?” chiese Usop curioso. Ace era sempre stato un tipo solitario, poco incline a stringere rapporti o a navigare con qualcuno stabilmente. Era strano che qualcuno lo aspettasse da qualche parte o gli lasciasse delle lettere.
“Come fai ad essere così curioso, sono fatti suoi!” rispose Sanji tirando un calcio sulla testa del suo curioso amico.
“Dimmi Crocus, è molto che sono passati di qui?” chiese Ace quando ebbe finito di leggere la lettera. Robin e Nami si scambiarono un’occhiata carica di interrogativi.
“Un paio di settimane. Prenditela con calma, tanto sarà difficile che li raggiungi prima che arrivano ad Alabasta.” rispose il vecchio medico bevendo una tazza di caffè caldo.
“Vale lo stesso la pena di fare un tentativo.” mormorò sorridendo Ace avviandosi verso la porta. Crocus sospirò. Sapeva che il ragazzo era testardo, esattamente come suo padre e come suo fratello. Se aveva deciso di partire convincerlo a restare era impossibile, qualunque cosa avesse detto non sarebbe servita a fargli cambiare idea.
“Aspetta, anche noi stiamo andando in quella direzione. Potremmo fare un pezzo di strada insieme. Che ne dici?” propose Nami. Conosceva bene la forza di Ace e sapeva che poteva tornare loro molto utile viaggiare con il ragazzo. Trovare quel tesoro era diventato il suo nuovo obiettivo, l’unico modo per sfuggire dal dolore che provava da sette anni, ed era disposta a tutto per di riuscire a realizzarlo. Rufy non avrebbe distrutto anche quel suo nuovo sogno.
“Mi spiace ragazzi ma penso sia meglio che le nostre strade si dividano ora. Sto andando incontro a mio fratello e immagino che voi non abbiate molta voglia di incontrarlo.” rispose Ace semplicemente con il suo solito sorriso sul volto. Nami abbassò la testa e non disse nulla. Nonostante tutto quel tempo Ace era rimasto lo stesso di sempre, la sua sincerità disarmante non lo aveva abbandonato.
“Non ti fermi nemmeno per la cena?” chiese Sanji mentre il moro saliva a bordo della sua piccola e strana imbarcazione.
“No, ho davvero molta fretta. La prossima volta prometto che farò festa insieme a voi!” promise Ace strizzando un occhio ai ragazzi che guardavano silenziosi la sua partenza.
“Buon viaggio ragazzo, sta attento e porta i miei saluti a quei due scapestrati quando li vedi!” disse Crocus sorridendo avvicinandosi al ragazzo perché sentisse solo lui.
“Certo Crocus, lo farò di certo. Grazie di tutto!” rispose Ace mentre la barca si allontanava lentamente dalla riva.
“Due?” chiese Sanji stupito. Nonostante Crocus avesse fatto attenzione aveva sentito le parole del vecchio medico.
“Sanji, che dici? Vieni andiamo a mangiare.” rispose Crocus trascinando Sanji all’interno della casa per sfuggire alle domande del ragazzo.
Poco tempo dopo erano tutti a tavola e ogni piatto era stato ripulito a dovere.
“Crocus è tutto buonissimo!” si complimentò Nami. Tutti erano felici e sorridenti, solo Sanji era scuro in viso e guardava male chiunque incrociasse il suo sguardo.
“Sanji mi ha dato una mano a cucinare.” spiegò Crocus indicando il biondino che sedeva imbronciato di fronte a lui.
“Ora si spiega tutto!” esclamò Usop.
“Sanji, che ti prende? Non hai aperto bocca per tutta la sera..” chiese Robin fissando preoccupata l’amico. Quella sua espressione non prometteva nulla di buono.
“Mi chiedevo quando Crocus risponderà alle mie domande.” rispose Sanji fissando Crocus intensamente, quasi si trattasse di una sfida.
“Sanji, non fare il maleducato!” lo riprese Nami, cercando di mettere fine alla discussione ancora prima che iniziasse.
“Che vuoi dire amico?” chiese Franky, intuendo che ci fosse qualcosa sotto che loro non sapevano.
“Prima quando Ace è partito per andare da Rufy ho sentito Crocus che gli diceva di salutargli due persone quando le avrebbe incontrate. Prima gli aveva consegnato una lettera. Cosa vuole dire tutto questo? Hai incontrato Rufy, non è vero?” chiese Sanji scandendo bene le parole.
“Cosa? Perché non mi ha detto nulla?” chiese Brook stupito da quella improvvisa scoperta. Di punto in bianco era venuto a sapere che Crocus sapeva dove si trovasse Rufy e forse anche cosa aveva fatto in quei sette anni e non gli aveva mai detto nulla.
“Incontro molti pirati ogni giorno Brook, non mi hai mai chiesto del tuo vecchio capitano..” rispose Crocus in maniera vaga.
“Quando lo hai incontrato? Ci hai parlato, che ha detto?” chiese Usop freneticamente, guardandosi intorno. In quella stessa stanza forse Crocus aveva ospitato anche Rufy. Magari avevano anche riso insieme di quanto fossero incapaci e stupidi i suoi vecchi compagni che aveva cacciato sette anni prima.
“Non l’ho visto una volta sola. Negli ultimi sette anni sono passati qui da me parecchie volte e quasi tutte avevano brutte ferite addosso. Mi raccontava quello che stava combinando e quello che aveva intenzione di fare, tutto qui.” spiegò il vecchio medico.
Sapeva che prima o poi Brook sarebbe venuto a conoscenza delle visite di Rufy e Zoro, era preparato ad affrontare quella conversazione. Erano i ragazzi a non essere pronti. Avere notizie del loro vecchio capitano li aveva sconvolti. Crocus decise di nascondere il cappello di paglia di Rufy per evitare ulteriori scenate.
“Non naviga solo.. Ha una nuova ciurma?” chiese Robin, quasi temendo di avere una risposta. Una parte di lei voleva sapere, l’altra non avrebbe sopportato di essere stata rimpiazzata da qualcun altro.
“No, solo lo spadaccino anche se avrebbero fatto meglio a trovarsi un medico di bordo..” rispose Crocus alzandosi con la scusa di ritirare i piatti sporchi. I ragazzi avevano bisogno di stare soli per assimilare tutte quelle notizie che avevano appena saputo.
“Zoro? Non è possibile..” mormorò Nami lasciandosi cadere sulla sedia.
“Aspetta Crocus.” disse Brook alzandosi in piedi. Tutti i presenti lo fissarono, chiedendosi che altro doveva succedere.
“Che c’è?” chiese il vecchio medico sospirando. Tutti quei colpi di scena non gli facevano per niente bene alla salute. Alla sua età doveva stare tranquillo, non fare da balia a un branco di pirati isterici.
“Me ne vado, parto con loro.” disse lo scheletro con voce asciutta. I ragazzi gioirono silenziosamente, era la prima bella notizia da quando erano arrivati al faro.
“Bene.” rispose semplicemente il vecchio uscendo dalla stanza e chiudendo la porta dietro di sé.
Rimase nella sua stanza a lungo e non vide i ragazzi salpare. La nave aveva preso il largo già da un po’ ma il clima a bordo era cambiato. Non c’era più traccia dell’allegria di prima che giungessero alla Reverse Mountain, tutti erano silenziosi e pensierosi.
“Come è possibile che Zoro sia tornato a navigare con lui dopo quello che Rufy gli aveva fatto?” chiese Nami per la decima volta nel giro di pochi minuti.
“Non lo so Nami.” rispose Robin pazientemente.
“Ho sempre detto che aveva le alghe nel cervello!” esclamò Sanji fumando nervosamente. Sperava che la nicotina potesse calmarlo, farlo stare meglio ma era solamente una mera illusione.
“Forse Rufy gli ha chiesto scusa e lo ha scongiurato di tornare a navigare con lui.” ipotizzò Franky grattandosi la testa.
“Perché avrebbe dovuto fare una cosa del genere? E poi, perché non è venuto a cercare anche noi?” chiese Nami mangiandosi le unghie.
“Zoro è forte, Rufy non ha bisogno di gente inutile come noi..” mormorò sconsolato Usop. Si sentiva l’ultimo degli uomini, un fallito.
“Stupido idiota di gomma!” esclamò Sanji arrabbiato. Avrebbe voluto avere Rufy tra le mani per poter sfogare tutta la sua rabbia su di lui.
“Basta parlare di lui. Rufy per quanto mi riguarda è morto!” concluse Nami alla fine, allontanandosi per rimanere un po’ sola. I ragazzi la guardarono allontanarsi senza muoversi intuendo che la loro amica volesse stare un po’ sola a riflettere.
“Se mai incontrerò Zoro voglio chiedergli perché è tornato a navigare al suo fianco. C’è una piccola parte di me che pensa che forse non abbiamo capito qualcosa, o almeno lo spera.. Forse lui può risponderci.” disse Robin sospirando. 
Nessuno dei suoi compagni le rispose, erano tutti troppo persi nel mondo dei ricordi per formulare pensieri compiuti.

ANGOLO DELL'AUTRICE
innanzitutto un graaaazie mille va a chi segue la mia storia, la commenta e la mette nei preferiti!
che ne sarebbe delle storie se nessuno le seguisse? sarebbe molto triste penso..
ad ogni modo, rieccomi qui.
questo capitolo mi piace molto e spero che piaccia molto anche a voi!
ma ora veniamo ai commenti, la mia parte preferita!!!
MILENA83: questo capitolo rappresenta un po' l'altra faccia della medaglia. ok, rufy lo ha fatto per il bene dei suoi amici ma loro non lo sanno e in questi sette anni hanno sofferto davvero molto.
per quanto riguarda zoro, a me piace pensare che lui e rufy siano molto amici e che zoro riesca a capire molte cose di rufy che gli altri non sanno cogliere. hai presente quelle amicizie nelle quali le parole sono superflue? beh, io il loro rapporto lo vedo così! XD
BIOHAZARD: grazie mille per i complimenti, fa sempre piacere riceverli ma spero di continuare a meritarli! XD
NAMIKUN: la marina è tutto tranne che simpatica. la storia di one piece poi ci ha mostrato come la marina compia stragi assurde per il "bene supremo".
ad ogni modo troverò il simpaticone che ha fatto quella minaccia penso che presto passerà un brutto quarto d'ora, resta solo da decidere chi sarà a dargli una bella lezione..
GIODAN: in un certo senso era anche per quello.. rufy non si sarebbe mai potuto perdonare se qualcuno dei suoi compagni si fosse ferito o fosse morto per colpa sua. in questi sette anni le sue capacità sono migliorate è lui ora è in grado di difendere i suoi amici ma non vuole sconvolgere le loro vite. preferisce che loro continuino ad odiarlo piuttosto che soffrano ancora per colpa sua. che eroe, vero?
SAISAI_GIRL: brava, il rapporto di amicizia che hai descritto è esattamente quello che io mi immagino ci sia tra rufy e zoro. zoro è rimasto perchè non poteva tollerare che qualcuno facesse male a rufy. della serie, tu ti sacrifichi per salvare tutti ma chi salva te? XD al momento più che non avere pensato delle coppie preferisco concentrarmi sui rapporti di amicizia senza complicare le cose con delle storie d'amore ma per il futuro non nascondo che qualche avventura in mente c'è l'ho per qualcuno della ciurma.. niente di serio si intende..
BLACKHORSE96: non ti preoccupare assolutamente per il ritardo. vivere la propria vita è assolutamente più importante che recensire una storia. quelle mica scappano! XD grazie mille per i tuoi complimenti e spero che il capitolo nuovo ti piaccia.
SCIAINI: grazie mille per il commento, spero che la storia continui a tenerti incollato (o incollata, chiedo perdono in anticipo per la gaffe..) allo schermo! XD

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Capitolo 7
*** VERSO ALABASTA: I DUBBI DI ACE ***


CAPITOLO CINQUE
VERSO ALABASTA: I DUBBI DI ACE


Rivedere i vecchi amici di suo fratello di nuovo insieme aveva messo Ace di buon umore, anche se al moro non erano sfuggiti gli sguardi tristi e confusi che si scambiavano.
Il ragazzo sospirò e si mise a fissare incantato il mare e la lunga scia di piccole isole che si stagliava davanti ai suoi occhi. Su ognuna di quelle isole c’erano villaggi, persone e bambini che non vedevano l’ora di inseguire i propri sogni. Il sole scaldava l’aria nascosto dietro un banco di nuvole basse. Era davvero uno spettacolo superbo, la ragione principale per cui amava la vita che faceva, libero di seguire i propri sogni e sempre in giro per il mondo. Quel pomeriggio però neppure lo splendore della natura riusciva a distrarlo dai suoi pensieri.
Continuava a pensare agli strani incontri che aveva fatto in quel periodo, prima al Baratie e poi all’isola di Crocus. Sanji e gli altri non avevano ancora superato la cosa né sarebbero mai riusciti a farlo e quel testone non si decideva a cambiare idea. Ace aveva perso il conto delle volte che nel corso di qui sette anni si era ritrovato a parlare di quella storia con Rufy e Zoro.
I loro discorsi si ripetevano quasi uguali ogni volta, senza mai portare a nulla. Era fiato sprecato cercare di fare ragionare quel testone ma lui e Zoro non demordevano.
“Dovresti dire loro la verità..” ripeteva lo spadaccino come al solito, sperando che la presenza di Ace avrebbe fatto ragionare il suo capitano. Sapeva che erano parole al vento ma non perdeva la speranza che Rufy un giorno lo avrebbe ascoltato, che avrebbe cominciato a pensare un po‘ anche al suo bene e non solo a quello degli altri.
“Ti sei sacrificato per loro. È giusto che lo sappiano” faceva eco Ace. Aveva ripetuto così spesso quelle parole al fratello che gli sembrava quasi fiato sprecato. Una persona normale si sarebbe arresa all’evidenza che Rufy aveva la testa dura, Ace No. Lui era ancora più testardo del fratello ed era fermamente deciso a non darla vinta a Rufy. Prima o poi quell’assurda situazione avrebbe avuto fine e tutti gli interessati avrebbero smesso di farsi male a vicenda, di questo Ace era sicuro.  
Rufy di solito rimaneva in silenzio, senza dire nulla. Sapeva che Zoro ed Ace odiavano quei suoi silenzi, che provocavano in loro solamente rabbia ma non poteva farci nulla. Parlare sembrava così dannatamente complicato alle volte. Tutto quello che desiderava era che i suoi compagni fossero felici, il resto non importava. Possibile che Ace e Zoro non lo capivano e non si decidevano a lasciarlo in pace una volta per tutte?
“Sono orgogliosi, non riuscirebbero a sopportarlo.” biascicava dopo un po’, con lo sguardo fisso oltre la linea d’orizzonte.
“Hanno ragione.” mormorava Zoro pensando ai suoi compagni. Lui aveva scoperto la verità prima che fosse stato troppo tardi e aveva deciso di seguire il suo capitano a qualsiasi costo, fino alla morte. Sapeva bene che anche per loro era lo stesso. Se Rufy avesse detto loro la verità fin dall’inizio avrebbero deciso di seguirlo comunque proprio come aveva fatto lui, e probabilmente ci avrebbero rimesso la pelle.
Nonostante non lo avesse mai dato a vedere anche a lui erano mancati i suoi compagni ma sapeva bene che Rufy lo aveva fatto per il loro bene. Usop e Nami non avrebbero sopportato di vedere morire le persone che amavano per colpa loro, sarebbero morti di dolore oppure sarebbero impazziti.
“Ora le cose sono cambiate. Tu sei più forte, la marina ti teme e sei in grado di proteggerli. Perché non ci parli e non gli chiedi di tornare?” chiedeva Ace, sbattendo con violenza la realtà sotto gli occhi del fratello. In quei sette anni erano cambiate molte cose, Rufy era cresciuto ed era diventato ancora più forte. La marina non era più nella posizione di minacciarlo, specie se la vecchia ciurma si fosse riunita.
Zoro la pensava come Ace. In quei sette anni anche gli altri dovevano essere migliorati, insieme sarebbero tornati a essere i più forti. La marina e il mondo li avrebbe temuti, i dominatori di tutti i mari.
“Basta Ace! È una storia superata, per tutti.” chiudeva il discorso Rufy, chiudendosi nel mutismo più ostinato. Nessuno riusciva più a cavargli una parola di bocca e diventava intrattabile anche i giorni successivi.
Ace sospirò. Rufy, Sanji e anche tutti gli altri dicevano di essersi lasciati il passato alle spalle ma Ace sapeva che non era così; in realtà nessuno aveva superato quella storia. Rufy non aveva mai dimenticato la sua ciurma e non aveva permesso a nessuno di unirsi a loro, nemmeno ad Ace. Rufy non lo diceva ma sia Zoro che Ace sapevano che non voleva rimpiazzare i suoi amici. Quando li aveva guardati andare via quel giorno di sette anni prima Rufy aveva promesso a se stesso che nessuno li avrebbe mai più fatti soffrire, lui compreso. Si era tenuto informato durante quei lunghi sette anni, sapeva quasi ogni cosa di loro. Sapeva dove stavano, cosa facevano e che persone frequentavano. Sapeva se erano felici o no, se cambiavano isola o se si erano stabiliti su una in particolare. Rufy era persino riuscito a fare in modo che tutti i pirati della zona comprassero o facessero riparare le loro navi da Franky e Usop. I suoi informatori gli mandavano spesso degli aggiornamenti e facevano in modo che nessuno, marina o malintenzionati, desse loro fastidio. Rufy aveva fatto in modo che la vita dei suoi amici fosse il più possibile felice e senza problemi ma non aveva mai cercato di contattarli. Era il loro angelo custode, si prendeva cura di loro da lontano, senza essere visto. Se fosse rientrato nelle loro vite li avrebbe fatti soffrire e Rufy non voleva questo. Era convinto che con il tempo loro avrebbero dimenticato tutto, che si sarebbero scordati di lui nonostante lui fosse il primo che non riusciva a scordarsi di loro.
Ace era sicuro che si era sbagliato su tutta la linea, questo era ovvio. Quando aveva visto quei ragazzi Ace era riuscito a leggere nei loro occhi la sofferenza che albergava nei loro cuori. La stessa sofferenza che c’era negli occhi di Rufy nonostante lui cercasse di scacciarla sorridendo, fingendo di essere lo stesso scapestrato di sempre. Sette anni non erano bastati a dimenticare il capitano che aveva rischiato la sua vita per loro e che li aveva abbandonati senza un perché. Forse nemmeno una vita sarebbe bastata per quello, come dar loro torto.
Mentre la sua mente lo portava a rivangare vecchi ricordi la nave lo aveva condotto molto vicino a un’isola. Era la più grande dell’arcipelago e sembrava ospitare una città di modeste dimensioni. Ormai si stava facendo tardi e tra poco si sarebbe fatto buio. La cosa più sensata da fare era fermarsi per qualche ora a riposare e poi ripartire prima dell’alba, per non essere visto dalla marina. Ancorò la nave cercando di nasconderla il più possibile da sguardi nemici e si diresse verso la città con fare sicuro. Fu li che il destino lo portò ad incontrare una vecchia conoscenza.
“Accidenti, il mondo è davvero piccolo!” esclamò Ace sorpreso trovandosi di fronte Chopper. La piccola renna rimase immobile, come pietrificata.
“Ace?” balbettò stupita dopo qualche attimo di stupore. Choppper non era riuscito ad aggiungere altro. Era scappato dall’isola di Drum per trovare un po’ di pace in un posto dove nessuno lo conosceva ed ora si trovava di fronte Ace.
“Esatto! Prima Sanji, poi tutti gli altri e ora tu. Questa si è che è fortuna.” continuò Ace sorridendo mentre la gente lo urtava. Il moro si era fermato nel centro di una strada molto affollata ma non sembrava badarci più di tanto. Chopper squadrò a lungo il pirata che aveva davanti, senza dire nulla. Erano molti anni che non lo vedeva ma non era per nulla cambiato. Era sempre lo stesso di sempre, forte, deciso, sorridente ma allo stesso tempo pensieroso, triste ed enigmatico. Trovarsi di fronte il fratello di Rufy lo metteva a disagio e cosa peggiore, temeva che potesse esserci anche lui.
“Che ci fai qui?” chiese sospettosa la piccola renna guardandosi intorno frenetica.
“Il solito, viaggio qui e là per il mondo. E tu? Pensavo fossi tornato sull’isola di Drum..” rispose Ace cercando di capire in che isola fosse finito. Chopper sembrava essere in difficoltà, quasi che lo disturbasse parlare della sua isola natale.
“Me ne sono andato qualche tempo fa.” disse vaga la piccola renna. Ace intuì che una parte di lui non voleva dire di più mentre un’altra non vedeva l’ora di sfogarsi con qualcuno. Anche nei suoi occhi c’erano sofferenza e dolore, non c’era più la piccola renna spensierata che navigava con suo fratello sette anni prima. Era come se qualcuno gli avesse portato via la felicità e la voglia di vivere. Ace sospirò.
“Capisco. Sono molto affamato, che ne dici se andiamo a brindare al destino che ci ha fatto trovare? Così metto anche qualcosa sotto i denti e tu mi racconti tutto quello che ti è successo.” propose Ace, sperando di poter fare qualcosa per aiutare il suo vecchio amico. Se non avesse fatto nulla per aiutarlo non se lo sarebbe mai perdonato.
“Non so..” rispose titubante. La proposta di Ace era allettante, aveva proprio bisogno di sfogarsi con qualcuno ma temeva che con lui potesse esserci Rufy. Non aveva per niente voglia di trovarselo davanti e di raccontare quanto fosse triste e noiosa la sua vita da quando aveva lasciato la sua ciurma.
“Tranquillo, sono solo.” disse sorridendo Ace, intuendo ciò che metteva in crisi la piccola renna e spostandosi finalmente dal centro della strada.
“Allora va bene.” accettò Chopper, indicando una via che portava verso la collina. Ace lo seguì senza dire nulla e si ritrovò in una piccola casa. C’era una stanza sola e faceva anche da studio medico, Chopper viveva lì.
I due parlarono fino a tardi e quando Ace lasciò la casa dell’amico il sole era già sorto da un po’. Nonostante quell’incontro avesse ritardato i suoi programmi Ace era contento, Chopper sembrava stare meglio. Sfogarsi gli aveva fatto decisamente bene, per la prima volta in sette anni la piccola renna non si sentiva incompresa e attaccata.
Non aveva chiesto nulla ad Ace di Rufy, preferiva non sapere. Parlare del suo vecchio capitano gli faceva ancora male. Ace gli aveva solo detto che stava andando da lui ma la piccola renna non aveva voluto sapere dove.
Gli occhi però gli si erano illuminati però quando Ace gli aveva detto di avere incontrato gli altri. Sapere che i suoi vecchi compagni si erano ritrovati e avevano ripreso il mare insieme alla ricerca di un tesoro lo aveva fatto tornare quello di un tempo.
Improvvisamente aveva realizzato quanto gli fossero mancati in quei sette anni e aveva deciso che li avrebbe raggiunti. Avrebbe cercato una nave e sarebbe andato loro incontro. Non sapeva come ma li avrebbe ritrovati e sarebbe partito con loro verso nuove avventure e nuovi sogni.
Anche Ace alla fine aveva ripreso il mare alla volta di Alabasta. La sua metà era vicina, ancora qualche giorno e avrebbe raggiunto Zoro e suo fratello. Per tutto il tempo della navigazione si chiese cosa avrebbe fatto una volta lì. Nell’ultimo mese aveva scoperto molte cose sui vecchi amici di suo fratello, che effetto gli avrebbe fatto sapere tutto ciò? Lo avrebbe spinto a rivedere la sua decisione o lo avrebbe convinto ancora di più di aver fatto la scelta giusta. Mai come quella volta il moro non sapeva cosa fare e si ripromise di parlarne prima con Zoro.
Ace arrivò ad Alabasta di mattina, il porto era già in fermento pieno di vita e di colori.
Il sole splendeva e illuminava ogni cosa. Gli abitanti del regno sembravano più felici e allegri che mai. Alcuni bambini stavano saltellando verso la scuola mentre i loro genitori allestivano un banchetto di pesce al mercato. Nessuno badava a lui e sorridendo si avviò verso il palazzo reale dove sapeva che avrebbe trovato i suoi amici.
Il palazzi si trovava a pochi minuti dal porto ma Ace riuscì lo stesso a perdersi e dovette chiedere indicazioni a un vecchio signore che leggeva il giornale. Quando finalmente arrivò a scorgere il palazzo in lontananza Ace notò una figura a lui conosciuta seduta sui gradini del palazzo reale. Ace sorrise e ci si avvicinò.
“Era ora che arrivassi.” brontolò Zoro mentre Ace gli si sedeva accanto. Aveva notato l’amico da lontano grazie alla sua vista perfetta. Era da qualche giorno che aspettava l’arrivo dell’amico.
“Siete qui da tanto?” chiese Ace guardandosi intorno. Il regno di alabasta era uno dei più belli e floridi che avesse mai visto. Dopo aver cacciato Crocodile era tornato a splendere come non mai e il merito andava tutto alla principessa Bibi.
Zoro non rispose, si limitò ad alzare le spalle.
“Come va con Bibi?” chiese ancora Ace, alludendo alla storia tra la ragazza e il fratello. Un sorriso divertito si dipinse sui volti dei due ragazzi. Sia lui che Zoro avevano notato l’interessa della ragazza verso il capitano e pensavano che fossero proprio una bella coppia, sfortunatamente Rufy la pensava diversamente. Certo, non era indifferente alla bellezza della ragazza ma sapeva bene di non essere il tipo di uomo adatto a lei. Amava troppo il mare e la vita da pirata e di certo non ci avrebbe rinunciato per una ragazza. Nonostante questo però, viste le continue richieste della ragazza aveva deciso di accontentarla e di passare qualche giorno insieme a lei. Sarebbe stata anche l’occasione perfetta per chiarire la situazione. Ace e Zoro erano curiosi di vedere come si sarebbe evoluta la storia. Avevano anche fatto delle scommesse su come avrebbe reagito Bibi.
“Bene suppongo, non vedo Rufy da qualche giorno. Sicuramente se la sta spassando..” rispose Zoro sorridendo in modo malizioso. Ace riflettè per un momento, poi decise di approfittare dell’assenza del fratello per raccontare a Zoro degli incontri che aveva fatto negli ultimi tempi. Prima di decidere se parlarne anche a Rufy voleva sentire il parere dello spadaccino.
“Meno male. Senti, forse c’è un problema.” iniziò Ace chiedendosi come avrebbe reagito Zoro. Alla fine anche lui conosceva bene i ragazzi, sicuramente molto più di lui. Ace era sicuro che dentro di sé Zoro desiderava che tornassero a navigare di nuovo tutti insieme ma non avrebbe mai tradito Rufy.
“Problemi con la marina?” chiese Zoro sbadigliando e mettendosi comodo.
“No, ma al faro di Crocus ho visto Brook.” continuò Ace giocherellando con il suo cappello.
“Vive lì, no?” disse Zoro, diventando improvvisamente più attento alla conversazione. Era sicuro che c’era dell’altro. Ace non avrebbe nominato Brook se non ci fosse stato dell’altro.
“Si, ma con lui c’erano gli altri.” mormorò il moro, fermandosi a vedere la reazione dell‘altro. Zoro si era irrigidito improvvisamente.
“Cosa? Erano davvero tutti lì, insieme?” chiese Zoro confuso. Solo qualche settimana prima avevano avuto notizie dai vari informatori e sapevano che erano su isole diverse. Come potevano essere insieme? Doveva per forza essere avvenuto qualcosa di recente.
“Mancava solo Chopper, si è trasferito su un‘isola. L’ho incontrato qualche giorno fa. Gli altri penso stiano andando a cercare un tesoro o qualcosa del genere e lui li vuole raggiungere” spiegò Ace brevemente. Zoro si rilassò e torno ad essere impassibile come al solito. Ace sapeva bene che era solo una maschera e che anche lui era colpito da quelle novità.
“Perché pensi che sia un problema? Sono liberi di fare quello che vogliono.” rispose Zoro chiedendo gli occhi. Quello che facevano quegli idioti non erano più affari suoi anche se dentro di sé sperava che avessero finalmente deciso di chiedere spiegazioni a Rufy. Avevano passato sette anni a farsi del male, era ora che tutti riprendessero a ragionare.
“Sono tristi, abbattuti e sospettosi. Hanno cominciato a farsi delle domande, e vogliono avere delle risposte. Sono determinati, lo dovresti sapere meglio di me.” continuò Ace, preoccupato delle conseguenze che questa storia avrebbe avuto su Rufy, o almeno sulla sua già precaria salute mentale.
“Era ora che si svegliassero. Ad ogni modo non spetta a me dar loro le risposte che vogliono.” rispose secco Zoro. Sperava con tutto se stesso che quel branco di idioti si imbattesse nella loro nave. In quel caso Rufy sarebbe stato costretto a dare spiegazioni e quella storia si sarebbe finalmente risolta una volta per tutte.
“Cosa pensi che farà Rufy?” chiese Ace. Zoro non rispose subito, ci rifletté prima un po’ sopra. Rufy era troppo testardo per cambiare idea.
“Non lo so, credo cercherà di evitarli come ha fatto fino ad ora e continuerà a mentire.” disse Zoro alla fine. La cosa migliore sarebbe stata raccontare agli altri tutta la verità ma sapeva che Rufy non lo avrebbe fatto. Erano anni che lui ed Ace non facevano che ripeterglielo e non era mai servito a nulla.
“Dannazione, perché non si decide a raccontare la verità? Sarebbe la cosa migliore per tutti.” sbottò Ace profondamente irritato, tirando un pugno sulla scalinata di marmo. Zoro rimase nuovamente zitto, lo sguardo fisso davanti a sé.

Nel frattempo, molte isole e molte miglia più in là Nico Robin era incantata a guardare il mare. Chiunque non la conoscesse bene avrebbe creduto che andasse tutto bene, ma Nami sapeva che non era così. La sua amica era triste e persa nei propri pensieri.
“A che stai pensando?” chiese Nami all’amica pensierosa. Robin rimase per un po’ zitta, continuando a fissare il mare. Raccontare a Nami di quello che la affliggeva era inutile, non avrebbe capito. Da sette anni la navigatrice provava un odio intenso per Rufy e non voleva sentire parlare di lui.
“Sappiamo che Ace è diretto ad Alabasta per incontrare Rufy e Zoro. In questo momento quei due sono lì, con Bibi.” rispose Robin alla fine, continuando a fissare il vuoto. Il nome del loro vecchio capitano aveva attirato tutta la ciurma e aveva provocato una prevedibile reazione in Nami. La ragazza era diventata rossa e le mani le tremavano leggermente per la rabbia.
“Un ottima ragione per tenerci lontano da Alabasta!” rispose Usop seccato. Nami annuì decisa, mai come quella volta era d’accordo con il cecchino. Più lontano stavano da Rufy e meglio era per tutti loro.
“Oppure una buona ragione per andarci a prendere le nostre risposte. Non possiamo scappare per sempre dalla verità.” disse Sanji in tono serio avvicinandosi al gruppo. Robin aveva ragione, dovevano capire. Zoro era un idiota e una testa d’alga ma non era uno stupido e non si lasciava mettere i piedi in testa da nessuno. Se navigava ancora con Rufy doveva esserci una ragione valida e lui voleva sapere quale fosse.  
“Noi non stiamo scappando! Sono passati sette anni, abbiamo la nostra vita e stiamo cercando un tesoro. Dobbiamo cambiare tutti i nostri progetti per lui?” sbottò Nami furibonda. Nessuno osò contraddirla e sulla nave tornò ad esserci silenzio.
“Non possiamo prendere una decisione avventata, potrebbe essere l’unica occasione per trovare Rufy.” cercò di farla ragionare Franky. Anche lui come Sanji e Robin voleva delle risposte. Brook fissava la scena senza dire nulla. La situazione era davvero delicata, avrebbero dovuto decidere se andare a cercare Rufy. Il rischio era dividersi nuovamente e lo scheletro non voleva perdere i suoi amici proprio ora che si erano ritrovati.
“In questo caso la perdo volentieri!” rispose ancora Nami seccata.
“Basta ragazzi, litigare non serve a nulla.” disse alla fine lo scheletro, cercando di riportare la pace e la calma sulla nave.
“Ha ragione, dormiamoci sopra. Domani decideremo con calma.” concluse Robin tornando a guardare il mare.
“Come volete, ma io resto della mia idea.” sbottò irritata la navigatrice mentre andava a controllare le carte per cercare un posto tranquillo nel quale gettare l’ancora.
ANGOLO DELL'AUTRICE:
graaazie mille a tutti quelli che leggono e commentano la mia storia!
grazie per ogni attimo del vostro tempo che dedicate a leggere quello che scrivo, mi fa davvero moltissimo piacere!
grazie in particolar modo a quelli che commentano sempre.
vi lascio con qualche domanda..
- che faranno sanji, nami e tutti gli altri: andranno ad alabasta a chiedere spiegazioni a Rufy o se ne terranno lontani? si divideranno di nuovo? incontreranno Chopper?
- dove è finito Rufy con Bibi?
- Ace e Zoro gli diranno di cosa stanno facendo gli altri? che farà Rufy?
spero che queste domande vi abbiano incuriosito abbastanza da seguire la mia storia.. XD
SCIAINI: grazie mille per il tuo commento!
spero che questo capitolo ti sia piaciuto quanto il predente ma mai quanto il prossimo! XD
BLACKHORSE96: grazie mille per aver commentato la mia storia!
ti ringrazio per i complimenti anche se mi sembra troppo paragonarla ad un'opera d'arte. sei davvero un tesoro però! XD
questa storia è decisamente complicata e sto cercando di fare in modo che emergano le ragioni di tutti: da una parte Rufy che è stato costretto a fare così ma anche gli altri che hanno subito questa decisione senza capirla e Zoro che vorrebbe che tutto tornasse come prima.
mi fa piacere vedere che sto riusciendo nel mio intento e che la gente lo apprezza! GRAAAZIE!
SAISAI_GIRL: grazie per il commento!
all'inizio avevo pensato di far trovare loro il cappello ma poi ho cambiato idea. più avanti nella storia si capirà perchè era importante che non lo vedessero lì. XD quando ho iniziato a scrivere la storia Ace non era previsto, mi serviva solo per far parlare un po' Sanji di sè ma ora sta cominciando a diventare importante. hai presente quando scrivi ed è come se i personaggi "vivessero" e si ritagliassero spazi nella storia da soli? (ti giuro che io ho capito quello che ho scritto e che non sono pazza.. non so se mi sono spiegata bene però..)
gli altri non si sono posti domande perchè erano troppo arrabbiati con Rufy, ora che sanno che è con Zoro stanno cominciando a volere capire anche loro. tranquilla, non mi stanchi.. anzi! adoro i commenti lunghi, vuole dire che la mia storia ti ha davvero colpito tanto! XD alla prossima, bacio.
SMEMO92: graaazie mille per il commento!
è bello ritrovarti anche in questa storia! XD sai che anche io comincio a essere confusa? scherzo ovviamente! XD ad ogni modo le risposte le possono avere solo da Rufy, Zoro non rivelerebbe mai un segreto del suo capitano se questi non vuole.
ad Ace Rufy non deve dire nulla di importante. nel biglietto c'era scritto solo che lui e Zoro si trovavano ad Alasta. nella mia mente in questi sette anni Ace, Zoro e Rufy si sono trovati spesso a navigare insieme e si danno appuntamento lasciando lettere qua e la.
per quanto riguarda Chopper, sarà lui stesso ad andargli incontro. XD
MILENA83:grazie mille per il tuo commento!
eh si, il clima era un po' teso. alla fine di questo capitolo ancora di più.. i ragazzi dovranno decidere cosa fare, se andare o meno ad Alabasta.

GRAAAZIE MILLE A TUTTI!
alla prossima...





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Capitolo 8
*** TEMPO DI DECISIONI E DI MOLLARE GLI ORMEGGI ***


CAPITOLO SEI
TEMPO DI DECISIONI E DI MOLLARE GLI ORMEGGI

Nami si era svegliata presto quella mattina ed era salita sull’albero maestro a vedere in mare. Era lontana da tutto e da tutti eppure allo stesso tempo così vicina. Stare lassù la faceva sentire al sicuro e allo stesso tempo in pace con se stessa.
Aveva passato tutta la notte a ripensare alle parole della sera prima, cercando di capire cosa fosse giusto fare. Quella discussione l’aveva lasciata piuttosto scossa. Non voleva perdere i suoi compagni una seconda volta ma allo stesso tempo non voleva avere nulla a che fare con Rufy.
Doveva riflettere e trovare un buon compromesso in grado di risolvere quella terribile situazione nel migliore dei modi. Sarebbe stato terribile separarsi ancora dai suoi compagni come era già successo.
“Nami, tra un po’ la colazione è pronta” chiamò Usop con voce ancora impastata dal sonno, sbracciandosi per attirare l‘attenzione della ragazza. Nami rimase ancora un paio di minuti immersa nei propri pensieri, cercando di prepararsi a quello che sarebbe successo di lì a poco. Dopo la colazione, o forse anche durante, la discussione sulla destinazione del loro viaggio sarebbe certamente ripresa e lei non era ancora sicura di avere trovato una buona risposta.
Una volta scesa dall’albero maestro Nami notò che Usop era ancora lì, non si era mosso nemmeno di un passo.  Era teso e nervoso, si vedeva lontano un miglio che qualcosa lo tormentava e che voleva parlarne con la navigatrice. La ragazza sospirò e si sedette al fianco del cecchino. Ad amico non si nega mai una spalla su cui piangere o sfogarsi.
“Che c’è Usop? Centra con la discussione di ieri sera?” chiese Nami appoggiando la testa sulla spalla di Usop.
“Caspita che intuito!” rispose lui con fare ironico.
“Ti va di parlarne?” chiese ancora la ragazza, guardando Usop negli occhi. Il ragazzo abbassò subito lo sguardo, quasi gli pesasse. Nonostante tutto quel tempo erano ancora in grado di capirsi al volo. Usop aveva intuito che la ragazza di riferiva al loro vecchio capitano.
“Di Rufy? No grazie. È fuori dalla mia vita, non conta più nulla per me. Dovrebbe essere così anche per gli altri..” sbottò Usop incrociando le braccia. Nami lo fissò per un po’, e nonostante la serietà del momento non poté fare a meno di scoppiare a ridere. Nemmeno lei riusciva a spiegarsi come mai i loro compagni volessero a tutti i costi trovare Rufy. Che potevano volergli dire?
“Ti capisco benissimo, anche io la penso come te. Gli altri però vogliono delle risposte. Fino a che non le avranno resteranno pensierosi e tristi e finirebbero per prendersela con noi perché abbiamo impedito loro di averle.” disse Nami sospirando. Era convinta che Rufy non avrebbe dato loro delle risposte, che li avrebbe fatti stare ancora peggio di quanto aveva già fatto in passato.
“Io non voglio che la nostra ciurma si divida di nuovo. Ci siamo appena ritrovati!” esclamò Usop con le lacrime agli occhi. Nel suo sguardo sconsolato e nei suoi gesti tristi Nami rivide gli stessi dubbi e la stessa sofferenza che l’aveva attanagliata quella notte.
“Nemmeno io lo voglio, per questo penso che la decisione migliore sia andare ad Alabasta.” spiegò Nami. Alla fine aveva capito che era la cosa migliore da fare. Lo doveva ai suoi amici, era l’unico modo per non perderli. Doveva fare in modo che si convincessero da soli, che sbattessero la testa e che capissero che razza di persona era i loro ex capitano Rufy.
“Vuoi vedere davvero Rufy?” chiese Usop dubbioso. Conosceva bene Nami, e sapeva che nemmeno lei aveva una gran simpatia per Rufy al momento.
“Non ne ho la minima intenzione! Ma è giusto che gli altri abbiamo la possibilità di vederlo, di fargli domande e di avere risposte. Solo così potranno mettersi l’anima in pace una volta per tutte. Io penso che me ne rimarrò sulla nave.” spiegò Nami sorridendo. Usop la fissò per un po’ senza dire nulla, poi iniziò ad annuire piano.
“E dopo faremo rotta sul tesoro?” chiese Usop con un tono stranamente serio che di solito non gli apparteneva.
“Ovvio!” rispose Nami con un sorriso che gli andava da una parte all’altra del viso. Usop annuì ancora e la ragazza lo abbracciò. Proprio in quel momento vennero raggiunti dagli altri. Sanji aveva deciso che la giornata era troppo bella per stare rinchiusi tra quattro pareti, così aveva preparato ogni cosa per fare colazione sul ponte della nave.
“La mia dolce principessa Nami. Hai passato una notte piacevole?” urlò Sanji avvicinandosi ai ragazzi. Alle sue spalle c’erano gli altri, tutti un po’ assonnati e silenziosi ma anche stupiti per le leccornie che il cuoco aveva disposto sulla tavola.
“Diciamo di si, anche se più che dormire ho pensato.” rispose Nami senza smettere di sorridere. I ragazzi si sedettero a tavola e iniziarono a mangiare senza dire nulla. Tutti loro temevano quella discussione e stavano cercando di rimandarla il più possibile.
“Dobbiamo decidere che fare..” iniziò Robin con un tono insicuro che di solito non gli apparteneva.
“Mi sembra di capire che si tratta di scegliere tra cercare Rufy e fargli domande e andare per la nostra strada.” continuò Franky per lei.
“Rufy è il nostro passato, non possiamo ignorarlo. È giusto che capiamo se esiste qualche ragione valida che lo ha portato ad agire così.” rifletté Brook. Era evidente che la decisione per loro era presa e che volevano sapere che ne pensavano anche Nami e Usop. Nami si voltò verso il cecchino, che ascoltava i compagni e teneva la testa bassa.
“Nami, Usup voi che ne pensate?” chiese Sanji tornando serio. Lo sguardo di tutti si portò su Nami e su Usop. Entrambi erano immobili e silenziosi. I due ragazzi erano certo quelli che avevano sofferto di più per la loro separazione.
“Io non voglio più sapere nulla di Rufy. Per quanto mi riguarda ha sbagliato e non si merita la nostra attenzione. Però non voglio perdere voi..” disse alla fine Usop, ormai completamente in lacrime. I ragazzi sembrarono colpiti da quelle parole.
“Io e Usop prima abbiamo parlato sul ponte. Non condividiamo l’idea di cercare Rufy e di vederlo, ma sappiamo che per voi è importante.” spiegò Nami.
“Quindi?” chiese Robin timidamente.
“Quindi va bene andare a cercarlo, voi farete tutte le domande che volete ma io e Nami non vogliamo saperne nulla di lui.” concluse Usop sorridendo. I ragazzi si scambiarono dei grossi sorrisi, poi corsero ad abbracciare Nami e Usop, coscienti di quanto fosse stato difficile per loro prendere quella decisione.
“Dopo ripartiremo per la nostra avventura.” promise Sanji.
“Dici davvero Nami?” chiese Franky fissando la ragazza. Non gli sembrava vero che avesse preso quella decisione.
“Certo Nico Robin, dobbiamo lasciarci il passato alle spalle. Se per farlo a voi serve rivedere quel verme va bene.” spiegò Usop. I ragazzi fissarono quei due loro compagni con occhi nuovi.
“Allora è deciso, rotta verso Alabasta!” urlò Brook brandendo il suo bastone.
“Ci conviene muoverci però, prima che riparta per chissà dove.” rifletté Nami pensierosa.
“Ad Alabasta!” urlarono insieme i ragazzi.
 
Zoro ed Ace erano seduti al tavolino di una locanda, troppo occupati a parlare tra loro per prestare attenzione alle splendide ragazze che non toglievano loro gli occhi di dosso da ore. Una barista continuava a ronzar loro intorno con insistenza ma i due ragazzi sembravano non volerne sapere nulla.
“Buon giorno!” salutò Zoro vedendo spuntare dal nulla il suo capitano che aveva l’aria di uno che non dormiva da un bel po’. Nonostante la stanchezza sul volto di Rufy c’era il suo solito sorriso che si illuminò ancora di più alla vista del fratello.
“Ace! Che dite di bello?” esclamò il ragazzo, felice di rivedere il suo amato fratellone.
“Sei tu quello che dovrebbe avere qualcosa da raccontare.” rispose il moro con le lentiggini alzandosi per abbracciarlo come si deve.
“Uffa, quante volte lo devo dire che tra me e Bibi non c’è assolutamente nulla. Smettetela con questa storia.” brontolò Rufy sbuffando. Zoro e Ace si guardarono e scoppiarono a ridere senza ritegno, mentre Rufy si guardava intorno fingendosi offeso.
“A lei lo hai detto?” chiese malizioso Zoro indicando al nuovo arrivato una sedia.
“Diciamo di si..” iniziò Rufy grattandosi la testa mentre si lasciava cadere sulla sedia con poca grazie.
“Come l’ha presa?” chiese Ace beccandosi un’occhiataccia dal fratello. Era arrivato da poco e sapeva già tutto, Zoro aveva proprio deciso di mettere i manifesti e di raccontare i fatti suoi al mondo. Mancava solo che anche la marina gli mandasse un messaggio o una lettera per informarsi circa gli sviluppi della sua vita sentimentale. A volte Zoro sapeva essere per davvero peggio di una donna dal parrucchiere.
“Pensavo peggio.” rispose Rufy mantenendosi sul vago.
“Ma scusa, se sei venuto qui per dirle che non puoi avere una storia con lei perché siete spariti insieme per due giorni?” chiese Zoro sempre più curioso e sempre più malizioso.
“Usa un po’ di fantasia..” mormorò Ace scambiandosi un’occhiata di intesa con lo spadaccino. Rufy cominciò a tossire nervosamente, senza ne confermare ne smentire le insinuazioni dei due.
“Uffa, ma voi non avete proprio niente di meglio da fare?” balbettò alla fine, rosso in viso e decisamente nervoso, sperando di convincerli a cambiare discorso.
“Una questione seria ci sarebbe..” iniziò Zoro facendosi d‘improvviso serio. Si immaginava come sarebbe finita la loro conversazione.
“Sentiamo.” rispose Rufy mettendosi comodo e rubando del cibo dal piatto di Ace come faceva di solito. Stranamente il fratello non lo rimproverò ma lo lasciò fare.
“Non so se ti piacerà però.” continuò lo spadaccino indeciso se raccontare tutto o meno.
“Di che si tratta?” chiese il capitano impaziente.
“Novità sui ragazzi.” rispose Ace venendo in aiuto di Zoro. Rufy smise di mangiare e rimase immobile.
“Si sono fatti vivi gli informatori?” chiese dopo un lungo istante di silenzio. Ace e Zoro si scambiarono un’occhiata prima che uno dei due si decidesse a rispondere.
“No, Ace li ha incontrati. Sembra che li abbiamo mancati di qualche giorno al faro della reverse mountain.” spiegò Zoro, bene attento alle reazioni del suo capitano. Sapeva bene che bastava poco per farlo scattare.
“E quindi?” chiese Rufy cercando di nascondere l’ansia che lo aveva assalito. Nella sua testa si erano formate mille domande. Che ci facevano insieme al faro? I suoi informatori gli avevano detto che erano separati, su isole diverse e con obiettivi diversi.
“Viaggiano di nuovo insieme e hanno cominciato a farsi delle domande. Forse sarebbe ora che tu dessi loro delle risposte.” spiegò meglio Ace, avendo cura di scegliere bene le parole, l’ultima cosa che voleva era che finissero a pugni. Il suo adorato fratellino aveva un cuore grande, ma era anche l’essere più testardo che avesse mai conosciuto.
“Abbiamo fatto questo discorso molte volte, ormai dovreste conoscere la mia idea in proposito.” rispose Rufy gelido. Perché tutte le volte dovevano finire a parlare del passato? Aveva preso una decisione tanti anni prima, era stata una decisione difficile e ora doveva portarla avanti. Doveva farlo per i suoi compagni, per fare in modo che non succedesse nulla di male a loro.
“Ma Rufy ragiona..” implorò Ace, cercando inutilmente di fare ragionare il fratello. La gente intorno a loro aveva preso a guardarli, curiosa.
“No, la mia idea rimane la stessa.” rispose Rufy alzandosi dal tavolo. Improvvisamente gli mancava l’aria, sentiva il bisogno di uscire e fare due passi da solo senza Zoro o Ace intorno. Voleva solo rimanere da solo e pensare.
“Idiota.” mormorò Zoro a bassa voce.
“Zoro, domani mattina presto partiamo. Ace se vuoi venire con noi sei bene accetto.” comunicò Rufy con una voce priva di espressione mentre si allontanava dai due ragazzi. Zoro lo guardò andare via scuotendo la testa, poi sospirò. Doveva aspettarselo che sarebbe finita così, eppure non aveva ancora smesso di sperare che tutto tornasse come era stato un tempo, tanti anni prima.
“Ha la testa dura.” commentò Ace con un mezzo sorriso. Anche lui sapeva come sarebbe finita ancora prima di iniziare.
“Sapevamo tutti e due come avrebbe reagito.” mormorò Zoro alzando le spalle.
“Non hai intenzione di fare niente tu?” chiese Ace, fissando attentamente lo spadaccino per cercare di indovinare le sue prossime mosse.
“Per il momento No. Alla fine non è ancora successo nulla, quel branco di babbei ha solo ripreso a navigare insieme..” disse Zoro dopo averci pensato un po’ su.
“Ma se dovesse trovarvi e fare domande?” chiese ancora Ace.
“Quando quel giorno arriverà vedrò di pensare a cosa fare.” rispose Zoro alzandosi anche lui e lasciando Ace solo.
Zoro prese a camminare per le vie di Alabasta mentre la sua mente correva veloce. I suoi compagni avevano ripreso a navigare insieme, ma questo non voleva dire assolutamente nulla. Tutti loro erano arrabbiati a morte con Rufy e non sapevano come erano andate veramente le cose, probabilmente non avevano nessuna intenzione di cercarli. Zoro alzò le spalle. In più c’era da considerare che l’oceano era grande, e lui e Rufy erano dannatamente bravi a non farsi trovare. La probabilità di trovarseli di fronte era molto basse, anche se forse solo in quel caso Rufy si sarebbe finalmente deciso a fare i conti con il passato.
ANGOLO DELL'AUTRICE:
graaazie mille per essere arrivati a leggere fino a qui nonostante la mia prolungata assenza.
ringrazio chi ha commentato lo scorso capitolo e quell'anima gentile che mi ha contattata per mail: sono queste piccole cose a rendere davvero felice un'autrice! XD
SAISAI_GIRL: grazie mille per il commento.
beh, ogni autore ha le sue fisse, una delle mie quando scrivo di one piece è Ace. adoro quel personaggio, e quando scrivo una storia mi viene naturale dargli importanza, pur senza  inserirlo nella ciurma ufficiale. che vuoi che ti dica, questa è pazzia pura.. SONO MATTA! XD
riguardo Rufy e Bibi, spero che tu abbia capito.. non mi andava di alzare il rating della storia! XD il prezioso cappello di paglia al momento è ancora a casa di Crocus al faro, su questo niente mistero! XD
MILENA83: grazie mille per il commento.
sei stata davvero un tesoro a recensire, e spero che lo farai anche se erano secoli che non aggiornavo! XD
SMEMO92: grazie mille per il commento!
Zoro ed Ace ci hanno provato anche sta volta, ma hanno solo ottenuto di alterare Rufy e fargli decidere di andarsene.. come faranno gli altri a incontrarlo? XD

GRAAAZIE MILLE, AL PROSSIMO AGGIORNAMENTO! XD

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Capitolo 9
*** UNA CIURMA PARTE, UN'ALTRA SI RITROVA ***


CAPITOLO SETTE
UNA CIURMA PARTE, UN’ALTRA SI RITROVA

Rufy aveva mantenuto la sua parola, e il mattino seguente era in porto a sistemare ogni cosa per la partenza mentre Zoro dormiva ancora sottocoperta. I due ragazzi non avevano più parlato dopo la discussione al bar. Mentre caricava gli ultimi barili a bordo Rudy si guardava intorno, incantato dalla vista del mare di prima mattina.Il volto del capitano era stanco e segnato da occhiaie che lasciavano intendere che la notte precedente non aveva quasi chiuso occhio. Intorno a lui non c’era nessuno, nemmeno i pescatori che erano ancora intenti a pescare in mezzo al mare. Tutta quella tranquillità dava modo a Rufy di rimanere solo con i suoi pensieri.
Quando aveva lasciato Zoro ed Ace era tornato al castello, da Bibi. Lo aveva fatto senza pensarci troppo, andare da lei era stato un gesto automatico. Il ragazzo aveva pensato che passare qualche ora con l’amica l’avrebbe aiutato a stare meglio, sfortunatamente la ragazza era abbastanza scossa e Rufy si era ritrovato a litigare di nuovo con lei. Non poteva biasimarla, solo poche ore prima gli aveva detto che se ne sarebbe andato e che non potevano stare insieme, come poteva pretendere che la ragazza lo accogliesse a braccia aperte? I due avevano bisticciato un po’, questione di pochi minuti, poi i sentimenti che Bibi provava per il pirata avevano avuto la meglio sul suo orgoglio ferito.
“Perché non affronti il tuo passato? Sono i tuoi amici.. Le persone a cui anni fa avevi affidato la tua vita.” aveva consigliato lei, con un tono infinitamente triste. Anni prima, quando avevano navigato insieme, aveva potuto constatare di persona quanto fossero affiatati i pirati di Cappello di Paglia. Era triste pensare che ora non si parlavano nemmeno più, forse solo per un malinteso.
“Non mi va di parlarne.” era stata la risposta secca con cui Rufy aveva chiuso la discussione.
Quelle parole avevano avuto il poter di far perdere a Bibi le staffe.

“A te non va mai di parlarne. Di la verità, non vuoi parlarne con me. Che c’è, non ti fidi?” aveva chiesto Bibi, rossa in viso per la rabbia.
Rufy non aveva risposto ed aveva preso a fissare un arazzo sulla parete di fronte. Ritraeva il re insieme a una donna, forse la madre di Bibi o addirittura Bibi stessa. La bellezza della donna sull’arazzo lo aveva colpito particolarmente ed era rimasto a fissarlo per un bel po’, come incantato.  
“Ho sbagliato a venire qui da te. Scusa, dimentica tutto quello che ho detto.” aveva risposto Rufy senza guardarla negli occhi. Andare da lei era stato un errore, aveva solo complicato le cose e reso più dura per tutti e due la partenza. Rufy non poteva più stare ad Alabasta, il suo passato poteva raggiungerlo da un momento all’altro, e Bibi invece non poteva andare via. La loro storia era destinata a finire ancora prima di essere iniziata sul serio. Tutto quello che c’era stato era solo una lunga e perfetta notte d’amore, un sogno, o forse un solo una breve illusione.
“Rufy..” aveva provato a chiamarlo lei mentre il ragazzo si stava già allontanando. Qualcosa diceva a Bibi che questa volta non sarebbe più tornato da lei. La ragazza si fece coraggio e ricacciò indietro le lacrime. Doveva essere forte.
“Domani parto, è meglio che la marina non ti veda al porto oppure ti faranno mille domande.” aveva poi detto lui senza girarsi, con un tono di voce che non tradiva nessuna emozione. Improvvisamente per Bibi la situazione era diventata insostenibile e si era aggrappata al braccio del pirata con tutte le sue forze. Non voleva che lui se ne andasse, voleva trattenerlo lì. Non poteva lasciarla sola.
“Perché così presto? Avevi detto che saresti rimasto ancora un po’..” aveva scongiurato lei, mentre le lacrime che a lungo aveva trattenuto cominciavano a bagnarle il bel viso. Rufy aveva sospirato ed aveva preso a fissarla a lungo prima di rispondere. Era così dannatamente bella. Ormai era diventata una donna, nel suo viso non vi era più traccia della ragazzina impaurita che aveva incontrato tanti anni prima durante la rivolta del suo paese.
“Te l’ho già detto. Ace mi ha detto che li ha incontrati.. Loro sanno che sono qui e forse vorranno cercarmi e farmi domande a cui non posso rispondere.” aveva spiegato lui, paziente, fissandola negli occhi e cercando di imprimere bene nella sua memoria ogni dettaglio del suo viso.
“Perché?” aveva chiesto lei in modo quasi infantile, senza lasciare il braccio di Rufy. Il ragazzo sospirò nuovamente.
“Se te lo dicessi tu poi lo diresti a loro.” aveva mormorato alla fine, avvicinandosi alla ragazza e sfiorandole il viso. Le loro labbra si erano trovate improvvisamente vicine. Prima che se ne rendessero conto si stavano baciando.
Bibi stringeva a sé Rufy, mentre si perdeva nel suo bacio che sapeva di sale, di mare e di libertà.

“Per favore, dimmi la verità. Non ti tradirei mai, lo sai. Considerala la mia ultima richiesta..” aveva implorato Bibi. Rufy l’aveva fissata a lungo negli occhi. Entrambi avevano capito che quello era un addio. Il pirata decise così di fidarsi.
“Sette anni fa li ho mandati via per proteggerli.” aveva detto Rufy alla fine.
Raccontare quella storia a qualcuno dopo tanti anni era come liberarsi di un peso.

“Da cosa?” aveva chiesto Bibi, stupita e curiosa allo stesso tempo.
“Da me. La marina mi cercava e pur di arrestarmi era disposta a tutto, anche di fare del male a loro. Non potevo permetterlo. Li ho mandati via, ho fatto in modo che mi odiassero e poi ho realizzato il mio sogno, sono diventato il più forte per poterli proteggere. Non posso permettere che loro sappiano, non se lo perdonerebbero mai.” aveva raccontato Rufy, accarezzando piano il viso della ragazza. Dopo che il pirata ebbe finito di parlare per un po’ cadde il silenzio. In quegli attimi di attesa Rufy si chiese se Bibi avrebbe davvero mantenuto quel segreto, o meno.
“Ti mancano?” aveva chiesto ancora la principessa, cercando lo sguardo sfuggente del pirata, ancora ben stretta nel suo abbraccio.
“Senza di me stanno meglio, per loro sono sempre stato solo un idiota.” aveva detto Rufy alzando le spalle fingendosi indifferente, mentre sul suo volto si disegnava un sorriso malinconico.
“Sai bene che non è così.” aveva protestato lei, abbracciandolo un ultima volta.
“È quello che pensano ora, e a me va bene.” aveva risposto lui, allontanandola dolcemente.
L’aveva guardata ancora per qualche istante, poi si era avviato lentamente verso la porta.

“Ti odio Rufy. Come puoi mentire così alle persone che ami?” gli aveva urlato contro Bibi sperando che lui tornasse indietro o quanto meno di fermasse. Rufy però era già lontano, stava scendendo le scale. Se ne stava andando da lei, per sempre.
“Addio Bibi..” aveva mormorato piano mentre usciva dal castello e si dirigeva al porto dove sicuramente Zoro lo stava aspettando.
Proprio le parole dello spadaccino, finalmente sveglio, riportarono Rufy alla realtà. “Capitano, ci sei?” chiese Zoro, destando l’amico dai pensieri della sera prima. Lo spadaccino si era svegliato da poco e aveva una cera decisamente migliore del suo capitano.
Rufy annuì poco convinto, non si sentiva bene e gli girava la testa, ma non ci fece troppo caso.

“Scusa, stavo pensando ad altro..” rispose Rufy distrattamente, guardandosi attorno per cercare suo fratello con lo sguardo.
Di Ace non c’era traccia, ma Rufy non parve preoccupato. Era tipico di suo fratello sparire, cadere addormentato da qualche parte e tornare all’improvviso facendo una delle sue entrate ad effetto.

Nella testa del capitano si rincorrevano mille pensieri diversi. Pensava alla sua ciurma che stava navigando in balia di chissà quali pericoli, alle parole di suo fratello e a quelle di Zoro e soprattutto pensava a Bibi.
Istintivamente il pirata si volto e lanciò un’ultima occhiata al castello. Sicuramente Bibi era laggiù, sulla torre più alta che lo guardava allontanarsi. Forse il suo volto era rigato di lacrime mentre ripensava alla storia della principessa infelice e del pirata che amava la sua libertà. Lei gli aveva offerto di diventare re della sua terra, ma lui voleva dominare i mari.
Rufy sospirò. Aveva preso la decisione migliore, insieme sarebbero stati solamente infelici, non avrebbero avuto un futuro.

“Me ne sono accorto da solo.” ribatté Zoro, arrampicandosi sull’albero maestro per sistemare le vele.
Rufy si guardò intorno un’ultima volta a controllare che tutto fosse in ordine e che le provviste fossero state caricate.

“Sicuro di partire?” chiese Ace, appoggiando una mano sulla spalla del fratellino.
“Sicuro di non venire con noi?” chiese Rufy in risposta con un sorriso.
“Sono un solitario, lo sai. Devo sistemare un conto in sospeso con un tizio che mi lasciato una cicatrice come ricordo.” spiegò Ace, indicando la ferita che gli aveva medicato qualche tempo prima Crocus al faro.
“Mi fa quasi pena. Non fargli troppo male.” si raccomandò Zoro, preoccupato per le sorti del povero pazzo che aveva osato mettersi contro ad uno come Ace Pugno di Fuoco. Dopo tutto, uno che aveva un soprannome del genere tanto tranquillo non poteva esserlo, era incredibile che al mondo ci fossero tanti pirati ansiosi di finire sotto terra prima del tempo.
“Dipende da come si comporta lui. Ci troviamo alla solita isola?” chiese Ace guardando prima Zoro e poi Rufy.
Il capitano parve pensarci qualche secondo, poi annuì.

“Certo, ho proprio bisogno di un po’ di riposo.” mormorò Rufy pensieroso.
Zoro non disse nulla ma lanciò al compagno un lungo sguardo preoccupato.

“Senti fratellino, per quella storia dei tuoi compagni..” iniziò Ace.
“Non sono più i miei compagni e non mi va di parlarne.” lo bloccò subito il fratello minore, lanciandogli un’occhiataccia. Ace decise di non sfidare ulteriormente la pazienza del fratello e saltò sulla propria imbarcazione.
“Come vuoi, ci vediamo presto.” salutò il fratello maggiore prendendo il largo.
Rufy e Zoro rimasero soli nel porto silenzioso, mentre le onde si infrangevano piano sulla loro nave. Senza dire nulla Rufy andò al timone e guidò con mano sicura l’imbarcazione verso il mare aperto. Lo spadaccino si sedette alle sue spalle, la schiena appoggiata all’albero maestro e gli occhi semichiusi.
“Hai la testa dura.” commentò Zoro, dopo qualche ora che avevano preso il largo. Rufy in risposta alzò le spalle.
“Se non ti va bene il mio modo di fare sei libero di raggiungerli. Ti chiedo solo di tenere la bocca chiusa.” rispose Rufy, infastidito. Zoro sospirò.
“Sei un idiota, sai bene che senza di me ti prendono tra tre giorni.” rispose lo spadaccino, prendendo il posto dell’amico al timone. Rufy era esausto e sembrava anche avere qualche linea di febbre, aveva decisamente bisogno di dormire qualche ora.
“Si, si.. Come vuoi. Buona notte.” disse Rufy, mettendo fine a quella discussione.
Mentre i due ragazzi si allontanavano da Alabasta una nave pirata ci si avvicinava sempre di più. Nonostante viaggiassero insieme già da qualche settimana la vecchia ciurma di Cappello di Paglia non si era ancora data un nuovo nome, ne aveva disegnato una nuova bandiera. Erano pirati e basta, senza simboli e senza legami con il passato. Non avevano nemmeno nominato un nuovo capitano, nonostante Usop non facesse altro che cercare di convincere i compagni a scegliere lui.
Nonostante fosse presto quella mattina erano già tutti svegli, ognuno occupato nei propri compiti.
Sanji riordinava la cucina, Usop scrutava l’orizzonte, Nami controllava la rotta insieme a Robin, Franky era chiuso nel suo laboratorio a inventare qualcosa e Brook componeva una nuova canzone per divertire i compagni.

“Ragazzi!” chiamo Usop dalla torre di vedetta, cercando di attirare l’attenzione dei compagni. I ragazzi alzarono la testa nella sua direzione, senza interrompere quello che stavano facendo.
“Terra in vista?” chiese Nami, ansiosa. Navigavano da giorni ormai, e la terra non doveva essere troppo lontana.
Di li a poco sarebbero sbarcati e si sarebbero trovati di fronte il loro vecchio capitano, il ragazzo che avevano deciso di seguire che li aveva allontanati sette anni prima. La ragazza era più che mai in ansia.

“No, uomo in mare.” rispose Usop deciso. Quelle parole ebbero il potere di mettere in allarme tutto l’equipaggio che subito si precipitò sul ponte.
“Dove?” chiese Franky, scrutando l’orizzonte senza vedere nulla. Le onde erano piuttosto alte e nascondevano la visuale al cyborg.
“Di fronte a noi. C’è una piccola nave alla deriva..” spiegò Usop, dando indicazioni ai compagni per individuare la barca in balia delle onde. I ragazzi dovettero guardare con molta attenzione, ma alla fine avvistarono la nave in questione.
“Sembra vuota, sei sicuro che ci sia qualcuno?” chiese Brook, dubbioso. Usop non rispose e cercò di guardare meglio con il suo speciale binocolo.
“Andiamo a controllare comunque.” ribatté Sanji, deciso. Se c’era qualcuno a bordo di quella bagnarola era loro preciso dovere aiutarlo. Non potevano certo lasciarlo solo in balia delle onde. Poteva essere ferito, oppure non mangiare da giorni.
“Aspettate, e se fosse una trappola della marina?” chiese Usop, preoccupato. Proprio la sera precedente a tavola ne stavano parlando. Navigavano da settimane, eppure nessuna nave della marina aveva dato loro fastidio. Sembrava troppo bello per poter essere vero. Robin era convinta che la marina stesse per tendere loro una trappola, e Sanji e Franky sembravano essere dello stesso parere. Usop aveva preso a tremare, nascondendosi dietro Brook. L’unica che aveva preso la cosa con ottimismo era stata Nami. La ragazza era più che mai convinta che non sarebbe successo solo nulla e che la buona stella che aveva tenuto la marina lontana da loro per tutti quegli anni avrebbe continuato a proteggerli anche ora. Sanji non sembrava troppo convinto, ma non aveva contraddetto la navigatrice. Dopo tutto un gentiluomo con contraddice mai una donna.
“Se c’è qualcuno a bordo non possiamo lasciarlo nei guai.” replicò Robin, dando voce al pensiero dei suoi compagni.
“Va bene, andate ma state attenti.” si raccomandò Nami, preoccupata. I ragazzi annuirono silenziosamente, poi Franky e Sanji calarono in mare una scialuppa e si avvicinarono alla barca mentre gli altri li osservavano dal ponte della loro nave.
“Ho paura, andrà tutto male, me lo sento!” continuava a ripetere Usop, pessimista come suo solito.
“Sai che novità!” commentò Brook alzando le spalle ossute. Robin lanciò loro un’occhiataccia che ebbe il potere di farli tacere una volta per tutte.
“Allora?” chiese Nami nervosa dopo un po‘, rivolta ai compagni ormai giunti sulla nave.
“Chopper!” rispose Franky, lasciando tutti loro di stucco.
“Cosa?” chiesero Nami, Usop, Robin e Brook insieme, increduli.
“È Chopper. È debole e privo di sensi! spiegò meglio Sanji. A quelle parole mancò poco che i compagni rimasti sulla nave cadessero in mare per la sorpresa. Brook fu il primo a riprendersi dallo stupore.
“Che ci fa qui da solo in mezzo al mare?” chiese Brook, incredulo.  
“Portalo subito a bordo!” ordinò Nami, mentre Usop e Robin si precipitavano a prendere delle coperte calde per il loro amico.
“Presto, acqua e cibo.” urlò Sanji, depositando il corpo della piccola renna sul ponte della nave e avvolgendolo in una coperta calda. Tutti gli amici lo circondarono, temendo il peggio e sperando che il loro amico di riprendesse presto.
“Chopper, ci senti?” chiamò Robin, scuotendolo piano mentre i compagni trattenevano il respiro, preoccupati.
“Ro.. Robin?” mormorò piano il dottore, mettendo a fuoco ciò che lo circondava.
Tutto gli sembrava confuso, eppure quella che aveva davanti sembrava proprio Robin, e quelli intorno a lei parevano essere i suoi amici, Usop, Sanji, Nami, Franky e Brook, di nuovo insieme proprio come aveva detto Ace.

“Si, sono io. Come stai?” chiese la ragazza, con un sorriso sulle labbra.
I compagni tirarono un sospiro di sollievo, sollevati di sapere che l’amico stava meglio.

“Robin! Che bello vedervi! Ragazzi, ci siete tutti! Che bello vi ho trovati!” esclamò la piccola renna, cominciando a saltellare per la felicità, dimenticando le ferite e la stanchezza. Aveva trovato i suoi compagni, alla fine c’è l’aveva fatta, tutto il resto non importava più.
“Stavi cercando noi?” chiese Franky stupito dalle parole del dottore.
“Si, da quando Ace mi ha detto che avevate ripreso il mare non ho fatto altro che cercarvi. Per favore, portatemi con voi.” implorò la piccola renna. I ragazzi sembravano sorpresi, sconvolti da tutte le informazioni che Chopper in pochi minuti aveva dato loro; aveva preso il mare per cercarli, senza pensare nemmeno per un istante che era pericoloso e che non sapeva nuotare, e aveva anche incontrato Ace.
Accidenti, sembrava che Ace fosse davvero ovunque negli ultimi tempi.

“Che domande, è ovvio che vieni con noi.” esclamò Usop deciso.
“Ci serve un medico di bordo, no?” disse Nami sorridente. Quelle parole resero Chopper ancora più felice.
Finalmente era tornato a casa, da quella che aveva sempre considerato la sua famiglia.

“Che bello, ci siamo tutti.. Manca solo Zoro!” sospirò la piccola renna guardandosi intorno con un sorriso. I ragazzi a quelle parole si bloccarono all’improvviso e presero a guardarsi l‘un l‘altro, turbati.
Chopper era sorpreso, e cominciò a chiedersi cosa avesse detto di sbagliato per causare una reazione del genere.

“Come, non lo sai? Eppure hai incontrato Ace..” iniziò Sanji, accendendosi una sigaretta.
La nicotina era ciò di cui i suoi nervi avevano bisogno per avere abbastanza lucidità da trattare “l’argomento Zoro”.

“Di che parlate?” chiese la piccola renna, confusa.
Non riusciva a capire perché i ragazzi avevano avuto quella reazione dopo che lui aveva nominato il loro vecchio spadaccino.

“Zoro naviga con Rufy.” spiegò Robin in un sussurro. Chopper spalancò la bocca e mancò poco che cadesse all’indietro.
“Non lo sapevo, non ho parlato di lui con Ace. Mi ha solo detto che stava andando da Rufy, ma non ho voluto sapere dove. Zoro con Rufy, come è possibile?” chiese la piccola renna, spiazzata. Guardò ancora una volta i compagni e sui loro volti ci lesse la stessa tristezza che albergava anche nel suo. Nemmeno loro sapevano cosa fosse successo.
“Sembra incredibile anche a noi.” commentò Brook, giocherellando nervosamente con il suo bastone.
Sapere che Zoro e Rufy navigavano insieme lo aveva sorpreso, ma la cosa che lo aveva ferito di più in assoluto era stato scoprire che Crocus lo aveva sempre saputo e che in quei sette anni non aveva mai smesso di vedere Rufy.

“Ma è una cosa recente, vero?” chiese ancora il dottore.
“Non lo sappiamo. Zoro è diventato lo spadaccino più forte del mondo, forse poi ha incontrato Rufy..” ipotizzò Usop. Nella sua voce c’era una vena polemica, quasi di rabbia. Da quando aveva saputo di Zoro non faceva che ripetersi perché Rufy aveva scelto proprio lui e non loro. Certo, lo spadaccino era forte, ma anche Sanji lo era. Più tentava di trovare spiegazioni e meno ci riusciva.
“Penso che ne dirò quattro anche a quell’idiota. Mi deve proprio spiegare che ci fa insieme al babbeo.” esclamò Sanji irritato, lanciando la sigaretta ormai finita nel mare. Alla fine fumare non era servito a niente nemmeno quella volta, forse avrebbe dovuto cominciare a pensare all'idea di smettere.
“State andando da Rufy e Zoro?” chiese Chopper guardando i compagni uno alla volta.
“Guarda loro, io non condividevo.” mormorò Nami alzando le mani in segno di resa. Ormai era rassegnata ad andare ad Alabasta con i compagni, ma non aveva nessuna intenzione di vedere o di parlare con quei due. Per quanto la riguardava erano peggio che morti.
Non ci poteva essere perdono per coloro che avevano abbandonato il loro equipaggio come avevano fatto sia Rufy che Zoro.
Anche lo spadaccino li aveva traditi quando era tornato dal capitano.

“Sappiamo che sono ad Alabasta. Vogliamo solo chiudere una volta per tutte con il passato.” spiegò Robin. Chopper fissò per un po’ l’archeologa, poi il cuoco ed infine il cyborg. Nei loro occhi lesse la determinazione di capire cosa era veramente successo.
“Ci sto. Voglio proprio trovarmelo di fronte e sentire che ha da dire dopo tutto questo tempo. Deve spiegarmi un po’ di cose e deve farlo guardandomi negli occhi.” disse deciso Chopper, determinato quanto i compagni.

ANGOLO DELL'AUTRICE:
innanzitutto GRAAAZIE a tutti quelli che sono arrivati a leggere fino a qua e SCUSATEMI per la prolungata assenza.
immagino che tutti voi mi possiate capire se vi dico che ho avuto qualche problemino con lo studio che ha preso ad assorbire sempre più parte del mio tempo. ad ogni modo, come avevo anticipato ad alcuni via mail, sono tornata. spero che ci siate ancora anche voi!
grazie a chi legge questa storia, a chi la mette tra i preferiti o i seguiti e soprattutto a chi la commenta!
questo, come tutti i capitoli che scrivo sono dedicati a voi, a quelle persone che trovano sempre e cmq qualche minuto per lasciare qualche riga, un commento, un parere che ha il potere di rallegrare la mia giornata!
GRAAAZIE!

HERMIONE616: grazie del commento!
purtroppo per il momento è così, Rufy è voluto partire subito per non vedere gli amici e Zoro ha dovuto accontentarlo. sai come è fatto Zoro, non discuterebbe mai un ordine del suo capitano, anche se non lo condivide.
ad ogni modo, il mare è grande, ma non così grande.. ABBI UN PO' DI FEDE! ;D

SMEMO92: grazie del commento!
Rufy è il testardo per eccellenza, vuole sempre fare a modo suo ma alla fine gli va sempre tutto bene!
nel prossimo capitolo Bibi sarà posta di fronte ad una difficile scelta: rimanere fedele all'uomo che ama (e che è andato via) o raccontare la verità agli amici? per quanto riguarda Chopper.. questo capitolo ha già risposto per me! ;D

SAISAI_GIRL: grazie del commento!
ma si, hai pienamente ragione, questa storia (e questo manga in generale) è pieno di teste dure!
la coppia Rufy e Bibi purtroppo (per i fan della coppia soprattutto) è finita qua. non c'è possibilità che si mettano insieme, lei non può lasciare il regno e lui non può lasciare il mare.
concordo pienamente su Ace, è in assoluto uno dei personaggi che amo di più e infatti non manca mai nelle mie storie!
per quanto riguarda l'inseguimento.. non dico nulla!

REDCROSSBOOK: grazie del commento!
sono spiacente di averti dato l'impressione di aver abbandonato la storia. abbi fede (e in certi periodi anche pazienza), ti prometto che la finisco. ;D

MISSELE: grazie del commento!
sei troppo carina, le tue parole mi hanno fatto molto piacere. prometto che continuo la storia, solo penso di non riuscire ad aggiornare molto spesso!

GRAZIE A TUTTI ED ALLA PROSSIMA!

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Capitolo 10
*** INSEGUITORI ED INSEGUITI ***


a smemo92, saisai_girl e neko, gli irriducibili, dedico questo capitolo!

CAPITOLO OTTO

INSEGUITORI ED INSEGUITI


I festeggiamenti per il ritorno di Chopper erano durati molti giorni. Con l’arrivo della piccola renna i ragazzi sentivano che tutto fosse tornato come tanti anni prima; quasi tutto. Anche se nessuno ne faceva mai parola, specialmente Nami e Usop, l’assenza del capitano e dello spadaccino era evidente, specialmente ora che il gruppo si era riformato. Ognuno dei ragazzi si aspettava sempre che Zoro o Rufy sbucassero da sottocoperta, ma non avveniva mai. Tutti cercavano di minimizzare e di distrarsi con il tran tran quotidiano ma si trattava di assenze pesanti, che facevano male e provocavano rabbia. Ognuno dei ragazzi non poteva fare altro che chiedersi cosa sarebbe successo se quel giorno di sette anni prima Rufy non avesse mai pronunciato quelle parole che erano suonate come una condanna.
Nonostante questi ricordi tristi, e alle volte rabbiosi, la vita sulla nave andava avanti come al solito. Sanji sempre impegnato in cucina, Robin sempre immersa nella lettura e gli altri impegnati in giochi più o meno infantili.
“Evviva, ho vinto io!” esclamò Nami, iniziando a battere le mani. Sul suo viso si era allargato un sorriso che andava da un orecchio all’altro. Chi la conosceva bene sapeva che si trattava del sorriso che la ragazza sfoderava quando vinceva molti soldi.
“Ancora? Non è possibile, stai barando..” sbottò Usop, infastidito.
I due ragazzi stavano giocando a carte sul ponte, e come al solito Usop stava perdendo. Era la settima partita e il cecchino cominciava a rimpiangere i vecchi tempi in cui era lui a prendersi gioco della gente con trucchi e bugie.
Anche lui era bravo a barare, ma Nami era una vera maestra. Nessuno poteva farla a lei.
“Io non baro mai!” rispose Nami, seccata.
“Questa è bella, c’è un motivo se ti chiamavano la gatta ladra.” commentò Franky, appoggiato al parapetto della nave a pochi passi dai due. Quella mattina il cyborg era più silenzioso del solito, troppo preso da una delle sue invenzioni per partecipare alle attività di bordo.
Era una magnifica mattina di sole, non c’era nulla di sbagliato in quella giornata. Per uno strano caso del destino si erano svegliati tutti di buon umore e non c’erano ancora state discussioni; nemmeno un piccolo battibecco.
“Stai zitto e tieni giù le mani dai miei soldi.” esclamò Nami, stringendo a sé il denaro.
Usop sbuffò ma la lasciò fare. Tutti loro sapevano quanto poteva diventare pericolosa Nami se veniva separata dai suoi amati soldi.
“Ehy, Chopper!” salutò Robin, sorridendo dolcemente alla piccola renna che si era avvicinata attirata dal chiasso che stavano facendo i compagni.
“Ciao Robin, stai leggendo?” chiese Chopper, felice. La ragazza annuì, sorridendo.
I due rimasero per un po’ il silenzio. Non si trattava di un silenzio pesante, carico di attese o di astio. Era piacevole guardare l’orizzonte aspettando che qualcuno avesse qualcosa di davvero intelligente da dire.
“Ho finito il mio libro. Che fai?” domandò Robin dopo un po‘, fissando il mare. La piccola renna sembrava pensierosa, con la testa chissà dove.
“Mi sono mancati un sacco i litigi di Usop e Nami. Anche quelli di Sanji e Zoro..” mormorò Chopper, a bassa voce. La ragazza sorrise mestamente.
“Penso manchino anche a Sanji.” osservò Robin, guardando il cuoco che fumava solitario, perso nei suoi pensieri.
“Quello spadaccino è un idiota. Che gli sarà mai passato per la testa?” disse Usop, intromettendosi nel discorso. Nami sbuffò e si limitò a scuotere la testa, fingendo di contare una seconda volta il denaro che aveva vinto.
“Tra poco glielo potrete chiedere.” commentò Frank, serio.
“Cosa?” chiese Nami, sorpresa, alzando la testa e voltandosi verso il cyborg.
“Terra in vista!” spiegò Franky indicando una penisola a poche miglia da loro.
Sulla nave si creò uno strano silenzio. Di colpo nessuno aveva più voglia di commentare.
“Siamo arrivati.” disse Sanji, asciutto, buttando il mozzicone in mare.

***

Il castello del regno di Alabasta non era mai stato così tetro e immerso nella più nera disperazione; nemmeno quando il regno era nelle mani di Crocodile. Quella volta il sorriso della principessa e la sua tenacia erano riuscite a restituire la speranza e la voglia di lottare al popolo. Ora invece, era proprio quel sorriso che sembrava essere andato perduto. Da qualche giorno la principessa rifiutava di mangiare, di presenziare alle occasioni ufficiali e persino di uscire dalle sua stanze.
“Principessa Bibi, deve reagire..” disse uno dei servitori di Bibi, implorante.
“Sto bene.” rispose Bibi, infastidita. Gli occhi erano velati di lacrime e cerchiati di nero, ma nonostante tutto si ostinava a fingere che tutto andasse bene. Il suo compito era governare il regno di Alabasta, doveva mostrarsi forte e decisa. Lo doveva al suo popolo anche se in quel momento le pareva troppo difficile. Di colpo si sentiva piccola, impotente e inesperta. Non riusciva a gestire la sua vita, come poteva governare un paese che riponeva in lei la sua fiducia e tutte le sue speranze?
“No, lei non sta per niente bene. Non può passare tutto il suo tempo nella sua stanza a piangere. Deve uscire, vedere gente e divertirsi.” continuò il servitore, cercando di fare ragionare la sua principessa. Bibi scosse la testa.
“Non mi va ora, forse più tardi.” sbuffò Bibi, lasciandosi cadere sul letto. Tutto quello che voleva era che la lasciassero in pace. Aveva bisogno di sfogarsi, di piangere ma più di ogni altra cosa di rimanere sola.
“Principessa!” urlò il capitano delle guardie reali, irrompendo nella stanza.
“Non lo vedi che stiamo parlando?” sibilò il servitore, infastidito da un’interruzione tanto inopportuna.
“Mi dispiace, chiedo scusa.. La principessa ha detto di avvisarla se avvistavamo una nave che non fa parte della flotta reale.” spiegò il capitano delle guardie, imbarazzato.
“È tornato Rufy?” chiese Bibi, speranzosa, alzando la testa. Sapeva che si stava illudendo, e che lui non sarebbe più tornato eppure non poteva fare nulla per evitare di sperare. Il capitano delle guardie esitò. Non aveva il coraggio di distruggere le speranze della sua principessa, ma non poteva nemmeno illuderla.
“No mia signora. Pensiamo si tratti di una nave pirata ma non c’è nessuna bandiera.” spiegò il capitano, ancora più a disagio. Sapeva che le notizie che stava portando non erano quelle che la sua signora voleva.
“Ah, va bene. Grazie.” disse Bibi, improvvisamente triste. Per qualche breve istante si era illusa che Rufy fosse tornato da lei. La speranza però era durata meno di un attimo. Rufy e Zoro non avrebbero mai ammainato la loro bandiera, ne andavano troppo fieri. Durante le giornate passate al castello i due ragazzi le avevano raccontato come la marina li avesse più volte individuati e fatti seguire proprio a causa della loro bandiera e di come loro erano ostinati nel continuare a farla sventolare. A Bibi era parsa pazzia, incoscienza forse. Solo ora si rendeva conto che quello dei due ragazzi era orgoglio, quello che aveva permesso loro di realizzare i loro sogni. Una notte poi, Rufy le aveva confessato che quella bandiera gli ricordava la sua vecchia ciurma, e che vederla sventolare lo faceva sentire meno solo.
“Non tornerà più. È inutile aspettarlo.” disse il servitore, duro, riportando la principessa alla realtà.
“Lo so.” commentò Bibi, lasciando la stanza. I due uomini rimasero soli e si scambiarono uno sguardo rassegnato.
Bibi vagò per i corridoi del castello, solitaria, fino a che non andò a sbattere contro un ragazzo che non prestava troppa attenzione a dove metteva i piedi.
“Bibi, che ci fai ancora qui al castello? Forza, vieni con me al porto.” disse il ragazzo, dapprima sorpreso, poi felice di avere trovato la principessa. Era esattamente la persona che stava cercando.
“Kohza, che stai dicendo?” chiese Bibi, guardando confusa l’amico di sempre. Il ragazzo sembrava al settimo cielo, non stava fermo. La principessa cominciò a chiedersi cosa fosse successo per renderlo così. Era tornato al castello solo qualche giorno prima, dopo che il padre era morto. Il ragazzo aveva detto che ora che era rimasto solo il suo posto era accanto alla sua principessa.
“Pell non ti ha detto che sono tornati i tuoi vecchi amici?” chiese Kohza, sorpreso. Quando gli avevano riferito quella notizia non aveva potuto fare altro che essere felice. Sperava che quell’allegro branco di pazzi potesse far tornare il sorriso a Bibi.
La principessa guardò a lungo il ragazzo, pensierosa, poi scosse energicamente la testa.
“La vecchia ciurma di Rufy è arrivata ad Alabasta..” disse Bibi, pensierosa.
“Proprio loro.” confermò Kohza, sorridendo.
“Puoi andarli a prenderli ed accompagnarli qui al castello?” chiese Bibi dopo qualche istante, ricambiando il sorriso del ragazzo.
“Certo!” disse Kohza, dirigendosi verso la porta.

***

La ciurma era attraccata in porto da poco meno di un ora, ma non aveva potuto fare a meno di notare il caldo torrido. Di colpo nella mente di tutti era riaffiorati i ricordi delle battaglie di tanti anni prima. Franky e Brook si guardavano curiosi intorno, alla ricerca di qualcosa che testimoniasse la battaglia che i loro compagni avevano raccontato loro così tante volte.
“Fa piuttosto caldo qui.” osservò Chopper, guardandosi intorno. Erano passati molti anni e si era dimenticato il caldo di quella città. Ricordava bene che la prima volta che vi aveva messo piede era quasi collassato per le alte temperature. Il suo viaggio era appena cominciato e lui era ancora troppo abituato alle temperature polari della sua isola natale. La piccola renna si guardò intorno, tra quei vicoli e quelle costruzioni tanto familiari tra le quali tempo prima aveva combattuto insieme ai compagni.
“Si muore di caldo. Aspettate.. Io non posso morire!” esclamò Brook, ridendo da solo per la sua battuta. Nami alzò gli occhi al cielo, ma si astenne dal fare commenti. Anche lei stava ripensando alla lotta contro Crocodile.
“La vuoi smettere?” chiese Sanji, infastidito. Lo scheletro fissò per un po’ il compagno, poi decise che non valeva la pena ribattere.
“Siamo qui per cercare Rufy e Zoro, non per fare gli idioti.” li richiamò agli ordini Frank.
“Come li trovate?” chiese Nami, con tono pratico e rassegnato. Tutti i ragazzi si misero a riflettere silenziosamente. Durante il viaggio tutti loro erano stati così concentrati a pensare a come arrivare ad Alabasta da non mettere a punto nessun piano.
“Qui in porto la loro nave non c’è.” disse Sanji, guardandosi attorno e scrutando a fondo il porto della cittadina.
“Come sai che non c’è se non sappiamo nemmeno che nave hanno..” osservò Chopper, guardandosi anch’egli intorno.
“Non ne vedo nessuna con la bandiera dei pirati di Cappello di Paglia.” disse Franky, pratico.
“Potrebbero aver nascosto la nave, in porto avrebbe attirato la marina.” suggerì Robin.
“Stiamo parlando di Rufy e di Zoro, sono troppo stupidi per pensare a una cosa del genere.” commentò Nami, con una punta di acidità nella voce.
“La nave comunque non c’è.” comunicò Sanji, accendendosi l’ennesima sigaretta della giornata. L’idea di essere ad un passo dal suo vecchio capitano lo rendeva nervoso.
“Proviamo a chiedere in città, se sono qui qualcuno li avrà di sicuro notati.” propose Franky. I ragazzi annuirono e sbarcarono dalla nave. Solo Nami ed Usop rimasero a bordo, pensierosi e profondamente indecisi sul da farsi. Avevano deciso di comune accordo che sarebbero rimasti sulla nave, eppure ora che erano ad un passo dai vecchi compagni la voglia di trovarli e dirne loro quattro era tanta.
“Usop, che intendi fare?” chiese Franky, guardando prima Uso e poi Nami.
“Io e Nami non veniamo con voi. Rimaniamo sulla nave.” disse Usop, serio.
“Questo lo so, ma siete sicuri? Non avrete una seconda possibilità di parlare con loro, credo.” disse Robin. Per la prima volta i ragazzi percepirono insicurezza nella sua voce. Anche lei, proprio come tutti gli altri, era in ansia per l’imminente incontro. Nessuno poteva darle torto. Non sapevano nulla del loro capitano, in quei sette anni Rufy era diventato Re dei Pirati e poi era sparito. Nessuno sapeva che faceva o dove trovarlo.
“Non mi interessa parlare con loro, sono due idioti.” sbottò Nami.
“Non ci credo Nami. Tu eri molto legata a Zoro e Rufy, sei stata la terza ad unirti a loro e tu Usop il quarto.” ricordò Sanji, cercando di fare ragionare la ragazza. La conosceva abbastanza da sapere che se non li avesse incontrati ora che ne aveva la possibilità avrebbe passato il resto della sua vita a pentirsene.
“Quello che mi ha fatto sette anni fa è stato troppo doloroso.” rispose Nami, seria.
“Per questo dovresti chiedergli spiegazioni. È tuo diritto, è nostro diritto.” esclamò Chopper.
La piccola renna era quasi irriconoscibile da tanto che era decisa.
“Non so, davvero. Ho bisogno di rifletterci su.” disse Nami alla fine, confusa.
“Chopper ha ragione.” sbottò d’improvviso Usop, finalmente convinto.
“Allora, venite con noi?” chiese speranzoso Brook. Usop annuì, deciso.
“Non so, davvero.” ripeté Nami, indecisa sul da farsi.
“Dagli retta, non è prudente che una bella ragazza rimanga sola in un porto.” disse una voce proveniente da poco distante.
I ragazzi si guardarono intorno, cercando il punto da cui proveniva la voce. Sanji individuò presto un’ombra vicino ad un grosso barile e si preparò ad attaccarla, poi la riconobbe.
“Kohza?” chiese Sanji, cercando di capire se il ragazzo che aveva di fronte era proprio il vecchio capo dei ribelli. Il ragazzo scoppiò a ridere, ed annuì.
“In persona, sono qui per conto della principessa Bibi che vi aspetta al castello. Da bravi, mi seguite?” domandò il ragazzo con un tono cortese.
“Noi veramente siamo qui per un altro motivo..” iniziò Nami, subito interrotta da Kohza.
“Penso di sapere quale, e penso che sia inutile. Sta tranquilla bella Nami, non farai brutti incontri per le strade di Alabasta. Rufy e Zoro non sono più qui.” spiegò velocemente Kohza. Nami tirò un sospiro di sollievo.
“Aspetta, innanzitutto chi sei e poi come sai che cerchiamo Rufy.” chiese Frank, agitato. Alle sue spalle Brook aveva messo mano al suo bastone.
“Era il capitano dei ribelli, è un amico.” disse Usop, scendendo dalla nave. Franky e Brook si calmarono e si presentarono a Kohza.
“So che cercate Rufy perché è stata Bibi a dirmelo. È così, vero?” disse Kohza, guardandosi intorno per avere conferma di quanto domandato.
“Hai fatto centro.” confermò Brook, scrutando il nuovo venuto. Kohza non sembrava per nulla stranito nonostante si trovasse di fronte uno scheletro. Brook si ritrovò a pensare che era forse il primo che non aveva nessuna paura di lui.
“Li hai incontrati?” chiese Chopper, ansioso.
“A dire il vero No. Sono tornato solo qualche giorno fa ed erano già ripartiti. Sono felice che siete arrivati voi, Bibi è a pezzi. Le farà bene distrarsi e vedere qualcuno.” raccontò Kohza, aprendo la porta del palazzo.
I ragazzi lo seguivano silenziosamente, prestando la massima attenzione alle sue parole.
“La bella Bibi è a pezzi?” chiese Sanji, scandalizzato. Come poteva una bella donna come Bibi essere triste?
Non era concepibile, doveva porre assolutamente rimedio.
“Problemi di governo?” domandò Nami, educatamente. Kohza sorrise e scosse la testa mentre saliva le scale che portavano al piano superiore.
“No, pene d’amore. Non riesce a rassegnarsi che Rufy se ne sia andato.” spiegò Kohza, con una strana espressione dipinta sul volto.
“Rufy e Bibi?” chiese Usop, stupito come i suoi compagni.
“Kohza, devi smetterla di raccontare a tutto il regno la mia vita sentimentale!” esclamò Bibi, comparendo da dietro una colonna.
“Da quando la notte di passione con un pirata costituisce la tua vita sentimentale?” chiese Kohza senza troppi giri di parole. Il ragazzo non si era scomposto quando aveva visto comparire la principessa, quasi se lo aspettasse.
“Sei solo un insensibile!” esclamò la ragazza, guardandolo male.
“E tu un ingenua. È un pirata, come puoi esserti innamorata di lui?” chiese Kohza, fuori di sé. Dietro di lui la ciurma assisteva a quello scambio di battute senza sapere bene cosa fare o cosa dire.
“Ora vattene.” ordinò Bibi furente, indicandogli la porta.
La principessa rimase a lungo immobile a fissare la porta dalla quale Kohza era uscito, cercando di riprendere il controllo. I ragazzi, imbarazzati, aspettavano che Bibi si decidesse a dire qualcosa.
“Ciao ragazzi, mi spiace che abbiate assistito a questa scena.” si scusò Bibi, facendoli finalmente accomodare.
“Tu e Rufy?” chiese Nami, troppo sconvolta per chiedersi se fosse educato o meno porre quella domanda.
“Si.. Ma parliamo di voi.” continuò Bibi, ignorando la domanda dell’amica.
“State insieme?” insistette Sanji, curioso e allo stesso tempo disperato.
“Siete qui perché lo state cercando?” chiese Bibi, rossa in viso. Dopo la reazione della principessa mancò poco che tutti i ragazzi crollassero a terra. Bibi e Rufy, sembrava incredibile eppure era vero.
“Effettivamente si, ma ci fa molto piacere vedere anche vedere te.” spiegò Usop, abbracciando la ragazza.
“È ancora qui al castello?” chiese Franky, educatamente.
“No, è andato via qualche giorno fa. Dopo che Ace è arrivato e gli ha detto che voi sapevate dov’era.” spiegò Bibi, diventando improvvisamente triste.
“Accidenti..” imprecò Sanji a mezza voce.
“Mi dispiace, è andato via da te per colpa nostra.” disse Robin, abbassando la testa. Bibi guardò a lungo la donna che per molto tempo era stata il braccio destro di colui che voleva distruggere il suo regno. Sembrava cambiata, Rufy aveva avuto ragione a prenderla con sé.
“Se ne sarebbe andato lo stesso.” disse Bibi, triste. Nel salone del castello cadde improvvisamente silenzio.
“L’hai visto spesso in questi anni?” chiese Chopper, cercando di non essere inopportuno.
“Ogni tanto.” rispose Bibi, vaga.
“Kohza è preoccupato, dice che sei triste..” iniziò Sanji, senza sapere bene come continuare quella frase.
“È sempre tornato, perché dovrebbe essere diverso questa volta?” chiese Robin, sorridendo.
“Perché questa volta era un addio.” rispose Bibi mentre calde lacrime le bagnavano il viso.
“È un idiota.” esclamò Sanji.
“Abbiamo fatto un tentativo, ora è tempo di tornare a vivere la nostra vita.” sospirò Nami, arrabbiata. Era delusa e non sapeva nemmeno lei dire perché. Forse per Bibi oppure per quello che aveva fatto loro. Una parte di lei voleva trovare Rufy, l’altra voleva dimenticarlo; cancellarlo dalla sua vita.
“No, aspettate. Non fatelo.” implorò Bibi, stupendo i presenti.
“Cosa? Ci ha abbandonati. Eravamo i suoi compagni e ci ha abbandonati..” esclamò Usop, fuori di sé. Come poteva chiedere una cosa del genere proprio a loro? Lei doveva sapere tutto, forse era stato proprio Rufy a raccontarglielo.
“Se davvero siete stati i suoi compagni e gli avete voluto bene, allora continuate a cercarlo.” disse Bibi, misteriosa.
“Tu sai qualcosa che noi non sappiamo..” osservò Nami, sicura. La principessa a quelle parole abbassò di colpo lo sguardo.
Non poteva tradire la parola che aveva dato a Rufy.
“Forse, ma se vi siete spinti fino a qua per cercarlo e parlargli allora non potete arrendervi.” continuò Bibi, cercando di non guardare gli amici negli occhi. Se lo avesse fatto mentire le sarebbe risultato molto più difficile.
“Non sappiamo nemmeno dove sia diretto..” fece notare Usop.
“Non lo so nemmeno io, non lo ha detto nemmeno a me.” disse Bibi, lasciando la stanza per chiudersi nella sua camera. Era troppo per lei.
I ragazzi rimasero nel salone, immobili e delusi. Andare ad Alabasta non era servito a nulla. Non avevano trovato Rufy e non avevano nemmeno una traccia utile per iniziare di nuovo le ricerche. Sapevano che Rufy nascondeva qualcosa, che Bibi lo sapeva ma che per qualche strana ragione non aveva voluto dire nulla. Quella giornata iniziata così bene si era conclusa nel peggiore dei modi; tutte le loro speranze erano deluse.
“Bibi, ti prego. Dicci la verità!” implorò Nami entrando nella stanza privata della principessa. Le due donne erano sole.
“Non posso. Davvero, vorrei tanto poterlo fare ma ho promesso.” spiegò Bibi, triste.
“Non te lo chiederei se non fosse importante.” disse ancora Nami, implorante. Era pronta a tutto, anche a tirare in ballo la loro amicizia se necessario. Trovare Rufy era molto importante per i suoi compagni, e forse lo era anche per lei. Non sapeva perché; doveva farlo e basta.
“Nami, questa promessa è tutto quello che mi resta di lui. Vuoi davvero che io la rompa?” chiese Bibi, debolmente.
Nami nei suoi occhi pieni di lacrime lesse una tristezza infinita.
“Mi spiace, non volevo.” si scusò la ragazza con i capelli rossi, abbassando lo sguardo.
“Rufy nasconde un segreto. Non serve cercare Zoro, non tradirebbe mai il suo capitano. Cercate Rufy, mettetelo con le spalle al muro e costringetelo a dire la verità. Per favore, dovete farlo. Per il bene di tutti voi.” disse Bibi tutto d’un fiato, attenta a non rivelare troppo.
“Bibi, non so cosa dire.” mormorò Nami, abbracciando l‘amica.
“Non dire nulla, prendi questa.” disse Bibi, passando alla navigatrice una foto.
“Una foto?” chiese stupita Nami, osservando la foto. Ritraeva due ragazzi sorridenti sul ponte di una nave. La navigatrice ci impiegò un po’ prima di capire che si trattava di Rufy e di Zoro. In sette anni quei due erano davvero cambiati moltissimo, specialmente Rufy. Era diventato un uomo. Non c’era nulla del ragazzino che aveva viaggiato con loro sette anni prima tranne il sorriso; quello era rimasto tale e quale. Il suo fisico si era sviluppato e sul viso si intravedeva anche un po’ di barba. Nami notò che non aveva più il suo cappello, o forse lo aveva tolto solamente per fare la foto. Zoro invece era sempre lo stesso; persino la bandana c’era ancora.
“L’ho scattata qualche settimana fa, quando sono arrivati qui. È la più recente che ho, vi aiuterà a riconoscerli.” spiegò Bibi, guardando quella foto un’ultima volta.
“Grazie Bibi.” mormorò Nami, abbracciando più forte l’amica.
Non appena Nami tornò dai ragazzi e riferì quello che aveva detto Bibi la ciurma decise di partire. Dovevano lasciare Alabasta immediatamente se volevano avere qualche speranza di trovarli. L’idea che ci fosse un segreto nascosto aveva scatenato la loro curiosità; non si sarebbero fermati fino a che il mistero non sarebbe stato svelato.
“Benissimo, dobbiamo partire per cercare il più grande degli idioti e non sappiamo nemmeno dove andare!” sbuffò Sanji, recuperando l’ancora.
“Un po’ di ottimismo, non può essere così difficile, no?” commentò Franky, ottimista come sempre.
“Certo, in fondo stiamo solo parlando del Re dei Pirati e dello spadaccino più forte del mondo. La marina li cerca da sette anni, ma che vuoi, noi di sicuro li troviamo in una settimana..” mormorò Usop, tetro. Come al solito il ruolo di inguaribile pessimista toccava a lui; nessuno poteva batterlo.
“Da qui non possono avere preso troppe rotte, sono andati verso nord-est.” osservò Robin guardando una cartina della zona che aveva realizzato Nami tempo prima.
“Sono passati sette anni, anche se li dovessimo incrociare potremmo non riconoscerli.” disse Chopper, pensieroso.
“Per questo Bibi mi ha dato una loro foto.” disse Nami, mostrando trionfante la fotografia.
“Fa vedere!” urlarono i ragazzi in coro, gettandosi in avanti a guardare.
“Posso usarla come centro per le freccette?” chiese Usop, sarcastico.

***

A molte miglia di distanza da Alabasta una nave procedeva tranquilla. Il ragazzo che c’era al timone sapeva che qualcuno li stava seguendo, ma la cosa non lo agitava. Se ne sarebbero preoccupati più tardi, quando sarebbe stato il momento.
“Ehi, ben svegliato. Pensavo che mi sarebbe toccato mangiare da solo.” disse Zoro, guardando il capitano uscire dalla cabina con la faccia ancora assonnata. Rufy aveva dormito un giorno intero. La cosa era insolita anche per lui dato che di solito il dormiglione tra i due era Zoro.
“Mmm..” mugulò Rufy in risposta.
“Tutto bene?” chiese Zoro, osservando attentamente la faccia stanca, pallida e segnata del capitano. Non era da lui essere così silenzioso, di solito era casinista anche appena sveglio. Qualcosa doveva preoccuparlo, o forse non stava bene.
“Si, penso di si.” mormorò Rufy piano.
“Non hai una bella cera.” osservò Zoro, bloccando il timone ed avvicinandosi all’amico.
“Ho solo fatto un brutto sogno.” cercò di minimizzare Rufy.
I ragazzi si misero a tavola e per un po’ rimasero in silenzio.
“Sai che Bibi potrebbe aver detto loro tutto?” chiese Zoro, pesando con cura le parole. Sapeva bene che nominare Bibi in quel momento era pericoloso tanto quanto nominare la vecchia ciurma, ma la cosa non lo spaventava. Non si era mai fatto problemi a discutere di temi scomodi con Rufy e di certo non avrebbe cominciato a farsi venire remore ora, anche se il capitano sembrava diverso dal solito.
“No, lo ha promesso. Sicuramente ha detto loro che nascondo un segreto, ma non di quale segreto si tratta.” rispose Rufy, seccato.
“In qualsiasi caso sono sicuro che ci stanno seguendo.” continuò Zoro, deciso.
“Facciano pure.” disse Rufy, alzando le spalle e continuando a mangiare in silenzio. Nella sua testa di rincorrevano mille pensieri. Era quasi sicuro che la sua vecchia ciurma lo stesse seguendo e poteva solo sperare che Bibi avesse mantenuto la sua promessa. Doveva fare di tutto per non incontrarli; era sicuro che se li avesse incontrati non sarebbe riuscito a mentire loro ancora.
“Hai davvero intenzione di scappare da loro per il resto della tua vita? Non mi sembra un comportamento degno del Re dei Pirati.” commentò Zoro, divertito. Dato che discutere in modo razionale con Rufy era impossibile aveva deciso di giocare la carta dell’orgoglio. Si trattava di un vecchio trucco che funzionava sempre.
“Zoro, cominci a diventare noioso. Ripeti sempre le stesse cose.” sbuffò Rufy a metà tra il seccato e il divertito. Nonostante tutto non riusciva ad arrabbiarsi seriamente con Zoro, gli voleva troppo bene. Era il suo migliore amico dopo tutto.
“Di la verità, ti da fastidio perché dico la verità. Ad ogni modo, la marina ci sta seguendo.” disse Zoro indicando l’orizzonte. Rufy si voltò a guardare nella direzione indicata dall‘amico, poi sospirò.
“Quanti sono?” chiese Rufy, voltandosi nuovamente verso lo spadaccino.
“Tre navi.” rispose Zoro, tranquillo come al solito. Sapeva bene che tre navi non erano certo una minaccia. Poteva sistemarle anche da solo ma aveva preferito parlarne con il suo capitano prima di prendere l’iniziativa.
“Ridicolo. Non può essere un attacco, stanno organizzando qualcosa.” osservò Rufy, grattandosi la testa pensieroso. Un improvviso e lancinante mal di testa lo distolse dai suoi pensieri.
“Le affondiamo?” chiese Zoro, impaziente di fare un po’ di movimento.
“Non ancora, prima cerchiamo di capire cosa vogliono.” rispose Rufy sbadigliando e tornando nella sua cabina.


ANGOLO DELL'AUTRICE CHE FORSE DOVREBBE AGGIORNARE PIù SPESSO!
inizierò con un sincero e mai fuori moda MI DISPIACE, per poi continuare con uno SCUSATEE e per finire con un LEGGETE LO STESSO LA MIA STORIA ANCHE SE NON AGGIORNO MAI!
scherzi a parte, l'università, la tesi e tutto il resto mi tengono impegnata. spero possiate capirmi. la storia comunque procede, ho già scritto qualcosa per i prossimi capitoli ma penso di non riuscire a postarli prima di qualche settimana.
grazie a chi, nonostante tutto, legge, commenta e mette la storia tra i preferiti.

NEKO: grazie mille per il tuo commento!
mi ha fatto molto piacere leggere un tuo commento perchè mi è capitato di leggere alcune delle tue storie e ne sono rimasta affascinata.
è bello ricevere un complimento da qualcuno che ammiri, sono felice.
diciamo che volevo creare un Rufy diverso, che è allegro ma che ne ha passate tante e negli anni è anche diventato - un po' - più responsabile.
spero che commenterai ancora per dire che ne pensi circa gli sviluppi!

SAISAI_GIRL: grazie mille per il tuo commento!
sono contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto, spero che anche questo sia all'altezza.
Rufy considera ancora i suoi compagni come tali, ma non vuole che loro soffrano. preferisce stare male lui. è testardo, si sa.
la coppia Bibi-Rufy l'avevo preannunciato che non sarebbe durata. una delle caratteristiche che più adoro del mio Rufy è che è libero, senza legami.
non ti preoccupare per Ace, vedrai che torna. nel frattempo ti assicuro io che sta benone!

SMEMO92: grazie mille per il tuo commento!
alla fine i problemi devono cominciare, o meglio.. stanno cominciando.
Rufy è andato via da Alabasta per non vedere i compagni e non farli soffrire, ma sarebbe cmq andato via da Bibi.
diciamo che la loro è stata un bella, breve ed intensa storia. penso che trascinandola oltre l'avrei rovinata e resa troppo smielata.
un pirata come Rufy che ama la libertà non molla tutto per una principessa e una principessa non può abbandonare il suo regno.
è triste, ma è così.

AL PROSSIMO AGGIORNAMENTO, SPERO PRESTO!

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Capitolo 11
*** CATTURATI ***


CAPITOLO NOVE
CATTURATI

I ragazzi erano rimasti come ipnotizzati dalla foto che aveva mostrato loro Nami.
“Sembrano..” iniziò Chopper, con una punta di stupore nella voce.
“Felici?” disse Robin, perplessa.
“Affiatati.” completò Sanji, deluso o forse geloso. Nemmeno lui sapeva bene quale dei due sentimenti era prevalente sull’altro.
“Non so proprio cosa pensare..” sbottò Franky, scuotendo la testa.
“Ragazzi..” chiamò Usop. Il ragazzo si era allontanano dal gruppo non appena la foto era comparsa. Rivedere Rufy era doloroso, vederlo felice se possibile faceva ancora più male. Era come se in quei sette anni la sua vita fosse continuata, allegra e spensierata come sempre, senza che lui soffrisse della loro separazione. E poi c’era Zoro. A lui era stata data la possibilità di seguire Zoro, perché a loro no? In quei lunghi sette anni non vi era stato giorno nel quale non si fosse fatto quella domanda.
“Usop, hai avvistato qualcuno?” chiese Brook, serio.
“Bhe, si..” rispose il cecchino, arrampicandosi sull’albero maestro per vedere meglio.
“Rufy e Zoro?” chiese Chopper, speranzoso, senza smettere di guardare la foto che Nami aveva appeso alla parete.
“No, la marina..” rispose Usop, decisamente preoccupato.
“Come sarebbe a dire la marina?” esclamò Nami, sorpresa. In pochi istanti la navigatrice strappò dalle mani di Franky un cannocchiale e si mise a scrutare l’orizzonte. La nave della marina era di fronte e a loro, imponente, severa e bellissima.
“Oh mio dio, ci cattureranno!” fece eco la piccola renna, terrorizzata, cominciando a correre da una parta all‘altra del ponte sotto lo sguardo annoiato di Sanji.
“Non mi sembra così grave, si tratta di una nave soltanto.” disse Usop, stranamente calmo. Normalmente si fronte ad una minaccia era il primo a perdere la testa; era decisamente strano. Forse la foto che Nami aveva portato a bordo lo aveva scombussolato più di quando avesse dato a vedere.
“State calmi, non abbiamo nessuna bandiera pirata. Comportatevi normalmente e cercate di non dare troppo nell’occhio.” si raccomandò Nami, severa, ammonendoli tutti quanti un‘occhiata. Non era certo la prima volta che qualcuno li fermava per un controllo, ma dato che non avevano nessuna bandiera nera non costituivano certo un problema. Normalmente bastava un’occhiata languida di Nami o di Robin perché i marinai in questione li lasciassero proseguire il viaggio.

Molte miglia più in là Zoro e Rufy erano di nuovo sul ponte insieme ed osservavano in silenzio i movimenti della marina. Le navi era ancora lì. Qualsiasi fossero le loro intenzioni non le avevano ancora abbandonate. Zoro cominciava ad innervosirsi, odiava essere seguito. Preferiva decisamente una bella battaglia all’ultimo sangue. Il capitano si era svegliato da poco, ed era tornato a preoccuparsi delle navi che li seguivano. Sapeva bene che Zoro avrebbe potuto occuparsene da solo, ma non voleva rischiare che il suo amico si facesse male.
“Che fanno?” chiese Rufy, sbadigliando.
Nonostante le ore di sonno la stanchezza non gli era ancora passata, si sentiva incredibilmente debole e, cosa assai strana per lui, non aveva appetito.
“Non so, una nave si è allontanata. Ne sono rimaste solo due..” lo aggiornò Zoro, con il solito tono pacato dal quale traspariva tutta l‘insofferenza dello spadaccino.
“È strano..” osservò Rufy, accigliato, grattandosi la testa.
“Decisamente.” concordò Zoro, sospirando.
“Provo a mettermi in ascolto delle frequenze della marina.” propose Rufy, serio.
Quella storia cominciava a non piacergli per niente.
“Ho già provato io, il quartier generale non dice nulla. Sembra che non siano autorizzate.” disse Zoro, scuotendo la testa. Quelle navi erano un bel mistero. Li stavano seguendo senza essere autorizzati a farlo, senza nessun pezzo grosso a bordo e senza nessun buster call; era semplicemente assurdo. Per di più lo spadaccino era preoccupato per il suo capitano. Rufy era pallido, stanco e senza appetito. Non erano certo le condizioni ottimali per ingaggiare una lotta con la marina senza sperare di uscirne pesantemente feriti.
“Vorrebbero farci credere che ci sono tre galeoni della marina che se ne vanno in giro a fare una vacanza sul mare?” esclamò Rufy, tra l’ironico e il sorpreso.
“Stanno tramando qualcosa, vorrei solo sapere cosa..” rispose Zoro, infastidito.
Odiava non avere la situazione sotto controllo. Rufy rimase zitto, troppo pensieroso perché Zoro credesse si stesse preoccupando delle navi.
“Non pensi alla marina, vero?” chiese Zoro, mettendosi a sedere e fissando con attenzione il volto preoccupato dell‘amico. Lo conosceva come le sue tasche e capiva al volo quando qualcosa non andava.
“A dire il vero No.” rispose Rufy, scuotendo la testa.
“Allora pensi a Bibi o al branco di idioti?” chiese ancora Zoro, divertito. Tra le sue attività preferite stuzzicare il proprio capitano era decisamente al primo posto anche nei momenti più impensabili.
“Zoro..” brontolò Rufy, lanciando un’occhiataccia al compagno. Zoro invece di farla finita scoppiò a ridere senza ritegno.
“Non ci credo, il branco di idioti! Ma allora sono riuscito a metterti in crisi prima..” esclamò Zoro, felice e allo stesso tempo sorpreso di avere fatto centro. Forse era finalmente arrivato il momento per Rufy di tornare sulle sue decisioni e di chiarire tutto quello che era successo in quei sette anni. Zoro era felice, quel cuoco da strapazzo di Sanji stava cominciando a mancargli.
“Sei impossibile.” sbuffò Rufy, allontanandosi di qualche passo dall‘amico.
“No, sono l’unica persona che non ha paura di dirti come la pensa.” ribatté Zoro, deciso.
“Non è vero, c’è anche Ace.” rispose Rufy, facendo una pernacchia allo spadaccino.

Nel frattempo la nave della marina aveva fatto in modo di stringere quella della vecchia ciurma di Cappello di Paglia in una gola. I ragazzi non avevano via di scampo.
“Che fanno?” chiese Chopper, preoccupato.
“Sembra che si sono fermati.” rispose Usup, controllando l’orizzonte. La situazione stava cominciando a mettersi male per loro. Sembrava che la marina li stesse puntando per un motivo preciso. La nave della marina si stava avvicinando sempre di più; sembrava stesso venendo proprio verso di loro.
“Ci stanno sparando addosso..” esclamò Usop all’improvviso, sorpreso e spaventato.
“Affondiamoli!” rispose Franky, deciso, reagendo all‘attacco. Il cyborg non avrebbe mai permesso che una delle sue creature venisse affondata senza una ragione valida da quei marinai da strapazzo.
I ragazzi si prepararono alla battaglia. Per un po’ riuscirono a tener testa alla marina, poi vennero sopraffatti da un ufficiale misterioso con dei sorprendenti poteri.
“Siete bravi, ma non così bravi da tenere testa a me.” rispose l’uomo mentre si avvicinava con un ghigno soddisfatto sul volto. I grossi baffi scuri che gli occupavano gran parte del volto creavano un effetto minaccioso. Era un uomo di grossa corporatura, sgraziato e dalle movenze pesanti. Doveva trattarsi di un ufficiale della marina, sicuramente più alto in grado di un tenente ma non all’altezza di un ammiraglio. Sulla sua uniforme non c’era nulla che aiutasse a stabilire che ruolo avesse. Si trattava di un uomo rozzo e maleducato che faceva sfoggio dei suoi gradi per intimidire la gente.
“E questo da dove sbuca?” chiese Sanji infastidito, mentre si accendeva l‘ennesima sigaretta della giornata.
“Aspettate, ci deve essere un errore. Noi non stiamo facendo nulla di male. Stiamo solo navigando, non abbiamo nessuna bandiera pirata.” protestò Usop, sbiancando all‘improvviso alla vista del corpulento ufficiale.
“Vero, però mi risulta abbiate delle taglie sulla testa.” rispose l’uomo, senza perdere la calma ne tanto meno il sorriso che gli si era dipinto sul volto.
“Da quando la marina si mette a rubare il lavoro ai cacciatori di taglie?” chiese Franky, provocando l’ufficiale.
“Sta zitto!” ribatté l’uomo, scagliando lontano il cyborg.
“Te la farò pagare..” promise Franky, tra i denti, mentre si rialzava a fatica.
“Portateli sulla nave, e avvisate gli altri due galeoni di raggiungerci.” ordinò l’uomo, con lo stesso tono con il quale si ordina una pinta di rum in una locanda.
“Li portiamo al quartier generale della marina?” chiese un marinaio piuttosto giovane.
“No, per il momento sull’isola.” rispose l’ufficiale.
“Perché non ci portate al vostro quartier generale? Non è questo quello che fa la marina di solito?” chiese Robin, sospettosa. Quell’uomo aveva qualcosa che non la convinceva fino in fondo. Inoltre aveva la sensazione di averlo già visto da qualche parte, solo non riusciva a ricordare dove.
“Signore, l’ammiraglio vorrà essere avvisato di questa cattura. Non abbiamo nemmeno comunicato la nostra posizione.” continuò il giovane marinaio, visibilmente terrorizzato.
“L’ammiraglio è un idiota. Pensa solo alla giustizia e non approverebbe i miei metodi.” rispose l’ufficiale in malo modo.
“Si ma..” provò a continuare il ragazzino più giovane, subito interrotto da suo capo.
“Niente ma, non mi interessa nulla di quello che pensi. Grazie a voi potrò farò il colpo grosso e farò carriera.” disse l’ufficiale, mettendo fine a quella discussione.
“Tenente.. Lancia un messaggio ai pirati, di loro che abbiamo catturato i loro amici!” ordinò ancora l’uomo, soddisfatto. Erano passati sette lunghi anni da quando Cappello di Paglia si era preso gioco di lui; era arrivato finalmente il momento di gustarsi la sua meritata vendetta.
“Agli ordini signore!” rispose un uomo a pochi metri dal gruppo di prigionieri.
In pochi istanti il comunicato arrivò alle navi ferme a poche miglia da quella di Rufy e Zoro e le informò della cattura dei loro amici.
“Cappello di Paglia!” tuonò una voce proveniente da una delle due navi che li stavano seguendo. Zoro alzò la testa, divertito. Finalmente si muoveva qualcosa, forse avrebbero finalmente scoperto cosa voleva la marina da loro.
“Sembra che i nostri amici della marina ti cerchino..” disse lo spadaccino sorridendo, rivolto al compagno a pochi passi da lui.
“Forse capiamo cosa vogliono.” sbuffò Rufy, annoiato, girando appena la testa.
“Cercavi me? Non penso che due navi bastino se vuoi catturarci.” esclamò Rufy, serio, senza nemmeno alzarsi. Era evidente che il ragazzo non si sentiva in alcun modo minacciato dalla marina.
“Non saremo noi a catturarti, sarete voi a venire da noi.” rispose la voce che aveva parlato prima. Rufy a quelle parole scoppiò a ridere mentre Zoro si chiedeva se il troppo sole avesse definitivamente fatto impazzire quei poveri marinai.
“Bella questa. Sinceramente, ci prendi per idioti?” chiese Zoro, stupito.
“Abbiamo catturato i vostri amici. Per il momento sono su un’isola qui vicino, poi li trasferiremo altrove e faranno una brutta fine.” comunicò la misteriosa voce della marina, pronunciando quelle parole con una strana soddisfazione.
“Amici?” chiese Rufy facendosi serio e cominciando a presagire il peggio.
“Fai il finto tonto, eh?” esclamò un marine sul ponte principale della seconda nave.
“Vediamo.. Sanji, Nami, Nico Robin, Chopper, Usop, Franky, Brook..” cominciò ad elencare la voce misteriosa. A quelle parole Zoro sbiancò e Rufy sentì un mancamento. Ogni nome era come una pugnalata; ancora una volta i suoi amici erano in pericolo e stavano rischiando la vita, e ancora una volta la colpa era la sua.
“Brutto bastardo, che avete fatto?” esclamò Rufy, fuori di sé dalla rabbia. Zoro dovette trattenerlo per un braccio per impedirgli di saltare sul ponte della nave della marina e distruggerla con un pugno ben assestato. Anche Zoro avrebbe volentieri fatto la stessa cosa, ma poi che ne sarebbe stato dei loro amici?
“Dannazione, quegli idioti ci stavano seguendo e sono finiti dritti nelle mani della marina. Ecco perché la terza nave si è allontanata..” imprecò Zoro, mettendo insieme tutti quanti i dettagli che fino a poco prima sembravano privi di senso.
“A presto pirati.” salutò la voce, mentre le due navi prendevano il largo.
Zoro e Rufy rimasero a lungo in silenzio, fissandosi negli occhi.
“Che facciamo?” chiese Zoro, serio, dopo quelle che sembravano ore.
“Attacchiamo quella stupida isola.” rispose Rufy, deciso, alzandosi di scatto.
“È una trappola.” disse Zoro, asciutto.
“Lo so.” rispose Rufy. Per un po’ i due rimasero ancora in silenzio, cercando la soluzione migliore. Zoro sapeva cosa stava passando per la mente di Rufy, ma gli sembrava un’idea troppo imprudente.
“Ragiona Rufy, mettiamoci in contatto con Ace e cerchiamo degli alleati. È tutto programmato, ci saranno un sacco di pezzi grossi ad aspettarci.” spiegò Zoro, cercando di convincere il proprio capitano a riflettere prima di lanciarsi nella mischia.
“Forse No.” mormorò Rufy, enigmatico senza smettere di scrutare l‘orizzonte.
“Che dici?” chiese Zoro confuso, cercando di interpretare le parole del proprio capitano.
“La marina non sapeva nulla di questa operazione. Sicuramente si tratta dello stesso idiota che mi ha ricattato sette anni fa.” spiegò Rufy, serio.
“Aspetta, stai dicendo che ha agito da solo senza avvisare gli ammiragli?” chiese Zoro, stupito. Era semplicemente assurdo. Solamente un pazzo poteva pensare di mettersi contro due uomini come lui e Rufy senza chiedere l’aiuto degli ammiragli. Rufy annuì.
“Penso di si. Appena la marina lo scoprirà però farà muovere gli ammiragli e la flotta dei sette. Dobbiamo attaccare l’isola e liberare i nostri amici prima che arrivino.” disse Rufy, preoccupato. Quell’uomo era talmente folle e talmente desideroso di vendicarsi da essere disposto ad andare contro a tutte le regole, sia della marina che del buon senso pur di riuscire a catturarli.
“Si, penso sia la cosa migliore.” convenne Zoro alla fine. Con l’arrivo dei pezzi grossi della marina le cose si sarebbero complicate terribilmente. Dovevano agire subito se volevano riuscire a liberare gli amici prima che qualcuno si facesse male.
“Andiamo..” disse Rufy, deciso, alzandosi per raggiungere il timone. Una volta in piedi tutto quanto intorno a lui iniziò a girare e Rufy si ritrovò a terra, confuso, con Zoro al suo fianco, spaventato.
“Rufy!” chiamò Zoro, preoccupato per l’amico. Rufy sentì la voce dello spadaccino e aprì a fatica gli occhi, senza riuscire però a metterlo bene a fuoco.
“Mmm..” mugugnò Rufy, cercando a fatica di alzarsi. Si sentiva incredibilmente debole e tutto gli appariva confuso e sfuocato. Persino la voce di Zoro gli arrivava ovattata.
“Che ti prende?” chiese Zoro, preoccupato, mettendo una mano sulla fronte di Rufy.
“Nulla, tra quanto raggiungiamo l’isola?” chiese Rufy, ignorando le preoccupazioni dello spadaccino e cercando di divincolarsi dalla sua presa. Sapeva di non essere nella sua forma migliore, ma doveva farsi forza.
“Non so, un paio d’ore. Ma tu scotti, hai la febbre!” esclamò Zoro, preoccupato.
“Non è niente.” cercò di minimizzare Rufy, aggrappandosi alla balaustra della nave. Mai come in quel momento era intenzionato a raggiungere quella stramaledetta isola. I loro amici erano in pericolo, e solo loro potevano aiutarli.
“Invece penso di si, devi esserti preso un’infezione ad Alabasta.” continuò Zoro, maledicendosi per non essersene accorto prima. Dovevano assolutamente trovare un medico o le cose si sarebbero messe parecchio male per Rufy.
“Mi curerò più tardi, se arrivano i rinforzi della marina sarà più complicato liberarli senza che nessuno si faccia male.” disse Rufy, come al solito più preoccupato per la salute dei suoi compagni che per la propria.
“Sei il solito pazzo.” concluse Zoro, scuotendo la testa. Sapeva che niente e nessuno sarebbe riuscito a fargli cambiare idea.

ANGOLO DELL'AUTRICE:
innanzitutto grazie per essere arrivati a leggere fino a qui. perdonate il mio enorme ritardo nel postare, se potete.
spero che nonostante tutto la mia storia continui a piacervi.
visti gli ultimi sviluppi del manga in giappone (mi riferisco ad Ace, ma non accenno nulla di più per quanti vogliono la sorpresa) la mia storia presenta degli errori. spero che possiate soprassedere. diciamo che nel mio mondo e nella mia storia le cose sono andate diversamente dal manga..
NEKO: grazie mille per il tuo commento!
non riesco a smettere di ringraziarti. voglio dire, è incredibile quando uno degli autori che hai tra i preferiti commenta una tua storia.
beh, effettivamene questo Rufy un po' più maturo piace parecchio anche a me.
grazie per la comprensione, in fondo noi universitari siamo tutti sulla stessa barca.
SAISAI_GIRL: grazie per il commento!
diciamo che la povera Bibi è uscita di scena.
per l'incontro dei ragazzi.. beh, immagino avrai capito che si tratterà di qualcosa di eclatante e sorprendente insieme.
buona domenica delle palme? accidenti, mi stai ricordando che non aggiorno da prima di pasqua. sono un mostro!
SMEMO92: grazie per il commento!
ma si che Bibi si riprende, anche se in questo momento esce di scena. diciamo che ha fatto la sua parte, convincendo i ragazzi a non arrendersi, anche se alla fine così li hanno arrestati.
diciamo che Rufy non era preoccupato, era malato. e la marina, anzi, il cattivone della marina li ha fatti cadere in una trappola.
riusciranno i nostri eroi ad uscirne vivi ancora una volta?
MILENA83: grazie mille per il commento!
spero che questo capitolo abbia soddisfatto tutte le tue curiosità.
SPIDI988: grazie per il commento!
sono contenta che la mia storia ed i miei personaggi sono apprezzati. ti dirò una chicca, non solo Rufy ha imparato a manovrare la nave è anche diventato il migliore (dopo Nami, ovvio).

GRAAAZIE a TUTTI. spero di riverdervi al prossimo capitolo!

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Capitolo 12
*** NELLE MANI DELLA MARINA ***


CAPITOLO 10
NELLE MANI DELLA MARINA

Il sole stava calando nel mare, tingendolo di rosso quasi stesse andando a fuoco.
Un tramonto stupendo, superbo persino per chi è abituato a questo genere di spettacoli naturali. Robin, nonostante i molti anni passati per mare adorava perdersi in quei colori così vivi, e di solito coinvolgeva anche i compagni. Tuttavia, quando si è appena stati catturati dalla marina anche il più incredibile dei tramonti passa in secondo piano.
“Meno male che non ci avrebbero catturato, vero Nami?” commentò Usup ironico, ricordando le parole che la navigatrice aveva pronunciato poco prima.
La marina li aveva fatti salire a bordo della loro nave e portati su una strana isola che non era segnata su nessuna cartina. Il primo pensiero di Nami fu che avrebbe potuto disegnarla lei su una carta per prima e fare un sacco di soldi, il secondo fu che probabilmente non avrebbe più disegnato una carta in vita sua.
“Usop, sta zitto.” sibilò Nami, furente. Erano stati catturati come dei pivellini, proprio loro che avevano combattuto nemici ben più pericolosi di quei quattro soldati spaventati. Certo, di solito insieme a loro c’erano anche Rufy e Zoro. Possibile che quei due fossero così essenziali e che senza di loro bastava una misera nave a fermarli?
“Lo sapevo che era una pessima idea seguire quei due. Che ne sarà di noi ora?” piagnucolò Usop, spaventato. Erano finiti nei guai e tutto per seguire Rufy, un egoista che li aveva abbandonati sette anni prima. Era assolutamente ingiusto. Il cecchino aprì la bocca, probabilmente per continuare a lamentarsi, ma fu interrotto dal carpentiere.
“Moriremo, ecco che ci succederà.” rispose Franky, deciso. Il loro destino era segnato, perché continuare a lagnarsi? Tanto valeva morire da uomini, senza implorare.
Robin fino a quel momento era rimasta in silenzio, appoggiata alle pareti di roccia della cella nella quale erano rinchiusi. Sembrava si fossero dimenticati di loro.
Nessuno aveva molta voglia di parlare, tranne Nami e Usop che non facevano che battibeccare da ore, interrotti di tanto in tanto dai tetri commenti di Franky. Gli altri ragazzi se ne stavano principalmente per i fatti propri, immersi nei loro pensieri. Chopper giocherellava con dei sassi, per cercare di allentare la tensione e si sforzava di ricordare i nomi delle principali arterie umane. Si trattava di un piccolo espediente che gli aveva insegnato il suo maestro per calmarsi. Brook, invece, era seduto vicino alla piccola renna e rimpiangeva di non avere un violino con cui intrattenere i compagni. Un po’ di musica fa sempre bene, specie se si sta per morire.
“A che pensi?” chiese Sanji a Nico Robin con il suo solito tono galante. La ragazza era pensierosa, non faceva che fissare il muro della cella da un po’, mentre il cuoco silenzioso e tranquillo come sempre. Sembrava che nulla, tranne una bella donna ovviamente, riuscisse a turbarlo. L’unica cosa che lo seccava era che gli avevano tolto le sigarette, per il resto stava benissimo.
“A quello che ha detto il tizio più grosso prima.” rispose Robin, con altrettanta calma.
Bastarono quelle poche parole per destare l’interesse dei compagni che da silenziosi e spaventati si fecero attenti e pronti a reagire.
“Ha detto ai suoi di avvisare qualcuno che ci avevano catturati. Mi chiedo che voleva dire..” disse Chopper, riflettendo sulle parole dell’ufficiale. Nessuno aveva fatto caso a quello che aveva detto l’uomo, avevano preso le sue parole come i deliri di un pazzo. Chi altri poteva attaccare una nave che non batteva bandiera pirata e che non stava facendo alcun male? Quello che aveva colpito i ragazzi, e che non era sfuggito all’occhio attento di Robin, era la cattiveria con cui l’ufficiale si era rivolto a loro. Li odiava, si vedeva che li voleva vedere morti, ma i ragazzi non sapevano per quale ragione.
Non sembrava un pezzo grosso della marina e probabilmente non lo avevano mai incontrato prima. Che poteva volere da loro?
“Penso ci vogliano usare come esca per prendere qualcuno.” dedusse Sanji, guardandosi intorno alla ricerca di una possibile via di fuga. Prima se ne andavano e meglio era. Il cuoco controllò con attenzione ogni angolo prima di accorgersi che la sua era una ricerca inutile. La cella era scavata in una roccia e non c’era modo di aprirsi un varco.
“Già, ma chi?” si chiese Usop, riflettendo ad alta voce.
“Forse Ace.” suggerì Brook, sorridendo. A quelle parole i compagni si voltarono verso di lui, stupiti per l‘uscita dello scheletro. Portuguese D. Ace era decisamente l’ultima persona che sarebbe potuta venire a salvarli.
“Ace?” chiese Franky sorpreso, aggrottando le sopracciglia.
“Pensaci, è l’unico che sa che siamo sulla rotta del grande blu e che ci potrebbe venire a liberare..” spiegò Brook, ricordando i numerosi e recenti incontri con il ragazzo.
I ragazzi ci rifletterono un po’ per conto loro e alla fine arrivarono alla conclusione che Ace era l’unica persona che sarebbe potuto venire a salvarli. Chi altri avrebbe potuto rischiare la vita per loro?
“Allora siamo salvi!” esclamò Usop, felice. Si fidava ciecamente di Ace, nonostante fosse il fratello di Rufy. Era una persona a posto, affidabile. Per di più i recenti incontri e le parole gentili che aveva rivolto loro gli avevano fatto capire quanto tenesse a loro.
Usop sbuffò tristemente, pensando che forse avevano avuto la sfortuna di incontrare il fratello sbagliato. Il cecchino si immaginò nella ciurma di Ace e sorrise di quell’idea. Sarebbe stato fantastico. Il ragazzo con il potere del fuoco si sarebbe preso cura di loro e non li avrebbe cacciati in una fila interminabile di guai. Non avrebbero avuto un capitano idiota ed egoista che pensava solo a se stesso. Non sarebbero stati abbandonati su un’isola senza una spiegazione valida.
“Sei un idiota, è una trappola. Lo prenderanno..” disse Nami, secca. Il sorriso che si era dipinto sul viso del cecchino si spense subito.
“Poveri noi.” sospirò Choppper, lasciandosi cadere seduto. L’aura di speranza che si era creata quando Robin aveva iniziato quel discorso era del tutto scomparsa. I ragazzi non potevano fare a meno di pensare al loro amico, Ace, e al fatto che sarebbe di sicuro stato catturato. Tutto per colpa loro.
“Povero lui piuttosto.” lo corresse Franky, sedendosi di fianco alla piccola renna.
Nami aprì la bocca per dire qualcosa, ma i discorsi dei ragazzi vennero interrotti dalla marina, che fece irruzione nella loro cella.
“Volete stare zitti?” tuonò una voce dall’oscurità. Doveva trattarsi del marine che li aveva catturati, i ragazzi non riuscivano a vedere il suo volto ma la sagoma era senza dubbio la sua. L’ufficiale si avvicinò alle sbarre, con delle catene in mano ed una faccia da schiaffi. Era evidente che stava prendendosi gioco di loro e sembrava anche godere immensamente nel farlo. Sul suo volto era dipinto un sorriso sadico, vendicativo.
Franky si ritrovò a chiedersi nuovamente che avevano fatto a quel tipo per scatenare a quel modo la sua rabbia.
“Non accetto ordini da te, brutto ciccione.” rispose decisa Nami, guardandolo con disprezzo. Era cresciuta avendo quotidianamente a che fare con dei grossi, brutti e spietati uomini pesce e non era certo un marine che non conosceva le buone maniere o il concetto di igiene a spaventarla.
“Quanta rabbia ragazzina! Ehi, tu. Prendi le ragazze. Queste due bellezze vengono con me. Cominciate ad andare, vi raggiungo dopo” ordinò l’ufficiale ad una recluta con il viso spaventato. Il ragazzino stette per un po’ a guardare il suo superiore, poi scattò improvvisamente, appena in tempo per evitare un calcio dell’ufficiale. Franky sbuffò. Oltre ad essere brutto, stupido, sporco e cattivo era pure poco paziente. Quella si stava rivelando decisamente una brutta giornata per loro.
“Se ti azzardi a far loro del male di faccio pentire di essere nato.” esclamò Sanji, perdendo la calma. Poteva sopportare tutto, ma non che qualcuno facesse del male a delle ragazze, specie se le ragazze in questione erano Nami e Robin, le sue adorate dee.
“Pensa a rimanere vivo piuttosto.” commentò Franky, cercando di calmare il compagno mentre la recluta si portava via le due ragazze. Usop, Chopper, Sanji, Franky e Brook si ritrovarono soli e si scambiarono un’occhiata carica di tensione e domande.
“Perché ci hanno divisi?” chiese Usop, spaventato, dando voce alla domanda che stava passando per la mente di ciascuno di loro. Le cose iniziavano a mettersi male sul serio.
“E io cosa vuoi che ne sappia.” rispose Brook, scocciato. Certo, lui era morto ed era difficile che lo uccidessero una seconda volta, tuttavia non poteva stare a guardare mentre ferivano e forse uccidevano i suoi compagni. Non poteva perdere un’altra volta la sua ciurma, non avrebbe potuto sopportare l’idea di tornare ad essere solo.
“Volete fare silenzio?” tuonò l‘ufficiale, tornato a fare la guardia ai prigionieri rimasti.
“Che hai da ridere brutta testa pelata?” chiese Franky, mentre sul viso del marina si dipingeva lo stesso sorriso sadico che aveva anche poco prima.
“Penso a quanto sia dolce la mia vendetta. La partita sta per chiudersi, ed io dopo sette lunghi anni sono il vincitore.” rispose l’ufficiale, gongolando.
“No, tu sei solamente pazzo.” commentò Sanji, impassibile. Quell’uomo non gli faceva certo paura, solo rabbia. Avrebbe voluto prenderlo a calci fino a fargli sputare i denti e poi buttarlo in mare. Li aveva imprigionati, aveva portato via le ragazze e si stava prendendo gioco di loro. Non poteva certo continuare a vivere come se niente fosse.
“Vuoi fare silenzio?” urlò l’uomo, paonazzo in viso. Le cose cominciavano ad andare in un modo che non aveva previsto. Si era aspettato di avere a che fare con dei prigionieri spaventati, non con dei pirati pronti a combattere con le unghie e con i denti.
Certo, sapeva che gli uomini che aveva catturato erano pericolosi e che in passato avevano sconfitto nemici ben più potenti di lui, ma non si aspettava fossero ancora così combattivi dopo sette anni di vita tranquilla. L’ufficiale cominciava a chiedersi se fosse vero il detto che diceva che non si smette mai di essere pirati.
“Ti prometto che troverò il modo di liberarmi da queste catene e di ridurre a un mucchietto d’ossa sia te che i tuoi ridicoli tirapiedi.” continuò Sanji, per nulla spaventato dalla rabbia dell’ufficiale.
“Ti conviene risparmiarti il fiato se vuoi goderti lo spettacolo. Piacerà anche a voi, ne sono sicuro.” ribadì l’uomo, cercando di spaventare il cuoco. Sanji il risposta gli sputò in faccia, colpendolo in un occhio. Nemmeno Usop avrebbe potuto fare di meglio.
Quel gesto scatenò ancora di più la rabbia dell’ufficiale, che perse il controllo e sollevò Sanji per il colletto della camicia, strattonandolo con forza contro le sbarre senza che il ragazzo potesse fare nulla per difendersi.
“Ehm, signore..” chiamò timidamente una recluta. Il ragazzo era arrivato da poco ed era ancora sulla porta. Era spaventato, molto più di quanto lo fossero i pirati chiusi nella cella, e cercava di tenere una distanza di sicurezza tra se stesso ed il proprio superiore.
“Che vuoi? Sono occupato.. Non lo vedi?” rispose l’ufficiale in modo sgarbato, senza distogliere l‘attenzione da Sanji né tanto meno allentare la presa. Il cuoco sentì in bocca il sapore del proprio sangue e si ripromise di farla pagare al ciccione.
“C’è la sede centrale in linea, hanno saputo che una delle vostre navi ha incrociato la Thousand Sunny e vogliono un resoconto dettagliato per scagliare un attacco.” continuò il ragazzino, incerto. L’attenzione di Frank e dei suoi compagni si destò improvvisamente non appena sentirono nominare la loro vecchia nave.
“Dannazione! Chi li ha informati?” esclamò sorpreso l’ufficiale, spostando la sua attenzione da Sanji al ragazzino sulla porta.
“Non lo so, io riferisco solamente.” rispose il ragazzetto, alzando le spalle.
Tutti i presenti lo stavano fissando intensamente, alla ricerca di risposte.
Quella situazione lo metteva tremendamente a disagio. Avrebbe solo voluto scappare il più lontano possibile e rintanarsi nella sua cuccetta, a giusta distanza dalle imprevedibili reazioni dell’ufficiali.
“Sta zitto!” tuonò l’ufficiale, lasciando cadere Sanji e abbandonando la cella in fretta e furia. Era successa l’ultima cosa che doveva succedere. La centrale operativa aveva visto la nave che aveva portato il suo messaggio a Cappello di Paglia e ora avrebbe cominciato a fare domande. Doveva trovare un modo per ritardare le navi del quartiere generale. Doveva essere lui a catturare Cappello di Paglia ed il suo spadaccino. Lui e nessun altro. L’uomo si affrettò a lasciare la prigione, attraversò l’isola correndo e si ritrovò presto nella sala centrale di comando. In linea c’era uno dei tre ammiragli, che aspettava pazientemente il suo resoconto. L’ufficiale deglutì, nervoso, e si preparò ad affrontare il suo superiore, l‘Ammiraglio Smoker. Non sarebbe certo stato semplice, Smoker era un uomo duro, inflessibile e con una dubbia concezione della marina. Certamente non avrebbe approvato i suoi metodi, specialmente perché si trattava del Re dei Pirati. L’Ammiraglio dava la caccia a Cappello di Paglia da sempre, eppure molti dicevano che in alcune occasioni lo avesse lasciato andare e che il pirata avesse ricambiato salvandogli la vita. Nessuno riusciva a spiegarsi quello strano rapporto, se non andando a ripescare le vecchie storie su Monkey D. Garp e Gol D. Roger. Anche loro due, nonostante fossero avversari, si rispettavano.
L’ufficiale prese in mano la cornetta, cercando di controllare il suo tremolio. Non voleva dare l’impressione all’Ammiraglio di avere paura di lui.
“Normalmente mi piace essere informato quando uno dei miei uomini incontra il Re dei Pirati.” disse Smoker, annoiato. Bastarono quelle parole a spiazzare il marine, che prese a balbettare frasi sconnesse. L’Ammiraglio era un uomo pericoloso e poco paziente.
“Io.. Naturalmente Ammiraglio. Stavo giusto per fare rapporto.” cercò di giustificarsi l’ufficiale. Sapeva bene che l’uomo dall’altra parte del filo non gli avrebbe certo creduto. Smoker era sempre stato diffidente.
“Sicuro?” chiese l’Ammiraglio, con un tono quasi divertito.
“Certamente.” disse l’ufficiale, spaventato.
“Sai, Cappello di Paglia è la mia preda. Lo seguo da quando aveva una ridicola taglia da trentamilioni di denari sulla testa ed è riuscito a scapparmi. Da prima che entrasse nella rotta del Grande Blu. È la mia preda. Non accetterei che qualcuno mi estromettesse dalla sua cattura, specie un mio sottoposto.” spiegò Smoker, con una calma impressionante, cercando di tenere a freno la rabbia.
“Capisco, ma io non ho mai cercato di estrometterla o di catturare Cappello di Paglia di nascosto. Glielo posso assicurare.” disse ancora l’ufficiale, cercando di essere convincente per non incorrere nella rabbia del suo superiore.
“Sicuro?” chiese ancora Smoker. Questa volta il suo tono di voce tradiva almeno in parte la sua rabbia. L’uomo era molto vicino a perdere il controllo.
“Certamente.” ribadì l’ufficiale, sudando freddo. La discussione stava cominciando a diventare pericolosa.
“Non sai dire balle, è questo il tuo problema. Uno dei tanti almeno. Sta lontano da Rufy, ci penso io a lui, siamo intesi?” ordinò Smoker, furente. Sapeva bene che quell’inutile ufficiale stava cercando di fare il colpo grosso per acquistare fama. In passato aveva già cercato di catturare altri pirati famosi, facendo clamorosi buchi nell’acqua. Smoker era sicuro che l’uomo aveva puntato Rufy e avrebbe fatto di tutto per catturarlo, e quello non gli andava bene. Cappello di Paglia era il suo degno avversario, si affrontavano da anni senza che nessuno prevalesse sull’altro e non poteva certo permettere che venisse catturato con degli stupidi mezzucci come quelli usati da quel ridicolo ufficiale.
“Aspetti, sono riuscito a catturare i suoi vecchi compagni e li ho portati sulla mia isola. Verrà qua, ne sono sicuro.” disse l’ufficiale, parlando con un tono deciso. Sperava di colpire l’Ammiraglio e guadagnarsi così la sua ammirazione.
“Ecco dunque perché sei andato da lui, lo hai ricattato..” mormorò Smoker, lasciando la frase in sospeso. Il piano dell’uomo ora appariva in tutta chiarezza. Probabilmente aveva già progettato ogni cosa per incastrare Rufy e Zoro, sicuro che sarebbero venuti a salvare i vecchi compagni. Quei pensieri fecero ribollire il sangue di Smoker. Anni prima lui e Rufy avevano concordato di lasciare i suoi vecchi compagni fuori dalle loro questioni. Lui e Zoro erano pirati, gli altri No. Avevano lasciato la rotta del Grande Blu e vivevano tranquillamente in modo onesto. Smoker non aveva obiettato, dopo tutto a lui interessava Rufy e voleva catturarlo in modo leale.
“Era per il bene supremo, per il governo mondiale..” si giustificò l’ufficiale, spaventato dal tono usato dal suo superiore.
“Non mi interessa un fico secco del bene supremo e del governo mondiale. Non fare mai più una sciocchezza simile.” tuonò Smoker, fuori di sé. La sua voce risuono potente e fece sobbalzare anche le reclute che erano sulla porta e nella stanza accanto.
“Ma, io.. Non capisco, si tratta di un lurido pirata.” si lamentò l’ufficiale, risentito. Sembrava quasi che l’Ammiraglio Smoker stesse prendendo le difese di Cappello di Paglia, di un pirata. Che ne era stato della giustizia mondiale?
“Cappello di Paglia non è un lurido pirata e si merita tutto il nostro rispetto. Vale molto più di te e di molti marine che non usano la testa. In molte occasioni ha aiutato la gente molto di più di quanto abbia fatto la marina.” continuò Smoker, in preda ad una rabbia incontrollabile. Ricordava bene tutte le occasioni in cui Rufy gli aveva salvato la vita. Non era certo obbligato a farlo, ma non lo aveva mai abbandonato a se stesso giustificandosi dicendo che un grande marine come lui meritava di essere affrontato e battuto, non lasciato annegare come il più infimo dei traditori.
“Ma è pur sempre un pirata..” fece notare l’ufficiale, distogliendo Smoker dai suoi ricordi e scatenando nuovamente un moto di rabbia nell‘uomo.
“Certo, per questo gli diamo la caccia. Tuttavia, non accetto che venga attirato in trappola con mezzi subdoli. Un grande uomo merita il rispetto, e merita uno scontro leale. Che onore ci sarebbe altrimenti?” esclamò l’Ammiraglio, con un tono che non ammetteva repliche che zittì il suo sottoposto.
“Che devo fare?” chiese l’ufficiale, un po’ spaventato.
“Rilascia i pirati, falli andare via. Controllate la posizione di Cappello di Paglia e comunicatela a me. D’ora in poi ci penserò io.” ordinò Smoker, prima di riattaccare la cornetta prima ancora che l’altro avesse risposto.
“Certamente.” rispose l’ufficiale tra i denti, prima di appoggiare l‘apparecchio e rimanere un bel po‘ incantato a guardarlo con odio. Stava ancora guardando il telefono quando si avvicinò una delle reclute, la più coraggiosa che era presente nella stanza durante quella chiamata.
“Signore, devo rilasciare i prigionieri?” chiese il ragazzino, facendosi coraggio e sfidando l’ira del suo superiore.
“Provaci e sei morto.” sibilò l’ufficiale tra i denti, ribollendo di rabbia. Aveva fatto la figura del perfetto idiota, per di più di fronte alle reclute che ora stavano ridendo di lui.
“Ma l’Ammiraglio Smoker..” cercò di dire la recluta, subito zittita da un cenno spazientito dell’ufficiale.
“Questa è la mia isola, qui comando io. L’Ammiraglio non deve per forza sapere quello che succede qui. Il nostro piano non cambia.” esclamò il superiore, risentito dal fatto che anche le reclute discutessero i suoi ordini. Non bastava avere a che fare con dei pirati insolenti, con il Re dei Pirati in persona e con un Ammiraglio testardo, ci si dovevano mettere anche le reclute a farlo impazzire.
“Ma che succede quando arriveranno i rinforzi dal quartiere generale?” chiese un’altra recluta, facendosi coraggio. L’ufficiale lanciò al ragazzino che aveva parlato un’occhiata sadica carica di odio.
“Per allora i pirati saranno tutti morti, Cappello di Paglia compreso e Smoker non potrà farci niente.” dichiarò l’ufficiale con un sorriso diabolico dipinto sul volto.

Nel frattempo nella cella i ragazzi si stavano preoccupando per Sanji, ancora a terra dopo lo scontro con l’ufficiale scorbutico e puzzolente.
“Sanji, mio dio stai bene! Poteva essere pericoloso, quel tizio avrebbe potuto ucciderti!” mormorò Chopper spaventato, mentre controllava che l’amico stesse bene. Sanji non disse nulla ma lasciò fare la piccola renna.
“È solo un pallone gonfiato.” rispose Sanji, con sufficienza, mettendosi a sedere come se niente fosse e cercando di riprendere a respirare normalmente, sempre sotto l‘occhio vigile del dottore.
“Ci hanno preso per catturare qualcuno, vorrei sapere chi..” mormorò Franky, pensieroso. Qualcosa non gli tornava, all‘inizio aveva pensato potesse davvero trattarsi di Ace come aveva detto Brook ma ora cominciava a dubitarne. Che centrava Ace con la Sunny? Un’idea gli passò per la mente. Forse era solo colpa del suo cuore, ma non poteva fare a meno di sperare che Rufy venisse a salvarli. Era assurdo, lo sapeva, eppure sarebbe stata la prova che il pirata teneva ancora a loro e non li aveva allontanati perché li considerava inutili e troppo deboli per seguirlo.
“Ace, no?” esclamò Usop, sicuro, stranito dalle parole del carpentiere.
“Forse No.” disse Chopper, pensieroso, scuotendo deciso la testa. Tutti loro stavano pensando alla loro nave, la Thousand Sunny, e si chiedevano cosa centrasse con Ace e con quello strano ufficiale.
“Che ne è stato della Thousand Sunny?” chiese Sanji all’improvviso. Tutti presero a fissare Franky in attesa di una risposta.
“È rimasta a Rufy. Ricordo che ha insistito tanto anche se avrebbe dovuto manovrarla da solo.” iniziò a raccontare Franky, ricordando come erano quasi arrivati alle mani per quel motivo. Rufy si era impuntato, dicendo che il capitano era lui e che la nave sarebbe rimasta con lui. Non voleva nemmeno discuterne, era disposto a lasciare loro tutti i tesori ma non la nave. Franky aveva obiettato che l’aveva costruita lui, anche se con il legname pagato con i soldi che aveva rubato loro. Alla fine il cyborg aveva dovuto cedere. Usop aveva guardato i due compagni discutere, ripensando a quando quella discussione l’aveva avuta lui con Rufy per via della Merry, molti anni prima. Quella volta però Rufy aveva ceduto perché sapeva che Usop teneva molto alla nave. Mentre i due continuavano a scontrarsi Usop, così come tutti gli altri compagni, si chiedevano perché quella volta Rufy non cedeva. La Sunny era importante per Franky esattamente quanto la Merry lo era stata per Usop.
“Dici che l‘ha venduta?” chiese ancora Sanji, a bruciapelo. Sapeva che parlare di quella nave per lui era doloroso, specie per il modo in cui l‘aveva persa ma era inevitabile. Franky lo guardò incuriosito ed allo stesso intristito, era strano da parte sua tutto quell’interessamento alla loro vecchia imbarcazione ed era doloroso per lui parlare della nave che una volta aveva costituito tutti i suoi sogni.
“Penso di si. È una nave troppo grossa per essere manovrata da due persone.” disse Franky, dopo averci riflettuto un po’ su. Il pensiero lo rendeva triste, depresso.
Quella nave era stata costruita per loro, nelle mani di un’altra ciurma perdeva senso. Non riusciva nemmeno a pensare ad altre persone che calcavano la loro nave, mangiando nella loro sala e dormendo nelle stanza che una volta li avevano ospitati.  
“Rufy potrebbe essersi rifatto una nuova ciurma..” suggerì Usop in tono lugubre. L’idea che Rufy si fosse fatto una nuova vita e dei nuovi amici lo abbatteva. Anche volendo, non riusciva a smettere di provare rabbia e gelosia nei confronti di quelle persone che dividevano le giornate con Rufy. Usop si chiese se Rufy pescasse ancora, magari con uno di loro come faceva con lui.
“No, il vecchio del promontorio ha detto che Zoro e Rufy erano sempre soli.” ricordò Brook, pensieroso. Quella frase, stranamente, ebbe il potere di dare pace ad Usop.
“Che centra la Thousand Sunny ora?” chiese Chopper, guardando Sanji incuriosito.
“Una nave del ciccione l’ha incrociata prima e la marina gli ha chiesto un rapporto. La cosa strana è che lui sembrava infastidito.” raccontò Sanji, riferendo la conversazione udita poco prima. La piccola renna annuì, pensierosa.
“Chi potrebbe mai esserci sulla nostra vecchia nave?” chiese Usop, agitato. L’idea di persone sconosciute che camminavano indisturbate sulla loro nave infastidiva anche lui.
“Non è questo il punto..” disse Fraky, pensieroso, scacciando l‘immagine di uno sconosciuto che riparava la sua piccola.
“A che pensi?” chiese Brook, fissando stranito il cyborg.
“Che forse questa operazione non è autorizzata.” spiegò Franky, cercando di mettere insieme i tasselli di quel complicatissimo puzzle.
“Cosa?” chiesero pressoché all’unisono Chopper e Usop.
“La marina non sa che siamo stati catturati? È assurdo.” chiese Sanji, stupito. Riflette su quello che era successo e su quello che aveva detto il ciccione e dovette ammettere che qualcosa non tornava. Se davvero l’operazione di cattura era autorizzata, perché c’erano solo due navi e perché il ciccione sembrava così spaventato all’idea che il quartiere generale della marina venisse coinvolto?
“A un ufficiale non serve il permesso della sede centrale per catturare dei ricercati.” commentò Usop, secco, cercando gli sguardi pensierosi degli amici.
“Si invece se si tratta di prigionieri pericolosi. Qui sull’isola non c’è traccia di pezzi grossi, e nemmeno della CP9.” fece notare Franky, guardandosi attorno. L’isola era sorvegliata ma non eccessivamente. Non c’erano pezzi grossi, solo reclute e quello strano ufficiale. Possibile che anni prima avessero mosso la CP9 per catturarlo mentre ora non mandavano nemmeno un Commodoro? Era assurdo, senza nessun senso.
“Perché il ciccione ha fatto una cosa del genere?” chiese Brook, perplesso.
“Per vendicarsi di qualcuno, lo ha detto no?.” rispose Sanji, sicuro, ricordando le parole che aveva pronunciato poco prima l’ufficiale.
“Vorrei sapere di chi si tratta.” sospirò Chopper, pensieroso.

Nel frattempo le ragazze erano state condotte dalla giovane recluta dall’altra parte dell’isola senza pronunciare una parola, spaventato. Sapeva bene che le due ragazze erano pericolose, anche se in quel momento erano legate, e si teneva a debita distanza. La cella in cui le sistemò era decisamente singolare. Si trattava di una stanza normale, arredata in modo semplice con tanto di divano, poltrone e caminetto. Si poteva dire che era quasi accogliente se non si faceva caso alle sbarre sia alla finestre che alla porta.
“Quel ciccione l’ho già visto.” disse all’improvviso Robin quando la recluta chiuse la porta alla sue spalle e le lasciò sole, sorprendendo Nami.
“Sei sicura?” chiese la ragazza dai capelli rossi, sorpresa.
“Si, è stato sette anni fa.” confermò Robin, sicura. Ricordava bene il suo viso, ed era sicura che non si stava sbagliando. Gli anni passati a scappare da gente che cercava di ucciderla le avevano regalato una stupefacente memoria fotografica. Era perfettamente in grado di ricordare nei minimi dettagli e riconoscere un viso anche a distanza di anni.
“Uh?” mormorò Nami, ancora più stupita e curiosa.
“Prima che Rufy ci allontanasse. Nei giorni precedenti continuavo ad incontrarlo ma lui non cercava mai di catturarmi.” raccontò Robin, mettendosi a sedere, pensierosa. All’epoca non aveva fatto caso a quell’evento, aveva pensato si trattasse solo di fortuna. Ripensandoci a distanza di anni, dopo che lo stesso marine li aveva catturati sembrava decisamente strano. Doveva esserci qualcosa sotto. Chi potevano essere le persone di cui quel pazzo si voleva vendicare? Nella sua mente cominciò a farsi strada l’idea che Rufy fosse coinvolto in quella storia, ma decise di non parlarne all’amica. Nami reagiva male ogni volta che le si nominava il vecchio capitano.
“Sei sicura?” chiese Nami, apprensiva.
“Certo, ricordo bene quel ghigno. Metteva i brividi” assicurò Robin, rabbrividendo.
“Vorrei sapere perché ci ha diviso. È tutto così strano, eppure non sembra intenzionato a farci del male. Per di più questa cella non mi sembra particolarmente sicura o opprimente” disse Nami scuotendo la testa confusa.
“Cerca di complicare le cose..” spiegò Robin, pensierosa.
“Che intendi?” chiese Nami, senza capire le parole dell’amica.
“Pensaci. Ci hanno catturato per tendere una trappola a qualcuno.” iniziò a spiegare Robin mentre l’amica la seguiva con attenzione. Improvvisamente capì cosa doveva intendere l’archeologa.
“Certo, in questo modo quando Ace verrà a liberarci dovrà fare più fatica e loro avranno più possibilità di prenderlo.” completò Nami, sospirando. Chiunque fosse venuto a liberarli avrebbe dovuto attraversare tutta l’isola per cercare le due ragazze, dando la possibilità ai marine di organizzare la difese e catturarli.
“Sono dannatamente furbi, non penso ne usciremo sta volta.” mormorò Robin, seria.

A poche miglia dalla costa nel frattempo, una nave si avvicinava senza dare nell’occhio. Nonostante la bandiera nera con il teschio che sventolava impertinente la marina non li aveva ancora notati, complice anche il buio che stava calando. Sulla nave, due figure si muovevano frenetiche.
“Allora?” chiese Rufy, impaziente di sbarcare.
“La nave è nascosta, non la troveranno mai e ho anche lanciato l’allarme per Jimbei. Appena lo sente arriverà a darci una mano.” disse Zoro, riassumendo al capitano quanto aveva fatto per assicurarsi che qualcuno venisse loro in aiuto. Avrebbero potuto portare la nave più vicina all’isola ed ancorarla insieme ai galeoni della marina, ma sarebbe stato pericoloso. I marine avrebbero potuto facilmente riconoscere e distruggere la loro nave. Rufy sorrise tra sé, pensando che una volta non si sarebbe certo fatto tutti quei problemi. Sarebbe andato sull’isola a basta, irruento e determinato come suo solito.
Il ragazzo di gomma sospirò, mentre guardava Zoro gettare l’ancora. I giorni dell’incoscienza erano finiti. Non c’erano più i suoi compagni a porre rimedio alle sue leggerezze e a preoccuparsi di tutto ciò a cui lui non pensava. Inoltre non poteva lasciare che la Sunny venisse rovinata dalla marina, Franky ne avrebbe sofferto se mai lo fosse venuto a sapere. Gli era costato molto portarla via all’amico, ma lo aveva dovuto fare per il suo bene. La marina avrebbe seguito la Sunny in capo al mondo, e alla fine avrebbe preso e ucciso Franky.
“Non arriverà mai in tempo.” esclamò Rufy, serio, riflettendo sulle parole che l‘amico aveva pronunciato poco prima riferite al capo degli uomini pesce.
“Non si sa mai. Ho anche dato ordine attraverso gli interfoni di avvisare Ace.” continuò Zoro mentre riponeva con attenzione le spade nei loro foderi, pronte ad essere sfoderate per ferire l’avversario. Le lame brillava al sole, lucenti e perfette. Sembravano quasi innocue ma Rufy sapeva bene che tra le mani del suo amico Zoro erano letali.
“È tutto? Stiamo perdendo un sacco di tempo.” disse Rufy, guardando impaziente la linea dell’orizzonte di fronte a lui. L’isola non era lontana, l‘avrebbero raggiunta in poco tempo e senza troppa fatica. Improvvisamente Rufy ebbe un mancamento e dovette aggrapparsi al parapetto della nave.
Questo dettaglio non sfuggì allo sguardo attento dello spadaccino.
“Sei sicuro di farcela?” chiese Zoro, preoccupato.
“Sto bene, ho solo un po’ di febbre..” rispose Rufy, infastidito. Odiava stare male, e ancora peggio, odiava apparire debole. Per di più quello era il momento sbagliato per stare male. Doveva proteggere i suoi compagni e non poteva permettere che lo spadaccino venisse ferito per colpa della sua debolezza o della sua sbadataggine. Nonostante la febbre doveva sforzarsi di tenere tutto sotto controllo. Zoro lanciò uno sguardo all’amico, fingendo di credere che la sua fosse solamente febbre. Sapeva bene che era qualcosa di più grave, una malattia contratta ad Alabasta probabilmente, ma preferì non discutere. Rufy non avrebbe certo cambiato idea, era troppo testardo, avrebbe solo sprecato le sue già poche energie cercando giustificazioni assurde.
“Quei tizi ci stanno aspettando, non sono sprovveduti.” iniziò Zoro, paziente.
“Lo so, ma non abbiamo scelta.” rispose Rufy.
“Mi arrendo, facciamo come vuoi tu. Abbiamo un piano?” chiese Zoro, rassegnato.
“Certo. Arriviamo a nuoto fino all’isola.” spiegò velocemente Rufy.
“A nuoto?” chiese Zoro, preoccupato per le sue spade. Odiava che si bagnassero.
“Si, loro si aspettano che arriviamo con la nave. È l’unico modo per sorprenderli.” rispose Rufy, con un tono ovvio.
“Pensi di farcela a nuotare fino a lì?” chiese Zoro, preoccupato. Rufy era già indebolito dalla strana malattia che lo aveva colpito, buttarsi in mare poteva anche non rivelarsi una scelta azzeccata.
“Con il bracciale, si.” rispose Rufy, tranquillizzando lo spadaccino. Zoro lanciò un’occhiata al bracciale blu che l’amico teneva al braccio, prima di sospirare. Era stato Pagaya, lo strambo inventore dell’isola nel cielo a donarlo a Rufy quando erano tornati a trovare lui e Konis. Si trattava di un aggeggio che permetteva a chiunque di fare il bagno senza entrare il contatto con l’acqua, un’invenzione inutile per chiunque non avesse mangiato un frutto del mare ma perfetta per Rufy. Grazie a quel braccialetto aveva potuto imparare a nuotare e non doveva più preoccuparsi di cadere in acqua.
“Perfetto. Una volta sull’isola?” chiese ancora Zoro, attento alle parole dell‘amico.
“Improvvisiamo. L’importante è trovarli, liberarli e permettere loro di scappare. Non pensare a me, portali in salvo ma non rischiare la tua vita. Ci sono io per quello.” continuò Rufy, pensieroso, riflettendo su quello che sarebbe potuto andare storto.
“Nel frattempo massacriamo un po’ di tirapiedi della marina.” esclamò Zoro, serio.
“L’idea è quella.” sospirò Rufy, sorridendo. Zoro non sarebbe mai cambiato.
“Perfetto.” disse Zoro, annuendo.
“Solo una cosa.. Cerca di non farti vedere da loro.” aggiunse Rufy dopo un paio di istanti di silenzio. Zoro capì immediatamente a chi si stava riferendo il suo amico e abbasso la testa per non incontrare lo sguardo di Rufy.
“Gli stiamo salvando la vita, e tu non vuoi che lo sappiano?” chiese Zoro, incredulo.
“Esatto, faremo come tutte le altre volte.” rispose Rufy secco, tuffandosi in acqua.
“Non cambierai mai.” disse Zoro scuotendo la testa, prima di entrare a sua volta in acqua dietro al compagno.

ANGOLO DELL'AUTRICE:
innanzitutto, GRAAAZIE MILLE.
oggi sono di frettissima, pubblico il capitolo e saluto al volo. prometto di dilungarmi di più la prossima volta!
NEKO: grazieee!
sono felicissima che la mia storia ti piaccia, ti sorprenda e che la segui.
ti assicuro che Ace lo vedremo ancora, non sono sadica come Oda io!
SAISAI_GIRL: grazieee!
eh si, per colpa della marina si stanno avvicinando. nel prossimo capitolo: contatto!
non dico altro, così non ti rovino la sorpresa!
MILENA83: grazieee!
SMEMO92: grazieee!
mi fa piacere leggere i tuoi commenti e mi dispiace non avere tempo per discutere con calma con te.
prometto che la prossima volta mi faccio perdonare!
SPIDI988: grazieee!
povero Ace, mannaggia! rufy si è ammalato ad Alabasta.

GRAZIE A TUTTI E SCUSATE ANCORA SE SONO DI CORSA!

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Capitolo 13
*** SCONTRI ***


CAPITOLO 11
SCONTRI


Zoro e Rufy raggiunsero l’isola della marina in poco meno di dieci minuti, dopo di che si scambiarono un’occhiata d’intesa e decisero che sarebbero arrivati a nuoto fino al porto dove erano ancorati i grossi galeoni della marina, qualche miglio più a sud lungo la costa. Si trattava di almeno una ventina di grosse imbarcazioni predisposte per viaggiare anche nelle fasce di bonaccia, dove c’erano grossi mostri marini. Erano le navi che venivano usate anche i Buster Call e schierate in modo ordinato l’una di fianco all’altra incutevano se non paura certamente rispetto. Rufy nuotava guardando di fronte a sé, tenendo lo sguardo ben fisso sulla loro destinazione, cercando di individuare i punti deboli della difesa della marina dove poter penetrare senza essere notati. Certo, la zona intorno al porto era decisamente la più illuminata, specie ora che era scesa la sera e grossi erano puntati sulle navi, ma era anche la più frequentata. Ovunque c’erano tantissime reclute che correvano a destra e a sinistra, smaniose di eseguire gli ordini dei superiori per farsi notare e ricevere incarichi di prestigio. Presi come erano, era più difficile che si accorgessero di loro. Anzi, era quasi impossibile. I marine notano solo quello che stanno cercando, il resto non lo vedono nemmeno. Dopo tutti quegli anni per mare Rufy si stupiva ancora dell’arrivismo e dell’ipocrisia dei marinai al servizio del governo mondiale. Gli alti valori della marina, la volontà di fermare pericolosi criminali erano solamente una pallida scusa usata per mascherare i propri veri interessi, alle volte più loschi di quelli degli stessi pirati che dicevano di voler fermare.
Fu Zoro ad emergere per primo. Si arrampicò senza fatica sul pontile e poi tese una mano al suo capitano per aiutarlo a salire. Lo spadaccino lo guardò a lungo, mentre riprendeva fiato. Non stava per niente bene, ma non avevano tempo per discuterne ancora. Doveva fidarsi e avere fiducia nelle sue decisioni, come aveva sempre fatto.
I due pirati si guardarono intorno in silenzio, impazienti ma allo stesso tempo cauti. Si trovavano su una delle estremità della banchina, ed erano coperti da un grosso galeone che doveva essere ancorato lì sull’isola da molti anni, decenni forse. Le vele era stracciate e le assi di legno erano ammaccate e rovinate. Doveva aver viaggiato a lungo, ma sicuramente non di recente. Zoro fissò a lungo l’imbarcazione, chiedendosi se sarebbe caduta a pezzi di lì a poco.
“Ed ora?” chiese alla fine Zoro, pacato come suo solito. Da che lo conosceva Rufy non lo aveva mai visto veramente spaventato oppure in difficoltà. Persino davanti all’avversario più temibile lo spadaccino era pronto a mettersi in gioco e a dare tutto se stesso per riuscire a batterlo. L’unica volta che lo aveva visto perdere davvero il controllo era stato dopo lo scontro con l’Uomo dagli Occhi di Falco, sul Baratie. Dopo essere stato battuto Zoro era scoppiato in lacrime e aveva chiesto perdono a Rufy per non essere stato alla sua altezza. Rufy aveva sorriso di quelle parole, felice che il suo compagno più fedele fosse ancora vivo. Lo aveva rassicurato, ed il loro viaggio era ripreso. Quando Zoro e Occhi di Falco si erano incontrati ancora, tanti anni dopo, era stato Zoro a vincere.
“Te lo avevo promesso anni fa, al Baratie.” aveva detto Zoro riprendendo fiato, la voce ridotta a poco più che un debole sussurro.
“Non ne ho mai dubitato, sapevo che sarebbe finita così.” aveva replicato Rufy, sorridendo. La fiducia nelle capacità dell’altro era sempre stata alla base della loro amicizia. Rufy sapeva che Zoro non lo avrebbe mai tradito, come Zoro sapeva che Rufy era disposto anche a morire per lui. Erano decisamente una coppia affiatata, quando combattevano insieme la marina non aveva alcuna possibilità di batterli.
“Dividiamoci. Confonderemo la marina e faremo prima.” rispose Rufy, cercando di mascherare l’agitazione e di convincere il compagno che stava bene. Era preoccupato per i compagni ed allo stesso tempo anche per se stesso. Sentiva che le sue condizioni stavano peggiorando, la febbre era salita e ogni ora che passava si sentiva sempre più debole ma doveva stare attento a non lasciare trasparire niente di tutto ciò a Zoro oppure avrebbe potuto mettere in pericolo la sua vita.
“Dici che c’è anche Smoker?” domandò Zoro, dopo averci riflettuto un po’ su.
Da quel poco che aveva visto l’isola non era per niente preparata ad un attacco in grande stile. Se c’erano anche dei pezzi grossi dovevano essere ben nascosti, oppure ancora in viaggio.
“No, non credo. Un simile ricatto non è nel suo stile.” obiettò Rufy alzando le spalle, convinto che dietro quella storia potesse esserci solamente un uomo viscido come quello che lo aveva ricattato sette anni prima. Smoker lo odiava e lo voleva morto, certo, ma era anche un avversario leale. Non sarebbe mai caduto così in basso. Per di più tempo prima aveva dato la sua parola d’onore che non avrebbe torto un capello ai suoi vecchi compagne.
Era stato quasi cinque anni prima. Era la prima volta che vedeva Smoker dopo che si era separato dal resto della sua ciurma. L’ufficiale della marina non era cambiato per niente, era solo salito di grado. Lo stesso valeva per la Tashigi, la storica avversaria di Zoro. O almeno, l’unica contro la quale lo spadaccino si divertisse davvero a lottare.
“Se per te essere un pirata, essere Rufy Cappello di Paglia, è una colpa grave, allora voglio pagare io per questa colpa. Io ed io solo. I miei compagni lasciali stare. Hanno lasciato il mare tanto tempo fa.” aveva detto Rufy con gli occhi bassi, deciso a mettere in chiaro quel punto con l’Ammiraglio per assicurarsi che i suoi preziosi compagni non venissero minacciati ancora. Smoker non aveva risposto subito, si era accesso uno dei suoi amati sigari per prendere tempo e lo aveva fissato a lungo.
“Per chi mi hai preso? Con chi credi di parlare? Non sono un lurido pirata io..” aveva risposto poi, sdegnato. Nei suoi occhi Rufy poteva leggere il disgusto che il marine provava per lui in quanto pirata e allo stesso tempo il rispetto che provava per lui in quanto uomo. Erano avversari, nemici giurati destinati a battersi fino alla fine dei loro giorni ma la loro era una lotta leale. Un’eterna battaglia senza ne vinci ne vincitori che dopotutto divertiva tutti e due, sia il marine che il pirata.
“Anche quelli della CP9 erano dei vostri. Per non parlare di Crocodile, Orso, e tanti altri..” aveva ricordato Rufy, piegando leggermente la testa. Alle sue spalle Zoro sorrideva senza perdere di vista nemmeno una mosse dei due combattenti. Pronto ad intervenire solo in caso di reale pericolo.
“La feccia della marina è più pericolosa di voi pirati. Sto cercando di debellarla. Odio i ricatti, e farò in modo che quando verrai catturato sarà stato in seguito ad un combattimento leale. Hai la mia parola.” aveva promesso Smoker lanciando lontano il suo sigaro ormai consumato e accendendosene subito un altro.
“Beh, grazie.” aveva mormorato Rufy, sorridendo mentre si preparava a riprendere la lotta da dove l’avevano interrotta.
“Sei un degno avversario, hai il mio rispetto. E lo stesso vale per il tuo compagno, Zoro.” aveva detto ancora Smoker, prima di riprendere a combattere.
Rufy ricordava troppo bene le parole che l’ammiraglio aveva detto quel giorno e aveva impressa nella sua mente l’espressione del marine. No, Smoker non avrebbe mai potuto venire meno alla sua promessa. Ne sarebbe andato del suo onore, e per un uomo come Smoker l’onore era tutto.
“Come ci troviamo dopo?” chiese ancora Zoro, fissando intensamente il proprio capitano che sembrava immerso in qualche strano pensiero oppure ricordo. Come spesso gli capitava, Zoro si soffermò a chiedersi cosa passava nella mente del suo compagno. Alle volte avrebbe davvero voluto saperlo, entrare nella testa e stupirsi. Conoscendolo poteva benissimo trattarsi di qualcosa di molto stupido, oppure di estremamente serio. Rufy non sapeva cosa erano le vie di mezzo, viveva di estremi. Era stato questo mix di pazzia e assennatezza che gli aveva permesso di diventare Re dei Pirati. Questo e la sua determinazione a realizzare i suoi sogni.
“Portali in salvo e mettiti al sicuro, io trattengo il nemico. Non voglio che nessuno di voi rischi la vita o si faccia del male. Non devi pensare a me, ricordatelo.” ordinò Rufy con un tono che non ammetteva repliche, voltando per un attimo le spalle a Zoro.
“Va bene, ma tu che farai?” chiese Zoro, preoccupato. Sapeva che Rufy era forte ed era perfettamente in grado di badare a se stesso eppure non poteva fare a meno di pensare che in quella situazione poteva benissimo andare tutto storto. Dopo tutto lui stava male e loro si stavano cacciando dritti in una trappola organizzata per catturarli senza pensarci due volte. Non era da lui sollevare obiezioni, ma per qualche istante si fermo a pensare se era giusto o meno ricordare al suo capitano che stava facendo una pazzia. Alla fine decise di rinunciare. Non sarebbe servito a nulla, alla fine Rufy avrebbe comunque fatto di testa sua. Era troppo testardo.
“Troverò il modo di andarmene dopo che voi sarete in salvo, sta tranquillo. Ci troveremo su qualche isola o in qualche rifugio come al solito.” disse Rufy, alzando le spalle.
La sua incolumità non era mai stata la sua principale priorità, al contrario lo era quella delle persone a cui lui teneva particolarmente. Zoro e i suoi compagni erano i primi a cui doveva pensare nella sua scala di priorità, poi veniva il fratello, Dadan e solo dopo forse poteva permettersi di pensare a se stesso.
“Sta attento, non farti venire a cercare..” brontolò Zoro, sarcastico, allontanandosi stando attento a non farsi vedere.
“Pensa alle tue spade.” esclamò Rufy divertito, facendo una boccaccia all’amico prima che questi scomparve nella notte.

Nella cella scavata nella roccia, l’ufficiale era tornato a mettere pressione ai prigionieri, sperando di incutere loro timore senza però riscuotere molto successo. I pirati erano tutti seduti e lo guardavano con delle espressioni stanche ed annoiate.
“Vi sono mancato?” chiese il marine, sbattendo con poca grazia la porta.
“Certo, quando manca un piatto di pesce andato a male.” rispose Sanji, sarcastico.
“Hai fegato ragazzo, oppure sei completamente pazzo.” esclamò l’uomo, studiando a fondo il biondino. Nonostante lo scontro di qualche ora prima non sembrava assolutamente turbato, anzi, se possibile lo guardava con aria di sfida. Lui invece ricordava bene le parole dell’ammiraglio Smoker e cominciava a temere il momento in cui l’uomo sarebbe giunto sull’isola. Forse era meglio sparire prima. Uccidere i pirati e cercare riparo al quartiere generale sotto l’ala protettiva di qualche altro pezzo grosso.
“Credo sia un po’ di tutti e due. Tu invece sei solo un codardo.” ribatté Sanji, cominciando a prenderci gusto. Provocare quel ciccione era tremendamente divertente, per di più non gli era sfuggita l‘espressione spaventata che aveva dipinto sul volto appena era entrato. Qualcosa lo preoccupava, forse stava cominciando a realizzare che il suo piano era avventato e sarebbe andato tutto storto.
“Come ti permetti?” ruggì l’ufficiale, facendo un balzò in avanti e perdendo l’equilibrio. L’uomo oscillò pericolosamente in aria, prima di cadere a terra come un sacco di patate.
In un’altra situazione sarebbero scoppiati tutti quanti a ridere, ma la tensione era decisamente troppa. Quell’uomo era spaventato e vicino ad esplodere, poteva diventare imprevedibile e fare mosse azzardate. Non potevano rischiare o le ragazze avrebbero potuto farne le spese al loro posto.
“Sanji, non provocarlo.” lo ammonì Chopper, preoccupato.
“Non lo provoco, gli dico le cose come stanno. Se non ci avesse preso di sorpresa non ci avrebbe mai catturato. Ti sei approfittato della nostra buona fede.” brontolò Sanji.
“Sanji..” lo richiamò Usup, cercando di fermare l’amico prima che le cose si mettessero decisamente male per loro.
“Ha ragione lui, noi non avevamo nessuna bandiera pirata. Non avevi il diritto di catturarci.” intervenne Franky, prendendo posizione contro l’ufficiale.
“Ci hai preso di sorpresa, se ci fossimo difesi saresti morto. Non avresti avuto scampo.” concordò Brook, alzandosi in piedi. La vista dello scheletro sorprese l’ufficiale.
“Oh mamma, tremo di paura.” commentò l’ufficiale, ironico. Aveva perso il controllo della situazione ed ora i prigionieri si stavano prendendo gioco di lui. La situazione non gli piaceva per niente.
“Perché non apri questa cella e vediamo chi deve avere paura?” chiese Sanji, ostentando una calma davvero invidiabile. L’uomo non rispose subito, fermandosi a pensare qualche istante alle due alternative. Avrebbe davvero potuto aprire la cella e scontrarsi con loro, ma se fossero morti il loro capitano forse non sarebbe più venuto a salvarli.
“Credi davvero che riusciresti a battermi?” chiese il marine, provocando il cuoco.
“Non lo credo, ne sono certo.” ribatté Sanji, tranquillo.
“Illuso..” sbuffò l’ufficiale, infastidito. Non riusciva a capire se il ragazzo facesse sul serio oppure fingesse. Quello che aveva davanti era un povero sprovveduto oppure un temibile avversario? L’ufficiale non riusciva a decidersi.
“Basta discutere, perché non cantiamo una canzone?” si intromise Brook, sorridente.
L’ufficiale si sorprese di quella strana richiesta. I compagni invece sembravano rassegnati alle stranezze di quel tipo. Dopo tutto, in quanto a stranezze anche gli altri non erano da meno. Nessuno di loro sembrava davvero normale. Erano prigionieri, forse sarebbero morti e lui voleva cantare? Quel tipo doveva essere decisamente fuori di testa. Uno scheletro che parla, suona e canta, una grandissima assurdità.
“Ti sembra il momento?” esclamarono i suoi compagni, pressoché all’unisono.
“Certo, una canzone mette sempre allegria.” ribatté lo scheletro, accorgendosi di non avere il suo violino con sé. In quel momento la porta della stanza si aprì di colpo, lasciando entrare la solita recluta spaventata.
“Ehm, signore.” iniziò il ragazzo, guardandosi attorno perplesso. Più che in una prigione sembrava di stare in un bar, i prigionieri non erano per nulla spaventati. Al contrario, sembravano loro quelli che avevano in mano la situazione.
“Non ora, sono occupato.” rispose l’ufficiale, senza prestargli la minima attenzione.
“Ma signore, sembra ci siano dei movimenti strani al porto.” insistette il marine più giovane. A quelle parole l’ufficiale sembrò illuminarsi.
“È arrivata la nave che aspettiamo?” chiese, impaziente. I pirati si scambiarono un’occhiata preoccupati che Ace fosse arrivato e fosse caduto nella trappola che avevano organizzato quei babbei della marina.
“Nessuna nave, solo le altre reclute sono irrequiete. Credono ci sia qualcosa nell’acqua, forse dei mostri marini.” spiegò il ragazzo, imbarazzato.
“Siamo nell’oceano, è normale che ci siano mostri marini. Pensaci tu e non scocciare.” sbuffò l’ufficiale, sbattendo il suo sottoposto fuori dalla cella e tornando a dedicare la sua attenzione ai prigionieri.
La recluta si affrettò a tornare al porto senza accorgersi che qualcuno, nascosto sopra un albero, aveva sentito tutta la conversazione e se la rideva tranquillo.
“Eh così saremmo dei mostri marini? Ma bene, questi sono più stupidi di quando avevamo immaginato.” esclamò Zoro ad alta voce, divertito. La marina alle volte era davvero patetica, era persino noioso sconfiggerli. Credevano davvero che non si erano accorti che quella era una trappola? Era così palese, mancava solo che li avvisassero.
“Rufy?” chiamò lo spadaccino, parlando dentro una piccola ricetrasmittente.
“Trovato qualcosa?” rispose Rufy dopo qualche istante. Aveva il fiatone. Forse aveva appena corso, oppure le sue condizioni stavano cominciando a peggiorare più velocemente. Zoro cercò di scacciare quel pensiero e decise di non fare domande. Se Rufy stava male era meglio lasciarlo tranquillo, dopo tutto era lui il capitano e sapeva benissimo badare a se stesso.
“Si, li tengono in una cella scavata nella roccia. Li sorveglia lo stesso ufficiale che ci ha ricattati.” spiegò Zoro, descrivendo la posizione ed il luogo in cui la cella era situata.
“Sanno del nostro arrivo?” chiese ancora Rufy, preoccupato.
“Aspettano di vederci arrivare con la nave. Ci hanno scambiati per dei mostri marini. Che faccio? Attacco ora?” disse Zoro, divertito.
“No, il più pericoloso dell’isola è quell’ufficiale. Lascialo a me.” ordinò Rufy, cercando di restare serio. L’idea di essere stato scambiato per un gigantesco coniglio di mare divertiva anche lui, ma non c’era tempo per pensarci.
“Non puoi attaccarlo ora, è con quel branco di idioti.” protestò Zoro, ricordando al suo capitano quale fosse la situazione.
“Sono tutti lì?” chiese Rufy, pensieroso. Zoro ci pensò su qualche istante.
“Credo. Anzi, aspetta.. Mancano le ragazze.” rispose Zoro, dopo avere lanciato un’occhiata nella cella. Riusciva a vedere dentro attraverso un piccolo foro nella parete rocciosa, una piccola feritoia che il tempo aveva contribuito a creare. Perfetta per sbirciare dentro senza essere visti.
“Immaginavo. Deve avere portato Nami e Robin dall’altra parte dell’isola per complicarci le cose.” sbuffò Rufy, cercando di pensare ad una soluzione.
“Idee?” chiese Zoro.
“Credo di avere visto una casetta isolata, a poche miglia da dove abbiamo ormeggiato la Sunny.” spiegò Rufy, dopo qualche istante di riflessione.
“Devono tenerle La.” concluse Zoro, pratico.
“Va a liberarle. Nel frattempo metto a nanna un po’ di marine senza farmi vedere così ti libero la strada.” ordinò Rufy, serio.
“Consideralo fatto.” rispose Zoro, preparandosi a sguainare le sue amate spade. Finalmente era arrivato il momento di combattere. Un bel combattimento corpo a corpo era quello che gli ci voleva per distrarsi da quell’isola così noiosa e piena di babbei.
“Quando le liberi fatti vedere dalle guardie, fa in modo che diano l’allarme. Quel babbeo uscirà dalla cella per venire ad affrontarti e io lo fermerò.” continuò Rufy, spiegando il suo piano al suo compagno.
“Che ne sarà degli altri?” chiese Zoro, preoccupato. Anche se sconfiggevano l’ufficiale che li stava ricattando c’era sempre il problema di lasciare l’isola prima che i pezzi grossi della marina fossero arrivati lì.
“Una volta sistemato quel tipo sapranno liberarsi da soli.” rispose Rufy, sicuro. Aveva piena fiducia nelle abilità dei suoi compagni. Sicuramente quel marine ciccione era riuscito a catturarli con l’inganno, non vi era altra spiegazione. Il suo piano era perfetto, studiato nel minimo dettaglio.
“Sta attento.” si raccomandò ancora una volta Zoro, preoccupato per la salute del suo capitano. Aveva un brutto presentimento, una strana sensazione che non riusciva a spiegarsi ma che gli suggeriva di stare in guardia. Doveva esserci qualcosa in più che loro non sapevano su quell’ufficiale.
“Anche tu.” rispose Rufy, prima di interrompere la comunicazione.

Al porto, intanto, le reclute avevano accolto con disappunto le parole del loro superiore.
“Che ha detto il capo?” aveva chiesto un primo marine.
“Che dobbiamo pensarci noi.” aveva risposto la recluta che era stata mandata dal capo ad esporre la situazione, sbuffando.
“Come al solito. Lui ordina, strepita e noi facciamo il lavoro sporco. Dannazione, è sua la responsabilità per quest’isola.” aveva esclamato un’ altra recluta.
“Non te prendere.” aveva risposto un suo compagno, rassegnato. Nessuno di loro provava particolare simpatia per il loro capo. Era solo un arrivista corrotto e deciso a perseguire i propri obiettivi, voleva fare carriere e del resto gli importava poco. Sicurezza dei suoi uomini compresa. Potevano rischiare di morire ma lui non avrebbe mosso un dito per aiutarli. Nonostante fosse forte, questa era la ragione per cui non aveva fatto molta strada tra le file della marina.
“Che diamine è successo qui?” avevano esclamato pressoché in coro i ragazzi. Appena avevano svoltato l’angolo ed erano giunti al pontile dove erano ormeggiate le navi si erano trovati di fronte uno spettacolo raccapricciante: tutti i loro compagni erano a terra, battuti. Il primo pensiero andò al mostro marino e le reclute presero a domandarsi se quell’essere spaventoso avrebbe potuto da solo compiere quel disastro.
“Sembrano svenuti.” aveva concluso una delle reclute, guardandosi prudentemente intorno. Il mostro marino non poteva essere andato lontano, probabilmente era nascosto appena sotto il pelo dell’acqua ed era pronto ad attaccare anche loro.
“Chiama il capo.” ordinò il marine più giovane, frenetico. La situazione stava decisamente sfuggendo loro di mano.
“Ha detto di non disturbarlo.”aveva ricordato la recluta che era stata incaricata di cercare l’ufficiale capo, spaventata all’idea di incorrere nella sua ira.
“Ho detto chiama il..” ribadì il secondo, prima di cadere a terra svenuto sotto gli occhi atterriti del compagno che lo seguì qualche istante più tardi mentre dal buio emergeva una figura che si muoveva tranquilla tra i corpi dei marinai svenuti come se nulla fosse.
“È fin troppo semplice, non mi diverto nemmeno. La cella deve essere quella, ora devo aspettare che il babbeo esca di lì.” esclamò Rufy ad alta voce, dirigendosi verso il luogo in cui detenevano i suoi compagni, attento a non fare nessun rumore. Mentre camminava lanciò un’occhiata divertita agli uomini a terra. Era stato estremamente facile metterli al tappeto, non aveva dovuto nemmeno muovere le mani. Il potere della sua ambizione era stato sufficiente e gli aveva risparmiato uno scontro fisico.

Dall’altra parte dell’isola, nella casa in mezzo alla foresta dove erano tenute prigioniere le ragazze, si percepiva un certo movimento che proveniva da lontano. Era chiaro che qualcosa stava succedendo, probabilmente al porto dove erano ancorate le navi. Anche la loro doveva essere stata portata lì dopo che era stata requisita dalla marina.
“Che succede?” aveva chiesto Nami, preoccupata, cercando lo sguardo dell‘amica.
“Sembra ci sia movimento, forse è arrivato qualcuno..” aveva ipotizzato Robin, pensierosa, cercando di lanciare un‘occhiata oltre la finestra.
“Ace?” aveva chiesto Nami, illuminandosi.
“Non saprei.” aveva risposto Robin, alzando le spalle.
“Non ci sperate, è solo un banale mostro marino. Non uscirete vive di qui.” aveva esclamato il loro carceriere, ridendo, prima di affrettarsi a chiudere le tende.
“Ehi, Jerry.” chiamò una guardia da fuori.
“Che vuoi?” aveva chiesto l’altro, raggiungendolo senza preoccuparsi troppo di chiudere la porta alle sue spalle. Dopo tutto erano lontani dalla costa, non c’era alcun pericolo che i mostri marini potessero attaccare anche loro.
“Là, nell’erba.” disse la guardia, indicando una strana ombra che si muoveva tra i cespugli. I due uomini si scambiarono uno sguardo spaventato e cercarono di farsi coraggio a vicenda. Nessuno dei due aveva abbastanza fegato per andare per primo.
“Che diamine è?” avevano chiesto il primo marine proprio mentre Zoro, silenzioso come sempre, sbucava dall’erba con tutte e tre le spada sfoderate e un‘espressione crudele dipinta sul volto che incuteva terrore.
“Non è niente, solo un banale mostro marino..” aveva commentato Zoro, prima di togliere facilmente di mezzo tutti gli uomini.
“Dà l’allarme, avvisa il capo.” fece in tempo a dire uno di loro, prima di cadere svenuto a terra. Zoro sbagliò e si allontanò stato attento a non fare troppo rumore. Aveva fatto quello che doveva, ora non doveva fare altro che aspettare e fare in modo che nessuno facesse del male alle ragazze prima che venissero raggiunte dai compagni.
La voce dell’attacco alla casa nella foresta dove erano tenute le due prigioniere arrivò velocemente dall’altra parte dell’isola, nonostante lo scompiglio generale. Non ci volle molto perché qualcuno lo collegasse con l’attacco al porto e arrivasse a capire che non c’era nessun mostro sull’isola, ma qualcosa di decisamente peggiore. Il Re dei Pirati era arrivato, e voleva prendersi la sua vendetta contro i marine che lo avevano ricattato.
“Signore..” esclamò una guardia, entrando di corsa e con il fiato corto nella cella dove l’ufficiale stava continuando a provocare i prigionieri.
“Ancora? Avevo detto di non scocciare.” ribatté l’uomo, infastidito da tutto quel chiasso. Possibile che non erano in grado di fare nulla da soli?
“Ci attaccano!” esclamò la recluta, spaventata.
“Cosa? Avevate detto che non c’era traccia della nave..” disse l’ufficiale, preso alla sprovvista. Fino a qualche momento prima erano convinti si trattasse di uno stupido mostro di mare ed ora se ne uscivano con l’idea dell’attacco. Quegli idioti dovevano aver perso del tutto il lume della ragione.
“Lo so, ma.. È successo tutto all’improvviso.” cercò di giustificarsi la recluta, più propenso all‘idea di affrontare l‘ira del suo superiore che non le spade di Zoro o i miciali pugni di Cappello di Paglia.
“Dove sono ora?” chiese l’ufficiale, improvvisamente più pallido. I suo nemici erano arrivati, era giunto il momento di affrontarli.
“Hanno attaccato la casa dove sono rinchiuse le ragazze.” rispose la recluta, spaventata, spiegando velocemente all’ufficiale quello che era successo.
“Ci penso io, sorveglia i prigionieri.” esclamò l’ufficiale, precipitandosi fuori dalla stanza e lasciando i prigionieri perplessi dal suo strano comportamento.
I ragazzi, rimasti soli con la solita guardia spaventata, si scambiarono delle occhiate perplesse, incerti sul da farsi.
“È andato via, dobbiamo approfittare di questa occasione.” esclamò Franky, deciso. Sanji e Brook si scambiarono un’occhiata ed annuirono.
“Cosa vuoi fare?” chiese Usop, spaventato.
“Scappare, è ovvio.” rispose Sanji, tranquillo, intuendo quali fossero le intenzioni del compagno. Conosceva Franky da abbastanza tempo per sapere che il cyborg aveva sempre un piano di riserva o una bizzarra idea per la fuga.
“È una pazzia, quel tizio ci ucciderà.” esclamò Usop, spaventato.
“No, ucciderà Nami e Robin se non le raggiungiamo.” fece notare Chopper, agitato. Le parole della renna furono in grado di convincere tutti quanti alla fuga.
Nel frattempo, sull’albero dove prima c’era Zoro, Rufy si godeva la scena. Gli piaceva guardare le vite dei suoi compagni scorrere tranquille, incrociando appena la sua.
“Bravi ragazzi, andate da Nami e Robin e assicuratevi che stiano bene. Lasciate questo inferno, ci penso io a coprirvi le spalle..” disse Rufy, parlando più a sé che a loro.
“Hai sentito?” chiese Usop, zittendosi all’improvviso e mettendosi in ascolto.
“No, cosa?” chiese Sanji, perplesso, guardandosi attorno. Oltre a loro l’unica persona nella stanza era la guardia, così spaventata all’idea che potessero ferirlo o consegnarlo a Cappello di Paglia da tenersi a debita distanza da loro.
“Nulla, mi è sembrato di sentire la presenza di qualcuno.” rispose Usop, guardandosi attentamente attorno senza però vedere nulla.
“La guardia?” ipotizzò Brook, cercando di capire.
“No, qualcuno di familiare.. Mi sarò sbagliato.” concluse Usop, scuotendo la testa.
Aveva provato una sensazione familiare alla quale però non riusciva a dare un nome. Non aveva sentito nessuna voce, eppure aveva avuto l’impressione di avere qualcuno vicino a coprirgli le spalle. Qualcuno simile ad un fratello, magari che non vedeva da tanto.
“State indietro, faccio saltare la parete di roccia. Brook, Sanji, pronti a fermare le guardie?” chiese Franky, preparandosi a colpire.
“Ci siamo anche noi.” esclamò Chopper, parlando anche a nome di Usop. Entrambi erano decisi a dare il loro contributo per andarsene da lì.
“Siete tutti pronti ragazzi?” chiese ancora una volta Franky, prendendo con cura la mira.
“Quando vuoi.” rispose Sanji, preparandosi a stordire l‘unica guardia rimasta.

La disperata corsa dell’ufficiale verso la casa delle prigioniere fu presto interrotta da Rufy, nascosto dietro un albero a pochi metri dalla cella. Voleva controllare la situazione ma allo stesso tempo non voleva essere visto dai suoi vecchi compagni.
Li aveva sentiti parlare di sfondare la cella, aveva aspettato che lo facessero e solo dopo era andato a fermare l’ufficiale perché non incrociasse il loro cammino. Doveva trattenerlo per dare loro modo di scappare ed allontanarsi il più possibile.
“Dove credi di andare?” chiese Rufy, sbarrando la strada al suo nemico con un‘espressione sul volto che non prometteva nulla di buono.
“Cappello di Paglia.” disse l’uomo, ostentando tranquillità. Finalmente lo aveva di nuovo davanti a sé. Dopo sette anni poteva vendicarsi e sbatterlo in prigione. Lo avrebbero giustiziato in diretta mondiale e nessuno gli avrebbe più impedito di godere degli onori che meritava. Sarebbe stato potente, rispettato e ricco.
“Sorpresa. Mi volevi qui, eccomi arrivato.” continuò Rufy, divertito. La testa gli girava appena, ma lui non ci faceva più caso. Ormai tutto quello che vedeva davanti a sé era il suo avversario, doveva fermarlo prima che facesse del male a qualcuno dei suoi.
“Credevo fossi dall’altra parte dell’isola, ad aiutare le ragazze.” osservò il marine, perplesso. C’era qualcosa che non tornava. Dove si trovava Zoro? Possibile che fosse venuto solo. I suoi uomini avevano detto che qualcuno nascosto nell’erba li aveva stesi.
“Io sono ovunque.” esclamò Rufy, serio, con un‘espressione che spaventò il marine. Il pirata che aveva davanti a sé pareva un demonio, in grado di essere ovunque e sterminare tutti loro. Per qualche istante pensò di non avere scampo, poi riprese il controllo di sé ed impose ai suoi nervi di calmarsi.
“Sei finito.”esclamò a sua volta l’ufficiale, ostentando una sicurezza che non era poi così certo di possedere.
“Credi davvero?” chiese Rufy, sinceramente stupito. Non riusciva a inquadrare l’uomo che aveva davanti. Non gli era mai parso così forte, eppure sette anni prima era stato in grado di ricattarlo ed ora teneva in pugno la vita dei suoi compagni. L’unica cosa certa era che gli piaceva giocare con il fuoco. Lo aveva provocato e questa volta non avrebbe avuto scampo. Non poteva avere pietà per un uomo tanto vile, lo avrebbe finito.
“Sei caduto nella mia trappola, ed ora morirai.” rispose il marine, gongolando.
Certo, Cappello di Paglia era forte, il terrore dei mari, ma lui aveva un asso nella manica. Inoltre, il pirata sembrava affaticato, malato forse e tutto tornava a favore suo.
“Sei patetico. Mi hai ricattato una volta e mi hai tolto ciò che avevo di più caro. Non ti permetterò di esercitare altro potere su di me. Sarò io quello che si vendicherà.” ribatté Rufy, perdendo la calma e colpendo l’uomo con uno dei suoi famosi e dolorosi pugni. Il marine incassò, incapace di schivare un colpo tanto potente, e si schiantò contro un albero ricadendo poi pesantemente a terra come una bambola di pezza.
“Come lascerai quest’isola? Ehi, tu. Soldato, ordina di distruggere tutte le navi ancorate al porto. Nessuno lascerà vivo quest’isola.” ordinò l’ufficiale, mentre sul viso di Rufy si disegnava uno strano ghigno. Distruggendo le navi quell’idiota stava dicendo addio alla possibilità di seguirli. La loro nave era al sicuro, mentre loro presto non avrebbero avuto più alcun galeone a disposizione.
“Credi di farmi paura?” chiese Rufy, ironico, mentre l‘ufficiale lo fissava stupito. Aveva appena ordinato di distruggere anche la sua nave ma Cappello di Paglia non reagire. Quell’uomo doveva essere un folle, era l’unica spiegazione.
“Dovresti averne, moccioso.” ringhiò il marine, fuori di sé dalla rabbia.
“Ora mi hai fatto veramente arrabbiare.” esclamò Rufy, attivando il gear second.
“Davvero? Che paura. Anche io ho una sorpresa per te.” disse il marine, facendo un gesto della mano. Dal nulla sbucò un’ombra che apparteneva ad un uomo coperto da un lungo mantello nero che gli celava il viso e gran parte del corpo.
“Ma.. Siete due? Esclamò Rufy, sorpreso, guardando i due uomini che aveva davanti.
Era questo che aveva il mente il marine. Uno dei due sarebbe rimasto a combattere con lui, l’altro avrebbe impedito la fuga ai suoi compagni. Piano perfetto se non si teneva conto la presenza di Zoro.
“Ti presento il mio gemello.” disse l’ufficiale, indicando in modo teatrale la sua fotocopia. Rufy lo studiò a lungo con attenzione prima di emettere un verdetto.
“È brutto come te, non c’è che dire.” commentò Rufy, divertito, provocando la rabbia di entrambi gli uomini. Partirono all’attacco insieme, ma Rufy si schivò facilmente. Si preparò a lanciare un contrattacco che li spedisse lontano ma il suo corpo lo tradì, facendolo stramazzare a terra. I due marine colsero l’occasione per colpirlo. Appena Rufy realizzò la situazione si riscosse e colpì entrambi con una micidiale raffica di pugni.
“Penso io a questo idiota, tu ferma l’altro.” disse l’ufficiale, parlando al suo gemello.
Il gemello non disse nulla, annuì appena e si allontanò diretto alla casa dove c’erano le ragazze e gli altri con l’intenzione di eliminarli.
“Prima ucciderò te, e poi farò fuori anche tuo fratello. E se nel frattempo infastidirà il mio spadaccino sarà lui a morire.” esclamò deciso Rufy, ansimando per lo sforzo.
La sua vista ormai era offuscata, ogni muscolo del corpo gli faceva male e la febbre probabilmente era salita ancora, ma Rufy a tutto questo non badava. Doveva fermare quell’idiota, nulla era più importante.

Dalla parte opposta dell’isola gli strani movimenti non erano sfuggiti alle due ragazze, ancora sole all’interno della piccola casetta.
“Hai sentito?” chiese Nami, riferendosi ai rumori che venivano dall‘esterno.
“Qualcuno sta combattendo.” rispose l’archeologa, pensierosa.
Nonostante nessuno fosse ancora tornato nessuna delle due si era ancora azzardata a mettere il naso fuori dalla porta. Dopo qualche minuto i colpi finirono e tornò il silenzio.
“È la nostra occasione, la porta è rimasta aperta.” esclamò Nami, felice.
“Certo, scappiamo.” concordò Robin, liberandosi facilmente delle corde che stringevano i loro polsi. Le guardie non si erano preoccupate di fare dei nodi seri perché pensavano di avere a che fare con due ragazze. Grosso errore, mai sottovalutare Nami e Robin.
Appena uscite le ragazze sentirono dei passi alle loro spalle, si voltarono spaventate prima di accorgersi che si trattava dei loro compagni.
“Ragazze, state bene?” chiese Sanji, preoccupato, correndo per primo verso di loro.
“Come avete fatto a scappare?” chiese Nami, curiosa.
“Il babbeo è andato via, stava venendo di qua. Franky ha sfondato la parete, abbiamo sistemato le guardie e siamo venuti da voi.” spiegò Brook, tranquillo, prima di mettersi a canticchiare la sua canzone preferita.
“Abbiamo anche recuperato le nostre armi.” disse Usop, porgendo a Nami il suo bastone.
“Siete stati grandiosi.” esclamò la navigatrice, ammirata.
“Me lo dai un bacino?” chiese Sanji, approfittando della situazione per fare il cascamorto come faceva di solito.
“Ti sembra il momento adatto?” rispose Nami, furiosa, colpendolo in testa con il suo bastone climatico. Il cuoco accusò il colpo in silenzio, mettendosi a elogiare la bellezza, la forza e la decisione di Nami, la dea tra le dee.
“Andiamocene prima che arrivi.” esclamò Chopper, ignorando le farneticazioni senza senso di Sanji e la canzone di Brook.
“Come ce andiamo?” chiese Usop, perplesso.
“Riprendiamo la nostra nave, oppure ne rubiamo una. Ce ne sono tante ancorate al porto.” rispose Nami, come se rubare una nave alla marina fosse la cosa più ovvia da fare. Il loro spirito pirata si stava risvegliando.
“Troppo tardi, è arrivato.” esclamò Sanji, indicando l’ufficiale che si stava avvicinando. Non li aveva ancora visti, ma era questione di poco e li avrebbe scoperti.
“Nascondiamoci nella foresta.” ordinò Franky, facendo strada ai compagni verso il cespuglio dove era nascosto Zoro.
“Dannazione, vengono verso di me.” esclamò Zoro, sicuro che di li a poco sarebbe stato certamente scoperto. Era sicuro che Rufy lo avrebbe ammazzato se si fosse fatto scoprire come un principiante. Cercò di spingersi più indietro che poteva, inutilmente. Lo avrebbero scoperto ad ogni modo.
“C’è qualcuno là in fondo, state in guardia.” esclamò Sanji, indicando il cespuglio dietro al quale era nascosto Zoro e preparandosi ad attaccarlo. Lo spadaccino sospirò e si preparò al peggio, Sanji invece si preparò ad attaccare ma rimase con il piede in aria quando vide una figura con tre spade che doveva per forza essere Zoro.
“Tu?” esclamò sorpreso quando si trovò di fronte lo spadaccino. Nella sua mente cominciarono a formarsi tante domande, troppe. Possibile che fosse lui l’uomo che l’ufficiale della marina stava aspettando?
“Gentile come sempre, non cambi proprio mai.” commentò Zoro, ironico, alzandosi da terra. Ormai era stato scoperto, tanto valeva farsi vedere anche dagli altri.
“Zoro!” esclamò Nami, sorpresa quanto il cuoco.
“Tu, brutto..” cominciò Sanji, risentito. Erano anni che non lo vedeva ma il risentimento non era cambiato, specialmente quando aveva scoperto che quel babbeo non aveva mai smesso di navigare con il loro vecchio capitano.
“Chi non muore si rivede.” esclamò Franky ironico, sorpreso quanto i compagni.
“Oh Zoro, dopo tutto questo tempo. È bello rivederti dopo sette anni.” esclamò Chopper, felice di rivedere l’amico. Non gli importava nulla che Zoro stava con Rufy e che anche lui era un traditore. Era contento e basta e non riusciva a nasconderlo.
Usop invece era gelato, sconvolto. Non riusciva a dire nulla. Tutto quello che riusciva a pensare era se Rufy fosse o meno a conoscenza che Zoro era venuto a salvarli. Probabilmente no, oppure lo avrebbe fermato di sicuro. Forse lo avrebbe addirittura allontanato dalla Sunny per una cosa come quella.
“Sette anni?” chiese Zoro sorpreso, sorridendo. Se solo avessero saputo quante altre volte lui aveva salvato loro la pelle senza farsi scoprire.
“Zoro, che ci fai qui?” chiese Robin, tranquilla. Era stava la sola che aveva fatto quella domanda. Conosceva Zoro, non avrebbe mai tradito Rufy. Se lui era sull’isola voleva dire che Rufy lo sapeva e gli aveva dato la sua autorizzazione. Tuttavia questo contrastava con l’immagine che tutti loro si erano fatti di Rufy e della situazione.
In quel momento l’ufficiale fece la sua comparsa, distogliendo tutti dai loro pensieri.
“Sapevo sareste venuti. La mia trappola è scattata.” disse il marine, parlando rivolto a Zoro che lo fissava tranquillo. Sembrava che quella situazione lo divertisse immensamente. Il marine si guardò intorno, fermando il suo sguardo proprio sullo spadaccino, quasi si aspettasse di trovarlo lì.
“Trappola? Sai che sta dicendo questo idiota.” chiese Sanji, guardando confuso lo spadaccino. Zoro sospirò, giocherellando con il fodero delle sue spade.
“Pensi davvero che basti questa isola e questo misero esercito a metterci fuori combattimento?” chiese Zoro all’ufficiale, ignorando di proposito la domanda del cuoco.
“Vedremo.” rispose il marine, con tono pomposo.
“Le cose sono due, o sei un illuso oppure un ottimista.” disse ancora Zoro, serio. Era come se d’improvviso tutti i compagni fossero spariti e fossero rimasti solo lui e il grosso babbeo della marina da battere.
“Aspetta, che state dicendo?” chiese Usop, confuso ma deciso a capirci qualcosa.
“Non ci credo, non lo sanno?” esclamò l’ufficiale, sorpreso, passando lo sguardo da Zoro ai compagni e poi di nuovo a Zoro.
“Qualcuno sarebbe così gentile da coinvolgerci nei vostri discorsi?” chiese Nami, infastidita dal fatto che sia Zoro che il marine sembravano non considerarli abbastanza degni della loro attenzione.
“Non mi importa nulla di voi, vi ho catturati solo per tendere una trappola a loro.” rispose l’ufficiale, alzando le spalle. Dopo tutto non stava a lui dare spiegazioni, lui era lì solamente per sconfiggerli.
“Non credo tu sia stato molto furbo. Credevi davvero che Rufy ci sarebbe venuto a salvare?” chiese Usop cinico, scuotendo la testa.
“Beh, Zoro è qui. Quindi si, il mio piano ha funzionato.” ribatté il marine, indicando lo spadaccino che se ne stava immobile, impassibile. Tutti guardarono Zoro stupiti. Fino a quel momento tutti loro avevano pensato che fosse venuto solo, nessuno di loro aveva ipotizzato che anche Rufy fosse sull’isola ad aiutarli e che fosse proprio lui l‘uomo che l‘ufficiale aveva ricattato per cercare di catturare.
“Che stai dicendo?” chiese Chopper, confuso.
“Dove c’è Zoro c’è anche Cappello di Paglia.” spiegò meglio l’ufficiale, ghignando.
“Ma che bravo, ora vogliamo venire al sodo? Sai, avrei da fare più tardi.” esclamò Zoro ironico, impugnando le spade. Era pronto a combattere ma i compagni lo fermarono.
“Aspetta, Rufy è qui?” chiese Franky, sorpreso. Zoro sospirò e ignorò la domanda, concentrandosi per colpire il suo avversario. Non doveva parlare loro di Rufy, era già abbastanza grave che si era fatto vedere. Se avesse anche parlato di lui sì che sarebbe stata una vera tragedia. Aveva promesso, aveva dato a Rufy la sua parola.
“Zoro, rispondi.” ordinò Nami, con un tono che non ammetteva un no come risposta.
“Si.” rispose Zoro, abbassando la testa.
“Perché?” chiese Usop, gli occhi stralunati. Zoro ancora una volta non rispose.
“Questa è bella, davvero loro non lo sanno?” chiese ancora il marine, divertito dalla situazione. Zoro e Cappello di Paglia stavano rischiando la pelle per aiutarli e loro non sapeva nulla. La cosa strana era che non sapessero nemmeno del ricatto di sette anni prima. Quel piano per catturare Cappello di Paglia era stato un buco nell’acqua, aveva permesso che la ciurma di dividesse ma Rufy e Zoro erano pericolosi anche da soli.
“Cosa non sappiamo?” domandò esasperata Nami. Quella situazione era decisamente paradossale. Per tutta risposta Zoro mise a tacere il marine con un fendente preciso che lo spedì nel mondo dei sogni.
“Sarà fuori combattimento per un po’, andatevene. Dimenticate di avermi visto.” disse Zoro, voltando le spalle ai vecchi compagni. Aveva fatto il suo dovere, ora doveva andare prima che cominciasse la trafila di domande imbarazzanti.
“Aspetta Zoro, devi dirmi di cosa stava parlando quell’uomo.” insistette Nami. Nella sua voce non c’era rabbia ma tanta disperazione. La navigatrice, una delle persone più orgogliose che Zoro conosceva, lo stava praticamente implorando. Quella situazione cominciava a diventare ingestibile anche per uno come lui. Zoro era confuso, non sapeva cosa fare. Doveva parlare o doveva rimanere zitto? Ormai la situazione era compromessa, valeva la pena raccontare tutto o doveva cercare di proteggere ad ogni costo il segreto del suo capitano. Zoro sospirò. Nonostante la prima soluzione fosse la più allettante decise di scegliere la seconda, lo doveva a Rufy.
“Non posso Nami.” sospirò Zoro. Sapeva che Nami quando voleva sapere essere insistente, ma lui non poteva proprio parlare. Se il babbeo della marina avesse detto loro qualcosa di più chiaro, allora lui avrebbe potuto spiegare tutto senza tradire la sua promessa. Ma l’ufficiale si era solo preso gioco di loro, senza dire come stavano le cose.
“Come sarebbe a dire che non puoi?” chiese Usop con un tono aggressivo che normalmente non gli apparteneva. Voleva delle risposte e le voleva ora. Era disposto a tutto, anche ad affrontare Zoro se necessario. Voleva sapere se Rufy era davvero quel gran bastardo che lui credeva oppure il più grande dei babbei che aveva passato sette anni da solo con lo spadaccino per proteggere loro dalla marina.
“Ho promesso.” rispose Zoro, alzando le spalle. Nami a quelle parole alzò gli occhi al cielo. Tutte quelle promesse iniziavano a diventare troppe.
“A chi hai promesso?” chiese Robin, interessata. Visto che Zoro non sembrava avere alcuna intenzione di parlare tanto valeva cercare di capire il perché.
“Se vi dicessi tutto che ne sarebbe del mio onore? Uno spadaccino ha una sola parola.” rispose Zoro, enigmatico come suo solito.
“Centra Rufy?” chiese Nami a bruciapelo. Zoro sospirò e fece finta di non sentire le parole della ragazza.
“Avanti, rispondi almeno a questo. A questo si riferiva Bibi quando mi ha detto che Rufy aveva un segreto?” chiese ancora Nami, implorante. Zoro voltò le spalle ai compagni e si mise a guardare il mare. C’era un gran fumo che si alzava dal porto, quasi qualcosa bruciasse. Probabilmente avevano dato fuoco alle navi, pensando che anche la loro fosse ancorata lì. Illusi.
“Che ti ha detto Bibi?” chiese Zoro, preoccupato che Bibi avesse potuto tradire il segreto di Rufy. Lui sembrava riporre una fiducia infinita in quella donna, eppure loro sapevano qualcosa ed era stata sicuramente lei a parlare con loro.
“Nulla, di cercare Rufy e di farmi dire quello che ci ha tenuto nascosto. Allora, vuoi parlare?” chiese ancora Nami. Zoro sospirò, Bibi in fondo non aveva detto nulla.
Lo spadaccino cominciava ad essere stanco. Tutti stavano zitti, si lamentavano ma continuavano a tenere il segreto ed ora i suoi compagni stressavano lui per avere delle risposte. Proprio lui, che era sempre stato il compagno più fedele fin dall’inizio. Come potevano davvero pensare che avrebbe tradito il suo capitano?
“Non posso, ma Bibi ha ragione. Rufy ha un segreto, se lo vuoi sapere cercalo e va a  chiedere a lui.” rispose alla fine lo spadaccino, desideroso di combattere ancora.
“Tu eri un nostro compagno. Abbiamo combattuto insieme. Abbiamo rischiato la vita insieme. Come puoi tacere su una cosa così importante?” urlò Nami, scuotendo Zoro per le spalle. Il ragazzo avrebbe potuto fermarla facilmente ma la lasciò fare perché si sfogasse. Al suo posto avrebbe fatto la stessa cosa, forse peggio.
“Smettila Nami, è tempo perso.” disse Sanji, tranquillo, trattenendo la ragazza per le spalle. Nami scoppiò in lacrime e pianse come nessuno di loro l‘aveva mai vista fare.
“Ma Sanji..” provò a iniziare Nami, subito interrotta dal cuoco che la strinse più forte a sé quasi avesse paura che potesse sparire all‘improvviso.
“Se Bibi non ha voluto parlare non lo farà nemmeno lui.” spiegò il ragazzo dolcemente alzando le spalle. Conosceva Zoro, una volta che aveva preso una decisione non c’era verso di fargli cambiare idea. Sullo sfondo gli altri compagni annuivano, rassegnati. Il momento delle rivelazioni non era ancora giunto.
“Sei meno idiota di quello che sembra.” esclamò Zoro, sorpreso dal fatto che Sanji avesse preso le sue difese. Era decisamente una cosa strana.
“Brutta testa d’alga.” imprecò il cuoco, tirandogli un calcio in testa che lo spadaccino schivò facilmente, sorridendo. Gli scontri con il cuoco gli erano mancati più di quanto fosse disposto ad ammettere.
Proprio in quel momento la testa dell’ufficiale sbucò dai cespugli, con la faccia pesta.
Si guardò intorno fino a che non incrociò lo sguardo di Zoro.
“Ancora qui? Sai, credo che il tuo capitano sia nei guai. Non è stata un’idea furba attaccare l’isola nelle sue condizioni..” mormorò gongolando, godendo della tensione che si era venuta a creare.

ANGOLO DELL'AUTRICE
ebbene si, sono proprio io.
sono davvero sorpresa di essere riuscita a postare un capitolo così presto, e che capitolo.
scriverlo è stata una faticcacia, ma non è nulla in confronto al prossimo nel quale finalmente Zoro racconterà tutto e scapperà insieme ai compagni, ma basta anticipazioni!
veniamo ai ringraziamente: grazie a tutti coloro che leggono e commentano!
SMEMO92: graaazie!
beh, i personaggi cominciano a diventare tanti. ti assicuro che a volte un capitolo devo riscriverlo due o più volte perchè mi accorgo di essermi dimenticata qualcuno! l'ufficiale lo odio anche io, ma credo che anche Smoker gli darà una bella lezione.. anche al gemello!
per quanto riguarda la Sunny, esiste un motivo mooolto valido per cui Rufy ha insistito per tenerla ma lo si scoprirà solo nel prossimo capitolo. diciamo che Rufy  è stato obbligato a fare quella scelta per il bene dei compagni.
SAISAI_GIRL: graaazie!
la ciurma era sorpresa. nel senso, non avevano bandiere pirate, non stavano facendo nulla e quando è arrivata la marina non pensavano che li avrebbe attaccati. una volta che erano buoni buoni!
sono davvero felice che la mia storia ti piaccia!
NEKO: graaazie!
fosse per me il capitolo non lo finirei ma poi verrebbe una storia talmente lunga che nessuno riuscirebbe ad arrivare fino in fondo alla pagina.
meglio dividerla, no?
come hai letto, qualcosa è andato storto e Zoro è stato scoperto. nel prossimo capitolo.. no, non dico nulla! ;D
LADYSAIKA: graaazie!
grazie mille per i complimenti e per la recensione. non c'è un giorno preciso in cui posto, diciamo che varia soprattutto in base ai miei impegni.
in questo momento sto scrivendo la tesi di laurea quindi scrivo a tarda notte e di mattina presto, nei ritagli di tempo.

GRAAAZIE A TUTTI QUANTI!

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Capitolo 14
*** SPIEGAZIONI: FINALMENTE LA VERITA' ***


CAPITOLO 12
SPIEGAZIONI: FINALMENTE LA VERITA'

“Ancora qui? Sai, credo che il tuo capitano sia nei guai. Non è stata un’idea furba attaccare l’isola nelle sue condizioni..” mormorò gongolando, godendo della tensione che si era venuta a creare.
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“Rufy è ferito?” chiese Chopper, preoccupato, fissando con insistenza lo spadaccino. Tutti lo stavano fissando, ma lui sembrava non badarci. Le parole, ma soprattutto la presenza di quel babbeo lo avevano scosso. Che diamine era successo? Conosceva bene Rufy e sapeva che avrebbe fatto di tutto per trattenere quell’idiota. In condizioni normali non c’era nemmeno da chiederselo, ma visto che il capitano stava male forse c’era la possibilità che fosse stato sconfitto. Quell’idea fece impallidire Zoro, che cercò di scacciarla il più presto possibile.
“Dannazione.” imprecò Zoro a mezza voce.
“Non vai ad aiutarlo?” continuò l’ufficiale divertito, intuendo di avere toccato un nervo scoperto. Riusciva chiaramente a vedere il tormento sul viso calmo dello spadaccino. Era diviso tra la volontà di correre dal suo capitano per vedere cosa fosse successo e l’obbligo di rispettare gli ordini ricevuti. Certo non poteva immaginare che mentre loro parlavano Rufy stava affrontando il suo gemello. Alla fine fu la seconda scelta a prevalere nella testa dello spadaccino, deciso a fidarsi di Rufy e a proteggere i suoi. Qualunque cosa fosse successa a Rufy era certamente in grado di cavarsela da solo, Zoro ne era assolutamente certo.
“Ho le mie priorità.” rispose Zoro, ritrovando una calma invidiabile. I compagni, a pochi passi da lui, erano rimasti di sasso.
“Spero che ti basteranno, perché tra poco non avrai più un capitano.” commentò il marine, divertito.
“Perché non vai da lui?” chiese Franky, curioso. Il cyborg non riusciva a spiegarsi come mai se sette anni prima Zoro aveva deciso di rimanere con Rufy ora era deciso a proteggere loro, anche a costo della vita del suo capitano.
“Io rispetto solo i suoi ordini.” rispose Zoro, secco, evitando lo sguardo dei compagni.
“E lui ti ha ordinato di stare qui a fare nulla mentre lui viene ferito a morte?” insistette Nami, stranita e spaventata, stupendosi per prima delle sue parole. Era preoccupata per Rufy? Più cercava di negarlo con tutte le sue forze più emergeva con chiarezza che era così. Dopo tutto non si cancellano con un colpo di spugna tanti anni e tante avventure vissute insieme, anche dopo sette anni di lontananza e rancori. Forse anche Zoro la pensava come lei, e per questo era deciso a restare lì a combattere per loro. Sanji, dopo un attimo di smarrimento iniziale dovuto alle parole del marine si era ripreso ed era più che mai pronto a combattere per difendere le sue donne e i suoi compagni.
“No, lui gli ha ordinato di difendere voi ad ogni costo. Anche a costo di lasciare indietro lui, non è vero?” si intromise l’ufficiale, malizioso. I pirati lo fissavano con gli occhi sgranati, increduli. Nessuno di loro riusciva a credere alle proprie orecchie. Le parole dell’uomo cozzavano con tutto quello che loro avevano creduto negli ultimi anni.
“Che diamine stai dicendo?” chiese Usop, sconvolto da quelle parole. Con una sola frase il marina aveva distrutto tutte le certezze che il cecchino si era costruito in proposito a Rufy e a quello che era successo sette anni prima. Fino a quel momento agli occhi del cecchino tutto era sembrato semplice: lui odiava Rufy perché era un bastardo a cui non importava. Scoprire che Rufy si preoccupava per loro, tanto da ordinare a Zoro di pensare prima a loro che a lui, scombussolava tutto.  
“Tu parli troppo.” esclamò Zoro, infastidito e pieno di rabbia. Quel babbeo aveva rovinato tutto. Per anni Rufy aveva fatto sacrifici, aveva sofferto e aveva lottato nell’ombra per difendere il suo segreto e la tranquillità dei suoi compagni sui cui volti era calato il gelo più totale. Quelle poche parole, dette con cattiveria, avevano confuso tutto, avevano distrutto tutto. Avevano reso vani i sacrifici del suo capitano e avevano gettato i suoi compagni nella disperazione e nel dubbio. La doveva pagare, doveva morire. Un essere tanto codardo, inutile e cattivo non poteva continuare a vivere.
“Dai, Zoro. Sii serio, non trovi assurdo che loro non sappiano?” chiese l’ufficiale, inclinando il capo prima di scoppiare di nuovo a ridere. La sua era una risata sguaiata, fastidiosa. Zoro era disgustato e desiderava solo che quel suono sgraziato finisse, che quell‘uomo orribile smettesse di respirare, di muoversi e di fare soffrire le persone che più lui amava.
“Non spetta a me decidere. Io rispetto solamente il volere del mio capitano.” rispose Zoro, infastidito. Il marine stava cominciando a parlare un po’ troppo per i suoi gusti.
“Ancora con questa storia.. Quando ti deciderai a farci capire?” esclamò Franky, seccato. Era l’unico della ciurma che aveva la forza di parlare, gli altri erano pallidi e tesi. Di colpo avevano capito che Rufy teneva ancora a loro, che non aveva mai smesso di preoccuparsi per loro e che c‘era qualcosa sotto a cui loro non avevano mai pensato prima. Tutto il contrario di quello che loro avevano creduto per quei sette lunghi anni che avevano passato da soli, rimuginando sul passato.
“Il vostro capitano..” cominciò il marine, con un sorriso compiaciuto dipinto sul volto.
“Ex capitano.” preciso Nami, stizzita.
“Cappello di Paglia, meglio così? Dicevo, Cappello di Paglia, si è sacrificato per voi.” continuò l’ufficiale, ignorando le facce sconvolte dei pirati.
“Ora sta zitto!” sibilò Zoro, fuori di sé. Il babbeo alla fine aveva parlato troppo. Era finalmente tempo di combattere, di farlo tacere per sempre. Intorno a sé lo spadaccino riusciva a percepire solamente delle voci, un brusio indistinto nel quale non riusciva a capire del tutto il senso delle parole. Lo spadaccino tuttavia non aveva bisogno di sentire quello che diceva la gente intorno a lui per sapere cosa fare. Tutto l’universo di Zoro era ridotto a lui ed al suo avversario e lo spadaccino non aveva nessuna intenzione di lasciarlo vincere. Non poteva lasciare che facesse del male ai miei compagni o svelasse loro il segreto che Rufy aveva fatto in modo di celare per tanti anni. Non poteva lasciare che un uomo del genere continuasse a vivere. Il suo capitano contava su di lui e Zoro non poteva deluderlo. L’ufficiale si mosse, spaventato dall’espressione terrificante dipinta sul volto del suo avversario. Zoro, il temibile spadaccino si stagliava di fronte a lui, con le sue tre spada sfoderate e un ghigno malefico. Uno degli incubi dei mari era diventato realtà di fronte a lui. Non avrebbe colpito per ferire o per stordire, questa volta avrebbe mirato ad ucciderlo. Mentre  il marine restava paralizzato, cercando abbastanza coraggio per scappare Zoro partì deciso con il primo affondo.  Un colpo secco, mortale e l’ufficiale sentì il mondo svanire lentamente intorno a lui. Le tre spade colpiscono l’avversario squarciando le sue vesti e devastando il suo braccio e le sue carni mentre sul volto dello spadaccino permane quel sorriso così crudele. Con un tonfo secco il grosso marine ricadde a terra, definitivamente sconfitto. Zoro si voltò lentamente, le spade ancora sguainate ed in posizione di attacco.
“Diceva la verità?” chiese Usop, gli occhi lucidi. Non gli importava che Zoro era di fronte a lui, in posizione di attacco e con un’espressione niente affatto simpatica. Per la prima volta non temeva per la sua vita, voleva solo sapere. Anzi, doveva sapere, anche a costo di affrontare Zoro tutto da solo.
“Zoro..” disse Nami, quasi supplicando lo spadaccino. Zoro sospirò e si guardò intorno, fissando a turno i suoi compagni. Vide Brook, stringere con insistenza il suo bastone. La faccia spaventata di Chopper, con lo sguardo fisso sull’avversario a terra. Gli occhi pieni di lacrime e di coraggio di Usop. Le suppliche silenziose di Nami. Il volto pallido del cuoco, che lo fissava con insistenza. L’espressione atterrita di Robin, che aveva perso tutta la sua sicurezza e sembrava la bimba spaventata che tanti anni prima aveva preso a fuggire dal governo mondiale. Il volto rigato di lacrime di Franky che fissava il suolo.
“La marina lo ricattava.” sospirò Zoro alla fine, riponendo le spade. Quella frase fu una liberazione, la fine di un lungo incubo durato sette anni.
“Non capisco.” mormorò Chopper, confuso, cercando con insistenza lo sguardo dello spadaccino che fissava intensamente il terreno, pieno di sensi di colpa.
“La marina lo ricattava, è stato costretto a prendere quella decisione.” spiegò meglio Zoro. Non si sentiva un traditore, al contrario sapeva di avere fatto la cosa giusta. Era stato il marine a rivelare il segreto di Rufy, lui stava solo spiegando quello che era successo. Lo doveva ai suoi compagni, il capitano avrebbe capito.
“Di quale decisione parli?” chiese Nami, senza capire. Non poteva essere andata veramente così, non come stava raccontando loro Zoro. Era semplicemente assurdo, impossibile. Totalmente sbagliato. Avrebbe voluto dire che loro non avevano mai capito nulla, che avevano completamente frainteso tutto ciò che il loro capitano aveva fatto e detto e che avevano anche tradito la sua fiducia.
“Vuoi dire che Rufy ci ha cacciati perché la marina lo ha obbligato?” chiese Robin, seria, trattenendo a stento le lacrime. L’archeologa stava rivivendo un incubo, ricordi di brutti momenti che credeva di avere superato riaffioravano all’improvviso. Robin si chiedeva come avesse fatto a non accorgersi di nulla, proprio lei che aveva fatto lo stesso con loro tanti anni prima a Water Seven quando la marina la cercava e minacciava di colpire i suoi compagni con un buster call. Zoro sospirò, poi annuì lentamente.
“Questo idiota gli aveva detto che fuori dal porto tre buster call avrebbero aspettato la nostra nave. Capite ora?” continuò Zoro dilungandosi nei particolari, mentre i compagni non riuscivano quasi a seguire le sue parole tanto erano increduli.
“Maledetto idiota, voleva sacrificarsi per noi. Ci ha mandato via ed ha insistito per avere la nave perché non voleva che noi fossimo sopra.” esclamò Franky, capendo improvvisamente perché Rufy aveva insistito per prendersi la nave. Dagli occhi del cyborg scese una lacrima solitaria a cui presto se ne unirono molte altre, tanto che nel giro di poco si ritrovò a singhiozzare senza ritegno come un bambino.
“Non voleva che nessuno di noi si facesse male.” mormorò Sanji, gli occhi fissi a terra.
“Maledizione.” imprecò Nami, mentre gli occhi di tutti si portavano su di lei, apprensivi. La ragazza non stava piangendo, era solo molto pallida e furente per la rabbia.
“Nami, calmati.” disse Chopper, comprensivo.
“Non posso calmarmi, capisci? Lui per me ha combattuto, era disposto a sacrificare la sua vita per il mio villaggio. Pensavo fosse un egoista, che non mi volesse perché non ero alla sua altezza e invece lui lo aveva fatto per me. Per sette anni l’ho odiato, ti rendi conto? Per sette anni ho odiato l’uomo che mi ha sempre salvata.” urlò Nami, completamente fuori di sé. Era arrabbiata con se stessa perché non aveva mai capito niente. Perché nessuno di loro, tranne Zoro, aveva capito nulla. Non aveva dato fiducia al suo capitano, lo aveva abbandonato. Tutti loro lo avevano abbandonato. Era la vera traditrice. Tutti loro lo erano. Solamente Zoro aveva capito e gli era rimasto accanto. Per sette anni aveva creduto che Rufy, e anche Zoro, fossero dei traditori mentre invece i traditori erano loro. La ragazza non poteva fare altro che darsi della stupida per aver abbandonato la prima persona che aveva creduto ciecamente nella sua buona fede, proprio lei che, insieme a Zoro, era stata la prima ad unirsi a Rufy in quella che all’inizio era sembrata una pazza, sconclusionata ed effimera avventura.
“Non potevi sapere, nessuno di noi poteva..” disse Brook, sconvolto come i compagni. Lo scheletro non riusciva a smettere di pensare al fatto che Crocus lo sapeva sicuramente e che non gli aveva detto nulla. Come aveva potuto? Probabilmente Rufy aveva imposto il silenzio anche a lui, certo, sicuramente doveva essere andata così.
“Non ci siamo mai nemmeno presi la briga di cercare di capire perché avesse preso quella decisione. L’abbiamo accettata e basta, poi abbiamo preso ad odiarlo.” continuò Nami, scoppiando in un pianto disperato e accasciandosi a terra. Zoro guardava i compagni tenendosi in disparte, distrutto da quel dolore che le sue parole erano state in grado di provocare.
“Alla prima difficoltà, la prima volta che Rufy ha avuto bisogno del nostro sostegno lo abbiamo abbandonato.” mormorò Usop, triste. L’odio che provava nei confronti di quello che era stato il suo migliore amico era svanito. Era rimasta solo la consapevolezza che era stato lui a deludere Rufy, e non il contrario. Tutto quello che il cecchino voleva in quel momento era correre da Rufy, abbracciarlo e sentirsi dire che andava tutto bene.
“È lui che dovrebbe odiare noi, fa bene a scappare da noi.” constatò Sanji, triste, scuotendo la testa e cercando nervosamente una delle sue sigarette.
“Mentre parlava, mentre ci diceva di lasciare la nave era serio e lucido come non lo era mai stato, come potevamo dubitare delle sue parole? Rufy non ci ha mai mentito.” disse Chopper, cercando di fare stare meglio i compagni. Le parole della piccola renna caddero nel vuoto, rimanendo pressoché inascoltate.
“Dovevamo capire che qualcosa non andava. Zoro lo ha fatto, dico bene?” chiese Nami voltandosi verso lo spadaccino, subito imitata dai compagni.
“Eri sulla nave. Sei rimasto li anche quando noi ce ne siamo andati, vero?” chiese Robin, guardando con insistenza il ragazzo.
“Si, non so perché a dire il vero. Quelle parole, la sua voce.. Non era da Rufy. Volevo chiedere spiegazioni.” disse Zoro, serio. Ricordava perfettamente ogni parola, ogni istante ed ogni gesto di quel giorno tanto sciagurato che aveva segnato per sempre tutte quante le loro vite.
“Perché non ci hai detto nulla?” chiese Sanji, pieno di rabbia nei confronti dello spadaccino che lo fissava tristemente senza dire una parola. Zoro sapeva, aveva sempre saputo e non aveva mai detto nulla, anche prima che fosse vincolato dalla promessa.
“Volevo accertarmi che fosse come pensavo io. Non volevo rischiare di illudervi..” rispose Zoro, mesto, lasciandosi poi scappare un sospiro. Anche lui quella notte per un attimo aveva deciso di andarsene, lasciandosi tutto alle spalle, ma poi qualcosa lo aveva bloccato. Non poteva abbandonare Rufy, quel ragazzino testardo che una volta gli aveva salvato la vita e insistito perché si unisse a lui. Era stato il primo a non avere paura di lui, a non scappare di fronte al suo ghigno feroce.
“Quando gli hai parlato, dopo che noi siamo andati via.. Ti ha detto la verità?” chiese a sua volta Robin, insistente.
“Prima ha cercato di negare, ha continuato la sua commedia. Non l’ho ascoltato, gli ho solo detto che ero un suo compagno, il suo primo compagno, che avevo promesso di seguirlo e che non lo avrei lasciato solo.” raccontò Zoro, rivivendo quei momenti mentre tutti pendevano dalle sue labbra. Il corpo privo sensi dell’ufficiale era ancora in mezzo a loro, ma nessuno ci faceva troppo caso.
“Perché non hai cercato noi a quel punto?” ringhiò Sanji, fuori di sé.
“Ci ho provato, ma eravate già lontani. Volevo inseguirvi, ma poi era arrivato Rufy. Mi aveva raccontato tutto e mi aveva fatto promettere di non dirvi mai nulla, qualunque cosa sarebbe successa.” spiegò Zoro, calmo. Sanji sospirò e smise di fare domande. Sapeva bene quanto fosse importante per Zoro l’onore e il rispetto della parola data.
“E tu?” chiese Usop, fissando fieramente lo spadaccino negli occhi come non aveva mai osato fare prima di allora. Zoro sospirò.
“Ho pensato che era stupido, ma che dovevo fare come diceva lui. Era il mio capitano, era solo ed aveva bisogno di me. Pensavo che prima o poi avreste capito da soli.” continuò a raccontare Zoro. Si era chiesto per anni come avessero potuto non capire, non arrivare da soli alla verità o come facessero a non accorgersi della loro presenza quando capitava di incrociarli. Una volta aveva persino urtato Nami, senza che lei si rendesse conto di chi aveva di fronte.
“Cosa è successo quando avete lasciato il porto?” chiese Franky, ricordando che prima lo spadaccino aveva nominato i buster call.
“C’erano le navi della marina che ci aspettavano. Sapevano che Rufy avrebbe allontanato la sua ciurma per proteggerla..” raccontò Zoro. Ricordava bene la scena, appena avevano lasciato il porto erano stati circondati. Un numero impressionante di navi, tutte intorno a loro, che li tenevano sotto tiro. Si aspettavano Rufy da solo ed erano preparati a fermarlo e a catturarlo, nessuno di loro si era aspettato Zoro.
“Da solo sarebbe stato un bersaglio più facile.” constatò Brook, malinconico.
“In qualche modo ce la siamo cavata. Eravamo ridotti male, la nave quasi distrutta, ma eravamo vivi. Abbiamo preso il largo, e li ci hanno raggiunti Ace e Jimbei.” continuò a raccontare Zoro, ripensando a quei momenti dei quali aveva solo ricordi confusi. Erano messi male quando Ace li aveva soccorsi, più di là che di qua. Per la prima volta in vita sua lo spadaccino aveva visto la preoccupazione sul volto di Pugno di Fuoco.
“Il capo degli uomini pesce?” chiese Robin, stupita. Zoro annuì distrattamente, continuando a parlare.
“È stata dura, ma abbiamo capito che insieme potevamo ancora farcela, che dovevamo andare avanti e ripagare la marina con la stessa moneta.” raccontò ancora Zoro, mentre i compagni lo fissavano, silenziosi, tanto che lo spadaccino di ritrovò a domandarsi se lo avessero per davvero ascoltato o meno.
“Ci odia? È questo il motivo per cui non si faceva trovare da noi.” esclamò improvvisamente Usop, tra le lacrime. Nessuno sapeva cosa dire perché il fondo tutti condividevano quell’idea del cecchino.
“No Usop, ti sbagli. Non vi odia, anzi. Si da la colpa di quello che è successo. Non c’è giorno che passa senza che lui ripensi a quella notte di sette anni fa.” confessò Zoro, ripensando alle discussioni infinite con Rufy, i suoi silenzi, i suoi malumori al solo sentire parlare dei suoi compagni e ai suoi infiniti sensi di colpa.
“Ma non è colpa sua, è stato ricattato. La colpa è nostra, avremmo dovuto capire.” esclamò Nami, stupita. Si era ripetuto quello che era successo con Robin, solo che nessuno di loro aveva insistito per aiutare Rufy. Gli avevano dato le spalle, bollandolo come traditore senza rifletterci troppo sopra.
“Se lui fosse stato più forte, abbastanza da fronteggiare la marina da solo, allora non avrebbe dovuto allontanare la sua ciurma. Lui la vede in questo modo, non sono mai riuscito a fargli cambiare idea.” spiegò meglio Zoro, triste. Lo spadaccino trovava assurda quell’idea ma non c’era mai stato verso di fare cambiare idea Rufy. Era il suo chiodo fisso, una condanna che si era autoinflitto per soffrire e dalla quale non voleva saperne di uscire.
“Oh, Rufy.” esclamò Chopper, asciugandosi le lacrime. Il loro capitano aveva sofferto quanto loro, forse di più perché non aveva nessuno da incolpare tranne che se stesso.
“Da quella sera il suo sogno è cambiato. Non voleva più diventare il Re dei Pirati, voleva solo diventare abbastanza forte da proteggere i suoi compagni.” raccontò Zoro. Le parole di Zoro fecero commuovere tutti i presenti.
“In questi anni abbiamo vissuto tranquilli grazie a lui, vero?” chiese Robin, timidamente. Zoro annuì.
“Per questo la marina non ci trovava mai.” concordò Sanji, dandosi dello stupido per non aver mai capito nulla. I segnali erano lì, sotto gli occhi di tutti, doveva solo riuscire a leggerli e avrebbe capito che il suo capitano non li aveva mai traditi.
“Rufy ha creato un rete di collaboratori. In cambio della protezione del Re dei Pirati loro dovevano controllare che a voi andasse tutto bene. Dovevano proteggervi, e se non bastava chiamare noi.” disse Zoro, spiegando velocemente come era strutturata la loro organizzazione e lasciando sorpresi i ragazzi.
“Voi avete combattuto per noi? In questi sette anni, dici?” chiese Franky, stupito.
“A volte.” rispose Zoro, alzando le spalle. Non gli andava di raccontare loro tutto, battaglia per battaglia. Sarebbe servito solamente a farli soffrire di più di quanto stessero già male in quel momento.
“Non è possibile. Come abbiamo fatto a non accorgerci?” chiese Sanji, incredulo.
“Rufy era fissato, voleva che non sapeste nulla di noi. Anche oggi, l’ordine era di mettervi al sicuro, in salvo, ma di farmi vedere da voi solo se fosse stato strettamente necessario.” spiegò Zoro, sospirando.
“Ma non è giusto. Voi ci avete salvato tante volte la vita e non vi siete mai preso nemmeno un grazie.” protestò Chopper, profondamente colpito da quell‘ingiustizia.
“Andiamo.” disse Zoro, evitando di rispondere a quel commento. Non voleva un grazie, voleva mettere in salvo i suoi compagni. Era quello l’ordine del capitano. Più continuavano a stare lì e più erano in pericolo. I pezzi grossi della marina potevano arrivare da un momento all’altro.
“Aspetta Zoro, per favore.. Ci sono tante cose che ti vogliamo chiedere, che dobbiamo sapere.” implorò Brook, trattenendo Zoro per un braccio.
“Non è sicuro stare qui. Avanti, salite sulla nave.” disse deciso lo spadaccino, liberandosi facilmente della stretta dello scheletro.
“Non ci sono navi, quel pazzo le ha affondate tutte per impedire a chiunque di lasciare questa maledetta isola.” ricordò Nami, furente. Senza una nave sarebbe stato impossibile lasciare quella maledetta isola. Erano condannati a rimanere lì.
“Pensi davvero che io e Rufy avremmo potuto lasciare la Thousand Sunny insieme alle navi della marina? Non scherzare..” rispose Zoro, con un ghigno dipinto sul volto. Franky si illuminò quando sentì nominare la nave che lui stesso aveva provveduto a costruire. I compagni si guardarono, poi seguirono Zoro senza fare altre domande. Lo spadaccino li condusse fino a una radura isolata dietro alla quale era ormeggiata la Sunny. Nessuno l’aveva notata e la nave era in perfette condizioni. Non appena Franky scorse la nave sentì una stretta allo stomaco. La sua piccolina era tutta intera, sana e salva. Bella come quando l’aveva lasciata. Sette anni nelle mani di Rufy e Zoro non l’avevano minimamente compromessa. Una a volta a bordo Nami e Usop insistettero per tornare indietro a prendere Rufy, ma Zoro era irremovibile. Dovevano allontanarsi dall’isola, quelli erano gli ordini che lui aveva ricevuto. Rufy poteva pensare a se stesso, in qualche modo se la sarebbe cavata. A nulla valsero le parole dei due ragazzi e nemmeno quelle di Chopper, preoccupato per la salute del capitano. Alla fine la nave prese il largo, con Zoro al timone e i compagni che lo osservavano curiosi.
“Ehi Zoro, c’è una cosa che non capisco.” iniziò Sanji, mentre la nave si allontanave da quella terribile isola.
“Sentiamo.” rispose distrattamente Zoro, fissando la linea dell’orizzonte in cerca di navi. Lo spadaccino voleva essere assolutamente sicuro che nessuno li stesse seguendo, specialmente la marina. Non voleva altri guai con loro, ne combattere se non era strettamente necessario.  
“Dici che Rufy voleva diventare più forte per riuscire a proteggerci senza che noi ce ne rendessimo conto.” iniziò il cuoco, serio, accendendosi una sigaretta.
“Uhm.” mugugnò lo spadaccino a mo’ di risposta, incoraggiando Sanji a proseguire.
Era strana quella conversazione. Dopo sette anni si ritrovava a parlare di Rufy con i suoi vecchi compagni, per di più con Sanji. Lui e il cuoco erano famosi per le loro discussioni continue, non certo per i loro discorsi filosofici. Per la maggior parte del tempo stavano lontani, per lo più ignorandosi, si incontravano solo quando era strettamente necessario e normalmente finivano con il litigare.
“Beh, c’è riuscito. Voglio dire, è il Re dei Pirati e tu sei lo spadaccino più forte del mondo. Tu dici che non ci odia. Ma allora perché non è mai venuto a cercarci per spiegarci quello che è successo?” chiese il cuoco, perplesso. Zoro stesse un po’ in silenzio, prendendosi tempo prima di rispondere. Era difficile capire cosa passasse per la testa di Rufy. Spiegarlo a qualcuno poi, era un impresa quasi impossibile.
“Non so, me lo sono chiesto anche io.” confessò alla fine.
Sanji aprì la bocca, pronto a continuare con le domande, ma Usop lo interruppe.
“Ace!” urlò il cecchino, indicando un ragazzo su una piccola imbarcazione a pochi passi da loro. Con un balzò si ritrovò sulla nave e si guardò intorno a lungo, incredulo e perplesso, senza capacitarsi di quello che vedeva.
“Ehi Zoro, che succede qui?” chiese Pugno di fuoco, raggiungendo lo spadaccino che stava al timone. Tutti i compagni fissavano atterriti i due pirati, che si salutavano tranquillamente quasi ritrovarsi in situazioni del genere fosse all’ordine del giorno per entrambi. Franky aprì la bocca per dire qualcosa, poi ci ripenso e decise di stare zitto.
“Sei arrivato tardi, abbiamo già finito di muovere le mani.” rispose Zoro sorridendo.
“Peccato. Ma dimmi, Rufy?” chiese ancora Ace, preoccupato, mentre si guardava nuovamente intorno alla ricerca del fratello di cui non vedeva traccia.
“Non so bene dove sia, ma credo stia bene. Almeno spero..” rispose ancora lo spadaccino, cercando di apparire tranquillo.
“Immaginavo non fosse qui. Ah proposito, sa di questa piacevole riunione?” domandò Ace guardandosi ancora intorno e indicando con lo sguardo i vecchi compagni che ascoltavano attenti e stupiti la conversazione. Zoro non poté trattenere una risata.
“A dire il vero No.” mormorò Zoro, pensieroso, grattandosi la testa.
“Sai vero che gli verrà una crisi isterica?” esclamò Ace divertito, lasciandosi cadere seduto con la schiena contro la balaustra della nave. I due pirati si guardarono e scoppiarono a ridere pressoché all’unisono.
“Probabilmente. Senti, è stato lui a dirmi di salvarli.. Mica potevo lasciarli sull’isola o abbandonarli nell’oceano, ti pare?” chiese a sua volta Zoro, ironico.
“Si, magari è la volta buona che riprende a ragionare.” concluse Ace, scuotendo la testa. Suo fratello era davvero testardo, ma davanti ai fatti compiuti si sarebbe dovuto arrendere e accettare la situazione.
“Che dici?” chiese Usop, confuso. Le parole di Ace erano decisamente un mistero.
“Beh, è una lunga storia..” sospirò Ace, grattandosi la testa.
“La sanno, quel marina idiota glielo ha detto.” mormorò Zoro, senza perdere di vista l’orizzonte. Qualcosa non gli tornava. Forse si trattava solo della sua immaginazione, ma aveva una brutta sensazione ed il silenzio intorno a loro iniziava a farsi pesante.
“Gli hai raccontato tutto per bene?” chiese Ace, fissando lo spadaccino negli occhi.
“Si, a grandi linee.” rispose Zoro, alzando le spalle, senza perdere la concentrazione.
“Stavamo chiedendoci perché dopo che è diventato abbastanza forte da non temere più la marina non ci sia venuto a cercare.” disse Sanji, sperando che Ace a differenza di Zoro avesse una risposta. Ace sospirò, la sua faccia sembrava quella dello spadaccino di poco prima. Sanji iniziò a domandarsi perché quella domanda fosse tanto complicata.
“Questa è una bella la domanda. Io e Zoro abbiamo fatto questo discorso con Rufy almeno un centinaio di volte, e tutte le volte finiva con lui che se andava sbattendo la porta. Non voleva mai darci retta. È testardo, non vuole sentire ragioni.” spiegò Ace, sorprendentemente serio. Sanji fissò perplesso i due ragazzi mentre anche gli altri facevano lo stesso, sforzandosi di capire fino in fondo le parole di Ace.
“Sai Ace, di recente però sembra che abbia iniziato a ragionare.” si intromise Zoro, serio. Il fratello di Rufy si voltò verso il primo ufficiale, incuriosito da quelle parole.
“Dici? Per me se la prende lo stesso.” commentò Ace, riferendosi al fatto che i loro compagni erano sulla Sunny ed erano a conoscenza di quanto era veramente successo sette anni prima. Forse alla fine avrebbe capito, ma ciò non toglieva che prima avrebbe fatto una scenata delle sue.
“Per forza.” sospirò Zoro, sconsolato. Aveva imparato a conoscere il suo capitano meglio di chiunque altro, ogni sfaccettatura del suo carattere. Nel corso degli anni il suo lato spensierato, burlone e idiota piano piano aveva cominciato a venire meno. Le brutte esperienze lo avevano fatto maturare, ma non avevano scalfito la fiducia nelle sue capacità o il suo buon cuore che gli avevano permesso di farsi un sacco di amici lungo tutta la rotta maggiore. Nonostante fosse stato tradito più di una volta era ancora in grado di credere alla buona fede delle persone, a patto che non facessero del male a qualcuno al quale lui teneva. Se si trattava di combattere per difendere qualcuno, anche uno sconosciuto, Rufy era sempre in prima fila. Solo, era emerso un altro Rufy, più maturo e previdente, specialmente quando combattevano. Certo, Rufy non aveva mai perso il suo ottimismo, la sua voglia di vivere e di festeggiare, bevendo e mangiando a volontà. Riusciva a strappare un sorriso a chiunque e la loro nave non si stava mai un attimo tranquilli. Tuttavia c’erano alcuni argomenti che lo rendevano infinitamente triste, silenzioso, oppure al contrario gli facevano perdere la calma e la ragione. La sua vecchia ciurma era certamente uno di questi. Se anche solo parlarne lo rendeva intrattabile, cosa sarebbe successo una volta che se li sarebbe trovati di fronte? Zoro cercava di scacciare quel pensiero, rimandando le preoccupazioni al più tardi possibile.
“Perché?” chiese Nami, confusa, distogliendo lo spadaccino ai suoi pensieri.
“Perché qualcosa è sfuggito al suo controllo.” spiegò Zoro, sbuffando.
“Non hai ancora risposto alla mia domanda, perché non cercarci?” chiese ancora Sanji, insistente, deciso a non accontentarsi della misera risposta ricevuta. Zoro sospirò. Il cuoco non si sarebbe accontentato, voleva proprio una risposta e lui decise di accontentarlo o quanto meno di provarci.
“Credo non voleva farvi sapere che si era sacrificato per voi. Non voleva farvi sentire in colpa.”  provò a spiegare Zoro, impacciato. Non era mai stato bravo con i sentimenti. Guardandosi intorno lo spadaccino intuì che il suo capitano però aveva ragione. I suoi vecchi compagni sapevano la verità solamente da qualche ora, ma non avevano ancora smesso di darsi la colpa di quanto successo. Avevano smesso di ridere, sembravano svuotati. Era questo che Rufy voleva evitare, non li voleva vedere così.
“Che grandissimo idiota.” esclamò Sanji. Ace e Zoro stavano per dirgli che aveva ragione, quando un urlo che proveniva dal ponte attirò la loro attenzione.
“AIUTOO!” urlò Usop, spaventato. Tutti corsero sul ponte, pronti ad affrontare un nemico, ma non trovarono nessuno. O meglio, non trovarono nessuno di apparentemente pericoloso, solo una stella marina che ciondolava qua e là, circondata da pirati perplessi che studiava divertita.
“Che sta succedendo?” chiese Ace, grattandosi la testa stupito da tutta quella confusione che non riusciva a spiegarsi.
“Usop, tutto bene?” chiese a sua volta Chopper, preoccupato, guardandosi intorno in modo frenetico.
“Una stella marina parlante.. Credo sia un messaggio della marina. È per te Zoro.” balbettò Usop, indicando la stella marina a pochi passi da loro, immobile, che si era fatta sorprendentemente seria. Tutti si fecero più attenti, e presero ad osservare con maggiore attenzione la stella marina.
“Messaggio per Zoro..” disse la stella marina, con un tono piatto.
“Sono qui, parla.” rispose lo spadaccino, tranquillo, quasi parlare con una stella marina per lui fosse all‘ordine del giorno.
“Porta la nave dove sai, in fretta, poi potrai andare dove ti pare e con chi ti pare. Ricorda, parlane con qualcuno e ne pagherai le conseguenze..” continuò la stella, riportando un messaggio che gli era stato affidato.
“Deve essere la marina. Dannazione, ci seguono.” esclamò Chopper, spaventato.
“Tranquillo Chopper, ci siamo noi.” cercò di tranquillizzarlo Brook.
“Ma io ho paura!” insistette la piccola renna.
Nel frattempo Zoro sorrideva, quasi divertito dalla scena.
“È pazzo, perché ride?” si chiese Nami, parlando ad alta voce.
“Ehi, stellina. Puoi riportare un messaggio per me?” chiese lo spadaccino non facendo caso alle parole di Nami e fissando intensamente la stella marina.
“Certo, dimmi ed io riferirò.” rispose la stella, con fare affabile.
“Fagli sapere che sono felice di sapere che è vivo, cominciavo ad avere qualche dubbio. Ci vedremo presto, ma poi dovremo parlare..” disse Zoro, parlando con fare enigmatico.
“È tutto?” chiese la stella, paziente.
“Salutalo da parte mia, digli che sono con Zoro.” aggiunse Ace, tranquillo.
“Consideratelo riferito.” disse la stella, prima di tuffarsi nel mare.
I ragazzi si guardarono tra loro sconcertati. Non solo Zoro aveva capito di chi era e cosa voleva dire quel messaggio tanto misterioso, ma aveva anche risposto. Il tutto con una calma disarmante.
“Era un messaggio di Rufy?” chiese Robin, fissando i due ragazzi e facendo sobbalzare i compagni, stupiti da quelle parole.
“Si.” rispose Zoro, pensieroso. Il messaggio di Rufy gli aveva dato molto su cui riflettere. Per prima cosa era strano il mezzo con cui glielo aveva mandato: una stella marina. Normalmente Rufy usava il lumacofono, una lettera, la radio oppure un uomo pesce. Inoltre il fatto che la stella sapeva esattamente dove trovarli voleva dire che Rufy sapeva dove si trovava, il che non lo sorprendeva affatto, ma perché non raggiungerli? Sicuramente Rufy aveva anche fatto tenere sotto controllo la nave, quindi ora sapeva che la ciurma era a bordo. Forse lo sapeva addirittura prima di mandare il suo messaggio. Zoro era sempre più confuso, ed era anche preoccupato per le condizioni del suo capitano. Prima di sbarcare sull’isola della marina stava molto male e le sue condizioni non potevano certo essere migliorate. Lo scontro con il babbeo lo doveva avere lasciato messo male, altrimenti non si spiegava come l’ufficiale era riuscito ad arrivare fino a loro. Probabilmente la febbre aveva fatto svenire Rufy, ma restava un mistero il come aveva fatto ad andarsene dall’isola da solo. Qualcuno doveva essere intervenuto in suo aiuto, probabilmente Jimbei. Quell’uomo pesce aveva la singolare capacità di trovarsi quasi sempre nel posto giusto poco dopo il momento giusto. Infine, c’era il messaggio. Il posto dove gli chiedeva di andare era insolito, quasi assurdo. Tutto quell’insieme di strane circostanze poteva avere solamente un significato, ma ciò non presagiva nulla di buono.
“Sa di noi? Ti ha minacciato? È colpa nostra!” esclamò Usop, frenetico, scuotendo con forza Zoro che però non ebbe reazioni. Lo spadaccino era troppo intento a pensare.
“Calmati, va tutto bene. Zoro e Rufy si scambiano spesso messaggi del genere” disse Ace, cercando di calmare il cecchino ma allo stesso tempo senza perdere di vista Zoro. Era insolita anche per lui tutta quella apatia.
“Per Rufy e per Zoro è normale minacciarsi a vicenda?” chiese Nami, allibita.
“Si, credo sia il loro modo per dirsi che si vogliono bene.” spiegò meglio Ace, grattandosi la testa. Tutti si voltarono a guardare Zoro, in attesa che dicesse qualcosa.
“Ho sonno, vado a dormire. Ace, ti spiace pensare tu alla nave?” chiese Zoro, ignorando i compagni e dirigendosi verso la cabina che normalmente divideva con il suo capitano.
“Certo che No. Ma dimmi, dove siamo diretti?” chiese Ace, perplesso dallo strano comportamento dello spadaccino. Possibile che il messaggio di Rufy lo avesse scosso così tanto. Dopo tutto, a lui non era sembrato nulla di particolarmente importante. Rufy gli chiedeva di andare in un posto per ritrovarsi, tutto qua. Perché quella reazione? Ci doveva essere qualcosa sotto, qualcosa che lui non aveva colto e su cui Zoro invece stava ragionando.
“Al vortice. Quando siamo arrivati chiamami prima che ci inghiotta.” rispose Zoro, sbrigativo, fermandosi per qualche istante sulla porta.
“Non ti preoccupare, ci penso io. Solo, sicuro vada davvero tutto bene?” chiese Ace, intuendo che ci fosse qualcosa che non andasse.
“Benissimo, sul serio. È tutto a posto, almeno credo.” rispose Zoro, con fare misterioso. Ace avvertì ancora più forte la sensazione che ci fosse qualcosa che non andasse per il verso giusto, ma decise di non fare ulteriori domande. Sarebbe servito solamente a far innervosire ancora di più lo spadaccino.
“Credi?” chiese solo Ace, preoccupato.
“Devo rifletterci un po’ su, ma non è nulla di grave.” concluse Zoro, sbuffando.
“Va bene, allora terrò gli occhi aperti.” promise Ace, dirigendosi verso il timone.
I ragazzi provarono a fare domande, ma Ace non sembrava intenzionato a rispondere. Non faceva che guardarsi attorno, quasi temesse che dal nulla potesse spuntare un mostro marino o qualcosa di simile.

“Che giornata.” sbuffò Franky, lasciandosi cadere seduto.
Ace stava da solo al timone, immerso nei suoi pensieri, Zoro si era chiuso nella sua cabina ed i ragazzi avevano colto l’occasione per ritrovarsi a parlare delle recenti scoperte sul loro capitano. Brook, ispirato da quella situazione, aveva preso a cantare una melodia malinconica che aveva composto lui stesso per l‘occasione, mentre Chopper lo ascoltava rapito.
“Taglia corto Brook, non sono in vena di sentirti cantare.” sbottò Nami, dura.
“La musica fa sempre bene..” provò a obiettare lo scheletro, subito zittito da un‘occhiata della ragazza.
“Non oggi!” tuonò la navigatrice, più seria che mai.
“Nami, come stai?” chiese Sanji, con fare gentile. Conosceva bene Nami e sapeva che tutta quella rabbia serviva a nascondere un’infinita tristezza e debolezza.
“Mi sento una traditrice.” sbuffò la ragazza, piena di sensi di colpa.
“Anche io, in più mi sento in colpa.. Per Zoro.” concordò Usop, giocherellando nervosamente con la propria fionda.
“Che stai dicendo?” chiese Robin, avvicinandosi più al gruppo.
“Zoro ha rivelato il segreto di Rufy. Dite che quei due litigheranno per colpa nostra?” chiese il cecchino, preoccupato. I ragazzi si scambiarono uno sguardo confuso. Nessuno di loro tranne il cecchino aveva pensato a quella evenienza.
“Hai sentito quella testa vuota prima? Era un’emergenza, non poteva fare altro. Rufy capirà.” mormorò Sanji, dopo averci pensato un po’ su.
“E se non capisse?” chiese Chopper, ansioso, ricordando le parole che la stella marina aveva riferito allo spadaccino.
“Dite che caccerebbe Zoro?” domandò Usop, pallido.
“Secondo voi ci vorrà vedere?” chiese Nami, preoccupata.
“Non lo so, ma credo lo scopriremo presto.” rispose Franky, cercando di calmare i compagni più ansiosi. Dopo tutto, Zoro e Rufy erano certamente molto legati e Rufy non poteva cacciare il suo braccio destro solo per un incomprensione come quella.
“Dove siamo diretti?” chiese Brook, guardando il mare. Non sapeva dire con esattezza dove si trovavano, sapeva solo dovevano essersi lasciati parecchio alle spalle l’isola dove la marina li aveva portati.
“Hai sentito la stella, no? Rufy vuole che Zoro lo raggiunga. Non ha detto dove, quindi dovresti andare a chiedere a lui anche se a me non sembra troppo dell‘umore di rispondere.” rispose Sanji, distratto dal rumore delle onde.
“E a meno che non ci butti in mare, ma credo che andrebbe contro gli ordini ricevuti da Rufy, ci deve portare con lui.” concluse Robin, riflessiva come suo solito.
“Ma Rufy si arrabbierà?” chiese ancora Usop, preoccupato per la possibile reazione del ragazzo di gomma.
“Non ne ho proprio idea, ma vorrei tanto saperlo.” sbuffò Franky, tirandosi indietro alla meglio il ciuffo.

Molte miglia marine avanti a loro, Rufy guardava distrattamente il mare senza vederlo davvero. Era talmente immerso nei suoi pensieri che sobbalzò quando la stella marina saltò con agilità a bordo. Il suo arrivo gli risultava inaspettato anche se erano ore che non aspettava altro. Voleva notizie di Zoro, aveva bisogno di sapere che il suo amico stava bene e che non si era ferito. Si sarebbero occupati dopo di tutto il resto, dopo tutto si trattava solamente di una grossa scocciatura, una delle solite. Nulla di più.
Rufy si riscosse dai suoi pensieri e trovò la stella marina ancora lì, in attesa che il ragazzo gli facesse segno di parlare.
“Allora?” chiese Rufy, distratto, senza distogliere lo sguardo dall’orizzonte.
“Messaggio riferito, dice che è felice che stai bene e che deve parlarti.” rispose la stella, riferendo con cura e precisione il messaggio.
“C’è altro?” chiese ancora Rufy, annoiato.
“Non era solo a bordo.” disse la stella marina, delusa dallo scarso interesse che il pirata le dimostrava.
“Ace?” tirò ad indovinare Rufy. Zoro lo aveva informato del pericolo che stavano correndo e lui si doveva essere precipitato lì come faceva sempre.
“Non solo.. C’erano tutti.”esclamò la stella marina, sicura che le sue parole avrebbero attirato l’attenzione del ragazzo. Il cuore di Rufy sobbalzò ma il pirata trovò comunque la forza di fare un gesto di congedo alla stella, che saltò in acqua delusa. Avrebbe tanto voluto rimanere ancora a bordo e vedere come avrebbe reagito il Re dei Pirati, ma non poteva certo mettersi a discutere un suo ordine, specie se Rufy si trovava a bordo della nave di Jimbei, il capo degli uomini pesce.
“Questa è bella.” esclamò una voce roca che proveniva dalle spalle di Rufy.
“Sta zitto Jimbei.” lo apostrofò Rufy infastidito, girando appena la testa.
“Non puoi negare che sia una situazione divertente. Li sta portando con lui immagino..” ipotizzò il grosso uomo pesce, sghignazzando senza ritegno.
“Almeno si spiegano molte cose.” commentò Rufy, acido, voltando nuovamente le spalle all‘uomo pesce e riprendendo a guardare il mare. Zoro non aveva avuto scelta e li aveva portati con lui, forse contro la loro volontà. Dopo setti anni che non avevano sue notizie sarebbero certo stati arrabbiati, specie Nami ed Usop, e pronti a tutti. Finalmente tutto si spiegava, anche se si trattava di una spiegazione che lasciava l’amaro in bocca.
“Vuoi sapere come la penso io?” chiese Jimbei, alzandosi in piedi e avvicinandosi a Rufy.
“No, grazie.” rispose Rufy, per nulla impressionato dalla grossa mole dell’enorme uomo pesce che ora si trovava di fronte a lui.
“Va bene, allora controllo che fine hanno fatto i nostri amici marinai.” disse Jimbei, avvicinandosi alla balaustra.
“Ecco, bravo.” mormorò Rufy, distratto dai suoi pensieri.
Jimbei rimase per quasi venti minuti accanto alla balaustra, impegnato in una strana conversazione con un grosso squalo. Quando finalmente ebbe terminato, l’uomo pesce tornò da Rufy, sedendosi accanto a lui.
“Novità?” chiese Rufy, pensieroso.
“Nessuna, tutto come prima.” sbuffò Jimbei.
“Meno male, mi sentivo quasi solo.” commentò Rufy, ironico.
“Sicuro di stare bene?” chiese Jimbei, guardando preoccupato l’amico. Rufy non aveva quasi parlato da quando si erano incontrati. Jimbei aveva lasciato la sua nave al largo ed era arrivato sull’isola a nuoto in pochi minuti. Una volta sull’isola non ci aveva messo molto ad individuare Rufy. Il ragazzo stava combattendo contro un ufficiale, e stava avendo la meglio. Dall’altra parte dell’isola arrivavano voci, rumori e suoni che non lasciavano dubbi sul fatto che anche Zoro stesse combattendo contro qualcuno. Con un colpo deciso Rufy mise al tappeto l’avversario, poco prima che un giramento di testa mettesse al tappeto lui. Mentre Jimbei lo soccorreva e lo portava sulla sua nave ancora svenuto vide la Sunny allontanarsi e dedusse che Zoro ce l’aveva fatta. Era stato Rufy, ripresosi da poco, a notare che qualcosa non andava.
“Una meraviglia.” rispose Rufy, seccato, distogliendo Jimbei dai suoi ricordi.
“Non hai una bella cera, quell‘ufficiale ci è andato giù pesante e..” cominciò l’uomo pesce, premuroso. Tra tutti gli umani che conosceva Rufy, Ace e Zoro erano decisamente quelli che preferiva. O meglio, erano gli unici che riusciva a sopportare e che rispettava profondamente.
“Jimbei, ho già un fratello maggiore e una madre. Mi bastano.” lo ammonì Rufy, sbuffando infastidito.
“Una madre?” chiese Jimbei, perplesso. Va bene il fratello, ma la madre gli giungeva nuova. Da quando Dadan era diventata una persona così premurosa?
“Zoro. È paranoico, non può fare a meno di preoccuparsi per me.” spiegò Rufy, divertito e seccato allo stesso tempo. Jimbei il risposta scoppio a ridere. La sua risata era roca, proprio come la sua voce, ed era in grado di spaventare chiunque non conoscesse abbastanza quel grosso pesce.
“Sei uno spasso Rufy, è un peccato che non mi vuoi con te. Sarebbe bello essere un tuo compagno.” esclamò Jimbei prima di scoppiare nuovamente a ridere. Invidiava molto Zoro, era fortunato ad avere un capitano del genere.
“Sai come la penso in proposito. Ho già avuto una ciurma e non ne cerco un’altra.” rispose Rufy, serio.
“Di quello che ti pare, ma la realtà è che non hai mai smesso di considerarli tuo compagni, anche se loro ti odiano.” commentò Jimbei, saggiamente. Rufy sbuffò e lanciò all’uomo pesce un’occhiataccia carica d’odio.
“Non hai niente di meglio da fare che stare qui a dire queste stupidate?” chiese Rufy bruscamente, profondamente seccato da quella discussione.
“Ho capito, me ne vado.” disse Jimbei, alzandosi e allontanandosi dall’amico prima che questi esplodesse in una delle sue solite crisi isteriche che lo colpivano non appena il discorso cadeva sui suoi vecchi compagni.
“Ecco, bravo.” sbuffò Rufy, tornando silenzioso come poco prima. Non riusciva a smettere di pensare all’imminente incontro e non riusciva a smettere di essere triste.
La verità era chiara sotto i suoi occhi, eppure lui non riusciva a crederci. Era assurdo, non poteva essere vero. Non potevano essere stati loro, non i suoi compagni che aveva difeso da qualunque pericolo per tutti quei sette lunghi anni.
Rufy e Jimbei navigarono insieme ancora per qualche ora, prima di prendere strade separate. Una volta arrivati ad un grosso vortice, Rufy si avvicinò all’uomo pesce.
“Scendo qui.” avvisò Rufy, prima di tuffarsi nelle acque cristalline.
“Sta attento, non mi sembri molto in forma.” si raccomandò Jimbei, studiandolo a fondo con un sopracciglio alzato, preoccupato. Rufy senza fare caso alle parole dell’uomo pesce cominciò a nuotare verso il centro vortice.
“Pensa a fare quello che ti ho chiesto.” lo ammonì Rufy con fare severo, voltandosi appena ed ansimando leggermente per lo sforzo. Sentiva la testa girare e sapeva che di lì a poco la vista gli si sarebbe offuscata ma doveva tenere duro. Doveva andare nel luogo dell’appuntamento, doveva arrivarci prima di Zoro, doveva aspettarlo e prepararsi ad una degna accoglienza.
“Sta tranquillo!” lo rassicurò Jimbei, prima che il pirata si immergesse in profondità e sparisse alla sua vista. L’uomo pesce sospirò, poi si voltò ed iniziò a dare ordini ai suoi sottoposti, aggirandosi minaccioso per la nave.

La Sunny navigava ormai da ore, ed era calata la sera. Ace non si era mai mosso dal timone come gli aveva ordinato Zoro, ubbidiente. Di tanto in tanto Franky compariva per vedere se aveva bisogno di una mano, mentre Sanji per portare qualcuna delle sue specialità. Ace li ringraziava, sorridente come sempre, poi tornava a sorvegliare il mare. Era quasi mattina quando il ragazzo chiamò Franky, che corse subito dal ragazzo.
“Ci siamo, chiamate Zoro.” ordinò Ace, senza togliere gli occhi da un grosso vortice che si stagliava proprio davanti alla nave. Le parole del ragazzo, oltre Zoro, attirarono anche i compagni, intimoriti da quell’immenso ammasso di acqua che vorticava.
“Che dobbiamo dirgli?” chiese Brook, preoccupato.
Certo, lui non poteva morire, ma quel coso lo inquietava parecchio. Superarlo non sarebbe affatto stata una cosa semplice.
“Siamo arrivati al vortice.” rispose Ace tranquillo, puntando il dito di fronte a lui. Alla vista di quel grosso vortice i ragazzi sussultarono, ancora più spaventati. Un conto era vederlo e pensare a come superarlo, un altro era sapere che stavano puntando al centro.
“Quel coso ci inghiottirà.” esclamò Nami, terrorizzata. Era troppo tardi, non c’era modo di evitarlo. Li avrebbe sicuramente inghiottiti.
“Brava, hai capito dove stiamo andando.” mormorò sorridendo Zoro, prendendo il posto di Ace al timone e puntando dritto di fronte a lui.
“Hai già legato le vele?” chiese Zoro rivolto ad Ace.
“Ora vado.” rispose il ragazzo, arrampicandosi con destrezza.
I ragazzi ascoltavano, paralizzati dal terrore, quello scambio di battute, increduli per la calma che ostentavano quei due. Nami si chiese se la loro fosse incoscienza oppure esperienza. Una volta avrebbe puntato senza paura di sbagliare sulla prima, tuttavia sia Zoro che Ace sembravano sapere quel che stavano facendo.
“Di un po’, vuoi farci uccidere?” chiese Sanji, nervoso, lanciando lontano una sigaretta appena accesa.
“Secondo te avrei bisogno di un vortice per togliervi di torno? Ti assicuro che ci sono metodi molto più veloci.” rispose Zoro ironico, nella sua voce si riusciva a cogliere una sfumatura divertita, quasi quella situazione non lo preoccupasse affatto ma lo divertisse.
“Che ci succederà una volta nel vortice?” chiese Franky, più preoccupato per la nave che per se stesso.
“Andremo sul fondo del mare.” rispose Zoro, con una tranquillità disarmante.
“Prego?” esclamò Usop, terrorizzato.
“Vedrai.” disse Zoro, concentrandosi sulla rotta da tenere. Lo spadaccino condusse con decisione e mano ferma la nave nel vortice. Contrariamente a quanto pensavano tutti la nave non riportò alcun danno, ma scese dolcemente negli abissi fino all’imboccatura di una grotta.
“Che diamine..” mormorò Franky, sorpreso.
“Siamo quasi arrivati.” li tranquillizzò Ace, indicando un apertura della roccia a poche centinaia di metri da loro.
“Accidenti, questa grotta è incredibile.” esclamò Usop, sorpreso, una volta entrati. Si trattava di una grotta piuttosto grande nella quale ci sarebbero potute entrare tranquillamente almeno altri venti navi come la loro.
“Non è segnata in nessuna mappa, grandioso.” concordò Nami, entusiasta mentre si guardava intorno. Allo sguardo della ragazza non sfuggirono le pareti, stranamente lisce, quasi qualcuno le avesse lavorate per nasconderci dentro dei congegni.
“Non sporgetevi dalla nave, potrebbe essere pericoloso.” li ammonì Zoro, severo, lasciando il timone a Brook e dandogli indicazioni circa dove andare.
“Ma dai Zoro,  non c’è nessuno qui. Che vuoi che succeda?” sbuffò Franky, insofferente.
“Fa come dico. Ace..” chiamò Zoro, cercando con gli occhi l’amico.
“Ci penso io. Ragazzi avanti, andiamo sotto coperta.” ordinò il ragazzo con i poteri del fuoco, mentre gli altri lo seguivano di malavoglia.
Zoro rimase solo sul ponte, e prese a guardarsi intorno frenetico alla ricerca di qualcosa o qualcuno. Alla fine avvistò il suo capitano, a qualche metro da lui. Non appena i loro sguardi si incrociarono, Rufy partì all’attacco e Zoro ebbe appena il tempo di saltare già dalla nave e di sguainare le sue spade per difendersi, incredulo.
“Dannazione, si può sapere che ti prende?” chiese Zoro, stupito da quella reazione, decisamente strana, del suo capitano. Certo, non poteva aspettarsi un’accoglienza delle migliori visto il casino che aveva combinato ma nemmeno nella peggiore delle ipotesi aveva pensato ad un attacco.
“C’è un traditore su quella nave, una spia.” spiegò Rufy, furente, ansimando per lo sforzo. Zoro lo guardò preoccupato, intuendo che le sue condizioni di saluta erano peggiorate ancora. Era pallido, faticava a stare in piedi ed era ormai evidente che non stesse per niente bene. Le sue parole, poi confermarono i sospetti di Zoro. Da quando aveva visto quella stella aveva capito che qualcosa non andava, o meglio, che qualcuno aveva tradito. Si era interrogato a lungo circa il possibile colpevole ma era giunto alla conclusione che non poteva dubitare di nessuno di loro. Tutti loro, una volta saputa la verità, sarebbero morti piuttosto che tradire Rufy.
“Calmati e fammi parlare.” cercò di iniziare Zoro.
“No, spostati e fammelo trovare.” rispose Rufy fuori di se, cercando di superare Zoro.
Sulla Sunny c’era a bordo un traditore, qualcuno che passava informazioni alla marina. Non c’era alcune possibilità di sbagliarsi, anche se l’idea di essere tradito da qualcuno nel quale aveva riposto la più cieca fiducia sconvolgeva anche Rufy.
“Possiamo parlarne? Sulla nave ci sono i nostri compagni.” mormorò lo spadaccino, trattenendo a fatica il suo capitano.
“Lo so. Sono giorni che mi chiedo che diamine ti è saltato il mente.” disse Rufy, fermandosi a riprendere fiato e scuotendo la testa.
“Pensi che il traditore sia uno di loro, ma non è così.” continuò Zoro, deciso, approfittando di quella pausa per cercare di fare ragionare Rufy.
“Dammi una ragione, una ragione sola per cui non dovrei dubitare di loro. La marina vi sta seguendo, ci sono almeno sette navi dietro di voi e sono tutte troppo lontane per seguirvi a vista. Qualcuno dalla nave gli sta comunicando la vostra posizione passo passo.” spiegò Rufy senza fermarsi a riprendere fiato. Nemmeno lui riusciva a credere che uno dei suoi adorati compagni stava cercando di consegnare lui e Zoro alla marina, ma era così. Era l’unica spiegazione possibile. Probabilmente la loro era una vendetta, un modo di prendersi una rivincita per il modo in cui erano stati trattati sette anni prima. Rufy non poteva dargli torto, avevano tutte le ragioni ma lui doveva pensare alla vita di Zoro, a quella di Ace ed alla sua.
“Sanno tutto.” disse Zoro, abbassando la testa.
“Prego?” chiese Rufy, incredulo. Non poteva avere sentito bene. Non poteva essere vero.
“Quel dannato marine aveva detto loro tutto, ho solo spiegato meglio come sono andate le cose..” cercò di giustificarsi Zoro, preoccupato dalla reazione di Rufy. Il capitano tuttavia era rimasto immobile, si era solo fatto ancora più pallido e silenzioso.
“Rufy, ci sei?” chiese Zoro, preoccupato, scuotendo delicatamente il compagno per una spalla..
“Si.” rispose il capitano, restando immobile e con gli occhi sbarrati.
“Fa entrare la nave.” disse dopo un po’, con una voce priva di espressione.
“Sicuro? Non vuoi prima controllarla?” chiese Zoro, stranito da quel cambiamento così repentino. Solo pochi istanti prima li voleva morti, ora invece li accoglieva senza controllare, fidandosi ciecamente. Zoro cominciò a chiedersi cosa fosse preso a Rufy.
“No, mi fido.” rispose Rufy, gli occhi fissi in un punto imprecisato della roccia che si trovava di fronte a lui.
“Chiudo il cancello?” chiese ancora Zoro.
“No, facciamo credere al traditore che non lo abbiamo scoperto.” disse Rufy, ancora immerso in uno strano torpore. Quasi uno stato di trance.
Zoro sospirò e, anche se nella sua mente aveva un sacco di domande che vorticavano, si limitò ad eseguire gli ordini.

ANGOLO DELL'AUTRICE:
ebbene si, finalmente il tanto aspettato capitolo in cui tutti scoprono tutto. spero che vi piaccia almeno la metà di quanto è piaciuto a me mentre lo scrivevo.
NEKO: grazie milleee!
sono felice della tua curiosità, è simbolo di interesse dopo tutto, no? sono felice che la mia storia venga seguita. certo, scrivere è bello comunque, ma scrivere per qualcuno, pensando a chi leggerà è bello ancora di più!
alla fine zoro ha parlato, ma solo perchè l'ufficiale non è stato zitto.  rufy invece si è salvato da solo, con la partecipazione di jimbei! nel prossimo capitolo finalmente rufy e la ciurma si incontreranno e si scoprirà chi è il traditore a bordo della nave..

SARACHAN93: grazie milleee!
mi spiace farti aspettare, ma se postassi più in fretta poi anche i capitoli sarebbero meno belli.
:D

GIUSY91: grazie milleee!
la ciurma è sfuggita ai marine.. per ora, e ha ritrovato rufy.
rimane solo la questione: chi è il traditore, ma questo lo vediamo nel prossimo capitolo! :D
per quanto riguarda le coppie, non so. all'inizio avevo detto di no, ora sto valutando la cosa. in ogni caso, coppia o non coppia, non sarà comunque centrale per la trama.

SMEMO92: grazie milleee!
adoro i complimenti al mio modo di scrivere, mi fai arrossire e sentire importante! :D
certo, zoro non poteva rompere la promessa. l'ha mantenuta bibi e la rompe lui? alla fine ci ha pensato il marine brutto brutto.
certo, l'ufficiale è arrivato.. ma ricordati che erano due. uno contro rufy e l'altro contro zoro!
spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto come lo scorso!

LADYSAIKA: grazie milleee!
felice che i miei capitoli ti piacciano.
:D

SAISAI_GIRL: grazie milleee!
alla fine zoro non ha svelato nulla, ha solo spiegato bene come sono andate le cose dopo che il marine non era stato zitto!
rufy invece.. beh, non sta proprio benissimo ma non è ancora crollato!

MONKEY_D_MARy: grazie milleee!
sono felice che la tua prima recensione sia stata per me e spero ce ne sia anche una seconda, una terza, una quarta e via così! ;D
grazie anche per i complimenti, sei un tesoro!

grazie mille a tutti, ci leggiamo al prossimo capitolo che si chiamerà:
il traditore!

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Capitolo 15
*** IL TRADITORE ***


dedico questo capitolo a spidi988 e al suo forum, nel quale è impossibile trovarsi male e dove ho postato le mie storie.
http://onepiecepirati.forumfree.it/


CAPITOLO 13
IL TRADITORE


I vecchi compagni aveva seguito tutto lo scontro tra Rufy e Zoro dal piccolo oblò, sconvolti, senza però riuscire a sentire quello che i due uomini si stavano dicendo. La scena che avevano davanti ai loro occhi era semplicemente assurda: Zoro che affrontava il suo capitano. Nami, con gli occhi lucidi, non riusciva a smettere di pensare che tutto questo fosse solamente colpa loro e della loro testardaggine. Se avessero capito come erano andate veramente le cose sette anni prima le cose sarebbero andate in modo diverso. Avrebbero continuato a navigare insieme verso il loro sogno, senza dividersi.
“Che sta succedendo? Che è tutto questo baccano?” chiese Ace, confuso, facendosi largo verso l’oblò intorno al quale erano tutti ammassati.
“Rufy e Zoro stanno combattendo.” spiegò Robin, seria. A quelle parole Ace pugno di fuoco sbuffò, annoiato, gettando appena un‘occhiata. La testardaggine di suo fratello lo stupiva sempre, nonostante lo conoscesse da una vita era praticamente impossibile anche per lui prevedere le sue reazioni. Guardò meglio e vide Zoro con le sue tre spade sfoderate e Rufy, a pochi metri da lui, in posizione d’attacco. Nessuno dei due scherzava, al contrario entrambi sembravano fare sul serio.
“L’uno contro l’altro? Ma non ha senso..”esclamò Sanji, stupito, voltandosi in cerca di Ace sperando di ricevere qualche spiegazione. Il pirata tuttavia era silenzioso.
“Sembra si siano calmati, ora parlano.” fece notare Chopper, indicando i due ragazzi.
Zoro aveva abbassato le armi e Rufy non sembrava più minaccioso come poco prima, tuttavia la loro discussione sembrava tutto tranne che tranquilla. Zoro stava provando a dire qualcosa a Rufy, che però continuava ad interromperlo, infastidito. Lo spadaccino parlò ancora e questa volta Rufy rimase zitto, impietrito.
“Accidenti, Rufy l’ha presa meglio di quanto credessi.” esclamò Ace, grattandosi perplesso la testa, terribilmente tranquillo. Franky e Usop si voltarono simultaneamente verso di lui, straniti. Suo fratello e il suo migliore amico se le stavano dando sotto i suoi occhi e lui non era preoccupato ne intenzionato ad intervenire. Sanji si accese una sigaretta, nervoso, chiedendosi quali fossero ora i pensieri di Ace, Zoro e Rufy.
“Si stanno affrontando per colpa nostra? Perché Zoro ci ha portati qui?” chiese Usop, preoccupato e sul punto di scoppiare nuovamente a piangere. Il senso di colpa che provava per avere voltato le spalle al suo capitano era già abbastanza alto senza che ci si mettesse pure quello stupido combattimento con Zoro.
“No, non credo. State qui, vado a parlare con loro.” ordinò Ace, scendendo dalla nave e chiudendosi la porta alle spalle. I ragazzi guardarono il pirata allontanarsi, desiderando ardentemente poterlo seguire. Rufy era a pochi passi da loro, ma non potevano certo raggiungerlo. Non ora che era così sconvolto. Dovevano dargli tempo, almeno per calmarsi. Senza contare che se la reazione di Rufy alla vista della nave non era dovuta a loro voleva dire che era successo qualcosa di grave, che riguardava anche Zoro e di cui Rufy doveva occuparsi insieme al fratello e allo spadaccino. Con qualche agile balzo, Ace atterrò sulla terra ferma, proprio in mezzo ai due litiganti, ora immersi in un silenzio irreale. Zoro aspettava ancora che Rufy aprisse bocca.
“Dannazione, continuo ad arrivare troppo tardi per muovere le mani. Prima all’isola della marina, ora qui.. Comincio a credere di avere un pessimo tempismo.” esclamò Ace, cercando di smorzare quella strana tensione. Bastarono quelle parole per strappare sia a Rufy che a Zoro un sorriso. Il capitano si voltò verso il fratello, curioso.
“Ciao fratellone, sei tu la spia?” salutò Rufy pieno di vita, squadrandolo attentamente. Quelle parole sorpresero Ace, che ricambiò con uno sguardo decisamente stupito.
“Spia?” chiese Ace, guardando Zoro perplesso. Lo spadaccino sospirò, intuendo che sarebbe toccato a lui spiegare tutto quanto ad Ace. Rufy era ancora sconvolto e fissava intensamente la Sunny, ancorata dove l’aveva lasciata Zoro, continuando a ripetersi che a bordo della sua nave c‘erano i suoi compagni proprio come sette anni prima. Erano tutti lì, e Zoro era stato costretto a dire loro la verità. Questa notizia da un lato lo sconvolgeva e dall’altro lo rilassava. L’incubo era finito anche se ora le cose sarebbero cambiate, e solo il destino sapeva se in meglio o in peggio.
“La marina ci segue da abbastanza lontano per pensare che qualcuno dalla nave comunica loro la nostra posizione.” spiegò velocemente Zoro, riassumendo quello che Rufy gli aveva raccontato qualche minuto prima mentre Ace lo osservava, incredulo ed attento.
“Era questo quello che sospettavi?” chiese Ace, fissando intensamente lo spadaccino. Zoro annuì piano, lanciando un’occhiata veloce alla nave.
“Si, l’ho capito quando ho visto la stella marina e Rufy mi ha detto di venire qui.” rispose Zoro, pensieroso. Il suo primo pensiero era stato lo stesso di Rufy: uno dei suoi vecchi compagni doveva aver fatto un patto con la marina per catturare lui e Rufy, probabilmente per vendicarsi di quanto successo sette anni prima. Quell’idea però era svanita nel giro di pochi istanti, non appena aveva visto Usop e Nani piangere per Rufy e per quello che aveva sofferto in quei sette anni. Persino Sanji e Franky, di solito sbruffoni e insensibili, erano colpiti e stranamente silenziosi. No, non poteva essere uno di loro il traditore, doveva per forza esserci un’altra spiegazione valida.
“Rufy, ne sei sicuro?” chiese ancora Ace, preoccupato, rivolgendo lo sguardo verso il fratello minore. Una nave che li seguiva a distanza poteva voler dire solo che c’era qualcuno che comunicava la loro posizione a bordo della Sunny.
“Certo, sono a circa un giorno di navigazione da qui.” spiegò Rufy, serio, fissando a lungo il fratello prima di tornare ad osservare la Sunny.
“Si sono accorti che li tenevi sotto controllo?” chiese Zoro, preoccupato, cercando di intuire i pensieri del proprio capitano. Quando era così silenzioso di solito era immerso in strane riflessioni. Probabilmente stava cercando di capire chi potesse essere il traditore.
“No, li hanno seguiti gli squali di Jimbei.” rispose Rufy, distratto. Le parole di Zoro lo avevano mandato in crisi. Se la ciurma sapeva tutto allora doveva fidarsi, eppure la spia doveva essere per forza a bordo. Rufy era diviso tra la fiducia cieca, ingenua, che riponeva nei suoi compagni e la realtà oggettiva, cruda e innegabile. Era come se dentro la sua testa la versione impulsiva di Rufy stesse combattendo una dura lotta con quella più razionale, per decidere quale delle due avesse ragione. Alla fine il suo istinto ebbe la meglio.
“Geniale.” esclamò Ace, stupito. Rufy non rispose e non diede nemmeno segno di avere sentito quello che aveva detto il fratello. Ace e Zoro si scambiarono un’occhiata preoccupata, poco convinti dal comportamento di Rufy.
“Sei arrabbiato?” chiese Zoro, attirando l’attenzione dell’amico passandogli un braccio intorno alle spalle. Rufy, sebbene sorpreso da quel contatto, non si tirò indietro e guardò curioso Zoro. Il viso dello spadaccino era decisamente preoccupato, quasi avesse timore che lui ce l’avesse con lui. Rufy sorrise di quell’idea, prima di rivolgersi al suo compagno, ancora in attesa di una sua risposta.
“Perché la marina ci segue da tutte le parti, anche in bagno? In effetti, si, comincia a darmi fastidio.” rispose Rufy sbuffando, ironico.
Da qualche anno a quella parte gli attacchi della marina si erano moltiplicati, ma quasi nessuno era abbastanza potente da metterli alle strette. Ogni tanto Smoker ci provava, si impegnava organizzando anche imponenti schieramenti di forze, ma finiva puntualmente con dei clamorosi buchi nell’acqua. Rufy aveva perfino cominciato a pensare che l’ammiraglio non fosse davvero interessato a catturarlo ma che si divertisse a combattere con lui, esattamente come faceva suo nonno, il vice ammiraglio Garp.
“Sei l’unico avversario alla mia altezza, Cappello di Paglia.” gli aveva detto Smoker una volta e Rufy aveva risposto ridendo.
“Dicevo perché li ho portati qui.” specificò Zoro, alzando gli occhi al cielo e riportando nuovamente il suo capitano alla realtà. Rufy si mise a ridere come non gli capitava da tempo e Zoro si ritrovò sollevato nel costatare che il suo capitano non l’avesse presa troppo male. Tutto sommato, era andata decisamente meglio di quanto si aspettava.
“Che dovevi fare, buttarli in mare?” chiese in modo retorico Rufy appoggiandosi alla parete di roccia, cercando di mascherare come poteva un tremendo giramento di testa.
Zoro ed Ace non se ne accorsero, o forse finsero solo di non accorgersene e la conversazione sui vecchi compagni continuò.
“Ti fidi di loro?” chiese Ace, preparandosi ad una reazione violenta del fratellino. Gli sembrava strano che Rufy avesse reagito così bene, troppo strano. Probabilmente la calma del fratello non era destinata a durare e sarebbe esplosa nel giro di poco. Rufy, tuttavia, sembrava deciso a stupire Ace e non perse la calma.
“Beh, visto che ormai sanno tutto.. Credo di non avere altra scelta.”sbuffò Rufy, grattandosi la testa. Alla fine il vecchio Rufy aveva vinto, si sarebbe fidato di loro. Non poteva farne a meno. Erano i suoi compagni e se non aveva mai smesso di considerarli tali era perché non aveva mai smesso di fidarsi di loro. Avrebbe messo nelle loro mani la propria vita in qualsiasi momento, sicuro che non avrebbe rischiato nulla. In quei sette anni erano stati in tanti a chiedere di entrare nella sua ciurma ma lui aveva sempre rifiutato. C’era stato un carpentiere, un meccanico specializzato in rivestimenti, un medico e persino un cuoco, ma lui e Zoro avevano sempre rifiutato. Avevano già un carpentiere, Franky; Non avevano un meccanico forse, ma Usop era perfettamente in grado di sostituirlo; infine, le uniche persone dalle quali lui e Zoro erano disposti a farsi curare o sfamare erano Chopper e Sanji.
“Accidenti, non credo alle tue parole. Sicuro di stare bene?” chiese Ace, sorpreso. Delle tanti frasi che si aspettava che Rufy avrebbe detto quella non era contemplata. Guardò Zoro, anche lui stupito.
“Effettivamente ha la febbre.” mormorò lo spadaccino, sorridendo, ricordandosi improvvisamente delle brutte condizioni del capitano poco prima di sbarcare sull‘isola.
Zoro aprì la bocca per chiedere spiegazioni circa il combattimento con l’ufficiale che aveva catturato i loro compagni, ma Rufy lo zittì con un gesto.
“Smettila di preoccuparti, pensiamo alla marina. Torna alla nave, io ed Ace controlliamo la grotta ed i canali di fuga. Se si mette male, alla peggio nascondiamo la nave e fuggiamo sulla terra ferma.”ordinò Rufy, lanciando un’occhiataccia al proprio compagno e al fratello.
“Non hai ancora controllato?” chiese Ace, sorpreso. Di solito Rufy controllava personalmente ogni singolo rifugio, nascondiglio o isola perché ne Zoro ne nessun altro che navigava con lui in quel momento potesse rischiare di farsi del male.
“Sono appena arrivato.” spiegò Rufy mentre la vista si annebbiava. Questa volta Ace e Zoro si accorsero del capogiro e fu proprio lo spadaccino a prendere al volo Rufy prima che questi cadesse a terra svenuto.
“Non se ne parla, tu stai sulla nave. Vado io con Ace.” esclamò Zoro deciso, a cui non era sfuggito il mancamento del capitano. L’ennesimo di una lunga serie da qualche giorno a quella parte. Quando tutta questa storia sarebbe finita lo avrebbe portato da un dottore, anche a costo di trascinarlo con la forza e contro la sua volontà. Anzi no, lo avrebbe fatto curare da Chopper immediatamente.
“Zoro..” provò ad obiettare debolmente Rufy, subito interrotto da un’occhiataccia del compagno di avventure.
“Non transigo, stai male.” disse Zoro con un tono severo che non ammetteva repliche. Rufy sospirò, capendo di avere perso la battaglia. Zoro era sempre stato il più fedele dei suoi compagni, sempre pronto ad ascoltarlo senza discutere i suoi ordini, tuttavia quando c’era in ballo la salute del suo capitano si preoccupava sempre e rifiutava di fare come Rufy gli diceva. Conosceva bene il suo capitano e sapeva che era sempre pronto a mettere la vita, i desideri ed i bisogni degli altri prima dei propri, anche quando il ballo c’era la sua vita. Non gli avrebbe permesso di morire solo per colpa della sua testardaggine, nemmeno questa volta.
“Ha ragione. Inoltre bisogna trovare il traditore, oppure è tutto inutile. Anche se scappiamo sulla terra ci seguirà comunque.” cercò di consolarlo Ace, prima di allontanarsi con Zoro ignorando le proteste del fratellino. Rufy sbuffò, infastidito dal comportamento dei due.
“Vedete di muovervi.” gli urlò il ragazzo moro, rimasto solo.
Rufy si voltò e scrutò attentamente la nave, la cui grossa sagoma seminascosta dall’oscurità la faceva sembrare un grosso cetaceo. Lì a bordo c’erano i suoi compagni, i suoi vecchi amici, e lui doveva affrontarli.
Prese il coraggio a quattro mani e salì a bordo, cercando non fare rumore.

I ragazzi erano troppo tesi per stare sulla nave a fare conversazione, aspettando che Ace, Zoro o chi altro si fossero decisi a tornare, e avevano deciso di ammazzare il tempo dedicandosi alle loro solite attività, fingendo con tutte le loro forze che quella era una giornata normale. Nami era in cucina, insieme a Sanji e a Brook, mentre Usop e Franky stavano combinando qualcosa nel loro vecchio laboratorio. Chopper e Robin, invece, leggevano tranquillamente nello studio. La stanza era immersa nel silenzio più assoluto e così quando la porta si aprì con violenza i due sussultarono e si voltarono spaventati verso la porta. Riconobbero al volo la sagoma sulla porta, sebbene non lo vedessero da sette anni. Rufy appariva identico a quello che abbracciava Zoro nella foto che aveva dato loro Bibi ad Alabasta. Era cresciuto, certo, diventando un uomo, ma i tratti del suo viso, infantili e solari, erano rimasti gli stessi di prima.
“Rufy?” esclamò Robin, sorpresa, mentre gli occhi di Chopper si riempivano di lacrime. La piccola renna non riusciva a parlare. Richiamati dai rumori e dalle urla dei compagni arrivarono anche Nami, Brook e Sanji. La ragazza non appena riconobbe il suo capitano si portò le mani al volto, cercando di fermare le lacrime che avevano preso a scendere copiose. Brook e Sanji, invece, rimasero immobili cercando di nascondere il turbinio di emozioni che li stava sconvolgendo.
“Avete nascosto qualcuno a bordo?” chiese Rufy, bruscamente, cercando di ignorare le facce sconvolte degli amici. Appena entrato nella stanza aveva dovuto lottare con tutte le sue forze con il desiderio di abbracciare il piccolo Chopper, in lacrime, di tranquillizzare Robin o di dare una fraterna pacca sulla spalla a Sanji e Brook. Rufy sospirò, cercando di obbligare la sua testa e il suo corpo a rispondere ai suoi ordini. Doveva resistere ancora per un po’, non aveva tempo per i saluti ai compagni, doveva trovare il traditore prima di perdere i sensi.
“Ma che dici?” sbottò Sanji, sorpreso dalle parole del ragazzo. Nella sua voce il cuoco non aveva percepito rabbia o odio, ma solo urgenza e preoccupazione.
“Su questa nave c’è un traditore che ha intenzione di consegnarmi alla marina, e io vorrei trovarlo e punirlo prima che sia troppo tardi.” ringhiò Rufy, guardandosi intorno frenetico prima di passare alla stanza successiva, seguito dai compagni, increduli.
“Stai dicendo che qualcuno di noi lavora per la marina?” chiese Robin, allibita e al tempo stesso divertita da quell’idea. Rufy doveva essere definitivamente impazzito per pensare una cosa del genere. Chopper, già in lacrime, si mise a lamentarsi più forte, giurando al capitano che nessuno di loro avrebbe mai fatto una cosa del genere.
“Ti vogliamo bene, perdonaci. Non ti avremmo mai tradito.” urlò la piccola renna, sconvolta, mentre Brook cercava di calmarlo. Rufy fissò il medico di bordo a lungo, poi distolse lo sguardo a fatica e riprese la sua ricerca. Non aveva tempo da perdere, nonostante il dolore che provava in quel momento Chopper annientava anche lui.
Rufy sapeva benissimo che il traditore non era nessuno di loro. Proprio per questo doveva trovarlo, prima che mettesse in pericolo le vite dei suoi preziosi compagni.
Proprio in quel momento la porta di aprì ancora, lasciando entrare Nami. La ragazza era stata richiamata dalle grida dei compagni ed aveva sentito le loro parole dal corridoio.
“Non ho tempo ora.” rispose Rufy, senza prestare attenzione ai compagni. Stava male, sentiva che le forze lo stavano abbandonando ma doveva assolutamente trovare la spia.
“No, aspetta.” cercò di fermarlo Nami, trattenendolo per un braccio. Rufy si fermò a guardare la ragazza, senza fare nulla per liberarsi da quella stretta. Era sconvolta, come gli altri, e per di più piangeva. Rufy ricordò la promessa che aveva fatto di non lasciare mai che Nami diventasse triste per colpa sua, e sentì una stretta allo stomaco perché sapeva bene che la stava infrangendo. Mentre pensava a queste cose, fu questione di un attimo e Rufy sentì dei rumori. Guardò meglio nella direzione da cui provenivano e vide una tenda muoversi. Con uno scatto si portò vicino alla tenda e con una mano bloccò una figura che cercava di nascondersi senza dare nell’occhio.
“Sapevo che ci doveva essere qualcun altro sulla nave..” esclamò Rufy, soddisfatto, facendo uscire allo scoperto la spia che si rivelò essere una graziosa biondina, probabilmente al servizio della marina. Tutti quanti sembravano sconvolti e nessuno di loro sapeva dire chi fosse la ragazza o come avesse fatto ad intrufolarsi a bordo.
“Che stai dicendo?” chiese Brook, confuso, guardando Rufy che ora sorrideva.
“Beh, visto che voi non eravate i traditori ci doveva essere sicuramente qualcun altro a bordo..” spiegò Rufy, con un filo di voce. Robin improvvisamente capì. Rufy non credeva che i traditori fossero loro, ma che ci fosse qualcun altro a bordo. L’idea che il loro vecchio capitano riponesse ancora fiducia in loro le mise allegria. Nami e Chopper si lasciarono andare all’ennesimo pianto, questa volta liberatorio.
“Bravo, mi hai scoperto. Ma non credere, farete tutti una brutta fine.” disse la biondina, ridacchiando, per niente spaventata dalla vista del Re dei Pirati.
“Questo lo vedremo.” commentò Robin, decisa, senza perdere di vista la ragazza.
La biondina aprì la bocca per ribattere, ma proprio in quel momento Rufy ebbe un giramento di testa che gli fece allentare la presa sulla ragazza per pochi istanti. La biondina decise di approfittare della situazione, si liberò del ragazzo con uno strattone e cercò di scappare via. Le sue mosse però non sfuggirono ai ragazzi, che bloccarono la porta mentre Robin utilizzava i poteri del frutto del mare per intrappolarla e Chopper si precipitava a vedere le condizioni di Rufy, ancora privo di sensi. Una volta che la spia fu legata ed imprigionata l’attenzione di tutti si portò sul capitano, ancora a terra.
Sanji si guardava intorno, ancora incredulo. Come aveva potuto una semplice ragazzina avere la meglio su Rufy tanto facilmente? Sicuramente doveva esserci qualcosa sotto.
“Ahh..” si lamentò il capitano ancora privo di coscienza, mentre i compagni si scambiarono uno sguardo preoccupato e aspettavano che Chopper dicesse loro qualcosa.
“Rufy, accidenti.” mormorò Chopper chino su di Rufy, mentre cercava di aiutarlo a riprendersi. In quel momento anche i compagni mancanti, Franky e Usop, entrarono nella stanza e si ritrovarono a fissare confusi il caos che vi regnava. La scena era a metà tra l’assurdo e lo spaventoso: tutto quello che fino a qualche ora prima era ordinatamente riposto su scaffali, tavoli e mensole giaceva ora per terra, nel caos, mentre intrappolata in un angolo c’era una strana ragazza bionda, mai vista prima. La cosa che però colpì maggiormente i due ragazzi fu la vista di Rufy a terra, dolorante, tra gli sguardi spaventati dei compagni.
“Che sta succedendo?” chiese Usop guardandosi intorno preoccupato, cercando di capire cosa diamine doveva essere successo in quella stanza.
“Cosa è tutto questo casino?” esclamò Franky, stupito. A nessuno dei due sfuggì la ragazza bionda intrappolata da Robin che continuava a ridacchiare e a prendersi gioco di loro. La domanda del cyborg era destinata a rimanere senza risposta perché i compagni erano troppo occupati a prendersi cura di Rufy.
“Oh mio dio!” esclamò Usop, quando il suo sguardo incontrò Rufy, dolorante e privo di sensi a terra. In quei sette anni aveva immaginato molte volte di incontrare di nuovo il suo capitano, ma mai aveva pensato di trovarlo in quelle condizioni. La mente del cecchino cominciò a lavorare frenetica cercando di capire chi avrebbe potuto mettere al tappeto uno come Rufy, certamente non uno dei suoi compagni. Probabilmente doveva essere stata la ragazza bionda.
“Chi è quella tizia?” chiese Franky, sorvolando sulla questione Rufy e fissando Sanji dritto negli occhi. Il cuoco sembrava l’unico abbastanza lucido ed in grado di dare qualche risposta riguardo all‘accaduto.
“La biondina è una spia della marina che vuole consegnarci e farci condannare. Rufy l’ha scoperta e catturata poi è svenuto.” spiegò velocemente Sanji, accendendosi una sigaretta. A quelle parole Franky sgranò gli occhi ed il cuore di Usop mancò qualche battito.
“Cosa?” chiese Usop, confuso, passando lo sguardo dai compagni, alla bionda e infine a Rufy. Avrebbe voluto correre da lui e digli molte cose, ma il ragazzo non sembrava passarsela troppo bene. Era ancora a terra e non sembrava riuscire a muoversi.
“Accidenti, sta male sul serio.” esclamò Chopper, ansioso, cercando di percepire il debole battito del ragazzo.
“Chopper, che dici?” chiese Nami, preoccupata. Non poteva essere vero. Non potevano avere appena ritrovato il loro capitano per perderlo subito dopo.
“Ha la febbre alta e delle ferite profonde. Ha bisogno di cure immediate.” spiegò Chopper, estraendo dal suo zaino gli strumenti di cui aveva bisogno. Probabilmente Rufy stava già male da tempo, forse anche da prima di andare a liberare loro sull’isola. L’idea che Rufy avesse rischiato la sua vita per salvare le loro fece scendere una lacrima sul viso della piccola renna, che la ricacciò eroicamente indietro. Non era tempo per piangere, ma per darsi da fare ed aiutare il suo amico.
“Che aspetti, sei un medico!” esclamò Brook, ansioso.
“Non so se basterà.. È ridotto male.” mormorò Chopper, debolmente, quasi avesse paura che pronunciare quelle parole fosse una specie di condanna per Rufy.
“Curalo!”ordinò Usop, con un tono deciso che non gli apparteneva. I ragazzi si allontanarono per lasciare lavorare la piccola renna, solo Usop e Nami non si mossero di un passo e restarono al fianco del ragazzo. Nessuno di loro, in particolare i due ragazzi che erano rimasti, era disposto a vedere morire Rufy.
“Zoro?”chiamò Rufy, sforzandosi di aprire gli occhi e stupendosi di trovarsi di fronte Usop. Il cecchino si fece forza e strinse la mano del suo amico, cercando di fargli coraggio mentre Navi restava immobile, incredula. Il ragazzo inerme a terra non poteva essere lo stesso capitano che l’aveva salvata tante volte. Non poteva essere lo stesso babbeo pieno di vita e di sogni con cui aveva condiviso tante volte pranzi, cene, colazioni e interminabili ore di navigazione.
“Non è qui, ora lo andiamo a chiamare.”rispose Usop, cercando di rimanere calmo. Rufy annui impercettibilmente e poi chiuse gli occhi, esausto. Dire quelle poche parole aveva consumato quasi del tutto le sue già poche energie. Il ragazzo sapeva di essere arrivato al limite ma era felice di avere trovato la spia. Ora tutto era nelle mani di Zoro, doveva solo dirgli le ultime cose prima di perdere del tutto i sensi.
“Zoro? Dove diamine si è cacciato?” urlò Nami, facendo accorrere i compagni.
“Che vuoi da lui?” chiese Sanji, nervoso, senza staccare lo sguardo da Rufy che lottava per rimanere sveglio ancora qualche istante.
“Rufy lo ha chiamato..” spiegò Usop, tenendo lo sguardo fisso sul ragazzo steso a terra.
Il capitano aveva smesso quasi del tutto di muoversi, l’unico dettaglio che lasciava intendere che era sveglio erano i rantoli di dolore e il respiro affaticato.
“Zoro è andato a controllare i canali, tornerà presto.” spiegò Franky, ricordando di aver visto allontanarsi il ragazzo con Ace poco prima.
“Non c’è tempo. Credo che perderò i sensi prima.” mormorò debolmente Rufy, senza aprire gli occhi. La sua voce era talmente debole che i ragazzi si sorpresero a sentirlo parlare.
“Non scherzare, sei forte.” mormorò Chopper, prendendo una mano del ragazzo. Rufy fece una smorfia che assomigliava quasi ad una risata.
“No, ascoltami Chopper. Per favore, è importante. Lo so di non avere il diritto di chiedervelo, ma potete fare quello che vi chiedo?” chiese Rufy, fissando la piccola renna dritta negli occhi. Si riusciva a vedere chiaramente la fatica e il dolore che gli era costato quel piccolo gesto. Nessuno di loro ebbe il cuore di rifiutare. Nonostante i sette anni passati lontani, nonostante le loro strade fossero state a lungo divise, quello rimaneva il loro capitano. La persona per la quale avevano lasciato i loro villaggi ed avevano preso il mare verso i loro sogni, colui che li aveva sempre difesi e che si era fatto carico di fatiche e dolori insopportabili solo per la loro felicità. Non potevano dire di no a quella sua richiesta d’aiuto.
“Dicci cosa dobbiamo fare e noi seguiremo i tuoi ordini, capitano.” esclamò decisa Nami, marcando accuratamente l’ultima parola. A Rufy sfuggì un sorriso.
“Legate la biondina, non deve scappare.” mormorò il ragazzo, ansimando per lo sforzo che pronunciare quelle parole gli aveva causato.
“Ha già provveduto Robin, dobbiamo farla parlare?” chiese Usop, ansioso. Rufy rifletté qualche secondo prima di parlare ancora.
“Non credo collaborerà, ma se volete provare lo stesso.. Nella parete di fronte, nascosto nella roccia c’è un pulsante. Premetelo e si aprirà un varco. Portate la nave oltre quel varco e chiudetelo alle vostre spalle.”spiegò Rufy, cercando di essere più chiaro possibile. Dovevano portare la nave al sicuro in modo che se la marina fosse arrivata non li avrebbe trovati. Oltre la parete di roccia c’era una scala che conduceva il superficie, su di una piccola isola abitata da pescatori. Se le cose si fossero messe davvero male avrebbero potuto scappare e rifugiarsi lì fino all’arrivo degli uomini pesce di Jimbei.
“Dobbiamo chiudere anche il cancello principale?” chiese Sanji, intuendo che Rufy voleva portarli al sicuro dall‘attacco della marina.
“No, quello deve rimanere aperto.” si raccomandò Rufy, preoccupato. Non dovevano lasciare capire alla marina che avevano scoperto il loro piano. Solo così avrebbero potuto prenderli in trappola ed incastrarli tra due fuochi.
“E Zoro ed Ace? Non ci troveranno più se ci spostiamo..” esclamò Robin, logica. I due ragazzi si erano allontanati per perlustrare i canali circa un ora prima, al loro ritorno non avrebbero trovato la nave e non avrebbero saputo dove cercarli. Lasciare loro un messaggio, tuttavia, poteva essere pericoloso. La marina avrebbe potuto in qualche modo intercettarlo e loro sarebbero stati catturati.
“Non è un problema, Zoro ed Ace sapranno dove siete e riusciranno a raggiungervi con i passaggi segreti.” spiegò ancora Rufy, paziente.
“Ma come..” inizio a chiedere Usop, subito interrotto da Franky.
“Non c’è tempo, Usop. È debole, lascialo parlare.” esclamò il cyborg, preoccupato.
Anche lui, come il cecchino, aveva intuito che Rufy e Zoro fossero a conoscenza di molti segreti, sia riguardo a quel posto sia per comunicare tra loro, ma quello non era certo il momento più adatto a fare domande.
“Certo, scusa.” si scusò Usop, abbassando la testa rosso in viso. Rufy abbozzò un sorriso per cercare di tranquillizzarlo e il cecchino sembrò apprezzare il gesto.
“Cosa altro possiamo fare?” chiese Brook, preoccupato per il suo capitano.
“Ascoltate Zoro, seguite i suoi ordini. Per quel che vale, il comando passa a lui.” mormorò Rufy, quasi senza forze, chiudendo gli occhi.
“Se Zoro non dovesse tornare?”chiese Usop, preoccupato per il poco senso dell‘orientamento dello spadaccino.
“Non dirlo nemmeno per scherzo.”ringhiò Rufy, agitandosi. Era impossibile che Zoro fosse sconfitto, non il suo migliore amico e compagno di avventure.
“Voglio dire, Zoro si perde sempre.” precisò meglio Usop, cercando di immobilizzare Rufy che si stava agitando troppo.
“Il ciondolo.. Il mio ciondolo.. Ma certo, è così che vi hanno seguito. Ditelo a Zoro, dite che deve cercare.. Deve essere a bordo. Per forza, c’è ancora tempo..” mormorò Rufy prima di perdere i sensi, capendo improvvisamente come aveva fatto la marina a seguirli a distanza. La spia era solo un pretesto, il vero pericolo era ancora a bordo della nave.
I ragazzi si scambiarono delle occhiate confuse, fissando intensamente il ciondolo che Rufy portava al collo.
“Che avrà voluto dire?” chiese Franky, grattandosi la testa perplesso.
“Parlava del ciondolo.” rispose Nami, pensierosa, fissando intensamente l’oggetto. Era un ciondolo comune, senza nulla di particolare, eppure se Rufy lo aveva nominato doveva esserci un motivo.
“Deve essere questo, è strano però.” mormorò Sanji, sfiorando appena il ciondolo.
Il cuoco non ebbe tempo di studiarlo meglio perché Chopper, indispettito dal poco rispetto che tutti dimostravano per il suo lavoro, li sbatté fuori dalla stanza.
“Tutti fuori ora, Rufy sta male e lo devo curare.” esclamò decisa la piccola renna, senza preoccuparsi del tono aggressivo che aveva usato.
“È identico a quello di Zoro.” concluse Robin, ricordando di averne visto uno uguale addosso allo spadaccino quando questi aveva combattuto contro l’ufficiale.
“Non c’è tempo, interroghiamo quella vipera.” ordinò Nami, avvicinandosi alla ragazza.
“Certo, andiamo.”disse Usop, seguendo la navigatrice.
La ragazza bionda non si era mossa di un passo ed aveva lo stesso sorriso beffardo di poco prima, quasi si stesse prendendo gioco di loro. Proprio come aveva anticipato Rufy, l’interrogatorio non portò a niente.

“Ehi tu ragazzina, avanti parla.” iniziò Franky, senza preoccuparsi di sembrare gentile. Non gli importava nulla delle buone maniere, non quando la vita del suo capitano era in pericolo per via di una strana malattia e la marina stava per attaccare da un momento all’altro.
“Credi davvero che vi dirò qualcosa? Preferirei morire..” rispose la bionda, beffarda, con uno sguardo di sfida. Gli unici che le incutevano timore erano Cappello di Paglia e il suo braccio destro, Zoro, ma entrambi non erano nella stanza. Uno era stato messo fuori combattimento da qualche strano virus e l’altro era perso per i cunicoli della grotta.
“Non dirlo troppo forte, potresti essere accontentata.” continuò Franky, perdendo la pazienza e stringendo più forte le corde che la legavano.
“Calmo buzzurro, come puoi prendertela con un essere tanto dolce?” intervenne Sanji, sconvolto dalla bellezza della ragazza che aveva di fronte. Il cuoco, incurante degli sguardi straniti dei compagni, si chinò e le baciò una mano.
“Sanji, nel caso non lo avessi capito questa è la spia che voleva catturare Rufy, Zoro e tutti noi.” spiegò pazientemente Usop, per nulla stupito dall’idiozia dell’amico.
“No, questo è un dolce angelo che merita la mia protezione.” continuò Sanji, come al solito accecato dalla vista di una bella donna.
“Il vostro amico ha qualche problema?” chiese la bionda, guardando curiosa il cuoco.
“Parecchi direi..” mormorò Franky sconsolato.
A quella situazione paradossale pose fine Nami, intervenendo in prima persona.
“Ascolta bene Sanji.” iniziò Nami, apparentemente tranquilla, avvicinandosi al compagno e appoggiandogli una mano sulla spalla.
“Ti ascolto, o mia Nami, luce dei miei occhi.” squittì Sanji, con gli occhi a forma di cuoricino, estasiato per via di quel breve contatto.
“Esci immediatamente da questa stanza.” ordinò Nami, severa, spaventando il povero cuoco che non si aspettava una reazione tanto violenta.
“Ma io..” provò ad obiettare il cuoco, ferito.
“Niente ma, se non sei in grado di interrogare questa donna senza fare il cascamorto esci.” disse Nami indicando la porta, fuori di sé.
“Come vuoi..” mormorò Sanji, uscendo sconsolato sul ponte per fumare una sigaretta.
“Hai polso, ragazzina.” commentò la bionda, divertita dalla scenetta. In risposta Nami alzò lo sguardo su di lei e strinse nelle mani il suo bastone climatico.
“Faresti bene a parlare, se si arrabbia sono guai.” consigliò Brook, giocherellando con un libro caduto dalla mensola più alta della libreria.
“Tremo di paura.” mormorò la bionda, scoppiando a ridere in faccia alla ciurma.
“Dovresti.” mormorò Robin incredibilmente seria, intervenendo per la prima volta.
“Non capite? È tutto inutile. Anche se io morissi, la marina vi troverebbe lo stesso.” spiegò pazientemente la bionda, divertita dalle facce sconvolte che aveva di fronte.
“Che vuoi dire?” chiese Usop, preoccupato da quelle parole.
“Siete spacciati.” esclamò la bionda, ridendo dello loro disperazione.
“Spiegati meglio, brutta spia.” ordinò Nami, severa.
“Morirete, ecco quello che vi succederà.” ripeté ancora la bionda, divertita dagli sguardi confusi e spaventati di quel branco di pirati da strapazzo. Non erano nulla senza il loro capitano o senza quello spadaccino.
“Brutta..” iniziò Nami, prendendo il suo bastone climatico e preparandosi a scagliare una tempesta in piena regola in faccia a quella donna.
“Lasciala stare, andiamo.” disse Franky, trattenendo Nami e trascinandola via.
“Ma Franky..” iniziò Nami, cercando di lottare inutilmente contro la presa del Cyborg.
“È tornato Zoro, andiamo da lui.” mormorò Sanji, mettendo la testa dentro la stanza.
“Certo.” acconsentì alla fine Nami, lanciando un‘ultima occhiataccia alla biondina prima di uscire sul ponte lasciando la porta aperta dietro di sé. Non voleva certo perdere di vista quella spia che aveva già causato fin troppi guai.
Una volta sul ponte i ragazzi furono colpiti dalle pareti della grotta e dal suo soffitto altissimo. L’unico che non sembrava particolarmente colpito da quel panorama era Zoro.
“Che sta succedendo qui?” chiese lo spadaccino, arrivato da poco, guardandosi intorno. La nave sembrava tranquilla ma le facce spaventate dei suoi compagni non promettevano nulla di buono. Inoltre, la loro nave era stata spostata oltre la parete di roccia. Doveva essere sicuramente successo qualcosa. Forse Rufy aveva trovato la spia, ma dove diamine era andato a cacciarsi?
“Una tragedia.” iniziò Usop, drammatico. Alle parole del cecchino Zoro aggrottò le sopracciglia, indeciso se preoccuparsi o meno.
“La spia.” continuò Brook, agitato quanto il compagno.
“Sta male.” concluse Nami con le lacrime agli occhi.
Lo spadaccino fissò i tre compagni, confuso, prima di scuotere la testa.
“Siete disperati perché la spia sta male?” chiese Zoro perplesso, alzando un sopracciglio.
“No, idiota. Rufy sta male, ma prima di svenire ha trovato la spia.” spiegò meglio Sanji, sferrando un potente calcio che lo spadaccino evitò facilmente.
“Spiegati meglio brutto pinguino.” rispose in malo modo Zoro.
“Basta voi due.” li fermò Robin facendo apparire delle mani dal nulla prima che Zoro potesse mettere mano alle spade. Qualcosa le diceva che Zoro poteva essere pericoloso se voleva, incredibilmente pericoloso e quello non era certo un buon momento per litigare tra loro.
“Dove diamine è Rufy?”chiese Zoro, preoccupato, guardandosi in giro. Rufy stava già male da prima, ma Sanji aveva parlato di uno svenimento e il capitano sembrava non essere in circolazione. La situazione non prometteva nulla di buono. Per di più Ace non era ancora tornato e anche questo non prometteva nulla di buono visto che era lui normalmente quello che si perdeva, e non il fratello di Rufy.
“Chopper lo sta medicando, dice che è molto grave.” spiegò Nami, con le lacrime agli occhi. Quelle parole spaventarono Zoro, che però cercò di non darlo troppo a vedere.
“Maledizione. La spia?” chiese Zoro, guardandosi intorno. Rufy doveva essere riuscito a trovarla prima di svenire. Lo spadaccino pregò mentalmente che non fosse nessuno dei suoi compagni e le sue preghiere vennero esaudite.
“È quella bionda.” disse Franky, indicando la donna legata nella stanza di fianco che continuava a guardarli a mo‘ di provocazione.
“Abbiamo provato a interrogarla, ma non dice nulla.” spiegò Usop, sconsolato e depresso all‘idea di non essere riuscito a combinare nulla di utile per i compagni.
“Si, ha solo detto che siamo spacciati e che ci troveranno lo stesso.” raccontò Robin, sperando che Zoro potesse capire cosa diamine stava succedendo. Lo spadaccino però sembrava saperne quanto loro, e appariva immerso nei propri pensieri.
“Vorrei sapere come hanno intenzione di trovarci..” mormorò Zoro, scuotendo la testa.
“Zoro, Rufy ha parlato del suo ciondolo.” disse improvvisamente Usop, ricordando le parole che capitano aveva pronunciato prima di perdere i sensi.
“Davvero? Che ha detto?” chiese Zoro, ansioso. Certamente Rufy doveva avere capito qualcosa, altrimenti non avrebbe fatto riferimento ai loro ciondoli.
“Aveva capito come la tipa avesse fatto a seguirci e credo di fosse arrivato pensato al ciondolo.” spiegò il cecchino, confuso, alzando le spalle.
“Ha anche detto che c’è qualcosa a bordo.” aggiunse Brook, ricordando improvvisamente le parole del capitano.
“Dannazione, avremmo bisogno del ciondolo di Rufy.” esclamò Nami alla fine. Osservando a fondo il ciondolo avrebbero potuto capire a che cosa si stava riferendo Rufy prima che fosse troppo tardi.
“Chiediamo a Chopper?” propose Franky, un po‘ spaventato all‘idea di affrontare il dottore. Quando medicava qualcuno la piccola renna diventava decisamente pericoloso, specie se si cercava di interromperlo.
“No, lascia stare. Prendete il mio, è identico.” disse Zoro, togliendosi il ciondolo e porgendolo a Robin. La donna lo studiò per un po’, poi sembrò illuminarsi.
“Aspetta, forse ho capito. È una vivre card, anzi sono due.” esclamò l’archeologa, sorpresa, guardando meglio. Quelle parole attirarono l’attenzione di tutti i compagni.
“Geniale. Due mezze vivre card, una di Zoro e una di Rufy.” disse Nami, stupita. Non si era aspettata che due babbei come Zoro e Rufy avessero potuto ideare un sistema tanto intelligente per ritrovarsi quando erano separati.
“A che serve?” chiese Usop, confuso, guardando prima Nami e poi Robin.
“I due medaglioni si attirano uno verso l’altro. Così Zoro sa sempre dove è Rufy e viceversa.” spiegò Franky, anch‘egli stupito.
“Probabilmente anche Ace ne ha uno. Giusto?” chiese Robin, intuendo perché Rufy era così sicuro che Ace e Zoro li avrebbero trovati anche se avessero spostato la nave.
“si, certo. Ma questo cosa centra con la tizia bionda?” chiese Zoro, fissando i compagni.
Nessuno riuscì a rispondere alla domanda dello spadaccino e per qualche istante cadde un silenzio irreale, interrotto solo dai lamenti di Rufy che provenivano dalla porta chiusa dell’infermeria dove Chopper si stava prendendo cura di lui.
“Voi usate i ciondoli per trovarvi quando siete lontani, giusto?” chiese Nami, illuminandosi improvvisamente.
“Beh, si.” rispose Zoro, stupito. Nami e Robin si scambiarono uno sguardo d’intesa e anche l’archeologa sembrò avere capito.
“Ecco, la spia non comunicava direttamente con la marina..” iniziò a spiegare Robin.
“Aveva addosso una vivre card e la marina ha l’altra metà.” esclamò Zoro, intuendo quello che l‘archeologa avrebbe detto. Robin annuì, decisa.
“Dobbiamo trovarla.” disse Franky, guardandosi intorno. A bordo doveva esserci un pezzo di vivre card della marina e lui era intenzionato a trovarla. Distruggendo quel piccolo pezzo di carta avrebbero impedito alla marina di arrivare. Le vivre card dopo tutto non sono mappe, ma semplici indicatori.
“Potrebbe essere ovunque, la nave è enorme.” mormorò Usop, sconsolato e più che mai pessimista. Era impensabile riuscire a trovarla davvero: era come trovare un ago in un pagliaio, semplicemente impossibile. Un’impresa disperata.
“Diamoci una mossa.” esclamò Nami, decisa. Ora che sapevano cosa fare non restava che farlo. Ne andava della loro vita e di quella di Rufy, non potevano starsene con le mani in mano ad aspettare che la marina li catturasse tutti.
“Potrebbe anche essere addosso a noi.” commentò Brook, sconsolato.
“Un po’ di ottimismo, su.” disse Sanji, cominciando a perlustrare il ponte.
“Se troviamo la vivre card e ce ne sbarazziamo siamo salvi.”mormorò Franky, aiutando il cuoco nella ricerca mentre i compagni li guardavano poco convinti che avrebbero concluso qualcosa. Dannazione, si trattava di un microscopico pezzo di carta!
“Giusto, in quel caso la marina non arriverà mai qui.” concluse Nami, realizzando improvvisamente che trovare ed eliminare la vivre card era la loro unica possibilità di salvezza e mettendosi a sua volta ad aiutare gli amici.
“E se fossero già qua?” chiese Usop a Zoro, spaventato.
“Non credo, ma possiamo controllare.” rispose lo spadaccino, fissando intensamente la porta chiusa dietro la quale c’erano Chopper e Rufy.
“Come?” chiese Brook, curioso.
“Avremo bisogno di Chopper.” rispose Zoro, avviandosi verso la porta e stringendo la maniglia. Non ne poteva più di aspettare fuori, doveva vedere il suo capitano.
“Sta medicando Rufy..” spiegò Robin, cercando di fermare i compagni. I ragazzi alle parole dell’archeologa sembrarono ragionare.
“Appena finirà allora.” mormorò Usop, impaziente, rimettendosi a cercare la vivre card.
“Non esiste, io vado da lui ora.” esclamò Zoro, deciso, abbassando la maniglia.
“Ma Zoro, ragiona.” cercò di fermarlo Nami, prendendolo per un braccio. Lo spadaccino, infastidito, si liberò facilmente della stretta della ragazza senza farle male.
“Ascolta Nami, in quella stanza c’è il mio capitano che sta male. Voglio sapere come sta e voi non mi fermerete. Chiaro?” urlò Zoro, perdendo la pazienza e spalancando la porta e facendo sobbalzare Chopper, chino su un Rufy paurosamente pallido e privo di sensi.

ANGOLO DELL'AUTRICE:
innanzitutto, come al solito, grazie milleee a chi legge la mia storia e dedica qualche minuto del suo tempo a dirmi cosa ne pensa.
siete degli angeli, lo sapete?

LADYSAIKA: grazie millee!
sono contenta che la mia storia ti piaccia.
povero rufy si, specie dopo quello che gli conbino in questo capitolo. ma dopo tutto, erano almeno quattro capitoli che stava male, prima o poi doveva crollare, no?
spero tu sia stata felice di vedere che nessuno della ciurma ha tradito!

saisai_girl: grazie milleee!
eh si, rufy vuole un bene tale a zoro che non riesce ad arrabbiarsi con lui.
lo dice anche qualche capitolo prima che zoro è l'unica persona che può permettersi di dire a rufy quello che pensa, anche se non è quello che il re dei pirati vuole sentirsi dire.
ace nelle mie storie è come il prezzemolo, c'è sempre. diciamo che è il mio modo di protestare alle decisioni di oda in proposito..
sono contenta che la parte di jimbei ti sia piaciuta, è quella che preferisco anche iO!

NEKO: grazie milleee!
poveri ragazzi, la verità fa male. rufy però è stato veramente testardo. sembrava quasi volesse portarsi il segreto nella tomba!
le tue ipotesi sul traditore mi sono piaciute, soprattutto perchè con la seconda e con la terza ci hai preso in pieno! bravissima!

MONKEY_D_MARY: grazie milleee!
sono felicissima che la mia storia ti piaccia. sei un angelo e ti adoro!

spidi988: grazie milleee!
come sia andata a finire la tua proposta credo che ormai lo sai già! ;D
per quanto riguarda rufy, bella domanda.
per il momento non mi sono ancora dilungata in spiegazioni approfondite ma si tratta di un braccialetto con delle caratteristiche speciali. prossimamente se ne saprà di più, promesso!

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Capitolo 16
*** IL DEFINITIVO ADDIO AI DUE UFFICIALI ***


CAPITOLO 14
IL DEFINITIVO ADDIO AI DUE UFFICIALI

Il tempo era parso fermarsi per un lunghissimo instante dopo che Zoro aveva aperto bruscamente la porta e si era trovato di fronte Rufy. Il suo amico, di solito sempre allegro e sorridente, era svenuto e sul suo viso c’era dipinta una smorfia di preoccupazione e di dolore. Probabilmente anche mentre perdeva i sensi il suo chiodo fisso rimaneva la sicurezza dei suoi adorati compagni. Zoro deglutì e si fece forza, costringendosi a non distogliere lo sguardo e ad analizzare ogni minimo particolare. Nonostante fosse molto somigliante, il ragazzo disteso a terra non poteva essere Rufy. Era semplicemente impossibile. Un’idea talmente assurda che il solo pensiero strappò allo spadaccino una risata, trattenuta a stento. No, non era lui. Non poteva davvero essere lui. Zoro ne era quasi certo fino a che i suoi occhi non incontrarono il ciondolo che il capitano portava al collo ed il tatuaggio che faceva bella mostra di sé sul braccio, raffigurante la loro bandiera. Lo spadaccino sentì la testa girare mentre realizzava che il suo capitano questa volta stava male sul serio e che avrebbe potuto non farcela. Chopper approfittò dell’attimo di smarrimento di Zoro per prendersela con lui.
“Zoro, sei impazzito? Rufy sta male!” esclamò Chopper, sorpreso dal brusco ingresso dello spadaccino nella stanza. Le parole della piccola renna ebbero il potere di scuotere Zoro, spingendolo a reagire. Doveva farsi forza e reagire in qualche modo, dopo tutto lui era il suo vice e non poteva permettersi di perdere la calma. Zoro analizzò la situazione a mente fredda e concluse che se quello a terra era sul serio il suo capitano, allora non si sarebbe mosso di lì per nessuna ragione, a meno che la nave non fosse sotto attacco.
“Io da qui non mi muovo.” ripeté Zoro, sfoderando le sue spade. Era anche disposto a combattere, se necessario, ma non aveva la minima intenzione di lasciare il suo capitano solo in un momento come questo. Rufy era una testa matta, un idiota a volte, ma era soprattutto il suo migliore amico. Ne avevano passate tante insieme e di sicuro ne avrebbero passate altre, quindi non c’erano possibilità che Chopper o qualcuno degli altri gli impedisse di stare insieme a lui. Da quando lo aveva conosciuto erano passati poco più di otto anni nei quali gli era capitato di tutto, ma nemmeno una volta aveva pensato di rinnegarlo. Nemmeno durante lo scontro con Orso Bartholomew a Thriller Bark aveva dubitato di avere preso la decisione giusta quando l’aveva incontrato a Sheltz Town e lo aveva seguito in quella  strampalata serie di avventure che lo aveva portato a diventare un pirata. L’incoscienza del suo capitano li aveva spesso gettati in situazioni assurde e li aveva portati in più occasioni a sfidare nemici molto più forti di loro per motivi banali, eppure ogni volta erano riusciti ad uscirne in qualche modo. Dopo ogni scontro il suo sorriso e la sua voce allegra riuscivano a rendere più sopportabile il dolore delle ferite. Bastava uno scambio di battute, una feste nella quale scorrevano fiumi di saké e montagne di carne e tutto ritornava come prima, forse meglio. La consapevolezza di aver superato un’altra situazione paradossale li aiutava a rendersi consapevoli della loro forza e rendere più saldo il vincolo di amicizia che li univa.
“Come vuoi, voi fuori.” sospirò Chopper, arrendendosi all’evidenza: Zoro era troppo testardo per desistere. Provare a farlo ragionare avrebbe significato perdere tempo, che per Rufy era prezioso. Gli altri ragazzi sospirarono e lasciarono la stanza senza proteste.
Non appena sentì la porta chiudersi la piccola renna tornò al lavoro. Controllò più volte il battito cardiaco di Rufy, stupendosi che fosse così debole; gli provò la pressione e la febbre, stupendosi nuovamente per quanto quest’ultima fosse alta. Sotto lo sguardo attento di Zoro, che non si perdeva nemmeno una sua mossa, gli sfilò la camicia e scoprì una grossa ferita sul petto del ragazzo, che sanguinava copiosa. Subito il dottore si prodigò per fermare l’emorragia, maledicendosi per non averla notata prima. Anche Zoro sussultò alla vista del profondo taglio, e si ritrovò a domandarsi come avesse fatto a non notarlo. Doveva essersi ferito sull’isola, durante uno scontro, e non aveva detto nulla per non preoccupare nè lui nè Ace nonostante la ferita sanguinasse molto. Probabilmente nemmeno Jimbei se ne doveva essere accorto, oppure lo avrebbe medicato lui prima che Rufy arrivasse alla grotta.
Fuori dalla stanza Sanji era talmente nervoso che ormai aveva rinunciato persino all’idea di fumare e aveva preso a tormentare Franky e Brook dato che la sua vittima naturale, Zoro, si era chiuso nella stanza insieme a Chopper. Robin fissava i compagni, silenziosa, con la schiena appoggiata alla parete. Non ricordava di averli mai visti così preoccupati da quando lo spadaccino si era ferito gravemente a Thriller Bark. Nami ed Usop avevano finito le lacrime e si limitavano a tirare su con il naso di tanto in tanto.
“Come credi che stia?” chiese Nami dopo un po‘, preoccupata, rivolgendosi ai compagni. Sembrava essere passata una vita da quando Chopper li aveva allontanati e loro si erano seduti a fissare la porta di legno della stanza. Da allora non avevano avuto nessuna notizia, potevano solo aspettare e sperare che andasse tutto bene. Nessuno di loro rispose, solamente Usop dopo un tempo interminabile si azzardò a fare previsioni.
“Chopper è il migliore, vedrai che se la caverà.” sospirò il cecchino, con un filo di voce.
Non disse altro, ma negli occhi lucidi del cecchino Nami riuscì a leggere una fiducia incrollabile nel loro capitano. Nami trovò la forza di sorridere, sicura che Rufy non li avrebbe delusi nemmeno quella volta. Dopo due ore, che ai ragazzi erano parse quasi settimane, la porta si aprì e Chopper comparve sulla soglia. Sembrava esausto, distrutto, ma cercò ugualmente di abbozzare un sorriso poco convinto. Tutti si ritrovarono a fissarlo con insistenza, cercando in quel volto qualche segnale che li aiutasse a capire.
“Allora?” chiese Franky, impaziente, facendosi avanti per primo. La piccola renna non rispose, ma sospirò, appoggiandosi allo stipite della porta. Non sapeva da che parte iniziare a spiegare agli amici la situazione tanto era complicata.
“Possiamo entrare?” chiese Robin, mentre Sanji e Usop cercavano di sbirciare nella stanza, oltre le spalle della piccola renna. Chino sul letto in cui riposava Rufy c’era Zoro. Lo spadaccino da quando era entrato nella stanza non aveva mai lasciato il capezzale del suo capitano nonché migliore amico. Non aveva fatto domande né dato fastidio a Chopper, solo, non aveva mai perso di vista il suo amico. Nemmeno per un istante. Aveva assistito impotente mentre la renna cercava di fermare l’emorragia e aveva cercato di aiutarlo come poteva, sempre senza dire nulla.
“Si, ma fate piano.” si raccomandò Chopper, spostandosi di lato per lasciare entrare i compagni. I ragazzi presero alla lettera le indicazioni della renna e fecero attenzione a non fare rumore, muovendosi quasi in punta di piedi per paura di disturbare il sonno del ragazzo di gomma. Nami per la prima volta riuscì a guardarlo bene e lo trovò molto cambiato. In quei sette anni era cresciuto senza dubbio tanto ed il suo viso aveva perso quei tratti così infantili. C’era persino un accenno di barba. Nonostante fosse pallido e debole la navigatrice lo trovò più affascinante della foto che aveva dato loro Bibi. Lo sguardo della ragazza si spostò dal ragazzo a Zoro, preoccupato come mai in vita sua. Vedendoli così vicini ed affiatati Nami si ritrovò a provare invidia per quell’amicizia a cui lei aveva dovuto rinunciare per sette lunghi anni. Subito la rabbia sfociò in tristezza e la ragazza dovette trattenersi dall’impulso di saltare tra le braccia del suo amico di gomma. Più di ogni altra cosa in quel momento avrebbe voluto sentire il suo respiro regolare, il calore del suo corpo e la sua risata contagiosa.
“Dorme?” chiese Sanji, mettendo le mani in tasca, come sempre quando era nervoso.
“Ha la febbre alta, credo sia per colpa dell’infezione.” spiegò Chopper, avvicinandosi un po‘. C’era un silenzio irreale nella stanza. Nessuno di loro parlava. Usop si ritrovò a sperare che Rufy aprisse gli occhi e facesse una battuta delle sue per smorzare la tensione. Sicuramente la prima cosa che avrebbe detto sarebbe stata che aveva fame, e allora Sanji sarebbe corso a preparargli qualcosa. Brook avrebbe suonato una canzone delle sue, magari quella del liquore, e tutti loro avrebbero ballato dimenticandosi di tutti i problemi e dell‘imminente attacco della marina.
“Di cosa si tratta?” chiese Zoro, pallido e preoccupato, facendo sobbalzare quasi i vecchi compagni. Nessuno di loro si aspettava di sentirlo parlare e tutti loro si stupirono di sentire la sua voce così roca, stanca.
“È strano, credo si tratti di una malattia rara, causata da un insetto che si trova nel deserto.” continuò a spiegare Chopper, elencando loro un lungo elenco di sintomi e probabili cause.
“Alabasta.” sospirò Zoro, ricordando che Pell li aveva avvisati che c’era in giro uno strano virus che colpiva soprattutto gli stranieri. Lo spadaccino ricordava bene come l’amico ne avesse riso, ritenendola un’assurdità. Chopper annuì, fissando prima Zoro e poi Rufy, con il viso arrossato dalla febbre. Sicuramente doveva essersi ammalato ad Alabasta, la sua malattia con l’andare del tempo era peggiorata e quella grossa ferita sul petto gli aveva dato il colpo di grazia.
“Anche noi siamo stati ad Alabasta, perché noi stiamo bene?” chiese Franky, sorpreso.
Chopper scosse la testa, senza riuscire a trovare una risposta.
“Si riprenderà.” esclamò Zoro, sicuro, maledicendosi per non averlo trascinato prima da un medico. Forse se lo avesse fatto, anche contro la sua volontà, Rufy non avrebbe mai rischiato la sua vita. Che ne sarebbe stato di lui senza il suo capitano?
“È molto grave, dobbiamo aspettare.” sospirò Chopper, rassegnato. La medicina aveva fatto quello che poteva, ora toccava a Rufy fare il resto. Solamente la sua voglia di vivere e la sua tenacia potevano salvarlo. Loro non potevano fare altro che stare a guardare come inutili spettatori. Nessuno disse nulla per un bel pezzo, fino a che lo spadaccino propose di portare Rufy nella sua stanza, perché potesse riposare tranquillamente nel suo letto. Chopper non fece nessuna obiezione così Sanji e Franky sollevarono il ragazzo senza fargli male e seguirono Zoro che faceva loro strada verso la cabina che divideva con Rufy, la stessa che un tempo dividevano tutti loro. Entrando nella loro vecchia stanza Usop provò molta nostalgia. Nonostante fossero passati così tanti anni nulla sembrava davvero cambiato, tutto era ancora come prima. Persino i loro letti erano ancora lì, impolverati. Alle pareti, sbiaditi, i loro vecchi avvisi di taglia. C’erano persino quello da trecento milioni di Rufy e quello da centoventi di Zoro, nonostante le loro taglie fossero aumentate parecchio da allora.
Nessuno di loro disse nulla ma tutti provarono sollievo nel lasciare quella stanza, ad esclusione di Zoro che rimase con il suo capitano e di Sanji fermo sulla porta.
“Zoro, prima dicevi che avevi bisogno di Chopper per sapere se la marina è già qua.” ricordò Sanji, fissando lo spadaccino con aria interrogativa.
“Si, certo. Vieni con me.” sospirò lo spadaccino, staccandosi di malavoglia dall’amico malato. Zoro chiuse la porta alle sue spalle, lanciando prima un’occhiata a Robin che fece velocemente comparire un paio di occhi extra sulla parete per controllare Rufy.
Lasciare il suo amico da solo in quelle condizioni lo rendeva nervoso, ma sapeva bene che la marina era vicina e che era suo dovere occuparsene. Dopo tutto, Rufy gli aveva affidato il comando e lui non poteva certo deluderlo.
“Dove andiamo?” chiese la renna, confusa, seguendo lo spadaccino lungo i corridoi.
“Sul ponte..” rispose Zoro, distratto. Si vedeva chiaramente che la sua testa era altrove e che la marina era chiaramente l‘ultimo dei suoi pensieri. Una volta arrivati lì lo spadaccino si guardò intorno, afferrò una grossa pietra e la scagliò con forza in acqua, colpendo in testa un grosso squalo. Il gesto stupì i compagni, facendo dubitare loro della sanità mentale dello spadaccino.
“Zoro, che fai?” chiese Usop, sobbalzando per via del gesto imprudente dell’amico.
“Non provocarli, sono grossi.” mormorò Nami, preoccupata, mentre un grosso gruppo si squali emergeva minaccioso mostrando loro i denti appuntiti.
“So quello che faccio.” rispose Zoro, distratto, aspettando con pazienza che lo squalo che stava cercando emergesse.
“E ora?” chiese Franky, grattandosi la testa, incuriosito dallo strano gesto dell‘amico. Lo spadaccino non rispose, ma si voltò impaziente verso la piccola renna che non aveva ancora capito quale potesse essere il suo ruolo in quella strana faccenda e che stava iniziando a temere il peggio.
“Chopper, che dice?” chiese Zoro, indicando uno squalo più grosso e molto più mansueto degli altri. Sembrava che stesse aspettando qualcuno o qualcosa. Il dottore si chiese se lo spadaccino fosse impazzito, poi alzò le spalle e dedico le sue attenzioni allo squalo.
“Dice che le navi della marina sono a qualche ora da qui, probabilmente non più di due o forse anche meno.” disse Chopper, traducendo le parole dell’animale che scomparve velocemente dopo che la renna ebbe parlato.
“Dannazione.” imprecò Zoro, battendo un pugno sul corrimano.
“Anche se troviamo la vivre card arriveranno lo stesso, dovremo combattere.” mormorò Sanji, accendendosi una sigaretta. Era troppo tardi per tentare qualsiasi mossa, avrebbero comunque dovuto battersi. L’idea di un combattimento contro quell’ufficiale allettava parecchio Sanji, che non vedeva l’ora di prendersi la sua rivincita.
“Dobbiamo anche trovare quel dannato pezzo di carta, oppure ci seguiranno per sempre.” esclamò Zoro, preoccupato. Sconfiggere la marina non era certo un problema, in fondo non doveva esserci nessun ammiraglio con loro. Probabilmente le alte sfere della marina non erano al corrente di quell’operazione. Quello che preoccupava lo spadaccino era che, se non avessero trovato e distrutto la vivre card della marina, sarebbero sempre stati rintracciabili e chiunque avrebbe potuto trovarli, ammiragli, contrammiragli e membri della flotta dei sette compresi. Questo si che poteva costituire un problema serio.
“Non c’è tempo, la nave è troppo grande.” si lamentò Usop. Prima che tornasse Zoro avevano iniziato le ricerche, ma non erano arrivati a nulla. La nave era troppo grande e i posti in cui quel microscopico pezzo di carta poteva essere nascosto erano potenzialmente infiniti. Ci sarebbero volute settimane, forse mesi prima di riuscire a perlustrare ogni angolo nascosto della Sunny persino con l‘aiuto di Franky che conosceva la nave meglio di chiunque altro.
“Non è sulla nave.” disse Zoro, sicuro. I compagni si voltarono verso di lui, stupiti.
“Hai una palla di vetro?” chiese Sanji, ironico.
“Cosa?” chiese Robin, stupita dalla decisione dello spadaccino.
“La nave era ancorata al largo, nessuno sarebbe mai riuscito a salirci.” spiegò Zoro, riflettendo, senza badare alle parole del cuoco. La tentazione di discutere con lui, e magari arrivare alle mani, era forte ma doveva trattenersi. C’erano cose più importanti da fare, almeno per il momento. Lo avrebbe massacrato di botte in un secondo tempo.
“Vuoi dire che è addosso a qualcuno di noi?” chiese Nami, stupita, riflettendo sulle parole di Zoro.  Lo spadaccino annuì, deciso.
“Sicuramente.” esclamò Franky, sospirando.
“Ma allora la signorina a bordo della nave?” chiese Brook, confuso, indicando la ragazza ancora legata. Che diamine era venuta a farci lei sulla nave, rischiando di essere facilmente battuta da tutti loro, se la vivre card era addosso a loro.
“Voleva depistarci.” sospirò Nami. La ragazza contava sul fatto che loro non si fidassero più di Rufy e che lui non si fidasse di loro per ingannarli e farli combattere li uni contro gli altri. Il fatto che Rufy si fidasse ancora di loro, e che probabilmente non aveva mai smesso di farlo, aveva sconvolto tutti i suoi piani. I ragazzi, eccetto Chopper che era corso a controllare le condizioni di Rufy, continuarono a parlare, cercando di ricordare in quale occasione qualcuno della marina avesse potuto mettere loro le mani addosso.
“L’ho trovata.” esclamò Chopper, correndo loro incontro con in mano un piccolo pezzo di carta. Dopo essersi accertato che Rufy stesse bene si era recato nella stanza in cui si era preso cura di lui per prendere i suoi strumenti ed aveva notato che il suo zaino era in disordine. Aveva quindi tolto tutto per rimettere ogni cosa al suo posto ed era saltato fuori quel piccolo pezzo di carta che stava causando loro così tanti problemi.
“Dove era?” chiese Usop, curioso, osservando con attenzione il foglietto spiegazzato.
“Nella mia sacca dei medicinali.” spiegò il dottore, porgendo la vivre card a Zoro. Lo spadaccino la studiò con attenzione e concluse che era sicuramente lei.
“Sbarazziamoce.” esclamò Sanji, Zoro annuì e si ripromise di farla distruggere ad Ace con il fuoco più tardi.
“Che ne facciamo della spia?” chiese Robin, indicando la ragazza bionda ancora legata che aveva preso ad agitarsi. I pirati avevano trovato la vivre card, ed il piano della marina stava fallendo. Lo spadaccino in risposta alzò le spalle, avvicinandosi alla ragazza e prendendola in braccio. La biondina lo guardò per un po’, stranita da quel gesto, per poi passare ad avere un’espressione decisamente terrorizzata non appena le intenzioni di Zoro apparvero chiare.
“Che fai, Zoro.” esclamò Brook, stupito, mentre Zoro si avvicinava tranquillamente al parapetto della nave e buttava oltre la ragazza.
“La butto in acqua, ci penserà lo squalo a portarla dai suoi amici.” spiegò Zoro placido, quasi fosse la cosa più normale del mondo.
“E se qualcosa andasse storto?” chiese Sanji, stupito dalla poca sensibilità di quello spadaccino da quattro soldi. Nonostante fosse una spia della marina quella restava pur sempre una bella ragazza e lui non poteva permettere che le venisse fatto alcun male.
“Non è un mio problema.” rispose Zoro, alzando le spalle. A quelle parole il cuoco cominciò ad arrabbiarsi sul serio e i due finirono con il lanciarsi in una lunga discussione, che sfociò presto in una sorta di combattimento che proseguì fino a che non tornò Ace.
“Che carini che siete tutti insieme.” esclamò Ace, sorridendo, avvicinandosi al gruppetto di ragazzi che stava cercando inutilmente di dividere i due contendenti.
“Ehi, Ace.” salutò Zoro, tenendo gli occhi bassi. Non sapeva da che parte iniziare per dirgli che il suo fratellino stava molto male e che c’era il rischio che non ce la facesse.
“Meno male, eravamo preoccupati.”sospirò Nami, correndo incontro al ragazzo con le lentiggini e saltandogli al collo. Ace sembrò stupito da quel gesto, ma non disse nulla.
“Ma no, diciamo che l’ho presa un po’ alla larga.” spiegò Ace, grattandosi la testa imbarazzato.
“Si è perso.” sospirò Zoro, alzando gli occhi al cielo. Rufy non faceva che ripetere che quanto ad orientamento Ace faceva concorrenza a Zoro e che se i due fossero andati in giro da soli nessuno sarebbe più stato in grado di ritrovarli, nemmeno la marina. Zoro a quel punto ribatteva che quel pericolo non esisteva perché quei dannati marine riuscivano sempre a trovarli alla fine e la discussione terminava tra le risate.
“Sei l’ultima persona che può parlare, Zoro.” lo rimproverò Nami, severa.
“Per la cronaca, la marina è qui.” annunciò Ace, rivolto principalmente allo spadaccino.
“Brutta notizia, ma non la peggiore.” commentò Zoro, tetro. A quelle parole Ace iniziò a preoccuparsi. Se Zoro era così serio e Rufy non era in circolazione poteva solo significare che il suo fratellino si era cacciato nell’ennesimo guaio.
“Che altro è successo. Dove è Rufy?” chiese Ace, guardandosi intorno frenetico e cominciando a temere il peggio. Nessuno parlava, nemmeno tra i ragazzi e questo non faceva che aumentare la sua ansia.
“Rufy si è preso una brutta infezione ad Alabasta, è messo male.” spiegò Zoro, tenendo la testa bassa. Sapeva che Ace non l’avrebbe presa bene ed infatti la reazione dell’altro non tardò ad arrivare.
“Scherzi, vero?” chiese Ace, facendosi di colpo più pallido e smettendo di prestare attenzione a chiunque non fosse Zoro. Improvvisamente il fatto che la marina stesse per attaccare non era più importante, ciò che contava erano le condizioni di Rufy.
“Credi davvero che scherzeremmo su una cosa del genere?” chiese Usop, incredulo.
“Vado da lui.” esclamò Ace, seguendo Zoro fino alla stanza in cui Rufy riposava, seguito dagli altri ragazzi. Ace spinse piano la porta, spaventato all’idea di quello che avrebbe potuto trovare all’interno. Se Zoro era così preoccupato doveva trattarsi di qualcosa di davvero serio e non solo di un banale raffreddore. Una volta entrato nella stanza Ace si trovò di fronte uno spettacolo che si era augurato di non vedere mai: suo fratello era pallido ed inerme in un letto che si lamentava e delirava a bassa voce per la febbre. Nonostante tutto il trambusto che avevano fatto non aveva mai aperto gli occhi o dato cenno di avere ripreso i sensi. Ace rimase a guardarlo, immobile, fino a che non si accorse che non riusciva a vedere più nulla per via delle lacrime che gli offuscavano la vista e ricadevano copiose sulle sue guance e sulla coperta di Rufy. Il ragazzo con le lentiggini si avvicinò un po’ al letto del fratello, prese la sua mano tra le sue e si stupì di trovarla calda quasi quanto la sua. Il corpo di Rufy sembrava letteralmente andare a fuoco per via della febbre e delle ferite subite.
“Ehi, Ace.. Zoro.. La marina ci sta per attaccare, ricordate?” ricordò Franky, spiacente di dover interrompere quel momento. Proteggere la nave era importante anche per Rufy, per evitare che la marina gli facesse del male. Sicuramente in quelle condizioni sarebbe stato davvero semplice per loro catturarlo, era loro dovere difenderlo.
“Lascia che vengano qui, gli daremo una bella lezione.” esclamò Sanji, deciso ad avere la sua vendetta. Quel dannato ufficiale si era preso gioco di lui, aveva portato via le ragazze ed aveva ferito il suo capitano. Meritava di morire e voleva essere lui l’ultima immagine che avrebbe visto mentre scongiurava per avere salva la vita.
“Siete matti? Dobbiamo scappare!” mormorò Usop, deciso. Restare lì dopo che avevano scoperto che la marina stava arrivando era da idioti. Mettersi al sicuro attraverso i cunicoli di roccia sarebbe stato molto meglio, anche a costo di abbandonare la nave.
“Il matto sei tu. I codardi scappano, i pirati combattono.” ribatté Sanji, lanciando la sua sigaretta lontano.
“Pirati?” chiese Zoro, alzando la testa, stupito dalle parole del cuoco. Anche Ace abbozzò un sorriso, soddisfatto di non avere sbagliato nel giudicare quei ragazzi.
“Siamo i pirati di Cappello di Paglia, ricordi?” disse Sanji in tono di sfida.
“Decisi i ragazzi. Lui che ne pensa?” chiese Ace ridendo, rivolto a Zoro.
“Non è un problema mio.” rispose lo spadaccino, alzando le spalle.
Il ragazzo con le lentiggini sorrise, senza dire altro e tornò a pensare alla marina.
“Ace, devi distruggere la vivre card della marina.” esclamò Nami, ricordandosi improvvisamente del pezzo di carta che aveva trovato Chopper.
“Ci penso io, lasciate fare a me.” disse il ragazzo con le lentiggini, ed in pochi istanti la vivre card scomparve tra le fiamme. Quasi immediatamente dei colpi di cannone annunciarono l’arrivo della marina. Zoro ed Ace si guardarono, stranamente calmi.
“Direi che il mio fratellino non può combattere.” iniziò Ace, sorridendo. Il fatto che fosse svenuto era sicuramente un bene in quella situazione, se fosse stato sveglio infatti avrebbe insistito per combattere nonostante le sue condizioni di salute e nessuno di loro avrebbe potuto far desistere quella testa matta. Ace si voltò verso Zoro, e gli altri ragazzi non poterono fare a meno di notare che l’espressione del ragazzo non prometteva decisamente nulla di buono. Era più che mai determinato a dare a quegli stupidi marine la lezione che meritavano, anche senza l’aiuto di Rufy.
“È escluso.” esclamò Chopper, categorico.
“Beh, possiamo cavarcela anche da soli.” mormorò Zoro, controllando che tutte e tre le sue spade fossero in perfette condizioni per l’imminente battaglia. I ragazzi si guardarono tra loro, smarriti, senza sapere bene cosa fare.
“Sanji, Chopper vi affido Rufy. Franky, Usop, a voi invece lascio in custodia la nave.” disse Zoro, guardando prima Chopper e Sanji, e poi Franky e Usop. La piccola renna era un dottore formidabile, l’unico che poteva curare Rufy. Sanji invece era uno dei migliori combattenti che aveva conosciuto e non avrebbe permesso a nessuno della marina di avvicinarsi al suo capitano. Franky ed Usop, invece, erano talmente attaccati alla nave da non lasciare che anima viva la rovinasse.
“E noi?” chiese Nami, confusa e allo stesso arrabbiata all’idea che lo spadaccino si fosse dimenticato di lei. Zoro la fissò a lungo, senza dire nulla. Non voleva mettere in pericolo la sua vita, non dopo tutta la fatica che Rufy aveva fatto per salvarla.
“Non se ne parla, ti diamo una mano.” sbottò Sanji, infastidito. Lo spadaccino era definitivamente ammattito se credeva che se ne sarebbe stato lì buono mentre la marina provava a far loro la pelle. Non avrebbe mai permesso che quella stupida testa d’alga facesse l’eroe da solo.
“Fidatevi, è meglio se rimanete qui.” li ammonì Ace, preoccupato. Gli ufficiali che li stavano per attaccare non erano particolarmente forti ma erano subdoli, cattivi e sleali.
“Facciamo in un attimo.” cercò di rassicurarli Zoro, preoccupato per la loro incolumità. Conosceva abbastanza Rufy per sapere che se lui avesse permesso che partecipassero all’attacco e che si facessero male combattendo mentre lui era privo di sensi e non poteva difenderli, poi avrebbe fatto il diavolo a quattro.
“Tu ci hai salvato la vita sull’isola della marina. Il minimo che possiamo fare per ringraziarti è combattere insieme a te.” disse Franky, deciso a non rimanere con le mani in mano. Sanji alle sue spalle annuì, deciso.
“Non vi ho salvati per farvi ammazzare da quei babbei con la divisa.” sbottò Zoro, furente. Quegli idioti proprio non volevano capire, erano ingenui se pensavano che sarebbe stata una passeggiata. Non ci sarebbe stato il capitano a proteggere loro le spalle questa volta. Dovevano fare tutto da soli, ed era incredibilmente pericoloso.
“Ma sono troppi, e voi siete solo due.” protestò Robin, preoccupata per lo spadaccino e per Ace. I due ragazzi erano senza dubbio forti, ma i marine erano sicuramente molti più di loro. Inoltre con loro questa volta non ci sarebbe stato Rufy.
“E va bene, Sanji e Franky verranno con noi. Ma gli altri rimangono qui.” concesse Zoro alla fine per mettere fine a quella discussione. Conosceva bene la testardaggine nel cuoco e sapeva anche che non si sarebbe arreso e che li avrebbe seguiti lo stesso.
“Ma..” provò a protestare Brook, subito interrotto da un’occhiataccia di Zoro.
“Niente ma. Rufy sta male, qualcuno deve restare con lui. Pensate a quelli che cercheranno di attaccare la nave.” dichiarò Ace, deciso. Quelle parole parvero convincere i ragazzi, che decisero di rimanere al capezzale del capitano.
“Va bene, ma state attenti.” si raccomandò Nami mentre i ragazzi si allontanavano.
Ace e Zoro guidarono Sanji e Franky lungo una stretta galleria che conduceva alla stanza adiacente. I due ragazzi erano preoccupati circa il poco senso dell’orientamento dei primi, ma cercarono di non fare commenti cattivi.
“Non facevamo prima ad aprire la parete di roccia?” aveva chiesto Sanji, stupido. Facendo quel giro assurdo avevano allungato incredibilmente la strada, perdendo tempo prezioso. La marina aveva avuto tutto il tempo di preparare l’attacco in ogni dettaglio.
“È quello che si aspettano, in questo modo li cogliamo di sorpresa.” spiegò Franky.
“Sarà..” sbuffò Sanji, poco convinto.
“A bordo della nave c’è Rufy ferito gravemente e gli altri, sono troppo deboli per difendersi da soli. Se apriamo la parete di roccia esporremo la nave e loro potrebbero essere colpiti.” aggiunse Ace, guardandosi intorno per trovare la strada.
Sanji non rispose, ma si diede dell’idiota per non averci pensato da solo.
“Muoviti pinguino.” lo richiamò Zoro.
“Non prendo ordini da te, testa d’alga.” replicò Sanji, furente, preparandosi a colpire lo spadaccino.
“Sta zitto una buona volta.” insistette Zoro, schivando un calcio del cuoco e cercando a sua volta di colpirlo con il fodero di una delle sue katane.
“Vi sembra un buon momento per litigare?” chiese Franky scuotendo la testa, stupito dall’idiozia dei due ragazzi.
“Lasciali fare, sono divertenti in fondo.” commentò Ace, ridendo.
“Se lo dici tu.” commentò il cyborg, colpito dalla calma del ragazzo con le lentiggini.
I ragazzi continuarono a camminare finché non giunsero ad un bivio.
“E ora?” chiese Sanji, guardandosi intorno frenetico. Di fronte a loro si snodavano due strade e lui aveva il brutto presentimento che né Zoro né Ace sapessero quale fosse quella giusta che li avrebbe portati dalla marina.
“Ci dividiamo. Io e Franky andiamo a destra, tu e Zoro a sinistra.” rispose Ace.
“Io con questo babbeo?” protestò Sanji, lasciando cadere la sigaretta che teneva in bocca per lo stupore.
“Dispiace più a me, te lo assicuro.” replicò Zoro, tetro.
“Continuate a litigare dopo, ora datemi retta.” disse Ace, ridendo. Era certo che quelle inutili discussioni con il cuoco a Zoro erano mancate moltissimo, e lo stesso sembrava valere per Sanji.
“Ho capito Ace, noi li attacchiamo da sinistra, voi da destra e Jimbei arriva alle spalle con i suoi uomini pesce.” sbuffò Zoro, leggendo nella mente dell’amico.
“Esatto.” confermò Ace, sorridendo. Normalmente se qualcuno si fosse azzardato ad interromperlo in quel modo come minimo avrebbe sperimentato in prima persona il suo celebre pugno di fuoco, tuttavia, quello che aveva di fronte era Zoro e non certo uno spadaccino qualunque.
“Uomini pesce?” chiese Franky, guardando curioso i due ragazzi.
“Si, erano loro che sorvegliavano la marina.” spiegò Zoro.
“Ingegnoso.” esclamò Sanji, sorpreso.
“Lo so.” rispose Zoro, sorridendo in modo sfrontato.
“Perché ci danno una mano?” chiese Franky, confuso. Dopo tutto la marina non aveva fatto nulla a loro, perché attaccarla solo per fare un favore a dei pirati.
“Jimbei è un vecchio amico, ci ha salvato la pelle parecchie volte ed è sempre disponibile a muovere le mani contro la marina.” spiegò Zoro, sorridendo.
“Faceva parte della flotta dei sette se non sbaglio..” mormorò Sanji, pensieroso.
“Beh, si.. È stato tanto tempo fa. L’ha lasciata da un pezzo.” disse Ace, alzando le spalle. Sanji e Franky avrebbero voluto fare altre domande, ma un gesto spazientito di Zoro fece capire loro che non c’era tempo. Si divisero in due gruppi, come deciso, ognuno imboccò una strada e presto si ritrovarono come avevano previsto ai due lati della grotta in cui erano arrivati poche ore prima. Al centro c’era un grosso galeone della marina, circondato da molti uomini. In prima fila, tronfi e pieni di sé, c’erano i due ufficiali gemelli con lo stesso ghigno malvagio dipinto sul volto.
“Chi si rivede.. Che c’è? Troppo codardi per uscire allo scoperto?” chiese il primo ufficiale non appena di accorse della presenza dei quattro ragazzi.
“Proprio tu parli di coraggio, brutto idiota.” urlò Sanji, furente, correndogli incontro.
“Ehi, che sorpresa.. Il biondino.” esclamò l’ufficiale, sorpreso.
“Sta calmo, Sanji. Lascialo a me.” disse Ace, cercando di fermare il biondo.
“Neanche per sogno, Ace. Ho un conto aperto con questo babbeo. Tu se vuoi prenditi il gemello.” rispose Sanji tra i denti.
“No, quello se non ti spiace è mio.” replicò Zoro, deciso. Ace sospirò e si arrese, anche quella volta avrebbe dovuto accontentarsi degli scarti degli amici.
“L’ultima volta mi hai battuto..” iniziò il gemello dell‘ufficiale, rosso in viso.
“Non ti scaldare, farai la stessa fine.” rispose Zoro, placido, prima di partire all’attacco.
Il fendente di Zoro colpì l’ufficiale al petto, causandogli una ferita piuttosto grave che prese a sanguinare abbondantemente. Alle sue spalle, Sanji non aveva ancora cominciato a combattere e si limitava a studiare il suo avversario con attenzione.
“Questi due si sono presi i tizi gemelli, credo che a noi tocchino gli altri. Che dici, facciamo a gara a chi ne abbatte di più?” propose Franky, divertito. Dopo tutto le cose si stavano mettendo bene per loro. I due tizi più forti se la stavano vedendo con Sanji e con Zoro, ed avevano entrambi poche possibilità di scamparla. Quanto agli altri marine che erano con loro, certo, erano tanti ma sicuramente non forti. Tanto valeva divertirsi un po’ nell’attesa della disfatta della marina.
“Ci sto.” rispose Ace, divertito. Una bella sfida era decisamente quello di cui aveva bisogno per movimentare la giornata.
“Posso giocare anche io?” mormorò una voce roca che il cyborg non riuscì a riconoscere ma che intuì dovesse essere il famoso Jimbei. Ace e Zoro salutarono l’amico, che ricambiò con un sorriso prima di voltarsi verso i suoi avversari, furente.
“Tu sei Jimbei, il cavaliere del mare. Che ci fai qui?” domandò sorpreso uno dei marine che stava di fronte a loro con la spada sguainata. Nonostante il Re dei Pirati non prendesse parte a quella lotta la situazione per loro non si stava mettendo bene.
“Beh, per ammazzarvi di botte su quella strana isola che non è segnata da nessuna parte sono arrivato tardi, ma posso sempre rimediare ora..” rispose Jimbei, sorprendentemente calmo. Alla vista della sua considerevole mole le reclute più giovani iniziarono a tremare ad a indietreggiare spaventate.
“Amico, la penso esattamente come te.” concordò Ace, partendo all’attacco seguito da Franky. Nel giro di un ora il campo di battaglia aveva un aspetto a dir poco surreale. I corpi dei marine svenuti erano ammonticchiati e un grosso uomo pesce stava esultando per la sua vittoria sui due compagni di lotta.
“Ho vinto, sono io il cavaliere dei mari.” esultò Jimbei, esaltato per avere colpito più marine di Ace e Franky. Il primo sorrideva, il secondo invece appariva decisamente scocciato ed infastidito.
“Non è giusto, tu non sei un umano.” protestò Franky, incrociando le braccia.
“Beh, a guardare bene nemmeno tu. Dovrei essere io a lamentarmi!” esclamò Ace, prima di scoppiare a ridere. Nel frattempo, i combattimenti con i due ufficiali andavano avanti. I due marine ormai avevano il fiato corto mentre Sanji e Zoro apparivano tranquilli e perfettamente a loro agio, quasi si stessero divertendo.
“Sembra che i vostri tirapiedi vi abbiamo abbandonato..” mormorò Zoro, ironico, lanciando un’occhiata veloce al campo di battaglia dove non c’era nessuna recluta ancora in piedi. Ace, Franky e Jimbei avevano fatto un lavoro con i fiocchi, adesso toccava a lui e a Sanji dare una lezione agli ultimi due.
“Voi, me la pagherete!” ringhiò l’ufficiale, lo stesso che aveva affrontato Zoro sull’isola della marina. A quelle parole Zoro scoppiò a ridere.
“Ti sbagli, sarete voi a pagarla a noi.” commentò Franky, appoggiandosi ad una parete per riprendere fiato. Quei due ufficiali erano praticamente spacciati.
“Questa volta non colpirò per stordire, ma per ferirti sul serio. I medici della marina dovranno fare del loro meglio per rimettere insieme i pezzi.” disse Zoro, sorprendentemente calmo.
“Credi di spaventarmi?” chiese il marine, sprezzante del pericolo che stava correndo.
“Dovresti tremare.” rispose Zoro, prima di lanciarsi all’attacco con tutta la sua furia.
Il colpo partì con una precisione millimetrica colpendo il pieno l’uomo e lanciandolo lontano, definitivamente sconfitto.
“E tu, dimmi.. Vuoi fare tutte queste scene come il tuo amico?” chiese il secondo ufficiale a Sanji, lo stesso che li aveva imprigionati e che si era preso gioco di loro quando erano chiusi in cella. Il cuoco lanciò un’occhiata al marine, prima di parlare.
“Sai, è un po’ che non lo frequento ma da quello che mi ricordo non parla mai per niente. Mi dispiace per tuo fratello ma credo sia spacciato.” rispose Sanji, lanciando lontano la sua sigaretta ormai finita. Pochi istanti dopo una caduta rovinosa annunciava la definitiva sconfitta del primo ufficiale per merito di Zoro.
“Brutto pirata, sei sfrontato. Ora ci penso io a farti passare la voglia di provocare.” urlò l’ufficiale, accecato dalla rabbia per la sconfitta del suo gemello.
“Non fare così, consolati. Presto raggiungerai anche tu il tuo adorato fratellino.” disse Sanji, prima di sferrare un grosso calcio che gettò anche il secondo ufficiale nel mondo dei sogni.
La marina era finalmente battuta ed il ricatto era finito. Tutti loro erano finalmente liberi..

angolo dell'autrice:

innanzitutto, vi lascio il link di un posto fantastico. se vi piace one piece non potete non andarci!
http://onepiecepirati.forumfree.it/
per seconda cosa, sto per partire per le vacanze quindi credo che il prossimo capitolo lo posterò a settembre. lo so che la cosa non vi farà piacere ma vedetela in positivo, almeno non lascio la storia a metà in un punto con troppa suspence!
infine, una chicca: alla fine della storia mancano quattro capitoli..

ladysaika: grazie milleee!
sono felice che ti piace il rapporto che lega zoro e rufy perchè è quello a cui ho fatto più attenzione e che ho curato di più. sono praticamente due fratelli!
la biondina alla fine non muore, fa solo il bagnetto!

neko: grazie milleee!
tranquilla, ace sta bene.. si era solo perso. ok che in alcune storie sono sadica, ma non posso mica far stare male tutti sennò poi chi combatte?
bella l'idea dell'aspirapolvere, ma ci sono nel mondo di one piece? non mi sembra di averne mai viste!
per quanto riguarda la possibile morte di rufy e lo sviluppo della storia non posso dirti nulla, se non che nel forum che ho linkato ho pubblicato la storia e scritto i titoli dei prossimi capitoli.
se sei tanto curiosa, prova a farci un salto. ;D

brando: grazie milleee!
eh si, adesso la situazione è paradossale. sono tutti sulla nave, ma rufy sta male. tutti hanno ripreso a considerarlo il proprio capitano, ma nessuno ci ha ancora parlato.
sarà divertente quando si sveglia.. se si sveglia! :D

saisai_girl: grazie milleee!
hai indovinato, zoro è come se fosse un altro fratello per rufy.
dopo tutto, hanno passato gli ultimi sette anni insieme a prendersi cura l'uno dell'altro mentre affrontavano la marina, gli ammiragli e la flotta dei sette.

monkey_d_mary: grazie milleee!
sono felice di avere una fan così accanita ma mi spiace costrinegerti ad interrompere le tue vacanze e le tue giornate di mare per commentare! sei un tesoro!

spidi988: grazie duemilaaa!!!
che tenera che sei, ma tra quattro capitoli cosa fai?


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Capitolo 17
*** finalmente un po' di pace ***


CAPITOLO 15
FINALMENTE UN PO’ DI PACE

Dopo che la marina era stata sconfitta Zoro si concesse di tirare un sospiro di sollievo e di rilassarsi, seppure per qualche istante solamente; finalmente l’incubo era finito. Quasi subito però il pensiero del suo capitano, ferito e malmesso, lo riscosse e lo riportò alla realtà. Sanji lo fissava, silenzioso e nervoso. Non ci voleva certo un genio per capire che il cuoco era in pensiero per quella testa vuota di Rufy. Anche Ace era preoccupato, nonostante cercasse di nasconderlo scherzando con Franky e con Jimbei che erano immersi in una conversazione decisamente surreale per cercare di decidere chi dei due fosse più umano.
“Tutto bene, cuoco?” chiese Zoro, avvicinandosi al compagno che stava riprendendo fiato. Sanji alzò la testa, sorpreso da quella domanda. O meglio, sorpreso che lo spadaccino per una volta si fosse rivolto a lui senza insulti o provocazioni come era suo solito fare. Il loro rapporto da sempre era stato caratterizzato da una sana competizione che li aveva sempre portati a migliorarsi per superare l’altro. Litigavano, certo, combattevano tra loro e si insultavano ma in fondo si volevano un gran bene ed erano anche pronti ad aiutarsi in caso di reale bisogno. Il cuoco fissò a lungo lo spadaccino, e per qualche istante valutò l’ipotesi di iniziare lui l’ennesima lite, ma poi accantonò quasi subito l’idea. Anche lui in fondo era troppo stanco, a differenza di Franky e di Jimbei. Inoltre una parte di lui era felice di aver rivisto Zoro, anche se non lo avrebbe mai ammesso con il diretto interessato.
“Si, credo di si.” Rispose Sanji, accendendosi una sigaretta. Sul volto di Zoro si disegnò un sorrisetto strano, ma lui non disse nulla. Si trattava di uno di quei sorrisi enigmatici che possono voler dire tutto e niente per i quali lo spadaccino era famoso.
“Mi hai sorpreso, sai?” Aggiunse il cuoco, gli occhi fissi sulla sigaretta che si rigirava tra le dita. Zoro fissò per un po’ il compagno, poi si sciolse in un sorriso vero.
“Anche tu, ma in fondo sei sempre il solito idiota.” mormorò lo spadaccino a bassa voce. Combattere a fianco del cuoco gli aveva ricordato le loro prime battaglie, quando erano ancora dei principianti orgogliosi che sfidavano il mondo per guadagnarsi il rispetto degli altri. Nonostante non se lo fossero mai detti entrambi erano perfettamente a conoscenza della stima che ognuno riponeva nell’altro. Zoro avrebbe affidato tranquillamente la sua vita a Sanji, esattamente come avrebbe fatto con Rufy, con Ace o con Jimbei e con chiunque altro dei suoi compagni.
“È un male?” chiese Sanji, tranquillo e decisamente meno nervoso rispetto a poco prima. La sconfitta della marina aveva decisamente migliorato la situazione, ora restava solo da sperare che Rufy si riprendesse in fretta.
“In fondo no, bentornato.” rispose Zoro, voltando lo sguardo verso Ace che li aveva appena raggiunti.Il ragazzo con le lentiggini non aveva sentito l’intera conversazione tra i due ma erano bastate le ultime parole a rallegrarlo.
“Credo che Jimbei abbia trovato un amico.” Commentò Ace sorridendo, strappando una risata sia a Zoro che a Sanji. Poco lontano da loro, i due interessati erano ad un passo dall’azzuffarsi; solo un miracolo avrebbe potuto riportare la pace. I ragazzi rimasero per un po’ ad osservare la scena da lontano, ben decisi a non intervenire.
“Rufy..” ricordò Zoro dopo qualche istante, un‘espressione seria dipinta sul volto. Quasi fosse una parola magica, Jimbei smise di discutere con Franky e si voltò verso il trio, preoccupato.
“Ehi, Zoro.. Che fine ha fatto il mio amico Rufy? Non è certo da lui saltare una battaglia contro la marina.” Chiese Jimbei, guardandosi attorno alla ricerca del ragazzo di gomma. All’inizio non ci aveva fatto caso, ma solo ora si rendeva conto veramente della sua assenza. Tutti quanti, compreso Franky, evitarono il suo sguardo. Il ricordo di Rufy steso a letto, pallido ed inerme era ancora troppo vicino a loro.
“Non ti piacerà..” mormorò Ace, preoccupato per la reazione dell’uomo pesce. Sia lui che Zoro sapevano bene che quando si parlava di Rufy Jimbei finiva per dare i numeri.Certo, per Rufy era normale farsi volere bene da tutti quelli che aveva intorno ma con Jimbei era qualcosa di più profondo. L’uomo pesce lo aveva preso sotto la sua ala protettrice e lo considerava alla stregua di un cucciolo indifeso da proteggere anche se di indifeso Rufy non aveva proprio nulla.
“È ferito.” spiegò Sanji, aspirando l’ultimo tiro prima di lanciare lontano la sigaretta. Non conosceva Jimbei ma le espressioni di Zoro e di Ace lasciavano trasparire abbastanza chiaramente la paura che l’uomo pesce di lasciasse andare in una scenata.
“Lo hanno ferito quei sudici marine? Come è successo?” chiese Jimbei, frenetico e furioso. Il suo volto diventò paonazzo per la rabbia ed i suoi pugni lividi tanto che erano stretti.
“Niente del genere, stava già male da Alabasta.” spiegò Zoro, telegrafico.
“Ed ha combattuto lo stesso?” chiese ancora Jimbei, incredulo. Conosceva la pazzia e la testa dura del ragazzo di gomma, ma non credeva potesse arrivare a tanto.
“Stiamo parlando di Rufy.” sospirò Ace, rassegnato.
“Che idiota.” sbuffò Jimbei, preoccupato per il ragazzo. La sua incoscienza sarebbe stata la sua rovina, glielo aveva detto tante volte ma Rufy non voleva saperne di dargli retta. Nonostante tutto continuava a fare di testa sua e a procurarsi ferite anche gravi.
“Mai stato più d’accordo.” concordò Ace. Per quando adorasse suo fratello sapeva bene che a volte era un vero incosciente, specie quando si trattava di rischiare la sua vita per salvare quella di qualcuno a cui teneva. Non si contavano le volte che si era ridotto in fin di vita per proteggere Zoro da qualche attacco a sorpresa. Ace, d’altra parte non poteva certo rimproverarlo per questo suo modo di fare. Dopo tutto il ragazzo con le lentiggini si sarebbe comportato allo stesso modo se in gioco ci fosse stata la vita del suo adorato fratellino.
“Torniamo alla nave, vieni con noi?” chiese Zoro, fissando attentamente il grosso uomo pesce, ancora immerso nei suoi pensieri. La domanda era solamente una formalità dato che Zoro conosceva bene quale sarebbe stata la risposta dell’uomo pesce.
“No, credo che sia meglio che torni in superficie a sorvegliare quei babbei. Tornate alla nave ed andatevene da qui, ci penso io a creare un diversivo.” rispose Jimbei, pensieroso. Zoro annuì, ed accarezzò le sue spade.
“Farai davvero questo per noi?” chiese Franky, stupito dall’altruismo dimostrato da quel grosso bestione megalomane.
“Non per voi, per Rufy. Ed anche per Ace e Zoro, ovvio, ma non certo per una brutta copia di umano come te.” precisò Jimbei, sapendo bene che le sue parole avrebbero avuto il potere di provocare il cyborg.
“Come ti permetti, brutto pesce venuto male..” ringhiò Franky, per nulla disposto a diventare lo zimbello dei presenti. In risposta Jimbei scoppiò a ridere, divertito. Quel Franky era decisamente un tipo in gamba, era divertente discutere con lui.
“Calmo Franky, non è il caso di litigare ora.” cercò di calmarlo Sanji, mentre si sforzava di trattenerlo per impedirgli di arrivare alle mani con Jimbei.
“Da retta al biondino, sgorbio tecnologico.” aggiunse l’uomo pesce, divertito.
“Dovrei stare buono a farmi insultare?” ringhiò ancora Franky, perdendo del tutto la sua già poca pazienza.
“Vedete di piantarla tutti e due, va bene?” sbuffò Zoro, infastidito da tutte quelle urla. Alle parole dello spadaccino sia il cyborg che l’uomo pesce smisero di discutere e presero a ignorarsi, o almeno a provare a farlo con pessimi risultati.
“Andiamo Ace.” aggiunse Zoro, incamminandosi per tornare verso la nave.
“Jimbei, grazie di tutto.” ringraziò Ace, sorridendo.
“È stato un piacere muovere un po’ le mani, prendetevi cura di quella testa vuota e fatemi sapere come sta.” rispose Jimbei, inclinando la testa di lato.
“Puoi contarci.” promise Zoro prima di sparire del tutto dalla vista del grosso uomo pesce, seguito a breve distanza da Sanji, Ace e Franky. Non ci volle molto per tornare alla nave, nonostante il pessimo senso dell‘orientamento di Zoro rischiò di farli perdere più di una volta.
Una volta a bordo i quattro scoprirono che nulla era cambiato se non l’agitazione e la preoccupazione dei compagni che era cresciuta in modo esponenziale e che stava per raggiungere livelli a dir poco pericolosi. Le condizioni di Rufy, invece, erano rimaste pressoché le stesse, ma Chopper aveva cominciato ad essere ottimista. La renna si era convinta che la febbre stesse scendendo e che presto il capitano si sarebbe ripreso e avrebbe ripreso a comportarsi come suo solito. Bastò quella flebile speranza, unita alla notizia che la marina non costituiva più un problema, a risollevare il morale dei compagni. Franky e Usop proposero anche di organizzare una festa ma vennero quasi fulminati dalle occhiate minacciose di Chopper, Nami e Zoro. Alla fine il gruppo raggiunse un compromesso: una piccola festa, con i superbi manicaretti di Sanji ed un po’ di musica, ma senza esagerare per non essere di troppo disturbo a Rufy. Il ragazzo, nonostante il baccano rimase profondamente addormentato. Usop provò anche a sventolargli un grosso cosciotto di carne sotto al naso ma non ci fu nessuna reazione. Ci volle quasi una settimana prima che Rufy aprisse gli occhi, sussultando appena alla vista di Chopper. Il ragazzo aveva ricordi sfuocati di quello che era successo poco prima che svenisse, ma decisamente non si aspettava che la piccola renna si prendesse cura di lui. Credeva che alla fine l’odio ed il risentimento avrebbero prevalso. Chopper da parte sua era decisamente imbarazzato. Si trovava di fronte il suo vecchio capitano dopo sette anni e dopo aver scoperto che lui non li aveva mai abbandonati sul serio. Nonostante l’odio che loro provavano per lui, aveva lo stesso combattuto per salvarli fino quasi a lasciarci le penne. La piccola renna rimase in silenzio e prese a cambiare le bende al capitano cercando di evitare il suo sguardo. In seguito, però, imparò a sue spese che tenere a bada il Re dei Pirati era tutto tranne che semplice, specialmente quando questi si voleva alzare dal letto contro il parere del suo medico.
Dopo tre giorni dal suo risveglio e dopo dieci giorni dal combattimento di Sanji e Zoro contro i due ufficiali, Rufy si era quasi del tutto ripreso nonostante Chopper insistesse perché si riposasse e stesse a letto. Rufy aveva protestato rumorosamente, ma aveva finito con il dare retta al dottore a condizione però che Ace gli facesse spesso compagnia. Nei quattro giorni che avevano seguito il suo risveglio Rufy infatti non aveva ricevuto molte visite e non aveva ancora avuto occasione per parlare con i suoi compagni a causa dell’isolamento forzato a cui lo costringeva la piccola renna. Era anche vero che nessuno dei suoi compagni aveva provato ad avvicinarsi al suo letto dopo che si era svegliato, forse per paura che il capitano li allontanasse o che non volesse vederli. Rufy li poteva capire; dopo tutti quegli anni era normale che tra loro ci fosse imbarazzo e silenzio. Per la prima volta in vita sua il capitano non sapeva cosa dire. Certo, era felice che i suoi compagni fossero di nuovo sulla sua nave ma non poteva certo costringerli con la forza a rimanere; doveva essere una loro scelta in fondo. L’unica cosa di cui era certo era che questa volta non li avrebbe allontanati ma si sarebbe rimesso completamente al loro volere. Zoro aveva passato molto tempo con lui, parlando del più e del meno ma senza toccare l’argomento. Lo spadaccino sapeva che cosa tormentava il suo amico e aveva deciso di non infierire. Sapeva che alla fine Rufy sarebbe arrivato da solo a capire quale fosse la decisione giusta. Ace non era dello stesso parere, ma aveva promesso a Zoro che non avrebbe turbato il fratellino con quei discorsi fino che questi non si fosse alzato dal letto.
Il pomeriggio dell’undicesimo giorno, Rufy aveva deciso di porre finalmente fine alla sua lunga prigionia; si era liberato facilmente delle funi che lo legavano al letto ed aveva raggiunto il fratello ed il suo migliore amico sul ponte. I due ragazzi, all’inizio sorpresi dalla comparsa del ragazzo di gomma, avevano protestato ma poi si erano arresi alla testardaggine di Rufy e avevano lasciato che facesse quello che voleva senza mai perderlo di vista. Entusiasta per la libertà appena conquistata, Rufy iniziò a ridere coinvolgendo anche i due amici ed attirando anche l’attenzione di Robin, che fece capolino cercando di non dare troppo nell’occhio.
“Wow, l’acqua è magnifica Ace.” urlò Rufy, al settimo cielo mentre fissava l‘orizzonte. Dopo più di dieci giorni passati costretto a letto era stupendo poter assaporare di nuovo il sole, il mare e la brezza che soffiava da est.
“Lo vedo.” rispose il ragazzo con le lentiggini, sorridendo. Senza perdere ulteriore tempo Rufy si tuffò in acqua, seguito quasi subito da Zoro.
“Che succede?” chiese Robin, guardandosi intorno confusa dal gesto del ragazzo di gomma.
“Zoro, non perderlo di vista. Chopper dice che è ancora convalescente.” disse Ace, preoccupato per il fratellino che sguazzava felice intorno alla nave, senza preoccuparsi troppo delle sue condizioni di salute.
“Non è pericoloso per Rufy?” chiese Robin, guardando il ragazzo con le lentiggini con fare interrogativo. Ace scosse energicamente la testa sorridendo, senza mai staccare lo sguardo dal fratello.
“Dai Robin, vieni in acqua invece di stare lassù a preoccuparti.” urlò Rufy, sbracciandosi per attirare l’attenzione della ragazza. Lo sguardo di Robin si soffermò per un po’ sulle bende che ancora fasciavano il corpo del ragazzo, preoccupata.
“Ma io non so nuotare. Neanche tu a dire il vero..” disse Robin, pensierosa. Rufy era in acqua e nuotava tranquillo, del tutto a suo agio. Persino Zoro, a pochi metri da lui, non sembrava turbato.
“Ace, pensi tu alla nave?” chiese Rufy, divertito da quella situazione.
“Tranquillo, lascia fare a me.” lo rassicurò il fratello maggiore, sfilandosi un bracciale dal polso e facendolo indossare ad una perplessa Robin. La ragazza alla fine decise di fidarsi di Rufy e si tuffò in acqua, sperando che se qualcosa fosse andato male Zoro riuscisse a salvarla in tempo.
Contrariamente alle sue aspettative, una volta a contatto con l’acqua il suo corpo non andò a fondo ma prese inaspettatamente a galleggiare.
“Ma cosa..” mormorò Robin, confusa.
Dopo qualche istante sentì le braccia di Rufy cingerle dolcemente la vita e vide comparire il volto sorridente del capitano.
“Prova a rilassarti.” gli sussurrò Rufy all’orecchio. La ragazza, colpita dallo sguardo del ragazzo di gomma, fece come aveva detto lui.
“Sto a galla!” esclamò l’archeologa, sorpresa.
“Visto?” chiese Zoro, divertito per l’espressione dipinta sul volto della ragazza.
“Laggiù c’è una baia nascosta ed il mare è bellissimo. Forse c’è anche qualche delfino. Che dite, andiamo?” propose Rufy, pieno di entusiasmo. Senza aspettare una risposta il capitano iniziò a nuotare in quella direzione. Zoro e Robin si guardarono, perplessi, poi scoppiarono a ridere e seguirono il ragazzo di gomma. Robin fissò per un po’ i due ragazzi e gli sembrò di essere tornata indietro nel tempo. Certo, ora Rufy era più maturo, ma nel profondo rimaneva lo stesso bambino ingenuo che l’aveva aiutata a riprendere a vivere.
“E la nave? Qualcuno dovrebbe rimanere.” mormorò Robin, preoccupata, una volta raggiunto Rufy.
“Resta Ace, ti veniamo a prendere e ci facciamo un giro dopo. Va bene?” chiese Rufy, rivolgendosi al fratello che li fissava appoggiato alla balaustra della nave.
“Occhio alla marina.” annuì il ragazzo con le lentiggini, mettendosi comodo.
“Uffa, mica staranno sempre a cercare noi..” sbuffò Zoro, seccato. Nell’ultimo mese aveva affrontato la marina così tante volte da averne abbastanza per almeno un mese.
Robin seguì Rufy e Zoro fino alla baia. Sembrava che i due ragazzi conoscessero quel tratto di mare alla perfezione, quasi non fosse la prima volta che ci venivano a nuotare.
“Rufy, come è possibile? Voglio dire, io e te abbiamo mangiato i frutti del mare. In teoria non possiamo nuotare ed invece ora sono in acqua e non mi sento nemmeno debole.” chiese Robin, confusa, sforzandosi di seguire il ragazzo di gomma.
Quella situazione era decisamente surreale: lei e Rufy che facevano il bagno insieme e nuotavano tranquillamente senza il rischio di affogare. Certo, c’era anche Zoro, ma per lui non c’era nulla di strano nel fare un bagno nel mare.
“Il bracciale.” rispose Rufy, sorridendo, indicando il proprio polso. La ragazza fissò perplessa il capitano, prima di capire.
“Questo dici? Me lo ha messo Ace prima.. Aspetta, anche tu ne hai uno.” esclamò la ragazza, notando solo in quel momento il bracciale identico a quello che le aveva dato Ace poco prima.
“Vengono dall’isola nel cielo. È un’invenzione del vecchio.” spiegò Rufy, lasciandosi trasportare per un po’ dalla corrente.
“Il padre di Konis?” chiese Robin, aggrottando appena un sopracciglio. La ragazza non capiva cosa poteva centrare il vecchio inventore con quei braccialetti dal potere portentoso.
“Proprio lui.” annuì Rufy, sorridendo.
“Come funzionano esattamente?” chiese Robin, curiosa. Non aveva mai sentito parlare di braccialetti con quel potere. Decisamente si trattava di una cosa nuova per lei.
“In pratica consentono a chi li indossa di non bagnarsi quando entra in contatto con l’acqua.” spiegò Zoro, con tono pratico.
“Geniale, ma perché nessuno li conosce?” chiese Robin, stupita. Dopo tutto si trattava di un’invenzione geniale.
“Beh, sull’isola nel cielo nessuno ha apprezzato l’idea del vecchio. Tutti lo hanno preso per pazzo e così non ne ha fatti altri.” spiegò Rufy, alzando gli occhi al cielo. Era stata Konis a parlare loro dei braccialetti, il padre era troppo depresso e deluso per affrontare l’argomento. Nessuno dei suoi concittadini aveva capito la sua idea e lo avevano bollato come pazzo. Solamente Rufy e Zoro erano riusciti ad intravedere il potenziale nascosto dell’invenzione del vecchio.
“Non capisco.” sospirò Robin, confusa, cercando con lo sguardo i due ragazzi.
“Di solito se decidi di entrare in acqua vuoi bagnarti..” mormorò Zoro, sospirando. Robin improvvisamente capì: se non hai mangiato un frutto del mare, il braccialetto è inutile.
“Nessuno aveva pensato a coloro che avevano mangiato i frutti del mare. Ne esistono solo due al mondo di quei braccialetti, il mio e quello di Ace.” continuò a spiegare Rufy.
“È incredibile!” esclamò Robin, sorpresa, fissando incredula lo strano braccialetto. Forse Franky sarebbe stato in grado di crearne uno simile per lei.
I tre ragazzi nuotarono per quasi un ora. Rufy si era intestardito a voler seguire un delfino e Zoro era deciso a non perderlo di vista, preoccupato all’idea che si cacciasse in qualche guaio o che le ferite gli dessero ancora problemi. Robin li guardava, da lontano, divertita. Sembravano davvero affiatati, e forse ne era anche un po’ gelosa.
“Sono distrutta, credo che tornerò sulla nave.” dichiarò la ragazza dopo un po’, tornando verso la Sunny.
Zoro e Rufy, annuirono prima di tornare all’inseguimento di delfini. Ace aiutò Robin a tornare a bordo, prima di tuffarsi per raggiungere i due amici rimasti in acqua. La ragazza lo ringraziò e gli restituì il bracciale, tornando dagli amici che stavano facendo uno spuntino nella sala da pranzo. Non appena Robin varcò la soglia venne subito accolta dai complimenti del cuoco.
“Robin, angelo mio, dove eri finita?” chiese Sanji, gongolando come sempre alla vista di una bella donna.
“Stavo facendo una nuotata.” rispose Robin, sorridendo. I complimenti del cuoco erano in grado di rendere felice qualsiasi donna.
“Sorellona, tu non sai nuotare.” esclamò Nami, accigliata, assaggiando il gelato che Sanji aveva preparato per lei.
“Lo credevo anche io, invece..” sospirò l’archeologa, lasciando in sospeso la frase prima di lasciarsi cadere su una sedia. Prima che qualcuno dei compagni potesse fare domande una specie di ciclone irruppe nella stanza.
“È terribile!” urlò Chopper, facendo sobbalzare tutti i presenti, stupiti dall‘espressione sconvolta del dottore.
“Che è successo Chopper?” chiese Franky, disturbato da tutta quella confusione.
“Rufy è sparito, non è nella sua stanza.” spiegò Chopper, guardandosi intorno preoccupato. A quelle parole i ragazzi si guardarono a loro volta intorno, frenetici, quasi si aspettassero di trovare Rufy svenuto da qualche parte; solo Robin era tranquilla.
“Anche Zoro ed Ace non sono sulla nave.” constatò Usop, preoccupato, guardandosi meglio intorno.
“Robin, perché ridi?” chiese Nami, fissando accigliata la compagna che sorrideva della preoccupazione dei compagni.
“Tranquilli, sono in acqua.” spiegò l’archeologa, fissando con interesse le facce confuse dei suoi compagni.
“Rufy sta male, è convalescente e non sa nuotare!” esclamò Chopper, precipitandosi fuori per verificare di persona la situazione. Quando la piccola renna vide che Robin aveva ragione imprecò ad alta voce e promise che avrebbe sgridato Zoro più tardi.
Nel frattempo Ace, una volta indossato nuovamente il bracciale, aveva raggiunto il fratello e l’amico. I due ragazzi erano ancora alle prese con il delfino, che però non aveva la minima intenzione di farsi prendere da Rufy. Anzi, sembrava decisamente intenzionato a prendersi gioco del Re dei Pirati.
“Ehi fratellone, Robin sta bene?” chiese Rufy, decidendo finalmente di lasciare perdere il delfino.
“Si, era contenta della nuotata. Mi ha detto che erano anni che desiderava entrare in acqua senza dover dipendere da qualcuno per essere salvata.” rispose Ace, sorridendo.
“Sono contento.” disse Rufy, allargando le braccia e lasciandosi trasportare per un po’ dalla corrente.
“Sei in acqua da tanto, dovresti uscire.” mormorò Zoro, fissando preoccupato l‘amico. Certo, Rufy aveva il braccialetto, ma era comunque convalescente e soprattutto era sfuggito dall’infermeria senza avvertire Chopper. Zoro si trovò a pensare che probabilmente a quell’ora la piccola renna aveva già scoperto l’assenza di Rufy e stava sicuramente dando di matto.
“Sto bene, mi sono ripreso.” protestò Rufy, testardo. Zoro lo guardò per un po’, attento.
“Lo so, ma Chopper pensa il contrario ed è lui il medico.” ricordò Zoro, severo. Lo spadaccino conosceva bene i formidabili tempi di recupero di Rufy, ma sapeva anche che era comunque meglio essere prudenti e non sfidare la sorte. Inoltre, se fosse successo qualcosa a Rufy Chopper se la sarebbe sicuramente presa con lui.
“Chopper è come voi due, si preoccupa troppo.” brontolò Rufy, assumendo un’aria triste ed imbronciata che lo faceva apparire più buffo del solito. Il ragazzo di gomma odiava che gli altri si preoccupavano per lui, specie le persone a cui teneva di più.
“Con una testa vuota come te, fa benissimo.” scherzò Zoro, schizzando dell‘acqua in faccia al suo capitano.
“Sei peggio di mia madre.” sbuffò Rufy, alzando gli occhi al cielo.
“Credo ti stia paragonando ad un brigante di montagna..” commentò Ace, ironico, intromettendosi nella discussione dei due amici.
“Beh, Dadan è una donna eccezionale. Ha cresciuto e sopportato voi due.” esclamò Zoro, scoppiando a ridere. Alle volte lo spadaccino si ritrovava a pensare a quella povera donna e concludeva che doveva essere una specie di figura mitica, quasi una santa.
“E Sabo, non ti dimenticare Sabo..” disse Ace, scoppiando anche lui a ridere.
“Santa donna.” esclamò Zoro, alzando gli occhi al cielo.
“Non proprio, è una iena.” precisò Rufy, impallidendo al ricordo della donna. Le voleva un mondo di bene, certo, ma non si poteva certo dire che Daban avesse un forte istinto materno. Anzi, era tutto il contrario.
“Si fa rispettare.” lo corresse Zoro, ridendo. Dopo tutto, con due tipi come Ace e Rufy essere severi era il minimo. Inoltre i due non parevano avere risentito degli strambi atteggiamenti della donna. Non più di tanto, almeno.
“Che pensi di fare con gli altri?” chiese Ace, diventando serio e cambiando argomento all’improvviso. Rufy alzò nuovamente gli occhi al cielo e sospirò, rassegnato. Sapeva che prima o poi suo fratello avrebbe tirato fuori quel discorso, ma sperava di poter rimandare la discussione ancora per un po’.
“In proposito a che?” mormorò Rufy, fingendo di non capire.
“Odio quando fai finta di non capire.” sbuffò il fratello maggiore.
“E io odio le conversazioni che finiscono sempre sullo stesso punto. Sono setti anni che parliamo delle stesse cose. Sei noioso.” ribatté Rufy, alzando gli occhi al cielo. Se fossero stati in un bar o sulla nave il ragazzo di gomma se ne sarebbe andato, magari sbattendo la porta, ma erano in mezzo al mare e Rufy non poteva fare altro che rimanere lì ad ascoltare le idee del fratello maggiore.
“E tu un idiota, il più grosso idiota che conosco.” decretò Zoro rivolto a Rufy, mettendo così fine alla disputa tra i due fratelli. Il capitano si voltò verso il suo primo ufficiale, stupito e al tempo stesso ferito da quelle parole e dalla decisione con cui erano state pronunciate dallo spadaccino.
“Se io sono idiota, tu sei più idiota di me perché sei il mio primo ufficiale.” ribatté Rufy, convinto. Zoro sembrò riflettere un po’ sulle parole dell’amico.
“Mmm, credo tu abbia ragione!” decretò alla fine, scoppiando a ridere.
“Se posso permettermi, ultimamente ci sono state delle grosse novità.” continuò Ace, deciso ad arrivare alla fine di quel discorso. Rufy sospirò ancora, seccato.
“Non così grosse. Certo, hanno scoperto tutto, ma per me non cambia nulla..” mormorò Rufy, fissando l’orizzonte davanti a sé.
“Non gli vuoi chiedere di tornare?” chiese Zoro, per nulla sorpreso. Dopo tutti quegli anni aveva imparato a leggere nella mente del suo capitano e riusciva quasi sempre a capire le intenzioni del suo amico.
“Non sarebbe giusto. Potrebbero avere i loro progetti, dopo tutto navigavano insieme prima di essere catturati dalla marina.” mormorò Rufy, triste. Il capitano si rendeva perfettamente conto che quella era la migliore occasione per chiedere loro di tornare, ma si rendeva anche conto che non poteva stravolgere di nuovo le loro vite ed i loro progetti. Sarebbe stato egoista da parte sua.
“Si, ma..” provò ad interromperlo Ace, subito interrotto da un gesto del fratello.
“Non mi fraintendere, sono felice che sappiano tutto. Gli voglio bene e so che anche loro me ne vogliono. Questa nave è casa loro e possono stare quanto vogliono. Tuttavia, non devo essere io a chiedere loro di tornare. Se davvero vogliono farlo, devono essere loro a venire da me. Non voglio costringerli a scegliere, non è giusto.” concluse Rufy, abbozzando un sorriso triste.
“Non ti capisco.” sbuffò Ace, scuotendo la testa. Rufy voleva che la sua ciurma tornasse e la sua ciurma non vedeva l’ora di tornare a navigare sulla Sunny. L’unico problema era l’orgoglio, la testardaggine e l’incapacità di capirsi.
“Deve essere una loro scelta, tutto qui.” spiegò meglio Zoro.
“Continuo a non capirvi.” mormorò Ace, sospirando. La testardaggine del fratello e la dedizione del suo primo ufficiale non avevano limiti. Certo, a volte li ammirava per questo ma altre, e questa era decisamente una di queste, li considerava semplicemente due folli.
“Non è necessario, questa è la mia ultima parola.” decretò Rufy, allontanandosi dai due ragazzi e tornando verso la nave.
“Che testa vuota.” sbuffò Ace, arrabbiato.
“Ha ragione, lui vuole solo il loro bene.” mormorò Zoro prima di seguire il suo capitano.
Non appena il trio tornò sulla nave venne accolto dalle urla di Chopper, indirizzate soprattutto a Zoro.
“Zoro, sei un incosciente!” lo apostrofò la piccola renna, controllando freneticamente che le ferite di Rufy non si fossero riaperte. Il ragazzo di gomma lo lasciò fare, senza provare nemmeno ad opporsi.
“E tu sei noioso, tanto noioso.” sbuffò lo spadaccino, dirigendosi verso la sala da pranzo.
“Basta voi due, non era pronto uno spuntino?” chiese Ace, cercando di mettere pace tra i due. Nel frattempo Rufy, dietro indicazione di Chopper, era andato a cambiarsi nella sua cabina per indossare dei vestiti asciutti.
“Aspettiamo anche Rufy, visto che sta bene può mangiare con noi.” propose Robin.
“Non sta bene, è debole e deve stare a riposo.” obiettò Chopper, preoccupato.
“Beh, visto che è in grado di nuotare può anche mangiare con noi.” mormorò Zoro, alzando le spalle.
“Credo di si..” sospirò alla fine Chopper, arrendendosi.
“Eccolo.” disse Usop, ansioso. I ragazzi si voltarono verso di lui, impazienti ed incerti sul cosa dire e su come comportarsi con lui.
“Ehi fratellino, stavamo aspettando te. Ha cucinato Sanji, guarda quante delizie.” esclamò Ace, entusiasta, indicando il delizioso budino che campeggiava sul tavolo.
“Sembra tutto buonissimo. Solo, non ho fame.” mormorò il capitano, sorprendendo tutti i presenti, specie il cuoco.
“Sicuro di stare bene?” chiese Sanji, preoccupato. Da quando lo conosceva Rufy non aveva mai avanzato qualcosa che era stato preparato da lui, nemmeno quando stava male.
“Si, certo. Sono solo un po’ stanco, vado a sdraiarmi un po’ di là.” ribatté il ragazzo, lasciando la stanza senza aggiungere altro.
“Sono preoccupato, che diamine gli è preso? Rufy ha sempre adorato la mia cucina.” chiese Sanji, guardandosi intorno alla ricerca di risposte ed incontrando lo sguardo concentrato di Zoro. Lo spadaccino alzò le spalle e si mise a mangiare come se nulla fosse successo.
“Lascialo perdere, quando gli verrà fame mangerà.” decretò Zoro. Gli altri lo guardavano stupiti; era la prima volta che lo spadaccino non inseguiva il suo capitano per accertarsi che stesse veramente bene.
“Dovresti parlargli.” mormorò Ace dopo un po’, serio. Zoro sospirò.
“Non guardarmi così, sono affari suoi.” rispose lo spadaccino, indifferente.
“Zoro..” lo richiamò il ragazzo con le lentiggini. Nella sua voce non c’era la minima traccia di rimprovero.
“Andiamo Ace, è un idiota!” esclamò Zoro, deciso. Le parole del ragazzo sorpresero tutti, specialmente Robin.
“Smetti di discutere e vai a parlarci.” ordinò Ace, severo.
Zoro si arrese, si alzò da tavola e lasciò la stanza per tornare quasi subito. I ragazzi erano confusi da quella strana conversazione tra i due, ma non fecero domande fino a che Zoro non ritornò nella stanza.
“Allora?” chiese Nami, preoccupata. Non sapeva cosa fosse successo da dalle reazioni di Ace, Rufy e Zoro doveva essere qualcosa di grave.
“Sei tornato troppo presto.” commentò Ace, severo. Lo spadaccino sospirò ed alzò gli occhi al soffitto.
“Stava dormendo, gli parlo più tardi.” spiegò Zoro, riprendendo a mangiare come se nulla fosse successo.
I ragazzi continuarono a mangiare, ma la quiete non durò a lungo. Non appena i ragazzi si alzarono da tavola ed uscirono sul ponte si resero conto che c’era qualcosa che non andava.
“Franky, Brook, secondo voi è normale che ci siano tanti squali qui intorno?” chiese Usop, guardandosi intorno preoccupato.
“Squali dici? Accidenti, hai ragione.” esclamò Franky, allarmato.
“Caspita, sono tantissimi.” concordò Chopper, voltandosi verso Ace per chiedere un suo parere. Il ragazzo con le lentiggini lanciò un’occhiata distratta al mare ed intuì subito cosa stava succedendo.
“Uffa, che noia. Zoro, vieni sul ponte.” chiamò Ace, sbadigliando; il ragazzo si era appena ripreso da uno dei suoi attacchi di narcolessia.
“Che c’è?” chiese lo spadaccino, seccato per essere stato interrotto durante il suo allenamento quotidiano al quale aveva deciso di dedicarsi subito dopo lo spuntino.
“Squali.” rispose Ace, telegrafico. Lo spadaccino guardò e capì.
“Ancora? Non ci vogliono proprio lasciare in pace.” disse Zoro, infastidito, andando a cercare il proprio capitano. Gli altri ragazzi si guardarono, straniti da quelle parole.
“A quanto pare, No.” sospirò Ace, mettendosi seduto.
Rufy comparve poco dopo, seguito a breve distanza da Zoro. I due sembravano ancora distanti, proprio come poco prima nella sala da pranzo.
“Ma cosa..” cominciò Nami, seccata da tutti quei misteri.
“Uno di loro è un uomo pesce, credo..” spiegò Rufy, guardando attentamente gli animali radunati sotto la nave.
“Credi?” chiese Franky, accigliato.
“Di solito Jimbei fa così per mandarci notizie. Manda un uomo pesce in mezzo ad un branco di squali.” spiegò Rufy, alzando le spalle.
“Si, ma che vuole Jimbei da te?” chiese Sanji, stranito.
“Di solito ci avvisa degli spostamenti della marina.” rispose Zoro, preoccupato. La maggior parte delle volte le notizie di Jimbei non erano mai buone.
“Quindi il fatto che ci sia quel branco di squali che gira intorno alla nave può voler dire che la marina ci segue ancora?” tirò ad indovinare Usop, spaventato.
“Potrebbe.” rispose Ace, tranquillo come suo solito. L’idea di un ulteriore scontro con la marina non lo spaventava, ma lo eccitava. Sarebbe stata una perfetta occasione per muovere le mani dopo dieci giorni di calma.
Improvvisamente Rufy notò uno squalo diverso dagli altri e lo indicò a Zoro che si tuffò in mare per avere notizie da Jimbei. Nami, vedendo il ragazzo tuffarsi in acqua lanciò un urlo mentre Sanji era già pronto a buttarsi in acqua per aiutarlo. Gli unici completamente calmi, come al solito erano Rufy, Ace e stranamente anche Robin.
Dopo qualche minuto Zoro riemerse senza bisogno che qualcuno lo aiutasse, ancora tutto intero,si arrampicò sulla nave e si lasciò cadere seduto con la schiena appoggiata alla balaustra della nave.
“Allora?” chiese Rufy, impaziente.
“Tutto tranquillo.” rispose Zoro, pacato. Bastarono quelle parole per calmare Rufy; se Zoro diceva che non c’era nulla da temere allora c’era da credergli.
“Ci ha fatto quasi venire un infarto per dire che è tutto tranquillo e che la marina non ci segue?” chiese Nami, stupita ed arrabbiata allo stesso tempo.
“Beh, No. Jimbei ha anche detto che Smoker ha degradato i due ufficiali gemelli.” aggiunse Zoro, sorridendo. Rufy non riuscì a trattenere un sorriso soddisfatto. La furia dell’ammiraglio Smoker doveva essere stata uno spettacolo fantastico.
“I due idioti?” chiese Ace, divertito.
“Si, proprio loro. Era veramente arrabbiato, gli urlato che erano la feccia della marina e che preferiva cento volte noi due a loro.” aggiunse Zoro, sorridendo.
“Oh mamma, così il vecchio fumoso mi fa commuovere.” commentò Rufy, tra le risate.
La notizia che la marina aveva finalmente deciso di lasciarli in pace tranquillizzò non poco i ragazzi, che in breve tempo tornarono a dedicarsi alle loro solite attività.
“Posso parlarti un secondo?” chiese Zoro a Rufy, dopo che tutti si furono allontanati.
“Certo..” rispose Rufy, studiando a fondo l’espressione di Zoro. Sembrava che qualcosa preoccupasse sul serio lo spadaccino.
“Mi dispiace averti dato dell‘idiota oggi. Avevi ragione tu, ma io ero preoccupato per te. So quanto tu li rivoglia nella ciurma.” mormorò Zoro a testa bassa. Nonostante si conoscessero da tanto allo spadaccino riusciva sempre difficile confidarsi con qualcuno, anche se questo qualcuno era il suo migliore amico.
“Si, ma deve essere una loro scelta. Capisci?” sospirò Rufy, serio. Zoro fissò attentamente gli occhi del suo capitano, prima di annuire piano.
“Credo di si. Adesso vai a mangiare qualcosa sennò a Sanji viene una crisi nervosa.” suggerì Zoro, scompigliando i capelli del suo capitano con un gesto affettuoso.
“Va bene, mi è venuta una fame terribile.” ammise Rufy, ridendo.
Sanji non si stupì affatto quando si trovò di fronte il suo vecchio capitano, più affamato che mai. Non fece commenti e si limitò a servirgli quello che aveva preparato per lui, sollevato che il ragazzo apprezzasse ancora la sua cucina. Sanji aveva mille domande che gli giravano in testa, ma finì col non farne nessuna.
Dopo mangiato Rufy ringraziò il cuoco e sparì nella sua cabina, senza più farsi vedere fino all’ora di cena.
La tensione quella sera era palpabile: dopo sette anni erano seduti intorno ad un tavolo, insieme. Finalmente sarebbe stata la buona occasione per parlare con Rufy. Nessuno però, sapeva come rompere il ghiaccio. Ace e Zoro continuavano a scambiarsi occhiate sconsolate, sperando che qualcuno prendesse l’iniziativa. Di comune accordo avevano deciso di tenersi fuori da quella discussione.
“Quindi, che succede ora?” chiese alla fine Rufy, attirando su di sé gli sguardi di tutti i presenti.
“Di che parli?” chiese Usop, confuso. Non si aspettava che Rufy centrasse subito il punto saliente del discorso, senza prima girarci un po’ intorno.
“Beh, il babbeo vi ha catturati perché avete preso il mare insieme. Stavate andando da qualche parte, immagino.” spiegò Rufy, girando nervosamente il cucchiaio nel piatto di minestra. Aveva paura di quello che avrebbero potuto dire ma allo stesso tempo era cosciente che quella conversazione non poteva più essere rimandata.
“Beh si, noi..” iniziò Nami, imbarazzata, cercando lo sguardo dei compagni perché le venissimo in aiuto.
“Perfetto, dove volete che vi lasciamo?” chiese Rufy, anticipando le parole della ragazza. Infastidito da quello che aveva appena sentito Ace si alzò da tavola, deciso ad allontanarsi per fare un giro. Lo strano comportamento del ragazzo, tuttavia, non sfuggì a Zoro e a Rufy.
“Ecco, noi non abbiamo più una nave..” buttò lì Franky, cercando di prendere tempo.
“Potremmo andare a Water Seven, sono abbastanza sicuro che la Galley Company ve ne darà una.” disse Rufy, deciso.
“Si, ma noi..” provò ad obiettare Usop, cercando il coraggio di dirgli che voleva tornare a fare parte della sua ciurma.
“Bene, è deciso. Zoro, si fa rotta su Water Seven. Vado di sopra da Ace.” esclamò Rufy, alzandosi da tavola per raggiungere Ace che aveva lasciato la stanza non appena era iniziata la conversazione tra Rufy e Nami. Il ragazzo con le lentiggini non poteva fare a meno di pensare che erano tutti un mucchio di babbei; era da sette anni che non parlavano con il loro vecchio capitano ed invece di dire che volevano seguirlo esitavano. Senza contare la stupidità di Rufy, incapace di capire i sentimenti dei suoi compagni e di lasciargli il tempo necessario. Erano decisamente masochisti; sembrava che a tutti loro piacesse da matti soffrire. I ragazzi lasciarono la stanza poco dopo Rufy, delusi. Avevano perso la loro grande occasione. Ora dovevano solo sperare di trovarne un’altra prima di arrivare a Water Seven.
La fortuna, tuttavia, non era dalla loro parte; il pomeriggio successivo infatti avvistarono terra.
“Terra in vista.” urlò Zoro, secco.
“Davvero?” chiese Usop, sorpreso, guardando di che isola si trattasse. Non appena la riconobbe sbiancò.
“Si, quella è water seven!” balbettò il cecchino.
La notizia gelò tutti quanti. Rufy, allegro come sempre quanto veniva avvistata terra, si precipitò dal fratello per dare la notizia lasciando Zoro sul ponte insieme agli altri.
“Se volete un mio consiglio, dovreste parlare chiaro.” mormorò Zoro. Alla fine si era deciso a dire la sua, anche se sapeva che avrebbe dovuto risponderne a Rufy.
“Che stai dicendo, brutta testa verde?” chiese Sanji, furente.
“Ascolta bene, idiota, dovete schiarirvi le idee. Dove stavate andando prima di essere catturati dalla marina?” chiese Zoro, deciso. Le parole dello spadaccino costrinsero tutti a fermarsi a pensare per qualche istante.
“Ci siamo ritrovati per caso dopo tanti anni, al Baratie. Nami e Robin avevano proposto di cercare un tesoro ed io, Usop e Sanji le abbiamo seguite.” cominciò a raccontare Franky, grattandosi la testa.
“Già, poi hanno incontrato me e poi anche Chopper.” aggiunse Brook, giocherellando con il suo bastone come faceva sempre quando era nervoso.
“Quindi stavate cercando un tesoro prima che vi catturassero?” chiese Zoro, interessato.
“L’idea era quella. Anzi, a dire il vero credo che l’idea principale fosse tornare a navigare tutti insieme.” disse Robin, dopo averci riflettuto un po‘ su.
“Esclusi me e Rufy, immagino.” commentò Zoro, divertito.
“No, più che altro escluso Rufy.” precisò Nami. Quelle parole stupirono lo spadaccino; davvero pensavano che lui avrebbe lasciato solo il suo capitano?
“Quando ci siamo ritrovati non sapevamo che tu fossi con Rufy, lo abbiamo scoperto dopo.” spiegò meglio Usop, imbarazzato.
“E a quel punto ci avete etichettato entrambi come traditori, giusto?” chiese Zoro.
“Mettiti nei nostri panni, che dovevamo pensare?” mormorò Sanji, sbuffando.
“Vuoi davvero una risposta? Domandò Zoro, ironico, fissando il cuoco dritto negli occhi.
“Non c’è n’è bisogno.” ringhiò il cuoco a denti stretti. Odiava ammetterlo con se stesso, ma questa volta Zoro aveva davvero ragione.
“Ad ogni modo, ad un certo punto abbiamo cominciato a pensare di venirvi a cercare.” continuò a raccontare Robin, ignorando il battibecco tra i due.
“Volevamo chiudere con il passato, scoprire perché Rufy aveva detto quello che ha detto..” spiegò Chopper, serio.
“Così siete andati ad Alabasta, da Bibi.” disse Zoro, ricordando di come Ace si aveva avvisati permettendo loro di allontanarsi prima dell’arrivo dei loro vecchi compagni.
“Si, ma voi eravate appena partiti. Stavamo per mollare la ricerca, ma lei ha detto che Rufy aveva un segreto e che noi dovevamo inseguirlo e scoprirlo ad ogni costo.” mormorò Nami, ricordando le parole dell’amica.
“Non vi ha detto altro?” chiese Zoro, sorpreso. Credeva che la ragazza avesse rivelato ogni cosa, nonostante l’amore che provava per Rufy.
“No, anzi.. All’inizio non voleva dirci nemmeno questo.” rispose Nami, stupida dalla domanda del ragazzo.
“Ah, l’amore.” commentò Zoro ad alta voce, sogghignando. Quella ragazza era davvero presa da Rufy, peccato solo che la loro storia fosse senza futuro.
“Scusa Zoro, ma tra Rufy e Bibi.. Insomma, c’è stato qualcosa?” chiese Usop, imbarazzato. Lo spadaccino non rispose subito, ma parve pensarci un po’ su prima.
“Immagino di si.” rispose Zoro, vago. Mettersi a discutere della vita privata del suo capitano era decisamente l’ultima cosa che voleva fare.
“Un bacio, vero?” chiese Sanji, scandalizzato.
“Non sono a conoscenza di tutti i dettagli della vita privata di Rufy, so solo che ad Alabasta non ho avuto sue notizie per due giorni, che è stato con Bibi al castello e non credo che abbiano guardato le stelle.” raccontò Zoro, divertito dall’espressione depressa che aveva assunto il cuoco.
“Oh povero me. La mia dea Bibi e Rufy. Cosa ha lui che io non ho?” esclamò Sanji, disperato.
“Vuoi sul serio una risposta?” domandò Zoro, ironico.
“Sta zitto, brutto idiota.” ringhiò Sanji, furente.
“Torniamo a noi?” chiese Nami, infastidita da quell’inutile interruzione. Zoro sospirò.
“Fatemi capire, siete partiti per cercare un tesoro da qualche parte, avete deciso di cercare noi, siete stati catturati dalla marina e poi ci avete trovati. Che intenzioni avete per il futuro, ne avete già parlato?” chiese Zoro, tirando le fila della discussione.
“A dire il vero..” iniziò Brook, incerto.
“Non è semplice. In pochi giorni tutto è cambiato, noi siamo confusi.” mormorò Franky, sulla difensiva.
“Io no, so quello che voglio.” esclamò Usop, deciso.
“Usop, che dici?” chiese Sanji, confuso. Non aveva mai sentito Usop così sicuro di sé.
“Rufy ci ha protetti, anche durante questi sette anni. Si è preso cura di noi perché è il nostro capitano e noi siamo la sua ciurma. Beh, se le cose stanno così io voglio andare con lui.” disse Usop, sicuro di se come non lo era mai stato.
“Si, ha ragione lui.” disse Nami, annuendo.
“La vera domanda è, ci vorrà con lui?” chiese Robin, dando voce alla paura di tutti loro.
“Se le cose stanno così, resto della mia idea. Parlate chiaro.” consigliò ancora una volta Zoro.
“Che vuoi dire?” chiese Franky.
“Rufy non vi chiederà mai di tornare.” mormorò Zoro, allontanandosi per raggiungere Ace e Rufy, lasciando i vecchi compagni soli a riflettere sul significato delle sue parole.
“Vuoi dire che non ci vuole più come compagni?” chiese Chopper, triste.
“No, lui vuole solo il nostro bene.” rispose Robin, assolutamente certa di quelle parole.
“Ci vuole lasciare liberi di decidere.” sospirò Sanji.
“Hai centrato il punto.” commentò Franky.
“Tornare a navigare con lui deve essere una nostra scelta, non una sua richiesta.” ribadì Nami, decisa.
“Allora è deciso, facciamo ancora parte di questa ciurma.” esclamò Chopper, convinto.
“Idioti, per Rufy non avete mai davvero lasciato questa nave.” mormorò Zoro a bassa voce, senza che nessuno potesse sentirlo.

ANGOLO DELL'AUTRICE:
eccomi qui, di ritorno dalle vacanze.
come vedete non mi sono dimenticata della mia storia, anche se mi dispiace un sacco essere quasi arrivata alla fine..
certo, sono soddisfatta del risultato e del fatto che sia stata apprezzata, ma è lo stesso anche infinitamente triste.
ad ogni modo, niente paura, ci sono ancora un paio di capitoli, forse tre.
grazie mille a tutti coloro che la leggono, la mettono tra le preferite/seguite e la commentato. un grazie speciale soprattutto a quelli che commentano!

NEKO: grazie milleee!
emh, per la ferita ammetto le mie colpe, l'ho pensata ed aggiunta dopo. chiedo perdono!

smemo92: grazie milleee!
alla fine chopper ha fatto miracoli anche questa volta. certo, è anche vero che per ammazzare rufy ci vuole più di un infezione e di una ferita! :D

ladysaika: grazie milleee!
spero che ti sia piaciuto anche questo!

saisai_girl: grazie milleee!
eh si, alla fine rufy è guarito.
dispiace anche a me che questa storia sta finendo, ma credo sia inevitabile. ad ogni modo ci saranno altre storie, promesso!

tre 88: grazie milleee!
concordo pienamente con te, zoro ed ace sono anche i miei personaggi preferiti. credo che se dai un'occhiata alle mie storie sia abbastanza evidente!
ace e barbabianca.. beh, non ho mai pensato a questo dettaglio. mi piace pensare che ace se ne vada in giro da solo ma che incontri spesso rufy e zoro per fare festa con loro o aiutarli in caso di bisogno.
tranquilla, nessuna offesa. anzi, le tue domande sono più che legittime!

ciao ragazzi, al prossimo capitolo!



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Capitolo 18
*** PARTENZE IMPROVVISE ***


CAPITOLO 16
PARTENZE IMPROVVISE

La Sunny aveva raggiunto le coste di Water Seven in poco tempo, senza dare troppo nell’occhio grazie al favore del buio. Come al solito la Galley Company aveva chiuso un occhio e aveva permesso loro di ormeggiare la nave nel porto principale della città, lontano dagli occhi della marina o del governo. Iceberg si era precipitato lì non appena era stato avvisato da Paulie ed era rimasto sorpreso dalla vista della ciurma al completo. Non appena aveva toccato terra Rufy si era precipitato a salutare i suoi vecchi amici e più o meno lo stesso aveva fatto Franky. Paulie, Tilestone, Peeply Lulu, Kokoro e la Franky Family al completo erano tutti lì, in lacrime.
Il momento delle lacrime e dei ricordi durò qualche minuto, poi Rufy fu trascinato via da Iceberg che desiderava parlare con il pirata di questioni importanti. Ace e Zoro seguirono i due, curiosi e allo stesso tempo preoccupati. Dalla faccia di Iceberg infatti si capiva che c’era qualcosa di grosso in ballo. Anche Kokoro si congedò dal gruppo, annunciando che sarebbe tornata alla stazione del treno dove la aspettavano Chimney e Gombe. Franky rimase incantato a guardare i suoi amici. Non li vedeva da molti anni ma non erano cambiati poi di così tanto. Erano cresciuti e sembravano più assennati ma in fondo restavano le solite teste calde di sempre. Certe cose non cambiano mai del tutto.
“Capo, che bello rivederti tutto intero.” esclamò Zambai, con gli occhi lucidi. Il cyborg rimase sorpreso da quella frase; erano passati un sacco di anni eppure per loro era ancora il capo, quello che li aveva tolti dalla strada e gli aveva offerto una nuova possibilità per andare avanti.
“Oh, ragazzi. È stupendo essere di nuovo a casa.” sospirò Franky, guardandosi intorno. Nemmeno la Franky House non era cambiata di molto dall’ultima volta che era stato lì, nonostante fossero passati parecchi anni.
“Resterai?” chiese Mozu, speranzosa, offrendogli una tazza di the. Il cyborg la fissò per un po’, poi la prese e si mise a sorseggiarla. Non era cola ma era lo stesso buonissima, forse perché ad offrirgliela era una sua vecchia amica.
“Non posso, sono un pirata ormai.” rispose Franky, sorridendo. Era fiero di quello che era diventato. La decisione che aveva preso tanti anni prima, o meglio che gli avevano costretto a far prendere, alla fine si era dimostrata quella giusta. Seguendo Rufy aveva vissuto un sacco di belle avventure. Certo, c’erano stati anche i momenti più difficili e brutti che erano culminati in quell’assurdo abbandono, ma presto tutto sarebbe tornato alla normalità. Ancora una volta avrebbero lasciato Water Seven tutti insieme, senza lasciare indietro nessuno.
“Beh, conoscevamo la tua risposta ma dovevamo provare lo stesso a chiedere.” disse Kiwi, sorridendo alla sorella.
“Raccontatemi di voi..” mormorò Franky, nostalgico, fissando intensamente ognuno dei suoi vecchi amici.
“Sono successe tante cose. Ora lavoriamo per la Galley Company.” iniziò a raccontare Zambai, fiero, indicando il simbolo che spiccava sulla sua uniforme da lavoro.
“Dici davvero?” chiese Franky, sorpreso. Era sicuro che Iceberg li avesse presi con sé per non far stare troppo in pensiero lui. Il pensiero gli strappò un sorriso.
“Certo, non siamo più fuori legge.” assicurò Zambai, orgoglioso di fare qualcosa di utile. Era fantastico non essere più evitato o scansato dai cittadini di Water Seven. Finalmente potevano considerarsi normali e perfettamente integrati. Tuttavia erano consci che se le cose erano andate così era soprattutto merito del loro capo, Franky.
“Ehi, Franky.. Sei qui?” chiamò Usop, entrando con cautela nell’edificio buio alla ricerca dell’amico. Alla fine erano scesi tutti dalla nave, avevano notato l’assenza del compagno ed erano giunti alla conclusione che fosse tornato nella sua vecchia casa. Dopo tutto trovare Franky su quell’isola non era certo un impresa così complicata.
“Venite avanti, sono con i miei vecchi amici.” rispose il cyborg, felice.
“Ciao ragazzi.” salutò Zambai, contento di rivedere tutti sani e salvi.
“Accidenti, ci siete proprio tutti.” esclamarono Kiwi e Mozu, sorpres.
“Avete ripreso a navigare con Rufy?” chiese Zambai, curioso. Non appena aveva saputo dell’arrivo della Sunny si era precipitato al porto. Non era la prima volta che Rufy e Zoro passavano di lì ma non si era certo aspettato ci fosse anche Franky e gli altri.
“Beh.. Ecco.” balbettò Chopper, impacciato, mentre gli altri compagni prendevano a fissare ogni singolo particolare della stanza.
“Che aspettate? Lui muore dalla voglia di riavervi a bordo, ma non vi chiederà nulla.” disse Mozu, interrompendo la piccola renna.
“Lo sappiamo, non vuole obbligarci..” sospirò Nami, giocherellando con un lembo della sua gonna. Si erano sentiti dire molte volte quella frase, ma ogni volta era incredibile scoprire quanto gli altri avessero a cuore la loro ciurma. Bibi, Ace, Zoro e persino la Franky Family volevano vederli di nuovo tutti insieme.
“Sapete, gli siete mancati molto in questi anni.” aggiunse Kiwi, dopo averci pensato un po’ su. Quella frase stupì i ragazzi, ancora più delle parole di Mozu.
“Cosa ne sapete voi?” chiese Franky, incredulo. Quando era passato a trovare i vecchi amici non si era certo aspettato che fossero informati di tutta quella storia.
“Qualche volta sono passati di qui in questi anni.” spiegò Zambai, paziente.
“Rufy e Zoro?” chiese Usup, sorpreso. L’uomo annuì, proseguendo il suo racconto.
“Ci siamo fatti delle grandi bevute. Facevamo anche festa insieme, ma non era lo stesso.” continuò Zambai, sorridendo. Ogni volta che sbarcavano sull’isola si organizzava qualcosa. Tutti gli abitanti infatti erano molto attaccati ad Iceberg e non si erano certo dimenticati che erano stati Rufy e i suoi pirati a salvarlo tanto tempo prima. Negli anni, inoltre, il mito di Rufy e Zoro era cresciuto ed era un orgoglio poter dire che quei due fossero degli ottimi amici del loro sindaco. Insomma, anche se non lo urlavano ai quattro venti per paura della marina gli abitanti di Water Seven adoravano quei due. Rufy e Zoro, dal canto loro, non avevano dimenticato i compagni di lotta e ricordavano volentieri quegli avvenimenti mentre Paulie e gli altri sistemavano a dovere la loro nave.
“Si, Rufy era triste e Zoro cercava di distrarlo.” aggiunse Mozu, ricordando le tante sere in cui al capitano non andava di bere o di sorridere. Quell’isola era un posto piacevole dove tornare ma era anche piena di ricordi, troppi. In quel posto la loro unione era diventata più forte, tanto da far dichiarare loro guerra al governo mondiale per salvare una loro compagna. Lì avevano incontrato Franky, che aveva costruito la Sunny e si era imbarcato con loro. Sempre lì aveva discusso con Usop, che alla fine aveva urlato di fronte a tutti quanto teneva a lui. Aveva promesso a loro, ed anche a se stesso, che nulla li avrebbe divisi ma alla fine non era stato in grado di mantenere la parola. A Water Seven Rufy si sentiva l’ultimo degli uomini, anche se tutti cercavano di fargli tornare il sorriso.
I ragazzi, erano stupiti da quelle parole. Nami più di tutti. Rufy era da sempre un inguaribile ottimista, perennemente felice e mai troppo preoccupato del futuro. Era incredibile pensare che la separazione lo avesse trasformato in quel modo.
“Non ha più voluto a bordo altre persone, nonostante in molti si fossero offerti di far loro da medici, navigatori o cuochi.” disse ancora Kiwi, mentre nella stanza calava il silenzio. Di colpo nessuno aveva più troppa voglia di parlare o di commentare. I ragazzi non dissero nulla, ma i loro sguardi parlavano al loro posto. Lasciarono la Franky Family qualche ora dopo, promettendo di tornare a trovarli prima di partire.
Dopo aver parlato con la Franky Family la ciurma era più determinata che mai a tornare a navigare sotto il vessillo del Re dei Pirati. Quello che restava da fare era comunicare quella decisione al capitano, sperando che non li interrompesse come l’ultima volta che avevano affrontato il discorso.
Alla fine i ragazzi avevano deciso di sbarcare e di andare a dormire in una locanda poco lontana dal porto, per non essere di troppo disturbo. La Franky Family aveva insistito per ospitarli, ma non aveva certo posto per tutti, e Franky non voleva separarsi dai compagni. Zoro e Rufy non avevano insistito più di tanto perché rimanessero con loro sulla nave, ma si vedeva che gli spiaceva vederli andare via. Il più triste era decisamente Rufy, anche se nascondeva i suoi sentimenti dietro un sorriso che i compagni scoprirono essere più forzato del solito. Scendere da quella nave fu la cosa più difficile che Usop avesse mai fatto, e lo stesso valeva per i compagni. Ad ogni modo Rufy, Ace e Zoro promisero che sarebbero passati la mattina dopo alla locanda, per fare colazione con loro.Nessuno quella notte riuscì a chiudere occhio; il pensiero di ognuno era fisso sul giorno dopo, quando avrebbero parlato con Rufy e avrebbero potuto riprendere a considerarlo a pieno titolo il loro capitano.
La mattina successiva la ciurma aveva aspettato con impazienza Rufy, ma questi non si era fatto vivo. Anche Zoro ed Ace sembravano spariti insieme a lui.Solo verso sera lo spadaccino era comparso, pallido e stanco, e li aveva liquidati dicendo che era stata una lunga giornata. Poco dopo erano comparsi anche gli altri due. Ace era sparito quasi subito mentre Rufy si era fermato un po’ di più, ma comunque non abbastanza perché potessero capire cosa diavolo era successo. Dai discorsi che riuscì a captare, Sanji intuì che fosse successo qualcosa di grosso nel quale c‘era di mezzo la marina. Un attacco ad un sottomarino o qualcosa del genere.
Il giorno successivo mentre sedevano insieme a fare colazione sperando di vedere Rufy o quanto meno Zoro, comparve Ace. Il pirata sembrava distratto, in un mondo tutto suo, anche se si stava guardando intorno alla ricerca di qualcuno.
“Ehi, Ace!” salutò Usop, attirando l’attenzione dell’altro. Il ragazzo con le lentiggini alzò la testa, distratto, ma si riscosse subito non appena riconobbe gli amici del fratello.
“Ciao ragazzi.” salutò Ace, sorridente come al solito mentre si avvicinava al gruppo ancora intento a fare colaziome. Nami era di pessimo umore, mentre Sanji bofonchiava qualcosa di incomprensibile circa il fatto che Zoro era un colossale idiota. Gli altri erano tranquilli, nonostante sembrassero piuttosto seri e silenziosi. Nami studiò a fondo il moro e non poté fare a meno di notare che sulle spalle portava una grossa sacca.
“Stai partendo?” chiese la navigatrice, curiosa. La cosa non la stupiva particolarmente; Ace Pugno di Fuoco era famoso per non stare mai troppo a lungo nello stesso posto, anche se sembrava avere una predilezione per la nave del fratello minore.
“Eh si, stavo proprio per passare a salutarvi.” rispose Ace, sedendosi vicino ai ragazzi. Subito Chopper gli offrì del caffè che il moro accettò, ringraziando.
“È stato bello rivederti.” disse Sanji, sorridendo. Erano successe così tante cose da quando lo aveva incontrato sul Baratie, prima di decidere di riprendere a navigare con i suoi compagni e di incontrare il suo vecchio capitano. Avevano persino rischiato la pelle per via della marina, ma ancora una volta la loro buona stella non li aveva abbandonati.
“Anche se sono arrivato tardi per salvarvi?” chiese Ace, divertito. Avrebbe voluto arrivare prima per dare una mano a Rufy già sull’isola, ma in fondo non era andata troppo male nemmeno così.
“Quello che conta sono le intenzioni.” rispose Franky, alzando le spalle. Ace era davvero un tipo a posto, uno di quelli che ti stanno simpatici a prima vista. Era piuttosto diverso dal fratello, ma se uno li osservava per bene nemmeno così tanto. Entrambi erano forti, spensierati e distratti ma allo stesso tempo pronti ad intervenire se qualcuno a cui tenevano era in difficoltà.
“Si, è poi forse è andata meglio così.” commentò Ace, sorridendo. Forse se fosse arrivato prima Zoro non sarebbe stato costretto a raccontare tutta la verità ai compagni, ed il segreto che Rufy si portava dietro da sette anni non sarebbe mai stato scoperto.
“Credo anche io.” disse Robin, riflettendo sul fatto che alla fine il ritardo del ragazzo si era rivelato provvidenziale; era anche grazie a lui se ognuno di loro aveva capito di essersi sbagliato su Rufy.
“Ad ogni modo, direi che questo non è un addio. Negli ultimi mesi ci siamo visti spesso e con un po’ di fortuna credo che continueremo così.” mormorò Ace, sorridendo e scattando il piedi con un movimento veloce. I ragazzi sorrisero, certi che dietro quelle parole si nascondeva senza dubbio la verità.
“Arrivederci allora.” salutarono i ragazzi, mentre il moro si dirigeva verso il porto.
Dopo aver salutato Ace, Robin decise di fare un giro per pensare un po’ e finì per trovarsi vicino al porto. La ragazza guardò e verso il mare e subito si accorse che tra le navi ormeggiate spiccava la bandiera di Rufy. L’archeologa si perse a lungo a contemplare la Sunny, fino a che non si vide che a bordo c’era Rufy, parecchio impegnato; sembrava quasi che stesse preparando la nave per una partenza imminente. Subito quell’idea le sembrò folle, ma poi la collegò con la faccia preoccupata di Iceberg e con l’imminente partenza di Ace. Il volto della bella archeologa divenne una maschera di preoccupazione e ansia. Doveva capire cosa stava succedendo prima che fosse tardi.
“Rufy, che succede?” chiese Robin, salendo a bordo agilmente. Il ragazzo non parve troppo sorpreso dalla comparsa dell’amica, quasi la stesse aspettando.
“Ciao Robin.” salutò Rufy, sorridendo tranquillo senza interrompere le attività nelle quali era impegnato. La ragazza si guardò intorno ed ebbe la conferma che cercava; la nave era davvero pronta per la partenza. Sul ponte erano stipati parecchie botti e scorte di cibo, in attesa di essere portate nella stiva. C’erano anche munizioni per i cannoni, fasce, bende e medicine per il primo soccorso.
“Perché stai preparando la nave?” chiese ancora Robin, incredula. Il capitano sospirò e lasciò cadere la corda che stava arrotolando. La domanda che più temeva era appena stata fatta. Certo, sapeva che Robin era una donna intelligente e che di sicuro avrebbe capito che qualcosa non andava, ma lo stesso sperava che non facesse caso alla nave.
“Appena arrivano Ace e Zoro, partiamo.” disse Rufy, serio. Sapeva che quelle parole avrebbero di certo ferito la ragazza, ma non poteva farci nulla. L’archeologa strabuzzò gli occhi ma cercò di mantenere lo stesso un’espressione seria ed impassibile.
“Di già?” mormorò Robin, confusa. Rufy sospirò.
“C’è stato un imprevisto. Un amico è nei guai e ha bisogno di noi.” spiegò Rufy, scacciando alcune mosche che gli ronzavano intorno. Lasciare i suoi compagni a Water Seven non era facile, specie dopo tutto quello che era capitato, ma era necessario. Ne aveva parlato a lungo anche con Zoro, Ace ed Iceberg ed erano tutti giunti alla stessa conclusione; era ancora presto, sarebbe stato un suicidio portarli a combattere ora.
“Non potete aspettare qualche giorno..” mormorò Robin, cercando di nascondere la sua delusione. Doveva convincere il capitano a restare almeno il tempo necessario perché potessero parlargli. Non erano pronti a separarsi di nuovo da lui proprio ora che lo avevano ritrovato dopo tanto tempo.
“No Robin, non c’è tempo. È una cosa seria.” disse ancora Rufy, con il volto tirato dalle preoccupazioni. Robin non disse nulla, ma il ragazzo di gomma si accorse che stava piangendo in silenzio. Forse credeva di essere stata abbandonata un’altra volta. Rufy sospirò ancora. Aveva capito che i ragazzi volevano tornare nella ciurma, era stato Zoro a farglielo capire. Solo, non poteva permettere loro di tornare proprio ora che stavano per combattere un difficile scontro.
“Dai, non fare quella faccia. Questo non è un addio.” disse Rufy, prendendo le mani della ragazza tra le sue. Quel contatto sorprese l’archeologa, che alzò il viso a cercare gli occhi del capitano. Era sempre lo stesso ragazzo di sempre, eppure sembrava più sicuro di sé. Non poteva lasciarlo andare, non una seconda volta.
“Ma tu.. Voi..” balbettò Robin, tra le lacrime.
“Sono abbastanza convinto che io, Ace e Zoro sopravvivremo anche questa volta. Il mare è grande, ma non così grande.” sussurrò Rufy, fissando negli occhi la ragazza.
“Ci stai lasciando indietro un’altra volta?” chiese Robin, tirando su con il naso. Rufy si prese del tempo prima di rispondere, cercando le parole giuste.
“Ascolta Robin, sono davvero contento di quello che è successo nelle ultime settimane. Sul serio. Navigare ancora con voi è stato bellissimo e vorrei che voi veniste con me ora, ma capisco che è presto. Siete confusi, avete bisogno di tempo per realizzare tutto e prendere una decisione.” disse Rufy, fissando il mare. Li voleva davvero con lui, li voleva con tutto se stesso, ma sapeva che doveva aspettare ancora un po’; non voleva mettere in pericolo le loro vite, non avrebbe mai potuto perdonarselo.
“E tu questo tempo non puoi darcelo? Almeno qualche giorno.” implorò Robin, mentre Rufy si voltava nascondendo il viso alla ragazza.
“No Robin, è in gioco la vita di una persona.” disse Rufy, serio. L’archeologa si sorprese e si ritrovò a pensare che quella scena vista dall’estero doveva essere decisamente buffa, o forse patetica. Di certo non così drammatica come la vedeva lei.
“Fammi venire con te.” implorò ancora Robin. Rufy sospirò. Non si aspettava che sarebbe stato così difficile; molto più di sette anni prima.
“No, stai con gli altri. Dovete stare uniti e decidere insieme. Siete una ciurma, no?” mormorò Rufy, sorridendo. Robin non rispose, rimase li a piangere tra le braccia del suo capitano. Il tempo sembrava essersi fermato, tanto che la ragazza non sapeva se fossero passati secondi, minuti oppure ore.
“Prendi questa.” aggiunse Rufy dopo un po‘, porgendo un foglietto di carta all’archeologa.
“Una vivre card?” chiese Robin, sorpresa, rigirandosela tra le mani. Rufy annuì appena.
“Si, è la mia. Quando avrete deciso saprete dove raggiungerci. Se siete nei guai, fate il mio nome e ovunque sarete troverete qualcuno che vi aiuterà. Infine, voglio che tu metta questo. Promettimi che non lo toglierai.” rispose Rufy, infilando al braccio di Robin il suo braccialetto. Le parole del ragazzo confusero l’archeologa. Quella che teneva in mano era la prova che Rufy non voleva abbandonarli ma che sarebbe tornato da loro, prima o poi.
“Il tuo bracciale? Ma senza questo non puoi nuotare..” provò a protestare Robin. Rufy si mise a ridere e scosse la testa, divertito.
“Ne troverò un altro. Mi spiace non averne altri due, altrimenti te ne darei anche per Chopper e per Brook.” aggiunse Rufy, sorridendo.
“Non so che dire.” mormorò Robin, triste. Tra i due ricadde di nuovo un silenzio carico di tensione e di paura.
“Non piangere, te l’ho già detto. Questo non è un addio.” sussurrò Rufy, tornando a preparare la nave. Robin annuì appena, prima di scomparire nelle stradine della città.
Sapeva che doveva tornare dai compagni e raccontare loro tutto, ma era troppo sconvolta. Decise che avrebbe fatto prima un giro, ripensando a tutto quello che era successo in quel posto tanti anni prima.
Nel frattempo intorno alla locanda c’era parecchio fermento, nonostante non ci fosse traccia della marina, del governo o di altri scocciatori che volevano riscuotere le taglie. Tra i cittadini di Water Seven si era diffusa la notizia che i pirati che tanti anni prima avevano salvato Iceberg erano tornati e tutti si erano mossi per andare a trovarli per ringraziarli o per offrire loro da bere. Usop aveva sentenziato che di quel passo sarebbero stati tutti ubriachi prima della fine della giornata.  
“Ehi, brutto cactus.” urlò Sanji, guardandosi intorno. Era decisamente di cattivo umore perché Robin si era allontanata da sola, e non si decideva a tornare. Inoltre quella brutta testa di muschio sembrava essere sparita.
“Che c’è?” chiese Chopper, perplesso, fissando l’amico in modo interrogativo.
“Cerco Zoro, lo hai visto?” chiese Sanji, sbuffando. Aveva visto passare lo spadaccino solo qualche istante prima e aveva notato che aveva un’espressione decisamente strana. Il cuoco era più che mai deciso a trovarlo e a capire che stesse combinando quella testa vuota.
“No, sarà andato a salutare Ace che parte.” rispose Brook, alzando le spalle e tornando a prestare tutta la sua attenzione al suo adorato violino.
“Eccolo.” esclamò Nami, indicando lo spadaccino che stava vendendo verso di loro.
Non c’era nulla di insolito nel ragazzo tranne la grossa sacca che portava appesa ad una spalla, tremendamente simile a quella di Ace.
“Che ci fa con quella borsa?” chiese Franky, sorpreso. Credeva di riuscire ad immaginare la risposta, ma sperava con tutto se stesso di avere preso un granchio.
“Zoro, ma che diamine..” esclamò Nami, furiosa. Lo spadaccino sospirò, i ragazzi avevano già capito. Avrebbe dovuto prevederlo. Rufy aveva ragione, erano più furbi di quanto ricordava lui.
“Ciao ragazzi, sono passato a salutare.” mormorò Zoro, serio. Sapeva che la loro reazione non sarebbe stata delle migliori ma voleva essere lui ad avvisarli. Probabilmente avrebbero pianto, urlato o semplicemente maledetto lui e Rufy. Dopo tutto erano prevedibili.
“Che diavolo dici?” chiese Sanji, cominciando a temere il peggio. Lo spadaccino sospirò, non sarebbe stato un discorso facile.
“Io e Rufy partiamo con Ace.” spiegò Zoro, annullando con una semplice frase le speranze dei ragazzi di poterli seguire.
“No, non è vero.” esclamò Nami, scuotendo la testa. Non poteva credere che le parole dello spadaccino corrispondessero a verità. Erano stati abbandonati a se stessi, una seconda volta. Subito la ragazza sentì salire un’ondata di rabbia; avrebbe voluto spaccare la faccia a quello stupido spadaccino e al suo capitano, ma non sarebbe servito a nulla. Probabilmente alla fine sarebbero partiti lo stesso.
“Nami, mi spiace.” sussurrò Zoro, chinando la testa per evitare di guardare la ragazza. Sapeva che lei era quella che l’avrebbe presa peggio, ma non poteva fare altro. Avevano preso quella decisione insieme, per il loro bene.
“Sta succedendo ancora? Perché, dimmi perché?” chiese Sanji, furioso.
“C’è ancora tempo, corriamo al porto.” esclamò Usop, afferrando velocemente la sua borsa. Lo spadaccino sospirò e frenò il cecchino con un mano.
“No, non andrete da nessuna parte. Avete delle cose da fare qui, no?” chiese Zoro, fermando Usop. Il cecchino crollò a terra come una bambola di pezza.
“Che è preso a Rufy?” chiese Franky, sorpreso. Voleva capire; aveva disperatamente bisogno che qualcuno gli desse delle spiegazioni.
“Già, perché non può aspettare qualche giorno?” chiese Sanji, buttando la decima sigaretta nel giro di pochi minuti.
“Un amico ha dei guai con la marina, dobbiamo andare ad aiutarlo.” spiegò Zoro, senza aggiungere troppi dettagli. Meno cose sapevano, meno rischi avrebbero corso. Era stato Iceburg ad avvisarli che Jimbei li aveva cercati. Quando avevano scoperto le ragioni che avevano spinto l’uomo pesce a mandarli a chiamare avevano subito deciso di intervenire; un amico era nei guai e loro dovevano aiutarlo.
“Non può aspettare una settimana?” chiese Nami, sperando che Zoro si convincesse.
“No, non si può.” rispose Zoro, scuotendo piano la testa.
“Perché Rufy non ci ha detto che dovevamo decidere entro oggi?” chiese Chopper, tra le lacrime. Anche lui voleva delle spiegazioni, ma lo spadaccino non sembrava intenzionato a volerne dare; stava cercando di proteggerli da qualcosa.
“Che doveva dirvi? Decidete entro tal giorno perché poi devo andare a salvare un amico che sta combattendo due ammiragli?” chiese Zoro, seccato. Senza volere alla fine aveva rivelato tutto ai compagni. Si maledisse mentalmente e si ripromise di non dire altro.
“Due ammiragli?” chiese Sanji, mentre Nami impallidiva. La reazione degli altri fu più o meno la stessa; tutti trovavano pericolosa ed insensata la loro impresa. Nessuno sembrava capire, nonostante tutti loro conoscevano piuttosto bene la pazzia di Rufy.
“È troppo pericoloso, non ne uscirete vivi.” mormorò Usop, scuotendo la testa.
“Veniamo con voi.” disse Sanji, deciso. Non sarebbe rimasto a guardare due ammiragli massacrare i suoi amici, sarebbe andato con loro; anche a costo di rimetterci la pelle.
“Perdonami Sanji, ma non credo sia un buona idea. Siete un po’ fuori allenamento e Smoker è un osso duro.” sospirò Zoro, sorridendo.
“Quindi che dobbiamo fare? È stato tutto inutile?” chiese Nami, decisa ad avere una risposta. Zoro sospirò e si prese del tempo per riflettere prima di dare una risposta.
“No, Nami. Sono cambiate tante cose e sono convinto che presto torneremo a navigare insieme, ma non ora. È presto.” spiegò Zoro, pazientemente.
“Non prenderci in giro. Il mare è enorme e noi vi abbiamo trovati per caso. O meglio, è stato grazie alla marina. Cosa dovremmo fare per ritrovarvi, faci catturare ancora?” chiese Usop, privo di speranza. Forse sarebbe stato meglio non incontrarli affatto, non scoprire la verità e continuare da subito a cercare il loro tesoro. Si sarebbero risparmiati di sicuro l’ennesima delusione e non sarebbero stati in ansia per quei due incoscienti.
“No, seguite questa.” rispose Zoro, porgendo al cecchino un foglio di carta.
“La tua vivre card?” chiese Sanji, stupito. La mossa del ragazzo sorprese tutti. Lo spadaccino decise di approfittare del momento per togliere le tende. Confusi come erano non lo avrebbero di sicuro seguito.
“Arrivederci ragazzi.” salutò Zoro, dirigendosi verso il porto.
Nami si voltò di scatto per non vedere il ragazzo che si allontanava o forse perché non voleva che lui la vedesse piangere. Non era un addio, ne era certa, ma era lo stesso troppo doloroso. Ancora una volta Zoro andava con Rufy e loro restavano a guardare.
Quando Robin tornò verso la locanda era quasi sera. L’archeologa trovò i compagni seduti intorno al tavolo, silenziosi, pensierosi e decisamente tristi. Subito immaginò che alla fine la notizia della partenza di Rufy e Zoro era arrivata anche a loro. Da una parte ne era contenta; sarebbe stato troppo difficile per lei avvisare i compagni che le loro speranze di partire con il loro capitano erano sfumate, almeno per il momento.
“Robin, non sai cosa è successo..” cominciò a raccontare Brook, in risposta ad uno sguardo interrogativo della ragazza che però lo interruppe quasi subito facendo spuntare una mano dal nulla alle sue spalle.
“Sono partiti, lo so.” rispose Robin, abbassando la testa. I compagni si destarono dallo strano torpore in cui sembravano essere caduti, ed alzarono la testa verso la ragazza.
“Come lo sai?” chiese Usop, incredulo.
“Ho parlato con Rufy prima, al porto.” spiegò Robin, raccontando loro di come aveva trovato Rufy intento a preparare la nave. I suoi compagni si stupirono sentendo che il loro vecchio capitano avesse davvero dato spiegazioni a uno di loro.
“Che ti ha detto?” chiese Nami, sorpresa.
“Gli spiaceva partire, ma doveva andare da un amico in difficoltà.” raccontò Robin, triste. Usop sospirò; era la stessa cosa che aveva detto anche Zoro.
“Si, è andato a combattere contro due ammiragli..” disse Sanji, seccato dalla pazzia di quei due e dal fatto che non lo avessero portato con loro. In fondo la sua rabbia derivava dal fatto che era geloso e che avrebbe voluto essere al fianco di Rufy mentre si scontrava con il suo nemico storico Smoker.
“Due ammiragli? Sono pazzi, non ne usciranno vivi.” esclamò Robin, spaventata. Un conto era affrontare degli ufficiali della marina, decisamente un altro affrontare gli ammiragli con la loro flotta al seguito. La ragazza si ritrovò a pregare perché non fossero soli in quell’impresa ma accompagnati da Jimbei e da qualche altro alleato.
“Non sottovalutarli, quei due sono pazzi abbastanza..” mormorò Franky, sorridendo.
“In effetti..” mormorò Usop, scuotendo la testa. Il ricordo della follia dei due amici appena partiti riuscì a strappare un sorriso ai ragazzi. In fondo anche in passato avevano combinato pasticci assurdi e all’apparenza gravi, come quella volta che Rufy aveva preso a pugni il figlio di uno dei draghi celesti.
“Ad ogni modo, Zoro ci ha lasciato la sua vivre card per trovarlo.” disse Chopper, pieno di speranza. Se lo spadaccino aveva dato loro un pezzo della sua vivre card era perché voleva essere ritrovato.
“Io invece ho quella di Rufy.” aggiunse Robin, sorridendo dello stupore dei suoi compagni. Quest’ultima notizia infatti li lasciò di sasso, forse ancora più del gesto dello spadaccino; anche Rufy voleva essere ritrovato, non solo Zoro. Forse non tutto era ancora perduto.
“Cosa?” chiese Usop, incredulo. Se Rufy aveva dato loro un pezzo della sua vivre card voleva dire che anche lui voleva tornare a navigare con loro e che non si considerava solamente un peso.
“Me l’ha data lui prima.” spiegò la ragazza, riponendo con cura il pezzetto di carta in una tasca interna della giacca per non rischiare che andasse perduta.
“E quel bracciale?” chiese Chopper, indicando il polsi della ragazza. Lo sguardo di Robin cadde sull’oggetto e il suo pensiero tornò subito al suo vecchio proprietario mentre ricordava il pomeriggio passato a nuotare con Zoro e Rufy. Sembrava passato un sacco di tempo mentre invece si trattava solo di giorni.
“Anche quello è di Rufy, me lo ha lasciato lui.” rispose Robin, sospirando. L’archeologa si trovò a pensare con nostalgia a quei momenti in cui ridevano e tutto andava bene.
“Perché?” chiese Franky, confuso. Era uno strano regalo, apparentemente senza senso.
“È il bracciale che permette a chi ha mangiato i frutti del mare di nuotare. Ha insistito perché lo prendessi per sicurezza e gli spiaceva non averne altri due per voi.” spiegò Robin, ricordando le parole del capitano e raccontando brevemente le caratteristiche dell’oggetto. Tutti rimasero sorpresi ed increduli, ma allo stesso tempo preoccupati.
“Non avrebbe dovuto lasciarlo a te. Sta andando a combattere contro due ammiragli, non avere il problema di cadere in acqua gli avrebbe fatto comodo.” mormorò Nami, preoccupata. Quella testa vuota come sempre aveva pensato agli altri, ignorando la propria sicurezza; la navigatrice gli ripeteva spesso che a furia di aiutare gli altri prima o poi sarebbe morto.
“Se avessi saputo che doveva combattere contro avversari così forti non lo avrei preso.” disse Robin, preoccupata e piena di sensi di colpa.
“Conosci anche tu Rufy, avrebbe insistito e alla fine lo avresti preso lo stesso.” cercò di rassicurarla Sanji, premurosa come sempre.
“È troppo testardo.” sbuffò Nami, ormai rassegnata alle stranezze del suo capitano.
“Si preoccupa per noi anche se sta andando a combattere una battaglia quasi impossibile.” commentò Usop, con gli occhi lucidi. Nonostante tutto il tempo che era trascorso e gli anni passati lontani non poteva fare a meno di volere bene a quell’impiastro e di preoccuparsi per lui; era il suo migliore amico dopo tutto, e il tempo non poteva certo cambiare queste cose.
“Andiamo ad aiutarlo, allora.”esclamò Brook, alzandosi in piedi e battendo l’ossuto pugno sul tavolo. Sanji imprecò silenziosamente e si mise a guardare lontano.
“No, ha ragione Zoro. Siamo troppo deboli, saremmo solo d’impiccio.” sbuffò Franky, maledicendo il fatto di non poter essere di alcuno aiuto ai due compagni.
“Chopper, Rufy è in condizione di combattere?” chiese Robin, pensierosa.
La piccola renna sembrò pensarci su un po’, valutando la situazione prima di rispondere.
“Beh, credo di si. Adesso sta bene, ma se stava a riposo è meglio.” disse alla fine, sospirando. Una persona normale ci avrebbe messo settimane, forse addirittura mesi, prima di riprendersi ma si sapeva che Rufy non era affatto una persona normale. Tenerlo a riposo fino a quel momento era stata una vera impresa.
“Che facciamo?” chiese Usop, guardando i compagni in cerca di risposta.
“Sistemiamo i nostri affari qui, prendiamo una nave e raggiungiamoli.” rispose Nami, sicura. Trovare una nave non sarebbe stato certo difficile con le loro conoscenze. Sicuramente Iceberg e la Franky Family ne avrebbero trovata una adatta a loro.
“È pericoloso, potremmo essere coinvolti nella battaglia.” ricordò Sanji, accendendosi l’ennesima sigaretta della giornata. Nami lo fulminò con lo sguardo, gli tolse la sigaretta dalla bocca e la calpestò fino a non lasciarne più traccia.
“Ci terremo a distanza.” disse Nami, decisa. Negli occhi della ragazza brillava una strana luce; era determinata ed era tanto determinata da non essere disposta ad accettare un no come risposta.
“Che intenzioni hai?” chiese Chopper, confuso. Sicuramente Nami aveva un piano, probabilmente anche abbastanza brillante da fare al caso loro. Robin guardò l’amica, e capì cosa aveva in mente.
“Quando lo scontro sarà finito quei tre avranno bisogno di cure e di una via di fuga.” mormorò Robin, sorridendo. Nami guardò l’archeologa e annuì, decisa.
“Hai ragione!” esclamarono in coro i compagni. Alla fine avevano preso la loro decisione; sarebbero partiti e avrebbero aiutato i loro compagni.
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Water Seven era ormai lontana e tornare indietro a prendere i compagni era fuori discussione. Ace, Rufy e Zoro navigavano infatti ormai da ore, in assoluto silenzio. Jimbei li aveva raggiunti già da un po’ e si era sorpresa della strana atmosfera che si respirava a bordo della Sunny senza tuttavia fare domande. Si era seduto e aveva preso a guardare alternativamente il mare e gli amici, aspettando con pazienza il momento delle spiegazioni o quanto meno che passasse quello della tristezza.
“Ehi, allora è proprio un’abitudine la tua..” esclamò Ace, scuotendo divertito la testa e distogliendo tutti dai loro pensieri. La voce allegra del moro risuono su tutta la nave, facendo sorridere Zoro e Jimbei ed arrabbiare Rufy.
“Che vuoi?” chiese Rufy, seccato. Odiava essere riscosso quando era immerso nei suoi pensieri, anche se era suo fratello a chiamarlo, senza contare che aveva un tremendo mal di testa. Ace si voltò di scatto verso il fratellino, furioso.
“Brutto idiota, ti sembra il modo di rispondere al tuo fratellone?” chiese Ace, prendendo a pugni il fratello minore. In breve i due si trovarono coinvolti una assurda discussione e si stavano rinfacciando cose avvenute quasi quindici anni prima.
“Basta, la volete smettere?” chiese Zoro, seccato dai continui litigi dei due fratelli.
Gli interessati fecero finta di non sentirlo e continuarono la loro lotta, ridendo. Zoro prese a scuotere la testa, chiedendosi se quegli idioti lo facevano apposta per fare ammattire lui o solo perché erano impazziti per via del troppo sole.
“Sono così divertenti.. Io li adoro!” esclamò Jimbei, divertito dal simpatico siparietto familiare. Zoro sbuffò, annoiato.
“Perché non li sopporti tutto il giorno. Scommetti che se facciamo cambio poi comincerai a pensarla diversamente?” mormorò Zoro, seccato. L’uomo pesce si mise a ridere, ribaltandosi dalla sedia sulla quale era seduto.
“Anche tu sei uno spasso, spadaccino.” esclamò Jimbei, divertito. Zoro aprì la bocca per rispondere, ma qualcuno lo precedette.
“Gli uomini pesce hanno dei gusti che fanno schifo.” disse una voce, proveniente da una nave che si era appena accostata alla Sunny. Ace e Rufy smisero di litigare e si voltarono per vedere chi fosse. Non ci volle molto per riconoscere il pirata che si era affiancato. Di fronte a loro infatti c’era la nave del capitano Kidd, accompagnato dal suo fido compare Killer e dagli altri compagni, tutti con una faccia terrificante.
“Sembra che ci siamo proprio tutti.” mormorò Ace, scrutando a fondo i nuovi arrivati. Era sorpreso del loro arrivo, ma nemmeno più di tanto; quando si trattava di fare qualcosa di pericoloso Jimbei era sempre più prudente di loro e faceva le cose fatte bene in modo che non si facesse male nessuno.
“Era proprio necessario che venivano anche loro?” chiese Zoro, imbronciato. Non provava una eccessiva simpatia per Kidd e i suoi compari, e la cosa era reciproca. In particolare, non sopportava Killer. Più di una volta era capitato che discutessero e arrivassero a combattere e solo l’intervento dei loro capitani aveva evitato che qualcuno si facesse seriamente male; entrambi ci sapevano fare piuttosto bene con le lame.
“Ricordo a tutti che stiamo affrontando due ammiragli, non un branco di femminucce.” sbuffò Jimbei, seccato da quelle inutili proteste. Sapeva dall’inizio che mettere insieme pirati così diversi era un’impresa difficile, ma era necessario perché nessuno ci rimettesse la pelle.
“Ammiragli, femminucce.. Non è che ci sia poi tutta questa differenza.” commentò Killer, ridendo. Immediatamente fu fulminato dagli sguardi di molti dei presenti.
“Continua a dire queste fandonie e ti farai ammazzare Killer, ne sono convinto.” precisò Zoro, serio, pregustando l’ennesimo litigio.
“Ti inviterò al suo funerale.” promise Kidd, mettendosi tra i due per prevenire uno scontro. Killer cercò di ribattere, ma un’occhiata del suo capitano gli fece cambiare idea. Il vice capitano sapeva bene che non conveniva discutere con Kidd, a meno che non fosse strettamente necessario.
“Ehi Kidd, dimmi..” iniziò Rufy, facendo qualche passo e portandosi di fronte al nuovo arrivato. Il pirata alzò lo sguardo, divertito. Cappello di Paglia in fondo gli era simpatico, nonostante sconfiggerlo fosse diventato quasi una fissazione per lui. Molti dicevano che loro rivalità si poteva paragonare a quella di Gol D Roger e Barbabianca.
“Cappello di Paglia, non ci siamo ancora salutati come si deve. Cosa vuoi sapere?” chiese Kidd, sogghignando.
“Perché sei qui? Non è da te essere così altruista da andare ad aiutare qualcuno.” mormorò Rufy, pensieroso. Decisamente Kidd non era un pirata con la fissa di aiutare gli altri. Normalmente amava starsene per i fatti suoi, attaccare navi, spaventare pirati e fare crescere la sua fama di cattivo. Kidd sbuffò, annoiato; possibile che tutti lo credessero davvero così malvagio e pessimo?
“Il mare meridionale è parecchio noioso, almeno di recente.” esclamò Kidd, scoppiando a ridere per smorzare la tensione che si era venuta a creare.
“Tutto qui?” chiese Ace, curioso. Un uomo come Kidd non affronta due ammiragli solo per noia. Uno come Killer forse, ma lui No. Nonostante le apparenze Kidd era una persona estremamente intelligente, calcolatrice e concreta. Non era da lui rischiare la vita senza avere qualcosa da guadagnarci.
“Beh, Trafalgar Law è un mio vecchio amico. Abbiamo dei conti in sospeso e voglio essere io ad ucciderlo.” rispose Kidd, seccato. Odiava ammetterlo ma Law lo aveva salvato da un paio di situazioni difficili senza mai dargli troppe spiegazioni. Andargli in aiuto era il minimo che poteva fare, anche se questo voleva dire sopportare per qualche giorno Jimbei, Ace e quei due svitati di Rufy e Zoro.
Ace sorrise, soddisfatto dalla risposta, e decise di lasciare cadere la questione.
Alla fine scese la sera e dopo una lunga e velenosa discussione i pirati decisero che avrebbero cenato tutti insieme sulla Thousand Sunny. Fu una cena movimentata e per poco ci mancò che qualcuno ci rimettesse una mano, solo la determinazione di Jimbei nell’andare a salvare Law e la sua ciurma mantenne tutti calmi e soprattutto vivi.
Dopo cena Rufy sparì, ricomparendo dopo un po’ sulla polena della nave. Lo spadaccino si trovò a fissare il compagno riflettendo sugli ultimi giorni. Nel giro di poche settimane erano successe un sacco di cose e non avevano mai avuto il tempo di rifletterci sopra a fondo. Adesso stavano andando a combattere la marina in uno scontro epocale che avrebbe fatto storia. Se ci avessero rimesso la pelle allora tutti gli sforzi per riavvicinare la ciurma sarebbero stati vani.
“Questa nave è parecchio affollata, non è vero capitano?” chiese Zoro, fissando il continuo via via di gente che passava da una nave all’altra. Rufy non rispose, ma sorrise.
“Sembra di stare ai vecchi tempi, ad Alabasta..” commentò Ace, riferendosi a quando aveva incontrato per la prima volta i compagni del fratello. Rufy sbuffò, fulminando entrambi con lo sguardo.
“Ma che dite. Certo Jimbei, Kidd e gli altri sono simpatici ma non centrano nulla con gli altri.” sbuffò Rufy, malinconico. Gli mancavano i suoi compagni e sentiva di averli abbandonati un’altra volta.
“Non potevi fare diversamente, non questa volta.” disse Ace, serio.
“Si, lo so.” mormorò Rufy, guardando distrattamente il fratello. Non gli portava rancore per la discussione di poco prima. Tra loro le cose andavano così; un attimo litigavamo e arrivavano a picchiarsi e poco dopo tornavano ad essere più uniti che mai.
“Incredibile.” esclamò il fratello maggiore, sorpreso.
“Cosa?” chiese Rufy, curioso.
“Per la prima volta dopo sette anni siamo d’accordo su questo argomento.” esclamò sorpreso Ace, scoppiando a ridere di gusto. Il fratello minore non sembrava divertirsi.
“Idiota.” lo apostrofò Rufy.
“Ancora? Sono il tuo fratello maggiore, non puoi permetterti! Babbeo!” urlò Ace, dando inizio all’ennesima lotta della giornata.
“Li torneremo a prendere, capitano.” disse Zoro, serio, mettendo inconsapevolmente fine a quella stupida discussione.
“Si, lo so.” rispose Rufy, evitando i colpi del fratello.
“Dovete cercare di sopravvivere allora.” esclamò Ace, sorridente.
“So anche questo. Robin e gli altri se lo aspettano..” disse Rufy, sorridendo.
“Non è bello rovinare le aspettative.” commentò Zoro, divertito.
“Andate a nanna, domani ci aspetta una grande battaglia.” urlò Jimbei, dal ponte principale rivolto a tutti i pirati presenti.
“Non accetto ordini da un uomo pesce.” esclamò Kidd, preparandosi a prendersela con il capo degli uomini pesce.
“Falla finita, Kidd.” sbuffò Rufy, senza nemmeno alzarsi.
“Cappello di Paglia!” tuonò Kidd, furioso, avvicinandosi a grandi passi all‘altro pirata che non si mosse dalla sua posizione.
“Perché ti ostini a chiamarmi così? Non c’è l’ho più il cappello.. Vedi?” fece notare Rufy, tranquillo. La situazione era davvero comica, se si tralasciava il dettaglio che i due pirati all’occorrenza erano capaci di diventare molto pericolosi.
“Vero. Allora.. Ehm.. Rufy!” si corresse Kidd, spiazzato.
“Si dimmi.” mormorò Rufy, serio, mentre Ace e Zoro alle sue spalle scoppiavano a ridere di quella strana situazione.
“Io non prendo ordini da te!” urlò Kidd, tornando paonazzo come poco prima.
“Va bene, come vuoi. Io vado a letto, tu fa lo stesso.” rispose Rufy, voltando le spalle al pirata.
“Dannato moccioso.” esclamò Kidd, seccato, dirigendosi verso la sua nave seguito dal fido Killer.

ANGOLO DELL'AUTRICE:
rieccomi qui con il capitolo; -2 alla fine e tanta tristezza.
grazie a tutti coloro che sono arrivati fino a qui a leggere la mia storia!
piccola curiosità: la parte con Kidd, Killer e Jimbei non c'era, l'ho introdotta alla fine; ditemi cosa ne pensate.

KGM92: grazie mille!!!
eh si, mi piace fare le cose con calma così nei periodi di esami, tesi e problemi vari ho rallentato la pubblicazione.
la prossima volta che pubblico una storia la scrivo prima tutta.. (me lo riprometto ogni volta ma non ci riesco mai!)
-2 alla fine, aspetta mi raccomando!

LADYSAIKA: grazie mille!!!
eh si, tornano da Rufy. solo che lui parte, tutto rimandato al prossimo capitolo!
davvero ti piace l'idea del braccialetto?
addirittura tra i preferiti? sei un angelo! :D

HERMIONE616: grazie mille!!!
eh si, Ace è un nulla facente! la verità è che io disapprovo le scelte di Oda nel manga e cerco di porvi rimedio nella storia!
a Jimbei invece non piace per nulla passare inosservato!

SAISAI_GIRL: grazie mille!!!
per una volta Zoro fa il saggio e non la testa vuota! grande, vero?
spero che questo capitolo non ti abbia incasinato ancora di più le idee!

NEKO: grazie mille!!!
eh si, avevo notato anche io che tutti hanno ripreso a postare regolarmente! meno male! :D
dopo lo scorso capitolo di relax la vita frenetica dei nostri pirati preferiti riprende!
per i braccialetti Rufy ha detto va bene, ma che devi aspettare perchè Smoker gli sta un po' addosso ultimamente.
se gli lasci un recapito poi passano lui e Zoro a portartelo, oppure Ace se preferisci..

TRE 88: grazie mille!!!
spero che questo capitolo ti sia piaciuto anche se la ciurma di riunisce nel prossimo!

LADYSHINIGAMI: grazie mille!!!
complimenti, te la sei letta tutta d'un fiato. bravissima!
- 2
nel prossimo capitolo ci sarà un bel po' di azione!

SMEMO92: grazie mille!!!
Zoro che dice a qualcuno di svegliarsi è incredibile, vero?
spero che questo capitolo ti sia piaciuto!

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Capitolo 19
*** scontri epici e ritorni graditi ***


CAPITOLO 17
SCONTRI EPICI E RITORNI GRADITI


La mattina seguente sulla Sunny tutti erano assonnati e nervosi, dal primo all’ultimo; per motivi diversi nessuno dei pirati alla fine era riuscito a dormire per più di due ore di fila. Persino Kidd, che ne aveva viste ben di peggiori nella sua vita, si era svegliato con uno dei più colossali mal di testa della sua vita ed era giunto alla conclusione che quella fosse la logica conseguenza a cui si andava incontro quando due ciurme opposte ed improbabili passano la notte a poca distanza l’una dall’altra.
Gli unici veramente di ottimo umore, come al solito del resto, erano Ace, Rufy e Jimbei. Gli altri, in particolar modo Zoro, avevano gli occhi ridotti a fessure e meditavano vendetta o quanto meno di cancellare quelle espressioni rilassare dal volto dei tre pirati in questione. Ritrovarsi il proprio nemico accanto appena sveglio e sapere di non poterlo abbattere era tremendo, vedere il proprio capitano ridere felice era semplicemente inaccettabile anche per un tipo pacato e solitario come Zoro.
“È semplicemente inaccettabile che siano così allegri.” dichiarò Killer tra i denti, fissando Ace e dando voce ai pensieri che passavano per la mente di quasi tutti.
Dei bisbigli alle sue spalle fecero intuire che anche i suoi compagni dovevano pensarla come lui in proposito. Kidd non si era espresso, limitandosi a sorseggiare lentamente il suo the pensando alla battaglia che sarebbe iniziata di lì a poco.
“Mai stato più d’accordo.” confermò Zoro, bevendo un lungo sorso di caffè nero nella speranza di svegliarsi davvero. Era raro che lui e Killer si trovassero d’accordo su qualcosa, praticamente impossibile. Era successo solo un’altra volta, qualche anno prima, quando Jimbei si era messo in testa di invitare tutti ad un ridicolo party in costume da bagno, provvedendo lui stesso alla scelta degli indumenti. Aveva invitato tutti quanti con la scusa di un attacco e si era goduto le espressioni atterrite dei pirati quando avevano scoperto come stavano veramente le cose. Kidd era andato su tutte le furie, minacciando di fare a fette l’uomo pesce ed i suoi compagni. Anche quella volta Ace e Rufy l’avevano presa sul ridere, accettando di buon grado l’umiliazione di un costume ridicolo. Zoro e Killer si erano opposti categoricamente, incrociando le braccia e scatenando l’ira dell’uomo pesce, che alla fine aveva avuto la meglio. Jimbei alla fine trova sempre il modo di risultare convincente. Si tratta di una legge, non scritta ma comunque immutabile. Law aveva osservato la scena, tenendosi in disparte.
“Voi due che andate d’accordo? Potrebbe essere un segno che l’apocalisse è vicina..” commentò Ace, divertito, ignorando gli sguardi pieni di rabbia che lo fissavano. La sua espressione era serena, a dispetto della cruenta battaglia che si sarebbe scatenata di lì a poche ore. Kidd sbuffando lanciò un’occhiata al compagno e a Zoro, come per controllare la situazione ma decise di non fare commenti per non peggiorare le cose. Fino a che non arrivavano alla mani, o meglio alle lame, per quello che lo riguardava potevano andare avanti a provocarsi a vicenda.
“Sono sempre così?” chiese uno dei compagni di Killer a Zoro, indicando i due fratelli che parlavano tra loro, ignorando il resto dei pirati presenti sulla nave. Ace aveva appena detto qualcosa, Rufy lo aveva fissato rapito per qualche istante con gli occhi che gli brillavano, poi aveva iniziato a battere le mani, eccitato.
Lo spadaccino dai capelli verdi sospirò ed alzò le spalle.
“Intendi allegri, felici e di buon umore anche la mattina presto dopo una notte in bianco?” chiese Zoro, ironico.
Killer roteò gli occhi, insofferente, mentre i compagni erano attenti a non perdersi nemmeno una parola del ragazzo.
“Che altro, senno?” esclamò l’altro, sbuffando.
“Beh, si. È la normalità.” confermò Zoro, appoggiando la tazza vuota sul tavolo.
Per qualche istante aveva creduto che un buon caffè avrebbe potuto svegliarlo del tutto, ma non era stato così. Poco male. Avrebbe dovuto aspettare l’imminente scontro per riprendersi del tutto. Una battaglia aveva sempre avuto il potere di scuoterlo e fargli vedere le cose in modo più chiaro. Non c’era nulla di più rilassante per lo spadaccino che non impugnare le sue tre katane e sentire i muscoli tendersi per colpire l’avversario con i suo fendenti letali e precisi.
“È disgustoso!” sbottò Kidd, scandalizzato, battendo forte il pugno sul tavolo e attirando l’attenzione dei presenti. Jimbei rise forte, divertito dall’espressione seccata del pirata.
Nonostante sembrasse burbero, violento e particolarmente crudele, Kidd era una persona completamente diversa. Certo, era decisamente più schivo di Ace e Rufy, ma era lo stesso un pirata con degli ideali e con un grande rispetto sia per gli alleati che per gli avversari. Se non fosse stato così non avrebbe mai raggiunto Rufy, Ace, Zoro e Jimbei per aiutare Law e la sua ciurma. Inoltre il capitano Kidd era una persona davvero divertente, specie per quelle sue buffe espressioni di sorpresa di fronte alle reazioni del ragazzo di gomma e di suo fratello.
“Parliamo di cose serie?” chiese Rufy una volta finita la colazione, diventando improvvisamente serio. Il fratello trasalì, ma prese a fissare con attenzione il minore.
I pirati di Kidd si fecero silenziosi ed attenti, stupidi dal repentino cambiamento di umore del capitano pirata. Zoro fissò intensamente l’amico, realizzando che di lì a poco si sarebbe veramente scatenato l’inferno. Conosceva abbastanza il suo capitano da sapere che quando diventava così serio poi erano dolori per gli avversari.
“Sarebbe anche ora..” sbuffò Kidd, senza perdere di vista il ragazzo di gomma.
Era deciso a dimostrare il suo valore, facendo capire a tutti che il Capitano Kidd non aveva nulla da invidiare al Re dei Pirati, tranne forse il titolo, la fama e una taglia stratosferica.
“Ehi, mocciosi. Niente colpi di testa, intesi?” esclamò Jimbei, autoritario, richiamando tutti i presenti all‘ordine. Sapeva bene che molti dei pirati presenti erano teste calde, quasi tutti a dire il vero, più interessati a mostrare il proprio valore che ad essere prudenti. Come al solito sarebbe toccato all’uomo pesce fare in modo che nessuno si facesse troppo male. Non più del necessario almeno.
“Bestione, io non prendo ordini da te.” sbottò Killer, furioso, alzandosi di scatto. Fece per andare addosso al grosso uomo pesce, ma con un gesto deciso Ace lo fermò impedendo lo scontro. Iniziare la giornata con un’inutile discussione era davvero una pessima idea, specie prima di una battaglia contro la marina. Inoltre, non era prudente scagliarsi contro Jimbei in quel modo.
“Sta zitto, idiota.” lo apostrofò Zoro, sfiorando con delicatezza le sue spade senza sfoderarle. La velata minaccia non placò l’altro spadaccino, al contrario, lo fece diventare ancora più rosso di rabbia.
“Nessuno mi può dire di stare zitto, io sono il grande Killer.” tuonò l’altro, furioso. Odiava quando la gente non lo prendeva sul serio, specie se si trattava di Zoro. Tra tutti gli spadaccini che aveva incontrato lungo la rotta del grande blu, Zoro era decisamente il più pazzo, testardo e insopportabile, ma anche il più abile; sconfiggerlo sarebbe stato semplicemente fantastico, ma Killer era abbastanza intelligente da intuire non si trattasse di un’impresa alla portata di tutti. Uomini ben più preparati di lui, tra cui Mr1 e lo stesso Occhi di Falco, alla fine erano caduti sotto le sue tre spade.
“Si, come ti pare..” sbuffò Zoro, annoiato, giocherellando con l’elsa della sua spada bianca. Nonostante fosse la più vecchia era quella che era conservata meglio, la sua più fedele alleata nonché compagna di battaglia. Erano in pochi a conoscere la storia oltre al suo capitano, si potevano quasi contare sulle dita di una mano.
“Come osi, io..” ringhiò Killer, preparandosi all’ennesima lotta con lo spadaccino. Zoro non reagì, pronto a difendersi se attaccato. Lanciò una rapida occhiata al suo capitano, che lo fissava divertito.
“Sta zitto, Killer.” ordinò Kidd, alzando gli occhi al cielo. Una discussione in quel momento sarebbe stata una gigantesca ed inutile perdita di tempo. Sapeva bene che Rufy non avrebbe fermato lo scontro, tanto valeva che lo facesse lui.
“Va bene, capitano.” rispose Killer, placandosi improvvisamente. Nessuno commentò la velocità con la quale l’uomo aveva eseguito gli ordini del suo capitano. Lo scontro con la marina era sempre più vicino e rendeva tutti sempre più nervosi ed intrattabili.
Gli unici ad essere immuni sembravano essere Rufy, Zoro ed Ace. Come al solito i tre non sembravano particolarmente preoccupati per ciò che accadeva loro intorno. Jimbei li aveva da tempo etichettati come folli, ma Rufy sapeva bene quanto in realtà l’uomo ammirasse il loro coraggio e la loro determinazione. Ormai i pirati si aspettavano di scorgere i galeoni degli ammiragli da un momento all’altro. La marina aveva circondato la ciurma di Trafalgar Law da qualche giorno. I pirati avevano resistito per un po’, ma presto era diventato evidente che da soli non avevano alcuna possibilità di farcela.
Rufy sperava che non fosse troppo tardi. Trafalgar Law tempo prima lo aveva tirato fuori da un brutto pasticcio, portandolo in salvo dal quartiere generale della Marina e salvandogli la vita; credeva di essere giunto alla fine ed invece il pirata gli aveva offerto una possibilità di salvare la pelle e riscattarsi. Ricambiare il favore era il minimo che potesse fare. Inoltre, a differenza di Kidd e della sua ciurma, Trafalgar Law era un tipo a posto. Non che Kidd non lo fosse, solo, non era bravo a dimostrarlo. Non quanto l’altro pirata almeno. Sarebbe stato un vero peccato se uno come Law avesse fatto una brutta fine. O meglio, sarebbe stato un peccato se la marina, e non Rufy o Kidd, sarebbe stata causa della fine del pirata. Anche Kidd, nonostante il suo pessimo carattere, doveva pensarla come lui. Almeno, questo era l’unico vero motivo che poteva avere spinto uno come lui ad andare in aiuto di qualcuno.
Dopo colazione la nave riprese a solcare l’oceano ed i pirati si divisero in piccoli gruppi. Rufy si trovava a poppa, insieme a Ace e Zoro. Il capitano era d’improvviso diventato più silenzioso, quasi un peso invisibile lo schiacciasse. Lo spadaccino lo guardò a lungo, perplesso, immaginando che genere di pensieri lo stessero tormentando a quel modo. Sicuramente non era l’imminente battaglia a turbarlo; Rufy non si faceva mai turbare da quel genere di cose, dava per scontato che sarebbe stato in grado di uscirne.
“Ehi, capitano.. Non mi dire che sei preoccupato!” sbottò Zoro, improvvisamente, incuriosito dal comportamento del proprio capitano. Rufy non si era mai preoccupato più di tanto per la propria incolumità e di certo non avrebbe cominciato a preoccuparsene ora. Al contrario, da sempre combatteva per proteggere le persone che gli stavano più a cuore, sia che esse fossero presenti sia che fossero assenti.
“Fratellino, non è da te..” esclamò Ace, sorpreso. C’era qualcosa di terribilmente strano e sbagliato nel vedere suo fratello minore serio. Non era da lui ed era sintomo che qualcosa non andasse. Ogni volta che Rufy era giù di morale, Ace sentiva il proprio cuore stringersi, quasi fosse colpa sua. Tempo fa aveva giurato a Sabo e Dadan, ma soprattutto a se stesso, che sarebbe sempre stato accanto al fratellino, che si sarebbe preso cura di lui e che non avrebbe mai permesso che qualcosa lo rendesse triste. Vederlo così era una sconfitta sotto tutti i fronti.
Rufy sbuffò, senza degnare gli altri due di uno sguardo. Non aveva voglia di discutere con i due, specie prima di una battaglia così importante. Sapeva che non doveva pensare ai suoi compagni, in particolare non aveva nessun senso preoccuparsi per loro. Doveva uscire vincitore per tornare da loro. Il pensiero dei suoi compagni lo rese ancora più triste anche se sapeva bene che Nami e gli altri erano al sicuro a Water Seven, lontani mille miglia da quella terribile battaglia che li aspettava.
Il capitano sospirò, fissando l’orizzonte. Sapeva che era giusto così, tuttavia non riusciva a non essere triste. Era inutile mentire a se stessi, i suoi amici gli mancavano.
“Sono solo un po’ pensieroso.” ammise alla fine il moro, senza sbilanciarsi. Parlare di quello che lo tormentava voleva dire discutere con i due amici, soprattutto con Zoro.
“Come mai?” insistette Zoro. Rufy sbuffò ancora, sperando che il suo compagno la smettesse con le sue domande. Sapeva bene che lo spadaccino poteva leggergli nella mente e che continuava a fare domande solo per spingerlo a sfogarsi.
“Sai Zoro, a volte è difficile sorridere sempre qualunque cosa succeda.” sospirò Rufy.
Zoro rimase a lungo in silenzio, colpito dalla parole del suo capitano. Forse era stata la serietà con le quali le aveva pronunciate a lasciarlo di sasso, oppure la consapevolezza che anche l’amico poteva avere una giornata no durante la quale trovasse difficile trovare qualcosa per il quale sorridere. Per lui era normale alzarsi al mattino e trovare l’amico sorridente. Era talmente abituato al suo perenne buon umore da aver smesso da tempo di considerare che anche per Rufy alle volte potesse essere difficile ridere e che la sua in realtà fossa una maschera dietro alla quale nascondeva le sue incertezze, le sue paure ed i suoi pensieri.
“Giuro che se ti riferisci ai nostri compagni ti butto in mare!” dichiarò lo spadaccino alla fine, deciso. Rufy fissò a lungo il compagno, poi sorrise.
“Non ho il bracciale” esclamò Rufy, sobbalzando. Ace fissò a lungo il fratello minore, cercando di capire se stesse o meno scherzando. Il ragazzo di gomma sapeva bene che Zoro era solo preoccupato per lui e che con le sue parole voleva solo spingerlo a reagire.
“Appunto!” ribatté Zoro, furente. La sua espressione era terribilmente seria, quasi irreale. Ace guardava i due discutere, deciso a non farsi trascinare in mezzo. La situazione era già abbastanza complicata così.
“Hai passato anni a tormentarti, poi li hai incontrati ed alla fine te ne sei andato ancora.. Questa storia sta diventando ridicola!” sbuffò Zoro, giocherellando con l‘elsa di una delle sue spade. Non si trattava di una minaccia, ma solamente di uno strano modo che aveva lo spadaccino per dare sfogo al suo nervosismo.
“Credevo mi capissi e mi dessi ragione.” osservò Rufy, accigliato. Lo spadaccino sospirò.
“Certo, ma non sopporto le persone che si lamentano.” spiegò Zoro, alzando gli occhi al cielo. Rufy sospirò, lasciando passare qualche secondo prima di rispondere.
“Non riguarda loro.” dichiarò alla fine, con fare solenne. Zoro lo guardò, cercando di capire se poteva credergli o meno.
“Cosa allora?” chiese Ace, sorpreso. Rufy sospirò e rimase a lungo in silenzio. Sembrava quasi che qualcosa lo bloccasse, causandogli disagio.
“Mi sento un fallito.. Ho paura di avere sbagliato tutto..” mormorò Rufy a testa bassa, vergognandosi delle sue stesse parole. Ace e Zoro si scambiarono un’occhiata prima di decidersi a parlare. Era la prima volta che il ragazzo dava sfogo alle sue paure ad alta voce senza bisogno di minacce o di lunghe psicanalisi.
“Paranoico” sbuffò il fratello maggiore alla fine, liquidando la questione con un‘alzata di spalle e sedendosi più comodo.
“Ace, tu la fai troppo semplice..” iniziò Rufy, offeso dalla poca considerazione che il fratello aveva per i suoi problemi. Certo, tanti anni prima si erano promessi di non avere mai rimpianti, tuttavia alle volte era difficile capire quale fosse la strada giusta da seguire, specie quando ci si trovava di fronte ad un bivio.
“È facile! Dimmi, sei felice?” chiese Ace, fissando intensamente il fratello più piccolo negli occhi. Rufy ci pensò un po’ prima di decidersi a dare una risposta. Messa in quei termini la domanda del fratello era decisamente strana.
“Credo di si..” disse alla fine, alzando le spalle. In fondo era vero, aveva tutto quello che poteva desiderare. Mancavano solo i suoi compagni, ma ormai era questione di tempo. Presto sarebbero tornati tutti insieme, come una famiglia. Ormai ne era certo.
“Bene, il resto non conta.” disse Ace, sorridendo.
Rufy guardò a lungo il fratello, non ancora del tutto convinto, prima di voltarsi a cercare lo sguardo dello spadaccino. Questa volta era stato lui a decidere di tirarsi fuori da quella discussione, rimanendo silenziosamente in disparte.
“Ma il futuro?” chiese ancora Rufy, dubbioso.
“Ce ne preoccuperemo quando arriverà..” disse Zoro, alzando le spalle. Il ragazzo di gomma ci pensò per un po’ su, poi improvvisamente tornò a sorridere rincuorato dalle parole degli amici. Aprì la bocca per ribattere e chiudere la questione, ma il capo degli uomini pesce lo anticipò, seppure per motivi diversi.
“Basta con la filosofia.. Ditemi, siete pronti per la battaglia?” chiese Jimbei, interrompendo bruscamente la conversazione dei tre ragazzi. La voce roca dell’uomo pesce richiamò anche gli altri pirati, elettrizzati dall’avvicinarsi dello scontro.
“Smoker è mio!” esclamò Rufy, deciso.
“Akaniu, è mio!” tuonò Ace, accarezzando la grossa cicatrice che ricopriva il suo torace.
“Kizaru è mio!” precisò Zoro. I tre pirati avevano parlato pressoché allo stesso momento. Tutti gli altri guardavano la scena, accigliati. Kidd era infastidito per essere stato bruciato sul tempo, ma cercava di non darlo troppo a vedere.
“Beh, a seconda di quale ammiragli arriveranno decideremo chi è il più fortunato.” concluse Zoro, alzando le spalle.
“Ma perché solo due questa volta?” chiese Rufy, deluso.
“Se fossero tre ci sarebbe divertimento per tutti.” confermò Kidd.
Se qualcuno avesse assistito a quella conversazione forse avrebbe convenuto che nessuno dei pirati che si trovava a bordo di quella nave era del tutto sano di mente, a partire dai capitani, dai primi ufficiali e dai fratelli che li accompagnavano.
“Voi due siete matti da legare!” dichiarò Jimbei, incredulo, passando lo sguardo dal ragazzo di gomma all‘altro capitano al suo fianco. Si voltò a cercare qualcuno che lo sostenesse, ma vide tutti sorridere ai due capitani.
“Hanno ragione!” esclamarono Zoro e Killer, insieme. Ancora una volta i due si trovarono d’accordo, confermando le teorie dell’uomo pesce circa la poca sanità mentale degli esseri umani.
“Voi due invece siete più matti di loro perché ve li siete scelti come capitani..” concluse Jimbei mentre si allontanava scuotendo la testa.
Non dovettero aspettare molto per l’inizio delle ostilità. Dopo una decina minuti da quello strano scambio di battute una palla di cannone segnò l’inizio degli scontri. Per qualche istante nessuno di mosse, aspettando l’ordine dei propri capitani. Non appena questo fu impartito cominciarono tutti a muoversi, frenetici.
Le due navi ammiraglie si fronteggiavano, quasi si stessero sfidando silenziosamente. Sia i pirati che i marine erano coscienti che di lì a poco si sarebbe scatenato l’inferno. Uno scontro epocale, di quelli che non si dimenticano tanto facilmente.
I marine combattevano per via di quel loro assurdo senso di giustizia che li aveva spesso portati a togliere la vita a persone innocenti. I pirati lottavano per amicizia, anche se molti di loro non sarebbero mai riusciti ad ammetterlo per orgoglio.
Jimbei lo ripeteva spesso, quasi come una cantilena.
“I marinai ed i pirati sono simili.” sbuffò il grosso uomo pesce, guardando il mare appena agitato. Sembrava quasi che stesse riflettendo l’umore degli uomini che avrebbero combattuto a pochi metri da quelle acque scure. Molti di loro sarebbero caduti in acqua e forse qualcuno di loro sarebbe anche morto.
“Non dire idiozie!” lo rimproverò Kidd, profondamente offeso da quelle parole apparentemente senza senso. Killer al suo fianco annuiva deciso.
“Ha ragione. Entrambi adorano il mare e non saprebbero viverci lontano.” concordò Ace, inclinando la testa verso destra per studiare meglio gli avversari che si trovava di fronte.
“Esatto ragazzo, anche loro sfidano le onde, le tempeste e vanno in cerca di avventura. Sono come noi.” continuò Jimbei, immobile, continuando a spiegare ai pirati quella strana teoria che aveva formulato già da diverso tempo.
“Siete matti! Davvero pensate che non ci siano differenze tra noi e loro?” chiese Kidd, incredulo, passando lo sguardo da Ace a Jimbei, per poi terminare su Rufy e Zoro che fissavano interessati i due.
“Adesso sei tu l’ingenuo. Io non ho mai detto una cosa del genere, dovevi lasciarmi finire invece di interrompermi..” sbuffò Jimbei, imbronciato. Odiava essere interrotto, specie da un moccioso come Kidd.
“Parla, vecchio.” mormorò Kidd, esasperato. Jimbei alzò gli occhi al cielo, offeso.
“I pirati non si sentono i padroni del mare, si limitano ad andare in cerca di avventure. Per i marine è diverso, credono di possedere le onde, le tempeste ed ogni terra emersa. Per questo ci danno la caccia come animali.” spiegò pazientemente l’uomo pesce. Kidd fece per aprire bocca, ma lo spadaccino dai capelli verdi lo precedette.
“Hanno la mania del controllo.” concluse Zoro, sintetizzando il discorso di Jimbei.
“È per questo che combattiamo oggi, per fare si che il nostro amico Law possa riprendere a solcare le onde insieme a noi.” esclamò Rufy, deciso e sorridente.
“Basta parlare.” dichiarò Kidd, preparandosi a mettere fine a quella situazione di stallo.
Erano bastati pochi istanti per vedere scatenarsi l’inferno; i colpi partivano da ogni parte. Sia i marinai che i pirati non era disposti a cedere e facevano del loro meglio per abbattere l’avversario. Non appena Ace si era trovato di fronte Akaniu la grossa ferita che aveva sul petto aveva iniziato a bruciare, ricordandogli il passato. Il sorriso gli era subito morto sulle labbra, facendolo raggelare. Nonostante fossero passati molti anni, quella sconfitta bruciava ancora; non si dimentica facilmente la morte del proprio padre. L’ammiraglio invece era rimasto immobile, divertito dall’espressione indecifrabile del pirata. Smoker, che stava preparandosi ad attaccare Rufy, aveva iniziato a scuotere la testa, deluso. Tutta la marina, ed anche buona parte dei pirati presenti, sapevano quanto l’uomo disapprovasse le scelte dell’altro ammiraglio.
“Sei terribilmente crudele, e anche stupido.. Molto di più degli uomini che dici di voler fermare.” gli ripeteva spesso Smoker, annoiato. L’altro non rispondeva, se non con un alzata di spalle. Smoker sapeva che uno come Akaniu non cambia da un giorno all’altro. O meglio, uno come lui non cambia e basta.
“Credo che mio fratello stia per dare una bella lezione al tuo collega..” disse Rufy, divertito. La sua espressione allegra e spensierata, a discapito della cruenta battaglia che infuriava loro intorno, fece aumentare la rabbia dell’ammiraglio Smoker. L’altro tuttavia sembrò non farci minimamente caso. I brutti pensieri che lo preoccupavano poco prima erano scomparsi. Ora c’era posto solamente per la battaglia, per lo scontro ed infine per la vittoria. Doveva tornare dai suoi compagni, non poteva permettersi di perdere la vita o di lasciare che Zoro morisse.
“È abbastanza forte?” chiese Smoker, serio.
“Scherzi? È il mio fratellone in fondo!” rispose Rufy, stizzito, senza pensarci.
“Allora gli faccio i miei migliori auguri.. In guardia!” esclamò Smoker, prima di partire all’attacco. Una bella lezione, in fondo, era decisamente quello che serviva ad Akaniu.
Lo scontro tra i due uomini continuò per un po’, tra colpi e parate, fino a che un fendente di uno dei commodori presenti li divise. Rufy non si scompose e riprese a colpire gli avversari in ordine casuale, cercando tra la folla Smoker.
Zoro, a differenza del suo capitano, era particolarmente seccato. Tra le fila della marina non vi era nessuna traccia di un avversario decente, nemmeno della strana ragazzina che seguiva perennemente Smoker quasi fosse la sua ombra. Anche Kidd sperava di trovarsi di fronte qualche avversario valido in più, ma era abbastanza assennato da riconoscere che era andata meglio così. Law ed i suoi erano decisamente malconci. Soccorrerli ed affrontare la marina al gran completo sarebbe stato difficile, per non dire impossibile.
La situazione sul campo di battaglia era talmente caotica che nessuno, ne i pirati ne tanto meno i marine, si accorsero della presenza di una seconda nave pirata, leggermente defilata rispetto alla nave sulla quale si trovano Rufy, Kidd, Jimbei e gli altri pirati.

La ciurma di Cappello di Paglia ci aveva messo un po’ a salpare.
Procurarsi una nave, attrezzarla e partire era stata un’operazione più lunga del previsto. Certo, la Galley Company aveva dato loro una mano, nonostante avessero spesso ripetuto che la loro impresa sembrava molto pericolosa. Andare vicino ad uno scontro con due ammiragli, anche senza prendervi parte, poteva rivelarsi pericoloso. Era risaputo che la marina non faceva mai troppo caso a quali bersagli colpiva. Ad ogni modo, alla fine era riusciti a rassicurare tutti ed erano salpati. Una volta preso il mare si era posto il problema della bandiera. Quando si erano ritrovati, nel mare Orientale, avevano deciso che non sarebbero più stati pirati e per tanto non avevano più issato nessuna bandiera. Ora le cose avevano preso una piega diversa. Stavano andando a raggiungere il loro capitano ed erano più che mai decisi a tornare alla loro vecchia vita pirata. La bandiera era d’obbligo, tutto stava nel decidere quale.
“Ho finito!” esclamò Usop, riponendo i pennelli ed allontanandosi per vedere meglio il frutto del suo lavoro. Non c’era quasi stato bisogno di discuterne, tutti sapevano cosa era più giusto fare.
“Che bandiera hai disegnato?” chiese Brook, curioso.
“C’è bisogno di chiederlo?” chiese Usop, scocciato, mostrando ai compagni un teschio sopra il quale spiccava un cappello di paglia.
“Mi sembra ragionevole..” commentò Sanji, accendendosi una sigaretta. Vedere quel teschio sventolare sopra le loro teste gli aveva fatto tornare alla mente tutte le battaglie, le feste, le avventure e gli strampalati incontri che avevano fatto quando ancora solcavano i sette mari insieme.
“Saremo i pirati di Cappello di Paglia, fino alla morte!” esclamò decisa Nami.
“Come credete che starà andando?” chiese Chopper, pensieroso. La piccola renna si tormentava nervosa il suo cappello, sperando di non arrivare tardi.
“Male!” rispose Usop, deciso, senza pensarci. I compagni lo fulminarono con lo sguardo.
“Il solito pessimista..” sospirò Franky, alzando gli occhi al cielo.
“No, solo realista. Non sono andati a pesca ma a combattere contro due ammiragli della marina.” ribatté Usop, infastidito.
“La sola idea mi fa tremare di paura..” balbettò Chopper, nascondendosi dietro il cuoco.
“Non cambierete mai!” sospirò Robin, sorridendo.
“Dovreste essere orgogliosi del vostro capitano, non lamentarvi sempre come delle femminucce!” fece eco Nami. Per una volta non era spaventata come i due compagni, al contrario, aveva una gran voglia di combattere.
“Femminucce.. Come ti permetti?” sbottò Usop, furente, scagliandosi contro la ragazza che non era tuttavia decisa a lasciarla vinta al compagno.
“Calma, Nami!” la richiamò dolcemente Robin, cercando di fare ragionare l’amica. Arrivare alla mani non era una buona idea visto il brutto carattere della ragazza.
“Ringrazia la tua buona stella.” sbottò Nami, tra i denti.
Lo sguardo della ragazza, perso verso l’orizzonte, fu improvvisamente attratto da alcune navi poco lontane. Si trattava di due vascelli, schierati l’uno contro l’altro. Sull’albero maestro di entrambe sventolava una nave, seppure con simboli completamente diversi. Immediatamente la ragazza intuì che avevano raggiunto il loro obiettivo. Aprì la bocca per avvertire gli amici, ma la richiuse non appena si rese conto di quello che stava per succedere a bordo della Sunny: Rufy stava precipitando in acqua.
L’impatto ormai era imminente ed inevitabile tanto che il ragazzo aveva ormai capito di essere spacciato. Jimbei era troppo lontano, Zoro era troppo impegnato a combattere e tutti gli altri pirati nelle vicinanze non potevano nuotare esattamente come lui.
Rufy era ormai pronto a morire con un sorriso sulle labbra, proprio come si era sempre immaginato sarebbe finita la sua vita, quando una voce estremamente familiare lo riscosse e lo riportò alla realtà.
“Sei il solito idiota! Quanto capirai che non sai nuotare?” esclamò una voce, dura.
Rufy si ritrovò a fissare a lungo Nami, perplesso, prima di svenire.

ANGOLO DELL'AUTRICE:
innazitutto, GRAZIE DELLA PAZIENZA!!!
il 22 settembre ho iniziato a lavorare e tra quello, l'università e la discussione della tesi sono distrutta. Arrivare alla una di notte è fin troppo facile e quindi ha finito per risentirne la mia velocità di pubblicazione!
come preannunciato, il prossimo sarà il capitolo conclusivo!
dispiaciuti?
io un po' si, ma allo stesso tempo sono orgogliosa di avere portato fino alla fine una storia che ha avuto un successo che a stupito anche me.
attualmente sto pensando e buttando giù una bozza di una storia che avrà come protagonisti Ace, Sabo e Rufy.
il titolo dovrebbe essere "Noi tre fratelli ci incontrermo ancora", ma è ancora tutto in forse.
Spero, se il progetto andrà avanti, che vorrete leggerla!

ora, passiamo ai commenti dei SANTI che mi hanno recensito!!!
VI ADORO, SAPETE?

Kgm92: grazie mille!!!
metti insieme Kidd, Ace, Rufy, Zoro, Killer e Jimbei e i siparietti sono d'obbligo!
spero che questo capitolo ti sia piaciuto e che leggerai anche il prossimo!

LadySaika: grazie mille!!!
beh, Franky non so, ma magari faranno un viaggetto nell'isola nel cielo...
la scena di Rufy e Robin è triste, ma allo stesso tempo da speranza; è lo stesso Rufy che promette ai compagni che tornerà, dando loro la sua vivre card.
la vivre card del re dei pirati non è poco, anzi.
anche io sono triste perchè siamo quasi alla fine..
:(

Tre 88: grazie milleee!
Naa, Ace non ha fatto apposta.. è proprio sbadato di suo. inoltre sa che suo fratello è abbastanza forte per cavarsela anche da solo. diciamo che lo segue per scrupolo! :D
per Zoro invece, beh si, alla fine ci ha preso gusto a parlare troppo!
spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto e che leggerai il prossimo!

Neko: grazie milleee!
beh, se tornavano insieme lo scorso capitolo voleva dire che era l'ultimo! :D
Per il bracciale prova a chiedere ad Ace, magari lui ti presta il suo!

Brando: grazie milleee!
se i protagonisti non sono paranoici, non è una mia storia! davvero, credo di avere fatto anche di peggio!
a dire il vero inserire Law e Kidd è stata un'idea che mi è venuta mentre revisionavo il capitolo. credevo non sarebbe piaciuta come idea, ma sono felice di essermi sbagliata!

Saisai_girl: grazie milleee!
tranquilla, vedrai che Law se la cava..
spero che seguirai il prossimo capitolo!

LadyShinigami: grazie milleee!
beh, non posso proprio dire nulla.. in fatto di ritardo sono una specialista!
tranquilla quindi, e grazie per avere commentato!

Smemo92: grazie milleee!!!
beh, credo che tutte le tue domande avrenno risposta nel prossimo, ed ultimo, capitolo!!!
riuscirai a pazientare?

Stellina4ever: graziee milleee!
sono contenta che la mia storia ti piaccia. Purtroppo, anzi per fortuna, ho una vita abbastanza frenetica e scrivo nei ritagli di tempo. se mi imponessi delle scadenze finirei con l'impazzire, con lo scrivere per forza e male.
porta pazienza.
per tirarti su di morale ti assicuro che il prossimo capitolo è scritto ed è solo da revisionare!


GRAZIE MILLE!!!!

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Capitolo 20
*** EPILOGO - IL FUTURO CI ASPETTA ***


EPILOGO
IL FUTURO CI ASPETTA


La mattina seguente agli scontri tra i pirati e la marina ed ai salvataggi all’ultimo secondo, Rufy e Zoro dormivano ancora della grossa, ed Ace non era certo da meno.
C’era stato molto movimento a bordo della Sunny, ma alla fine tutti quanti avevano ripreso il mare sani, salvi e più o meno illesi. I feroci attacchi della marina erano stati placati grazie alla collaborazione di tutti; Akaniu aveva ricevuto una bella lezione da Ace che era riuscito alla fine a vendicare il padre e uno Smoker più furioso che mai aveva giurato a Rufy che la prossima volta non l’avrebbe fatta franca, stizzito che il pirata in questione fosse svenuto e non potesse sentirlo. Agli occhi dell’ammiraglio ancora una volta quel dannato ragazzo era riuscito a farla franca grazie all’intervento dei suoi amici; possibile che ovunque andasse ci fosse gente che lo conosceva disposto a rischiare la vita pur di dargli una mano? Nonostante questi pensieri, di buon umore o meno, alla fine tutti i marinai erano tornati alla loro base e i pirati avevano potuto finalmente tirare un sospiro di sollievo. L’unica preoccupazione al momento era la salute dei compagni, come al solito conciati malissimo.
“Non si sono ancora svegliati?” Chiese Usop, ansioso, camminando avanti e indietro per la stanza dove i suoi amici dormivano, sotto lo sguardo critico di Franky. Erano tutti radunati lì da ore, in attesa che gli amici dessero qualche cenno di vita o che quanto meno il medico di bordo dicesse loro qualcosa circa le loro condizioni.
Quello messo peggio era certamente il capitano, come suo solito, ferito e indebolito dall’acqua di mare ma anche Zoro non era certo da meno. Dopo la prima occhiata ai loro corpi martoriati Chopper aveva sentenziato che se si fosse trattato di uomini normali a quel punto sarebbero stati certamente morti, ma tutti loro sapevano bene che ne Zoro ne tanto meno Rufy erano uomini normali. Lo spadaccino nonostante avesse affrontato nemici non particolarmente forti era riuscito a coprirsi di ferite superficiali che avevano finito per stancarlo e per indebolire i suoi riflessi tanto da non fargli vedere il fendente con cui un vice-ammiraglio lo aveva colpito alle spalle. Quando si era accordo della presenza dell’uomo ormai era tardi e la sua spada stava già penetrando a fondo nella sua carne. Inutile dire che il marine non aveva fatto una bella fine, colpito a sua volta ed in modo mortale dalla rabbia di uno spadaccino profondamente offeso per essere stato colpito alle spalle.
Ace da canto suo durante il combattimento con l’ammiraglio non si era certo risparmiato e ora ne pagava le conseguenze, dormendo della grossa. Certo, la straordinaria capacità di rigenerarsi tipica di un rogia aiutava, ma tuttavia le bruciature che aveva riportato sembravano parecchio serie persino per un tipo come lui.
“Beh, è normale. Non è stata una passeggiata..” spiegò Chopper, avvicinandosi cautamente ai ragazzi addormentati per cambiare loro le bende.
Nonostante le ferite fossero gravi, dormivano tranquilli e per nulla agitati dal recente combattimento. Più che da una feroce battaglia sembravano reduci da una vacanza particolarmente faticosa o da una giornata di lavoro molto stressante.
Immersa in questi pensieri, Nami guardava il suo capitano dormire, riflettendo sul fatto che negli ultimi tempi lo aveva visto più spesso dormire ricoperto di bende piuttosto che sveglio. L’unica consolazione per la ragazza e per gli altri membri della ciurma, era che questa volta non erano feriti per colpa loro. Anche Usop, proprio come la compagna, aveva fissato a lungo l’amico, ripensando all’ultima volta che lo aveva visto qualche giorno prima quando rideva spensierato sul ponte insieme a Zoro ed al fratello. In quell’occasione era stato geloso di quel legame così stretto dal quale lui era escluso, ora invece desiderava solo che i tre si riprendessero presto per poter tornare a navigare insieme, come una famiglia. Più o meno lo stesso valeva per i compagni, anche loro preoccupati. La più in ansia era decisamente la navigatrice, seguita a ruota da Robin; quando Nami aveva visto Rufy precipitare verso l’acqua per qualche istante aveva davvero creduto che per lui fosse finita. In modo inspiegabile invece di perdere la calma ed urlare aveva iniziato a correre ed in qualche modo era riuscita ad arrivare in tempo per ripescarlo prima che annegasse, concedendosi di perdere le staffe solamente a salvataggio avvenuto. Una voce dentro di lei le aveva urlato di darsi da fare, ricordandole che un tipo speciale come il suo capitano non poteva morire in un modo tanto stupido. Sanji e Brook avevano lodato quell’impresa per ore, mentre la ragazza li mandava a quel paese intimando loro di lasciarla sola. Non era certo la prima volta che accadeva che il Ragazzo di Gomma finisse in acqua durante una battaglia, ma mai come quella volta era andato così vicino a lasciarci le penne. L’unica cosa che poteva averlo salvato doveva essere qualche santo che pregava per lui dal paradiso, forse lo spirito di una nonna o di un antenato informato dalla sua poca prudenza.
Robin, a pochi passi dalla navigatrice era sbiancata, esattamente come avevano fatto i suoi compagni, e aveva iniziato a stringere ossessivamente il bracciale che gli aveva dato lui, ripetendosi che se fosse successo qualcosa al suo capitano la colpa sarebbe stata solamente sua. Se avesse avuto il bracciale con sé, invece di lasciarlo a lei, avrebbe potuto nuotare e non sarebbe successo nulla.
“Che teste vuote, avrebbero potuto farsi uccidere.” commentò Sanji scuotendo la testa ed allontanandosi per lanciare lontano un mozzicone ormai finito mentre ripensava agli avvenimenti del giorno precedente. Nel giro di pochi minuti era passato dalla speranza di tornare a navigare con il capitano e lo spadaccino alla terribile certezza che questi sarebbero morti nel giro di poco per poi tornare nuovamente a sperare ed a sognare ad occhi aperti. Nonostante non fosse disposto ad ammetterlo anche lui si era spaventato molto ed era rimasto attonito a guardare il salvataggio di Nami, incredulo. I riflessi della ragazza erano stati fenomenali. Nessuno infatti avrebbe saputo spiegare in modo razionale come avesse potuto arrivare in tempo, nemmeno una persona logica e razionale come Robin. Tuttavia era accaduto e questo sembrava bastare a tutti, le spiegazioni erano superflue.
“Trafalgar Law?” chiese Brook, curioso, distraendo i compagni dal pensiero del capitano e del suo quasi tuffo in mare. Lo scheletro trafficava da alcune ore con il suo violino, senza emettere nessuna nota mentre Franky lo guardava torvo. Era infatti stato lui a minacciarlo che lo avrebbe buttato in mare nel caso in cui avrebbe dato fastidio agli amici addormentati.
“Ha ringraziato ed è partito.” rispose Robin, ritrovando il sorriso ed alzando le spalle.
Lo strano comportamento aveva stupito i ragazzi, che tuttavia non vi avevano dato molto peso. Durante i loro viaggi per mare, sia insieme a Rufy che da soli, ne avevano incontrata parecchia di gente strana e avevano da tempo smesso di farsi troppe domande. Non è mai saggio porsi quesiti quando viaggi con gente come Rufy, Zoro e Sanji, famosi per essere più imprevedibili e irascibili che razionali.
Ad ogni modo, la ciurma del capitano Law era salpata qualche ora prima a bordo della nave che la Galley Company aveva messo a disposizione della ciurma di Cappello di Paglia dopo che la loro era stata prima sequestrata e poi distrutta durante il combattimento dalla marina. Certo, il pirata aveva acconsentito a partire solamente dopo aver avuto la certezza che tutti i feriti erano stati curati, il particolar modo Ace, Jimbei, Rufy e Kidd, mentre Chopper lo guardava lavorare ammirato.
Una volta che Nami aveva ripescato Rufy la battaglia era praticamente arrivata al termine. I marinai avevano avuto abbastanza perdite da decidere di ritirarsi prima che qualcuno dei pirati avesse il tempo di chiamare ulteriori rinforzi. Akaniu aveva avuto la sua lezione e Smoker conosceva abbastanza Jimbei per ritenere che l’uomo pesce non avesse ancora terminato la lista di possibili pirati da chiamare in aiuto nel caso la battaglia fosse destinata ad andare avanti. Era infatti prevedibile che il Cavaliere del Mare avesse altri assi nella manica, tra  cui dovevano certamente esserci anche Marco la Fenice e gli altri uomini che un tempo avevano fatto parte della ciurma di Barbabianca. Tutti sapevano che i cosiddetti fratelli di Ace erano gente pericolosa che era meglio non coinvolgere a meno che non fosse strettamente necessario. Akaniu aveva cercato di protestare debolmente ma Smoker gli aveva intimato di stare zitto e lo aveva trascinato via senza attendere una sua risposta.
L’unico davvero seccato era il capitano Kidd, ferito nell’orgoglio per non aver avuto l’occasione di battersi contro un ammiraglio. Jimbei aveva riso della sua delusione e gli aveva assicurato che la prossima volta gli avrebbe assicurato una lotta all’ultimo sangue con un pezzo grosso del quartiere generale.
“Gli altri?” chiese Sanji, alzando lo sguardo sulla bella archeologa. La ragazza parve rifletterci sopra qualche istante prima di dare una risposta.
“Kidd ha borbottato che non avevano tempo da perdere e Jimbei è sparito in acqua dicendo che ci aspettava sull’isola degli uomini pesce.” continuò a raccontare Robin, pensierosa. In realtà non era il pensiero dei pirati che avevano preso il largo a preoccuparla, quanto le condizioni dei tre amici ancora profondamente addormentati.
“Dite che adesso per un po’ staremo tranquilli?” chiese Brook, lasciando perdere il violino e prendendo a giocherellare con il suo bastone. Nessuno rispose, non subito almeno.
Raggiungere i loro compagni nel bel mezzo di una battaglia era costato loro molte più energie di quelle che avevano creduto necessarie. Certo, non avevano preso parte alla lotta tuttavia era stato ugualmente tremendo. Vedere la potenza dei colpi che partivano da entrambe le parti aveva permesso loro di realizzare che non avrebbero avuto nessuna possibilità se avessero combattuto al fianco di Zoro e di Rufy. Il più colpito da quella scoperta era stato Sanji, che aveva immediatamente ripreso ad allenarsi per non essere inferiore a Zoro. Certo, il tempo da recuperare era molto, ma il cuoco era affascinato dalla sfida e più che mai determinato a raggiungere i livelli dell’odiato rivale. Lo spadaccino poteva anche essere il vice di Rufy, ma lui non voleva essere da meno.
“Credo di No..” rispose Usop, serio, senza l’ombra del minimo spavento. Per la prima volta da molto tempo era cosciente di stare andando incontro al pericolo e l’idea lo affascinava. Non era solo e tanto gli bastava per guardare avanti a testa alta, senza tremare. Sapeva che insieme ai suoi compagni non gli sarebbe potuto accadere nulla di male e che nessuna sfida era troppo complicata per essere vinta. Il recente scontro di Rufy e Zoro con ben due ammiragli della marina ne era la prova.
“Vorrei ben vedere.” esclamò Nami, sorridendo. I suoi occhi erano lucidi, non per i tesori che la aspettavano nel Nuovo Mondo ma per le avventure che avrebbero vissuto insieme, come una famiglia che si ritrova dopo un periodo burrascoso.
“Che dici, sei pazzo?” chiese Chopper, lasciando cadere le bende che teneva in mano per la sorpresa. Gli sembrava assurdo sentire parlare in quel modo Nami e Usop, proprio i due compagni che come lui erano sempre stati più restii ad andare incontro al pericolo.
“No, sono sulla nave del Re dei Pirati. Pensi davvero che staremo tranquilli qui?” chiese il cecchino in rimando, sorridendo. Chopper deglutì, prima di annuire.
“Con un capitano come Rufy? No, credo proprio di No..” mormorò Franky, bevendo un lungo sorso di cola. Subito il suo ciuffo tornò al suo posto, più splendente che mai.
“Beh, meno male!” sospirò Sanji. La vita tranquilla non faceva per lui, gli erano serviti altri sette anni alle dipendenze del suo vecchio maestro ma alla fine lo aveva capito.
Lo scambio di battute tra i due ragazzi fece riflettere tutti i presenti, permettendo loro di concludere che la vita senza Rufy, per quanto sicura, fosse anche incredibilmente noiosa e prevedibile. Meglio una lotta all’ultimo sangue al fianco di quelli che puoi chiamare amici o meglio ancora fratelli piuttosto che l’apatia più totale su una tranquilla isola dimenticata dal mondo e dalla marina. Dopo qualche istante di silenzio i ragazzi si accorsero che Chopper aveva finito con le medicazione e decisero di lasciare la stanza dove i compagni riposarono. Lasciarli riposare sembrava la decisione migliore anche se a conti fatti non avevano la minima idea di quanto tempo ci sarebbe voluto. L’unica che rimase insieme ai compagni fu Robin, incaricata di controllare che non succedesse nulla ai feriti che sembravano dormire della grossa tanto che ci volle un po’ perché la ragazza, presa dal suo libro, si accorgesse che stava accadendo qualcosa.
Robin alzò appena lo sguardo dal libro che stava leggendo quando sentì il respiro dello spadaccino farsi appena più affannato. Si guardò intorno, preoccupata che quel debole rumore potesse avere svegliato gli altri due ragazzi. Guardò Rufy e subito scacciò quell’idea. Il ragazzo dormiva della grossa arrotolato nelle coperte, placido come suo solito. Aveva perso i sensi subito dopo essere stato salvato da Nami, prima ancora di riuscire a mettere insieme due parole. Ace e Zoro li avevano trovati poco lontani, esausti come Rufy. Lo spadaccino aveva abbozzato un sorriso, per nulla sorpreso di trovarli in quel tratto di mare, poi si era accasciato tra le braccia di Franky.
Nonostante i pirati avessero avuto la meglio sugli ammiragli lo scontro era lo stesso stato cruento e sanguinoso, molto più di quanto avevano previsto. Persino Kidd e Killer erano provati e scossi. L’unico davvero tranquillo, a discapito di tutta quella confusione, era Law. Il ragazzo sembrava deciso a non smentire la sua reputazione di chirurgo freddo e controllato. Anche lui era ferito, certo, forse anche più degli altri, ma sembrava essere intenzionato a non dare assolutamente peso alla cosa. Avrebbe anche ripreso immediatamente il mare se Jimbei non gli avesse intimato di non azzardarsi a fare un passo. Dopo qualche discussione, Law aveva deciso di fare il bravo scolaretto come diceva il grosso uomo pesce senza protestare. Jimbei aveva sorriso, fiero di se stesso. Non importa quanto i pirati fossero forti, crudeli, pericolosi e famosi, alla fine tutti ubbidivano a lui.
Ci volle parecchio prima che qualcuno dei tre ragazzi addormentati desse segno di riprendere i sensi. Il primo a tornare definitivamente nel mondo dei vivi fu lo spadaccino.
Al suo risveglio Zoro si sentiva ancora stanco e con la testa decisamente pesante. I suoi due compagni di avventura, Rufy ed Ace, erano ancora profondamente addormentati e lo sarebbero rimasti ancora  a lungo come era loro solito. Mentre cercava di decidere se quelli che stava patendo fossero postumi di una colossale sbronza o piuttosto di una furiosa battaglia, la porta della stanza si aprì lasciando entrare Chopper seguito da Nami ed Usop. Il ragazzo percepì la loro presenza prima ancora di riuscire a distinguere bene quelle figure avvolta da una strana nebbia.
“FATE PIANO.” implorò il dottore con fare severo, cercando di mettere a tacere i due rumorosi amici. Nami ed Usop avevano insistito parecchio per seguire Chopper, ignorando le proteste del medico che alla fine era stato costretto a cedere.
“Ma dormono..” mormorò Usop, deluso, lasciandosi cadere su una sedia libera.
“Appunto!” esclamò Chopper, alzando gli occhi al soffitto.
“Tranquillo, serve ben altro per svegliarli..” mormorò Nami, guardandosi intorno. Nessuno dei tre aveva fatto a caso a Zoro, che si rigirava debolmente tra le coperte.
“Io avrei il mal di testa..” iniziò Zoro, sarcastico. La sua voce, per quanto bassa e debole, fece sobbalzare i tre amici e subito tutte le loro attenzioni si concentrarono su di lui, troppo debole per protestare. Immediatamente Nami controllò Rufy, delusa di trovarlo ancora nel mondo dei sogni mentre Chopper si precipitava a visitare lo spadaccino.
“Zoro, come stai?” chiese Usop, ansioso, scattando il piedi ed avvicinandosi a lui.
“A dire il vero, non lo so.” rispose lo spadaccino, accigliandosi per quella strana domanda. Trovare i suoi compagni al suo capezzale era decisamente strano, senza contare che non riusciva bene a mettere a fuoco in che luogo si trovasse. Tutto quello che riguardava era la conversazione con il suo migliore amico subito dopo colazione e poi solamente tanta confusione. La sua mente era parecchio annebbiata.
“Non fare caso a questi due idioti. Ho detto che venino a medicarvi e sono voluti venire a tutti i costi insieme a me.” spiegò Chopper, sospirando. Zoro si voltò istintivamente verso la navigatrice che subito arrossì.
“Non montarti la testa, idiota.” mormorò Nami, imbarazzata, distogliendo lo sguardo dal ragazzo dai capelli verdi che aveva preso a sorridere in modo malizioso.
Zoro provò a rispondere alla provocazione della navigatrice ma una fitta al fianco gli tolse il fiato lasciandolo boccheggiare per un po’, riverso sul letto. Quando si riprese si accorse di essere ricoperto di bende che Chopper, aiutato da Nami e da Usop, si stava affannando a sostituire. Tutti e tre erano piuttosto pallidi e spaventati.
“Non credo che questi siamo i postumi della più colossale sbornia di tutti i tempi..” commentò Zoro, ironico. Usop alzò gli occhi, sospirando per la stupidità del suo amico.
“Certo che no, idiota, ti sei già dimenticato della battaglia contro la marina?” chiese Nami, scocciata ed incredula. Zoro ci pensò un po’ su e tutto gli tornò improvvisamente in mente; gli ammiragli, i tanti marinai disposti a tutto pur di fare loro la pelle e Rufy che cadeva in acqua troppo lontano da lui.
“Rufy!” urlò Zoro, spaventato ed agitato, cercando di mettersi a sedere. Usop fu più rapido di lui e gli impedì qualsiasi movimento prima che potesse sentirsi di nuovo male.
“Cosa urli, brutto demente! Così lo svegli!” urlò Nami, indicando un letto poco distante da quello dello spadaccino. Zoro si voltò e incontrò con lo sguardo la figura rassicurante del suo capitano che dormiva beato. Lo spadaccino rimase a lungo a fissare l’amico e si decise a rimettersi sdraiato solo una volta che si fu convinto che stesse veramente bene.
“Nami lo ha recuperato prima che fosse tardi.. C’è mancato veramente poco questa volta.” spiegò Chopper, intuendo quali fossero le preoccupazioni del compagno.
Zoro annuì a fatica, lanciando alla ragazza un‘occhiata colma di gratitudine, poi perse nuovamente i sensi e tornò a riposare per qualche ora.
Il capitano, a differenza del suo vice, dormì ancora tutto il giorno e si svegliò solamente il tardo pomeriggio del giorno successivo quando oramai Zoro ed Ace erano già in piedi da un bel po‘, completamente ripresi. La prima cosa che Rufy riconobbe, una volta svegliato, fu la figura familiare di una ragazza seduta al suo capezzale.
“Nami?” chiese il ragazzo di gomma, confuso. Ricordava chiaramente il suo viso e la sua voce mentre cadeva in acqua, ma aveva una paura folle di essersi sbagliato.
“Sta zitto, devi riposare! Chopper dice che sei debole..” esclamò la ragazza, confermando al capitano che non si era trattato solamente di un sogno. La sua voce era decisa e dura, ma allo stesso tempo preoccupata e dolce.
“Riesco a parlare.” obiettò Rufy, testardo. Nami alzò gli occhi al soffitto ma decise di sforzarsi di restare calma per non peggiorare le condizioni del suo capitano. Il medico di bordo si era raccomandato di non agitarlo, ricordando loro che aveva bisogno di dormire, di rilassarsi e di riprendere le forze.
“Diresti idiozie, mi faresti arrabbiare, finiremmo con il litigare e tu sei debole.” sbuffò Nami, spiegandogli pazientemente le cose come avrebbe fatto con un bambino.
Rufy aprì la bocca per rispondere, poi la richiuse e lasciò che sul suo volto si allargasse uno dei suoi straordinari sorrisi. La navigatrice lo fissò a lungo, sorpresa. Improvvisamente aveva realizzato quanto gli fosse mancata quella testa vuota in quei lunghi sette anni.
“Grazie per ieri.” sospirò il capitano dopo un po‘, fissando intensamente la sua compagna. Quello sguardo così intenso ebbe il potere di fare arrossire Nami, che prese a tossire nervosamente distogliendo lo sguardo.
“È stato quasi due giorni fa.” borbottò la ragazza, imbarazzata.
“Sai, ho preso una decisione..” continuò Rufy, ignorando le reazioni dell’amica.
Non aveva mai staccato gli occhi da lei, rapito dalla sua decisione ed allo stesso tempo dalla sua timidezza.
“Le tue decisioni mi spaventano. Dove ci vuoi abbandonare questa volta?” chiese Nami, con un filo di ironia della voce. Rufy alzò gli occhi al soffitto, ignorando il commento della ragazza. Sapeva bene che aveva ragione, ma non aveva voglia di ripensare a tutto quello che era successo negli ultimi sette anni. In particolare, non voleva ripensare alle ultime, caotiche, settimane. Sarebbe stato troppo per lui.
“Puoi chiamare gli altri?” continuò il capitano, mettendosi a sedere con qualche sforzo.
Nami sospirò e fece quello che gli era stato ordinato anche se temeva che il Ragazzo di Gomma non ce l‘avrebbe fatta ad alzarsi dal letto. Tuttavia il capitano restava sempre il capitano e non poteva certo mettere in dubbio i suoi ordini, nonostante fosse un pazzo inaffidabile.
“Adesso vado.. Tutti quanti?” chiese conferma la navigatrice, perplessa.
“Di loro di andare sul ponte.” disse Rufy, deciso, scostando le coperte dal letto per potersi alzare. Nami ebbe la tentazione di fermarlo o quanto meno di aiutarlo ma qualcosa la trattenne. Non voleva essere aiutato, doveva lasciarlo fare da solo.
Uscì sul ponte e prese ad urlare, attirando l’attenzione di tutti. Persino Zoro, addormentato sull’albero maestro di vedetta si precipitò subito da lei intuendo che fosse successo qualcosa nel quale era coinvolto anche il suo capitano.
Tutti si radunarono in fretta, incuriositi dalle parole della navigatrice.
“Beh, c’è una festa?” scherzò Franky, arrivando per ultimo.
“Non ancora, forse dopo. Ora, ascoltate me.” disse Rufy, deciso, raggiungendo i compagni sul ponte. Tutti quanti, ad eccezione di Nami e dello spadaccino, erano preoccupati per la salute del capitano ed allo stesso tempo sorpresi di vederlo li con loro come se niente fosse. Solo qualche minuto prima era privo di sensi ed ora era allegro e pimpante sul ponte principale della nave.
“Avanti..” lo incitò Zoro, sicuro. Conosceva bene il suo capitano ed era abbastanza certo di essere in grado di indovinare le sue intenzioni. Il viso del ragazzo di gomma per qualche istante si adombrò, ma prima che i compagni potessero rendersene conto era già tornato lo stesso ragazzo spensierato che era sempre stato.
I suoi amici avrebbero capito, ne era sicuro.
“Sono il più colossale degli idioti e per quanto io possa essere cresciuto non credo che smetterò mai di essere così, non del tutto almeno.” iniziò Rufy, sorridendo. Aveva passato quasi sette anni a pensare cosa avrebbe potuto dire in una situazione del genere ed oramai sapeva il discorso a memoria.
“Puoi arrivare al punto o ci vuoi fare perdere tutto il giorno?” chiese Sanji, fingendosi seccato per nascondere l‘emozione che gli facevano provare quelle parole che tutti loro avevano aspettato di sentire da sette lunghi anni.
“Certo, faccio subito. Il punto è che ho sbagliato, tutto qua. L’ho fatto in buona fede. Sono stato un egoista, ma volevo solo proteggervi. Anche fregandomi di quello che volevate voi.” continuò Rufy, senza abbassare lo sguardo dagli sguardi dei suoi amici. Sapeva che era duro, ma voleva guardare i loro occhi e non perdersi nessuna delle loro reazioni. Doveva farlo se li rivoleva con sé.
“Ti sei sempre preso cura di noi, nonostante tutto..” sottolineò Chopper, grato.
“Si, ma non è stato abbastanza. Avevo promesso che vi avrei aiutato a realizzare i vostri sogni e invece così non è stato.” esclamò Rufy, stringendo i pugni.
“Quindi?” chiese Sanji, pacato, accendendosi l’ennesima sigaretta della giornata.
“Beh, se nonostante tutto siete abbastanza pazzi da voler salire ancora su questa nave e darmi una seconda possibilità.. Siete i benvenuti! Allora, che mi dite?” chiese Rufy, guardandosi freneticamente intorno. Aveva paura che fossero loro a voltargli le spalle questa volta, per ripagarlo con la stessa moneta. Avrebbero fatto bene, certo; come poteva dargli torto? Tuttavia negli occhi dei suoi compagni il capitano non leggeva rabbia ma bensì gioia per quelle parole, aspettate da tanto tempo.
Fu Nami alla fine che parlò, interpretando il pensiero di tutti i presenti.
“Sei un idiota, Rufy Cappello di Paglia!” esclamò decisa la navigatrice.
Rufy sorrise, rassicurato da quelle parole. Dopo tutto, si trattava di un inizio decisamente promettente conoscendo la ragazza.
“Secondo te abbiamo fatto tutta questa strada nonostante la marina solo per fare una gita? Credi davvero che qualcuno di noi ti volterebbe le spalle?” continuò Usop, più sicuro che mai. Voleva tornare con il suo capitano, solcare i mari imbattendosi in nemici, esseri strani e in tutti i guai in cui Rufy li avrebbe trascinati.
“È quello che meriteresti per quello che hai fatto loro passare” si intromise Ace, fino a quel momento indifferente.
“Per carità Ace, mettiamo fine a tutta questa storia.” commentò Zoro, fulminando l’amico con uno sguardo quasi più tagliente delle sue lame. Ace guardò a lungo lo spadaccino, prima di passare al fratello. I tre rimasero così, fissandosi, fino a che Pugno di Fuoco non scoppiò improvvisamente a ridere, trascinando gli altri con sé.
“È deciso?” chiese Brook, prudente. Temeva che quello fosse solamente un sogno e che di lì a poco si sarebbe svegliato, solo, nella casetta dei promontori gemelli.
“Beh, si..” mormorò Robin, guardandosi intorno.
Tutti apparivano decisamente più rassicurati e decisi che mai. Certo, il loro futuro era più che mai incerto e pericoloso, ma anche come un’avventura piena di sorprese.
“Allora facciamo festa!” esclamò Rufy, contento. Erano anni che non aspettava altro che poter pronunciare quella frase, sette per l’esattezza. Certo, in quei lunghi anni lui e Zoro non si erano certo annoiati. Avevano fatto festa in molte occasioni, ma non era mai stato lo stesso. Le feste che avevano organizzato insieme sulla Sunny apparivano come un lontano ricordo ineguagliabile.
“Sanji, in cucina; Usop, pensa ai fuochi; Zoro, prendi da bere. Voi, apparecchiate!” cominciò ad ordinare Nami, severa. Stranamente nessuno aveva da obiettare e tutti quanti si affannavano ad ubbidire agli ordini della ragazza. Nessuno era mai stato così felice di ubbidirle. Avrebbero anche ballato con vestiti ridicoli se lei lo avesse chiesto.
“È proprio tornato tutto come prima..” constatò Ace rivolto al fratello, durante un attimo di calma. I due si erano allontanati dal gruppo e guardavano gli amici da lontano, sorridendo sereni. C’erano ancora molte battaglie di fronte a loro, così come c’erano tante avventure che li attendevano, ma guardare al futuro non era mai stato così eccitante come in quel momento.
“La nostra normale vita incasinata su una nave piena di pirati improbabili..” mormorò Zoro, allegro, avvicinandosi ai due con un grosso boccale di birra in mano. Rufy cerco di rubarglielo, ma desistette non appena si accorse che era quasi vuoto. Lo spadaccino era sempre il solito e non sarebbe mai cambiato.
Nonostante il rumore, i canti e la musica, tutti si erano fatti più silenziosi quando Zoro aveva parlato ed avevano preso ad osservarlo attenti.
“Beh, siamo i Pirati di Cappello di Paglia, no?” disse Usop, fiero di poter finalmente tornare ad urlare al mondo quelle parole.
Rufy guardò prima il fratello, poi ad un ad uno i compagni fermandosi alla fine su Usop. Avevano ragione, tutti quanti. Loro erano i Pirati di Cappello di Paglia, con tutto quello che ne conseguiva. Gente strana, certo, capace di compire imprese destinate a rimanere nella storia senza pensare troppo alle possibili conseguenze. Disposti a sacrificare tutto per un amico in difficoltà. Lo sarebbero stati per sempre, sia nel bene che nel male.
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La morale di questa storia ci riporta all’inizio, quando un ragazzo camminava solitario in una città con un cappuccio calato sul viso.
“Hey, ma tu sei il Re dei Pirati!” urlò un bambino che doveva avere meno di dieci anni.
“Certo ragazzo, sono proprio io..” mormorò Rufy, continuando a camminare solitario per la strada buia diretto verso la nave dove la ciurma al completo aspettava solo lui per salpare. Il piccolo rimase a lungo sorpreso, senza muovere nemmeno un muscolo.
Era evidente che avrebbe voluto dire molte cose ma si sa, l’emozione fa brutti scherzi e per ciò rimase in silenzio e poi corse via, eccitato, mentre Rufy ripensava al passato realizzando di avere già visto quella scena, prima che la sua vita e quella di Zoro prendessero ancora una volta una brusca svolta. Il Ragazzo di Gomma sorrise, calcandosi un cappuccio a coprire il volto. Era incredibile come le grandi domande che tormentano l’esistenza di tanto in tanto ritornano, vedendo gli scenari completamente mutati.
Ora non era più solo, aveva di nuovo i suoi compagni ed era lo stesso convinto che valesse più che mai la pena essere il Re dei Pirati.

“Ci sono delle amicizie, dei sogni e degli amori che non si possono fermare;
Nemmeno il destino ce la può fare..”

ANGOLO DELL'AUTRICE, OVVERO TIRIAMO LE SOMME!
Arrivare a scrivere queste righe conclusive è allo stesso tempo fantastico e triste, ma non è assolutamente un addio!
Anzi, vi comunico ufficialmente che la storia si Rufy, Ace e Sabo sta prendendo forma.
Ad ogni modo, prima di dare l'addio a questa storia devo dire grazie a tutti quelli che l'hanno resa grande, in particolare a coloro che mi hanno dato la possibilità di  scrivere nel loro forum!
La mia storia è stata letta da più di 2.000 persone, commentata da 107, preferita da 28, ricordata da 4 e seguita da 49.
Che dire?
Vorrei potervi ringraziare tutti, uno ad uno, ma purtroppo non vi conosco e non posso fare altro che ringraziare tutti coloro che hanno commentato lo scorso capitolo!
A tutti gli altri dico GRAZIE, e mi auguro di potervi conoscere nelle prossime storie che scriverò!

BRANDO: grazie per questo e per tutti i commenti che mi hai lasciato!
Sono tutti vivi, anche Akaniu alla fine. Ho pensato se farlo fuori oppure no ma poi ho deciso che per uno come lui essere sconfitto ma sopravvivere è decisamente più vergognoso che finire al creatore. Forse smetterà di essere così odioso, chissà!
Rufy è caduto in acqua per caso, mentre era distratto.
Aggiornerò presto anche l'altra storia ma ho dato la precedenza a questa perchè si trattava dell'ultimo capitolo!

LADY SAIKA:
grazie per questo e per tutti i commenti che mi hai lasciato!
Ebbene si, ho deciso che la scriverò. Non solo, i primi tre capitoli circa sono pronti ma credo che la finirò prima di postarla perchè è parecchio compliacata.. Non sarebbe male avere qualcuno che mi aiuta a rivederla per evitare sviste.
Concordo circa la necessità della fine, continuarla all'infinito la renderebbe una telenovela e finirebbe con il rovinarla!
Potevo non mettere un bel lieto fine?

NEKO:
grazie per questo e per tutti i commenti che mi hai lasciato!
Per quando riguarda l'umore di prima mattina credo di essere più d'accordo con te che con quei due. Devo anche ammettere che Killer un paio di ragioni le ha..
D'estate quando mi sveglio e trovo i miei amici già vispi ed allegri li ammazzerei.. grrr!!!
Beh, era ovvio che cadesse in acqua proprio quando non aveva il bracciale..
Di la verità, quando hai visto che lo stava lasciando a Robin non hai intuito che poi avrebbe fatto un tuffo nel bel mezzo di una battaglia?
:D

KGM92:
grazie per questo e per tutti i commenti che mi hai lasciato!
Più che depresso direi pensieroso, capita a tutti in fondo anche se è strano quando capita ad un personaggio che di solito è un vulcano ed un fulcro per tutti coloro che gli stanno intorno!

SAISAI_GIRL:
grazie per questo e per tutti i commenti che mi hai lasciato!
Ebbene si, come avevo annunciato siamo alla fine! Non voglio infierire, ma non credo che questa storia avrà un seguito.
Il motivo principale è che è venuta bene e che un seguito potrebbe rovinarla. Insomma, per amore di questa storia scriverò altro. Un paio di idee le ho di già!

HERMIONE616:
grazie per questo e per tutti i commenti che mi hai lasciato!
Ebbene si, Rufy è salvo, Akaniu è stato battuto da Ace e tutti stanno bene.
Smoker alla fine è il solito, non credo che riuscirà mai a catturare Rufy!
Non so perchè ho fatto in modo che fosse Nami a salvare il suo capitano.. Robin non la vedevo bene e poi in questo modo la navigatrice prova a tutti che tiene a Rufy, nonostante nei primi capitoli non lo volesse nemmeno sentire nominare!

SUSYKO:
grazie per questo e per tutti i commenti che mi hai lasciato!
Diciamo che sulla fine di Ace io ed il caro Oda non ci troviamo d'accordo, per cui nelle mie storie normalmente Ace c'è ed è vivo!
Credo si tratti di una sorta di protesta, ma non credo serva poi a molto!
Povero Ace!

STELLINA4EVER:
grazie per questo e per tutti i commenti che mi hai lasciato!

TRE 88:
grazie per questo e per tutti i commenti che mi hai lasciato!
Non so proprio come facciano ad essere così di prima mattina, io personalmente sono parecchio scontrosa. Prima di un caffè non ragiono per nulla!
Per quanto riguarda Kidd la tua idea è buona, credo che la sfrutterò nelle prossime storie se mai ne scriverò su di lui. Rum al mattino, geniale!
La frase che hai citato l'ho scritta di getto, ma è piaciuta un sacco anche a me. Si tratta di una di quelle chicche che un autore infila nel testo sperando che qualcuno la noti, sei geniale!
La storia sui tre fratelli è in fase di scrittura, solo non so se finirla e poi pubblicarla o iniziare a pubblicare almeno i primi capitoli!

FRM18_ONEPIECE:
grazie per questo e per tutti i commenti che mi hai lasciato!
Poteva finire in modo diverso la mia storia?
In fondo io sono un'inguaribile ottimista che vede sempre rosa, posso fare capitare di tutto ai miei personaggi ma alla fine il lieto fine non manca mai.. Almeno, non per i protagonisti!

SMEMO92:
grazie per questo e per tutti i commenti che mi hai lasciato!
Beh, a dire il vero credo che nemmeno Nami sappia come ha fatto. In fondo è stato uno di quei gesti strani e apparentemente assurdi che uno fa per salvare qualcuno. Si tratta delle prova che in fondo le cose belle a volte accadono, anche nel bel mezzo del trambusto!












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Capitolo 21
*** AVVISO AI LETTORI - Possibile seguito? ***


Quando avevo finito di scrivere questa storia mi ero ripromessa che non avrei MAI scritto un seguito.

Quando la scrivevo riuscivo a vederla chiara nella mia testa: un intreccio perfetto, un cerchio che doveva chiudersi con il ricongiungimento finale e che doveva restare così. Il sipario doveva chiudersi, seppure a malincuore, oppure si sarebbe persa la bellezza della storia.

A distanza di tempo, rileggendola riesco a trovare la stessa magia che era stato scriverla. Con diversi errori e passaggi che oggi riscriverei in modo diverso, ma con la stessa fluida immagine che era nella mia testa ed a cui sono stata capace di dare corpo.

In queste pagine, forse le più belle che io abbia mai scritto, ho lasciato un pezzettino di cuore ed è per questo che a mente lucida ho deciso di prendere almeno in esame la possibilità di vederla continuare, mantenendo però fede ai miei propositi originali.

Non ci sarà quindi un seguito, ma piuttosto un durante che porterà un po’ di luce sui moment bui dei quali si è solo accennato, sulle battaglie che ciascuno dei personaggi ha sostenuto e sui legami che si sono venuti a creare.

Prima di tutto però, chiedo il vostro parere.. Ho la vostra benedizione?

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