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Lista capitoli: Capitolo 1: *** L'onore dei Luthor *** Capitolo 2: *** Lontana *** Capitolo 3: *** Un piccolo spiraglio: scoprirsi tra i contrasti *** Capitolo 4: *** Incomprensioni *** Capitolo 5: *** Miele e biscotti *** Capitolo 6: *** Sfiorarsi e poi... *** Capitolo 7: *** Quando il blu incontra il verde *** Capitolo 8: *** E finalmente inizia ***
La sua mano trema nella propria e lei
stringe un poco le dita.
Conforto? Possesso? Come lo interpreterà? Non ha importanza, le loro dita
si separano.
Sedersi, ascoltare le parole vuote di tutti, sorridere, annuire.
E finalmente finisce.
***
Le colline erano così morbide, così
diverse dalle aguzze vette dalle quali proveniva e il castello, per quanto
confortevole, era altrettanto diverso da casa sua. Pavimenti in legno, grandi
finestre luminose, interi saloni rivestiti di arazzi. Castel Luthor era stato costruito nella pietra, fatto perché
potesse resistere al freddo più intenso e alle nevicate più feroci così diverso
dalla morbida e calda dimora degli El.
“Il bagno è pronto, milady.”
“Grazie.” Mormorò alla sua dama di
camera, gli occhi ancora fissi sul paesaggio lontano che il sole stava
lentamente illuminando facendo brillare i fili d’erba ricoperti di rugiada.
Una risata attirò la sua attenzione
su qualcosa di molto più vicino. Sotto le sue finestre vi era l’ampio giardino
del castello, a destra, però, poteva scorgere le stalle e lo spiazzo ricoperto
da sassolini bianchi dove due cavalli già sellati stavano aspettando.
La mascella di Lena si strinse quando
riconobbe i biondi capelli della ragazza, così come la giovane che la stava
facendo ridere.
“Milady?” Chiamò di nuovo la sua
dama. Lei ruotò su se stessa allontanandosi da quella vista, decisa a fare un
lungo bagno.
Avrebbe tanto desiderato non
presentarsi a colazione, ma avrebbe mostrato debolezza e non era qualcosa che
poteva permettersi.
L’ampio salone che il giorno prima
era gremito di nobili ora era quasi vuoto. L’unico tavolo ancora presente era
posto sul fondo, accanto ad un ampio caminetto già acceso per scacciare il
freddo di quello che, agli occhi di Lena, era un alquanto tiepido mattino
autunnale.
Seduti ai loro posti vi erano sono
due persone.
“Re El, mia
regina.” Piegò il capo verso il signore del castello e del regno e verso la sua
sposa. Per un attimo vi fu il silenzio, ma quell’uomo giusto e retto non poteva
far pagare a lei le colpe di suo fratello.
“Lady Luthor.”
La salutò con un cenno e un piccolo sorriso, indicandole la sedia di fronte
alla sua.
“Buongiorno, Lena. Spero che tu abbia
dormito bene.” Disse, meno formale, la regina.
“Sì.” Rispose, perché sarebbe stato
impensabile dirle che le mancava casa sua e che quel castello, per quanto
magnifico, non avrebbe mai potuto sostituire le mura di granito di Castel Luthor.
Due servitori le apparecchiarono il
posto, servendole carne fredda e frutta. Iniziò a mangiare, partecipando alla
conversazione solo quando interpellata direttamente. I sovrani erano gentili,
ma lei era distratta.
“Kara è andata a cavalcare.” Lois
cercò il suo sguardo. “Lo fa ogni mattina, voi amate cavalcare?”
“No.” Si trovò a rispondere, poi
rendendosi conto di essere stata troppo brusca sorrise. “Non si può leggere a
cavallo, mia regina.”
“Giusta osservazione.” Le venne
incontro la donna. “Eppure…” Si interruppe e Lena quasi sobbalzò quando udì dei
passi risuonare alle sue spalle. Obbediente all’etichetta si alzò in piedi e si
voltò.
“Lady Luthor.”
Disse la giovane, quasi come se fosse sorpresa di vederla.
“Lady Zor-El.”
Rispose lei, piegando il capo. “Lady Danvers.”
Aggiunse, rialzando la testa.
“È andata bene la cavalcata?” Chiese la
regina, spezzando il silenzio che si era creato.
“Sì, Lois, splendida.” Rispose, la
giovane. “Streaky aveva proprio bisogno di
sgranchirsi le gambe.” Aggiunse, mentre si avvicinava al tavolo. Lena fece un
passo avanti e le scostò la sedia accanto alla sua.
Di nuovo ci fu quel silenzio teso. La
ragazza sbatté gli occhi e Lena strinse la mano sullo schienale della sedia,
fino a sbiancarsi le nocche.
“Grazie, Lady Luthor.”
Non la guardò, ma si sedette accanto a lei. Per un istante Lena strinse la
sedia ancora un po’ più forte, poi la lasciò andare e si sedette di nuovo.
La conversazione non mancò a tavola,
Lois la interpellò su vari soggetti, dimostrando una mente sveglia e una vasta
conoscenza nei più disparati soggetti, ma Kara non si rivolse mai direttamente
a lei.
Quando la colazione finì e il re se
ne andò la regina le chiese se poteva accompagnarla, non erano neppure uscite
dal salone che la donna la fissò.
“Mi piacete, siete intelligente e
sveglia. Lo era anche vostro fratello e anche lui mi piaceva.” Il tono della
donna era serio ora.
“Mio fratello ha rotto la sua Promessa
e macchiato il suo onore. Io non farò nulla di simile.” Lois la guardò per un
lungo istante, come se tentasse di strappare la verità dai suoi occhi.
“Molto bene.” La donna fece qualche
passo allontanandosi, poi tornò a voltarsi. “So che avete rinunciato a molto,
so che non era il vostro destino e so che vi siete piegata solo per salvare
l’onore della vostra famiglia, ma mi aspetto che, ora, non ci sia nulla di più
importante ai vostri occhi di lei.”
Lena percepì un brivido davanti a
quelle parole. Lois forse non era la madre di Kara, ma quello sguardo era
quello di una leonessa pronta ad uccidere per il suo cucciolo.
“Ho dato la mia parola. Ho Promesso…”
Si interruppe. “No.” Disse. “Mi sono Promessa a Lady Zor-El
e non farò nulla per ferirla.”
“Credo che, per ora, questo debba
bastare.” Ancora un lungo istante, poi la regina annuì prima di andarsene.
Il cuore di Lena le batteva veloce
nel petto.
Lex era fuggito con una donna, tradendo
la sua parola, tradendo la sua intera famiglia e la sua promessa sposa: Kara Zor-El.
Lena aveva dovuto salvare il nome
della sua famiglia adempiendo alla promessa fatta dal fratello, sposando la
principessa El. Aveva lasciato Jack, il suo migliore
amico, il cavaliere che avrebbe un giorno, probabilmente, sposato, aveva
abbandonato la sua terra, il suo castello tra le montagne, per essere qui. La
regina aveva ragione, aveva abbandonato tutto per suggellare un’alleanza decisa
anni prima dai loro genitori, un’alleanza fondamentale per la pace del paese e
la sua stabilità sociale ed economica.
Si apprestava a sposarsi con una
ragazza che non sono non conosceva, ma che aveva implorato di non essere più
vincolata a quel contratto, che le aveva personalmente scritto supplicandola di
rifiutare perché insieme, forse, avrebbero potuto liberarsi da quel vincolo. Ma
lei non aveva potuto, la sua risposta era stata fredda: avrebbero dovuto fare
quel sacrificio per il bene del loro paese; e sapeva che Kara non avrebbe mai
nemmeno voluto darle una possibilità, non dopo quello.
Note: Piccolo prologo di una
piccola long.
Per una volta ho voluto
cambiare prospettiva: Kara e Lena sono promesse spose! Insomma, direte voi, la
parte difficile è già stata fatta! Vedremo… ;-)
Niente intrighi, niente
avventure, solo le nostre adorate SuperCorp e, per la
prima volta in una mia long, sarà il punto di vista di Lena che seguiremo.
Fatemi sapere se questo inizio
vi è piaciuto!
P.S. Facciamo un piccolo
gioco? Nel commento, se vi va, proponete il titolo che dareste al prologo! Poi
toccherà a me scegliere tra le vostre numerose e fantastiche proposte! ;-)
L’aria portava l’odore dell’autunno,
il vento freddo soffiava dalle sue montagne e lì, di sicuro, le prime nevicate
stavano già imbiancando il paesaggio.
Lena, la finestra spalancata,
osservava le colline e le lontane foreste non bianche, ma colorate di ogni
possibile sfumatura di giallo, arancione, rosso e punteggiato dalle chiome dei
sempreverdi. Non era uno spettacolo spiacevole, così come non era spiacevole la
vita al castello del re. I pasti si alternavano, così come gli ospiti, la
regina era sempre un’ottima compagnia e così Lady Danvers
che ormai, almeno nella sua mente, chiamava Alex.
La maggior parte del suo tempo lo
passava nella biblioteca o nelle ampie stanze che le erano state assegnate sola
o con la sua dama di camera, Jess. Non le dispiaceva la solitudine, anzi amava
leggere e studiare nel silenzio interrotto solo dagli scoppiettii del vivace
fuoco che, dopo i primi giorni, sembrava essere sempre acceso nella biblioteca,
malgrado lei fosse la sola a passarci del tempo. E non le dispiaceva neppure
rimanere nelle sue stanze. Una settimana dopo il suo arrivo e la cerimonia di
Promessa tra lei e Kara, erano giunti i carri con i suoi attrezzi e, in poco tempo,
era riuscita a creare un piccolissimo laboratorio lontano da quello che aveva a
Castel Luthor, ma pur sempre funzionante.
Eppure i giorni passavano e il
matrimonio si avvicinava. Quel pensiero era qualcosa di costante che la
spingeva a guardare per interi lunghi minuti nel vuoto, persa dove, neanche lei
lo sapeva.
Kara.
Era un pensiero fisso, una figura
costante nella sua vita eppure così… distante. La sua futura sposa la evitava e
passava con lei solo in tempo minimo imposto dell’educazione. Non che lei
provasse in alcun modo a prolungare i momenti assieme o anche solo a crearne,
non voleva che restassero sole, infantile, prima o poi sarebbe successo, ma non
le importava per una volta indulgere in qualcosa di sciocco.
Si riscosse dai pensieri nel sentire
un nitrito che spezzava il silenzio del mattino.
Eccola, come ogni giorno. Lena seguì
i suoi movimenti, la osservò ridere con Alex, con cui cavalcava la maggior
parte delle volte, e poi salire a cavallo dell’imponente stallone nero che,
ormai lo sapeva, portava il nome di Streaky.
“Milady, il vostro bagno è pronto.”
“Arrivo, grazie, Jess.” Attese di
vederle oltrepassare le mura e le guardie e poi sparire dietro alla collina e
verso la foresta.
“Lady Luthor,
buongiorno.” La salutò la regina. Kal, il re, non
c’era. Ma Kara si alzò subito, scostandole la sedia. L’unico gesto che si
concedevano l’un l’altra a seconda di chi fosse la prima a raggiungere il
tavolo.
“Buongiorno.” Rispose lei, sedendosi.
“Mi preoccupo per la vostra salute,
non è normale che siate così pallida.” Sbottò la regina ad un certo punto,
interrompendo la conversazione che stavano sostenendo Alex e Kara.
“Non vi preoccupate, sto benissimo.”
Rispose lei, ma fu sorpresa nel sentire su di sé lo sguardo della giovane che
avrebbe sposato. Era come se la guardasse per la prima volta.
“Dovreste passeggiare nei nostri
giardini, se cavalcare non vi piace.”
“Non vi piace cavalcare?” Chiese
Kara, ed era la prima volta che il suo tono non era composto e ufficiale.
Lena la guardò e il loro sguardo si
incrociò.
“No.” Ammise e vide gli occhi della
ragazza riempirsi di incredulità.
“Il giardino andrà benissimo. I
giardinieri ci lavorano per mesi interi e io ho altro da fare che passeggiarci
attraverso, ma voi fareste loro un grande onore se apprezzaste i loro sforzi.”
Non era più un suggerimento, questa volta appariva come un ordine e non si
discuteva o ci si sottraeva ad un ordine della regina Lois.
“Molto bene.” Acconsentì. “Sarà un
piacere.”
“Ottimo. Kara ti farà da guida.”
Dichiarò la donna e prima che lei o la ragazza potessero sottrarsi, la regina
si alzò e se ne andò. Era una regina giovane, ma di certo non mancava di
autorità. Molti dicevano che lei era la forza segreta di re Kal,
colei che gli aveva permesso di prendere un regno a pezzi e dargli una solidità
e una floridezza che mai prima aveva avuto, e Lena non ne dubitava.
Quando la colazione finì tornò nella
sua stanza si svestì indossando pantaloni e una camicia bianca, poi si
mordicchiò il labbro studiando il meccanismo davanti a lei. Vi era qualcosa che
non andava in quel sistema di pulegge e ingranaggi, erano due giorni che le
dava grattacapi ed era ora che prendesse la cosa di petto.
Prese un paio di attrezzi e si infilò
sotto la macchina che, nella sua mente, avrebbe dovuto catturare la forza del
vento e trasformarla in energia meccanica.
Dopo parecchi minuti riuscì a
smontare uno degli ingranaggi e a capire, finalmente, il problema. Scivolò da
sotto la macchina e prese il secchiello di grasso che si era fatta portare
dalle stalle. Di solito serviva per ingrassare il cuoio e tenerlo morbido, ma a
lei serviva per agevolare i movimenti degli ingranaggi di legno, che, se troppo
secchi, si spezzavano, mentre marcivano se troppo bagnati.
Si infilò di nuovo sotto la macchina
e, senza esitare, si riempì le mani di grasso, per poi spalmarlo al meglio sui
vari ingranaggi.
Bussarono alla porta.
“Entra.” Disse, facendo una smorfia
quando un po’ di grasso le cadde sulla guancia dall’alto. “Puoi passarmi un
panno?” Chiese a Jess di cui scorgeva appena i piedi.
Qualche istante dopo, un po’ troppi
rispetto ai tempi della sua dama di camera, uno straccio comparve teso da una
mano.
“Grazie.” Disse.
“Spero vada bene.” Lena si bloccò di
netto. Quella non era la voce di Jess. Rossa in volto scivolò fuori da sotto
l’imponente ingranaggio e si ritrovò ad osservare gli occhi azzurri della sua
promessa sposa. Improvvisamente fu profondamente consapevole del suo aspetto
impresentabile, non solo vestiva in maniera inappropriata, ma era anche sporca
di grasso.
“Lady Zor-El.”
Riuscì solo a dire tirandosi in piedi.
“Oh… vi disturbo? Pensavo che avremmo
potuto… la passeggiata… ma è chiaro che siete impegnata io… dirò alla regina
che stavate lavorando e…”
“Se mi concedete dieci minuti vi
raggiungerò in giardino.” Intervenne lei. Era quasi sicura che in una sola
frase avesse detto più parole di quante ne avessero mai scambiate loro due,
Promesse escluse.
“Davvero?” Chiese la donna e apparve
genuinamente sorpresa. Lena si rese allora conto che sarebbero state, per la
prima volta, sole, proprio quello che avevano tanto attentamente evitato.
“Se non lo desiderate posso sempre…”
“No, no. Va bene. Dieci minuti, nel
giardino. Andrebbe bene l’arco delle rose?” Lena annuì alle parole della
ragazza. “Bene.”
La giovane lasciò la sua stanza e lei
si lanciò sul catino d’acqua, lavandosi le mani con il sapone ed eliminando da
esse tutto il grasso, poi, grazie al cielo arrivò Jess che la aiutò a cambiare
d’abito e le sistemò i capelli. Quando uscì, l’orologio ad acqua della sua
stanza diceva che aveva solo qualche minuto di ritardo.
Scese le scale in fretta, leggermente
agitata, quando vide l’arco delle rose, però si ricompose, prese un profondo
respiro e cercò di calmarsi.
Una passeggiata nei giardini con la sua futura sposa… una donna che non
conosceva affatto e che molto probabilmente la odiava…
Interruppe quei pensieri perché tanto
non portavano a nulla ed entrò nel giardino.
Kara la stava aspettando, seduta su
di una panchina, tra le mani un quaderno nel quale stava scrivendo.
“Siete qua.” Disse con tono sorpreso
Kara, alzandosi in piedi, il quaderno stretto tra le mani, non appena la vide.
“Perdonate il ritardi, Lady Zor-El.” Si scusò, evitando di farle notare che era lì
perché così avevano convenuto.
“Pensavo…”
“Sì?” Si trovò ad insistere.
“Che non sareste venuta.” Ammise lei.
“Io avrei capito.” Aggiunse, guardandola, forse preoccupata dalla sua reazione.
Preoccupata?
“Avreste preferito che non venissi?”
Chiese allora lei.
“No!” assicurò. “A meno che non sia
quello che…” Scosse la testa e Lena si trovò, suo malgrado, a sorridere.
“Siamo qui per passeggiare,
passeggiamo?”
“Sì.”
Il giardino era bello, i giardinieri
avevano compiuto un piccolo miracolo, sfruttando i colori dell’autunno per
decorare anche se il clima non permetteva lo sbocciare dei fiori, ma non vi era
nulla che attirasse davvero la sua attenzione. Oltrepassarono l’angolo del
castello e si ritrovarono nella zona del giardino che osservava dalla sua
finestra, anche se era lontana, poteva vedere il lungo e basso edificio che
ospitava i cavalli.
“Volete vedere i cavalli?” Le chiese
Kara, parlando per la prima volta da quando si erano incamminate.
“Non amo i cavalli.” Chiarì e Kara
arrossì.
“Ma certo… l’incidente di vostro
padre, mi dispiace…” Rimasero in silenzio e Lena si pentì di aver parlato così
bruscamente, era chiaro che Kara stava facendo uno sforzo.
Poteva farlo anche lei, no?
“Dunque, scrivete?”
“Non per davvero, sono solo appunti
sul regno di Kal…” Arrossì e scosse la testa.
Lena lasciò cadere l’argomento.
Camminarono ancora un poco, poi lei vide
Kara rabbrividire e si rese conto che il sole, nascosto dall’alto castello, ora
non risplendeva più su di loro e la sua futura sposa non era abituata al freddo
come lei.
“Rientriamo, non vorrei che domani
mattina non poteste andare a cavalcare a causa di un malanno preso oggi.” Si
rese conto di quello che aveva detto quando la donna si fermò e la osservò
stupita.
“Come sapete che cavalco Streaky ogni mattina?” Chiese.
“La regina mi ha informato al
riguardo.” Si strinse nelle spalle, poi indicò la sua finestra. “E poi mi piace
osservare le colline e la foresta nella luce del mattino.”
“Oh…” Kara seguì con lo sguardo la
parete del castello fino alla sua finestra, poi osservò le stalle. “Io non
immaginavo che foste sveglia così presto.”
“Perché avreste dovuto?” Fece notare
lei, incamminandosi verso l’accesso più rapido al castello, intenzionata a
mettere fine a quella complicata passeggiata.
Kara la seguì in silenzio, percorsero
assieme un corridoio, poi una scalinata.
L’avrebbe seguita fino in camera sua?
Davanti alla porta si fermò,
voltandosi a guardarla, decisa a congedarsi.
“Avrei voluto chiedervi molte cose,
pensavo che questa passeggiata avrebbe… ma… mi dispiace.” La ragazza alzò lo
sguardo e la fissò, sembrava davvero addolorata.
“Di cosa vi dispiace?” Chiese allora
lei, confusa. Dopo tutto era Kara ad essere la parte maggiormente offesa nella
storia. Lex l’aveva umiliata scappando con un’altra e
l’aveva costretta ad un matrimonio con una donna.
“Vorrei che non fossimo costrette a…”
Si interruppe e Lena annuì.
“Ovviamente. Ma la maggior parte dei
matrimoni tra la nobiltà e non solo, sono combinati, inutile farne un dramma.”
Disse. Si stupì lei stessa dalla sua freddezza e dalla rabbia che improvvisamente
era scaturita in lei. “Impareremo a conviverci e spero che, un giorno, sarà per
voi più facile sopportare la mia presenza.”
Le era stato tolto tutto! Il suo futuro, la sua dignità! E ora questa
ragazza…
Kara sbatté gli occhi, forse sorpresa
dalla sua veemenza. Lena non rimase ad indagare, fece un leggero cenno con il
capo, aprì la porta delle sue stanze e vi sparì all’interno chiudendosela alle
spalle.
Il tepore della camera era
accogliente, così come le superfici in legno, i tendaggi color crema e la vista
che le ampie finestra permettevano di spingere lontano, era splendida. Si
lasciò invadere da quel senso di ospitalità e di bellezza che quelle stanze
ormai le ispiravano. Non casa, no, ma, comunque, un posto in cui stare bene ed
essere al sicuro.
Jess si sporse dalla sua piccola
stanza e la guardò interrogativa, lei con un gesto la lasciò tornare alle sue
attività. Non aveva voglia di parlare, aveva parlato abbastanza anche se aveva
detto così poco.
Fece qualche passo allontanandosi
dalla porta e sbirciò nel laboratorio in cui la grossa macchina la stava
aspettando, esattamente come l’aveva lasciata prima di uscire, poco prima,
piena di… cosa?
A cosa aveva pensato per essere stata così entusiasta all’idea di
passeggiare nei giardini con la sua futura e sconosciuta sposa? Non aveva
importanza.
Sospirò e lasciò perdere l’ammasso di
ingranaggi, invece fece cadere lo scialle che aveva mollemente abbandonato
sulle braccia e si sedette su una della sedie accanto alle finestre, prese uno
dei suoi libri e si mise a leggere, cercando di dimenticare quel brutto senso
di insoddisfazione che continuava a tormentarla.
Note: La
storia va avanti, Lois, come al solito, ci mette lo zampino e le nostre ragazze
parlano un poco, anche se la conversazione non finisce come noi vorremmo e,
forse, come neanche Lena e Kara volevano? Di certo sappiamo cosa pensa Lena, ma
Kara? Cosa passerà nella sua mente?
Ditemi voi
cosa ne pensate!
Poi, grazie
per aver partecipato così numerose al gioco del titolo! Chi scherzando, chi
seriamente sono usciti un sacco di titoli interessanti. A vincere è stata Orphan09
con il suo “L’onore dei Luthor”. Grazie, modificherò
subito l’epilogo!
Ripropongo la
stessa sfida per questo capitolo e lo farò anche per gli altri, a meno che non
mi diciate che il “gioco” vi annoia… Al peggio metto i miei di titoli, ma è meno
divertente. ;-)
Quindi:
fatemi sapere che titolo dareste a questo primo capitolo!
Capitolo 3 *** Un piccolo spiraglio: scoprirsi tra i contrasti ***
Un piccolo spiraglio: scoprirsi tra i contrasti
La cena non fu silenziosa. I sovrani
avevano ospiti e il chiacchiericcio era vivace e gioioso.
Lena si tagliò una sottilissima fetta
di formaggio e vi avvolse un chicco d’uva che aveva, precedentemente, rotolato
nel miele. Il boccone, perfetto. Sorrise soddisfatta quando il sapore la colpì
con i suoi contrasti.
“Mangiate sempre in maniera strana.”
Quasi soffocò alle parole della ragazza seduta accanto a sé.
Alex sembrava particolarmente
impegnata a chiacchierare con una giovane donna dall’aspetto elegante, dal
sorriso contagioso e accompagnata da una ragazzina. Normalmente non sarebbe
stato un problema, ma l’occupazione della giovane lasciava Kara libera dalla
conversazione che di solito sosteneva con la dama di compagnia.
“Come, prego?” Domandò e Kara arrossì
rendendosi conto di come il suo non fosse un commento appropriato.
“Non volevo dire nulla di offensivo…
intendo dire che associate gusti e sapori in un modo particolare.” Cercò di
spiegarsi meglio. Lena annuì, colpita, suo malgrado, dal fatto che la ragazza
lo avesse notato. Mangiavano una affianco dell’altra da settimane, vero, ma
questo non cambiava il fatto che la giovane non si rivolgesse quasi mai a lei.
“Mi piace in contrasto.” Ammise,
credendo che la conversazione finisse lì.
“Posso provare?” Chiese invece la
ragazza, sorprendendola. Lena la guardò.
Voleva davvero conversare? Anche dopo il modo brusco in cui lei l‘aveva
congedata poche ore prima?
“Certo, ma non vi assicuro che vi
piacerà.” Le disse. Allungò la mano e tagliò una sottile fetta di formaggio
stagionato. Kara aveva già preso un chicco d’uva rossa e ora la immerse nel
miele. “Non troppo.” Le suggerì lei e la ragazza rotolò il chicco nel piatto,
per alleggerirlo dal suo dolce carico. Poi alzò gli occhi su di lei, in attesa.
Lena posò la fetta di formaggio nel
piatto della donna e poi, con un’eleganza dettata dall’abitudine, arrotolò il
chicco usando coltello e forchetta. Una volta che il pacchetto fu pronto lo
tese verso Kara che, senza esitare, allungò il collo e aprì la bocca facendo
sparire il boccone con aria concentrata.
Nel vedere il viso perplesso della
giovane quando morse il chicco spandendone il sapore nella bocca, Lena non poté
fare a meno di sorridere.
“Oh.” Disse la ragazza trattenendo
una smorfia e questa volta Lena rise. Gli occhi della giovane si fissarono su
di lei stupiti, mentre un sorriso si apriva sulle sue labbra. “Non mi piace.”
Ammise e Lena annuì.
“Posso capirlo.” Accettò. Il suo sorriso
si attenuò, ma non si spense. “Quanto siete coraggiosa?” Chiese poi. Non sapeva
perché, ma improvvisamente aveva voglia di condividere quella piccola parte di
sé con la ragazza, quella piccola parte di casa che ancora si portava dietro.
“Coraggiosa?” Chiese la ragazza e
Lena vide un bagliore di sfida nei suoi occhi.
“Osereste fare un secondo tentativo?”
Specificò e vide la giovane sorridere.
“Sì.” Disse subito.
Lena chiamò una delle cameriere e le
mormorò quello che le serviva, la ragazza annuì e si allontanò in fretta.
Qualche minuto dopo la donna tornò
con un vassoio di castagne bollite e pulite.
“Castagne!” Disse Kara, sorpresa. “Lex me le aveva fatte assaggiare, diceva che erano usate in
mille modi sulle montagne.” Lena sentì una fitta nel sentire quelle parole. Ma
certo che Lex le aveva già fatto provare quel cibo.
“Ho capito, non importa allora.”
Mormorò spingendo da parte il piattino.
“No, no, vi prego.” La ragazza posò
la mano sul suo braccio e poi la ritirò sorpresa da quel gesto troppo intimo
fatto senza riflettere. Era sempre molto espansiva con quelli che le stavano
attorno, ma non con lei. “Vi prego.” Disse ancora e Lena annuì, confusa.
Era solo un piatto, non era importante, perché la ragazza sembrava
considerarlo così rilevante?
“Ma certo, non volevo infastidirvi
con qualcosa che avete già provato.” Si spiegò, senza pensare a Lex e agli anni in cui erano stati promessi. Anni in cui si
erano visti numerose volte, per interi mesi Lex era
stato lontano da casa per risiedere lì, alla corte del re, per conoscere Kara,
per far sì che tra loro vi fosse un legame. Legame che aveva spezzato per
seguire un’altra donna.
Come aveva potuto?
Lena cercò di non rimuginare su quei
fatti, mentre con delicatezza prendeva una castagna e la posava di nuovo nel
piatto della ragazza.
“Burro.” Disse e Kara allungò la mano
posando accanto a lei il piattino. Lena prese il coltello e con arte creò un
piccolo ricciolo di burro che posò accanto alla castagna, poi prese il miele e
lasciò che alcune gocce cadessero su entrambi gli ingredienti.
“Vi piace il miele, non è vero?”
Commentò la ragazza e lei annuì.
“Amo le cose dolci.” Affermò,
concentrata sul comporre il boccone dalle giuste quantità. “Ecco.” Mormorò poi,
soddisfatta. “Questa volta troverete meno contrasto. Spero che vi piacerà un
po’ di più.” Kara guardò pensierosa il cibo sulla punta della forchetta ancora
retta da Lena, poi senza esitare ancora se lo portò alle labbra.
Lena attese la reazione della ragazza
e sorrise soddisfatta quando notò uno stupore positivo disegnarsi sul volto di
Kara.
“Vi piace?” Chiese ed ottenne un
deciso annuire.
“Questo era buono.” Affermò. Mentre
recuperava dal suo piatto ciò che restava. “Molto buono.” Dichiarò ancora e
Lena sorrise compiaciuta.
“Bene.”
“Grazie.” Lena tornò a guardare la
giovane sorpresa.
“Non è niente di speciale, solo una
ricetta tipica della mia regione.” Le disse.
“L’avete condivisa con me… grazie.”
Mormorò e ora vi era del rossore sulle sue guance. Aprì la bocca, forse per
dire altro, ma il re si alzò in piedi, battendo le mani e un gruppo di menestrelli
fece il suo ingresso. La musica e i canti riempirono l’aria e fu impossibile
continuare a parlare.
Quando si ritirò per la notte sul
viso della giovane vi era un sorriso leggermente più convinto di quello delle altre
sere e Lena ne fu piacevolmente soddisfatta. Forse, dopo tutto, Kara non la
odiava così profondamente quanto credeva. Forse avrebbero potuto conoscersi un
po’ meglio e, magari, un giorno, essere amiche.
Il mattino dopo Jess chiacchierava
della serata passata e dei numerosi ospiti, mentre lei, come sempre, osservava
le colline. Vi era qualcosa di… delicato in esse, erano così diverse dalle
maestose montagne che conosceva lei, ma non erano prive di bellezza e di certo
possedevano un loro carattere. Erano dolci invece che aspre e lei amava la
dolcezza. Non ci aveva mai pensato in quel modo.
I suoi occhi scivolarono verso lo
spiazzo di bianche pietre, dove un gruppo di cavalieri stava preparando le
proprie bestie. Lena riconobbe con facilità Streaky,
era il più imponente. Vi era anche l’elegante e forte giumenta che montava di
solito Alex, ma gli altri animali non li riconobbe.
Qualche istante e tutti montarono al
loro posto, il gruppo si diresse verso la porta nelle mura, già aperta per
loro, ma un cavallo si separò del gruppo dirigendosi verso il castello… verso
di lei. Lena sentì la sorpresa prendere il sopravvento sul suo cuore che
accelerò.
Era impossibile confondere il manto
nero e lucido di Streaky, così com’era impossibile
non riconoscere la snella e leggera figura sul suo dorso. La ragazza si alzò
sulle staffe e agitò la mano verso di lei, un sorriso ampio sulle labbra. Lena
scosse la testa sorpresa, poi alzò a sua volta la mano in un gesto molto più
misurato.
Kara sembrò soddisfatta, perché tornò
a sedersi e fece voltare il cavallo per poi spingerlo al trotto per raggiungere
il gruppo.
“Chi era, milady?” Chiese allora Jess
e lei sobbalzò, sorpresa, si era completamente dimenticata della ragazza.
“Lady Zor-El.”
Disse e vide la sua dama sorridere.
“Bene.” Affermò soltanto e poi tornò
a parlare dell’abito di Lady Grayson.
Bene?Era stato solo un saluto.
Ora che Kara sapeva che lei era lì
era naturale e garbato salutarla, tutto qui.
Bene.
Dichiarò eliminando la sorpresa dalla
sua mente e concentrandosi su quello che voleva fare quel giorno.
Niente pensieri sciocchi.
Il salone era di nuovo affollato,
anche se meno rumoroso del giorno prima. Lena mangiò con il posto alla sua
destra vuoto. Sembrava che il gruppo uscito a cavalcare avesse portato con sé
la colazione e anche il pranzo si rese conto quando fu l’ora. Per qualche
motivo ne fu delusa e, forse, persino un po’ infastidita.
Frustrata gettò a terra l’ingranaggio
e uscì da sotto la sua macchina.
“Così non va.” Mormorò a denti
stretti, doveva rivedere l’intero progetto. Si cambiò, afferrò i sui disegni e
si mise alla scrivania, ma il sole aveva già compiuto la maggior parte del suo
arco e non illuminava più la sua facciata.
“Accendo le candele, milady?” Le
chiese Jess, ma lei scosse la testa.
“La biblioteca è sull’altra facciata
dell’edificio, potrò sfruttare ancora un poco il sole.”
Come il solito il posto era vuoto se
non per una donna che spazzava il pavimento e che, nel vederla, chinò il capo e
poi se ne andò, per non disturbarla. La stanza era ancora illuminata dal
pallido sole autunnale il cui chiarore debole era però più che sufficiente per
quello che le serviva. Lena si avvicinò alla finestra, posò i disegni sul
tavolo vicino e poi ne sollevò uno ad uno appoggiandoli al vetro e osservando
le diverse linee nere incastrarsi anche se disegnate su fogli diversi.
Si mordicchiò il labbro mentre
rifletteva sul problema.
“Posso aiutarvi?” Quasi sobbalzò
lasciandosi sfuggire qualche foglio dalle mani. “Scusate, non volevo
spaventarvi.” La voce di Kara era titubante.
Lena si voltò a fissarla, abbassando
i fogli. La ragazza aveva le guance colorate dal freddo e indossava ancora gli
abiti da cavallo. Pantaloni stretti e una semplice camicia bianca sulla quale
aveva dovuto esserci una calda giubba blu, come i pantaloni, ricordò da quella
mattina.
“Siete appena tornata?” Domandò e la
giovane annuì, gli occhi che brillavano.
“È stata una splendida giornata.”
Affermò e Lena annuì, mentre recuperava i fogli e si voltava tornando al vetro
e al suo progetto.
“Dovreste andare a riposarvi,
allora.” Suggerì.
“Volevo salutarvi, considerato che
non ci siamo viste per tutto il giorno.”
“Siete gentile.” Commentò, cercando
di non mostrare il suo fastidio, non era giusto essere invidiose del tempo che
la donna passava a divertirsi con altri. “E sono contenta di sapere che è stata
una bella giornata, ma…”
“Cosa state facendo?” La interruppe
Kara, facendola di nuovo sobbalzare, si era spostata, ora era vicinissima a lei
e fissava i suoi disegni di ingranaggi con occhi concentrati.
“Nulla di…” Iniziò, abbassando la
mano, ma Kara la anticipò, sollevò la sua e stese i disegni sul vetro,
sgranando gli occhi.
“Questa è la vostra macchina.”
Riconobbe, sorprendendo Lena. La cui mano, per qualche misterioso motivo,
formicolava così vicina a quella di Kara.
“Sì.”
“E perché…” Lena appoggiò la mano a
quella della donna e la sollevò, mostrandole come i diversi fogli contenessero
disegni diversi che andavano ad incastrarsi solo in trasparenza. “Oh.” Riuscì
solo a dire la giovane e Lena trattenne la sua mano qualche istante ancora,
facendo sì che tracciasse una linea nel disegno.
“Così posso comprendere dove va ogni
pezzo e, al contempo, osservarlo singolarmente.” Spiegò. “Questo punto ha un
problema che non riesco a risolvere.” Aggiunse. Si perse di nuovo nel progetto
e si mordicchiò il labbro pensosa.
“Anche Lex
lo faceva.” Mormorò Kara e lei sentì un brivido freddo percorrere il suo corpo.
Allontanò le loro mani e abbassò i disegni. “Mordersi il labbro quando
rifletteva.” Spiegò la giovane seguendo i suoi movimenti preoccupata.
“Non l’ho mai notato.” Affermò,
brusca. Il fatto che la giovane le parlasse del fratello sembrava un rimprovero
continuo, non capiva perché si mostrasse gentile e poi se ne uscisse con frasi
simili.
Io non sono mio fratello!
“Io non sono mio fratello.” Ripeté
con tono calmo quello che la mente urlava.
“Lo so.” Disse allora Kara. “Non
volevo… perché vi irrigidite ogni volte che parlo di lui? Credevo fosse un
argomento sicuro… un punto in comune tra noi due. L’unica persona che conosciamo
entrambe e…” Lena la osservò chiedendosi, per la prima volta, se fosse sincera,
come le era sempre sembrato.
Ma se era sincera adesso allora…
“Riferirvi all’uomo che ha tradito la
parola data e vi ha messo nella deprecabile situazione di sposare me, non fa
altro che ricordare ad entrambe il disonore che porto sul capo, la colpa che i Luthor portano a causa della sua sconsideratezza.” Spiegò e
cercò di non essere troppo fredda e brusca, ma fu difficile visto il soggetto,
visto la sofferenza che quella vergogna le causava.
“Io volevo solo essere gentile.” Si
spiegò lei. “Non credo che voi dobbiate portare la colpa di vostro fratello,
voi che non avete fatto altro che onorare un impegno che di certo non
volevate.” Per la prima volta Kara la fissava con aria decisa e non sembrava
intenzionata a cedere su quel punto.
Lena non seppe come replicare, era
chiaro che la ragazza era seria e credeva nelle proprie parole. Fu strano, ma
si sentì più leggera, come se un enorme peso fosse appena stato sfilato dalle
sue spalle.
“Siete stata gentile a salutarmi
questa mattina.” Disse allora, cercando di spezzare quel silenzio diventato
troppo assordante.
“Sono stata felice di vedervi alla
finestra, non avevo certo in programma di stare lontana l’intera giornata,
altrimenti vi avrei avvertita, ma Sam aveva organizzato ogni cosa e Alex non sa
dirle di no.” Si strinse nelle spalle. Lena cercò di seguire il discorso, Sam
doveva essere la dama che la sera prima aveva occupato tutta l’attenzione di
Alex: Dama Samantha Arias. “Non potevo tornare
indietro, eravamo pronti a partire.”
“Così mi avete salutata da cavallo.”
Concluse Lena, leggermente sorpresa all’idea che la ragazza si fosse
preoccupata di lei, ma anche segretamente compiaciuta per lo stesso motivo.
Di nuovo cadde il silenzio. Kara si
tormentò le mani e Lena si chiese se non fosse il caso di dirle di andare a
riposarsi prima della cena, dopo tutto aveva cavalcato l’intera giornata.
“Cosa fa la vostra macchina?” Chiese
però Kara e lei si ritrovò ancora una volta a sorridere.
In pochi minuti erano perse nella
conversazione, Lena spiegava e Kara la riempiva di domande, mentre il sole
lentamente lasciava la stanza alla notte, fino a quando non si presentò la dama
di camera di Kara per dirle che presto sarebbe stata ora di cena e lei non era
neanche lontanamente pronta. Il tono deciso della donna le ricordò quello di
una madre.
Non Lillian! Lei non sapeva cos’era un tono materno.
Kara fece una piccola smorfia
fissando con dispiacere i disegni ora sparsi su tutto il tavolo davanti a loro.
“Avevo ancora altre domande.” Precisò
e Lena sorrise ancora, nessuno sembrava bravo quanto la ragazza nel porre
domande intelligenti.
“Dama Eliza
sembrava abbastanza decisa.” Le ricordò e Kara annuì sul volto un’aria
preoccupata. “È la
madre di Alex, credo che tu lo sappia, entrambe hanno quel modo di guardarmi
che…” Rabbrividì, anche se Lena comprese che era solo una farsa. “Sono
terribili.” Affermò, per poi sorridere.
“Allora non fate tardi, Kara.” La
ragazza arrossì a quel modo informale di chiamarla. “Lady Zor-El.”
Si corresse subito, ma Kara scosse la testa.
“Kara, per favore.” Richiese e
arrossì ancora un poco.
“Molto bene.” Disse lei, sentendo un
caldo e dolce senso di benessere espandersi nel suo petto, mentre la donna
sorrideva e se ne andava.
Tornò nella sua stanza e si preparò a
sua volta per la cena, seguendo, aiutata da Jess, il solito rituale: bagno,
indossare uno degli eleganti abiti da sera e poi sistemarsi i capelli, il tutto
finiva scegliendo qualche gioiello.
Scese le scale da sola, poteva già
sentire l’eccitato brusio che proveniva dal salone, ma fu un mormorio a
sorprenderla. Curiosa svoltò l’angolo e si ritrovò ad osservare due dame, in
fondo alle scale, intente a mormorare piano tra di loro. Non le fu difficile
riconoscere Alex e non le ci volle molta fantasia per immaginare che la donna
in ombra fosse invece Dama Arias. Rimase immobile a
causa della sorpresa, poi quando fu sul punto di manifestare la propria
presenza seppe che non doveva farlo. Alex e dama Arias
si guardavano con sorprendente intensità.
Il cuore di Lena accelerò nel vedere
le due donne congiungere le labbra in un bacio.
Un bacio. Non era mai stata baciata lei.
Scacciò il pensiero distogliendo lo
sguardo conscia che era un momento intimo e profondamente privato, ruotò su se
stessa e risalì le scale, percorse un altro corridoio e scese da una diversa
scalinata.
Note: Vi è
piaciuto questo capitolo? Kara non sembra essersi lasciata scoraggiare da Lena
e dalla passeggiata non proprio riuscita e ha preso la situazione in mano! Per
una volta dobbiamo congratularci con lei. E Lena? Lena sembra iniziare ad
apprezzare la compagnia della sua Promessa.
Intanto Alex,
zitta, zitta… ;-)
Il titolo
vincitore per il precedente capitolo è quello di Jess! “Lontana” incarna
perfettamente lo stato d’animo di Lena, lontana da casa e dall’idea di futuro
che si era immaginata per se stessa, ma, lontana, anche da Kara. Grazie!! Il
avevo pensato a “distanti”, concetto simile, ma limitato al rapporto tra Kara e
Lena.
Questo
capitolo aspetta le vostre idee, fatemi sapere qual è secondo voi il titolo
giusto.
Come aveva immaginato il salone era
rumoroso e pieno di vita.
“State bene?” Le chiese subito Kara,
nel scostarle la sedia.
“Sì, perché?”
“Le vostre guance non sono mai
rosse.” Le fece notare e Lena abbassò lo sguardo, non era certo da lei lasciarsi
impressionare da un bacio
Insomma!
Accettando di sposare Kara, aveva
deciso di rinunciare a tutto ciò che una coppia sposata avrebbe potuto fare, ma
non significava che doveva arrossire come una bambina.
“Siete arrossita di nuovo.” L’accusò
con divertimento Kara.
“Oggi fa caldo.” Disse lei, sperando
che la ragazza le credesse.
“A volte dimentico che tra le
montagne questo appena accettabile tepore è da considerare eccessivo calore.”
Sorrise di nuovo alle sue parole e Lena la imitò, evitando di rispondere.
Furono presto impegnate in diverse
conversazioni. Lena aveva alla sinistra un nobile che commerciava con i Luthor da sempre che la coinvolse in un dibattito sulla
supremazia del tessuto proveniente dalle rosse piane del regno dei marziani,
rispetto a quello proveniente da Daxam. I domini dei Luthor, cardine tra i due regni e Krypton, erano ricchi
proprio grazie al commercio e Lena conosceva bene la materia.
Kara, dall’altra parte, parlava fitto
con Alex. Lena non aveva bisogno di sentire, per immaginare quale fosse
l’argomento.
La serata proseguì abbastanza
piacevolmente, ma presto il vino iniziò ad appesantire le risate di molti e a
rendere gli sguardi più lucidi. Lena notò subito alcune occhiate che ora
cadevano su di lei in maniera più malevola e decise che era ora di ritirarsi. I
Luthor erano una famiglia molto ricca e temuta anche
prima dello scandalo di Lex, ma ora molti nobili
avrebbero volentieri preferito che l’adorata cugina del re andasse in sposa a
qualcun altro, magari loro stessi, piuttosto che a lei.
Era a metà dello stanzone, quando una
mano si posò sul suo braccio. Si voltò pronta ad affrontare uno scambio
sgradevole quando incontrò gli occhi di Kara.
“Siete già stanca?” Le domandò la
giovane.
“Sì, perdonatemi, non volevo
disturbare la conversazione tra voi e Lady Alexandra.” Si premurò di dire,
visto che non aveva preso congedo da lei.
“Non disturbate mai.” Assicurò però
Kara, con un sorriso timido. “Mi chiedevo… posso accompagnarvi?”
Lena la fissò per un istante,
sorpresa. Era un gesto comune e galante tra Promessi, ma non era qualcosa che
loro avevano mai fatto.
“Se lo desiderate.” Acconsentì.
Insieme, sotto lo sguardo perplesso
di più di un nobile, raggiunsero le scale di pietra che conducevano ai piani
alti del castello.
Lena cercò un argomento che avrebbero
potuto affrontare, ma nulla le sembrò abbastanza da spezzare il silenzio, fino
a quando le scale non finirono e lei si ritrovò davanti alla porta della sua
stanza.
“Vi ringrazio.” Disse.
“Alex è innamorata di Sam.” Sbottò,
allora, Kara sorprendendola.
“Spero che le loro famiglie
acconsentano a…”
“Oh sì, credo che tutto andrà per il
meglio anche se Sam ha già una figlia e non ho mai visto Alex tanto
spaventata.” Spiegò la giovane e Lena si chiese perché le parlasse di una cosa
simile.
“La paura passerà, se l’ama davvero.”
Commentò e Kara sollevò il viso per guardarla.
“Anche io ho paura.” Mormorò piano la
ragazza. E, suo malgrado, Lena sentì il cuore accelerare.
“Non dovete avere paura di me…” Per
una volta la sua voce fu morbida. “Siamo Promesse, è vero, e ci sposeremo, ma
non vi chiederò mai nulla se non il rispetto.” Kara sbatté le palpebre
perplessa.
Lena si morse il labbro, come davanti
ad un problema difficile. Non si era aspettata di dover spiegare qualcosa di
simile.
“Io…” Provò poi scosse la testa. “Non
dovete avere paura.” Disse ancora.
“Possiamo parlarne un’altra volta, se
lo desiderate.” Propose allora Kara.
“Sì, credo che un’altra volta andrà
meglio.” Ammise con un sospiro e la giovane sorrise.
“Posso chiedervi una cosa?” Domandò
ancora e Lena annuì, qualsiasi cosa era meglio di quel discorso, anche se era
conscia che un giorno o l’altro avrebbero dovuto affrontarlo. “Mi mostrerete
come funziona la vostra macchina?”
Lena sorrise, mentre la tensione
degli ultimi minuti scivolava via.
“Sì, mi farebbe molto piacere.”
Ammise e Kara si illuminò.
“Ottimo. Domani, allora.” Prima che
Lena potesse protestare la giovane se ne stava già andando. “Buona notte.” Le
disse ancora voltandosi e sorridendo.
“Buona notte, Kara.” Mormorò lei,
scuotendo la testa divertita.
***
Lena non si era resa conto di quanto
si sentisse sola fino a quando Kara non iniziò a passare parte del suo tempo
con lei. Principalmente stavano assieme nel pomeriggio, in biblioteca.
All’inizio Kara l’aveva tempestata di domande e l’aveva osservata creare i
nuovi disegni, ma ben presto la giovane aveva capito che era meglio lasciarla
lavorare in pace e si sedeva accanto al caminetto leggendo un libro o scrivendo
nel suo misterioso quaderno. Era divertente vederla muoversi insofferente sulla
sedia, incapace di stare calma e ferma per più di una mezzora, fino a quando
lei non le suggeriva di avvicinarsi per osservare il disegno di un nuovo
ingranaggio o non le spiegava parte dei suoi problemi.
Altre volte erano nelle sue stanze e
allora lì la giovane poteva dare il meglio di sé, infilandosi accanto a lei
sotto la macchina e osservando meravigliata gli ingranaggi che aveva visto
disegnati, incastrarsi uno accanto all’altro e muoversi assieme.
“Funziona?” Le chiese la ragazza,
osservando il sistema muoversi senza incidenti. Lena sbatté gli occhi,
aspettando. Un giro, un altro, un altro ancora. Nulla si ruppe, nulla si
incastrò.
“Io… credo di sì.” Affermò
“Sì!” Esclamò allora la giovane. Poi
osservò la porta e impallidì preoccupata. “Come faremo a farla uscire?”
Lena scoppiò a ridere e Kara incrociò
le braccia offesa. “Non è una domanda così stupida.” Si lamentò e Lena rise
ancora.
“Non è affatto stupida, nessuna
domanda è stupida.” Le disse cercando di scusarsi per quella risata. “Questo è
solo un prototipo in legno. Sono i disegni quelli che contano. Li farò portare
da un corriere a Castel Luthor e mia madre potrà
valutarli e decidere se investire in essi.”
“Vuoi dire che…” Kara passò lo
sguardo sugli ingranaggi di legno.
“Sì, la smonteremo e li farò bruciare.”
“Ma hai passato intere ore a
disegnare i pezzi e i più piccoli li hai costruiti con le tue stesse mani,
intarsiando il legno…” Lena si strinse nelle spalle.
“Se avessi tenuto tutti i prototipi
dei miei lavori ora avrei bisogno di un castello per contenerli.”
“Davvero?” Domandò meravigliata Kara.
“Pensavo che questa fosse la tua grande idea, non immaginavo che… Lex mi aveva detto che eri molto intelligente ma…” Arrossì.
“Perdonami.” Disse subito.
“Era un complimento.” Affermò lei,
distogliendo lo sguardo e mettendosi a spostare gli attrezzi.
“Non vi piace che parli di vostro
fratello.” Fece notare Kara e Lena si strinse nelle spalle, tenendosi
impegnata. “Sapete, lui mi parlava spesso di voi e io...” Lena chiuse gli occhi
appoggiandosi al tavolo. Dava le spalle a Kara e aspettava che la ragazza
trovasse le parole giuste da dirle, come se ci fossero parole giuste da dire in
un caso come il loro. “Io vi immaginavo, ma è evidente che non possedevo
abbastanza immaginazione, perché è chiaro che voi siete ben oltre ogni mia
possibile fantasia.”
Lena si voltò a fissarla. Si era
aspettata un discorso di tutt’altro tipo.
“Non dovete farlo, sapete, farmi dei
complimenti o…”
Era sciocco fingere, erano entrambi consapevoli che tra loro non poteva
esserci nulla di più che del reciproco rispetto. Non voleva illudersi.
“Siete meravigliosa anche solo a
permettermi di starvi accanto.” La interruppe Kara. La sua voce si spezzò e
Lena notò che aveva gli occhi pieni di lacrime ora.
Fu una scoperta sconvolgente, non
aveva mai provato una simile immediata fitta di dolore nel vedere qualcuno così
vicino al pianto.
“Io sono felice di passare del tempo
con voi.” Affermò, cercando di capire cosa succedesse.
“Siete troppo gentile. Io non sono
degna di voi. Avrei voluto essere più forte, essere come voi.”
“Di cosa state parlando?” Le domandò
allora, perché era evidente che non stava seguendo il discorso.
“Della lettera.” Ammise con un
singhiozzo la giovane.
“Oh.” Disse solo lei. Quella
maledetta lettera. Sperava che non ne parlassero mai più e invece eccola lì, di
nuovo. Probabilmente avrebbe rovinato quella prima tiepida amicizia che stava
nascendo tra loro due. “Vorrei che non ne parlassimo.” Tentò.
“Vorrei non averla mai scritta.” Le
disse invece Kara. “Lex mi aveva parlato di quanto
foste bella e intelligente e di come avreste fatto grandi cose per le terre dei
Luthor una volta che sareste diventata l’erede
ufficiale, al matrimonio di Lex, e mi aveva
raccontato di… Sir Spheer e del sentimento che vi
legava. Io non potevo portarvi via il vostro destino, non potevo neppure per il
mio popolo, per il mio regno, per la mia famiglia.” Lena ascoltava a bocca
aperta, non aveva senso.
No, Kara non la voleva perché non voleva un ripiego, una seconda scelta,
perché non voleva una donna, perché non voleva lei.
Kara era un fiume in piena.
“Voi siete stata così forte da
rinunciare a tutto solo perché era la cosa giusta da fare, dimostrandovi così
tanto superiore, mentre io… io sono solo una sciocca e mi dispiace così tanto
che voi siate legata a me…”
“A me non dispiace.” Disse e per la
prima volta Kara alzò gli occhi osservandola a bocca aperta. Lena scosse la
testa cercando di organizzare i suoi pensieri lì dove aveva fallito con i
sentimenti.
“Non vi dispiace?” Domandò la
ragazza.
“Un matrimonio combinato poteva
rivelarsi molto peggio di quello che ho qua. Voi siete cortese e dolce, siete
intelligente e, ammettiamolo, siete così gentile da interessarvi alle mie
schiocche macchine.”
“Non sono sciocche!” Protestò la
giovane che non piangeva più ora.
“Comunque.” Si fece avanti e prese le
mani della giovane nelle sue. Le sentì tremare, così come quella prima volta
durante la cerimonia della Promessa e strinse un poco, sorridendo piano. “La
vostra lettera proveniva dal cuore ed era condivisibile. Io ho sofferto nel
dovervi dire no, nel dovervi chiedere di accettare una proposta che incastrava
entrambe, nel non poter lottare al vostro fianco per la nostra libertà di
scelta.” Lo sguardo di Kara era serio, profondo e Lena lasciò che vedesse nei
propri occhi che era sincera.
“Forse, possiamo…” Iniziò a dire
Kara, nei suoi occhi vi era titubanza ora, un rossore diverso stava colorando
le sue guance.
Era il momento di dirle quello che da tempo aveva deciso.
“Non dovete avere paura, non esigerò
da voi nulla di quello che un marito o una moglie esige dal compagno.
Rispetterò ogni parola della Promessa e la prima cosa che vi ho promesso è di
fare tutto il possibile per rendervi felice. Siamo legate, è vero, ma questo
non significa che non dobbiate sentirvi libera.”
Kara la guardava a bocca aperta come
se le sue parole l’avessero profondamente stupita. Non erano parole che aveva
detto alla leggera, ma nel leggere la lettera di Kara aveva capito che quella
era l’unica via per fare il suo dovere e al contempo permettere alla donna di
non sacrificare la sua felicità.
“Non era quello che mi aspettavo.”
Ammise piano la giovane, ritirando le mani dalle sue e stringendole in grembo.
“Non dovete fingere con me.” Le disse
e la giovane annuì, mentre faceva un passo indietro allontanandosi.
“Io… capisco.”
Lena era confusa, credeva che Kara
avrebbe provato sollievo, invece sembrava… delusa o distaccata.
“È la cosa migliore per entrambe.”
Insistette.
Kara la fissò per un lungo istante.
“Sì.” Mormorò. “Perdonatemi, credo…
credo che sia meglio che io vada.”
“Ma certo, come desiderate....” La
guardò andare via e si chiese cosa fosse appena successo.
Forse era stata sorpresa dalle sue parole al punto da non comprendere che
così avrebbe avuto almeno una piccola parte della libertà che desiderava e che
meritava?
Quella sera Kara non si presentò a
cena. Lena attese il suo arrivo fino a quando non vide giungere Alex.
“Perdonatemi, Lady Zor-El non verrà a cena?” Le chiese e, per la prima volta,
la donna le lanciò un lungo sguardo prima di risponderle.
“Non si sente molto bene. La vostra
stanza era molto fredda oggi.” Rispose infine.
Lena si chiese se vi fosse un doppio
senso in quelle parole, negli occhi della donna vi era un rimprovero, ma
sembrava andare al di là del disapprovare la sua abitudine di tenere le
finestre aperte.
“Nulla di…” Iniziò a chiedere.
“No, nulla può tenere Kara lontana
dal cibo troppo a lungo.” Concluse la donna, poi si allontanò per sedersi
accanto a Lady Samantha che le scostò la sedia con un sorriso.
Lena mangiò distrattamente, era
strano non avere Kara accanto e sapere che era colpa sua. Avrebbe dovuto fare
qualcosa, qualsiasi cosa per scusarsi.
Era normale che si preoccupasse, era la sua Promessa e non stava molto
bene a causa sua. No?
Si congedò dal tavolo e raggiunse la
cucina, dove recuperò quello che necessitava, infine salì le scale per
raggiungere quelle che sapeva essere le stanze della giovane Lady Zor-El.
Non era mai stata in quella parte del
castello. Risalì le scale a chiocciola fino a giungere in cima ad una delle
torri, poi si fermò titubante chiedendosi se stesse facendo la cosa giusta. Era
tardi, Kara non stava bene e probabilmente per colpa sua… non era così sicura
che volesse vederla.
Esitò un istante, poi osservò il
bicchiere di latte caldo che teneva tra le mani, addolcito con il miele, il
rimedio ideale per un’infreddatura.
Era una Luthor, doveva smetterla di esitare.
Alzò il pugno e bussò alla porta.
“Alex, avevo detto che non volevo…”
Kara la fissò sorpresa. “Oh…” Disse e arrossì.
“Lady Alexandra mi ha detto che non
stavate bene e…” Lena si interruppe. Kara non sembrava stare male, niente
affatto, e sul suo volto vi era un’aria profondamente colpevole.
Perché avrebbe dovuto…
Allungò lo sguardo oltre le spalle
della donna. Non era mai stata nelle sue stanze, ma quello doveva essere il
salotto, seduto su di una panca ricoperta di cuscini poteva scorgere due gambe
calzate in stivali neri. Un uomo.
“Kara?” Lena strinse i denti cercando
di ignorare la fitta di rabbia che le infiammò la mente nel riconoscere la voce
dell’Intendente Brainiac, un uomo particolare che
aveva spesso visto conversare con Kara, senza immaginare che tra loro vi fosse
nulla di più che una conoscenza o, al massimo, un’amicizia.
Kara non sembrava aver aspettato
molto a dare seguito alle sue parole.
Forse non aveva neanche atteso che le pronunciasse.
“Perdonate il disturbo, non succederà
più.” Disse, con tono freddo.
“No, aspettate!” La richiamò Kara.
Uscendo dalla stanza e seguendola lungo le strette scale. “Cosa volevate
dirmi?” Domandò quando lei si voltò, con un estremo sforzo, a guardarla.
“Dirvi?” Chiese. Non avrebbe dovuto
essere così arrabbiata, non ne aveva nessun diritto, eppure era furiosa. “Mi
preoccupavo per la vostra salute.” Affermò, impossibilitata a nascondere
l’astio nelle sue parole. “Ma vedo che state benissimo.” Fece un passo indietro
dimenticandosi di essere su di una scala. Il suo piede perse stabilità e lei
sgranò gli occhi sentendo il suo corpo che iniziava a cadere, poi due braccia
forti furono attorno a lei e Lena si trovò schiacciata contro il corpo di Kara
che la tratteneva con occhi spaventati.
Il suo cuore batteva veloce per lo
spavento, ma anche per quel viso, improvvisamente, così vicino al suo, così
preoccupato, così…
“State bene?” Le domandò la donna e
Lena si tirò indietro. Il bicchiere era caduto a terra infrangendosi, sporcando
le scale in legno e macchiandole il vestito.
“Sì.” Riuscì a dire.
“Mi dispiace.” Mormorò allora la
ragazza.
“Era solo un bicchiere di latte e
miele.” Disse agitando la mano, non riusciva a calmare il battito del suo cuore
e questo la faceva infuriare ancora di più,.
Lei era sempre controllata, sempre!
“Non parlavo del bicchiere.” Precisò
la giovane. Lena alzò lo sguardo su di lei.
Perché doveva essere così bella?
Quel pensiero la sorprese.
“Buona notte.” Disse senza aspettare
che la donna si spiegasse meglio. Si voltò e scese le scale, tornando con una
certa fretta nelle sue stanze.
Jess la aiutò a cambiarsi e ad
indossare la camicia da notte. Lena però non era pronta a dormire, si avvolse
in un scialle e, congedata Jess, si sedette davanti alla finestra, osservando
le colline scure e prive delle mille luci che punteggiavano il cielo. La luna
sarebbe sorta più tardi e ora erano le stelle a fare da padrone.
Il caminetto si stava lentamente
spegnendo e solo una candela era accesa nella sua stanza. Dopo un lungo
momento, Lena si alzò e raggiunse la sua stanza, aprì il comodino e ne estrasse
un piccolo rotolo. Lo strinse tra le mani e tornò alla finestra. Indecisa
rimase a lungo ferma, chiedendosi se fosse una buona idea, alla fine srotolò la
fine pergamena e si ritrovò ad osservare, come alcuni mesi prima, la delicata
scrittura di Kara.
“Lady Luthor,
Vi scrivo con il cuore in mano. Insieme possiamo cambiare il nostro
destino, insieme possiamo evitare che ci venga strappato via il nostro futuro…”
Chiuse gli occhi mentre le parole che
aveva letto così spesso da saperle a memoria scorrevano nella sua mente.
E lei aveva detto no.
Note: Capitolo intenso, non
credete?
Kara e Lena hanno decisamente
parlato, ma si sono capite? Di nuovo: quanto sarebbe bello poter sapere cosa pensa
Kara?
Siete state troppo brave!
Trovare un titolo adatto al precedente capitolo ora mi risulta davvero
difficile, le vostre diverse proposte sono decisamente valide, ma un titolo
devo pur trovarlo, quindi alla fine ho deciso di provare con i mash-up ed è uscito fuori: “Un piccolo spiraglio: scoprirsi
tra i contrasti”… alla faccia del mi piacciono i titoli corti! ;-)
Aspetto il prossimo titolo,
sarà facile, sarà difficile? Vediamo cosa vi inventate!
I giorni successivi furono caotici
per il castello. Gli ospiti e l’intera corte reale si preparavano a partire per
un viaggio autunnale tra i feudatari. Lena cercò di rimanere lontana dai
preparativi che non la concernevano, Kara sarebbe rimasta al castello, in
rappresentanza del cugino. Lei, ovviamente, sarebbe rimasta a sua volta, perché
era la sua Promessa.
Come ogni mattina era alla finestra,
ma qualche passo indietro rispetto al solito. Non voleva che Kara la vedesse,
eppure lei riusciva a vederla, mentre preparava il suo cavallo e poi esitava,
il volto rivolto verso lei e la finestra che ai suoi occhi appariva vuota.
Durante i pasti non parlavano o
quasi, questa volta, doveva ammetterlo, era colpa sua. Kara tentava di
incominciare una conversazione con lei, ignorando il rumore del salone, ma lei
riusciva sempre a rispondere in maniera da chiudere qualsiasi apertura al
dialogo e poi si dedicava al cibo, finiva in fretta e si congedava dai reali,
sparendo prima ancora che fossero chiamati i menestrelli.
Era sciocco quell’atteggiamento,
infantile, probabilmente. Avrebbe sposato Kara, avrebbe passato con lei
l’intera vita, non poteva evitarla per sempre.
Non poteva punirla per una decisione che aveva preso lei.
Lena abbassò il capo. Kara, aveva finalmente
spinto Streaky a raggiungere il gruppo con cui
cavalcava quel giorno e lei poté appoggiarsi al piccola davanzale e osservare
le colline.
A metà mattinata, mentre lei si
occupava della corrispondenza proveniente da Castel Luthor,
la corte partì. Lena aveva salutato i reali a colazione e ora non si alzò dalla
scrivania, neppure per osservare lo spettacolo di stendardi, dame e cavalieri
che quella partenza metteva in mostra.
Quando scese per pranzo si rese
conto, per la prima volta, di cosa significava effettivamente la partenza della
corte. Il salone che, anche quando non vi erano che un piccolo gruppo di
ospiti, risuonava di conversazioni ed era percorso da camerieri e nobili, ora
era quasi silenzioso. Il tavolo reale, a cui lei mangiava da quando era giunta
al castello, era pronto per accogliere due persone, e uno dei posti era già
preso da Kara.
Lena esitò un istante sulla porta,
chiedendosi come avrebbe potuto affrontare una simile situazione, ma gli occhi
di Kara si voltarono e incrociarono i suoi, sorpresi.
La giovane scattò in piedi,
arrossendo, probabilmente per la tenuta non adeguata ad un pranzo, infatti
indossava ancora i canzoni e la giubba con cui usciva a cavallo.
“Buongiorno, Lady Luthor.”
“Buongiorno.” Non si erano viste a
colazione. Succedeva raramente che Kara non rientrasse in tempo per
incontrarla, ma quel giorno era successo. “Credevo che Dama Alexandra e Dama Eliza sarebbero rimaste al castello, così come l’Intendente
Brainiac.”
Kara sembrò arrossire ancora un po’
di più a quelle sue parole e Lena cercò di non badare alla piccola fitta che
questo le provocava.
“Alex e sua madre accompagnano il
convoglio fino alle terre dei Danvers, poi torneranno
al castello, dopodomani saranno di nuovo qua.” Lena annuì, aveva senso, le
terre dei Danvers erano le più vicine al palazzo e
sarebbero stata la prima tappa del re e della regina, era normale che li
accompagnassero fino a lì. “L’Intendente Brainiac
invece, è stato chiamato in città, giorni fa, tornerà in primavera.” Lena
corrugò la fronte perplessa, era vero che non aveva più visto l’Intendente da
quella malaugurata sera in cui lo aveva sorpreso nelle stanze della sua
Promessa, ma non aveva immaginato che fosse partito.
“In primavera?” Ripeté, sorpresa. Kara
annuì, ma distolse lo sguardo.
“È un buon amico e mi mancherà, ma il
suo dovere deve andare al suo ruolo, mancava dai suoi uffici da troppo tempo.”
Arrossì sulla parola dovere, ma alzò il mento in maniera fiera.
Lena sapeva che stava di nuovo
pensando alla lettera e a quello che credeva lei avesse pensato nel leggerla.
“Capisco.” Disse soltanto. Era strano
provare quel senso di sollievo e al contempo sentirsi in colpa. Aveva promesso
alla giovane quella libertà e di fare del suo meglio perché lei fosse felice, l’Intendente
sembrava colui che la ragazza aveva scelto.
Le cameriere portarono i piatti con
le differenti pietanze e tra loro scese il silenzio.
Lena lanciò uno sguardo a Kara che si
agitava sulla sedia accanto a lei. Ormai la conosceva abbastanza bene da sapere
che aveva qualcosa da dirle.
“Sì?” Domandò, perché non seppe resistere.
La ragazza la guardò sorpresa, aprì
la bocca e poi la richiuse, come se stesse lottando con se stessa sulle parole
da usare. Lena non poté fare a meno di sorridere e Kara arrossì, rendendosi
conto di come doveva apparire.
“Mi chiedevo… avete già bruciato il
modello della vostra macchina per catturare il vento?” Lena la fissò sorpresa,
non si era aspettata una domanda simile.
“No.” Affermò. In quei giorni di
fibrillazione al castello non aveva voluto impegnare dei camerieri per quel
compito. “Ma ora che il castello è di nuovo tranquillo, non…”
“Vorrei mostrarvi una cosa.” La
interruppe però Kara.
“Una cosa?” Chiese lei, scettica.
“Sì. Posso?” Le domandò ancora,
titubante. Lena esitò un istante, non era sicura che fosse una buona idea,
starle troppo accanto la portava a pensieri sciocchi, al contempo, avrebbe
dovuto abituarsi ad averla vicina visto che l’avrebbe sposata.
“Va bene.” Acconsentì e vide gli
occhi della ragazza brillare di gioia.
“Andiamo.” Esclamò lei,
improvvisamente decisa.
“Adesso?” Si ritrovò a dire, mentre
Kara era già in piedi.
“Sì, avete mangiato tutto quello che
mangiate di solito, quindi, perché aspettare? Ci siamo solo noi, oggi, possiamo
fare come più ci piace.” Lena osservò i camerieri posti lungo il muro, in
attesa del loro cenno per sparecchiare e tornare con la portata successiva,
Kara, però, non aveva tutti i torti, Lena non avrebbe mangiato molto altro.
“Va bene.” Si alzò e Kara sorrise di
nuovo, in quel modo a lei peculiare che sembrava farle risplendere il volto.
“Datemi un istante.” Affermò e poi si
avvicinò al capo dei domestici che annuì e poi batté le mani, dando un
implicito ordine. Kara tornò. “Fatto.” Disse. “Andiamo.”
Attraversarono le stanze e i corridoi
del castello, incontrando solo domestici e paggi. Era strano il silenzio che vi
regnava, ma anche rilassante, le ricordava casa e Lena non poté fare a meno che
abbandonare un po’ della tensione che non sospettava di provare fino a quando
le sue spalle non si alleggerirono.
Alla porta d’ingresso una cameriera
le stava aspettando, tra le mani due caldi mantelli.
“Dunque era pianificato.” Notò con
tono divertito e Kara annuì felice, mentre si drappeggiava sulle spalle un
mantello rosso scuro e poi la aiutava ad indossarne uno verde.
“Lo so che non avete mai freddo, ma…”
“Meglio evitare le infreddature.”
Concluse lei. E per un istante, al ricordo della menzogna della giovane di
qualche giorno prima, il suo viso si chiuse di nuovo. Kara distolse lo sguardo,
chiaramente preda di pensieri simili.
Uscirono nel giardino e Lena ispirò
l’aria fresca con gioia. Avrebbe dovuto passeggiare di più all’esterno, anche
se questo la distoglieva dalle sue solite attività.
Il cielo era splendido, di
quell’azzurro che solo l’autunno può mostrare, gli alberi del giardino avevano
colori più omogenei ora, più scuri e meno intensi e, oltre le mura, le colline
erano già ricoperte dalle prime foglie cadute.
Kara la guidò con passo sicuro verso
uno degli edifici adiacenti al castello, poteva essere un magazzino, una
stalla, forse persino parte degli alloggi dei servitori o delle guardie. Lena
era perplessa, non capiva cosa volesse mostrarle la donna.
“Eccoci.” Disse allora Kara e i suoi
occhi brillavano di nuovo. “Spero che…”
Delle urla la interruppero ed
entrambe si voltarono verso la fonte del frastuono. Dopo pochi istanti un
puledro nero superò l’angolo delle stalle dirigendosi dritto verso di loro,
poco distante due stallieri correvano perdendo terreno ad ogni passo.
Lena sentì il cuore accelerare.
L’animale era evidentemente piccolo, ma comunque avrebbe potuto con estrema
facilità essere pericoloso. Fece un passo indietro, spaventata, quando Kara le
si parò davanti.
“Oh, oh!” Disse, allargando le
braccia. Il puledro si impennò davanti a lei e Lena con orrore si aspettò il
peggio, ma la giovane non si mosse, invece avanzò, le braccia sempre
spalancate. “Chi ti ha detto che potevi uscire?” Domandò e nella sua voce vi
era divertita giocosità e nessuna paura.
Il cavallo ricadde sulle quattro
zampe e poi la guardò, come se la valutasse.
Kara allungò la mano verso di lui e
l’animale avanzò spingendo il muso contro le dita della giovane.
“Ecco, così, bravo.” Mormorò allora
la ragazza, dando delle leggere pacche sulle spalle del nerissimo cavallino.
“Per fortuna c’eravate voi, Lady Zor-El, altrimenti chi li avrebbe sentiti i giardinieri...”
Disse uno stalliere, arrivando con il fiato mozzo dopo la corsa, poi nel vedere
lei impallidì e si piegò in un inchino formale. “Chiedo perdono.” Mormorò ed
era pallido e teso adesso.
Kara sembrò ricordarsi di lei sono in
quel momento, perché alzò la testa e la guardò registrando, probabilmente, il
suo viso pallido e il modo in cui stringeva il mantello. Lena cercò di
ricomporsi, ma era difficile, non aveva mai amato i cavalli, non da quando
c’era stato quell’incidente e suo padre era morto.
“Oh, non importa.” Si riscosse Kara,
tornando a fissare lo stalliere che prese in custodia l’animale, riportandolo
verso le stalle, dopo essersi di nuovo inchinato a lei.
“Perché lo stalliere era così…
preoccupato per la mia presenza?” Chiese. Era abituata alla deferenza del
personale del palazzo, ma questa volta vi era stato qualcosa di più e Kara era
chiaramente parte di quel qualcosa.
“Non è nulla di importante…” Cercò di
dire, ma lei alzò un sopracciglio fissandola in attesa. “Ecco… era il mio
regalo, per voi, per il ballo di Mezz’inverno.” Ammise alla fine, arrossendo un
poco.
“Oh.” Lena sbatté le palpebre sorpresa.
“Si tratta di un figlio di Streaky e diventerà un ottimo cavallo, quando ci ho pensato
non sapevo che non vi piacessero i cavalli, quindi… ora non ha più importanza.”
Lena si morse il labbro, che lo
volesse o no il suo cuore si era scaldato all’idea della ragazza che si
preoccupava di farle il regalo giusto.
“È un bell’animale… e un bel regalo.”
Disse allora e Kara alzò lo sguardo su di lei, dubbiosa.
“Perché non vi piacciono i cavalli?”
Chiese, poi aggiunse. “Ne avete paura a causa dell’incidente che ha avuto
vostro padre?”
Lena abbassò il capo, non amava
parlarne.
“Non…” Iniziò, ma la giovane la
interruppe.
“Perdonatemi, non dovete rispondere
se parlarne vi fa soffrire.” Alzò lo sguardo e incontrò gli occhi sinceri e
dolci della giovane che ora erano velati di reale preoccupazione.
Lena sospirò e poi si spostò
sedendosi su una delle panchine di pietra che punteggiavano il giardino del
castello. Kara le si sedette accanto, in silenzio, aspettando pazientemente che
lei decidesse.
“Pochi sanno che ero con lui quando è
successo. Mia madre non ha voluto che si sapesse, diceva che avrebbero usato questa
informazione contro di me.” Sospirò lasciando che la memoria tornasse a quel
giorno. “Mio padre viaggiava molto e lo vedevamo poco, io e Lex,
ma quel giorno sarebbe tornato e così, disubbidendo a nostra madre, Lex sellò uno dei grossi cavalli da guerra delle montagne e
mi prese con sé. Avremmo fatto una sorpresa a papà, mi disse.” Si fermò
ricordando la cavalcata nella foresta ricoperta di neve, a volte, quando
chiudeva gli occhi, ricordava ancora la sensazione provata, il cavallo che
sbuffava come unico rumore, le braccia di suo fratello strette attorno a lei
che la tenevano al sicuro e al caldo.
Riaprì gli occhi e trovò lo sguardo
azzurro di Kara, attento, preoccupato, ma non… incalzante. Avrebbe atteso tutto
il tempo che Lena voleva, quello dicevano quegli occhi magnifici.
“Giungemmo al Passo Alto e lì
aspettammo che la carrozza di nostro padre arrivasse. Lex
aveva calcolato bene i tempi e ben presto sentimmo il rumore del gruppo che
riportava a casa nostro padre.” Lena ripensò alla gioia che aveva provato nel
vedere le armature brillare nel pallido sole e il verde dei stendardi dei Luthor, con la L d’argento che garriva il vento: suo padre
tornava a casa.
“Mi agitai e il nostro cavallo si
agitò con me.” Ricordò, ora il suo tono era freddo, distaccato. Lex aveva quindici anni, lei ne aveva sette. La loro madre
aveva vietano per un motivo l’uso dei grandi cavalli da montagna. “Lex era abile, anche a quel tempo, e probabilmente avrebbe
controllato l’animale, ma io… io urlai verso mio padre, volevo che mi vedesse,
volevo incontrare il suo sguardo felice, volevo che fossi la prima a dargli il
bentornato a casa.” Sentì la mano di Kara stringersi sulla sua e si rese conto
che una lacrima stava scendendo lungo la sua guancia. Non aveva mai raccontato
questa storia, a nessuno.
Perché ora lo faceva con lei? Perché mostrava alla donna che avrebbe
sposato il suo più grande e terribile errore?
“Il cavallo ci disarcionò e si lanciò
verso il gruppo di soldati che si schieravano temendo un’imboscata. Non vidi
cosa successe, ricordo solo che Lex mi stringeva a
sé, spaventato e poi ricordo…” Si interruppe, quel suono, quel rumore aveva
ancora il potere di risvegliarla di notte, anche se ormai succedeva raramente.
“L’asse della carrozza si ruppe e mio padre cadde con essa giù dalla montagna.”
Questa era la versione che tutti
conoscevano, un incidente, un’asse difettoso e la tragica morte del signore dei
Luthor. Nessuno, sua madre si era assicurata che
fosse così, aveva mai parlato del cavallo imbizzarrito che aveva provocato
tanto scompiglio da causare il brusco movimento che aveva spezzato quell’asse.
“Eravate solo una bambina.” Mormorò
Kara e Lena si voltò, quasi sorpresa di vederla seduta ancora lì, la sua mano
tenuta stretta e al caldo da quelle di lei che ora avvolgevano le sue dita.
“Ho ucciso mio padre.” Sbottò lei.
“No.” Protestò allora Kara. “No, e,
sapete una cosa? Non è stato neppure quel cavallo o l’idea di vostro fratello.
Non è stata colpa di nessuno, è stato un tragico e drammatico incidente.” La
giovane era decisa, aveva perso qualsiasi forma di timidezza e la fissava con
occhi seri e decisi.
Sua madre non ne aveva mai parlato,
come se anche lei avesse completamente cancellato la loro presenza sul luogo
dell’incidente, suo fratello aveva tentato qualche volta, ma alla fine non
aveva detto nulla, era la prima volta che qualcuno pronunciava parole simile e
Lena sentì che un peso enorme veniva tolto dalle sue spalle.
“Non portate colpe che non avete.”
Mormorò Kara e sollevò una mano, accarezzandole il volto e portando via una
lacrima. I loro occhi si intrecciarono e la giovane non allontanò le dita,
accarezzandole il volto con gentilezza. “I miei genitori sono morti in un
incendio.” Disse, il tono basso, gli occhi che non si distoglievano dai suoi.
“Tutti sono morti, la mia famiglia intera tranne Kal
ed io. Kal era lontano, io… io no, ero lì. A volte mi
chiedo perché sono viva, mi dico che non è giusto eppure… eppure sono qua.”
Lena capì che la giovane le stava
aprendo il suo cuore, restituendole un segreto importante e intimo tanto quanto
il suo.
Alzò la mano e la appoggiò su quella
di Kara ancora sulla sua guancia.
“Sono felice che voi siate ancora
qua.” Bisbigliò e la giovane la guardò sorpresa, poi arrossì e allontanò la
mano distogliendo lo sguardo e fissando il giardino davanti a loro.
Lena abbassò il capo stringendo le
mani una sull’altra.
Aveva detto troppo, aveva detto una sciocchezza, era stata davvero
stupida e…
“Anche io sono contenta di essere
qua, con voi, adesso.” Affermò però la giovane e tornò a guardarla. Le sue
guance erano soffuse di colore e i suoi occhi erano di nuovo timidi
nell’osservarla.
Lena sentì una strana sensazione nel
ventre, qualcosa di decisamente non sgradevole, ma non disse nulla, lasciando
che quella nuova tranquillità tra di loro allontanasse il dolore provocato dal
ricordo dell’incidente di suo padre.
Rimasero in silenzio, un lungo
momento, osservando il giardino, Lena era consapevole della presenza di Kara
accanto a sé, ma, diversamente da quanto era successo nell’ultima settimana,
non si sentiva più tesa.
“Ho un’idea.” Affermò Kara, mentre
lei era persa nei propri pensieri.
“Sì?”
“Lasciamo perdere quello che dovevo
mostrarvi. Ora andiamo nelle stalle.”
“Non credo che…”
“Io invece lo credo.” Affermò lei,
alzandosi in piedi. Ed eccola di nuovo la versione di Kara combattiva e decisa.
Quella donna era difficile da prevedere. “Non faremo nulla che non desideriate,
solo… una passeggiata e, magari, se vi andrà, potremmo fare qualche carezza a Streaky, lui è buonissimo.” Lena alzò un sopracciglio
all’idea di definire Streaky, uno stallone enorme,
addestrato al combattimento, buonissimo. “Dategli una possibilità!” Affermò
allora lei e le tese la mano.
Lena osservò quell’offerta con
perplessità, non era abituata al contatto fisico con nessuno, meno che mai con
Kara, certo, vi era stato quel momento in cui le sue mani erano state così
rassicuranti e poi quella carezza, ma… quello era stato un momento particolare
che era meglio non ripetere. Si alzò in piedi e con un sorriso di scuse evitò
la mano della donna.
“Verrò con voi nelle stalle, ma non
pensiate che questo possa, in qualche modo, cambiare la mia opinione su quegli
animali o sul cavalcare.”
“Vedremo.” Rispose Kara e Lena vide
che distoglieva gli occhi da lei.
Come se fosse… dispiaciuta?Ma doveva sbagliarsi,
Kara era una donna più generosa con i contatti fisici, ma di certo non poteva
dispiacerle il fatto che non le avesse dato la mano.
Le stalle erano poco distanti, ma
Lena iniziò a sentire la tensione salire non appena udì il rumore degli zoccoli
che battevano contro il pavimento di pietra.
“Non credo sia una buona idea.” Lena
si strinse le braccia attorno al corpo tentando di non apparire spaventata. “Mi
sono dimenticata che ho della corrispondenza di cui occuparmi.”
“Solo una passeggiata.” Assicurò
Kara. Aprendo la porta ed entrando con passo deciso, lei esitò un istante, poi
si fece coraggio e la seguì.
Gli animali erano rinchiusi nei loro
box, alcune teste si voltarono a fissare loro, ma nessuno sembrava intenzionato
a imbizzarrirsi.
Kara raggiunse il box del suo enorme
stallone nero. Da vicino la sua stazza era ancora più imponente.
“Ciao, biscottino.” Lo salutò Kara,
accarezzando la testa che il cavallo tendeva verso di lei, evidentemente in
cerca di coccole.
“Biscottino?” Domandò lei, senza
avvicinarsi.
“È dolce come un biscotto.” Spiegò Kara
ignorando, completamente, il suo tono sarcastico. “Volete accarezzarlo?”
“No, credo che resterò qua.” Kara le
lanciò uno sguardo e poi annuì.
“Per ora va bene.”
“Per ora?” Chiese fissando la giovane
che però non si spiegò e invece, dopo un’ultima coccola a Streaky,
si mosse avanti fino a raggiungere un altro box che sembrava vuoto. Lo aprì e
vi entrò.
Lena la vide sparire e rimase
immobile, al centro delle stalle, tesa.
“Non venite?” Domandò alla fine la
voce di Kara spuntando di nuovo e fissandola con un ampio sorriso sulle labbra.
Lena scosse la testa, ma non
resistette alla curiosità e si avvicinò al box chiuso.
Kara era in ginocchio, ma da dov’era
Lena non poteva capire cosa stesse facendo. Di certo, però, non vi era un
cavallo lì dentro.
Quando Kara si rialzò nel mantello
aveva avvolto qualcosa. Lena corrugò la fronte poi sorrise quando la giovane le
mostrò un’intera cucciolata di gattini.
“Vi piacciono i gatti, non è vero?”
Chiese la ragazza, improvvisamente preoccupata.
“Non mi dispiacciono.” Ammise lei e
Kara si illuminò.
“Lois non li vuole nel castello, ma…
se, voi, ne voleste uno, non potrebbe dirvi nulla… credo…”
Lena scoppiò a ridere comprendendo la
situazione.
“Volete che tenga un gatto per voi!”
L’accusò.
“No! Certo che no!”
“No?” Domandò lei e alzò un
sopracciglio, ridendo di nuovo nel vedere lo sguardo colpevole della ragazza.
“Sono così carini! E Lois non vuole
che li tenga nelle mie stanze… potrei farlo lo stesso, ma poi lei mi
guarderebbe in quel modo così pieno di disapprovazione e…”
“Va bene.” Si ritrovò a dire, senza
sapere come fosse successo. Non amava particolarmente gli animali, un gatto,
nelle sue stanze, avrebbe solo portato disordine e lei amava l’ordine.
“Davvero?” Chiese però la giovane e
la gioia sul suo viso era così evidente che Lena non poté ritrattare.
“Uno, solo uno!” Affermò rendendosi
conto che Kara, probabilmente, glieli avrebbe fatti prendere tutti, se lei
gliene avesse data la possibilità.
Il sorriso di Kara si incrinò un
poco, mentre si mordicchiava il labbro guardando i gattini, incapace di
scegliere.
“Scelgo io per voi, Kara?” Chiese,
lasciando che quel modo di chiamarla scivolasse sulla sua lingua con
naturalezza. Vide la giovane arrossire e poi annuire. Cercò di non rifletterci
sopra, mentre osservava i gattini agitarsi all’interno del mantello rosso della
giovane. Erano cinque, due bianchi, uno striato di grigio, uno bianco e nero e
uno grigio. Lena li osservò per un istante, poi indicò quello grigio. Era
decisamente il più calmo.
Kara si voltò, posando i gattini a
terra e tornando da lei con quello grigio.
“Come lo chiamerete?” Domandò.
“Credevo fosse il vostro gatto…”
Esitò lei.
“Oh no, se fossi io a dargli il nome,
Lois lo capirebbe subito.” Lena dovette annuire, la regina non era da
sottovalutare.
“Molto bene, allora…” Si morse il
labbro pensierosa. “Miele.” Disse poi, sull’onda di un pensiero. “Andrà
d’accordo con biscottino.” Sorrise, mentre Kara annuiva felice.
“Mi piace!” Esclamò e Lena percepì un
caldo senso di gioia.
Le colline erano ammantate di nebbia
quella mattina. Miele si aggrappò al suo vestito reclamando attenzioni. Lena lo
guardò con aria afflitta, aveva graffiato la sua porta per metà della notte
fino a quando lei non aveva ceduto ed era andata ad aprirla, poi, il gattino,
si era piazzato nel suo letto, tornando all’attacco ogni volta che lei lo aveva
spinto a terra.
“Sarai la mia rovina.” Mormorò
posando il libro che reggeva e permettendo al gatto di salire sulle sue gambe,
dove si sistemò dopo alcuni giri e si addormentò in un istante. “Ma certo…” Si
lamentò, lei non aveva quasi chiuso occhio quella notte per colpa sua, ma lui
ora dormiva.
Un leggero bussare la distolse dalla
sua contemplazione del gattino. Jess andò ad aprire e chinò il capo, segno che
non si trattava di un cameriere.
“Lady Zor-El.”
Annunciò la ragazza e lei sbatté le palpebre sorpresa.
“Falla entrare.” Indicò alla sua dama
di camera che obbedì per poi allontanarsi e lasciare le due donne da sole.
“Buongiorno! Ciao, Miele.” Kara entrò
come una ventata d’aria, piena di vita e d’energia anche a quell’ora del
giorno. Il gatto si svegliò e si lanciò a terra correndo dalla giovane che lo
afferrò e si mise a giocare con lui.
“Buongiorno, Kara.” La salutò lei.
“Non dovreste essere a cavalcare a quest’ora del mattino?”
“Sì.” Confermò lei ed in effetti era
in tenuta. “Ma, visto che anche voi siete sveglia, mi sono chiesta se avreste
voluto venire con me.” Affermò, poi, nel vedere il suo volto chiudersi, scosse
la testa. “No, non a cavalcare, a fare una passeggiata con me e… Streaky.” Kara posò a terra Miele che cercò di catturare di
nuovo la sua attenzione piantando le unghie negli stivali della giovane che
però ora era completamente concentrata su di lei.
“Dunque a cavalcare.” Decretò Lena.
“No! Streaky
sarà con noi, ma nessuno vi salirà sopra.” Spiegò.
“Non credo sia una buona idea.”
“A voi non sembra mai una buona idea,
ma è una buona idea!” Insistette la giovane. “Non potete lasciarmi da sola.”
Aggiunse poi con un sorriso e così lei cedette.
Kara attese che lei indossasse abiti
adatti ad una passeggiata e poi scesero insieme fino alle stalle dove Streaky era fermo in attesa.
“Tutto bene?” Le chiese Kara,
probabilmente percependo il suo irrigidimento.
“Sì.” Mentì lei.
“Non succederà nulla, non lo
permetterei.” Affermò decisa la giovane e poi si incamminò verso l’arco che
permetteva di superare le mura e portava verso la foresta nella quale, per
settimane, Lena aveva visto scomparire la giovane assieme ai suoi compagni.
Sorprendentemente, Kara ignorò il cavallo.
Lena la seguì perplessa.
“Non capisco.” Ammise e Kara le
sorrise.
“Non preoccupatevi.” Era di nuovo la
ragazza sicura di sé. “Vi piace l’autunno?” Chiese e Lena si lasciò trascinare
nella chiacchierata. Dopo poco però, si voltò sorpresa da un rumore e si
ritrovò a osservare Streaky che brucava la poca erba
che riusciva a trovare tra gli alberi.
“Ha imparata a farlo quando era
piccolo.” Spiegò allora Kara, con aria fiera. “Non potevo cavalcarlo, ma voleva
venire con me, quindi mi seguiva sempre. Sapevo che non se n’era dimenticato.”
“Siete di parola… una passeggiata con
voi e Streaky.” La ragazza annuì felice a quelle
parole.
“Esattamente. Un El
non mente mai e mantiene sempre la sua parola.”
Lena abbassò il capo, colpita da
quell’affermazione. Sapeva che per colpa della promessa infranta di Lex la parola di un Luthor non
valeva più granché. La ragazza non lo aveva detto con cattiveria, ma questo non
cambiò la sostanza, cercò di non rovinarsi l’umore e si concentrò sul paesaggio
e sulle parole di Kara che, ignara del suo turbamento si era messa a
raccontarle degli avvenimenti con Streaky come
protagonista.
Camminarono per un lungo momento,
addentrandosi nella foresta del Re, i cui sentieri erano tracciati e ripuliti
dalle foglie che ormai gli alti alberi lasciavano cadere, e ben presto Lena si
rilassò, persino la presenza del grande animale alle sue spalle non fu più che
un pensiero leggermente inquietante.
“Eccoci!” Kara smise di parlare e le
indicò un sentiero stretto, fecero ancora qualche passo e si ritrovarono in
un’ampia radura. I faggi dalle rosse foglie la contornavano e i loro tronchi
sembravano d’argento. Al centro vi era un grande altare di pietra con inciso il
simbolo degli El.
Lena comprese subito dove si
trovavano e percepì un brivido. Lì, secolo dopo secolo, tutti gli El si erano scambiati i bracciali nuziali.
“Non è bellissimo?” Mormorò Kara,
accarezzando l’altare con aria reverenziale.
Lena non seppe cosa dire. Quel luogo
era un simbolo del potere di quella famiglia, della sua storia e della sua
grandiosità e al contempo era un posto intimo e romantico in cui due anime si
univano per sempre.
“Il re e la regina si amano, non è
vero?” Domandò e Kara la fissò, sorpresa dalla domanda. Dietro di lei, al
limite degli alberi Streaky le fissava, in qualche
modo conscio che quello non era un posto per lui.
“Sì.” Confermò.
“So che anche i genitori del re si
amavano e così…”
“I miei genitori, sì.” Confermò
ancora Kara, tutta l’attenzione fissa su di lei.
“Mio fratello… voi…” Lena scosse la
testa, era qualcosa che doveva chiedere eppure parlare di Lex,
lì, sembrava così profondamente sbagliato che…
“Io non amavo Lex.”
Le disse, però, con estrema semplicità Kara. “Mi piaceva, era gentile,
intelligente e simpatico, mi faceva ridere e riusciva sempre a stupirmi.”
Raccontò e Lena sentì una stretta allo stomaco.
Non poteva, non voleva essere gelosa di suo fratello!
“Immagino che ora lo odiate.”
“No.” Di nuovo fu sorpresa dalla
calma tranquillità con cui Kara rispose. “Come potrei odiarlo?” Domandò e Lena
vide gli occhi della ragazza addolcirsi, mentre la scrutavano.
“Perché?” Chiese, lasciando che il
cuore accelerasse ancora un poco.
“Ha scelto l’amore. Come avete
compreso è una cosa che noi El possiamo capire.”
Lena sentì il cuore stringersi a
quelle parole, non era quello che, per un brevissimo istante, aveva sperato di
udire.
Sciocca, sciocca e sciocca.
“Ma…”
“Mi ha scritto, spiegandomi ogni
cosa. Non lo odio.” Spiegò e Lena la fissò sorpresa.
Suo fratello le aveva scritto? A lei non aveva detto nulla!
“Vi ha scritto?” Chiese e Kara annuì,
ma non sembrò dell’idea di aggiungere altro.
“Rientriamo? Avrete fame…” Disse per
poi dirigersi di nuovo verso il sentiero. Lena si chiese se dovesse insistere,
ma evitò, la giovane aveva il diritto di tenere per sé alcune cose.
Ripercorsero il sentiero in silenzio,
solo il passo tranquillo di Streaky alle loro spalle
e il fruscio delle foglie che abbandonavano i rami infrangevano la quiete.
“Quando ci scambieremo i bracciali la
foresta sarà viva, le foglie verdi e gli uccelli canteranno. Vi piacerà.”
Assicurò Kara, mal interpretando il suo silenzio.
“Di certo, ma mi piace anche ora.”
Assicurò lei. “Sono abituata al silenzio di una foresta, la neve copre ogni
rumore.”
“Deve mancarvi la vostra casa.”
Mormorò Kara cogliendo la nostalgia nel suo tono.
Lena annuì, ma non disse nulla.
“Per il ballo di mezz’inverno anche
qua ci sarà la neve.” Ci tenne a precisare Kara e Lena alzò lo sguardo per
incontrare i suoi occhi. Kara le sorrise e lei sentì una piccola fitta di gioia
al cuore.
No. No. No.
Abbassò lo sguardo in fretta.
“Va tutto bene?” Le chiese allora
Kara.
“Certo.” Assicurò lei.
Rientrarono al castello poco dopo, Streaky si lasciò prendere dagli stallieri e rimettere nel
suo box, mentre Kara la accompagnava fino alle sue stanze.
“Allora? Streaky
è stato promosso?” Le chiese un sorriso speranzoso sulle labbra.
“Mmm.”
Esitò lei e si divertì a vedere l’aria preoccupata di Kara. “Va bene, il tuo
cavallo sa stare al suo posto.” Accordò e Kara esultò.
“Bene! Allora domani…”
“Domani non potrò accompagnarvi, mi
dispiace.” La interruppe lei.
“Oh…”
“Lady Alexandra sarà tornata e avrete
di nuovo la vostra compagna di cavalcate.” Sorrise cercando di non dare troppo
peso alla questione.
“Certo, ma…” Kara cercò le parole, ma
non sembrò trovarle.
“È stata una bella passeggiata.”
Assicurò Lena e Kara comprese che era un congedo. Annuì, si voltò e uscì dalle
sue stanze, lasciandola sola.
Lena la guardò andare via e si morse
il labbro.
No!
Cercò di abbandonare il pensiero, di
non provare di nuovo quel senso di calore, quel pensiero che l’aveva sorpresa e
colpita durante la passeggiata, nel guardare Kara.
Non poteva e non voleva.
Eppure…
Note: Questa volta il capitolo
è bello lungo, spero vi sia piaciuto!
Eravate preoccupate per il
finale del precedente capitolo, ma le cose sembrano aver ripreso il loro corso
senza troppe difficoltà. E poi… a cosa pensa Lena? Cosa si rifiuta di accettare?
;-)
Il titolo per il terzo
capitolo è “Incomprensioni” si adatta bene all’intero capitolo visto che
sembrate tutte concordi sul fatto che proprio Lena non capisce! XD Andava molto
bene anche “Malintesi” ma era, forse, troppo legato all’ultimo momento del
quale, in realtà, non conosciamo l’esatta natura: era un malinteso oppure no?
La neve aveva finalmente ricoperto
ogni cosa, Lena osservò le colline ammantate ispirando l’aria fredda e pungente
del mattino.
Nel cortile, spazzato dalla servitù,
vi era un intenso via vai di persone, cavalli e carretti.
La corte era chiamata a raccolta, la
grande serata era arrivata, il ballo di mezz’inverno era quella sera stessa e
il castello era in fermento.
Miele era cresciuta un poco
nell’ultimo mese, Lena passò una mano sul morbido pelo della gatta che si stirò
compiaciuta.
Il ballo.
Aveva sempre sognato la grande festa
degli El quando era a Castel Luthor,
ne ricordava i racconti di Lex: le luci, le musiche,
i regali, i nobili eleganti nei loro abiti bianchi prima e poi colorati, i falò
e i giochi attorno ad essi.
Jess stava preparando i due abiti che
avrebbe indossato, anche lei preda della frenesia generale, ma Lena sentiva la
tensione crescere.
Lei e Kara, quella notte, avrebbero
saltato assieme sul fuoco di mezz’inverso, le mani congiunte, i cuori aperti.
Si diceva che un amore sancito in quel modo durava tutta la vita. Una mera
tradizione per ogni coppia di Promessi, un formalità che lei avrebbe adempiuto
senza pensarci troppo se pensieri sciocchi non avessero iniziato a percorrere
la sua mente e il suo corpo non avesse iniziato ad avere reazioni strane ogni
volta che Kara la guardava o le sorrideva.
Un leggero bussare fece scattare
Miele dalle sue gambe e Lena seppe di chi si trattava prima ancora che Jess
aprisse la porta e le annunciasse la presenza di Kara.
“Buona festa di mezz’inverno!”
Esclamò la giovane, piegandosi e sollevando la gatta tra le braccia. “Perché
non siete vestita? Ieri avete acconsentito a venire con noi per formare i
falò!” Le ricordò.
“Credevo steste scherzando.” Si
ritrovò a controbattere.
“Assolutamente no.” Chiarì Kara. I
suoi occhi brillavano di gioia e Lena si morse il labbro.
“Posso ritrattare?” Le mani che la
ragazza mise sui fianchi erano eloquenti. “Va bene, lasciatemi il tempo di
indossare abiti consoni al lavoro e vi raggiungerò.”
“Ottimo!” Esclamò lei e poi si
sedette su di una poltrona, accarezzando Miele che pretendeva più attenzione di
quanto la giovane gliene avesse data fino a quel momento.
Lena si rassegnò e andò a cambiarsi,
scegliendo un abbigliamento simile a quello indossato dalla ragazza: pantaloni,
camicia e giubba. Infilò degli stivali e tornò da Kara che abbandonata la gatta
ora osservava uno dei suoi nuovi progetti.
“Non mi avete parlato di questo.” Le
fece notare. “Sembra una cupola di vetro…”
“È solo un abbozzo di idea.” La
redarguì lei, togliendo il foglio dalle mani della giovane.
“Mi piacciono i vostri abbozzi di
idea!” Protestò Kara.
“Vi mostrerò questo un’altra volta.”
I loro momenti in biblioteca erano
diventati un’abitudine consolidata, ma si erano interrotti durante gli ultimi
giorni essendo il castello pieno di ospiti e i momenti formali che richiedevano
la presenza di entrambe triplicati, ma non era per quello che non aveva
mostrato quel preciso disegno a Kara.
“Va bene, andiamo, Alex, Sam e Ruby
ci stanno aspettando.”
Preparare i falò era una tradizione,
il castello ne avrebbe avuti decine, sparsi nel grande spiazzo e nei giardini.
I giardinieri e gli stallieri avevano preparato il terreno che li avrebbe
accolti ricoprendolo di lastre di pietra, a loro rimaneva il compito di
raccogliere la legna e sistemarla nello spazio scelto.
Il bosco risuonava di risa e schiamazzi,
ogni nobile sveglio era lì attorno a saccheggiare le cataste preparate proprio
per quello scopo. Ruby, la figlia di cinque anni di Lady Samantha, era un
vulcano e saltellava di qua e di là felice. Sua madre e Alex, invece, più
calme, sembravano incapaci di lasciare andare la mano una dell’altra,
chiacchieravano piano e ridevano.
“È bello vederle così felici.” Fece
notare Kara, mentre metteva sulla loro piccola slitta una fascina di legna.
“Sì.” Ammise Lena, mentre una punta
amara le bruciava il cuore, per se stessa, per Kara. Loro non potevano
condividere quel sentimento, quegli sguardi, quei tocchi leggeri… quel bacio…
Gli occhi della ragazza erano su di
lei quando distolse lo sguardo dalla coppia e la guardò. Kara arrossì e tornò
ad occuparsi della legna, sembrava l’unica decisa a lavorare.
“Vi siete mai chiesta come ci si
sente quando si è innamorati?” Le chiese dopo un po’, osservandola spostare
rami e rametti.
“Spesso.” Kara non la guardava questa
volta. “Quando ero una bambina e guardavo i miei genitori e poi quando ho visto
Kal innamorarsi di Lois.”
Rimasero in silenzio, Lena si decise
a raccogliere qualche ramo e lo appoggiò sulla loro slitta. Quella di Sam e
Alex aveva sopra solo una montagna di neve messa lì da Ruby.
“Me lo chiedevo quando passavo del
tempo con Lex.” Aggiunse piano Kara, lanciandole uno
sguardo. “E ora me lo chiedo quando guardo voi.” Il cuore di Lena sobbalzò.
Kara mise altra legna sulla slitta.
“Kara…” Si ritrovò a dire senza
sapere come continuare.
Avrebbe saputo dare forma di parole ad un sentimento che non riusciva
neanche a immaginare? Eppure la giovane davanti a lei sembrava suggerire…
“Abbiamo quasi finito, credo sia il
caso di dare una mano anche a Sam e Alex.” Riempì il silenzio Kara.
“Certo.” Mormorò allora lei,
frustrata per la sua stessa incapacità di mantenere la conversazione su quel
punto, di dare alla sua Promessa qualcosa di più su quello che occupava la sua
mente da…
La mano di Kara sfiorò la sua mentre
camminavano nella neve e Lena provò un brivido, ma non per il freddo. Allungò
appena le dita ed eccola di nuovo. Il dorso della mano di Kara era caldo contro
il suo. Il cuore le batteva veloce, durò solo un istante poi le loro mani si
separarono nel raggiungere le due donne e la bambina.
Lena sentiva le guance calde, mentre
cercava di guardare di sottecchi Kara.
Non erano forse anche le sue guance rosse? E quel sorriso, era per lei?
Tornarono al castello con Kara e Alex
che tiravano i loro bottini, sulla slitta di Alex vi era Ruby che incitava la
ragazza con entusiasmo.
Lena, come succedeva dall’ultima
mezz’ora, si chiese, ancora una volta, se avesse sognato.
Le loro mani si erano davvero cercate e trovate? E cosa significava?
Scelsero uno degli spiazzi e lo
riempirono della legna raccolta, poi andarono a pranzare tutte assieme.
“Lady Luthor.”
Le disse Kara scostandole la sedia, i suoi occhi brillavano e Lena sorrise
abbassando lo sguardo e sedendosi a tavola.
Fu strano, era come se dopo tutti
quei mesi avessero finalmente lasciato andare il respiro, le loro labbra
sorridevano quando i loro occhi si incontravano e, più di una volta, Kara esitò
nel passarle qualche pietanza, sfiorando le sue mani per un tempo molto più
lungo del necessario. Era strano, nuovo e in qualche modo terribilmente
eccitante.
Stava immaginando ogni cosa? Era solo l’aria di festa a rendere Kara così
felice e lei così sensibile a gesti solo fortuiti?
Nel pomeriggio Kara dovette
partecipare ai rituali di purificazione di Rao e Lena
si ritirò nella sue stanze dove regnava la calma, se si escludeva Miele che saltellava
a destra e a sinistra e Jess che preparava gli ultimi dettagli per quella sera.
Lavorò su qualche progetto, ma le era estremamente difficile concentrarsi. Kara
occupava i suoi pensieri, torturandola in un modo nuovo.
Quello di cui avevano parlato, le
loro mani che si erano sfiorate in modo così intimo, gli sguardi, i sorrisi…
Poteva sperare che, da quell’unione forzata, nascesse qualcosa di vero?
Poteva permettersi di credere che, quello che provava, fosse ricambiato? Il solo
ammettere che, lei, provasse qualcosa le fece girare la testa, ma ora poteva
osare, no?
Prima di quanto immaginasse fu l’ora
di indossare l’abito bianco.
Quando bussarono alla sua porta il
cuore le prese di nuovo a battere veloce. Aveva congedato Jess perché potesse
approfittare a sua volta dei festeggiamenti, così fu lei ad aprire e si ritrovò
davanti Kara, meravigliosa nel lungo abito bianco con cui voleva omaggiare
l’inverno.
“Buonasera, Lady Luthor.”
La salutò, il respiro un poco corto. “Siete splendida.” Aggiunse abbassando un
po’ gli occhi.
“Anche voi lo siete, Kara.” Mormorò.
Avrebbe osato?
Come se lo avesse sempre fatto, le
tese la mano. Kara arrossì nel prenderla e stringerla, gli occhi che
brillavano, lo sguardo che adesso osava sostenere il suo.
Aveva osato e il suo cuore stava impazzendo.
Scesero le scale in silenzio, le mani
strette una all’altra, e si immersero nella festa. Gli ospiti erano centinaia,
tutti vestiti di bianco, la stanza, decorata quel pomeriggio, brillava per le
mille candele, l’intera corte riunita risplendeva e la musica risuonava.
Salutarono i reali poi gli altri
ospiti, passando da un gruppo all’altro, a Lois non sfuggirono le loro mani
intrecciate, ma questa volta Kara non separò le loro dita, anzi, sembrò
stringere ancora un poco. Conversarono e
chiacchierarono fino a quando non fu il momento di accendere i fuochi.
L’intera folla di nobili uscì
all’esterno nella notte guidati dai sovrani che, le mani giunte, accesero il
primo falò e la folla applaudì per la perfetta riuscita.
Kal tese la torcia a Kara e le sussurrò
qualcosa, la ragazza annuì, poi insieme a Lena si spostò al falò preparato
quella mattina e la guardò.
“Che l’amore come il fuoco d’inverno
ci tenga al caldo. ” Mormorò, poi abbassò la mano e diede fuoco alla legna che
arse rapida attirando un nuovo applauso.
Kara passò la torcia ad Alex, poi
strinse la sua mano.
“Siete pronta?” Chiese piano.
Lena annuì e, insieme, saltarono
oltre il fuoco. Di nuovo i nobili applaudirono e, per una volta, Lena non sentì
su di sé l’ostilità che il suo nome e la sua situazione portava. Per una volta
Lena, guardava solo Kara.
La torcia fu passata di mano in mano,
i Promessi saltarono i falò gli altri ne osservarono felici le fiamme che,
lentamente, si consumarono, poi, quando le fiamme si esaurirono tutti tornarono
nelle loro stanze.
L’inverno era stato salutato, era ora
di dedicarsi alla primavera, agli abiti colorati e alle danze.
Kara salì le scale con Lena, le loro
mani si erano raramente separate ed ora erano strette una all’altra.
Davanti alla porta della sua stanza
Lena esitò.
“Tornerò a prendervi non appena avrò
indossato gli abiti della primavera.” Le assicurò Kara.
“Lo so.” Mormorò lei. Ma vi era un
pensiero che la sua mente continuava a riproporle.
“Quali pensieri affollano la vostra
mente?” Domandò Kara, un sorriso sulle labbra, mentre allungava la mano e le
sfiorava la fronte.
“Voi.” Ammise con semplicità. Sorrise
appena, poi si voltò appoggiando la mano sulla maniglia della sua porta, ma,
prima che potesse aprila, Kara posò la propria mano sulla sua fermandola.
Il corpo della giovane si avvicinò
così tanto al suo che Lena poteva sentirne il calore sfiorare la sua schiena.
Non ci furono parole, mentre il
respiro di Kara le sfiorava il collo lasciato nudo dall’alto chignon.
Rabbrividì a quella vicinanza così intima a quel respiro caldo, al pensiero di
quelle labbra così vicine alla sua pelle.
Per un lungo istante la ragazza
rimase così, immobile.
“Avete detto che avreste fatto di
tutto per rendermi felice, anche darmi la libertà.” Mormorò infine la donna,
così piano da essere appena udibile. Lena annuì. “Allora sappiate che siete voi
a rendermi felice, nessun altro, solo voi.” Lena chiuse gli occhi, il cuore
batteva veloce nel suo petto, un respiro e Kara era di nuovo lontana. “Verrò a
prendervi non appena indossato l’abito della primavera e, se vorrete, vorrei mostrarvi
il mio dono di mezz’inverno.” Il tono della ragazza era cambiato, ma vi era
ancora dell’emozione in esso.
Lena annuì, incapace di parlare,
incapace di voltarsi e guardare la donna negli occhi.
Sentì i passi allontanarsi nel
corridoio, aprì la porta ed entrò nelle sue stanze. Si accasciò contro la
porta, un ampio sorriso sulle labbra.
Era vero! Lo aveva detto! Lei era la sua felicità! Doveva solo dirle che
era reciproco, doveva solo farglielo capire e…
Iniziò a svestirsi e poi a rivestirsi
dell’abito verde e oro che aveva scelto per omaggiare la primavera, il sorriso
che non se ne andava, la gioia che non smetteva di farle battere veloce il
cuore.
***
Kara saltellava felice nel corridoio,
oltrepassò un nobile che la guardò perplesso e lei gli sorrise, che pensassero
pure che la principessa El fosse pazza! Lei era
felice e non lo avrebbe più nascosto.
Lo aveva sentito il suo cuore battere
veloce, il suo respiro, il brivido che l’aveva percorsa! Anche Lena era
innamorata di lei!
Salì di corsa le scale fino alle sue
camere, poi si cambiò e tornò a scendere. Questa volta incontrò Lady Grant. La
donna aveva varie cosa da comunicarle e Kara non riuscì a liberarsi di quella brillante,
ma eccentrica, ambasciatrice prima di un tempo che a lei sembrò infinito.
Quando, finalmente, riuscì a salutarla
quasi corse per raggiungere il corridoio che portava alle stanze di Lena.
La sua porta non era lontana,
oltrepassò l’angolo e si bloccò di netto.
Lena era lì, davanti a lei… tra le
braccia di un uomo.
Kara fece un passo indietro, poi un
secondo, mentre l’orrore di quello che vendeva bruciava il suo cuore.
Non poteva essere, non poteva… ma
dopo tutto Lena non aveva detto niente… e se avesse capito male? Se si fosse
illusa? Se le reazioni che aveva creduto mostrare un sentimento d’amore fossero
state solo dispiacere? Disgusto, orrore per le sue parole?
Mentre Lena alzava la mano e
accarezzava la guancia a quell’uomo in un gesto intimo che mai si era permessa
con lei, Kara ruotò su se stessa e se ne andò.
Note: Bene, prima di tutto
vorrei ricordarvi che uccidere un autore non è una bella cosa, poi… le cose
stavano andando così bene!!!! Maledizione autrice ti uccido!! Aspetta… ops? XD
Non era proprio il momento
migliore per guadagnare uno spiraglio sulla mente di Kara…
Fatemi sapere cosa ne pensate!
“Miele e biscotti” è il titolo
che si è conquistato il quarto capitolo: divertente, evocativo, ma senza
spoiler!
Questo quinto capitolo,
invece? Ricordo che: “A morte l’autrice” non vale.
Capitolo 7 *** Quando il blu incontra il verde ***
Quando il blu incontra il verde
Lena strinse a sé l’uomo con gioia.
“Non sapevo che saresti venuto! Non
mi hai scritto nulla nelle tue ultime lettere!”
“Volevo farti una sorpresa.” Sorrise.
“So che non stai male qua, ma so anche che non stai bene… basta che tu lo dica
e io ti porto via.” Il suo tono era scherzoso, come sempre, ma vi era un fondo
di serietà nei suoi occhi.
“Oh, Jack… no…” Sorrise all’uomo che
considerava il suo più caro e vecchio amico e gli accarezzò la guancia. “Credo…
di…” Arrossì un poco e Jack la guardò ammaliato.
“Ti piace? Ti piace per davvero?”
“Sì.” Disse lei e il suo viso dovette
confermare la verità perché Jack sospirò e l’attirò di nuovo a sé.
“Allora sono felice per te, so che
anche se ti avessi sposato non sarei mai stato più di un amico per te.”
“Il migliore, però.” Assicurò lei e
lui rise.
“Che bella consolazione.” Lei gli
diede un colpetto sulla spalla e lui si voltò guardando verso il corridoio
vuoto. “La tua Promessa non si vede ancora.”
“Entra, sarà felice di conoscerti.”
Entrarono nelle sue stanze e Jack si
interessò subito ai suoi disegni, ma Lena continuava ad lanciare occhiate alla
porta.
Come mai Kara ci stava mettendo così tanto?
“Sei sicura che sta arrivando? Non è
che ti aspetta nel salone da ballo?” Chiese alla fine Jack nel notare la sua
perplessità.
“Ha detto che sarebbe venuta a…” Iniziò
a rispondergli quando la porta si spalancò e Alex entrò a passo di marcia, gli
occhi che promettevano guai.
“Come avete potuto farle questo?”
Sbottò furiosa.
“Di cosa state parlando?” Chiese
Lena, sconvolta da quella rabbia inaspettata.
“Dovevate farlo proprio la notte di
mezz’inverno che lei ama così tanto? Proprio oggi che aveva deciso di dirvi
quello che da settimane, mesi!, prova per voi?”
“Dovete essere più chiara.” Sbottò
Lena.
Alex le spinse tra le mani un
quaderno, l’oggetto che aveva visto spesso tra le mani di Kara.
“È scritto in ogni pagina: poesie,
versi, dichiarazioni, persino ritratti!”
“Non leggerò quello che…” Iniziò, ma
Alex le riprese l’oggetto e lo spalancò davanti a lei per poi iniziare a
leggere.
“Credo che mi consideri una debole,
credo che non possa sopportare neppure di posare lo sguardo su di me. Lex mi parlava della sua fierezza, del suo orgoglio e ora
li vedo in ogni suo gesto, in ogni suo sguardo. È così fiera e bella…” Alex sfogliò
rapida fino ad un'altra pagina. “Penso che non vi sia in terra e il cielo un
colore che possa eguagliare quello dei suoi occhi, nessun gioiello può
eguagliarlo, nessun poeta può descriverlo, mancano le parole e a me manca il
respiro quando li guardo.”
“Smettetela!” Implorò Lena, non era
giusto leggere parole che appartenevano solo a Kara. Alex non la ascoltò e
lesse ancora.
“Posso essere anche solo sua amica,
posso farcela a guardarla in silenzio, posso trattenere nel mio cuore quello
che provo per lei, quello che sento quando riesco a farla sorridere, posso…”
Alex chiuse il quaderno, una lacrima scivolò sul viso di Lena. “Lei vi ama e
voi l’avete tradita.”
“Tradita?” Domandò allora lei,
sconvolta. “Io non ho mai…”
“Voi!” Alex puntò il dito contro Jack
che era rimasto un muto spettatore di quello scambio serrato. “Sparite dalla
mia vista se non volete che vi…”
“Lady Alexandra.” Il tono di Lena era
categorico e riuscì a fermare persino la rabbia della donna. “Amo Kara.” Dirlo
fece volare delle farfalle nel suo ventre, ma lei non si lasciò distrarre. “Se
non avessi creduto che lei mi detestava, se non avessi pensato che con la sua
lettera lei si rifiutasse persino di volermi conoscere, l’avrei ammesso con me
stessa molto prima di adesso.” Era strano ammettere tutto questo ad Alex invece
che a Kara, ma se era necessario lo avrebbe fatto.
“Lei vi ha visto con…” Ora Alex era
perplessa.
“Sir Spheer
è il mio amico più caro e gli voglio molto bene. Mi ha fatto una sorpresa e lo
stavo salutando, non so cosa abbia visto Kara e non so come si sia permessa di
giudicarmi in un modo così indecoroso.” Ora la rabbia iniziava a prendere lei.
“Ehm…” Alex si schiarì la gola. “Il
fatto è che lei non ha detto nulla di preciso… voglio dire… è solo passata per
le scale piangendo e quando l’ho fermata ha parlato di un uomo con voi… del
fatto che meritate di essere felice e che se volete lui allora lei non dirà
nulla…”
“Lei cosa?” Sbottò lei.
“Ho deciso da sola che era il caso
di… ehm… urlarvi contro.”
“Dov’è adesso?” Chiese allora Lena.
“Immagino nel vostro regalo di
mezz’inverno.”
“Dovrete essere più precisa.”
Insistette Lena e Alex, con una smorfia, le disse esattamente dove andare.
L’aria era fredda, ma Lena non ne era
disturbata, malgrado l’abito fosse piuttosto leggero. Attraversò il giardino,
ignorando i fuochi spenti e si avvicinò alle stalle, ma non vi entrò, invece ne
costeggiò il muro fino a quando non individuò un sentiero di candele che
conduceva ad una delle strutture che servivano ai giardinieri o agli stallieri.
Arrivò alla porta e notò la chiave dorata, decorata da piccoli ingranaggi che
circondavano una L, inserita nella toppa. Spinse ed entrò nella stanza.
Lo spazio era vuoto se non per una
figura seduta al centro.
Kara nel vederla si alzò in piedi,
nascondendo in fretta le lacrime.
“Kara…” Mormorò lei e la giovane
sorrise.
“Avevo promesso di venirvi a prendere,
scusate se ho mancato.” I suoi occhi la sfuggivano e Lena ne sentì la mancanza.
La ragazza aprì le braccia e le indicò lo spazio vuoto. “Avete spesso parlato
del vostro laboratorio a Castel Luthor.” La sua voce
tremolò appena come se le facesse male ammettere che il castello degli El non sarebbe mai stato la sua casa, ma solo una dimora in
cui abitare. “Ho pensato che questo
spazio avrebbe potuto accogliere tutto quello che vi serviva e tutte i
prototipi delle vostre macchine, così che voi non dobbiate vederle bruciare.”
Lena sentì gli occhi inumidirsi mentre si guardava attorno. “Ho fatto costruire
uno dei vostri caloriferi in ghisa, volevate chiamarla stufa, non è vero?” Le
indicò l’oggetto sistemato contro al muro, una canna fumaria formata da tubi
che spariva nel tetto. “È una vostra idea, quindi funzionerà di certo e voi non avrete
freddo.”
“Kara.” Chiamò di nuovo Lena. “Il
vostro dono è splendido.”
“Oh… beh… non volevate un cavallo
così…” Si strinse nelle spalle. “Spero vi possa rendere felice, anche se siete
lontana da casa.” Lena a quelle parole scosse la testa.
“Voi mi rendete felice.” Affermò, ma
una smorfia baluginò sulle labbra di Kara, presto nascosta.
“Non dovete… sforzarvi.” Mormorò
piano.
“Kara.” Disse e sembrava importante
ripetere ancora una volta il suo nome, perché era importante che la guardasse
negli occhi. “Non mi sforzo mai con voi.” Mormorò.
“Una volta avete detto che mi
lasciavate libera, ora io vi dico lo stesso. Siete libera di amare chi
desiderate.” Le sue labbra tremarono appena nel pronunciare quelle parole e
Lena ne ebbe abbastanza, non poteva sentire da Kara le stesse parole che lei
aveva così scioccamente pronunciato mesi prima.
Fece un passo in avanti e prese una
delle mani della donna. Esitò un istante, chiedendosi se avrebbe avuto il
coraggio di compiere un gesto così intimo. Parlare ad Alex era stato facile in
confronto a quello che voleva fare ora. Ma era stanca di esitare. Sollevò la
mano destra della principessa El e la attirò al suo
viso. Chiuse gli occhi mentre assaporava il calore e la morbidezza della mano
di Kara sulla sua guancia, poi portò la mano alle labbra e depose un bacio sul
palmo della giovane.
“Mi dispiace.” Bisbigliò mentre alzava lo
sguardo a la guardava. “Ma desidero voi.” Disse, mentre Kara la guardava con
gli occhi sgranati.
“Io… voi… c’era…”
“Jack.” Disse lei.
“Sir Spheer.”
Comprese Kara.
“Sì, voleva assicurarsi che stessi
bene, gli ho detto che voi mi rendete felice.”
“Gli avete detto questo?” Un sorriso
si disegnò sulle labbra di Kara, mentre la giovane arrossiva.
“Poco dopo la vostra dama di
compagnia mi stava urlando addosso.”
“Oh… Lei è molto protettiva.” Si
trovò a scusarla Kara.
“Va bene. Lo so che siete sorelle nel
cuore se non nel sangue.”
Rimasero in silenzio a guardarsi.
“Dunque…” Riprese Kara, incerta.
“Sì?”
“Danzerete con me questa sera?”
“Affinché la primavera faccia fiorire
la nostra unione.” Mormorò piano le parole di rito, Lena. Kara sorrise, poi strinse
un poco la mano che Lena ancora teneva nella propria.
“Balliamo, allora.” Sorrise e fece
fare una piroetta a Lena, poi, nel silenzio della stanza vuota, volteggiarono
nei loro abiti verde e blu.
I loro corpi si avvicinarono, mentre
continuavano a ballare lentamente.
“Posso chiedervi una cosa?” Alla
domanda di Lena, Kara annuì.
“Voi e l’Intendente Brainiac…” Kara si staccò un poco da lei e la guardò
scandalizzata.
“Brainy è
un amico! Pensavate che…” I suoi occhi si sgranarono. “Oh! Io pensavo foste
offesa perché avevo mentito sull’essere malata non su… Brainy
era lì perché voleva consigli su come corteggiare Nia!
Come avete potuto pensare che io vi avessi tradita con tanta…”
“Va bene, accettate le mie scuse?” La
interruppe Lena, sentendo il tono della giovane infervorarsi.
“Mmm…
forse.” Mugugnò arrabbiata la ragazza.
“Perdonatemi, ero innamorata e
sciocca.” Le disse, allora, un tono divertito sulle labbra.
“Eravate?” Chiese però Kara, cercando
di nuovo i suoi occhi.
“Innamorata lo sono ancora.” Assicurò
lei. “Sciocca… spero di no.”
“Io sono stata sciocca questa sera,
non avrei dovuto scappare via, ma quando vi ho visto tra le braccia di
quell’uomo… non siete molto affettuosa nei gesti, doveva dunque essere qualcuno
di intimo.”
Lena abbassò lo sguardo.
“Non sono abituata, quanto voi, a
mostrare il mio affetto con il contatto fisico.” Ammise.
“Oh, non dovete… voglio dire… non era
una critica è solo che…”
“Sono cresciuta con Jack, lui è come un
fratello.” Kara annuì alle sue parole e Lena sorrise. “È strano, persino questo, per me.”
Dichiarò indicando con gli occhi le loro mani allacciate.
“Strano, ma bello?” Kara cercò i suoi
occhi, un nuovo rossore che fioriva sulle sue guance.
Lena sorrise, mentre annuiva.
“Credete che dovremmo tornare al
ballo?” Chiese dopo un po’ Kara. “Alex sarà preoccupata e Lois non sarà felice
del fatto che non siamo state presenti all’apertura delle danze.”
“Sì, sarebbe saggio.” Ammise. “E mi
piacerebbe farvi conoscere Jack.”
“Penserà che sono pazza.” Disse
allora Kara, abbassando lo sguardo imbarazzata.
“Penserà che siete meravigliosa.” La
corresse e nel vedere le guance di Kara arrossire sentì lo stomaco
attorcigliarsi. Era tutto così strano e al contempo giusto. Sorrise. “Devo
anche mostrarvi il mio regalo di mezz’inverno.”
“Oh!” A quelle parole lo sguardo di
Kara brillò. “Allora dobbiamo andare.” Affermò decisa facendo ridere Lena.
All’esterno Kara chiuse la porta e
consegnò la delicata e preziosa chiave a Lena che la osservò meglio, notando i
delicati intarsi meccanici che la decoravano la L.
“È bellissima.” Disse nel vedere Kara
aspettare una sua reazione e la giovane sorrise felice.
“È vostra.”
Tornarono al castello e trovarono i
nobili impegnati nelle danze. Lois e Kal, al centro
della stanza si sorridevano, volteggiando. Lena si guardò attorno notando
subito lo sguardo di Alex passare da lei a Kara e poi alle loro mani
intrecciate, sorrise, annuì e poi si voltò a parlare con Sam e l’ambasciatore
delle pianure rosse J’onn.
“Lena.” Disse soltanto Jack e lei si
voltò incontrando il suo sguardo interrogativo.
“Jack, lascia che ti presenti la mia
Promessa, la principessa erede, Lady Zor-El.” Il tono
formale mal si adattava al suo ampio sorriso e l’uomo si rilassò cogliendo al
volo che tutto andava bene.
“Piacere di conoscervi, Lady Zor-El.” Disse l’uomo, chinando il capo.
“Kara, lui è Sir Spheer.”
La ragazza annuì.
“Mi dispiace non avervi conosciuto prima,
Sir Spheer.”
“Lui non ama scendere dalle
montagne.” Lo prese in giro Lena.
“Anche a te non piace scendere dalle
montagne.” Le fece notare l’uomo con tono giocoso. Kara strinse un poco la sua
mano e Lena la guardò, un sorriso sulle labbra.
“Ci sono cose che ho imparato ad
amare più delle montagne dei Luthor.” Ammise, gli
occhi persi in quelli di Kara.
“Lo vedo.” Disse soltanto Jack,
divertito nel vedersi completamente dimenticato. “Credo che sia meglio per me
cercare una compagna per il prossimo ballo e lasciare a voi, milady, il piacere
di godervi la reciproca compagnia.” Chinò di nuovo il capo.
“Resterai qualche giorno, non è
vero?” Lo interrogò Lena.
“Certamente.” Assicurò Jack per poi
mescolarsi alla folla di nobili.
“Sembra simpatico.” Azzardò Kara.
“Lo è, ve lo assicuro. Ora… il vostro
regalo?”
Lena la condusse nei corridoi del
castello, lungo le scale, oltrepassando porte e stanze.
“Il mio regalo è in biblioteca?”
Chiese dopo un po’ comprendendo dov’erano dirette.
“Non fate quella faccia!” La rimproverò
Lena, divertita.
“Mi piacciono i libri.” Si premurò di
affermare Kara, rimanendo perplessa. Lena rise scuotendo la testa, poi aprì la
porta e la condusse all’interno dell’ampia stanza che conteneva scafali di
libri.
Al centro della stanza, accanto a
diversi bracieri accesi vi era una scatola. Kara guardò l’oggetto e poi Lena,
senza capire.
“Apritela.” Suggerì lei e la ragazza
obbedì. All’interno della scatola vi era della terra.
“Io… non capisco.” Ammise Kara
frustrata. Poco distante su di un tavolino vi era una pergamena arrotolata, la
fattura era chiaramente marziana e proveniva dalle pianure rosse. Qualcuno
aveva speso una piccola fortuna per quel particolare trasporto.
La giovane El
srotolò la carta e lesse gli eleganti segni marziani che, come ogni nobile,
aveva studiato fin da piccola.
“No…” Mormorò mentre i suoi occhi
brillavano tornando alla scatola piena di terra.
“Sì.” Assicurò Lena.
“Ma…”
“Ricordi il progetto a cui stavo
lavorando e di cui hai visto solo un abbozzo?” Chiese Lena e Kara corrugò la
fronte.
“Una cupola...?” Ricordò dalla
mattina.
“Una serra, ma non una qualsiasi, ci
saranno tubi d’acqua calda che percorreranno il suolo e…”
“Riuscirà a crescere!” Comprese
allora Kara. “Riuscirete a far crescere una Pianta degli Innamorati a Krypton!”
Lena arrossì, mentre annuiva.
“Lo spero.”
Kara richiuse la scatola con
improvvisa preoccupazione.
“So che non è una tradizione kryptoniana, ma mio padre ci raccontava sempre della
leggenda degli inn…”
“Innamorati della Pianura Rossa.”
Mormorò Kara, finendo la sua frase. “Questi semi devono aver viaggiato per
mesi…” Comprese la giovane e alzò lo sguardo su di lei che arrossì. “Voi…”
“Il mio regalo è la serra, ma questi
semi non li ho ordinati io.” Ammise, con un cenno indicò un'altra lettera, questa
volta di fattura kryptoniana. Kara la prese, poi ad
un suo cenno la aprì e lesse ad alta voce.
“Quando riceverai questa lettera so che avrai ormai capito che l’unione
in cui ti ho incastrato è il miglior dono che potessi farti. Kara è generosa,
dolce, coraggiosa, impetuosa perfino, ti porterà la luce di cui hai bisogno per
brillare e saprà amarti come meriti.
Con questa lettera riceverai un carico speciale, il mio regalo per voi:
un seme della pianta degli Innamorati.
Io dono un seme, tu e Kara dovrete saperlo coltivare. Ricorda: luce,
amore e comprensione.”
“Lex.”
Disse semplicemente Kara.
“Mio fratello sembra aver avuto le
idee molto chiare su quello che avremmo provato una per l’altra.” Confermò
Lena.
“Lo so.” Mormorò però Kara,
sorprendendola. “Nella lettera che ha lasciato a me diceva che tu eri il mio
dono. Che eri intelligente, brillante, tenace, dolce, generosa… diceva che
saresti stata spaventata e sulla difensiva, ma che non dovevo permetterti di
tenermi lontana.” Kara arrossì un poco, mentre Lena incrociava le braccia.
“Diceva altro di me?”
“Che vi avrei amata al primo
sguardo.” La ragazza arrossì, ma alzò lo sguardo a incrociare il suo. “Aveva
ragione.”
Note: E
finisce bene!! Allora, vi è piaciuto questo capitolo? Alex ha fatto la sua
entrata ad effetto, portandosi dietro il famoso quaderno che ci permette di
sbirciare nei pensieri di Kara, e Lena ha preso il coraggio in mano e non si è
lasciata sfuggire la felicità. Ma non basta, abbiamo anche scoperto cosa ha
combinato Lex. Vi è piaciuto questo aspetto? Le sue
lettere, il suo regalo?
Vi sono,
semplicemente, piaciute le nostre due ragazze?
Il prossimo
capitolo sarà un epilogo e dunque l’ultimo della storia. Pronte per salutare le
nostre Lady?
Per il titolo
ho deciso di nuovo per un mashup perché siete troppo
brave! Dunque il titolo per il quinto capitolo sarà: “Sfiorarsi e poi…” Mi
piace la sospensione che i puntini lasciano e mi piace molto l’idea che porta
con sé la parola “sfiorarsi”.
Il capitolo
che avete appena letto è degno di un bel titolo, no? Fatemi sapere!
Quel pensiero le fece distogliere lo
sguardo dalla ragazza e riportarlo sulla cupola di vetro che gli operai stavano
per completare.
Non era mai stata baciata, non era mai stata toccata, non nel modo che
improvvisamente desiderava…
Chiuse gli occhi e cercò di fermare
il corso dei suoi pensieri che vedevano occhi azzurri fissarsi nei suoi, pelle
vellutata sfiorare la sua, labbra rosee posarsi sulle proprie.
“Va tutto bene?” Chiese Kara.
“Sì.” Affermò cercando di non
guardare le labbra della ragazza.
“Siete sicura? Posso farvi prendere
dell’acqua o se avete freddo…”
“Sto bene.” Assicurò e allungò la
mano stringendo quella di Kara. La giovane si rilassò e le sorrise, mentre
ruotava lo sguardo sulla cupola costruita in un angolo soleggiato del giardino.
Era così bella…
“Kara.” Si lasciò sfuggire.
“Sì?”
“Nulla.”
Era stata davvero sul punto di chiederle perché non si fossero baciate
ancora?
“C’è qualcosa che vi turba.” Questa
volta sul viso della ragazza comparve quell’espressione ferma che indicava che
non avrebbe lasciato cadere l’argomento.
“Tra due giorni saremo sposate.”
Dichiarò Lena.
“Sì.” Il sorriso di Kara brillò
scaldandole il cuore.
“Mi chiedevo…”
“Milady?” Chiamò un operaio e Lena si
alzò raggiungendolo, lasciando la mano di Kara e il discorso.
Quando ebbe finito di spiegare
esattamente cosa volesse per gli ultimi pannelli che avrebbero chiuso la cupola
rientrarono per il pranzo e Lena fu sollevata dal non dover portare avanti la
conversazione iniziata.
Eppure l’indomani avrebbero
affrontato l’Ultima notte dei Promessi, prima del matrimonio e avrebbero
condiviso il letto. Aveva pensato a quella notte solo come ad un altro rituale,
si era immaginata di dover fingere con il pubblico di nobili, ma ora… ora
iniziava a sorprendersi pensando a ciò che voleva succedesse, a ciò che ogni
altra coppia di Promessi faceva durante quella prima notte congiunti, prima
dello scambio ufficiale dei bracciali.
E se Kara per lei provasse solo un amore platonico? Se non avesse voluto
baciarla? Giacere con lei?
Arrossì e si ritrovò gli occhi di
Kara addosso, preoccupati. La donna posò il suo quaderno e si avvicinò alla
scrivania là dove lei avrebbe dovuto essere impegnata a scrivere lettere e non
a pensare a cose così sciocche.
“Desiderate sposarmi, non è vero?”
Domandò Kara, sorprendendola.
“Certo!” Si ritrovò ad esclamare,
sorpresa.
“Siete tormentata da qualche pensiero
e oggi avete parlato del nostro matrimonio, inizio a temere che state
riconsiderando la vostra posizione al riguardo.” Gli occhi di Kara scrutavano i
suoi ed era chiara la sua paura.
“Non sono mai stata baciata.” Sbottò
e vide Kara arrossire violentemente.
Fu liberatorio dirlo, ma si sentì
anche profondamente in imbarazzo per essersi lasciata sfuggire una simile
verità.
“Oh… io credevo che… oh…” Kara sembrava
boccheggiare ora.
“Non volevo turbarvi.” Si ritrovò a
dire. “È
bene che lo sappiate, tutto qua.” Guardò di nuovo le lettere sul tavolo, come a
voler chiudere il discorso.
“Io sono stata baciata, una volta… e
non mi è piaciuto.” Le parole di Kara fecero accelerare il suo cuore. “Ma
sogno…” Arrossì un poco, poi si allontanò e prese il suo quaderno, sfogliò le
pagine e poi prese un profondo respiro. “L’ho disegnate poche settimane dopo
che siete arrivata.” Spiegò per poi tenderle la pagina. Era un disegno delle
sue labbra. Il tratto era semplice, eppure fermo ed era impossibile sbagliarsi,
quella era la sua bocca. Alzò lo sguardo su Kara che distolse il suo in imbarazzo,
un mezzo sorriso sulle labbra.
“Desidero baciarvi da… tanto tempo,
ma non volevo spingervi a… e poi ho paura di non essere brava e credevo che voi
foste…”
“Una baciatrice di professione?”
Domandò Lena divertita suo malgrado dalla piega presa dalla situazione.
“No!” Esclamò Kara. “So che sui monti
i costumi sono più… ehm… meno rigidi e voi con Jack eravate quasi Promessi…”
“Non ho mai desiderato baciare Jack e
quindi non l’ho fatto.”
“Ma desiderate baciare me?” Domandò
Kara. Lena distolse lo sguardo e fu sorpresa quando Kara allungò la mano e le
sfiorò il viso attirandola verso di lei, verso le sue labbra sempre più vicine.
La porta si aprì e Kara si tirò
indietro bruscamente lasciando Lena con il cuore che batteva veloce.
Non vi era più stato il tempo, non vi
era più stato il coraggio, ma ora i nobili sorridevano, mentre le scortavano
alla camera preparata per loro.
Kara stringeva la sua mano, ma Lena
poteva sentire che tremava. Strinse un poco per rassicurarla e rassicurarsi al
contempo. Sarebbe andato tutto bene, erano solo lei e Kara, nessuno le avrebbe
spinte a fare qualcosa che non desideravano, nessuno avrebbe…
Quanto vorrei che le sue mani…
Chiuse gli occhi ed entrò nella
stanza sentì la porta chiudersi dentro di lei e il vociare allegro dei nobili
affievolirsi e poi sparire.
“Eccoci qua…” Mormorò Kara e lei si
voltò a guardarla. Indossava un abito lungo, bianco e oro, ed era bellissima.
“Non dobbiamo fare nulla che…”
Iniziò, ma Kara le si avvicinò e le prese le mani, poi se le portò alle labbra
e le baciò. Il cuore di Lena fece un balzo, mentre il suo ventre si riempiva di
farfalle.
“Lena…” Era la prima volta che Kara
diceva il suo nome, l’effetto fu strepitoso e lei si ritrovò a rabbrividire.
Delicatamente la giovane fece scivolare le mani lungo le sue braccia su fino
alle spalle. “Siete la donna più bella che io abbia mai visto, siete così
meravigliosa… e non riesco ancora a credere alla fortuna che ho avuto.” Scosse
la testa, come se non riuscisse davvero a capacitarsi. “Vostro fratello diceva
ancora una cosa nella sua lettera, diceva di essere sempre sincera con voi.
Ebbene, dovete sapere che non solo vi amo con tutta me stessa e che voglio
passare ogni istante della mia vita a conoscervi meglio, ma…” Arrossì un poco,
le mani di Kara ora sfiorarono il suo collo, fermandosi poi sulle sue guance.
“Vi desidero in ogni modo possibile… vorrei che la nostra unione sia vera, in
ogni…” Deglutì, imbarazzata. “Vorrei potervi toccare e baciare e… amare. Ma
solo, solo se anche voi lo volete.”
Lena rimase senza fiato, poi chiuse
gli occhi e lasciò che fosse il suo desiderio a parlare.
Le loro labbra si toccarono ed
entrambe si ritrovarono a sussultare. Le mani di Kara si aggrapparono al suo
volto, mentre Lena la avvolgeva tra le braccia attirandola contro di sé. I loro
denti si scontrarono, così come i loro nasi. Si separarono e risero della loro
goffaggine.
“Abbiamo tempo…” Mormorò e Kara
arrossì mentre sorrideva.
“Tutta la vita.”
Lena si avvicinò all’orecchio di Kara
e respirò piano.
“Iniziamo con questa notte.” Bisbigliò e sorrise emozionata
nel vedere la pelle della giovane incresparsi e nel sentirla rabbrividire. Le
prese la mano e la attirò verso il letto. “Tutta la notte.”
***
La radura era esattamente come Kara
l’aveva descritta e molto, molto di più. Il prato verde era ricoperto di fiori
e il sole filtrava tra le verde foglie che sembrano brillare, mentre gli
uccellini trillavano e cinguettavano, non disturbati dalle poche persone
presenti.
Il re indossava un semplice abito blu
e un elegante mantello rosso, così come Kara i cui capelli risplendevano al
sole. Lois, al fianco del marito, aveva scelto un leggero abito azzurro i suoi
occhi erano ricolmi di gioia, come quelli di Kal
erano pieni di fierezza e dolcezza.
Lena, ai margini della radura,
sentiva il cuore battere veloce.
Un passo, un respiro, un altro passo, respirare di nuovo.
Spalle e schiena rigida, testa ben dritta, impossibile trattenere i propri
sentimenti, impossibile impedirsi di mostrare l’emozione.
“Lena Luthor.”
Inchino. Elegante, profondo, ma non troppo.
Alzare la testa ed eccola: sorride. I
suoi occhi sono azzurri e pieni d’amore, è agitata probabilmente non ha neppure
dormito.
Impossibile nascondere il sorriso sulle sue labbra e rallentare il rapido
battito del suo cuore.
Parole vengono pronunciate, Promesse
solenni formulate una seconda volta e sancite dallo scambio dei bracciali.
Allungare la mano, stringere la sua, non c’è nessuna folla, non c’è altri
che lei e i loro cuori che battono assieme, emozionati, felici.
Sorrisi veri, sguardi sinceri, occhi pieni
di gioia, volti ridenti.
Sentila, respirala, credici.
La mano trema nella sua e lei stringe
un poco le dita.
Emozione? Impazienza? Come lo interpreterà? Non ha importanza, le loro
dita non si separano.
Rimanere in piedi, accanto a lei, ascoltare le sue parole, così piene
d’amore, sorridere, annuire, pronunciarne di simili. Emozionarsi.
E finalmente inizia.
Note: Così si conclude la
storia, il cerchio si chiuse e dopo un autunno e un inverno passato a conoscersi,
corteggiarsi e non capirsi le nostre ragazze sono finite con i bracciali ai
polsi. (Ok… detto così sembra che siano state arrestate… ma avete capito!) Viva
la primavera! ;-)
Il titolo del capitolo
precedente è stato difficile da scegliere… ma alla fine ha vinto il romanticismo,
si avvicina San Valentino dopo tutto. Quindi sarà: “Quando il blu incontra il
verde”. È un po’
spoiler, un po’ troppo classico, un po’ troppo zuccheroso? Sì… ma come si può
finire meglio una storia?
Per non complicarci la vita
sceglierò io il titolo per l’epilogo e, come avete potuto notare, sono andata
su un altro classico: usare le parole con cui finisce la storia!
Bene, spero che questa piccola
long vi sia piaciuta, non mettetevi troppo comode, ho altre storie per voi in
arrivo! ;-)