Promesse

di Najara
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'onore dei Luthor ***
Capitolo 2: *** Lontana ***
Capitolo 3: *** Un piccolo spiraglio: scoprirsi tra i contrasti ***
Capitolo 4: *** Incomprensioni ***
Capitolo 5: *** Miele e biscotti ***
Capitolo 6: *** Sfiorarsi e poi... ***
Capitolo 7: *** Quando il blu incontra il verde ***
Capitolo 8: *** E finalmente inizia ***



Capitolo 1
*** L'onore dei Luthor ***


Promesse

 

 

L'onore dei Luthor

 

Un passo, un respiro, un altro passo, respirare di nuovo.

Spalle e schiena rigida, testa ben dritta, non mostrare i propri sentimenti, non mostrare la paura.

“Lena Luthor.”

Inchino. Elegante, profondo, ma non troppo.

Alza la testa ed eccola: ha pianto. I suoi occhi sono venati di rosso, probabilmente non ha neppure dormito.

Non mostrare i propri sentimenti.

Parole vengono pronunciate. Promesse solenni scambiate.

Allungare la mano, stringere la sua, ruotare, fissare la folla che applaude.

Sorrisi vuoti, sguardi divertiti, occhi arrabbiati, volti offesi.

Non pensare, non guardarli, non sentirli.

La sua mano trema nella propria e lei stringe un poco le dita.

Conforto? Possesso? Come lo interpreterà? Non ha importanza, le loro dita si separano.

Sedersi, ascoltare le parole vuote di tutti, sorridere, annuire.

E finalmente finisce.

 

***

 

Le colline erano così morbide, così diverse dalle aguzze vette dalle quali proveniva e il castello, per quanto confortevole, era altrettanto diverso da casa sua. Pavimenti in legno, grandi finestre luminose, interi saloni rivestiti di arazzi. Castel Luthor era stato costruito nella pietra, fatto perché potesse resistere al freddo più intenso e alle nevicate più feroci così diverso dalla morbida e calda dimora degli El.

“Il bagno è pronto, milady.”

“Grazie.” Mormorò alla sua dama di camera, gli occhi ancora fissi sul paesaggio lontano che il sole stava lentamente illuminando facendo brillare i fili d’erba ricoperti di rugiada.

Una risata attirò la sua attenzione su qualcosa di molto più vicino. Sotto le sue finestre vi era l’ampio giardino del castello, a destra, però, poteva scorgere le stalle e lo spiazzo ricoperto da sassolini bianchi dove due cavalli già sellati stavano aspettando.

La mascella di Lena si strinse quando riconobbe i biondi capelli della ragazza, così come la giovane che la stava facendo ridere.

“Milady?” Chiamò di nuovo la sua dama. Lei ruotò su se stessa allontanandosi da quella vista, decisa a fare un lungo bagno.

Avrebbe tanto desiderato non presentarsi a colazione, ma avrebbe mostrato debolezza e non era qualcosa che poteva permettersi.

L’ampio salone che il giorno prima era gremito di nobili ora era quasi vuoto. L’unico tavolo ancora presente era posto sul fondo, accanto ad un ampio caminetto già acceso per scacciare il freddo di quello che, agli occhi di Lena, era un alquanto tiepido mattino autunnale.

Seduti ai loro posti vi erano sono due persone.

“Re El, mia regina.” Piegò il capo verso il signore del castello e del regno e verso la sua sposa. Per un attimo vi fu il silenzio, ma quell’uomo giusto e retto non poteva far pagare a lei le colpe di suo fratello.

“Lady Luthor.” La salutò con un cenno e un piccolo sorriso, indicandole la sedia di fronte alla sua.

“Buongiorno, Lena. Spero che tu abbia dormito bene.” Disse, meno formale, la regina.

“Sì.” Rispose, perché sarebbe stato impensabile dirle che le mancava casa sua e che quel castello, per quanto magnifico, non avrebbe mai potuto sostituire le mura di granito di Castel Luthor.

Due servitori le apparecchiarono il posto, servendole carne fredda e frutta. Iniziò a mangiare, partecipando alla conversazione solo quando interpellata direttamente. I sovrani erano gentili, ma lei era distratta.

“Kara è andata a cavalcare.” Lois cercò il suo sguardo. “Lo fa ogni mattina, voi amate cavalcare?”

“No.” Si trovò a rispondere, poi rendendosi conto di essere stata troppo brusca sorrise. “Non si può leggere a cavallo, mia regina.”

“Giusta osservazione.” Le venne incontro la donna. “Eppure…” Si interruppe e Lena quasi sobbalzò quando udì dei passi risuonare alle sue spalle. Obbediente all’etichetta si alzò in piedi e si voltò.

“Lady Luthor.” Disse la giovane, quasi come se fosse sorpresa di vederla.

“Lady Zor-El.” Rispose lei, piegando il capo. “Lady Danvers.” Aggiunse, rialzando la testa.

È andata bene la cavalcata?” Chiese la regina, spezzando il silenzio che si era creato.

“Sì, Lois, splendida.” Rispose, la giovane. “Streaky aveva proprio bisogno di sgranchirsi le gambe.” Aggiunse, mentre si avvicinava al tavolo. Lena fece un passo avanti e le scostò la sedia accanto alla sua.

Di nuovo ci fu quel silenzio teso. La ragazza sbatté gli occhi e Lena strinse la mano sullo schienale della sedia, fino a sbiancarsi le nocche.

“Grazie, Lady Luthor.” Non la guardò, ma si sedette accanto a lei. Per un istante Lena strinse la sedia ancora un po’ più forte, poi la lasciò andare e si sedette di nuovo.

La conversazione non mancò a tavola, Lois la interpellò su vari soggetti, dimostrando una mente sveglia e una vasta conoscenza nei più disparati soggetti, ma Kara non si rivolse mai direttamente a lei.

Quando la colazione finì e il re se ne andò la regina le chiese se poteva accompagnarla, non erano neppure uscite dal salone che la donna la fissò.

“Mi piacete, siete intelligente e sveglia. Lo era anche vostro fratello e anche lui mi piaceva.” Il tono della donna era serio ora.

“Mio fratello ha rotto la sua Promessa e macchiato il suo onore. Io non farò nulla di simile.” Lois la guardò per un lungo istante, come se tentasse di strappare la verità dai suoi occhi.

“Molto bene.” La donna fece qualche passo allontanandosi, poi tornò a voltarsi. “So che avete rinunciato a molto, so che non era il vostro destino e so che vi siete piegata solo per salvare l’onore della vostra famiglia, ma mi aspetto che, ora, non ci sia nulla di più importante ai vostri occhi di lei.”

Lena percepì un brivido davanti a quelle parole. Lois forse non era la madre di Kara, ma quello sguardo era quello di una leonessa pronta ad uccidere per il suo cucciolo.

“Ho dato la mia parola. Ho Promesso…” Si interruppe. “No.” Disse. “Mi sono Promessa a Lady Zor-El e non farò nulla per ferirla.”

“Credo che, per ora, questo debba bastare.” Ancora un lungo istante, poi la regina annuì prima di andarsene.

Il cuore di Lena le batteva veloce nel petto.

Lex era fuggito con una donna, tradendo la sua parola, tradendo la sua intera famiglia e la sua promessa sposa: Kara Zor-El.

Lena aveva dovuto salvare il nome della sua famiglia adempiendo alla promessa fatta dal fratello, sposando la principessa El. Aveva lasciato Jack, il suo migliore amico, il cavaliere che avrebbe un giorno, probabilmente, sposato, aveva abbandonato la sua terra, il suo castello tra le montagne, per essere qui. La regina aveva ragione, aveva abbandonato tutto per suggellare un’alleanza decisa anni prima dai loro genitori, un’alleanza fondamentale per la pace del paese e la sua stabilità sociale ed economica.

Si apprestava a sposarsi con una ragazza che non sono non conosceva, ma che aveva implorato di non essere più vincolata a quel contratto, che le aveva personalmente scritto supplicandola di rifiutare perché insieme, forse, avrebbero potuto liberarsi da quel vincolo. Ma lei non aveva potuto, la sua risposta era stata fredda: avrebbero dovuto fare quel sacrificio per il bene del loro paese; e sapeva che Kara non avrebbe mai nemmeno voluto darle una possibilità, non dopo quello.

 

 

Note: Piccolo prologo di una piccola long.

Per una volta ho voluto cambiare prospettiva: Kara e Lena sono promesse spose! Insomma, direte voi, la parte difficile è già stata fatta! Vedremo… ;-)

Niente intrighi, niente avventure, solo le nostre adorate SuperCorp e, per la prima volta in una mia long, sarà il punto di vista di Lena che seguiremo.

Fatemi sapere se questo inizio vi è piaciuto!

 

P.S. Facciamo un piccolo gioco? Nel commento, se vi va, proponete il titolo che dareste al prologo! Poi toccherà a me scegliere tra le vostre numerose e fantastiche proposte! ;-)

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Capitolo 2
*** Lontana ***


Lontana

 

L’aria portava l’odore dell’autunno, il vento freddo soffiava dalle sue montagne e lì, di sicuro, le prime nevicate stavano già imbiancando il paesaggio.

Lena, la finestra spalancata, osservava le colline e le lontane foreste non bianche, ma colorate di ogni possibile sfumatura di giallo, arancione, rosso e punteggiato dalle chiome dei sempreverdi. Non era uno spettacolo spiacevole, così come non era spiacevole la vita al castello del re. I pasti si alternavano, così come gli ospiti, la regina era sempre un’ottima compagnia e così Lady Danvers che ormai, almeno nella sua mente, chiamava Alex.

La maggior parte del suo tempo lo passava nella biblioteca o nelle ampie stanze che le erano state assegnate sola o con la sua dama di camera, Jess. Non le dispiaceva la solitudine, anzi amava leggere e studiare nel silenzio interrotto solo dagli scoppiettii del vivace fuoco che, dopo i primi giorni, sembrava essere sempre acceso nella biblioteca, malgrado lei fosse la sola a passarci del tempo. E non le dispiaceva neppure rimanere nelle sue stanze. Una settimana dopo il suo arrivo e la cerimonia di Promessa tra lei e Kara, erano giunti i carri con i suoi attrezzi e, in poco tempo, era riuscita a creare un piccolissimo laboratorio lontano da quello che aveva a Castel Luthor, ma pur sempre funzionante.

Eppure i giorni passavano e il matrimonio si avvicinava. Quel pensiero era qualcosa di costante che la spingeva a guardare per interi lunghi minuti nel vuoto, persa dove, neanche lei lo sapeva.

Kara.

Era un pensiero fisso, una figura costante nella sua vita eppure così… distante. La sua futura sposa la evitava e passava con lei solo in tempo minimo imposto dell’educazione. Non che lei provasse in alcun modo a prolungare i momenti assieme o anche solo a crearne, non voleva che restassero sole, infantile, prima o poi sarebbe successo, ma non le importava per una volta indulgere in qualcosa di sciocco.

Si riscosse dai pensieri nel sentire un nitrito che spezzava il silenzio del mattino.

Eccola, come ogni giorno. Lena seguì i suoi movimenti, la osservò ridere con Alex, con cui cavalcava la maggior parte delle volte, e poi salire a cavallo dell’imponente stallone nero che, ormai lo sapeva, portava il nome di Streaky.

“Milady, il vostro bagno è pronto.”

“Arrivo, grazie, Jess.” Attese di vederle oltrepassare le mura e le guardie e poi sparire dietro alla collina e verso la foresta.

 

“Lady Luthor, buongiorno.” La salutò la regina. Kal, il re, non c’era. Ma Kara si alzò subito, scostandole la sedia. L’unico gesto che si concedevano l’un l’altra a seconda di chi fosse la prima a raggiungere il tavolo.

“Buongiorno.” Rispose lei, sedendosi.

“Mi preoccupo per la vostra salute, non è normale che siate così pallida.” Sbottò la regina ad un certo punto, interrompendo la conversazione che stavano sostenendo Alex e Kara.

“Non vi preoccupate, sto benissimo.” Rispose lei, ma fu sorpresa nel sentire su di sé lo sguardo della giovane che avrebbe sposato. Era come se la guardasse per la prima volta.

“Dovreste passeggiare nei nostri giardini, se cavalcare non vi piace.”

“Non vi piace cavalcare?” Chiese Kara, ed era la prima volta che il suo tono non era composto e ufficiale.

Lena la guardò e il loro sguardo si incrociò.

“No.” Ammise e vide gli occhi della ragazza riempirsi di incredulità.

“Il giardino andrà benissimo. I giardinieri ci lavorano per mesi interi e io ho altro da fare che passeggiarci attraverso, ma voi fareste loro un grande onore se apprezzaste i loro sforzi.” Non era più un suggerimento, questa volta appariva come un ordine e non si discuteva o ci si sottraeva ad un ordine della regina Lois.

“Molto bene.” Acconsentì. “Sarà un piacere.”

“Ottimo. Kara ti farà da guida.” Dichiarò la donna e prima che lei o la ragazza potessero sottrarsi, la regina si alzò e se ne andò. Era una regina giovane, ma di certo non mancava di autorità. Molti dicevano che lei era la forza segreta di re Kal, colei che gli aveva permesso di prendere un regno a pezzi e dargli una solidità e una floridezza che mai prima aveva avuto, e Lena non ne dubitava.

Quando la colazione finì tornò nella sua stanza si svestì indossando pantaloni e una camicia bianca, poi si mordicchiò il labbro studiando il meccanismo davanti a lei. Vi era qualcosa che non andava in quel sistema di pulegge e ingranaggi, erano due giorni che le dava grattacapi ed era ora che prendesse la cosa di petto.

Prese un paio di attrezzi e si infilò sotto la macchina che, nella sua mente, avrebbe dovuto catturare la forza del vento e trasformarla in energia meccanica.

Dopo parecchi minuti riuscì a smontare uno degli ingranaggi e a capire, finalmente, il problema. Scivolò da sotto la macchina e prese il secchiello di grasso che si era fatta portare dalle stalle. Di solito serviva per ingrassare il cuoio e tenerlo morbido, ma a lei serviva per agevolare i movimenti degli ingranaggi di legno, che, se troppo secchi, si spezzavano, mentre marcivano se troppo bagnati.

Si infilò di nuovo sotto la macchina e, senza esitare, si riempì le mani di grasso, per poi spalmarlo al meglio sui vari ingranaggi.

Bussarono alla porta.

“Entra.” Disse, facendo una smorfia quando un po’ di grasso le cadde sulla guancia dall’alto. “Puoi passarmi un panno?” Chiese a Jess di cui scorgeva appena i piedi.

Qualche istante dopo, un po’ troppi rispetto ai tempi della sua dama di camera, uno straccio comparve teso da una mano.

“Grazie.” Disse.

“Spero vada bene.” Lena si bloccò di netto. Quella non era la voce di Jess. Rossa in volto scivolò fuori da sotto l’imponente ingranaggio e si ritrovò ad osservare gli occhi azzurri della sua promessa sposa. Improvvisamente fu profondamente consapevole del suo aspetto impresentabile, non solo vestiva in maniera inappropriata, ma era anche sporca di grasso.

“Lady Zor-El.” Riuscì solo a dire tirandosi in piedi.

“Oh… vi disturbo? Pensavo che avremmo potuto… la passeggiata… ma è chiaro che siete impegnata io… dirò alla regina che stavate lavorando e…”

“Se mi concedete dieci minuti vi raggiungerò in giardino.” Intervenne lei. Era quasi sicura che in una sola frase avesse detto più parole di quante ne avessero mai scambiate loro due, Promesse escluse.

“Davvero?” Chiese la donna e apparve genuinamente sorpresa. Lena si rese allora conto che sarebbero state, per la prima volta, sole, proprio quello che avevano tanto attentamente evitato.

“Se non lo desiderate posso sempre…”

“No, no. Va bene. Dieci minuti, nel giardino. Andrebbe bene l’arco delle rose?” Lena annuì alle parole della ragazza. “Bene.”

La giovane lasciò la sua stanza e lei si lanciò sul catino d’acqua, lavandosi le mani con il sapone ed eliminando da esse tutto il grasso, poi, grazie al cielo arrivò Jess che la aiutò a cambiare d’abito e le sistemò i capelli. Quando uscì, l’orologio ad acqua della sua stanza diceva che aveva solo qualche minuto di ritardo.

Scese le scale in fretta, leggermente agitata, quando vide l’arco delle rose, però si ricompose, prese un profondo respiro e cercò di calmarsi.

Una passeggiata nei giardini con la sua futura sposa… una donna che non conosceva affatto e che molto probabilmente la odiava…

Interruppe quei pensieri perché tanto non portavano a nulla ed entrò nel giardino.

Kara la stava aspettando, seduta su di una panchina, tra le mani un quaderno nel quale stava scrivendo.

“Siete qua.” Disse con tono sorpreso Kara, alzandosi in piedi, il quaderno stretto tra le mani, non appena la vide.

“Perdonate il ritardi, Lady Zor-El.” Si scusò, evitando di farle notare che era lì perché così avevano convenuto.

“Pensavo…”

“Sì?” Si trovò ad insistere.

“Che non sareste venuta.” Ammise lei. “Io avrei capito.” Aggiunse, guardandola, forse preoccupata dalla sua reazione.

Preoccupata?

“Avreste preferito che non venissi?” Chiese allora lei.

“No!” assicurò. “A meno che non sia quello che…” Scosse la testa e Lena si trovò, suo malgrado, a sorridere.

“Siamo qui per passeggiare, passeggiamo?”

“Sì.”

Il giardino era bello, i giardinieri avevano compiuto un piccolo miracolo, sfruttando i colori dell’autunno per decorare anche se il clima non permetteva lo sbocciare dei fiori, ma non vi era nulla che attirasse davvero la sua attenzione. Oltrepassarono l’angolo del castello e si ritrovarono nella zona del giardino che osservava dalla sua finestra, anche se era lontana, poteva vedere il lungo e basso edificio che ospitava i cavalli.

“Volete vedere i cavalli?” Le chiese Kara, parlando per la prima volta da quando si erano incamminate.

“Non amo i cavalli.” Chiarì e Kara arrossì.

“Ma certo… l’incidente di vostro padre, mi dispiace…” Rimasero in silenzio e Lena si pentì di aver parlato così bruscamente, era chiaro che Kara stava facendo uno sforzo.

Poteva farlo anche lei, no?

“Dunque, scrivete?”

“Non per davvero, sono solo appunti sul regno di Kal…” Arrossì e scosse la testa.

Lena lasciò cadere l’argomento.

Camminarono ancora un poco, poi lei vide Kara rabbrividire e si rese conto che il sole, nascosto dall’alto castello, ora non risplendeva più su di loro e la sua futura sposa non era abituata al freddo come lei.

“Rientriamo, non vorrei che domani mattina non poteste andare a cavalcare a causa di un malanno preso oggi.” Si rese conto di quello che aveva detto quando la donna si fermò e la osservò stupita.

“Come sapete che cavalco Streaky ogni mattina?” Chiese.

“La regina mi ha informato al riguardo.” Si strinse nelle spalle, poi indicò la sua finestra. “E poi mi piace osservare le colline e la foresta nella luce del mattino.”

“Oh…” Kara seguì con lo sguardo la parete del castello fino alla sua finestra, poi osservò le stalle. “Io non immaginavo che foste sveglia così presto.”

“Perché avreste dovuto?” Fece notare lei, incamminandosi verso l’accesso più rapido al castello, intenzionata a mettere fine a quella complicata passeggiata.

Kara la seguì in silenzio, percorsero assieme un corridoio, poi una scalinata.

L’avrebbe seguita fino in camera sua?

Davanti alla porta si fermò, voltandosi a guardarla, decisa a congedarsi.

“Avrei voluto chiedervi molte cose, pensavo che questa passeggiata avrebbe… ma… mi dispiace.” La ragazza alzò lo sguardo e la fissò, sembrava davvero addolorata.

“Di cosa vi dispiace?” Chiese allora lei, confusa. Dopo tutto era Kara ad essere la parte maggiormente offesa nella storia. Lex l’aveva umiliata scappando con un’altra e l’aveva costretta ad un matrimonio con una donna.

“Vorrei che non fossimo costrette a…” Si interruppe e Lena annuì.

“Ovviamente. Ma la maggior parte dei matrimoni tra la nobiltà e non solo, sono combinati, inutile farne un dramma.” Disse. Si stupì lei stessa dalla sua freddezza e dalla rabbia che improvvisamente era scaturita in lei. “Impareremo a conviverci e spero che, un giorno, sarà per voi più facile sopportare la mia presenza.”

Le era stato tolto tutto! Il suo futuro, la sua dignità! E ora questa ragazza…

Kara sbatté gli occhi, forse sorpresa dalla sua veemenza. Lena non rimase ad indagare, fece un leggero cenno con il capo, aprì la porta delle sue stanze e vi sparì all’interno chiudendosela alle spalle.

Il tepore della camera era accogliente, così come le superfici in legno, i tendaggi color crema e la vista che le ampie finestra permettevano di spingere lontano, era splendida. Si lasciò invadere da quel senso di ospitalità e di bellezza che quelle stanze ormai le ispiravano. Non casa, no, ma, comunque, un posto in cui stare bene ed essere al sicuro.

Jess si sporse dalla sua piccola stanza e la guardò interrogativa, lei con un gesto la lasciò tornare alle sue attività. Non aveva voglia di parlare, aveva parlato abbastanza anche se aveva detto così poco.

Fece qualche passo allontanandosi dalla porta e sbirciò nel laboratorio in cui la grossa macchina la stava aspettando, esattamente come l’aveva lasciata prima di uscire, poco prima, piena di… cosa?

A cosa aveva pensato per essere stata così entusiasta all’idea di passeggiare nei giardini con la sua futura e sconosciuta sposa? Non aveva importanza.

Sospirò e lasciò perdere l’ammasso di ingranaggi, invece fece cadere lo scialle che aveva mollemente abbandonato sulle braccia e si sedette su una della sedie accanto alle finestre, prese uno dei suoi libri e si mise a leggere, cercando di dimenticare quel brutto senso di insoddisfazione che continuava a tormentarla.

 

 

 

 

Note: La storia va avanti, Lois, come al solito, ci mette lo zampino e le nostre ragazze parlano un poco, anche se la conversazione non finisce come noi vorremmo e, forse, come neanche Lena e Kara volevano? Di certo sappiamo cosa pensa Lena, ma Kara? Cosa passerà nella sua mente?

Ditemi voi cosa ne pensate!

 

Poi, grazie per aver partecipato così numerose al gioco del titolo! Chi scherzando, chi seriamente sono usciti un sacco di titoli interessanti. A vincere è stata Orphan09 con il suo “L’onore dei Luthor”. Grazie, modificherò subito l’epilogo!

Ripropongo la stessa sfida per questo capitolo e lo farò anche per gli altri, a meno che non mi diciate che il “gioco” vi annoia… Al peggio metto i miei di titoli, ma è meno divertente. ;-)

Quindi: fatemi sapere che titolo dareste a questo primo capitolo!

 

 

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Capitolo 3
*** Un piccolo spiraglio: scoprirsi tra i contrasti ***


Un piccolo spiraglio: scoprirsi tra i contrasti

 

La cena non fu silenziosa. I sovrani avevano ospiti e il chiacchiericcio era vivace e gioioso.

Lena si tagliò una sottilissima fetta di formaggio e vi avvolse un chicco d’uva che aveva, precedentemente, rotolato nel miele. Il boccone, perfetto. Sorrise soddisfatta quando il sapore la colpì con i suoi contrasti.

“Mangiate sempre in maniera strana.” Quasi soffocò alle parole della ragazza seduta accanto a sé.

Alex sembrava particolarmente impegnata a chiacchierare con una giovane donna dall’aspetto elegante, dal sorriso contagioso e accompagnata da una ragazzina. Normalmente non sarebbe stato un problema, ma l’occupazione della giovane lasciava Kara libera dalla conversazione che di solito sosteneva con la dama di compagnia.

“Come, prego?” Domandò e Kara arrossì rendendosi conto di come il suo non fosse un commento appropriato.

“Non volevo dire nulla di offensivo… intendo dire che associate gusti e sapori in un modo particolare.” Cercò di spiegarsi meglio. Lena annuì, colpita, suo malgrado, dal fatto che la ragazza lo avesse notato. Mangiavano una affianco dell’altra da settimane, vero, ma questo non cambiava il fatto che la giovane non si rivolgesse quasi mai a lei.

“Mi piace in contrasto.” Ammise, credendo che la conversazione finisse lì.

“Posso provare?” Chiese invece la ragazza, sorprendendola. Lena la guardò.

Voleva davvero conversare? Anche dopo il modo brusco in cui lei l‘aveva congedata poche ore prima?

“Certo, ma non vi assicuro che vi piacerà.” Le disse. Allungò la mano e tagliò una sottile fetta di formaggio stagionato. Kara aveva già preso un chicco d’uva rossa e ora la immerse nel miele. “Non troppo.” Le suggerì lei e la ragazza rotolò il chicco nel piatto, per alleggerirlo dal suo dolce carico. Poi alzò gli occhi su di lei, in attesa.

Lena posò la fetta di formaggio nel piatto della donna e poi, con un’eleganza dettata dall’abitudine, arrotolò il chicco usando coltello e forchetta. Una volta che il pacchetto fu pronto lo tese verso Kara che, senza esitare, allungò il collo e aprì la bocca facendo sparire il boccone con aria concentrata.

Nel vedere il viso perplesso della giovane quando morse il chicco spandendone il sapore nella bocca, Lena non poté fare a meno di sorridere.

“Oh.” Disse la ragazza trattenendo una smorfia e questa volta Lena rise. Gli occhi della giovane si fissarono su di lei stupiti, mentre un sorriso si apriva sulle sue labbra. “Non mi piace.” Ammise e Lena annuì.

“Posso capirlo.” Accettò. Il suo sorriso si attenuò, ma non si spense. “Quanto siete coraggiosa?” Chiese poi. Non sapeva perché, ma improvvisamente aveva voglia di condividere quella piccola parte di sé con la ragazza, quella piccola parte di casa che ancora si portava dietro.

“Coraggiosa?” Chiese la ragazza e Lena vide un bagliore di sfida nei suoi occhi.

“Osereste fare un secondo tentativo?” Specificò e vide la giovane sorridere.

“Sì.” Disse subito.

Lena chiamò una delle cameriere e le mormorò quello che le serviva, la ragazza annuì e si allontanò in fretta.

Qualche minuto dopo la donna tornò con un vassoio di castagne bollite e pulite.

“Castagne!” Disse Kara, sorpresa. “Lex me le aveva fatte assaggiare, diceva che erano usate in mille modi sulle montagne.” Lena sentì una fitta nel sentire quelle parole. Ma certo che Lex le aveva già fatto provare quel cibo.

“Ho capito, non importa allora.” Mormorò spingendo da parte il piattino.

“No, no, vi prego.” La ragazza posò la mano sul suo braccio e poi la ritirò sorpresa da quel gesto troppo intimo fatto senza riflettere. Era sempre molto espansiva con quelli che le stavano attorno, ma non con lei. “Vi prego.” Disse ancora e Lena annuì, confusa.

Era solo un piatto, non era importante, perché la ragazza sembrava considerarlo così rilevante?

“Ma certo, non volevo infastidirvi con qualcosa che avete già provato.” Si spiegò, senza pensare a Lex e agli anni in cui erano stati promessi. Anni in cui si erano visti numerose volte, per interi mesi Lex era stato lontano da casa per risiedere lì, alla corte del re, per conoscere Kara, per far sì che tra loro vi fosse un legame. Legame che aveva spezzato per seguire un’altra donna.

Come aveva potuto?

Lena cercò di non rimuginare su quei fatti, mentre con delicatezza prendeva una castagna e la posava di nuovo nel piatto della ragazza.

“Burro.” Disse e Kara allungò la mano posando accanto a lei il piattino. Lena prese il coltello e con arte creò un piccolo ricciolo di burro che posò accanto alla castagna, poi prese il miele e lasciò che alcune gocce cadessero su entrambi gli ingredienti.

“Vi piace il miele, non è vero?” Commentò la ragazza e lei annuì.

“Amo le cose dolci.” Affermò, concentrata sul comporre il boccone dalle giuste quantità. “Ecco.” Mormorò poi, soddisfatta. “Questa volta troverete meno contrasto. Spero che vi piacerà un po’ di più.” Kara guardò pensierosa il cibo sulla punta della forchetta ancora retta da Lena, poi senza esitare ancora se lo portò alle labbra.

Lena attese la reazione della ragazza e sorrise soddisfatta quando notò uno stupore positivo disegnarsi sul volto di Kara.

“Vi piace?” Chiese ed ottenne un deciso annuire.

“Questo era buono.” Affermò. Mentre recuperava dal suo piatto ciò che restava. “Molto buono.” Dichiarò ancora e Lena sorrise compiaciuta.

“Bene.”

“Grazie.” Lena tornò a guardare la giovane sorpresa.

“Non è niente di speciale, solo una ricetta tipica della mia regione.” Le disse.

“L’avete condivisa con me… grazie.” Mormorò e ora vi era del rossore sulle sue guance. Aprì la bocca, forse per dire altro, ma il re si alzò in piedi, battendo le mani e un gruppo di menestrelli fece il suo ingresso. La musica e i canti riempirono l’aria e fu impossibile continuare a parlare.

Quando si ritirò per la notte sul viso della giovane vi era un sorriso leggermente più convinto di quello delle altre sere e Lena ne fu piacevolmente soddisfatta. Forse, dopo tutto, Kara non la odiava così profondamente quanto credeva. Forse avrebbero potuto conoscersi un po’ meglio e, magari, un giorno, essere amiche.

Il mattino dopo Jess chiacchierava della serata passata e dei numerosi ospiti, mentre lei, come sempre, osservava le colline. Vi era qualcosa di… delicato in esse, erano così diverse dalle maestose montagne che conosceva lei, ma non erano prive di bellezza e di certo possedevano un loro carattere. Erano dolci invece che aspre e lei amava la dolcezza. Non ci aveva mai pensato in quel modo.

I suoi occhi scivolarono verso lo spiazzo di bianche pietre, dove un gruppo di cavalieri stava preparando le proprie bestie. Lena riconobbe con facilità Streaky, era il più imponente. Vi era anche l’elegante e forte giumenta che montava di solito Alex, ma gli altri animali non li riconobbe.

Qualche istante e tutti montarono al loro posto, il gruppo si diresse verso la porta nelle mura, già aperta per loro, ma un cavallo si separò del gruppo dirigendosi verso il castello… verso di lei. Lena sentì la sorpresa prendere il sopravvento sul suo cuore che accelerò.

Era impossibile confondere il manto nero e lucido di Streaky, così com’era impossibile non riconoscere la snella e leggera figura sul suo dorso. La ragazza si alzò sulle staffe e agitò la mano verso di lei, un sorriso ampio sulle labbra. Lena scosse la testa sorpresa, poi alzò a sua volta la mano in un gesto molto più misurato.

Kara sembrò soddisfatta, perché tornò a sedersi e fece voltare il cavallo per poi spingerlo al trotto per raggiungere il gruppo.

“Chi era, milady?” Chiese allora Jess e lei sobbalzò, sorpresa, si era completamente dimenticata della ragazza.

“Lady Zor-El.” Disse e vide la sua dama sorridere.

“Bene.” Affermò soltanto e poi tornò a parlare dell’abito di Lady Grayson.

Bene? Era stato solo un saluto.

Ora che Kara sapeva che lei era lì era naturale e garbato salutarla, tutto qui.

Bene.

Dichiarò eliminando la sorpresa dalla sua mente e concentrandosi su quello che voleva fare quel giorno.

Niente pensieri sciocchi.

 

Il salone era di nuovo affollato, anche se meno rumoroso del giorno prima. Lena mangiò con il posto alla sua destra vuoto. Sembrava che il gruppo uscito a cavalcare avesse portato con sé la colazione e anche il pranzo si rese conto quando fu l’ora. Per qualche motivo ne fu delusa e, forse, persino un po’ infastidita.

Frustrata gettò a terra l’ingranaggio e uscì da sotto la sua macchina.

“Così non va.” Mormorò a denti stretti, doveva rivedere l’intero progetto. Si cambiò, afferrò i sui disegni e si mise alla scrivania, ma il sole aveva già compiuto la maggior parte del suo arco e non illuminava più la sua facciata.

“Accendo le candele, milady?” Le chiese Jess, ma lei scosse la testa.

“La biblioteca è sull’altra facciata dell’edificio, potrò sfruttare ancora un poco il sole.”

Come il solito il posto era vuoto se non per una donna che spazzava il pavimento e che, nel vederla, chinò il capo e poi se ne andò, per non disturbarla. La stanza era ancora illuminata dal pallido sole autunnale il cui chiarore debole era però più che sufficiente per quello che le serviva. Lena si avvicinò alla finestra, posò i disegni sul tavolo vicino e poi ne sollevò uno ad uno appoggiandoli al vetro e osservando le diverse linee nere incastrarsi anche se disegnate su fogli diversi.

Si mordicchiò il labbro mentre rifletteva sul problema.

“Posso aiutarvi?” Quasi sobbalzò lasciandosi sfuggire qualche foglio dalle mani. “Scusate, non volevo spaventarvi.” La voce di Kara era titubante.

Lena si voltò a fissarla, abbassando i fogli. La ragazza aveva le guance colorate dal freddo e indossava ancora gli abiti da cavallo. Pantaloni stretti e una semplice camicia bianca sulla quale aveva dovuto esserci una calda giubba blu, come i pantaloni, ricordò da quella mattina.

“Siete appena tornata?” Domandò e la giovane annuì, gli occhi che brillavano.

È stata una splendida giornata.” Affermò e Lena annuì, mentre recuperava i fogli e si voltava tornando al vetro e al suo progetto.

“Dovreste andare a riposarvi, allora.” Suggerì.

“Volevo salutarvi, considerato che non ci siamo viste per tutto il giorno.”

“Siete gentile.” Commentò, cercando di non mostrare il suo fastidio, non era giusto essere invidiose del tempo che la donna passava a divertirsi con altri. “E sono contenta di sapere che è stata una bella giornata, ma…”

“Cosa state facendo?” La interruppe Kara, facendola di nuovo sobbalzare, si era spostata, ora era vicinissima a lei e fissava i suoi disegni di ingranaggi con occhi concentrati.

“Nulla di…” Iniziò, abbassando la mano, ma Kara la anticipò, sollevò la sua e stese i disegni sul vetro, sgranando gli occhi.

“Questa è la vostra macchina.” Riconobbe, sorprendendo Lena. La cui mano, per qualche misterioso motivo, formicolava così vicina a quella di Kara.

“Sì.”

“E perché…” Lena appoggiò la mano a quella della donna e la sollevò, mostrandole come i diversi fogli contenessero disegni diversi che andavano ad incastrarsi solo in trasparenza. “Oh.” Riuscì solo a dire la giovane e Lena trattenne la sua mano qualche istante ancora, facendo sì che tracciasse una linea nel disegno.

“Così posso comprendere dove va ogni pezzo e, al contempo, osservarlo singolarmente.” Spiegò. “Questo punto ha un problema che non riesco a risolvere.” Aggiunse. Si perse di nuovo nel progetto e si mordicchiò il labbro pensosa.

“Anche Lex lo faceva.” Mormorò Kara e lei sentì un brivido freddo percorrere il suo corpo. Allontanò le loro mani e abbassò i disegni. “Mordersi il labbro quando rifletteva.” Spiegò la giovane seguendo i suoi movimenti preoccupata.

“Non l’ho mai notato.” Affermò, brusca. Il fatto che la giovane le parlasse del fratello sembrava un rimprovero continuo, non capiva perché si mostrasse gentile e poi se ne uscisse con frasi simili.

Io non sono mio fratello!

“Io non sono mio fratello.” Ripeté con tono calmo quello che la mente urlava.

“Lo so.” Disse allora Kara. “Non volevo… perché vi irrigidite ogni volte che parlo di lui? Credevo fosse un argomento sicuro… un punto in comune tra noi due. L’unica persona che conosciamo entrambe e…” Lena la osservò chiedendosi, per la prima volta, se fosse sincera, come le era sempre sembrato.

Ma se era sincera adesso allora…

“Riferirvi all’uomo che ha tradito la parola data e vi ha messo nella deprecabile situazione di sposare me, non fa altro che ricordare ad entrambe il disonore che porto sul capo, la colpa che i Luthor portano a causa della sua sconsideratezza.” Spiegò e cercò di non essere troppo fredda e brusca, ma fu difficile visto il soggetto, visto la sofferenza che quella vergogna le causava.

“Io volevo solo essere gentile.” Si spiegò lei. “Non credo che voi dobbiate portare la colpa di vostro fratello, voi che non avete fatto altro che onorare un impegno che di certo non volevate.” Per la prima volta Kara la fissava con aria decisa e non sembrava intenzionata a cedere su quel punto.

Lena non seppe come replicare, era chiaro che la ragazza era seria e credeva nelle proprie parole. Fu strano, ma si sentì più leggera, come se un enorme peso fosse appena stato sfilato dalle sue spalle.

“Siete stata gentile a salutarmi questa mattina.” Disse allora, cercando di spezzare quel silenzio diventato troppo assordante.

“Sono stata felice di vedervi alla finestra, non avevo certo in programma di stare lontana l’intera giornata, altrimenti vi avrei avvertita, ma Sam aveva organizzato ogni cosa e Alex non sa dirle di no.” Si strinse nelle spalle. Lena cercò di seguire il discorso, Sam doveva essere la dama che la sera prima aveva occupato tutta l’attenzione di Alex: Dama Samantha Arias. “Non potevo tornare indietro, eravamo pronti a partire.”

“Così mi avete salutata da cavallo.” Concluse Lena, leggermente sorpresa all’idea che la ragazza si fosse preoccupata di lei, ma anche segretamente compiaciuta per lo stesso motivo.

Di nuovo cadde il silenzio. Kara si tormentò le mani e Lena si chiese se non fosse il caso di dirle di andare a riposarsi prima della cena, dopo tutto aveva cavalcato l’intera giornata.

“Cosa fa la vostra macchina?” Chiese però Kara e lei si ritrovò ancora una volta a sorridere.

In pochi minuti erano perse nella conversazione, Lena spiegava e Kara la riempiva di domande, mentre il sole lentamente lasciava la stanza alla notte, fino a quando non si presentò la dama di camera di Kara per dirle che presto sarebbe stata ora di cena e lei non era neanche lontanamente pronta. Il tono deciso della donna le ricordò quello di una madre.

Non Lillian! Lei non sapeva cos’era un tono materno.

Kara fece una piccola smorfia fissando con dispiacere i disegni ora sparsi su tutto il tavolo davanti a loro.

“Avevo ancora altre domande.” Precisò e Lena sorrise ancora, nessuno sembrava bravo quanto la ragazza nel porre domande intelligenti.

“Dama Eliza sembrava abbastanza decisa.” Le ricordò e Kara annuì sul volto un’aria preoccupata. “È la madre di Alex, credo che tu lo sappia, entrambe hanno quel modo di guardarmi che…” Rabbrividì, anche se Lena comprese che era solo una farsa. “Sono terribili.” Affermò, per poi sorridere.

“Allora non fate tardi, Kara.” La ragazza arrossì a quel modo informale di chiamarla. “Lady Zor-El.” Si corresse subito, ma Kara scosse la testa.

“Kara, per favore.” Richiese e arrossì ancora un poco.

“Molto bene.” Disse lei, sentendo un caldo e dolce senso di benessere espandersi nel suo petto, mentre la donna sorrideva e se ne andava.

Tornò nella sua stanza e si preparò a sua volta per la cena, seguendo, aiutata da Jess, il solito rituale: bagno, indossare uno degli eleganti abiti da sera e poi sistemarsi i capelli, il tutto finiva scegliendo qualche gioiello.

Scese le scale da sola, poteva già sentire l’eccitato brusio che proveniva dal salone, ma fu un mormorio a sorprenderla. Curiosa svoltò l’angolo e si ritrovò ad osservare due dame, in fondo alle scale, intente a mormorare piano tra di loro. Non le fu difficile riconoscere Alex e non le ci volle molta fantasia per immaginare che la donna in ombra fosse invece Dama Arias. Rimase immobile a causa della sorpresa, poi quando fu sul punto di manifestare la propria presenza seppe che non doveva farlo. Alex e dama Arias si guardavano con sorprendente intensità.

Il cuore di Lena accelerò nel vedere le due donne congiungere le labbra in un bacio.

Un bacio. Non era mai stata baciata lei.

Scacciò il pensiero distogliendo lo sguardo conscia che era un momento intimo e profondamente privato, ruotò su se stessa e risalì le scale, percorse un altro corridoio e scese da una diversa scalinata.

 

 

 

 

Note: Vi è piaciuto questo capitolo? Kara non sembra essersi lasciata scoraggiare da Lena e dalla passeggiata non proprio riuscita e ha preso la situazione in mano! Per una volta dobbiamo congratularci con lei. E Lena? Lena sembra iniziare ad apprezzare la compagnia della sua Promessa.

Intanto Alex, zitta, zitta… ;-)

 

Il titolo vincitore per il precedente capitolo è quello di Jess! “Lontana” incarna perfettamente lo stato d’animo di Lena, lontana da casa e dall’idea di futuro che si era immaginata per se stessa, ma, lontana, anche da Kara. Grazie!! Il avevo pensato a “distanti”, concetto simile, ma limitato al rapporto tra Kara e Lena.

Questo capitolo aspetta le vostre idee, fatemi sapere qual è secondo voi il titolo giusto.

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Capitolo 4
*** Incomprensioni ***


Incomprensioni

 

Come aveva immaginato il salone era rumoroso e pieno di vita.

“State bene?” Le chiese subito Kara, nel scostarle la sedia.

“Sì, perché?”

“Le vostre guance non sono mai rosse.” Le fece notare e Lena abbassò lo sguardo, non era certo da lei lasciarsi impressionare da un bacio

Insomma!

Accettando di sposare Kara, aveva deciso di rinunciare a tutto ciò che una coppia sposata avrebbe potuto fare, ma non significava che doveva arrossire come una bambina.

“Siete arrossita di nuovo.” L’accusò con divertimento Kara.

“Oggi fa caldo.” Disse lei, sperando che la ragazza le credesse.

“A volte dimentico che tra le montagne questo appena accettabile tepore è da considerare eccessivo calore.” Sorrise di nuovo alle sue parole e Lena la imitò, evitando di rispondere.

Furono presto impegnate in diverse conversazioni. Lena aveva alla sinistra un nobile che commerciava con i Luthor da sempre che la coinvolse in un dibattito sulla supremazia del tessuto proveniente dalle rosse piane del regno dei marziani, rispetto a quello proveniente da Daxam. I domini dei Luthor, cardine tra i due regni e Krypton, erano ricchi proprio grazie al commercio e Lena conosceva bene la materia.

Kara, dall’altra parte, parlava fitto con Alex. Lena non aveva bisogno di sentire, per immaginare quale fosse l’argomento.

La serata proseguì abbastanza piacevolmente, ma presto il vino iniziò ad appesantire le risate di molti e a rendere gli sguardi più lucidi. Lena notò subito alcune occhiate che ora cadevano su di lei in maniera più malevola e decise che era ora di ritirarsi. I Luthor erano una famiglia molto ricca e temuta anche prima dello scandalo di Lex, ma ora molti nobili avrebbero volentieri preferito che l’adorata cugina del re andasse in sposa a qualcun altro, magari loro stessi, piuttosto che a lei.

Era a metà dello stanzone, quando una mano si posò sul suo braccio. Si voltò pronta ad affrontare uno scambio sgradevole quando incontrò gli occhi di Kara.

“Siete già stanca?” Le domandò la giovane.

“Sì, perdonatemi, non volevo disturbare la conversazione tra voi e Lady Alexandra.” Si premurò di dire, visto che non aveva preso congedo da lei.

“Non disturbate mai.” Assicurò però Kara, con un sorriso timido. “Mi chiedevo… posso accompagnarvi?”

Lena la fissò per un istante, sorpresa. Era un gesto comune e galante tra Promessi, ma non era qualcosa che loro avevano mai fatto.

“Se lo desiderate.” Acconsentì.

Insieme, sotto lo sguardo perplesso di più di un nobile, raggiunsero le scale di pietra che conducevano ai piani alti del castello.

Lena cercò un argomento che avrebbero potuto affrontare, ma nulla le sembrò abbastanza da spezzare il silenzio, fino a quando le scale non finirono e lei si ritrovò davanti alla porta della sua stanza.

“Vi ringrazio.” Disse.

“Alex è innamorata di Sam.” Sbottò, allora, Kara sorprendendola.

“Spero che le loro famiglie acconsentano a…”

“Oh sì, credo che tutto andrà per il meglio anche se Sam ha già una figlia e non ho mai visto Alex tanto spaventata.” Spiegò la giovane e Lena si chiese perché le parlasse di una cosa simile.

“La paura passerà, se l’ama davvero.” Commentò e Kara sollevò il viso per guardarla.

“Anche io ho paura.” Mormorò piano la ragazza. E, suo malgrado, Lena sentì il cuore accelerare.

“Non dovete avere paura di me…” Per una volta la sua voce fu morbida. “Siamo Promesse, è vero, e ci sposeremo, ma non vi chiederò mai nulla se non il rispetto.” Kara sbatté le palpebre perplessa.

Lena si morse il labbro, come davanti ad un problema difficile. Non si era aspettata di dover spiegare qualcosa di simile.

“Io…” Provò poi scosse la testa. “Non dovete avere paura.” Disse ancora.

“Possiamo parlarne un’altra volta, se lo desiderate.” Propose allora Kara.

“Sì, credo che un’altra volta andrà meglio.” Ammise con un sospiro e la giovane sorrise.

“Posso chiedervi una cosa?” Domandò ancora e Lena annuì, qualsiasi cosa era meglio di quel discorso, anche se era conscia che un giorno o l’altro avrebbero dovuto affrontarlo. “Mi mostrerete come funziona la vostra macchina?”

Lena sorrise, mentre la tensione degli ultimi minuti scivolava via.

“Sì, mi farebbe molto piacere.” Ammise e Kara si illuminò.

“Ottimo. Domani, allora.” Prima che Lena potesse protestare la giovane se ne stava già andando. “Buona notte.” Le disse ancora voltandosi e sorridendo.

“Buona notte, Kara.” Mormorò lei, scuotendo la testa divertita.

 

***

 

Lena non si era resa conto di quanto si sentisse sola fino a quando Kara non iniziò a passare parte del suo tempo con lei. Principalmente stavano assieme nel pomeriggio, in biblioteca. All’inizio Kara l’aveva tempestata di domande e l’aveva osservata creare i nuovi disegni, ma ben presto la giovane aveva capito che era meglio lasciarla lavorare in pace e si sedeva accanto al caminetto leggendo un libro o scrivendo nel suo misterioso quaderno. Era divertente vederla muoversi insofferente sulla sedia, incapace di stare calma e ferma per più di una mezzora, fino a quando lei non le suggeriva di avvicinarsi per osservare il disegno di un nuovo ingranaggio o non le spiegava parte dei suoi problemi.

Altre volte erano nelle sue stanze e allora lì la giovane poteva dare il meglio di sé, infilandosi accanto a lei sotto la macchina e osservando meravigliata gli ingranaggi che aveva visto disegnati, incastrarsi uno accanto all’altro e muoversi assieme.

“Funziona?” Le chiese la ragazza, osservando il sistema muoversi senza incidenti. Lena sbatté gli occhi, aspettando. Un giro, un altro, un altro ancora. Nulla si ruppe, nulla si incastrò.

“Io… credo di sì.” Affermò

“Sì!” Esclamò allora la giovane. Poi osservò la porta e impallidì preoccupata. “Come faremo a farla uscire?”

Lena scoppiò a ridere e Kara incrociò le braccia offesa. “Non è una domanda così stupida.” Si lamentò e Lena rise ancora.

“Non è affatto stupida, nessuna domanda è stupida.” Le disse cercando di scusarsi per quella risata. “Questo è solo un prototipo in legno. Sono i disegni quelli che contano. Li farò portare da un corriere a Castel Luthor e mia madre potrà valutarli e decidere se investire in essi.”

“Vuoi dire che…” Kara passò lo sguardo sugli ingranaggi di legno.

“Sì, la smonteremo e li farò bruciare.”

“Ma hai passato intere ore a disegnare i pezzi e i più piccoli li hai costruiti con le tue stesse mani, intarsiando il legno…” Lena si strinse nelle spalle.

“Se avessi tenuto tutti i prototipi dei miei lavori ora avrei bisogno di un castello per contenerli.”

“Davvero?” Domandò meravigliata Kara. “Pensavo che questa fosse la tua grande idea, non immaginavo che… Lex mi aveva detto che eri molto intelligente ma…” Arrossì. “Perdonami.” Disse subito.

“Era un complimento.” Affermò lei, distogliendo lo sguardo e mettendosi a spostare gli attrezzi.

“Non vi piace che parli di vostro fratello.” Fece notare Kara e Lena si strinse nelle spalle, tenendosi impegnata. “Sapete, lui mi parlava spesso di voi e io...” Lena chiuse gli occhi appoggiandosi al tavolo. Dava le spalle a Kara e aspettava che la ragazza trovasse le parole giuste da dirle, come se ci fossero parole giuste da dire in un caso come il loro. “Io vi immaginavo, ma è evidente che non possedevo abbastanza immaginazione, perché è chiaro che voi siete ben oltre ogni mia possibile fantasia.”

Lena si voltò a fissarla. Si era aspettata un discorso di tutt’altro tipo.

“Non dovete farlo, sapete, farmi dei complimenti o…”

Era sciocco fingere, erano entrambi consapevoli che tra loro non poteva esserci nulla di più che del reciproco rispetto. Non voleva illudersi.

“Siete meravigliosa anche solo a permettermi di starvi accanto.” La interruppe Kara. La sua voce si spezzò e Lena notò che aveva gli occhi pieni di lacrime ora.

Fu una scoperta sconvolgente, non aveva mai provato una simile immediata fitta di dolore nel vedere qualcuno così vicino al pianto.

“Io sono felice di passare del tempo con voi.” Affermò, cercando di capire cosa succedesse.

“Siete troppo gentile. Io non sono degna di voi. Avrei voluto essere più forte, essere come voi.”

“Di cosa state parlando?” Le domandò allora, perché era evidente che non stava seguendo il discorso.

“Della lettera.” Ammise con un singhiozzo la giovane.

“Oh.” Disse solo lei. Quella maledetta lettera. Sperava che non ne parlassero mai più e invece eccola lì, di nuovo. Probabilmente avrebbe rovinato quella prima tiepida amicizia che stava nascendo tra loro due. “Vorrei che non ne parlassimo.” Tentò.

“Vorrei non averla mai scritta.” Le disse invece Kara. “Lex mi aveva parlato di quanto foste bella e intelligente e di come avreste fatto grandi cose per le terre dei Luthor una volta che sareste diventata l’erede ufficiale, al matrimonio di Lex, e mi aveva raccontato di… Sir Spheer e del sentimento che vi legava. Io non potevo portarvi via il vostro destino, non potevo neppure per il mio popolo, per il mio regno, per la mia famiglia.” Lena ascoltava a bocca aperta, non aveva senso.

No, Kara non la voleva perché non voleva un ripiego, una seconda scelta, perché non voleva una donna, perché non voleva lei.

Kara era un fiume in piena.

“Voi siete stata così forte da rinunciare a tutto solo perché era la cosa giusta da fare, dimostrandovi così tanto superiore, mentre io… io sono solo una sciocca e mi dispiace così tanto che voi siate legata a me…”

“A me non dispiace.” Disse e per la prima volta Kara alzò gli occhi osservandola a bocca aperta. Lena scosse la testa cercando di organizzare i suoi pensieri lì dove aveva fallito con i sentimenti.

“Non vi dispiace?” Domandò la ragazza.

“Un matrimonio combinato poteva rivelarsi molto peggio di quello che ho qua. Voi siete cortese e dolce, siete intelligente e, ammettiamolo, siete così gentile da interessarvi alle mie schiocche macchine.”

“Non sono sciocche!” Protestò la giovane che non piangeva più ora.

“Comunque.” Si fece avanti e prese le mani della giovane nelle sue. Le sentì tremare, così come quella prima volta durante la cerimonia della Promessa e strinse un poco, sorridendo piano. “La vostra lettera proveniva dal cuore ed era condivisibile. Io ho sofferto nel dovervi dire no, nel dovervi chiedere di accettare una proposta che incastrava entrambe, nel non poter lottare al vostro fianco per la nostra libertà di scelta.” Lo sguardo di Kara era serio, profondo e Lena lasciò che vedesse nei propri occhi che era sincera.

“Forse, possiamo…” Iniziò a dire Kara, nei suoi occhi vi era titubanza ora, un rossore diverso stava colorando le sue guance.

Era il momento di dirle quello che da tempo aveva deciso.

“Non dovete avere paura, non esigerò da voi nulla di quello che un marito o una moglie esige dal compagno. Rispetterò ogni parola della Promessa e la prima cosa che vi ho promesso è di fare tutto il possibile per rendervi felice. Siamo legate, è vero, ma questo non significa che non dobbiate sentirvi libera.”

Kara la guardava a bocca aperta come se le sue parole l’avessero profondamente stupita. Non erano parole che aveva detto alla leggera, ma nel leggere la lettera di Kara aveva capito che quella era l’unica via per fare il suo dovere e al contempo permettere alla donna di non sacrificare la sua felicità.

“Non era quello che mi aspettavo.” Ammise piano la giovane, ritirando le mani dalle sue e stringendole in grembo.

“Non dovete fingere con me.” Le disse e la giovane annuì, mentre faceva un passo indietro allontanandosi.

“Io… capisco.”

Lena era confusa, credeva che Kara avrebbe provato sollievo, invece sembrava… delusa o distaccata.

È la cosa migliore per entrambe.” Insistette.

Kara la fissò per un lungo istante.

“Sì.” Mormorò. “Perdonatemi, credo… credo che sia meglio che io vada.”

“Ma certo, come desiderate....” La guardò andare via e si chiese cosa fosse appena successo.

Forse era stata sorpresa dalle sue parole al punto da non comprendere che così avrebbe avuto almeno una piccola parte della libertà che desiderava e che meritava?

 

Quella sera Kara non si presentò a cena. Lena attese il suo arrivo fino a quando non vide giungere Alex.

“Perdonatemi, Lady Zor-El non verrà a cena?” Le chiese e, per la prima volta, la donna le lanciò un lungo sguardo prima di risponderle.

“Non si sente molto bene. La vostra stanza era molto fredda oggi.” Rispose infine.

Lena si chiese se vi fosse un doppio senso in quelle parole, negli occhi della donna vi era un rimprovero, ma sembrava andare al di là del disapprovare la sua abitudine di tenere le finestre aperte.

“Nulla di…” Iniziò a chiedere.

“No, nulla può tenere Kara lontana dal cibo troppo a lungo.” Concluse la donna, poi si allontanò per sedersi accanto a Lady Samantha che le scostò la sedia con un sorriso.

Lena mangiò distrattamente, era strano non avere Kara accanto e sapere che era colpa sua. Avrebbe dovuto fare qualcosa, qualsiasi cosa per scusarsi.

Era normale che si preoccupasse, era la sua Promessa e non stava molto bene a causa sua. No?

Si congedò dal tavolo e raggiunse la cucina, dove recuperò quello che necessitava, infine salì le scale per raggiungere quelle che sapeva essere le stanze della giovane Lady Zor-El.

Non era mai stata in quella parte del castello. Risalì le scale a chiocciola fino a giungere in cima ad una delle torri, poi si fermò titubante chiedendosi se stesse facendo la cosa giusta. Era tardi, Kara non stava bene e probabilmente per colpa sua… non era così sicura che volesse vederla.

Esitò un istante, poi osservò il bicchiere di latte caldo che teneva tra le mani, addolcito con il miele, il rimedio ideale per un’infreddatura.

Era una Luthor, doveva smetterla di esitare.

Alzò il pugno e bussò alla porta.

“Alex, avevo detto che non volevo…” Kara la fissò sorpresa. “Oh…” Disse e arrossì.

“Lady Alexandra mi ha detto che non stavate bene e…” Lena si interruppe. Kara non sembrava stare male, niente affatto, e sul suo volto vi era un’aria profondamente colpevole.

Perché avrebbe dovuto…

Allungò lo sguardo oltre le spalle della donna. Non era mai stata nelle sue stanze, ma quello doveva essere il salotto, seduto su di una panca ricoperta di cuscini poteva scorgere due gambe calzate in stivali neri. Un uomo.

“Kara?” Lena strinse i denti cercando di ignorare la fitta di rabbia che le infiammò la mente nel riconoscere la voce dell’Intendente Brainiac, un uomo particolare che aveva spesso visto conversare con Kara, senza immaginare che tra loro vi fosse nulla di più che una conoscenza o, al massimo, un’amicizia.

Kara non sembrava aver aspettato molto a dare seguito alle sue parole.

Forse non aveva neanche atteso che le pronunciasse.

“Perdonate il disturbo, non succederà più.” Disse, con tono freddo.

“No, aspettate!” La richiamò Kara. Uscendo dalla stanza e seguendola lungo le strette scale. “Cosa volevate dirmi?” Domandò quando lei si voltò, con un estremo sforzo, a guardarla.

“Dirvi?” Chiese. Non avrebbe dovuto essere così arrabbiata, non ne aveva nessun diritto, eppure era furiosa. “Mi preoccupavo per la vostra salute.” Affermò, impossibilitata a nascondere l’astio nelle sue parole. “Ma vedo che state benissimo.” Fece un passo indietro dimenticandosi di essere su di una scala. Il suo piede perse stabilità e lei sgranò gli occhi sentendo il suo corpo che iniziava a cadere, poi due braccia forti furono attorno a lei e Lena si trovò schiacciata contro il corpo di Kara che la tratteneva con occhi spaventati.

Il suo cuore batteva veloce per lo spavento, ma anche per quel viso, improvvisamente, così vicino al suo, così preoccupato, così…

“State bene?” Le domandò la donna e Lena si tirò indietro. Il bicchiere era caduto a terra infrangendosi, sporcando le scale in legno e macchiandole il vestito.

“Sì.” Riuscì a dire.

“Mi dispiace.” Mormorò allora la ragazza.

“Era solo un bicchiere di latte e miele.” Disse agitando la mano, non riusciva a calmare il battito del suo cuore e questo la faceva infuriare ancora di più,.

Lei era sempre controllata, sempre!

“Non parlavo del bicchiere.” Precisò la giovane. Lena alzò lo sguardo su di lei.

Perché doveva essere così bella?

Quel pensiero la sorprese.

“Buona notte.” Disse senza aspettare che la donna si spiegasse meglio. Si voltò e scese le scale, tornando con una certa fretta nelle sue stanze.

Jess la aiutò a cambiarsi e ad indossare la camicia da notte. Lena però non era pronta a dormire, si avvolse in un scialle e, congedata Jess, si sedette davanti alla finestra, osservando le colline scure e prive delle mille luci che punteggiavano il cielo. La luna sarebbe sorta più tardi e ora erano le stelle a fare da padrone.

Il caminetto si stava lentamente spegnendo e solo una candela era accesa nella sua stanza. Dopo un lungo momento, Lena si alzò e raggiunse la sua stanza, aprì il comodino e ne estrasse un piccolo rotolo. Lo strinse tra le mani e tornò alla finestra. Indecisa rimase a lungo ferma, chiedendosi se fosse una buona idea, alla fine srotolò la fine pergamena e si ritrovò ad osservare, come alcuni mesi prima, la delicata scrittura di Kara.

 

“Lady Luthor,

Vi scrivo con il cuore in mano. Insieme possiamo cambiare il nostro destino, insieme possiamo evitare che ci venga strappato via il nostro futuro…”

 

Chiuse gli occhi mentre le parole che aveva letto così spesso da saperle a memoria scorrevano nella sua mente.

E lei aveva detto no.

 

 

 

Note: Capitolo intenso, non credete?

Kara e Lena hanno decisamente parlato, ma si sono capite? Di nuovo: quanto sarebbe bello poter sapere cosa pensa Kara?

 

Siete state troppo brave! Trovare un titolo adatto al precedente capitolo ora mi risulta davvero difficile, le vostre diverse proposte sono decisamente valide, ma un titolo devo pur trovarlo, quindi alla fine ho deciso di provare con i mash-up ed è uscito fuori: “Un piccolo spiraglio: scoprirsi tra i contrasti”… alla faccia del mi piacciono i titoli corti! ;-)

Aspetto il prossimo titolo, sarà facile, sarà difficile? Vediamo cosa vi inventate!

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Capitolo 5
*** Miele e biscotti ***


Miele e biscotti

 

I giorni successivi furono caotici per il castello. Gli ospiti e l’intera corte reale si preparavano a partire per un viaggio autunnale tra i feudatari. Lena cercò di rimanere lontana dai preparativi che non la concernevano, Kara sarebbe rimasta al castello, in rappresentanza del cugino. Lei, ovviamente, sarebbe rimasta a sua volta, perché era la sua Promessa.

Come ogni mattina era alla finestra, ma qualche passo indietro rispetto al solito. Non voleva che Kara la vedesse, eppure lei riusciva a vederla, mentre preparava il suo cavallo e poi esitava, il volto rivolto verso lei e la finestra che ai suoi occhi appariva vuota.

Durante i pasti non parlavano o quasi, questa volta, doveva ammetterlo, era colpa sua. Kara tentava di incominciare una conversazione con lei, ignorando il rumore del salone, ma lei riusciva sempre a rispondere in maniera da chiudere qualsiasi apertura al dialogo e poi si dedicava al cibo, finiva in fretta e si congedava dai reali, sparendo prima ancora che fossero chiamati i menestrelli.

Era sciocco quell’atteggiamento, infantile, probabilmente. Avrebbe sposato Kara, avrebbe passato con lei l’intera vita, non poteva evitarla per sempre.

Non poteva punirla per una decisione che aveva preso lei.

Lena abbassò il capo. Kara, aveva finalmente spinto Streaky a raggiungere il gruppo con cui cavalcava quel giorno e lei poté appoggiarsi al piccola davanzale e osservare le colline.

A metà mattinata, mentre lei si occupava della corrispondenza proveniente da Castel Luthor, la corte partì. Lena aveva salutato i reali a colazione e ora non si alzò dalla scrivania, neppure per osservare lo spettacolo di stendardi, dame e cavalieri che quella partenza metteva in mostra.

Quando scese per pranzo si rese conto, per la prima volta, di cosa significava effettivamente la partenza della corte. Il salone che, anche quando non vi erano che un piccolo gruppo di ospiti, risuonava di conversazioni ed era percorso da camerieri e nobili, ora era quasi silenzioso. Il tavolo reale, a cui lei mangiava da quando era giunta al castello, era pronto per accogliere due persone, e uno dei posti era già preso da Kara.

Lena esitò un istante sulla porta, chiedendosi come avrebbe potuto affrontare una simile situazione, ma gli occhi di Kara si voltarono e incrociarono i suoi, sorpresi.

La giovane scattò in piedi, arrossendo, probabilmente per la tenuta non adeguata ad un pranzo, infatti indossava ancora i canzoni e la giubba con cui usciva a cavallo.

“Buongiorno, Lady Luthor.”

“Buongiorno.” Non si erano viste a colazione. Succedeva raramente che Kara non rientrasse in tempo per incontrarla, ma quel giorno era successo. “Credevo che Dama Alexandra e Dama Eliza sarebbero rimaste al castello, così come l’Intendente Brainiac.”

Kara sembrò arrossire ancora un po’ di più a quelle sue parole e Lena cercò di non badare alla piccola fitta che questo le provocava.

“Alex e sua madre accompagnano il convoglio fino alle terre dei Danvers, poi torneranno al castello, dopodomani saranno di nuovo qua.” Lena annuì, aveva senso, le terre dei Danvers erano le più vicine al palazzo e sarebbero stata la prima tappa del re e della regina, era normale che li accompagnassero fino a lì. “L’Intendente Brainiac invece, è stato chiamato in città, giorni fa, tornerà in primavera.” Lena corrugò la fronte perplessa, era vero che non aveva più visto l’Intendente da quella malaugurata sera in cui lo aveva sorpreso nelle stanze della sua Promessa, ma non aveva immaginato che fosse partito.

“In primavera?” Ripeté, sorpresa. Kara annuì, ma distolse lo sguardo.

È un buon amico e mi mancherà, ma il suo dovere deve andare al suo ruolo, mancava dai suoi uffici da troppo tempo.” Arrossì sulla parola dovere, ma alzò il mento in maniera fiera.

Lena sapeva che stava di nuovo pensando alla lettera e a quello che credeva lei avesse pensato nel leggerla.

“Capisco.” Disse soltanto. Era strano provare quel senso di sollievo e al contempo sentirsi in colpa. Aveva promesso alla giovane quella libertà e di fare del suo meglio perché lei fosse felice, l’Intendente sembrava colui che la ragazza aveva scelto.

Le cameriere portarono i piatti con le differenti pietanze e tra loro scese il silenzio.

Lena lanciò uno sguardo a Kara che si agitava sulla sedia accanto a lei. Ormai la conosceva abbastanza bene da sapere che aveva qualcosa da dirle.

“Sì?” Domandò, perché non seppe resistere.

La ragazza la guardò sorpresa, aprì la bocca e poi la richiuse, come se stesse lottando con se stessa sulle parole da usare. Lena non poté fare a meno di sorridere e Kara arrossì, rendendosi conto di come doveva apparire.

“Mi chiedevo… avete già bruciato il modello della vostra macchina per catturare il vento?” Lena la fissò sorpresa, non si era aspettata una domanda simile.

“No.” Affermò. In quei giorni di fibrillazione al castello non aveva voluto impegnare dei camerieri per quel compito. “Ma ora che il castello è di nuovo tranquillo, non…”

“Vorrei mostrarvi una cosa.” La interruppe però Kara.

“Una cosa?” Chiese lei, scettica.

“Sì. Posso?” Le domandò ancora, titubante. Lena esitò un istante, non era sicura che fosse una buona idea, starle troppo accanto la portava a pensieri sciocchi, al contempo, avrebbe dovuto abituarsi ad averla vicina visto che l’avrebbe sposata.

“Va bene.” Acconsentì e vide gli occhi della ragazza brillare di gioia.

“Andiamo.” Esclamò lei, improvvisamente decisa.

“Adesso?” Si ritrovò a dire, mentre Kara era già in piedi.

“Sì, avete mangiato tutto quello che mangiate di solito, quindi, perché aspettare? Ci siamo solo noi, oggi, possiamo fare come più ci piace.” Lena osservò i camerieri posti lungo il muro, in attesa del loro cenno per sparecchiare e tornare con la portata successiva, Kara, però, non aveva tutti i torti, Lena non avrebbe mangiato molto altro.

“Va bene.” Si alzò e Kara sorrise di nuovo, in quel modo a lei peculiare che sembrava farle risplendere il volto.

“Datemi un istante.” Affermò e poi si avvicinò al capo dei domestici che annuì e poi batté le mani, dando un implicito ordine. Kara tornò. “Fatto.” Disse. “Andiamo.”

Attraversarono le stanze e i corridoi del castello, incontrando solo domestici e paggi. Era strano il silenzio che vi regnava, ma anche rilassante, le ricordava casa e Lena non poté fare a meno che abbandonare un po’ della tensione che non sospettava di provare fino a quando le sue spalle non si alleggerirono.

Alla porta d’ingresso una cameriera le stava aspettando, tra le mani due caldi mantelli.

“Dunque era pianificato.” Notò con tono divertito e Kara annuì felice, mentre si drappeggiava sulle spalle un mantello rosso scuro e poi la aiutava ad indossarne uno verde.

“Lo so che non avete mai freddo, ma…”

“Meglio evitare le infreddature.” Concluse lei. E per un istante, al ricordo della menzogna della giovane di qualche giorno prima, il suo viso si chiuse di nuovo. Kara distolse lo sguardo, chiaramente preda di pensieri simili.

Uscirono nel giardino e Lena ispirò l’aria fresca con gioia. Avrebbe dovuto passeggiare di più all’esterno, anche se questo la distoglieva dalle sue solite attività.

Il cielo era splendido, di quell’azzurro che solo l’autunno può mostrare, gli alberi del giardino avevano colori più omogenei ora, più scuri e meno intensi e, oltre le mura, le colline erano già ricoperte dalle prime foglie cadute.

Kara la guidò con passo sicuro verso uno degli edifici adiacenti al castello, poteva essere un magazzino, una stalla, forse persino parte degli alloggi dei servitori o delle guardie. Lena era perplessa, non capiva cosa volesse mostrarle la donna.

“Eccoci.” Disse allora Kara e i suoi occhi brillavano di nuovo. “Spero che…”

Delle urla la interruppero ed entrambe si voltarono verso la fonte del frastuono. Dopo pochi istanti un puledro nero superò l’angolo delle stalle dirigendosi dritto verso di loro, poco distante due stallieri correvano perdendo terreno ad ogni passo.

Lena sentì il cuore accelerare. L’animale era evidentemente piccolo, ma comunque avrebbe potuto con estrema facilità essere pericoloso. Fece un passo indietro, spaventata, quando Kara le si parò davanti.

“Oh, oh!” Disse, allargando le braccia. Il puledro si impennò davanti a lei e Lena con orrore si aspettò il peggio, ma la giovane non si mosse, invece avanzò, le braccia sempre spalancate. “Chi ti ha detto che potevi uscire?” Domandò e nella sua voce vi era divertita giocosità e nessuna paura.

Il cavallo ricadde sulle quattro zampe e poi la guardò, come se la valutasse.

Kara allungò la mano verso di lui e l’animale avanzò spingendo il muso contro le dita della giovane.

“Ecco, così, bravo.” Mormorò allora la ragazza, dando delle leggere pacche sulle spalle del nerissimo cavallino.

“Per fortuna c’eravate voi, Lady Zor-El, altrimenti chi li avrebbe sentiti i giardinieri...” Disse uno stalliere, arrivando con il fiato mozzo dopo la corsa, poi nel vedere lei impallidì e si piegò in un inchino formale. “Chiedo perdono.” Mormorò ed era pallido e teso adesso.

Kara sembrò ricordarsi di lei sono in quel momento, perché alzò la testa e la guardò registrando, probabilmente, il suo viso pallido e il modo in cui stringeva il mantello. Lena cercò di ricomporsi, ma era difficile, non aveva mai amato i cavalli, non da quando c’era stato quell’incidente e suo padre era morto.

“Oh, non importa.” Si riscosse Kara, tornando a fissare lo stalliere che prese in custodia l’animale, riportandolo verso le stalle, dopo essersi di nuovo inchinato a lei.

“Perché lo stalliere era così… preoccupato per la mia presenza?” Chiese. Era abituata alla deferenza del personale del palazzo, ma questa volta vi era stato qualcosa di più e Kara era chiaramente parte di quel qualcosa.

“Non è nulla di importante…” Cercò di dire, ma lei alzò un sopracciglio fissandola in attesa. “Ecco… era il mio regalo, per voi, per il ballo di Mezz’inverno.” Ammise alla fine, arrossendo un poco.

“Oh.” Lena sbatté le palpebre sorpresa.

“Si tratta di un figlio di Streaky e diventerà un ottimo cavallo, quando ci ho pensato non sapevo che non vi piacessero i cavalli, quindi… ora non ha più importanza.”

Lena si morse il labbro, che lo volesse o no il suo cuore si era scaldato all’idea della ragazza che si preoccupava di farle il regalo giusto.

È un bell’animale… e un bel regalo.” Disse allora e Kara alzò lo sguardo su di lei, dubbiosa.

“Perché non vi piacciono i cavalli?” Chiese, poi aggiunse. “Ne avete paura a causa dell’incidente che ha avuto vostro padre?”

Lena abbassò il capo, non amava parlarne.

“Non…” Iniziò, ma la giovane la interruppe.

“Perdonatemi, non dovete rispondere se parlarne vi fa soffrire.” Alzò lo sguardo e incontrò gli occhi sinceri e dolci della giovane che ora erano velati di reale preoccupazione.

Lena sospirò e poi si spostò sedendosi su una delle panchine di pietra che punteggiavano il giardino del castello. Kara le si sedette accanto, in silenzio, aspettando pazientemente che lei decidesse.

“Pochi sanno che ero con lui quando è successo. Mia madre non ha voluto che si sapesse, diceva che avrebbero usato questa informazione contro di me.” Sospirò lasciando che la memoria tornasse a quel giorno. “Mio padre viaggiava molto e lo vedevamo poco, io e Lex, ma quel giorno sarebbe tornato e così, disubbidendo a nostra madre, Lex sellò uno dei grossi cavalli da guerra delle montagne e mi prese con sé. Avremmo fatto una sorpresa a papà, mi disse.” Si fermò ricordando la cavalcata nella foresta ricoperta di neve, a volte, quando chiudeva gli occhi, ricordava ancora la sensazione provata, il cavallo che sbuffava come unico rumore, le braccia di suo fratello strette attorno a lei che la tenevano al sicuro e al caldo.

Riaprì gli occhi e trovò lo sguardo azzurro di Kara, attento, preoccupato, ma non… incalzante. Avrebbe atteso tutto il tempo che Lena voleva, quello dicevano quegli occhi magnifici.

“Giungemmo al Passo Alto e lì aspettammo che la carrozza di nostro padre arrivasse. Lex aveva calcolato bene i tempi e ben presto sentimmo il rumore del gruppo che riportava a casa nostro padre.” Lena ripensò alla gioia che aveva provato nel vedere le armature brillare nel pallido sole e il verde dei stendardi dei Luthor, con la L d’argento che garriva il vento: suo padre tornava a casa.

“Mi agitai e il nostro cavallo si agitò con me.” Ricordò, ora il suo tono era freddo, distaccato. Lex aveva quindici anni, lei ne aveva sette. La loro madre aveva vietano per un motivo l’uso dei grandi cavalli da montagna. “Lex era abile, anche a quel tempo, e probabilmente avrebbe controllato l’animale, ma io… io urlai verso mio padre, volevo che mi vedesse, volevo incontrare il suo sguardo felice, volevo che fossi la prima a dargli il bentornato a casa.” Sentì la mano di Kara stringersi sulla sua e si rese conto che una lacrima stava scendendo lungo la sua guancia. Non aveva mai raccontato questa storia, a nessuno.

Perché ora lo faceva con lei? Perché mostrava alla donna che avrebbe sposato il suo più grande e terribile errore?

“Il cavallo ci disarcionò e si lanciò verso il gruppo di soldati che si schieravano temendo un’imboscata. Non vidi cosa successe, ricordo solo che Lex mi stringeva a sé, spaventato e poi ricordo…” Si interruppe, quel suono, quel rumore aveva ancora il potere di risvegliarla di notte, anche se ormai succedeva raramente. “L’asse della carrozza si ruppe e mio padre cadde con essa giù dalla montagna.”

Questa era la versione che tutti conoscevano, un incidente, un’asse difettoso e la tragica morte del signore dei Luthor. Nessuno, sua madre si era assicurata che fosse così, aveva mai parlato del cavallo imbizzarrito che aveva provocato tanto scompiglio da causare il brusco movimento che aveva spezzato quell’asse.

“Eravate solo una bambina.” Mormorò Kara e Lena si voltò, quasi sorpresa di vederla seduta ancora lì, la sua mano tenuta stretta e al caldo da quelle di lei che ora avvolgevano le sue dita.

“Ho ucciso mio padre.” Sbottò lei.

“No.” Protestò allora Kara. “No, e, sapete una cosa? Non è stato neppure quel cavallo o l’idea di vostro fratello. Non è stata colpa di nessuno, è stato un tragico e drammatico incidente.” La giovane era decisa, aveva perso qualsiasi forma di timidezza e la fissava con occhi seri e decisi.

Sua madre non ne aveva mai parlato, come se anche lei avesse completamente cancellato la loro presenza sul luogo dell’incidente, suo fratello aveva tentato qualche volta, ma alla fine non aveva detto nulla, era la prima volta che qualcuno pronunciava parole simile e Lena sentì che un peso enorme veniva tolto dalle sue spalle.

“Non portate colpe che non avete.” Mormorò Kara e sollevò una mano, accarezzandole il volto e portando via una lacrima. I loro occhi si intrecciarono e la giovane non allontanò le dita, accarezzandole il volto con gentilezza. “I miei genitori sono morti in un incendio.” Disse, il tono basso, gli occhi che non si distoglievano dai suoi. “Tutti sono morti, la mia famiglia intera tranne Kal ed io. Kal era lontano, io… io no, ero lì. A volte mi chiedo perché sono viva, mi dico che non è giusto eppure… eppure sono qua.”

Lena capì che la giovane le stava aprendo il suo cuore, restituendole un segreto importante e intimo tanto quanto il suo.

Alzò la mano e la appoggiò su quella di Kara ancora sulla sua guancia.

“Sono felice che voi siate ancora qua.” Bisbigliò e la giovane la guardò sorpresa, poi arrossì e allontanò la mano distogliendo lo sguardo e fissando il giardino davanti a loro.

Lena abbassò il capo stringendo le mani una sull’altra.

Aveva detto troppo, aveva detto una sciocchezza, era stata davvero stupida e…

“Anche io sono contenta di essere qua, con voi, adesso.” Affermò però la giovane e tornò a guardarla. Le sue guance erano soffuse di colore e i suoi occhi erano di nuovo timidi nell’osservarla.

Lena sentì una strana sensazione nel ventre, qualcosa di decisamente non sgradevole, ma non disse nulla, lasciando che quella nuova tranquillità tra di loro allontanasse il dolore provocato dal ricordo dell’incidente di suo padre.

Rimasero in silenzio, un lungo momento, osservando il giardino, Lena era consapevole della presenza di Kara accanto a sé, ma, diversamente da quanto era successo nell’ultima settimana, non si sentiva più tesa.

“Ho un’idea.” Affermò Kara, mentre lei era persa nei propri pensieri.

“Sì?”

“Lasciamo perdere quello che dovevo mostrarvi. Ora andiamo nelle stalle.”

“Non credo che…”

“Io invece lo credo.” Affermò lei, alzandosi in piedi. Ed eccola di nuovo la versione di Kara combattiva e decisa. Quella donna era difficile da prevedere. “Non faremo nulla che non desideriate, solo… una passeggiata e, magari, se vi andrà, potremmo fare qualche carezza a Streaky, lui è buonissimo.” Lena alzò un sopracciglio all’idea di definire Streaky, uno stallone enorme, addestrato al combattimento, buonissimo. “Dategli una possibilità!” Affermò allora lei e le tese la mano.

Lena osservò quell’offerta con perplessità, non era abituata al contatto fisico con nessuno, meno che mai con Kara, certo, vi era stato quel momento in cui le sue mani erano state così rassicuranti e poi quella carezza, ma… quello era stato un momento particolare che era meglio non ripetere. Si alzò in piedi e con un sorriso di scuse evitò la mano della donna.

“Verrò con voi nelle stalle, ma non pensiate che questo possa, in qualche modo, cambiare la mia opinione su quegli animali o sul cavalcare.”

“Vedremo.” Rispose Kara e Lena vide che distoglieva gli occhi da lei.

Come se fosse… dispiaciuta? Ma doveva sbagliarsi, Kara era una donna più generosa con i contatti fisici, ma di certo non poteva dispiacerle il fatto che non le avesse dato la mano.

Le stalle erano poco distanti, ma Lena iniziò a sentire la tensione salire non appena udì il rumore degli zoccoli che battevano contro il pavimento di pietra.

“Non credo sia una buona idea.” Lena si strinse le braccia attorno al corpo tentando di non apparire spaventata. “Mi sono dimenticata che ho della corrispondenza di cui occuparmi.”

“Solo una passeggiata.” Assicurò Kara. Aprendo la porta ed entrando con passo deciso, lei esitò un istante, poi si fece coraggio e la seguì.

Gli animali erano rinchiusi nei loro box, alcune teste si voltarono a fissare loro, ma nessuno sembrava intenzionato a imbizzarrirsi.

Kara raggiunse il box del suo enorme stallone nero. Da vicino la sua stazza era ancora più imponente.

“Ciao, biscottino.” Lo salutò Kara, accarezzando la testa che il cavallo tendeva verso di lei, evidentemente in cerca di coccole.

“Biscottino?” Domandò lei, senza avvicinarsi.

È dolce come un biscotto.” Spiegò Kara ignorando, completamente, il suo tono sarcastico. “Volete accarezzarlo?”

“No, credo che resterò qua.” Kara le lanciò uno sguardo e poi annuì.

“Per ora va bene.”

“Per ora?” Chiese fissando la giovane che però non si spiegò e invece, dopo un’ultima coccola a Streaky, si mosse avanti fino a raggiungere un altro box che sembrava vuoto. Lo aprì e vi entrò.

Lena la vide sparire e rimase immobile, al centro delle stalle, tesa.

“Non venite?” Domandò alla fine la voce di Kara spuntando di nuovo e fissandola con un ampio sorriso sulle labbra.

Lena scosse la testa, ma non resistette alla curiosità e si avvicinò al box chiuso.

Kara era in ginocchio, ma da dov’era Lena non poteva capire cosa stesse facendo. Di certo, però, non vi era un cavallo lì dentro.

Quando Kara si rialzò nel mantello aveva avvolto qualcosa. Lena corrugò la fronte poi sorrise quando la giovane le mostrò un’intera cucciolata di gattini.

“Vi piacciono i gatti, non è vero?” Chiese la ragazza, improvvisamente preoccupata.

“Non mi dispiacciono.” Ammise lei e Kara si illuminò.

“Lois non li vuole nel castello, ma… se, voi, ne voleste uno, non potrebbe dirvi nulla… credo…”

Lena scoppiò a ridere comprendendo la situazione.

“Volete che tenga un gatto per voi!” L’accusò.

“No! Certo che no!”

“No?” Domandò lei e alzò un sopracciglio, ridendo di nuovo nel vedere lo sguardo colpevole della ragazza.

“Sono così carini! E Lois non vuole che li tenga nelle mie stanze… potrei farlo lo stesso, ma poi lei mi guarderebbe in quel modo così pieno di disapprovazione e…”

“Va bene.” Si ritrovò a dire, senza sapere come fosse successo. Non amava particolarmente gli animali, un gatto, nelle sue stanze, avrebbe solo portato disordine e lei amava l’ordine.

“Davvero?” Chiese però la giovane e la gioia sul suo viso era così evidente che Lena non poté ritrattare.

“Uno, solo uno!” Affermò rendendosi conto che Kara, probabilmente, glieli avrebbe fatti prendere tutti, se lei gliene avesse data la possibilità.

Il sorriso di Kara si incrinò un poco, mentre si mordicchiava il labbro guardando i gattini, incapace di scegliere.

“Scelgo io per voi, Kara?” Chiese, lasciando che quel modo di chiamarla scivolasse sulla sua lingua con naturalezza. Vide la giovane arrossire e poi annuire. Cercò di non rifletterci sopra, mentre osservava i gattini agitarsi all’interno del mantello rosso della giovane. Erano cinque, due bianchi, uno striato di grigio, uno bianco e nero e uno grigio. Lena li osservò per un istante, poi indicò quello grigio. Era decisamente il più calmo.

Kara si voltò, posando i gattini a terra e tornando da lei con quello grigio.

“Come lo chiamerete?” Domandò.

“Credevo fosse il vostro gatto…” Esitò lei.

“Oh no, se fossi io a dargli il nome, Lois lo capirebbe subito.” Lena dovette annuire, la regina non era da sottovalutare.

“Molto bene, allora…” Si morse il labbro pensierosa. “Miele.” Disse poi, sull’onda di un pensiero. “Andrà d’accordo con biscottino.” Sorrise, mentre Kara annuiva felice.

“Mi piace!” Esclamò e Lena percepì un caldo senso di gioia.

 

Le colline erano ammantate di nebbia quella mattina. Miele si aggrappò al suo vestito reclamando attenzioni. Lena lo guardò con aria afflitta, aveva graffiato la sua porta per metà della notte fino a quando lei non aveva ceduto ed era andata ad aprirla, poi, il gattino, si era piazzato nel suo letto, tornando all’attacco ogni volta che lei lo aveva spinto a terra.

“Sarai la mia rovina.” Mormorò posando il libro che reggeva e permettendo al gatto di salire sulle sue gambe, dove si sistemò dopo alcuni giri e si addormentò in un istante. “Ma certo…” Si lamentò, lei non aveva quasi chiuso occhio quella notte per colpa sua, ma lui ora dormiva.

Un leggero bussare la distolse dalla sua contemplazione del gattino. Jess andò ad aprire e chinò il capo, segno che non si trattava di un cameriere.

“Lady Zor-El.” Annunciò la ragazza e lei sbatté le palpebre sorpresa.

“Falla entrare.” Indicò alla sua dama di camera che obbedì per poi allontanarsi e lasciare le due donne da sole.

“Buongiorno! Ciao, Miele.” Kara entrò come una ventata d’aria, piena di vita e d’energia anche a quell’ora del giorno. Il gatto si svegliò e si lanciò a terra correndo dalla giovane che lo afferrò e si mise a giocare con lui.

“Buongiorno, Kara.” La salutò lei. “Non dovreste essere a cavalcare a quest’ora del mattino?”

“Sì.” Confermò lei ed in effetti era in tenuta. “Ma, visto che anche voi siete sveglia, mi sono chiesta se avreste voluto venire con me.” Affermò, poi, nel vedere il suo volto chiudersi, scosse la testa. “No, non a cavalcare, a fare una passeggiata con me e… Streaky.” Kara posò a terra Miele che cercò di catturare di nuovo la sua attenzione piantando le unghie negli stivali della giovane che però ora era completamente concentrata su di lei.

“Dunque a cavalcare.” Decretò Lena.

“No! Streaky sarà con noi, ma nessuno vi salirà sopra.” Spiegò.

“Non credo sia una buona idea.”

“A voi non sembra mai una buona idea, ma è una buona idea!” Insistette la giovane. “Non potete lasciarmi da sola.” Aggiunse poi con un sorriso e così lei cedette.

Kara attese che lei indossasse abiti adatti ad una passeggiata e poi scesero insieme fino alle stalle dove Streaky era fermo in attesa.

“Tutto bene?” Le chiese Kara, probabilmente percependo il suo irrigidimento.

“Sì.” Mentì lei.

“Non succederà nulla, non lo permetterei.” Affermò decisa la giovane e poi si incamminò verso l’arco che permetteva di superare le mura e portava verso la foresta nella quale, per settimane, Lena aveva visto scomparire la giovane assieme ai suoi compagni. Sorprendentemente, Kara ignorò il cavallo.

Lena la seguì perplessa.

“Non capisco.” Ammise e Kara le sorrise.

“Non preoccupatevi.” Era di nuovo la ragazza sicura di sé. “Vi piace l’autunno?” Chiese e Lena si lasciò trascinare nella chiacchierata. Dopo poco però, si voltò sorpresa da un rumore e si ritrovò a osservare Streaky che brucava la poca erba che riusciva a trovare tra gli alberi.

“Ha imparata a farlo quando era piccolo.” Spiegò allora Kara, con aria fiera. “Non potevo cavalcarlo, ma voleva venire con me, quindi mi seguiva sempre. Sapevo che non se n’era dimenticato.”

“Siete di parola… una passeggiata con voi e Streaky.” La ragazza annuì felice a quelle parole.

“Esattamente. Un El non mente mai e mantiene sempre la sua parola.”

Lena abbassò il capo, colpita da quell’affermazione. Sapeva che per colpa della promessa infranta di Lex la parola di un Luthor non valeva più granché. La ragazza non lo aveva detto con cattiveria, ma questo non cambiò la sostanza, cercò di non rovinarsi l’umore e si concentrò sul paesaggio e sulle parole di Kara che, ignara del suo turbamento si era messa a raccontarle degli avvenimenti con Streaky come protagonista.

Camminarono per un lungo momento, addentrandosi nella foresta del Re, i cui sentieri erano tracciati e ripuliti dalle foglie che ormai gli alti alberi lasciavano cadere, e ben presto Lena si rilassò, persino la presenza del grande animale alle sue spalle non fu più che un pensiero leggermente inquietante.

“Eccoci!” Kara smise di parlare e le indicò un sentiero stretto, fecero ancora qualche passo e si ritrovarono in un’ampia radura. I faggi dalle rosse foglie la contornavano e i loro tronchi sembravano d’argento. Al centro vi era un grande altare di pietra con inciso il simbolo degli El.

Lena comprese subito dove si trovavano e percepì un brivido. Lì, secolo dopo secolo, tutti gli El si erano scambiati i bracciali nuziali.

“Non è bellissimo?” Mormorò Kara, accarezzando l’altare con aria reverenziale.

Lena non seppe cosa dire. Quel luogo era un simbolo del potere di quella famiglia, della sua storia e della sua grandiosità e al contempo era un posto intimo e romantico in cui due anime si univano per sempre.

“Il re e la regina si amano, non è vero?” Domandò e Kara la fissò, sorpresa dalla domanda. Dietro di lei, al limite degli alberi Streaky le fissava, in qualche modo conscio che quello non era un posto per lui.

“Sì.” Confermò.

“So che anche i genitori del re si amavano e così…”

“I miei genitori, sì.” Confermò ancora Kara, tutta l’attenzione fissa su di lei.

“Mio fratello… voi…” Lena scosse la testa, era qualcosa che doveva chiedere eppure parlare di Lex, lì, sembrava così profondamente sbagliato che…

“Io non amavo Lex.” Le disse, però, con estrema semplicità Kara. “Mi piaceva, era gentile, intelligente e simpatico, mi faceva ridere e riusciva sempre a stupirmi.” Raccontò e Lena sentì una stretta allo stomaco.

Non poteva, non voleva essere gelosa di suo fratello!

“Immagino che ora lo odiate.”

“No.” Di nuovo fu sorpresa dalla calma tranquillità con cui Kara rispose. “Come potrei odiarlo?” Domandò e Lena vide gli occhi della ragazza addolcirsi, mentre la scrutavano.

“Perché?” Chiese, lasciando che il cuore accelerasse ancora un poco.

“Ha scelto l’amore. Come avete compreso è una cosa che noi El possiamo capire.”

Lena sentì il cuore stringersi a quelle parole, non era quello che, per un brevissimo istante, aveva sperato di udire.

Sciocca, sciocca e sciocca.

“Ma…”

“Mi ha scritto, spiegandomi ogni cosa. Non lo odio.” Spiegò e Lena la fissò sorpresa.

Suo fratello le aveva scritto? A lei non aveva detto nulla!

“Vi ha scritto?” Chiese e Kara annuì, ma non sembrò dell’idea di aggiungere altro.

“Rientriamo? Avrete fame…” Disse per poi dirigersi di nuovo verso il sentiero. Lena si chiese se dovesse insistere, ma evitò, la giovane aveva il diritto di tenere per sé alcune cose.

Ripercorsero il sentiero in silenzio, solo il passo tranquillo di Streaky alle loro spalle e il fruscio delle foglie che abbandonavano i rami infrangevano la quiete.

“Quando ci scambieremo i bracciali la foresta sarà viva, le foglie verdi e gli uccelli canteranno. Vi piacerà.” Assicurò Kara, mal interpretando il suo silenzio.

“Di certo, ma mi piace anche ora.” Assicurò lei. “Sono abituata al silenzio di una foresta, la neve copre ogni rumore.”

“Deve mancarvi la vostra casa.” Mormorò Kara cogliendo la nostalgia nel suo tono.

Lena annuì, ma non disse nulla.

“Per il ballo di mezz’inverno anche qua ci sarà la neve.” Ci tenne a precisare Kara e Lena alzò lo sguardo per incontrare i suoi occhi. Kara le sorrise e lei sentì una piccola fitta di gioia al cuore.

No. No. No.

Abbassò lo sguardo in fretta.

“Va tutto bene?” Le chiese allora Kara.

“Certo.” Assicurò lei.

Rientrarono al castello poco dopo, Streaky si lasciò prendere dagli stallieri e rimettere nel suo box, mentre Kara la accompagnava fino alle sue stanze.

“Allora? Streaky è stato promosso?” Le chiese un sorriso speranzoso sulle labbra.

Mmm.” Esitò lei e si divertì a vedere l’aria preoccupata di Kara. “Va bene, il tuo cavallo sa stare al suo posto.” Accordò e Kara esultò.

“Bene! Allora domani…”

“Domani non potrò accompagnarvi, mi dispiace.” La interruppe lei.

“Oh…”

“Lady Alexandra sarà tornata e avrete di nuovo la vostra compagna di cavalcate.” Sorrise cercando di non dare troppo peso alla questione.

“Certo, ma…” Kara cercò le parole, ma non sembrò trovarle.

È stata una bella passeggiata.” Assicurò Lena e Kara comprese che era un congedo. Annuì, si voltò e uscì dalle sue stanze, lasciandola sola.

Lena la guardò andare via e si morse il labbro.

No!

Cercò di abbandonare il pensiero, di non provare di nuovo quel senso di calore, quel pensiero che l’aveva sorpresa e colpita durante la passeggiata, nel guardare Kara.

Non poteva e non voleva.

Eppure…

 

 

 

 

Note: Questa volta il capitolo è bello lungo, spero vi sia piaciuto!

Eravate preoccupate per il finale del precedente capitolo, ma le cose sembrano aver ripreso il loro corso senza troppe difficoltà. E poi… a cosa pensa Lena? Cosa si rifiuta di accettare? ;-)

 

Il titolo per il terzo capitolo è “Incomprensioni” si adatta bene all’intero capitolo visto che sembrate tutte concordi sul fatto che proprio Lena non capisce! XD Andava molto bene anche “Malintesi” ma era, forse, troppo legato all’ultimo momento del quale, in realtà, non conosciamo l’esatta natura: era un malinteso oppure no?

Aspetto il titolo per questo quarto capitolo!

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Capitolo 6
*** Sfiorarsi e poi... ***


 Sfiorarsi e poi...

 

La neve aveva finalmente ricoperto ogni cosa, Lena osservò le colline ammantate ispirando l’aria fredda e pungente del mattino.

Nel cortile, spazzato dalla servitù, vi era un intenso via vai di persone, cavalli e carretti.

La corte era chiamata a raccolta, la grande serata era arrivata, il ballo di mezz’inverno era quella sera stessa e il castello era in fermento.

Miele era cresciuta un poco nell’ultimo mese, Lena passò una mano sul morbido pelo della gatta che si stirò compiaciuta.

Il ballo.

Aveva sempre sognato la grande festa degli El quando era a Castel Luthor, ne ricordava i racconti di Lex: le luci, le musiche, i regali, i nobili eleganti nei loro abiti bianchi prima e poi colorati, i falò e i giochi attorno ad essi.

Jess stava preparando i due abiti che avrebbe indossato, anche lei preda della frenesia generale, ma Lena sentiva la tensione crescere.

Lei e Kara, quella notte, avrebbero saltato assieme sul fuoco di mezz’inverso, le mani congiunte, i cuori aperti. Si diceva che un amore sancito in quel modo durava tutta la vita. Una mera tradizione per ogni coppia di Promessi, un formalità che lei avrebbe adempiuto senza pensarci troppo se pensieri sciocchi non avessero iniziato a percorrere la sua mente e il suo corpo non avesse iniziato ad avere reazioni strane ogni volta che Kara la guardava o le sorrideva.

Un leggero bussare fece scattare Miele dalle sue gambe e Lena seppe di chi si trattava prima ancora che Jess aprisse la porta e le annunciasse la presenza di Kara.

“Buona festa di mezz’inverno!” Esclamò la giovane, piegandosi e sollevando la gatta tra le braccia. “Perché non siete vestita? Ieri avete acconsentito a venire con noi per formare i falò!” Le ricordò.

“Credevo steste scherzando.” Si ritrovò a controbattere.

“Assolutamente no.” Chiarì Kara. I suoi occhi brillavano di gioia e Lena si morse il labbro.

“Posso ritrattare?” Le mani che la ragazza mise sui fianchi erano eloquenti. “Va bene, lasciatemi il tempo di indossare abiti consoni al lavoro e vi raggiungerò.”

“Ottimo!” Esclamò lei e poi si sedette su di una poltrona, accarezzando Miele che pretendeva più attenzione di quanto la giovane gliene avesse data fino a quel momento.

Lena si rassegnò e andò a cambiarsi, scegliendo un abbigliamento simile a quello indossato dalla ragazza: pantaloni, camicia e giubba. Infilò degli stivali e tornò da Kara che abbandonata la gatta ora osservava uno dei suoi nuovi progetti.

“Non mi avete parlato di questo.” Le fece notare. “Sembra una cupola di vetro…”

È solo un abbozzo di idea.” La redarguì lei, togliendo il foglio dalle mani della giovane.

“Mi piacciono i vostri abbozzi di idea!” Protestò Kara.

“Vi mostrerò questo un’altra volta.”

I loro momenti in biblioteca erano diventati un’abitudine consolidata, ma si erano interrotti durante gli ultimi giorni essendo il castello pieno di ospiti e i momenti formali che richiedevano la presenza di entrambe triplicati, ma non era per quello che non aveva mostrato quel preciso disegno a Kara.

“Va bene, andiamo, Alex, Sam e Ruby ci stanno aspettando.”

Preparare i falò era una tradizione, il castello ne avrebbe avuti decine, sparsi nel grande spiazzo e nei giardini. I giardinieri e gli stallieri avevano preparato il terreno che li avrebbe accolti ricoprendolo di lastre di pietra, a loro rimaneva il compito di raccogliere la legna e sistemarla nello spazio scelto.

Il bosco risuonava di risa e schiamazzi, ogni nobile sveglio era lì attorno a saccheggiare le cataste preparate proprio per quello scopo. Ruby, la figlia di cinque anni di Lady Samantha, era un vulcano e saltellava di qua e di là felice. Sua madre e Alex, invece, più calme, sembravano incapaci di lasciare andare la mano una dell’altra, chiacchieravano piano e ridevano.

È bello vederle così felici.” Fece notare Kara, mentre metteva sulla loro piccola slitta una fascina di legna.

“Sì.” Ammise Lena, mentre una punta amara le bruciava il cuore, per se stessa, per Kara. Loro non potevano condividere quel sentimento, quegli sguardi, quei tocchi leggeri… quel bacio…

Gli occhi della ragazza erano su di lei quando distolse lo sguardo dalla coppia e la guardò. Kara arrossì e tornò ad occuparsi della legna, sembrava l’unica decisa a lavorare.

“Vi siete mai chiesta come ci si sente quando si è innamorati?” Le chiese dopo un po’, osservandola spostare rami e rametti.

“Spesso.” Kara non la guardava questa volta. “Quando ero una bambina e guardavo i miei genitori e poi quando ho visto Kal innamorarsi di Lois.”

Rimasero in silenzio, Lena si decise a raccogliere qualche ramo e lo appoggiò sulla loro slitta. Quella di Sam e Alex aveva sopra solo una montagna di neve messa lì da Ruby.

“Me lo chiedevo quando passavo del tempo con Lex.” Aggiunse piano Kara, lanciandole uno sguardo. “E ora me lo chiedo quando guardo voi.” Il cuore di Lena sobbalzò.

Kara mise altra legna sulla slitta.

“Kara…” Si ritrovò a dire senza sapere come continuare.

Avrebbe saputo dare forma di parole ad un sentimento che non riusciva neanche a immaginare? Eppure la giovane davanti a lei sembrava suggerire…

“Abbiamo quasi finito, credo sia il caso di dare una mano anche a Sam e Alex.” Riempì il silenzio Kara.

“Certo.” Mormorò allora lei, frustrata per la sua stessa incapacità di mantenere la conversazione su quel punto, di dare alla sua Promessa qualcosa di più su quello che occupava la sua mente da…

La mano di Kara sfiorò la sua mentre camminavano nella neve e Lena provò un brivido, ma non per il freddo. Allungò appena le dita ed eccola di nuovo. Il dorso della mano di Kara era caldo contro il suo. Il cuore le batteva veloce, durò solo un istante poi le loro mani si separarono nel raggiungere le due donne e la bambina.

Lena sentiva le guance calde, mentre cercava di guardare di sottecchi Kara.

Non erano forse anche le sue guance rosse? E quel sorriso, era per lei?

Tornarono al castello con Kara e Alex che tiravano i loro bottini, sulla slitta di Alex vi era Ruby che incitava la ragazza con entusiasmo.

Lena, come succedeva dall’ultima mezz’ora, si chiese, ancora una volta, se avesse sognato.

Le loro mani si erano davvero cercate e trovate? E cosa significava?

Scelsero uno degli spiazzi e lo riempirono della legna raccolta, poi andarono a pranzare tutte assieme.

“Lady Luthor.” Le disse Kara scostandole la sedia, i suoi occhi brillavano e Lena sorrise abbassando lo sguardo e sedendosi a tavola.

Fu strano, era come se dopo tutti quei mesi avessero finalmente lasciato andare il respiro, le loro labbra sorridevano quando i loro occhi si incontravano e, più di una volta, Kara esitò nel passarle qualche pietanza, sfiorando le sue mani per un tempo molto più lungo del necessario. Era strano, nuovo e in qualche modo terribilmente eccitante.

Stava immaginando ogni cosa? Era solo l’aria di festa a rendere Kara così felice e lei così sensibile a gesti solo fortuiti?

 

Nel pomeriggio Kara dovette partecipare ai rituali di purificazione di Rao e Lena si ritirò nella sue stanze dove regnava la calma, se si escludeva Miele che saltellava a destra e a sinistra e Jess che preparava gli ultimi dettagli per quella sera. Lavorò su qualche progetto, ma le era estremamente difficile concentrarsi. Kara occupava i suoi pensieri, torturandola in un modo nuovo.

Quello di cui avevano parlato, le loro mani che si erano sfiorate in modo così intimo, gli sguardi, i sorrisi…

Poteva sperare che, da quell’unione forzata, nascesse qualcosa di vero? Poteva permettersi di credere che, quello che provava, fosse ricambiato? Il solo ammettere che, lei, provasse qualcosa le fece girare la testa, ma ora poteva osare, no?

Prima di quanto immaginasse fu l’ora di indossare l’abito bianco.

Quando bussarono alla sua porta il cuore le prese di nuovo a battere veloce. Aveva congedato Jess perché potesse approfittare a sua volta dei festeggiamenti, così fu lei ad aprire e si ritrovò davanti Kara, meravigliosa nel lungo abito bianco con cui voleva omaggiare l’inverno.

“Buonasera, Lady Luthor.” La salutò, il respiro un poco corto. “Siete splendida.” Aggiunse abbassando un po’ gli occhi.

“Anche voi lo siete, Kara.” Mormorò.

Avrebbe osato?

Come se lo avesse sempre fatto, le tese la mano. Kara arrossì nel prenderla e stringerla, gli occhi che brillavano, lo sguardo che adesso osava sostenere il suo.

Aveva osato e il suo cuore stava impazzendo.

Scesero le scale in silenzio, le mani strette una all’altra, e si immersero nella festa. Gli ospiti erano centinaia, tutti vestiti di bianco, la stanza, decorata quel pomeriggio, brillava per le mille candele, l’intera corte riunita risplendeva e la musica risuonava.

Salutarono i reali poi gli altri ospiti, passando da un gruppo all’altro, a Lois non sfuggirono le loro mani intrecciate, ma questa volta Kara non separò le loro dita, anzi, sembrò stringere ancora un poco.  Conversarono e chiacchierarono fino a quando non fu il momento di accendere i fuochi.

L’intera folla di nobili uscì all’esterno nella notte guidati dai sovrani che, le mani giunte, accesero il primo falò e la folla applaudì per la perfetta riuscita.

Kal tese la torcia a Kara e le sussurrò qualcosa, la ragazza annuì, poi insieme a Lena si spostò al falò preparato quella mattina e la guardò.

“Che l’amore come il fuoco d’inverno ci tenga al caldo. ” Mormorò, poi abbassò la mano e diede fuoco alla legna che arse rapida attirando un nuovo applauso.

Kara passò la torcia ad Alex, poi strinse la sua mano.

“Siete pronta?” Chiese piano.

Lena annuì e, insieme, saltarono oltre il fuoco. Di nuovo i nobili applaudirono e, per una volta, Lena non sentì su di sé l’ostilità che il suo nome e la sua situazione portava. Per una volta Lena, guardava solo Kara.

La torcia fu passata di mano in mano, i Promessi saltarono i falò gli altri ne osservarono felici le fiamme che, lentamente, si consumarono, poi, quando le fiamme si esaurirono tutti tornarono nelle loro stanze.

L’inverno era stato salutato, era ora di dedicarsi alla primavera, agli abiti colorati e alle danze.

Kara salì le scale con Lena, le loro mani si erano raramente separate ed ora erano strette una all’altra.

Davanti alla porta della sua stanza Lena esitò.

“Tornerò a prendervi non appena avrò indossato gli abiti della primavera.” Le assicurò Kara.

“Lo so.” Mormorò lei. Ma vi era un pensiero che la sua mente continuava a riproporle.

“Quali pensieri affollano la vostra mente?” Domandò Kara, un sorriso sulle labbra, mentre allungava la mano e le sfiorava la fronte.

“Voi.” Ammise con semplicità. Sorrise appena, poi si voltò appoggiando la mano sulla maniglia della sua porta, ma, prima che potesse aprila, Kara posò la propria mano sulla sua fermandola.

Il corpo della giovane si avvicinò così tanto al suo che Lena poteva sentirne il calore sfiorare la sua schiena.

Non ci furono parole, mentre il respiro di Kara le sfiorava il collo lasciato nudo dall’alto chignon. Rabbrividì a quella vicinanza così intima a quel respiro caldo, al pensiero di quelle labbra così vicine alla sua pelle.

Per un lungo istante la ragazza rimase così, immobile.

“Avete detto che avreste fatto di tutto per rendermi felice, anche darmi la libertà.” Mormorò infine la donna, così piano da essere appena udibile. Lena annuì. “Allora sappiate che siete voi a rendermi felice, nessun altro, solo voi.” Lena chiuse gli occhi, il cuore batteva veloce nel suo petto, un respiro e Kara era di nuovo lontana. “Verrò a prendervi non appena indossato l’abito della primavera e, se vorrete, vorrei mostrarvi il mio dono di mezz’inverno.” Il tono della ragazza era cambiato, ma vi era ancora dell’emozione in esso.

Lena annuì, incapace di parlare, incapace di voltarsi e guardare la donna negli occhi.

Sentì i passi allontanarsi nel corridoio, aprì la porta ed entrò nelle sue stanze. Si accasciò contro la porta, un ampio sorriso sulle labbra.

Era vero! Lo aveva detto! Lei era la sua felicità! Doveva solo dirle che era reciproco, doveva solo farglielo capire e…

Iniziò a svestirsi e poi a rivestirsi dell’abito verde e oro che aveva scelto per omaggiare la primavera, il sorriso che non se ne andava, la gioia che non smetteva di farle battere veloce il cuore.

 

***

 

Kara saltellava felice nel corridoio, oltrepassò un nobile che la guardò perplesso e lei gli sorrise, che pensassero pure che la principessa El fosse pazza! Lei era felice e non lo avrebbe più nascosto.

Lo aveva sentito il suo cuore battere veloce, il suo respiro, il brivido che l’aveva percorsa! Anche Lena era innamorata di lei!

Salì di corsa le scale fino alle sue camere, poi si cambiò e tornò a scendere. Questa volta incontrò Lady Grant. La donna aveva varie cosa da comunicarle e Kara non riuscì a liberarsi di quella brillante, ma eccentrica, ambasciatrice prima di un tempo che a lei sembrò infinito.

Quando, finalmente, riuscì a salutarla quasi corse per raggiungere il corridoio che portava alle stanze di Lena.

La sua porta non era lontana, oltrepassò l’angolo e si bloccò di netto.

Lena era lì, davanti a lei… tra le braccia di un uomo.

Kara fece un passo indietro, poi un secondo, mentre l’orrore di quello che vendeva bruciava il suo cuore.

Non poteva essere, non poteva… ma dopo tutto Lena non aveva detto niente… e se avesse capito male? Se si fosse illusa? Se le reazioni che aveva creduto mostrare un sentimento d’amore fossero state solo dispiacere? Disgusto, orrore per le sue parole?

Mentre Lena alzava la mano e accarezzava la guancia a quell’uomo in un gesto intimo che mai si era permessa con lei, Kara ruotò su se stessa e se ne andò.

 

 

 

 

Note: Bene, prima di tutto vorrei ricordarvi che uccidere un autore non è una bella cosa, poi… le cose stavano andando così bene!!!! Maledizione autrice ti uccido!! Aspetta… ops? XD

Non era proprio il momento migliore per guadagnare uno spiraglio sulla mente di Kara…

Fatemi sapere cosa ne pensate!

 

“Miele e biscotti” è il titolo che si è conquistato il quarto capitolo: divertente, evocativo, ma senza spoiler!

Questo quinto capitolo, invece? Ricordo che: “A morte l’autrice” non vale.

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Capitolo 7
*** Quando il blu incontra il verde ***


Quando il blu incontra il verde

 

Lena strinse a sé l’uomo con gioia.

“Non sapevo che saresti venuto! Non mi hai scritto nulla nelle tue ultime lettere!”

“Volevo farti una sorpresa.” Sorrise. “So che non stai male qua, ma so anche che non stai bene… basta che tu lo dica e io ti porto via.” Il suo tono era scherzoso, come sempre, ma vi era un fondo di serietà nei suoi occhi.

“Oh, Jack… no…” Sorrise all’uomo che considerava il suo più caro e vecchio amico e gli accarezzò la guancia. “Credo… di…” Arrossì un poco e Jack la guardò ammaliato.

“Ti piace? Ti piace per davvero?”

“Sì.” Disse lei e il suo viso dovette confermare la verità perché Jack sospirò e l’attirò di nuovo a sé.

“Allora sono felice per te, so che anche se ti avessi sposato non sarei mai stato più di un amico per te.”

“Il migliore, però.” Assicurò lei e lui rise.

“Che bella consolazione.” Lei gli diede un colpetto sulla spalla e lui si voltò guardando verso il corridoio vuoto. “La tua Promessa non si vede ancora.”

“Entra, sarà felice di conoscerti.”

Entrarono nelle sue stanze e Jack si interessò subito ai suoi disegni, ma Lena continuava ad lanciare occhiate alla porta.

Come mai Kara ci stava mettendo così tanto?

“Sei sicura che sta arrivando? Non è che ti aspetta nel salone da ballo?” Chiese alla fine Jack nel notare la sua perplessità.

“Ha detto che sarebbe venuta a…” Iniziò a rispondergli quando la porta si spalancò e Alex entrò a passo di marcia, gli occhi che promettevano guai.

“Come avete potuto farle questo?” Sbottò furiosa.

“Di cosa state parlando?” Chiese Lena, sconvolta da quella rabbia inaspettata.

“Dovevate farlo proprio la notte di mezz’inverno che lei ama così tanto? Proprio oggi che aveva deciso di dirvi quello che da settimane, mesi!, prova per voi?”

“Dovete essere più chiara.” Sbottò Lena.

Alex le spinse tra le mani un quaderno, l’oggetto che aveva visto spesso tra le mani di Kara.

È scritto in ogni pagina: poesie, versi, dichiarazioni, persino ritratti!”

“Non leggerò quello che…” Iniziò, ma Alex le riprese l’oggetto e lo spalancò davanti a lei per poi iniziare a leggere.

“Credo che mi consideri una debole, credo che non possa sopportare neppure di posare lo sguardo su di me. Lex mi parlava della sua fierezza, del suo orgoglio e ora li vedo in ogni suo gesto, in ogni suo sguardo. È così fiera e bella…” Alex sfogliò rapida fino ad un'altra pagina. “Penso che non vi sia in terra e il cielo un colore che possa eguagliare quello dei suoi occhi, nessun gioiello può eguagliarlo, nessun poeta può descriverlo, mancano le parole e a me manca il respiro quando li guardo.”

“Smettetela!” Implorò Lena, non era giusto leggere parole che appartenevano solo a Kara. Alex non la ascoltò e lesse ancora.

“Posso essere anche solo sua amica, posso farcela a guardarla in silenzio, posso trattenere nel mio cuore quello che provo per lei, quello che sento quando riesco a farla sorridere, posso…” Alex chiuse il quaderno, una lacrima scivolò sul viso di Lena. “Lei vi ama e voi l’avete tradita.”

“Tradita?” Domandò allora lei, sconvolta. “Io non ho mai…”

“Voi!” Alex puntò il dito contro Jack che era rimasto un muto spettatore di quello scambio serrato. “Sparite dalla mia vista se non volete che vi…”

“Lady Alexandra.” Il tono di Lena era categorico e riuscì a fermare persino la rabbia della donna. “Amo Kara.” Dirlo fece volare delle farfalle nel suo ventre, ma lei non si lasciò distrarre. “Se non avessi creduto che lei mi detestava, se non avessi pensato che con la sua lettera lei si rifiutasse persino di volermi conoscere, l’avrei ammesso con me stessa molto prima di adesso.” Era strano ammettere tutto questo ad Alex invece che a Kara, ma se era necessario lo avrebbe fatto.

“Lei vi ha visto con…” Ora Alex era perplessa.

“Sir Spheer è il mio amico più caro e gli voglio molto bene. Mi ha fatto una sorpresa e lo stavo salutando, non so cosa abbia visto Kara e non so come si sia permessa di giudicarmi in un modo così indecoroso.” Ora la rabbia iniziava a prendere lei.

“Ehm…” Alex si schiarì la gola. “Il fatto è che lei non ha detto nulla di preciso… voglio dire… è solo passata per le scale piangendo e quando l’ho fermata ha parlato di un uomo con voi… del fatto che meritate di essere felice e che se volete lui allora lei non dirà nulla…”

“Lei cosa?” Sbottò lei.

“Ho deciso da sola che era il caso di… ehm… urlarvi contro.”

“Dov’è adesso?” Chiese allora Lena.

“Immagino nel vostro regalo di mezz’inverno.”

“Dovrete essere più precisa.” Insistette Lena e Alex, con una smorfia, le disse esattamente dove andare.

 

L’aria era fredda, ma Lena non ne era disturbata, malgrado l’abito fosse piuttosto leggero. Attraversò il giardino, ignorando i fuochi spenti e si avvicinò alle stalle, ma non vi entrò, invece ne costeggiò il muro fino a quando non individuò un sentiero di candele che conduceva ad una delle strutture che servivano ai giardinieri o agli stallieri. Arrivò alla porta e notò la chiave dorata, decorata da piccoli ingranaggi che circondavano una L, inserita nella toppa. Spinse ed entrò nella stanza.

Lo spazio era vuoto se non per una figura seduta al centro.

Kara nel vederla si alzò in piedi, nascondendo in fretta le lacrime.

“Kara…” Mormorò lei e la giovane sorrise.

“Avevo promesso di venirvi a prendere, scusate se ho mancato.” I suoi occhi la sfuggivano e Lena ne sentì la mancanza. La ragazza aprì le braccia e le indicò lo spazio vuoto. “Avete spesso parlato del vostro laboratorio a Castel Luthor.” La sua voce tremolò appena come se le facesse male ammettere che il castello degli El non sarebbe mai stato la sua casa, ma solo una dimora in cui abitare.  “Ho pensato che questo spazio avrebbe potuto accogliere tutto quello che vi serviva e tutte i prototipi delle vostre macchine, così che voi non dobbiate vederle bruciare.” Lena sentì gli occhi inumidirsi mentre si guardava attorno. “Ho fatto costruire uno dei vostri caloriferi in ghisa, volevate chiamarla stufa, non è vero?” Le indicò l’oggetto sistemato contro al muro, una canna fumaria formata da tubi che spariva nel tetto. “È una vostra idea, quindi funzionerà di certo e voi non avrete freddo.”

“Kara.” Chiamò di nuovo Lena. “Il vostro dono è splendido.”

“Oh… beh… non volevate un cavallo così…” Si strinse nelle spalle. “Spero vi possa rendere felice, anche se siete lontana da casa.” Lena a quelle parole scosse la testa.

“Voi mi rendete felice.” Affermò, ma una smorfia baluginò sulle labbra di Kara, presto nascosta.

“Non dovete… sforzarvi.” Mormorò piano.

“Kara.” Disse e sembrava importante ripetere ancora una volta il suo nome, perché era importante che la guardasse negli occhi. “Non mi sforzo mai con voi.” Mormorò.

“Una volta avete detto che mi lasciavate libera, ora io vi dico lo stesso. Siete libera di amare chi desiderate.” Le sue labbra tremarono appena nel pronunciare quelle parole e Lena ne ebbe abbastanza, non poteva sentire da Kara le stesse parole che lei aveva così scioccamente pronunciato mesi prima.

Fece un passo in avanti e prese una delle mani della donna. Esitò un istante, chiedendosi se avrebbe avuto il coraggio di compiere un gesto così intimo. Parlare ad Alex era stato facile in confronto a quello che voleva fare ora. Ma era stanca di esitare. Sollevò la mano destra della principessa El e la attirò al suo viso. Chiuse gli occhi mentre assaporava il calore e la morbidezza della mano di Kara sulla sua guancia, poi portò la mano alle labbra e depose un bacio sul palmo della giovane.

 “Mi dispiace.” Bisbigliò mentre alzava lo sguardo a la guardava. “Ma desidero voi.” Disse, mentre Kara la guardava con gli occhi sgranati.

“Io… voi… c’era…”

“Jack.” Disse lei.

“Sir Spheer.” Comprese Kara.

“Sì, voleva assicurarsi che stessi bene, gli ho detto che voi mi rendete felice.”

“Gli avete detto questo?” Un sorriso si disegnò sulle labbra di Kara, mentre la giovane arrossiva.

“Poco dopo la vostra dama di compagnia mi stava urlando addosso.”

“Oh… Lei è molto protettiva.” Si trovò a scusarla Kara.

“Va bene. Lo so che siete sorelle nel cuore se non nel sangue.”

Rimasero in silenzio a guardarsi.

“Dunque…” Riprese Kara, incerta.

“Sì?”

“Danzerete con me questa sera?”

“Affinché la primavera faccia fiorire la nostra unione.” Mormorò piano le parole di rito, Lena. Kara sorrise, poi strinse un poco la mano che Lena ancora teneva nella propria.

“Balliamo, allora.” Sorrise e fece fare una piroetta a Lena, poi, nel silenzio della stanza vuota, volteggiarono nei loro abiti verde e blu.

I loro corpi si avvicinarono, mentre continuavano a ballare lentamente.

“Posso chiedervi una cosa?” Alla domanda di Lena, Kara annuì.

“Voi e l’Intendente Brainiac…” Kara si staccò un poco da lei e la guardò scandalizzata.

Brainy è un amico! Pensavate che…” I suoi occhi si sgranarono. “Oh! Io pensavo foste offesa perché avevo mentito sull’essere malata non su… Brainy era lì perché voleva consigli su come corteggiare Nia! Come avete potuto pensare che io vi avessi tradita con tanta…”

“Va bene, accettate le mie scuse?” La interruppe Lena, sentendo il tono della giovane infervorarsi.

Mmm… forse.” Mugugnò arrabbiata la ragazza.

“Perdonatemi, ero innamorata e sciocca.” Le disse, allora, un tono divertito sulle labbra.

“Eravate?” Chiese però Kara, cercando di nuovo i suoi occhi.

“Innamorata lo sono ancora.” Assicurò lei. “Sciocca… spero di no.”

“Io sono stata sciocca questa sera, non avrei dovuto scappare via, ma quando vi ho visto tra le braccia di quell’uomo… non siete molto affettuosa nei gesti, doveva dunque essere qualcuno di intimo.”

Lena abbassò lo sguardo.

“Non sono abituata, quanto voi, a mostrare il mio affetto con il contatto fisico.” Ammise.

“Oh, non dovete… voglio dire… non era una critica è solo che…”

“Sono cresciuta con Jack, lui è come un fratello.” Kara annuì alle sue parole e Lena sorrise. “È strano, persino questo, per me.” Dichiarò indicando con gli occhi le loro mani allacciate.

“Strano, ma bello?” Kara cercò i suoi occhi, un nuovo rossore che fioriva sulle sue guance.

Lena sorrise, mentre annuiva.

“Credete che dovremmo tornare al ballo?” Chiese dopo un po’ Kara. “Alex sarà preoccupata e Lois non sarà felice del fatto che non siamo state presenti all’apertura delle danze.”

“Sì, sarebbe saggio.” Ammise. “E mi piacerebbe farvi conoscere Jack.”

“Penserà che sono pazza.” Disse allora Kara, abbassando lo sguardo imbarazzata.

“Penserà che siete meravigliosa.” La corresse e nel vedere le guance di Kara arrossire sentì lo stomaco attorcigliarsi. Era tutto così strano e al contempo giusto. Sorrise. “Devo anche mostrarvi il mio regalo di mezz’inverno.”

“Oh!” A quelle parole lo sguardo di Kara brillò. “Allora dobbiamo andare.” Affermò decisa facendo ridere Lena.

All’esterno Kara chiuse la porta e consegnò la delicata e preziosa chiave a Lena che la osservò meglio, notando i delicati intarsi meccanici che la decoravano la L.

È bellissima.” Disse nel vedere Kara aspettare una sua reazione e la giovane sorrise felice.

È vostra.”

Tornarono al castello e trovarono i nobili impegnati nelle danze. Lois e Kal, al centro della stanza si sorridevano, volteggiando. Lena si guardò attorno notando subito lo sguardo di Alex passare da lei a Kara e poi alle loro mani intrecciate, sorrise, annuì e poi si voltò a parlare con Sam e l’ambasciatore delle pianure rosse J’onn.

“Lena.” Disse soltanto Jack e lei si voltò incontrando il suo sguardo interrogativo.

“Jack, lascia che ti presenti la mia Promessa, la principessa erede, Lady Zor-El.” Il tono formale mal si adattava al suo ampio sorriso e l’uomo si rilassò cogliendo al volo che tutto andava bene.

“Piacere di conoscervi, Lady Zor-El.” Disse l’uomo, chinando il capo.

“Kara, lui è Sir Spheer.” La ragazza annuì.

“Mi dispiace non avervi conosciuto prima, Sir Spheer.”

“Lui non ama scendere dalle montagne.” Lo prese in giro Lena.

“Anche a te non piace scendere dalle montagne.” Le fece notare l’uomo con tono giocoso. Kara strinse un poco la sua mano e Lena la guardò, un sorriso sulle labbra.

“Ci sono cose che ho imparato ad amare più delle montagne dei Luthor.” Ammise, gli occhi persi in quelli di Kara.

“Lo vedo.” Disse soltanto Jack, divertito nel vedersi completamente dimenticato. “Credo che sia meglio per me cercare una compagna per il prossimo ballo e lasciare a voi, milady, il piacere di godervi la reciproca compagnia.” Chinò di nuovo il capo.

“Resterai qualche giorno, non è vero?” Lo interrogò Lena.

“Certamente.” Assicurò Jack per poi mescolarsi alla folla di nobili.

“Sembra simpatico.” Azzardò Kara.

“Lo è, ve lo assicuro. Ora… il vostro regalo?”

Lena la condusse nei corridoi del castello, lungo le scale, oltrepassando porte e stanze.

“Il mio regalo è in biblioteca?” Chiese dopo un po’ comprendendo dov’erano dirette.

“Non fate quella faccia!” La rimproverò Lena, divertita.

“Mi piacciono i libri.” Si premurò di affermare Kara, rimanendo perplessa. Lena rise scuotendo la testa, poi aprì la porta e la condusse all’interno dell’ampia stanza che conteneva scafali di libri.

Al centro della stanza, accanto a diversi bracieri accesi vi era una scatola. Kara guardò l’oggetto e poi Lena, senza capire.

“Apritela.” Suggerì lei e la ragazza obbedì. All’interno della scatola vi era della terra.

“Io… non capisco.” Ammise Kara frustrata. Poco distante su di un tavolino vi era una pergamena arrotolata, la fattura era chiaramente marziana e proveniva dalle pianure rosse. Qualcuno aveva speso una piccola fortuna per quel particolare trasporto.

La giovane El srotolò la carta e lesse gli eleganti segni marziani che, come ogni nobile, aveva studiato fin da piccola.

“No…” Mormorò mentre i suoi occhi brillavano tornando alla scatola piena di terra.

“Sì.” Assicurò Lena.

“Ma…”

“Ricordi il progetto a cui stavo lavorando e di cui hai visto solo un abbozzo?” Chiese Lena e Kara corrugò la fronte.

“Una cupola...?” Ricordò dalla mattina.

“Una serra, ma non una qualsiasi, ci saranno tubi d’acqua calda che percorreranno il suolo e…”

“Riuscirà a crescere!” Comprese allora Kara. “Riuscirete a far crescere una Pianta degli Innamorati a Krypton!”

Lena arrossì, mentre annuiva.

“Lo spero.”

Kara richiuse la scatola con improvvisa preoccupazione.

“So che non è una tradizione kryptoniana, ma mio padre ci raccontava sempre della leggenda degli inn…”

“Innamorati della Pianura Rossa.” Mormorò Kara, finendo la sua frase. “Questi semi devono aver viaggiato per mesi…” Comprese la giovane e alzò lo sguardo su di lei che arrossì. “Voi…”

“Il mio regalo è la serra, ma questi semi non li ho ordinati io.” Ammise, con un cenno indicò un'altra lettera, questa volta di fattura kryptoniana. Kara la prese, poi ad un suo cenno la aprì e lesse ad alta voce.

 

“Quando riceverai questa lettera so che avrai ormai capito che l’unione in cui ti ho incastrato è il miglior dono che potessi farti. Kara è generosa, dolce, coraggiosa, impetuosa perfino, ti porterà la luce di cui hai bisogno per brillare e saprà amarti come meriti.

Con questa lettera riceverai un carico speciale, il mio regalo per voi: un seme della pianta degli Innamorati.

Io dono un seme, tu e Kara dovrete saperlo coltivare. Ricorda: luce, amore e comprensione.”

 

Lex.” Disse semplicemente Kara.

“Mio fratello sembra aver avuto le idee molto chiare su quello che avremmo provato una per l’altra.” Confermò Lena.

“Lo so.” Mormorò però Kara, sorprendendola. “Nella lettera che ha lasciato a me diceva che tu eri il mio dono. Che eri intelligente, brillante, tenace, dolce, generosa… diceva che saresti stata spaventata e sulla difensiva, ma che non dovevo permetterti di tenermi lontana.” Kara arrossì un poco, mentre Lena incrociava le braccia.

“Diceva altro di me?”

“Che vi avrei amata al primo sguardo.” La ragazza arrossì, ma alzò lo sguardo a incrociare il suo. “Aveva ragione.”

 

 

 

Note: E finisce bene!! Allora, vi è piaciuto questo capitolo? Alex ha fatto la sua entrata ad effetto, portandosi dietro il famoso quaderno che ci permette di sbirciare nei pensieri di Kara, e Lena ha preso il coraggio in mano e non si è lasciata sfuggire la felicità. Ma non basta, abbiamo anche scoperto cosa ha combinato Lex. Vi è piaciuto questo aspetto? Le sue lettere, il suo regalo?

Vi sono, semplicemente, piaciute le nostre due ragazze?

Il prossimo capitolo sarà un epilogo e dunque l’ultimo della storia. Pronte per salutare le nostre Lady?

 

Per il titolo ho deciso di nuovo per un mashup perché siete troppo brave! Dunque il titolo per il quinto capitolo sarà: “Sfiorarsi e poi…” Mi piace la sospensione che i puntini lasciano e mi piace molto l’idea che porta con sé la parola “sfiorarsi”.

Il capitolo che avete appena letto è degno di un bel titolo, no? Fatemi sapere!

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Capitolo 8
*** E finalmente inizia ***


E finalmente inizia

 

Kara sorrise e Lena sentì il cuore accelerare.

La desidero.

Quel pensiero le fece distogliere lo sguardo dalla ragazza e riportarlo sulla cupola di vetro che gli operai stavano per completare.

Non era mai stata baciata, non era mai stata toccata, non nel modo che improvvisamente desiderava…

Chiuse gli occhi e cercò di fermare il corso dei suoi pensieri che vedevano occhi azzurri fissarsi nei suoi, pelle vellutata sfiorare la sua, labbra rosee posarsi sulle proprie.

“Va tutto bene?” Chiese Kara.

“Sì.” Affermò cercando di non guardare le labbra della ragazza.

“Siete sicura? Posso farvi prendere dell’acqua o se avete freddo…”

“Sto bene.” Assicurò e allungò la mano stringendo quella di Kara. La giovane si rilassò e le sorrise, mentre ruotava lo sguardo sulla cupola costruita in un angolo soleggiato del giardino.

Era così bella…

“Kara.” Si lasciò sfuggire.

“Sì?”

“Nulla.”

Era stata davvero sul punto di chiederle perché non si fossero baciate ancora?

“C’è qualcosa che vi turba.” Questa volta sul viso della ragazza comparve quell’espressione ferma che indicava che non avrebbe lasciato cadere l’argomento.

“Tra due giorni saremo sposate.” Dichiarò Lena.

“Sì.” Il sorriso di Kara brillò scaldandole il cuore.

“Mi chiedevo…”

“Milady?” Chiamò un operaio e Lena si alzò raggiungendolo, lasciando la mano di Kara e il discorso.

Quando ebbe finito di spiegare esattamente cosa volesse per gli ultimi pannelli che avrebbero chiuso la cupola rientrarono per il pranzo e Lena fu sollevata dal non dover portare avanti la conversazione iniziata.

Eppure l’indomani avrebbero affrontato l’Ultima notte dei Promessi, prima del matrimonio e avrebbero condiviso il letto. Aveva pensato a quella notte solo come ad un altro rituale, si era immaginata di dover fingere con il pubblico di nobili, ma ora… ora iniziava a sorprendersi pensando a ciò che voleva succedesse, a ciò che ogni altra coppia di Promessi faceva durante quella prima notte congiunti, prima dello scambio ufficiale dei bracciali.

E se Kara per lei provasse solo un amore platonico? Se non avesse voluto baciarla? Giacere con lei?

Arrossì e si ritrovò gli occhi di Kara addosso, preoccupati. La donna posò il suo quaderno e si avvicinò alla scrivania là dove lei avrebbe dovuto essere impegnata a scrivere lettere e non a pensare a cose così sciocche.

“Desiderate sposarmi, non è vero?” Domandò Kara, sorprendendola.

“Certo!” Si ritrovò ad esclamare, sorpresa.

“Siete tormentata da qualche pensiero e oggi avete parlato del nostro matrimonio, inizio a temere che state riconsiderando la vostra posizione al riguardo.” Gli occhi di Kara scrutavano i suoi ed era chiara la sua paura.

“Non sono mai stata baciata.” Sbottò e vide Kara arrossire violentemente.

Fu liberatorio dirlo, ma si sentì anche profondamente in imbarazzo per essersi lasciata sfuggire una simile verità.

“Oh… io credevo che… oh…” Kara sembrava boccheggiare ora.

“Non volevo turbarvi.” Si ritrovò a dire. “È bene che lo sappiate, tutto qua.” Guardò di nuovo le lettere sul tavolo, come a voler chiudere il discorso.

“Io sono stata baciata, una volta… e non mi è piaciuto.” Le parole di Kara fecero accelerare il suo cuore. “Ma sogno…” Arrossì un poco, poi si allontanò e prese il suo quaderno, sfogliò le pagine e poi prese un profondo respiro. “L’ho disegnate poche settimane dopo che siete arrivata.” Spiegò per poi tenderle la pagina. Era un disegno delle sue labbra. Il tratto era semplice, eppure fermo ed era impossibile sbagliarsi, quella era la sua bocca. Alzò lo sguardo su Kara che distolse il suo in imbarazzo, un mezzo sorriso sulle labbra.

“Desidero baciarvi da… tanto tempo, ma non volevo spingervi a… e poi ho paura di non essere brava e credevo che voi foste…”

“Una baciatrice di professione?” Domandò Lena divertita suo malgrado dalla piega presa dalla situazione.

“No!” Esclamò Kara. “So che sui monti i costumi sono più… ehm… meno rigidi e voi con Jack eravate quasi Promessi…”

“Non ho mai desiderato baciare Jack e quindi non l’ho fatto.”

“Ma desiderate baciare me?” Domandò Kara. Lena distolse lo sguardo e fu sorpresa quando Kara allungò la mano e le sfiorò il viso attirandola verso di lei, verso le sue labbra sempre più vicine.

La porta si aprì e Kara si tirò indietro bruscamente lasciando Lena con il cuore che batteva veloce.

 

Non vi era più stato il tempo, non vi era più stato il coraggio, ma ora i nobili sorridevano, mentre le scortavano alla camera preparata per loro.

Kara stringeva la sua mano, ma Lena poteva sentire che tremava. Strinse un poco per rassicurarla e rassicurarsi al contempo. Sarebbe andato tutto bene, erano solo lei e Kara, nessuno le avrebbe spinte a fare qualcosa che non desideravano, nessuno avrebbe…

Quanto vorrei che le sue mani…

Chiuse gli occhi ed entrò nella stanza sentì la porta chiudersi dentro di lei e il vociare allegro dei nobili affievolirsi e poi sparire.

“Eccoci qua…” Mormorò Kara e lei si voltò a guardarla. Indossava un abito lungo, bianco e oro, ed era bellissima.

“Non dobbiamo fare nulla che…” Iniziò, ma Kara le si avvicinò e le prese le mani, poi se le portò alle labbra e le baciò. Il cuore di Lena fece un balzo, mentre il suo ventre si riempiva di farfalle.

“Lena…” Era la prima volta che Kara diceva il suo nome, l’effetto fu strepitoso e lei si ritrovò a rabbrividire. Delicatamente la giovane fece scivolare le mani lungo le sue braccia su fino alle spalle. “Siete la donna più bella che io abbia mai visto, siete così meravigliosa… e non riesco ancora a credere alla fortuna che ho avuto.” Scosse la testa, come se non riuscisse davvero a capacitarsi. “Vostro fratello diceva ancora una cosa nella sua lettera, diceva di essere sempre sincera con voi. Ebbene, dovete sapere che non solo vi amo con tutta me stessa e che voglio passare ogni istante della mia vita a conoscervi meglio, ma…” Arrossì un poco, le mani di Kara ora sfiorarono il suo collo, fermandosi poi sulle sue guance. “Vi desidero in ogni modo possibile… vorrei che la nostra unione sia vera, in ogni…” Deglutì, imbarazzata. “Vorrei potervi toccare e baciare e… amare. Ma solo, solo se anche voi lo volete.”

Lena rimase senza fiato, poi chiuse gli occhi e lasciò che fosse il suo desiderio a parlare.

Le loro labbra si toccarono ed entrambe si ritrovarono a sussultare. Le mani di Kara si aggrapparono al suo volto, mentre Lena la avvolgeva tra le braccia attirandola contro di sé. I loro denti si scontrarono, così come i loro nasi. Si separarono e risero della loro goffaggine.

“Abbiamo tempo…” Mormorò e Kara arrossì mentre sorrideva.

“Tutta la vita.”

Lena si avvicinò all’orecchio di Kara e respirò piano.

“Iniziamo con questa notte.” Bisbigliò e sorrise emozionata nel vedere la pelle della giovane incresparsi e nel sentirla rabbrividire. Le prese la mano e la attirò verso il letto. “Tutta la notte.”

 

***

 

La radura era esattamente come Kara l’aveva descritta e molto, molto di più. Il prato verde era ricoperto di fiori e il sole filtrava tra le verde foglie che sembrano brillare, mentre gli uccellini trillavano e cinguettavano, non disturbati dalle poche persone presenti.

Il re indossava un semplice abito blu e un elegante mantello rosso, così come Kara i cui capelli risplendevano al sole. Lois, al fianco del marito, aveva scelto un leggero abito azzurro i suoi occhi erano ricolmi di gioia, come quelli di Kal erano pieni di fierezza e dolcezza.

Lena, ai margini della radura, sentiva il cuore battere veloce.

Un passo, un respiro, un altro passo, respirare di nuovo.

Spalle e schiena rigida, testa ben dritta, impossibile trattenere i propri sentimenti, impossibile impedirsi di mostrare l’emozione.

“Lena Luthor.”

Inchino. Elegante, profondo, ma non troppo.

Alzare la testa ed eccola: sorride. I suoi occhi sono azzurri e pieni d’amore, è agitata probabilmente non ha neppure dormito.

Impossibile nascondere il sorriso sulle sue labbra e rallentare il rapido battito del suo cuore.

Parole vengono pronunciate, Promesse solenni formulate una seconda volta e sancite dallo scambio dei bracciali.

Allungare la mano, stringere la sua, non c’è nessuna folla, non c’è altri che lei e i loro cuori che battono assieme, emozionati, felici.

Sorrisi veri, sguardi sinceri, occhi pieni di gioia, volti ridenti.

Sentila, respirala, credici.

La mano trema nella sua e lei stringe un poco le dita.

Emozione? Impazienza? Come lo interpreterà? Non ha importanza, le loro dita non si separano.

Rimanere in piedi, accanto a lei, ascoltare le sue parole, così piene d’amore, sorridere, annuire, pronunciarne di simili. Emozionarsi.

E finalmente inizia.

 

 

 

 

Note: Così si conclude la storia, il cerchio si chiuse e dopo un autunno e un inverno passato a conoscersi, corteggiarsi e non capirsi le nostre ragazze sono finite con i bracciali ai polsi. (Ok… detto così sembra che siano state arrestate… ma avete capito!) Viva la primavera! ;-)

 

Il titolo del capitolo precedente è stato difficile da scegliere… ma alla fine ha vinto il romanticismo, si avvicina San Valentino dopo tutto. Quindi sarà: “Quando il blu incontra il verde”. È un po’ spoiler, un po’ troppo classico, un po’ troppo zuccheroso? Sì… ma come si può finire meglio una storia?

Per non complicarci la vita sceglierò io il titolo per l’epilogo e, come avete potuto notare, sono andata su un altro classico: usare le parole con cui finisce la storia!

 

Bene, spero che questa piccola long vi sia piaciuta, non mettetevi troppo comode, ho altre storie per voi in arrivo! ;-)

 

 

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