È lui. di Sophie_moore (/viewuser.php?uid=117125)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lo sa. ***
Capitolo 2: *** Lo vede. ***
Capitolo 3: *** Lo ama. ***
Capitolo 4: *** Lo sposa. ***
Capitolo 1 *** Lo sa. ***
Questa
raccolta partecipa al contest “Un
fiume di soulmate!AU” indetto
da rhys89 sul forum di EFP.
Lo
sa.
Il
viso è ancora intorpidito dal sonno, eppure percepisce che
c'è
qualcosa di diverso quando si guarda allo specchio.
La
cicatrice del volto non sta più tagliando di netto un occhio
azzurro
- a cui si era appena abituato - bensì ad uno verde
brillante.
E
questo, per Laxus, significa una cosa sola.
Chiunque
tu sia, basta tingerti i capelli. Ho un lavoro.
Percepisce come una risata delicata nella testa e pensa che
forse non è così sicuro di voler incontrare la
sua anima gemella se
deve venir preso per il culo anche nei suoi pensieri.
[96
parole]
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Capitolo 2 *** Lo vede. ***
- Questa raccolta partecipa al contest
“Un
fiume di soulmate!AU” indetto da rhys89 sul forum
di EFP.
- Lo
vede.
- Se solo
potesse, Laxus tornerebbe a casa.
- «Mi
stai ascoltando?»
- No.
- «Sì,
certo.»
- Cana lo
guarda negli occhi. «Non mi abituerò mai agli
occhi verdi, sai?»
- Laxus
sbadiglia. «Lo dicevi anche di quelli blu. E di quelli
rossi.»
- Vivere
in una società in cui il colore
degli occhi era determinato dalla tinta dei capelli della propria
anima gemella era estremamente stancante per una persona come Laxus,
senza contare che la sua era… particolarmente eclettica.
Ogni due,
tre mesi al massimo cambiava colore.
- Una
volta si era trovato con gli occhi
blu nella parte interna e gialli in quella esterna. Aveva portato gli
occhiali da sole per due settimane, prima che quella pazza decidesse
che c’erano dei limiti invalicabili.
- Da quel
momento aveva usato pigmento alla
volta.
- Piccoli
passi.
- Cana
ridacchia, appoggiandosi al bancone. «Mi sono abituata a te
che
gestisci un negozio di fiori, posso farcela. E anche la tua anima
gemella ce la farà, sarà una donna fortunata! Un
bell’uomo
dall’animo nobile, un cavaliere dei giorni
nostri…»
- Il
giovane schiocca le dita per riportarla coi piedi per terra.
«Sai
che gran cosa.»
- «Comunque,
ti stavo dicendo! Il nuovo negozio di tatuaggi è fighissimo.»
- Laxus
inarca un sopracciglio. «Non è quello che ha
aperto Bixlow qualche
tempo fa?»
- «Due
mesi. »
- «E tu
sei dovuta andare a rompere i coglioni in questi due mesi?»
- Cana
gli dà uno scappellotto, invadendo
spudoratamente il suo spazio vitale.
- Il
ragazzo la guarda, arcigno. Potrebbe risponderle male, come fa con
tutti quanti, ma decide di tacere con un sospiro. Conosce Cana quasi
da quando è bambino, è quella – se non
l’unica – che può
considerare “amica d’infanzia”. E per
quanto trovi
insopportabile la sua attrazione verso alcol e relazioni complicate
–
ha sempre pensato fossero in qualche modo collegate – non
può
negare di volerle bene, un bene infinito.
- Almeno,
non può negarlo a se stesso.
- «Sai
che tra poco è il tuo compleanno, no?»
- «Non mi
dire.»
- Cana
rotea gli occhi. «Ho pensato di farti un regalo. O meglio, abbiamo
pensato di farti un regalo, tutti insieme, e…»
fruga nelle tasche
dei jeans con una luce brillante negli occhi. Sbatte la mano sul
bancone e sorride come forse non aveva mai fatto. «Ho parlato
con
Lisanna, non sapevamo cosa regalarti, però è da
un po’ che parli
che vorresti fare qualcosa di diverso, che vuoi cambiare. –
Laxus
inclina la testa di lato. Era certo che non ascoltassero una parola,
che non percepissero alcuna sfumatura. Ne è rimasto
piacevolmente
sorpreso, e sorride, lasciando parlare la ragazza; – Abbiamo
pensato ad un taglio di capelli, ma hai messo il veto da quando sei
tornato, e quindi… Non festeggerai, mi hanno dato il
permesso di
dartelo quando ci saremmo visti.» continua. Alza la mano e
Laxus
prende il biglietto.
- «Un
tatuaggio.»
- Istintivamente,
le memorie tornano al
giorno in cui si è tatuato il simbolo del suo plotone.
- La
giornata ventosa sembra portare odore
di sabbia, e sembra di sentire la risatina di Ogra che, penne e aghi
disinfettati in una mano, gli sta radendo l’avambraccio.
- E dire
che non sentiva la necessità di quel tatuaggio, non lo
voleva. Aveva
semplicemente pensato che, avendo un segno distintivo in
più,
sarebbero riusciti a riconoscerlo più facilmente e
l’avrebbero
rispedito in patria, una volta morto.
- Le
immagini si dissolvono, lasciandogli davanti agli occhi il largo
sorriso della ragazza. Per fortuna non si è accorta di
niente, o
avrebbe attaccato con una nenia di domande infinita.
- «O un
piercing. Dipende da cosa vuoi fare! Noi abbiamo pensato di
migliorare quello che hai fatto nell’esercito, ma puoi
scegliere
tu. Il buono è di tremila Jewel, dovrebbe bastare per un
tatuaggio
di medie dimensioni.»
- Laxus
sbatte le palpebre e fischia, noncurante. «Però,
sono parecchi!»
- Cana fa
un sorriso malizioso, una sorta di ghigno. «E vuoi sapere di
più?»
- Le
palpebre di Laxus traballano. Lo sa
che non deve rispondere mai a queste domande, sono delle trappole.
Incita Cana a parlare con un cenno della testa.
- «Le
carte hanno parlato.»
- Non ce
la fa. Si mette le mani tra i capelli e sospira forte. Non deve
risponderle, non deve rispondere «Ancora? Davvero? Sei una
donna
adulta, con ‘sta storia delle carte non fai che-»
Cana lo
interrompe poggiandogli l’indice dalle labbra.
- «Fidati.»
- «Ma-»
- «Fallo.
Vai. Chiama Bixlow. E tatuati.»
- Laxus
fa per aprire bocca per rispondere,
ma il cellulare dell’amica squilla e lei si allontana dal
bancone
parlottando civettuola.
- Allora,
e solo allora, si permette di lasciarsi prendere dallo sconforto e
appoggia la fronte al bancone.
- Com’è
successo che sia diventato amico
di quella matta?
- Bixlow
gli ha fatto una bella impressione
al telefono.
- Non lo
vede da anni, da prima
dell’esercito, non sa neanche se è la stessa
persona che aveva
conosciuto quando era poco più che un ragazzo.
- In ogni
caso, sta per scoprirlo.
- Cana
aveva esultato e ballato sul tavolo
quando le aveva detto che si sarebbe tatuato. Lisanna era scoppiata a
ridere, Natsu e Gray avevano iniziato a fare domande su domande e poi
si erano messi a litigare.
- “Se
vuoi una scritta, ti faccio
tatuare da Justine. Sa il fatto suo.”
- Non lo
preoccupa farsi tatuare da una
donna.
- A
ripensarci… meglio non pensarci. Non è
l’unico ricordo che gli
torna in mente e ha deciso di mettere quel periodo dentro una scatola
e buttarla nella stanza più buia del suo cervello.
- Suona
al citofono.
- “Sì?”
- Voce di
donna. Che sia Justine?
- Si sente
istintivamente curioso. E soddisfatto, perché manca poco e
potrà
conoscere questa tatuatrice di cui ha sentito solo lodi.
- «Laxus
Dreyar.»
- Il
portone si apre su uno studio dai colori molto accesi.
- E degli
occhi verdi, che sembrano totalmente innaturali. E tatuaggi sul viso.
Nonostante il tempo passato, è riconoscibilissimo: sorriso a
trentadue denti, capigliatura da pazzo. È Bixlow.
- «Yo,
Laxus!» il ragazzo gli dà una pacca sul petto e lo
fa entrare. «Non
ci vediamo da una vita. Come stai?» chiede. Gli fa fare il
giro
dello studio, portandolo a conoscere ogni angolo e anfratto, come se
fosse un amico di lunga data. Gli ha anche presentato la sua socia,
Evergreen, una giovane donna dai capelli biondi e il fisico
prorompente.
- Laxus
non sa bene come reagire a quel
tipo di estroversione.
- Ma deve
farlo davvero?
- Nel
dubbio non replica alle domande che gli fa, tanto pare che non lo
stia neanche ascoltando. Sembra che abbia un discorso programmato in
testa, qualcosa che non prevede deviazioni inutili. Come delle
risposte, ad esempio.
- Vede una
specie di macchia verde che gli passa dietro, la vede con la coda
dell’occhio, ma sente un brivido che gli percorre la schiena.
- Ha
imparato a conoscere a memoria quel verde da mesi, ormai. Lo vede
ogni giorno allo specchio.
- Lui
lo sa.
- «Scusa
Bixlow, ma-»
- «Hai
ragione. Hai ragione, è vero! Adesso arriva Justine, tu devi
solo
sederti e rilassarti. Ha una manualità fenomenale,
soprattutto col
lettering.»
- «Sì,
però-»
- Bixlow
lo scorta in una delle due sale, quella dalle pareti sono verde
acido, dipinte come se colasse della melassa nera dal soffitto. Il
lampadario è una specie di palla da discoteca. Tutti gli
inchiostri
sono disposti in una mensola quadrata, bianca, fastidiosa per gli
occhi.
- Laxus
rimane solo. Non ha il tempo di
dire o fare niente. Viene abbandonato lì, la bocca aperta
pronta a
parlare. Chissà perché Bixlow gli ha ricordato
Cana.
- «Justine!
È arrivato il tuo appuntamento!» sente che urla
dal corridoio, per
poi scoppiare a ridere in modo sguaiato.
- Già,
chissà perché.
- Voleva
solo chiedere di fermarsi un
attimo, per inseguire quella ragazza dai capelli verdi,
perché lui
lo sa che è lei.
- Sospira
pesantemente, si siede sulla
sedia, tira su la manica della camicia e socchiude gli occhi.
- E
nonostante ciò, riesce a vedere la figura dai capelli verdi
che
entra nella saletta e si fa una coda di cavallo.
- Sgrana
le palpebre e tira su la schiena.
È lei! Quindi è Justine la sua anima gemella!
- Com’era
possibile che Cana sapesse? Che
quelle carte avessero funzionato per sbaglio?
- «Scusami,
Ever non ha smesso un attimo di parlare… qui è
tutto un casino,
appena posso riorganizzo tutto. È una casinista.»
la voce è
musicale, leggermente bassa.
- La
figura si gira.
- Un
ragazzo.
- Cala il
silenzio. Un silenzio teso,
pesante. Un silenzio che li sta schiacciando.
- Si
fissano, Laxus si alza e si avvicina a lui, lo guarda dritto negli
occhi. Sono gialli, i suoi occhi sono gialli.
- «Sei
tu.» dice Laxus.
- Quindi…
è un lui.
E Justine?
- «Io…
tu… mi chiamo Freed. Freed Justine.» deglutisce,
leggermente
intimorito, le pupille dilatate
- Ora
ha senso.
- Laxus
non risponde. Le iridi giallo brillante di Freed sono inconfondibili,
non può essere altrimenti.
- Entrambi
sanno, entrambi hanno capito, ed è successo in un attimo, un
secondo
solo. È bastato fermarsi, guardarsi per un momento.
- Era
stato facile, dopotutto.
- Quando
Laxus era in missione, i suoi commilitoni non parlavano
d’altro che
di come sarebbe stato trovare un’anima gemella. Si
immaginavano le
donne prosperose, magre, alte, basse, bionde, more, azzurre, di ogni
forma e fattura, di ogni carattere possibile. Pensavano a come
sarebbe stato vivere insieme a loro ogni giorno della loro vita, di
quanti figli avrebbero avuto, delle storie che avrebbero raccontato.
Avrebbero evitato di raccontare della guerra contro Alvarez, non era
piacevole, ma avrebbero raccontato gli aneddoti tra compagni, quelli
sì! Quelli erano uno spiraglio di luce in una giornata
piovosa,
erano necessari.
- Le
pause dalla guerra erano passate a
parlare d’amore.
- E Laxus
non era mai riuscito a figurarsela. I colori dei suoi occhi erano
stati improponibili da anni, non era in grado di definirla in alcun
modo. Sapeva solo che le piaceva cambiare colore dei capelli, non gli
interessava sapere altro.
- E ora
capisce.
- È un
hipster, le tinte sono sue alleate.
- Non sa
cosa fare, comunque. Non sa che
cosa dire.
- O
almeno, avrebbe un sacco di cose da
dire, ma i pensieri si affollano e si calpestano tra di loro, si
ammassano sulle pareti encefaliche.
- Non ha
mai pensato che la sua anima
gemella avrebbe potuto essere un uomo.
- «Ciao
Freed. Io sono Laxus.» gli porge la mano, dopo quella che
è
sembrata un’eternità.
- Freed
sorride e ricambia la stretta, pur ritirandosi immediatamente a causa
di una leggera scarica elettrica. «Lo so. Ti devo tatuare io,
sono
il tuo uomo.»
- Laxus fa
una smorfia: preferisce concentrarsi sulla frase che sembra essere
uscita da un pessimo corso sull’abbordaggio piuttosto che sul
fatto
di avergli dato la scossa quando si sono toccati.
«Cos’era?»
domanda, infatti, il sopracciglio inarcato.
- «Qualcosa
di orrendo, scusa.» l’espressione di Freed
è così candida e pura
che sembra un ragazzino.
- Il
giovane Dreyar alza un angolo della
bocca. Non gli dispiace, questo Freed sembra una persona pacata,
tranquilla. E poi ha un viso bellissimo, con quel neo sotto
l’occhio
sinistro. La pelle è nivea, liscia, e la figura è
slanciata come un
giunco.
- È
un ragazzo e non è un problema.
- Quando
lo realizza, le spalle si
sciolgono, il cuore rallenta.
- Si
calma.
- Sembra
tornare a respirare.
- «Hai
mai… sì, insomma, pensato che potessi essere un
uomo?»
- Freed
lo riporta alla realtà.
- Non si
è accorto di essersi seduto.
- Però si
è accorto delle mani di Freed, che sono fresche e morbide,
delicate
mentre gli sfiorano l’avambraccio per prendere le misure.
- «No. In
realtà ho sempre dato per scontato che fosse una donna la
mia anima
gemella.»
- Freed
sorride.
- «E
ora?»
- «Ora
non mi interessa.»
- Il
tatuatore prende il blocco degli appunti, probabilmente per
dissimulare imbarazzo. Rimane con la matita a mezz’aria,
l’espressione persa, e Laxus pensa che deve aver fatto strage
di
cuori con quell’aria concentrata.
- «Allora,
Bixlow mi ha detto che vuoi aggiungere qualcosa al tatuaggio che
già
esisteva.»
«Sì.
Ho una frase in mente che avevo letto tempo fa’…
“Cadere sette
volte e alzarsi otto”.»
- Freed
scrive. «Perché hai deciso questa frase?»
- «È
concisa, rapida. D’effetto. Poi in realtà
l’ho letta e mi è
piaciuta. Sono impulsivo.»
- Non
ho mai parlato così tanto.
- Freed
ridacchia e Laxus riconosce quella risata: l’ha
già sentita più
volte nella sua testa e gli è sempre piaciuta.
- «Hai da
fare ‘sta sera?»
- Il
ragazzo dai capelli verdi spalanca gli occhi, arrossendo. Poi
dà un
colpo di tosse, si rischiara la gola e risponde: «No, per
ora.»
- «Cosa
ti andrebbe di fare?»
- «Beh,
il nostro primo appuntamento è andato.» risponde,
alzando il
blocchetto di fogli. «Possiamo mangiare qualcosa.»
- «Non so
cucinare. Chiamo d’asporto, pizza?»
- «Pizza
va benissimo.» Freed posa la matita sulla scrivania e fa
vedere il
suo operato a Laxus. «Che te ne pare? Va bene
così?»
- Al
centro del disegno è posizionato la
bozza del tatuaggio già esistente, il simbolo del plotone di
Laxus,
e tutto intorno è scritta la frase scelta. La grafia
è elegante,
raffinata, sembra stampata. Le parole “cadere” e
“rialzarsi”
risultano accentuate da delle maggiori sfumature, per dare importanza
alle azioni.
- Laxus è
molto appagato e annuisce, facendo un piccolo sorriso.
- Era
andato al negozio solo perché gli avevano regalato un buono,
non
perché sentisse la necessità di tatuarsi, eppure
si ritrova a
ringraziare la sua folle compagnia per avergli fatto quel regalo.
Oltre alla frase in sé, trova che sia perfetta ed armoniosa,
che non
stoni insieme al suo marchio.
- Senza
contare di aver rimediato –
goffamente – un appuntamento con la sua anima gemella.
- Certo,
non è una ragazza come ha sempre immaginato, ma non lo
infastidisce.
Sapere che è Freed e che sembra un ragazzo a modo lo
tranquillizza.
Le relazioni non sono mai state il suo forte, in qualche modo
è
sempre riuscito a rovinare tutto con degli atteggiamenti immaturi e
infantili, ciò nonostante sente che questa volta
andrà bene.
- Questa
volta non ferirà nessuno.
- «Iniziamo.»
- Il
rumore della macchinetta risuona nella
stanza.
- È una
sensazione del tutto diversa dal tatuarsi in guerra con un ago, e
sorprendentemente piacevole. Potrebbe prenderci la mano.
- [2306
parole]
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Capitolo 3 *** Lo ama. ***
Lo
ama.
Il cuore
sembra esplodere.
È
così, lo sente.
Spalanca
gli occhi di scatto, fissa il
soffitto.
Fa per
alzarsi, ma sente un leggero peso
sul petto.
Abbassa
gli occhi, e quando mette a
fuoco, sospira.
Freed
sta dormendo beato, i capelli verdi
sono legati in una coda, dalla quale ormai scappano ciuffi ribelli
chissà da quanto.
Laxus
vorrebbe alzarsi, ma appena prova a
muoversi, Freed si stringe di più a lui, sbadigliando.
Convivono
da pochi mesi, e va tutto bene.
Circa.
Freed
ancora non sa bene gestire una casa
disordinata, o i suoi incubi. C’è anche da dire
che Laxus non si
abitua ad avere una persona nei suoi spazi, che cucina ogni mattina
qualcosa di diverso perché “gli va”, o
che balla mentre pulisce
casa.
Gli
viene da ridere.
«Freed?
Cosa stai facendo?»
Entrando
in casa, Laxus vede il suo
compagno che, con indosso dei guanti di un improbabile viola
elettrico e una bandana gialla, che lava il pavimento canticchiando:
“Cenerella, Cenerella, sempre in moto, Cenerella!”
«Oh
ciao! Sei tornato presto!» si
alza in piedi e inciampa nei suoi stessi piedi, rimettendosi in
posizione eretta subito dopo.
«Sì,
non c’erano più appuntamenti
e ho deciso di- no scusa, mi puoi dire perché sei vestito
come una
sguattera?»
Freed
sorride luminoso, e Laxus sgrana
gli occhi. Perché anche conciato come la bella lavanderina
risulta
estremamente attraente?
«Devo
darti una bella notizia!
Siediti!» ordina, o meglio, ci prova.
Laxus
sospira e si siede sul divano
blu.
«Okay
mi hai preso sul serio. Allora!
Ho… il weekend libero! Dopo anni! Possiamo… stare
insieme, non fa
ridere.»
Laxus
non riesce più a trattenersi e
scoppia a ridere. Si alza in piedi e lo abbraccia, dandogli un bacio
sulla fronte. «Sono contento che tu abbia il weekend
libero.» dice,
tra una risata e un’altra.
«Perché
suona come una presa in
giro?»
Laxus
gli prende delicatamente il viso
tra le mani e lo bacia nel modo più dolce possibile.
«Amo queste
stranezze. Tu che fai Cenerentola e hai questa strana mania di
mettere enfasi in queste cose… ti amo perché sei
strano.»
«Tu
mi ami?»
«Infinitamente.»
«Sorvolerò
sul fatto che mi hai dato
dello strano.» Freed ghigna e gli dà un leggero
bacio a stampo. «Ti
amo anche io.»
Laxus
sospira. Non si è abituato ad
avere Freed in casa, ma succederà.
Si
rimette comodo nel letto, abbraccia il
suo compagno e gli sussurra: «Ti amo»
Freed
sbadiglia e sorride; struscia la
guancia sul suo pettorale nudo e risponde con un flebile:
“Anche
io”.
Il
ragazzo dai capelli biondi sorride.
Per la
prima volta in vita sua è
profondamente grato di aver avuto la propria vita, anche se
complicata e a volte disastrosa: l’ha portato ad avere un
ragazzo
un po’ pazzo, con una strana ossessione per il pulito; e un
cuore
grande come una casa.
Lo ama.
Come non
ha mai amato nessun altro.
E avere
incubi non lo spaventa più, ha
qualcuno che non vuole svegliare durante la notte.
[496
parole]
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Capitolo 4 *** Lo sposa. ***
- Questa raccolta partecipa al contest
“Un
fiume di soulmate!AU” indetto da rhys89 sul forum
di EFP.
- Lo
sposa.
- Freed
ha nove anni e adora i suoi occhi
gialli. Li ama, sono così brillanti e luccicanti, come due
stelle. O
due soli! Adora i suoi soli.
- Li
adora solo lui, in realtà.
- Molte
persone che conosce li trovano
inquietanti, un po’ strani, ma non è importante
per Freed, perché
lui li ama.
- E
sa benissimo cosa vogliono dire: la sua
anima gemella sarà bionda. E biondo chiaro, come un fulmine.
- Freed
sente un brivido per la schiena e
una scarica di emozione lo attraversa. Che bello pensare che ci
sarà
una persona per lui, una persona da amare, una persona con cui
passare il resto della sua vita.
- «Freed,
sei pronto? Oh cielo, ti stai
ancora guardando?» la mamma entra in stanza e ridacchia,
appoggiandosi allo stipite della porta. «Dobbiamo uscire,
forza!»
- «Mamma,
a te piacciono i miei occhi?»
chiede, saltellando sul posto.
- La
donna sorride e si avvicina, poi si
china di fianco a lui. «Io amo i tuoi occhi. E amo te,
bambino mio.»
gli stampa un bacio sulla guancia. «Ma siamo in ritardo,
muoviti!»
gli pizzica delicatamente la pancia e si alza in piedi, torreggiando
alle spalle del bambino.
- Freed
ride e si passa una mano tra i
capelli. Chissà se quella persona sta facendo la stessa cosa.
- Chissà
se quella persona ama i suoi
occhi tanto quanto Freed ama i propri.
- Freed
odia i suoi occhi. Non sono mai
cambiati, sono stati sempre… gialli. Niente di
più.
- Solo
gialli.
- Il
forte odore della tinta gli entra
nelle narici, gli fa male la testa.
- Non
gli importa che quella persona avrà
degli occhi diversi, ora non gli importa più di niente.
- A
tredici anni non si guarda in faccia
nessuno, nessuno è importante, c’è un
muro tra chi si è e tutti
gli altri.
- Quindi
non gli interessa.
- Quella
persona sta per avere delle
profondissime iridi nere, nere come la pece.
- Nere
come la sua anima.
- Non
riesce ad andare d’accordo con
nessuno, né in casa, né fuori casa, e in un certo
senso va bene
così.
- C’è
solo quel fastidioso casinista di
Bixlow che si ostina a chiamarlo “amico” e si
presenta a casa sua
ogni giorno. Ha smesso di combatterlo, di ostacolarlo, tanto Bixlow
entra comunque nella sua stanza a prescindere dalla sua
volontà.
- Forse
è un bene, non essere del tutto
solo. Può lamentarsi ad alta voce con qualcuno, anche se non
ascolta.
- «Ci
sei quasi?»
- «Sì,
adesso sciacquo.»
- Freed
si toglie la cuffietta e si china
nel lavandino. La porta del bagno si apre e Bixlow entra. Senza dire
niente si tira su le maniche, apre l’acqua e inizia a lavare
i
capelli a Freed.
- «Quella
persona darà di matto.»
- «Non
la conosci neanche, perché
dovresti farle un dispetto?»
- «Non
voglio conoscerla.»
- Un
attimo di silenzio.
- «E
se fosse un maschio?»
- Freed
rabbrividisce, e non è per l’acqua
fredda. «Che schifo.»
- Freed
ha un occhio nero.
- Bixlow
ha il naso rotto.
- Ma
stanno ridendo, si guardano e ridono,
incuranti del dolore che li accompagnerà per settimane.
- «Non
dovevi metterti in mezzo, te l’ho
detto!»
- Bixlow
guarda verso l’alto, tenendo un
fazzoletto ormai intriso di sangue sotto alle narici.
«Nessuno dà
del frocio al mio amico e la passa liscia.» dice, dandogli
una pacca
sulla spalla.
- «Erano
solo degli idioti, non ne valeva
la pena.»
- «Scherzi?
Non impareranno mai se nessuno
dà loro una lezione.» continua imperterrito
Bixlow. Sogghigna, o
almeno ci prova, e geme dal dolore. È comunque un ragazzino,
anche
se dimostra di più dei suoi diciotto anni.
- Freed
si porta una ciocca di capelli blu
dietro le orecchie, leggermente in imbarazzo. Bixlow
c’è sempre
stato, anche nei momenti in cui era più insopportabile.
- E
si è fatto picchiare da dei ragazzi
più grandi solo per difenderlo.
- «Senti,
Bix…»
- «Va
tutto bene.»
- «No,
fammi finire.» Freed si mette
seduto. Il vicolo in cui sono è sudicio e puzza, ma
è l’unico
momento in cui può essere del tutto sincero.
«Grazie. Per tutto.»
- «Te
l’ho detto, nessuno può darti del
frocio e pensare di poterlo fare senza conseguenze.»
- «Ti
hanno picchiato.»
- «E
io ho picchiato loro. E tu hai
picchiato loro.» fa una pausa, inclinando la testa di lato.
«E
hanno picchiato te, ma non è questo il punto.»
- «Il
punto è che il mio orientamento ti
sta causando più problemi di quanto dovrebbe, ecco qual
è il punto.
Non ti dovresti immischiare, a te non danno fastidio, lascia che
continuino così.»
- Bixlow
rotea gli occhi al cielo con una
smorfia affaticata. «Freed. Te lo dirò ora e non
mi ripeterò. Sei
mio amico. Il mio migliore amico. E mi immischierò sempre se
sarà
per aiutarti, qualsiasi cosa succederà.»
- Freed
sente gli occhi riempirsi di
lacrime. Non ha fatto altro che odiarsi per tutta la vita, e ora che
qualcuno lo sta accettando con così tanta
semplicità e naturalezza
che non sa come reagire.
- «Adesso
andiamo, forza. Torniamo a
casa.» Bixlow gli porge la mano dopo essersi messo in piedi.
- Il
ragazzo la afferra e si tira su. Lo
abbraccia di slancio, senza pensare al dolore delle ferite, o che
sarebbe potuto essere fraintendibile. Non gli interessa.
- «Grazie.»
- «Tu
faresti lo stesso per me.» risponde
solamente l’altro, il tono basso e gutturale. Forse sta
nascondendo
il magone. «Però non ti causerei così
tanti problemi.» dice, e
ridacchia con quel suo modo di fare grottesco e irritante.
- Freed
si stacca, si passa una manica
sugli occhi e sorride. «Andiamo a casa, ti offro un
caffè.»
- Ha
accettato da tempo che non possa essere Bixlow la sua anima gemella,
che non possa essere lui quella
persona
destinata. Ci ha sperato, ci ha sperato tanto. Che fosse un errore,
che fosse un problema “tecnico”, che portasse le
lenti! Quando
aveva accettato la disfatta era stato disperato.
- Però
sapere che comunque ci sarà per
sempre lo rincuora, adesso. Un amico per la vita è un
po’ un’anima
gemella, no?
- Freed
si sta guardando allo specchio.
- Non
riesce ad aggiustarsi la cravatta, ed
è assurdo, perché lui è un mago con la
cravatta.
- Sa
fare il Principe Alberto, il Victoria,
il Nicky. Senza contare il Balthus, il Cape e lo Shelby.
- Sa
fare un sacco di nodi per la cravatta,
ma adesso non riesce. Non ce la fa.
- Sta
per avere un attacco di panico.
- Oh
no.
- Lo
sta avendo.
- La
porta bussa.
- No,
bussano alla porta.
- Come
fa a bussare una porta?
- «Chi
è?»
- «Sono
io, apri.»
- «No.»
- «Freed?»
- «No.»
- «Come
no. Tiro giù la porta, lo sai.»
- «No.»
- «Freed,
santo cielo!»
- Freed
sbatte le palpebre. Velocemente si
muove e abbassa la maniglia, sbuca fuori e vede Bixlow. «Che
cosa
vuoi?»
- «Impedirti
di fare del male a te stesso
o agli altri.»
- «Non…
non riesco a fare il nodo alla
cravatta.»
- «Ma
tu sai fare un milione di nodi.»
- Freed
apre la porta. Lo sguardo è basso,
la cravatta tra le mani, le guance rosse dall’imbarazzo.
«Aiutami…
ti prego.»
- Bixlow
sospira e si fa largo nella stanza
dell’albergo. «Dio, sei un disastro.»
Freed spalanca gli occhi,
sull’orlo delle lacrime. «No, nel senso…
no. Stai benissimo,
davvero, sembri solo…»
- «Sto
per avere un attacco di panico.»
- Bixlow
lo abbraccia. Gli fa appoggiare la
testa al petto, lo stringe, gli accarezza piano la schiena.
«Va
tutto bene. Come abbiamo provato in questi mesi. Respira. È
tutto
okay.»
- Freed
sembra riprendere a respirare. Come
se avesse dimenticato come si facesse.
- Inspira
ed espira, inspira ed espira,
profondamente, più a fondo che riesce.
- Il
nero che vedeva sta sparendo
lentamente.
- «Meglio?»
- «Sì…
scusa.»
- Bixlow
ride e stacca da sé il suo amico.
Gli appoggia una mano sulla spalla e gliela pulisce. «Va
bene, non
ti preoccupare. È normale avere paura… oggi ti
sposi!»
- Freed
stringe le labbra. «Non posso
sposarmi. Non con una cravatta così.»
- L’amico
rotea gli occhi. «Sei un
idiota. Fai fare a me.» prende i due lembi della cravatta e
li tira
verso di sé.
- «Sai
cosa stai facendo?»
- «Il
mio migliore amico è ossessionato
dalle cravatte. Ed è gay. E mi ha fatto una testa
così da quando
eravamo ragazzini sui nodi. Quindi sì, so cosa sto
facendo.» dice,
con un leggero tono stizzito.
- «Sono
pronto, Bix?»
- Bixlow
gli dà un pugno leggero sulla
spalla, facendolo barcollare. «Adesso basta incertezze e
insicurezze. Stai sposando l’uomo che ami, non è
abbastanza?»
- Sul
volto di Freed nasce un sorriso. Si
siede sulla poltrona bianca, si passa le mani tra i capelli verdi.
«Per un certo periodo ho sperato di sposarmi con te. Ero
innamorato…»
- Bixlow
si schiarisce la gola.
«Follemente, se non ricordo male. Oh non fare quella faccia!
Ti sei
ubriacato talmente tante volte… molte meno di me, in
effetti, ma
sei stato imbarazzante. E al tuo compleanno mi hai detto di esserti
innamorato di me e che mi avresti amato per sempre.»
- Freed
si copre il viso con entrambe le
mani, chinandosi in avanti. «Ma perché non me
l’hai mai detto?»
- L’amico
ride, sedendosi sulla poltrona
di fronte. «Sei il mio migliore amico, non avrei potuto dirti
niente. Le confessioni ubriache non valgono.»
- Freed
si morde le labbra. «Amo Laxus. Lo
amo tantissimo.»
- «E
lui ama te, o non vi stareste
sposando.»
- «Mi
sto sposando.»
- «Ti
stai sposando.»
- Freed
e Bixlow si mettono a sghignazzare
come fossero dei ragazzini, poi gli occhi gialli di Freed si
sgranano e il suo possessore scatta in piedi, spalancando le mani e
irrigidendosi.
- «Oh
no, è un infarto.» anche Bixlow
salta, spaventato da una reazione tanto repentina.
- «No,
non è un infarto, ma mi devo
sposare tra poco e devo…» prende un respiro.
«Devo essere pronto.
Mi serve il fiore. La cravatta è al suo posto.»
- «Questo
matrimonio mi ucciderà.»
- «Hai
detto qualcosa?»
- Bixlow
finge – male – un colpo di
tosse e scuote la testa. Lascia lo sposo da solo, per
l’ultima
volta.
- Freed
si guarda allo specchio. I suoi
lunghissimi capelli verdi sono rimasti sciolti, eccezion fatta per
qualche treccia ornamentale, e gli occhi sembrano brillare anche
più
del normale.
- I
suoi soli.
- In tutte
le fasi della sua vita ha sperato di trovare quella
persona per poterla sposare, chiunque fosse stata, maschio o femmina,
forse avrebbe anche accettato un gatto.
- E
ora che sta veramente per sposarsi
quasi stenta a crederlo.
- Si
sente finalmente realizzato e
soddisfatto, e pieno di felicità da scoppiare.
- Una
lacrima solitaria gli solca la
guancia proprio mentre mette il fiore bianco all’occhiello
della
giacca nera dello smoking.
- La
festa sta procedendo bene, tutto
secondo i piani. C’è chi beve, chi balla e chi
chiacchiera, non
c’è nessuno in un angolo ad annoiarsi.
- Tutti
stanno facendo qualcosa e tutti si
stanno divertendo.
- C’è
anche qualcuno che litiga –
Natsu e Gray non fanno altro tutto il giorno, gli spiega Laxus,
sarebbe stato strano non avessero discusso quel giorno.
- Mentre
cammina nella sala, rispondendo a
cortesia con altre cortesie, Freed sta cercando suo marito.
- Ecco,
lui è scomparso.
- E
non è da lui tirarsi indietro durante
una lite, insomma, è un veterano.
- Percorre
il grande giardino e sale sulla
piccola torre. Essersi sposati in campagna aveva permesso loro di
scegliere una location spaziosa ed elegante, e anche un po’
vintage
sotto certi punti di vista.
- «Laxus
sei qui?»
- «Sei
venuto a cercarmi.»
- Riconoscerebbe
quella voce tra un milione
di altre. «Certo, sei mio marito.»
- Sale
li ultimi gradini e vede Laxus
seduto sulla finestra, una sigaretta tra le labbra sottili e la
camicia sbottonata. «C’è troppo casino
là sotto.»
- «Certo.
È l’unico motivo.» Freed
acconsente, si avvicina a suo marito e si sede di fianco a lui.
«Si
stanno divertendo tutti.» Laxus annuisce. «E noi
siamo qui.»
- «Non
mi serve nessun altro, ora.»
- La
voce di Laxus è bassa, poco più di
un sussurro, ma lui riesce a sentirla chiaramente. E il cuore gli
scoppia. Lo sente, scoppia sicuramente.
- «Non
voglio che gli altri ci vedano.»
- «Cosa
vuoi fare?»
- Laxus
si alza in piedi, spegne la
sigaretta.
- Il
sole inizia a tramontare, la torre è
illuminata da un colore caldo e accogliente.
- Freed
pensa che suo marito sia la persona
più bella del mondo, soprattutto in controluce in quel modo.
- «Balliamo.»
Laxus gli porge la mano e
sorride. E non è un ghigno, una smorfia, o una boccaccia.
È un
sorriso, puro e candido, un sorriso che riserva solo a lui e solo
alla loro intimità.
- Freed
fa per rispondere in modo
sarcastico come ha imparato durante la convivenza, ma preferisce
tacere e annuire. Afferra quella mano grande e calda e la stringe
nella propria, facendosi avvicinare e legare a lui.
- Iniziano
a muoversi lentamente, uniti nel
silenzio della torre, sulle note di una musica che sentono solo loro.
- «Non
pensavo che sarei tornato dalla
missione ad Alvarez. Ero convinto che sarei morto lì, e non
mi
interessava. O non mi sarei fatto tatuare da quello psicopatico di
Ogra.»
- Freed
trattiene una risata e alza lo
sguardo. Laxus non lo sta guardando. Ha le guance rosse e gli occhi
puntati verso l’alto.
- «Ad
ogni modo, ero un incosciente. Tutte
le cicatrici che ho erano evitabili.»
- «Sì,
sei stato un po’ un-»
- «Ora
ho qualcosa da difendere, qualcosa
da cui tornare. Le giornate finiscono e voglio tornare a casa da te,
è l’unico desiderio.»
- «Laxus…»
- «Non
sono uno che si dilunga, sai,
parlare non mi piace, sei tu quello bravo con le parole. Ma oggi
è
il giorno del nostro matrimonio e voglio dirti che ti amo.
Tanto.»
- «Lo
so Laxus, lo so. Non serve che mi
dici quanto mi ami, me lo dimostri tutti i giorni… ma se
vuoi
dirmelo più spesso, non mi offendo.»
- «Non
ci credo, hai rovinato il
romanticismo.» lo rimbecca Laxus, abbassandosi finalmente su
di lui
e sogghignando.
- «Potrei
continuare a parlare, sai? E
dire un sacco delle mie cose, quelle cose che non sopporti. Per
esempio, sai quante costellazioni sono state scoperte al giorno
d’oggi?»
- E
Laxus lo bacia.
- Non
importa se non saprà mai quante
costellazioni sono state scoperte e catalogate.
- L’unica
cosa importante sono loro due,
che si amano, e si baciano, nel giorno più importante delle
loro
vite.
- Non
riesce a pensare ad altro se non di essere con quella
persona.
Quella persona che ha iniziato un po’ ad amare a nove anni,
che ha
sempre amato.
- È
e sarà per sempre con quella persona.
- Con
Laxus.
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