È lui.

di Sophie_moore
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lo sa. ***
Capitolo 2: *** Lo vede. ***
Capitolo 3: *** Lo ama. ***
Capitolo 4: *** Lo sposa. ***



Capitolo 1
*** Lo sa. ***


Questa raccolta partecipa al contest “Un fiume di soulmate!AU” indetto da rhys89 sul forum di EFP.



Lo sa.



Il viso è ancora intorpidito dal sonno, eppure percepisce che c'è qualcosa di diverso quando si guarda allo specchio.
La cicatrice del volto non sta più tagliando di netto un occhio azzurro - a cui si era appena abituato - bensì ad uno verde brillante.
E questo, per Laxus, significa una cosa sola.
Chiunque tu sia, basta tingerti i capelli. Ho un lavoro.
Percepisce come una risata delicata nella testa e pensa che forse non è così sicuro di voler incontrare la sua anima gemella se deve venir preso per il culo anche nei suoi pensieri.


[96 parole]

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Capitolo 2
*** Lo vede. ***


Questa raccolta partecipa al contest “Un fiume di soulmate!AU” indetto da rhys89 sul forum di EFP.


Lo vede.


Se solo potesse, Laxus tornerebbe a casa.
«Mi stai ascoltando?»
No.
«Sì, certo.»
Cana lo guarda negli occhi. «Non mi abituerò mai agli occhi verdi, sai?»
Laxus sbadiglia. «Lo dicevi anche di quelli blu. E di quelli rossi.»
Vivere in una società in cui il colore degli occhi era determinato dalla tinta dei capelli della propria anima gemella era estremamente stancante per una persona come Laxus, senza contare che la sua era… particolarmente eclettica. Ogni due, tre mesi al massimo cambiava colore.
Una volta si era trovato con gli occhi blu nella parte interna e gialli in quella esterna. Aveva portato gli occhiali da sole per due settimane, prima che quella pazza decidesse che c’erano dei limiti invalicabili.
Da quel momento aveva usato pigmento alla volta.
Piccoli passi.
Cana ridacchia, appoggiandosi al bancone. «Mi sono abituata a te che gestisci un negozio di fiori, posso farcela. E anche la tua anima gemella ce la farà, sarà una donna fortunata! Un bell’uomo dall’animo nobile, un cavaliere dei giorni nostri…»
Il giovane schiocca le dita per riportarla coi piedi per terra. «Sai che gran cosa.»
«Comunque, ti stavo dicendo! Il nuovo negozio di tatuaggi è fighissimo
Laxus inarca un sopracciglio. «Non è quello che ha aperto Bixlow qualche tempo fa?»
«Due mesi. »
«E tu sei dovuta andare a rompere i coglioni in questi due mesi?»
Cana gli dà uno scappellotto, invadendo spudoratamente il suo spazio vitale.
Il ragazzo la guarda, arcigno. Potrebbe risponderle male, come fa con tutti quanti, ma decide di tacere con un sospiro. Conosce Cana quasi da quando è bambino, è quella – se non l’unica – che può considerare “amica d’infanzia”. E per quanto trovi insopportabile la sua attrazione verso alcol e relazioni complicate – ha sempre pensato fossero in qualche modo collegate – non può negare di volerle bene, un bene infinito.
Almeno, non può negarlo a se stesso.
«Sai che tra poco è il tuo compleanno, no?»
«Non mi dire.»
Cana rotea gli occhi. «Ho pensato di farti un regalo. O meglio, abbiamo pensato di farti un regalo, tutti insieme, e…» fruga nelle tasche dei jeans con una luce brillante negli occhi. Sbatte la mano sul bancone e sorride come forse non aveva mai fatto. «Ho parlato con Lisanna, non sapevamo cosa regalarti, però è da un po’ che parli che vorresti fare qualcosa di diverso, che vuoi cambiare. – Laxus inclina la testa di lato. Era certo che non ascoltassero una parola, che non percepissero alcuna sfumatura. Ne è rimasto piacevolmente sorpreso, e sorride, lasciando parlare la ragazza; – Abbiamo pensato ad un taglio di capelli, ma hai messo il veto da quando sei tornato, e quindi… Non festeggerai, mi hanno dato il permesso di dartelo quando ci saremmo visti.» continua. Alza la mano e Laxus prende il biglietto.
«Un tatuaggio.»
Istintivamente, le memorie tornano al giorno in cui si è tatuato il simbolo del suo plotone.
La giornata ventosa sembra portare odore di sabbia, e sembra di sentire la risatina di Ogra che, penne e aghi disinfettati in una mano, gli sta radendo l’avambraccio.
E dire che non sentiva la necessità di quel tatuaggio, non lo voleva. Aveva semplicemente pensato che, avendo un segno distintivo in più, sarebbero riusciti a riconoscerlo più facilmente e l’avrebbero rispedito in patria, una volta morto.
Le immagini si dissolvono, lasciandogli davanti agli occhi il largo sorriso della ragazza. Per fortuna non si è accorta di niente, o avrebbe attaccato con una nenia di domande infinita.
«O un piercing. Dipende da cosa vuoi fare! Noi abbiamo pensato di migliorare quello che hai fatto nell’esercito, ma puoi scegliere tu. Il buono è di tremila Jewel, dovrebbe bastare per un tatuaggio di medie dimensioni.»
Laxus sbatte le palpebre e fischia, noncurante. «Però, sono parecchi!»
Cana fa un sorriso malizioso, una sorta di ghigno. «E vuoi sapere di più?»
Le palpebre di Laxus traballano. Lo sa che non deve rispondere mai a queste domande, sono delle trappole. Incita Cana a parlare con un cenno della testa.
«Le carte hanno parlato.»
Non ce la fa. Si mette le mani tra i capelli e sospira forte. Non deve risponderle, non deve rispondere «Ancora? Davvero? Sei una donna adulta, con ‘sta storia delle carte non fai che-» Cana lo interrompe poggiandogli l’indice dalle labbra.
«Fidati.»
«Ma-»
«Fallo. Vai. Chiama Bixlow. E tatuati.»
Laxus fa per aprire bocca per rispondere, ma il cellulare dell’amica squilla e lei si allontana dal bancone parlottando civettuola.
Allora, e solo allora, si permette di lasciarsi prendere dallo sconforto e appoggia la fronte al bancone.
Com’è successo che sia diventato amico di quella matta?

Bixlow gli ha fatto una bella impressione al telefono.
Non lo vede da anni, da prima dell’esercito, non sa neanche se è la stessa persona che aveva conosciuto quando era poco più che un ragazzo.
In ogni caso, sta per scoprirlo.
Cana aveva esultato e ballato sul tavolo quando le aveva detto che si sarebbe tatuato. Lisanna era scoppiata a ridere, Natsu e Gray avevano iniziato a fare domande su domande e poi si erano messi a litigare.
Se vuoi una scritta, ti faccio tatuare da Justine. Sa il fatto suo.”
Non lo preoccupa farsi tatuare da una donna.
A ripensarci… meglio non pensarci. Non è l’unico ricordo che gli torna in mente e ha deciso di mettere quel periodo dentro una scatola e buttarla nella stanza più buia del suo cervello.
Suona al citofono.
Sì?”
Voce di donna. Che sia Justine?
Si sente istintivamente curioso. E soddisfatto, perché manca poco e potrà conoscere questa tatuatrice di cui ha sentito solo lodi.
«Laxus Dreyar.»
Il portone si apre su uno studio dai colori molto accesi.
E degli occhi verdi, che sembrano totalmente innaturali. E tatuaggi sul viso. Nonostante il tempo passato, è riconoscibilissimo: sorriso a trentadue denti, capigliatura da pazzo. È Bixlow.
«Yo, Laxus!» il ragazzo gli dà una pacca sul petto e lo fa entrare. «Non ci vediamo da una vita. Come stai?» chiede. Gli fa fare il giro dello studio, portandolo a conoscere ogni angolo e anfratto, come se fosse un amico di lunga data. Gli ha anche presentato la sua socia, Evergreen, una giovane donna dai capelli biondi e il fisico prorompente.
Laxus non sa bene come reagire a quel tipo di estroversione.
Ma deve farlo davvero?
Nel dubbio non replica alle domande che gli fa, tanto pare che non lo stia neanche ascoltando. Sembra che abbia un discorso programmato in testa, qualcosa che non prevede deviazioni inutili. Come delle risposte, ad esempio.
Vede una specie di macchia verde che gli passa dietro, la vede con la coda dell’occhio, ma sente un brivido che gli percorre la schiena.
Ha imparato a conoscere a memoria quel verde da mesi, ormai. Lo vede ogni giorno allo specchio.
Lui lo sa.
«Scusa Bixlow, ma-»
«Hai ragione. Hai ragione, è vero! Adesso arriva Justine, tu devi solo sederti e rilassarti. Ha una manualità fenomenale, soprattutto col lettering.»
«Sì, però-»
Bixlow lo scorta in una delle due sale, quella dalle pareti sono verde acido, dipinte come se colasse della melassa nera dal soffitto. Il lampadario è una specie di palla da discoteca. Tutti gli inchiostri sono disposti in una mensola quadrata, bianca, fastidiosa per gli occhi.
Laxus rimane solo. Non ha il tempo di dire o fare niente. Viene abbandonato lì, la bocca aperta pronta a parlare. Chissà perché Bixlow gli ha ricordato Cana.
«Justine! È arrivato il tuo appuntamento!» sente che urla dal corridoio, per poi scoppiare a ridere in modo sguaiato.
Già, chissà perché.
Voleva solo chiedere di fermarsi un attimo, per inseguire quella ragazza dai capelli verdi, perché lui lo sa che è lei.
Sospira pesantemente, si siede sulla sedia, tira su la manica della camicia e socchiude gli occhi.
E nonostante ciò, riesce a vedere la figura dai capelli verdi che entra nella saletta e si fa una coda di cavallo.
Sgrana le palpebre e tira su la schiena. È lei! Quindi è Justine la sua anima gemella!
Com’era possibile che Cana sapesse? Che quelle carte avessero funzionato per sbaglio?
«Scusami, Ever non ha smesso un attimo di parlare… qui è tutto un casino, appena posso riorganizzo tutto. È una casinista.» la voce è musicale, leggermente bassa.
La figura si gira.
Un ragazzo.
Cala il silenzio. Un silenzio teso, pesante. Un silenzio che li sta schiacciando.
Si fissano, Laxus si alza e si avvicina a lui, lo guarda dritto negli occhi. Sono gialli, i suoi occhi sono gialli.
«Sei tu.» dice Laxus.
Quindi… è un lui. E Justine?
«Io… tu… mi chiamo Freed. Freed Justine.» deglutisce, leggermente intimorito, le pupille dilatate
Ora ha senso.
Laxus non risponde. Le iridi giallo brillante di Freed sono inconfondibili, non può essere altrimenti.
Entrambi sanno, entrambi hanno capito, ed è successo in un attimo, un secondo solo. È bastato fermarsi, guardarsi per un momento.
Era stato facile, dopotutto.
Quando Laxus era in missione, i suoi commilitoni non parlavano d’altro che di come sarebbe stato trovare un’anima gemella. Si immaginavano le donne prosperose, magre, alte, basse, bionde, more, azzurre, di ogni forma e fattura, di ogni carattere possibile. Pensavano a come sarebbe stato vivere insieme a loro ogni giorno della loro vita, di quanti figli avrebbero avuto, delle storie che avrebbero raccontato. Avrebbero evitato di raccontare della guerra contro Alvarez, non era piacevole, ma avrebbero raccontato gli aneddoti tra compagni, quelli sì! Quelli erano uno spiraglio di luce in una giornata piovosa, erano necessari.
Le pause dalla guerra erano passate a parlare d’amore.
E Laxus non era mai riuscito a figurarsela. I colori dei suoi occhi erano stati improponibili da anni, non era in grado di definirla in alcun modo. Sapeva solo che le piaceva cambiare colore dei capelli, non gli interessava sapere altro.
E ora capisce.
È un hipster, le tinte sono sue alleate.
Non sa cosa fare, comunque. Non sa che cosa dire.
O almeno, avrebbe un sacco di cose da dire, ma i pensieri si affollano e si calpestano tra di loro, si ammassano sulle pareti encefaliche.
Non ha mai pensato che la sua anima gemella avrebbe potuto essere un uomo.
«Ciao Freed. Io sono Laxus.» gli porge la mano, dopo quella che è sembrata un’eternità.
Freed sorride e ricambia la stretta, pur ritirandosi immediatamente a causa di una leggera scarica elettrica. «Lo so. Ti devo tatuare io, sono il tuo uomo.»
Laxus fa una smorfia: preferisce concentrarsi sulla frase che sembra essere uscita da un pessimo corso sull’abbordaggio piuttosto che sul fatto di avergli dato la scossa quando si sono toccati. «Cos’era?» domanda, infatti, il sopracciglio inarcato.
«Qualcosa di orrendo, scusa.» l’espressione di Freed è così candida e pura che sembra un ragazzino.
Il giovane Dreyar alza un angolo della bocca. Non gli dispiace, questo Freed sembra una persona pacata, tranquilla. E poi ha un viso bellissimo, con quel neo sotto l’occhio sinistro. La pelle è nivea, liscia, e la figura è slanciata come un giunco.
È un ragazzo e non è un problema.
Quando lo realizza, le spalle si sciolgono, il cuore rallenta.
Si calma.
Sembra tornare a respirare.
«Hai mai… sì, insomma, pensato che potessi essere un uomo?»
Freed lo riporta alla realtà.
Non si è accorto di essersi seduto.
Però si è accorto delle mani di Freed, che sono fresche e morbide, delicate mentre gli sfiorano l’avambraccio per prendere le misure.
«No. In realtà ho sempre dato per scontato che fosse una donna la mia anima gemella.»
Freed sorride.
«E ora?»
«Ora non mi interessa.»
Il tatuatore prende il blocco degli appunti, probabilmente per dissimulare imbarazzo. Rimane con la matita a mezz’aria, l’espressione persa, e Laxus pensa che deve aver fatto strage di cuori con quell’aria concentrata.
«Allora, Bixlow mi ha detto che vuoi aggiungere qualcosa al tatuaggio che già esisteva.»
«Sì. Ho una frase in mente che avevo letto tempo fa’… “Cadere sette volte e alzarsi otto”.»
Freed scrive. «Perché hai deciso questa frase?»
«È concisa, rapida. D’effetto. Poi in realtà l’ho letta e mi è piaciuta. Sono impulsivo.»
Non ho mai parlato così tanto.
Freed ridacchia e Laxus riconosce quella risata: l’ha già sentita più volte nella sua testa e gli è sempre piaciuta.
«Hai da fare ‘sta sera?»
Il ragazzo dai capelli verdi spalanca gli occhi, arrossendo. Poi dà un colpo di tosse, si rischiara la gola e risponde: «No, per ora.»
«Cosa ti andrebbe di fare?»
«Beh, il nostro primo appuntamento è andato.» risponde, alzando il blocchetto di fogli. «Possiamo mangiare qualcosa.»
«Non so cucinare. Chiamo d’asporto, pizza?»
«Pizza va benissimo.» Freed posa la matita sulla scrivania e fa vedere il suo operato a Laxus. «Che te ne pare? Va bene così?»
Al centro del disegno è posizionato la bozza del tatuaggio già esistente, il simbolo del plotone di Laxus, e tutto intorno è scritta la frase scelta. La grafia è elegante, raffinata, sembra stampata. Le parole “cadere” e “rialzarsi” risultano accentuate da delle maggiori sfumature, per dare importanza alle azioni.
Laxus è molto appagato e annuisce, facendo un piccolo sorriso.
Era andato al negozio solo perché gli avevano regalato un buono, non perché sentisse la necessità di tatuarsi, eppure si ritrova a ringraziare la sua folle compagnia per avergli fatto quel regalo. Oltre alla frase in sé, trova che sia perfetta ed armoniosa, che non stoni insieme al suo marchio.
Senza contare di aver rimediato – goffamente – un appuntamento con la sua anima gemella.
Certo, non è una ragazza come ha sempre immaginato, ma non lo infastidisce. Sapere che è Freed e che sembra un ragazzo a modo lo tranquillizza. Le relazioni non sono mai state il suo forte, in qualche modo è sempre riuscito a rovinare tutto con degli atteggiamenti immaturi e infantili, ciò nonostante sente che questa volta andrà bene.
Questa volta non ferirà nessuno.
«Iniziamo.»
Il rumore della macchinetta risuona nella stanza.
È una sensazione del tutto diversa dal tatuarsi in guerra con un ago, e sorprendentemente piacevole. Potrebbe prenderci la mano.

[2306 parole]

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Capitolo 3
*** Lo ama. ***


Questa raccolta partecipa al contest “Un fiume di soulmate!AU” indetto da rhys89 sul forum di EFP.




Lo ama.




Il cuore sembra esplodere.
È così, lo sente.
Spalanca gli occhi di scatto, fissa il soffitto.
Fa per alzarsi, ma sente un leggero peso sul petto.
Abbassa gli occhi, e quando mette a fuoco, sospira.
Freed sta dormendo beato, i capelli verdi sono legati in una coda, dalla quale ormai scappano ciuffi ribelli chissà da quanto.
Laxus vorrebbe alzarsi, ma appena prova a muoversi, Freed si stringe di più a lui, sbadigliando.
Convivono da pochi mesi, e va tutto bene.
Circa.
Freed ancora non sa bene gestire una casa disordinata, o i suoi incubi. C’è anche da dire che Laxus non si abitua ad avere una persona nei suoi spazi, che cucina ogni mattina qualcosa di diverso perché “gli va”, o che balla mentre pulisce casa.
Gli viene da ridere.


«Freed? Cosa stai facendo?»
Entrando in casa, Laxus vede il suo compagno che, con indosso dei guanti di un improbabile viola elettrico e una bandana gialla, che lava il pavimento canticchiando: “Cenerella, Cenerella, sempre in moto, Cenerella!”
«Oh ciao! Sei tornato presto!» si alza in piedi e inciampa nei suoi stessi piedi, rimettendosi in posizione eretta subito dopo.
«Sì, non c’erano più appuntamenti e ho deciso di- no scusa, mi puoi dire perché sei vestito come una sguattera?»
Freed sorride luminoso, e Laxus sgrana gli occhi. Perché anche conciato come la bella lavanderina risulta estremamente attraente?
«Devo darti una bella notizia! Siediti!» ordina, o meglio, ci prova.
Laxus sospira e si siede sul divano blu.
«Okay mi hai preso sul serio. Allora! Ho… il weekend libero! Dopo anni! Possiamo… stare insieme, non fa ridere.»
Laxus non riesce più a trattenersi e scoppia a ridere. Si alza in piedi e lo abbraccia, dandogli un bacio sulla fronte. «Sono contento che tu abbia il weekend libero.» dice, tra una risata e un’altra.
«Perché suona come una presa in giro?»
Laxus gli prende delicatamente il viso tra le mani e lo bacia nel modo più dolce possibile. «Amo queste stranezze. Tu che fai Cenerentola e hai questa strana mania di mettere enfasi in queste cose… ti amo perché sei strano.»
«Tu mi ami?»
«Infinitamente.»
«Sorvolerò sul fatto che mi hai dato dello strano.» Freed ghigna e gli dà un leggero bacio a stampo. «Ti amo anche io.»


Laxus sospira. Non si è abituato ad avere Freed in casa, ma succederà.
Si rimette comodo nel letto, abbraccia il suo compagno e gli sussurra: «Ti amo»
Freed sbadiglia e sorride; struscia la guancia sul suo pettorale nudo e risponde con un flebile: “Anche io”.
Il ragazzo dai capelli biondi sorride.
Per la prima volta in vita sua è profondamente grato di aver avuto la propria vita, anche se complicata e a volte disastrosa: l’ha portato ad avere un ragazzo un po’ pazzo, con una strana ossessione per il pulito; e un cuore grande come una casa.
Lo ama.
Come non ha mai amato nessun altro.
E avere incubi non lo spaventa più, ha qualcuno che non vuole svegliare durante la notte.

[496 parole]

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Capitolo 4
*** Lo sposa. ***


Questa raccolta partecipa al contest “Un fiume di soulmate!AU” indetto da rhys89 sul forum di EFP.


Lo sposa.


Freed ha nove anni e adora i suoi occhi gialli. Li ama, sono così brillanti e luccicanti, come due stelle. O due soli! Adora i suoi soli.
Li adora solo lui, in realtà.
Molte persone che conosce li trovano inquietanti, un po’ strani, ma non è importante per Freed, perché lui li ama.
E sa benissimo cosa vogliono dire: la sua anima gemella sarà bionda. E biondo chiaro, come un fulmine.
Freed sente un brivido per la schiena e una scarica di emozione lo attraversa. Che bello pensare che ci sarà una persona per lui, una persona da amare, una persona con cui passare il resto della sua vita.
«Freed, sei pronto? Oh cielo, ti stai ancora guardando?» la mamma entra in stanza e ridacchia, appoggiandosi allo stipite della porta. «Dobbiamo uscire, forza!»
«Mamma, a te piacciono i miei occhi?» chiede, saltellando sul posto.
La donna sorride e si avvicina, poi si china di fianco a lui. «Io amo i tuoi occhi. E amo te, bambino mio.» gli stampa un bacio sulla guancia. «Ma siamo in ritardo, muoviti!» gli pizzica delicatamente la pancia e si alza in piedi, torreggiando alle spalle del bambino.
Freed ride e si passa una mano tra i capelli. Chissà se quella persona sta facendo la stessa cosa.
Chissà se quella persona ama i suoi occhi tanto quanto Freed ama i propri.

Freed odia i suoi occhi. Non sono mai cambiati, sono stati sempre… gialli. Niente di più.
Solo gialli.
Il forte odore della tinta gli entra nelle narici, gli fa male la testa.
Non gli importa che quella persona avrà degli occhi diversi, ora non gli importa più di niente.
A tredici anni non si guarda in faccia nessuno, nessuno è importante, c’è un muro tra chi si è e tutti gli altri.
Quindi non gli interessa.
Quella persona sta per avere delle profondissime iridi nere, nere come la pece.
Nere come la sua anima.
Non riesce ad andare d’accordo con nessuno, né in casa, né fuori casa, e in un certo senso va bene così.
C’è solo quel fastidioso casinista di Bixlow che si ostina a chiamarlo “amico” e si presenta a casa sua ogni giorno. Ha smesso di combatterlo, di ostacolarlo, tanto Bixlow entra comunque nella sua stanza a prescindere dalla sua volontà.
Forse è un bene, non essere del tutto solo. Può lamentarsi ad alta voce con qualcuno, anche se non ascolta.
«Ci sei quasi?»
«Sì, adesso sciacquo.»
Freed si toglie la cuffietta e si china nel lavandino. La porta del bagno si apre e Bixlow entra. Senza dire niente si tira su le maniche, apre l’acqua e inizia a lavare i capelli a Freed.
«Quella persona darà di matto.»
«Non la conosci neanche, perché dovresti farle un dispetto?»
«Non voglio conoscerla.»
Un attimo di silenzio.
«E se fosse un maschio?»
Freed rabbrividisce, e non è per l’acqua fredda. «Che schifo.»

Freed ha un occhio nero.
Bixlow ha il naso rotto.
Ma stanno ridendo, si guardano e ridono, incuranti del dolore che li accompagnerà per settimane.
«Non dovevi metterti in mezzo, te l’ho detto!»
Bixlow guarda verso l’alto, tenendo un fazzoletto ormai intriso di sangue sotto alle narici. «Nessuno dà del frocio al mio amico e la passa liscia.» dice, dandogli una pacca sulla spalla.
«Erano solo degli idioti, non ne valeva la pena.»
«Scherzi? Non impareranno mai se nessuno dà loro una lezione.» continua imperterrito Bixlow. Sogghigna, o almeno ci prova, e geme dal dolore. È comunque un ragazzino, anche se dimostra di più dei suoi diciotto anni.
Freed si porta una ciocca di capelli blu dietro le orecchie, leggermente in imbarazzo. Bixlow c’è sempre stato, anche nei momenti in cui era più insopportabile.
E si è fatto picchiare da dei ragazzi più grandi solo per difenderlo.
«Senti, Bix…»
«Va tutto bene.»
«No, fammi finire.» Freed si mette seduto. Il vicolo in cui sono è sudicio e puzza, ma è l’unico momento in cui può essere del tutto sincero. «Grazie. Per tutto.»
«Te l’ho detto, nessuno può darti del frocio e pensare di poterlo fare senza conseguenze.»
«Ti hanno picchiato.»
«E io ho picchiato loro. E tu hai picchiato loro.» fa una pausa, inclinando la testa di lato. «E hanno picchiato te, ma non è questo il punto.»
«Il punto è che il mio orientamento ti sta causando più problemi di quanto dovrebbe, ecco qual è il punto. Non ti dovresti immischiare, a te non danno fastidio, lascia che continuino così.»
Bixlow rotea gli occhi al cielo con una smorfia affaticata. «Freed. Te lo dirò ora e non mi ripeterò. Sei mio amico. Il mio migliore amico. E mi immischierò sempre se sarà per aiutarti, qualsiasi cosa succederà.»
Freed sente gli occhi riempirsi di lacrime. Non ha fatto altro che odiarsi per tutta la vita, e ora che qualcuno lo sta accettando con così tanta semplicità e naturalezza che non sa come reagire.
«Adesso andiamo, forza. Torniamo a casa.» Bixlow gli porge la mano dopo essersi messo in piedi.
Il ragazzo la afferra e si tira su. Lo abbraccia di slancio, senza pensare al dolore delle ferite, o che sarebbe potuto essere fraintendibile. Non gli interessa.
«Grazie.»
«Tu faresti lo stesso per me.» risponde solamente l’altro, il tono basso e gutturale. Forse sta nascondendo il magone. «Però non ti causerei così tanti problemi.» dice, e ridacchia con quel suo modo di fare grottesco e irritante.
Freed si stacca, si passa una manica sugli occhi e sorride. «Andiamo a casa, ti offro un caffè.»
Ha accettato da tempo che non possa essere Bixlow la sua anima gemella, che non possa essere lui quella persona destinata. Ci ha sperato, ci ha sperato tanto. Che fosse un errore, che fosse un problema “tecnico”, che portasse le lenti! Quando aveva accettato la disfatta era stato disperato.
Però sapere che comunque ci sarà per sempre lo rincuora, adesso. Un amico per la vita è un po’ un’anima gemella, no?

Freed si sta guardando allo specchio.
Non riesce ad aggiustarsi la cravatta, ed è assurdo, perché lui è un mago con la cravatta.
Sa fare il Principe Alberto, il Victoria, il Nicky. Senza contare il Balthus, il Cape e lo Shelby.
Sa fare un sacco di nodi per la cravatta, ma adesso non riesce. Non ce la fa.
Sta per avere un attacco di panico.
Oh no.
Lo sta avendo.
La porta bussa.
No, bussano alla porta.
Come fa a bussare una porta?
«Chi è?»
«Sono io, apri.»
«No.»
«Freed?»
«No.»
«Come no. Tiro giù la porta, lo sai.»
«No.»
«Freed, santo cielo!»
Freed sbatte le palpebre. Velocemente si muove e abbassa la maniglia, sbuca fuori e vede Bixlow. «Che cosa vuoi?»
«Impedirti di fare del male a te stesso o agli altri.»
«Non… non riesco a fare il nodo alla cravatta.»
«Ma tu sai fare un milione di nodi.»
Freed apre la porta. Lo sguardo è basso, la cravatta tra le mani, le guance rosse dall’imbarazzo. «Aiutami… ti prego.»
Bixlow sospira e si fa largo nella stanza dell’albergo. «Dio, sei un disastro.» Freed spalanca gli occhi, sull’orlo delle lacrime. «No, nel senso… no. Stai benissimo, davvero, sembri solo…»
«Sto per avere un attacco di panico.»
Bixlow lo abbraccia. Gli fa appoggiare la testa al petto, lo stringe, gli accarezza piano la schiena. «Va tutto bene. Come abbiamo provato in questi mesi. Respira. È tutto okay.»
Freed sembra riprendere a respirare. Come se avesse dimenticato come si facesse.
Inspira ed espira, inspira ed espira, profondamente, più a fondo che riesce.
Il nero che vedeva sta sparendo lentamente.
«Meglio?»
«Sì… scusa.»
Bixlow ride e stacca da sé il suo amico. Gli appoggia una mano sulla spalla e gliela pulisce. «Va bene, non ti preoccupare. È normale avere paura… oggi ti sposi!»
Freed stringe le labbra. «Non posso sposarmi. Non con una cravatta così.»
L’amico rotea gli occhi. «Sei un idiota. Fai fare a me.» prende i due lembi della cravatta e li tira verso di sé.
«Sai cosa stai facendo?»
«Il mio migliore amico è ossessionato dalle cravatte. Ed è gay. E mi ha fatto una testa così da quando eravamo ragazzini sui nodi. Quindi sì, so cosa sto facendo.» dice, con un leggero tono stizzito.
«Sono pronto, Bix?»
Bixlow gli dà un pugno leggero sulla spalla, facendolo barcollare. «Adesso basta incertezze e insicurezze. Stai sposando l’uomo che ami, non è abbastanza?»
Sul volto di Freed nasce un sorriso. Si siede sulla poltrona bianca, si passa le mani tra i capelli verdi. «Per un certo periodo ho sperato di sposarmi con te. Ero innamorato…»
Bixlow si schiarisce la gola. «Follemente, se non ricordo male. Oh non fare quella faccia! Ti sei ubriacato talmente tante volte… molte meno di me, in effetti, ma sei stato imbarazzante. E al tuo compleanno mi hai detto di esserti innamorato di me e che mi avresti amato per sempre.»
Freed si copre il viso con entrambe le mani, chinandosi in avanti. «Ma perché non me l’hai mai detto?»
L’amico ride, sedendosi sulla poltrona di fronte. «Sei il mio migliore amico, non avrei potuto dirti niente. Le confessioni ubriache non valgono.»
Freed si morde le labbra. «Amo Laxus. Lo amo tantissimo.»
«E lui ama te, o non vi stareste sposando.»
«Mi sto sposando.»
«Ti stai sposando.»
Freed e Bixlow si mettono a sghignazzare come fossero dei ragazzini, poi gli occhi gialli di Freed si sgranano e il suo possessore scatta in piedi, spalancando le mani e irrigidendosi.
«Oh no, è un infarto.» anche Bixlow salta, spaventato da una reazione tanto repentina.
«No, non è un infarto, ma mi devo sposare tra poco e devo…» prende un respiro. «Devo essere pronto. Mi serve il fiore. La cravatta è al suo posto.»
«Questo matrimonio mi ucciderà.»
«Hai detto qualcosa?»
Bixlow finge – male – un colpo di tosse e scuote la testa. Lascia lo sposo da solo, per l’ultima volta.
Freed si guarda allo specchio. I suoi lunghissimi capelli verdi sono rimasti sciolti, eccezion fatta per qualche treccia ornamentale, e gli occhi sembrano brillare anche più del normale.
I suoi soli.
In tutte le fasi della sua vita ha sperato di trovare quella persona per poterla sposare, chiunque fosse stata, maschio o femmina, forse avrebbe anche accettato un gatto.
E ora che sta veramente per sposarsi quasi stenta a crederlo.
Si sente finalmente realizzato e soddisfatto, e pieno di felicità da scoppiare.
Una lacrima solitaria gli solca la guancia proprio mentre mette il fiore bianco all’occhiello della giacca nera dello smoking.

La festa sta procedendo bene, tutto secondo i piani. C’è chi beve, chi balla e chi chiacchiera, non c’è nessuno in un angolo ad annoiarsi.
Tutti stanno facendo qualcosa e tutti si stanno divertendo.
C’è anche qualcuno che litiga – Natsu e Gray non fanno altro tutto il giorno, gli spiega Laxus, sarebbe stato strano non avessero discusso quel giorno.
Mentre cammina nella sala, rispondendo a cortesia con altre cortesie, Freed sta cercando suo marito.
Ecco, lui è scomparso.
E non è da lui tirarsi indietro durante una lite, insomma, è un veterano.
Percorre il grande giardino e sale sulla piccola torre. Essersi sposati in campagna aveva permesso loro di scegliere una location spaziosa ed elegante, e anche un po’ vintage sotto certi punti di vista.
«Laxus sei qui?»
«Sei venuto a cercarmi.»
Riconoscerebbe quella voce tra un milione di altre. «Certo, sei mio marito.»
Sale li ultimi gradini e vede Laxus seduto sulla finestra, una sigaretta tra le labbra sottili e la camicia sbottonata. «C’è troppo casino là sotto.»
«Certo. È l’unico motivo.» Freed acconsente, si avvicina a suo marito e si sede di fianco a lui. «Si stanno divertendo tutti.» Laxus annuisce. «E noi siamo qui.»
«Non mi serve nessun altro, ora.»
La voce di Laxus è bassa, poco più di un sussurro, ma lui riesce a sentirla chiaramente. E il cuore gli scoppia. Lo sente, scoppia sicuramente.
«Non voglio che gli altri ci vedano.»
«Cosa vuoi fare?»
Laxus si alza in piedi, spegne la sigaretta.
Il sole inizia a tramontare, la torre è illuminata da un colore caldo e accogliente.
Freed pensa che suo marito sia la persona più bella del mondo, soprattutto in controluce in quel modo.
«Balliamo.» Laxus gli porge la mano e sorride. E non è un ghigno, una smorfia, o una boccaccia. È un sorriso, puro e candido, un sorriso che riserva solo a lui e solo alla loro intimità.
Freed fa per rispondere in modo sarcastico come ha imparato durante la convivenza, ma preferisce tacere e annuire. Afferra quella mano grande e calda e la stringe nella propria, facendosi avvicinare e legare a lui.
Iniziano a muoversi lentamente, uniti nel silenzio della torre, sulle note di una musica che sentono solo loro.
«Non pensavo che sarei tornato dalla missione ad Alvarez. Ero convinto che sarei morto lì, e non mi interessava. O non mi sarei fatto tatuare da quello psicopatico di Ogra.»
Freed trattiene una risata e alza lo sguardo. Laxus non lo sta guardando. Ha le guance rosse e gli occhi puntati verso l’alto.
«Ad ogni modo, ero un incosciente. Tutte le cicatrici che ho erano evitabili.»
«Sì, sei stato un po’ un-»
«Ora ho qualcosa da difendere, qualcosa da cui tornare. Le giornate finiscono e voglio tornare a casa da te, è l’unico desiderio.»
«Laxus…»
«Non sono uno che si dilunga, sai, parlare non mi piace, sei tu quello bravo con le parole. Ma oggi è il giorno del nostro matrimonio e voglio dirti che ti amo. Tanto.»
«Lo so Laxus, lo so. Non serve che mi dici quanto mi ami, me lo dimostri tutti i giorni… ma se vuoi dirmelo più spesso, non mi offendo.»
«Non ci credo, hai rovinato il romanticismo.» lo rimbecca Laxus, abbassandosi finalmente su di lui e sogghignando.
«Potrei continuare a parlare, sai? E dire un sacco delle mie cose, quelle cose che non sopporti. Per esempio, sai quante costellazioni sono state scoperte al giorno d’oggi?»
E Laxus lo bacia.
Non importa se non saprà mai quante costellazioni sono state scoperte e catalogate.
L’unica cosa importante sono loro due, che si amano, e si baciano, nel giorno più importante delle loro vite.
Non riesce a pensare ad altro se non di essere con quella persona. Quella persona che ha iniziato un po’ ad amare a nove anni, che ha sempre amato.
È e sarà per sempre con quella persona.
Con Laxus.

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